5. ni:
MEMORIE
DI MATEMATICA
E DI FISICA
DELLA
SOCIETÀ ITALIANA
DELLE SCIENZE
TOMO XVII
PARTE CONTENENTE LE MEMORIE DI MATEMATICA
V E R O N A
DALLA TIPOGRAFIA DI LUIGI MAINARDi
MDCCCXVI.
STATUTO
DELLA SOCIETÀ ITALIANA DELLE SCIENZE
RESIDENTE IN MODENA .
1816.
I. J-Ja Società Italiana delle Scienze residente in Modena
è composta di Quaranta Socj attuali , tutti Italiani , di me-
rito maturo , e per Opere date in luce ed applaudite rico-
nosciuto .
II. La scienza della natura è il grande oggetto, che la
Società medesima si propone. Pubblicherà pertanto, sotto il
titolo di Memorie di Matematica e di Fisica , le produzioni
di chiunque de' Socj vorrà render pubblico negli Atti Sociali
il frutto de' proprj studj .
III. De' quaranta Membri, uno sarà Presidente della So-
cietà, e la presidenza durerà sei anni. Questi può eleggersi
e risiedere in una qualunque Città dell'Italia, ma in Mode-
na esister deve sempre sotto gli ordini del Presidente una rap-
presentanza, e in Modena sempre si publicheranno gli atti
della Società .
IV. Avrà la Società un Segretario, ed un Vicesegretario
amministratore residenti in Modena . Il primo sarà parteci-
pe di tutte le facoltà dei Quaranta , benché non fosse uno
d'essi, ed avrà diritto, non obbligo, di presentar Memorie
da inserirsi negli Atti . Il secondo terrà il maneggio eco-
nomico .
V. 5- !• Altra Classe vi avrà di Socj Emeriti in numero
indeterminato . Essa è preparata a chiunque dei Quaranta, o
per età avanzata , o per abituale mancanza di salute , o per
altro motivo , non producesse verun suo lavoro in quattro
consecutivi tomi delle Memorie sociali .
IV
Statuto
§. 2. Ma se un Socio attuale passasse negli Emeriti do-
po aver posto otto Memorie ne' tomi sociali, in tal caso se-
guiterà a godere, quantunque Emerito, tutte le prerogative
di Attuale .
5. 3. Che se un Socio Emerito ponga Memorie in tre
tomi consecutivi , sarà restituito nel ruolo degli Attuali .
VI. Un'altra Classe, parimente indeterminata, compren-
derà i Socj Ouorarj . A questa saranno ascritti, previo l'as-
senso di ventuno» almeno dei Quaranta, i Compilatori, eletti
dal Presidente, degli elogj de' Socj attuali defunti. Inoltre,
esso Presidente potrà aggregare a questa classe , nel suo ses-
sennio^ due Soggetti, non più, che avessero operato cosa a
pio della Società, onde meritassero d'esserne onorati parti-
colarmente .
VII. Ed altra Classe avrà finalmente il titolo di Socj Stra-
nieri, stabilita per distinguere ed onorare il merito delle Scien-
ze in qualunque parte fuori d'Italia. Sarà composta di dodici
Soggetti, a ciascun de' quali verrà esibito in dono un esem-
plare d'ogni Volume, che uscirà in luce, delle Memorie Sociali.
Vili. Le aggregazioni alle classi de' Socj attuali e degli
stranieri si faranno nel modo seguente . Per ogni posto che
rimanga vacante, dovrà il Presidente, col mezzo del Segreta-
rio proporre sei nomi a ciascuno de' Socj attuali , il qual farà
scelta d'uno, e lo indicherà per lettera al Segretario. Quel
de' sei, che, entro il termine di due mesi dalla proposta, avrà
più suffragj, s'intenderà aggregato, e la Compagnia sarà fatta
opportunamente consapevole dell'acquistato Cooperatore.
IX. All'elezione del Presidente saranno invitati li Socj
attuali con una lettera circolare del Segretario, al quale ognu-
no di essi farà tenere in iscritto la nomina del Socio da sé
eletto a Presidente: e la pluralità de' voti, che arriveranno al
Segretario, dentro il termine di due mesi dopo la data del
circolare invito, determinerà l'elezione, che dovrà esser dal
Segretario annunziata ai Membri votanti .
della Società . v
J. Ciascheduno dei Quaranta ha facoltà d'inserire negli
Atti tuia scoperta utile, un' importante produzione, anche di
persona non aggregata ma Italiana, purché tal produzione, o
scoperta sia giudicata degna degli Atti stessi anche da un altro
Socio, il qual venga destinato segretamente dal Presidente di
volta in volta all'esame della cosa presentata, ed il suo no-
me ( quando approvi ) si stampi insieme con quello del pre-
sentatore .
XI. Di questi Autori non Socj dovrà il Presidente aggiun-
gere i nomi, segnati con asterisco^ ai sei che presenta, a te-
nor dell'articolo Vili, per l'elezione d'un Socio attuale . Bensì
questa nomina cesserà, dopo fatta sei volte, contate dalla
pubblicazione d'ogni Memoria.
XII. Le Dissertazioni o Memorie da pubblicarsi ne'Volu-
nii della Società, debbon essere scritte in lingua Italiana e in
carattere chiaro. Il Segretario dovrà apporvi la data del re-
capito, acciocché sieno stampate con essa in fronte e per or-
dine di tempo. Che se l'opera sia voluminosa, può l'Auto-
re distribuirla in due o più parti pe'tomi susseguenti.
XIII. Tutto ciò che è destinato pegli Atti dev' esser nuo-
vo, inedito 3 importante, ed analogo all'indole scientifica di
questi Volumi, che non ammette sfoggio d'erudizione, né
moltitudine di note e di citazioni .
XIV. I fogli stampati di ciascun Volume non dovranno
eccedere il numero di cento . Le Memorie soprabbondanti re-
steranno in deposito pel tomo susseguente, o saranno restitui-
te agli Autori che le dimandassero . Bensì, nel caso di soprab-
bondanza, le Dissertazioni degli Autori non Socj dovranno ce-
dere il luogo a quelle de' Socj .
XV. La Società non si fa risponsabile delle Opere pub-
blicate negli Atti. Ogni Autore dev'esser mallevadore delle
cose proprie, come se le pubblicasse appartatamente.
XVI. Non permette peraltro la Società le invettive per-
sonali, e né anche le critiche non misurate: sopra di che ve-
glierà il Segretario, e ne farà inteso il Presidente per un ac-
concio provvedimento .
vi Statuto
XVII. II Socio attuale, Autore d'una Memoria o d'un
Elogio, avrà in dono cinquanta esemplari della sua produ-
zione, con frontispizio apposito, e con la numerazion delle
pagine ed il registro ricominciati . Ad ogni altro Autore sa-
ranno corrisposte dodici copie . Qualunque Autore ne deside-
rasse di più, non sarà aggravato d'alcuna spesa per conto
della composizion tipografica .
XVIII. Nell'atto di queste spedizioni sarà trasmessa ai So-
cj, che avranno mandato il voto per le elezioni, la dimostrazio-
ne stampata del numero de' suffragi toccati ad ogni Candidato,
senza il nome però de' votanti, e così ancora i conti stampati
dell'amministrazione tenuta dal Vicesegretario amministratore.
XIX. Alle principali Accademie estere sarà offerto in do-
no un esemplare d' ogni Volume delle Memorie sociali , che
andrà successivamente uscendo alla luce .
XX. I doveri del Presidente, oltre i già mentovati, so-
no: mantener l'osservanza dello Statuto; eleggere il Segreta-
rio ed il Vicesegretario, qualunque volta sia di bisogno; ave-
re in governo e cura ogn' interesse della Società; rivedere,
almeno una volta all'anno, i conti dell'amministrazione del
Vicesegretario, alla validità de' quali fa d'uopo l'approvazio-
ne e sottoscrizione di mano propria del Presidente: e rag-
guagliar finalmente il Successore dello stato degli affari nel-
l'atto di rinunziargli l'Uffizio.
XXI. Dopo il Presidente, il Segretario è la Persona pro-
priamente deputata a mantener corrispondenza con tutti i
Membri della Società, e quasi centro, ove debbono metter
capo tutte le relazioni Sociali . Egli invia le patenti d'aggre-
gazione; presiede alla stampa, ai Correttori di quella, ed al-
l'incision delle tavole; prende cura delle spedizioni, e d'ogni
altro interesse della Società, sempre però con l'approvazione
del Presidente . Egli deve pure tener registro d' ogni atto
che importi; custodire i voti de'Socj per le elezioni, mani-
festandoli al Presidente ad ogni richiesta; e finalmente ese-
guir tutto ciò, che ne' precedenti articoli gli è addossato.
della Società'. vii
XXII. §. !• Ad esempio delle principali Accademie, la
Società Italiana delle Scienze avrà Membri pensionar] : e la
pensione sarà d'annui zecchini ventiquattro, pagabili per me-
tà allo spirare d'ogni semestre; non computate in verun ca-
so, sia di morte, o di rinunzia, o di transito negli Emeriti,
le frazioni di semestre .
§. 2,. Saranno capaci della pensione li tre più anziani,
e di permanenza non interrotta , nel ruolo de' Socj attuali ;
sin a tanto però che rimangano nel ruolo medesimo .
§. 3. Qualunque volta 1' eguaglianza d' età accademica
renda ambigua la scelta d'uno o più Pensionar] ; sarà tolta
l'ambiguità concedendo la preferenza alla maggior età natu-
rale . Nel qual caso, il Segretario chiederà a ciascun de' coe-
tanei come sopra, documento legale dell'epoca di sua nasci-
ta; e chi non Io faccia a lui pervenire entro mesi tre dopo
la domanda, s'intenderà che rinunzj alla pensione.
5. 4- Due Socj ( sia ciascun d' essi attuale o emerito )
potranno inoltre goder la pensione, loro vita naturale duran-
te , quando siano autori ciascuno di dieci o più Memorie
stampate ne' Tomi Sociali, il valor delle quali venga giudi-
cato degno di tal premio dalla pluralità assoluta de' Socj at-
tuali , a proposizione del Presidente; ovvero dalla pluralità
relativa , quando si tratti di giudicare del merito relativo fra
più Candidati .
§. 5. In ambi questi partiti le opinioni de'-Socj reste-
ranno sempre segrete, ed a sola notizia del Presidente e del
Segretario: si pubblicherà unicamente il numero de' suffragj
a favore di ciascun Candidato, siccome è prescritto per le
elezioni nell'articolo XVIII.
5- 6. Avranno titolo di Pensionarj anziani li tre del §.
2; di Pensionar] giubilati li due del 5- 4-
§. 7. Potrà il Pensionarlo anziano passare a goder la pen-
sione come giubilato, sotto le condizioni prescritte dal 5- 4 -,
e quando l'un de' due posti sia vacuo.
XXIII. A compensazion delle spese, che incontrano i
Vili STATUTO
Quaranta ne' porti di lettere per cagion della Società, ogni
anno, nel mese di Gennajo, sarà fatto l'esame, onde rico-
noscere i Membri attuali, che avranno corrisposto a tutte le
lettere del Presidente e del Segretario nel corso dell'anno
antecedente, e dentro li rispettivi termini di tempo in esse
specificati; ciascuno de' quali Socj avrà diritto di esigere zec-
chini tre dalla cassa della Compagnia .
XXIV. §. i. Ogni volta, che la forza pecuniaria della
stessa Società Io consenta , si esporranno programmi al con-
corso pubblico. Risoluto ciò dal Presidente, il Segretario in-
viterà li Socj attuali a proporre argomenti . Questi esser do-
vranno, o Fisici, o Matematici, o Fisico-Matematici, o in
qualunque modo giovevoli a queste scienze, e sempre appli-
cabili ad utile general dell' Italia . Il Segretario li manderà
stampati a ciaschedun Socio, pretermettendo quelli che uscis-
seVo dalle condizioni ora prescritte . Ogni Socio spedirà al Se-
gretario il proprio suffragio per ia scelta dell'argomento, e
dichiarerà insieme qual premio reputi conveniente e qual tem-
po alla facitura ed alla presentazione delle Memorie . Quel
tema che avrà più suffragi, sarà adottato : nel caso di parità
di voti , deciderà la sorte .
5. a. Tosto si comunicherà alla Compagnia l'argomento
coronato, ed il numero de'suffragj riscossi da ogni argomen-
to. Nell'atto stesso sarà richiesto ciaschedun Socio attuale di
nominarne tre ( di qualunque Glasse, purché Italiani, e di-
moranti attualmente in Italia ); quelli cioè, che ciascuno, os-
servato il quesito, stimerà più adattati a giudicar le Memorie
che compariranno al concorso. Quei tre, ne' quali concorre-
rà maggior numero di suffragi ( l'uguaglianza rimovasi con la
sorte), s'intenderanno destinati a pronunziare il giudizio.
5. 3. Nelle occasioni statuite sopra, saranno come non
fatte le risposte de' Socj , qualora non giungano al Segreta-
rio dentro quaranta giorni dalla data della rispettiva Circo-
lare di Lui .
§. 4- Il nome de' Giudici eletti rimarrà a sola notizia del
della Società' . ix
Presidente e del Segretario : se non che ciascun di quelli sa-
rà fatto consapevole della propria destinazione, con divieto
di concorrere al programma e di manifestarla a chicchessia:
ninn di loro saprà i suoi Colleghi . Se qualcuno ricusasse , sa-
rà sostituito il prossimo inferiore in quantità di voti . Ogni
Giudice riceverà, dopo pronunziato il giudizio, un decente
compenso dell' esclusion dal concorso .
§. 5. Il Presidente, considerati i pareri de'Socj,lo stato
economico della Società, e l' importanza di moltiplicare i pro-
grammi , stabilirà la grandezza del premio, ed il termine da
assegnarsi al concorso . Sarà tosto promulgato il problema per
tutta Italia. Ogni Italiano, anche Socio, potrà concorrere: ri-
mangono esclusi li soli tre Giudici. Le Memorie dovranno es-
sere inedite, scritte in lingua Italiana , e pervenute nelle ma-
ni del Segretario entro il termine prescritto dal programma:
il nome degli Autori sarà occulto: ogni Memoria porterà in
fronte un motto, e sarà accompagnata da un biglietto suggel-
lato, contrassegnato al di fuori dal medesimo motto, e con-
tenente, al di dentro in maniera occultisima, nome, cogno-
me, patria, domicilio e profession dell'Autore. Il mancare a
qualunque delle antecedenti condizioni fa perdere il premio.
§. 6. Tosto che il concorso sia chiuso, il Presidente, ve-
duto il numero e l'estensione delle Memorie , definirà il tem-
po, entro il quale ogni Giudice dovrà pronunziare il giudi-
zio. Allora il Segretario trasmetterà le Memorie, tutte unite,
ad uno de' Giudici: da cui restituite che siano, e notificato
il proprio giudizio a! Segretario, saranno da questo fatte per-
venire ad altro Giudice; quindi con le regole stesse al terzo.
Ogni Memoria coronata da un Giudice , sarà stampata col no-
me dell' Autore . Il premio sarà dato a quella Memoria, che
venga coronata da tre, o da due Giudici . Se tutti e tre li
giudizj fossero discordi , si dividerà il premio fra le tre Me-
morie coronate. Lo stesso si farà tra due coronate, qualora
un Giudice neghi il premio a tutte le Memorie, e gli altri
due non siano concordi . Che se fossero due li giudizj di ne-
b
x. Statuto
gativa generale del premio, in tal caso il terzo giudizio non
sarà di alcun valore : si notificherà alla Compagnia l'esito del
giudizio e si passerà alla pubblicazione di nuovo programma ,
coi metodi stabiliti sopra .
§. 7. Ma quando sia conferito il premio, il Segretario an-
nunzierà prontamente ai Socj ed a tutta l'Italia il nome de-
gli Autori delle Memorie coronate, indicando quello cui spetta
il premio. Esse Memorie saranno stampate senza indugio; se
ne spedirà un esemplare ad ogni Socio, 12 della propria a
ciascun degli Autori coronati , 38 di più al premiato : i ri-
manenti si esporranno a vendita pubblica .
XI
CATALOGO
DE' MEMBRI COMPONENTI LA SOCIETÀ ITALIANA
DELLE SCIENZE .
RUFFINI ( Dottor Paolo) Presidente. Professore di Clinica,
Medicina pratica e di Matematica applicata nella R. Uni-
versità . Modena .
Socj Attuali .
ALDINI ( Cav. Giovanni ) Milano.
AVANZINI ( Ab. Giuseppe ) Professore di Fisica Teorie?
nella I. R. Università . Padova.
BONATI ( Cav. Teodoro ) Pensionano Anziano, Professo:
d' Idrostatica . Ferrara .
BORDONI ( Antonio Maria ) Professor emerito di Matema-
tica nella R. Scuola Militare . Pavia .
BRERA ( Cav. Valeriano Luigi ) Consigliere Attuale di S.
M. I. R. Direttore della Facoltà Medica e Professor di Cli-
nica Medica nella I. R. Università . Padova .
BRUNACCI ( Cav. Vincenzo ) Professore di Matematica nel-
l'Università. Pavia.
CALDANI ( Floriano) Professor di Anatomia umana nella R.
Università . Padova .
CANTERZANI ( Cav. Sebastiano ) Pensionano Anziano, e
Professore emerito di Fisica Generale nella Pontificia Uni-
versità . Bologna .
CARLINI ( Francesco ) Astronomo in Brera . Milano .
CARRADORI ( Giovacchino ). Prato.
CESAPJS ( Cav. Ab. Angelo ) Pensiona/io Anziano, Astro-
nomo R. alla Specola di Brera . Milano .
COLLALTO ( Antonio ) . Padova .
xii Catalogo
CONFIGLIACCHI ( Pietro ) . Pavia .
DANDOLO ( Co. Vincenzo ). Milano.
FABBRONI ( Cav. Giovanni ) Direttore e Amministratore
della I. II. Zecca . Firenze .
FERRONI ( Pietro j Professore di Matematica Della I. R.
Università . Pisa .
FOSSOMBRONI ( Cav. Vittorio ) Segretario di Stato e Mi-
nistro degli affari esteri in Toscana. Firenze.
GALLINI ( Stefano ) Professore di Fisiologia , ed Anatomia
comparata nella R. Università. Padova.
GIOVENE ( Cav. D. Giuseppe ) Presidente delia Società
Agraria . Lecce .
MAGISTRINI ( Gio. Battista ) Professore di Matematica su-
blime nella R. Università . Bologna .
MAIRONI ( Daponte Giovanni ) Reggente e Professore di
C Ili mica e Storia Naturale nel R. Liceo . Bergamo .
MALACARNE (Gaetano) Professore di Fisica animale. Padova.
MANZONI ( Antonio ) Professore di Ostetricia nelle Scuole
Speciali della Provincia . Verona .
MORICHINI ( Dottor Domenico ) Professore di Chimica .
Poma .
MENGOTTI ( Co. Francesco ) Consigliere Attuale di S. M.
I. R. Venezia .
MOSCATI ( Co. Pietro ) Pensionano giubilato . Milano .
PAOLI (Pietro) Pensionano giubilato Provveditore dell'Uni-
versità . Pisa .
PARADISI ( Co. Giovanni ) . Reggio .
PLANA ( Giovanni ) .
PIAZZI ( D. Giuseppe ) Astronomo Regio . Palermo .
PINI ( Cav. Ermenegildo ) Ispettore generale di pubblica
Istruzione . Milano .
RACAGNI ( D. Giuseppe Maria ) Professore emerito di Fi-
sica nel R. Liceo . Milano .
RADDI ( Giuseppe ) Conservatore dell'I. R. Museo di Fisi-
ca e Storia Naturale . Firenze .
de' S O G J . XIII
HE ( Cav. Filippo ) Professore di Agricoltura e Botanica nel-
la Ducale Università . Modena .
RUBINI ( Pietro ) Professore di Medicina Clinica, Protome-
dico ec. Panna .
SANTINI ( Giovanni ) Astronomo R. alla Specola. Padova,
TARGIONI TOZZETTI ( Ottaviano ) Professor di Botanica.
Agricoltura e Materia Medica . Firenze .
VASSALLI EANDI ( Cav. Antonio Maria ) Segretario per-
petuo della R. Accademia di Scienze ecc. Torino .
VENTUROLI ( Giuseppe ) Professore di Matematica applica-
ta nella R. Università . Bologna .
Divisione de'Socj Attuali in due Classi
e indicazione de' Tomi, in cui hanno Memorie.
Classe Matematica
Avanzini
I7-
Bonati
a. 5. 8.
1 1. i5.
Bordoni
17-
Brunacci
14. i5.
16. 17.
Carlini
Canterzani
a. 5. 8.
11. 14. 17.
Cesaris
a. IO. (
pag. x ) 11. ( pa
Collalto
.
Ferroni
5. 7. 9.
IO. IO. II. li. ]
Fossombroni
3. 7. 9.
ia. i3. 17.
Magistrini
16. 17.
Mengotti
,
Paoli
a: 4. 4.
6. 6. 8. 9. 9. 10
Paradisi
• • •
Piazzi
11. 12.
1 a . 1 3 .
Plana
I7-
Racagni
io. i3.
16.
Ruffini
9. 9. io
. ia. ìa. i3. 16.
Santini
17-
Venturoli
ia. 1-1.
la. 14. i5. 16. 17.
i3. 14. 17. 17.
17. 17.
xtfv Catalogo
Classe Fisica .
Aldini i^.
Brera 14. i5. 16. 17. 17.
Caldani Floriano 7. 8. 12. i3. 16.
Carradori
Configliacchi
Dandolo 17.
Fabbroni io. 11. 12. i3. 14. 16. 17.
Gallini 14. i5. 16. 17.
Giovene 8. g. io. 11. 12. i3. 14. i4- *4- i5 16.
Maironi Daponte 4- 9- 9. n. i3. i4- i5. 16. 17.
Malacarne
Manzoni 17.
Monchini 17.
Moscati 1. 5. io. i3. 17.
Pini 3. 5. 6. 6. 9. io. 12. i3. i3. 14. i5.
Raddi
Re 12. 14. 17.
Rubini 14. i5.
Targioni Tozzetti 11. i3. i3. i4-
Vassalli Eandi 4- 8. io. io. i3. 14. 17..
Socj emeriti .
BRUGNATELLI ( Luigi ) Professore di Chimica nella R. Uni-
versità . Pavia .
GIOBERT ( Cav. Giannantonio ) Torino .
ORIANI ( Cav. Ab. Barnaba ) Astronomo nel R. Osservato-
rio di Brera . Milano .
POLI ( Giuseppe Saverio ) Direttore del R. Museo di Storia
Naturale . Napoli .
SCARPA ( Cav. Antonio) Professore nella R.Università.P^wa.
STRATICO ( Cav. Simone ) . Milano .
VENTURI ( Cav. Gio: Batista ) Membro del R. Istituto Ita-
liano . Reggio .
VOLTA ( Cav. Alessandro ) Professore nella R. Università .
Pavia .
D E S O C J . vx
SocJ Onorar/ .
BALBO ( Prospero ) Ambasciadore di S. M. il Re di Pie-
monte . Madrid .
BRAMBILLA ( Paolo ) Professore di Matematica nel R. Li-
ceo . Milano .
CAGNOLI ( Ottavio ) Verona .
DELBENE ( Benedetto ) Membro del R. Istituto Italiano .
DELRICCO (P.Gaetano) delle Scuole Pie, Astronomo. Firenze.
LANDI ( Cav. Ferdinando ) Piacenza .
LOMBARDI ( Antonio ) Primo Bibliotecario di S. A. R. il
Duca di Modena . Modena .
PINDEMONTE (Cav. Ippolito) Membro del R. Istituto Ita-
liano . Venezia .
ROSSI ( Cav. Luigi ) . Milano .
VIVORIO ( Ab. Agostino ) . Vicenza .
Socj Stranieri .
ACHARD . Berlino . GAUSS . Gottinga .
BANCKS . Londra . HAUY . Parigi .
BODE . Berlino . HERSCHEL . Londra .
BURG . Vienna . Co. LAPLACE . Parigi .
Co. CHAPTAL . Parigi . OLBERS . Brema .
DELAMBRE . Parigi . ZACH . Gota .
Segretario .
FATTORI ( Dottor Santo ) Professore di Anatomia nella R.
Università . Modena .
Vice Segretario Amministratore .
LOMBARDI ( Antonio ) Primo Bibliotecario di S. A. R. il
Duca di Modena . Modena .
AVVISO
Gli Annali della Società Italiana dall'epoca 3o Giugno
l3i3 a tutto il ioió in continuazione a quelli premessi al
Tomo XVI della Società stessa vedranno la luce col 1 .° Fa-
scicolo del Tomo XVIII.
La figura chiamata dalla Memoria Cossali alla pagina 2,3f
e seguenti del presente Tomo si trova alla successiva pagi-
na 460 insieme a quelle relative alia Memoria Magistrali .
MEMORIE
D I
MATEMATICA
APPENDICE ALLA MEMORIA
SOPRA UN NUOVO METODO GENERALE
DI ESTRARRE LE RADICI NUMERICHE
Del Signor Paolo Ruffini.
Ricevuta li 3o Settembre i8ia.
I . V->llḷ
iamato P , come nella Memoria ( N.° i5 ) (*) un dato nu-
mero intiero , ed m il grado della radice , che se ne vuole
estrarre, sappiamo, che per ottenere il valore di J/¥ , con-
viene da prima dividere, cominciando dalla destra esso P di
m in m cifre, e formare così dei membri. Denominato poi,
come nel citato ( N.° i5 ), G il primo di essi, conviene de-
terminare la massima potenza mesima esatta, che contiensi
in G, ed a tal fine abbiamo indicato di servirci della Tavola
delle potenze; ma come faremo noi, se questa Tavola non si
avesse in pronto, oppure se il grado m della radice fosse tanto
alto, che le potenze corrispondenti non vi si contenessero? La
presente Appendice esporrà alcune forinole , e alcune rifles-
sioni, mediante le quali potremo indipendentemente dalla Ta-
vola agevolare la determinazione della potenza che si richiede .
a. Poiché la massima potenza mesima domandata non è
che quella di uno dei numeri i, a, 3, ec. 9, si potrebbe
Tom. XVII. 1
O Vedasi nel Tomo XVI alla pag. 3y3 Parte I.
a Metodo di estrakre le Radici Numeriche .
elevare attualmente ciascuno di tai numeri alla podestà me-
sima, osservare tra quali due di queste potenze esso G fosse
prossimamente contenuto, e la minore tra le accennate due
sarebbe la massima potenza mesima domandata: trovando per
esempio 6m<G>7m, direi che 6m è la potenza richiesta. Ma
potremo abbreviare questa operazione col trovare a principio
la potenza 5"1 ; poiché se si vede G<5m, potrem tralasciare
la considerazione delle potenze de' numeri 6, 7, 8, 9, e ve-
dendosi G>5"ì, si tralasceranno le potenze degli altri 1,
a, 3, 4.
3. In conseguenza di quello, che si è ora detto ( N.° a ),
apparisce, che sarà vantaggiosa al nostro intento la pronta,
e Tacile determinazione di una potenza esatta qualunque del 5.
Egli è perciò, che sonosi costruite le annesse forinole (LXX),
( LXXI ) ; poiché per mezzo della prima di esse trovasi una
qualunque potenza dispari del 5, e per mezzo della seconda
se ne ritrova una qualunque pnri. Tali formule sono costrui-
te in modo, che suppongonsi note le prime potenze 5° = 1 ,
5' = 5, 52 = a5, 53=ia5, 54 = 6;i5; ponesi quindi m nume-
ro intero positivo, e tale che renda ara — 1 >3, ara>4:> on-
de essere deve ni > a ; l'andamento iti fine delle due serie
costituenti le forinole , per poco che si riguardi , è assai fa-
cile a riconoscersi, e potrà perciò ognuno prolungarle, e tron-
carle opportunamente giusta i diversi valori di m , avendo
sempre l'avvertenza, che non si debbano conservare se non
se i termini, i quali risultano positivi. L'andamento costante
delle due serie comincia soltanto dai termini, che sono mol-
tiplicati per io5; e le espressioni ( LXXII ) , ( LXXIII ) rap-
presentano le forinole generali de' termini, che nelle serie
(LXX), (LXXI) vanno soggetti all'andamento indicato. Si
rifletta, che la lettera 11 nella forni 'a ( LXXII ) esprime un
intiero > o , e <-, e nella ( LXXIII ) un intiero > o ,
., 771 -t- I
e <-^r-.
Del Sig. Paolo Ruffini . 3
i .* Vogliasi per esempio la potenza ioa del 5. Serven-
domi perciò della forinola ( LXX ), faccio 2m — i = iS, e
traendo da ciò m — 8, pongo nella serie questo numero 8 in
vece di m . Da tale sostituzione verrà
5i5=53-i-3(50-i-52-+-4.54)io3-i-32(3.5i-i-3.53)io6-{-33.50.io9.
Ora determiniamo i valori
33 . 5° = 27 . 1 =2.7,
3a(3.5I-4-3.53) = 9(3.5-H3.ia5) = 35io,
3 ( 5° -w 5a -j- 4 . 54 ) = 3 ( 1 -+- a5 -i- 4 . 6a5 ) = 7S78 ,
53=ia5.
Sostituisco, e per la natura delle potenze del io avremo
5l5 = 27000000000
35iooooooo „ „ - 0 -
., _ = 00017570125 .
7570000 ' '
iaS
Poiché nelle nostre formule gli esponenti del io vanno sem-
pre crescendo di 3 in 3, potremo, sopprimendo gli zeri, che
determinano le potenze del io, agevolare il calcolo, con lo
scrivere, come nell'esempio supposto i numeri trovati 27,
35 io, 7578, 6a5 nel modo qui sotto accennato, cioè in ma-
niera che , posto nella prima linea orizzontale il primo nu-
mero 27, nella seconda si ponga il secondo 35io, e le tre
ultime cifre 5io di questo rimangano senz'averne alcun' al-
tra di sopra , il terzo 7578 si scriva nella linea terza , e le
ultime sue tre cifre 578 non abbiano alcun' altra cifra di so-
pra ; e così in progresso : poscia si sommino tutti questi nu-
meri così scritti, e il risultato che se ne ottiene, sarà la po-
tenza richiesta, nel caso nostro il valore di 5l5 .
27
35io
7578
625
5lS = 3o5i7578625.
2.0 Sia per secondo esempio domandata la potenza 2.6a
del 5 . Fatto perciò 2/?i = 26, e quindi m=i3, dalla formo
4 Metodo di estrarre le Radici Numeriche .
la ( LXXI ) otterremo 5a6= 6a5-i-3 (5-f- io . ia5) io3h~9X
(9-H8 . 25-»-a8 . 6a5) io6-)- 27 (ai . 5-+-35 . ia5) io9-h8i X
(ao-f- io . a5-i-S .6a5) io,a-4-a43 .5 . io'5; ma effettuando le
moltiplicazioni , e riduzioni , si ricava
a43 . 5 = iai5 ,
81 ( ao -+- io . a5 -+- 5 . 6a5 ) = a7499,5 ,
27 ( ai . 5 -+- 35 . ia5 ) = iao96o,
9 ( 9 -4- 8 . a5 -+- a8 . 6a-5 ) = i5938i ,
3 ( 5 -t- io . ia5 ) = 3765
6a5.
Dunque scrivendo questi risultati con la regola sovraesposta ,
e poi sommandoli otterremo nella somma, che risulta, il chie-
sto valore di 5a6 .
iai5
a74995
laogóo
i5938r
3765
6a5
5a6= i49on6ii93847ò56a5 .
3.° Supposto %m ■=■ 36 si domanda quali siano gli ultimi
termini nella corrispondente serie ( LXXI ) . Presa perciò la
forinola (LXXIII), siccome deve essere l'intiero ?ì<— r — ,
e però nel caso nostro <x5a il massimo valore, che potrà ac-
quistare n sarà 3 , e per conseguenza otterremo gli ultimi
termini domandati, potendo in essa (LXXIII) /ra=i8, ed
n = 3 . Tali termini adunque saranno
36
/(i8-io)(i8-ii)...(i8-i4) g0 (i3-n)(i8-ia)...(i8-i5) ^
\ 1 .a ...5 1.2. ..5
(i8-n)(i8-ia)...(iu- (olg
.a.3.. .6
V /(l8-ia)(l8-'3)---(r8-'7)5l\ Ioat_
\ 1 .2 .3. . .6 /
729 ( 56 H- ai . ia5-+~7 . 6a5) io'8 -Ha 187 . 5 . ioaI =
5i438a4. io,8h- 10935. ioi, = i6o788a4x io'8.
Del Sic Paolo Ruffini . 5
Volendo determinare i termini antepenultimi, faremo
n = a ? e la l°ro somma sarà
0,/(i8-7)(i3-8)(i8-9) - (,8-8)(i8-9)(i8-io) Ca ,
34( ■ 71 5 H ~3 ó "*"
(i8-8)(i8-9)(i8-io)(i8-ii)gi\ iomJ,_
a. 3.4 /
0,/(i8-9)(i8-io)...(i8-ia) gl ( 18-9) ( 18- io) . ■ .( i8-i3) g3\ l5
ó ^ I3T4 a. 3. 4. 5 " /
= 3548967615 X ioia.
Le serie , e forinole sovraccennate sono le seguenti
5--I==53+3(5°+5^(m-4)54)io3+3a((w-5)5'^(-^^)53)Io6+
33 /(m-6)(w-7) ^0_+_ (m-7)(w-8) ga_^ (m-7)(m-8)(m^9) g A ^ ^ _^
\ 2 a 2.3 /
gA/(m-8)(w-9)(w~io) -, _^ (m-8)(m-9)(m-io)(w-ii) ,-3 \ I()ia
\ 2.3 2.3.4 /
(LXX)
a5/(w— 9)....(7n— la) g0 (TO-ro)....(m— 13) ,.3 (m— io) .... (ro— 14) c^\
01 o h o ■+■ „ ■ ; o^iioij-
\ a. 3. 4 a. 3. 4 3.3.4.5 /
^(li(™—n)....(m—itJ) ,. (w— ii)....(m— 16) ^3\ io,j
\ a. 3. 4. 5 ° 2.3.4.5.6 /
ec.
53m=5^3/5I-4-(w— 3)53ìio3-i-3a/(w— 4)5°h-(/»-S)S»-h(ì2=!2Ì2ZÌ>54) I0
g3/(w— 6)(w— 7) ., (ro — 6)(m— 7)(ot — 8)^3\ 9
(LXXI) ) o a-3 '
V /3A/(m-7)(m-8)(m-9)5o | (ra-8) (w-9) (m-io)ga [ (m-8) .. .. (w-n)- A ,
\ a. 3 a. 3 2.3.4 /
35/(m-9)...(m-ra) g (ni-9)....(m-lS) p\lolS
\ a. 3. 4 a. 3. 4. 5 /
06 /(m~ io)--(w— 14) ,Q (m— ii)....(m— 15) - 6n— ii)....(7ra— 16) g A [8
\ a. 3. 4. 5 " 2.3.4.5 a. 3. 4. 5. 6 /
ec.
3an/[m~(3re'<-a)] (w— 5ra)-, 1>— ( 3re-t-a)] .... [re— ( 5re-t-r ) ] ^A fin
V 3 . 3 .4 • • ■ • (an— x ) a . 3 . 4 • • • 2» /
(LXXII)3a^'([w-(5W3:
ri— (3/z-t-3)] ....[to— (5n-t-a)] -0 [nt— (3hh-4)] ....[ni— (5b-h3)]
. 3 . 4 • • • ara a . 3 . 4 • • . ara
ll-t-à
6 Metodo di estrarre le Radici Numeriche.
[re-(3»H-4i] ...■[m-(5/t-t-4)l ^\ ioCnH_3
a.3.4.--(ara-t-i) /
3a>i+i/[""|3l'+')l-['"~f5"+l)1 Co [m— (3re-+-a)]....(ra— 5re) -
\ a . 3 . . . . ( 2» — i ) a . 3 . . . . ( are — i )
(LXXIII) ["-(3"-.»)]--['"-(5»-hi)] 54\ io6,^_
a . 3 . 4 ... are /
5m+i/["1~'3"","3"--["1"I5'1+s)] gt , l"»— (3n-t-3)]....[m— (5re-t-3)] -3\ 6
O I — — — — — — ^ ^— — o — r— — ~" — * 0 1 1 o
\ a . 3 . 4 • • • 2'i a . 3 . 4 ■ • • • are /
4- Vogliasi la potenza pesima del numero 9 . Essendo
o/ — ( io — 1 )*" , mediante la forinola Newtoniana otterremo
c/=( 1 e- 1 )p= 1 cP-p . 1 cP->-*.p(inl 1 0P-*-p{p~l){p~*) 1 o^-3 -Hec.J
(LXXIV) (iv+p^io^^p ^-.)(j>-^)(/»-3) I0,_4H_ec \ j
V a. 3 7 a. 3. 4. 5 /
In conseguenza di ciò, determino da prima i coefficien-
.• (p—l) ( P— l)(p— 2) - i>
ti i0p,p— 5 y _l i 9 ec; e siccome gli uni 1,
a a .3
p ■ , ec. presi alternativamente sono moltiplicati rispet-
tivamente per le potenze 10^, io*1-1, ec. decrescenti di ioa
in io2, e così gli altri, p, p — — ec. sono rispettiva-
mente moltiplicati per le potenze io^— ' , ioP~ 3, ec. decre-
scenti esse pure di io2 in io2; e siccome, sottratta la som-
ma di questi secondi termini dalla somma dei primi , il ri-
sultato, che ne viene, è il valore di 9^, come apparisce in
(LXXIV); scrivo in una linea orizzontale il primo coefficien-
te 1 , poscia in una linea seconda il coefficiente p — in
modo, che le ultime sue due cifre a destra rimangano senz'
averne alcun' altra di sopra, come si è praticato negli esem-
pj 1 .° , a.°, del ( N.* 3 ); scrivo quindi in una terza linea il
m(p — i)(p—2)(ij — 3) ,.
ciente p w ■■ ' nella stessa maniera, in aio-
H a. 3. 4
Del Sic Paolo Ruffini . 7
do cioè, che le ultime sue due cifre a destra non ne abbia-
no alcun' altra di sopra, e così di seguito; e ciò fatto, ese-
guisco la somma di tutti questi numeri . Nella stessa guisa
scrivo , e sommo gli altri coerhcienti p , p - - ,
2 . 3
(p— 1) (p — a)(»— 3)(p — 4) r. ,
p y-i- — li il. — IL 5 ec. finalmente, aggiunto uno ze-
2.3.4.5
ro alla destra di quella fra queste due somme, che contiene
il penultimo coefficiente, sottraggo l'ultima dalla prima, e il
residuo, che ne viene, sarà il chiesto valore di g? .
1 .° Sia per esempio p = 12 : i corrispondenti coefficienti
Newtoniani essendo 1, 12, 66, 220 , 49^» 79a •> 9a4? 79a •>
495, 220, 66, 12, 1 , li scrivo qui sotto, e li sommo nelia
maniera sovraindicata ; alla seconda somma 142799942012 ,
che contiene il penultimo coefficiente 12, unisco alla destra
uno zero , e fatta la sovra esposta sottrazione , sarà il resi-
duo 282429.536481 =
912.
66
12
495
220
924
495
66
792
792
220
01
12
I7IC42895660I I42799942O 12
IiÌ2 7QQ0420I20
2.0 Se p sia tale, che i corrispondenti coefficienti New-
toniani siano composti di un numero di cifre non >• 2 , il
che succede nella ipotesi di ^?<g; determineremo allora as-
sai semplicemente il valore di 9^, scrivendo l'un dietro l'al-
tro i coefficienti 1 , » p~ , p j?~ ;?~" ~ , ec, col por-
2 a .3 .4
re uno zero alla sinistra di quelli tra essi , che contengono
una cifra sola, e così scrivendo gli altri p, p — — — , ec;
(> Metodo di estrarre le Radici Numeriche .
poscia alla destra di quello tra questi due risultati, che con-
tiene il penultimo termine, collocando un zero; e finalmente
sottraendo il risultato secondo dal primo . Sia per esempio
y? = 8. I coefficienti Newtoniani diventano i, 8, 2,8, 56, 70,
56, 28, 8, 1 , quindi i due risultati per la regola ora accen-
nata saranno 128702801,8565608, e aggiunto alla destra del
secondo di essi., che contiene il penultimo termine 8, uno ze-
ro, e quindi sottratto questo dal primo, ci verrà 4304672 1 = 98.
3.° Poiché si ha iiP = ( io -+- 1 )p , e per conseguenza
11'= 10*-+-» . icp-* -k-p (lZllicP-i-+-p(p-,)(p~*}lcp-3->-ec.,
vedesi, che, se sommeremo insieme quelle quantità, le quali
sottratte l'una dall'altra ci somministrano il valore di g-P,
otterremo il valore di 11^. Però negli esempj de' ( prec. 1 .°, a.° )
sommando i risultati avuti dalle somme ricaveremo n8 =
1 2870280 i-t-85656o8o = ai435888i, 1 iia = 3138428376721.
5. 1.* Determinati, come nel ( 3.° N.° 3 ) in una delle
due serie (LXX), ( LXXI ) i termini ultimi, ossia quelli, che
contengono la più alta, o le due più alte potenze del io, e
conosciuto così il numero delle cifre, che si contengono nel-
la loro somma, potremo conoscere il numero delle cifre, che
si contengono nella corrispondente potenza del 5, senzacchè
tal potenza venga determinata attualmente. Così nell'Esem-
pio 1 .8 ( N.° 3 ) contenendosi undici cifre nel termine
27000000000 , e altrettante nella somma di esso col termine
susseguente 35roooooooo, dirò che anche undici cifre esisto-
no nel valore sviluppato di 5'5, come di fatti si vede nel
cit. (i.°N.*3). Così nell'Esempio a.°(N.°3) essendo 19 le
cifre dell'ultimo termine i2i5XiolS, e 19 le cifre esistenti
nella somma di questo col termine susseguente 274«M)5xioIa,
dirò che nella potenza 5a6 esistono 19 cifre . Finalmente poi-
ché 26 è il numero delle cifre che nell'Esempio (3.° N.° 3)
esistono nel termine ultimo 1093DX1021? e nella somma
16078824X1018 degli ultimi due, dirò, che ancora la poten-
za 5a6 conterrà 26 cifre . In tutti e tre questi casi bastava
osser-
Del Sic Paolo Ruffini . 9
osservare il numero delle cifre solamente dell'ultimo termi-
ne , per determinare il numero delle cifre , che si contengo-
no nella rispettiva potenza del 5 .
a.0 Dicasi a il numero delle cifre, che esistono nella po-
tenza $p , e siano di numero x le cifre esistenti in a?; si
avrà x=p — a+i . Di fatti avendosi 5^>ioa— ' , ed insieme
<io% e 2/> io1-1, ed insieme <io*, sarà 2^X^> ioa-*-x— %
ed insieme < io<!-+-r. Ora abbiamo 2^X 5^ = ( 2 . 5)^ = ic^ .
Dunque sarà 10^ una quantità compresa tra le due io"-t-r— 2,
ioa"l"x, e per conseguenza p sarà un intero compreso tra i
due fl-H.r — 2, a-t-x; ma tra questi due numeri non vi è
compreso altro intero, che a-i-x — 1 . Dunque dovendo esse-
re a-ì-x — i=p, ne verrà x = p — a-1-1 . Pertanto, cono-
sciuto il numero a delle cifre esistenti in $P , e conosciuto
l'esponente/?, conosceremo tosto in p — a -+- 1 , il numero
delle cifre che esistono nella potenza 2.P .
3.° Inoltre si ha i\.p = 2.P . q.p ; ma supposto/? — «-H- 1=6,
per la natura della moltiplicazione le cifre nel prodotto 2.P.2.P
sono di numero 26 — 1 , oppure 26 . Dunque nella potenza
4P si conterranno 2 (p — a ) -f- 1 , oppure 2 (p — o) + a cifre .
4-° Sia e il numero delle cifre, che si contengono in ÀP ':
il numero di quelle , che si contengono in 8^ = \p . a? sarà
c-+-b — 1 , ovvero c-hb; ma, sostituiti in vece delle b , e i
valori corrispondenti , si ottengono i tre risultati 3(o — #)-+-i,
3 (p — fl)+a, 3(p — a)n-3. Dunque da uno di questi tre
risultati verrà sempre determinato il numero delle cifre, che
esistono nella potenza 8^ .
5.° Chiamisi e il numero delle cifre, che esistono in o/,
ed x il numero delle esistenti in 3^. Avendosi o/ = 3^. 3^;
il numero delle cifre in 9/ sarà ancora 2.x , oppure nx — 1;
poiché adunque si ha 2,x = e, oppure nx — 1 =e, risulterà
x = — s ovvero x = ; ma tanto x , come e devono essere
a a
numeri intieri: dunque quando e è numero pari, sarà x = — ,
a
Tom. XVII. a
io Metodo di estrarre le Radici Numeriche.
e quando e è numero dispari, sarà x = ; e per conse-
a
guenza il numero delle cifre in 3^ sarà — , oppure se-
a a
condochè il numero e delle cifre in o/ è pari , o dispari .
6.° Denominato f il numero delle cifre in 3^, il nume-
ro delle cifre in 6^ = 2^. 3^ sarà b-+-f, oppure b-^-f — i , e
sostituiti i valori corrispondenti ( prec. 3.° , 5.° ) tal numero,
cpiando e ( prec. 5." ) è pari sarà p — a -H -4- i , ovvero
p — a -\ , e quando e e disparì sarà p — a-\ t- i , op-
a a
e-t- i
pure p — a-\ .
Passiamo ora a considerare il numero delle cifre nelle
potenze dei numeri intieri in un modo generale .
6. Chiamati h^p due numeri interi positivi qualunque,
cercasi il numero delle cifre, che si contengono nella poten-
za hP .
Denominato x questo numero, lo stesso numero di cifre
si conterrà ancora in io1-1, e siccome tra i numeri, che
contengono x cifre, io1-1 è il minimo, dovrà essere ìip non
< iox—I . Prendansi ora i logaritmi da una parte e dall'altra
nel sistema delle tavole, e avremo x non >/? log. A-+- i . Ma
contenendosi in iox un numero di cifre x-hi , abbiamo iox>hP,
e prendendo quindi i logaritmi, ottiensi x >/? log. h . Dun-
que, dovendo x essere un numero intero, uguaglierà quell'
intero , che supera immediatamente il valore p log. h . Que-
sto valore di x altro evidentemente non è che la caratteri-
stica di log. hP accresciuta di i .
i.° Sia per esempio A = 5, e /? = 26, oppure /z=u, e
p= 12, . Nel primo di questi casi abbiamo p log. A = a6 log. 5
= a6X°5 099? non tenendo conto nell'espressione logarit-
mica che di tre decimali per maggiore semplicità, e perchè
non ne abbisogna nel caso presente un maggior numero .
Del Sic Paolo Ruffini . il
Dunque risultando/; log.A=i8, 174, il numero delle cifre
esistenti nella potenza 5a6 sarà 19, come appunto si vede
nell'Esempio n.° del ( N.° 3 ) . Nel caso secondo avendosi p
log. h = 12 log. 1 1 = ia X 1 ■> 04 1 = 12,, 49a ■> saI"à i3 il nu-
mero delle cifre esistenti in uia come di fatti si vede nel
(3.°N.°4).
a.0 Poiché , ritenendo come di sopra tre sole cifre deci-
mali, nelle espressioni logaritmiche abhiamo
log. 1 = o
log. a =1 o , 3oi
log. 3 = 0, 477
log. 4 = 0, 6os
(LXXV) log. 5 = 0,699
log. 6 = o , 778
log. 7 = 0,84-5
log. 8 = 0, 903
log. 9 = 0, 954,
potremo agevolmente col mezzo di questi numeri determina-
re quante cifre si contengono in ciascuna delle potenze \p ,
2.P, 3p, ec. 9^, estendendosi il valore dell'intero p dallo zero
fino inclusivamente al 100.
7. Conservate le denominazioni del (N.°prec), e sup-
posto di più, che q rappresenti un intiero positivo </?, si
domanda , qual debba essere p acciocché la potenza hp con-
tenga p — q cifre .
Col discorso medesimo del (N.°prec.) trovasi dover es-
sere hP non < 10P— i~l ed insieme hP < io^"~i?j presi adun-
que i logaritmi, poiché risulta p log. h non </? — q — 1 , p
log. /i<» — <7, si otterrà » non > ?~*~I ,/?> — - — . Dun-
1 — log. A 1 — log./t
que, dovendo/? essere numero intiero, avrà tanti valori quan-
ti sono gl'intieri, che sono al di sopra del valore — f — -, e
0 l 1 — log. h
non superano l' altro — — L_ .
1 —log. h
J 2 Metodo di estrarre le Radici Numeriche.
8. Pongasi h successivamente = i , 2, 3, ec. 9 . Col ri-
tenere per maggiore semplicità tre soli decimali nelle espres-
sioni logaritmiche , poiché si hanno le Equazioni ( LXXV ) ;
i valori di p , corrispondentemente ai quali le potenze pesime
dei primi nove numeri intieri contengono/? — q cifre, ver-
ranno determinati dai limiti, che in conseguenza del (N.°prec.)
sonosi ritrovati, e vengono esposti qui sotto in (LXXVI)
1 IO, 699 O , 699 O , 522 O , 522
(LXXVI) _1_-4?,XÌL; -L-5*, Sii; -J-6^
1
e , 398 o , 398 o , 3oi o , 3oi o , 222 e , 222
-4-7i»,lÌÌ5 -X_8?,lii; -J-gp,£ÌL.
o , i55 o , i55 o , 097 o , 097 o , 046 o , 046
i.° Sia q = o . In questa ipotesi tutti i primi limiti di-
ventando zero , ed i secondi divenendo rispettivamente
1 1 3oi 1 478 1 204
I O , 699 699 O , 522 522 O , 398 398
(LXXVII) _L- = 3^-; _l_ = 4i^; _i_ = 6-ZL; _1_ = I0^.
o, 3oi 3oi o, 223 -j.-2.-i. o, i55 i55 o, 097 07
o , 046 46
ne segue , essere solo la prima potenza di ciascuno dei nu-
meri 1 , 2 , 3 , quella che contiene tante cifre , quanto è il
grado della potenza medesima; che riguardo al numero 4
tanto la prima che la seconda delle sue podestà contiene tan-
te cifre , quanto è il grado rispettivo della potenza ; che rap-
porto al numero 5 gode di questa proprietà soltanto ciasche-
duna delle sue prime tre potenze ; che relativamente al 6 go-
dono tale proprietà solamente le sue quattro podestà prime;
e che la godono egualmente , e solamente, riguardo al 7, le
sue sei potenze prime ; rapporto allo 8 le sue prime dieci 9
e riguardo al 9 le sue prime ventitre .
a.° Si faccia q=i . In questo caso dei limiti (LXXVI)
i primi diverranno gli esposti in (LXXVII), ed i secondi di-
venteranno
Del
s
1G.
P,
iOLO R.UFFIN1 .
r3
2
I
2
- a
602
699
e,
0,
5^2
3 434 .
- '-> 5
022
2
5
IO
398*'
o, 699
0 , 398
3
3oi
2
:9
a
■ 5
2
140
:I2 — — ;
i55
0
2
= 20
60 .
o ^-3x11
0 ;
1 322
0 , i55
j °97
5
97
2
o , 046
, 38
'■47 — ■
n'46
Dunque delle potenze , le ffuali contengano una cifra di
meno di quel che sia il grado delle potenze stesse, i nume-
ri 1 , a ne hanno una sola, cioè la seconda, il 3 ne ha due,
cioè la seconda , e la terza ; il 4 ne contiene tre , cioè la
terza, la cpiarta , e la quinta; il 5 ne contiene tre, cioè la
quarta, la quinta, e la sesta; cinque ne contiene il 6, che
sono la quinta, la sesta, ec. la nona; sei se ne contengono
dal 7, tali essendo le potenze, settima, ottava, ec. duodeci-
ma ; dieci ne contiene lo 8 , essendo tali le podestà undeci-
ma, duodecima, ec. vigesima ; e ventiquattro se ne conten-
gono dal g, le quali sono la ventiquattresima, la venticin-
quesima, ec. la quarantasettesima .
3.° Col fare ^ = 2, potremo, come nei ( prec. i.°,a.°)
determinare quante, e quali potenze dei numeri i,a, 3,ec.
9 contengono due cifre di meno del numero p esprimente il
grado delle potenze medesime . Così in progresso .
9. Venga dato il valore del primo membro G, il grado
m della potenza , che vuole estraersi ; e venga richiesta in-
dipendentemente dalla Tavola delle potenze la massima po-
tenza mesima esatta , che si contiene in G .
Denominato r il numero delle cifre in G, determino qua-
le, o quali tra i logaritmi (I.XXV) moltiplicati per m dan-
no una caratteristica =r — 1 . Chiamati a, b, e, ec. i nu-
meri corrispondenti a questi logaritmi, e supposto a>#>c>
ec, truovo attualmente il valore amv e lo paragono con G:
se veggo am non >G, dirò che am è la massima potenza
mesima domandata: che se sia ara>G, determino Z>m, e pa-
ragonato questo valore con G , dirò essere bm la massima po-
tenza richiesta , mentre risulti bm non > G ; ma se risulta
14 Metodo di estrarle le Radici Numeriche.
//"■^G, passo innanzi, trovando successivamente le potenze
cn , ec, finché ottiensi quella, che sia non > G , dicendo
poi essere questa la domandata . Che se niuno dei numeri
a, b, e, ec. determinati di sopra somministri potenza mesi-
ma non >G; prenderò allora l'intiero prossimamente ad essi
inferiore, e la mesirna di questo sarà non > G , e sarà la
richiesta .
i .° Supposto per esempio ra=io, sia G = 35438o,56 .
Essendo in questo il numero delle cifre r = 8, cerco in (LXXV)
quali tra i logaritmi ivi esistenti sono quelli che moltiplicati
per io somministrano la caratteristica 7; trovo agevolmente
non esservi fornito di tale propiietà che il logaritmo 0,778,
il cui numero corrispondente è 6 . Dunque per la regola sta-
hilita di sopra non dovrò che cercare il valore di 610; ma
per l'attuale operazione truovasi 610 = 13810176, ed è
1 38ioi 76 < 35438956 : dirò dunque essere 610 la massima po-
tenza decima , che si contiene in 35438q56 . Che se fosse
G = 1 io,35686 ; allora avendosi i38ioi76> ng35686, direi
non essere già 6'°, ma bensì 510 la massima potestà decima
esatta, che contiensi nel dato 1 1930686.
2.0 Abbiasi ;?z = 5, e G = 25468. In questo caso tutti e
tre i logaritmi 0,954; o , go3 ; 0,845 (LXXV) moltiplicati
per 5 somministrano la caratteristica 4- Dunque converrà, che
ritenghiamo tutti e tre i numeri 9,8,7, e, fattene succes-
sivamente le potestà quinte, che successivamente le parago-
niamo col dato a5468 , come si è indicato di sopra relativa-
mente alle potenze am , bm , cm , ec. con la G. Ora si trova
95 = 59c49, 85 = 32768, 75= 16807 • Dunque essendo fra que-
ste solamente la potestà 7 J <. 25468, ne segue, che sarà es-
sa 7S la massima potenza quinta esatta che si contiene nel
dato numero 25468 .
3.° Sia G = 356o4384g5, ed m = 25. In questa ipotesi,
non esiste alcuno dei numeri a, b, e, ec. il quale elevato
alla potenza 25."'ma contenga tante cifre, quante ne contie-
ne il dato 356o438495 cioè io, perchè in (LXXV) non esi-
Del Sic. Paolo Ruffini . i5
ste alcun logaritmo, il quale moltiplicato per 2,5 producala
caratteristica 9; ma il logaritmo del a cioè o, 3oi moltipli-
cato per a5 dà il prodotto 7 , 5a5 , e però la caratteristica
7 ; ed il logaritmo del 3 , cioè o , 477 moltiplicato parimenti
per 2.5 somministra la caratteristica 1 1 , somministrando il
prodotto 11, 925. Dunque essendo 3a5 fornito di 12 cifre,
e aa5 di 8, sarà a25 la massima potenza 2.0 esima esatta, che
condensi in 356c4-38495 .
io. Quanto minore è il numero delle quantità a, b , e,
ec. del ( N.° prec. ), tanto più semplice riescila la soluzione
del Problema ivi proposto. Ora quanto è maggiore l'espo-
nente m ; dal valore dei logaritmi esistenti in ( LXXV ) , e
dai tre esempj del ( N.° prec. ) apparisce, tanto essere mino-
re l'indicato numero delle a, b , e, ec, il quale ben presto
riducesi assai ristretto . Dunque , mentre abbiansi presenti i
logaritmi ( LXXV ) , potremo assai agevolmente risolvere il
citato Problema del ( N.° 9 ) , il quale è quello, che forma il
soggetto principale della presente Appendice, ed esso anzi
diventerà sempre tanto più facile , quanto è più alto il va-
lore di m . Glie se gli accennati logaritmi non si abbiano pre-
senti, allora il numero delle cifre, che formano la potenza
richiesta , potrà ricercarsi dipendentemente dalle proprietà
esposte nel ( N.° 5 ), avvertendo che il numero e nel ( 5.° N.° 5 )
è sempre = m ogniqualvolta sia m un intiero non > 23
( i.° N.° 8 ); esso e uguaglia ni — 1 , mentre m sia > 23 , e
< 48 ( a.0 N.° 8 ) : uguaglia m — a , allorché m superi 47 ■> e
sia <66. Così di seguito. Che se non si conoscono neppure
queste proprietà, allora conviene per isciogliere il Problema,
ricorrere al metodo proposto nel ( N.° 2 ) , ed alle forinole
(LXX), (LXX1), (LXX1V).
l6
DEL MOVIMENTO DI UN FLUIDO ELASTICO
CHE SORTE DA UN VASE
E DELLA PRESSIONE CHE FA SULLE PARETI
DELLO STESSO.
MEMORIA
Del Sic Ottaviano Fabrizio Mossotti
Preh:ntata dal Sic. Cav. Brunacci li a5 Giugno 1814
E APPROVATA DAL SlG. AVANZINI .
N.° 1. v /uesta Memoria fu composta per applicare il calco-
lo alla spiegazione dei fenomeni , che il Professor Brunacci
osservò in alcune esperienze riferite in un discorso accade-
mico il quale trovasi stampato nel secondo bimestre del 1814
del Giornale del Professor Brugnatelli . Pensò questo valente
Geometra che la resistenza dell'aria alla quale comunemente
dai Fisici si attribuisce il retrocedimento che lo scappare dei
fluidi produce nei vasi che li contengono fosse una causa im-
potente, e manchevole a produrre un tanto effetto , ma che
invece il giuoco tutto fosse riposto nella dilatazione istessa
del fluido. Richiamato quindi questo suo divisamento all'o-
nor delle prove ebbe il piacere di vederlo pienamente con-
fermato da una serie di ripetuti esperimenti . I risultamene
di queste esperienze sono esposti nel sunnominato discorso la
lettura del quale io suppongo premessa a quella di questo
mio scrìtto . In esso è provato come le pressioni crescano ac-
costandosi verso il fondo del vase , come le velocità invece
siano maggiori verso lo sbocco, in una parola nulla si lascia
a desiderare per la cognizione del fatto . Tutto era quindi
ridotto ad assegnare da quali principii meccanici conosciuti
discendesse la causa di quei fenomeni , tutto era ridotto a
sta-
Del Sic Fabrizio Mossotti . 17
«iotteBs^tauilire una più esatta teorica. E questa seconda intra-
presa sarebbe forse stata assunta un giorno dal prelodato mio
Maestro quando la minoranza delle occupazioni glielo avesse
permesso, se io approffittaudo e dei lumi coi quali nell'assiste-
re alle sue sperienze m' aveva egli schiarito , e del poco ozio
che mi resta non gli avessi per così dire carpito il lavoro di
mano. L'amorevolezza però e l'interessamento che nutre pe'
suoi discepoli questo mio Precettore fecero che un tale at-
to fosse presso di lui non solo in buona parte accolto , ma
che anzi riuscisse all'animo suo gradito. Siccome nell' appli-
care i principj di meccanica alla valutazione degli effetti nei
fenomeni del retrocedimento dei vasi io dovetti stabilire le
equazioni fondamentali del moto dei fluidi elastici che ne
scappano fuori , così fui naturalmente condotto a formare una
teorica sul movimento dei medesimi . È per questo che alla
presente memoria le si conviene il titolo che io le ho pre-
messo perchè appunto una teorica del movimento dei fluidi
elastici che sortono dai vasi è ciò che fa l'oggetto della me-
desima .
N.° 2. Prima però d' incominciale ad esporre quanto nelP
indagine del movimento di un fluido elastico che esce da un
vaso e della pressione che fa sulle pareti dello stesso mi ven-
ne fatto di ritrovare, piacemi di qui premettere la soluzio-
ne di un Problema col quale il sommo Eulero si propose di
ricercare la velocità che ha nell' uscire il fluido elastico pro-
dotto dall'accensione della polvere nello sparo del cannone.
Questa elegante soluzione mostra ad un dipresso lo stato in
cui trovasi la teorìa del movimento dei fluidi elastici che
sortono dai vasi, né per quanto io sappia alcuno mai pensò
a ricercare se questi fluidi nel sortire premano sui vasi ove
sono contenuti né con qual regola e gagliardìa vi premano .
Essa è tratta dalle note die il suddetto geometra fece all'o-
pera di Robins intitolata = Nonveaux principe* d' Artillerie .
Ecco com'egli si esprime
„ La materia sottile ed elastica prodotta dall' accensione
Tom. XVII. 3
18 Del movimento di un Fluido Elastico ec.
„ della polvere potendo essere considerata come un'aria estre-
,, marcente compressa noi supporremo, che al primo istante
„ dell'espulsione della polvere nel cilindro cavo AABB (ftg. i )
„ quest'aria riempisca lo spazio AACG . Sia adunque la lun-
„ ghezza di questo cilindro = a , il cerchio della sua base
,, = ce, ed AC = A. Sia altresì l'aria compressa nello spazio
,, AG m volte più densa dell'aria naturale; m sarà giusta
le regole più comuni il rapporto della sua elasticità a quel-
la dell'aria naturale, e se si supponga che il mercurio sia
sostenuto nel barometro ad un'altezza = h, il peso di qué-
„ sta colonna di mercurio sarà eguale all'elasticità dell'aria,
,, e se i : 12000 sia il rapporto del peso specifico dell'aria a
„ quello del mercurio quest' elasticità sarà espressa dal peso
„ di una colonna d'aria la cui altezza sia = iacoom/i . Sup-
poniamo ora che dopo un certo tempo quest' aria si sia
estesa sino in MM e nominiamo x la lunghezza AM ,
la densità dell'aria dilatata in questo spazio sarà alla pri-
ma densità dell'aria rinchiusa in AG come AC è ad AM
cioè come b \ x , e per conseguenza volte più gran-
de che la densità dell'aria naturale, e la sua elasticità po-
trà essere espressa dal peso di una colonna d'aria la cui
altezza sia = — — — - . h . Se adunque quest'aria si dilata
X
liberamente colla sua propria forza , e non abbia né palla
né borra avanti a sé si determinerà nella maniera seguente
la velocità dell' espulsione . Sia \/v la velocità progressi-
va della lamina anteriore MM in maniera che questa ve-
locità sia dovuta all'altezza w, poiché noi supponiamo che
quest'aria compressa si dilati uniformemente la velocità
in ogni altra lamina ZZ sarà d' altrettanto minore che
questa lamina è più vicina al fondo AA . Se si chiami dun-
que z la distanza AZ la velocità in ZZ sarà eguale a — \/v e
nel mentre che la lamina anteriore avanzerà di una quan-
Del Sic Fabrizio JVìossotti . in
„ tità infinitamente piccola Mra = ^.r , ZZ percorrerà uno
„ spazio — $\X . E siccome la velocità va aumentando noi
X
„ possiamo supporre secondo le regole del calcolo differen-
,, ziale , che nel mentre che MM percorre Mm, l'altezza v
,, sia accresciuta di ^v , e la velocità t/v di -1—. L'accre-
,, scimento della velocità della lamina ZZ nel medesimo
„ istante sarà — , e quella dell'altezza ^- per acquista-
sti/^ xx
„ re questa velocità sarà — — . Diamo %lla lamina ZZ uno
XX
„ spessore Zz = ^z di modo che il suo volume sia eguale
„ a cc\z\ siccome in questa sezione 1 aria e — volte più
„ densa dell'aria naturale la lamina ZZzz avrà una massa
,, eguale di un cilindro d'aria naturale della medesima base,
„ e di un'altezza = — — . Il movimento di questa lamina
„ essendo accelerato bisognerà necessariamente che vi sia una
„ forza che produca quest'accelerazione: noi supporremo a-
„ dunque che questa forza sia eguale al peso di una colon-
„ na d'aria naturale della medesima base della lamina e di
,, un'altezza = \2.cocp. Ora sappiamo, che nel mentre che
„ questa lamina percorre lo spazio —, l'altezza — s' ac-
X XX
„ cresce di ^-?; bisogna adunque che secondo i principj
„ della meccanica questo accrescimento ^^ sia allo spazio
XX
55 — -5 come la forza iioooc^ che accelera il moto di que-
„ sta lamina, è al peso ^-^-\z della stessa, cioè z— \ —\\
x XX X
„ iaoooc3/? : — %^z dalla quale si ricava iaooo» = mbecs^=^°
" t— z$\z per Ja lorza acceleratnce dell'aria contenuta
55
55
55
no Del movimento di un Fluido Elastico re.
„ nella lamina ZZzz : integrando si avrà ■"' cc*° — per V es-
xxfo a.
„ pressione della forza necessaria all'accelerazione dell'aria
„ contenuta nello spazio AAZZ, e se si f a z = x si avrà
mhccXv ir i •• ••
„ — - — per la iorza acceleratnce di tutta lana contenuta
nello spazio AAMM. Ma questa forza allorché non vi è
ostacolo a vincere non è altra cosa che la forza elastica
dell'aria compressa che è eguale al peso di una colonna
„ d'aria naturale la cui altezza eguaglia ."?c m e ]a base
X
s j • ., . %,v laooombh ~
„ =cc: si avrà dunque quest equazione = e Q^o
H&.V X
,, = il cui integrale e v = 2,Acccmn log. — e se si
x ° ° b
„ mette AB = a per x si avrà l'altezza dalla quale il corpo
„ dovrà cadere per acquistare la velocità colla quale l'aria
„ scappa dall' apertura BB e quest' altezza sarà eguale a
„ 24000772 A . log. — .
N.8 3. Esposta così la dottrina dell'Eulero su tale og-
getto dalla quale molto lume ricevetti per sottoporre a cal-
colo il movimento di un fluido elastico in circostanze simili,
darò principio alle mie considerazioni . E per progredire con
più ordine richiamerò le difinizioni di alcuni termini , non
che alcune nozioni delle quali come di cose vere e note pos-
sa servirmi nel seguito a' miei propositi .
I. E primieramente intenderò per fluido elastico quello,
che senza cangiar la sua massa può ridursi ad un minor vo-
lume allorché viene compresso, e che cessando la compres-
sione si ristahilisce nel suo primiero stato per una virtù o
forza chiamata elasticità, la quale in lui risiede.
II. La forza elastica in ogni stato di compressione si mi-
sura dalla forza che sarebbe atta a ridurre, e conservare il
fluido in quello stato di compressione .
III. Essendo poco ciò che finora ci ha mostrato l'espe-
rienza sulla misura, e sulla varietà di questa forza nei diversi
Del Sic Fabrizio Mossotti. 21
fluidi elastici io sceglierò l'aria, e sulle proprietà di questo
siccome del fluido più conosciuto s'aggireranno i miei ragio-
namenti, farile essendo a chicchessia l'applicarli a qualun-
que altro fluido purché del medesimo se ne conoscano egual-
mente le proprietà. Assumerò quindi ciò che l'esperienza ha
comprovato sull'aria, che essendo costante la temperatura,
una stessa massa di fluido elastico venendo ridotta ad occu-
pare successivamente diversi volumi, le forze che lo compri-
mono e perciò le differenti forze elastiche sieguono la ragio-
ne inversa dei volumi , o la diretta delle densità . Così sup-
ponendo uno la densità dell'aria naturale, la sua elasticità
essendo misurata come è noto dal peso di una colonna di
mercurio dell'altezza media del Barometro, o di metri 0,76 = ^,
quella di un'aria A volte più densa sarà misurata dal peso
di una colonna di mercurio alta Ah ; e volendo ridurre que-
ste colonne di mercurio ad altre equivalenti in peso della
stessa aria, essendo il peso specifico dell'aria a quello del
mercurio come uno a undecimila e trentacinque (a), una co-
lonna d'aria dello stesso peso di una di mercurio dovrà es-
sere iio35 volte più alta, per lo che le due nominate co-
lonne di mercurio ridotte ad altre equi ponderanti d'aria do-
vranno avere altezze la prima eguale a iro35/j, la seconda
eguale a 1 io35AA .
IV. Per altezza dovuta ad una velocità, intenderò quel-
la altezza dalla quale cader dovrehbe un corpo grave per ac-
quistare quella velocità medesima; ed egualmente velocità do-
vuta ad un'altezza significherà la velocità che acquisterebbe
un corpo grave liberamente cadendo da quell'altezza mede-
sima .
V. Finalmente assumerò, ciò che è dimostrato in tutti
(a) Il peso specifico del mercurio è a
quello dell'acqua come 13,50,0,5 : 1,0000
( Ved. i?iof annot. alla Fisica Meccanica
di Fischer) ma quello dell'acqua è a
quello dell'aria come 10000 : lì, 3a33
( Ved. Brugnatelli Trattato elementare
di Chimica generale T. I ) componendo
le proporzioni si troverà l'enunciato rap-
porto del peso specifico dell'aria a quel-
lo del mercurio .
•-L2 Del movimento di un Fluido Elastico ec.
gli autori d'Idraulica, che la velocità colla quale da un pie-
col foro zampillerebbe un fluido compresso in un vase è do-
vuta ad un'altezza eguale a quella di una colonna dello stes-
so fluido che sia atta a produrre la medesima pressione, che
soffre il fluido nel luogo ove zampillerebbe .
N.° 4> Questi principj e definizioni premesse io mi fa-
rò ora per mezzo di semplici raziocini ad investigare più
addentro la natura del movimento di un fluido elastico , ciò
che spianerà viemeglio la strada all'argomento che imprendo
a trattare . Perciò supporrò come ha fatto l' Eulero , e come
è provato dalle osservazioni, che i fluidi che sono perfetta-
mente elastici, o che almeno si accostano ad esser tali con-
servano nel dilatarsi la medesima densità in tutta l'estensio-
ne del loro volume. Immaginiamo quindi che la figura AABB
( fig. 2. ) rappresenti lo spaccato di un cilindro nel quale
debba stendersi un fluido elastico compresso nello spazio
AACC del fondo, che per comodo dei ragionamenti suppor-
remo diviso in tre porzioni eguali AADD , DDEE , EECG .
Messo in libertà il fluido la colonna AACC dello stesso co-
mincierà ad allungarsi; sia tale l'allungamento seguito nel
primo istante di tempo che la prima falda esterna CG sia
passata in ce ( la porzione di retta Ce si è fatta di grandez-
za finita per rappresentarla all'occhio ) anche delle due altie
porzioni le falde più esterne EE, DD saranno progredite Pu-
na in ee, l'altra in dd. Siccome le porzioni AADD, DDEE,
EECG erano eguali in densità e lunghezza prima che comin-
ciasse il moto , e Io devono essere anche dopo , perchè la
massa fluida si trova ancora disposta in una densità unifor-
me, così converrà che l'avanzamento della prima porzione
Ce sia triplo dell'avanzamento Dd dell'ultima, ed Ee doppio
dello stesso Dd , per lo che considerando soltanto il moto del-
le tre falde CG EE DD s'intenderà che in questo istante es-
se sono progredite di quantità proporzionali alla loro distan-
za dal fondo , ossia che si son mosse con velocità proporzio-
nali a queste distanze istesse. Dopo questo istante ritornando
Del Sic. Fabrizio Mossoiti . a3
cól pensiero alla porzione Kh.cc la concepiremo dilatarsi per
un altro momento, e quindi ripeteremo come nel primo il
ragionamento sul modo di agire e di dilatarsi delle altre due,
indi passeremo ad un terzo, e poi ad un quarto, e così per
indefiniti istanti , onde ci accorgeremo che , la massa fluida
trovandosi continuamente disposta in una densità uniforme,
la velocità colla quale si muove una falda qualunque in cia-
scun tempo è a quella di un'altra nel medesimo istante nel-
la ragione diretta della distanza della prima alla distanza del-
la seconda dal fondo .
N.° 5. Veduta la legge delle velocità colle quali si muo-
ve il fluido nelle diverse sezioni dilatandosi in un cilindro,
passiamo a ricercare qual sia la forza motrice che s'impiega
a produrre ed accelerare il movimento di una porzione qua-
lunque della colonna fluida . Poiché ho dimostrato che la ve-
locità , che in un istante acquista il fluido in ciascuna se-
zione, è nella ragione della distanza sua dal fondo del cilin-
dro, le forze acceleratrici nelle diverse sezioni saranno anch'
esse proporzionali alle distanze loro . Rappresento colla retta
AB { fig. 3 ) eguale in lunghezza alla colonna fluida che si
dilata la massa della medesima, e colla BD posta ad an-
golo retto alla AB la forza acceleiatrice nella sezione ultima
BB , e congiungo AD. Se nel triangolo ABD prendo del la-
to AB una parte qualunque AC, ed innalzo la CE parallela
alla BD , mentre la porzione AC corrisponderà alla massa flui-
da compresa tra il fondo del cilindro ed una sezione CC alla
stessa distanza AC , la CE equivarrà alla forza acceleratrice
nella detta falda. L'area dunque dell'intero triangolo ABD
sarà proporzionale alla forza motrice che s'accingerà a dar
movimento all'intera colonna fluida rappresentata da AB, e
l'area della porzione ACE del triangolo corrisponderà alla for-
za motrice della parte di colonna fluida rappresentata da AC.
Essendo poi le superficie dei due triangoli simili ABD, ACE
nella ragione dei quadrati dei lati AB, AC, sarà la forza mo-
trice che agisce su tutta l'intiera colonna fluida AB, a quella
2.J. Dei, movimento di un Fluido Elastico ec.
che muove la porzione AC come il quadrato della AB al qua-
drato della AC . Ma il fluido totale non tende a muoversi
che con una forza equivalente alla sua elasticità, la quale
secondo i principj esposti al N.° 3, III, II è rappresenta-
ta dal peso di una colonna dello stesso fluido che abbia per
base la superficie della sezione BB ed un'altezza che la ren-
da atta ad equilibrarla. Dunque rappresentando la forza dal- v
la quale riceve il suo movimento la porzione espressa da AC
col peso di una colonna di fluido della stessa base, e la cui
altezza corrisponda ad un'elasticità che a questa forza equi-
valga, sarà il peso dell'intera colonna che misura l'elastici-
tà nella sezione BB la quale di movimento a tutto il fluido
al peso di quella parte che può concepirsi essere impiegata
iielf accelerare il moto nella porzione AC, come il quadrato
della AB, al quadrato della AC; o ciò che è lo stesso sarà
l'altezza dell'intiera colonna all'altezza della porzione gene-
rante il moto nella massa AC , come il quadrato della lun-
ghezza della colonna fluida che si dilata, al quadrato della
lunghezza della porzione di colonna fluida la cui massa è rap-
presentata da AC. Dalla quale proporzione risulta, che l'al-
tezza della colonna dal cui peso può credersi mossa una por-
zione qualunque della colonna fluida che si dilata , è eguale
al prodotto dell'altezza della colonna che misura nella sezio-
ne BB la totale elasticità del fluido nel quoziente del qua-
drato della lunghezza della parte della colonna che si consi-
dera dilatarsi diviso pel quadrato della lunghezza dell'intiera
colonna mossa .
Il ragionamento col quale io ho dedotta la misura o l'al-
tezza della colonna dal cui peso può valutarsi la forza che
genera il movimento in una porzione qualunque della colon-
na, non che per lo primo istante è buono a qualunque tem-
po della dilatazione voglia applicarsi: perchè essendo sempre
gli aumenti di velocità che acquista il fluido nelle diverse se-
zioni in ragione della distanza di cjueste dal fondo (N.°4),
potremo sempre ripetere in ciascun istante la stessa consi-
dera-
Del Sic. Fabrizio Mossotix. a.)
derazione, onde necessariamente la forza elastica nella sezio-
ne BJ3 con cui tende il fluido in questo stesso istante a dila-
tarsi, e che s'adopera nel produrre l'accelerazione dovrà colla
stessa legge distribuirsi nell'estensione della colonna fluida.
N.° 6. Veniamo ora alla pressione. Siccome la dilatazio-
ne del fluido succede in modo che prima incomincia a dila-
tarsi dalla parte esteriore e va continuamente ristabilendosi
l'equilibrio di densità, e di elasticità in tutto il rimanente
del fluido in un modo però continuo, e senza intervalli finiti
di tempo, prendiamo perciò ad esaminare il moto del fluido
in un istante nel quale la prima porzione CCBB (fig. 3 ) fac-
cia per dilatarsi , e la seconda AACC quasi contemporanea-
mente pigia per porsi in equilibrio di densità e di elaterio
con essa. E chiaro che se la seconda porzione AACC invece
di premere in quest'istante fosse in un tratto annichilata,
tosto la porzione CCBB si dilaterebbe da amendue le parti,
e se ciò non avviene si è, perchè anche la seconda porzione
cerca di distendersi da questa stessa parte onde, nella sezio-
ne CC siegue un contrasto fra la porzione anteriore CCBB ,
e la posteriore AACC. Viceversa se immaginiamo, che si an-
nienti la porzione anteriore CCBB, è facile il vedere che l'al-
tra porzione AACC tenderebbe a dilatarsi con una forza cor-
rispondente alla forza elastica nella sezione CC, ossia con una
forza eguale al peso di una colonna di fluido avente per ba-
se la sezione CC = BB, ed un'altezza atta ad equilibrare l'elasti-
cità stessa. Se adunque non si dilata, o non è mossa che con
una forza la quale come abbiamo veduto ( N.° 5 ) è a quella
che misura l'elasticità del fluido, come il quadrato della to-
tale lunghezza della colonna fluida AB, al quadrato della lun-
ghezza sua propria AC, forz'è che in questa sezione CC sia
cosi contrastata , che nel conflitto perda una quantità di for-
za che sarà la differenza tra il peso della colonna che mi-
sura l'elasticità del fluido, e il peso di quella parte di co-
lonna che corrisponde a quella forza che muove effettivamen-
te la porzione AACC, ossia il peso di una colonna la cui al-
Tom. XVII. 4
ofi UCL MOVIMENTO DI UN FLUIDO ELASTICO eC .
tezza sia la differenza di quelle delle due dette. Il fluido quin-
di nella sezione GC si troverà compresso dal peso di mia co-
lonna di quest'altezza, in modo che schizzerebbe fuori dalla
massa totale se non fosse trattenuto dalla parete CC, premerà
quindi sulla medesima, e se in un punto di essa si facesse
un foro piccolissimo o come suol dirsi infinitesimo, sfuggireb-
be da questo con una velocità, che come ho detto al N.° 2,
V, sarebbe quella dovuta all'altezza di questa colonna com-
primente . Sarà perciò seguendo la nozione data da Eulero
della pressione ( il quale assegna per misura della pressione
di un fluido su di un punto qualunque delle pareti, il peso
di una colonna dello stesso dalla quale bisognerebbe che fos-
se compresso per uscire colla stessa velocità con cui zampil-
lerebbe da un piccol foro nello stesso luogo ) il peso della
detta colonna la misura della pressione nella sezione CC . Sot-
traendo adunque dall'intera altezza della colonna che misura
l'elasticità del fluido l'altezza della parte di quella che ge-
nera il movimento nella massa AACC di già determinata,
troveremo che l'altezza della colonna fluida il cui peso equi-
vale alla pressione nella sezione CC, è quella che risulta mol-
tiplicando l'altezza dell'intiera colonna nell'unità diminuita
del quoziente del quadrato della AG diviso per lo quadrato
della AB.
Noi intraprendendo ora a risolvere col mezzo del calco-
lo differenziale il Problema col quale più compiutamente de-
termineremo le circostanze che accompagnano il movimento
di un fluido elastico che si sprigiona da un vaso nel quale
era in uno stato di compressione, giungeremo per altra via
ad uno stesso risultamento per la misura della pressione. Ciò
non ostante ho amato meglio di dedurla anche con un sem?
plice geometrico raziocinio si perchè questo metodo può dar
mano all'analitico, come perchè trattandosi di cose nuove e
fìsiche è bene di renderle facili ed intelligibili anche a quelli
che trovandosi meno istrutti nelle matematiche non possono
tener dietro nella via del calcolo .
55
55
Del Sic Fabrizio Mossotti . 27
Problema I .°
N.° 7. „ Siavi un cannello AABB tutto ripieno di un'
aria condensata, ed ivi tenuta compressa, se in un tratto
aprasi il cannello dalla parte BB l'aria, o il fluido conte-
„ mito immediatamente dilatandosi si sbanderà fuori: cercan-
„ si le relazioni tra gli elementi del moto di questa espul-
„ sione .
Sia
a2 l' area di una sezione del cannello .
I la sua lunghezza .
m la densità del fluido al principio del movimento .
t il tempo scorso dopo l'istante in cui incomincia il mo-
vimento .
A la densità del fluido alla fine di questo tempo .
v la velocità nell'ultima sezione o bocca BB del cannello
in questo tempo .
Di più presa in considerazione nell'interno del cannello
una porzione o strato indeterminato di fluido ZZzz sia
z l'ascissa AZ o la distanza dello strato dal fondo del ci-
lindro .
I — I sarà come è noto la velocità al principio ZZ dello strato
I yt) 'a f°rza acceleratrice nello stesso luogo .
Indicando ora con (p(z,t) la somma di tutte le forze ac-
celeratrici che agiscono sulla massa AAZZ del fluido, e fa-
cendo l'altezza dello strato Zz = w, poniamo in questa per s,
z-f-o, <p(z-ì-Q ,t) sarà la somma di tutte le forze accelera-
trici di tutta la massa AAzz , e <p(z-h-o,t) — <p(z,t) quella
delle forze agenti sullo strato ZZzz . Ora immaginiamo una
forza acceleratrice media A dalla quale essendo animato tut-
to lo strato ZZzz risulti una forza che alla <p(z-i-a,t) — <p(z,t)
equivalga, essendo 1--7-) la forza nella sezione ZZ al prin-
2.8 Del movimento ni un Fluido Elastico ec.
cipio della falda ZZzz l'espressione di A dovrà avere questa
t'orma A =1—^1 -+- oZ , essendo <oZ una funzione di o, t , z
che si annulla quando 0 = 0, giacché allora dobbiamo avere
A = l^-H; moltiplicando l'espressione di questa forza acce-
leratrice per la massa della falda «2oA avremo un'altra espres-
sione della somma delle forze che agiscono sulla massa ZZzz,
che eguagliata alla prima darà l'equazione
(jì(z + o,t) — <j}{z,t) = a*0A[l^\-hQZ 1
ossia sviluppando il primo membro in serie
la quale dovendo sussistere per qualunque valore di a , darà
perciò come è noto la seguente
«(£)-*(£)■■
Ora la forza (p(z-{-o,t) — <p(z,t) non è altro che l'eccesso
della pressione che l'aria fa in ZZ per spingere avanti la
falda ZZzz, sopra la pressione colla quale l'aria al di là di zz
pigia per {spingerla indietro. Se dunque rappresentiamo con
p l'altezza di una colonna dello stesso fluido, e di una den-
sità uno, atta a produrre una pressione eguale a quella che
risente la faccia ZZ della falda, gaP-p ( g dinota la gravità)
sarà la misura di questa pressione, e quella che soffre la fac-
cia zz sarà data dalla stessa espressione considerando in essa
p funzione della z, e ponendo invece di z, z -+■ a , per cui
sarà g«a| p-ho I— ^-l-t-ec. I: eguagliando adunque la diffe-
renza di queste due pressioni alla forza <p{z-^-o,t) — <p(z,t),
avremo l'equazione
dalla quale paragonando iJ coefficiente di uà membro, e l'al-
tro della prima potenza di o , dedurremo questa
Del Sic Fabrizio Mossotti. aq
messo questo valore della differenziale l-r^-l nell'equazione
(i) avremo l'altra
N.° 8. Corollario I. Dalla considerazione del N.° 4 sap-
piamo che le velocità del fluido sono in ragione delle distan-
ze dal fondo del cannello; essendo dunque v la velocità del-
lo sbocco, ed l la lunghezza del cannello avremo la propor-
zione l ; v ; : z \ I -^-1 , dalla quale ricaveremo ( — - ) =— : in
quest'equazione v esprime la velocità colla quale si movereb-
be un mobile che conservasse nel suo movimento sempre
una velocità eguale a quella con cui sbocca il fluido dal ci-
lindro, z , e I — 1-1 dinotano la distanza, e la velocità al prin-
cipio della falda ZZzz, queste tre quantità saranno tutte va-
riabili col tempo, e la sola l ne sarà costante, onde differen-
ziando relativamente al tempo quest'equazione sarà
ma I— - l=— , sostituendo questo valore sarà
w» iw )
l
e messa per (-—) nell'equazione (i) quest'eguaglianza avre-
mo la seguente
m~«
i
questa integrata, ed estesa fra i limiti z = o, z=/, facendo
75 = o, quando z = o, ci darà
3o Del movimento dj un Fluido Elastico ec.
(5) ^=^a^|(m1ij
e <p sarà così la forza totale che anima la massa fluida; ora,
siccome riflette lo stesso Eulero ( N.° 2 ), allorché non vi è
ostacolo a vincere , questa forza non è che la forza elastica
dell'aria compressa, la quale per ciò che ahhiamo premesso al
N.° 3, II, III sarà misurata dal peso di una colonna dello stesso
fluido, che ahhia per base #% e che sia alta 1 io35./ì.A, dunque
ponendo questa misura in luogo della forza <p troveremo
e (&.) + £ )
(6) «aAM ^^ — - j=aa.g.no35/*.A
ossia
che riducesi a
ng . no35 . h — t)1
(£) =
faccio ag . uo35.A = a, e permuto la differenziale , sarà
quest'equazione integrata darà
e risolvendo troveremo
t = log.-
ij/a
v = \/a-—o
l
e -t-C
fatto in questa t = o , v sarà la velocità al principio dell'e-
spulsione la quale è nulla: determinando così la costante C,
avremo per l'espressione della velocità la seguente
tl/zz
no35/»
e
/
— r
i[/*g
. iio35A
Del Sic. Fabrizio Mossoti! . 3i
dalla forma della qual equazione vedesi, che la velocità del-
lo sbocco non può mai oltrepassare, nò anche raggiungere il
limite j/ag • i ìo35 .h .
N.° 9. Corol. II. Cerchiamo ora il valore della densità.
La quantità di fluido che prima che incominciasse il movi-
mento era contenuta nel cilindro, essendo m il numero del-
le volte , che il fluido al principio del moto è più denso del-
l'aria naturale, sarà espresso da maH\ ma essendo in se-
guito A il numero delle volte che il fluido rimasto nel can-
nello è più denso dell'aria libera, allorché la velocità è v,
la quantità di fluido uscita sarà espressa da a2/Av^t (fi), quin-
di la quantità rimasta nel cannello sarà /«a1/ — a^/Av^t , e
questa massa trovandosi egualmente densa in tutta la capa-
cità del cilindro (N.°3), divisa per lo volume aH darà la
densità del fluido , che sarà
/o\ A ._ ma^l — a'/Av^t
equazione che differenziata conduce a questa
permutando la differenziale (— ) in un'altra presa relativa-
me,„c a„a viabile . , sarà (M) = (|i) (£), ma (£) _
s.g . no35A — v*
l
, dunque sostituendo avremo
— V
2£ . no35./t — v*
A \ V /
l' integrale della quale è
log. A .C = i log.(ag. iic35 .h — u2)
e siccome fatto A = m,z> deve esser zero sarà C = s ' ' Io35/t
(a) Alla ricerca dell' espressione di
quest' integrale servono anche facilissi-
mamente , in quel modo di cui si è già
latto uso per la quadratura, e rettifica-
zione delle curve, e in molti altri casi,
il principio di Lagrange , o quello di
Bruniteci . Ved. Istituto Naz. Italiano
Tom. I.
32, Del movimento di un Fluido Elastico ec.
l'equazione diverrà togliendo i logaritmi
(io) A = in l i y
\ 3,g . i io35 .h /
e questa ci farà conoscere la densità per mezzo delle veloci-
tà : se si volesse la densità data pel tempo non si avrebbe
a far altro, die sostituire in quest'equazione invece della
velocità il valore sopra ritrovato in funzione del tempo, e
fatta qualche riduzione si troverebbe
(n) A = m {OS*5 • "o35& -^^.11035/J
(e -t-e ;
espressione che si sarebbe egualmente ottenuta sostituendo nel-
l'equazione (9) invece della v il suo valore già ritrovato in funzio-
ne della t, ed integrandola col moltiplicar prima il numeratore
— tv Hg . lio'65/l
l
ed il denominatore del secondo membro per e
L' equazione testé ritrovata ci fa vedere che la densità
non può mai divenir nulla che a tempo infinito .
Problema 1 1 .°
N.° io. „ Supposto che il fluido si sbandi fuori dal can-
„ nello AABB come si è detto nel Problema precedente, si
„ dimanda qual è la pressione che in un dato istante eser-
,, citerà su qualunque punto del cannello ?
Per risolvere questo Problema abbiamo già al principio
del Problema primo preparata l'equazione (3)
in questa sostituisco per (-r-7-) il valore dato dall' equazione
(4) avremo
. -«(fc)-*{fla^l
la quale integrata nella supposizione della t costante , darà
— sp
Del Sic Fabrizio Mossotti . 33
— EP
per determinare la costante faccio z — l, ed allora la pressio-
ne dovrà essere quella sulla faccia anteriore, o sullo sbocco,
la quale se si suppone , che il fluido sorta nel vuoto dovrà
essere nulla , onde avremo
-£i|féK}-ò
e quindi per questo valore della costante si otterrà
e quest' equazione ci farà conoscere la pressione in ogni sito
della lunghezza del cannello per mezzo della velocità, e del-
la densità; pongo in questa invece dell'espressione 1 aì -
il suo valore tratto dall'equazione (6) diverrà
(13) gp = g.iio35.k.AÌl—^)
se in questa facciamo z = o , avremo la pressione sul fondo
che sarà
(14) gp = g . i io35 . h . A
la quale ci mostra che essa equivale a tante volte la pressio-
ne dell'atmosfera quante volte il fluido che è nel cannello è
più denso in confronto della medesima, e l'equazione (i3)
poi ci fa conoscere la legge colla quale questa pressione de-
cresce trasferendosi in una sezione qualunque verso lo sboc-
co; equazione la quale altro non è che l'espressione analiti-
ca di quanto abbiamo dimostrato al N.° 5 . Vi è adunque una
pressione sulle pareti del vaso la quale può essere grandissi-
ma anche quando il fluido sbocca nel vuoto, e da quanto di-
mostreremo in appresso si potrà dedurre, che essendo egua-
le la densità del fluido nel cannello la pressione sul fondo è
tanta, quanta sarebbe se il fluido uscisse nell'atmosfera.
Se per A poniamo in queste due equazioni il valore ri-
Tom. XVII. 5
34 Del movimento di un Fluido Elastico ec.
cavato da quella segnata ( 1 1 ) avremo la pressione data dal
tempo, che per una sezione qualunque sarà
t\Zng- i ro35.A — t\/ ig . iio35.ài
"
l i
(i5) gp=g-i io3o.h.rn<
e pel fondo
(r6) g^=g.iio3S .ti. m\ *?£*****■* -n/*g.iio3s.h)
le ■+> e )
Esaminato il Problema nel caso ipotetico che il fluido sorta
nel vuoto , passiamo ora a considerare quello che in natura
succede, cioè che sbocchi nell'atmosfera.
Problema III.0
N.° 1 1 . .„ Supposto il cannello ripieno di un'aria con-
,, densata come nel Problema I.°, ma che invece di sortire
„ nel vuoto, debba ora sbandarsi nell'atmosfera, si diman-
„ dano pure le relazioni fra gli elementi del moto in quest'
„ espulsione " .
Poiché questo caso in nuli' altro differisce dal primo che,
mentre in quello il fluido non incontrava resistenza nell'u-
scire, in questo sente l'azione dell'aria atmosferica, gli stessi
ragionamenti che abbiamo fatti per trovare la forza accelera-
trice nel caso antecedente sono buoni adesso, e ci condur-
ranno ad avere le stesse equazioni (i), (a), (3), (4), (5). Ri-
prendo perciò l'equazione (5)
rf) esprime la forza totale colla quale si sbanda la massa flui-
da la quale è propriamente la forza del fluido nella sezione
dello sbocco; ora allorché il fluido sorte nell'atmosfera, que-
sta nella sezione dello sbocco premendo tutto allo intorno
della colonna fluida produce su di essa una forza ritardatrice
Del Sic. Fabrizio Mossotti . 35
eguale al peso dell'atmosfera ( proveremo nel seguito più par-
ticolarmente quanto si asserisce ) onde dalla forza totale ela-
stica che dà movimento all'aria compressa nel cannello espres-
sa da ga2. i io35 .h. A, converrà sottrarre questa ritardatrioe
equivalente a ga* . i io35 . h , ed allora avremo il valore della
forza (p, che messo nell'equazione antecedente ci darà
(17) «2AHi^ - j=g.«a.iio35.A(A — 1)
a questa aggiungasi quella segnata (8) ritrovata al N.° 9 che
esprime la densità
. ma*ll— a'fAv^t
aH
o la sua differenziale
Av
l >
per eliminare la t fra queste due equazioni, osservo che nel-
la prima la differenziale [ — — I può cangiarsi in questa (-r— )
I — I, ed essendo I- — 1=: potrò sostituire per I— — I,
Av ( &v \ . ,., . • i .
7~lTT/' e Per fIuesta sostituzione quell equazione ridot-
ta diverrà
Av l^—\ — Av* =g . 32070 . h ( 1 — A )
la quale ha per integrale
~ =ag . 22070 . h \ *— ■+■ — } -4- C
.A' b ' l 3A3 2A1 {
ora rifletto , che quando v = o si ha A = m dunque dovrà,
essere
C = 2£ . 22070 . h \ — ^- — >
6 ' \ 3m3 m' )
e quindi otterremo la seguente equazione
/ \ a _ ng . 02070 . fi ( ( 2— 3»i ) A3 -+- 3ni3 A — sto3 )
^9' ° ' 6^* | A |
36 Del movimento ni un Fluido Elastico ec.
la quale ci farà conoscere in ogni istante la velocità, quan-
do si conoscerà |>er ogni istante il valore di A .
N.° 12. Corol. I. Se poniamo questo valore di v* iteli'
equazione (17) avremo questa
nella quale fatto /-—l =0, avremo la densità allorché la
velocità è massima data dall'equazione
( 2 — Sm ) A3 -t- m? = o
che sarà
(ai) *=-r=
\/'im — a
e questo valore di A posto nell'equazione (19) ci farà cono-
scere la velocità massima , che sarà
/ \ a «£.11035/* ( *yS )
(22) t)a = -5 ) m _ y/àm _ a I .
N. i3. Cor.ol. II. Per conoscere la relazione tra la den-
sità, ed il tempo moltiplico un membro, e l'altro dell'equa-
zione (19) per A2, ed ho
A>v> = *g-*»°7°& j / a _ 3m ) A4 _h 3w3Aa - 2m3A |
ora essendo /(A_) = — At> sarà anche
V 8»* /
faccio in questa A r= , si troverà
1 -t-mz"
ossia permutando la differenziale, estraendo la radice, ed in-
tegrando
i =
l/2,.aao7o.,/l/3p-i^3(^)^:
Del Sic Fabrizio Mo»?otti . ?jh
in quest'equazione l'integrale del secondo membro si può
ridurre alla forma della prima delle trascendenti, cbe il Sig.
Legendre ha così bene considerate in questi ultimi tempi, e
che ha chiamate trascendenti ellitiche .
Per ridurre quest'integrale alla forma della prima delle
trascendenti nominate osservo, che la quantità
\ ma / \ ara /
risulta dal prodotto dei due fattori
iS(m_2).)./à(^)Vli(6m"^5) ^ ) i _2 -3(m-a)-t-t/3i,w-a)'-H8(6ro-5)
\ " 4m i l 4™
dunque facendo per semplicità di calcolo
3 ( m — a)-t-|/3(m — a )" -t- 8 ( Gm — 5 ) a
4"i
— 3(m — 2)-i-l/3(m — a)' + 8(6w — 5) a
- ^r
m
e supponendo za-4-^a = x2, e ^2 h- t-2 =^2 , ne verrà l'equa-
zione
^_ i\/Tz f %x
22070 hj |
facciasi p ~?- = ca, ed x3 = ? risulterà
,pa I— e1 sin.1/;
/ _ /t/TI /• <M
ed ecco così ridotta la quantità integrale alla forma della pri-
ma delle trascendenti ellitiche considerate da Legendre^ e che
esso bramerebbe di chiamare Nome .
Si osservi che in quest'integrale al principio del moto,
quando £ = o si ha A = m, per cui essendo A = sarà
1 -t- mza
za = o, ed x2 = (jQ-, e perciò sin.2<j5 = o, onde l'integrale do-
vrà cominciare da <fi = o, come Legendre suppone: questa è
la ragione per cui si è fatto za -f- <72 = £2 col quale artificio
si semplifica il calcolo .
Per avere il valore di quella trascendente esporrò l'eie-
38 Del movimento di un Fluido Elastico ec.
gannissimo metodo proposto dal lodato Geometra la dimostra-
zione del quale ha data nel libro intitolato Exerclces de cal-
cili integrai .
l.mo Caso. Sia /w<a, di modo che la quantità
p* 2 2Vi(m — 2.f-*-8(6m — S)
riesca minore di ^ , sì cercherà l'angolo (i che ha per seno
e allora si avrà sin.(i = c, supposto cos.^/ = /> si calcolerà
i — b
c° = — •£- = tanghi ^
e poi si farà c° = sin.^°, ed operando similmente si otterrà
c00=-^ = tan2.a!'/x°=sin.i!i00, c000=^^ = tang.a* #°° ec.
sino che si arriverà ad un valore di e trascurabile .
Indi si calcoleranno gli angoli (p° , <^°0 , <^000 ec. colle
forinole
( tang. ( (^° — (p) = b tang. <j5
(a3) | tang. (<^0°— 930) = è°tang.^0
( tang. (<J5000— ^°°) = £ootang.000
«00
e preso nella serie degli angoli (p , — , — — , - — ec. l'ultimo
corrispondente al valore di e trascurabile, ed indicato quest'
angolo limite con $ si avrà
... _. ,. - a|/c° z,\/~- a|/~
(a4) *=F(c,^)=$.-— .— — . ec.
a,.a° Caso. Se poi sarà m>a perchè riesca ca>g, si fa-
rà & = sin./l c = cos.A, indi si cercherà il valore di U colla
formola
£*= — = tang .a 4 A
I-t-C
si supporrà in seguito &' = sin.A', c' = cos./T, e così via via,
e si avrà
— =tang.a^' = sin.r, b'" = ^
I+C 1-4- C
e poi si calcoleranno gli angoli, o le amplitudini <p' <p" <p'" ec.
b" = ~ =tang.ai^' = sin.r, &'" = i=^.— tanghi A" ec.
Del Sic Fabrizio Mossotti. 89
colle forinole
sin . ( %fp' — <p ) = e sin . (p
sm.(2(p" — (p') = csm.<p'
sm.(2<p'"—<p") = c"sm.<p"
ed indicata con <I> l'ultima di queste amplitudini corrispon-
dente ad un valore b^ piccolo , si avrà
(aS) t = F{c,(p)—:ìl/c'-c"-c'"-ec- log. tang.( 45° -+-£$)
in questo modo le due equazioni (2,4), (aS) ci daranno il tem-
po corrispondente a qualunque grado di densità per cui passa
il fluido nel farsi l'espulsione, qualunque sia il valore di m.
N.° i4- ConoL. III. Facciamo nell'equazione (19) v = o
risolvendo quest'equazione troveremo che essa risulta dai due
fattori
A — m = o
Aa -t- mA h- -^— — o
a-=-3ra
il primo dei quali dà A = m, cioè che la velocità è zero quan-
do la densità è m9 ossia al principio del moto, il secondo dà
e questo sarà il valore della densità in un altro istante in
cui la velocità è zero , ossia alla fine del moto .
N.° i5. Corol.IV. Se questo valore di A ripongasi nelF
equazione A = , troverassi
Z2, _ 3 (m— a) -4- \/i( m — a )* ■+■ 8 ( 6ro — 5 )
e questo valore di sa è quella quantità che noi abbiamo in-
dicata con ra e quindi sarà za = ra, ed essendo s3-H^a = .ra,
sarà .ra = ra ■+■ tf —p* onde si troverà sin.a<^=i, e quindi
^= — = 90°. Se facciamo perciò <^ = — nelle equazioni (a3)
gli angoli <p, \ <pa, ±<p™ ec. saranno costantemente eguali a —
onde il tempo totale dell'espulsione sarà dato da
a
4o Del movimento di un Fluido Elastico ec.
al/c° al/c33 s.\Z~"
(a7)É'==F'(c) = i
nel secondo caso quando w>2, converrà eseguire il calcolo
degli angoli <p' <p" <p'" ec. come fu detto, oppure si potrà ave-
re il tempo totale dell'espulsione dalla equazione
. . , _., , 3,Vc'.c".c'"kc. i . 4
(a8) t' = F (e) = log. — — .
y ' v ' e a(i ° IV-
Per alcuni casi si vedano i N.' 82, 83, 84 dell'opera citata.
Passiamo a cercare il valore della pressione .
Problema IV.
N.° 16. ,, Il fluido nel sortire in virtù della sua forza
„ elastica dal cannello AABB sbandandosi nell'atmosfera eser-
„ citerà anche una pressione sulle interne pareti del cannel-
,, lo, si dimanda il valore di questa pressione in ciascun pun-
„ to , ed in ciascun istante . ,,
A tale effetto riprendo l'equazione (3)
|— .1 il suo valore z j^^
l' integrale della quale abbiamo veduto essere
èP
G
per determinare la costante osservo che fatto z = l,p divie-
ne l'altezza della colonna fluida, che produce la pressione
allo sbocco la quale altro non essendo che quella dell'atmo-
sfera che corrisponde ad un'altezza di lio35.A si avrà
n l* a i 'S*/ T j oC ,
C = Ai — ì -+- g . 11 o3.) . li
Del Sig. Fabrizio Mossotti. 41
e l'equazione superiore si trasformerà nella seguente
o=A^ \WJ T+g, rio35,^
? a ) r * )
la quale ci farà conoscere la pressione in ogni punto per mez-
zo della velocità, e della densità che abbiamo insegnato a
determinare in ogni istante ; se poniamo in questa il valore
di — ricavato dall'equazione (17) avremo la pressione
data per la sola densità dall'equazione
(a9) gP = \ l — ~ jg.no35.À(A— i)-t-g.no35./i
e questa darà il valore della pressione per una sezione qua-
lunque; se in essa facciamo z = o diverrà la pressione sul fon-
do del cilindro
(3o) gp = g . 1 io35 . h . A
dal che si vede che l'altezza della colonna fluida che misu-
ra la pressione sul fondo è eguale a quella che misura l'ela-
terio del fluido, quale si è ritrovata anche nel caso che il
fluido uscisse nel vuoto .
N.° 17. Scolio. Riprendasi il valore della densità del fluii
do alla fine del movimento dato dall'equazione (27)
A = i5_i-H|/n-_L_|
per poco che si rifletta su questo valore si conoscerà che per
qualunque valore di m>i deve essere A<i , infatti suppo-
sto A=i si ha appunto
perchè fatto il quadrato, e le riduzioni risulta
a a y om — a
I >
2TO
àm-+- m% — i
come lo è realmente per tutti i valori di m maggiori dell*
unità .
Ciò ci fa conoscere che il fluido nel sortire nell'atmo-
sfera seguita a farlo sino che arriva ad una densità minore
Tom. XVII. 6
4-a Del movimento di un Fluido Elastico ec.
di quella; e questo è facile il comprenderlo anche col razio-
cinio considerando, che quando la densità del fluido, e quin-
di la sua elasticità è eguale a quella dell'atmosfera, essendo
esso dotato di una velocità, questa dovrà impiegare un dato
tempo nelT estinguerla, nella durata del quale il fluido si ren-
derà minore in densità . Ma dopo che la velocità del fluido
verrà annientata non essendo fornito di un elaterio sufficen-
te ad ostare alla pressione dell'aria esterna, perchè ha una
densità minore, questa a guisa di uno stantuffo comprimerà
l'aria contenuta nel cannello, e l'obbligherà a condensarsi.
Vediamo quindi, quali sieno la natura, e le circostanze del
moto di questa condensazione .
Problema V.
N.° 18. ,, Essendo alla fine della sua espulsione il fluì—
„ do rimasto nel cannello meno denso dell'atmosfera nella
„ quale esce, non potrà più colla sua forza elastica equili-
„ brare la pressione di quella, quindi verrà in seguito dalla
,, medesima costipato; si dimanda la relazione tra gli elemen-
,, ti del moto di questa costipazione ? „
Per poco che sì rifletta sul metodo col quale abbiamo
dedotto le equazioni (i), (2.) , (3) si conoscerà che esse sono
valevoli anche per questo Problema . Conservate adunque que-
ste equazioni , e le denominazioni dei numeri antecedenti ,
chiamo di più x la distanza dal fondo del cannello alla fine
di un tempo qualunque della superficie più esteriore del flui-
do che è compressa dall'atmosfera: essendo le velocità nelle
diverse sezioni, o falde, come abbiamo esposto al N.° 4? m
ragione delle distanze loro dal fondo, sarà la velocità di una
falda qualunque alla distanza z espressa da I— — )= — ( ).
In questo Problema x rappresenta la distanza dell'ultima fal-
da, o della superficie del fluido in contatto coli' atmosfera la
quale passa continuamente per diverse sezioni, quindi diver-
Del Sic. F\biuzio Mossottl 4^
samente da ciò che al N.° 8 abbiamo osservato della 7, la
quale era sempre la distanza della sezione dello sbocco dal
fondo , o la lunghezza del cannello che rimaneva costante
col tempo, x sarà variabile, e perciò in questo caso tutte le
quantità della sovrascritta equazione saranno variabili col tem-
po, e differenziando si avrà
ma x[— I è eguale a z l-^—) , sostituendo si troverà che
quest'equazione si riduce alla seguente
sostituisco questo valore della differenziale (-— ) neh' equa-
zione segnata (j) sarà
integrando relativamente alla z, e completando in modo che
(p sia zero quando z = o , si avrà
faccio ora z = x , sarà
e <p rappresenterà la forza totale, che in direzione opposta
al crescere della x comprime il fluido, e siccome questa for-
za non è altro, che il peso dell'atmosfera esteso su di una
superficie =a% diminuito del peso di una colonna fluida at-
ta ad equilibrare la forza elastica del fluido compresso alla
superficie, sarà — tp = a!l .g . i io35 ,h( i — A), e sostituendo
otterremo l'equazione
(34) a>A±(0) = a*g.iic35.h.(A-i)
ora essendo m la densità alla fine dell'espulsione, o al prin-
44 Del movimento di un Fluido Elastico ec.
cipio di questo movimento, ed essendo costante la quantità
di fluido compresso si ha l' equazione
(35) aaAx = a*ml
dalla quale si deduce
(36) A = -2L
X
sostituendo questo valore di A nell'equazione (34) avremo
ossia
permuto la differenziale , sarà
integrando si troverà
ì^ty = S • a207° • h | ^g. a>— -^-i -4-G
ossia permutando di nuovo la variabile nella differenziale
(39)(^)a=ag-aa07°-/i{Iog-a;-^r}^G
ora al principio del movimento quando la velocità |-^-J = o,
si ha x — l, dunque sarà
C = ag . 22070A I log. I 1
sostituendo questo valore della costante nella (39) avremo
e quest'equazione ci farà conoscere la velocità corrisponden-
te ai diversi luoghi, ne' quali troverassi l'ultima falda del
fluido sulla quale agisce col proprio peso l'atmosfera.
N.° 19. Corol. I. Invece della x poniamo in quest'equa-
zione (40) il suo valore dato per A che è x= — si avrà
Del Sic. Faerizio Mossotti . 4-5
e questa ci darà la relazione tra la velocità , e la densità .
Se nell'equazione (3/j.) facciamo A=r, la differenziale I — — I
diviene = o , dunque essendo la velocità (— — ) in principio
del moto per sua natura crescente ., questo valore di A che
annulla la sua differenziale corrisponderà al massimo della
velocità, la quale sarà perciò data da quest'equazione (41)
ponendo in essa A— 1, ossia sarà data dall'equazione
(42) (fr)" = a* • **°7Ch li-1- log- i }
N.° ao. Corol. II. Ritorno all'equazione (40)
{ 1 = 2.2, . 22070/2 ì H log. — ) :
affine di conoscere per mezzo di questa il valore del tempo,
che il fluido impiega a restringersi entro una data sezione :
convien integrarla; perciò suppongo — = 1 — /2 sarà l — x
= /y3, e l-r^-l = — 2,// I— — J, fatte queste sostituzioni otter-
remo
4^/2 (jrf= h -22°7° • *{£■+■ log- ( 1— ri)
permutando la differenziale, ed estraendo la radice, quest'
equazione si trasformerà nella seguente
/jbiV= *l 1
ora osservando che
log. 1— y» = _-ly -t-L-t-L-i-ec. I
avremo sostituendo
2.1 ( 1 ih
(£) =
ì/*g.*u>7o.h ji. , ) _|^_ }y4- ec.
40 DtiL MOVIMENTO DI UN FLUIDO ELASTICO eC.
sviluppando in serie il secondo membro, facendo per sempli-
cità di calcolo |/ag . 251070 . h = n , sarà
laccio
A
sarà
/ll\ __ a -+- B/a ■+■ C/4 -+- ec.
quindi integrando avremo
(43) £ = A/-HìBy3-KC/5-Hec.
senza costante poiché fatto t = o , si ha a; == l , ed / = o ;
potremo quindi per mezzo di questa seri? facilissima a pro-
seguirsi determinare approssimatamente il tempo dato il luo-
go, o la distanza dal fondo del cilindro alla quale trovasi la
falda più esteriore alla fine dello stesso tempo .
Se indichiamo con k la distanza dal fondo del cilindro
alla quale Noverassi la falda più esterna del fluido alla hne
del movimento, distanza che or ora insegneremo a determi-
nare, e facciamo l - X = lp , avremo il tempo totale della
condensazione dato dalla serie
(44) £ = A^-l-ìBfi3-H<V-t-ec.
N.° ai. Corol. III. Nell'equazione (41) del Corol. I.
faccio (llUo, il secondo membro eguagliato a zero , e n-
V %,* ì , . , j . r. ■
soluto relativamente a A ci farà conoscere la densità del flui-
do rinchiuso allorché l'atmosfera ha terminato di comprimer-
lo, e questo valore sarà dato dall'equazione
Del Sic. FiBRizro Mossotti . 47
' m A ° m
e passando dai logaritmi ai numeri
(45) -L — L — log. L . _ loff. ■
m A
A
e
che si risolve nella proporzione
*_ . -m . . i . i
• c • • "7" • c
m A
per mezzo della quale sarà facilissimo a costruire il valore
di A: poiché descritta una logaritmica (fig- V) col parame-
tro, o modulo = i, presa un'ascissa AP = — , ed innalzata
m
l'ordinata PM, e condotta dal centro A , o origine delle coor-
dinate al punto M la retta AM, dal punto N ove questa ret-
ta sega la curva abbassata NQ , sarà AQ = — . Per mezzo di
questa si avrà poi la distanza A alla quale troverassi l'ulti-
ma falda dal fondo alla fine del moto, poiché nell'equazio-
ne x= — avremo A = AQ . m . I .
N.° 2a. Scolio. Intanto noi dimostreremo che questo va-
lore di A deve essere maggiore dell'unità; infatti nell'equa-
zione
il valore di ( 1 , abbiamo veduto che diviene massimo e
V U I
positivo fatto A = i : ora noi possiamo prendere per A un
numero tanto grande da rendere il logaritmo della frazione
— che sarà negativo maggiore della somma di tutti gli altri
termini , e perciò fare che il valore di l-^-i passi ad essere
negativo; vi sarà adunque come è noto fra 1' unità, e quest'ai-
43 Df.l movimento di un Fluido Elastico ec.
tro limite un numero per A tale che renderà il secondo mem-
bro = o, e perciò l-r— ) =o, e I — -1 = 0, e questo sarà il
valore della densità alla fine del movimento cagionato dalla
compressione dell' atmosfera .
Quando adunque la densità del fluido giungerà ad avere
questo valore, la velocità del medesimo sarà zero, e l'atmo-
sfera non gli premerà sopra più che eoi suo peso, quindi es-
so dotato di una maggiore densità di quella, ed avente in
conseguenza una forza elastica anche maggiore , di nuovo si
dilaterà, e respingerà l'atmosfera. Le considerazioni sul mo-
to di questa dilatazione formano il soggetto del seguente
Problema .
Problema VI.0
N.° 20. ,, Il fluido rimasto nel cannello dopo la prima
,, espulsione essendo stato in seguito dall'atmosfera troppo
„ costipato, per cui ha acquistato una densità ed un elate-
„ rio maggiore di quella , di nuovo tornerà a dilatarsi . Si
„ dimanda la relazione tra gii elementi del moto di questa
„ dilatazione ? ,,
Ritenute le stesse denominazioni anteriori, ritroveremo
colle stesse considerazioni del N.° io" fatte nel caso della com-
pressione antecedente, che aaA — I- — -) sarà la forza motrice
v * w/
totale che sollecita il fluido nel cilindro; ma di più essendo
occupata dall'atmosfera la parte rimanente del cilindro abban-
donata dal fluido nel condensarsi, dovrà la forza elastica del
medesimo comunicare anche alla intiera colonna d'aria che
la riempirà una velocità comune, ed eguale a quella dell'ul-
tima sua falda ad essa contigua, ossia una velocità = I — -I,
la forza acceleratrice quindi che animerà questa colonna sa-
à(^— ls e moltiplicando questa per la massa della medesi-
ma
ra
Del Sic Fabrizio Mossotti . 4')
ma che essendo di una densità = i verrà espressa da a^(l — x),
otterremo la forza motrice, che ne accelera il movimento,
data da a?[l — x)\ — -), e la somma delle due forze motrici
di quella cioè che anima il fluido che si dilata , e di quella
che agisce sulla colonna atmosferica che viene espulsa, dovrà
eguagliare la forza elastica del fluido, o il peso di una colon-
na del medesimo la cui altezza possa equilibrarla, ed avente
per base a*, diminuito del peso che l'atmosfera farebbe sul-
la detta base, ossia dovrà eguagliare la forza aa.g.uo35./?(A-i);
si avrà perciò l' equazione
aaA-r(|^)-+-aa^-a;K^')==^-g-IIo35^(A"'l)
ossia
(46) |^--+-/_x|(^) = g.iio35^.(A_i)
ora la massa del fluido essendo costante , indicata con m la
densità del medesimo al principio del moto N.° ai, e con X
la distanza dal fondo del cilindro a cui troverassi in quest'i-
stante la falda più esteriore sarà
(47) ma* A = Aa*x
ossia
A=~
X
sostituendo per A questa quantità, la nostra equazione si ri-
durrà alla seguente
dalla quale fatto per semplicità di calcolo — h / = «fi de-
durremo
(^)=g.llo35.h\-^ L-J
VSM*/ (x(i-X) i-x )
faccio
772/1 A B
X(lj/ — x) X ■ty—x
Tom. XVII. 7
5o Dsl movimento di un Fluido Elastico ec.
si troverà riducendo allo stesso denominatore le due frazioni,
ed eguagliando a zero i coeffieenti delle potenze omologhe
della .v p che dovrà essere
onde la nostra equazione potremo trasformarla in questa
(A*.r \ Dr< j ( mX i mi i i 1
£L_l = g .iio35.k\ — . — -i }
moltiplico un membro, e l'altro peri — I, ed integro sarà
(|-)3=3g.Iio35./?j^Ìlog.^(i-^i)log.(^-^)J^G
per determinare la costante osservo che al principio del mo-
to allorché la velocità I— — ) è zero, si ha x — A dunque
C = ag . i io35A )— log. X -hi r — I \og.(ip — A) >
quindi l'integrale particolare sarà dato dall'equazione
mX mX mX mX
(49) (£) =■*■ i icsbA ]°s-x * (^rT-iog^ ' m * |
per mezzo della quale si conoscerà la relazione tra la velo-
cità, e la distanza dal fondo del cilindro, o luogo ove tro-
vasi l'ultima falda in contatto dell'atmosfera.
N.° 2-4- Corol. I. Poniamo in questa in luogo di x il suo
valore dato dall'equazione (47) si avrà
mX mX mX mX
~ V'
(So) (k.)W«io3S.A|tog.^*(^) '-log.** «Hi)
dalla quale si ha la relazione tra la velocità, e la densità in
un tempo qualunque. Nell'equazione (46) fatto A= 1 dive-
nendo eguale a zero il secondo membro, converrà che l-r-7)
sia zero, la differenziale adunque della velocità I — -1 è an-
nullata da A = 1 , quindi essendo la velocità crescente in
Del Sic. Fabiuzio Mossotti . Si
principio del moto, A=i sarà il valore della densità quan-
do la velocità è massima, e questa sarà data dall'equazione
niX mX mX mX
(Si) (^f-Y= 2g. 11 o35. h\ log. mÀf(ip-mÀ) — log./L (^/-A) *j
N.° 2,5. Corol. II. Resta ora a conoscersi la relazione tra
il tempo, che l'ultima falda impiega a giungere ad una da-
ta sezione, e la distanza di questa sezione stessa dal fondo;
perciò conviene integrare l'equazione (49)5 e per semplifica-
re i calcoli comincio a supporre ig . 1 io35 . A = jra, = a,
mX n , . j-
1 — =p, sarà quindi
(M. Y= ^ j a 1 og . x-hp 1 og .(tfj — x) — a log . A— 0 log . (<//— X) j
faccio in questa- x == A H-jr3 , sarà l -^-M = 2/ 1 — — I, e sosti-
tuendo avremo
A.Y" ( |f Y=x* j a log .(Z-hy>)-±-p log ;(fA-/H log .^— 0 log .((//-^)
ossia
ora essendo
log./i-t-^^-i^+i^-ec.
sostituendo queste serie, e dividendo per 4/a otterremo
(17) =t|(t-^)-" (f*^)^^^-^)^-^-
nella quale equazione permutando la variabile nella differen
ziale, estraendo la radice, e rovesciando dedurrassi
sviluppando in serie il secondo membro risulterà
j-Jj Del movimento di un Fluido Elastico ec.
a \ A -^-A/ f.a'V*" ("H'W )
e rappresentando con A, B, G i coefficienti delle diverse po-
tenze di /a , sarà
fi \ A< y — A /
b_i i/f. _L_\~7i g \ t.t± g V-»
~~ 2 '2 \A ~ " i], — x) VA1 (^-A)1/ * » \ A "" i//-A /
q_( i ,/* _ M~7« g LjJ _»/« _ * Y"*/« , * Va/a -
per cui più semplicemente scriveremo
(^-) = A -+- B/a -i- Cy*-f- ec.
integrando quest' equazione si ha
(5a) £ = Ay ■+■ i B/3 -+- £ C/5 -+• ec .
senza costante perchè essendo y%-=.x — À si ha x = À, ossia
_y = o , quando £ = o , e per mezzo di questa serie , che si
può protrarre a volontà, conosceremo il tempo che la prima
falda impiega a giungere ad una data sezione .
Se indichiamo con X la distanza dal fondo del cilindro
alla quale arriverà la prima falda fluida alla fine del moto,
e facciamo (_i* = A,' — A, avremo il tempo totale della dilata-
zione espresso dalla serie
(53) * = Af«-H£B{i3-HCft5-+-ec.
N.° 26. Corol. IH. Per conoscere A , e À alla fine del
moto riprendo l' equazione notata (5o)
mX mX mX mX
(M)= = 2g.„o35./,j iog.^-^p-log.A W_* j
fatto in questa
mX mX mX mX
log.^^-^p'-log.^^-^)1 * =0
saia
Del Sig. Fabrizio Mossottl 53
(-2^-1=0, ed il valore che ricaveremo per A esprime-
rà la densità allorché la velocità è estinta, ossia alla fine del
mX
movimento; facendo per ahhreviare — —~-^sa, e togliendo i
T
logaritmi questo valore sarà dunque dato dall'equazione
(54) t(^-t) ^(tf-A)
e se per mezzo di questa determiniamo il valore della den-
sità A, tosto potremo conoscere anche quello della x ossia
della distanza dell'ultima falda più esterna del cilindro indi-
cata con X, poiché abbiamo dall'equazione (47) x = ;
oppure viceversa si potrà mettere per nella suddetta e-
quazione la quantità x = X , e determinare per mezzo della
seguente
(55) X {ip—X)a = A{ip — A)a
il valore di X , e poi coli' equazione A = — - determinare
quello della densità alla fine del movimento .
N.° 27. Scolio I. Diamo all'equazione (5o) la forma
mX mX
(mX * / mX\ T
^-Y=2g.rio35.Alog.^ y~> -
&t f b ° mX _mX
ih ih
X (ip—X)
per mezzo della medesima facilmente dimostreremo che il va-
lore di A che corrisponde alla densità alla fine del moto è
minore dell'unità. Perciò comincio a riflettere che gli espo-
. mX j mX -, .....
nenti — -, ed 1 , sono amendue positivi; il primo lo
Vi]) * l
è evidentemente siccome tutto composto di quantità positive,
il secondo lo si potrà dimostrare osservando, che a?mA rap-
presenta la massa fluida al principio della dilatazione la qua-
54 Del movimento di un Fluido Elastico ec.
le deve essere la medesima di quando il fluido cominciò ad
essere compresso dopo la prima espulsione; ma la massa flui-
da in quel tempo era minore di ari , perchè la densità fu
dimostrata al N.° 17 minore dell'unità, sarà perciò a2mA<.aal,
mX
ossia 7?zA<l, e quindi — — sarà una frazione; a maggior ra-
gione adunque sarà una frazione — perchè ip è eguale ad
1 , mX , mX , . . . ,
H , onde 1 — sarà una quantità positiva. Ciò po-
sto ahbiamo veduto al N.8 2,4 che il quadrato della velocità
(t-1 è reso massimo, e positivo da A = 1 , dunque A = 1 ,
renderà positiva la quantità
mX
T
(mX\ / , mX\
mX mX
log..
mX mX
A* ($—X) *
ma questa stessa quantità può rendersi negativa col dare a
A un valore così piccolo da rendere il numeratore minore del
denominatore giacché A eguale alla frazione -— annulla il
numeratore; vi sarà adunque fra l'unità, e questa frazione
un valore per A frazionario che renderà questa quantità ze-
ro , e questo sarà il valore della densità alla fine del moto .
N.° 2,8. Scolio II. Il fluido si sarà adunque dilatato in
modo, clie la sua densità sarà divenuta «< 1 , ossia minore di
quella dell'atmosfera, non avrà quindi più una forza elasti-
ca bastante ad equilibrare il peso della medesima onde verrà
per un'altra volta compresso, e noi risolveremo il Problema
di questa seconda condensazione colle stesse equazioni , dei
numeri (18) , (19) , (20) , (21) , (a3), (24) , (a5) , (26) , che servi-
vano a risolvere quello della prima, salvo che in questa per
m ora deve intendersi la densità, die aveva il fluido alla fi-
ne dell'ultima dilatazione, e per l dovrà porsi A', intenden-
Del Sic. Fabrizio Mossotti . 55
do con questa lettera rappresentata la distanza dal fondo del
cannello alla (piale ritrovasi la falda più esteriore alla fine
della detta dilatazione. Siccome l'equazione (45) che dà il
valore delia densità del fluido contenuto nel cilindro alla fi-
ne della condensazione non può essere soddisfatta che essen-
do A un numero >■ i , ciò che dimostra che la densità del
fluido deve essere maggiore di quella dell'atmosfera, così in
seguito a questa condensazione succederà un'altra dilatazio-
ne, dopo questa si troverà seguire una terza condensazione,
e così successivamente in modo che il fluido contenuto nel
cilindro farà per così dire una serie di oscillazioni le quali
aneleranno sempre più restringendosi • Noi potremo risolvere
i problemi del movimento di queste dilatazioni, e condensa-
zioni colle forinole che abbiamo date per la prima condensa-
zione, e dilatazione attribuendo soltanto alle lettere che es-
primono le diverse quantità nello stato iniziale del movimen-
to quei valori che al principio di ciascuna condensazione, e
dilatazione si convengono .
In queste oscillazioni che il fluido fa nell'interno del ci-
lindro la pressione, che soffrono le pareti sarà sempre varia,
determiniamone perciò la grandezza in ogni istante, e in ogni
luogo .
Problema VII.
N.° 29. „ Nelle oscillazioni che il fluido rimasto nel can-
„ nello dopo la prima espulsione farà neh' interno del mede-
„ simo, le pareti verranno continuamente ora più ora meno
„ premute . Si dimanda il valore di questa pressione per cia-
„ scun punto in ogni istante . „
Per ottenere tale valutazione riprendasi l'equazione (3)
del numero 7 che è
e sostituisco in questa per (—), l'altro differenziale -(^)
56 Del movimento di un Fluido Elastico ec.
che gli è eguale, come si è veduto al N.° 18 sarà quindi
integrando questa relativamente alla variabile z sarà
(S6) -g .ay = a» .AZU^) +C
la costante deve essere determinata iti modo che quando z
divenga eguale ad x cioè all'ascissa della falda più esteriore
la g-a^p che rappresenta la pressione diventi appunto quel-
la che soffre questa falda . Ora allorché il fluido è compres-
so dall'atmosfera evidentemente la sua pressione equivale al
peso della medesima , che è espresso come abbiamo veduto
da g . a? . i io35 . h : sarà perciò
C = — e . a? . i io35 . h — a*A - (^-)
onde sostituendo risulterà
e questa sarà l'espressione della pressione in questo caso.
Non così avverrà però allorché il fluido si dilata; per
questo secondo caso allorché z diviene eguale ad x la pres-
sione g-a?-p dovrà diventare quella che soffre l'ultima fal-
da, la quale oltre il peso dell'atmosfera risente la resisten-
za, o pressione che esercita nel muovere la colonna d'aria
esterna che le è avanti; converrà adunque prima ricercare
questa pressione . A tal fine s' indichi con ti la pressione in
una sezione qualunque della colonna d'aria atmosferica con-
tenuta nel cilindro, e con £ la sua ascissa, o distanza dal
fondo, collo stesso ragionamento col quale abbiamo ottenuta
l'equazione (3) al N.° 6 avremo
uva essendo la velocità in tutta l'estensione della colonna at-
mosferica eguale a quella della falda più esteriore drl fluido
che si dilata, e che le comunica movimento, sarà (— 1=1 — J,
W/ W/
Del Sic Fabrizio Mossoti! . 57
e quindi (-*— 7) = (-^4) dunque sostituendo avremo
ed integrando relativamente a £, ossia all'estensione della
colonna atmosferica
allorché £ = /, la pressione — g.cfn deve essere quella dell'
atmosfera , dunque sarà
e quindi troveremo
g.a»«=fl-(i-e)(^)-Hg.a-.iio3S.A
e quest'equazione ci farà conoscere la pressione sulle pareti
di quella porzione di cannello, che è occupata dall'atmosfe-
ra: fatto poi £•=#, avremo la pressione sull'ultima falda os-
sia quella che soffre la superficie del fluido dilatandosi, che
sarà
ga».;r = aa(2 — #)/-^Ì)-4-g.aa.iio35 .h
determinando ora la costante nell'equazione integrale (56) col
fare che quando z diviene eguale ad x, sia g . cfp = ga? . Jt
risulterà
(58)g.aV = j(^)A-t-/-^J(|7)-f-g.«Mio35.A
e questa varrà per valutare la pressione nel secondo caso nel
quale il fluido si dilata .
N.° 3o. Corol. Nelle due equazioni (57) (58) sostituiamo
per ( — ~\ il valore in funzione della densità tratto dalle e-
quazioni (34), (46), si troverà per la prima che vale nel ca-
so in cui è condensato il fluido
(59) g.aa/? = <zaj 1— -^lg.iio35.A(A— i)-f-a3.g. no35. h
Tom. XVII. 8
ò8 Del movimento di un Fluido Elastico ec.
e per la seconda che dà il valore della pressione nel caso
che il fluido si dilati
(60) g . à1p = a2-\ i — x^~ >g.iTo35/i(A-i)-f-ai*g.iio35.A
e queste due equazioni serviranno a determinare la pressione
in ogni luogo, ed in ogni tempo per mezzo della densità nel-
lo stesso tempo ,
Fatto in queste z = o si avrà la pressione sul fondo la
quale si troverà in amendue i casi espressa da
(61) g .a*p = g .a? . 1 io35 . /* . A
ciò clie e' insegna che la pressione sul fondo ha per misura
il peso di una colonna di lluido, che abbia per base il fon-
do istesso, ed un'altezza tale da equilibrare la forza elastica
che il fluido ha nello stesso istante .
N.° 01. Esempio. Applichiamo tutte le ritrovate equa-
zioni ad uq caso particolare e numerico. Suppongo per que-
sto caso che la lettera
l la quale dinota la lunghezza del cannello sia eguale ad
un metro,
a3 ò l'area del circolo che gli è di base = o , 004 metri
quadrati ,
m o la densità al principio dell'espulsione eguale ad 80
volte quella dell' atmosfera ; cosicché il fluido contenuto nel
cannello abhia un elaterio 80 volte più grande della medesi-
ma, elaterio che secondo le esperienze del Sig. Rumford egua-
glia presso a poco quello che avrebbe l'aria che si sviluppa
nell'accensione di una quantità di polvere che riempisse la
venticinquesima parte della capacità del cilindro.
g. che è la gravità sia come si fa comunemente eguale a
9,8088 metri; questa essendo la velocità che un grave acqui-
sta liberamente cadendo in un secondo di tempo .
L'unità di tempo sarà perciò il secondo.
L'unità di peso sia il chilogrammo: poiché un metro cu-
bico d'acqua nel vuoto pesa prossimamente chilogrammi 1000
Del Sic Fabrizio Mossotti . 5q
essendo la gravità specifica dell'acqua a quella dell'aria co-
me iooo:i2,3233 (vedi la nota al N.° 3. III.) sarà il peso
di un metro cubico d'aria = 12, 3233 chilogrammi .
Dati questi valori alle lettere delle sovra esposte equa-
zioni , e risolute numericamente per approssimazione le equa-
zioni segnate (4-5) (55) si troverà, che per la prima espulsio-
ne, e per 20 oscillazioni consecutive corrisponderanno alle
densità, e pressioni alla fine, e principio di ciascuna oscil-
lazione , e alle rispettive velocità massime i valori registrati
nella seguente Tavola .
bo
TAVOLA.
Lunghezza
Densità
Velocità
Tempo totale
Pressione
Numero
della colonna
della colonna
massima
dal principio
sul fondo
delle
fluida
fluida
a cui giunge
alla fine
del cilindro
Oscillazioni
al principio
al principio
l'ultima falda
del moto .
al principio
del moto .
del moio .
più esteriore.
del moto .
J
ESPULSIONE
i | Espulsione
1
1 , 0000
chil.
80 , 0000
211", 3445
0", 37oo
chil.
33072, i83o
OSCILLAZIONI
a
1. "Condensa?,.
1 , 0000
0 , 6667
176,5247
0", 0042
275, 6i53
3
i." Dilataz.
0 , 4184
I , 5935
no, 8443
0 , 0047
658,7566
4
a.** Condens.
0 , 9i5o
0 , 7286
i35 , 5932
0 , 0041
3oi ,2049
5
2. ''•Dilataz.
0 , 4680
1 , 4246
87 , 5863
0 , 0048
588 , 8328
6
3." Condens.
0 , 8654
0 , 7704
110,4887
0 , 0041
319,2194
7
3." Dilataz.
0 , 5oio
1 , 33o6
72 j 5656
0 , 0048
55o,o73o
8
4.'" Condens.
0 , 8324
0 , 8009
93 , 556o
0 , 0041
33i ,0938
9
4.'" Dilataz.
0 , 5243
1,2717
6a , 0092
0 , 0049
5a5 , 7237
IO
5.'* Condens.
0 , 8091
0 , 8240
8r , 1233
0 , 0041
340,6430
ir
5.'» Dilataz.
0 , 5420
I , 2300
54 , 1844
0 , 0049
508,4848
12
6.'" Condens.
0,7914
0 , 8424
71 ,6297
0 , 0041
348,2502
i3
6.'" Dilataz.
0 , 5509
1 > J994
48 , 0716
0 , oo5o
495 , 8347
•4
7.""" Condens.
°>7775
0 , 8575
63 , 8766
0 , 0041
354,4925
i5
J.ma Dilatiz.
0 , 5670
1 , 1760
43 , 0746
0 , oo5i
486,1611
16
8."" Condens.
0 , 7664
0 , 8699
58,2i83
0 , 0041
359,6190
]7
8. ""Dilataz.
0 , 5760
1 , 1575
39, 4IC|3
0 , oo5i
478,5i3i
18
9."" Condens.
0 , 75?4
0 , 88o3
5a , 5739
0 , 0041
363,9181
19
()."' Dilataz.
0 , 5834
1 , 1428
35 , 8899
0 , oo52
472,4359
20
io."1" Conden
0 , 7.500
0 , 8889
49, 0108
0 , 0041
367,4733
21
io.""1 Dilataz.
0 , 5897
1 , 1307
33 , 4299
0 , oo53
467 , 4340
Del Sic Fabrizio Mossotti . 61
Dalle pressioni scritte in questa tavola converrà, allorché
si vuole il valore della spinta dalla quale è cacciato il cilin-
dro, sottrarre il peso di chilogrammi 4i3,40a^ cne e 'a Pres-
sione che fuori del cilindro si fa dall'aria esterna sul fondo
del medesimo .
Da questa tavola si vede quanto è forte la pressione che
un fluido che sorte da un va.se nel quale sia condensato fa
sul fondo del medesimo al principio della sua prima espul-
sione se la densità è un po' grande ; questa dura però bre-
vissimo tempo, nel quale altresì scema rapidamente: ciò non
ostante non è maraviglia se da così enormi pressioni accade
che pesantissimi cannoni ancorché caricati senza palla sono
nello scoppio fortemente smossi e respinti indietro ciò che
non si saprebbe comprendere se tanta forza dovesse prove-
nire dalla resistenza dell'aria .
Finita la prima espulsione succede tra l'aria esterna, ed
il fluido contenuto nel cilindro un contrasto che produce una
serie di velocissimi tremiti; in natura però l'imperfezione dell'
elaterio dei fluidi può forse alterare in gran parte il risulta-
melato del calcolo applicato a questo caso puramente specu-
lativo .
N.° 3a. Scolio . Nel sottoporre a calcolo il moto del flui-
do elastico che sorte nell'aria esterna la resistenza che io ho
considerata fu quella della pressione che l'atmosfera fa sulla
colonna fluida che esce. Ciò non basterebbe secondo l'opi-
nione di alcuni i quali credono che l'urto che il fluido fa
sull'aria esterna sia un ostacolo fortissimo alla sua uscita, ed
anzi vogliono che si debba a questo solo attribuire i sorpren-
denti effetti del retrocedimelo , o rinculo de' razzi a polve-
re, della nota esperienza dell' Eolipila a vapori, e di varj
altri consimili fenomeni. Ma a quest'asserzione io opporrò
primieramente le ripetute esperienze del Prof. Brunacci , il
quale primo provò che questa non era la vera causa del fe-
nomeno facendo che il fluido Dell'uscire andasse a percuo-
tere su di una dura tavola molto più resistente che l'aria,
02, Del movimento di uh Fluido Elastico ec.
e non iscorgenclovi veruna alterazione di effetti, né una spin-
ta all' indietro con maggiore efficacia, il che prova che il
rinculo del vaso è affatto indipendente dalla resistenza od ur-
to che il fluido potrehhe incontrare al di fuori, perchè se
questa fosse la vera causa essendo state variate notabilmente
le circostanze della medesima per la relazione che vi deve
essere tra causa ed effetto ne dovrebbero essere risultati ef-
fetti diversi (a). Aggiungerò in seguito un'osservazione che
mi par decisiva . Se si risguardi la colonna fluida che sorte
dal vaso, si vede che questa continua per una lunga tratta
ad essere calibra col diametro del cilindro stesso, o coll'a-
pertura della bocca del vaso , questo evidentemente non po-
trebbe succedere se il fluido in avanti reagisse per la resi-
stenza che incontra nell'aria su quello che è alla bocca in
modo da produrre ivi una pressione maggiore di quella dell'
atmosfera, perchè in tale circostanza la colonna fluida dovreb-
be rigonfiarsi, e formare per così dire un gozzo. La resisten-
za dell'aria adunque s'impiega nelF estinguere la velocità che
ha il fluido che la urta, ed è la causa che la colonna fluida
dopo qualche tratta si allarga, e poi si converte in nuvole,
e si dissipa lentamente nell'atmosfera, ma per la massima
indipendenza che vi è tra le molecole fluide, e per la cede-
volezza del mezzo in cui si spande, questa resistenza non può
cagionare veruna reazione , o pressione allo sbocco .
Ho supposto finora, che il vase nel quale è compresso
il fluido fosse cilindrico, per rendere completa questa teori-
ca dedurrò ora le equazioni fondamentali del movimento del
fluido qualunque sia la figura del vaso, purché essa sia data.
(a) Trovasi nel discorso accademico
del Prof. Brunacci citato nelle prime
linee di questa Memoria una quantità
tale di argomenti, e di esperienze, che
comprovano la verità di quanto si dice
in questo scolio cosicché essa è piena-
mente posta fuor di dubbio .
Del Sic. Fabrizio Mossotti . 63
Problema Vili.
N.° 33. „ Essendovi un vase di figura qualunque cono-
„ sciuta nel quale sia racchiuso un fluido elastico condensa-
„ to, data ad esso la libertà di sbandarsi fuori nell'atmosfe-
„ ra coli' aprire il vaso da una parte, si cercano le equazioni
„ per la risoluzione del moto di quest' espulsione . „
A tale proposito seguirò un metodo consimile a quello
col quale al N.° 7 ho stabilite le equazioni pel caso che il
vase fosse cilindrico . Perciò sia una sezione o spaccato del
vaso rappresentato dalla fig. 6 A A'Z'Z'B'B' , ed il fluido sor-
ta dalla bocca BB movendosi nella direzione dell'asse AX; con-
servate le denominazioni d'allora chiamo di più
A3 la capacità totale del vaso
u? l'area della sezione dello sbocco
F(z) la solidità o capacità della porzione di vaso AA'ZZ'
corrispondente all'ascissa AZ, l'origine essendo in A
f(z) l'area della sezione normale all'asse AX nello stesso
luogo
F(z-+-o) sarà la solidità corrispondente all'ascissa x-i-o=Az
f(z-ì-o) l'area della sezione normale all'asse alla fine di que-
sta ascissa .
Essendo come abbiamo denominato al N.° 7 (p(z) la somma di
tutte le forze acceleratrici che animano le particelle fluide
entro la porzione AA'Z'Z' del vaso, e (p(z-^a) quella entro
la porzione A'A'^, sviluppando in serie secondo i principi
del calcolo diffnenziale la funzione <p(z-+-o) e sottraendo dallo
sviluppo la funzione <p (s) , la serie
esprimerà la somma di tutte le forze acceleratrici che anima-
no la falda Z'Z'z'z' .
Nello stesso modo si troverà che l'-espressione della so-
lidità della falda Z'Z'z'z' sarà data dalla serie
64 Del movimento di un Fluido Elastico ec.
moltiplicando questa per la densità A avremo la massa, che
sarà
se immaginiamo ora una forza acceleratrice A dalla quale es-
sendo animata tutta la falda indeterminata Z'Z'z'z' risulti una
forza equivalente alla somma di tutte le forze acceleratici,
che animano la medesima falda, che è espressa dalla serie (6a),
è evidente che questa forza deve essere della forma A =1-^-1 -H
©Z poiché fatto o = o la forza A deve essere quella della se-
zione Z'Z' la quale è appunto/ — M; moltiplicando adunque
questa forza A per la massa A \ o (— ) ■+■ — I — I ■+■ ec. >
dovremo avere in tale supposizione l'equazione
dalla quale col paragone dei coefficienti della prima potenza
di o dedurremo l'equazione
féMS)(S)
ma come è noto I — |=/(z), dunque avremo
(63) (£) = A/M (£).
Di più la stessa somma delle forze acceleratrici che animano
la falda Z'ZVs' la quale è espressa da
•(*K(S)
e^uaglierà l'azione di tutte le forze che agiscono sulla falda
medesima. Ora essendo/? l'altezza della colonna che misura
la pressione nel\a sezione ZZ=/(s), il fluido sarà spinto in
questa
Del Sic. Fabrizio Mossotti . 65
questa sezione dà una forza =zg.pf(z), ma a questa esso op-
pone Ja forza del suo elaterio la quale in questa sezione è
g.f(z) no.35 . h . A, ne risulterà perciò nella stessa sezione
una forza g .f(z)(p— i io35 . h . A) , che tenderà a trasporta-
re Io strato nella direzione del moto o in direzione contraria
secondo che sarà o positiva, o negativa. Nell'altra sezione
sV=/(z + o) il fluido tende a dilatarsi con una forza dovu-
ta al suo elaterio la quale è espressa da g .f(z-ha) . i icoB.h.A,
a questa si oppone la pressione che fa il fluido posto in avan-
ti la quale è misurata dal peso espresso dalla serie g .f(z-ho)
I p-\-o( — )-+- — (^4)-<- ec. I, si dilaterà quindi in questa
sezione con una forza data da
M*+4»o?5.A.A-/,-.(£)_£(^)-ec.]i
la somma adunque di queste due forze che agiscono sulle due
sezioni Z'Z' , z'z' equivalerà a quella della serie suddetta, e si
avrà l'equazione
» (fyi&?hec-=gfWP-< io35.A.AHj/(--^)[. io35.AA.ji
dalla quale sviluppando in serie f(z-+-o) , riducendo, e pa-
ragonando i coefficienti della prima potenza di a ricaveremo
la seguente
ossia integrando , e trasportando
(64) g./(3b==g./(«).iio35A.A_0-HC.
Siccome al N.° 4 abhiamo supposto che il fluido si dilati uni-
formemente e che quindi gli aumenti di volume delle varie
quantità di fluido che si dilatano sieno proporzionali alle mas-
se , dovranno essere le quantità di fluido che passano per le
diverse sezioni nello stesso istante proporzionali alle quantità
di fluido comprese fra le stesse sezioni, ed il fondo; dunque
Tom. XVII. 9
66 Dei- movimento di uin Fluido Elastico ce.
essendo v la velocità dello sbocco, e I — -I quella del fluido
V &< /
nella sezione f(z) si avrà la proporzione
AA3 : AF(z) : I Aaa© : A/(z) /-|iì
dalla quale dedurremo l'equazione
(6S)(|l)=^M.«
V ' V U f A' f(z)
differenziata questa relativamente al tempo poiché lo stesso
fluido passa sempre per diverse sezioni, F(z) e f(z) saranno
variabili col tempo, si avrà quindi
ma abbiamo (-^-)=^- . — — . v sostituendo , quest'equazio-
V fc } A* /(*)
ne si potrà ridurre alla seguente
(66) fc) =(^) u AT ; "^ 7^ (ir)
riponiamo questo valore della differenziale (-— ) ne"' ecluaz>0"
ne (63) , si avrà
\te ì \Av < /« /«■ \ ^ / j A3 ; ' V ^ /
integrando questa relativamente a z, per lo stesso istante
A,u, e (— ) saranno costanti, si avrà perciò
ora se si osservi che integrando per parti si ha
e che (— — ) =f(z) •> avremo sostituendo
Del Sig. Fabrizio Mossotti . (yj
nella quale equazione (p rappresenterà la somma di tutte le
forze acceleratrici, che animano il fluido compreso nella por-
zione di vaso la capacità della quale è F(^) , se facciamo in
quest' equazione z — o , dovrà essere qj(z) = o.y F(z) = o, de-
terminando così la costante si troverà che dessa è zero; fat-
to poi z = Z, cioè a tutta la lunghezza del vaso, e dinotato
con M l'integrale f¥(z)\z esteso fra i limiti z = o, e z = l
avremo per rappresentare la forza totale che anima il fluido,
1' equazione
(68)*=A^H-AJ-($V^(£)JM
e questa forza (p non essendo altro che la forza elastica con
cui tende a dilatarsi il fluido allo shocco diminuita della pres-
sione dell'atmosfera su lo stesso, che è espressa come abbia-
mo veduto da g . aa . i io35/z( A — r), avremo l'equazione
(69) Aa*v* + A\-^)\*+£(^)ÌM=g .a\i ioZ5h .{&—i)
alla quale aggiungendo l'equazione che dà la densità, che si
deduce nello stesso modo che abbiamo fatto al N.° 9
(7o) a = A3"-»y^«
u A3
potremo calcolare il moto del fluido che sorte dal vaso quan-
do sia data l'equazione della figura dello stesso.
Il valore di (p dell'equazione (67) sostituiamolo in quel-
la segnata (64), sarà
fatto in questa z = l sarà g-f(z)p la pressione allo sbocco,
la quale è quella dell'atmosfera, e la quantità nel secondo
membro fra le parentesi diventerà il primo membro dell' e-
quazione (69) il quale eguaglia g . aa . 1 io35 h{ A — 1), deter-
minando così la costante si troverà che è zero, onde l'equa-
zione diverrà
60 Del movimento 01 un Fluido Elastico ec.
(7a)ff=A|g..Io35^(0(M)V.^j(0r+£^/FW^|
se in questa facciamo z = o , avremo la pressione sul fondo
la quale a motivo che è sempre F(z) = o si ridurrà
(73) gp = g . 1 io35A . A
ciò che c'insegna che la pressione su di un punto qualunque
del fondo ha sempre per misura l'altezza della colonna che
equivale col suo peso all'elaterio del fluido in quell'istante.
L'equazione (72) poi quando sia cognita la figura del vaso ci
farà conoscere la pressione su di un punto qualunque delle
pareti del medesimo .
N.° 34. Corol. I. Sia la figura delle pareti del vaso una
superficie di rivoluzione generata da una curva che ahbia per
equazione y = azn intorno all'asse delle z, è facile a vedersi
che il vaso sarà un cono se n= 1 , una paraboloide se » = a ec.
In queste supposizioni avremo
f(z) = 7ta>z*»
FM=~
( 3.11 -+- I ) ( 2n ■+- a )
onde sostituendo questi valori nell'equazione (69) avremo
A*<*^M-A j_<f^V-^(HÌ J^£-=g.^°.i io35.A(A-i)
la quale riducesi a
l'equazione (70) poi diviene
Del Sic. Fabrizio Mossotti . 69
posti infine gli stessi valori nell'equazione (72) avremo per
la pressione in un punto qualunque delle pareti
A oe 7 * a « U3**1)* a '"■"■Mi «^"^ |
che si riduce a
(76) g.p=A \g . noS&h-
KM 1 ;
sostituisco per ìlMi__Lf il valore che si ha dall'equazione
(74), sarà
(77) g.p=g. noSSh. A — Lg.no35À(A— 'i )
alla quale equazione si può dare anche la forma
(78) g.p=\ 1 — — \ g ■ 1 1 o35 . h ( A — 1 ) — g . 1 1 o35 . A
dalla quale si vede, che la pressione nel cono, e in generale
nelle paraboloidi di ciascun ordine segue la stessa legge an-
dando verso il fondo che abbiamo ritrovata pel cilindro .
N.° 35. Terminerò ora questa Memoria applicando i prin-
cipi della Teorica esposta alla spiegazione de' fenomeni che il
Prof. Brunacci ha osservato nelle sopralodate esperienze lat-
te col mezzo di un'eolipila a vapori, e così dalla perfetta
corrispondenza di queste colle conseguenze che si deducouo
da quelli una valida conferma ritrarranno .
Per conoscere se la pressione nell'interno dell' Eolipìla
variasse in più o in meno, o fòsse costante andando verso il
fondo fece il sulodato Prof, costruire un'Eolipìla quale è quel-
la rappresentata nella fig. VII , al dosso superiore della me-
desima applicò un cannellino di vetro ABC curvo, e rivol-
gente la sua convessità verso la stessa Eolipila : questo can-
nellino si appostava, e s'internava in due bocchelliui comu-
nicanti colla capacità interna della medesima. Prima però di
unire il cannellino all' Eolipila, faceva entrare nel concavo,
o pancia dello stesso un poco d'acqua che rimaneva stagnan-
te in GF, e ciò affinchè quando fosse unito coli' Eolipila , e
^O DilL MOVIMENTO DI UN FLUIDO ELASTICO eC.
non facesse che un corpo solo colla medesima, ogniqualvol-
ta la pressione nella stessa divenisse maggiore, o dalla parte
A verso il fondo , o dalla parte C verso lo sbocco , l' acqua
nel cannellino movendosi da GF, ed ascendendo dalla parte
opposta lo avesse indicato . Fece altresì a diverse distanze
dal fondo alcuni forellini da' quali quando venissero aperti
potesse il lluido sfuggire. II becco poi DE dell' Eolipìla era
guernito di una chiavetta a tenuta del vapore, che apriva al-
lorché voleva lasciarlo uscire nell'aria esterna.
In quest' Eolipìla così apparecchiata riponeva un po' d'ac-
qua, e con una lucerna mantenuta accesa collo spirito di vi-
no applicatavi sotto faceva evaporarla a quella densità di va-
pore che credeva sufficiente per lo fine dell'esperienza. Indi
apriva colla chiavetta, e nell'espulsione si sono veduti i se-
guenti fenomeni .
i ™° L'acqua che era stagnante nella cavità GF del can-
nellino movendosi ascendeva dalla parte C verso Io sbocco .
2.do Aperti alcuni di quei forellini nelle pareti dell' Eo-
lipìla, si vedeva sortire il fluido con una velocità sempre mag-
giore , allungandosi di più il zampillo quanto più il fiorellino
si scostava dalla bocca dell' Eolipìla .
3.20 I zampilli di vapore che uscivano dai diversi forel-
lini erano tutti inclinati verso l'orificio, e la loro inclinazio-
ne cresceva più gli erano vicini .
4.to Accadde alcuna volta che venne spinta fuori una quan-
tità d'acqua di quella nell' Eolipìla che rimaneva ancora da
evaporare .
Ecco come tutti questi fenomeni sono spiegati dalla teo-
rica da noi esposta , e pienamente la confermano .
Spiegazione del 1 .m0 fenomeno .
Noi abbiamo dimostrato che la pressione cresce più si
allontana dallo sbocco, e ai N.' (16), (33) abbiamo assegnata
la legge di questo accrescimento, dunque forz' è che la pres-
Del Sic. Fabrizio Mossotti . 71
sione del vapore anche nel cannellino di vetro ABC il quale
forma un corpo solo coll'Eolipìla divenga maggiore più il luo-
go è vicino al fondo; la pressione quindi sull'acqua stagnan-
te nel medesimo allorché il fluido sorte sarà maggiore dalla
parte G verso il fondo che dalla parte F verso lo sbocco, e
la differenza di questa pressione è appunto quella che dà
movimento all'acqua GF .
Spiegazione del %.do fenomeno .
Noi sappiamo dall'Idraulica che i fluidi zampillano dai
piccioli fori fatti nelle pareti dei vasi per cagione della pres-
sione che ivi soffrono , e che anzi dalla stessa velocità con
cui escono si deduce la misura della pressione . Dunque nell'
Eolipìla avendosi dimostrato che la pressione è maggiore ver-
so il fondo, il fluido dovrà uscire con più velocità più i fo-
rellini sono vicini al fondo come fu esperimentato .
Spiegazione del 3. z0 fenomeno .
L'inclinazione de' zampilli è l'effetto della velocità com-
posta che risulta da quella che ha il fluido nello scorrere
dentro l' Eolipìla, e di quella colla quale escirebbe per la
sola pressione ; e quanto più grande è la velocità colla quale
scorre nel vaso all'istante in cui zampilla, maggiore deve
riuscire la convergenza . Noi abbiamo dimostrato che questa
velocità è maggiore più il fluido è vicino ad uscire allorché
il vaso è cilindrico, e che anzi questa velocità è in ragione
diretta della distanza dal fondo; è dunque evidente che in
virtù di questo principio i zampilli devono riuscire più in-
clinati verso lo sbocco come mostrò l'esperienza.
Spiegazione del 4--t0 fenomeno .
La causa poi per cui alcune volte fu lanciata fuori an-
che dall'acqua contenuta nell' Eolipìla panni facile il ricono-
7» Del movimento di un Fluido Elastico ec.
scerla nella diversità istessa della pressione che vi è da un
luogo all'altro: poiché essendo maggiore la pressione del va-
pore verso il fondo, questa farà sì che l'acqua nell'Eolipila
perdendo la sua posizione orizzontale s'inalzi dalla parte dell'
orificio, e quando questo innalzamento giunga a tanto da
chiudere l'orifìcio, o sfogo al vapore , questo continuando a
dilatarsi la slancerà fuori .
Non v'è dunque fenomeno che non riceva una sempli-
ce, e facile spiegazione dai principi esposti. Se talee il pre-
gio che devono avere le teoriche fìsiche per meritarsi il no-
me di dimostrate verità, credo che anche a questa un tal
nome possa convenire .
I Problemi che in questa Memoria ho risoluti suppongo-
no che nel tempo nel quale esce il fluido non se ne produca
del nuovo nel vaso , e tale appunto prossimamente è il caso
dell'esperimento dell'Eolipìla a vapori. Volendo però valuta-
re la pressione che il fluido elastico prodotto dall' accensione
della polvere esercita sulle pareti dei razzi, conviene necces-
sariamente introdurre la circostanza della generazione nel va-
se di un nuovo fluido nel tempo istesso in cui esce, ed in
tal caso si apre la strada ad una serie di Problemi consimili,
i quali però una più grande difficoltà di quelli che ho espo-
sti, presentano nell'integrazione di alcune equazioni. Le ri-
soluzioni di questi Problemi le ho di già in grau parte con-
dotte a buon termine, e spero che un qualche giorno mi
verrà l'occasione di renderle publiche .
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\\ U.-y*' 7*
?3
SULLE OSCILLAZIONI DI UN CORPO PENDENTE
DA UN FILO ESTENDIBILE
MEMORIA
Del Signor Pietro Paoli.
Ricevuta li 5 Agosto i8i4-
N,
lei Tomo XIV delle Memorie della Società Italiana delle
Scienze ho trattato delle piccole oscillazioni di un corpo ap-
peso ad un punto fisso per mezzo di un filo capace di disten-
dersi e di scorciarsi . Ho supposto nel principio del moto il
pendolo in quiete nella situazione verticale, dalla quale ven-
ga rimosso mediante un piccolo impulso . 11 Sig. Poisson ha
in seguito preso in esame il medesimo problema senza fare
alcuna particolare ipotesi sulle condizioni iniziali del moto, e
per mezzo d' ingegnosi artifizj di calcolo ne ha data una ele-
gante risoluzione . Ma questa maggior generalità non rende
la questione più difficile, e l'analisi adoprata nel caso più
particolare da me contemplato serve egualmente senza biso-
gno di altre considerazioni allo scioglimento dì tutti, come
mi propongo adesso di dimostrare .
Ritenute le medesime denominazioni della citata Memo-
ria il moto del centro di oscillazione del pendolo è determi-
nato dalle seguenti equazioni
{p + 7»-M«-«j-f£—«(i-oo«.fl)=o.'...(i)
(•r->^-£^-t«"^« M
le quali conviene integrare per approssimazione nella ipotesi
che ^,b ed u siano quantità piccolissime.
Incominciamo dal trascurare nella seconda i termini di
Tom. XV 11. io
74 Sulle Oscillazioni di un Corpo pendente ec.
due dimensioni per rapporto a d ed «, ed avremo
di cui l'integrale completo è
ove lascio le costanti h e k sotto una forma indeterminata ,
perchè all'origine del moto tanto 6 clie possano avere
qualunque valore; e solo osservo che h è una piccolissima
quantità, perchè tale per ipotesi dev'esser 6.
Sostituendo il valore trovato di d nella equazione (1), e
conservando solamente i termini di due dimensioni per rap-
porto a 6 ed u avremo
^£„_££sen,(,/f-K,)^/,.gcos,(t(/l^)=o;
la quale posti in luogo di sen.2, 1 '1 / — -\-k 1 e cos.a('l/ — hkì
x-cM.3(*J//i.H.A) *+<M.*(t[/&-*-k)
1 loro valori , ed di-
a a
venterà
L'integrale completo di questa equazione è
a
ove possiamo scrivere l'unità in luogo della frazione j^9
1 — ■
a
perchè in questa approssimazione ci proponghiamo di trascu-
rare i termini moltiplicati per oa . Sarà perciò
Proseguendo l'approssimazione ripigliamo l'equazione (a)
e trascurando i termini 65 e 63u essa diventerà
Del Sic Pietro Paoli. 70
&t* a a 6 a1 a &t &t
o sia facendo per più semplicità ti/ — -+-k = t'
W ,'ft — *' ** , » ^1 _*A=0.
Ponghiamo 0 = /i sen.£'-i-0', essendo 0' di un ordine più ele-
vato di /i, e mettendo nel secondo membro dell'equazione
precedente in luogo di 6 il suo valor prossimo A sen.*', e
riducendo i prodotti di seni e coseni in seni e coseni di ar-
chi multipli avremo
w f-0= — I ih Isen.* ( i__L— Isen.o*
U
1/
Se facciamo per più brevità
I / no \ .
— ( IH |=A
192 \ a f
otterremo per mezzo della integrazione
& — — A h V cos . *' ■+• B/i3 sen . %t\
_^^ cos. *'cos.[(*'-a)j/.1 -+-£']
ove tralascio le costanti arbitrarie, perchè possono reputarsi
comprese nelle indeterminate li e k . Sarà dunque
6 = h sen. *' — A/i3*' cos. *' ■+■ B/i3 sen. 3*'
_£^iCo8.i'cos.[(t'-A)|/^-H-yt'].
Per trovare le massime deviazioni del pendolo dalla ver-
ticale dobbiamo porre o=— = — 1/ — , cioè
c = h cos. *' — A/i3 cos. *' -f- A/i3*' sen. i* ■+- 3B/i3 cos. 3*'
^6 Sulle Oìcillazioni ih un Coupo pendente ec.
^^se„.,c„S.[(,-*)/^r]
-+- — oos. t' sen. \\t' — k II/ — -+- A' I .
per mezzo della qual equazione potremo esprimere t' in una
serie ordinata per le potenze e per i prodotti di A2 ed lì .
Facciamo i' = M-i-N/i2-t-P/i'-Hec. , e sostituendo questo va-
lore nella equazione precedente, e trascurando i termini h5
ed h?K come sopra avremo
o = Aoos. M — &sen.M(NAa-t-PA') — \hK cos.M-*-AA3M sen.M
2M1
— cos.M sen.l [ M-— k Jl/ —•+■*' I
II paragone dei termini simili ci darà cos.M=o,eioè M= jt,
essendo i un numero intero qualunque, e %% la circonferen-
za del cerchio che ha per raggio l'unità; ±N + AM = o,
±Prp±^cos.T/M--A)i/~-4-y5;'] = oscioèN==A^Ì3r,
e P = —cos. & I — — - ti — k 1 1/ — ~¥-k' I . Sarà pertanto
Relativamente a questi valori di £' troveremo dentro i
limiti della nostra approssimazione
±0 = /i- B/i3
lo che ci avverte che le massime deviazioni del pendolo da
una parte e dall'altra della verticale sono tutte eguali tra loro .
Chiamando *('), tW, *(3), ec. i tempi, che il pendolo im-
piega per giungere dall'origine del moto alla massima devia-
zione la prima volta, la seconda, la terza ec. , avremo
Del Sic Pietro Paoli. 77
« generalmente
Pertanto la durata di una oscillazione qualunque sarà
^0_^=(I+A/^>^--^sen.l^/^.sen.[(^-/OJ/^^,].
Nel caso contemplato nella memoria citata lì è dell'or-
dine haa, e quindi U\/q dell'ordine h2o\/o , cioè una quan-
tità piccolissima quando il filo è pochissimo estendibile . Se
in grazia della sua piccolezza ci permettiamo di trascurare il
termine moltiplicato per -h , le oscillazioni saranno iso-
crone , e chiamando T la durata di ciascuna di esse avremo
Facendo T=i ricaveremo da questa equazione la lunghezza
a del pendolo, il quale compie le sue oscillazioni nell'unità
di tempo , che sarà
Questi valori sono un poco divergi da quelli della predetta
memoria per un piccolo sbaglio ivi occorso , che abbiamo a-
desso corretto .
Ma se per le condizioni del problema ■ non sarà co-
sì piccola perchè possiamo trascurare il termine per essa mol-
tiplicato, allora le oscillazioni non saranno isocrone a motivo
della quantità sen. I I in — ^ ) 1/ — -+-& j la quale varia da
una oscillazione all'altra. Qualora però, come si pratica d'or-
dinario, cercheremo la durata media di una oscillazione de-
ducendola dal tempo che il pendolo impiega nel fare un gran
numero di vibrazioni , dopo che per la prima volta è giunto
alla massima deviazione dalla verticale, essa si troverà egua-
le al valor precedente di T; e questa riflessione si deve ?!
7*3 Sulle Oscillazioni di un Corpo tendente ec.
Sig. Poisson . Infatti questa durata media è = : , o
sia
(i-hA/ì-^ti/
é$,\/o
e
«[/s
sen
7 * |/f sen [icr *-*)j/7 * *']
4^'iXo
ove quantunque il coefficiente y'K " non sia abbastanza pic-
a[/e
colo per esser trascurato, lo diviene però quando è diviso pel
numero considerabile i . È facile il vedere clie otterremo il
medesimo resultato, se invece d'incominciare l'osservazione
dalla prima massima deviazione la incomincieremo da una
qualunque delle seguenti .
79
SUL L' URTO DEI FLUIDI
MEMORIA
Del Signor Vincenzo Brunacci .
Ricevuta li 19 Agosto 18 14.
I
1 Sig. Cav. Morosi celebre inventore di macchine e conge-
gni meccanici si avvisò di aumentare l'urto di una vena fluida
su di una lastra, col circondare questa di un orlo, congettu-
rando che nel trattenere che questo faceva l'acqua, la quale
per ogni Landa sfuggiva dopo avere urtato , dovea essa in
questo contrasto comunicare un'altra spinta alla lastra me-
desima; egli poi ne inferiva di qui che utile doveva essere
il contornare di un bordo le palette, 0 ali delle rote idrau-
liche, in quanto che la stessa corrente dell'acqua, le avreb-
be mosse o più velocemente, o caricate di maggior peso. Gli
sperimenti confermarono le di lui congetture, ed ei ne die
sommaria contezza al Reale Istituto Italiano, del quale fa
parte .
Questa cosa la mi è paruta tanto importante, che io mi
sono determinato ad assoggettarla ad esame, rintracciandone
la ragione nelle stesse leggi del moto dei fluidi . La sola os-
servazione ed esperienza, può in certe favorevoli circostanze
scoprite un fenomeno, e da questo si possono congetturare
alcune forze naturali; ma la scoperta di tutti gli altri feno-
meni, che hanno relazione con quello, la di loro valutazio-
ne, e la determinazione delle circostanze più favorevoli a pro-
durli, non si possono ottenere che coll'ajuto delle geometrie;
così la pensò il divino Neutono , quando scrisse a phoeno-
menis motuum investigemus vires naturae, et ab hìsdem viri-
bus phoenomena reliqua .
80 Sull' ukto dei Fluidi.
5- 1. Per riuscire in quest'indagine io farò uso disila dot-
trina che sull'urto dei fluidi ci dette l'immortale La-Grange
negli atti dell'Accademia di Turino del 1784; non che que-
sta dottrina non sia soggetta ad alcune difficoltà, come lo
sono, e Io saranno sempre tutte quelle, le quali 1 Geometri
hanno date su qualunque argomento, che al moversi dei flui-
di si riferisca , ma la mi è sembrata la più sicura e la più
conforme pel computo dell'effetto preso di mira.
Una colonna di fluido EF fig. 1 , la quale per un momen-
to fingiamo solo dotata di due dimensioni, cioè, della lun-
ghezza EF , e della larghezza AE , si muova lungo la linea
AB; a questa linea AB con un angolo qualunque ne sia uni-
ta un'altra BC , la quale obblighi la colonna EF a piegare e
cangiare direzione . Nella piegatura questa colonna fluida de-
scriverà un arco MN, e nel triangolo misti! meo MBN, il flui-
do resterà come stagnante; la qual cosa non è, per vero di-
re, che un'ipotesi, ma il mentovato Geometra pensa, che
essa sia molto vicina alla verità, e per tale possa prendersi
nell'attuale ricerca; ecco dunque che il fluido si muoverà
entro un canale AMNC , la di cui porzione MN sarà curvi-
linea, e dalla forza centrifuga del fluido nel correre entro
questa curva, ne verrà una pressione o spinta sul fondo del
canale medesimo .
5. 2,. Siccome nulla accelera o ritarda la velocità dell'
acqua nel canale, ne segue che la sua larghezza sarà per tut-
to costante. Sia dunque b questa larghezza; sia a l'altezza
dovuta alla velocità dell'acqua in una qualunque sezione/;/;
sia r il raggio di curvatura di qualunque punto // della cur-
va MN ; sia pq una linea fluida perpendicolare nel punto p
all'arco MN : ora questa linea di fluido in virtù della sua for-
za centrifuga, eserciterà contro la curva MN, e precisa me n
te nel punto/?, una pressione eguale a — 0, essendo questo —
l'espressione della forza centrifuga di una molecola qualunque.
Risguardanddsi poi il fluido MBN come stagnante, bisognerà
che
Del Sic. Vincenzo Brunacci . 81
che la pressione su tutti i punti della superficie sua MN sia
la stessa, e che perciò — b sia una quantità costante; sarà
dunque anco costante il valore di r, e quindi MN sarà un
arco di cerchio .
§. 3. La pressione fatta su ciascun punto p della super-
ficie MN del fluido stagnante MBN si comunica a ciascun
punto delle linee MB, BN, e giusta i principj dell'Idrosta-
tica , ciascun punto di queste è premuto perpendicolarmente
da una forza eguale a — b ; dunque tutta la forza 'perpen-
dicolare ad MB, da cui è premuta la linea stessa sarà — b .MB ;
e quella perpendicolare a BN , e da cui la stessa BN è pre-
muta , sarà — b . BN .
T
Ora prolungato il lato GB ( Fig. a ) in H sia 1' angolo
ABH = o: rappresentiamo con LF perpendicolare a BN la for-
za — &XBN , e condotta FG parallela , ed LG perpendicolare
r
ad AB , onde si abbia il triangolo rettangolo LFG , si avrà
LF = -£.BN;
T
LG = -6.BN.cos.o;
T
FG = -è. BN.sen.«;
§. 4- Supponendo che la linea BG sia tanto lunga , che
il fluido allorché l'abbandona, corra con direzione a lei pa-
rallela, l'arco di cerchio MN sarà toccato allora nei punti
M,N dalle due rette AB, BG unite in B; e sarà BN=BM;
di più conducendo nei punti M, N due perpendicolari alle
rette AB, BG, il loro punto Q d'incontro sarà il centro dell'
arco MN , e sarà MQ il raggio di curvatura, che rappresen-
tato abbiamo con r; l'angolo poi MQN sarà eguale ad MBH;
„:~a 1 * * MB NB »
cioè, ad o ; avremo pertanto = = tane. — .
Tom. XVII. 11
8o. Sul l' urto dei Fluidi.
La forza adunque che spingerà la linea AB in una dire-
zione ad essa normale sarà 2,ab . tang. — ;
La forza che spingerà la linea BC in una direzione pa-
rimente ad essa perpendicolare sarà ancor essa lab .tang. — ;
La forza che premerà questa stessa linea BC in una di-
rezione perpendicolare ad AB, sarà 2,ab . cos. a . tang. — ;
La forza infine che premerà questa medesima linea in
una direzioue parallela ad AB, sarà
%ab . sen. o . tang. —
5- 5. Chiamando ip la somma delle forze le quali spin-
gono le due linee AB, BC unite insieme, nella direzione per-
pendicolare ad AB, sarà ip = 2,ab . tang. \-^ab .cos. «tang. — ,
0
a
che ridotta diviene
0
a
ip = zab ( 1 -+- cos. a ) tang. — ;
sen.-
cos. —
a
, » » » i -,
• 1 \ o o ìi a I
ih = 2,ao \ cos -+- sen -+- cos. — — sen. — ?
la a a a '
ih = zab . a cos. — . sen. — :
* a a
ili = 2,ab . sen. a .
T
Il valore poi di «, il quale rende la quantità ?/' massi-
ma sarà 0 = 90°, e si avrà allora ip~a,ab; dovrà dunque BN
esser perpendicolare ad MB affinchè la somma ip di quei sforzi
sia massima ; conseguenza rimarcabile in quanto che allora è
nulla quella forza, la quale si esercita sopra BN in direzio-
ne normale a BM .
§. b. Supponiamo ora che la vena fluida dopo essersi ri-
piegata in MN fig. 3, abbandoni la linea BN facendo con es-
sa prolungata in L un angolo LNF : anco in questa supposi-
zione troviamo la spinta che le due linee AB, BN sopporta-
no in direzione perpendicolare ad MB .
1):.l Sic;. Vincenzo Bau n acci . 83
Prolungata BN in H, ed NF in D sia DBH = a , DBN
= i8o° — a ; LNF = <p; BDN = o — f; e sarà
BD = DN. ^ ;
sen.( i8o° — 0)
BNr=DN. Se"-(°-^ ;
sen. ( 1800 — u)
nei punti M, N condotti i raggi MQ, NQ dell'arco MN, ed
unito il punto D col centro Q sarà DQM = -^^- ; dunque
o — é
sen. <p tang. -
DN = r . tane. ^^- = DM ; e quindi DB = ; r-rz — V »
" a * sen. ( 1800 — o)
n tvt sen.(o — al) o — è
BN = r 5 2-—.tang -;
sen.(i8o° — o) a
È poi BN premuto perpendicolarmente da una forza eguale
a BN.— b; e questa decomposta in due, che una normale,
l'altra a DB parallela, si avrà — b . BN . cos. a per la forza
r
normale alla DB; e postovi il valore di BN, sarà una tale
forza
aa , sen. (a — 0) o — è
— br . — ■ — : -— .tang. — .cos.o;
r sen.( 1800 — a) 2,
tutto lo sforzo adunque che fa la vena fluida EF per spin-
gere le due linee AB, BN in una direzione ad AB norma-
le , sarà
-£.MD-+--6.DB-t--£.BN.cos.a;
t t r
e fatte le opportune sostituzioni, e riduzioni, sarà questa for-
za , la quale indicheremo per ip ,
, , < sen. ai sen.(o — è) f . a — é
ip = nab < 1 H -H ! — cos. a (tang. —',
sen.o sen.o ' 2
3 — é
, , S sen. 7) sen.o . cos. è— sen. al cos. e 1. £>•
ip = 2,ab { 1 H -H - cos.o (tang. —
l sen.o sen.o '
4 7 ; sen. ifi , sen.iji . f , e—ip
i}j = 2ab ) 1 -1 --t-eos.<I>cos.G • cos. »a (tang. ;
' sen.o sen.o ' a
t// = 2aZ» < 1 -+-sen.<^ .sen.o-+-cos.o .cos. <p ? tang. ;
$4 Sul l' urto dei Fluidi.
ip = -lab \ i -+- cos. ( a — <p ) > tang. ° ;
tp = aa/> seri . ( a —- <p ) ;
onde pò! questa forza \\i sia massima, dovrà essere a — ^ = 90°,
e sarà allora ip = aab .
§. 7. Una colonna fluida EO fig. 4? come quella imma-
ginata al §. 1 vada a battere sulla linea CC, alle cui estre-
mità siano le linee CD', CD unite ad essa con qualunque
angolo . Cerchiamo lo sforzo che fa 1' acqua su questo siste-
ma di linee in una direzione perpendicolare a CC, supponen-
do che l'urto si faccia in una tal direzione, cioè che EO sia
normale a CC .
La colonna EO all'avvicinarsi alla linea su di cui ha da
urtare, si dividerà in due rami OF , OF' e ciascuno di que-
sti rami, dopo essersi ripiegato, anelerà scorrendo l'uno da
una banda, l'altro dalla opposta, lungo il piano CC . Verso
il punto B centro dell'urto, cui corrisponde l'asse della co-
lonna urtante, si formerà un ridosso triangolare NON' di flui-
do, il quale si potrà sensibilmente considerare stagnante. I due
rami poi della colonna fluida OFH, OF'H' incontrando le li-
nee CD , CD' da esse saranno obbligati a ripiegarsi per po-
tere scappar via, lasciando negli angoli C, C due masse di
fluido stagnanti come nel caso del 5- a • Non faccio una de-
scrizione più minuta delle circostanze fisiche dell'urto, per-
chè è facile ad immaginarsele .
Ora indicando con a& la larghezza della colonna fluida
urtante, ognuno dei due rami in cui si divide avrà per lar-
ghezza b , ed a tenore di ciò che si è dimostrato al 5-4 5 10
sforzo o pressione sopra NB nella direzione a lei normale sarà
2,ab sen. go° tang. — — = a,ab ;
egualmente la spinta, o la pressione sopra BN' sarà o.ab ; on-
de se non ci fossero le due linee CD, CD' l'impulsione so-
pra il piano CC sarebbe aa . 2.b; cioè eguale al peso di una
colonna di fluido avente per base l'area ab della sezione del-
Del Sic Vincenzo Bkunagci . 85
la vena urtante , e per altezza il doppio di quella dovuta al-
la velocità dell'acqua urtante.
§. 8. Per ciò che spetta all'impulsione del fluido sulle
linee componenti gli angoli C, C. Se questi angoli sono tra
loro eguali ed eguali ciascuno a 180 — o, e se di più si sup-
pone che le linee CD, CD' siano di tale lunghezza che il
fluido nell' abbandonarli corra con direzioni loro parallele, sa-
rà 2, .aflèsen.o la somma delle impulsioni del fluido fatte
sulle linee D'C, C'N', DC , CN in una direzione parallela ad
OB; e questa quantità esprimerà l'aumento dell'urto, che
si è ottenuto aggiungendo alla linea CC le due linee CD,
CD', sulle quali, il fluido che scappava dopo avere urtato
la semplice linea CC, è obbligato a battere. Questo aumen-
to poi dell'urto sarà massimo, quando 0 = 90°, ed allora avrà
per misura za . zb , cioè la stessa misura che ha l'urto sopra
CC. Dunque coli' aggiunta delle due linee CD, CD' poste ad
angolo retto nei punti C , C abbiamo potuto rendere doppio
l'effetto dell'urto della nostra vena fluida.
§. 9. Se le due linee aggiunte CD, CD' non avessero
tale estensione che il fluido , dopo averle abbandonate , po-
tesse correre con direzioni parallele alle medesime, ma cor-
resse con tali direzioni , che facessero con quelle linee un
angolo <p , allora da ciò che si è dimostrato al §.6 si ricava
che l'aumento dell'urto originato da queste linee CD, CD',
sarebbe 2, .aab . sen.(o — (p), e questo sarebbe massimo quan-
do 0 — (^ = 90°, e diverrebbe, come al §. ant., za.zb; così
se le linee CD, CD' fossero mobili attorno degli angoli C, C,
per avere il massimo aumento d'impulsione converrebbe por-
tarle ad angolo retto colla retta CC, quando in questa situa-
zione il fluido dopo averle abbandonate, tornasse indietro con
direzione parallela ad OB ; e ciò non succedendo converreb-
be rendere gli angoli in C , C acuti , cioè o ottuso , ed in
modo che diminuito di <p , vale a dire, dell'angolo che fa il
fluido con queste rette, si abbia o — <j5 = 90°; la quale cosa
in ambidue i casi si riduce a fare in guisa , che i due rami
86 Dell ukto dei Fluidi.
della vena fluida si ripieghino indietro con direzioni norma-
li a CC .
§. io. Il caso contemplato di una vena fluida piana, la
quale, cioè, non abbia altro die due dimensioni ( §• i ), è
puramente immaginario; ma supponiamo che la colonna flui-
da abbia la figura di un parallelepipedo rettangolo, e che
scorrendo essa tra due piani, di cui fan parte le facce oppo-
ste del parallelepipedo, sia obbligata a conservare sempre la
stessa grossezza, che è la distanza di quei due piani; allora
se questi fanno angolo retto con i due piani AB, BG fig. i ,
formanti il fondo del canale , o con i tre piani CC , CD ,
CD' fig. 4 5 allora dico, tutto ciò che abbiamo detto nei §§.
precedenti, è egualmente vero per questo caso concreto, e
legittime sono le tirate conseguenze, purché alle parole linee
CD, CD', CC si sostituiscano le parole piani CD, CD', CC;
dunque l'effetto di una cotal vena urtante ad angolo retto
sur un piano tanto esteso, che essa dopo l'urto scappi con
direzioni parallele al piano stesso , si può accrescere fino a
rendere doppio, coli' alzare alle estremità del piano urtato un
orlo, il quale obblighi il fluido a ripiegarsi indietro con di-
rezioni normali al medesimo piano urtato .
§. li. Veniamo a parlare dell'urto di una vena cilindri-
ca, la quale batta un piano CC con direzione ad esso nor-
male . Il fenomeno seguirà come ci mostra la figura 5 . La
colonna EO neh' avvicinarsi al piano anderà allargandosi da
ogni banda, ed essendo da ogni banda eguali le circostanze,
essa formerà un solido di rivoluzione ACC'D , il cui asse BO
sarà lo stesso asse EO della colonna fluida cilindrica. L'ac-
qua poi che forma la superficie della conoide, all'incontro
del piano anderà ripiegandosi , e se il piano è abbastanza e-
steso , correrà su di esso con direzioni a lui parallele, se no
lo abbandonerà partendo con direzioni ad esso inclinate. Neil'
interno del solido di rivoluzione acqueo, vi si troverà un im-
buto conoideo NON', e l'acqua che lo compone giusta l'ipo-
tesi assunta ( §• i ) si potrà risguardare come stagnante ,
Del Sic. Vincenzo BRUNACcr . 87
Se per l'asse EOB si conduce un piano, la sezione di
questo con la vena fluida, porrà sotto gli occhi la figura pia-
na dalla rivoluzione della quale nascerà quel solido di rivo-
luzione del quale si parla; così il triangolo mistilineo OBN
produrrà l'imbuto conoideo ; la figura AOG produrrà il cana-
le conoideo nel quale coire il fluido ; la linea CB il piano
circolare su cui si fa l'urto, ec.
Ora preso un punto qualunque G nell'asse OB si con-
duca MM' parallela a CC, e che incontri le curve ON, ON'
in M, M' . Nei medesimi punti si conducano le rette MP ,
M'P' , le quali siano perpendicolari alle curve OMN, OM'N'
ed incontrino in P , P' le curve esterne APS, DP'S' . Nella
rotazione attorno dell'asse OB , queste descriveranno un tron-
co di cono, la cui superficie sarà la sezione del canale conoi-
deo pel quale scorre il fluido .
§. 12. Queste cose premesse facciamo BG = x, GM=/;
% la semicirconferenza di un cerchio che ha per raggio l'u-
nità ; sarà allora 2jr/ la circonferenza del cerchio descritta
col raggio MG . Ora indichiamo per z quella funzione dell'/
per la quale moltiplicando 2jr/, si ha la superfìcie del tron-
co di cono descritto da PM . Il valore della z è facile a tro-
varsi, ma non ci fa di bisogno: sarà dunque a^/s l'area del-
la sezione del canale conoideo per cui corre l'acqua.
Questo %7tyz esprìmerà anco il velo fluido che passa per
la sezione del canale conoideo. Non gli considero alcuna gros-
sezza, perchè questa dimensione sparirebbe dal computo. Rap-
presentando poi con r il raggio di curvatura della curva OMN
corrispondente al punto M, e con a l'altezza dovuta alla veloci-
tu dell acqua scorrente nel canal conoideo, sarà — . = — z
r 2,ny r
l'espressione della forza centrifuga su ciascun punto M della
circonferenza del cerchio da MG descritto; ma la celerità del
fluido dovendo essere la stessa in qualunque luogo del cana-
le, ed in qualunque sezione, giacché non vi è alcuna causa,
la quale inclini a far crescere o scemare questa velocità, sarà
oc! Dell' urto dei Fluidi.
dunque l'area 2izyz una quantità costante qualunque sia / ,
ed eguale alla sezione della vena cilindrica . Sia dunque B
ì'area di questa sezione, e sarà a;r/z = B, e quindi s = .
ajty
L'espressione allora della forza centrifuga su ciascun pun-
to M della superfìcie dell' imbuto conoideo sarà . —, es-
wz yr
sendo r, come si è detto, il raggio osculatore corrispondente
all' ordinata y .
§. i3. Siccome l'acqua la quale forma l'imbuto conoideo
NON' si suppone stagnante, perciò la pressione qui sopra de-
terminata dovrà essere dappertutto la stessa . Rappresentia-
mo ora per p questa pressione costante, ed in ciascun punto
della superficie dell'imbuto conoideo, dovrà essere . —=v.
3tX ry
Questa equazione ci dichiara die la curva OMN debbe avere
in qualunque punto M il raggio osculatore in ragione inver-
sa dell'ordinata MG; ed ecco in questa guisa ridotta l'inda-
gine alla soluzione di un problema Geometrico .
5- i4- Essendo r = — — — cercasi la curva che avrà
per equazione
(£0
( i ) • . . • td r; =5 my essendo m una costante data .
Moltiplicata l'equazione (r) per ( — ) dx, ovvero per dv ,
ed integrata si ha
essendo C la costante arbitraria aggiunta integrando .
Per determinare questa costante, osservo che quando
j = o, cioè quando il punto considerato è in O, la curva
tocca l'asse OB , ed allora { — J = o; con questa condizione
trovo
Del, Sig. Vincenzo Brunacci
trovo C = i . Si avrà dunque
(3) . . .
89
'!
I /
a
5- i5. Da questa equazione (3) si può intanto trovare il
valore dell'impulsione della vena sul piano CC Infatti, po-
sto che il piano circolare su cui si fa l'urto, sia cosi esteso
che l'acqua lo abbandoni, dopo avere urtato, con direzioni
parallele ad esso, se facciamo BN = v, si ha allora nel pun-
to N
e perciò 1 j3 = o;
a
,. ... P 1 ìììv 2.xy* r, a.iry*
e di qui si ricava, tacendo m = — — , 0= a&B ; ma
aaB
es-
prime l'area del cerchio che ha per raggio BN , e p espri-
me la pressione che soffre ciascun dei suoi punti , dunque
p esprimerà la pressione totale, che sopporta il piano GCr
per causa dell'urto della colonna fluida; dunque questa pres-
sione o quest' urto sai'à eguale al peso di un cilindro fluido ,
il quale abbia per base la base B della colonna urtante , e
per altezza il doppio di quella dovuta alla velocità dell'ac-
qua , colla quale si fa l'urto (a).
§. 16. Se il piano circolare su del quale si fa l'urto non
è tanto esteso , che il fluido possa scappare con direzioni ad
esso parallele, allora chiamando <p l'angolo che fanno queste
dilezioni col piano urtato, sarà BN l'ordinata della curva OMN
a quel punto N, ove la tangente fa con l'asse un angolo
= go° — (p ; avremo dunque
/r * /drvi =^cos-(9°0 — 0) = seri.0, e di qui
kI,+(ì) J
Tom. XVII. ia
(a) Nel Tonio Vili dei Commentari
dell' Accademia di Pietroburgo dell'an-
no i"36, il celebre Daniele Ber nulli
aveva per questo caso trovato la stessa
misura dell' urto , deducendola però da
una dottrina differente da quella del Si-
gnor La-Grange .
qo
s
ull'
URTO
DEI F
LUIDI
sen
.<?
= I
y*
a
5
2.T.V*
P'
= la
B(r-
sen
•ì)\
allora, cioè, la misura dell'urto sarà il peso di quel doppio
cilindro , come alla fine del 5- precedente, moltiplicato però
per la differenza tra il seno tutto, ed il seno dell'angolo che
le direzioni del fluido fanno nello scappare col piano urtato .
§. 17. Gol ritrovamento della formola qui sopra riferita,
il Sig. La-Grange messe in qualche modo d'accordo le spe-
rienze dei fisici sull'urto di una vena fluida; alcuni, in fat-
ti, come il Mariotte, il Gravesand , Y Eulero, ec. aveauo sta-
bilito colla teorica, e confermato coll'esperienze, che una ta-
le impulsione aver dovea per misura il peso di una colonna
di fluido, che avesse per base l'area della sezione della vena
fluida urtante, e per altezza quella dovuta alla velocità, con
cui il fluido fa l'urto; altri come il Bernulli Daniele, il Krafft,
il Michelotti , il Bossut , ec. volevano una misura doppia di
questa ; il D' ^lambert infine ne voleva una poco minore di
quest'ultima . Il Sig. Zuliani nella prima parte del Tomo IH
degli atti dell' Accademia di Padova del 1794? dà contezza
di tutto ciò che a questo proposito, per ciò che spetta alle
sperienze, si era ritrovato, onde io a quella memoria riman-
do i miei lettori . Qui soltanto mi basta di osservare che nel-
la formola del Sig. La-Grange sono comprese tutte quelle mi-
sure date per l'impulsione di una vena fluida. La circostan-
za che questo Geometra ha messo in computo, è la direzio-
ne colla quale i filetti fluidi abbandonano il piano dopo d'a-
verlo urtato; e siccome questa circostanza nasce dall'altra
dell'estensione del piano su del quale si fa l'urto, perciò
possiamo dire che nella formola Grangiana è in certo modo
contenuto l'elemento dell'estensione del piano; dico in cer-
to modo , perchè sebbene s' intenda come dalla estensione del
piano su cui si fa l'urto, dipenda la direzione colla quale i
filetti fluidi abbandonano il piano, pure ci è ignota la legge
Del Sic. Vincenzo Brunacci . o,i
di questa dipendenza , e non si saprebbe fare uso della for-
inola di La-Grange, se invece di esser data quella direzione,
data fosse la grandezza del piano mentovato (a) .
Questo sullodato Sig. Zuliani riferisce nella memoria so-
pracitata una serie di sperienze , da lui fatte colla mira di
stabilire, quanto ha che fare l'estensione del piano urtato
nella misura dell'urto, e così esse e la formola del Sig. La-
Grange vengono a confermarsi reciprocamente . Perspicacia
Dell' instituire l'esperienze, diligenza nell' eseguirle, tutto si
trova in queste, ma si resta col desiderio di vederle ripetu-
te più in grande, onde poterne ricavare più sicure conse-
guenze; non ostante finché non se ne abbiano delle miglio-
ri , giova valersi di quelle .
C. 18. Nella terza parte adunque della qui riferita me-
moria sono registrate queste sperienze .
Conservata l'acqua in un vaso ad una altezza maggiore
di due piedi, in un adattato pertugio circolare il cui centro
era per l'appunto due piedi sotto la superficie dell'acqua,
furono posti successivamente l'uno dopo dell'altro tre can-
nelli orizzontali , i quali tutti dotati dello stesso diametro di
mezzo pollice, aveano però lunghezze diverse, uno essendo
di due, uno di quattro, uno di dodici pollici. L'acqua sgor-
gando per questi a piena gola andava ad urtare un piano cir-
colare di metallo dello stesso diametro di mezzo pollice , e
collocato ad un pollice di distanza dalla bocca dei cannelli .
Con adattato ordigno il Sig. Zuliani misurò le forze di que-
sti urti , e nel tempo stesso fece in ciascuna sperienza il cal-
colo del peso di un cilindro di acqua avente per base l'area
della sezione della vena urtante e per altezza quella dovuta
alla velocità con cui si faceva l'urto. Di qui si può ricavare
a qual porzione di questo cilindro equivaleva la misura del-
l'urto .
(a) Alberto Eulero figlio del gran Leo-
nardo , in una dissertazione sul modo
d'applicar l'acqua a muovere col mas-
simo vantaggio gli edilizi, premiata nel
1754 dalla Reale Società di Gottinga ,
fé un cenno dell'aumento dell'impeto
di una vena fluida coli' aumentare il
piano su del quale va a battere .
<)a Sull miro dei Fluidi.
Collo stesso vaso, ed alla stessa profondità adattando in
nn pertugio che aveva per diametro un pollice, altri tre tubi
di quel diametro, e di lunghezza di 4> 85 Ia pollici, ricevè
P urto della vena fluida , che sboccava a piena gola da essi ,
su di un piano circolare metallico di un pollice, e ne asse-
gnò le misure come nell'altro caso.
Ecco la Tabella di questi sperimenti .
Le dimensioni sono in pollici del piede di Parigi ; i pe-
si sono in once di Padova , di cui dodici fanno una libbra
piccola, ed un'oncia è granì 546.
I.» a.0
J.° Cannelli del diametro d
mezzo pollice
I.»
4.0 5.°
5.° detti del diametro di un
pollice .
Lunghezza
in
pollici
Misure
dell' urto
in grani
Peso del ci-
lindro
d' acqua
Misura dell'urto
in parti
del cilindro
a
810
1043
0, 776
2.°
4
770
990
°> 777
3.°
ia
702
909
e , 772
4-°
4
33t6
4"9
0 , 8o5
5.°
a
3oi5
4016
0 , 750
6.°
12
2782
3652
0 , 762
E prendendo un medio tra questi sei sperimenti, stabi-
liremo che quando il piano circolare su di cui si fa l'urto
ha per area quella della sezione della vena cilindrica urtan-
te , F urto è eguale al peso di 21— del cilindro che ha per
1000
base l'area della detta sezione, e per altezza quella dovuta
alla celerità dell'acqua. Anco le altre sperienze riportate dal
Sig. Zuliani nella seconda parte della mentovata memoria,
nelle quali l'altezza dell'acqua nel vaso al di sopra dei can-
nelli è talvolta sei piedi, conducono prossimamente alla stes-
sa conseguenza .
Del Sic. Vincenzo Brunacci . 93
Avremo adunque 2(1 — sen. <p ) = o , 773 , dalla quale
equazione ricaveremo il valore di <p , cioè dell'angolo, che
fanno i filetti fluidi col piano urtato nell' abbandonarlo, quan-
do questo piano è della stessa grandezza della sezione della
vena fluida . Sarà pertanto sen. (p = 1 — o , 386 = o , 614 ■> e
quindi 0 = 37°. 53'.
Al §• I0 abbiamo trovato — —p = 2.aB( 1 — sen.<^); ora
posto b il raggio della vena cilindrica abbiamo
— /> = 2,aB( 1 — sen.<^) = «B . o , 773 ;
2,
ma B =— ba , dunque j» = o , 773 . a . Ottenuto il valore del
p, si potrà trovare il valore del raggio del piano circolare,
che dà la massima misura dell'urto, cioè, di quel piano, che
dall'acqua dopo l'urto è abbandonato con direzioni ad esso
parallele; infatti dal §. i5 si avrà
P x e, 773. a
= ; e quindi y ■= b
2 P
y = b %/-?-? = 1 , 6 . b ;
V 0,773
>773
dunque il raggio di siffatto piano circolare sarebbe eguale al
raggio della vena cilindrica più T60 di questo raggio, e l'area
sarebbe due volte e mezzo circa l'area della vena cilindrica;
ma questo non corrisponde bene alle sperienze del Sig. Zu-
liani , le quali danno per questo piano un raggio assai mag-
giore .
Il valore del p trovato nel supposto che il piano urtato
sia eguale alla sezione della vena, l'ho ritenuto lo stesso per
un piano anco di maggiore estensione . Ciò nasce dalla sup-
posizione da noi fatta , che il fluido contenuto nello spazio
NON' si ha da risguardare come stagnante, pel che le curve
MO , M'O, pelle quali si è trovato il valore di p , non can-
giano , se 1' urto invece di farsi sopra MJYT si farà sul piano
NN'.
<l4 Sul l' urto dei Fluidi.
§. 19. Nelle sperienze del Sig. Zuliani si trova che fatto il
piano circolare su cui caderà la vena fluida quattro ed anco sei
volte più grande in diametro del diametro della vena mede-
sima, non arrivava mai l'urto a contrabbilanciare il peso di
un cilindro d'acqua d'altezza doppia di quella dovuta alla ve-
locità dell'acqua, per quanto poco se ne allontanasse; anzi
vi si accostava a segno di non differire che di un settimo cir-
ca del detto peso, quando il piano aveva un diametro sem-
plicemente doppio di quello della vena .
Ciò al parer mio nasce da questo che lo spandimento
dell'acqua in giro, obbligando il suolo di acqua, che scorre
sul piano ad assottigliarsi continuamente, è necessario onde
avvenga questo assottigliamento ( il quale continua anco do-
po che l'acqua ha abbandonato il piano ), che le particelle
acquee , le quali non radono il piano immediatamente , ab-
biano direzioni tendenti ad avvicinarle al piano stesso, siano,
cioè, a questo piano inclinate, e quindi non avviene mai che
tutte abbandonino il piano con direzioni ad esso parallele .
Il sullodato Fisico dichiara nel §. ^3 della detta Memoria,
d'avere osservato appunto questo accidente. Ora di una ta-
le circostanza non avendone tenuto conto nella Teorica , la
formola non risponde bene alle sperienze ; così la forinola di-
chiara che quando il diametro del piano è eguale ad un dia-
metro e sei decimi di quello della vena, aver si debbe il
massimo urto, poiché i filetti acquei dovrebbero allora ab-
bandonare il piano con direzioni parallele; ma la sperienza
non dà questo massimo urto, perchè i mentovati filetti, mer-
cè quella circostanza non computata nel calcolo, scappano via
con dilezioni a quel piano inclinate .
§. ao. Riprendiamo l'equazione del §. 14
");V'Vi-(È)r,"fr"'
da questa si ricava
Del Sic. Vincenzo Brunagci . 9,5
— dx\
ed integrando
f dy H f ydy -.+ 6-
y
ma
l/(-f,-) ■•/i/(»-^)'
4"-' / J|/ Vm--7 / C/^"*"
/</)' _ _a_ f dy —. I 1 1/"
4
duncfue
(5) ,//i_rU_L_log.!^Ìl^ir)=^c.
E quest'è l'equazione della curva cercata .
Per determinare C osservo che quando x =0 dobbiamo
avere
[ — I s= oo , e perciò l'equazione (4) ci darà 1 — — /a = o .
da cui 73 = — ; sarà dunque
5 iX-
1 |/r
log.1—
C=i/--+-
V m ?\/m ° _» ni/—'
e l'equazione della curva NMO sarà
(6) . . . >l/(±_^_l/iH. _i_hg. !Èd/£^fei^iU.
Kl" ' |/" ^" i^-|/(i--)iì^-|/l!
5- 21. Supponiamo che alla periferia del piano circolare
CC, su del quale si fa l'urto, sia adattata una fascia o con-
o/> Sui. l' urto dei Fluidi.
torno CD; ma per formarsi una chiara idea di questo con-
gegno, su del quale fingo, che si faccia l'urto, poniamo che
all'asse OB Jìg. 6, unita ad angolo retto la linea BG , ed a
questa nel punto C con un angolo qualunque, la retta DG,
poniamo dico che le rette DC, CB si ravvolgano attorno l'as-
se OB . Allora CB descriverà il circolo su di cui si ha da far
l'urto, e CD descriverà un tronco di cono, la superficie del
quale sarà quella fascia posta alla periferia del cerchio .
Ora la vena cilindrica scappando da ogni banda, dopo
avere urtato il piano circolare descritto da CB , incontrerà
quella fascia dalla quale sarà obbligata a ripiegarsi ; e se la
figura 6 rappresenta la sezione , che un piano passando per
l'asse OB fa della vena cilindrica, e delle superficj sulle quali
essa vena urta, è facile a comprendere, che la curva DQ
potrà rappresentare la piegatura del fluido all'incontro della
fascia , e dalla forza centrifuga che esercitava il fluido in que-
sta ripiegatura, ne nascerà una nuova spinta o pressione nel-
la direzione stessa dall'asse OB, e questa sarà l'aumento del-
l'effetto dell'urto della vena cilindrica, procurato dall'aggiunta
di quella fascia CD. L'acqua poi contenuta nello spazio QCDM
la continueremo a risiniardare come sensibilmente stagnante .
Supponiamo che la fascia sia tanto grande che l'acqua
scappi secondando la direzione di essa; supponiamo anco che
il piano circolare sia così esteso, che tra il plinto N, ove
terminando la piegatura della vena fluida essa tocca il piano,
ed il punto Q, ove la medesima vena mercè l'avvicinamento
della fascia CD, torna a piegarsi, ci sia un qualche intervallo.
Sia BG = x, j = GM parallela a BC ; l'angolo fatto dal
prolungamento di BG e da DC chiamisi o'z sarà DCB= i8o° — a.
Siano in D e Q i punti ove la curva QMD tocca le rette
BG , CD . Sia BQ = /? .
Seguendo paiola a parola il discorso dti §§. 12, (3, 14,
si arriva alla medesima equazione (a) , cioè
esseti-
Del Sic . Vincenzo Brunacgi . 97
essendo C la costante arbitraria portata dall' integrazione .
Per determinarla io osservo che quando y = ft debbe es-
sere — ? — , , w, = °; sarà dunque G — m— = 0, G = m — ,
e perciò
(7)-:-i7Ri5i=^-
Conduciamo l'ordinata FD al punto D, prolunghiamo BG fin-
ché incontri la DX abbassata dal punto D su di lei perpen-
dicolare j ed essendo in questo punto D, — -r — — — =sen.«,
/ 2 a V
si avrà — 1 BX — BQ ) = — sen.o; sostituendo in questa e-
quazioue il valore di m , il quale è — '■ — , si troverà
2^(BXJ — BQ1) „
p = — zali sen . a .
2
Ora se si ha una forza normale a DC, ed alla stessa DC
proporzionale, si potrà questa decomporre in due altre nor-
mali e proporzionali una ad XD , i' altra ad XG ; e di qui ne
deriva che le pressioni del fluido sopra le due linee DG,CQ
considerate queste pressioni nella direzione parallela all' asse
OB , sono le stesse che sopporterebbe tutta la linea QX; fiat-
T» V * , DA1
tanto è facile vedere che 2jr . p rappresenta la pres-
sione o la spinta del fluido sulla zona circolare descritta da
QC , e sulla fascia descritta DC ; sarà dunque questa pressio-
ne 2aB sen.o; cosi l'aggiunta di quella fascia, o contorno
inclinato dell'angolo o al piano circotare, aumenterà l' effet-
to dell'urto di una vena fluida, e mentre prima la sua mi-
sura era 2«B - essa è ora
2#B -+- 2aB sen. a .
5- 32. Se poi si cercasse quale esser debbe l'angolo 0
onde quell'aumento 2aB sen. © sia massimo, si troverebbe
Tom. XV LI. i3
9& Sul l' urto dei Fluidi.
a ss 900 , ed allora l'effetto dell'urto sarebbe doppio di pri-
ma, e l'urto eguaglierebbe un peso eguale a 4a^ •
5. 0.3. Se la fascia CD non fosse tanto estesa, che l'ac-
qua scappar potesse con direzioni ad essa parallele, allora chia-
mato <p l'angolo fatto dai filetti dell'acqua con la direzione
CD, si avrà — y — — — • = cos . ( (p -+- 90 — «) = sen.(« — <p);
e quindi ragionando come al §. ai , si avrà
a,T(BXa-BQ')
p = — aaB.sen.(o — <p ) .
Sarà pertanto 2«Bseii.(o — (p) l'aumento dell'urto che
porta l'aggiunta di quella fascia, il quale aumento sarà mas-
simo quando o — <p = 90 , il quale risultamento è compagno
a quello ottenuto al §. q ; e quando gli angoli a e <p avran-
no questa relazione tra di loro, l'urto totale su qnel piano
contornato dalla fascia sarà come qui sopra (§. aa), 4#B .
5. a4- Al §• ai noi abbiamo supposto che i due punti
NeQ fig. 6 avessero qualcbe distanza tra loro , ora rifletten-
do a quanto si è detto di poi si vedrà, che di questa condi-
zione non abbiamo tenuto alcun conto, e che essa nulla ha
che fare nel risultamento, così l'intervallo QN può anco ri-
dursi a nulla, e tutto ciò che abbiamo dimostrato è parimen-
te vero; anzi se noi ci figuriamo il piano circolare ed il con-
torno di tali dimensioni che le curve fluide, OND , O'N'D'
fig. 7 non vadano a toccare il piano circolare, ma si ripie-
ghino prima di giungersi, e facciano come ci mostra la figu-
ra, la misura dell'urto sarà anco quella che abbiamo as-
segnata qui sopra; giacché l'acqua contenuta nello spazio
ONDCBC'D'N'O risguardandosi come stagnante, possiamo fin-
gere un piano EF, il quale tocchi quelle curve nei punti N,
N' , e che sia il piano, su del quale si fa l'urto.
In generale qualunque superficie concava di rivoluzione
descritta dalla curva DED' fig. 8, la quale sia urtata da una
vena fluida, il cui asse sia l'asse stesso della superficie urta-
ta, la misura dell'urto non potrà essere mai maggiore di 4*B,
Del Sig. Vincenzo Bruna cor . gg
cioè del quadruplo del peso del cilindro che ha per base l'a-
rea della sezione della vena fluida , e per altezza quella do-
vuta alla velocità .
Infatti se noi poniamo die OND , ON'D' siano le piega-
ture del fluido all'incontro della concava superficie, siccome
l'acqua clie è contenuta entro lo spazio ONDBD'N'O si ris-
guarda come stagnante, così se noi conduciamo un piano EGF,
che tocchi quelle curve nei punti N, N', e se noi supponia-
mo che questo piano circolare sia contornato da una fascia
conica, la quale tocchi la superficie di rivoluzione nel cerchio
descritto dal punto D , nulla con queste supposizioni si can-
gerà nelle ripiegature del fluido, e quindi la misura dell'ur-
to esercitato contro quella superficie di rivoluzione, sarà la
stessa che quella dell'urto sul!' immaginato piano circolare
circondato da quella fascia . Sarà dunque una tal misura quel-
la da noi determinata al §. 2,3, il cui massimo valore è 4flB.
5- 2.5. Il su Molato Sig. Morosi, nella sommaria relazione
che ei fé all'Istituto di Milano delle sperienze sull'urto dei
fluidi ci assicurò di avere potuto per mezzo di contorni po-
sti al piano urtato dall'acqua rendere l'effetto dell'urto due,
tre, quattro, ed anco sei volte maggiore. Ora non sapendosi
come erano disposti i contorni posti dal Sig. Morosi, non sa-
pendosi da qual misura egli partiva , né conoscendosi altri
dettagli delle sperienze, nulla si può dire su di esse; certo
si è, che se la prima misura dell'urto da cui partiva questo
Meccanico , era la misura dell' urto di una vena fluida su di
un piano avente un'area eguale a quella della sezione della
vena urtante , allora essendo una tal misura circa § del peso
del cilindro ( §. 18 ) che ha per base l'area della sezione del-
la vena , e per altezza quella alla velocità dovuta , certo si
è, io dico, che col crescere l'area del piano urtato, e coli'
aggiungerci anco un contorno , si può ridurre quelP urto ad
aver per misura il quadruplo di quel cilindro (§-2,3), ed in
conseguenza ad essere cinque volte ed \ maggiore di quella
prima misura dell'urto; e se quella prima misura fosse stata
ico Sul l' urto dei Fluidi.
quella dell'urto su di un piano anco più piccolo, allora il
peso del quadruplo cilindro a cui si può portare l'urto, po-
teva essere anco sei , otto , e più volte maggiore di quel pri-
mo urto .
5- 26. Comunque però sia la faccenda, è indubitato die
obbligando l'acqua che scappa dopo avere urtato, a ripiegar-
si, in tali ripiegature che si fanno sempre per mezzo di cur-
ve, ella eserciterà una forza centrifuga, la quale potrà ope-
rare in guisa da aggiungere spinta al piano urtato . Io sono
persuaso che se in qualunque delle sperienze del Sig. Morosi,
descritto fosse con esattezza il congegno, e fosse anco fatto in
modo da poterne valutare le dimensioni, allora colle Teoriche
dimostrare si potrebbe l'effetto, in quelle sperienze annunziato.
Queste stesse Teoriche rendono anco ragione dell'aumen-
to dell' urto , che si ottiene facendo che la vena fluida, non
sur una superficie piana, ma sur una concava faccia T impul-
sione , e mostrano l'avvedutezza di quei, che hanno fatto le
ali o palette delle rote concave verso la venuta dell' acqua .
5- 27. Ma nel fare le sperienze sull'urto dei fluidi con-
viene avere avvertenza di non attribuire all'urto, ciò che da
altre circostanze può dipendere; così se la colonna fluida è
verticale, ed il piano è orizzontale conviene {fig. 4 ) valuta-
re il peso di quei ridossi di acqua, che si trovano tanto ne-
gli angoli C, C, quanto attorno del centro B, come pure il
peso di quell'acqua, che è in moto, entro quella specie di
cassetta , che formano i piani HG , H'G' , giacché per essere
essa in moto non cessa già di essere pesante , ed aggravare
la bilancia, colla cpiale si misura l'urto. La somma poi di
questi pesi si ha da sottrarre dal peso totale , che la detta
bilancia avrà dato per misura dell' urto . La stessa avverten-
za si ha da avere quando sia orizzontale la direzione dell'ur-
to , e verticale il piano GC , almeno per quella porzione di
acqua, la quale può esser trattenuta dai contorni nella parte
inferiore . Ma è facile prescrivere così in generale queste av-
vertenze , difficilissimo nell' atto pratico ad esegni re quanto
esse richiedono .
Del Sic Vincenzo Brunici. ioi
AGGIUNTA.
Al §• a abbiamo ritrovato che la pressione, la quale per
cagione della forza centrifuga si fa su ciascun punto p (fig. i )
della curva MN, è — b : Ora potendosi fare alcune difficoltà
alla dottrina, che ha condotto a quella misura, ho cercato
di ottenerla per un'altra via.
Non accelerandosi né ritardandosi la vena fluida nella pie-
gatura , cui l'obbliga l'angolo ABG {fig. 9), il primo filetto
acqueo descriverà la curva MN, e gli altri filetti descriveran-
no delle curve a lui parallele, di modo che l'ultimo descri-
verà una curva E^F parallela ad MN, e distante da essa del-
la quantità b , se b indica, come si disse, la larghezza della
vena piana . Ogni filetto acqueo conserverà nella piegatura la
velocità che aveva prima? dal che ne conseguita, che per
tutto Io spazio della piegatura, le particelle come p, a, q che
si ritrovano insieme in una sezione pq, non si trovano più
unite tra loro in una qualunque sezione successiva , giacché
a misura che esse sono vicine a q hanno una maggior velo-
cità rotatoria .
Ora tutte le particelle, che si trovano nella sezione/?^,
avendo diversa celerità di rotazione , aver debbono diversa
forza centrifuga, e la pressione che si esercita sul punto/?,
si ha da ricavare dalle diverse forze centrifughe di cui sono
dotate le particelle acquee componenti la linea pq .
Siano ora LP , PQ i due assi ortogonali ai quali si rife-
riscono le curve. Siano le coordinate PR = x \ R/?=j. Sia
ef\a. curva descritta da un filetto acqueo qualunque . Sia PS=f,
Sa = u; essendo ef una curva parallela ad MN, se facciamo
la distanza ap-=z sarà
m
t — x^-z—- 7-7-TT-; u=y-
]/\-*(m ' iTRiri
T^a Sul l urto pei Fluidi.
avremo poi essendo z costante rispetto ad a ,
_(d>y\/djr\
al differenziale dell' y ho dato il segno negativo, perchè /
scema quando x cresce .
Ora il raggio di curvatura della curva ef nel punto a,
se lo rappresentiamo con R, è
< \dx I \dx / ) . . „ ir
; se dunque in questa rormola lac-
R =
ciamo
si avrà
ldt\ (d*u\ (du\ ld*t \
\dx)\dx*) \dx/\dx')
\dx'l \dx>)\dxf \<f//Uv'
\ dx* I \dx*ì
ma —
è l'espressione del raggio di curvatura nel
punto p , dunque, se questo raggio è indicato con r , sarà
R = r — z .
Condotte nei punti M , N le perpendicolari MM' , NN'
l'arco mn della curva ef compreso tra quelle perpendicolari,
sarà (*) m« = MN — zA essendo A l'arco, che misura l'an-
golo fatto dalle normali MM' , NN' e descritto col raggio i .
Sia dz la grossezza della molecola acquea la quale si tro-
(*) Si veda una Memoria del Signor
Bordoni inserita nel Tomo XVI degli
atti della Società Italiana , nella quale
la dottrina delle curve delle superficj
parallele è compiutamente trattata .
>C. < ?fr/' - y^tn. XKZZss
/.',/■ l/. S £"2,
. >
Sa?» ■
m
'.,,/.■■ tbaTtemàfica
' ■ < ?*
-• < T/ìr' < '■;/, Xl~// '.-.r./.StSZ
F.2.
F.4
E
1?J.
E
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F.o.
1
0
\p
/
T
■ ■■■/-
R
^_
oc
C 9 N
.,r. <■>.
B
Del Sic. Vincenzo Bkunacci . io3
va in a, e sarà dz la pressione che questa molecola eser-
citar debbe a causa della forza centrifuga : ora la pressione
su tutti i punti dell'arco MN dovendo essere la stessa, ed
in ciascun punto p questa pressione non potendo essere che
una funzione dei raggi osculatori delle molecole che si trova-
no tra p e q, cioè una funzione di r, dovrà questa funzione
essere una quantità costante per tutti i punti tra M ed N ;
sarà dunque r costante, ed MN in conseguenza un arco di
cerchio . La somma allora di tutte le pressioni nate dalle for-
ze centrifughe delle molecole contenute nel filetto fluido nifi
sarà (MN — zA)-^-dz, cioè MN . — -+-2,aA{ i —] dz ,
r — z r—z l r— z )
ed integrando rispetto a z, avremo la somma di tutte le pres-
sioni , che nascono da tutte le forze centrifughe delle parti-
celle acquee comprese nello spazio MNN'M', e perpendicola-
ri queste pressioni all'arco MN , e questa somma indicata per
S sarà
S = — MN . 2«log.( r — z ) -+- 2,akz -+- zaAr log.(r — z) + C .
Determiniamo la costante per modo che z = o dia S = o, e
poscia estendendo l'integrale sino a z = b, sarà
S = — MN .o.a log.(r — b)-t-2.a . Ab-t- 2.aAr\og.{r — b) :
Ora essendo Ar=MN, si avrà
S = MN j — za log. {r — *)-+."* -*..aa log. (r— b)\
S = MN.— b. La pressione infine su di un qualunque punto
p dell'arco MN, sarà = — b come trovammo al Q. 2.
MN t J
104
SOPRA L'EQUAZIONI PRIMITIVE CHE SODDISFANNO
ALL'EQUAZIONI DIFFERENZIALI TRA TRE 0 UN PIÙ'
GRAN NUMERO DI VARIABILI .
RIFLESSIONI
Del Signor Pietro Paoli.
Ricevuta li a5 Agosto 1814.
i
grandi geometri del nostro secolo hanno portata al più al-
to grado di perfezione la teoria delle soluzioni particolari dell'
equazioni differenziali tra due variabili. Ma allorché l'equa-
zioni differenziali contengono tre o un maggior numero di va-
riabili, s'ignorano in generale i mezzi di rintracciare le loro
soluzioni particolari . Eppure sarebbe importantissimo di po-
terla scuoprire, perchè quando l'equazioni differenziali non
soddisfanno alle condizioni d'integrabilità, queste soluzioni
particolari sono le sole che possano verificare l'equazioni da-
te, se pure non si faccia qualche ipotesi per diminuire il nu-
mero delle variabili indipendenti. Si deve però osservare, che
il Sig. Conte Laplace nelle sue eccellenti ricerche sopra le
soluzioni particolari pubblicate nell'anno 1772, diede le rego-
le necessarie per determinare in tutti i casi le soluzioni par-
ticolari dell' equazioni differenziali del prim' ordine tra tre va-
riabili . A ciò si riduce tutto quello che fin qui si conosce,
e niuno, ch'io sappia, ha procurato di estendere le medesi-
me regole all' equazioni degli ordini superiori . Dopo molti
inutili tentativi per vincere le difficoltà, che presenta la ri-
soluzione del problema , son giunto finalmente a dedurre dai
primi principj della teoria delle funzioni un metodo generale
per trovar le soluzioni particolari dell'equazioni differenziali
di tutti gli ordini tra un numero qualunque di variabili, o
più
Del Sic. Pietro P.,oi.i . io5
più generalmente per determinare tutte l'equazioni primitive
senza differenziali , non esclusa la primitiva completa quando
può aver luogo, le quali soddisfanno aiPequazioni differen-
ziali date. Un tal metodo forma l'oggetto di questa memo-
ria; ma prima di esporlo comincierò dal fare alcune riflessio-
ni sopra l'equazioni differenziali del prim' ordine, le quali
non soddisfanno alle condizioni d'integrabilità, affine di ben
distinguere la natura delle diverse specie di soluzioni, e la
loro dipendenza da quel sistema composto di più equazioni
simultanee, che dal Sig. Conte Monge vien chiamato l'inte-
grale completo di questa sorta di equazioni differenziali .
i. È noto che l'equazione differenziale tra tre variabili
0_ te te
" te p q te '
la quale non soddisfa alla condizione d' integrabilità, non ha
equazione primitiva completa, finché si riguardano le varia-
bili x ed y come tra loro indipendenti, e la z come funzio-
ne di x ed y . Ma se si suppone una relazione qualunque tra
x ed j, si potrà soddisfare alla proposta in infiniti modi, ed
il sistema formato da due equazioni, che gli comprende tut-
ti, si chiama il suo integrale completo. I! Sig. Monge ed io
abbiamo dati varj metodi per la ricerca di questo integrale
completo richiamandola all'integrazione dell'equazioni tra due
sole variabili : tutti questi metodi possono ridursi al se^uen-
te . Supponghiamo y costante, e sia M il fattore che in que-
sta ipotesi rende esatta la differenziale I — p I \x , in
do che sia f^l~ P ) o\x = N ; ed avremo per una dell'
equazioni integrali della proposta
o = Nh-F.j,
ove F .y è una funzione arbitraria di y , perchè y è stata sup-
posta costante. Per trovare la seconda equazione, che insie-
me con la prima soddisfa alla proposta, prendiamo il diffe-
renziale della prima facendo variare x ed j, ed avremo
Tom. XVII. ,4
mo-
io6 Sopra l'Equazioni Primitive ec.
te r M L V fcy f te J te
la qual equazione paragonata con la proposta ci darà
\ te / te 1
Dunque l'integrale cercato sarà rappresentato dalle due equa-
zioni simultanee
o = N -+-F ./
Se da queste due equazioni si elimina s, si otterrà una
equazione tra ar, j, F.jy, e , la quale si potrà prende-
re in luogo di una delle due equazioni integrali, per esem-
pio della seconda . La variabile x non potrà mai mancare nel-
la equazione proveniente dalla eliminazione, perchè altrimen-
ti questa ci darebbe il valore di F._y, e questo valore es-
sendo determinato da una equazione differenziale conterrebbe
una costante arbitraria. Sostituendo il valore di F . y la pri-
ma equazione sarebbe la primitiva completa della proposta,
lo che è contro la nostra ipotesi , perchè abbiamo supposto
che la condizione d'integrabilità non sia soddisfatta, e per
conseguenza che la proposta non possa avere un integrale
completo rappresentato da una sola equazione .
Invece di y si potrebbe egualmente supporre x costante, e
P essendo il fattore che rende esatta la differenziale I- <7j9\JK:>
e Q = / P (— ^K/, si avrebbe il medesimo integrale
completo della proposta espresso sotto un'altra forma dal si-
stema delle due equazioni simultanee
o = Q-*-f. x
\tet te r
a. Quantunque l'equazione, che risulta dall'eliminazio-
ne di z dalle due equazioni (a), debba in generale contenere
Del Sic. Pietro Paoli. 107
x ed y.j contuttociò può accadere che dandosi un valore con-
veniente alla funzione F.j essa sia verificata indipendente-
mente da x, in modo che i termini che contengono x e quei
che non la contengono si annullino separatamente . In que-
sto caso sostituendo il valore trovato di F .7 le due equazio-
ni (a) si ridurranno ad una sola, ed avremo un integrale del-
la proposta espresso da una sola equazione , ma questa non
conterrà costante arbitraria , perchè per ipotesi la proposta
non ammette un integrale di questa forma .
Sia data per esempio l' equazione
0= |L_ ,_!/(*_* _7)_(l-HX_ar)|l
0\x (TV*
la quale non soddisfa alla condizione d'integrabilità. Suppo-
sta y costante la differenziale/— 1 — \/z — x — j|3\xdi-
venta esatta essendo moltiplicata per , ed il suo
integrale è ai/(z — x—y) — x. Abbiamo adunque M= ,
N = 2|//(z — x — y) — x, e l'integrale completo è dato dalle
due equazioni simultanee
o = 2,[/( z — x — y ) — x -+- F . y
o = [/( z — x — / ) . — x -+- 2/ .
Eliminandone z avremo l'equazione
a p
O = ( X — F . / ) -j ax -+- 4/ •
Se la ponghiamo sotto la forma
è evidente che possiamo farne sparire la x ponendo = 2,,
cioè F.j = 2y-+-c, e che il medesimo valore soddisfa al ri-
manente dell'equazione purché si prenda la costante arbitra-
ria e = 0 . Dunque facendo F./ = ay, le due equazioni in-
tegrali si riducono alla medesima equazione
io8 Sopra l'Equazioni Primitive ec.
o = -2i/( z — x — y ) — x •+- -2/ ,
e perciò esiste un integrale particolare espresso da una sola
equazione, il quale soddisfa alla proposta, e questo integra-
le particolare è compreso nell'integrale completo, e se ne
deduce dando i! valore determinato a/ alla funzione arbitra-
ria F . y .
3. L'equazione differenziale
te P"q te
non ha una equazione primitiva completa, quando la condi-
zione
non è identica indipendentemente da una relazione qualun-
que tra le variabili x, y e z. Ma se non essendo identica,
soddisfa però all'equazione differenziale, in questo caso ne è
un integrale ma particolare, perchè non ha costante arbitra-
ria, o piuttosto non ne è propriamente che una soluzione
particolare , perchè la proposta non ha equazione primitiva
completa. Nell'esempio precedente la condizione d'integra-
bilità diventa
[a,]/{z — x —y ) — x -+- ay ] ,
2\/(z — x—y)
e ci dà quella medesima relazione, che abbiamo trovato es-
ser compresa nell'integrale completo formato da due equa-
zioni. Lo stesso accade in molti altri casi, e ci fa conoscere
l'origine di queste relazioni particolari, e la loro dipenden-
za dall'integrale completo. Perchè abbiamo veduto che esse
hanno luogo , quando per un conveniente valor determinato
della funzione arbitraria le due equazioni integrali si riduco-
no ad una sola , cioè quando divengono affatto simili .
4- Accade contuttociò qualche volta , che la condizione
d'integrabilità dia una relazione soddisfeciente all'equazione
differenziale, che non sia compresa nel suo integrale comple-
to . Così per l' equazione
Del Sig . Pietro Paoli . i og
la condizione d'integrabilità
o = - \V [z* — x* — y*)
yz v
ci dà la relazione z3 — x1 — /2 = o, la quale verifica la pro-
posta. Se adesso cerchiamo l'integrale completo, lo trovere-
mo espresso dalle due equazioni simultanee
o = 3 J/^( a2 — xa —y% Y — x* -+- aF . y
e si vede facilmente che non è possibile di dare un valore
determinato alla funzione F./, in modo che le due equazio-
ni integrali si riducano ad una sola . Dunque la soluzione
2* — .ra — y% = o annunziata dalla condizione d'integrabilità
non è compresa nell'integrale completo.
Se integrando la proposta in luogo di y si supponesse x
costante , si avrebbe il medesimo integrale espresso in altro
modo dalle due equazioni
o = z2 — x% -+- y%f . x
le quali posta f.x = — 1 si riducono all'equazione unica
za — x2 — y2=c annunziata dalla condizione d'integrabilità.
Sembra dunque che l'integrale (b) sia più generale dell'integra-
le (a), in quanto il primo contiene la soluzione za — xz — jKa=o,
che non è compresa nel secondo . Ma si potrà dedurre la me-
desima soluzione anche dall'integrale (a) col seguente ragio-
namento .
L'equazione
o = -^l _*['-♦- t>(zJ-*a-y')]
nella ipotesi di y costante ha per integrale completo
o = 3 \//r{ z* — x2 — 7a )% — x* ■+- 2F .7
ove F.y rappresenta la costante arbitraria. Siccome l'equa-
iio Sopra l'Equazioni Primitive ec.
zione z* — xa — j2 = o non è compresa nell'integrale comple-
to, qualunque valore si dia a F.j, e contuttociò soddisfa
all'equazione differenziale, converrà che ne sia una soluzio-
ne particolare, e questa si troverà, com'è noto, differenzian-
do l'integrale per rapporto a z ed a F./, ed eguagliando a
zero il valore di — — , che se ne ricava . Infatti abbiamo — —
¥
5. Tuo ancora succedere che la relazione data dalla con-
dizione d'integrabilità non sia contenuta né nell'una né nel-
l'altra forma dell'integrale completo. Sia data per esempio
l'equazione
%" Sk V
per la quale la condizione d' integrabilità annunzia la soluzio-
ne z — ax-t-3/ = o. L'integrale completo della proposta sarà
rappresentato dal sistema dell'equazioni
o = 2, [/( z — 2,x •+■ oy ) — xy -+- F . y
o = [/ { z — 2.X -+- 3j ) I — x •+■ xy£f ( £ — 2,x -+• 3/ ) I
L b\X J
oppure da quello delle seguenti
e = 8 j/( z — 2.t-i-3/) — xy3 -4-f . x
o = i/(z — 2,x-*-3y)\zy-i-L^-— Y*\{y(z— nx-+-3y) I
ina né l'uno né l'altro contiene l'equazione z — ax-+-3y=:o.
Bisognerà dunque dedurra da ciascuno degl'integrali col me-
todo che Lagrange ha insegnato per trovare le soluzioni par-
ti
ticolari : cioè eguagliare a zero il valore di — — ricavato dal
' ° ° &F
a,
primo , o quello di — - ricavato dal secondo .
6. Euler pensava che l'equazioni differenziali tra più va-
riabili , le quali non hanno una equazione primitiva comple-
ta, non potessero esser verificate che dalle sole relazioni da-
Del Sig. Pietro Paoli . 1 1 i
te dalle condizioni d'integrabilità. Il Sig. Laplace nelle sue
ricerche sulle soluzioni particolari pubblicate tra le Memorie
dell'Accademia delle Scienze di Parigi dell'anno 1772, dimo-
strò che questa regola non era generale coli' esempio dell'e-
quazione
0=^-1 -^{z-x-yly^a^z.x.yyb^z.x-yM , ^(z-x-y)] . g
alla quale soddisfa l'equazione z — x — y = o, quantunque la
condizione d' integrabilità non ne dia alcuno indizio . Quando
questo caso ha luogo, ciascuna delle forme dell'integrale com-
pleto non conterrà la soluzione soddisfacente, ma bisognerà
dedurla da esse in forma di soluzione particolare, come di-
mostreremo in seguito . Intanto per darne un esempio ripi-
gliamo l'equazione del Sig. Laplace
ove per più semplicità ho posto (X in luogo di z — x — y.
L'integrale completo di questa equazione sarà rappresentato
dall'uno o dall'altro dei sistemi seguenti
r &»
o = / - — — - — ; —s — 7 — x -+■ F . y
{ o = JlJL — xy -+-f . x
Niuno di questi sistemi comprende come integrale particola-
re l'equazione ^ = 0, che si deduce però dal primo median-
te l'equazione — ^- = 0, o dal secondo per mezzo della equa-
/ione -^— = o .
7. Vediamo adesso da che dipenda, che l'equazioni pri-
mitive soddisfacenti all'equazione differenziale o = -^-—p—q—?-
ila Sopra l'Equazioni Primitive ec.
alcune volte siano comprese nelP integrale completo formato
da due equazioni, e prendano perciò il carattere d'integrale
particolare, altre volte non vi siano contenute e si presenti-
no sotto l'aspetto di soluzioni particolari. Se fi = o ove fi è
una funzione data di x, y e z soddisfa all'equazione o = —
— p — q — , soddisferà ancora all'equazione o = '- p nella
ipotesi di y costante . Ora in questo caso ha dimostrato il Sig.
Laplace nella Memoria citata, die ponendo in luogo di z il
suo valore in x „ y e fi nell'equazione o = psi può tra-
sformar questa nella seguente o = - hfin, ove h è una fun-
zione di x , y e fi che non diventa né zero né infinita quan-
do vi si fa fi = o , n un numero positivo, e precisamente
«= o > i se fi = o è un integrale particolare dell'equazione
o = -r— — p, «■< i se n'è una soluzione particolare. L'equazio-
ne fi = o soddisfarà ancora nella ipotesi di x costante all'equa-
zione <> = ,-— ■ — q, che potrà egualmente ridursi alla forma
o __ 3^ — h'fi"\ ove lì ed ri sono astrette alle medesime con-
dizioni di h ed n . Pertanto riunendo le due equazioni par-
ziali precedenti, quando si fa insieme variare x ed y, si po-
tra sempre trasformar la proposta o=- p — q — nella se-
euente o = - hun — han . — .
Ora se ciascuno dei numeri n ed ri è uguale o maggio-
re dell'unità, l'equazione fi = o sarà un integrale particola-
ri 3\Z
re dell'equazioni o = - p, o==- q, e si potrà dedur-
re dalle loro equazioni primitive complete, quando si darà un
Valore determinato conveniente alle funzioni F./ ef.x; dun-
que la soluzione fi = o sarà compresa in ciascuna delle due
forme
Del Sic Pietro Paoli. ii3
forme (a) e (b) dell'integrale completo . Se n è uguale o mag-
gior dell'unità, ma n' < i , la soluzione (jl = o sarà un inte-
si-
graie particolare di 0 = *- p , ed una soluzione particolare
4Z
di o = — — q ; perciò essa sarà contenuta nella forma (a) ma
non nella forma (b) . Finalmente se n ed ri sono ambedue
<iz az
<i, (jlz=zo sarà soluzione particolare di o=- p, e o=^- — q,
e non sarà compresa né nell'una né nell'altra forma dell'in-
tegrale completo. Quest'ultimo caso avrà sempre luogo, quan-
do l'equazione ,u=:o non è data dalla condizione d'integra-
bilità. Poiché il Sig. Laplace ha dimostrato che la condizio-
ne d'integrabilità comprenderà sempre la soluzione (i — o
quando ciascuno dei due numeri n ed «' è = o > 1 ; ma col
medesimo ragionamento si può provare, che affinchè ciò suc-
ceda basta che la somma dei due numeri n ed ri' sia mastio-
re dell'unità . Per conseguenza quando l'equazione (i = o non
sarà annunziata dalla condizione d'integrabilità, bisognerà che
ciascuno dei due numeri ìl ed rC sia < 1 , e saremo perciò
nell'ultimo dei casi contemplati.
Non è però necessario che si conosca l'integrale comple-
to composto di due equazioni per trovare le relazioni singo-
lari, che sole soddisfanno alla proposta o = p — q — f
poiché dalle riflessioni precedenti apparisce, che quest'equa-
zioni singolari saranno per lo più comprese in quella, che
rappresenta la condizione d'integrabilità, e se mai n'esiste
alcuna che non vi sia contenuta, questa sarà soluzione par-
az az
ticolare di ciascuna dell'equazioni o=-r-- — P, 0 = n.
ove y ed x sono respettivamente riguardate come costanti , e
potremo ottenerla cercando con i metodi conosciuti le solu-
zioni particolari, che sono comuni a quelle due equazioni.
8. Passiamo all'equazione tra quattro variabili
Tom. XVII. i5
n4 Sopra l'Equazioni Pkimitive ec.
te * x te te
la quale non soddisfaccia a tutte o ad alcuna delle tre note
condizioni d'integrabilità . Supponendo /ed « costanti sia M
il fattore che rende esatta la differenziale [ — p J ^x , e
sia /k / ^i- —p \ %x = N ; avremo
o = N -+- F(/, u)
per una dell'equazioni integrali della proposta. Affine di tro-
var le altre che devono aver luogo insieme con essa , pren-
diamone il differenziale facendo variare x, y, ed u , ed ot-
terremo
o = *!_«.+- -lY^WMYI a^jT/^ , /MYI k
te 1 M|AW W/J'te mLU"/ vWJ te
ed il paragone di questa con la proposta ci darà
\ te I V te /
Pertanto l'integrale completo della proposta sarà rappresen-
tato dal sistema delle tre equazioni simultanee
o = N + F(/,h)
\ te f \ te )
Il Sig. Monge nel suo supplemento all'Analisi pubblica-
to tra le Memorie dell'accademia delle Scienze di Parigi del-
l'anno 1784 pensava, che ad eccezione di alcuni casi parti-
colari tre equazioni fossero necessarie per rappresentare in
generale l'integrale completo dell'equazione tra quattro va-
riabih c=— v — ri— r — — . Io osservai nel sesto vo-
te te te
lume delie Memorie della Società Italiana delle Scienze, che
Del Sic. Pietro Paoli . nS
sì poteva in tutti i casi ridurre l'equazioni (e) a due sole li-
mitando convenientemente la generalità della funzione F(j, u).
Infatti se si eliminano dall'equazioni (e) le variabili x e z,
si giungerà ad una equazione a differenze parziali tra y , u e
F(/,«), la quale potrà tener luogo di una qualunque dell'
equazioni (e) . Integrando questa equazione a differenze par-
ziali avremo il valore di F (/,«), il quale sostituito nell'e-
quazioni (e) le ridurrà a due sole , perchè due di esse com-
porteranno la terza , o sia la terza non sarà che una combi-
nazione delle altre due .
Sia data per esempio l'equazione
o=— -i-z-*-x-*-2,y-i-3u-[2.-*-x(z-x-2,y-duy].— -[3-*-y(z-x-2.y-3u)].— .
Integrandola nella ipotesi di y ed u costanti abbiamo
o =s e~x (z — x — 2/ — 3u ) -+- F (y , u ) ,
e essendo il numero che ha per logaritmo iperbolico l'unità.
Prendiamo il differenziale dell' equazione trovata facendo va-
riar tutto, e paragonandolo con la proposta avremo le altre
due equazioni
o = ex[ — ) ■+• x ( z — x — 2,y — Su )2
o = exl -2— J -+- y ( z — x — 2,y — 3u ) .
Per diminuirne il numero eliminiamo z dalla prima e dalla
terza, con che sparirà anche la x, e giungeremo all'equazio-
ne a differenze parziali I 1 — yF (j, u) = o , la quale in-
tegrata ci dà F(/, u) = eyu(p .y . Dopo la sostituzione di que-
sto valore l'integrale completo della proposta sarà rappresen-
tato dalle due equazioni simultanee
0=2 — x — a/ — Su-¥- ex*~yu .<p .y
o = x ( z — x — %y — Su Y -+■ e*-**»! utpy ■+- — 1 .
In luogo di una di esse si può prendere la seguente
o = xex+*u. $~y -+- wpy-ì- — ,
Jjf» Sopra l'Equazioni Primitive ec.
e questa diventa identica se si fa <j5 . y = o ; dunqne la sola
equazione o = z — x — 2/ — 3?/ soddisfa alla proposta, e ne è
integrale particolare .
9. Potremmo con un ragionamento simile a quello usato
al n.° 7 distinguere i diversi casi, nei quali queste speciali
relazioni contenute in una sola equazione e soddisfacenti al-
la proposta sono comprese nell'integrale completo composto
di due equazioni, come integrali particolari, o se ne deduco-
no a guisa di soluzioni particolari . Piuttosto indicheremo il
modo di ritrovare tali singolari relazioni, quando l'integrale
completo non è conosciuto, lo che forma l'oggetto principa-
le di queste ricerche. Sia dunque ft = o una speciale relazio-
ne, che soddisfaccia all'equazione 0 = — n — a -^ — r—^- ,
essa soddisfarà ancora all'equazione c= — p allorché y ed
u si riguarderanno come costanti , e perciò questa equazione
sostituitovi il valore di z in x, y, u e {i si ridurrà alla forma
0 = k", ove n è un numero positivo, ed h una tal
funzione di x, y, u e (i, che non divenga né zero né infi-
nita quando ^ = 0. Così l'equazioni 0 = q, O: —
ove si suppongono respettivamente 1 ed u, x ed y costanti,
ed alle quali in queste ipotesi soddisfa l'equazione ^=0, si can-
geran no nelle seguenti o=— h'fjLn' , o = ~ h"{j,n" . Dun-
quo riunendo queste parziali equazioni potremo mettere la
proposta sotto la forma o = ìf- — hun — h'^'.^- — h"(in".^.
Le condizioni d'integrabilità per questa equazione o sia
per la proposta sono, com'è noto, le seguenti:
^,w^-viv|)-,,|)].,(|)-,f)
Del Sic. Pietro Paoli. uy
M,-#J^-:^t,(^)^tl)Hf)-,(l)
Ora se la somma di due qualunque dei numeri n, ri, n" sa-
rà maggiore dell'unità, queste tre equazioni saranno soddis-
fatte da [i — o. Infatti le quantità h, ti, ti' svolte in una
serie ascendente per le potenze di y, avranno la forma
h = H -4- Hy -i- H>" -+- ec.
ove H, H' , ec. sono funzioni di x,y ed u, e gli esponenti
i , /' , ec. tutti positivi e crescenti. Onde apparisce che tan-
to le quantità h , ti , h" , quanto i loro differenziali presi pet-
i-apporto ad x,y ed u non diventano infiniti quando ^i = o,
e quindi i termini http*-*-*1— *, ("^") ^*» ("|" j ***» ed i cor"
rispondenti nelle altre equazioni si annulleranno allorché £i=o.
Ma il termine per esempio (-— ) potrà nel medesimo caso di-
venire infinito se j< i , perchè riescirà moltiplicato per (l*~*9
ove l'esponente i — i è negativo; contuttociò il prodotto di
i — -I per n"-*"' conterrà la potenza yJn-*-n'-*-'—t , ove l'esponen-
te sarà positivo a motivo di n -+- ti > i . Pertanto anche il
termine ^n-*_ni hi — -I — ti l II, ed i corrispondenti nelle
altre equazioni svaniranno nel caso di (i = o , e le tre con-
dizioni d'integrabilità si uniranno tutte ad indicarci la solu-
zione (i = o .
Quando adunque la proposta ammetterà una soluzione
particolare (i = o , la quale non venga indicata dalle condi-
zioni d'integrabilità, bisognerà che la somma di due dei nu-
meri n, ti, n" sia eguale o minore dell'unità, e tanto più
ciascuno di essi <i . Perciò l'equazione (i = o sarà una soluzio-
ne particolare di due dell'equazioni o == — />,o = - q,
© = — r, e questa si troverà se con i metodi conosciuti
i i8 Sopra l'Equazioni Primitive ec.
si ricercheranno le soluzioni particolari, che sono comuni a
due di tali equazioni, e soddisfanno alla terza.
io. In generale data l' equazione tra un numero qualun-
que di variabili
0==|i_A-B^-C^-D|i-ec.
la quale non ammetta una equazione primitiva coaipleta, sic-
come l'equazioni esprimenti le condizioni d'integrabnità man-
tengono sempre una forma simile a quelle contemplate nel
numero antecedente, se ne potranno dedurre conseguenze a-
naloghe . Quindi le soluzioni particolari o ci verranno indica-
te dalle condizioni tutte d'integrabilità, o potranno ritrovarsi
tra le soluzioni particolari di due dell'equazioni o = A,
9\x
e = — — B,o = -^ — G,o = -^- — D, ec; in modo che la
loro ricerca si ridurrà sempre a quella delle soluzioni parti-
colari dell'equazioni tra due sole variabili.
ii. Fin qui abbiamo parlato dell'equazioni, le quali non
soddisfanno alle condizioni d'integrabilità; diciamo ancora una
parola di quelle, che ammettono una equazione primitiva com-
pleta . Sia
te F 1 &*
una tale equazione: io comincio dall' osservare che si può giun-
gere alla di lei primitiva completa nel modo seguente. S'in-
tegri l'equazione o = — ■ p, ove y è supposta costante;
0\x
l'integrale conterrà una funzione arbitraria di y, e potrà es-
ser rappresentato dall'equazione F(iJ,/,s,^./) = o: s'in-
tegri pure 1 equazione o =— qv ove x si suppone costan-
te , e P integrale ne sia espresso da f(x,y3z3ip.x) — o:
adesso si diano i valori i più generali alle funzioni <p .y e ip .x,
«on i quali le due equazioni trovate si riducono alla mede-
Del Sic. Pietro Paoli. iiq
sima , e questa equazione unica sarà la primitiva completa
della proposta . Ciò posto se /i = oè un integrale particolare
di ambedue l'equazioni o = p , e o= — q , dando
dei valori determinati alle funzioni <p . y e ipx le due equa-
zioni F(x,y,z,(j).y) = o,f(x,y,z,ip.x)=:osi ridurran-
no alla medesima p = o , e perciò questi valori determinati
saranno compresi in quei più generali, i quali somministrano
la primitiva completa. Dunque ^i = o sarà un caso particola-
re dell'equazione primitiva completa, cioè sarà un integrale
particolare della proposta . Viceversa se fi = o è una soluzio-
ne particolare della proposta, non potrà essere integrale par-
Xz Xz
ticolare di ambedue l'equazioni o = — p, o = — - — q, ma
dovrà essere soluzione particolare di una almeno di esse. Dun-
que cercando con le regole note le soluzioni particolari di que-
ste, che sono tra due sole variabili, troveremo le soluzioni
particolari della proposta . E facile estendere il medesimo ra-
gionamento all'equazioni del prim' ordine tra un numero qua-
lunque di variabili .
Le riflessioni precedenti mentre rendono evidente la con-
nessione e dipendenza, che esiste tra l'equazioni primiti-
ve singolari dell'equazioni differenziali del prim' ordine non
soddisfacienti alle condizioni d'integrabilità, ed il loro inte-
grale completo espresso in due o più equazioni, nel medesi-
mo tempo ci somministrano il modo di ritrovare tutte quest'
equazioni singolari . Sot+o questo punto di vista esse non pre-
sentano nulla di nuovo, poiché il Sig. Laplace ha già inse-
gnato a trovare in qualunque caso le soluzioni particolari del-
la equazione o = — - p — q -^— . E quantunque egìi non ab-
bia estesi i suoi ragionamenti all'equazioni, che contengono
più di tre variabili, l'applicazione n'è così ovvia, che a lui
deve attribuirsi tutto il merito di questa ricerca . Ma quan-
do si passa a cercare le soluzioni particolari dell' equazioni
120 Sopra l'Equazioni Primitive ec.
del second' ordine, sulle quali fino ad ora non è stato scrit-
to da alcuno, il problema diventa assai più difficile a motivo
del numero e della forma differente delle condizioni d'inte-
grabilità, che bisogna discutere nel caso in cui la proposta
non ammette una primitiva completa. Affine di non smarrir-
mi in mezzo a queste difficoltà, prenderò un'altra strada, la
quale si applica ancora al ritrovamento della equazione pri-
mitiva completa, qualora essa può aver luogo. Intraprendo
tanto più volentieri a far qualche tentativo in questa nuova
carriera, in quanto che nei differenti trattati di calcolo in-
tegrale non si trova alcuna regola per l'integrazione dell'e-
quazioni differenziali tra tre o più variabili al di là del prim'
ordine . Del resto io devo avvertire che riguardo in ogni caso
il problema come risoluto, quando è ridotto alle sole difficol-
ta , che sono proprie dell'equazioni tra due sole variabili. Ma
prima di entrare in materia conviene che io rammenti alcu-
ni prìncipj della teoria delle funzioni .
ì-2. Data tra le variabili x-, y e z una equazione qualun-
que ¥ (x , y , z) = o, segue dalla teoria delle funzioni, che
avranno luogo insieme con essa l'equazioni derivate del prim'
ordine
(a) ° " ***'' "*" ***"' ™*'
°=(£ MS )(£)
e qualunque combinazione, che si faccia di esse e della pro-
posta .
Dall'equazioni derivate del prim' ordine si deducono le
seguenti del secondo
le
&•* i
Del Sic . Pietro Paoli . 12;
le quali sussisteranno insieme con la proposta, come pure avrà
luogo qualunque combinazione, che si formi della proposta e
dell'equazioni (a) e (b) . E così in seguito.
i3. Se nel prendere le funzioni derivate dai termini del-
la equazione data non si riguardano le variabili x ed y come
indipendenti, ma si suppone die y sia funzione di x, si giun-
gerà in questa ipotesi all'equazione derivata
(a) 0-(w + {TF)te+\-&)*r*
Questa è ciò che si chiama una equazione differenziale ordi-
naria o totale, mentre quelle, che abbiamo considerate nel
numero precedente, sono equazioni a differenze parziali. Ora
io dico che questa equazione (a) sussisterà anch' essa nel me-
desimo tempo che la proposta, qualunque sia il valore della
funzione — , cioè qualunque funzione di x si supponga la 7.
Infatti, poiché z è funzione di x eày, ed y è riguardata co-
me funzione di x, abbiamo r1 = | — | -f- | — ) ^; sostitui-
te \teì Vfcr/.V
to il qual valore l'equazione (a') diventa
H2MS)(£M(2W2)(£)]-S.
e si vede chiaramente che a motivo dell'equazioni (a) essa
ha luogo indipendentemente dal valore della funzione -^- .
te
Sarà lo stesso di una combinazione qualunque, che si for-
masse della proposta e dell'equazione (a').
Dalla equazione (a') si passa nella medesima ipotesi all'
equazione differenziale del second' ordine
(ly) U*a/ Vfo&r/&* \tetefte UWv-1
\ fotel te 'te \&y) te* \te*j j^ \ te J fa*
la quale ha egualmente la proprietà di sussistere nel mede-
simo tempo che la proposta. Poiché —~(Kl\^.2(_Kl.\
te' \te>! \tetoJ
Tom. XVII. 16
1:22 Sopiia l'Equazioni Primitive ec.
&- ■+■ 1^) — -+- (—) — , e sostituendo questo valore e
4-
quello di ^- l'equazione (1>') si cangia in
"""nlva^J/ tew te/ V SrP/ te/ v i^7/ te/ te/ v W UwJ ' *$
Hi£M£)te)]-g . !
ed è visibile che a motivo dell'equazioni (a) e (li) essa ha
liio^o indipendentemente dai valori delle funzioni — - e — — .
Lo stesso accaderà di una combinazione qualunque, che si
formasse della proposta e dell'equazioni (a') e (b')> E si po-
trà applicare un ragionamento simile all'equazioni differen-
ziali del terz' ordine e dei seguenti.
i4- Dal modo, con cui abbiamo dimostrate le proposizio-
ni enunciate nel numero precedente, si deducono conseguen-
ze importantissime per l'oggetto, che abbiamo in vista. Da-
ta una equazione differenziale del prim' ordine tra le varia-
bili x, y, z, se esiste una equazione primitiva che gli sod-
disfaccia, cioè se z è realmente funzione delle variabili indi-
pendenti x ed j, la proposta dopo la sostituzione di I-1—}
-^-1 . r- in luogo di — sussisterà indipendentemente dal
valore della funzione — : per conseguenza ordinati i suoi ter-
<j\x
mini per le potenze di — — i coefficienti di ciascuna potenza
eguagliati a zero daranno altrettante equazioni, ciascuna del-
le quali dovrà aver luogo separatamente. Se l'equazione dif-
ferenziale proposta sarà del second' ordine, dopo la sostituzio-
Del Sic Pietro Paoli. 12,3
te te*
ne dei valori precedenti di — e di ~— sussisterà indipen-
te te'
dentemente dai valori delle funzioni — - e : pertanto se
te te' r
dopo di averla ordinata secondo le potenze ed i prodotti di
— e — «e. eguagliamo a zero i coefficienti di ciascun termine,
te I> 6 B
avremo altrettante equazioni, che dovranno tutte aver luogo
nel medesimo tempo. E così in seguito per l'equazioni dif-
ferenziali degli ordini superiori. Una parte di quest'equazio-
ni separate, alle quali giungeremo in ciascun caso, ci darà
delle condizioni tra i coefficienti, le altre serviranno alla ri-
cerca dell'equazione primitiva della proposta, e queste ulti-
me saranno sempre tra due sole variabili, e si potranno ad
esse applicare le regole conosciute .
Si vede facilmente che si può usare il medesimo meto-
do per 1' equazioni differenziali tra un maggior numero di va-
• i • • • te te~
riabili, se non che bisogna aggiungere ai valori di r-, -~-, ec.
D && ° te te'
i termini , che vi sono introdotti dalle nuove variabili .
i5. Facciamo l'applicazione dei principj esposti alla ri-
cerca dell'equazioni primitive, che soddisfanno all'equazioni
differenziali di tutti gli ordini ; e quantunque sia noto tutto
ciò che appartiene al prim' ordine pure per meglio illustrare
il nostro metodo consideriamo in primo luogo l'equazione
o=il + A+ B^-
te te
ove i coefficienti A e B sono funzioni date di x, y e z . Po-
nendovi in luogo di — il suo valore (—) ■+■ (—\ . — es-
b te \te! Xbr! te
sa diventa
e se esiste una relazione tra se le due variabili indipendenti
x ed 7 , che gli soddisfaccia , dovranno aver luogo separata-
I24 Sopra 1/ Equazioni Primitive ce.
mente le due equazioni
HtrH
B.
■>=(£)
Sia M il fattore che rende la funzione l-^-J -+- A una der
\ w
l'I'
vata esatta, in modo che N ne sia la funzione primitiva,
N ==*//. 7 sarà l'integrale completo della prima equazione.
Esso cidà/HV^V^ S=-W, e quindi (VL^JÉ,
sostituito il qual valore la seconda equazione diventa
o=w Jm)+b(M),
f, da questa dobbiamo dedurre il valore della funzione i]j .y.
Ora se la proposta ammette una equazione primitiva com-
pleta con una costante arbitraria, sarà questa contenuta nel
valore di ip . y , che risulterà dalla integrazione dell'equazio-
ne precedente . Ma affinchè essa possa integrarsi, bisogna che
sostituitovi il valore di z dedotto dalla equazione N = t//.j
sparisca anche la x, e non vi rimangano che le due variabili
y e ip . y . Converrà dunque che sia
e questa è la condizione necessaria, perchè la proposta am-
metta un integrale completo .
La condizione trovata si può anch' esprimere indipenden-
temente dalla cognizione della funzione N . Infatti se pren-
diamo la funzione derivata da <£»(N,/) per rapporto ad x ,
ricordandoci che z è una funzione di x ed r data dall'equa-
zione (_££-) _h A = 0 troverei
mio
3HS)[G^GR£)KSX(SMS)]
Del Sig . Pietro Paoli . i a5
Ora siccome l'equazione N = t/>./ è l'integrale di /— j-t-A=o
abbiamo (^\ — A l^\ = o , e quindi (MA dev' essere == o .
otterremo
H^)-(S)-B(a--(P)-(f)(S)-(Qf)
L'equazione identica (^-J — A(^~)=:0 essendo differenzia-
ta per rapporto alle variabili y e z riguardate come indipen-
denti ci dà
/ _^N_\ _ A /_^N_\ _ (U\( W\
e sostituendo questi valori nella equazione precedente si tro-
va finalmente
H£)4SMS)-B(S)-
Questa condizione d'integrabilità è nota da lungo tempo, e
vi si giunge in una maniera molto più semplice; ma quella
che abbiamo usata ha il vantaggio di far conoscere più chia-
ramente la necessità della condizione , perchè si possa ese-
guire l'integrazione della proposta.
Se l'equazione di condizione non è identica, la proposta
non potrà avere una equazione primitiva, la quale contenga
una costante arbitraria . Poiché se non si può ridurre l' equa-
zione
a non contenere altre variabili che y e ip . y , non si potrà
in generale integrarla. Contuttociò vi sono alcuni casi, nei
quali un valore conveniente della funzione ip . y può soddis-
fargli, in quanto renda nulli separatamente i termini che con-
iaó Sopra l'Equazioni Primitive ec.
tengono la variabile x e quei che non la contengono. In que-
sti casi, poiché esiste un valore di rp . y , il quale soddisfa
all' equazione
indipendentemente da a;, l'equazione derivata da questa per
rapporto ad x sarà soddisfatta dal medesimo vaiore di ip ./ .
Ma questa equazione derivata non è che la condizione d'in-
tegrabilità; dunque la condizione deve dare il valore di ip .y
dopo la sostituzione di quello di s, o sia prima della sosti-
tuzione deve avere per fattore l'equazione N — ip.y = o. In-
tendo generalmente per fattore di una equazione ogni fun-
zione eguale a zero che la rende, identica .
La proposta adunque, sebbene priva di equazione primi-
tiva completa , può avere altre soluzioni meno generali com-
prese nell'integrale completo N = $/y, e queste, allorché han-
no luogo, devono esser sempre indicate dalla condizione d'in-
tegrabilità . Ma l'integrale N = ip.y non dà tutte l'equazio-
ni primitive, che possono soddisfare all'equazione o=(~H-A:
per conoscerle tutte bisogna aggiungervi quelle che non so-
no comprese nel medesimo integrale completo , cioè le solu-
zioni particolari . Trovate con le note regole le soluzioni par-
ticolari dell'equazione o= l-^-J -t- A , quelle tra esse, che
soddisfanno all'equazione o=|— J-hB, daranno altre equa-
zioni primitive della proposta. È evidente che il discorso fat-
to relativamente all'equazione o = 1-^- 1 ■+■ A può applicarsi
egualmente all'equazione o = (-^1-) -+- B , di cui le soluzioni
particolari daranno nuove soluzioni della proposta , purché
soddisfacciano all'altra equazione o = f— 1-4-A.
Del Sic Pietro Paoli. 127
16. Se fosse proposta l'equazione
0_K+A^H-B-aC^.-aD^~aEl2..ÌL
— te* te* ^ te te te
ove i coefficienti A, B, ec. sono funzioni date di x, y e 2,
ponendo in luogo di -|l il suo valore (^)^(^) . ~, ed
ordinando i termini per le potenze di ~ avremmo
-(IT—®
l\ te ) \ te / J &**
Dunque se esiste una equazione primitiva, che soddisfaccia
alla proposta , le tre equazioni
<■> °=(£)"-*D(l)*B
« -&)*—(£)**
» °KI)(£)-D(£)-E(i;)-C
dovranno aver luogo nel medesimo tempo. Eliminandone ( — ì
e I r-j avremo V equazione di condizione
o=BEa-AB + Gl + aCDE ■+? AD3 ,
la quale posta sotto la forma
( Da — B ) (Ea-A) = (DE + C)'
ci avverte che, quando essa ha luogo, la proposta è risolu-
hile in fattori del primo grado .
Se l'equazione di condizione non è identica, è evidente
che la proposta non può avere altre soluzioni , che quelle ,
Ir quali sono fattori della medesima condizione, perchè qua-
lunque altra relazione non può insieme soddisfare alle tre equa-
ì-io Sorr.A l'Equazioni Primitive ec.
zioni (i), (a), e (3). Se è identica, basta soddisfare alle due
equazioni (i) e (2), le quali risolute diventano
GD=D-i/(D'-B)
("£)_**/(»_A.)-*±
DEh-C
l/(D»-B '
e la questione rientra in quella del numero precedente .
Prendiamo per esempio l'equazione
o = — — az*m . ^— — bz%n — 2.czm-*-n . —
te* te* te
ove <7, b, e sono quantità costanti, m ed n numeri positivi.
È chiaro che ad essa soddisfa z = o; vediamo come nei dif-
ferenti casi si troverebbe questa soluzione, se non fosse stata
avvertita. L'equazione di condizione diventa {c% — fl£)z3m-*-a'z==o,
e non è identica se ca non è = ab , ma il fattore -am-*-2re ci
avverte allora della soluzione z=so . Se c* = ab, bisogna con-
siderare le due equazioni (-^)+z'n\/a=zo,( — )z£.z"\/b=o.
La condizione necessaria, perchè esse somministrino una equa-
zione primitiva completa, diventa [/ab .{m — n)zm~Lmn~t=o .
Questa non è identica se il numero m è diverso da ti , ma il
fattore zm-*-"~ ' annunzia la soluzione z=o, purché sia m-*-ii>i.
Se m = ri , la proposta ha 1' integrale completo — -
zì=\x\/a±yi/b = cost. , il quale posta la costante infinita ci
dà la soluzione z = o quando m > 1 : se poi m< 1 la solu-
zione z=o non è compresa nell'integrale completo, ma si trova
cercando le soluzioni particolari dell'equazione ( — \=±zzm[/at
o dell'equazione ( ~ ] = ± zm\/ b . Finalmente allorché m è
diversa da », ed m-\-n < 1 , l'equazione z ■=. 0 è soluzione
particolare di ambedue l'equazioni f — — J = ;+: zn\/a , f — ■— \
= d= z\/b .
17. Pas-
Del Sic Pietro Paoli. 129
17. Passiamo all'equazioni tra quattro variabili
te fa 3\*
ove A, B, G sono funzioni date di x,y, u e z. Sostituen-
dovi il valore di *L = (^-) -4- (-^-) . ±2L + /11) . * es.
sa si cangia in
Dunque se la proposta ha una equazione primitiva in x,y, u
e z, questa equazione primitiva deve soddisfare alle tre equa-
zioni
- W ° = (fhA
Sia N = ^(y,w) l'integrale completo della prima; avremo
tM.\ -h l^~) /li\ == (M\
\ W l te / \ A»/ \ A« /
e sostituendo nell'equazioni (2) e (3) i valori di (—) e | — |
dati dalle precedenti otterremo
« •-(£):-(©-»©
<3'> H£)-($MS)-
Perchè queste due equazioni ci diano il valore di xp(y\u)
con una costante arbitraria, cioè perchè la proposta abbia una
primitiva completa, bisogna che la sostituzione del valore di
Tom. XV IL 17
l3o Sonia l'Equazioni Più miti*, e ec.
z dedotto dalla equazione N = ip (y , u) faccia da esse spari-
re anela- la x . Dovrà dunque in primo luogo essere
(S)-B($)-F(.,,r..,8
e poiché ( — J = e a motivo della equazione identica f — J
— Al — ) = o, sarà nulla la differenziale della funzione ( — )
— ] presa relativamente ad x , cioè
Ma 1 equazione identica I r— 1 — Ai — ) =0 ci da
dunque sostituendo questi valori nella equazione precedente,
giungeremo all'equazione di condizione
<■) °=(£)-(tH(£)-B(t)
la quale dovrà essere identica , perchè la proposta ammetta
una primitiva completa .
Nel caso, in cui la condizione trovata è identica, sia
f(y yu , tp) = <p . a l'integrale completo della equazione (2').
Ponendovi N in luogo di tp , e facendo /( y , u , N ) = P per
pili semplicità, P = (p.u soddisfarà nel modo il più generale
alle due equazioni (1) e (a); onde avremo
(£)-A(f) = °
■ (£)t»(£)«
Del Sic. Pietro Paoli. i3i
e l'equazione (3) diventerà
dalla quale convien dedurre il valore della funzione <p . u .
Ma affinchè questo contenga una costante arbitraria, è neces-
sario che dopo la sostituzione del valore di z ricavato da Y—<p.u
l'equazione (3") non contenga altre variabili che u e <p . u ,
e ciò non può accadere che quando lr—\ — C I77 1=F'(P,m) .
Ora poiché (— ) = o e I — ) = o a motivo dell'equazioni iden-
«ich0 (s)-A(s)=0-fe-B(l)=°' avremo in q,,e-
sto caso
°=(© - ^m- c (&) - ac (phc) - a é\ $
Le medesime equazioni identiche ci danno
/ *»p \ A / ,yp \ _ Aa\ /m
Vìww l&«^/ VwVW
/fr'P \ _ R /JlL\ _ /^_\ /8vP\
dunque combinando quest' equazioni con le due precedenti
troveremo altre due condizioni
W °=(H)-(©*A(f)-C(||)
Le tre condizioni trovate devono essere identiche, perchè una
medesima equazione primitiva contenente una costante inde-
terminata soddisfaccia insieme alle tre equazioni (1), (a) e (3),
i3a Sopra l'Equazioni Piumitive ec.
e per conseguenza alla proposta , e la ricerca di tale equa-
zione primitiva dipenderà, come abbiamo veduto, dalla inte-
grazione di equazioni tra due sole variabili .
Ma quantunque la proposta non ammetta una primitiva
completa, potrà però esser soddisfatta da altre relazioni me-
no generali . Supponghiamo die le condizioni (b) e (e) o una
di esse non siano identiche . Nella equazione (3") dopo l'eli-
minazione di z rimarrà tuttavia quella tra le variabili x o y,
che corrisponde alla condizione non identica. Quindi l'equa-
zione (3") non ci darà il valore di <p . u con una costante ar-
bitraria , ma alcune volte potrà soddisfarvi un valore meno
generale di <p . u indipendentemente da so o da y . In questo
caso il medesimo valore di <p . u soddisfarà ancora alla deri-
vata della equazione (3 ") presa relativamente ad x o ad y .
Ma una tal derivata è la stessa che la condizione non iden-
tica ; dunque la condizione non identica ci darà il valore par-
ticolare di <p . u dopo l'eliminazione di z, e prima della eli-
minazione avrà per fattore l'equazione P — <p.u = o.
In questo medesimo caso si deduca dalla soluzione par-
ticolare P — (p . n — o il valore corrispondente di ip (y, u) \
esso soddisfarà all'equazione (2,') quando la condizione (a) è
identica, perchè è compreso nell'integrale completo della me-
desima equazione (2.') . Ma se la condizione (a) non è identi-
ca , la x rimarrà nella equazione (a') dopo l'eliminazione di
z , ed il valore trovato di ìp(y,u) non potrà verificarla che
indipendentemente da x . Dunque in vigore del solito ragio-
namento la soluzione particolare N — ip(y , u) = c equivalen-
te a P — <p.u-=-o sarà fattore della condizione (a).
Dalle precedenti riflessioni si può concludere in genera-
le, che tali relazioni singolari soddisfacenti alla proposta man-
cante della primitiva completa saranno sempre comprese in
tutte le condizioni non identiche , ed al loro ritrovamento
basterà la discussione dei fattori comuni alle condizioni non
identiche, i quali soddisfanno alle tre equazioni (1), (a),
e (3).
Del Sic. Pietro Paoli. i 33
Le soluzioni della proposta , che abbiamo fin qui consi-
derate, sono tutte comprese nell'integrale completo dell' equa-
zione (i). Ma questa può esser soddisfatta indipendentemente
dall'integrale completo anche per mezzo delle sue soluzioni
particolari . E poiché i medesimi ragionamenti si applicano
egualmente alle altr' equazioni (a) e (3), ne segue che per
render completa la ricerca di tutte l'equazioni primitive del-
la proposta bisogna aver riguardo anche alle soluzioni parti-
colari di ciascuna dell'equazioni (1), (2,) e (3), ed ammetter
quelle che soddisfanno alle altre due . È facile il vedere che
il metodo stesso si applicherà con un andamento sempre uni-
forme all'equazioni differenziali del prim'ordine tra un nu-
mero qualunque di variabili , qualora siano lineari per rap-
porto alle funzioni derivate .
18. Consideriamo adesso l'equazione
&*» kx» &x» &* te te
_aG— — H— — 1— —
&* " te te " te te ' te '
ove i coefficienti A, B, ec. sono funzioni date di x, y . u -
e z. Mettendovi in luosro di — il suo valore I — ^— 1 — l — ■ — — I.
& te \tef \tef
- H- 1^1 . t- , ordinando i termini per le potenze ed i pro-
te \tef o\x
dotti di — e di —, ed eguagliando a zero il coefficiente di
te te
ciascun prodotto avremo le sei equazioni seguenti
(0 »=<*)' —"tè).-1:0
(») o = (fe)"-aI(è)*B
(4) o = (£).(^)-F(|i)-H(fe)-D
i 34 Si tra l'Equazioni Primitive ec.
<*> — (S)(S)-F(fc)-l(fe)-E
W - = (H) (fe)-H(fe)-'(ff)-«-
Eliminandone (— —) i (~r~)' ("T~") ù'unSeremo a"e tre ecIua-
zioni di condizione
o = CH2 — AC -t- Da -+■ aDFH -+- AFa
o = CP — BG +Ea ■+■ aEFI -4- BF9
o = AP — AB ■+- Ga -+- aGHI -ì- BHa .
Quest' equazioni sono quelle stesse , che devono aver luogo ,
perchè la proposta sia risolubile in fattori del primo grado .
Se esse non sono identiche, la proposta non potrà avere al-
tre soluzioni , che quelle , le quali sono fattori comuni alle
medesime condizioni .
Se sono identiche , la ricerca dell' equazione primitiva
della proposta dipende da quella della primitiva, che soddisfa
all'equazioni (1), (a), (3), perchè le tre condizioni tengon
luogo dell'equazioni (4), (5), e (6). L'equazioni (1), (a), e
(3) risolute diventano
fè)-l--'<p-B>
e tutto si riduce al caso contemplato nell'articolo precedente.
19. Passiamo all'equazione del second' ordine
o = hA — + B hC — -+-D
dx* dx* dx al-
lineare per rapporto alle funzioni derivate, ove i coefficienti
A, B, ec. sono funzioni date di x, y e z. Ponendovi (— — )
/ Sz\ Sy Sz /$*z\ / s*z \ Sy fSaz\
<tra / Sz \ d'y . , ,. S'z ..
— —-+- I— — I • - — in luogo di essa diventerà
ox \ oy 1 ox* a $x*
Del Sic Pietro Paoli. i35
Eguagliando a zero i coefficienti delle funzioni .— , -£- , — —
65 ** 8x* fa'
avremo quattro equazioni
(4) ..(i)+i.
Siccome due equazioni bastano per giungere all'equazio-
ne primitiva della proposta , avremo due equazioni di condi-
zione , che troveremo col mezzo dell' eliminazione nel modo
seguente. Prendiamo nell'equazione (4) le funzioni derivate
relativamente ad y , ed avremo o = (|^f) "^(l") "^(^(Ij)
= ( — — ! — i — f — — I — A( — I, e sostituendo il valore di ( — -)
nella (3) troveremo la prima condizione
Prendendo nella medesima equazione (4) le funzioni derivate
relativamente ad x avremo o = ( ^ — 1 — ! — f 1 -f-( ||-r— |j
\8x9yf \SxJ \8z/\dxr
e sostituendo i valori di I — — I e |— ^l nella (a) otterremo
\8x8yf \d7f V '
E poiché questa equazione dev'esser d'accordo con l'equa-
zione (i), se sostituiamo nella seconda il valore di ij^J Pre"
1 36 SorRA l'Equazioni Primitive ec.
so dalla prima, avremo un'altra equazione di condizione. Fa-
D-AB — (j£)
cendo per più semplicità * - = P, questa equazio-
ne)
ne di condizione sarà
Se le due condizioni (a) e (b) non sono ambedue identi-
che, bisognerà cercarne i fattori, e quei tra loro che soddis-
fanno all'equazioni (i) e (4) ci daranno altrettante soluzioni
della proposta, e le sole che possa ammettere, se si prescin-
de da quelle, le quali sono soluzioni particolari dell'equazio-
ni (4) e (n') . Per comprendere la ragione di questa distinzio-
ne basta riflettere, che siamo giunti alle condizioni (a) e (b)
prendendo le funzioni derivate dall'equazióni (4) e (a'). Ora
sappiamo che ogni integrale particolare di queste soddisfa a
tutte le loro equazioni derivate, ma non è lo stesso delle so-
luzioni particolari, le quali in generale non soddisfanno alle
loro equazioni derivate del second' ordine . Quindi ogni inte-
grale particolare dell'equazioni (4) e (a'), che soddisfa all'e-
quazioni (i), (a) e (3), dovrà ancora soddisfare alle condizio-
ni (a) e (b). Ma una soluzione particolare di una delle due
equazioni (4) e (a'), quantunque soddisfaccia all'equazioni (i),
(a) e (3), potrà non verificare le condizioni (a) e (b) . Per dar-
ne un esempio supponghiamo che A sia —y\/z , che B non
diventi infinita quando z=o, e C e D siano nulle nel me-
desimo caso: l'equazione (4) avrà la soluzione particolare z=o,
ed è evidente che z = c soddisfa alle tre equazioni (1), (a)
e (,3), e per conseguenza alla proposta, ma non verifica la
condizione (a) . Pertanto dopo di avere esaminati i fattori di
quelle tra le condizioni (a) e (b) che non sono identiche fa
d'uopo tentare ancora le soluzioni particolari dell'equazioni
(4) e (a'), la ricerca delle quali soluzioni particolari non pre-
senta alcuna difficoltà .
Allorché le condizioni (a) e (b) sono identiche, si cer-
cherà
Del Sic. Pietro Paoli . 187
t
cherà l'equazione primitiva della (4) ■> e siccome x vi è ri-
guardata come costante, l'equazione primitiva, di cui si trat-
ta, conterrà una funzione arbitraria di x che chiameremo ip .x.
Sostituendo il valore, che ci dà la predetta primitiva, nella
(a') ne dedurremo il valore di ip . x , il qual essendo deter-
minato da una equazione differenziale del prim' ordine non
potrà contenere che una costante arbitraria , Se adunque la
proposta ammette una primitiva completa, si dovrà determi-
nare il valore di ip . x dalla equazione (t), che essendo dif-
ferenziale del second' ordine potrà darcelo con due costanti
indeterminate . Ma questo valore di ip . x non potendo nella
sua generalità soddisfare all'equazione (a'), la quale deve pu-
re aver luogo, bisognerà che in questo caso l'equazione (2/)
sussista indipendentemente dal valore di I — — 1 . Avremo dun-
1 V te 1
que le nuove condizioni
(e, o = (£±), (..) o=C-AB-.(£).
La seconda determina il coefficiente C, la prima paragonata
con la condizione (a) ci dà 0 = 1 1, e per conseguenza ci
V te ì
avverte che A non deve contenere né y né z , ma esser sem-
plicemente funzione di x .
2.0. Ciò posto l'equazione primitiva della (4) sarà
z -+- ky — ip . x .
a ti / te \ te te <fc*a W &*a ,
Se ne deduce I- — ) = — y - — , - — = ^_L — y— — , e do-
\ te / te te te' te* J te*
pò la sostituzione di questi valori l'equazione (1) diventa
te* te \ te te* ì
Acciò questa equazione possa essere completamente integra-
ta , bisogna che la sostituzione di tp . x — A/ in luogo di z
ne faccia sparire la / , in modo che non vi rimangano altre
variabili che x e ip . x . È dunque necessario che sia in tal
caso
Tom. XVII. 18
1 38 Sopra l'Equazioni Primitive ec.
Bt5F(»-,»+ Av)
"-••(l!f-p)=/(;r'^A^-
Potremo esprimere queste condizioni nel modo ordinario per
mezzo delle differenze parziali dei coefficienti; poiché le fun-
zioni derivate dai loro secondi membri relativamente ad y do-
vendo svanire a motivo dell'equazione (4), dovranno ancora
esser nulle le medesime funzioni derivate dai primi membri,
e quindi
(f) o = /^_a(!H\bJì1-^.
Bisogna che quest'equazioni siano ambedue identiche, perchè
la proposta possa avere una equazione primitiva completa.
2t. Se la sostituzione di ip .x — Ay in luogo di z nell'e-
quazione (T) non ne fa sparire la variabile/, cioè, se le con-
dizioni (e) ed. (f) non sono identiche, può accadere che di-
visa l'equazione (i') in due parti, una delle quali contenga
ip ed a*, e l'altra ip , x ed /, un medesimo valor di ip ren-
da nulla l' una e l'altra parte: ma questo valore e per con-
seguenza l'equazione primitiva della proposta, che se ne ri-
cava, non potrà avere die una costante arbitraria. In que-
sto caso poiché l'equazione (l1) è soddisfatta qualunque sia/,
se ne prendiamo le funzioni derivate per rapporto ad y avremo
<-W(èVC)RH*7)-C)-Br<-e
e questa equazione (i") dovrà sussistere nel medesimo tempo
die l'altra (i'). Ma affinchè il valore di ip contenga una co-
stante arbitraria, conviene die dopo la sostituzione del va-
lore di z l'equazione (i'r) non comprenda altre variabili che
x e ip . Dunque dovrà essere
©-MS)
:F'(*,g-f-A/)
Del Sic Pietro Paoli. i3g
oppure sotto un'altra forma chiamando M il numeratore ed
N il denominatore della frazione precedente
« °=N(fHN(fMt;VM(f)-
M
2.2. Se la funzione — dopo la sostituzione del valore di
N
z contiene tuttavia j, cioè se l'equazione (g) non è identica,
succede alcune volte clie si possa soddisfare all' equazione
1 = o con un valore di ih , il quale renda nulli sepa-
te N r
ratamente i termini che contengono /, e quei che non la
contengono. In questo caso 1' equazione che si ottiene col
prender le funzioni derivate dall'equazione h — =o re-
lativamente ad /, cioè l'equazione (g) deve aver luogo. Se
il valore di ip , che ci dà, soddisfa ancora all'equazione (l'i;
ci somministrerà una soluzione della proposta ma molto par-
ticolare, pei'chè non conterrà alcuna costante arbitraria. È evi-
dente che questa soluzione sarà fattore della condizione (g).
Per illustrare con esempj questi differenti casi conside-
riamo in primo luogo l'equazione
O = — - -I- .T2 — H Sx H
&x> &x* x te te x»
Le condizioni (a) , (e) , (d) , (e), (f) sono tutte identiche; dun-
que la proposta ha l'equazione primitiva completa z-*-x*y=ip. x,
e ip . x è determinata dall' equazione
te' x te *»■
la quale ci dà \\> = x ( c-H 6 log. a; ) , e e e essendo due costan-
ti indeterminate; e quindi z-k-x'J,y=x (c-+- c'iog.x) .
Sia data in secondo luogo Y equazione
-t- ( 2,x — 3x* ) y"> — 3j3z-t-(2, — 4-s— 3x2)/ — Sz .
L'equazioni (a), (e) e (d) sono identiche, ma le (e) ed (f) non
i4° Sopra l'Equazioni Primitive ec.
lo sono; dunque la proposta non ha una equazione primiti-
va completa . Ma poiché la condizione (g) è identica, la pro-
posta può avere una soluzione, che contenga una costante
indeterminata. Per trovarla qualora esista, esaminiamo l'e-
quazioni
(i") o = 3y*%L-qy>(s + x*y),
ove la seconda è la differenziale della prima relativamente ad y.
Sostituito il valore di z l'equazione (i") ci dà |^ = 3tf/, on-
te
de si deduce ip = ce3x , e rappresentando il numero che ha
per logaritmo iperbolico l'unità e e una costante indetermi-
nata. E siccome questo valore di ip soddisfa all'equazione (T),
ne segue che la proposta ha l'equazione primitiva z-*-x*y=ce3x.
Sia proposta finalmente l'equazione
te' te' x te w 'te * J
-+-(# — x* H- a )y* -+- x*y5 .
Le condizioni (a) , (e) e (d) sono identiche, ma le condizioni
(e),(f) e (g) non lo sono; dunque la proposta non ha equa-
zione primitiva, che contenga due costanti indeterminate, o
una solamente. Restano a considerarsi l'equazioni (i') e (g),
che in questo caso sono
y ' te' * <M x
(g) o =s ^t ( z +. xy _ & ) .
X
La seconda ci dà ip = x* , e siccome questo valore soddisfa
anche alla prima, la proposta ha la soluzione z -+- xay = x* .
a3. Ritornando all'equazione generale supponghiamo che
le condizioni (a) e (b) essendo identiche le condizioni (e) e (d)
non siano tali, in modo che l'equazione (a') non sia soddis-
fatta indipendentemente dal valore di I — I: in questo caso
ne
zione
Del Sic Pietro Paoli . 14 1
la proposta non avrà una equazione primitiva completa, ma
potrà avere altre soluzioni meno generali, che si troveranno
nel modo seguente . A motivo della condizione (a) la funzio-
(ihll-t-A essendo moltiplicata peri ) diventa una fun-
derivata esatta , perchè (|) (-^) + A (j£) ={^j (|i)
-h (— - j è la funzione derivata da A relativamente ad/ : per-
tanto A = ip . x è l'equazione primitiva completa dell'equa-
2io„e (4). So „. deduce (AL) |fc.) + (J£) = g , e sostituì-
to il valore di { r— j l'equazione (a1) diventa
(a") o = aiÌ4- AB — C.
Ora acciò questa ci dia il valore di i// con una costante ar-
bitraria , bisogna che la sostituzione del valore di z ricavato
dall'equazione A = ip.x faccia sparire/ dalla quantità AB — C,
in modo che questa quantità si riduca a non esser funzione
che di x e ip . È dunque necessario che sia AB — G=/(or,A),
e quindi prendendo le funzioni derivate relativamente ad /
giungeremo all'equazione identica
« °Ht)-A^)-(£H(f)-
a4- Quantunque la sostituzione del valore di z non fac-
cia sparire / dalla quantità AB — C, può accadere però che
si soddisfaccia all'equazione (a") con un valore conveniente
di \\> , in quanto renda nulli separatamente i termini indipen-
denti da /, e quei che contengono questa variabile. In tal
caso l'equazione (a") avendo luogo qualunque sia /, l'equa-
zione che se ne forma con prender le funzioni derivate re-
lativamente ad /, cioè l'equazione (h), dovrà egualmente sus-
sistere . Pertanto la soluzione ci sarà data da quel fattore del-
la condizione (h) , il quale soddisfa all'equazione (a").
i4=ì SorRA l'Equazioni Primitive ec.
Nel percorrere questi differenti casi non abbiamo ancora
ottenute tutte le soluzioni, che può aver la proposta. Resta-
no a considerarsi quelle, che sono soluzioni particolari dell'
equazione (4) ed insieme soddisfanno alle altre tre equazioni,
oppure sono soluzioni particolari dell'equazioni (i), o (a') e nel
medesimo tempo verificano le altr' equazioni (i)9 (a), (3) e (4).
Ma la ricerca di queste soluzioni particolari non presenta al-
cuna difficoltà, e dipende dai metodi conosciuti, perchè l'e-
quazioni (i), (2,') e (4) sono equazioni derivate tra due sole
variabili .
Segue dall'analisi precedente che, quando alla proposta
corrisponde una equazione primitiva completa, si trovano fa-
cilmente l'equazioni primitive singolari, poiché tutto si ri-
duce a cercare le soluzioni particolari dell'equazioni (i)e(4):
ma allorché la proposta non ha una primitiva completa, con-
viene esaminar molti casi per trovare l'equazioni primitive
singolari, che essa può avere. Questa differenza ha luogo in
generale, ma la stessa analisi, come negli esempj preceden-
ti , ci somministrerà sempre con un andamento uniforme le
condizioni d'integrabilità, che converrà discutere in ciascun
caso , senza che siamo obbligati di cercarle altrove .
a5. Il medesimo metodo applicato all'equazioni lineari
del second' ordine tra un numero qualunque di variabili non
ci presenterà alcuna nuova difficoltà. Consideriamo l'equazio-
ne tra quattro variabili
te* te* te* te te te
Sostituendovi il valore di — - che in questo caso è I — — I
KteteJ te Xteteì te UW te* \tetej te
± + t*À. ^ + (£).& + t£):&*&\\oii'*L
te yte'fi te* \tef te* \tef te* ' te
= l^L\ _h /lf_\ . |£ _j_ (jk.) . |? , ordinando i termini per
\tel \te/ te \teJ te' r
Del Sic. Pietro Paoli. ifò
le potenze ed i prodotti di-^, ^, ~- e — j, ed eguaglian-
do a zero il coefficiente di ciascun prodotto troveremo P e-
quaztoni
« «*.(&)+» fé)*0
(5) c = (-^)
<*> "(g)
(7) »-(£H
m °=(f h*
le quali tutte devono insieme sussistere .
Se dall'equazioni (7) e (8) prendiamo i valori di ( — 1,
I — " ■ ) , (^-7)7 e li sostituiamo nelle (4) , (5) e (6) avremo
l'equazioni di condizione
w "(SMS) w -(£)-"(£)
; « r(SMS) « -(SMS)-
Di queste la terza è compresa nelle due prime: infatti l'e-
quazioni identiche (a) e (b) ci danno
o = (J±)-a(*±-)-(IL) (IL)
\ SySu J \ Su$z J \ Su, J \ 3z J
i-j-i- Sopra l' Equazioni F&ùciyive ec.
\ Ò yBu f \ cySz ) \ Sy ) \ dz )
ed eliminate da queste le funzioni derivate seconde
pertanto la condizione (e) ò una conseguenza delle condizio-
ni (a) e (b).
Prendiamo adesso i valori di (*S), (t), (01. \ /Zl\
\9yJ \iiuj \Sx9yJ ' \8x9uf
dalle medesime equazioni (?) e (8) , e sostituiamoli nelle (a)
e (3); queste si cangeranno nelle seguenti
<*> °=<^)(l)-<^)-AB-C
<3'> 0=0(£)-^(S)-BE-F.
E poiché quest'equazioni devono esser d'accordo tra loro e
con l'equazione (i) , eliminandone (~\ otterremo due nuove
condizioni
ove P= r~-.
/8A\
3 (ir)
26. Supponghiamo in primo luogo che la proposta abbia
una equazione primitiva completa . Con un ragionamento si-
mile a quello del n.° 19 si dimostrerà, che in questo caso
l'equazioni (a') e (3') devono aver luogo indipendentemente
dal valore di 1 — I, e per conseguenza è necessario che sia
Del Sic. Pietro Paoli. * 1^.5
Le due ultime condizioni determinano li coefficienti G ed F,
le due prime paragonate con le precedenti (a) , (b) , (e) , (d)
ci avvertono che A ed E sono semplici funzioni di x . Ciò
posto l'equazione (7) integrata ci dà z ■+- Ay = <p( x, u) , e
sostituito il valore di z la (8) diventa 1 — ) h- E = o , onde
V te ì
si deduce <p-ì-Eu = ip . x; pertanto l'equazione
z -+• Ay -+- Ew = ip . x
soddisfa nel modo il più generale all'equazioni (7) e (8). Se
ne ricava f-*L'\ = ** '.L.,±£_„* /^i) = ^_7^
V te / te y te te \te* J te' J te%
— u — -, e sostituiti questi valori la (1) si cangia in
te*
v ' te% te y \ te te-/ \ te \te I
Affinchè questa possa avere una equazione primitiva con
due costanti indeterminate, è necessario che la sostituzione
di xp . x — A/ — E« in luogo di z ne faccia sparire le varia-
bili y ed u . Bisognerà dunque che sia
B = F ( x , z -+- Ay ■+■ Eu )
D-(Bf-P)-"(Bf-P)=/( — ^E„).
E poiché le funzioni derivate dai secondi membri relativamen-
te ad y ed u svaniscono a motivo dell'equazioni (7) e (8), le
medesime condizioni si potranno esprimere nel modo seguente
-féMS)
°Mi)-E(£)
\te) \tet te te'
Quando queste condizioni sono identiche, l'equazione (1) sa-
rà integrabile completamente , ed il valore di ip .x, che ci
Tom. XVII. 19
izj.6 Sopra l'Equazioni Pkimitive ec.
Java, posto nell'equazione z-\-Ay-\-Eit = tp.x fornirà l'equa-
zione primitiva completa della proposta .
Ma se la sostituzione del valore di z non fa sparire le
variabili y ed u dall'equazione (i'), può avvenire che si sod-
disfaccia alla medesima con un valore meno generale di ip.x,
il quale renda nulli separatamente i termini indipendenti da
)■ e da !«, e quei che contengono y ed u . In questi casi l'e-
quazioni, che si formeranno con prendere dall'equazione (i)
le funzioni derivate prime o seconde relativamente ad y o ad
il , dovranno aver luogo nel medesimo tempo che l'equazio-
ne (i); e col loro mezzo si troverà 1' equazione primitiva con
una sola costante indeterminata o senza costante, che soddis-
fa alla proposta nel modo stesso praticato per l'equazione tra
tre variabili ( num.' ai e 2,2 ) .
27. Ponghiamo adesso che, le condizioni (a), (b), (e), (d) ,
(e) ed (f) avendo luogo, le due equazioni (2'), (3'), o una di
esse non siano soddisfatte indipendentemente dal valore di
1 Y1) . Moltiplicando l'equazione (7) per I — I abbiamo 0 = 1^1
(£)-*(£)=(•&)(£)-*-£ a motivo della cm"lizi°-
ne (a), e quindi A = (p(x, u) . Se ne deduce (st) (^T/"*"! rf")
= U)- • '•— - («) *«»«">= (£ )-(£MS)
cioè o=( 2z~ ) a motivo della condizione (b) ; perciò <p(x? u) = ip.x.
Pertanto A. = ip . x è l'equazione primitiva la più generale,
che soddisfaccia all'equazioni (7) e (8). Se ne prendiamo il
,!ore di l^— ) ■> e lo sostituiamo nella (a'), essa diventerà
(2") o = a^ + AB-C,
e sopra questa faremo ragionamenti analoghi a quelli dell'ar-
ticolo 2.3 ; avendo riguardo alla nuova variabile u .
Del Sic Pietro Paoli. ifyt
28. Proponghiamoci adesso di trovare l'equazioni primi-
tive di una equazione differenziale del second' ordine, in cui
le funzioni derivate non siano lineari, considerando la seguente
te' te' te' te te te' te te
ove i coefficienti A,B, ec. sono funzioni date di x, y e z.
te \*~
Sostituendo in luogo di — ^ e di 2— i loro valori , ed
0 te te'
eguagliando a zero i coefficienti di — , e avremo le
00 te' te' te'-
quattro equazioni
v ' \ tete ì \ te 1 \ V y ! \tel \ te I
(4) o = (|^)^A
ciascuna delle quali deve sussistere .
L' ultima differenziata relativamente ad y ci dà \^—\
questo valore come pure quello di j-^-l nella (3) avremo l'e-
quazione di condizione
<a>°=(t)-A(F)-A"B*AC-D-
Dalla medesima equazione (4) differenziata relativamente
ad x si deduce (J±S = - ( *L) _ (M. Vii \ e V e-
V tete J \teJ \teJ\teJ
quazione (2) dopo la sostituzione dei valori di (-^--) e (-— )
r \teteJ \te!
diventa
14S Sofra l'Equazioni Primitive ec.
<,,o4(f)^AB-c](£)_(fi)^E-F.
E poiché questa equazione dev' esser d' accordo con 1' equa-
zione (1), se eliminiamo da esse (,— I e I — — 1, avremo una
nuova equazione di condizione . Facendo per più semplicità
afè^)-
= P, questa equazione di condizione sarà
,b) °=(ÌH(fHpa+EP*G-
Se ambedue l'equazioni (a) e (b) non sono identiche,
bisognerà cercare i loro fattori , e quei che soddisfanno all'
equazioni (4) e (a') ci daranno altrettante equazioni primiti-
ve della proposta, e le sole che la proposta possa ammette-
re, se si prescinda da quelle, le quali sono soluzioni parti-
colari dell'equazioni (4) e (a'). (Si veda il n.° 19).
2,9. Ponghiamo adesso che le condizioni (a) e (b) siano
identiche, e di più che l'equazione (a') sia soddisfatta indi-
pendentemente dal valore di (ir")' lo che è necessario per-
chè la proposta possa avere una equazione primitiva comple-
ta . In questo caso avremo due nuove condizioni
(e) o = 2(|^)-+-2AB-C, (d) o = a^) + AE-F,
e poiché le tre condizioni (a), (e), (d) tengon luogo dell'e-
quazioni (2) e (3), non rimarrà che a soddisfare alle altre (1)
e (4). Sia N=sip .x l'equazione primitiva completa dell'ulti-
ma; avremo
Hf)-A(f)
Prendendo da questa i valori di I--I e (v-t)» e sostituen-
Del Sic Pietro Paoli . 149
doli nella equazione (i) otterremo
ove sarà
p __ vgv
©
Q=E_aP(M)
R=G(f)-^(f)-p(f)-(P)-
Affinchè l'equazione (i') possa darci il valore della fun-
zione ip .x con due costanti arbitrarie, bisogna che la sosti-
tuzione del valore di z preso dall'equazione N = ip .x ne fac-
cia sparire anche la y , e questo non può accadere che quan-
do le quantità P, Q ed R sono ciascuna funzioni di x e di N.
Tali sono le condizioni necessarie , perchè la proposta possa
avere una equazione primitiva completa .
3o. Tali condizioni si possono esprimere anche senza co-
noscere la funzione N . Infatti la differenziale presa per rap-
porto ad y di ogni funzione di x e di N essendo eguale a
zero a motivo della equazione identica (-^— ) — Al-2— J = o,
la stessa differenziale relativa ad y di ciascuna delle quanti-
tà P , Q ed R dovrà essere nulla . Pertanto , se ci rammen-
tiamo che z è una funzione di x ed / data dall'equazione
{— ^1 = — A, avremo l'equazioni identiche
i.jo SorKA l'Equazioni Primitive ec.
^©[(i-:)-a('ì)]--[(S)-a(P)]
I.v VwJLU,^7/ U*&=/J W^y/ U**W
^~ / — ^ ( V" )=:o
per rapporto alle variabili xty, e z riguardandole come in-
dipendenti tra loro, avremo
w^// Vìi»/ w/ u*W u*v\W
tei ~ A 117/ - 2 tei tev * vi?; tev
Sostituendo questi valori e quei di P e Q nell'equazioni pre-
cedenti avremo le tre condizioni cercate
w •-(gH(S)-G9-(£)
« h£)-<m^e(sm£)-
oi. Per confermare i resultati ottenuti applicherò alla
ricerca delle medesime condizioni il bel metodo proposto da
Lagrangc nelle sue lezioni sul calcolo delle funzioni. Coeren-
temente ai principi di questo metodo, se facciamo
f(x,y, z,y', z\y\ e") =■*"-+- A/V Ba,aH-G/z'-+. D/aH-Ez'-t-F/+G
ove secondo la notazione di Lagrange z'=-r— , 2"":= — -, ec.
Del Sic Pietro Paoli. i Si
otterremo le condizioni necessarie perchè la proposta possa
avere una equazione primitiva completa eliminando M dalle
tre equazioni
o =/' (y) -f- M/' (z) -+- M'f(z') -t- M"f"(z")
o=f'{y')-*-W'{z') + *W{z")
o=f'(y") + Mf'{z).
Secondo la medesima notazione
/'(/).= Gs'-HaD/H-F, /'(/') = A,
/'(3') = 2BZ'-4-C/'-hE, f(z")=i .
Ciò posto la terza equazione ci dà M = — A, e quindi
Sostituiti i valori di M e di M' nella seconda equazione, es-
sa diventa
Ora affinchè la proposta possa avere una equazione primiti-
va completa, quella che abbiamo trovata dev'essere identica
indipendentemente da una relazione qualunque ti-a x,y, z,
y' e z' ; dunque essa ci dà le condizioni seguenti
(a') c = F-AE-a(£)
(K) o = C-aAB-a(ii)
(e') o = aD — AG — 2/-^-)
le quali sono d'accordo con le nostre condizioni (a), (e) e (d) .
Sostituendo nella prima dell' equazioni di Lagrange i va-
lori trovati di N,N',N", e ponendovi in luogo di z" il suo
valore preso dalla proposta otterremo la seguente
i5ì Sopra l'Equazioni Primitive ec.
° = 4(g)-A(S)-B('i)-(g)]
H-/<©TA©-.B.(g)-.(gÈ)]
H-/[f)-A@-C(f)-(P)^D(|)]
+• :[©-a©— b©-ì(£é)]
E poiché questa equazione dev'essere identica indipendente-
mente da una relazione qualunque tra x , / , z , y' e z' , ci
darà le sei condizioni
M — (&-i©— b© — (SS
te') »-©-a©-»b©-.Q
w »=|)-i©-'©-M|)-©^(!)
(«1 o = (©-A(|)-E(^)-Q-.G(|).
Di queste la prima, la quarta, e l'ultima sono le stesse che
le nostre condizioni (e), (f), e (g); le altre tre sono sovrab-
bondanti, ed è facile provare che son comprese nelle prece-
denti . Infatti
M = (ȣ>)_ A (MI) ^Afcl)
O')=(^)-A(^)-.A(g')-H(a)(|)-(b')0.
32. Se
Del Sic. Pietro Paoli. i 53
32. Se le condizioni trovate non sono identiche . l'equa-
zione (i) non potrà darci per mezzo dell' integrazione un va-
lore di ip , il quale contenga due costanti arbitrarie, e per
conseguenza la proposta non avrà una equazione primitiva
completa . Contuttociò potrà accadere che un valore meno
generale di ip soddisfaccia all'equazione (i') rendendo nulli
separatamente i termini, che dopo l'eliminazione di z con-
tengono la variabile j, e quei che non la contengono. In.
questo caso nella equazione (ir) non avremo riguardo che ai
termini indipendenti da y trascurando gli altri che contengo-
no questa variabile, ed integrando questa equazione parziale
otterremo il valore di ip con due costanti arbitrarie; dopo di
che determineremo le due costanti o una di esse in modo che
svaniscano ancora nella equazione (i) i termini che abbiamo
trascurati . Così troveremo una equazione primitiva della pro-
posta o con una sola costante, o senza costante arbitraria.
Ma potremo rendere questa ricerca più facile se riflettia-
mo , che quando esiste un valore di ijj , il quale soddisfa al-
l'equazione (ir) indipendentemente da /, l'equazioni deriva-
te da questa per rapporto ad y dovranno esser soddisfatte dal
medesimo valore di \\) . Dunque prevalendoci di quest' equa-
zioni derivate piuttosto che della equazione (i') otterremo il
valore di ip mediante l'integrazione di una equazione del prim'
ordine, e qualche volta ancora senza integrazione. Da ciò
apparisce, perchè le due costanti, che troveremmo non con-
siderando nell'equazione (i') che i termini indipendenti da /,
non possano restare ambedue indeterminate .
Per trovare tutte l'equazioni primitive della proposta nel
caso che abbiamo fin qui esaminato , restano a considerarsi
le soluzioni particolari dell'equazioni (i)e(4), la ricerca del-
le quali non presenta alcuna difficoltà. Quelle tra tali solu-
zioni, che soddisfaranno al rimanente dell'equazioni (i),(a),
(3) e (4), daranno altre equazioni primitive della proposta.
33. Supponghiamo adesso che le condizioni (a) e (b) es-
sendo identiche l'equazione (a') non sia soddisfatta indipen-
Tom. XVII. 20
1 5-4- Sopra l'Equazioni Primitive ec.
dentemente dal valore di { — ] . Quan Jo ciò accade convien
dedurre il valore della funzione ip.x dall' equazione (a'). So-
8jE _ /?£\
. ... j- / Sz\ .. . Sx \dx) c
stituendovi in luogo di ( — 1 il suo valore , ■ — , e ia-
F-AE-a(|i)
cendo come sopra ,\ . ; - — = P, l'equazione (a') diventa
3(M)-H»AB_C
ed acciò possa darci il valore di ip con una costante arbitra-
ria, è necessario che la sostituzione del valore di z preso dal-
——I
-j_P(ÌL_J . Dovrà dunque questa quantità essere una funzio-
ne di x e di N , e per conseguenza la sua differenziale presa
relativamente ad y dovrà esser nulla . Pertanto avremo
H»K«H(«Hft5)HS)[0H©]-
Questa è la condizione necessaria perchè la proposta abbia
una equazione primitiva con una costante indeterminata , e
quando essa è identica si trova 1' equazione primitiva median-
te l'integrazione dell'equazioni del prim' ordine (4) e (a").
34. Quantunque la sostituzione del valore di z non fac-
cia sparire y dall'equazione (a"), può accadere però che essa
sia soddisfatta da un valore meno generale di ip , in quanto
renda nulli separatamente i termini indipendenti da y e quei
che ne dipendono. In questo caso poiché l'equazione (2,") è
Del Sic. Pietro Paoli. i 55
verificata qualunque sia y , ìa sua equazione derivata relati-
va ad / sarà soddisfatta dal medesimo valore di ip . Ma è evi-
dente che questa equazione derivata non è che la stessa con-
dizione (h); dunque la condizione (li) ci darà il valore di ip
dopo l'eliminazione di z , e prima dell'eliminazione avrà per
fattore l'equazione cercata N — ip . x = o , iti modo che si
avrà in tal caso l'equazione primitiva della proposta senza
alcuna integrazione .
Anche rapporto al caso esaminato nei due precedenti ar-
ticoli si deve osservare , che non abbiamo fin qui trovate tutte
l' equazioni primitive, dalle quali la proposta può esser sod-
disfatta. Per averle tutte bisogna aggiungervi quelle, che so-
no soluzioni particolari dell'equazioni (4) o (a1), e verificano
le altr' equazioni, le quali devono sussistere insieme con esse .
35. Negli esempj generali che abbiamo dati, e che po-
tremmo facilmente moltiplicare, abbiamo procurato di mo-
strare il modo, con cui dobbiamo condurci nei diversi casi.
Ma in ciascun caso particolare tornerà meglio applicare le
operazioni ed i ragionamenti all'equazione data che riportar-
la ad un caso più generale, perchè le condizioni identiche
spariranno dal calcolo , e così ci risparmieremo molte discus-
sioni inutili . Porremo fine a queste ricerche con l'esempio
di una particolare equazione del second' ordine, che abbiamo
scelto espressamente per prevenire una objezione , la quale
potrebbe esserci fatta relativamente alle soluzioni particolari .
Sia dunque proposta l'equazione
Dopo aver posti in luogo di — e —- i loro valori ( — ^ ) -+- 1 t— I
£' e M*'W).F+ll?/à?",-fe/i?' e dopo
avere ordinato il primo membro per le potenze ed i prodotti
&y %,'y
di — e — - otterremo molt' equazioni , delle quali la prima è
&
i 56 Sopra l'Equazioni Primitive ec.
l' ultima è
e tutte l' equazioni intermedie son tali che diventano identi-
che, quando l'ultima è soddisfatta da un integrale partico-
lare (n.° 19). Questa integrata ci dà z — y = ip.x, onde si
— J=i-~, e sostituito questo valore la (1) diventa
E poiché non contiene altre variabili che x e tp , essa ha un
integrale completo, che si trova essere ip = ex -ì- -?— -i- e', es-
sendo e e e le due costanti indeterminate . Pertanto la pro-
posta ha l'equazione primitiva completa
z = y -+- ex -+-
26
Per vedere se ha qualch' equazione primitiva singolare,
bisogna cercare le soluzioni particolari dell'equazioni (1) e (a)..
La seconda non ne ha, la prima ha la soluzione particolare
I — \ = zt:x (si veda la lezione XV di Lagrange). Se ne de-
duce z = z£z — -ì-<p.y, ma quest'equazione non può nella sua
generalità convenire alla proposta . Resta a vedere se dando
un valore determinato alla funzione arbitraria <p . y l'equa-
zione s = zt H<^.j può soddisfare all'equazione (2) . Ciò si
ottiene se si fa — = 1 , cioè (p ./=/-t-cost. , dunque la pro-
posta ha l'equazione primitiva singolare
z=zìz \- y -+- cost.
3,
L'avremmo suhito trovata, se avessimo cercate le soluzioni
particolari dell'equazione (1').
i57
SUL MOTO DISCRETO DI UN CORPO,
OSSIA SOPRA I MOVIMENTI NEI QUALI SUCCEDONO
DI TEMPO IN TEMPO DELLE VARIAZIONI FINITE
MEMORIA
Del Signor Antonio Bordont.
Presentata li i5 Settembre 1814 dal Sic Brunacci
ED APPROVATA DAL SlG. RuFFINI .
N,
Ielle questioni di moto trattate sino ad ora, la velocità,
ed altre quantità dalle quali dipende la conoscenza dello sta-
to del corpo in moto ad un istante qualunque del suo mo-
vimento, o non variano, cioè sono le medesime per tutto il
tempo che dura il moto, ovvero variando, le variazioni loro
sono infinitesime, ed accadono continuamente, ossia senza
intermissione, in tutti gl'istanti del movimento. Ma vi sono
molte altre quistioni di moto, nelle quali le medesime quan-
tità , oltre di essere sottoposte a quelle stesse affezioni , co-
me nelle suddette, sono di più soggette ad altre variazioni,
le quali per essere finite, e succedendo solamente di quando
in quando, cambiano successivamente il moto, e qualche vol-
ta anche la sua natura , rendendolo una serie di moti ordi-
nar) di una , o più specie .
11 moto continuato di un obus. è un esempio naturale di
questa specie di moto , imperciocché tutte le volte che esso
percuote il suolo, quasi tutte le quantità, dalle quali dipen-
de la cognizione del suo stato, variano di quantità finite.
La dichiarazione della teorica di questi movimenti, che
denomineremo discreti, per distinguerli dagli ordinari o co-
muni, unitamente ad alcune nuove considerazioni analitiche,
è lo scopo di questa Memoria .
i.k'5 Sul moto discreto di un co aro , ec.
Il modo più naturale di trattare qualunque questione di
moto discreto, sarebbe quello d'incominciare a trovare le quan-
tità'dalle quali dipende la conoscenza del moto prima di suc-
cedere il primo cambiamento finito in alcuni elementi del
medesimo, e poi determinare cosa diventano queste quantità
stesse per forza di questo cambiamento: fatto ciò, discoprire
quelle dalle quali dipende la cognizione del moto nel tempo
che trascorre dopo il primo cambiamento finito sino al secon-
do, e di nuovo determinare le medesime quantità, compu-
tando questo secondo cambiamento finito: e così continuare.
Ma siccome con questo metodo difficilmente si potrebbe-
ro determinare le quantità dalle quali dipende la conoscenza
dello stato del corpo in moto ad un istante qualunque del
suo movimento, stante la eccessivamente grande prolissità ;
perciò ne preferiremo un altro, col quale potremo trattare
completamente molte questioni di questa specie di moto; va-
le a dire il seguente „ Jncomincieremo a trovare le sole quan-
tità dalle quali dipende la conoscenza dello stato del corpo
in moto negl'istanti prossimi a quelli nei quali succedono le
variazioni finite in alcune di esse; e poscia passeremo a tro-
vare quelle altre dalle quali dipende la cognizione del moto
dello stesso corpo ad un istante qualunque di un qualsivoglia
di quei tempi, che passano tra gl'istanti in cui accadono i
cambiamenti finiti anzidetti ,, .
E siccome si possono determinare le prime di queste quan-
tità col metodo che diede Lagrange per trovare i termini ge-
nerali delle serie, allorché si conoscono le loro equazioni di
relazione , ed in conseguenza approfittare di alcuni vantaggi
elio somministra attualmente il calcolo delle differenze finite
la cui fecondità si è moltissimo accresciuta nelle mani del
cel. Geometra Brunaccì ; così usando questo metodo, procu-
reremo alle soluzioni delle questioni di moto discreto, che
tratteremo, la semplicità, la uniformità, e qualche volta an-
che la eleganza . Anzi risultando la determinazione delle al-
tre quantità una questione di moto puramente ordinario, avre-
Del Sic. Antonio Bordoni. f5o,
mo particolarmente di mira in questa Memoria, la determi-
nazione delle sole prime; e solamente qualche volta determi-
neremo anco le seconde .
Avendo riguardo ai rapporti che hanno le proposizioni
di moto discreto che esporremo, tanto fra loro, quanto colle
proposizioni conosciute di moto ordinario, parleremo di esso
seguendo quest'ordine, cioè ; i .* Del moto discreto rettilineo;
a.° Del moto su di un poligono dato; 3.° Di quello sopra di
un dato poliedro; 4-° Di una specie di moto discreto che chia-
meremo semilibcro; 5.° finalmente, del moto libero.
Del moto rettilìneo .
Stante che, tutte le difficoltà rimarcabili, che s'incon-
trano nella teoria generale della prima specie di questi mo-
vimenti, cioè di quella nella quale il corpo descrive una sola
retta, sono o soluzioni di equazioni, od integrazioni finite di
date espressioni , o di equazioni delle differenze finite , vale
a dire sono esse puramente analitiche, e non si possono su-
perare, senza individuare le leggi del moto stesso; incomin-
cieremo immediatamente la teorica di questo moto colla pro-
posizione che qui segue, e procureremo di trattarla comple-
tamente, ossia di non lasciare nulla a desiderare rispetto al-
la medesima, nella ipotesi che la resistenza del mezzo segua
la ragione del quadrato della velocità del mobile^ cioè nella
ipotesi comunemente accettata .
Proposizione I.
„ Un grave di elasticità imperfetta cadendo verticalmen-
„ te urti un piano orizzontale, con una data velocità, e sa-
„ rà dal piano medesimo , obbligato a salire ad una certa al-
„ tezza , dalla quale scendendo, ed urtando di nuovo nello
,, stesso piano, sarà obbligato a risalire; e così continuerà il
„ suo movimento: alla fine della discesa xesima, quale sarà
i6* Sul moto discreto di un corto, ec.
„ la velocità, lo spazio percorso, ed il tempo corso, moven-
„ dosi il grave in un mezzo resistente ,, .
Soluzione . Sia tx il tempo corso dal principio della pri-
ma salita alla fine della x esima discesa ; 2,sx lo spazio percor-
so in questo tempo; vx la velocità alla fine della discesa x
esima, ossia quella colla quale il corpo urta la (x-±- i ) esima
volta il piano orizzontale ; tx^., , 3,sx+r , e v'x^-i siano per la
discesa (.r+i) esima ciò che sono tx,2,sx, e vx per Vx esi-
ma -, e sia tanto in questa , quanto in tutte le proposizioni
seguenti, r il rapporto della elasticità del corpo alla percos-
sa, g la forza costante di gravità, gk* il coefficiente pel quale
moltiplicando il quadrato della velocità del mobile, si ottie-
ne la forza ritardatrice della resistenza del mezzo, nel quale
si move il corpo .
Egli è evidente, che sono eguali tra loro la salita e la
discesa ( x-+- i ) esima , e che la salita continua fino a tanto
che la resistenza del mezzo insieme alla gravità abbiano di-
strutto la velocità colla quale è stata incominciata ; e la di-
scesa finché il corpo urti di nuovo nel piano orizzontale .
Queste tre verità per sé stesse evidenti saranno il fondamen-
to della soluzione presente .
Per quello che si è premesso, il corpo comincia la sa-
lita ( x-+- 1 ) esima colla velocità rvx , e sale all'altezza Asx ;
e però, colla teorica del moto verticale ascendente ne' mezzi
resistenti , si avrà
2,gk*Asx = log. ( i ■+■ k*r*v\ ) ;
e finisce la discesa corrispondente coli' acquistare la velocità
dj+i , scendendo dalla medesima altezza Asx , adunque colla
stessa teorica, rispetto ai gravi che scendono, avrassi pure
ngk*Asx = — log. ( i — ^©Vh, ) .
Essendo uguali i primi membri di queste due equazio-
ni , sarà anche
logr4x-4-£k/*e*,)ae-log.( i-fc&c+i), ossia (mfcV»e».)(i*A*oV*.T)=iS
cioè si avrà tra le velocità vx , vx+t V equazione delle diffe-
renze finite seguente
Del Sic. Antonio Bordoni . 161
fcVflVJ'W, -4- v axH-, — r*v*x èà o ,
la quale integrata, ci darà la velocità del corpo alla fine del-
la discesa x esima, espressa per k, r, e pel numero x delle
salite o discese .
Per integrare quest'ultima equazione da cui dipende at-
tualmente la velocità cercata, supponghiamo wax = — , yx es-
sendo una nuova funzione incognita , ed avremo
7*+. — \yx — £a = o,
r
la quale è, come si vede, un'equazione anch'essa del primo
ordine , ma lineare , in conseguenza integrabile colle regole
generali a tutti note .
Con queste regole, integrando quest'ultima equazione,
si ha (5-4°) (*)
_ c-4-AV'r"
y* — r~i rrr '
c rappresentando la costante arbitraria . Ma abbiamo suppo-
sto vax = — , adunque il quadrato della velocità del corpo al-
la fine della discesa x esima sarà
(ra— i)r>»
c -4-k*r'T*' '
ossia tra la velocità stessa ed il numero x, vi sarà la rela-
zione espressa dalla equazione
„, C-Or".
e -*- k*r*r*'
Per trovare la costante arbitraria e, osservisi, che per
ipotesi si conosce la velocità colla quale il corpo ha urtato
la prima volta il piano orizzontale, urtamento dal quale è
nata la prima salita, che ha fatto il corpo, come nasce la
Tom. XVII. ai
(*) In questa Mem. i JJ. citati si riferiscono all'esimio Compendio del Calcolo
Sublime del Prof. Brunacci .
idi Sul moto discreto ni un corpo, ec.
( x -+- 1 ) esima dall' urtamento [x-t-ì ) esimo; cioè pei dati
della proposizione conosciamo la velocità v0 . Ma supponendo
x = o nell'equazione di relazione anzi trovata, tra x e vx ,
bassi
7>-0 = , ossia c = ; adunque
c-t-£ar° v*.
VX=V0VT\/ - - . :
V r'-i + (r"'-i)r'iV,
espressione nella quale tutte le quantità sono immediatamen-
te conosciute .
Sostituendo nHla equazione
2,gk*Asx = log. ( i •+■ h~r-vx ) ,
esposta superiormente, in vece di va~ il suo valore ,
si ha
dalla quale desumesi
agk2Asx = \og. aj ,
c-+-rs«*rax
A5X = loc
c-t-r^V3!*-1-')
cioè l'altezza a cui sale, e da cui poscia discende la (#-t- i )
esima volta il corpo .
Per essere
*0g~ , >■ - = A log;. (c-4-raAar")
c-4-r A rlx
l'ultima equazione equivale a quest'altra
2.gk*Asx = A log. ( e -+- £2rV2x )
che è per sé stessa integrabile, ed integrata dà
3.gkzSx = log. (c-HÌVVr) -+- cost.
Ma ad x = o corrisponde 2,j0 = o, perchè comincia Io spazio
2,sr coli' incominciare della prima salita; adunque sarà
o = log. (c-l-£V2)-t-cost., ossia cost. = — log.( c-+-k2r2).
Quindi zgfrsx = log. ( c-t- £2rVar ) — log. ( c-+-k,Jr* ) ; e perciò
lo spazio oeroato
i , c-t-l'r'r"
asx = — log. .
Del Sic Antonio Bordoni. i 63
Passiamo ora a trovare il tempo decorso dal principio
della prima salita alla fine della x esima discesa, cioè la e-
spressione del tempo tx . Chiamando dx la somma dei tempi
delle x prime salite, e §x quello delle corrispondenti disce-
se, saranno Adx , Adx i tempi della salita e discesa (.r-Hi)
esima ; e perciò , colla teorica del moto verticale dei gravi
che si movano in mezzi resistenti , si avrà
agkAdx = log. -"*" Vx*'. , e gk Adx = Are. tang. rkvXÌ
i — kvx+I a
ossia Adx = log. -1"1" 1"h' , e A6X = — Are. tang. rkvx :
agk i— mite ek
cioè il tempo <5X delle discese sarà eguale all'integrale finito
2-1- log. * + kv~'
3-gk i — kv,+. ,
preso tra i limiti di i ad a;; e quello delle salite, cioè 6X
sarà eguale all' altro
2 — Are. tang. rkvx
gk
preso fra i limiti o, ed x — i ; vale a dire, sarà
» i /, i-*-kvx , J-*-kvx_, , i-t-kv, \
<?*= — ri loS- 1 i"log- : L-H -i-log. '-),
agk\ a i—ho* ° i— A«,_, ° 1—kvI},
e 0x = -^(A.tang.rAz;x_I-f-A.tang.r/;ux_2-H....-+-A.tang./->luoj.
Ma la somma dei logaritmi di un numero qualunque di
quantità è eguale al solo logaritmo del loro prodotto, adun-
que sarà il tempo delle discese
g — » ioe / »«■** \ / * -*-*»—, V /'*i».W'^.|
a.gk V i— kvx ) \ i—*w_ì / \1—kv2} \l-kVtJ '
Se è vantaggiosa la sostituzione fatta del solo logaritmo
del prodotto delle quantità
■kvx i + ic,., i-t-kv2 i-t-kv.
i — he» i — Avx_, i—kv2 i — kf>,
in luogo della somma dei logaritmi delle medesime , molto
più lo sarà la sostituzione di un solo arco in vece degli x
archi
A.tang.r^t;,., , A.tang.rA^—^, A, tang. rkvtì A.tang.rAuo,
164 Sul moto discreto di un corpo, ec.
la quale divisa per gk dà il tempo dx . Vediamo pertanto,
come si possa trovare un solo arco eguale alla somma di quel-
li, che hanno per tangenti le quantità attualmente conosciu-
te rkvj;—! , rkvx—^ , . . . . rkvt , rkv0 .
Supponendo
A.tsmg.rkvx_1-i-A.tang.rkVjL_2-*-....-*-A.tar)g.rkt>l-*-A.tang.rkv0=l;x
si ha tang. f*^, = tang. ( §x -t- rkvx ) = ( rkvx ■+- tang. Zx ) ;
(i — krvx tang.£x) , ossia l'equazione delle differenze finite
(A) ....rkvxtar\v.$xtang. x+l—tang.%x+1->l-X.ix\ìg.Zx-*-rkvx=o
dalla cui integrazione dipende il valore cercato dell'arco |x.
Ad ottenere l'integrale dell'equazione qui trovata, sup-
pongasi in essa tanjr.?x = — , itx esprimendo una nuova
funzione incognita, e si camhierà in quest'altra
7tx7tx-*-i — bxnx — ax = o ,
posto vx+j = ax , e = bx ,
fi Vx
la quale dà evidentemente JFa.=&a-.IH — '^- a _
b*—?.-*- 7 ' 2~ Or—i
«4-
Ma pel significato della funzione £x si ha tang.f, =rkv0,
e per forza della fatta supposizione, cioè di tang.£x = -
«*■
hassi anche tan^;. f, = ; adunque rkv0 = , ossia
31,— I 31,-1
f, = n — ; e pero
«#
itx-=-bx— ,-*-
ar
■-
i-h=ì:
valore che messo in quello supposto di tang. |XJ ci dà la nuo-
va e singolare forinola trigonometrica
Del Sic. Antonio Bordoni . 1 65
tang. §*= — - az_,
b*-2-+--r-2 Or-,
b'—i-*- — — ■
^±
v, .
Va
cioè l'arco cercato |x = Are. tang. «~ Quindi
° — H-JI_,-H-j
«x_2 -+- ec.
il tempo delle salite , sarà anche eguale ad
i , rkvx
— Are. tang. - ai_t
b>
Ora, essendo il tempo cercato, cioè il decorso dal prin-
cipio della prima salita alla fine della x esima discesa, egua-
le alla somma dei tempi corsi nelle x prime salite e nelle
corrispondenti discese, vale a dire tx = 0X ■+- dXÌ sarà esso
eguale ad
log. ( ){ )...( I-i — A. tang.
agk ° yi—kvjyi—kvt—j \\—kvJ gk — i-»-èi_1-(-- — ! at_%
b . -t V .
IH
Corollario I. Essendo Adx il tempo della (*+i) esima
salita, e Adx quello della corrispondente discesa, sarà Atx
= Adx ■+■ Adx , ossia
L ( Are. tang. rkvx + \ log. g£~ )
il tempo corso tra gli urtamenti x, (x-+- 1 ) esimi. Similmen-
te, per essere vx la velocità del corpo alla fine della discesa
x esima , sarà rvx , ovvero
rx-*-!v0 \/ llZi
Y t1— i-*-(r" — i ) r'^u1.
la velocità colla quale il corpo comincierà la salita (#-»-r )
esima . In ultimo
i , c + 4V('+>)
log.
ag*a B c + k'r'l'+'y
100 Sur, IIOTO DISCRETO DI UN CORPO, tìC.
sarà l'altezza, sopra il piano orizzontale, a cui salirà il cor-
po nella (x-ì-l ) esima salita.
Corollario II. Facilmente colla teorica del moto verti-
cale ascendente dei pravi ne' mezzi resistenti (*) e colle espo-
ste nell'antecedente Corollario, si trovano le due equazioni
seguenti
gkt x = Are . tang. k , 2,gk-s x = log.
■ rk^Vxiix i -*- k*u*x
nelle quali z^ , s'x , e t'x esprimono la velocità, lo spazio, e
il tempo corrispondente, per la salita (x-+- 1 ) esima . Simil-
mente, colla medesima teoria rispetto al moto discendente,
trovatisi le altre due equazioni
nelle quali u'x , s"x , t"x esprimono la velocità , lo spazio, e
il tempo corrispondente per la (.r-f-i) esima discesa.
Con queste quattro equazioni , insieme ai valori delle
quantità vx , sr , e tx trovate sopra, si conoscerà il moto del
corpo in un istante qualunque del tempo A^ , che passa
dall' urtamento oc esimo all' (x-+- i ) esimo .
Proposizione II.
„ Supposte le leggi del moto, come nella proposizione
„ antecedente, e dato di più una delle tre quantità, spazio,
„ velocità , e tempo , trovare le altre due corrispondenti , e
„ la distanza che avrà il corpo dal piano orizzontala .
Soluzionb . Primieramente sia dato lo spazio S .
Ponendo nella equazione 2,gk*sx == log. — — in luogo
C ■+■ K T
di 2.sx lo spazio dato S, ed x invece di a-; e poscia cavando
Yx' dalla risultante, si ha
(*) Questa teorica si può vedere al $. 204 del primo volume della Meccanica
del Sig. Professore Fenturoli .
Del Sic. Antonio Bordoni. 167
, log. [(c4Tai*)eriS- ci— a log. kr
a log. r
Se il numero ar' , così determinato, sarà intero, nell'i-
stante che il corpo avrà terminato di percorrere lo spazio
dato S , si troverà nel piano orizzontale , sarà trascorso il
tempo tx' 1 ed avrà la velocità tv, o zero, ovvero rvx< , se-
condo che si considererà prima o dopo la compressione, op-
pure dopo la stessa dilatazione .
Se poi x' sarà frazionario, per avere le stesse quantità,
si osserverà primieramente, se S eguaglierà, o sarà minore,
ovvero maggiore di zsni ■+- Asm , m esprimendo il maggior nu-
mero intero contenuto nell'a;'; e nel primo di questi tre ca-
si, il corpo troverassi distante dal piano orizzontale di As,„ ,
non avrà velocità , e sarà corso il tempo tm ■+• A0„, ; nel se-
condo sarà distante dal piano di S — zsm , avrà la velocità um
data dalla equazione
ZgK^S,,, = log. ,
ed il tempo decorso sarà t„, -+■ t'„, , t'm essendo determinato
mediante la equazione
pkt'm = Are. tang. k ? — .
1 "T" T K V mU m
Finalmente nel terzo caso il corpo sarà distante dal piano
orizzontale di SLSm-t-i — S, si moverà colla velocità u'm cavata
dalla equazione
ag^(awI-S) = log.-Ii^ll-,
e tm-ir Ad,„ -+-£",„ sarà il tempo decorso, purché t"m venga de-
sunto dalla equazione
agkt r„ = log — — .
I *~ /CU fu
Sia ora conosciuta la velocità V .
Sostituendo nella equazione, esposta anch'essa superior-
mente ,
vx = v0r* 1/ - -
V r1-i+(r"-i)r'ÌV,
1 63 Sur. moto discreto di un corpo, ec.
invece di x 1'/, e di vz la velocità data V; poi liberando
lo stesso y , liassi
log. Va( r» — i — r'J-'o',, ) — log. »%( r1 — i — r'PV )
y — 9
a log. r
espressione la quale potrà essere anch'essa intera o frazio-
naria .
Qualunque sia il numero /, il corpo si potrà trovare in
una qualunque delle m prime salite, come in una qualsivo-
glia delle corrispondenti discese , m rappresentando il mag-
giore numero intero contenuto nell'r; e però sarà
'°S- T777T ■> ° A*„ — J „= — -log.
la distanza che esso avrà dal piano orizzontale, 2.?n -w'„ , ov-
vero 2.Sp -+- As„ -+- s"„ Io spazio che avrà percorso, e
i ,• 7 rvh — V . „ i , ì-t-kV
t„-\ — -tArc.tang.k ■ -, oppure t„-t-AO„-l r'°g- TT7'
il tempo corso, qualunque numero rappresenti V n , tra i po-
sitivi, interi , e non maggiori del maggior numero intero con-
tenuto in y., cioè di ni. ... \..;,
Di più, se sarà v„, >V>ro„, il corpo potrà trovarsi nel
piano orizzontale, aver percorso lo spazio 25,,,, ed essere cor-
so il tjjempo tm , precisamente come nel caso di V = u„,;ese
sarà V = /•!»,„, ovvero rvm>> V>u,„_Hl , il numero ri contenu-
to nelle prime forinole sopra esposte potrà essere eguale an-
che ad ni maggior numero intero contenuto nell' y . Vale a
dire, nel caso di Y = vm il problema o la proposizione avrà
•xm soluzioni, e negli altri ( 2/» + 1); cioè tante soluzioni
quanti sono gl'istanti del tempo corso nella durata del moto
continuato nei quali la vel&ità del corpo eguaglia la data V.
In ultimo sia dato il tempo T .
Troveremo la velocità , lo spazio , e la distanza dal pia-
no orizzontale che corrispondono al tempo dato T, senza de-
terminare il valore della quantità posta invece di x nella e-
spressione di tz espresso pel tempo dato T stesso ; e sì vedrà
con ciò, come si possa scoprire il numero intero rappresen-
- tante
Del Sic Antonio Bordoni . 169
tante la stessa quantità , se essa è intera , o il maggior nu-
mero intero contenuto in essa , se sarà frazionaria , senza la
suddetta determinazione .
S'incominci a supporre x, cioè il numero delle salite o
discese uguale successivamente a o, i,a,3,ec. nella espres-
sione generale del tempo tx trovata nella precedente propo-
sizione, e si continui questa operazione, finché siasi trovato
un numero intero m, che renda la stessa espressione uguale
al tempo dato, cioè che dia t,„ = T ; e se ciò non sarà pos-
sibile, come succederà quasi sempre, si continuerà la stessa
operazione, finché se ne saranno trovati due contigui m, m-+-i ,
che sostituiti invece di x nella medesima espressione, diano
due risultamenti , tra i quali sia compreso lo stesso tempo
dato , cioè che diano tm < T < t„, .+. t .
Quando succederà il primo di questi casi, cioè che un nu-
mero intero m, renderà tn — T , il corpo alla fine del tempo da-
to T si troverà nello stesso piano orizzontale; e però la veloci-
tà si avrà immediatamente, col sostituire il numero stesso m
invece di x , o nella espressione di vx trovata sciogliendo la
proposizione antecedente, o io quella esposta nel suo Corol-
lario 2.0, secondo che si vorrà il valore della velocità, pri-
ma , ovvero dopo la compressione istantanea del corpo ; e Io
spazio sarà a,sm , cioè si otterrà sostituendo in luogo di x il
numero m nella espressione di zsx trovata anch'essa scioglien-
do la proposizione precedente .
Negli altri casi, dopo avere trovato i numeri w, 772-4-1,
si osserverà, se T sarà eguale, o minore, ovvero maggiore
di /;„,-+- Ad„r, e nel primo di questi casi, il corpo sarà distan-
te dal piano orizzontale di
Aj"*=;ilos
c-*-/fc»rara<""*,>'
non avrà nessuna velocità, ed avrà percorso lo spazio a^-t-As,,,;
nel secondo avrà velocità um data dalla equazione
TVm—Um
k ^rHnuni =tang.g*(T-*.),
Tom. XVII. aa
1 70 Sul moto discreto di un corpo , ec .
che desumesi dalla prima delle esposte nel Corollario 2,.0 del-
la precedente proposizione, e sarà distante dal piano orizzon-
tale di
t . 1 ■+■ r*k*v*m
s ,„ = 102;.
ed avrà trascorso tino spazio eguale a aj^-+-s'm . Finalmente
nel terzo ed ultimo caso, avrà, alla fine del tempo T, la ve-
locità u'„, che dà la equazione seguente
e2giT_/ 1-t-*a'M\ agi(f -A<? )
dedotta anch'essa dalla terza dell'accennato Corollario, sarà
distante dal piano di
j I — £V\,
Asm — s'm = — log. — — ,
ed avrà percorso lo spazio a, sm H- A*» -4- s"m .
Non aggiungo altre proposizioni di moto discreto retti-
lineo, persuaso che bastano le due trattate per indicare, co-
me si debbono trattare le altre : anzi fo qui osservare , che
la seconda delle medesime proposizioni, generalmente parlan-
do, senza alcun cambiamento notabile, si estenderà anche al-
le proposizioni delle altre specie di movimento di cui si par-
lerà in questa Memoria .
Del moto sopra di un poligono dato .
Proposizione III.
„ Data la velocità colla quale un corpo comincia a per-
„ correre, scendendo, il primo lato di un dato poligono qua-
„ lunque , tra quelli che hanno tutti gli angoli ottusi, co-
,, munque disposto nello spazio, trovare la velocità, ed il
„ tempo corso , quando sarà giunto alla fine di un lato qua-
„ lunque del medesimo poligono .
Soluzione . Sia OH ( Fig. 1 ) una retta verticale; . . . ABC . . .
il poligono a semplice o a doppia inflessione lungo al quale
Del Sic. Antonio Bordoni. iji
scende il corpo; BG = lx il suo lato (x-+- i ) esìmo; tx il tem-
po decorso nelP arrivare in B , e Atx nel percorrere BG ; vx
la velocità del corpo alla fine del lato AB , e vx^.l alla fine
di BC; in ultimo, sia 0X l'angolo che fa il lato (x-h i ) esimo
colla verticale, ed. ax quello che fa il medesimo lato col pro-
lungamento del suo antecedente, cioè <zr = GBM.
Rappresentando vx la velocità del corpo alla fine del Ia-
to AB, vx cos. ax esprimerà quella colla quale il corpo co-
mincierà a percorrere BG ; ma il moto secondo BG, essendo
il corpo grave , è uniformemente accelerato , adunque , colla
teorica conosciuta di questo moto si avrà
«Vi-i = %glx cos. @x -+- v\ cos.3ax , ossia
v*x+i — cos.2axz;2x = %glx cos. @x :
equazione la quale integrata colla regola colla quale s'inte-
gra qualsivoglia equazione delle differenze finite del primo
ordine e lineare, somministra (5-4°)
v\ = es log. «».»«;/ o _+_ .2gz L£2!_fi e -s iog. cos.2», \
\ cos.3ax /
nella quale Ga esprime la costante arbitraria, ed e la solita
base ; e perciò la velocità del corpo alla fine del lato x esi-
mo , cioè
Vx = eS log- c°s- »-l/ Ca -1- 3g2 - C°S" - e-S log. cos.3ar ,
V cos.*»»
Percorrendosi il lato BC con moto uniformemente acce-
lerato, si avrà, per ciò che si dimostra nella teorica ordina-
ria di questo movimento
«x+i =vx cos. ax-hg cos. 0xAtx ;
cioè la velocità alla fine del Iato (x-+- i ) esimo eguale a quel-
la colla quale ha cominciato a percorrerlo, più il prodotto
della forza acceleratrice, costante per tutto questo lato, mol-
tiplicata pel tempo corso nel percorrerlo; e però
a . *>*-+-i — ^i cos. a,
ossia
\t — eSloS-cos-"*H-. K./nk « kcog.ft. Vì
*±tx = . & 1/ G2 -+- aff2 e— a loS- cos.1»,
gcos.tì, V ° cos.aa.
172. Sul moto discreto di un corpo, ec.
ponendo in luogo di vx , e di vx+t i loro valori . Quindi in-
tegrando quest'ultima espressione di Atx relativamente alla x,
e trovando opportunamente l'arbitraria, avrassi il tempo cor-
so nell' arrivare in B, cioè il dimandato.
Nella soluzione presente abbiamo supposto tacitamente
cbe il poligono fosse nel voto, passiamo adesso a sciogliere
la stessa proposizione , nella ipotesi che esso sia in un mez-
zo resistente .
È dimostrato nella teorica del moto scendente dei gravi
ne' mezzi resistenti, che — nms = \og. - — — , esprimendo m
tj> — ma*
il nostro prodotto gk' ', ed s , <p , <z, ed w, al solito, lo spa-
zio, la forza acceleratrice costante, la velocità iniziale, e la
finale; adunque, supponendo s—lx, <p=-g cos./?*, «=UxCOS.as,
ed 11 = «w, ,
, , , COS. 6X — k'v^iCosSctx
si avrà 2,mlx = \os. • ;
COS. 6, — k'v*:,-,.,
cioè ordinando rispetto alla velocità vx , sarà
u Vw — e-am/* cos.aa^ax = ^^- ( 1 — e~2m^ ) :
k*
equazione la quale integrata colla regola anzi accennata , dà
immediatamente
2 log. e~m!*cos.ax //a., l Tr,(e*m!*—i)cos.6I — Slog.e- 2m * cos.2»*)
Y \ k* cos.'a, I
Aa esprimendo la costante arbitraria, la quale si determinerà
secondo le circostanze .
Nella teorica medesima del moto dei gravi, si dimostra
anche , che
V^» 1 (|/0-+-K|/m)(l/0 — cu/m)
?n<p = log. -i-^ - — - ,
(l/<fi-iH/m)(l/<fi-t.al/m)
0 rappresentando il tempo ; e perciò , supponendo in questa
equazione d = AtXÌ si avrà
,. , n , (l/cos. 6t-t-kvx^.l )(l/cos. 6X— kvzcos.at)
2,gkAtx\/ COS. 0a = log. f- -f- •
((/ COS.O* — KVx+l )((/ COS. 0x-*-kVzCOi. »«)
Quindi integrando il valore di Atx cavato da quest'ultima
Del Sic Antonio Bordoni . 173
equazione, ed estendendo l' integrale fra i limiti prescritti,
si otterrà il tempo dimandato tx .
Corollario i. Supponendo nell'ultima espressione della
velocità £ = o, cioè supponendo trascurabile la resistenza del
mezzo nel quale è posto il poligono, si ha
vx = e 2 los- cos- »-/A3H-2g ,
cioè un apparentemente indeterminato e di secondo ordine * e
però il valore dell'integrale, che diventa indeterminato in que-
sto caso, sarà eguale all'integrale finito del differenziale se-
condo del numeratore
( e»»»*, _ 1 ) cos. (ìx e -2 log. «?-*""* cos.3»* 9
diviso per quello del denominatore kacòs.aax, presi ambedue
questi differenziali rispetto alla k, e fatto poscia in essi k — o
($. So) : operazioni le quali eseguite danno
Sg = sg2 jC0Sa- ' e-2log.cos.*«j; e perciò
C06» tfj
t>x = e2l0g.C0S.«,l/A2_t_ag2Jl2£Ì_£; e-Slog.COS.Vr
V COS.'«x
come abbiamo superiormente trovato .
Corollario 2. Se il poligono fosse piano, e i lati e gli
angoli fossero fra loro eguali , e che il primo lato cadesse se-
condo la verticale OH, si avrebbe, mediante la equazione
(3x=:xa
vx = cos /a tr^'l/k* -4- £^Z1 2 cos-xa e™i*
r k2 cos.'a cos.**»
ossia facendo l'integrazione ancora semplicemente indicata
Vx = COS .xa e-ml*\/(k* -+- e'"'~ * . McoB.^-t-Nsen.jra «-* \
V \ k*cos.*a ' M't-N1 "'cos.3'»/'
e2"1' — cos. a „_ sen.a
supposto = M, e — — -eam/ = N.
cos.» cos.*a
Corollario 3. Ammesso che abbiano luogo simultanea-
mente le cose espresse nei due Corollari antecedenti , avrassi
P, = CQ8.*«l/7A»-t--ggL Mcos.r»--Nsen.s» \
V \ cos.a« M3-t-N» /'
essendo qui M = r~C05-a ? ed N =
sen. a
174 Sul moto discreto di un corpo, ec.
Corollario 4- Nel caso che il poligono fosse tutto in un
piano orizzontale, sarebbe /?x un angolo retto; e perciò
ux = Ae21oS-e~m,-cc°s-«i .
E se il poligono fosse, di più, nel vóto, o fosse trascurabile
la resistenza del mezzo, si avrebbe vx ss Ae s loS- cos- a* , ovve-
ro ( $. a8 )
vx = A cos.ax_, cos. a r_2 cos. «^—3 cos. a2 cos. ai cos.a0 i
di più se gli angoli fossero tra di loro uguali, quest'ultima
espressione darebbe vx = A cos .xa , cioè le successive velocità
v0 , vt , »a , . . . . Uj^ , yx_t , cx , . . . formerebbero una progres-
sione geometrica decrescente .
Osservazione i. Ommetto qui un Corollario simile al se-
condo della prima proposizione , ed altri quattro rispetto al
tempo analoghi agli anzi esposti per la velocità , perchè sa-
rebbero quasi una ripetizione di quelli, e passo invece a ge-
neralizzare la proposizione esposta, cioè ad indicare come si
possono trovare la velocità, e il tempo, nella ipotesi di qua-
lunque poligono e di qualsivoglia moto ordinario, lungo a
ciascun lato; tali però, come qui sotto suppongansi .
Qualunque sia il poligono dato, cioè sia a semplice, o
a doppia inflessione, rettilineo, o curvilineo, ovvero rnisti-
lineo, rappresentando colla lx la lunghezza del suo lato (x-t-i )
esimo, e colla f{d) una funzione del tempo 0, la quale sia
eguale allo zero con esso nel principio dell' (x -+• t ) esimo la-
to, e dia lo spazio percorso nel moto col quale il corpo per-
corre lo stesso lato , si avranno le due equazioni
colle quali si otterranno, siccome superiormente, i valori del-
la velocità vx , e del tempo tx .
Osservazione a. Conoscendo il poligono e la sua posizio-
ne, e però le espressioni del lato lx , e degli angoli a*, /?* ,
abbiamo veduto , come si possono trovare i valori e della ve-
locità vx e del tempo tx ; reciprocamente, conoscendo le es-
pressioni del tempo tx e della velocità vx , e di un' altra del-
Del Sic Antonio Bordoni. 170
le cinque quantità lx, ax, /?x contenute anch' esse nelle due
equazioni , che hanno servito per risolvere la proposizione di-
retta , troveransi facilmente le altre due . In generale , date
tre delle stesse cinque quantità, si potranno rinvenire, col-
le medesime equazioni , le altre due corrispondenti : anzi le
stesse tre quantità che le medesime equazioni lasciano inde-
terminate in modo tale, che il poligono ahhia qualche sin-
golare proprietà .
Osservazione 3. Volendo paragonare fra loro gli elementi
dei moti di due o più corpi , che percorrono un medesimo
poligono, ovvero poligoni diversi, che hanno tra loro dei
rapporti dati, coll'ajuto delle forinole esposte nella proposi-
zione anzi trattata, si potranno seguire le stesse regole, che
seguonsi in casi simili, quando i moti sono ordina rj ; ossia
quella che si seguirà nell'esempio seguente , esposto per ta-
le soggetto, la quale è particolare alla natura del moto di
cui si parla in questa Memoria .
Esempio. „ Quale distanza avranno due corpi, che per-
„ corrono lo stesso poligono rettilineo . . . ABC . . . ( Fig. 1 )
„ interamente posto in un piano orizzontale, quando il più
„ avanzato di essi sarà arrivato all'angolo x esimo B, essen-
do v , , v\ le velocità colle quali hanno percorso il primo
„ lato del medesimo poligono, ed m la distanza che aveva-
no quando il più avanzato trovavasi alla fine dello stesso
lato; e tale essendo il poligono, che il primo corpo non
arriva giammai alla fine di un lato qualunque, prima che
non sia arrivato al medesimo il secondo corpo .
Soluzione. Supponendo il primo corpo giunto all'ango-
lo a: esimo B, e il secondo in n, dx la distanza 11B cercata,
vx la velocità colla quale il primo corpo percorre V x esimo
lato AB, e v'x quella del secondo, sarà dx ', v'x il tempo cor-
so nel passare il secondo corpo dal punto n all'angolo x esi-
mo B; e perciò dx'.vx moltiplicato per la velocità vx-+-n os-
sia il prodotto dMvx+j '. v'x sarà lo spazio o porzione del lato
(x-hi ) esimo BC , che avrà percorso nel medesimo tempo
;■>
176 Sul moto discreto di un corpo, ec.
dx\v'x il primo corpo; quindi alla fine di questo medesimo
tempo sarà esso distante dall'angolo (x-+-i) esimo C, di
; s*
distanza o spazio , che percorrerà evidentemente nel tempo
espresso da
/x-f. , di
Ma in questo stesso tempo il secondo corpo percorre lo spa-
zio o porzione
( r)u^«
del medesimo (^+1 ) esimo lato BC ; adunque arrivato che
sia il primo corpo, ossia il più avanzato all'angolo (x-4-i )
esimo , la distanza di essi sarà eguale ad
*x-t-i —~ I r I v x-ì-i 3
e per tanto si avrà , fra le funzioni incognite dx , dx-*-t di-
mandate , la equazione
Wj+i ~ ~ lx-*-i — ( " ~r I v x-t-i 9
la quale si riduce evidentemente , col Corollario ultimo del-
la proposizione anzi esposta alla seguente
_ s. vt—v , ,
Oxh-i — COS.ag(7a= "■ *g-+-i »
che integrata dà ( §.. 40 )
§ __g21og.cos.ax /g^. ______ 2 **"'' e — Slog.cos.a^X ^
\ i;, cos.a* /
B rappresentando la costante arbitraria introdotta dalla inte-
grazione, la quale si determinerà col soddisfare, con essa,
alla equazione data dt = m .
Del
55
Del Sic. Antonio' Bordoni. 177
Del moto sulla superficie di un poliedro dato .
Proposizione IV.
„ Determinare le quantità dalle quali dipende la cono-
scenza sì geometrica che meccanica dello stato di un corpo
obbligato a scorrere sopra la superficie di un dato poliedro
di faccie piane , conoscendo le equazioni delle successive
faccie del medesimo poliedro nelle quali trovansi i lati del
„ poligono che descrive il corpo, e la grandezza e direzione
„ della velocità colla quale comincia a moversi sulla medesi-
„ ma superficie, supposto che non sia stimolato da veruna
„ forza acceleratrice .
Soluzione. Siano «(*), j(r), e z(x) le coordinate di un pun-
to qualunque di quel piano di cui è porzione la faccia del
poliedro nella quale vi è il lato x esimo del poligono descrit-
to dal corpo ; »(*+"0, yi*-*-1) , e z(*-*-1) di quel nel quale vi è
la faccia in cui trovasi il Iato (1+1 ) esimo; e
zi1) -+- Axu(x) ■+■ Bxy(x) ■+- Cx == o ,
z(*-h») _h a^mC*-»") ■+- Bx+Sy<*-*-') -f- CU-i = o
le equazioni dei piani medesimi , Ax , Bx , e Cr rappresen-
tando i tre soliti parametri, in questo caso funzioni conosciu-
te della x, dai quali si fa dipendere ordinariamente la posi-
zione del piano rispetto a tre assi ortogonali .
Similmente, siano b/"','//'1 le coordinate di un punto
qualunque della projezione , sul piano delle coordinate u, y
della retta nella quale si trova il lato x esimo del poligono
che descrive il corpo; u^'1 ,yll"h'ì quelle della projezione di
quella retta nella quale vi è il lato seguente ; ed
le loro equazioni , a, , e /?x esprimendo due funzioni incogni-
te del numero x, dalle quali dipende, evidentemente, la co-
noscenza dello stato geometrico del corpo .
In ultimo,
z ■+■ Mxu ■+- Nx/ ■+■ P , = o
Tom. XVII. 23
iyo Sul moto discreto di un corpo, ec.
sia la equazione del piano che passa pel lato x esimo del po-
ligono suddetto, perpendicolarmente alla faccia del poliedro
nella quale vi è il lato (x-¥- i ) esimo dello stesso poligono;
cioè li suoi parametri Mr , Nx , e Pr abbiano le relazioni es-
presse dalle seguenti equazioni
Mx — Nxax -t- Bxax — A* = o ,
P, — NXl5, -+- BJX — Cx = o ,
i -+- Mx a*-»., -+- N^Bx^., = o .
Se la velocità che ha il corpo alla fine del lato x esimo
del poligono che esso descrive, cioè nell'istante che urta nel
piano della faccia del poliedro nella quale vi è il lato (#-+- 1 )
esimo del poligono stesso, si scompone in due, una perpen-
dicolare e l'altra secondo il piano medesimo, la prima di que-
ste componenti sarà interamente distrutta dal piano stesso,
e la seconda sarà quella colla quale continuerà il movimen-
to, descrivendo il lato ( x -h i ) esimo : e siccome la direzio-
ne di questa componente cade nella intersezione dei due pia-
ni espressi dalle equazioni
z^l) + AI+t u^' > +■ K+y~-'> + CJ+=o,
z -+- Mxii -+- Nxy -+- P* = o ,
per cui ha per projezione sul piano delle coordinate u, y una
retta avente per equazione
J B^.-N, BIH_,-N, ' y
la quale risulta eliminando l'ordinata z dalle due anteceden-
ti : così , quest' ultima equazione , che rappresenta la proje-
zione della direzione della velocità , sul piano delle coordi-
nate u,y, colla quale il corpo percorre il lato (x-t-i) esimo
del poligono che esso descrive, dovrà coincidere colla equa-
zione supposta del medesimo lato, cioè colla seguente
7,(*+,,-+-a,+ 1w/*',"') -»-/?,+, = o ; e perciò sarà
<*,+. = - — « e 0X_
Vale a dire fra le cinque funzioni ancora incognite M, ,
N* , P* , ax , e Qx si avranno le cinque equazioni seguenti
Del Sic Antonio Bordoni. 179
Mi — Nxccx ■+- Bxax — Ax = o ,
Px — Nx/?x-t-Bx/3x — Cx = o,
1 -+- M.Art., -+- NxB^ = o ,
Mx — AXH-i -1- ( Bx^_, — Nx ) aXH.t = o ,
Nx — C^, ■+- ( Bx+t — N, ) &_, = o ,
colle quali si potranno esse determinare .
Ponendo nella terza e quarta di queste equazioni in luo-
go della Mx il suo valore desunto dalla prima di esse, si ot-
tengono le due nuove equazioni
A ( Bxax — Ax ) — NxA<xx = o ,
1 -+- AxAx_h, — BxBXH-iaz -+- ( Bx -+- Ax^.,ax ) Nx = e ;
e da queste eliminando la Nx, ed ordinando rispetto alla ax
la equazione risultante, hassi la sola equazione delle diffe-
renze finite seguente
<B)....Ai^.,AB,«JaI^.,-t-(AxA^t.I-t-B:'»^.I-+-r)a;t^.1— (Aax+I-4-BIBI+I-t-i)a»— BI^.IAAI=o
dalla cui integrazione dipende attualmente il valore della fun-
zione ax .
Per integrare quest'ultima equazione, suppongasi
ax = £x — ■
Ax^AB*
|x esprimendo una nuova funzione incognita , e si avrà
i+AA+.+BV, i-+-Aax_t.I-t-BxB,+ I ,
supposto -H — ax, e
B^.AAx ( AxAx-n, -+- BaTH., + i)( A» ,.4-, -+- BA^, -4- 1 ) _
Ax+,ABr " ("i^AE;)'
la quale dà immediatamente
bx «X-t-I
«J
->x_0
^-a*"*— T— 3
5 I
Quindi l'integrale completo della equazione (B) sarà
i + A,A,+, + B'I+, , e,_,
«* = : 77, + »i-i+j — ~ «aa
Ax+ , ABX ««- , ■+■ j — e,- ,
d^y—e,
£, esprimendo la costante arbitraria .
l8o Sur. MOTO DISCRETO DI UN CORPO, eC.
Dalle medesime cinque equazioni desumonsi anche i va-
lori delle altre quattro funzioni Mx , Nr , (ìx , Px ; cioè
Mx = A* — Bxax -+- — A ( Bxax — Ax ) ,
A»,
lyr A(Bxa* — A.,)
/ AC v ,nr B'-h,-N,\ v. B.-N,
px = a ■+- ( n« — bx ) /?x ,
F esprimendo una nuova costante arbitraria introdotta da una
integrazione eseguita di una equazione lineare di primo or-
dine .
Le costanti f; , ed F introdotte dalle integrazioni , de-
termineransi col soddisfare, con esse, alle due condizioni es-
presse nel dato della proposizione; cioè che il corpo parte
da un punto dato di una faccia del poliedro, vale a dire di
quella nella quale trovasi il primo lato del poligono che esso
descrive ; e che dirigesi secondo una retta di direzione , pu-
re data .
Ponendo nella equazione
r/r) ■+■ axuf> -+- $x = o
invece delle funzioni ax , /5X i loro valori trovati sopra , ot-
terrassi la equazione della projezione sul piano delle coordi-
nate n,y, del lato a; esimo del poligono che descrive il cor-
po, la quale combinata coli' altra della faccia a; esima del po-
liedro , cioè colla
zW -t- A^M -+- Bx/W -t- Cx = o ;
ovvero combinata colla seguente
ZM .+. ( Ax — Bxax ) »W — BJX -t- Cx = o ,
che risulta eliminando la _yw dalle due antecedenti, darà la
posizione del medesimo lato x esimo del poligono descritto
dal corpo .
Chiamate ux , yx , e zx le tre coordinate del vertice del-
l'angolo formato dai lati x , (x-¥- i) esimi del poligono sud-
detto, avransi, fra esse, evidentemente le tre equazioni
Del Sic Antonio Bordoni . fSi
yx -t- axux -+- fx = o ,
Jx -+- «jm-jH* ■+- /?x-HI = C ,
zx -+- ( Ar — Bxa, ) — Bx(ix -+- C , ss o ,
le quali danno ut = ,
A«x
yx — ,
_ A,Aft, — CA»,, -+- B. ( 6 rag, — a^S, )
Zx ~ aZ '
per le coordinate del vertice dell'angolo sopradetto.
Ora , conoscendosi le equazioni dei vertici degli angoli
del poligono che descrive il corpo , cioè le così dette equa-
zioni del medesimo poligono, e perciò il poligono stesso; e
pel dato della proposizione, conoscendosi la velocità colla qua-
le il corpo descrive il primo lato del medesimo poligono, fa-
cilissimamente colla proposizione antecedente si determine-
ranno tutte le altre quantità dalle quali dipende la conoscen-
za completa dello stato del corpo ad un istante qualunque
del suo movimento .
Osservazione. Se i piani delle faccie del poliedro nelle
quali vi sono i lati del poligono descritto dal corpo, fossero
perpendicolari al piano delle coordinate Sf,'jy, od a quello del-
le u , s, si avrebbe nel primo caso A.r = o , e nel secondo
Br = o; e però la equazione (B) delle differenze finite, tro-
vata superiormente , diventerebbe
( i -+- B2*-,., ) cJ+1 — ( BsBx-h, -+-I ) aa = o , od
( i -+- AxAx-,-, ) ttxH-, — ( i -t- A^h-, ) ax = o ,
le quali sono integrabili colla stessa regola colla quale s'in-
tegrano tutte le equazioni del primo ordine lineari (§-4°)-
Esempio . Le faccie del poliedro nelle quali vi sono i la-
ti del poligono descritto dal corpo siano perpendicolari tutte
al piano delle coordinate u,z sopra i lati del poligono equi-
latero inscritto in un cerchio avente il centro nella origine
delle coordinate, e per raggio r, e di cui cadaun lato sot-
tenda un arco, della circonferenza del medesimo circolo, di
i8ì Sul moto discreto di un corto , ec.
gradi a ; cioè sia
. , A oos. xa , , sen. a
A sen. ara Ascn.xa
la equazione del piano della faccia del poliedro nella quale
trovasi il lato x esimo del poligono che descrive il corpo, e
si avrà
A co», xa _ ~, seti, a .,
Ax = , B, = o , e Cr = — r ; e perciò
Asen.xa Asen.ra
i-hA^A^^., = 2(1 — cos. a) cos. a : Asen.ax-Asen.(ar-4-i )a, ed
1 +Aa^, = a( 1 — cos.a) I ( Asen.(#-»- 1 Y .
Quindi la seconda delle ultime equazioni qui sopra esposte,
diventerà , in questo caso ,
Asen.(x-t- 1 )a
«,.,-, ; «r = O ,
cos. u 1 sen. xa
la quale integrata , colla regola sopra accennata , dà
ax ■=■ T ; cos.xaAsen.xo,
T esprimendo la costante arbitraria .
Ommetto alcune altre osservazioni rispetto alla equazio-
ne (B) , perchè sarebbero relative a dei casi particolarissimi
della proposta proposizione: come pure, tralascio di trattare
la proposizione medesima nella ipotesi che le faccie del po-
liedro sieno superficie qualsivogliano , ed il moto in ciascu-
na di esse qualunque, ordinario, o discreto esso medesimo;
giacché pochissimo potrei sviluppare la sua dichiarazione ,
nello stato attuale della analisi , abbracciando questa gene-
ralità .
Del moto semilibero .
.
Un corpo che si move liberamente urti in una linea o
in una superficie data per cui sia esso obbligato, continuan-
do il movimento, a moversi ancora liberamente, ina con un
altro moto della medesima o di diversa specie dell'antece-
dente ; di nuovo , dopo un certo tempo , urti altrove nella
linea o superficie già urtata, o in un'altra differente, e ve n-
Djll Sic. Antonio Bordoni . t83
ga obbligato nuovamente a moversi con un altro moto della
stessa natura, o di natura diversa dalle due precedenti: e
così continui indefinitamente il suo moto .
Il moto di questo corpo, il quale dipende evidentemente
dalle linee o superficie urtate di mano in mano , senza per-
correrle, lo chiameremo semilibero . Ed incomincieremo a par-
lare di esso colla proposizione clie qui segue , la quale fu
trattata già da altri , e particolarmente da Francesco M. Za-
notti per via sintetica, e dal Sig. Luigi Forni per via anali-
tica, ma sempre però nella ipotesi che il corpo fosse perfet-
tamente elastico, e che il moto si facesse nel vóto, circo-
stanze le quali rendono sì facile la soluzione di essa , che
sembra allora di tutt' altra natura.
Proposizione V.
„ Trovare la velocità colla quale un corpo di elasticità
,, imperfetta percuote un lato qualunque di un poligono da-
,, to posto in un piano orizzontale, l'angolo d'incidenza, la
,, posizione del punto della percossa, ed il tempo corso, co-
,, noscendo queste quattro quantità pel primo Iato ; e sa-
„ pendo che il corpo è stato riflesso dal primo lato contro
„ il secondo, dal secondo contro il terzo, da questo contro
„ il quarto , e così di mano in mano da un lato contro il
„ suo seguente ; e che tutto è succeduto in un mezzo resi-
,, stente .
Soluzione . Sia . . . ABC ... il poligono dato ( Fig. a );
AB = lx , BG = lift , . . . i suoi lati x , x •+■ I , . . * esimi ; B
V x esimo angolo; E il punto della percossa x esima, e D del-
la (x-+- 1 ) esima; tz il tempo corso nell' arrivare in E, e AtT
quello decorso nel percorrere ED; sx Io spazio trascorso dal
principio del moto, ossia dalla prima percossa, sino in E,
e però Asx = ED ; vx la velocità alla fine del lato x esimo EF
del poligono che descrive il corpo , ossia la cercata , e vx+i
quella alla fine dell' ( x -+- 1 ) esimo Iato dello stesso poligono;
i84 Sul moto discreto di un corpo, ec.
AE = /?r , BD = /?,+., . • .; il poligono EAF . . . sino a tutto
il primo lato del medesimo poligono dato uguale a cr ; ax ,
ai+i , . . . finalmente, siano le tangenti degli angoli B,G,...
del poligono dato, ed ax , arH_t . . . quelle degli angoli d'in-
cidenza dimandati .
Benché in questa proposizione siano molte le quantità
incognite, nulla di meno, la sola tangente dell'angolo d' in-
cidenza è quella tra esse, che abbia colle quantità cognite,
un immediato rapporto, \\ quale sia indipendente dalle altre
quantità incognite; e per questo, comincieremo la soluzione
colla ricerca della espressione generale dell'angolo d'inciden-
za dimandato, cioè della sua tangente.
Essendo la somma degli angoli BED„ EDB, DBE eguale
a due retti, sarà la tangente di uno di essi, per esempio di
EDB eguale a meno quella delia somma degli altri due; cioè
tang.EDB=(tang.BED-Htang.DBE):(tang.BEDtang.DBE-i);
e sostituendo ax , rox , ed oJ+I invece di tang.DBE, tang.BED,
tang. EDB, ed ordinando la equazione risultante rispetto al-
la Ox , si avrà
(C) . . . . raxQxQx+x — nx^.l — rax — ax = o :
equazione la quale integrata, darà la espressione della tan-
gente di un angolo qualunque d'incidenza, esprimendo essa,
come si vede, la relazione fra le tangenti di due di questi
angoli tra di loro contigui .
Per avere l'integrale della equazione (C), supponghiamo
0, =
5
esprimendo la ax una nuova funzione incognita, ed avremo
axo.,+l — kxax — Br = o ,
supposto r a^^B., , ed = Ai , la quale equa-
ax n,
zione dà
ax — Ax_, -t — — , ovvero
a,
Del Sic Antonio Bordoni. iQ<Ì
a0 rappresentando una costante arbitraria . Qui ndi sostituen-
do questo valore della ax nella espressione a" si avrà
(3x~
A0H-f2
integrale completo della equazione (C); ossia espressione ge-
nerale della tangente dell'angolo d'incidenza .
Onde determinare la costante arbitraria a0, nella ipotesi
a-mmessa, che si conosca cioè il valore di o0 -, facciasi x = o
in quest'ultima equazione, e si avrà o0 = — — — ; e perciò
«o = r H .
a.
Corollario i. Se tutti gli angoli del poligono dato fos-
sero eguali fra di loro, sarebbero eguali ancora le loro tan-
genti, per cui tanto ax , quanto Ax e Bx sarebbero costanti;
e pero ax ==
— r-f-A-t-- — B
A-f- —
A-
A-
continuando la frazione continua sino alla x esima divisione.
Quantunque si possa avere l'integrale della equazione (C)
nella ipotesi attuale, collo stesso metodo col quale si ha in
generale , come vediamo , nulladimeno espongo il seguente ,
per averlo senza il soccorso delle frazioni continue , e con
una espressione composta di pochi termini finiti ,
Tom. XVII. a4
1 86 Sul moto discreto di un corpo, ec.
Supposto c?x=/x-H^5 rappresentando yx una funzione,
e (i una costante ambedue incognite, si avrà
rayxyx+l-*-{ra(}-i)yx+i-*-{raP-r)yx-*-ra8--(r->-i){ì—a=o, ossia
rayxyx^.l -+■ ( rd§ — i )j*-»-i -+- ( rafì — r )yx = o ;
purché si determini il valore di (i colla equazione di secon-
do grado seguente
ar r
Ma la equazione in yx ha la forma di quella , che ci diede
la velocità nella prima proposizione , e che integrammo col-
la supposizione di /x = — ; adunque anch'essa sarà integra-
bile colla medesima supposizione. E di fatto, supponendo
jx = — , essa si cambia in un' altra equazione lineare, la qua-
le integrata colle regole note ( §. 4° ) •> dà immediatamente
„ / arfS—i \x ar r\ • 1 •
zx = C[ 1 H Quindi
\r — arti f r — 2.aro-t-i
n { _ / arg—i \x ar ì
(,)x = $ +i: c — - ) h — > ,
( \r — arC/ r — 2.ar6-i-i )
C esprimendo la costante arbitraria introdotta dalla integra-
zione della equazione in zx , la quale facilmente si determi-
na, nella ipotesi, che si conosca o0 , come sopra.
Corollario a. Considerando successivamente gli angoli di
alcuni poligoni, e collo stesso ordine come si succedono nel-
la figura, accade, che dopo un determinato numero, ne se-
guono altrettanti, eguali ciascuno agli antecedenti, cioè il
primo di questi eguaglia il primo di quelli, il secondo egua-
glia il secondo, il terzo il terzo, ec; a questi ne seguono
di nuovo altrettanti che hanno tanto coi primi , quanto coi
loro antecedenti la stessa proprietà, e così di mano in ma-
no: dimodoché la serie degli angoli, in questi poligoni , non
è che una ordinata ripetizione dei primi .
In tutti i poligoni nei quali ha luogo questa proprietà,
tra i quali evidentemente avvi il ramo estesissimo dei chiusi
Del Sic Antonio Bordoni . 187
o rientranti , si può avere la espressione generale della tan-
gente dell'angolo d'incidenza col metodo che segue, il qua-
le è assai più breve del generale , esposto superiormente .
Sia il periodo degli angoli del poligono dato composto
di n di loro , cioè sia
a0=an=aa„=ec.,aI=a„^.,=aan-t-i=ec.,....fln_I=«2??_1=«,n.j=ec., e sarà
A0=A„=A2n=ec, A,=A„^.I=Aa«-(-i=ec., ....An_]=A2„_i=A3n.,=ec..J e
B0=B„=B2„=ec, BI=BnH.,=B3„^.I=ec.,....B„_I=B2n-I=B3„_1=ec.;
e perciò, supponendo x = i?i nella espressione di ax trovata
sopra, i esprimendo un numero intero qualunque, avrassi
. B„_,
ain = ii„— 1 H — ; b„_
A„_,
A,+ , ° B„_,
A»— "+-A — B,_,
A„_,-+- -=A
E considerando a funzione del numero dei periodi indicato
colla i, i quali precedono l'angolo che ha per tangente «,„,
. B„_,
si avrà a, ■ = A„_j -1 B
A„_,-+- -2=s
Quindi facendo sparire la frazione continua, otterrassi , tra
a, , ed «,_, una equazione della forma
Moc,a,_, -+- Na, -+- Pa,_, -+■ Q = o ,
la quale è integrabile colla supposizione , già usata , di
ai = /? h , essendo qui pure tutti i coefficienti M, N, P, Q
quantità costanti .
L'integrale della ultima equazione ci darà i valori di a, .
ossia di ain ; e perciò della tangente <ox corrispondenti ai va-
lori o, ri, ara, 3re , „ . . . della x, cioè con essa conosceransi
le espressioni delle tangenti degli angoli d'incidenza corri-
spondenti ai primi dei successivi periodi degli angoli del po-
ligono dato ,
j 88 Sul moto discreto di un corto, ec.
Ora per avere le espressioni di tutte le tangenti degli
altri angoli d' incidenza, cioè di quelli che corrispondono agli
altri angoli dei periodi anzidetti, supponghiamo nella espres-
sione generale della a, , trovata nel principio dì questa solu-
zione, l'indice x eguale ad iii-+-m, m esprimendo un nu-
mero intero qualunque fra quelli minori di ri ; ed avremo ctìn-t-m.
eguale alla quantità
AB/I T
"<— "+- 7 Bm-3
la quale è affatto conosciuta. Adunque, intendendo colla l
il numero dei periodi suddetti, e colla coin-*-m la tangente
dell'angolo d'incidenza corrispondente all' m esimo del perio-
do ( i -+- i ) esimo ,. avremo cnn-+-m = — b,-.
— r-*-A,„_ , -+- — - B.7, —■>,
Avi— 2 -I :
cu
purché la funzione a, sìa desunta dalia equazione trovata
qui sopra .
Corollario 3. Se tra le successive tangenti ax , «n-, re-
gnasse la equazione rax = aI+I, ovvero fosse (§. 39) ax=.crx ;
cioè le tangenti dei successivi angoli del poligono dato for-
massero una progressione geometrica avente per primo ter-
mine c=fl05 e per ragione la r, sarebbe Aj=o, e Bx=r2(c-+-carax);
m p
e perciò ax = r~-
5
i- - B,_,B,_ B.B.
a0
vaie a dire , nei caso di x pari at = ■ r~" z~3 3 '
B,_2B.T_, BaB0
nel caso di x dispari ax = - — . _ •
Bi_aB^_4 B3B, «„
e perciò i valori corrispondenti della tangente ox cercata sa-
ranno i seguenti , cioè
Del Sic. Antonio Bordoni . ioq
, ( (n-car:"-s)(i-1-tir^-«) (i+fV6)(i+cVa) )
pel caso di x pan ax—crx[< — rH — o.j> -,
,. ,. . !>.< (n-eV'^Xi+cV1'-6) (n-cM)(n-c>) 1 ?
epe! caso di x dispari ox=cr .<— rn — — — — — — — (
Osservazione . Se tutti gli angoli del poligono dato fos-
sero retti, sarebbe V ax infinita, ossia — =0; e però la e-
quazione (C) , ovvero
rfJjO^+i — ( o x -4- rox ) 1 = e
«.r
si ridurrebbe alla seguente rcdxOx-^t — 1=0, la quale dà
rox^.sox^., — 1=0; cioè ox = ox^.^; vale a dire tutti i valori
della tangente ox corrispondenti alla x pari eguali fra loro,
come pure tra loro eguali quelli che corrispondono ad x di-
spari; ciò che è singolare, avuto riguardo alla elasticità im-
perfetta del mobile .
Trovata la espressione generale della tangente dell'an-
golo d'incidenza, passiamo a cercare quelle delle altre quan-
tità incognite contenute nella proposizione .
Qualunque sia il poligono dato, e qualunque sia il rap-
porto della elasticità del corpo alla percossa , si ha sempre
BE : BD : : seni BDE : sen. BED , ossia
h~Pxl@x+\Y.<p&>x-¥* !^ra.T, supposto ax\ /(M-o^j^y,,; e perciò
Px-t-i -+- Px — -7 h — o :
equazione la quale integrata colla solita regola generale dà
il valore di @x .
La costante arbitraria che conterrà questo valore di /?*,
si determinerà, soddisfacendo la condizione, che è data la
posizione del punto , ove è accaduta la prima percossa .
Essendo Acx = /I-^I+(?I + IJ sarà cx = A -+- (3x -+- 24 ,
A esprimendo la costante arbitraria, la quale determinerassi,
conoscendosi , per ipotesi , la posizione ove è stato percosso
il primo lato; cioè come si è determinata quella contenuta
nella 0X . Adunque conosciamo cx , e però la posizione della
percossa x esima .
jqo Sul moto discreto di un coiipo , ec.
11 triangolo BDE dà DE=/(BDM-BEa— -BD.BE cos.B),
ossia ^=|/j(/^ft)»+^,- aft+i(/.— ^.):/(i ■*■**.) i'5
e perciò lo spazio percorso dal corpo , cioè
Si^Si/P^PxY-^P*^— Zollar- Ps) I [/( l-Hlax)\-hB .
Colla teorica del moto ordinario dei corpi che si mova-
no nei mezzi resistenti sopra di un piano orizzontale, si tro-
vano le equazioni
u = aé—6k*' , gk*s = log. ( i ■+fgkad ) ,
nelle quali, a esprime la velocità iniziale, ed s ed u lo spa-
zio e la velocità alla fine del tempo 6; e perciò, se in esse
supporremo s = AsXÌ d — Atx, u = vx+, , ed
a = z^L/(cos.aAEF-t-rasen.aAEF), ossia — vxi/ I "^ ° j ■>
avremo le equazioni tvt-i — e~ el'&s*t/ l— — 7~)Vx=z;( '. »
colle quali si determinerà la velocità, ed il tempo, che so-
no le sole quantità ancora incognite .
Integrando la prima di queste due ultime equazioni , e
determinando la costante arbitraria introdotta dalla stessa in-
tegrazione, soddisfacendo la condizione s0 = e , si ha
-— /(^)fe) (^f)(^)'
E la seconda delle medesime dà
la costante arbitraria D si determinerà secondo le circostanze ,
Proposizione VI.
„ Un grave di elasticità imperfetta scagliato secondo la
„ retta OE , che non è verticale , descriverà un arco para-
„ bolico OSF ( Fig. 3 ), e giunto nel punto F, percuotendo
„ il piano immobile Oz , ed essendo riflesso, descriverà un
,,
Del Sic Antonio Bordoni. iqi
„ secondo arco parabolico FTG , arrivato alla fine del quale
, di nuovo percuotendo, ed essendo riflesso dallo stesso pia-
no, ne descriverà un terzo; e così continuando il suo mo-
vimento, per la velocità di riflessione, alla fine dell'arco
parabolico # esimo, che tempo sarà corso, con che velo-
cità ed angolo d'incidenza percuoterà il piano immobile,
ed in qual punto, essendo n l'angolo che fa lo stesso pia-
no colla verticale, v0 la velocità di projezione, ed a0 l'an-
„ golo che fa la direzione di questa velocità col piano me-
desimo .
Soluzione . I/?zH sia V(x -+- i ) esimo arco parabolico de-
scritto dal corpo; tx il tempo cercato, cioè il decorso nelP
arrivare in H; sx la distanza OH;/?* 1' angolo d'incidenza cer-
cato, AHO, ed c^ quello di riflessione corrispondente; ux la
velocità d'incidenza, e vx la corrispondente di riflessione;
£e-w -, Ji+u ec. siano per la percossa (x-jr i ) esima, ciò che
sono tx , sx , ec. per la x esima .
Potendo incominciare la soluzione di questa proposizione
colla ricerca di una qualunque delle quattro quantità tt , ux ,
0X , sx dimandate, comincieremo con quella dell'angolo /?r ,
per risparmiare, di preparare alcune formole , approfittando
di altre , che si conoscono nella teorica ordinaria de' proiettili .
Facilmente colla teorica de' projettili si trova
tang. /?*.+., = ,
i + a cotang. n tang. a*
e con quella della percossa obbliqua dei corpi , che non so-
no dotati di una elasticità perfetta, che tang.aJCH_,=rtang./?lM.,;
e però sarà
r tang. ar
tang. «;_,_, = ■ 2 — ;
I -H 2 cotang. » tang. a*
e facendo sparire la frazione, e supponendo cotang. n =z a,
tang. ax = or , ed ordinando, si avrà, tra le tangenti degli
angoli di riflessione, contigui, ar , aI+I, la equazione
artico*-,-, -H ox-»-i — rax = o ,
la quale integrata , ci darà il valore della tangente os del-
K)± Sul moto discreto or un corpo, ec.
l'angolo di riflessione x esimo, ossia corrispondente a quello
d'incidenza dimandato.
Per integrare questa equazione , la quale di poco diffe-
risce da quella della prima proposizione, che ha servito per
avere la velocità, supponghiamo , qui pure, ax = — , ed a-
y*
vremo la equazione
I 2.O.
che integrata, colla solita regola generale a tutti nota (5-4°)?
dà yx = , e rappresentando la costante arbitraria; e
perciò ox, ossia
(r-i)r'
tang. aÀ
Egli è facile la determinazione dell'arbitraria e, poiché
pel dato della proposizione conosciamo l'angolo EChr, e per-
ciò ancora la sua tangente «0 ; e colla equazione anzi trova-
ta, tatto in essa ,t = o, liassi «0 = ; quindi e—
Ponendo questo valore dell'arbitraria e nella espressione
trovata di ox , si ottiene ax , ovvero tang.ax =
ma la tangente dell'angolo d'incidenza fix è eguale a quella
dell'angolo di riflessione ax , divisa pel rapporto r della ela-
sticità alla percossa, cioè tang. @x = — tang. ax ; adunque
tang. 0,==
r
o0(r— i );■"-
t — i -t-3,ao0 (rr — i )
espressione che fa conoscere l'angolo cercato @x, mediante
la sua tangente .
Abbiamo trovato il valore della tangente di $x , qualun-
que sia la inclinazione del piano immobile all'orizzonte, e
qualunque sia il rapporto della elasticità del corpo alla per-
cossa: cosi si potrebbero trovare anche i valori delle altre
tre
Del Sic. Antonio Bordoni. io, 3
tre quantità sx , tx , ux conservando nei due suddetti elementi
la medesima generalità; ma siccome alla fine di questa Me-
moria si tratterà una proposizione di moto semilibero, di cui
la presente , come vedrassi , non è che un caso particolare ;
per ciò ci limiteremo per ora a trattare estesamente i due
casi seguenti, cioè; primo, che il piano immobile sia oriz-
zontale, ed il rapporto della elasticità del corpo alla percos-
sa qualunque ; secondo, che il piano sia comunque inclinato
all'orizzonte, ma il corpo dotato di elasticità perfetta.
Primo C a so .
L'ipotesi che sia il piano 0-; ( Fig. 3 ) orizzontale, dà
cotang.ra, ossia eguale a zero; e però le espressioni generali
delle tangenti degli angoli ax , l3x trovate, diventeranno, in
questo caso, Oor* , o0rx~ ' ; cioè tanto le tangenti degli angoli
d'incidenza , quanto quelle degli angoli delle riflessioni, for-
mano una progressione geometrica, la quale ha per ragione
il rapporto della elasticità del corpo alla percossa .
Essendo per la medesima ipotesi vx = ux-r-i, e per quel-
lo che accade nella percossa obbliqua dei corpi di elasticità
imperfetta vx = ux j/( cos.*j3x -+- r- sen.*^ ) , sarà
ux^.l — ux |/( cos.2£c -+- >-3 sen.3^ ) = o ;
ossia sostituendo in luogo di cos./?x , e di sen.^x i loro va-
lori, desunti da quello della tangente del medesimo angolo,
si avrà
ux^.l-uxt/l *~*~° °r^ì=o, ovvero Alog.»g=Alog4/([H-oVar~a);
e però integrando
ux = B j/( i -f- o V31-2 ) j
B esprimendo 1" arbitraria introdotta dalla integrazione: così
sarà
vx = Bl/( i-h©V" )•
Onde trovare l'arbitraria B, facciasi x = o nella equa-
zione vx = B|/( i -+- oV3r ) e si otterrà va = B|/(n-o5o);
Tom. XVII. a5
ìqA Sul moto discreto di un coltro, ec.
cioè B = v0 cos. a0 . Quindi la velocità d'incidenza cercata
sarà
v0 cos. a0 1 /( i -+■ o^r3*- » ) ; e v0 cos. a0 j/( i -t- aV2r )
quella di riflessione corrispondente.
È dimostrato nella teorica del moto de'projettili , che
l'ampiezza HI eguaglia — vxsen.ax, e che il tempo corso
6
nel descrivere l'arco IwH è eguale a — vx sen.a*; sarà adunque
g
Ast = — vz sen.ar , e Atx =— vx sen. ax ;
g g
cioè ponendo in luogo di vx, sen.ax i loro valori Bj/( i -f-«V" ) '
o0rx : j/( i ■+- « V21 ) , si avrà
A<r, = ^— ^. rv , e Af, =tJl rr ; e perciò ( $. 2,7 )
_ aBao0 rr— 1 _ 2Ba„ r* — i
r — 1
SI
essendo , per ipotesi , s0 e t0 ambedue eguali a zero .
Corollario i. Per essere [/( 1 H-oV2* ) = 1 : cos. a,
avrà vx = B : cos. a* , ossia »* còs. ar = B ; e però w.r cos. a»
= v0 cos.a0\, cioè la velocità orizzontale del corpo nel prin-
cipio della parabola (x-H 1 ) esima eguaglia quella che aveva
nel principio del moto . Ma nel descrivere le parabole non
si altera la velocità orizzontale; adunque gli spazj sx , A$r
percorsi orizzontalmente, sono percorsi con moto uniforme e
colla velocità B .
Corollario a. Essendo Atx = — — rx , e Asx = - — - r1 ;
g s
e queste espressioni esprimendo i termini ( x -H I ) esimi di
due progressioni geometriche, ne risulta, che tanto i tempi
corsi nel percorrere le successive parabole, quanto le ampiez-
ze delle medesime, costituiscono una progressione geometrica.
Corollario 3. Se d indicasse la distanza di un punto H
dal punto O da cui si getta il corpo, e che si volesse col-
pirlo col corpo stesso nella (1+1) esima sua caduta, baste-
Del Sic Antonio Bordoni . 190
rebbe soddisfare, colla opportuna determinazione dell'angolo
a0 , della velocità v0 , la equazione
. = «, o la equivalente ya0sen. aa0= ag;
g T— I T'—l
ciò che potrebbesi fare, evidentemente, in infiniti modi. Se
poi fosse dato l'angolo che dovesse fare la direzione della
velocità col piano orizzontale nel colpire l'oggetto fisso, sup-
posto la sua tangente eguale alla b, avrebbesi anche la equa-
zione & = a0rc, la quale, combinata coli' antecedente, darebbe
i valori della tangente o0 e della velocità per soddisfare le
due condizioni . In generale colle quattro equazioni
ax = a0r* , Vx = B\/'( 1 +»aor" ) ,
2Bo0 r* — 1 aB'Oo r* — i
tx = . , Sx = .
g r—i g r— 1
potremo sempre trovare quattro delle quantità in esse con-
tenute, quando conosceremo le altre, o i loro rapporti col-
le prime .
Corollario 4- Essendo st = — • ■> ossia a — - .
S r—i S
sen.2,a0, il medesimo corpo scagliato colla stessa velo-
T— I
cita, cioè a pari circostanze, la distanza della x esima caduta
dal punto da cui gettasi, sarà massima, quando sarà sen. 2«0=i,
ossia l'angolo di projezione primitiva a0 eguale alla metà di
un retto : ciò che è singolare .
Corollario 5. Supposto Op=zx , pm—yx , e dx il tem-
po impiegato nel descrivere l'arco tìm, si ha zx = Bdx ->r-sx ,
ed y, = dxitx sen. Oc — \g03,x ; cioè eliminando 0X , e ponen-
do invece di vx , sen. ax i loro valori espressi per x , si avrà
yx = 0or*( zx - sx ) B— ( zx - sx Y
Ha
per equazione della parabola descritta nel rimbalzo x esimo,
supposto l'origine delle coordinate nello stesso punto O da
cui si getta il corpo .
Perchè la equazione anzi trovata competa alla sola por-
zione della (a?-fr-l ) esima parabola effettivamente descritta dal
196 Sul moto discreto di un corpo, ec.
corpo, cioè alla sola porzione Hwl superiore alla orizzontale
0.3, converrà circoscrivere l'ascissa zx tra sx ed sx-t-, .
Corollario 6. I valori delle coordinate zx,yx trovati nel
Corollario precedente, danno l — J==B, e I — \=uxsen.ax — gdj,;
cioè le velocità del corpo alla fine del tempo tx-*-6x secon-
do gli assi delle coordinate; e perciò, alla fine del medesi-
mo tempo , la sua velocità assoluta sarà
t/JB--H(^sen.«x-g^,)2(, ed «""■«—*'-
sarà la tangente dell'angolo che essa fa col prolungamento
dell'asse delle ascisse.
Secondo Caso.
Essendo il corpo perfettamente elastico, sarà la sua ela-
sticità eguale alla percossa, cioè r— 1 ; e perciò il valore del-
la tangente dell'angolo d'incidenza /?x, si otterrà, in questo
caso , facendo 7- eguale alla unità nella espressione
»o(' t)rx~ '■
IJ — 1 -*- 2ao0( t' — 1 )
trovata sopra . Ma appunto in questo caso, questa espressio-
ne diventa g; adunque il valore cercato della tangente @x,
si avrà, facendo r=i nella frazione
<JyT'—1 -+- o0 ( r — 1 ) xr'~ »
1 -4-aaooXr1-'
la quale ha visibilmente per termini le derivate dei termini co-
gnomini della antecedente; vale a dire sarà tang./?a = — — — :
i-t-aao,,:*
COSÌ
tang. ax = — — - ,
1 -f-2ao0Jc
come è naturale, per essere l'angolo di riflessione eguale a
quello d'incidenza, nel caso del mobile perfettamente elastico»
Facilmente dimostrasi, coi principi della balistica, che,
Del Sic Aktonio Bordoni. 197
la velocità del corpo alla fine dell'arco parabolico Hml è egua-
le a quella colla quale ha incominciato a descriverlo, molti-
plicata per la espressione seguente
j/(4fl2 sen.- ax ~t-4#sen.ccxcos. ax-f- 1 ) ; adunque
vI^_I=uJ;l/(4«asen.aax-H4asen-a*c0S-a-c"t" * )■>
ossia sostituendo invece di sen. a*, e di cos.ax i loro valori
desunti da quello della tangente del medesimo angolo, tro-
vata qui sopra, avrassi tra le velocità vx, vx+s la equazione
delle differenze finite
oao-»-) i + ain.li+i) ,
'A+. — -i— ; —-1- W*X = O ,
a 0-t-( 1 -t-aao„r)-
la quale integrata dà ( §• 39 )
Aa rappresentando la costante arbitraria portata dalla inte-
grazione . Ma si conosce la velocità v0, e perciò ancora Aa,
essendo essa eguale a — — \ quindi
v*=vy{ — —a — )•
Vale a dire è completamente determinata la velocità, sì d'in-
cidenza, che di riflessione, per la caduta x esima .
Trovasi pure coi principj stessi della balistica, che il tem-
po corso nel descrivere l'(x-4-i) esima parabola è eguale a
■ vx sen.ax , e che l'ampiezza della stessa eguaglia —a3*
gten.n g
sen.(ccx-t-rc)sen.ax ; sen.a«-, e perciò , sostituendo in queste
espressioni in luogo di vx , e di sen.ax , cos.ax i loro valori
conosciuti , si avrà
A 2AoQ . nA^o, / . . \
Afx = , e £sx = ( 1 -+- naa0 1+1 ;
gsen.n gsen.n \ }
equazioni le quali integrate, e trovate le arbitrarie colle con-
dizioni di j0 = o, e di £0 = o,
anno tx = x, ed sx = ( 1 -+- zaooX ) x .
gserr.n gita. a
Corollario . Essendo A^ = aAo0 :gsen./», e questa quan-
198 Sul moto discreto di un corpo, ec.
tità indipendente dalla x, ne risulta, che tutti gli archi pa-
rabolici sono descritti in tempi tra loro eguali .
Del moto libero .
Se ad un corpo, nel mentre che descrive con moto li-
bero una linea, verrà comunicata una qualunque velocità fi-
nita secondo qualsivoglia direzione, esso continuando il mo-
vimento, devierà dalla linea medesima, ed incomincierà a de-
scriverne un'altra; e se, dopo che avrà descritto una por-
zione di quest'altra, verrà, di nuovo, ad esso comunicata
una seconda velocità finita, devierà pure da questa seconda,
cominciando a descriverne una terza; e cosi continuando,
descriverà un poligono rettilineo, o curvilineo, ovvero misti-
lineo . Questa è la specie di moto discreto che denominere-
mo lìbero, analogamente a quello che così nominasi nella teo-
rica del moto continuo ordinario .
Se si trattasse una proposizione di moto discreto libero,
abbracciando tutta quella generalità concepita nella esposta
sua definizione, cioè nella ipotesi che la forza acceleratrice
stimolante continuamente il corpo fosse qualunque, pochissi-
mo si potrebbe sviluppare la teorica di questa specie di mo-
to, e per ciò nessun vantaggio trarrebbesi da essa; per que-
sto motivo, e per l'altro, cioè che trattata una proposizione
di questa specie di moto, nella quale nessuna delle quantità,
che dir si possono gli elementi del moto, sia eccettuato o
supposto zero, facilmente si può trattarne un'altra qualun-
que, ci limiteremo al caso che la forza acceleratrice stimo-
lante continuamente il corpo sia la sola gravità, per cui i
lati del poligono descritto dal corpo risultano, in generale,
tanti archi parabolici ; vale a dire scioglieremo la seguente
Del Sic. Antonio Bordoni • 199
Proposizione VII.
„ Conoscendo la legge delle grandezze e delle direzioni
,, delle velocità finite, che successivamente si comunicano
„ al corpo, e quella dei tempi, che passano tra gl'istanti ne'
„ quali sono comunicate, di più conoscendo la posizione del
„ punto da cui si è scagliato il corpo, la grandezza e dire-
„ zione della velocità di projezione per la quale ha descrit-
„ to il primo arco parabolico , ed il tempo corso nel descri-
„ verlo, trovare i valori di tutte le quantità dalle quali di-
„ pende la conoscenza dello stato sì geometrico che mecca-
„ nico del corpo in un istante qualunque del suo movimento.
Soluzione . Siano OE ,...., AB , BC , . . . il primo , . . . ,
gl'-r, (re-t-i) esirai archi parabolici descritti dal corpo ( Fig.^)~
(px la espressione della x esima velocità finita comunicata ad
esso, trovandosi in B ; v' la velocità di projezione per cui de-
scriveva la prima parabola, essendo stato scagliato dal pun-
to O, che noi fisseremo per origine delle coordinate, e vx
quella che esso ha alla fine dell'arco a- esimo; d il tempo
corso nel descrivere il primo arco parabolico OE , tx quello
decorso dopo 6 per arrivare in B, t'x quello impiegato nel
descrivere l'arco B«, porzione indeterminata di BC; zx,uxì
ed yx le coordinate del punto B, e z'x, u'x, y'x quelle del-
l' m, tutte rispetto agli assi orizzontali Oz , 0« , ed al ver-
ticale Oj; in ultimo, sieno ax, a'x, a"x gli angoli che fa la
tangente condotta alla fine dell'arco x esimo coi prolungamenti
degli assi delle coordinate zx, uxvyx; ed ox, o'x, o"x., m, m\ m'
quelli che fanno le direzioni delle velocità (px , v' cogli assi
stessi prolungati .
Essendo v' la grandezza della velocità di projezione per
l'arco parabolico OE, ed m,ni,m" gli angoli, che fa la sua
direzione OF cogli assi delle coordinate, e d il tempo decor-
so nel descriverlo, saranno v' cos. m, v' cos. ni , v' cos./»" — g6
le componenti della velocità del corpo alla fine dell'arco stes-
aoo Sul moto discreto di un conro , ec.
so, dirette, al solito, secondo i prolungamenti degli assi del-
le coordinate; e dv'cos.7?i, 6v' cos.m , dv'cos.m" — \gQ* sa-
ranno le coordinate dell'ultimo punto E del medesimo arco,
ossia di quel punto nel quale trovasi il corpo , quando suc-
cede il primo cambiamento finito negli elementi del suo mo-
to , cioè sarà
OG=fa/cos.7;i,GH=0z/cos.m',ed HE=0w'cos.w"— \%Q*\
stante sempre la ipotesi, che il corpo sia scagliato dalla stes-
sa origine delle coordinate. Premesso questo, passiamo alla
soluzione della proposizione .
Il metodo più semplice per trovare le espressioni di tutte
le quantità dalle quali dipende la conoscenza completa dello
stato del corpo in un istante qualunque del suo movimento,
è quello di cominciare a trovare la grandezza e la direzione
della velocità che ha il corpo nell'istante che trovasi alla fi-
ne dell'arco # esimo che esso descrive; e per trovare questi
valori il modo più facile è quello di paragonare tra loro se-
paratamente le componenti, secondo i tre assi delle coordi-
nate, della velocità che esso ha alla fine degli archi x, (x-^-i)
esimi, ossia negli istanti appena antecedenti a quelli, nei quali
succedono gV x, (x-h i) esimi cambiamenti finiti negli elemen-
ti del suo movimento .
Scompongasi pertanto le velocità vXÌ (px , vx+s ciascuna
in tre parallele agli assi delle coordinate, ed avransi, secon-
do l'asse delle zx le componenti
vxcos.ax, (px cos.ox, wxh-i cos.ar-t-i; secondo quello delle i/x
vxcos.a'x,<pxcos.o'x,vx+l cos.a'x-Kij e secondo quello dellej>x
vx cos . a"x , (px cos . o"x , vx^.l cos . d'x-*-i ;
cioè nell'istante in cui il corpo incomincierà a descrivere l'ar-
co parabolico ( x -+- i ) esimo, avrà, secondo i tre assi delle
coordinate le tre velocità seguenti
Vx COS. «x ■+- (pX COS. Qx
vx cos . a'x -t- (px cos . q'j
vx cos.d'x-i-(px cos.«"x- ;
e nell'istante che avrà terminato di descriverlo, si troverà
invece
' X 1
Del Sic Antonio Bordoni. aoi
invece colle altre tre
p1+, cos.ccx-4-i 5 Wi+iCos.a'n-, , oJ+Icos.«"I+I .
Essendo gli assi Oz, Ou orizzontali, le velocità del cor-
po secondo i medesimi assi non saranno alterate negli inter-
valli di tempo, che passano tra gli istanti nei quali vengono
ad esso comunicate le velocità finite; e però le velocità che
avrà il corpo, secondo gli assi stessi, alla fine dell'arco pa-
rabolico (x-h i ) esimo, saranno le stesse di quelle che ave-
va nel principio del medesimo arco , cioè
iti cos.az -+- <px cos . o < , vx cos.a'r -4-<pxcaa.e?x ;
ma abbiamo veduto che, stante le stabilite supposizioni, deb-
bono essere ancora eguali a «Wi cos. ax-*-i ■> Vx-t-i cos. a'x-*., ;
adunque sarà
vx*-i cos. «x^-r = vx cos. ax -r-<px cos. Or , e
vx-t.i cos.a'x-t-! = vx cos . a'x -+- <px cos. a'x .
Similmente, essendo la forza acceleratrice , per ipotesi
costante, nel tempo Atx corso nel descrivere l'arco (x-+-i)
esimo, esso avrà diminuito la velocità verticale
vx cos.a"x -r-(px cos.o'r di gAtx ;
cioè nell'istante che il corpo sarà giunto alla fine dell' (#-4-1 )
esimo arco, avrà, secondo l'asse verticale, la velocità
vx cos . a"x ■+- (px cos . o"x — gAtx ;
ma questa velocità deve essere anche eguale ai;I+Icos.a"I+I,
per quello che superiormente abbiamo osservato, così sarà
uI+Icos.a"J+I=^ cos.a"r -+-(pxcos.o"x — gAtx .
Vale a dire, si avranno, tra le velocità vx , vx+s , e gli an-
goli ax , d t , a"x , «x-t-i 5 a'x-i-i , a"x-+-i che esse fanno coi pro-
lungamenti degli assi delle coordinate, le tre equazioni se-
guenti
vx^.1 cos.ar-,-, —vx cos. a* — «^.tcos.g* =o ,
^xh-i cos.a'z-»-i — vx cos.a'r — ^jccos.o'r =o,
fj+i cos.a"x-i-i — vx cos.a'r — (pxcos.a"x -\-gAtx =o
delle differenze finite del primo ordine , le quali integrate ,
daranno la grandezza e la direzione della velocità alla fine
dell'arco # esimo, ossia nell'istante antecedente a quello nel
quale succede l' a; esimo cambiamento finito suddetto.
Tom. XVII. a6
aoa Sul moto discreto di un corpo, ec.
Integrando le tre equazioni trovate , ossia le loro equi-
valenti
Avx cos . ax — <px cos . ax = o , Avx cos . a'x — <px cos . a'x = o ,
Avx cos . al' x — <px cos . o"x -+- gAtx = o ,
ed indicando colle a, b, e le costanti arbitrarie introdotte
dalle integrazioni , si ottengono le tre seguenti
vx cos. ax = H'px cos. ox -+- a ,
t;x cos . a'x = S^J.i: cos. gìx ■+- è ,
?>x cos . al' x =ps 2^5.c cos . o"x — g£x -+- e ,
le quali, combinate colla notissima cos.3ax-+-cos.2a'x-t-cos.3a''x=i,
danno
vx=i/tiZl<pxcos.ax+ay+(Z(pxcos.a'x+by+(2<pxcos.Q'x—gtx-*-cy\i
cos. ax = (I,tpx cos. qx-¥- a) ; vx ,
cos. al xz=(H<px cos. a' x-+-b) * vx ,
cos.a"x=(2<^.r cos.f/x — gt£-^-c) \ vx;
cioè la grandezza e la direzione della velocità del corpo alla
fine dell'arco x esimo, che esso descrive.
Supponendo che gli integrali 2<^xcos.ox, 2^x cos. o'x ,
~L<px cos. o"x incomincino col valore di x eguale ad uno , ciò
che è permesso, evidentemente le costanti arbitrarie a,b,c
contenute nelle formole esposte, rappresenteranno le compo-
nenti, secondo gli assi delle coordinate, della velocità del
corpo alla fine del primo arco parabolico; ma perciò che ab-
biamo premesso , le medesime velocità sono anche espresse
da v cos. ni , v' cos. /re', v' cos. m" — gd ; adunque sarà
a = v'cos.m, b = v' cos. tri, c = v'cos.m" — gd .
Vale a dire, le tre costanti a,b,c espresse colla velocità ed
angoli della projezione primitiva, e col tempo corso nel de-
scrivere il primo arco parabolico, quantità tutte conosciute,
pei dati della proposizione .
L'(.r-Hi ) esimo arco parabolico, BG , essendo descritto
nel tempo Atx , e mediante una velocità di projezione le cui
componenti , secondo i tre assi delle coordinate , sono
vx cos. ax -ì-<px cos. oT ,
vx cos . air -+- <px cos . o'x ,
vx cos.a'x -4- <px cos . a" 'x ,
Del Sic Antonio Bordoni . 2o3
sarà, per la teorica ordinaria de' progettili
Azx =z(vx cos. ax~ì-(px cos. ax) Atx ,
Aux = ( vc cos . a'x -4- (px cos . o'x ) Atx , e
Ayx = ( vx cos . a"x -+-(pxcos.o"x) Atx — \ g&tx ;
ossia ponendo in luogo di vXÌ cos.ax, cos.a"x i loro valori,
ed integrando, otterrassi
(a) zx='ZAtx'E(p(x-hi)cos.ax-+.1-i-atx-v-A' ,
(b) ux=2Atxl,tf(x-\-i)cos.a'x+1-+-btx-hB', ed
(e) yx-=:2lAtx2<p(x-i-i)cos.a"x-t-z — %gt*x-*-ctx-+-C'ì
A' , B' , e C rappresentando le costanti arbitrarie introdotte
dalle integrazioni, le quali si determineranno, soddisfacendo,
con esse, alle tre equazioni
Zi = dv cos . m , ul=dv' cos.m', y1=dv' cos.m" — ig®**
desunte anch'esse dalle cose premesse a questa soluzione.
Se si eliminasse dalle tre equazioni (a),(b),(c) la x con-
tenuta nei secondi membri , si avrebbero due sole equazioni
tra le coordinate zx , ux , yx , o semplicemente z , u , y ed
altre quantità date, le quali rappresenterebbero le equazioni
delle projezioni di quella linea, nella quale vi sono tutti quei
punti in cui trovasi il corpo negl'istanti, che succedono i
cambiamenti finiti negli elementi del suo moto .
Considerando il moto continuo, che ha luogo per tutto
l'arco (*+i) esimo BmC, hansi le tre equazioni differenziali
di secondo ordine
\dt'*f ' \dt'*J \dt"}
le quali integrate, e determinate le costanti arbitrarie colle
condizioni, che zx , ux , yx sono le coordinate del suo primo
punto B , e
vx cos . ax ~r~ (px cos . ox ,
vx cos. a'x ■+• <px cos. o'r ,
vx cos. a"x -+- (px cos . o"x
le componenti, secondo gli assi delle coordinate, della velo-
cità del corpo , quando comincia a descrivere il medesimo
arco, danno le tre equazioni
ao4 Sul moto discreto di un corpo, ec.
z'x = ( vx cos . ax -+- <px cos . ox ) t'x -+- zx ,
u'x — ( *>* cos. a'x ■+■ <px cos.©'* ) t'x -+- ux ,
yx = ( vx cos. a", -+- <px cos. o"x ) t'r -t-/c — \ gt'*x ,
le quali fanno conoscere evidentemente la posizione del cor-
po alla fine del tempo fl+f, + t't, ossia dopo il tempo t'x
da che è partito dal punto ne.l quale succede l' a; esimo cam-
biamento finito negli elementi suddetti .
Essendo 1-^1 = ^ cos-a* -r-(px cos. ax %
cos.a'r H-^xcos.o'j ,
cos . a"x -+- <px cos . o"x — gt':
saranno vx cos. az -+- <px cos. ox , vx cos. a'x ■+■ i^x cos. arx ?
vx cos. «"* -+- <px cos. «"x — gt'x le velocità del corpo alla fine
del tempo d-r-tx-T-t'x, secondo gli assi delle coordinate; e però
supposto cos.OxCos.Os-t-cos.a'j: cos.«'x-t-cos.a"x cos.o"a:=cos.luJ,
cioè (ix l'angolo che fa la tangente BD colla direzione del-
la velocità <j>x , sarà
l/fy^x-Hp^x-T-nVxqixcos.fix — ù.gt' J(vxco?,.a!' x-r-<pxco$.o" x)-^rg^t^x3
la velocità assoluta del medesimo, e
(vx co&. a" x -i- (fìx cos . q" x — gt'x) '. (VxCOS.ax-4-<pXCQ$.Qx) ,
( vx cos . a"x -+- <px cos . o"x — gt'x ) ! ( vx cos . a'x ■+- <px cos . dx )
le tangenti degli angoli che fanno le proiezioni, sui piani
yx%xi XxUm, della direzione della stessa velocità coi prolunga-
menti degli assi delle coordinate zx , ux .
Eliminando dalle tre equazioni, che danno i valori del-
le coordinate z», u'x,y'x il tempo t'x , si hanno le sole due
seguenti
, ,v , V, cos. a',-)- ex cos. »'» / ^ »
(a) Ux— {zx — zx)-hux,
Vi COE. «i + ^teCOS.Bi
y *= (s *—z*)—hg ; 5 *r«
HiCOè. ax-+-ipi'cos. /■•«■ (UxCos.aj-t-pxcos.Oi)
le quali rappresentano la parabola ( x ■+■ i ) esima; anzi, la
sola sua porzione BraC che descrive effettivamente il corpo,
Del Sig. Antonio Bordoni . ao5
purché si limitino i valori delle coordinate z'x, u'x tra quel-
li delle zx, zx-*.x , ed ux , ux^.I dei punti B, e G.
Esempio. Sia Atx = e , ox = e, <px=f, 0 = 0 ; cioè sia
costante il tempo che passa da un'impulsione all'altra, la
forza d'impulsione, l'angolo che essa fa coli' asse delle zx,
il tempo d eguale a zero, ossia la origine delle coordinate
cada in E, e di più tutto sia in un piano; e si avrà
a = o, b = o , e = o , t'x = (x — i)c'
1i(pxcos.Ox=f(x — i)cos.e, 2<pxcos.a"x=f(x — i ) sen.gy
2A^2<^(o:-t-i)cos.ox^=i/^:^cot.e,SA^S^(a;-Hi)cos.o'',^t=c/^^-sen.c;
e perciò tang. ax = tang. e — c'g '.feos. e,
vx — (x — i )|/(/'a-Hc'2ga — ac/geos.e)
, rX{x— l) ,rx(x—l) J Ir, I \n.
zx=zcf— cos. e, yx=^cf sen.e — ìgc*(x — i f ;
a a
e quindi facilissimamente si deduce la velocità del corpo al-
la fine del tempo d ->rtx -4-t'x = (x — i)c'-*-t'x, la tangente
dell'angolo che fa la sua direzione col prolungamento dell'
asse delle ascisse zr , e la equazione di quella parabola alla
quale appartiene 1' ( x •+- i ) esimo arco parabolico descritto
dal corpo .
Eliminando dalle equazioni zx —c'f* r~ — cos.e,
yx-=c'f— — sen . e—\gc'a(x-i )a
l'indice x, si ha una sola equazione della forma (my — nz)*
-ì-py-+-qz-*-r = c , la quale c'insegna, che i punti nei quali
succedono i cambiamenti finiti negli elementi del moto, os-
sia i punti ove si tagliano le successive parabole a cui ap-
partengono gli archi, che descrive il corpo, sono tutti in una
sola e medesima parabola .
Egli è evidente che, conoscendo le coordinate di quel
punto nel quale succede Vx esimo cambiamento finito negli
elementi del movimento, la grandezza e direzione della ve-
locità, che ha il corpo alla fine dell'arco x esimo, le equa-
aoó Sul moto discreto di un corpo , ec.
zioni dell' (x-t-i ) esimo arco, la direzione e grandezza della
velocità del corpo in un punto qualunque di questo arco, si
conosce lo stato del corpo in un istante qualsivoglia del suo
moto : è adunque completamente soddisfatta la proposta pro-
posizione .
Corollario i. Se si trascurasse l'azione della gravità,
avrebbesi
v j;=|/|(2(^x cos . ax-t-a)2-t-(2(^a:cos ,dx-*- b)a-*-{ 2^xcos . o"x-*- cW',
cos.ar = (2^x cos. 0, -+- a) \ vx ,
cos. a'x = ( 2<px cos. o'x + i);»n
cos . a"x = ( 2gJx cos . o"x -+- e ) : vx ;
quindi facilissimamente le altre quantità ed equazioni neces-
sarie a determinarsi per conoscere lo stato del corpo, le ul-
time delle quali sono le due seguenti
ux = -LI : — ( z'x — zx ) -+- ux ,
Xfi ( x-t- 1 )cos. Om-, -t-a
, 2tfì(.r-+- I ) COS. £>"*-+-, -t- c , , ,
r x = ( - * — zx ) -+- yx ,
20 (x-+- : ) cos. o,+ I -t-a
le quali rappresenteranno la retta di cui è parte il lato (x-*-i)
esimo del poligono rettilineo che descriverà il corpo (*) .
Corollario a. Se di più la forza d'impulsione fosse con-
tinuamente diretta alla origine delle coordinate , avrebbesi
cos. Or = zx : [/ ( z*x -+- u%x •+- y*x ) ,
cos . o'x = ux : |/ ( z2* ■+- «3* -+- yax ) ■>
cos.o"r =/* : i/(z2x -4- zì\ -+-/2x ) ; e perciò
A ! = o, A — = o
A/x l/tll'.+Z'.-l-A) A?x l/(sax-*-Jiax-r-JK%)
e
A
A/x 7^lf''r
A<x [/(«"x-r-Z'x-f-7^)
equazioni colle quali si troveranno le coordinate dei vertici
del poligono che descrive il corpo , quando si conoscerà il
(*) Questo caso di moto discreto fa trattato altrimenti anche dal Sig. Maglstrìni
nella sua elegante Poligonoraetrìa Analitica .
Del Sic Antonio Bordoni . 2,07
tempo tx e la velocità <px; e reciprocamente avrassi, con es-
se, la forza (px , quando conosceransi oltre del tempo tx le
equazioni del poligono .
Osservazione. In questa ultima proposizione, abbiamo tro-
vato tutte le quantità dalle quali dipende la conoscenza del-
lo stato del corpo in moto, nella ipotesi, che, tra le cogni-
te vi fossero così le direzioni che le grandezze delle velocità
finite che di tempo in tempo vengono comunicate al corpo,
non che i successivi tempi che passano tra gl'istanti nei quali
sono comunicate queste medesime velocità; passiamo adesso
a vedere, come si possono trovare i valori delle stesse quan-
tità (px , ox , q'x , o"x , Atx , od almeno a discoprire la diffi-
coltà analitica, che s'incontra nella loro ricerca, quando sia-
no solamente dati i rapporti, che esse hanno colle altre quan-
tità : e per trattare questioni naturali , esponghiamo le due
seguenti .
Prima Questione.
„ Siano conosciuti i tempi che passano tra gli istanti
nei quali sono comunicate al corpo le velocità finite, e sia
data pure la grandezza <px della stessa velocità finita, co-
me nella proposizione trattata, ma la sua direzione sia ora
quella della tangente condotta alla fine dell'arco x esimo,
che descrive il corpo; cioè sia ®x-=ax, o'lc-=ax, a"x = a"x,
„ essendo az , a'x , a"r funzioni qui pure incognite , come
„ succede nel tiro di alcuni razzi .
Siccome tutte le equazioni trovate nella proposizione trat-
tata , sono indipendenti da tutte le ipotesi, che si possono
fare rispetto alle quantità che esse contengono, così suppo-
nendo ox = ax , ó'x = a'x , e però a"x = a"x nelle tre equa-
zioni vx+t cos.ax_,_, — vxcos.ax — tpxcos. ax = o ,
ax+x cos.a'x-,., — vxcos.a'x — <^xcos.o'x = o
v xJrI cos . a"x-i.t — vx cos . a"x — (px cos . o"x -+- gAt x = 0 ,
si avranno per questa questione le seguenti
2o8 Sul moto discreto di un corpo, ec.
Vx-t-i cos . aJ+, — ( vx -+- <px ) cos . ax = o ,
Vx-t-i cos. aWi — ( t't -+- <£>.r ) cos. a'r = o ,
vx-*-i cos. a"xH-, — ( wa : ■+- ^x ) cos. a x -+- gAtx = o ,
che converrà integrare per avere i valori delle funzioni vx ,
OLx ,a'x , a"x dalle quali dipendono tutte le altre quantità ed
equazioni, che abbiamo bisogno di determinare, per cono-
scere completamente lo stato del corpo in un istante qua-
lunque del suo moto .
Le prime due di queste tre ultime equazioni sommini-
strano
cos. «i^:, cos.a'i+7
cos. a* cos.a'x
da cui si cava, integrando, cos.oc'x = recos.ar , re esprimen-
do una costante arbitraria . E sostituendo questo valore di
cos.a'r nelle equazioni (a), (b) , (d) esse diventano
zx = 2 Atx2<p (x+i) cos . ax-t-i -+- atx ■+- A ,
ux = n'EAtx2<p (x+i) cos. ax-f.i -+- btx -+- B ,
u'x=n(z'x — zx)-t-Uxì le quali danno
ux = nzx ■+- ( b — ari ) tx -+- B — Are , ed
u'x = nz'x -+-(b — ari ) t % ■+• B — Are .
Ma re è eguale a cos.a'j : cos. a, , ossia a cos. /re' I cos. /re, per
essere evidentemente
,/ ( «/* _ 2gw'0 cos . ree" -+- g202 )
la velocità del corpo alla fine del primo arco , per cui
cos.oci =v' cos. m '.[/ (v* — ngv'd cos. /re"-t-ga#a) , e
cos. a', =v' cos.m' '.[/ [v* — ù.gvdcos. ni' -+- ga02 ) ;
adunque 6 — an=v'cos.m' — reu' cos.m=u'cos.7re' — w'cos./re'=o ;
e perciò
B cos. m — A cos. m'
COS. TO
B cos. m — Acos.m'
, ed
equazioni le quali rappresentando sempre una sola e mede-
sima retta, qualunque sia la x, c'insegnano, che il poligo-
no descritto dal grave , trovasi in un piano verticale, che ha
per
Dei, Sic. Antonio Bordoni. aoc
per equazione
cos. to' B cos. to — A cos. to'
u = z-\ :
così prendendo questo piano per quello delle coordinate yx,
zx ■> i valori della velocità e della sua direzione, dipenderan-
no dalle sole due equazioni
vx+.x cos . «x-f-t — ( Vx -+- <px ) cos . Otu = o ,
vx+t cos . <x"z-t-i — ( vx -+- (px ) cos . a"x -+- gAtx = o ,
ossia dalle loro equivalenti
Avxcos.ax— (px cos. 0^=0, Avxsen.ax—(pxsen.ax-^gAtx=oi
per essere in questo caso gli angoli ax , a"x complemento uno
dell'altro .
Per avere i valori delle funzioni ax , vx colle due equa-
zioni qui esposte, seguendo la regola generale, elimineremo
una di esse, ed avremo una equazione, la quale integrata,
ci darà il valore della funzione rimasta, indi quello dell'al-
tra; e siccome si può eliminare indifferentemente o una o
l'altra delle due funzioni ax , vx , così preferiremo la elimi-
nazione della vx , perchè la equazione che ne risulta, è mol-
to più semplice di quella, che si otterrebhe, eliminando la ax .
Cavando il valore della funzione vx da ambedue le equa-
zioni anzi esposte, si ha vx =(A-t-2i(pxcos.ax );cos.ax , e
vx= ( B — gtx ■+■ 2<px sen . ax ) '. sen . ax ,
A, e B esprimendo le costanti arbitrarie; ed eguagliando fra
loro questi due valori di vx , hassi la sola equazione
( A-hS^xcos.c^ ) tang.ctx =B — gtx -i- 2>(px sen . ax ,
senza la funzione vx , la quale differenziata due volte , per
eliminare i segni d'integrazione che essa contiene, si ridu-
ce alla seguente
(plx-+-i )cos.aj;^-I-4-gA =o;
r v Atang.a,
si avrà il valore della funzione ax , e quindi il corrisponden-
te della vx che bisognerà conoscere , per continuare la pre-
sente soluzione .
Tom. XVII. 27
aio Sul moto discreto di un corpo, ec.
Seconda Questione.
Da un punto dato superiormente ad un piano immobile
comunque posto nello spazio sia scagliato un grave di elasti-
cità imperfetta, secondo qualsivoglia direzione, ed esso de-
scriverà naturalmente un arco parabolico; arrivato ad un cer-
to punto del quale, incontrandosi, scendendo, nel piano im-
mobile, verrà compresso, e però stante la sua elasticità sarà
obbligato a descrivere un secondo arco parabolico; così un
terzo, un quarto, ec; cioè succederà di questo corpo, ciò
che succede ordinariamente nel tiro degli obis .
,, Data la equazione del piano immobile , la grandezza
e direzione della velocità colla quale è stato scagliato il
corpo , trovare tutte le quantità necessarie a sapersi , per
conoscere lo stato del corpo ad un istante qualunque del
suo movimento .
Supponendo l'asse orizzontale delle zx parallelo al pia-
no immobile, e chiamando n l'angolo che fa il medesimo
piano coll'orizzonte, e b l'ordinata verticale dello stesso pia-
no corrispondente alla origine delle coordinate, che supor-
rerao il punto da cui si è scagliato il corpo, sarà
y' ss tang. n . u' — b
la equazione data del medesimo piano immobile, y' , ed u.'
esprimendo le sue coordinate .
Il corpo percuotendo la x esima volta il piano dato col-
la velocità vx diretta secondo la tangente condotta alla fine
dell'arco parabolico x esimo, sarà
( sen . n cos . a'x — cos . n cos . a"x ) vx
la componente della medesima velocità, effettivamente di-
strutta nell'urto x esimo, essendo sen.rccos.a'x — cos.rccos.a"r
il seno dell'angolo che fa la stessa tangente col medesime
piano immobile ; e perciò , sarà
* r(sen.recos.a'x — cos. re cos. a" r )vx
la porzione della medesima componente, che il corpo acqui-
Del Sic Antonio Bordoni. 211
sterà mediante la elasticità , in verso contrario a quella che
aveva prima di urtare . Vale a dire , il piano immobile pro-
durrà alla fine del tempo tx un tale cambiamento nel moto
del corpo , che esso invece di avere la velocità
( sen. n cos.a'x — cos.» cos.a'x )vx
diretta perpendicolarmente contro il piano medesimo, avrà
la velocità
r(sen.» cos.a'x — cos.m cos.a'x ) vx
diretta in verso affatto contrario . Quindi si potrà prescindere
dal piano stesso, e considerare il moto semilibero, come li-
bero , supponendo , che alla fine del tempo tx venga comu-
nicata al corpo la velocità
( r-t- i )( sen.» cos.a'x — cos.» cos.a'x )vx
con una direzione perpendicolare al piano , e tendente ad
allontanarlo dal medesimo .
Sostituendo nella equazione Ayx = tang. nAuXÌ dedotta
dalla equazione delle differenze finite di quella del piano im-
mobile , in luogo delle differenze Ayx , Aux i valori esposti
superiormente , si otterrà
(vxcos .a" x+(pxcos .a" x)£ tx-{g&t^x=tang .n .(vxcos .a' x+(pxcos .ox)Atx ,
ossia, ponendo invece delle quantità cos.o'a;, cos.»"*, <px i
loro valori
— sen . n , cos . n , ( r-\- 1 ) ( sen . » . vx cos . a'x — cos .n.vx cos . a"x ) ,
si avrà r(sen.» ,vxcos.a'x — cos.n.vxcos.a"x) = ^gcos.nAtx;
e perciò il tempo corso nel descrivere l'(x-t-i) esimo arco
parabolico , cioè Atx sarà eguale a
(sen.» . vx cos.a'x — cos.» . vxcos.a"x I .
/
Dalle cose qui esposte, si comprende, che per iscioglie-
re la presente questione di moto semilibero colle stesse for-
mole ed equazioni trovate superiormente, parlando del moto
libero , basterà supporre nelle formole stesse
<px cos .ax=o , <px cos .o'x=(r-+- 1 )(sen .«cos .»cos .a"x-sen .3» cos .a'x)vx,
0# cos .©"*=( /•-+■ 1 )(sen .»cos .»cos .a'x-cos .a»cos ,a"x)vXi e
Atx=-^—(sen.ncos.a' x—cos.ncos.ncos .a"x)v3c :
pcos.n\ /
ara Sui. moto discreto di un corpo, ec.
supposizioni che riducono le equazioni
vx+i cos.aIH_,=pa. cos. ax-*-<px cos. o.c ,
Vj^-ì cos . a'n_, =ux cos . a'x -+- <px cos . a'x ,
vx+ìcos.a"x-i.l=vxcos.a"x-+-(pxcos.Q"x-gAtx alle tre seguenti
*i+, cos.aj:^.I=z)xcos.ax ,
vx-t.i cos.a'xH-^l (cos .2«-rsen .2«)cos .a'x-+-(/-t- 1 )sen .tìcos .n cos .a"x I £>c ,
'c'x^.iCos.a"x^_i=|(sen.art-rcos.a/i-t-2,r)cos.a"x-4-[(r-t-i)cos.« — lcos.«'x|y, ,
che converrebbe, al solito, integrare, volendo continuare di-
rettamente la presente soluzione .
Se la superficie che obbliga il corpo a descrivere i suc-
cessivi archi parabolici invece di essere piana, fosse una su-
perficie curva qualunque, ma di cui si conoscesse la equa-
zione, coi medesimi ragionamenti fatti superiormente si ar-
riverebbe a trovare opportunamente le quantità <px, axì o'x,
ra"x, Atx espresse colle altre vx, ax, a'x, a"x, onde potere con-
siderare il moto siccome libero .
Trovate le quantità (px, rax, o'T , o"x espresse colle altre
vx, ax, a'x, a"x, od almeno le equazioni tra tutte queste quan-
tità, dalle quali converrebbe cavare le espressioni delle pri-
me da sostituirsi nelle tre equazioni
vx-*-i cos.ctxH_i = vx cos . ax -+- <px cos . ox ,
Vjc-ì-! cos . a'x-*-i =■ vx cos . a'x -+- <px cos . o'x ,
Vx+j cos . a'Wi = ^x cos . a"x ■+■ <px cos . o"x — gAtT ,
onde determinare , mediante le integrazioni delle tre equa-
zioni risultanti, i valori delle quantità vXÌ ax, a'x, a"x, come
abbiamo fatto superiormente, sarà utile qualche volta, l'os-
servare, se si potranno avere i valori delle quantità c?x,o'x,
o"x, <px, e Atx, senza conoscere le altre, le quali dipenden-
do dalle integrazioni delle tre equazioni risultanti molte volte
non si possono determinare .
Per chiarire questa osservazione , e nello stesso tempo
mostrare con un esempio, quanto sia utile in alcuni casi, ne
usaremo per continuare la soluzione di questa questione di
moto semilibero già cominciata ,
1 Del Sic Antonio Bordoni. ai ò
Eliminando la espressione
sen. n . vx cos.a't — cos. n . vx cos.a"x
dalle due equazioni (px=(r-t-i)(sen.n.vxcos.a'x-cos.n.vxcos.a"x),
A£z=2/-(sen .n.vxcos ,a'x-cos .ri . vxcos .a"x)'. gcos .n .
si ottiene la sola semplicissima equazione seguente
Atx = — — — . <px
{(r+i) cos. n
colla quale si avrà il valore di una delle due quantità (px ,
Atx , quando si conoscerà quello dell'altra.
Ponendo x-¥- 1 in luogo della x nella equazione
tpx = ( r -+- i ) ( sen . n . vx cos.a'x — cos .n.vx cos . a"x ) ,
bassi <p(x-T-i)=:(r-+-i)(sen.n.vx+.I — cos. ri. vx^.! cos.a"x^.,); ma
»I+1 cos . gc'xh-, = vx cos . a'x — (px sen . n , e
vx^.Icos.a"x^.1,= vx cos.a"x -+-<px cos. n — gAtx , ossia
ar
Vx+^cos.a x—i=-vxco$.a x-*-(pxcos.ri .(px, per essere
(r-t-i)cos. re
Atx = 2,r(px ; g (r-Hi ) cos. /z, come abbiamo dianzi veduto;
adunque sarà
(p(x+ 1 )=(r-*- 1 )(sen ./z .wxcos .a'x— cos .re .^cos .a"x— <^.r-+- ^— <^x) j
ovvero <^5 ( x •+- i ) = r^t; ;
e perciò (px = Arx , ( §. 3c;) ,
A esprimendo la costante arbitraria introdotta dalla integra-
zione . Così sarà
Af * = r* ;
g (r-H i ) cos.n
ed integrando, e soddisfacendo colla nuova costante arbitra-
ria alla condizione £0 = o, si avrà
ut A ( r* — i ) j c .
g( r — i) cos. re
Per trovare il valore della arbitraria A da cui dipendo-
no attualmente i valori delle quantità (px, Atx , ti , facciasi
x = i nella equazione
Ar1 =( r-t- i )( sen. re . vx cos.a'x — cos. n . vx cos.a"x ),
risultante dall' eguagliare fra loro le due espressioni trovate
214 Sul moto discreto di un corpo, ec.
di <px , e si avrà
Ar = ( r-H i )(sen.» . vxcos.a\ — cos. n . v, cos.a", ) ;
cioè A=^^| sen. ri. ti cos.m' — cos. ri .v' cos . m" -i- gd cos . n 1 ,
ponendo in luogo di v, cos.a', , vt cos.a", i loro valori espo-
sti nel principio della Proposizione VII.
Ora essendo j, =dv' cos.m" — \gQ°" , ih = 6V cos. ire', e per
la equazione del piano yt = hul — b , supposto tang. rv=.hì
si avrà
6* (cos.m" — hcos.m')6 = — ,
S S
n. a/o' sen. x r\ ab
ossia 0a d = O ,
g cos. re g
supponendo % l'angolo che fa la direzione della velocità v'
di projezione primitiva col piano dato ; e perciò , posto
l/(u'3sen.2;r-t-2,£gcos.3/z)=:R, sarà 0= - sen,;r'H : e con cj0
g cos. re
u, cos. a, =:u cos.w , zt = (v sen.jr-HK),
g cos. re
li) . ,v, cos. a, —v cos.m , e (/) ..u1= (v sen. jr-t-R} ,
g cos. re
ir 7 r i R hv'cos.m" i , ti \ ?
y,cos.a 1=/iucos./72 , y, = (w sen.jr-i-R)— o.
cos.m g cos. re
Sostituendo il valore del tempo 6 nella espressione della
arbitraria A , e facendo le riduzioni , si avrà A = - — - R .
r
Quindi
<px= — Rr% Atx = . rx, e tx = . .
r gcos.re gcos.n r—i
Essendo adesso conosciute le quantità d , »x , o'x > o"x ■>
<px, tx\ cioè il tempo corso tra l'istante nel quale si è sca-
gliato il corpo , e quello nel quale esso ha percosso la pri-
ma volta il piano dato, la grandezza e direzione delle velo-
cità finite che vengono comunicate al corpo di quando in
quando, e la legge dei tempi che passano tra gl'istanti nei
Del Sic. Antonio Bordoni . ai 5
quali vengono comunicate le stesse velocità finite , la pre-
sente questione di moto semilibero è ridotta a potersi trat-
tare precisamente, siccome un caso particolare della propo-
sizione VII , che è di moto libero .
Pongasi nelle espressioni delle quantità vx cos .ax , vx cos . a'x ,
v'x cos. a'x esposte nella proposizione accennata i valori di
ox 5 o'x , o "x 3 <px , Atx •> e si avrà
vx cos. a* = B,
(k) uxcos.a'x = C Rsen.re . rx~ ' ,
r — i \ r
vxcos.a x = LM l cos. re
cos.
B, C, e D esprimendo le costanti arbitrarie, colle quali sod-
disfacendo alle tre equazioni (z), si ha B = u' cos . rez , C = v'
cos.rez'n Rsen.re, e D=AC; cioè restano esse determinate .
r — r
Le tre equazioni (k) danno immediatamente
vx-s/ \ B2H-C2-f-Da lEL_r»+Ra/r-»H-4/is(r- 1 h*W ,
( (r— i) cos. re V f *
cos.a2=B:i/{Ba-HCa*D2 ̣^^Ra/r--2-t-4/ia(r-i)-2V"K
t (r— i)cos.n \ / J
.a'x=/c-— Rsen.re. r'-'^i/SB^-C^D* i£L_rI-»-Ra//-^4/i2(r- 1 )-aVaxK
V r— i / ' (r— i)cos.ra \ / '
)S.a"ijD+l /^icos.re— — Wl:./JBa-C2-Da ÉSL-^-W/"- H^M^W,
r— 1\ r cos.n/ J j (r— i)cos.ra \ / )
vale a dire, la grandezza e la direzione della velocità del
corpo alla fine del tempo tx , ossia dell' arco x esimo che es-
so descrive .
Sostituendo nelle equazioni Azx=vxH.lcos.ax^-iAtXÌ
Aux=vx^-iCos.a'x^.lAtx,
Ayx=Vx-t-lcos.a"x+lAtx-ÌgAt*x
in luogo delle quantità vx^.x cos. az-t-i , vx+t cos. a'x-+-i 5 ^x-*-i
cos.a"x+, , At* i loro valori sopra trovati, e poi facendo tut-
te le integrazioni , si avrà
aBR „
zx = . rx -+- ti ,
g(r— i)cos.re
2l6 Sur .MOTO DISCRETO DI UN CORPO, CO .
aCR 2//R1 _
u, — '•, Tax -+- F ,
g{r—i)cos.ii g(r—,y
aDR 2/i'R» . -,
7* = ■ • rx . r9x ■+• G ;
g(r — i)cos.re £(r— i)>
cioè le coordinate di quel punto del piano immobile, nel qua-
le esso è percosso dal grave la x esima volta . Le costanti ar-
bitrarie E, F, G introdotte dalle tre integrazioni, determi-
neransi facilmente soddisfacendo alle tre equazioni (/) .
Colla stessa facilità colla quale si sono trovate le quan-
tità vx , cos. ax , ec. si troverebbero le coordinate z'x , u'T ,
y'x di un punto qualunque dell'arco cresimo die descrive il
corpo, la grandezza e direzione della velocità che esso avrà
alla fine del tempo 6 -t- tx ■+- t'x , e le equazioni della x esi-
ma parabola che descrive .
Corollario i. Indicando colla sx la perpendicolare tirata
dal punto corrispondente alle coordinate zx , ux , yx sulla in-
tersezione del piano immobile col piano delle coordinate zr ,
yx , sarà evidentemente 5r cos. « = «r ; e però, prendendo
per origine delle coordinate il punto a cui corrispondono le
coordinate zx = o , ux = o , ed yx = b , il poligono rappresen-
tato dalle ultime tre equazioni esposte , si potrà rappresen-
tare ancora colle sole due equazioni seguenti
zx = ./J + E1
g (r — i) cos. re
aCR ,. a/jR1 „_ F
Tx —
g(r — i)cos.a/i g(r — i)2cos.re cos. re
le coordinate essendo ora zx , ed sx .
Eliminando da queste ultime equazioni l'indice x degli
angoli del poligono, si ottiene la sola equazione
C / -,-, > ^sen.re , f-, > F
Sx =
.{Zx-E)-^l(zx-EY
B cos. re B*
la quale esprime che il poligono suddetto è parabolico .
Corollario 2. Se il corpo fosse perfettamente elastico,
ossia fosse r = 1 , si avrebbe
fax = 21/ ( v 2 se ri ?7t ■+■ 2.b£ cos ?n ) , e Atx=2\/ I 1 V-,
' V or v Yg.i C(>s » n g j
cioè
Del Sig. Antonio Bordoni. ai 7
cioè tanto le successive velocità <pi, ^2, ec, quanto i tem-
pi impiegati nel descrivere i successivi archi parabolici , sa-
rebbero quantità costanti ; ossia così le percosse successive
<£>i, (p2., ec, che i tempi AtXi Af3, ec. eguali separatameu-
te fra loro . Ciò che è veramente singolare .
Nella medesima ipotesi avrebbesi
vx cos. ax = v cos. m ,
vx cos.ax = v' cos. ni -+- aR sen. a — 2, seu. ri . Rx ,
vx cos.a"x =hv' cos.ra'-t-AR sen. n — R cos. 11 — 2/2. sen. « . Rx,
ec. , ec. , ec
Osservazione . Se il rapporto r della elasticità alla per-
cossa, invece di essere costante, come abbiamo supposto ta-
citamente sino ad ora , fosse una funzione variabile rx del-
l'indice x, con ragionamenti in tutto simili a quelli fatti su-
periormente per avere la equazione
<p(x-r- 1 ) — r<px = o, avrebbesi in suo luogo quest'altra
(p( x -+- 1 ) — ( rx -f- 1 ) <px = o ,
la quale integrata dà ( §. So, )
<px = A ( rx -+- 1 ) es lo6- T* ;
. x A aA Slog. r,.,., aA „ S log. r*+,
e perciò Atx = e , e tx = 2,e
g cos. re g cos. re
vale a dire, anche nel caso, che, il rapporto della elasticità
alla percossa, sia una funzione conosciuta dell'indice x, si
potrà trattare la presente questione di moto semilibero, co-
me si è trattata nella ipotesi del medesimo rapporto costante .
Paragonando fra loro tutti i metodi particolari coi quali
si sono sciolte le proposizioni esposte in questa Memoria, fa-
cilmente scopresi una parte di essi esclusivamente comune a
tutti , la quale da sé sola dà una idea generale non solo de-
gli stessi metodi particolari esposti, ma ancora di quelli che
si dovranno seguire per isciogliere una proposizione qualun-
que di moto discreto , anche nel caso che i successivi moti
ordinar] siano di più specie differenti ; anzi la medesima dà
una idea della maniera di ridurle ad essere di semplice mo-
to libero .
Tom. XVII. 28
218 Sul moto discreto di un corpo, ec.
Nota prima.
In tutti i trattati di trigonometria vi sono esposte e di-
mostrate le equazioni colle quali bassi la tangente, il seno,
ed il coseno della somma di due archi, quando queste linee
si conoscano per gli ardii stessi ; ed in alcuni vi sono anche
dedotte da quelle delle altre equazioni , le quali danno simil-
mente la tangente, il seno, ed il coseno della somma di tre,
di quattro, ec. archi . E quantunque coli' osservare quelle e-
quazioni, non sia difficile, siccome io medesimo mi sono per-
suaso, lo scoprire la legge onde avere immediatamente, per
induzione, una simile equazione rispetto alla somma di un
numero qualunque di archi, ciò non ostante, siccome la in-
duzione immediata, che in queste e simili ricerche, sembra
indispensabilissima, non è mai una dimostrazione diretta,
così in questa nota , approfittando della opportunità che mi
si presenta, esporrò un metodo con cui avere immediatamen-
te la tangente, il seno, ed il coseno della somma di un nu-
mero qualsivoglia di archi , quando tali rette conoscansi per
gli archi semplici, e ciò senza il minimo soccorso della im-
mediata induzione .
Qualunque siano le quantità A, B, G, . . . . M, purché
il loro numero non sia infinito, possono sempre rappresen-
tare, per quello che si dimostra nella teorica delle interpo-
lazioni, i primi termini di una medesima serie, ossia i risul-
tamenti che si hanno, supponendo, nel suo termine genera-
le , successivamente l' indice del numero dei termini eguale
a o, i, a, 3, ec; anzi, variando la disposizione delle me-
desime quantità, esse potranno rappresentare i primi termi-
ni di tante diverse serie, quante sono le combinazioni, chfi
si possono fare con esse ; e però altrettanti saranno i termi-
ni generali, o le funzioni del numero dei termini delle stes-
se serie, che avranno l'anzidetta proprietà.
La prima di queste due verità sarà il fondamento delle
Del Sic. Antonio Bordoni. 2,19
ricerche, che daranno le equazioni dimandate; e la seconda,
ci previene , che potremo variare le equazioni stesse , per-
mutando fra loro le funzioni trigonometriche degli archi sem-
plici , che le equazioni medesime conteranno .
Proposizione .
„ Date le tangenti , i seni , ed i coseni di un numero
„ qualunque di archi, trovare la tangente, il seno, ed il
,, coseno della somma di essi .
Della tangente .
Siano a0, a,, aa, . . . , a„ (n-+- 1 ) archi, e f0)^)^vs^
le loro tangenti , le quali sono per ipotesi conosciute .
Supponendo a0 -+- a, -+- a2 -+- . . . . -f- a*-_i = ?* , sarà |ih-i
= |x-<-ax; e però tang.|lH., = tang. (!*-+- ax) = ( tang. tx-^rtx)'.
( 1 — tx tang.|x ), ossia si avrà la equazione delle differenze
finite
(D) . . . . tx tang.!* tang. §*+.,-— tang. f^j-Htang. 5*-tT*»==0 ,
la quale integrata con una regola simile a quella usata nelle
proposizioni I. IV. e V. di questa Memoria per integrarne
altre affatto simili ad essa, e trovato il valore della costante
arbitraria introdotta dalla integrazione, come si trovò nella
proposizione prima, cioè per la equazione (A), somministra
tang.!x = ai_t
b,.
bt-f-^-t,
essendo bx = ,*W*H-' . ed ac = — — — -£r-t-i . Quindi, ponen-
tx t,
do invece delle due quantità bx—1,a,x^.1 i loro valori, e sup-
ponendo nella formola risultante # = /i-t- 1 , si avrà tang. £n-t-i,
ossia la tangente dimandata
220 Sul moto discreto di un corpo» ec.
tang.(a0-4-a,-i-a2-+-... -+•«„):
1 ; a„_,
*„_,-(- -: —
0,-t" *
Corollario i . Siano gli archi a0 , ar , a2 , . . . a„ eguali
fra loro, e sarà tx costante; e perciò tang.(a0-+-aI-(-a3-(-...a71)
= tang . ( ti -+- i ) a = —
sec. a
fi-
sco.aa
a :
sec. «
a — ■
sec. «
a —
continuando la divisione (rc-+-r) volte.
Corollario 2. Essendo l'integrale finito dell'arco, che
ha per tangente la funzione tx qualunque, eguale alla som-
ma degli archi , i quali hanno per tangenti tQ, ti , t* i ■> tx— , ;
cioè eguale ad a0 + a,+aJ + .... + ai_I, sarà, per le cose
esposte
2 Are. tang. tx = Are. tang.
I -H ; - a*_
P*w_a-*
^4,_,-h^
7 "'
I -+- — .
ta
Del seno e del coseno .
Indicando colle sa , st , s.^,....s„ i seni, e colle c0, cI5
ca , ... , Cfl i coseni degli angoli a0 , a, , a2 , . . . . , «„ ; e colla
|r la somma a0 -+- al -t- a2 ■+- . . . . ax_i , come sopra , si ha
sen.^-t., = sen.(l;x-i-ax), ossia sen. %x+1=cxsen.£,x-+-sxcos. %x\
così cos.^-t-, =cx cos. t.x — SrSen.^xi cioè hansi le due equa-
zioni
sen. Zx-t-i — cx sen.fz — sx cos. %x =o ,
cos.|2_t-, —cx cos.|x -+-sx sen.|x =o,
le quali integrate daranno le espressioni, o forinole diman-
date .
Del Sic. Antonio Bordoni . aai
Eliminando sen. |x da queste due equazioni, si ha
COS.^x-t-, COS.^sh-jH cos. §r =o;
ed eliminando cos. |T , si ottiene
sen . §xH-a sen . ^h-i h sen . £* = o ,
*x *x
equazione la quale contenendo la funzione sen.|r , come l'an-
tecedente contiene cos. %x , c'insegna, che i valori cercati
delle due funzioni sen.|x, cos.£x sono due integrali partico-
lari di una medesima equazione del secondo ordine delle dif-
ferenze finite , cioè della equazione lineare seguente
sen.(», + aI+I) sen.ar-t-i
yx^ ! ±_/x^lH 7x = o.
sen. a» sen. a,
Ad ottenere l'integrale di questa equazione di secondo
ordine, e da cui dipendono attualmente le espressioni o for-
mole dimandate delle due funzioni sen.|x, cos. %x , si userà
la regola generale, ormai notissima, colla quale s'integrano
le equazioni lineari del secondo ordine delle difFere,n^c rini-
te, vale a dire la regola, che dal suo autore, io dirò Bru-
nacciana .
Corollario i. Se tutti gli archi a0 , a, , a2 , . . . . , an
fossero tra loro eguali , la equazione superiormente esposta
diventerebbe
yz+z — 2C/.+, -+- yx = e ,
la quale, avendo i coefficienti costanti, è anche integrabile
colla supposizione di yx = Aux, colla quale s'integrano tutte
le equazioni di questa natura (§.4-5), ed integrata, dà
yx = A (cos.a-H^/ — i sen.a)x-H A'(co§.a — j/ — i sen.a)x-,
cioè determinando opportunamente le due costanti arbitrarie
A , A', hassi
( r"s. a-f-i/ — i sen. a )* — (cos. a — jX — i sen. a)'
sen . xa = •
cos. xa=.
2j/— I
( cps. a-t-|/ — i sen. a )' -<-(cos. a — [/ — > i sen. a)1
2
che sono le notissime formole Bernulliane .
222 Sul moto discreto di un corpo , ec.
Corollario 2. Per essere
2Arc.sen.<?x=A.sen..yx_I-HA.sen..?x_2-f- -i-A.sen.j0,
e 2 Arc.cos.cx=A.cos.cI_[-i-A.cos.cI_i-)- . . . . -hA.cos.c0 ,
potremo dare a questi integrali finiti le forme seguenti
2A.sen..?x = A.sen.£x, e 2 A.cos.cx = A.cos. £x ,
rappresentando sen.|r ,cos.?x i due integrali particolari sud-
detti della medesima equazione generale in yx .
Nota seconda.
In questa nota si espone un metodo per integrare l'e-
quazione
(E) .... axyxyx^.x -4- bxyx+t ■+■ cxyx -+- dx = o ,
nella ipotesi di ax , bx , cx , e dx funzioni qualsivogliono co-
gnite della #, per riunire in un solo quelli coi quali si so-
no integrate le quattro equazioni (A), (B) , (C) , (D) , trovate
nelle proposizioni I., IV., V., e nella nota antecedente, le
quali sono visibilmente casi particolari di questa .
Onde integrare l'equazione (E), supponghiamo yx = — ,
tx , e zx rappresentando due nuove funzioni incognite , ed
avremo, colla stessa equazione
yx+s = — ( cxtx ■+- dxzx ) : ( axtx -+- bxzx ) ;
ma per supposizione dev'essere yx+, = J~*~' ; adunque, tra le
funzioni incognite tx , zx , si avrà l'equazione
tz-t-, _ Cxtx -+• dxZx
Zx-*-, a*ti-t-bxZx
Per soddisfare quest'equazione e determinare nel mede-
simo tempo i valori delle due funzioni tx , zx , si supponga
tx-i-i = — cxtx — dxzx , e si avrà 2I+1 = axtx -+■ bxzx ; cioè si
avranno le due equazioni
tx+i ■+- cxtx -+- dxzx = o , zx^.1 — axtx — bxzx = o
anch'esse delle differenze finite di prim' ordine, come la pro-
posta , ma lineari .
Del Sic Antonio Bordoni . aa-j
Eliminando la funzione tx da queste due equazioni , e
supponendo = A.r , e ( vxcx — axax ) = bx ,
az a,
liassi la sola equazione seguente
zx-t-2 — Axzx-*-i — oxzx = o >
la quale, benché sia del second' ordine, ed abbia i coefficienti
variabili , nulladimeno , si sa integrare colla regola Brunac-
ciana .
Diffatto , supponghiamo zx = Ce2Z"*, C esprimendo una
costante arbitraria, l . ax il logaritmo Neperiano della funzio-
ne incognita ar , ed e, al solito, la base dei medesimi Ioga-
ritmi , ed avremo
".l'^i+i "~ Ax0Cx — ox := O '•)
e perciò ax = Ar_, H — — , ovvero
A B'—
ttx — Ai — i -+- B,_
A— &5^
B' B.
a0 esprimendo una costante arbitraria .
Per trovare il valore dell'altra funzione tx , si sostituisca
nq^ suo valore ( 21+1 — bxzx ) '. ax , desunto dalla prima delle
due equazioni esposte, qui sopra, in luogo della zx il suo va-
lore Ce2* • a' , ed avrassi
a*
Ora sostituendo nella frazione 1 1 ', zx , invece delle fun-
zioni t x , zx i loro valori
Ce^.«,, Z^±CeV-«>>
si ha
== - — '- ■-, quindi yx— — (-bx-hAx-.I-*-^— B )
** A,_3-r-_i-BI_,
A,_,-+--r-
a.
224 Sul moto discreto di un corpo, ec.
integrale completo dell'equazione (E), per essere a0 una quan-
tità tutt'ora arbitraria.
Osservazione i . Potrei qui esporre molte eleganti questio-
ni di geometrìa, le soluzioni delle quali dipendono dalle in-
tegrazioni di equazioni , che sono aneli' esse casi particolari
della (E) integrata qui sopra, e ciò servirebbe per mostrare
l'uso dovizioso di essa anche nella pura geometrìa; ma sic-
come con questa esposizione mi allontanerei troppo dallo sco-
po che mi sono prefisso, così mi limiterò alle due seguenti.
Proposizione prima.
„ Iti uh dato poligono rettilineo inscriverne un altro ri-
,, entrante, i lati del quale prolungati, se occorre, passino
„ per altrettanti punti dati (*) .
Siano numerizzati i Iati del poligono dato, quelli del di-
mandato, ed i punti dati di posizione; e sia y = axz •+- bx l'e-
quazione della retta nella quale trovasi il lato x esimo del dato,
cioè y e z le coordinate di un punto qualunque , ed ax , e
bx i soliti parametri, qui funzioni cognite del numero x, dai
quali dipende la posizione della medesima retta, relativamen-
te a due assi ortogonali a cui essa si riferisce .
Similmente, siano A, e B, i due analoghi parametri, in
questo caso funzioni incognite di x , dai quali dipende la po-
sizione di quella retta di cui è parte V x esimo lato del po-
ligono dimandato; cioè, sia u — Axt -+• Br l'equazione della
stessa retta , rappresentando « , e t le coordinate di un pun-
to qualunque di essa .
Supponendo , che il vertice dell' angolo formato dai lati
x, ( x -+- i ) esimi del poligono dimandato, od inscritto, sia
quello che cade nel lato x esimo del poligono dimandato,
avran-
(*) Quando i vertici degli angoli di un
poligono sono nelle rette in cui trovansi
i lati di un altro poligono, quello si di-
ce qui Inscritto in questo; e reciproca-
mente questo Circoscritto a quello .
Del Sic. Antonio Bordoni . aa5
avranno luogo insieme le tre equazioni
y = axz-i-bx , y = Axz-*-Bx , / = AI+Iz4-BI+I ,
passando le rette espresse da esse pel medesimo punto, cioè
pel vertice anzidetto .
Eliminando da queste tre equazioni trovate le quantità
y, s, che rappresentano qui le coordinate del punto comune
alla retta nella quale vi è il Iato x esimo del poligono circo-
scritto, e delle due nelle quali vi sono i due x, (x-¥- i ) esi-
mi dell'inscritto, si avrà la sola equazione
(a) BXAAX — AXABX = b*AAx — ax ABX .
E questa è l'equazione esprimente la relazione, che debbo-
no avere in generale i parametri Ax , Bx , ax , bx; perchè il
poligono di cui il lato x esimo trovasi nella retta, che ha per
equazione u — Axt-*-Bx, sia inscritto in quello avente il lato
x esimo nell'espressa dall' altra / = axz ■+• bx , o questo circo-
scritto a quello .
Rappresentata colla mx l'ordinata, e colla nx l'ascissa
dell' x esimo punto dato di posizione, e supposto che passi
per esso la retta nella quale vi è il lato x esimo del poligo-
no dimandato, si avrà, fra le funzioni Ax , Bx incognite, e
le cognite mx , ux , l'equazione mx = Ax«x ■+• Bx . Adunque,
affinchè la retta in cui trovasi il lato x esimo del poligono
dimandato sia espresso dall'equazione supposta u = Axt-Js-Bx,
le due funzioni AX,BX debbono avere le relazioni che espri-
mono le due equazioni
BXAAX — AXABX = bxAAx — axABx
mx = Axnx -+- Bx .
Eliminando da queste ultime equazioni la funzione Bx ,
si ha la sola equazione delle differenze finite, fra le sole fun-
zioni Ax , AI+I ,
AxAx^.1Anx-(bx-*-axnx^.l-mz)Ax^.1-(mx-axnx-bx)Ax-t-axAmx=o,
la quale , siccome si vede , è un caso particolare dell' equa-
zione (E); e perciò anch'essa integrabile col metodo superior-
mente esposto .
La costante arbitraria, che conterrà l' integrale di quest'
Tom. XVII. a 9
2i6 Sul moto diòcheto dì u^ (sauro , ec.
equazione, ossia il valore della Ax , si determinerà, soddisfa-
cendo la condizione che il poligono dimandato dev'essere rien-
trante, vale a dire, che, sì il suo primo, che il suo ultimo
lato, debbono avere uno stesso punto comune colla retta del-
la quale è porzione l'ultimo lato del dato.
L'equazione mx = A.xnx ■+- Br , esposta sopra, dà
B.r = mx — Axiix ,
cioè il valore richiesto dell'altra funzione Bx .
Conoscendo attualmente i valori delle funzioni Ar , Br ,
e perciò l'equazione u = Axt-+-Br della retta di cui è parte
il lato .e esimo del poligono dimandato, avransi facilissima-
mente tutte le altre equazioni e quantità dalle quali dipen-
de la conoscenza completa di esso .
Se le successive rette nelle quali sono situati i lati del
poligono inscritto, invece di passare per altrettanti punti da-
ti di posizione , come si è supposto nella proposizione trat-
tata, dovessero formare angoli che avessero alcune proprietà,
o fra loro, o con quelli di un secondo poligono dato, ossia
con quelli del dato stesso , si conoscerebbe la funzione Ar ,
immediatamente, o previa l'integrazione dell'equazione espri-
mente la stessa passione, come appunto accade rinvenendo
con questi principi , il poligono che descrive il corpo nella
Proposizione V.; ed avrebbesi sempre la B* integrando l'e-
quazione generale (a) dei poligoni inscritti , o la sua equi-
valente
am — Ai Oi—Ax
Ancora la soluzione del famosissimo problema, d'inscri-
\ere in un dato cerchio un poligono rientrante, che i suoi
lati passino, distesi, abbisognando, per altrettanti punti da-
ti di posizione , trattato come lo fu dal Signore Magistrini
nella sua ingegnosa poligonometrìa analitica, dipeude dall'
integrazione di un'equazione della forma della (E), e però
esso si potrà sciogliere e generalmente, anche seguendo que-
sto metodo, integrando l'equazione risultante, come un ca-
so particolare della stessa (E) .
Del Sic. Antonio Bordoni . 227
Non essendomi noto che siasi pubblicata la soluzione della
proposizione „ Inscrivere in una linea qualunque di second'
ordine un poligono rettilineo rientrante di un numero qual-
sivoglia di lati , i quali prolungati se fa bisogno passino per
altrettanti punti dati di posizione nel piano di essa „ la qua-
le è evidentemente rispetto all'Ellisse, alla Parabola, ed aila
Iperbola , cioè in generale alle linee di second' ordine , ciò
che è il Problema anzi accennato relativamente al solo cir-
colo, ed il superiormente trattato pe' poligoni rettilinei, ap-
profitto della presente occasione onde esporre di essa la so-
luzione seguente , benché appoggiata puramente alla geome-
trìa descrittiva , e però a principi , che non hanno nessun
rapporto cogli esposti in questa Memoria .
Eretto un Cono ordinario sul piano della linea di secon-
d' ordine, e fatto al medesimo, con un piano, una sezione
circolare, si unisca il suo vertice coi punti dati nel piano
della linea stessa, e si prolunghino queste rette, se fa biso-
gno, sino all'incontro di quel piano nel quale vi è la sezio-
ne circolare, ed avransi così in questo piano, tanti punti e
dati di posizione, quanti sono quelli nel piano della stessa
linea data : fatto questo, s' inscriva nella sezione circolare un
poligono rientrante cui i lati passino pei punti anzi determi-
nati nel piano della medesima, e poscia si prolunghino, ab-
bisognando, i lati del cono che passano per i vertici di que-
sto poligono, sino all'incontro della linea data di second' or-
dine , e questi punti d'incontro saranno manifestamente i ver-
tici del poligono inscritto nella data linea di second'ordine,
i cui lati passeranno prolungatile fa bisogno, pei punti dati
di posizione, vale a dire i vertici del poligono dimandato.
Esempio . Inscrivere nella parabola ABC un triangolo
A'B'C tale, che i suoi lati, prodotti se sia d'uopo, passino
per tre punti Q , R , ed S dati ?
Fissiamo per primo piano dei coordinati quello della pa-
rabola medesima , e per secondo quello che passa per DBE
suo asse , perpendicolarmente allo stesso suo piano .
22,8 Sul moto discreto di un corpo, ec.
Da un punto F della parabola si tiri la FG perpendico-
lare al suo asse , si prenda sul medesimo GH = GF , si uni-
sca il punto H coll'I del prolungamento della FG ; conducasi
la HJ perpendicolare all' HI, e si estenda sino in J punto del-
l'altro prolungamento della FG ; si tirino le JL , IL, la pri-
ma parallela all' asse della parabola , e la seconda pel suo
vertice, cioè per B; e saranno queste le intersezioni del pri-
mo piano coordinato , e di una superficie conica ordinaria
avente il vertice in L , e di cui la stessa parabola data ne
è una sezione fatta parallelamente al lato JL .
Trovati in questo modo i lati JL, BL, si conduca la MN
perpendicolare a DBE , e sarà MO il diametro di una sezio-
ne circolare del medesimo, disegnata nel piano le cui tracce
sono PN , PM .
Condotte le rette Q»T , RU , SV , LX perpendicolari al-
l'asse, ed uniti i punti T , U , e V col vertice L del cono,
e gli altri Q, 11, ed S col punto X- le rette TL , QX ; UL,
K.X ; VL , SX saranno le prelezioni di quelle altre ebe uni-
scono il vertice del cono coi punti dati Q , B. , ed S .
I punti Y, Y'; Z, Z'; W, W così determinati, espri-
mono le projezioni dei tre, ove le rette, le quali passano pel
vertice L, e pei dati Q, R, ed S incontrano il piano rap-
presentato dalle tracce PN , PM .
Per inscrivere ora nel cerchio, ebe ha per diametro OM,
il triangolo , i cui lati prodotti , se abbisogna , passino pei
punti le cui projezioni sono le anzi determinate , cioè per
trovare le projezioni dei vertici degli angoli di questo trian-
golo , si prenda Pw = PW, Pra = PM, e si descriva sulla wm
come diametro il cerchio obmc , e tirisi perpendicolarmente
alla traccia PN la Y> = PY, Z's = PZ, e la WV = PW; in-
di s'iuscriva nel cerchio anzi descritto il triangolo abe, che
il suo lato ac passi per z, e i prolungamenti degli altri due
abvbc per gli altri due punti wvy, con una delle regole in-
segnateci da Giordano, Malfatti, Lexel, Carnot, Lagrange, ec.
Fatto ciò , dal punto a vertice di un angolo del triango-
Del Sic Antonio Bordoni. 2,29
lo abc si tiri la am perpendicolare alla PN , e il punto m
trovato in questo modo sarà la projezione nel primo piano
coordinato del vertice di un angolo del triangolo suddetto in-
scritto nel cerchio avente per diametro MO .
L'altra projezione del medesimo vertice sarà il punto
della PM la cui distanza dal P eguaglia ma . In un modo af-
fatto simile si determineranno le projezioni dei vertici degli
altri due angoli del medesimo triangolo .
Conoscendosi attualmente le projezioni dei vertici degli
angoli del triangolo inscritto nel cerchio che ha per diame-
tro MO , i cui lati distesi , se fa bisogno , passano pei pun-
ti, che hanno per projezioni Y, Y' ; Z , Z ; W, W, facilmen-
te si determineranno le projezioni dei lati del cono, i quali
passano per vertici del triangolo medesimo, ed in conseguen-
za i vertici A' , B' , C del triangolo dimandato .
Determinato , come sopra , il punto m , si potrà conti-
nuare la soluzione nel modo seguente : uniscasi immediata-
mente il punto X coll'w, prolungasi questa retta sino in A'
ad incontrare la parabola ; indi si conduca la SA'B' , poscia
la B'C'Q, in ultimo la C'RA' , e sarà A'B'C il triangolo di-
mandato .
Osservazione a. Se in un poligono se ne iscriva un altro,
in questo un terzo, in quest'altro un quarto; e così si con-
tinui . Indicando colla zt = t ax,y -t-.&c,/ l'equazione fra le coor-
dinate rettangolari u , t della retta nella quale trovasi il lato
x esimo del poligono/ esimo degli inscritti, l'equazione (a) dà
(.) A^'A^Si==A^A:^±i;
y x y x
ed esprimendo colla r = sdz>y-^-^z,y quella nella quale vi è il
lato x esimo del primo dei medesimi poligoni, il quale è an-
che V y esimo ciscoscritto all' y esimo suddetto, la stessa equa-
zione (a) somministra
W A'Ì
Similmente, chiamando ux,r, tx,y le coordinate rettango-
la) A^A-^-=A^A^
x y y x
r
a3o Sul moto discreto di un coiiro , ec.
le del vertice dell'angolo x esimo dell'/ esimo poligono degli
inscritti, trovasi, colla medesima equazione (a), ma molto
più speditamente colla ispezione della figura, l'equazione
(3) A^.A^-=A^A^:
y x x y
così si dimostra facilissimamente, che ha luogo l'equazione
seguente
(4) A^A^££i = A-^A '
y x y x
tra le coordinate ortogonali r.r,r , sx,r dei vertici degli angoli
del poligono y .
È singolare, che la seconda equazione (4), dei poligoni
circoscritti è affatto simile alla (i), prima degli inscritti, e
la seconda (3) di questi alla (2), prima di quelli.
Esempio . Sia A -— - = nL. -—-, cioè la distanza fra i ver-
y x
tici degli angoli x esimi dei poligoni j,(_v+ 1 ) esimi inscritti
sia l' n esima parte del lato x esimo del poligono y esimo dei
medesimi, e si avrà, mercè l'equazione (3), dianzi esposta,
A -^- = tzA -^ ; ossia avransi le due equazioni delle difife-
X x
renze finite, lineari, e del primo ordine, seguenti
nux+t,y — u^y+, — (n—i) u„y = o ,
fra loro simili, le quali integrate colla regola notissima di
Lagrange (§.86), o con quella che insegnammo in altra oc-
casione, e determinate opportunamente le funzioni arbitrarie
introdotte dalle integrazioni , somministrano
tx,y={l-n)y}tx,o+y[-^-\tx+i,o-*-y * ^ ' (^7-) *:d-a,o-i-....-»-(-^J t#+.y,o\ ,
^,^(1-/^,,,^
vale a dire le coordinate del vertice x esimo dell'/ esimo po-
ligono degli inscritti espresse per quelle dei vertici degli an-
goli del primo poligono.
Del Siu. Antonio Bokuoni . 201
Se fosse » = |, ossia se i vertici degli angoli del primo
poligono y esimo inscritto cadessero nelle metà dei lati del-
l'(j — i ) esimo , le formole integrali, anzi esposte, divente-
rebbero
x,y — — Y
y( y^~ i ) ")
ed
i ( y(y — i) ?
Ux,y = — )UX,0 —yuz-*-i ,0 H Ux-t-^io H- "+" Ux+y,of ■
a.*
come fu trovato altrimenti dal Sig. Magìstrinì nella sua Po-
ligonometria sopra citata .
Proposizione seconda.
„ Trovare le equazioni di un poligono circoscritto alla
„ curva , che ha per equazione f{y , z ) = o fra le coordina-
„ te ortogonali s,/, conoscendosi le tangenti de' suoi angoli
„ esteriori .
Siano zm, yx le coordinate del punto di contatto della cur-
va data col lato x esimo del poligono , ( — ) , o semplice-
\ dx f x
mente I — I la tangente che fa il lato stesso col prolungamen-
to dell'asse delle ascisse zx : così z,+1,/I+i, (— ) ,o I — l
\<is/x-t-i \dzf
le analoghe quantità pel punto di contatto (x-\- i ) esimo; e
tx la tangente dell'angolo esteriore x esimo del poligono, cioè
quello compreso dal lato x esimo e dal prolungamento del-
l' (x-t- i ) esimo .
Essendo l'angolo, che ha per tangente tx, eguale all'an-
golo avente per tangente! -) , meno quello che ha (—) ,
\dz/x \dz/x-hi
si avrà
\dz/x\dzff*-i \dzfx-*-' \dzf
ossia
•+■ tx = o ; ovvero
2oì Sul ivr>0T0 discreto di un corpo, ec.
V «T /j V dy /i-i-i \ rfj /x-)-i \ dy fx
equazione, la quale è anch'essa visibilmente un caso parti-
colare della (E), ansi è la stessa (D) ; e perù sarà
(— I = — - , oppure ( — I = -Ci! , tx essendo eguale ad
dy 1 x Z,—i \dzfx tx °
. Bx_,
ove Ax , e Bx esprimono le funzioni conosciute i -+- — ^ ,
— ( i -+- tx* ) -^ ■> e la C una costante arbitraria.
*x
Ora dall'equazione data della curva cavasi 1 — 1 = — ( — )'
[ — J ; e perciò eguagliando questi due valori della tangente
/dy\ . , „
I — i , si avrà 1 equazione
la quale esprime una relazione delle coordinate zx , yT . Ma
queste medesime coordinate banno anco la relazione espres-
sa dall'equazione data f(z , y) = o ; adunque fra le coordina-
te dei singoli punti di contatto della data curva e dei lati
del poligono avranno simultaneamente luogo le due seguenti
equazioni
\dzf ' \ dy ) tz '
le quali potranno servire, conseguentemente, per determina-
re le medesime coordinate .
Espresse colle t%u le coordinate rettangole di un punto
qualunque della retta nella quale cade il lato x esimo del po-
ligono , e colle A , B i parametri da cui si fa dipendere so-
lita-
Del Sic Antonio Bordoni . a33
latamente la posizione della medesima rispetto agli assi delle
stesse coordinate, cioè espressa coli' equazione ?i = A£-f-B la
medesima retta si avrà A = I — 1 ,
e B=r*-s*(g)x,(5.?8)
dovendo essa passare pel punto a cui corrispondono le coor-
dinate yx , zx ed essere tangente la curva nel medesimo pun-
to . Vale a dire , sarà
\dzfx \dzfx
l'equazione del lato x esimo del poligono: cosi sarà quest'altra
»'«*(&) ^yx^-zx^(dA
\dz/x-*-i \dzfx-t-i
quella del seguente , u , e t' esprimendo le sue coordinate
ortogonali .
Il vertice dell'angolo x esimo del poligono, ossia dell'an-
golo formato dai lati x, (x-+- i ) esimi , egli è evidentemente
un punto comune alle due rette espresse dalle equazioni an-
zi esposte ; e però avransi , fra le coordinate di questo pun-
to, che denomineremo tx , ux , simultaneamente le due equa-
zioni seguenti
Ux = tx I ■f I H-Jx-i-, — Zx+-i ( / I ,
\dz/x-t-i \dz /x-t-i
le quali somministrano immediatamente
*— Af-(S)-'l:A(£).
cioè le coordinate del vertice dell'angolo a; esimo del poligo-
no circoscritto alla curva espressa dall'equazione data/(.z,/)=o,
ossia le equazioni dimandate .
Esempio. Sia il poligono equiangolo, l'asse delle ordina-
Tom. XVII. 3o
2.^4 Sul moto discreto di un corpo, ec.
te y parallelo al suo primo Iato, e si avrà Ax = i H — =sa,
— B* — n-^2 = sec.3e; e perciò
sec. e
a —
sec. e
2 — -!
sec.ae
sec.2 e
i
C
e esprimendo qui l'angolo, che ha per tangente t.
Essendo I — ) infinita , stante la disposizione particolare
degli assi, ed eguale ad— G per la forinola qui esposta, sa-
i
t
sec.ae
ra = o ; quindi
C '
(dy\ r / sec.ae \
dz/x tang, e \ . sec.'e f
sec. e
a :
sec. «
a 5
supposto la divisione continuata (x — i ) volte. Ma, da ciò
che abbiamo dimostrato nel primo Corollario della prima No-
ta ? risulta il secondo fattore del secondo membro di quest'
ultima equazione , cioè la frazione continua
sec. e
a —
sec* e
»-2Si eguale all'ordinaria — ^^ — ; adunque
a tang.(x — i)e
sarà
cioè
(dy\ i / tana, e \
T ) = ( 2 )' C1(
dz/x tang. e \ tang. ( x— i) e /
— I = — ■ = cotang.i x — i )<? :
dz/x tang.(x — i)e ° v '
siccome era facile a prevedersi .
Individuiamo ora la curva a cui dev'essere cirscoscritto
il poligono, e sia dessa l'Ellisse, che ha per equazione
Del Sic Antonio Bordoni 235
y [/(aaz — s2) = o,
a
a, e b indicando i suoi semiassi, ed avrassi
e perciò le equazioni , trovate superiormente , dei punti dì
contatto diventeranno in questo caso particolare
b(a — zx) :a[/(2.azx — saI) = cotang. (x — i )e ,
ayx — b\/( %azx — z*x ) — o ,
le quali danno
zx = a — a2 : |/[aa-H^atang.(a: — *)e], ed
yx — b ;i/[ia-)-«acotang.2(x — i )e];
cioè le coordinate od equazioni dei punti di contatto dell'El-
lisse coi lati del poligono equiangolo ad esso circoscritto .
Sostituendo nelle espressioni delle coordinate tx , ux , e-
sposte sopra , invece delle quantità zx , yx , ( — I i loro va-
\ dzfx
lori anzi trovati, avransi le stesse coordinate, ossia le equa-
zioni del poligono equiangola circoscritto all'Ellisse espressa
dall'equazione
ay — b\/ ' (naz — s2 ) = o .
Se fosse b = a, ovvero la curva data una circonferenza,
avrebbesi ( — I =cotang.(.a; — i)e, zx=a[i — cos.(# — I)e]o
ed yx = a sen.(a; — i )e; e perciò
( A seti, (x— i ) e f
tx =z a {i > ,
( sen . e )
ux = A cos. (x — i )e
sen. e
per equazioni del poligono circoscritto alla periferia , che ha
per equazione al vertice j2 — 2«z -4- z2 = o , a esprimendo il
suo raggio, e z,y le coordinate rettangole dì un suo punto
qualunque .
Osservazione 3. Nel cercare l'integrale dell'equazione (E),
dopo eh' ebbi trovato
a.%
Sul moto discreto di un corpo, ec.
Si
avrei potuto ominettere il metodo esposto col quale ottenni
questo singolare risultamento , e supporre immediatamente
yx = ( <x.r — bx ) '. ax , come si è fatto integrando le equazio-
ni (A) , (B) , (C) , e (D) , ed indi determinare la funzione ax
opportunamente , perchè fosse soddisfatta l'equazione che trat-
tavasi d'integrare, ed avrei avuto, come sopra, l'equazione
«i«rt-i — Axax — B^ = o,
per trovare la funzione ax . Ma siccome collo stesso metodo
si possono integrare, o rendere integrabili molte altre equa-
zioni delle differenze finite , non lineari , per questo ho di-
visato di esporlo .
Finalmente avverto che si ottengono bensì immediatamen-
te gl'integrali delle equazioni (A), (B) , ec. sostituendo nel-
l'integrale trovata della (E) in luogo delle funzioni ax , bx ,
cx , dx i loro valori che hansi paragonando le medesime equa-
zioni a questa, ma con formole su cui fa d'uopo fare alcu-
ne considerazioni onde comprendere che sono dessi equiva-
lenti agli esposti .
SU LA DETERMINAZIONE DELLA CAPACITÀ DI UNA
BOTTE O ELITTICO-CIRCOLARE OD ELITTICO-ELIT-
TICA, A FONDI UGUALI O DISUGUALI, ED A PARTI
ANTERIORE E POSTERIORE SIMILI O DISSIMILI .
MEMORIA
Del Signor Don Pietro Cossali.
Ricevuta li io Novembre i8i4-
I
l celebre Barnaba Oriani ha insegnata la seguente bellis-
sima Regola pratica per determinare la capacità di una Botte
a fondi disuguali . Moltiplichiamo tra loro i rispettivi diame-
tri di ciascuna delle tre sezioni di una Botte , ed avremo tre
prodotti: al quadruplo del prodotto che ci danno i diametri
della maggior sezione aggiungansi gli altri due prodotti: se
ne moltiplichi la somma per il sesto della lunghezza della
Botte, e questo prodotto si moltiplichi anche pel 0^,785398,
che è la quarta parte della circonferenza di un circolo che
ha per diametro 1 , ed avremo espressa da quest' ultimo pro-
dotto la capacità della Botte. V. Tomo II dell'esteso corso
di Calcolo Sublime del chiariss. Cav. Vincenzo Brunacci Cal-
colo Integrale Capo I, §. 100. Curioso io di vedere i prin-
cipi , e le condizioni di tal Regola mi proposi in generale il
Problema di determinare la capacità di una Botte .
PROBLEMA.
Determinare la capacità di una Botte 0 Elittico-Circolare, 0
Elittico-Elittica , 0 sieno i suoi fondi uguali 0 disuguali,
e le due parti anteriore e posteriore 0 simili o dissimili .
Sia FOPG la sezione della Botte verticale in lungo, Q(p(p'Q'
la sua sezione orizzontale in lungo, AZBZ' la sua sezione tras-
2,38 Sulla determinazione della capacita1 ec.
versale massima, AZBPi^'GQ'Z la sua parte anteriore, e G^'PQ'
il fondo che a distinzione chiamerò testa, AZBO<pFQZ' la
parte posteriore , della quale FtpOQ il fondo . Sia CA il se-
miasse maggiore della sezione elittica trasversale massima =B,
ed il suo semiasse minore CZ = « . Sia il semiasse della testa
1G = Z>, e supposta la parte anteriore tutta regolare, e per-
ciò la testa simile alla sezion trasversale massima, sarà I(p'=—bv
B
e sia il semiasse maggiore DF = V conseguentemente per il
supposto medesimo della regolarità della parte posteriore il
semiasse minore D^> = — V . Sia poi l'elissi dell'arco anterio-
re verticale AG espressa per l'equazione jy2=r— (A2 — xz),
A.
e l'elissi dell'arco anteriore orizzontale Z(ji' per l'equazione
0* = — ( G- — x% ) . L' elissi dell' arco vertical posteriore AF
abbia per equazione /2 = — ( A'2 — x* ) e l'ellissi dell'arco
posteriore orizzontale abbia a sua equazione 0'2 = — (G'2 — x2).
Sia G il centro di tutte e quattro le elissi . Si concepisca
nella parte anteriore ad una indeterminata ascissa .r = CR la
sezione trasversale S<p"NQ" . A fine che questa sia simile al-
la massima AZBZ' dovrà essere B : a ] \y \ 6 , e perciò d = aX
2L 0i = <za-— • Dunque le due equazioni delle due elissi CC-
B* .
stituenti la forma della parte anteriore saranno /2=— (A2 — x2),
^^■^■(A2 — xa). Similmente si troverà che le due equazioni
delle elissi costituenti la forma della parte posteriore esser
dovranno /2 = ^ ( A'2 — x* ) , 0a = £ ; ( A'2 — x* ) . Ciò posto
non ostante la diversa curvatura della botte da A in G , e
da A in F ; da Z in (p e da Z in (p} le sezioni trasversali tutte
saranno simili alla sezione massima AZBZ' e simili tra loro .
re
Del Sic D. Pietro Cossali . 2,3q
Sia ora la lunghezza intera DI della Botte = k , e sia
indeterminatamente — £ = CI la lunghezza della parte anterio-
m
I i I k quella CD della posteriore . Significata per %
la circonferenza del circolo di diametro = i sarà — .xy3 l'a-
B J
rea della elittica trasversale indeterminata sezione S^TNQ" ,
ed essendo RS=/, CR = # sarà — y3dx l'elemento della so-
lidità della parte anteriore della Botte, e la porzione di essa
5
da G in R sarà =/>A«=pf /(B*-|>)^=f (b**~.J)
e fatto #= — k si avrà l'intiera parte anteriore della Botte
ni
=— l B3 . — k — — . — - 1. Similmente si vede risultare la in-
B \ m A1 3ra5 /
tiera parte posteriore — I Ba I i J k j i -\ — I .
Dunque la capacità della Botte intera che chiamerò (C) sarà
<c>=f[™-£-è-£(.-i)ì],
Ba
ma dall'equazione j3 = — -(A' — x3) fatto /=IG=£, x — — .k
ricavasi A2 = . E dall'equazione
TO» ( Ba — 4» ) ^
y'a=^(A'*-^) fatto y' = BF = b', x = (i — l-\k
ricavasi Aa = — _ "' — sostituendo sarà
(C) = ^[3B^-Ì(Ba-^)-(i--i)^(B^^)]
3B L m V rnf\
Passo io al presente ai casi particolari : se la parte an-
teriore e la posteriore siano ugualmente lunghe, cioè se sia
a4° Sulla determinazione della capacita' ec.
— k-=-hk, e ciò non ostante siano i semi-assi b , b' della te-
rra
sta e del fondo disuguali , saranno A ed A' disuguali , cioè
la curvatura della parte anteriore sarà diversa dalla curvatu-
ra della parte posteriore , e si avrà
/ri, ank / Sa b"\ k /,D b'.a b'\a\
(C) = 1 2B2 h 1 I = ji . ( 4 B« -i h - — I
W 3B \ 2 a / 3.2 V B B /
n k / . n . 2ai , , aai' \
= — .- 4-2B.28 + 2&. 1- 2,b I
4 6 V B B /
= - . y/4.AB.2CZ-i-CP.aIf -f-FO.^D^);
questo è il caso del Teorema dell' Oriani , né può che sotto
tali condizioni aver luogo . Si può anche adoperare la formola
n . j ( 4AC X CZ -t- Gì X W + FDxD^)
che anzi tornerà più comoda essendo più facile tenere a me-
moria il numero esprimente la circonferenza % del diametro
i che è 3,i4i5c;2, di quello che la sua quarta parte.
Se A = A', cioè se la curvatura della Botte sia la stessa
nella parte anteriore e nella posteriore, ed i semiassi b, V
siano disuguali si avrà
_B^_==_^_(I__LV, d'onde
m=(Ba — ia) Ba — b'* \ m I
??2a I i I = ( m — i )2 = , ed m — i = ,
\ mfK ' B»~** ,/(B>-ò*)
. ,. ,_v ankt „ b>l/(R*-b*) i'V(B2-*2) \
e quindi (G)= laBn — - 1 — 1
H y ' 3B V |/(B»-i»)-»-|/(B»-J'1) i/(B>-b*)*-i/(B*-b'*)J
che moltiplicando e dividendo le frazioni per |/ ( B2 — è2 )
— j//( B2 — è'2) si riduce alla forma più semplice (C) = -jr-X
Oli
[BaH-£a-+-è'a-f-|/(Ba — £2)(B2 — b'a)]. Se £' = & si avrà (C)
ss — ( aBa ■+■ b% ) : se oltre questo fassi a = B, nel qual caso
36
la Botte è elittico-circolare , si avrà (C) = — ( aB2 -+- b* ) .
SOLU-
/<■ f TVcLZarndTtcei <■ Socx '/<(/.'' /'«.OT/y-w/.?./
IO.
X.
';,<>■' i(:t7em,ir„-n ■ '< . ■ !','„/- ^^-X\'//y„;r, ;,<•
24 1
SOLUZIONE DI DUE PROBLEMI
APPARTENENTI ALLA TEORIA DE' MASSIMI
E MINIMI
Del Sic. Cav. Sebastiano Canterzani.
Ricevuta li 20 Novembre 18 i/j.-
iD,
"ata la retta AB ( Fig. 1 ) e dato in essa il punto G è
stato dimostrato (*) , che dividendola in E nella stessa manie-
ra , nella quale trovasi divisa in C , e alzandole da E la per-
pendicolare indefinita ED, essa riesce la minima di tutte le
rette , che per lo punto C si possono inscrivere all' angolo
ADB formato da due rette DA, DB, che da qualsivoglia pun-
to D della perpendicolare ED vanno a passare per le due di
lei estremità A , B .
In fatti intendendole condotta per G la infinitamente vi-
cina KH, e descritti dal centro G i due archetti circolari Krc,
Bm, il decremento di essa da una parte è eguale all'incre-
mento dall'altra parte, e cosi è nulla la differenza infinite-
sima della KH dalla AB , perchè essendo generalmente Ara ;
ìriR ; ; AC . AE : CB . BE ( perciocché generalmente ahhiamo
Are : k«: : ae : ed, e mW : Bm: : be : ed, e nii : Bm : : AG: cb )
la ragione AC . AE : CB . BE riesce ragione d'eguaglianza ap-
punto quando sia AE : BE : : CB : AC , o vogliam dire quan-
do sia AE = CB, e però anche BE = AC.
II. Apresi quindi la via alla soluzione di varj problemi
di massimo, o minimo, i quali senza il presidio dell'esposto
teorema porterebbero forse per le vie ordinarie dell'algebra un
Tom. XVII. 3i
C) Vedi la Parte I del Tomo XIV di questa Società a pag. 167.
a4a Soluzione di due Problemi ec.
lavoro assai laborioso. Io qui supporrò che all'angolo ADB
( Fig. i , e a ) debba subentrare una curva ; e siccome si avran-
no da aver in considerazione tre cose, la curva cioè, la retta
AB, e il punto C, così a tre problemi principalmente viene
a farsi luogo .
i .° Data la curva, e dato il punto C, trovare la retta
AB, che inscritta alla curva pel punto C riesce la massima,
o la minima di tutte le inscrivibili pel punto medesimo C .
a.0 Data la retta AB, e dato in essa il punto G trova-
re la curva di dato genere , e di data specie , a cui quella
retta rimane inscritta in modo che sia la massima, o la mi-
nima di quant' altre rette le si possono inscrivere pel punto C.
3.° Data una curva coli' inscritta AB trovare in questa
il punto C tale che faccia riuscirla massima o minima di tut-
te le rette , che per esso possono a quella curva inscriversi .
Ovvia essendo la soluzione del primo, come quella che
si ottiene col metodo ordinario de' massimi e minimi, mi li-
mito a trattare soltanto il secondo problema, e il terzo. Ma
prima convienmi notare alcuna cosa nel semplice caso dell'
angolo ADB .
III. Posto che dall'estremo A il più vicino al punto C
si prendano le ascisse positive x voltate verso l'altro estre-
mo B , e che le corrispondenti ordinate positive y parallele
alla perpendicolare ED sieno voltate verso l'angolo D, chia-
misi AB = a, AC=»BE = £, ED = £. Sarà (Fig. i ) a — b\
k'.'.x'.y.j onde (a — b)y — kx = o l'equazione alla linea ret-
ta AD ; e b'.k'.'.a — x'.y , onde by -+- kx — ak == o l' equazione
all'altra linea retta BD, e quindi [(a-b)y-kx][by-*-kx-ak]=ot
. . (a-~2.b)k kz ak akz ,,
cioè yy->t- — xy xx /-+-- — x = olequa-
•/- b(a-b) J b(a-b) b ' b(a-b)
zione alle due rette AD , BD .
Differenziando quest'equazione risulta
, , (a — 2,b)k ak 2.k* (a—s.b)k àk%
dx:dy::zy + ——x-T.——x-——y-
b(a — b) b b(a—b) b(a—b) b(a—b)
dove mettendo x = o , e insieme / = o si ha dx '. dy , cioè
Del Sic Sebastiano Canteezani • 2,43
a — b ; k : : a — b '. k analogìa che sussiste; mettendo poi #=«,
e insieme y = o si ha dx] dy , cioè b\k \\ — b \ k analogìa
che non sussiste , e perchè sussista convien prendere nega-
tivamente o dx , o dy . Dunque per avere la ragione dei dif-
ferenziali dx , dy nei due punti estremi della linea AB biso-
gna prendere questi differenziali affetti del medesimo segno
per l'estremo, in cui è # = 0, e y = o, ma prenderli affet-
ti di segno contrario per l'estremo, in cui è x = a, e y = o.
In fatti i due archi circolari infinitesimi Kn , Bm sono vol-
tati uno in un senso, l'altro in senso contrario; e questa
semplice osservazione avrebbe potuto bastare a far compren-
dere ciò , che per altro non sarà stata cosa inutile d' aver
dimostrato .
Di qui apparisce , che qualora il punto G cade nel pro-
lungamento della retta AB , come nella figura 2, , nel qual
caso i due archi circolari infinitesimi Un , Bm sono voltati
verso la stessa parte , per avere la ragione dei due differen-
ziali dx , dy convien prenderli affetti del medesimo segno
tanto per l'uno estremo A, quanto per l'altro B. Qualun-
que espressione poi, o equazione s'incontri pel caso che ab-
bia luogo l'una delle due figure 1, e a, è chiaro che per
averla pel caso dell'altra non occorre ripigliare il calcolo da
capo, ma basta nella ritrovata espressione, o equazione mu-
tare il segno alle potestà dispari di b, che sta in luogo del
segmento AG .
La premessa avvertenza egualmente vale , come è evi-
dente, per ogni curva, che passando per li punti A, B ab-
bia per tangenti in questi punti le due rette DA, DB.
IV. Vengan pertanto proposti il genere, e la specie del-
la curva da descriversi per rispondere al Problema secondo
( §• II ) . Due principalmente possono essere i metodi da te-
nersi per trovare l'equazione di tale curva riferendola alla
data retta AB mediante due coordinate ortogonali x,y. L'uno
è del seguente tenore .
Suppongasi M ( Fig. 3 ) uno de' punti della curva . Sup-
^44 Soluzione di due Problemi ec.
pongasi pure che preso il principio delle ascisse x in A , e
condotta da B la BK = n parallela alle ordinate PM = y, in-
di tirata la AE = e = l/fl« + nK, questa AE sia parallela al-
l'asse DQ , al quale mediante le due coordinate ortogonali
CQ=z, QM — u vien riferito il medesimo punto M di cur-
va nell'equazione la più semplice che possa aversi della cur-
va stessa. Si denoti per r la distanza AD, o GF delle due
parallele AE, DQ présa parallelamente alle ordinate y, e per
s la distanza del punto D dal principio C delle ascisse CQ = z.
Poste questa costruzione, e queste determinazioni sarà QM,
. , ay — noe — ar nn . . ny -t- ar — ■ nr — es n
cioè w=- , e CQ , cioè z = . Pongansi
e e
dunque questi valori di u , e z nell'equazione semplicissima
della curva, e risulterà l'equazione della medesima curva ri-
ferita alla retta data AB . In questa equazione introducaci
le quattro condizioni 1 -° che la curva passi pel punto A fa-
cendo in essa #=0, e insieme y = o; 2..0 che passi pel pun-
to B facendovi x = e, e insieme y = c; 3.° che la retta DA
sia tangente della curva in A ponendo x = o , e y = o nel
valore di —, e mettendo il risultato = - — • nel caso della fig. 1,
ày k
ma = ^- nel caso della fig. a; 4-° cne 'a retta DB sia tan-
fo
dx
gente in B ponendo x = a, / = o nel valore di nel ca-
so della fig. 1 , o nel valore di — nel caso della fig. a, met-
dy
tendo poscia il risultato = — . Ognuna di queste condizioni
avrà somministrata un'equazione tra le quantità a,bvk, ec.
date, o arbitrarie, e le nv r, s, ec. incognite; e tutta la
difficoltà consisterà nel ricavare da tali equazioni i valori del-
le dette incognite dati per le cognite, e le arbitrarie, tro-
vati i quali, e sostituitili nell'equazione, che riferisce la cur-
va alla retta AB risulta 1' equazione della curva del dato ge-
nere, e della data specie, che scioglie il problema .
Del Sic. Sebastiano Canterzani . 24$
V. L'altro metodo forse più semplice, e comodo del pre-
cedente consiste nel prender l'equazione generale a coefficienti
indeterminati, che abbraccia tutte le curve del dato genere,
e nell' introdurre in essa le quattro condizioni di già anno-
verate nel paragrafo precedente, con che verranno determi-
nati tutti que' coefficienti, che in tal guisa possono determi-
narsi ; indi determinarne altri mediante quelle proprietà , o
vogliam dire condizioni , che servono a distinguere la data
specie dalle altre sottoposte allo stesso genere . Così risulta
l'equazione cercata, della curva cioè del dato genere, e del-
la data specie, che scioglie il problema . Quei coefficienti in-
determinati , che dopo tutto ciò rimanessero per avventura
nell'equazione, sono arbitrarj , e lascian luogo a introdurre
nel problema nuove condizioni . •
Anche in questo secondo metodo l'angolo delle coordi-
nate x, y si presuppone retto, poiché la terza, e la quarta
delle quattro suddette condizioni involve questa supposizione,
mercè che gli angoli in m , e n ( Fig. 1 , e a ) sono per co-
struzione retti .
VI. A chiarezza maggiore gioverà applicare l'uno, e l'al-
tro metodo a qualche esempio nel caso della figura 1 . Pren-
diam dunque le curve del primo genere , o vogliam dire le
linee del secondo ordine, che sono le sezioni coniche, e co-
minciamo dalla parabola .
Esempio I. L'equazione semplicissima di questa curva è
ua = cz, nella quale secondo il primo metodo metto ay~nx~ —
e
ni luogo di zi, e - in luogo di s, e ottengo
aajKa — zanxy -4- rfx* — aaa/j -+- zanrx •+■ a^r* )
— ceny — acex -t- cenr\ =0
-l- ce*s ]
equazione , in cui la medesima parabola viene riferita alla da-
ta retta AB. In questa equazione facendo # = 0, e insieme
7 = 0, risulta la prima equazione i.° aV -H cenr ■+■ ceas = 0
2,^6 Soluzione di due Problemi ec.
ponendo poi x=a , e insieme y=o risulta la seconda a.a n*-t-2,nr
— ce = o. Differenziando l'equazione della curva si ricava —
ao'r — aanx — aaJr — cen , j . ,.
= — - , dove mettendo # = o, 7 = 0 risulta
aan.r — an*x — aarcr -+■ ace
il qual risultato fatto eguale a ne dà la terza
— aunr ■+■ ace k
equazione 3.a 2,aanr — a?cr — zabnr -+- abce — 2.a?kr — cken=zo .
. , ,. — dx —aa1y-*-ù.anx-t-2.a1r-t-cen
Finalmente nel valore di = metto
4y nany — 2.n?x — nanr •+■ ace
, 2.a*n-+-aa'r-*-cen
x = c, y = o, e mi risulta - : metto questo rs-
— aarca — aanr-t-ace
sultato eguale a —, e ottengo la quatta equazione 4-a za^kn.
te
■+• 2.a?kr -+- cken ■+- labri* -+- aabnr — abce = o .
In vigore della prima equazione sparisce dall'equazione
della curva l'ultimo termine, onde essa si riduce ad essere
aay^ — aanxy -t-n^x2, — a.aary ■+■ zanrx
— ceny — acex
e in questa ponendo in luogo di ce il suo valore n* -+- arar
somministrato dalla seconda nasce
a2ja _ zanxy ■+■ n^x2, — aaVy — an^x '
— n3y 1 = o
— o,nary
Questo stesso valore di ce posto nella terza, e nella quarta
equazione , le trasforma in
abrf — a2n? — za3kr — kn3 — a.kn*r = o
na2kn -f- 2,azkr ■+• kn3 -+- nk?i2r -+- abn* = o
che sommate insieme danno re = , e sottratte l'una dal-
a — ai
l'altra danno r = — — • Posto questo valore di r
4&(a1H-»:') a
nell'equazione della curva ridotta la riduce ad essere
a3ja — zanxy -+- rfx"1 -+- a?ny — an*x r
a&
Del Sic . Sebastiano Canterzani . a4y
Resta che in questa si sostituisca ad n il già trovato di lui
valore. Il che fatto risulta finalmente y2 - — xy-\- — -
a — ab (a — 2i)*
xx-+- y — x — o. E questa ò l'equazione del-
le parabole, che sciolgono il problema: dico delle parabole,
perchè l'arbitraria k dà luogo a infinite soluzioni del proble-
ma, quando non vi si voglia aggiunger qualche condizione di
più , come sarebbe , che la parabola dovesse passare per un
punto dato oltre A , e B , o avere un dato parametro . Solo
non si può prendere k — o, né = oo , perchè il parametro
riuscirebbe zero, o infinito.
Esempio IT. Con lo stesso metodo tratto il problema ,
quando si voglia che la curva sia il circolo . Chiamato = e
il raggio , e preso il principio delle ascisse z dal centro
l'equazione semplicissima del circolo è u2 -+- sa — ca = o , la
quale fatte le solite sostituzioni in luogo di «, e z si tras-
forma in
y* ■+■ xa — zry x ■
e
unsy
e t
-Ir SS
— ce
Facendo le quattro supposizioni di sopra esposte si ricavano
1 • SUITI
le quattro equazioni i .° tth 1- ss — ce = o
»
a/; rs e
a.a s = -,
e
3." aas — abs -+-k er -t-/l >is = o , 4-a abs — abe — ker — kns = o.
Per la prima si riduce l'equazione del circolo ad essere
Aas
yy -v- xx — ary — - — x = o .
e
a.nby
e
Sommando insieme le due ultime si cava 5= — : ma per la
a
^48 Soluzione di due Problemi ec.
seconda si ha s—~; dunque — = — , onde b = — , il che
2 ti 3 Q.
mostra , che perchè sia possibile il problema bisogna cbe il
punto C dato nella retta AB la divida in parti eguali. L'u-
nica maniera di rendere non necessaria questa condizione si
è di prendere l'arbitraria k infinita, perchè allora sparisce b
dalle quattro equazioni, e così arbitrario riesce il segmento
AC = b.
Tutto ciò si conferma col riflettere , che le due tangen-
ti DA = l/(a — £)2-t-Aa, e DB = l/££-+-£a non possono es-
sere eguali, come avviene nel circolo, se o non sia b=z — ,
o non si prenda k = co .
Nel caso che si assuma k = co la terza, e la quarta del-
le quattro equazioni diventano una sola equazione, che som-
ministra r = , perchè abbiamo s — — . Posti questi valori
3,
di r, e s nella prima equazione risulta — h ce = o
r 1 4*4
aa
cioè 1 — = cc; ma e3 = a% -+- n2, ; dunque cc = — . Non
4 • 4 a ... 4
essendovi stato luogo a determinare n è ciò indizio, che que-
sta linea è arbitraria . L' equazione pertanto dell' unico cir-
colo , che in questo caso scioglie il problema col dare un mas-
simo , è yy •+• xx — ax = o , tale divenendo 1' equazione
nas
yy ■+- xx — nry x = o ,
e
2.71S
e
ove in essa si mettano invece di /-, s i ritrovati loro valori.
Anche nel caso di 3 = — le due ultime delle quattro e-
2
quazioni diventano una sola equazione, perchè mettendo nel-
l'altra — in luogo di b, ed — in luogo di s ottiensi — — — kr
Del Sic. Sebastiano Canterzani . 249
-=o, che offre r = . Ora mettendo nella prima
questo valore di ;• , e quello di s risulta 1 — ce : po-
nendoli poi nell'equazione del circolo questa diviene yy ■+■ xx
H y — cr=:o, ed ecco l'equazione, che scioglie il proble-
ma col somministrare infiniti (attesa l'arbitraria k) circoli,
che hanno la corda AB minima di tutte le altre, che in cia-
schedun di loro si possono condurre pel punto, che la divi-
de per metà. Il raggio c= e-— ~- — dà a divedere, che
l'arbitraria k solo non può assumersi =0 : che se si assuma
k = co , ritorna il caso precedente .
In nissuno dei due casi è stato luogo a determinare la
linea 71, donde segue che essa è arbitraria senza per altro che
tale arbitrio moltiplichi il numero de' circoli, che sciolgono
il problema, poiché il luogo del centro del circolo, e il rag-
gio cambiano bensì al cambiarsi di k nel secondo caso , ma
ritenuto lo stesso valor di k al cambiarsi di ri non cambia
né il raggio , né il luogo del centro , come può facilmente
dimostrarsi anche nel secondo caso .
Esempio III. Passando ora a far uso del secondo meto-
do sia la curva da descriversi la ellisse. L'equazione gene-
rale a coefficienti indeterminati delle curve del primo genere è
F/a-nEa;/-HD;ca-*-C/-t-Bx-t-A = o t
La condizione che posta x = o sia anche 7 = 0 determina
A = o, onde l'equazione diventa
F/a -+- Exy -+- D^a ■+■ C/ ■+• Bx = o .
La condizione che posta x = a torni y = o porta che sia
a2D-t-flB = o, onde B = — aD, e l'equazione diventa
F/a ■+• Exy ■+- Dxa -hCy — àDx = 0 .
Questa equazione differenziata dà dx '. dy \ \ aF/ •+■ Ex -H C ; aD
— 2,T>x — Ey , e però la condizione che posta # = o« e 7 = 0
Tom. XVII. 3a
a5o Soluzione di due Problemi ec.
. dx a — b -T-. m 7r, -, „ fl'D — abD
sia — = porta a*D — abD=fcL, onde L = ■ , e
dy k r k
quindi 1' equazione diventa F/a -+- Exy •+■ Dx2 -t-
— àDx = o . Finalmente la condizione che posta x = a , e
y = o sia =•— porta abD = akE •+- kG , cioè ( mettendo
in luogo di G il valore già ritrovato ) zabD — a2D = akE ,
onde E = — , e così l' equazione della curva si ri-
te
-, i t-i„ (a — aJ)D t-»-. ala — b)T) ,-.
duce ad essere F/a — — xy-t-Dxa-\ ■ y—aDx=c.
k k
Ora la proprietà, che distingue l'ellisse dalle altre cur-
ve del primo genere, è che disposta l'equazione in modo che
il quadrato yy non abbia per coefficiente che l'unità, il coef-
ficiente del quadrato xx sia maggiore del quadrato della me-
tà del coefficiente del rettangolo xy . L'equazione adunque
ricavata fin ora diventa l'equazione dell'ellisse subito che sia
— >v - — , cioè F> - — . Mettasi dunque F= —
F 4/fc'F1 av * 4fc»
•+■ aD , dove o rappresenti un numero qualunque positivo .
Quindi
Ala — s.b)k àk% Aa{a — b)k àak*
yy 11 J Xy H - XX-h — Y - X=0
y (a-2.b)*-+-Aek* (a-ab)*-*-Aok* (a-2.b)'-t-Aok^ (a-2.b)*-*-A0k*
è l'equazione dell'ellisse, che passa per li due punti A, B
estremi della data retta AB, ed ha in essi per tangenti le
rette DA , DB . Attese le arbitrarie k , o havvi luogo a infi-
nite soluzioni del problema, quando aggiunger non si voglia-
no altre condizioni . Non si può assumer k = o , perchè il
diametro dell'ellisse riuscirebbe infinito.
Se l'arbitraria k si supporrà infinita, anche le due tan-
genti AD, BD riusciranno infinite, e siccome sono allora per-
pendicolari alla data AB , così è chiaro che questa verrà ad
essere uno de' due assi dell'ellisse, cioè l'asse maggiore, se
sia o>i, e il minore, se ©<i; che se sia oz=. i , 1' ellisse
Del Sic Sebastiano Canterzani . 2,5 1
si converte in un circolo, come mostra l'equazione della cur-
va , che posta k ss co , diventa yy n — = o .
o a
Esempio IV. Per ultimo debba la curva essere la iper-
bola . È manifesto , che introducendo nell' equazione genera-
le a coefficienti indeterminati delle curve del primo genere
le quattro solite condizioni risulterà la stessa equazione, che
è risultata trattando dell'ellisse, cioè Fy a — (a ~ a&) xy -4- Dar*
K
a(a — b)D t-. T ... ......
-+- y — aux = o . La proprietà , per cui si distingue
rC
l' iperbola dalle altre curve dello stesso genere, è che lascia-
ta 1' unità per coefficiente del quadrato // il coefficiente del
xx sia minore del quadrato della metà del coefficiente del
rettangolo xy . Dovrà pertanto essere — < - - , cioè
° J r F 4A»FJ
F (a-zbr-D .j che . Qtterrà facendo F = (f_aJ)!D _
intendendo per o un numero qualsivoglia positivo . Da tutto
ciò apparisce , che l' equazione deir iperbola , che passando
per li due estremi A , B della retta data AB ha in questi
punti per tangenti le DA , DB, è la medesima che è stata
trovata per l'ellisse, se non che il numero a vi è col segno
— invece del ■+■ . Sarà dunque
Ma— nb)k 4k* àa(a—b)k Aak*
yy xy* - xx-*--2-± - — y 2 # =c,
dove le due arbitrarie k , o dan luogo anche qui a infinite
soluzioni, avvertendo per altro di non prendere k = o, per-
chè infinito riuscirebbe il diametro della curva . Prendendo
A=co l'equazione diventa yy— — -+- — = o , e allora la da
ta AB riesce l'asse trasverso dell' iperbola , la quale è equi-
latera , se sia o = 1 , ottusangola se sia o < i , acutangola
se a > 1 .
Se si assumesse ^ok% = aa , l' equazione della curva si
convertirebbe in
s5ìì Soluzione di due Pboblemi ec.
ala — ai) a% a3 a3
yy-\ - Txy xx y -\ — x=c.
ai(a — b)[/ a ' /\ub(a — b) aby/o ^ab(a — b)
che è il prodotto delle due vh =o, r— =o,
1 ab[/a 2.b\/o s.(a-b)[/o
ciascuna alla linea retta . E se si assumesse ^ak2=(a — a£)%
l'equazione della curva diverrebbe xy xx — ^—^ y
a — ab a — ab
ak x*a(a — b) ax .
x = o , ovvero xy y -\ = o , che
a — ab 2[/o p — ab " aj/'o
è tuttavia all'iperbola .
VII. Trovata che siasi l'equazione, che riferisce la cur-
va del dato genere, e della data specie alla data retta AB,
e che la determina a passare per li due di lei estremi A, B,
e ad avere in questi per tangenti le rette DA, DB, non sem-
pre sarà possibile definire, mediante l'andamento della cur-
va, e qualche altra circostanza, se la inscritta AB riesca
massima , o se riesca minima , o se non riesca né massima ,
né minima. Richiedesi dunque un metodo generale, onde sco-
prir ciò; e siccome l'essere massima, o minima, o non es-
ser né l'uno- né l'altro dipende dalla diversa proporzione,
che può avere il segmento AC = è a tutta la retta AB = «,
e dai diyersi valori, che dare si possono all'arbitraria k , e
alle altre arbitrarie , se altre ve ne sono , così pare che il
metodo opportuno possa essere il seguente .
Introducasi nella suddetta equazione in luogo di b quel-
la quantità, che manifesta la relazione, che si vuol che ab-
bia ò ad a, come pure il valore, che si dà all'arbitraria k,
e a ciascheduna delle altre arbitrarie, quando ve ne son al-
tre . Preparatasi così l' equazione si concepiscano due rette
( Fig. 4 ) RS , RS condotte pel dato punto C, che facciano
ciascuna con la inscritta AB un angolo picciolissimo una da
una parte, l'altra dall'altra parte della stessa AB, e trovisi
l'espressione di quella porzione di ognuna, che resta inscrit-
ta alla curva . A fale effetto tirata per A la retta AR per-
pendicolare ad AB, e però parallela alle ordinate MP =/,
Del Sic Sebastiano Ganterzani . 2,53
la quale incontrerà l'una e l'altra RS in qualche punto R,
si nomini a '. h la ragione del raggio alla tangente dell'an-
golo ACR , onde sia Ti una quantità picciolissima, e tale che
le più alte potestà di essa possano trascurarsi a fronte delle
meno al|e . L'ordinata MP tagli in G la retta RS, alla qua-
le dal punto M sia perpendicolare MQ . Chiamando l'ascissa
RQ =/, e l'ordinata MQ'= q sarà a \ h \ \ AC : AR , e però
AR— a ■> ° rR = - — — , e mettendo per comodo g inve-
ce
ce di l/aa-±-hh« CR=— , essendo AP=#, e quindi CP=#— b,
a
sarà a\g\ \x — b \ CG = gx~-£ ; sarà pure a\h\\x — b \ PG
hx—bh > ii i 11 i ti e • ■> ■»*•/-» ay—hx-t-hh
= , e quindi per una delle due Ro si avrà M(r=— ,
e per l'altra MG = . Per maggiore speditezza d'ora
a
innanzi si farà il calcolo per una sola delle due RS, giacché
è chiaro, che nell'ultimo risultato col semplice mutar il se-
gno ai termini , che hanno le potestà dispari di h si ottie-
ne l' ultimo risultato per l' altra RS . Tenendo dunque MG
ay-hr-t-bh , , ,;,,ri,j,n/i • > /i/-k ahy-%*X+-bh*
=- — , ed essendo g:A::GM:GQ si avrà GQ=— - ,
a ag
•' ti r\ /-ir» i-io n/-v gìx-*-ahy~hzx-¥-bh* „ _,
e perciò RQ = CR -+- CG -+- GQ = - =/• Es-
as
sendo poi g : a : : GM : MQ sarà MQ = «*-**-** —q . Ora da
s
j ... af — ha g^g—lgh-t-afh — h*q
queste due equazioni si cava x = — i,e/=— — e £_ £5
e ag
dove in luogo di b convien porre quella quantità, che espri-
me la relazione , che si suppone avere b ad a .
Questi valori di x, e di y sostituiti che sieno nell'equa-
zione preparata, come di sopra si è indicato, la trasforme-
ranno in un'equazione tra le coordinate ortogonali /, q, nel-
la quale ponendo q = o avrassi un'equazione in /determina-
ta , e in questa i valori di / somministreranno quei punti ,
e.54 Soluzione di due Problemi ec.
ne' quali la retta RS incontra la curva. Di questi valori di
/quello, che appartiene al punto di curva vicinissimo al pun-
to A , si sottrerrà da quello, che appartiene al punto di cur-
va vicinissimo al punto B , e facilmente si vede , che verrà
«osi ad ottenersi l' espressione d' una inscritta pel dato punto
C vicinissima alla data AB da una parte della stessa AB.
L'espressione di tale nuova inscritta si paragoni con «, che
è l'espressione dell'inscritta data AB. Se in questo parago-
no oi uvTniit ~t-- i_ ^ iiioviiua sia maggiore della data
AB, vedasi col mutare il segno alla h se anche l'altra nuo-
va inscritta riesce maggiore della AB ; oppure se quella pri-
ma nuova inscritta si troverà che sia minore della data AB,
vedasi col mutare il segno alla li se sia minore anche l'altra.
Quando amendue le nuove inscritte riescano maggiori della
data AB, è evidente che la data AB è minima, e quando
riescano amendue minori di AB è parimenti evidente che la
data AB è massima . Che se una delle due nuove inscritte
ziesca maggiore della data AB, e l'altra riesca minore, la
data AB non godrà della proprietà né di massimo , uè di
minimo .
Molto più semplice ancora si renderà il calcolo , se la
condizione di q = o non si aspetterà a adempierla neh' equazio-
ne tra/", e q ', ma anzi si passerà a trovare l'equazione de-
terminata in f dopo d'averla introdotta nelle formolo stesse,
che debbon sostituirsi ad #, e /, il che fa riuscire queste
medesime formolo assai semplici, cioè x = — , e/ = '
s ae
Fin ora si è supposto il punto dato C collocato tra i due
estremi della data AB . Se fosse collocato nel prolungamento
di essa , altro non s' avrebbe a fare se non se mutare nelle
ritrovate espressioni il segno alla potestà dispari di b , come
ognun sa , e come si è già altrove avvertito .
Vili. Qui pure per chiarezza maggiore gioverà vedere
V esposto metodo applicato a qualche esempio .
Esempio I. Sia dunque l'equazione della parabola trova-
Del Sic Sebastiano Canterzani . 2,55
ta già di sopra ( §. VI ) , in cui la curva viene riferita alla
retta AB con la condizione che abbia in A , e B per tangen-
ti la DA , e la DB , cioè
Ak Ak* Aa(a — b)k Aak*
yy - — x y H xx H y x = o .
■ J a — ab y (a— ab)* (a — ab)* J (.a— ab)*
Suppongasi il dato punto C collocato nell' estremo A della
data AB, onde sia b = o. Questa condizione muta l'equazio-
i 11 • » i Ak Ak* . , Ak*
ne della curva in quest altra yy — — xy-\ -xx-+-$ky
xz=o, nella quale mettendo — in luogo di x, e —(giacché
e e
abbiamo b = o ) in luogo di y ottiensi la seguente equazione
in/, (ti* — 4^/j -+- 4^a )/a -+- 4g ( ^ — iJ)/=0) io cui i valori
di f sono f=o, e fss-M . — . Sottraendo il minore, cioè
J J ■> J Ak*—Akh-*-h*
zero, dall'altro si ha l'espressione di una delle nuove due
Agite — Ih) „ ,
inscritte = — ^ -. Paragonando questa espressione con a,
la prima parte della comparazione sarà 4o(^2 — kh) , e la secon-
7 1
da 4«/i2 — ^akh ■+- ah? . Essendo g = V aa -+- hh = a-\
hi
ì
aa a a
. ì> "k*h* k*h^ akh*
ec. la prima parte diventa 4«^3-h -ec — àakh
a aa3. a
kh5
H ec. Sottratti da una parte e dall'altra i due termini Aak*,
aa
, , 7 , . . zk*h* k*h* akh3 kh3
e — i\akh la prima parte riesce ec. 1 ec,
a aa? a aa\
e la seconda -i-ah* . Dividendo ora tutti i termini per la quan-
. . ah*
tata sempre positiva , e trascurando nel quoziente le po-
testà di h superiori alla prima, la comparazione viene ad ave-
re nella prima parte k? — kh, e nella seconda -+- — . Final-
a
a*
mente trasportando il termine H dalla seconda nella pri-
a
ma parte , e il termine — kh dalla prima parte nella secon-
a56 Soluzione di due Problemi ec.
_a
da si riduce la prima parte ad essere k* , e la seconda
ad essere -+■ kh .
Qui tre casi possono aver luogo, perchè o è Aa> — , o
è Aa< — , o è k* = — . Nel primo caso attesa la picciolezza
di h è chiaro che la prima parte è maggiore della seconda ,
e a più forte ragione quando si muta il segno ad h ; dunque
in questo caso la AB si trova in mezzo a due inscritte mag-
giori di lei , e quindi ella è minima . Nel secondo caso riu-
scendo negativa la prima parte essa è certamente minore del-
la seconda , che è positiva : che se si muti il segno ad h ,
onde sia negativa anche la seconda parte , questa attesa la
picciolezza di h è al di sotto di zero meno che la prima, e
quindi la prima seguita ad esser minore della seconda , per
lo che la AB si trova in mezzo a due inscritte amendue di
lei minori , e perciò ella è massima . Finalmente nel terzo
caso riuscendo zero la prima parte essa è certamente minore
della seconda -+- kh ; ma mutando il segno ad h la prima par-
te , che è zero , è maggiore della seconda , che è divenuta
— kh , cioè negativa : dunque in questo caso la AB si trova
in mezzo a due inscritte una minore di lei , 1' altra maggio-
re , e per conseguenza ella non è né massima , né minima .
Esempio II. Sia l'equazione
4(a-t-2.b)k àk* Aata-t-b)k ù.ak7'
yy — z Xy-\ xx-i r— - x— o
che nel caso della fig. a riferisce l'iperbola alla retta AB con
la condizione che le due rette DA, DB le sieno tangenti nei
due estremi A , B della medesima AB . Assumendo il nume-
ro a = i , e supponendo che la ragione del prolungamento
AC = b alla retta AB = a sia quella di i ; 4 3 onde si abbia
r a u ih t s.àak i6fca
0 = — , 1 emanazione diventa yy xy-ì xx
4 9<*l—i6&» 9«a— 16J;1
2.oa*k i6afc*
-T- — — — — « y — pQ — - Q
9a* — i6fcV 9aa— 16*»
In
Del Sic Sebastiano Ganterzani . 2,5f
In questa per passare all' equazione in / si metta — in
6
luogo di x , e ^'*t"g in luogo di y perchè siamo nel caso
della figura a, e abbiamo b = — . Fatto il calcolo, i due va-
4
lori di f trascurando le potestà dì h superiori alla seconda
risultano tali, che sottraendo il minore dal maggiore l'espres-
sione d'una delle due nuove inscritte, che così si ottiene.
. . . Aakei/i6a*k* — A8a*kh-i- nok^h* -t-3ia*k*
si riduce a - — ■ •
i6a*/t2 — s^a'kh — ibfrh* -*- ga^k1
Paragono dunque questa espressione con a , e in questo
paragone trascuro le sole potestà di h superiori alla terza .
Essendo g = a-i — , e l/i6«3/ca — fòa^kh-t-zok^h2 -ì-3i a~h~
2.0,
, , , , bah* hkh* ibah3 ibk3 , , ,
= Aak — bah 1 1 , la prima parte del-
^ 8/fc a» i6&* La v
, . . , 7 , ,,, 5a*A.a 0,,,, iba*h*
la comparazione riesce iba^fc2 — 2,A-a2k/i i-ioAr/i2,
-+-3M3, e la seconda i6a2£a — ^i\a2kh — 1 6£2/t* -+■ qa^h* , on-
de trasportando tutti i termini della seconda parte nella pri-
ma questa diventa H 3zpWt2 - -t- 3/fc/t3 rimanen-
a 4&
do zero nella seconda . Dividendo ora per la quantità h2 po-
sitiva, e trasportando nella seconda parte i due termini, che
zia*
restano affetti da h, la prima parte è 34&a , e la se-
a e ókh .
k
È chiaro, che la seconda parte mutando il segno ad A,
se è positiva, diventa negativa, e viceversa se è negativa,
diventa positiva; e però se si assuma l'arbitraria A = «|/-,
onde la prima parte della comparazione sia zero, ella è mi-
nore della seconda, quando questa è positiva, e maggiore,
quando questa col mutar il segno ad h passa ad essere ne-
Tom. XVII. 33
2-58 Soluzione di due Problemi ec.
gativa, così che una delle due nuove inscritte è minore di
AB, e l'altra maggiore, e quindi la AB non è nò massima,
né minima: che se si prenda k > a | / — la prima parte del-
la comparazione è positiva , e però maggiore della seconda
non solo quando questa è negativa , ma attesa la piccolezza
di h ancora quando è positiva; onde in questo caso l'una e
l'altra delle due nuove inscritte è maggiore della AB, e quin-
di AB è minima: finalmente se si prenda k <ai/ — , la pri-
ma parte della comparazione è negativa, e minore certamen-
te della seconda, quando questa è positiva, e minore pure
di essa quando è ancor essa negativa, e ciò attesa la piccio-
lezza di h ; in questo caso pertanto la data AB è massima .
IX. Ma abbastanza, se non anche soverchiamente ci siam
trattenuti nel secondo dei tre problemi enunciati nel 5- H-
Veniamo al terzo . E qui basterà per evitare ogni prolissità
indicare le semplici costruzioni lasciando da parte i calcoli ,
giacché questi mediante le cose notate nel problema prece-
dente potranno sempre dall' industre analista eseguirsi .
Dunque data V equazione d' una curva , e data la posi-
zione d'una inscritta AB debba trovarsi in questa inscritta
( Fig. i, e a ) il punto C tale, che tra tutte le rette, che per
esso si possono alla curva inscrivere riesca la data AB mas-
sima , o minima .
Soluzione . Dalla data equazione della curva, e dalla da-
ta posizione della inscritta AB ricavisi la posizione delle due
tangenti AD, BD, che appartengono ai due punti estremi
dell'inscritta AB. Conducansi queste tangenti, e dal punto
del loro concorso D menisi la DE perpendicolare alla AB.
Verrà così la AB ad essere divisa in due segmenti AE, EB.
Notisi per ultimo nella stessa AB il punto G, che la divide
nella stessa maniera, nella quale trovasi divisa in E. E chia-
ro pel Teorema ( §. I. ) che il punto G scioglie il Proble-
ma .
Del Sic Sebastiano Ganterzani . a,5q
Esempio. La proposta curva ( Fig. 5 ) sia l'epicicloide
semplicissima LABR riferita all'asse LR mediante le coordi-
nate ortogonali x,y nell' equazione j* -(- aa;a/a — sexy* — e2/2
_j_ XA — sex3 = o , nella quale ac esprime l'asse LR, il cui
punto L è il principio delle ascisse x . La data posizione del-
l'inscritta data AB sia tale, che l'estremo A corrisponda al-
l'ascissa negativa LI = , e l'altro estremo B all'ascissa
positiva LS=— . L'equazione della curva porta che la sot-
tangente IG positiva per 1 estremo A sia = , e
6 f f 40-1-331/2
la ST negativa per l'estremo B sia = ■ Trovati orue-
6 r 8 — 121/6 *
sti due punti G, T tirinsi le due tangenti GA , TB, e dal
punto D del loro concorso conducasi su l'inscritta AB la per-
pendicolare DE . Finalmente al segmento AE prendasi eguale
dall'altra parte dell'inscritta medesima il segmento BG. Il
citato Teorema non lascia dubitare che non sia G il punto
cercato .
Qualora non incresca al paziente calcolatore d'ingolfarsi
in un calcolo, che per lo più sarà assai prolisso, potrà egli
anche trovare il valore del segmento AE = BC dato per i pa-
rametri della curva proposta , riflettendo che qualunque ella
• ■ li.- »r AB'-t-AD1 — BD* , ,
siasi, abbiamo sempre AE = da prendersi po-
sitivamente, se il punto E cade tra A, e B, e negativamen-
. ir j v 1 * t>t-. AB'h-BD2 — ad3 ,
te , se Hi cade di qua da A : e BE = da pren-
n aAB r
dersi positivamente nel primo caso, e negativamente, se E
cade oltre B. Quanto poi ai tre quadrati AB3 5 AD% BD%
il primo si ottiene sommando il quadrato della differenza tra
le due ascisse corrispondenti ai punti A, B con quello della
differenza tra le due ordinate, come ognuno sa; e trovato
che siasi questo quadrato AB2, e messolo eguale ad aa ( vo-
lendo chiamare =a la inscritta AB ) si avrà la relazione tra a,
:iGo Soluzione di due Problemi ec.
e i suddetti parametri della curva . Gli altri due quadrati si
otterranno intendendo condotta da D all'asse la perpendico-
1 T-»/-» i i i Al .BS .GT .. . .,
lare DO, Ja quale sarà = , e taglierà 1 asse m
1 AI . ST -+- Gì . BS b
i i /~.r\ DQ .Gì _._ DO .ST
maniera che si avrà GQ = —^ , e QT = — - ; trovate
AI BS
le quali quantità è pure trovato ADa==(GQ— GI)a-i-(DQ— AI)a,
e BDa = (TQ — ST)a-n(DQ — BS)2.
Per conoscere poi se la AB sia massima , o minima del-
le inscrivibili pel ritrovato punto C, o se non sia né l'uno,
né l'altro, si potrà usare un metodo analogo a quello, che
è stato proposto di sopra ( §. VII ) .
Se la curva proposta fosse una sezion conica, speditissi-
ma sarebbe la costruzione , che conduce alla soluzione del
problema . In fatti sia proposta la parabola AVB ( Fig. 6 ) con
Ja inscritta AB . Inscrivasi parallela alla AB una qualunque
altra FS, e 1' una e l'altra inscritta dividasi per metà, la pri-
ma in O, l'altra in Q. Per O, e Q tirisi la retta OQ, che
incontrerà la curva in un punto V, e sarà un diametro, che
avrà V per vertice . Prolunghisi questo diametro oltre il ver-
tice in D, così che sia VD = VO. È noto cadere appunto in
D il concorso delle tangenti della curva nei punti A , B .
Dunque da D calisi alla AB la perpendicolare DE . Ecco tro-
vato il punto E, trovato il quale è insieme trovato C.
Venga ino proposta la ellisse AVB ( Fig. 7 ) o la iperbo-
la AVB ( Fig. 8 ) con la inscritta AB. Se non vi è notato il
centro K, questo si trovi mediante l'intersecazione di due
diametri, ciascun de' quali si conduce come si è poco fa con-
dotto quello della parabola . Dal centro K sia la KO , che di-
vida per metà la AB , e tagli la curva in V ; indi facciasi
KO : KV : : KV : KD . È noto essere D il punto di concorso
delle tangenti ai due punti di curva A , B . È dunque D il
punto, da cui deesi calare alla AB la perpendicolare DE.
Se l'inscritta giacesse tra le due opposte iperbole, come
nella fig. 9, allora non potendo più il concorso delle tangenti
'S\ « <7hzS. Ss^t X77/ #00. „fo ì
«
■■' \///
f& £& <- yff/ztes? l/Z SZf/Z
<Sl?c ^yY&/ ^J/2>/f. ■J^CP'ZT- /aas/. a,J0.
^-i/ac /u
<-/2?<r ^i7?&/ jSjn. PCA ~'7
/
raa#. zoo.
Del Sic Sebastiano Canterzani . 2,61
ne' due punti A, B cadere in un diametro cognito, bisogna,
se non fosse già notato , trovar il centro K mediante il con-
corso di due diametri , come si è detto di sopra : indi con-
dotte da K ai punti A , B le rette KA, KB, che prolungate
ciascuna entro la propria iperbola sono due diametri , tirar
comunque due parallele Mra, Mm equidistanti da KA una da
una parte, l'altra dall'altra parte della stessa KA , ed altre
due Nra , Nra equidistanti da KB ; poiché unendo i due pun-
ti M, M, e gli altri due N, N, dove esse incontrano la ri-
spettiva iperbola, la MM sarà una doppia ordinata al diame-
tro KA , e la NN una doppia ordinata al diametro KB . Per
lo che condotta pel vertice A del diametro KA la AD paral-
lela alla doppia ordinata MM , e pel vertice B del diametro
KB la BD parallela alla doppia ordinata NN saranno questa
AD , e questa BD le tangenti delle due opposte iperbole nei
punti estremi della data inscritta A, B. Il punto pertanto D,
dove queste due tangenti s'incontrano, è quello, da cui si
dee condur alla inscritta AB la perpendicolare , che va a se-
gnare in essa il punto E , il qual serve a trovare il punto
cercato G .
2.Ó2,
SEGUITO DE' SAGGI
DI MECCANICA E DI ALGEBRA TRASCENDENTE
•Del Signor Pietro Franchini
Presentati dal Sig. Giuseppe Ventvroli li so Novembre 1814
ed approvati dal slg. magistrini .
ARTICOLO VI.
Nuovo metodo per misurare le grandi altezze
la cui base sia inaccessibile .
§. 1. fer misurare le grandi altezze non si conoscono che
tre metodi , il primo trigonometrico , fondato sulla risoluzio-
ne di alcuni triangoli rettilinei , determinati per mezzo di
esattissimi sperimenti : il secondo dipendente da osservazioni
barometriche e termometriche , fatte sulla base e sulla som-
mità dell'altezza richiesta: il terzo appoggiato alla formola
s = -~\og.h{^H^-e-s^),...{i),
dove g esprime la gravità terrestre, t il tempo che un cor-
po di nota figura e di noto peso impiega a percorrere libe-
ramente l'altezza richiesta, k un coefficiente che dipende dal-
la figura e dalla densità del corpo suddetto, e dal rapporto
della sua gravità specifica a quella del mezzo in cui si effet-
tua la caduta, e la base de' logaritmi Neperiani.
I primi due metodi suppongono però la base accessibile,
e divengono inutili se niuna osservazione può farsi su di es-
sa ; come quando si tratta di misurare la profondità di un
pozzo , o la elevazione di una rupe che verticalmente sovra-
sti ad una valle inaccessibile .
II terzo soggiace a delle gravi difficoltà quando è inac-
Del Sic. Pietro Franchini . 2,63
cessibile la base , e quando manca un secondo osservatore su
di essa, perchè rimane ignoto l'elemento t.
Né può essere di alcun uso il calcolo degli spazj libera-
mente percorsi da un grave in forza della legge Galileiana,
perchè l'elemento t non può precisamente determinarsi, e
perchè la resistenza del mezzo eccessivamente ne modifica il
risultato (*) . È dunque necessario un nuovo metodo generale
che supplisca nell'occorrenza al difetto de' metodi conosciuti.
§. 2. Dalla sommità dell'altezza richiesta si lasci cadere
una sfera di noto peso, e si osservi il numero de' minuti se-
condi che scorrono dal principio della caduta sino all'istante
-in cui giunge all'orecchio il suono, prodotto dall'urto della
sfera contro il piano della base. Essendo a il numero de' se-
condi, s il numero de' piedi parigini che misura l'altezza
cercata, siccome il suono in i" percorre uniformemente 1042
piedi, s'istituisca la proporzione
.
1 042?-
sP-
icAa
Pongasi la — I per t nella nota formola j=^gi2 =
1 5^- , 098 £2 ; si risolva l'equazione quadratica che ne deriva, ed
una delle risolventi darà per s un valore sz , che sarebbe il
vero se la caduta della sfera si fosse effettuata nel vuoto .
Ciò posto si assuma la formola (1); vi si sostituisca I a — 1
V 1042/
per t : si appuri il valore di s, e indicandolo per sa si sosti-
tuisca nella stessa formola [a — I per t: si calcoli di nuo-
V 1042/ *
vo s e si replichi due altre volte la stessa operazione . II ri-
sultato finale esprimerà quasi esattamente quello che si ri-
O II Sig. Ab. Marie (Traité deMécan.
p. 225) si propone il seguente Probi.:
Trouver la profondeur d'un puits , au
fond da quel on sait qu' un corps n~
parvient qu' au bout de 7" ; ma il ri
sultato 739/" . | ch'egli ottiene è desti
ne
tuito d'ogni apparenza di verità, per-
chè vi si trascura la resistenza dell'aria ,
e gratuitamente si suppone cognito il
momento nel quale il grave perviene al
fondo del pozzo .
264 Sacgi di Meccanica e di Algebra ec.
cerca . Ecco un Problema che porge un compiuto schiarimen-
to dell'esposto metodo.
§. 3. Problema . Dalla sommità di una rupe che vertical-
mente sovrasta alla soggetta valle si lascia cadere una data
sfera . Dal principio della caduta sino al momento in cui si
sente il suono prodotto dall'urto della sfera contro il suolo
della valle scorrono io" . Si dimanda di quanti piedi parigini
sia la verticale che misura l'altezza della rupe sul piano del-
la sua base .
Soluzione . Due sono le ricerche a cui fa d'uopo soddi-
sfare : i .° Qual sia il tempo assoluto che la sfera impiega nel-
la sua caduta : a.0 Qual sia lo spazio che ad onta della resi-
stenza dell'aria la sfera percorre nel tempo assegnato. Sia il
numero de' piedi che prescindendo dalla resistenza, misure-
rebbe la linea della caduta . Siccome si ha 1042/ ?4?e?*,¥" ;
s"
, se la sfera cadesse nel vuoto il tempo della sua caduta
1043
sarebbe =10" . In questa ipotesi la nota forinola s=^gt2,
1042
5"
sostituendo i5^ , 098 per §g, e io" — per t diviene s =
"2 . , e „ 108576400 — ao84o5-w3
1085764
15^, 0081 io — ) cioè s= iS^, 098
V '°4a /
fatte le riduzioni si ha l'equazione
s* — 92754, 42^ X * = — 108576400 :
quindi 5 = 46377, 2,12875:+: 4^191 , 475ag4,
e preso il segno inferiore perchè la somma dà un'altezza in-
compatibile col tempo assegnato di io", risulta
5, = n85^,73758i .
Dunque t= io"-1-^-^^ io"-i", i37236 = 8",862o56.
Siccome nel calcolo di 5 non si è avuto riguardo alla re-
sistenza, il valore ii85^-, 737581 ottenuto per s è > del ve-
ro, e n'è per conseguenza minore quello che ne risulta per
t cioè 8" , 86ao56 . Si vede peraltro che ci vuole un errore
di 104^,2 nel valore di 5 per averne uno di T'0 di 1" in quello
di t.
Del Sic Pietro Franchini . 265
di t. Ciò posto, passiamo a stabilire i principj che sono ne-
cessari per introdurre nel calcolo la considerazione della re-
sistenza .
Peso di un poli. cub. d'aria .... gr. 0,317
Peso della sfera , che per fissare le idee
supponiamo di marmo nero d'Italia, e
di un diam. di 5^o/- , 28, e però di un
volume = 77^'- cui- , 073 , .... gr. 1186,679488
Peso di un'eguale sfera d'aria . . . gr. 24,4,3;1I4I
Peso assoluto della sfera di marmo . . gr. 12,11, 11 1579
Valore assoluto della gravità terrestre
in 1" poli. 36a,352,
Valore relativo della gravità nella sfera
durante la sua caduta poli. 355 , 042
Resistenza totale sofferta dalla sfera cadente j = ( Meccan. )
alla metà del peso di un prisma d'aria, avente per base il
circolo massimo della sfera , cioè 2.qPolL i- , 895 , e per altez-
za 1 o , 3i7 X aI >8q5 . uz 6,q4o7i5Ma „- u?
za —i= i - = =1,735179 — .
*B ' a • *g As g
Resistenza elementare , cioè quella che vien provata da
ciascuna particella elementare della sfera \ = al valore prec.
1,735179 — diviso per la massa della sfera, cioè per — — - |
= o , 001432M'- .
Dunque ( Meccan. ) gkz=o, ooi433; e perchè g = 355, 042
si ha £a= — — — — = o ,00000 4o36i A2, 1 k = o , 002009;
355,o4a ' T T '
g£ = o, 71 327 19378 ed = 697,836706. Si ha d'altronde
e = 2 , 718282 .
Per diminuire la prolissità del calcolo si prenda
gk = 0,713, e = 2 , 7 1 8 , £ = 8", 862 1 .
Così la formola (1) si riduce ad
5=697,830706 l0g.|J2, 7l86'?,8677_H2, 7-K-M-8677j.
Tom. XVII. 34
266 Sacci di Meccanica e di Alcebra ec.
Per mezzo de'logaritmi tabulari si trova 3,7 i86,3,8677=554.4-70963.
Dunque = o,ooi8o3; per conseguenza
■l a^iS6,3'36" r °
.? = 697 , 886706 log. 2,77 , 2,36383 :
Ma log. /aJ- 277, a36383 = a, 443^5o , e però
log .ne^ 277,2,36383 = 5,62.5791 : Dunque si ha
^= 697,836706x5, 625791 = 3925/'0/S88i52o=3a7^>-, 156793.
Questo valore è < del vero perchè tal è il valore 8", 8621
assunto per t nella formola (1). Per altro, siccome ad ogni
104^,2 di aumento nel valore di j corrisponde un decremen-
to di jL di 1" nel tempo, se si rappresenta per z il numero
de' secondi che deesi aggiungere all'assunto valore di t, l'e-
quazione
327, 156793-4- 104,2 Xs= 1185,737581 ,
il cui secondo membro supera il vero valore di s, c'insegna
che z è necessariamente <o", 828973. Ma facendo
* = 8", 862 1+ o", 823973 = 9", 686o73
la formola ( 1) dà
j = 4335^- ,i8562325 = 36 1^,265469,
e questo risultato differisce dall'antecedente di 34/,S 108676.
Dunque l'errore del valore difettivo ia = 3a7*"-, 156793 non
giunge a 34/",2; e qualora si assuma il precedente valore
di s, e si faccia
f = 1 o" — 32?" ' ,56?93 = 1 o" — o" , 3 1 3q7o = q" , 686o3o
1042 ■" - ,
l' errore per eccesso che può commettersi nella valutazione
di t non giunge a — cioè a o ,082822.
1042
Pongasi dunque £ = 9",686o3o. La formola (1) si cangia in
s = 697 , 886706 log. \ 1 2 , 7 1 86 • 9°6'39 -4- a , 7 1 8~6> 906139 j
e dà 53=4335^0/-, 148637 = 361^,262394.
Calcolando il tempo che il suono impiega a percorrere
36i-P'- , 262894 si trova o" , 346709 , e questo tempo unito a
quello assunto per t, cioè 9",686o3o dà io", 082789. Si ha
dunque un'aberrazione in più di o", 082789, n.° < del limi-
te o" , 082822 sopra determinato .
Del Sic. Pietro Franchini . 267
Pongasi t=io" — 3-^^2l= io"-o", 34670 1 =9",653a99
e si avrà
J=6o7,836706 log.ij 2,, 7l86'88a02a-4-a, 718 — 6.88aoaa j
e fatto tutto il calcolo J4 = 43i5^>/-,5a6oa8 = 359'"-,627i69.
Il tempo che il suono impiega a percorrere 359^"-, 627169
è = 9 ' 2?I 9 = o",3i5i3a, e questo unito al valore Q",653aqq
1042
assunto per t dà 9", 998431 , cioè un risultato che aberra di-
fettivamente dal vero di o", 001569, va^e a dire di un mo-
mento insensibile .
Pongasi finalmente
^=IO"-3Ì?-^I^=io"-o",345i3a = 9", 654868
1043
s = 697, 836706 log. \ \ a, 7i86-883^ -f- a, 7i8~6- 8839a j
ossia s5=43i9/")S 644806 = 359^'-, 9704005 .
La proporzione io4a ; 1" :: 35g, 9704005 \ x =0", 345461
ci dà luogo di riconoscere che si ha
9", 654868 -+- o", 345461 = io", ooo3a9
cioè che la soluzione precedente è dotata di tutta quell'esat-
tezza che in un problema di questa natura può desiderarsi .
ARTICOLO VII.
Dimostrazione del teorema fondamentale
ni p m p
n q no
a .a' = a .
I Geometri , dopo eh' ebbero trovata la formola genera-
le, esprimente lo sviluppo di (a-*-b)m nell'ipotesi di m in-
tiero, conobbero la necessità di determinare la forma dello
sviluppo analogo nell'ipotesi che m sia una frazione qualun-
que . Per la stessa ragione , dopo che si è provato essere
am . an = a"1*" nell'ipotesi che m, n sieno intieri, convien
determinare l'espressione di am.an nell'ipotesi che m,n sien
2Ó8 Saggi di Meccanica e di Algebra ec.
numeri fratti , perchè la dimostrazione con cui si prova es-
sere am . an = am-*~n quando m,n sono intieri, non ha luogo
se m , n sieno fratti. Questo teorema è uno de' fondamenti
dell'Algebra, e ninno, per quanto è a nostra notizia, lo ha
sin qui dimostrato .
Si riduca il numero a alla forma a -+-0, indi per mezzo
della formola del binomio si deduca
!± Il — — i / \ ——a
I....(aH-/?)B =«*-*--«* P+i-(--i)a'i 0a-*-ec.
v ' n n \ìì /
11... .(a -4-3)1 z=ai^-i-ai 3-^^U—i)ai 3^-hec.
v q i \<l 1
lll....(a^3)^l=a~ *7-H(i^)a» +7 V+|^|^+|l|» % >*
L'ordinata moltiplicazione de' primi due sviluppi dà
71 7J
p m m p
al"' a'1 3 + l-(-—i\an"* al 3*
p ni
_h i Z /Z _ j \ a~9 " 3 a^ £2 -+- ec.
m p m j>_ J2 _
Ma supponendo an .ai —an ? , e per conseguenza a™
p m p
aV = an 1 (*) il IV sviluppo si cangia nel III, ed un'i-
potesi che trasforma uno sviluppo legittimo in un altro svi-
luppo legittimo è necessariamente legittima. Dunque l'equa-
77i p m_ p
zione an .ai =an * è vera generalmente.
(*) Basta fare — — 1 = — ; per ricondurre questa equazione alla precedente.
n ti
Del Sic Pietro Franchini . 269
ARTICOLO Vili.
Nuovo metodo per formare speditamente le alte potenze
delle cifre 3 e de' numeri ch'equivalgono al prodotto
di più cifre .
Siccome si ha 4ra = %m • a'* ■> 6m = am . 3™ , 8m = a"1 . a"1 ,
9m_3m.3ra, per formare speditamente una data potenza in-
tiera positiva di una delle cifre a , 3 , 4 9, altro non si
richiede che un metodo compendioso con cui si ottenga una
potenza qualunque delle cifre a, 3, 5, 7. Noi diciamo che
a quest'effetto basta introdurre nel calcolo le successive po-
tenze sudduple de' successivi quadrati della cifra proposta .
Come ciò si eseguisca non si può meglio dichiarare che con
gli esempj .
Volendo formare la potenza a3° si deduca successivamente
a3o_4,5_4 .414 = 4. 167 = 4.16. i66 = 64.(i62)3 = 64.a563
= 64.a56.a56a = 64.a56. 65536= 16884.65536 = 1073741824.
Nella stessa guisa si ottiene
*64=43»=ir3^=(i6^)«=a568 = (àS6a)4 = ( 65536)4 ==(65536*)°
= (4294967296 )a= i8446744°8370955i6i6 •
L'ultimo prodotto non richiede che cinque diverse mol-
tiplicazioni . Così
3I? = 3.3,8=3.99=3.9.98 = 27.8i4 = 27.(8ia)a = 27.656ia
= 2,7 .43046731 = 1 i6aa5i467 .
Se il numero proposto sia il prodotto di più cifre si fa
la potenza di ciascuna, ed il prodotto de' risultati è ciò che
si cerca . Cosi facilmente si trova
4a8 = a8 . 38 . 78 = 256 . 656 1 . 57648o 1 .
Per formare la potenza am essendo m> o, si osservi che si ha
— = o,5 — = o,a5
a a*
— =o,ia5 4- = °?°6a5
2.
4
a7Q Saggi di Meccanica e di Algebra .
4 = o,o3i25 4 = o,oi56aS
a-" a6
— = 0,0078l2,5 ^ = 0,003906a5
— =0, OOIG;53l25 —=0,0009765625
Formato il io.0 quoziente si abbrevia l'operazione osser-
vando che le ultime tre cifre sono alternativamente 125 e
625 , e che le cifre antecedenti alle ultime tre si ottengono
con moltiplicare per 5 le simili cifre del quoziente anteriore,
ed aggiungendo 3 al prodotto se trattisi di formare un quo-
ziente di ordine dispari . Si ha per esempio
i5= 3 .5; 78= i5. 5-i-3; 390 = 78.5; ig53 = 3go. 5-+- 3, ec.
Mediante l'espressione di 22m si ha quella di 4'" perchè
aam = 4m • Le potenze negative di 5 si ottengono anche più
facilmente . Essendo
— = 0,2=0,2', ^. = 0,04 = 0,02a
— = 0 ,008 = 0 ,O023 , — = 0,00l6 = 0,002^
53 5+
— = 0 ,00032 = 0 ,00025, — = 0 ,000064 = 0 , 000026
si vede che il numero degli zeri cresce di due unità per ogni
tre divisioni, il che basta ec. Si ha per esempio
—^— = 0,00000 00000 00000 02a4;
e perchè 234 = 41» = 166 == 2563 = 256 . 65536 = 16777216,
risulta
— =0,00000 00000 00000 01677 7216.
Per conseguenza si ha = — .
a5"* 51"1
Del Sic Pietro Franchini . 271
ARTICOLO IX.
Nuovo metodo elementare per cui direttamente si ottiene il
valore prossimo dell' incognita i spettante alla nota equa-
zione
■('-+■ 0' = '{— : \
dove i è V annuo interesse di una lira, t un dato numero
di anni, r un' annua rendita, e un capitale, che nell'ipo-
tesi dell' interesse composto equivale al profitto risultante
dall'esazione di un numero t di rendite consecutive .
Noi supponiamo che fatto r= 1 siasi calcolato il valore
di e corrispondente alle quattro distinte ipotesi, d' i = o ;
i = o , 04 ; i = o,o5;i = o,o6, e per tutti i valori intieri
positivi di t inclusivamente compresi fra 1 e 100. Le tavole
che risultano da questo calcolo si trovano nella Dottrina
degli Azzardi del Sig. Moivre tradotta dal P. Gaeta ( Milano
per il Galeazzi 1776).
Chiamando e' , r , t' il rispettivo dato valore di c,r,t;
e, j Cj, , cm , ep, il capitale corrispondente alla rendita di ih- nel-
l'ipotesi di t = t' , e nelle rispettive ipotesi di
i, = o , o3 ; i„ = o , 04 ; iiu = o , o5 ; ilV = o , 06 ,
le proporzioni
jc, : e : : 1 : /-,; c„ : e' : : 1 : r„; CjJ1 : e' : : i : r(jl-, <> : e' : : i : r,„ j . . . (a)
danno il valore r, , ru, r„, , rlU della rendita respettiva che nel-
le accennate ipotesi corrisponde al capitale e .
Posto che niuno de' valori r, , r„ , rm , r|U si trovi =r', al-
trimenti i sarebbe già noto, il valore di r' cadrà fra due de'
consecutivi numeri r, , ru , r„, , rlV (*) .
Se / cade fra r, , ed rn si osservi a quale de' due limiti
(*) Se si trovasse r,„ < r' l'interesse sarebbe >o,o6 e però non ammissibile.
Si dovrebbe dunque diminuire la rendita r' .
27a Saggi di Meccanica e di Algebra .
sia più vicino : qualora sia più vicino ad r, si faccia i = it-i-d :
essendo r' più vicino ad r„ si farebbe i = i;i — d . Dicasi lo
stesso nelle respettive ipotesi che r- cada fra rìt ed rm o fra
T.IU ed rtV . Suppongasi per esempio che abbia luogo l'equa-
zione i = ii-i-d . Sostituita questa espressione d'i nell'equa-
zione del problema, siccome il massimo valore di § è o,oo5,
e però il massimo valore di d3 è 0,0000001 2,5, si trascurino
le potenze di d superiori alla seconda; si sciolga l'equazione
quadratica che ne risulta, equazione che più speditamente si
ottiene mettendo la proposta sotto la forma
(ci — r) ( t+i)' + r = o,
e si avrà con un'approssimazione assai notabile il richiesto
valore z'i-h^( = ì) .
Sia per esempio c'=ioo5C, r'=i5sc-,5; £' = 8art-. Con-
sultando le tavole terza e quarta si vede che le ultime due
delle proporzioni (a) si riducono a
6 ,4602 : 100 : ; 1 : r,u -, 6 , 2097 : 100 : : 1 : rlV ,
e danno
rm = 1 5SC- , 472 , r,v = 1 6SC- , 1 o3 .
Dunque r cade fra rlu ed r,v e si ha i = o , o5 ■+■ d .
Posto iul -+- d per i V equazione del problema è
( c'ilu -+- c'd — r> ) ( 1 ■+■ im + ^)f' + / = o, ossia
\ ( di„, - /■-) I ( t' - 1 ) ( 1 -+- im y-> ■+■ c'f ( 1 -h ilu )"- \ a- +
e sostituiti i valori
|(5-i5,5)a8(i,o5)6*3oo(i)o5)7|^H-jioo(i,o5)8+(5-i5,5)8(i,o5)7J^
(5— i5,5)(i,o5)8-hi5,5 = o.
Siccome ( i , o5 )6 = i , 340095 ; ( 1 , o5 )7 = 1 , 407099 ;
( r ,o5)8=i ,4774-55' la precedente si riduce a
(725,679800— 393,98793o)^m-( 147,745474— 1 18,196379)^—
0,013275 = 0, ossia
33 1 , 69 1870^ -1-29, 549095 d — 0,013275 = 0 .
Quindi
d* ■+■ o , 089082 d — o , 000040 = 0 ,
■>
Del Sic Pietro Franchini . 273
j ss — o , 044541 — 1/(°» 000040 -t- o , 001 984) = — o, o4454i ±:
j/o , 002024 = — o , 044541 — ° •> o44988 =a o , 000447
ed z'( = o,o5-h^) = o,o5o447 •
ARTICOLO X.
Teoria de' vitalìzi dedotta da' suoi veri prìncipi .
Nozioni Preliminari.
J. li I. Dicesi montante di un capitale e la somma del
capitale stesso e del suo interesse composto, al termine di
un dato tempo t .
Chiamando ì V annuo interesse di una lira la proporzione
1 ', i '.'. e '. ci
'c'insegna che il montante di e al termine del primo anno è
e ( 1 -+- i ) ; che al termine del secondo è c(i-4-i)-t-c(i-f-?)i
= e ( 1 -i- i )a ; che al termine del terzo è e ( n- z )3 -H e ( 1 -t- i )2i
= c( 1 -+-i)3, ec.
In generale al termine del tempo t il montante del ca-
pitale e vien espresso per m = c(i-t-z)'.
Fatto e = - — si ha m = \li- , e posto i+i = /i si
scuopre che i capitali
111 1
T ' à» ' F I»
danno tutti al respettivo termine di 1 , 2 , 3 , . . . . t anni il
montante di una lira .
II. La probabilità p che un dato evento fortuito succe-
da sta in ragione diretta del numero F de' casi favorevoli al
successo, ed in ragione inversa del numero P de' casi possi-
bili , cioè si ha p = — .
Infatti se resta F invariato, l'aumento di p è proporzio-
Tom. XVII. 35
2-74 Saggi di Meccanica e di Algebra ee.
naie al decremento di P e viceversa : se resta invariato P, la
variazione di p è = alla variazione di F .
Indicando con la lettera G il numero de' casi contrarj al
successo si ha P = F -+- C , e mentre la probabilità del suc-
F • G
cesso è , la probabilità contraria risulta = ossia
F-i-G l F-*-C
F
F-(-C
III. La probabilità di un avvenimento composto di più
avvenimenti semplici indipendenti, è uguale al prodotto del-
le probabilità assolute di ciascuno avvenimento semplice .
Dimostrazione .
Il numero de' casi possibili relativi all'avvenimento com-
posto equivale al prodotto de' numeri che respettivamente
rappresentano i casi possibili di ciascuno avvenimento sem-
plice, perchè ognuno de' suddetti casi relativi ad uno degli
avvenimenti semplici può combinarsi con ciascuno de' casi pos-
sibili relativi a ciascuno degli altri . Dicasi lo stesso per rap-
porto ai casi favorevoli e si concluderà ec.
IV. Il prodotto cp di un certo capitale e nella probabi-
lità p che vi è di guadagnarlo , dicesi sorte e speranza ma-
tematica .
Se il capitale e non può conseguirsi che al termine del
tempo £, il valore della sorte corrispondente al principio del
tempo t si ottiene con sostituire in cp per e il capitale do-
vuto alla somma stessa , tale cioè che al termine del tempo
t dia il montante e . Questo capitale è .
( i -+- » )'
Con questi semplicissimi principi siamo in grado di sod-
disfare ai principali problemi spettanti aila dottrina de' vita-
lizi e delle successioni .
§. a. Teorema . Prescindendo da ogni particolare perma-
nente cagione di deperimento, la vita media o probabile equi-
vale alla frazione il cui numeratore sia il numero de' super-
stiti dopo l' età data , il denominatore il numero de' viventi
Del Sic Pietro Franchini . 2,75
nell'età stessa. Dimostrazione. Dai registri di Sussmilch (*)
risulta che di 1000 nati giungono
Mortalità
Mortalità
All'età di anni 90
11
a
All' età di anni 94
4
1
91
9
a
95
3
1
go,
7
2
96
2
1
93
5
1
97
I
1
Abbiasi un'urna che contenga 11 biglietti: suppongasi
che per 7 anni consecutivi al termine di ogn' anno si faccia
l'estrazione di un numero di biglietti espresso dalla ispet-
tiva cifra della terza colonna, e che gl'individui il cui bi-
glietto resta nell'urna guadagnino uno zecchino per ciasche-
duno . È chiaro ( n.° IV ) che nell'istante della prima estra-
zione ciascuno degli 11 biglietti ha diritto a fj di zecchino,
perchè T\ è la sua probabilità di vincere nella predetta estra-
zione ; che ciascuno degli stessi biglietti nell'istante medesimo
ha diritto a T9T.| = T7T di zecchino per conto della seconda estra-
zione ($. i.n.°III);che ha diritto a & .|.f=T\, a &.f.f .§==#,
7543.
1 §
9 *7
a IT • § • ? • 5 • 4 ìt ' a II • 9 • 7 • 5 ' % ' 3 lì ' a lì • 9 ' ? • 5 • 4 * 3 • 2 II
per conto delle respettive estrazioni 3.a, 4-a, 5.% ò.a e 7.0.
Dunque il diritto che risulta da tutte l'estrazioni equivale ad
uno zecchino moltiplicato per una frazione, il cui numeratore
sia la somma 3i di tutte le cifre della colonna media eccettuato
il i.°, e il denominatore sia il primo termine 11 . Il diritto
in questione è dunque = f{"c = 2,zec- ^ . Alla vincita di uno
zecchino si sostituisca la sopravvivenza di un anno, e si con-
cluderà che un individuo di 90 anni ha diritto ad una vita
media di %an- e xo mesi presso a poco .
(*) Die gòttliche ordnung in den ve-
randerungen den menschlichen gesch-
lechts aus der geburt , dem tode und
der fortpflanzung desselben erwiesen .
Beri. 1765.
27 6 Saggi di Meccanica e di Algebra ec.
Il raziocinio precedente , quantunque applicato ad un e-
sempio particolare, essendo di sua natura generico, se dicasi
E l'età data, e però E -h i , E + a, ec. ciascuna dell'età
consecutive, indicando per re, re', re" ec. il numero de' viventi
nell'età respettive , onde si abbiano le due seguenti serie in
colonna
la vita media dell'età E risulta
n' -t- n" -+■ n'" -4- i
E
n
E-h 1
n
E -+-a
r
ri
E-h3
ri
E + /« i
§. 3. Il teorema stabilito è vero in astratto, cioè indi-
pendentemente da qualunque permanente cagione , la quale
in una speciale maniera tenda a conservare o diminuire la
vitalità . Le principali cagioni del primo genere sono : la tran-
quillità dello spirito , un proporzionato esercizio delle mem-
bra, un'esatta morigeratezza e la salubrità dell'aria. Il diu-
turno difetto di ciascuna delle predette cagioni costituisce una
cagione contraria ossia del secondo genere , ed è una cagio-
ne non dissimile la discendenza da genitori mal sani e l'eserci-
zio di una professione pregiudizievole (*) . Sì dell'une che
delle altre cagioni convien tenere il più esatto conto in ogni
caso particolare, ed a tal effetto sono utili le tavole di Hogdson
e di Deparcieux , la prima formata sui registri di Londra,
città per la natura del clima e per la eccessiva popolazione
assai nemica della longevità; la seconda ricavata dai registri
delle comunità religiose e dei tontinisti di Parigi {**) . La ta-
(*) Veggasi la bell'Opera De Morlis
Artificum di Bernardino Ramazzini .
(**) Tontina così detta perchè Loren-
zo Tonti Napoletano nel i663 la intro-
dusse in Francia , è una lotteria vitali-
zia da cui risulta un'annua rendita de-
terminata per ciascun socio , con la con-
dizione che cessando di vivere un qua-
lunque numero di 8°cj, le rendite loro
restino a vantaggio de' superstiti . La mo -
glie di un barbiere che aveva impiegati
3oo franchi nella R. tontina di Parigi
del 1687, divenne padrona dell'annua
rendita di franchi 735oo . I socj della
predetta tontina furono 59 ri, e furono
3349 quelli che composero la susseguen-
te tontina di Parigi del 1696.
Del Sic. Pietro Franchini . 377
vola di Hogdson per esempio c'insegna che la massima vita
media è in Londra di 39an- . 9"1 , e dalla tavola di Deparcieux
risulta ch'essa è di 48an- . 3m- .
Il confronto delle due tavole precedenti ci dà luogo di
riconoscere un singoiar fenomeno , ed è che sino all' età di
80 anni la regolarità del metodo dietetico e della condotta
morale vince l' effetto della insalubrità dell'aria derivante da
un'eccessiva popolazione, e che al di là dell'anno ottuagesi-
mo il vizio dell'aria prevale al benefizio del regime. Per es.
la vita media di un individuo di 90 anni, secondo i registri
di Sussmilch, i quali sono ricavati dal complesso di più re-
gni, è, come abbiamo veduto, di aan . io7™-, mentre la tavo-
la di Deparcieux non dà che ian- . gm- .
Un fenomeno simile si ravvisa confrontando la tavola di
Sussmilch con quella di Kersboom costruita per l'Olanda (*).
Lasciate da parte le tavole di Duprè de S* Maur e di
Halley , la prima perchè limitata a i5 parrochie, 3 di Pa-
rigi, 12, dell'adiacente campagna; la seconda perchè formata
sui registri della sola città di Breslavia , noi ci proponiamo
di calcolare a tenore del teorema stabilito ( §.. n ) la vita me-
dia d'ogni età su i dati di Sussmilch, nella cui tavola, ri-
portata nella Dottrina degli Azzardi di Moivre tradotta da!
P. Gaeta ( Milano per il Galeazzi i^^d ) il valore delle vite
medie aberra quasi sempre dal vero . Abbiamo aggiunto nel-
la colonna 3.a il numero de' sopravviventi in tutte l'età con-
secutive , numero che è quello di tutti i casi favorevoli . Il
numero de' sopravviventi nell'età data, e che trovasi nella
colonna a.a, è il numero de' casi possibili. Così in una stes-
sa linea orizzontale si hanno, accanto al numero esprimente
una data età , gli elementi della vita media . Per esempio la
vita media dell'età di 5oa" è = — — = 17 i. I numeri che
3i3. ' *
(*) Batavia insalulris est et brevis cevi ( Haller Pliysiol. T. 8 ) .
2,78 Saggi di Meccanica e di Algebra ec.
Sussmilch adduce nella 3.tt colonna appartengono ai soprav-
viventi contati dal principio della tavola, e ci sembra che
non sieno di alcun uso .
Un numero n della n.a colonna diviso pel numero supe-
riore m , misura la probabilità che l'età corrispondente al
numero m nella colonna antecedente ha di vivere per un an-
3o5
no . Così è la probabilità di vivere un anno spettante
3i3
. all'età di 5o anni .
Le frazioni adottate sono le più semplici e prossime. Ciò
basta in un problema che non ammette una soluzione rigo-
rosa .
Del Sic Pietro Franchini . 279
TAVOLA
Dell' annua probabilità di vivere, e della vita media.
Età
Di 1000
Sopravvivuti
Vita
Età
Di 1000
Sopravvivuti
[Vita
attuale
soppraviv.
in tutte l'età
media
attuale
sopravviv.
in tutte l'età
media
ogn'anno
consecutive
ogn' anno
consecutive
An. 0
1000
28924
29
An.5i
3o5
5i97
'7
1
740
28184
38
52
297
4900
16 £
2,
660
27624
4' 1
53
289
461 1
16
3
620
26904
43 f
54
280
433 1
i&i
4
596
a63o8
44 t
55
271
4060
i5
5
584
25724
44
56
262
3798
41
6
574
25i5o
43 ì
57
a53
3545
14
7
564
29596
43 \
58
244
33oi
i3 i
8
554
24042
43 ì
59
a35
3o66
i3
9
546
23496
43
60
226
2840
ia i
10
540
22956
4* i
11
535
22421
42
61
217
2623
12
12
53o
21891
4' ì
62
208
a4i5
11 i
i3
526
2i365
4° I
63
199
2216
11 *
i4
522
20843
4°
li
190
2026
IO f
i5
5i8
ao325
39 i
180
1846
IO J
16
5 14
19811
38 l
66
170
1676
9 ♦
17
5io
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37 t
67
160
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9 1
18
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18795
37 t
68
i5o
i366
9
'9
5oi
18294
36 i
69
140
1226
8 *
20
496
17798
36
70
i3o
1096
8 *
21
491
17307
35 ;
71
120
970
3 }
22
486
16821
34 f
72
ni
865
7 1
23
481
16340
34
73
102
763
7 è
24
476
i5864
33 |
74
93
670
7 i
25
471
15393
32 |
75
85
585
6 «
26
466
14927
3a
76
77
5o8
6 f
27
461
14466
3i i
77
69
439
6 !
28
456
140 IO
3o |
78
62
377
6
29
45 1
i3S59
3o
79
55
322
5 f
3o
446
i3n3
29 |
80
49
278
5 £
3i
441
12672
28 f
81
43
23o
5 1
3a
436
12236
28
82
37
193
5 i
33
43 1
n8o5
27 ì
83
32
161
5
34
426
ii379
26 |
s
28
i33
4 ì
35
420
10959
«6*
24
109
4 ì
36
4i3
10546
25 |
86
21
83
4 t
37
406
ioi4o
25
87
18
70
4
38
399
9741
24 ?
88
i5
55
3 f
39
392
9349
23 ?
89
i3
42
3 i
40
385
8964
23 i
90
11
3i
3
4»
378
8586
22 ì
91
9
22
2 è
42
37i
8215
22 j
92
i5
2 t
43
364
785i
•I è
93
5
io
2
44
357
7494
21
94
4
6
1 2
45
35o
7144
20 $
95
3
3
1
46
343
6801
19 *
96
2
1
0 a
47
336
6465
-9 ì
97
1
0
0
48
329
6i36
18 f
98
0
0
0
49
321
58i5
18 i
5o
3i3
55oa
17 £
a8o Saggi di Meccanica, e di Algebra ec.
4' Teorema . Chiamando p\ p" , p'" . . .pi') la successiva
probabilità che al termine di ogn'anno una vita v ha di so-
pravvivere un anno, e U il valore della vita stessa, cioè il
valore dell'annua rendita di ili- sulla vita v , si ha
u^i + ùL-i-ùy: . , jw"--j*> (a)
h h* h* h" ' ' V '
dove pV) è l'ultima probabilità e però p(*r*°1l = o . Dimostraz.
Infatti ( §. i.n.°IV) il i.° termine del a.° membro esprime
la sorte della vita v relativamente alla sopravvivenza del i .°
anno; il a.° termine esprime la sorte della vita v relativa-
mente alla sopravvivenza del a.0 anno, e così in seguito fino
all'anno te"mo inclusivamente , oltre il quale non evvi proba-
bilità di sopravvivenza .
Esempio. Vogliasi il valore dell'annualità di ih- sopra una
vita di 86 anni, nell'ipotesi che sia i = o , o5 .
La tavola dà p' = — ,/?"= — , p'" = — , ec. Dunque
jy 6i 5 I l3 I II I
\
7 i,o5 7 (i,o5)a ai (i,o5)3 ai (i,o5)+ 7 (i,o5)
I I 5 I '4 I 11 ai
H — •■ — rrr-*-- •: — r?H — ■': — — -*-
3 (i,o5)6 ai (i,o5)7 ai (i,o5)8 7 (i,o5)9 ai (i,o5)'<
1 1
ai (i,o5)"
, Q£Sia
TT 6 5 i3
U = 1 1 -H -——-«-
7,35 7,7175 24,3ioi25 a5,5a56a6 8,933969 4>oaoil85
5 4 1 ai
1 2 1 1 H-
'29,5491 3i, 026555 10,859294 34,206760 35,91709
= 0,81 63a6-t- 0,647878 -4-o,534756 -1-0,430939 -1-0,33579 1 -+-
0,348738-1-0,168871 -+-0,138931 -+- 0,093087 -+-o,o58464 ■+-
0,037841 =3,49c6ia''- .
Nella stessa maniera per rapporto ad una vita di 90 anni si ha
9171 5i 41 3 1
U =
11 i,o5 11 (i,o5)2 11 (1,05)* 11 (i,o5)+ 11 (i,o5)5
ai 11
77 ' (i,o5)5 11 '(i,o5)'
Del Sic Pietro Franchini .
19916'
281
• 0 , ai368'
= o , 77922 -+- o , 57720 •+- o , 39265 -+- 1
0,1 3567 ■+• o , 06460 = 2 , 462 18''- .
5. Se l'annua rendita sia di r lire il valore U' della me-
desima si ha dalla proporzione 1 ; r * ; U ; U' .
Per esempio se U è il valore di una vita di 86 anni,
cioè 3,490612''- il valore U' di un'annua rendita di ioo*'-
sulla vita stessa si trova = 349, °6i'1- •
La stessa proporzione serve a determinare l'annua ren-
dita r, corrispondente ad un dato valore di U' . Per mezzo
dell'equazione (a) si può dunque risolvere il seguente.
Problema. Dato che un capitale effettivo c( = U') si vo-
glia impiegare a vitalizio sopra una data vita v, qual è l'an-
nua rendita o prestazione che gli compete .
Sia per esempio U' = ioo"-; la vita data di 86 anni, e
si avrà 1 : r \ \ 3 , 4906 : iòo«- , r= Jgf!2i = a8" , 648 (*) .
04900
Il Sig. Moivre chiama compimento della vita quel num.
d'anni che manca a' 86 : posto = k il compimento rappresen-
ta le respettive probabilità di vivere 1 , 2, 3 ....t anni coi n.'
(A — 1 A — 2 k — 3 k — t) / , ..
e ne deduce che il valore della vita il cui compimento è k sia
k—(k— 1) l fui \ . j .
. . .H - = [ 1 I ( h— 1 ) ,
= \
A A
AA1
AA3
1
dove u = — n h — . . .
A A» A3
Questa formola per altro ha il difetto di non essere ap-
plicabile ad una vita>85a" , e di essere oltre di ciò del tut-
Tom. XVII. 36
( ) L equazione c(i-t-z) — r j ■
relativa alle rendite certe ( Art. IX ) non
si rende opportuna al calcolo vitalizio
con sostituirvi la vita media per r . De-
ducendone per esempio il valore dell'an-
nua rendita di i''- sulla vita di 90 an-
ni si trova e ( = U ) zz 2 , 58a , mentre
l'equazione (a) somministra Uizra, 46218.
Ricavandone r nelP ipot. di e— ioo'1
e di t ~ 2™ | ( valore medio della vita
di 900* ) si ottiene r — 38, 733'" , men-
tre la proporzione 1
r =40,614" .
U : U' dà
aOa Saggi di Meccanica e di Algebra ec.
to fallace : né poteva essere altrimenti perchè i rapporti (b)
non abbastanza corrispondono ai dati della tavola di Halle/,
con cui Moivre gli confrontò , perchè la stessa tavola di Halley
è notabilmente inesatta , e perchè l' ipotesi del compimento
contiene anch'essa qualche principio d'incertezza e di equi-
voco .
6. Problema. Qual è il valore dell'annua rendita di ih-
nell' ipot. che questa si debba pagare finché coesistono due
vite date ?
Soluzione . Sieno p' ,p",p" • • • le respettive probabilità
che la i ." vita ha di durare per il i .° , 2.°, 3.° ec. anno:
sieno et', ct", ct"' , . . . . le simili probabilità respettive della 2.a
vita . Le probabilità che le due vite hanno di durare insie-
me 1 , 2, 3, ec. anni sono respettivamente ( §. 1. n.° III )
p'rs' , p'p"sr'a" , pp"p"'tr'nvij'" , ec. Dunque il valore cercato è
TT p'si' p'p" w'm" p'p"p"'a'vi"v"'
ec.
(e) (*)
h h* A3
Esempio. Posto z = o,o5 le due vite date sieno una di
80 anni l'altra di 90. La serie da sommarsi è
18 9 18 i5 9 7 18 t5 i3 9 7 5
ai ' 11 ù.i ' 18 ' 11 ' 9 21 " 18 ' i5 " 11 " 9 ' 7
18
21
1 ,o5
i5 i3 11
i3 ' 75 " 73
(i,o5)«
J. 1 1
9 ' 7 " 5
-(-
(1,05)*
+-
1»
21
(i,o5)3
i3 11 9a
i5 i3 11
(1,05)5
-H
18
i5
i3
1 1
9»
71
5
4
3
2
21
18
iS
i3
n»
V
7
5'
' 4
3
(',
o5)6
18
i5
i3
11
Q*
71
5*
4
3
2
1
21
18
ib
i3
il»
V
r'
5 •
4
3 ■
a
(1,05)7
vale a dire
(*) La soluzione del Sig. Moivre è
molto più semplice ma guasta per l'in-
fluenza di quattro gravi cagioni di er-
rore , e sono : i.° 1' ipotesi che sia
p'=p" =p'" ec. , s' = v" = v'" ec.
2.° l' ipotesi che la serie decrescente (e)
p'n.'
sia infinita e però :
3.° l'es-
ci— p'u'
pressione di p' , v' , calcolata nella sup-
posizione che la probabilità di ciascuna
vita sia costante da un anno all'altro,
= a per la prima , =i per la seconda ;
4-° 1' ipotesi che la serie
dove 5 è il numero de' casi possibili ,
sieno infinite .
Del Sic Pietro Franchini . a83
54 5 5.i3 4 3.o
_. — — I _i_ -i--
7.ii(i,o5) 11(1, o5)a n.ai(i,o5)3 ai(i,o5)4 n.ai(i,o5)5
— 1 = 1 ,6i3g .
11 .21 ( 1 ,o5)6 n.ai(i,o5)7
La solita proporzione 1 ; r ; ; U ; U' dà uno de' termini
r, U' . Supponendo per esempio U'rsioo''- e le due vite da-
te una di 86, l'altra di go anni si ha
1 '.r'.'. 1,6139: 100, cioè r = — — = 6 1 , 96 1 "■ .
1,6139
7. Problema. Dato il valore di due viteÀ,B, si diman-
da quello di un'annua rendita di i.**- nell'ipotesi che la ren«-
dita debba pagarsi finché una delle vite sussiste .
Soluzione. Sieno a, b le respettive probabilità che le vi-
te A , B hanno di esistere per lo spazio di un anno . Sicco-
me ( 1 — a ) ( 1 — b) è ( 5- i- n.° II ) la probabilità che le vi-
te A , B hanno di cessare in un anno, 1 — (i — «)(i — b)
esprime la probabilità contraria, cioè che non cessino ambe-
due in un anno. Così se a', b' , rappresentano le respettive
probabilità che A, B, hanno di durare pel secondo anno,
i — (1 — a')(i — b') è la probabilità che entrambe non ces-
sino nel secondo anno, ec. Dunque
1 (i_a)(,_J) , (,_«')(,_&') j (!_«") (t_y)
— ; (-— 1~— ec. ossia
h h h* A» h* hl
a a' a" b b' b" ( ab a'V a"b"
— H 1 — r ec. -f- — n 1 — - ec. — 1 — 1 1 ec.
h h' hì h h> A3 l h h* h3
rappresenta la somma de' valori dell'annua rendita di i1*- da
pagarsi al termine degli anni 1 .° , a,°, 3.° ec. Essa costitui-
sce per conseguenza il total valore dell'annua rendita suddet-
ta sulla più lunga delle vite A, B, e però si ha l'equazione
tt ad a" b V b" (ab a'V a"b" \
U= — H h — ec.H 1 1 — -ec- 1 1 -ec.)....(d).
Introducendo nel calcolo una terza vita C, la cui pro-
babilità di vivere 1,2, 3 ec. anni sia respettivamente e, e',
e" ec. si trova che il valore dell'annua rendita di in- sulla
più lunga delle vite A, B, G, vien espressa per
a84 Saggi di Meccanica e di Algebra .
a a! a" b V b" e e' e"
— h h — ec.H 1 H — ec.H 1 H— ■ ec. —
h h% h3 h h* h3 h h% h3
ab a'b' a"b" ) lac a' e' a" e" ) {be Ve' b"c"
— i 1 — — ec. }—{ — i 1 — — ec. >-{ — -+-— h — ;-ec.
h3 \ ) h h* h3 S ) h h* h3
'Ve'
ale a'b' e' a"b"c"
ec.
h h? h3
Questa forinola c'insegna che qualora il n.° delle vite
A, B, C ec. sia n, il valore dell'annua rendita di i1'- sulla
più lunga di esse equivale alla somma de' valori di tutte le
vite, meno la somma de' valori delle vite stesse combinate
a due per due, più la somma de' valori delle vite combinate
a tre per tre, ec. sino alla combinazione inclusiva de' valori
di tutte le vite date .
Esempio. Sia A = 86, B = c)o. Le vite separate valgono
respettivamente (5-4) 3, 4906, 2,4622. Le due vite unite
valgono ( §. antec. ) 1 ,63iq . Dunque il valore della vita più
lunga è
U = 5 ,9528 — 1 ,63 19 = 4 5 2209 .
Dato un capitale U' la determinazione dell'annua rendi-
ta dovuta alla più lunga di due vite date si riconduce alla
solita proporzione 1 ; r '. ; U ; U' . Sia per esempio U' = ioo'!-,
A = 86an-, B = 9o"n-, e si avrà
4-, 1000000 07; r
. 2209 ; 1 00 ed ;• = = 2o"- , 69 1 .
42209
8. Problema . Tizio ha diritto di succedere a Cajo nel go-
dimento di un'annua rendita. Si dimanda il valore U della
successione 1 .° nell'ipotesi che Tizio succeda per se e per li
suoi eredi : 2.0 che succeda per se solo .
Soluzione . Dal valore — dell' annua rendita perpetua si
tolga il valore u dell'annua rendita dovuta alla vita di Cajo
ed U = -^- — u sarà il valore cercato nella prima ipotesi.
i
Chiamando u il valore dell' annua rendita dovuta alla
vita di Tizio , ed un! il valore delle vite unite di Tizio e di
Del Sic. Pietro Franchini . a85
Caio, il valore cercato nella seconda ipotesi è manifestamente
U = u — uu' .
Se si avesse un terzo successore , chiamando u" il valo-
re dell'annua rendita dovuta alla sua vita, il valore della sua
espettazione sarebbe nella seconda ipotesi
Uff ff i il r fr
= U — UU — U li -+• uuu
e così in seguito .
Supponendo che l'età di Tizio sia di 86 anni, quella di
Cajo di 90 , la forinola U = u' — uu' dà
U = 3 ,49°° — * ,6139 = 1 ,8767 .
ARTICOLO XI.
Supplemento all' Articolo III de' Saggi di Meccanica
e di Algebra Trascendente .
5. 1. Per compiere la risoluzione dell'equazioni cubiche
aventi una o tutte le risolventi razionali , resta da trovarsi
un metodo sufficientemente semplice, per cui, qualunque sia
il coefficiente del secondo termine , vengano determinati i
criterj da' quali dipende che almeno una risolvente della pro-
posta sia razionale, e per cui si scuopra il valore della risol-
vente razionale s'ella è unica, di tutte e tre se sono più di
una .
Sia x3 -t- lx% -+- mx ■+- n = ( x* -+-fx -»- g ) ( x -+• h )
=x3-+-(f-+-h)x2-*-(g-*-fh)x-+-gh=:o ,
Il confronto dà
/-+■ hz=l, g -*-fh = m , gh — n.
La prima moltiplicata per / diviene f*-*-fh=fl . Da questa
si tolga la seconda , e si avrà
fa jf • . r l*=l/[4(g — m)-*-l>] . .
p — lf—g — m, cioe/= — Z-k2±£ i ì (« .
a
Affinchè la proposta abbia almeno una risolvente razio-
nale bisogna che fra i divisori di n ve ne sia uno che ren-
da l2 — 4/?i^-4g un quadrato positivo (U3 , tale che l-±:u sia
286 Saggi di Meccanica e di Algebra ec.
numero pari , e bisogna che abbiasi
"~^ ■+- h = / cioè a/i zìz u = l .
Se ciò non si verifica le risolventi sono tutte irrazionali;
ma qualora le condizioni anzidette rimangano soddisfatte si
ha la risolvente razionale h = —, e si ha il fattore quadra-
6
tico x* -+- fx ■+■ g che comprende le altre due risolventi.
Sia per esempio x3 — 5.ca •+- hxx -+- 4-5 = o .
Siccome la risolvente ipotetica h dev'essere negativa altri-
menti non può produrre l'evanescenza della proposta, si pren-
dano per g i soli divisori positivi di 45 ■> e siccome
2,5 — 4X 22 -f- 4g ossia — 63 -+- 4g
è un numero sempre -< o , ancorché si prenda per g il divi-
sore massimo i5, si concluderà che la proposta non ha ve-
runa risolvente razionale .
Sia x5 — gxa — 3 ix — 6o = o.
Omessi i divisori i , 6o , il i .G perchè troppo piccolo, il 2.°
perchè troppo grande, si ponga g = 2 , 3 , 4 5 5 . La funzione
l3, — i\m -+- 4g i a motivo che Za — ^m = 8i -+- 124 = 2o5 , di-
viene respettivamente
2,cSz±z 8 =2i3 , 197 | n.' non quadrati perchè finiscono in 3,7.
2o5:±: 12 = 217 , 193 | n.* non quadrati per la ragione addotta .
2o5± 16 = 221 , 189 j n.' non quadrati .
2,o5:±=2o = 22-5 , 186 \ n.1 il primo de'quali è = i5a.
L'equazione (a) si riduce pertanto a — — — = 3, = — 12;.
e perchè f— 3 verifica 1' equazione f-+- h = l che diviene
3 — 12= — 9, si conclude che si ha #=12 e poi x2-+-3x-t-5=o.
§. 2. Trattandosi di un'equazione di 4-° grado, il cui 2.0
termine sia affetto da un coefficiente non divisibile per 4»
giova procedere col seguente metodo .
Pongasi x^-*-px3-t-qx2-¥-rx-ì-s=(x3-i-fx0,-t-gx-hh) (.r-t-z)=o,
e paragonando la trasformata
x^ -+• (/-+- i ) x3 -+- ( g -¥-fi ) x* -+- ( h ■+■ gi ) x ■+■ hi = o
Del Sic Pietro Franchini . 2,87
con la proposta si avrà
f-hi=p, g+/i = ^, A-4-gi = r, hi = s.
Eliminando i dalle prime due si ottiene
f=ì\p±:l/(p>-4q + 4g)\--
ma dalla terza risulta g = — — : dunque
Si divida .5 in due fattori reciproci h, i, e quelli che
danno
= n. int. ; /?3 — 4?-*- 4 — : — = -t-w3, £ = n. int. ,
j i 2.
serviranno alla determinazione della risolvente razionale e del
fattore cubico della proposta .
Sia per esempio x^ — x3 — Sx* — 5x — 12 = 0.
Osservo che qualora esista una risolvente razionale questa
non può essere negativa , perchè il 1 .° membro dell' equazione
x^ — x3 — Bx = 3a;a •+• 1 a
è minore del a.0 se #=h- 1 , ed è maggiore del a.° se — £>-+- 1 .
Divido pertanto l'ultimo termine ia in due fattori — i,-\-h,
e fo i = — 3, A = 4. Risulta
— 5-4 „
/ / (r — h) „
p* — 4? ■+" 4 — : — = i -H ia -+- ia = 5* .
_/=i(-n-5) = a,
e però i fattori cercati sono
x
.3
axa ■+- 3x -+- 4 , x — 3 .
ARTICOLO XII.
Soluzione Analitica de' Problemi spettanti alla Geodesia.
La Geodesia ha per oggetto di risolvere il seguente Pro-
blema generale :
2.88 Saggi di Meccanica e di Algebra ec.
Problema . Data una superfìcie piana terminata da linee
rette , dividerla in m parti che stiano fra loro in una data
ragione per mezzo di m linee rette, le quali passino tutte
per un dato punto o sieno parallele ad una retta data di po-
sizione .
Per procedere dal semplice al composto noi ci proponia-
mo di contemplare successivamente il trigono, il trapezio, il
rombo, il tetragono, il pentagono, l'esagono ed un poligo-
no qualunque .
Problema . Dividere un trigono dato BAC ( Fig. i ) in due
parti che stiano come a '. a" , i .° con una retta che passi per
un dato punto P; 2..0 con una retta parallela ad una retta
data (*).
Soluzione. Chiamando s la superficie del trigono dato,
s' quella del seni mento richiesto EAF si ha
s . s — s . . a . a e pero s = .
Così tutto si riduce a condurre la retta PEF in guisa , che
il semmento EAF risulti = ■ . Se il semmento EAF do-
vesse corrispondere ad oc" il suo valore sarebbe .
Per P si tiri una parallela al lato CA e sia I i! punto
in cui essa incontra il lato BA prolungato : indi si abbassino
PH , EG , perpendicolari alla retta BAI . Siccome il punto P
è determinato quando si conoscono le rette AI, PH (**) pon-
(*) In questo e ne'seguenti Problemi
può aggiungerei la condizione che il sem-
m '.ito corrispondente ad a' sia da una
determinata parte della trasversale .
(**) 11 punto P può esser dato in 85
maniere . Sieno PH , PL , PN ( Fig. 2 )
respettivamente perpendicolari ai lati BA ,
AC , BC , e si tirino le rette PA , PB ,
PC, e due qualunque degli elementi PH,
PL , PN , PA , PB , PC , AH , AL, CN ,
PAC , PBC , PCN , il che dà 66 combi-
nazioni, basteranno a determinare il pun-
to P . Lo stesso si ottiene mediante il
semmento AI ed una delle rette PH ,
PA , o mediante il semmento stesso e
l'angolo PAI . Siccome ciò vale per cia-
scun vertice si hanno 9 combinazioni .
Finalmente se per P si conducono le
XX' , YY' , ZZ' , respettivamente paral-
lele ai lati, due de'semmenti AI,AR,
AS, CT , CV, bastano per determinare
il punto P: ciò produce io combinazio-
ni . È poi facile il vedere che gli ele-
menti di una combinazione bastano per
determinare quelli di tutte le altre .
Nell'ipotesi da cui siamo partiti il
punto P si determina con prendere sul-
la parallela Y'IY una parte 1M di una
grandezza arbitraria , poiché tirando la
MO perpendicolare ad AI si ha MO =:
IM
^-7, e poi MO : PH: : IM : IP .
sen.BAC r
Del Sig. Pietro Franchini . 289
gasi AI = a , PH = b , AF = x . La proporzione
if : af ( : : ip : ae ) : : ph : eg
bx
ossia a -+- x \ x : : b \ EG =
a-*-x
bx* bx1
dà tri. EAF = : dunque = s'
2(a-f-x) n(a-t-x)
cioè
x* — — x-=^- ed x = — \s -t-\/(s*-t-2.abs )\
b b b v 3
espressione che non si costruisce perchè giova averne il va-
lore in numeri , che sieno per esempio pertiche , braccia ,
once, ec.
Se il punto P è in un lato, per esempio nel lato AG,
basta fare a = o e risulta x = — .
b
Se trovasi dentro al perimetro in PF, la solita parallela
al lato CA determina il semmento negativo AI' e però con-
vien fare a < o .
Se il punto P fosse nel prolungamento Af si troverebbe
b = o ed x = o , che dimostra l'impossibilità del Problema
nell'ipotesi che la trasversale debba incontrare il lato AB.
Bisogna dunque prendere per incognita un semmento degli
altri due lati .
Succede lo stesso se il punto P coincide con uno de' ver-
tici, per esempio col punto A; ma in questo caso basta di-
videre il lato BG nella ragione data, e condurre la trasver-
sale pel punto di divisione e per A .
Passando alla seconda parte in cui la trasversale vuoisi
parallela ad una retta data , suppongasi primieramente che la
retta sia uno de' lati, per esempio BG ( Fig. 3 ) .
Sia E il punto cercato, facciasi AE = x, AB = «, e sic-
come
tri. EAF : tri. BAG : ; x* ] a*
si avrà x* : aa : ; a' : a' -+■ a" ed x = a\/ — - — .
Se la retta data è AK ( Fig. 4 ) si tiri la trasversale CD
Tom. XVII. 3 7
noo Saggi di Meccanica e di Algebra .
ad essa parallela; indi si determini la ragione de' trigoni DAG,
BDG, il che può sempre ottenersi, perchè oltre l'angolo DAG
ed il lato AC si ha AGD = CAK, angolo noto a motivo che
AK è data di posizione. Se l'anzidetta ragione, die indichia-
mo per al '. a" t è maggiore di al \ al' s'istituisca l'analogia
tri. DAC — d : tri. BDG -+- 9 i ":■«*{ a" ,
. , , ^ a" tri. DAC — a'tri.BDC
si deduca a — — —
a'-t-a"
e si divida (Probi, prec. ) il trigono DAG con una retta EF
parallela a CD in due parti che stiano come à\ tri. DAC — 9.
Parleremo della divisione in m parti quando avremo trat-
tato della maniera di spartire un tetragono .
Problema II. Dividere un trapezio ed un rombo dato in
due parti che stiano come al , al' i .° con una retta che pas-
si per un dato punto; a.0 con una retta parallela ad una ret-
ta data .
Soluzione . La prima parte del Problema esige che si
considerino separatamente due ipotesi cioè i.° che attesa la
posizione del dato punto, il lato incontrato in primo luogo
dalla trasversale richiesta sia uno de' lati paralleli, a.° che
sia uno de' lati convergenti .
Essendo ( Fig. 5 ) AD, BC lati paralleli si supponga PEF
la trasversale e sia L il punto in cui taglia il lato AB pro-
lungato . Per P si tiri una parallela ad AD e sia I il punto
nel quale incontra il lato BA prolungato: dai punti P,E,F
si conducano PH, EG, FM, perpendicolari ad LBAI, e pon-
gasi AI = a , PH = b , AB = a , BL = #. Sostituendo a-*-x
per x nella espressione di EG ( Prob. I ) si ha
tri. AEL = — : — .
a(o-f-a-t-i)
bx
La proporzione IL : LB : : PH : FM dà FM = . Dunque
a-t-a-t-x
tri. BFL
a ( a ■+- a-f- x )
La superficie richiesta AEFB è per conseguenza = - —
Del Sic Pietro Franchini . 291
. . a,'s
La stessa superficie si è trovata ( Prob. I) = — ( = y).
Dunque
l ( <xa ■+■ nax ) , / \. __ a*5 — 2 («-»-« )s' <T«
— *y • • • • ( 1 1 ^ & — — ' — • » . .(ij
s(a+« + i) x ' z(s'-ab) v '
forinola che mutando i segni corrisponde all'ipot. che il Ia-
to AB e la trasversale convergano dalla parte opposta come
nella fig. 6 .
Infatti supponendo AI = a , PH = £, AB = a, BL = .r,
il metodo precedente dà
2(a-+-a) s' — o.'b
% — .
2,(5' — ab)
Quando x = co , cioè quando s' = ab, la trasversale è paral-
lela ad AB e viceversa .
Se il lato CD si rivolge intorno al punto C finché di-
venga parallelo ad AB il metodo precedente è ugualmente
applicabile . Difatto il rombo non è altro che un caso parti-
colare del trapezio come questi è un caso particolare del te-
tragono . Dunque la forinola (I) serve anche alla divisione
del rombo .
Se il punto P è nel lato AD basta fare <a=o; se den-
tro al perimetro a < o . Nel primo di questi casi evvi però
la maniera di ottenere direttamente una più semplice espres-
sione d' x tanto pel trapezio che pel rombo .
Sia {Fig. 6) AE=a, BC = @ , AD = y, BF = x e la
distanza de' lati BC , AD, =h. Si ha
!/i(/?-+-y) : i/i(a + i) :: «'+«" : «'
e però x = *'('-r) — («W> .
Se il trapezio degenera in rombo è y = @ e si ha
na.'6 — a(a'-t-a")
X = .
a' -+- a,"
Si danno de' casi che non restano compresi nella formola
(I) e sono quelli in cui il punto dato cade nel prolungamen-
to AL del lato AB. Infatti si ha b = o e l'equazione (1) si
292 Saggi di Meccanica e di Algebra ec.
riduce a o = s' ; il che dimostra incompatibile l'ipotesi da
cui siamo partiti, cioè che l'incognita x rappresenti un sem-
mento del lato AB o del suo prolungamento. Facendo = x
il semmento di un altro lato l'incompatibilità sparisce, e si
trova x sotto una nuova forma . Per vederlo sia il punto P
in I ( Fig. 7 ) e posta la BF = x si conducano le solite per-
pendicolari EG , FM . Siccome FM = ;c sen.B ed
IA( = a) : EG : : IB( = a-t-ar) : FM(=xsen.B)
si ha
tetr.AEFB(=tri.IFB— tri.IEA)=if(a-t-a)*8en.B— ^f!l?l
]_ a-+- a J
ma tetr. AEFB = s' : dunque
x sen.B[(a-+-aY — a2 ] = 2 ( a -t- a ) j'
. 1 2 (a-*- a) s'
e però x = . ;
sen. B naa-t-a*
formola che quando a = o si riduce ad
25' 1 a' ( 6 ■+■ y ) h
a sen. B sen.B a(a'-t-a")
Se il trapezio degenera in rombo h equivale ad a sen.B, è
• 1 za'e
y = /? e si ha x = .
Nella seconda ipotesi in cui il lato incontrato in primo
luogo è uno de' convergenti ( Fig. 8 ) si prolunghino i lati CB,
DA finché s'incontrino in G , si determini la superficie A del
trigono AGB che è = ABa ■-"' — , e siccome AEFB
6 2»en.G
altro non resta che dividere il trigono CGD con una
■«"'
trasversale che passi per P, in due parti che stiano come
. as a $
Ah : S
ossia come a' ( A ■+■ s ) -t- a"A '. a"s .
Per risolvere la seconda parte del Problema suppongasi
1 .° che la trasversale debba essere parallela ad uno de' lati
convergenti , per esempio ad AB ( Fig. 9 ) .
Del Sic Pietro Franchini . 29 3
Condotta AH perpendicolare ai lati paralleli si faccia AH=h
m's
e si prenda sul lato contiguo BC il seramento BF= — ;
* A(a -*■« )
indi si tiri EF parallela ad AB , ed il rombo ABFE sarà uno
de'semmenti richiesti.
Si supponga a.° che la trasversale vogliasi parallela ai
lati paralleli. Prolungati {Fig. io ) i lati convergenti finché
s'incontrino in L si cali sul lato BG la perpendicolare LG
che tagli in I il lato AD, si ponga BG = y, AD = /? , AH,
distanza de' lati paralleli, =h, e mediante la proporzione
LI : LI -+- h : : Q : y si deduca
y — 6
Facciasi AE=x, si tiri EF parallela a BG , e siccome risul-
ta A^ = a;sen.B la proporzione LI : Ll-\-ll\ \ (ì \ EF , ossia
4L; iÌ-f-*sen.B::/?:EF
y— 6 y — 6
1, -pp, 6li-*-x(y — g)sen.B
h
Quindi trap. ADFE = ^^- J a/JA-f-* (y — 0)sen.B ì.
Ma si sa che questa espressione dev'essere = s . Dunque l'e-
quazione del Problema è
o.6h ahs'
X =
(y — tf)sen.B (y — 6)sen.:LB
e dà x=^^\-^^^'(y-^^^\-
Suppongasi 3.° che la trasversale debba essere parallela
ad una retta DG ( Fig. 1 1 ) data di posizione .
Condotta la diagonale AC si determini la superficie del
trigono ACD, indi si cerchi la superficie è che gli sì dee
togliere o aggiungere affinchè sia
trL BCDzpd I tri. ABDrt# : : a' ; a" .
Trovato d tutto si riduce a dividere ( Probi. I } in una ragio-
ne data uno de' trigoni ACD, ABC, con una trasversale pa-
rallela ad una retta DG data di posizione .
294 Saggi di Meccanica e di Algebra ec.
Quando avremo trattato dello spartimento del tetragono
ci occuperemo della divisione di un trapezio e di un rombo
dato in un numero di parti > 2 .
Pkohlema III. Dividere un tetragono dato in due parti
che stiano come a' , a" , i.° con una trasversale che passi per
un dato punto; a.° con una trasversale parallela ad una ret-
ta data di posizione .
Soluzione, Immaginando i Iati AD, BG ( Fig. 12 ) pro-
lungati finché s'incontrino in G si determini la superficie A
del trigono CGD . Siccome si sa che uno de'semmenti richie-
sti, per esempio CDEF è = non si ha che da dividere
a'-t-a
il trigono cognito AGB con una trasversale che passi per P,
in due parti che stiano nella ragione di
La soluzione si riconduce sempre al Prob. I qualunque sia la
posizione del punto P .
Volendo che la trasversale sia parallela ad una retta BH
data di posizione ( Fig. 12) si conduca la diagonale AC, si cal-
coli l'aja A del trigono ACD, e se la ragione A '. s — A è
> a' ; a" , mediante la proporzione
a ■+- d : s — A — ò' : : «' : a"
si calcoli ò* e si divida il trigono ABG con una parallela a
BH in due parti che stiano come è '. j— A — cr, avvertendo
che il semmento ^ cada fra la trasversale ed AC .
Se il tetragono si vuol dividere in tre parti che stiano
come a' , a", a" , si divida in due che stiano come uno de'
numeri a , a", a'", alla somma degli altri due, per esempio
come a' ad a" -+-a"; poi si divida il tetragono che corrispon-
de ad a"-+-a'" in due parti che stiano come a", a" . Si pro-
cede nella stessa guisa se il numero delle parti debba esser
maggior»;
Sapendo dividere un tetragono in un numero di parti
>2, una simile divisione di un trapezio, di un rombo e di
un trigono non soggiace a difficoltà .
Del Sig. Pietro Franchini . 295
Problema IV. Dividere come sopra un pentagono, un e-
sagono , un ettagono ed un poligono qualunque in due parti
che stiano come a! , a" .
Soluzione. Sia il pentagono ABCDE {Fig. i3). Avendo
prolungati i lati convergenti EA,CB, finché s'incontrino in
H, ed i lati convergenti BC, ED, finché s'incontrino in I (*)
si determini la superficie A, A', de' respettivi trigoni ABH,
DCI ; e fissato che sia il semmento ABGF = , si divida
a -Ha
il trigono cognito IHE con una trasversale PFG condotta pel
dato punto P, in due parti che stiano nella ragione di
a+— : — + A'.
a'-t-a" a'-f-a"
Trattandosi di un esagono ABCDEF ( Fig. 14) si tirino le
diagonali AC, FD , e si calcoli la superficie de' trigoni ABC ,
DEF . Dal semmento AGHCB = si tolga il trigono
ti .
ABC = A; dal semmento FGHDEF=- — - si tolga il trigono
DEF = A' , e non si tratterà che di condurre pel dato pun-
to P una trasversale PGH, la quale divida il tetragono co-
gnito ACDF in due parti che stiano nella ragione di
JJlì - a : -£- .- -A'..
Qualora siavi ragione di sospettare che la trasversale non
incontri il lato CD si prolunghino sino all' intersezione i lati
CB , DE, AF ; si calcoli la superficie de' trigoni ABL , EFI,
come pure quella de' richiesti semmenti s' , s" dell'esagono,
e si spartisca il tetragono CLID in due parti che stiano co-
me trig. ABL -+- s' : trig. EFI -+- s" .
Volendo la trasversale parallela alla DH (Fig.iB) data
di posizione si tiri la diagonale AC , si determini la superfi-
(*) Si otterrebbe lo stesso se invece si prolungassero i lati BG , ED. sino alla
loro intersezione.
■2(jb Saggi di Meccanica e di Algebra ec.
eie A del trigono ABC, e chiamando s la superficie del pen-
tagono , se la ragione A : s — A è >«':«" dicasi d la su-
perficie che deesi aggiungere a A; dalla proporzione
A -+- 9 : s — A — 9 : : a' : a" .... (2)
. -, , « a's — A ( a' -+■ a" ) a's .
si deduca d = : - = A;
a' + a" a' -ha."
quindi pel Probi. Ili si divida il tetragono ACDE con una
trasversale parallela alla retta data,, nella ragione di
A ; s ossia as — (a ■+■ a )A.as.
a'-fa" a'-fa"
Se A'.s — A fosse >«';«" basterebbe dividere con una
parallela a DH il trigono ABC nella ragione di A — d '. d .
Nell'uno e nell'altro caso la superficie d dee trovarsi fra la
trasversale e la diagonale AC .
Se si tratta di un esagono si conduca una diagonale per
esempio BD ( Fig. 16 ) si determini la superficie del trigono
BCD, e siccome si conosce la superficie s — A del pentago-
no ABDEF, non resta che dividerlo con una trasversale pa-
rallela ad AG, iti due parti che stiano come d '. s — A — d,
dove 9 si suppone trovata mediante la proporzione (2) .
Abbiasi finalmente un ettagono ABCDEFG ( Fig. 17 ). Il
punto dato essendo P si tiri la diagonale AF e si calcoli la
superficie di AFG : si prolunghino i lati CD, FÉ, finché s' in-
contrino in H e si calcoli la superficie del trigono DHE .
Posto che il semmento espresso per debba essere
1 a'-fa"
IAGFL si divida il pentagono AFHCB in due parti che stia-
a's A . a"s . , . >
no come A 1- A e si avrà ec.
a'-fa" a' -t-a"
Si procede in una maniera del tutto simile se il poligo-
no dato abbia un maggior numero di angoli .
Per non trascurare il caso che la superficie proposta pre-
senti qualche angolo rientrante, sia l'esagono ABCDEF (Fig. 18)
coli' angolo rientrante D.
Si prolunghi il lato ED finché incontri in I il lato AB
e si
Del Sic Pietro Fkanchini . 297
e si calcoli la superficie A del tetragono BCDI . Pel dato pun-
to P si conduca la retta PGH perpendicolare ad AF, che in-
contri AF in G , DE in H . Trovati con la misura o con le
formole della Tetragonometria i lati BI , DI del tetragono BCDI
si conoscono i lati AG, AI ( = AB — IB ) e gli angoli del
tetragono AGHI; in conseguenza si possono calcolare i lati
GH, IH e la superficie, e Io stesso può farsi per rapporto
al tetragono EFGH . Sieno /, s" le respettive superficie de'
tetragoni AGHI, EFGH. Posto che la ragione di j' + A; $"
sia > a ; a" dicasi
s _t_ a — è- : s" -h d : : a : a" ;
• 1 1 *. a, s — a s -*- a l\
si deduca 0 :=
a' -+- a"
e non si avrà che da dividere il tetragono AGHI in due parti
con una trasversale PML tale , che risulti GHLM = d .
Sia per ultimo il seguente Problema riputato dagli Agri-
mensori assai dimoile e non solubile che per tentativo.
Problema . È dato il campo ABCDEF ( Fig. 19 ) ed in es-
so è compresa la parte infruttifera AOQE . Si vuol dividere
la parte fruttifera con due trasversali che passino per un dato
punto P in tre porzioni che stiano come a' , a" , al" , ed a
ciascuna si vuole unire una simile porzione del terreno in-
fruttifero .
Soluzione . Dicansi s' , s" , s'" i richiesti sentimenti del
terreno fruttifero, la cui superficie s si suppone cognita, s'i-
stituiscano le proporzioni
s':s-s'::a': a"+a'" ; s" : s—s" : : a" ; a -ha'" : s'" : s—s" : : a'" : a'-f-a"
e si deduca s' ==
Ciò posto si misuri la diagonale GQ e la superficie s, del
pentagono CBAOQ ; questo si divida con la trasversale PMG
in due parti ABMG, GMCQ , la prima delle quali sia =s'
ed il Problema sarà ridotto a dividere la figura CDEQOGM
in due parti che stiano come a" , a" . Si prolunghi il lato QO
finché incontri la PMG in a , si tiri la diaconale CE, si mi-
Tom. XVII. 38
2C)& Saggi di Meccanica e di Algebra .
suri la superficie A del trigono CDE , si divida il pentagono
CEQaM in due parti, la prima delle quali verso *' sia =j",
l'altra = s" — A, ed il terreno fruttifero sarà diviso a teno-
re della condizione assegnata . Pel punto H già determinato
si tiri una trasversale che divida il pentagono AOQEF in due
parti , una delle quali EFIH stia a tutto il pentagono come
a'"\a-*-a": pel punto G si tiri la GL che divida il penta-
gono AIHQO in due parti AILG, GLHQO , che stiano come
a' , a" , e le superficie MBAILG , MGLHRHN , NHIFEDC ,
daranno lo spartimento richiesto, purché nella definitiva de-
marcazione , mediante un opportuno e quasi insensibile spo-
stamento della retta NH, si spartisca fra i due ultimi possi-
denti, nella solita ragione respettiva di a', a", a'", la picco-
lissima superficie aOG oh'è rimasta indivisa .
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*99
CALCOLO D'OCCULTAZIONI DI ALCUNE STELLE E
RELATIVE RICERCHE INTORNO ALLA POSIZIONE
GEOGRAFICA IN LONGITUDINE DELL'OSSERVATO-
RIO DI PADOVA RISPETTO AL MERIDIANO DI PARIGI .
MEMORIA
Dell' Abate Francesco Bertirossi-Busata
P PRESENTATA LI 6 DICEMBRE l8l4 DAL CaV. CeSARIS
ED APPROVATA DAL SOCIO SlG . SANTINI .
J_Ja determinazione della Longitudine e Latitudine del luo-
go in cui si osserva è uno degli oggetti più interessanti per
l'Astronomo, giacché è sopra di questa base principalmente
ch'egli deve lavorare alla perfezione della scienza . La cor-
rezione delle Tavole Astronomiche di cui egli abbisogna in-
cessantemente , è un altro oggetto del pari interessante ed
importantissimo. Questi due oggetti o, a dir meglio, Proble-
mi restano soddisfatti mirabilmente ( per quanto spetta alla
posizione in longitudine ed alia correzione delle Tavole Lu-
nari ) dalle occultazioni delle fisse . Eccitato da questo dop-
pio scopo intrapresi a calcolarne alcune osservate qui in Pa-
dova dalli Signori Professori Chiminello , Santini, e da me.
Dopo di ciò ho calcolato pure le osservazioni medesime per
altri paesi . Ho scelto fra le altre quelle cui avevo più di fi-
ducia e per l'esatta determinazione del tempo, e per la bon-
tà delle osservazioni . Ho cominciato dalle Plejadi che furono
osservate nella notte dei 7 Febbrajo i8o5 dal sopracitato Sig.
Chiminello e da me ; e sebbene intorno alla precisione di
queste vi possa esser qualche piccolo dubbio, giacché la po-
sizione della Luna era in quella circostanza molto incomoda
per noi, e d'altro canto, essendo di già passata la prima
quadratura, mandava una luce assai forte e copiosa, cosa che
3co Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
noceva non poco all'osservazione di Stelle molto minute quali
esse sono ; tuttavia non riscontrando nel calcolo degli errori
grandi a segno di renderle trascurabili affatto ed incerte, ho
creduto bene di tenerne conto e di trascriverle coli' ordine
stesso con cui sono state osservate . Il numero delle occulta-
zioni da me calcolate non è in vero gran fatto considerabile,
ma spero che si accrescerà in avvenire, ed avrò così l'occa-
sione di potermi prestare a cpieste ricerche con una maggior
suppellettile di osservazioni e di confronti, e di assicurarmi
in tal guisa assai meglio della posizione in longitudine della
nostra Specola e dell'esattezza delle Tavole Lunari pubblica-
te sino al giorno presente; e ciò con maggiore sicureaza in
quanto che la suddetta Specola trovasi ora arricchita d'un
eccellente stromento dei passaggi, opera del eh. Sig. Reichen-
back, con cui possiamo determinare con precisione i tempi
dei celesti Fenomeni . Quanto al metodo di cui mi sono ser-
vito nel calcolo delle occultazioni seguenti egli è puramente
analitico . Le forinole per ottenere la parallasse lunare in lon-
gitudine e latitudine sono quelle pubblicate dal Professore
Santini nella sua Memoria stampata nel 1807 presso il Semi-
nario . I luoghi di Luna sono stati da me calcolati sulle Ta-
vole del Sig. Biirg pubblicate nel 1806 dal Bureau delle Lon-
gitudini di Francia , e su quelle del Sig. Burckhardt recen-
temente uscite alla luce, cioè nel 1812. Per ciò che riguar-
da alla posizione media delle Stelle, io l'ho presa dal gran-
de Catalogo del Professor Piazzi facendovi le correzioni indi-
cate dall'Autore medesimo nel Libro VI del Reale Osserva-
torio di Palermo. Ciò premesso, chiamisi
3- l' Ascensione retta del mezzo del cielo .
a l'obliquità apparente dell'Eclittica.
(p la latitudine dell'Osservatorio diminuita dell'angolo del-
la verticale .
tj la parallasse orizzontale dell' Osservatore ,.
g la longitudine del Nonagesimo .
h la sua distanza al Zenit .
Del Sic Ab. Francesco Bertirossi-Busata . 3oi
P la parallasse della Luna in longitudine .
P' quella di latitudine .
A il Semidiametro orizzontale della Luna .
a la longitudine vera della Luna .
fi la latitudine vera .
a la longitudine apparente della Stella occultata .
b la sua latitudine .
a! e fi' la longitudine e latitudine apparenti della Luna .
A' il semidiametro d'altezza al momento dell'immersione.
A" Io stesso semidiametro nell'istante dell'emersione.
a" e fi" l'apparente longitudine e latitudine lunare per quel
medesimo istante ; e siano finalmente
s , ed s' le distanze corrispondenti dei centri per i due mo-
menti suddetti .
Per le note fondamentali Dottrine dell'Astronomia avremo;
_ sen. o . seri, ii ■+■ cos.o .eos. é . seri, ò
I.° tang. g = '— -— Z
cos. rp . cos. e
II.0 sen. ^ = sen.<^ .cos.» — sen.o . cos. <p .sen. 3-
TrT o cos. ai . cos. 3
III. COS. g = - .
cos. h
E per le forinole del Sig. Santini
(sen. a . cos. h \a
cos. 6 )
p sen.a .cos.h .s"n.(a- g) / sen. v . cos. h Ya sen.2(« — g )
-I- ec
cos. 6 . se.i. ì \ cos.o / sen. a
forinola di sufficiente esattezza trascurando eziandio le terze
potenze .
Facciasi ora
st=isen^zr\sétì\ h .sen. fi -+- cos. h .cos. fi . cos. (« — g)], avremo
p, sen. sr . seri. h( i -+-J,) sd . sen. 6
cos. 6 . sen. i" cos. 6 . sen. i"
e il semidiametro aumentato, ossia A' = A(i-+-^)
sarà poi a' = a -+- P
fi' — fi ■— P'
ed s = l/ ( a — a )a . cos. 5'2 -+- ( fi' — b f
e per l' emersione similmente dopo di aver operato come sopra
«" = a + P
3ca Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
fi" = fi — F
s' = /( a" — a f . cos.a fi" +{fi"—bf.
Se le Tavole sono esatte dovrà essere s = A' , ed s' = A".
In caso diverso sia A' = ^ + ^, e A" = s'-t-ds{, e sia la lon-
gitudine vera della Luna =za-i-da, e la latitudine = fi-^-dfi .
Differenziando le due superiori equazioni , e trascurando il
termine che nascerebbe dalla differenziazione di cos.a fi' il qual
diventa presso che zero, avremo
s .ds = — (a — a'). cos* fi' .da-h(fi' — b)dfi
s' .ds' = (a" — a) .cos.* fi" .da-+-( fi" — b)dfi
dalle quali si otterranno i valori di da, e di dfi d'applicarsi
convenevolmente alla longitudine e latitudine lunare . Per tro-
vare le distanze apparenti dei centri , piuttosto che risolvere
le due equazioni s = \/(a — a' )* . cos * fi' -+- ( fi' — b )* , ec, ec,
le quali non sono molto comode pel calcolo logaritmico, ho
amato meglio di cercare prima uno degli angoli del triango-
letto rettangolo formato dai lati s, (a — a'), e (fi' — b). Chia-
mando u quest'angolo, si ha per la Trigonometria
(a — a') . cos. 6" j . • (6' — b)
tanu.7i= ed m seguito s=
» (g' — b) cos. ri
Seguono i Calcoli .
Tavole di Burckhardt.
Calcolo dell'Occultazione di Elettra osservata in Padova
nella notte dei 7 Febbrajo i8o5.
Immersione = 5*. 3i'. a", a tempo medio.
a . 4° • aa 1 l tempo sidereo ,
3- =4o°. 5'. 33"
a = 56 . ai . 59 , 8
fi = 4 • 3° • a5 , 6 Bor,
a = 56 . 41 • So , a
b = 4 • IO ■ '5 ' 5 B°
r.
Del Sic. Ab. Francesco Bektirossi-Busata . 3o3
g = 5a . ai . 3o
h = a8 . 3
Log. sen. & = 8 . a354i
A = 16'. 8", a
P = 3 . 4a , 4
P' = a4 . a , 9
A' = 1 6 . a4 , 9
a' = 56°. a5'. 4*\ a
0' = 4 . 6 . aa , 7
(a — a') =968", o
(V— £) = — a3a", 8
.s = 993", o
ds= — 8, 1
Dalla prima equazione s.ds — — (a — a' ) . cos .a /2 . da -+-
(/?' — 6)^/3 facendovi J/J = o , ottiensi tì?a = 8",45 e quindi
a corretta = 56° . aa' , 8" , a . Distanza dalla congiunzione in
gradi =o°. ig/.^'jO. Moto orario in longitudine = 35'.a5";
e quindi distanza dalla congiunzione in tempo =oA. 33'. ai", 5,
e perciò l'istante della congiunzione per Padova =6A.4'.33", 7
tempo medio .
Calcolo dell' Occultazione di Merope osservata in Padova
nella notte dei 7 F ebbra] 0 i8o5.
Immersione = 6*. ai'. 44"» 7
tempo medio .
3 . 3i . i3 , 0
3 =5a°.48'. i5"
a = 56 . 5i . 55 , 7
tempo sidereo .
/? = 4 • a9 • o,5
a = 56 . 5g . 5,o
£ = 3 . 56 . 14,6
Bor.
Bor.
g =61 .54
A =a5 . 18
Log. sen. vs = 8 . a354i
A= 16'. 9", 9
3c>4 Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
p = 4 . 47 , o
P' = a i . 2,6 , a
A'= 16 .a5,5
a' = 56°. 47'. 8", 7
? = 4 . 7 . 34 , 3
(a — a') = 716", 3
(£'_£) = 679, 7
s = 986 , a
ds = — o , 7
Dalla prima equazione s . ds = — (a — a' ) . cos .* &' . da -+-
(0' — b ) f//3 , facendo dfl = o, abbiamo t/a= i",o , sarà quindi
la longitudine della £ corretta = 56° . 5i' . 56", 7 . Distanza
dalla congiunzione in gradi=o°.7'.8",3. In tempo =o\ia'.4",8;
perciò l'istante della congiunzione = 6h . 33' . 49 " ■> 5 tempo
medio .
Calcolo della stessa Occultazione osservata in Marsiglia
da M. Thulis .
Immersione = 5*. 43' . Sa", 45 tempo medio .
a . 53 . 18 , 8 tempo sidereo .
& =43°. 19'. 4a"
a — 56 . 44 . 56 , 3
/? = 4 • a9 • 20 5 °
a = 56 . 59 . 5 , o
è = 3 .56 . 14, 6
g = 54 • 1 . 3o
h = a5 . 1 8 . o
Log. sen. sr = 8 . a3554
A =16'. 9", 9
P = a . a5 , 3
P' =ai .a5 , 3
A'= 16 . a5 , 3
a' =56°.47'.3i", 6
(3' = 4 . 7 . 54 , 7
( a — a )
Del Sic. Ab. Francesco Bertirossi-Busata . 3o5
( a — a' ) = 693", 4
( /?' - b ) - 700 , 1
s = 984 , 1
ds — 1 , a
Dalla prima equazione , fatto al solito d@ = o , si ottie-
ne da = — 1" , 7 s e quindi sarà la longitudine della Luna
corretta = 56° . 44 • &4" • 6 • Distanza dalla congiunzione
= o° . 14' • io" , 4 • Moto orario = 35' . a5" . Distanza in tem-
po = oh . sl^.' . o" , 7 . Istante della congiunzione per Marsi-
glia = 6h. 7' . 53", 1 tempo medio
Congiunzione per Padova . = 6 . 33 . 49 ■> 5
Differenza de' Meridiani . . si a5' . 56", 4
Calcolo dell' Occultazione di Maja osservata in Padova
nella notte dei 7 Febbrai o i8o5.
Immersione = 6*. 28'. 59", 7 tempo medio.
3 . 38 . 29 , a tempo sidereo .
9 =54°. 37'. 18", o
a = 56 . 56 . 12 , 5
0 = 4 . 28 . 48 , 2 Bor.
a = 56 . 57 . 48 , 4
b = 4 • 22 • J5 , o Bor.
g = 63 . i5 . 3o
h = 24 • 59 . o
Log. sen. zr = 8 . 23554
A =16'. io", o
P =-6 .0,1
P' 'ss ai . 6 , 3
A' == 16 . 24 , 5
a' =56°. 5o'. 12", 4
P = 4 • 7 -41 >9
(«. — «') = 455", o
(/?'-£) =-873, 1
s = 984 j o
ds = o,5
To/72. XF/7. 39
3c6
Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
Non ho tenuto conto che dell'immersione, giacché l'e-
mersione non è registrata come precisa, e perciò facendo co-
me sopra dfì = o nella prima equazione differenziale , si ha
da=z — i",i, e quindi la longitudine della C corretta neh'
istante dell'immersione =56° . 56' . 1 1", 4- Distanza dalla con-
giunzione = il. 37". Moto orario = 35' . 26", 8, e perciò l'istan-
te della congiunzione per Padova = 6*. 3 1 '. 43", 9 tempo medio .
Calcolo della stessa Occultazione osservata a Viviers
da M. Flaugergues .
Imraers. = 6''. 19'. 48", 9 t.
m. Emers.= 6*. 53'. 14", 7 t. m.
a=56°.5o'.47",4
. . . =57°. 10'. 32", 0
$ =s 4 • 29 • 3,6
. . . 5= 4 • a0* • 6,9
a =56 . 57 .4B ,4
b = 4 -2,21 • *.S 5°
g=55-49 • • ■
. =562 .10
h = 26 . 1
. . . =24.18
log.sen.sr= 8.a3554
. . . = 8 .23554
P= o'.58", 6 .
. . . =-4'.46", 1
P'=22 ,l5, 8 .
. =20 .28 , 8
A' = 16 .24, 6 .
. . A" = 16 .25, 6
a' =56°. Si'. 46", 0 .
. . a" = 57°. 5'. 45", 9
0'= 4. 6.47,8 .
. . /?" = 4. 7 .38,7
(a — a') = 6. 2". 4 .
{a" — a)= 7'. 57", 5
(0' — £) = -i5.27 , a .
. (£".— £) = -i4.36, 3
j = 995", 2 . .
• • • *'=997">3
ds = — 10,6 . .
. . . ds' = — 1 1 , 7
Le due equazioni differenziali per ottenere il da ed il
dfì sono le seguenti :
12", 987 = o", 389 da -h dff
— 1 5 , 023 = o , 543 da — d(}
E quindi da = — 2", 1 , e d@s& 12", 2 ( troppo forte ) . Lon-
gitudine corretta nell' immersione = 56° . 5o' . 45" , 3 , e nel-
F emersione = 570 . io' . 29" , 9 . Distanza dalla congiunzione
Del Sic Ab. Fhancesco Berti rossi-Busata. . 307
per l'immersione = o°.7'.3", i; e per l'emersione = — o°. ia'.
4i",5; le quali ridotte in tempo col mezzo del moto orafio,
si ha il'. 56", a d'aggiungersi all'immersione, e ai'.ag",o
da togliersi dall'emersione per ottenere l'istante della con-
giunzione . Ciò fatto si trova :
Congiunzione col mezzo dell'immersione =64. a'. 5a", i
col mezzo dell'emersione =6 . a .59 , 7
"Medio =6 . a .59 , 8
Congiunzione di Padova =6. 3 1.43, 9
Differenza dei Meridiani = a8 .44 •> 5
Calcolo dell' Occultazione d' Alcione osservata in Padova
nella notte dei 7 Febbrajo i8o5.
Immersione = 6h. 55'. 3o", o tempo medio.
4 . 5 . 3,8 tempo sidereo .
3- =6i°. 16'. o"
a = 57 . 1 1 . 5a
0 = 4 . a8 . 3,i Bor.
a = 57 . 16 . 38 , 6
b = 4 . 1 . 56 , 4 Bor.
g = 68 . i5 . 3o
h =s a3 . 53 . 3o
Log. sen. or = 8 . a3554
A = 16'. io", o
P =- io . 33 , 9
P' = 20 . 7 , 6
A' = 16 . a5 , 5
a' = 57°. i», 18", 1
0' = 4 . 7 , 55 , 5
(# — a) = 920", 3
(P-b) =359,i
,$ = 985 , 9
ds = — 0,4
L'emersione registrata a 8;'.9'.o", 7 tempo medio non
3o8 Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
pare troppo giusta, giacché darebbe un errore non ammissi-
bile in latitudine , quindi ho creduto bene di trascurarla , e
di tener conto solamente dell'immersione da cui si ricava
<7a = o",4- Perciò la longitudine della C corretta pel mo-
mento dell' immersione = 07° .11'. 5a", 4- Distanza dalla con-
giunzione in gradi = o° . 4' • 4^ "■> a 5 m tempo = o*. 8' . 4", 4-
Istante della congiunzione = 7* . 3' . 34" , 4 tempo medio .
Calcolo della stessa occultazione osservata a Marsiglia
da M. Thulis.
Immersione = 6'1.
17'. 40", 7
tem
pò medio .
3
27 . 12, , 6
tem
pò sidereo
3- = 5ie
48'. 9"
a = 57 .
4 . 54 , 1
$ = 4-
38 . 2,3 , 1
Bor
a ■=. 57 .
16 .38,6
b = 4.
1 .56 ,4
e =6° •
3i
h = a3 .
29
Log. sen. sx = 8 .
23565
A = 16'
io", 0
P =-3
. 18, 6
P' = 19
39 , 2
A' = 16
. 25 , 5
a' = 57°
. i',35", 5
P = 4
. 8,43,9
(a — a') = 9o3", 1
(8'-b) =4o7,5
s = 988 , 3
ds = — 2,8
Nell'equazione s . ds = — ( a— a' ) cos .a 8 ' . da -t- ( 0' — è ) d8
sostituendo i valori qui sopra trovati, e facendo d3 = o, ab-
biamo da =s 3" , 1 , e quindi la longitudine della C corretta
= 570 . 4' • 5'7", 2, e la distanza dalla congiunzione in gradi
Del Sic. Ab. Francesco Bertirossi-Busata . 3oo
= o° . n'. 4I">4« Moto orario in longitudine =35'. 26", 8.
Distanza dalla congiunzione in tempo = o* . 19'. 47", 2, perciò
il momento della congiunzione per Marsiglia =6h. %f . 27", q
Congiunzione di Padova =7 . 3.34,4
Differenza dei Meridiani = 26 . 6 , 5
Calcolo dell' Occultazione medesima osservata a Viviers
da M. Flaugergues.
Imniers. = 6S. i3'. 17", 8 t. m. Emer
3 .22 .49 ,4 t.sid.
S- = So°.4a'.ai",o . .
a = 57 . 3 ,55 , 7
/? = 4 -28 . 25 ,9 Bor.
a = 57 . 16 .38 ,6
b = 4 . i.56,4
g = 60 . 2
A = 24 . 5o
log.sen.sr = 8.23554
A = 16' . io", o
P =-2 .49 , 7
P' =20 .58 , 5
A' = 16 .25 , 5
a' =57°. 1', 6",o
0' =3 4. 7,27,4
(a — a') =932", 6
(/?' — £) =33i ,0 . .
5 =988 ,7 . .
s. = 7;'.25'. 5", 4 t. m.
= 4 -36 -49 5 ! t. s.
= 69°. 12'. i5",o
= 57 .47, 3i ,4
—• 4 .26 ,20 ,4 Bor.
= 74. 6
= 21 .58 .3o
= 8 .23565
= 16' . io", 1
= -i5 .41
. =18 .20 , 8
A" = 16 .25 , 6
a" =57°.3i',5o",3
/3" = 4. 7,59,6
(a". -a) =9n",7
{0" — b) =363,2
• ■ s = 979 » 3
ds = 6,3
6?.? = — 3,2 . .
Dalle due equazioni differenziali seguenti
— 9", 558 = — 2", 8o3 da + d@
16, 99= 2 , 497 da ■•+- d(3
abbiamo da = 5", o e i^ = 4 "•> 5 , e correggendo per l' istan-
te dell'immersione la longitudine e la latitudine della £, sa-
rà a-*-da = 5?° . 4! • °" » 7 . » e 1? + ^ = 4° • ao>' . 3o" , 4 3 e si-
3 io Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
milmente per l'emersione a -+- da = 57° . 47' • 36", 4, e 0-+- d(3 =
4° • a6' . a4'5 9 • Distanza dalla congiunzione in gradi ottenuta
dall'immersione =o°. ia' . 37", 9 . Distanza dalla passata con-
giunzione per mezzo dell'emersione = o° . 3o' . 57", 8 . Moto
orario in longitudine = 35'.a6",8; e quindi distanza dalla
congiunzione in tempo coli' immersione = oh . ai' . aa" , 9 , e
coli' emersione = — oh . 5a' . a4" , 6 . Congiunzione ricavata
dall'immersione = Gh. 34' . 4° "» 7
e dall'emersione = 6 . 34 • 4° » °*
Congiunzione di Padova come sopra = 7 . 3 . 34 , 4
Differenza de' Meridiani . = a8'. 53", 7
Calcolo dell' Occultazione di Atlante osservata in Padova
nella notte dei 7 Febbrajo i8o5.
Immersione = 8A.
i'.36",
6
tempo
medio .
5 .
1 : .ai ,
3
tempo
sidereo
» =77°
So'. 19"
a = 57
5o . 55 ,
7
P = 4
a6 . io ,
6
Bor,
« = 57
. 38 . a4 ,
a
é = 3
53 .53,
3
Bor.
* =80
47
h = aa
. 8
Log. sen. ct = 8
. a3566
A = 16'
io", 1
P=-ai .
43, 7
P' = 18
38, 8
A'= 16 . »4, 6
a! — 57°. a9'. ia", o
0'= 4. 7 . 3i ,8
(a — a') = SSa", a
(0' — è) = 818", 5
« =986", 7
</i = — a , 1
Del Sic Francesco Bertirossi-Busata . 3i i
Facendo secondo il solito d(ì = o nella prima equazione
ottiensi da = 3"98 col qual valore correggendo la longitudi-
ne Lunare pel momento dell' immersione avremo a -t- da =
570. 5o'.5c«'', 5, che confrontata con la longitudine della Stella
dà o°. 12,'. 35", 3 per differenza in gradi, la qual in tempo
si trova = — oA. ai'. 18", 5 ; e perciò l'istante della congiun-
zione = ih . 4°' • J8" , 1 tempo medio .
Calcolo dell'Occultazione di X dell' Acquario osservata
in Padova li 22 Luglio 1807.
Immers.= 1 1\ 18'. 54", 4 *• ra- Eraers. = ia\8\ 3", 5 t.m.
19 . 17 , 5a , 7 t. sid.
= ao . 7 . 9 , a .t. s ■
a = 336°. aa'. 43", o ( Tav. di Bicrg) = 336°. 47' .17", 9
/3 = 5 . 6. 1 ,0
Bor.
.
. = 5 . 6.6,1
a =336 .44 -44 '°
b — 4 . 7 . a4 , 5
g =3o5 . 4a .
. =3a4. 18
h = 66 . 18 . .
. = òa .49
v = 54'. 11", 5
. = 54'. 11", 4
A= 14.48, 9
. =14.48, 7
P' = 48 . 6 , 8
. = 46 .16, 1
P = 1 1 . 12 , 3
. = 5 . 24 , 2
A'= i4.54, 9 ■
A"= i4.55, 9
a' =336°. 33', 55", 3
a" = 336°.5a'.42", 1
/?'= 4. 17. 54, a
0"= 4.19.50,0
(a — a') = io .48 ,7
(«"
— a) = 7 .58 , 1
{P' — b) = io .29 ,7
(/?"
— b) = 12 .a5 , 5
.$ = 9oa", 8
.
s' = 884", 9
ds= — 7,9 .
.
ds' = 11,0
Equazione prima —
11",
33 =
: — i",C24 da-\-d(ì
Equazione seconda
i3",
06 =
-. o\6ò8da-t-dp
dalle quali si ha da = 14", 7 , e dff = 3", 7 . Correggendo i
luoghi di Luna, e prendendo il moto orario =3o'.o",45 si
trova la distanza dalla congiunzione in tempo per mezzo del-
l'immersione = oh . 43'. 3a", o; e per mezzo dell'emersione
3 1:2, Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
= — oA.5'.37", i; e quindi l'istante della congiunzione ottenuto
dall' immersione = ia*. a'. a6", A ) ..
j ,., . c , > tempo medio .
dal! emersione = ia . a . ab , 4 )
Calcolo della stessa Occultazione osservata a Lilienthal
dal Sig. Bessel .
Immers.= ri''. ia'.a8", 8 t.m. Emers. == la*. 12'. 34", 7t.n1.
19 . 1 1 .a8
, at.
s.
. =t" ao .11 . 43 , 9t. s.
a =336°.a5'.a8",
0
.
. =336°. 55'. 3i", 6
0 = 5.6.1.
5
. . = 5.6.7,7
a =336 .44.44
0
b = 4 . 7 . a4 .
5
g =3i 1 .36
. = 335°.58'.3o"
k 5= 73 .5i
. = 68 .59
ct = 54 • io , 5
. = 54 .10, 4
A= 14.48, 9
. = 14.48, 7
P = 6.aa, 4
. . = 0 .19, 5
P'= 5o .53, 1
. = 48 . 5g , 1
A'= 4.53, 6
A"= 14 .54, 8
a' =336°. 3i\ So"
,4 ■
.
a" =336°. 55'. 5 1", 1
/?' = 4.1S. 8
4
0" = 4.17. 8,6
(a-
• a')= ia.53
,6
(a"
— a) = 11.7,1
(/»'-
-b) = 7.43
>9
• (£"
— b)— 9-44'1
s= i5 . 0
,5
■ *'= i4 -44 ^ 3
<£? = — .6
>7
■
ds' = 9,5
Equazione prima — 1 3" , o = — 1" , 658 da -+- d(ì
seconda 14" , 4 = l" ■> 1 36 da -+- dj)
dalle quali da = g",Q e r//3 = 3",a. Distanza dalla congiun-
zione in tempo per mezzo dell'immersione =o&.38', n", 9
e per mezzo dell'emersione = — o'" . 21' . 54", 5 . Congiunzio-
ne ottenuta dall'immersione = 1 1 . 5o . 4° , 7
dall'emersione = 1 1 . 5o . 40 , a
Medio = 11 . 5o . 40 , 4'5
Congiunzione di Padova . . =12. a.a6,4o
Differenza de' Meridiani . . = 1 1 . 46
Cal-
Del Sic. Ab. Francesco Bertirossi-Busata .
3i3
Calcolo della medesima osservata a Dresda
dalli Signori Lindenau e Seiffert .
Immers.= u*. 34'.46"»a t.i
ri. Emers.
=
12*
.3i'. 3',at.m
19 . 33 . 46 ,0 t.
3.
.
=
20
. 3o . 12 ,3 t.s.
S- = 293°. 26'. 3o"
.
.
=
3o7°
.33'. 4", 5
a =336 . 26 .55 ,6
.
.
=
336
. 55 . 4 ?a
0 = 5.6.i,8 .
•
.
=
5
• 6. 7,4
a =336 .44 -44 s°
b = 4 . 7 . 24 , 5
A = i448,9 •
.
=
i4'.48",7
ET = 54 . I 0 , 8
.
=
54 . io ,4
P = 5 . 38 , 9 .
.
=
—
O . 4^ ,2
P' = 49. 38, a
.
=
47.34,1
A' = i4.54,5
A'
:=
14 .55 ,5
a' =336 . 3a . 34 , 5 .
a"
=
336
. 54 • 22, ,0
0' = 4.i6.23,6 .
é"
=
4
.i8.33 ,3
(a — a') = 12.9,5
(«""-
-a)
=
9 . 38 ,0
(/?'— &)= 8.59,1
[0"~
-b)
=
11 . 8,8
s = i5 . 5 ,4
.
s'
=
14.42,8
ds = — 1 0 , 9
•
ds'
=
12 ,7
e perciò da = i5",9, e é?/j
= 3",
1 .
Istante della Congiunzione
= 12*
•9'.
5i'
,2 1
tempo medio
Congiunzione di Padova
= 12
. 2 .
26
A
Differenza de' Meridiani =
Latitudine vera di (£
7 • M » »
= 5° . 6' . 8" , 5 Boreale .
Calcolo dell' Occultazione di fi 1 </eZ Sagittario osservata
in Padova li 6 Luglio 1808.
Immers.= icA 49'. i4",8 t.m
17 .43 . 3 ,0 t. s.
3- =267°. o'.45 ,0 .
a =270°.i4'.3o",3 .
Tom. XVII.
Emers. = 12*. 5'. 37", 5 t.m.
. . = 19 . 4 -38 ,0 t. s.
. . =286°. 9'.3o",o
. =270 .59 .42 , a
4o
3i4 Calcolo d occultazioni di alcune Stelle ec.
/? = 3 . 18 . 2 ,4 Bor. . . = 3 .ai . 5 ,a
a =370 . 3a .5i ,8
b = a . aa . 6 , 1
g =a64 . 14
h — 68 .37
v = 59'. a", 6
A s= 16 . 8 , 5
P = a . 16 , a
P' = 54 . 3 , 1
A' = 16 . i5, 4
a =a7o°.i6'.46",5
/?' =: a .a3 . 59 , 3
(a — a') =ió.5,3 .
(0'-£) = 1 .53, a .
.? = 16 . 11 , 5
ds = 4 •> 3
L' equazioni che ne risultano sono le seguenti :
35", 89=— 8", zi da-t-dp
— 4a 5 4° = 2 , 79 Ja -t- J0
dalle quali si ottiene da = — 7",o, e dfl = — ai", 7: va-
lore troppo forte, e quindi non ammissibile. Si noti che la
Stella passò vicina al centro della Luna . Longitudine vera
di C nell' immersione = a70° . i4' . a3" , 3 . Nell'emersione
= a70°. 5g'. 35", a . Moto orario in longitudine =35'.3o", a;
in latitudine = a'.a5",o . Istante della congiunzione dato dal-
l'immersione . . = 1 ih. ao'. a8'V, 1
dall'emersione . = 1 1 . 20 . 27 , 8
Medio . . = 1 1 . 20 . 37 , g5 tempo medio .
.
= 3oo
• 7
.
= 67
. 0
.
= 59'
. 1", 6
.
= 16
. 8 , a
.
= - 1 1
.18, 4
= 53
. a5 , 5
.
= 16
■ i4o 8
. a"
=270°
48'.a3",8
. . £"
= 2
a7 .39,7
. (a"— a)
=
i5 . 3a ,0
• (£"-*)
=
5 .33 ,6
f
s
=c
1 6 . 29 , 1
. . ds'
= —
i4,3
Calcolo della stessa Occultazione osservata a Seeberg
dalli Signori Lindenau e Pabst .
Immers.es ich.^'.a.i"ì'ó t.m. Emers. =
17 .42 . 9 , 1 t. s. . . . =
3- =265°.3a\i6",5 . . .
n*.58'.34",3 t.med.
18 .57.34,1 t. sid.
=284°.a3'.3i",5
Del Sic. Ab. Francesco Bertirossi-Busata . 3 1 5
. =270. 58. 14? 5
. = 3.20.59,2.
=3oi .47
= 72.38
== 59'. o", 5
= 16. 8, 2
= - 9- 4, »
= 55.37, 6
A" = c6.i3, 3
^=2700.49'. 9", 7
P" = 2 .25 . 21 ,6
(a" — a) = .16.17,9
(/?"—£)== 3.i5,5
. . j = 99ry, 3
. ds = — 23", O ( troppo forte )
Le due equazioni 563°, 8 = — 93", 89 da — dft
— 1 1 4 , o = 4 5 98 da ■+■ dp
dando dei valori insussistenti per dp , passando la Stella qua-
si pel centro della Luna; ho trascurato la seconda e fatto
dp — o nella prima, con che ottenni da.=. — ó",o. Corretto
quindi l'errore in longitudine, ed istituito il calcolo necessario,
si ha l'istante della congiunzione . = r 1 . i5 . 5o ,0 t. med.
Congiunzione di Padova come sopra = r r . 20 . 27 , 9
Differenza de' Meridiani = 4 -37,9-
Calcolo della medesima Occultazione osservata in Bologna
dal Sig. Caturegli.
a =270. i3 .43 ,8
P = 3. 17.59,2
a =270 . 32. 5 1 ,8
b = 2.22. 6 , t
g =25q.4o • •
h = 74. 4 • •
0 = 59'. 1", 3 .
A = 16. 8, 5 .
P = 2.59, 3 .
P' = 56 . 3 , 4 .
A' = 1 6 . 1 3 , 9 .
a' =270°. 16. 43", 1
fi = 2.21 .55 ,8
(a-
-a')= 16. 8,7
(/?'■
— b)= — io,3
s = 967", 9 .
ds = 6,0.
Imraers. =10'*. 46'. 12", 9 t.m. Emers.
17 .45 . o , 6 t. s. . .
S=2660.i5'. 9" ....
a =270 . i3 .58
= 12*
p= 3 . 18
o ,2
2r.4o",o t. m.
= 19 . 1 .40 ,3 t. s.
= 285°. 25'. 4", 5
= 270 . 59 . 12 ,9
= 3.21. 3,2
3i6 C.
\LCOLO D'OCCULTAZIONI DI ALCUNE STELLE eC.
a =270
.3a .5i ,8
b =
2
. aa . 6,1
A =
16 . 8,5 .
. . . = 16 . 8 , a
CT =
59 . a , 6
. . . = 5g . 1 , 7
P =
a . 5a , 1
. . . = — io .57 , 3
P' =
53 .38,7
. . . = 53 . 4 , 8
A' =
1 6 . 1 5 , 6
. . A"= 16 .i5, 0
a' =270°
. i6'.5o",5
. . . a" = 370°. 48'. 1 5", 6
0' =
a
.a4 .ai ,5
. . . 0" -ss a.a7.58,4
(a — a') =
16 . i.3
(a" — a)— i5 .a3 ,8
(£'-*) =
a . i5 ,4
{0" — b)= 5.5a,3
s =
16 . 8,9
. . . s' = 16 .37 ,9
ds =
6, 7
. ds' ss — 1 a , 9
Questi valori danno le due equazioni seguenti :
6", 765 = — da ■+- o", 141 1 d&
— 1 3 , 8a = da -+- o , 382 1 d@
dalle quali ricavasi da = — 8", 7, e d(l = — i3",5. Longi-
tudine corretta nelP immersione 270°. i3'. 49 "s 7 ■> e nell'emer-
sione = 270° . 59' . 4" 5 a ■ Istante della congiunzione dato
dall' immersione ss 1 1 h . 1 8' . a3 " , o
dall'emersione = 11 . 18 . aa , 7
Medio == 1 1
Congiunzione di Padova = 1 r
18 . aa , 85 tempo medio
ao . 27 , 9
Differenza de' Meridiani ss
Calcolo della stessa Occultazione osservata in Parigi
Immersione = 9*
16
S =a53°
.56. i3", 2
. 54 . 58 , 5
. 44'. 38"
tempo medio .
tempo sidereo
a =270 .
0= 3.
a =370 .
5 . 4a , 8
1 7 . 26 , 5
3a. 5i ,8
l = a .
22 . 6,1
A==
16. 8,5
Del Sic Ab. Fhancesco Bertirossi-Busata .
59 . 1,8
n . 1,0
54 . 48 , 6
l6 . l4 , O
16.43 ,8
aa . 37 , 9
■s =
P =
P' =
A' =
oc' =270
= 16.
6,4
Sostituiti i valori or ora trovati nella prima equazione ,
abbiamo 6,4T = — da -+- o" , o3a9i d@ nella quale trascura-
to il d@ si ha da = — 6", 41 • La longitudine della Luna cor-
retta pel momento dell'immersione sarà = 270° . 5' , 36" , 4 •
Distanza dalla congiunzione = o° . 37' . i5",4-
Moto orario in longitudine = 35' . 3o" , a .
Istante della congiunzione = io6. 4^'. 17'', a tempo medio,
Congiunzione di Padova . = 1 1 . ao . 37 , 9
Differenza de' Meridiani . = 38 . io , 7 .
Calcolo dell' Occultazione dì 9 dei Pesci osservata in, Padova
li io Agosto 1808.
Immers. = ia\ a'. 34",7 t. ra. Emers. = i3*. 18'. 34", 4 t.m
ai . 19 , 34 , a t. sid
a =ii°. o'.4a", o
0 = » .55.45 ,1
a =11 . 28 -4a , a
b = a . 55 .45 , 1
Iog.sen.jT = 8 .aooi3
A = i4'.54", o
P = 12 .53 , 6
P'=44.i6, 4
A' = 1 5 . a , o
a'=n°.i3',35",6
fi' = a . 1 1 . a8 , 7
( a — a' ) ■= 1 5 . 1 6 , 6
= aa . 35 .46 , 3 t. s.
= ii°. 38'. 48", 8
= a . 53 . 0,7
. = 8 . aooia
. =i4'.53", 8
. = 4 -3<>» o
. =3 39 . 34 5 6
A"= i5 . 3 9 8
a" = n°.43'.a4",8
fi" = a . 1 3 . a6 , 1
(a" — a) = 14 .4^'^
3i8 Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
(/?'-£) = 57,5 . (/?"-£)= a. 54, 9
S ss 907", 8 ... j' = 889", I
^ = — 5,8 . . . ds' = 4 » 7
Dai superiori risultamenti abbiamo le due seguenti equa-
zioni
5,8i6= — da
o", 06 3 5 d$
4 , 795 = da -+- o , 1985 J0
e perciò J/? = — 3" , 9 . da =5.5", 6 . E fatte* le necessarie cor-
rezioni alle due longitudini si ricava l'istante della congiun-
zione dato dall'immersione = ia*. 58'. i3", 8
dall'emersione = ra . 58 . i3 , 7
Medio
= ia . 58 . i3 , 75 tempo medio
Calcolo della medesima Occultazione osservata in Milano
dal eh. Sig. Oriani .
Immers.ss 1 1*.49'. 35", 6 t.m. Emers.= i3;'. 4'. 45", 1 t.m.
. se aa . ai . 54 , 8 t. s.
. . =335°.a8.4a"
. . = 11 . 37 . 16 ,8
ai . 6 . 33 ,0 t. 8
S- =3i6°.38.i5 . .
a = io . 59 . 35 ,4 •
/? = a . 55 .5o ,0 .
« = 11 . a8 -4a ,a
è = a . 55 . 45 , r
Jog.seu.w== 8.aooi3 .
A = 14 .54 ,0
g = 34a . 35 . 5a .
h = 57 . 34 . 3o .
P ss 14. 1 .a
P'= 44.59,9
A' = i5. 1 ,a
a' = 1 1 . i3 . 36 , 6
/?' = a . 1 o . 5o , 1
(a — a')= i5. 5,6
(/?' — b)— 18
s
ds
>9
= i5. 5.
= — .3,8
= a .53 . 7 ,4
8 . aoo 1 a
i4.53,8
ss 1 . ao
a,o
= 5o
A"
. io . 3o
6.18, 1
4o . a9 , 6
i5. a, 9
a" = 1 1 . 43 . 34 , 9
0" = a .ia.37,8
(a" — a)= i4-5a,7
(V — *)= a. 6,6
. . s' = 1 5 . o , 9
. .<£?'==, a , o
Del Sic Francesco Bertirossi-Busata .
Si ricavano quindi le due seguenti equazioni
— 3", 80 = — da -+- o", 0209 d(ì
3ig
2 , 021 = da •+- o , i4ao dfì
e perciò da = ^',o e d@= lo" ,g . Istante della Congiunzione
ottenuto dall'immersione = i2A. 47'. 3o", 8
dall'emersione = 12 . 47 ■ 3r ,0
Medio . . = 12 . 47 • 3o , 9 tempo med.
Congiunzione di Padova . = 12 . 58 . i3 , 8
Differenza de' Meridiani = io . \i , 9
Calcolo dell' Occultazione dì A della Vergine osservata
in Padova li 27 Gennajo 1810.
Immers. = 16''. àpi. 6",4t.m. Emers. = 17*. 29'. io". 9 1. m.
i3 . 9 . 5 ,2 t.sid
3- =197°. 16'. 18"
a =2 13.43. a , 8
p = 1 .25.53 ,4 Bor.
a =214 . 18 . 3,o
Z> = o .3o .26 ,4 Bor.
g =172 . 19 .20
/i = 47 . i5
log.sen.£r= 8.22584
A = i5'.49", l
P = 26 . 1 1 , 5
P' = 42 . 5 , 4
A' = i5 .57 , 4
a' =214 . 9 » i4 5 ^
0' -..«& o .43 ,48 ,0
(a — a')= 528", 7
(P' — b)= 801,6
.? = 960 , 4
ds = — 3,o
Col mezzo delle due equazioni
— 5",45= — da-+- i",5i6d0
— 12,28= rf«+I, 2,^2, &&
= i3 . 56 . 17 ,0 t. s.
=209°. 4'. i5"
=214 . 9,29 ,1
= r .28, 7 ,8
. . . =i8ii
.55 . 3o
. . . . = 5i
.56
. . . . = 8
. 22592
. . . . = i5'
. . . . = 18
. . . . = 45
. . . A"= i5
•49", 4
. 3g , 5
• 9» *
.58, 1
. a =214
28 , 8,6
. . ./?*'= 0
. (a" — a) =
42,58,7
60 5", 6
. (£"-*) =
. . . s =
. . ds =
752 ,3
965,8
— 7 >7
3ao Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
si ottiene da = — 4" ■> 3 e d@ = — 6" , 4 ; e quindi la longi-
tudine e latitudine corrette nel momento dell' immersione ,
cioè a-*-<fa = ai3°.4a'.58", 5 e /? + (//)= i°.aS'.47", a Bor.
con che abbiamo l' istante della congiunzione dato
dall'immersione = 17*. 44- 33", 7
dall'emersione = 17 . 44 • 34 •> °
Medio dei due =17 • 44- 33 ,85 tempo med.
Calcolo dell' Occultazione medesima osservata in Roma
dal eh. Sig. Oriani nella Specola del Collegio Romano.
Immers.= i6*.54'. 4'\lt-m- Emers.= 17*. 2,6'. 23", a t.tn.
i3 .ai .44 ,5 t. s.
# =200°. 26'. 7", 5 . .
a =ai4 .i8.3,o .
/? = 1 .a6 .aa ,6 Bor.
a =ai4 . 18 . 3,o
b = o . 3o .26 ,4
g =177 .53 . .
h = 45 . 34 . 3o .
log.sen.jr= 8.aa588
A ss i5'49", 1
P = a3.5c; A
F = 40 . 5a , 5
A'= i5.58,6
a' =ai4 . ia .44 » I
0' = o . 45 . 3o , 1
(a — a') = 3i8",9 . (a" — a) =
(£'-$) = 9o3,7 • (/?"-*) =
5 = 958 , 3 . . . s' ss
ds = o,3... ds ss
= i3 . 53 . 3i , 7 t. s.
=ao8°.aa'.55",5
= ai4 • 6 . 33 , 1
= 1 .37 .53 ,0
= i85 .16
= 48 .44
= 8 . aa597
= i5'.49",4
= 18.35,0
= 43 . 2 , 7
= i5.58,9
=ai4 .25 . 8,1
= o .44 -So , 3
4a5", 1
863 ,9
962 ,8
— 3 ,q
Le due equazioni risultanti dai calcoli superiori sono le
seguenti :
o", 902 = — da -+- a", 834 d(ì
8 , 835 = da -+- 2 , o32 d@
dalle
Del Sic Ab. Francesco Bertirossi-Busata . 3ai
dalle quali si ottiene da = — 5", 5 e d@ = — i",6; e quindi
la longitudine, corretta pel momento dell'immersione = ai3°.
48'. 09", a, e per l'istante dell'emersione = ai4°. 6'. 27", 6 .
Distanza dalla congiunzione in gradi = o°. 2,9'. a3" ,8 . Moto
orario in longitudine =33'. 41 ", 6 ; perciò l'istante della con-
giunzione dato dall'immersione =17*. 47- i", 6 ,
dall'emersione = 17 . 47 • 1 , 9
Medio . = 1 7 . 47 • 1 , 75
Congiunzione di Padova » » = 17 . 44 -33 ,85
Differenza de' Meridiani . . = a . 27 , 9 .
Calcolo dell' Occultazione di p dell' Acquario osservata
in Padova li 11 Settembre 18 io.
Immersione = i3/!. 47'- 3o", 5 tempo medio.
1 . 9 . 1 . a tempo sidereo ,
3- = 170. i5\ 18", o
a = 33i . 5i . 35 , 3
0 = a . 55 . 37 , 3 Bor.
a = 33i . a3 . a5 , 6
b = a . a3 . 1 , 3 Bor.
g = 35 . io . 40
A = 34 . 35 . 5o
Log. sen. a = 8 . a444^
A = i6'.3o", a
P= - 44-44,4
F = 33 . 19 , 6
A = 16.37,1
a' = 33 1 . 6 . 5o , 9
/3' = a . aa . 17 , 7
(a — a') = 16.34,7
(/?'-£) = - 43,6
5 = 16 . 34 , 6
ds = a , 5
Col mezzo di questi valori l'equazione prima diventa
Tom. XVII. 41
osa Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
a"> 5 = — o", 9984 da — o", o438 d(t , in cui fatto d(ì = o si
ottiene </«. = — a", 5 , e quindi la longitudine corretta nel
momento dell'immersione = 33i°. 5i' 3a",8 . Moto orario in
longitudine =37'.o",8, e perciò il momento della congiun-
zione = i3A. i'.55",5 tempo medio.
N.B. Ho trascurata l'emersione segnata a 14*. 49'. 58", 4
perchè sembra poco esatta .
Calcolo della medesima Occultazione osservata in Milano
dal Sig. Carlini .
Immersione = i34. 34'. i3", 5 tempo medio,
o . 55 . 44 ) ° tempo sidereo .
3- = i3°.56'
a = 33 1 . 5o . 2,2
P = 2 . 55 . 44 , 3
a = 33i . 23 . 25 , 6
b = 2 . 23 . i,3
g = 32 . 4^
h — 35 . 46
Log. sen. ct = 8 . 2445o
A= i6'.3o", 2
P = — 43 . 8 , 2
P' = 34 . 16 , 6
A'= 16.37,4
a' = 33 1 . 6 . 54 , o
/?' = 2 . 21 . 27 , 7
(a — a' ) = 1 6 . 3 1 , 6
(F — b) = — 1 .33,6
s = 16 . 34 , 6
ds ■=> 2,8
Prendendo ora l'equazione s. ds= — (a — a') .cos* ()'. da -i-
(£' — b)d@ e fattovi J/? = o, si ha Ja = — a",8 , e sarà quin-
di la longitudine della Luna corretta = 33i° . 49' • 59" , 4 •
Distanza dalla congiunzione in gradi = o° .26'. 33", 8 . Moto
Del Sic Ab. Francesco Bertirossi-Busata . 3a3
orario in longitudine = 37' . o", 8; e dalla proporzione:
aaao" , 8 : 36oo" : : i5g3" , 8 : x ; avremo x = — 43' . 3" , ó .
Istante dell'immersione = i3* . 34' . i3", 5 .
Congiunzione per Milano = iaA-. 5i'. 9", 9 tempo medio
Congiunzione per Padova = i3 . 1 . 55", 5
Differenza de' Meridiani = io .45 ,6.
Calcolo dell' Occultazione di A dei Gemini osservata in Padova
4 Marzo 181 1 .
N.B. In questa come nelle seguenti Occultazioni i luo-
ghi di £ sono stati calcolati colle Tavole di M. Burckhardt .
Immersione = 13*. 5'. 5i", 3 tempo medio.
11 . 53 . 16 , o tempo sidereo .
3- = 1780. 19'
a — 106 . %i . o , a
0 = 4 • ^7 • i5 , o Aust.
a = 106 . 8 . 54 , o
b = 5 . 39 . aa , 5 Aust.
g = i56 . 5o
h ss 4° ■ l
Log. sen. sr = 8 . J9815
A= i4'.48", 6
P = — 3a . aa , 6
P' = 37.16,9
A' = 14 . 54 , 7
a' = io5 . 54 . 37 , 6
/?' = — 5 .34 .3i ,9
(a — a')= 856", 4
(£' — £)= — ago", 6
In questa occultazione non tengo conto che dell' immer-
sione essendo l'emersione registrata come incerta. Ricavasi
pertanto dai dati superiori s = 900" , 5 , e ds = — 5" , 8 , e
quindi ne nasce l'equazione 17" 97 = a", 919 da -t-dp in cui
facendo J$ = o si ha da =0" , a , E correggendo la longitu-
3a4 Calcolo d'ogcultazioni di alcune Stelle ec.
dine della C si trova pel momento dell'immersione: Longit.
della C = 3* . i6° . 27' . 6", a . Moto orario in longitudine
= 29'. 49' '5 5: perciò l'istante della congiunzione per Pado-
va = iaA . 29' . 14" , o tempo medio .
Calcolo della stessa Occultazione osservata in Milano »
Immersione = 12*. 54'. 18", 6 tempo medio .
11 .41 . 43 ? o tempo sidereo .
3 = 175°. 25'. 45"
a = 106 . 26 . 36 , 2
/? = 4.57 .24,4 A.
a =s 106 . 8 . 54 , o
b = 5 . 39 . 22 , 5 A.
g = 1 54 • 33 . 3o
h = 38 . 57
Log. sen. ® — 8 . 19817
A = i4'.48", 6
P =— 3i . 5o , o
P' = 36 . 39 , 6
A = 14 . 55 , 1
a' = io5 . 54 • 46 5 2
0' = 5 . 34 . 4 , o
(a — a') = 847", 8
(/3' — b) = — 3i8,5
.? = 901 , 8
ds = — 6,7
E quindi l'equazione s.ds=s — (a— a' ). cos .*/?'<£« -4-(/3'— b)dfi;.
facendo J0=o, diventa (9oi",8)(-6",7)=— 847",8.cos.30'.^os
dalla quale si ottiene da — y", 2, . Istante della congiunzione
per Milano. . . , ^ , =3 12*. 18'. 27". 3 tempo medio
Congiunzione dì Padova = ia . 29 . 14 ■> 0
Differenza de' Meridiani = 10.46,7.
Del Sic Francesco Bertirossi-Busata . 3a5
Calcolo dell' Occultazione di a del Toro osservata in Padova,
li 29 Novembre 181 1.
Immersione = i8A. 42'. 23", 0
tempo medio .
11 . i5 . io , 8
tempo sidereo .
& =i68°. 47'.4a",o
a = 67 . 4' • i4 » 4
0 ss 4 . 5g . 5 , 5
Aust.
a = 67 . 9 . 49 5 3
3 = 5 . a8 . 5a , 8
Aust.
g = 149 . 36
h = 36 . 37
Log. sen. tr = 8 . 2,2895
A= i5'. 53", 9
P = — 46. 3i ,8
P' = 35.i3,7
A'= i5.54,8
a'= 66 . 54 . 4a , 6
0' ss 5.34.I9,a
(a — a') = 906", 7
(£' — $)= 3a6,4
j = 959 , 7
fik ss — 4 , 9
Facendo ora dp = 0 nella solita
equazione s . ds ss —
(a — a' ) . cos.a 0' . Ja -+- ( $ — b ) d(ì si ottiene da = 5", a con
che correggendo la longitudine avremo pel momento dell'im-
mersione. Longitudine di C = 67°. 41'. 19", 6 . Distanza dalla
congiunzione =s3i', 3o", 3. Moto orario in longitudine =34'.
45,45 e perciò l'istante della congiunzione = iih.ty. 58",9
tempo medio .
3a6 Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
Calcolo dell' Occultazione di a del Toro osservata in Padova
li a3 Gennajo i8ia.
Immers.= 7*.48'.5o",a t. ra. Emers.= 8*. Si'. 46", 9 t.m.
• = 4 -Sg. 49» 8 t. 8.
. = 74°.57'.a7",o
3 .56 .4-2 ,8 t. s.
fr== 5g°. io'.4a",8 . .
a = 66 .58. 6 ,6 . .
/? = 5.11.19,1 Aust.
67 .3a . 58 ,9
5 . 1 1 . n'i , 6
a =:
67
• 9-47^5
£ =
5
.a8.48,9
g =
66
.41 ...
=
78
.36
h =
*4
.i3 ...
> . =
aa
.ai
log.sen.sr =
8
aai87
—
8
. aai73
A =
i5'.38",5 .
=
i5'.38",a
P =
i5 ,8 .
. r=
—
io .ai ,0
P' =
a8 . a8 , 9
. =
a6 . 4a , 0
A' =
i5 . 5a ,6 .
A" =
i5 . 5i ,3
a' =
66
. 58 .aa ,4
. a" =
67
. aa .37 ,9
£' =
5
39 . 48 , 0 . .
/?" =
5
38 . 5,6
(a — a') =
684", 9 . (
a"
-«) =
770", 6
(?-*) =
659 ,0 . (
P"
-*) =
556,6
5 =
948,1 . .
.
s' =
947 >7
c?j =
4,5 . .
ds' =
3,6
Dai calcoli superiori si ottengono le due equazioni se-
guenti ; cioè
6", 474 = — 1", oag da — d0
6 , 1 3o = 1 , 37 1 da — d(ì
dalle quali abbiamo da = — o",i4? e dfkss — 6",3a. Con
questi valori correggendo le longitudini e latitudini lunari ,
si ha pel momento dell' immersione , longitudine di C — 66°.
58'. 6", 5; latitudine = 5° . 11' . a5" , 4 Aust. e per l'istante
dell'emersione a -+-</<* = 67° . 3a' . 58", 8, e 0-t- d@ = 5°. 11'.
a9",g. Per mezzo poi del moto orario in longitudine =33'. i4"j4
ricaviamo l'istante della congiunzione
per Padova = 8*. 9'. 55",
dall'emersione =8.9
55", a )
/-e o ) tempo medio .
Del Sic. Ab. Francesco Bertikossi-Busata . 027
Calcolo dell' occultazione medesima osservata in Milano
dal celebre Sig. Oriani .
Immers. = 7^. 34'. 49", 3 t. m. Emers.= 8*. 35'. i5", 7 t.m.
3 .42 -41 ?4 t,s>
3- =55°. 4.0'. ai" . .
a =66 .56 . 18 ,6
/? = 5 . 11 . 19 ,0
a =67 . 9 -47 '3
b = 5 .28.48 ,9
g =64. 4 •
5a
22,195
i5'.38",5
2 . 39 , 3
Aust
Aus
h =24
log.sen.sr = 8
A =
P =
P' = 29 . 1 , 9
A'= i5 .5i ,6
à =66 . 58 .57 ,9
fi = - 5 . 4° ■ ao j 9
(a-a') = 649",4
(/?' — è) = — 692 ,0
j = 946 , 9
Jj = 4,7
= 4 -43 • 17 ,7 t. 8.
= 70°. 49'. 25", 5
= 67 .29.47 ,7
= 5 . 1 1 .23 ,5
A" =
a" =67
0" =-5
(a"— a) =
«3»- A) = -
. . i =
. . ds' =
:75 .29
:22 .47
1 8 . 22178
i5'.38",2
= — 7.28 ,6
27 . 9,6
i5 . Sa , 3
22 . 17 ,8
38 . 32 , 8
75o",5
583 ,9
948,1
4,2
Le due equazioni per ottenere il da ed il d3 sono le
seguenti
6", 921 = — da — 1", 076 d@
5", 357 = da — o, 786 d(l
dalle quali da = -f- o" , 2 , e d 0 =2 — 6" , 6
e quindi la longitudine corretta pel momento dell' immersio-
ne = 66° . 56'. 18", 8 , e per l'emersione = 670. 29' . 47 " •> 9 •
Moto orario in longitudine = 33'. 14", 4- Distanza dalla con-
giunzione in tempo = oh . 24' • 19", 9 da aggiungersi air im-
mersione, e o*. 36'. 6", o da togliersi all'emersione, e perciò
l'istante della congiunzione per Milano = 7*. 59'. 9", 3 t.m.
Congiunzione di Padova = 8 . 9 . 55 , 2
Differenza de' Meridiani = io . 45 , 9 .
3a8 Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ce.
Calcolo dell' Occultazione di d del Sagittario osservata
in Padova li 9 F ebbra jo 18 ia.
Immersione ss 18''. 9' . 56", 7 tempo medio .
i5 . 2,6 . 3a , 77 tempo sidereo .
3- = a3i°.38'. ia",
Bor.
Bor.
a =
_ • 1
284
. 59 . a3 ,
7
£ =
4
. i3 . 18 ,
7
a =
a85
. 43 • 1 1 5
1
b =
3
16 .56
S =
307
• 9
h —
60
.34
Log. seri
. CT =
8
. a33ai
A =
16'. 3",
3
P =
28 . aa ,
8
P'==
5o . 47 ,
4
A' =
16 . 6,
a
r
a =
a85
27 . 46 ,
7
(?' =
3
. aa . 3i ,
3
(a-
oc') —
9*4",
6
(/-
-b) =
335 ,
3
s =
981 ,
9
ds =
—
i5 ,
7
Per mezzo dei calcoli superiori, facendo d@ = o, nell'e-
quazione prima si ottiene da = 16" , y . Differenza di longi-
tudine tra la Luna e la Stella = o° . 43' • 3o" , 7 . Moto ora-
rio in longitudine 35'. 7", 54- Istante della congiunzione
= I9*. a4'. 16", a tempo medio .
Calcolo dell' Occultazione di 87 (i della Balena osservata
in Padova li 3o Luglio i8ia.
Immers. = 15*. i6'.4a",5 t.m. Emers. = i6\ 37'. 58". 7 1. m.
a3 . 5o . 57 , 3 t.sid. . . = 1 . a .a5 , 3 1. s.
3-=357°.44'.ao",o . . . . = i5°.36'. i5",o
a —
Dnx Sia. Ab. Francesco Bertirossi-Bitsata
0 2Q
a =
38
.47.58,7
.
. =
39
. 3o . r , a
P =
4
. 55 . 3 1 ,3 Aust.
. =
4
. 56 . 5o ,0
a =
39
.18.18 ,6
b =
5
.34.35,6
g =
ao
. 3 .3o
. =
33
. 55 . 3o
A EB
4'
.28 ...
. =
35
. 8
log.sen.zr =
8
. 43456 .
. —a
8
a343i
A =
16'. 6", 3 .
. =
16'. 5", 7
P' =
43 . 56 , 6 .
. =
38 .a3 ,4
P =
i4.35,5 .
. =
4-46,i
A =
16.16,9
. A" =
16 . 18 , a
a! =
39
. a . 34 , a
a" —
39
34.47,3
f =
S
.38 .27 ,9
• /?" =
5
35 . i3 ,4
( a — a') =
944", 4
(«"
-a) =
988", 7
{B'-b) =
a3a , 3
. (/?"
-*) =
37,8
s =
968 ,a
.
s =
984,7
C?.y =
8,7
. ds' =
-6 ,5
Sostituiti questi valori nelle due equazioni differenziali
abbiamo
36",a6 = — 4", c3 da -i-dfi
— 1 69 , 3a = a5 , 9 1 da -+- d@
dalle quali si ricava da = —6",<) e c?/? = 8",5. Corregger
do ora con questi valori le longitudini e latitudini lunari ,
avremo per l'immersione: longitudine di C = 38°. 47'- 5i", 8 :
latitudine 4% 55' . 39", 8 Australe . Similmente per l'emersio-
ne otterremo la longitudine di (£ = 390 . 39' . 54 " , 3 ; la lati-
tudine =r4°- 56'. 58",5. Distanza dalla congiunzione =3o'.a6'.8.
Moto orario in Longitudine 35'.a3",4» e quindi l'istante
della congiunzione dall'immersione = \òh. 8'. 19", 6
dall'emersione = 16 . 8 . 19 , a
Medio = 16 . 8 . 19 , 4 t. med.
Tom. XVII.
4*
33o Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
Calcolo dell' Occultazione di a del Toro osservata
in Padova li aa Ottobre i8ia.
Immers.= iaA.a6'. 34", 3 t.m. Emers.= i3*. 3g'.a4",8 t.m.
a .3i .3i ,6 t. s.
fr = 370.5a'.54",o .
a = 66 . 3g . a4 , i .
/? = 4 . 5g . 34 , 3 Aust
a = 67 . io .26 ,0
b =-S .28.48,6
g = 5o .42
h = 28 . 36 . .
Iog.sen.CT= 8.24354 .
A= 16'. 26", 7
P = 14.48 .1
P' = 33.33,5
A' = 16.40,5
a' = 66 . 54 . 1 2 , a
0' = -5.33. 7,8
sa 3 .44.34 ,a t. s.
= 56°. 8'. 33"
= 67 . a4 . 1 3 , 3
= 4 • 53 . 52 ,4
= 64. a5
= a4 . 43
= 8 . 24337
= i6'.a6", 1
= 2 . 54 , 1
= 3o . 12 ,2
A"= 16.41,0
a" = 67 . 27 . 7 , 4
/?" =-5.29. 4,6
1001 ,4
(« — «')= 973,8 . (a" — a) —
(F — b)= 259,2 . (V — H=F i6,o
5= ioo3,6 ... y= 997 , 1
ds = — 3 , 1 ... fifa' = 3,9
Le due equazioni presenti
12", o = 3", 722 da — d(ì
a43 , o = 62 , oa da -+- d@
ci danno da = 3", 9 e d@ = 1", 8 . Con questi valori correg-
gendo le longitudini e le latitudini lunari, avremo a -+- da
= 66°. 39'. a8 e /3-t-J^ = 4 • 59 . 36 , 1 A. Le corrispondenti
pel momento dell'emersione saranno a -t- da = 67 . 24 . 17,2
e 0 -+- d0 = 4 • 58 . 54, a Aust. Distanza dalla congiunzione
= 38' . 58" . Moto orario in longitudine =36' . 55", 3 ; e quin-
di l'istante della congiunzione
dall'immersione = i3A. 16'. 53", 7
dall'emersione = i3 . 16 . 54 ■> P
Medio = i3 . 10 . 53 , 85 tempo med.
Del Sic Ab. Francesco Berti rossi-Busata .
33i
Calcolo della stessa Occultazione osservata in Milano
dal eh. Sig. Oria ni .
Immers.= ia*. ia'. So", 3 t.m.
a . 17 .47 -, 3 t. s.
3- = 34°.aó'.48"
a = 66 . 37 . 34 , 6
0 = - 4 . 5g . 36 . .
a = 67 . io .a6
b = — 4 ■ 5o, .34 ,3
g = 48 . io
h = 39 . 34
log.sen.«r= 8 . a4366
A = i6'.a6",7
P = 16 .54, a
P' = 34 .ai ,6
A' = i6.4o,5
a' = 66 . 54 . a8 , 8
? =-5 .33 .57,6
(a — a') = 9S7", a
Ì/5'— £) = — 309 ,0
i = 1001 ,7
ds =. — 1", a
Emers.= i3\ a4'. 18", 8 t.m.
. = 3 .29 .527 , S t. s.
. = 5a . ai . 5a , 5
. . = 67 .ai . 33 , 3
. . =-4.58.54,9
. = 8 .a434a
. = i6'.a6",a
. = 5 . 35 , 1
. = 3o . 54 , 5
A"= 16.41,0
a" = 67 .37 . 8,4
0"=-5 .a9 .49,4
(a" — a) = iooa",4
(/T— b) = —60,8
. . s' = 999,9
. . ds' = 1", 1
Le due equazioni che somministrano il Ja e il d(3 sono
le seguenti :
3", 89 = 3", 07 da ■+- ^/?
18,09= 1 6 - , 34 da — d(}
dalle quali abbiamo da = 1" , 1 , e d@ = o",4, e quindi la
longitudine e latitudine corrette al momento dell'immersio-
ne, come segue. Longitudine di (£ = 66° . 37'. 35", 7 : latitu-
dine = — 4°- 59'. 36", 4 5 e per l'istante dell'emersione: lon-
gitudine di C = 67°. a/. 34", 4: latitudine =—4°. 58'. 55", 3.
Distanza dalla congiunzione in gradi = oh . 3a'. 5o", 3 . Moto
orano in longitudine = 36'.55"^3, e perciò il momento del-
33a Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
la congiunzione ricavato dall'immersione = i3A.6'. ia", a
dall'
emersione
= i3 . 6 . la ,6
Medio = i3 .6 . ia ,4 t. m.
N. B. Non volendo nell'osservazione di Padova tener con-
to che dell'immersione , che per errore si notò ia''. a6'. 34", 3
(giacché l'emersione è registrata come incerta essendosi un
poco annuvolato il cielo) si ha s= ioo%", 1 , e ds=. — a",6;
e quindi la prima equazione diventa io'', 01 = 3", 7a da-4-d(}
e facendo J/3 = o, si ha da = 2,".J 6, e la longitudine della £
corretta =66°. 3g'.a6", 7 . Distanza dalla congiunzione in gra-
di = 3o' . 5g" , 3 . Moto orario = 36' . 55" , 3 .
Istante della congiunzione per Padova = i3A. 16'. 56", 3
Congiunzione di Milano = i3 . 6 . ia ,4
Differenza de'Meridiani ss 10.43,9.
( Osservazione di molta fiducia ) .
Calcolo dell' Occultazione di a 7 v del Leone osservata
in Padova li 18 Gennajo 181 3.
Immers. = 7*.5i'. 6",it.m. Emers.= 8\ 5o'. i4",3 t.
m.
3 . 42 . i5 , o t. s.
3= 55°. 33'. 45", o .
a =i43 . 38 . 1,7
/? = 0
.ai .39 ,8 Bor.
a =i44
•43.4a ,4
b — 0
. a . 3i , 5
g = 63
.58 ...
h = a4
•49 . . .
log.sen.sr= 8
. aao34
A =
i5'.35", 1 .
P SS
5i . 7 ,3 .
F =
a3.58,6 .
A' ss
i5 . 37 ,9 .
a' =r44
. 39 . 9 , 0 .
/?' ss-o . a.a8 ,8
A" =
= 4 -41 -33 ,0 t. s.
= 70 .a3 . i5 ,0
= 1 44 . 1 o . 1 3 ,4
= o . a4 • a6 , 7 Bor.
= 75 . 8
= aa . 45 • ao
= 8 . 32009
=s i5'.34",6
= 49 . a4 , a
ss aa . 4 •> a
1 5 .4° , a
a
' =i44 .59 .37 ,6
0"=s
a .aa
(a"— a) =
9-55 , a
((ì"-b) =
— 9,0
t
. . s =
954,9
. ds' =
— *4»7
Del Sic. Ab. Francesco Beutirossi-Busata . 333
(a-a)= . 873",4
(£'—£) = — 3o3,3
s = 9^3,7
Avremo quindi le due seguenti equazioni
— 43", 68 = a", 909 da -+- d&
— i56, 0 = 10, 61 da — d(ì
per conoscere da e «"/?, le quali risolute danno </a = — I4"?0
e rf/?=7", a. Correggendo con questi valori i luoghi di £ si
avrà pel momento dell'immersione la longitudine della C
= 143° . 37' . 47" , 7 , e la latitudine = o° . ai' . 37" , o Bor.
E per l'emersione : longitudine di C= J44° • 9- ^9"' 4 • Latitu-
dine =o°.a4'.33",9. Distanza dalla congiunzione = i°.5',S4"»7 .
Istante della congiunzione dall'immersione =9*. 5a'. 8", 4
dall'emersione =9 . 5a . 9 , 1
Medio =9 . 5a .8 , 75 t.m.
Calcolo dell'Occultazione di (i della Balena osservata
iti Padova 1 Gennajo 1814.
Immersione = io''. 17'. i",8t.m. Emers. = n*.aS'.8", 1 ±t.m.
5 . o . 35 , 9 t. s.
3- = 75 . 8 . 59 , o
a = 39 . 38 . 59 , a
/? = 5 . 1 a . 1 5 , 3 Australe .
a =f 39 . 19.34,7
b = — 5 . 34 • 6,9
g =78 .44.30
h = aa . 19 .40
Log.sen.cr = 8 .a3834
A = 16'. 14", 7
P = — 38.17 ,1
F = a6 . 40 , o
A' = 1 6 . a6 , 4
a' = 39 . 3 . 4a , 1
334 Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
e =-5
(a — a1) =
38.55,3
95a", 6
— a58 ,4
983 ,4
4,0
Non ho tenuto conto dell'emersione, perchè non è mol-
to precisa e d'altronde l'errore in latitudine diventava trop-
po forte ( di 16" circa ). Feci pertanto d$ = o nella prima
equazione ed ebbi da= — 4 "j2 ( errore probabile delle Tavole)
col quale corretta la longitudine della (£, si ha nell'istante
dell'immersione: longitudine = 39°.38'.55", o . Distanza dal-
la congiunzione in gradi =o°.i9'.ao",3: in tempo =- 3a'. ia",6;
perciò l'istante della congiunzione = — 9*.44f-49"sa *•■**•
Calcolo dell' Occultazione di y della Libra osservata
in Padova 11 Febbrajo 18 14.
Immers. = i5\ a5'. 16", 7 t. m. Emers. = 16^.29'. 45". 1 1. m.
. = i3 .55 . 59 , 1 1. s.
. =209°. o\ o"
=a3a . 16 . a3 , 5
. ss 4.54.19,9
ia . 5i .ao , 1 t.sid.
S-=i9a°.5o'. o" . .
a — a3i .44 • 7 5^
0 = 4.55.a3,3
Bori
a =23a . 3a . 1,7
b = 4 • a4 • a4 1 &
g =168 .33, 3 .
A = 45 . 3o , 7 • .
log .sen .zr = 8.19970
A= i4'.5i",6
P = 34 ■ a 1 , o
P'= 37.a7,3
A' = 14.56,9
a' =a3a.i8.a8,8
P = 4 . 1 7 . 56 , 1
(a — a') = Sia ,9
(0'^£)= —388,4
5= 898,9
=ri8a°.5i'
= 5i .55
= 8
o
o
19957
i4'.5i",5
a5 . 45 , 3
=• 4,
ds =
— a ,0
A" =
a" =a3a
&"= 4
( a" — a ) =
(/?"-£) =
. . s' ==•
. . ds' =
'4-57.7
4a . 8,8
.i3.ia ,8
607 , 1
— 671 ,7
904 ,a
-6,5
Del Sic Ab. Francesco Bertirossi-Busata . 335
Dalle due equazioni seguenti :
4", 629 = a", o3i da -+- dfi
— 8 , 750 = o , 899 da — dfi
si ottiene da = — 1 " , 4 9 e ^==s7"»5, i quali applicati al-
le longitudini e latitudini Lunari danno la longitudine di £
corretta pel momento dell'immersione = 2,3 1° . 44 • 6", 4' 'a
latitudine = 4 • 55' . 3o", 9 Bor. e per l'emersione =232°.
16'. 2,2", 1 . Latitudine =4° ■ 54'. 27", 4 5 quindi distanza dalla
congiunzione in gradi col mezzo dell'immersione = o° . 47' •
55", 3, e coli' emersione = o° . i5' . 39" , 6 . Moto orario in
longitudine =3o'. 1", 4- Distanza dalla congiunzione in tem-
po d'aggiungersi all'immersione = ih . 35' . 46" , 1 . Distanza
d'aggiungersi all'emersione =oA.3i'. 17", 7; perciò il momento
della congiunzione dato dall' immersione = 1 7*. 1'. 2", 8
j in • u 1 1. m.
dall emersione = 1 7 . r . a , o
Calcolo dell'Occultazione di g5ip3 dell'Acquario osservata
in Padova 7 Luglio 1814.
Immers.= i3\ i'.54",6t.ra. Emers.= i3\ i5'.48",3 t.m.
ao. 3 . 1 1 , 6 t . s . . . =ao.i7. 7 ,6 t.s.
3-=3oo°.47'.54",o . .
a =344 .0.18,9 . .
fi = 4 • I0 • 8 , 2 Aust.
a =344 . 12 .23 , 3
b = 4-46-a3,4 Aust.
g =322 .56 . .
h = 63 . 7 . 3o
log.sen.ar= 8.20731
A = i5. 7,5
P = 8.36,8
P' =
A' =
Si . 10
i5.i3
a' =344. 8.55,7
fi' =-5. 1 .19,1
= 3o4°.i6'.54",o
= 344 • 7 • 32 , 3
B3 4 "IO •$* » 7
=327°. 38'. 40"
= 61 .59 . o
= 8 . 20736
= 15.7,6
= 6 . 58 , 9
= 50.47,6
A"= i5.i3,i
a" =344 • '4 • 3i 1 2
0"=-5. 1 .20,3
336 CALCOLO n* OCCULTAZIONI DI ALCUNE STELLE eC.
(a — a')= 207", 6 . (a" — «)= '27", 9
($'-ù)= -895,7 . (/?"-/>) = -896,9
j== 919, a... #' sa 905 ,6
c?j = — 6 , a » . . -ds' =± 7,5
Col mezzo delle due solite equazioni si ricava l'errore
delle Tavole in latitudine = — i",3. Tralascio di dedurre la
congiunzione, giacché l'errore in longitudine diventa troppo
forte, e perciò improbabile. Si noti bene che la Stella andò
per molto tempo radendo il lembo della Luna prima di oc-
cultarsi .
Calcolo dell'Occultazione di 3a.i/ del Sagittario osservata
in Padova li 2.9 Luglio 1814.
Immersione == 1 ih. a%. a3", a tempo medio.
19 . 5a . 8,5 tempo sidereo .
3- = 1980. a. 7", 5
a =a79 . 57 . 5a , o
P = 1 . 7.16,9 Bor.
a =279 . 5a . 58 , 7
b = o.8.6,5 Bor.
g =319 . o
h = 63 . 53 . 3o
Log. sen. vs — 8 . ig5a7
A= 16'. aa", 8
P = — i4.58 ,5
P' = 48 . ao , o
A'= i6.a7,8
a' ■=■ 379 . 4a • 53 , 5
/?' = o . 18. 56 ,9
(a — a') = 6o5", a
{p — b)= 65o,4
s = 888,4
ds = — 0,6
Dalla prima equazione s.ds=-(a-a').co$.:iP'.da-i-(fi'-b)dp
dopo
Del Sic. Ab. Fkangesco Bertikossi-Busata . 33?
dopo di aver fatto d@ == o , si ottiene da = o" , 86, e quin-
di la longitudine della C corretta pel momento dell'immer-
sione = 279°. 57' . Sa", 9 . Distanza dalla congiunzione in gra-
di = — o° .4' • 54" , 2, . Moto orario in longitudine =29'. 3 1".
Distanza dalla congiunzione in tempo = — o7' . 9' . 58" , o .
Tempo dell'immersione = 1 17' . a4' .23", 2 . Istante della con-
giunzione = 1 ih . 14' • a5" , 2 tempo medio al Meridiano di
Padova .
Calcolo dell'Occultazione di 78. | 2 della Balena osservata
in Padova li 7 Agosto 18 x4-
Immersione =
167'
.3o'.4o", 7
tempo medio .
1
. 34 . 45 , 2
tempo sidereo
3- =
a3°
.41'.. 18"
a =
34
, 43 . 54 , 2
0 =
5 ,
• 7 • J7 >6
Australe .
a =
34,
, 52 . 32 , I
b =
5 ,
.52.11,4
Australe .
g =
40
. 2 . 3o
h =
32
•34-
Log. sen. vs =
8
. 22451
A ss
i5'.44",2
P =
-4 • 34 , 6
P' =
35 . 37 , 9
A' =
i5 . 56 , 5
d =
34
. 39 . 19 , 6
9 =
-5
. 42 . 55 , 5
(a — a') =
792", 5
(/?'-*) =
555 , 9
s =
964,8
ds =
— 8,3
Gol mezzo de' superiori risultamene, fatto d@ = o, nella
prima equazione, si trova da=io" , 2, . Longitudine della (£
corretta nel momento dell'immersione = 34° . 44 • 4" j4 • Di-
Tom. XVII. 43
338 Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
stanza dalla congiunzione in gradi =o°. 8'. 37", 7 . Moto ora-
rio in longitudine = 33'.5a",6. Distanza dalla congiunzione
in tempo =oh. 1^!. 5c/', a. Istante della congiunzione = i6;'.
45' . 39" , 9 tempo medio .
Calcolo dell' Occultazione di 58 d dell' Ofiuco osservata
in Padova li a4 agosto 18 14.
Immers.= 8h. Sa'. 4o",5 t. m. Emers.= io*. 8'.38", it.m.
= ao . 18 .41 53 t. s.
= 3o4 . 4° • ao
= a64 . io . a ,a
=s a . a3 .57 ,9
. =3a8°. 9'.3o"
. = 61 . 5i . o
. = 8 . 19708
• = i4'-46",4
. = — a3 . a ,6
. = 47.a3,9
A"= 14-49^9
a" = a63 . 46 . 5g ,6
§r = 1 .30.34,0
a) = 787", 7
(P"-b)= -4*9,5
s' = 896 , 9
19 . a . 3i , 3 t.
s.
& =a85°.37'.5o"
a =a63 . 3a . 35 , 3
(i = a.a6.57,a Bor.
a =a63 . 33 . 5 1 ,9
b = 1 .43.43 ,5 Bor.
g = 299 . 1 1 . ao
h = 67 . 5 .ao
log.sen.CT= 8.19710
a = i4'-46",4
P = — ia . 1 1 ,a
P' = 49 . 1 1 , 1
A'= 14. 5i ,7
a' = a63 . ao . a4 ■> 1
/?'= 1.37.46,1
(a—a')= 807", 8 .
(«"-
(/?'-£)= - 357,4 .
(/?"-
s = 883 ,0 .
.
8
ds' =
— 7
Le due equazioni per ricavate il valore di da e di d@
sono le seguenti :
ai", 49 = — a"r» a7 ^a — d0
— 14 , 6a = 1 , 83 da — d@
le quali i-isolute danno da=. — 8" , 8 e d$ = — 1", 5; e per-
ciò la longitudine corretta pel tempo dell' immersione =a63°.
3a'.a6",5. Latitudine = a°.a6'.55", 7 Bor. Similmente per
Del Sic Ab. Francesco Berti rossi-Busata . 339
1' emersione : longitudine di C corretta = 264° • g' • 53" , 4 .
Latitudine = a° . a3' . 56" , 4 • Moto orario in longitudine
= 29'. 34". 8. Distanza dalla congiunzione in tempo col mez-
zo dell'immersione = oh . 2'. 53", 2 . Distanza col mezzo del-
l'emersione = \h . 1 3' .4"» 3, e quindi l'istante della congiun-
zione ottenuto col mezzo dell'immersione = 8^.55'. 33", 7
coli' emersione =8.55.33, 8
Medio =8.55.33, 75 t.nì.
Calcolo dell' Occultazione di ip 3 dell' Acquario osservata
in Padova li 27 Settembre i8i4-
Immers. = 8''. 27' . 54", 6 t.m. Emers.=9/'.3o'.5a",a:±:t.m.
ao . 5i . 43 , 8 t. s.
a =3430. 58'. i3", 5
/? = 4 . 6 . 33 Austr.
a = 344 . 12 . 4a , o
b = 4 • 4-6 • a5 , a Austr.
g = 338 . 19 . ar
h = 58 . 54 . 46
log.sen.sr= 8.21119
A= i5'.i5", 6
P = 2 . 5a , 4
P' = 5o . 9 , o
A' = i5 . aa , o
a! = 344 • l • 5,9
P = - 4 . 56 . 42 , 7
(a — a' ) = 696 , 1
(£'-£) = -617,5
s = 9a8 , 6
ds = — 6,6
L'emersione è incerta. Dalla prima equazione abbiamo
da = 8" , 9 ; e perciò a -\- da — 343° . 58' . aa" , 4 • Distanza
dalla congiunzione =o° . 14' . 19" . 6 . Moto orario in longitUr
dine =3i'.55",5. Distanza dalla congiunzione in tempo
3^0 Calcolo d'occultazioni di alcune Stelle ec.
= o* . 26' . 55", 5; e quindi l'istante della congiunzione
= 8;' . 54' . 5o", 1 tempo medio .
Il mio scopo principale, come in principio accennai, era
quello di stabilire con qualche esattezza la differenza de' Me-
ridiani tra l'Osservatorio di Parigi e quello di Padova, ma
siccome pochi sono i confronti de' quali possa servirmi con
tutta fiducia, così mi contenterò semplicemente di porli qui
sotto senza voler spacciare come precisa la longitudine che
ne deduce . Il eh. Sig. Cagnoli avea già stabilita la differen-
za de' Meridiani fra Parigi, e Padova a — oà . 38' .10": alla
qual determinazione quasi ognun degli Astronomi si è dopo
attenuto senza istituire altri calcoli ed altri confronti, ma
io comincio ad entrare in qualche sospetto che detta diffe-
renza abbia ad essere alquanto miuore, giacché tale assumen-
dola , primieramente gli errori delle Tavole sarebbero più di-
screti e plausibili, ed in secondo luogo sembra che la di-
mostrino le differenze di longitudine tra il Meridiano di Pa-
dova e quelli dei luoghi seguenti .
Differenze in Longitudine tra V Osservatorio di Milano,
e quello di Padova dedotte dalle Occultazioni di
d dei Pesci, io Agosto 1808 . . . = — io'. 4*"j 9
p dell'Acquario, 11 Settembre 1810 . = — io. 45 , 6
A dei Gemini , 4 Marzo 181 1 . . . = — io . 46 , 7
a del Toro, a3 Gennajo 1812 . . . = — 10.45,9
a del Toro, 22 Ottobre 1812 . , . = — io . 43 , 9
tra Lilientlial e Padova con a dell'Acqua-
rio 22 Luglio 1807 = — oh. il'. 4?"» 3
tra Dresda e Padova con la stessa occulta-
zione =-+-0 . 7.22,3
tra Seeberg e Padova con (i 1 del Sagitta-
rio 6 Luglio 1807 = — 0.4-38»0
tra Bologna e Padova con la stessa occul-
tazione = — o.a.5,2
Del Sic Francesco Bertirossi-Busata . 34 1
tra Parigi e Padova = — o. 38. io, 9
tra Roma e Padova con A della Vergine 27
Gennajo 1810 = -ho . 2.27,8
tra Viviers e Padova con Maja 7 Febbrajo
i8o5 =—0.28.44,1
con Alcione . . . = — o.a8.5i,o
tra Marsiglia e Padova con Alcione 7 Feb-
brajo i8o5 = — o.aó.6,4
con Merope . . . = — 0.25.57,2
Di queste ho rigettato le tre seguenti; cioè x dell'Ac-
quario per Lilienthal ; Alcione per Viviers e Marsiglia , poi-
ché mi davano delle determinazioni molto lontane ( a mio cre-
dere ) , e fra loro discordi : cioè — oh . 38' . 1" , 3 . La seconda :
— o'\38'. 1 4" , 4 . La terza: — oh .38' . i5", 3 . Le altre rite-
nute in numero di 12 (supponendo bene determinata la po-
sizione de' luoghi sopracitati rapporto al Meridiano di Parigi )
danno per la differenza de? Meridiani fra Parigi e Padova co-
me segue . . . .* = — o*.38'. 7", 9
38 . io ,6
38 . 11 ,7
38 . io , 9
38 . 8,9
38 . io , 9
38 . i3 , o
38 . 8,2
38 . 7,3
38 . 7,2
38 . 8,1
38 . 5,2
Medio di tutte = — oA.38'. 9", 1
Quanto poi alla determinazione degli altri Astronomi ho
trovato nel Giornale Astronomico del eh. Sig. Barone di Zach
Voi. I , II , e III , che il rinomato Astronomo Sig. Triesnecker
con tre ecclissi di Sole e 9 occultazioni di Stelle ha trovato
per la differenza dei Meridiani tra Padova e Parigi
34a
C,
lLCOLO e
'occultazioni di
alcune Stelle ec.
= — oh. 38'.
19",
o
38 .
9
A
38 .
9
»o
37.
58
,5
38 .
IO
= 7
38 .
ia
,6
38 .
i5
»*
38 .
9
»ó
38 .
IO
,3
38 .
IO
,6
38 .
8
>9
38 .
IC
, o.
Di
queste
ne
ho rigettato
tre
, come più lontane
di quel-
le
ornmesse
da
me
; cioè . -
— o
.38
,19,0
3?
58, 5
38 . i5 , a.
Il soprammentovato Signor Barone di Zach parimente
( Voi. XXII dello stesso Giornale ) con due occultazioni ha
trovato . . — oh . 38'. 5", 4
38 . ia , 6 .
Il Professor Wurm ( Voi. XXVI ) con due ecclissi Solari
ed una occultazione di Stella ha dedotto la differenza
= — o . 38 . 16 , a
38 . 4 5 a
38 . 1 1 , 8 .
Di' queste ho rigettato la prima .
Finalmente il eh. Signor Cagnolì ( Voi. V della Società
Italiana ) col mezzo di quattro occultazioni fisse trovò con fe-
licissimo accordo
— oA.38'. io", o
38 . io , o
38 . io , o
38 . io , o .
Riunendo pertanto tutte queste determinazioni alle mie-
e ricavandone il medio , si ottiene per la differenza de' Me-
Del Sic Francesco Bertirossi-Busata . 343
ridiani tra Padova e Parigi — oA.38'.9",4- E dal medio del-
le mie solamente, come si vede qui sopra — oh. 38'. 9", 1.
Da questi due medj , che bastantemente si accordan fra
loro sembrerebbe che la differenza de' Meridiani fra Parigi e
Padova si potesse stabilire con qualche fondamento a — o'^SS'.
9", eh' è più piccola di un secondo di quella ricavata dal Sig.
Cagnoli a cui sempre si attennero i Signori Toaldo e Chi-
minello . Nuove osservazioni e nuovi confronti , come spero
di fare , ci guideranno ad un grado di maggior precisione .
344
DESCRIZIONE DI UN NUOVO MICROMETRO
MEMORIA
Del Signor Gio. Battista Amici .
P PRESENTATA ZI 1 3 DlCEMBRE l3i4 DAL CaV. RuFFINt
B APPROVATA DAL CaV. CeSARIS .
ì
1 perfezionamento dato in questi ultimi tempi al Microme-
tro a fili lo ha reso uno dei più pregiabili istrutnenti , es-
sendo molti i vantaggi che da questo ne ritraggono i colti-
vatori delle Scienze Naturali : allorché però se ne vuole far
uso nella misura dei diametri di Corpi Celesti, o delle loro
rispettive distanze, conviene limitarsi a determinare quelle
soltanto che sono perpendicolari al loro moto apparente, non
potendosi le altre distanze, o diametri obbliqui assegnare con
sufficiente accuratezza. A questo difetto suppliscono il micro-
metro a lampada di Herschel? e que' micrometri che raddop-
piano le immagini, come il prismatico, l'obbiettivo del Do l-
lond, i due inventati da Ramsden: ma se si eccettui il pri-
mo , gli altri o non sono assolutamente applicabili ai grandi
Telescopi di forma Nevtoniana, ( i quali mostrano gli ogget-
ti, come l'esperienza ha provato, meglio di quelli di tutt'al-
tra costruzione ) o non possono applicatisi senza gravi incon-
venienti e svantaggi; e quantunque il micrometro a lampa-
da sia stato utilmente a tal genere di riflettori addattato ;
chiunque però avrà tentato di farne uso debbe avere ricono-
sciuto la necessità di una lunga e penosa pratica , e il fre-
quente bisogno- di ben molte cautele onde non cadere in gra-
vissimi errori .
Ed io sono d'avviso, che se col mezzo di questo istru-
mento il celebre Herschel è pervenuto a misurare grandezze
sì
Del Sic Gio. Battista Amici. 34-5
sì piccole da essere sfuggite alla diligenza degli altri osser-
vatori, ciò attribuir si debba alla forza grande de' suoi Tele-
scopj , ed alla abitudine e sagacità somma di questo grand' uo-
mo nell'arte di osservare, piuttosto che alla perfezione del
suo micrometro .
Per la qual cosa ho più volte meco stesso pensato che
recar potrebbe un rilevante servigio agli osservatori , ed alle
Scienze la costruzione di un nuovo ordigno, il quale essendo
applicabile a canocchiali di massima apertura fosse al tempo
stesso di facile e pronto uso, e capace di misurare angoli pic-
ciolissimi con un grado di precisione superiore a quella de-
gli strumenti sin qui conosciuti . Anzi occupandomi di que-
sto mio pensiere siccome di oggetto a parer mio importantis-
simo, son giunto ad immaginare e costruire un nuovo micro-
metro, il quale se pur non prendo abbaglio, sembrami sod-
disfare più d'ogni altro all'indicato scopo. Ed è di questo
mio tentativo, che mi propongo qui di dare contezza, nella
lusinga che possa interessare la curiosità di que' Dotti i quali
avendo mestieri di maneggiare frequentemente siffatti arnesi,
sanno abbastanza quanto importi l'ottenere in essi la mag-
gior possibile perfezione, perchè vogliano saper grado de' suoi
tentativi a chiunque si adopra per procurarla .
Ma siccome dall' un canto questo mio lavoro è appoggiato
al principio della lente bipartita, sul quale è pur regolata la
costruzione del micrometro obbiettivo, e dall'altro canto que-
st'ultimo è stato da alcuni giudicato difettoso, così comin-
cierò dal premettere alcune considerazioni sulle diverse im-
perfezioni al medesimo attribuite .
Il Sig. Maskeline nella sua relazione riguardante un istru-
mento per misurare i piccoli angoli letta alla Reale Società
di Londra 18 Dicembre 1777 si avvisò di aver rinvenuta la
cagion vera di un principale difetto de' micrometri obbietti-
vi, e furono per lui sì certe, e sì convincenti le ragioni sue,
che credè indispensabile partito quello di rivolgere le sue ri-
cerche ad un metodo diverso di principj , e di costruzione .
Tom. XVII. 44
346
Descrizione di un nuovo Micrometro .
Si prefisse egli pertanto di produrre due distinte immagini
dello stesso oggetto, ma in maniera che gli assi dei coni lu-
minosi partissero dal medesimo punto, o da punti sommamen-
te vicini; e su questo principio regolò egli l'invenzione del
suo micrometro prismatico (a) .
Sul punto di dovere io scegliere un micrometro per cor-
redarne i miei Telescopj, l'autorità di un sì dotto ed illustre
Astronomo non potea non rendere esitante la mia determi-
nazione per un sistema di mezzi fra' quali ha luogo la lente
divisa . Imperocché, sehbene nel micrometro da me immagi-
nato la lente bipartita non sia applicata come nel microme-
tro obbiettivo , nullameno non avrei per questo evitata una
imperfezione, la quale , sarebbe stata per ogni combinazione
inevitabile qualora le cagioni della medesima fossero le indi-
cate dal prelodato Autore .
Un attento esame però della Teoria del medesimo mi
mostrò le ragioni sue non assistite da sufficiente evidenza ,
anzi parvenu , e comunque pure la venerazione dovuta ad un
tanto rispettabile Autore mi ponesse in dubbio di Ravvede-
re , mi convinsi che la imperfezione dei micrometri obbiettivi
a tutt' altra causa attribuire si debba, che alla immaginata
da lui ; e così mi rassicurai che da questa non dovesse deri-
varmene argomento per abbandonare la concepita idea .
A dimostrare la quale asserzione mia, ed all'oggetto di
fare conoscere sopra qual fondamento io abbia appoggiate le
mie deduzioni, esporrò prima le considerazioni del Sig. Ma-
skeline, come le ho tratte dalle transazioni filosofiche.
„ Ma per quanto indubitatamente ( così si esprime ) sia
apprezzabile il Micrometro obbiettivo , vi si sono trovati al-
cuni difetti dovuti alle alterazioni del fuoco dell'occhio, per
(a) Anche il Padre Boscovich immagi-
nò circa nella medesima epoca un Mi-
crometro di questa specie, e cosi ancora
fu Fatto da M.' Rochon ; ma quest' ulti-
mo si è particolarmente distinto coli' in-
gegnosissima idea di adoprare la doppia
rifrazione del cristallo di Rocca , ed ha
formato un istromento assai superiore, e
molto più utile degli altri .
Del Sic Gio. Battista Amici. 347
le quali , in tempi diversi , il medesimo angolo può essere
rappresentato sotto varie grandezze . Per esempio, trattandosi
del Diametro del Sole , allorché gli assi dei coni di luce che
partendo dai lembi opposti del Sole, ed attraversando le due
semilenti si vanno a segare al fuoco del Telescopio , il con-
tatto apparente de' medesimi lembi non può essere rimarcato ,
a menochè la conformazione dell'occhio non sia tale che gli
oggetti situati al punto d'intersezione possano essere distin-
tamente veduti. Ma se l'occhio sia disposto a vedere distin-
tamente quegli oggetti , che sono più prossimi all' obbiettivo
di quello che lo sia l'intersezione, i due lembi compariran-
no separati per un intervallo eguale alla distanza degli assi-
dei coni luminosi in quel medesimo luogo j e se poi l'occhio
sia conformato in maniera da vedere distintamente gli ogget-
ti ad una più grande distanza dalla lente obbiettiva che il
punto d'intersezione, si vedranno i lembi soprapporsi per lo
spazio eguale allo scostamento degli assi in quello stesso sito,
Per rendere ciò più sensibile, O, V ( Fig, 1 ) rappresen-
tino i centri delle due semilenti del micrometro obbiettiva
separate per la distanza OV che sottende al punto A l'ango-
lo OAV eguale al diametro del Sole il quale punto A è il
fuoco comune dei due pennelli di luce che hanno OA e VA
per assi , cioè quelli che procedono da parti opposte del So-
le, e passano per le diverse semilenti; e sia D l'oculare,
Egli è evidente che se l'oculare è posto in modo da scoprire
distintamente gli oggetti situati al punto A, i raggi OA, VA,
come pure tutti gli altri appartenenti a quei penelli saranno
raccolti in un punto sopra la retina dell'occhio; e perciò li.
due opposti lembi delle due immagini del Sole sembreranno
coincidere, e le due immagini solari toccarsi esternamente.
Ma se lo stato dell'occhio si altererà, l'oculare rimanendo
a suo posto, l'occhio non sarà più disposto a vedere distin-
tamente la immagine formata al punto A, ma piuttosto a ve»
dere un oggetto situato in EF più vicino, o più lontano dal-
l'obbiettivo , onde si formerà sulla retina una immagine esat-
v
&J.8 Descrizione di un nuovo Micrometro .
tamente simile alla immagine un poco confusa formata dai
raggi sopra un piano perpendicolare al loro corso in EF . In
conseguenza , siccome i due coni dei raggi solari BOA GVA
formati dalle due semilenti, sono separati o si attraversano
a questo punto dell'asse per la distanza EF , le due imma-
gini non sembreranno toccarsi esternamente, ma appariran-
no separate o soprapposte per l'intervallo EF . Perciò l'er-
rore introdotto nella misura del diametro del Sole sarà l'an-
golo ERF sotteso da EF ad R punto di mezzo tra O, e V,
il quale sta all'angolo EAF ossia OAV " diametro apparente
„ dal Sole come AE ad ER od anche ad AR atteso la pic-
„ colezza di AE rispetto ad AR „ .
Nel surriferito ragionamento del Sig. Maskeline si rileva
ch'egli ha supposto nel Telescopio l'oculare immobile, e non
vi ha dubbio che per le alterazioni dell'occhio l'osservatore
potrà in diversi tempi vedere gli oggetti distinti, o più vi-
cini, o più lontani dell'intersezione degli assi dei coni di lu-
ce, che procedono da parti opposte dell'oggetto; ma è altresì
vero che il fuoco dell'obbiettivo restando il medesimo, l'os-
servatore sofferto che abbia un cangiamento di vista, non ve-
drà più che confusamente l'immagine in quel luogo, in cui
da prima gli si mostrava distinta . Per la qual cosa in que-
sto nuovo stato non dovrà giudicare della grandezza dell'an-
golo, se prima col rimover l'oculare non si sarà procurata
la visione perfetta . In questa ipotesi è evidente che vedrà
le immagini, come se niun cambiamento fosse accaduto all'oc-
chio ; e che perciò niuna differenza troverà nella grandezza
dell'angolo. Egli è poi agevole il persuadersi che quand'an-
che l'oculare restasse fisso, e si supponessero alterazioni nel
fuoco dell'occhio, non per questo si vedrebbero le immagini
in EF separate per quello spazio; poiché i raggi che termi-
nano i diametri delle immagini in EF non sono come si vor-
rebbero terminati dagli assi VA, OA, ma bensì lo sono dai
raggi che appartengono ai medesimi assi, e che vengono ri-
fratti all' estremità delle semilenti come sarebbe MA , NA i
Del Sic Gio. Battista Amici. 3^n
quali si accavalciano in EF; onde tanto in EF , quanto in
FÉ , qualunque siasi il cambiamento di vista , le immagini
confuse debbono sempre mostrarsi incrocicchiate .
Un facile esperimento basta per confermare l'esposto.
Con un Telescopio armato di micrometro obbiettivo si guar-
di un qualche oggetto; per es. Giove. Accomodato l'ocula-
re per la vision distinta , si separino le semilenti finché i
lembi opposti delle due immagini del pianeta si tocchino; quin-
di si accosti, o si allontani alcun poco l'oculare dall'obbiet-
tivo, locchè equivale ad un accorciamento, o ad allungamento
divista prodotto da alterazioni dell'occhio; ed in ambedue le
posizioni si vedranno sempre le deformi immagini di Giove ac-
cavalciarsi, e se per maggior spazio si avvanzi,o si ritiri l'o-
culare, si perderanno affatto le immagini, rimanendo soltan-
to una luce dispersa in una forma e posizione eguale od in-
versa delle due semilenti che costituiscono il micrometro .
Non è così nell'Eliometro del Sig. Boagner, ma allorché
si tratta di misurare angoli un poco grandi, il cambiamento
di vista, e di distanza dell'oculare può alterare qualche po-
co la loro grandezza . La ragione è fondata in ciò , che per
la vision distinta di un oggetto non fa d'uopo che tutti i
raggi emanati da un punto del medesimo coincidano esatta-
mente in un punto della retina; per la qual cosa se O, 0-'
sono gli obbiettivi di queir istromento convenientemente se-
parati per far coincidere nel loro fuoco F le immagini di due
oggetti S , S' ; l'occhio situato dietro l'oculare AB potrà nel
medesimo tempo vedere perfettamente gli oggetti toccantisi
in F o divisi in f o finalmente soprapposti in f essendo gli
angoli formati dai raggi che partono dalle estremità degli ob-
biettivi minori dell'angolo SFS' , per cui può accadere che
dallo smuovere l'oculare per lo spazio/,/', o da un cam-
biamento del fuoco dell'occhio, che a ciò equivalga, i pri-
mi non cagionino aberrazione sensibile, mentre per quella
stesso movimento la separazione dei due assi SF, S'F si ren-
de manifesta . Di qui si vede che quanto è più grande l' a-
35o Descrizione di un nuovo Micrometro .
pertura degli obbiettivi la precisione delle misure deve essere
maggiore
Un'altra imperfezione del micrometro obbiettivo appli-
cato ai cannocchiali si è ritenuto esser quella proveniente
dalla parallassi ottica , per cui se le due immagini di diversi
oggetti si toccano in mezzo al campo del Telescopio, queste
allorché saranno vedute ai bordi si separeranno .
Questo difetto però è di poco momento, essendo assolu-
tamente nullo nel centro del campo, ed insensibile nelle vi-
cinanze del medesimo, ove si giudica sempre del contatto del-
le immagini, perchè ivi sono più distinte. Ed è poi per que-
sto riguardo senza dubbio meno imperfetto del micrometro
a fili in cui la coincidenza de' medesimi co' diversi punti del-
la immagine si fa ad una maggior distanza dal centro .
Finalmente gli errori che si sono commessi col microme-
tro, obbiettivo nella misura dei piccoli angoli si sono da al-
cuni fatti derivare dalla dilatazione prodotta per la diversa
temperatura nel tubo del Telescopio al quale è applicato: ma
è facile il conoscere che questo preteso diffetto non ha più
fondamento di quello enunciato dal Sig. Mas/celine, poiché
l'allungamento o accorciamento del tubo non facendo che
rendere diversa la distanza fra il grande specchio e lo spec-
chietto del telescopio equivale come è manifesto ad un cam-
biamento di vista O diversa posizioni? J^IT oculare , laonde
per quello che abbiam veduto ciò non può per conto alcune
alterare la misura dell'angolo.
Le tre principali surriferite circostanze adunque dalle
quali si è creduto dipendere la diversità di valori ottenuti
nel misurare in vari tempi un medesimo angolo, non posso-
no per le fatte osservazioni , essere le vere origini di tali er-
rori . Noi dobbiamo per conseguenza derivarli da altre cause,
le quali per le osservazioni che ho fatte credo che siano le
seguenti .
L'apertura della lente divisa è comunemente grande in
proporzione della sua lunghezza focale , e ciò perchè nella
Del Sic. Gio. Battista Amici . 35 1
misura dei grandi diametri per esempio del Sole , e della Lu-
na, non venga otturata molta parte della bocca del Telesco-
pio ove la detta lente è applicata , e tolta così troppa luce
allo specchio . Ora questa troppo ampia apertura cagiona una
considerabile aberrazione, per la quale le immagini sono in-
distinte specialmente nella circostanza delle maggiori separa-
zioni delle semilenti; se a ciò si aggiunge la difficoltà di ri-
mettere le semilenti nella medesima situazione, che avevano
prima di tagliarle, sarà questa un'altra circostanza che con-
correrà ad aumentare ognor più l' indistinzione delle immagi-
ni vedute nel Telescopio . Ma questa indistinzione di contor-
no porta di necessaria conseguenza che non si possa accertar
bene il contatto dei lembi delle immagini . Dunque non è da
maravigliarsi se accada sovente di ottenere con siffatto stru-
mento dei valori diversi per un angolo medesimo .
Ho veduto de' micrometri obbiettivi fabbricati dai celebri
Dollond , e Short , che applicati ai rispettivi telescopi ren-
devano gli oggetti manifestamente confusi, mentre i sempli-
ci Telescopi lavorati colla maggior perfezione li mostravano
eccellentemente .
Un'altra causa estrinseca contribuisce all'incertezza del-
le misure, e deriva questa dallo stato dell'atmosfera. Per ve-
dere come ciò avvenga , si rifletta , che i raggi emanati da
un punto di un oggetto attraversando l'aria ricevono una
quantità di storcimenti dai vapori che incontrano, li quali
cambiano la loro primitiva direzione, ed avvegna che la de-
viazione sia infinitamente piccola, allorquando l'atmosfera è
placida e chiara , ella è però assai sensibile in uno stato di
aria agitata, o pregna di esalazioni, per cui l'unione di quei
raggi raccolti dall'obbiettivo del cannocchiale facendosi in un
piccolo spazio, le immagini di due punti vicinissimi dell'og-
getto si soprappongono, e ne nasce quindi l' indistinzione .
Ora se si considera che le semilenti convenientemente sepa-
rate per misurare il diametro di un oggetto sono basi di due
semiconi di raggi che provengono dai due punti estremi del
35a Descrizione ni un nuovo Micrometro .
diametro dell'oggetto, e che questi semiconi di raggi nel lo-
ro transito attraverso l'aria possono esser piegati in differen-
ti maniere, si vede chiaramente che le immagini confuse di
que' due punti prodotte dalle semilenti potranno essere alter-
nativamente portate al contatto, od alla separazione, o soprap-
posizione , e cagionar quindi errore nella grandezza dell' an-
golo.
Tutto ciò viene confermato dalla esperienza, ed ho sem-
pre trovato, allorché lo stato dell'aria era favorevole, le due
immagini immobili; mentre al contrario in circostanze diver-
se, costantemente le ho vedute in continuo tremore, per cui,
ora sembravano toccarsi, ora accavalciarsi, ed altre volte stac-
carsi, e per quanta attenzione mettessi nell' assegnare il con-
tatto, pure alle volte l'errore nella misura dell'angolo am-
montava a più secondi . Ma fortunatamente questo difetto do-
vuto ad una causa fisica indipendente dall' istrumento, e che
può aver condotto in errore alcuni osservatori, viene appun-
to distrutto nel tempo stesso che l' aspetto dell' oggetto è il
più propizio per essere contemplato .
Le maggiori imperfezioni adunque del Micrometro obbiet-
tivo si riducono a mio credere a due soltanto; primo cioè,
quella dell'impossibilità, o almeno estrema difficoltà di co-
struire delle lenti da poter applicare ad ampi Telescopi ca-
tadiottrici ; e secondariamente, l'altra dell'aberrazione pro-
dotta dalle lenti medesime, la quale rendendo indeterminati
i contorni delle immagini turba perciò la precisione della mi-
sura degli angoli ; ma col trasportare semplicemente come ho
immaginato il Micrometro Dollondiano tra l'obbiettivo, e l'o-
culare di un Telescopio si toglie affatto la prima imperfezio-
ne ; e si diminuisce di tanto il secondo diffetto da renderlo
insensibile ; e nel medesimo tempo ci si offre il vantaggio di
una più ampia scala unitamente ad altri comodi, e speditez-
za dell' osservazione .
In effetto , sia MN una lente obbiettiva di un cannoc-
chiale del fuoco OF, e sia B'A' l'immagine di un oggetto AB
che
Dei. Sic Gio. Battista Amici. 353
che si vuol misurare. Se in M'N' tra l'obbiettivo, ed il suo
fuoco si ponga un' altra lente convessa , questa rifrangendo
di nuovo i raggi formerà in F' una nuova immagine dell' i-
stesso oggetto AB la quale sarà perfettamente simile alla B'A'
non differendo in altro che nella grandezza . Supponiamo ades-
so la lente M'N' divisa in due parti alla maniera de' Micro-
metri obbiettivi . È certo che si potranno scostare li due seg-
menti in modo, che le estremità delle due immagini di AB,
che ne provengono coincidono in F' : ciò posto egli è d' uo-
po osservare che il punto A manda alla lente MN un cono
di raggi luminosi i quali essendo dalla medesima rifratti si
dirigono tutti verso A' per formarvi l'immagine del punto A;
ma venendo questi raccolti prima dalle semilenti, si piegano
in modo da produrre due immagini del medesimo punto A,
una delle quali , e precisamente quella proveniente dalla se-
milente M'C , si suppone essere in F' . Di tutti que' raggi, che
incontrano la semilente M'C quello soltanto che passa pel cen-
tro soffre rifrazione . Questo stesso raggio adunque auderebbe
in A' ove è diretto in virtù dell'obbiettivo . Riflettendo per-
tanto che questo medesimo raggio avanti di giungere in A'
deve unirsi nel punto F' cogli altri tutti rifratti dalla semi-
lente M'C per farvi l'immagine di A , si vede chiaramente
che conducendo per A'F' una retta, questa prolungata passe-
rà pel centro C della semilente, e così tirando la B'F' ella
indicherà la direzione del centro C dell'altra semilente . Da
tutto ciò ne segue , che sarà la metà della distanza dei cen-
tri delle semilenti alla tangente della metà dell'angolo sotte-
so dall'oggetto al centro dell'obbiettivo, come O'F' a F'F,
essendo il raggio uguale alla distanza focale dell'obbiettivo
MN ; laonde il valor dell'angolo che si vuol misurare verrà
determinato dall'apertura delle semilenti, la quale per un
dato angolo può essere aumentata a piacimento, dipendendo
questa dalla lunghezza focale dell'obbiettivo, e della lente
che serve per Micrometro, come pure dalla diversa distanza
di quest'ultima dall'obbiettivo medesimo.
Tom. XVII. 45
354 Descrizione di un nuovo Micrometro .
L* estensione della scala però non deve farsi troppo gran-
de, e ciò perchè la misura degli angoli non sia ridotta a trop-
po stretti confini , ma basta limitarla a tale ampiezza , che
gli errori dipendenti dalla medesima siano al disotto di quel-
le più piccole distanze delle quali si può portar giudizio col-
la forza del Telescopio .
L' accostamento del micrometro al fuoco del cannocchia-
le deve anche esso essere limitato; poiché per il troppo gran-
de restringimento del cono di luce, che spetta a ciascun pun-
to dell'oggetto, la laminetta di metallo che attraversale se-
milenti intercetterebbe la maggior parte de' raggi che vanno
a formare le immagini .
Questa situazione poi del Micrometro fa che gli errori
provenienti dalla aberrazione delle lenii, e dalla difficoltà del-
la loro giusta rettificazione siano infinitamente diminuiti tan-
to per la ristrettezza del cono di luce che riceve , quanto per
il suo accostamento al fuoco dell' obbiettivo .
Non picciol vantaggio è poi quello di ottenere le imma-
gini egualmente luminose nella misura dei diversi angoli, loc-
chè non si ha con l'altro Micrometro, a meno che l'aper-
tura delle semilenti non sia molto più grande dell'obbiettivo
del cannocchiale .
Finalmente l'applicazione del medesimo a qualunque sor-
ta di Telescopi catadiottrici , o diottrici non ha alcuna diffi-
coltà , ed è con uno di questi istromenti che io ho corredato
un Riflettore da me costruito di forma Newtoniana avente
otto piedi di fuoco con undici pollici di apertura .
Il Micrometro è attaccato alla parte esterna del cursore
che porta il piccolo specchio piano, ove è pur fissato un cer-
chio graduato per conoscere la posizione del medesimo Mi-
crometro nel suo moto rotatorio. L'oculare conserva sempre
una egual distanza dalle semilenti, la quale è circa sette pol-
lici, e la visione distinta nel Telescopio si ottiene col solito
movimento del cursore a cui è applicato tutto il macchinismo.
Al fuoco dell'oculare vi sono due sottilissimi fili che s'in-
Del Sic Gio. Battista Amici. 355
tersecano ad angoli retti, mentre uno sta paralello alla divi-
sione della lente del Micrometro; e ciò per misurare la dif-
ferenza di ascensione retta e declinazione di due oggetti nel
cielo, quando queste distanze non superino l'estension totale
della scala, la quale è di due minuti e a5", ed ogni minuto
primo corrisponde ad una separazione di quattordici linee dei
centri delle semilenti, cosicché l'apertura g$ di linea equi-
vale ad un minuto secondo .
Questa scala che ho determinato col calcolo dietro la
cognizione dei fuochi dello specchio obbiettivo e della lente
divisa , come pure della distanza di questa al fuoco del pri-
mo l'ho anche verificata coli' esperimento mediante il solito
mezzo di trasportare ad una conveniente distanza un oggetto
di cognita grandezza perchè sottenda al centro dello specchio
un dato angolo .
Le semilenti possono ambedue muoversi tanto a dritta
che a sinistra, e le divisioni sono al di qua, come al di là
dello zero,locchè è un grande vantaggio per determinare col-
la massima esattezza il contatto, come pure la perfetta coin-
cidenza delle due immagini .
L' indistinzione del Telescopio cagionata dalla aggiunta
del Micrometro è insensibile , ed anche con esso alla distan-
za di 890 piedi parigini con un ingrandimento di n5a si
possono leggere dei caratteri , e de' numeri , la di cui altez-
za è nove punti del medesimo piede di Parigi .
La divisione dell'anello di Saturno, la banda oscura che
ne attraversa il disco, come pure li cinque satelliti più ester-
ni restano visibili, quand'anche le semilenti siano separate
alla maggior distanza , meglio che in un buon Telescopio New-
toniano di otto piedi di lunghezza, e pollici 6 \ di apertura
senza micrometro .
La sera degli 8 Ottobre alle ore 7 osservando Saturno
presi le misure del diametro maggiore dell'anello, e del glo-
bo, e trovai che il rapporto di questo a quello sta come 88 : 37,
e che l'angolo sotteso dal diametro maggiore dell'anello era
356 Descrizione di un nuovo Micrometro .'
38", 06. II Signor Barone Zach (a) lo trovò di soli 35", 089?
ma altri osservatori lo trovarono maggiore: Pound 4av'j Rochon
4o" , 6 ; Herschel 4U" ? 682 , ed io non ho motivo di creder-
mi lontano dalla vera nemmeno di un minuto secondo, seb-
bene rilevata da un'unica osservazione, poiché negli esperi-
menti che io aveva già fatti anche in terra, la differenza di
un minuto secondo si è sempre resa a colpo d'occhio mani-
festa; ed avendo posto ad una distanza di mille piedi, esat-
tamente perpendicolare all'asse del Telescopio un rettangolo
il di cui lato maggiore cresceva di ^ dall'altro, mentre il
minore sottendeva al centro dello specchio obbiettivo un an-
golo di un minuto primo, ho sempre trovato , girando il Mi-
crometro dopo aver separate le lenti in modo che le imma-
gini del rettangolo nel »enao minoro fusscru portate al con-
tatto , che le altre immagini nella direzione più lunga si ac-
cavalcian di molto .
Io non parlerò qui di tutti i diversi usi de' Micrometri.,
e de' vantaggi che da essi ritraggono l'Astronomia, la Geo-
desia , la Nautica , e la Storia naturale perchè troppo cogni-
ti ; ma farò bensì riflettere che questo mio istrumento si pre-
sta comodamente alla misura della distanza degli oggetti ter-
restri , cognita la loro grandezza assoluta -, poiché non è ne-
cessaria che l'applicazione di un Vernìer , o Nomilo al cur-
sore che porta la macchina per marcare le variazioni del fuo-
co del Telescopio , e di costruire una Tavola che mostri i
cambiamenti della scala che da ciò ne derivano .
Ho avvertito che l'oculare del mio istromento porta al suoi
fuoco due fili che s'incroccichiano ad angeli retti, e situati,
in modo che uno di essi riesce paralello al taglio della len-
te del Micrometro per determinare la differenza di ascensio-
ne retta, e declinazione di due oggetti celesti.
È noto come debba operarsi per ottenere il medesimo in-
fo) Secondo supplimento alle Effemeridi Astronomiche del Sig. Bode ,
Del Sic Gio. Battista Amici . 3S7
tento col Micrometro del Dollond; ma siccome il metodo da
usarsi col mio è alquanto differente a causa dei fili dell'o-
culare, i quali conservando sempre la medesima posizione ri-
guardo alle semilenti hanno con esse di comune il movimen-
to circolare , così credo che non dispiacerà che io qui mostri
questo metodo facile che ci può far conoscere se le piccola
stelle hanno intorno ad altre vicinissime maggiori alcun mo-
vimento , nella quale delicatissima ricerca si è molto eserci-
tato il celebre Herschel .
Siano dunque A , B ( Fig. 4 ) due stelle delle quali si ve-
glia sapere la differenza di ascensione retta, e di declinazio-
ne . Il circolo MXNY rappresenti il campo del cannocchiale,
ed XY, MN i due fili che si segano ad angoli retti, mentre MN
è costantemente paralello alla linea c.\\p congiugne i centri
delle semilenti . Si faccia ruotare il Micrometro finché una
stella per esempio la B scorra col suo moto diurno lungo il
filo MN , e quindi si separino le semilenti, fintanto che la
seconda immagine a della 3tella A passi il filo orario XY nel
medesimo istante che vi passa la B . La distanza de' centri
delle semilenti indicherà in questo caso la differenza di ascen-
sion retta delle stelle . La ragione ne è evidente . Ciò fatto
si giri circolarmente il Micrometro sinché le due immagini
B,# della stella B, che scorrevano lungo MN lo attraversi-
no pel loro moto diurno nel medesimo momento . In tal cir-
costanza il Micrometro avrà girato 900 . Perciò la separazione-
delie semilenti, che da prima si faceva nel senso dell'equa-
tore, si farà ora nella direzione del circolo orario il quale
sarà rappresentato da MN . Si avrà dunque la differenza di
declinazione se si scostino le semilenti per modo che la im-
magine più settentrionale della stella più meridionale tocchi ,
e scorra lungo il filo parallelo all'equatore nel medesimo tem-
po che è scorso dall' immagine più meridionale della stella
più settentrionale .
I fili che servono per l'oggetto suindicato sono anche di
un ottimo uso e rimedio per evitare gli errori che possono-
358 Descrizione di un nuovo Micrometro .
con questo istrumento commettersi per ragione delle diver-
sità di viste . Infatti un cambiamento di vista fa che attra-
verso l'oculare non si vedano le immagini distinte in quel
luogo , che da prima si scorgevano tali , onde restando l' o-
culare stesso costantemente ad una egual distanza dal micro-
metro , per procurarsi la visione distinta converrebbe muo-
vere il cursore che porta il micrometro medesimo insieme al
piccolo specchio piano; per un tale movimento l'immagine
dell' oggetto cambierebbe di distanza rapporto alla lente bi-
partita, e così alterandosi questa distanza che è uno degli
elementi che determinano l'ampiezza della scala si commet-
terebbe errore nella misura dell'angolo. Si evita questo in-
conveniente col mezzo dei sopraddetti fili i quali si conserva-
no sempre egualmente distanti dalle semilenti, e l'oculare
avendo uu piccolo movimento parziale lungo il tubo permet-
te che i fili possano essere attraverso il medesimo veduti di-
stintamente accostandolo , o allontanandolo secondo le diver-
se viste. Corretto cosi col parziale movimento dell'oculare il
cambiamento del fuoco dell'occhio, la grandezza dell'angolo
non può più per questa ragione venire alterata .
L'uso del micrometro che ho descritto è limitato soltan-
to alla valutazione di picciolissimi angoli, e quantunque ciò
bastasse per riconoscerne la utilità, poiché hanno in tali mi-
sure fondamento molte bellissime, ed interessanti ricerche;
non ostante ho cercato di renderlo servibile, e sempre colla
medesima esattezza, alla misura di angoli maggiori , come sa-
rebbero i diametri del Sole , e della Luna .
A tale effetto bastano due prismi acromatici uguali la
di cui rifrazione posti nel Telescopio vicini alle lenti del Mi-
crometro, sia di sedici minuti, e trenta secondi circa. Uniti
questi per le basi triangolari in modo che i loro angoli re-
fringenti sieno opposti , e situati in prossimità delle semilen-
ti in tal maniera , che il piano , per cui sono uniti prolun-
gato passi pel taglio delle medesime lenti , la rifrazione to-
tale di ambidue sarà circa minuti 3i la quale potrà essere
ab' t /rft-ttd'/iia
zrt&ca-.
^yo^.<J^r^/. <^7#7?i-jn&7:yj<i:/.3S<?.
<
y. 4
<j/<z£/.-£%r.
■-^sf^rtU/té *& iSfttztdt&écctu t^/^C* tJ7xìb£ \S7&*7U ,l*T2?Tyy.jy.J//
Del Sic. Gio. Battista Amici . 359
assegnata molto esattamente colla esperienza . Ora la gran-
dezza delle semilenti può farsi tale che la rifrazione giunga
a tre minuti e più senza che ne provenga alcuna aberrazio-
ne sensibile ; e siccome debbono essere le semilenti montate
in modo da separarsi tanto da una parte come dall'altra del-
lo zero della scala , locchè si è di sopra avvertito , così le
rifrazioni di queste si faranno, o nel senso di quelle dei pris-
mi , od in senso opposto , e si potranno perciò valutare gli
angoli dai a8' alli 34' , nei quali limiti sono compresi li dia-
metri del Sole , e della Luna .
Ciò che si è detto riguardo alla misura degli angoli sot-
tesi dai diametri del Sole, e della Luna si estende anche ad
altri diversi angoli di limitata grandezza sostituendovi altre
coppie di prismi acromatici di conveniente rifrazione .
36o
TEORIA DEL NUOVO PIANETA VESTA
RICAVATA DALLE OPPOSIZIONI
DEGLI ANNI 1808 — io — 11 — ia — 14,
CON LE TAVOLE PER CALCOLARE AD OGNI ISTANTE
LA SUA POSIZIONE GEOCENTRICA
MEMORIA
Del Signor Giovanni Santini.
Ricevuta li 2,4 Dicembre 1814.
I /npo la scoperta di questo Pianeta si sono con tutta cura
osservate dai più rinomati Astronomi d' Europa le sue oppo-
sizioni col Sole, e sonosi pubblicati in diverse Effemeridi, gior-
nali, ed atti d'Accademie i risultati di queste importanti osser-
vazioni. Il celebre Dott. Gauss e colle opposizioni osservate,
e col mezzo di altre osservazioni, corresse successivamente gli
elementi ellittici di questo Pianeta, e determinò così diverse
Elissi, le quali rappresentano con molta regolarità le osserva-
zioni di Vesta fatte in diversi punti della sua trajettoria .
Nello scorso Gennajo del corrente anno (1814) intrapre-
si a calcolare le opposizioni degli anni 181 1, 1812 da me os-
servate in questa Imperiale Regia Specola, servendomi per
tale oggetto degli elementi ellittici che trovansi riferiti nel
Voi. XXIV ,pag. 102, del riputato Giornale intitolato Monat-
liche correspondenz etc, e che riferiremo qui per comodo
dei nostri lettori .
Epoca 18 11 24 Ottobre 0'' in Gottinga. = 2.5°. 4'- 3l"
Moto diurno tropico = 977 "569
Longitudine del Perielio = 2,49 . 19 . 6
Longitudine del Nodo .„...= io3 . 9 . 3g
Inclinazione dell' Orbita = 7 . 8 . aa
Eccentricità = sen. 5° . 6'. o" . . .= 0,088894
Log. semiasse maggiore = o , 373a4o •
Del Sic Giovanni Santini-. 36 i
Questi elementi , rappresentando con sufficiente esattez-
za le osservazioni fatte intorno all' opposizione dell' anno 181 1 ,
si allontanano già sensibilmente dalle osservazioni dell'anno
1812, e perciò ho tentato di determinare un'elissi che sod-
disfacesse alle quattro osservate opposizioni . Avendo in se-
guito confrontato i luoghi calcolati in questa ellisse con gli
osservati nell'anno 1807, e con l'opposizione del 181I ac-
caduta in Febbrajo, mi accorsi facilmente, ~he non era pos_
sibile rappresentare queste posizioni senza tenere uv~+0 jgj.
le perturbazioni prodotte dagli altri pianeti , massime da Gio-
ve , le quali per la sua vicinanza , e per la sua forte massa
si rendono molto sensibili , ed a tale oggetto calcolai dietro
la teoria del celebre La Place le disuguaglianze di Vesta ,
prodotte dall'azione di Giove, e di Marte dipendentemente
dalle prime potenze dell'eccentricità. Introducendo nel cal-
colo queste disuguaglianze ho determinato una nuova ellisse ,
la quale rappresenta con sufficiente esattezza le posizioni fin
ora osservate .
Mi propongo di render conto di questo mio tenue lavo-
ro Astronomico in questa Memoria , che dividerò iti due ar-
ticoli, investigando nel primo l'orbita ellittica, che soddisfa
alle opposizioni degl'anni 1808, 1810, 181 1, 1812,, e nel
secondo le perturbazioni dipendenti dall'azione di Giove, e
di Marte ( non avendo riguardo che alle prime potenze del-
le eccentricità, ed inclinazioni ) unitamente alle variazioni
secolari degli elementi ellittici , ed alla ulteriore correzione
dei medesimi , avuto riguardo alle perturbazioni . Per ultimo
ridurremo le perturbazioni in alcune tavole molto comode ,
dando le opportune formole per il calcolo dei luoghi geocen-
trici di Vesta .
Tom. XV IL 46
302
Teoria del kuovo Pianeta Vesta ec.
ARTICOLO I.
Osservazioni intorno alle opposizioni degli anni 1811, 1812;
Elementi ellittici , che rappresentano le prime quattro op-
posizioni dì Vesta . Osservazioni di Vesta intorno all' oppo-
sizione dell'anno i8i4-
j O'-^rvazioni originali fatte al quadrante Murale di
Kamsden nel 181 1 ponendo in uso il pendolo di Grani rego-
lato sul tempo sidereo .
1811
Gior.
Nomi
Tempo
del Pendolo
Distanza
al Zenit
Bar. in
poli. lin.
Term. di
Reaumur
Maggio
'4
Vesta
16*. 3»'. 17", 5
57°.55'.3o"
a8 . 2
IO , 0
5
1 1 Scorpione
Vesta
i5 . 57 . 5 , o5
16 . 3i .32 ,68
57 . 36 . 5
57 . 54 . 4°
28 . 1
i3 , 0
8
11 Scorpione
Vesta
i5.56.55 ,66
16 . 29 . 12 ,32
57 . 36. 3
57 . 52 . 42
28 . 2
i5 , 0
16
11 Scorpione
Vesta
i5 . 56 . 40 ,44
16 . 22 . 7 , 66
57 . 36 . 2
57 . 5o . 5
28 . 0
i5 , 0
'7
11 Scorpione
Vesta
i5.56.38 ,16
16.21. 9 ,66
57 . 36 . 4
57 . 5o . 6
28 . 1
14 , 0
23
11 Scorpione
Vesta
i5 . 56 .26 ,28
16 . i5 . 6 ,64
57 . 36 . io
57 . 5i .58
24
1 1 Scorpione
Vesta
i5 .56 . 24 , 12
16. 14. 4 ,72
57 . 36. 3
57 . 52 .3i
25
11 Scorpione
Vesta
i5 . 56 .22 , 6
16 . i3 . 2 , 5o
57 . 53 . 14
28 . 2
16 , 0
Ho calcolato la posizione apparente della stella di con-
fronto, desumendone la posizione media dal catalogo di Piazzi,
ed applicandovi le opportune correzioni per l'aberrazione, e
nutazione, che calcolai colle tavole del Sig. Gauss. Ho ot-
tenuto in tal guisa per il giorno 4 ■> e a5 di Maggio le se-
guenti posizioni apparenti .
4 Maggio 2,5 Maggio
11 Scorpione AR app. = i5A. 57'. 9", 27 . i&.fy'. 9",46
decl.aust.app. = 120. i3'.37", 3 . ia°.i3'.36", 1
Del Sic Giovanni Santini . 863
Col mezzo di queste posizioni apparenti ho dedotto le
seguenti AR, e declinazioni di Vesta, rapporto alle quali os-
servo, che non ho tenuto conto della correzione al catalogo
prescritta dal celebre autore nel suo VI libro della Specola
Palermitana, e che rapporto alle declinazioni ho calcolato
l'errore del principio di numerazione dello stromento per tut-
te le sere, e di questi errori ho preso il medio, del quale
mi sono servito per correggere le distanze al zenit di Vesta
osservate . Con queste avvertenze si trovano i seguenti risultati
Magg.
Gior.
Tempo Medio
AR app.
di Vesta
Deci. Austr. app.
Aber.
Nut.
in A. R.
Aber.
nut. par.
in declin.
4
i34. 44'. 18", 1
2480. 4'. 37", 6
-12°. 33'. 3", 5
-5", 3
-+-3", 4
5
i3 . 39 .40 , 7
247 . 54 . 14 , 8
i2 . 3a . i3 , 4
8
i3 . 25 . 42 , 3
247 . 21 . 28 , 6
12 . 3o . i5 , 4
16
12 . 47 • 26 , 9
245 . 39 . 8,3
12 . 27 . 38 , 2
i7
12 . 4^ ■ 35 , 3
245 . 25 . 12 , 6
12 . 27 . 39 ,2
23
12 . i3 . 9,8
243 . 57 . 26 ,7
1 2 . 29 . 3 1 , 2
M
12 . 8 . 14 , 3
243 . 4a • 3o , 6
12 . 3o . 4 > 3
25
12 . 3 . 18 , 0
243 . 27 . 20 , 4
— 12 . 3o . 47 , 4
— 7 , 0
-+- 2 j 7
Mediante i sopradescritti elementi ellittici ho calcolato
le Ascensioni rette, e declinazioni di Vesta per il momento
di ogn'una delle precedenti osservazioni, ed ho ridotte le
posizioni osservate all'equinozio medio, applicandovi l'aber-
razione e la nutazione , e la paralasse per renderle compara-
bili alle calcolate; ho ottenuto così i resultati qui annessi.
364
Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Maggio
Giorni
AR calcolate dall'
Equin. Medio
Errori
Declinazioni
calcolate
Errori
4
248°. 4'. 18", 8
-i-i3":4
— I2°.33'.39",4
-t-38", 9
5
247 . 54 • 8,0
-1- 1 , 5
12 . 32 . 53 , 0
-t-4a ,6
8
247 .21 . 17 , 0
+ 6,c
ia . 3o . 5a , 5
-t"40 1 !
16
245 . 38 . 52 , 3
■+- 9,9
12 . 28 . 14 , 6
-+-39 ,4
J7
245 . 24 . 5o , 4
-+- r6 , 0
12 . 28 . 14 , 0
-(-37 , 8
a3
243 . 57 . 3,o
-+-17 ,0
12 . 3o . 1,8
i-33 j 6
*4
243 • 4a • ' j 8
+ 21 , 9
12 . 3o . 39 , 2
-+-37;9
25
243 . 26 . 56 , 8
->-->7 >4
12 . 3i . 22 , 3
-1-37 ,9
Medio
-t-io',4
^37", 3
Nel prendere il medio ho escluso le prime tre osserva-
zioni perchè troppo remote dall' opposizione, e discordano un
poco dalle altre riguardo all'AR.
Applicando ora ai sopra descritti medj l' errore del ca-
talogo, che inerendo al precetti del Sig^ Piazzi è=-+-5",o
in AR , 1", 5 in declinazione, avremo
err. in AR = da=+ 2. i",^); quindi risulta err. in long.=-»-i4",2
in decl.==-dd=-i-'ò5 ,8) err. in latìt. =-+-39 ,0
ove i segni devono interpretarsi in modo, che la quantità
calcolata debba sempre algebraicamente sommarsi col suo er-
rore per ottenere la corrispondente quantità osservata .
Correggendo in tal guisa le longitudini, e latitudini geo-
centriche calcolate per i giorni 2,4, e 2,0 Maggio, e facendo
uso delle tavole solari del Sig. Carlini , trovo i seguenti ri-
sultati
Del Sic Giovanni Santini
365
Maggio
Gior.
Tempo Medio
Long, di -A
dall' Equin. Med.
Long, di S
dall' Equin. Med.
Lat. Bor. g
M
la*. 8'.i4",3
344°. 3'.39",o
34*0.49'. aa'r, 6
8°.37'.28",3
a5
12 . 3 . 18 ,o
243 . 49 . 7,3
243 . 46 • 46 > 7
.8 . 34 . 7,2
Differenze
a3 . 55 . 3,7
— 4.3i , 7
•*■ 57 . 24 , 1
— 3 .21 ,1
Di qui risulta, che l'opposizione di Vesta ebbe luogo il gior-
no a5 Maggio 181 1 a iaA. 5o'. 3", 1 T. medio al mer. di Padova
La long, del Pianeta dall' Equin. Med. era =243°. 48'. 38", 9
La latitudine Geocentrica boreale . . . 8 . 34 . 5 , 8
IL Opposizione dell'anno 1812.
L'Osservatorio Astronomico fu arricchito in quest'anno
dalla Sovrana munificenza di un secellente stromento dei pas-
saggi del Sig. Reichenbach di tre piedi e mezzo, fornito di
un ottimo livello internamente lavorato diviso dalla parte del-
la bolla in parti decimali segnate sulla canna medesima di
vetro . Ogni parte contiene linee 1 | del piede di Parigi , e
corrisponde a o" , 8 , come me ne sono assicurato col mezzo
del micrometro annesso al quadrante murale di Ramsde/i . li
canocchiale acromatico è di tale forza, e chiarezza, che si
può vedere la polare, e (5 dell'orsa minore nel mezzogiorno.
L' apertura dell' obiettivo è di tre pollici . L' illuminazione
dello stromento si fa per l'asse, ed ha cinque sottilissimi fili
di ragno tesi nel foco dell'oculare dei quali il terzo giace nel:
piano del Meridiano . È montato nella medesima sala del qua-
drante, cosicché dopo di avere osservato l'appulso di un astro
ai cinque fili dello stromento dei passaggi si ha ancora il
tempo di osservare al quadrante la distanza al zenit.
Le seguenti osservazioni sono state fatte nel modo indi-
cato riducendo gli appulsi ai cinque fili dello stromento dei
passaggi al terzo filo, ed osservando le distanze al zenit nel
quadrante di Ramsden , ove è da notarsi, che si sono lette
le due divisioni , e si è preso il medio .
366
Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Nomi
app. al 3° filo
Distanze
Barom. in
Term.
Giorni
delle Stelle
al Zenit
poli. lin.
Reaumnr.
Ottobre 16
0 della Balena
2'-. 7'. 47", 42
49°. 12'. 18"
1812
Vesta
2 . 22 . 4 j 7a
42 . 5i .53
12% O
y Balena
2 . 3i . 3o , 66
43 . 56 .12,5
37.P. n!, 5
J7
O Balena
2 . 7 . 47 , 3o
49 . la . 27
Vesta
2.21. 8 , 70
42 . 56 . 47
y Balena
2 . 3i . 3o , 34
42 . 56 . 18
p Ariete
2 . 43 . 7 , 02
y Perso
2 . 49 . i3 , 4a
6 Perseo
a . 53 - 56 , 26
z Eridano
3 . 4.38 ,5o
a8 . 0 , 7
11 , 3
24
v Pesci
0 Pesci
e Cassiopea
1 . 29 . 37 , 18
1 . 33 . 26 , 5o
1 . 39 . 0 , 04
« Ariete
1 . 54 . 33 , 80
22 . 49 • 0
0 Balena
2 . 17 . 48 , 82
49 . 12
Vesta
2 . 14 . 23 , 55
43 . 28 . i5
d Balena
a . 27 . 48 , 60
45 . 5i . 38
y Balena
a . 3i . 3o , 85
42 . 56 . a3
38 . 0 , 0
11,0
25
v Pesci
1 . 29 . 36 , 55
40 . 5o . 40
s Cassiopea
1 . 39 . 0 , 60
— — —
a Ariete
1 . 54 . 33 , 60
22 . 48 . 59
0 Balena
a. 7.48,44
49 . 12 . 29
Vesta
a . i3 . 24 , 72
43 . 3a . 22
d Balena
2 . 37 . 48 , 66
45 . 5i . 42
y Balena
2 . 3i.3i ,58
42 . 56 . 22
38 . 0 , 4
io , 6
27
v Pesci
1 . 29 . 37 , 47
40 . 5o : 5i
quadrant
e rimesso
£ Cassiopea
1 . 39 . 1,4°
— — —
a A liete
1 . 54 . 34 , 48
22 . 49 • 14
0 Balena
a . 7 . 49 , 55
— — —
!
Vesta
2 . 1 1 . 26 , 64
43 . 4° • a5
S Balena
a . 27 . 49 , 42
45 . 5i . 59
y Balena
a . 3i . 3a , 34
42 . 56 . 29
Novemb. a
y Pesci
e Cassiopea
1 . 29 . 45 , 58
1 . 39 . 9 , 36
a Ariete
1 . 54 . 42 , 38
23 . 49 • i3
Vesta
2 . 5 . 4a , °5
44 • 0 . 47 , 2
S Balena
2 . 27 . 57 , 24
45 . 5a . 0,2
y Balena
42 . 56 . 34 , 9
38 . 5 , 0
9 .7
. .— J
Del Sig. Giovanni Santini . 367
Le posizioni apparenti delle stelle di confronto, prendendo
le posizioni medie del catalogo sopra citato del Sig. Piazzi,
vai risultano come segue
Per il 16 Ottobre
Per il 2 Novembre
Nomi
AR. app. in
tempo
declinaz. appar.
AR. appar. in
tempo
Declin. apparenti
v Pesci
0 Pesci
a Ariete
0 Balena
S Balena
y Balena
p Ariete
i*.3i'.4a", 14
1 .35 .3i , 65
1 .56 .38 ,81
2 . 9 . 53 , 77
2 . 29 . 53 , 70
a . 33 . 37 , 24
2 . 45 . 53 ,08
-+- 4°.3a'. i3",3
-+- 8 . i5 . 42 , 9
■+- 22 . 34 . 22 , 6
- 3 . 49 . 54 , 9
— 0 . 29 . 16 , 7
-t- a . a6 . 33 , 0
i''.3i'.4a",i9
1 . 35 . 3i , 74
1 .56 .38,91
2 . 9 . 53 , 98
a . 29 . 53 , 91
a . 33 . 37 , 36
-+- 4°.3a'. i3",i
-t- 8 . i5 . 43 , 3
-♦-22 . 34 • 24 , 3
— 3 . 49 • 56 , 0
— 0 . 29 . 18 , 2
-+- a . 26 . 34 , 0
y Perseo
6 Perseo
z Eridano
2 . 5i . 19 , 58
a . 56 . a , 65
3 . 6 . 44 , 85
Da queste posizioni apparenti ho dedotte le sottonotate
ascensioni rette e declinazioni osservate di Vesta, ove devo
notare, che ho aggiunto alle declinazioni 3", 9 per liberarle
dall'effetto della paralasse . Quindi facendo uso delle tavole
del Sig. Carlini rapporto al Sole, e dei superiori elementi
ellittici di Vesta, ho calcolato le AR, e declinazioni per
gl'istanti delle osservazioni, e le ho cangiate in apparenti
applicandovi l'effetto dell'aberrazione, e la nutazione. Otteti-
ni cosi 1 seguenti risultati
Giorni
Tempo medio
in Padova
AR apparen-
te calcolata
AR apparen-
te calcolata
Differenza
Declinaz.
boreale
osservata
Declinaz.
boreale
calcolata
Differen-
za
Ottob. 16
J7
24
25
27
Nov. 2
I2l42'.5o",4
12.37.58,5
12. 3.4l,5
II .58.47,7
I I .48 .57,1
II . 19 .3o ,2
36°. 2'.47"58
35.48.46,5
34. j. 9,7
33 . 52 .32 , 3
33.22.48,2
3i .54.39,8
35°45'45",3
35.3i.44,2
33 . 5o. i5 ,6
33 . 35 .24 , 0
33. 5.47,4
31.37.49,6
•4-17'. 2",5
17. 2,3
16.54 , 1
17. 8,3
17. 0,8
i6.5o,2
a°.3o'.5i",8
a . 26. 4j9
1 . 54 . 39 , 2
1 . 5o .3a , 0
1 .42.39 ,8
1 . 23 . 19 , 6
2.23 .3o, 7
2.18.42,0
I.47.i3,5
1.43. 7,2
1.35.17,0
1. 14.55, 2
H-7'.2l",I
7.22,7
7-25,7
7.24,8
7 .23 , 8
7.24,8
Medio
16.59,7]
Medio
7.23,6
3Ó8 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Per tener conto della correzione al catalogo ho aumen-
tato il medio in ascensione retta di 5",o e diminuito quello
in declinazione di i",5. Ponendo pertanto
da = -i-i'j'. 4'j 7 ì trovasi.. dl = -t~ i8'.5o", a
dd='+- 7«aa,i ) db = -+- i.i3,j
applicando chieste correzioni alle longitudini, e latitudini geo-
centriche calcolate cogli elementi per i giorni 2,4, e 2,5 di
Ottohre , e partendo dall'equinozio medio^ trovatisi i seguen-
ti risultati.
Giorni
Temp. Medio
Long, di 5
Long, di 5
Latit. geoc. di 55
24
25
12 . 3 .41 .,5
11 .58.47,7
3a0.3i'. 18", 6
>-. - 1 • - -4 1 ,9
3i°.25'. 18", 5
32 . 25 . 0,7
- 11°. 6'. 22", I
— ii . 5 . 14 , 5
Differ.
23 . 55 . 6,2
0
— i5 . 36 , 7
-+- 59 . 4^ 3 %
■*■ » • 7.6
quindi il moto composto è = 75".i8",9. L'istante dell'op-
posizione trovasi 2,5 Ottobre 9^.2,'. 39". 7 tempo medio al me-
ridiano di Padova
Longitudine di 0 in opposizione = 32,°. 17'. 41 "» o
Latitudine geocentrica australe =11. 5 . 2,6 , 3
III. Ricerca dell'ellisse che soddisfa alle opposizioni de-
gli anni 1808 - 1810 - 181 1 - 1812.
Prima di dare i dettagli del calcolo numerico , che ho
eseguito per giungere al desiderato fine , credo opportuno di
riferire nei due seguenti Problemi le formule, di cui mi so-
no servito, le quali non sono, che un caso particolare di
formule più generali sviluppate dal celebre Gauss nell'insi-
gne sua opera intitolata : Theoria motus corporum ccelestiu/n
in sectionibus conicis solem ambientium . Amburgi 1809.'
Pao-
Del Sig. Giovanni Santini . 369
Problema I.
Trovare V espressione generale del differenziale della longitu-
dine eliocentrica di un pianeta .
Sia per tale oggetto
L l'epoca delle longitudini medie
t il tempo decorso dopo l'epoca espresso in giorni
z il moto diurno sidereo del Pianeta
e = sen.<^= l'eccentricità dell'orbita
% = la longitudine del perielio al momento domandato
Q, la longitudine del nodo ascendente
i l'inclinazione dell'orbita
a la distanza media
M l'anomalia media del pianeta
E l'anomalia eccentrica
v l'anomalia vera
r il raggio vettore .
Le formule del moto ellittico danno . . . M = E — sen.<^ . sen.E
'*- ; tang.£o=/(— ).tangiE=tang.(45°-40)tang.|E;
i-Hsen.a>.cos.'
Il valore di r si può ancora scrivere sotto il seguente aspetto
as.cos.*.^ a cos.'s} . cos.a§E
( i-t-sen.0)cos.a5i>-»-( i — sen.ai) sen.3^D ( i -t-sen.ffJ) eoe." £u '
Da quest'ultima equazione deducesi . . . |/|r( 1 -+-sen.<£>)]
cos.^v=[/a .cos.tp .cos.^E che moltiplicata perii valore di
tang.^u dà ...j/[r(i — sen.(p)].sen.^v=i/a .cos.tp. sen.^E .
Le quali due equazioni sono molto comode per dedurre i va-
lori di v , e di r tosto che siasi calcolato il valore di E .
Il prodotto di queste due equazioni dà
r sen. v = a . cos.(p . sen.E
e la somma dei loro quadrati ci porge
a .cos.1 .ai T _ a .cos.1 . ti „ , „
r = — .cos.2|Eh *-.sen.a4E
i-t-sen.aJ i — sea.ti
Tom. XVII. 47
3^o Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
ovvero r = a(i — sen.^5 . sen.E) .
Riunendo ora queste diverse formule avremo
M = E — sen. $ . sen. E .... (i)
tang. £v = tang.(45° -*-£#). tang.£E.... (a)
a costai a . 008.0 . sen. E , , „ > /ox
~ — " = = a( i — sen. <p cos. E) . . .(3)
i-H sen. <p cos. v sen. v
//•.sen.> = i/2a.sen.(45°-4-^).gen.|E) ,,»
j/r. cos.%v = \/2,a .cos. (45° -*-{$) .cos. £E j *
Il differenziale della prima equazione ( avendo riguardo
alla terza ) dà
,„ a.dM a .cos. Ai sen. E 7, a.dM 7,
JE = 1 - d(p = i-sen.u . d<p .
r T T
Se nel differenziale logaritmico della seconda equazione si so-
stituisce il precedente valore di dE , dopo le opportune ri-
duzioni si ottiene
, a*cos.0 7„^ a*. sen. E/ r \ 7,
dv= j-2L .aMh 1 C0S.3(^H I .rf<^ .
Se ora indichiamo per H la longitudine nell'orbita, avremo
H = v -+- it e perciò . . . dK = dv -*- dit . Frattanto essendo
M = L -t- te — s+ 5o" , a . - — sarà *£M = dL -t- £ . <te — dn .
365
Quindi otterremo
JH=^^.JL*^^.^^-H(i-^^).^^sen.E(cos.^-t-I-ì#.
Per trovare ora il differenziale della longitudine eliocen-
trica ridotta all'ellittica, si consideri il triangolo sferico ret-
tangolo, la di cui ipotenusa è w = H — Q, , il lato adiacente,
all'angolo i inclinazione dell'orbita è = /l — Q , il lato oppo-
sto, ossia la latitudine eliocentrica sia=B. Si avranno dal-
la trigonometria le seguenti relazioni .
tang. ( A — Q ) = cos. i . tang. u
cos. u = cos.( A — Q) . cos. /?
tang./? = sen.z . cos. (A — Q) . tarìg.u .
Differenziando la prima di queste equazioni , ed avendo
riguardo alle altre due , si ottiene
Del Sic Giovanni Santini ." 371
dÀ = do, ■+■ c . du — tang. B . cos. (A — Q, ) . di .
COS.* 6
Ora du = dR — dQ ; sostituendo nella precedente i valori di
du e di dR si otterrà il differenziale della longitudine elio-
centrica
j „ a^ cos. (A .cos. i ,T a* cos. é .cos. i , 1 cos. i i a?cos.(t> \ 7
dX = . dh -{ . tdz -f- ( 1 - 1 . ave
ra cos.a 6 t% cos.a 6 cos.a 6 \ ra /
H--^^.sen.E(^*cos.a^y^+(i-£iij.^-cos.(^-tì).tang.i?.^
Che se si volesse eliminare il valore di E dall'espres-
sione precedente , ( la qual cosa può essere comoda quando
si abbiano già delle tavole per l'equazione del centro, e per
il raggio vettore ) allora non si deve far altro, che sostituire
nel coefficiente di d(p il valore di sen.E, che è . ..sen.E=— — -,
a.cos-j*
il quale diverrà in allora . . . '*' e°" ( — -t-cos.ag> ) .
t .cos." 6 . cos.ip \a /
Problema II.
Trovare l'espressione generale del differenziale della latitu-
dine geocentrica di un Pianeta in opposizione .
Sia r la distanza del Pianeta al Sole nel momento dell5
opposizione, ed R la distanza della terra al Sole per il me-
desimo istante . Il triangolo rettilineo , che ha i suoi vertici
nel centro del Sole , del Pianeta , e della terra darà ( chia-
mando b la latitudine geocentrica , (i la latitudine eliocentri-
ca del Pianeta )
— sen . b = sen . ( b — /? )
la quale differenziata nell'ipotesi, che variino tutti gli ele-
menti dell' orbita ellittica del Pianeta , porge
7, sen. b. sen. (b — 6) dr sen. b .cos. (b —6) ,.
db = : . 1 : r//?
sen. 6 r sen. 6
3?* Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
nella quale dobbiamo ora introdurre i valori di dr, e di d(ì
espressi per i differenziali degli elementi dell' orbita .
Il valore di — otterrassi facilmente prendendo il differen-
ziale logaritmico dell'equazione . . . r = a(l — sen.<^ .cos.E),
e rammentando, che dE = — Hsen.u ,d<p si troverà facil-
mente
— = — 1— sen.<^.sen.E.^M-H-f(sen.(^.sen.w.sen.E-cos.(^.cos.E)^.
Per eliminare E da questa espressione si rifletta, che
Er.sen.i) cos.aì sen.1»
= = Z
a. cos. <p i-+-sen. ji .cos. v
,-, sen.<2Ì-t-cos.t>
cos. E = £ .
1 -*-sen.i^ . cos."o
Introducendo questi valori di sen.E, cos.E nel preceden-
te valore di —, e facendo le opportune riduzioni, si ottiene
dr da a. tane, a} . sen.'U ,,„ a. cos. <A cos. v 7,
— = 1 — dM. d<p
r a t t
1 • « 1 . da ... a dz
dove in luogo di — si può scrivere ancora ... . — , giac-
a 3 z
che per la terza legge di Keplero si ha ...a3=K.s""2 es-
sendo K costante per tutti i pianeti . Quanto poi al valore
di dfl conviene ricavarlo dal differenziale della latitudine elio-
centrica . Ora essendo il Pianeta in opposizione , noi possia-
mo servirci della longitudine osservata per calcolare la lati-
tudine eliocentrica, nel qual caso essa non varierà che per
una variazione nel nodo, e nell'inclinazione. Chiamando per-
tanto a la longitudine eliocentrica osservata, avremo per de-
terminare tang. /? 1' equazione
tang. @ = tang. i . sen. (a — Q, )
ìa quale differenziata logaritmicamente nel supposto di a co-
stante darà
_ ft.cos.^ _ j. — cos p ,cot.(a — Qi) .dSL
sen. 6 sen. ai
Del Sic. Giovanni Santini . 373
sostituiti questi valori nell'espressione superiormente determi-
nata per db, ed osservando che dM — dh-t-t .dz — dn avremo
„ a.sen.b. sen.( b-6) .tang. tìsen. t) ,T a.ien.b.sen.(b-6)tang.é .een.v 7
db— ; . clLi -1 — — .citi
(I-
rsen.S r.sen.6
sen.b . seri, (b — 6) a. i.sen. b .seti, (b-6) tang. tp . sen.i^
z .seti. 6 . sen. i" r.sen.6 (
dz
a .seti, b . sen.(i- 6) tang. <j> . cos.v , a . sen. ècos. ( b- 6 ) cos. 6 7,
. «^ ■+- : . di,
t sen. o sen. ai
-sen. b . cos.(& — $)cos./? .cot.(cc — Q) . */& (B)
ove nel coefficiente di g?z si è diviso per sen. i" il termine
diviso per z ad oggetto di ridurre il valore di z dato in se-
condi a parti di raggio .
Per dedurre ora dalle formule precedenti le correzioni
degli elementi dell'orbita (correzioni, che supporremo tan-
to piccole , che le loro potenze superiori alla prima siano tra-
scurabili ) calcoleremo cogli elementi stessi già molto prossi-
mi al vero le longitudini eliocentriche , e le latitudini geo-
centriche per l'istante dell'opposizione. Supponiamo, che sia
la longitudine osservata = a
la latitudine osservata = $
la longitudine calcolata = A
la latitudine geocentrica calcolata = b .
Porremo a = A ■+■ d/L ; 6 = b -+- db , donde ricaveremo-
dA — a — Pi, db = 6 — b. Scrivendo questi valori nelle equa-
zioni (A), (B), e riducendole a numeri per ogni opposizione
si avranno delle equazioni numeriche dalle quali ricaveremo
le correzioni degli elementi , le quali se saranno troppo for-
ti, daranno un nuovo sistema di elementi, rapporto al qua-
le ripetendo le operazioni medesime, potremo determinare
in modo più preciso le sue correzioni, e quindi ottenerne un
altro sistema molto più prossimo al vero. Apparisce di qui,
che se il pianeta descrive un'ellisse, tre sole opposizioni bar
steranno a determinare queste correzioni . Se pertanto gli e-
lementi corretti con queste opposizioni non soddisfanno alle
altre opposizioni , sarà un indizio o della poca esattezza del-
374 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
le osservazioni o della necessità di tenere conto delle disu-
guaglianze provenienti dalle attrazioni degli altri Pianeti .
Prima di passare alle applicazioni numeriche , crediamo
Lene rammentare, che le latitudini geocentriche devono cal-
colarsi colle seguenti formule .
(i) tang./? = sen, («-&). tang.z; (a)tang.^ = -^-^— -.tang./J.
Applicazione delle precedenti formule alle citate opposizioni .
Le opposizioni di Vesta da me osservate , e ridotte all'
equinozio medio somministrano i seguenti dati
= e o
Tempo Medio
in Padova
Long, elioc. ZZi a
Latit. Geocen.= 0
1808. 8 Settembre
8\ 4'. 8"
345"». 53'. 47", 5
— il0. 0'. 24", 1
1810. 1 Gennajo
3 . 9 . 45 , 5
ice . 36 . 3i j 2
— 0 . 3i . 3,3
181 1. 25 Maggio
12 . 5o . 3,i
243 . 48 . 38 , 9
-+- 8 . 34 . 0,8
1812. a5 Ottobre
9 ■ 2 . 39 , 7
32 . 17 . 41 J 0
— 11 . 5 , 26 , 3
Nel ridurre a numeri le formule (A), (B) date superior-
mente ho supposto gli elementi ellittici invariabili, ed ho sol-
tanto tenuto conto della precessione degli equinozj nel ridur-
re la posizione del perielio, e del nodo agli istanti delle so-
pra riferite opposizioni . Dietro queste avvertenze ottenni i
seguenti risultati .
(*) Le opposizioni di Vesta degli an-
ni 1808, 1810 trovansi riferite con mol-
te altre osservazioni degli altri Pianeti
in una mia Memoria inserita nel volu-
me XVI della Società Italiana .
Del Sic Giovanni Santini- ^5
Opposizione dell'anno 1808,
M = 86°.37'.57",a; /? = — 6°. 21'. 23"; A = 345°. 53'. 39", 5
E = 9i . 43 -2,4 ,6 log. r=o ,3743998 £ = — 11. o.5o,6
u = 96.48.5i,8 log. R=o ,0028180 t= — 479^79^^7
ove è da osservarsi, che il valore di t suppone, che venga
fissata l'epoca nell'istante dell'opposizione accaduta l'anno
1810 . Quindi risulta
(A) = 0,9952,7 .dL — 477' 53 . dz -1-0, 00933. J?r-f- 1,99233.^
— o , 00460 . dQ, — o , o5og3 ,di = -+- 8", o
(B) =-4-0 ,0 1 2,38 . dL — a5 , 65 . dz — 0,01 238 .d7i-t-o,oi65i.d<p
-+- o , 09732 . dQ, — 1 , 5346o . di = -+- 26", 5
Opposizione dell'anno 18 io.
M = 2i6°.55\ 3",4; 0 = — o°.i8'.53"; X'— ioo0.'36\a5",o
E = ai4- 3.53,1 log.r=o ,4o4°990 b-= — o . 3o . 5o , 1
u = 2ii .i8.3o,4 log. R=9 ,9926633 £= 0,0
d' onde si deduce
(A) = 0,85744 .dL-*-o ,00 iz + o, 1 3483. dit — 0,99564.^
-+- o ,00773 .dQ,-t-o ,oo549 .<& = -+- 6", o
(B)= — o, 00024. dL — o, 80. dz-\- 0,00024. dir -i-o, oo45i .d<p
— o ,20438 . dQ, — o ,07278 . <& = — i3", 2
Opposizione dell'anno 181 1.
M = 355°.i4'.3o",5; /?=h-4°.32'.2o"; /L=a43°.48'. 3a",l
E = 354 .46.41 ,8 log. r=o, 3329852 b= 8. 33. 18, a
u = 354 • 17 • 32 ,2 log.R=o ,oo58a53 £=-1- 509 ,40298
(A)= 1, 197 io . dL •+- 609 , 82 . dz — o, 19860. dit — 0,20827.^
-4- o , 00 1 5o . dQ, -+- o , 06 1 55 .di = -+- 6", 8
(B) = o ,00128 .dL-*- 19,17.^ — 0,00128 .dit -t-o, 14317.^
-ho , i8o53 .dQ.-+- 1 , 19960 .^i = -+-4a',6
376 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Opposizione dell'anno 18 12,.
M=i36°. 7'.46",4; 0=— 6".44'.4S",S; ^ = 32°. 6'. i8",4
£=139.26.28,7 log. r=c ,4016200 b = — n.5.5a,2
1^=142.39. 1,0 log.R=9 ,9970829 t =-*- 1028,24508
Con questi dati si ottiene
(A)... o, 87922. dL-H 904, i5.f/z-t-o, 12678.^-4-1, \§<±i$.dp
— o , 00600 . dQ ■+• o , o3846 .di = -+- 682", 6
(B) o,oo63i .dh — 11,01 .dz — o,oo63i . f/jr -1- o , 09225 .d<p
— o ,06620 .dQ, — 1 ,5473o . di = -+- 25", 9 .
Avendo ora otto equazioni fra sei indeterminate , con-
verrebbe combinarle fra loro nella maniera più vantaggiosa
per ricavarne le correzioni degli elementi dell'orbita . La pic-
colezza dei coefficienti di dQ, , e di di nelle quattro equazio-
ni in (A), fa sì che si possano da principio risolvere queste
separatamente trascurando l'influenza di dQ , e di di nelle
medesime. Si otterranno così i valori di dh , dz , dtp , djt ,
che sostituiti nelle equazioni (B) daranno quattro equazioni,
che combinate fra loro, daranno i valori di dQ,, di. Le quat-
tro equazioni (A) divise per il coefficiente di dh divengono
le seguenti .
(1) ... dL — 479 ,80 . <fz-+-o ,009574 • dn-t-z ,ooi3i . dtp
= -t-8".o38 — o ,004622 . dQ-+-o ,o5ii7 .di
(2) dh ■+- o , 00 . dz ■+- o , i5725o . dit — 1 , 16 120 . dtp
= -4- 7 . 23 1 — o , 0090 1 5 . dQ — o , 00640 . di
(3) dL -+- 509 , 40 . dz — o , ! Ó5898 . dn — 0,1 7398 . d<p
= -4- 5 ,680 — o ,ooi253 . dQ — o ,o5i43 .di
(4) dh -4- 1028 , 25 . dz -4- o , i44I9^ -dir -hi, 34454 • d(p
— "+" 776 1 370 -4- o , 006824 . dQ — o , 04374 • di .
Sottraendo una dall'altra queste equazioni secondo l'ordine
sotto notato , e dividendo per i coefficienti di dz , si otten-
gono le tre seguenti equazioni .
(2) — (1) = (1)' = dz-+-c ,ooo3o82 . dx — 0,006591 3 . dtp
— — o", 001682 — o ,000028 .dQ — o , 000120 .di
(3)
Del Sic Giovanni Santini . 377
(3) — (2) = (a)' = dz — o , ooo6344 • <&r -1-0,0019380 . d(p
= — o , oo3o45 -+- o , 0000 1 5 . dQ, — o , 000086 . di
(4) — (2) = (3)' ■=. dz — o , 0000 1 27 . drc ■+- o , 002,4369 . d(p
= -l- o , 748008 -+- o , 0000 1 5 . dQ — o , 000086 . dì
Da queste si formano ora le due seguenti
(1)'— (2)— dn— 9,04807. dtp—^-i ",446— 0,03607. di— 0,04562 .</tì
(1)'— {ò)—dn— 28,13400.^=— 2336,2io— 0,2 1676.^-0,1 3400. dQ,
Per ultimo si dedurranno i valori di d<p , dm, dz , dh
dalle precedenti serie di equazioni espressi come segue:
d<p = ->r- 1 22", 48 ■+■ o , 00463 . dQ, -+- o , o 1 1 82 . di
dir ■=■-¥• 1 109 ,65 — o , 00373 . dQ-i-o ,07092 . di
dz = -i- o", 463629 -1- o , ooooo3 . dQ — o , oooo65 . di
dh = — 25 , o5 — o , 00307 . dQ — o , oo388 . di .
Sostituendo ora i primi valori prossimi di dh , dz , dn,
d(p nelle quattro equazioni (B) si formano le quattro seguenti
(i)-ho ,09732 . dQ — 1 , 5346o . di = -*-5o", 5
(2) — o , 20438 . dQ — o , 07278 .di = — 1 3 ,7
(3)-t-o , i8o53 . dQ -+- 1 , 19960 .di — -\- 17 ,6
(4) — o , 06620 . dQ — 1 , 5473o . di = -+- 26 ,8
le quali combinate col noto metodo dei minimi quadrati som-
ministrano le due seguenti
-+- o , 0882 . dQ -h o , 1 845 . di = -¥■ 9", 118
-+- o , 1845 . dQ-i- 6 , 1935 .di = — 97 ,804 •
Risolvendo queste due ultime equazioni si ottiene di=z— 2o",2;
^Q = -hi45",5.
Se ora si sostituiscono questi valori di di , e dQ nei va-
lori sopra riferiti di d<p , dz , dit , dh si otterranno le seguen-
ti correzioni
d<p = -+■ 122", 9
dit = -t- 1107 , 6
dz = -+- o", 46537
dh = — 25", 4 .
Applicando ora le precedenti correzioni ai superiori elementi
ellittici , otterremo i seguenti corretti
Tom. XVII. 48
378
Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Epoca al meridiano di Padova per il
Gennajo 1810 = io5°. 5a'. 55", o
Moto diurno tropico 16 . 18 , i5537
Eccentricità = sen. 5°.8'.a",9
Longitudine del Perielio ( 1810 ) . . = 249 . 35 . 1 1 , 6
Longitudine del Nodo ( 1810 ) . . . = xo3 . 9.4.2,5
Inclinazione all' ecclittica = 7. 8. 1,8
Logaritmo d semiasse maggiore = 0,3^31065 .
Se ora si confrontano i luoghi calcolati con questi elementi
cogli osservati , si troverà che per fare coincidere quelli con
questi , si devono aumentare i calcolati delle seguenti quan-
tità .
Long. Elioc.
Latit. Geoc.
1808
-+- 2.", 0
-+- 5,4
1810
-+- 0 , 1
•*• »4 >6
1811
+ C,0
■+- i5 j 5
1812
— 0,9
-+- 5 ,3
Questi elementi soddisfanno assai bene alle longitudini
osservate , e poco si dilungano dalle latitudini geocentriche.
Se per altro si confrontano colle osservazioni dell'anno 1807
fatte in Marzo , ed Aprile si troverà , che si allontanano di
circa 25 minuti in longitudine, ed 1 in latitudine.
D'onde si può già concludere la necessità di tener conto
delle perturbazioni provenienti dall'attrazione degli altri pia-
neti per accordare, o almeno rappresentare con più precisio-
ne le osservazioni di Vesta colla Teoria .
Scolio . Un leggero errore di calcolo commesso nell'equa-
zione (B) corrispondente all'anno 1812, ci aveva condotti ad
elementi ellittici un poco dai superiori diversi , e sui quali
è fondata la riduzione delle osservazioni seguenti fatte intor-
no all'opposizione dell'anno 1814 • Siccome i risultati finali
non sono alterati , così ho creduto inutile ripetere il calcolo
delle seguenti osservazioni nei superiori elementi purgati dal-
Del Sic. Giovanni Santini . 379
l'anzidetto errore. Basterà solo di qui riferire gli elementi,
che hanno servito di base alle seguenti riduzioni per como-
do di coloro , che volessero ripetere i calcoli .
Epoca delle longitudini Medie (1810)= io5°.5a'.55", 1
Moto medio diurno = 16. 18,1 56 11
Longitudine del perielio fisso rap-
porto alle Stelle (1810) .... =249.35.10,9
Eccentricità = sen. 5°. 8'. a", 73 = 0 ,0894866 J(A)
Longitudine Nodo fisso rapporto
alle Stelle ( 1810 ) = io3 . 9 .ag ,4
Inclinazione rapporto all'Ecclittica = 7 . 7 . 5o
Logaritmo della distanza media = o , 3731061
i quali non differiscono quasi sensibilmente dai superiori, che
nel nodo, e nell'inclinazione.
IV. Osservazioni di Vesta intorno all'opposizione dell'an-
no 1814.
Le osservazioni di Vesta furono eziandio in quest'anno
fatte al medesimo stromento dei passaggi , ed al medesimo
quadrante murale , di cui abbiamo fatto superiormente men-
zione . Noi riferiremo le osservazioni originali , affinchè pos-
sa ciascuno verificare il loro accordo .
38o
Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Barom. in
poli. lin.
Term.
1814
gjor.
Nomi
appul. al 3 filo
Distan. al Zenit
di
Reau.
Felibrajo
3
ft Leone
n Leone
Regolo
9''. 45'. 45", 20
9 . 53 . 58 , 00
io . a . 2 , 73
18°. 3i'. 0"
36 . 27 . : :
3a . 3o . 49
4
Vesta
io . 11 .44 , a5
25 . 53 . 4
270. 11', 3
-4-0 ,0
;t Leone
9 . 46 . 0 , 8a
18 .30.46
n Leone
9 . 54 . 6 , o3
36 . 27 . 8
Regolo
10 . a . io , 65
3a . 3o . 49
5
Vesta
io . io . 59 , 89
25 . 42 . 43
28 . 0,7
-HO ,0
fi Leone
9 . 46 . 0 , 82
18 .3o.43
n Leone
9 . 54 • 1 3 , 60
36 . 27 . io
Regolo
IO . 2 . 18 , 28
32 . 3o .49
9
Vesta
io . io . 14 5 32
25 . 34 . 12
28 , 0,7
-HO , 0
fi Leone
9 . 46 .3i ,08
18 . 3o .52
ìi Leone
9 . 54 • 43 ; 70
36 . 27 . i5
Regolo
IO . 2 .48 , 57
32 . 3o . 53
IO
Vesta
IO . 7. 2 ,47
25 . 0 . 5o
28 . 0,0
-f-0 ,0
fi Leone
9 . 46 . 38 , 48
18 .3o.53
ji Leone
9 . 54.5i ,42
36 . 27 . 14
Regolo
io . a . 55 , 92
32 . 3o . 54
Vesta
io . 6.12, 85
24 . 52 . 39 , 5
28 . 4 1 °
-t-a ,0
i3
ft Leone
71 Leone
Vesta
X Orsa maggiore
9 . 46 . 53 , 65
9 . 55 . 1 1 , 48
io . 3 . 37 , 93
io . io . 3g , o5
18 .3o.5i
36 . 27 . io
24 • 28 . 22
•4
y Leone
io . 14 .3o , 93
24 . 36 .39
28 . 3,i
-t-2 , 2
Vesta
io . a .45 , 12
24 . ao . 3o
X Orsa maggiore
io . io . 45 , 24
y Leone
io . 14 . 37 , i3
24 . 36 . 40
28 . 4,9
-+-0 ,5
i5
fi Leone
io . 3o . 54
71 Leone
9 . 55 . 24 , 48
36 . 27 . 12
Vesta
io . 1 .5a , 35
a4 ■ 1 a . 45
X Orsa maggiore
io . io . 52 , o5
1 . 33 .3o
y L^one
io . 14 -43 1 82
24 . 36 .41
28 . 0,9
+ 1,0
J7
n Leone
9 . 55 .37 , 93
36 . 27 . i3
Vesta
Regolo
X Orsa maggiore
io . 0 . 6, aa
io . 3-4a ,47
io . 1 1 . 5 , 25
a3 . 57 . 32
1 ,33.3i
20
y Leone
io . 14 . 53 , a5
24 . 36 45
y, Leone
9 -47 -45 :47
18 3o . 53 , 5
Vesta
9 ■ 57 . 27 , 97
a3 .35.46
Regolo
io . 4. 2 ,88
3a . 3o . 54
X Orsa maggiore
io . 1 1 . a5 , 87
y Leone
io . i5. 17 , 88
24 . 36 .44
28 . 4.2
-i,5
ai
fi Leone
9 . 47 • 5a , 22
18 . 3o.53
Vesta
9 . 56 . 35 , 67
a3 . 28 . 43
Regolo
io . 4 ■ 9 > 80
3a . 3o . 54
X Orsa maggiore
10 . 11 .33 ,08
y Leone
io . i5 . 24 , 66
24.36.45
a8 . 3o , 0
-2,4
Del Sic Giovanni Santini . 38i
Le posizioni delle stelle sono state prese dall'Effemeridi
di Milano per il 1812, ove si trova un estratto del Catalo-
go di Piazzi con le correzioni da questo celebre Astronomo
citate nel libro VI della Specola Palermitana. Applicando al-
le posizioni medie ivi riferite l'aberrazione, la nutazione, e
la precessione degli equinozj , trovansi per i giorni 4? e a4
Febbrajo le seguenti posizioni apparenti
24 Febbrajo
A.R. appar. deci. app.
i45". 3a'. 38", o = 26°. 52'. 35", o
147 . 35 . 48 , 1 = 8 . 55 . 49 , 2
149 . 37 . 1 , 9 = ia . 5a . 12 , 1
4 Febbrajo
A. R. appar. deci. bor.
li Leone = i45°.3a'.34", 6 = a60.52'. 33", 4
ìi Leone =; 147 . 35 . 45 , 8 — 8 . 55 . 5o . 4
a Leone = 149 . 36 . 55 , o = 12 . 5a . 14 , 3
Per il 16 Febbrajo
A Orsa maggiore = i5i°. 27'. 40", 7
y Leone == 1 5a . 25 . 36 , 3 = 20 . 46 . 38 , 4
Con questi calcolando per tutti i giorni l'equazione del Pen-
dolo, e l'errore del quadrante murale, e prendendo il risul-
tato medio d'ogni giorno , si ottengono le seguenti posizioni
apparenti di Vesta .
1814
Gioì ni
Tempo Medio
A.R. apparente
Declinaz. appar.
in Padova
di Vesta
Boreale
Febbrajo
3
iìh. 14'. 0", 0
i5a°. 2'.i9",o
19°. 32'. 8", 3
4
i3 . 9.11,8
i5i .49 . i3 , 3
19 . 4° • 29 , 5
5
i3 . 4.23 , 8
i5i .35.55 ,3
19 . 49 . 0,6
9
12 . 44.57 , 8
i5o . 40 .a5 , 9
ao . 22 . 28 , 8
IO
12 . 40 . 5,o
i5o . a6 . 9,5
20 . 3o . 39 , 9
i3
12 . a5 . 22 , 7
149 . 42 .a3 ,6
20 . 54 . 55 , 4
'4
12 . 20 . 27 , 9
'49 • 27 . 37 , 9
21 . 2 .48 , 8
i5
12 . i5 .32 , 6
149 . ia . 45 , 3
21 . io . 35 , 0
'7
12 . 5 . 42 , 6
148 . 42 . 54 , 2
21 . 25 . 5o ,4
20
11 . 5o .36 , 0
147 . 58.i3 ,a
21 . 47 .35 , 8
21 . 54 . 38 , 8
21
1 1 . 46 . 0,8
147 .43.25 , 1
Ho confrontato cjueste osservazioni cogli elementi ellit-
tici (A) sopra riferiti, tenendo conto delle variazioni secolari
die verranno esposte in seguito . Per ridurre le superiori os-
servazioni all'equinozio medio vi ho applicato le seguenti cor-
rezioni .
38a
Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Giorni
3 : ai
3 : ai
Nutazione Lunare
-+- 16", 8 : -t- i7"to 3
-3",i:-2»,7
Nut. Solare - -
: — 1,2:— 1,4
-H o , 4 : ■+■ o , 3
Aberraz. - - -
•" — 6 , 5 : — 7 , 3
•4-4 , 1 :-H 3 , 5
■+- 2 , 6 : -H a , 4
Correzioni - -
: -H 9", i : -H 8", 6
-*-4",o:-k3",5
Servendomi delle tavole Solari del Sig. Carlini, ho ottenuto
i seguenti risultati .
gior-
ni
3
4
5
9
IO
i3
«4
i5
20
21
ARosserv. di^
ridotta all'Eli.
Medio
Decli. osserv.
di X,
ridotta ali 'Eq.
Medio
AR calcolate
dall' Equin.
Medio
Declinazioni
Boreali
calcolate
Differ.
in AR
Differ. in
declin.
i5a°. a'. 27" ,8
i'i 1 . 4'i . 22 , i
i5i .36 . 4,1
1S0 .40 • 34 , 8
i5o .26 . 17 , 3
149 .42 .32,4
149 . 27 . 46 , 7
149 . 12 . 54, 1
147 . 58 . 22 , 0
147 .43.33,9
I9°.3a'.i2",i
19 .40 .33, 3
>9 -49- 4>4
19 . 22 . 32 ,6
20 . 3o . 43 , 7
20 . 54 • S9 , 3
21 . 2 . 5a , 6
21 .io.38,8
ai .47 • 39 ,6
21 .54 .42; 6
i5a°. 5'.54",8
i5i . 5a . 47 ,9
i5i . 39 . 39 ,9
i5o . 44 • *> >2
i5o .39.44,7
149.45.57,8
149 . 3i . 11 ,0
149 . 16 . 19 ,5
148 . 1 . 5a , 0
147 . 47 . 2,0
19°. 3i'. 3" ,5
19 . 39 . 3i , a
19 . 47 . 56 , 1
20 . 21 . ao ,3
20 . 29 . 34 , 5
20.53.49,6
21. 1.43,4
ai. 9.32,7
21 .46 .33 , 3
31 . 53 . 3a , 0
-3'.a7",o
— 3.25,8
— 3 . a5 , 8
— 3 . 3o , 0
—3 . 27 , 0
— 3 . 25 , 4
— 3 . 24 , 3
— 3 . 25 , 4
— 3 . 3o , 0
— 3 . 28 , 1
W
-Hi
-HI
-I-I
-HI
-HI
-HI
-HI
-HI
-HI
8" ,6
2 , 2
8,3
ia , 3
9,2
9>7
9,2
6,i
6,4
IO , 0
Medio
— 3 . a6 , 9
-HI .
8",33
Calcolando per il giorno i3 di Febbrajo i valori di dh ,
e db , cioè le differenze fra la longitudine osservata., e la
calcolata, e fra la latitudine Geocentrica osservata, e la cal-
colata trovansi i seguenti risultati
dh = -+- o , 8847 .da — o,35o8 .dd = — 3'. 2,7", io
db = + 0, 3^44 ia + Oj 9^77 .dd = — 3, 04
Correggendo con questi dati la longitudine di Vesta calcola-
ta col mezzo dei medesimi elementi ellittici per il giorno i3
Del Sic. Giovanni Santini . 383
a mezzodì e a mezzanotte ( tempo medio ) , e prendendo i
luoghi del Sole , si trovano i seguenti risultati .
i3 Febbrajo oA
li
Long, di 2 corr.
i44°.4o'.58",3
144 • 33 . 5,0
Latit. geoc.
boreale
8°. i'.3", 5
8 . a .a4, 4
Longitudine
della terra
i44°.ii'.38",8
144 . 41 . 56 , 6
Quindi si deduce, che l'opposizione col Sole ebbe luo-
go il giorno i3 Febbrajo a 9*. ia'. 56", 4 T. Medio in Pado-
va , mentre era la longitudine di Vesta , e della terra
= i44°. 34'. 54", 8
Latit. Geoc. boreale di K . . = 8. a . 5,9.
ARTICOLO II.
Calcolo delle perturbazioni di Vesta dipendenti dall' attra-
zione di Giove, e di Marte, tenendo conto soltanto delle
prime potenze dell' eccentricità , ed inclinazioni delle orbi-
te loro .
Siccome non è possibile conciliare le opposizioni già os-
servate, e le osservazioni fatte nel 1807 con un'orbita pura-
mente ellittica, così ho voluto tentare, se con qualche esat-
tezza si potessero rappresentare le osservazioni fatte fin ora
tenendo conto delle perturbazioni di Giove , giacché V azione
di questo Pianeta sopra Vesta deve essere di gran lunga più
sensibile di quella degli altri Pianeti attesa la sua vicinanza ,
e la sua forte massa . A tale oggetto mi sono servito delle
formule dal celebre La- Place date nella sua Meccanica Ce-
leste Voi. I, pag. 272, e seg. Noi supporremo, che i nostri
lettori abbiano sotto occhio le citate formule , e daremo i
risultati numerici delle medesime, che sono i seguenti.
Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
384
Log.a = 9,6508696
MCL, :a = a , I 043093
= — o ,44 'Soi 5
=-+-2 , 1 16928
H%
mt
M3),
£«),
£(6)r
b(7)t
d.mt
dM'\
d.bw,
dM\
d.b&h
d.b(5)s
d.bl.%
d^.U0),
d*.M%
d*M%
d*.M\
d*.bW)t
d\b(5),
Log. A(°)_x:
i = o , 3a3iaaO'
= 9 ,6452272
= 0 , 3257060 ■
.=== 0,494171 =9,6938778
169830
= 9 , 23ooi44'
0,064541 = 8,8098357-+-
0,025702 = 8,4099669-+-
o,oio5i3 = 8,0217267-+-
0,004320 = 7 ,6354837 -+-
0,001701 . =7,2307043-+-
0,587488 = 9,7689990-+-
1,294587 =o,ri2i3i5-+-
0,827364 = 9,9176966-+-
0,458289 = 9 , 6ói 1 3g5 -1-
0,239592 =9,3794723-+-
o, 122216 = 9,0871281-+-
o,o6i364 = 8,7879137-+-
2,042862 = 0,3102369-4-
1,648936 =0,2172038-+-
2,635o4o =0 ,42i07&7'2,~*~
2,4i5862 = o , 3830722 -+-
1,765986 =0,2469872-+-
1,162347 ...... =o,o653357-+-
Ove devo osservare, che per comodo ho scritto ^.M'),;a,
d\b(')i:..
in luogo di
da da*
Ponendo poi il moto sidereo di Vesta per 365 , 25 = n
quello di Giove =«', come anche la sua massa =ìrìv si avrà
in numeri
7^ = 357222" 1 Log. a = o , 373io65
»'= 109256,4 1067,09' Log. a' = o , 7162365 .
Con questi dati calcolando 1 valori numerici di D('), E(!), FW,
G(') tanto per i positivo, che per i negativo, e sostituendoli
nei valori di dr, e dv delle pag. 279, 280 della citata Mec-
canica ,
Del Sig. Giovanni Santini . 385
canica, si troverà [ ponendo per brevità i(nt— n't-*-K— E')=iD]
dr = — 0,0000457 -ho ,0000254 -cos. A
-+-0, 0004844 .cos.D — o ,ooooo53 . cos.(D-f- A' )
— o ,0009302 .cos. 2D — o , 0000864 • cos.( D — A)
— o , 000 1 1 85 . cos . 3D -ho, 0000244 • cos • -A-'
— o ,0000274 .cos. 4D — o,ooo3ioi .cos.(2D — A)
— 0 , 0000078 . cos . 5D
— o , oooooa5 . cos. 6D
$v — — 1 14", 59
-I- n3 , 28
-H i3,87
, 2,3
sen. D
sen. 2D
sen. 3D
a , 90 . sen. 4D
o , 77 . sen. 5D
sen. 5D
Tom. XVII.
• o , oooo636 . cos. ( D — A' )
-ho,ooii353 .cos.(3D — A)
— 0,0010285 .cos.(2D — A')
-+-0,0000472 .cos.(4D — A)
— o , 0000495 . cos. ( 3D — A' )
-+- o , 0000 1 1 5 . cos . ( 5D — A )
— 0,0000121 .cos.(4D — A')
-+- o , 0000640 . cos .(D + A)
-+-o ,0000068 .cos.( 2D-H A')
— o ,000081 3 .cos.(2D-+-A)
-+- o , ooooo32 . cos. ( 3D -h A' )
— o ,0000125 . cos.( 3D-H A )
-+- o , 00000 1 3 . cos. ( 4D -+- A' )
— o , 0000037 • cos- ( 4D -+■ A )
-+- o , 0000006 . cos. ( 5D -+- A');
— 18", 45 .sen. (D — A)
— 14 , 5i . sen. A'
-+- 1 68 , 47 . sen . ( 2D — A )
— 24, 02. sen. (D — A')
— i83 , 37 .sen.(3D — A)
-+- 1 70 , 42 . sen. ( 2D — A' )
— 5 , 00 . sen . ( 4D — A )
-+- 6 , 19 . sen. (3D — A')
— o,99.sen.(5D — A)
-H 1 , 32 . sen. (4D — A')
•+■ i3 , 66 . sen. (D + A)
— o , 90 . sen. (2D-H A')
— 19 , 88 . sen. (aD + A)
— o , 36 . sen. (3D-+-A')
49
386 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
— a , 98 . sen. (3D-hA)
— o , 14 • sen. (4D-H A')
— o ,84 .sen.(4D-+-A)
Ove dr rappresenta la quantità da aggiungersi al raggio
vettore ellittico, §v la quantità da aggiungersi alla longitudi-
ne ellittica di Vesta nell'orbita per conto delle attrazioni di
Giove, A rappresenta l'anomalia media di Vesta, A' l'ano-
malia media di Giove contate dal Perielio . Se pertanto chia-
miamo
S la longitudine media di Vesta
Tf la longitudine media di Giove
k longitudine del perielio di Vesta = 2490. ^5"
ri longitudine del perielio di Giove = 11 . 17
sarà D = S — TJJ , A = 25 — sr , A' = ip — n .
Introducendo questi valori nelle espressioni di dr , e di
dv , e sommando insieme quei termini, che dipendono da
un medesimo angolo variabile, si ottiene (esprimendo dr in
decime millionesime parti dell'unità)
dr = — 457 -+- a85 .cos.(S-t-U9°.3o')
-+-4844.COS.D -+- ioai .cos.(TP-*-3oa°.38',5)
— 936a.cos.aD -+- 3478. cos. (S — 2T£-t-6o°.38')
— n85 .cos.3D -4- 18903 .cos. (a£ — 31£ -t-aaa°. i')
— 374. cos. 4D ■+- 845. cos. ( 325 — 4% 4- ai 90. 40')
— 78.cos.5D -h ao6.cos.(45 — 5ip-t-ai9°.37')
— a5.cos.6D 4- 607 .cos.(a^ — TJJ-i- io4°.56')
■+■ 829 .cos.(3s — aip-»-a9a0. 19')
4- i3a.cos.(43 — 3T|J-H2950.ia')
-+- 41 .cos.(5s — 41P-Ha97°.39')
dv = — u4",59.sen.D -4- a8",87 .sen.( TJJ-t- i35°.48')
-+- i33 ,a8.sen.aD -+- i8a , a3 .sen. (S — aT£ 4-2430.9')
-4- 13,87. sen. 3D -4- 3og ,09 .sen. ( a£ — 3>IP-h4i°.36')
-f- a, 90. sen. 4D -4- 9 ,79 .sen. (32 — 4"lp-»-370.a',5)
H- 0,77. sen. 5D 4- a , 09 .sen. (4^5 — 5l£4-38°.6')
-f- o,a3.sen.6D -4- 14 •> i4 .sen.(a2S — TJJ4- ii30.3i')
■4- 19, 69. sen. (33 -211^289°. 3i',5)
4- a,9i .sen.(4^-3TjjH-a88°.4').
Del Sic Giovanni Santini . 387
Queste formule sono state dedotte, facendo uso dei su-
periori elementi ellittici da noi calcolati, ed i loro coefficienti
possono subire qualche alterazione sopra tutto se l'eccentri-
cità variasse notabilmente. Siccome l'eccentricità dell'orbita
di Vesta entrava soltanto come moltiplicatore nei soli termi-
ni contenenti l'anomalia A, così chiamando é l'eccentricità
di un nuovo sistema di elementi ellittici di Vesta , e quella dei
nostri elementi , è chiaro , che basterà moltiplicare i termini
contenenti A per il rapporto — per avere i nuovi coefficienti
e
corretti . Resta ora a calcolare le perturbazioni di Vesta in
latitudine . A tale oggetto conviene prima preparare i valori
di M')3 , , 0(!) , i quali mi risultano come segue .
M0)3:J=3,33745....Iog.M0)3.-,=o,5a34i48....Iog./?(0)=8,3747o59-K
M')3 :2 =2, 10204.... l°o- WOs.., =0,322,64 1 3.... log. /?(')=8,i 73932,4-»-
£(*)3 :a= i,i 59.55. ...log. Ma)j: ,=0,0642896. ...log ./?(*)=7,9i 55807-*-
è(3)3a=2,6o5i 1.... log. b(3h:, =9,7818343. ..dog ./?(3)=7,633i254-H
£(4)3:5l=o,3o620....1og.£(4)3:2=9,486oi ....log./?(4)=7,3373o h-
Chiamando poi (p' , <p l'inclinazioni delle orbite di Giove
e di Vesta all'ecclittica, d\d le longitudini dei loro nodi a-
scendenti, assumendo <p'=i°. i8,.5i",^=7°.8'.o",0' = 98?.3o':,
0=io3°. io', e riducendo a numeri le formule della pag. 283 5.
troveremo
/»' = + o ,0226885 ,.../? = -t-o,i2i8i37
q' = — o ,0033914 • • • . q = — o ,0284777
d'onde deducesi . . . log. 7 = 9 ,0096623 ; n = 284°. 12,'. 18" .
Con questi dati la forinola ds della pag. 282 ( trascuran-
do il termine moltiplicato per t } diviene
ds = -h 3", 00 . sen.CiP — ti)
— 5 , 04 . sen. (£ — alf-t- ti )
■+- i3 , 74 . sen. ( 2& — 3%-+-tt)
-f- o , 57 . sen. ( 3£ — ^% -^- rt )
-+- 1,26. sen. (22 — *1£ — %-)
— o , 26 . sen . ( 3£ — %% — n ) .
V. Affinchè poi nulla mancasse alla precedente teoria^
di Vesta , ho calcolato eziandio le variazioni secolari dipeu*-
388 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
denti sì dall'attrazione di Giove, come da quella degli altri
Pianeti , e per questo oggetto mi sono servito della bella teo-
ria data dal Sig. La-Place nel Cap. VII della sua Meccanica
celeste libro II. Ritenendo le quantità ad indice o per quelle
relative al Pianeta perturbato , noi supporremo , che siano le
quantità
[ o , i ] , ( o , i ) relative a Giove
[0,2], (o, a) relative a Saturno
[o,3], (o,3) relative ad Urano
[o,4] 5 (0,4) relative a Marte
[ o , 5 ] , ( o , 5 ) relative alla Terra
[ o , 6 ] , ( o , 6 ) relative a Venere
[0,7], (0,7) relative a Mercurio.
Poniamo ( come La-Place )
(0,1) = .
(!-«*)>
r n 3w'Hai(n-aa)i('L1.J+|aJ(<lL1..i
[o,2] = i 1
=(0,1)
a(i — a»)1
2 .( 1 -t-aa)
Sm'na
■ *ML,S,
a 2( 1 — a* )a
ove m' rappresenta la massa del pianeta perturbante ( nel ca-
so attuale quella di Giove ) ed d la sua distanza media dal
Sole .
Rapporto agli altri indici (0,2), [0,2] ec. si deduco-
no dalle precedenti forinole scrivendo per oc, M')_, :», M0)_,:2,
m' le quantità relative agli altri Pianeti perturbanti . Trove-
rassi così
(0,1 ) = -(— 36", 229
(0,2) = -+- 1 , 363
(o,3) = .
(o,4) = H- O
(o ,5) = -H O , 090
( o , 6 ) = ■+- o , 024
(0,7) = -+- O , OO I
Con questi valori , mediante le formule , che trovansi alla
pag. 3o8 del I Voi. si ottiene
o , 026
108
0
.1]=
=-HI9'
,985
0
,2j =
:-H
O
>4i9
0
,3| =
:-t-
O
, oo3
0
,4] =
:-»-
O
,093
0
,5] =
:-H
O
,049
0
,6j =
-+-
O
,009
0
>7J =
-+-
O
, 000
Del Sic Giovanni Santini . S89
— = -f- o", 829 = -h o , 000004009
dt
— = -+- 44'? J35 .
dt
Le variazioni secolari dell'inclinazione, e del raggio vettore
dovranno calcolarsi colle seguenti formule
^=[(0, 1 )-(5, 1 )] .tang .f. sen .(0-0'H(o,a)-(5,a)] .tang jf . sen .{d-d")
*[(o,3H5,3)].tang.^"'.sen.^,"H(o,4)-(5,4)].tang.^,''.sen.(^^)
H-[(o,6)-(5,6)].tang.^°'.sen.(0-^,)-H[(o,7)-(5,7)].tang.^".sen.(0-0''")
J= — [(c>*) •+" (°'a) ■+■ (°'3) -*-(°'4)-i-(o55)-t-(o,6)-i-(o,7)]— (S,o)
tang.i^ tang.0
-4- H-[(o,7)_(5,7)].Ì^.COS.(0-0-),
tang. <p
Nelle formule precedenti gli indici 0, 1,3, 3, 4» 5, 6, 7
sono relativi a Vesta , Giove , Urano , Marte , la Terra , Ve-
nere , Mercurio ; le quantità <p rappresentano le inclinazioni
delle orbite planetarie all'ecclittica , e le quantità 0 le lon-
gitudini dei loro nodi ascendenti sulPecclittica. La quantità
( 5 , o ) è =0 ( per lo meno supponendo = o la massa del
Pianeta Vesta ) . Le quantità (5,i), (5, a)... sono state
desunte dal terzo tomo della Meccanica celeste pag. 87 , e
riducendo le denominazioni ivi adoperate alle nostre , e la di-
visione decimale alla sessagesimale , si troverà
( 5 , 1 ) = •+- 6", 948 (5,4) = -+- o", 433
( 5 , a ) = -+- o , 341 ( 5 , 6 ) = -t- 5 , 4a7
(5,3) = + o, 007 ( 5 , 7 ) = -1- o , 098 .
Sostituendo questi valori, e quelli di <p' , <p" , . . . . 6' , d"
dati dal Sig. La-Place nelle due superiori equazioni, si ot-
tiene
— = — 0, iaoj — = — 34,481.
dt dt T ' /*
Supponendo ora la precessione annua degli equinozi =5o", 11
390 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
avremo le variazioni annue rapporto all'equinozio medio, ed
all'ecclittica vera espresse così:
Variazione annua del Perielio di Vesta = -+- 94", 24
del nodo . . . . = -hi 5, 63
dell'inclinazione . = — o , 12
dell'eccentricità . = ■+- 0,000004009
Chiamando ora, come sopra, e — sen.<p la variazione annua
dell'angolo <p sarà =0", 828.
VI. L'azione di Marte sopra Vesta è di gran lunga me-
no sensibile di quella di Giove a motivo della sua piccolis-
sima massa . Avendo ridotto a calcolo il suo influsso nella
longitudine geocentrica, ho trovato le seguenti equazioni da
aggiungere alla longitudine eliocentrica nell'orbita
dv = -+- 1", 02 . sen. ( e? — S )
— o, i3.sen.2(cf — £ )
— 2"
essendo ^ = 249°. 35'; jr' = 332°.3o' (longitudine del Perielio
di Marte ) .
Le equazioni dipendenti dalla distanza angolare di Mar-
te a Vesta sono così piccole , che possono essere trascurate .
Le altre due dipendenti dal doppio della longitudine di Ve-
sta meno la longitudine di Marte possono ridursi alla seguen-
te , (di cui solamente terremo conto )
-I- io", 75 . sen. ( 2£.— <f ■+» 337°. 35' ) .
L'equazioni del raggio vettore dipendenti dal medesimo
angolo variabile sono le seguenti
-+- O , 0000022 . COS. ( 2£ — cf — 7t )
-— o , 000007-8 . cos. (235 — cf — ri )
le quali si riducono alla seguente
•4-0, eoo 75. cos. (2^ — cf-t- i58°.29') .
Queste equazioni sono sì piccole , che si potranno quasi sem-
pre trascurare . Tuttavia se ne è tenuto conto nella seguente
correzione degli elementi .
VII. Correzione ulteriore degli elementi ellittici di Vesta
avendo riguardo alle precedenti perturbazioni ...
Del Sic Giovanni Santini . 3gi
Quando si vuol tener conto delle perturbazioni nella cor-
rezione degli elementi ellittici, conviene calcolare le pertur-
bazioni sì in longitudine, die in latitudine, e nel raggio vet-
tore, ed applicarle alle posizioni ellittiche calcolate. In al-
lora per ogni opposizione si formerà un' equazione di condi-
zione fra le correzioni dell'epoca, del perielio, del moto
medio, e dell'eccentricità. Avendo colla combinazione di que-
ste equazioni ricavati i valori numerici di queste correzioni ,
si calcoleranno per ogni opposizione le latitudini geocentri-
che coi nuovi elementi corretti , e colla vecchia inclinazione,
e nodo, unitamente alle equazioni di condizione fra la cor-
rezione della longitudine del nodo, e dell'inclinazione , e col
mezzo di queste nuove equazioni di condizione si otterranno
le ricercate correzioni per il nodo ed inclinazione.
Aggiungeremo qui gli elementi di questi calcoli per le
opposizioni di Vesta fin ora osservate, supponendo il luogo
del Nodo nel 1810 = io3° . 9' . 4-5 ' , 5 e 1' inclinazione
= 7°. 8'. 1", 8.
1808
1810
18
1812
1814
i_
Long. Elmo.
di £
osservata — a
-S45°.53'.47",5
100 . 36 . 3 1
243 . 48 . 38 , 9
3a . 17 .41 ,0
44.34.54,8
Lat. Geoc.
osservata ~
-n°. o'.a4",i
- o . 3i . 3,3
- 8 . 34 . 0,8
-11. 5 .26 ,3
- 8 . 2. 5, 9
Luugit.
osòc
—
vat
; ridott
i
a!
' orbita
.Ì46 °
• 4'-37"
100
35
19 .
6
2^3
35
32,
3
3a.
9
26,
4
144.
48
i3,
2,
L01
cale,
g. ellitt.
nell'ori)
346°. 4' .35" ,3
00 .35 .20 , 8
^43 . 35 . 21 ,6
3a . 9 45 , 6
i44.5o. 7,7
par. in
long.
di Vesta
C. 5"4
-4. 7 ,6
-3 . 5o , o
h8 . 24 , o
-2 . 26 ,9
Longit. in orb
calcolate
3460. 4'. 29", 9
100 . 3i . i3 ,2
243 . 3 1 . 3 1 ,6
3a . 18 . 9,6
144.47.40,8
dn
■*- f,3
-1-246 , 4
-+-240 , 7
— 5a3 , 2
32,4
L'espressione di dìl data di sopra, quando si sostituisca per
sen. E 1: suo valore diviene
cos. <p
dR= -.dL-\ -.t.dz->r-\ 1 -\dlc-\ (cos .= .©-+-_ I
Riducendo questa equazione a numeri per ciascuna delle su-
periori opposizioni, e fissando il principio del tempo t nelP
istante dell'opposizione dell'anno i8n,si otterranno per or-
dine le cinque seguenti equazioni .
392 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
(I)=o ,99162, .dL - 980,92, .dz-*-o,oo838 .dn-*- 1 ,9849 1 .d<p=->- 7", 3
(II)=o,86o82. dL-439, 5 i.dz-*-o,i3gi 8.dir— o,96iì38.tì?(^=-t-2,46, 4
(III)=i,20o3o.6?L-h o,oo.tì?z-o,2oo3o.Jjr— 0,2,2,048 .^=-1-2,48, 7
(1 V)=o,8735a.tì?L-t-453,2, 1 .dz-t-o, 1 2,648 .cfo-i- 1 , 1 7900 .^=-523 , 2
(V)=o,9662o.rfL-t-g6i, 24.^2*0,03380 .dit- 1,91870.^=-*- 3a,4
Applicando a queste equazioni il metodo dei minimi qua-
drati se ne dedurranno le quattro seguenti .
-+- 4588272.^—27,48.^2-1- o,o3i 1 3.Gfrr-i-o,o4934. fi?<7}=-t-83",o2
—27,48 </L-»-2284754^2-+-ao,42o6.J^:— 2834,04.^=— 3ai433"
-+- o,o3i 1 3. ^L-i-20,4206. ^-1-0,07670. fifo-i-0,0 11 i%.d(p-=.~ 78,9.38
■+■ 0,04934.^—2834,04.^2-1-0,01 1 12.^-1-9,98597.^=— 954,73
Risolvendo queste equazioni si otterrà
dL — -t- 22", 74
dz = — o , 3855
d<p = — 204 ,116
dn = — 916 ,4
Ora la differenza dei tempi fra l'opposizione dell'anno
18 1 1 , ed il principio del 1810 essendo di 5o9s,4°' 'a cor~
rezione dell'epoca del 18 io sarà
= dL = — 5io,5o .dz = 22", 74 -t- 196", 76 = -4- 3'. 39", 5 .
Applicando pertanto queste correzioni agli elementi el-
littici superiormente calcolati otterremo i seguenti
Epoca 1810 = io5°. 56'. 34", 5
Moto diurno medio . . . = 16.17, 7699
Perielio (1810). . . . = 249 . 1 9 . 55 , 2
Eccentricità = sen. 5°. 4 ? 27", 78
Logaritmo della distanza media = o , 3732206 .
Resta ora a determinare le correzioni della longitudine
del Nodo, e dell'inclinazione. A tale oggetto si calcolino le
latitudini eliocentriche di Vesta per .... tang./?=tang.i.sen.(a-£ì),
ed a queste si applichino le perturbazioni in latitudine per
formare le latitudini eliocentriche corrette, che indicheremo
per/?', quindi coi superiori elementi si calcolino i raggi vet-
tori , e vi si applichino le loro rispettive perturbazioni ; si
otterranno così i veri raggi vettori, che chiameremo r. Chia-
mando
Del Sic. Giovanni Santini . 3g3
mando R la distanza della terra al Sole, e b la latitudine geo-
centrica , avremo .... tang. b =
— . tang./?'. I valori b
r . cos. 6 — R
paragonati ai valori osservati 6 daranno gli errori in latitu-
dine in quanto che questi possono dipendere dall'errore del
nodo, e dell'inclinazione. Ora non facendo variare, che que-
sti due elementi si ha
a. sen.J. cos. (b-6') cos. 6' ,. , ., nn n, . v Jn
: .dì-sen.b.cos.(b-8).cos.0 '.cot Ja-Q).dù
sen. 2i
db=-
Riducendo questa equazione a numeri per le superiori
opposizioni si formeranno le equazioni di condizione, da cui
dipendono i valori di di , dQ, . Ecco i dati per questo calcolo
anni
Latitudine
eliocentrica
= 6
perturb.
in
latitud.
Valori di 6'
Valori
di r'
Valori
diR
Valori di b
Valori di 0
Valori
di db
1808
1810
i8n
1812
1814
-6°. 20'. 54",3
— 0 . 19 . 9,9
-4-4.32 .16 , 7
-6.44.38,4
-+-4 . 43 . 53 , 9
— 7", &
-+-18 ,0
— 7.9
— 5,6
-h 4,3
-6° .ai'. i",6
— 0 . 18. 5 1 ,9
-1-4.32. 8,8
-6.44.44,0
-1-4.43.58,4
2,365858
2,537477
2,i5o3i8
2,521931
a. 396387
i,oo65io
o,98325o
i,oi35o4
o,9933o5
0,987909
—ii°. o'4i",4
— 0 . 3o .^8 , 0
-+- 8 .33 .26 ,9
—11 . 5.a6 , 8
-t- 8 . 2. i3 , 9
— ri0, o'.ai",!
— 0 .3i . 3,3
-t- 8 .3A. 0,8
—11 . 5 .26 ,3
-+- 8 . 2. 5,9
-t-i7",3
-i5,3
-1-33 ,9
-i-o,5
— 8,0
Le equazioni di condizione per determinare i valori di
di , dQ, saranno le seguenti
— 1 , 5353 .di-ho, 0935 . dQ, = -+- 1 7", 3
— o, 072,7. <ii — 0,2009.^ = — i5,3
-+- 1 ,2010 .di-\-o , 1824 .d£l = -r-33 ,9
— 1 , 5460 .di — o , 066 1 . dQ, = -+- o,5
-+- 1,1 zgo.di — 0,1578.^ = — 8,0.
Le quali trattate al solito secondo il metodo dei minimi qua-
drati danno le due seguenti
7, 58o3 .di-t-o ,oo56i .*£& = ■+- 5", 477
o ,oo56i .fi?i-t-o, 1 1 12, . dQ = -t- 12 , 106
d'onde rilevasi di = -*-o", 64; dQ=.-\- 108", 84 , e quindi la
inclinazione vera dell'orbita di Vesta all' ecclittica nel 181 o
era £= 70. 8'. a", 4
La longitudine del nodo alla stessa epoca = io3°. ii'.3i", 3
Tom. XVII. 5o
394
Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Ecco pertanto qui ritmiti gli elementi dì Vesta corretti
dall'influsso delle perturbazioni.
Epoca al Meridiano di Padova per il
giorno o Gennajo 1810 .... = io5°. 56'. 34", 5
Moto diurno medio = 16.17,7699
Longitudine del Perielio ( 18 io) . . =^49 -19. 55, a
Eccentricità (1810) = sen. 5°.4'-37", 78 = sen.<^
Logaritmo della distanza media . . = 0,3732306
Longitudine del nodo ascendente ( i8ro ) = io3°, 1 1'. 3i", 'S
Inclinazione ( 1810)
Variazione annua della longitudine del
perielio =
della longitudine Nodo =
dell'angolo <p . . =
= 7.8. a, 4
34 , &4
i5 ,63
o,8a8
dell'eccentricità . . = — 0,000004009
dell'inclinazione. . = — o", ia.
Errori di questi elementi nelle opposizioni , che hanno
servito di base ( i segni indicando al solito quantità da ag-
giungersi alle quantità calcolate per avere le osservate )
Errori
anni
nella long,
eliocentrica
nella lat.
geocent.
1808
1810
1811
1812
1814
-*■ if, 9
— i5 , a
— ir,5
— io ,7
-t-i4 ,8
-+- 5", 9
■+- 3,3
-t- 16 , 3
-+-8,0
-t- io ,7
Formule numeriche che si sono adoperate nella costruzione
delle annesse tavole di Vesta .
Chiamando E l'equazione del centro, z l'anomalia me-
dia contata dal perielio, r il raggio vettore ellittico, avremo
Del Sic. Giovanni Santini . 39 5
E = 3647i", 98
. sen. z
(
dE \
di') •
I •=
II9", 18
. sen. z
-+- ao 1 3 , 48
, sen.az
•+-
i3 , i5 .
sen. az
■+■ 1 54 j 1 2 .
sen. 3z
•+■
1 , 5i .
sen. 3z
■+• i3,4g.
sen. 43
-+-
0 , 18.
sen.4z
■+- 1 •> 27 ■
sen. 5z
-f-
0 , 02 ,
. sen.5z
-+- 0 , i3.
sen. 62
r=a,3709a5 — o,ao8388a . cos. z \ d<p ) .1—0,00006081
— 0,0091998 . cos.az — 0,00067983.005.3
— 0,0006093 . cos.3z — 0,000060 18.cos.2z
— 0,0000479 • cos.42 — 0,0000071 i.cos.3z
— 0,0000042 . cos.5z — 0,00000064 -cos ,4-z
— 0,0000004 • cos. 6z — 0,00000009. cos. 5z
Se indichiamo per /? la latitudine eliocentrica, per u l'argo-
mento di latitudine, sarà . . . . sen./9 = sen.i .sen.w , e quindi
0=1 sen.i-t- — sen.3 in — sen.5 il sen. u — I— sen.3 in sen.5ii
\ 8 64 / \a4 *a8 /
3
sen . 3u h . sen .5 i . sen . 5a .
640
La quale ridotta in numeri nel caso nostro unitamente alla
sua variazione per io" sarà
/? = a5665", 77 .sen. u — 16", 60 . sen. 3«-ì-o",o3 .sen. Su
1 — 1 . io" = -4- 9 ,98 .sen. u — o ,oa .sen. Su .
La tavola II contiene per ogni mezzo grado dell'anoma-
lia media i valori di E,| 1 . 1', r, I— — l . 1': col mezzo di
V d$ f >\d<p /
questa tavola si può calcolare con somma facilità l'equazio-
ne del centro , ed il raggio vettore corrispondenti per ogni
anomalia media al sistema superiore di elementi . Che se si
desiderassero le analoghe quantità per un'altra ellisse, in cui
l'angolo <p ( il seno del quale rappresenta l'eccentricità ) dif-
ferisce dal precedente di un numero a" di secondi, bastereb-
be prendere i valori di | 1 . 1', f — — I . 1' corrispondenti al
«S96 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
ri
medesimo grado di anomalia, ed avendoli moltiplicati per —
si applicheranno i prodotti col loro segno ai valori di E , e
di r . Si suppone per altro che il numero a" sia tale da non
oltrepassare due o al più tre minuti primi . Allo stesso modo
si potrà tener conto della variazione secolare dell' equazione
del centro, e del raggio vettore, moltiplicando i numeri del-
le colonne I |.i ,1 — l.i per il numero ... t=o ,oi38.£,
V d<fi } \d<pf V 60"
ove t esprime il numero degli anni e parti d'anno compresi
fra il principio del 1810, e l'istante per cui si calcola; gli
anni posteriori al i8ro essendo assunti positivi, e gli ante-
riori negativi. Questi prodotti daranno le variazioni cercate,
le quali si dovranno sommare coi loro segni ai valori di E,
e di r . La tavola HI dà la latitudine eliocentrica di Vesta
supposta l'inclinazione 7°.8'.2,",4; e la colonna ( — ) • i°" rap-
presenta la variazione di questa latitudine per una variazio-
ne . In tal guisa potrà servire a calcolare la latitudine ezian-
dio per un'inclinazione differente dalla superiore, ed a tener
conto della variazione secolare della medesima, qualora si cre-
da opportuno . Chiamando m il numero corrispondente ad un
dato valore dell'argomento nella colonna I — I . io", la varia-
zione secolare della latitudine sarà = — o", 012,. m.t essendo
t i! numero degli anni al di sopra del 1810.
La longitudine di Vesta lidotta alPecclittica si troverà
comodamente per la formola
X = X — tang,à' tang. 0 . cos. u
sen. 1"
ove À è la longitudine vera nell'orbita corretta dalle pertur-
bazioni, che si calcolano con le tavole seguenti, come ora
indicheremo, u è l'argomento di latitudine, ossia la longi-
tudine vera nell'orbita meno la longitudine del nodo. Per il
sistema attuale di elementi il numero costante . ■ . a"s "'' è
sen. 1
tale, che il suo logaritmo è . . .=z4-> lo917 •
Del Sic. Giovanni Santini . 397
Spiegazione delle Tavole delle perturbazioni dì Vesta
poste in seguito alle precedenti .
Siccome l'eccentricità, ed il perielio hanno subito una
forte variazione in virtù delle precedenti correzioni, così ho
creduto opportuno di correggere le equazioni rappresentanti
le perturbazioni dipendenti dall'eccentricità, e dal perielio-
di Vesta . Avendo poi sommato le equazioni dipendenti da
un medesimo angolo variabile ho ottenuto le seguenti espres-
sioni per §v , e dr .
dv=—iì4"ìBg.sen.D -+- 28", 75 . sen . ( *!£ -t- i36°. o')
-+- 1 33 , a8 . sen . aD -+- 1 80 , 5o . sen . ( 35 — aT£ -+■ 242°. 5 1 ')
•+- 13,87. sen. 3D -+-3o7 ,62.sen.(a25 — 3ljJ-t-4i0.i8')
-+- a, 90. sen. 4D -+- 4 , 76 .sen. (3£ — 4T£-t-36°.45 )
■+- 0,77. sen. 5D -+- a ,o3 .sen.(4£ — 5T£-*-35°.35)
■+• o,a3.sen.6D -+- 14 , oa .sen.(a£ — Tp-t- 1 13°.46)
■+- 19,49 -sen.(3c5— a1|?-i-a890.47,5)
-+- a,87.sen.(4^-3TjJ-i-a880.i5)
d>=— o,oooo457-+-4844-cos-D "+" a85 .cos4(£-H ii9°.49')
— 936a.cos.aD -4- ron .cos.(Tp-*-3oa .59)
— u85.cos.3D -f- 3436'.cos.(£ — a1jr-t-6o0. 19')
— a74.cos.4D ■+- 18817 .cos. (a£ — 3TJJ-Haai.4a)
— 78.cos.5D -+- 841 .cos.(3S — 41^-f-arg .a3)
— a5.cos.6D -+- ao6.cos.(4S — 5l£-nai9 • 2a)
-+- 6oo.cos.(a25 — %-+• 105.9)
■+■ 8ai .cos.(3£ — aTjJ-Haga .34)
•+- i3i .cos. (4^ — 3ljJ-+-a95 .ag)
-+- 40 .cos.(5s — 41|J-t-a97 .53),
ove è da notare, che tutti i coefficienti esprimono dieci mil-
lionesime parti dell'unità.
La tavola III comprende le parti di àv, e di dr dipen-
denti dall'angolo D = long. med. di 25 — longit. med. di 1p .
L'argomento suppone la circonferenza divisa in quattrocento
parti: esso occupa le due prime colonne, e quando in ogni
398 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
caso particolare l' argomento D si trova sotto la prima colon-
na , in allora il segno che precede il valore di dv , o di dr
è quello che deve adoperarsi; ma se trovasi scritto l'argo-
mento nella seconda colonna, conviene in allora dare ai va-
lori di dv , e dr il segno seguente .
Per i valori di dr il segno precedente è sempre identi-
co al seguente ; non cosi per quelli di dv . Di più essendosi
nelle tavole rigettata l'ultima cifra, i calcoli concernenti il
raggio vettore portano sempre sei cifre decimali ; così la por-
zione da applicarsi al raggio vettore ricavata da questa ta-
vola esprime delle millionesime parti dell'unità . Per ridurre
in tavole comode all'uso le altre equazioni dipendenti dalla
longitudine di Vesta , e di Giove , ho adoperato la seguente
trasformazione . Chiamando dv' la seconda parte di dv, e dr
la seconda parte di dr si ottiene facilmente
dv'=— ao",68-+- 8a",36.cos.D — i6o",6i .sen.D
— 236, 77 .cos. 2D -4-190 , 19 .sen.aD(
— 1,22. cos. 3D -+• 24, 18 .sen. 3DI
— 0,75. cos. 4D -+- 3, 91. sen. 4D,
19", 97 — 82, 36. sen.D — 160", 61 .cos. D
-+-225 ,47 .sen.2D -t-2i5 ,87 .cos.2D(
-+- 14 ? 4a • sen. 3D — 12 , 5o .cos. 3DI
-+- 2, 55. sen. 4D — i,55. cos. 4D>
Il valore di dr espresso in dieci millionesime parti dell'uni-
tà sarà il seguente .
#r' = 848-t- 1847. sen.D -+- 2749. cos. D
— 13892. sen. 2D — 13097. cos. 2D
— 965. sen. 3D -+- 225 .cos. 3D ) . sen.T£
— 21 5. sen. 4D — 11.cos.4D
— 19.sen.5D -+- 36.cos.5D
55o-h i565.cos.D — 3239. sen.D
— 142 16. cos. 2D -+- 1 1939. sen. 2D
— 335. cos. 3D -+- 1293 .sen. 3D ) .cos. %
— io3.cos.4D ■+■ 249. sen. 4D
■+• 19.cos.5D -+- 36.sen.5DJ
sen.lp
.cos. TJJ
Del Sic Grò vanni Santini ■. 3gg
ossia più brevemente
dv' = A . sen. TJJ -+- B . cos. TjJ
<V sa A', scn. f H B'. cos »IJS
Le quantità A, B, A', B' dipendono unicamente come si ve-
de dall'angolo D. La tavola IV comprende i valori di que-
ste quantità per tutti i gradi della circonferenza divisa in
quattrocento parti. Prendendo pertanto da essa coli' argomen-
to D i valori di A , B, A', B', e moltiplicando A, A' per
sen.TJJ; B , B' per cos. % si l'ormeranno le seconde parti del-
le perturbazioni cercate in virtù delle superiori formule .
Conviene soltanto osservare, che nei valori di A', B' si è ri-
gettata l'ultima cifra, e così il valore di dr' sarà espresso in
millionesime parti dell' unità . Per ultimo il valore di fts da-
to di sopra si può porre sotto la seguente forma .
&s = -+-o', 74 -H i ,2,4. cos. D -H 4 "•> 89. sen. D
— 3 ,65 .cos. aD — 12 , ao .sen. 2D ) . sen. %
— 0,20. cos. 3D — o,3o.sen.3D
a", 91 — 1,24. sen. D ■+■ 4 ■> 89. cos. D
-4-3,09 . sen.2D — i4j44-C0S-aD }.cos.T£
-+-0 ,08 .sen. 3D — o , 80 . cos. 3D
ossia ds = A" . sen. T£ -+- B" . cos. % .
La tavola V dà i valori di A", e di B", che sostituiti
in questa formula danno le perturbazioni prodotte da Giove
nella latitudine eliocentrica di Vesta .
Non si sono aggiunte le tavole delle perturbazioni pro-
venienti da Marte sia perchè sono esse trascurabili nel pre-
sente argomento, sia perchè se ne può tenere conto con tut-
ta facilità, qualora si creda opportuno, calcolandole colla for-
inola seguente .
Perturbazione in longitudine proveniente da Marte
= io" , 75 . sen. M essendo M = 2£ — a* ■+■ 337° . 35' .
Il valore di M nel 1810 era = 2o3° . o'
il suo moto annuo = 6° . 59' . 2" .
4°°
Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
TAVOLA I.
Per calcolare la longitudine media di Vesta
e gli argomenti per l.p perturbazioni
Anni
1807
1808
1809
1810
1811
1812
i8i3
1814
t8i5
Lung. med.
a. a
Perieli»
a4<ì°
1819
1820
i68'.iV.58",i
267. 24. 4,6
6.48.^8,4
io5.56.34,5
2o5. 4.50,7
3o4 • 1 a ■ 46 > °
I 43.37.10,5
143 . 45 . i6,5 26 .12,4
241 . 53 .22,627 .46,7
29 . 20 , 9
30 .55,4
32.29,7
34. 3,9
35.38 ,a
l5'.I2",2
6.46,4
18 .20 ,9
19.55 ,2
21 .29 ,4
23. 3,6
24.33,1
1816)341 . 1.28,7
80 . 25 . 52 , 5
179 . 33 . 58 , 6
278 . 4a • 4-7
17 . 5o . io,1?
2
3
4
5
6
7
8
9
io
20
3o
40
5o
60
70
80
90
100
no
120
i3o
140
i5o
160
170
180
190
200
210
220
23o
240
200
260
270
280
290
3oo
3io
320
33o
340
35o
3 60
o°.i6'.i7",8
o . 32 .35 ,5
0 . 48 . 53 , 3
1 . 5.ii,i
1 .21 . 28 , 3
1 .37.46,6
1 .54. 4,4
2 . io . 22
2 .26 . 39 , 9
a . 42 . 57 , 7
5 . 25 . 55 , 4
8 . 8 . 53 , 1
io . 5i . 5o , 8
i3 .34.48,5
l6 . 17 .46 )2
19 . o . 43 , 9
21 .43 .41 >°
24 . 26 . 39 , 3
27 . 9 .37 ,0
29 . 52 . 34 , 7
32.35.32,4
35 .i8.3o
38 . 1 .27
40 . 44 • a^> , 5
43 . 27 . a3 , 2
46 . io . ao , 9
48 .53.i8,6
Si .36. i6,3
5A . 19 • 14 > °
57 . 42 . 1 1 ,7
59 .45. 9 ,4
62 . 28 . 7,)
65 . 1 1 . 4,8
67 . 54 • 2
70 .37 . o .
73 .19.57,9
76 . 2 . 55 , 6
78 .45.53,3
8r .28 .5r ,0
84.11.48,7
86 .54.46,4
89.37.44,1
92 .20 .ài ,8
9-5 . 3 . S9 , 5
q7 .46.37,2
Giorni
dell' anno
Co-
Bisc-
mune
stile
Gennajo
0
0
Febbrajo
3i
3i
Marzo
5q
60
Aprile
90
91
Maggio
120
121
Giugno
i5i
l52
Luglio
181
182
Agosto
212
2l3
Settemb
243
244
Ottobre
273
ni
Noverai)
304
Dicemb.
334
335
Del Sic Giovanni Santini .
TAVOLA II.
Argomento = Long. med. 3 — Perielio . 25
401
Argom.
Equazione
del centro
■+■
Differ.
©•■'
Raggio vet-
tore
Differ.
\dtfi)
Argom.
o . o
o°. 0'. o",o
5'.58",o
57; 9
57,8
57,7
57,6
57, 5
0', 00
2 , 152675
- 687 , 4
36o . 0
o . 3o
5 . 58 , 0
1 , 3a
2 , i52685
IO
687 ,0
359 . 3o
I . 0
11 . 55 , 9
2, 63
2 , 152714
a9
48
67
86
io5
125
143
i63
686 ,9
359 . 0
i . 3o
17.53 ,7
3,95
2 , 152762
686 ,7
358. 3o
2 . O
23 . 5i ,4
5, 27
2 , 152829
686,4
358. 0
2 . 3o
29.49 ,0
6,58
2 , 15291$
686, 1
357 . 3o
3 . O
35 . 46 , 5
7,89
2 , i53o20
685 ,7
357. 0
3 .3o
41.43 ,7
°7 > 2
56 ,9
56 5
9,20
2 , i53i45
685 , a
356.3o
4- o
47.40 , 6
io, 5i
2 , iò3a88
684,6
356. 0
4.3o
53 . 37 , 1
56 '2
11 , 82
2 , i5345i
181
683 ,9
355 . 3o
5 . o
59 . 33 , 3
i3 , i3
2 , i53632
— 683 , 2
355 . 0
56 , 0
55 5
201
220
5 .3o
1 . 5 . 29 , 3
•4,44
2 , i53833
— 682 , 4
354.30
6 . o
11 .24 ,8
55 0
'5,74
2 , i54o53
239
258
681,6
354. 0.
6 .3o
17.19 ,8
54 '5
53 , 9
53,4
5a 8
17,04
2 , 154292
680,6
353. 3o
7 • °
a3 . 14 , 3
18,33
2 , i5455o
276
679 ,6
353. 0
7 . 3o
29 . 18 , 2
19,62
a , 154826
678,5
35a . 3o
8 . o
35 . i,6
20, 92
2 , i55iai
3,5
677 ,3
352 . 0
8 .3o
40 . 54 , 4
21 , 21
2 , i55436
333
676 , 1
35i.3o.
9 . o
46 . 46 , 5
5i',4
5o , 8
23 , 5o
2 , 155769
3o2
674,8
35i . 0
9 . 3o
52.37,9
34>79
2 , i56i2i
36a
673,4
35o . 3o
io . o
58 . 28 , 7
26,08
2 , 156490
— 672 , 0
35o. 0
5o , 1
49, 0
48,3
47,5
46,6
45,7
44,7
43,6
42,6
41,5
390
408
426
445
464
482
boi
Si?
536
io . 3o
2 . 4.18 , 8
27, 36
a, i5688o
— 670 , 4
349 . 3o
Il . 0
io. 7,8
28, 63
a, 157288
668 ,8
349 • 0
li . 3o
i5 . 56 , 1
29 , 90
a , 157714
667 , 1
348 . 3o
12 . 0
21 .43 ,6
3i , 17
a , i58 1.59
665,3
348. 0
12 . 3o
27 .3o , 2
32,43
a , i586a3
663,5
347 • 3o
i3 . o
33 . i5 , 9
33 , 68
2 , i5gio5
661 ,6
347. 0
i3 . 3o
39 . 0,6
34,93
a , 159606
659 ,6
346.30
14 . o
44.44,9
36, 18
2 , 160123
657 >6
346. 0
14 • 3o
5o . 26 , 8
37,43
2 , 160659
555
655 , 5
345 . 3o
i5 . 0
56 . 8,3
38,68
2 , 161214
— 653 , 4
341. 0
4o,4
39 , 2
38 2
573
5g2
609
626
i5 . 3o
3. 2.48,7
39,90
2 , 161787
— 65i , 2
344.30
16 . 0
7 • 27 > 9
41, 12
a , 162379
648,8
344. 0
16 . 3o
i3 . 6,1
36 , 9
35 , 5
42,34
a , 162988
646,4
343.3o
17 . 0
18 . 43 , 0
43,56
2 , i636i4
644
662
643,9
343. 0
17 . 3ó
24. 18 , 5
33 , 3
44.77
2 , 164258
64i,3
342 . 3o
18 . 0
29 . 52 , 8
33 ' 0
45,97
2 , 164920
680
638 , 7
342. 0
18 .3o
35.25,8
3i )e
3o , 3
28 , 9
47- 17
a , i656oo
698
636 , 1
341 -3o
19 . 0
40 . 57 , 4
48,36
2 , 166298
633,4
341 . 0
19 . 3o
46 . 27 , 7
49 , 54
a , 167022
724
73a
63o , 6
340 . 3o
20 . 0
5i .56 ,6
5o , 72
2 , 167744
— 627 , 8
340 . 0
20 . 3o
5y . 23 , 9
27 , 3
25 8
5i , 90
2 , 168494
75o
767
784
800
818
834
852
— 024 , 9
339 . 3o
21 . 0
4 • à.49 ,7
H.4
22,8
53 , 07
2 , 169261
621 , 9
339 . 0
21 . 3o
22 . 0
8 . 14 , 1
i3 . 36 , 9
54, 22
55,36
2 , 170045
2 , 170845
618 ,8
6i5 ,7
338. 3o
338. 0
22 . 3o
23 . 0
18 .58 , 1
24. 17 , 8
SI , 2
*9 ,7
J7>9
56 , 5o
57,64
2 , 171663
2 , 172497
612 , 5
609 , 3
337 .So
337 . 0
28 . 3o
29 . 35 , 7
58,77
a , 173349
368
606 , 0
336.3o
24 • 0
34.51,9
14 '5
5.12,9
59,89
2 , 174217
883
602 , 6
336. 0
24 . 3o
40. 6,4
61 , 00
a , 176100
599 , 2
335. 3o
25 . O
45 . 19 , 3
62, IO
2 , 176001
901
— 595 , 7
335. 0
—
1 1
Tom. XVII.
01
4o2, Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Continuazione della Tavola li.
Argomento = Long. med. £ — Perielio . £
Argom.
Equazione
del centro
Differ.
Raggio vet-
tore
' Differ
($)-'
Argom.
25 . 0
4». 45'. 1 9", 3
5'.Il",2
9,3
7,3
5,6
3 ,9
1,8
4.59,8
57,9
56 , 0
54,0
62 , IO
2 , 176001
— 595 , 7
335. 0
25 . 3o
5o .3o , 5
63 , 18
2, 176918
917
932
95o
965
981
996
1012
592, 1
334.3o
26 . 0
55 . 39 , 8
64 ,26
2 , 177850
588,5
334. 0
26 . 3o
5 . 0 . 47 , 1
65 , 34
2, 178800
584,8
333. 3o
27 . 0
27 . 3o
5 . 52 , 7
io . 56 , 6
66,42
67 ,48
2, 179765
2 , 180746
58i , 1
577,3
333. 0
332 . 3o
28. 0
28. 3o
i5.58, 4
20 . 58 , 2
68 , 53
69, 57
2,181 742
2 , 182754
573,5
569 , 6
332. 0
33i . 3o
29 . 0
25 . 56 , 1
70 , 61
2 , 183782
1042
1059
565 , 7
33 1 . 0
29 . 3o
3o . 52 , 1
71,64
2, 184824
56i , 7
33o .3o
3o . 0
35 . 46 , 1
72 , 66
2 , i85883
— 557 , 6
33o . 0
3o . 3o
40 . 38 . 0
5i ,9
49,8
47,9
45,6
43,3
73 , 66
2, 186956
1073
1089
no3
1118
n33
1146
1161
1176
1189
1204
— 553 , 5
329 . 3o
3i . 0
45.27,8
74,66
2, 188045
549 ,4
329 . 0
3i . 3c
5o . i5 , 7
76 ,65
a, 189148
545 , 2
328 . 3o
3a . 0
32 . 3o
55 . ij
59.44,6
76 , 63
77 y 59
2 , 190266
a, 191399
540 , 9
536 ,6
328. 0
327 ,3o
33. 0
6 . 4 . 25 , 7
41 , 1
39,4
37,0
34,8
32 ,4
78,54
2 , 192545
532 , 2
327 . 0
33. 3o
34. 0
9.5,1
13.4», 1
79:49
80,43
2 , 193706
2 , 194882
5a7 ,8
5a3 ,3
326 . 3o
326 . 0
34.30
18 . 16 , 9
81 ,36
2 , 196071
5i8 ,8
326 . 3o
35. 0
22 . 49 , 3
82 , 29
2, 197275
— 614 , 2
325 . 0
35. 3o
27 . 19 ,2
29 ,9
83 , 20
2 , 198492
1217
ia3i
1245
1258
— 509 , 6
324 . 3o
36 . 0
3i .46,9
a7, 7
25 , 6
23 , 2
20 , 8
18,4
15,9
i3 , 7
84 , IO
a, 199723
5o5 , 0
324. 0
36 . 3o
36.i2,5
84,98
2 , 200968
5oo , 3
323. 3o
37 . 0
40 . 35 , 7
85 , 86
2 , 202226
495 > 5
323 . 0
37 . 3o
44.56,5
86,73
2, 203497
1284
1298
49° >7
322 . 3o
38 . 0
49 . 14 , 9
87,59
2, 204781
485 , 9
322 . 0
38. 3o
53 . 3o , 8
38,44
2 , 206079
481 , 0
32i . 3o
89 . 0
57.44,5
89,28
2,207388
i32jj
476 , 1
031 . 0
39 . 3o
7 . 1 . 55 , 6
11 , 1
8,7
90 , IO
2 , 20871 1
i336
471 ,2
320 . 3o
40 . 0
6. 4,3
90 , 92
2 , 210047
— 466 , 2
320 . 0
40 . 3o
10 . io , 3
6,0
3.3,6
i,3
58,6
56 , 0
53,4
5o , 9
48,3
45,6
43 ,0
91 , 72
2 , 2ii3g4
1347
— 46 r , 2
319. 3o
41 ■ 0
14 . i3 , 9
92 , 52
2, 212754
456 , 1
319 . 0
41 • 3o
i8.i5,2
93 , 3o
2 , 2 14 125
i384
1396
1406
45 1 , 0
3i8.3o
42 . 0
aa . i3 , 8
94, °8
2 , ai55o9
445,8
3i8. 0
42 . 3o
a6 . 9,8
94,84
a , 216905
44° '6
317. 3o
43. e
3o . 3,2
95 , 59
2 , ai83n
435 , 4
317 . 0
43.3o
33 . 54 , 1
96 ,32
2 , 219730
14'9
14JJI
400 , 2
3i6.3o
44. 0
37-4* >4
97 >°5
2 , 221161
1440
1453
424 ,9
3i6 . 0
44. 3o
41 ■ 28 , 0
97 , 77
2 , 222601
419 , 6
3i5 .3o
45. 0
45 . 11 , 0
98,48
2 , 2240.54
-414,6
3 1 5 . 0
45.3o
48. 5i ,6
4° , 6
37,7
35,0
32 , 2
99 , '7
2 , 225517
— 408 , 8
3 14.30
46. 0
02 . 29 , 3
99 > 86
2 , 226991
*474
1484
»494
4o3 , 4
3i4. 0
46. 3o
56. 4,3
100 , 52
2 , 228475
398 , 0
3i3.3o
47. 0
59 . 36 , 5
101 , 18
2 , 229969
392 , 5
3i3. 0
47. 3o
8 . 3.6,2
a9 , 7
26,9
24,2
21 ,4
18,7
3 i5 8
ioi , 83
2, 23 1474
i5i6
1524
i535
387 , 0
3i2. 3o
48. 0
6 . 33 , 1
102 , 48
2 , 232990
38 1 ,4
012. 0
48.3o
9.57,3
io3 , IO
2, 234514
375 ,8
3n .3o
49. 0
i3 .18,7
io3 , 72
2 , 236049
i545
i553
370 , 2
3n . 0
49 . 3o
i6.37,4
104 , 33
2 , 237594
364 , 6
3io . 3o
5o . 0
19 . 53 , 2
104,9.3
2, 289147
— 358 , 9
3io. 0
—
Del Sic Giovanni Santini .
Continuazione della Tavola li
Argomento = Long. med. £ — Periel
4°3
io . ù
Argom.
Equazione
del centro
Differ.
Q-
Raggio vet-
tore
Differ.
(1)"'
Argom.
5o . o
8". 19'. 53", 2
3'. i3", 1
io , 4
4,8
1 8
104 , y3
2, 239147
i564
i57i
i58a
— 358 , 9
3io . 0
5o . 3o
a3 . 6,3
io5 , 5i
2 , 24071 1
353,3
309 . 3o
5i . o
26 . 16 , 7
106 , 08
2 , 242282
347,6
309 . 0
5i . 3o
29 . 24 , 3
106 ,64
a , 243864
1590
i598
1608
341,9
3o8 .3o
5a . o
32 . 29 , 1
107,18
a , 245454
336,i
oco. 0
5a . 3o
35 .3o , 9
a . 5g , 1
56,3
53 ,4
5o , 7
47 > 8
107,72
a , 247052
33o,3
007. 3o
53. o
38 .3o ,0
108 , 25
a , 248660
i6i5
324 , 5
307 . 0
53 . 3o
54. 0
41 . 26 , 3
44- J9 > 7
108 , 77
109,28
a, 350275
2 , 251899
1624
i63i
3i3,7
3l2 , 9
3o6 .3o
3o6. 0
54.3o
47 . io , 4
109,77
2 , 25353o
i638
3o7 , 1
3oo. 3o
0 r
55. 0
49 . 58 , a
110,24
a , 255i68
— 3oi , 2
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55. 3o
56. 0
52 ,^,c
55 .25 , 0
44 = 8
42 , 0
39 > 1
36 ,2
33 ,3
3o ,5
27 = 4
^4,7
110,70
ni , 16
2, a568i5
2 , 258472
1647
1657
1663
1669
1677
i68>
— 295 , 3
289, 4
304. 5o
3o4- 0
56. 3o
57 . 0
57 . 3o
58 . 4,1
9 . 0 .40 , 3
3 . i3 , 6
111,61
112 ,o5
112,47
2 , 260134
2, 261800
2 , 263480
283,5
277 , 5
271,0
3o3.3c j
3o3 . 0
3o2. 3o
58. 0
5.44, 1
112,89
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2 , 285841
a , 287598
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2 , 289361
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1813
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1814
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1820
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1823
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— 58 , 4
285. 3o
285. 0
—
1
4o4 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Continuazione della Tavola II.
Argomento = Long. med. £ — Perielio . g
Argom.
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del centro
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1828
1828
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1828
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37g. 0
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1820
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1816
1814
1811
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1806
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86. 0
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2,383668
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2 ,387257
2,389045
2 ,390882
2 ,392614
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261 . 0
260. 3o
260 . 0
—
'
Del Sic. Giovanni Santini.
Continuazione della Tavola II.
Argomento = Long. med. £ — Perielio . X,
4c5
Argom.
Equazione
del centro
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2 , 423966
2 , 425660
2 , 427349
2 , 429032
2 , 430708
2 , 432377
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01,44
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00, 40
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99,33
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98 , 27
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2 , 4340.39
2 , 435697
2 , 437.347
2 , 438993
2 , 44°63i
2 , 442262
2 , 443886
2 , 4455o4
2,447114
2 ,448718
97, *7
96, 61
96,04
95,47
94-4°
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93, i5
92, 55
9',96
91 , 36
90, 76
90, 14
89,53
88,91
88,29
87,66
87, 02
86,38
85,74
2 , 45o3i4
2 , 451902
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673 , 3
673,3
674 , 2
675, 2
676 , 1
677 , 0
677;9
678, 7
■+■ 679 , 5
194.30
194. 0
193.30
193 . 0
192 .3o
192 . 0
191 . 3o
191 . 0
190 . 3o
190 . 0
43,7
44,»
44»?
44,3
44,7
45 = 4
45,4
45,6
45 = 7
4 -45 > 7
262
348
a35
222
207
ig3
181
169
i55
141
170 . 3o
171 . 0
171 .3o
172 . 0
173 . 3o
173 . 0
173 .3o
I?4 0
174 -3o
175 . 0
3o .3o
25.46
21 . 1
16 . 17
11 .3a
6.47
2 . 2
0 .57 . 16
0 .52 .3o
47.45
1
> °
>8
,5
,8
4
> °
»4
7
0
16 ,02
i5,i8
14,34
i3, 5o
ia ,66
11,81
10,97
io, 14
9,3o
8,45
2 , 568262
2 ,5685io
2,568745
2 , 568967
2 , 569174
2, 569367
a,56955o
2 ,569719
2 ,569874
2 , 570015
-+- 680 , 2
680,9
681,6
682,2
682,8
683,3
683,8
684,3
684,7
-1- 685,i
189. 3o
189. 0
188. 3o
i38. 0
187.30
187. 0
186. 3o
186. 0
i85.3o
i85 . 0
—
4o8 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
Continuazione della Tavola II.
Argomento = Long. med. X — Perielio . U
Argom.
Equazione
del centro
■+■
Differ.
Kdfì'1
Raggio vet-
tore
Differ.
(I)-1'
Argo in.
175 . 0
175 . 3o
176 . 0
176 . 3o
177 . 0
177 . 3o
178 . 0
178 . 3o
179 . 0
179 . 00
180 . 0
o°.47'.45",o
43.59, 1
38.13,9
33 . 36 ,5
28 . 39 , 9
a3 . 53 , 4
19. 6,8
l4 • 30 , I
9 .33 , 6
4.46,8
0 . 0,0
4'45",9
46, a
4<>,4
46,6
46,5
46,6
46,7
46,5
46,8
4.46,8
8,45
7,60
6,76
5,ya
5 ,07
4,32
3,37
2 , 52
1,69
0,84
0 ,00
2 , 570016
3 , 570142
3 , 5703S7
2, 570368
3 , 570445
a , 570519
2 , 57o58o
2 , 670627
3 , 570660
a, 570681
a , 570688
ia7
n5
101
87
74
71
47
33
ai
■+- 685 , 1
685,5
685,8
686, 1
686,4
686,6
636,7
686 ,9
687,0
687,0
-4- 687 , 0
i85. 0
184.30
184 . 0
i83.3o
i83. 0
183. 3o
i8a. 0
181. 3o
181. 0
180. 3o
180 . 0
—
1
Del Sic. Giovanni Santini." 4c9
TAVOLA III.
Argomento = Long, in orbita corretta dalle perturbazioni — Nodo
gra-
0'. Lat. Bor.
(d6\ -/
I*. Lat. Bor.
(d6\ «
in)-10
IP. Lat. Bor
(d6\ ,
Gra-
di
VP. Lat.
Diff.
\Tth°
VIP. Lat.
Diff.
VIIP. Lat.
Diff.
br)-10
di
Aust.
Aust.
Aust.
0
o°. 0'. o",o
7r.37",o
o", 00
3".33'.36",3
6'.25",9
4 ,97
6°.I0'.27",3
3\4i",5
8 , 66
3o
i
0 . 7 .27 ,0
26,9
0 , 17
3 . 40 . 2,2
22, 1
5, i3
6 . 14 . 8 , 7
34,6
8 , 75
29
3
0 . 14 .53,9
26,8
o,35
3 .46 .24 ,3
*7)9
5 ,38
6.17.43,3
27,6
8 , 83
28
3
0 . 22 .20 ,7
26 ,2
0 , 52
3 .52.42 ,2
13,7
5 .43
6 . 21 .10,9
20,9
8 , 9°
27
4
0.29.46,9
25,7
0 , 70
3.-58.55,9
9=4
5,57
6.24.31,8
i3,6
8,98
26
5
0 .37 . 12,6
25 , I
0 ,86
4. 5. 5,3
4,8
5 , 71
6 .27.40,4
3. 6,(
9 ,o5
ao
6
0.44 .37,7
24,2
1 , o3
4 • 11. io , 1
6.0,4
5 ,86
6 . 3o.52 ,0
2.59,/t
9 , l3
24
7
0 .63 . 1 ,9
23 ,2
1 , 21
4. 17. io ,5
5 .55 , 7
6 , 00
6.33.5i,4
52 ,3
9 ; T9
23
8
0 • 5g . a5 , 1
22,4
1 ,33
4 .23 . 6,2
5i ,0
6, i3
6.36.43,7
44,8
9 ; aS
22
9
1 . 6 .47,5
31 ,0
1 ,55
4.28.57,2
46,1
6 , 27
6.39.38,5
37>7
9 ,3i
31
io
1.14. 8,5
19,8
1 , 72
4.34.43,3
41 > °
6,42
6 . 42 . 6,2
3o ,2
9 ,37
30
*9
ii
I . 31 .28,3
l8,I
1 , 89
4 . 40 . 34 , 3
36 ,0
6 ,56
6 . 45 . 36 , 4
23 , 0
9,43
12
I .28.46,4
l6,7
2 , 07
4 . 46 . o,3
3o,8
6,69
6.46.59,4
i5,3
9; 49
l8
ii
1 .36 . 3,i
J4>9
2 , 22
4 . 5i ,3i ,1
25,6
6 ,83
6 • 49 • J4 > 7
7,9
9 , 54
'7
*4
1 .43.18,0
i3 , 0
2 , 39
4.56.56 ,7
20 , 1
6,94
6 . 5i .22, 6
3. o,3
9 > 59
16
ib
1 . 5o .3i ,0
11, 1
2 ,56
5. 3.16 ,8
14 , 5
7 , °7
6 .53 .32,9
1 .53,7
9 , 63
i5
i4
16
1 . 57 . 43 , 1
8,9
a , 73
5 . 7.31,3
9,0
7 , '9
6 . 55. i5 ,6
45,2
9 > 68
J7
3 . 4 -5i ,0
6,7
3 , 90
5 . 12.40 , 3
5 . 3,3
7 >3a
6 . 57 . 0,8
37,5
9 > 71
i3
18
2. 11 .57,7
4, a
3,o6
5.17.43,6
4.57,6
7:44
6.58.38,3
29,9
9;75
13
19
2 . 19 . 2,0
7. 1,8
3 ,23
5 . 23 . 4 I , 2
5i ,6
7,55
7 . 0 . 8,3
32,0
9 ; 79
II
20
3.26. 3,8
6 .59 , 2
3,39
5 .27 .32 ,8
45,8
7 ,°7
7 . 1 .3o ,2
'4,4
9 ,82
IO
21
2 .33 . 3,o
56,3
3 , 56
5.33.18,6
39 ,5
7,78
7 • 3-44>6
1. 6,0
9,84
9
22
2 . 39 .59,3
53,6
3 , 73
5.36.58,1
33,6
7 ,89
7 . 3 .5i ,2
o.58,6
9,87
8
23
2 .46 • 5a,9
5o ,5
3 ,88
5.4i.3i ,7
27,3
7 ,99
7 . 4'5o,o
5i , 0
9; 89
7
24
2.53.43,4
47,4
4>°4
5 .45 .58 , 9
20 ,8
8 , io
7 . 5.41,0
43,1
9 ;9°
6
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3. o.3o,8
44 >*
4 > 2I
5.50.19,8
i4,3
8 , 19
7. 6.24,1
35,3
9,92
5
4
26
3.7. 14,9
40,8
37, 1
33 ,6
4 ,36
5.54.34,1
8 3
8 , 39
7. 6.59,4
27,6
19,6
11,9
3,9
9,93
27
3.i3.55, 7
4 ) 52
5.58.43,4
4.1,5
3 .55 , 0
8,39
7. 7.27,0
9 , 95
3
28
3 .20 . 32,8
4,67
6 . 3 . 43 , 9
8 ,48
7. 7.46,6
9,95
2
29
3.27." 6,4
29,9
4 ,83
6. 6.38 ,9
48,3
8,57
7. 7.58,5
9 .96
1
3o
3.33.36,3
4' 97
6 . io .27 , 2
8 ,66
7. 8. 2,4
9 , 96
0
XI». Lat.
X'. Lat.
IX1. Lat.
Aust.
Aust.
Aust.
V*. Lat. Bor.
IV. Lat.
Bor.
IIP. Lat.
Bor.
Per ottenere le latitudini eliocentriche, si entri in que-
sta Tavola coli' argomento Longitudine Eliocentrica in orbita
corretta dalle perturbazioni seguenti meno la longitudine del
Nodo ; la Latitudine così trovata corrisponde all' inclinazione
7°.o".a",4. La colonna / — I . io" indica la variazione della
latitudine per un aumento di io" nell'inclinazione, e serve
a trovare la latitudine per un'altra inclinazione poco diversa
dalla precedente . Volendo tenere conto della variazione se-
colare dell'inclinazione, conviene moltiplicare i numeri di
questa colonna — o, oia.it, t rappresentando il numero de-
gli anni al di sopra dal 1810 .
Tom. XVII. 5a
410 Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
TAVOLA IV.
Contenente la prima parte delle perturb. in Long, e nel rag.vet.
espresse in millionesime parti dell'unità .
Arg.
D
Arg.
Ferturbaz.
in
longitud.
Perturbai.
nel
rag. vett.
Arg.
D
Arg.
D
Terturbaz.
in
longitud.
Pcrturbaz.
nel
rag. vett.
o
400
-+- o",o —
— 654 —
5o
35o
-4- 61", 3 —
-4~4i3 -4-
i
399
3, a
653
5i
349
5g ,2
440
2
398
6,5
65i
52
348
57 , 0
467
3
397
9,8
648
53
347
£4,7
493
Ò19
4
396
i3 , i
644
li
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5a,4
5
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16 .3
63g
345
49 =9
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6
394
19 ,6
63a
56
344
47 , a
56g
7
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22,8
624
5?
343
44,4
593
8
3g2
a5 ,9
616
58
342
41 ,6
617
9
391
28,9
6o5
59
34,
38,7
63g
.0
3go
•+-3i , 9 —
-592-
60
340
-4- 35 , 7 —
-4- 661 -+-
II
389
-+■ 34 , 8 —
— 579 —
6r
339
-4- 3a , 5 —
-4- 683 -4-
12
388
37 ,7
566
62
338
29 ,3
703
i3
387
4o,5
55 1
63
337
25 ,8
723
'4
386
43,3
535
64
336
22 ,4
743
i5
385
45;9
5x8
65
335
18,9
761
16
384
48,5
5oi
66
334
x5 ,3
779
J7
383
5i ,0
482
67
333
11 j 6
796
i8
382
53,4
462
68
332
7 ,9
8l3
'9
38i
55 ,6
44.
69
33 1
4,i
827
20
38o
-+- 57 , 0 —
— 420 —
70
33o
-+- 0,3 —
-4-843-4-
21
379
■+■ 59 , 8 —
— 397 —
71
329
— 3,7-4-
-4-356-4-
2-2
378
61 ,3
374
72
328
7 >7
869
23
377
63 ,6
35o
73
327
n , 8
881
24
376
65,3
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74
3a6
i5,9
89^
25
375
66,8
Boi
75
3a5
20 , 1
902
36
374
68 ,3
275
76
324
24,3
912
27
373
69 ,6
249
77
323
28 ,5
920
28
372
70,8
222
78
322
3a ,8
928
29
37i
71,8
195
79
321
37 , 1
934
3o
3i
370
36g
-4- 72 , 8 —
-t- 73 ; 6 —
— 167 —
80
81
3ao
319
-41,4-4-
-4- 940 -4-
— 139 —
— 45 , 8 -4-
-4- 945 -4-
32
368
74 ;a
HO
82
3i8
5o , 2
949
33
367
74 > 7
81
83
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54,6
953
34
366
75 ,0
52
84
3 rè
59 ,0
955
35
365
75 , 1
— 23 —
85
3i5
63 ,4
956
36
364
75,a
-4- 7 -4-
86
3 14
67,8
9-56
37
363
75,0
37
87
3x3
72 ,2
955
38
36a
74,7
66
88
3ia
76,6
954
39
36i
74,3
95
89
3xi
81 ,0
95i
40
36o
-+- 74 , 1 —
■+• 125-4-
90
3io
— 85 , 4 -+-
-4- 948 -t-
4i
359
-4-73 ,4 —
-H l55-t-
91
3og
- 89 , 8 -4-
-4- 944 "•"
42
358
72,6
i85
92
3o8
94 , »
939
43
357
71 ,6
214
93
307
98,4
933
44
356
70,6
243
94
3o6
ioa , 7
926
45
355
69,4
272
95
3o5
107 , 0
918
46
354
68 ,0
3oi
96
3o4
m,3
909
47
353
66,4
33o
97
3o3
ii5 , 0
899
48
352
64,8
358
98
302
119 ,6
889
49
35 1
63 ,0
386
99
3oi
123 ,7
878
r„,
35o
•4- 61 , 3 —
-4- 4x3-4-
100
3oo
-137 ,7-4-
-4- 866 -1-
Del Sic. Giovanni Santini.
4u
Continuazione della Tavola IV.
ArS.
D
Arg.
D
Perturbaz.
in
longitud.
Perturbaz.
nel
rag. vett.
Arg.
D
Arg
D
Perturbaz.
in
longitud.
Perturbaz.
nel
rag. vett.
IOO
3oo
— I27",7-H
•+■ 866 -t-
i5o
25o
— 204", 7-+-
— 45o —
IOI
299
i3i ,7
853
IÓI
249
2o3 , 0
481
102
298
i35,6
839
l52
248
201 ,3
5 13
io3
297
139 ,5
834
i53
247
199 ,3
54.3
104
296
43,4
808
154
246
197,3
573
io5
295
J47 >!
792
i55
245
195 ,1
60.2
106
294
i5o ,7
775
i56
244
192 ,8
63a
107
293
i54,3
758
i57
243
190 ,4
661
108
293
157,8
74 r
i58
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4ia Teoria del nuovo Pianeta Vesta ec.
TAVOLA V.
Per calcolare la seconda parte delle perturbaz. in Iongit.
e nel raggio vettore .
Arg.
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A
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Pert. in Long. = A sen. 2/, -t- B cos. 2£
Del Sic. Giovanni Santini .
4i3
Continuazione della Tavola V.
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A'
B'
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A
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44
Djìl Sic Giovanni Santini
Continuazione della Tavola V
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Del Sic. Giovanni Santini .
TAVOLA VI.
Per calcolare le perturbazioni nella latitudine eliocentrica
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Terturb. in Latit. = A"
B" cos 2/.
4*7
DEL MODO DI RENDERE MEN DIFETTOSA
CHE ADESSO E PIÙ' COMODA
LA STADERA VOLGARMENTE DETTA ROMANA
MEMORIA
Del Signor Pietro Ferroni.
Ricevuta li 3i Dicembre 1814.
E,
Jgli è fuor d'ogni dubbio che le Stadere Romane sono d'as-
sai più comode delle Bilancie nel corso ordinario di quelle
brevissime giornaliere contrattazioni , per rispetto alle quali
abbia luosro la conoscenza del Peso delle materie da valutar-
si a proporzione dei loro prezzi quandoché siano esposte in
commercio . La riguardevole prerogativa della Stadera , di
potersi cioè con un Peso solo , volgarmente chiamato il Ro-
mano , contrappesare dal minimo al massimo altri innumere-
voli diversissimi Pesi, laddove nella Bilancia comune fa di
mestieri contrapporre a ogni Peso il suo respettivo Equipon-
dio, rende per universal sentimento , avvalorato dall' uso del-
la più parte dei Popoli culti, preferibile all'ultima la preci-
tata Stadera Romana, ed eziandio alla Teutonica, altramente
detta tascabile, perchè questa con impiegare un elastro , o
molla spirale, alla cui testata appendesi il Peso, ne misura
la sua gravezza col più o meno distendersi della molla suddet*
ta , ed è sottoposta perciò all'influenza delle moltiplici Cause
fìsiche, le quali mostrano chiaramente incerto, e variabile
il grado di Forza dell'elasticità competente a tutti i Corpi
terrestri .
Ha il suo fondamento, siccome ognun sa, la Stadera Ro-
mana nell'equilibrio della Leva, o del Vette } eh' è il princi-
pio unico, e saldo, cui s'appoggia la Statica universale; pria-
Tom. XVII. 53
4i8 Sulla Stadera Romana ec.
cipio però intimamente collegato con quello della Bilancia
(evidentissimo, ed anzi intuitivo di sua natura) posto clie
questa in vece di sole due braccia eguali situate nella me-
desima Linea retta sia composta di più braccia in qualunque
numero o dispari o pari, ma però tutte eguali, e distribuite
con angoli tutti eguali tra loro nel vertice, o centro comune a
foggia di Stella più o meno raggiante (i) . E dalla Bilancia
medesima parimente dipende , come suo Corollario immedia-
to, il Parallelogrammo o Triangolo risguardante la composizio-
ne , e la risoluzion delle Forze (a) .
A fronte del maggior comodo , e dell' utilità maggiore ,
che nella vita civile ricavasi dalla Stadera Romana, la ma-
niera ordinaria di costruirla, e d'usarla fa sì ch'essa sia sog-
getta nulladimeno ad alcuni difetti; laddovecchè la Bilancia
per Io contrario, anche viziosa che fosse nella sua costruzio-
ne , si corregge di per sé stessa , o come dicesi in termini
d'Arte „ ha la sua verificazione in sé medesima „ collo scam-
biare al Peso, ed all' Equipondio i Bacini, ed estrar poscia
la radice quadra dal prodotto dei due Contrappesi. Non s'in-
tende già qui di parlar degl'inganni, o delle frodi d'ogni
maniera , che nascer mai possano , o nascati difatto dal mal-
talento, e dai giuochi di mano d'un suddolo Pesatore: im-
perocché essendo simili trufferie comuni a tutti gl'Istrumen-
ti possibili adoperati nel traffico , comunque sieno perfetti se
si considerino dal lato della Meccanica, non c'è nessuno
scampo o riparo per esimersi dalle medesime ad eccezion del-
l'accorgimento, e dell'avvedutezza e vigilanza istancabile dei
Compratori .
Derivano spezialmente i mancamenti fisici , o per dir
(i) Volume X, Parte II delle nostre
Memorie - Modena mdccciii dalla p»g.
43 1 sino a 633 incl. - I principi della
Meccanica richiamati alla massima sem-
plicità, ed evidenza . Ragionamento ec.
(a) Vedasi nel Tomo IX degli Atti
dell'Accademia delle Scienze detta de'
Fisiocritici ( Siena mdcccviii ) la Disser-
tazione latina dalla pag. 241 a 254 incl.
- Compositio Virium unicum Mechanices
fundamentum noviter positum etc.
Del Sic Pietro Ferroni . 4J9
meglio meccanici delle volgari veglianti Stadere da tre diver-
se cagioni d' errore , e sono
i .° La loro incongrua conformazione , avuto ancora ri-
guardo al modo , col quale elle agiscono :
a.0 L'imperfezione loro proveniente dal Fabbricatore od
Artefice :
3.° La divisione e suddivisione per lo più erronee del mag-
gior braccio, su cui passeggia il Romano.
Affin d' ovviare colle debite correzioni alle suddivisate
sorgenti d'errori meccanici avendo avuta più volte occasione,
passati ormai due Anni interi, o in quel torno, di tenerne
insieme proposito col giovine amicissimo mio, ed espertissi-
mo in tutte le Matematiche Discipline Capitano Soalhat , Uf-
fiziale Francese dell'Imperiai Corpo del Genio^ ed essendoci
scambievolmente comunicate le proprie idee, e quindi con-
fermatele in pratica a grado per mezzo degli Sperimenti op-
portuni, concepimmo sino d'allora il pensiere di render pub-
blici colla stampa i reciprochi nostri divisamenti, come quel-
li, i quali miravano a conseguire lodevolmente il maggior
perfezionamento possibile dell'utilissima Stadera Romana. E
tantopiù volentieri, e tantopiù presto m'accingo a palesare
in succinto il riuscimento di tali nostre iterate ricerche quan-
tochè conservandole io manoscritte di carattere dell'Amico,
che ne disegnò eziandio le Figure colla sua solita precisione ,
ed intelligenza, vengo col pubblicarle a pagargli, per quel-
la parte, che giustamente a lui si compete, un tributo di
grata , e perpetua rammemoranza dopo la sua morte avvenuta
nel mdcccxii. durante la terribil Campagna della Guerra di
Francia contra la Russia, la qual tragica circostanza non che
di Lapide lo privò forse per avventura anche d'onorevol Se-
polcro. In capo al MS.0, che abbraccia i cambiamenti , e le
aggiunte da noi immaginate in comune all'effetto di perfe-
zionar la Stadera essendosi apposta dall'egregio Amico sunno-
minato l'Epigrafe sensatissima — Il vaut mieux prevenir des
abus que punir des délits — mi giova ripeter talquale que-
^20 Sulla Stadera Romana ec.
sta eccellente massima di Morale politica, che onora ad un
tempo la mente , ed il cuore di chi l' ha scritta , e profon-
damente sentita , appunto perchè il togliere dalle contrat-
tazioni degli uomini, se non tutti gli abusi, almeno quelli,
che siano inerenti all'indole delle Macchine, e degli Stru-
menti, che s'usano andantemente pei Pesi e Misure, tenden-
do a diminuire i motivi, ed i mezzi d'una fraudolenta di-
suguaglianza delle permute, torna sempre a profitto della fe-
licità universale .
ARTICOLO I.
Dei difetti causati dall' attuai forma delle Stadere
e dei loro rimedj .
Oltre alle Stadere semplici frequentemente per la maggio-
re comodità di pesare si costruiscono, e s'usano le composte.
A differenza delle prime hanno l'ultime la particolarità d'a-
ver disponibili a piacimento di chi le impieghi due diversi
punti di sospensione, ed in vece d'una, come le semplici,
hanno doppia divisione, ciascuna sul taglio o spigolo oppo-
sto della verga metallica, ossia del maggior braccio di leva.
Il Romano o il contrappeso (Sacoma) resta sempre l'istes-
so , e solamente si rivolta la Verga all'effetto di sospenderla
ora dall'uno ora dall'altro lato o punto soprindicato; dal primo
e più ordinario pei Pesi piccoli, dal secondo pei Pesi grossi.
Con siffatto ingegnoso compenso senza cambiare il Romano può
un solo Istrumento destinatosi alla ricerca della diversa gravez-
za assoluta de' Corpi solidi o liquidi soddisfare a quest'uopo
per due diverse serie di Pesi comprese tra due limiti diffe-
renti ; e tal vantaggio potrebbe ugualmente estendersi median-
te le convenevoli divisioni sopra i quattro spigoli della ver-
ga a tre e quattro serie quando vi fossero preparati altret-
tanti punti di sospensione . Facilissima cosa si è poi conce-
pite sino d'adesso come trovando un meccanismo semplice per
Del Sic. Pietro Ferroni . 4ai
rivolger la Verga della stadera su ciascheduno de' suoi quat*
tro taglj otterrebbesi una Macchina portatile comparativa, in
virtù della quale senza nessuna necessità di calcolo o di già
preparate Tavole dì riduzione si paragonerebbero infra di lo-
ro i più celebri dei Pesi antichi , e moderni .
Quanto i Costruttori delle Bilancie, e specialmente delle
docimastiche per le materie preziose , come ancora di quelle
dedicate agli sperimenti Fisico-chimici , ed alle Droghe me-
dicinali o tintorie, son soliti d'esser cauti nel far sì che i
due punti , dai quali pendono i due Bacini , ed il punto in-
termedio di sospensione, ovvero del centro di rotazione del-
la Bilancia siano scrupolosamente disposti nella medesima li-
nea retta affinchè l' Istrumento non riesca né sordo né folle
a qualunquesiasi leggieri trabocco (i), altrettanto gli Stade-
raj nel lavorare le Stadere semplici , e moltopiù le composte ,
o per abitudine d'anticata ignoranza, o per effetto d'incu-
ria sempre corrente sogliono non attendere a questo princi-
pio fondamentale dell'aggiustatezza e stabilità dell'equilibrio,
eh' è dalla Statica magistralmente prescritto. Dato che i tre
punti suddetti non fossero precisamente nella medesima di-
rittura, come non di rado addiviene, la Leva diritta sarebbe
angolare, ed è quanto dire equivalente all' inflessa ; ed allo-
ra si dà di soventi luogo, in vece d'un solo e verace, a di-
versi equilibrj possibili con Pesi falsi, cioè all'errore o al-
l'inganno, il qual procedendo dal vizio intrinseco della Sta-
dera, conosciuto tosto eh' e' sia per lunga pratica dal vendi-
tore, torna sempre a disavvantaggio del compratore, né v'ha
legge cotanto efficace, che mai potess' esser valevole a repri-
mere tal prevaricazione, ed abuso della pubblica confidenza.
(i) Van Swinden nel primo volume
delle sue Positiones Physicce stampato
nel mdcclx.xxvi ad Harderwyck ( Lib.
Ili , Parte I , Sez. II, Cap. I , Art. IX
dalla pag. 204 a 212 incl. , e dal N.° qò
a tutto il 99 ( si vedano specialmente i
N .' 88 e q'i ) ha raccolto in compendio
tutto ciò che sapevasi sulla Teoria , e
sulla Pratica delle Bilancie . Per riguar-
do poi alle Stadere sia consultata l'Ope-
ra stessa sino alla pag. 216 , ed al N.°
107 incl., e soprattutto si leggano i N.'
102, ic5.
42,2, Sulla Stadera Romana ec.
Ma d'altra parte nelle Stadere, che in sé riuniscono il Peso
grosso, ed il piccolo , conforme alla foggia, in cui dagli ar-
tisti si lavorano comunemente, rendesi inevitabile questo di-
fetto; laonde sarebbe assai commendevole rintracciare il mo-
do di prevenirlo. Ecco dunque il rimedio più acconcio, che
non difficilmente conduce al conseguimento della correzione
desiderata .
La Figura I.ma manifesta di subito con tutta chiarezza
in una Stadera fornita del comodo di due punti di sospensio-
ne gl'inconvenienti, che accaderebbono ancora casochè per
diminuire o ragguagliare l'errore si volesse aver l'avverten-
za, la qual'è in uso presso alcuni artefici più accurati ed in-
telligenti degli altri, di collocare cioè ciascuno di quei due
punti nella direzione dell'asse, o della linea centrale della ver-
ga parallelepipeda rettangolare , ovvero del Giogo su cui scor-
re il Romano , da un punto della qual linea penda altresì il
capo raccomandatovi delle tre o più catenelle sostenenti il
Bacino . Conciossiachè il predetto Romano obbligato a scor-
rere immancabilmente mediante V oncino od anello tagliente,
che lo sostiene , sul taglio , costola , o spigolo della verga ,
nel quale sono segnate ed incise le divisioni , rimarrebbe sem-
pre a contatto con un punto di quello spigolo situato fuor
della linea retta congiungente il punto di sospensione, e l'al-
tro da cui pende il Peso , e tanto precisamente al di fuori
quanto importa la metà della diagonale , che congiunge i due
spigoli opposti . Conoscevasi a vero dire da molto tempo quel-
la foggia special di Stadera denominata Danese o Svedese,
ove il Bacino e il Romano restando fissi maisempre alle due
estremità della Verga si conseguisce la notizia de' Pesi col
cambiare e far iscorrere avanti o indietro sulla Verga mede-
sima il punto mobile di sospensione ( i ); ma conoscenza sif-
fatta non avea mai risvegliata l'idea d'approfittarne a vantag-
(i) Posit. Phys. 1. e. al Num.° io5.
Del Sic Pietro Ferroni . 4^3
gio delle Stadere Romane. Ora all'effetto di tener sempre i
due o più punti di sospensione nella medesima linea retta pre-
cisa , che congiugne quelli, dai quali pendono il Bacino, e
il Romano, era ben facile divisare che ciò s'otteneva mediante
un traforo rettangolo ABCD (Fig. II.) procurato nel sodo della
testa della Stadera, e talmente sdrucito che l'orlo o il lab-
bro superiore dell'apertura, o per dir meglio le sommità M,
M, ec. degl'incavi in piccole lastre fermatevi d' acciajo ben
temperato o di pietradura, dentro cui dee posarsi il taglio a
coltello DE dell'Ondino di sospensione disegnato di faccia e
di fianco nella III. Figura, tornassero appunto in dirittura
degli altri due suddescritti . Il perchè , oltre a sospendere nel
modo chiaramente indicato alla lettera F, ed in totalità rap-
presentato dalla Fig. VII. il Bacino, ed i Pesi, onde posta
orizzontale la Verga della Stadera la direzion verticale della
gravità assoluta degli ultimi colla pienezza della sua forza
riesca sempre perpendicolare alla Leva, fa eziandio di me-
stieri costruire di tal maniera il Romano qual manifestane
di prospetto, ed in istato d'azione la IV. e la II. Figura, e
vale a dire unendolo ad un boccinolo o cassetta vuot metal-
lica GHIK , che abbracciando leggiermente le due faccie e-
guali del braccio lungo della Leva , lavorata in quadro , e
disposta colla sua diagonale verticalmente , sia con pochissi-
mo o morbido attrito scorrevole sul taglio o spigolo superiore
del braccio predetto . Le divisioni corrispondenti alle due ma-
niere di pesare or coli' uno or coli' altro punto di sospensione
senza bisogno di rivoltar la Stadera possono incidersi sottilis-
sime sulle due faccie della Verga con lasciar intatto il taglio
intermedio, nel qual esse s'incontrano , ed aprire una rimu-
la o fessura in L, punto di mezzo, sull'una e l'altra faccia
della cassetta mobile per iscorgere i segni della duplice divi-
sione mediante gli Indici respettivi .
Molti, e rilevantissimi sono i vantaggj, che nascerebbe-
ro da questo cambiamento di forma delle Stadere d'uso co-
mune in commercio, a scanso dei loro inevitabili errori, che
4.2,4 Sulla Stadera Romana ec.
porta seco la costruzione attuale, ai quali intendesi adesso
recar rimedio e facile ed opportuno . Accennerò solamente i
più ovvj per non dilungarmi di troppo dal principale assun-
to propostomi .
1 .° Si toglie primieramente il mancamento, che hanno,
o sogliono avere tutte le Stadere comuni ( ed in particola!"
modo, e più sensibilmente le Stadere meu lunghe), delle
divisioni cioè per solchi o tacche sul dosso della Verga , più
o meno larghe , più o meno profonde , dentro d. cui dehha
incastrarsi V oncino reggente il Romano, che così vien ob-
bligato di scorrere a salti. Intaccature di simil fatta, oltre
a non esser giammai della stessa larghezza in, bocca , ed a
servire d'incastro ad un oncino grossolano o lordo e di ta-
glio ottuso, impediscono l'incisione delle suddivisioni inter-
medie, e danno luogo a non potersi apprezzar tutte quelle,
le quali sono occupate a vicenda dalla metà della larga bocca
dei taglj, non sempre eguali, e scavati a mano senza regola
e norma, per lo più colla lima. All'opposto adottandosi il
nuovo metodo di costruzione, non solamente verrebbero ad
essere chiare, precise, e sottilmente segnate tutte le divisio-
ni e suddivisioni assolute più piccole, ma queste eziandio si
potrebbero facilmente spartire col virtuale ajuto d'un Nonio
o Vernier sino alle più minute frazioni . Ed il Promano con
insensibile gradazione discorrendo allora tutti i punti dell'a-
sta farebbe cosi apprezzar meglio i piccoli Pesi, darebbe cam-
po di valutarli appuntino a causa del passaggio men rapido
o men saltuario dagli uni agli altri vicini, e per rispetto ai
Pesi maggiori verrebbe a crescere la portata delle Stadere .
a.0 In secondo luogo risparmierebbesi , perchè inutile nel-
la maniera proposta , il secondo oncino di sospensione delle
Stadere ordinarie , che ( come ho già detto ) associandosi al
primo fa sì che ambedue sieno ad un tempo una vicendevol
sorgente d'errore. Né poco è da valutarsi a mio senso per
la giustezza del pesare le merci la mastiettatura data al Ro-
mano , ed all' ingegno che tien sospeso il Bacino , in virtù
del
Del Sic Pietro Ferroni . 42,J
del quale artifìcio d'agevolissima pratica i medesimi si dispon-
gono subito di per sé, a loggia d'una Bussola nautica ben
imperniata sui pulì, nella vera direzion della gravità, a scan-
so di deviazioni o d'impedimenti di sorte alcuna; lo die so-
vente addiviene lavorandogli della forma rozza e inesatta pra-
ticata nelle Stadere, che sono oggigiorno in commercio. La-
vorata in quadro la verga, e per tutto il braccio più lungo
tirata dell' istessa misura o dello stesso calibro, perchè vi scor-
ra in ogni punto egualmente, e l'abbracci a contatto facile
e morbido il conduttor del Romano ( Fig. IV. ), vengono ad
esser posti gli artisti nelP obbligo d'usar di tutta l'attenzio-
ne possibile all'effetto che nella Verga non vi restino dise-
guaglianze, le quali disturbino, e falsino le divisioni della
medesima avvegnaché riportatevi mediante un Compasso fe-
dele dal Campione o dalla Matrice, verificata con ogni mag-
gior premura per via di reiterate sperienze .
3.° Quanto sarebbe facile per un artista accurato la strut-
tura d'un Campione esatto delle Stadere ( piccole, grandi,
e mezzane ) , e quanto il nuovo metodo esposto di costruir-
le, in apparenza diffìcile e laborioso, non oltrepasserebbe in
sostanza il confine dell' ordinaria capacità d' un esperto fab-
bricatore di siffatti strumenti , altrettanto farebbe mestieri
d' avvedutezza e bravura per conseguire un altro prezioso van-
taggio, e vale a dire quel di comporre una Stadera compa-
rativa dei principali Pesi, o antichi o moderni, ch'erano o
sono in uso presso i popoli commercianti . Sarebbe questa
non meno comoda di quei Bastoni metrici o Canne portatili,
sulle quali si segnano le differenti Misure lineali più frequen-
temente adoprate in Europa, o in altre Regioni del Mondo .
Più che dal discorso analitico intorno alle parti, che compor-
rebbero una forbita Stadera comparativa, se n'intenderà be-
nissimo da chicchessia la conformazione gettando l'occhio sul-
le Figure V, VI e VII, le prime due delle quali sono deli-
neate di grandezza naturale o effettiva, e l'ultima diminui-
ta sino ad ^ con una Scala di proporzione onde mostrasse
Tom. XVII. 54
A-i6 Della Stadera Romana ec.
nella sua integrità il congegnamento della Stadera . Essa così
conformata avrebbe due divisioni diverse , corrispondenti da
un lato e dall'altro a ciascuno dei quattro spigoli dell'Asta
o Verga dell' Istrumento ; di tal maniera che servirebbe alla
comparazione di otto differenti Pesi, e divisioni e multipli
loro particolari, compresovi il metrico o decimale, ch'era
l'unico segnato per comodo a confronto del vecchio Peso in
alcune delle più moderne Stadere. Tutta l'arte consiste nel
far girare il capo rotondo della Verga parallelepipeda/'er quarti
di cerchio da uno spigolo all'altro, e ciò mediante una Vite
maschia impegnata nella sua femmina mobile C sul sodo ci-
lindrico B, e nel fermarla a stretta col corredo solito degli
appoggi o guancialetti A , i nel punto preciso ( manifestato
dalla coincidenza dei due indici ?n,n) per mezzo d'una Vite
K , che volgarmente dicesi di pressione . Gli Accademici del
Cimento (siccome apparisce dall'autentico loro Diario in data
de' 3o Agosto 1811 ) giudicarono, in linea di dubbio, diffici-
le il caso che la detta Stadera rotatoria fosse dapprima così
rigorosamente centrata che nel compire il suo giro affin di
condurre sotto il Romano ora questo ora quel cantovivo del-
l'Asta mantenesse sempre in tutta l'intera rivoluzione il suo
stesso ed unico centro di movimento, o dato ancora che co-
sì fosse all'uscir di mano all'Artefice si conservasse tal quale
dipoi nel lungo uso ed attrito della medesima, e dopo d'es-
sersi coordinata colla Vite di pressione, e coli' altre parti del-
l' Tstrumento , suggette ancor desse ad assestarsi col tempo
qualche poco diversamente a quel che erano state nell' Offi-
cina . Nulladimeno una Stadera comparativa o universale con-
simile costruita a proposito nell'Isola dell'Elba pel Corpo del
Genio, e statavi in uso pel corso di più anni consecutivi non
ha mostrata patentemente , a malgrado di ciò, la minima mu-
tazione: tanto è vero che la puntualità e l'esattezza avutesi
in mira nel lavorare sin dapprincipio una Macchina qualun-
que siasi sommamente contribuiscono alla durata del suo buon
effetto , come si scorge nei Micrometri dilicatissimi , ed al-
Del Sic Pietko Fekkoni . 4a7
trettali strumenti di molto maggior finezza, e d'assai più ela-
borata composizione delle Stadere, di cui ora si tratta. Po-
trebbe ancora riflettersi che il giudizio sul inerito della dure-
vole idoneità d'una Macchina non si fa mai, né può farsi
per avventura colla certezza medesima, che si pronunzia qua-
lora si prenda in esame il pregio della materia trattata in un
argomento di Scienze esatte. E di fatto gli stessi Fiorentini
Accademici prenominati dietro all'invito dell'Autore (i) elet-
ti Giudici della sua pretesa scoperta della soluzione dell'e-
quazioni cubiche , e biquadratiche ( le quali dalle prime di-
pendono, come ognun sa ) al pari di quelle del second' ordi-
ne, e torna a dire mediante la linea retta, e la Periferia cir-
colare, senza fermarsi sulla trasformazione del primo membro,
e sul trovare tutte le tre radici reali nel caso irriducibile per
mezzo dell'iscrizione del Triangolo equilatero in un Circolo
( cose ovvie e notissime sino dal primo avanzamento dell'Al-
gebra ) viddero immantinente dove consisteva il paralogismo
di toglier di mezzo per la costruzione geometrica la Parabola
Apolloniana, ed era quello d'aver considerate diverse le due
equazioni x3 — 3r^x -+- aara = o , x^ — a.ax3 — Sr^x3, -+- Sar^x
— 4#Va = o , mancando d'essersi accorto l'Autore che salvo
la radice estrania positiva uà introdotta nella seconda elleno
sono sostanzialmente una medesima e sola equazione .
ARTICOLO IL
Dell' imperfezione delle Stadere procedente immediatamente
dall' imperizia dei Costruttori .
Lasciata a parte pel seguente Articolo la considerazione
importantissima riguardante i limiti da prescriversi nelle Sta-
ti) Capitano Pasquale Navarro - Co- j poli mdcccx, Operetta brevissima divisa
struzione Geometrico -piana dell'equa- in tre Articoli.
aioni dì terzo, e quarto grado - In Na- |
4^8 Sulla Stadera Romana ec.
dei e di questa o quella grandezza individuale, all'effetto che
le divisioni sien tutte chiare e patenti, ed abbastanza distin-
te per intervalli l'una dall'altra, né siavi il pericolo che in-
dicliin falso pel piegamento dell'asta atteso la troppa portata
della Stadera, o la non serbata proporzion delle parti, e dei
materiali, che la compongono, esaminiam più d'appresso i
vizj dell' Istrumento , ai quali dà causa per abitudine antica
l'ignoranza degli artigiani.
A ragione dei prezzi, o maggiori o minori, delle specie
diverse delle derrate, che si misurano dal loro Peso, le di-
visioni della Verga dall'una all'altra dovrebbero avere mag-
giore o minor latitudine, onde poter segnare, e ben distin-
guere in quelle anche i rotti più piccoli. Ma per l'opposto
addiviene che il solo arbitrio o capriccio dei Costruttori, sen-
za curarsi di proporzione nessuna , assegni per ogni sorte di
merci, o care o vili che siati j, la gradazione stessa per tut-
te, e qualche volta la gradazione contraria all'intrinseca lo-
ro importanza . Bisogna dunque aver sempre presente che vi
debb' essere un rapporto determinato dalla Teoria, e confer-
mato dall'esperienza tra la lunghezza e grossezza dell'Asta,
il peso del Romano della Stadera , la sua scempia o doppia
portata, e la gradazione più o meno ristretta delle sue di-
visioni .
Un'altra comunissima inconseguenza si è quella di non
partirsi nelle Stadere di doppia portata, o fornite di due pun-
ti di sospensione , dall'ultimo termine della prima serie de'
Pesi ond'incominciare la serie della seconda, replicando cioè
inutilmente per un certo intervallo i medesimi Pesi, ed im-
piegando più presto quell'inutile spazio a scapito dell' augu-
mento notabile di portata, o del miglioramento delle divi-
sioni, o della lunghezza superflua della Verga, perduta così
senz'oggetto, e senza trarne il convenevol profitto.
Inconsideratezze di simil sorte nascono per lo più dal-
l'erronea pratica degli Artisti, i quali a capriccio prendono
una Verga qualunque di Ferro uscita dalla Filiera, e credo-
Del Sic Pietro Ferroni . 4a9
no che nuli' altro rimanga per convertirla in una buona, e
giusta Stadera se non che stabilire a piacimento loro, senza
niun altro rispetto , i due punti di sospensione . Né accade
di rado che accompagnando ad una Verga arbitraria un Ro-
mano di peso parimente arbitrario, e forzando sino all'esor-
bitanza la portata della Stadera, questa pel carico spropor-
zionato alla sua resistenza s'incurvi, il maggior braccio del-
la Leva s'accorci, e le divisioni diventin fallaci in pregiudi-
zio dei compratori .
Il Problema dell' equilibrio considerato come puramente
analitico è semplicissimo, e si risolve colla dottrina teorica
de' momenti , fondamento di tutta la Statica, e immediatamen-
te della Dinamica . Ma quando il Problema esiga il riguardo
a tutte le circostanze fisiche della Materia cosicché dall' a-
strazion matematica passi al concreto della natura delle cose
corporee, cambia d'aspetto, e diventa assai complicato. Egli
è allora il caso di domandar soccorso al magistero della Spe-
rienza , interrogata non senza frutto in proposito del soffre-
gamento , dell'adesione e coesione d'affinità chimica, della
rigidità delle corde , ed altrettali particolarità , per cui la
Meccanica fisica differisce moltissimo dall' analitica . Sarebbe
veramente desiderevole che più sovente scendessero dalla su-
blimità dei lor calcoli gli Analisti , e si prestassero più vo-
lentieri di quello che facciano a coadiuvare le arti . Imperoc-
ché il possibile perfezionamento di queste non può mai con-
seguirsi d'altronde che dal cospirare amichevolmente la Teo-
ria colla Pratica, e tendere entrambe al medesimo ottimo fine,
ch'è quello di non fermarsi ai soli ideali concepimenti, ma
di tradurli col valutare quanto si possa le specialità o le con-
dizioni della materia, talquale ella è, a vantaggio della vita
civile, e riempire siffattamente l'ampia lacuna , che resta an-
cora tra l' Arti , e le Scienze . Isolate quanto lo sono per la
massima parte l' ultime dalle prime , slegate come se fossero
estranie una a riguardo dell'altra, tolte la continuità e co-
gnazione , che vi dovrebb' essere naturalmente tra loro , non
43o Sulla Stadera Romana ce.
dee recar maraviglia se le principali invenzioni nell'arti sia-
no state, come c'insegna la Storia, più l'effetto del caso che
della dottrina, e se queste scoperte per la mancanza del soc-
corso teorico restino tuttavia incomplete, imperfette, e non
quanto forse potrebbero essere avvalorate , e promosse. Dal-
l'altro canto non può negarsi che alcune delle particolarità
o essenziali o accidentali della materia non siansi ancora in-
trodotte tra gli altri dati o elementi dei più astrusi calcoli
dell'Analisi, ossia perchè manchi quel complesso, e novero
d' esperienze , che sarebbono necessarie a tal uopo , ossia per-
chè l'Algebra non abbia ancor mezzi di porle insieme coli'
altre variabili dell' Equazioni , o ponendole conducano & For-
mule o Funzioni intrattabili, o a quelle che diconsi inespri-
mibili . L' Analisi fisica in generale si trova adesso ben lon-
tana dal segno, al quale è giunta l'Analisi matematica, e Va.
prima dovrebbe, mirando alla pubblica utilità, traslatar l'e-
spressioni dell'ultima in processi grafici alla portata di tutti
gli artisti, onde servissero loro di scorta come i Modelli nel-
le Bell'Arti. Moltiplicate le Osservazioni, e gli Sperimenti,
rintracciate le Leggi delle variazioni di quelli attributi cor-
porei tralasciati sino al presente nel calcolo, trovati i limiti
delle medesime, e le Funzioni acconcie a rappresentarle, e
per mezzo dell' interpolazione, e dei prescelti parametri de-
terminato approssimativamente lo stato intermedio tra detti
limiti dipendente dalla Teoria delle Inequazioni ( se così sia
permesso chiamarle ) verrebbe a formarsi un Manuale utilis-
simo a vantaggio dell'Arti segnatamente meccaniche, di cui
n'abbiamo tra i pochi altri un esempio nella Memoria di Prony
sulla spinta de' Terrapieni , ed in un MS.0, che serbo intito-
lato Analisi fisica delle Volte .
Dopo questa indispensabile digressione preparatoria tor-
no all'assunto della lavorazione delle Stadere, ed osservo dap-
prima che niente sarebbe più facile quanto eseguirle perfet-
te se ne dipendesse la Pratica dalla nuda, e sola Teoria de'
momenti. Difatti, consultando la Statica, tre sole condizioni
Del Sic Pjetro Ferroni . 4^'
rappresentate da altrettante Equazioni semplicissime bastereb-
be che fossero soddisfatte, cioè quella dell'eguaglianza de'
momenti contrarj per rapporto ai due carichi estremi nella
Stadera diritta, e rivolta, e la terza dell'eguaglianza mede-
sima riguardante \ pesi intermedj . Di tutte le parti, che com-
pongono la Stadera , lasciatene dunque variabili o incognite
sole tre a piacimento , il Problema verrebbe ad essere sciol-
to teoricamente parlando ; ma praticamente però risoluzione
siffatta potrebbe condurre a metter in essere una Stadera di-
fettosa nell'altre rimanenti sue parti, ed in certi casi ezian-
dio ineseguibile . Posto che le quantità date, a causa d'esem-
pio , siano la Verga , il Romano , e il Bacino , e prese per
incognite le distanze dei tre punti di sospensione dall'origine
delle divisioni, s' ovvierebbe per un lato al pericolo che s'in-
curvasse la Verga, ma per l'altro lato mancherebbe ogni mez-
zo di regolare a volontà, e nel modo più convenevole il pro-
cedimento delle divisioni predette. Aggiungo che si potrebbe
anche correre il rischio che gli occhj , i perai , il Romano ,
il Bacino dovendo avere dimensioni bastanti onde reggere ,
e proporzionarsi al carico estremo non lasciassero luogo ( per-
chè non espressi nelle loro misure tra i dati ) a segnar tut-
te le divisioni . In una parola le condizioni si pratiche che
teoriche da adempirsi comprendon otto variabili , cioè 4 Per
V equilibrio , come orora vedremo, a per regolare nelle due
serie dei Pesi le divisioni, i per aver riguardo ai due limiti
della ponderosità del Bacino, e del Romano, e finalmente
i perchè non si pieghi la Verga .
Sia dunque A il primo dato, vale a dire l'ultimo o mas-
simo Peso , cui la Stadera da costruirsi debba giugnere a sta-
bilire o determinare . Ed i simboli, e i limiti dell'altre parti
siano i seguenti ( vedasi la Vili Figura ) .
Lunghezza della Verga, tanto larga quanto /riportata aiiwtó ddiÀ
grOSSa, l ^ Misure correnti J
Sua grossezza e, suo taglio o profilo per largo ea
Peso del Romano p tra i limiti dati \ "„
43a Sulla Stadera Romana ec.
e p'
Peso del Bacino P tra i limiti parimente dati < p„
Peso di passaggio tra la serie dei Pesi / incosnila di mez*o termine , e v
.. ti j 5 !• I rllenta comc g1' »''« Pesi al- I
piCCOll, e Cpiella de grandi K \]a vegliarne unità della Libbra/
Distanza dei due punti di sospensione della Stadera diritta ,
e rivolta x
Altra dei punti di sospensione del Bacino , e della Stadera
pei Pesi grandi y ( non mai < di a )
Altra del primo punto, da cui cominciano le divisioni, z
Somma di tutti i Momenti parziali della ponderosità della
Verga , riportandola al primo punto di sospensione , M ,
Funzione di l,e,z,p
Simile della testa, dal lato opposto, N, Funzione di x,y
Somme respéttive M', N' concernenti il secondo punto di so-
spensione , cioè le parti riunite del Momento M applicate
al braccio comune di Leva x dal lato della Verga , e per-
ciò M' Funzione di x, l, e, z,p, ed N' il Momento del
rimanente della testata dal lato del Bacino, Funzione di y
Queste Somme dipendono dalle masse, e dalle distanze
d'ogni particella dell'impiegata Materia dal centro di
rotazione, e non volendo ricorrere ad ottenerle per via
dell'Analisi, chiunque siasi famigliar mente applicato
alla Fisica Sperimentale può averne subito in pratica
la misura mediante un solo equipollente Momento .
Ciò premesso la Statica somministra quattro Equazioni
fondamentali
IV M -*-/?z = N H-P (#-*-/)
II .a M+^(z + /) = N-r-(P-r-K)(n-/)
III.» M + M,+/>(z + a) = N,-t-(P-i-K)7
IV." M + M'+/>(s + a;H-/) = N' + (P-i-A)/.
Sottraendo la prima dalla seconda Equazione, la terza
dalla quarta, la prima dalla terza, e lasciando l'ultima in-
tatta , le IV riduconsi alle più semplici
pl = K(x-i-y) (i)
pl = (A-K)y (a)
M'4-
Del Sic Pietro Ferroni . 4^3
M'-f-/»x = N' — N-hKj — ?x ... (3)
M + M,+/»(«+*+f)'s=N'+(f+A}7(4j
delle quali le sole due prime abbracciano incontanente cin-
que delle otto incognite, e ciascheduna di queste al primo
grado, ossia d'unica dimensione.
Ora assegnisi a per intervallo d'ognuno de'due adiacenti
segni di divisione da Libbra a Libbra nella scala dei Pesi
piccoli, e b in quella de' grossi . Divien dunque l = ali ,
l = b(A — li); laonde K=-^-=Kr, l = -S5£. = V , due in-
cognite determinate. Sostituiscansi 1 3 li' nella (2), che darà
tosto p = (A. — K') — >// <//', e farà conoscere i fónzYi d'j,
cioè 7' , 7" , tra i quali dee cader a ; e se mai non cadesse
tra questi, sarebbe mestieri modificare gli spazj a, e b pre-
supposti . Preso allora il valor disponibile d'/, e posto nell'e-
quazione (1) verrà a conseguirsi quello di x, e le cinque in-
cognite dell'equazioni (1) (a) resteran tutte così conosciute .
Ne rimangono ancora tre da determinarsi, cioè e ( o per dir
meglio e2), z, P, a disposizione dell'Analista, che si rica-
vano dalle (3) (4) dopo fattevi le congrue sostituzioni dell'al-
tre . Dee P contenersi tra P',eP"; e questi valori sostituiti
a vicenda daranno i limiti di e,z, ovvero e , e" , z' , z" , on-
de disporre degli intermedj . Il calcolo si facilita assai ponen-
do mente alla circostanza che e rappresenta una frazione ben
piccola, ed ea molto più, a paragone delle lunghezze, ch'en-
trano nelle Formule de' Momenti M, N, M', N', ed osservan-
do oltracciò che nel solo M c'è la seconda potenza di a, e
torna a dire nella sola quarta equazione. Debbono e, l,p
coordinarsi talmente che la Verga anco nel maggior carico si
tenga sempre diritta; e quantunque s'ignori con qual preci-
sa Funzione analitica di e, l,p esprimasi il piegar d'una
Verga di Ferro, o d'altro Metallo più o men lavorato, trat-
to da questa, o da quella Miniera, ec, mi riservo a parlar-
ne nell'ultimo Articolo, facendo intanto riflettere che ea, a
Tom. XVII. 55
434 Sulla Stadera Romana ec.
cagione della citata relativa sua picciolezza, influisce pochis-
simo nella determinazione dell'altre incognite, ed anzi eli' è
di tal tempra e carattere da somministrar tutto il comodo di
stabilire la sua misura quale si convenga, ritoccando di leg-
gieri il bottone o risalto ( Fig.VII) all'estremità della Ver-
ga, la gravezza del Bacino, ec.,ec, e conduce alla sempli-
ficazione del calcolo, perocché scelto e da principio quale
l'esiga la resistenza del ferro dedotta da un corso di ben isti-
tuite sperienze l'equazioni agevolissime (3) (4) immediatamen-
te appalesano i valori di 2, P anche al meno addestrato Al-
gebrista .
Contuttoché non abbia nessun bisogno assoluto di schia-
rimento il detto sin qui , gioverà non ostante a maggior lu-
me dei meno intendenti un prospetto pratico circostanziato,
con applicarlo alla stessa Vili Figura, ed all'ipotesi familia-
rissima delle decimali Misure.
Debbasi costruire una Stadera della portata di aoo chi-
Jiogrammi , spartiti in due differenti serie, una di piccoli, e
l'altra di grossi Pesi, e sotto la condizione che la Verga di-
ritta mostri i ventesimi , e la rovescia i decimi del chilio-
grammo ; di tal maniera che appurar vi si possa , e distin-
guere almen per approssimazione ?'0 della Libbra unità nella
prima scala, j$ nella seconda, e coli' esercizio dell'occhio an-
che rotti minori ; laddove per lo contrario nelle Stadere usua-
li, che s'estendono a 2,0, a 3o libbre, non si distingue che
-^,0 l'oncia, e in quelle di aoo gli unici interi, e le più
dilicate bilancie affin di giugnere a minutezza cotanta diven-
tano folli , e perciò sovente intrattabili, o meno adatte al
commercio .
Stantechè la chiara, e sottil divisione effettiva d'una li-
nea retta suol limitarsi a un Millimetro , avremo nel caso
speciale propostoci a esempio Z = o™- , oaK = om- , o 1 (200 — li),
d'onde /=im , 33, e li — 66chil-, ultimo termine dei Pesi pic-
coli , ed incominciamento dei grossi .
Dunque l'equazioni (1) (a) son adesso
Del Sic. Pietro Ferroni
435
1 , 33/? = 66 ( x -+-y )
r , 33/? = i34/ ;
dalle quali , se si restringa il peso del Romano fra i 3 ed i
5 Chiliogrammi , e dei due piuttosto si scelga il maggior e-
stremo , deduconsi y vicinissimo a om -, 044 •> x = om- , 09 alTin-
circa , e per conseguente le cinque incognite 1 = im-, 33;
K = 66chiL ; p = hcUL ; x = om- , 09 ; y = om- , 044 = om- , 04 : in-
tervallo ultimo anche a prima vista sufficientissimo tostochè
si getti uno sguardo sulla distanza mn nella Figura II, e sul-
la Scala di proporzione ov'essa mostra distinti i quarantaquat-
tro Millimetri .
Più laboriosa , ma non astrusa si è la ricerca dei valori
particolari di M, M', N, N' partendo dal fatto sperimentale che
un Centimetro cubo di ferro (ommm- ,000001 ) pesa ocAi7-,oo84,
ovvero j&fó di Chiliogrammo . Con questo dato, e colla scorta
della seguente Tavola , calcolata per le Misure lineali in Cen-
timetri .
Nomi
delle parti
individuali
Dimensioni
Volumi
Pesi
Bottone < 0,03 >o, 000008
( C,02 )
( gross.*0o,oi4)
Parte z < altezza 0,057 ; 0,000798 z
( larghezza z )
(gross."o,oi4)
Parte x < altezza 0,087 >o,ooo5i8r
( larghezza 1 )
(gross."o,oi4)
Parte y < altezza 0,067 >o, 0007987
( larghezza y )
v . , l gross. "0,014)
Estremità Jalt 0 057 }o, 0000798
della Testa }j heMa'0j j "
I I
0,0672
84 le1
6,7 .s
4,35. a:
6,7 -y
0,67
Bracci
di Leva
2-»-z-t-o,oi
l
x-t-y-i-o.ob
Momenti
o,o672Z-t-o,o673z-*-0;Ooo672
84Zeaz-*-4ae1Za
3,35 za
2 , 175 .r*
6 , 7 xy ■+■ 3 , 35 y*
0,6737-1-0 ,67y-t-Oj0335
■>4^6 Sulla Stadera Romana ec.
ricavami
M = 0,000672 -1- 0,0672 / -+- 0,06722 -+- 84/e3^ -+- 42 Z2ea ■+- 3,35.2°
M' = 0,0672,:»; ■+- 84/ea.r -+- 6,7^2 -+- a, 1 75 x*
N = a, 1 75#a -+- 3,35ja -+- 6,7^7 -+- 0,673; -+- 0,677 -+- o,o335
N' = 3,35/a -4-0,677-4-0,0335 .
Sostituiti in queste espressioni i valori di già trovati delle
grandezze l ,p, x?y , e dai Sperimenti notissimi sulla resisten-
za delle squadrate Verghe di ferro, a confronto di 1 = im, 33,
e d i p = 5c,uL ? ottenuto il prossimo valore di e = o,oi8, si
determinano agevolmente per mezzo delle due restanti equa-
zioni (3) (4) i valori approssimativi delle ultime incognite
z = om- ? 35 , P = iS^'^-j e così viene ad essere la ricercata
Stadera esemplare in tutti i particolari , che le competono ,
circoscritta , definita , e determinata .
Con più di sì fatti Prototipi di Stadere Campioni a di-
verse portate di Pesi gli Artefici nuli' altro averebbero da far
che copiarli, ed abbandonerebbero finalmente l'uso difetto-
sissimo invalso per antica abitudine nelle loro officine, eh' è
quello d'improntar subito la Stadera sopra una Verga qua-
lunque con un Bacino? e Romano già dati? senza punto cu-
rare la proporzione della grossezza colla lunghezza dell'Asta,
l'andamento e il passaggio delle due divisioni? e la colloca-
zione più acconcia de'due Oncini di sospensione dell'Istrumen-
to . Ma indipendentemente ancora dall'avere sott' occhio, e
consultar sempre i preindicati Modelli un oculato , ed esperto
Artista, cui stia ben a cuore il pregio della sua professione,
sa procedere accortamente saggiando e risaggiando , provando
e riprovando? verso il punto di perfezione. Tutta l'arte con-
siste nel far passi ben misurati, e nel tenerli ristretti fra certi
limiti? che non si deggiono mai trapassare. Nasce dal molto,
ed avveduto esercizio quella Regola pratica ? che salva in que-
sto Problema statico le relazioni delle parti nel tutto rintrac-
ciati che ne siano una volta mediante l' Analisi matematica
i limiti l'?l"?p'?p"? P', P" , ec.ee, dentro dei quali l'Ar-
tefice ha poi campo di contenersi o più stretto o più largo per
Del Sic Pietro Ferroni . 4^7
rispetto ai termini estremi, uniformandosi in ciò alle circo-
stanze particolari, ed all'importanza del suo lavoro. Prove-
rebbonsi a tal oggetto molti punti di sospensione reggendo
qua e là la Verga per mezzo di fili metallici provvisionali,
e meglio se fosse corredata la testa della medesima Verga
ornandola col suo traforo (Fig.eII, V, VII, Vili) onde a
talento, ed a passi lentissimi lo Sperimentatore facesse scor-
rervi avanti e indietro il taglio , su cui riposa od aggirasi la
Stadera .
Quest'ordine lucido, questa facile, semplice, e naturai
deduzione d'una ricerca analoga consecutiva ad un'altra sen-
za disturbar né confondere l'intima lor connessione, che di
rado è osservata da chi professa le Arti meccaniche, sembra
qualche fiata negletta anche nelle discipline severe. Ho letto
indicarsi come proprietà ( veramente singolare ! ) del Circolo
da taluno l'Equazione cos.o-i-cos.jJt-Hcos.f jr-4-cos.7r = o,
mentre nasce immediata, e quasi intuitiva dall' iscrizion del-
l'Esagono, e n'ha altre simili innumerevoli derivanti dalla
nuda ispezione d'ogni Poligono parilatero (i). Un valente Scrit-
tore , dopo la prova fatta della forza centrifuga all'Equator
della Terra pari a 553 della gravità, rinnova il calcolo per
trovare qual dovesse mai essere la velocità della rotazione
diurna perchè s'agguagliassero le due forze ; dimenticatosi
per avventura che la Formula generale — , ovvero la dà
R aR
immantinente tanto maggiore di quella del Movimento diurno
attuale quant'è la radice quadra di 2,89 a confronto dell' uni-
tà, cioè diciassette volte più grande (2).
( 1 ) Gurnier Analyse Algèìrirjue fai-
mnt suite auv J'iémens d' Algebre . A
Paris an XII- 1804 ■ Capo su, §. 61 _,
pag. 167.
(a) Alémoires de Mathématiques etc.
Par Charles Bussut - A Paris mdcccxii.
alle p.tgg. 259 e 260 Esempio I. , §. Vili ,
Esempio IL, §. IX , eli' è Corollario im-
mediato del J. III , Teoiema I. a 254-55
56 .
438 Sulla Stadera Romana ec.
ARTICOLO III.
Del modo adequato da usarsi nel dividere e suddividere
V Asta o il Giogo delle Stadere .
La più preziosa , e la più essenziale prerogativa della
Stadera è riposta nell'accuratissima sua divisione. Non ho
mancato ne' due Articoli precedenti , ogni volta che portavalo
l'argomento , d'accennar di passaggio i più volgari, e più gros-
solani difetti della medesima: cade ora in acconcio d'esporre
paratamente i rimedj valevoli colla debita diffusione .
Presuppongo che il Romano diligentemente accampionato
o legalizzato sia tale, e tali siano le dimensioni della Verga
di Ferro trascelta per la Stadera che quella non s' incurvi
giammai dovunque si posi il Romano. E qui torno a dire che
vane sarebbero ogni cautela , ed ogni premura d'attendere a
porre in regola la divisione subitochè suggetta fosse a pie-
garsi l'Asta della Stadera , manifesto essendo a chiunque co-
me una Retta ugualmente divisa riducesi a Curva disugual-
mente divisa nell'inflessione, scemano i bracci di Leva , e il
contrappeso al Romano, cioè la Merce venduta, si fa sempre
minore del giusto .
Havvi un'esperienza normale, che servir potrebbe di ca-
none o di guida agli artisti per non errare in siffatta mate-
ria . Una Verga di buon ferro grossa in quadro om-, oi5 non
si piega sensibilmente giammai purché sia limitato il Bacino
vuoto tra i io, e a5 Chiliogrammi di peso, e il Romano dai
3 ai 5 Chiliogrammi, e purché la lunghezza della medesima
Verga non oltrepassi la solita delle Stadere comuni . Le dif-
ferenti qualità del metallo combinate con diverse misure, ed
esposte ad un corso di sagacissimi sperimenti son contenute
a maggior lume , avvertimento , e indirizzo di pochissimi tra
i bravi Artisti nella Tavola annessa .
Del Sic Pietro Ferroni .
439
ESPERIENZE SULLA RESISTENZA DEL FERRO
Numeri
delle
Esperienze
Lunghezze
delle
Vergile
Grossezze
in
quadro
Pesi
applicati
alle
estremità
1
jm- Ao,c'
O"*', Ol5
ò'h"; 58
a
1 , i3
0 , oi3
3
3
0 ,87
0 , oi3
5
4
1 A9
0 , 016
3
s
1 ,40
0 , 0i65
4
6
1 ,11
0 , 016
5
7
1 ,o3
0 , 016
6
8
1 ,3o
0 ,oi65
5
9
1 ,0.5
0 , 01 65
6
IO
a , ia
0 , oa
3
11
1 >7J
0 , oa
5
ia
1 ,65
0 , oi85
3
Osservazioni
Ha principiato a incurvarsi manifestamente
al carico di Chilogrammi 181, ed è an-
data crescendo la Curvatura sino a 210.
Verghe d'uniforme calibro uscite dai Di
stendini delle Ferriere .
Verga, che andava assottigliandosi o de-
crescendo .
Verghe non lavorate nei Distendini .
Son soliti gli Stadera] principiare dall' equilibrio del Ba-
cino vuoto, e del Romano correspettivo, stabilito il qual equi-
librio pongono sucessivamente nel primo i varj Pesi Campioni ,
e bilanciato ciascun col Romano danno un colpo di martello
sopra l'Orlano, il cui taglio è di rado ben temperato, ed
acuto . Contenti di poche divisioni principali spartiscono col-
le Seste gl'intervalli frapposti a quelle, e quinci, dove son
tutti i primi, e secondi punti segnati, lavorano colla Lima,
e fanno un solco a ogni punto . Questa operazion manuale
produce più inconvenienti; i.° si perde il primo segno già
fatto , e manca ogni regola per sapere se corrisponda al can-
cellato segno l'apice appunto della concava Curva rovescia
del solco; a.0 molte delle importanti suddivisioni intermedie,
44° Della Stadera Romana ec.
atteso la larghezza dei solchi , come ho notato altra volta ,
non possono aver più luogo, o diventano incerte; 3.° si per-
de ogni qualunque fatica impiegatasi nella scelta dei giusti
Pesi, e nelP accertarsi dell'esatto loro bilanciamento a ogni
punto .
Tutti i predetti inconvenienti s'eviterebbero allorquan-
do nella Stadera di nuova foggia ( Fig.e II e V) andando die-
tro alla Cassa mobile del Romano si segnassero leggiermente
i principali punti 8 con uno stile di fino acciaro guidato da
una piccola Squadra , e tanto questi che i secondar] per via
di Punzoni più o meno larghi si scalpissero, e s'imprimes-
sero quant' occorra a render essi facilmente visibili, e a con-
servarli tali , e di lunga durata in processo di tempo .
Non si possono tutti i punti dal primo all' ultimo deter-
minar col Compasso , perchè l'Asta d* una Stadera comunque
forbita ha sempre qualche irregolarità di figura non mai ap-
pieno geometrica, ed entra anche l'Asta medesima, col suo
centro di gravità posto quasi nel mezzo, tra gli elementi im-
portanti del Peso nell'equilibrio; laonde i punti principali,
ossia di riposo per le punte del Compasso, conviene che sie-
no col suddescritto diretto metodo stabiliti .
Segnate lievi lievi le divisioni e suddivisioni colla mas-
sima cura, ed attenzione possibile, affine di renderle poscia
più patenti, e men facili a scancellarsi, non si può a meno
di non toglier parecchie particelle di ferro alla Verga, di non
menomarne il suo peso, e di non guastare a causa della mol-
tiplicità delle particelle tolte a punzone , pel nuovo ripuli-
mento di tutte le sbavature, ed in virtù dei lunghi bracci
di Leva il primo divisato equilibrio . A correzione di ciò fa
mestieri che i Costruttori osservino col massimo scrupolo le
infrascritte tre Regole importantissime :
I." Di tracciar tutte in principio le divisioni dall'uno al-
l'altro estremo colla medesima leggerezza di segno, perchè
l'errore, che dee poi nascere immancabilmente, si repartisca
con eguaglianza sulla totalità dell'Asta della Stadera:
II .« D'in-
Del Sic. Pietro Ferroni . 44 '
H.a D' incominciar dalle divisioni dell'Asta inversa, die
si referiscono ai grossi Pesi ( seguon l'opposto metodo ordi-
nariamente gli Staderaj ), perchè egli è sempre miglior par-
tito che gl'inevitabili piccoli errori, men difficili ad accade-
re nello sperimentar l'equilibrio in una Leva più corta, per-
cuotano i grandi più presto che i Pesi piccoli :
III.a Di correggere il tolto dal punzonare o limare coli'
aggiunta d'un piocol peso al Romano, o nel conveuevol rap-
porto col defalco d'un peso piccolo dal Bacino, prendendo
norma dai soliti esatti Campioni posti di nuovo alla prova,
per la restituzione del perduto equilibrio .
Sennonché, avanti d'accingersi all'esecuzione dilicatissi-
ma dell'ultima delle tre Regole teste spiegate, dovrà l'Ar-
tefice prudentemente aspettare quel tempo che la Stadera
sia stata sottomessa nell'Officina ( e vale a dire prima di con-
segnarla per uso del Pubblico) a molti saggj,ed esperimen-
ti da farsi coi Pesi maggiori . Imperocché essendo vero, com'è
verissimo, il fatto suggerito dall'esperienza, e convalidato dal
raziocinio, cioè, che tutte le Macchine postesi in esercizio
prima d'assestarsi subiscono, a proporzione dell'esser più o
meno composte, come i Molini, gli Orologi, i Vascelli, o
consimili;, cambiamenti notabili dal primo stato, non sola-
mente per la diversità delia temperatura dell'aria , in cui so-
no , ma assai maggiormente per Y azione , e reazione conti-
nua delle lor parti, e provando l' istesso effetto sensibile con-
tuttoché semplicissime le Bilancie , molto più le variazioni
del giusto equilibrio dato dapprima alle nuove Stadere si ri-
sentiranno nei forti carichi ; laonde sarà allora il tempo op-
portuno di rimediarvi col Peso addizionale, o sottrattivo pro-
posto. E se non si manifestano chiare, e isolate le variazio-
ni predette nelle Stadere volgari, fornite d' Oncini improprj,
e ma! lavorati, procede ciò dalla circostanza ch'elle restano
involte , e confuse in massa con altri errori , che non danno
né possono dar mai luogo ad estimar separatamente le picco-
le differenze .
Tom. XVII. 56
44^, Della Stadera Romana ec.
L'error però massimo è quello di non essere in linea
retta disposti i tre punti di sospensione . Conciossiacliè nella
posizione mac ( Fig.a I.a ) stando m più in alto di e, e l'uno
e l'altro più sollevati di a, va il vizio a profitto del vendi-
tore, e tanto meno il compratore lo pensa quantochè lo cre-
de rivolto a suo prò, e lo sarebbe se i tre punti suddetti
fossero nella medesima dirittura; di modo che il venditore
froda, ed inganna, sapendolo, con sollevar l'asta della Sta-
dera, ed il comprator vi concorre appagato, contento, e de-
luso, perchè non ignora che sollevandosi rapidamente V Asta
d'una Stadera perfetta si è questo un indizio d'un soprap-
più di carico nel Bacino. Fenomeno singolare, che spiega l'i-
nefficacia sperimentata dei Regolamenti di Polizia a tal pro-
posito , in fatto cioè di frodi così coperte o larvate che tol-
gano ogni motivo apparente di querelare , o ricorrere !
Quando il popolo fosse ammaestrato incessantemente dai
Dotti , quando la diffusione dei lumi inoltrata si fosse fino
alle ultime classi del volgo , quando la Storia dei ritrovati
nelle Scienze, e nell'Arti fosse tutta qual dovrebb' essere ,
chiara, imparziale, compendiosa, e verace, disparirebbe to-
sto ogn' inganno, e finirebbero parimente gli equivoci, per
cui sono insorte , ed insorgeranno quistioni , e gare polemi-
che interminabili, a scapito per lo più della nobile, e schiet-
ta Letteratura. Che valeva infatti ripetere, a causa d'esempio,
x
nella Dottrina dei Logaritmi (i) che log.j=M .co ( i -+-7) — r ,
e ripeterlo manchevolmente così log./ = M .co (7 ) — 1 , co-
me se nuovo fosse questo Teorema co' molti altri suoi deri-
vati , e non ispiegato , e promosso abbastanza dopo Halley ,
ed Euler in Opere posteriori (2.) ? Perchè volendo ricolmar
(1) Analyse Alghbrique etc. precitati,
Capicelo XVj pag. aio. „ Ainsi on a deux
3J limites .... ensorte que dans le cas de
„ r infiaiment grand il est permis etc. „
(a) Magni! ndinum exponentinlium ,
Logarithmorum , et Trigonometrìa? su-
blimis Tkeorìa etc. Florentice mdccxxcii
Cap. II, §.'60.
Del Sic. Pìetro Ferront
443
di lodi Pascal il Compilatore d'una moderna Istoria o Cro-
nica Matematica sì nel testo che nelle note , divulgate po-
scia per illustrarla (1), si è astenuto parlando della Cicloide
( Roulette ) da riportare che quasi un intero secolo e mezzo
dopo il mdcliix i Geometri finalmente si accorsero che da un
passo del suo Trattato deducevansi quelle celebri Formule
differenziali , le cui somme s'ottengono mediante la rcttifica-
zion delle Coniche (a)? Quell'Autore medesimo riputatissi-
1110, che dimostrate le somme delle potenze delle radici d'un'
equazione per mezzo de' suoi coefficienti, da cui dipendono
l'altre funzioni simetriche ,
S,= — A
S, = — fB-H = Aa
S3= — |C-j-|aAB — fA3
54 = — | D -+- !( aAC ■+■ Ba ) — | A3B-f- f A+
55 = — fE-4-§(aAD-l-aBG) — §(3A2CH-3ABa)-4-fA3B— |AS
ec. ec. ec.
imposta dipoi un lunghissimo calcolo all'effetto di sciogliere
il Problema inverso, cioè,
A = — 8,
B = — Ss-h-S* ,
2. 1.2
C = - S £ -+-_!_ aSIS_i_ - S3 j_
3 " 1.2 1.2.3
ec. ec. ec.
senz'avvedersi che queste ultime espressioni analitiche im-
mediatamente procedono dalle prime, non si permette di ci-
tare tampoco chi fosse il primo a sviluppar pienamente, e
direttamente le quantità esponenziali generalizzando la nota
serie del Binomio di Newton (3) , e pare, che in linea di no-
(1) Mèmoires etc. di Bossut indicate
di sopra = ivi = Discours sur la vie et
les ouvrages de Pascal, pag. 307 , Traitè
de la Roulette ( 367-71 ), Histoire de
la Roulette (365); e si Teda oltracciò la
pag. xii.
(2) De Calculo Integralium Exercìta-
tio Mathematica . Fiorentine mdgcxcii.
( Opera citata tra l'altre da Lacroix —
Sectio I.°, Sectio II.» .
(3) Siemens d'Algebre. Par J.G. Gar-
nier . A Paris an XII-i8o3, pag. 123,
444
Sulla Stadera Romana ec.
vita proponga questo sviluppo senza compirlo: lacune siffat-
te oscurali la Storia-, tali mancanze, ed anacronismi intor-
bidali la chiarezza, ritardano l'istruzione, e tutto insieme
rallenta il naturale progredimento dello spirito umano .
N.° 214 , Cap. XV a confronto [di tutto
il Capo II.0 dal §. lip, in poi della surrife-
rita Opera Magnitudinum exponentìa-
l'tum eie. Leggansi ancora del Professore
medesimo la prefata Analyse Algèbr'upie
(6) al Cap. XV , N.° 74 , pag. 2o3 e sus-
seguenti , e le sue Notes sur le Calcili
D/.fferentiel et sur le Calcai Integrai .
A Paris anlX.( 1800) pag. 389 , N.° 12.
<_Vc?^
XV7I.
■ /t<ri//t/'4-
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I /&ttì:a*?iende> ers>ii>J(*tii~Tri-e .
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t-STVim**^ '.-!, - /
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>
445
OSSERVAZIONI VARIE
SOPRA ALCUNI PUNTI PRINCIPALI
DI MATEMATICA SUPERIORE
MEMORIA
Del Signor Gio. Battista Magistrini .
Ricevuta li 7 Gennajo 181 5.
I.
Della precipua fra le obbiezioni prodotte contro la Teorica
delle funzioni Analitiche di La-Grange , e tentativo
di una nuova confutazione della medesima .
1 . XV chiunque viene introdotto nel Calcolo Differenziale e
Integrale per la via dell'infinito, la sola per altro, che po-
tè per lungo tempo seguirsi , dura ipotesi riesce , e penoso
artifizio quell' essenziale concetto di quantità matematiche
attualmente infinite e infinitesime, e molto più dura neces-
sità quel dover trarre dall'infinito principj , ragionamenti, e
formole destinate unicamente all'analisi, e misura di quan-
tità finite . Io stesso trovavamo in quest'angustia, quando a
toglierne la cagione pubblicò La-Grange il metodo delle Fun-
zioni Analitiche , nel quale di fatti io credetti con molti al-
tri di rinvenire più saldo fondamento, e spiegazione più de-
cisiva del Calcolo Differenziale , e Integrale . Ma questa cal-
ma fu turbata ben presto dai Geometri Pasquitz^ e Wronski,
massime dal secondo, del quale considerando la moltiplicità,
e la singolarità degli argomenti proposti contro La-Grange ,
il romore della controversia, le repliche, le decisioni diresti
essersi a' nostri dì quasi esattamente rinovata la lunga e ce-
44'1 Sopra alcuni punti di Matematica Superiore .
lebre contesa di Leibnitz con Rolle , Gouye , e Nieuwentiit.
Leibnìtz , e Bernoulli pratici nelP uso del loro nuovo meto-
do di calcolo , e pienamente sicuri della verità e importanza
dei risultati poco curarono le obbiezioni metafisiche talvolta
anche piccanti dei loro avversar] , e forse più che non avreb-
ber fatto speculando con Ermanno risposte dirette e catego-
riche , giovarono alla scienza limitandosi ora a mostrarli in
opposizione col fatto , ora a metterli in diffidenza dei loro
stessi principj , ora ammettendo le premesse, e poi scambian-
do le conseguenze , ora in fine esortandoli loro malgrado a
coltivare, e promuovere l'uso del nuovo metodo. Una simi-
le difesa potrebbe per avventura in parte contrapporsi a mol-
ti fra gli argomenti , che Wronski ha tratti dalla sua pretesa
Filosofia delle matematiche contro il metodo delle funzioni
analitiche . Tra queste accuse però vi ha quella gravissima ,
che è l'unica di Pasquitz , per conto delia quale non si fa-
rebbe più luogo a sutterfugj , né a transazione , essere ine-
satta, e insussistente la dimostrazione di La-Grange di quel-
la nota e generale trasformazione in serie delle funzioni, che
è veramente il cardine, che tutto regge il nuovo edifizio ana-
litico. La mancanza, in cui sembrami, resti tutt'ora il nuo-
vo metodo di una compita difesa sopra questo punto, tenne
me pure lungamente inquieto, e malcontento, finché ritro-
vai il ragionamento, che ora esporrò, onde credetti di ras-
sicurarmi , e di giustificare il principio di La-Grange .
2. Teorema. La trasformazione, o equivalenza f(x -4- i)
=f(x)-i-ip-¥-i:2q-ì-i3r-+-ec. nella quale /(x) è una funzione
qualunque della quantità variabile e indeterminata x , ed i
una quantità essa pure arbitraria, e nella quale s'intende la
quantità i esclusa dai coefficienti f{x),p, q, r, ec. , ed esclu-
so pure dalla serie qualunque esponente fratto, negativo, e
immaginario della quantità i, è generalmente vera e legit-
tima .
Dimostrazione. Primieramente la funzione f(x -l-z) si
può decomporre in due parti f(x),M tali, che sia f(x-*-i)
Del Sig. G. B. Magistrini . 44?
==/"( .r ) -t- M . Che una quantità qualunque possa riguardarsi
come la somma di altre due, è verità così evidente, che non
credo, sia d'uopo rintracciarne una dimostrazione in un ap-
posito esame delle facoltà intellettuali, come ÌVronski ha cre-
duto doversi fare nel nostro caso, e in tutti quelli, nei qua-
li trattisi di metodi di calcolo fondati sopra l'algoritmo di
sommazione . Cosi la funzione f(x -+-i) esprimendo ciò, che
diviene f(x), quando in questa la variabile componente x
riceve l'aumento i, stimo egualmente manifesto, che si pos-
sa stabilire per valor di essa il valor primitivo f{x) più un
aumento, o decremento M, che in essa risulta necessaria-
mente iti causa della variazione dell'elemento x, qualunque
poi sia il modo, o la legge, con cui si opera nella funzione
siffatto incremento, o decremento, potendosi qui con tutta
ragione applicare quanto disse Leibnitz in un caso analogo...
Nos in Geometria , aut analysi nostra minime Jiabere opus
controversiis methaphysicis de compositione continui .
Ora è chiaro , che nell'equivalenza f(x-t-i)=f(x)-*-M.
la quantità M debb' essere di tal forma, che, fatto i = o,
essa pure s'annulli. Dovrà dunque M essere della forma i''.P,
dove li sia numero positivo, e'1 massimo esponente di z. in
M si contenga , e P funzione , che non divenga infinita per
lo stesso valor di i = o, ossia non cresca a segno col scemar
di i da impedire la condizione i/'.P = o, quando i = o. Che
l'esponente A debba essere positivo, è pur manifesto giacché,
se fosse negativo, col scemar di i la quantità ihP crescereb-
be, e non potrebbe annullarsi per i = o, come dee succede-
re. Resta a vedersi, se l'esponente h debb' essere inoltre
reale , e intero .
Se fosse h immaginario della forma m-¥-n^/ — i, sareb-
be anche immaginario il termine i''.P. Di fatti non avendosi
in P alcuna potenza dell'i per fattoi' comune, non sarebbe
possibile l'elisione dell'esponente immaginario n\/ — i; poi-
ché fra i, ed x nell'espressione in*-n\/—1'P non ponno spe-
rarsi riduzioni, essendo due quantità indipendenti fra loro,
44^ Sopra alcuni punti di Matematica Superiore .
e indeterminate. Avressimo pertanto f(x -«')— j//(r)=im-,-"K~IP,
quantità essenzialmente immaginaria, ciò, che è assurdo, al-
meno quando f(x) non sia essa stessa immaginaria.
Siay(or) immaginaria, e supponiamo, che in questo ca-
so risulti /(x-hi)-f(x) -+■ im-(-"l/—.P; e quindi /(*~f;;)~/(*)
2™.P
= i"l/ — l. Qui il primo membro dovrà essere immaginario,
altrimenti avressimo l'assurdo precedente. Avremo dunque
un'equazione della forma A -+- B|/ — i =i"l/— r . Ma di qui
seguirebbe (Ah-Bj/— i)l/_ '=;— ra, oppure — - — Iog.(A-f-Bi/ — *)
= Iog.i, cioè l'assurdo ancora dell'uguaglianza di una quan-
tità immaginaria ed una reale. E dunque impossibile, che
risulti immaginario l'esponente h nella forinola f(x-t-i)
=/(*)-HÌA.P.
Supponiamo adesso h = ~ , cioè uguale ad una frazione rea-
m
n
le, e positiva . Nell'equivalenza f(x-ì-i)=f(x)-ì-i~P il fattore
n
i" avrà per ciascun valore, che ci piacerà dare all'indetermina-
ta i un numero m di valori. Ora dico, che ciò è impossibile.
Prima di tutto la funzione P per le condizioni già prescrit-
te sarà della forma p -+- ik.Q , p essendo funzione indipenden-
n
te da i, k un esponente positivo, e la quantità i'" . Presterà
dopo la moltiplicazione una funzione multiforme in riguardo
ad i almeno del grado m . Di qui siegue , che la funzione
f(x),e quindi anche f(x-ì-i) saranno radicali del grado stes-
TI
so . Perciò nell' equazione f( x •+- i ) ==/( x ) -+- ìm P ciascuno de-
n
gli m valori del termine im . P dovrà combinarsi con un da-
to soltanto, e non con uno qualunque degli altrettanti va-
lori di /( x ) , e di f( x ■+- i ) .
Ciò posto, o si vuole m numero pari, o dispari. Se è
pari —nr, s'immagini un valore di i negativo = — ì tale,
che
Del Sic G. B. Magistkini . 449
che non alteri che la grandezza dei valori di f(x-t-i) lascian-
do i-ea!i quelli > che tali sarebbero per ì positivo; del che
nissuno dubiterà ponendo attenzione al modo d'esistere del-
la quantità i nella funzione f{x -+->)■• In tal modo avressimo
n
P equazione /( x — i' ) — f(x) = ( — j)2.P, il cui primo mem-
bro sarebbe reale , e tutti i valori del secondo sarebbero im-
maginar]. Non potrà dunque nell'equivalenza/^ x -+-i )=f(x )
n
■m t» "
-+- 1 . r essere m numero pan.
Se m fosse dispari ; rimanendo pure di grado dispari tut-
n
to il termine i".P, ne seguirebbe, che la funzione f{x) , e
f(x-ì-i) fosse pure di grado dispari. Ma se formiamo colla
— x
2
5
supposta quest'altra equivalenza \/\f{x-*-i) — f(x)ì = C'".P
ci troviamo in istato di ridurre anche questo caso all'assur-
do precedente. Dunque l'esponente li proposto non può es-
sere numero fratto di denorninator dispari . Abbiamo prova-
to , che lo stesso esponente non può esser fratto a denorni-
nator pari, che non può essere negativo, né immaginario.
Sarà dunque numero intero, e positivo.
Collo stesso ragionamento si escluderanno potenze frat-
te, negative, e immaginarie dell'indeterminata i dai termini
dell' ulteriore decomposizione T=p-ì-ik.Q, Q = q-^ig.R, ec,
dalla quale risulterà perciò la serie della forma proposta .
II.
Del princìpio delle velocità virtuali , e del modo di evitarne
l' uso , salvi gli stessi mezzi , e vantaggi analitici ,
die al medesimo si attribuirono .
L'amor del vero, e la brama di istruirmi mi sforzano a
sottoporre al giudizio della Società anche le seguenti osser-
Tom. XVII. 57
45o Sopra alcuni punti di Matematica Superiore .
vazioni , e una mia opinione analoga , sebbene qui mi stia a
fronte l'autorità dei più distinti Geometri moderni, l'eccel-
lenza di un principio, e di un metodo sopra ogni altro fecon-
do nella più importante , e più estesa parte delle Matemati-
dhe, in una parola, l'opera immortale della Meccanica ana-
litica di La-Grange .
a. Nella moderna generale ordinazione delle Matematiche
perchè si tenne ancora divisa la Statica dalla Dinamica ana-
litica, e non si fece d'entrambe una scienza unica? Gli ele-
menti della prima non potino essere che una particolare de-
terminazione degli elementi della seconda , e le forinole di
questa non si potrebbero aver per buone e generali, se il
caso non comprendessero dell'equilibrio con tutti gli acci-
denti , che ad esso appartengono . La pratica slessa dei ra-
gionamenti, che impiegansi nel premettere la Statica alla Di-
namica, ci fa sentire questa verità colla irregolarità, e colla
contraddizione almeno apparente del suo procedere medesi-
mo . Perciocché vedesi costretta a mettere in campo il ripie-
go di certo meccanico movimento fittizio infinitesimale, che
diede occasione bensì alla scoperta d'insigni verità maravi-
gliose , ma che lascia nel tempo stesso sussistere tutt'ora il
desiderio di una chiara semplice ed unica dimostrazione del
vincolo primitivo, e necessario, che ad esso lega siffatte pro-
prietà, dimostrazione, che può dirsi non ancora conseguita,
se si considera l'incostanza, la complicazione, e l'oscurità
dei tentativi , che per essa sono stati fatti .
3. Ma perchè in quelle sue preziose applicazioni della
Teorica delle funzioni analitiche alla Meccanica La-Grange
non si diede pensiere di togliere il bisogno di si indiretto
artifizio, anzi per ben due volte ne richiamò l'uso egli stes-
so in mezzo al suo assunto di togliere al calcolo il bisogno
del principio dell'infinito? Non va questo strettamente inne-
stato col principio di quelle velocità generatrici dell'equili-
brio? Oppure cambia natura e vien purgato dalle accuse,
che gli si danno altrove, in virtù di siffatta combinazione,
'
Del Sic G. B. Magistrini . 4p5'
o per l'aggiunta, che, fassi a quelle velocità, del titolo, e
qualità di virtuali ? In tal modo ragionando faressimo per av-
ventura del calcolo delle velocità virtuali un calcolo almeno
soverchiamente peripatetico, cioè, non più diretto, riè più
intelligibile del calcolo stesso infinitesimale .
4. La moltiplicità però, l'eccellenza, e l'importanza del-
le verità, che alla Statica appartengono; l'uso frequentissi-
mo, e indispensabile, che ne richiedono le arti più utili,
non permetterebbero , che sparse giacessero , e inviluppate
in mezzo alle innumerevoli e lunghe quistioni della Dinami-
ca, o coli' ordine delle formole Dinamiche, dalle quali di-
pendono, venissero come semplici corollarj ad una ad una
separatamente dichiarate . La Statica non solamente per la
somma utilità, e nobiltà del suo soggetto , ma pel vanto ezian-
dio d'essere fra le parti della Matematica applicata quella,
che ci offre il complesso scientifico più compito e perfetto ,
merita senza dubbio un distinto e tutto suo proprio tratta-
mento . L'osservazione superiore non offende punto questi
giusti titoli, e veri pregi della scienza dell'equilibrio, ma
soltanto è diretta a mostrare, come sinora fu tenuta,, dirò
così , con artifizio veramente forzato e violento in posto non
suo nelle opere di Meccanica raziowale , a far sentire la ne-
cessità di restituirla nella sua sede nativa , di ricondurla al-
la sua primitiva e necessaria sorgente . Ecco ora una propo-
sizione analitica geometrica semplicissima , che mi ha spinto
in questo desiderio , e mi ha confermato nella fiducia di po-
terlo felicemente adempiere .
5. Lemma . Siano quanti punti si vogliono, le coordinate
dei quali a tre piani dati ortogonali siano respettivamente
a, b, e; a, b' , e' ; a", b" , e" ; ec. Da un altro punto di
coordinate x, 7, z siano tirate ai primi altrettante rette q ,
q '3 q" > q" > ec, ie espressioni delle quali sappiamo essere
q=l/\{x-aY-^{y-bY-^{z-cY\ , q'=l/\(x-alY-+-(y-b'Y+{z-c'Yl,
q" = i/\(x — a" Y -4- (7 — b" f -*-(z — c" Y j , ec Rappresentisi
col simbolo solito ci la differenziazione di queste espressioni
4'5a SoTRA ALCUNI PUNTI DI MATEMATICA SUPERIORE.
relativamente alle sole coordinate x, /, z, ossia dq, dq, dq",ec.
esprimano l'aggregato dei termini di prima dimensione risul-
tanti dopo d'aver posto in ciascuna espressione x-+-i , /-i-i',
s + i" in luogo di «,j,Zj e dopo d'averla sviluppata in se-
rie ordinata secondo le dimensioni di i, i ', i" , le quali quan-
tità s'intende inoltre, che siano indeterminate e arbitrarie.
In fine dal punto corrispondente alle coordinate x-\- j,jy-*-z',
z-t-i" immaginando tirate le normali alle rette q, q, q", ec,
si esprimano i segmenti di queste rette compresi tra le nor-
mali, e'1 punto di coordinate x,y,z con dq,d'q\d"q",d'"q'",ec.
Dico, che sarà dq = dq , d'q' = dq\ d"q" = dq" , ec. , cioè,
secondo l'algoritmo delle differenziali parziali, dq = l— — li
Dimostrazione . Sopra la retta, che congiunge il punto
di coordinate x,y, z coli' altro di coordinate x-t-i , y-+-i' ,
z-¥-i" presa per diametro descrivasi la sfera. In essa rimar-
ranno iscritti tutti i segmenti , dei quali si tratta . Conside-
rando il primo dq , chiaminsi x' , y' , z le coordinate del pun-
to d'intersezione della retta q colla sfera oltre a quello di
coordinate x,y,z: avremo le tre equazioni fra x,y',z due
proprie della retta, e la terza propria della sfera, / =y
x— a x—a
( z' — z Y — i ( x — x ) — i (/' —y ) — i"{z' — z ) = o ; e'1 segmen-
to dq sarà = /[(*' — xY+-{y'— /)2-h(s' — zf\. Dalle tre
. . .. , / x (*— a)i-t-(y— J)i'-4-(z— c)i" ,
equazioni risulta x — x = (x — a) — - — — — — - , y — y
. , . (x— d)iMy— &)»'■+{*- c)i" , , ,(x—a)i-t-(y—b)i'-t-(z—c)i"
r= I V — u I — ■ i Z — 3:=! Z— C) ,
KJ ' (x-arMy-bYM--cY (p-aYMy-tYMp-oy
. : (x—a)i-*-{y-hji'-*-iz-c)in
e con questi valori trovasi dq = — y. 7
L/|(*'T«),+(?-*),tW|
= d .y/\{x — a)2-t-(y — £)a-+-(z — cY\ = dq, come si propo-
se. Lo stesso si ritroverà per d'q , d"q" , ec .
Del Sic. G. B. Magistrini . 4'i>3
6. Nella direzione delle i-ette q , q , q" , ec. concorrano
ora altrettante forze Q , Q' , Q" , ec. al punto stesso di coor-
dinate x,y,z. Il principio della decomposizione, e compo-
sizione delle forze , supposto, che tra le precedenti per esem-
pio Q(") sia la risultante, ci dà la nota equazione Qdq-ì-Q'd'q'
-4-Q"ò"^"-f-ec. = Q(")^(")^('0. Ma questa pel Lemma preceden-
te prende subito l'aspetto ben più determinato, e più im-
portante Qdq -+- Q'dq' ■+■ Q"dq" ■+- ec. = Q(B) dq(") , equazione
tuttavia universale nella meccanica, la quale abbraccia tutti
i casi dell'applicazione di più forze ad un punto dipendenti
tanto dal valore, quanto dalla direzione, o dal valore e dal-
la direzione insieme di ciascuna, equazione perciò egualmen-
te atta a servire all'analisi del movimento, e a quella dell'
equilibrio, dei quali due casi generali il secondo altra modi-
ficazione non richiede , se non che facciasi la supposta risul-
tante Q(") 3= o , come è ben manifesto .
La proprietà dei segmenti superiori òq , d'q , d"q" , ec.
d'essere tutti risultati analoghi della medesima differenziazio-
ne ordinaria =dq , =dq', =dq" , ec. è la vera chiave unica
dei vantaggi dell'equazione generale tra un sistema di forze
applicate ad un punto, e la loro risultante, sì pel giusto nu-
mero di equazioni secondarie, che se ne derivano, quante,
cioè, ogni Problema particolare può richiedere, come altresì
pel modo mirabilmente semplice e spedito, che offre l'equa-
zione stessa, di siffatta derivazione. Così nel caso dell'equi-
librio , divenuta 1' equazione Qdq ■+■ Q'dq' -+- Q"dq" -+- ec. =o
si spezza tosto, attesi i valori arbitrai j, e indipendenti degli
incrementi 1,1,1" delle variabili x,y,z prescritti di sopra,
„eHa «re Q(S) + Q (il) + Q»(i)^ec. =o, Q(A) h-
-+- ec. = o .
Per dare all'equazione Qdq-i-Q'ò'q -i- Q" d" q" -h ec . la for-
ma ora trovata , o almeno per rendere questa forma stessa
4-54 Sopra alcuni punti di Matematica Superiore .
applicabile alla meccanica si credette, come accennai in prin-
cipio, che i segmenti dg, d'g' , d"g" , ec. avessero essenzialmen-
te a riguardarsi come gli spazi, che in un tempo stesso in-
finitesimo dt percorresse nelle direzioni delle forze il punto
mobile per un impulso opportuno, che malgrado l'equilibrio
venisse dato al medesimo . Con che formandosi le velocità
similmente differenziali — , -?-. — — , ec. del punto lumro le
dt dt* dt l °
linee g,g',g",ec, e osservando, che tali sarebbero appun-
to le velocità prodotte dalle forze liberamente operanti per
un tempo t, si conchiuse l'equazione Q — -+-Q'— — Hec.=o,
ut &*
che si ritenne come simbolo essenziale, ed espressione carat-
teristica di una proprietà delle velocità virtuali . Se doman-
davasi , qual fosse codesto impulso opportuno , che il punto
equilibrato doveva ricevere, acciocché le velocità virtuali di-
venissero attuali, o attualmente calcolabili: tale, si rispon-
deva , che produca un moto minimo conciliabile colla dispo-
sizione del sistema, di cui il punto proposto forma parte, e
colle condizioni particolari del Problema, come di ostacoli
immobili, di linee o superficie resistenti; oppure un moto
minimo qualunque, qualora tra le forze sollecitanti siasi te-
nuto conto anche delle resistenze. Ma in quest'ultimo stes-
so caso restava il dubbio , se fosse tuttavia possibile un sol
moto il più picciolo immaginabile, che li conciliasse col si-
stema, non che un moto minimo qualunque; giacché un si-
stema equilibrato appunto per questo non indica né permet-
te alcuna ipotesi di suo reale movimento. Oltr'a ciò mentre
si percorressero quelli spazietti dg , dg' , dg" , ec. sotto l'a-
zione libera di ciascuna forza, cioè nel tempo dt, non sem-
bra ben chiaro, se legittimamente si potrebbe supporre, co-
me si fa, che restassero immuni da variazione i centri, le
direzioni delle forze, e le forze stesse, o tra questi elementi
avendo luogo variazione , se dovrebbe questa trascurarsi , e
non piuttosto aversi riguardo almeno ai notabili cangiamen-
Del Sic G. B. Magistrini . 4^
ti, die anche nel tempo minimo dt potrebbero succedere nelle
direzioni delle forze, e se le forze virtuali dQ, dQ', dQ" , ec.
non avrebbero diritto di venire in calcolo al pari degli spa-
zj dq , dq' , dq" , ec.
Comunque sia di queste difficoltà , per noi la forma si-
milmente differenziale relativamente alle coordinate del pun-
to mobile dei segmenti dq , B'q\ d'q" , ec. risultò da una
semplicissima proprietà puramente geometrica, e dal solo prin-
cipio della composizione, e decomposizione delle forze, il
quale ci dà ih quest'incontro una novella prova di occupare
nella meccanica analitica lo stesso rango, che occupa nel cal-
colo il binomio di Newton, e il teorema di Taylor, né eb-
bero a che fare col nostro intento velocità , o moto alcuno
attuale né virtuale. La dimostrazione precedente è altresì
indipendente dall'infinito: poiché gli incrementi da noi as-
sunti nella convenuta differenziazione altro non debbon esse-
re che indeterminati e indipendenti . Se non che la nostra
equazione è simbolicamente simile all'equazione delle infini-
tesime velocità virtuali, quantunque dedotta con tutt' altri
principj, e ragionamenti. Gli incrementi i, i', i" appunto per
essere arbitrarj, si dirà, che ponno uguagliarsi alle differen-
ze infinitesime dx, dy 3 dz, e allora la nostra equazione è la
stessa equazione dei momenti infinitesimi , o delle velocità
virtuali. Questo potrebbe farci sperare, che l'innovazione,
di cui abbiamo osato gettare il fondamento, non sia per re-
care disturbo ai progressi della Meccanica analitica, potendo
perfino servire a coloro stessi, che amano di proseguire per
la via delle qualità occulte .
456 Sopra alcuni punti di Matematica Superiore .
III.
Della misura dei Solidi , e delle loro superficie , quando i
punti di queste son dati da equazioni fra tre coordinate .
7. Tra le formole più importanti dell'applicazione del
calcolo alla Geometria superiore sono certamente da noverarsi
le due note ffzdxdy , ffdxdy\/\ 1 -+-(— -7) ■+■ (—7) [ ■> delle
quali si fa uso per la cubatura, e quadratura dei solidi, le
cui superficie sono date da equazioni fra le coordinate %,y, z
a tre piani ortogonali . Gli Autori per la pratica applicazio-
ne di queste formole prescrivono di sostituire il valor di una
delle tre coordinate espresso per le altre mediante l'equazio-
ne della superficie curva, di eseguire una delle due integra-
zioni, indi d'introdurre il valor di una delle residue varia-
bili tratto dall'equazione della linea, che dee circoscrivere
la misura proposta, in fine di procedere all'ultima integra-
zione. Oltrecchè siffatta regola d'inverso operare non ben
chiara apparisce nella diretta deduzione delle formole stesse
come succeder dee nei metodi di calcolo esattamente recipro-
ci ; ha il difetto di nulla dire della funzione arbitraria , cui
la prima integrazione sembra richiedere, e molto meno del
modo di determinarla nei casi particolari. Queste difficoltà,
trovai per esperienza, che soglion essere di non lieve imba-
razzo ai principianti . Il perchè mi son fatto a cercare di bel
nuovo la soluzione generale dei due problemi, di cui si tratta .
8. Problema . Sopra una base piana in NC/ra di figura
continua o discontinua sorge normale un solido cilindrico ter-
minato superiormente da una superficie curva data per rispet-
to al pian della base stessa, e ad altri due piani normali fra
loro, e colla base tirati pei due altri AX, AY . Cercasi l'e-
spressione del solido cilindrico, e l'espressione della porzio-
ne di superficie curva da esso tagliata .
SoLU-
Del Sic. G. B. Magistrini . 4.37
Soluzione . Dimando prima di tutto., che si ammetta per
dimostrato 1 .° die se di tre quantità funzioni della stessa
variabile i, m-i-f(i), h-hf (i) , m-k-f'(i) la prima e la
terza hanno per limite comune ni , e la seconda ha per li-
mite h, e in oltre la seconda per qualunque valor di i ha
la proprietà di avere un valore compreso fra i valori corri-
spondenti delle estreme; la seconda quantità avrà anch'essa
per limite la quantità m, cioè sarà h = ni . 2,.0 Che di due
superficie concave dalla stessa parte iscritte in un medesimo
parallelepipedo, che abbiano almeno un punto comune sopra
uno spigolo , quella , che colla sua concavità guarda la con-
vessità dell'altra, è la maggiore. Il primo postulato ammet-
te la stessa dimostrazione della simile proprietà dei limiti
costanti . Il secondo fu riconosciuto dalli stessi geometri an-
tichi .
Sia kV = x, AP' = *-hz\ CP = y, hP—y', Vf=y", z
l'ordinata della superficie cur^a , che termina in h, e siano
y=f(x) , y" =f'(x) le equazioni date delle curve NG , mf,
che formano colle rette 0 ordinate ;«N , fG la base del ci-
lindro proposto; e s.r,V( ==/" (x , /' ) l'equazione della super-
ficie pel punto, che ha per projezione h, quindi zT ,r=f"(x,y)
l'equazione del punto, che sovrasta al punto G. Il solido,
che s'appoggia normale al quadrilineo ra/CN/?2, sarà funzione
delle coordinate dei quattro punti 7?i,~N,C,f, e delle ordi-
nate z dei quattro punti corrispondenti della superficie cur-
va : ma tranne quelle dei due punti m, N, e loro corrispon-
denti, che suppongonsi costanti, e date, le altre si riduco-
no alla sola ascissa x, attese le equazioni, che fra esse ab-
biamo . Esprimeremo dunque il solido proposto colla funzio-
ne ìp(x), quindi colla ip(x-ì-i) il solido di base mlPNm., e
perciò con ip(x-ì-i) — 4'(x) ^ solido di base CD//C .
Tirisi hi parallela a PP', e alla distanza gh = o arbitra-
ria la parallela g/c . Sia f( x , i , y ) il solido di base / li hf,
quindi f(x, i ,y -t-o) — f(x,i,y) il solido di base M . Per
l'estremità superiore del minore dei quattro spigoli di quest'
Tom. XVII. 58
458 Sopra alcuni punti di Matematica Superiore .
ultimo solido, che supporremo esser quello, che termina in
// , cioè, l'ordinata zx>1', tirisi un piano normale, e un al-
tro piano alla base pure parallelo facciasi passare per l'estre-
mità superiore del maggiore spigolo, che supporremo essere
zr+«,r_Ho '• Si determinano così due parallelepipedi iazx,y<,
iozx+.i,r'+o uno maggiore, e l'altro minore del solido/(.r,z',y-(-o)
— f{x,iiy) per tutti i valori positivi di i, ed o di meno
in meno al di sotto di limiti assegnabili . Sviluppando que-
ste tre espressioni per le potenze di o avremo le tre oizx,r',
0 (rf7H(P)+ e°-' oUs'^r'^0^{^)^-ec-> delle clua-
li le due estreme saranno limiti della seconda per qualunque
valor di o , e tali resteranno, tolto a tutte tre il fattore o.
Ma in questo caso le due serie estreme hanno per limite co-
mune la quantità izxy . Dunque l — J, che è limite analogo
della serie media, sarà = izx,r<. Di qui integrando risulta
F ( x, ì,y ) = ifzx ,r' dy = ifzx,fdy'-¥- i<p( x,i), essendo f ( x, i )
la funzione dovuta all'integrazione. Il solido ¥(x,i9y') do-
vendo cominciare dalla curva fi, si annullerà la sua espres-
sione, quando pongasi y' =y" ==f (x) . Questa sarà la condi-
zione, colla quale determinerassi (p(x,i). Eseguita in fine
l'integrazione, si porrà y' =y=f(x ) , e l'espressione risul-
tante F (x , i ,yx) rappresenterà il solido di base Ccl/G, in
cui Ce è parallela a PP' .
Del solido superiore iji(x-+-i) — ip(x) ci resterebbe da
misurare la porzione, die ha per base il trilineo CDc; ma
non sarà necessaria tutta questa operazione . Prolungando il
solido residuo , e tagliandolo con due piami paralleli alla ba-
se alle estremità della più grande, e della più piccola delle
tre ordinate zx ,r , zx^,r, s,.+i,/r+i» formeremo i due solidi
cilindrici CDc.zlir,, GBe . zx^j ,r . maggiore l'uno, e l'al-
tro minore del solido, di cui si tratta, e che chiameremo
F'(x, i,yx) • In oltre prolungando le ordinate GP , DP' del-
la curva NS, tirando le tangenti dei punti C,D, e traspor-
Del Sic. G. B. Magistrini . ^St)
tando in Ce la tangente Dr formeremo i due triangoli Cce
_Cc.ce _i> dy,^ j» dyx
~~~ ~d~T ' <-*»='— . —, che saranno limiti del tri-
lineo CDc: quindi il solido F'(x,i,yx) avrà altresì per li-
miti le due espressioni £..-!*.-., .„ i! ^L
dx •*x>y*i
os-
Sia ~ dx" Zx 'r ~*~ e° ' °'a è faci,e vedere clie ciò non può es-
sere a meno che sia F'(x9i,yx) di seconda dimensione al-
meno, in riguardo ad i, cioè, della forma i2M. Essendo per-
tanto 4(x + n-4>(x) = F(xvi,yx)-i-F'(x,i,7x)=zifz>x,j,dy
-4-ec, avremo g=F(a;, <?,/,), in fine ^(*)=/<faF(*,o,r,),
cioè, uguale all'integrale della funzione trovata postovi £
uguale a zero .
9. Ritenendo le denominazioni superiori, chiamando^)
anche la superficie, che sovrasta alla base wNG/, e le su-
perficie, che sovrastano alle basi hfli, CcD esprimendo col-
le funz.oni stesse F(*,»,/)9 F' (*, i , yx) precedenti la por-
zione di base hk sarà =F(i,i,/ + 0)_F(I,i,/). Pel-
le estrem.tà delle due ordinate zx,y , z^,^ tiriamo ora i
p.ani tangenti della superficie . Taglieranno questi il paralle-
lepipedo, e le sezioni saranno due parallelogrammi espressi uno
"" *A. ■ H-(^H^)j e l'ateo Ja -•|.^i^À
\ W* /s' prWn° magS10re delJa superficie iscritta
nel parallelepipedo Ff>, i,y + o)-F(x9 *,/); poiché tra-
sportando parallelamente a sé stesso il piano tangente, che pas-
sa per l'ordinata maggiore, fino a passare per l'estremità
della minore, avremo i due parallelogrammi aventi sopra lo
spigolo zx,xt un punto comune colla superficie, e l'uno so-
vrapposto, sottoposto l'altro alla superficie stessa. Sviluppar*
4<3o Sopra alcuni punti di Matematica Superiore.
do queste tre espressioni in serie per le potenze di o, e ri-
petendo il ragionamento superiore ritroveremo F(x,i,y)
= ;/i/y/{i-H(^) + (^)^-H^(a;,i), dove <p(x,l)
si determinerà, come sopra. Posto qui pure dopo l'integra-
zione y' = yx =f( x ) , avremo la superficie, che copre la ba-
se CflcC. Il resto a compiere l'espressione ip(x-i-i) — i}j(x)
della superficie C/7DC , ossia la porzione sovrapposta al tri-
lineo CcD si troverà come il solido corrispondente della for-
ma i2M . Dunque abbiamo ip{x -i- i) — ip(x) = F(xì i, yx)
dji(x)
dx
superficie cercata
i2M, ossia — p-?—}=F(x,o,yx), in fine ip(x)= fdxF(x,o,yx),
dx
S.af?/7ì(zteca Soc Yfa/. -Zo//>o XVTT- y (<!{?.£ So.
( \>Ji/a/s ne C ' 'm/io XVIZ /3ay.%-f.o.
7:<,xz.
.u.w„./y; ./; M»s„„.rfoa Sr>r str/. 7Z„,o xvti. fy***
" St</t/ì<i yj~r\ /i g. /itifmo
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46 r
Correzioni per la pag. 241 de' Saggi di Meccan. e d' Alg.
inseriti nel vol. xvi della società italiana
ALLA PAG. 223 DELLA PaB.TE I.
Pag. Lin. Errori Correzion
1 i M'' TVT7 N'' HT7
241 10,11,14 i-N/t hML
ùZ. 21
Nelle 7 linee che seguono bisogna retti-
ficare alcune espressioni , che per altro
non influiscono nell'esattezza della di-
mostrazione .
Pongasi nell'espressione di P" e di Q" , A' ■+• k' per X ,
(p'->t-ti per ^'; s'indichi per M',N' la respettiva somma de'
termini indipendenti da /t' e da /Y che risultano dalla varia-
zione delle funzioni
Mk AT, NA ,,,
NA , 1- Mk ;
per M" , N" le respettive somme de' termini che nelle varia-
zioni di M/c, N/i, si trovano affetti da k\ ti ; e scrivendo per
brevità A" per X -+- k' si avranno due equazioni della forma
seguente
P'" = P" -+- M' •+- M" - — N" ti = o
A"
Q"' = Q" + N'+N"-+ M'T = 0 .
A"
S'istituiscano l'equazioni
M'h-M"- — N"A'=dra
X"
N' + N"- + MT = ±a';
X,"
quindi si deduca il valore di ti e di k' e risulte rà
P" — P'" = P — P" , Q"_ Q" = Q' — Q" .
46a
ERRORI CONTENUTI IN QUESTA PRIMA PARTE (*)
Correzioni
536
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a3 AjtaH*»-*- A i-.(a**x? AjraH"-"v"-hA [— (-
ajj-i-i)1^»
(*) Il Correttore, benché conosca non aver da incolparsi d'incuria nella revi-
sion della stampa dei Manoscritti , dove , per difetto degli Amanuensi , trovansi
alcune delle inesattezze , ora rettificate , e dove mancano certe aggiunte , che ades-
so vengono inserite dai respettivi Autori , ha chiesto ed ottenuto da questi la Nota
completi degli Errori occorsi , onde pienamente corretta comparisca 1* edizione di
questo Tomo .
463
Pag.
Linea
Errori
Correzioni
68
25
a;3»+j
AZa
a«+2
2?i-t-a
71
85
3o
7
dall'acqua
abbandonarli
dell'acqua
abbandonarle
88
I-©"1
i-dri1
ll
©
95
4
1 + 6
i + C
96
16
esercitava
eserciterà
98
22
OND , O'N'D'
OND, OND'
102
1
ad a
ad x
—
12
*44
r7
x = e
x^a.
246
4
2aar — ceri
— ia?r — ceri
— 3,anr-+- ace
— acuir ■+■ ace
—
5
— a°-cr
— a2ce
—
21
— aa3kr
— a,aakr
ìì47
25
— Aas
— X
e
— 2as
e
—
26
— anby
e
— ansy
e
248
35
nell' altra
nell'una, e nell'
altra
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2
a(a — i)D
a(a — b)D
253
9
essendo
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257
7
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■+■ 9a2/i2
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4&
464
Pag.
Linea
Errori
Correzioni
264
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266
IO
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268
IO ...
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269
1
.. Sm = 2m . 2m
firn nTn n™. 0m
—
3 ul
t . m > 0
m intiero e < o .
286
7
x3 — 5xa
x3 -h 5.K2
298
32 tri
.BCD=p#:tri.ABD:±tf
tri.BGA=ir5:tri.ACD=t^
294
21
L-i-dìs— A — (
ì
A — §:s — A-i-d
296
2,
è > a' ; a"
è <a':a"
3o4
1
p=4.4?,o
p=_4.47,o
—
28
P = 2.o5,3
P= 2.35,3
307
8
6 .2 .59 ,8
6 .2 .5g ,4
309
8
7 .25 .5,4
7.27.5,4
—
27
ds
ds'
3,7
25
6 = 2.55.45,1
6 = 2.11 .28, 7
—
ult.
i5 . 16 , 6
i5 .6 , 6
3i8
2
^=889", 1
y = 899", 1
320
IO
16.54.4, J
16 .54 -41 ■> °
—
i3
2l4 .l8.3,0
2 1 3 . 48 . 44 •> 7
326
ult.
8.9.65,3
8.9.55,3
328
IO
307.9
207 . 9
33o
3i
38.58
3o.58
33i
9
— 4 .5g . 34 , 3
— 5.28.48,6
000
2
3o3 , 3
3oo , 3
—
3o
38 . 17 , 1
35 . 17 , 1
336
4
1 98 . 2 . 7 , 5
298 .2.7,5
—
22
16 . 22 , 8
14.42,8
—
25
16 . 27 , 8
14.47,8
339
4
4 . 6 . 33
4.6.33, 7
340
9
che ne deduce
che se ne deduce
N.B. La longitudine delle stelle occultate che in ogni
calcolo si è chiamata a si denomini a. per non confonderla
colle Longitudini di Luna .
465
Alla pag. 33 1 dirimpetto a g si ponga 6i°.35'5 e dirim-
petto alla lettera A, 25°. 28'.
Pag.
Linea
]
Ekroiu
Correzioni
349
*7
Bougner
Bouguer
—
»3
0
, 0'
0,0'(F/g.2.)
35a
34
MN
MN (Flg. 3.)
353
18
so
ffre
non soffre
355
3a
8
Ottobre
8 Ottobre 181 3
364
a
IO
243.26.56,8
243 .26 .56 ,0
366
4
io
49. 12
49 • 12 . 26
370
--
24
sia = B
sia = p
37i
-
22
— seri. 6
T
— sen.o
r
372,
_
3
facilmente
si levi
376
-
21
0,009574
0,009374
378
--
8
d
t
382 in testa alla I. Tav. si aggiunga per V Ascensione retta
nella prima colonna, per la de-
clinazione nella seconda colonna
389
-
3
del raggio
vettore
del nodo ascendente
391
-
29
1 C0S.2^-H
7)
| cos.a<^-H— \d(p
392
—
3
-+- 248 , 7
-+- 240 , 7
—
«
18
5o9s , 40
509^ , 40
393
•-
21
-HO ,0935
-HO, 0975
394
~
i5
eccentricità = —
eccentricità = -*-
396
—
i5, 16
variazione .
variazione di io" nell5
inclinazione .
399
•-
i5
"+- °', 74
+ 0" , 74
400
6
5
294°, 38
294°, 38'
—
4
4i
4,2
5 , 2
—
3
47
45,4
46,4
401
7
4
687,4
687,0
466
Pag.
Col.
LlN.
Erroiu
Correzioni
4ci
6
2 3
36a
369
—
0
39
33,3
34,3
—
5
44
2 , 16702,0,
2 , 167017
—
6
4*
724
714
402,
3
35
0 0 e
0.0,0
4.3,6
—
3
3?
58,6
3.58,6
4o3
5
3i
a , 38244°
2 ,282340
—
-
39
a , 296458
2 , 296459
404
3
i5
i5,5
16 , 5
—
~
21
o.5,5
o.o,5
—
—
22
i.3,3
o.3,3
40 5
4
i3
107,87
108 , 07
406
5
6
2,454393
a ,494393
410
7
54
1 15 , 0
1 15 , 5
4.4
4
18
1966
1996
—
r7
44
-+- 4a5 , O
-4- 3a6 , 0
4,6
2,
6
4>34
4,84
467
INDICE
DELLE COSE CONTENUTE IN QUESTA PRIMA PARTE .
Otatuto della Società Pag- nr
Catalogo de' Socj xi
Appendice alla Memoria sopra un nuovo metodo ge-
nerale di estrarre le radici numeriche, del Sig.
PAOLO RUFFINI i
Del movimento d'un fluido elastico che sorte da un
vase , e della pressione che fa sulle pareti dello
stesso, del Sig. OTTAVIANO FABRIZIO MOS-
SOTTI : presentata dal Sig. Cav. Brunacci 16
Sulle oscillazioni d'un corpo pendente da un filo esten-
dibile, del Sig. PIETRO PAOLI 73
Sull'urto dei fluidi del Sig. VINCENZO BRUNACCI 79
Sopra l'equazioni primitive che soddisfanno all'equa-
zioni differenziali tra tre, o un più gran numero
di variabili, del Sig. PIETRO PAOLI 104
Sul moto discreto d'nn corpo, ossia sopra i movimenti
nei quali succedono di tempo in tempo delle va-
riazioni finite, del Sig. ANTONIO BORDONI,
presentata dal Sig. Cav. Brunacci i57
Sulla determinazione della capacità d'una botte, o
elittico-circolare od elittico-elittica a fondi eguali ,
o disuguali, ed a parti anteriore, e posteriore si-
mili, o dissimili, del Sig. D. PIETRO COSSALI 2,3?
Soluzione di due problemi appartenenti alla teoria de'
massimi, e minimi, del Sig. Cav. SEBASTIANO
CANTERZANI 241
468
Seguito de' saggi di Meccanica, e di Algebra trascen-
dente, dèlSig. PIETRO FRANCHINI, presentata
dal Sig. Giuseppe Fenturoli PaS- a^;i
Calcolo d'occultazioni di alcune stelle, e l'elative ri-
cerche intorno alla posizione Geografica in longi-
tudine dell'Osservatorio di Padova rispetto al me-
ridiano di Parigi dell'Abate FRANCESCO BER-
TIROSSI-BUSATA , presentata dal Cav. Cesaris 299
Descrizione d'un nuovo micrometro, del Sig. GIAN-
BATTISTA AMICI, presentata dal Cav. Raffini 344
Teoria del nuovo Pianeta Vesta ricavata dalle opposi-
zioni degli anni 1808- io- 11 - ia- 14 con le tavole
per calcolare ad ogni istante la sua posizione geo-
centrica , del Sig. GIOVANNI SANTINI 36o
Del modo di rendere men diffettosa che adesso e più
comoda la stadera volgarmente detta Romana , del
Sig. PIETRO FERRONI 4r7
Osservazioni varie sopra alcuni punti principali di Ma-
tematica superiore, del Signor GIO: BATTISTA
MAGISTRINI 445
Errori scoperti nella Memoria Franchini nel Tomo XVI
pag. aa3, Parte I. 4^[
Errori scoperti in questa parte del Tomo 4^^