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Full text of "Memorie storiche sulle Bocche di Cattaro"

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r ) Bound 

OCa^TTf^^^.d JUL17 1899 



THE SLAVIC COLLECTION 




J^arbarli College litjrarg 

GIFT OF 

Archibald Cary Coolidge, Ph.D. 

(Class of 1887.) 



Receìved i July, 1895. 



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"òloOJ^'V^X':^ 




MEMORIE STORICHE 



SULLE 



BOCCHE DI CATTAHO 



DI 



GIUSEPPE GELCICH 



L' antichità e i tempi di mezzo fino al 1492. 



LEIPZIG 

K, F. KOEHLER'S ANTIQUARIUM. 




' ZARA 

Coi tipi di 6. Woditzka 
1880. 

A spese deiraotore. 




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MEMORIE STORICHE 



SULLE 



BOCCHE DI CATTARO 



DI 



GIUSEPPE GELCICH 



ZARA 

Coi tipi dì G. Woditzka 
1880. 

A spese delF autore. 



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é^ %u^WO''h 



Harvard Ocllese Library 






O ,::-.g=,Pli.D. 



L'autore dichiara di voler godere per questo suo libro, di tutti i 
diritti che gli vengono accordati dalle vigenti leggi sulla stampa. 



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PREFAZIONE. 



fi Cattaro e delle Bocche è stato scritto abbastanza; 
però spesso sfavorevolmente^ e sempre senza certo fonda- 
mento. Causa precipua dì ciò si fu il difetto di un' illustra- 
zione qualunque, la quale per via di documenti ne rilevasse 
r importanza storica appetto delle altre parti della Provincia, 
di cui Cattaro e le Bocche non sono per avventura la parte 
meno pregevole. IiAperocchò, fallito colia morte del D.r Ur- 
bano Raifaelli (1848) il desiderio, onde i Bocchesi dei primi 
decenni di questo secolo furono tanto animati, di vedere tolte 
le dubbiezze che intorno alle cose loro avevano ingenerato 
Flaminio Cornaro (f 1778), magnificando nella storia di 
Cattaro le glorie dei suo S. Marco, e Jacopo Coleti coi cor- 
redo di documenti monchi o inconcludenti con cui voile 
ampliare T opera del primo, prevalsero le Memorie succes- 
sivamente scritte da alcuni viaggiatori sulle traccio dell* Orbino, 
deir Appendini ecc. e sotto impressioni più o meno esagerate 
dalle condizioni climatiche del Seno Rizonico. Dannoso poi 
ai Bocchesi, non meno che alla storia eziandio di tutta la 
Dalmazia, tornò il silenzio che intorno alle Bocche fu osser- 
vato dai cultori delle cose dalmatiche, i quali, trascurata a- 
vendo la storia dei popoli che sono fra la Narenta e la Bojana, 
mancarono di quella chiarezza che in generale spesso si 
esigeva da loro. Quindi doppiamente necessario ed urgente 
rendesi un libro di memorie storiche sulle Bocche di Cattaro. 
E se chi, nel desiderio di corrispondere ad entrambi gli scopi 
ne pubblica un saggio, non incontrerà il gusto di tutti, vuol 
dire avere egli compreso, che ogni indugio a migliorarne la 
forma, avrebbe accresciuto il male finora derivato dalla 
mancanza appunto d'un tal libro. 



■•• -III BitfN 1^^ ' 



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MEMORIE STORICHE SULLE BOCCHE DI CATTAftO 



L'antichità ed i tempi ài mezzo 

fino all'anno 1492. 



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PARTE PRIMA. 



Fino air immigrazione dei Serbi. 

( — 638. d. e.) 




estremo confine delF odierna Dalmazia, 
'che monti per lo più aridi, scoscesi ed 
altissimi, rive ornate di fertili campagne, 
copia di seni, di baie, chiese, case campestri ren- 
dono quanto si può dire vario, ^ delizioso e incan- 
tevole, è chiamato ^Le Bocche di Cattar o^. 

Sono esse un canale dell'Adriatico, miracolo di 
sicurezza per i naviganti, ^ il quale si interna per 
ben tredici miglia, e prende nome dalla città che, 
eretta nel sito più interno, ne è la capitale, 

* Vedi : — Appiani Alexandrini y,Romanarum Historiarum quae 
supersuni^ ab Im. Bekkero recogn. Lipsi^e. Teul^ner 1852. Diodori Siculi 
„Bibliotheca Historiea^. Ex recogn, Im. Bekker ^ Lipsiae, Teubner. 1853. 
Livii Titi y^Historiarum libri a. U, C, recogn. I. Bekker. Beroliqì Reimer. 
~— Polybii Lycor(ae Megalop. ^^ Historiarum libri qui super mnt^, Lipsiae 
Tauchnitz. 1816. — Pomponius Mela „De SituOrbis^ Comm. C. H. Tschuc- 
chii. — Strabonis „Geographica^* recogn. At Meineke. Lipsiae. Teubner. 1852. 
— Palladti Fasci Pai. „/)e situ orae Illyrici Libri^. Notis Ioannis Lucii. 
Dalm. illustrati. VI. in Lucii 1, ,yDe Regno Dalmatiae et Croatiae^, Am- 
stelodami. I. Blaew. 1666. 

' ^11 Canale di Cattaro, che il Balbi paragona al g^fo della Spe- 
zia, ricorda splendidamente il Bosforo di Bisanzio^ V. Carrara — La Dal- 
mazia descritta — Zara. Battara 1847. p. 8. 

2 ibid. p. 49. 



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Gli antichi, derivandone il nome da Rkhotty che 
è l'odierna Risano, ^ chiamavano le Bocche di Catta- 
ro jjSinus Rhhonicus ^ e Rhizunitae^ i suoi abitanti. ^ 

La prima volta che nella storia è fatta men- 
zione de'Rizuniti è intorno agli anni a. C. 229-228; 
air epoca cioè dell' infelice guerra di Tenta. Contut- 
tociò alcuni studiosi che si occuparono di questo 
popolo, vollero rimontare ad età più lontana cer- 
cando di stabilirne la origine. Così Y Ivanovich * 
gli attribuì origine colchica, e TOrbini ^ opinò che 
alcuni Troiani dopo lungo errare si fossero in que- 
sto seno stabiliti. — Alcune colonie spedite in .Dal- 
mazia da Dionigi il vecchio tiranno di Siracusa, fu- 
rono causa che altri ritenesse la Sicilia per madre- 
patria de' Rizuniti. Con Flaminio Corner ^ opinò 
così anche il cattarino Giovanni Bona de Boliris, ^ 

» Liv. 45. 26 - Plin. 3. 22 (26) 144 -- Polyb. 2. 11. - Sleph. 
Biz. 575 — Slrab. 7. 5. (7). Non tutti gli scrittori convengono nell' as- 
segnarle questo nome. Il Peuting ha Resinum^ il Ravennate (4. 16) Ruci- 
nium^ Ptol. (2. 16.5) scrisse TCatvov e Tifava — Scillace TiJioO<; p. 9 — 
Tacio le lezioni Zizio e Rhizio. 

^ Anche questa lezione non è accettata da tutti gli storici. Così si 
riscontra j^Sinus Rhizaeus^ (Forbiger. Geografia vetus, V. III. ad Illyr.) 
e presso i Greci b *PtCa(a)v >cóXto? (Strab. 7. (5. 7) 316) e 'PilJovtx.b? 
y,óXxo? (Tolom. 2. 16. 5) — La naturale configurazione del Seno e la di- 
rezione delle sue correnti diedero motivo di supporlo' un fiume (Polyb. 1. 
e.) Scyl. 24. 

^ Liv. 45, 24. 26 (con forma più recente Ti^ovita. 

* Ivanovich M. y^Della Dedmone delle Bocche di Catturo a S. M. 
r Imp. Francesco I e dell* antica origine di detta Città^. Cattaro. An- 
dreola 1799. p. 30-43. Il Bomman G. A. (Storia eiv, e relig. della Dal- 
ma%ia. Locatelii. Venezia 1 778) scrive nella carta annessa alla sua storia : 
RhiMnus conditum A. C. (ante Chr.) 1236). (!?) 

^ Orbini Mauro. „// Regno degli Slavi^. Pesaro Concordia. 1601. 
p. 308. Forse sui versi 241. I. delF Eneide. 

® Corner FI. ^fiatharus Dalmatiae Civitas in ecclesiasticu atque 
civili stata historicis documentis illustrata^, Patavii. Typ. Seminarii 1759. 
p. 1 et seg. 

'^ Johannis Bonae de Boliris — ^Descriptio Sinus et urbis Ascri- 
eiensis ^ad Aelium Zagurinm concivem suum. Carmen (in Corner I. e. p. 
104-113 ed in Razzi.^ La storia di Raugia^ — In Lucca. Busdraghi 
1595. p. 171-183) w, 317. 



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e questa opinione è anzi la più generalizzata fra 
i Bocchesi, forse perchè non del tutto appartenente 
al mondo della favola. 

Il Seno Rizonico appartenne al paese che i 
Greci chiamavano — Illyris Barbara * — e poi- 
ché Livio, enumerando i popoli onde quel regno 
si componeva dopo la caduta di Teuta fino alla 
rovina di Genzio, ricorda anche i Rizuniti, non si 
andrà lungi dal vero opinando che anche ai gior- 
ni di Bardile e di Pleurato (360-227 a. C), quel 
seno segnasse V estremo limite settentrionale del re- 
gno Illirico. 

E ricordato dagli storici che nella pace ^ con 
Teuta Roma volle ridotto il regno Illirico ai con- 
fini che aveva ai giorni di Pleurato, e che si ritirò 
a Risano ove condusse gli ultimi giorni di sua vita 
(227-220 a. C.) — Da questo fatto si prese a sup- 
porre che i re Illirici avessero tenuta in Risano una 
seconda residenza capitale. A cosifatta ipotesi però 
oppone lo storico, Risano essere stata la sede di 
Teuta e non di altri re dicendo : ^ ^Rhizinium ar- 
duum coUem ad sinum Catharensem insidens, Ci- 
vitas perantiqua Illyrici primigenii; Teutae, Agronis 
regis viduae, sedes" — giusta Polibio che scrisse 
55 Teuta cum admodum paucis Rhizonam se recepita. 

Agrone fu il primo ad estendere il dominio dei 
re Illirici, oltre il territorio degli Enchelei. Teuta, 
sua moglie, gli successe, nel regno, ma, tradita da 
Demetrio di Phara, dovè rinunziare alle conquiste 



^Haec Urbis sedes 



Ascraeì quondam quam fujidavere coloni.^ (cfr. Tediz. conservata 
presso i PP. Francescani di Ragusa, in nota ad dd' Ascraei olim populi 
Siculi, e FI. Corner 1. e. da Ascri città di Sicilia). 

' Forbiger 1. e. Bewan 6. L. Geografia antica. Firenae Barbera 
1872. p. 691. 

« Polyb. 1. e. 

^ Fejer. Codex Diplomaticus Hungariae, Budae. Typ. r. Univers, 
Hung. 1841. T. VII. v. V. sappi, p. 1. 



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iiìie suo marito aveva portato dai monti Cimara 
fino al Friuli. Vanitosa per natura, altera per le 
vittorie riportate dal marito, ricca per pedaggi e- 
storti, coiitomiata da ipocriti, incoraggiò i suoi Ar- 
dici a nuove imprese e diede libertà di corseggiare 
a danno di quanti avessero solcato V Adriatico. Issa, 
Timica che s'era serbata libera ed indipendente, 
portò contro V audacia della regina lagnanze à Ro- 
ma e conseguì che i Romani spedissero legati a 
Tenta per protestare contro tanto arbitrio. Ma il 
più giovane di questi perì di scure al cospetto di 
Tenta, per avere offeso la maestà della regina. Que- 
sto fatto indignò Roma, che stabilì la distruzione 
del regno lUirico. Un potente esercito ed una flotta 
ben agguerrita furono mandati all' impresa, che non 
tornò difficile, perocché Demetrio — dolente dell' in- 
dipendenza frattanto perduta dalla sua Fara — fat- 
tasi assicurare la signoria degli Ardici e dell'isola 
— defezionò, consegnando ai capitani romani il 
paese conquistato da Agrone. Tenta si ritirò al- 
lora a Risano ed ottenne pace, abdicando a favore 
di Pinnez (227 a. C.) — Da quel giorno Corfii, 
Lesina e Lissa rimasero sotto la protezione dei Ro- 
mani, e gli miri poterono navigare con due legni 
soltanto, non però oltrepiasSando Isso. 

Tale catastrofe toccò a quel popolo, per lo in- 
nanzi temuto per terra e per mare. Gli Ardici la 
tribù prediletta di Tenta, rimasti sotto la signoria 
di Demetrio, ebTDcro più degli altri a risentìrsetìe, 
non potendo più trarre dal mare i vantaggi ai quali 
Tenta U aveva avvezzati. Demetrio a risarcirli dei 
danni patiti, approffittando degli impegni che al- 
lora aveva Roma in Italia e contro Carta«gine, si 
spinse con gli Ardici a nuove imprese. Fatta sen- 
tire alle Cicladi e all'Epiro la tremenda loro pre- 
senza, volle egli immischiarsi nelle gtierre tra gli 



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Achei e gli Etoli, ma ben presto dovette ritirarsi 
nella sua Fara e provvedere a una forte difesa, che 
Boma stava già sulle mosse per punire la sua tra- 
cotanza. Ma fu vano ogni tentativo, e vinto dalla 
strategia dei Romani, dovette fuggire. Ebbe asilo 
da FUippo V (III) di Macedonia, la cui corte di- 
venne per opera di Demetrio, un nido di tristi. 
Filippo stesso, corrotto, passò tosto ad a;&ioni in- 
degne : gli lUirì ed i Greci sentirono ben presto il 
peso della sua perfidia. Così operando Demetrio 
sperava di riacquistare la perduta signoria ; ma in- 
vece rese solamente abbietto se stesso e la corte, 
e condusse la Macedonia incontro air ira di Boma. 

Le guerre e le rivolte si successero alternata- 
mente fino ai giorni di Qenzio, re avido e timo- 
roso, sotto il quale il regno di Agrone e di Tenta, 
andò totalmente a finire. Allettato da)la promessa 
di cento talenti, prese le armi in favore di Perseo 
re di Macedonia e fece imprigionare gli ambascia- 
tori romani. Ma poi, bene comprendendo come tale 
atto r obbligava senz'altro alla guerra con Boma, 
ritenne il dei^aro e privandosi esso stesso di un 
importantissimo aiuto, abbaiidonò T alleato alV ul- 
tima rovina. Lungi però dalV assicurale ip qi^esto 
modo la pace agli Illiri, dovette contiftuare la guerf^a, 
e finì coU' essere consegnato prigioniero ai Boqx?^. 
— Allora rillirio fu ridotto a provincia romana 
(168 a. C.) — 

Strabene * parlando del seno di Bisano così 

riferisce: jjjASTà S' oiv t^jv zm '^.plmm >ca{ IIXìQpa(G>v ]IapaX(<xv 6 
*Pi?oviitò<; xóXxo(; èon xal *P{?6)V wóXi?" dopO la COSta degli 

ardici e dei Pleriei è il Seno Bizonico e la città 
di Bhizon. Da queste parole emerge chiaramente 
che i Bizuniti per essere stati confinanti cogli Ar- 
dlèi; devono di necessità aver preso parte alle spe- 

* 1. e. - 7. 5. 7. 



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dizioni ed alle scorrerie corsaresche del popolo pre- 
diletto di Tenta.. Che anzi in queste si distingues- 
sero a tutta possa, ce lo comprova il fatto che la 
regina tra essi soltanto ajnò chiudere i giorni della 
fortunosa sua vita. 

Dopo la morte di Tenta, i Eizuniti rimasero 
annessi al regno di Pinnez, e forse partecipi delle 
sorti degli Ardici, fino a Genzio, a cui tempi ri- 
tornano abbastanza importanti. Perocché, o sedotti 
dai Komani o stanchi delle sventure toccate al re- 
gno Illirico, li vediamo, d' accordo cogli Issei e coi 
Taulanzi, prima ancora della sconfitta di Genzio, 
mettersi sotto la protezione di Roma. * 

Questo fatto, del quale nessuno ci ha traman- 
date le ragioni, rese i Rizuniti grandemente accetti 
al vincitore, dal quale ebbero in ricompensa fi'an- 
chigie e privilegi. Genzio colla famiglia e con molti 
ottimati illirici fu mandato prigioniero a Roma, ed 
il suo regno fiaccato mediante nn nuovo ordine 
amministrativo. Tutto il paese fu diviso in tre di- 
stretti rigorosamente distinti V uno dalF altro, e cia- 
scuno presieduto da impiegati e da milizie romane. 
Così i Rizuniti, gli Agrunoviti e gli Olcinati coi 
rispettivi contadi forniarono allora la terza prefet- 
tura, e Risano ed Olcinium, città ifnportanti, fu- 
rono affidate al governo di Caio Licinio. 

Trasferitosi poi il Pretore Lucio Anicio a Scu- 
tari, ove erano arrivati da Roma cinque ambascia- 
tori mandati dal Senato, e chiamati colà in as- 
semblea generale anche gli ottimati ed i presidi 
di tutti i paesi illirici, dichiarò in forza dell' auto- 
rità del Senato e del popolo Romano, non solo li- 

* Dufrèsne — Du Cange C. y,lllyricum eetus ac notum^ ^osonii. 
Haered. Roger. 1746. p. 12. cf. Polyb. 1. e. — App. - Liv. 45. 24.26. 
Floro 2. 13. — Eutropio 6. 6. 8. — cfr. Zippel. Die Ròmische Herschaft 
in Illyrien bis auf Augustus - Leipzig Teubner 1877. p. 96-97. 



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beri, ma eziandio esenti da qualunque pubblica 
gravezza Risano, Isso ed i Tallanti perchè prima 
della sconfitta di Genzio si erano messi sotto la 
protezione di Roma. ^ Distribuite quindi le guar- 
nigioni a ciascuna città, fu finalmente ridonata al- 
l' lUirio la pace tanto desiderata. 



II. 



Rhizinium è V unica città delle Bocche di Cat- 
tare, della quale è fatta menzione nella storia del 
tempo in cui il regno Illirico era in fiore. Avanzi 
*di città, il nome delle quali è dimenticato, si os- 
servano a Prevlacca presso Punta d'Ostro, a Stole 
presso Combur, a Boboviste di Teodo e a Porto- 
Rosa. Quelli di Prevlacca e di Boboviste, comec- 
ché scarsi, attestano uAa. antichità più remota di 
quella che attestare possono quelli di Stole e di 
Porto-Rosa che appartengono forse agli ultimi se- 
coli del passato millennio. Talimi credettero ^ ri- 
scontrare a Prevlacca gli avanzi dell'antica Epi- 
dauro, ed il Mommsen ^ aggiunge che l'Epidauro 
di cui si riscontrano reliquie a Ragusavecchia ab- 

* Liv. 45. 26. cfr. Zippel. 1. e. 

* Vedi: Ballovich-Dentali A, ,^1 fasti di Perasto^ mss. del sec. XVII. 
(conservato nella bibl. Vizcovìch di Perasto) — Bócking ^Noiitia digni* 
taium et Administrationum ecc.^ Bonnae. Marci 1839-53 — Mommsen T, 
^Corpus Inscriptionum latinarum^ Berolini. Reimer. 1873. V. III. 1. 2. 
— RaffaelliV. sotto i titoli ^y^rcAco/o^ia'' (Gazzetta di Zara 1843. n. 70), 
j^AfUiquaria^ (ibid. n. 95) e j^Lapidi antiche a Cattare^ (1. e. a. 1844. 
n. 22. 27. 51.) 

^ Becker. M. A. ^Oesterr. Geschichte fUr das Volk.^ I. Voi. Wien. 
Prandi. 1867. p. 34. 

^ 1. e. T. I. ad Epidaurum. p. 287. cfr. Zippel G. 1. e. p. 12 e seg. 



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bia avuto vita dagli Epidauritani di Prevlacca, con- 
fermando r opinione che V Epidauro della mitologia 
sia stato alle porte del Seno Rizonico, e quindi 
nella terra più propriamente detta degli Enchelei. 

E qui non sarà fuor di proposito ricordare che 
negli scavi di Risano furono scoperti monumenti 
deir età del bronzo, che a Lastua inferiore si con- 
servavano, fino a non molti anni or sono, parec- 
chie lapidi sepolcrali di forma e di grandezza pari 
a quelle che i Celti hanno altrove lasciato; e fi- 
nalmente che, non è molto, fu distrutta a Perzagno 
un ara affatto dissimile da quelle usate dai Romani. 

Rhizinium ^ — come scrisse lo storico — ad 
^arduum collem ad Sinum Catharenaem insidens^ fu 
jjCivitas per antiqua Illyrici primigenii^ e secondo Po- 
libio, città non grande in vero, ma potente per le 
ottime sue fortificazioni: j^oppidum haud magnum qui- 
denèy sed optimis munitionibus validum.^ Ed y^oppor- 
luna urbs^^ la chiamò Tito Livio ^ nel seguente passo: 
„L. Anicius praefecit — Rhizoni et Olchinio, iir- 
hibus ùpportunis C Licinium. E le vicende di Tenta 
non danno esse sicure prove per stabilire che Rhi- 
zinium fu città importante e fortemente difesa ? Nuovo 
lustro poi alla storia di questa città è recato dalla 
lapide ^ che ricorda il legato di Manlio Rufo decurione 
del Municipio Rizinitano e giudice delle cinque decu- 
rie giudiziali. I Romani stessi chiamarono le mura di 
Risano per molto tempo dopo ^Moenia Acacia^ e- 
piteto * che ben documenta sempre la considera- 
zione in cui fiirono tenute. 

Dopo la caduta del regno Illirico, gli storici 
fanno cenno di un altra città di Rìzuniti, conside- 

^ Feier 1. e* 

2 l. e. 45. 26* - Zippel I. e. p. bi. 

^ Vedi lapide n. 45, 

^ Mommsen. 1. e. ad Rhizinium. 



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randola nel novero delle ^oppida Civium Boma- 
norum" ed è il superhum Acrumwn o Ascrivium, * 
che in un epoca molto posteriore prese il nome di 
Cattaro, da un castello fattole edificare d'appresso 
dall'imperatore Giustiniano. 

Rhizìnium, adunque, e Ascrivium sono I0 sole 
città a noi note dall'epoca della caduta del regno 
Illirico : né altro si può dire intomo le autiohe sedi 
della tribù dei Rizuniti. 

Il Seno Rizonico era circondato dagli Agru- 
voniti. ^ al N., dai Diocleati ^ all' E., dai Mattii * e 
dai Pleriei ^ al S., dai Pleriei, dal mane Adrid'tico 
e dagli Ardici^ all'O. — 

I Romani per agevolarsi il governo delle lon- 
tane conquiste avevano cura di stabilire anzitutto 
facili comunicazioni. Conquistato quindi l' lUirio, 
impresero tosto la costruzione di una via, la quale 
da Aquileia andando fino a Durazzo, attraversava 
le principali città di Dalmazia. Da Epidauro (Ra- 
gusavecchia) penetrando nelle regioni mediterranee 
degli Enchelei, metteva primieramente ove è l' o- 
dierna Sutorina, quindi a Casteltiuovo, e costeg- 
giando il mare a Risano, a Perasto, ad Orahovàc, 
a Dobrota ' e ad Ascrivium. Da Ascrivium andava 

' PI. 1. e. 32. 144. Ptol. (2. 16. 5.) 'Aaxpoóiov — Vedi poi Kie- 
pert. Carta delP Italia — In altre carte leggesi „Vieinium'* (?) — (L* Or- 
bini riferisce che Dom. Nigro parlando di Caltard, per autorità di Plinio 
la chiama, Degurto — „Orbini Le. p. 297) cfr^Zippel 1. e. p. 97. Baa- 
drand. Lexicon Oeogr. Parisiis M^qnel A^l^^tft Hiner. l, 2. 
^Linquitur a tergo Biidua, Ascriviumque superbum.^ 

^ Dolci — De lllyricae linguae tetustate. Venetiis Corti. 1754. 
cfr. Strabone 7. 225. Lucan. 3. 189. App. e. 2. Mela P. 2. 3. 2, cfr. Zippel. 

^ Monunsen. 1. e. — Danilo G. Mote e giunte al ^Saggio su la 
città di Narona^ di A. Ciccarelli ^ (nel Progr. del Ginnasio di Zara 
1859-60) p. 122. M. 

^ Danilo ibid. p. 90. G. 

* Strabo 1. e. 7 

• ibid. 

'' Dobrota comunità, detta in latino Dulcidia e Bona >*- Ivanovich •-« 
Dedizione 1. e. p. 4. 



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lo ' 

elevandosi sulle alture di Castel-Trinità e toccando 
la regione di Garbai] proseguiva fino a Budua, a 
Lastua ecc. ^ Questa via militare, rimasta ancora 
inesplorata, mettendo i Eìzuniti in relazione coi 
Dalmati, cogli Enchelei, coi Terbuniati, coi Dio- 
cleati, cogli Epiroti, apportava loro senza dubbio 
vantaggi considerevoli. 

I monumenti che tuttavia si conservano dei 
primordi della dominazione romana nel Seno Ri- 
zonico, e significanti, perchè accennano alla av- 
vanzata coltura degli antichi Rizuniti, sono le 
seguenti lapidi; 

1.* 

(conservata a Perasto.) 
AIKINNIOI 
ANOIMAC . KAI 
AAE2ANAP0C 
KATECKETACAN . ZOvTE (TE in nesso) 

EAÌTEic . KAI . rrNAm 

IMAie . EPmONH . KAI 

EmKAPmA 

che si leggerà : — Aix{vtoi "Av^iixac axt 'AXé^avSpo? xateoceóacav awvie 
éauToT? xal y^vai^i lUat(; *Ep[jL{ovY) xal 'E'7cixapTC(a — cioè: „Dae Licinnii 
liberti, schiavi di un Licinnio, che ebbero nello stato di servitù il 
nome di Antlumas e di Àlexandros viventi eressero i sepolcri per 
sé e per le mogli Ermione ed Epicarpia." 

2. ** 
(ibid. accanto alia prima.) 
MOrKU EPEKTI 
eie . nOTIoAANO 
lAIQ . ANAPI . KAI 

EAYTHKATECKET (TH in nesso) 

AeEN»"HMEIONEI (TE in nesso) 

AE.HC.EICBÀAEI.AA. 
AO . COMA . AQCEI 
Eie . THN . nOAIN . 

xoerE 

* Carta in Mommsen 1. e, (2) — cfr. Franceschi G. — Strade an* 
liche in DalmMìa (La Dalmazia 1845. n. 8. — ) 

* Raffaelli — L e. 
** Lo stesso. L e. 



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11 

la quale saona: Moxta "EptxtiQfft^ nonoXivco ì3{<i> àvB^t %aà lautv) tax&s^ 
itsòaae (JLvv2(i.€Tov . et Se tkj èia^^^s^ <3lXXo adìpia Scàaet èw tt^v iióXtv — &fj- 
vdpia 7uevTay,69ia. cioè : „ Muoia Erictesis a Puteolano proprio marito 
ed a sé stessa pose questo monumento. Chi altro eccetto essi due, 
ponesse il proprio corpo, pagherà in pena cinquecento denari." 

3.* 

AI0NISI02 
ElPENAir . lA 
SErS.PETOP 
ETAAMONHSAS . ETEAEr 
1 TA . ETON X .... E 

nOIEI . EPIKTH2IS . AnEAEr 
eEPA 

che si legge : — Atovóaio? EtpYjvafou laaeb? *pi^T6>p €u§at[ji.ovi5ffa^ IteXeói» 
èTa)v(?). . . èxo(ei 'Ep{y,TY3C7t(; axeXeu.&èpa é si traduce: ^Dionisio di Ire* 
no, nativo di Jaso, Rectore, felicemente visse, morì di a. 60 (? — 
il monumento) fece Erictesi sua liberta." 

4.** 

ZOPIKIQI . HTHSIAS . MENEKPATHS 

a>lAQNOS eEQNO? MENEKPATIB02 

XAIPETE 

che si legge : Zwpixto) 'HfigdCaq MevexpÌTY;(; — liovoa 0é(»)vo(; Mevexf a- 
t{Bo<; cioè: „À Zorichio Egesia Menecrate di Jaoh di Theon di 
Menekratis sai ve te." 

Kizinìum e Ascrivium furono colonie e città 
romane, e consta dalle lapidi che nella prima stava 
la tribù Sergia. ^ Dalle stesse fonti si apprende che 
entrambe erano governate dall' ordo Decurionumy ca- 
rica un tempo considerata onorevolissima, ma di- 

^ Andò smarrita — Raffàelli ibid. 

^ Questa X è forse N che vuol dire 50, o E (csi) che vorrebbe dire 60* 
** È citata dal Ballovich. Fasti ^ si conserva nella famiglia Viz- 
kovich dì Perasto. 

^ Vedi lapidi n. 5. 11. 13. 31« 33. 38. 89. 45 — per Risana 
vedi anche la seguente (Mommsen 1. e. n. 2766 hi) disotterrata a Tschelebi- 
Pazar (Serajevo) 

D • M 

T/ CL • MAXI 

MO * DECtfftoitf 

Coloniae BlSmtt hefunctù 



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1? 

venuta poi^ p^ loppreBsione del governo, distinzione 
miseranda e pericolosa dalla quale i decurioni stessi 
cercavano di liberarsi in ogni maniera. A Cattaro 
il Senato Municipale era presieduto dai Duumviri 
jure dicundo — IIVIR — ; ad essi * era affidata 
l'intera amministrazione della città e l'esercizio della 
giustizia. — Questi duumviri, la cui autorità è sotto 
alcuni riguardi da confrontarsi cogli antichi con- 
soli dì Roma, venivano come' quelli creati per ele- 
zione dal Senato Municipale e rimanevano ordina- 
riamente in quella carica per un solo anno. Tanto 
per Risano che per Ascrivium restano pure docu- 
menti della carica di ^Judex ex V (quinque) de- 
curtisi. ' 

Ma tutta la rinomanza dei Rizoniti di questa 
epoca non derivava solamente dalle loro mura Ba- 
cie e dalla loro ricchezza. Rhizon era sede del pe- 
di-sonante Medauro, divinità la quale, se anche 
rappresentata in piccola effigie, era considerata 
grandemente potente. Col moto della mano sinistra 
sollevava per l'aria un rumore; colla destra man- 
dava dall' aere la morte. L' assoluto abbandono del- 
le rovine di quella città e l' uso prevalso d' impie- 
gare i materiali scoperti nelle moderne costruzioni, 
tolgono la possibilità di aggiunger verbo sul culto 
tributato a questo nume. Anni sono, nelle vicinan- 
ze di Zarine a Risano, furono scoperte tracce di 
uri tetnpio che ben presto sparirono sotto l'azione 
del badile. Devesi anzi ricordare che la più bella 
informazione storica su Risano pagana, è dovuta 
alla lapide scoperta fra le magnifiche rovine di 
Lambese, ai confini della Mauretania. — 

Un legato, il cui nome è obliterato, oriundo 
dalmata e verosimilmente di Risano, che Marco 

^ cfr. lapide n. 13. 

* cfr. inscrizioni n. 13* 45» 



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Aurelio (161-180 d. C.) mandò console iq Numi- 
dia, invocò, ivi pervenuto V aiuto del patrio nume 
e gli consacrò una pre^dosa lancia. Ecco ciò che 
si legge su quella lapide: 

Moenia qui Risinni Acacia, tjui oolis Aroem 

Delmatiae, nostri publice Lar populi, 
Sancte Medaure domi e (et) sancte hic:. nam tempia quoque ista 

Vise precor parva magnus in effigia, 
succudsus laeva sonipes (c)ui surgit in auras, 

altera dum letum librat ab aure manus. 

Talem te Consul iam designatus in Ì8ta 

sede loca(t) venerans ille tuus V v -:- 
notus Gradivo belli vetas ac tibi Cesar 

Marcus, in prituore (cl)arus ubique aeie. 



Adepto Consulato -.- v -:- v — 

tibi respirantem feciem patrii numinls 
hastam e minus que iaculat refreno ex equo 
tuus, Medaure, dedicat Medaurus. ^ 

cioè 

Tu, che abiti le Eacie mura di Risine, rocca 
della Dalmazia, publico Lare del nostro popolo, 

O Medauro santo e in patria e qui — imperciocché io prego che 
tu visiti anche questo tempio, tu grande in umile simulacro. 

Al quale scosso dalla sinistra s'alza il cavallo nell'aria 

mentre la mano destra (prendendo la mossa dall') orecchio manda 

la morte. 
Tale cotisole già stabffito te pone 

in questa sede, venerandoti quel tuo ... 
Marco Cesare vecchio in guerra, noto a Gradivo e a te, 

sempre illustre nelle prime fi|e. 



* tfonimbéii (L e. ad RM^iaittM) sogrgfunge : — ^Détts rédit in altèro 
titifp l^i|ibesittno : M^QAyftO AV^to SAQrdm; t)|rAel(ere4 ignolifs e^il 
nec apparet, num aliquo modo ad eum pertìneat Madaurì colonia, in Nu- 
lÀJdia.^ ~ 'PÌ)tVebbe 'j)er avventura essere questa una colonia staccatasi dff 
Risano ed aver portato seco il culto del patrio nume consacrando al suo 
nome la nuova sede? tTuestà j^er cèirtò non sarebbe là prima colonia illirica 
nel mezzodì. 



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u 

Ottenuto il Consolato 

a te che hai l'aspetto del patrio nume 

un' asta, che colpisce da lungo dal cavallo rattenuto dal freno, 

o Medauro, dedica il tuo Medauro. 

Il Nisiteo ^ discorrendo della condizione degli 
miri e dei Dalmati sotto il dominio Romano, còsi 
si esprime: — ^^Era metodo dei Romani specula- 
tori di venire ad accasarsi nelle ricche città dal- 
matiche, ed era metodo degli storici di togliere 
ogni lustro agli indigeni di quelle e dirle : città 
de' Romani, cittadini o colonie romane, senza che 
(forse) verificato si fosse un coloniale stabilimento, 
di maniera che ogni opera, ogni provvedimento, 
ogni arte, ogni industria, per generale opinione, 
non fu mai nostra, ma dei Romani nostri rige- 
neratori." — 

Quale sia stato il contegno dei Romani verso 
i Dalmati, nessuno ce lo ha tramandato. È certo 
che a toglierli p. e. alla piraterìa i Romani devono 
aver adoperata ogni maggior severità. Ad ogni 
modo al Dalmata il dominio dei Romani uon piac- 
que e quando gli si presentò una propizia occa- 
sione, tolse volentieri le armi per liberarsene. Ma 
ogni suo tentativo falli, sia che rimanesse sopraf- 
fatto dal numero, sia che lo indebolissero interne 
discordie. Nell'anno 6 dell'era volgare profittando 
delle guerre dei Germani, i Dalmati condotti da 
fiatone dalmata della stirpe dei Dessidiati, impu- 
gnarono le armi, facendo causa comune coi Branchi, ^ 
ai quali non tardò di unirsi un altro fiatone venuto 
con molti de' suoi dalla Fannonia. AH' appello dei 
fiati risposero ben ottocentomila ribellati; esercito 
dinanzi al quale Roma ed Augusto stesso trema- 
rono. La peste e la fame onde furono colpiti non 

^ V. lUostrazioDe alla lapide di Perasto (n. 45). 
< Becker 1. e. p. 90. 



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15 
poterono contro di loro quanto la discordia insorta 
fra i duci: che fu la causa per cui cedettero, per 
non pensare più all' emancipazione. Anzi da quel 
tempo la cavalleria e le legioni dalmate furono dai 
Romani considerate fedeli e prodi ; dalmati ebbero 
meritamente seggio fra i Patres Conscripti di Roma ; 
altri ottennero il supremo comando negli eserciti; 
altri le prefetture e le più luminose cariche del- 
l' impero. Necessariamente queste distinzioni ed i 
privilegi concessi ai veterani che ritornavano in 
patria conciliavano ai conquistatori le simpatie dei 
conquistati. 

Ciò agevolò ai Romani la via a nuove intra- 
prese, e quando tutte le regioni illiriche, le Pari- 
nonie è la Dalmazia furono assoggettate, Ottaviano 
le riunì tutte in una sola provincia, di cui questi 
erano i confini: 

al Nord il fiume Sava, 

all'Est i fiumi Drilone e Drìno, 

al Sud il mare Adriatico, 

all'Ovest il fiume Arsia. 
La provincia fu officialmente denominata ^^Dal- 
matia^ e quindi lllyricum e Dalmatia divennero 
termini usati promiscuamente. 

Scaturita frattanto dall'orgoglio del Senato la 
distinzione delle Provincie in Senatorie ed in Ce- 
saree, la Dalmazia fu delle seconde e veniva am- 
ministrata da Pretori. Scardona, Salona e Narona 
divennero centri importantissimi. Il Convento Na- 
roniano decideva sugli affari di ottantanove città, 
fra le quali il Ciccarelli ^ novera anche Budua. 

Plinio ^ numerando le decurie che i diversi 
popoli mandavano al Convento di Narona, non fa 

« 1. 0. p. 15. 
« 1. e. 3. 26. 



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16 

oenno dei Riauniti. E vero che il passo: ^Marcus 
Vatro LXXXIX civitates eo ventitasse auctor est" 
potrebbe lasciar congetturare che fossero in quel 
numero comprese eziandìo Ehizinium ed Asorivium. 
Ma le magistrature dei IIVIRI jure dicundo, V Ordo 
Decurionum ed i Index ex V Decuriis che, come si 
è dimostrato, esistevano in questi paesi fanno piut- 
tosto credere che il conventus di Narona fosse 
superfluo per il disbrigo dei loro negozJÌ. I Rhizu- 
niti poi, coir esenzione da tasse e dall' arbitraria 
giurisdizione de' governatori, colle loro corporazioni 
municipali formate precisamente sul modello di 
quella della capitale sono paragonabili ai posse- 
dimenti d'Italia anziché alle colonie dalmate. 

Gli avanzi monumentali conservati alle Bocche 
di Càttaro sono purtroppo scarsissimi. La miglior 
parte dell' antica Rhìzon oggi è sepolta nel mare; 
Cattaro fu tante volte manomessa da invasori, di- 
strutta da terremoti e da incendi. Aggiungi a questo 
l'uso invalso di adoperare lapidi ed ornati ne' sel- 
ciati e negli edifizì, la facilità di cedere le cose 
dissotterrate a visitatori stranieri, e in generale la 
apatia per ciò che appartiene al passato. 

Cattaro conserva un obelisco, forse sepolcrale, 
molto bene conservato. A Risano si vedono gli 
avanzi di un edifizio a volta con due scomparti- 
menti, che hanno la forma di una tomba antica 
e qualche lapide. Alcuni sarcofagi (circa trenta) ivi 
scoperti nel 1870, facevano sperare lo scoprimento 
di una necropoli; ma ogni ora che fosse stata 
consacrata a questo scopo avrebbe recato danno 
alla costruzione dell' edifizio, di cui si stavano get- 
tando le fondamenta. 

Un piede di manzo di bronzo ed uno di marmo 
bianco, rinvenuti nel 1868, accennano a sculture 



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17 
preziose e colossali, * La. lapide ^ di Manlio Rufo 
ricorda un monumento eretto per legato a scopo 
pubblico, e il suo valore — indicato nella stessa 
lapide — di 299.000 sesterzi (pari a 24.917 fio- 
rini austriaci in oro) ne fa indovinare le grandi 
proporzioni. Se si ha da prestar fede al lessico- 
grafo francese Bruzer-La-Martineire, lo scoglio di 
S. Giorgio dev' essere stato un' importante fortezza ^ 
ai tempi dell'imperatore Diocleziano (284-305). 



LAPIDI. 



A Prevlaca di Oastelnnovo. • 



C • EGNATIO 
C • F • SERG 
MARCELLO • DEC 
IVLIA • TERTVLLA • MATER 
IVLIVM • PHILINVM • ET 
IVLIVM • CRESCENTEM 
(sic) LVBERTOS • TESTAMÉNTO 
PONERE • IVSSIT 
L • D D • D • 

Fu interpretata per la prima volta dall* archimandrita Popovió. 
— oabljar — Nisiteo mss. — M n. 1738. * 

1 Ballettioo Archeol. di Roma. VIII-XI. 1868. p. 191. 

* V. lapide n. 45. 

^ Dictionifire Oeogr. 1749. ad Perasto: y^Unes des quelles (Isles) 
appellee Saint Giorgio; le Romain baiirent un fort et le dannerei^ t a 
garder aux Peiastins; le quel s' etant de fenda eaillement cantre quelques 
Pyràtes^ recurent par r Empereur Diocletien tout le honneur et toùtes /6« 
imfnnMe:i dont jocissoient le tiltes d' Italie, 

^ Suir istmo di Punta d'ostro. 

^ Intèndi Mommsen Corpus Inscriptionnm ecc. l. e. voi. Uf. i. 



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18 

A Oattaro. 

6. 

D • M • 

ANICIAE 



IRCIS 
frammento. 

7. 

Q • VALEMVS • L • F . QVADRATVS • 
ANN • LX • H • S • E 
M. n. 1716. Reines (syntagma inscr. ant. Francoforti 1685) 
17. 128. 

8. 

D • M • S 

EVDOXIO • ET • EVDOXIAE 

EVDOXIVS • ET • EVDOXiA • 

P • ANN • xxin • 

9. 
ascia 
D • M • S • 
CAESONIA • NARDIS 
CAESONIO • HERMETI 
PIEN • CON • VIVA • FECIT 
CUM • XLV • ET • SVIS • OMNIB • 
SVB • ASCIA • DEDICAVIT 
M. 1712. Dìsotterrata (Maggio 1862) nella fabbrica della 
casa di Antonio Radimiri — ora infissa nella parete esterna del- 
l' episcopio. 

10. 

SEX • P • GRACILIS • AN ■ LX 
l. P • GRACILIS F • A • XX 

M • AEMILIVS • CELER • AN 
XXV • H • S • S • 
M. n. 1714 — ed Additamenta p. 1028 (HI. 2.) Nicolò Vra- 
chien esibì copia di questa lapide esistente „nelle muraglie di 
S. Paolo esteriore della clausura delle Moniali di S. Domenico'^, 
trascrivendola così: (6 Dee. 1668) SEX • P • GRACILIS • AN • 
IX I Q • P • GRACILIS • E • AN • XX I M • AEMILIVS • 
CELEREN • I XXV • H • S • S 1 - Ùrb. RaflFaelli. Gazzetta di 



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19 
Zara 1843 n. 95 „inca»trata frolle pietre di una porzione di 
muro, avanzo dell'or diroccato cenobio delle vergini di 8. Paolo — 
interpretò il v. 2 E. P. 

11. 

SEX • CIPIO 

e • FIL • SERG • 

FIRMINIANO 

G • III CIPIVS • APER 

PATER . T • P • I • 

ET EPVLO • DE 

DICARI 

G • OIPIVS • APER 

CONSOBRIN 

HERES • POS 

L • D • D • D • 
M. n. 1710 — Lapide bislunga trovata negli scavi presso la 
porta Gordicehio — Fortis. Poscia nel museo Nani — Di questa 
è memoria nella Bibliot. del Seminario di Padova — ad n. 618. 
f. 33. d. d. 1752 — „ricevuta dal Nani di cui la copiò il fratello 
in un luogo, se non erro, della MoreaQ?) — Comellius FI. 1. e. 
p. 113 - Farlati VI. 422 — Donat. 359, 9 — Driuzzo (Museo 
Nani) n. 143 (1 19) — Biagi mon. gr. lat. p. 197. 

12. 
D • M • S • 
STATIAE 
FRVNITE 
STAT • VINDE 
MIATOR • MAR 
b ' Mer • FECIT 
qWAE • V • AN • LVl • 
M. add. 6358 — ^ nella corte dei fratelli Bolizza — Nicolò 
Vrachien la diede all'Ursato. 

13. 
C • CLODIO • C • P • SERG 
VITELLINO • II • VIR • I • D 
IV DIO • EX • V • DEC • EQVO 
PVBL • AVIC • DEFVNCT • 
ORDO • DECVR • LOCVM • 
SEPVLTVRAE • lìUpensum funeris 
decreuit . 

M. 1711 - Cyriacus n. 31 — Reines 6. 26. 



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ao 

14. 

DMS- 

CLODIAE 

EVPHROSYNE 

ANN • XXIIII • 

CLODIVS 

EVPHROSYNVS 

ET • CLODIA 

PREQVENTILLA 

PABENTES 

• VF- 

ET • CLODIO • EV 

CARPO MAGISTRO 

Grande base quadrata presso la torre dell'orologio (Piazza 

marina) — M. 1713 ~ Cornelius FI. p. 113 — Parlati VI. 422 

— Sonato f. 261 — Donat. 408 — Dodwel (viaggio in Grecia 

1819 p. 16) — Sabljar — Ljubid — Raffaelli (Gazzetta di Zara 

1843 n. 70). 

15. 

siste gradam uiator hnmique sedens | omnigenis 

florìbas consperse | membra defatichata corobora | 

dehinc limpidissimam aquam fontis | hnins paululnm 

degustato pede | dentique in uiam 

Bipitaffio ritrovato sui monti di Cattaro. 

Falsa — Mommsen n. Ili* p. 13* - Sanato f. 260. 

A Scagliarì. 

16. 

D • M 

STATILIAE ^lANVARI 

AE • COIVQI 

DVLCISSIMAE 

P.LVRIVS • Ste PA 

NVS 

AMORIS 

MEI S 

PIENTIS 

M. 1715 — trovata fra un mondezzaio sorgente dalle macerie 
di un piccolo edifizio. — U. Raffaelli. Gazzetta di Zara 1843. n. 95 
Capor la diede a Nisiteo. 



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21 

Tdodo. 

17. 

TI • PANSIANA (AN in una cifra) 



/■ 



18. 

':svRi 



Tegole dalle officine pansiane — 17) Mommsen — n. 3213. 
3. a. — 18) a. e. n. 3213. 19. scoperte nella località di Piaviza 
(campagna di Marco Ivano vie) nel 1853. 

Scoglio San Giorgio. 
19. 

VALERIO 
FORTVNA 

TO • ET • VAL (VA in una cifra) 

ERIO . FELICI 

\ ET . VALERIAE 

CRESCBNTILLAB 
VALERIa'^EcILìA 
MARCE/UNA 

B|i|M- 
Mommsen. 1735. — Suarez. (cod. vat. 9139. 249 — 9140. 292). 

20. 
TIFATIAE AMAT 
AE • SECVNDA • 
FILIA MAIRI • 
ANNO R • XXXXX sic 

M. 1734.- Suarez. (cod. vat, 913ft. f. 249 - 9140. f. 292). 
Sabljar. Conservavasi nel cenobio di S. Giorgio. 

Bisano. 
21. 

LVRIAE • P. F • M 

M. 1726. — dai ms. del Nisiteo. 



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22 



22. 

NAEVS 

MINVCIVS 

LENTINVS 

ANN l'hSe 

M. 1728. — Zmajevich in Montfacon 1. e. 

23. 

DMS- 

STATIAE 

PAVLINAE 

ANN-VI- 

M. 1733. — da Nisìteo. 



24. 

DMS 
OS- LVPO 
DECIA ' L 
CL • MAXIMA 
MARITO 

V. 2. h(upo), forse lupo ai vv. 4. 6. MA in nesso. 

25. 

dlS ' mANIBVS 
ORDIAE 
SP- F 
IFICAE 
E y CENDVS 
matRI • f • 

M. 1736. — da Sabljar e Nisiteo. 

26. 

VI • S 
"LIO • SA 

V • AN • XL 

frammento. ÀN v. 3. in nesso. 



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23 
27. 

RATERN 
ISP ELIPA 
M CCCCC 
XIIII. 

M. 1718. — da NiBit. 

28. 
PI 

H lìiir 

PAR 
lA F 
M. 1737. — con Nìsiteo la congiunge alla segaente consi- 
derandole frammenti di una sola inscr. 

29. 
D • 
CASSIA- 
M. 1722. (cfr. n. 27.) — Nisiteo. 

30. 
DMS- 
IVLIAE • TERTVL * 
LAE 
VIX • A • I M Vili • 
HORDIONIVS • CILLANVS *) 
PATER. 
M. 1723. — da Sabljar— ') (CyZZanu*) e Nisiteo ') (Ciranus). 

31. 
C • STATIO • C • F . SER 
RESTITVTO • AN • XV • 
M VI • H VI • ET S • H C- 
STATIVS • VAL • et ' CNE 
SIA SECVNDA • PA ^ 
RENT • FIL • POSVER • 
M. addit. 6360. — Kenner. Mitth. der Central Comm. 14. 
(1869) p. XLVIII. — S-H: S(emi) h(oram): 

32. 
P. LVRIO 

VRSO^ 
V • A • XX • M • li 
M. 1726. - da Sabljar e Ni8« 



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S4 

33» 

C • STATI VS ' C • F • 
SERG-pJELSVS- 

EVOC • AVG • PjpNJS • 

DONATVS • BIS • CORONA • 
* AVREA • TORQVIBVS • 

PHALERIS • ARMJLLIS - 

OB • TRIVMPHQS • BELLI • 

BACICI • AB • ÌM? ' CAESA 

RE • NERVA • TRAIANO • AVG • 
^« GERM . DAC • PARTHICO • 

OPTIMO7LEGVÌI • GEMINAE • 

IN • HISPANIA . T • P • I ET • EPVLO 
DEDICAVIT III 
M. 6359. — Questa interessante lapide (scoperta nel maggio 
1867 a Zarine, località al N. di Risano, fra molte pietre atte a 
documentare l'esistenza di un qualche importante edificio) venne 
primieramente descritta da Pietro Gelcich, allora professore nel- 
l'i, r. Ginnasio di Cattaro. Egli desiderava che dessa — sic- 
come era anche ottimamente conservata — venisse ricoverata in 
qualcuno degli istituti pubblici di Oattaro o della provincia; affin- 
chè pochi giorni di sole non bastassero a guastare ciò che non 
aveva soffei*to per lunghi secoli di sepoltura. Ma non gli riuscì il 
desiderio. Ora essa giace assieme ad altre inscrizioni sulla via 
ddla riva : „Caju8 Statius Caji jilius Sergius Celsus — evocatus 
Angusti donis — donatus bis corona aurea, torquibuSy phaleris^ 
m^llis — • ob triumphos belli dacici ab Imperatore Cesare Nervo, 
Traiano Augusto Germanico Dacico Parthico optimo — legionis 
septimae geminae in Hispania Tribunicia potestate indutus et epulo 
— dedicavit/^ — A questa descrizione T. Mommsen aggiunse: 
„L' inscrizione, interessante, perchè fa espressa menzione dei due 
trionfi dacici di Traiano, è evidentemente degli anni 116-117 del- 
l' era nostra, stantechè dà a Traiano non i titoli, che aveva quando 
dì^de le decorazioni mentovate ; e la titolatura perciò doveva essere 
quella, che usava V imperatore^ allorquando s' ergeva il monun^Qnto. 
Insolito è r accoppiamento delle due formolo t, p, i, ed epulo 
dedicavit; ma non arrischierei di decidere se la prima significhi 
qui non il solito t{estamento) p{pn%) i{u88Ìt), o se vi sia confusione 
nella redazione del titolo. La spiegazione t{itulum) p(oni) i{u88Ìt) 
solamente potrà ammettersi, essendoché in una pietra non mor- 
tuaria^ ma dedicatoria sia di qualche edifizio «la di una stalua sta* 



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rebbe male assai il restringere eiò che fa posto al solo titolo per 
sé di niun conto. V. BulleUi^o d^l! JstitìUo di corrisp. archeolog, 
n. Vili, IX di agosto e se^t^i^hre 1?§8, p. 191. - - Kmn&r Mitth. 
der Central Comm. 14 (1869) p. XLVIL — Il Dalmata a. 1867. 
n. 50 (e sttccessiyani. Osserv, Triestino ed Illystr, Lfigz. ^tung 
a. stesso). — Fabianich: La Dalmazia nei primi cinque sec. del 
ansi. p. 320-321. 

34. 

P • LVCI • YIKIA 

SAOICYNDA 

ANNORVM 

XXVI • H • S • n • 

M, 1724. — da Nisiteo — forse P(ompeiaf) Luci filia Sae- 
cunda (o Saiicunda), 

Perasto. 

NB. Le lapidi conservate a Perasto sono lapidi di Risano o di 
altri luoghi, quivi trasportate per cura per lo più deir arciv. 
Zmajevich. 

35. 

D • M • S 
M • OARS 
VS • Nifi 
Q • VIM • XV 
ET • VIX • L 

Così M. 1721. — Zmajevich air Ursato ed il Vrachien invece: 

— D . M . S I M . CAES I VS NIC I QVINXIT | ET VIXIT A . . . | — 

cfr. M. addii, ad n. 1721. p. 1028. — Conservasi nel palazzo arciv. 
degli Zmajevich, oggi in rovipa. 



C • MARCEL CARI 

C • F • CENTIMAIVS • CV 

M. 1727. — Zmajevich (in Ursato): „Uma ritravata col suo 
coperchio impiombato nelle disiruiHoni della città antica di Risano 
Va. 1657 piena di ceneri e carboni^ ora in casa mia,^ Lo Zma* 
jevic^ rìferendpsi a Floro (1. 21) la attribuisce a Gneo Fulvio 
Geafitimala duce. — Montfaucon* 



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26 

37. 

SEXTiTS 

BVBVLCVS 

ANN-LVI- 
M. 1731. et'add. p. 1028. Urna trovata a Budua nel 1648, e de- 
positata neir edìf. arciv. di Perasto. Zmajevich all' Ursatto e Nisiteo. 

38. 

: STATIO . /F • SERG • VALENTI 
; PATRI • AN . LXIII (cuore) 
ÌeGNATIAE L • F • BVCCVLAE 
(cuore) MATRI • ANN • XXXXVII (cuore) 
fia|LENTINVS^- ET • CRASSVS 
PARENTIBVS • SVIS • FECER 
M. 1732. et add. p. 1028. — da Zmajevich in Montfaucon. 
1. e. ed in Ursato. — Zm. ha bvccviae. — Nisit. bvccvtae. — 
Vrachien: bvccvlae. Trovata ad Orahovaz arando un campo e 
trasportata a Perasto nel palazzo arciv. Z. 

39. 

M • PIAE 
M • F • SEr^IA 
A. S • E • VIXIT 
ANXXV 

M. 1730. — da Z. in Montfaucon. 

40. 

D • M S • 

MATER ORDIONIA 

FILIO ORDIONIO • CARIS 

SIMO QVI • VIXIT 

ANOS XXVI 

M. 1729. — da Zmajevich in Monfaucon il quale ha carisBlìiLO 

— Nis. AN • XXVII • 

41. 
DIOCAS DIO 
CAENV CILIX 
ANN • XXXV 
LVP • BEN • M • 
M. 1719. — da Z. in Montfaucon. „Hiypra la parta d^ ingresso 
del vescovato Zmajevich^. U. Raffaelli. Gasz. di Zara. 1844. n. 22. 



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27 
42. 

DMS- 
M ■ CAESI 
VS • LICEN 
TIANVS • V • 

M. 1720. — da ZmajeTich in Montfaucon. 

43. 

GN • FVLVIVS • GN • F . N • CENTIMALVS AD- XXV 
PROCOS • EX • ILLIRIIS • NATAL ' EGIT • R • QVINTIL • 



44. 

D •^- D • al 
KlyAPONIAN 



QVITVIy • ANOX 






BLLARyO VX ... . BNyLV 

LVS>^ IVCXX.... MAR 

ET PRIOa-B >^- M ET... 



Entrambi riprodotte da Ballovich. 1. e. conservansi nel palazzo 
arciv, Perasto. 

45. 
Q • MANLIVS • Q • FILIVS • SERG • RVFVS 

DEC • IVDEX • EX • QVINQ • DECVRlls • EQVO • PVBlLcO 

TESTAMENTO FIERI • IVSSIT 

ET • EPVLO (cuore) DEDICARI 

1N.H0C.0PYS.STATÌA.SEX.F.FIDA.MATER.ADIECIT.HS.XXXV.ET.SVHHAE.0PERI.ET.EPVL0.RELICTA1S 
XX .FÌSCO . INTVLIT . HS . Vili CC ' SOLO * PVBLICO 

M. 1717. — Lapide grande; bellissimi e grandi i caratteri. 
— Lucio la ricorda a Risano. — Suarez : „Nella città di Risano 



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posta nella facciata della chiesa di S. Pietro dagli hahitatori Ckri' 
stianiy perchè fusse d' ornamento essendo in pietra di marmo alta 
palmi 4Vg, lunga 15. Ultimamente nelV a. 1660 ritrovata dal Signor 
Abbate (Andrea Zmajevich 1656 1670) di PerastOyfu trasferita in 
Perasto.^ Da quelPanno rimase nella parete estema della catte- 
drale (edifizio non terminato) di Perasto. — M. cita: Pavinius 
cod. vat. 6035. f. 138'. - Suarez cod. vat. 9139 f. 249 e 9140 
f. 292. — Lucius p. 36. — Montfaucon diar. Ital. p. 428. e cod. 
S. Oerm. 1293. f. 114 (dallo Zmajevich). — Ballo vich. — Visconti. 
Ouevres divefrses. IL 99. e lettera a Lod. Lamberti a. 1806. Fa- 
bretti 119. 4 ed altrove. — Forcellini Lexicon ad vocem Vicesimus. 
— Muratori. Antiq. 478. 5. — Qoracucchi A. Die Adria und ihre 
Kiisten. Triest Lloyd. 1863. p. 134. 

Q(nintus) ManliuSj Q(uinti) F{ilius\ Serg{ia) Rufus, dec(urio)y 
index ex quin(que) decuriis, equo publico, testamento fieri iussit et 
epulo dedicari. In hoc opus Statia S(exti) f(ilia)fida Mater adiecit 
(sestertium) XXXV (milia) et summae operi et epulo relictae (vi- 
gesimam haereditatam) fisco intulit {sestertium) XIII (milia) ducento. 
Solo publico. 

Bndua. 

46. 

D.M.S 
• STATIO • FeS/0 

VIXIT 
ANN • II • MEN • II • D • XXII 
Q • STATIVS • cpERAsTVS • FIL 

M. add. 6338. — da Zmajevich fra Ursattiane : ^trovata 1668 
a Za^agh pertinenza della mila di Lastua appresso la chiesa di- 
roccata di S, Giacomo. 



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Ili 



Per r epoca della quale fin qui si è discorso, 
gli antichi scrittori non fanno menzione alcuna di 
Perasto. Gli abitanti di questa città ne ripetono 
tuttavìa r origine dai Parteni illirici, al tempo della 
guerra tra Cesare e Pompeo : fondandosi principal- 
mente su quanto scrisse il Ballovich. ^ Ma delle 
autorità citate dallo storico perastino, noi troviamo 
a proposito solamente quella dell' Orbini. ^ Le altre 
non corrispondono. ^ La prossimità di Eisano ci la 
però credere che anche Perasto possa essere stata 
popolata da tempi antichissimi, * che anzi . la sua 
origine possa andare confusa con quella dei Ri- 
zuniti. 

Altrettanto si deve ritenere di quel territorio 
che si estende da Cattaro a Budua. * 

La fondazione di Budua è universalmente at- 
tribuita a una colonia di Fenici. ^ Philone di Bi- 
blos ' ne fa derivare il nome dalla copia de buoi 
che tiravano il carro di Cadmo ; altri, così StdTano 

^ 1. e. p. 1. e seg. — Parteni per trasposizione Pertani popoli del- 
l' Illirio, della Superior Dalmazia (sic) - 

^ 1. e. p. 306. Questi Perastini prima forono chiamati Pertani^ et 
sono antichissimi habitatori di quei luoghi dove al presente habitano, come 
testifica Baldassar Spalatino. 

^ cfr. Vulovich. F. Dopis Narodnih Bokeikih Spisaielja (Prvi Pro- 
gram C. K. Gìmnazija u Kotoru) Dubrovnik. Pretner 1873. p. 2b, 

* cfr. Orbini 1. e. 

^ cfr. Appendini F. M. ^Memorie spettanti ad alcuni Hlustri di 
Cattavo^ Ragusa Martecchini. 1811. p. 74 — e Danilo 1. e. G. 89*. seg, 

^ Zippel. 1. e. p. 21 — Bùschiiig L* Italia Geografica ecc. Venezia, 
Zatta 1780. III. 247) ha cot&nia greca — Id. Usi e costwmi di tutti i 
popoH, Milano. Sanvito 1859. IV. p. 30. 

'^ Zippel 19 ex Philo fr. 15 (Muller fr. 3. 574). 



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30 

Bizantino, * dal nome della presunta madre patria 
BouTcó. Che in antichissimi tempi essa sia stata mi 
nobile emporio, lo conferma l'autorità di Scilace. ' 
E forse perciò che V Appendini * fa V ipotesi es- 
sere stata Budua „la sola città che i Sardiati (Ar- 
dici) avessero al mare, di dove incominciavano la 
piratica, e si davano i segni onde dall' intemo delle 
parti mediterranee Tarmata gioventù accorresse al 
lido ed agisse secondo il bisogno e la speranza 
del bottino^. — Quello che, dopo quanto asserisce 
Scilace, risulta di positivo e di certo è che Budua 
fu oppidum dvium Romanorum. ^ 

Come del nome di Ascrivium, cosi pm'e del 
nome di questa città ricorrono non poche varianti. 
Scilace la chiama Bou3óy)v, Plinio Butuay ^ Tolomeo 
BóuXoua, • Porfirogenito BóuTo^a ^ e finalmente Peu- 
tinger Batua. — Nei secoli di mezzo troviamo Gu- 
dua,"" Cudua,^ Bodua,^"" Butaba,'' Butama.^^ Il 
Carrara là dove cercando le sufiraganee di Salona, 
non trova il nome di Budua tra le chiese di Al- 
bania, la suppone denominata con quello di Bistve ' ^ 
che è numerata subito dopo Doclea. 

^ p. 177. V. anche: Volaterra j^Commeniarium Urbanorum"' Basileae 
Froben 1544. p. 856. — Butua priscum retinet nomen a Cadmo aegyptio 
conditOy dictaque bubus ad currum junctis huc commigraterii^ tei a Buto 
AegypU citUate — Buto (Kem-Kasir) sul Delta, oracolo della Dea Bato. 

2 Peripl. 24. 

3 1. e. 

* Plin. 3. 23. 144 (1. 1). 

^ id. in Bandrand 1. e. ex itiner 1. 2. Linquitur a tergo Butua — 
Boccardo Betua, Cluver (Introd. in univ, Geographiam Elzewir 1641) p. 
214 Budoa. 

6 1. e. 2. 16. 5. 

7 Tliemtt. XI. 

® Onorio P. al Cap. di Ragusa — Feier I. 6. 236 (121) 
» Feier ibid 283 (161). 
^« ibid 7. 92. 94 (50. 51.) Parlati V. 62. 
^^ Der risles cfr. Banduri Imperium Orientale, 
^^ Orbini 1. e. 182 — Biisching p. 245. Buthama, 
>^ Carrara F. y^Chiesa di Spalato un tempo Salonitana"' Vienna 
1844. p. 32. n. 2. 



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IV. 



Morto Teodosio e seguita la definitiva divisione 
dell'impero romano fra i suoi due figli, il Seno 
Rizonieo restò soggetto ^ all' Occidentale (395 d. C.) 
Staccatosi da questo per la soppravvenuta dei Bar- 
bari, seguì le sorti della Dalmazia, ^ di cui fino 
dai giorni di Diocleziano segnava il limite meri- 
dionale. ® Giustiniano lo tolse al dominio degli 0- 
strogoti, e consideratolo parte della Dardania, prov- 
vide tosto alla sua difesa dalle scorrerie dei Bar- 
bari (582) fortificando il castello di KiTrapoc;, Cat- 
taro. * — Questo fatto è confermato da Procopio ^ 
che, noverando le opere militari decretate da Giu- 
stiniano, pone Cattare fra i castelli restaurati. Altri 

* Vedi: Procopii. C, jyHisioria sui temporis^ e De Aedif. JusHn 
(^^Corpus Historiae Bizantinae) Boonae. Weber 1898. I-III. Porphyro^ 
geniti C. „De Themaiibus^ e De Admtnistrando Imperio „(ibid 1840.) — 
Mareeltini Am. y^Quae 8uper$uni^' Lipsiae Tauchoitz 1867. — Le Beau 
yjSforia del Basso Impero'^ Siena 1778 — Gibbon ecc. 

^ cfr. Mommsen 1. e. I. 280. 

^ a. 325. Dalla Dalmazia è separata la Praevalis tra il lago di Sgu^ 
tari e il Drilooe — 408. Alarico coi Visigoti passa dalf Epire per la 
Dalmazia — 419 Siccità — 449. Discesa degli Unni e degli Slavi in Dal- 
mazia — 450 — Marcellino esce colla flotta contro i Vandali delF Africa 
che corseggiano T Adriatico — 457 Gli Svevi in Dalmazia — 48(.0doa-^ 
ere cogli Eruli in Dalmazia, vi prende possesso e titolo di re — 489. 
Teodorico cogli Ostrogoti dalF Epiro, attraversando la Dalmazia, passa in 
Italia ^ 493. Sconfitti gli Eruli, si fa re d'Italia e di Dalmazia — 534 
Mundo generale di Giustiniano, vince i Goti in Dalmazia (Danilo 1. e. 0. 
133-125). 

^ Dalmazia propria o Salonitana — Mommsen 1. e. cfr. Hierocle 5t- 
necdemum (Cont. al Voi. Ili di C. Porph.) 395, 15. (cfr. S* Gregorio 
Magno Ep. I. 10. lett. 34) — vedi s. ad a. 325. 

* Forbiger 1. e. III. 

» De Aedif. IV. 4. 12. 



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32 

confermando * quest'asserzione dicono ch'esso esi- 
steva fin dal tempo dei Romani. Mommsen sog- 
giunge; ^sed non constai de nomine antiquOy ma se 
ne ignora il nome antico.'' 

Bocking ^ leggendo i Numeri sub magistris 
militum i (23) Catharienses intra lUyricum cum tiro 
spectabili cernite lUyrici atfermò questa schiera es- 
sere stata nominata ab hodierna Dalmatina civitale 
Cattare. ^ E questo fatto può per avventura com- 
provare che Cattaro esisteva anche prima del decreto 
di Giustiniano. Abbiamo notizia di un Acrutium op- 
pidum civium Romanorum ^ e gli scrittori concordano 
neir asserire che l'odierna Cattaro fu eretta sulle 
rovine dì quello. Dalle parole poi di Porfirogenito * 
iMìi Tb xa(Trpov Ta AixfltTspa to xìto) si argomenta l'esistenza di 
due città di Cattaro, l'una inferiore, ai piedi dello 
Stiro vnik; • l'altra superiore sulle sommità di esso. 
Constando che il castello riedificato da Giustiniano per 
far fronte alle tendenze dei Barbari fu denominato 
Cattaro, e constando che i Barbari eransi già spinti 
nelle regioni montuose di Doclea (Montenero), ne 
segue che l' inferiore, quella cioè in cui si scopersero 
i nionumenti latini, dev'essere stata la Ascrìvio, 
mentre l'altra che occupò le falde del monte dev'es- 
sere stata la antica Cattaro. Che poi rendendosi 
necessaria una certa comunanza fra esse, il nome 
possa essere stato adoperato promiscuamente, e che 
per r opera di Giustiniano abbia prevalsa la deno- 
minazione odierna lo addimostrano i Numeri Deca-- 

^ MommseB. ad Acrnviuin I. e. 

^ Bocking-NoiUia Digmiaium eec. Bonnae. Marci. 1839-53. II. 35. 10. 

^ ibtcL 279. 873 seg. 

^ V unico fra i Castelli dei Rizunitt del quale gli scrittori hattno 
fatto menzione — Rhizaeorum sinus et eoruméem oppidum cum quibus- 
dam castellis. — Strabo. 1. e. 

^ I. e. 29. p. 130. 139. e xaorpov t(5v AeiMCTépttv — 6. Ravennate 
(1.1) ha Decadarom — Diocleate: Ecalarum, 

^ Così si denomina la roccia sopra Cattalo. 



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m 
tr0S9i che aiWamo gi^ coaoaciuto, E come d'al- 
tronde potarebbest spiegare*, i' origine .del quasi inac* 
oassiblle. viUaggio di Spigliari? r-^ 

Ma ben presto sulle orme dei Goti) altri po- 
poli vennero a devastare la Dalmazia, e Risano, 
al pariodi Salona e idi Epidauro, fini rovinata dagli 
Avari;:(639). V 

w \ Eraclio impotente a frenare gli Avari, racco- 
mandò la Dalmati» ai Croati ed ai Serbi, e questi, 
:rimasti;. vincitori, se la divisero* I Serbi occuparono 
laJDalm^zia ultramontana cbe poi si chiamò Raacia 
e BoBua, e Ja Mesia superiore che prese da loro a 
denominarsi Serbia. Nellf^ divÌBÌoqe della Dalmazia 
ciOTaojitana, la parte meridiotiale toccò ai Serbi, e 
fe diyisa in quattro Èupanie: ^ 

Ni^ona (Pagania e Pogania) che estendevasd 
dairOronte alla Cetìna; 

Zatolmia (a monte Clutno uuncupata) dal ter*- 
ritbrio di Ragusa airOronte; 

Diadea da Durazsso a Cattato ; * 

Trebunim dsi Cattaro a Ragusa e verso le re* 
gioiii mos^itane; * — m ' 

Da questa divisione risulta che una parte del 
Seno di Risano andò ad appartenere ai Serbia Non 
così' 'Cattare né il territorio vicino, imperocché Era- 
clio nel concedere ai Serbi ed ai Croati V occupa- 
zione della Dalmazia, ritenne sotto di sé le città 
j)iù importanti della costa. Non aveùdo Porfiroge- 
iiitò nominato Cattare fra le città conservate fino 

^ Forfìrog. non parla della distrmione di Risano: ci aulorizza però 
a credere, eli" essa. incQiitrò la sorte d«Ue ccwsorelle città dalmatiche, no- 
veralldQla^ f ra le città. roYÌQate dagli Avari (^e JBraclio abbandonò ali' ar- 
bilriQ dei Serbi. Da questa epoca in fatti il nome di Risano sparisce dalle 
fa^ne della storia. (Gap. 32). 

^ Porph. De Adm. 30 Èupanijcy Zupe si. Contee. 
» / 3 ibid. 35. 8-9. 

* ibid. 29. 2-5. 

3 



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34 

ai suoi giorni alV impero, taluno ^ opinò che Cat- 
tato fosse stata unita ai Diocleati. Ma a torto, giadchè 
lo stesso Porfirogenito tessendo la storia delle città 
rimaste all'impero, nomina anche Asxatépov Cattaro. ^ 
Air incontro non ne fa parola noverando le città 
importanti delle singole Ènpanie. E nello stesso 
luogo descrivendo T irruzione dei Saraceni nei do- 
mini di Bisanzio nomina Boòxoga (fiurffia), TtStraav (Rose) 
e AexiTepa (Cattare) vale a dire l'intera penìsola che 
dal Lovéen al mare, forma la costa occidentale del 
Seno Risonico. Eraclio concesse ai Serbi ( Trebuniati) 
'p{cr£va (Hisano) e il tratto della costa Orientale dèi Seno 
che da questa città si protende fino a Punta d'Ostro, 

Gli Avari non del tutto abbandonarono la Dal- 
mazia, e Budua conservò il nome di Atararum Sli- 
nus avendo preso senza dubbio questo ixome' da 
quell'avanzo di Avari di cui dobbiamo riconoscere 
la discendenza negli abitatori delle Zupe'di Grbalj- 

Dopoché gli Slavi si sono stabiliti nella Dalr 
mazia, la storia di essa si compendia negli «forzi 
dei Bizantini per .riacquistarne il dominio,, e. nella 
bveve epoca della dominazione di Oarlomagno. Muta 
rimane la storia del Serio Risonico e delle sue. città 
fino all'epoca (867) della scorreria dei Saraceni. 
Distrutta da costoro Budua, mossero * con trentasei 
navi alla distruzione di Rosa (Porto Rosa) e di 
Ascrivio, e posero cosi fine alla loro storia. Ab- 
bandonato per sempre il suo nome romano, Ascrivio 
assume quindi quello (Jel vicino castello di Cattaro, 
con che principia una seconda era nella sua storia. 

^ Cattalinich — ^^Storia della Dalma%ia^ Zara. Battara 1855. II. 183. 

* 1. e. 29. 1-10. — Da non confondersi con Katépa citato da Porf. 
al S 34 che corrisponde al Kotorsko bosniaca non gii a Cattaro — 
cfr. Ljubié Ogledalo Kniietne Potjesti Jugoslaten$ke, Rieèki (Finme) Mo- 
hovió 1864. I. 157 — Bomman 6. A. Sioria della Dalmawia. Yenesia 
Locatelli 1775. II 157. n. 

3 Feier l. e. VII. 5. 92. 94 (50. 51.) 111. (56) - cfr. Parlati V. 62. 

* Porf. 29, 2. 7. 



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V. 



Gli lUiri ridotti alla sudditanza dei Romani, 
dovettero abbracciare con le loro consuetudini anche 
le religiose credenze. Giove Ottimo Massimo, gli 
Dei Mani e le altre divinità del Campidoglio eb- 
bero, tra gli miri venerazione e sacrifizi con grave 
danno dell'olimpo nazionale di queste genti. 

La carità evangelica fu predicata ai Dalmati 
da S. Tito discepolo di S. Paolo. L' uso degli Apo- 
stoli e dei loro discepoli di incominciare la predi- 
cazione dalle città più importanti, e l'importanza 
goduta da Risano attorno il ^55 d. C possono in- 
durre air ipotesi, che i Rizuniti non siano Stati tra- 
scurati. Ma un gran vuoto si deplora nella storia 
del Seno Rizonico di questa epoca. 

* Vedi: Anonimo ^NoiUia delti Vescovi di Cattato^ tratta dagli 
atti di quel Vescovado, da Scrittare particolari ecc. (apparteneva ad Ap, 
Zeno^ Ms8. in f. sec. XVUI. Marciana di Venexia ci. CI. XI. u. 62. — 
Parlati !llyrieum Sacrum „VenetiÌB. Coleti. 1801. T. VI e VII — Ughelli 
E Atalia Sacra^ Roma 1644 T. VII. p. 696 ad 699. — Tkeiner A. 
^Manutnenia Slavorum meridionalium'^ Romae 1863. — Paulovich-Lucich 
Si, ^De Origine Episcopatus et de sin gulis episcopii dioecis Catharensis, 
Tergeste Lloyd 1853. — Gekich Vinc, y^Serie dei vescovi di Cattaro^ (Aum- 
mentatore Dalmatino) Zara. Battara. a. 1861-67 — Mattei, ^Catalogo dei 
Vescovi di Cattare ^Zibaldoni V. III. (n. 266 bibl. Fruncescana. Ragusa) 
— Comelius FI, 1. e. -- Neale M. A, ^^Notes ecclesiologal and picturesque 
on Dalmatie ecc. London-Hayes 1861. (p. 156-171) — Legenda de Misser 
San Tryphon Martire Gonphalon et Protector de la citade de Catharo 
(traduzione fatta nel 1466 a dì 8 de Marzo, della leg. latina scrìtta at- 
torno il 1000. — Qrubogna ei Buechia j^Offitium S. Tryphonis Martyris,^ — 
Venetiis in aedib. Calepini a. d. 1561. — Bassiek A, ^Ftto di S, TVi- 
fone, Vienna 1845 — Raffaelli Urbano j^Cattedrale di Cattare^ e Col- 
legiata di S. Maria del fiume ,, (Gazzetta di Zara 1844 n. 39, n. 47 — 
Fabianich D, „ìa$ Dalma^iia nei primi cinque secoli del Cristianesimo^ 
Zara. Jancovich 1874 ~ Diocleatis Presb. ed Archid Spalatense (Schwandt- 
ner. y^Script vet. rerum Hung. Dalm.^ ecc. Vienna Kraus 1748. T. III. 



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36 

L' autore del Prospetto cronologico della Storia 
della Dalmazia discorrendo del Concilio convocato 
nel 341 a Roma da S. Giulio Papa e citando Rhi- 
zinium, asserisce che questo Vescovato fu istituito 
fino dai tempi di S. Doimo e quindi sullo scorcio 
del primo secolo, o al principio del secondo. ^ 

Deirorigiue del Cristianesimo alle Bocche di 
Cattare, non si hanno monumenti. Alle falde del 
monte che s'innalza, sopra Perasto. si riscontrano 
traccie di un tempio che il Ballovich ^ asserì gra- 
tuitamente eretto in costrui^ione gotica. Rovine impor- 
tanti di im tempio antico si riscontrano a Porto 
Rose, ma anche queste non salgono ad un' età troppo 
remota^ Di più venerata antichità è il tempio di S. 
Giorgio ^^ sullo scoglio omonimo presso Perasto. 
Unft Chiesuola (S. Stefano) sullo Stìrovnik, ^ le; ro- 
vine del tempio di S. Doimo * mostrano un età 
indeterminabilmente avanzata. 

; Oscura è pure X origine, dell episcopato alle Boc- 
che ove si annoverano due Cattedre ; i' una a Cat- 
taro, che dura tuttoggi, Y altra a Risano, soppressa 
da secoli. 

La prima, secondo T Anonimo esisteva già nel 
secolo quinto ;. secondo il Moroni, ^ essa vanta la 
sua origine nel secolo sesto, come sufiraganea 
di Spalato^ Da una memoria 'già posseduta da 
U. Raffaeli, si sa, , ck^ Giovanni L vescovo di Cat- 
tare, assistette al primo Concilio di Nicea (325) 

^ Fabianich 1. e. 108. n. — Proapetlo », e. p. 209. 

« 1. e. p. 2. 

^ Tempia abbaziale rieatitmto al culto il dì 27 Ottobre 1878, dal- 
r Abate di Perasto D. Pasquale Guerriiti.' 

^ Donde la denonunazione di Duimoeina a tutta la località. 

^ Dizionario é' erudh. Star. EcoL T. XVI. 263. 

^ i. «. di Saloua. Spalato metrop. s. dal 650 in poi. cf. Carrara 
1. e. 31. . 

e "^ pergam. Cop^ pj^easo M. G. Forti.. . 



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Il (Dolati 'peì?ò a qu^te aBBetrzioQÌ oppone? * ^gU. 
esQij^i del vescovato di Cattaro non,eono conosaiutì, 
riè vi hanno monumenti anteriori al secolo IX, dai 
quali si possa desumere sue traocie, . se aache :0-^ 
scaire". Ed il Carrara z . ^ Oatarum (Catfcaro) , ebbe- 
il suo primo vescovo nelF 877. — Ma, osserveremo 
col.Biassich, ^ per la so Ja . circostanzia che da parte 
nostra maùchiamo di dati positivi, non è a Qonr 
venirsi né col Coleti, né con altri avier Cattaro 
solo nel secolo IX oojniijoiato ad aver v€ìsgovÌ/ 
propri. Il Diocleate in fatti — r la principale :auto-t 
rità su cui fondansi le opinioni del Coleti e Hel 
Carrara — attestando* Cattaro e Budua essej:e 
state dichiarate suflfragane. di Dioclea nèir atto ^ in 
cui questa divise (877) con Spalato gli antichi di- 
ritti metropplici di Salona, dà ragione a conchiu- 
dere che la cattedra episcopale di . Cattaro è ^an- 
teriore air.877. Iraperoché se le voci obedUebat^^ re- 
spond^bant^ sub regimine . declarotae ^ adoperate . di- 
scorrendo del concilio Dalmatino e de' su^ce^givi 
cento. .anni oorrispo»doi)o a ^uffraganea^.^ se chiesa 
suffragmea (Pitrochiaì ^ iuache a quei t^mpi^igair» 
fico sede di un vescovo, Cattaro ebbe senza dubbio 
il ,8uo vescovo allora che Terpimiro Duca de' Croati 
confermò. (837) a Spalato gli antichi privilegi .Epr-, 
clesiasticO'Salonitaniy. lo. ebbe av giorni, di Giovanni 
di Ravenna primo vescovo di SpalaÉo, \Iq .ebbe fi- j 
i^sduawte.ai :bei; gio;r^i*.di Sala^v ^ I ilimiti di \qwesta 

^ \IiìUia .^i^opatqsv Cayi'aran8Ì6< incag^ijl^ , funt, neqae. pillisi eic^, ta^t , 
monumenta ante saeculum nonum in quìbus aliqua illiu^, yel obscura .vestigia . 
deprehendi queant. Parlati VI 427. Ecclesia Cath. * ' ... — .* 

* Cap. XIII. ,: 

•*.OtìBcì!io Dèlmit^ào;-^* - ^^ > ' r ^ \ \ ^ ^.i^ \ :•/. 
^ OrtjViw B2/''87..;../; ^ *. ». - • s... V .-^ ■• =.w . ) *, .-,» 
' ibid. 43. 

^ Principio Ecclesia Catharensis subdita fuit Metropoliti»^. ,l$^toiiitano, 
ac deinde Spaiatensi. . , . . . « : 



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metropoli sacra restarono inalterati per Spalato olire 
r837. — Lo stesso Coleti scrive: Da principio* 
la chiesa di Cattare fu soggetta (subdìta fuit) al 
Metropolita Salonitano (quindi fino alla distrazione 
di Salona avvenuta nel 639) e poscia (cioè dal 
639 in poi) a quello di Spalato. 

Il Paulovioh ^ forte delF autorità del Coleti e 
del Carrara, e lieto di poter citare qualche linea 
del Diocleate, incomincia senz'altro la serie dei 
vescovi di Cattaro dair877, epoca del Concilio 
Deimitano, con un Ananimus. 

L'Anonimo, nel rivendicare all'episcopato di 
Cattaro l'antichità della sua origine, si riferisce a 
testimonianze che gli procacciano autorità e la pre- 
ferenza rimpetto a quanti altri discorsero di questa 
istituzione. A convalidare adunque la illazione in- 
serita dalle espressioni del Diocleate citeremo an- 
cora una volta l' asserto di questo scrittore che con 
tanta pazienza e dottrina si occupò della Chiesa 
di Cattaro: 

— y^Paulns Episcopus Cathari Civitatis interfuit 
Concilio Chalcedonensi nelt anno 451. (Histor. Condlior 
p. 597.) — 

„iV. N. vescoeo di Ascrivio (Cattaro) eletto nei 
Concilio Remnense (recte Remense o Rehmense). 631 
con molti altri (anonimi) ancora dopo la prima con- 
versione degli Slam. 

y^lohannes (IL) Episcopus Decaterra (Cattaro) in 
terfuit Concilio Nicaeno secundo ann. 649 {Histor. 
Condlior. f. 603). 

yjN. iV. vescovo di Ascrivio che sedette ai tempi 
di Andreaccio^ il quale (Andreaccio) fondò il Mona-- 
stero e chiesa di S. Maria in Funario e fece acquisto 
del corpo di S. Triphone. 809. (Mem. EccL CathO — 

* Carrara 81-33. 

' Pe Ori^. Epiac. Cath. 55. (0 



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,Amh^i Pietro Gtu)bogua -e Gitolaino , Btic^hia, 
cafttarinì^ Vfeoero c^iJW)?di quest' uitimo vescovo .nelr 
Tuffiiaio di S. Trifone^ eh' è oggi iù disuso. Nel 1561,- 
quando eiofi vivevano il Grubpgwi. /ed il ^upohi^^ 
era. :^9^i ben^ pon^sciut^t. a Cattato la stor^^ patri^t^ 

A sostenere^ r asserto del Farlàti si citò T isted- 
mento d'' acquieto ^ del corpo ^ di S- Trifòne --^ 13 
Gennaio '809 — - in 'cui non> è fatta menaionè» del 
vescovo; Verissimo : quel documento di lingùay^ forme » 
e concetto: barbari, parla assai diiaro in argo- 
mento: jj.... quando e^j^posuerunt ^m (cioè il c^rpo 
di S. T.) ite nam^ venemnt cleriei secunéum ordimm. 
qui pertinet^ — Ma da quiestò si potrà logica- 
mente inferire l'assoluta mancanza di vescovo a ^ 
quei dì a Cattaro ? "Poteva esistervi il. vescovo -r- 
dice Bassàch • — sebbene non nominato neiristru- 
mento ; poteva essere stato compreso nella generica^ 
espressione: — cleriei secundum ordinem qui perti-^ 
net^^ poteva avervi spedito i suoi sacerdoti^ senza 
esservi intervenuto egli stesso; poteva essere stato 
assente od altrimenti impedito d'intervenirvi. 

Citeremo da ultimo il Mattei che nel voluifne 
secondò de' suoi ^^materiali per là storia di Ragusa^ 
esibisce la serie dei vescovi di Cattaro, incomin-^ 
ciaiido dal 451 con Paolo; e' prosegue: 



451. 


Paolo 


624. 


Anonimo 


787. 


Giovanni 


808. 




860. 


Anonimia... 


8S7. 


- . . : 



^ L 0. in. fosto TfQslaUoni» Uct V{,,,. 

^ Instrumentum corpóris Nostri Gloriosi Confalonis l^anctì Tryphonis. 
Anno a Christi Incarnatione octangesimo nono die decima tertia Januarii. 
(FI. Cjon^elius l. *. 7. Coleti,, L cJt . , , » : : ; 



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4Ù 

Il Diooleate dlscoyrdndo del Oondlio Délmitano 
scrisse: ^ e come nella Dalinazi A inferiore star- 
bili quale metropoli 1^ Chiesa di Salona; cosi nella 
Dalmazia superiore aveva stabilito secondo il di- 
ritto antico la Obiesa Diocietana quale ibeftropoiiy 
sortola cui giurisdibione misero le seguenti phiese: — 
Antivari, Budua^ CàUani»^^ t- B il Carrara Vdimenr' 
ticando di.av^r noverato col Diocleate Michie Bu-^ 
dna fra le suffragane di Dioclea^ .disse òhe essa 
ebbe il suo primo vescovo 1148, forse per 1a cir- 
costanza che il primo veecoyo conosciuto visse apr 
punto attorno a quest'eoo». Le deduzioni inferite 
dall'espressione del Diooleate a. favore della cat- 
tedra vescovile di CattorO; valgono anche per pror 
vare la antichità di quella <U Budua. 

Dopo quello che prese parte al coincilib di 
Roma nel 141, il primo vescovo di Risano, del 
quale è fatta menzione nella storia, è Siebastiano 
che amministrò quella cattedra attorno il 591 : per- 
sonaggio carissimo a Gregorio magno e dalla Chiesa 
tenuto in grande consida?£|Zione. Se non che Seba- 
stiano fu poco fortunato dinanzi alle persecuffloni 
che alla Chiesa romana erano derivate dalle prer 
tese dell'imperatore, dagli errori di Froptinianp ve- 
scovo di Salona e dalle scorrerie degl^ Avari.; Se- 
bastiano discacciato (594 e.) dalla sua sede andò 
per qualche tempo ramingo, dividendo le péne del- 
l' esilio con quell'Anastasio a cui per ' opera di 
Giustino il giovane era toccata la stessa Ssorte. Of- 
fersegli Anastasio la reggenza di una chiesa di sua 
giurisdizione, ma egli ne rifiutò l' esibitone, ifi»cuo- 
tendo perciò il plauso del papa che frattanto! aveva 
preso a confortarlo con lettere contro i flagelli della 
tribolazione. ^ Anche Gregorio magno gli esebi' una 

^ ibid. 37. 

' Fiibianich. I. e. 316-323. S. Gtregarii Staglii P. Prnn. ópmttxi. 1 



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4i^ 

catt6di*d^ iù S^cilk, tua noii • ieònstìsi se «égli ìa akkmì 
accettata o dóve altrimenti andasse a chiedere j i! 
suoi gtortìii uno dei più ragguardevoli vemo^ di i 
quél seeotoi ^' » ; . - 

Cacciati gli Avati e rimante Cattaro fiotto il- 
dominio degli' Imperatori Bizantini, i Oristlani dèi* 
Sentì -Rizo^iico non liirono più sturl>ati itóir eser- 
cizio dèi loro culto; tanto più liberamente poi Te*- • 
seìtjittófotìo qttando anche gli Slavi ivi accadati 
ebbero abbracciata la causa deirevangeio, ed il ti** 
mote di nuove invasioni era pifessochè cessato. 

Dei benemeriti che frattaiito cooperarono per > 
r incremento e [>er illustro della ciattolica religione 
è ricordato^ soltanto „ certo Zifadino nobile Zin*-» 
tilhomo si de generazion come de Rioheza preclaro ^ 
nomine Andreaccio Saraceni»^ -^ che ' vissuto at- 
tórno la filie deirVIII e r primordi del secolo IX^i 
si rese tìònsiderevole mercè quei dispettdiosi edi-^ 
tìzi che tuttavia formano il più beb vanto della 
città di Cattaro. Eretto fin dallo scórcio del -700 
il tempio di Sv Maria Infunara ^ per atderire «alle- 
pietose 'brame- della secondogenita Teodora, vi im- 
prese attigua a questo, la costruzione di un chio^ 
stró^ ove ella si chiuse per menar vita di contem- 
plàiiione. * Con questa risoluzione Teodora Saiia- • 
ceriiS aveva: illuse le' speranze di -Un giudi<se^ di' 
Diocka che s era di Idi stranam^ite invaghito.'' Ma 
non perciò; questi volle rassegnarsi; che anzi vo^- 

VIL E^. XXyH<.^^(fq,Revfrsio!?« Apaàtasii Fatr.^' (I. 4. pr., ^5). -r Fei^/ 
1. e. VII. V.. 21/ Coleti. l. V ' * ' ' 

* Legènda e. in cop. arit. presso G. Porli e V. de Pasquali — cfH' 
Bassich. 1. c.^ 

^ Sono vive due tradizioni intorno alla derivazione' dèi ìltoìtte * /fi/fi'< 
nàriariàM è quella che lo -deriva da in fiumarió^ dail' fiume - (Parilo alias 
Scurda) itòh che scórre là presso; TàHni, certo più verosimile, da- to' 
funario (fiimiO tf^ocUs —- come nota il Coleti (1. e.) — ex^a urbein uhi ' 
futvés tonfiei soiebàtU*^ ote si trovavatio le rinomate ^ fabbridhé di totée» ' 

^ Instrumeniumi h e* '1 ' ^ • . j . 



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42 

lexkdo. ad ógni patto farla sua ricorse alla violenza. 
La congiura da lui qrdita allo scopo di rapirla 
non rimase secreta; che Andreaccio informato a 
tempo di tutto, e messa in chiaro l'innocenza deUa 
figlia, : la ricoverò nelle proprie stanze e ^ rese in 
tal guisa vano il tentativo dei congiurati^ 

Continuando Andreaccio in opere di pietà, a. 
favore della patria ebbe presto occasione di assi- 
curarsi una fama tra le venienti generazioni di . 
Cattaro imperitura. 

Portatisi sui primordi del secolo IX alcuni mer- 
canti veneziani nell'Asia Minore, non trascurando 
in mezzo agli affari di occuparsi conforme al pio 
uso dei tempi, anche in opere di religione, trova- 
rono le spoglie di S. Trifone martire del UI se- 
colo d. C ed avendole acquistate s' accinsero a ri- 
tornare col prezioso carico alle patrie lagune. Il 
desiderio fu reso vano da una procella, che aven- 
doli colti nell'Adriatico li indusse a cercar salvezza 
nel Seno di Risano. Allora quei di Catjtaro venuti 
a conoscenzsa del carico di questa naye, — j^chon- 
vocati ^ per loro più zintilhomini et migliori de 
la dita Cita" — deliberarono di fame essi l'ac- 
quisto. Andreaccio Saracenis ed altri patrizi cit- 
tadini, incaricati di trattare col pilota, conclusero 
r acquisto pagandogli 200 soldi romani per l'urna, ^ 
e J.OO per una corona di gemme che la sormon- 
tava. Il dì 1 8 Gennaio (809) clero e popolo, mos- 
sero per navi alla volta di Porto Rose, onde le- 
vare il corpo del Santo. Ritornati coli' urna a Cat- 
taro, e giunti là dove oggi è la Cattedrale, il vesco- 

^ Leibenda \* <d. 

^ (Questa veccliia urna si conserva religiosamente in una pila di 
pietra e la si mostra a chi visita k Cattedrale. L' odierna urna è di argei|to, 
lunga 1M0'\6''' e larga li'\ 6''\ — Tutto intorno vi è. des(&riUo in 
bassorilievo il maftirio del S. (cfr. Kukuljevié y^Arkio sta PQfi^J0ilnieu Jttr*. 
goslwensku^ Voi. IV (2agreb. Gaj. 1857.) p. 341. 



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41 

vo invitò naoerdoti popolo e padri; a fermare il 
passo sa quel sito ove era da innalzami il tempio 
in onore di Trifone, Alle parole del prelato segui- 
rono inni di laude ^ di benedizione; I Cattarioi 
allora lieti di tanto possesso, ^er unanime accia*-; 
mazione, tosto in primario p«itroiio e tutelare della 
città lo elessero, stabilendo, giusta il Menologio 
bizantino che il giorno della morto — (1) S Feb- 
braio — s'awesse nell'avvenire a celebrare coti 
ogni maggior solennità. ^ Da quel giorno l'^gie 
del santo fu la bandiera della citta, fu P insegna 
della repubblica e battuta in moneta, diede il nome 
ad alcuni danari. 

Sostenuta la spesa dell'acquisto, Andreaccio 
assunse tosto anche quella della costruzione del 
tempio, che, come informa Porfirogenitò, fii eretto 
su base circolare, ^ e nel secolo XIV ampliato e 
ridotto nella forma in cui oggi si trova. 

Nulla più ci venne tramandato intomo ad An- 
dreaccio. Urbano Raflfaelli, il solerte indagatore 
delle nostre patrie memorie, ha il merito di avere 
fatto riporre il sarcofago ^ che. contiene le spoglie 
di Andreaccio e di Maria sua consorte in luogo più 
corrispodente al merito di tanto cittadino: cioè 
nell'atrio della porta laterale sinistra del duomo 
di S. Trifone. — 

^ Non è adunque, come si vorrebbe asserire, ohe per trattenere i 
Bocchesi dal concorso a Ragusa nel di di S. Biagio che Cattaro addottasse 
di solennizzare il 3 Febbraio, mentre si sa che appena dal 997 i Ragusei 
presero a venerare. S. Biagio quale loro prolettore. 

' de Adm. 29. p. 139 6 8è vao; àuTou èorlv éiXYjjJLaTiYjb;. 

^ Fu rinvenuto negli scavi praticati Tanno 1840, nella via tra la 
Cattedrale e F episcopio. Sull'urna si legge: 

•f-^ B^M • NDN ' EGO • AndreacivS • Cvm • ConiygE • Mea -f Maria • Ebi^icaVimVs * 
• Arca • Is • Et • Reqvìevìhvs • m • Ipsa •{• Vos • Onkes • Qv • Esus • RpoAi e • s • » • 

PRO ' N08 • PECCATORES ' « 



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44 

i> Comecché nbn sìa mostro intebdim^ito di ce* 
lebrarer spédiali gesta b miracoli pure narrando i 
progressi dei cristianesimo a Oattaro^ non sarà fuor 
di; proposito ricorda&'e anche qnei Bocdiesi^ i quali 
lontani dalla ^patria lo hanno eroicamente pri^es- 
satò/ Ecco adunque come in proposito fu scaritto: 
^L'Imperatore Leon^ che seconda gli Iconoclasti, 
sdegnato dalla costanzardei Oattolìci, ne punisfiò 
gli autori -^ Il nuòvo Patriarca fautore di tali 
vìol^izé (la distruzione dèlie immagini) convoca 
un- sinodo generale. Così ha cominciameuto la più 
CTudele delle • persecuzioni contro il clero e i mo- 
naci. Niceta Macario e „ Giovanni da Gattaro" che 
fornito d^l dono della profezia, aveva tutto pre- 
sagito, .sono avvinti di cat^e e col martirio pa- 
ga^flLO la fermezza in non. esibire le immagini.^ ' 



Sopra il sarcofago il Comune aggiunse 

SARCOPHAGVM 
CONIVGVM • NOBILISSÌMORVM • , . 

• QVIÀNNO'ACHRNDC CCIX ^ 
eCCLBSIA * S* MARIAE • INÌ^VNARfO ' lAMPRIDEM . CONDITA 
, D t TRIPHONIS • AMERCATGRIR . VEN ; EMPTIS ^ EXYIS 
TEMPLVM PRIMO • HEIC • EDIFICÀRETVR 
QVVM • EIVS • AMBITVS • NOVISSIME • STERNERETVR 
HOC • PROPE SVB FORNICE DETECTVM • EFFVSVMQVE 
V • NONAS ' APRILIS • ANN * MDCCCXL 
MVWCIPVM • ORDO ; HEIC • PONENDVM • CVRAVIT • 

E memoria ancora di Andriea<icio nella seffseate iscnsione : . 

iANDRÈESCÌ • AD • HOlfJORÉMi SOCIÓliVMO • MÀIOREM \- : 

incisa suir architrave dì una porta nella sacrJstiadellii chiesa <Ìi S. trifòne. 
Si noti che i fregi dell'arco sono simili a quelli che si oss^rvano^ sulla 
parte esterna dei tìnestroni dell' ambone della chiesa stessa, ciò che com*^ 
prova r identità deir origine di questi due lavoti. 

> Cacciatore L. y^Ailanie storico^ II 42-434 



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•rj. 



PARTE seconda: 



i:if 



I '■■: 



Le Bopphe ^ Cattaro fìnp ai giorni di Lodoyìci 

il grande. 

(867-1366) '. ■ 



VI. 



Giusta r asserzione del BalloYiph, A^crivio ai 
giorni iji Qui fu aggradita dai Saraceni non si ^7 
stendeva troppo al mare, i suoi priipi abitatore, eb- 
bero sedi ai piedi della sopprtistante roccia lungo 
la via che da Fiumera, * attraverso le odierne ca<c- 
céri criminali e la chiesa di S. Paolo mena aljia 
sorgente Gordicchio, Ma h^ luogo una tradizip^e 
diversa! E^ga vuole che V antica, Ascrivio fospie ài 
piedi del Vermang, ^ nella, valle di Sc^gliari e,phe 
;d,a quei sito gli abitanti, dopo T irruzione dei Saf 
racepi (867-). si fossero trasportati ove. giace .l'o- 
dierna Cattaro. Contro di che importa osservare che 
a ScagUari non si riscontrano rovine, o traecie capaci 
a dimostrare la cessata esistenza di una città e éhe 
dopò r irruzione dei Serbi il nome di Ascrivio andò 

y Così ha nome il rione presso la sorgente del Parilo. 

^ Ferifianifs m. (Bona-Boliris De9enipiio h ^.)< Verwax sk VroMi^. 



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46 

affatto cancellato. Oltre a ciò i monumenti romani 
tratto tratto dissotterati a Cattaro, gli edifizì eretti 
fin r 809 da Andreaccio e tuttavia conservati, da ul- 
timo il sarcofago dei conjugi Saracenis, morti senza 
dubbio innanzi 1*867, rinvenuto appunto entro i 
limiti della primitiva città di Cattaro, sono prove 
aver esistita su quel sito la città assai prima del- 
Peccidio dalla leggenda tanto poeticamente descritto. 
Sappiamo d' altro canto la pianura di Scagliari es- 
sere sedimento alluvionale ^ che, in ragione delle 
proporzioni colle quali va ampliandosi ai di nostri, 
non può essere considerato fin dai giorni del fiore 
di Ascrivio tanto esteso da capire una città. Sono 
tuttodì visibili le traccie della via che antichissi- 
mamente menava da Cattaro alle alture di Trinità 
lungo la riva del Lovcdn, ^ Porfirogenito scrive a- 
vere i Saraceni distrutto il „ castello di Cattaro in- 
feriore", il quale asserto è chiarito dal chiosatore 
con queste parole: ^ „ Questa città è stata occupata 
dai Saraceni, eccettuata soltanto la sua parte su- 
perióre, situata in luogo alto e dirupato, ove anche 
oggi si vede un castello assai forte." 

La ritirata degli abitatori deW inferiore dinnanzi 
alle navi saracinesche non può aver avuto luogo 
che sulle alture dello Stiro vnik. L' illazione poi che 
questi nella riedificazione del nativo luogo possano 
essere stati assistiti dall'opera e dai mezzi degli 
abitatori della superiore, torna più logica di quanto 
la leggenda vorrebbe farci credere. La storia di 
Ascrivio si chiude col fatto della totale sua distru- 



' cfr. D. Francesco Davila y^ScriUura intorno Cattaro et suo Distretto^ 
1645, 28 Agosto. Venezia. Visentini 1874. p. 37. 

^ CloYco. hora detto Loftin. (Orbini 398) si. Lovéen. lat. Leftenus 
m. (Bona-Boliris. ibid.) 

^ 1. e. e p. 339 n. j^haec autem urhs occupata fuit a Saracenis^ 
ewcepta superiori tantum ipsius parte in alto oc praerupto sita ubi ho-- 
dieque ars nmnitisBima cemitur*^. 



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47 

zìone nel 638 ; per la vicinanza e T affinità che deve 
essére stata tra i Cattarini (gli abitatori del monte) 
e gli Ascriviensi (gli abitatori della costa); torna 
necessaria V argomentazione che la città ripense sia 
risorta già in quel teftipo dal felice conubbia di 
questi popoli identici. Le parole j^excepta superiori 
tantum ipsius parte^ del chiosatore di Porfirogenito di- 
mostrano in fatti che al tempo dell' invasione dei 
Saraceni Cattaro comprendeva già anche la costa 
marittima dello Stiro vnik. 

L'Orbini * che tradusse a suo modo la storia 
degli Slavi del Diocleate, rivestendola di leggen- 
dàrie particolarità, ma senza critica, ordine e sa- 
pore, e quanti altri del nostri scrìssero^ di Cattaró 
dopo di lui, discorrendo dell'eccidio di Cattaró nar- 
rano tma storiella nella quale io storico altro non 
può scòrgere che una bella allegoria dell' immigrar 
zióne degli Slavi alle Bocche di Cattaro. Ed ecco 
òome si esprimono: * — „Gli Ungheri che dà tempo 
andavano infestando il regno di Bosna distrusseix) 
VìSikótor o Kotor poco distante da Banjaluka. Ne- 
dor, Vuksan e Miroslav, ricchi abitanti di quella, 
mal fidando di ristabilirsi fra le macerie della città 
nativa, discesero a Risano cóli' intenzione di fermar 
quivi dimora. Venuti a conoscenza del fatto di Cat- 
taro, mandarono colà notizia di sé, ed invitati dai 
Cattarini, concorsero coi loro averi a riedificare 
Cattaro — Sorta questione sul nome della nuova 
dimora, il vescovo consigliò si abbandonasse il que- 
sito alla sorte. Il dado fu favorevole ai Bosnesi e 
da Kotor di Bosna Ascrivio fu da quel giorno de- 
nominata Cattaro. . ..^ 



* 

« 4: 



^ Orbini 1. e. Vedi anche y«k. Stef. Karaiié y^Éieot i obicaj$ Naroda 
Srpskoga^, U Beéu. Sommer. 1867 p. 234. Caitaro Mìo si. Koé^Tor (Kotor,) 
» 1. e. p. 298, 



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4a 

I, Serbi ed i Croati;, occupitta ch'ebbero anche 
Idt Dalqi^^^ia cismontana^ eransi riesi. tributari agli 
imperatori di Bisanzio e tali si mantennero fìno 
ai giorni di Michele Balbo- Amoreo (827). Sciocco, 
empio e trascurante, questi suscitò il malcontento dei 
popoli. Gli Slavi lo abbandoparono, ma non . tardò 
troppo che la sovranità di Bisanzio fu di bel nuovo 
riconosciuta. Ma non pea^ci^ fu assicurata la pace, 
<^è dppo il furore delle invasioni, una funesta 
guerra civile scaturita dall'avidità dei bani, desolò 
per qualche tempo il paese. Prelemiro dìvìoe ancora 
vivente il dominio fra i suoi figli, assegnando la 
città e il territorio (Kucew) ^ di Budoa oon Gripuli 
(tenritorio di Garbai) ^ a Hvalimirp, cui aveva dato la 
Zetfi; Bisano e il territorio di Brade vica ^ a Boleslaó 
bano d^Ua Terbunia. Questo provvedimento non 
potò scongiurare la lotta che doveva nascere dopo 
la sqc^ morte^ Ne fu causa jio sci^ca^to Lelettp, 
bastardo di Prelemiro, che venuto a,ncor fucinilo 
alla corte di Boleslaó suo 240 naturale, crebbe 
quivi, neir odio verso di lui e, gli preparò una 
sanguinosa rivoluzione. Leletto compiuto il mas- 
sacro de' congiunti, e sembrandogli assicurata la 
corona ;suL cQ.po del figlio, si ritirò nel castello di 
Traietto, * fatto da lui edificare non si Sft in qijal 
sito delle Rocche, ma la. peste che in, quell'anno 
(987) menò ivi. gran strage, massime a Cattarp ed 
a Risano, tolse con e^so il pericolo di nuove 
sciagure. 

* cfr. Jiriéek C. — Landstrassen ecc. von Bosnien und Serbien in 
MiUeUHers' '^ Prag. Gregr- 1879 — p. -21. OùwUì Cvceoo, Cuùceui e 
(Orbini p. 219) Cucieva. — ' Grepoli, Jiricek. ibid. 22. . 

^ ibid. p. 23 — cioè T odierno territorio a ponente di Castelnuovo, 
cbe allora prendeva il nome dal castello ' di Draceviza. Una parte di esso^ 
come oggidì, anche nel m. e. chiamasi Subtorina Suttorina. 

' * Secondo alcuni (cfr. Jirióek. ibid.) il iocm Trajecfus :Con Castel- 
Inm et Curia di Diockate, in cui Lelletto edificò un i^adtello, fu sulla 
punta di Prevlaca (baia di Cartolli). 



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0? 

Air annunzio della morte dj tale .ipdiyidiiQ: U t 
popolo condusse al trono Silvoatr^o, che non fu più 
fortunato de' suoi predejqessori. r ^ .r «» n> i'l>f 

Frattanto i Bulgari cl^e & ergano avvanzatjL nelW r 
terre (iegli Slavi; pel pacifico conmiercio cqiiJQreoiii i 
e per la religione cristiaua da, lo;;9 . at)bra9ciata, , vi 
ingentilirono e il loro stato a^y^v^, preaq posto, tea » 
i più inciviliti d'Europa. Ma ^ai suc<?esspri, v^i ^ i» 
meone'non era data la forza^, di coiiservare questa ^r . 
regno nella fam^ che s'era ^uadagp^ta. i Samueiloy v ; - 
spinto dalia bramosia di possedere la Serl^ia coljc^,, • 
regioni finitime/ vi penetra, ^.girmatanjano, jfaceiid<?;fv 
provare anche ai Éocchesi Jl^, p^S9 . c^^lla. sua. pjrer . 
senza/ Risano e Cattaro sc^c^cheggiate, ^i^ìrono -di-iiMi 
strutte dàir incendio (1002). Alcuni. dj B^anp) allora [,, 
vedehclb quanta era poco sicura. I9., Ip^o patria, .> e- 
cercarono asilo fra le mura, (^i Catti^rp, poritftndo .hi 
così nuovo incremento alla popolazione di questa 



città ^^ 



>if 'Il 



Non potepao compiere col valore ^^W^ .ftnni 
il conquisto ài queste terre, ^s|,muej^q, ricarsci ,^L 
tradiinento, a cui poscia posQ. ripa;i;Q .cqI sancir9>^, 
gli sponsali di sua figlia col^p.^ste8a9, re, e d^onan- 
dogli te conquiste fatte nelF i^ltiqtjiA scorreria. , Cosi 
Cattàro col patrocinio dei BisantìJjLi avey^ perdutali^ 
anche la propria indipendenza, e jfipiva^...sÌQ?pipe>,^ 
conquista ^di guerra a fonpar parte del regj:^o ser-i 
bico dèlia' Prevatis. Ma il diUt^rsi della,. potenza » 
dei Bulgari, che non piacque ^i. Bisantini^ , fu ca- 
gione m nuove guerre. Trionfarono, dapprim^^l^ 
armi bisantine, ma il brutale .rnaltrattaipjento ipljip. 
s ebbero i Bulgari prigionieri, ainipoLÒ il^^i^g^ di ., 
Samuéìlfo; Hadomiro, alla riscossa e Basilio dovette 
assoggettarsi a ristringere ,i limiti ^ del, suo. impero. 
Valsegli a vendicarsi di tanta umiliazione Vladislao, 

^ Coriolanus Cepio — De Gestis Petri Mocenigi. ecc. 1. Ili. 

4 



A't 



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60 

che promise la morte di Radomiro al prezzo della 
corona di Bulgaria. A questo assassinio quello suc- 
cesse di Vladimiro, chiamato in Bulgaria dal regi- 
cida sotto pretesto di trattare secolui gli interessi 
di una buona vicinanza. Successe a Vladimiro come 
nelle ragioni del regno cosi nelle sciagure lo zio 
Draghimiro. I nobili Cattarini però sia che troppo 
si dolessero della perduta libertà, sia che nel regno 
di Draghimiro temessero un giogo troppo sangui- 
noso, o sia in quella vece che piegassero alle isti- 
gazioni dei Bisantini, la memoria dei quali era 
troppo fresca e forse troppo accarezzata mercè 
lusinghevoH promesse, negarongli obbedienza. Dra- 
ghimiro s'incamminò a quella volta, ed alla vista 
delle sue armi fecero sembiante di rassegnati. ^ 
Non r accolsero però tosto a Cattare, che Y improv- 
viso arrivo porgeva a loro V occasione di trattenerlo 
allo scoglio di S. Gabriello ^ affinchè la città avesse 
tempo di preparargli un degno ricevimento. Troppo 
lusinghiero era T invito, e fu d'uopo accondiscen- 
dervi. Ma condotto a banchetto, in sul finir della 
cena gli si avventarono contro colle armi, ed inse- 
guitolo fin nel tempio, ivi lo uccisero e proclama- 
rono sul suo cadavere redenta la libertà della patria 
sotto il patrocinio degli Imperatori bisantini. Ecco 
a che si lasciò indurre per la prima volta il pa- 
triziato di Cattaro, quella casta che tanto stimata 
per la saviezza e le virtù de' suoi membri, fu dal 
Sandi chiamata ^modello^, ^ 

Ma questi fatti irritarono viemmaggiormente 
la nazione, e mentre dall' un canto i Germani cer- 
cavano di togliere ai Bisantini ogni ulteriore in- 
fluenza sull'Ungheria, accostandola alla Chiesa ro- 

^ Dn-Cange 1. e. 45. Bomman. 91 e gli altri. 

> Nella baia di Cartolli. 

' Sandi — Storia civile IV. 458. — Bùphing ecc. 



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51 

mana, dall'altro i Serbi colle loro rivolte ponevano 
un' altra barriera all' influenza greca suU' Occidente. 
L' esercito dei Bisantini si incontrò ancora una 
volta colla falange serbica, non lunge da Cat- 
taro, ^ ma fu T ultima: e la vittoria riportata dai 
Serbi, famosa negli annali di quel tempo, sparse 
il primo raggio di valore sulla nazione serbica. 
In quella memorabile giornata (1043) 40.000 sol- 
dati bisantini, fra i quali 7 condottieri, trovarono 
la morte. ^ 

Sì strepitoso successo accrebbe l'orgoglio dei 
Serbi. I Cattarini vedendo che per tal guisa l'im- 
pero volgeva a gran passi verso il tramonto e che 
in quella vece la possa dei vicini Serbi andava 
mano mano estendendosi e che quindi diveniva 
vieppiù pericolosa, pensarono ottima cosa scongiu- 
rare il pericolo di una capitolazione col cercare il 
loro patrocinio. E lo conseguirono di fatto conti- 
nuando a reggersi con proprio governo, con leggi 
proprie, indipendenti da qualsifosse straniera in- 
fluenza, e quel eh' è più significante, esenti da quei 
tributi e da quelle regalie onde in quell' età erano 
aggravati la maggior parte dei municipi. ^ Gli 
storici — dal Rafiaelli in fuori — dissero che la 
città di Cattare fu soggetta ai Serbi, che cioè fu 
da questi considerata siccome suddita. Ma prote- 
zione in quei giorni non era voce sinonima di 
padrone, né tale era lo spirito di quei tempi che 
i Serbi potessero intenderla, siccome l' hanno intesa 
poi Cromwell e Napoleone I. I fatti potranno 
dame le prove. 

Conseguita l'indipendenza nazionale di fronte 
alla tracotanza bisantina, i Serbi erano tuttavia 

^ Così Da-Cange 1. e. 

' Da-Cange 45-46. — Schlytz 754. — Dìocleate. ecc. 

^ Corner 1. e. 50. 



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62 

lontani dall' ottenere il benefizio della pace,, pia- 

^^^ttiiità, la vèdóVk^ dello Spodestato ré Bpdino,. riti- 

•>ràtasi a' Ckttàroi j^rèpàr?) dà questo luogo la rivolta 

i Cóntro ài re che i Sèrbi avevano sostituito a Bonino, 

• B4e astùzie' di lei tatrtò poterono s\iiraninio. de' 

i^ suoi partigiani/ che' il regnante fini per suo volere 

•^ cieco ed evirato. Fu allora maìzato al potere Vla- 

• Rimiro, 'ma; Giacinta' che voleva vedere ré,,^il pe- 

condogemto Gfòrgid, "preparò a quello una poipiope 

^ di 'erbe veléìbsé^^ raccòlte' a Cattaro, che minisira- 

tagli a tradimento le facilitò la via alla desiderata 

^ itìeta. ^ '■ ' " '■'' " ''■ ■ 

- ' E Giorgio salito al regno, per accarezzarsi il 

popolo/ si' mostrò largo di benefizi verso ognuno, 

^ttìdstìime vèrso i Cattarini che avevano tollerate, le 

-pferfide trame di sua madre. Ampliò adunaue egli 

il dominio dei Cattarini,' aggiungendo ai loro pos- 

iisedimenti, con rescritto 15 Agosto 1115, i territori 

-di Prevlaca, Lustiia, CartòUi e Pasiglav j^no ai 

cotìfinirii della Stipa di Garbai. ^ ' 

'i Gontuttociò Giorgio non fu meno infelice de' 

snoi predecessori, che imitando poscia le arti della 

mftdté per ' assicurarsi ir trono, andò incontro alla 

vendetta del popolo e dei BisantinL 

•Un' esercito greco s" avanzò ne' suoi stati; Gia- 
cinta présa a Cattaro fu tradotta prigione a Co- 
stantinopoli ove cessò di vivere, e sul trono di 
Giorgio • fìi posto suo cugino Grubessa eh' egli 
teneva' in carcere. Impotente a sostenere l'urtò dejle 
armi 'bisantine, Giorgio al loro apparire fuggì in 
Btìtìtia,' ove!* rimase klcuni anni meditando la rivin- 
cita. Ivi trovò di fatto fautori e armi ; bàttè e vinse 
il competitore. Ma invano, che volendo reintegrarsi 
liei diritta del padre, tolse d' suoi popoli quella 

^ Da-Cange. 49. 
• Corott) 51* ) • 



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^^53 

o libertà.' per; la quale avevano tanto èòfaibattuto con- 
tro i Bisautini^ e senza conseguirne lo scopo, lacerò 
la nazione» in una serie di sanguinose discordie. 

: 1 In:ipugnò bensì una seconda volta lo scettro degli 
avi, ma i popoli flagellati dalla tirannia dì Giacinta, 
esecranti a questo fatale trionfo, chiamarono le àtùii 
.imperiali, e dove queste non poterono giùngere, 
operò: la rivolta; Cosi Cattare estranea alle vicènde 
cortigianesche e alle sorti del trono, perchè' da 

., questi nson s'attendeva più di quàiito*'avi*ebbe'po- 
ituto aspettarsi dal patrocinio dei Biààntìni, ìjuesta 
volta non sì accontentò ^di rimantersi iiidifFeretìle 
>dinjianzi.a si sanguinosi avvenimenti, e póiòhè ebbe 
consentita la violazione delF asilo accordato 'a 
Giacinta, ora nell'interesse della pace del re- 
gno, .sorse antesignana nelV universale sobbolli- 
mento e coli' aiuto dei Eassiani acclamò re il 
; perseguitato Dragano. * Giorgio cercò salvezza nel 
castello di Obolen, donde una mano vendicatrice 
lo i fece tradurre prigioniero a • Costtintinópbli. 

Dragano sorretto dal favore dei Bìsantini potè 
conservare al regno la pace; non cosi suo figlio 
Badoslao, a cui nulla valse il favor délF imperatore 
-diananzi al furor popolare che, detrónizzatÒlb,' óhia- 
OPQÒ in sua vece quel Dess&, che poi fu il-fòndàtòre 
di Casa Nemagna. SalvoUola città di 'Gattaro della 
•quale prese a denominarsi j^Conte^^ e quivi, quasi 
in residenza capitale, si fermò a governare Ìl limi- 
tatissimo territorio che tuttavia ergagli rimasto fe- 
dele e che nessuno pensò a contendergli. 

Bimano allora segnava V estremo limite *dél 
domini di Dessa. Tanta vicinanza non poteva ès- 
sere portata in buona pace dall' infelice ^Cònth dì 

* Corner 46. — Da-Cange 51. 

^ Popò 4i Badoaiao i retori di Caltaro aséititséro ì\ titolo di 



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54 

Cattare'^ il quale, per riacquistare una parte almeno 
de domini perduti, mandò ai Ragusei David Re- 
nessio, allora suo luogotenente a Budua. Ma David 
traversando nel ritorno il territorio di Risano fu 
assassinato dai partigiani di Dessa. — Andato per 
tal guisa a vuoto il primo tentativo, Radoslav trovò 
necessario recarsi egli stesso in quella città, ove 
ben tosto fu conchiusa a suo favore Y alleanza offen- 
siva tra Cattaro, Ragusa, Dolcigno e Perastò. Né 
l'alleanza andò sciolta senza cimentarsi in una 
grande giornata campale, — Morto Dessa, i figli 
di lui, Miroslav e Nemagna continuando a soste- 
nere la causa del padre, mossero armata mano 
all'occupazione della Zeta e delle città finitime. 
Non riuscirono però ad occupare Cattaro che, ferma 
neir alleanza contratta a favor di Radoslavo, seppe 
reggere V urto nemico. Volto indi il passo verso 
Ragusa, domandarono da quel senato la persona 
di Radoslao, ma i Ragusei jgiustificandosi alla me- 
glio, gliela negarono, A punire il rifiuto credettero 
di potersi giovare del braccio del Bano di Bosna 
Baric, il quale cogliendo pretesto da alcune diffe- 
renze insorte nel 1159 tra il vescovo di Ragusa 
e quello di Bossina, discese nel contado di Ra- 
gusa, portando dovunque distruzione e rovina. In 
cotali frangenti i Ragusei fecero appello agli alleati. 
Dolcigno sotto il comando di Nicolò Chervio mandò 
200 soldati ; Cattaro 400 capitanati da Pietro Boi- 
lizza; Perasto 150 condotti dal Chiefalia * Milos 
Sestokrilié. — L'esercito così stanziato, raggiunse 
il numero di 6000 soldati, ed il comando generale 
ne fu raccomandato al nobile raguseo Michele 
Bobali, che li condusse ad accamparsi nel contado 
di Chelmo. Distribuite quindi le forze in due corpi, 

^ Kef^oìkiq = Capo o Governatore, dignità che ricorda il ritorno dei 
fiisantini i\lle Bocche. Ballovich ha Ktvjf aX(^ per itao. 



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65 

collocò il Sestokrilic ed il Dolcignano al fianco 
sinistro, trattenendo seco al destro il cattarino Boi- 
lizza. ^ Primo tra gli alleati cadde Nicolò Chervio, 
che s'era esposto fuori della fila per difendere un 
suo capitano. S' avanzò allora il Sestokrilic e coi 
suoi si gittò nella lotta. Questo fu fatale per il 
nemico, poiché caduto Vukmiric, cognato al bano, 
questi smarritosi d' animo si diede a precipitosa 
ritirata. La testa del Vukmiric fu portata al Bobali 
in segno di vittoria, né tardarono a venire gli 
ambasciatori del bano per trattare la pace. 

Quali perdite abbiano sofferte gli alleati, nes- 
suno lasciò scritto : Ballovich asserisce che BoUizza 
restò ferito sotto la mammella destra. ^ 

Le truppe degli alleati ed i condottieri furono 
licenziati con larghi donativi. Ma fra i Bocchesi 
ritornati in' patria sorse una guerra fi-atricida, dalla 
quale, fomentata dal principio del taglione, sareb- 
bero derivati infiniti guai, se i Ragusei stessi non 
si fossero frapposti mediatori di pace. — Cele- 
brandosi in appresso a Cattaro la festività di S. 
Trifone, si ritrovarono quivi assieme gli eroi di 
Trebigne, il BoUizza cioè e il Sestokrilic. Nell'i- 
stante che il popolo celebrante questa patria festi- 
vità percorreva le vie, tanto più giubilante per la 
memoria delle vittorie testé raccolte, i due con- 
dottieri discutendo sull'impresa sostenuta a favore 
dei Ragusei, e ciascuno esaltando alla sua volta 
il merito dei propri, dalle parole vennero ai fatti. 
I marinari ' eh' erano sotto le armi, ed il popolo 
che nella ricorrenza di questa festività affluisce 
numerosissimo alla città dai contadi i più lontani, 
furono in un istante alle prese. Quei di Perasto 
che nella città stessa non avrebbero potuto pigliarsi 
la vendetta che l' ira del momento faceva loro de- 

* Orbini 349. — «Ballovich 62. — Lucari 35. — ^Balìovich. p. 65. 



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56 ;,; 

siderare,» corsero in traccia del fratello del' BollizJzaJ 
che si troyava in villa. * Presolo lo legarono ad' 
un albero ^d erano in procinto di tagliargli il naso. 
Accprse, per^ a liberarlo un Eisanotto a lui legato 
da ricojiosoenza per favori anteriormente ricevuti. 
I Perastini, poiché l'ebbero spietatamente battuto, 
corsero alle campagne di lui tagliando tutte le 
piantagioni. Il qual fatto destò neir animo deiCat- 
tarini il .desiderio della vendetta, e così ebbe prin- 
cipio una serie di vicendevoli vessazioni. Mossero 
i Cattarini nottetempo verso Perasto ed appicca-' 
rono U fuoco a due navigli .dei Perastini. Questi 
alla lor volta,, fattisi forti dell'aiuto dei Risanotti 
vennero parimenti di notte a Cattaro ed incendia- 
rono due gallere cattarine, che stavano ancorate 
alla focq del Parilo. ^ I Ragusei mandarono allora 
alle Bocche ambasciatore Niccolò Radazza, affinchè 
mettesse pace fra i contendenti. 

Accomodate così le inteme discordie ciascuno 
pensò ai. bisogni del proprio, pae^e, massime i Gat- 
tarini che traendo Tessere <3al commercio' di mare, 
si vedevano già prossimi al pericolo di dovere 
abbandojnarne V esercizio, perchè gli Almissaiii, forti 
per mare, andavano infestando le acque dell' Adria- 
tico. Mandato , quindi il vice-conte a Niccolò Conte 
d'Almissa perchè trattasse con efiso^ sulla libertà 
della i^ayigazione, dei Cattarini,: ottennero da lui 
un documento col quale Niccolò giurava loro, per 
sé e successori fino alia nona generazione che si 
sarebbe tenuta pace coi Cattarini, e che qualunque 
naviglio fosse stato incontrato tra Molonta e Traste, ^ 
diretto per Cattaro, sarebbe stato rispettato. (1 1-6 7). 



* Orbini 349. j. , 

^ Così è chiamatif la fiumera- ehe !::){rna la parte N-E di Cattaro', 
3 Pfirlali IV, (Coleti) 434. 



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VII. 



Distrutta Dioclea, la cattedra vescovile di Cat- 
tare ritornò sotto la giurisdizione metropolitica di 
Salona, ma per poco. Correndo Tanno 1033 il 
Metropolita indetto un concilio provinciale, chiamò 
a parteciparvi cogli altri sufiraganei anche il ve- 
scovo di Cattaro. Questi (il suo nome non restò 
conservato) per superare ^ le difficoltà che allora 
erano congiunte ai viaggi dì mare si uni ai vescovi 
di Dolcìgno, di Antivari e di Suacia e s'imbarcò 
in compagnia loro alla volta di Spalato. Avevano 
corsa mezza la via con abbastanza buona fortuna^ 
allora che un'improvvisa burrasca lì sorprese tra 
le scogliere di Lesina e reso vano ogni sforzo dei 
marinari, li gettò con impeto veemente sopra una 
secca, tanto che rotta la barca, neppure uno di 
loro potè scampare alla morte. Ciò accadde a Ba- 
cile presso Torcole, dodici miglia lontano da Le- 
sina e tutt'oggi presso quei marinari se ne man- 
tiene la tracUzione. ^ 

Appresero da questo fatto i Cattarìni quanto 
poco comoda tornasse loro la subordinazione al 
metropolita di Spalato, Mandarono perciò ^ rappre- 
sentanti al Papa che gli esponessero le difficol- 
tà che impedivano al loro vescovo di giovarsi 
diel consiglio e dell'opera del primate salonìtano, 

^ Carrara 1. e. 58. — Parlati 432. — Thom. Arcid. , Hist. jsalonit. 
cap. XV. 

^ Altri additano lo scoglio Biskupada, Carrara ibid. 
« Parlali ibid. 



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58 
massime per T impossibilità di accedere a quella 
città tutte le volte: bisogno che andava diventando 
assai frequente. Ottennero in fatto dal Papa di 
essere subordinati alla arcidiocesi di Antivari, ma 
il tempo trascorso nel conseguimento della relativa 
bolla, ritardò V elezione del nuovo vescovo di Cat- 
taro con non poco disavvantaggio delle leggi ca- 
noniche, che il popolo incominciò a non voler più 
riconoscere. 

8' incominciò dal non voler rispettare gli im- 
pedimenti che al ricevimento del sacramento del 
matrimonio derivano dai vincoli di parentela. Il 
matrimonio fra cugini di primo grado (parentela 
di quarto grado) era divenuto un uso comune sug- 
gerito forse da falso interesse di conservare nella 
stessa famiglia le avite ricchezze. E poiché il clero 
avrà naturalmente opposto a questi errori i canoni 
della Chiesa, si credette poterne senza, e si prese a 
celebrare il matrimonio alla presenza di due o tre 
parenti chiamati a tal eifetto da entrambe le parti 
contraenti, e mercè il semplice scambio delF anello. 
Fu eletto finalmente vescovo di Cattaro Grimoaldo, 
il quale, osservato l' errore, prese tosto a toglierne 
l'uso così influendo presso i singoli, come anche 
esortando dalF altare. Ma le sue sollecitudini non 
ebbero il desiderato eifetto, se non dopo eh' egli 
ebbe minacciati con lettera pastorale, ^ dell' estremo 



^ Ego Grimoaldus p. Dei gratia. electus Ep.us Caiharensis ab universo 
clero ejnsd. civìtatis et populo cuncto. Veniens Catharom inveni cives in- 
volutos in consuetudinem que contra D.ni et ficcl. regalas erant. Quotiescq. 
aliquia eorum accipiebant uxorem et uxor accipiebat virum non Consilio 
Ecclesie quemadmodum D.nus precepit sed ad libitum et voluntatem ^uam 
Tocabant tluo vel tres parentes ex utraque parte, et ante eos dabant anno- 

lum et sic conjugebantur. Et quia Ecclesia est que de parentela 

et si juste jungi possint, et ad eam ire nolebant, idcirco bonjugebantur 
nonulli in quarto gradu et per malam consuetudinem jam per lege habebant 

contra eis sermonem in ecclesia et reprehendi acrius illorum pravam 

consuetudinem, et dixi nescio si per negligentiam meorum antecessorum 



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59 

della scomunica coloro che avessero operato contro 
i riti e le leggi della Chiesa. (1089). 

Eeso cosi tranquillo T esercizio dell'episcopato 
di Cattaro, il suo successore Ursacio che discen- 
deva da famiglia patrizia cattarina^ ebbe agio di 
dedicarsi all'incremento del lustro della religione. 
Mentre allora da una parte i cittadini consigli si 
adoperavano a tutta possa per T interesse della 
pubblica cosa, stanziando quel sistema di civile 
amministrazione, che per il suo ordine e per la 
sua gravità ebbe ad attirarsi più volte Y attenzione 
degli scienziati, ^ Ursacio propose e consegui un 
annuo reddito pecuniario per la rifabbrica e per 
l'ampliamento della chiesa di S. Trifone. Fu a 
tale eflfetto destinata la rendita del terreno sito in 
Sant'Arcangelo nella sua estensione da Vaiza al 
lido del mare. E giovarono al desiderio di Ursacio 
di comune consenso nonché il Rettore del Comune 
Mele, il Catapano Buzina, ^ Giorgio de Gorbanna, 
Evaicio BoUizza de Groni Crosi, Vita de Dabrazza, 
Trifone de Domani, Ursacio de Visao, Simeone 
Paoli,^ Vitale de Grasani Darsa, Sergio di Budua, 
Mica de Belez, Goislavo Darsa BoUizza (1123). — 

Ad imitazione di questo tratto il Consiglio 
maggiore della città stanziò più tardi la legge in 
virtù della quale ogni erede doveva pagare a fa- 
vore della chiesa stessa il tre per cento sul valore 

Ep. vel per superbiam vestram qui noluistis obedire eis contra B.num liane 
sceleratam conjunclionem faciatis in quarto gradn. Hoc qaod eorum lom»- 
poraliter factum est illi reddant rationem D.no. Sed a modo ex auctoritate 
Op.tis Dei P. et F. et SS. excomunicamus et maledicimus et anatematiza- 
mus et a gremio Matris Ecclesie separamus oiQues illos qui accipiunt uxo- 
res, et que accipiunt raaritos sine Consilio Ecclesie et — — Et excomunica- 
tionem dicentes late (Dci/r originale presso V. Raffaela, — G. forti.) 

> cfr. Sandi 1. e. III. 459. Reutz. 

^ Catapanus^ Catepanus o Catipanus era il capitano o prefetto della 
provincia o della città mandato dall'imperatore bisantino a rappresentarvi 
il governo. Du-Cange. Glossarium. 



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eo 

della massa ereditata. ^ E Y opera della riedifica- 
zione e dell'ampliamento di questa chiesa, mercè 
cosifatti benefizi potè raggiungere il suo compi- 
mento tanto presto che già nell'anno 1166 (giugno 
19) il vescovo Maloue ne consacrò gli altari in 
mezzo al giubilo di tutti i Bocchesi. Fra coloro 
che r assistettero nella sacra funzione furono i ve- 
scovi Lazzaro d'Albania, Giovanni di Dolcigno, 
Martino di Drivasto e gli abati diocesani Michele 
di S. Giovanni, Pietro dei SS. Sergio e Bacco, 
Giovanni del Salvatore di Antivari, Pietro di S- 
Pietro, Giovanni di S, Giorgio (di Perasto) ecc. 
Erano pure presenti parecchi altri illustri perso- 
naggi d' ordine civile come il governatore bisan- 
tino di Dalmazia e Dioclea intervenutovi sponta- 
neamente, Pietro priore di Soacia, ilndrea, priore 
di Albania ed altri, ^ 

Ma la tranquillità dì cui fii segno questa so- 
lennità p,on durò gran tempo. Giusta V VUI de- 
creto ^ del concilio nazionale salonitano tenutosi 
nel 925, Cattaro fin da quell' anno, in virtù d*una 
vetusta, consuetudine della Chiesa romana, poteva 
amministrare, se orbata del suo pastore, la diocesi 
di Eagusa: Ragusa quella di Cattaro, sebbene in 
giurisdizioni differenti. 11 vescovo di Ragusa, forse 
interpretando a suo modo quel decreto, continuò ad 
occuparsi delle cose di Cattaro anche quando questa 
chjie@a ebbe il suo pastore, e reputandosi succeduta 
nei diritti metropolitici a Salonain vece di Dioclea, 
con insistenza sempre crescente * domandò dai ve- 

1 Statuto 351. e. VII. 23 Apr. 1422. cfr. Decr. S. Coli. Patav. 30 
Dio. 1632 — Veronem. 13 Geno. 1716. sulla base deir altro statuto 1416. 
ind. XXIII. Apr. 23. ^exceptis hetedibus defunciis aul quihw legatum 
fuerii debiium in quo defunctis sibi teneiur,.,^ 

3 Parlati ibid. 433. Vi. 

3 l e. IH. Cap. I. S V. cfr. Carrara I. e. 44 e s. 

* 1. e. VI. 81. 432. 



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61 

scovi di Oattaro e di Budua la soggezione dovuta 
a un metropolita. Cattaro e Budua all' incontro conti- 
nuavano ad obbedire all' autorità delF Arcivescovo 
di Antivari, ilei quale erano state dichiarate ^ suf- 
fraganee nel 1062. Occorreva un decreto del ponte- 
fice o di un concilio che li autorizzasse a fare altri- 
menti, e Niceforo II vescovo (11 67- li 78) di Cattaro, 
nel difetto di cosifatte autorizzazioni fin dai primordi 
del suo apostolato si manifestò avverso ai decreti 
di Ragusa per provocare finalmente una decisione 
della curia romana- Tribunio, allora reggente la 
diocesi di Ragusa, lo colpi dell' anatema, e corso 
a Venezia dove Alessandro III trattava di pace 
con Federico I, espose al pontefice le cagioni della 
fulminata scomunica, domandandone V approva- 
zione. ^ 

Altrettanto indisposti a riconoscere Y autorità 
deir arcivescovo di Ragusa, prima ancora di quello 
di Cattaro, eransi dichiarati i vescovi di Soacia, 
Drivasto, Scodra, Pulati ed altri. Ma questi vive- 
vano sotto il patrocinio di N emagna; e contro 
Nemagna Tribunio doveva procedere cautamente. * 
Succeduto allora allora a Dessano nel dominio della 
Rassia e della Serbia, Nemagna vedeva nei Ragusei i 
propugnatori della causa di Radoslavo al detro- 
nizzamento del quale egli doveva il vasto suo 
patrimonio. Egli necessariamente aveva preso a stu- 
diare i moti dei Ragusei, ed aspettando il pretestò 
per procedere ai fatti contro di loro, s' affaticava 
di scemarne la potenza, scostandoli da quanti ave- 
vano alleati fin dai tempi di DessanOf E Cattaro, 

1 Carrara. 1^5 ex . j^Àlexandri IL P. Episi. Peiro Yen. Archiep. 
Dioeleeniis aique AnHbarensis Eccl.^ Parlati VI. 1. e. 

' Appendini F. Notìzie St. crìt. sulle antichità, Storia e lett. dei 
Ragusei — Rag. Martecchini 1802. t. I. 268. Parlati fbid. 

^ Cfr. i doet riferiti dal Parlati ibid. 



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62 
la più forte alleata di Ragusa pagò a prezzo ben 
caro la sua fermezza in favore di Radoslavo. Im- 
perocché, Nemagna vedendo di non poterla * ri- 
durre per altre vie sotto il suo dominio, fattosi 
fautore delle turbolenze religiose ond' erano agitati 
i popoli del suo regno, ne gittò il seme tra i 
Bocchesi. 

Conseguì infatti e presto un buon numero di 
aderenti, massime fra gli Zaguri, de' quali uno 
prendendo tosto ad agitare fuori di Cattaro a fa- 
vore di Nemagna, intimò ai suoi coloni che abiu- 
rata la riverenza al romano pontefice si accomo- 
dassero nel rito dei Patareni. 

Air intimazione s' arresero i più e la penisola 
di Lustiza fu in breve patarina. Tre soli, i fratelli. 
Pietro, Lorenzo, Andrea, nativi di Zagnice, osarono 
sfidare Tira del padrone professando volere piut- 
tosto far perdita della vita che della fede nella 
quale erano nati. Ritiraronsi es,sì quindi a vivere 
romiti in penitenza e preghiera in una spelonca 
del Lovcen, sopra la località di Scagliari, ripro- 
mettendosi r esistenza dall' elemosina della città e 
dei villaggi vicini. Ma quivi pure li raggiunse V ira 
dello Zaguri. Mentre andavano questuando furono 
presi per ordine di esso, e carichi di catene rele- 
gati neir alta ed orrida grotta della FiVa, ' eh' è 
sul monte Praciste. Si credette di poter vincere i 
loro annni colla fame, colla sete e collo esporli 
nudi ai rigori del sole estivale (4-6 luglio). Ma 
invano: e fu decisa la loro morte. Consumata il 



* Cìsilla Abati (fratelli) Memorie dalle Cronache di S. Giorgio (Pe- 
rasto) — m.s. cart. fol. sec. XVIl. bibl. Smecchia. Baosieh. 

^ Detta anche grotta delle /a/#. Dentro questa spelonca vegetano 
ire ceratonie dì diversa grandezza» Abbiamo una pia leggenda la quale vuole 
queste tre ceratonie nascessero dai pali ai quali furono appAsi 7 martiri P. A. L* 



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1 



63 
di 7 luglio 11 69 r iniqua ^ sentenza, i loro corpi 
furono occultamente sepolti a Pladina ^ nella villa 
di Lepetane, accanto air antichissimo tempietto di 
8. Lorenzo. La memoria della loro intrepidezza 
restò sacra negli annali della Chiesa, che li in- 
nalzò alla venerazione degli altari. 

A tale punto aveva Nemagna condotte le cose 
dei Bocchesi, quando ad angustiarli viemaggior- 
mente s aggiunsero le velleità di Tribunio ^ arci- 
vescovo di Ragusa (1176). Niceforo li. poiché fu 
colto dair estremo della scomunica, rivolse l' animo 
a Nemagna, ed a lui portò doglianze contro il 
procedere di Tribunio. Nemagna nella fidanza di 
cattivarsi così V animo dei cattarini, tolse a pro- 
teggere Niceforo muovendo tosto con un esercito 
ai danni di Ragusa (1177) — Ma tanto non ave- 
vano domandato i Cattarini, per cui all' appello 
dei Ragusei alle città amiche a Radoslavo, rispo- 
sero mandando loro in aiuto 200 soldati da fazione 
sotto la condotta dei capitani Giorgio Bisanti e 
Marino Drago, entrambi nobili e patrizi cattarini. ^ 
Né della vittoria riportata dalle armi alleate sugli 
eserciti di Nemagna, s'accontentarono i Cattarini. 
Prevedendo essi che Nemagna per altre vie an- 
cora avrebbe cercato di renderseli soggetti ^^foedus. 
cum Graecis Imperaloribus inierunt^ strinsero lega 
cogli imperatori bizantini. ^ Nemagna allora ve- 

' Exemplum ex Annalib. lUyr-latin. And. Zmaievìch Archiep. Anti- 
barens. (ms. presso U. Raffaelli dalle Cronache di S. Jacopo di Visniza. 
Raduto. Ploée) — cfr. Parlati 1. e. 13. 430 — ex Meleto. 

^ Plat.. Piada. Plavda — Perciò sono anche detti i mm. di Lepetane. 

^ L^Appendini (Notiz. st. crit. suir antichità ecc. dei Ragusei. I. 268.) 
volendo propugnare la causa di Tribunio e i diritti metropolitici di Ragusa 
anche su Cattaro accusa Niceforo di apostasia e lo dice y^t^ecchio scQsiu- 
maio ed irreligioso,^ — L'autorità dell' Appendini cessa dinnanzi ai do- 
cumenti riferiti dal Coleti (Parlati 1. e.) 

* Zmaievich — Coleti — Orbini p. 243. ecc. 

^ Corner 1. e. p. 46. Niceta Chon. (Prancof. ad M. Pabricii 1568) 
p. 206. Orbini 299. 



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64 

deiido inutili tutti ì suoi maneggi^ veane in Budua, 
e di là s'adoperò con ogni sorta di promesse per 
ottenere almeno che Cattare si dedicasse spontanea 
alla sua protezione. Ma Emanuelo Comneno, allora 
imperatore, seppe i maneggi di lui e gli mandò 
contro Teodoro Padiata con grosso esercito che 
r obbligò a ritirarsi e giustificare ogni suo operato. • 



Vili. 



Guarentiti in tal guisa dalle aggressioni di 
Nemàgna, i Cattàrini rivolsero le loro cure alla 
prosperità materiale pubblica e privata. Mandarono 
quindi sollecitamente a Bagusa in nome di Dessano 
rettore, e del comune e del popolo di Cattare delegati 
affinchè fossero regolati i rapporti commerciali con 
quella città, e con più fermi legami fosse consoli- 
data la pace che fioriva tra i due stati vicini. ^ Il re- 
lativo atto fu infatti segnato il dì 20 Settembre 
1181. 

Nemagna frattanto non aveva cessato di ade- 
scare Cattare con le più lusinghiere promesse, tanto 
più che l'imperatore bizantino preoccupato dalle 
cose deir Oriente, non poteva pensare alla Serbia. 
Cattare allora vedendo sempre maggiore il pericolo 
di appartenergli per la forza delle armi, gli mandò 
ambasciatori per ottenerne la protezione . (1184). 

* Niceta ibid. 

^ LjubicH Mónum. Slav, Merid, 1. 11. dalla pergam. esistènte nel- 
TArchiv. di Vienna. 



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Questa risoluzione cattivò ai Cattarìni T animo di 
Nemagna^ il quale^ uso a distruggere le città da 
lui conquistate^ non solo risparmiò Cattare, ma la 
fortificò e vi fece costruire un palazzo di residenza. * 
Cosi la libertà municipale dei Cattarini fu salva 
sotto il patrocinio della Serbia, Che ad un tempo 
venisse rispettata e tutelata anche la loro libertà 
religiosa lo comprova la sollecitudine da essi ma- 
nifestata per r incremento del culto nel decreto ^ 
col quale il consiglio nobile di Cattare, presente 
il setnico ^ di Nemagna, impose nel Gennaio 1186 
il reddito di 5 micalati a benefizio della chiesa dì 
San Trifone e di 1 m. a benefizio del rettore da 
pagarsi da tutti coloro che avessero fatto l'ac- 
quisto di canne o di salici da uno schiavo. * Ma 
in cambio di tanta protezione pretese la distru- 
zione di tutti i monumenti greci, perchè del nome 
greco non vi rimanesse neppure la memoria. * 

Fortunatamente questo intendimento non ebbe 
tutto il desiderato effetto. La chiesa di S. Trifone, 
dopo i ristauri subiti verso il 1166 non serbava 
dello stile bizantino che la parte superiore formante 
il limite del tempio edificato da Andreaccio, e fu 
impossibile di distruggerla tutta per alterarne il 
sito più importante. Oltre a questo tempio ciò che 
tuttavia esisteva di costruzioni bizantine erano le 
fortificazioni e la chiesa di Santa Maria Infunara. 
A quali alterazioni andassero quindi soggette le 

^ Domentijtn ìitot St Simeona i Sv Save^ edidit Danicié. Belf^radc; 
1865. — V. anche Milakovic htorija Cme Gore. Zara. Battara. 1856!! p. 
9. dalla Vita di Nemagna scritta da Stefano Prvovjencani. 

> Parlati VI. 435, cfr. Rad JugosL Akademije (Zagrabria) I. 124. 

' Delegato^ rappresentante o luogfOlenente nelle, citlà libere protette 
dal re •— dignità diplomatica dei Serbi che ricorda il Catapanns . dei 
Bizantini. 

^ Seivus sdiiavo^ caloAo, efr. Reujtz A« Vérf0$$9mgMn4 rechisutsfand 
des Dalmaimùehen Kusiensiàdie im Hiii^lmliéf, Dorpat.' Schttnvwn 1851. 

* Milakovié 1. e. . 



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66 

opere fortificatorie^ nessuno scrittore ha lasciato 
memoria; ma si sa che le famiglie patrizie Darza,. 
Bisanti ed un altra alla quale apparteneva Giovanni 
allora rettore di Cattaro, quali esercitanti il jus- 
patronato sulla chiesa di S. Maria Inf. stabilirono 
di diroccare questo tempio perchè vecchio e cadente 
e di rifabbricare sullo stesso luogo un nuovo. Fu 
compiuto difatti nel 1221 * e fu cpnsecrato il di 
17 Ottobre dello stesso anno. 

Nemagna abbandonò il trono Tanno 1195 per 
dedicarsi alla vita monastica^ ^ lasciando il dominio 
della Serbia a Stefano Nemanida, detto poscia il 
re Primo-coronato (Prpoojenéani)^ ed il governo 
della Zenta sotto la sovranità del primo a Volco. 
Quest'ultimo forte prima deir aiuto dell' Ungheria, 
poscia di quello del papa, corse in armi contro il 
fratello, e conquistata eh' ebbe V Erzegovina pretese 
eziandio al domìnio della Serbia. Racko, ^ terzo- 
genito di Nemagna s' affrettò a ricomporre la pace 
fra i fratelli e restituita la Serbia a Stefano, per- 
suase Volco ad accontentarsi dell' Ercegovina. Cat- 
taro fin dai primordi di questa guerra abbracciò la 
causa di Volco, e finch'egli visse, restò sotto la 
protezione dell' Ercegovina. ^ 

Intanto l' appello che la Chiesa faceva alla 
Cristianità per la liberazione di Terra santa giunse 
ai Cattarini, ed essi seguendo la religiosità dei loro 
cuori affrettaronsi a raggiungere con una gallerà 
la grande armata navale che raccoglievasi fra gli 
altri stati dell' Adriatico. ^ Contemporaneamente 
(in sul finire del 1199) comparve in Cattare il 

^ U. Raffaelli Ga%%etta di Zara 1844. n. 47. — . V. «nehe Baronio 
I. 61 (Annalea Bcclefliaslicì). 

' Col nome di Simeone, Vedi sopra nota 2. 

^ Noto negli annuali Seiiii col nome di S. Saba (e. a.) 

^ Parlati ibid. -- Du Gange 55. 

^ Goracucbi. Lezioni sulle Bocche di Cattaro. 



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67 
le^to della Sede Apostolica Gualtiero per visitare 
la diocesi e per riscuotere la relativa parte del 
tributo che per quell'impresa era stato importo 
dalla curia romana all' orbe cattolico. Il popolo 
di Cattare aggravato per le passate vicissitudini 
della patria, si trovò neir impossibilità di corri- 
spondere pienamente il chiesto importo. E però il 
d\ 3 gennaio 1200 il rettore, il clero, i rappre- 
sentanti del popolo e dal popolo eletti ed i rap- 
presentanti dei nobili stabilirono in arrengo uni- 
versale che e per il decennio passato e per il 
successivo la curia romana avrebbe dovuto accon- 
tentarsi della metà dell' importo domandato. * 

Stefano il re primo-coronato, aveva frattanto 
ristabilito l'impero di suo padre assoggettandosi 
anche la Zeta e l'Erzegovina. Cattaro necessaria- 
mente ne domandò tosto la protezione, mentre la 
riviera di Castelnuovo continuando a formar parte 
della Zacolmìa o dell' Ercegovina andò ad appar- 
tenere al ducato che Nemagna donò a San Sava ' 
(ducato di S. Sava). — Promise Stefano ai Cat- 
taiini che avrebbe rispettata e difesa la loro libertà, 
ma di lui nulla è registrato dagli scrittori in favore 
di Cattaro. 

Abbiamo un documento il quale attribuisce a 
Stefano il merito di avere fabbricato e dotato non 
solamente il tempio di S. Maria Iniunara, che come 
s'è detto fu rifabbricata a suoi giorni, ma quelli 
eziandio di S. Trifone di Cattaro, di S. Gioi^io di 
Perasto e di S. Michele degli Stradiotti. Una tra- 
duzione di questo documento, autenticata dal prov. 
veneto Pizzamano (d: d. 4 Agosto 1753) è con- 
servata fra i manoscritti della famiglia Smecchìa 
di Baosich. Biprodut^ìamo qui il documento in slavo, 

^ Parlati ìbid. 

^ Gliobich. Oglédalo I. 254. 



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68 
quale ci resta esitratto da altra copia per maBO 
di Trifone Smecchia, il d\ 28 Marzo 1806, Si 
noti poi che e la copia slava e la tradazione ita- 
liana si intendono estratte da certo libro mstente 
presso i monaci di Santa Maria in MiloSevo. 

„Blago«lovlieniem ' Otza, i pospesienjem Sina, i svrsoenjem 
Svetoga Daha. Ab Stefan parvovjenciani Kragl- Siin Simeona 
Nemagne, pò postavgliegna otza moga i vanciagna Bratta moega 
Sveti teglia Sa va na Kragliestomi : Proidoh sìemglie i Darscave 
svoje, i pridoh a Graad Kottor. Ne obretoh u niem Hrama, i 
zgradih Hraam Svet^ velihoma Maceniku Tripanu, i draga Va- 
vedeniu prisvete Bogorodize. I pridoh na Prevlaku, i zgradi Hraam 
Svetoga Arkangela Mihaila; i postavih u gnem Patriarka Arseniu 
i deh joj peet selaa uà sluibi : Lustizu, Kartole, Glieacevichiey 
Barda i Bogdascicchie. I priidoh u mjesto Pirast i zgradih Hraam 
Svetomu velikomu Muceniku Qeorgiu na Otoko, i postava iga- 
mena 5 bracchiom. I dah Czarqui Svetoga Georgia na sluxbu 
Biela do Potoka, losizzu do visce Risna, i Stoltv stranom do Ar- 
giakova, i Kava9, i Mar9evaz u Tivtu i zapovidjeh Pirastu da se 
tua nazirre i da je sluxe . . . Az rasenni Iguman Milloscevski 
Vassilie Jermonak vaobrazih na lietto ' 7141 a at exe poplti Rodstva 
Kristeva ^1*33 Ind. I. Krug Sulnzu L Luni Erug 16 Epatta-miesseza 
Junia 13 — 

La copia dell* originale slavo non è finita; 
nella traduzione italiana si legge ancora : ^/a chiesa 
di S. Giorgio al scolgio di più dele descritte ville che 
dia il butiro nella lampeda F anno . . ..^ 

Dopo quanto si è detto intomo ai tempi dì 
S. Trifone e di Santa Maria Infunara^ convien qui 
aggiungere anzitutto che la chiesa di &• Giorgio 
sullo scoglio presso Perasto esisteva già da anti- 
chissimo tempo, appartenente alF ordine de' Bene- 
dettini che vi tenevano una commenda* Abbiamo 
memorie * che danno la serie degli abati commen- 

* Qui è conservata T ortografia dello Snddcchiti* 

' Era del Mon. 

3 Era Voi. 

^ Theiner Monam. Slav. Merìd. I. BàUòvich e Cisilla 1. e. 



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69 

datari fin dal 1166, ed altre intorno alla chiesa 
ed al monastero che risalgono al secolo X. Di 
una chiesa di S. Michele alle Bocche è memoria 
neir iscrizione, non si sa da dove né quando traspor- 
tata ed infissa nella chiesa parocchiale (S. Pietro) 
di Bogdasic. Ed eccola: * 

^ V ime atea i sina i svetago duha i svete (Marie) 
bogorodice i svetih vrhovnih apostoL milostiju bo&iom 
jepiskup . . t^é. i Teofit. sai^dàh hram sij t? oblast sve- 
lago Mihaila. v dni bogoóastitago i bogom dréavnago 
i svetorodimago gospodina Kralja Stjefana Uroéa sina 
prvovjenéanago Kralja Stjefana^ vnuka scetago Simeona 
Nemanje o lieto 6757-6777 (cioè 1249-1269). 

Premesso che dall' incertezza della provenienza 
di questa inscrizione consegue il dubbio se real- 
mente essa appartenne a un tempio eretto nelle 
Bocche di Cattaro, aggiungiamo che ad ogni modo 
accenna a un tempio eretto ai tempi di Stefano 
Orosio figlio del re Stefano primo-coronato, cioè 
30-50 anni più tardi dell'origine attribuitagli dal 
documento da noi esposto. ^ Dall'altro canto è im- 
possibile stabilire la sede del vescovo, cui l'iscri- 
zione celebra siccome autore del tempio in discorso. 
Il Kukuljeviò trascrisse ..tvc. i ed il Miklosic ^ che 
la tolse al primo alterò queste ciffre, scrivendo 
s.tv..i. e finalmente G. P. * riferendosi al Miklosic, 

scrisse Zet kiy per cui Teofito divenne vescovo 

di Zenta, residente a Prevlàca, nella Baia di Car- 
telli, nelle Bocche di Cattaro. In appoggio di 



^ Essa è scritta con caratteri cirilliani. La riproduciamo senza le 
abbreviature, quale la interpretò Kukuljevic neW Arkiv sia PovjesL Jugosi 
IV. 343 e nelle hvjestje o putovanju 39. da 2abljar. — 

2 cfr. Glasnik Srpskog Umjetnog: Druitva. XXL Belgrado 1867 e 
Srpsk. ObceL 1839. 

^ Monumenta Serbica. Vienna, Braumùller 1858 p. 50 ex Izvjesjje L e. 

^ Sematizam Pravosl. Eparh. Bokokotorske Dubrov. za g. 1874. p. 4. 

« 
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70 

questo asserto si fece appello all' autorità di S. Saba, 
santo arcivescovo serbo, fratello a Stefano primo- 
coronato, attribuendogli T istituzione del vescovato 
ortodosso per la Zenta in Prevlaca. ^ S. Saba 
instituì bensì una cattedra vescovile nella Zenta, 
ma Domentiano, ^ la Chronica Serbica. ^ Maikov * 
e gli altri più accreditati scrittori serbi sanno 
dirci in proposito soltanto che fu sul litorate della 
Zenta. E fin dove propriamente si estendesse que- 
sto litorale V apprendiamo dal Maikov, ^ il quale, 
suir autorità del re Stefano primo-coronato, * con- 
sidera il territorio di Cattaro fuori dei limiti 
di essa. 

Il rescritto attribuito al re Stefano primo- 
coronato, da noi ricordato, è dunque da conside- 
rarsi dal lato storico nulla più di un parto del genio 
inventivo di Basiglio Irmonak monaco di MiloSevo, 
che si da il vanto di averlo scoperto neir anno 
1633. — Vedremo più tardi come questi stessi 
possedimenti fondiari, de' quali in quel documento 
è attribuito l'arbitrario possesso a Stefano, appar- 
tenessero in parte a privati, in parte al comune di 
Cattaro; come il successore del re in discorso 
nell'atto in cui riconosce al comune ed ai nobili 
di Cattaro i possedimenti ottenuti da Giorgio 
(1115), si riferisce bensì ai rescritti de' suoi pre- 
decessori, ma senza far cenno di questo documento, 



^ 6. P. Sematizam 1. e. Novakovié. ^t. // campo et Azione di Ne^ 
magna (trad. F. Alaòevié) Spalato, Zannoni 1878, p. 85. ecc. 

^ 2ivot Sv. Simeuna i Sv. Save — edit. Danicié. 

^ E codice serbico latine reddita operante L. B. F. Pejacevìé, nel- 
V ArkifD, za Povj. Jugosl. di Kukuljevié III. p. 10. 

^ Istorija Srpskoga Naroda — trad. Danicié (II. ediz.) Belgrado 
1876, p. 22. 

^ 1. e. 10. cfr. Daniòié. Rjeènik Knji2evnik Starina Srpskih —^ 
Belgrado 1863. II. 376 e seg. 

^ Miklosié Mon. e, 4. 



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71 
ed in senso ad esso affatto contrario. Ove questo 
privilegio fosse stato realmente rilasciato da Ste- 
fano, esso per certo non sarebbe stato dannato 
così presto a dimenticanza. 



IX. 



Assicuratasi la protezione del re Stefano Pri- 
mocoronato i Cattarini ebbero campo di provve- 
dere ai bisogni ed all' ordine della civile ammini- 
strazione. Incominciarono quindi dal determinare i 
limiti deir autorità del vescovo fino allora * forse 
arbitrariamente invasi dalle potestà secolari (1215) 
e fu statuito che V autorità ecclesiastica rimanesse 
affatto ristretta nel limite delle sue attribuzioni 
esclusivamente riguardo al clero. ^ Sorsero neces* 
sariamente su questo punto non poche controversie 
fra il vescovo ed il Consiglio maggiore, finché ai 
giorni del vescovo Domnio (1264-1281) fu trovata 
opportuna la legge „il vescovo non avere a pro- 
nunciarsi sui laici senza V intervento dei due' giu- 
dici giurati, mentre nel caso diverso ogni suo giu- 
dicato verrebbe ritenuto nullo.'-* — Oppose Domnio 

^Parlati 4S5. Era vescovo dì Cattaro Sefgio lieoni, di cai è me- 
moria nella lapide sepolcrale: 

^Sum pulvis factus — Pulvis de pulverè tractus 
Sergius sum Episcopas. Leonis cajusdam filias. 
Qui cum fratre Episcopo sistimus, inclusi hoc in tumalo. 
Omnes qui aspicitis orate et prò nostris contagiis 
Sedalo Dominum deprecate, cujus discessus fuit 
M.CCXIX." 
Fn riportata -da Neale. Notes Eccl. e. p. 167. 
^ Statato p. 64. 241. (cap. 106. 421). 



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72 
il suo veto a questa legge, ma non perciò essa 
restò lettera morta^ che anzi fu gelosamente osser- 
vata e con indefesse premare messa in attività, 
come del pah si invigilò affinchè né il conte né 
i giudici né il notaro avessero mai ad ingerirsi 
negli affari del clero e del vescovo, ^ Altrettanto 
estesa era la linea di azione del vescovo di Budua. 
Quivi chi ^ avesse voluto domatyiare ragione ad un 
chierico non poteva farlo ^se non auanti il vescouo 
e auanti li suoi vicarii, et la sentenza deve esser 
senta per mano de Notaro de la terra et sigilata 
con il sigillo del vescouo.^ Dallo stesso Capitolo 
poi apprendiamo che a quel vescovo spettava giu- 
dicare ^heretici, religiosi, usurarli di usura^ de dote 
se fosse parzogna fra moglie e marito." — 

Anche Biagio successo a Sergio nelV episcopato 
di Cattare, ebbe a sostenere una lieve controversia 
col rettore e questa volta a motivo dei proventi, 
che dovevano derivare al vescovo dal commercio 
marittimo della città. Opponeva il rettore essere 
tenute ai diritti della mensa vescovile unicamente 
le navi di maggior portata, neutre le minori ne 
dovevano andare esonerate. Biagio portò lagnanze 
al Consiglio Maggiore, al quale di fatti non oc- 
corse troppo per capacitare il rettore del contra- 
rio^ imperocché citati in giudizio alcuni padroni 
(1222) questi depositarono a favore del vescovo. 
Da quel tempo quindi restò fermo e statuito per 
legge che ogni bastimento avrebbe pagato al ve- 
scovo il diritto d'alboraggio in ragione di mezzo 
moggio di grano per albero. 

1 Stat. p. 240 (e. 420). 

^ Leggi ed usanze dì Badna — Ms. cart. in 4.® sec. XVII. (it ce. 
11. n. 37) nella Marciana di Venezia (ii. 22. Valenlinelli Bibliogr. DaN 
mata dai codici della M.) 



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Appianata la questioDee dei diritti spettanti alla 
&ua qoepsa^ Biagio volse V animo al suo olerò per 
mondarlo, se fosse stato bisogno, da quei germi di 
corruzione onde a suoi tempi era in qualche parte 
fìm^tato il sacerdozio cattolico. Trovò in fatti che, 
sìa per avidità di lucro o sia piuttosto per bisogni 
ingenerati da una amministrazione poco savia, i 
monaci e T abate di S. Giorgio avevano incomin- 
ciato a depauperare il patrimonio sì del ten^pio 
che del monastero alienandone e ipotecando i beni 
ed i paramenti sacri. E parendo che in cosifatto 
abuso si fosse andato tMito oltre eh' ogni più blando 
ammonimento sarebbe riuscito vano a correggerlo, 
Biagio fece appello al sussidio delle autorità civili- 
Mentre adunque queste giovandosi dei pròpri mezzi 
vietavano severamente l'acquisto di beni o il credito 
pecuniario sopra fondi stabili o arredi ecclesiastici 
verso i monaci e T abate di S. Giorgio, pena la 
perdita del prezzo contribuito, il vescovo minacciò 
da parte sua di scomunica tutti coloro che a questa 
legge fossero contravvenuti (1228). 

Intanto! Bocchesi andavano ritraendo non pochi 
vantaggi dal commercio d'oltremare, che avevano 
spinto fin anche nelle regioni mediterranee dell' Asia 
minore. Tra i più fortunati di quest' epoca in tali 
imprese, la storia ricorda Matteo Bonascio. * Ed ecco 
ciò che più lo rese benemerito della patria e ne 
p^petuò la memoria. Visitate avendo per ragioni 
di commercio la Macedonia e la Misia superiore, 
Matteo pertossi a Costantinopoli, ove stretta ami- 
cizia con un vecchio Monaco, volle fermarsi più 
a lungo, non dimenticando nella ressa delle sue 
sipeculazioni anche le cose di rehgionct Vedendo 
quindi di quanto poteva quel monaco tornargli 



^ In altro docomeAto riferibile a questo faUo leggesi Matieo Bovali. 
Parlati v. nota 4 p. 438 e docum. ibid, p. 43d. 



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74 

utile in questo suo pio proposito, e quanto era da 
fidarsi di lui, gli confidò un giorno amichevolmente 
suo più grande desiderio essere V acquisto del pre- 
zioso Teschio del patrono di Cattaro, stato a questa 
furato insieme a molti altri oggetti sacri nel sacco 
onde fii desolata nel 997. Gioì il pio vecchio a tale 
confidenza soggiungendo che di questo tesoro egli 
appunto era da gran tempo il depositario, e che la 
notte prima di aver conosciuto il Sonaselo, il Santo 
apparsogli in sogno V aveva ammonito a non celare 
il teschio a quel Dalmata che glielo avrebbe ri- 
chiesto. Convenutone il prezzo, Matteo lietissimo 
per l'acquisto fatto, sollecitò il ritomo alla pa- 
tria, ^ e profittando d'una nave che allora allora 
salpava per Tessalonica, continuò il suo viaggio 
per terra fino a Durazzo. E quivi indotto più dal- 
l' imperversare del tempo che dalle fatiche di così 
lungo viaggio s'arrestò, per discendere ben presto 
a Dolcigno. Ma poiché da questo porto non gli fii 
possibile di proseguire per mare, depositata la sacra 
reliquia in un monastero riprese tosto la via dei 
monti. Giunto a Cattaro ove era pervenuta prima 
la fama del pietoso acquisto, raccoltosi senza indu- 
gio il Consiglio Maggiore gli preparò festevole 
ricevimento. Quando poi ebbe esposto il modo per 
il quale era giunto al possesso di quel prezioso 
oggetto, ed il prezzo versato, ed i disagi patiti nel 
viaggio, ^summa cum exultatione, soggiimge il 
„ cronista, exceptus, officiosisque osculis, laudibusqùe 
„prosecutus certam spem futurae liberalitatis ac- 
cepit.**. ^ — Ritornato a Dolcigno con due patrizi 
nel pomeriggio del dì 19 Decembre 1227 approdò 
alle rive di Cattaro, avendo noleggiata da Dolcigno 

1 Parlati p. 437 — Grabogna « Bucchia Off. b. e. lez. VIIL IX. - 
Razzi Storia di Raugia p. 35. — Corner fl. 1. e. ' 

^ Bucchia A Grubogna Le. 



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75 
una nave. Depositò quindi il sauto teschio nella 
chiesa suburbana di San Pietro, dalla quale fu nel 
giorno dopo con solenne processione trasportato 
nella cattedrale* H Bonascio quindi ebbe in dono 
il campo di S. Teodoro, e la sua famiglia fu eso- 
nerata in. perpetuo da ogni imposta e gabella al 
Comune. Alla sua morte un mausoleo ^ eretto nel 
vestibolo della cattedrale perpetuò la memoria del 
benemerito cittadino, assicurandogli ad un tempo 
la riconoscenza della posterità. 






Dalla pace conseguita col patrocinio del re 
Stefano primo-coronato, l'apprendemmo dai fatti 
fin qui esposti, giova vansi i Cattarini per ristabilire 
quell'ordine che per le vicissitudini subite prima 
della dedizione ai re serbi era mancato, quando 
ogni loro sollecitudine in prò della patria fu resa 
vana dalla grave sciagura che colse i Bocchesi in 
seguito alle infelici sorti delle armi ungariche im- 
pegnate ad opporre un argine all' invasione dei 
Mongoli* Imperocché questi, devastata l'Ungheria, 
si posero ad inseguirne il re Bela IV riparato in 
Dalmazia, e discesi fino a Ragusa si spinsero, tra- 
versando (Giugno 1241) il territorio e la città di 
Cattare, fino a Drivasto, donde poi l'anno seguente 
si ritirarono saccheggiando e distruggendo per ogni 
dove passavano, * Ma i Mongoli mancando loro i 
mezzi per prendere il mare, limitaronsi al conti- 
nente, e l'antichissimo tempio abbaziale di San 
Giorgio, sullo scoglio omonimo presso Perasto, fii 

' Dì questo mausoleo non resta più alcuna traccia. 

' Palaòki : Der Mongolea Einfall. p. 382. Pessler. Gesch. y. Ung:arn 
(bearb. Klein) Leipzig 1867. I 375. — Thom, Arcid. Hist. Salonit. e. 40 
(Sehwandtner l. e.) 



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76 

runico monumento cui i Barbari lasciarono intatto. 
E però i Bocchesi quasi ad inaugurare il materiale 
risorgimento della patria^ provvidero tosto che dal 
vescovo di Cattaro ne venisse sollecitamente decre- 
tata la consacrazione. Fu così adunque che Deodato, 
successore di Biagio, incominciò il suo episcopato, 
stabilendo ^ per questa festa il dì XII del Settem- 
bre 1242. 

Deodato morì Tanno successivo. Fu promosso 
a suo successore un cittadino di Cattaro, Centiberio 
della famiglia de' Donati, che dal principio del suo 
apostolato ebbe a deplorare le controversie novel- 
lamente insorte (1249) fra il vescovo di Antivari 
e l'arcivescovo di Bagusa. Centiberio per obbe- 
dienza agli ordini ricevuti ^ dal papa, dovette intro- 
mettersi; ma la causa e la vera fine di questa 
contesa non riguardano i Bocchesi e noi tralasce- 
remo di occuparcene per registrare la traslazione 
dei corpi dei martiri di Lepetane a Ragusa, seguita 
ranno 1249. 

Presentatasi ^ in questo tempo a Centiberio, 
Catterina Marozia romana, monaca, stabilitasi quasi 
in religioso ritiro nel canale delle Bocche di Cat- 
taro gli faceva noto il sito ove giacevano i corpi 
dei martiri Pietro, Andrea e Lorenzo, asserendp 
aver avuto dagli stessi il carico di questa missione. 
E come Centiberio per ben tre volte la accolse 
con indifierenza, così anche il Consiglio Maggiore 
la lasciò dire e la derise. Sdegnata della poca fede 

^ Così l'anonimo nel ms. della Marciana di Veneda. e II Coleti ha 
ranno 1247. 1. e. p. 439 

» Parlati 1. e. 162-3 e 441. Lett. Perusii XII. Kal Maji 1251. 

' Zmajevich: Ljetopis Crkovni. ms. nella bibl. Smeechia in Baosfch. 

— Babich: CateUogo dei Vespovi di Cattaro (ms. presso Urb. Raffi|elli) — 
ad Centib. Donati. — Anonimo 1. e. — Parlati 47. 431. 441. — Raszi 
35. — Luccari: Ristretto degli Annali di Ragusa, -— Ibi. Trevisan. 1790. 

— Dolci, Appendini, Melezio, t'errari: Caialogus generalis ianctorum. '— 
Bolland. IL die VII, m. Julii in Prntermissis, 



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n 

oppostale dai Oattarìni^ fé' appello ai Ragusei, i 
quali, porgendo orecchio ai suoi detti, armarono 
sollecitamente una nave e spedironla alle Bocche 
col Capitolo e con dodici nobili. Giunti a Plavda 
a notte avanzata e recatisi tacitamente al luogo 
indicato da Marozia disotterrarono i corpi che ella 
aveva loro promesso. Trasportatili nella nave, ritor- 
sero tosto la prova verso Eagusa, privando così 
per sempre i Bocchesi delle spoglie dei loro martiri. 
Due anni dopo, la pietà dei Ragusei innalzò in loro 
onore un tempio. Distrutto questo dal terremoto del 
1667, fu dalle sue rovine (1801) eretta un altare 
ai tre martiri nel tempio di S* Maria Maggiore. 

Morto Centiberio fu promosso a vescovo di 
Cattaro il cittadino patrizio Giovanni ^ che assunse 
1^ cattedra col nopie di III. Ma Tanno 1254 fu 
l'ultimo di sua esistenza e la sede restò vacante 
dopo di lui per circa un anno. Il Clero in questo 
frattempo si resse secondo i canoni della chiesa. 
Ma l'appoggio che l'insubordinazione del Clero 
antibarino verso il metropolita aveva trovato nello 
stesso re, non fu nelle chiese vicine senza conse- 
guenze, avendo suscitati gli animi de' più tenden- 
ziosi. D'altro canto ferveva nella vicina Bosna il 
Bogomiiismo che inclinante a distendersi almeno 
fin dove giungevano i confini della influenza de' 
suoi re, aveva preso a perseguitare la diocesi cat- 
tolica di Cattaro, sia violentandone i fedeli, sia 
suscitando nel suo Clero odi, che avrebbero potuto 
condurne allo scisma una parte almeno. E poiché 
né il martirio subito dagli ìncliti Lepetanesi, né le 

* Ecco la lapide sepolcrale che lo ricorda: 

y)Praesul obiit Cathari Palritius Joannes insignis moribus et dogmate nobi- 

litatus, corpus habet lumulus quod iiovimus in cineres, Spiritus astra petit 

quem spes est glorificari. Anno Dni MCCLIIII.^ 

/V. — Le lapidi sepolcrali dei vescovi di Cattaro sodo infisse nelle 
pareti della cattedrale. 



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costumanze introdotte contro Tuso dei sacramenti, 
né finalmente il tentativo di spogliare il vescovo 
dei diritti avevano potuto indurre i Oattarini al- 
l' apostasia, s' incominciò dal proporre al sacer- 
dozio bigami ed ammogliati e gente d'ogni fatta, 
capaci di promuovere il disordine e lo scandalo 
con grave disdoro di tutto il Clero. * 

Pare che dello scopo di cosifatte promozioni, 
sempre contrarie alle leggi ecclesiastiche, il Capitolo 
di Cattaro si avvedesse solamente quando ebbe 
a provarne gli effetti. Forte allora come in ogni 
tempo del suo attaccamento alla chiesa Romana, 
nella pienezza de' suoi poteri decretò doversi to- 
gliere ad ogni costo l' uso incorso, minacciando di 
scomunica chiunque avesse osato proporre l'ordine 
sacro a persone contro le quali gravava il divieto 
dèi canoni; 



Il re Giorgio, dalla cui munificenza Cattaro, 
come si è già appreso, ebbe tanti vantaggi, col 
rescritto rilasciato ai Cattarini il di 15 Agosto 
1115 mise i nobili ed il comune di Cattaro nel 
possesso di tutte le terre che si stendono lungo 
le penisole del Vermaz e di Lustiza, la pianura 
di Cartolli fino alle Zupanije di Garbalj e Prevlaca 
^nel patrimonio ^ che riedificano la Giesia (chiesa) 

1 Parlati 1. e. 441. d. d. 12. Giugno 1255. Ind. Xm. 

^ Il docum. è riportato da Flam. Corner (con la trad. lat.) 1. e. p. 
49-52. — Parlati 400. — Nani De Duobus Rassiae Imperalorum nummis. - 
Venezia, Albrizzi, 1852. — V. anche Maschek Manuale del Regno di 
Halmazia a. V. 156^160. — nei pairimonio intendi quam ab inilio ipsi 
quoque ut veri fundatores aedifkaeerant — Parlati 1. e. 



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19 

de Santo Arcangelo la qual a principio fo edificada 
per loro come per veri fundatori e cusi la Giesia 
reedificasseno.^ — Né fu mai alcuno, almeno così 
è rpemoria, dei re succeduti a Giorgio che con- 
tendesse o mettesse in dubbio il limite da questo 
rescritto assegnato al dominio del comune di Cat- 
tare. Ciononpertanto i patrizi desiderosi di essere 
anche per V avvenire in qualche modo garantiti non 
solamente nella pienezza della loro libertà, ma 
anche nell'integrità dei loro possedimenti, reputa- 
rono opportuno di mandare ad Orosio (1250) due 
ambasciatori, per conseguire una volta di più la 
riconferma del privilegio ottenuto da Giorgio. Mauro 
ed Orsatto a ciò delegati, presentatisi al re con- 
seguirono un nuovo rescritto, nel quale questi ^re- 
dendo che sono vere le scripture le quali erano scripte 
nei MCXV Nativitate domini a di 15 Aoosto^ e ve- 
dendo che j^fidel s&entilhomeni de Catharo d'ogni ora 
et tempo a mi otdeno....^ dichiarò: y^benedissemo et 
benedi^mo. tutta suprascripta scriptura a Catharo, 
tutte le possession delle vigne et orti, Lustiza^ Pasiglav 
e la Pianura in aeternum.,.. in confirmation de li 
Brevelegi de Domino Domino Re Zorz>i^ lo qual por- 
tasseno suprascripti Zentilhomini de Catharo.^ 

Assicuratisi per tal guisa che la protezione 
dei re non sarebbe loro mancata con danno del 
comune, i Cattarini volsero tosto le loro cure al 
commercio e alla navigazione^ ottenendo dai vicini 
quella libertà e quelle franchigie ch'eglino pure 
accordavano agli esteri che approdavano alle loro 
rive. Di un simile vicendevole accordo si ha me- 
moria nel trattato ^ stipulato il di 26 Dicembre 
1257 tra i delegati nobili cattarini Basilio de Brace 
e Giovanni dei Gige in nome di Dessano conte 
di Cattaro da una parte e il Consiglio Maggiore 

^ Ljubich* Monumenta. I. 89. d. in Cattaro. 



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80 

di quel comune dall' altra^ col quale fu statuito che 
qualunque Cattarino si trovasse per ragioni di 
commercio a Ragusa, e similmente qualunque Ra- 
guseo a Cattaro, potesse comperare e vendere senza 
incorrere negli aggravi doganali, salvo sempre il 
caso in cui avessero a tenervi bottega. Il quale 
dociunento confermò l'altro trattato, * in forza del 
quale fin dal 1206 i porti delle due città erano 
aperti e sicuri ai rispettivi legni. 

Frattanto il Patarenismo aveva prese radici fra 
i popoli della vicina Ercegovina e della Bosna, e 
già facevasi sentire anche tra i Bocchesi il bisogno 
di un braccio forte che preservasse i dogmi della 
cattolica religione da quegli errori che tanto vio- 
lentemente si procurava diffondere anche lungo la 
costa orientale dell' Adriatico. Cattaro allora scossa 
dair entusiasmo che la presenza dello stesso S. Fran- 
cesco aveva destato per il suo ordine in Zara e in 
altri luoghi della Dalmazia, chiamò sollecita entro 
le sue mura i seguaci dell' Assisiate, prevenendone 
i bisogni con larghi donativi. ^ Ed i Francescani 
si cattivarono ben presto T animo dei cittadini. 
Natale e Picenego di Dragone de Scleppi andando 
a prendere domiciliò in Ragusa assegnarono loro 
in dono con tutte le pertinenze una casa situata 
presso la porta di Gordicchio, coir espressa condi- 
zione ^ che dovesse essere restituita ai proprietari, 
ove i Minoriti avessero creduto di non se ne poter 
più giovare. Il Wadding poi ha il Breve col quale 



^ Appendini. Notile si, criL ecc. e. I. 277. 

^ P. Marcellino da Civezza. St. unto, ihiie Missioni Franceserte. 
Roma. Tip. Tiberina 1858-66. II. III. 223. 552. IV. 105. 427. 500, 596 
— dello stesso: Cronaca delle Missioni Franca, V. 193. (Monaldi. Roma 
1865). — V. Fabianich. Storia dei FF, Minori in Dalmazia ecc. Zara. 
Battara 1863. IL ad Catterò. 

^ Doc. orig. presso Urb. Raffaelli — Cop. da M. G. Fort. (d. d. 
Ragusa 1 Sett. 1265.) 



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81 

Clemente IV loda la pietà del patrìzio cattarino 
Tommaso Basili che a quel tempo (1268) si era 
incaricato dell'uffizio di sindaco dei Minori di sua 
patria. ^ 

Contemporaneamente furono chiamati in Cat- 
tare i figli dell'ordine di S. Domenico. Il nobile 
Paolo Bari colla moglie Bona, sorella di Marco 
allora vescovo di Cattaro, volendo, perchè privi 
di prole, impiegare il proprio patrimonio in, prò' 
della religione, edificarono dietro la cattedrale il 
tempio di S. Paolo e d' appresso a questo un comodo 
monastero, che ofirirono ai Dominicani di Ragusa 
perchè quivi si stabilissero. ^ 

Con l'opera di questi due ordini e la solleci- 
tudine di tanti generosi cittadini, Marco ebbe la 
soddisfazione di vedere ritornati alla cattolica chiesa 
non pochi renitenti, e altri comechè pochi, che ade- 
rivano alla setta dei Bogomili, senza perdere punto 
di quell'affetto che il re, manifestando devozione 
per la chiesa romana, avevagli addimostrato ogni 
qualvolta ebbe a rivolgersi a lui pei bisogni della sua 
cattedra. ^ Tanto anzi volle Orosio apparire solerte 

' Fabìanieh St. I. e. 88. 

^ Ift questo cenobio, passato poi alle domenicane, menò i suoi giorni 
la h. Osanna dì Montenegro (vulgo di Catlaro.) Fin dal 1814 il tempio 
ed il convento sono ridotti a caserma militare. L' atto della donazione ai 
Predicatori di Ragusa è segnato 8 Aprile 1266. — Ecco la memoria del- 
r origine del convento, scritta in versi leontini ed incisa sopra la porta 
maggiore del tempio: 

Anno Triceno — bis terno mileno 
Quo fuit Urbanus — vice quartus Papa romanus 
Orosio dante ~ Domino regnum moderante, 
Ecclesia Christi — cum Marcus praefnit isti 
Vir generis clari — Paulus cognomino Bari. 
Nobilibus nata — cum coniuge Dobre vocata 
Istud fnndavit — templum gentisqae dicavit 
Doctori Sanlo — mutato nomine Paulo 
Pro quibus exores — quisquis venia hiic ut ores. 
Quod coelos opere — tali mereantur babere, 
^ Parlati 1. e. 442. -- Anonimo ibid. 



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82 

in prò' del cattolicismo, non però smettendo del- 
l'usuale predilezione verso i Patareni, che avendo 
certo Basilio Drago involato dalla chiesa di S. Luca ^ 
una particella del legno della croce, T immagine e 
delle reliquie di S. Trifone, ordinò ^ al conte di 
Cattaro che convocati nella chiesa di 8. Trifone 
il clero ed i nobili della città e fatti esporre gli 
oggetti furati, fosse coram populo pronunziato V a- 
natema contro il reo. E quasi a dimostrare che 
un oltraggio fatto al culto cattolico, non poteva 
essere tollerato nemmeno dai Patareni che final- 
mente questi non tendevano ai danni della chiesa 
cattolico-romana, ordinò che a quella cerimonia do- 
vesse prender parte anche il patareno Neofito ve- 
scovo di Zenta. Neofito difiatti discese a Cattaro 
e il di 18 Agosto 1270 nella chiesa di S. Trifone, 
sebbene non conforme ai canoni del suo rito, si 
unì al vescovo e al clero di Cattaro per soddÌ3fare 
alla decretata sentenza. 

^ Fu edificata questa chiesa dalla pietà concorde dei conjugi Marco 
di Andrea Casa Pranci (?) e Èona figlia di Basilio Priore di Cattaro nel 
1195 — Cosi di essi T iscrizione che tuttavia si leggpa sulla pajrete esterna 
della detta chiesa : 

f In Xpi, Nomine. Anno ab Incarnatione Dui {Nri Jesu Xpi, Millesimo 
Cento. Nonag. Quinto Ind. Tertia| Decima. Bgo Marcus Filiiis Andree Casa 
Franci. Una cum {Buona mea conjnge filìa Prioria Basilii ediftcavimns Eccfemj 
ad Honorem Dni et Sti. Luce Ap.li et Evang. p. remedio Aiarum nrarum 
|et omnium fidelium Xpianorum sub tempore Dni Ne| Mane Magni Jupani 
et fili sui Velcami Regi Dioclie |Dalmatie Tribunie Toplize et Bosne Oms 
qui legitisj p. nobis orare dignemini ut Xps sit nobis semp, vita. Amen f 

Dal suo slato attuale argomentiamo una volta di più T inutilità dei 
decreti di Nemagna contro i monumenti dett^ arte bizantina in Cattaro. (Neal- 
Notes Ecclesiologal ecc. 1. Ci p. 169) cfr. pag. 65 di questo libro — 

È funzionata secondo il rito gr-orientale fin dalF anno 1689, nel 
quale fu ceduta ai gr. or. pubblica auctoritate verso un annuo livello alle 
monache degli Angeli — Vedi Lettera del vescovo cattolico di Cattaro a 
Benedetto XIV Papa — d. d. 7 Settemb. 1747 ed atti per T ampliamento 
della chiesa di S. Luca anno stesso — Archivio del Capitanato Distrettuale 
di Cattaro. 

* Parlati ibid. cfr. Bogamili i Patirmi (nel Rad JgsL Akad.) di Ra£ki« 



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Mentre tali cose si andavano svolgendo neir in- 
teresse del culto cattolico, il comune di Cattaro non 
trascurò i suoi interessi materiali. Nulla anzi lasciò 
intentato per migliorare le proprie condizioni, mas- 
sime per quello che riguardava la navigazione ed 
il commercio oltramarino allora come sempre unica 
fonte di risorse al Bocchese, Vigevano tuttavia i 
trattati stipulati coi Ragusei negli anni 1181, 1206 
e 1257, ma questi non regolavano che una parte 
dei bisogni del commercio, e la prosperità raggiunta 
ora dalla marina bocchese faceva sentire T urgenza 
d'una convenzione la quale avesse potuto, nonché 
regolarne i rappòrti con quel comune, assicurare V ac- 
cesso e qualche guarentigia nel porto che allora era 
lo scalo più facile e più favorito del commercio del- 
l' Ercegovina, Andarono perciò a Ragusa delegati 
i cattarini Trifone arcidiacono, Tom. de Drago, Ca- 
listo Povergeni, Giov. de Pribi, Martolo de Pa^ 
squali. Michele di Pietro, Dimne e Giovanni Be- 
lecci, per dévenire ad un nuovo patto con quella 
repubblica commerciale. 11 ^ 5 Luglio 1279 nella 
sala del palazzo rettorile di Ragusa, * fu infatti 
firmato il nuovo trattato, mercè il quale i dazi ed 
i diritti marittimi venivano reciprocamente modi- 
ficati^ regolate le leggi sui debiti, ed assicurato sì 
in tempo di guerra che in tempo di pa^je, libero 
r esercizio della navigazione fra i porti delle parti 
contraenti. Ma più dei capitoli riguardanti il com- 
naercio e la navigazione dei cattarini, importa qui 
rilevare le condizioni alle quali i Ragusei sono de- 
venuti alla stipulazione di cosifatto trattato, impe- 
rocché se queste dalV una parte danno al documento 
piuttosto il carattere di alleanza ofiensiva e difen- 
siva tra i due limitrofi comuni contro i re di Ras- 
sia, che di trattato meramente commerciale, mentre 

^ Ljnbìch. MonumetUa I. 120* 



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84 

il commercio ne' suoi dettagli vi si fa conoscere 
siccome pretesto, dall'altra le condizioni dell'al- 
leanza stessa sono la più solenne prova dell'im- 
portanza alla quale il comune di Cattaro era salito 
in quel tempo. Premesso adunque che scopo del 
trattato era unicamente il desiderio di vedere as- 
sicurata la pace e la concordia fra i comuni, vi è 
poi detto che quando il re di Rassia avesse voluto 
muovere guerra ai Ragusei^ i Cattarini si sarebbero 
tato posse suo adoperati per impedirla: e pel caso 
che ogni tentativo fosse riuscito infiruttuoso e la 
guerra avesse dovuto aver luogo, prima della dif- 
fida sarebbe stato stabilito un termine di tempo, 
nel quale i Cattarini avrebbero potuto mandare 
ambasciatori per ottenere pace a favore dei Ragusei. 
Le quali condizioni accennano al comune di Cat- 
taro come ad uno stato libero nelle sue azioni, 
indipendente affatto, ebbene protetto dal re, ca- 
pace di impegnarsi e colle armi e colla prudenza 
diplomatica a vantaggio di uno stato, come era 
p. e, il comune di Ragusa, anche contro il re me- 
desimo, da cui del resto può sperare molto a fa- 
vore altrui anche senza procedere ai fatti, perchè 
vi gode i^on poco influenza e considerazione. 

Né questa fu la prima volta che i Ragusei 
mostrarono dì riconoscere l'indipendenza del co- 
mune di Cattaro. Il trattatto in discorso non è altro 
che la riconferma di quello segnato nel 1206 in 
cui è detto: ^ ^Se Cattaro sarà assediata per mare 
da qualunque potenza, fuorché dai Veneziani e dai 
Re di Sicilia, con cui Ragusa ha delle relazioni, 
i Ragusei ne accorreranno alla difesa, e l' istesso fa- 
ranno i Cattarini, se V assedio di Ragusa non sia 
però posto da Stefano Grangiupano, o dal suo fra- 



* Appendini. Notizie ibid. 



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85 

tello Velcamo, con cui Cattare ha dei particolari 
impegni. I buoni uffizi per procurarsi a vicenda la 
pace avranno luogo in tutti i casi e la premura 
di perseguitare i corsari dovrà essere comune;.^ 



XI. 



Intanto ' Orosio 1, il terzogenito del re pri- 
mocoronato, che succeduto nel dominio della Serbia 
ai ftatelU Stefano Radoslavo (1224-1234) e Stefano 
Ladislavo, ne aveva fin dal 1420 felicemente gui- 
date le sorti, fu costretto (1272) ad abbandonare 
lo scettro, e fini di crepacuore a Durazzo. Impe- 
rocché il figlio Stefano Dragutino, impaziente di 
succedergli nel potere, gli levò contro poderoso 
esercito e soprafattolo presso Gacko in Ercegovina 
lo destituì proclamandosi re di Serbia. Questa fine 
toccò il re cui la storia serbica ricorda col nome 
di „ grande.^' Della munificenza di Orosio I l'istoria 
bocohese, dopo il rescritto da noi già ricordato, 
registra V ampliamento territoriale dei possedimenti 
del comune di Cattaro colle Zupe di Garbai da 
lui ricevute in dono. ^ 

Né meno di Orosio si mostrò sollecita in prò' 
dei Cattarini la sposa di lui Elena Maria Chieriz 
figlia di Balduino li da Courtenay imperatore di 
Costantinopoli. Quei di Spigliari, gente senza dubbio 
derivata dai Cattarini ^ che essendosi boia riparati 
dal furore de' Saracini (867) non furono più nel- 
r opportunità di riton^iare alle patrie mura, traendo 

^ Ljubic. Ogledalo 1. e. 166 e seg. 

^ V. il prÌYÌl. dì Stefano Dnscìano Siini d. d. 1351 FI, Corner 1, 
e. 54-58. 

^ V. p. 33. di questo libro, 



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86 

il vivere dalla pastorìzia^ rivolsero preghiera ad 
Elena perchè fossero demarcati e garantiti loro i 
terreni entro il limite de' quali nessun altro avesse 
avuto il diritto di penetrare col gregge. Elena ade- 
rendo sollecitamente all'inchiesta stabili il deside- 
rato limite^ y^camenzando da Schurda^ ^ così il regio 
rescritto, ^ y^ verso Pestingrad drito in Kerstaz, da Ker- 
staz et come core el torente a Zueroniak e Zapezno^ 
e mochra-ploza fin el pian de Catharo et la montagna 
de Zator.^ imponendo a chi avesse osato violare 
questo decreto y^che pag(h)i aUa mia regia maestà 
ppi (perperi) cinquecento. 

Dragutino perseguitato dal rimorso, dopo tre 
anni di regno, si ritirò (1275) ad espiare in un 
chiostro Tonta fatta al genitore, e lasciò il trono 
a suo fratello ^ Stefano Milutino Orosio II. Questi, 
smesse d'un tratto le simpatie che nel principio 
del suo regno mostrò di nutrire per i Ragusei, si 
fece, né mai se ne è saputa la cagione, il loro 
più accanito nemico. * Mancogli però il pretesto 
per venire ad aperta guerra, e d'ogni suo inten- 
dimento venivano preveimti da Elena. Laonde im- 
paziente di procedere ai loro danni, volse accor- 
tamente l'animo ai Cattarìni, e la sconsigliatezza 
di questi lo condusse infatti assai presto alla meta 
desiderata. Ed ecctìne il modo. * — Il giupano 
Dessa figlio del re Ladislavo ® e la madre di lui 

* Scarda alias Parilo. 

^ Maschek. Manuale del reg^o di Dalmazia a. V. p. 162 n. ex copia 
e relativa'' versione conservata neir archiv. degli atti antichi in Zara : — ^ 
copia e versione autenticate a nome del conte e cap. di Cattare Bertuccio 
Gabriel, dal cancelliere ed interprete Natalino de Methito addì 20 Agosto 
iod. UL a. 1470. 

^ Ljubió. Opis novaca ed Ogledalo 1. e. 

4 Majkov. 1. e. 30. 227. Appendini. Notizie 1. e. II 282. Engel 
Geschichte des Freislaates Ragusa. Wìen. Doli 1807 p. 115. 

* Appendini ibid. 

^ Lad. abdicò 1241. 



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87 
Belislava avevano lasciato in deposito al Comune 
di Ragusa degli oggetti preziosi di grande valore. ^ 
Ordsio II com' ebbe notizia ^ deUa morte di Dessa, 
per mezzo di alcuni delegati cattarini, ^ mandò a 
ritirare ogni cosa con carte sottoscritte in Cattaro. 
All'autorità dei regi rescritti i delegati arbitrarono 
aggiungere la dichiarazione che (2 Luglio 1281) 
nessuno avrebbe più domandata la restituzione di 
quegli oggetti e che in qualunque caso il Comune 
di Cattaro ne sarebbe malevadore. Necessariamente 
quando Belislava si presentò ai Ragusei per riavere 
le cose sue (1285), questi conforme la promessa 
loro fatta, ne ripeterono per mezzo di ambasciatori 
la restituzione dal Comune di Cattaro. * Gli inca- 
ricati non essendosi intesi, fatta scrivere una protesta 
(3 Ottob.) dal notaro veneto che ve li aveva ac- 
compagnati, abbandonarono Cattaro dichiarando 
cessati i rapporti amichevoli che per Io innanzi 
erano stati fra essa e i Ragusei. La guerra che 
ne consegui durò alcuni anni (1285-1298) e con- 
sistette in sole rappresaglie per mare, tornando 
perciò dannosissima al commercio marittimo di 
entrambi. Orosio II col pretesto di favorire i Cat- 
tarini, spinse le sue armi nei sobborghi di Ragusa, 
costringendone gli abitanti a ritirarsi nella città, 
ma né questo, né gli altri mali onde fu fino al 
1298 travagliato, indussero quel comune a metter 
fine alle ostilità, mentre il re, volto avendo V animo 
ad imprese di maggiore rilievo, privò i Cattarini 
del suo aiuto. 

Morto Orosio I, Elena si ritirò in un convento, 
ove anche morì dopo avere lasciato monumenti di 

^ Rad Jgsl. Akad. I 135. V. anche Ljubìé Opis novaca 3f. 
^ Appendini ibid. 
' ^ Giov. de Pribi, Nic. di Dabro, Giov. Gimani; Giov. Gille, Marco 
Hasiii 6' Téod. di Tom. de Drago. (Rad. ibid.) 
^ Ljubié. Monumenta i. 140. Majkov 1. e. 



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sua pietà in tutte le più importanti città apparte- 
nute sia per ragione d' imperio, o sia per patrocinio 
alla corona di Serbia. E come in Scutari, in Àn- 
tivari ed altrove, cosi pure a Gattaro, fuori del- 
l' attuale compreso murato, edificò (1288) di pianta, 
per i conventuali di questa città il cenobio e la 
chiesa di S. Francesco. " È anzi opinione che Y an- 
tichissimo crocefisso conservato nel santuario «Iella 
cattedrale sia dono fatto al tempio di S. Francesco 
dalla sua istitutrìce. 

Ma lasciando la corte per vivere vita contem- 
plativa. Elena abbandonò i' propri figli Dragutino 
ed Orosio II alle insidie de' Patarini, i moti de 
quali sotto il patrocinio de' giovani principi, di- 
vennero necessariamente sempre più perniciosi alla 
causa della cattolica chiesa ne' paesi dei Serbi. E 
però l'anno 1288 Nicolò IV inviò ^ a questi prin- 
cipi due frati minori, uno dei quali fu Marino da 
Cattaro, che li ammaestrassero e traessero nella fede 
cattolica, dando loro lettere per i medesimi e per 
la genitrice, affinchè ella pure mettesse in opera 
le sue sollecitudini onde ridurli quanto più presto 
si potesse alla chiesa romana. Ora a conoscere il 
successo che sortirono le fatiche del bocchese Ma- 
rino e del socio di lui, aiutati da Elena che con 
ogni maniera di venerazione e di affetto li ebbe 
accolti e messi nella sua grazia, basta sapere che 

* Corner 12. Parlati 429. 440. P«bianich. Missioni II 89, nPer 
motivi di difesa e mentre ardeva la gfuerra fra Venezia e il Turco, farono 
d' ordine pubblico demoliti ed in luogo di quelli riedificata in città (presso 
la porta di GordiccMo eh' è perciò detta anche porta S, Francesco) V altra 
chiesa ' coir annessovi chiostro." Il convento è ora destinato ad iisilo degli 
artiglieri di presidio; la chiesa a deposito di materiali da costruzione. — 
U. Raffaelli ^Chiesa e conv. dei M.M. €onv, di S. Prancesco in Cattaro" 
La Dalmazia a. 1645 (n. 19) p. 177. 

^ Marcellino da Civezza. Storia IL l e. Cronaca a. 193. De 6u- 
bernatis. De Mission. antiq. Uh. L e. IV. 150. 151. Y. poi WaddiAf, 
Pnynal, Assemao e finalmente FabìwHcb ^tor» l 116. Il 9B, 



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09 

CkiS^Q^ edificato dallb soUMiiadmi flei Qutf Fiàà^ 
c«fy^j$iii^ gi módttòl toirto pieno ài teiiercRZ|sa e * )dì) 
90lo pel ^ftttaticbmai domaiadaAdo ^ld98) al ;pàp|i^ 
i^^vi njiwicmfin vernati nell'idioma del tBno^pMÀBj 

^ m9do e£Seàci eranxo firatÉlniito FÌ|U8ott0> lèi 
pvei»W0 ^ dei Emacefitoani e éei Dòthiniosabi aji^ 
|veBiw> i G«ttmmi ì quali ile ypllero liimeiìtato >toi 
adh> fl|,VQMiidb l-ÌQdremeiìto' é.k; dttfisdone dei lerò: 
otdiiid^ I^ttì mentre il. Hobile Baldovino de Drago* 
impicfgtfva ^ran pat^ del proprio patrimonio hélh* 
ì Qseziiotie di un tetopio a S. Nioolòj * vèrdiantei 
Heiinid de fiibabi, osittarino, (1281) iimalzflute ìii> 
Priaeovo ub tempio* di cui fece domyaofPiedieattxrB 
di Ef(giiisa> ^ perchè quivi pore bì stabilissero^ ef 
meccò il favore del Comune vediamo eostituirBÌ ifa) 
Catturo Botto il nome di Bìzocche alcune pie donne 
descritte al terto ordine delV AAsisiate^ ^ 

Ma' se questi fatti attestano la pietà del popplot 
ejBsere stata a> quei ^ più che m«i feitma nei domìtii 
della cattoH^ chiesa^ rilevasi daltronde eotne* epxk] 
e lèf ib mezzo ai saoi rainìstiri avvenissero^ singoli! 
fatti cnon ecmveuftenti dia saoerdotale dÌBAiplì»ja;ì 
Il grudo e la> na^yura della corf unione aliai qolAM 
eriM^ abbì^ndonato taduno del elero di Budua> èi 
iodi^altó dai' cap. 365 detto s(tatu4io di quella cèbtk^/^' 
il qiì^e diiniiai alla peBuar di* peifperi cento (juei* 
pileti lehe imb&Bài^ a^rrebibeFO datai la< préferdnaa ai 
figli naturali e non ai genitori o ad altii^ leghtioiv^ 
parenti. E per non tacere di Domnio vescovo di 

1 MNroelL d« Cmtifa, GiMadatbìdI. 196 

^ Consecrato età Viweovo Doimo nelT à. ÌZWI FétMi 44^; t 9au<uf 
l#rì4r Mr Coyoeif eoiDu. 

^ Piypluli iWA Mitiila 4* Lefpea Oinlaftis CaSiaii — VvdcpIiDi MMr 
R. Heietti, cap. CCXIL p. 123. (d. d. 1323). ' 

^ bigf» l»n«fei|lÉlifc dìh Bttdua. Hsa! pttsMo lat Mairbìaini' dit Venezia 
CPl'a:Mm^3r7 (IVu ViaitalftiiMlt. Biblio|(T«fla dalmata* dafir> Codici« diHiì 
Varcìana. Cecchini 1845). ' , .. i 

T 



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90 

CJattaro che da mecenate dell' ordine dei Predica- 
tori di qaeBta città se n^ fece (1287)jtil più iiidi- 
spettìto avversario ^ unicamente perchè «edotìjo àa 
false accuse, e forse per far cosa grata a;l rè che 
li aveva persi alla sua grazia, diréfno che, come già 
gli Italiani dalla ferocia di Ezzelliitio, i Ctfttarini 
pronosticando da questi fatti il finimóndo, ^ tutti si 
dassero a vita di penit^iKa e di pregEìera; (Quindi 
nuovi tempi, quindi la congregatone dei flfagel- 
lanti o battenti costituita (1298) da ceutocinquàn-^ 
tatre cittadini sotto gli auspici di « Sanità Grocé. * 
Questa fratria, che ha il vanto di essere la più 
antica in Dalmazia, si mantiene .tuttavia, avendo 
però attraverso i secoli smesso il suo prisco rigore. 
Domnio stesso poi soprafatto dal rimorso smise ben 
presto ogni rancore per darsi a vita di espiazione. 
E tanto si umiliò, tanto fu prodigo de' propri averi 
in prò della religione e dei poveri, che essendo in 
obbedienza al breve ^ di Niqolò IV ito a porgere 
personalmente al papa le proprie discolpe, com^ 
parve in Roma in istato si miserando da abbiso- 
gnare fino di un vestito. Sta scritto nelle Régeste 
delle elemosine dei Pontefici che ottenuta (30 Gen- 
naio 1304) l'assoluzione papale, perchè povero 
bisognoso la Curia romana lo fornì (2 Febbraio)- 
di alcuni abiti, di un messale, di un breviàrio ^ 
di venti fiorini d'oro perchè potesse restìtuiirsi alla 
sua diocesi. * , » i' 

' Theiner MoDum. Slavorum Meridionalinm I. 105. 

^ Parlati 429. 442. -• Ta«lcKTÌeh 64. — L'ospizio df qn^ta fratria 
ftt. eretto nei 1372. Eccone T Scrizione commemoraléva : 
Anno MIIILXXII. Die III Januarii huius Ospitialis Opus'ad' D«v lautfeni' et' 
laudem et Honorem Sanctae Cracis Inceptum fuit per l^faft^ifttttì iScolae 
Swiclae Crncis tempore BeltramoH Dei in bollitale •^Magistéf Sdotae prae- 
dictae. H ,•'••.•..'.»•■■• 

3 Theiner ibid. d. d. Rieti 5 8«tt. 1888 a ilMiel» «baie di' Peklina 
(Pnkljina lin ìemipo monastero diBettedettiniàS.Giorgìó suììMsòfa di'Gi«ppina').- 

*JFarlati. 443. — Corner. ' l '«»'»' > n.i . • 



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df 



XII. 



U epoca deir istòria bocchese che ora vtiol 
essere pertrattata ha'.incominciamento colla mòrte' 
di rin illustife cattarino, vissuto' povero al secolo e 
per lo più lontano dalla patria, perchè impegnato 
a propugnare mercè la predicazione la causa della 
c^ttòìitìa Chiesa contro il Patarenismo. È questi il 
beato Marino ^ della regola Francescana, alla quale 
fu educato nel convento di Cattaro. Le sue mis- 
sioni in Bosna ed in Serbia sono già note; qui 
occorre, adunque, unicamente aggiungere che tolto 
a queste passò nella Tartaria a prender parte della 
missione ivi inaugOTata da Nicolò IV e che quivi 
dopo alquanti anni di vita apostòlica riportò la 
palma del martirio. 

Dopo la sua missione alla corte serbica si 
mostrò queéta da principio alquanto favorevole al 
ctìlto cattolico, il quale se non fu Sicuro di^ aver^ 
sempre in Steft.no' Orosio li uno zelantissimo av- 
vocato, ebbe ragione di sperare in lui un principe 
benigno e tollerante di fronte al Patarenismo oràtfaai 
bene radicato. Tale di fatto si manifestò quésto- re' 



' ^ Pabbianié I. e. II. p. ^8. - Ljubié. Diz. illustri Dalmati. -- 
Wftdditi§f ad a. 1288. e ad a. 1308. Dì Marino e del suo dodo có^i' 
Nicolò ÌV. ad Otosio: „ftros protidùs et discretos transmiiiimus ,:J'9Ìros 
y^èlecioà de Frattuin Minorùm Ordine^ ttros utique paup'eres in hòc mukd!ó\ 
^th fide dèmtos^ in lege DùmtAi piéHius eruditos^ dt7éciros ....^ e ad Elena 
ripetiili gli stessi elogi liello scritto Aea/è Vh Idus Augusti anno V: 
y^praèdictos ^óquè Fratres hàbéns prò divina et nostra revérén^ia '|?i^o-'* 
y^pensius comntendatùs :.,.^ . . - . = 



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essendo a Cattato nel 1305 allorquando riconfermò ' 
ai conventi di Prasquizza e di Gradiate nel terri- 
torio di Pastrovicchio le donazioni ottenute da 
Elena sua madre, alle pi@ sollecitudini della quale 
il culto cattolico doveva tanta parte del suo lustro 
a Cattare. In quell'atto di fatto vediamo coi ve- 
scovi cattolici di Cattare e di Antivari i vescovi 
greco-or. di Zenta e di Hum, ed il vescovo Pata- 
v^Og sm^ova,^ coqtìtiaìeBi.^vla s»ft iwrti^i Acl ^|®W «odo 
il 4qro ei:^ IwiPìglMWo et 4%'.primofl4^ #<$gq^^d# 
t^n^, genj^rofliità, « à^. talie tQU0j;^ins» ^B?^,:Cpnfl«ltQ 
^Pf^rar^ ^m' epoca, propperowWPOft 4i P*9P ?> direj^: 
gipi^ Ul?ertà. 

; A rAflfermw- PQÌ; gli ^.rùm yiy,witì *1V<ìW^ì» 
dj^l W9. pat|?09Ìnio i» aqe^ fatta l^sing^, ^^gvìme 
O^Q^^o ^l v^vo d^s^d^o n^Qsti;Mo dì -tr^t^rr 4elr 
l'^ima; svia con Aadre* da ^Pira appena; qwsti, fi* 
4^gatQ d^, Clemente V ^l^.^edem^rapoli^adi 
A^tiyarl, H novello pr^^to. seoopdp-i^ eifa^itQ WQ 
<^i.\^m/?njto,, fanirnd 4 ripiau^iftii^ SQft?5\l^a ^'.^fn 
rpre . ifl, cu^ viyev*. e a^ inviar^ pxm^ Vh *fl4<è Pwn 
tificia ambasciatori perchè vi p9ff<Hì.pft^p ;.tftlQ.,ÉftWi 
vjOloiii;^; Mo^^j.eglii 4i »4wù*:^^ dj; t)up|i .^p|o a 
tftje ÌB9Ìta»?i^tp,^ ^ <?apRj (}^H'pi}j^a^Ìj6ffÌ^'mw4^. 
i.,Ppbi^simÀ perq9p^gg^ JjlCa^^p, , tu^ai?^ :^, Jrifow 
]yÌ49h^ di Cìftt^rp„,tl Pap* gU;i;i^pj^§«.,cftnl«ttfi?*^ 
p^^, )i»iiie?pQ, di de^g^ 9, ri(fp,ve;fel*wa |»flQfeijtsw>pe,. 
4i fjBi^. e ]^ pfiftifli^pqft 4i ric9poiJjqfe).i,pii4<^,fty#, 
Q1?J^<?*..?I9«W^ ?.. peBSQ4i}^fiWi;e.«i|l, 4esÀdi^ft,f^p<^^' 



•■"^0 .«««((«r. *J. aftPV *»IW«.... epe. ia Kejer 1, e. \^\. 7(.. ^,Q. ^.„JPfi^ 
Jugosl. Akademie — Zagreb 1869. Znpan. Voi. VII.,8,,.,^^p,.,,, „ . 



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m di AVfet Mti Itfiiiòi-i, ^ér éàseré rtiéwè r&^&iàtéttóa 
loro il^endtò nel dbmitii della cattolica i-éllffióbe, 
il ^Otìtefifce ilello stesso mése (ilprllfe 1308) gif 
delegò frate Ghregorìo da Cattam, coti Un doóid a 
etti Itttìdiè iilimitata la libertà dell'anióne apostolica' 
si ndJft dtìrata della missione che rielF efttetì&ìóiiè. 
dèlie sue escursioni. „Se avverrà ^ — cosi Clemènte V 
ài bò^echése francescano -- che Itì dure del re é 
„rtìlili«à del sno reame chieggano V opera tua atriblié 
quelle tèrre non sue, nulla osta che tu posàèt prb- 
^irà«* la dimora per Ttìtilità della Chiesa e de* 
^sttOi figli-* — Gli premetteva però: --- ^Quando 
„a^rrAi dato fino àgli affkri spirituali che sono l' o^- 
„ getto precipuo del ttìo offizio, e a tiuelle incòtti-' 
^bense dhe bòqo indicate nella scritta da noi di- 
^reita alla peissona- di Orosio,: è nostra vdonftk dhe 
^dd lìoi: € dai Soggetti irvi meii2ìon«ti èia ogni eoM 
^totehtioàta e messa tO0tame(Eyte in pratica;^ — ^ 
Dalle ^qùaii .^rote chiaito emerge la ipredì^it&otìb 
non emsm Btàto V dmco carico del minoriffl caitA'- 
idii4) òhe già aa tempi di* Nicolò IV éVojà fa^ 
oonoftòeitei ìùi una iÀissaonie in Oriente e che a Bér-^ 
trando Cardinal k^ato ddl» santa^ Sede^ aveva ]i6^ 
v»«t^ggÌQW«8Ìrai sertsrigi. ^ ; — : Gregorio di fatto si 
reaò 91 <palle pariti e jvisse più anni con Oroai<D(,» 
CSUC0 ai lui; ed agU amici dì busl Corte;, visitò più. 
volste le /popttwtnini te*re, portando dovimque il 
lume dell'evangelica carità, e moA in biAÒna v^j- 
chiaia onorato nelle sue esequie dai figli di Elena, 
dqpp Aver ravvicinato prelati e sacerdoti dissidenti 
aikkOhiesa oocidetìtalle. 

M^o efficaci all' incontro riuscirQno i suoi co- 
niaiti A suir ammo' • del i re, il quale, veggendo^ V Un-^ 

* Maròelltìitt da divezza ttt: I. e. -^ FaBìanié t. e. — lUeinpr. — 
WàrfArfg. -'lìHm. Ogìemo ecc. I. ItS^. . . . ' 

« Fabianìó 1. e. II. p. 99. 



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a* 

gherìa angustiata da interni dissìdi, credette poter 
rinunziare al patrocinio del romano Pontefice e 
volgere liberamente V animo a nuove . conqmste. 
Smesso adunque quello zelo che fin qui lo aveva 
reso caro aUa cattolicità de' suoi stati, favorì lo 
scisma si, che i cattolici dovettero far appello al- 
l'influenza del Papa. ^ Giovanni XXTT di fatto 
aderendo ai loro reclami scrisse soUecitamente a 
Federico imperatore perchè aiutasse il re d' Unghe- 
ria contro i Serbi, mentre Carlo Roberto assestate 
le cose del suo regno, corse in armi e presso le 
rive dell' Obona riusci a vendicare i diritti alla 
corona ungarica, e a far riconoscere il primato del 
Pontefice e della Chiesa romana. ^ 

Orosio per la toccata sconfitta dovette neces- 
sariamente smettere per allora l'idea di maggiori 
conquiste e favorire ancora una volta ne' suoi stati 
il rito latino. Mandò quindi a Bari Abrado di 
Dessislavo da Cattaro coli' incarico di erìgere in 
quql tempio di S. Nicolò un altare d'argento ' ed 
alla, nobiltà dì Cattaro donò nello stesso anno (1:319) 
il tempio di Santa Maria in Rose (Porto R.) e 
quello di S. Giorgio presso Peyasto. * 

Stefano Orosio III (1321-1336), cognominato 
DeSansky, che gli successe al trono, continuò nel- 
r atteggio del suo predecessore verso la Chiesa 
romana, ma non ne tutelò in ogni incontro e pron- 
tamente la libertà. 



^ Portqtiam fidetn fefellisset, Catholicos praessisset, hi praesidiun a 
Johanne XXll implorarunt obtinueruntque ut IHierae ipsius anno HI (1319) 
Avenione XV. Kal. Juni datae contestantur. — Feier L e. Vili. 7. 52. 

2 Fessler I. A. ^Geschfchle y. Ungarn*' 11. 37. — Feièr Vili. 2. p, 
200. — Timon ),Iinag:o Nova Hungarìae^ Cap. XVIII. >p. . 220. --- Katona 
III. p. 416-17. 

3 Orbini 1. e. 255. — Appendini ^Illustri di Cattaro^ e. p. 59. 60. 
'- Ljubié ^bizìonario Biografico degli illustri balmati". Vienna. Lechner 1856. 

* Vedi privilegio di Stef. Dusciano. 



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9S 
Cantaro : intanto^ non è serajire aliena alle vi- 
oisaitudini religiose della Serbia, della quale godeva 
tuttavìa il patrocinio, fin dal giorno in cui Stefano 
Orosio II ebbe assunto il dominio di quel regno, 
ebbe giorni di pace in fatto di religione noumeno 
che nelle sue cose politiche ed amministrative. Non 
perciò poteva dirsi afiatto garantita contro il Pata- 
renismo che — già radicato nelle vicine regioni 
d'oltremonte. — r- minacciava invadere anche le altre 
torre. ;dۓlla penisola balcanica. Con Gregorio ella 
aveva perduto il suo migliore avvocato a Corte, 
e r apparente apatia religiosa colla quale Orosio III 
inaugurò il suo regno doveva indurla al timore di 
nonJontane molestie. Air incontro la pace religiosa 
goduta: .tanti anni e V efficacia delle sollecitudini del 
romano Pontefice verso, i re setbi a vantaggio de' 
suoi, fedeli diedero argomento at Oattarini a rite- 
néra se non impossibile , almeno assai lontana la 
riproduzione di? que' guai, onde la loro patria per 
Ip innanzi era qtata si di frequente funestata. Morto 
ppY^ il loro YfJBcovp, Pomponio (1328) ebbero a 
speriuii^ntare/,bqn di'^ere^mente;, , 
^. Baecoltiai.nel tempio di ,S. Trifone il Clero, il 
popsojp ed il Senato ; peri eleggere il succe^ore di 
PfWJfcponió). fu elètttì vescovo di Gattaro Sergio» di 
Daimp ideila. (Hobilé e patrìzia famiglia d^' BobalL 
L'elezione ^i-quesfjo. prelato, zelante prc^ugnatore 
dei c^tx>liieispDK>ynoQ! piacque agli avversari reU- 
gÌQsi di.qpiella città, e T arcivéscovo di Bari' a cui 
CattMiQdeira sufiraganea, aderendo ai loro voti, 
oppose il suo veto e creò in quella vece vescovo 
Tappetata Giovanni da Viterbo. Protestò Sergio* 
contro il favore, .accordato ad un apostata (1328)i 
ed ai suoi reclami fecero eco eziandio altri vescovi. 



1 Theinep 1. e. I. 165-66. 178-81. 



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li aroltiescovo fu destituito e Oattaxo data ad altra 
metropoli^ ma non perciò vi fìi rkt^bilito rxMfdti^e. 
GiovaiÉtni rìteuendosi già investito de)la c^anaide 
epi^popale di Cattaro in virtà dell' eleeione prepa- 
ir»feagU dall' arci veijcovo, venne in queste cJjttà^ si 
&4rmò bea presto un partito, ed elesse il proprio 
vìoarìo* Sergio, leso n?' suoi diritti dalla presenaa 
e pi^ dagli oltraggi dd suo antagonista, scrisse 
di nuovo a Roma, ed ottenne dal Pontefice il suf- 
£r^io iQ^iandio del Patriarca di Orado e di pus-eeciii 
v^fiovi (1330).' Ma le BoUeeitudini di tanti insigni 
ptelati non condussero Sergio ad essere tó<5ono- 
sciato nella sua dignità. Avvenne ansiehe essendosi 
Sergio allontanato per pochi dì <liiilla sua resìdenea 
psk ragioni ecM^lesiastiohe; T arcivescovo €rioviHiin 
ebbe tempo di ottenere dal ^Senato goveanaativo 
(1330) si stanziasse una l^ge in virtù deMa qui4e 
ifcessim cittadino avrebbe potkto ^ quel tempo in 
po(ij eésere eletto Vescovo di OsM^o. 

Sulla base di questa légge ^fti quindi tòsto 
iunpeditó a Sergio il rlt»«io ih patria, ed 11 fra-> 
tello, i parenti ed il suo vicario che avevano 'preso 
à: ^ofitìÉiievne i diritti, (fìiroi^o tradotti in caf^cere» 
B; quiasi questa prim^ violenta non^sse istata 'SU^ 
ficientfìy -col pirétesto sempre delk legge alloca 9ton- 
2alaÉa, il patrimpnio della foaniglia Bobali fìi^ con^ 
fisc^Q pe^ pjagaare l'ingente muka di pei^peri 3000 
ali ne, 1000 al ka^oneso, al (^oiitie 500, àfià Comune 
di ^Qattaro iOOO, ad ogni citt^kio di qqesla elttl^ 
500, ai giudici 200, ed altri 1000 distribuiti fra 
altri officiaM. ^ 

Giovanni XXU scrisse allora anche ad Grosio, 
iljstando s' adoperasse presso i Gattarfni perchè ri vo- 



* Theiner 1. i e. 178-81. d. d. 1 Luglio 1330* 

* Theinep p. 191. 



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09 
camino la i^ge Btanziarto a: danno éì Bèrgio; ^ e 
poiché anohe per questa via non ottenne di ved^r 
rioonosciuto Sergio, richiamato a sé il diritto del*- 
reiezione dei vescovo, dichiarò il Consiglio nobile 
di Cattare ribelle alla Chiesa e lo ftiMinò del- 
r anatema. ' Traslatato quindi (13S1 Apr. Ì5) Sergio 
alla sede Polense, forse per togliere cofì lui il pire* 
testo deirostinatezea conIxK) ai canoni della Chiesa, 
elesae vescovo dì Cattare certo R«,imando daCla^ 
reto. ^ Scossi dal rigore di queste mipure i Catta- 
rini, bandito dalle loro mura l' apostata e riv^cata 
la legge che riguardava l' elezione del vescovo, in- 
viarono sollecitamente ambasciatori al Ftspa pe>^ 
mspetifaane V assoluzione, ohe, premesse le cerimonie 
d'uso, ottennero di fatto il di 81 Ma^o I831> 
grazie le sollecitudini di Giacomo Oardi^^le Aròi-^ 
diacono in S. Teodoro. * 

n successone di Giovanni XXII <)ontinu6 « 
tutelare la causa della famiglia BobaJii, ma ofiÉetme 
unicamente la libeitfò. d^^ prigioni, i qaali abban-* 
donata la terra nati^oors^ro tosto a^cercareidti^ové 
pace e mi^ioie fortuna. ^ 

Budiu^ allora scossa daB' esempio di tatrte in- 
quietudini, vedendosi nel periccdo di 'soccombere 
sotto il peso di sintill imddiei, convocati pareste ì 
s«ibi Consigli, trovi^ idla sua volta opportuno dì 
prev^enire in tempo altrettantì orrori nel proprio 
seno. Stabilì quindi ^ che „pernissun tempo, nissun 
,, nostro cittadino b sa^k dentro la città, òfóra non 
„se possa intrometter a procurar de esser vescovo 
„per eletion del Capìtolo de la nostra città, né 

» IqaW^, Oglpdiilo i 6. l p. 173-4. 
" Theiner p. 183. 

3 Thekier p. 185. 15 Marco i331. 

4 Th^iser r iS^ ai.5 1^31. 

^ Ljubié ibid. lettera pout. 30. Agosto 133Cf. 
^ Leggi di Budua ms. e. ari. 1^4/ 



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^con la Signoria temporale, né per grifttid. papale^ 
^per alcun modo né ingegno, et se alcuno se tro- 
„va8se et andrà contro il presente comandamento 
„ volemo che paghi di pena al nostro Signor ducati 
„500 d'oro, et se per caso il Signor li donasse 
,, detta pena ò non la volesse cercare volerne che 
„lo piaghi al nostro Comun. Et colui che li desse 

„ aiuto o favore, pubblicamente che si potesse 

„cou legittima prova paghi ancor la detta pena 
„al modo sopradetto." 

Orosio ni aderendo alle instanze del Papa si 
adoperò a favore dell'.esiliato vescovo di Cattare, 
ma le sue sollecitudini non riuscirono sì pronte e 
sì efficaci come la Corte pontificia erasi ripromesso. 
Ilpatrocinio accordato ai Gattarini non lo auto^ 
rizzava ad imporre loro la revoca di un atto, qua- 
lunque ; d' altro canto poi le cose della reiligione in 
queU' istante T, interessavano assai poco. Egli aveva 
l'animo rivolto a cure di ben .maggiore rilievo: per 
la sua, corona. Feice adunque quel tanto che senesa 
disgustare, l'animo dei Cattarini^ avrebbe bas^o a 
non alterare i suoi interessi.. alla Corte pontificia^ 
. ; Ad , OrQsio successe Stefjariv> Durian' qogopminato 
Sil»i>, il. forte, (1336-rl356!) il quale domati gli altri 
Èupani,. : continuò la gmnde impresa iniziata da' sjijoi 
predecessori, che «doveva raccogliere éotto il suo 
sc^tjtro rimperio e la . Monarchi» di Costantino 
Magno. Ebb^ la Bulgjaria, ; la Servia,. hr Bosna, 
l'Albania, la M^oedoma ecc. che .gQvernif) da. solo. 
Si proclamò quindi Car. (Zar), assunse il titolo di 
imperatore dei . Greci e dei . Serbi, ^e mps$e ialja 
conquista di Costantinopoli durante la quale lo 
colse la morte nell'anno 1356. Ebbe cari i Cat- 
tarini e parecchi ne vplle seco a Corte,: onorati de' 
più importanti carichi del suo impero. Di tali furono 
p. e. Nicolò e Michele dei Bucchia, nòbile e pa- 



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•99 

trìzia famìglia di Cattaro. Di Michele sappiamo 
unicamente che i^el 1351 fu ambasciaibore a Ve^ 
nezia, delegatovi ad invitare il doge al convegno 
nel quale Stefano lusingavasi ottenerne l'all^na^a 
per r impresa, di Costantinopoli, As^i più sappiamo 
di Nicolò, ^ che la storia ricorda siccome valente 
capitano e prudentissimo consigliere del re. Educato 
all'arte della guerra, ne sperimentò per la prima 
volta il furore sendo alla testa delle armi cattarine 
ite in sussidio al re contro ai Bulgari. Come si 
mostrasse in questa sua impresa lo dicono la ban- 
diera e la croce, che egli coi suoi strappò all'ini- 
mico, e che il Re lasciò ai Cattarini, trofeo perenne 
di gloria e di leale attaccamento. Il Bafiaelli rife- 
riBce da un cronista che i Cattarini -k a perpe- 
tuare la memoria di tale successo -^.da quel tempo 

in poi usarono ^la croa>e ^ ^ -4— sópra il ^en^ 

dardo alla fa^ de S. Triphim inpiaia deS. Ti^iphon.^ 

Il re allora avutolo in speciale benevolenza lo 

prese seqo a Corte nel carico di suo ProtovesHar^iQ^^ 

^ HofiOLer qe dà il nome alterato in Beeehe^* V. Oe^l^rr. ,Gj6a9kf;:4lr 
das Volk — Voi. V. p. 18. (Wien. 1867. Staats Drackerei). -, 

« U. Raffaeli!. Botilo' di S. Tritóne, p. 2. — Gtelcich Gitó. La Mari^ 
nerexza.di Cattaro. Tije«te. Bello \S^Z p. 12. •> « -. 

^ Questa dignità TOrbini (p. 266) interjpi;eta in marcine nptiindo, 
y^ProioeesHatio era il gran tesoriere'^, L* autorità dqì solo'Orbini non ci 
è si^ciente. N^U'atto (d. d* 12 Ottob. 1344) d^Ila donazione del tempio 
e del cenobio di S, I^icolq (jchie^a oggi fiioi^iona^, giuftijft ài rito \gr.r:^) 
ai predicatori (Parlati VI..p. 446) Nicolò s'intitola y,Nps Nicolaus Bucchiq 
Comes 'CHumetairiias Excetlentissimi Domini Regis' Rassiàe'* Cioè 
Conte del Palalo. Il quale titolo, sapendo avere i Serbi adottate non 
poche delle dignilà usate alla corte Bizantina^ opineremmo dovérsi tradurre 
piuttosto con y^Protosevasio^f voee colla qaai« i Greci usavano- appunto 
significare il f^Comes Camerarins^' o Conte dei Palazzo, quapdo ^etò sia 
per r uscita (Protovesti-ar«o), sia per il fatto aver egli «ccompagnato il 
re in tutti i suoi viaggi non si volesse preferire la lezione ^Protospadar«o^, 
titolo di dignità bizantina dato a quello che colla spada sguainata prece- 
deva il sovrano. Non .è .fuor di proptosito' notare ehe gli scrittori in ge- 
nerale liannp tenuto la l^ione ^Protoxestimrio" e che il Ljnbié (Ogled; 
p. 175). traduA^e y^Komornik^ che è. quanto y^Comes Camerwius^s ^(Puèiél 
Spom. II. 19. Protovestiarius). 



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900 

Bto£ftno volendo Indi a poco dàt .HìOglié al 
proprio figlioio^ inviò Nicolò alla Corte di' i^nttia 
a ic|ùedergli in. i»po«a la figlia di qurf te. ^ Nico^lò 
aeseokoa Corte ooa grandfeftimo onojpe, fliunlver- 
ealmepte am|nirato ^ oomecdiè la miB^ione non 
aT»8fie il smecesso desiderato pure al suo ritomo 
m patria fu &e^9ào dell'insegna del giglio {Vero 
di quella casa reale, che poscia pet i&peciale ^on*- 
oeaaione ìnseià nel suo etemma e divenne il MaBone 
gentilizio della patrizia famiglia «cattatina de' Bue- 
Ghia, lilel 1 945 poi fu ìsvkvto a Venezia per esilri*e 
a quella Bepiubblica l' alleanza di Orosio contro le 
armi ungariche, eei ha la lettera ^ <^ollà qti^e pre- 
venne, il doge del calcico avivto. 

Il re ito quindi a poco a visitare le terl^èdcfgli 
stqii vifisu^ all'ombra del mo protettòrtirtO; Mtì^ 
dusbe seoo iSFicolò e dovunqtie^ il volle onoi^até^. 
Cobì •« eagioci d'««pmpio a Ragusa oye^vdoine^f^ 
lìsce il Luecafi, ^ fu d' cordine liov^rado as^itto al 
C^MTpo^ Nobile di q<iiella Bepobblica; ^a quale^ me»óè^ 
le sue valide istanze aveva tanto giovato conse- 
gnandole la ricottfenha del possesso dj Stagno e 
di J^unta, — VOrbinji * :fo fedo' epS#re ateftp il più 
intimo consigliere del re e lo lioorda «ìccjome 
/i^uamo teraft^ente; cki^rQ e pel valore e per ornamento 
(f Q0^i \vkitiih dfel ^uak iwdì^ « pottàlodme a *a- 
ètcmm la virtà^ e* pr^éessM. E f H«fler ricordando * 
Io scritto col quale il Fapa sollepita Nicolò. ^ 

^ Mtovìé M. «. Pi. 61. -^ Afpendim. Motiflie CHt«èÌèUvt.'p. f9f. 

^ LJNbié. il. p; 379 (Ca^JCffl. d. è. Ottobre). 

^ 1. o< p: !Bfr« PaiBS MiczkMfviezv Gmili pof«tori ilUrit*. Zitf0, M* 
tara ihWù^ p. 13. e. n. 

« l a p. Mi. 

^ ibiA p. 3ea 

.^ h e; pw IB ^..mÌii dsr Tliat (liiiteliieir eìntft Kifcbficihéil' Ve^efaii*- 
Ifm^ Berìàfmi ìùà Rom £U MMàiu>> iadèt 8i«h< ulcbv bl&s eiil- fkAkH^llìfe» 
dto flpste». as. Slephan. Bu^aD ..^ aondean^ aéeh «# ^NikòtiMM' iabishìà ..... 
Protoveatiariua. . i . 



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«ni 

ado{ti«!rftrsi j^emo ii ra iwì^Ia quistione cM rìAvvi- 
outaDae^to «eli» 8«rlÀa ali» dd^sft ramanA^ dii^o- 
strot QoiQfì il «uMrixo Boei^ia £e^issq tewitei ia <}iiAl«tiEi 
qcxaìq «dobe pKoaeo 1» C<h^ iNMift^cia. L'Appeor 
dini pai Air^utoriità éell' Obino aggiunge oha » Ni- 
col^ 9m^tèi il «tto^ pri»«}fi«t iw i pùàk IwiHanti soet- 
oepsj»»'* "- , Desilo jfu, * oesar^ai «uoena kt , stesso 
^^tore^ che 4«.Stefan(0 focQoooifecinttrè'a' BfligeUfei 
la ^QnAWoiK^. di Bitagno-ediNe nel 13^ K» p«-s»«8e 
a poetissi «iQlla» fogìna « Baguem. 

Da Bogusa il TQ. si poré^ eoa le gaiette lagKta^ 
a (^ttMCo, ^ seopU» vi* vea»e «nobe i«l Bucuehi^ a 
cui dopo il lustro della sua fama q«^a città- do- 
veri» non pochi, beKual&eì. 

Non fa liWBtiieri diare con quanto anoee. fti aq- 
cp\t(y. ij re. ,(^ Ofttikarìiii, i qn*U l!anaò seguente, 
(18d>l) mian^l«^ 9% sua Corte aoabaseiiEukNri ,i luv 
bilie^nti g«9>tLlwttBà«i Michele Biteqhia,. BiTito Bi^,. 
Giov«n^ Ba»egH, Gregorio Gi«iv«»i e< Natale. Ifolf- 
1Ì9%. ottqnnei;^. 4a lui k nqonfeKBftft. dei pri\4k©i. 
rìfc^iafe 4^' sQpi pI|ed^Q9aswii alla «©«tBa, ejitt^ €( 
r wnpli^pftntia!, dpi loro» dOBaiw. cqì jv(t)S8edMn«»*l -di. 
1>»g^lt^ BiwiQ»,, .fci^eivic^ con l«t vitìe:. e. pejrtir 
Aew^^ fi» l^t iìwtHiiMm, I,<ed«nia5e sup* ed ip^. «.2a^ 
Im, con^,!^ QOfttewnftiw, tfiTre>, , --r-" — «wn^ a«Wl¥», 
<i«<^^ jPQSfi, il, reswittiQvd* §>ttP(fo^o, ' %(!H>r:W.«i<S^«** 

j^lmmd^ 4^ 90vr<ii^ « ck). «(^'«i 40f» MAfi M 4«i c(w/i«i..«\ 
^^clMt ^ 4ìf ^hqmgm Pofifigmr»». 6*0 www» 

y^tiUiósi ^ Sé queìkkli0f9 ogni ma\ ooftHtfià. comA^éA 

^ Noliiie 1. e. 11. 121. 
^ ^^r. nidbm^'MoD. Serb. p. 149: N. €lgL}f . (d. d^. fHStitta, 139f); 



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102 

y^.j.'è diktò tante de [Zappa de Garhli^ quanto de le 
jyf>igne de Ulastici {Lusticd) e de tereniy Prodi e de 
^^Pa$culi cum HUe le sue Èmirae^ perlimntie .... Lo- 
y^si^a (Jo8Ìca\ Dobrota fina Gluta {Lfuta^ Olitila ital.) 
^6 Monastero de San Zorzi cùm tute te peHinentie 
y^sne.d.. e vedendo le seripture .... come..., ReZorzi.... 
^a la Comunità de Catharo benedisse é con firmò la 
yjGiesià delP Archangelò in mar piculo .... e adesso 
j^ioró o dato de più. u. dietro el Tragett&^ Bianca e 
^Crusceviza cum tute le tille, confini, sue giurisdi^ 
y^zioni in fina la Fiumara de sotto e de sovra, Exalasi 
yyCam tuH i sui confini, sia de soprascripti Zintilho- 
y^mini è de sua Zità.^ 

Tale ingrandimento di territorio portò' neces- 
sariamente degli inconvenienti coi limitrofi che ne 
violavano i confini per cui fruendo della presenza 
deir Imperatore in Budua, i nobili Cattarini Michele 
Succhia, Bruto Bisti, Marco Bagassi, Pietro Buc- 
cina e Drago Marco gli presentarono querela in 
nome della patria. Stefano compreso dell'equità 
delle loro doglianze, raccolse nella chiesa di S. Maria 
ir Oonsiglio della sua Corte, e quivi dettò egli 
stesso i limiti dello stato di Cattaro, imponendone 
ai confinanti la più rigorosa osservanza. Ed ecco 
come si* esprime nel suo imperiale rescritto: ,,Da 
Jas 4n piera rossa a Prieuùr aita Gièsia de San Trifan 
in suso atti coppi a là scala de Bubouiza^ a Vetma" 
fosèa in Pouisdoy cusi come sono segni sei^adi per 
tempiere per mezo de Drienùuióh'in suso in Satnno^ 
giano, in ^ suso a la portò de 'MaistoTe in dietro per 
tutta la corona de la montagna. Per la òorortà de 
Làutien^ pei^lu costiera in fontana d^ €orUhe ^de fo 
dà^ la' fontana per mezza^de - la valle de lasiuizaa 
ChersteZy in Pestingrad in dreto a Salase per la co- 
rqn» 4el ^n^onte, in zoso ai fmme de, GUnta. Questi 
sono li confini antichi de Catharo fina é' li confini 



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che ha Hàdè ef nostro Imperio h; là. àomuhilà déCà^ 
thàrù^ !3eé'Lddeni!6é et Saìase:.,:Ì)alf altra /parte pét 
la riviera de la marina^ comenza i cénfim de Ca- 
tharOy dui mar de Cùtharo fiho a Gìinfa tutta' Do- 
bròtà.rE de r altra piarle cothema li confini de Catkàré 
per là rióiera ; dei mare a Bòhonistà et casi a M'tó- 
ùtùcha d la^ Giesia de Santo Archàngelo Michtièlè^' 
Gi^èia reàouàdà per i Hsèntilhuomeni et Comunità de^ 
Càtharó^ z>o che coté fermò et donò el nostro Impeiio' 
a Catharo^ et Lustiia imm tutte k pertinenHé^ et plani^ 
^ cùstiete^ et ville .... et cusi indretò per marina a 
Rnoxé à' la Giesia de Santa Maria per riùiera de 
mar a Jas.^ 

Das Gorazda adunque compresa la riviera di 
Dobrota fino a Zalasi e Ledenize^ quindi le due 
penisole del Vermaz e di Lustiza, e finalmente le 
pianure di Cartolli e di Garbai fino a Jazi, ecco 
dove si estendeva il dominio del Comune di 
Cattaro. * ' 






!: ••! 



* 'Mòhti erti e dirupata, vaste località* 'inferiate è. 
rese sterili da torrenti impetuosamentjé precipitanti 
dai somilii càciiirii, spesso a danno eziandìo del- 
l' esistenza personale degli abitanti,' ^ estesi 'tratti 
bùotìa pìarte deir anno per la ìorq geografica piìfei- 
tiii-a priSfi del beneficò ràggio del sole; ecdò^ rin- 
fejic?^ ca^rattere^ del suolo delle bocche 4i Csittaro, 
all'aspetto si deliziose ed ' amenie. Necessariamente' 

'»V.PrtV:t riportato da' éòrner 50-^1 -*4 (^collà traci.)' Stólàta 'il.\ 
271-274. — Segaimmo la lezione' di' 't(ae^t^ ultimo petcKé menò scorretta ' 
di quella del Corner. • '" - *• •••• ' ''' ''"' ••""•' "' •''*''•''' ^ 



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tv^a ^o^ pinbi flioddiBfai^fì «he^ aUA> vomnMr pai^ 
d^' suoi Iptisc^iìi. * 

Al tampp. (aecolaXIV) di C5ui qui à pwol% le 
ptwjwa di Teodo e di Cwtolli ed i^ parto queU» 
di GaKbaUi eran^ le uniche term produttive 4i 
qualphe importaB^a appafteu^nti al dQmi»io del 
OomttB,» di Cattaro; della fertile riviera di Castelr 
WQvoi gli appai^ueva appena la parte più piecoi» 
e ^oriwiatajKiieQte la^ meno prodianttÌMa.. 

Ài Bocchesi qaiudi. faceva mestiere ripetere dal 
mare qtjaUe risorse che d'altronde won potevaao 
loro derivare. Molto tempo innanzi di fiitto Be 
avevaao tratto grandi vantagg^y e ce lo attentano 
le spequlazioni, di ]VL Boiiascio nelVA^a soiaor^^ 
i pre^ioai oggetti d'artp conservagli da q^ei dà, il 
iHStro materiale della città e più che tutto il &ot- 
Ipcito incremento della famosa Corporazione dei 
marinari di cui è a noi monumento la Marinerez^. 
Ora all'incontro a poter fruire del mare faceva 
mestieri accapararsi il favore de' Veneziani i quali 
sia col favore dell'armi sia mercè speciali trattati 
s'erano appropriato il iBOfìopolio del commercio 
marittimo dell'Adriatico. 

Dall'atto con cui Venezia nel 1282 (Ottobre 29) 
decretava, il baqdP delle monete- falsificate, di* certo 
Bresc<?,, appreiidiamo che a quel tempo iif Cattato 
eliaco domiciliati.^ non pochi veneti trafficatone 
l;ia pfeaepiza pei di un console veneziano in questa- 
città c'induce a concludere che ii rapporti coi».- 
m^roiali fra quella B^epubblica e il Comune di 

' A gìuslificatìone ' dì qaantKr (|aì si asseriste e che iremlfrerà coli- 
lMÌTe>,^n(lintor9t^ è*4pHo ateorpr celc^nnèoK la vKgbezttt dia|t'0aiaAè di 
Cattaro, ag^ungasi tutto eh" è in esso di delizioso e di ameno doversi alle 
mnltiformi. siiKUOMtà dellai coii^a^ jroso allo stator attuali» al p.cfMO di* seco- 
lai'i, e„ nece9i»iriaiQc9iit«. dianeaidiowaiinit travagli; 

^ Ljubiéi Monum. SI. m. I. 133 (GXCVIII). 



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105 

Càii^uro devono essere stati convedìeotemeiite re- 
gelati; ed in fine che Cattare se non frui il bene^ 
fìzio di uno speciale trattato, ad ogni modo vil^se 
con essa in buon accordo. 

Tale armonia però non durò lungamente. Ob- 
bligato dalle ristrettezze nelle quali in quest'epoca 
versava il suo erario^ il Comune di Cattare malico 
di pagare al tempo stabilito il debito incontrato 
coi veneziani Lorenzo Mengelo e Hetro Savbnari 
per sale da loro acquistato. L' indugio del Comune 
impazientando i creditori provocò l'ita della Ee- 
pubblica che * d'un tratto vietò (1288) ai pre|)tì 
non solo di accordare ai Cattarìni il fido ohe tanto 
agevola lo spaccio delle mercanzie^ ma bensi atiché 
dì portare e mandar sale al mercato di Cattard, 
E questa prima ostilità fu quasi il segno di una 
persecuzione lunga ed accanita che i Cattarini do- 
vettero subire nelle loro speculazioni commerdali. 
Né occorse gran tempo perchè a quel primo s' ag^ 
giungessero nuovi increscevoli argomenti alla tena* 
cita con cui Venezia \ eleva tutelati i diritti e gli 
interessi de suoi sudditi, e Cattare forse anche 
senza sue gran torte fesse oggetto di lunghe «d 
accanite persecuzioni. 

Cosi a cagion d'esèmpio nell'anno 1320 trovasi 
decretato ^ ai Eagusei di non ricevere i Cattarìni 
„ut non recipiant illes de Cathare, sed persequatoir 
eos," ma di perseguitarli e nel 1331 in aggiuntla \ 
a queste decreto si trova l'altro ohe impone la 
pena del 50 per cento a tutti colore — alcuni 
singoli eccettuati — i qbali avessero osato recarci 
e inviar agenti per conto proprio a Cattaneo. Una 
volta soltanto in queste periodo di tempo, nel 1324 

1 Ljubió 1. e. I. 176 - d. d. 9 Agosto. 
« Ljubió L 0. p. 156. 
» Ljubìé I. 0. 168. VII. 



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106 

troviamo 1' ordine ^ ai Ragusei di non impedire 
le negoziazioni di alcmii Veneziani che si recavano 
a Cattare ^saltem cmn barohis suis.'' — 

Tale inasprimento datava dall'epoca dello spo- 
glio di una nave dei Barbo e dei Contarini naufragata 
(1 308) nelle prossimità del seno e del distretto di 
Cattaro. Il vescovo di San Michele, entro i limiti 
de possedimenti del quale quella nave era stata 
spogliata, esibì Y indennizzo del danno, ma Y importo 
fu versato in danaro » non equivalente al danaro di 
S- Marco, Protestò Venezia provocando la mediazione 
del re, e in breve non si sa come, anche il Comune 
di Cattaro fii avvolto nella questione dapprima 
limitata fra il vescovo di S. Michele e il Senato 
Veneziano. Da quel tempo necessariamente le ostilità 
inasprirono come abbiamo veduto; T accesso alle 
Bocche fri imputato delitto a un Veneto. Una ec- 
cezione ^ a questo divieto fri fatta in via di grazia 
appena nel 1335 a favore di Francesco Belosello 
che, costretto dal bisogno di riscuotere alcuni cre- 
diti nelle terre del Comune di Cattaro, instò ed 
ottenne di inviare a tale effetto un incaricato a 
quelle parti. 

Quest' eccezione però, quest' atto di grazia spe- 
ciale non era affatto insignificante. Cattaro impo- 
tente a sostenere più a lungo Y urto di tanta potenza 
al prezzo delf annientamento del proprio commercio, 
della propria marina, fin dall'aprile ^ di quell'anno 
aveva iniziato delle trattative per regolare final- 
mente in via giudiziaria i rapporti di debito e credito 
fra i propri e i sudditi di Venezia. 11 dì 19 Dicembre 
1395 di fatto il contratto fu solennemente sancito 

» Ljubié p. 162. vili. 

2 l. e. p. 449. (30 Luglio). 

3 Ljubié I. p. 464 — 26 Aprile 1395 — Accedi* d. d. 19 Die. 
1335 — Incaricato da parte del Comune di Cattaro fu Marinò FiKppo. 



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107 

dal Senato e cosi iniziata un era meno sfortunata 
pel commercio marittimo dei bocchesi. 

Ma il trattato non era segnato che per up 
decennio soltanto e al tempo (1345) appunto in 
cui Cattaro doveva chiederne la rinnovazione Ve^- 
nezia fu distratta da cure di ben maggiore momento. 
Dalmazia * non poteva ancora tranquillamente ac- 
comodarsi al domìnio di quella Kepubblica; e la 
scontentezza cresceva ogni dì più. Quindi nuovi 
tentativi di rivolta. Venezia, avuto sentore dei segreti 
maneggi che Lodovico re d' Ungheria teneva vivi a 
Zara^ mandò dieci galee a chiudere quel porto, ma 
alle dure condizioni proposte, risposero i Zaratini 
volere piuttosto difendersi agli estremi e chiamarono 
in soccorso Lodovico. La guerra che per tal: guisa 
veniva ancora a ridestarsi per U dominio della 
Dalmazia andava prendendo un aspetto assai serio, 
e il Comune di Cattaro dopo i danni che da tal 
guerra erano per derivare al suo commercio ma- 
rittimo, corse il pericolo di essere eziandio per 
buona pezza e non senza gravi conseguenze privato 
dei benefizi del trattato. Questo timore però fu ben 
presto reso vano dal Senato Veneto, il quale sia che 
desiderasse scoprire V animo di Stefano Imperatore 
di Serbia, o sia piuttosto che ritenesse in qualche 
modo giovevole in queir istante anche l'amicizia 
dei Cattarini, chiese il primo ai Cattarini la ri- 
nnovazione del trattato e si raccomandò all' influenza 
di Stefano, perchè l'affare sotto gli auspici di lui 
avesse a concludersi senza difl&coltà. Stefano di 
fatto scrisse in proposito, raccomandando ai Cat- 
tarini di aderire all'inchiesta dei Veneziani, e mandò 
quindi (1245) Nicolò Bucchia non solo ad informare 
il Doge delle sollecitudini e della adesione dell' Im- 

' Romanin. Storia docunentata di Venezia — Tip. Narratpyich. Ve-* 
nezia 1855. Voi IH, p. 149. 



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108 
peratore nell'affare coi Oàfctarini, ma eziàiidio ad 
esibirgli V alleanza delle armi serbiche^ * neìF impresa 
di Zara. ' " ^' '' ; " 

Venezia per quell'impresa ave Vài già agguerrite 
un esercito sul quale poteva contare senza raiu*o 
altrui, e quindi significata ^ la p!*op*ia riconoscenza 
per gli aiuti esibiti che non poteva accettare/ diehiàrò 
che avrebbe rinòvato il ti^attatò col Gattarinl per 
altri due anni y^eit tantum phs, quàn^tun^ fùtìrit de 
^pwHnm votnntate'^y e più ancora • secondò ' deside- 
reranno le parti contraenti. ' 

La rinnovazione di tale trattato pare* tornasse 
conveniente alla Repubblica non meno che al Gb*- 
mune di Cattaro, Imperocché, spirato aiicbe questo 
secondo termine, Venezia domandò tosto fosse rin- 
novato per altri otto anni. Ed ecco come si espresse 
in proposito al Doge, Stefano, la sollecitudine dèi 
quale fu anche in questo incontro impegnata per 
i Oattarini: „ Avete ^ domandato, che da parte 
„ nostra sia prolungato per otto anni l'accordo che 
„ sussiste tra il vostro Comune e il Comune dì 
„Cattaro? Noi Vi portiamo amore, e vogliamo of- 
^frirVi pegno d' amicizia, affinchè i posteri possano 
„dire essere stata sempre fra noi amicizia leale. 
„Ftt sempre nostra cura di soddisfare possibilmente 
„ai Vostri desiderii. Mandate persona esperta ed 
„idonea a Cattaro la quale si presenterà a quéi 
„ nostri fedeli con vostre commendatizie. 8i tratti 
„fra il Comune di Cattaro e il vòstro, si confermi 
„ogni convenzione pei venturi otto anni, ma Vi 
j^raccomandiamo di disporre affinchè i Cattarinì 
^non abbiano ad essere aggravati.^ 

^ V. Leu. di Stefano 9f[ Andrea Dandolo doge — 15 Ottobre 1345. 
iir Ljubté I. e. If. p. 't78 e Leltepa di Nkòfò Bneehia pFotbvestlarb al 
doge — Ottobre 1345 — ibid. p. 279. 

> Vefiberatcy Ì2 Novembre f84&. LjuMé t. e. p. 28^. 

3 Corner 1. e. p. 83. Vedi in fine N.«» d. d. V^ 134«. ' 



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I Veneziani necessariamente si afirettarono di 
segnare Tatto di pròroga e regolarono le condi- 
zioni del loro rappresentante * che fin dai primordi 
del secolo XIII troviamo stabilito in Cattaro colle 
insegne di „ Console Veneto". 

Cuttapco infatti nell'età di mezzo era. conside- 
rata una delle più importanti piazze commerciali 
della costa orientale dell' Adriatico. ^ Gareggiò con 
Ragusa nei principali mercati d' oltremonte ; mas- 
sime in Berscovo ove i più accreditati trafficatori 
erano appunto i Cattarini. ^ i Ragusei. Una strada 
menava da Cattaro attraverso i boschi del Lovden 
a Cetinje, a Podgorica. a Piava ed a Berscovo; 
un'altra lungo la costa attraverso Risano e sulle 
trajcciedi quella che ai ten^pi dei Romani metteva 
in cojnunicazione il Seno di Risano col Danubio, 
a QraliQVQ, donde per. vari rami iu Trebinje, in 
IS^il^wéed in Plovlj^ Mandava a Berscovo special- 
njepte/vino e. lane, per riportare in cambio cera,' 
ipiele, argento» . 

Centro import9.uta al commercio dei Cattarini 
ei*a, ancora Pracevizi^, che fu poi la causa di lunghi 
dissapori coi Ragusei. La fiera pii\ importante dei 
Cattarini era presso la chiesa oggi ^castello S. 
Trinità". 



^ Fi Corner (1.. e.) i^oduce il facsìmile del spggello di questa 
rappresentanza consolare in Cattaro e soggiunge che ai suoi dì esso si 
conservava in Padova presso i Canonici lateranensi di S. Giovanni in Ver-* 
darà. U margine attQrno il leone alato ha la leggenda: 

SCugellum) 9(Co»)S0LATVS . VENETI . IC«) CATHARO 

^ Jirièek. Landstrassen eee. 68 et seg. 



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PARTE TEBZA. 



Dalla morte di Orosio alla dedizione alla 
Eepuì}bHca di Venezia. 

(1866-1420). 

x;iv. 

Rassia e Serbia erano già tributarie al re 
d'Ungheria. * Nel 1356 tentarono di sottrarsi a tale 
condizione e di risvegliare lo scisma, ma presto 
furono obbligati a scongiurare la crociata che Lo- 
dovico aveva bandita contro di loro, domandando 
la pace. ^ La accordò di buon grado Lodovico, 
anche perchè cosi rimoveva da sé il pericolo di 
dovere difendersi contro la coalizione che i Veneti 
erano per formare coi Rassiani. Per questa pace e 
per il favore dello stesso re di Rassia, il cattoli- 
cismo a Cattaro ebbe salva da inciampi la libertà 
del suo culto. Per conseguenza gli ordini regolari 
poterono acquistar\d una maggiore stabilità, special- 
mente quello dei Predicatori che dal 1345 ebbe dal 
Papa la licenza di possedere in Cattaro il mona- 
stero e beni stabili. ^ Al maggior lustro del culto 
contribuivano anche i cittadini con pie largizioni : il 
corpo della Marinerezza bocchese p. e. nel 1353 

* Lodov. d'Ungheria al Pontefice a. 1356. Ind. Vili. 4 Gio^o — 
^regnum (Rassiae) quod juris praedecessorum nostrornm fuìt et existit^ — 
Feier 1. e. IX. 2. p. 471. 

2 Feier ibid. p. 475. — Raynald ad a. 1356. (Ann. IL p. 103). 

^ Feier ibid. I. p. 301. (doc. CLX). Il docum. non è conosciuto dal 
Parlati e dagli altri scrittori di cose bocchesi. 



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i 



ni 

si espropriò a prò dei frati Minori, del tempio di 
S. Nicolò nel suburbio, e la città concorse ad in- 
nalzarvi dappresso un conveniente cenobio. * A 
complemento poi della tranquillità di cui in questo 
tempo fruivano i Cattarini s' aggiunse la riconferma 
di tutti i privilegi goduti, ^ ottenuta da Stefano 
Orosio V, cui appena salito al potere furouo perciò 
mandati i nobili Giacomo Disti, Giovanni Bucchia 
e Basilio BoUizza. 

Ma non passò gran tempo e furono di nuovo 
avvolti ne trambusti della guerra. Già nel 1301 
i Ragusei, continuando le ostilità incominciate ai 
tempi di Orosio II (1285) eransi riversati^ sopra 
Cattaro con formidabile esercito di raccogliticci 
zaratini, vene^iiani e croati con animo di abbat- 
terla e di distruggerla. * L'impresa non ebbe il 
desiderato successo; ma i Cattarini per tale vio- 
lenza dichiarandosi svincolati da ogni obbligo verso 
il Comune di Ragusa, statuirono doversi neir av- 
venire fare rappresaglia. ^ Tuttavia o che ad altre 
imprese i Ragusei avessero volte le loro cure e 
reputassero convenevole non provocare nel Comune 
di Cattaro un nemico, di più, o che mancasse loro 
una occasione propizia alle contese, la pace non 
fu più turbata, finché per la guerra sorta fra il 
Comune di Ragusa e Voisavo Voino conte di Usciz 
ai Ragusei interessava avere Cattaro per alleata. 
Chiesero essi difatti il sussidio delle armi cattarine, 
proponendo fra gli altri capitoli che i Cattarini 
negassero il sale a Voisavo ed a suoi sudditi. Quel 

' Parlali 1. e. 449. 

2 Corner 1. e. 64-68. 

^ Appendini. Notizie I. 287. 

* Statula (p. 209). Cap. CCCLXXI. 

^ ibid volumus et ordinamus illud quod ipsi faciunt et feceriht 

nobis, el lllud idem nos illis faciamus cum nullam stabilitatem habeant in 
suis obbligationibus et promissis. 



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4à 

tratto però della Suttorina, che oggi è parte del 
distretto giudiziario di Castelnuovo, nou apparte- 
lieva ai Cattarini, né conveniva loro, aderendo alle 
esigenze dei Ragusei, disporre delle speculazioni 
private di sudditi non propri, e perciò il Consiglio 
Maggiore di Cattare, forse anche fidente nell' ami- 
cizia e nell'alleanza di Voisavo, si ricusò alla 
meglio. Ragusa allora rispose * che si stupiva del 
contegno da molto tempo in tutti i modi osservato 
a suo discapito dai Cattarini, mentre essa erasi 
sempre adoperata in loro prò ed onore, e che giu- 
rava dì procedere questa volta contro di loro e dì 
considerarli siccome di lei nemici e sudditi di Voi- 
savo^ (26 Luglio 1361), — 11 bano di Bosna 
deputò tosto * per pacificatore il voivoda Jànko, 
ma questi, vedendo di non potervi riuscire e ade- 
rendo ai Ragusei attaccati da V^oisavo, procurò loro 
r amicizia dei Balsa signori della Zenta. Assicura- 
tasi dell'aiuto del bano di Dalmazia, Ragusa pro- 
cedette infatti tosto contro i Cattarini incomin- 
ciando dallo scorrere il mare a danno delle navi 
bocchesi non solo, ma anche delle straniere e delle 
stesse venete dirette per Cattare con armi, vetto- 
vaglie o merci dei Cattarini. * Protestò il senato 
veneziano per lettere ài bano contro il contegno 
de' Ragusei, chiedendo li obbligasse ali* osservanza 
dei trattati anteriormente stipulati. Paolo Quirini ^ 
infatti e due deputati di Zara, stabilito V armistizio, 
portaronsi in Ragusa; ma per raggiro di Voisavo 
nulla fu concluso, mentre intanto molti Cattarini 

^ Vuèetié. Dubrovaèkoj Pomorskoj sili do svrhe srednjega vijeka 
(Progr. del Ginnasio di Ragusa) 1872. Pretner p. 26. 

^ Matkovic. Prilozi k' tergo va 5ko-politi5koj historiji Republ. Dubro- 
vaèke. Zagreb. Albrecht 1869, p. 19 ed in nota ibid. n. 5. ex Lib. Reform. 
V. a. 1361. 

^ Appendini. Notizie I. 294. 

* Matkovié ibid. 

^ Appendini ibid. 295. 



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gemevano nelle carceri di Ragiiaa^ e molti Ragusei 
in quelle di Cattaro. E perciò V anno Bruente (1362) 
Ragusa spedì due' navi sotto il comando di Paolo 
àe Sorgo ^ ad assediare Cattare. Vennero le navi 
alle Bocche, ma l'impresa finì colla distruzione 
delle saline di Teodo. Voisavo intanto traversava 
saccheggiando il territorio dei Ragusei. — Questa 
guerra fraterna non parve più tollerabile né ai 
Veneziani nò ad Orosio, i quali interposero V opera 
loro perchè venisse sollecitamente ristabilita la pace* ^ 

E così i Cattarini poterono volgere novella- 
mente r animo agli interessi interni. Accadendo in 
pari tempo al maggior lustro del culto religioso 
riedificarono V ara maggiore della cattedrale, e resóla 
più maestosa per preziosi marmi e per ricchi me- 
talli ne fu rinovata (1362) con solenne pompa la 
consacrazione, che già nel 1166 era stata celebrata 
da Malone ad onore del .patrono della, città. ^ Ri- 
stampato quindi il chiostro delle Benedettine, eoa-? 
djuvante la pietà dei cittadini, veniva addotato di 
buoni proventi, perchè vi si domiciliassero * le 
Francescane (1362). 

Ma lo zelo dei Cattarini nelle' cose dell' am- 
ministrazione civile ingenerò controversie tra il 
vescovo (Doimo) e i cittadini Consigli, perchè, il 
primo arrogavasi di giudicare i laici in afiarì. spet- 
tanti esclusivamente alle magistrature secolari. La 
quistìone non diventò grave mercè V accortezza del 
Consiglio Maggiore che, con soddisfazione di. en- 
trambe le parti, statuì ^ non poter il vescovo sen- 

* Vucetié 1. e. 

^ Glasdik Druìtra Srbske Slovesnosti di Bel^ado — IL. p. 27 
(a. 1359) e XH. p. 41. 42 (ad 6 Dicembre 1961). 

^ Raffaeli!. Cattedrale di Cattaro. Gazz. di Zara 1844 d. . 39. — 
Gelcich G. Le arti e le lettere alle Bocche, p. 22. 

^ Parlati ibid. 452. 

^ Corner 1. e. ~ Parlali ibid. Statato p. 241. 



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114 

tenziare un secolare senza il concorso dei giudici 
del Comune (leS68). 

Eransi in questo mentre stabiliti nel dominio 
della vicina Zenta i Balsa estendendo i propri 
domini fino a divenire immediati confinari del 
Comune di Cattaro. Variano le opinioni intorno 
r origine di questa famiglia. Il Ballovich ^ -per V ana- 
logia del nome li vuole originari di Baosich, villa 
del territorio di Cattaro, nella riviera di Castel- 
nuovo, e di famiglia di pescatori; il Barlezio al- 
l' incontro ^ li suppone della famiglia de' Nemagna, 
e il Safarik ' li ritiene più precisamente rampolli 
di Volcan della stessa casa, mentre il Farlati as- 
serisce siano venuti di Francia. * 

Dai Balsa, ^ non si sa se per ricompensa di 
servigi prestati o per vendita, la città di Budua e 
la terra di Dobravoda furono cedute a certo Po- 
vresco, di origine sconosciuta, il quale vedendo 
r Adriatico sprovvisto di presidi incominciò a scor- 
rerlo pirateggiando. Più di tutti ebbero a speri- 
mentarne la violenza i Perastihi finché i Ragusei, 
soprafattolo con grosso naviglio, ne lusingarono 
r ambizione firmando una pace ed ascrivendolo al 
loro patriziato. * Morto Povresco, i Ragusei spedi- 
rono tosto a Budua una gallerà, esibendo ricovero 
alla famiglia di lui; però al capitano era stato 
imposto di incendiare il castello, ove fosse stato 
informato che altri si apprestava al conquisto di 
quella città. Riusci ai Ragusei di mettere in salvo 
la vedova ed i tesori di Povresco ; ma due giorni 

^ 1. e. p. 86. Sono detti anche Baosi. 

^ Historìa Univ. delP origine, guerre et imperio dei Turchi. Venezia, 
Combi e Zanon 1654 al Cap. Assedio di Scutari di M. Barletio L. I. p. 304. 

* Ljetopis 60 — cfr. Ljubic. Opis Nov. 171. 

4 1. e. VI. 374. 

s Orbini 1. e. p. 307. 

^ Ballovich 87 — Luccari. Annali 68» 



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115 
dopo la loro partenza da quella città^ Budua fu 
presa per opera dei Perastini che memori dei danni 
patiti da Povresco vollero cancellata ogni memoria 
del tiranno e restituirono la città ai Balsa. Ebbe 
perciò Perasto innumerevoli favori di Zenta e la 
perenne loro alleanza. * 

Frattanto V imperatore di Serbia ^ aborrendo 
dalle cure dello stato, aveva tutto rimesso a Vu- 
cassinO; popolano che era da lui stato elevato ai 
più alti seggi, e Cattare mancando della tutela di 
Orosio, vide in pericolo la libertà di fronte alle 
velleità dei vicini signorotti, che da gran tempo 
ne vagheggiavano il possesso. Tvarko bano di Bosna, 
quelli di Zeta ed i signori d'Albania, attendendo 
un'occasione propizia per aggredirla con l'armi, 
preparavansi la via prendendo a perseguitarla dal 
lato della religione; e tanto fecero che le chiese 
più esposte del Canale dovettero essere chiuse al 
pubblico culto. ^ Non senza grave commozione d' a- 
nimo udì il papa (Urbano V) le querele dei Cat- 
tarìni, e caldamente li raccomandò (1367) alle sol- 
lecitudini dei Veneziani e dei duchi di Apulia e 
di Durazzo. * Ma il soccorso si fece desiderare per 
ben due anni, quanto appunto bastava ai Balsa 
per armarsi al conquisto di Cattare. Correndo di- 
fatto il 1369 calarono questi nelle Bocche con un 
formidabile esercito e strinsero Cattaro dalla parte 
dei monti, mentre un grosso naviglio ne chiudeva 
r accesso dal mare. * 

Quantunque ridotti in estreme strettezze, i Cat- " 
tanni, risoluti di combattere fino all'ultimo citta- 

^ Ballovich ìbìd. — ^ Orosio V ruUimo rampollo dì casa Nemagna. 

^ Vedi r inscrizione analoga, che in seguito sarà riprodotta, tolta 
dair architrave superiore del campanile deir oratorio dei nobili (intitolato 
a S. Antonio) sito in Teodo. 

^ Parlati 452 ex Raynald. T. 26. a. 1367. n. 12. 

^ Glasnik. XII. 51. 



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(Jipo, rigettarono costiantemente ogni capitolazkme, 
e wbirono con eroica fermezza, i guai d'un lungo 
assediiOi nella fiducia, non. .sarebbero loro mancati 
alla perfine gli invocati soccorsi. E perchè altro 
indugio non si avesse a naette^e alla loro reden- 
zione, trovarono chi, superate accortamente le ve- 
dette nemiche, potè recarsi al cospetto di Orosio 
inaperatore di Serbi», Contro la baldanza de' Balsa, 
suoi vassalli, Orosio si rivolse per . aiuti alla Re- 
pubblica 1 di Venezia, mentre un legato del papa 
stava sollecitando la Repubblica ad aiutare Cattare, ^ 
E poiché l'impresa a iC^i vojevà^i indurre quel 
seijatQ età yantaggioaa anche per la . Repubblica 
ven^^iana, che liberando Cattare daHe insidie dei 
BaJsia pi toglieva' ai Rag^st^i la possibilità, di im- 
po$8ep»ajrsi con danno dei Veineziani del commercio 
delle. Rocche, allora fiorente, Je pra^iohe del papa 
ej, di . Or^osio Y ebbero, presto il desiderato . successo. 
Spedito. (18 Sett, 1369) un ambasciatorfe alle parti 
belligeraiiti^ perchè ristabilisce: fra ess^ la ip^ce, iu. 
intimato ai Balsa: di levare immediatamente T as- 
sedio da Cattare,: minacciando ove ; fQs^e occoafso 
di obbligarveli colla forza. I B^lsa^. avendo saputo 
ohe la fiotta del golfo, aveva di £^tto . salpato alla 
volta delle Bocche, levarono frettolosaniente Va&r 
sedio, se anche nqn abbandonarono le mire di 
conquiste sulla città di Cattare. ^ Jìqxi fu ,conohiusa 
qua pace formale, ma Cattare la godc^tte di fatto 
all'ombra della protezione di Venezia. E quando 
nel seguente anno (7 Maggio 1370) i Balsia do- 
maudaropo al jsenato^ il permaso di artìaate delle 
navi, fu loro opposta la nimicizia non per anco 
smessa coi Cattariuì, ed il dubbio che tale con- 
cessione potesse servire ai danni di Cattare. ^ 

* ibid. 52. - 2 ibid. 65. (48 Settewl^re 1369> 
3 ibid. 56. 57. 



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117 

I Cattarini intanto, dovendo provvedere alla 
sicurezza della patria, colto il pretesto dei dissesti 
onde era infestata la Serbia sotto il governo di 
Vucassino, succeduto ad Ostoia V, per emanciparsi 
dal patrocinio dei Serbi avevano mandato amba- 
sciatori aj loédovkod: Ungheria, allora, il pifì po- 
tente principe « d/ Féavopa^ • per . inv(i)care la» sua : pix)- 
te&icmQ.r} La accordò, l^ro^ di * buon gm^o. quel re 
(13X0), e asaiciìrò- l^iloifo libertà. dBalsa medesimi 
e gli altri ^che me bramav^Muo il pos&esao e Bagusa 
stessa,, allora bisògnosissima del favore d^i Balsaiy 
si guardarono dal compromettersi j per cagione t dei 
Cattarìm dinanzi a Lodomoo. In queir anno iute-? 
desimo di fatto aL Comune di Eagti»a afobisogojòr 
il braccio forte dei Balsa contro Nicolò d'Alto- 
nkanno ohe da Draceviza ^ minacciava di calare ai 
danni di Ragusa, e le genti mandategli in soajorso. 
dalla Zenta dovevano calare al mare in qualcfoe 
parte del canale di Cattaro. I Ragusei temendo in 
quest'incontro » qualche eccesso di Giorgio Balsà 
contro Oattaro affrettaronsi mandargli ambasciatore 
Paolo Giorgi, pregandolo: ^chenon fa9a nessuna 
novitade con tra a Catharini in <}uesto . tratto a 90 
che ' li ditti Catharini non habia materia de lamen- 
tarsi alo re di Ungaria.'' Alla preghiera era ag-» 
giunto che >desf>uo ^ un'altra -fiada lo ; ditto Jura 
(Giorgio Balsa) porà procedere coiiitra li Gatharini, 
chbmo li piasera^' (!). 



. , ' Conif&r 69^. . 

^ Nella valle della Sittorina a .NO. dì Castelnuovo, viUaggù) oggi 
pavef*o, ma un tempo emporio rfi grande importanza (cfr. p. 4& dJ quésto^ 
Uhrcf n. 8). -^ Itttorio a questo tempo fu go?/ermita> da- un giwimm 
(Zupanus Drazenize) — Jiricek 1. e. 23. 

^ Matkovié 1. e. 23. die 10 Junii 1371. ^ lett. e eomift. di Le^ 
vunfe. Vof. iS59»-ia8^; ÀréMv. ree«*!fe dr 'ftugiWH. 



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XV. 



Ma conseguendo il patroeimo di Lodovico, 
Cattare perdette l'amicizia tanto efficace dei Ve- 
neziani, i quali se con la pace del 1358 avevano 
rinunziato nuovamente al dominio di Dalmazia, da 
secoli contrastato sanguinosamente ai re d' Ungheria, 
non avevano invece rinunziato all'idea di nuova- 
mente riaverla. Prevedendo quindi non lontano un 
nuovo conflitto coli' Ungheria, cercarono intanto di 
farsi forti dell'alleanza dei Balsa e di Nicolò 
d'Altomanno, promettendo a quelli i territori di 
Draceviza e di Cattaro, a questo il territorio di 
Stagno. * Ragusa che da qualche tempo erasi pa- 
rimenti ricovrata all'ombra del patrocinio unghe- 
rese, che anzi aveva perciò perduta la grazia dei 
Veneziani a segno di non poter più accedere con 
navigli mercantili a Venezia, come ne ebbe saputi 
i maneggi coi Balsa e con l'Altomanno, mandò 
ambasciatori a renderne informato Lodovico. 

Lodovico si affrettò infatti di comporre le 
tensioni dei Ragusei coi Veneziani, ma dovè ben 
presto prepararsi ad imprese di maggiore ri- 
lievo, poiché ^ r avversione che in onta alla pace 
del 1358 durava fra l'Ungheria e Venezia, ed i 
continui loro dissidi per la Dalmazia scoppiarono 
in aperta guerra l'anno 1378. Il patriarca di Ve- 
nezia, il signore di Padova ed i Genovesi, eglino 
pure in continue lotte coi Veneziani, si collegarono 
con Lodovico; il re di Cipro e Milano, perchè 
nemici ai Genovesi, impugnarono le armi per Ve- 

1 Matkovié 1. e. 24. 

3 Cattolinich. Storia della DalmasU. Zara. Battura.. T. IH. 80. 82. 



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119 

nezia. Allo scopo di tener lontana dall' Adriatico 
la flotta genovese, ^ ed afHnchè questa non venisse 
a congiungersi con le navi che, d' ordine di Lodo- 
vico, armavansi alacremente in Dalmazia, Vettor 
Pisani, messo al comando del naviglio veneto, si 
portò nel Tirreno ad incontrare le triremi genovesi 
e coltele ad Anzio le vinse e distrusse. I Genovesi 
non tardarono ad armare delle altre navi e solcare 
felicemente T Adriatico per isvernare a Zara, im- 
pedire ai Veneziani la navigazione, ed infestare le 
coste d'Istria ed i lidi di Venezia. Frattanto il 
Pisani, eh' erasi ritirato nell'Egeo per riparare ai 
guasti sofferti, rimesso presto in istato di tenere il 
mare, ripassò il Jonio ed entrò con vent' otto navi 
alle Bocche ponendo tosto l'assedio a Cattare. E 
poiché la città non si arrese alle prime proposte 
di capitolazione, Vettor Pisani sbarcò e coli' aiuto 
dei Pastrovicchi, dopo un triplice assalto dato senza 
lasciar tempo agli assediati di formare un piano, 
la domenica 14 Agosto 1378 la prese e l'abban- 
donò al saccheggio. ^ — II presidio della città 

^ Romanin. St. documentata di Venezia. Ibid. Narratovich 1855. V. 
HI. IV. — Cappelletti. St. della Rep. di Venezia. Ibid. Antonelli 1850. III. 
p. 444. — Corner 1. e. — Kreglìanovich. Memorie per la st. della Dal- 
mazia. Zara. Battara 1809. — Zeisberg. Oesterr. Geschichte fiir das Volk. 
V. HI. — Lucio 1. e. — Parlati ecc 

^ Parlati VI. 453. Lucios de R. Dalmatiae 389. ~ Pesler 1. e. II. 
179. — Cappelletti III. 444. Tra gli oggetti più preziosi perduti nel 
saccheggio, i Cattarini deplorano la reliquia di un piede di S, Trifone 
legato in argento, che il Pisani portò in Venezia fra i trofei della im- 
presa e depose in S. Pantino. Nel 1433 i Cattarini domandarono per la 
seconda volta dal senato veneziano la restituzione di quella reliquia, ma 
indarno. — „Duc. Prancesco Poscari D. V. ad XII. Item T è qui a S. Pantin 
una gamba de Missier San Trifon, la quale tolse in Catharo in tempo della 
nostra Brusada missier Vettor Pisani, si che supplichemo la Vostra Excelsa 
Signoria che ve piacqua degnarse, di concederne che Noi la portiamo in 
Catharo in la Ghiesa di S. Trifon, la dove la stette anticamente. Respon- 
demas quod alias similis requìsitio facta fuit nostro dominio per alios saos 
ambaxatores, qiiibus respondimvs .... quod prò bona et honesia causa non 
possomus eis compiacere.^ d. XIII. mens. Jul. Ind. IV. M*CCCC*XXXi* 
cfr. Nani. De Duob. Nummis. ecc. p. 63. 



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120 
sof)ttaiSitto dalla fora« si ritirò nella cittadella ^ 
provvista di maggiori mezzi dì difesa; ma quivi 
pure tion durarono troppo* Béco come di questo 
£ittx> lasciò = ficrittJo il Balknvich; *— < La rocca se 
gli arrese col valore: di dodici Perastiui alla testa 
de' quali era eerto Vucassovioh-MikuliGicli, che dal 
castellano fu cbìamato a lauto banchetto. Il Vu- 
cassòvich noti rifiutò, perchè conobbe V invito per 
molto utile al suo piano e passato di ooìnAelligenza 
col Pisani, il quale gli approvò ogni piano, sene 
andò coi suoi, portando seco nascosta una insegna 
di 8- Marco. Salito al castello, prese cibo finché 
gli riuscì di render ebbro dal vino il castellano, 
e r impegnò quindi in ostinate <ìontese. Il castel- 
lano magnificando Lodovico, faceva rimprovero ai 
Perastini di essersi dedicati al dominio dei Vene- 
ziani. Allora il Vucassovich gli si avventò contro 
armata mano, e poiché gli ebbe immerso più volte 
lo stile nel seno, lo prese per precipitarlo giù dal 
castello. Si sostenne il castellano colla forza del 
disperato, ma inutilmente; il Vucassovich fattosi 
forte di un caprifico, si liberò di lui, abbando- 
nandone il cadavere al precipizio. Tutti gli altri 
soldati quindi finirono sotto i colpi dei pera- 
stini, e fra clamorose grida di vittoria tu inal- 
berato il gonfalone di S. Marco." ^ Tale catastrofe, 
soggiungono il Ballovich e il Corner, diede motivo 
ad una nuova emigrazione; molti Cattarini abban- 

* L'odierno Castel S. Giovanni di CtiUara. 

^ 1. e. p. 91 — cfr. „ Stampa Benemerense della Comunità ed Uni- 
versità di Perasto comprovale dalli sottoscritti pubblici doeumenti. Venenia. 
Andreola. 

^ Nel palazzo dacale di Venezia e precisamente nella sala dMo 
seruiinio^ a destra, sopra la finestra é un quadro rappresentailte la pi>esa 
della cittadella di Csttaros dipinto da A. Vicentino;. — V. P*ol«lti B. Il 
Fiore di Venera. — Ibid. Foqtam Voi. IL p. 91^. — Zmotto. PmiéHM 
dusealb illustrttto, fasc^ XXXVIIL ^^Presii di Cattaro compiuta dai Veneznni 
nel 1378^ incis. eseguita da A. Zainetti — ^ rilla8t^ziè«e* a p, 4. 



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m 

éox^iia la patria eangraroiio neiritaU» meriolMH 
naie. 

Dì^poBti i presìdi nella città e nel caatello; 
dati gli oordinatnenti per la difesa iniliiare dì queste 
fortezze, e racoouandato ai Peirastini il governo 
deOe Booche^ Yettor Pisani salpò c^Ua sua floitta 
contro le altre città dalmate devote a Lodovica. ^ 
Ma i Eagusei vedevano nei Veneziani alle Bocohe 
un immioo troppo pericoloso par la loro libertà. ^ 
Essi mandarono perciò tosto (13 Nov. 1378) a 
pregar Lodovico onde si adoperasse alméno affin- 
chè i Serbi non permettessero l' importassìonB di 
vettovaglie alle Bocahe, asserendo dbe altrimenti 
Cattaro sfarebbe divaaato il centro delle operaskMii 
dei Veneaianì contro la Dalmazia. Né qoi ^ arre- 
starono le pratiche dei Ragusei* Ma a nome di 
Lodovico, inviarono secretanckente a Cattaro fì-ate 
Pietro Ghiada, minorità cattarino, perchè eccitarne 
la rivolta a favore della corona di S, Stefano^ 
promettendo in cambio al Comune franchigie ed 
ogni prerogativa a quanti fossero venuti . ad allie- 
tate in Ragusa. Fiaccati dalle recenti stragi e aor^ 
vegliati da un presidio che ad ogni bisogno poteva 
venire rinforzato dai Perastini e da quelli di Pa- 
strovicchio, risposero i Cattarinì di non poter in- 
sorgere e di non dichiararsi per TUngaro finché 
non vedessero qualche aiuto. Venne allora in loro 
soccorso Antonio Fieschi con quattro triremi ge- 
novesi, ma i Cattarini rimasero impassibili e V im- 
presa non toccò V effetto desid^ato. Necessariamente 
il presidio divenne sospettoso^ ed un secondo am- 
basciatore dei Ragusei eh' era venuto a promuovere 
la cacciata dei veneti da Cattaro fu rimandato 
malconcio. Questo fatto attribuito ai Cattarini e 

* Ballovié 93. 

« Ballovié ibid, - Matko««6 l e. 9S. 



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122 
più ancora l' impossibilità di snidare i Veneziani 
dalle Bocche di Cattaro, inacerbirono vie maggior- 
mente r animo dei Ragusei, i quali decretàitono * 
Contro Cattaro Tarmo di navi. Così mentre ado- 
peravansi ad eccitare la rivoltai dei Cattarini a fa- 
vore dell'Ungheria anche mercè del bano di Dal- 
mazia, mandarono a bloccare il canale di Cattaro 
uh piccolo naviglio capitanato da Stefano Sorgo. 
E' poiché i legni dei Cattarini avevano allora cat- 
turate due navi Ragusee cariche di grano, fu dato 
ordine al Sorgo di fermare tutti i legni diretti per 
Cattaro, e di abbruciare quelli che non avesse po- 
tisto rimorchiare a Ragusa. Il presidio di Cattaro 
allora inviò Marino de' Bucdiia ambasciatore a 
Tvarco baoo di Bosna per ottenere soccorso Contro 
i Ragusei. E T varco che in tutta l'impresa aveva 
favorito i Veneziani in ogni loro bisogno alle Bocche, 
provvedendoli di genti, di vettovaglie, di armi e 
di danari, ^ prese ad oste^iare i Ragusei vietando 
r esportazioni di vittuali per il loro territorio. Fra- 
tanto anche il bano di Dalmazia s'era adoperato 
per indurre i Cattarini alla rivolta contro il presidio ; 
ma questi o perchè indispettiti contro i Ragusei, 
o perchè il presidio era coadiuvato dalle armi di 
Tvarco, non si diedero per intesi. E Ragusa, so- 
stenuta da una flottiglia genovese e dall' alleanza 
dei Balsa, ai quali ogni pretesto tornava opportu- 
no per muovere contro Cattaro, mandò ^ quattro 
galere Ragusee capitanate da M. Menze, con al- 
trettante genovesi ad assediare la città, e per la 
via di terra P. Sorgo al conquisto delle saline, 
mentre i Balsa invadevano e saccheggiavano il 
territorio devastando Garbai, le Saline, Cartelli e 

» Vuèelié. I. 19. (d. d. 18 Nov. 1378) - 

^ Glasnik, XII. 63. 

3 Matkovic p. 29 (15 Laglio 1379). 



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123 

Teofio.- JVta la pervicacia della nobiltà cattarina in 
una guerra come quella che ora guerreggiavasi fra 
r^ijgh^iifl, e Y^nQZfìet^ nel momento iu cui i Ragusei 
iiull(i;^yrel3berp,risp^miato per , garantire l£t propria 
fiBis^eu?^ 4i fronte alle insidia dei Veneziani, scosse 
il pppoJifQ di Gattaro phe, impotente, a sostenersi 
cpntrp tf^ii^a aggre^sioj^e senza riuscirne malconcio, 
aanmwjtinò e d' ogpi guaio chiesei ragione al governo. 
Erapp : àì\a tesata delibi riyplta i Cattarini Matteo e 
M^doie, 4^' qiiali ,si ignora il casato, agiati popolani 
e; dpt?iti di ; nqn comune facondia. ^ Destituito il 
gQYer»9. ari^tpcratico, la. nobiltà fu mq^ft al bando 
ie . d^s99.p«iata dall* citjtà in upp col presidio Ve- 
neziana. .Clamato quindi il soccorso della squadra 
genovese, la città si proclamò ancora una volta 
sotto il patrocinio del re d' Ungheria (Giugno 

I Ra^gusei litjti di tanto successo mandarono 
immantinente Giov. Longo ambasciatore a recare 
le loro congratulazioni al comune di Cattaro, che 
col ritorno alV Ungheria veniva restituito nella pie- 
nes^za delja sua libertà e di tutte le sue prerogative. 
Ma non in tutti i suoi diritti veniva Cattaro real- 
mente restituito, che Ragusa ^ riserbava a se il 
commercio del sale. — La nobiltà Cattarina esi- 
liata otteneva l'asilo promesso dai Ragusei i quali 
nulla lasciarono d intentato per ricompome i dissidi 
col popolo e ristabilirla nel potere. Ed a riuscirvi 
chiesero eziandio V aiuto del bano di Dalmazia. Ma 
più. delle sollecitudini dell' ambasciatore raguseo 
M^ Giprgi inviato a tale scopo a Cattaro e più 
delle lettere di Secez bano di Dalmazia ai Cattarini, 
potè la facondia di Medoie, il quale siccome aveva 
: avuta la più grande influenza nella rivolta, ara in- 

^ Matkovic 1. e. Orbini. 

« Malkovic 29 (2o' Giugno 1379). , 



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124 
duceva il popolo alla riabilitazione del gOTemo 
aristocratico. 

I nobili dunque furono riamtoessi nella città 
e ristabiliti nel potere: rimaneva però a viricersi 
il dispetto dei Perastihi. Poiché questi protestando 
ì danni patiti in causa dell'ostinatezza de' nobili 
Cattarini nella guerra contro i Eagusei, vedevano 
ora di mal' occhio la loro riabilitazione, ^ special- 
mente perchè così essi pèrdevano quella certa ege- 
jiionia sui Boochesi che loro aveva data il Pisani. 
Ma anche nell'animo dei Perastìtìi trov^ò eco la 
facondia di Medoie, capopopolo divenuto favorevok 
ali* autorità aristocratica contro la quale erasi pochi 
mesi innanzi sollevato. L'autore * del Regno degli 
Slavi, avendo discòrso di questi fatti, còsi scrive 
intomo a Medoie: „Egli fu molto potente et di 
gran riputazione nella città di Cattaro ; nella quale 
non si trovava non pure un altro del popolo, ma 
ninno etiandio nobile che lo paregiasse di richezze. 
dostui hebbe, tra gli altri, Nìchscia figliulo, di cui 
nacque Francesco et Clara che fu poi maritata a 
Matteo di Luccari gentil' huomo Rauseo e bano di 
Dalmazia..." — 

Venezia frattanto aveva perduta Chioggia e 
già teme vasi uno sbarco dei Genovesi. ^Novembre 
correva alla fine, scrive Romanin, e Venezia era 
agli estremi; stretta dal nemico, il potere in mano 
del popolo che aveva le armi e la custodia della 
città e del lido. Fu decretato un prestito forzato 
e, ad animare vieppiù il popolo, si decretò ancora 
che, conseguita la pace, verrebbe distribuita an- 
liualmente una somma fra le famiglie dì scarse 

1 Ballovich. 1. e. 

^ Orbini 1. e. 303. di Medoi6 è tuttavia im pfezidso ricbfdo nel 
santuario della cattedrale, nella reliquia del lignum crucis legata in un osten- 
sorio d'argento, da lui donata alla chiesa di S. Croce Tanno 13412. cfr^ 
Parlati 1. e. 429. 



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125 

fo^une^ che ogni straniero che si fosse prestato 
con zelo otterrebbe il diritto di piena cittadinanza, 
e finalmente ohe trenta tra le famiglie che più 
avessero contribuito colle persone e cogli inveri in 
prò' di Venezia, sarebbero chiamate al consiglio 
maggipre e dichiarate perciò nobili." Da tutte ^e 
parti si accQjpreva quindi alle armi, larghe obbla- 
zioni venivano da ogni parte raccolte. E fra gli 
altri benemerito si rese pure un bocchese, Barto-^ 
Iqmeo Paruta di Lep^aiie, ivi stabilito per ragioA 
di commercio, offereijdo la paga di dugentoqua- 
ranta uomini da remo e di <5entoventi pedoni per 
due ga^lere da armarsi come quelle che tenevano 
i dogi, e mandando alla guerra il figlio Giovanni. / 
Tali meriti furono rimunerati conforme alla pro- 
messa, e Bartolomeo fu anmaesso al consiglio mag- 
giore e dichiarato nobile Veneziano. — 

I Veneziani armarono una nuova flotta e, con- 
siderando che nessun altro poteva adoperarla meglio 
di chi coU^ propria sventiira aveva apprese le 
arti dell'inimico, tolsero al carcere il ÌPisani e lo 
mandarono a capo di quest'ultima e decisiva im- 
presa. Vittore chiuse l'imboccatura di Chio^gia e 
facendo per la prima volta uso dell' artiglieria nelle 
battaglie di mare, obbligò (27 Lugl 1381) il ne- 
mico a rendersi a discrezione. Maruffo Doria ac- 
cQX&o con ventitré galere dalmate in soccorso de' 
suM^ fu battuto e ndotto alla fuga. Il Pisani l' in-' 
segui, restituendo al dominio di 8. Marco i sog- 
giogati acquisti delle sue prime imprese^ e fra 

* V. Benemerenze della Famiglia Parata — Estr. dall' archiv. dnc. 
dì Venezia — Romanin esaltando la generosità di Bartolomeo asserisce 
avere questi spedito alla guerra il fratelto Giotanni. Preferiamo la lezione 
del docum. riprodotto nella s. e. Benemerenze. Dopo i Paruta, V altra fa- 
miglia dalmata che fu inscritta nel libro del patriziato Veneziano e che fu 
assunta al Cons. M. della Rep. è quella degli Zaguri, essi pure Bocchesi 
(di Cattaro) — Tenlori. Storia di Venezia. 



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126 

questi anche la citta di Cattato *àl governo della 
quale lasciò Giacomo de Riva. * 

Ma i due competitori al dominio dì Dalmazia 
sentivano ormai urgente il bisogno della pace. Ne 
sorse dì fatto mediatore Aniedeo VI di Savoia. I 
plenipotenziari d' ambe le parti convennero in To- 
rino e quivi conclusero (8-16 Agosto 1081) la pace 
stabilendo tra le altre la restituzione da parte dèi 
Veneziani di tutte le città e le fortezze tplte in 
questa guerra al rè, che le loro navi nòti potreb- 
bero quindi innanzi entrare in alcun regio portò 
chiùso a catene, e che Cattaro verrebbe consegnata 
al cavalier Paolo de Giorgi Zaratino, plenipoten- 
ziario di Lodovico.^ Così per effetto di questa 
pace i Bocchesi ritornarono sotto ' la pròtezibiié di 
Lodovico, e in memoria di ciò i Cattàrini .coniarono 
la moneta d'argento pbrtianté F effigie del. re ih 
mezzo a un giro di gigli, ^ é quella di S'. l^rifone 
fra stelle. Furono allora jpuniti i Pastroyicchi che 
avevano aiutato alla presa di Cattaro. Uria legione 
ungarica marciò contro di loro, li privò' di due 
castelli che tenevano in loro possesso e lì spogliò 
di tutti i privilegi. Così narrano di questa impresa 
le memorie dei Privilegi di Pastrovicchto * ^... messe 

* Glasnik XII. ad 1382.* 

^ S Ag. 1381 — ^ftéiki fìiit actnm et speeralìter coÀVéntuiA iitter 
dietì6..«. qood Doo Regiresliti^iiftui^ omoaB. tevrae et oa^ra qiuie pdr coMane 
Veneciarum tenentur, quae dicto Regi ablf^tìa fuìssent per YfBaetis tempore 
praesentis guerrae et specialiter Civitas et Castrum Cathari.^ (Cappelletti 
Voi. V. 162) — „16 Ag. 1^81. Oood... Vfenetorum trìrerneW ingredi nea 
possent aliquem portoni regium clausum et prò restitutione civitatis Cathari 
coDventum et traderetur in maQUS Pauli Ge^rgio de Jadrsi .(Romanin IX. 5. 
p. 456.) 

^ Il giglio reale degli Anjou. 

^ Da copia autenticata da G. D. Spinolla auditore generale della Curia 
della Camera Apost. 15 Nov. 1616 — e da altra senza data, da Iseppo 
Zambon nodaro della Curia delF esaminMor — Memoria a F. Bembo. Gap. 
del Golfo pres. 4 Aprile 1423. — Confermata sulla base degli autentici da 
F. Foscari doge 1424. Maggio 7. 



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127 

a saceo e foóo e ^mma il $uo paese (di Pastrovicchio) 
non restando altro se non li putti dalli quali sono 
discesi questi che ai presente si attrotano.^ 

Ai Cattar ini ai quali neiranno seguente (1382) 
raccomandò ^ di dar aiuti al re Carlo di Durazzo^ 
Lodovico rilasciò un rescritto con cui, riconoscendo 
il corpo nobile di Cattaro, confermò al conte il titolo 
e le prerogative che per sé e successori gli erano 
dovute per le leggi cittadine. Nello stesso apno 
agli ambasciatori cattarini Damiano e Marco ver 
nuti alla sua corte in nome del comune di Qattaro 
rilasciò un altro rescritto, nel quale, lusingandoli 
in pari tempo di futuri aumenti e concessioni, di- 
chiarò rieouiermati tutti i privilegi che questo co- 
mune da aatichissimo tempo godeva, e in p^np 
di sua sovrana benevolenza promise di visitare cori, 
la regina la cittìi, . che tanti guasti aveva sofierti ^ 
nelV ultima guerra. * Ma ned egli, nò la regina vi- 
sitarono >Cattaro siccome avevai^o promesso; colto 
dà grave morbo Lodovico morì il dì 12 Settembre 
1582ì. 

Intanto non lungi da Draceviza,, sc^ra un 
ameno colle (1382) veniva eretto da Tvarco re di 
Bosna un nuovo castello^ le cui vicinanze si pò- 
pelarono in seguito da formare la città di Castel- 
nMOf)o che al tempo della dominazione veneta ebbe 
grande importanza. ' 

XVI. 



Alla morte di Lodovico fu incoronata regina 
d' Ungheria la sua primogenita Maria, conforme 

1 Feier IX. 5. p. 456. d. d. 20 Luglio 1382. 

« Parlati 1 e. Feier IX. 7. 470. 

^ Castrum novum Subtoriaae — Jirièek Landatraisei 23« n. 71. 



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128 

r avevano promeBSo aldeftinto re i laobiM Ungheresi 
ed i Potacchi. Ma non perciò veniva assicurata la 
corona di S. Stefano alla casa di quel graixde mo- 
narca, per il quale T Ungheria era gtota elevata 
air apogeo della floridezza e della potenesa. Maria 
era appei*ra dodicenne, e necessariamente le redini 
dell governo furono asstinte dalla regina madre, 
la quale, trattenetìdo a corte come proprio oonsi- 
gliero Nicolò Gara grande paladino del regno at- 
tirò a sé ^ alla figliuola l'odio che T alta nobiltà 
gli portava. Avvene quindi che i nemici del Gara, 
non riuBcendo a balzare lui dal potere, tramata una 
cotigiura, tentarono di strappar la corona alla stessa 
vedova ed alla figlia di Lodovico* Al segnale della 
rìvdita, che venne dal castello di Vratia in Dal* 
massia, sorse in armi Tvarco, re di Bosna e già 
vassallo di Lodovico, movendo alla conquista ideile 
città éalmatkihe litorane, con Tes^ncito che aveva 
raccòlto a I>racevi2a netle Bocche di Cattare. Ad 
assieufarsi poi d'un centro d'opemaiòiie compiè le 
opere fortificatorie di Castelnuovo. Ragusa fì*attanto 
grave danno andava a patire ne suoi cmtimercì 
per la concorrenza che i trafficanti di Dalmazia 
le 'facevano liei commercio del pane e del sale ac- 
cedendo, contro il diritto di esclusività pnesuiifto 
da quel comune, a Dracevìaa, * e 'Verosimilmente 
col favore di Tvarco, (1383) Elisabetta ad^^peado 
alle istanze dei Ragusei, decretò nessuno abbia per 
r avvenire a far a loro concorrenza, e con apposito 
rescritto li dichiarò ristabiliti nella pienezza de' 
loro vetustissimi privilegi. Ma il rescritto della re- 
gina riusci vano; i Dalmati non si diedero per in- 
tesi. 

Le armi di Tvarco continuarono la marcia vit- 
toriosa attraverso la Dalmazia, minacciando di ri- 

^ Ludo. Memorie di Traù eec. p. 803. 



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volgerai anobe verso il mez«)di. luiimorito ^ co*- 
nwi>e' di Cattare, per non vedersi Boprafatto dalle, 
armi bosaesi, a cui indarno avrebbe tentato resi- 
stere, reputò consulto approffittare delle lusinghiere 
promesse con le quali T varco da lungo tempo cJbia-; 
mavalo air ombra del suo patrocinio. Ottenuto solle- 
citaocbBnte anche V assenso del popolo, il cui suf&agio 
nelle cose di pwblico interesse era stato statuito 
fin dall'ultima sommossa, ^ furono (1385) spediti 
ambasciatori a Tvarco i nobili Gian-Marino Bucchia, 
Laica Drago e Niccolò BoUizza coli' ia2U3arico di 
presentargli la dedizione della città e del comune» 
di Cattaro, e di ottenere da lui La riconferma de^ 
privilegi. Li accolse Tvarco amorevolmente» ed ag- 
graditi i preziosi presenti che il comune gli in- 
viava, li ammise, col consenso della regina d'Un- 
gheria, sotto il suo patrocinio, e segnò il rescritto 
aderendo ad ogni loro istanza. „V^enerunt, ^ cosi 
ne! rescritto stesso, itaque Zintilhomìni de la nostra 
Zitta de Catharo et con degni et molto appretiabll 

presenti dò tal Terra e Commiìtà et aj)- 

portasseno dauanti cospetto nostro li Brèuelegi de 

li precedenti Genitori Etiam volendo a- 

dempiere la parola de lo imperio — deti la 

grazia a la ditta Zita e confermai li Breudlegi del 
nostro Prezesor^ — Né venne meno alle promesse 
anteriormente fatte ai Oatfearini. Dichiarò anzitutto 
riaperto il golfo di Cattaro alle navi Veneziane, e 
rimise questa città ne' suoi rapporti commerciali 
con Venezia (23 Agosto 1385) conforme agli an- 
tichissimi trattati e privilegi *che per la guerra di 
Chioggia erano cessati. ^ I Cattarini poterono ri- 

* Corner p. 69; 

^ Gorner ibié. - FarliHi L e. -^ Àifciv. Xllt 79. Ljiibié tìgìedatd 
h 2ai -- efri LmuB De R. Dalmatiae 1. V. e. m. 
« Glasnik XII. 79 - 



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stabilire il cttlto cattolico, ove per cagìon di Tvarco 
àavh anteriormente essere soppresso o limitato* E 
a contrassegno di speciale benevolenza li fregiò di 
nuove distihzioni. Così fregiò della sua reale corcma 
le insegne gentilizsie della famiglia Pima-Pasquali, ^ 
e chiamò a dòrte in qualità di suo protovestiario 
un Trifone da Cattaro di cui si ignora il casato. ' 
Così mercè le sollecitudini di Tvarco fu rìstauràto 
e riaperto al culto divino V oratorio dei nobili che, 
come s'è già detto, questo aveva anni innanzi pro- 
fenato. Esultanti per questo avvenimento i patrìzi 
Càttarini ne vollero perpetuata la memoria col se^ 
gttente distico che leggesi sulf architrave superiore 
del campanile 

OUA REX TUARCO AEDE VOLVIT VIOLARE 
EN FULGEt irfERlTIS IPSA DICATA SUIS. 

Quest' oratorio, ^ oggi: deposito di attrezzi agri- 
coli, è a Teodo, sul sentiero maestro della tenuta 
villereccia appartenente alla; famiglia Ivanovich di 
Dpbrota. Sulle pareiti interne veggonsi ancora di- 
pinte le insegne gentilizie e sotto ciascuna il nome 
delle varie famiglie ond'era costituito V ordine ari- 
stocratico di Cattaro, ed al . sommo della porta 
sotto uno stemma che non è più decifrabile il se- 
guente frammento di iscrizione: 

MCCCLXXHI • ACfiftoj 

REGI • NOMINIS • ET • MVNERIS 

MAGNANlMlT^-a/^m; 

HdC STEUiATfé?; ANTIQVA NOBILITAR 

TE9l?0^(ibu8 Omnibus?) 

AETEmA(9it). 

^ Ani della famiglia Pasquali --• 

^ Così neiratto in cui riconfermò i privilegi alla città di Sebenico 
^praesentibus Tryphone de Catharo, aulae nostrae Protovestiarins^ (Feier 
X. I. 618) - 

® Aiiche la rovina di questo monumento importantissimo, che ricorda 
la grandezza dei padri bocchesi nell'età di mezzo, meriterebbe di essere 
€00 ogni cura custodita e conservata. 



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Dalla quale si rileva c?he lo stemma reale di 
Lodovico, il cui patrocinio in queir anno Cattaro go- 
dìeva, sia quivi stato per decreto pubblicò collofcatò, 
onde eterfiarne il nome e la memoria di qualche' 
speciale Sovrana grazia. ' * ' 

Ma kCol favore di Tva^co, il comune di Cattarp 
si: attirò nuovamente la, collera dei Ragusei, i quali 
esseijdo tuttavia soggetti alla corona ungarica, jper 
il ristabilimento del commercio fra Cattafb e ver-* 
nezia, teneva V alleanza fra la Bosna e la jRep. di 
S.; Marco. E se J)restiamo fede alT Qrbinì V la , còl- 
lera del comune di Ragusa fu anche questa volta 
assai dannosa ai Cattarini. Pretesto alV ostilità fu, 
r arresto di , nn Cattarino avvenuto ad istanza di 
un Ragusep. suo creditore, j mentre quegli era .a 
Ragusa di passaggio per T Italia. In Italia' il Cattarino 
doveva soddisfar^ a4 alcuni pressanti incarichi di 
patrio interesse, e perciò il comune di Cattaro né. 
domandò sollecitamente la libertà* Ala Ragusa non' 
ad^rì alle istanze. I Cattariiiì poiché conobbero 
r infrattuosità de' loro maneggi, mandarono a Porto 
Rose due galere armate ai danni del commèrcio 
Raguseo, e in breve altrettante mercantili dei Ra- 
gusei, cariche di vettovaglie, traduss^erOj a Cattaro 
come-preda di guerra. I Ragusei chiesero la libertà; 
dei due legni, e non essendovi riusciti per via 
d'ambasciatori, mandarono tre galere sperando di 
riuscirvi colla forza. Ma il naviglio raguseo sor- 
preso da quello dei Cattarini, fu obbligato alla 
fuga, dopo di avere lasciata una galera in potere 
del vincitore. L' Orbini, attribuisce la disfatta al 
tradimento perpetrato da Bozidar narentino, capitano 
di nave, smanioso di vendetta per certi maltratti 
ricevuti dai Ragusèi. AH' annunzio di questa rotta, 

> Regno degli Slavi 1. e. 303-306. 



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Ida 

E9.gasa aiutata dai Sìgiiorì di Zeìita pronti .sempre 
a suBaidiarla contro Cattaro, spedi alle Bocche 
cinque galere capitanate da Michele di Volgo Bobali. 
Questi incominciò le ostilità con un sbarco a 8. 
Gabriello, ' né gli riuscì difficile vincere e metter 
in fuga il drappello armato di Cattarini accorsi 
alla difesa delle Saline. Mosse quindi verso Cattaro, 
e mentre 3000 armati speditigli in soccorso dalla 
Zenta, cingevano d' assedio la città, il Bobali trin- 
cieratosi nelle prossimità di Misuric, prese a strin- 
gere e battere Cattaro da quella parte. 

Forte era il soccorso d' oltremonte e la via del 
mare precluda ed inevitabile la rovina della città. 
Importando scongiurare sollecitamente tanta cala- 
mità, fii mandato Girolamo Drago a trattare la pace 
col Bobali in nome del comune di Cattaro. Obbli- 
gavasi Cattaro alla restituzione d'ogni cosa tolta 
in questa guerra ai Ragusei, ed il Bobali, avutane 
r approvazione del suo governo, segnò la pace de- 
siderata e tolse l'assedio. Soggiunge quindi T Or- 
bini \ che quei di Perasto „ esortarono i Cattarini 
che potendo accordar la cosa amorevolmente, non 
entrassero in guerra coi loro vicini, che altrimenti 
facendo, protestavano di non accostarsi né all' una 
parte, né all'altra." Onde fu loro risposto dai Cat- 
tarini „che del consiglio ò aiuto loro non ne have- 
vano bisogno." 

Tvarko intanto, tutto intento ai danni d'Un- 
gheria, progrediva lungo le coste della Dalmazia 
estendendo sempre più i propri domini. Quando, 
come a Spalato, ebbe a sperimentare in una resi- 
stenza ostinata l'attaccamento alla corona di Un- 
gheria, aggiunse allora all'anione degli eserciti 
terrestri quella di un buon naviglio fatto allestire 

^ Uno degli scogli Stradiotti nella baia di CartoUi. 
^ 1» e. e. BalloTich p. 95. 



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188 

a sue spese nei cantieri dì OattarO; ' e ridosse colla 
forza le città che non volevano aderire alla rivo^ 
luzione alla ctd testa egli erasi messo. Né meno 
fortunato fu questo re n>eUe sue imprese contro il 
Turco. L'indipendenza serbica era rimasta distratta 
a Kossovo (16 Giugno l^S9) e le armi bosiliache 
erano state messe in fuga. Non perGL{> la Bosaa 
cadde allora sotto il giogo della Mezzaluna, raA 
le risparmiò la <^vastazìone e la schiavitù Tecoi^ 
smo di Vlatko Hranicli, ^ il quale arrestò nelle 
strette di Novibazar le irrompenti orde.tutchesche, 
le battè e le obbligò a ritirarsi. ' La premio di 
questa vittoria Tvarko lo investa del prìncipa4;ò 
Ghelm^ise, ohe comprendeva la Narcnta e Gcadko, 
con ev^itualì diritti sul golfo di Cattiuro, *' o meglici 
sul liatto allora annesso ai domìni dell' Ercegovina 
che mette al mare nel baeino di Castelnuovo. ^ 
Ma Tvaiko prima di aver fatto valide i diritti 
accordati al suo valoroso capitano, morì (1392) 
senza prole legittima e quindi la sua OK>rte, ag- 
giungendo nuovi stimoli alle passioni dei grandi, 
fu origine di gravi turbolemse nel regno. Prima 
però che qualche altro, approfittando di questo stato 
di cose, accampasse diritti e pretendesse il pos^ 
sesso di Cattare, questa città cogliendo il momento 
propizio per emanciparsi anche dal patrocinio del 
regno di Bosna subito per dieci anni, (1383-1392) 
si proclamò * comune libero ed indipendente da 
straniere influenze. E perchè la forma di governo 

^ Commiss. degli Spalatini X Junii 1388. — V. Lueìo. Isiotia di 
Daimmvb» «ec. p. 340. — OòMiwbi. QestkidUe der Kìmigr€éckB DalmoHeny 
Croaiien ecc. Pesi. Seyrer 1805 p. 418. — Fesaler ecc. 

3 Ljubich. Ogledalo, 

* Diirando. NòHtiè storitfhe^ g^ffr» e s/af. tMa BQ$tw ecc, --r 
LJnbicIi. Ogted. I. e. 

^ Durando ibid. 
» Jirìèek. 

• Corner K e, TI. - Orbini 800. - FarM ibid. 



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184 

ritnanesae quale era stata i <per secoli^ e nesauno 
aveàBe. ad 'arrogarsi diritti q .Q)ut|ire m tinauuide 
il. potere ccHiferitogli, fu statuito che relftaione.del 
bonte avesse per V: avvenite ad es^re. ineusile^ e 
catdere sulla persona di «n nobile oattarìno. ^ . 

A fare questo i Cattarini' furono Verosimilmente 
animati dalla fiducia nelle ipoténze^ alle quali Roma 
arevali pochi anni prima raccomandati/ tautdpìù 
ohe una di queste, la Rep. di Venezia, da principio 
pareva che guardasse di mal' occhio il l'apido au- 
mento de' possedimenti dei Balsa. Ma i Balsa senza 
attendere un piretesto alla guerra, conkiossero difi-^ 
lato il loro esercito attraverso il territorio; del 
coinune • di Cattare occupando successivamente 
Oarbalj, le Saline, ' OartolH e tutta la penisola di 
Lustiza e • minacciando di vwsarsi sulla città di 
Cattaro. Era sensibilissima la perdita dì questi 
possedimenti; oltre <3i che i Cattarini, assaliti tsenza 
colpa," sapevano minacciata nella libertà municipale 
quella eziandio della coscienza. Avrebbero voluto 
resistere^ ma gtierreggiando da pressoché quaran- 
ta anni i Balsa, avevano ornai logora ogni forza mate- 
riale e morale. Occorreva quindi opporre ai Balsa 
una potenza capace di soverchiarli e fu preso il 
partito d' invocare V aiuto della republica di» Vene- 
zia, offerendole senz' altro la sudditanza della città 
e del territorio di Cattaro. 

Ammessi al cospetto del doge e della Signoria, 
gli ambasciatori Cattarini, dopo che ebbero ricor- 
dati i rapporti amichevoli che da tempo antichis- 
simo esistevano fra la republica ed il comune di 

1 AUi dei giudici. Val. a. 1390-^1420. Archivio yeciCliÌQ( dell' I. R. 
Tribunale di Cattaro.) Si noti che il conte per lo iuQan7.i dovev» ei^^efe 
uno straniero, appunto come nella maggior parte dei comiiw di quel tempo. 
— Cfr. Sismondi. 

^ Terr. di),TiK)do« libile. promimiità; dì. Prevlapt. > , , 



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OattarO; vivamente narrarono la morale prostrazióne 
della loro patria in pericolo di essere soggiogata 
dai Balsa, domandando alla serenissima pronto 
soccorso per quel pòpolo cattoiicoi il qùale^ purché 
salva gli fosse rimasta la fede, era pronto piutto*- 
sto a sacrificare al Turco la sua indipendesEiza; ^ 
mievarono ancora i vantaggi che dal possesso di 
Oattaro sarebbero a Venezia derivati, ma né i 
diecimila sudditi che ancora rimanevano al comune 
di Oattaro, né la loro perìzia nell'arte nautica, né 
la bellezza del loro porto, i ricchi cantieri, le mol'- 
tissimè navi, i d^>oBÌti di armi, lusingarono la seré-^ 
nìssima ad accettarne la dedizione. Quasi contem^ 
poraneamente avevano i Balsa fatto appello a Ve^ 
nezia per aiuto contro il Turco, offerendo in cambio 
possedimenti ben più lucrosi di quelli del comune 
di Oattaro. Ora pendendo le trattative = con quelli 
cui il bisogno e T ambizione ^ inducevano ad esi- 
bizioni sempre più larghe, non conveniva ai Ve- 
neziani prestar mano a Oattaro, ridotto del resto 
a tale che alla serenissima non sarebbe mancata 
presto nuova occasione nella quale, volendo, poter- 
sene impossessare. Imperocché come già secoli 
innanzi sotto il pretesto di frenare le piraterie degli 
Almissani aveva ottenuto il dominio delle città 
dalmatiche, così l'avanzarsi delle armi turchèsche 
prepara vale ora la via ad ampliare i possedimenti 

^ GlasHik 1. e, XII. 159. ^ d. d. 21 Gennaio 1395. - Ind. jiV. 
(ex secr. Cons. Rog. Lib. III. E. eh. 121 — Quod de necessitate èos 
(i Canarini) oppoHetmt se sabmittere alieni, quia in ipsis termitiié stare 
non poienuit, et propterea non att^deatiNs nobis ad/ hoc, erat net^^ssi^- 
rium se subjugare a ut Albanesibus^ aut Sclauis^ aut Turchis ; et quod si 
se subjugarent primis duobus, cognoscebant sé ex toto desertos, et propterea 
potius eligerent adherere Turcho quia non habuerent ita propinguam de- 
ttruetionem snam de quo forent exeusati ratronabiliter deo et milndo, nam 
quiiìlbet bene poterat coMÌderare, quantum male libeuler istnd feoerunl; 
M» inter «iias suorum irartium, ipsi semper Caiolici fuercnt^ et ita, si deo 
piacerei, eme velleil. 

' ibid p. 161. Volevano essere tmnesfi atte nefcéltà di & Marco. 



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136 

nell'Adriatico^ i^ da compraiidere sotto il iiomQ di 
bftckiQ Veneziano qnaM tutto il mane dalle Lagune 
al JonÌG* Né alle sae cotiquifite poteva dmvare 
ìiioìampo dalle pretese dei Balea' o di altri sigtio- 
rotti d' oltremonte, mentre i Cattarìni tra il Tuteo 
^di efcd nem potevano desiderare il gtogo^ ed i Ba- 
gusei^ de' quali, dopo secoli di aoGMÙtiBsime gare 
municipali, male avrebbero sofferto il patrocinio, 
altra via di scampa non potevano avere all'iiifìiorì 
di quella cbe menava sotto le ali del veneto Leena 
Gli ambasciatori Cattarìni furono .lioensiati coUa 
4iclìiaraBÌone ohe il doge ed il sfitnato^ del iiesio 
amantissimi ^mpre dei Cattarìni, ^ non potevano 
accettarne la dedìadone e che per ciò qnel comune 
veniva abbandonato alla pruden&ia de' suoi arcmiti. 
Allord per non durare nel pericolo di soggia*- 
cere alle pretese dd Balda deliberarono (1398) di 
far appello al patrocinio dì Ladislao di Napoli. 



XVII. 



Erasi Ladislao di Napoli levato in armi per 
contendere la corona di Santo Stefano a Sigismondo 
di Brandeburgo, succeduto nel regno alla sposa 
Maria, figlia di Lodovico. Più che il diritto di suc- 
cessione per la parentela onde vantavasi legato a 
Lodovico, avevalo condotto a questa impresa il 
partito già formidabile della rivoluzione. Ne secon- 

^ Oiasnik, I. o. p. 16(^161 „ita esl rei veritas, qned bos tmiper 
llflbmniis el tenuMiM illitt ciMitimltteiii ìm noclros èottiirole* ot mumos^ 
el ialer aliai iHamai partiwn ea« amaviiaus^ al «mania me anara liiapaaéli 
isumas... et propterea ipai suot bene aapientes et paAertmt aaper bmmIìUb 
pravidere, BmvmAwm ifmé m fiiabilar «ppwlaBÉaiib^ 



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davano i moti il clero Ungherese, i grandi cM 
Croazia, 11 Papa, il re di Boshà è, itidirettaioaieiitè, 
Venezia, la quale per lo innanzi erasi adoperata 
ih ptò ài Maria non perciò aV^eva mai secondata 
la politica di Sigismondo, né ^rilèsse la ^ùe tfiirè 
sulla Baltnazia. Ostili àirinóóntfò èe gli màtiife- 
starono (1400) tòsto i Ragusei, i quali inòóitlln- 
dahdo di là donde per ì trionfi di Itii satèìb1)ero 
derivati i maggiori danni ai loro commértìt e alla 
loro municipale indipendeùza, mandaroùo solTécl- 
tàrtiente ambasciatori * al coùitìfne di Càttaro, pèrcliè 
esso pure rifiutasse i precidi delle navi dì Ladi- 
slao e gli offersero il soccorso d' una flottiglia pèH 
la difesa del porto (1403). H timore dell'irà àèì 
Bosnesi non meno che il bisogno di guadagnarsi 
l'animo del Papa, dei Veneziani e dei Croati, in- 
dussero i Cattarini a non aderire alle esibizioni 
del vicino che questa volta avrebbero dovuto ac- 
cettare. Mandarono quindi ambasciatori a Zafà, 
ove Ladislao trionfatore di parecchie città daltùa- 
tiche stava per venire coronato re d'Ungheria. 

Questa risoluzione sarebbe riuscita perniciosis- 
sima ai Cattarini se Ostoia di Bosna, scoperte lè 
sollecitudini di Ragusa non fosse disceso cóntro di 
questa per indurla armata matio alla causa del i^è 
di Napoli. Ricorse di fatti Ragusa ài ^atrocittio di 
Ladislao, ma ogni esibizione di lei fu tes^ltlta. 
Quanto gradita all' incontrò tornasse a Ladislao la 
dedizione dei Cattarini lo dimostra il rescriittò ^^ 
Agosto 1403 còl quale dichiaravali àmmeàsi sttttó 
il Suo sovrano patrocìnio: * — y^inìeàààmuè^ con- 
clude questo rescritto, ipsos (i Cattarini) sicut fideles 

* tn\koy\é. ÌPrilozI I. e. 39. dd. 13 Marzo. 

^ Là perj^aineiia otìginale iròvavasi presso (Gfregorìo Zutich, c^e me 
la favorì nel 1870 perchè ne traessi copia. Oggi? Era assai bené^ con- 
servata; vi mancavano alcune poche parole obliterate ìcfàirè piegature e 
della bolla pendènte le rimanevano soltanto \ córjom. 



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138 
nostros alias bene et amicabiliter perir actari^ e con- 
cede a loro franchigie ed immunità ne' suoi stati, 
il diritto di scorta per mare e per terra ecc. Ma 
le grazie e le promesse di Ladislao non giovarono 
alla causa de' suoi protetti; chiamato dalle cose 
d'Italia, abbandonò la Dalmazia per non farvi più 
ritomo. 

Questa circostanza e la notizia della vittoria 
riportata da Sigismondo sulle armi del lontano 
competitore diede nuovo \ igore ai Ragusei i quali 
ripigliati i maneggi a favore di Sigismondo, pre- 
sero tosto di mira il comune di Cattaro. * Invita- 
tolo quindi e consigliatolo ^come parenti et amixi 
(11 dee. 1403) a levar le insignie del jiitto signor 
et tornar alla sua debita fedeltà^ j dovettero accor- 
rere a punirne armata mano la renitenza. Ma la 
spedizione di Rausinio che con alquante galere 
doveva porre l'assedio a Cattaro, fu sventata da 
quel di Bosna, che fermo sempre nella politica de' 
suoi predecessori contro i successori di Lodovico, 
erasi intanto avanzato con grosso esercito fino ai 
confini del territorio raguseo. Finché Ostoia fii al 
potere Ragusa non ebbe pace, sicché Cattaro fruendo 
della tregua per tal guisa conseguita, mandò Gior- 
gio, abate di S. Giorgio (7 Aprile 1405), ad invo- 
care novellamente ^ il dominio di S. Marco, ed ebbe 
tempo di accomodarsi coi Ragusei senza dichia- 
rarsi o meno per Sigismondo e coi Balsa obbli- 
gandosi verso questi a un annuo tributo. ^ Tro- 
viamo infatti riguardo i Ragusei che il dì 5 Giugno 
1405 il senato cattarino, * revocata ad unanimità 

^ Matkovié ibid. 42. 

^ L'atto è conservato nella cassetta delle pergamene delF Archivio 
del Consiglio Maggiore e dei Rettori di Cattaro presso TI. R. Capitanato 
Distrettuale. 

3 Glasnik XII. 368. 

* Statuta Cap. XVI. (Tempore Catharinorum p, 290). 



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139 

di voti la légge del 1391, dichiarò ristabiliti con 
quelli gli. eccellenti rappòrti commerciali che le 
ostilità e le rappresaglie fino allora incorse ave- 
vano tronchi* 

Ma i vantaggi che da questo fatto erano per 
derivare al commercio ed alla navigazione dei 
Bocchesi non furono di durata. Ostoia di Bosna 
accortosi dei maneggi per la dedizione di Cattaro 
sd Veneziani, intimò ^ a questi (13 Settem. 1405) 
non si ingerissero nelle cose di quel comune. L' am- 
basciatore cattarino infatti era stato licenziato il 
mese innanzi (7 Agosto) con una risposta negativa : 
Venezia, che essendo impanata contro ai Padovani, 
non poteva per allora accettarne la dedizione, rac- 
comanda ai Cattarini di attendere tempi più op- 
portuni. ^ Fondandosi su questo fatto la republica 
dichiarò ad Ostoia di non aver mai aderito alle 
inchieste dei Cattarini ; soggiunse però che voleva 
ritenere la città e il territorio di Budua che aveva 
ottenuti da Giorgio ed Elena Balsa. Ostoia occu- 
pato in altro non ebbe tempo di sostenere le sue 
pretese; non corse però troppo quando sorse un 
nuovo pretendente al dominio di Cattaro. 

Era questi Sandal, dell' illustre famiglia Hra- 
nich, alla quale il re dì Bosna aveva donato come 
s'è detto, (1389) la signoria di Chelmo con eventuali 
diritti sul bosforo di Cattaro. ^ Reclamò dunque San- 
dal da Ladislao di Napoli i diritti de' suoi maggiori, 
pretendendo anzitutto il possesso di Budua. La- 
dislao * domandò quindi ai Veneziani (12 Giugno 
1406) Budua e le vicine ville delle quali egli si 
teneva padrone, essendo esse antica proprietà dei 

» Giasnik Xll. 21 T. 
»,6U8Mk. ibid. 

^ Vaèetié. Odnoiaja Dubrovcana sa bosanskijem velikasima ecc. (Progr. 
ginnasiale) Ragusa, Prcttoer 1875. 
* Giasnik. XII. ^39. 



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Caittarini che ooridid^rava sèmpre a iìd «oggetti. 
Ma a queste sollecitudini ed a tpste^ di Sr^oi 
duca di Spalato * (12 Decembre 1407) rispose Ve- 
nezia ch'ella aveva ottenuta Budua fin dal 1398 
dai Baisa e non intendeva disfarsene. Avvenne 
invece che i Balsa avendo ottenuto nell' tono stesso 
(80 Die. 1406)' il permesso di abitare in Bud«a 
siccome cittadini veneti^ si ribeIMrono oonie tante 
altre volte al senato^ dichiarandosi padroni di questa 
città e pronti a sostenèrvisi a qualunque prezs&o. 
Venezia non se lo fece dite due volte: assicuratìn 
i possedimenti che meglio avrebbero avvanÉaggiato 
il mio erario, accontentò i Balsa, concedendo loro 
Budua e 1500 ducati annuì in eambio ' di Seutari 
(0 Giugno 1408). Ma presto i Balsa mancaroiio 
al patto pretendendo (t5 Marzo 1409) il possesso 
di Scutari. * 

Venezia se ne arrecò e Cattafro sperando v^ 
derlà in armi, se le oiferse alleata. Accolse quel 
senato T esibizione dei Cattarini; ma non se negìovò^ 
che, preferendo evitare il laccio di una guerra di- 
spendiosa e complicata, accordò ai Balsa pia di 
quanto avevario domandato. E io ricompensa dei 
servizi esibiti dai Cattarini, fecesi' loro mediatore 
di pace presso Bandai. Convocati * di fatti (14 
Maggio 1411) i rappresentanti deiruno e degli 
altri ptopose si accontentasw Sailda) di rinunziare 
ai suoi diritti sul compiine di Oatiiaro verso un an- 
nuo tributo. I legati dei Oattarini però, sìa che sì 
sentissero aggraivati dalle pretesa dèi Voitoda, ^ o 
sia piuttosto che Sdegnassero ricoÉiosceie mercd dì 
qoést'atto una sovranità ifaaké non iì diritto, heaBoA 
la violenza era per imporre a lorO| eoqbosciijito ap- 
pena il grave argomento che quivi «vevalì 0hia-^ 

1 ibid 241. ^ ibid. 254. ' ibid. * «istiik SUI. 39a 
^ bandai s'intitolava Grande Voivoda di Boiié; 



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HI 
mutì^ 9]l>b«o4ouaroQo ^ la cìi^h, dei dogi (141 1)» 
(J^chìaraudo superflua ogni ulteriore soUediudioe in 
lorQ; vant^gio. Non perciò cessò Venezia di ado- 
prar^i in prò' di Cattaro: rinnovata a Sandal la 
dichiarazione eh' ella non pretendeva il possesso 
di Oattaro, se gli offerse ancora mediatrice di pace. 
Ma ogni tentativo di accomodamento riusci vai^a 
S$^4^ fetto danaro ^ vendendo ai Veneziani il c^- 
steUo . di Oetorovi^za, fcipe tosto af mi per aggredire 
e occupare Catino. Vepiezia allora, aid^eado alle 
istwize dei Cattarinj^ mandò a questi V aiuto ^i 
alquante galere; sentendo poi che Sandal aveva 
raccoljli 5000 Turchi, per non ingolfarsi in più 
grossQ affare; s^ restrinse nnovamentQ ei, far la pa- 
cìera. 3tomò difatti i progressi di Sandal mediante 
Tai^wo^ indcQnizzo di 6000 ducati dai redditi del 
^alje, ìnden^i^z^o ^ cui s ohfbligò C^ttarO; ma al patto 
ch'jegli d» qu?3ta pomma fl^apjiyesse ' il debito 
anigmo chu^ qji^ cpmune ayeys. verso i B^sa{1414. 

I Bftlsa ii^t^a^to, j^ai contenti degli ottenuti 
pQ^^edimeIltì^ rotta novelUla^nente la fede al senato 
v^^to, avevano jjecjumato un'altra volt^ il pos- 
^e»so di Antìvaxi e di Scutari. Due aimi durarono 
le ,Qonti9^, e siar^l?,l?ero durata? ben più, ove Sandal 
non fosse accorsa a metterli in pace. Venezia in 
q^el .tempo^ t^nto in arj;ni y^loro^, studiavasi ogni 
vi# per non v^ire ^ fattji con qijei pignori, e fu 
B^biUto (26 Noy, 1412) che i Bajsa continuassero 
a godersi la città e il territprio di Bucjna, rinun- 
ziando ad ogjii altr* pretesa, mentre Sandal obbli- 
g^vasì di prestare a Ven^ia il suo aiuto arma;fco 
ove dai Balsa fosse obbligata alla guerra. * 

Assicurato^ p^r tal guisa il favore dei Vene- 
zì^ni; Scaldai, non contento dell'importo annuo 



1 Glasnik XII. 322. (20 Maggio). 

» Dorando 1. e. ^ Glasnik XII. 368. « ibid. 352« 357. 



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142 
accordatogli dal comune di Cattaro, domandò im- 
mediatamente il doppio. Gli mandò il comune allora 
quattro ambasciatori perchè mitigasse Y imposizione, 
ma furono trattenuti ostaggi finché gli fossero con- 
segnati i pretesi 12.000 ducati. 

Cattaro fece appello a Venezia, perchè facen- 
dosi sua mallevadrice ottenesse la libertà degli 
ostaggi, ma il messaggio falli sebbene, vedendo 
vana ogni supplica, ricordasse ' al senato che i 
Cattarini aspettavano y^et cum Ula amditate^ qua 
expetahant antiqui patres existentes in limbo adtentutn 
Chrisli^ il giorno promesso in cui verrebbero as- 
sunti sotto il dominio di S. Marco (5 Giugno 1414). 
Cattaro nondimeno non volle pagare il tributo se 
prima non venivano restituiti i legati, e questa 
ostinatezza sarebbe tornata dannosissima se Venezia 
non fosse sorta novellamente in armi contro i Balsa 
(Luglio 1419). Imperocché colta T occasione in cui 
ogni aiuto era per riescire di grandissimo giova- 
mento a Venezia, ottenne finalmente d'essere am- 
messa ^ sotto il suo dominio (25 Luglio 1419). 
Questa volta però, scrive il Ballovich, i Cattarini 
non furono unanimi a favore di Venezia. Ciascuno 
studiando alla sua maniera il modo di non sog- 
giacere ai Balsa, a Sandal o all'ottomano, i padri 
eransi divisi in firazioni, chi proponendo pel re 
di Napoli, chi per quello d' Ungheria e dei Romani, 
chi finalmente per S. Marco. Trionfarono gli ultimi 
e furono iniziati tosto i maneggi, convenendo con 
quel senato ogni cosa dovesse rimanersi secreta 
fino al XV del prossimo settembre, ' ad ruinam 
et perditionem illius nequissimi proditoris Balsae (25 
Luglio 1419). Messi quindi al bando i Balsa, di- 
chiarò il senato veneto alla Porta ottomana non 

' ibid. 368. ^ Statuta. Atti della Dedizione. 
3 Glasnik XII. 390. 



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143 

poterle continuare il tributo per ccmto di Budua 
già da tempo dei Balsa^ vassalli di essa, ove aiu- 
tato non r avesse nel riconquisto di quella città. 
Mentre poi dall' altra parte Drago de Drago conte 
di Cattare in nome del suo comune còUegavasi in 
alleanza contro il Balsa coi fratelli Giorgio e Ales- 
sio Juras baroni di Zenta (17 Marzo 1420) prò- 
mettend^o loro da parte di Venezia il dominio di 
Budua, * fu stabilito che Cattare dopo il riccolto 
di quell'anno avrebbe inalberato il vessillo di S, 
Marco ai patti seguenti: ^ , 

I. A nostra Dominatione civitatem et districtum Cathari nul- 
latenus removeamus, et si dictam civitatem et districtum sub gu- 
bernatione nostri Dominii retinere noliemus, reducamus dictam 
civitatem et Districtum in eamdem libertatem^ cum qua se nostro 
Dominio snbmiserunt. 

II. Statuta ed ordinamenta dictae Comunitatis observentur. 

III. Territoria tyrannice occupata, quae pervenerint sub no- 
strum Dominium, dentur iiiis quorum sunt. 

IV. De introitibus; gabellis ed aliis datiìs dictae Terrae 
Cathari soivatur saiarium comìtìs Cathari et Castellani Castri, et 
aliorum deputatorum ad custodiam dicti Castri, et fiant solutiones 
saiariorum aliorum officialium, fiant etiam solutiones laboreriorum 
et reparationuum aliarum expensarum occurentium fieri in dieta 
civitate. 

V. De pecunia quae superabundabit singulo anno ab expensis, 
dentur usque X annos omni anno ducati M prò solutionibus fien- 
dis creditoribuB. 

Convenuto quindi che Venezia pagherebbe i 
ducati dovuti dai Cattarini a Sandal, obbligandosi 
al riscatto degli ostaggi da questo ritenuti, che il 
governo e F amministrazione pubblica del comune 
rimarrebbero nelle mani della nobiltà, la quale 
del pari continuerebbe a godere di tutti i privi- 
legi ottenuti dai re serbi, non eccettuato quello 

^ 1. e. XUl. 13. 16. 17. 

^ Atti della Dedizione. Glasnik XIII. 16. 17 seg. Statuta p. 313-341. 



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144 

di batter moneta, venne a Cattare Pietro Loredano, 
Capitano del golfo, per assumerne formalmente e 
solennemente il possesso. E nel giorno 25 Luglio 
1420, portate processionalmente per Cattaro le 
insegne del comune e le chiavi della città, che 
furono consegnate al rappresentante della repub- 
blica, ed inalberato il vessillo di S. Marco sulla 
Cattedrale di S. Trifone, fu prestato il giuramento 
di fedeltà e di suddita devozione alla serenissima 
dai rappresentanti la città Paolo Bucchia conte, da 
Marino Bisanti e Lupa Drago giudici, e dai 40 
membri del Consiglio Maggiore. 



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PARTE TERZA. 



Del Governo di Cattaro. 
XVIIL 

Nel medio evo Cattaro e Perasto formavano 
due comuni aventi ciascuno proprio governo, pro- 
prio statuto ed un'assoluta autonomìa, mentre a 
Risano e dove oggi sta Castelnuovo, qualche altro 
piccolo stato dal monte metteva al mare l'ultimo 
lembo. Quasi necessariamente allora alle Bocche, 
in luogo di quella solidarietà che avrebbe dovuto 
essere fra comuni tanto vicini, sorse l'interesse 
individuale. Di qui il disaccordo nell'ora del co- 
mune pericolo, l'apatia con la quale gli uni guar- 
darono spesso la rovina degli altri, l'egoismo in 
fine che li rese svogliati a procedere concordi in 
imprese di comune utilità. 

Né migliori furono le condizioni di quella parte 
dell' odierno distretto di Cattaro, che è suU' Adria- 
tico: Budua e Pastrovicchio formavano, alla ma- 
niera di Cattaro, due comuni autonomi a parte, 
ma meno estesi e meno antichi di questo, e il 
primo non sempre assolutamente indipendente. 

Lo stato di Cattaro limitato dapprima al solo 
bacino di questa città fu a poco a poco ampliato 
fino a Porto Rose, a Risano, Ledenizze, e per la 
riva del golfo a Jasi. 



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146 

L'amministrazione del comune ' era affidata 
alla nobiltà, che lo resse a repubblica. Che tale 
infatti ne sia stata la forma del governo lo pro- 
vano la R. Cathar di alcuni nummi, gli statuti 
cittadini e da ultimo la forma e la costituzione 
del senato a cui era affidato il reggimento della 
pubblica cosa. Tra gli scrittori che s'occuparono 
di cose bocchesi, dopo il Darù ^ ed il Bouillet, ' il 
Jiriczek * è il solo che denomini repubblica la forma 
di governo colla quale Cattaro si reggeva. 

L'origine e la prima costituzione dell'ordine 
nobile di Cattaro non è per anco abbastanza co- 
nosciuta. Il più antico nòbile di cui sia fatta men- 
zione nella storia risale al secolo IX, perocché 
Andreaccìo Saracenis, fondatore della chieda di S. 
Maria Infunara ed acquirente del corpo di S. Tri- 
fone, era nobile. Così di lui una antica perga- 
mena: jjCerto Zfitadino nobile zintilhomo^ sì de gene- 
ration come de richeza pr acciaro, nomine Andreacio 
Saracenis ....'^ Flam. Corner discorre di lui siccome 
di un nobile, e come tale esso è menzionato in 
tutte le patrie memorie. 

Dice l'Orbino che all'epoca (638 d. C.) in Cui 
Ascrivio rimase distrutto dagli slavi, ben veritìdue 
famiglie d'ottimati cattarini passarono nelV inci- 
piente Ragusa, ove istantaneamente furono ammessi 
a quella nobiltà. E fermandoci là dove si hanno 
dati' positivi, si sa essere stati nòbili di Cattaro 
quelli che dopo il 1017 uccisero a S. Gabrielo il 

* Vedi Statuta et leges. I. e. Reutz Verfassung ecc. 1. e. Memoria 
ed informazione 'che alcuni individui attinenti al corpo Nobile di Cattaro 
assc^ggettano al. Connine oad« possa iiié^tpare colle occ^orrenze del D.to 
10 Marzo 1820 N.<> 975-153 ed il :GDe poi medesimo contemplato. — 
Corner FI. 1. e. 

*^ Stòrie* di Venezia. Chp. XV. Libro Xll. 

^ A^Pgtamps refwbUque i iqdepeifdate, elle se m^taìt a Vems4) ea 
1420 — Bouillet. Dict. Geogr. Hist. 

^ liandstràssen ecc. p. 72. 



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147 

re Dragotnìro, e che queir Ursacio il quale fece 
una donazione alla chiesa di 8. Trifone (1124) 
era nobile e che da nobili, come si legge neir atto 
della donazione stessa, la città era governata. Anzi 
la menzione che si riscontra in questo documento 
prova la preesistenza del ceto nobile di Cattare 
In quanto all' eccellenza di questo corpo il Sandi * 
con distinta erudizione dimostra Cattaro nella civile 
amministrazione superiore a tutte le città della 
Dalmazia, ad instar di quella stessa di VTenezia 
j^et in purgata Comitiorum nobilitate.^ Ed all'autorità 
di costui fanno concordemente eco nelle loro opere 
il Biiphinz, il Salucone ed altri. E certo che delle 
famiglie nobili in Dalmazia una sola, quella degli 
Zaguri di Cattaro, fu ammessa al patriziato sena- 
torio di Venezia; ^ che le nobili di Cattaro pas- 
sando matrimonio con un patrizio veneziano veni- 
vano inscritte nel libro d' oro. ^ 

Abbattuto ne' suoi primordi delle irruzioni 
barbariche, mancarono a quest' ordine i mezzi 
di sostenersi; non perciò venne esso meno nella 
intraprendenza e più si nobilitò preferendo il profitto 
dèlia propria operosità. Non si tosto però la pace 
fu ripristinata e l'ordine ristabilito nella pubblica 
cosa, fu tolto l'uso fino allora tollerato che un 
nobile potesse speculare tenendo per proprio conto 
fabbriche di cuoi e di salumi, * molini ecc. E per 
garantire il lustro della casta, preservarne la pu- 
rezza del sangue, e allontanare ogni ombra offu- 
scante la nobiltà, venne per legge statuito ^ che 
il nobile di Cattaro non avesse a tor moglie se 
non dal seno di nobile progenie : y^aisi fuerint pro-^ 

» Storia Civile IV. 458. 

^ Tentori. Storia di Venezia. III. 

^ L^ ultima fu Giulia Burovich vissuta verso la fine del secolo passato. 

* Ballovich. 1. e. 

^ Statuta 224. e. CCCXCIV. - 2. IL -- 20. XXXV. 



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MS 

genie not^Uis ilHm cwitatis ubi nata fuerinL^ Vn nojbiU 
che sposava d,onaa eìttadina o volgare decadeva 
da ogqi titolo, ed i figli ne venivano riguardati 
siccome plebei. Un membro della benemerita ed 
illustre famiglia Vrachieu, nel 1447 fu per q^uesto 
motivo allontanato dal ComsigliQ nobile, né mai 
più, per quanto si adoperasse, ^ vi potè egsere 
riam.messo. Non bastava incontrare m^trimonip con 
una donna di buoni natali, per quanto anche i^03ae 
ottijipa la fama ed oiwrevole rinapiego del geoir- 
tore; bisognava che appartenesse ad un consiglio 
uobile legalj]Qiente riconosciuto. 

Come i nobili di tutti gli altri stati in quei 
tempi avevano chiostri destinai^ esclusivamente per 
loro, COKI un talje convento se lo ebbero pure i 
nobili cattarini. Santa Maria al ponte .Gordicchio 
(fin al 1340), Santa Chiara (dal 1364) e quello 
della Visitazione (dal 1514) furono conventi jdi- 
schì^ unicannente ^e ziteUe nobili, ' mentre quelli 
di S. Maria e Lucia (dal 1360) * e di S. Giuseppe 
(dal 1510) accettavano soltanto le figlie del popolo. 
L' ordine de predicatori a S. P^lo ed a S. Nicolò 
escljudeva chi non avesse appartei^to all' ordine 
nobile. L' ordine nobile di Cflitaro ^ra riconosciuto 
per tale anche presso le corti europee di quei 

^ Ducale 26 Luglio. 

» Raffaem U. La Dalmazia. 1846. N.» 12. 

' In origlile deUo di S. Maria ed aperto eselusivamente alle ù^ììfi ^opiU 

— Abbandonato nel 1360 ai popolari, questi ne riedi6caroDO la chiesa 
intitolandola a S. Lucia. — Della riedificazione è memòria nella seguente 
inscrizione scoperta Ti^no 1816: 

Ckrisio agotw grtUia di§na — Peients luci0. In cuius ecclesia einffiUT 
cum laude — Immensa : haedificaia a civibu$ — Losio Stanchi Teodorog. 

— Caiharensìb. quos fécunda — Paren$ fecit fare germanos — Herttis 

cuius reddat eos omni — Tempore $ano8 MGCCLX. 
Bra eretta presso T antichissima porta dì Gordicchio. Divepulo so'- 
verchio pel numero sufficiente di chiostri aperti nella città alle nebili e 
alle popolane e perchè poco favorito dal sito, questo cenobio fìi attorno 
il 1622 ravvolto e compenetrato nella rifabbrica delle mura — - 



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tem^. I privflegi concessigli dai due prilli ve dì 
Serbia, si rìtijene non siano che la riconferma di 
ciò «he i l<!>ro proavi avevano <5onces80 ai nobili di 
Catterò, ^i è detto che nel 1178 per garantire la 
loto libe^tii Cùtharenèes foedus curi Graecis impera- 
tèribm ini^rma'j da queste parole chiaro risulta che 
i nobili di Cattare erano riconosciuti andhe presso 
la corte bizantina come tali e muniti di sommi 
po*er!. Kadoslao riconfermò loro (1260) gli antichi 
pri'i^ilegi in riflei^o delia fede afppalesata all' avo 
ed al padre di lui dagli ofwmndi nobiU ài Cantaro. 
Dallo stesso regio rescritto desumiamo ancora che 
questi nobili, anzi i loro antenati hanno ricevuto 
dall'avo di Radoslao doni cospicui, e che non ad 
altri che agli ambeisciatori nobili di Cattarò, venne 
quest' atto consegnato. Né fa mestieri esporre gli 
altri privilegi loro dai re Slavi accordati ; in tutti 
i relativi rescritti si trovano espressamente nomi- 
nati i nobili di Cattaro. 

L'importanza nella quale fu tenuta la classe 
dei nobili di Cattaro presso le corti di Rassia e 
di Serbia è attestata dall' atto segnato coi Ragusei 
Tanno 1272, in cui, come vedemmo, nel caso ai 
Ragusei fosse da quei re o dai loro bani intimata 
la gueri*a, i Cattarini si impegnavano di iiiterporsi 
con ambasciatori y^ad ptocurandum et laborandutn ut 
pax detur Comuni Rhagusii.^ Il Comune di Ragusa * 
con la costante sollecitudine di ammettere nel suo 
oi*dine senatorio quei nobili di Cattaro che in essa 
ricoveravano, e con la premura onde nel 1368 si 
adoperò, perchè nobili Cattaritìi passassero a far 
parte delta nobiltà Ragusea^ dimostrò ripetutamente 
di riconoscer^ non solo V autonomia del governo 



' Qui sì dice Raj^sa j^cotnune.^ Qvtt^H assonse fi Ulolo dK l^epa^^ 
|>|ica appena nel secolo XV. 



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160 

di Cattare^ ma bensì anche e sopratutto T eccellenza 
del cèto al quale esso ei'a raccomandato.^ 

Il rescritto di Lodovico d'Ungheria del 1382^ 
quello che il successore di lui nel 1404 ìndirbfiaa 
j^Nobiiihw^ ecc. e tanti altri, anteriormente conse- 
guiti, nonché T accoglienza e le distinzioni che la 
corte di Francia e Venezia fecero ai Bucchia e ad 
altri nobili di Cattaro, le alte cariche alle quali 
furono elevati dalla corte serbiana, ofl&rono la più 
desiderabile i)rova del riconoscimento di questa 
nobiltà fino da tempo più remoto* Non sarà fuor 
di proposito ricordare qui almeno i nobili Trifone 
Bisanti che nel secolo XV insegnò greche e latine 
lettere pria nelF università di Bologna ^ indi nel- 
l'altra di Perugia e fu bibliotecario alla corte di 
Modena, e Girolamo Bucchia, il quale ai giorni dello 
stesso Trifone visse alla corte estense adoperato 
negli uffizi della maggiore importanza. 

Geloso de' suoi privilegi T ordine nobile di 
Cattaro nulla ommise perchè F autonomia del suo 
comune fosse costantemente conservata. Caduta 
Ascrivio, Cattaro da suoi primordi fii libera e si 
governò con proprie leggi. Quando divenne forte 
la potenza dei Rassiani, Cattaro si assoggettò sola- 
mente alla loro protezione. Che se così non avesse 
durata la sorte di quella città fino al 1178, non 
avrebbe potuto nel 1149 staccarsi dalla lega di 

' V. Darsa ed i Tiburtini Genealogie e Storia delle famiglie citta- 
dine. — I Darsa ed i Pellegrina trapiantaronsi nel XIII secolo a Ragusa, 
l'uno perchè caduto sotto i rigori delle patrie leggi penali, T altro perchè 
funzionario considerato come pubblico traditore, ed entrambi furono accolti 
ed inscritti nel ceto nobile di quella città. Altre famiglie nobili trapianta- 
tesi da Cattaro a Ragusa : Renescia, Cotrugli (1330), Basegli Bisanti (1380), 
Bucchia (1333), Cerva, Darsa, Demitri, Pozza, Florio (1520), Catena, 
(cfr. Lucari, RazEÌ, Appendini; questo a p. 7. SI. 98 ecc. II. Antichità) 
— Secondo TOrbini (p. 301) oltre le predette sarebbero originarie cat- 
tarine anche le seguenti famiglie nobili di Ragusa : Bascha, Dabro, Giorgi, 
Mechsia, Pesagna, Volpeli, Zriena. 

> U. Raffaelli, La Dalmazia. 1846 N. 39, 



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161 

Giorgio, formando alleanza con DraghÌAd> né poscìft 
alleata di Radoslao avrebbe potuto aiutar questi 
contro a suoi nemici. Sé fòsfee stata iti maggiore 
dipendènza dai Rassiani, non avrebbe potuto ade- 
rire alle istanze dei Ragusei, ai quali prestò valido 
aiuto nel 1154 contro il bano di Bosna- Né meno 
importante è in proposito V atto segnato col conte 
di Almissa nel 1167, — Quando poi i nobili cat- 
tarini si accorsero che i re di Rassia intendevano 
sottometterli a sudditanza, gelosi sempre della loro 
indipendenza, si staccarono immediatamente da quelli 
(1178) e strinsero lega cogli imperatori greci* Ri* 
masero alleati di questi fino alla caduta dell' im- 
pero, né aderirono di unirsi ai re di Rassia, se 
non perché i privilegi loro offerti erano assai estesi, 
e perchè fu loro esplicitamente promesso di difen- 
dere i diritti della loro libertà. Premesso ciò non 
é a dubitare che diu:arono nello stato di indipen- 
denza, tanto più che non molto dopo (1368) fu- 
rono da cittadino interesse mossi a domandare la 
protezione del re tTUngheria. Se da questo poi 
passarono a Tvarco, ciò accadde, n' assicura il Corner 
assensum ultra praebentihus ipsis Cathari civibus quos 
muneribus et pr omissis sibi (Tvarco) devinxerat.^ Né 
altrimenti avrebbero potuto cosi presto staccarsi 
da Ostoia e collegarsi con Ervoie duca di Spalato. 
Torna a convalidare X asserto sulle condizioni d' in- 
dipendenza dei Cattarini, la memoria, che, sciolti 
finalmente da ogni altro legame, si ressero da sé 
finché costretti domandarono la protezione di Ve- 
nezia. 

Il regime pertanto della pubblica cosa era af- 
fidato all'ordine nobile ai membri del quale si 
conferivano tutti i carichi più importanti ed au- 
torevoli. In numero di XL, non vincolati fra 
loro da parentele od affinità formavano il Consiglio 



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m 

Maffgiùfe ch'era auftorità legidlativa e quella dalla 
quale dipendeTano le pubbliche imposte, i prov- 
vedimenti alle chiese, tuttociò che concerne le cause 
civili e le pene crimhiaK non escluse le capitali 
e da ultimo V elezione e la conferma degli altri 
pubblici magistrati. Teneva le sue sessioni fino al 
seòoìo XIV nella chiesa di 8. Trifoùe, quindi, fino 
al 1667, nella grm ^ala del palazzo dei consigli, * 
ore raccoglievatìi al suono della campana ^ e sotto 
la presidenza del Conte. Era il conte * la prima 
dignità dello stato o diremo il principe che fin al 
1398 rimaneva in carica per un anno; da questo 
tempo in poi per un mése. Veniva eletto dall' of*- 
reuffé generale dei nobili, che fin al 1398 chiamò 
per lo più a questo seggio uno dell' ordine nobile 
delle città amiche di Dalmazia. Una sovvenzione 
di tìiille perperi in grossi cattarini eragli assegnata 
dai fondi del comune, per alleggerirne le spese 
inerenti alla carica, e gli competevano di ogni 
tratta di rete 18 pesci, d'ogni carico di legne 
tre balle, * di ogni gondola due, di ogni lontro 
una, di ogni fascio di tede un pezzo. A Natale una 
rete pescava esclusivamente per il conte e per i 
giudici. Nessuno poteva osare chiamarlo apatrino, 
né altri di sua famiglia poteva contrarre affinità 
spirituale con alcun cittadino. Né egli né i suoi 
congiunti potevano ricevere donativi; non poteva 
andare a banchetto né in città né fuori, tranne in 
caso di nozze e sen^a ptender licenza dal consiglio 
maggiore non poteva assentarsi o dormire fuori di 

*- Edifiskr che crollò pel terremota ctol 1667 -^ Brg«fvaaì nella 
piazza di S. Trifone. 

^ La maggiore della cattedrale allora volgarmente detta la babba. 

^ SMto il dotttittio dei Bizantini chiamato Priore^ quindi Aetioré, ì\ 
jtitok) c^te risale air anno 1159 — (Vedi p. 54 di questo libro). — 

^ Una balla equivale alla quantità che un uomo di ordinaria robu- 
^tezia può portare dulie i^palle. 



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153 

città. Canipariva sempre ségótto da un cavaliere 
e dà sei séudiferi a sue spese vestiti. 

Fincliè rimase sotto la protezione delF impero 
bizantino, Cattaro ebbe il Catapano * quivi come 
in tutte le città e provincie dell'impero, mandato 
a rappresentare stabilmente il governo cesareo e 
a riscuotere i dirrtti sovrani. Cessata la protezione 
delV ìtìapero il Catapano fu sostituito dai Rasslani 
fin circa la fine del secolo XII col Satnicus ^ eli' era 
il delegato nelle regioni contribuenti al re cento 
eàttiatì né suoi bisogni. Ma questa ultima magi- 
stratura, come appiarer dair atto statutario del 1186 
non si trova più a Cattaro dopo quest' anno né si 
incontra più ricordata ne pubblici documenti, es- 
sendo fin d' allora cessata quella condizione di sud- 
ditanza che richiedeva la presenza di tale delegato 
regio. 

Jì Coniglio dei Ptegati o de' Rogati (Rogatorum) 
che veniva annualmente il di di San Giorgio ri- 
novato dal consiglio maggiore, si componeva di 
XV membri o Senatori, scelti tutti dall' ordine no- 
bile. Appartenevano ai Pregati sopratutto le fa- 
cende della pace e della guerra, e il trattamento 
degli affari di stato ' più urgenti ; nominava gli am- 
basciatori da spedirsi fuori di patria e li forniva 
delle debite istruzioni; assumeva gli appelli delle 
cause civili; rivedeva ìV più delle vòlte le criminali; 
ordinava la pubblicazione delle leggi e ne sorve- 
gliava r osservanza. 

Dal consiglio dei Pregati venivano presi i tre 
Giudici annualmente rinovati dal Consiglio Minore 
colla restrizione che un giudice, spirata l' epoca del 
suo mandato, noti poteva esservi rieletto che dopo 
quattro anni, né poteva esonerarsi dalf incarico 

" V. p. S9 (nota) di questo libro. 

^ Du Gange Glossarium — Lucio de Regno Dalmatiae l. tì 

11 



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154 

altrimenti che pagando una multa di 50 perperi. 
Tostochè l'elezione veniva confermata, i giudici 
cessanti dovevano al suono della campana procla- 
mare i neoletti ed assumerne pubblicamente il giu- 
ramento. Le quali solennità ci provano V alto conto 
in cui questa magistratura veniva tenuta. Difatti 
essa col conte rappresentava la magistratura su- 
prema. In casi dubbi o preveduti dalle leggi, essi 
dovevano consultare gli anziani della città o giu- 
dicare secondo il diritto consuetudinario. Il lunedi 
ed il sabato giorni fissati per la definizione delle 
cause, sedevano in giudizio almeno da prima a sesta^ 
e con loro un nodaro. Ali interesse delle parti li- 
tiganti erano destinati i quattro Avvocati della Curia. 

La legge 6 ottobre 1367 regolava giudizi ed 
appellazioni nel modo seguente : — Le appellazioni 
dovevano essere presentate nel termine di dieci 
giorni a datare dalla pubblicazione della sentenza, 
e venivano inoltrate o al Sacro Collegio di Roma 
y^ad collegium Doctorum Auditorum Causarum Sacri 
Palata Domini Papae^ o ai collegi di Perugia, Pa- 
dova o Bologna. L' appellante doveva però antici- 
parne la spesa. L' appellazione si inoltrava a quei 
collegi o da un nodaro o da un cancelliere. ' Venezia 
nel 1433 trovò ^ di stabilire che i Bocchesi aves- 
sero a ricorrere d'allora in poi ai collegi di Pa- 
dova, Treviso, Verona e Vicenza. ^ 

11 Consiglio minore eletto per voti da quello dei 
Pregati, era composto di sei nobili, che come tutte 
le altre magistrature non duravano in carica che 

^ Statuta cap. CCCXC. cfr. Modif. Padova io 5-2 Nar^o 1446 — 
n. 10 — 1469 — 27 ottobre 1553 - 28 Luglio 1636 — 17 Ottobre 
1553 — Venezia Ducale 30 Gennaio 1622 — Verona 27 Giugno 1573 
-- 7 Aprile 1618 — 23 Giugno 1634 — 19 Dieembre 1693 — 14 
Agosto 1710. 

' Ducale 30 Luglio 1433. 

^ Il Lucio (Mem. di Traù) sa questa legge non essere staia stan^ 
ziata unicamente a Cattaro. 



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165 

per un anno. Questo consiglio presieduto dal conte 
aveva potestà esecutiva sui vari rami amministrativi 
statuiti dal consiglio maggiore o dai Pregati, rice- 
veva appelli ed altri atti per le autorità superiori, 
aveva il maneggio degli atti diplomatici, formava 
col conte nelle solenni circostanze la suprema rap- 
presentanza. 

In aiuto del consesso dei giudici fungeva fino 
al 1400 (31 gennaio) la Curia minore incaricata 
degli affari bagatellari (fino a X perperi), i quali 
poi furono mandato personale del conte e di ogni 
singolo giudice. 

Al consiglio dei Pregati spettava ancora l'ele- 
zione degli officiali minori, i quali erano: — due 
doanari del sale che curavano in nome del co- 
mune la comprita e la vendita del sale, la costru- 
zione "^e la manutenzione delle saline, — due ca- 
merari del comune impiegati nella riscossione degli 
introiti doganali — tre conti degli Slavi o dei 
Passamnici — tre auditori degli atti dei nodari, 
quasi altrettanti controllori e revisori di quanto 
veniva esteso dai nodari, — due gabellari del vino 

— due officiali tecnici — tre giustiziar! addetti alla 
sorveglianza delle importazioni furtive di generi di 
privativa, aventi al loro servizio sei fanti tolti dal 
popolo — due ceccari — due procuratori del comune 

— due procuratori p^li intestati — due periti. 

Al talento poi dei giudici era affidata l'ele- 
zione del vicario e dei ripari addetti alla cura ed 
alla sorveglianza del porto nonché di dieci guar- 
daboschi. E come i membri dei consigli, cosi i 
singoli officiali minori non potevano allontanarsi 
dalla città più di L miglia (Ragusa ed Antivari); 
chi non ritornava al suo posto entro un mese lo 
perdeva e veniva sostituito. Tutti necessariamente 
erano tenuti al giuramento. 



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i5e 

Sapiamo dallo statuto ohe due nobili venivano 
eletti a pwcuratari della chiesa di & Trifone^ e che 
altri due con un sacerdote tenevano una delle 
chiavi del santuario col titolo di procuratori delie 
reliquie. Parimenti due nobili venivano eletti pro- 
curatori e difensori del monastero di S. Giorgia 
allo scoglio presso Perasto, di quelli di S. Chiara 
e delle Benedettine della città e del convento di 
S. Pietro nel rione di Gordicohio. Sulle chiese anzi 
e sui monasteri il comune esercitava una specie 
di juspatronato e ne tutelava e garantiva i beni. 
Dopo la festa di S. Giorgio le chiese, i monasteri 
ed i rispettivi beni dovevano essere visirati da of- 
ficiali a tale scopo espressamente eletti. 

11 vescovo di Gattaro fino al secolo X veniva 
eletto dal solo capitolo, poscia dal Clero e dal 
popolo. Grimoaldo (1089) s'intitola; * ^p. R gr; 
electus Episcopus Cathari ab universa Clero efusdem 
cimtatis et populo cuneto.^ — Nel secolo XIII rele- 
zione del vescovo fu riservata alla sola autorità dèi 
Pontefice romano. Appartenevano al vescovo i redditi 
di alcuni castelli e di terreni formanti 1^ sua mensa. ^ 

La cattedrale e la collegiale fòrma\ano due 
capitoli a parte. ^ I sacerdoti erano provedutì con 
benefizi. L' arciprete e V arcidiacono venivano eletti 
dal capitolo e confermati dal vescovo. Al paroop 
erano aggiunti altri quattro calonaei, i quali: nei 

' V. p. 58 di questo libro. 

^ Ex origi Reg. Ann. IV. co». lib. I. fol. 311. (p. 701). — Tit^iner 
I. 2ÌA 316. - Clemente V a Stefana re 7 Genn. 1346. „.... percjepi- 
mus, quod licet Catharensis Ep.us qui fuit prò tempore de Canal, Tribunia^ 
DrazaviM^ Ressón, Bvdua, Lastuà, Prhreiìtj Noi»aheida^ Trepte^ Janeva^ 
Caporick Piane, Osta^i^ B^sekova^ Rpdni^h, Lipnicfi^ Gi^^kfUnù^ Save^ 
Maièovia^ Golubezii et Albia dieta Beigrad^ Vilt^s et castra et nonnulla alia 
loca Catharensis et Schlavònensium dioecesium ,.., tamquam dioecesanus 
ipsornn Castrorum ett. gobernare et] re^ere aonsiievenftt ab aitiqto let por^ 
ceptio .d^citnarom proyenien^iutii de pvoyen(ibi)^ terr^nm, etc, in dietim ca- 
stris etc ad Episcopum Catharensem pertinere noscatur....^ 

® In tutto ventiquattro calonaei^, 



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m 

rispettivi rioni fungevano ed erano considerati come 
altrettanti parochi. 

Jn Qgni angolo quasi della città sorgeva una 
ohì^a: qna e là un solo edifizio racchiudeva due 
e perfiiio tre capello. Sotto la chiesa di S. Giuseppe 
qrdvi un tempietto dedicato a S. Antonio Abate; 
sopra IfL (jhiesiaola di S. Cattarina si trovavano al- 
tre fdue oapella I più antichi chiostri de' quali 
fticoift .menzione la storia sono quelli di 8. Giorgio 
allo scoglio e di S. Maria Infunara in Cantaro. 
L'idea religiosa nell'età di mezzo tanto potente 
ueirBiUropa civile, toccò a quel tempo anche alle 
Bocche di Cattaro il massima di sua potenza. Tanto 
aazi che fu un tempo in cui, come s' è veduto, i 
Oàttaritìi non ad altro parvero dedicati che a fab- 
brigare ed arrichire. di doni templi e monasteri, 
la questo tempo (sec. XIII. XIV) pertanto si fon- 
darono i chiostri S. Domenico S. Benedetto, S. Fran- 
cesco,. S. Chiara, S. Pietro, S. Nicolò e S. Paolo 
nella oittà, e quello dei calonaci di S. Benedetto di 
CaFtplli. 

Nel secolo XIII eranvi in Cattaro due fratrie : 
qu^U^i di S. Croce che allora incominciò a sorgere 
e queUa di S. Nicolò detta altrimenti la Marine- 
re^za che esisteva già da quattro secoli e che poscia 
ebbe t^nta parte nella storia di Gattaro. Nel secolo 
seguente? furono istituite altre fratrie ancora e du- 
rarono piBr parecchi. secoli; solamente le due prime 
restano tuttora monumento della patria politica 
economia di quei tempi. Alla prima potevano ap- 
parteneare fin certo tempo esclusivamente i nobili, 
alla seconda i marinai. L'una e l'altra nelle adu- 
naijtze generali erano presiedute dal Maestro di 
Seidd^y . ed evano amministrate dai rispettivi gastaldi, 
officiali, capellanì, segretari ecc. La confiratema di 
S. Nicolò o la S^avi^er^^a era composta dal ceto 



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168 

dei marinai e costituita sulla base delle odierne 
società di mutuo soccorso. Il capitale formatosi 
dalla minella che ogni marinaro doveva contribuire 
era tale che poteva soccorrere i confratelli infermi 
e gli impotenti, provvedere la dote alle loro figliuole 
ed assumersi il trasporto in patria delle salme dei 
propri morti su scogli o in paesi infedeli. La Ma- 
rinexezza rappresentava V armata navale del comune 
di Cattaro anche al tempo del veneto dominio. 
Riconosciuta dai re ed imperatori serbi, prediletta 
dai cittadini consigli, essa fruì di sempre maggiori 
poteri; regolava l'approdo alle rive di Cattaro, 
riscuoteva minelle da tutte le località delle Bocche ; 
ogni marinaro nazionale era obbligato di apparte- 
nervi. Ebbe privilegi nei mercati di Venezia, nelle 
Marche, nel Levante e nelle vicine rive di Dalma- 
zia. Essa infine fu nel medio evo parte importante 
dell'economia politica del comune, e come nei 
secoli a noi più vicini, in quelli eziandio contribuì 
grandemente alla gloria della patria, rimanendo 
sempre per pietà e ricchezza, per fasti ci\^li e glorie 
militari, per antichità e quantità di privilegi, supe- 
riore alle tante che, auspice il dominio veneto, 
sorsero a Venezia, nel Levante ed altrove ancora. * 
Le cariche dalle quali essa veniva governata di- 
stinguevansi in maggiori e minori. L'ammiraglio, 
il maggiore ed i due capitani appartenevano alle 
prime, alle seconde tre offiziali dell' anziguardia, 
tre della retroguardia, il tenente ed i due sergenti. 
L' ammiraglio scelto da principio tra i nobili, poscia 
(dal sec. XVIL) anche tra i cittadini era eletto a 
vita, doveva risiedere nella città, andava col ba- 
stone e governava non solo le file dei marinari, 
ma fino all'epoca del dominio veneto egli sovra- 
intendeva agli affari marittimi del porto, era il 

^ Gelcich 6. La Marinerezza. Trieste, Bello 1872. 



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159 

capo della flotta del golfo, il direttore dei pubblici 
arsenali; ecc. Gli altri officiali rimanevano in carica 
per un anno. 

Il tre febbraio, giorno consacrato al ]>rotettore 
della città, festeggiavasi non solo con spendidis- 
sima pompa ecclesiastica, ma con pubblici e pri- 
vati banchetti, con giostre, fuochi, luminarie e spe- 
cialmente col ballo religioso e s^olenne che, come 
oggi, veniva pure condotto dai più svelti marinari, 
dinnanzi la cattedrale. La ricorrenza di tale solen- 
nità veniva annunziata otto dì prima, al tocco del 
mezzodì da un giovinetto volgarmente appellato 
^il piccolo ammiraglio" perchè ornato, meno che 
del bastone, di tutte le insegne militari che distin- 
guevano r ammiraglio. Lo sue parole (le Lodi) si 
chiudevano sempre in mezzo alle esultanti accla- 
mazioni del popolo, allo scampanio dei bronzi, al 
«uono dei pifferi e dei tamburri, alle lagrime de' 
commossi vegliardi che vicendevolmente abbrac- 
ciandosi e baciandosi s'auguravano' il ripetersi di 
quella lieta riccorrenza per una lunga serie di anni 
futuri. ~ A renderla vie più importante fu dato 
alla Marinerezza il privilegio di chiedere la libertà 
di qualche esule o carcerato. Per queir occasione poi 
ogni autorità cittadina era in essa riposta. Riceveva 
per quei giorni dal conte le insegne cioè il ves- 
sillo della città e il grande stemma del comune; 
l'ammiraglio cingevasi della spada e portava il ba- 
stone del conte. Le insegne venivan deposte nel 
tempio ; le chiavi della città si conservavano presso 
r ammiraglio. Così le autorità spoglìavansi per quella 
festa delle proprie prerogative cedendole al corpo 
della Marinerezza che nelle notti (2-3-4 febbraio) 
accompagnato da due cavalieri in completa arma- 
tura i quali portavano le chiavi, chiudeva ed apriva 
le porte della città e sorvegliava X ordine pubblico. 



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160 

Straordinai'ia era del pari, la solennità delle 
funzioni ecclesiastiche. Come al giovedì santo, cosi 
alla sera del 2 febbraio, durante il vespero ed i 
matutiiii sei nobili dei più ragguardevoli invitati 
dai procuratori delle reliquie, dai quali ricevevano 
nobili presenti, e sei scelti dall'ordine civico, in- 
censavano, come oggi pure si usa, due a due in 
grande assettp di gala le Ss. Reliquie. La Maari- 
nerezza partecipava a tutti i sacri riti. Il conte, i 
giudici, i consiglieri del maggiore e del minore 
consiglio, i medici, i notai e tutti gli altri officiali 
erano tenuti a offrire alla cattedrale in tale circo- 
stanza un cero di peso determinato a seconda del 
grado deir obblatore ; per chi avesse manc^-to eranvi 
stabilite delle ammende — In occasione di queste 
feste il consiglio maggiore di Cattaro aveva ^ (1343) 
stabilita la tregua di Dio, Fu concessa cioè libertà 
ai profughi e latitanti per delitti che non avessero, 
inaportata la pena capitale di accedere iujpunemeate 
nella città nei t^e giorni precedenti e nei tre se- 
guenti la festa di S. Trifone. 






N 

La tortura, male comune dì tutti i pt>pi(DÌi del- 
r età di liiezzo, la troviamo usata anche a Cattaro* 
Il <5apitolo dello Statuto (82) che riguarda gli omi- 
cidi fa menzione di torménti, per ricavare il ^inero, 
sotto la frase propria di quei tempi di ^^esame riffa- 
rosoj'^ non però trattandosi di cittadino, m di Al- 
banese Slavo o Vlaco, cioè a dire di un Icontadino 
del territorio del comune. Il bando, ^ le busse, la 

1 Stalut9 Cap. CDIV. 15 febbr. 1343. riconf. con lett due. 13 
Novembre 1566. 

^ iGràno banàiti i pirati e coìoro che andavàDo corseggiare cogli 
Almissaii -^ Stot. cap. 400-401. 



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pena peiQuniare ^ e T arresto perspxwife i^anx) iBiPu-*- 
nÌKÌonl ordinarie del delinquente- Ciji fiiCm poteva; 
pagare , Ja multe veniva condajcuwto al carcere, (^e. 
secondo l^a gravezza del misfatto poteva eg^r^ iif^-. 
*sprito colJLe bu^.e e colla catena. Vi eranp^treyflarrf. 
ceri: quelle di S. Trifone, quelle .presso la. Ipggl^ 
di S. Trifone e queiUe nei sotterrane del pftla?}zo 
del copXe. Ma.uijL nobile che ayeva solaimenjte.qm^t*- 
tordici anni, accusato di qualph^e . cqnte*yyen«Ì4)^ 
veniva chiuso in un^, ^an;^a sopya la S9.la <^el ^ì^r, 
sigilo nel palazzo: del gjenato che ^rs^ a nie^zogiqynj^ 
di S. Trifone. — Chi proBao^eva p aiutava jwi..^j\-, 
restato a fuggire dal carcere, dovey?» subire. ,pqi, la 
pena del fuggito, fossp purje la pena capitale. . 

Qui, come da per tutto nel pjediQ evo, er^O; 
in vjgore Jie pene di canip9.razione. Il reo di sti^pro 
cioè o di furto . che ncwa poteva pftggi'^ Ja. pena; 
peculiari* alla qu^e era stato cpndanniitQ doveva 
perdere un membro del corpo oppure * yenÌY;a. ]bol-| 
lato. L'accusato di furto, essendo ricpnjQscwfltq reo>: 
era obbligato alla restituzione dall'oggetto ;involi^tp, 
o ad una multa. Se l'oggetto n^on valeva più 4i 5i.p^rr* 
peri, doveva pagarne 15; v^va chiusp in ^^arqeiie 
e se noix poteva esborsare Tinjiportp entro jl j;ermijja/e^ 
di cinque giorni,, dopo che nudo Qpa sjtajto ,battp|^. 
pmbblicajtneute, restava in ppìg^ppe fipchè .^ye^a^^j 
avuto i m^ezzi di.redimor^. Cti:avev^ rubato flp 
oggetto di 15 perp. se. dopo V^ giorni di .carceije 
ijioi) pagava. il triplo, veniva battuto e ballato m 
fronte; se il valpre era di 20 a 25 perj^. il la^TP: 
veniva battuto e orbato d'un occhio, se di .50 a 
100 egli veniva privato di un occhio e dpl)ft qiano 

^ Pene pecani»ejfi : ehi . ^rap^avR altriii ia barba* perfy. IO • *-■' dll giia-* 
stava ima pianta appartenente al comune p» 1 — chi tag;|iatfi, .le viti ;dei; 
Possanici p. 12 — chi ingiuriava àllrjii p. 3 — chi batteva uno slavo 
od ttiì 'albanese p, 3 — chi entrava in «asà arltrilf ed òifendevà 24 -^' 
ehi bntleva la sei^é o i\ servo d'ieri 3 ee«. . .\ 



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162 

deàtra ; se finalmente il valore del furto sorpassava 
i cento perp. Il ladro che non poteva pagare la 
somma veniva condannato alla perdita degli occhi 
e delle mani. Chi una seconda volta rendevasi reo 

4 

di' furto doveva essere bastonato e pagare un somma 
sei volte maggiore del prezzo dell' oggetto rubato, 
e dopo il carcere di quindici giorni non potendo 
rimborsare l'importo veniva più volte battuto e 
bollato e finalmente di bel nuovo mutilato. Se l'im- 
pòrto superava i per. 100, il ladro, così mutilato, 
Se tion risarciva il danno finiva al capestro. Il pub- 
blico ladrone veniva orbato. — Lo stupro era con- 
dannato secóndo la condizione della donna sulla 
quale veniva perpetrato, perchè vigeva anche a 
Cattato là distinzione fra schiavo e libero, essendo 
il primo un servo della gleba, un essere tenuto 
ib poco conto ed in ogni riguardo dipendente dalla 
volontà del suo padrone. Chi pertanto perpetrava 
lo stut)fo sulla schiara era condannato alla pena 
di per. 50, e, non potendo pagare questo importo, a 
pèrdere il pollice destro nel caso non avesse avuto 
il consenso della donna e del padre o del padrone 
di lei di sposarla senza pretese di dòte. Chi vio- 
lava uri orfana od una donna libera, si esonerava 
dilla pena di per{)eri 100 sposandola, altrimenti, 
non potendo né pagare la pena, né ottenere dalla 
offesa r adesione ài matrimonio, veniva condannato 
alla perdita del pollice e del mignolo destri. Colla 
stéssa alternativa del carcere o del matrimonio, il 
nobile o pagava perperi mille o si vedeva privato 
della destra. 

L'omicida era condannato al capestro se egli 
e Tinterfetto erano cittadini. Trattandosi di inter- 
fetto straniero, T omicida soggiaceva alla pena ^quam 
nostri cives in cimiate unde est ille interfectus snsti- 
nerent^^ che i nostri cittadini avrebbero subita 



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nella patria dell' ucciso. H forese che nella città 
uccideva un' altro forese finiva al capestro. Nobili 
od offiziali del comune rei d'omicidio venivano 
decapitati. 11 fuggitivo consideravasi còme bandito;' 
venendo colto subiva la pena capitale. Il falsario 
di un pubblico documento perdeva la destra; il. 
traditor della patria veniva bandito, la sua casa 
distrutta dalle fondamenta^ i suoi beni divisi fra' 
il popolo. Il bando per due anni veniva inflitto à 
chi si ostinava a non entrare nel carcere, restando 
fermo l'obbligo di scontare la pena al suo ritomo 
in patria. Chi non osservava il bando incorreva 
nell'esilio a vita; il renitente à quest'ultima con- 
danna ed i complici finivano decapitati. Chi per- 
cuoteva i servitori veniva bollato su entrambe ie 
guancie e il suo misfatto si pubblicava in tutto lo 
stato* ■ ' 

Abbiamo veduto il codice penale del èomtine' 
di Cattare essere stato in maniera che si espiala 
il delitto con una pena pecuniaria relativamente 
inferiore. Ma chi non poteva pagarla si e&póneva 
ad espiazioni senza confronto più dure : la prigione, 
la mutilazione, il capestro. Si vede quali da questa 
ingiusta alternativa erano i favoriti/ quali, i colpìtò; 



* . 



„Per comprovare i danni campestri la legge 
richiedeva il giuramento del proprietario del campo; 
il danneggiatore pagava, oltre alla compensazione 
del danno, la multa di 12 perperì ; non pagando, 
lo si frustava alla colonna e segnava col marchiò. 
Quando non si scopriva il malfattore, la villa più 
vicina era tenuta alla compensazione del danno. 

^Era proibita l'esportazione del vino, grano, 
caccio, lardO) sevo e legna dal distretto di Cattaro, 



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,,No|;i fermio valide le testimoilìaiize 41 dontia, 
di qopgiunti e nepEìmeno quella d'un sacerdote in 
afferri laici, lì padre poteva ilieatinioniare fra figli 
deJlji.^tóssft, moglie. 

^iNelle oaiuste oltre i 10 perp. si rid^iedeva .un 
pubblico doppiuensbo. Un apposita perfioua pubblica 
doYrea sorvegliaBe i docunae^^ti, cije ei facevano ddl 
nqtajp,; Qud'.p^elud^rvi; ogni frod^. Nei doeumeuti 
il documento pubblico di data più antica avea là 
prpftreiwa ^u quello d'wm più recente, I documenti 
fatti da nn notaio st^pniero non erano considerati 
yalevolL Proibite le. pegnorazioni, vendite od alie- 
nazioni idi cfondi dati ed obbligati a dote. Per Tu- 
socapiope s;i eaigteva \m pos^sso tr^-nquillo di soli 
dj[>e JMWW^ -Altrimenti per la pre^cmioae : qna carta 
di dej^ito od obbligazione, Qltr;e{)4ssaiido treiit'aam 
e mezzo e non venendo registrala o presentata se- 
co?^dp la legger (perdeva ogni efficaccia. P(^ji<> questo 
t^riaaine era prolungato d' un annp pel creditore 
nqì\ ial^itaiite la citt^^ di Cattaro. 
, . ^Cjhl dava a coltura , la propria terra no» po- 
teva. togUeiila al' colti vatpre che iallp. fine dcil terzo 
^uno, pujfcbè avesse soddis&ttp agli obblighi as- 
suni^W, cpjue d'j^ltronde non poteva Iftsciarl» il 
coltivatore. 

„Un padre, avente eredi di due mogli, nella 
divisione coi figli della prima, era tenuto di dare 
Ipro JJa ^netà de suoi beni; T altra x^th rimaneva 
al ,^44*"^ wi .%li deUp. seconda. 

. j^NeU^» divisione deJL patrimonio tra fratelli era 
prescritto, che il frpitello minore dividesse i beni 
in ptj^rtì eguali ; il maggiore preudpya il primo la 
sftft p^Tte, poi gli ^tri. I. genitori potey^^p disere- 
dare ^ji:£gUo, che gli avesse, perco^si^ ote^e loro 
iugjLdjjB col veleno. . ^ 

.. jjXjBa doftfli»» f^h^ ': non avesse avuto: epedi col 



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1«6 

seocmdo marito, ma col primo, moriapdo, aupeistite 
il secondo marito^ i di l«i bexà rianaaevaQo «i figli 
del primo". 






Dopo il patriziato eh' era la classe governativa 
gli abitanti della città si distinguevano in cittadini 
e plebei. Fra le varie distinzioni di questj; diversi 
ordini, va riferita quella antichissima delle axmi, 
che i Veneziani poi trovarono di conservare e ri- 
conoscere siccome, statutaria. ' Il liobile teneva 
spada, ballestra ed arco con saette e verettohi, il 
cittadino ballestra soltanto e daga; il plebeo arco 
di legno ed un. coltello. In caso di bisogno do- 
vevano comparire i! nobile con due ballestre a 
molla fornite cadauna di 2,5 verettoni, ed un arco 
con 25 saette; il cittadino con una ballestra a 
molla e 25 verettoni; il plebeo con. un arcò di 
legno e 25 saette. In tempo di pace però, tranne 
il nobile> nessuno poteva mostrarsi armato dopo il 
tocco della sera. 

Fra le molte prerogative delle quali godevano 
i cittadini, quella, eziandio avevano di potei: co- 
prire le cariche minori del comupe. Cittadini erano 
i commerciianti, gh esercenti la na^vigazione, le arti 
più nobili ed i più estesi rami di industria comq 
i lanifict, le concerie ecc. e distinguevansi per fratrie, 
col diritto dì sepoltura nelle chiese alle quali ihét- 
tevàno capo le rispettive loro corppraziòijL ^ / 

Sopratutto curavasi la costruzióne navale, siq- 
cpme quella alla quale le Bocche di C'attaró dò-. 

» m. p. 4*6. D- V. \ 1492. 

^ Del ^f|ic|,o di, perfezionamento « cui in ^au^^to . tei^go, sonq .i^9)He. 
alle Bocche di Cattaro le arti belle, T abbiamo dimostrato nel saggio ,,Le 
arti e le lettere alle Bocche di< CaHafeepi^ FMai L Vidneciai Véatefini 1879, 



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166 

vevfttìo le migliori loro risorse. Occorreva ohe il 
governo fosse assicurato della solidità del naviglio^ 
e quando i legni usciti dagli squeri di Perasto, fu- 
rono riconosciuti poco solidi e pericolosi, né in 
Perasto, né altrove nel seno di Cattaro fu mai più 
permessa la costruzione navale per conto dei Cat- 
tarini; che solamente a Cattaro, dove il corpo della 
Marinerezza prevedeva e regolava quant' era alV uopo 
necessario, E chi avesse costruito un legno mag- 
giore della barchetta da traghetto, fuori di Cattaro, 
perdeva il diritto di esercitare V arte sua e pagava 
25 perperi in grossi cattarini, o scontava la pena 
di tre mesi di carcere. I calafati, i carpentieri ecc- 
non potevano pretendere merpede giornaliera mag- 
giore di quella che la fratria della Marinerezza 
di tempo in tempo stabiliva. Ed i singoli ope- 
rai non venivano assunti se dalla Marinerezza 
non avevano ottenuto il permesso di lavorare. Nel 
1436 fu stabilito che „M. Radeglia habia a ti- 
rare tutti li navilii in terra, e che per cadauno 
navilio grando habia grossi 4 et deli menori 
grossi doi. Etiam li sopradicti padroni habia a 
chiamar lo dito Radeglia ali suoi lavorieri come 
fidele fradèlo dela scola. Et caso quo dito Radeglia 
no volesse andar habia a pagar la pena de grossi 
4 per cadauna volta. Etiam se li ditti patroni non 
volesse , chiamar lo ditto Radeglia habianli pagare 
la sua giornada." ' — L'industria, dopo la marit- 
tima la più proficua al paese era quella dei cuoi; 
così si raccoglie dalla matricola che incomincia 
col 20 Marzo 1509, ma accenna tosto a sviluppo 
che non avrebbe potuto toccare senza una ben 
lunga preesistenza. Arrogi a questa il retificio, le 
fabbriche delle schiavine, delle rascie e dei pan- 
nilani grossi e villaneschi e dà ultimo quella delle 

<^ Mmlreregolii dei Marineri foglio i5; 



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167 

candelle di Bego^ prodotti tutti dei quali si faceva 
spaccio non solo nell'interno, ma anche nella vi- 
cina Albania, a Venezia e nelle Apulie. * — 

I plebei non potevano essere ammessi quali of- 
ficiali del comune, ma servivano soltanto neir ese- 
cuzione delle pene sentenziate. ' Esercitavano le 
arti più basse, erano manu<ali di piazza, calàfatti, 
giornalieri ecc. 






Il comune di Cattare nei primordi della sua 
indipendenza possedeva soltanto le ville di Spi- 
Ijari, Skaljarì, Kavad, MerSevac, Bogdasiò ed il 
tratto che dalla città si protende fino a S, Elia di 
Dobrota. Nel secolo XI e successivamente fino al 
secolo XIV i suoi possedimenti territoriali furono 
mano mano ampliati dai re di Rassia e di Serbia. 

Ricevuti in dono i territori di Garbalj, Lede- 
nice, KruSevice e Bianca, il comune ritenne questi 
territori siccome feudi cui esso solamente poteva 
disporre e li suddivise in particelle ^ fra le varie 
famiglie costituenti V ordine aristocratico, a patto 
però che ciascuna conservasse la parte sua in linea 
discendentale e collaterale, né avesse mai per ra- 
gione alcuna ad espropriarsene. Nella mancanza di 
una parentela legittima, il podere ritornava al co- 
mune che nuovamente lo distribuiva in eque par- 
ticelle fra le altre famiglie, Necessariamente la ven- 
dita, anche di una parte dei terreni cosi conseguiti 

^ U. Raffaelli: La Dalmazia 1845 p. 139. 

^ Sex famvlos populare« devooo accompan^nare ì giudici per V ese- 
cuzione delle busse. Stat. XII. cfr. Reulz. 

^ Libro rosso — conservasi nella casselta delie per)[;ani«ie delFar^- 
chivio del C. M. di CaUaro presso TI. R. Capit. Distret. -^ Slat. GCCCXIl 
decis Coli. Patavini 5 Giugno 1560 n. 28-81. Gap. CCCCXIII (15 fingila 
1355) -, CC€GXY< (15 Ag. 1334) ;CCCGXV1II (28 Mng. 1339) 



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188 

era server ameQte proibite ; l' errentuale àcqiiirente pèr- 
deva r importo eBboraato, perchè un cosifatto ac- 
quisto veniva al fiisoo. Né era lecito alterare il 
namero dei ooòitadim che alle féttaiglie Tenlvano 
eoi rispettivi terre»! às^egnati^ meno poi il licen- 
alare o icltmbiare una parte di essi. E i contaidini 
atessi do V4^vanò etìsere obbedienti ai padroni, e ri- 
conoscere r alta sovranità del comune. Quelli di Galr- 
balj dopo di esser venuti sotto il dominio di Cat- 
tare continuarono per qualche tempo presentere al 
re di Rassia certe regalie a nome del cessato loro 
paunipip^o ; Catturo ajlo scopo di ipdqrli a smiettere 
qjUQsta . costumanza impose loro il livello annuo di 
4 grossi: per ogni ca^po maschio. 

1 foresi erano in. generale detti Slavi però an- 
davano distinti i Posamciy ' o Posauioi^ cioè quel* 
li mandati ' a cplojiizzare i terreni ohe mano 
mano vanivano ad appartenere a^l comune. I posa- 
indici cjostitiiivano una cla,sse abbastanza apprezzata 
in copfrontp agli altri foresi: un pQsamico poteva 
stabilirsi in città per esercitarvi un arte e vi go- 
deva, di . tutti i privilegi accordati ai cittadini. Alla 
fest;a di S. Trifone, fino allo scorcio del passato 
secqVo, i possamici intervenivano armati, condotti 
dal capitano del contado che precede vali assiso su 
bianco pal^eno, ^ Sappiamo che tutti gli affiari 
politico milit?i,ri dei confini erano diretti da un nobile, 
dijilV autprità del quale dipendevano anche alcuni 
legni destinati alla custodia del golfo, e che a lui 
era subordinata U forza tprritoriale sotto gli cor- 
dini di un sopra-intendente e del capitano del con- 

^) Pvsad -^ veter - Mqv* $obb&9t(^ Posa(d)nici aMUIoH dèi borgo. 
PosadUi piantare, collocare ; posa^fimk piantato, collocato e probabilmente 
ooioilOi Rcttls ha band$èevié eontaéim. 

'^)'Fortoe dalU vt^ cmititiueiiti il prìmittvo possedimento territorinle 
Ìbì, Oemoiie. 

3) W Ri Buìll^ di*. S. Tl^lbM. 6. €Meicfe< Ltf Variteéi^i^' I. e. 



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169 

tado. ^ Da questa circostanza possiamo per avven- 
tura argomentare i possamici avere costituita la 
forza territoriale del comune, e che come tali siano 
intervenuti alla festa di S. Trifone. 

L' autorità territoriale era appoggiata a tre of- 
ficiali boniy probi et legalis^ detti conti degli Slavi 
(comites slavorum.) Al conte di Garbalj erano ag- 
giunti tre rettori o giudici i quali dovevano per- 
correre mensilmente, a spese delle rispettive casate 
proprietarie, tutto il contado e provvedere all' esatta 
osservanza delle leggi, non meno che ai bisogni 
più urgenti per la conservazione e la prosperità 
del paese. — La consuetudine dei giudici arbitri 
era religiosamente osservata dai territoriali nei tempi 
di cui è parola, e sancita e riconosciuta dalle su- 
preme magistrature, le quali ai due delegati eletti 
dalle parti litiganti aggiungevano im proprio rap- 
presentante nella persona di qualche perito giuri- 
sprudente. 






Infima classe del popolo nelF epoca medioevale 
delle Bocche, classe che ricorda i res mancipiae dei 
Eomani, affatto dipendente dall' arbitrio del padroue, 
era quella indicata negli statuti col nome di servi. ^ 
Non potevano questi fare cosa alcuna senza il con- 
senso del padrone, ogni loro più leggiera contrav- 
venzione veniva punita colla massima severità. Se 
nn servo fuggiva, la curia prestava al padrone i 
mezzi per rinvenirlo e Y abbandonava alle punizioni 
eh' egli credeva opportuno d' infliggergli. Il padrone 
poteva non solo legarlo e batterlo, ma anche baijLr 
dirlo temporariamente di casa, esporlo senainudo 
ed affamato al pubblico dispregio, né alcuno a- 



') U. Raffaeli!. 1. e. Osservatore Dalmata 1851 N.r 123; 
2) Stat. Gap. 221, 222, 120, 125, 109, 219, 2i7, 220, 223. 

12 



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170 

« 

vrebbe potuto offrirgli ricovero e nutrimento senza 
averne prima ottenuto il consenso dal padrone. Non 
essendo persona sui juris il servo non aveva diritto 
di reclamare dalle leggi la tutela della personale 
sua sicurezza; così, perchè l'insulto fattogli non 
fosse rimasto impune, bisognava che il padrone ne 
avesse reclamata dal giudizio la punizione che del 
resto era lievissima (multa di tre perperi). Un servo 
che avesse percosso il servo d' un altro padrone, 
veniva fatto battere, se il padrone non lo riscat- 
tava colla multa di 3 perperi ; bisognava però sem- 
pre che il padrone del percosso reclamasse la pu- 
nizione del reo. Se percòteva un cittadino questi 
aveva diritto di battere il servo ed ogni lagnanza 
del servo in giudizio veniva condannata alla multa 
di perperi 10; se percòteva un nobile veniva mar- 
chiato sulle guancie e menato a furia di frustate 
per tutto il territorio; se il padrone, subiva oltre 
a tutto ciò, la mutilazione della mano. Non bastava 
che il padrone avesse acconsentito al matrimonio 
della serva con un libero ; bisognava ottenere ezian- 
dio in via di grazia la sua dichiarazione di libertà 
per la prole di un tal matrimonio. Altrimenti i figli 
della serva, sebbene moglie di un libero, rimane- 
vano proprietà del padrone, ed al padre non era 
libero di redimerli che entro il primo anno della 
nascita, e ciò al prezzo di 10 perperi per ogni capo. 
Mite, si è già veduto, era la punizione di chi vio- 
lava una serva. 

Il servo poteva essere dichiarato libero [liberto^ 
Hberticius) ma dal suo padrone soltanto, mentre la 
stessa autorità del regnante, di cui Cattaro godeva 
il patrocinio, veniva esclusa da questo diritto. E 
come già in Francia, ^) il liberto costretto da man- 
canza di lavoro o dall'impossibilità di mantenere 

1) cfr. S, Luigi di Tour. VII 45. 



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171 
la famiglia poteva ritornare alla schiavitù venden- 
dosi, dandosi in pegno o donandosi al prezzo sol- 
tanto del mantenimento. Ma così egli non toglieva 
il diritto al suo primitivo padrone di riaverlo, ri- 
sarcendone r acquirente del prezzo per esso e- 
sborsato, 

* * 

Non si ha che assai tardi memorie di istituti 
di pietà. Le prime notizie sulF ospizio degli Esposti, 
risalgono appena al 1516; non perciò dobbiamo 
argomentare che da queir anno appena ne dati re- 
sistenza : r atto che a quest' epoca si riferisce ac- 
cenna ai benefizi lasciati dal cittadino Nicolò Bat-» 
tier air Hospital de la Pietà già esistente colla di- 
sposizione che per T avvenire questo dovesse es- 
sere amministrato da una commissione di tre com- 
missari scelti tra i nobili e di tre cittadini- ^) Più 
antica assai ma del pari sconosciuta è T origine 
dell'istituto di S. Lazzaro che fu ad un tempo e 
nosocomio e gerontotrofio. 

Da questi brevi cenni si raccoglie che gli sta- 
tuti del municipio di Cattaro rassomigliavansi molto 
a quelli degli altri municipi dalmati, e comprovano 
splendidamente quelV umanità, integrità, sapienza e 
quel sentimento dell' onore e del dovere, che fanno 
si ammirabile la storia della legislazione de' mu- 
nicipi dalmati nel medio evo. 



^) Atti deir Ospizio degli Esposti. Archivio dell' I. R. Capit. Distr. 
di Cattaro Voi. A. fol. 8. 8 Aprile 1610: legato el Maggior et Minor 
consiglio .... per crear .... un commissario nobile e tre zitadini — — 
giusta la disposizione del sig. Nicolò q.m R. Battier dell' anno 1516, Tatto 
alla pag. seg. del detto voi. accenna a livelli pagati nel 151^0. 



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173 

Perasto. 

Dopo le lotte incorse fra Perastini e Cattarini ') 
r anno 1160 neir occasione degli aiuti portati ai 
Ragusei nella guerra contro al bano di Bosna, la 
storia di Perasto si compendia nel fatto che questa 
città fino all'anno 1365, seguì le sorti di Cattaro. ^) 
Imperocché in queir anno, mentre Cattaro ottenne 
di esaere assunta sotto il patrocinio del re d'Un- 
gheria, Perasto ') si assoggettò alla Repubblica di 
Venezia, che probabilmente istigò i Perastini (1367) 
all'impresa contro Biidua a favore dei Balsa. Si è 
già detta V importante parte presa dai Perastini 
nell'assedio di Cattaro sotto il comando di Vittor 
Pisani (1368); qui occorre aggiungere soltanto che 
Perasto assalita poscia dalle armi alleate a Lodo- 
vico il grande, fu battuta e saccheggiata. *) Per la 
pace di Torino fu compresa entro il limite del golfo 
di Cattaro rinchiusa da catena, e quindi sotto la 
sovranità di Lodovico (1381); poscia fu soggetta 
a Tvarco. Attorno il 1400 ritornò sotto il dominio 
di Venezia. 

Nell'istoria successiva a questo tempo Perasto 
si distingue per una grande operosità specialmente 
militare in conseguenza di un privilegio, del quale 
tuttavia quella città conserva non poche care e pre- 
ziose memorie. Esso è il privilegio del carico della 
difesa del Gonfalone onde Perasto ebbe il titolo di 
fedelissima gonfaloniera^ titolo meritato dai Perastini 
primi nelle imprese dei Veneziani e carissimi alla 
dominante. 11 francese Bruzer-La-Martineire ^) scrive 

p. 54 e seg. di questo libro. 

^) V. Informazione documentata per la com. di Perasto nella causa 
con la com. di Cattaro a. 1712 p. 34. 

^) Ballovich 1. e. e Stampa Benemerenze della fed. com. gonf. di Perasto, 

^) Informaz. 1. e. p. 47. 

^) Dìotìonaire geogr. 1749. T. Vili, ad PerasU)f« 



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173 

Les Babitas (di Perasto) paasant paur etra brama et 
belliqueux... Ce sout eux qui gardent en les Armées 
F Etendart de la Bepublique. — Il Gonfalone consi- 
steva in una bandiera ^) rossa con margini gialli e 
nel mezzo Y effigie del leone alato che dal mare è 
giunto alla difesa della croce piantata sur un ma- 
cigno. Era esso il carroccio dei Veneziani, ma ve- 
niva consegnato all' armata unicamente nelle im- 
prese terrestri e marittime di Levante. La guardia 
ne incombeva esclusivamente ai Perastini, ed il 
Bassich, discorrendo delle glorie di Perasto sua 
patria, fa risalire fino ai tempi del dominio dei re 
serbi T origine di tale privilegio. Così egli : ^) sotto - 
il dominio dei Re di Serbia, nei tempi di guerra, 
dodici Perastini venivano destinati alla custodia e 
difesa del Regio Gonfalone ; ciò prova eh' era te- 
nuta Perasto in alta estimazione per fedeltà e va- 
lore militare. Ciò risulta anche dallo stemma del 
Comune disposto dallo stesso Re Serbico Stefano 
Nemanic, nel quale figurano dodici famiglie... ^11 
Ballovich invece riporta T origine di questo privi- 
legio al giorno in cui Vittor Pisani ebbe bisogno 
deir aiuto dei Perastini per impossessarsi della cit^ 
tadella di Cattaro. Infatti furono i Perastini ^) che 
spontanei si assunsero di penetrare nella cittadella 
e di piantarvi le insegne di S. Marco. 

^) Lunga p. V. 6 alta 4.8 margini in lungh. larghi poli. 6 in alt. 8. 

^) Anno centenario secondo della riportata vittoria XV Maggio MDCLIV 
dai Perastini ecc. Trieste, Lloyd 1857. p. 12 et seg. 

^) Verdizzolti. Hist. Ven. cfr. Inforraaz. 1. e. 45-47. Nei quaderni del 
comune di Perasto e negli scritti del Ballovich è detto che il documento 
riCèrentesi a questo privilegio conservasi fra gli atti delF archivio vecchio 
di Cattaro che è nei locali di queir I. R. Capitanato Distrettuale Ho inutilmente 
svolto un infinità di quaderni per cercare il documento ; la confusione e sopra-- 
Intto il deperimento di quelle carte per umidità e per insetti non ne per- 
mettono lo studio. Neir informazione citata (p. 29) è detto che il diploma 
della dedizione di Perasto alla Rp. di Venezia andò smarrito nel saccheggio 
delle tredici galere di Biserta È probabile che come questo atto, sia an- 
dato a finire anche quello riferibile al gonfalone, che vi doveva essere allegato. 



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174 

Intorno al modo nel quale veniva formato il 
drappello destinato alla difesa del gonfalone, così 
è scritto nel libro verde del comune di Perasto : 
^Jjsl comune del consiglio debbe destinare una per- 
sona per casada delle dodici, delle quali persone 
dovrà essere eletto un capitano, il più sufficiente 
dair ordine della Comunità, a chi verrà toccare et 
in caso non trovandosi in questa muta uno che 
fosse capace o che volesse trovare chi in sua vece 
con minor paga possi farlo in cambio suo, e men- 
tre, come suole nascer il caso che più non si po- 
tesse trovare in quella muta allora la Comune possi 
destinare con li voti uno delli quattro giudici at- 
tuali per capitano o qualche altra persona capace 
per tal carica a beneplacito della comunità e che 
sii pagato da quello di uno delli dodici che avrà 
maggior comodo de beni di fortuna. Il tenente sarà 
destinato con voti ; il più abile che si trovasse nella 
compagna suddetta delli dodici e non trovandosi 
puossi sceglier un altro a beneplacito della Comu- 
nità in conformità del capitano suddetto. Dopo che 
saranno destinati, dovrà ogni capo di casada sco- 
dere ad ogni uno della propria casada queir aiuto 
che è stato sempre praticato, che consiste in un 
zecchino per ogni casa di casada.,, Prima di met- 
tersi in viaggio, dovevano tutti assieme recarsi "per 
le benedizioni iu Giesa dal Signor Abate o chi per 
lui, tutti armati. „ Tre giorni prima della partenza 
il capitano doveva "venire in consiglio a ricevere 
il bastone e la spada, accompagnato dalla sua com- 
pagnia.,, — Quivi gli si leggevano e davano in 
copia "le commissioni per norma del suo contegno. 
La paga del capitano è solita praticarsi darla qui 
in Perasto, da quello per il quale andrà a servire, 
che sono due. 40, o come meglio potrà accordarsi. ,5 
Similmente al tenente competevano due. 30, ed a 



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175 

ciascuno ^subito li correranno le paghe mensuali 
giusta decreto nel Privileggio dal giorno nel quale 
sarà segnato in lettera, con la quale saranno ac- 
compagnati al Capitan-Generale. Il sopradetto ca- 
pitano del Gonfalone dovrà intervenire in tavole 
di detto Capitan-Generale, t^nto in mare che in 
terra, tanto di giorno che di sera, ed il tenente con 
altri letenti (cioè gli altri dieci gonfalonieri) man- 
gieranno alle proprie spese a tutte le marchie.„ 
Ciascuno poi doveva provedersi V uniforme distinta 
sempre dalle altre per un fustan' di panno, e per 
un mantello nero. 

In quanto alle summentovate Casate di Perasto, 
noteremo quanto segue. Perasto fin da antichissimo 
tempo osservò nella sua costituzione un ordine che 
ricorda bene il regime feudale d' altrove. Tutta la 
città veniva divisa nelle seguenti dodici casate: 

Studeni Sestocrilich Peroevich Dentali oSubazi 

Smiloevich Sciloppi Stoisich Cismai 
Vucasevich Raicovich Bratiza Miocovich 

costituite dalle dodici famiglie originarie. Ogni ca- 
sata aveva un capo, e gli altri erano compresi nel 
solo capo. Una casata pertanto abbracciava più case 
e più famiglie. Alla casata degli Sciloppi p. e. ap- 
partenevano le famiglie Sciloppi, Galletti, (poscia 
Kokotovié), Bronza, Zambella, Cigo ecc. a quella 
dei Dentali le famiglie Balli (Ballovich), Viscovich, 
Ammiragli ecc. per cui ciascuna famiglia portava 
spesso il nome eziandio della casata come Dentali- 
Ballovich ecc. Le famiglie che davano il nome alle 
casade costituivano un ordine chiuso di cittadini, 
geloso di sue prerogative. 

A questo ordine di ottimati appartenevano i 
carichi stabiliti all' amministrazione interna e al buon 
ordine della città. Il Ballovich riferisce che il Se- 



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176 

stocrilieh fu Chiefalia^ un chiefalia è pure ricordato 
dàl'Lucari ^) ai tempi di Stefano Cosaccia. Questa 
dignità del tempo della dominazione bizantina di- 
mostra come anche Perasto contemporaneamente a 
Gattaro, ne subisse l'influenza. 

n Chiefalia venne quindi sostituito dal Capi- 
tano, eletto il dì delle Pentecoste nella chiesa pa- 
rocchiale. Durava in carica due anni. Egli doveva 
dopo le Pentecoste raccogliere il consiglio degli ul- 
timati (consiglio generale) e col sufiraggio di questi 
eleggere : i quattro giudici ; il castellano a cui incom- 
beva la sorveglianza delle vedette e dei forti, T ordine 
dell'allarmi ecc.; i quattro procuratori della comunità, 
i procuratori delle chiese; ed i quattro giustizieri. Il 
governo permanente della città era nelle mani del 
capitano e del consiglio degli anziani — costituito dai 
dodici capi delle casate, i quali capi venivano eletti 
dal consiglio generale. Ritornata sotto il dominio di 
Venezia Perasto aggiunse a questi officiali il nunzio 
(agente) della comunità che doveva dimorare in 
Venezia, e gli ambasciatoriy titolo accordato dalla 
Serenissima per ispeciale privilegio a tre deputati 
destinati a recarsi di tempo in tempo a Venezia 
per impetrare la riconferma degli speciali privilegi 
che godeva la comunità. 

Perasto negli affari contenziosi si servì dello 
statuto di Cattaro ; ebbe però anche una specie di 
liber reformationum detto Libro verde. Sotto il do- 
minio veneto fu subordinata alla autorità del con- 
siglio minore dì Cattaro che, costituito sempre dal- 
l' ordine nobile di quella città, fu sempre eziandio 
r unica corte giudiziaria iq Dalmazia che nelle cause 
civili e criminali ebbe voto deliberativo. ^) 



*; AntiaH 1. e. p. 173. «) Biisching. Geograf. ecc. 1. e. m. 



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177 

Budua. 

Budua dopo la caduta dell' Impero Bizantino 
subì il dominio dei Rassiani, indi quello dei Serbi. 
Vissuta per poco tempo sotto la sovranità di Po- 
vresco, fu dai Perastini (1367) consegnata ai si- 
gnori della Zenta. I Balsa la cedettero ai Vene- 
ziani (1398) che riconosciuta poscia Talta sovranità 
della Porta ottomana sulla Zenta, s'assunse anche 
un tributo al Sultano per conto di Budua. Budua 
ebbe proprio statuto ^) e V autorità legislativa ne 
era riposta nel consiglio nobile costituito da almeno 
trenta gentiluomini (ottimati) della città. Da questo 
consiglio venivano eletti tre giudici, otto consiglieri 
constituenti il consiglio piccolo, due capitani, due 
avvocati, due speditori e due auditori. Nessuno du- 
rava in carica più di un anno; i neoeletti dove- 
vano prestare il giuramento dinanzi il vescovo "et 
il vescovo debbi metter a sacramento li detti of- 
fiziali essendo fatti. „ — Alla testa del consiglio 
nobile i Re di Rassia e di Serbia mandavano un 
proprio rappresentante col titolo di conte, al quale 
il comune doveva "darli tre manzari d'ogni barca 
de' forestieri di biava, hover di sai che se vendesse 
alla marina mozo uno se havesse un arboro, et se 
avesse doi arbori deve haver moza doi, et quanta 
biava o sai debia parLirla con il comun per mità. 
Ma del zittadino non deve aver cosa alcuna. An- 
cora è tenuta la terra de dar al conte danari cin- 
que dalli danari dell' arrostiello. Ancora se il volesse 
star nella terra il comun sia tenuto di darli la casa 
et ancora ciascun alpedo delle vigne sia tenuto 
darli corbuUa una di vino. 55 Al conte la repubblica 
veneta sostituì un suo patrizio col titolo dì podestà 

^) Usanze et statuti della, città di Budua, nella Marciana di Venerili 
Ms. ital. ci. II. eod. XXXVII. 



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178 

la curia del quale veniva formata dai tre giudici. 
In assenza ^) del podestà, il più vecchio, per ispe- 
ciale privilegio goduto dalla comunità, governava la 
città ed il contado. 

Sotto il dominio dei re di Serbia ogni famiglia 
di Budua era obbligata ''dar ogni anno alla festa 
di S. Zuanne a messer Imperador perperi cento, 
manco denari quattro.,, Il comune poi doveva "far 
hoste da uomini cinquanta fin a Scutari, fin a Zenta 
et fin a Cattaro quando messer Imperador andasse 
personalmente . • . . et la nostra hoste facesse alcuna 
preda lo messer Imperador debbia haver la deci- 
ma parte della preda. „ Sui diritti poi del re : "Cia- 
scun deve saper che messer lo Imperator concede 
alla nostra città che d' ogni cosa possano giudicar 
li giudici con li nostri statuti, tanto homo terriero, 
quanto forestiero che avanti loro se placitasse ec- 
cetto che tra a se de infedeltate, de omicidio, de 
segno de serva, et de cavallo robado o morto „ 



Pastrovicchjo. ^) 

I Pastrovicchi occupano il litorale dal contado 
di Budua fino al confine di Antivari per lo spazio 
di dieci miglia marittime. Fin dai tempi di Stefano 
Nemagna costituivano una comunità con prerogativa 
di nobiltà ^) e con ampi privilegi loro accordati dai 
serbi e dal governo veneto. Il loro consiglio chia- 

^) Biisching. 1. e. p. 246. 

^) S. Ljubisa. ObStestvo Pastrovsko u Okraiju Kotorskom. (Srpsko 
Dalmatinski Magazin 1845). Zara Battara 1845. p. 117-135. Summario e 
Memoria delli Privilegi et esentioni concesse e confermate ecc. alli nobili 
Pastrovicchi. 

^) Biisching. l e. III. 



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179 

mato Zbor, eleggeva quattro giudici, alcuni capi- 
tani ed un cancelliere. — Nel 1378 accorsero sotto 
il comando di Vittor Pisani all' assedio di Cattaro, 
Ritornata Cattaro sotto il patrocinio di Lodovico 
il grande, le armi di questo re si rivolsero contro 
i Pastrovicchi e "spoglioUi delli due castelli *) che li 
aveva donato l'imperatore di Bulgaria e re diServia, ') 
messe a sacco e foco e fiamma il suo paese, non 
restando altro se non li putti dalli quali sono di- 
scesi questi che al presente^) si attrovano „ 

Nel 1423 (4 aprile) si assoggettarono alla re- 
pubblica di Venezia che li unì al reggimento di 
Cattaro. 



Castel di Hontenodo e Castel yetsó le vallade. 
'*) Secondo il Sommario predetto nell'anno 1350^ 
^) Si riferisce all'anno 1423. 



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PAETE QUARTA. 



Le Bocche di Cattare sotto il dominio 
di Venezia fino al 1492. 

XVII. 

Ma la causa che aveva promossa V annessione 
di Cattaro ai domini di San Marco era ancora lon- 
tana da una definitiva soluzione. Iniziate trattative 
di pace i contendenti andavano temporeggiando fra 
le promesse e le minaccie, non senza qualche pro- 
fitto per Venezia alla quale frattanto riuscì di a- 
vere Lustizza^ le Saline e Budua. 

Qtlando Sandal conobbe la dedizione dei Cat- 
tarini a Venezia fece scalpore, ^) e un messaggio 
al senato (10 marzo 1421) espresse la sua sorpresa 
sul procedere della Repubblica, la quale ventìcin- 
que anni prima aveva riconosciuto i diritti di lui; 
ne domandò ora la restituzione e chiese ad un tempo 
anche Budua. Venezia rispose di avere annesse ai 
suoi domini quelle città, perchè non cadessero in 
mano ai Balsa comuni nemici, e al patto di non 
cederle a nessuno, che perciò giudicasse egli stesso 
s ella poteva violare la data fede. Gli dichiarò quindi 
che se egli pure volesse sostenere la Repubblica 
contro i Balsa, questa darebbe a lui gli utili che 
per lo innanzi aveva ricevuti da Cattaro. Sandal 
dopo aver molto esitato, anche per salvare i danari 

*) Glasnik. XIV 37. 



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181 

impiegati in un banco di Venezia che altrìitienti 
avrebbe perduti, rinunziò per sempre ai suoi diritti 
su Cattare verso un indennizzo di 600 zecchini 
annui dai redditi del sale del comune ^) di Cattaro 
e verso il diritto di tener casa in quella città. Pro- 
mise inoltre (12 agosto 1423) di acquistare il sale 
a Cattaro ; di diriggere le carovane piuttosto a Cat- 
taro che a Ragusa; di non rivolgere mai più le 
armi contro i Cattarini, fosse anche nel caso di 
guerra contro Venezia. 

Ma Sandal non fu il solo che aspirasse al dò- 
minio di Cattaro; Venezia dovette affrontare le 
pretese del despota di Serbia Giorgio Brancoviò 
che discese nel territorio delle Bocche, occupandone 
la più gran parte. Salpò tosto dalle lagune alla 
difesa delle Bocche un ben agguerrito naviglio, ma 
presto costretti dal bisogno di sostenersi conteo 
l'ottomano s accomodarono (11 dicembre 1425) 
ritenendo Venezia Pastrovicchi, Garbai, la penisola 
di Lustiza e Cattaro, mentre Brancovich ottenne 
Budua, ove, così il Ballovich, discese e stanziò pa- 
recchi giorni. Così il territorio del comune di Cat- 
taro riebbe per sempre i suoi antichi confini : da 
Jas a Cattaro e a Punta d' Arxa al mare : ^^fei Jas ^) 
al sasso rosso e a pruovo a la gfesia de san TrifoUj 
suso a la cappa s^ino a la scatta de Dubom^a^ e Vii- 
linajama a Ponesdel come so siegni per signi tùiadi 
per i saxi fermi e per mezo de I^riemmis si$so a Nu-* 
sera glava e a S. Zorzo^ e suso a la porta de Mair* 
stori e per zima per tuta la montagna. j^ 

Mentre così assicuravasi il dominio di Cattaro, 
Venezia non trascurava di acquistare sempre più 
terreno contro ai Balsa, e in breve tempo, aggiun- 
gendo ai suoi possedimenti non pochi dei comuni 

1) Glasnik. XIII ISS^dOl. 
«) ibid, 266. 



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182 

a quelli soggetti. Pa^trovicchio segnò V atto della 
dedizione alla Repubblica il di 4 aprile 1423 ai 
patti seguenti: ') 

1. Pastroviechio conserverà inalterato il suo 
antico regime municipale, continuando nel diritto 
di cingere dal seno dei suoi il rettore e i giudici 
che verranno confermati dal senato. 

2. Venezia s' obbliga di ristabilire e conservare 
inalterati gli antichi confini di Pastroviechio. 

3. Nel caso Pastroviechio venisse invasa quod 
Deus averlat dai Turchi, gli abitanti ne saranno 
dalla Kepubblica ricoverati a Cattare o altrove e 
sussidiati. ^ 

4. Nel caso di pace col despota di Serbia, 
Venezia si terrà ad ogni costo per sé Pastroviechio. 

5. I Pastrovicchi serviranno la Repubblica in 
guerra ^) e in pace senza stipendi; sempre pronti 
a marciare fino Antivari ed entro tutto il territorio 
di Cattaro. Dovendo recarsi nel territorio di Scu- 
tari si obbligano a provvedere per soli 8 dì al 
proprio mantenimento. 

6. Il senato darà al comune 20 pezze di panno- 
lano e 50 mantelli nazionali. I Pastrovicchi paghe- 
ranno per casa 12 grossi d'argento all'anno, e sa- 
ranno esenti da dazi nelle terre della Repubblica. 

Venezia accordò (17 maggio 1424) ai Pastro- 
vicchi, ^) ed i capitoli della loro dedizione servi-^ 
rono poi di modello per la costituzione delle co- 
munità più degne della sovrana benevolenza. *) 

* 
* * 

1) Gl88QÌk. Xm 174 et seg. 

^) Davano 500 uomini d'arme. Bùsching. ibid. 

3) Glasnik. XIII 213. 

^) efr« Stampa Documenti Saggi, Eccelse Pruove ed eroiche im- 
prese della famiglia dei conti Babich p. 19 anno 1646 art. XVII. (Atto 
di dedizione). ^Che a tutti li abitanti di Macarsca e riviera di Craina 
siano concessi li Privilegi che godono li Pastrovicchi, ^^ p. Z2 li 22 Gen- 



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183 

Stefano, nipote e successore (1433) di Sandal 
si afirettò ') a conseguire (1436) dai Veneziani V an- 
nualità di 600 zecchini per Cattaro, la proprietà 
della casa in quella città e i privilegi di cittadi- 
nanza e di nobiltà. Ma tre anni dopo malcontento 
dei patti stipulati chiese di avere Cattaro offerendo 
(15 aprile 1439) in cambio la Narenta. ^) Molto 
doveva interessare ai signori di Chelmo il possesso 
di Cattaro; perchè appartenendo loro quel tratto 
dalla Sutorina a Perasto che allora chiamavasi il 
Primorije ed oggi "Riviera di Castelnuovo„ col- 
r aggiungervi Cattaro dominavano interamente le 
Bocche, ed oltre ad un porto importante come di- 
fesa, creavansi una grossa entrata proveniente dalle 
saline. Ma Venezia non accettò, V offerta rispondendo 
che Cattaro aveva avuto dalla Repubblica la pro- 
messa di non venir mai ceduta ad altro signore. 
Stefano rinuovò ben presto le sue pretese né so- 
lamente sopra Cattaro, ma anche sopra Budua, Dri- 
vasto, Scutari e Antivari. Amicatosi ^) quindi Ste- 
fanizza, uno dei Juras ligi a Venezia, che coman- 
davano nella Zenta superiore, attraversò la valle 
di Rjeka e si accampò (1441) a tre miglia da Scutari. 
Gli ambasciatori veneti venuti con facoltà di con- 
cedergli 1500 annui zecchini per Scutari, di ceder- 
gli Budua, Drivasto e parte della Zenta inferiore 
inalberarono a Scutari la bandiera di tregua per 
trattare la pace. Stefano vi aderì, ma, a un tratto 
levato il campo assali Antivari e se ne impadronì 

naio 1646. (Disp. al Principe da L. Foscolo) confermaiion di tutti li Pri- 
vilegi che gode li Pastrovicchi, p. 27 li 8 Febb. 1646. (Ricon. di Macarsca 
e Prìmorgie e Craina). ^E perchè possiate pienamente comprendere la di- 
sposinone e benevolenza nostra^ concorremo col Senato a concedervi tutti 
i Privilegi^ prerogative j immunità et esenzioni che godono li fedelissimi 
Nostri Pastrovicchi in conformità delle vostre istanze ,,,.y, 

>) Glasnik. XVI 29, (15 Maggio), 

«) Ibid. 32. 

3) Ibid. XIV 39-45. 



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184 

(1442). Per poco però fruì dell' inganno; *) le forze 
venete venute da Cattare lo ricacciarono nella Zenta 
superiore e ricuperarono Antivari. ^) Aderì quindi 
nel 1445 (28 agosto) alla pace ') rinim^iando alle 
terre in Albania, ad Antivari ecc. addattandosi al 
solito annuo indennizzo di 600 ducati per Cattare 
e alla casa che quivi possedeva. Ma ben presto 
riprese le armi e collegatosi col re di Aragona, 
tentò riavere il perduto. 

Succedettero a Stefano i figli Vladislao cui 
lasciò il territorio da Nevesinje a Livno, e Vlatko 
che con la madre ebbe il territorio che si esten- 
de da Nevesinje a Castelnuovo. Ma al possesso 
di Castelnuovo col tratto della costa occidentale 
fino all' entrata delle Bocche, produsse tosto diritti 
il re di Aragona, e Vlatko dovè invocare il soc- 
corso dei Veneziani. Questi si adoperarono in suo 
prò' e il re d' Aragona desistette, ma soprafatto dal 
Turco ed in causa del forte tributo che questi pretese 
per Castelnuovo, fu indotto a vendere questa città 
con l'annesso litorale alla Repubblica di Venezia. 

Cosi Venezia aveva compiuto il conquisto delle 
Bocche di Cattaro e del territorio di Pastrovicchio, 
ai quali reggimenti fu a^iunto quello di Budua che 
le si era volontariamente sottomessa. Ma non potè 
conservare a lungo tutti questi possedimenti, per- 
chè sovverchiata dal Turco nel 1478 dovette ri- 
durli alle città di Perasto, di Budua e di Cattaro 
e al territorio compreso tra queste e il mare, mentre 
nel 1483 Hassy-Beg sangiacco di Triconessi, di- 
sceso dall' Ercegovina a Castelnuovo conquistò Ri- 
sano e stabilì un sangiaccato mussulmano nella più 
bella parte delle Bocche di Cattaro. 



1) Ibid. 20 Marzo 1442. 24 Luglio 1442. 
3) Corner 1. e. 91. ^) Glasnik. XIV 115. 



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M» 



xvm. 

Cultura dei Bocchesì neU' evo medio. 

Primo bisogno dei Bocchesi in mezzo alle ca- 
lamità dalle quali per tanti secoli sotio stati dn- 
gostiati, fu quello della loro difesa: di qui prima 
di tutte r architettura militare, nella quale seguirono 
i Bizantini. Quasi coeva a questa, troviamo nelle 
Bocche di Cattare V architettura ecclesiastica, la 
quale quivi, come dovunque, fu di quel tempo un 
bisogno di tutti i cuori. Ma anche in questa, mal- 
grado i divieti del re Nemagna, segtìiron fedel- 
mente i Bisantini, neir imitazione dei quali perse- 
verarono fino al secolo XIV. Cosi testimoniano la 
cattedrale, la collegiale e S. Luca erette prima di 
quel tempo. ^ Tra gli innovatori Cattarini di mag- 
gior conto troviamo registrati dopo il 1 300 il mi- 
nor osservante frate Vitale da Cattare, a cui la 
storia accorda un seggio fra gli eccellenti archi- 
tetti del suo tempo, ed il Cattarino Pietro genero 
di Radoslavo, che nel tempio (1336) e nel mona- 
stero di S. Benedetto, da lui eretti in Cattare sua 
patria, seguì lo stile gotico. ^ Opera di Vitale fu 
la basilica di Decau, alla costruzione della quale 
fti chiamato nel 1327 del re Orosio Decano. Né 
occorreva di più per immortalarlo. L' annalista serbo 
dopo aver decantate le proporzioni di quella stu- 
penda mole, la lucentezza dei marmi con mirabile 
arte connessi e lo slancio delle arcate; dopo averia 

^ V. pag. 65 ed 83 dì questo libro. 

^ Kukttyevìó. Slovnik Umjetnika Jugsl. Zagreb. Gaj. 1858. Per eiò 
che riguarda i monumeati architettonici in Cattaro, ai ricordi che i( mate* 
naie fu sempre d' origine nazionale. Il baldacchino p. e. i gradini, le ba- 
laustrate ecc. della Cattedrale sono di marno rosso di Lustissa, di eui Ve- 
nezia e Ragusa ambirono ornare i migliori cdifisl. 

18 



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186 

eguagliata alla stella del mattino, aggiunge che per 
enumerarne le bellezze non basterebbe un anno in- 
tero. (!) Questo tempio, cosi il Kukuljevic, * inalzato 
in onore della Ascensione, rivela colle sue forme 
che Vitale anteriormente s' era occupato anche di 
templi di rito romano. Il Merteny vi scorge il gu- 
sto occidentale, il romano ed il gotico misti al bi- 
zantino; il Kukuljevic vi riscontra delle analogie 
nell'aspetto esteriore con la cattedrale di Pola in 
Istria, inalzata verso il 1300. 

E come nelF architettura, cosi in ogni altra arte 
i Cattarini servirono esclusivamente ai bisogni della 
chiesa. 

H più antico dipinto cattarino è quello che a- 
dorna Turna di legno, nella quale si rinchiusero 
nell' 815 le spoglie di S. Trifone, ed è V effigie ^ 
del santo; la quale per la precisione dei contorni, 
per la vivacità dei colori e per V espressione nulla 
lascia a desiderare. Oggidì questo prezioso monu- 
mento della pittura cattarina, anteriore al secolo X 
è celato dall' involucro d' argento onde fu poscia 
rivestita l'urna. Si sa inoltre, che le volte ^ deUa 
cattedrale e le pale degli altari nelle varie chiese 
erano ornate di mirabili affreschi e di tele, pres- 
soché tutte da pennelli nazionali. 

^ ibid. ad Vita ex Hilferding Bosnia Putevanja Zamjetki. U Raskoj 
Besedi 1858 T. IV. II. 66. Engel Geschichte v. Serbien ecc. Fu compiuta 
nel 1335. Così la seguente lapide riportata dal Miklosié Monumenta Serbica. 
Vienna BraumuUer 1858 n. 91, e dal Kukuljevié, Slovnjik p. 205. "Fmd 
Vita mali bratj protomajstor i& Kotora grada Krafjeva, szida ovuzi Crkov 
svatago pandokratora^ gospodinu Kralju Stefanu Urosu glagolajemu^ i stoe- 
mu sinu svjetlomu i prjeeelikomu i prjeslavnomu gospodinu Kralju Stefanu. 
Snida se aa 8 god. i dospjelaje se vsem Crkov v' IJeto 6843 (1335 d. C.)y, 

^ Scoperta nel 1875, cioè quando fu ristaurato V argento di cui 
circa il 1 300 fu rivestita V urna. I frammenti della cassetta nella quale fu 
portato il corpo di S. Trifone sono conservati in un"* urna di pietra. 

^ cfr. Bona Boliris. Descriptio Sinus et Urbis Ascriviensis 1. e. — 
Il secolo XIX vide all'incontro tingere quelle volte a calce e sparire sotto 
il pennello dell' imbianchino queir avvanzo della pittura cattarina medioevale, 
che a detta de' sorvissuti meritar doveva qualche riguardo. 



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187 

Tra i pittori bocchesi che nei secoli fin qui 
descritti salirono a qualche rinomanza, più di tutti 
levò grido di sé quello vissuto in Venezia nel XHI 
secolo e noto sotto i nomi di Katharinus e Kattarinus ^ 
derivatigli dal nome della sua città natale. Fu egli 
dei primi che, abbandonata la scuola bizantina, 
abbracciarono quella più viva degli Italiani ; ed il 
Lanzi narra certo Sasso aver trovato nel convento 
Corpusdomini un suo dipinto firmato colF iscrizione 
Katharinus pinxiiy che in nulla reputavasi inferiore 
a quelli del celebre Giotto* Il quadro di lui, fir- 
mato Kattarinus pinxit che si conserva nella pina- 
coteca Tini in Città di Castello, rappresenta la Ver- 
gine assisa sur un rialzo cosparso di fiori, con ai 
piedi la luna. Asseriscono molti questo essere un 
bel saggio di stile gotico-tedesco; oppure il Ku- 
kulievic essere piuttosto un monumento del pas- 
saggio dal bizantinismo alla scuola italiana. 

Qui dev' essere del pari ricordato Vincenzo del- 
l' antica famiglia Catene di Cattaro, cui V Artaud ^ 
chiama "cittadino ricco e ragguardevole nato nello 
stato veneto il quale attese per inclinazione parti- 
colare allo studio della pittura,, velandone cosi la 
nazionalità che non aveva perduta pel trasferimento 
della famiglia in Venezia, lorchè Cattaro si dedicò 
a quella repubblica. Di Vincenzo si hanno vari ri- 
tratti e quadri di piccola dimensione ed alcuni af- 
freschi nello stile di Giorgione che si conservavano 
a S. Simon Grande, alla carità ed a S. Maurizio 
in Venezia. Marc' Antonio Venieri scrivendo di lui 
ad Antonio di Marsilio dice: "poiché el tocca alli 
eccellenti pittori. „ 

^ Kukuljevié. 1. e. ex Lanzi Storia pittorica Milano 1823 IH 18. 
Ticozzi. Diùonario degli Architetti ecc, ÌAììnno 1830-33. Mancini Memorie 
di alcuni artefici del disegno che fiorirono in Città di Castello 1142, 

^ cfr. Gelcich 6. Le arti e le lettere alle Bocche di Cattaro., Venezia 
1879 L e Dizion. biogr. Universale. Vincenzo mori nel 1530, 



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P^nm di questi fiorirono in patria, in fama di 
buoni pittori, Manuele * da Cattaro di cui negli 
atti, del foro, Tanno 1335, è ricordata la vedova, 
e Lorenzo ^ da Cattaro che nel 1427 forni il ce- 
nobio e la chiesa di S. Giorgio presso Perasto di 
alcuni dipinti sacri. 

Certo Cattarino di Andrea di S. Lvtca fu inta- 
gliatore del secolo XV. Di lui ^ è memoria in una 
croce, cosi il Kukuljevic, intagliata in legno e in 
un ornato da altare del convento del Corpusdominì 
in Venezia, oggi conservato nella collezione delle 
immagini della Chiesa di S. Giovanni Ev. di Ve- 
nezia. Sulla croce è la leggenda: '^MCCCCIIII 
Nicolaus Paradixi Mile de Venetiis pinxit et Cha- 
tarinus Sancti Lucae incixit^ nell'ornato in carat- 
tere gotico è scritto : "Bartholomey mi Paul pinxit. 
Catharinus filius Magistri Andreeincixit hoc opus. „ 

L' arte di tirar V oro e di lavorarlo e quella dei 
cesellatori erano comunissime ; che poi fossero an- 
che abbastanza progredite ed oneste nella lega lo 
provano per avventura le reliquie dei santuari. In 
questo si distinsero specialmente Abrado e Trifone 
da Cattaro. Del primo s* è già detto * il lavoro più 
importante essere stato la pala e le statue d' oro e 
d'argento^ che fino all'anno 1649 ornavano Tal- 

^ KukuUevìé 1. e. 

* Alti dei Vescovi (nella Caria Vescovile). Voi. II. f. 142. 

^ Ibid. 201 ex Cicogna. Iscriz. Veneziane edit. 1824 III 89. 

* Vedi p. 94 di questo libro. 

* Kukuljevié 1. e. e Arkiv. jugsl. povjesl. IV. 350 Orbini 255. cfr. 
poi Historia della vita ecc. del S. Nicolò Patrono di Bari, scritta verso il 
1649 da Ant. Beatillo. L'iscrizione che ricordava l'erezione dell'altare. 
Citata dai predetti scrittori è la seguente : ^Anno Domini Millesimo trecen- 
tesimo decimo nono. Mense Junii. Secunda indictione. Urosius rex Rasie et 
Dioclie, Albanie, Bulgarie et totius maritime de Gulpho Adriatico a mari 
osque ad flumen Danubii magni, presens opus altaris, yoonam magnam ar- 
genteam, et coperturam tribui^alem supra hoc altare, da argento fieri fecit, 
ad honorem Pei ac Beatissimi Nicolai ejus, Obrado odstante de Cattara 
fiiio dp Sistwa fideli ed esperto a predicto rege svper dicto opere deputato. 
Et nos Rogeritts de Invilia protomagister et Robertus de Baralo magist^r 



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tare (li 8. Nicolò di Bari. Trifone Cattarino vissuto ^ 
verso il 1476 illustrò sé e la patria sua essendo in 
Mosca al servizio del granduca Giovanni per il qualef 
compiè non pochi preziosissimi oggetti d' arte. De- 
vesi ad Ambrogio Contareni, * che viaggiò per conto 
del senato veneto attraverso la Russia e la Persia 
negli anni (23 febbraio) 1473, (10 aprile) 1477, se 
il nome di questo orefice non andò perduto è at- 
tribuito a qualche altra nazione. Conobbelo da vi- 
cino il Contareni nel suo soggiorno in Mosca e di 
lui cosi lasciò: "Io rimasi de li, nel detto luogo, 
nel quale si ritrovò uno maestro Tryphon orefice da 
CattarOy il quale hàveva fatto et faceva di molto 
belli vasi et lavori al signor duca (Zuan di Mo- 
sco via). „ 

Né mancò alle Bocche chi nei primordi del- 
l' arte tipografica, a questa si applicasse e con fe- 
lice successo. Il Kukuljevid ^ rammenta certo Si- 
meone da Cattaro fra i più antichi stampatori dal- 
mati. Più conosciuto è Andrea figlio di Giacomo 
Poltessich, nato in Cattaro verso il 1440, di famiglia 
fin da antichissimi tempi e nei secoli successivi gran- 
demente considerata. Andrea recatosi a Venezia vi 
piantò il suo stabilimento tipografico verso il 1472. 
Nel 1476 pubblicò "C. Cornelii Taciti Liber de 
Moribus Germanorum. FoL Venetiis. Andr. Catha- 
rensis„ libro che trovasi riportato nella biblioteca 
dei classici di Arvóod. * Nel 1478 pubblicò con 
Bonino de Boninis le opere di Lottanzio, e nel 1484 
il Legendario di Jacomo da Voragine ; poi con 
Giovanni di Leodia nel 1483 le opere di Alessan- 

ÌD oniBibQis preftttis opus de predicto mense junii incepimus et per totum 
mensem martii anni sequentis, tertia indictione fideliler complevimus.^ 

* Knknljevìé 1. e. 

^ Viaggio de) clariss. M. Ambrog. Contareni (Vedi viaggi da Venezia 
alla Tana in Persio, in India et in Constantinopoli. Venezia. Aldus. 1543. 

» l. e. 232. * II: 21T. 



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190 
dro Gallo (vulgo de Villa Dei). Tutte le opere da 
lui pubblicate portano soltanto il suo nome e sono 
d' importanza o classica o teologica. 



m * 



Medesimamente coltivando le scienze, i Boc- 
chesi dovettero inanzi a tutto pensare alla difesa 
e alla conservazione della loro libertà municipale 
non meno che a quella della loro religione, di fronte 
alle velleità di conquista e alle sette religiose di 
oltremonte, onde furono per tanti secoli insidiati. 
E perciò il maneggio delle armi, la prudenza di- 
plomatica e la teologia furono i primi e più cari 
studi. Nelle prime accanto ai BoUiza, a Michele e 
Nicolò Bucchia, accanto ai Boboli, ai Sestokrilic 
ecc. dei quali abbiamo già esposti i meriti, sono 
ricordati specialmente Trifone de Bucchia nel 1313, 
Paolo de Toma nel. 1325, Biste de Primuti nel 1328, 
Lampredo de Menze nel 1334 nunzi dei re di Serbia 
al senato di Ragusa; * Nicolò Drago che assai si 
distinse ^ alla corte di Tvarco re di Bosna, e 
molto fii riputato nelle arti e nei maneggi difficili 
del governo ; e finalmente Nicolò e Marino Bisanti 
che nei secoli XIV e XV vennero in lode di ce- 
lebratissimi capitani. * Il primo di questi, Nicolò, 
morì sullo scadere del 1500 in Venezia, al suo ri- 
tornò dal Levante ove servi la Repubblica col grado 
di colonnello del reggimento dei Candiotti, ed ebbe 
onorevole urna sepolcrale nella chiesa di S. Zac- 

^ Puòìc Orsetto. Spomenici Srpski ecc. Belgrado 1858 V. II. p. 1, 
2, 8, 12. 

* Orbini 1. e. p. 308. Appendini. Illustri di Cattaro 1. e. p* 21. 

3 U. Raffaeli. Della famiglia Bisanti (V. la Dalmazia a. 1846 p. 418). 
Orbini 1. e. Gliubich. Dizionario biogr. degli illustri Dalmati. Vienna, 1856. 
Puringsfeld I. Aus Dalmatien. Prag. Bellman 1857 III p. 310. 



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191 

caria. Si distinse V altro nella memorabile guerra 
tra r Ungheria e Venezia, per la quale Cattaro nel 
1378 fu presa d' assalto e saccheggiata da Vittor 
Pisani. Imperocché presa di mira Cattaro * dalla 
flotta genovese, che nel seguente anno scorse l'A- 
driatico, Marino alla testa de' suoi patriotti in di- 
stanza di quattro miglia dalla città ne investi un 
numeroso distaccamento con tanto valore e corag- 
gio che pienamente lo sconfisse e sbaragliò, aven- 
dogli prese le bandiere e fatto ricco bottino. Né 
fu in questo fatto solamente che Marino si rese 
celebra negli annali di Cattaro pugnando sotto il 
vessillo veneto. Entrata la flotta sottile dei vene- 
ziani nella Boiana, colV idea d' impossessarsi di Scu- 
tari, chiusa dall' inimico la bocca del fiume, si vide 
tolta air improvviso ogni speranza al proprio scampo. 
Si propone dall' ammiraglio veneto un pubblico pre- 
mio a chi avrà il coraggio di fare sloggiar il ne-' 
mico dalla foce del fiume. Mentre tutti tacciono, 
così l'Appendini, e si guardano. Marino Bisanti monta 
la nave cattarina di cui era sopracomite, assalisce 
i legni che bloccano l'imboccatura della Boiana, 
li vince, li disperde, si ferma dov' era il nemico e 
libera così dall'evidente pericolo a cui sconsiglia- 
tamente era andata incontro la flotta veneziana. 
E ricusò l'ofiertogli premio, contento soltanto di 
aver sostenuto il decoro e la salvezza della sua 
patria. In seguito, scoppiata in Budua una terribile 
ribellione. Marino con numerose truppe vi si recò 
in nome del comune di Cattaro, scoprì tosto la 
congiura ed assicurato fra ceppi il traditore, liberò 
quella città dalla grave sciagura in cui trovavasi 
involta. Marino finalmente fu quello che più giovò 
alla patria, trattando sebbene in età assai avanzata 



^ Appendini 1. e. 15 Duringsfeld. ibid> 



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i patti ^ della dedizione di Cattaro alla repubblica 
di Vefteaia (1420). 

Qui devono essere ricordati ancora Ostoia di 
Perasto, certo Jano Bocchese e Mustafa Pascià go- 
vernatove tiel Cairo. Qstoia^ educato ^ presso Ra- 
doslavo Pavlovié signore di Canali e di Popovo, 
fii da questo attorno ai 1420 spedito ambasciatore 
alla Porta ottomana^ ove procurando d'ordine di 
Eadoslavo, di fare scendere i Turchi in Dalmazia, 
si alieijò gli animi dei compatrioti. Del Bocchese 
^no il RaUovich toglie l'elogio da Leando vescovo 
di Metelino, che lo chiama ^Ercole di fortezza „ 
pej; avere vinto in Coatantinopoli nel 1453 una 
partipolare tenzone con un drappello turchesco. ^ 
Mqptafia Pascià, cosi V Orbini, mandato da Solima- 
no n al governo del CairO; nacque in Cattaro. 
Ancorché * per sangue fosse di bassa condizione, 
fii pero ornato d' ogni virtù e bellissimo di corpo ; 
ebbe per moglie la soreUa di Solimano, che fu pri- 
ma moglie di Costansi Pascià a cui Selimo fece 
tagliare la testa. 






Le lettere, come dovunque, anche nelle Boc- 
che di Cattaro furono primieramente un privilegio 
dei monaci e dei preti. Della commenda di S. Giorgio 
sullo scoglio di questo nome, presso Perasto, si 
hanno notizie fin dal secolo X; dei francescani e 
dei predicatori sono stati già detti i primordi Se 
i benedettini non prosperarono a S. Giorgio Io si 
deve ascrivere alla lunga contesa tra il comune di. 

' Slatota p. 340. Corner l. e. p. 88. 

^ Luccari. Annali, p. 149. Ballovich 1. e. p. 110. 

3 Ballovich ibid. 

* Qrbini 308 ex Ciriaco Spangeberg e Cost. SjMQdiigì^o. 



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Cattaro ed i Pèrastinì per il possesso dello scoglio, ^ 
ed alla posizioue dello scoglio a quei tempi per 
certo malsicuro, angusto e troppo esposto alle in- 
sidìe del Bogomilismo che si estendeva fino a Risano» 
I francescani ed i dominicani tenevano in Cattaro 
regolari noviziati, ed i loro monacandi venivano» 
quivi educati nelle discipline teologiche, mentre 
alla cultura dei secolari il senato cattarino prov-^ 
vide dal secolo XIII in poi, ckluuando ^ d' altronde 
e per lo più dall'Italia un pubblico istitutore di 
belle lettere, salariato dai fondi del comune con 
oento ducati annui. Egli è perciò che prima dei 
secolari, illustrarono quella, città i tìgli degli ordini 
ecclesiastici. Accanto ai minoriti Adamo, Marino, 
Gregorio, e a quegli illustri Bocchesi che abbiamo 
già conósciuto, ricorderemo ^ qui adunque, col Baf*-. 
facili anche il nome di quel Bisanti che il 4: biglia 
1 028 venae consacrato arcivescovo di Bari ; il quale 
dopo aver meritato nome distinto fra quanti furono 
i Pastori più benemeriti di quella sede, cesse al 
comune destino nella città dei Cesari dell Oriente 
1' anno 1035; il nome dell' altro Bisanti Faxnvo 1069 
vescovo pur esso nel regno di Napoli, che sotto«< 
scrisse alla donazione fatta dal duca Rob€ii:o del 
convento della Trinità in Venosa; di quel Bisanti 
ancora, che verso Tanno 1071 occiipava la cattedra 
vescovile di Trani; delV altro vescovo. pure di Trani 

' Contesa termìiMta coir assassinio deir abate e collMacaméraiaeiito 
dello scofflio e dei beni a questa apparlenuttf ki cambio dei fnalì 1« Rp« 
Veneta assegnò al comune di Cattaro un annuo livello. cfr« Processus ob 
detestabile scelus Perastinorum et sacrilega mors illata D. Pompejo Pasquali 
cathareasi eoram commendatario, cum s^iiteiitia eJu^omvoicalivfMS, IHe 8 Maii 
154d. Chi scrive ebbe questo docmmento dal R. Vucolao Popovich. 

3 U. RaffaelU. Mem di educazione delia CUià. di Caitara (GaEMtta 
dì Zara 1844 n. 9$) cfr. Ferrari*-Gup*Ui, Salale e ma0stri eh' ebbe mef 
Pfismo lar.a. (Progr. Ginnasiale. Zara 1859' p. 71). During^ld. t e. 
HI 310. 

> IMla famiglia BisanU 1. e. ex Ugbelli IMia MOfm VII 603^741, 
898, 900, 902, 943, 944. 



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19% 
cui Urbano II domandò nel 1099 Tesarne della 
causa per la canonizzazione del B. Nicola Pellegrino ; 
del vescovo di Bi^caglia nella terra di Bari V anno 
1197; e per tacere di tanti altri di questa illustre 
famiglia, canonici, arcidiaconi, primiceri ecc. dire- 
mo deir arcivescovo di Aceranza in quel di Bari 
il 1380, la memoria dei quali Girolamo Bigarella 
compendiava molto acconciamente nell' orazione * 
per la morte di Paolo Bisanti con queste parole: 
^Hic Cathari honestissimam Byzantium familiam 
septingentis et amplius abbine annis praecipue flo- 
ruisse nemo profecto est qui ignoret : si quidem ex 
ea veluti ex Troiano ilio equo, innumera quoda^m- 
modo togae mìlitiae ac praesulatus insignia tote 
hoc alinorum curriculo prodire nunquam destite- 
runt Ita sane ut jam non tam senatoria dignitas, 
sed et militaris gloria et copiusus summorum sa- 
c^dotum numeruB certatim cohonestare ac illustrare 
videantur.,, Ricorderemo quindi un altro minorità 
di nome Marino, ^ celebre non meno che per pietà, 
per dottrinai Enea Silvio Picoolomini, che ben co- 
nosceva le cose di Dalmazia, come fu assimto al 
pontificato (Pio II), diede a Marino la più ardua e 
scabrosa di tutte le incombenze. Imperocché nel 
1472 lo inviò suo legato al re di Persia per affari 
concementi la cattolica religione e per indurre quel 
monarca a eoUegarsi coi principi cristiani contro 
il Turco. Attesta il Haynald che la missione ebbe 
ottimo successo ; però Marino vi perdette la vita, 
trucidato dai barbari (1474), dopo aver sofferto in 

^ Bigarellae Hieronymi: Oraiio in funere PauH Bysaniii Episcopi 
Catharensis (15^5-1587) ei in tota diaecesi Aquileiensis Suffragami et 
Vicarii generaiis dignissitni, habita Utini die 4 Martii 1587. Venetiis 1587 
ex typ. Guerraei Edit da Paolo Grìsaldi Perugino e dedic. Septem. viris 
DObitibus Utinensts civitatis. Di qaesta oraz. evvi anche una II ediz. coi 
tipi dei fratelli Guerra di Venezia d. d. 1637. 

^ Appendini 1. e. 8. Sigismondo da Venezia Biografia Serafica, Venezia 
Merlo 1846 p. 1^19 ad a. 1450. 



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quelle parti molte fatiche e travagli a vantaggio 
della chiesa. 

Contemporaneamente a Marino * fu Nicolò 
Macchinese, oratore, teologo, diplomatico. Creato 
da Pio II vescovo di Modrussa, fu nel 1462 in- 
viato ' a Stefano Sandal di Bosna ed ai principi 
vicini per iscopi religiosi e per distaccarli da Mao- 
metto IL Raggiunse Nicolò lo scopo, ma il Turco 
indispettito al diniego del tributo invase la Bosna 
e in breve la ridusse in suo potere. Quindi Nicolò 
si trasferi in Ungheria quale legato pontificio, ma 
incorso nella collera del re (Mattia) che non volle 
apprezzarne la fedeltà, uscì da quegli stati. Mori 
in Roma e fu sepolto a S. Maria del popolo* Sul 
sarcofago che gli fece erigere là cugina Francesca 
di Ragusa, leggonsi i seguenti distici: 

D. O. M. 
Quem nallum latuit stadiuni, vis nulla loquendi 

Urna tegit celebrem quantula Nicoleum. 
Hic meruit post te certas, Hieronyme^ laudes 
Alter honos et spes, Illyris ora, tìbi. 
* Occidit an vivit praeBul Parca improba? vivlt, 
Non iimet ut rapìat parva Modrusa decuB. 

Del Macchinese ci è rimasto il libro super Psal- 
mosy che trovasi nella Vaticana, e Y orazione fune- 
bre del cardinale di S. Sisto Pietro Riario arcive- 
scovo di Firenze ^ che non si sa dove né quando 
fu stampata. Il di lui trattato della Consolas^ioue 
dedicato ad Dominum Marchum Vicentinum praesu-- 

^ Appendìtti 9. Parlati IV 74, 108. Gliubìch. Dmonario 190 e ^eg. 

^ Cosi Pio ì\ nello scritto con cui gli confida questo carico. ^Cun 
itaque in presentiarlim opus sit prò qaibusdam arduis negotiis iidem catho- 
licam concernentibus, nos aliquem pruclentem et fidum, atque expertum viram 
ad regnum Bosnae, qui ibidem negotia ipsa diligenter et accurate tractare 
et ad debitum fìnem reducere sciat, et valeat, destinare; tuque de cuìus 
singulari prudentia et exìmia probitate, rerumque experientia apud nos fide 
dignia testimonia facta sunt, ut ad hujusmodi negotia tractanda, et. pera- 
genda aptissimus, nobis fueris propositus . . . . (Parlati 4, 74). 

3 M. in Roma 1474. 



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hm^ fu ritrovato a Corfò nei primordi di questo 
secolo da Evasio Leone ; il quale giudicandolo la- 
voro pieno di sapienza e di erudizione, e adorno 
delle più ingenue grazie dell' immaginazione e dello 
stile aveva stabilito di pubblicarlo coi tipi della regìa 
stamperia di Modena. Ma il Leone mori in quel- 
ranno stesso (1817), e il manoscritto passò fra i cadici 
della vaticana, ove si conserva sotto il N. 5139. 
Il più antico monumento della cultura lette- 
raria dei Cattarini, risale al secolo X, ed è la vita 
di S. Trifone, che un anonimo dettò in versi latini 
e che Tanno 1460 adì 8 de Mar^o fu da altro a- 
nonimo voltata in prosa, dal titolo "Lezenda de Mìs^ 
ser San Tryphon Martire Gonfelon et Protector de 
la Citade de Catharo.„ Esposta in forma poetica 
la storia delfa vita e del martirio di questo santo, 
vi è descritto V arrivo e l' acquisto delle spoglie di 
esso a Cattaro, sicché riesce abbastanza importante 
per la storia cattarina di quel tempo. ' Un saggio 
di cultura scientìfica è il codice teologico ohe il be- 
nedettino frate. Gregorio di S. Giorgio compiè Vanno 
1102, nel tempo eioèi/neui questa scienza era an- 
cora lontana da quei sistemi a cui fu più tardi por- 
tata» Qui dev'essere ricordato il catalogo delle chiese 

'Una panrfresì di quesfiiEi tite ridoHB in parecchie lenoni da ^ec^- 
%^Mii odia fesiWità e per latta V ottava, agpiuitivi' due inni saffici ed al* 
trettanti giambici per le diverse ore canoniche, fa pubblicata dal vescovo 
di' Cattaro Luca Bisanti quando afferrò Venezia onde ridursi at sfuodo trl- 
deìiiltOve4 utcl> k luce il 15^1^ dai torchi dì Gir. Calephio a spese del- 
r arcidiacono Pietro Grubogna e del canonico Girol. Succhia entrambi di 
CaliRro. QneMf ultimo poi, assunto nel 15 SI al vescovato ài Cattaro, la 
rifuse, compendiandola in tre sole leetoni; approvate da Clemente Vili il 
("SOé, quelle stesse che tuttodì si recitano. Ma il lavoro del Bacchia non 
andò a"' versi di Gregorio Bisanti, il quale, conservate le tre lezioni appro- 
vate già da papa Clemente, cangiò le allre introdotte dal' Bacchia, siccome 
alfe quattro odi saffrcfae, altre due ne aggiunse, di ciii una* è il famoso e 
tanto popolare "'Inelfium Chrtsti ceUhrefmes kymnis. „ Questo terzo offizio 
approvato tlalfa Congregaz. dei riti ed impresso- ih Venezia il 17S3 serve 
presentemente di Tegola al ' Clero di Cattaro. (cfr. U. R. di Gregorio Bisanti, 
ia Dalmazia 1846 N.r 19 p. 149). 



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e 4€Ì vesco\d, che ai consOTv^va riellfv vatìcaiia ai 
N. 3226 e 2988, scritto da Malioiacca Vvq^cpvo 
di Cattare. Ai dubbi dell' Appendini, ^ che Malicìacc^ 
fosse veramente da Cattare, T autore delle uotizi^Q 
auir episcopato di Cattare ^ oppone Y asserto essere 
stato esse del patrizio casato cattarii^o dei Darsa, ^ 
L'unica memoria che di Maliciaqca ci resta .si è 
aver egli nel 1328 ridotto air obbedienza Dotoqdìco 
abate refrattario di S. Giorgio. Né da questi ebbero 
dì hii ad occuparsi è ricordato alla stessa maniera. 
Taluni lo dicono Meliciacca, M eliciate e Mali^iiate. 
Il catalogo eh' egli ci ha lasciato s' intitola : ^ No- 
titia Ecclesiarum Urbis et Orbjis ad Episcopo Oa- 
tharensi Meliciacca exposita„ e fu dalle Scheelstrate 
inserito nel T. II delle sue antichità ecclesiastiche. ^ 
Ma di quanto potrebbe riguardare la cultura 
delle lettere nelle Bocche, il più è andate perduto 
nelle sciagure delle guerre e delle invasioni a cui 
Cattare fu tanto spesso soggetta. Nulla necessaria- 
mente si può dire di Bernardo Pima del quale è nella 
chiesa collegiale di Cattare il sepolcro coU' inscrizione 
seguente : 

EPYTAPYUM 

BERNARDI • PIMAE 

POETAB LAVREATI. 

HAS EGO SVPREMAS TABVLAS 

IN . MORTE • RELINQVO: 

NUDAM • ANIMAM • CHRISTO, 

PVTRIDA • MEMBRA • SOLO. 

' Coleli 1. e. 444, « l. e. 7-8. 

^ Anonimo. Ns. citato dalla Marciana di Venezia. 

^ Di questo casata alcuni si trasferirono a Ragusa Tanno 1287 
(Vedi Lib. Reform.), ove furono tosto ammessi air ordine nobile e ali* 
dignità senatorili. Leonardo Darsa, per avere abbirndonata Ragusa «el tempo 
della peste (1348) ^ cadde nella disobbedientia et dichiarato incorso nel 
bando della privatione della nobiltà. .,, (Vedi Darsa e Tiburtinì. .Genealogie^ 
dei cittadini di S. Antonio di Ragusa). I Darsa fin dal loro arrivo in Ragusa 
ebbero ivi il juspatronato della chiesa d' Ognissanti (Domino) e il rettorato 
di S. Pietro in Galamotta, (Origine et descendenza della f«ni|ig1ia di Dfirsfi^ 
Ns. nella Francescana di Ragusa n, 977). 

^ Scheelstrate. Antiq. Ecci T. Il f. 759 in poi. 



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Ì98 

L' Appendini * crede di poter stabilire Y epoca 
in cui Bernardo fioriva, cioè verso il 1350 o verso 
la metà del secolo susseguente, sapendosi che in 
queste due epoche furono fatte in Italia molte in- 
coronazioni poetiche. Il Reinsberg, ^ convenendo 
coir Appendini, sulla base di scritti consultati presso 
gli eredi di U. Raffaelli, conferma avere Bernardo 
ottenuto il lauro attorno al 1350. Il Kukuljevic 
air incontro, ne sappiamo da che autorizzato, ne fa 
risalire ' Tanno della morte verso il 1508. 

Così pure poco si può dire di Nicolò Chierlo 
di Cattare, che, fra il dechino del secolo XV 
ed il principio del secolo XVI, visse in Venezia 
coltivando con amore le umane lettere e ricrean- 
dosi della poesia. L' illustratore * delle iscrizioni 
veneziane è d' avviso essere stato esso uno di quei 
sei grammatici e sei umanisti che nel secolo XVI 
furono stabiliti per i forensi, come notò il Galli- 
cioUi, ^ oppure uno di quei maestri di sestieri che 
il patriarca Antonio Contarini, reggente la veneta 
chiesa dal 1508 al 1524, aveva istituito per V e- 
ducazione dei chierici. Mori Nicolò® Tanno 1522, 
e fu sepolto nella chiesa di Severo, ove fu onorato 
della seguente iscrizione ^ latina in versi giambi : 

Presbyteri jacet hic ossa Nicolai 
Grammatici; Poetici ac Humanistae; 
Patria qui natus fuit Catbarensi 
Cbierlaq familia proles erat sua. 

1 1. e. 27. U. RaflFaelli Gai%eUa di Zara 1844 n. 46. la Dalmazia 
1845 n. 32. 

« Dttringsfeld UI 313. 

^ Patne uspomene iz Hnratske, Dalmacije ecc. Zagreb 1873 p. 95. 
La lapide è ornai in uno stato di grande deperimento. 

* Cicogna. Inscriz, 9ene%, f. 9. 

* Memorie Venet. V. p. 317 e 372. 

* U. RaffanelH. Di N, Chierlo vedi La Dalmazia a. 1847 N. 50. 

'^ Il marmo ne fu tolto non prima del Gennaio 1829 da! pavimento 
della chiesa che allora stavasì demolendo. 



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199 

£t hoc Bibi taatam statoit manimon 
Firn post obìtum^ ne qais in^rediatar. 
Anima prò cuius, tu presbyter ora, 
Dum ad hanc aram celebraturus eris. 
Qui ad hunc finem tot servavit nummos 
Ut coelico Regi sacra ministrentur. 
Tu qui cuncta nosti, animam ìpsius 
Cunctorumq. nurum suscipe praecamur 
Famuli tui. 

Obiit id. Nov» M-DXXII. 

Di quesf epoca sono invece conosciutissirai Vin- 
cenzo e Domenico da Cattato dell' illustre famiglia 
Bucchia, nati ambidue ad un parto ^ ed ambidue 
deir istituto dominicàno, al quale, siccome alla loro 
patria apportarono lustro e splendore. Imperocché, 
così TAppendini, diventarono ambidue teologi re- 
putatissimi. Domenico, che fu Provinciale della sua 
provincia dalmatica e predicatore di vaglia, diede 
in luce due opere cioè Y Etymon super seplem psal-- 
mos penilentiales. Impressum Venetiis in edibus Aurelii 
IHnHi veneti a. d. 1531 die 14 Junii dedicato a fr. 
Luca Dumaneo Prov. dell' ordine dominicano, e 
r Exposito perutilis omnium epistolarum Dominicalium 
quae per totius anni circulum leguntur impressa Ve- 
netiis per Nicolaum Bascarinum Briooiensem a. d. 1545 
die 22 Maij dedicata al celebre cardinale Giovanni 
di Toledo, da cui era grandemente amato e sti- 
mato. Ebbe per la prima di dette due opere gli 
elogi di Simeone Begna vescovo di Modrussa, ^ e 
di Agostino Natali vescovo di Trebigne, ^ per T altra 
che scrisse in Spalato, fo encomiato da Elio To- 
lomerio di Sebenico col seguente epigramma: * 



* Orbino 1. e. 308. Appendini 1. e. 18-19. 

' d. d. Zara 27 Febbraio 1523. p. e. 2 del libro stesso. 

^ d. d. Ragusa 8 Novembre 1526 ibid. 

^ cfr. Appendini I. e. 



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Aeliut VoiooMiii» Sloeiwli Ed Iiéoterem. 

Ne gine luce forent Tarsensis dogmata Pauli. 

Ad populos variis edita temporibus 
Ne^ sub nocte pari Joannis verba laterent 

Que tonat in templis, septima queque dies. 
Buchius eloqui! princeps, et buccina sacri 

Antiquae precibus victus amicitiae. 
Haec adit et tenebris niinc bine, nunc inde fugatis, 

Reddidit illustri splendidiora die. 
Qui sint hic plenis, spumat vindetnia labris, 

Pocula coelicolum non meliora bibent. 

Coevo dei fratelli Bueohia è Trifone Bisanti^ 
eletto vescovo di Cattaro sua patria da Leoue X 
nei 1513. Insegnò ^ letteratura greca e latina nelle 
uoiverdità di Bologna e Perugia e fu bibliotecario 
del duca di Modena^ ^ Assistette alla nona (1513) 
e alla ventesima (1517) sessione del terzo conciliò 
Lateraaese e lasciò una bella raccolta di lettre 
latine, dirette al celebre cardinale Domenico Gri- 
mani suo amico e mecenate, nelle quali narra le 
vicende della guerra che in quel tempo ferveva in 
Dalmata contro il Turco. 

Non meno rinomato fii in questo secolo Gio- 
vanni Alberto Duimio da Cattaro, dell' ordine dei 
predicatori* ^ Giovane ancora fu scelto a leggere 
pubblicamente teologia nell' Archiginnasio Romano 
e ad interpretarvi la sacra scrittura, coli' onorario 
annuo di 227 zecchini. Riguardato dalla Santa Sede, 
così r Appendini, * come un oracolo, era da tutti 
giudicato non inferiore ad alcuno di quella schiera 
di saggi e di dottori che proferire dovevano il loro 

' Bìgarelfa 1 e. 

* A|ipeiHUBÌ 17 ex P. Valerìuo de Infelicit. LiUerat. Gliubieh. 37 
Trifone morì Tanno 1540. 

^ Pallavicini. Istoria del Concilio di Trento. Venezia. Zanardi 1803. 
T, XIV p. 112. 

^ 1, e. 23. Gliubieh 127. Justiniano Micfa. Patr. Januen. Saoroaautum 
i^oncilium T. ejusqae Patres in trìpnta quìnque Indices expositi. Romae. 
gnmpt. F. CaesarelM 1674. 



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201 

sentimento sul dogma e sulla disciplina contro i 
novatori di quel secolo. Nel 1546 Paolo III lo 
scelse con quattro altri teologi per rivedere il de- 
creto dei Padri Tridentini sulla giustffieamoney pri- 
ma che fosse promulgato. A nchiesta dello stesso 
papa nel 1547 fece imprimere il celebre trattato 
del Turrecremata sulla Cance^ianey a cui premesse 
una dotta prefazione. Paolo III poi non dubitò di 
sottoporre alla di lai revisione, al di lui giudizio ed 
alla sua approvazione tutti i decreti del concilio che 
da Trento si spedivano in Roma per essere firmati 
dal papa. Nel 1548 fu creato vescovo di Modnissa, 
donde fu trasferito come tale io Veglia. Richiamato 
in Trento alla XVII sessione del Concilio dinanzi 
ad esso nella festività di S. Domenico tenne un 
discorso che poi fu stanipato col titolo: Oratio in 
Solemnitate S. Dominici. Tridenti die 5 Augusti dieta. 
LVEceard ed il Pallavicino nelle storie di quel Con- 
cilio, asseriscono essere stato dietro le dimostra- 
zioni di Alberto determinato, non si dover comu- 
nicare sotto ambe le spezie. Pio IV, così T Orbino, 
ammirava * talmente la letteratura di Alberto, che 
diceva di lui, non esservi nella Chiesa di Dio sì 
alto grado, che per il suo valore e dottrina non 
meritasse. "Quid diceres — così di lui Giov* T. 
Marnavioh — si nosceres virum in Tridentinis Co- 
mitiis divinarum consultationum facile principem 
Albertum Duimium Veglens. Episcopum, sed Ca- 
tharensem, quem uisi legati Picena ab ilio Patrum 
consessu abduxisset, fortassis alium Hieronymum 
Romana Curia fuisset experta; certe Plus IV Pont. 
Max. tanto viro aequa praemia deesse saepe con- 
questus est,,, Si sa dal Gregorina, Alberto avere 

^ cfr. Joannis Tomeo Marnavich. De Illyrico Caesaribusq. Illyricis. 
DùHagorqm libri VII 1603. (Ns. finora . desiderato aaiai «Ui .(sullori delle 
cose dalmato-croate). Lib. I f. 26, 

U 



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202 

scritto anche un opusculum de Gratia che i diritti 
di quel tempo magnopere probarunt. 

Dopo Alberto il Pallavicini registra fra i padri 
del Concilio Trentino un altro Cattarino, Angelo 
Pasquali, ^ dell' ordine dei Predicatori, che l'anno 
1537 (5 marzo) fu eletto vescovo di Motula, e lo 
dice insigne teologo e caro a Carlo V. Angelo morì 
in Napoli e fu sepolto nella Chiesa di S. Caterina 
di Formelle. 

A questo tempo appartiene anche Lodovico 
Pasquali cattarino, ^ il quale, compiuti gli studi in 
Padova, si dedicò alla vita militare. Essendo di 
guarnigione in Candia, cadde schiavo dei pirati e 
fu tradotto in Africa. Trovato il modo di uscire 
dalla schiavitù, ritornò in patria e quivi fini i suoi 
giorni, lasciando molti componimenti poetici. Di 
questi uscirono in luce i latini sotto il titolo "Lu- 
dovici Pascalis. Carmina ad IH. et Doctissimum 
Marchionem Auriae Bernardinum Bonifatium per 

Ludovicum Dulcium nunc primum in lucem edita 

in Venetiis apud Gabrielem Jolitum et fratres de 
Ferrariis„ l'anno 1551; e gli italiani sotto il titolo 
"Poesie volgari di Lod. Pasquali. Vinegia appresso 
Stefano e Battista Cugnati al segno di S. Moisè,, 
l'anno 1549. Nel primo di questi volumi, che con- 
tiene XXVI elegie divise in tre libri e VI selve 
ossia sei lunghi carmi in esametri che formano un 
quarto libro, egli canta le guerre terrestri e ma- 
rittime di quei tempi, e vi riesce così, che 1' Ap- 
pendini sostenne, essere stato il Pasquali il miglior 
poeta che avesse prodotto in quel secolo la Dal- 
mazia, secolo dei Leoni e dei Cosimi. "Egli, così 
r Appendini, si studiò, e gli riuscì^ di imitare la 
bella facilità di Tibullo nella condotta e nell' an- 

* U. Raffaelli. Di Lodovico Pasquali vedi La Da/masta a. 1845 N. 32. 
2 1. e. p. 33. 



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203 

damento delle sue elegie, e Properzio nel fare un 
saggio e moderato uso della storia e della mito- 
logia. Quindi egli seppe sfuggire del pari e la mo- 
notona uniformità di Ovidio, e quel tuono rotto e 
cascante che certi poeti degli ultimi due secoli 
hanno dato ai loro versi credendo di imitare Ca- 
tullo.55 Ma egli ha pure le sue mende: neir erotico 
è qualche volta petrarchesco, il che è degli italiani 
soltanto, e non dei latini; talora è un po' troppo 
prolisso nelle descrizioni. Le poesie volgari com- 
prendono CLXXVIII sonetti, XIII madrigali, XV 
canzoni, due capitoli ed altrettante composizioni in 
stanze. Nella prima parte tesse V istoria della sua 
vita amorosa con andamento affatto petrarchesco, 
ciò che non gli toglie il merito dell' originalità, con 
tale spontaneità e lindura di stile, che ben gli me- 
rita il serto di poeta anche nella lingua delF Arno. 
La seconda parte comprende una serie di compo- 
nimenti indirizzati a letterati amici suoi, o con- 
terranei, com' erano Giorgio Bisanti, Vincenzo e 
Francesco Bucchia, Camillo Drago, Alberto Dui- 
mio; od italiani quali Camillo Besalio, Lorenzo 
Venier, V. Burazzi, V. Giuliano, Lod. de Gonte, 
il Patriarca Grimani, Cristoforo Canal, il G. Maria 
Balbi, Angelo Pegolotto, Bernardino Crisolfo da 
Schio ; o finalmente a veneti illustri sia nelU armi, 
sia nella scienza del buon governo, come a dire 
Stefano Tiepolo, Luigi de Riva, Antonio de Mula, 
Gian Matteo Bembo, Ercole e Claudio Martinengo, 
Urbin da Cremona, Francesco Pisani, Marchiò Mi- 
cheli ecc., ed è superiore alla prima per originalità 
di pensiero, per epigrammatico sapore di chiusa, 
per delicatezza e venustà. 

Chiuderemo questi cenni ricordando Giovanni 
Bona de Boliris, di cui il Razzi stampò in Lucca 
presso il Busdraghi r anno 1595 la descrizione della 



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2Ò4 

città e delle Bocche dì Cattare fatta in 330 èlle- 
gantissimi esametri latini^ nella quale V Appendiai 
vide rivelato un grande genio poetico. Di Giovanni 
si ha eziandio un sonetto ed un epigramma latino 
nella famosa raccolta intitolata: ^11 tempio alla 
divina donna Giovanna di Aragona fabbricato da 
tutti i più gentili spiriti ed in tutte le lingue prin- 
cipali del mondo.^ Venezia. Pietrasanta 1555. 



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205 



SERIE 



dei 



Vescovi di Risano. 

Elez. è memoria morto 



(Anonimo) . . 
Sebastiano . . 
Michele da Trento 
Nicolò . . . 
Dòmnio da Spalato 



591 
1271 

1350 



341 



594 

1350 
1352 



Enrico d» Tolva . 
Costantino . . . 
Giorgio . . . . 
Giovanni . . , 
Stef. Dionisio belga 
Egidio . . . . 



Elez. è memoria morio 
1400 
1423 



Andrea da Zagabria [1 398 

Vescovi di Cattare. 



<€oiiosciu«i). 



Giovanni I . . . 
Paolo I . . . . 
(Anonimo) . . . 
Giovanni II . . . 
(Anonimo) . . . 
(Anonimo) . . . 
(Anonimo) . . . 
(Anonimo) . . . 
Grimoaldo . . . 
Ursacio da Cattaro 
Niceforo I . . . 
Maloire I . . . 
Niceforo II . . . 
Maio (Malone li) . 
Buccino ( Bacchia ) 

da Cattaro . . 
Michele Leoni da 

Cattaro ') . . 
Sergio l Leoni da 

Cattaro . . . 
Biagio . . . . 
Deodato . . . . 
Centiberio Donati da 

Cattaro . . . 
Giovanni III . . 
Marco I da Cattaro 



— 


325 


— 


— 


451 


— 


631 


— 


— 


— 


649 


^ 


— 


809 


_ 


— 


868 


— 


— 


1020 


■^ 


— 


— 


1033 


1090 


— 


— 


_ 


1123 


_ 


— 


1141 


— 


1154 


— 


— 


1167 


— 


1178 


1179 


— 





- 


lidi 


— 


— 


- 


1205 


. 


— 


1219 


1220 


— 


1240 


— 


— 


1247 


1249 





1254 


1254 


— 


— 


1260 


~ 


«70* 



Domnio I . . . 

Meliciacca Darsa da 
Cattaro . . . 

Pomponio . . . 

Sergio II de Bobali 
da Cattaro 

Gùmanni IV da Vi- 
terbo Antivescovo 

Raimondo I Agosti 
da Clareto . . 

Tommaso de Riva- 
tratisone da Dol- 
cigno . . . . 

Sergio III .. . 

Bartolomeo I da La- 
bico . . . . 

Adamo da Cattaro 

Domnio II da Spa- 
lato . . . . 

Stefano deNigris da 
Venezia . . . 

Bernardo I . . . 

Giovanni Y beato 
da Durazzo . . 

Nicolò . . . . 

Bartolomeo II . . 



1432 
1436 
1442 



1436 
1442 
1442 



— 


1280 





1326 


1328 


— 


— 


1328 


1328 


— 


1331 


— 


1334 




1344 


— 


1348 


, 


1349 


— 


1352 


— 


1369 





1374 


— 


1375 


— 


— 


__ 



1328 



1334 

4545* 

1^49 
iWi* 

- 1368* 

1374 
1375 

1397 

1408 



') Di questo vescovo così !« lapide sepolorale: f Hìe jacet in tumba serpfns 
mitìa o colomba - Presul di8cret«s Michael etatt repletus - Leonis hac urbe Aftins 
peecatorum sorde pìatus (?) - Jostitie caltor. Prece blanda criminìs ultor - 
Milleno CC.V transivit, celica regna petivìt. -f- 

*) I nanfè^ri leganti con usterlsoo significano : ctftea V «tino. 



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206 



Eiez. è memoria morto 



Elei, è memoria morto 



Antonio da Bitonto 
Raimondo II da Vi- 
terbo . . . . 
Francesco de Pavoni 
Secondo Nani da Ve- 
nezia . . . . 
Marino Contarini da 
Venezia . 



1410 

1421 
1422 

1425 

1429 



1420 



Bernardo li de Ber- 
nardi . . . . 

Angelo Fasolo da 
Venezia . 

Marco II de Nigris 
da Venezia . . 

[Pietro de Brutis da 
Venezia . 



1422 
1425 

1429 



Vescovi di Budua. 



(Conosciuti). 



Silvestro 




1143 


__ 


— 1 


Sebarisio 




1196 


— 


— 1 


Tolomeo 




1245 


— 


— 1 


Incellerio 




1276 


— 


— 


Anselmo . 




1297 


— 


1326 


Giovanni I 




1326 


— 


— 1 


(Anonimo) 




1347 


— 


1351 


Giovanni II 


Luciani 






1 


da Venezia . . 


1361 


— ■ 


— 


Giovanni IH . . 


— 


— 


— 


Ottone Roder tede- 






1 


sco 


. 


1401 


— 


— 1 



IV f. 



Giovanni 

Mattia . . . . 

Giovanni V de Sil- 

lanego . . 
Giovanni VI Rubini 

da Curzola . . 
Giacomo di Bribir 

dalmata . . . 
Giovanni VII . . 
Girolamo Magnani 

da Padova . . 



1454 
1457 
1459 
1475 

1423 
1433 



1447 
1455 

1509 



1457 
1458 
1474 
1493 



1433 



1446 



1518 



Abati commendatari 

di S. Oiorgio sullo Scoglio presso Perasto. 

<ConoBcÌuti). 



Giovanni I 1166 

Matteo I 1229 

Giorgio 1247 

Matteo II . . , . . . 1288 

Domenico 1320 

Nicolò 1336 

Bonaventura 1353* 



Pasquale I . . . 1353 e 

Pasquale 

Giovanni 

Antonio 

Trifone de Bollizza da Cattaro 

. detto 

D' Estruso 



Alcuni Priori e Conti di Cattaro. 



Mele 1120 

Radoslao Re di Rosita . . 1159 

ViU 1166 

Trifone 1180 

Dessa 1181 

Giorgio 1186 

Benessa 1190 

Basilio 1195« 

Bosdano 1197 



Dessimiro . . 

Tupza .... 
De Solis . . . 
Giovanni . . 
De Catene 
Giunio da Zara 
Dessano .... 
Vladislao . . . 
Giorgio di Voissavo 



1362 
1362 
1372 
1403 
1457 
1461 
1493 



1200 
1215 
1220 
1221 
1239 
1246 
1257 
1270 
127? 



*') I nameri seji^ati con asterisco significano: circa Tanno. 



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Sergio Gentilizzi . 
Giorgio da Zara . . . 
Biagio Abraso, Luglio 
Biagio Golia, Agosto 
Matteo de Palma, Ottobre 
Marino Drago, Novembre 



1344 
1373 
1399 



207 

Michele Bucchia, Decembre . 1399 

Marino Mecsa, Aprile . . 1400 

Giorgio 1417 

Marino Pacchi 1419 

Marino Bisanti 1420 



Conti Veneti in Cattare. 



Antonio dalle Boccole 1420 e 1422 

Marco Barbadigo .... 1423 

Stefano Quirino di Guglielmo 1425 

Pietro Duodo 1426 

Giovanni Balbi .... 1429 

Nicolò Pisani 1431 

Antonio Pesaro .... 1433 

Lorenzo Vitturi . . . . 1435 

Paolo Contarini di Lorenzo 1437 

Albano Sagredo .... 1439 

Pietro di Andrea Dalmario . 1442 

Leonardo Bembo .... 1442 

Giovanni dì Costantino Nani 1446 

Giacomo di Frane. Morosini 1447 

Giovanni Lion 1450 



Alvise Baffo 

Giovanni di Paolo Barbo 
Paolo Barbo vice -conte , . 
Alvise di Pietro Duodo . . 
Antonio di Benedetto Donato 
Paolo di Giacomo Priuli . . 
Alvise Bono di Giovanni 
Eustacchio di Bernardo Balbi 
Bertuccio Gabriel di Giacomo 
Michele di Francesco Michiel 
Lodovico Mosto vice-conte . 
Giovanni di Alvise Donato . 
Francesco di Alv. Lippomano 
Francesco Ciuran ultimo conte 
di Cattavo 



Provveditori. 



Antonio di Giov. Ferro 1480 e 1481 
Marin di Nicolò Zeno 1483 

Francesco di Simeone Lion 1485 
Francesco di Pietro Basadonna 1 486 



Podestà Veneti in Budua. 



Luca da Canal . . 1442 e 1443 

Nicolò Diedo 1453 

Andrea da Molin .... 1462 

Lodovico Bembo vìce-pudes/à 1465 

Zuanne Zonta 1472 



1451 
1454 
1456 
1457 
1460 
1463 
1464 
1467 
1470 
1472 
1474 
1476 
1480 

1480 



Priamo di Michele Tron . . 1488 

Paolo di Ant. Erizzo procurai. 1 489 

Michel di Nicolò Emo . . 1491 

Girolamo di Pietro Orio . . 1492 



Antonio Ghizzi. . . 


. , 1484 


Giacomo Quirini . . 


. . 1485 


Daniel Cogo . . . 


. . 1490 


Alvise Longo , . . 


. . 1492 



FIN e. 



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