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MILES STANDESE
SCELTE POESIE LIRICHE
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E. W. LONGFELLOW
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(.novella)
E SCELTE POESIE LIRICHE
TRADUZIÓNI
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ULRICO HOEPL1
LIBRAIO-EDITORE
NAPOL, MILAN0 P,SA
1883
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PROPRIETÀ LETTERARIA
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' «Èsili BEN comprendere lo spirito e gFin-
tsfésÉ rendimenti di questa Novella credo
opportuno di togliere dall'aureo libro Di
la Dcnwcratìc m Anuriqui del ToCQÙEVTLL E
questi pochi cenni sull' orìgine de* coloni
della Nuova Inghilterra,
Coloro, dice l'autore francese, che ven-
nero a stabilirsi sulle rive della Nuova
Inghilterra appartenevano tutti alle classi
agiate della madre patria. La loro riunione
:
:
PREFAZIONE
sul suolo americano offerse sino dalla ori-
gine il singolare spettacolo di una società,
ove non erano ne grandi signori ne volgo;
per così dire, ne ricchi ne poveri. V'era
più coltura in loro, ammessa la differenza
dei tempi, che non è in alcun popolo di
Europa a' nostri giorni. Tutti senza ecce-
zione aveano avuta una educazione molto
avanzata e molti di loro erano conosciuti
in Europa e per l'ingegno e per la scienza.
Le altre colonie erano state fondate d'av-
venturieri senza famiglia; i coloni della
nuova Inghilterra portavano seco mirabili
elementi d'ordine e di moralità ; essendo ve-
nuti al deserto colle loro mogli e figliuoli.
Ma ciò che li rendea singolari dall'altre
— 6 —
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PREFAZIONE J
colonie era lo scopo della loi'o impresa.
Non era che avessero abbandonata la pa-
tria per bisogno materiale ; si lasciarono
addietro una posizione sociale invidiabile
e sicuri mezzi di agiata esistenza : non ven-
nero al Nuovo Mondo per migliorare le
loro condizioni o per accrescere le ric-
chezze : si tolsero alle dolcezze della patria
per obbedire ad un bisogno puramente
intellettuale: affrontando le inevitabili mi-
serie delPesiglio, essi non cercavano che il
trionfo di un' idea.
I coloni, o, com' essi si chiamavano, i
Pellegrini, appartenevano a quella setta in-
glese, che per l'austerità dei principii si
disse de' Puritani. Il Puritanismo non era
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PREFAZIONE
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solamente una dottrina religiosa ; ma in
molti punti si mesceva alle teorie demo-
cratiche e repubblicane più assolute. Da
ciò erano sorte contro esso le più dannose
inimicizie. Perseguitati dal governo della
madre patria, offesi nel rigore de' loro prin-
cipii pel giornaliero andazzo della società,
nella quale vivevano, i Puritani cercarono
una terra deserta ed abbandonata dal mondo,
ove fosse loro lecito vivere a loro modo e
pregar Dio in libertà.
Il Tocqueville riporta un brano di Nata-
mele Morton, storico dei primi anni della
Nuova Inghilterra: « Io ho sempre cre-
duto, » dice Morton, « che fosse un sacro
dovere per noi, i cui padri hanno avuto
— 8 —
PREFAZIONE
:
i
così numerosi e memorabili pegni della
bontà divina nella fondazione di questa
colonia, fosse un sacro dovere perpetuarne
la memoria collo scritto. Ciò che noi ab-
biamo veduto, ciò che ci fu narrato dai
padri nostri, noi dobbiamo narrarlo ai no-
stri figli, affinchè tutte le generazioni av-
venne apprendano a lodare il Signore :
affinchè la discendenza di Abramo suo
servo e i figli di Giacobbe suoi eletti, con-
servino per sempre la memoria delle opere
meravigliose di Dio (Salmo CV, 5, 6). Con-
vien che sappiano come il Signore ha por-
tata la sua vigna nel deserto : come V ha
piantata e ne ha allontanati i Gentili:
come le ha preparato il terreno, ne ha
!
!
"%.'%.'%.-V'%.'%.'%.'%.'%.'V-V'V.-%.-*.'V'*.'».^
PREFAZIONE
messe in profondo le radici e l' ha la-
sciata estendersi e coprire intorno la terra
(Salmo LXXX, 13, 15); e non solamente
questo, ma insieme come ha guidato il suo
popolo verso il suo santo tabernacolo e lo
ha collocato sul monte della sua eredità
(Esodo XV, 1 3). Questi fatti devono essere
conosciuti, affinchè Dio ne abbia l'onore
che gli è dovuto ; e che qualche raggio
della sua gloria possa cadere sui nomi dei
Santi che furono i suoi strumenti. »
L' autore continua e descrive in questo
modo la partenza dei Pellegrini :
« Lasciarono la città di Delf Haleft (1 620 )
ch'era stata per loro un luogo di riposo:
erano rassegnati e tranquilli, sapendo che
ì
PREFAZIONE
erano pellegrini e stranieri in questo mondo.
Non erano attaccati alle cose della terra,
ma teneano °rli occhi rivolti al cielo, ove
Dio avea preparato per loro la città santa.
Arrivarono finalmente al porto, dove gli
attendeva il vascello. Un gran numero di
amici, che non poteano partire con essi,
aveano voluto accompagnarli sino al mare.
Passarono la notte senza dormire: la pas-
sarono in espansioni di amicizia, in pii di-
scorsi, in ragionamenti pieni di una vera
tenerezza cristiana. Alla mattina salirono
sul vascello : gli amici, vollero accompa-
gnarli: allora si udirono profondi sospiri,
si videro cader lagrime da tutti gli occhi;
abbracciamenti, saluti, ardenti preghiere che
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PREFAZIONE 3
ì ; — 7" ~ 1
sforzavano al pianto anche i non conoscenti.
Dato il segnale della partenza, caddero sui $
ginocchi, e il loro pastore, levando al cielo *
gli occhi pieni di lagrime, li raccomandò
alla misericordia del Signore. Presero al- $
fine congedo gli uni dagli altri e si die-
dero V addio, che per molti di loro dovea
esser l'estremo.
S ... *
I Pellegrini erano intorno cento e cin-
quanta, uomini, donne e fanciulli. Era loro
disegno di fondare una colonia sulle rive
dell'Hudson; ma dopo avere lungo tempo
i
girato qua e là per 1' Oceano, furono sfor-
zati di approdare sulle coste aride della
Nuova Inghilterra, nel sito ove ora sorge
la città di Plymouth. Si mostra ancora lo
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— 12 —
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*
PREFAZIONE
scoglio ove discesero i Pellegrini. Questo
scoglio divenne oggetto di venerazione agli
Stati Uniti ; in molte città della Unione se
ne conserva qualche frammento. »
Lo storico prosegue : « Aveano i Pel-
legrini traversato l' Oceano, erano giunti
al fine del loro viaggio : ma essi non vi-
li
s
dero alcun amico che li ricevesse, alcuna
abitazione che li ricoprisse : era il cuore
dell' inverno ; e chi conosce gì* inverni del-
l' America sa quanto siano rigidi e quanti
fieri uragani desolino in quel tempo le no-
stre coste. Intorno ad essi non appariva' che
un deserto spaventoso, pieno di bestie fé-
roci e di uomini selvaggi, di cui ignora-
vano il numero e il grado di crudeltà. La
— 13 —
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PREFAZIONE
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l'emigrazione venne crescendo. Le passioni
religiose e politiche che lacerarono il regno
— 14 —
terra era agghiacciata, il suolo coperto di
*
foreste e di cespugli. Dietro loro non ve-
s
deano che l' immensità dell' Oceano che li
s
separava dal mondo civilizzato. Per trovare
*
un po' di pace e di speranza a loro non
s
restava che volgere i loro occhi in alto. »
!»
Questo accadeva nel 1 620. Da quel tempo
s
d'Inghilterra sotto il governo di Carlo I,
spinsero ogni anno sulle coste dell' Ame-
rica una folla di dissidenti. La Nuova In-
ghilterra fu l'asilo prediletto de' Puritani.
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Al vecchio tempo de' coloni, in Plinio,
Avventuroso asil de' Pellegrini,
Entro una stanza del modesto albergo,
In giubbetto, calzoni e grandi uose
Di cordovano, con guerresco piglio,
Passeggiava su e giù Miles Standese,
De' Puritani il capitano. Assorto
In gran pensier parea : le mani al tergo,
Di tratto in tratto sospendeva il passo,
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MILES STANDESE
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Gli occhi levando a' militari arnesi,
Che splendidi pendean dalla parete ;
Corsaletto d'acciaio e scimitarra
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Di Damasco, d'arabiche sentenze
Screziata: più basso era il moschetto
Ed una carabina, armi da caccia.
Atticciato, complesso e di statura
Men che mezzana il capitano avea
Late le spalle, rilevato il petto
E nerboruti muscoli d' acciaio :
Era la faccia del color di noce
E rossigna la barba picchiettata
D'alcun fiocco di neve, come siepe
Al principio del verno. A lui vicino
Sedea Giovanni Aldeno, il fido amico
E camerata, che velocemente,
— 18 —
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Sovra un desco di pin, presso il balcone,
Stava scrivendo : un biondo giovinetto
Daerli occhi azzurri e dalle guance asperse
Del primo fior : di quella delicata
Sassone carnagion, che San Gregorio
Un dì vedea ne' prigionieri in Roma
Ed esclamava: Angeli son, non Angli.
Il più giovane Aldeno era di quanti
Approdaro laggiù sul Fiordaliso.
Subitamente il capitan Standese
Il silenzio rompendo ed arrestando
La man dell'altro, tumido d'orgoglio,
« Guarda, » disse, « quest'armi ! Escono lampi
Da queste lame riforbite e terse
Come in dì di comparsa o di rivista.
Ve' la mia spada di Damasco : in Fiandra
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MILES STANDESE J
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Pugnai con essa : questo fino usbergo
In una scaramuccia, io ben rammento
La giornata, m'ha salvo : ancor l'impronta
Veder tu puoi del piombo maledetto
Che uno Spagnuolo moschettici* mi trasse
Diritto al core. Se il metal non era
A tutta prova, l'ossa di Standese
Già sarìan putrefatte in qualche gora
Delle terre di Fiandra. » Il giovinetto,
Senza levar dalla scrittura il guardo,
Allor rispose : « Veramente Iddio
Il mortai volo rallentò del piombo,
E per sua grazia in vita ti mantenne,
Perchè sii nostro brando e nostro scudo. »
L'altero capitan, poco badando
Alle parole del garzon, seguiva:
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« Vedi, come son splendide ! Brunite
Così non son negli arsenali ; e sai
Perchè? Pulirle di mia man costumo,
Ne lascio al mio scudier questo pensiero.
Servi te stesso, e sarai ben servito,
Proverbio è d'oro; io l'arme mie governo,
Come tu la tua penna ed il tuo inchiostro.
Qui sono i miei soldati, il forte, invitto,
Grande esercito mio : dodici fanti,
Tutti in ottimo arnese, e tutti aventi
Una lor brava lancia e carabina,
Trentasei paoli al mese, vettovaglia
E dritto di saccheggio : io, come Cesare,
So poi chiamarli ciascheduno a nome. »
Questo egli disse con un fin sorriso
Che ne' rai gli danzava, a quella immagine
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Che sul flutto marin l' infranto raggio
Danza del Sole e in un balen dilegua.
Il giovinetto sorridea scrivendo ;
Il capitano seguitava: « Osserva!
Qui da questo balcon scorger tu puoi
Sulla chiesa queir obice di bronzo
Alto piantato : un missionario all' uopo,
Saldo, diritto, di robusta armato
Irresistibil logica, ortodosso,
Che gY infocati sillogismi avventa
Nel core de' pagani. Or siam parati
Per l' azi'on : se vengano a migliaia
Le Pelli Rosse, e ciò sarebbe il meglio,
Ben di nostre armi leveranno il saggio ;
Vengano; e sian sachèmi o sagamori (i),
(i) Titoli di capi Indiani.
— 22 —
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M1LES STANDESE
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Samosetto, Aspinetto, Corbitante,
Squanto o Tochamamone ! » Lungamente
Stette al balcone rimirando i campi
Umidi d' un vapor grigio soffiato
Dall'aura d'Oriente: avea di fronte
Valli, prati, foreste e l'orlo azzurro
Dell' Oceano, che giacea tranquillo,
Silente, melanconico, or nell'ombra,
Or nel vermiglio del cadente Sole.
Ombre eguali salian sul bruno volto
Del capitano : era di gioia un misto
E di tristezza. Intenerissi : il suono
Addolcì della voce, e come tocco
Da soavi ricordi, a dir riprese:
« Là, su quel colle, che fronteggia il mare,
Dorme in pace con Dio Rosa Standese;
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ES STANUESE
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Vera rosa d'amor, che della vita
Per lo scabro sentier fioriami allato ;
Fu la prima a morir de' Pellegrini
Che approdare quaggiù sul Fiordaliso.
Sulla sua sepoltura il gran verdeggia
Che v'abbiam seminato: è buon consiglio
Le nostre fosse ascondere al nemico,
Perchè non prenda ardir con noverarle,
E si avveda di noi quanto siam pochi. »
Così dicendo, annuvolato, altrove
Volse la faccia ; a passeggiar si pose
Novellamente pensieroso e muto.
Dall'opposta parete uno scaffale
Di volumi pendea: cospicui in essi
Per mole di quaderni e legatura
Erano tre: dell' Ariiglier la Guida
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MILES STANDESE
Dettata dal Barine : i Commentari
Di Cesare voltati nell' inglese
Per Arturo Goldingo; come fosse
Data in custodia agli altri due, la Bibbia
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Stava nel mezzo. Il capitano alquanto
Rattenne il passo a riguardar : parea
Starsi dubbioso qual dei tre scegliesse
Per suo conforto ; degli Ebrei le guerre,
O de' Romani l' immortali imprese, ^
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O più proficua a capitan moderno
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Che ne' rosi vivagni, a guisa d' orma,
— 25 —
Dell'artiglier la pratica. Si mosse
Finalmente e levò dalle scansie
Il pesante Romano. Alla finestra
Si assise, il libro aperse, ed in silenzio
Le antiche carte a volgere si mise,
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MILES STANDESE
Dall' impronta del pollice segnate
Indicavano dove arser le pugne
Più spaventose. Nella cheta stanza
Romore non si udiva altro che il correre
Della penna stridente : il giovinetto
Lettere sovra lettere scrivea
Che il dì dopo o il seguente, a Dio piacendo,
Recato in patria il Fiordaliso avrebbe :
Lettere piene delle tristi nuove
Di queir inverno : lettere che Aldeno
Scrivea col core e del soave nome
Di Priscilla ingemmava, di Priscilla
La Puritana vergine gentile.
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AMORE ED AMICIZIA
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I\ ON si udìa nella stanza altro che il correre
Della penna stridente ; e ad ora ad ora
Qualche grosso sospir del capitano,
Che l' imprese leggea miracolose -
E le sentenze del divino Giulio.
Dopo alcun tempo con la man percosse
La pagina e lasciando ambe le palme
Giù cadérsi, gridò : «. Meraviglioso
29 —
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AMORE ED AMICIZIA
Uom questo Giulio Cesare! La penna
Tu sai ben maneggiare ed io la spada ;
Ma d'un modo costui combatte e scrive,
Neil' un'arte e nell'altra egual maestro. »
Aldeno, il grazioso giovinetto,
Rispose : « Con la penna e con la spada
Fece prodigi. Io lessi in qualche parte
Che a un tempo sette lettere ei dettava
E scrivea le Memorie. » Il capitano,
Poco badando alle parole altrui,
Continuava : « Un uom meraviglioso
Era ben Giulio Cesare ! Ei dicea :
Meglio esser primo nel più vii casale
Là delle Spagne che secondo in Roma.
E dicea saviamente. Anzi a'vent'anni
Due volte era ammogliato e molte volte
:
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AMORE EU AMICIZIA
Gli anni seguenti: ha combattuto e vinto
Cinquecento battaglie e conquistate
Mille città: come ricorda, anch' egli
Guerreggiò nelle Fiandre; ed un amico
Finalmente il freddò, Bruto ciarliero.
Udisti ciò, che in un supremo istante
Fé' nelle Fiandre, allor che il retroguardo
Dell'esercito suo piegava in fuga
E l' antiguardo lo seguiva; oppressa
Dall'onda de' nemici l'immortale
Legione duodecima le spade
Sguainar non potea? Strappò lo scudo
A un soldato di man : piantossi in fronte
Delle sue schiere, e ad uno ad un per nome
Chiamando i capitani, impose loro
Volger l' insegne ed allargar le file
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AMORE ED AMICIZIA
Per far luogo alle spade, e la giornata
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Fu sua. Lo dissi e ridirollo ognora:
Se ben fatta desideri una cosa,
Falla tu stesso e non fidarla ad altri. »
$ ... 5
Tutto tacque di nuovo : il capitano
Nella lettura sua continuava :
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Non si udìa nella stanza altro che il correre
$ .... $
Della penna stridente : il giovinetto
Lettere sovra lettere scrivea
Da consegnarsi la seguente aurora
4 !»
Al Fiordaliso. In ciascheduna il nome
^ ... $
E le lodi correano di Priscilla,
La Puritana vergine gentile ;
Tal che sul fine l' indiscreta penna,
!»
A cui del core ei commettea l'arcano,
Parve tradirlo, in suo tenor cantando
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AMORE ED AMICIZIA
E ricantando di Priscilla il nome.
Il capitano alfin chiuse il volume
E sovra un sasso vi posò col suono
Che, calando il fucil, fanno i soldati;
Indi si volse al giovane scrivano
E gli parlò: « Quando fornita hai l'opra,
Ho certa cosa di rilievo a dirti.
Ma no, non tanta fretta : attender posso ;
Esser non vo' precipitoso. » Aldeno
Chiuse l'ultima lettera: rimosse
L'altre carte sul desco, e riverente,
Levando il capo, come l'uom che attende, *
« Parla, » gli disse : « udrò quanto ti piaccia
Manifestarmi : a cor sempre mi stette
Quanto riguarda il capitan Standese. »
11 capitano allor parve confuso
- 33 —
Ammalato di cor, non mi giovavo
E le parole bilanciando disse :
« Non è bene che l' uom viva soletto,
La Scrittura lo dice, ed io lo dissi
In altro tempo e lo ripeto adesso
E ne fo tutte l'ore esperienza.
Dal giorno che morì Rosa Standese,
La mia vita non fu che un lungo pianto :
Dell'amicizia i farmachi. Sovente
Nelle ore mie deserte e sconsolate
A Priscilla pensai: verghi soletta,
Padre, madre, fratel tutti ha perduti
Lo scorso inverno : io l' ho veduta andare
E venir dalla fossa d'un sepolto
Al guancial d'un morente: pudibonda,
Paziente, animosa, e meco dissi:
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AMORE ED AMICIZIA
Se come in ciel, si danno angeli in terra,
Due ne vidi e conobbi : un, che si noma
Priscilla nella mia mesta giornata
Il loco tien che l'altro abbandonava.
Questo pensiero carezzai gran tempo,
Ma di parlarle ardir non ebbi. Un vile
In ciò mi sento, benché il cor mi basti
Per altre cose. Vanne alla gentile
Giovinetta bellissima di quante
Vivono in Plinio, e dille che un antico
Capitano, uom di fatti e non di ciance,
Offre a lei questa mano e questo core,
Mano e cor di soldato. Altre parole,
Ben comprendi userai : so far la guerra,
Ma non le frasi: il mio pensier t' ho detto :
Tu, che sei letterato, in eleganti
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AMORE ED AMICIZIA
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Modi lo esprimi e de' bei fior lo adorna,
Di que' fiori del dir, che son ne' libri
Che parlano d'amore e che tu leggi:
Trova le dolci parolette accorte
Atte a vincere il cor d'una fanciulla. »
Mentre ei parlava, Aldeno, il giovinetto
^
Silenzioso, dalla bella chioma,
Attonito, smarrito, esterrefatto
Celar volea l'orribile tempesta
Che tutto quanto lo agitava: il labbro
Costringeva al sorriso e pur sentia
Dentro arrestarsi il battito del core,
Come s'arresta l'orìuol se il fulmine
Penetrò nella stanza. Ebbe a fatica
Finalmente la voce e balbettando :
« Tal messaggio, rispose, io temo assai
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AMORE ED AMICIZIA
Che guasterò : se vuoi che pienamente
Risponda al tuo desio, fallo tu stesso ;
La tua massima antica io ti ripeto :
Servi te stesso e sarai ben servito. »
Ma coli' aria dell' uom, cui nulla torce
Dal suo proposto, il capitan di Plimo,
Scotendo il capo replicò : « La massima,
In vero, è d' ór, ne rinnegarla intendo ;
Ma con discernimento usar si vuole,
Ne buttar via la polvere per nulla.
Or, come dissi, un tornitor di frasi
Io mai non fui: montar posso all'assalto
D'una fortezza e comandar la resa;
Ma di condurmi innanzi ad una donna
Con simili proposte, il cor mi manca.
Io de' moschetti non pavento il piombo,
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AMORE ED AMICIZIA
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Né le scaglie che vomita il cannone ;
Ma lo scoppio d' un - No - che dalla bocca
Partisse d'una donna, io ti confesso,
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Che fammi abbrividir, ne mi vergogno
Di confessarlo. A te quindi commetto
La mia domanda; che tu sei maestro
Nel giro trionfai della parola
E sai con arte lumeggiar le frasi. »
La man prese all'amico, che perplesso
Stava e ritroso : nella sua la tenne
Lungamente : la strinse, indi soggiunse :
« Forse leggero io ti parlai : ma tratti
Dal profondo del cor sono gli affetti
Che a parlar m'hanno indotto: a questo ufficio $
Non puoi sottrarti: lo domando in nome
Dell'amicizia. » - « E bello, è santo il nome
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AMORE ED AMICIZIA
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Dell'amicizia, » allor rispose Aldeno ;
« Quanto chiedi in suo nome, io non ho possa
Di ricusar. » Cotale ebbe trionfo
Il più forte voler sul più gentile ;
Amor cedette all'amicizia il campo
Ed Aldeno si accinse al suo messaggio.
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III
IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
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Il più forte voler così vittoria
Ebbe del più gentile. Uscì dal borgo
Il giovinetto: entrò nelle foreste
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Solinghe, ove fringuelli e pettirossi
Sui popolosi tronchi, entro giardini
Di pensili verzure, edificando
Stavano le tranquille opache reggie,
Reggie d'amor, di libertà, di gioia.
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II. MESSAGGIO DELL'AMANTE
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Era quanto vedea silenzio e pace ;
Ma nel suo cor terribile tenzone
Coli' amicizia combattea l'amore,
Col più nobile istinto il più giocondo :
Innanzi, indietro i suoi pensier nel petto
Andavano e venian, come ne' fianchi
D'un vascello, che affonda, ad ora ad ora
Del gonfiato Oceàn batte la sferza.
« Dunque, » dicea con lamentosa voce,
« Io lascierò le mie speranze, i sogni
Più cari della vita? Amai per questo,
Per questo attesi ed adorai tacendo ?
Il pie fuggiasco di Priscilla e l'ombra,
A mezzo verno attraversando i mari,
Seguii per questo a' desolati scogli
Della Nuova Inghilterra? Aldeno, Aldeno,
— 44 —
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
Bada che il core inganna : è veramente
Bugiardo il cor: da' suoi corrotti fondi,
Come infetto vapor dalle paludi,
Sorgono blande immagini in sembianza
D'angeli luminosi e son lusinghe
Di Satana. L' inganno or m' è palese,
Lo sento, lo conosco. E dell' Eterno
Questa la mano, che su me si aggrava,
Perchè del core seguitai le brame
E ad idolo nefando arsi l'incenso.
Or questa croce sopportar m' è forza,
Perchè colpa e mercè siano d' un modo. »
Così di Plimo attraversando i boschi
Giovanni Aldeno al suo messaggio andava.
Passato a guazzo il rio, dove susurra
Più sottil sulle ghiaie, ei già cogliendo
— 43 —
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
Lungo la valle il candido mughetto,
Creatura gentil, che nel deserto
Olezza non veduto e di sue foglie
All'ombra s'addormenta. Puritano
Fior lo chiamava Aldeno : umil, soave,
Come son le fanciulle Puritane,
E Priscilla, lor Sole. « A lei, » dicea,
« Recherò questi fiori, a lei modesta
E semplice e gentil, come son essi :
In lor muto linguaggio a lei daranno
L'ultimo addio: poi vizzi e scolorati
Sparsi sul suolo ed obbliati andranno,
Come il core sarà di chi donolli. »
Cosi di Plinio attraversando i boschi
Giovanni Aldeno al suo messaggio andava ,
Quando all'aperto riuscendo, innanzi
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'%.'V'V'%.'V'%.'%.'X.'».'».
IL MESSAGGIO
dell'amante
Si vide 1' Oceàn senza una vela,
.Tetro, gelato all'aura di Levante;
Vide le nove case ed il lavoro
Ferver ne' campi. Udì, come fu presso
Al limitar, la voce di Priscilla
Che con dolcezza d'Angelo cantava
Il centesimo salmo, il Puritano
Inno maggior, cui musicò Lutero,
Ale aggiungendo alle parole: un'aura
V'è trasfusa di cielo a refrigerio
E conforto di molti. Il giovinetto,
Come la porta apri, vide la forma
Della fanciulla al filatoio assisa, <»
Che di cardata lana a' suoi ginocchi,
Soffice come neve, un monte avea. S
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Con la candida man nutriva il fuso >
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
Vertiginoso ed, il pedal premendo,
Della rota guidava il movimento.
Aperto in grembo le posava il libro
Ben logoro de' salmi, in Amsterdamo
Col pio commento d' Ainsuarto impresso,
In un volume musica e parole ;
Sgorbi di note si vedean negli angoli,
^ Come lapidi infisse alle muraglie
De' cimiteri: come rete, in mezzo
Pendeano i tralci de' versetti. Il canto
Dal volume togliea la Puritana
Vergine che, romita alla foresta,
L'umile casolar non d'altro ornava
Che delle grazie della sua persona,
E non d'altro arricchia che del lavoro
Delle sue mani. Sovra il cuor d' Aldeno,
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II. MESSAGGIO DELL'AMANTK
Come gelido vento, a quella vista
Cadde il pensier de' suoi svaniti sogni,
E vergogna e dolor del suo messaggio.
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*
*
*
Che n'avea sulla soglia il passo udito,
— 49 —
*
La vita cdi sembrò scuro deserto
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Popolato di pallide sembianze, $
D'inutili rimorsi e di querele. >
Ma poi disse a se stesso e fieramente *
Lo disse: « Chi la man pose all'aratro
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Indietro non si volga, anche se forza
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Gli sia passar sui fiori della vita,
*
Sovra l' ossa de' morti e de' viventi
*
Sovra il core : il voler questo è di Dio,
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E di Dio la mercè dura in eterno. » ^
*
Appena entrò, che della rota il suono
Ed il canto cessar : la giovinetta,
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IL MKSSAGGIU DELL'AMANTE
Ratto levossi e di saluto in segno
La man gli porse e disse : « Io vi conobbi
Al passo nella via : di voi pensando
Io cantava e filava. » Stupefatto
E muto per la gioia che il ricordo
Di lui si fosse mescolato all' inno
Religioso, che dal core uscìa
Della fanciulla, un po' ristette : i fiori,
Parole non trovando a' suoi pensieri,
Egli le diede per risposta. In mente
Allor gli venne il dì di queir inverno,
Quando dopo una subita nevata
Ei dal villaggio uscito, traboccando
Ed affondando il pie negli alti mucchi
Che ingombravano l'aia, entrò lordando
Co' pie sparsi di neve il pavimento :
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
Vedea la giovinetta in riso effusa
Al mirarlo di neve asperso i crini ;
E la grazia vedea con che gli trasse
Una seggiola al foco ; e non gli tacque
L'immensa sua felicità che a lei
Pensato avesse in quell'orribil giorno.
Le avesse allor parlato ! Indarno forse
Non avrebbe parlato. Ora il momento
Aureo passò ! Così tutto confuso
Stava lì vei'gognando, a capo basso,
E per risposta le porgeva i fiori.
Si posero a seder : pailàr d' uccelli
E della bella primavera : il nome
Risuscitaro di lontani amici
E molto ragionar del Fiordaliso
Pronto a sciorre le vele il dì seguente.
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
$ . $
« Io Y intera giornata andai pensando, »
La Puritana vergine dicea,
« Tutta notte sognai gli orti e le siepi
Della vecchia Inghilterra : or sono in fiore
E un giardin tuttaquanta è la campagna.
Sognai que'bei viottoli: sull'alba
Dell'allodola il canto e del fanello:
Vidi i chiassuoli del villaggio ; e vidi
Le note facce de' vicini in giro
Far capannelle e, com'è l'uso antico,
Novellando indugiar. Vidi la chiesa
In capo della via : la vecchia torre
D'ellera ricoperta e le quiete
Chiostre del cimitero. Io non mi dolgo
Di color con cui vivo : amo la fede
De' padri miei : ma questo cor non posa
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
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E con crescente desiderio anela
Alla vecchia Inghilterra. Un'incostante
Voi mi direte ; ma non so tenermi :
Alla vecchia Inghilterra io penso sempre;
Così solina:a e misera mi trovo. »
$ . . . *
Rispose il giovinetto : « Veramente
Condannarvi non so: più forti cuori,
Che il femminil non è, di questo inverno
Alle prove terribili piegaro.
Tenero è il vostro e d'un più forte ha d'uopo
A cui si appoggi. Ora io men venni a voi
Coli' offerta e profferta d'una mano,
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Della mano d' un uom prode, leale,
Miles Standese, il capitan di Plimo. »
Così fé' l'ambasciata il frettoloso
Di lettere scrittoi*: d'amene frasi
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
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Non fiorì l'argomento e non l'espose
Con giri lusinghevoli : diritto
Lo sbalestrò, come un fanciul settenne
Avrebbe fatto : appena il capitano
Parlato avria così reciso e franco.
Meravigliando, muta e dolorosa
Priscilla nel garzon fise tenea
Le sbarrate pupille : ogni parola
Le piombava sul core e le togliea
Dal labbro la parola. Alfin rompendo
Quel silenzio mortai proruppe e disse :
« Se il glorioso capitan di Plimo
Agogna la mia man, perchè non viene
Da se ? Perchè la briga non si prende
Di favellarmi e trattenermi? Indegna
Se d'un suo passo io son, degna non sono
— 54 —
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IL MESSAGGIO DEL
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D'esser richiesta. » Allor s'accinse Aldeno *
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La materia a chiarir ; ma favellando
* . . . $
Vieppiù l'intorbidava. « Il capitano,
Dalle faccende oppresso, » egli dicea,
« Tempo non ha per tali cose. » A questa 1
Parola — tali cose — arse Priscilla
E ratta come fulmine rispose :
« S'ei non ha tempo, spasimato amante,
Per tali cose, come voi le dite,
Lo troverà, lo cercherà marito ?
Così, uomini, fate : un libro chiuso
È la donna per voi. Dopo che occhiando
Questa e quella, scegliendo, rigettando,
Paragonando, finalmente in una >
Arrestate il pensiero e manifesto
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Con imprevvista e subita dimanda
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
Fate il vostro desio, sdegno vi prende
Ed offesa chiamate e tradimento,
Se la donna all'amor non corrisponde,
Ad un amor di cui mai non s'accorse ;
E se d'un salto al vertice non giunge
Verso cui rampicate. Iniquo orgoglio !
Che della donna il core non è cosa
Che si guadagni sol col farne inchiesta.
Se verace è l'amor, più che a parole
Lo si mostri co' fatti. Se cercata
Cotesto vostro capitan m'avesse
E mostrato d'amarmi, al laccio forse
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Potea farmi calar, vecchio e rubesto
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Com'è: ma ciò non avverrà più mai. »
Aldeno, come sordo alle parole
Della fanciulla, manteneva il campo
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
In favor dell'amico, dichiarando,
Sollecitando, perorando : il senno
E l'ardir ne pingea : le sue battaglie
Nelle Fiandre contava; e come elesse
Col popolo di Dio partir gli stenti,
Tal che per giusto guiderdon di Plinio
Lo nomar capitano. Illustre germe
D'illustre sangue ei risaliva ad Ugo
Standese di Dussburi, inclito conte
Di Lancastro, maggior prole di Ralfo
E pronipote di Turston Standese:
Erede di gran terre, onde fu spoglio
Iniquamente ; ancor l'arme portava
Della famiglia, un gallo in campo bianco
Attraversato da vermiglie sbarre
Con altri fregi. Uomo d'onor, di franca
— 57
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MESSAGGIO DELL'AMANTE
Generosa natura, il piglio aveva
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Alquanto brusco, ma gentile il core ;
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Ed ella stessa avea visto quel verno
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Con che dolce pietà, come di donna,
Ei curasse gì' infermi : impetuoso,
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Iracondo, ostinato, non si nega,
Ma placabile sempre e sempre aperto.
Ne si vuole deridere, se breve
E di statura, che altrettanto è grande
Di cor, leal, magnanimo, cortese;
Ogni donna di Plinio, anzi di Londra
Dir fortunata si potria, se in dito
Le ponesse Panel Miles Standese. »
Mentre il giovine orava e s'infiammava
Nel suo facondo e semplice linguaggio,
Dimentico di se, pieno de' vanti
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IL MESSAGGIO DELL'AMANTE
Del suo rivai, la vergine ridea :
Indi con voce tremola e con occhi,
Che nel riso nuotavano : « Perchè
Non parlarmi per voi, » disse, « Giovanni? »
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Fuor dalla soglia, incerto e spaventato
Gittossi, come un folle, il giovinetto,
E smaniando il pie rivolse al mare.
Passeggiava su e giù per l'alta sabbia,
Ed il capo scopriva a freschi soffi
Dell'aura orientai che gli spegnessero
L'orribil febbre che gli ardea nel sangue.
Come di Patmo un dì l'Evangelista
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GIOVANNI ALDENO
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Nella sua vision scorse dal cielo
Bella d'apocalittici splendori
Lenta calarsi la città di Dio :
Lento così tra vaporose nubi
Di rubin, di diaspro e di zaffiro,
Vermiglio e grande il Sole discendea ;
E sulle torri mobili dell'aria
L/ Angel raggiava, che con aurea verga
Della città parea segnasse il giro.
« Vieni, vieni, » sclamava forsennato
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Il garzon, « vieni, vieni, o d'Oriente
Vital, consolatrice aura, che movi
Dalle caverne Atlantiche ! Passando
Pe' prati interminabili di musco,
Che son letto e giardino all' Oceano,
Sull'ardente mia fronte il bacio imprimi !
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GIOVANNI ALDENO
Nel vapor della tua veste mi chiudi,
E sopisci l'ardor che mi divora ! »
Come inquieta coscienza, il mare
Si agitava mugghiando, e della spiaggia
Iroso percotea l' instabil sabbia.
Nell'anima d' Aldeno era una pugna
D'opposti affetti : trionfante amore
E coronato ; l'amistà ferita
E sanguinosa ; di natura il grido,
E del dover la vindice rampogna.
« Che colpa ho io, » dicea, « se la fanciulla
M' ha preferito ? E colpa mia se l'altro
Posto è in un canto, e vincitore io sono ?
Ma nel cor gli tonava un'altra voce
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Terribil come se dal ciel discesa:
« Ciò non piace al Signore ! » Al fallo allora
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GIOVANNI ALDENO
Di Davidde pensava, a Bersabea
Dalla bella persona, ed all'amico
In fronte delle squadre a morte esposto.
Turbamento, rossor, sdegno, rimorso
E pentimento, che se stesso accusa,
L'assalirono a un tempo : costernato,
Abbattuto, contrito ei già sclamando :
« Ciò non piace al Signor ! Satàn mi tenta! »
Allor, levando il capo, alla marina
Volse lo sguardo e tra le fitte nebbie
La grande ombra mirò del Fiordaliso,
Che sull'ancora surto si cullava
Al tornar delle placide correnti,
Pronto a far vela colla nuova aurora.
Udì le voci : udì sulla coperta
Lo strider delle gomene, il comando
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GIOVANNI AI.DENO
Del piloto e il clamor de' marinari
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Distinto, ma non alto, che nell'ombre
Si perdea del crepuscolo. Ristette,
Tese l'orecchio, contemplò le vele ; ^
Indi a guisa dell' uom, ch'alia veduta
D'uno spettro si arresta e poi veloce
Drizza il suo corso dove l'ombra accenna,
Precipitoso si levò dal lido. *
Ei fra sé mormorava : « Or manifesta
M'è la man del Signor, che dall'ambascia
Che mi dilania il core e dai deserti y
Dell'Oceano, che m'avvolge e serra
Nell'ondosa prigion, fuori mi guida.
Il mar ripasserò : questa fatale
Contrada vo' lasciar, lei che non posso
Tormi dal cor, lui che il mio core offese.
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GIOVANNI ALDENO <>}
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Rivedrò l'Inghilterra. Ivi posando
Nel verde antico cimitero a fianco
Della mia genitrice e de' miei cari,
Meglio è dormir negletto ed obbliato,
Che trai" nell'onta e nell'infamia i giorni.
In quella buia sotterranea stanza
Giacerà pur sepolto il mio segreto
Ignorato dal mondo, a somiglianza
Di sotterrata gemma, che risplende
Sovra il dito d'un morto, e sarà pegno
* ... *
E di nozze immollali augurio e speme. »
* v , . . *
Così parlò : poi risoluto e saldo
Nel suo proponimento, alla marina
Volse le spalle ed i silenzi e l'ombre
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Traversando del bosco, arder non lungi
$ I sette lumi delle sette case
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GIOVANNI ALDEXO J
Vide di Plinio : era già l'aér bruno.
Tosto che pose sulla soglia il piede,
Vide il suo paventato capitano
Che sedea solo, tutto quanto assorto
Nelle guerre di Cesare, pugnando
Con lui grandi battaglie, o nel Brabante
O nelle Fiandre. « Lento tu ben fosti
Nel tuo messaggio, » sorridendo ei disse,
Com'uom che attende una risposta e tema
Dell'esito non ha. « Molto lontana
Quella casa non è, benché la selva
La divida da noi : tanto tardasti,
Che, durante la gita ed il ritorno,
Dieci battaglie ho combattute ed arsa
E saccheggiata una città. Vien, siedi,
E per filo e per segno il fatto esponi. »
— 69 —
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GIOVANNI ALDENO
Allor Giovanni Aldeno il labbro aperse
E narrò la mirabile avventura,
Minutamente, dal principio al fine,
Così com'era occorsa ; come vide
Priscilla, e come la gentil proposta
Le fé': cercava con soavi modi
Del rifiuto di lei temprar l'amaro.
Ma quando alfine di Priscilla venne
Alla domanda tenera cotanto
E cotanto crudel, « perchè, Giovanni,
Non parlarmi per voi ? » ratto levossi
L'infuriato capitan di Plimo,
E col piede percosse il pavimento,
Tal che sul muro, onde pendea, l'usbergo
Mise un tintinno di sinistro augurio.
L'ira accolta scoppiò, siccome scoppia
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GIOVANNI ALDENO
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Una granata e lo sterminio avventa.
Con rabbioso, selvaggio urlo ei proruppe :
« Giovanni Aldeno, traditor tu sei !
Me, me, l'amico tuo, Miles Standese
Hai tradito e spogliato ! Un de' miei avi
Piantò la spada d' un Tilèro in core ;
Chi mi tien, chi mi tien, che non ti passi
Con questa mia ? Vii traditor ! Supremo
Di tutti i tradimenti, il tradimento
Dell'amicizia! Io t'ho sotto i miei tetti
Ricoverato : ti guardai, t'amai,
Come fratello : al mio desco sedevi,
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Bevevi alla mia tazza : io l'onor mio,
Io gli arcani più santi t'affidai ;
E tu, Bruto novel !... Sia maledetto
Dell'amicizia quind' innanzi il nome!
L -- Là
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GIOVANNI ALDENO
Amico tu mi fosti, come Bruto
A Cesare : tra noi nulla più sia
Che implacabil furore e guerra e morte ! »
Così parlava il capitan di Plimo
Gorgogliando e sbuffando: a lunghi passi
Misurava la stanza, e come funi
Grosse le vene delle tempia avea.
Mentre in tal guisa smaniava, apparve
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Sul limitare un uom con un messaggio
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Di gran rilievo. Un subito romore
S'era sparso di guerra e d'un assalto
Di Pelli Rosse. Immantinente il fiero
Capitano ristette e senza verbo
Più dir, ratto dal chiodo, ov'era appesa,
Staccò la scimitarra e la guaina
Ponderosa d'acciaio : intorno a' fianchi
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GIOVANNI ALDENO
La cintura si avvolse ed aggrottando
Le ciglia uscì. Soletto nella stanza
Il giovane restò, che della spada
Il tintinnar udiva a poco a poco
Dileguarsi e morir nella distanza.
In pie rizzossi : guatò fuor nel buio,
-
E l'aura fresca sulle guance accolse
Roventi per l' insulto. Al cielo gli occhi
Levò : fé' croce delle braccia al petto,
Come solea bambino, e nel silenzio
Notturno a Lui pregò che vede i cuori.
Torbido intanto e minaccioso in vista
L' iracondo guerriero iva al Consiglio,
Che già s'era raccolto e mormorava
Del suo ritardo. Era un'eletta schiera
D'uomini austeri, al portamento gravi,
GIOVANNI ALDENO i'
I ! ^
D'età mezzana: un sol, come montagna
Prossima al ciel, con neve in sulla cima,
Stava tra lor, non per l'età curvato,
Ma dritto e saldo, l' anzì'an di Plinio.
Iddio tre regni avea vagliato in cerca
Del buon frumento : indi il vagliato erano
In questa bella terra avea gittato,
Seme di grande nazì'on. Tal era
Del popolo la fé' : tale il racconto
Delle cronache. Innanzi all'assemblea
Stava un selvaggio sino a' fianchi ignudo,
Torvo a veder : sul banco era una Bibbia
Grave, legata in cuoio, aspra di borchie,
In Olanda stampata : accanto ad essa
Riluceva d'un crotalo la pelle
Piena di freccie a guisa di turcasso, ■ *!
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Che avea di sfida e di battaglia in segno
Il selvaggio portata. Il capitano
In questa pelle, sull'entrar, lo sguardo
Fermò : dell'assemblea le discordanti
Opinioni udì sulla risposta
Da farsi al messaggero. Concertavano,
Dettavano, opponevano: una sola
Voce pregava per la pace, il degno
Anziano di Plinio : a suo vedere
Partito era più saggio e più cristiano
Di que' meschini battezzar qualcuno,
Che abbandonarli tuttiquanti al ferro.
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Allor l'arcigno capitan di Plinio,
Miles Standese. borbottando (l'ira
Gli avvolgea nelle fauci la parola),
« E che ? » dicea ; « pensate che la guerra
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GIOVANNI ALDENO
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Sulla chiesa quell'obice; o per questi
Si faccia con ciambelle ed acqua nanfa?
E pe' rossi scoiattoli, che stassi
Sozzi demoni dalla Pelle Rossa?
Unica lingua, che il selvaggio ascolti,
E la lingua di fuoco, che gli parla
Da una bocca di bronzo. » All' anziano
Sembrar parole irriverenti, e disse *
Turbato alquanto : « Non così San Paolo,
Non pensavan così Luca e Giovanni ;
Ne dalla bocca d' un cannon le lingue
Ignee parlaro, che parlaro al mondo. »
Ma la dolce rampogna al duro orecchio
Di Standese non giunse : che vicino
Fattosi al banco, seguitò parlando:
« A me questa materia, a me soltanto
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GIOVANNI ALDENO
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* • S'appartien di diritto. Orrihil arte
E la guerra : ma dolce, come rose,
È l'odor della polvere, se giusta
E la cagione. Alla superba sfida
Cotal risposta invia Miles Standese. »
Così dicendo dalla cava pelle
Del crotalo levò l'acute frecce,
E sino all'orlo empiutala di polve,
Al selvaggio la rese. In tuon tremendo
Indi soggiunse : « Prendi ; è la risposta. »
In silenzio ssruisciò fuor della stanza
Lo scintillante ambasciator portando
Del serpente la pelle; e ad un serpente
Simile ei stesso in tortuoso corso
Fra le macchie sparì della foresta.
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LA PARTENZA DEL FIORDALISO
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Alla punta del dì, quando la nebbia
Grigia dai prati si solleva, in Plinio
Addormentato ancora, è moto e suono;
Suon di spade e fucili ; odi il guerriero
Compresso grido - Avanti ; - odi un tumulto
Misurato di pie, che tosto cessa.
Fuor del villaggio nella nebbia avvolto
Coll'esercito suo marcia Standese,
Otto fanti traendo ed una guida,
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LA PARTENZA
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(ZA DEL FIORDALISO S
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Obomocco, un selvaggio, a' Bianchi amico.
Di Pelli Rosse una rivolta vanno
Verso norte a sedar : paion giganti
Attraverso la nebbia ; e veramente
Giganti son di core, in Dio credenti,
Nella sua Bibbia e nelle giuste pene
Che Madian percossero e Filiste.
Sul loro capo sventola l'aurora
Le sue rosse bandiere ; e lungo il lido
La falange de' flutti, che s'avanza
Romoreggiando, arene e scogli assale,
Come foco di fila, e torna indietro.
Erano lungi ornai, quando di Plinio
Il villaggio destossi ed al lavoro
Giornaliero tornò. Dolce e leggera
Spirava un'aura : il fumo uscìa da' tetti
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L, — ^J
LA PARTENZA DEL FIORDALISO
Ricoperti di paglia, ed a Levante
Ondeggiando la candida colonna
Piegava : sulla via le genti in cerchio
Ragionavan del tempo e dicean come
Cangiato s'era il vento, al Fio?'daìiso
Favorevol soffiando. La partenza
Del capitano, gì' imminenti rischi
Per la sua lontananza e ciò che fosse
Da farsi intanto, era materia al dire.
Garrian festosi irli uccelletti : in casa
Il dolce labbro femminil, cantando
Divoti salmi, le diurne cure
Santificava. Radiante il Sole •
Dal mar levossi: erano l'onde un riso,
Un riso i monti a cui l'aeree cime
Imporporava il Sol, che del vascello
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LA PARTENZA DEL FIORDALISO $
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Scherzava nelle vele già sdrucite
Ed annerate da' continui nembi
Di quell'inverno. Si sbattean disciolte,
Già squarciate dal vento e rattoppate
Dalla ruvida man de' marinari.
Subitamente, come il giorno apparve,
Dal fianco del vascello imbiancò l'aria
Uno sbuffo di fumo, a cui mugghiando
Dalle opache vallee con ripetuti
$ . *
Echi il rimbombo del cannon rispose,
Segnai della partenza : eco più grande
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Dal cor rispose della gente. Allora
Divotamente, con sommessa voce,
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Della Bibbia un capitolo si lesse,
E recitarsi le preghiere usate
Che in un ardente voto ebbero fine.
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— 84
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LA PARTENZA DEL FIORDALISO
Precipitosi uscian di casa intanto
Di Plinio i Pellegrini, uomini, donne
E fanciulletti ; al mar scendeano in folla
Non senza pianto a dar l'ultimo addio
Al Fiordaliso, che tornava in patria
Nel deserto lasciando i vecchi amici.
Innanzi agli altri Aldeno era sul lido.
Tutta la notte, irrequieto, insonne
♦ 3
Per alta febbre vigilato avea.
♦
Miles vide passar, quando ritorno
Fé' dal Consiglio a mezzanotte : il vide
Metter pie nella stanza borbottando
In suono or di preghiera, or di bestemmia.
Sovra una coltre erasi alfin sdraiato,
Ove tacito giacque alcuni istanti ;
Poi l'intese dar volta e dir: « Destarlo
L -— ^J
11
LA PARTENZA DEL FIORDALISO
\ Non vo' : meglio che dorma : ancor parlarne n
Che gioverebbe? » Spense allora il lume,
y E sovra un'asse si gittò vestito
Così com'era, per levarsi al primo
Romper dell'alba. Si coprì le membra
s Del villoso cappotto logorato
Già nelle Fiandre ; e soldatescamente,
v Come sotto una tenda, addormentossi. s
s Surse co' primi albori. Alden lo vide
Frettoloso allacciarsi il corsaletto ;
s Cingersi al fianco la fidata spada,
L'invincibil sua spada di Damasco,
E, levato dall'angolo il moschetto,
A lunghi passi uscir. Più volte in core
Del giovinetto un vivido desìo
Erasi acceso d' abbracciarlo : il labbro
_ 86 —
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A PARTENZA DEL FIORDALISO
*^
Più volte aperse ad implorar perdono,
Che l'antica amicizia gli fea forza
Co' dolci moti: ma l'orgoglio in lui
Ratto spegneva il generoso istinto,
Orgoglio e dell'insulto acre puntura.
Così vide l'amico, che partiva
Crucciato e mesto, ne gli volse un detto ;
Andar lo vide a gran perigli incontro,
Forse alla morte, ne gli disse addio.
Si alzò di letto : della gente intese
Sulla sua porta il mormorio : disceso
Lì con Gilberto, Stefano e Riccardo
Fé' la preghiera del mattino ; e letto,
Un capo della Bibbia, in un cogli altri
Alla riva del mar venne correndo,
Allo Scoglio di Plimo, che sostenne
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7,A PARTENZA DEL FIORDALISO
De' Pellegrini il pie, quando la porta
D'ignoto mondo entrar la prima volta,
E fu pietra angolar di grande impero.
Qui col suo palischerno era il padrone
Impaziente per timor che il vento
Si voltasse a mattina e men propizie
$ $
Gli fosser le correnti : un uom membruto,
Forte, animoso, con un acre odore
Di mar sulla persona ; iva parlando
Con questo e quello : nelle larghe tasche
Della casacca lettere e ricordi
Accumulava, e nel cervel suo breve
Mille preghi e messaggi in un confusi,
Che lo feano impazzir. Presso il vascello,
Sovra lo scoglio un pie, l' altro sull' orlo
Del palischermo, si teneva Aldeno :
— 88 -
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LA PARTENZA DEL FIORDALISO
Parlava ad ora ad or co' remiganti
Già seduti sui banchi e desiosi
Di prender l'onda, desioso anch'esso
Di lasciar quella terra e metter fine
Al suo tormento. Immaginava il folle
Dall'affanno fuggir, che più veloce
È delle vele; e seppellir nell'onda
Lo spettro, che risorto anco l'avrebbe
Perseguitato. Or mentre in su la folla
Gira lo sguardo, inaspettatamente
Vide Priscilla, in aria sconsolata,
Che si stava in disparte e fisi gli occhi
Come se divinasse il suo pensiero,
Tenea ne' suoi con lungo, acceso sguardo
Che or parea di preghiera, or di rampogna. $
Con subito ritorno il cor d' Aldeno
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A PARTENZA DEL FIORDALISO
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Dal suo proposto si ritrasse a guisa
D'uom che dall'orlo d'unburron si tolga.
Strano, ben strano co' suoi bruschi moti
Misteriosi è l' uman core ! Instabile
È ben la vita e ben fatale un' ora
So- *
Sovra cui, come a cardine, si volge
Dell'avvenir l'irremeabil porta!
« Qui rimango, » sclamò : poi volto al cielo
E rese grazie a Dio, che dissipate
Abbia la notte e la follia che tratto
Presso a morte l'avean, segnò col dito
Una candida nube, che nell'aria
Sovra il suo capo fluttuava e disse :
« Quella nube lassù sembra una mano
Che la via dell'Atlantico mi additi.
Men volubil qui scorgo un'altra mano
|L -93- . l
LA PARTENZA DEL FIORDALISO
E fantastica meri, che mi trattiene,
Mi traecre indietro ed alla mia si avvinghia $
Come a sostegno. Ondeggia, aerea nube,
E ti dilegua ! Come pugno indarno
Tu ti chiudi e minacci ; io non pavento
Le tue minacce o più sinistri auguri.
Terra non v'ha più santa, aria più pura
Del suolo che il suo pie calca e dell'aria
Ch' ella respira ! Per amor di lei
Qui rimarrò : come invisibil spirto
Intorno a lei m'aggirerò vegliante
Sostenitor di sua fralezza. Io primo
Su questo scoglio il pie posi venendo ;
Sarò, se accada, l' ultimo a partirne. »
Lesto intanto il padron, ma contegnoso
E grave in atto, qua e là girava
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A PARTENZA
1
DEL FIORDALISO
Sovra la sabbia, interrogando il vento,
Il cielo e le correnti: intorno a lui
Si stringeva di popolo una calca
Co' mesti preghi e col saluto estremo.
Ad ogni mano alfin data una stretta,
Qual se la sbarra del timon ghermisse,
Nel palischerno si gittò d'un salto,
E remò verso poppa, in cor gioioso
Di tórsi a tanta noia, ed una terra
Abbandonar di sabbia e di malaria,
E non d'altro abbondante che di Bibbia.
L' ultimo addio de' Pellegrini al tonfo
Si confuse de' remi. Eroici cori !
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Non un di lor che risalir bramasse
Sul Fiordaliso ; non un sol che, posta
Mano all'aratro, si volgesse indietro!
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LA PARTENZA DEL FIORDALISO
Tosto si udì de' marinari il canto
SulP argano piegati, che la grave
Ancora alzava. Si legar l' antenne ;
Diersi le vele tuttequante al vento,
Che traeva da sera ; e fuor del porto
Il Fiordaliso uscì : girò la punta
Di Gurneto e lasciando a mezzogiorno
Isola, Capo delle sabbie e il campo
Dal primo incontro, prese il vento in poppa,
E per l' aperto Atlantico si mise,
Del mar sovra le sabbie e sovra i cori
De' Pellegrini che gonfiava il pianto.
Taciti a lungo le cedenti vele
Stetter mirando : caro a' Pellegrini,
Come se umano e vivo, era il vascello.
Allor tocco lo spirito e rapito
- 03 -
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1
LA PARTENZA DEI. FIORDALISO
\ ~ ; 1
In vision profetica, scoperse
Il santo capo l'anzi'an di Plinio,
Ed, « oriam, » disse: oraro e ringraziato
Iddio, presero ardir. Gemeano i flutti
Franti allo scoglio : sospirava al vento,
E si piegava sul funereo colle
La bionda spica: dalle fosse alzarsi
Parean l' ombre de' morti e la preghiera
De' vivi accompagnar. Dal Sol percosse
Sul lembo occidental dell'Oceano
Biancheggiavan le vele a somiglianza
Di bianchi marmi alla muraglia infissi
D' un camposanto : sotto lor sepolta
Giacea di fuga e scampo ogni speranza.
Ed ecco, allor che i Pellegrini il passo
Volgeano a' loro alberghi, ecco, sul colle
— 91 —
LA PARTENZA DEL FIORDALIS
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Un selvaggio apparir, che li guardava ;
Ma mentre l'uri coli' altro ne bisbiglia
E col dito lo segna, era scomparso.
Così gli altri tornare: il giovinetto
Rimase alquanto: noverava i flutti
Che lo scoglio battevano ; e gli scherzi
Contemplando del Sol sulla marina,
Il Signore vedea che un'altra volta
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* Sovra l'abisso si movea dell'acque,
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Stette così fantasticando in riva
Dell' Oceano qualche tempo : errava
Di cosa in cosa col pensier, ma sempre
Fea ritorno a Priscilla; e come avesse
Forza il pensiero d'attirar le cose,
Come, toccando, fa la calamita,
Ecco, mentre tornava, ecco improvvisa
Starsi al suo fianco la gentil fanciulla.
« Tanto in odio vi son, ch'una parola
Dal vostro labbro inutilmente attendo? »
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V PRISCILLA 2'
Disse Priscilla. « Così rea son io,
Perchè ier, quando voi con tanto ardore
La causa altrui patrocinaste, io volli
Spinta da viva irresistibil forza
La vostra perorar, forse obliando
Il mio decoro ? Di perdono indegna
Non son però, se candida e sincera
Io vi parlai; ne quel che allor vi dissi
E che dir non dovea, può far persona .
Che sia non detto. Nella vita arriva
Un'ora, un punto, che dal core ascende
La piena degli affetti; ove sia scosso;
O sbadata parola, come ghiaia
In colmo vase, dentro gli si getti, '
Fuori trabocca e versa ogni segreto,
Come avviene dell'acqua che si spande
— 100 —
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PRISCILLA
— 101 —
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Né può novellamente esser raccolta.
Ben di stizza e dolor ieri fui presa,
Quando v'udii del capitan Standese
Tanto parlar: levarne al cielo i pregi,
Dir virtù le sue colpe; il suo coraggio
E la fortezza gloriar, narrando
Le sue battaglie nella Fiandra, come
Se per battaglie d' una donna il core
Conquistar si potesse. Il grande eroe
Magnificando, un detto non aveste
Ne per voi ne per altri. In quella guisa
Quindi parlai per invincibil forza;
Di che perdono vi dimando in nome
Dell'antica amicizia che ne stringe
Ne può sì prestamente esser disciolta. »
Allora Alcleno, il colto giovinetto,
13
'V PRISCILLA 3
Di Standese l'amico: « Io non mi dolsi
Di voi, rispose, ma di me soltanto
Che la cosa a buon fin trarre non seppi. »
« No ! » con parola rapida e sicura
La fanciulla interruppe ; « in uggia io v'era,
Perche sì franca e libera parlai:
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Ebbi torto ; lo sento e riconosco.
Tale è la sorte della donna ; a lungo
Patir, tacere, attendere, com' ombra
Dannata a non parlar, fin che un alterco
Del silenzio mortai sciolga l' incanto.
Sì fatta in terra della donna è l'intima
Gelida vita, senza Sole, occulta
Simile a lento sotterraneo fiume,
Che per buie caverne il corso avvolge,
Non udito, non visto, inglorioso,
— 102 —
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PRISCILLA
D'inutile, infinito mormorio «,
I petrosi canali affaticando. »
Allor rispose Aldeno, il giovinetto
Difensor della donna: « A Dio non piaccia,
Priscilla : il vero parlerò : la donna
N ... $
Simile io credo a' dilettosi fiumi,
Che dell' Eden rigavano i giardini ;
Simile al bello Eufrate, che i deserti
$ ... $
Veste di rose, e le delizie antiche,
Or perdute, ricorda. » « Intendo, intendo, »
Ripigliò bruscamente la fanciulla,
« Da questi detti intendo quanto poco
Voi mi stimiate ; e quanto lieve e vana
Suoni la mia parola al vostro orecchio.
Quando dal fondo del mio cor, con pena
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* E segreta paura, io vi parlai N
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Quel fiorito, svenevole linguaggio
— 104
Così liberamente e non vi chiesi
Che d'amicizia e cortesia mercede,
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Semplice, piano, fervido, verace
Era il mio dir : ma voi contorto e tratto
L' avete ad altro senso ; e la risposta
D'antiche frasi rimbiondir vi piacque.
Ciò non è giusto ; non è giusto e degno
Della parte miglior che alberga in voi ;
Perocché vi conosco e pregio e sento
L'anima vostra quanto sia gentile
Che può levarmi a sovrumana altezza.
Della vostra amicizia io vo beata;
Ma più calda e profonda in me sarebbe
Se mi diceste, che del numer'una
Io son delle altre donne ; e non usaste
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PRISCILLA
Che l'uom, parlando con la donna, crede
Fine e leggiadro ; e la donna rigetta
Come stolidità, se non insulto. »
E guardava Priscilla : cosi bella,
Così divina nella sua bellezza *
Xon l'avea più veduta. Ei che un dì prima «
Muto, ammirando, il giovane ascoltava
Con ardente eloquenza avea difesa
La causa altrui, confuso e taciturno
Parole or non trovava alla risposta.
« Siam quel che siamo : sempre la parola
Sia conforme al pensier, » disse Priscilla;
« Siamo leali in ogni cosa al vero
E al santo officio d' amicizia. Ascoso
A voi non è, ne per vergogna io resto
Di far palese : in ogni tempo amai
— 105 —
PRISCILLA J
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D'esser con voi: sempre mi piacque udirvi
E vedervi. Però sdegno mi prese
Delle vostre parole e alquanto offesa
Allor mi tenni, che d'un vostro amico
Mi spronaste alle nozze, ancor che fosse
Il grande capitan Miles Standese.
Perocché tuttoquanto il ver dirovvi:
Della vostra amicizia io più son lieta
Che di quanto è l' amor eh' ei mi donasse,
Fosse in doppio l'eroe che voi pensate. »
Così dicendo la man stese : Aldeno
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L'afferrò trepidando: e le ferite
Che in petto avea, profonde e sanguinose,
Tosto senti rimarginarsi al tocco
Di quella man. Commosso il giovinetto,
Con voce lagrimosa allor soggiunse :
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:%^\^VV\^\^^\^N^V^.V%-V^S-'*^'%.V%.Y%.\'%.\'%.'
PRISCILLA
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Sentiano i cuori ; tal che motteggiando
« Sì, sempre amici noi sarem : di quanti
V'offriranno amicizia, io sempre il primo,
Il più fido, il più schietto ed il più caro ! >
Dato un ultimo sguardo alle lontane
Vele del Fiordaliso, ancora in vista,
Ma già presso a calar dall' orizzonte,
Volsero insieme alla magione il passo
L'animo tocchi d'indicibil ansia,
Qual, se, degli altri al dipartir, soletti
Fosser rimasti in un deserto. Intanto
Per la campagna procedendo al raggio
|
Rallegrator del Sole, alleggerirsi
Chiese Priscilla: « Or che a selvaggi incontro
Ito è il tremendo capitan, più lieto
Di sterminar, che di fondar famiglie ;
*
— 107 —
»
)^V».\'^Vm.Vk.\m.\'*.X^.\».V^.\m\^\m.\,*.\^-N*.~-^^~C
PRISCILLA
Dissigillar potete il labbro e dirmi
Quel che corse fra voi, quando tornaste
L' ultima notte con l' ingrata nuova
Del mio rifiuto. » Aldeno tuttaquanta
La storia le narrò, la propria ambascia
E l'orrendo furor del capitano.
Sorrise la fanciulla e fra commossa
E sorridente disse: « È un caminetto
Che si scalda in un attimo ! » Ma poscia
Ch' ei la riprese gentilmente e disse
L' immenso dolor suo, per cui disposto
S' era a partir quel dì col Fiordaliso,
E che soltanto per amor di lei
E per timore d'imminenti danni
Era rimasto, i modi e le sembianze
Di Priscilla mutaro: articolando
— 108 —
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PRISCILLA
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A stento le parole, « Io vi ringrazio, »
Disse : « quanto gentil meco voi foste ! »
Come divoto pellegrin, che mova
Verso Gerusalem, tre passi avanza
Ed un recede : zelo lo sospinge
E lo trattien rossor delle sue colpe;
Lenti così, ma con securo passo,
Retrocedendo e pur sempre avanzando,
Questi due giovinetti Pellegrini
Camminavano verso Terra Santa,
La Terra Santa de' dorati sogni,
Dall'amore sospinti e trattenuti
Alcun poco dal dubbio e dal rimorso.
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LA MARCIA DI MILES STANDESE
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A GRANDI passi intanto il capitano
Verso Borea marciava, attraversando
Selve, paludi e lungo i curvi seni
Delle spiaggie girando, a gran giornate,
D' indugi impaziente : ardea lo sdegno
Nelle sue vene, ed il sulfureo odore
Della polve salivagli alle nari,
Giocondo più che tutte le fragranze
Della foresta. Procedea composto,
Muto, accigliato, rivolgendo in mente
— 113 —
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LA MARCIA DI MILES STANDESE
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La sua disfatta. Alle vittorie avvezzo
E ai facili trionfi, esser deriso,
Oltraggiato, atterrato, calpestato
Dal pie d'una fanciulla: esser tradito
Dall' amico, in cui posta ogni fidanza,
A cui commessa la sua vita avea,
Cosa non era da portarsi in pace ;
E dell'altero capitano il core
Gonfio d' ira battea sotto l' usbergo.
« Io solo, io solo, mormorando andava,
Son degno di rampogna: io fui lo stolto.
Vecchio soldato dall'austera faccia,
Che sotto l'armi incanutì, dovea
Farmi un Adone e corteggiar fanciulle?
Non fu che un sogno - passerà - ben altri
Sogni passar: credea che fosse un fiore
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LA MARCIA DI MILES STANDESE
E non fu che un' erbaccia : ora lo strappo
E getto al suol : sarò quel che ognor fui
Un di battaglie innamorato, un prode
Vagheggiator di zuffe e di vittorie ! »
Così volgendo in cor la sua sconfitta,
Senza far alto, camminava il giorno,
E la notte posava alla foresta,
Di sotto a' rami contemplando il cielo
Di fuochi innumerabili distinto.
Dopo il cammino di tre giorni, il campo
De' Selvaggi scovrì, fra la marina
E la foresta, sul confin d'un prato.
De' padiglioni al limitar le donne
Lavorando sedean : figli e mariti,
Truci a vedersi, imbellettati a guerra,
Stavan fumando ad un gran fuoco intorno
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A MARCIA DI MILES STANDESE
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E favellando. In pie sursero appena
Vider da lungi l' appressar de' Bianchi,
E lo splendor, che dai bruniti usberghi
Dalle spade e moschetti il Sol traeva.
Due di lor s avanzaro a parlamento
Col capitano, come dono offrendo
Alcune pelli : l' amicizia in volto
Ma l'odio e la vendetta aveano in core.
Eran fratelli i due giganti, orgoglio
Della tribù, come Goliatte ed Ogo,
Quel di Basàn terribil re: membruti
E torreggiane : Pecsuotto il nome
Era dell'uno, Uattaumà dell'altro.
Pendean loro dal collo entro guaine
Di madreperla più coltelli aguzzi,
Affilati a due tagli: astuzia e frode
— 116 -
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A MARCIA DI MILES STANDESE
Eran l'altre armi. « Benvenuti, Inglesi, »
Dissero: avean questo saluto appreso
Da' mercatanti, che di tempo in tempo
Visitavan que' lidi a far baratto
E mercato di pelli. Indi parlaro
Nel linguaggio materno, che a Standese
Dichiarava Obomocco, a' Bianchi amico,
E fidissima guida e turcimanno.
Chiedean vesti e coltelli ; e prima d' altro
I moschetti e la polve, che nascosta
Dicean tener nelle cantine i Bianchi
In una con la morte ad uscir pronta,
Pronta la strage a fulminar ne' Rossi
Fratelli. Ricusò Miles Standese
Ed offerse la Bibbia. Allor repente
Cangiar di tuono ed a bravar si diero
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LA MARCIA DI MILES STANDESE
E millantarsi. Con un salto innanzi
Si pose all'altro Uattaumà: crollando
L'altero capo, così disse: « Aperto
Ne' feroci tuoi sguardi, o capitano,
10 veggo il tuo furor: ma non paventa
11 valoroso Uattaumà. Non nacque
Egli di donna : a culla una montagna
Ebbe ed a madre d' una quercia il tronco
Spaccato dalla folgore ; d' un salto
Fuori balzò, terribilmente armato,
Gridando : Chi sarà che l' ira affronti
Del valoroso Uattaumà? » Parlando
•
Il suo coltello sguainò : la lama
Ne forbì sulla manca inumidita;
Brandirlo in alto e fé' veder nel pome
Una faccia di donna ; indi riprese
— 118 —
LA MARCIA DI MILES STANDESE
Con bieco sguardo ed infernal sogghigno :
« L'altra metà, con faccia d' uom nel pome, «j
In casa m'è rimasta: immantinente
Farne le nozze io vo', che sontuose
E feconde saran di figliolanza. »
Allor si fece Pecsuotto innanzi
Borioso, lanciando al capitano
Torbidi sguardi: con leggere dita
Fea percotendo tintinnir la lama
Che gli pendea sul petto ; or la traeva
A mezzo, or respingea nella guaina
E borbottava: « Or or vedrò: gran pasto
Preparando le van : ma la meschina
Non sa parlare. È questi il capitano,
Questi quel grande capitan, che i Bianchi
Hanno mandato a sterminarne '? Ometto,
L -- J
LA MARCIA DI MIT.ES STANDESE
Rientra in casa e fra le donne annaspa. »
Il capitano avea notate intanto
Facce e figure di Selvaggi occulti
Nella foresta, che di pianta in pianta
Fean capolino e si traean carponi,
Con archi tesi, di cacciar fingendo :
1
E passo passo procedendo in cerchio
!
Più le reti stringean del loro agguato.
Non atterrito il capitan guatava
Dissimulando ; e, come il buon cronista
Narra, che scrisse nelFetà de' padri,
Trattando li venia con dolci modi.
Ma quando udì l'atroce sfida, il vanto,
La rampogna e P insulto, il caldo sangue
De' suoi maggiori, di Sir Ugo il sangue
E di Turstòn, gli ribollì nel core
r
LA MARCIA DI MILES STANDESE
E delle tempia gli gonfiò le vene.
Contro il pagan millantator gittossi
E, strappato il coltel dalla guaina,
Tutto nel petto glielo immerse. A terra
Rovescion cadde il barbaro, rivolta
Al ciel la faccia minacciante ancora.
Surse ailor dalla selva orrendo grido;
E tosto, come raffica di neve *
Aggirata dal vento, una tempesta
Di pennute quadrella intorno piovve.
Seguì di fumo un nugolo; dal fumo
Nelle paludi e nelle fitte macchie
- 121 -
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Rapido un lampo, dietro il lampo il tuono,
E non vista la morte innanzi corse.
Sgomentati i Selvaggi in fuga volti
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Scampo cercar: ma non il lor sachemo,
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LA MARCIA DI MILES STANDLSK
Il prode Uattaumà diede le spalle:
Ei giaceva. Una palla attraversato
Il cervello gli avea : cadde abbrancando
Con ambe mani il suol, come se morto
Ancor lo contendesse allo straniero.
Del prato sovra i fior giaceano i morti,
E sovra loro, taciturno, al petto
Fattosi croce delle braccia, stava
Obomocco, de' Bianchi amico e guida.
Stava ghignando, e volto finalmente
Di Plimo al prode capitan, dicea:
« Pecsuotto altamente, in ver, vantava
L' intrepido suo cor, la sua statura
E la sua foi'za e te diceva ometto.
Or vedo io ben che t'è bastato il braccio
Per porlo in terra senza moto e lingua. »
L - « - I
LA MARCIA DI MILES STANDESE
Così Standese combattuta e vinta
La prima pugna avea. Quando le nuove
Giunsero a Plimo e, qual trofeo di guerra,
Del prode Uattaumà la tronca testa
Sul colmigno mirar della fortezza,
(Era fortezza in pari tempo e chiesa)
Tutti gioirò, reser grazie al cielo,
E ripresero ardir. Sola Priscilla
Gli occhi torceva dall' orribil teschio,
Dio ringraziando che sprezzar le fece
L' offerta di Standese. Una segreta
Cura però di brividi l' empiea ;
Era il terror, che dalle sue battaglie
Ei ritornando la man le chiedesse
In prezzo e guiderdon della vittoria.
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.Mesi e mesi passarono: in autunno
Qualche vascel di mercatanti onusto
Di frumento e di greggi, ai Pellegrini
Schiere di amici e di congiunti addusse.
Xel villaggio era pace: altri piallava
E fabbricava; altri segnava aiuole
E limiti nel campo ; chi le zolle
Frangea; chi l'erba recidea ne' prati;
Chi lungo il mare insidiava a' pesci
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LA RUOTA DEL FILATOIO
E chi il cervo inseguia nelle foreste.
Nel villaggio era pace: ma di tempo
In tempo voci si spargean di guerra,
Che stringean di sgomento i Pellegrini.
Miles Standese allor co' fanti uscendo
Spazzava la campagna: in più battaglie
Vinto il nemico, in tanta gloria ei venne
Che terror delle genti era il suo nome.
Gli durava la bile, ma temprata
Di segreto rimorso e pentimento,
Che ne' nobili cor sempre allo scoppio
Succedono dell'ira, in quella guisa
Che la marea crescente il corso incontra
D'un fiume in sulla foce e colle dolci
Acque confonde del suo sai l'amaro.
Aldeno intanto una magion si aveva
— 128 —
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LA RUOTA DEL FILATOIO
Edificata di robusto abete
Tolto a' boschi vicini e riquadrato
Colla mannaia. Armavano la porta
Sbarre di legno: coprian giunchi il tetto:
Ogni balcon sue persiane avea
Con impannate d'oliata carta,
Che al Sol dà loco, e piogge e venti esclude.
Scoverse un pozzo e vi condusse intorno
Un orticello : ancor qualche vestigio
Dell' orticel rimane e della fonte.
Presso l'albergo aperta era la stalla
Ove securo e placido, Grancorno,
Il bel giovenco, che toccato in sorte,
Nel divider l'armento, era ad Aldeno,
Stavasi ruminando la pastura
Tutta odorosa di selvaggia menta.
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A RUOTA DEL FILATOIO"
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Spesso, finiti i suoi lavori, in fretta
L'innamorato giovane prendea
Il sentier che per boschi all'abituro
Di Priscilla mettea : con dolce incanno
La fantasia gli fea sembrar dovere
Quel ch'era suo diletto: a lei credea
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Lo guidasse amicizia ed era amore.
Sempre di lei pensava, o le pareti
Della casa imbiancasse, o con la zappa
Governasse il giardino; e più sovente
Ne' dì festivi, allor che nella Bibbia
Leggea l'encomio della Donna Saggia,
Come nel libro de' Proverbi è scritto:
« In lei confida del marito il core;
Quante son le giornate di sua vita,
Bene e non male in casa ella gli apporta :
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LA RUOTA DEL FILATOIO
Sempre il lino e la lana ha fra le mani,
Sempre il fuso alle dita : ella non teme
Il rigor delle nevi : ha preparati
Due mantelli pei servi; e per se d'ostro
E di bisso tessuto ha vago manto. »
Dopo il meriggio d'un bel dì d'autunno
Sedea Priscilla al filatoio : Aldeno
In faccia le sedea mirando il moto
Delle preste sue dita, come fosse
Il suo stame vital eh' ella filasse.
Dopo una pausa, al romorio del fuso
E della rota, ei disse: « In ver, Priscilla,
Quando vi miro tutto il giorno attorcere
Ed incannar, mai di riposo un' ora,
E d' altri assai più che di voi pensosa,
Rapido il mio pensier vi trasfigura,
- 131 —
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LA RUOTA DEL FILATOIO
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Né più Priscilla siete voi, ma Berta
La bella filatrice. » A questi accenti
Il pie lieve di lei calcò più celere
Sovra il pedale : più veloce il fuso
Girando diede un balzo, e il tronco filo
Dalle dita scattò della fanciulla.
Non se n'addiede Aldeno e seguitando
Impetuoso il dir: « Berta voi siete,
Berta » gridò, « la bella filatrice,
La regina d'Elvezia. Io la sua storia
Presso un oste già lessi in Inghilterra :
Come sul bianco palafren girando
Per pianure, per valli e per montagne
Ella filava ognor, traendo il filo
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Dalla conocchia nell'arcion confitta.
Operosa così, così serena
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LA RUOTA DEL FILATOIO
Trasse la vita, che di Berta il nome
È passato in proverbio. E tale un giorno
Sarete voi, quando avverrà che taccia
Nell'abituro de' coloni il rombo
Del filatoio : allor le madri industri
Ricorderanno, rampognando, i giorni
Della lor fanciullezza, i giorni antichi
Ch'erano d'oro, i giorni di Priscilla
La filatrice. » In pie ratto levossi
La Puritana vergine gentile,
Che si compiacque d'ascoltar le lodi
Del suo lavor dal labbro, onde le lodi
Dolcissime venian : trasse dall'aspo
Una bianca matassa, e del garzone
A' cari detti rispondendo disse :
« Venite innanzi: brutta cosa è l'ozio;
— 133 —
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LA RUOTA DEL FILATOIO
Se della buona moglie io son l'esempio,
L'esempio siate voi del buon marito,
Tenete in vostra man questa matassa
Ch'io verrò sviluppando ed avvolgendo
In gomitolo. Un dì, quando più in fiore
Non saran queste usanze, i buoni padri
A' figli narreran gli antichi giorni,
I giorni d'oro di Giovanni Aldeno. »
Così scherzando nelle man di lui
Pose e distese la matassa : in atto
D'uom attonito il giovane sedea
Con le braccia rivolte alla fanciulla,
Che ritta e tutta grazia iva svolgendo
II tenue stame : ora il garzon sgridava
Pel suo zotico modo di tenere,
Ora sgroppando un nodo, o distrigando
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LA RUOTA DEL FILATOIO
Più fili attorti, le man gli toccava,
E un torrente d' elettriche scintille -
Come altrimenti? - gli mettea nel sangue.
Erano a mezzo l'opra, ed ecco ansante
Un messaggiero entrar che orrende nuove
Apportava da Plinio, ove dal labbro
D'un Selvaggio le udì: Miles Standese
Era morto : una freccia avvelenata,
Mentre guidava i suoi, l' aveva ucciso.
Gli fu teso un agguato : ivi con tutta
La sua banda peri : tosto le fiamme
Si vedranno di Plinio e tuttaquanta
La sua gente svenata. Al diro annunzio
Gelaro, impallidir : muta Priscilla,
Inorridita, con le braccia alzate,
Simile a statua, il dicitor guatava.
135 —
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1
LA RUOTA DEL FILATOIO
L'altro balzando in pie, come se il dardo
Lui pur trafitto avesse, e la catena
Fosse rotta per sempre, ond' era avvinto,
D'opposti affetti in gran tempesta assoiio,
Con segreto gioir dell'acquistata
Libertà di duol misto e di rimorso ;
Ignaro d'ogni cosa e di sé stesso
Abbracciò la fanciulla, e come cosa
Già propria, al core se la strinse e disse :
Quei che congiunse Iddio, l'uom non separi! 5
Come due rivoletti, che distanti
Han le fonti sull'alpe, al pian discesi,
Per obbliquo sentiero in traccia vanno
L'uno dell'altro e fansi ognor più presso ;
Si congiungono al fine e la foresta
Allegrai! colle chiare onde sorelle ;
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LA RUOTA DEL FILATOIO
Così queste due vite, che scorrendo
Per diverso cammin, giunsero in vista
L'una dell'alti-a, e poi per repentini
Impedimenti deviar, più sempre
Si vennero accostando e, vinto alfine
Ogni ritegno, si son fuse in una.
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IL GIORNO DELLE NOZZE
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FUOR delle nubi, che gli fean cortina,
Fuor della tenda di scarlatto e d'oro
Usciva, Grande Sacerdote, il Sole ;
Santità del Signor sulla sua fronte
Scritto portava in lettere di luce ;
L'Efod raggiante gli scendea dal petto
Con auree squille e melagrane ai lembi.
Uscìa la terra a benedir : le nubi
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IL GIORNO DELLE NOZZE
Sotto il suo pie parean sgabel di bronzo
Listato a sbarre e l'Ocèan lavacro.
Tale il mattin splendea, che di Priscilla,
La Puritana vergine, le nozze
Illuminava. Già raccolti insieme
Eran gli amici : l'Anziano e il Giudice,
Del Vangel guardiani e della Legge.
L'uno il suggel uman, l'altro il divino
Posero al rito semplice e modesto,
Pari a quello di Ruth, quando legossi
Al vecchio sire di Betlemme. Il giuro,
Che l'amore consacra, i giovinetti
Del Giudice iteraro alla presenza,
Come la legge Puritana impone
Ed insegna d'Olanda il bel costume.
Devotamente, caldamente allora
- 142 —
IL GIORNO DELLE NOZZE
Per la famiglia nell'amor fondata
Pregò di Plinio l'Anzìan, chiamando
Ogni dono del ciel sovra gli sposi.
Ed ecco, allor che il rito era compiuto,
Sovra la soglia una figura apparve
Stava già da più tempo inavvertito
L'ospite ingrato. Ne' suoi torbidi occhi
Di tratto in tratto balenava un raggio,
D'orribile sembianza, tutta chiusa
In vestito d'acciar. Perchè lo sposo
Balza in piedi atterrito e gli occhi sbarra ?
Perchè la sposa impallidisce e cela
Dello sposo sull'omero la faccia ?
È spettro o vana illuslon degli occhi ?
È infausta larva dal sepolcro uscita
A turbare le nozze ? In sulla porta
IL GIORNO DELLE NOZZE
Che parea l'ombre dissiparne e i moti
Miti e gentili rivelar del core,
Come di sotto al rugiadoso velo
5
D'assottigliata nube il sol traspare.
Una fiata per parlar la mano
Levata in alto e mosso il labbro avea ;
Ma poi tacque : un voler ferreo le penne
Parve troncasse a' meditati accenti.
Ma posto fine al rito e alle preghiere,
$ .... .
E congiunti gli sposi e benedetti,
L'ombra a gran passi si avanzò : la gente.
Raffiguro di tutto punto armato
Miles Standese, il capitan di Plinio,
Che agitato la man strinse allo sdoso
$ -. . . $
E, « Perdonami, » disse. « Aspro, iracondo *
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Fui di soverchio e covai l'odio a lungo ;
— 141 —
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IL GIORNO DELLE NOZZE
Fui ben crudele : ora, mercè di Dio, ì
Tutto finì. Nelle mie vene il sangue <»
Arde che in quelle di Sir Ugo ardea,
Ugo Standese, ad infiammarsi pronto,
Pronto a placarsi. Mai, com'era, amico
Ad Aldeno non fu Miles Standese. »
Rispose il giovinetto : « Ogni altra cosa
Seppelliam nell'obblìo : sola l'antica
Amicizia rimanga ognor più cara. »
Il capitan die un passo, e contegnoso
Priscilla salutò con un inchino,
Come suol far la nobiltà tagliata *
All'uso antico in Inghilterra ? un misto *
Di contado e città, di campo e reggia. ^
Congratulossi di sue nozze e molto
Dello sposo parlò con alta lode.
— 145 -
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IL GIORNO DELLE NOZZE
Poi disse sorridendo : « Io ben dovea
L'antico adagio rimembrar : — servito
Esser vuoi ben ? servi te stesso ; — e l'altro *
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— Non si colgono visciole a Natale. » — ■
Lo stupore del popolo fu grande
E più grande la gioia ancor vedendo
Del capitano l'abbronzata faccia,
Del loro capitan, che come morto
Avean già pianto. Gli fean calca intorno ;
E, lasciati gli sposi, interrogando,
Rispondendo, con ilare schiamazzo,
L'un l'altro interrompea, finché pigiato
Dalla folla crescente, il buon guerriero
Dicea, che volentieri ito all'assalto
Sana d'un campo di Selvaggi prima
ìì Che venir non chiamato a nuove nozze.
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IL GIORNO DELLE NOZZE
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147 —
Lo sposo intanto della sposa allato
Stava sull'uscio respirando il puro
Soffio odorato del crescente giorno.
Vasta, deserta, d'autunnali tinte
Lievemente cosparsa innanzi ad essi
Si stendea la campagna : ivi le fosse
Dei cari estinti e l'arenoso lido ;
Ivi i solchi sudati e le foreste
De' vecchi pini ; ma foreste e sabbie
De' giovinetti al guardo innamorato
Forma e color prendean del paradiso
Passeggiato da Dio, di cui la voce
Nell'alto mugghio udian dell'Ocèano.
Dalla soave vision gli tolse
Lo scompiglio e romor della partenza.
D'indugio impaziente uscia la turba
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IL GIORNO DELLE NOZZE 4'
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Degl' invitati e fea ritorno all'opre
Quel dì lasciate non perfette. Aldeno
Lieto e superbo della sua Priscilla,
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D'una stalla vicina, fra le voci
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Del comune stupor, trasse il giovenco,
Il suo bianco giovenco obbediente
Alla man che il guidava ed alla fune
Raccomandata ad un anel di ferro
Nelle narici : gli copriva il dorso
Di vivace scarlatto una gualdrappa
Con morbido cuscin di sella invece.
« Nella polve e calor del mezzogiorno, »
Dicea, « non deve camminar Priscilla;
Cavalcar dee come regina: a piedi
Vanno i borghesi. » Ricusò dapprima,
Poi confortata dall'altrui parole,
— 148 —
IL GIORNO DELLE NOZZE
:
Posta la mano in sul cuscino e il piede
Nella man dello sposo, allegra e balda
La fanciulla salì sul palafreno
Dolcemente ridendo. « Altro non manca, » %
Proruppe Aldeno, « che la rocca : allora
La mia Berta sarai, la mia regina. »
La comitiva nuzì'al movea ^
Alla nuova magion, marito e moglie $
E pochi amici conversanti insieme.
Piacevolmente mormorava il rivo
Che nel bosco guadar : parve felice
D'accogliere nel sen la bella immagine
Che tremola passò sull'onde azzurre,
Come sogno d'amor. Splendeva il Sole
Fra le foglie ingiallite ed i pendenti
Racemi imporporava, che l'olezzo
— 119 —
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IL GIORNO DELLE NOZZE
Sottil mescean de'pini alla fragranza ;
Boscherecci racemi e pur giocondi
Come que' che d'Escòl nutre la valle.
Era una scena pastoral, che in mente
Richiamava altre età, Rebecca, Isacco
E quella cara gioventù del mondo
Sempre nova ed antica e sempre bella ;
Giovane amor, che si propaga eterno
Colla fuga degli anni in mille amanti.
Così di Plimo attraversando i boschi
Facea ritorno il nuzi'al corteo.
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SCELTE POESIE LIRICHE
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IL FABBRO DEL VILLAGGIO
Sotto l'antico noce fronzuto
Abita il fabbro della borgata ;
Un poderoso dal petto irsuto
E dalla scabra mano onorata :
Le nerborute sue braccia aduste
Son due d'acciaio spranghe robuste.
Ha nero il crine, ricciuto e folto,
Fuligginosa l'austera faccia :
— 153 —
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SCELTE POESIE LIRICHE
D'oneste gocce bagnato il volto
Ei qualche cosa sempre procaccia ;
Nulla ad uom deve ; quindi giocondo
Guardare in faccia può tutto il mondo.
Dall'alba a sera, di settimana
In settimana, sovra l'incude,
Come i rintocchi d'una campana,
Suonano i colpi del martel rude :
Sulle stridenti brace il ventoso
Mantice anela senza riposo.
I fanciulletti, che dalla scola
Tornano, all'uscio fermano il passo ;
- E contemplando senza parola
Stanno il martello che or alto, or basso,
Fuor della soglia correre a mille,
Come la pula, fa le scintille.
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IL FABBRO DEL VILI
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Nelle giornate sacre al Signore
Scende alla chiesa co' figliuoletti :
Ode la voce del suo pastore
E fa conserva de' santi detti :
Ode la figlia che canta in coro
E va gioioso del suo tesoro. ^
In quella voce sente la voce
Della sua donna che in cielo or canta :
Pensa la fossa, pensa la croce
Che copre l'ossa di quella santa ;
E con la dura mano callosa ti
Terge la dolce lagrima ascosa.
Mesto, giocondo così lavora
Quante son l'albe della sua vita:
L'opra abbozzata vede l'aurora,
Vede la sera l'opra fornita :
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SCELTE POESIE LIRICHE
Di sue fatiche mai non si lagna
Ed il suo sonno tardi guadagna.
Grazie, a te grazie, buon popolano,
Che tal mi porgi stimolo e sprone !
Così sudando lo spirto umano
Foggi a se stesso le sue corone ;
Temprata al foco della sventura
Foggi ciascuno la sua figura !
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E X C E L S I O R
Cadean veloci l'ombre di sera,
E per nevoso borgo montano
Passava un forte ch'una bandiera
Alto portava col motto strano :
Excelsior!
Mesta la fronte; ma la pupilla
Come snudata lama splendea :
Tromba, che in suono vivido squilla,
Lo sconosciuto grido parea :
Excelsior !
— 157 —
SCELTE POESIE LIRICHE
Vede, passando, l'allegra vampa
Ne' focolari : l'erto ghiacciaio,
Siccome spettro, sovra s'accampa ;
Ed ei dal core mettendo un guaio :
Excelsior !
Diceano i vecchi : « Ferma ! Non senti
Ruggire il nembo sulla tua testa ?
Larghi e profondi sono i torrenti ! »
Ma lo squillante grido non resta : -
Excelsior !
« Ferma, riposa su questo seno! »
L'impaurita vergin dicea :
Di pianto il cenilo occhio ripieno
Ei sospirando le rispondea :
Excelsior !
— 158 —
EXCEI.SIOK
« Della valanga l'insidie temi :
Temi del pino che si scoscende, »
Fùr de' pastori gli avvisi estremi:
Ma dalle cime voce discende :
Excelsior !
Nell'ora incerta che il cielo aggiorna,
Del San Bernardo quando il Romito
Al giornaliero salmo ritorna,
Per l'aria torba fu. un grido udito :
Excelsior !
Un viandante dal fido alano
Era alle nevi tratto di sotto :
Stringeva ancora la fredda mano
Una bandiera col fiero motto :
Excelsior !
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SCELTE POESIE LIRICHE
Spento, ma bello giace il valente
Nel bigio lume d'algida aurora ;
E, come solco d'astro cadente,
Voce da' cieli piove sonora :
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IL NAUFRAGIO VELVHESrERl'S
A mezzo verno per l'Ocèano
Velocemente l'Esperò andava :
L'ore noiose del capitano
Giovanettina figlia allegrava.
Ha gli occhi azzurri qual fior di lino ;
Rosea la guancia come l'aurora :
Gareggia il petto col biancospino,
Quando di maggio l'aura V infiora.
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SCELTE POESIE LIRICHE
Il capitano stava al timone,
Cheto fumando : guatava attento
Se il fumo verso settentrione,
O verso l'austro portasse il vento.
Sul ponte ascese vecchio piloto
Che il mar più volte corse di Spagna
E disse : « Il nembo non è remoto ;
Signor, quel porto tosto guadagna.
Ieri la luna portava il cinto :
Vggi, qual vedi, si tien celata. »
Il capitano dal riso vinto
Gli fé risposta d'una fumata.
L'acuta brezza fassi più greve:
Da tramontana vien la tempesta :
Impetuosa fischia la neve
E delle spume monta la cresta.
— 162 —
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IL NAUFRAGIO DELL' 'HESPERUS
Ruina il nembo : stride l'antenna ;
Lo scosso legno, come corsiero
Che spaventato sosta e s'impenna,
Corre, s'arresta, muta sentiero.
« Vien qua, piccina ! pei'chè paventi?
Vien qua, mio core, di che mai tremi ?
Vinte ho maggiori furie di venti,
Che non son, cara, queste che temi. »
Ei contro il freddo della bufera
Del suo velloso saio la cinse ;
Tagliò la fune d'una bandiera
Ed al bompresso stretta l'avvinse.
• Padre, lo squillo d'una campana
Panni d'udire: perchè tal cosa? »
« Qualche scogliera non è lontana
D'ingannatrici nebbie nascosa. »
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SCELTE POESIE LIRICHE
« Padre, il cannone tonare ascolto ;
E che vuol dire ? » - « Qualche naviglio
Pe' tempestosi flutti travolto
D'inabissai"si corre periglio. »
« Padre, di fuochi l'aria risplende.
Che voglion questi lampi che miro ? »
Parola il padre più non le rende :
Presso le giace senza respiro.
Presso il timone giace percosso,
Volta la faccia livida al cielo :
Della lanterna tremola il rosso
Lume negli occhi fatti di gelo.
Giunge la figlia palma con palma
Scampo pregando dalla mina:
A Gesù pensa, quando la calma
Rendeva a' laghi di Palestina.
IL NAUFRAGIO VEUlHESPERUS
A mezzanotte portato a volo,
Di fìtta neve sotto il flagello,
Come fantasma nel suo lenzuolo,
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Contro la spiaggia corre il vascello.
Tuona da terra fra gl'interrotti
Fischi del vento lungo muggito :
È il vorticoso rombo de' fiotti
Franti sull'irte l'occie del lito.
L'affaticata prora già rade
Le ascose secche : già d'acqua un monte
Che fragoroso sovra le cade,
Tutta la ciurma spazza dal ponte.
Ribolle il mare soffice e bianco,
Che sembra lana ; ma largo foro
I sassi al legno fanno nel fianco,
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Come iraconde corna di toro.
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SCELTE POESIE LIRICHE 2'
Antenne e vele cascano avvolte
Di ghiaccio e neve sulla coperta :
La stanca nave gira tre volte,
Indi scompare nell'onda aperta.
Un pescatore, che sulla punta
Del lido, all'alba, rattenne l'orma,
D'una fanciulla testé defunta
Stretta ad un tronco vide la forma.
Sovra il suo petto rappresa è l'onda,
E sulle azzurre pupille spente ;
Su e giù la lunga chioma a seconda
*
Va fluttuando della corrente.
Carco di neve così periva
L'Esperò in notte ventosa e scura.
Lontan ne tenga Dio dalla Riva
Che ben si noma della Sventura.
— 166 —
IL VECCHIO OROLOGIO
SULLA SCALA
Cinto di torri, come un castello,
Sorge nei campi gotico ostello ;
De' porticali sul pavimento
L'ombra de' pioppi scherza col vento ;
E sulle scale dalla parete
Vecchio orologio lento ripete :
Sempre — mai
Mai — sempre.
— 167 -
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SCELTE POESIE LIRICHE
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Simile a frate che, delle braccia
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Dalla massiccia cassa di noce,
Sotto il mantello fattasi croce,
Tien sospirando china la faccia,
Segna col dito Fora che vola,
E ricantando va la parola :
Sempre — mai
Mai — sempre.
Di giorno è voce fievole e bassa ;
Ma quando l'ombra tacita cala,
Come romore d'orma che passa,
E picchia all'uscio de' dormitori :
Sempre — mai
Mai — sempre.
Tremola echeggia nell'ampia sala ;
Striscia pei lunghi chiostri sonori
— 168 —
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IL VECCHIO OROLOGIO SULLA
SCALA i'
Giorni di nascita, giorni di morte,
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Giorni di riso, giorni di duolo
Mescer qui dentro volle la sorte :
Sublime, immobile degli anni al volo,
L'antico bronzo contempla il tutto
E suona in flebile nota di lutto :
Sempi'e — mai
Mai — sempre.
Aperta ai passi del pellegrino
In ogni tempo fu la magione :
Ruggian le vampe dentro il camino ;
Lauta fumava l'imbandigione ;
Ma, come spettro, fra i commensali
Scendeano i lugubri motti fatali :
Sempre — mai ^
Mai — sempre.
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SCELTE POESIE LIRICHE
Qui di bambini scherzava un coro:
Là le donzelle co' giovanetti ^
Ivano a paro : che notti d'oro !
Che primavera d'anni e d'affetti !
Come l'avaro le sue monete,
Quelle ore il bronzo conta e ripete :
Sempre — mai
Mai — sempre.
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— 170 —
Da quelle soglie biancovestita
Uscì la prima sera la sposa :
Spenta nel pieno fior della vita
In quell'oscura cava riposa.
I/antico bronzo l'inno ferale
Accompagnava d'in sulle scale
Sempre — mai
^ Mai — sempre.
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IL VECCHIO OROLOGIO SULLA SCALA
Tutti sparirò. Van altri errando :
Altri co' morti fanno soggiorno.
Che se non senza pianto io dimando :
« Faranno i cari volti ritorno ?
Ritorneranno l'ore gioconde? »
L'antico bronzo cupo risponde :
Sempre — mai
Mai — sempre.
Sempre ne' cieli, mai sulla terra !
Lassù son tronche l'ale degli anni :
Esiglio e morte più non dan guerra;
Ivi le glorie, quaggiù gli affanni.
Inalterabile bronzo ne' cieli
Ratte l'eterne note fedeli :
Sempre — mai
Mai — sempre,
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LA FANCIULLA METICCIA
Con flosce vele nella laguna
Sta del Negriere l'agii goletta :
Che dall'Oceano spunti la luna
E fresche l'aure soffino, aspetta.
Sta ricovrata sotto la sponda:
La ciurma intanto de' rematori
Guata in silenzio quando dall'onda
Striscino a proda gli alligatori.
— 173 —
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SCELTE POESIE URICHE
1
Di tempo in tempo l'olente fiato
D'aromi e cedri sentono in viso ;
E sembra in terra d'onta e peccato
Aura sviata di paradiso. ^
Steso il Colono sulla sua scranna
Cerca, fumando, tòrsi a un pensiero :
Sul saliscendi della capanna
Tien l'inquieta mano il Negriero.
Dice : « Sull'ancora il bastimento
E colaggiuso nella laguna :
Attendo il fresco soffio del vento
E che dal mare spunti la luna. »
Innanzi ad essi, la faccia alzata,
Timida in atto, senza favella,
Sta più che attenta, meravigliata,
Una 'meticcia bruna donzella.
— 174 -
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LA FANCIULLA METICCIA J
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Ha nudo il collo, nude le braccia : v
Unico ornato, lunghi capelli s
Sul rubicondo labbro pudico k
* Erra un sorriso modesto e vago, „
Come sul muro di tempio antico *
D'un santo espressa ride l'immago. ^
Ha grandi gli occhi, splendidi e belli
E gaia benda che al fianco allaccia.
« Vecchia è la casa : grave il lavoro, »
Seco il Colono pensa e sospira :
L'avido sguardo pone sull'oro,
Alla fanciulla quindi lo gira.
t Dall'inumano barbaro eccesso
s Inorridita l'anima abborre ;
Ond'ella viene sa: di che amplesso....
Qual nelle vene sangue le scorre.
— 175 —
I
SCELTE POESIE LIRICHE
Ma di natura grido non vale :
Al lucido oro la mano ei stende.
Ella scolora : gelo mortale
Tutto il virgineo corpo le prende.
Fuor della soglia la riluttante
Tragge il Negriero, la trae per mano
Misera schiava, misera amante
A qualche ignoto lido lontano.
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POMERIGGIO IN FEBBRAIO
Il giorno discende :
S'infosca la sera :
Il gelo rapprende
Palude e riviera.
Da' nugoli tetri
Un ultimo raggio
Rosseggia ne' vetri
Dell'ermo villaggio.
— 177 —
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SCELTE POESIE LIRICHE
La neve ricade :
La nebbia si affolta :
Xon segna più strade
La siepe sepolta.
Con capi velati,
Di spettri in sembianza,
Un lento pe' prati
Mortorio si avanza.
Lamenta la squilla :
I gravi rintocchi
Simpatica stilla
Mi chiamano a<di occhi.
O
Van l'ombre crescendo :
II core più forte
Seconda battendo
La squilla di morte.
— 17^ —
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INDICE
Prefazione Pag. 5
I Miles Standese 15
II .... Amore ed Amicìzia 27
III... Il Messaggio dell'Amante 41
IV ... G: : ■■ ar.-.-.i Aldeno 61
V.. . La Partenza del Fiordaliso ........... 79
VI... Priscilla.. .. 97
VII.. La Marcia di Miles Standese in
Vili. La Ruota del Filatoi: 125
IX... I: Giorno delle Nozze i_-p
- 179 —
INDICE
Scelte Poesie Liriche
Il Fabbro del Villaggio pag. I53
Excelsior # T
Il Naufragio <ì&\Y Hesperus T^t
Il vecchio Orologio sulla scala ... ^7
La Fanciulla meticcia . I?,
Pomeriggio in Febbraio I?7
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— 180 — 2