Skip to main content

Full text of "Miles Standese (novella) e scelte poesie liriche"

See other formats


R 


3S 


W»*+W»»*»*»»»4«| 


♦  ♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦♦  47*4" 


x&&\i*>z. 


MILES  STANDESE 


SCELTE  POESIE  LIRICHE 


/ 


/ 


a»i 


ci' 


®? 


TT1  11  M  M  'i     vriTIITI  M  I     TT  H  TTTlirHTrTI 


E.  W.  LONGFELLOW 


v*\  r\s\  r\y\  r 


'  •  r 

r  Z  » 

IlLÉS  STANBESE  ft 

(.novella) 

E  SCELTE  POESIE  LIRICHE 

TRADUZIÓNI 


.  v 


\ 


ULRICO   HOEPL1 

LIBRAIO-EDITORE 

NAPOL,      MILAN0         P,SA 

1883 


w 


wt- 


PROPRIETÀ  LETTERARIA 


|    -==^ =^r     I 

g^- • *^=43 


V*>" 


■•il 


MILES  STANDESE 


s 
s 

N 
\ 

: 

\ 
\ 

s 
> 

■ 

> 

s 

s 


><Sn^ 


1 

1 

i 


\ 
s 
\ 
\ 
k 

» 
» 


-L'^X.    X-X.'VX.'VX.'X.-V'V-VX.'X.'V-X.X.-X.'X. 


^% 


: 


* 


S^T^y.  T\^:  T5>j&«^  ^J^~-  ^«^  ^§2£5J§5 


'  «Èsili  BEN  comprendere  lo  spirito  e  gFin- 
tsfésÉ  rendimenti  di  questa  Novella  credo 
opportuno  di  togliere  dall'aureo  libro  Di 
la  Dcnwcratìc  m  Anuriqui  del  ToCQÙEVTLL  E 
questi  pochi  cenni  sull'  orìgine  de*  coloni 
della  Nuova  Inghilterra, 

Coloro,  dice  l'autore  francese,  che  ven- 
nero a  stabilirsi  sulle  rive  della  Nuova 
Inghilterra  appartenevano  tutti  alle  classi 
agiate  della  madre  patria.  La  loro  riunione 


: 


: 


PREFAZIONE 


sul  suolo  americano  offerse  sino  dalla  ori- 
gine il  singolare  spettacolo  di  una  società, 
ove  non  erano  ne  grandi  signori  ne  volgo; 
per  così  dire,  ne  ricchi  ne  poveri.  V'era 
più  coltura  in  loro,  ammessa  la  differenza 
dei  tempi,  che  non  è  in  alcun  popolo  di 
Europa  a'  nostri  giorni.  Tutti  senza  ecce- 
zione aveano  avuta  una  educazione  molto 
avanzata  e  molti  di  loro  erano  conosciuti 
in  Europa  e  per  l'ingegno  e  per  la  scienza. 
Le  altre  colonie  erano  state  fondate  d'av- 
venturieri senza  famiglia;  i  coloni  della 
nuova  Inghilterra  portavano  seco  mirabili 
elementi  d'ordine  e  di  moralità  ;  essendo  ve- 
nuti al  deserto  colle  loro  mogli  e  figliuoli. 
Ma  ciò   che  li  rendea  singolari  dall'altre 


—  6  — 


%\%\^\'%\V,V.%\%\%\V>V.%\%\%\^\'».\%\'%'< 


*^s 

PREFAZIONE  J 


colonie  era  lo  scopo  della  loi'o  impresa. 
Non  era  che  avessero  abbandonata  la  pa- 
tria per  bisogno  materiale  ;  si  lasciarono 
addietro  una  posizione  sociale  invidiabile 
e  sicuri  mezzi  di  agiata  esistenza  :  non  ven- 
nero al  Nuovo  Mondo  per  migliorare  le 
loro  condizioni  o  per  accrescere  le  ric- 
chezze :  si  tolsero  alle  dolcezze  della  patria 
per  obbedire  ad  un  bisogno  puramente 
intellettuale:  affrontando  le  inevitabili  mi- 
serie delPesiglio,  essi  non  cercavano  che  il 
trionfo  di  un'  idea. 

I  coloni,  o,  com'  essi  si  chiamavano,  i 
Pellegrini,  appartenevano  a  quella  setta  in- 
glese, che  per  l'austerità  dei  principii  si 
disse  de' Puritani.  Il  Puritanismo   non  era 


•%. ,-%.  .^\^\^^\^v%.v».vm.v'*v%.v*.\'%.\'^\'*vmv% 


PREFAZIONE 


*^g 


ì  .     ..       .    1 

solamente  una  dottrina  religiosa  ;  ma  in 
molti  punti  si  mesceva  alle  teorie  demo- 
cratiche  e  repubblicane  più  assolute.  Da 
ciò  erano  sorte  contro  esso  le  più  dannose 
inimicizie.  Perseguitati  dal  governo  della 
madre  patria,  offesi  nel  rigore  de' loro  prin- 
cipii  pel  giornaliero  andazzo  della  società, 
nella  quale  vivevano,  i  Puritani  cercarono 
una  terra  deserta  ed  abbandonata  dal  mondo, 
ove  fosse  loro  lecito  vivere  a  loro  modo  e 
pregar  Dio  in  libertà. 

Il  Tocqueville  riporta  un  brano  di  Nata- 
mele Morton,  storico  dei  primi  anni  della 
Nuova  Inghilterra:    «  Io   ho    sempre    cre- 


duto,  »  dice  Morton,  «  che  fosse  un  sacro 
dovere  per  noi,  i  cui  padri   hanno    avuto 


—  8  — 


PREFAZIONE 


: 
i 


così  numerosi  e  memorabili  pegni  della 
bontà  divina  nella  fondazione  di  questa 
colonia,  fosse  un  sacro  dovere  perpetuarne 
la  memoria  collo  scritto.  Ciò  che  noi  ab- 
biamo veduto,  ciò  che  ci  fu  narrato  dai 
padri  nostri,  noi  dobbiamo  narrarlo  ai  no- 
stri figli,  affinchè  tutte  le  generazioni  av- 
venne apprendano  a  lodare  il  Signore  : 
affinchè  la  discendenza  di  Abramo  suo 
servo  e  i  figli  di  Giacobbe  suoi  eletti,  con- 
servino per  sempre  la  memoria  delle  opere 
meravigliose  di  Dio  (Salmo  CV,  5,  6).  Con- 
vien  che  sappiano  come  il  Signore  ha  por- 
tata la  sua  vigna  nel  deserto  :  come  V  ha 
piantata  e  ne  ha  allontanati  i  Gentili: 
come  le  ha  preparato    il    terreno,    ne   ha 


! 

! 


"%.'%.'%.-V'%.'%.'%.'%.'%.'V-V'V.-%.-*.'V'*.'».^ 

PREFAZIONE 

messe  in  profondo  le  radici  e  l' ha  la- 
sciata estendersi  e  coprire  intorno  la  terra 
(Salmo  LXXX,  13,  15);  e  non  solamente 
questo,  ma  insieme  come  ha  guidato  il  suo 
popolo  verso  il  suo  santo  tabernacolo  e  lo 
ha  collocato  sul  monte  della  sua  eredità 
(Esodo  XV,  1 3).  Questi  fatti  devono  essere 
conosciuti,  affinchè  Dio  ne  abbia  l'onore 
che  gli  è  dovuto  ;  e  che  qualche  raggio 
della  sua  gloria  possa  cadere  sui  nomi  dei 
Santi  che  furono  i  suoi  strumenti.  » 

L' autore  continua  e  descrive  in  questo 
modo  la  partenza  dei  Pellegrini  : 

«  Lasciarono  la  città  di  Delf  Haleft  (1 620  ) 
ch'era  stata  per  loro  un  luogo  di  riposo: 
erano  rassegnati  e  tranquilli,  sapendo  che 


ì 


PREFAZIONE 


erano  pellegrini  e  stranieri  in  questo  mondo. 
Non  erano  attaccati  alle  cose  della  terra, 
ma  teneano  °rli  occhi  rivolti  al  cielo,  ove 
Dio  avea  preparato  per  loro  la  città  santa. 
Arrivarono  finalmente  al  porto,  dove  gli 
attendeva  il  vascello.  Un  gran  numero  di 
amici,  che  non  poteano  partire  con  essi, 
aveano  voluto  accompagnarli  sino  al  mare. 
Passarono  la  notte  senza  dormire:  la  pas- 
sarono in  espansioni  di  amicizia,  in  pii  di- 
scorsi, in  ragionamenti  pieni  di  una  vera 
tenerezza  cristiana.  Alla  mattina  salirono 
sul  vascello  :  gli  amici,  vollero  accompa- 
gnarli: allora  si  udirono  profondi  sospiri, 
si  videro  cader  lagrime  da  tutti  gli  occhi; 


abbracciamenti,  saluti,  ardenti  preghiere  che 

L il: -J 


PREFAZIONE  3 

ì        ; — 7" ~  1 

sforzavano  al  pianto  anche  i  non  conoscenti. 
Dato  il  segnale  della  partenza,  caddero  sui     $ 
ginocchi,  e  il  loro  pastore,  levando  al  cielo     * 
gli  occhi  pieni  di  lagrime,  li  raccomandò 
alla  misericordia  del  Signore.  Presero  al-     $ 
fine  congedo  gli   uni  dagli  altri  e  si  die- 
dero V  addio,  che  per  molti  di  loro  dovea 

esser  l'estremo. 

S  ...  * 

I  Pellegrini  erano  intorno  cento  e  cin- 
quanta, uomini,  donne  e  fanciulli.  Era  loro 
disegno  di  fondare  una  colonia  sulle  rive 

dell'Hudson;  ma  dopo  avere  lungo  tempo 

i 
girato  qua  e  là  per  1'  Oceano,  furono  sfor- 
zati di  approdare   sulle    coste  aride    della 
Nuova  Inghilterra,  nel  sito  ove  ora  sorge 
la  città  di  Plymouth.  Si  mostra  ancora  lo 


\ 


—  12  — 


«\%W%,\%\%\1X1\%\X\%\%\%\%\%\%\%* 


EST853* 


:^v^N^vmN^v^\m.'>^.N^\'^.x,*v^.\m.v^^.v^>^V%.' 


* 


* 


PREFAZIONE 


scoglio  ove  discesero  i  Pellegrini.  Questo 
scoglio  divenne  oggetto  di  venerazione  agli 
Stati  Uniti  ;  in  molte  città  della  Unione  se 
ne  conserva  qualche  frammento.  » 

Lo  storico  prosegue  :  «  Aveano  i  Pel- 
legrini traversato  l' Oceano,  erano  giunti 
al  fine  del  loro  viaggio  :  ma  essi  non  vi- 


li 


s 


dero  alcun  amico  che  li  ricevesse,  alcuna 
abitazione  che  li  ricoprisse  :  era  il  cuore 
dell'  inverno  ;  e  chi  conosce  gì*  inverni  del- 
l' America  sa  quanto  siano  rigidi  e  quanti 
fieri  uragani  desolino  in  quel  tempo  le  no- 
stre  coste.  Intorno  ad  essi  non  appariva' che 
un  deserto  spaventoso,  pieno  di  bestie  fé- 
roci  e  di  uomini  selvaggi,  di  cui  ignora- 
vano il  numero  e  il  grado  di  crudeltà.  La 


—  13  — 


\ 


> 


•%.V^\'^V%.V%.V»V^V%.V^V^V».V^V%-V^V^V^V^V»-' 


PREFAZIONE 


«I 


Ni 


S 


K. 


V 


s 


l'emigrazione  venne  crescendo.  Le  passioni 
religiose  e  politiche  che  lacerarono  il  regno 


—  14  — 


terra  era  agghiacciata,  il  suolo  coperto  di 


* 


foreste  e  di  cespugli.  Dietro  loro  non  ve- 


s 


deano  che  l' immensità  dell'  Oceano  che  li 


s 


separava  dal  mondo  civilizzato.  Per  trovare 


* 


un  po'  di  pace  e  di  speranza  a  loro   non 


s 


restava  che  volgere  i  loro  occhi  in  alto.  » 


!» 


Questo  accadeva  nel  1 620.  Da  quel  tempo 

s 

d'Inghilterra  sotto  il  governo  di  Carlo  I, 
spinsero  ogni  anno  sulle  coste  dell'  Ame- 
rica una  folla  di  dissidenti.  La  Nuova  In- 
ghilterra fu  l'asilo  prediletto  de' Puritani. 

ì 

: 


p-s* 


^'^•V^k'^.'*.^^^.'^.^.^.'*.'^'^^.^.^. 


*^3 


MILES  STAXDESE 


: 
; 

j 

: 

ì 

: 


.^Ms 


S"%-v^v^v^\^\-m.v%.v^v%\-mv«».\'^\'^\'^v'%.v^v»lv«-( 


! 


i 


5 


d^x). 


•^^^^^v%\^\^\^\m\wo»«v%.v»»v».-v».\'».vi 


\ 


%W%W%'  ■■%.  -^V^Y^Y^V»V».V*Y^.V%,Y^V^\^' 


Al  vecchio  tempo  de'  coloni,  in  Plinio, 
Avventuroso  asil  de'  Pellegrini, 
Entro  una  stanza  del  modesto  albergo, 
In  giubbetto,  calzoni  e  grandi  uose 
Di  cordovano,  con  guerresco  piglio, 
Passeggiava  su  e  giù  Miles  Standese, 
De'  Puritani  il  capitano.  Assorto 
In  gran  pensier  parea  :  le  mani  al  tergo, 
Di  tratto  in  tratto  sospendeva  il  passo, 


17  — 


: 
: 

s 

: 


»,%'  ■»-»-^^'*"^'».'^'».i 


k  ■*>  ■^v^v^vi 


\ 


il 


V^.Y%.Y%.V^W   '%.■%.'».'%.'%.   ■%.-%.-%.'V-v-%.'%.'». 


MILES    STANDESE 


^f 


Gli  occhi  levando  a'  militari  arnesi, 
Che  splendidi  pendean  dalla  parete  ; 

Corsaletto  d'acciaio  e  scimitarra 

s 

Di  Damasco,  d'arabiche  sentenze 
Screziata:  più  basso  era  il  moschetto 
Ed  una  carabina,  armi  da  caccia. 
Atticciato,  complesso  e  di  statura 
Men  che  mezzana  il  capitano  avea 
Late  le  spalle,  rilevato  il  petto 
E  nerboruti  muscoli  d' acciaio  : 
Era  la  faccia  del  color  di  noce 
E  rossigna  la  barba  picchiettata 
D'alcun  fiocco  di  neve,  come  siepe 
Al  principio  del  verno.  A  lui  vicino 
Sedea  Giovanni  Aldeno,  il  fido  amico 
E  camerata,  che  velocemente, 


—  18  — 


■%.'».'V'%.^.'%.'%.'%.'%.'^'V' 


MILES   STAN 


■v    -%.  •*  -v   -V   -».  ~*-<J\Js~^£52 

;dese  Z1 


Sovra  un  desco  di  pin,  presso  il  balcone, 
Stava  scrivendo  :  un  biondo  giovinetto 
Daerli  occhi  azzurri  e  dalle  guance  asperse 
Del  primo  fior  :  di  quella  delicata 
Sassone  carnagion,  che  San  Gregorio 
Un  dì  vedea  ne'  prigionieri  in  Roma 
Ed  esclamava:  Angeli  son,  non  Angli. 
Il  più  giovane  Aldeno  era  di  quanti 
Approdaro  laggiù  sul  Fiordaliso. 

Subitamente  il  capitan  Standese 
Il  silenzio  rompendo  ed  arrestando 
La  man  dell'altro,  tumido  d'orgoglio, 
«  Guarda,  »  disse,  «  quest'armi  !  Escono  lampi 
Da  queste  lame  riforbite  e  terse 
Come  in  dì  di  comparsa  o  di  rivista. 
Ve'  la  mia  spada  di  Damasco  :  in  Fiandra 

j 


MILES    STANDESE  J 

5 >< 

$  .  * 

Pugnai  con  essa  :  questo  fino  usbergo 
In  una  scaramuccia,  io  ben  rammento 
La  giornata,  m'ha  salvo  :  ancor  l'impronta 
Veder  tu  puoi  del  piombo  maledetto 
Che  uno  Spagnuolo  moschettici*  mi  trasse 
Diritto  al  core.  Se  il  metal  non  era 
A  tutta  prova,  l'ossa  di  Standese 
Già  sarìan  putrefatte  in  qualche  gora 
Delle  terre  di  Fiandra.  »  Il  giovinetto, 
Senza  levar  dalla  scrittura  il  guardo, 
Allor  rispose  :  «  Veramente  Iddio 


Il  mortai  volo  rallentò  del  piombo, 
E  per  sua  grazia  in  vita  ti  mantenne, 
Perchè  sii  nostro  brando  e  nostro  scudo.  » 
L'altero  capitan,  poco  badando 
Alle  parole  del  garzon,  seguiva: 

—  20  - 

Dc%\^\^\^\^\^\^\^v%.v%.\'%.\'%.\'^\^.\^.v%.v%.v%.< 


* 


.^.\^.\>k.s^.\'%.V%.  ■,%\%\%\%\%\%\%v».v^*w1%' 


M1LES    STANDESE 


•^j? 


«  Vedi,  come  son  splendide  !  Brunite 
Così  non  son  negli  arsenali  ;  e  sai 
Perchè?  Pulirle  di  mia  man  costumo, 
Ne  lascio  al  mio  scudier  questo  pensiero. 
Servi  te  stesso,  e  sarai  ben  servito, 
Proverbio  è  d'oro;  io  l'arme  mie  governo, 
Come  tu  la  tua  penna  ed  il  tuo  inchiostro. 
Qui  sono  i  miei  soldati,  il  forte,  invitto, 
Grande  esercito  mio  :  dodici  fanti, 
Tutti  in  ottimo  arnese,  e  tutti  aventi 
Una  lor  brava  lancia  e  carabina, 
Trentasei  paoli  al  mese,  vettovaglia 
E  dritto  di  saccheggio  :  io,  come  Cesare, 
So  poi  chiamarli  ciascheduno  a  nome.  » 
Questo  egli  disse  con  un  fin  sorriso 
Che  ne'  rai  gli  danzava,  a  quella  immagine 


s 


> 


i 


i 


ì 


I 


Che  sul  flutto  marin  l' infranto  raggio 
Danza  del  Sole  e  in  un  balen  dilegua. 
Il  giovinetto  sorridea  scrivendo  ; 
Il  capitano  seguitava:  «  Osserva! 
Qui  da  questo  balcon  scorger  tu  puoi 
Sulla  chiesa  queir  obice  di  bronzo 
Alto  piantato  :  un  missionario  all'  uopo, 
Saldo,  diritto,  di  robusta  armato 
Irresistibil  logica,  ortodosso, 
Che  gY  infocati  sillogismi  avventa 
Nel  core  de'  pagani.  Or  siam  parati 
Per  l' azi'on  :  se  vengano  a  migliaia 
Le  Pelli  Rosse,  e  ciò  sarebbe  il  meglio, 
Ben  di  nostre  armi  leveranno  il  saggio  ; 
Vengano;  e  sian  sachèmi  o  sagamori  (i), 
(i)  Titoli  di  capi  Indiani. 


—  22  — 


\ 


M1LES    STANDESE 


•~® 


Samosetto,  Aspinetto,  Corbitante, 
Squanto  o  Tochamamone  !  »  Lungamente 
Stette  al  balcone  rimirando  i  campi 
Umidi  d'  un  vapor  grigio  soffiato 
Dall'aura  d'Oriente:  avea  di  fronte 
Valli,  prati,  foreste  e  l'orlo  azzurro 
Dell'  Oceano,  che  giacea  tranquillo, 
Silente,  melanconico,  or  nell'ombra, 
Or  nel  vermiglio  del  cadente  Sole. 
Ombre  eguali  salian  sul  bruno  volto 
Del  capitano  :  era  di  gioia  un  misto 
E  di  tristezza.  Intenerissi  :  il  suono 
Addolcì  della  voce,  e  come  tocco 
Da  soavi  ricordi,  a  dir  riprese: 
«  Là,  su  quel  colle,  che  fronteggia  il  mare, 
Dorme  in  pace  con  Dio  Rosa  Standese; 

L     —      A 


M1L 


Y^Y^LX^Y^.X^kX^V 


ES    STANUESE 


^~~s~<j^rfjn 


Vera  rosa  d'amor,  che  della  vita 
Per  lo  scabro  sentier  fioriami  allato  ; 
Fu  la  prima  a  morir  de'  Pellegrini 
Che  approdare  quaggiù  sul  Fiordaliso. 
Sulla  sua  sepoltura  il  gran  verdeggia 
Che  v'abbiam  seminato:  è  buon  consiglio 
Le  nostre  fosse  ascondere  al  nemico, 
Perchè  non  prenda  ardir  con  noverarle, 
E  si  avveda  di  noi  quanto  siam  pochi.  » 
Così  dicendo,  annuvolato,  altrove 
Volse  la  faccia  ;  a  passeggiar  si  pose 
Novellamente  pensieroso  e  muto. 

Dall'opposta  parete  uno  scaffale 
Di  volumi  pendea:  cospicui  in  essi 
Per  mole  di  quaderni  e  legatura 
Erano  tre:  dell'  Ariiglier  la  Guida 


24 


.,fc\^\^V^V^Y».V%.\'^V»kV^\'»\'»\'*.\-'V\'^Y^\'«.VW< 


! 

N 


MILES    STANDESE 


Dettata  dal  Barine  :  i  Commentari 
Di  Cesare  voltati  nell'  inglese 
Per  Arturo  Goldingo;  come  fosse 
Data  in  custodia  agli  altri  due,  la  Bibbia 


s 


\ 


Stava  nel  mezzo.  Il  capitano  alquanto 


Rattenne  il  passo  a  riguardar  :  parea 


Starsi  dubbioso  qual  dei  tre  scegliesse 

Per  suo  conforto  ;  degli  Ebrei  le  guerre, 

O  de'  Romani  l' immortali  imprese,  ^ 

>» 
O  più  proficua  a  capitan  moderno 

v 

S 

Che  ne'  rosi  vivagni,  a  guisa  d' orma, 


—  25  — 


Dell'artiglier  la  pratica.  Si  mosse 
Finalmente  e  levò  dalle  scansie 
Il  pesante  Romano.  Alla  finestra 
Si  assise,  il  libro  aperse,  ed  in  silenzio 
Le  antiche  carte  a  volgere  si  mise, 


! 

! 

\ 

s 

s 


>  >  '*..'*.'%.  ■%.  <%\%\«.\%.V%\'%.\*kV%,  ■*.■%.■».  ^  .-% 


MILES    STANDESE 


Dall'  impronta  del  pollice  segnate 

Indicavano  dove  arser  le  pugne 

Più  spaventose.  Nella  cheta  stanza 

Romore  non  si  udiva  altro  che  il  correre 

Della  penna  stridente  :  il  giovinetto 

Lettere  sovra  lettere  scrivea 

Che  il  dì  dopo  o  il  seguente,  a  Dio  piacendo, 

Recato  in  patria  il  Fiordaliso  avrebbe  : 

Lettere  piene  delle  tristi  nuove 

Di  queir  inverno  :  lettere  che  Aldeno 

Scrivea  col  core  e  del  soave  nome 

Di  Priscilla  ingemmava,  di  Priscilla 

La  Puritana  vergine  gentile. 


<*^r 


\ 

> 

i 

! 


^■«■^■«-'-■«■^■■-■--^- : ""^~^Czj 


'%.,■%.'%."%.•%.'».'%.'»..•».   -fc.x-%.'.  -%.V^V%.  .-%.   ■%.- ."%.   ■%.' 


II 


AMORE  ED  AMICIZIA 


kV%.Vk.Y*.\^.V* 


I 

I 

! 


.^\^\^\^\"%.Y%.V%.V».Y^\'%.V%.V».\'%.V%.\'X.\'%.\'%.Y 


.^MÉ 


I\  ON  si  udìa  nella  stanza  altro  che  il  correre 
Della  penna  stridente  ;  e  ad  ora  ad  ora 
Qualche  grosso  sospir  del  capitano, 
Che  l' imprese  leggea  miracolose  - 
E  le  sentenze  del  divino  Giulio. 
Dopo  alcun  tempo  con  la  man  percosse 
La  pagina  e  lasciando  ambe  le  palme 
Giù  cadérsi,  gridò  :  «.  Meraviglioso 


29  — 


\W^' .-%.' .-». v*.v%.v%.\"v\'%.\,%.\-%.v%.\-*.\'».v*.v* 


! 

s 

i 


AMORE    ED    AMICIZIA 

Uom  questo  Giulio  Cesare!  La  penna 
Tu  sai  ben  maneggiare  ed  io  la  spada  ; 
Ma  d'un  modo  costui  combatte  e  scrive, 
Neil' un'arte  e  nell'altra  egual  maestro.  » 
Aldeno,  il  grazioso  giovinetto, 
Rispose  :  «  Con  la  penna  e  con  la  spada 
Fece  prodigi.  Io  lessi  in  qualche  parte 
Che  a  un  tempo  sette  lettere  ei  dettava 
E  scrivea  le  Memorie.  »  Il  capitano, 
Poco  badando  alle  parole  altrui, 
Continuava  :  «  Un  uom  meraviglioso 
Era  ben  Giulio  Cesare  !  Ei  dicea  : 
Meglio  esser  primo  nel  più  vii  casale 
Là  delle  Spagne  che  secondo  in  Roma. 
E  dicea  saviamente.  Anzi  a'vent'anni 
Due  volte  era  ammogliato  e  molte  volte 


: 

! 

l 

ì 


s 

I 


I  -30-  j 


AWWWW 


AMORE    EU    AMICIZIA 


Gli  anni  seguenti:  ha  combattuto  e  vinto 
Cinquecento  battaglie  e  conquistate 
Mille  città:  come  ricorda,  anch' egli 
Guerreggiò  nelle  Fiandre;  ed  un  amico 
Finalmente  il  freddò,  Bruto  ciarliero. 
Udisti  ciò,  che  in  un  supremo  istante 
Fé'  nelle  Fiandre,  allor  che  il  retroguardo 
Dell'esercito  suo  piegava  in  fuga 
E  l' antiguardo  lo  seguiva;  oppressa 
Dall'onda  de' nemici  l'immortale 
Legione  duodecima  le  spade 
Sguainar  non  potea?  Strappò  lo  scudo 
A  un  soldato  di  man  :  piantossi  in  fronte 
Delle  sue  schiere,  e  ad  uno  ad  un  per  nome 
Chiamando  i  capitani,  impose  loro 
Volger  l' insegne  ed  allargar  le  file 


QA-p^is^^C.-».  -v  •%.-■%.  -v  •v  -v  ■%.  .-a.x'"*  -v  -v  .-^.  ,-v  ,■%.  -V  ■%-  .■<>,-<VV^=a^V] 


.'V\'^\'^V%N'^\'*.Y^\'*.V».\'^VVV^\'%.\'^V^\'^V*V»' 


AMORE    ED    AMICIZIA 

Per  far  luogo  alle  spade,  e  la  giornata 

5  ....  $ 

Fu  sua.  Lo  dissi  e  ridirollo  ognora: 

Se  ben  fatta  desideri  una  cosa, 

Falla  tu  stesso  e  non  fidarla  ad  altri.  » 

$  ...  5 

Tutto  tacque  di  nuovo  :  il  capitano 

Nella  lettura  sua  continuava  : 

$  .    •  5 

Non  si  udìa  nella  stanza  altro  che  il  correre 

$  ....  $ 

Della  penna  stridente  :  il  giovinetto 

Lettere  sovra  lettere  scrivea 

Da  consegnarsi  la  seguente  aurora 
4  !» 

Al  Fiordaliso.  In  ciascheduna  il  nome 

^  ...  $ 

E  le  lodi  correano  di  Priscilla, 

La  Puritana  vergine  gentile  ; 

Tal  che  sul  fine  l' indiscreta  penna, 

!» 
A  cui  del  core  ei  commettea  l'arcano, 

Parve  tradirlo,  in  suo  tenor  cantando 


■^-%.-%.'^'^-%.'%..'^'^-^'V'^'^  .-^v%i  -^   ■*  -^ 


AMORE    ED    AMICIZIA 


E  ricantando  di  Priscilla  il  nome. 

Il  capitano  alfin  chiuse  il  volume 

E  sovra  un  sasso  vi  posò  col  suono 

Che,  calando  il  fucil,  fanno  i  soldati; 

Indi  si  volse  al  giovane  scrivano 

E  gli  parlò:  «  Quando  fornita  hai  l'opra, 

Ho  certa  cosa  di  rilievo  a  dirti. 

Ma  no,  non  tanta  fretta  :  attender  posso  ; 

Esser  non  vo'  precipitoso.  »  Aldeno 

Chiuse  l'ultima  lettera:  rimosse 

L'altre  carte  sul  desco,  e  riverente, 

Levando  il  capo,  come  l'uom  che  attende,      * 

«  Parla,  »  gli  disse  :  «  udrò  quanto  ti  piaccia 

Manifestarmi  :  a  cor  sempre  mi  stette 

Quanto  riguarda  il  capitan  Standese.  » 

11  capitano  allor  parve  confuso 


-  33  — 


Ammalato  di  cor,  non  mi  giovavo 


E  le  parole  bilanciando  disse  : 

«  Non  è  bene  che  l' uom  viva  soletto, 

La  Scrittura  lo  dice,  ed  io  lo  dissi 

In  altro  tempo  e  lo  ripeto  adesso 

E  ne  fo  tutte  l'ore  esperienza. 

Dal  giorno  che  morì  Rosa  Standese, 

La  mia  vita  non  fu  che  un  lungo  pianto  : 

Dell'amicizia  i  farmachi.  Sovente 

Nelle  ore  mie  deserte  e  sconsolate 

A  Priscilla  pensai:  verghi  soletta, 

Padre,  madre,  fratel  tutti  ha  perduti 

Lo  scorso  inverno  :  io  l' ho  veduta  andare 

E  venir  dalla  fossa  d'un  sepolto 

Al  guancial  d'un  morente:  pudibonda, 

Paziente,  animosa,  e  meco  dissi: 

Si 

l  ~  3,  -  j 


■%.-%.'%.'%.'%.'%.'%.'^'%.-%.'%.'*.'».'»-'^'*-'»-'*- 


AMORE    ED    AMICIZIA 


Se  come  in  ciel,  si  danno  angeli  in  terra, 
Due  ne  vidi  e  conobbi  :  un,  che  si  noma 
Priscilla  nella  mia  mesta  giornata 
Il  loco  tien  che  l'altro  abbandonava. 
Questo  pensiero  carezzai  gran  tempo, 
Ma  di  parlarle  ardir  non  ebbi.  Un  vile 
In  ciò  mi  sento,  benché  il  cor  mi  basti 
Per  altre  cose.  Vanne  alla  gentile 
Giovinetta  bellissima  di  quante 
Vivono  in  Plinio,  e  dille  che  un  antico 
Capitano,  uom  di  fatti  e  non  di  ciance, 
Offre  a  lei  questa  mano  e  questo  core, 
Mano  e  cor  di  soldato.  Altre  parole, 
Ben  comprendi  userai  :  so  far  la  guerra, 
Ma  non  le  frasi:  il  mio  pensier  t' ho  detto  : 
Tu,  che  sei  letterato,  in  eleganti 

1 


s 


AMORE    ED    AMICIZIA 


1 

_     1 


N 


Modi  lo  esprimi  e  de'  bei  fior  lo  adorna, 
Di  que'  fiori  del  dir,  che  son  ne'  libri 
Che  parlano  d'amore  e  che  tu  leggi: 
Trova  le  dolci  parolette  accorte 
Atte  a  vincere  il  cor  d'una  fanciulla.  » 


Mentre  ei  parlava,  Aldeno,  il  giovinetto 


^ 


Silenzioso,  dalla  bella  chioma, 
Attonito,  smarrito,  esterrefatto 
Celar  volea  l'orribile  tempesta 
Che  tutto  quanto  lo  agitava:  il  labbro 
Costringeva  al  sorriso  e  pur  sentia 
Dentro  arrestarsi  il  battito  del  core, 
Come  s'arresta  l'orìuol  se  il  fulmine 
Penetrò  nella  stanza.  Ebbe  a  fatica 
Finalmente  la  voce  e  balbettando  : 
«  Tal  messaggio,  rispose,  io  temo  assai 


v 


k*.<     ~36-        A 


>^\'^\'%.\S».\^.\^.\^.N^.\^.\^.\^.\^.\^.'*^.V%.\'%.\^.\'^' 


AMORE    ED    AMICIZIA 


Che  guasterò  :  se  vuoi  che  pienamente 
Risponda  al  tuo  desio,  fallo  tu  stesso  ; 
La  tua  massima  antica  io  ti  ripeto  : 
Servi  te  stesso  e  sarai  ben  servito.  » 
Ma  coli' aria  dell'  uom,  cui  nulla  torce 
Dal  suo  proposto,  il  capitan  di  Plimo, 
Scotendo  il  capo  replicò  :  «  La  massima, 
In  vero,  è  d' ór,  ne  rinnegarla  intendo  ; 
Ma  con  discernimento  usar  si  vuole, 
Ne  buttar  via  la  polvere  per  nulla. 
Or,  come  dissi,  un  tornitor  di  frasi 
Io  mai  non  fui:  montar  posso  all'assalto 
D'una  fortezza  e  comandar  la  resa; 
Ma  di  condurmi  innanzi  ad  una  donna 
Con  simili  proposte,  il  cor  mi  manca. 
Io  de'  moschetti  non  pavento  il  piombo, 


É^* 


—  37  — 

.'^v%.\^\•%.\^.x^^.^.\■%l\'^.\^.\'x.\'%L\^.\•^\^.\^.\'^N•^., 


.■^V^V^V^V^V*k.VV\'%.\'X.V^V>k\'fc.\'^v'%.Y^V%.  .^  ."%. 


"1 


AMORE    ED    AMICIZIA 

!     '       .       .  ì 

Né  le  scaglie  che  vomita  il  cannone  ; 

Ma  lo  scoppio  d' un  -  No  -  che  dalla  bocca 

Partisse  d'una  donna,  io  ti  confesso, 

$  $ 

Che  fammi  abbrividir,  ne  mi  vergogno 

Di  confessarlo.  A  te  quindi  commetto 

La  mia  domanda;  che  tu  sei  maestro 

Nel  giro  trionfai  della  parola 

E  sai  con  arte  lumeggiar  le  frasi.  » 

La  man  prese  all'amico,  che  perplesso 

Stava  e  ritroso  :  nella  sua  la  tenne 

Lungamente  :  la  strinse,  indi  soggiunse  : 

«  Forse  leggero  io  ti  parlai  :  ma  tratti 

Dal  profondo  del  cor  sono  gli  affetti 

Che  a  parlar  m'hanno  indotto:  a  questo  ufficio    $ 

Non  puoi  sottrarti:  lo  domando  in  nome 

Dell'amicizia.  »  -  «  E  bello,  è  santo  il  nome 


—  3S 


l.'^\'%.\'*.\'*\'%.\'m-\'%\-%-\'mr\'%.\'^\'^,\'<k-\'%.\'^,\'%,\'%.\'^' 


AMORE    ED    AMICIZIA 


"^ 


Dell'amicizia,  »  allor  rispose  Aldeno  ; 

«  Quanto  chiedi  in  suo  nome,  io  non  ho  possa 

Di  ricusar.  »  Cotale  ebbe  trionfo 

Il  più  forte  voler  sul  più  gentile  ; 

Amor  cedette  all'amicizia  il  campo 

Ed  Aldeno  si  accinse  al  suo  messaggio. 


ssf^r 


—  39  — 

■v  -v  -v  ■*.  -v  -v  •*.  -v  -v  -v  -v  -v  -v  -v  -v  •*.  -%.  \i 


5! 

\ 

\ 

s 

N 

>. 

s 

?! 

s 

$ 

s 

s 


^V^^\W^\^\^\Wvw^\^\^\^v%.v%v^\Wv'mi' 


j4H\ 


"^f 


! 


I 

s 

5 


»\%\%\»\%\%\««\%\%\%\%\v%\%\»\v 


^±j^ 


■^    -V    -^    ■%.    •V    •^'^'%.'^'%.'V"V'^-%.-V"»'V'»k 


III 


IL  MESSAGGIO  DELL'AMANTE 


.-»'*'%'^'».'%.'^.'^-»,'^-%.'*-V'%."».  -^v^v^- 


■v\'%.\'».\'».v%.v%.\'%.\"^\'<k.v^.\'».\'%.v*.v».  ■%.  ■%.■».  ■%.  , 


I 

s 

ì 

I 

Jl 

! 

i 

i 


.■^.V%.V%.V^Y*Y»LY<kY%Y*.V%.V%.V^V».\'lk\'^V^V^V 


.^d^gg 


.'^.N'V  ,'%.'^-%.'^.'^'».'».,».'V'*.'V'»-'»-"V"*-'*- 


Il  più  forte  voler  così  vittoria 
Ebbe  del  più  gentile.  Uscì  dal  borgo 
Il  giovinetto:  entrò  nelle  foreste 

0 

Solinghe,  ove  fringuelli  e  pettirossi 
Sui  popolosi  tronchi,  entro  giardini 
Di  pensili  verzure,  edificando 
Stavano  le  tranquille  opache  reggie, 
Reggie  d'amor,  di  libertà,  di  gioia. 

—  43  — 


i 

i 

«. 

s 

S 


«d^É 


.'^)^\m.\'^.\^\^k\'».v*.v*.'\'*.\^.v%.v%.v%.\m.\'».\'K\^.' 


II.    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 


*^f 


Era  quanto  vedea  silenzio  e  pace  ; 


Ma  nel  suo  cor  terribile  tenzone 
Coli' amicizia  combattea  l'amore, 


Col  più  nobile  istinto  il  più  giocondo  : 
Innanzi,  indietro  i  suoi  pensier  nel  petto 
Andavano  e  venian,  come  ne' fianchi 
D'un  vascello,  che  affonda,  ad  ora  ad  ora 
Del  gonfiato  Oceàn  batte  la  sferza. 
«  Dunque,  »  dicea  con  lamentosa  voce, 
«  Io  lascierò  le  mie  speranze,  i  sogni 
Più  cari  della  vita?  Amai  per  questo, 
Per  questo  attesi  ed  adorai  tacendo  ? 
Il  pie  fuggiasco  di  Priscilla  e  l'ombra, 
A  mezzo  verno  attraversando  i  mari, 
Seguii  per  questo  a'  desolati  scogli 
Della  Nuova  Inghilterra?  Aldeno,  Aldeno, 


—  44  — 


.'^VVV».V%.Y^\'%.Y^\'^\'%.\^V^\'^\'%.\'^Y%.\'%.\'%.\'^.' 


IL    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 

Bada  che  il  core  inganna  :  è  veramente 
Bugiardo  il  cor:  da' suoi  corrotti  fondi, 
Come  infetto  vapor  dalle  paludi, 
Sorgono  blande  immagini  in  sembianza 
D'angeli  luminosi  e  son  lusinghe 
Di  Satana.  L' inganno  or  m' è  palese, 
Lo  sento,  lo  conosco.  E  dell'  Eterno 
Questa  la  mano,  che  su  me  si  aggrava, 
Perchè  del  core  seguitai  le  brame 
E  ad  idolo  nefando  arsi  l'incenso. 
Or  questa  croce  sopportar  m' è  forza, 
Perchè  colpa  e  mercè  siano  d' un  modo.  » 

Così  di  Plimo  attraversando  i  boschi 
Giovanni  Aldeno  al  suo  messaggio  andava. 
Passato  a  guazzo  il  rio,  dove  susurra 
Più  sottil  sulle  ghiaie,  ei  già  cogliendo 


—  43  — 

6 


r 


.■%.v%.v%.v^v^v^v*.w .■%.-*•%.-  '%.'».'».  ,w\w^ 


IL    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 


Lungo  la  valle  il  candido  mughetto, 
Creatura  gentil,  che  nel  deserto 
Olezza  non  veduto  e  di  sue  foglie 
All'ombra  s'addormenta.  Puritano 
Fior  lo  chiamava  Aldeno  :  umil,  soave, 
Come  son  le  fanciulle  Puritane, 
E  Priscilla,  lor  Sole.  «  A  lei,  »  dicea, 
«  Recherò  questi  fiori,  a  lei  modesta 
E  semplice  e  gentil,  come  son  essi  : 
In  lor  muto  linguaggio  a  lei  daranno 
L'ultimo  addio:  poi  vizzi  e  scolorati 
Sparsi  sul  suolo  ed  obbliati  andranno, 
Come  il  core  sarà  di  chi  donolli.  » 
Cosi  di  Plinio  attraversando  i  boschi 
Giovanni  Aldeno  al  suo  messaggio  andava , 
Quando  all'aperto  riuscendo,  innanzi 


JL  -m-  j 


'%.'V'V'%.'V'%.'%.'X.'».'». 


IL    MESSAGGIO 


dell'amante 


Si  vide  1'  Oceàn  senza  una  vela, 
.Tetro,  gelato  all'aura  di  Levante; 
Vide  le  nove  case  ed  il  lavoro 
Ferver  ne'  campi.  Udì,  come  fu  presso 
Al  limitar,  la  voce  di  Priscilla 
Che  con  dolcezza  d'Angelo  cantava 
Il  centesimo  salmo,  il  Puritano 
Inno  maggior,  cui  musicò  Lutero, 
Ale  aggiungendo  alle  parole:  un'aura 
V'è  trasfusa  di  cielo  a  refrigerio 
E  conforto  di  molti.  Il  giovinetto, 
Come  la  porta  apri,  vide  la  forma 
Della  fanciulla  al  filatoio  assisa,  <» 

Che  di  cardata  lana  a'  suoi  ginocchi, 

Soffice  come  neve,  un  monte  avea.  S 

*  ...  » 

Con  la  candida  man  nutriva  il  fuso  > 


L.      —      i 


* 


«I 


-I 


* 


* 


.■^Y^v^v*vfcv*v%.v»v»v'*v'*v».v<kvmv^\''*\-».v^ 


IL   MESSAGGIO    DELL'AMANTE 


Vertiginoso  ed,  il  pedal  premendo, 
Della  rota  guidava  il  movimento. 


Aperto  in  grembo  le  posava  il  libro 


Ben  logoro  de'  salmi,  in  Amsterdamo 


Col  pio  commento  d' Ainsuarto  impresso, 


In  un  volume  musica  e  parole  ; 


Sgorbi  di  note  si  vedean  negli  angoli, 
^        Come  lapidi  infisse  alle  muraglie 
De' cimiteri:  come  rete,  in  mezzo 
Pendeano  i  tralci  de' versetti.  Il  canto 
Dal  volume  togliea  la  Puritana 
Vergine  che,  romita  alla  foresta, 
L'umile  casolar  non  d'altro  ornava 
Che  delle  grazie  della  sua  persona, 
E  non  d'altro  arricchia  che  del  lavoro 
Delle  sue  mani.  Sovra  il  cuor  d' Aldeno, 


4vs  _ 


•^V^V*V«V^V^V^\mYm\'^\'^V^\'^V^V«.Y<*Y%.Y^ 


•»  ,-v  -^  -^  "V  ■%.  -^  •%.  ■%.  .^.  ^  .^  M  ^  ■*  ^«kN^X 


II.    MESSAGGIO    DELL'AMANTK 


Come  gelido  vento,  a  quella  vista 
Cadde  il  pensier  de'  suoi  svaniti  sogni, 
E  vergogna  e  dolor  del  suo  messaggio. 


* 


* 


* 


* 


Che  n'avea  sulla  soglia  il  passo  udito, 


—  49  — 


* 


La  vita  cdi  sembrò  scuro  deserto 

5                            ...  $ 

Popolato  di  pallide  sembianze,  $ 

D'inutili  rimorsi  e  di  querele.  > 

Ma  poi  disse  a  se  stesso  e  fieramente  * 
Lo  disse:  «  Chi  la  man  pose  all'aratro 


o 


* 


Indietro  non  si  volga,  anche  se  forza 


H 


Gli  sia  passar  sui  fiori  della  vita, 


* 


Sovra  l' ossa  de'  morti  e  de'  viventi 


* 


Sovra  il  core  :  il  voler  questo  è  di  Dio, 


s 
E  di  Dio  la  mercè  dura  in  eterno.  »  ^ 


* 


Appena  entrò,  che  della  rota  il  suono 
Ed  il  canto  cessar  :  la  giovinetta, 


: 
: 

s 

: 

\ 


IL    MKSSAGGIU    DELL'AMANTE 

Ratto  levossi  e  di  saluto  in  segno 
La  man  gli  porse  e  disse  :  «  Io  vi  conobbi 
Al  passo  nella  via  :  di  voi  pensando 
Io  cantava  e  filava.  »  Stupefatto 
E  muto  per  la  gioia  che  il  ricordo 
Di  lui  si  fosse  mescolato  all'  inno 
Religioso,  che  dal  core  uscìa 
Della  fanciulla,  un  po'  ristette  :  i  fiori, 
Parole  non  trovando  a'  suoi  pensieri, 
Egli  le  diede  per  risposta.  In  mente 
Allor  gli  venne  il  dì  di  queir  inverno, 
Quando  dopo  una  subita  nevata 
Ei  dal  villaggio  uscito,  traboccando 
Ed  affondando  il  pie  negli  alti  mucchi 
Che  ingombravano  l'aia,  entrò  lordando 
Co'  pie  sparsi  di  neve  il  pavimento  : 


1 

TTTTTTTT1  --fT-TT-fT  if^       ^LZj 


>."^\^kV%.Y%.   '^.'V'V'V-V-V'V-^.-V'V'V'V-V'V 

IL    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 

Vedea  la  giovinetta  in  riso  effusa 
Al  mirarlo  di  neve  asperso  i  crini  ; 
E  la  grazia  vedea  con  che  gli  trasse 
Una  seggiola  al  foco  ;  e  non  gli  tacque 
L'immensa  sua  felicità  che  a  lei 
Pensato  avesse  in  quell'orribil  giorno. 
Le  avesse  allor  parlato  !  Indarno  forse 
Non  avrebbe  parlato.  Ora  il  momento 


Aureo  passò  !  Così  tutto  confuso 
Stava  lì  vei'gognando,  a  capo  basso, 


E  per  risposta  le  porgeva  i  fiori. 

Si  posero  a  seder  :  pailàr  d' uccelli 
E  della  bella  primavera  :  il  nome 
Risuscitaro  di  lontani  amici 
E  molto  ragionar  del  Fiordaliso 
Pronto  a  sciorre  le  vele  il  dì  seguente. 

j 


IL    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 
$  .  $ 

«  Io  Y  intera  giornata  andai  pensando,  » 
La  Puritana  vergine  dicea, 
«  Tutta  notte  sognai  gli  orti  e  le  siepi 
Della  vecchia  Inghilterra  :  or  sono  in  fiore 
E  un  giardin  tuttaquanta  è  la  campagna. 
Sognai  que'bei  viottoli:  sull'alba 
Dell'allodola  il  canto  e  del  fanello: 
Vidi  i  chiassuoli  del  villaggio  ;  e  vidi 
Le  note  facce  de'  vicini  in  giro 
Far  capannelle  e,  com'è  l'uso  antico, 
Novellando  indugiar.  Vidi  la  chiesa 
In  capo  della  via  :  la  vecchia  torre 
D'ellera  ricoperta  e  le  quiete 
Chiostre  del  cimitero.  Io  non  mi  dolgo 
Di  color  con  cui  vivo  :  amo  la  fede 
De'  padri  miei  :  ma  questo  cor  non  posa 

J 


kx'».\^.\».\^.\*.\m.x^.\m.\m.x^.\'*.\m.\^.\^.\^.\« 


IL    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 


"W*5ES^S 


E  con  crescente  desiderio  anela 


Alla  vecchia  Inghilterra.  Un'incostante 
Voi  mi  direte  ;  ma  non  so  tenermi  : 


Alla  vecchia  Inghilterra  io  penso  sempre; 

Così  solina:a  e  misera  mi  trovo.  » 

$  .      .     .  * 

Rispose  il  giovinetto  :  «  Veramente 

Condannarvi  non  so:  più  forti  cuori, 

Che  il  femminil  non  è,  di  questo  inverno 

Alle  prove  terribili  piegaro. 

Tenero  è  il  vostro  e  d'un  più  forte  ha  d'uopo 

A  cui  si  appoggi.  Ora  io  men  venni  a  voi 

Coli' offerta  e  profferta  d'una  mano, 
*  ^. 

Della  mano  d' un  uom  prode,  leale, 

Miles  Standese,  il  capitan  di  Plimo.  » 

Così  fé'  l'ambasciata  il  frettoloso 

Di  lettere  scrittoi*:  d'amene  frasi 

£j*J»|V*''l    11      I     1  "  1 1  '  "»    1    1  '  ~>    1    ~ ■  ■  -»     -li— 1  •T**^'    l~***gy  "^ 


\ 


."%.\^v%.-  '^•%.'V'%.'».-»l'%.'^^.'».  ^LS'WW^Vfc,' 


IL    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 


■»  li 

Non  fiorì  l'argomento  e  non  l'espose 
Con  giri  lusinghevoli  :  diritto 
Lo  sbalestrò,  come  un  fanciul  settenne 
Avrebbe  fatto  :  appena  il  capitano 
Parlato  avria  così  reciso  e  franco. 
Meravigliando,  muta  e  dolorosa 
Priscilla  nel  garzon  fise  tenea 
Le  sbarrate  pupille  :  ogni  parola 
Le  piombava  sul  core  e  le  togliea 
Dal  labbro  la  parola.  Alfin  rompendo 
Quel  silenzio  mortai  proruppe  e  disse  : 
«  Se  il  glorioso  capitan  di  Plimo 
Agogna  la  mia  man,  perchè  non  viene 
Da  se  ?  Perchè  la  briga  non  si  prende 
Di  favellarmi  e  trattenermi?  Indegna 
Se  d'un  suo  passo  io  son,  degna  non  sono 


—  54  — 


3,'%.\'^Y^\'^VV\'^\-%.\'%.\'^.\'^Y%.\'*k\'%kV^\'*.Y%.\'^\'^ 


IL    MESSAGGIO    DEL 


-^SE 


D'esser  richiesta.  »  Allor  s'accinse  Aldeno      * 

*  ...  ** 

La  materia  a  chiarir  ;  ma  favellando 

*  .  .  .  $ 
Vieppiù  l'intorbidava.  «  Il  capitano, 

Dalle  faccende  oppresso,  »  egli  dicea, 

«  Tempo  non  ha  per  tali  cose.  »  A  questa      1 

Parola  —  tali  cose  —  arse  Priscilla 

E  ratta  come  fulmine  rispose  : 

«  S'ei  non  ha  tempo,  spasimato  amante, 

Per  tali  cose,  come  voi  le  dite, 

Lo  troverà,  lo  cercherà  marito  ? 

Così,  uomini,  fate  :  un  libro  chiuso 

È  la  donna  per  voi.  Dopo  che  occhiando 

Questa  e  quella,  scegliendo,  rigettando, 

Paragonando,  finalmente  in  una  > 

Arrestate  il  pensiero  e  manifesto 

_  .  ,  .      ,. 


Con  imprevvista  e  subita  dimanda 


s 
* 


lo 


S^^^^N^S^N^NWOWvW^.V^.V^^V^vms^Vmvmvmv* 


IL    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 

Fate  il  vostro  desio,  sdegno  vi  prende 
Ed  offesa  chiamate  e  tradimento, 
Se  la  donna  all'amor  non  corrisponde, 
Ad  un  amor  di  cui  mai  non  s'accorse  ; 
E  se  d'un  salto  al  vertice  non  giunge 
Verso  cui  rampicate.  Iniquo  orgoglio  ! 
Che  della  donna  il  core  non  è  cosa 
Che  si  guadagni  sol  col  farne  inchiesta. 
Se  verace  è  l'amor,  più  che  a  parole 
Lo  si  mostri  co'  fatti.  Se  cercata 
Cotesto  vostro  capitan  m'avesse 


E  mostrato  d'amarmi,  al  laccio  forse 


5 

Potea  farmi  calar,  vecchio  e  rubesto 

\ 

5 


Com'è:  ma  ciò  non  avverrà  più  mai.  » 

Aldeno,  come  sordo  alle  parole 
Della  fanciulla,  manteneva  il  campo 


-  5G  — 

U\^\m\«\*\»>«\t\»\m\ww^\%\^\»' 


w^ 


IL    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 


In  favor  dell'amico,  dichiarando, 


Sollecitando,  perorando  :  il  senno 
E  l'ardir  ne  pingea  :  le  sue  battaglie 
Nelle  Fiandre  contava;  e  come  elesse 
Col  popolo  di  Dio  partir  gli  stenti, 
Tal  che  per  giusto  guiderdon  di  Plinio 
Lo  nomar  capitano.  Illustre  germe 
D'illustre  sangue  ei  risaliva  ad  Ugo 
Standese  di  Dussburi,  inclito  conte 
Di  Lancastro,  maggior  prole  di  Ralfo 
E  pronipote  di  Turston  Standese: 
Erede  di  gran  terre,  onde  fu  spoglio 
Iniquamente  ;  ancor  l'arme  portava 
Della  famiglia,  un  gallo  in  campo  bianco 
Attraversato  da  vermiglie  sbarre 
Con  altri  fregi.  Uomo  d'onor,  di  franca 


—  57 


lO%V%V%\'%\'%\*\'*.V%.VV\-».-.'«kV%V^V%V^N^\'^V* 


IL    MI 


'V-»>'V'%.'%.-V'%.'%.'V-V-».-%.-V'%. 


* 


MESSAGGIO    DELL'AMANTE 


Generosa  natura,  il  piglio  aveva 


s 


Alquanto  brusco,  ma  gentile  il  core  ; 


* 


Ed  ella  stessa  avea  visto  quel  verno 


* 


Con  che  dolce  pietà,  come  di  donna, 


Ei  curasse  gì'  infermi  :  impetuoso, 


\ 


\ 


Iracondo,  ostinato,  non  si  nega, 
Ma  placabile  sempre  e  sempre  aperto. 
Ne  si  vuole  deridere,  se  breve 
E  di  statura,  che  altrettanto  è  grande 
Di  cor,  leal,  magnanimo,  cortese; 
Ogni  donna  di  Plinio,  anzi  di  Londra 
Dir  fortunata  si  potria,  se  in  dito 
Le  ponesse  Panel  Miles  Standese.  » 

Mentre  il  giovine  orava  e  s'infiammava 
Nel  suo  facondo  e  semplice  linguaggio, 
Dimentico  di  se,  pieno  de'  vanti 

ì  ■     J 

A 

%n»^%n^»>»v« s—^ .— . r -,--,  -,.-,.1-.^- — ^y^H 


IL    MESSAGGIO    DELL'AMANTE 

Del  suo  rivai,  la  vergine  ridea  : 

Indi  con  voce  tremola  e  con  occhi, 

Che  nel  riso  nuotavano  :  «  Perchè 

Non  parlarmi  per  voi,  »  disse,  «  Giovanni?  » 


^r^T 


-  Va 


■%.v*.v*.xm.\^.\^.s^.v«k\m.\'%.\^k\.^.\^.\^.\^.\*k.\^\^' 


^^f 


i 

s 

I 


N 

I 


.'%.\^\^\^V%.VVV».V^Y^V%.\^\'%.\'».V^\^.\'^.\'%.\».< 


Wr^* 


•^^N^^,k-v».\^\^\^\^v%.\^\^.'<$ik.\'».\^.\'^.\m.'<*fc: 


! 


IV 


GIOVANNI   ALDENO' 


ÉM* 


\ 


,%\'V\%\%\^\'V\%\V.'V\X\%\X\%\%\'V\*\%W 


s^^ 


' '•■*■  ■*'«.'*■'*■'»..'%.'%..'».  ■».v*.v%.\'<k.\'%.v%.Y%.y^- 


: 


1 


I 


L^^N^\^\^^^^^\^\^\'«.Y%.vm.\•«.\•*.v«.\'«.\'m.\■*N< 


•*"%.'%.'%.'».•%.-».'%■'»■'»''»■ 


! 

: 


\ 

s 

\ 

s 

: 

s 

: 

s 


Fuor  dalla  soglia,  incerto  e  spaventato 
Gittossi,  come  un  folle,  il  giovinetto, 
E  smaniando  il  pie  rivolse  al  mare. 
Passeggiava  su  e  giù  per  l'alta  sabbia, 
Ed  il  capo  scopriva  a  freschi  soffi 
Dell'aura  orientai  che  gli  spegnessero 
L'orribil  febbre  che  gli  ardea  nel  sangue. 
Come  di  Patmo  un  dì  l'Evangelista 


-  63  - 

.■%.•%. ■  ■%.  -v  -v  -v  -v ■  ■%.  ■»-  "»■  -v  ■*.-».'«.'»•  •»■  "»■'  -v^Oi—: 


\ 


s 


s 


t\wc%>^\^\^\^\^v».\'^v%.\'%.v»v%.v»v^iY^\-^ 


GIOVANNI    ALDENO 


"5P^? 


Nella  sua  vision  scorse  dal  cielo 

Bella  d'apocalittici  splendori 

Lenta  calarsi  la  città  di  Dio  : 

Lento  così  tra  vaporose  nubi 

Di  rubin,  di  diaspro  e  di  zaffiro, 

Vermiglio  e  grande  il  Sole  discendea  ; 

E  sulle  torri  mobili  dell'aria 

L/  Angel  raggiava,  che  con  aurea  verga 

Della  città  parea  segnasse  il  giro. 


«  Vieni,  vieni,  »  sclamava  forsennato 

S  ....  5 

Il  garzon,  «  vieni,  vieni,  o  d'Oriente 
Vital,  consolatrice  aura,  che  movi 
Dalle  caverne  Atlantiche  !  Passando 
Pe'  prati  interminabili  di  musco, 


Che  son  letto  e  giardino  all'  Oceano, 
Sull'ardente  mia  fronte  il  bacio  imprimi  ! 


! 


J 


GIOVANNI    ALDENO 


Nel  vapor  della  tua  veste  mi  chiudi, 
E  sopisci  l'ardor  che  mi  divora  !  » 

Come  inquieta  coscienza,  il  mare 
Si  agitava  mugghiando,  e  della  spiaggia 
Iroso  percotea  l' instabil  sabbia. 
Nell'anima  d' Aldeno  era  una  pugna 
D'opposti  affetti  :  trionfante  amore 
E  coronato  ;  l'amistà  ferita 
E  sanguinosa  ;  di  natura  il  grido, 
E  del  dover  la  vindice  rampogna. 
«  Che  colpa  ho  io,  »  dicea,  «  se  la  fanciulla 
M' ha  preferito  ?  E  colpa  mia  se  l'altro 
Posto  è  in  un  canto,  e  vincitore  io  sono  ? 

Ma  nel  cor  gli  tonava  un'altra  voce 

$  .   .  .  * 

Terribil  come  se  dal  ciel  discesa: 


«  Ciò  non  piace  al  Signore  !  »  Al  fallo  allora 


—  65  — 


>m  ■».■»%.  -^  •».  ■%.  ■».  ■*.■».'%.-».'».%.■%.  %\%\%' 


il 


,».\'%.V%.V%N^V^N,%.VI».V*V^\^.V^\^  ■%.  ■%.  -».v%.v^' 


GIOVANNI    ALDENO 


Di  Davidde  pensava,  a  Bersabea 
Dalla  bella  persona,  ed  all'amico 


In  fronte  delle  squadre  a  morte  esposto. 
Turbamento,  rossor,  sdegno,  rimorso 
E  pentimento,  che  se  stesso  accusa, 
L'assalirono  a  un  tempo  :  costernato, 
Abbattuto,  contrito  ei  già  sclamando  : 
«  Ciò  non  piace  al  Signor  !  Satàn  mi  tenta!  » 

Allor,  levando  il  capo,  alla  marina 
Volse  lo  sguardo  e  tra  le  fitte  nebbie 
La  grande  ombra  mirò  del  Fiordaliso, 
Che  sull'ancora  surto  si  cullava 
Al  tornar  delle  placide  correnti, 
Pronto  a  far  vela  colla  nuova  aurora. 
Udì  le  voci  :  udì  sulla  coperta 
Lo  strider  delle  gomene,  il  comando 


T°L~^ 


p 


n\%\%\%\%\%\%\%\%\%\%\VM\%\%\%VV« 


GIOVANNI    AI.DENO 


Del  piloto  e  il  clamor  de'  marinari 

i» 
Distinto,  ma  non  alto,  che  nell'ombre 

Si  perdea  del  crepuscolo.  Ristette, 

Tese  l'orecchio,  contemplò  le  vele  ;  ^ 

Indi  a  guisa  dell'  uom,  ch'alia  veduta 

D'uno  spettro  si  arresta  e  poi  veloce 

Drizza  il  suo  corso  dove  l'ombra  accenna, 

Precipitoso  si  levò  dal  lido.  * 

Ei  fra  sé  mormorava  :  «  Or  manifesta 

M'è  la  man  del  Signor,  che  dall'ambascia 

Che  mi  dilania  il  core  e  dai  deserti  y 

Dell'Oceano,  che  m'avvolge  e  serra 

Nell'ondosa  prigion,  fuori  mi  guida. 

Il  mar  ripasserò  :  questa  fatale 

Contrada  vo'  lasciar,  lei  che  non  posso 

Tormi  dal  cor,  lui  che  il  mio  core  offese. 

L.    —     .J 


GIOVANNI    ALDENO  <>} 


\ 


\ 


\ 


5  ì 


\ 


Rivedrò  l'Inghilterra.  Ivi  posando 
Nel  verde  antico  cimitero  a  fianco 


Della  mia  genitrice  e  de'  miei  cari, 
Meglio  è  dormir  negletto  ed  obbliato, 


Che  trai"  nell'onta  e  nell'infamia  i  giorni. 


In  quella  buia  sotterranea  stanza 
Giacerà  pur  sepolto  il  mio  segreto 
Ignorato  dal  mondo,  a  somiglianza 
Di  sotterrata  gemma,  che  risplende 

Sovra  il  dito  d'un  morto,  e  sarà  pegno 

*  ...  * 

E  di  nozze  immollali  augurio  e  speme.  » 

*  v  ,  .      .  * 

Così  parlò  :  poi  risoluto  e  saldo 
Nel  suo  proponimento,  alla  marina 

Volse  le  spalle  ed  i  silenzi  e  l'ombre 

*  .5 
Traversando  del  bosco,  arder  non  lungi 

$         I  sette  lumi  delle  sette  case 

!»  5i 

1  — -  1 

LaJ^  /Vy>N -l.-l.-l.-l.-l.-l.-ll.-t..1.n.-l.-l.-l.-ll— p-, "^ — ^tilj 


GIOVANNI    ALDEXO  J 


Vide  di  Plinio  :  era  già  l'aér  bruno. 
Tosto  che  pose  sulla  soglia  il  piede, 
Vide  il  suo  paventato  capitano 
Che  sedea  solo,  tutto  quanto  assorto 
Nelle  guerre  di  Cesare,  pugnando 
Con  lui  grandi  battaglie,  o  nel  Brabante 
O  nelle  Fiandre.  «  Lento  tu  ben  fosti 
Nel  tuo  messaggio,  »  sorridendo  ei  disse, 
Com'uom  che  attende  una  risposta  e  tema 
Dell'esito  non  ha.  «  Molto  lontana 
Quella  casa  non  è,  benché  la  selva 
La  divida  da  noi  :  tanto  tardasti, 
Che,  durante  la  gita  ed  il  ritorno, 
Dieci  battaglie  ho  combattute  ed  arsa 
E  saccheggiata  una  città.  Vien,  siedi, 
E  per  filo  e  per  segno  il  fatto  esponi.  » 


—  69  — 


Y'^.v^.v^.v^v^v*.-  :%.\  ■%.-  .^.v%.v%.v%.\^.v%,v^\^v%,v<k 


GIOVANNI    ALDENO 

Allor  Giovanni  Aldeno  il  labbro  aperse 
E  narrò  la  mirabile  avventura, 
Minutamente,  dal  principio  al  fine, 
Così  com'era  occorsa  ;  come  vide 
Priscilla,  e  come  la  gentil  proposta 
Le  fé':  cercava  con  soavi  modi 
Del  rifiuto  di  lei  temprar  l'amaro. 
Ma  quando  alfine  di  Priscilla  venne 
Alla  domanda  tenera  cotanto 
E  cotanto  crudel,  «  perchè,  Giovanni, 
Non  parlarmi  per  voi  ?  »  ratto  levossi 
L'infuriato  capitan  di  Plimo, 
E  col  piede  percosse  il  pavimento, 
Tal  che  sul  muro,  onde  pendea,  l'usbergo 
Mise  un  tintinno  di  sinistro  augurio. 
L'ira  accolta  scoppiò,  siccome  scoppia 


70  - 


?.-^\^\'^\'«.\-^\'^\-^\'%.\i.\'»,\'^\,».\'^\'*,\'^.\^.\'«.\^»-< 


GIOVANNI   ALDENO 


"^ 


Una  granata  e  lo  sterminio  avventa. 

Con  rabbioso,  selvaggio  urlo  ei  proruppe  : 

«  Giovanni  Aldeno,  traditor  tu  sei  ! 

Me,  me,  l'amico  tuo,  Miles  Standese 

Hai  tradito  e  spogliato  !  Un  de'  miei  avi 

Piantò  la  spada  d' un  Tilèro  in  core  ; 

Chi  mi  tien,  chi  mi  tien,  che  non  ti  passi 

Con  questa  mia  ?  Vii  traditor  !  Supremo 

Di  tutti  i  tradimenti,  il  tradimento 

Dell'amicizia!  Io  t'ho  sotto  i  miei  tetti 

Ricoverato  :  ti  guardai,  t'amai, 

Come  fratello  :  al  mio  desco  sedevi, 

<< 

Bevevi  alla  mia  tazza  :  io  l'onor  mio, 
Io  gli  arcani  più  santi  t'affidai  ; 
E  tu,  Bruto  novel  !...  Sia  maledetto 
Dell'amicizia  quind' innanzi  il  nome! 


L         --       Là 


^V"fcV%.V»^'^V*V%^'^Y^\'^V»V^V»V^VmVWv'»\W< 


GIOVANNI    ALDENO 


Amico  tu  mi  fosti,  come  Bruto 
A  Cesare  :  tra  noi  nulla  più  sia 
Che  implacabil  furore  e  guerra  e  morte  !  » 

Così  parlava  il  capitan  di  Plimo 
Gorgogliando  e  sbuffando:  a  lunghi  passi 
Misurava  la  stanza,  e  come  funi 
Grosse  le  vene  delle  tempia  avea. 
Mentre  in  tal  guisa  smaniava,  apparve 


\ 


\ 


Sul  limitare  un  uom  con  un  messaggio 


w\i     m*r\r\     viliAiTn       T  Tri     cnl^ifn    l'^m/M*** 


Di  gran  rilievo.  Un  subito  romore 


S'era  sparso  di  guerra  e  d'un  assalto 


Di  Pelli  Rosse.  Immantinente  il  fiero 
Capitano  ristette  e  senza  verbo 
Più  dir,  ratto  dal  chiodo,  ov'era  appesa, 
Staccò  la  scimitarra  e  la  guaina 
Ponderosa  d'acciaio  :  intorno  a'  fianchi 


I 


5J 


.^vmv^s^vms^\mv^vm\^k\^v^vmv^v^\ms^\w 


GIOVANNI    ALDENO 


La  cintura  si  avvolse  ed  aggrottando 

Le  ciglia  uscì.  Soletto  nella  stanza 

Il  giovane  restò,  che  della  spada 

Il  tintinnar  udiva  a  poco  a  poco 

Dileguarsi  e  morir  nella  distanza. 

In  pie  rizzossi  :  guatò  fuor  nel  buio, 

- 
E  l'aura  fresca  sulle  guance  accolse 

Roventi  per  l' insulto.  Al  cielo  gli  occhi 

Levò  :  fé'  croce  delle  braccia  al  petto, 

Come  solea  bambino,  e  nel  silenzio 

Notturno  a  Lui  pregò  che  vede  i  cuori. 

Torbido  intanto  e  minaccioso  in  vista 

L' iracondo  guerriero  iva  al  Consiglio, 

Che  già  s'era  raccolto  e  mormorava 


Del  suo  ritardo.  Era  un'eletta  schiera 
D'uomini  austeri,  al  portamento  gravi, 


GIOVANNI    ALDENO  i' 

I  !  ^ 


D'età  mezzana:  un  sol,  come  montagna 
Prossima  al  ciel,  con  neve  in  sulla  cima, 
Stava  tra  lor,  non  per  l'età  curvato, 
Ma  dritto  e  saldo,  l' anzì'an  di  Plinio. 
Iddio  tre  regni  avea  vagliato  in  cerca 
Del  buon  frumento  :  indi  il  vagliato  erano 
In  questa  bella  terra  avea  gittato, 
Seme  di  grande  nazì'on.  Tal  era 
Del  popolo  la  fé'  :  tale  il  racconto 
Delle  cronache.  Innanzi  all'assemblea 
Stava  un  selvaggio  sino  a'  fianchi  ignudo, 
Torvo  a  veder  :  sul  banco  era  una  Bibbia 
Grave,  legata  in  cuoio,  aspra  di  borchie, 


In  Olanda  stampata  :  accanto  ad  essa 

Riluceva  d'un  crotalo  la  pelle 

Piena  di  freccie  a  guisa  di  turcasso,  ■  *! 

Ì  -  74  -  j 


■%.'^-%.'%.'*.'v'%.'%.,%.'%.'v'*.'v"v'^'»-'*-'*'; 


"*1 

GIOVANNI    AI.DENO  Z', 


—    éO 


k-^v*.  ■*.  -v  ■».  -v  -v  VV%\%\Vl%\V%\VWW 


Che  avea  di  sfida  e  di  battaglia  in  segno 

Il  selvaggio  portata.  Il  capitano 

In  questa  pelle,  sull'entrar,  lo  sguardo 

Fermò  :  dell'assemblea  le  discordanti 

Opinioni  udì  sulla  risposta 

Da  farsi  al  messaggero.  Concertavano, 

Dettavano,  opponevano:  una  sola 

Voce  pregava  per  la  pace,  il  degno 

Anziano  di  Plinio  :  a  suo  vedere 


Partito  era  più  saggio  e  più  cristiano 
Di  que'  meschini  battezzar  qualcuno, 
Che  abbandonarli  tuttiquanti  al  ferro. 


n 


* 


Allor  l'arcigno  capitan  di  Plinio, 

Miles  Standese.  borbottando  (l'ira 

Gli  avvolgea  nelle  fauci  la  parola), 

«  E  che  ?  »  dicea  ;  «  pensate  che  la  guerra 


>-^^^X>k\^\^\^\^\^\^\^\^\^V».\'^.V%.V%.V%.V^.' 


GIOVANNI    ALDENO 


I 

Sulla  chiesa  quell'obice;  o  per  questi 


Si  faccia  con  ciambelle  ed  acqua  nanfa? 
E  pe'  rossi  scoiattoli,  che  stassi 


Sozzi  demoni  dalla  Pelle  Rossa? 


Unica  lingua,  che  il  selvaggio  ascolti, 
E  la  lingua  di  fuoco,  che  gli  parla 
Da  una  bocca  di  bronzo.  »  All'  anziano 
Sembrar  parole  irriverenti,  e  disse  * 


Turbato  alquanto  :  «  Non  così  San  Paolo, 
Non  pensavan  così  Luca  e  Giovanni  ; 
Ne  dalla  bocca  d' un  cannon  le  lingue 
Ignee  parlaro,  che  parlaro  al  mondo.  » 
Ma  la  dolce  rampogna  al  duro  orecchio 
Di  Standese  non  giunse  :  che  vicino 
Fattosi  al  banco,  seguitò  parlando: 
«  A  me  questa  materia,  a  me  soltanto 


.^S^.  v^.    •*.    ^.    ■%.■*.-■*.».*.'•».     ^k.    "^    -^.    'W    ■%.■  .■*.> 


GIOVANNI    ALDENO 


"q^ 


*  •      S'appartien  di  diritto.  Orrihil  arte 
E  la  guerra  :  ma  dolce,  come  rose, 
È  l'odor  della  polvere,  se  giusta 
E  la  cagione.  Alla  superba  sfida 
Cotal  risposta  invia  Miles  Standese.  » 

Così  dicendo  dalla  cava  pelle 
Del  crotalo  levò  l'acute  frecce, 
E  sino  all'orlo  empiutala  di  polve, 
Al  selvaggio  la  rese.  In  tuon  tremendo 
Indi  soggiunse  :  «  Prendi  ;  è  la  risposta.  » 
In  silenzio  ssruisciò  fuor  della  stanza 
Lo  scintillante  ambasciator  portando 
Del  serpente  la  pelle;  e  ad  un  serpente 
Simile  ei  stesso  in  tortuoso  corso 
Fra  le  macchie  sparì  della  foresta. 


.'%.\^\'%N<fc.VV\^\'%\%.V*,\m.V%.'>  '».'%.'%.  ■%V%.WV%.V 


■^\^\^\^\^\^\^\^\^\m.\m.V».\'^V%.V%.\-».\-*V».S 


>•%.  ■*.-%.  .'%.■%.'%.'%.'%.'».  -v  ■*..-%.  -v  -v.  •*.•.-*. .-%. .-%.- 


-^ 


V 


LA  PARTENZA  DEL  FIORDALISO 


\ 
\ 

! 

I 

! 
I 

ì 


1 


^^v^v*s^v*.v^v»v*V'kv%.v*v»v<k\^v^v^( 


! 


i 


.+ 


! 


I 


kv*v*v*^\^\'*\'%.vm.vmvmv%.v».\^v^Y^v»Y^>< 


■^  -^  -*  -^  -^  ■%.  ^v^v^v^v^v^v^v^v^v^v^v 


a 


Alla  punta  del  dì,  quando  la  nebbia 
Grigia  dai  prati  si  solleva,  in  Plinio 
Addormentato  ancora,  è  moto  e  suono; 
Suon  di  spade  e  fucili  ;  odi  il  guerriero 
Compresso  grido  -  Avanti  ;  -  odi  un  tumulto 
Misurato  di  pie,  che  tosto  cessa. 
Fuor  del  villaggio  nella  nebbia  avvolto 
Coll'esercito  suo  marcia  Standese, 
Otto  fanti  traendo  ed  una  guida, 


: 


\ 

! 

5 


I 


"V  .■%.  ^v^.vms'%.' 


s 


LA    PARTENZA 


"^ 

(ZA   DEL   FIORDALISO  S 


ì  ■  .       ì 

Obomocco,  un  selvaggio,  a'  Bianchi  amico. 
Di  Pelli  Rosse  una  rivolta  vanno 
Verso  norte  a  sedar  :  paion  giganti 
Attraverso  la  nebbia  ;  e  veramente 
Giganti  son  di  core,  in  Dio  credenti, 
Nella  sua  Bibbia  e  nelle  giuste  pene 
Che  Madian  percossero  e  Filiste. 
Sul  loro  capo  sventola  l'aurora 
Le  sue  rosse  bandiere  ;  e  lungo  il  lido 
La  falange  de'  flutti,  che  s'avanza 
Romoreggiando,  arene  e  scogli  assale, 
Come  foco  di  fila,  e  torna  indietro. 

Erano  lungi  ornai,  quando  di  Plinio 
Il  villaggio  destossi  ed  al  lavoro 
Giornaliero  tornò.  Dolce  e  leggera 
Spirava  un'aura  :  il  fumo  uscìa  da'  tetti 


> 


L,     —     ^J 


LA    PARTENZA    DEL   FIORDALISO 


Ricoperti  di  paglia,  ed  a  Levante 
Ondeggiando  la  candida  colonna 
Piegava  :  sulla  via  le  genti  in  cerchio 
Ragionavan  del  tempo  e  dicean  come 
Cangiato  s'era  il  vento,  al  Fio?'daìiso 
Favorevol  soffiando.  La  partenza 
Del  capitano,  gì'  imminenti  rischi 
Per  la  sua  lontananza  e  ciò  che  fosse 
Da  farsi  intanto,  era  materia  al  dire. 
Garrian  festosi  irli  uccelletti  :  in  casa 
Il  dolce  labbro  femminil,  cantando 
Divoti  salmi,  le  diurne  cure 
Santificava.  Radiante  il  Sole    • 


Dal  mar  levossi:  erano  l'onde  un  riso, 
Un  riso  i  monti  a  cui  l'aeree  cime 
Imporporava  il  Sol,  che  del  vascello 

J 

-'--------TT-I-T- >-T-l-TT-l-lT  -,"^- ^^j^J 


rp^—»», ^^ra 
LA    PARTENZA    DEL  FIORDALISO  $ 

ì  ~        '.  § 

Scherzava  nelle  vele  già  sdrucite 
Ed  annerate  da'  continui  nembi 
Di  quell'inverno.  Si  sbattean  disciolte, 
Già  squarciate  dal  vento  e  rattoppate 
Dalla  ruvida  man  de'  marinari. 
Subitamente,  come  il  giorno  apparve, 
Dal  fianco  del  vascello  imbiancò  l'aria 
Uno  sbuffo  di  fumo,  a  cui  mugghiando 

Dalle  opache  vallee  con  ripetuti 

$  .  * 

Echi  il  rimbombo  del  cannon  rispose, 

Segnai  della  partenza  :  eco  più  grande 

$  ^ 

Dal  cor  rispose  della  gente.  Allora 

Divotamente,  con  sommessa  voce, 

$  •  S 

Della  Bibbia  un  capitolo  si  lesse, 

E  recitarsi  le  preghiere  usate 

Che  in  un  ardente  voto  ebbero  fine. 
il 


s 


—  84 


.'%.\-%.\'%.\'%.\'%.\X.\',V\'%.\'%.\-V\-%.\'*.\'%.\'V\'%.\'%.\'%.\'%.- 


•».••%.■%..■*.■*.'%.■».  m.  v\%\»\»\%\»w\»\%\%' 


LA    PARTENZA   DEL   FIORDALISO 


Precipitosi  uscian  di  casa  intanto 
Di  Plinio  i  Pellegrini,  uomini,  donne 
E  fanciulletti  ;  al  mar  scendeano  in  folla 
Non  senza  pianto  a  dar  l'ultimo  addio 
Al  Fiordaliso,  che  tornava  in  patria 
Nel  deserto  lasciando  i  vecchi  amici. 
Innanzi  agli  altri  Aldeno  era  sul  lido. 

Tutta  la  notte,  irrequieto,  insonne 
♦  3 

Per  alta  febbre  vigilato  avea. 
♦ 

Miles  vide  passar,  quando  ritorno 

Fé'  dal  Consiglio  a  mezzanotte  :  il  vide 

Metter  pie  nella  stanza  borbottando 

In  suono  or  di  preghiera,  or  di  bestemmia. 

Sovra  una  coltre  erasi  alfin  sdraiato, 

Ove  tacito  giacque  alcuni  istanti  ; 

Poi  l'intese  dar  volta  e  dir:  «  Destarlo 

L       -—     ^J 

11 


LA    PARTENZA    DEL   FIORDALISO 


\         Non  vo'  :  meglio  che  dorma  :  ancor  parlarne      n 
Che  gioverebbe?  »  Spense  allora  il  lume, 

y         E  sovra  un'asse  si  gittò  vestito 

Così  com'era,  per  levarsi  al  primo 
Romper  dell'alba.  Si  coprì  le  membra 

s         Del  villoso  cappotto  logorato 

Già  nelle  Fiandre  ;  e  soldatescamente, 

v         Come  sotto  una  tenda,  addormentossi.  s 

s         Surse  co'  primi  albori.  Alden  lo  vide 
Frettoloso  allacciarsi  il  corsaletto  ; 

s         Cingersi  al  fianco  la  fidata  spada, 
L'invincibil  sua  spada  di  Damasco, 
E,  levato  dall'angolo  il  moschetto, 
A  lunghi  passi  uscir.  Più  volte  in  core 
Del  giovinetto  un  vivido  desìo 
Erasi  acceso  d' abbracciarlo  :  il  labbro 


_  86  — 


i>^\^\^\^\^\^\^v^v%.v%.v%.\'^\'%.\'^v%.\'%.v».v^ 


A    PARTENZA    DEL   FIORDALISO 


*^ 


Più  volte  aperse  ad  implorar  perdono, 
Che  l'antica  amicizia  gli  fea  forza 
Co'  dolci  moti:  ma  l'orgoglio  in  lui 
Ratto  spegneva  il  generoso  istinto, 
Orgoglio  e  dell'insulto  acre  puntura. 
Così  vide  l'amico,  che  partiva 
Crucciato  e  mesto,  ne  gli  volse  un  detto  ; 
Andar  lo  vide  a  gran  perigli  incontro, 
Forse  alla  morte,  ne  gli  disse  addio. 
Si  alzò  di  letto  :  della  gente  intese 
Sulla  sua  porta  il  mormorio  :  disceso 
Lì  con  Gilberto,  Stefano  e  Riccardo 
Fé'  la  preghiera  del  mattino  ;  e  letto, 
Un  capo  della  Bibbia,  in  un  cogli  altri 
Alla  riva  del  mar  venne  correndo, 
Allo  Scoglio  di  Plimo,  che  sostenne 

L 


)-■%.'  ,-%.v»v».\^v%.v^v^v^v^v^Y%.v^\-»l\'%.v^v«Lvm.-| 
7,A   PARTENZA   DEL   FIORDALISO 

De'  Pellegrini  il  pie,  quando  la  porta 
D'ignoto  mondo  entrar  la  prima  volta, 
E  fu  pietra  angolar  di  grande  impero. 

Qui  col  suo  palischerno  era  il  padrone 
Impaziente  per  timor  che  il  vento 

Si  voltasse  a  mattina  e  men  propizie 

$  $ 

Gli  fosser  le  correnti  :  un  uom  membruto, 

Forte,  animoso,  con  un  acre  odore 

Di  mar  sulla  persona  ;  iva  parlando 

Con  questo  e  quello  :  nelle  larghe  tasche 

Della  casacca  lettere  e  ricordi 

Accumulava,  e  nel  cervel  suo  breve 

Mille  preghi  e  messaggi  in  un  confusi, 

Che  lo  feano  impazzir.  Presso  il  vascello, 

Sovra  lo  scoglio  un  pie,  l' altro  sull'  orlo 

Del  palischermo,  si  teneva  Aldeno  : 

—  88  - 


-v-%-*'»."v'V-v-*-v-k.'^-v-».'v-%"».-».'%. 


LA    PARTENZA    DEL    FIORDALISO 


Parlava  ad  ora  ad  or  co'  remiganti 
Già  seduti  sui  banchi  e  desiosi 


Di  prender  l'onda,  desioso  anch'esso 
Di  lasciar  quella  terra  e  metter  fine 
Al  suo  tormento.  Immaginava  il  folle 
Dall'affanno  fuggir,  che  più  veloce 
È  delle  vele;  e  seppellir  nell'onda 
Lo  spettro,  che  risorto  anco  l'avrebbe 
Perseguitato.  Or  mentre  in  su  la  folla 
Gira  lo  sguardo,  inaspettatamente 
Vide  Priscilla,  in  aria  sconsolata, 
Che  si  stava  in  disparte  e  fisi  gli  occhi 
Come  se  divinasse  il  suo  pensiero, 
Tenea  ne'  suoi  con  lungo,  acceso  sguardo 
Che  or  parea  di  preghiera,  or  di  rampogna.    $ 
Con  subito  ritorno  il  cor  d' Aldeno 

L       -      '1 


TZ 


■*-'».'*-'*-'v^-».'%.'».'%.'%.'v'%.'%.'».^.-%.'». 


A   PARTENZA    DEL   FIORDALISO 


\ 


Dal  suo  proposto  si  ritrasse  a  guisa 
D'uom  che  dall'orlo  d'unburron  si  tolga. 
Strano,  ben  strano  co'  suoi  bruschi  moti 
Misteriosi  è  l' uman  core  !  Instabile 

È  ben  la  vita  e  ben  fatale  un'  ora 

So-  * 

Sovra  cui,  come  a  cardine,  si  volge 

Dell'avvenir  l'irremeabil  porta! 

«  Qui  rimango,  »  sclamò  :  poi  volto  al  cielo 

E  rese  grazie  a  Dio,  che  dissipate 

Abbia  la  notte  e  la  follia  che  tratto 

Presso  a  morte  l'avean,  segnò  col  dito 

Una  candida  nube,  che  nell'aria 

Sovra  il  suo  capo  fluttuava  e  disse  : 

«  Quella  nube  lassù  sembra  una  mano 

Che  la  via  dell'Atlantico  mi  additi. 


Men  volubil  qui  scorgo  un'altra  mano 
|L  -93-  .  l 


LA    PARTENZA    DEL    FIORDALISO 


E  fantastica  meri,  che  mi  trattiene, 
Mi  traecre  indietro  ed  alla  mia  si  avvinghia    $ 
Come  a  sostegno.  Ondeggia,  aerea  nube, 
E  ti  dilegua  !  Come  pugno  indarno 
Tu  ti  chiudi  e  minacci  ;  io  non  pavento 
Le  tue  minacce  o  più  sinistri  auguri. 
Terra  non  v'ha  più  santa,  aria  più  pura 
Del  suolo  che  il  suo  pie  calca  e  dell'aria 
Ch'  ella  respira  !  Per  amor  di  lei 
Qui  rimarrò  :  come  invisibil  spirto 
Intorno  a  lei  m'aggirerò  vegliante 
Sostenitor  di  sua  fralezza.  Io  primo 
Su  questo  scoglio  il  pie  posi  venendo  ; 
Sarò,  se  accada,  l' ultimo  a  partirne.  » 

Lesto  intanto  il  padron,  ma  contegnoso 
E  grave  in  atto,  qua  e  là  girava 

"i 


.■^.s-^v^.v%.v%.v%.v*.v%.- 


\ 


A    PARTENZA 


1 

DEL  FIORDALISO 


Sovra  la  sabbia,  interrogando  il  vento, 
Il  cielo  e  le  correnti:  intorno  a  lui 
Si  stringeva  di  popolo  una  calca 
Co'  mesti  preghi  e  col  saluto  estremo. 
Ad  ogni  mano  alfin  data  una  stretta, 
Qual  se  la  sbarra  del  timon  ghermisse, 
Nel  palischerno  si  gittò  d'un  salto, 
E  remò  verso  poppa,  in  cor  gioioso 
Di  tórsi  a  tanta  noia,  ed  una  terra 
Abbandonar  di  sabbia  e  di  malaria, 
E  non  d'altro  abbondante  che  di  Bibbia. 
L' ultimo  addio  de'  Pellegrini  al  tonfo 

Si  confuse  de'  remi.  Eroici  cori  ! 

$  ...  5! 

Non  un  di  lor  che  risalir  bramasse 

Sul  Fiordaliso  ;  non  un  sol  che,  posta 

Mano  all'aratro,  si  volgesse  indietro! 


s 


k.  .^  •*.  ^.  ■%.  "k.  ■ 


--_- 


LA    PARTENZA    DEL   FIORDALISO 

Tosto  si  udì  de'  marinari  il  canto 
SulP  argano  piegati,  che  la  grave 
Ancora  alzava.  Si  legar  l' antenne  ; 
Diersi  le  vele  tuttequante  al  vento, 
Che  traeva  da  sera  ;  e  fuor  del  porto 
Il  Fiordaliso  uscì  :  girò  la  punta 
Di  Gurneto  e  lasciando  a  mezzogiorno 
Isola,  Capo  delle  sabbie  e  il  campo 
Dal  primo  incontro,  prese  il  vento  in  poppa, 
E  per  l' aperto  Atlantico  si  mise, 
Del  mar  sovra  le  sabbie  e  sovra  i  cori 
De'  Pellegrini  che  gonfiava  il  pianto. 

Taciti  a  lungo  le  cedenti  vele 
Stetter  mirando  :  caro  a'  Pellegrini, 
Come  se  umano  e  vivo,  era  il  vascello. 
Allor  tocco  lo  spirito  e  rapito 


-   03  - 
\1 


1 
LA   PARTENZA   DEI.   FIORDALISO 

\  ~     ;  1 

In  vision  profetica,  scoperse 
Il  santo  capo  l'anzi'an  di  Plinio, 
Ed,  «  oriam,  »  disse:  oraro  e  ringraziato 
Iddio,  presero  ardir.  Gemeano  i  flutti 
Franti  allo  scoglio  :  sospirava  al  vento, 
E  si  piegava  sul  funereo  colle 
La  bionda  spica:  dalle  fosse  alzarsi 
Parean  l' ombre  de'  morti  e  la  preghiera 
De'  vivi  accompagnar.  Dal  Sol  percosse 
Sul  lembo  occidental  dell'Oceano 
Biancheggiavan  le  vele  a  somiglianza 
Di  bianchi  marmi  alla  muraglia  infissi 
D' un  camposanto  :  sotto  lor  sepolta 
Giacea  di  fuga  e  scampo  ogni  speranza. 
Ed  ecco,  allor  che  i  Pellegrini  il  passo 
Volgeano  a'  loro  alberghi,  ecco,  sul  colle 


—  91  — 


LA    PARTENZA    DEL    FIORDALIS 


S 
\ 

Un  selvaggio  apparir,  che  li  guardava  ; 
Ma  mentre  l'uri  coli' altro  ne  bisbiglia 
E  col  dito  lo  segna,  era  scomparso. 
Così  gli  altri  tornare:  il  giovinetto 
Rimase  alquanto:  noverava  i  flutti 
Che  lo  scoglio  battevano  ;  e  gli  scherzi 
Contemplando  del  Sol  sulla  marina, 

Il  Signore  vedea  che  un'altra  volta 

*  :  .  v 

*  Sovra  l'abisso  si  movea  dell'acque, 

; 


zn 


—  95  — 


ì 

! 


^^^\^v^^\^\^\^\^\^\^\w^\m\^\^\^\w^£^^!S^y 


zp* 


■%  ."»    ^   •m   -*kV^  0»V^V^V%V%.V^V»V^  ^  OVkVfeW 


VI 


PRISCILLA 


!<«\%W«V%\%\'*\%N«\'%\«  »W«*\%\%\« 


'%.'.'V-».'%.'%.'%.'%.'%.-%.'%.-V"%.  .^.    %.•%.    ^    •%.■%.  ( 


I 

i 

! 

I 

il 


ÉM^~ 


: 
: 


^^N^^^^^V^V*>\'%.V%.V^\'*>Y*k\'%.\'^\'^V%.V%>Y^< 


&J& 


Stette  così  fantasticando  in  riva 
Dell'  Oceano  qualche  tempo  :  errava 
Di  cosa  in  cosa  col  pensier,  ma  sempre 
Fea  ritorno  a  Priscilla;  e  come  avesse 
Forza  il  pensiero  d'attirar  le  cose, 
Come,  toccando,  fa  la  calamita, 
Ecco,  mentre  tornava,  ecco  improvvisa 
Starsi  al  suo  fianco  la  gentil  fanciulla. 

«  Tanto  in  odio  vi  son,  ch'una  parola 
Dal  vostro  labbro  inutilmente  attendo?  » 


s 

\ 

\ 

ì 

1 


j 

.■%.v%.v^  %\%\%\%  ■%,\'%,v%.v%.\-%.\,%.\-%.\-%.\,%.v%.x,*.'0'/>?:^^J^J 


V  PRISCILLA  2' 


Disse  Priscilla.  «  Così  rea  son  io, 
Perchè  ier,  quando  voi  con  tanto  ardore 
La  causa  altrui  patrocinaste,  io  volli 
Spinta  da  viva  irresistibil  forza 
La  vostra  perorar,  forse  obliando 
Il  mio  decoro  ?  Di  perdono  indegna 
Non  son  però,  se  candida  e  sincera 
Io  vi  parlai;  ne  quel  che  allor  vi  dissi 
E  che  dir  non  dovea,  può  far  persona  . 
Che  sia  non  detto.  Nella  vita  arriva 
Un'ora,  un  punto,  che  dal  core  ascende 
La  piena  degli  affetti;  ove  sia  scosso; 
O  sbadata  parola,  come  ghiaia 
In  colmo  vase,  dentro  gli  si  getti,  ' 
Fuori  trabocca  e  versa  ogni  segreto, 
Come  avviene  dell'acqua  che  si  spande 


—   100  — 

^'VN%\^\'V\'V\'V\'%\X\%\V,%\^\%\%\%W\ìl\%' 


PRISCILLA 


—  101  — 


S 


Né  può  novellamente  esser  raccolta. 
Ben  di  stizza  e  dolor  ieri  fui  presa, 
Quando  v'udii  del  capitan  Standese 
Tanto  parlar:  levarne  al  cielo  i  pregi, 
Dir  virtù  le  sue  colpe;  il  suo  coraggio 
E  la  fortezza  gloriar,  narrando 
Le  sue  battaglie  nella  Fiandra,  come 
Se  per  battaglie  d' una  donna  il  core 
Conquistar  si  potesse.  Il  grande  eroe 
Magnificando,  un  detto  non  aveste 
Ne  per  voi  ne  per  altri.  In  quella  guisa 
Quindi  parlai  per  invincibil  forza; 
Di  che  perdono  vi  dimando  in  nome 
Dell'antica  amicizia  che  ne  stringe 
Ne  può  sì  prestamente  esser  disciolta.  » 
Allora  Alcleno,  il  colto  giovinetto, 


13 


'V  PRISCILLA  3 

Di  Standese  l'amico:  «  Io  non  mi  dolsi 

Di  voi,  rispose,  ma  di  me  soltanto 

Che  la  cosa  a  buon  fin  trarre  non  seppi.  » 

«  No  !  »  con  parola  rapida  e  sicura 

La  fanciulla  interruppe  ;  «  in  uggia  io  v'era, 

Perche  sì  franca  e  libera  parlai: 


s 

Ebbi  torto  ;  lo  sento  e  riconosco. 
Tale  è  la  sorte  della  donna  ;  a  lungo 
Patir,  tacere,  attendere,  com'  ombra 
Dannata  a  non  parlar,  fin  che  un  alterco 
Del  silenzio  mortai  sciolga  l' incanto. 
Sì  fatta  in  terra  della  donna  è  l'intima 
Gelida  vita,  senza  Sole,  occulta 
Simile  a  lento  sotterraneo  fiume, 
Che  per  buie  caverne  il  corso  avvolge, 
Non  udito,  non  visto,  inglorioso, 


—  102  — 

).V%\%WV%\»\%\X\%\%\^\%\li\^\'»\'V\%V%' 


>  •V  .'%.'*.'%.'%.'%.  ■%.  ■%.\'%.\'%.\'%.w\^v%.v%.v%.\^.\'».- 


PRISCILLA 


D'inutile,  infinito  mormorio  «, 

I  petrosi  canali  affaticando.  » 
Allor  rispose  Aldeno,  il  giovinetto 
Difensor  della  donna:  «  A  Dio  non  piaccia, 

Priscilla  :  il  vero  parlerò  :  la  donna 

N  ...  $ 

Simile  io  credo  a'  dilettosi  fiumi, 

Che  dell'  Eden  rigavano  i  giardini  ; 

Simile  al  bello  Eufrate,  che  i  deserti 

$  ...  $ 

Veste  di  rose,  e  le  delizie  antiche, 

Or  perdute,  ricorda.  »  «  Intendo,  intendo,  » 

Ripigliò  bruscamente  la  fanciulla, 

«  Da  questi  detti  intendo  quanto  poco 

Voi  mi  stimiate  ;  e  quanto  lieve  e  vana 

Suoni  la  mia  parola  al  vostro  orecchio. 

Quando  dal  fondo  del  mio  cor,  con  pena 

lì  ...  $ 

*      E  segreta  paura,  io  vi  parlai  N 

1  -—  j 

CJJ*      ^>^C.-*.\m.\-%.\-%.\'%.\'%,\m,\-%.s'%,\m.s-%,\-%.\'%.\'%.\'%,\'%.\'%,\-%.-<V^' — ^fecj 


■%;  .■».  -■*,,■%.'  .-^r-,"^  ^  ,•%, 


PR 


ISCILLA  J\ 


Quel  fiorito,  svenevole  linguaggio 


—  104 


Così  liberamente  e  non  vi  chiesi 

Che  d'amicizia  e  cortesia  mercede, 

v 
Semplice,  piano,  fervido,  verace 

Era  il  mio  dir  :  ma  voi  contorto  e  tratto 

L' avete  ad  altro  senso  ;  e  la  risposta 

D'antiche  frasi  rimbiondir  vi  piacque. 

Ciò  non  è  giusto  ;  non  è  giusto  e  degno 

Della  parte  miglior  che  alberga  in  voi  ; 

Perocché  vi  conosco  e  pregio  e  sento 

L'anima  vostra  quanto  sia  gentile 

Che  può  levarmi  a  sovrumana  altezza. 

Della  vostra  amicizia  io  vo  beata; 

Ma  più  calda  e  profonda  in  me  sarebbe 

Se  mi  diceste,  che  del  numer'una 

Io  son  delle  altre  donne  ;  e  non  usaste 


^£=J§i 


■»■»   ^  -».  ■*  ^   «-«'«'«.'«'«'«'«'«.  ^  ,■%.  -^ 


PRISCILLA 


Che  l'uom,  parlando  con  la  donna,  crede 
Fine  e  leggiadro  ;  e  la  donna  rigetta 
Come  stolidità,  se  non  insulto.  » 

E  guardava  Priscilla  :  cosi  bella, 

Così  divina  nella  sua  bellezza  * 

Xon  l'avea  più  veduta.  Ei  che  un  dì  prima     « 


Muto,  ammirando,  il  giovane  ascoltava 


Con  ardente  eloquenza  avea  difesa 
La  causa  altrui,  confuso  e  taciturno 
Parole  or  non  trovava  alla  risposta. 
«  Siam  quel  che  siamo  :  sempre  la  parola 
Sia  conforme  al  pensier,  »  disse  Priscilla; 
«  Siamo  leali  in  ogni  cosa  al  vero 
E  al  santo  officio  d' amicizia.  Ascoso 
A  voi  non  è,  ne  per  vergogna  io  resto 
Di  far  palese  :  in  ogni  tempo  amai 

—  105  — 


PRISCILLA  J 

^  .       7.     7  ì 

D'esser  con  voi:  sempre  mi  piacque  udirvi 
E  vedervi.  Però  sdegno  mi  prese 
Delle  vostre  parole  e  alquanto  offesa 
Allor  mi  tenni,  che  d'un  vostro  amico 
Mi  spronaste  alle  nozze,  ancor  che  fosse 
Il  grande  capitan  Miles  Standese. 
Perocché  tuttoquanto  il  ver  dirovvi: 
Della  vostra  amicizia  io  più  son  lieta 
Che  di  quanto  è  l' amor  eh'  ei  mi  donasse, 
Fosse  in  doppio  l'eroe  che  voi  pensate.  » 

Così  dicendo  la  man  stese  :  Aldeno 

$  .  s 

L'afferrò  trepidando:  e  le  ferite 

Che  in  petto  avea,  profonde  e  sanguinose, 

Tosto  senti  rimarginarsi  al  tocco 

Di  quella  man.  Commosso  il  giovinetto, 

Con  voce  lagrimosa  allor  soggiunse  : 

t  ~m-   :  '  J, 


:%^\^VV\^\^^\^N^V^.V%-V^S-'*^'%.V%.Y%.\'%.\'%.' 


PRISCILLA 


**^B 


Sentiano  i  cuori  ;  tal  che  motteggiando 


«  Sì,  sempre  amici  noi  sarem  :  di  quanti 
V'offriranno  amicizia,  io  sempre  il  primo, 
Il  più  fido,  il  più  schietto  ed  il  più  caro  !  > 

Dato  un  ultimo  sguardo  alle  lontane 
Vele  del  Fiordaliso,  ancora  in  vista, 
Ma  già  presso  a  calar  dall'  orizzonte, 
Volsero  insieme  alla  magione  il  passo 
L'animo  tocchi  d'indicibil  ansia, 
Qual,  se,  degli  altri  al  dipartir,  soletti 
Fosser  rimasti  in  un  deserto.  Intanto 
Per  la  campagna  procedendo  al  raggio 


| 

Rallegrator  del  Sole,  alleggerirsi 

Chiese  Priscilla:  «  Or  che  a  selvaggi  incontro 
Ito  è  il  tremendo  capitan,  più  lieto 
Di  sterminar,  che  di  fondar  famiglie  ; 


* 


—  107  — 


» 


)^V».\'^Vm.Vk.\m.\'*.X^.\».V^.\m\^\m.\,*.\^-N*.~-^^~C 


PRISCILLA 


Dissigillar  potete  il  labbro  e  dirmi 
Quel  che  corse  fra  voi,  quando  tornaste 
L' ultima  notte  con  l' ingrata  nuova 
Del  mio  rifiuto.  »  Aldeno  tuttaquanta 
La  storia  le  narrò,  la  propria  ambascia 
E  l'orrendo  furor  del  capitano. 
Sorrise  la  fanciulla  e  fra  commossa 
E  sorridente  disse:  «  È  un  caminetto 
Che  si  scalda  in  un  attimo  !  »  Ma  poscia 
Ch'  ei  la  riprese  gentilmente  e  disse 
L' immenso  dolor  suo,  per  cui  disposto 
S' era  a  partir  quel  dì  col  Fiordaliso, 
E  che  soltanto  per  amor  di  lei 
E  per  timore  d'imminenti  danni 
Era  rimasto,  i  modi  e  le  sembianze 
Di  Priscilla  mutaro:  articolando 


—  108  — 

.•%.\'%.\"%.\'^\'*.\'%.\'%.\'V\-*.\-%.\'^.V%.V%.\'*.V^\'*.\'*.\'*-' 


■».  ^  ^  •*  -v  •*.  <v  •*  ^  <k.' ^  *■  ^-  "*■  ^-'  ».\%v* 


PRISCILLA 


"^f 


: 

A  stento  le  parole,  «  Io  vi  ringrazio,  » 
Disse  :  «  quanto  gentil  meco  voi  foste  !  » 

Come  divoto  pellegrin,  che  mova 
Verso  Gerusalem,  tre  passi  avanza 
Ed  un  recede  :  zelo  lo  sospinge 
E  lo  trattien  rossor  delle  sue  colpe; 
Lenti  così,  ma  con  securo  passo, 
Retrocedendo  e  pur  sempre  avanzando, 
Questi  due  giovinetti  Pellegrini 
Camminavano  verso  Terra  Santa, 
La  Terra  Santa  de'  dorati  sogni, 
Dall'amore  sospinti  e  trattenuti 
Alcun  poco  dal  dubbio  e  dal  rimorso. 


cY^Ti 


—   109  — 
^\%\%\%v%\v1'%\%\%.\'%.\v.'V\%\,%.\%\%\'%N'%: 
li 


:%>v%.v%\'%v%.v%i  .%\%\%\%v%v%v%v«  ■%.  -^  ■%.  .■%.•  • 


>-^\^\^\^\^\^\^\^\^\^\^\^v%.v».\*»v».\'%.\'%>< 


*J& 


^v/O  '*.'*."%.'*.'V-%.'».''*..'V'»l'%.'%.'».'».  ■%.\-%.\-*.\-*.' 


^f 


VII 


LA  MARCIA  DI  MILES  STANDESE 


f 


: 

I 


*^f 


■'^V^V*V^\'^\'^V^*^\-».V^\'^V^Y^V%.\'%.V%.V^V<k.-( 


-^^.■V-%.-».-%.'%.-V'V'V-*--V'^'»-'*''%-'%' 


I 


i 

! 


A  GRANDI  passi  intanto  il  capitano 
Verso  Borea  marciava,  attraversando 
Selve,  paludi  e  lungo  i  curvi  seni 
Delle  spiaggie  girando,  a  gran  giornate, 
D' indugi  impaziente  :  ardea  lo  sdegno 
Nelle  sue  vene,  ed  il  sulfureo  odore 
Della  polve  salivagli  alle  nari, 
Giocondo  più  che  tutte  le  fragranze 
Della  foresta.  Procedea  composto, 
Muto,  accigliato,  rivolgendo  in  mente 

—  113  — 


S 

s 

s 

S 

I 

s 


kV%.\%.V%\%i  .-v  ■%..-%..-%.''%.,"%..•».  -v  ■».  ^  ■*  ■». 


LA  MARCIA  DI  MILES  STANDESE 


! 

! 

s 

I 

\ 


La  sua  disfatta.  Alle  vittorie  avvezzo 
E  ai  facili  trionfi,  esser  deriso, 
Oltraggiato,  atterrato,  calpestato 
Dal  pie  d'una  fanciulla:  esser  tradito 
Dall'  amico,  in  cui  posta  ogni  fidanza, 
A  cui  commessa  la  sua  vita  avea, 
Cosa  non  era  da  portarsi  in  pace  ; 
E  dell'altero  capitano  il  core 
Gonfio  d' ira  battea  sotto  l' usbergo. 
«  Io  solo,  io  solo,  mormorando  andava, 
Son  degno  di  rampogna:  io  fui  lo  stolto. 
Vecchio  soldato  dall'austera  faccia, 
Che  sotto  l'armi  incanutì,  dovea 
Farmi  un  Adone  e  corteggiar  fanciulle? 
Non  fu  che  un  sogno  -  passerà  -  ben  altri 
Sogni  passar:  credea  che  fosse  un  fiore 


li 


! 

: 


—  IH  — 


3--».  ,-^N-*.  ,%\%W%\%\V.W%\%\%\%W,»\»i 


■%.-%.'V-».^-V'%.'%.'%.'%.'%.'%.'%.-*.'V'V'%.'%. 

LA  MARCIA  DI  MILES  STANDESE 


E  non  fu  che  un'  erbaccia  :  ora  lo  strappo 
E  getto  al  suol  :  sarò  quel  che  ognor  fui 
Un  di  battaglie  innamorato,  un  prode 
Vagheggiator  di  zuffe  e  di  vittorie  !  » 
Così  volgendo  in  cor  la  sua  sconfitta, 


Senza  far  alto,  camminava  il  giorno, 
E  la  notte  posava  alla  foresta, 
Di  sotto  a'  rami  contemplando  il  cielo 
Di  fuochi  innumerabili  distinto. 

Dopo  il  cammino  di  tre  giorni,  il  campo 
De'  Selvaggi  scovrì,  fra  la  marina 
E  la  foresta,  sul  confin  d'un  prato. 
De'  padiglioni  al  limitar  le  donne 
Lavorando  sedean  :  figli  e  mariti, 
Truci  a  vedersi,  imbellettati  a  guerra, 
Stavan  fumando  ad  un  gran  fuoco  intorno 


s 


S 


A  MARCIA  DI  MILES  STANDESE 


.    1 


:  .,  : 

E  favellando.  In  pie  sursero  appena 
Vider  da  lungi  l' appressar  de'  Bianchi, 
E  lo  splendor,  che  dai  bruniti  usberghi 
Dalle  spade  e  moschetti  il  Sol  traeva. 
Due  di  lor  s  avanzaro  a  parlamento 
Col  capitano,  come  dono  offrendo 
Alcune  pelli  :  l' amicizia  in  volto 
Ma  l'odio  e  la  vendetta  aveano  in  core. 
Eran  fratelli  i  due  giganti,  orgoglio 
Della  tribù,  come  Goliatte  ed  Ogo, 
Quel  di  Basàn  terribil  re:  membruti 
E  torreggiane  :  Pecsuotto  il  nome 
Era  dell'uno,  Uattaumà  dell'altro. 


Pendean  loro  dal  collo  entro  guaine 
Di  madreperla  più  coltelli  aguzzi, 
Affilati  a  due  tagli:  astuzia  e  frode 

—  116  - 


S^P^7*"" 


^k."  '*.-'%.■  ^-  'V'  .■^N'%.'  *.\^\^\^\'^^mx-%.V^\^\'^'f 


ì 


A  MARCIA  DI  MILES  STANDESE 


Eran  l'altre  armi.  «  Benvenuti,  Inglesi,  » 
Dissero:  avean  questo  saluto  appreso 
Da'  mercatanti,  che  di  tempo  in  tempo 
Visitavan  que'  lidi  a  far  baratto 
E  mercato  di  pelli.  Indi  parlaro 
Nel  linguaggio  materno,  che  a  Standese 
Dichiarava  Obomocco,  a'  Bianchi  amico, 
E  fidissima  guida  e  turcimanno. 
Chiedean  vesti  e  coltelli  ;  e  prima  d' altro 
I  moschetti  e  la  polve,  che  nascosta 
Dicean  tener  nelle  cantine  i  Bianchi 
In  una  con  la  morte  ad  uscir  pronta, 
Pronta  la  strage  a  fulminar  ne'  Rossi 
Fratelli.  Ricusò  Miles  Standese 
Ed  offerse  la  Bibbia.  Allor  repente 
Cangiar  di  tuono  ed  a  bravar  si  diero 


\ 


\ 


LA  MARCIA  DI  MILES  STANDESE 


E  millantarsi.  Con  un  salto  innanzi 
Si  pose  all'altro  Uattaumà:  crollando 


L'altero  capo,  così  disse:  «  Aperto 
Ne'  feroci  tuoi  sguardi,  o  capitano, 

10  veggo  il  tuo  furor:  ma  non  paventa 

11  valoroso  Uattaumà.  Non  nacque 

Egli  di  donna  :  a  culla  una  montagna 

Ebbe  ed  a  madre  d' una  quercia  il  tronco 

Spaccato  dalla  folgore  ;  d'  un  salto 

Fuori  balzò,  terribilmente  armato, 

Gridando  :  Chi  sarà  che  l' ira  affronti 

Del  valoroso  Uattaumà?  »  Parlando 

• 
Il  suo  coltello  sguainò  :  la  lama 

Ne  forbì  sulla  manca  inumidita; 

Brandirlo  in  alto  e  fé'  veder  nel  pome 

Una  faccia  di  donna  ;  indi  riprese 

—  118  — 


LA  MARCIA  DI  MILES  STANDESE 

Con  bieco  sguardo  ed  infernal  sogghigno  : 
«  L'altra  metà,  con  faccia  d' uom  nel  pome,    «j 
In  casa  m'è  rimasta:  immantinente 
Farne  le  nozze  io  vo',  che  sontuose 
E  feconde  saran  di  figliolanza.  » 
Allor  si  fece  Pecsuotto  innanzi 
Borioso,  lanciando  al  capitano 
Torbidi  sguardi:  con  leggere  dita 
Fea  percotendo  tintinnir  la  lama 
Che  gli  pendea  sul  petto  ;  or  la  traeva 
A  mezzo,  or  respingea  nella  guaina 
E  borbottava:  «  Or  or  vedrò:  gran  pasto 
Preparando  le  van  :  ma  la  meschina 
Non  sa  parlare.  È  questi  il  capitano, 
Questi  quel  grande  capitan,  che  i  Bianchi 
Hanno  mandato  a  sterminarne  '?  Ometto, 

L     --     J 


LA  MARCIA  DI  MIT.ES  STANDESE 

Rientra  in  casa  e  fra  le  donne  annaspa.  » 

Il  capitano  avea  notate  intanto 
Facce  e  figure  di  Selvaggi  occulti 
Nella  foresta,  che  di  pianta  in  pianta 
Fean  capolino  e  si  traean  carponi, 
Con  archi  tesi,  di  cacciar  fingendo  : 


1 

E  passo  passo  procedendo  in  cerchio 

! 


Più  le  reti  stringean  del  loro  agguato. 
Non  atterrito  il  capitan  guatava 
Dissimulando  ;  e,  come  il  buon  cronista 
Narra,  che  scrisse  nelFetà  de' padri, 
Trattando  li  venia  con  dolci  modi. 
Ma  quando  udì  l'atroce  sfida,  il  vanto, 
La  rampogna  e  P  insulto,  il  caldo  sangue 
De'  suoi  maggiori,  di  Sir  Ugo  il  sangue 
E  di  Turstòn,  gli  ribollì  nel  core 


r 


LA  MARCIA  DI  MILES  STANDESE 


E  delle  tempia  gli  gonfiò  le  vene. 

Contro  il  pagan  millantator  gittossi 

E,  strappato  il  coltel  dalla  guaina, 

Tutto  nel  petto  glielo  immerse.  A  terra 

Rovescion  cadde  il  barbaro,  rivolta 

Al  ciel  la  faccia  minacciante  ancora. 

Surse  ailor  dalla  selva  orrendo  grido; 

E  tosto,  come  raffica  di  neve  * 

Aggirata  dal  vento,  una  tempesta 

Di  pennute  quadrella  intorno  piovve. 

Seguì  di  fumo  un  nugolo;  dal  fumo 


Nelle  paludi  e  nelle  fitte  macchie 


-   121  - 


\ 


Rapido  un  lampo,  dietro  il  lampo  il  tuono, 
E  non  vista  la  morte  innanzi  corse. 
Sgomentati  i  Selvaggi  in  fuga  volti 

s 
Scampo  cercar:  ma  non  il  lor  sachemo, 


s 


m 

LA  MARCIA  DI  MILES  STANDLSK 

Il  prode  Uattaumà  diede  le  spalle: 
Ei  giaceva.  Una  palla  attraversato 
Il  cervello  gli  avea  :  cadde  abbrancando 
Con  ambe  mani  il  suol,  come  se  morto 
Ancor  lo  contendesse  allo  straniero. 

Del  prato  sovra  i  fior  giaceano  i  morti, 
E  sovra  loro,  taciturno,  al  petto 
Fattosi  croce  delle  braccia,  stava 
Obomocco,  de'  Bianchi  amico  e  guida. 
Stava  ghignando,  e  volto  finalmente 
Di  Plimo  al  prode  capitan,  dicea: 
«  Pecsuotto  altamente,  in  ver,  vantava 
L' intrepido  suo  cor,  la  sua  statura 
E  la  sua  foi'za  e  te  diceva  ometto. 
Or  vedo  io  ben  che  t'è  bastato  il  braccio 
Per  porlo  in  terra  senza  moto  e  lingua.  » 

L         -  «  -        I 


LA  MARCIA  DI   MILES  STANDESE 


Così  Standese  combattuta  e  vinta 
La  prima  pugna  avea.  Quando  le  nuove 
Giunsero  a  Plimo  e,  qual  trofeo  di  guerra, 
Del  prode  Uattaumà  la  tronca  testa 
Sul  colmigno  mirar  della  fortezza, 
(Era  fortezza  in  pari  tempo  e  chiesa) 
Tutti  gioirò,  reser  grazie  al  cielo, 
E  ripresero  ardir.  Sola  Priscilla 
Gli  occhi  torceva  dall'  orribil  teschio, 
Dio  ringraziando  che  sprezzar  le  fece 
L' offerta  di  Standese.  Una  segreta 
Cura  però  di  brividi  l' empiea  ; 
Era  il  terror,  che  dalle  sue  battaglie 
Ei  ritornando  la  man  le  chiedesse 
In  prezzo  e  guiderdon  della  vittoria. 


j 

-sei-  S 


k- i23  -  X 


! 

: 

s 
s 


.^\^w\^fc.w  -v  ■vn%v%.  ■%.  ^.  ■«>  -v  .•%.-  -v  ■%.-  "%.-  ■%.  tv^=aa^Aj 


.^v%.\^v^\^\^v^\^v^\^.v^.\'».\"%.\'^.\'^^\'*.\^.' 


•^B 


viri 


LA  RUOTA  DEL  FILATOIO 


^\^\^\^\^\^V^\m.\^\^N^X^\^X<k.\.^LN,%.\^.N'«: 


-p& 


s^V^\1l\%\'V  -■%.   ■%.  -V  "%.V^V^V*V%.' 


^§3 


I 

I 

! 


'*'x-'*'^'^.N>'^\'*.\'».\'^\'%.\'%.\'%.\-^\-m.W\'W^V^V^V%<< 


'V'V'^.'V'^'V'V'^.'^'^.'V^.'^.'V'V^.'*.'*. 


.Mesi  e  mesi  passarono:  in  autunno 
Qualche  vascel  di  mercatanti  onusto 
Di  frumento  e  di  greggi,  ai  Pellegrini 
Schiere  di  amici  e  di  congiunti  addusse. 
Xel  villaggio  era  pace:  altri  piallava 
E  fabbricava;  altri  segnava  aiuole 
E  limiti  nel  campo  ;  chi  le  zolle 
Frangea;  chi  l'erba  recidea  ne'  prati; 
Chi  lungo  il  mare  insidiava  a'  pesci 


: 

: 

: 

: 

: 
: 

X 


L :::- J 


K^V^V^V^V*«V^V^V*kV^VlVV«»V^V^V%,\'^V«.Y*V<k- 


LA    RUOTA    DEL   FILATOIO 

E  chi  il  cervo  inseguia  nelle  foreste. 
Nel  villaggio  era  pace:  ma  di  tempo 
In  tempo  voci  si  spargean  di  guerra, 
Che  stringean  di  sgomento  i  Pellegrini. 
Miles  Standese  allor  co'  fanti  uscendo 
Spazzava  la  campagna:  in  più  battaglie 
Vinto  il  nemico,  in  tanta  gloria  ei  venne 
Che  terror  delle  genti  era  il  suo  nome. 
Gli  durava  la  bile,  ma  temprata 
Di  segreto  rimorso  e  pentimento, 
Che  ne'  nobili  cor  sempre  allo  scoppio 
Succedono  dell'ira,  in  quella  guisa 
Che  la  marea  crescente  il  corso  incontra 
D'un  fiume  in  sulla  foce  e  colle  dolci 
Acque  confonde  del  suo  sai  l'amaro. 
Aldeno  intanto  una  magion  si  aveva 


—  128  — 


N 


\ 


•%.'*-»'».-%.-%.1k'».*V-*-».**"».-».'».       ■*.-*   K^ 


LA    RUOTA    DEL    FILATOIO 


Edificata  di  robusto  abete 
Tolto  a'  boschi  vicini  e  riquadrato 
Colla  mannaia.  Armavano  la  porta 
Sbarre  di  legno:  coprian  giunchi  il  tetto: 
Ogni  balcon  sue  persiane  avea 
Con  impannate  d'oliata  carta, 
Che  al  Sol  dà  loco,  e  piogge  e  venti  esclude. 
Scoverse  un  pozzo  e  vi  condusse  intorno 
Un  orticello  :  ancor  qualche  vestigio 
Dell' orticel  rimane  e  della  fonte. 
Presso  l'albergo  aperta  era  la  stalla 
Ove  securo  e  placido,  Grancorno, 
Il  bel  giovenco,  che  toccato  in  sorte, 
Nel  divider  l'armento,  era  ad  Aldeno, 
Stavasi  ruminando  la  pastura 
Tutta  odorosa  di  selvaggia  menta. 


r^ 


■V   ■%.  ^.V^Y^V^\-%.Y^.Y^V^.V».V%.   ■%.   -V   -^ 


A    RUOTA    DEL    FILATOIO" 


*^i 


*        ....  .  .  $ 

Spesso,  finiti  i  suoi  lavori,  in  fretta 
L'innamorato  giovane  prendea 
Il  sentier  che  per  boschi  all'abituro 
Di  Priscilla  mettea  :  con  dolce  incanno 
La  fantasia  gli  fea  sembrar  dovere 

Quel  ch'era  suo  diletto:  a  lei  credea 

*  ....  $ 

Lo  guidasse  amicizia  ed  era  amore. 

Sempre  di  lei  pensava,  o  le  pareti 

Della  casa  imbiancasse,  o  con  la  zappa 

Governasse  il  giardino;  e  più  sovente 

Ne'  dì  festivi,  allor  che  nella  Bibbia 

Leggea  l'encomio  della  Donna  Saggia, 

Come  nel  libro  de'  Proverbi  è  scritto: 

«  In  lei  confida  del  marito  il  core; 

Quante  son  le  giornate  di  sua  vita, 

Bene  e  non  male  in  casa  ella  gli  apporta  : 

*  i 


LA   RUOTA    DEL    FILATOIO 


Sempre  il  lino  e  la  lana  ha  fra  le  mani, 
Sempre  il  fuso  alle  dita  :  ella  non  teme 
Il  rigor  delle  nevi  :  ha  preparati 
Due  mantelli  pei  servi;  e  per  se  d'ostro 
E  di  bisso  tessuto  ha  vago  manto.  » 

Dopo  il  meriggio  d'un  bel  dì  d'autunno 
Sedea  Priscilla  al  filatoio  :  Aldeno 
In  faccia  le  sedea  mirando  il  moto 
Delle  preste  sue  dita,  come  fosse 
Il  suo  stame  vital  eh'  ella  filasse. 
Dopo  una  pausa,  al  romorio  del  fuso 
E  della  rota,  ei  disse:  «  In  ver,  Priscilla, 
Quando  vi  miro  tutto  il  giorno  attorcere 
Ed  incannar,  mai  di  riposo  un'  ora, 
E  d' altri  assai  più  che  di  voi  pensosa, 
Rapido  il  mio  pensier  vi  trasfigura, 


-  131  — 


>  -%.V»>  Tfc.V%.Y».\'*.\'».V%.\1».V*.\.^.\^.\,%.V'%.\'UV%>  ^.VX.' 


LA    RUOTA    DEL    FILATOIO 


*^ 


s 


Né  più  Priscilla  siete  voi,  ma  Berta 
La  bella  filatrice.  »  A  questi  accenti 
Il  pie  lieve  di  lei  calcò  più  celere 
Sovra  il  pedale  :  più  veloce  il  fuso 
Girando  diede  un  balzo,  e  il  tronco  filo 
Dalle  dita  scattò  della  fanciulla. 
Non  se  n'addiede  Aldeno  e  seguitando 
Impetuoso  il  dir:  «  Berta  voi  siete, 
Berta  »  gridò,  «  la  bella  filatrice, 
La  regina  d'Elvezia.  Io  la  sua  storia 
Presso  un  oste  già  lessi  in  Inghilterra  : 
Come  sul  bianco  palafren  girando 
Per  pianure,  per  valli  e  per  montagne 

Ella  filava  ognor,  traendo  il  filo 

$  .  * 

Dalla  conocchia  nell'arcion  confitta. 

Operosa  così,  così  serena 


"%.  •V.  ^.  ■%.  ■%.■*.■*.  ■  .^.  ■%.  ^k."  ■%.  -^\^.\-^\m.V^V«.V^ 


LA    RUOTA    DEL    FILATOIO 


Trasse  la  vita,  che  di  Berta  il  nome 
È  passato  in  proverbio.  E  tale  un  giorno 
Sarete  voi,  quando  avverrà  che  taccia 
Nell'abituro  de'  coloni  il  rombo 
Del  filatoio  :  allor  le  madri  industri 


Ricorderanno,  rampognando,  i  giorni 

Della  lor  fanciullezza,  i  giorni  antichi 

Ch'erano  d'oro,  i  giorni  di  Priscilla 

La  filatrice.  »  In  pie  ratto  levossi 

La  Puritana  vergine  gentile, 

Che  si  compiacque  d'ascoltar  le  lodi 

Del  suo  lavor  dal  labbro,  onde  le  lodi 

Dolcissime  venian  :  trasse  dall'aspo 

Una  bianca  matassa,  e  del  garzone 

A'  cari  detti  rispondendo  disse  : 

«  Venite  innanzi:  brutta  cosa  è  l'ozio; 


—  133  — 


^\^\^\^\^\^\^\^N^V%.\-^\^.\-%.\'»lVV\'%.\^.\'*>< 


LA    RUOTA    DEL   FILATOIO 


Se  della  buona  moglie  io  son  l'esempio, 
L'esempio  siate  voi  del  buon  marito, 
Tenete  in  vostra  man  questa  matassa 
Ch'io  verrò  sviluppando  ed  avvolgendo 
In  gomitolo.  Un  dì,  quando  più  in  fiore 
Non  saran  queste  usanze,  i  buoni  padri 
A'  figli  narreran  gli  antichi  giorni, 

I  giorni  d'oro  di  Giovanni  Aldeno.  » 
Così  scherzando  nelle  man  di  lui 
Pose  e  distese  la  matassa  :  in  atto 
D'uom  attonito  il  giovane  sedea 
Con  le  braccia  rivolte  alla  fanciulla, 
Che  ritta  e  tutta  grazia  iva  svolgendo 

II  tenue  stame  :  ora  il  garzon  sgridava 
Pel  suo  zotico  modo  di  tenere, 
Ora  sgroppando  un  nodo,  o  distrigando 


S^v ^^^ 

LA   RUOTA    DEL   FILATOIO 


Più  fili  attorti,  le  man  gli  toccava, 
E  un  torrente  d' elettriche  scintille  - 
Come  altrimenti?  -  gli  mettea  nel  sangue. 
Erano  a  mezzo  l'opra,  ed  ecco  ansante 
Un  messaggiero  entrar  che  orrende  nuove 
Apportava  da  Plinio,  ove  dal  labbro 
D'un  Selvaggio  le  udì:  Miles  Standese 
Era  morto  :  una  freccia  avvelenata, 
Mentre  guidava  i  suoi,  l' aveva  ucciso. 
Gli  fu  teso  un  agguato  :  ivi  con  tutta 
La  sua  banda  peri  :  tosto  le  fiamme 
Si  vedranno  di  Plinio  e  tuttaquanta 
La  sua  gente  svenata.  Al  diro  annunzio 
Gelaro,  impallidir  :  muta  Priscilla, 
Inorridita,  con  le  braccia  alzate, 
Simile  a  statua,  il  dicitor  guatava. 


135  — 


.<^£ 


1 

LA    RUOTA    DEL    FILATOIO 


L'altro  balzando  in  pie,  come  se  il  dardo 
Lui  pur  trafitto  avesse,  e  la  catena 
Fosse  rotta  per  sempre,  ond'  era  avvinto, 
D'opposti  affetti  in  gran  tempesta  assoiio, 
Con  segreto  gioir  dell'acquistata 
Libertà  di  duol  misto  e  di  rimorso  ; 
Ignaro  d'ogni  cosa  e  di  sé  stesso 
Abbracciò  la  fanciulla,  e  come  cosa 
Già  propria,  al  core  se  la  strinse  e  disse  : 
Quei  che  congiunse  Iddio,  l'uom  non  separi!  5 

Come  due  rivoletti,  che  distanti 
Han  le  fonti  sull'alpe,  al  pian  discesi, 
Per  obbliquo  sentiero  in  traccia  vanno 
L'uno  dell'altro  e  fansi  ognor  più  presso  ; 
Si  congiungono  al  fine  e  la  foresta 
Allegrai!  colle  chiare  onde  sorelle  ; 


* 


—  136  — 


w** 


'».'V"W'%.'».'^'V'»'V    -^V^V%.V%.V^V^V^    ■%.    -X 


LA    RUOTA    DEL    FILATOIO 


Così  queste  due  vite,  che  scorrendo 
Per  diverso  cammin,  giunsero  in  vista 
L'una  dell'alti-a,  e  poi  per  repentini 
Impedimenti  deviar,  più  sempre 
Si  vennero  accostando  e,  vinto  alfine 
Ogni  ritegno,  si  son  fuse  in  una. 


C>^f° 


—  137  — 


! 

s 


.*d^É 


1 


». 

: 

: 

: 
; 

: 

s 

X 


m*a 


IX 


IL  GIORNO  DELLE  NOZZE 


'V-V'V-^'*.-^"^-'^   '%.'•%.'%.'».'%.'%.■%.  m.Y%.W 


.^N»fc.\^.\^\^\>*.V%.\'*.V%.N^\^.X'k.'  ■%.    ^'  ■«.    •%.   ^.  •*.-( 


! 

il 

1 


! 


: 

5 


,-%.\-%.\'%.V%.\'%.\'V\'V\,%.\'fc.\'^\'%.\-%.\'%.\'%.\'%.V%.\'%.\X.,< 


%.  •%."*.  m\V  ■».  -^  ."%.  •»\»\%\%\*\%\%\%\%\%' 


I 


1 


*^  fw  ■    j^.         '  ^Tfr  -       ".^^*       ~.W^*       "»J^*  V^^ 


we  §^  3w  ^  -j%t  :^?\ 


FUOR  delle  nubi,  che  gli  fean  cortina, 
Fuor  della  tenda  di  scarlatto  e  d'oro 
Usciva,  Grande  Sacerdote,  il  Sole  ; 
Santità  del  Signor  sulla  sua  fronte 
Scritto  portava  in  lettere  di  luce  ; 
L'Efod  raggiante  gli  scendea  dal  petto 
Con  auree  squille  e  melagrane  ai  lembi. 
Uscìa  la  terra  a  benedir  :  le  nubi 

0 


111 


:%.\^\^\^.v».\^x^v^w\^.\'^.\'x.\'^\'^.n^>.\'%>\"%.\',%: 


! 


18 


S 
\ 

s 

1 

s 

N 

I 


r— ^,  •^.^■V'%.-V'%.'%.'%.'%.'%.'%.'*.'^'».'V'*.'».'Vj 

IL    GIORNO    DELLE    NOZZE 

Sotto  il  suo  pie  parean  sgabel  di  bronzo 
Listato  a  sbarre  e  l'Ocèan  lavacro. 
Tale  il  mattin  splendea,  che  di  Priscilla, 
La  Puritana  vergine,  le  nozze 
Illuminava.  Già  raccolti  insieme 
Eran  gli  amici  :  l'Anziano  e  il  Giudice, 
Del  Vangel  guardiani  e  della  Legge. 
L'uno  il  suggel  uman,  l'altro  il  divino 
Posero  al  rito  semplice  e  modesto, 
Pari  a  quello  di  Ruth,  quando  legossi 
Al  vecchio  sire  di  Betlemme.  Il  giuro, 
Che  l'amore  consacra,  i  giovinetti 
Del  Giudice  iteraro  alla  presenza, 
Come  la  legge  Puritana  impone 
Ed  insegna  d'Olanda  il  bel  costume. 
Devotamente,  caldamente  allora 


-  142  — 


IL   GIORNO    DELLE   NOZZE 


Per  la  famiglia  nell'amor  fondata 
Pregò  di  Plinio  l'Anzìan,  chiamando 
Ogni  dono  del  ciel  sovra  gli  sposi. 

Ed  ecco,  allor  che  il  rito  era  compiuto, 
Sovra  la  soglia  una  figura  apparve 


Stava  già  da  più  tempo  inavvertito 
L'ospite  ingrato.  Ne'  suoi  torbidi  occhi 
Di  tratto  in  tratto  balenava  un  raggio, 


D'orribile  sembianza,  tutta  chiusa 


In  vestito  d'acciar.  Perchè  lo  sposo 
Balza  in  piedi  atterrito  e  gli  occhi  sbarra  ? 
Perchè  la  sposa  impallidisce  e  cela 


Dello  sposo  sull'omero  la  faccia  ? 
È  spettro  o  vana  illuslon  degli  occhi  ? 
È  infausta  larva  dal  sepolcro  uscita 


A  turbare  le  nozze  ?  In  sulla  porta 


IL    GIORNO    DELLE    NOZZE 

Che  parea  l'ombre  dissiparne  e  i  moti 

Miti  e  gentili  rivelar  del  core, 

Come  di  sotto  al  rugiadoso  velo 
5 

D'assottigliata  nube  il  sol  traspare. 

Una  fiata  per  parlar  la  mano 

Levata  in  alto  e  mosso  il  labbro  avea  ; 

Ma  poi  tacque  :  un  voler  ferreo  le  penne 

Parve  troncasse  a'  meditati  accenti. 

Ma  posto  fine  al  rito  e  alle  preghiere, 

$  ....  . 

E  congiunti  gli  sposi  e  benedetti, 

L'ombra  a  gran  passi  si  avanzò  :  la  gente. 
Raffiguro  di  tutto  punto  armato 
Miles  Standese,  il  capitan  di  Plinio, 

Che  agitato  la  man  strinse  allo  sdoso 

$  -.         .  .  $ 

E,  «  Perdonami,  »  disse.  «  Aspro,  iracondo  * 

?  .     .  .       -         .         .  $ 

Fui  di  soverchio  e  covai  l'odio  a  lungo  ; 


—  141  — 


~*&JÉ 


IL   GIORNO    DELLE    NOZZE 

Fui  ben  crudele  :  ora,  mercè  di  Dio,  ì 

Tutto  finì.  Nelle  mie  vene  il  sangue  <» 

Arde  che  in  quelle  di  Sir  Ugo  ardea, 
Ugo  Standese,  ad  infiammarsi  pronto, 
Pronto  a  placarsi.  Mai,  com'era,  amico 
Ad  Aldeno  non  fu  Miles  Standese.  » 
Rispose  il  giovinetto  :  «  Ogni  altra  cosa 
Seppelliam  nell'obblìo  :  sola  l'antica 
Amicizia  rimanga  ognor  più  cara.  » 
Il  capitan  die  un  passo,  e  contegnoso 
Priscilla  salutò  con  un  inchino, 
Come  suol  far  la  nobiltà  tagliata  * 

All'uso  antico  in  Inghilterra  ?  un  misto  * 

Di  contado  e  città,  di  campo  e  reggia.  ^ 

Congratulossi  di  sue  nozze  e  molto 
Dello  sposo  parlò  con  alta  lode. 


—  145  - 


.■%"»■».   .^.-«.s-**-.-*.-- ■%..■%.  0*.  ,%■  .%.V*.\tk.V*V«fcV«.\'<kV%.' 


f^° 


'^'%.'%.'%.-%.'%.'^'%.'%.'%.'».'».'%.'».'».-V'%.'V 


IL    GIORNO    DELLE    NOZZE 


Poi  disse  sorridendo  :  «  Io  ben  dovea 
L'antico  adagio  rimembrar  :  —  servito 

Esser  vuoi  ben  ?  servi  te  stesso  ;  —  e  l'altro     * 

$  ...  s 

—  Non  si  colgono  visciole  a  Natale.  »  — ■ 

Lo  stupore  del  popolo  fu  grande 

E  più  grande  la  gioia  ancor  vedendo 

Del  capitano  l'abbronzata  faccia, 

Del  loro  capitan,  che  come  morto 

Avean  già  pianto.  Gli  fean  calca  intorno  ; 

E,  lasciati  gli  sposi,  interrogando, 

Rispondendo,  con  ilare  schiamazzo, 

L'un  l'altro  interrompea,  finché  pigiato 

Dalla  folla  crescente,  il  buon  guerriero 

Dicea,  che  volentieri  ito  all'assalto 

Sana  d'un  campo  di  Selvaggi  prima 

ìì         Che  venir  non  chiamato  a  nuove  nozze. 

l  -H6-  jl 

^jfcS^-*^*)--^.  ,^    .'V  .-V   .^  V%l  n-%.  X^  ^  0%.  -^  .-%.  x-%.  x"*  .-%  >"%  -m.  N-*.  O^m,     <*\j^\ 


•^•V'%.'%.'».'%.'%.'^'V'V'%."V'V^'^'*-'*-'*- 


IL    GIORNO    DELLE    NOZZE 


|jk^- 


147  — 


Lo  sposo  intanto  della  sposa  allato 
Stava  sull'uscio  respirando  il  puro 
Soffio  odorato  del  crescente  giorno. 
Vasta,  deserta,  d'autunnali  tinte 
Lievemente  cosparsa  innanzi  ad  essi 
Si  stendea  la  campagna  :  ivi  le  fosse 
Dei  cari  estinti  e  l'arenoso  lido  ; 
Ivi  i  solchi  sudati  e  le  foreste 
De'  vecchi  pini  ;  ma  foreste  e  sabbie 
De'  giovinetti  al  guardo  innamorato 
Forma  e  color  prendean  del  paradiso 
Passeggiato  da  Dio,  di  cui  la  voce 
Nell'alto  mugghio  udian  dell'Ocèano. 

Dalla  soave  vision  gli  tolse 
Lo  scompiglio  e  romor  della  partenza. 
D'indugio  impaziente  uscia  la  turba 


1 

IL    GIORNO    DELLE    NOZZE  4' 

-  ■ 

Degl'  invitati  e  fea  ritorno  all'opre 

Quel  dì  lasciate  non  perfette.  Aldeno 

Lieto  e  superbo  della  sua  Priscilla, 
ì      •  •  •  •  ■? 


s 


s 


D'una  stalla  vicina,  fra  le  voci 


-L^    Llllci     OLClilH.      Vigiliti)     HI*     A^       *  \J\*x 

Del  comune  stupor,  trasse  il  giovenco, 
Il  suo  bianco  giovenco  obbediente 


Alla  man  che  il  guidava  ed  alla  fune 


Raccomandata  ad  un  anel  di  ferro 


Nelle  narici  :  gli  copriva  il  dorso 
Di  vivace  scarlatto  una  gualdrappa 
Con  morbido  cuscin  di  sella  invece. 
«  Nella  polve  e  calor  del  mezzogiorno,  » 
Dicea,  «  non  deve  camminar  Priscilla; 
Cavalcar  dee  come  regina:  a  piedi 
Vanno  i  borghesi.  »  Ricusò  dapprima, 
Poi  confortata  dall'altrui  parole, 


—  148  — 


IL    GIORNO    DELLE    NOZZE 


: 


Posta  la  mano  in  sul  cuscino  e  il  piede 

Nella  man  dello  sposo,  allegra  e  balda 

La  fanciulla  salì  sul  palafreno 

Dolcemente  ridendo.  «  Altro  non  manca,  »      % 

Proruppe  Aldeno,  «  che  la  rocca  :  allora 

La  mia  Berta  sarai,  la  mia  regina.  » 

La  comitiva  nuzì'al  movea  ^ 

Alla  nuova  magion,  marito  e  moglie  $ 

E  pochi  amici  conversanti  insieme. 
Piacevolmente  mormorava  il  rivo 
Che  nel  bosco  guadar  :  parve  felice 
D'accogliere  nel  sen  la  bella  immagine 
Che  tremola  passò  sull'onde  azzurre, 
Come  sogno  d'amor.  Splendeva  il  Sole 
Fra  le  foglie  ingiallite  ed  i  pendenti 
Racemi  imporporava,  che  l'olezzo 


—  119  — 

IO 


■^^^\^\^\^\^\^\^\^\^\^V%.V%.V%.V%.Y%.V%.V%.\'%.-,: 

IL    GIORNO    DELLE    NOZZE 

Sottil  mescean  de'pini  alla  fragranza  ; 
Boscherecci  racemi  e  pur  giocondi 
Come  que'  che  d'Escòl  nutre  la  valle. 
Era  una  scena  pastoral,  che  in  mente 
Richiamava  altre  età,  Rebecca,  Isacco 
E  quella  cara  gioventù  del  mondo 
Sempre  nova  ed  antica  e  sempre  bella  ; 
Giovane  amor,  che  si  propaga  eterno 
Colla  fuga  degli  anni  in  mille  amanti. 

Così  di  Plimo  attraversando  i  boschi 
Facea  ritorno  il  nuzi'al  corteo. 


c^^p 


—  150  — 


■%.-^-».'%.'%.'».'%.'%.'V'%.'^.'^  ■%.  ^  ■%.•%.■*.  ■».' 


*^ 


SCELTE  POESIE  LIRICHE 


| 

! 

: 

s 


L.  A 


M»C%\'«i\'*\m.NWC^  ■^.-»  '*'«,'»■»-'».'».  -^v  %\%-( 


■m\^\^\^\m\^\W^^^\W\m\W.^\^\^\^\^\^G^=^KS£]£J 


IL  FABBRO  DEL  VILLAGGIO 


Sotto  l'antico  noce  fronzuto 
Abita  il  fabbro  della  borgata  ; 
Un  poderoso  dal  petto  irsuto 
E  dalla  scabra  mano  onorata  : 
Le  nerborute  sue  braccia  aduste 
Son  due  d'acciaio  spranghe  robuste. 

Ha  nero  il  crine,  ricciuto  e  folto, 
Fuligginosa  l'austera  faccia  : 

—  153  — 


N 

S 

N 

1 

s 

i 

5 


K^^ 


^\^\^\^\^\^\^\^\^\^\^V*.V%.V%.V%.V».V%.\-»,- 


\ 


\ 


SCELTE    POESIE    LIRICHE 


D'oneste  gocce  bagnato  il  volto 
Ei  qualche  cosa  sempre  procaccia  ; 
Nulla  ad  uom  deve  ;  quindi  giocondo 
Guardare  in  faccia  può  tutto  il  mondo. 

Dall'alba  a  sera,  di  settimana 
In  settimana,  sovra  l'incude, 
Come  i  rintocchi  d'una  campana, 
Suonano  i  colpi  del  martel  rude  : 
Sulle  stridenti  brace  il  ventoso 
Mantice  anela  senza  riposo. 

I  fanciulletti,  che  dalla  scola 
Tornano,  all'uscio  fermano  il  passo  ; 
-  E  contemplando  senza  parola 


Stanno  il  martello  che  or  alto,  or  basso, 


Fuor   della  soglia  correre  a  mille, 
Come  la  pula,  fa  le  scintille. 

ì  J 


'^^■^^.'^'V^'V'^.'^^'V'V 


IL    FABBRO    DEL   VILI 


.AGGIO  3 

! 


Nelle  giornate  sacre  al  Signore 
Scende  alla  chiesa  co'  figliuoletti  : 
Ode  la  voce  del  suo  pastore 
E  fa  conserva  de'  santi  detti  : 
Ode  la  figlia  che  canta  in  coro 
E  va  gioioso  del  suo  tesoro.  ^ 

In  quella  voce  sente  la  voce 
Della  sua  donna  che  in  cielo  or  canta  : 
Pensa  la  fossa,  pensa  la  croce 
Che  copre  l'ossa  di  quella  santa  ; 
E  con  la  dura  mano  callosa  ti 

Terge  la  dolce  lagrima  ascosa. 

Mesto,  giocondo  così  lavora 
Quante  son  l'albe  della  sua  vita: 
L'opra  abbozzata  vede  l'aurora, 
Vede  la  sera  l'opra  fornita  : 

L        -»■-        j 


1 

SCELTE    POESIE    LIRICHE 


Di  sue  fatiche  mai  non  si  lagna 
Ed  il  suo  sonno  tardi  guadagna. 

Grazie,  a  te  grazie,  buon  popolano, 
Che  tal  mi  porgi  stimolo  e  sprone  ! 
Così  sudando  lo  spirto  umano 
Foggi  a  se  stesso  le  sue  corone  ; 
Temprata  al  foco  della  sventura 
Foggi  ciascuno  la  sua  figura  ! 


156  — 


££!I^f^£5^&™^^.s*.  ■».■».  ^.v.^m.'&.^.-^^.w.'».  ».  ,^.\5k.( 


E  X  C  E  L  S  I  O  R 


Cadean  veloci  l'ombre  di  sera, 
E  per  nevoso  borgo  montano 
Passava  un  forte  ch'una  bandiera 
Alto  portava  col  motto  strano  : 

Excelsior! 


Mesta  la  fronte;  ma  la  pupilla 
Come  snudata  lama  splendea  : 
Tromba,  che  in  suono  vivido  squilla, 
Lo  sconosciuto  grido  parea  : 

Excelsior  ! 

—  157  — 


SCELTE    POESIE    LIRICHE 


Vede,  passando,  l'allegra  vampa 
Ne'  focolari  :  l'erto  ghiacciaio, 
Siccome  spettro,  sovra  s'accampa  ; 
Ed  ei  dal  core  mettendo  un  guaio  : 

Excelsior  ! 

Diceano  i  vecchi  :  «  Ferma  !  Non  senti 
Ruggire  il  nembo  sulla  tua  testa  ? 
Larghi  e  profondi  sono  i  torrenti  !  » 

Ma  lo  squillante  grido  non  resta  :     - 

Excelsior  ! 

«  Ferma,  riposa  su  questo  seno!  » 
L'impaurita  vergin  dicea  : 
Di  pianto  il  cenilo  occhio  ripieno 
Ei  sospirando  le  rispondea  : 

Excelsior  ! 


—  158  — 


EXCEI.SIOK 


«  Della  valanga  l'insidie  temi  : 
Temi  del  pino  che  si  scoscende,  » 
Fùr  de' pastori  gli  avvisi  estremi: 
Ma  dalle  cime  voce  discende  : 

Excelsior  ! 

Nell'ora  incerta  che  il  cielo  aggiorna, 
Del  San  Bernardo  quando  il  Romito 
Al  giornaliero  salmo  ritorna, 
Per  l'aria  torba  fu. un  grido  udito  : 

Excelsior  ! 

Un  viandante  dal  fido  alano 
Era  alle  nevi  tratto  di  sotto  : 
Stringeva  ancora  la  fredda  mano 
Una  bandiera  col  fiero  motto  : 

Excelsior  ! 

—  159  — 


■'^v«*'«.v»v»\^v«.v«.\^\'m.\'nv»v<n\'^\^v*\'W0<* 

SCELTE   POESIE   LIRICHE 

Spento,  ma  bello  giace  il  valente 
Nel  bigio  lume  d'algida  aurora  ; 
E,  come  solco  d'astro  cadente, 
Voce  da'  cieli  piove  sonora  : 

Excelsior  I 


^^T 


! 

! 


-•*.V<kV^V«kV%.V*\' 


.^\-*.\-*.\'V\-%\-«>\'^\'».\-^\^.\'^\'«.<2^^^^v} 


! 


•%.-^'*.-%.-*'»-».'».-%.'%.-V-%.'».'%.'*'»'%-'^ 


^.^e^.^er;  * _<*£  -*J£l ^_«£/*-225*-S£ 


fc 


IL  NAUFRAGIO  VELVHESrERl'S 


A  mezzo  verno  per  l'Ocèano 
Velocemente  l'Esperò  andava  : 
L'ore  noiose  del  capitano 
Giovanettina  figlia  allegrava. 

Ha  gli  occhi  azzurri  qual  fior  di  lino  ; 
Rosea  la  guancia  come  l'aurora  : 
Gareggia  il  petto  col  biancospino, 
Quando  di  maggio  l'aura  V  infiora. 


ÉM*« 


161 


li 


Éktó 


SCELTE   POESIE    LIRICHE 


Il  capitano  stava  al  timone, 
Cheto  fumando  :  guatava  attento 
Se  il  fumo  verso  settentrione, 
O  verso  l'austro  portasse  il  vento. 
Sul  ponte  ascese  vecchio  piloto 
Che  il  mar  più  volte  corse  di  Spagna 
E  disse  :  «  Il  nembo  non  è  remoto  ; 
Signor,  quel  porto  tosto  guadagna. 

Ieri  la  luna  portava  il  cinto  : 
Vggi,  qual  vedi,  si  tien  celata.  » 
Il  capitano  dal  riso  vinto 
Gli  fé  risposta  d'una  fumata. 

L'acuta  brezza  fassi  più  greve: 
Da  tramontana  vien  la  tempesta  : 
Impetuosa  fischia  la  neve 
E  delle  spume  monta  la  cresta. 

—  162  — 


E*8*^ 


IL   NAUFRAGIO   DELL' 'HESPERUS 

Ruina  il  nembo  :  stride  l'antenna  ; 
Lo  scosso  legno,  come  corsiero 
Che  spaventato  sosta  e  s'impenna, 
Corre,  s'arresta,  muta  sentiero. 

«  Vien  qua,  piccina  !  pei'chè  paventi? 
Vien  qua,  mio  core,  di  che  mai  tremi  ? 
Vinte  ho  maggiori  furie  di  venti, 
Che  non  son,  cara,  queste  che  temi.  » 

Ei  contro  il  freddo  della  bufera 
Del  suo  velloso  saio  la  cinse  ; 
Tagliò  la  fune  d'una  bandiera 
Ed  al  bompresso  stretta  l'avvinse. 

•  Padre,  lo  squillo  d'una  campana 
Panni  d'udire:  perchè  tal  cosa?  » 
«  Qualche  scogliera  non  è  lontana 
D'ingannatrici  nebbie  nascosa.  » 


|^< 


—  K,3  — 


X\»\%\%\%\%\'V\'%\%VV1%\V  ^>.%\^\w  '%.\'».' 


SCELTE    POESIE    LIRICHE 

«  Padre,  il  cannone  tonare  ascolto  ; 
E  che  vuol  dire  ?  »  -  «  Qualche  naviglio 
Pe'  tempestosi  flutti  travolto 
D'inabissai"si  corre  periglio.  » 

«  Padre,  di  fuochi  l'aria  risplende. 
Che  voglion  questi  lampi  che  miro  ?  » 
Parola  il  padre  più  non  le  rende  : 
Presso  le  giace  senza  respiro. 

Presso  il  timone  giace  percosso, 
Volta  la  faccia  livida  al  cielo  : 
Della  lanterna  tremola  il  rosso 
Lume  negli  occhi  fatti  di  gelo. 

Giunge  la  figlia  palma  con  palma 
Scampo  pregando  dalla  mina: 
A  Gesù  pensa,  quando  la  calma 
Rendeva  a'  laghi  di  Palestina. 


IL   NAUFRAGIO    VEUlHESPERUS 


A  mezzanotte  portato  a  volo, 
Di  fìtta  neve  sotto  il  flagello, 

Come  fantasma  nel  suo  lenzuolo, 

I 

Contro  la  spiaggia  corre  il  vascello. 

Tuona  da  terra  fra  gl'interrotti 
Fischi  del  vento  lungo  muggito  : 
È  il  vorticoso  rombo  de'  fiotti 
Franti  sull'irte  l'occie  del  lito. 

L'affaticata  prora  già  rade 
Le  ascose  secche  :  già  d'acqua  un  monte 
Che  fragoroso  sovra  le  cade, 
Tutta  la  ciurma  spazza  dal  ponte. 

Ribolle  il  mare  soffice  e  bianco, 
Che  sembra  lana  ;  ma  largo  foro 
I  sassi  al  legno  fanno  nel  fianco, 


N 


> 


Come  iraconde  corna  di  toro. 


~165~  *^A 


rpS>"%.w%.^-  ■»."%.  •%.  *  •».  -*>  ■*  -».  %.-  -*.■  ■%.  -  -v-  ■vv%.-  j  ^^i-m 
SCELTE    POESIE    LIRICHE  2' 

Antenne  e  vele  cascano  avvolte 
Di  ghiaccio  e  neve  sulla  coperta  : 
La  stanca  nave  gira  tre  volte, 
Indi  scompare  nell'onda  aperta. 

Un  pescatore,  che  sulla  punta 
Del  lido,  all'alba,  rattenne  l'orma, 
D'una  fanciulla  testé  defunta 
Stretta  ad  un  tronco  vide  la  forma. 

Sovra  il  suo  petto  rappresa  è  l'onda, 
E  sulle  azzurre  pupille  spente  ; 
Su  e  giù  la  lunga  chioma  a  seconda 


* 


Va  fluttuando  della  corrente. 
Carco  di  neve  così  periva 
L'Esperò  in  notte  ventosa  e  scura. 
Lontan  ne  tenga  Dio  dalla  Riva 
Che  ben  si  noma  della  Sventura. 


—  166  — 


IL  VECCHIO  OROLOGIO 

SULLA     SCALA 


Cinto  di  torri,  come  un  castello, 
Sorge  nei  campi  gotico  ostello  ; 
De'  porticali  sul  pavimento 
L'ombra  de'  pioppi  scherza  col  vento  ; 
E  sulle  scale  dalla  parete 
Vecchio  orologio  lento  ripete  : 
Sempre  —  mai 
Mai  —  sempre. 


—  167  - 


^\'VV.'«.V«.\^LV%\'«\'%.V^V*.\^k\^S^V«>VWS.'«.vm\'«? 


SCELTE    POESIE    LIRICHE 


^^ 


Simile  a  frate  che,  delle  braccia 


s 

Dalla  massiccia  cassa  di  noce, 

Sotto  il  mantello  fattasi  croce, 
Tien  sospirando  china  la  faccia, 
Segna  col  dito  Fora  che  vola, 
E  ricantando  va  la  parola  : 
Sempre  —  mai 
Mai  —  sempre. 
Di  giorno  è  voce  fievole  e  bassa  ; 
Ma  quando  l'ombra  tacita  cala, 
Come  romore  d'orma  che  passa, 

E  picchia  all'uscio  de'  dormitori  : 
Sempre  —  mai 
Mai  —  sempre. 


Tremola  echeggia  nell'ampia  sala  ; 
Striscia  pei  lunghi  chiostri  sonori 


—  168  — 


.^N-^VfcV^V^V^V^V^V^V^V^V^V^Y^V^V^V^V^' 


,-^-»-».'^-^'%.  .•».'».'%.'%.'».'%.  ■*■■»■"». 


IL  VECCHIO  OROLOGIO  SULLA 


SCALA  i' 


Giorni  di  nascita,  giorni  di  morte, 


I 

Giorni  di  riso,  giorni  di  duolo 
Mescer  qui  dentro  volle  la  sorte  : 
Sublime,  immobile  degli  anni  al  volo, 
L'antico  bronzo  contempla  il  tutto 
E  suona  in  flebile  nota  di  lutto  : 

Sempi'e  —  mai 

Mai  —  sempre. 
Aperta  ai  passi  del  pellegrino 
In  ogni  tempo  fu  la  magione  : 
Ruggian  le  vampe  dentro  il  camino  ; 
Lauta  fumava  l'imbandigione  ; 
Ma,  come  spettro,  fra  i  commensali 
Scendeano  i  lugubri  motti  fatali  : 


Sempre  —  mai  ^ 

Mai  —  sempre. 

- i6y  -         ^JL 


)■%.,■*.  ^  ^  ■%.■%.-%  ^k.'%.  ,"%  -^  ■».  ^  ^  ^  ^  .-%.-■%. 


SCELTE    POESIE    LIRICHE 


Qui  di  bambini  scherzava  un  coro: 
Là  le  donzelle  co'  giovanetti  ^ 

Ivano  a  paro  :  che  notti  d'oro  ! 
Che  primavera  d'anni  e  d'affetti  ! 
Come  l'avaro  le  sue  monete, 
Quelle  ore  il  bronzo  conta  e  ripete  : 
Sempre  —  mai 
Mai  —  sempre. 


Éfc** 


—  170  — 


Da  quelle  soglie  biancovestita 


Uscì  la  prima  sera  la  sposa  : 
Spenta  nel  pieno  fior  della  vita 
In  quell'oscura  cava  riposa. 
I/antico  bronzo  l'inno  ferale 
Accompagnava  d'in  sulle  scale 
Sempre  —  mai 
^  Mai  —  sempre. 

\ 


IL  VECCHIO  OROLOGIO  SULLA  SCALA 


Tutti  sparirò.  Van  altri  errando  : 
Altri  co'  morti  fanno  soggiorno. 
Che  se  non  senza  pianto  io  dimando  : 


«  Faranno  i  cari  volti  ritorno  ? 

Ritorneranno  l'ore  gioconde?  » 

L'antico  bronzo  cupo  risponde  : 
Sempre  —  mai 
Mai  —  sempre. 
Sempre  ne'  cieli,  mai  sulla  terra  ! 

Lassù  son  tronche  l'ale  degli  anni  : 

Esiglio  e  morte  più  non  dan  guerra; 

Ivi  le  glorie,  quaggiù  gli  affanni. 

Inalterabile  bronzo  ne'  cieli 

Ratte  l'eterne  note  fedeli  : 
Sempre  —  mai 
Mai  —  sempre, 


-  171  — 


k^'^'»^^V».V%.V^V%.V%.\^\^.\'%.V^V%.\^V%.\^.\^.' 


ì 


Ih 

1 


'"*-^'*-^'v^^\'v\-^\'*.\'>».\.'*.\'*.\^\'%.\-v\Xk.\-%.\-v\'%.\-%.-<v;^^^^3 


LA  FANCIULLA  METICCIA 


Con  flosce  vele  nella  laguna 
Sta  del  Negriere  l'agii  goletta  : 
Che  dall'Oceano  spunti  la  luna 
E  fresche  l'aure  soffino,  aspetta. 

Sta  ricovrata  sotto  la  sponda: 
La  ciurma  intanto  de'  rematori 
Guata  in  silenzio  quando  dall'onda 
Striscino  a  proda  gli  alligatori. 

—  173  — 

^■v^\'%.v%.\'%.\,<^N'%.*o%.\'%.\'%x^.\'%.\'%.v%.v%.\'^.\'%.\'»:<S^^ 
82 


I 


>^-'v'^'*,*'^'V'%.'%.'V"v'%.'».'%.  %.s^v%x'<' 


SCELTE    POESIE    URICHE 


1 


Di  tempo  in  tempo  l'olente  fiato 
D'aromi  e  cedri  sentono  in  viso  ; 
E  sembra  in  terra  d'onta  e  peccato 
Aura  sviata  di  paradiso.  ^ 

Steso  il  Colono  sulla  sua  scranna 
Cerca,  fumando,  tòrsi  a  un  pensiero  : 
Sul  saliscendi  della  capanna 
Tien  l'inquieta  mano  il  Negriero. 

Dice  :   «  Sull'ancora  il  bastimento 
E  colaggiuso  nella  laguna  : 
Attendo  il  fresco  soffio  del  vento 
E  che  dal  mare  spunti  la  luna.  » 

Innanzi  ad  essi,  la  faccia  alzata, 
Timida  in  atto,  senza  favella, 
Sta  più  che  attenta,  meravigliata, 
Una 'meticcia  bruna  donzella. 


—  174  - 

.'%V^V^\^\'^V*\-%.Y%.VVY^\'^\m.\'^\^\'%.V%.\^\^< 


* 


' ~*^f 

LA    FANCIULLA    METICCIA  J 


I 

Ha  nudo  il  collo,  nude  le  braccia  :  v 

Unico  ornato,  lunghi  capelli  s 

Sul  rubicondo  labbro  pudico  k 

*        Erra  un  sorriso  modesto  e  vago,  „ 

Come  sul  muro  di  tempio  antico  * 

D'un  santo  espressa  ride  l'immago.  ^ 


Ha  grandi  gli  occhi,  splendidi  e  belli 


E  gaia  benda  che  al  fianco  allaccia. 


«  Vecchia  è  la  casa  :  grave  il  lavoro,  » 
Seco  il  Colono  pensa  e  sospira  : 
L'avido  sguardo  pone  sull'oro, 
Alla  fanciulla  quindi  lo  gira. 

t  Dall'inumano  barbaro  eccesso 

s       Inorridita  l'anima  abborre  ; 

Ond'ella  viene  sa:  di  che  amplesso.... 
Qual  nelle  vene  sangue  le  scorre. 


—  175  — 


I 


SCELTE    POESIE    LIRICHE 

Ma  di  natura  grido  non  vale  : 
Al  lucido  oro  la  mano  ei  stende. 
Ella  scolora  :  gelo  mortale 
Tutto  il  virgineo  corpo  le  prende. 

Fuor  della  soglia  la  riluttante 
Tragge  il  Negriero,  la  trae  per  mano 
Misera  schiava,  misera  amante 
A  qualche  ignoto  lido  lontano. 


"Y^r5 


—  176  — 


>.^\^\^\^\^\^\^\^\^\^\^V%,Y^V%.V%.\'^V*.\'<k.- 


-V'^-V-V-V'%.'V'V'V'V-»'».'»'»."».-V-V"». 


is%  ^>_**^  ^_«^7  T^J^l  ?*J^' 


mi? 


POMERIGGIO  IN  FEBBRAIO 


Il  giorno  discende  : 
S'infosca  la  sera  : 
Il  gelo  rapprende 
Palude  e  riviera. 

Da'  nugoli  tetri 
Un  ultimo  raggio 
Rosseggia  ne'  vetri 
Dell'ermo  villaggio. 

—  177  — 


^'V-V'^'%.-%.'».'V'%.'%.'^'V-V'V-V   ^Y%.Y^ 


SCELTE    POESIE    LIRICHE 


La  neve  ricade  : 

La  nebbia  si  affolta  : 
Xon  segna  più  strade 
La  siepe  sepolta. 

Con  capi  velati, 

Di  spettri  in  sembianza, 
Un  lento  pe'  prati 
Mortorio  si  avanza. 

Lamenta  la  squilla  : 

I  gravi  rintocchi 
Simpatica  stilla 

Mi  chiamano  a<di  occhi. 

O 

Van  l'ombre  crescendo  : 

II  core  più  forte 
Seconda  battendo 
La  squilla  di  morte. 

—  17^  — 


-f 


.«££; 


' 


"**% 


$9%  :«.  &&  3*  ^  ?n  &m$* 


INDICE 


Prefazione Pag.  5 

I Miles  Standese 15 

II ....  Amore  ed  Amicìzia 27 

III...  Il  Messaggio  dell'Amante 41 

IV  ...   G:  :  ■■  ar.-.-.i  Aldeno 61 

V..    .  La  Partenza  del  Fiordaliso  ...........  79 

VI...  Priscilla.. ..    97 

VII..   La  Marcia  di  Miles  Standese in 

Vili.  La  Ruota  del  Filatoi: 125 

IX...  I:  Giorno  delle  Nozze i_-p 

-  179  — 


INDICE 


Scelte  Poesie  Liriche 

Il  Fabbro  del  Villaggio pag.  I53 

Excelsior #     T 

Il  Naufragio  <ì&\Y Hesperus T^t 

Il  vecchio  Orologio  sulla  scala ...   ^7 

La  Fanciulla  meticcia . I?, 

Pomeriggio  in  Febbraio I?7 


=%^^ 


; 


—  180  —  2