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Full text of "Bollettino della Societa? dei naturalisti in Napoli."

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BOLLETTINO 


DELLA 


SOCIETÀ DI NATURALISTI 


LIS: DIARI 


SERIE I. — VOL. V. 
ANNO V. 
1891 


FASCICOLO I 


(con 4 tavole e 9 incisioni ) 


(pubblicato il 6 Maggio 1891 ) 


TEA POLI 
Stabilimento Tipografico F.LL1 FERRANTE, Vico Tiratoio, 25 


1891 


SOMMARIO 


Cano G. — Sviluppo postembrionale della Gebia, Axius, " 

Callianassa e Calliaris — Morfologia dei Talas-- 

sinidi, (Tav. I-IV ed una incisione) . s ì pag. d 
Vanni G. — Determinazione della costaute di una bus 

sola delle tangenti, (con due incisioni). y #0 31 
Vanni G.-- Sulla misura voltametrica delle correnti elet- 

triche, (con una incisione) . . . » 12 
Balsamo F. — Sull’ assorbimento delle radiazioni nelle 

piante . ; pr BI 
Mazzarelli G. — Intorno alle specie di Pleurobranchus 

del Golfo di D Napoli, (con cinque incisioni) . . n 69 
Mingazzini P. — Sulla rigenerazione nei Tunicati ; gi: 36 
Germano E. — Cangiamenti istologici del abate dalla 

nascita alla maturità . : PR. 


Vetere V. — Sopra alcuni sali dell'acido fenolglicolico 
e sull’acido fenolparaossicinnamico —. . . n 89 


NB. I Processi verbali delle tornate saranno pubblicati in fine 
del volume. 


Per quanto concerne la parte scientifica ed 
amministrativa dirigersi al Segretario della So- 
cietà : 

Fr. Sav. MONTICELLI 
Shvada Ponte di Chiaia N. 27 — NAPOLI 


Sono vivamente pregati i signori socii ordinarii non 
residenti di spedire la loro contribuzione annuale al socio 
Cassiere A. G. CABELLA, Laboratorio di Chimica gene- 
rale della R. Università di Napoli. 


DOLLEFFERNO 


DELLA 


SOCIETÀ DI NATURALISTI 


LINO INAPOIE 


> 
asi, i 


SERIE I. — VOL. V. 
ANNO V. 


1891 


to P_ n —_ 


INA POLI 
Stabilimento Tipografico F.LLi FerraNTE, Vico Tiratoio, 25 


1891 


Sviluppo postembrionale della Gebia, Axius, Callia- 
nassa e Calliaris. - Morfologia dei Talassinidi — 
Ricerche di G. Cano, (Tav. LIV). 


(Tornata del 1 febbraio 1891) 


Dalla monografia di Heller (1) intorno ai Crostacei del Sud del- 
l'Europa, pubblicata ormai da molti anni, risultano appartenere alla 
fauna del Mediterraneo le seguenti specie di Crostacei Talassinidi : 
Gebia litoralis Risso, Callianassa subterranea Leach, C. laticauda 
Otto e Calliaris adriatica Heller. Recentemente due altre specie 
Calocaris Macandreae Bell ed Axius stirynchus Leach, appartenenti 
a questa medesima famiglia e credute esclusive della fauna litorale 
dell’ Atlantico, vennero riscontrate da A. Milne Edwards (Travail- 
leur) e da Marion nei dintorni di Marsiglia. 

Nel golfo di Napoli la famiglia Talassinidae è rappresentata 
dalle seguenti specie: Gebdia litoralîs Risso, Callianassa subterranea 

each, C. truncata(?)Giard et Bonnier(2)ed Axvius stirynchus Leach. 
Quest'ultimo però è rarissimo, infatti nella collezione scientifica della 
fazione Zoologica ne esiste un solo esemplare conservato in alcool. 
Il Calliazis non fu giammai riscontrato nelle acque del golfo; le 

@ di questo Crostaceo si riscontrano però abbastanza rare ad 

| la profondità di oltre 100 m. durante i mesi VII, VIII e IX. 
Gebie e le Callianasse vivono a poca profondità nei fondi 
sabbiosi e melmosi della riviera di Mergellina e di Posillipo dove 


ra 


(1) Crustaceen des Sudlichen Europa, Wien, 1863, pag: 201-208, 
(?) Sur une espéce nouvelle de Gallianasse du Golfe de 
pula ete. in: Bull. Sc. d. Prance et Belgique, 1890, pag. 360-362. 


SW 


colle chele scavano piccole cavità sotto la sabbia nelle quali trovano 
riparo. Nulla saprei dire relativamente alle abitudini dell’ Axîus, 
però queste secondo le osservazioni di Bell non sembrano diverse 
da quelle della Gedia e della Callianassa. 

Le larve della Callianassa e dell’ Axius si trovano con frequenza 
nei mesi VI e X ad una profondità di 30 a 40 m., quelle della Ge- 
bia nei mesi III, V, X. Durante il periodo di maturità sessuale (1) 
queste larve si possono anche far sviluppare entro i bacini dell’Ac- 
quario, però muoiono rapidamente dopo la prima muta. Per ottenere 
quindi le diverse fasi di sviluppo nella loro serie successiva, io ho 
dovuto fare delle ricerche quotidiane nell’auftrieb e valermi inol- 
tre di un ricco materiale conservato in alcool, raccolto a diverse 
profondità nel golfo, materiale che a me venne largamente accor- 
dato per oggetto di questi studi. Devo a tal uopo esternare la mia 
riconoscenza al Cav. Lo Bianco per le molteplici indicazioni e per 
l’aiuto prestatomi durante il tempo delle mie ricerche. 

Per quanto concerne l'introduzione storica e l'ordinamento del 
presente lavoro devo far notare quanto segue. 

La Zoea della agi venne per la prima volta descritta e 
fisurata da Claus (2): va indicata dal medesimo autore come 
appartenente allo LE “ ” ysîs della Callianassa (3) tenendo conto 
del ramo nuotatore nelle prime sette paia di appendici toraciche 
dovrebbe riguardarsi più tosto come appartenente al genere Axd4S, 
La forma generale del corpo e quella del telson è però identica @ 
quella d’una Callianassa nella corrispondente fase di sviluppo. In 
questo medesimo Crostaceo P. Mayer (4) ha fatto osservare le va- 
riazioni che avvengono latine alla forma ed all’armatura del 
ventaglio caudale in seguito alla prima muta, lo stesso autore de- 
scrisse ancora e figurò il ventaglio caudale della Gedia. Lo sviluppo 
postembrionale di quest’ultima venne quasi completamente fatto c0- 


(1) v. a questo riguardo: S. Losranco. Notizie biologiche riguar 
danti il periodo di maturità degli animali delgolfo di Napoli, 
in: Mith. Zool. Stat. Neapel, 8 Bd. pag. 408-409. 

(2) Untersuchungen zur Erfoschung der genealogischen 
Grundlage des Crustanceen-Systems, Wien, 1876, pag. 94, Taf. 
VII, fig. 4. 

(3) Neue Beiirige zur Morphologie der Crustaceen, Wien, 
1885, pag. 63, Taf. V, fig. 41, 42. 

(4) Zur Entwicklungsgeschichte der Decapoden, in: Jenaisch- 
Zeit. Naturw. 11 Bd. 1877, pag. 253, Taf. 15, fig. 56-57. 


1, QUA 


| noscere dal Sars (1) nelle sue diverse fasi. In questo lavoro l’autore 
indica col nome di Calocaris Macandreae (Tav. 6 e 7) alcune forme 
larvali le quali differiscono da quelle rappresentate nella tavola 2 
oltre che per la forma alquanto diversa del corpo, per la conforma- 
zione caratteristica degli organi visivi, per Vl armatura del ventaglio 
caudale e per la mancanza d’un palpo nell’ ultimo piede toracico. 
Esse però appartengono all’Axrius e vennero già da Claus (2) consi- 
derate come larve d’Zippolyte. Claus (3) riconobbe ancora il Cal 
liaxis nello stadio di Mysîs avendo già descritto una prima fase lar- 
vale di questo stesso Crostaceo in una precedente pubblicazione (4). 
Recentemente Brook (5) col nome di Trachelifer descrisse due fasi 
larvali del Calliaxis senza tenere aleun conto dei precedenti lavori 
di Claus. 


Sviluppo postembrionale della Gebia, Amius, 
Cattianassa, e Calliaxis. 


Gebia litoralis Risso (Tav. I). 


Appena uscita dall’uovo la larva cella Gedia liforalis non pre- 
senta sullo scudo alcun’ apofisi distinta, il rostro però esiste ripie- 
gato al di sotto della sottile e trasparente cuticola (membrana bla- 
stodermica) la quale dopo pochi minuti si elimina come prima 
muta (fig. 1). 

— In questa prima fase larvale (Zoea) (fig 1A) gli occhi non 
Sporgono peduncolati ai lati della testa ma persistono ancora fusi 
colla massa cefalica anteriore, lo scudo s’ avanza tra gli occhi con 
Un rostro assai puntuto il quale non oltrepassa l’apice delle antenne 
interne, l'addome è diviso in cinque segmenti, corrispondenti i pri- 


» 


r—————P—PP—P—P6PPPm 


(1) Bidrag til Kundskabenom DecapodernesForwandlinger 
Nephrops, Calcaris e Gebia, in: Archiv for Mathem. 0g Naturv. Krisliania, 1884, 
pag. 155-204, Tab. 

(2) Zur ui der Malakostrakenlarven, in: Wiîrsburg. 
Nalurw. Zeit. 1861, T. II, Taf.3, fig.1 Crustaceen Systems, pag. 44-45, 

1448. 


(3) Neue Beitrige etc. pag. 63, fig. 44. 
(4) Zur Kenntniss der Kreislaufsorgane ‘der Schizopoden 
und Decapoden, 1884, pag. 32, fig. 48, 49, 50. 
_ (5) Notes on a Luciferlike Decapod larva from the West 
oast of Scottland, in: Proc. Roy. Soc. Edimburg, Vol. XV, 1887-88. 


si Bra 


mi quattro alla seconda, terza, quarta e quinta somite del pleon 
nell’adulto, l’ultimo segmento (segmento anale=sesta somite e telson 
nell’ adulto) s’ avanza posteriormente in una larga placca lamellosa 
di forma triangolare munita di 6 - 6 aculei terminali. 

Le appendici del corpo sono in numero di dodici paia, cioè cin- 
que paia cefaliche (due paia di antenne e tre paia di appendici boc- 
cali) e sette paia toraciche (tre paia di piedi mascellari e quattro 
prime paia di piedi ambulatori dell’ adulto). 

Le antenne interne sono in forma di semplici tubi (fig. 2*) che 
sostengono quattro a cinque filamenti olfattivi ed una lunga setola 
sul lato interno. 

Le antenne esterne (fig. 3%) comprendono : una parte basilare 
semplice con una piccola spina verso il suo apice esterno, e due 
rami terminali, uno esterno squamiforme (esopodite) ed uno interno 
(endopodite) con due lunghe setole terminali. 

Le mandibole non hanno palpo (fig. 4*). 

Nel primo paio di mascelle (fig. 5*) i due lobi masticatori (Ka u- 
laden) sono semplici ed il palpo è diviso in tre articoli, mentre nel 
secondo paio i due lobi masticatori sono bipartiti (fig. 6%), il palpo è 
anch’ esso bilobo, il ramo esterno s”estende a lato del palpo in for- 
ma di lamella branchiale. 

Il primo ed il secondo paio di appendici toraciche risultano di 
un articolo basilare e di due rami terminali cioè un ramo nuotatore 
esterno (Schwimmfussast) diviso in due articoli ed un ramo in- 
terno diviso in cinque articoli nel primo paio (fig. 7°) in quattro nel 
secondo (fig. 8°). 

Le rimanenti appendici toraciche (fig. 12") sono in forma di gem- 
me delle quali le quattro anteriori bilobe, la posteriore semplice. 

B—In una seconda fase larvale la quale si può considerare quale 
forma di transizione tra la Zoea e lo stadio di Mysîs, gli occhi spor- 
gono peduncolati ai lati della testa (fig. 18), 1’ addome è diviso in 
sei segmenti, il segmento anale è armato di 7-+-1-+4 7 aculei, al 
disotto della trasparente cuticola si osserva il telson preformato 
colle sue lamelle laterali (sesto pleopode), le quali si estendono 21 
lati del ventaglio terminale e diventeranno libere nella sucessiva 
muta. 

Le antenne interne (fig. 2> ) presentano due articoli terminali, 
uno esterno coi filamenti olfattivi (Hauptgeissel) ed uno interno 
con due setole (Nebengeissel); nelle antenne esterne il pezzo ba- 
silare e diviso in due afticoli (fig. 3. );} le rimanenti appendici cefa- 
liche conservano immutata la forma precedentemente descritta. 


Erg re 


Il numero delle appendici toraciche è di otto paia, le cinque 
| paia anteriori hanno un distinto ramo nuotatore. 
Le due ultime sono ancora in forma di semplici gemme. 
C.— Nello stadio di Mysis persiste quasi immutata la forma ge- 
nerale del corpo precedentemente descritta; l'addome comprende sei 
distinte somiti, il telson è divenuto libero colle sue lamine laterali 
el è armato di 3 + 5 15 -+- 3 aculei (fig. 1c). 
La forma delle appendici cefaliche è quasi identica a quelle delle 
due fasi precedenti. 
In tutte le appendici toraciche il pezzo basilare è diviso in due 
articoli, il ramo interno nel paio anteriore ha perduto la sua primi- 
tiva articolazione ( fig. 7€), nel terzo paio come in tutti quelli suc- 
cessivi conserva ancora il suo carattere gemmiforme, nel quarto esso 
| è però molto sviluppato e termina con un apice stiliforme, dal lato 
interno di questo si estende un solco longitudinale che accenna in 
Questo modo alla prima formazione della chela. 
‘addome nella seconda, terza, quarta e quinta somite ha un 
paio di pleopodi in forma di semplici lamelle. 
D— Nello stadio postlarvale (fig. 1D) la forma generale del 
corpo è quasi identica a quella dell'adulto, il rostro è divenuto assai 
corto, l'addome nelle sue diverse somiti è più appiattito e meno ar- 
Cuato, le lamine laterali del ventaglio caudale sono ovalari e quasi 
della medesima lunghezza del telson (fig. 11°). 
Nelle antenne interne il flagello principale è diviso in tre arti- 
coli, in due l’accessorio; il peduncolo prima indiviso ora comprende 
tre articoli, quello della base divenuto globuloso presenta l'apertura 
del sacco uditivo. 
Nelle antenne esterne l'articolo della base riceve l’ orifizio di 
Sbocco della glandola antennale (fig. 3°), il secondo articolo s° e- 
Stende nel suo apice esterno con un forte dente limitato alla base da 
un solco il quale rappresenta l’ultimo rudimento della squama (ea): 
il ramo interno è diviso in un gran numero di articoli. 
Nel primo paio di mascelle (fig. 5° ) il palpo ha perduta ogni 
traccia di articolazione; nel secondo paio il ramo esterno si estende 
. Sotto forma di lamella branchiale più larga per Perno le correnti 
della respirazione ( fig. 6). 
Nel primo paio di piedi mascellari (fig. 74) i due articoli della 
base si sono trasformati in lobi masticatori: il ramo interno persi- 
[iitiro, l'esterno è divenuto lamelloso. 
l secondo paio di piedi mascellari ( fig. 8° ) porta un appendice 
: epipoidale (ep) il terzo ha pure due appendici branchiali, una epi- 
Boidale ed un’ altra appartenente alla serie d Claus. 


pechfia 


In tutte le rimanenti appendici toraciche i due articoli della 
base si sono trasformati in piedi ambulatori, il ramo nuotatore è to- 
talmente scomparso, il ramo interno è diviso in cinque articoli, il 
primo piede ambulatorio più sviluppato dei rimanenti termina con 
una chela incompleta e presenta al pari dei tre successivi due ap- 
pendici branchiali appartenenti alla serie d e c Claus 

’addome ha un paio di pleopodì in la di ubfie ' doppie 
nella seconda, terza, quarta e quinta somite , il ramo interno più 
corto dell’esterno e privo di un retinaculum. 

— Nella forma adulta lo scudo a lato del rostro presenta una 
spina orbitaria, gli occhi hanno subito una considerevole riduzione 
mentre l’ addome in rapporto colla restante massa del corpo è rela- 
tivamente più lungo. 

Nelle antenne interne l'articolo basilare del ssaa porta 
una spina nel suo apice esterno (fig. 24), il secondo articolo è più 
corto del successivo, i due flagelli terminali divenuti pluriarticolati 
sono presso a poco della medesima lunghezza. 

Le mandibole hanno un palpo diviso in tre articoli (fig. 44). 

Il ramo interno nel secondo e terzo piede mascellare è diviso 
in cinque articoli (fig. 84, 9e ); quest’ultimo oltre un appendice 
epipoidale (ep) porta un paio di branchie appartenenti alla serie d e 
c Claus. 

La forma delle rimanenti appendici toraciche è presso a poco 
identica a quella della fase precedente. 

La formula branchiale dell'adulto è quindi: 


Bb oe e 

Vac Bea 

VI: Sc @p0 0-0. ap 

NI: Bicepelo1 (6 <=ap+.32 
Di dll 0 2 
X BolobL-4 = 2 
0 IA e 2 
BI... 03 Lp 2 
XII .S. 0.000 = 0 


2 cp.+5-5--0=2 ep.+10 


Nell’addome esistono quattro paia di pleopodi nel maschio, cin- 
que nella femmina; il primo è rudimentale e risulta di una semplice 
lamella terminale, il telson offre un profondo solco mediano, le la- | 
Creonte laterali sono subacuminate nell’ angolo esterno rotonda! ab I 
interno 


ia A coni 


Axius Stirynchus Leach (Tav. Il). 


_-A— Nella sua prima fase larvale la Zoea dell’ Axdus si lascia 
| facilmente riconoscere per la forma particolare del rostro, lamelloso, 
puntuto all'apice, armato lateralmente di minutissime spine, per la 
presenza d’una lunga apofisi spinosa nella seconda somite del pleon 
e d’una cresta lamellosa armata nel suo margine di spine, la quale 
S'eleva sotto forma di carena nella linea mediana della terza, quarta 
e quinta somite addominale, infine per la conformazione del segmento 
anale che si estende per costruire una larga placca triangolare ar- 
trata di 7-- 1-7 aculei terminali (fig. 1A). — 7 

Le appendici cefaliche nella loro forma si lasciano riportare a 
quelle della prima fase larvale della Gebia (fig. 2* 3% 4*-5* 6), sol- 
tanto la spina basilare delle antenne esterne è assai più lunga, le 
Mandibole hanno una parte triturante provvista di denti. 

Il torace ha tre paia di appendici, ciascuna con un ramo nuo- 
tatore ben sviluppato, il ramo interno nel paio anteriore è diviso in 
Quattro articoli (fig 7°), in cinque nel secondo (fig. 8°); nel terzo è 
semmiforme (fig. 9°). Dietro di questo si osserva una larga protube- 
_Tanza sferica (fig. 12) a convessità inferiore nella quale attraverso 
la trasparente cuticola si osservano quattro paia di gemme che rap- 
| DPesentano il primo abozzo dei piedi ambulatori. 

—_ L'addome diviso in cinque segmenti è privo di appendici. 

B— In una seconda fase larvale (fig. 18),è che si può conside- 
Fare quale forma di transizione tra la Zoea e lo stadio di Mysis, 
ì gli occhi sporgono peduncolati ai lati della testa, l'addome è diviso 
lu sei segmenti, il segmento anale tuttora indiviso presenta al di- 
__* SOtto della trasparente cuticola il telson già formato colle sue lamine 
‘laterali, che diventeranno libere nella successiva muta. 

. I peduncolo delle antenne interne è diviso in due articoli, l’ul- 
fimo dei Quali assai corto, sostiene due brevi flagelli (fig. 2”). 

Il torace ha otto paia di appendici, le prime tre con un ramo 
Muotatore ben sviluppato, le rimanenti in forma di gemme, delle quali 
le quattro anteriori bilobe, la posteriore semplice (fig. 13). 

t C — Nello stadio di Mysîs persiste quasi immutata la forma ge- 
lerale del corpo come nelle due fasi larvali precedenti , 1’ addome 
1° Sei distinte somiti, il telson divenuto libero colle sue lamine la- 
Pali è armato di 3+-5-- 1-5 -+-3 aculei terminali (fig. 1c). 
Nelle antenne esterne il pezzo basilare è diviso in due articoli 
S- 3°), il ramo interno presenta un articolo basilare (più tardi 


ee ge 


as articolo del peduncolo) ed un flagello pluriarticolato. Le man- 
le hanno un breve palpo (fig. 4? ). 

Tutte le le appendici toraciche con eccezione dell’ultima hanno 
un ramo nuotatore ben sviluppato; il primo paio (fig. 7° ) porta un 
appendice epipoidale, questa manca nel secondo paio ( fig. 8° ) il 
quarto ed il quinto terminano con una chela; l’ultimo è subchelifor- 
me, il quarto il quinto, il sesto ed il settimo paio inoltre portano 
ciascuno due appendici appartenenti alla serie a e d Claus. 

L’addome in corrispondenza della terza, quarta e quinta somite 
presenta un paio di pleopodi in forma di doppie lamelle ( fig. 10 ). 

— In una fase larvale successiva (fig. 1) la forma del corpo 
è quasi identica a quella dell'adulto, il rostro è divenuto assai corto, 
l'addome nelle sue diverse somiti più appiattito, meno arquato, le 
lamine laterali del ventaglio caudale sono ovalari e più lunghe del. 
telson. 

Nelle antenne interne il peduncolo è diviso in tre articoli, quello 
basilare presenta l’orifizio del sacco uditivo, i due fiagelli terminali 
sono quasi della medesima lunghezza (fig. 2° ). 

Nell'articolo basilare delle antenne esterne si apre il condotto 
escretore della glandola antennale, la squama è in gran parte atrofiz- 
zata, il ramo interno è diviso in più articoli (fig. 39). 

Nel primo e nel secondo paio di mascelle il palpo ha perduto 
ogni traccia di articolazione (fig. 5® , 6°). 

Nel primo paio di piedi mascellari i due articoli della base sono 
divenuti lamellosi e sporgono in forma di lacinie masticatrici (fig. 74 ), 
il ramo interno è inarticolato, 1’ esterno lamelloso. Il secondo ed il 
terzo paio divenuti pediformi portano ciascuno un paio di appendici 
branchiali appartenenti alla serie 4 e d Claus (fig. 8° e 9°). 

Nelle rimanenti appendici toraciche il ramo nuotatore è dive- 
nuto assai corto, il ramo interno è diviso in cinque articoli, le due 
paia anteriori terminano con una chela completa, il posteriore è 
subcheliforme. 

L'addome come nella fase precedente ha tre paia di pleopodi in 
forma di doppie lamelle, il ramo interno più corto dell’ esterno è si 
provvisto di un retinaculum. 

E— Nell’Axrius adulto il rostro è divenuto ancora più corto, la 
prima somite addominale è meno sviluppata delle successive, gli 00 
ehi hanno pure subìto una forte riduzione 

Nelle antenne interne 1’ articolo luiiato del peduncolo è più 
lungo dei due successivi, l’ultimo di questi sostiene due go apr 
riarticolati egualmente lunghi ( fig. 24). È 


— 3 — 


Nelle antenne esterne persiste un rudimento della squama sotto 
forma di spina mobile (fig. 3€). i 

Nel primo paio di piedi mascellari l’ appendice epipoidale si e- 
stende in forma di lamella respiratoria, in tutte le altre appendici 
toraciche la branchia più esterna si è trasformata in lamella bran- 
chiale, mentre le altre branchie risultano di tanti filamenti sovrap-! 
posti gli uni agli altri e convergenti verso un asse centrale (Tri- 
cobranchiae Huxley). 

Il primo paio di piedi ambulatori è più sviluppato dei succes- 
sivi, l’ultimo è il più corto. 
._ La formola branchiale è la seguente: 


a è le 

VIS. ep x: 0 0O=p 

VIIS. ceporil1:0-0S0p4-2 
VIS: «ept+1 1 1/0=2r438 
XIXS.: ep-<4-1.1.i.0=ep-#3 
XS. epPiI-1c1-ba0p+4 
XIS epspi.:L.i pe 6p-14 
XIS. ep dk Ls pis 
XIIS. 0 0.0 1= l 


7 ep}54-6+5-4=7 ep-1-20 


L’addome ha cinque paia di pleopodi, il primo paio rudimen- 
tale termina con una semplice lamella, i rimanenti hanno due la- 
melle terminali, il ramo interno alquanto più lungo dell’ esterno è 
provvisto di un retinaculum (fig. 10°). Le lamine laterali del 
telson sono ovalari e quasi della medesima lunghezza del telson. 


Callianassa subterranea Leach (Tav. II[l. 


La Callianassa nelle diverse fasi del suo sviluppo conviene per 
Molti caratteri assai strettamente coll’Axzus. 

— Lo scudo (fig. 1a) s' avanza tra gli occhi con un rostro 
lamellare (fig. 13) puntuto all’apice, armato nei margini di minute 
| Spine, la seconda somite del pleon s’estende posteriormente con una 
lunga apofisi spinosa, la terza, la quarta e la quinta terminano nel- 
l’apice inferiore con una spina. 
| . La forma del segmento anale è caratteristica per la Callianassa 

© lascia facilmente riconoscere le forme larvali di questo crostaceo, 
la placca terminale (Schwanzflosse) s'estende infatti a forma di 


— 14. 


ventaglio regolarmente arcuato, nel suo margine posteriore questo 
è munito di 13-|-- 1---14 nuclei terminali. 7 

In questa prima fase larvale (Zoea) la forma delle appendici ce- 
faliche ( fig, 2°, 3°, 4°, 5°, 67) è quasi identica a quella dell’ Axîus 
nel corrispondente stadio di sviluppo. Il torace ha tre paia di ap- 
pendici ciascuna con un ramo nuotatore ben sviluppato. 

ll ramo interno è diviso in cinque articoli nel paio anteriore, 
in quattro nei due successivi. Dietro di questi si osserva una larga 
protuberanza sferica a convessità inferiore nella quale, giusta quanto 
è stato rimarcato per la Zoea dell’ Arius, esistono al disotto della 
trasparente cuticola cinque paia di gemme che rappresentano il primo 
abbozzo dei piedi ambulatori. 

—In una seconda fase larvale che si può considerare quale 
forma di transizione tra la Zoea e lo stadio di Mys?s, gli occhi spor- 
gono peduncolati ai lati della testa, addome è diviso in sei segmenti, 
il segmento anale mostra al disotto della cuticola trasparente il 
telson già formato colle sue lamine laterali (fig. 1B). 

Le antenne interne hanno due flagelli terminali semplici (fig. 2? ), 
uno esterno coi filamenti olfattivi, ed uno interno con due lunghe 
setole. 

Le mandibole sono provviste di un piccolo palpo. 

Le appendici toraciche sono in numero di otto paia, le prime 
cinque con un ramo nuotatore ben sviluppato, le tre successive sem- 
plici, il quarto ed il quinto paio terminano con una chela. 

L’addome in corrispondenza della terza, quarta e quinta somite 
ha un paio di pleopodi in forma di semplici lamelle. 

C— Nello stadio di Mysis la forma generale del corpo è ancora 
immutata, l'addome presenta sei distinte somiti, il telson è divenuto 
libero colle sue lamine laterali (fie. ic). 

Nelle antenne interne (fig. 1° ) il peduncolo è diviso in due ar- 
ticoli, nelle antenne esterne il ramo interno (fig. 39 ) è anch’ esso 
suddiviso in una serie di articoli successivamente più piccoli. ; 

Il primo paio di appendici toraciche porta un appendice epipot- 
dale, i due articoli della base (fig. 7> ) prima cilindrici son ora di-_ 
venuti lamellari e guerniti nel margine interno di spine, nel secondo 3 
e nel terzo paio l’ articolo basilare divenuto più grosso si sviluppa 
a preferenza degli articoli successivi; il quarto, il quinto , il sesto 
ed il settimo paio hanno ciascuno due appendici branchiali appa 
tenenti alle seric è e © Claus. 

L'addome ha tre paia di pleopodi in forma di lamelle doppie» 

D_—In un’altra fase larvale ancor più inoltrata nello sviluppo 
(fig. 1») la forma generale «del corpo è quasi identica a quella del 


pae 1a 


l'adulto; il rostro è divenuto più corto, l'addome è relativamente 
| molto più sviluppato, le diverse somiti sono più depresse e meno 
arcuate, la seconda è più lunga delle successive, la prima è la più 
| breve; il telson è alquanto più corto delle sue lamine laterali. 
Nelle antenne interne il peduncolo è diviso in tre articoli (fig.24 ), 
i due flagelli terminali sono pluriarticolati, nelle antenne esterne la 
Squama è completamente scomparsa, e dal ramo interno si sono svi- 
luppati una serie di articoli dei quali i due della base costituiscono 
Îl terzo ed il quarto articolo del peduncolo, i rimanenti il così detto 
flagello. 

Le mandibole hanno il palpo diviso in tre articoli. 

Nel primo paio di mascelle il palpo è indiviso, come pure nel 
secondo paio, il ramo esterno si estende in quest’ultimo sul lato ester- 
No del palpo in forma di larga lamella per regolare le correnti della 
Pespirazione ( fig. 5», Gb). 

Nel primo paio di piedi mascellari il ramo interno è inartico- 
lato, l'esterno è lamellare (fig. 74). Il secondo piede mascellare di- 
Venuto pediforme porta un appendice epipoidale (fig. 8° ). Nel terzo 
piede mascellare (fig..9e ) il ramo nuotatore è totalmente scomparso, 
i due primi articoli del ramo interno sono divenuti lamellosi. 

Il primo paio di piedi ambulatori è inegualmente sviluppato e 
al pari del secondo termina con una chela, il ramo nuotatore è to- 
talmente scomparso in entrambi, il quinto paio è subcheliforme. In 
corrispondenza dell’articolazione del primo, secondo, terzo e quarto 
Piede ambulatorio col torace esistono due appendici branchiali ap- 
Partenenti alla serie d e e Claus. 

‘addome come nella fase precedente ha tre sole paia di pleo- 
podi, il ramo interno quasi della medesima lunghezza dell’esterno è 
Provvisto di un retinaculum (fig. 10°). 

— Nella Callianassa adulta V addome in rapporto colla re- 
Stante massa del corpo è considerevolmente più sviluppato, lo scudo 
Presenta un solco cervicale ed una linea talassinica, i peduncoli 
Oculari sono in forma di placche lamellose triangolari, puntute al- 
l'apice, le quali sporgono al disotto della cornea (fig. 122 ), il rostro 
_ ® appena distinto. ; 
Nelle antenne interne l’ultimo articolo del peduncolo è assai più 
lungo dei due precedenti (fig. 2°), i due flagelli terminali pluriar- 
ticolati sono poco più lunghi del peduncolo. Nelle antenne esterne 
(fig. 3) il flagello è divenuto più lungo. Le rimarienti appendici ce- 
iche (fig. 4°, 5°, 6€) hanno subito lievissime modificazioni. 

. Nel primo paio di piedi mascellari il ramo esterno è fuso col- o 
‘intePno (fig. 7°), il secondo piede mascellare porta un appendice > 


2a |. pese 


epipoidale ed una branchia appartenente alla serie d Claus (fig. 89 ). 
Il terzo piede mascellare è divenuto operculiforme e porta un paio 
di branchie appartenenti alla serie d e c Claus. 

La formula branchiale della CaZlianassa adulta è la seguente. 


% 


do € 

VI. -«—ep_0: 0 0= ep 

VIE: “pi 1-00 @=-ep'- 1 
Wi: Sb de 2 
IK. O-1-i 0= È 
Re O:b-1 G= 2 
XI. O:cbhk0* 2 
Re 05h h00= 2 
XII. 0 00 0= 0 
2 ept0-+5-0=2 ep+ll 


Le branchie sono secondo il tipo dei Fillobranchi. 

Il primo paio di piedi ambulatori è molto più sviluppato dei 
successivi, ordinariamente il chelopode di destra è più grosso di 
quello di sinistra. Pochissime modificazioni hanno subito i rima- 
nenti piedi ambulatori. ; 

L’addome presenta cinque paia di pleopodi nel maschio, sei nella 
femina: in qualche raro caso anche il maschio ha un paio di pleo- 
podi con una semplice lamella terminale nella prima somite del pleon. 

telson è assai più corto delle sue lamine laterali, queste non 
sono più ovalari ma subacuminate nel loro angolo esterno. 


Calliaxis adriatica Heller (Tav. IV). 


Non ho potuto seguire direttamente lo sviluppo del Calliaxis 
nell'uovo; la larva più giovane che io ho potuto esaminare (fig. 1A) 
corrisponde esattamente a quella stata descritta e figurata da Claus 
a tav. VIII dell’opera savracitata, (1) soltanto dietro del secondo 
Piede toracico si osservano quattro e non sei gemme. i 

\ — In questa prima fase larvale gli occhi non sporgono al las 
del prolungamento oculifero, l'addome è diviso in cinque segmenti; 
i primi quattro si estendono nel loro apice inferiore interno con UN® 
spina uncinata, il segmento anale si avanza con una larga espal” 
sione biforcata munita di 5+5 aculei terminali. In un’ altra fase 


(1) Zur Kenntniss der Kreislaufsorgane etc. /i9» 48, 50% 


a sa 


larvale alquanto più avanzata nello sviluppo , gli occhi si elevano 
ai lati del prolungamento oculifero, il ramo nuotatore è ben svilup- 
pato nel terzo piede toracico, il ramo interno è però tuttora gem- 
miforme. Dietro di questo esistono cinque gemme che rappresentano 
il primo abbozzo dei piedi ambulatori. La forma del segmento anale 


. @ quasi identica a quella della fase precedente e presenta. 9 — 9 


aculei terminali ( fig. 11. ). 

B— In un altra fase larvale intermediaria tra la zoca e lo stadio 
di Mysis persiste la forma generale del corpo dello stadio precedente 
( fig. 18) l'addome presenta sei distinti somiti, il telson è armato 
di 12 + 11 aculei terminali, ai lati del medesimo si sono sviluppate 
le lamine laterali in forma di gemme libere. 

Le antenne interne sono semplici tubi i quali oltrepassano di 

molto l’apice delle antenne esterne e a differenza delle due fasi lar- 
vali precedenti ( fig. 8a ) presentano un breve articolo terminale che 
porta i filamenti olfattivi, la porzione del peduncolo indivisa sporge 
alquanto nel lato interno di questo articolo e si segmenta più tardi 
per formare il flagello accessorio. 
Nelle antenne esterne l'articolo basilare presenta l’orifizio di 
Sbocco della glandola antennale, il secondo articolo è armato di due 
spine, il ramo interno ancora indiviso è quasi della medesima lun- 
ghezza della squama. 

La forma delle appendici boccali ‘è caratteristica in tutte queste 
fasi larvali, e non trova alcun punto di riscontro in altre forme fi- 
Dora conosciute. La mandibola di destra è biloba, quella di sinistra 
termina con una lunga apofisi uneinata ( fig. 2%, 2% 

E caratteristica del pari la forma dei paragnati, quello di destra 
ha la forma di una larga placca guernita di spine, quello di sinistra 
ha quasi la medesima forma uncinata della mandibola dello stesso 
lato ( fig. 13). ; 

Nel primo paio di mascelle il palpo è diviso in due articoli, nel 
Secondo esso è poco sviluppato. 

Tutte le appendici toraciche con eccezione dell’ ultimo hanno un 
Pamo nuotatore che nel penultimo paio è però rudimentale, il ramo 
interno nelle due paia anteriori è divisa in quattro articoli, in quelle 
Successive è ancora gemmiforme , nel quarto esso però presenta il 
Primo abbozzo della chela. . - 

C — Nello stadio di Mysis la forma del corpo è quasi identica a 
quella della fase precedente, l'addome nella seconda, terza, quarta e 
quinta somite presenta un paio di pleopoli in forma di doppie la- 
elle, il telson è divenuto trapezoidale ed è armato nella sua parte 
| mediana di 6 + 6 aculei terminali (fig. 1C). 

+ Nelle sutenne interne il PE vaga ancora indiviso, “cai 


DAG eni 1 iero e LR 00, e: ST a E e E ne 
î SAR e n (lea MI a di SA i 


AR 


antenne esterne il ramo interno presenta un articolo basilare. Le 
mandibole hanno un piccolo palpo. 

Tutte le appendici toraciche con eccezione dell’ ultimo hanno un 
appendice epipoidale, il secondo, il terzo, il quarto il quinto, il se- 
sto ed il settimo portano inoltre ciascuno un paio di branchie alla 
serie b. e c. Claus ( fig. lc. ). 

Non ho potuto esaminare alcuna fase postlarvale del Calliax?s; 
sarebbe per vero molto interessante poter riconoscere in che modo 
dalla forma di un Sergestes si possa giungere a quella di un Talas- 
sinide, molto verisimilmente dallo stadio di Mysis come si verifica 
per la Gebia, Arius e Callianassa deve sortirne una forma quasi 
identica a quella dell’adulto. 

— Nel Caltiaris adulto (fig. 1D) lo scudo presenta due linee 
branchiosteghe ed un solco cervicale, il rostro raggiunge quasi 
l’ apice del secondo articolo delle antenne esterne. 

Queste hanno il peduncolo diviso in tre articoli dei quali il terzo 
più lungo dei precedenti sopporta due brevissimi flagelli, il primo 
articolo è il più breve e presenta l'apertura del sacco uditivo. Le 
antenne esterne hanno il peduncolo diviso in cinque articoli e non 
e offrono alcun rudimento di squama. 

Nel primo paio di mascelle il palpo è diviso in due articoli, men- 
tre nel secondo questo è semplice ed inarticolato. ? 

Nel primo paio di piedi mascellari i due articoli della base s1 
sono trasformati in lacinie masticatrici, il ramo interno ha un fla- 
gello conformato a spatola. £ 

Il secondo ed il terzo paio di piedi mascellari sono pediformi, 

Il primo paio di piedi ambulatori è più sviluppato dei Successivi 
e termina con una lunga chela, le quattro paia successive terminano 
con un semplice articolo conico. 

Nell’ addome esistono quattro paia di pleopodi, il ramo interno 
è sprovvisto di un retinaculum. 

ll telson colle sue lamine laterali è ovalare e quasi della mede- 
sima lunghezza di quest’ ultime. 

Perlaformula branchiale vedi Claus (Neue Beitrage ecc. 209 .61.) 

Le branchie sono secondo il tipo dei Fillobranchi. 


Morfologia dei Talassinidi 


Esaminando i Talassinidi nelle loro diverse fasi di sviluppo 0” 
stembrionale si riconoscono tre forme tipiche del tutto diverse: @e- 
bia, Arius e Calliaris. Il Catocaris e la Callianassa sono forme 
affini tra di loro e presentano strettissimi rapporti coll’ Agus. La 
presenza nel Calocaris dell’esopodite rudimentale nell'ultimo piede to- 


id 


Sa 


racico (1) farebbe riconoscere in questo una forma filogeneticamente 
più antica dell’Ax?us. Però prescindendo pure dal fatto che alcune 
forme di Axivs presentano una consimile appendice ben sviluppata, (2) 
altre particolarità nell’organizzazione interna escludono, come dirò 
in appresso, quest’ ipotesi, e d’ altra parte considero il Calocaris 
come una forma che pochissime modificazioni ha subìto in rapporto 
all» forme tipiche dell’Axrius, colle quali esso conviene assai stret- 
tamente per un complesso di caratteri e sopratutto per la presenza 
di una spina mobile nel secondo articolo del peduncolo delle antenne 
esterne quale ultimo rudimento della squama, che si osserva durante 
il periodo larvale. 

Tra le molteplici particolarità un carattere che maggiormente 
risalta nell’organizzazione dei Talassinidi è la forma speciale degli 
organi visivi (3). Durante il periodo larvale in opposizione a quanto 
sì manifesta nei Caridi lo strato corneale plurifaccettato e lo strato 
dei coni cristallini non si dispongono per costituire un segmento di 
sfera regolare, ma si estendono di preferenza da un lato. 

Nelle forme adulte gli occhi poi subiscono una considerevole 
atrofia e tendono a scomparire quasi del tutto nella Callianassa, ov- 
vero subiscono alterazioni nella loro intima struttura per cui vanno 
perduti lo strato corneale polifaccettato ed il pigmento come nel Ca- 
locaris. i . 

Questa condizione di cose deve ritenersi indubitatamente acqui- 
sita e deve essere messa in rapporto colle abitudini di questi cro- 
stacei, di vivere cioè in piccole cavità scavate sotto la sabbia. E degno 
intanto di particolare attenzione il fatto, che nel Calocaris si ripe- 
tono le medesime alterazioni di struttura degli organi visivi (4) an- 
cora durante il periodo larvale, ciò conferma sempre più l'opinione 
di Claus che le larve dei Crostacei dal punto di vista filogenetico 
Pappresentino delle forme derivate secondariamente (5). 

Portando l’attenzione sulle appendici cefaliche e toraciche sia 
per la forma che per lo sviluppo si osservano le maggiori affinità 
tra l’Axìus e la Callianassa dove per un certo periodo crescono 
al disotto della cuticola chitinosa che riveste il corpo , mentre il 

LR TI 


(1) v. Sars. op. cit. pag. 167, Taf. 2, fig.1 

(2) v. a questo riguardo: SrencE-BATE. Msg Crustacea Macrura 
Challenger Exped. Pit. V. fig. d. 

AS. Studier over Decapodernes Slaegtskabsforhold, 

Kjibenhavn 1880, pag. 185. 
(3) CLaus. Neue Beitrige etc. pag. 63. 
(4) Sars. Op. cit. 1. c. 
(5) CLaus. Op. cit. pag. 91. 


Sa 


Calliaxis e la Gebia nel complesso dello sviluppo presentano rapporti 
più intimi cogli Anomuri. Anche il modo di formazione della chela 
in questi ultimi è conforme a quanto si osserva negli Anomuri e 
Brachiuri. Nell’ Axius e nella Callianassa infatti dove la segmen- 
tazione delle diverse appendici si manifesta assai precocemente, il 
penultimo articolo del quarto e quinto piede toracico sporge oltre la 
base dell’ultimo e forma in questo modo una chela ; la formazione 
della chela è in questo caso successiva alla segmentazione del ramo 
interno, mentre nella Gebiîa e nel Callîiaxis come in tutti gli Ano- 
muri e Brachiuri si osserva un procedimento inverso, cioè sull’estre- 
mità del ramo interno comparisce un solco il quale sempre più si 
approfonda in senso longitudinale, questo ramo cresce colle altre 
parti della gemma e solo assai tardi (stadio di Mysis nel Calliaris, 
stadio postlarvale nella Gebia) si segmenta. La formazione della chela 
apparisce quindi in questo caso come una condizione eslusivamente 
ereditata. 

Nella Gebia intanto la chela si forma molto incom pletamente e 
questo fatto deve essere messo in rapporto colle abitudini di vita di 
questo Crostaceo, nel quale le chele più che alla prensione servono 
a scavare. piccole cavità sotto la sabbia. 

In rapporto colle appendici toraciche pigliando a coiiterare 
le branchie è da osservare, che oltre la superficie del corpo anche 
l'intestino (1) deve contribuire durante le prime fasi larvali nel 
processo respiratorio; l’ano infatti si contrae e si dilata ritmicamente 
per effetto di quattro fasci di fibre muscolari disposti simmetrica 
mente attorno al medesimo, i quali da un lato conven gono verso un 
punto comune di inserzione, dal lato opposto terminano nella parete 
intestinale. In principio io credeva che questo fenomeno si manife- 
stasse esclusivamente allorchè teneva la larva in uno spazio limitato 
sotto il vetrino coprioggetti, più tardi però io ho dovuto convin- 
cermi del contrario, e gli stessi fenomeni si presentarono allorchè 
la larva potea liberamente nuotare sopra il vetrino portaoggetti; un 
giorno anzi potei constatare come colla corrente dell’acqua penetras- 
sero nell'intestino piccole larve d’infusori. Questi movimenti si aT- 
restano rapidamente durante l'espulsione dei residui alimentari. 

I veri organi della respirazione si presentano assai tardi (stadio 
di Mysis Arius, Callianassa e Calliaxis, stadio postlarvale Gevia). 
Primitivamente le branchie sono semplici gemme che crescono nel- 


(1) A questo riguardo Claus nega all’intestino dei Crostacci ogni im- 
portanza per la fonzione della respirazione V. CLaus. Untersuchungen 
Uber die Organisation u nd Entwickelung von Branchipus und | 
Artemia ur in; Arbeiten Zool. Institut Wien, 1886, VI Bd. Heft. I III, pag- 76. ; 


IA QUOTA 


l'articolo basilare dei piedi toracici, queste gemme prima semplici 
si rigonfiano in seguito per divenire globose e presentano da un lato 
un contorno alquanto sinuoso il quale divenendo ogni ora più mar- 
cato divide la gemma primitiva in una serie di lobi, nello stesso 
tempo comparisce un solco lungo l’asse della gemma, questa risulta 
allora costituita di tanti lobuli convergenti in duplice serie verso 
l’asse o fusto della medesima. 

Questi piccoli lobi crescono nell'adulto e sotto forma di sottili 
filamenti (Trichobranchiae Huxley) (1) come nell’Axius e Calo- 
caris e sotto forma di lamelle sovrapposte le une alle altre come 
nella Gebiîa e nella Callianassa (Phyllobranchiae Huxley), 

Nei Tricobranchi i lobi della branchia più esterna (Podobran- 
chia Huxley) si saldano per costituire una lamella epipoidale. (2) 

Questa ultima condizione si manifesta come ereditata nel primo 
Piede toracico, dove sin dallo stadio di Mysîs l’unica appendice bran- 
chiale si presenta come semplice lamella. Tricobranchie e Fillobran- 
chie hanno intanto un punto di partenza comune e morfologicamente 
quest'ultime rappresentano un più alto grado di differenziazione in 
rapporto alle prime. 

Per quanto riguarda in ultimo lo sviluppo delle appendici ad- 
dominali è da osservare che le le lamine laterali del telson sembrano 
apparentemente seguire uno sviluppo alquanto diverso da quello degli 
altri pleopodi. Questa condizione non si osserva intanto nel Calliaxris, 
in questo Crostaceo come nei Pencidi (3) ed in tutti i Brachiuri essi 
crescono liberamente ai lati del segmento anale, mentre in tutti quei 
Crostacei, nei quali l’ultimo segmento addominale s’estende in un 
largo ventaglio nuotatore (Schwanzflosse) le lamine laterali del 
telson si sviluppano come piccole gemme ai lati dell’ orifizio anale, 
sì estendono successivamente al disotto della cuticola chitinosa che 
riveste la placca terminale e divengono libere unitamente al telson 
soltanto in seguito a successive mute. - 

Durante il periodo larvale nell’ Axius e nella Callianassa si pre- 
sentano soltanto tre paia di pleopodi, (4) quattro nel Catocaris, Ge- 

îa e Catliaxis. Nell’adulto poi anche la prima somite ha un paio 
ee —_ ——_, 

(1) On the classification and the distribution of the Cray- 
fishes, in: Proc. Zool. Soc. London, 1878. 

2) CLaus. Op. cit. pag. 15. ; 

D CLaus. Li Systems, Taf. JI, fig. 3, Taf. Vi, fig. 1. 

| (4) Sars. Op. cit. 1. c. Secondo questo autore anche nell’ Aius (taf 7, 
fig. 1) esisterebbero quattro paia di pleopodi, mentre io ne ho trovato co- 
Stantemente tre. i EC 


È 
Ni 


cl Di 


di pleopodi, il quale è rudimentale essendo l’ultimo a svilupparsi e 
manca qualche volta nel maschio (Callianassa). 

Dall'esame delle appendici portando l’attenzione sulla forma del 
corpo, durante il periodo larvale si osserva la più grande affinità 
tra l’Arius, Calocaris e Callianassa mentre la Gebia si rapporta 
più tosto agli Anomuri. 

Il Calliaris si appalesa come un tipo aberrante il quale nella 
forma generale del suo corpo, nello sviluppo precoce delle glandole 
antennali, nella forma e situazione del cuore, nella presenza di due 
ciechi epatici nel prolungamento oculifero offre le maggiori affinità 
con alcuni Peneidi (Lucifer). 

Anche la forma del segmento anale che è così caratteristica si 
riscontra identica nella Zoea dello Sfenopus (?) 

Le larve dell’Axius e della Cellianassa hanno anch’ esse delle 
particolarità in comune coi Peneidi, quali la presenza di una lunga 
apofisi spinosa nella seconda somite del pleon e di una spina termi- 
nale nel bordo posteriore della terza, quarta e quinta somite. (1) 

«Che se dall’esame delle forme larvali si porta l’attenzione sulla 
forma del corpo e sull’ organizzazione degli adulti, si osserveranno 
le maggiori ‘affinità tra VAx7us, il Calliaris ela Callianassa da un’ 
lato, l’Axius e la Gebia dall'altro lato. Assai più difficilmente s'in- 
tendono i rapporti del Calliaris cogli altri Talassinidi. La forma ge- 
nerale del corpo è tipica in questa specie e non trova alcun punto 
di riscontro con nessun altro Crostaceo appartenente a questa fa- 
miglia. 

Essa si rapporta più'tosto agli Astacidi coi quali conviene quasi 
completamente per li conformazione degli epimeri addominali, questi 
non sporgono nei lati come larghi lobi regolarmente arcuati (Axius 
e Calocaris) ma sono triangolari e puntuti nel loro apice inferiore. 
Inoltre in tutti i Talassinidi Ja seconda somite addominale è molto 
più sviluppata di tutte le successive, ciò che non si osserva punto 
nel Calliaris. Però quello che maggiormente contribuirebbe ad esclu- 
dere il Calliaris dalla famiglia Talassinidae sono i caratteri che si 
deducono dall'esame dell’organizzazione interna. 

__ &fiusta quanto ho fatto osservare in un mio precedente lavoro, 
In tutti i Talassinidi l'apparecchio sessuale è costituito da due sem- 


. (1) Ccaus. Crustaceen Systems, Taf. ZII, fig. 3-5. — Merita pure 
di essere qui ricordata la presenza di una glandola del guscio (Schalen- 
drise) che si osserva nello stadio di Mysis dell’Arius e della Callianassa- 
(OLaus. Op. cit. Taf. V, fig. 42). Io ho riscontrato una simile glandola nel 
Lucifer adulto allo stadio di Mastigopus. i 


gal foi 


plici tubi i quali occupano esclusivamente il cavo del pleon, men- 
tre nel CaZiaris come in tutti i Decapodi (Paguridi e Sergestidi 
eccettuati) esso giace nella cavità toracica. (1) Questa particolarità 
apparisce senza alcun dubbio della più grande importanza e dimo- 
stra a sufficienza che le pretese affinità del CaZiaris cogli altri 
Talassinidi sono molto problematiche. Conviene però EI che 
È - val delle branchie di questo Crostaceo è secon 
illobranchi, e che la forma e la disposizione delle da è 
li. secondo il tipo Talassinide. 

Portando l’attenzione sui Talassinidi genuini, lAx7us apparisce 
a primo aspetto come il tipo fondamentale che per numero, forma 
e disposizione delle appendici branchiali presenta più d'ogni altro 
intimi rapporti cogli Homaridi. All Awivs si collega assai stretta- 
nente il Ca/ocaris, sia per la forma generale del corpo sia per la 
presenza d’una spina mobile nel secondo articolo delle antenne esterne 
quale ultimo rudimento della squama, sia infine per la conforma- 
zione delle appendici toraciche (due paia di piedi chelati e terzo paio 
di piedi mascellari pediforme). La forma e la disposizione delle bran- 
chie è pure secondo il tipo dell’Axivs, mancano però appendici bran- 
chiali sulle pleure (Pleurobranchiae Huxley). 
Maggiori deviazioni in rapporto all’ Axius si osservano nella 
Callianassa. 
La forma generale del corpo di quest’ultima come nel Caloca- 
rîs è assai poco differente da quella dell’ Aus, il cefalotorace è di- 
Venuto più ristretto, il rostro appena distinto, gli epimeri nell’ ad- 
dome pochissimo sviluppat 
Relativamente alle as di del corpo la Callianassa presenta 
in comune coll’ Axius due paia di piedi chelati , un appendice epi- 
Poidale nel primo piede mascellare, un retinaculum nel ramo in- 
terno dei pleopodi, le mandibole colla parte triturante provvista 
dei denti 
Nelle antenne esterne non esiste però alcun rudimento di squa- 
ma, mancano le branchie sull’articolo basilare dei piedi e sulle pleure, 
ì pleopodi della seconda somite sono differenti da quelle somiti suc- 
Cessive. Il carattere più importante che distingue però la Caztia- 
"assa è la forma del terzo piede mascellare; questo non è punto 
pediforme come nell’ Axius ma operculiforme. Questo carattere in- 
tanto si manifesta solo nelle forme adulte e manca del tutto in 
Una fase postlarvale. Fondandosi appunto sopra questa particolarità 


gr RE O 
(1) C. Gromsen. Beitrige zur Kenntniss der minnlichen 
echtsorgane der oriz arrata 1878, Taf. II, fig. 4. 


Spence Bate (1) formò i due generi Cheramus e Scallasis. Questi 
però non rappresentano effettivamente che due fasi postlarvali d’ una 
Callianassa o di una forma affine, non hanno LA alcuna ragione 
di esistere come generi a parte. 

Tra tutti i Talassinidi il genere 7rypaea Dana (2) si ravvicina 
più d’ ogni altro strettamente alla Callianassa, colla quale conviene 
sopratutto per la conformazione del terzo piede mascellare il quale 
è operculiforme come in quest’ ultima. 

Il genere Callianis Edwards (3) è pure molto affine al precedente 
e rappresenta una forma inter mediaria tra 1} Axiîus e la Callzanassa, 
gli occhi sono peduncolati come nell’ Axzus, il terzo piede mascel- 
lare è pediforme, le branchie secondo M. Edvards appartengono al 
tipo dei Tricobranchi. 

Più difficile riesce ancora stabilire i rapporti dei generi Scyto- 
leptus Gerst. (4) e Callianisea Edw. (5) colle forme SORIA per 
l’incompleta deserizione che ne fanno gli autori. 

Se poi si considera l’ A.xius in rapporto colla Gebia, le rela- 
zioni di affinità sembrano a primo aspetto assai meno appariscenti 
di quello che si osservi in tutte le altre forme sin qui enumerate. 
Tuttochè la conformazione generale del corpo possa riportarci a quella 
dell’ Axis, delle differenze rimarchevoli esistono non solo nell’ ap- 
parecchio boccale ma anche nei piedi ambulatori e nei pleopodi. La 
superficie triturante delle mandibole è sprovvista di denti. Il primo 
paio di piedi mascellari non porta alcun appendice epipoidale, il primo 
paio dei piedi ambulatori soltanto è terminato da una chela, e que- 
sta è incompletamente sv iluppata; le appendici addominali sono tubte 
prive di un retinaculum nel loro ramo interno. 

ll numero, la disposizione e la struttura delle branchie è però 
conforme alla Caltianassa. 

Tra tutti i Crostacei che appartengono a questa famiglia il ge- 
nere Thalassina (6) si ravvicina strettamente alla Gebia e rappre 
senta una forma la quale minori deviazioni ha subìto nei suoi ca- 


È = e Macrura Challenger Exped. 7886, pag. 30-36. 
It. 

© .. Stat. Explor. Exped. 4859. Pit. 32, fig. 4 

(3) Hist. nat. des Crust. Tome //, 1839, pag. 319-20, pl 25 
bis, fig. 8-14 
ì n etti in; Archiv. Naturg. 1876, Bd. I, pag. 135-158, Taf. Vs 
DA a 

(5) Bisi, Nat du Crust. /837, Tome II, pag. 321-325. — 

(6) Epwarps, Hist. nat. des Crust. i Di ur IL det: dr 


PERS er 


| ratteri in rapporto all’ Ax7ws, sia per la conformazione delle mandibole 
le quali sono provviste di denti nella loro superficie triturante, sia 
per il numero e per la struttura delle branchie le quali in parte 
sono secondo il tipo dei Fillobranchi in parte secondo quello dei 
Tricobranchi. (1) Anche qui manca però 1} appendice epipoidale nel 
primo paio di piedi mascellari, i pleopodi sono privi di un retina- 
culum nel loro ramo interno, il solo paio anteriore dei piedi ambula- 
tori termina con una chela e questa è del pari incompletamente svi- 
luppata. 
“da Questo carattere che a primo aspetto sembra stabilire una dif- 
._ ferenza rimarchevole tra le forme riferibili alle Gebia e quelle che 
Dresentano più stretti rapporti coll’ Axius perde molto della sua im- 
portanza ove si considerino le abitudini di vita di questi Crostacei, 
© si ponga attenzione al fatto che esiste una specie vivente di ZXa- 
|. lassina (Thalassina gracitis Dana) (2) nella quale anche il secondo 
| Piede ambulatorio di destra si presenta incompletamente chelato. 

I generi Laomedia de Haan (3) e Calliadne Strahl (4) [CalZiadne 
Savignyi=Gebia stellata Audouin (5)] sono troppo incompletamente 
conosciuti per potersi pronunciare sui loro rapporti di affinità colle 
forme affini alla Gebia. Il primo paio di piedi ambulatori termina 
con una chela completa, il primo paio di piedi mascellari non porta 
alcuna appendice epipoidale, il ramo interno dei pleopodi è sprov- 
Visto di un retinaculum come si rileva dalle figure degli autori s0- 
Vracitati. 

Pigliando in ultimo a considerare gli altri Talassinidi fin ora 
conosciuti si riscontra un terzo tipo riferibile all’ Axus il quale rap- 
Presenta una forma intermediaria tra quest’ ultimo ed i Paguridi. 

Il genere Cheiroplataea Spence Bate (6) conviene coll’ Ax7us : 
per la conformazione generale del corpo, per la presenza d’una spina 
nel secondo articolo delle antenne esterne quale ultimo rudimento 
della squama e sopratutto per la struttura delle branchie le quali sono 
Secondo il tipo del Tricobranchi, ciò che non si osserva mai nei Pagu- 
Vidi. Nel rimanente dei caratteri ed in special modo per la forma delle 
antenne interne, dei piedi toracici e delle lamine laterali del telson 
hon si può separare da quest'ultimi. Non pare però che questo Cro- 


d 


PIERI n EIA NE 


(1) CLavs. Op. cit. pag. 60. 

(°) Op. cit. PI. 32, fig. 5-2 

(3) FaunaJa povica: Crustacea. 1850, pag. 165, Tab. XXXV, fig. 8. 
(4) Monalsber. Preuss. Accad. d. Wissensch. Berlin, Decem. 1861. 

(5) Saviony: Egypte. Crust. PI. 9, fig. 3. 

(6) Report Crustacea ete. pag. 14-18, PI. 4, fig. 1. 


Ro 


e ea 


staceo abbia ancora acquistato le abitudini di un Paguro, di procu- 
rarsì cioè un riparo dentro la conchiglia di un mollusco. 

Questa singolare abitudine di vita importa una notevole modifi- 
cazione nella forma del corpo e conduce alla scomparsa quasi t0- 
tale della primitiva metameria (addome dei Paguridi) quale sì 0s- 
servava nel periodo larvale, in modo consimile a quanto interviene 
oggi nell’intero corpo dei Cirripedi per effetto del parasitismo. 

Il primo accenno di questa abitudine si manifesta in qualche 
modo in tutti i Talassinidi col cercare riparo in piccole cavità sca- 
vate sotto la sabbia, essa si esplica maggiormente nel Pylocheles (1) 
e sì avvera di fatto nel Pomazocheles (2) forme entrambe molto al- 
fini alla Cheiroplataea, si presenta quindi non solo nei Paguridi ma 
ancora si trova in qualche modo accennata in quegli anomuri che 
per la forma del loro corpo si rapportano ai Brachiuri (Dromia) (3). 

Mi rimane in ultimo a parlare del genere Glaucothoe (4) il quale 
viene da M. Edwards collocato tra i Talassinidi come forma di tran- 
sizione che stabilisce il passaggio tra i Paguri e le Callianasse. 

Come si può rilevare dalla descrizione e dalle figure dell'autore, 
il genere Gravcothoe non ha alcuna ragione di esistere perchè non 
è altro che uno stadio postlarvale di un Paguro. 

Nelle antenne esterne infatti la squama persiste ancora in stato 
di atrofia, oltre che la forma del corpo e delle sue appendici è pro- 
pria dei Paguridi. (5). 


(1) A. M. EpwvaRps. (Crustaces Blake Exped. in; Bull. Mus. Comp. 
Zool. Cambridge, pag. 39.) riferisce a questo riguardo che il Pylocheles vive 
in piccole cavità scavate im mezzo a frammenti di roccia o formate di sab- 
bia agglutinata. 

(2) Secondo Miers questa Crostaceo vive nella conchiglia del Dentalium 
( v. Proc. Zool. Soc. of London, 1879, pag. 50.). 

3) Sono abbastanza note le abitudini della Dromia, la quale si ricopre 
con una spugna mantenuta aderente al corpo per mezzo dei piedi posteriori 
che sono a tal uopo rovesciati sul dorso. 

(4) Annal. Sc. Nat. (1) 1830, Tome XIX, 334, pag. 334. 

(5) V. a questo riguardo: Fritz MiLer. Fiir Darwin. Leipzig 1864 
pag. 37 e Seence Bare, in: Rep. Brit. Assoc. pag. 53. 1865. ed in; Anale 
and Mag. Nat. Hist. 1858 (1V) Vol. Il, pag. 115, PI. 11, fig. 3. dii 


CONCLUSIONI 


Dall’ esame delle diverse fasi postembrionali e dalla conoscenza 
- sull’ organizzazione generale degli adulti si riconoscono in tutti i 
Talassinidi viventi delle forme le quali in triplice serie evolutiva si 
presentano strettamente affini tra di loro e derivati da un unico tipo 
fondamentale (Axîus). 
La prima serie comprende quelle forme le n costantemente 
presentano in comune con questo i seguenti caratter 
Le mandibole sono sempre provviste di denti, n primo piede 
mascellare porta un appendice epipoidale, esistono sempre due paia 
di piedi chelati, il ramo interno dei pleopodi è provvisto di un re- 
tinaculum. 
e Le forme che si raggruppano in questa serie sono Calocaris, 
__Scytoleptus, Callianisea, Caltianis, Trypeae e Callianassa 
: La seconda serie abbraccia quelle forme le quali tirervoni dal 
d tipo primitivo per i seguenti caratteri : 
È La squama quando esiste è rappresentata da un semplice rudi- 
mentò saldato al secondo articolo della protopodite, le mandibole 
. Sono e non sono provviste di denti, il primo piede mascellare non 
| Porta giammai alcuna appendice epipoidale, esiste un sol paio di piedi 
ambulatori (il primo) terminato da una chela completa ed incom- 
Pleta, il ramo interno dei pleopodi è sempre sprovvisto di un reti- 
Naculum. 
È ‘Le forme che si raggruppano in questa serie sono: Ta/assina e 
_Gebia, Laomedia e Calliadne 
. La terza serie comprende ‘Ruella forme che rappresentano l’ a- 
È hello di transizione tra V'Arivs ed i Paguridi e comprende i generi: 
Ù Cheiroplataea, Pylocheles e Pomatocheles. 
A Nulla posso fin ora concludere relativamente alla posizione si- 
Stematica del Calliaris in relazione cogli altri Talassinidi. 
L'origine dei Talassinidi è ancora piena di incertezze, Boas (1) 
li fa derivare da un tipo molto affine all’ Homarus. Tra tutti i De- 
Capodi viventi si conosce oggi una forma assai rara, Thaumasto- 
Cheles Zaleuca (Villemoes Suhm) (2) intermediaria tra gli Homaridi 
ed i Talassanidi. Nel complesso della sua organizzazione questo cro- 
eo conviene più tosto con questi ultimi, però presenta in comune 


rino 


LX) Op. cit. pag. 110. 
IDE Trans. Linn. Soc. London, (ID) Tom. 1, pag. 49, Pit. X, fig. 1. 


sg). pe 


coi primi tre paia di piedi chelati ed il ramo interno dei pleopodi 
privo di un retinaculum.. 

I rapporti genealogici dei Talassinidi viventi s’ intendono facil- 
mente collo schema che segue: i 


TRYPEA CALLIANASSA 


LAOMEDIA GALLIADNE 
CALLIANIS 
GEBIA 
SCYTOLEPTUS CALLIANISEA 
THALASSINA . 
POMATOCHELES PYLOCHELES 
DS n 


CALOCARIS 
PAGURIDI 3 


CHEIROPLATE A AXIUS 
Napoli, Stazione Zoologica, Ottobre 1890. 


Spiegazione delle Tav. I-IV 


Lettere comuni a tutte le figure. vi 


er, Esopodite. 

en, Endopodite. 

ep, Branchia epipoidale (Podobranchia Huxley}. 
br, ranchia. 

Ad, Glandola antennale, o orifizio della stessa. 
Ce, Cieco epatico. 

Im, Intestino medio. 

Aop, Aorta addominale. 

Aoc, Aorta cefalica. 

Aol, Aorta laterale. . 
Ad, Aorta deferente. 


TAVOLA I. 
Gebia litoralis Risso. 

Fig. 1 Larvadi Gebia appena uscita dall’uovo, (2 mm. di lunghezza) 
O » dopo la prima muta, (2 '<. mm. di lunghezza). 
+48 » » formadi transizione tra la Zoea e lo stadio di Mysts. 
>» 6 a, » nello stadio di Mysis, (3 *, mm. di lunghezza). 3 
» db » nello stadio postlarvale (5 mm. di lunghezza). 


10 fa, 


1A 
iB 
10 
i, 


» 


Fri AMY 


differenti fasi di sviluppo delle acuta interne. 


esterne, 
nabafiio le. 
del primo paio di mascelle. 
del secondo paio di mascelle. 
del primo piede mascellare. 
del secondo piede mascellare. 
del terzo piede mascellare. 
dei pleopodi 


» » » 
» » » 


c/ 
11 /a,b) forma del telson nella fase postlarvale e nell’adulto. 
12 rappresenta i primi quattro piedi ambulatori nella fase A 
13 


» i cinque piedi ambulatori nella fase B. 


Arius slirynchus Leach. 


TAVOLA II. 


Zoca dell’Arius stirynchus (3 4], mm.di lunghezza). 
Seconda fase seg dello stesso (4, mm. di lunghezza). 
) (0 mm 


Stadio di Mysiì 


Stadio rent 
differenti fasi di sviluppo delle antenne interne. 


06; 4) 
b,..cd, #} 
b, c, d/ 

b, c) 
ò 
b 


b, c,d, e} 


db; €, d 


du 


» 
» 


» 


. di lunghezza). 
» » (6 mm. di lunghezza). 
» delle antenne esterne. 
delle mandibole. 
del primo paio di mascelle. 


)) b) 

» » del secondo paio di mascelle. 
» » del primo paio di piedi ma- 
scellari 
» » del secondo paio di piedi ma- 
scellari. 

» » del terzo paio di piedi ma- 

scellari. 
» dei pleopodi. 


11 forma del telson dell’Azius sn 

12 rappresenta la prominenza ventrale coll’abbozzo dei cun quattro 
piedi ambulatori 

13 forma dei piedi ambulatori nella fase B. 


TaAvoLA III. 


Callianassa subterranea Leach. 
ved di Callianassa ci uscita dall’uovo (3 !], mm. di lungh). 


Zoea) (4 *, mm, di lunghezza). 
più adulta (5 mm. di lunghezza). 
nello stadio di Mysis (6 mm. di lungh.). 
in uno stadio postlarvale (1? mm. di lungh.). 


Fig. 


= 


» 


Y 


90 


- 


2.:fa;. db; c;d; e) differenti La di sviluppo delle antenne interne. 

3 (a, b, c, d} » » elle antenne esterne. 

4 fa, b, c, d) » » » delle ibole 

5 /a, b, c} » » » del primo paio di mascelle. 
6 /a, b, c} » » » del secondo paio di mascelle. 
Ta, b, c,d,e} » » » del primo piede mascellare. 
8 fa, b, e, d) » » » delsecondopiede mascellare. 
9 fa, b, c, d) » » » del terzo piede mascellare. 
10/a, b, c, d/ » » » dei pleopodi. 


11 Secondo pleopode. 

12 /a, b) ferma degli occhi nello stadio di Mysis e nell’adulto. 

13 /a, b) forma del telson della €. subterranea Leach e €. truncata 
Giard e Bonnier. 


TAVOLA IV. 


Calliaris adriatica Heller 
Ra 


1A Fase larvale più giovane del Calliazis (4%, mm. di lunghezza). 
1B Seconda fase larvale del medesimo (8 ip, mm. di lunghezza). 
41C Stadio di Mysis » » (12 mm. di lunghezza). 

1D Calliaris adulto (grandezza naturale) ( secondo Heller ). 

2 fa, a’, b, b’, c) differenti fasi delle due mandibole. 


3 fa, b, c) » » del primo paio di mascelle. 
4 fa, b, c) » » del secondo paio di mascelle. 
5 fa, Db. e) » » del primo piede mascellare. 


“ 


(ep) 
d 
- 
Reg 
GI 
wu 


del secondo piede mascellare. 
7a, b, c, d, e) » » del terzo piede mascellare. 
8 (a, b) porzione terminale del prolungamento oculare nella fase B. 
colle due paia di antenne. 
9 antenne ra nello stadio di Mysis. 
10 


) esterne » » 
41 forma del telson in una fase intermediaria s; A e B. 
1° ì) » » a Be 0. 


13 labbro SR 


#E BT 


Determinazione della costante di una bussola 
delle tangenti — Nota di G. Vanm. 


(Tornata del 14 decembre 1890) 


Lo scopo di questo scritto è puramente didattico ; e consiste 
. nell’ esporre le precauzioni da tenere per determinare la costante 
di una bussola delle tangenti per via elettrochimica e di mostrare 
la concordanza dei risultati che è possibile ottenere con metodi di- 
versi. Mostrerò in ultimo come si debba procedere per determinare, 
con una bussola di cui sia nota la costante, la forza elettromotrice 
e la resistenza interna di una batteria. 

E noto che, data una bussola nella quale si possa ritenere 
uguale a 


J=04mp:3 (1) 


la forma della finzione che lega la deviazione angolare S dell’ ago 
alla intensità J della corrente, la determinazione del coefficiente C 
per via elettrochimica è, teoricamente, molto semplice: basta far 
Passare per la bussola e per un voltametro una corrente di inten- 
sità opportuna, costante per quanto è possibile, e poi dal peso del 
Metallo raccolto sul catodo in un tempo determinato , dedurre il 
valore della intensità media J; allora, calcolato per mezzo delle let- 
ture fatte durante la operazione, il valore della deviazione media $ 
non si deve far altro che risolvere la equazione precedente ri- 
Spetto a C. ; 

È cosa di grande importanza la scelta dell’ elettrolite da de- 
comporre. Per le ricerche di grande precisione, quello che meglio 
SÌ presta è la soluzione di nitrato di argento; ma,-l’ uso del volta- 
Metro a nitrato d’ argento richiede molto tempo e molte cure e dei 
Inezzi speciali che non sempre è possibile avere a propria disposi- 
zione. È questa la ragione per cui, nelle determinazioni per le quali 
hon è richiesta una precisione al di là di un certo limite, viene 
Preferito l’uso del voltametro a solfato di rame ; tanto più che le 
Pecenti ricerche del Gray (1) hanno mostrato come, prendendo al- 
cune precauzioni finora trascurate e tenendo conto della variabilità 
dell’ equivalente elettrochimico apparente del rame, si possano ot- 
tenere risultati di una approssimazione più che soddisfacente. Ri- 


re ARE FAVA] 


(1) Philos. Mag. Tome XXII, 1886, pag. 389, Tome XXV, 1888, pag. 179. 


pa fa 


mandando alla memoria citata per una conoscenza completa della 
quistione, noi descriveremo quì brevemente le cure da prendere ed 
i risultati ottenuti in alcune esperienze di Laboratorio fatte nel Di- 
cembre dello scorso anno. 

La forma di voltametro adoperata è quella solita ad elettrodi 
verticali. L° anodo è costituito da due lamine di rame elettrolitico 
(che ora é facile avere in commercio) distanti circa 5 cent. fra le 
quali si trova il catodo, formato da una lamina di platino di forma 
rettangolare , a spigoli arrotondati e avente I’ area di 4 «|. 6 
cmq circa; questa lamina, che si pesa accuratamente prima della 
esperienza, viene fissata ad una morsetta opportuna , in comunica- 
zione col polo negativo della pila. La soluzione da adoperare può 
essere ottenuta col solfato di rame del commercio, al quale è bene che 
si siano fatte subire due o tre cristallizzazioni successive. La den- 
sità della stessa soluzione deve essere compresa fra 1.05 (a 15°) (cor- 
rispondente a 8 °/, in peso di CuSO, + 5H,0) e 1.17 (24 °/ in peso 
di CuS0,+5H,0) giacchè, al di sotto di 1.05 il deposito è poco ade- 
rente e si distacca facilmente e, d’altra parte, adoperando soluzioni 
vicine alla saturazione, si hanno delle cristallizzazioni parassite su- 
gli elettrodi ; conviene aggiungere alla soluzione 1’ uno °/, ID peso 
di acido solforico concentrato, per evitare Ia formazione di sottosali 
sulrame elettrolitico deposto. Fatta passare la corrente per un tempo 
determinato (che si misura con un buon orologio a secondi), si estrae 
il catodo e lo si immerge nell’ acqua acidulata con acido solforico; 
poi, dopo averlo lavato con una forte corrente d’acqua, lo si asciuga 
con della carta bibula. Se Y operazione è stata ben condotta, il de- 
posito non deve presentare macchie e deve essere compatto , omo- 
geneo e bene aderente. Quando queste condizioni siano soddisfatte, 
si determina con una buona bilancia I aumento di peso subito dal 
catodo dopo il passaggio della corrente. 

Una circostanza essenziale bisogna tenere ben presente nell’uso 
del voltametro a solfato di rame, circostanza che trascurata può dar 
luogo ad errori gravi. Per ottenere buoni depositi, è necessario che la 
densità della corrente sul catodo (vale a dire il numero di unità di 
corrente per cmq di superficie) sia compreso fra certi limiti. Secondo 
il Gray, tale densità non deve eccedere 20 milliampères per cmq, ani 
essere inferiore a 3.33 milliampères. In relazione adunque con l'a- 
rea degli elettrodi bisogna scegliere la intensità della corrente 0P- 
portuna. Inoltre, in relazione alla densità stessa, ed alla tempera” 
tura della soluzione, varia il numero pel quale bisogna dividere il 
peso di rame deposto sul catodo in un secondo. Ecco i risultati ot- 
tenuti dal Gray dopo una lunghissima serie di esperienze. 


ll {n 24 


Mei ge 


Densità della corrente veri. 2949" mo pl er 09° 
i 20 milliampères per cmp 0mgr,3288 0mgr,3287 6.mer,3286 0mgr.3286 0.mgr,3982 
2 ) 0. 3288 84 83 81 74 
6. 667 » 0. 3287 81 80 78 67 
5. 0 » 0.. 3285 79 77 74 59 
4.0 » 0. 3283 78 TO 68 DE 
3. 33 » 0. - 3282 78 72 62 45 


I risultati sopra esposti non infirmano già la legge fondamen- 
tale del Faraday sulla elettrolisi, con la quale essi sembrano, a pri- 
Ma vista , in contraddizione. Senza fermarci su questo punto e ri- 
mandando, del resto , alla memoria citata chi volesse approfondire 
la quistione (1) noi riterremo la cosa come un dato di fatto , e ce 
ne avvarremo. 

Poste queste considerazioni generali, ceco lalisposizione adottata. 


La corrente data da una bat- 
teria M di quattro elementi 
Meidinger disposti in due deri- 
vazioni (fig. 1) attraversa il vol- 
tametro a solfato di rame V. I 
poli opposti della pila mettono 
capo alle due pozzette a e d di 
un commutatore a mercurio CU 
di cui le altre due b e c sono 

|] in comunicazione con la bussola 

B della quale si deve determi- 

li nare la costante. L’ uso dì que- 

sto commutatore ha per iscopo 

hi di eliminare, mercè l' inver- 

x sione della corrente , } errore 
Fig. 1 


relativo alla inesattezza di orientazione della bussola (2) e quello 
dipendente dalla non coincidenza dell’ asse magnetico dell’ ago con 
l’asse geometrico; l’ errore di eccentricità della graduazione viene 
attenuato con la solita doppia lettura dalle due parti della scala. 
‘sn la disposizione rappresentata nella figura (a con be c con d) 

corrente, che si fa passare per mezz'ora, circola nel senso indi- 


n culeniu 


x (1) Sulla misura elettrochimica delle correnti voltaiche 
» questo Boll. Anno V, Vol. Y. Art. seguente. 
(4) Manuale del Naccari e BetLati, pag. 482. 


e 


cato dalle frecce; quando invece si mette in comunicazione a con 
c e b cond, la corrente cambia direzione nella sola bussola e si fa 
passare per un’ altra mezz’ ora. Delle variazioni di intensità (quan- 
do, bene inteso , non siano troppo forti) si tien conto facendo le 
letture ad intervalli opportuni, sia nella posizione diretta sia in 
quella inversa e prendendo poi la media. 

La bussola da noi adoperata è una bussola costruita dalla casa 
Siemens e Halske, ed è del sistema Gaugain a cappelletto di pietra 
dura. Le pesate si fanno, entro il mezzo milligrammo, con una buona 
bilancia Riiprecht e tenendo conto delle correzioni dei pezzi della 
pesiera adoperata. 

Ecco i risultati ottenuti. 

1.* Determinazione 

Indicazioni della bussola vedo 
i: 21.95 
Peso dirame raccolto in 3600 


; 292.0 
Corrente diretta 37° 22.0! i - 
te dirette: 22-05 122,0 secondi medi = 41328 ,0 


VALE 


21), 
zi DI f 
999 Jo , 


Deviazione media 
> 0.208 della ug 


22.0 


liti 


29,90) 


22.20 


È DI) 
Corrente inversa 20 a 22.0 


Con questi dati si ottiene 
413.0 


«0 #6 
— 3600 >< 0,3287 3< ig 22.° 06 


Si è ritenuto il valore [Cu]=0msr, 3287 come equivalente elet- 


trochimico del rame perchè tale è il valore che corrisponde alla. 


densità della corrente sul catodo , ed alla temperatura della solu- 
zione. A tale proposito è da osservare che si è regolata la resistenza 
del circuito esterno in modo da avere la deviazione sopra indicata, 
e non prossima a 45° come sarebbe necessario per avere la sensi 
bilità massima, appunto perchè con le dimensioni della lamina di 
Platino che serve da catodo, si era al massimo limite di densità di 
corrente (20 milliampères per cmq.) Infine, è ben noto che il pe 
cipio delle tangenti si applica meglio a deviazioni non ni 


— 35 +— 
2.* Determinazione 
Indicazioni della bussola : Verdi: *2 
122.1 
la 20 


Mi ; EHE: dadi Peso di rame raccolto in 
22.8 
59 vi 22.85 |; 


)*) ‘0 22.95 


a 


\ 


A KO fc sa Deviazione media Sm=22.°92 
Corrente inversa 23.1 23.05 ) 23.°02 Densità della corr.= 20Um.amp. 
0: Bf EPZOA 
23.11 23.05 } 
edi = 0.87 
3600 Xx 0.3287 Xx taug 22. ‘92 
3. Determinazione 


i 16.6 ono Peso di rame raccolto in 3600 
pPrsente direita T6,7 | 16.65) 16.768 secondi medi = 309. mg 5 


16.8 + 

16.98 16.85 
16.6) 
16.7) 

; Deviazione media Sm=16.° 73 

Corrente inversa 16.8) 16,°78? 16.°78 Densità della corrente = 15 

16.94 (> pnt 


16.8 
16.9 
— 3600 X0. 3285 X tang 16. 73 


4.* Determinazione 

Volendo avere , per altra via, una conferma dei risultati pre- 
ica Si è fatta un’altra determinazione, disponendo in serie, in- 
a con la bussola , un galvanometro di torsione della casa Sie- 
> © Halske di cui una parte vale 08mP, 001 il quale dà diretta- 


= gra 


mente in milliampères la intensità della corrente che lo attraversa. 
‘Tenendo conto della correzione di questo stromento ‘e con le solite 
precauzioni, si è trovato _ 


C=0,87 
In conclusione, potrà ritenersi 
dl87 


come valore della costante della bussola adoperata, per temperature 
prossime a 12°; l’errore assoluto della determinazione essendo cer- 
tamente inferiore a 08mP,01. 


Determinazione delle costanti di una batteria Thomson 


Ci serviremo ora della bussola dij cui abbiamo determinato la 
costante, per misurare la forza elettromotrice e la resistenza in- 
terna di una batteria formata da tre clementi Thomson disposti in 
serie. 

Tali elementi hanno , come è noto , il vantaggio di avere una 
piccola resistenza interna e di dare una corrente abbastanza co- 
stante, anche con una durata notevole della chiusura del circuito. 
Nel modello adottato nel Laboratorio della R. Scuola Ingegneri, lo 
zinco, fatto a griglia ha le dimensioni 0m.4x<0,4:; la soluzione di 
solfato di rame del commercio , la quale si trova nella parte infe- 
riore dell’ elemento, è quasi satura; invece quella di solfato di zinco, 
separata dalla prima da un foglio di carta pergamena, contiene 
il 10 °/, circa, in peso, di sale. 


Il metodo seguito è quello di 
Fechner. La disposizione è quel- 
larappresentataschematicamen- 
te dalla fio. 2, ove R è una 
cassetta di resistenza, B la buS- 
sola Siemens di cui si è deter- 
minata la costante ; C il com- 
mutatore a mercurio per l’inver- 
sione della corrente. 

La resistenza dei fili di comu-, 
nicazione, come pure quella 
della bussola, è stata accurata- 
mente determinata con una © 
sperienza preliminare, e 51 © 


Fig. 2 


trovato per la prima, 0°h,263, per la seconda 0%,107 a 15°. In- 


| | 


dt ARI 


dicando quindi col simbolo G la somma delle anzidette resistenze, 
avremo 


= (0.0h 263 + 0,0 107 = 0.0h 370 


Ciò posto, siano R, ed R, due resistenze convenientemente scelte 
da introdurre nel Pointe R e tali da dare deviazioni prossime a 
30° ed a 60° rispettivamente (1). Indicando un 6, € 6, le corrispon- 
denti deviazioni della bussola, avremo 


E E 
——__— = Ctg6 = Cig 
Pp+G+R, o esci da ie 


ove E e 7 rappresentano la forza elettromotrice e la resistenza in- 
terna della batteria. Dalle equazioni precedenti si ricava 


t9 6, 


le quali permettono di calcolare le quantità che si cercano E e 
g.—. Bene inteso che il metodo esposto non dà buoni risultati se 
non con pile costanti e poco polarizzabili, (2) come appunto ne é 
ora il caso, 

Ciò posto, la batteria di elementi Thomson che si è studiata, 
dovendo servire per alcune ricerche del prof. Pisati sulla distribu- 
zione del magnetismo nelle verghe, si è voluto vedere come ne va- 
riassero le costanti sia prima sia durante il periodo di attività. A 
questo scopo , si è eseguito un gran numero di misure delle quali 
iporteremo solo una parte. 

La batteria, montata nelle ore ant. del giorno 13 marzo, viene 
lasciata a sè stessa per un po di tempo, e alle 3 pom. dello stesso 
giorno si incominciano le letture, delle quali riportiamo più avanti 
ì risultati. Il giorno dopo, viene fatta un’ altra determinazione delle 
costanti della batteria e nelle ore pom. viene adoperata dal prof. 
Pisati, il quale la tiene in attività senza interruzione dal 14 marzo 
fino al giorno 11 aprile, vale a dire per un mese circa. In questo 


Vrr_— ——_tccir 
(1) Srewarr and Ger. Elementary Practical Phyisics, Tome //, 
230 


(2) Naccari e BeLrati. Manuale di Fisica pratica, pag. 546. 


fs RA 


periodo di tempo la misura delle costanti dà i risultati esposti nella 
tabella riassuntiva. Per maggior chiarezza, riporteremo gli elementi 
del calcolo per una delle serie di misure eseguite. Sceglieremo per 
es. quella fatta il 28 marzo, dopo che la batteria è stata 14 giorni 
in azione. 


"98 marzo) 4°, determinazione delle costanti della batteria Thomson: 
vd 


/5=30.8) n 13= 61.6 
I) R,=5.0h0 | R,=1.0h2 
30.4 } 61.0 } 
50,3 { 30.85 617 | 60.80 
30.4 60.3 
30.2 60.1 
Il) R,=5.0h1 R,=1.%h3 
30.1 59.8 
29.9 59.5 
30.0 60.3 
\ 29,8 \ 60.1 
Il) R,=5.0%2 R,=1.%3 
Î 20.5 59.7 
29.3 \ 59.4 
29.4 60.3 
29.3 | 60.2 
IV) R,=5.0%3 R, = 103 
20.1 | 59.6 
29.0 59.3 
29.0 58.9 : 
29.0 \ 58.8 
V) R,=5.0h 4 R,=1.04 
28.7 | 58.4 
\ 28,6 58.1 


Le precedenti letture sono state fatte nell’ ordine 1), ID, 13); 
IV), V) quelle che seguono sono fatte invece nell’ ordine inverso 
X), IX), VII), VII), VI); e questo allo scopo di esaminare le varia- 
zioni della pila. 


7 <a i 
hà 30.8 È 61.5 - 
i e 30.75 e 61.45 
(|. VD R,=5%0 R,=1,00 2 
3 30.3 t 61.0 } , 
"no 30.25 uu | 60.80 
30.38 60,2 
È 30.1 \ 60.0 
VII) R,=5.01 R,=1.08 
30.0 Î 59.6 
\ 29.8 59.4 
30.3 60.2 
30.1 61.1 
VII) R,= 5.02 R,=1.0h8 
20.5 59.6 
29,3 50.5 
4 29,5 60.2 
| 3% (s: 
‘i IX) R,=5.03 Ri = bg 
c Î 29.1 59.6 
209.0 \ 59.4 
29.0 song 
\ 29.0 58.8 
X) Ri bb Rg= 2.08 4 
283 08.3 
| 28.5 58.1 
; 


Gal RE 


Come si vede, la concordanza soddisfacente di queste letture 
con le precedenti autorizza a ritenere come praticamente trascura- 
bili le variazioni della pila nel periodo delle misure (1 ora) e a pren- 
“E dere la media aritmetica in ogni gruppo di determinazioni I e VI, 
Il e VII, e III e VIII, IV e IX, Ve X. Si ottengono allora i seguenti 
valori definitivi 
1 gruppo) R,=5.02 0 6,=30.° 52 — R,=1.02 2 4,=61° 16 g=0,0h 26 E=2,velt 89 
bo» YBReb. 16=90:10+ R,=1. 3 9,=09. 86 g=0. 26 E=2. 89 
È Re, 2 0,0. 2 Rel 3620086 peo: 27 E=2, 91 
il» )ReS 365%, 2-R=i 36,=5082° pol. 262. 80 
5 
ì 


> )R=b. 46=%. 81- RSI. 46258.5 0. DE2 80 
Quali sostituiti nelle formole 


G 


perda Baila gl sith) 
tg 6, — tg 64 


‘anno i risultati relativi alla determinazione del 28 Marzo e quì sopra segnati. 


dei E 


Si può dunque concludere che la forza elettromotrice effettiva 
media della batteria, è stata nel periodo delle misure (1 ora circa) 


E= 2volts,89 e la resistenza interna = 00h,26 per t = 14.°7. i 


La forza elettromotrice media di un elemento, PARE T oO nd +96 


e la resistenza interna 2= Sii 0°h,09 circa. 


Ecco il riassunto di tutte le determinazioni fatte. 


; — 41 — 
i Forza elettr. m. d. batt. Resist. interna i temper. media 
È E = vo. volts)7 \ = 00h.29\ 
13 Marzo 2. 98 0. 30 
È e A 97} En=2Y.97 0. 30) tm= 0%.30 t=14°.1 
opo 5 ore circa da che PA .| 0. 29 
a batt. è stata montata de a 
x ou 0. 30) 
14 Marzo Be 37 91 o = 00.26) 
CA ; 3 92 6 
po 1 giorno da che è 2I 0. 2 | . 
ata montata. + 91) Em=2v.92 0. 25/p= 00.26 t6=14*2 


Nelle ore pom. Ja 
att. viene messa in 
” ità. 


TO CLtO. tO 7? 
DD o © « 
do : 
— 


Eee ZF. 87: p=0. 24, 
: 18 Marzo o 88 dì > Î 
lopo quattro giorni da 2.88) Eu= 21,88 0. 25) om =00%.25 t= 14.4 
Îhe la batteria è stata 9 88 0. 35 
lessa in attività n su 
i È 0. 26 
E=2v 89; g=0 n) 
6) 2 89 0. 26 
28 Marzo 2 3 
opo o SRI La E 0. 27) tm=0%.26 t= 14.7 
® quattordici giorni DAR 
ia lav lci giorni 9 89 0 o 
; 2, 89’ 0. 26 
ki, > 80 p='0. 28) 
vi € Pa O lari 
MU Aprile ALII | 
. 2. 80) Em=27.80 0. 28) om = 0.28 t= 150.0 
attività 2 82 0. 2o\ 
I I 0. 29: 


dI 

: 
n 
È 
| 


Come si vede dalla tabella precedente, le costanti della batteria 
Thomson adoperata, tenuta giornalmente in attività, hanno variato 
Poco; e, per un periodo di tempo abbastanza lungo , (dal 14 al 28 
Marzo) hanno variato in modo da dare una corrente sufficiente- 
Mente costante in un circuito esterno di opportuna resistenza. 


io Ventisette giorni 
| attività 


) 
ni 
È 
i 


Ù 
) 


Roma, Laboratorio di Fisica tecnica della R. Scuola degli In- 
9egneri, Aprile 1890. 


CC 73° SA 


Sulla misura voltametrica delle correnti elettri- 
che — Ricerca di G. Vaxn. 


(Tornata del 14 decembre 1890) 


I. Generalità 


Fra i diversi metodi atti a prestarsi alla misura delle correnti 
elettriche, quello fondato sulla decomposizione di elettroliti liquidi 
opportunamente scelti, è senza dubbio un metodo nel quale, ad 
una precisione più che soddisfacente, si trova riunita la probabilità 
di giovarsi delle risorse disponibili negli ordinarî laboratori. I liquidi 
maggiormente preferiti in tale genere di ricerche sono, come è noto, 
il nitrato di argento ed il solfato di rame; il primo essendo special- 
mente da adoperare nelle ricerche di maggiore precisione (campio- 
namento degli amperometri, determinazione delle costanti delle bus- 
sole ecc.). Si hanno così, in corrispondenza, due specie di voltametri; 
ma, per ottenere con questi risultati attendibili, occorrono alcune 
norme e precauzioni, generalmente poco note e nella importanza 
delle quali, i diversi autori sono spesso discordi. Lo studio sistema- 
tico di queste precauzioni, quello del limite di precisione che è pos- 
sibile ottenere nei casi più frequenti nella pratica ed infine a il con- 
fronto fra alcune specie di voltametri maggiormente adoperate, co 
stituiscono appunto gli scopi che lo scrivente si è proposto di rag- 
giungere col presente lavoro. 

Voltametro a nitrato di argento. — Cominciando dal voltametro 
a nitrato di argento è noto che le recenti ricerche del Rayleigh (1) . 
del Kohlrausch (2), del Mascart (3) e dei sigri Pellat & Potier (4) hanno 
condotto a ritenere il numero 0,4" 001118 come valore più probabile 
dell’equivalente elettrochimico dell'argento. i 

uanto alle forme di voltametro comunemente adoperate E in 
quella a capsula indicata dal Poggendorff e preferita dal Rayleigh 
come la più comoda e la più precisa, il catodo è costituito da una 
coppa di platino di 7--8em di diametro e 2em circa di altezza. Questa 
coppa si appoggia sopra tre sostegni di ottone platinato isolati sopr@ 
una grossa lastra di ebanite. L’anodo è costituito da un disco di 


(1) Phil. Trans. London, 1884, Part. II, pag. 411. 

(2) Wiedemann Annalen, Band. XXVII. ql 
(8) Journ. de Physique, Tome I, 1882, pag. 109, Tome, III, 1884, pag. 283. 
(4) Journ. de Physique, Tome IX, 1890, pag. 381. ua. 


COSE 


argento chimicamente puro, disposto orizzontalmente e ravvolto nella 
tela per impedire che cadano al fondo della capsula i frammenti di 
ossido di argento i quali possono formarsi durante la elettrolisi. —. 
Il Gray, il quale si è molto occupato dell’argomento in questione (1), 
preferisce invece la forma usuale a lamine verticali, adoperando per 
elettrodo una lamine di argento chimicamente puro. In entrambi i 
. casi, la soluzione adoperata deve contenere dal 5 al 15 °/, in peso 
di nitrato di argento; per correnti le quali non eccedono 04mP,250 
sono da preferire, secondo il Rayleigh, soluzioni contenenti il limite 
inferiore sopra indicato (5 °) di nitrato di argento; la proporzione 
el sale disciolto dovendo crescere, con la intensità della corrente 
da misurare. 

Una importanza speciale ha, nella esattezza dei risultati, la den- 
sità della corrente che si misura, vale a dire il numero di unità di 
corrente per ogni unità di superficie del catodo. Secondo il Rayleigh. 
per ottenere risultati precisi nella misura di correnti non eccedenti 
0amp,500 e facendo uso del voltametro a capsula, bisogna che la den- 
sità sopra indicata non superi 08mP,010 per cmq di catodo. Quanto 
poi alle cure che bisogna avere dopo il passaggio della corrente, è 
necessario vuotare la capsula di platino, lavarla ripetutamente con 
acqua distillata e poi seccarla tenendola per qualche ora in una stufa 
ad aria a 160° circa; infine, scaldarla fortemente in una capsula di 
porcellana per quattro o cinque minuti. Quest'ultima operazione ha 
per iscopo di decomporre quelle piccole quantità di soluzione le quali 
Possono essere rimaste incluse nell’argento elettrolitico deposto nella 
capsula e ridurre così al minimo questa causa di errore; e ad at- 
 tenuarla maggiormente concorre pure la avvertenza di far passare 
la corrente per un intervallo di tempo, sufficiente per rendere molto 
piccolo l’errore relativo della pesata del deposito, ma non maggiore 
di un certo limite, per non deporre insieme col metallo delle quan- 
tità notevoli di soluzione le quali aumenterebbero troppo, anche dopo 
decomposte, il peso dell'elettrolito prodotto dalla corrente. Il Rayleigh 
consiglia un intervallo di 45--60 minuti per correnti che non supe- 
rino 08mp,500. 

Voltametro a solfato di rame. — L'uso dei voltametri a solfato 
di rame è incontestabilmente più semplice e più comodo di quello a 
nitrato di argento; i depositi che si ottengono, anche con variazioni 
notevoli nella grandezza delle lamine e nella densità della soluzione 
e della corrente, sono aderenti ed omogenei. Per conseguenza, l’uso 


VOOR RO RAAA 


| (4) Phil. Mag. Tome XXI, 1886, pag. 389, Toms XXV, 1888, pag. 179. 


e E 


di tali voltametri è da preferire quando si tratta di correnti molto 
forti e variabili fra limiti assai estesi, per le quali si richiederebbero 
dimensioni eccessive nei voltametri a nitrato di argento. Inoltre 
l’uso della elettrolisi del solfato di rame conduce a risultati di una 
. soddisfacente precisione, prendendo le precauzioni seguenti. 

Il solfato di rame da adoperare può essere quello del commercio 
al quale si sono fatte subire tre o quattro successive cristallizza- 
zioni. La densità della soluzione deve essere compresa fra 1.05 (a 15°) 
(3 °/, in peso di CuS0,+5 H,0)e 1,17 (24 °/ in peso di Cu H,6,-|5 H 0); 
per evitare la formazione dei sottosali i quali si formano facilmente 
quando il rame elettrolitico deposto si estrae dal voltametro, è bene 
aggiungere alla soluzione 1 °/, in peso di acido solforico puro. Infine, 
la densità della corrente sul catodo non deve superare 08mP ,010 per 
cmq né essere inferiore a 08mP 0033. Dopo la elettrolisi, bisogna im- 
mergere il catodo (che può essere costituito da una lamina di rame 
elettrolitico o di platino) nell'acqua distillata contenente un po'di acido 
solforico; poi, dopo averlo lavato con una corrente di acqua distil- 
lata, asciugarlo con della carta bibula (1). Se l'operazione è stata 
ben condotta, il deposito deve presentare una tinta rosea, scevra 
affatto di macchie e di iridescenze, e deve inoltre essere omogeneo 
e bene aderente. 

Una circostanza essenziale bisogna tenere ben presente nell'uso 
di questo voltametro, circostanza che, trascurata, può dar luogo ad 
errori gravi. Il numero pel quale bisogna dividere il peso di rame 
raccolto nella unità di tempo, per ottenere la intensità della cor- 
rente, non è già costante come succede per l'argento, ma varia al 
variare della temperatura della soluzione e della densità della cor- 
rente. 

Ecco i risultati dedotti dal Gray dopo una lunghissima serie di 
esperienze (2), e ritenendo per equivalente elettrochimico dell'argento 
il valore 


[Ag] = 08001118. 


(1) La immersione della lamina nell’alcool puro, consigliata da alcuni 
autori, non sembra opportuna allo scrivente; giacchè si formano, in tali 
condizioni, delle iridescenze sulla superficie del deposito, le quali debbono 
essere assolutamente evitate. 

(2) Phil. Mag. Tome XXV, 1888, pag. 179. 


i AE 


Densità della corrente —t—2° t=12° t=23°  t=28° 90° 


amp. 0,020 per cmq 08,0003288 0,0003287 0,0003286 0,0003286 0,0003282 
. 0,010 84 83 81 


ue 


PRE AE - 


META PETE PELOSA i 


ia 


74 
0,00667 87 81 80 78 67 
0,0050 85 79 77 74 59 
0,0040 83 #8 75 68 52 
0,0033 82 78 e, 62 0,0003245 


I risultati sopra esposti non infirmano già la legge del Faraday, 
con la quale essi sembrano, a prima vista, in contraddizione. Il peso, 
infatti, di rame deposta da un coulomb è costante ed il Gray, par- 
tendo da certe considerazioni, ne stabilisce il valore 0gr ,000 3290 (1). 
Ma è facile vedere che le condizionì ordinarie delle determinazioni 
voltametriche non sono quelle che dovrebbero essere soddisfatte per 
potere ritenere il valore dato come equivalente elettrochimico del 
rame. Innanzi tutto il solfato di rame ordinario (anche senza ag- 
giunta di acido solforico libero ) scioglie una porzione più o meno 
grande del rame elettrolitico deposto sul catodo. Questo fatto, 0s- 
servato dal Gore (2) affermato da alcuni, regato da altri sperimen- 
tatori sembra oramai fuori di dubbio; e, senza pregiudicare la qui- 
stione se tale azione dissolvente abbia o no luogo nelle soluzioni 
chimicamente pure e libere affatto di acido, è certo che le soluzioni 
adoperate nelle ricerche ordinarie attaccano e sciolgono dei pesi non 
trascurabili di rame. Il Gray cita alcuni risultati numerici ottenuti; 
ma siccome questi dipendono dalle particolari condizioni della espe- 
rienza, così egli consiglia di determinare direttamente tale azione 
dissolvente prima o dopo la elettrolisi. Oltre a questa causa di er- 
ore, è da considerare che la deposizione del rame elettrolitico, av- 
venendo in seno ad una soluzione, una parte di questa rimane im- 
Prigionata nelle particelle del deposito; e non si può nemmeno de- 
comporla, come nel caso del volta-metro a nitrato di argento, giac- 
ché l'elevazione di temperatura necessaria produrrebbe una notevole 


 ©ssidazione. E da notare pure che, per quanto si cerchi di attenuar- 
. la, una piccola ossidazione parziale del rame sia durante la elettro- 
| lisi, sia durante il periodo di lavaggio e di essiccamento, è molto 
. difficile ad evitare. Infine , le ricerche recenti del Soret (3) hanno 
. dimostrato che il rame deposto sul catodo contiene delle quantità 
 SPesso considerevoli di idrogeno, di ossido di carbonio e di anidride 


e: 
(1) Phil. Mag. Tome XXI, 1886, pig. 389. 

(2) Nalure, febbraio, 1883. 

(8) C. R. Tome GVIII, pag. 1298. 


E ga 


carbonica, le quali non si svolguno che portando il deposito al rosso 
ciliegia. Sono appunto queste diverse circostanze che rendono varia- 
bile ciò che potrebbe chiamasi l’ equivalente elettrochimico @appa- 
rente del rame; tali circostanze pare che non abbiano luogo, in modo 
sensibile, nel voltametro a nitrato di argento il quale, appunto per 
questo , è da preferire quando si tratti di ricerche di grande pre- 
cisione. 

Recentemente il Ryan (1) ha proposto una nuova forma di vol- 
tametro nella quale gli elettrodi sono costituiti da due grossi fili di 
rame elettrolitico avvolti a spirale : la spirale esterna funziona da 
anodo e quella interna (il cui diametro è inferiore da 3 + 4 cm a 
quello dell'altra ) da catodo. La densità della soluzione deve essere 
compresa fra 1.10 e 1.17, Non è necessario che il solfato di rame, 
l’acqua e l'acido siano chimicamente puri. Le precauzioni da pren- 
dere sono identiche a quelle già descritte. de 

Il vantaggio ottenuto con questo voltametro, pare dipenda dal 
fatto che la forma a spirale cilindrica dei due elettrodi impedisce 
le variazioni di densita in vicinanza degli elettrodi medesimi, le quali 
hanno luogo specialmente nei voltametri a lamine verticali. L’errore 
relativo ottenuto con questa nuova disposizione arriva al massimo 
al 0,4 °/, invece dell'errore del 3 o 4 */, che secondo l’autore, si era 
finora avuto con le solite forme. 

Poste queste considerazioni generali. descriveremo brevemente 
alcune delle esperienze eseguite; e cominceremo da quella fatta nel 
febbraio scorso , avente per scopo il campionamento di una parte 
della scala del galvanometro a torsione Siemens N.° 5708, adoperato 
dal prof, Pisati nelle sue ricerche sul Magnetismo. 


JI. Relazione delle esperienze 


1.* SERIE. Innanzi tutto, poichè nella misura della corrente ehe 
trano la valutazione di un intervallo di tempo e la determinazione 
di un aumento di peso, si è cominciato dallo studiare 1’ andamen'? 
e l'errore dei relativi stromenti di misura, esistenti nel Laboratorio 
della R. Scuola degli Ingegneri. n 
i Misura del tempo.—1l cronometro adoperato è il cronometro 
Roskell N.° 1775 appartenente al Gabinetto di Geodesia , il quale s 
batte secondo si-lerale. Esso è stato confrontato con un pendolo SI 
derale costruito da Dent di Londra, avvalendosi di un cronografo 


(1) Amer. Instit. of Electr. Engin. New-York, 1889. de 


EEE pi 


Hipp e prendenno tutte le precauzioni nenecessarie per eliminare le 
possibili cause di errore (1). L'andamento diurno medio dell’ orologio 
Dent, determinato per mezzo di passaggi di stelle, variava, nell’ e- 
poca delle esperienze, ( febbraio-marzo 1890) da 08,3 a 08,5 ed era 
quindi affatto trascurabile nel breve periodo (60 sica delle mi- 
sure voltametriche: Ecco i risultati del confronto. 


Orologio Dent Cronometro Roskell i medio del 
> skell in unora 
8h 45,m 39,533 0,h 54m 
È 1.0 05,0 59,813 . 2,106. 00 0.8 43 
0. 51. 98. 45) 11.h 00. 00 
14.h 58, 53,8 7/ t14. h59,m 00 0. 42 
20. DO: 32. 16 24.h 59. 00 
| Ù 2128. 58. 94 | 2.120.m 00 0. 44 
CI 19. 31. 10) 28.028. 00} 
7.542. 56. 77 | 7,0 43.200 0. 41 
Mi 00, 97. 87. i 97.811. 00 
| 19.9 59. 51- 28 20.h.00. 000, 43 
90. 02: 10.15 56.h 11. 00 


Si può dunque ritenere eguale a 08 ,4 Vavanzo del cronometro 
Roskell in un’ora per temperature comprese fra 12° e 14°,5 che sono 
Ì limiti fra cui ha oscillato la temperatura dell'ambiente nel periodo 
delle esperienze. 

Misura delle masse. — Gli aumenti di peso, sia delle lamine 
per i voltametri a solfato di rame, sia della capsula per il voltame- 
tro a nitrato di argento, sono stati determinati con una bilancia di 
Precisione costruita dal Riiprecht e facendo uso di una pesiera 
Stuckrath della quale era stata determinata per ogni pezzo, dal Di- 
lettore dell'ufficio centrale metrico, la correzione relativa. 

L'errore di accomodamento della bilancia (1) e la sensibilità re- 
lativa, con i carichi di 20 e 508r , sono stati trovati uguali 
errore di accomodamento sensibilità 

ess 00.34 lp = (108,051 

e=+0P, 3) 1» — 08,0)52 


carico di 20gr 
carico di 50gr 
CESAR 


(1) Pisati e Puoci. Sulla lunghezza del pendolo a secondi, 
pag. 37 

(1) Il concetto dell'errore di accomodameuto di una bilancia è stato in- 
trodotto nella scienza delle misure dal prof. Pisati. Esso corrisponde all’er- 
Tore medio di una osservazione della posizione dell’ equilibrio dell’ indice, 
facendo oscillare e arrestando ogni volta il giogo e i piattelli della bilancia 
Per un sufficiente numero di volte. Ecco i risultati relativi al calcolo del- 
l’errore di accomodamento e della sensibilità della bilancia Riiprecht da 


L'errore dovuto alla spinta dell’aria è affatto trascurabile sia 
per i pezzi della pesiera adoperati nella misura sia per il corpo da 
pesare, le pesate essendo fatte col metodo della tara; in guisa che, 
determinata la posizione di equilibrio della bilancia quando i catodi 
dei voltametri sono nudi, i pesi da cambiare nella seconda pesatà, 
allorché i catodi vengono estratti dai voltametri si limitano ai soli 
pezzi di alluminio della pesiera e non arrivano mai ad un grammo. 
Quanto poi alla spinta dell’aria relativa ai catodi medesimi, essa è 
sensibilmente la stessa nei due casi, stante la piccolissima varia- 
zione di volume avvenuta. 

Ciò posto, ecco la disposizione adottata per le misure. 

La pila è costituita da dodici elementi Meidinger di cui sei sono 
disposte in serie; la forza elettromotrice media di ciascun elemento 
è poco differente da un volt e la resistenza interna varia da 8 a 
10 ohms. 

Il circuito esterno comprende : 

1) Un reostata per far variare opportunamente la intensità 
della corrente ; 

2) Il galvanometro di torsione Siemens da campionare, avente 
un ohm di resistenza (a 15°) e di cui una parte vale circa un mil- 
liampére. Questo galvanometro, come è noto, è costituito da un ma- 
gnete di acciaio avente la forma di un cilindro allungato fesso lon- 
gitudinalmente secondo due generatrici opposte. Il magnete stesso 
è sospeso per mezzo di un filo di seta fra due rocchetti di filo di 
rame i quali sono percorsi dalla corrente e porta un indice di al- 
luminio corrispondente, quando lo stromento è orientato, allo zero 
della graduazione. Quando il magnete, pel passaggio della corrente, 
è deviato dalla sua posizione di equilibrio, si riconduce l’indice In 
corrispondenza dello zero, agendo sopra una spirale cilindrica di ar- 
gentana, di cui un capo è fissato all’estremo superiore del magnete, 
e l’altro è connesso ad un disco di ottone munito di un secondo in- 


oi ottenuti col carico di 20gr circa iu entrambi i piattelli. La posizione di 
suit dell'indice è ogni volta dedotta dalla media di sei elongazioni 
successive combinate tre per tre. 

tren di equilibrio dell’ indice 


i sen n mg col mg. 
A ca br.-Ib 11° 73°. 43 
HI 93. 92 IV* 73. 95 err. mediodiaccom-e= (biente 0P, 34 
ci = DV. VE 19,02 
+ +98 VIL* 18. 87 e quindi 
IX 90.16: 73. 63 imge-m—m —=19P,82te V2=19P.82 9 


dice il quale segna sulla graduazione dello stromento l'angolo di cui 
bisogna torcere la molla per ottenere la accennata coincidenza. È 
a quest’ angolo di torsione che é proporzionale la intensità della 
corrente. 

3) Un certo numero di voltametri (sei) a solfato di rame di- 
sposti in serie, preparati con le cure già indicate: gli anodi sono di 
rame elettrolico, i catodi sono formati da lamine di platino. La so- 
luzione di solfato di rame è stata purificata con tre successive cri- 
stallizzazioni e contiene 1°, circa in peso di acido solforico puro. 

4) Infine il voltametro campione a nitrato di argento ed a 
capsula di platino precedentemente descritto, con la soluzione di ni- 
trato al 5 °/, in peso. 

Indicazioni del galvanometro. — Alle ore 9220,00 del crono- 
metro Roskell, si chiude il circuito e un minuto dopo si fanno le 
seguenti letture 


9a 20,200 chius. delcircuito o, 39 103,P 0 
so: 102,» 2 9,40 102,8 
22 104,3 4l 102,8 
Ss 105,1 42 102,7 
22 105,8 43 102,6 
nas 106,0 Ad 102,6 
21, 106,0 9,45 102,5 
di 106,0 9,50 102,2 
S 106,0 9,55 102,1 
29 105,8 10,2 00, 00 101,9 
9,30 105,5 10,05 101,8 
È 105,0 10,10 101,6 
32 104,9 10,15 101,5 
Sa 104,8 10,20,00 101,5. 
ss 104,5 10,ì 20.0 10,85 interruzione 
9,35 104,0 Si è tenuto conto del fatto 
> 103,6 che il cronometro, adoperato 
‘37 103,2 batte il secondo siderale, tenendo 
» 103,0 presente che 36005 medi corri 
spondono a 3610 secondi siderali. 


Se fosse possibile esprimere, in funzione del tempo, a legge = 
variazione della corrente, la determinazione della intensità media si 
ridurrebbe al calcolo dell’integrale 


inte 


ove per ‘ bisognerebbe porre la funzione trovata; ed è evidente che 
non ci sì potrebbe giovare per risolvere la quistione, delle ordi- 
nate osservate così come sono; giacché i numeri ottenuti nella pre- 
cedente tabella contengono, oltre a tutti gli errori accidentali e si- 
stematici di natura nota, anche altri di natura ignota, i quali non 
mancano mai di intervenire in simili circostanze e turbano l’anda- 
mento regolare e continuo del fenomeno. La esistenza di tali cause 
perturbatrici è resa manifesta costruendo la curva relativa alle 0s- 
servazioni fatte la quale rende evidente all’ occhio la discontinuità 
dei risultati ottenuti. Bisogna allora applicare i metodi noti della 
perequazione dei professori Schiaparelli (1) e Pucci. (2) Effettuando 
nel caso presente i calcoli relativi alla perequazione lineare di tre 
in tre ed applicando la formola di correzione parabolica del terzo 
ordine, si ottengono delle ordinate le quali sostituiscono ai risultati 
osservati, altri più regolari e più prossimi al vero. Stante poi la diffi- 
coltà estrema della ricerca della legge di variazione della corrente, 
la quale legge sarebbe espressa algebricamente della equazione della 
curva così trovata, è preferibile ottenere una soluzione sufficiente- 
mente approssimata della quistione, sia effettuando una integrazione 
grafica, sia adoperando il procedimento che si usa seguire in simili 
ricerche e che consiste nel costituire a due ordinate consecutive, 
sufficientemente vicine, le mediane corrispondenti. Fatti i calcoli re- 
lativi (3) si ottiene per valore della intensità media della corrente 
indicata dal galvanometro 


60. 
= 606681 = 102?,893 
DI 


il numero totale delle ordinate essendo 59, giacchéè|si è 8° pl 


quella relativa alla chiusura del circuito. Quanto alla determinazione , 


dell'errore. medio del risultato precedentemente ottenuto, si è fatto 
uso di una formola data per questo oggetto dal prof Pucci: 


ti fece V p [vv] r ; .. 7 
N (at) 


la quale permette di calcolare l'errore medio di una ordinata per®- 
quata in funzione: del peso p delle diverse ordinate perequate linear 


(1) Effemeridi astronomiche per l’anno 7867. 


(2) Sul nd > ricercare la vera espressione delle leggi È n 


natura, in: R. Accad. Lincei, 1890 
(3) Giornale delle esperienze di do 


Stele, ee 


mente (che si è ammesso eguale per tutte), della somma [vv] dei 
quadrati degli scostamenti tra ciascuna ordinata osservata e la cor- 
rispondente perequata, e del numero totale N delle ordinate. 

Si ottiene così come errore medio di una ordinata perequata 


m—= + 0,P 095 


e per valore medio della ordinata media e=+0,? 02; l errore pro- 


babile relativo sarebbe u= 0,P 012, 

Voltametro a nitrato d’argento. — Vediamo ora le indicazioni 
del voltametro. L’ argento deposto nella capsula è granuloso , cri- 
stallino e ben aderente. Dopo averlo trattato nel modo descritto, se 
ne determina il peso. Ecco le equazioni di equilibrio ottenute: 

(prima della elettrolisi): 


T=C-- 58r-|- 18 + 5008 + 100 -}- 20 + ch; sa 042424 83,9 25 
Me e 2414 63,2 87 
da cui si deduce, tenendo conto delle correzioni dei pezzi adoperati 
T=C + 68r 6395 + 08, 063 -|- 73p, 56 


Chiamando 3 l'errore probabile della correzione 0.m8-063 (che sì 
può facilmente determinare per mezzo degli errori delle correzioni 
dei singoli pesi) e Se l'errore probabile di accomodamento della bi- 
lancia si ha come errore probabile della C (massa della capsula di 
pt nuda). 


i fred» i sE 
Dopo il passaggio della corrente la nuova equazione di equili- 
veg rappresentando con X la massa di argento deposta, è: 
r=C-4+X+ 6,812245 + 0,8143 + 83,P 16 


>_2 
Ze 


e l'errore probabile della C--+-x è m= £ VE ur 


- 


essendo Sn l'errore probabile della correzione 008,143, 
Si ha quindi, fatte le riduzioni opportune: 
X = 414,0842 


Ss, Se = * (008,047 
con un errore probabile up = + VÈ ui o ta 


CE o gr 
Con questo dato si trova per intensità media della corrente, de- 
dotta dalle indicazioni del voltametro a nitrato di argento, 


vee 
ii = (),2mp]0207 
Im = 3600 = 1,118 di 


Tenuto conto degli errori sistematici del cronometro, la incer- 
tezza dipendente dalla chiusura ed apertura del circuito, non supe- 
rerebbe, secondo il Rayleigh, 0.8 5. Adottando tale valore, e suppo- 
sto un errore di 0,810 (1) nella pesata, e che il numero 1,08118 sia 
esatto a meno di 0,9280005, si trova nella ipotesi più sfavorevole, una 
variazione di sette o otto unità dell’ ultima cifra decimale ottenuta 
per i.m È questo (se non esistono errori sistematici) il grado di ap- 
prossimazione che a noi sembra comporti la determinazione fatta. 

Dal confronto dei risultati ottenuti, si deduce che il termine di 
ng relativa ai punti della scala vicini al cento, sarebbe alla 
temp. t—=12,°5 


c=I—i=0,10297 — 0,01283=+ 0,14 milliampéres 


La tabella data dal costruttore indica per la stessa correzione 
il valore: 


c=-+ 0.20 milliampères 


L’accordo è molto soddisfacente sia se si tiene conto degli er- 
rori di osservazione, sia riflettendo che il valore dato dal costrut- 
tore si riferisce alla temperatura alla quale il galvanometro pre- 
senta la resistenza di 19m, cioè a 15,° 

Indicazioni dei voltametri a solfato di rame. — In questi vo 
tametri, l’ anodo è costituito da due lamine di rame elettrolitico 
fornito dalla casa Basse e Selve di Altona, il catodo da una lamina 
di platino di circa 4x<6=24 cmq. di superficie immersa. Alla so- 
luzione di solfato di rame è stato aggiunto 1 %/ in peso di acido 
solforico puro. I pesi di rame depositati nei diversi voltametri in 
un’ora, sono stati, fatte le opportune correzioni, i seguenti: 


Voltametro N.° 1 p. 121,mg88 
9 


121,80 
3 121,84 
4 121,80 
o) 121,86 
( 121,92 


(1) La probabilità che l’errore di osservazione compreso (in valore 
assoluto) fra zero ed il valore indicato sarebbe 0 


de 


L'errore probabile di una determinazione è, sensibilmente x dò 
stesso per tutte ed eguale a 0,806. Prendendo la media dei risul- 
tati ottenuti come valore più probabile del peso di rame deposto in 
un'ora, si ha: 


p=121,%885 con un errore probab. = 0,8025 


ed è notevole il fatto che le differenze tra la media precedente e 
ciascuna determinazione siano tutte inferiori all'errore medio di una 
pesata. Si può dunque dire che, nelle condizioni della misura fatta, 
le differenze nei pesi di rame osservati nella serie dei voltametri, 
entrano nella categoria degli errori accidentali di osservazione. Ci 
proponiamo in seguito di estendere la conferma di questo fatto e 
vedere se esso possa ritenersi come generale ed applicabile ad ogni caso. 

Per dedurre dal peso medio di rame deposto in un’ ora il va- 
lore della intensità della corrente, bisogna tener conto della densità 
di questa; valutando la PENTITA dei depositi nelle lamine, sì tro- 
vano valori prossimi a 3,4 milliampère per cmq. L’equivalente elet- 
trochimico da ritenere, essendo la temperatura vicina a 12.°, è se- 
condo il Gray [Cu] —=0,®83278. 

Si ottiene allora per valore della intensità media della corrente: 


LARE ia 

— 3600Xx0,3278 
con una incertezza di due o tre unità dell’ ultima cifra decimale. 
Come si vede, la indicazione dedotta dai voltametri a solfato di 
rame supera di 0,2mP00028 quella dedotta dal voltametro campione a 
Nitrato di argento. Ritenendo quest’ultima come esatta, l'errore re- 
lativo alla determinazione precedente sarebbe inferiore a 0,3 °/,. Si 
vede adunque che, contrariamente alle asserzioni del Ryan, è pos- 
sibile ottenere anche con gli ordinari voltametri a solfato di rame, 
un notevole grado di approssimazione. 

2.* SERIE. Continuando le ricerche sull'argomento in quistione, 
si è creduto opportuno di intronurre una modificazione importante 
al modo di sperimentare tenuto sinora: quella relativa alla misura 
dlel tempo. 

Per rendere questa misura molto più precisa, si è pensato di av- 
valersi, mercè un artifizio semplicissimo, del cronografo annesso al- 
l'orologio Dent esistente in laboratorio. Facendo uso dell’ interrut- 


# 


SR, go 


tore rappresentato qui accanto, Fig. 2, dove a b c d sono quattro 
vaschette di mercurio, è possibile chiu- 
dere il circuito comprendente i volta- 
metri e gli altri apparecchi di misura, 
e, nello stesso istante, mandare un se- 
gnale al cronografo. Leggendo poii se- 
gnali col compasso di Oppolzer, tenendo 
conto delle parallassi delle penne e del- 
l'andamento dell’ orologio , si può sti- 
mare l’ intervallo di tempo durante il 
quale il circuito è chiuso, entro 0,8 01 
almeno, approssimazione più che suffi- 
ciente pel caso nostro. 

Inoltre, Detti seconda serie di espe. 
rienze, si è ao verificare non solo il grado «di approssimazione 
che è possibile raggiungere nella misura di correnti inferiori a 0,4mP 
500 (limite imposto dalle dimensioni dei voltametri disponibili) ma si 
è voluto pure istituire un confronto diretto fra gli ordinari voltametri 
a catodi di platino , e quelli a spirale del Ryan. Le misure sono, 
bene inteso, riferite al voltametro a nitrato di argento, scelto come 
— campione. Infine si è voluto accertare l’azione dissolvente delle so- 
luzioni di solfato di rame sul rame. 

Nel principio di questa seconda serie (ottobre 1890) sì sono per- 
dute alcune esperienze perchè, nel lavaggio della capsula di platino, 
sì distaccavano sempre quantità non trascurabili di argento, il quale 
si deponeva inoltre in laminette anzichè in graui cristallini bene 
aderenti. 


0 PRINS 
DI 3) 3 


Dopo molti infruttuosi tentativi per togliere l'inconveniente si è 
trovato modo «di eliminarlo completamente, rinnovando la soluzione 
di nitrato di argento. (1) 

Preparate tutte le altre soluzioni nel modo già indicato, s'è lato 
principio alle ricerche definitive. 

Il circuito comprendeva: 1.° Una batteria di 12 elementi Mei- 
dinger disposti in 4 derivazioni; 2.° Un reostata; 3.° Sei voltametri 
a solfato di rame (con 1 °/ di acido solf.) di cui tre ‘a spirale e tre 
a catodi di platino; questi ultimi sono quelli già adoperati anterior- 
mente; in quelli di Ryan, i catodi sono costituiti da un filo di rame 
elettrolitico di 2,mm8 di grossezza avvolto in otto spire avente la su- 
perficie di 75 cmq. circa; 4.° Finalmente il voltametro campione 4 
nitrato di argento già adoperato e descritto. 


(1) Questo fatto era già stato osservato dal prof. Cardani. 


Prg SP 


SEE 


DAIE he Su "a eric e DICE Sat 7 Vr e a a li 
TL n eee ariana Per) RAI e PAM dr een e 
GERA ROTA E ge es 5 5 d 


Le esperienze si succedono regolarmente dai primi di novembre 
in poi. 

Il pendolo Dent del quale viene studiato l'andamento mercè lo 
stromento a passaggi del Gabinetto di Geodesia, presenta un avanzo 
medio di 0,570 al giorno vale a dire un avanzo medio di 0,5 03 in 
un’ora siderale. 

La durata della chiusura del circuito (che si fa variare da 40 
a 60 minuti medi secondo la intensità della corrente), si valuta con 
la approssimazione di 0,501 avvalendosi del cronografo annesso al- 
l'orologio Dent nel modo già descritto. La valutazione delle masse 
si effettua colla bilancia Ruprecht, e colla pesiera Stuckrath antece- 
dentemente adoperate e studiate. Quanto alle cure avute per il trat- 
tamento del rame e dell'argento deposto, esse sono identiche a quelle 
avute; senonchè, nel periodo di essiccamento del rame, essendosi 
qualche volta verita una leggiera tendenza. alla ossidazione, spe- 
cialmente nei voltametri a spirale, si sono studiate meglio le cure 
necessarie per evitare completamente tale tendenza, e dopo alcuni 
tentativi, si è adottato come migliore questo sistema: i catodi dei vol- 
tametri a solfato di rame, siano a spirale siano a lamina, devono 
essere subito immersi nell’acqua fortemente acidulata con acido sol- 
forico puro; poi lavati con molta acqua, nuovamente immersi in un 
altro recipiente contenente acqua acidulata e infine, dopo un IRIOKO 
ed abbondante lavaggio, lasciati asciugare. L’essiccamento non è com- 
bleto, specialmente nei catodi a spira, se non dopo 10 o 12 ore. 

iò posto, indicheremo qui brevemente i i risultati di alcune delle 


esperienze eseguite, e le conseguenze che se ne sono tratte. 


In una prima serie di esperienze si sono disposte le cose in modo 
da avere correnti prossime a '/, di ampére, ciò che si è ottenuto 
facendo R=0 nella cassetta reostata. Le equazioni di equilibrio 
della capsula di platino del voltametro.a nitrato di argento sono state: 

T=C+-6,816395 + 71,9 9 
T=C-4x+ 687, 029541 87,9 


da cui si ricava, tenendo conto delle correzioni dei pezzi della pe, 


siera adoperata e della sensibilità della bilancia. 


x = 609,mg12 con un errore probabile di © 0,805 
Quanto alla durata della chiusura del sua determinata nel 
indicato, si è ottenuto: 


punto iniziale 1,b 09.m 55,8 330 
finale 1, 50, 03, 170 


O,h 40, 07, 840 di temp® Siderale Dent. 


i DE 
Tenendo conto dell’avanzo dell'orologio Dent, e delle parallassi 
lelle penne del cronografo, si ha riducendo in tempo medio: 
=2401,25 secondi medi (a meno di 0,5 01) 


Si ricava adunque, come valore della intensità media della cor- 
rente dedotta dalle indicazioni del voltametro campione: 


609,12 


amp29, 
SEE (at. 2.101,25 ©’ as 


Ritenendo eguale a 0,801 l’errore assoluto relativo alla deter- 
minazione del tempo, supposto un errore di 0,810 nella pesata, (1) 
e che il valore 1,8118 sia esatto a meno di 0,80005, si trova, nella 
ipotesi uiù sfavorevole una variazione di una unità dalla penultima 
cifra cara ottenuta per im vale a dire un errore relativo infe- 
rioro a TA Si vede come, col voltametro a nitrato d’ argento, sia 
possibile ottenere un notevole grado di approssimazione, quando si 
dispone di buoni mezzi di misura per la valutazione del tempo. 

Ciò posto, vediamo le indicazioni dei voltametri a solfato di rame. 
Nei tre voltametri a catodo di platino le masse di rame raccolte sono 
state rispettivamente, tenuto conto di tutte le correzioni: 


= = 79, 30 
one ca 9 p MII. 


l'errore probabile in ogni pesata essendo di poco inferiore a 0,806. 
Prendendo la media dei risultati ottenuti come valore più bropalare 
lel peso di rame deposto, si ha: 


p= 179,830 con un err. prob. =0,8035 


La misura della corrente data dai voltametri a lamina, s2- 
rebbe, tenendo conto della estensione dei depositi per la valuta- 
zione della densità di corrente. 


# 
179.30 


irrita Sea (MD 
0.928 < soia 


= 


Confrontando questo risultato con quello ottenuto col volta- 
metro campione , si vede riconfermato quando si è detto altra vol 


(1) Un tale errore avrebbe la probabilità di 0,85. 


sc 
ta; come cioè, prese le opportune precauzioni, sia possibile ottenere 
con gli ordinarii voltametri a solfato di rame un grado di approssi- 
mazione pari a circa 3 per mille. 
Le indicazioni del voltametro a spirale di Ryan sono state 


p=17908,08 
398 
179,18 
si ha quindi come valore medio del rame deposto p=179,05 e per 
valore della intensità 
ii 0 2 lamp, 20747 
0,3278 Xx 2401.25 


Anche col voltametro a spirale si ottengono adunque , errori 


| Telativi prossimi a 3 per mille.—.È da notare che nel calcolo pre- 


cedente si è scelto il valore 0.3278 come equivalente elettrochimico 
del rame, perchè tale era quello che corrisponde alla intensità della 
corrente ed alla superficie delle spirali nei singoli voltametri. 

In un’ altra serie di esperienze si è voluto vedere se il volta- 
metro a spirale si presta a misure di correnti inferiori a '/, di amp. 
anche quando la densità di corrente sul catodo è inferiore a 3 mil- 
liampere per cmq che è il limite minimo indicato dal Gray. A questo 
Scopo, disposto il circuito in modo da ottenere una corrente pros- 
sima a 100 milliampère (limite imposto dalle dimensioni del vol- 
tametro campione) si è lasciato in un voltametro di Ryan la spirale 
tutta immersa, in modo che la densità di corrente fosse inferiore al 
limite indicato, e negli altri due si è immersa solo una parte della 
Spirale in modo che la densità stessa fosse compresa nei limiti nor- 
mali. Ecco i risultati ottenuti, 

Durata del passaggio della corrente = 3600,09 secondi medi 

massa di argento deposta p = 38708,16 

massa media di rame deposta nei voltametri a lamina p=l 1:3198,57 

massa di rame deposta nel voltametro a spira completam. im- 
mersa p=113,60 

massa media di rame deposta nei due voltametri 

113,85 | 113,74 
& spirale parzialmente immersa = p= 113,80 = D 


Con questi dati si ricava 
Intensità media dedotta dal voltametro campione 


e a Lin i 
— 3600,09 X< 1,118 


sii Bia 
Intensità media dedotta dai -voltametri a lamina 


113,57 
Pes = 0,09624 
3600,09 = 0,378 — 9:99 


Intensità media dedotta dal voltametro a spirale comp. immersa 


113,60 
= ——_ ———_———_—_ = 0),09626 
3600,09 >< 0,3278 DAS 


Intensità media dedotta dai voltametri a spirale parz. immersa 


È 113,80 
Par = 0,09643 
3600,09 x 0,3278 as 


Il voltametro a spirale completamente immersa, anche con una 
densità di corrente inferiore a 3 milliamp per cmq. darebbe dunque 
la misura con una approssimazione superiore a 2 per mille. La cosa 
essendo abbastanza importante, e costituendo essa un notevole van- 
taggio di questo voltametro, si è voluto accertarla con una altra 
serie di esperienze nelle quali tutti e tre i voltametri di Ryan si 
trovavano con le spirali completamente immerse. Ecco i risultati 
definitivi. 

Valore medio della corrente dedotto dal voltametro campione 


iL 395,64 x a 
#8 DEBITI 


Valore medio della corrente dedotto dai voltametri a lamina 


Do 116,15 
—— 0,8278 X 3600,77 


i = 0,09840 
Valore medio della corrente dedotto dai voltam. a spira compl. 
imm. i 
116,30 
"7 0,3278 x 3600,77 aaa 
Il grado di approssimazione ottenuto nelle misure fatta col vol- 
tametro a nitrato di argento si trova essere nelle due ultime serie 


di esperienze e nelle ipotesi già esposte precedentemente, superiore 


a da della quantità da misurare. Nel voltametro poi a solfato di 


rame sia a lamina sia a spirale, riferendo la misura al voltametro 


Gato I ere aa È 


sas 


a nitrato di argento assunto come campione, 1’ errore relativo ar- 
riva in ogni caso al 2 o al massimo al 3 per mille, anche quando 
la densità deila corrente nelle spirali di Ryan è inferiore al limite 
minimo finora ammesso. E questo un vantaggio non indifferente, e 
molto comodo in pratica, di questa specie di voltametri. 


III. Azione dissolvente delle soluzioni nei voltametri 
a solfato di rame 


Una causa di errore, la quale può essere molto grave in alcuni 
casi, sì riferisce all’ azione dissolvente che le soluzioni di solfato di 
rame esercitano, nelle condizioni ordinarie, sul rame. Nulla può dirsi, 
in generale, di sicuro intorno a questo argomento.Il Gray ha 
fatto (1) una lunga serie di esperienze a tale riguardo, dalla quale 
risulta che la perdita di peso subita dalla lamina in un dato tempo, 
riferito alla unità di superficie immersa, dipende dalla durata to- 
tale della immersione e dalla densità della soluzione; ha trovato che 
tale perdita di peso raggiunge un minimo per densità comprese fra 
1,05 e 1,15. L' aggiunta dell’ acido solforico libero sembra, per den- . 
sità comprese tra i precedenti limiti, piuttosto ritardare che acce- 
lerare l’azione. Il fenomeno essendo molto complesso e lo stesso 
Gray non stabilendo nessun criterio per assumere l’ uno piuttosto 
che l’altro dei valori da Imi trovati, lo scrivente ha creduto oppor- 
tuno di determinare direttamente tale perdita di peso, nelle condi- 
zioni delle esperienze voltametriche fatte. A tale scopo , ricoperte 
di rame elettrolitico delle lamine di platino, se ne è determinata la 
perdita di peso immergendole per dn periodo massimo di 7 giorni 
hegli stessi voltametri adoperati nella precedente ricerca. Fatte le 
opportune correzioni, ecco i risultati trovati: 


| Durata totale della immersione —Perdita totale di peso Perdita per eng. 
l* Lamina 21 ore 1mg,64 018,05 
E» 45 2mg, 48 0, 07 
3* »..:41 3, 28 0, 09 
È dura! ri; 0, 21 
Be dt 5, 09 0, 14 
6° » 112 12, 54 0, 39 
® >. 167 9, 60 0, 30 
8» » 192 13, 24 0, 38 


| (1) Phil. Magaz. Tome XXI, 1886, pag. 389. 


PRERI , | pera 


L’ errore probabile per ogni perdita totale è 0mg,05 e quello della 
erdita per ema è 0mg,002. La temperatura media della sala delle 
esperienze ha variato nei sette giorni di prova, da 12°,5 a 14,°. 
Prendendo per ascisse le durate della immersione totale delle 
lamine e per ordinate le perdite di peso per cmq (assunto per unità 
il centesimo di milligrammo ) si ottengono punti molto irrego- 
larmente disposti; i quali mostrano all’ occhio (e questo concorda 
con i risultati ottenuti dal Gray) che il fenomeno è tutt’ altro che 
regolare e continuo: ed a complicarlo maggiormente interviene la 
difficoltà di evitare una parziale ossidazione (sia pure Piccola) del 
rame elettrolitico, sia mentre è immerso nella soluzione, sia quando 
lo si estrae per pesarlo. Tale ossidazione, aumentando il peso della 
lamina sottoposta alla prova, interviene a modificare ed anche @ 
mascherare la diminuzione effettiva che si cerca; è questa, proba- 
bilmente , la ragione principale della irregolarità del fenomeno. 
Dalle esposte considerazioni risulta che di questa causa di er- 
rore non sì può, in alcun modo, tener conto, almeno per ora. Giac- 
chè nulla ci autorizza a dedurre dalla perdita totale di peso 0sser- 
vato nelle prime 21 ore di immersione (che è il minimo intervallo 
di tempo a cui si riferisce la ricerca precedente) quella relativa alla 
durata del passaggio della corrente; il dividere la perdita totale 0s- 
servata per la durata della immersione , allo scopo di dedurre la 
perdita oraria, (come fa appunto il Gray), significherebbe supporre 
lineare la legge di variazione, ipotesi affatto gratuita che non solo 
nessuna esperienza giustifica, ma che. al contrario, sembra contra- 
detta dalla osservata irregolarità del fenomeno. 


CONCLUSIONI 


Le principali conclusioni che si possono trarre dalle esperienze 
eseguite sono le seguenti: i 
4. Nella misura di correnti comprese fra 250 e 100 milliampére 
fatta col voltametro a nitrato d’argento , è possibile , valutando la 
durata della decomposizione elettrolitica entro 08,01, ottenere la mir 
sura con errori relativi inferiori ai limiti tr e 1_ rispettivamente 
2000 


Ci di 
Questo, nella ipotesi che il valore 1©8,118 dell’ equivalente’ elettro”. 
chimico dell’ argento sia esatto a meno di mezza unità dell ultima 
cifra decimale di 
2. Nella misura di correnti comprese fra i limiti sopra indicati 
fatta con gli ordinarii voltametri d’argento a solfato di rame ed a ca 
todo di platino, e riferita al voltametro a nitrato d’ argento com? 


i 


campione, è possibile ottenere un errore relativo inferiore al 2 0 3 
per mille al massimo. 

3. Eguale grado di approssimazione si ottiene col voltametro a 
spirale di Ryan , il quale ha inoltre il vantaggio di poter servire, 
con un catodo di date dimensioni, fra limiti molto estesi di inten- 
sità di corrente. 

4. Il solfato di rame adoperato nelle soluzioni voltametriche può 


dlisciogliere quantità non trascurabili di rame elettrolitico, ma di que- 


sta azione perturbatrice non è possibile, per ora, tener conto, in modo 
sicuro, specialmente quando la durata della azione elettrolitica è un 
po’ grande. E da notare, tuttavia, che l’effetto ad essa dovuto è già 
compreso nei valori degli errori relativi sopra accennati. 

Nel dar termine al presente lavoro, sento il dovere di manife- 
Stare i più vivi sentimenti di gratitudine per il prof. Pisati il quale 
non solo ha messo a mia disposizione tutte le risorse del suo labo- 
ratorio, ma mi ha dato sempre utili ammaestramenti e consigli dei 
quali mi sono largamente giovato. 


Roma, Laboratorio di Fisica Tecnica della R. Scucla degli 


Ingegneri, Decembre 1890. 


Sull’assorbimento delle radiazioni nelle piante — 
Nota preliminare di F. Barsano. 


( Tornata del 2 febbraio 1891 ) 


Scopo della presente comunicazione è quello di prendere data 
di alcune ricerche che ho iniziato sullo assorbimento della radia- 
zione nelle piante; e però in questa nota mi limito ad esporre i mezzi 
adoperati per questo studio. Queste ricerche sono dirette a farci 
conoscere le modificazioni che la radiazione (luce e calore) subi- 
sce nel suo passaggio attraverso i tessuti e gli organi delle piante, 
ìn funzione della struttura del tessuto e della profondità alla quale 
arriva. 

I rapporti tra la luce e la vegetazione aprono un vasto campo 
alle ricerche. Però per quanto ricco è il capitolo che, nella fisiolo- 
gia vegetale, tratta dell’azione della luce e del calore sulle piante 
in riguardo agli effetti che produce ed ai fenomeni fisiologici che 
determina , per altrettanto scarse sono le ricerche fatte sull’ argo- 
mento, che al presente ci occupa. Infatti, finora i fisiologi hanno stu- 


(liati gli effetti prodotti dalla radiazione nella loro esterna manife- 


LI 


stazione, e quindi l’azione della luce e del calore nei fenomeni del- 
l'assimilazione, della traspirazione, della formazione della clorofilla, 
dei movimenti provocati negli organi già sviluppati (eliotropismo, 
termotropismo ) od in quelli in via di sviluppo (fototactismo e 
termotactismo). Lo studio della penetrazione delle radiazioni nel 
corpo della pianta è stato, possiamo dire, appena abbozzato. E pure 
questo studio è di somma importanza, poichè, mostrandoci le modifi- 
cazioni che la radiazione subisce nel suo passaggio attraverso gli or- 
gani della pianta, ci permette, fino ad un certo punto, di calcolare 
e di dedurre la trasformazione della radiazione in lavoro interno 
meccanico o chimico e ci conduce a risolvere il problema della tra- 
sformazione della forza in biologia. 

Riserbandomi, in altra occasione, di far la storia dell'argomento, 
fo notare che le prime ricerche sulla penetrazione della luce (osssia 
di una parte della radiazione ) nelle piante le dobbiamo al Sachs (1), 
il quale riassunse i risultati delle sue ricerche nel suo libro sulla 
fisiologia vegetale. 

Egli si servi di mezzi abbastanza grossolani e tali da non per- 
mettere esperienze rigorose e comparabili, e non dissimulò, per altro, 
la grande difficoltà dell'argomento e la poca attendibilità dei risul 
tati. Egli studiò le modificazioni della luce guardando, per traspa- 
renza, i tessuti in uno strumento che chiamò diafanoscopo, € giu- 
dicò dei raggi emessi ed assorbiti, dal colore che il tessuto mostrava 
all'occhio per trasparenza. Ora tale metodo è erroneo, sia perchè non 
è possibile, colla ispezione diretta, di determinare la natura e la quae 
lità delle radiazioni estinte od assorbite, sia perchè chiama @ giudi- 
care della refrangibilità della radiazione emessa esclusivamente loc- 
chio dell'osservatore, che è un mezzo non assolutamente esatto @ TI 
goroso. E per fermo, dato l'occhio assolutamente normale, variano 


i suoi apprezzamenti nei diversi individui, e nello stesso osservatore | 


colle condizioni individuali nel momento della osservazione. 
E però io nelle mie ricerche ho cercato di escludere la diretta 
osservazione, per eliminare il complesso di quelle cause di errori. 


che dipendono dall'occhio dell'osservatore e che costituiscono ciò che 


sì può chiamare « errore personale ». Questo, nelle esperienze rigo- 
rose, deve essere eliminato, pel fatto che è impossibile calcolarne 
tutti i fattori che concorrono a produrlo. 

Considerando la radiazione data per la refrangibilità € per la 
lunghezza delle onde che la costituiscono troviamo, che la distinzione 


= _____—xr—&&rF+—<-6&- 


(1) Sitzungsber. k. k. Akad, Wiss. Wien., 1860, Ba. XLIII — Physiol. > i; 


gél. ( trad. fr. ), 1868, pag. 4-8. 


ORE AIR RI TARE 


ip 


xi. ae 


di luce e di calore è affatto convenzionale, e che fisicamente l'una 
non differisce dall’altra che per la sola lunghezza delle ondulazioni 
e per la loro refrangibilità. Onde è che, pur conservando i nomi di 
calore e di luce, esprimiamo con questi non energie diverse, ma 
forme della stessa energia. Essendo però necessaria, per la prodù- 
zione di alcuni fenomeni, la separazione delle radiazioni ad onde 
più lunghe ( raggi calorifici) da quelle ad onde più brevi (raggi lu- 
minosi e fluorescenti), ci gioveremo solo dei raggi di data refran- 
gibilità dissociando la radiazione complessa (luce bianca) con oppor- 
tuni artifici. 

Per determinare la qualità e quantità delle radiazioni luminose 
assorbite od estinte nel loro passaggio attraverso un dato corpo ci 
serviamo dell'analisi spettrale, poichè le zone di assorbimento che 
si producono nello spettro, rappresentano appunto quelle radiazioni 
che sono state assorbite e trasformate in altre energie di diversa 


lunghezza d'onda. Non tutte le radiazioni si fanno strada egualmente 


attraverso i tessuti, nè tutte arrivano alla medesima profondità. In- 
fatti dalle ricerche del Sachs risulta che più un raggio è refrangi- 
bile, più facilmente è assorbito dagli strati superficiali. Quindi pe- 
netrano nei tessuti più profondamente i raggi rossi e verdi; meno gli 
azzurri ed i violetti. Vario è pure l’ assorbimento delle radiazioni 
termiche nei diversi tessuti della pianta e diversa è l'emissione, o rag- 
giamento termico, come risulta dalle ricerche del Maquenne (1). 

Sarà quindi necessario determinare, per base di queste ricerche, 
il modo di comportarsi dei singoli tessuti verso la radiazione, ter- 
mica e luminosa, ciò che può chiamarsi trasparenza attinica 
del tessuto. 


Sorgenti di radiazione e misura della intensità 
La radiazione solare, la sola che agisca, in natura, sulle piante 


€ sugli animali, occupa il primo posto tra le sorgenti di energia na- 
turale nelle presenti esperienze. Allorchè però trattasi di ottenere 


“uma radiazione costante per un tempo abbastanza lungo, potrà ancora 


Servirci il sole, se si vuol tener conto delle variazioni della inten- 
sità luminosa e termica dipendenti dalla altezza del sole sull’ oriz- 
zonte, dallo stato del cielo etc. In ogni caso la misura diretta della 
radiazione solare, in date condizioni atmosferiche ed in date ore del 
giorno, si ottiene per mezzo dell’ actinometro o del pireliometro di- 


RR CI È 


(1) €. R. Vol. 80, pag. 1357-59, C. R. Vol. 87, pag. 943. 


se MM 


retto del Pouillet, necessarii allorchè si tratta di determinare la quan- 
tità di energia che colpisce una superficie data , come ad esempio 
una foglia vivente, sulla quale si sperimenta. 

Allorchè si tratta, invece, di ottenere una sorgente costante di 
radiazione per misure comparative, adopero la luce elettrica ad in- 
candescenza, della quale è facile calcolare la intensità e mantenerla 
costante, tenendo conto della differenza tra questa e la radiazione 
solare. 

Per concentrare o proiettare i raggi della sorgente , adopero 
una lente pianto-convessa di sal gemma, che permette il passaggio 
delle radiazioni termiche, od invece una lente di flint o di quarzo 
per le onde di maggiore refrangibilità. 

Per la illuminazione delle cavità ricorro alle piccole lampade ad 
incandescenza, di 1-2 candele; ed inoltre a tubi di Geissler di forma 
particolare, animati da un rocchello di Ruhmkorff piccolo modello. (1) 
Si riesce così ad esaminare, per trasparenza, tessuti lacunosi, come 
il picciuolo della foglia di NymphRaea, le foglie e gli scapi fistolosi 
di diverse specie di A//7vm, i colmi giovanissimi delle graminacee 
ete. Per osservare i fenomeni di fluorescenza, o le modificazioni dei 
raggi fluorescenti attraverso i tessuti, si adoperano tubi con soluzioni 
diverse: come ad esempio di bisolfato di chinina, di spergulina, di 
acetato di uranio, eosina, fluoresceina etc. che producono luce az- 
zurra, gialla e verde. 

La misura della intensità luminosa si ottiene non direttamente 
per mezzo dei fotometri, ma invece indirettamente per mezzo de 


galvanometro , trasformando cioè l’ energia luminosa in energià 


elettrica, 0 ricorrendo alla nota proprietà del selenio, che modifica 
la sua resistenza per la corrente, sotto l’azione della luce. Ad ottene- 
re risultamenti comparabili cerco, in queste esperienze, di eliminare 


per quanto è possibile, le cause di errori dipendenti dallo apprezza» — 
mento individuale dei fenomeni luminosi ; in altri termini escludo > 
l'occhio dell’ osservatore nel giudizio della intensità e della re Tal: 
gibilità della radiazione. i 


Analisi della radiazione 


La radiazione complessa, proveniente sia dalla sorgente naturale 
o solare sia dalle sorgenti artificiali, risulta, come è noto, da rag8! 


di diversa refrangibilità e lunghezza d'onda, ognuno dei quali spiega i i 


(1) Questi tubi, destnati alla illuminazione interna degli organi 


piante, sono stati costruiti, su disegno, dalla Casa E. Leybold di Colonia. 


i delle 


RAI 


Pei 


Tr. e 


una determinata azione sopra gli elementi dell’organo o del tessuto 
dal quale viene assorbito. E poichè è necessario vedere, nell” azione 
complessa della radiazione in genere, quale parte spetti a ciascuno 
dei suoi elementi nella produzione di un dato fenomeno fisiologico, 
chimico 0 meccanico, sarà indispensabile dissociare la radiazione in- 
cidente nei suoi elementi costituenti. Questi elementi, 0 raggi, per 
la loro diversa refrangibilità o per le loro ondulazioni più o meno 
rapide, spiegando diversa azione sugli organismi animali e vegetali, 
ed impressionando in modo diverso i nostri sensi, sono stati distinti 
col nome di raggi calorifici, luminosi e chimici. Ora tale distinzione 
è convenzionale, poichè la radiazione è rappresentata da una serie 
continua di ondulazioni, la cui lunghezza va sempre più diminuendo 
come cresce la refrangibilità. Di tutta la radiazione solo una parte 
agisce sul nostro occhio come luce; mentre un’altra assai più grande, 
riesce invisibile e costituisce le due regioni ultrarossa ed ultravio- 
letta dello spettro solare; la prima ad onde più lunghe (radiazione 
termica) agisce sul termometro, la seconda ad onde assai più brevi 
(radiazioni chimiche) spiega la sua azione sui sali var argento e sui 
corpi fluorescenti. 

Per analizzare o dissociare la radiazione dui del sole 0 
delle sorgenti artificiali ci serviamo di mezzi diversi; non tutti però 
sono corrispondenti allo scopo che ci proponiamo per queste nostre 
ricerche, quale è quello di ottenere una luce monocromatica, cioè 
una sorgente di radiazioni di data refrangibilità. 

Possiamo decomporre la luce: 1.° servendoci di vetri o 2.° di 
‘ liquidi colorati, 3.° per mezzo delle fiamme colorate, 4.° col prisma, 
5.° con i reticoli a diffrazione. 

Vetri colorati. — La filtrazione della radiazione attraverso i ve- 
tri colorati è un mezzo di facile applicazione e comunemente ado- 
perato nelle ricerche fisiologiche. Ma però è lungi dall’essere esatto, 
Poichè è quasi impossibile ottenere, con i vetri colorati, luci monocro- 
Matiche. Si trovano, è vero vetri monocromatici rossi ed arancio, 

ma più difficilmente quelli che lasciano passare solo i raggi verdi; 

Quasi impossibile è di ottenere i raggi violetti. Il raggio giallo 
Puro si può ottenere soprapponendo un vetro giallo ad una cuvetta 
contenente tintura di curcuma (Charpentier). Io ho analizzato allo 
spettroscopio molti campioni di vetri colorati, di grossezze e tinte 
diverse, e non ho CACAA che solo in alcuni il raggio monocro- 
matico. 

Liquidi cotorati. — I liquidi colorati, dei quali secondo il biso- 
gno si può variare la composizione ed il grado di concentrazione, 

si prtano assai più dei vetri per le nostre ricerche. Infatti rig 


Sh. VAS 


minato una volta per sempre il potere assorbente del liquido, acqua 
od alcool, possiamo ottenere sempre un mezzo di un determinato 
grado di colore, ciò che non è possibile coi vetri colorati. 


Per mezzo dei liquidi e soluzioni colorate noi possiamo ottenere 


separate le radiazioni calorifiche oscure e le luminose. Infatti ado- 
perando una soluzione di jodo. nel solfuro di carbonio, questa as- 
sorbe le radiazioni più refrangibili (luminose) e lascia passare le 
meno refrangibili (oscure); la soluzione di allume invece assorbe, 
in gran parte, le radiazioni calorifiche. 

Il Wiesner (1) ha esaminato una serie di liquidi colorati in 
rapporto ai raggi che assorbono ed a quelli che trasmettono. Io ho 
preparato diverse soluzioni colorate e ne ho esaminato gli spettri di 
assorbimento; tra queste però solo alcune sono utilizzabili nel caso 
presente, e che qui noto come mezzi monocromatici. 

Queste sono: 

a) Bicromato e permanganato potassico — Trasmette il r0ss0 
tra A e B 

b) Ematossilina e violetto Hanstein—Trasmette ilrosso estremo 
quasi puro. 

c) Fuchsina, soluzione alcoolica — Come la precedente. 


d) Solfato ammoniacale di rame e bicromato potassico — Tra- 


smette il verde. 4 
e) Solfato ammoniacale di rame — Trasmette il blu ed il vio- 
letto. 


f) Soluzione di blu metile — Poco blu ed il violetto coll’ ut 


travioletto. 

Fiamme colorate. — Le fiamme colorate sebbene possano dare 
luci monocromatiche, non sono di facile applicazione im pratica, es- 
sendo assai difficile ottenere, per tutta la durata di un’e za, una 
luce costante. Si possono ottenere fiamme colorate monocromatiche 
colla volatilizzazione di alcuni metalli nella fiamma Bunsen. Così 2 
Sara: 

I sali di sodio producono luce gialla A =599). 

I sali di tallio danno una luce verde (X = 535). 

Il litio da una luce rossa (X=670), con una zona gialla poco 
intensa (A —= 610). 

E finalmente l’indio dà una luce azzurra (A=615) e nello 
spettro una riga violetta debole (A—= 410 

Prismi. — La decomposizione della luce per mezzo del prisma 


(1) Denkschr. k. Akad. Wiss. Wien, Bd. XXXIX, 1878, pag. 47. 


mi as 


Gra 


è il mezzo più comunemente in uso nelle ricerche fisiche e biolo- 
giche. Però nello spettro ottenuto col prisma la distribuzione delle 
radiazioni di diversa refrangibilità è modificata dalla ineguale po- 
tenza dispersiva della sostanza che forma il prisma, pei raggi diver- 
samente refrangibili, e dal potere assorbente della sostanza medesima. 

Quindi nei diversi prismi di crown, di quarzo, di salgemma 
adoperati nelle ricerche ottiche, le diverse regioni dello spettro hanno 
variabile estensione, prevalendo, in certi casi, la regione meno re- 
frangibile, in altri essendo sviluppata la più refrangibile. 

Reticoli. —L’ unico mezzo per ottenere uno spettro normale, 
cioè quello nel quale la distribuzione delle radiazioni è proporzio- 
nale alla refrangibilità, è quello dei reticoli a diffrazione. L'uso 
dei reticoli per gli spettri normali, proposto dal Mossotti (1), non 
sì è esteso peranco alle ricerche biologiche, sia per la difficoltà di 
istallazione dell'apparecchio, che richiede la camera nera e 1’ elio- 
stata, sia pel prezzo elevato dei reticoli, dovuto alla grande difficoltà 
di esecuzione. Io adopero un reticolo concavo di Rowland, col quale 
sì risparmia l’uso della lente collettrice, potendo proiettarsi diretta- 
mente, sopra uno schermo, lo spettro prodotto dal reticolo per ri- 
flessione. Questo mezzo di ricerca non ancora, per quanto mi sap- 
pia, applicato in biologia, è il solo che potrà dare risultamenti esatti 
e comparabili. 


Misura della radiazione 
Il principio sul quale sono fondati gli apparecchi di misura 
della energia raggiante è la variazione di resistenza prodotta dalla 
radiazione sopra certi corpi, come l’ebanite, il nerofumo, il selenio, 
il solfuro di argento etc. intercalati, con un galvanometro , in un 
circuito elettrico formando cioè, insieme ad una resistenza data, un 
ponte di Wheatstone. Le variazioni di resistenza prodotte dalla ra- 
diazione, sono indicate dal galvanometro. 
ella misura della radiazione bisogna distinguere l'apparato r1- 
cevitore, cioè quello su cui agisce la radiazione prima e dopo di 
aver attraversato l'organo ed il tessuto su cui si sperimenta, e l'ap 
parecchio registratore od indicatore, che mostra le variazioni 
nella intensità dell'energia. 
La speciale natura di queste ricerche e la necessità di apprez- 
zare le minime variazioni dell’ energia raggiante, mi ha fatto met- 


lia 


(1) Seccu. Unità delle forze fisiche, pag. 2547. 


SRO 


tere da parte i comuni mezzi adoperati nelle ricerche di laborato- 
rio. Infatti la pila termoelettrica del-Nobili non è sufficiente, allor- 
chè si tratta di scoprire e di misurare minime quantità di radia- 
zioni termiche. In questo caso il microtasimetro di Edison sem- 
brerebbe assai adatto, se le ricerche del Ferrini non avessero di- 
mostrato che le indicazioni di questo strumento, tuttocchè sensibi- 
lissimo, non sono esatte nè comparabili. Tra tutti gli apparecchi il 
bolometro del Langley (1) è il più squisito e sensibile; ma quan- 
tunque semplicissimo, questo apparecchio è sommamente difficile a 
costruirsi. Però per le mie ricerche ho prescelto, come adatto allo 
scopo, un bolometro a filo di platino, come quello adoperato dal- 
l’Helmholtz figlio nelle sue ricerche sulla radiazione delle fiamme 
(1890); ed ancora il termoscopico del Michelson (2) ad ebonite, e 
l'elemento termo-elettrico di Hutchins (3) formato da un sottilis- 
simo nastrino di rame ed acciaio, ed assai più sensibile della pila 
termo-elettrica. 

Partendo dalla proprietà che presenta il solfuro d’ argento di 
modificare !a sua resistenza elettrica per azione della radiazione, io 
ho costruito un termoscopio con un sottile nastrino di argento 
coverto di solfuro ed avvolto, a spire isolate, sopra una strisciolina 
di ebonite. Per coprire di solfuro la lamina di argento, prima ben pu- 
lita, ho adoperato una soluzione di solfo in solfuro di carbonio. Que- 
sta spirale, chiusa in custodia annerita e munita di diaframmi va- 
riabili, è intercalata, come resistenza, in un circuito elettrico col 


galvanometro. 
Per la valutazione della radiazione luminosa, adopero un ele- 
mento al selenio, il quale, come si sa, è impressionato dalla luce, 


si 

che ne modifica la conducibilità elettrica 
La discussione e la determinazione dello costanti dei diversi ap- 
parecchi adoperati troveranno il loro posto in un lavoro generale; 
nel quale esporrò diffusamente i metodi di ricerca ed i risultati di 

queste mie esperienze ora ‘iniziate. 

Per misurare le variazioni di resistenza prodotte nel circuito 
dalla radiazione, adopero un galvanometro a specchio, graduato to in 
modo da dare le misure assolute dell'energia. Per accrescere sensi- 
bilità allo strumento ho ideato di applicare, alla lettura delle devia- 
zioni, il metodo di misura fondato sullo spostamento delle così dette 


(1) Amer. Journ. of Se. and Arls, 1881, Vol. XXI, pag. 187. 
(2) Journ. de Physique (II), Tome I, 1883. 
(8) Amer. Journ. of Se. and Aris, Vol. XXXIV, 1888, pag. 148. 


- 


frange formate dai reticoli del Righi (1). Questo metodo permette 
di misurare i minimi spostamenti angolari dello specchio, ed è così 
sensibile da fare apprezzare le variazioni di lunghezza prodotte in 
un cilindro di ferro dolce per effetto della magnetizzazione. 

Limitandomi, per ora, a questi pochi cenni, mi riserbo di co- 
municare, in seguito, quei risultati che mi saranno dati dalle espe- 
rienze, che spero poter condurre a termine, e ricavarne utili con- 
seguenze per la biologia vegetale. 


Napoli, R. Orto Botanico, Febbraio 1891. 


Intorno alle specie di Pleurobranchus del Golfo di 
Napoli — Nota di G. F. MAzzaRELLI. 


(Tornata del 22 febbraio 1891) 


Regna tuttora una certa confusione intorno alla specie del ge- 
nere Pleurobranchus (sensu stricto) viventi nel Mediterraneo, non 
ostante le recenti e accurate ricerche del Vayssière. 

In un soggiorno di parecchi mesi nella Stazione Zoologica di 
Napoli mi son preso cura di verificare le osservazioni del Vayssière, 
allo scopo di stabilire con certezza quali siano. le vere specie. di 
Pleurobranchus viventi nel Golfo di Napoli, dove da Delle Chiaje 
in poi non erano state più studiate. Delle Chiaje aveva descritto nel 
Golfo di Napoli tre specie di Pleurobranchus: il P. aurantiacus e 
il P. slellatus, già descritti dal Risso, e inoltre il P. ocellatus, 
nuova specie da lui descritta. Dalle mie osservazioni risulta che 
(ueste specie devono invece portarsi a quattro cioè: P. oce/atus, 

- Ch., P. Dlumula, (Montagu), P. aurantiacus, Risso, e P. stel- 
latus, Riteo. Delle Chiaje non ebbe mai il P. plumula. 

Le specie di Plewrobranchus sono poco frequenti nel Golfo di 
Napoli. Sinora non ho potuto ricevere che pochi esemplari di P. 
Dlumuta, e di P, aurantiacus, e due di P. stellatus. Non ho mai 
avuto sino ad ora esemplari di P. ocellatus. Di questa specie ho po- 
tuto studiare un solo individuo conservato in alcool, appartenente 
alle collezioni del Museo Zoologico dell’Università di Napoli. 


rr 
(1) Annuario Scient. Industr. di Treves; 1889, pag. 187. 


1. Pleurobranchus ocellatus Delle Chiaje. 


1841 — Pleurobranchus ocellatus — Delle Chiaje—Animali invertebrati della 
Sicilia citeriore. T. II p. 3 
16 


9 


fig. 16. 
1844 — » » — Philippi — Fauna Molluscorum regni 
utriusque Siciliae, pag. 87. 
1846 — » » — Verany — Catalogo degli an. invert. 
marini dei Golfi di Genova e Nizza. 
1859 — » » — Lacaze-Duthiers—Histoire anat. et phy- 
siol. du Pleurobranche orangé, in 
Sér. T. XI. Zool 
1880 — » Monterosati— Vayssière — Note sur les coquilles des 


différentes espèces de Pleurobranches 
du Golfe de Marseille, in: Journ. de 
Conchyliologie. 

1885 — » » — Vayssière — Recherches sur les Mollu- 
sques Opistobranches du (Golfe de 
Marseille-Tectibranches, in: Ann. Mus. 
H. N. Marseille. Z. T. II. 

1889 — » » — Carus — Prodr. Faunae Mediterraneae, 
vol. II. pars I. pag. 199. 


Il Vayssière descrisse nel 1880 una nuova specie di Plewrobran- 
chus fondata su di un individuo raccolto nel Golfo di Marsiglia, © 
denominò questa nuova specie P. Monterosati. Nel 1885 nelle sue 
ricerche sui Tectibranchi del Golfo di Marsiglia il Vayssière descrisse 
più accuratamente la nuova specie, corredandola di numerose figure. 
In questa medesima opera il Vayssière collocava tra i sinonimi del 
P. plumula (Mtg.) anche il P. ocellatus D. Ch., mentre, leggendo 
l’accurata descrizione che dà il Vayssière stesso del P. plumula, 
nulla in esso si trova che possa ricordare la descrizione del P. ocel- 
latus — sobria sì, ma abbastanza precisa — data da Delle Chiaje. È 
invero esaminando un esemplare di P. piumula, si vede chiaramente 
che questa specie non corrisponde punto al P. ocellatus di Delle 
Chiaje. 

Invece i caratteri che dà il Vayssière pel suo P. Monterosatt 
si accordano quasi completamente con quelli dati già da Delle ChiaJe 
pel suo P. ocellatus. Infatti Delle Chiaje descrive il mantello (N0- 
tacum) del P. ocellatus come « screziato di puntini rosso-foschi, © 
provveduto di macchiette orbicolari rosse orlate di bianco,» ©® il 
Vayssiére pel P. Monferosati nota che il mantello è provveduto di 


«numerosi puntini ocra-bruno o grigiastri » e di « macchie chiar . 


% 


AT c SETA 


di dimensione variabile con sottile orlo biancastro. » Certamente tra 
il rosso fosco e l'ocra bruno non vi sono molte gradazioni! Delle 
Chiaje osserva che il piede del P. ocellatus è, naturalmente rispetto 
al mantello, « poco slargato, » e anche il Vayssiére nota che il piede 
del P. Monterosati è « meno largo del mantello. » Delle Chiaje fa 
mtare che la conchiglia è provveduta, nel P. ocellatus, di « strisce 
longitudinali e trasversali, » e il Vayssière del pari, pel P. Monte- 
rosati osserva che la conchiglia ha « strie longitudinali e concen- 
triche. » Tenendo conto poi della maggiore accuratezza della descri- 
zione del Vayssière, e del fatto che egli ha avuto agio di osservare 
più individui, mentre Delle Chiaje, a quanto pare, fece le sue os- 
servazioni su di un solo individuo , si possono ben comprendere le 
lievi differenze che corrono tra la descrizione del P. Monterosati 
© quella del P. ocellatus. Del resto basta dare uno sguardo alle due 
figure date da Delle Chiaje e dal Vayssiére per convincersi che, 
avuto riguardo allo stato di maggiore 0 minore contrazione dell’ani- 
male, non si tratta di due, ma di una sola specie. 

Infine esaminando un individuo conservato da lungo tempo nel 
Museo Zoologico dell'Università di Napoli sotto la denominazione di 
P. ocettatus, D. Ch., ho potuto, naturalmente, riconoscervi insieme 
1 Caratteri generali del P. ocellatus e del P. Monterosati, per quanto 
lo permettevano le alterazioni da esso subite pel lungo soggiorno 
hell’al-ool. E osservando anzi col microscopio un frammento delle 
Mascelle di questo individuo ho riconosciuto nelle piastrine che le 
costituiscono il carattere tipico delle mascelle del P. Mon/erosati, 
come ben le descrive e le figura il Vayssiére. 

Cosicchéè dunque: 1.° il P. ocellatus, D. Ch. non è sinonimo del 
P. D'umula (Mtg.); 2.°il P. Monterosati, Vayss. è invece sinonimo 
del p, ocellatus, D. Ch. Come ho sopra detto non ho potuto avere 

no ad ora esemplari viventi di P. oce/latus. Questa specie però 
Sembra abbastanza diffusa nel Mediterraneo. Philippi infatti 1’ osservò 
a Palermo, Verany a Nizza, Lacaze-Duthiers ad Ajaccio, e Vays- 
siére a Marsiglia. 


2. Pleurobranchus piumula Montagu. 


1803 — Bulla plumula — Montagu—Testacea Britanica 

1844 — Pleurobranchus brevifrons — Philippi—Fauna Molluscorum p. 87. 

coni » plumula :— Jeffreys—British Conchology vol. 5° p. ll, 
» — Petit de la Saussaye—Catalogue des Mol- 


1869 — 
lusques Testacés d’Europe p. dB, 


1870 —? Pleur. aurantiacus — Aradas e Benoit — Conchigliologia viv.. 
i mar. della Sicilia, in: Atti Acc. Gioe. 
Sc. N. 
1875 — » plumula —— Monterosato — N. Riv. delle Conchiglie 
mediterranee, in: Atti Acc. Lett. e Arti 
di Palermo. 
— Vayssière — Note sur les coquilles des 
differentes espèces de) Pleurobranches 
du Golfe de Marseille, in: Journ. 
chyl. 
» — Vayssière — Recherches sur les Opisto- 
branches du Golfe de Marseille, in: 
Ann. Mus. Hist. N. Marseille. 

» — Carus — Prodr. Faunne Mediterr. vol. 
II. p. I. pag. 199. 

» » Gadrang — A Complete Liste of the Opi- 
sthobranchite... founded at Plymouth , 
in: Journ. of Marine Biolog. Association. 


1580 — » » 


1885 — D) 


1889 — D) 


1890 == » 


Ho ricevuto più volte questa specie — che sembra la meno rara — 
da diversi punti del Golfo. Il suo colore generale, sebbene fonda- 
mentalmente giallo, può però variare sensibilmente nella sua inten- 
sità. Lacaze-Duthiers ne descrisse pel primo i denti della radula e 
le piastrine delle mascelle, attribuendoli però al P. aurantiacus. 
Vayssiére li ha recentemente studiati di nuovo, correggendo l’errore 
in cui era caduto Lacaze-Duthiers. Nessuno ha osservato finora il 
P. plumula nel Golfo di Napoli, e l’asserzione del Vayssiére che 
Delle Chiaje lo abbia osservato è erronea, dal momento che nè il 
P. ocellatus, nè il P. stellatus sono sinonimi del P. plumula. 

Finora questa specie era stata osservata, nel Mediterraneo, s0t- 
tanto nel Mar di Sicilia (Philippi?, Aradas e Benoit, Monterosato) © 
nel Golfo di Marsiglia (Vay ssière), 


3. Pleurobranchus aurantiacus, Risso. 


1826 — Pleurobranchus aurantiacus — Risso — Hist. Nat. de l’ Europe 
Méridionale, T. IV. p. 

1836 — » » — Philippi — Enumeratio Mollusco- 
rum Siciliae, p. 112. 

1838 — » elongatus — Cantraine — Diagnoses. 

1840 — » aurantiacus ‘’— Cantraine—Malacologie mediter. 

1841 — » i i pen 


se dea n Mat > ; cd 


1846 — Pleurobranchus arantiacus — Verany — Catalogo degli ani- 
mali invertebrati marini dei 
Golfi di Genova e Nizza. 


1869 — » plumula (pars) —— Jeffreys — British Conchology, 
vol. 5.° pag: 11. 
1869 — » aurantiacus — Petit de la Saussaye — Catalo- 


gue des Mollusques Testacés 
d’ Europe, p. 92. 


1815 — » » — Monterosato—Nuov. Riv. Conch. 
Mediterranee. 

a a Ù — Vayssiere — Note sur les co- 
quilles etc. 

oi si » -- Vayssière — Recherches sur les 
Opistobranches, etc. 

1889 — Ù 


) — Carus—Prodr. Faunae Mediterr. 


Ho ricevuto tre esemplari di questa specie provenienti da ma- 
teriale raccolto a non molta profondità presso l’ isoletta di Nisida. 
Il P. aurantiacus si distingue subito pel suo colore spiccatamente 
arancio e per la piccolezza del suo mantello (notaeum). 

Dopo le osservazioni del Vayssière esso non può più confon- 
dersi col p. Plumula, come fecero principalmente Jeffreys e Lacaze- 
Duthiers. 

Nel Mediterraneo fu trovata a Nizza da Risso e Verany, nel mar 
di Sicilia da Philippi e Monterosato, nel Golfo di Napoli da Delle 


Chiaje, nel Golfo di Marsiglia da Vayssière, a Zara nell'Adriatico da 
Cantraine. 


4. Pleurobranchus stellatus Risso. 


1826 — Pleurobranchus stellatus — Risso — Hist. Nat. de V Europe Meridio- 
nale, t. IV. 


i841— . y » — Delle Chiaje — An. Invert. della Sicilia 
citerinre. 
1544 » » — Philippi—Fauna Molluscorum ete. 
1846 — » » — Verany—Catalogo degli an. inv. marini 
dei Golfi di Genova e Nizza. 
2008, » » — Petit de la Saussaye—Catalogue des Mol- 
lusques Testacés d'Europe p 93. 
toa » » — Aradas e Benoit — Conchig. riv. marina 


della Sicilia, p. 124. 


i Corpo ovoidale, di colore generalmente giallo e notevolmente con- 
| Vesso — Notaeum (così detto mantello) ampio, ricoprente il velo boccale, 
parte dei rinofori e il piede, di cui sporge solo l’estremità posteriore quando 


è 


ss Yi 


l’animale è in movimento, senza incavatura anteriormente, di color giallo, 
con 8 piccole stelle bianche a quattro punte, disposte regolarmente presso 
a poco alla sua periferia, assai sottile e sub-trasparente — Piede piccolo- 
| Branchia breve pennatiforme con 13-14 pinnule per lato -- Rinofori tu- 


bulosi poco sporgenti oltre il notaeum — Mascelle quadrilatere costituite 


da piastrine con cuspide bene sviluppata e 3-4 dentini laterali — Radula 
di forma irregolarmente triangolare, con 53 serie di denti — Formola den- 
tale: 25...45-0-45...23 — Denti con cuspide bene sviluppata, senza dentini 
laterali e con larga lamina — Conchiglia haliotidiforme con 2 spire e 


mezzo provveduta di strie longitudinali bene evidenti, calcarea e notevol- 


mente solida — Dimensioni: della conchiglia, 8 mm. di lunghezza su 3 
di larghezza, dell'animale, 18 mm. di lunghezza su 12 di larghezza. 


La bontà di questa specie, nota soltanto per le brevissime e in- 
complete descrizioni di Risso e Delle Chiaje, era stata in questi ul- 
timi tempi messa generalmente in dubbio dagli Autori, che lave- 
vano riferita al P. piumula di Montagu (Monterosato, Vayssière etc.): 
nessuno però di questi Autori menzionava, neppure come eccezionale 
nel P. plumula la caratteristica presenza delle stellette bianche, per 
le quali principalmente il Risso aveva fondata la nuova specie, e che 
erano state notate anche da Delle Chiaje, che ebbe questa specie 
nel 1829 e la descrisse e la figurò nella sua opera più volte citata, 
nel 1841. La figura di Delle Chiaje è anzi, nelle sue linee generali, 
abbastanza precisa. Dopo d'allora, tranne Aradas e Benoit che nel 
1870 trovarono, poco frequentemente, però, il P. sfellatus nel mare 
di Messina e di Palermo, nessuno più ha fatto menzione di questa 
specie’ se non per riferirla al P. piumula' (Mig.). Così il Vayssière 
anche nella sua recente opera, pure citata , sui Tectibranchi del Golfo 
di Marsiglia, (1885) così il Carus nel suo recentissimo « Prodromus 
Faunae Mediterraneae » (1889). Ma nel settembre del 1890 ricevetti 
dal personale della Stazione Zoologica due individui di P/ewrobran- 
chus proveniente da materiale raceolto a 30 m. di profondità presso 
la punta di Posillipo, i quali mentre per la loro caratteristica colo- 
razione dovevano certamente riferirsi al P. sfellatus di Risso, pre- 
sentavano anche tali caratteri da non permettere più di porre Il 
dubbio la bontà di questa specie. Questi caratteri inoltre allontanano 
notevolmeute questa specie dal P. plumula, al quale a torto era stata 
riferita. 

Il corpo del P. sfellatus è molto rigonfiato, col notaeum assal 
ampio, che ricopre il velo boccale, la branchia ed il piede. I tegl- 
menti del notaeum sono assai delicati e semi-trasparenti, in modo 
da lasciar scorgere abbastanza la sottoposta conchiglia. La colora 
zione del notaeum è generalmeute gialla : otto stellette 2 quattro 


| ( 


punte, bianche, son disposte regolarmente verso la sua periferia, in 
corrispondenza dei margini della sottoposta conchiglia. Il piede è 
di color giallo più pallido, e sporge un poco all’indietro quando l’a- 
nimale è in cammino: è nondimeno esagerata, sotto questo riguardo, 
la figura del P. sfellatus data da Delle Chiaje. 

I rinofori , arrotolati, sorpassano alquanto i margini anteriori 
del notaeum. 

La branchia, quasi interamente ricoperta dal notaeum, è di 
color giallo pallido, e presenta 13-14 pinnule. 

Mascelle. — Le mascelle sono di forma quadrilatera e risultano 
di numerose piastrine, che presentano una robusta cuspide e da 3 
a 4 dentini laterali (fig. 4). 


+ 1. Conchiglia di Pleurobranchus stellatus Risso, vista dalla parte convessa ingr) 
Fig. pig Dente della radula di PI. stellatus: l lamina; c cuspide; p dentini oppos lla cu- 


spide (d Zeiss, Camera Nachet), Fig. 3. Frammento deila conchiglia di PI. stellatus 
=; Zeiss, C. N). Fig. 4. Piastrina delle mascelle di PI. stellatus (— Zeiss. C. N. 
Fig. 5. Conchiglia di PI. stellatus, vista dalla parte concava (ingr.). 


Radula. — La radula ha la forma generale di un triangolo iso- 
Scele la cui base poggia sui margini interni delle mascelle. Però 
Verso l’apice i due lati del triangolo si avvicinano rapidamente, per 
poì subito dopo rigonfiarsi notevolmente, e terminare con un apice 
arrotondito. Essa presenta 52 serie di denti, nelle quali il numero 

ei denti non è costante, ma maggiore verso “la base e minore 
Verso l'apice. Manca sempre il dente mediano. Nelle serie provve- 
dute del maggior numero di denti si hanno generalmente 45 denti 
per lato; in quelle che ne hanno il minor numero se ne contano 
soltanto 25. Cosicchè la formola dentale varia da 25-0-25 a 45-0-45. 
I denti subiscono poche variazioni di forma secondo il posto che oc- 
©upano. Generalmente hanno una cuspide bene sviluppata (fig. 2 c), 
priva di dentini laterali, ed una larga lamina (). Due piccole pro- 
minenze ineguali (p) si trovano opposte alla cuspide, e di queste la 
Più breve è quella che trovasi più vicina alla cuspide. 
Conchiglia. — La conchiglia è color giallo d’ambra, notevolmente 


RAG: pe 


allungata, solida, e abbastanza concava. Le strie di accrescimento 
sono assal ben distinte, ed a una certa distanza l’una dall’altra (fig. 
1 e 5). I così detti ornamenti della conchiglia si scorgono nella fig. 
3. La spira fa due giri e mezzo, ma è poco prominente, presso a 
poco come nel P. plvmula. La cuticola è poco distinta. Nell’ indi- 
viduo più grande la conchiglia presentava 8 num. di lunghezza su 
3 di Tàrghezza. 

Questa specie è stata trovata a Nizza (Risso, Verany), a Napoli 
(Delle Chiaje), a Messina (Aradas e Benoit) ed a Palermo (Aradas e 
Benoit). 


Napoli, Stazione Zoologica, Febbraio 1891. 


Sulla rigenerazione nei Tunicati — Nota di P. Mi 
GAZZINI. 


( Tornata del 8 marzo 1891 ) 


La rigenerazione dei tessuti e degli organi, osservata in molti 
tipi animali tanto superiori quanto inferiori, non era stata finora ve- 
duta nei Tunicati, ed io ho fatto degli esperimenti per constatare se 
la legge generale della rigenerazione era seguita anche in questo 
tipo di animali. 

Ho scelto come soggetto delle mie esperienze la Ciona intesti- 
naliîs, è quale crescendo, come ognuno sa, spontanea sulle pareti 
di ogni acquario contenente acqua marina, ed essendo abbastanza 
grossa, offre tutte le condizioni necessarie per poter fare degli ot- 
timi esperimenti sulla rigenerazione. 

Gli esperimenti sono stati fatti nella Stazione Zoologica di Na- 
poli, nella stagione primaverile e soprattutto nell’estiva, su esem- 
plari giovani di Ciona. 

Ho cominciato dall’asportare l'estremità superiore dei sifoni, sia 
del cloacale come del boccale, e tanto nell’un caso, quanto nell’al- 
tro, in un tempo piuttosto breve, cioè circa dopo dieci giorni nella 
stagione estiva, sì l’una come l’altra estremità, si vedevano nuova- 
mente complete con tutte le loro particolarità. Anzi, come legge ge 
nerale, si vedeva che tanto l’uno quanto l’altro, dopo che si erano 
rigenerati, avevano una lunghezza maggiore dei sifoni non rigenerati. — 

ueste esperienze furono praticate tanto tagliando i sifoni boe- 
cali e quelli cloacali su diversi esemplari, quanto tagliando urca: 
poraneamente e sullo stesso esemplare i due sifoni. 


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Ho ottenuto anche la rigenerazione dei sifoni già rigenerati, e 
quelli nuovamente prodotti avevano una lunghezza superiore agli al- 
tri. Anzi a questo proposito dirò, che praticando tre o quattro volte 
il taglio sui sifoni successivamente rigenerati di uno stesso esemplare, è 
risultata una varietà di Ciona, la quale è conosciuta dagli zoologi sotto 
il nome di Ciona intestinalis var. macrosiphonica Roule (1) e così 
caratterizzata dal Roule: «Sifoni molto allungati e quasi uguali ; la 
lunghezza del sifone boccale è eguale o superiore alla metà della 
lunghezza del resto del corpo»; la qual cosa fa pensare come pro- 
babilmente questa varietà in natura sia prodotta per successiva ri- 
generazione dei sifoni della Ciona, forse amputati da qualche animale. 

Incoraggiato dai buoni risultati ottenuti, ho voluto estendere le 
mie osservazioni anche su altri organi, ed ho tentato l'asportazione 
del ganglio nervoso cogli organi annessi. Perciò tagliavo la Ciona 
al disotto del ganglio, e, per eccesso di precauzione, esaminavo mi- 
croscopicamente il pezzo asportato per osservare il cervello. Dopo 
di questa operazione la Ciona si contraeva moltissimo (nel caso della 
semplice asportazione di parte di un sifone, contraeva soltanto il 
pezzo di sifone rimasto) e così rimaneva per circa quindici giorni; 
dopo la si vedea distendere, rimanendo però sempre chiusa e con- 
tratta nella parte superiore. Se si toccava leggermente l’animale in 
Queste condizioni si vedeva subito contrarsi fortemente. 

In seguito la parte superiore si vedeva rimarginata ed ai due 
estremi del margine si potevano constatare due piccoli forellini , i 
primi indizi dei due sifoni, intorno ai quali ben presto cresceva una 
membrana e così i due sifoni erano riprodotti perfettamente. La to- 
tale ricostituzione dell'animale si compieva in estate circa in un mese. 

Presi questi individui così rigenerati, fissati col metodo di Lo- 
bianco (2) e fatte le sezioni in serie della loro parte superiore, ho 
trovato perfettamente ricostituito tutto il cervello, colla sua parte 
fibrosa centrale e cellulare periferica, coi suoi nervi laterali ed al 
disotto di esso si vedeva la glandola di Hancock o ipofisaria, la fossa 
ciliata e si poteva constatare lo sbocco della prima nella seconda , 
pio trovasi normalmente. La branchia, l'estremo superiore del tubo 
nni) 

(1) Roure. Recherches sur les ascidies simples des còtes de 
Pr Ovence, in: Ann. Mus. Hist. Nat. Marseille, Vol. II, 1884-85, pag. 195; 
Launitte. Recherches sur les Tuniciers des còtes de Fran- 

ce, Toulouse, 1890, pag. 271. 

(2) Metodi usati nella Stazione Zoologica per la conserva 
zione paia animali marini, in: Mitth. Zool, Stat. eg Ba. IX, 1890, 


| Pag. 470-47 


St, 


digerente erano perfettamente ricostituiti, come pure l’ endostilo, i 
muscoli e la tunica di cellulosa. 
Ho inoltre voluto vedere se tagliando i due sifoni con la parte 


contenente il cervello, e lasciando attaccato all'animale per un pic- 


colissimo lembo un sifone contenente anche il cervello, si riottenesse 
la completa rigenerazione della parte superiore dell’animale coi pezzi 
così staccati, oppure se sì ricostituisse di nuovo tutta la porzione 
superiore. Da questo esperimento ho ottenuto un individuo con tre 
sifoni, di cui uno più piccolo e sottile degli altri. Sezionando questo 
individuo ho trovato che il sifone più piccolo era quello che io avevo 
lasciato attaccato all’ animale, mentre gli altri due erano di nuova 
formazione. Il più piccolo andava gradatamente scomparendo, per- 
chè nella parte inferiore mostrava tutti i suoi elementi interni in 
via di degenerazione ed inoltre si era in parte obliterata anche la sua 
cavità. Il cervello e gli organi annessi, che avevo lasciati aderenti a 
questo sifone, erano anch'essi in via di degenerazione ed il cervello era 
attorniato da una grossa capsula di connettivo e mostrava i suoi ele- 
menti in gran parte distrutti; mentre nella parte nuovamente for- 
mata si trovavano oltre dei due nuovi sifoni, anche il nuovo cervello 
colla glandola di Hancock e la fossa ciliata perfettamente costituiti. 

Ho infine praticato dei tagli parziali in diverse regioni dell’ a- 
nimale ed in ogni caso, dopo breve tempo, si era formato una su- 
tura completa. 

Rimane ora a vedere da quali parti e tessuti i nuovi organi si 
rigeneravano. Nessun dubbio vi è nell’ammettere che, nel caso dei 
semplici sifoni, tutte le nuove parti del sifone rigenerato erano pro- 
dotte dalle porzioni inferiori del vecchio sifone. Ma per quanto sì 
riferisce al cervello non ho potuto con sicurezza determinarlo, per- 
chè preoccupato come io era di vedere se dall’animale tagliato que- 
sto si riproduceva, non uccidevo l’animale rigenerato se non quan 0 
ero ben sicuro che il cervello ci fosse. Però è probabile che il cer- 
vello provenga dall’ectoderma dell'animale, siccome nella rigenera- 
zione sì ha un processo analogo a quello della formazione dell’ em- 
brione, vale a dire che i nuovi tessuti od organi vengono riprodotti dal 
tessuti omologhi a quelli che nell’embrione li formano. Per quanto 51 
riferisce alla glandola di Hancock, sembra che essa sia rigenerata dal 
cervello, e ciò sta appunto in concordanza con quanto ha trovato 
Julin nell’embriologia di questa glandola (1) alla quale propriamente 


(1) Recherches sur l’organisation des Ascidies simples 
Sur l’Hypophyseet quelques organes qui s’y rattachent, uo 
Archiv. Biol. Vol. II, 1881, pag. 59-126. 


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dui le di 


ha dato il nome di glandola ipofisaria. Infatti in uno stadio poco 
avanzato di rigenerazione si vedeva la glandola pochissimo svilup- 
pata ed i suoi elementi in diretta relazione colle cellule della cor- 
teccia cerebrale, non ancora differenziate in cellule nervose. 

Se si paragonano questi esperimenti sulla rigenerazione del cer- 
vello di Ciona con quelli fatti in altri animali, si vedrà finalmente 
come mentre nel caso per esempio dei vermi o dei molluschi, col- 
l’amputazione della testa o di altra parte del corpo, rimaneva sem- 
pre nell’ animale una parte di gangli e lo stesso può dirsi per gli 
echinodermi, e mentre come nel tritone e nelle larve delle rane, fra 
i vertebrati nella riproduzione del midollo caudale resta sempre una 
grandissima porzione di midollo e tutto il cervello, nella Ciona in- 
Yece, coll'amputazione del ganglio cerebrale si ottiene l'asportazione 
di tutta la parte ganglionare dell’ animale, il quale, nonstante ciò, 
seguita a vivere ed i suoi tessuti conservano la forza di riprodursi 
e di generare nuovamente la sostanza nervosa. 

Per concludere dirò che mentre penso che la rigenerazione sia 
possibile in tutti i Tunicati sedentari, non credo d'altra parte che 
essa possa avvenire nei Tunicati erranti, quali Dolioli e le Salpe e 
forse anche le Appendicularie , e ciò non per le diverse proprietà 
dlei loro tessuti, ma per le peculiari modalità della loro organizza- 
zione, 


Cangiamenti istologici del testicolo dalla nascita 
alla maturità — Nota preventiva di E. Germano. 


(Tornata del 22 marzo 1891) 


Cenno storico 


Mentre lavori in grandissimo numero riguardano il testicolo 
hel periodo della spermatogenesi, mentre molti lo riguardano nella 
genesi embrionale, pochi son quelli, che hanno per iscopo lo studio 
morfologico di esso nell’ epoca, che corre dalla nascita alla pubertà. 

Di maniera che, sembrando a me l’ argomento degno di maggior 
considerazione, mi son determinato a farne uno speciale studio. E 
ì risultati delle mie osservazioni si concretizzano nella dimostrazione 
«li due ordini di fatti principali : l'uno riguardante la forma ed i 
cangiamenti dell’ epitelio dei canalicoli; e l’altro riflettente la for- 
Mazione del lume in questi. 


SEL 

Le osservazioni, che esistono in questo senso, sono poche ed in- 
complete. 
La Vallette S. George (1) ammette nei canalicoli seminiferi dei 
testicoli non maturi di bue, coniglio, cane e uomo, una massa albu- 
minosa, che ne riempie esattamente il lume, e intorno due sorta di 
elementi, gli uni piccoli con nucleo rotondo ed ovale, e gli altri più 
grossi, sparsi irregolarmente tra quelli, con grosso nucleo rotondo. 

Il Biondi (2), studiando lo sviluppo degli spermatozoi, riporta 
delle osservazioni eseguite sui testicoli non funzionanti di toro e di 
ratto. Nei primi egli trova, addossato alla membrana propria del ca- 
nalino seminifero, un ordine non interrotto di nuclei, con abbon- 
dante sostanza gialla, che riempie il lume del canalino, nella quale 
sono sparsi irregolarmente altri nuclei, Il protoplasma del corpo cel- 
lulare, non chiaramente visibile, sembrerebbe andar confuso nella 
detta sostanza intermedia. Questa, probabilmente prodotta dal disfa- 
cimento delle cellule di apparenza normale omogenea o finamente 
granulosa, assume in preparati induriti le più strane forme, per lo 
più divisa in direzione raggiata, tal’ altra grossolanamente ramifi- 
cata. Nel canalino seminfero del ratto (tre settimane), irova più or- 
dini di cellule, che aumentano in grandezza, dalla periferia andando 
verso il lume. I nuclei delle cellule più grandi appaiono come al” 
massi di granulazioni. A questo punto gli elementi cellulari in te- 


sticoli non attivi muoiono. Tra i detti grandi elementi, se ne rin-. 


vengono alcuni circondati da un alone trasparente, senza nuclei © 
mai colorati; sono nient'altro che ammassi di sostanza ialina. Una 
sostanza intermedia nei ratti è anch’ essa abbondante. 

\iessing (3) sì associa all’ idea del Biondi, ammettendo nei te- 
sticoli di animali non puberi soltanto una sorta di elementi. 

Contrariamente a questa opinione e a confermare quella del La 
Vallette, sostenendo due sorta di elementi, sorse Hermann (4); il quale 
in uno studio eseguito su animali, da un'ora dopo la nascita fino alla 
sesta settimana, trovò che i canalicoli hanno già lume, riempito da 


(1) La VacLertE S. Georee. Ueber die Genese der Samenkòorpe® 
in: Arch. Mik. Anat. Bd. XV. 

(2) Bronpi. Sullo sviluppo degli spermatozoi, in: Archivio per l? 
scienze mediche, Vol. X. Fasc. 2.° f) 

8) Nirssina. Untersuchungen iber die Entwicklung Lo 
den feinsten Bau der Samenfiden SaAugethiere, in: Verhandiugolt 
d. phys-medic. Gesellschaft, Viirzburg, BA. XXII. e 

(4) Hermann F. Die postfoetale Histiogenese des Hob 
der Maus bis zur Pubertit, in: Archio. Mîfr, Anal. Bd. LLUV, peg 995: 


seni TR 
i Cs 


pat) 


una massa albuminosa, omogenea. Le linee, che traversano la massa 
omogenea, non sarebbero dovute, come volle il Biondi, a un pro- 
dotto artificiale, ma a lacinie delle cellule rivolte al lume. 

Il Benda (1) ritiene falsa l'opinione di coloro, che considerano 
il passaggio alla pubertà, come assolutamente graduale. Tra questi 
il Prenant, (2) del quale non sono riuscito a leggere il lavoro, ha 
esaminato le successive serie di divisioni cellulari e parla di modi- 
ficazioni, che egli riguarda come precursori della pubertà, come passi 
incerti verso la funzione. Fatto importante nel testicolo giovane 
sarebbe l'apparire di un largo lume nel canalino spermatico. Alle 
osservazioni del Prenant,il Benda aggiunge solo che tal lume pre- 
cede la divisione delle cellule sessuali, e non è con loro associato, 
«ma non fa alcun cenno sul modo come si produce tal lume. 

Il Brazzola, (8) in fine, trova nei testicoli di animali, che non 
hanno raggiunto la pubertà, una sola specie di cellule, che si mol- 
tiplicano per cariocinesi, il quale fenomeno si vede quà e là sparso, 
senza una regola determinata. Secondo quest’ autore, solo quando 
l’animale è atto alla fecondazione, la cariocinesi si localizza in certi 
tratti del canalino seminifero, corrispondenti a determinati stadi del- 
l’evoluzione spermatica. 

Dal precedente cenno bibliografico si può rilevare quanto incom- 
plete ed inesatte sieno le conoscenze sul testicolo innanzi la matu- 


rità, giacchè le osservazioni sono quasi tutte, per così dire, di oc- 
casione. 


Metodo di ricerca e tecnica 


Il metodo nella ricerca non è stato, non poteva essere indiffe- 
rente. Infatti, se voi pigliate il testicolo del neonato e quello di un 
animale nell’epoca, che s’accosta alla pubertà, non vi sarà difficile a 
Notare che, tra la struttura del primo e quella del secondo, vi corre 
una considerevole differenza. Bisognava dunque tener conto di que- 
sti cangiamenti, che nel testicolo a norma dell'età si vengono sta- 
bilendo, per comprendere bene il tipo di struttura. Per conseguenza 
nelle mie ricerche ho avuto bisogno di testicoli presi dall’ animale 


lily 


(1) Benpa. Die Entwicklung des Saugethierhodens, in: Ve 
rhandlungen d. Anat. Gesellschaft auf der dritten Versammlung, Berlin, 10-42 
October 1889, pag. 125 

(2) Riportato dal Benda. 

BrazzoLa. Ricerche sull’istologia normale e patologica 
del testicolo, in; Memorie R. Accad. Istituto di Bologna (IV) Tomo IX. 
6 


RE 


in ogni ctà, ed a questo scopo mi son servito della cavia. Quest’ a- 
nimale, come si comprenderà di leggieri, poteva, più di ogni altro, 
prestarsì allo scopo. Infatti, io ho potuto benissimo ottenere dei neo- 
nati, che, cresciuti, erano ammazzati ogni qualvolta il bisogno lo 
volesse. È a questo modo che io conservo testicoli presi all’ epoca 
della nascita, a quindici giorni, a trenta, quarantacinque, fino a ses- 
santa, epoca in cui, per la comparsa dello spermatozoa, si svolge 
un nuovo periodo, che non era negli scopi del mio studio. Talvolta 
mi sono anche servito di testicoli presi a più corta distanza. Sarà 
facile comprendere, come in tal modo avrò potuto notare, non solo 
i cangiamenti che si verificano, ma il graduale manifestarsi di essi. 
E ciò non era indifferente, e le osservazioni stesse ne daranno chiara 
provas:., ... 

AA avvalorare le osservazioni fatte sui testicoli di cavia, mi son 
servito di quelli tolti dal cane, dal gatto, dal topo domestico, dal sor- 
cio bianco, dal daino, dall’ agnello. 

Quanto alla tecnica seguita, me la caverò con poche parole. I 
mezzi d’indurimento devono essere sopratutto rapidi, giacchè Io stu- 
dio di un organo in isviluppo si collega grandemente a quello della ca- 
riocinesi, per osservare la quale, ognuno sa quali liquidi deve usare. 
lo a preferenza ho adoperato il sublimato corrosivo, dichiarando, 
che anche il liquido di Flemming potrà rendere utili servigi, quando 
venga adoperato con le dovute precauzioni. Per colorare mi son ser- 
vito dell’ematossilina Bohmer, non trascurando il carminio boracico 
per le colorazioni in toto e la zafranina per i tagli, per la colora- 
zione dei quali mi ha reso anche utilissimi servigi un nuovo colore 
di anilina, consigliatomi dal Professore Paladino, lo scarlatto. La 
soluzione acquosa, o anche con alcool, di questo colore è limpidis- 
sima, non dà mai precipitato alcuno, quando venga esposto all'eva- 
porizzazione, il che suole spesso avvenire con altri colori di anilina. 
I tagli, ben colorati, son messi a spogliarsi dell’eccesso del colore, 
dapprima nell’ alcool ordinario, e poi nell’ assoluto. E d’ uopo notare 
che l'alcool non toglie oltre dell’eccesso del colore al taglio, il quale 
potrà a questo modo essere convenientemente disidratato. Questo 
colore si presta altresi alla colorazione dei pezzi in toto, usato però 
con molta vigilanza. E un liquido colorante di certo valore, giacché 
penetra in tutti i pezzi ed in breve, per quanto questi fossero spessi; 
€ di facile preparazione, e la soluzione, filtrata, potrà essere ado- 
perata al momento stesso, in cui è stata apparecchiata. 


cia WE 


Forma e modo di comportarsi dell'epitelio nel canalino 
spermatico dalla nascita alla pubertà 


L’epitelio è quello che forma oggetto delle mie osservazioni nello 
studio dei canalini spermatici. Lo studio di esso richiede accuratezza 
e per la forma delle cellule, e per i cangiamenti, a cui queste vanno 
incontro, e pel modo come si comportano nella formazione del lume 
del canalino. 

All’ epoca della nascita, nella maggior parte dei mammiferi, il 
canalino seminale è proprio un cordone, fatto di cellule il cui nu- 
eleo è spostato verso l’ estremo, che poggia sulla membrana ghian- 
dolare. Il protoplasma di tali cellule si allunga considerevolmente 
verso l’asse del canalino, tanto da incontrare spesso il corpo proto- 
Plasmatico di qualche cellula sita sulla parte opposta del cordone e 
fondersi con esso. Lateralmente a questi, che io chiamerò prolunga- 
menti principali, se ne vedono altri secondarii, i quali incontrano i 
principali e secondarii delle cellule vicine, e s'innestano, limitando 
degli spazietti e delineando delle maglie, per modo che il canalino 
spermatico non ha lume, essendo questo riempito da un reticolo 
costituito dai predetti prolungamenti protoplasmatici , reticolo che 
lo percorre in tutta la sua lunghezza. In altri mammiferi, come nel 
sorcio bianco, tale reticolo non è visibile; però il lume del canalino 
manca egualmente, giacchè ripieno di cellule epiteliali. Una prolun- 
gata ed attenta osservazione però mostrerà che anche qui le cellule 
epiteliali sono talvolta ramificate o stellate, e si comprenderà facil- 
mente, che i prolungamenti cellulari di detti clementi non possono 
estendersi, per mancanza di spazio all’ uopo necessario. 

I prolungamenti protoplasmatici descritti hanno potere molto ri- 
frangente la luce, e sono chiaramente visibili, specie quando sono 
Stati fissati con mezzi rapidi induranti. Si colorano bene coll’ ema- 
tossilina, ma più col carminio boracico, e più ancora nei tagli con 
lo scarlatto. Ad eliminare l’idea che una rete così costituita sia do- 
Vuta, come sospetta il Biondi, ad una sostanza che troverebbesi a 
riempire il canalino, basterebbe oltre la forma e costante modo di 
atteggiarsi, il trovare talvolta dei nuclei, i quali si sono alla loro 
volta allungati considerevolmente, quasi concorressero anch’ essi a 

produrre la rete. 
i Il reticolo si trova in tutti i canalini, che compongono il paren- 
chima del testicolo; non lo si riscontra in quelli ea dove 
le cellule non hanno per nulla la forma da me descritta. 

Tale complesso meccanismo di connessione è destinato, senza 


n) aa 


dubbio, alla distribuzione e anche diffusione maggiore dei succhi nu- 
tritivi, e il dg ne ha gran bisogno in tale età. 

I o agli elementi descritti trovansi altri, i quali, pur non 
aifferendo Lola forma dai primi, sono abbastanza più grandi di quelli. 
Sono ordinariamente spinti verso l’ asse centrale del canalino, ma 
spesso possono restare, come le altre cellule, addossati alla parete. 
Hanno un nucleo grande, con evidente rete cromatica e con un 
grosso nucleolo principale e nucleoli accessori. Il nucleo di tali cel- 
lule può raggiungere , come nel gatto, considerevoli proporzioni 
(cinque , sei e più volte ancora grande di quello delle altre cel- 
lule ) ; ordinariamente è eccentrico , e il protoplasma, che lo cir- 
conda, scarsissimo. Intorno ad esso producesi spesso una zona chiara, 
trasparente. Questa zona, da molti descritta nelle cellule madri del 
testicolo maturo, ed in vario senso interpretata, non trovasi ordina- 
riamente intorno al nucleo. Questo, come può benissimo essere 0s- 
servato nei testicoli di piccoli gatti, trovasi, il più delle volte, cir- 
condato da una massa protoplasmatica, e spostato alla periferia di 
esso. Intorno a tali elementi viene ordinariamente a trovarsi la zona 
chiara. 

Queste grandi cellule sono il prodotto d’ingrandimento delle co- 
muni cellule epiteliali, e sono indotto a ritenere ciò per diverse 
ragioni: 

1.° Perchè hanno, quando non sono di molto ingrandite e non 
sì è intorno ad esse prodotta la zona chiara, la stessa forma rami- 
ficata delle altre. 

2.° Perchè si possono sorprendere in fasi di differente grandezza, 
che attestano il graduale accrescimento 

3.° Perchè aumentano di numero coll’aumentare dell'età dell’ani- 
male, pur non verificandosi in esse alcun processo cariocinetico. 

4.° Perchè quando, come in appresso vedremo, ha luogo in esse 
la cariocinesi, non si ha per prodotto cellule simili a loro, ma cel- 
lule del tutto differenti. 

Tutto quanto ho esposto in questo capitolo mi ricorda quello, 
che l’illustre mio maestro prof. Paladino ha detto, parlando delle 
cellule dell’epitelio del follicolo di Graaf: (1) « Quale che sia la loro 
figura in massima tengono prolungamenti che si ramificano e si In- 
nestano agli omonimi prolungamenti delle cellule vicine, sì che ne 


(1) Ulteriori ricerche sulla distruzione e ri apt, 1087, 
continuo del parenchima ovarico nei mammiferi, Napoli, sid i 
pag. 109 


— 85 — 


risulta un reticolato intercellulare, in mezzo alle cui maglie si tro- 
vano incastrate le cellule e tra queste degli spazi che sono mante- 
nuti dilatati quasi come ponti dai rami dell’anzidetto reticolo. » Ho 
riportato questa descrizione per ricordare come l’epitelio glandolare 
ramificato trovasi splendidamente rappresentato nel testicolo. 


Formazione del lume nei canalini spermatici 


Come innanzi ho accennato, lume nei canalini spermatici di te- 
sticoli di animali neonati non esiste, perchè , in luogo di esso , si 
trova una rete formata dai prolungamenti ra delle 6a 
lule ramificate. Al contrario tutti conoscono esistere un largo lume 


‘nei canalini di testicoli appartenenti ad animali, che hanno raggiunto 


la pubertà. Tal lume si forma ben presto per una serie di cangia- 
menti, che io brevemente descriverò. 

Se si osserva un testicolo di cavia, da quindici a venti giorni, 
si troverà che i prolungamenti protoplasmatici hanno raggiunto il 
massimo limite di loro grandezza; quelli secondarii sono aumentati 
in numero e grandezza, per modo che in talune sezioni riesce dif- 
ficile distinguerli da quelli, che formavano il corpo della cellula. E 
l’età più adatta per l'osservazione del reticolo. Anche le grandi cel- 
lule sono considerevolmente aumentate. Una decina di giorni dopo, 
si vedrà che mentre in alcuni punti persiste ancora la rete, in altri 
i prolungamenti si sono fusi tra loro, per modo che non si vedrà 
altro che una massa informe, la quale riempie il lume del canalino. 
Tale fusione ammette una dissoluzione dei prolungamenti stessi, 
i quali perciò degenerano e si fondono. Esaminando in altri punti i 
canalini, si potrà notare come, nel mezzo del protoplasma fuso e 
degenerato, comincia, per riassorbimento dello stesso, a formarsi 
uno spazio chiaro. Intanto l'assorbimento continua, e lo spazio chiaro 
si fa sempre più grande, fino ad arrivare al punto, in cui si vedrà 
bello e formato un lume , che sarà la via, che percorreranno gli 
Spermatozoi, onde essere espulsi. 

La formazione del lume non deve però intendersi che sì avveri 
per una sola cavità in un punto solo, dal quale si estenderebbe 
Sempre più, fino a quando tutti i canalini ne fossero provvisti. Il 
lume è il complesso delle tante cavità, che si trovano in punti sparsi 
€ che, allargandosi sempre più, vengono tra loro a fondersi. 

La formazione del lume nel canalino spermatico trova chiaro 
riscontro in quella della cavità del follicolo di Graaf. Il prof. Pala- 
dino (1. c. ), che pel primo ha descritto tale processo, si esprime in 
questi termini: « A senso stretto il primo accenno della cavità fol- 


— 86 — 


licolare non è uno sdoppiamento, ma è il iaGabt di fusione delle 
cellule in più punti, che poi si fondono. » E appresso: « Il processo 
di fusione continuando, gli spazi s'inzrandiscono e si fondono e di 
qui nasce la cavità follicolare. » Inutile insistere per addimostrare 
la identità dei due processi. Oltre a ciò la concomitanza nella forma 
delle cellule della granulosa e dell’ cpitelio del testicolo innanzi la 
pubertà, valgono a distruggere le distanze, che passano tra la strut- 
tura del testicolo maschile ed il muliebre, che pure hanno, come si 
è visto, nella comunità dei processi e della forma delle cellule, dei 
punti, che li ravvicinano e che ne aumentano l'analogia. 

Mentre questo avviene nel protoplasma, comincia in molti nuelei 
un altro processo di disfacimento , che consiste in una degenera- 
zione granulosa di essi e che colpisce ordinariamente quelli, i quali 
sono spinti verso l'asse centrale, rispettando solo quelli che si ad- 
dossano alla tunica connettivale. Vedonsi alcuni nuclei, colpiti da 
tale degenerazione, rappresentati non da altro che da una massa 
granulosa, ma che conserva la forma del nucleo. Altri hanno per- 
duto la propria forma, e sono rappresentati da una informe massa 
di granuli. Di altri infine non resta traccia, se non in una quantità 
di granuli sparsi nel protoplasma e fuori di esso. Questi granuli pare 
risultino di cromatina, giacchè si colorano fortemente coi mezzi co- 
loranti da me usati. | 


Cariocinesi 


Il testicolo offre un terreno molto opportuno allo studio della 
cariocinesi, sia perchè in esso entrano in campo varii elementi, che 
debbono moltiplicarsi, sia perchè è un organo, che spiega tale at- 
tività, da richiedere un lavorio cariocinetico su vasta scala. Tale 
studio ‘merita molta considerazione non solo in quegli animali, che 
hanno raggiunto la pubertà, ma anche in quelli, in cui lo sviluppo 
non si è compiuto. 

Il testicolo, dalla nascita alla maturità, subisce una serie di can- 
giamenti, che in buona parte vanno direttamente o indirettamente 
fatti a spese delle cellule epiteliali, intendo con questo nome le cel 
lule, che in maggior quantità, specie all’epoca della nascita, formano 
il contenuto dei canalini, e che danno poi origine alle cellule madri. 
Ho detto che i cangiamenti , che si verificano nel testicolo, vanno 
in gran parte fatti a spese delle cellule epiteliali; infatti, è il pro- 
toplasma di esse, che compone la rete innanzi descritta, son desse | 
che si trasformano continuamente in grandi cellule. Questa conti- 

nua trasformazione mast un lavorio incessante, lavorio che in Be 


[ca SE VI TTI 


s+ 


SOR 


si spiega come accrescimento delle cellule, e in parte deve spiegarsi 
come moltiplicazione di esse, altrimenti nel testicolo, per la conti- 
nua evoluzione, non verrebbero un tempo a trovarsi che solo grandi 
cellule. 

Infatti, dopo la nascita e anche prima, le cellule del contenuto 
dei canalini seminiferi si moltiplicano per cariocinesi, passando at- 
traverso gli stadi più tipici di essa. Tale moltiplicazione è abba- 
stanza attiva, però fino ad un certo tempo essa è localizzata solo 
alle piccole cellule epiteliali. Le grandi cellule restano inattive 0 si 
disfanno , fino a quando nel canalino non siasi formato il lume. E 
allora che incomincia il periodo di attività in quest’ ultime, allora 
solo si potrà notare in esse una florida cariocinesi. Dalla scissione 
infatti delle grandi cellule, nascono delle piccole cellule (cellule fi- 
glie), che in poco tempo (dal quarantesimo al sessantesimo giorno 
nella cavia) trovansi ad occupare quasi tutto il lume dei ‘canalini 
spermatici, sorpassando in numero le cellule piccole e le cellule ma- 
dri, prese insieme. 

Le piccole cellule figlie hanno il protoplasma, che talvolta si uni- 
sce per prolungamenti alle cellule vicine. Di esse la parte più im- 
portante è il nucleo. Questo è piccolo, vescicolare, contenente un 
chiaro nucleolo , nel quale pare si concentri tutta la massa cro- 
matica. 

Fin qui datano le presenti ricerche, non volendo per ora get- 
tarmi nel difficile argomento della spermatogenesi , che si verifica 
subito dopo la trasformazione delle cellule madri in cellule figlie. 

Ed ora brevissime considerazioni. Il Brazzola fa osservare che 
la divisione cellulare si vede quà e là sparsa, senza regola determi- 
Nata, e solo quando l’animale è atto alla fecondazione, si localizza 
in certi elementi cellulari, in certi tratti del canalino , corrispon- 
denti a determinati stadi dell’ evoluzione spermatica. Ciò non pare 
del tutto esatto. La cariocinesi, come si è detto, è localizzata dap- 
Prima alle cellule epiteliali; avvenuta la trasformazione di queste in 
grandi cellule, non si estende a quest'ultime se prima non siasi for- 
mato il lume nel canalino. E allora che si estende a quest’ ultime, 
pur continuando nelle prime: nè procede sparsa di molto, anche 
quando non si è estesa alle cellule madri, giacchè non è diflicile 
talvolta notare interi tratti di canalini spermatici non SAROETA in 
cui gli elementi sono tutti in mitosi. ii 

A tale punto ci domanderemo: è il testicolo un organo inattivo 
dalla nascita alla maturità, o per avventura tale periodo è per lui 
un continuo avviarsi alla spermatogenesi? Dalle cose esposte, sì 


comprenderà facilmente, non essere difficile la risposta. Un organo, 


ce R 


in cui si verificano tanto classici processi di rigenerazione e distru- 
zione cellulare, processi di progressiva trasformazione, non potrà 
dirsi certo inattivo, quando riconcentra, fin dal suo apparire, tutta 
la sua vigoria, non tanto nell’accrescimento in volume, quanto nel 
conseguimento dello scopo finale, la formazione dello sperma. 
ì sappiamo che il. Prenant, esaminando le successive forme 

di divisioni cellulari, ritiene tali modificazioni come precursori della 
pubertà, come passi incerti verso la funzione. Il Benda è di con- 
trario avviso , ritenendo che il testicolo non fa che avviarsi inces- 
santemente alla funzione, senza mai diminuire in attività, senza per- 
correre delle tappe, come vuole il primo. 

Secondo me, nè l’uno nè l’altro dice interamente il vero. Senza 
dubbio il layorio nel testicolo procede a tappe, a periodi, che si se- 
guono incessantemente gli uni agli altri, che finiscono per essere, 
in diverse età, i rappresentanti del lavorio nel testicolo, ma che non 
annullano che tal lavorio possa diversamente manifestarsi, benchè 
in limiti più ristretti. Cercherò meglio chiarire questo concetto. Già 
ho fatto notare che, all’ epoca della nascita, ha predominio nel te- 
sticolo l'ingrandirsi della rete e delle cellule ; segue la formazione 
del lume per degenerazione cellulare, di poi la localizzazione della 
cariocinesi alle grandi cellule, con consecutiva formazione di altre 
specie di cellule, che danno luogo a spermatozoi. Ora in questo suc- 
cedersi di periodi, in quello in cui la cariocinesi si localizza alle 
grandi cellule, per esempio, non esclude che essa continui in quelle 
preesistenti. Questo lavorio dunque, segue a tappe, come vuole il 
Prenant, ma tali tappe non sono intramezzate da periodi di riposo, 
non sono dei passi incerti verso la funzione, ma un progredire netto 
e continuo verso quella. 

Perciò credo si potrà conchiudere ancora uua volta che il te- 
sticolo, dalla nascita alla maturità, è contrassegnato da grande la- 
vorio, che lo avvia continuamente alla spermatogenesi, lavorio, che 
si manifesta sotto diversa forma in periodi diversi, che non s’inter- 
rompono, ma che seguono incessantemente gli uni agli altri. 


CONCLUSIONI 


Da quanto ho esposto mi sento autorizzato a conchiudere. 

1.° Nel testicolo originariamente non vi ha che una sola specie 
di cellule, le quali per accrescimento in volume danno luogo alle 
cellule madri. 

ss. dl pra di esse cellule è fornito di prolungamenti 1 ra- 
mificati, ; 


E 


i CRT 


3.° Le ramificazioni compongono una distinta rete, che riempie 
il centro del canalino. 

4.° Il lume si forma per fusione ed assorbimento dei prolunga- 
monti Lala Patania e per degenerazione granulosa dei nuclei. 

Le piccole cellule ramificate si moltiplicano per cariocinesi. 

6° Le cellule madri danno , per cariocinesi, una nuova gene- 
razione di cellule (cellule figlie). 

7.° C'è una grande analogia tra l’epitelio dei canalini sperma- 
tici e quello della granulosa, come pure vi ha analogia tra la com- 
parsa del lume nei canalini spermatici e la formazione iniziale della 
cavità dei follicoli di Graaf. 

8.° Il testicolo dalla nascità alla maturità è un organo attivis- 
simo, il cui lavorio è una continua preparazione alla spermato- 
genesì. 


Laboratorio d’ Istologia e Fisiologia generale della R. Univer- 
sità, Napoli, Marzo 1891. 


Sopra alcuni sali. dell acido fenolglicolico e sul- 
l’ acido feno — Nota di V. 


VETERE. 


(Tornata del 26 aprile 1691) 


Alcuni anni addietro dal Prof. Ogliarolo fu fatta tentare la sin- 
tesi dell’ acido fenolparaossicinnamico scaldando in apparecchio a ri- 
cadere e in bagno d'olio tra 150°-160° il sale sodico dell’ aldeîde pa- 
raossibenzoica con fenolglicolato sodico ed anidride acetica, ma il 
Prodotto della reazione molto resinoso mal si prestò ad un una con- 
veniente purificazione. Constatatosi in seguito che nelle reazioni co- 
me quella sopraccennata è preferibile spesso uno scaldamento pro- 
lungato per molte ore a bagno di acqua salata, mi fu consigliato di 
lipetere ]’ esperienza, i risultati della quale sono l'oggetto di questa 
Nota. In questa occasione, avendo dovuto preparare una certa quan- 
tità di acido fenolglicolico, ho creduto conveniente esaminarne al- 
Cuni sali, cioè quelli di piombo, cadmio e zinco non ancora da altri 
Preparati, e quelli di bario e calcio noti, de’ quali il primo perchè 

a esso son partito per la preparazione degli altri ed il secondo per- 
chè all'analisi mi ba fornito risultati un poco diversi da quelli che 
erano conosciuti. 

Acido fenolglicotico : CHy30,=C;Hy0—CH,—C00H. Fu prepa- 


Rec 


rato secondo il metodo Giacosa (1). Una porzione del prodotto fu 
trasformata in: 

Sale di bario : (C3H0;), Ba -3H,0, che fu analizzato : 

I. Grammi 2,4015 di sale idrato scaldati per 3 ore a 110° per- 
dettero gr. 0,265 di H,0. 

II. Grammi 0,577 di sale idrato calcinati con acido solforico con- 
centrato diedero gr. 0,275, di solfato di bario. 

HI. Grammi 0,434 di sale anidro calcinati con acido solforico 
concentrato dettero gr. 0,226 di solfato di bario. 


E per cento. 


sà IH. Il 
Acqua di cristallizzazione 11,00 — va 
Bario nel sale idrato — 28,02 — 
Bario nel sale anidro — —_ 30,80 


Per la formula suddetta si calcola per cento: 


Acqua di cristallizzazione - 10,95 
Bario nel sale idrato 27,78 
Bario nel sale anidro 31,20 


Sale di piombo : (Cy14,0,), Pd + H,0. Si è ottenuto del sale di 
bario trattandolo con acido solforico, filtrando a caldo e facendo di- 
gerire il liquido filtrato a bagno-maria con carbonato di piombo in 
eccesso. Cristallizza in i sottili, incolori, trasparenti. Lasciato 
Jar ed analizzato 

. Grammi 0,458 di pen idrato scaldati successivamente fino & 
160° po gr. 0,015 di H,0. 

II. Grammi 0,4983 di sale idrato calcinati con acido solforico 
diedero gr. 0,2879 di solfato di piombo 

II. Grammi 0,436 di sale anidro calcinati con acido solforico 
concentrato diedero gr. 0,298 di solfato di piombo. 

IV. Grammi 0,436 di sale anidro trattati come sopra dettero g* 
0,261 di solfato di piombo. 


E per cento: 


Mi III. IV. 
Acqua di cristallizzazione 3,27 — ag IE 
Piombo nel sale idrato _ 38,73 _ e 
Piombo nel sale anidro sn ee 40,19 40,84 


(1) Gazz. Chim. Ital. Anno 1879, pag. 471. 


E SOTA RR i e Ar I 


Pie gue 


Per la formula suddetta si calcola per cento : 


Acqua di cristallizzazione . 3,41 
Piombo nel sale idrato 39,14 
» Piombo nel sale anidro 40,53 


Sale di cadmio: (CgH,03), CA +2H,0, Si è ottenuto decompo- 
nendo con idrogeno solforato la soluzione del sale di piombo, scac- 
ciando da questo l’ eccesso d’ idrogeno solforato, filtrando a caldo e 
trattando tale soluzione con carbonato di cadmio in eccesso. Il sale 
cristallizzato si presenta in forma di lunghi aghi incolori aggruppati 
.a fiocchi, 

All’ analisi : 

I. Grammi 1,054 di sale idrato scaldati per 8 ore fino a 120° per- 
dettero gr. 0,087 di H,0. 

II. Grammi 0,492 di sale idrato calcinati con acido solforico con- 
centrato dettero gr. 0,226 di solfato di cadmio. 

III. Grammi 0,434 di sale anidro calcinati con acido solforico 
concentrato dettero gr. 0,217 di solfato di cadmio. 


E per cento: 


I. II III. 
Acqua di cristallizzazione 8,25 — "n 
Sadmio nel sale idrato _ 24,71 da 
Cadmio nel sale anidro — _ 26,83 


| La teoria per la formola suddetta richiede per cento: 


Acqua di cristallizzazione 8,00 
Cadmio nel sale idrato 24,90 
“Cadmio nel sale anidro 27,006 


Sole di calcio: (CgH,03), Ca-+Hx0 e (CgH,03), Ca +4H,0. Que- 
sale fu già preparato da Fritzsche (1) che gli assegnò la formola 
(CgH,0,), Ca-+3 14 H,0. Io l'ho ottenuto decomponendo la solu- 
zione del sale di piombo con idrogeno solforato e trattando a caldo 
il liquido filtrato con carbonato di calce purissimo precipitato. Per 
raffreddamento della soluzione si ebbero due forme diverse di s0- 
stanza: una massa mammellonare bianca e dei lunghi aghi setacel 


(1) Beilstein. Organish. Chim. 2. Ed. 1887, Band I_, pag. 428. 


9 


bianchi impiantati sulla stessa. Le due forme separate meccanica- 
mente furono analizzate. 

Sostanza mamntellonare. 

I. Grammi 0,612 di sale riscaldati per 8-ore fino a 120° o 
tero gr. 0, > di H,0. 

II mì 0, 580 di sale anidro calcinati con acido solforico 
concentrato "a gr. 0,229 di solfato di calcio. 


E per cento: 
i x. bh 
Acqua di cristallizzazione b;22 — 
Calcio nel sale anidro _ 11,60 


La teoria per la formula (CgH,0,), Ca---Hy0 richiede per cento: 


Acqua di cristallizzazione 5,00 
Calcio nel sale anidro 11,69 


Sostanza în aghi. 

I. Grammi 0,6703 di sale scaldati fino a 125° perdettero grammi 
0,1193 di H,0. 

II. Grammi 0,5028 di sale idrato calcinati con acido solforico 
dettero Bre s 1655 di solfato di calcio. 

II. Grammi 0,551 di sale anidro diedero trattati come sopra 
0,219 di LL di calcio. 


E per cento: 


p9 Il. HI. 
Acqua di cristallizzazione 17,79 . — sn 
Calcio nel sale idrato _ 9,67 un 
Calcio nel sale anidro _ _ 14,68 


La teoria per la formula (C3H,03), C4-+2H,0 richiede per cento: 


Acqua di cristallizzazione 17,39 
Calcio nel sale idrato 9,66 


Calcio nel sale anidro 11,69 


Sale di zinco: (CyH,0,), Za+2H,0. Si è ottenuto decomponendo 
la soluzione del sale di piombo con la quantità strettamente neces- 
saria di solfato di zinco. Gratuita in piccoli ip incoloti Fal 
renti, che furono an 


ssi ORE 
I. Grammi 2,300 di sale scaldati per 3 ore fino a 130° perdet- 
tero gr. 0,204 di H,0. 
I. Grammi 0,997 di sale idrato dettero gr: 0,0905 di ossido di 
zinco ottenuto dalla quantità corrispondente di carbonato. 
. Grammi 1,132 di sale anidro dettero gr. 0,2635 di ossido 


di zinco. 
E per cento: 
Acqua di cristallizzazione 8,87 _ —_ 
Zinco nel sale idrato —_ 16,85 -_ 
Zinco nel sale anidro —_ - 18,67 


La teoria per la formula suddetta richiede per cento: 


| Acqua di cristallizzazione 8,93 

È Zinco nel sale idrato 16,12 

i Zinco nel sale anidro 17,61 
OH 


| 
Acido fenolparaossicinnamico CH,—CH—-C—C00H 


OC5H;s 


Fu ottennto scaldando a bagno di acqua salata in un pallone 
munito di refrigerante a ricadere quantità equimolecolari del sale 
sodico dell’ aldeide paraossibenzoica (gr. 50) fenolglicolato sodico 
(gr. 50), in presenza di un eccesso di anidride acetica (gr. 150). La 
massa solida così ottenuta si fece bollire con acqua distillata per 
‘/ d'ora e dopo raffreddamento per aggiunta di altra acqua si pre- 
cipitò una sostanza oleosa bruno-rossa, che decantata e raccolta in 
un pallone fu trattata con soluzione di carbonato sodico in leggero 
eccesso ed estratta ripetutamente con etere. Scacciato dal liquido 
alcalino l'etere per distillazione e dopo raffreddamento decomponen- 
dolo con acido cloridrico, si precipitò una sostanza giallo-sporca che 
accolta, compressa fra carte e cristallizzata da un miscuglio bol- 
lente d’acqua ed alcool a volumi eguali diede dei cristalli aggrup- 
pati in piccoli aghi bianco-sporchi. Si è filtrato, compresso fra carte 
e lasciato asciugare. 

Tale sostanza fonde tra 227°-233° decomponendosi parzialmente. 

All’analisi elementare: 

I. Grammi 0,253 di sostanza dettero gr. 0,650 di anidride car- 
bonica e gr. 0,125 di H,0. 


sl di — 


II. Grammi 0,330 di sostanza dettero gr. 0,847 di anidride car- 
bonica e gr. 0,152 di H,0. 


Da cui 
I. Il. 
Carbonio °/, 70,06 70,00 
Idrogeno » 5,48 Dal 


La teoria per la formula C,;H,,0, richiede 


Carbonio % 50,31 
Idrogeno » 4,68 


Sale d’argento: C,;3H,,0,Ag. Una porzione d’acido flenolparaos- 
sicinnamico fu trasformata in sale d’argento decomponendo la solu- 
zione del sale ammonico col nitrato d’argento. Il sale, che si otte- 
neva bianco, era però talmente alterabile alla luce che, sebbene ope- 
rando con tutte le precauzioni non fu possibile evitare che s’° anne- 
risse completamente. Non ostante tale decomposizione evidente se 
ne fece qualche determinazione ; i risultati quindi non possono es- 
sere soddisfacenti. i 

I. Grammi 0,106 di sale calcinati da soli dettero gr. 0,032 
di argento. 

II. Grammi 0,350 di sale all’ analisi elementare dettero gr. 
0,5955 di anidride carbonica e gr. 0,107 di H,0. 


E per cento: 


È “t; 
Argento 30,19 _ 
Carbonio —_ 46,40 


ldrogeno —_ 3,39 


Mentre la teoria per la suddetta formula richiede per cento: 


Argento 29,75 
Carbonio 47,86 
Idrogeno 3,10 


Sale di bario:(C,;H,,0,), Ba +3H.0. Un'altra porzione di acido 
fenolparaossicinnamico fu trasformata in sale di bario, trattando la 
sua soluzione con idrato baritico, saturando l'eccesso di questo con 
una corrente di anidride carbonica, facendo bollire e filtrando a cal- 
do. Il liquido si mise a cristallizzare nel vuoto e sull’acido solforico, 


# 


siii Se 


evitando però che tutta l’acqua fosse svaporata. Si ottennero così dei 
cristalli disposti simmetricamente a rosette grigio-perla setacei che 
seccati fra carte furono analizzati. 
I. Grammi 0,386 di sale scaldati successivamente fino a 130° 

perdettero gr. 0,030 di H,0. 

II. Grammi 0,263 di sale scaldati come sopra perdettero gr, 
0 7020 di H,0. 

II. Grammi 0,356 di sale anidro calcinati con acido solforico 
concentrato dettero gr. 0,129 di solfato di bario. 

IV. Grammi 0,243 di sale anidro trattati come sopra fornirono 
gr. 0,087 di solfato di bario. 


E per cento: 


sn Il. III. IV. 
Acqua di cristallizzazione 7,77 7,60 - » 
Bario nel sale anidro DS — 21,07 21,02 


E riferendo i risultati III e IV al sale idrato sì ottiene: 


° TW 
Bario nel sale idrato %4, 19,68 19,42 


La teoria per la formula suddetta richiede per cento: 


Acqua di cristallizzazione 7,70 
Bario nel sale idrato 19,54 
Bario nel sale anidro 211 


Istituto Chimico della R. Università di Napoli, Febbraio 1891. 


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TIVA E: PB o Ei A MEBIIT TO 
Contribuzioni dei Socii 


Art. 1. La ne annua pei socii ordinarii residenti è dì 
lire 24, pagabili mensilm 

Art. 2. La sa dei socii ordinarii non residenti è di 
lire 12 pagabili in una sola volta. 

Art. 3. La contribuzione "dei socii SS di lire 6 annue. 


Tornate 


Art. 4, Le tornate ordinarie si terranno duo volte al mese con 
1”. intervallo di quindicj giorni, salvo nei mesi di vacanza, i quali 
erranno determinati dall’Assemble: 
Art. 5. La parte selentifica delle tornate ordinarie consta: 
a) di lettura di lavori origina 
b) di comunicazioni verbali; 
re; 


lettu 
d) di conferenze. 
I primi vengono inseriti nel bollettino; le altre semplicemente 
indicate nei processi verbali 
Art. 6. I socii che leggono lavori Hire devono dichiarare se 
tendono pubblicarli nel bollettin no, affinchè il Segretario possa in- 
dicorlo nel processo Vic della tornata, e in tal caso consegnare 
il manose: oi al segretari 
i poi che fanno delle semplici comunicazioni verbali, devono 
chiare se intendono che vengano inserite nei processi vérbali; n el 
qual caso devono darne un brevissimo sunto per iscritto al Segretario. 
t. 7. I socii ordinarii non residenti possono incaricare sia i 
Segretario, sia altro socio ordinario residente di dar lettura del pro- 
prio 


Bollettino 


Art. 13. La Società imprende la pubblicazione di un bollettino 
contenente i proci verbali delle tornate e lavori originali dei socii 
ana 

14. I lavori da nari # gii. dovranno leggersi 
nelle ionato; su di essi cin esse ta discussione. 

I lavori pabbfce da un t ade maggiore di dia mesi in un altro 
iodio " si potranno pubblicare nel bolletti ino 

Art I lavori a versare su argomenti di scienze natu- 
rali e Da aa 

Art. 16. Il Consigli direttivo cura la pubblicazione del* bol- 
lettino. 
1 Art. 19. Gli autori avranno gratuitamente gli estratti dei loro 
avori 

Ti mgiiogi di essi sarà -tbilito ogni anno dal Consiglio direttivo. 

«È agrari agli autori ‘chiedere un nimero maggiore di 
estratti. a _. prie spese, previo avviso al Segretario, salvo che gli 
estratti siano m ssiaat Sogna all'originale scritto. 


DALLO STATUTO 


Art. IV. La Società è costituita di socii Se ed aderenti, 


I socii ordinarii sono residenti e non resi 
Art. V. Possono essere socii ordinarii ne: 1 "Sort delle scienze 
naturali. 


Possono rsa socii aderenti coloro che vogliono seguire i la- 
vori della Socie 
Art. VI. t imagniioe dei socii è _ 0° domanda presen- 
tata da un socio ordinario al Consiglio dire 
i socii ordinarii; il Co ela iva ‘presenta lo 


caso d 
conclusioni all Assemblea, la quale delibera sulla ammissione ; nel. 
e 


ei socii aderenti, li nomina. 

I soc ii ordinarii residenti hanno cura dell'atiingpt 
zione e dell’ vaio scientifico della Società, ed eleggono il Con 
siglio direttivo. 

Art. VIII. I socii ordinarii non residenti, sempre che si trovano 

n Nap li, godono di tutti i dritti dei socii residenti , meno quello 
della eleggibilità. 

Art. IX. I socii ordinarii solamente hanno dritto a pubblicare e 
tener conferenze. 

Art. X. I socii non residenti che stabiliscono la loro dimora in 
Napoli, se vogliono Sr a far parte della Società, debbono en- 
trare nella categoria dei identi. 

Art. utti i socii i santo hanno dritto ad interve- 
nire alle tornate scientifiche ed a ricevere le pubblicazioni della So- 
cietà. 

rt. XII. I socii di tutte le categorie pagano una corftribuzione 
annua, la qu ale, per i residenti è doppia di quella dei non residenti, 
e per questi è doppia di quelle degli sir 


Per questo anno la Società dà agli Autori 50 copie di estratti. Gli sli Autori i i 
quali ne vogliono un maggiore numero pagheranno le copie in più secondo la se- 
guente tariffa. 


| Di 


Esemplari 
no. } bO | 76 ; da 
4 foglio (4 pagine). . !L.1 75 | EL. 3 2w3/L.250/L_4 
» foglio (8 pag 3:25 50 | 5 50 
(8 pagine) ig 03 40 n. 9 90; ri i n 
, fogli 12. pagine) [a ®00,b-| 640,3 
1 foglio (16 pagine) Foa 00 | « DO +, 


N. B.—Per i sopra segnati prezzi va inclusa la legatura e coverlina senza stampa. 


Le annate arretrate del Bollettino sono vendibili ai seguenti prezzi 
; Vol. I. fasc. li 0 ORO) 
* IL. x Lis i. 


xa Ul,» 10068 -___ «adi 
aa e 


Prezzo del presente fascicolo L. Sei 


BOLLETTINO 


DELLA 


SOCIETÀ DI NATURALISTI 


LAN: IRE CILA 


SERIE I. — VOL. V. 


f 
P. 
| 
| 
È 


ANNO Y. 


1891 


FASCICOLO IT 


(con 5 tavole e 6 incisioni) 


(pubblicato il 15 Gennaio 1892 ) 


IAPLOLI 
Stabilimento Tipografico F.LL1 Ferrante, Vico Tiratoio, 25 


È 
fe. 
d 


SOMMARIO 


Vanni G. — Sopra una Si del PISGDiO del 
ponte di Whectatone, ( con una incisione ) 

‘aria Ra Sav. alcuni organi di tatto nei Tri- 

-Vontribato allo studio dei Trematodi Mono- 

genetici Ricerche. Parte I. ce V-VI ed una in- 
cisione) 

Cano pai — Svi ilubuo Se dello Stenopus s rin, 

vi law: VII) 

mazzarelti G. — Sullo sviluppo postlarvale della doni 
glia nei Tectibranchi. 

Russo A. ST prime fasi di sviluppo siate Amphiura i 
mata, (con cinque incisioni ) 

Monticelli Fr. Sav.—Della sui nei LI 

Monticelli Fr. Sav. — Notizie di alcune ere di Taenia, 
( Tav. VIII) 


palsamo F.—Sulla risiitità delle stele delle Tikoo w 
rapporto ai sistemi ot ed ai mezzi di inclusione 
Russo A_—Della mbrioogia e ; dell vpparato di elio 
dell’ la squamata 
Mazzarelli G. — Note sii dalla Apigatitai 
Geremicca M. — Sulla Lot dei fiori di userai 
bia LE) 
PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE 


Elenco dei Socii 


Elenco dei cambii 
Elenco dei libri bersi in ina ; 


”» 


» 


211 


Per quanto concerne la parte scientifica ed 
amministrativa dirigersi al Segretario della 


cietà : 
G. TAGLIANI 
ex Monastero della Sapienza — NAPOLI 


So- 


Sono vivamente pregati i signori socii ordinarii non 


residenti di spedire la loro contribuzione annuale al socio 
| Cassiere A. G. CABELLA, Laboratorio di Chimica aa 
. rale della R. Università di Napoli. 


Leo. 


Sopra una generalizzazione del principio del ponte 
di Wheatstone — Nota di G. Vani. 


( Tornata del 10 maggio 1891 ) 


La disposizione conosciuta col nome di ponte di Wheatstone è 
stata, specialmente in questi ultimi tempi, oggetto di tanti studi, da 
rendere molto difficile il trovare qualche cosa di nuovo che ad essa 
sì riferisca. Basta, per convincersene, esaminare i lavori recenti 
dello Schwendler (1), dell’ Heaviside (2) del Weber (3) e quanto si 
trova in proposito nei trattati del Maxwell (4), del Kempe (5), dello 
Stewart and Gee (6), del Monnier (7) e di altri. 

Il Frolich (8) ha recentemente esposto una notevole generaliz- 
zazione della relazione fondamentale, che lega fra di loro le resi- 
| stenze dei lati opposti del ponte, estendendola al caso in cui tutti i 
sei lati del ponte stesso contengano delle forze elettromotrici. E ap- 
punto una più semplice, e, per quanto a me consta, una nuova di- 
mostrazione del principio di Wheatstone così generalizzato, che io 
mi propongo di esporre in questa breve nota. 


Supponendo esistenti le forze elettromotrici e, e, e, è, 5 © nel 
RTRT 


(1) Poggendorff Annalen, 1867. 

(2) Philosophical Magazine, 1873. 

(8) Wiedemann Annalen, Band XXX, pag. 638. 

(4) Traité d’Electricité et Magnetisme /edit. franc. /, pag. 533. 

(5) Traité des mesures electriques /edit. frane. /, pag. 160. 

(6) Lessonsinelementary practical Physics, Vol. 11, pag.444. 
. (7) Elecetricité industrielle, pag. 84. 
. (8 Wiedemann Annalen, Band XXX, 1887. 


Ne 


AR. RE 
sei lati del ponte ( Fig. 1) si ottiene applicando il secondo principio 
di Kirchhoff ai circuiti ABC, BDC 
tata li — Lh<t1 
ij lt, — ig -isg= 0, — 3 — 65 


e tenendo presenti le relazioni 


iag,=l+ 
ek kg 
la = J n dl DES 


si ottiene facilmente 


lla Pf Fi) dti =0,,1. G&G 
Lean — a SO 

Ciò posto, proponiamoci di trovare le condizioni per le quali 
la corrente i; che attraversa la diagonale BO, sia indipendente dalle 
variazioni che può subire la i, dell'altra diagonale. A tale scopo, 
derivando le equazioni precedenti rispetto alla ig, presa come va- 
riabile indipendente, si ha 


diy di, 
T,-+-(rr--r)--Fr,=0 . 
togli et +) di, x (5) 
di, 
betta ri) et rn) ptrn=o 
6 


Da queste due equazioni si ricava 


LI tig 
dis _ Ty (Part) tte Tata 
& | tn | &-0-A) 


T.4FstFs_(FatFs) | 
essendo A il determinante del sistema (S). 
; i 
Come si vede dalla (1), la condizione perchè Sa sia zero, ossia 
è 
perchè la i; sia indipendente dalla i,, è che 
fila Th. 0 OSSar,ty == 


supposto, beninteso, finiti i valori delle resistenze dei sei lati del ponte 


dii 


e pri 


Il ragionamento precedente può essere applicato, come caso par- 
ticolare, alla dimostrazione del metodo dato dal Mance per trovare 
la resistenza interna degli elettromotori. 


Roma, 5 Maggio 1891. 


Di alcuni organi di tatto nei Tristomidi.-Contri- 
buto allo studio dei Trematodi monogenetici, 
Parte I. — Ricerche di Fr. Sav. MONTICELLI, (Tav. V-VI). 


(Tornata del 26 aprile 1891) 


In alcuni pochi Trematodi solamente e per lo più monogenetici, 
sono stati descritti organi speciali di tatto od interpetrati come tali 
alcune parti del corpo. Nel 1849 il Kolliker (1) scrive di aver osservato 
in « einigen Fallen neben den zwei schon von Diesing ausgebildeten 
vordern Fiihlern » del Trisfomum papillosum Diesing « noch zwei 
ganz kleine mehr auf der interen Scite des Kopfes dicht hinter der 
vorderen Saugnipfen gelegenen forsitze die vielleicht ebenfalls die 
Bedeutung von Tastorganen haben ». Più tardi Fischer (2) ha de- 
scritto nell’ Opisthotrema cochleare alcuni coni cutanei tattili in 
prossimità dell’ apertura sessuale e simili produzioni hanno pure 
osservate il Wright e Macallum (3) nella Sphyranura Osleri che 
servirebbero, secondo questi A., a compensare la mancanza di occhi 
in questo Trematode (4). Haswell, per la presenza di grossi fascetti 


fine e imalii l 


(1) KòLLIKER A. Ueber Tristoma papillosum Diesing, in: Berich. k. 

Zool. Anst. Wurzburg, Leipzig, 1849, pag. 22, Art. IV. 
(2) FiscHer P. M. Ueber den Bau von Opisthotrema cochleare, in: 

Zeit. Wiss. Zool. XL Bd. pag. 14, Taf. 1, fig. 13. i 
(8) Ramsay WrieHr R. — MacaLcux A. B. Sphyranura Osleri, a contri- 


‘bution to American Helminthology, in: Journ. of Morph. Vol. 4, 


pag. 9, Pit. I, fig. 2, 10, 1887. 

(4) Raxsay Wrieur. (Americ. Nat. Vol. XIX, pag. 310) in una noterella 
dal titolo « A free swimming sporocyst » descrive pure delle pa- 
Pille sparse alla superficie del corpo di una sporocisti nuotante liberamente 
in un acquario di acqua dolce, che considera come organi di tatto e crede 
la loro presenza possa essere di aiuto alla sporocisti nella ricerca del- 
l’ospite: v. pure Leuckart: Mensch1. Paras, 2 Auf, 1. Bd. 4 Lief, pag. 102, 
103, fia. 65 (originale del Ramsay Wright). 


LD — 


nervosi che si terminano nei tentacoli delle Temnocephela (1), crede 
che questi devono riguardarsi come organi speciali di tatto, che ser- 
vono ad aiutare la prensione e la locomozione. Secondo il Woeltzkow 
nell’ Aspidogaster conchicola (2) « In der Saugscheibe findet sich 
entsprechend jeder Einkerbung des Randes nahe des. ussern Rande 
je eine becherfòrmiges organ » di struttura abbastanza complicata, 
che egli per il loro « eigenthiiml»chen Bevegungsweise » interpetra 
come organi di tatto. (I*) Nel mentre altrove ammettevo (3) un senso 
tattile diffuso alla superficie del corpo, più sviluppato forse nelle 
forme prive di organi visivi (digenetici in genere), tenuto conto 
delle deduzioni di Haswell per i tentacoli anteriori delle Temmnoce- 
pha'a, ho espressa l’ opinione che le ventose, così anteriori che po- 
steriori dei Tristomidi, per la presenza in esse di nervi forti e la 
loro complicata disposizione in esse, potessero riguardarsi, come 
pure il disco degli altri monogenetici, come organi di tatto (4). Le 
ricerche recenti del Braun (5) sembrano aver in parte comprovato la 
mia opinione ; infatti egli ritiene come organi di tatto quello da 
lui « als Sinnesepithel angesprochene Auskleidung der Sauggruben 
von Nitzschia und Epibdella und die sonderbaren tastkolbenahnli- 
chen kòrperchen zwischen diesem Epithel bei Ni/sschia » (6). Re- 


(1) HasweLL W. On Temnocephala an aberrant monogenetic Tre- 
matode, in: Quarterl. Journ. of Microscop. Science, New-Series, Vol. 28, 
pag. 295. 

(2) VoeLTzKow A. Aspidogaster conchicola, in: de Zool. Inst. Wiizburg, 
VII Bd. 4888, pag. 260, Taf. XVI, fig. 14a, 15 a 

(*) I numeri romani in parentesi si HP SI note ed osser- 
vazioni che trovansi in fine del presente studio. 

(3) ipsa Fr. Sav. Saggio di una Morfologia dei Trema- 
todi, Napoli, 1888, Flli. Ferrante Edil. pag. 50-51. 

(4) Diese opinione è condivisa anche dal Lang che nel suo « Lehrb uch 
der Vergl. Anat. venuto in luce nel 1888 poco tempo dopo la mia citata 
memoria, a pag. 150 così si esprime « Bei den Trematoden erscheint die 
Tastempfindung besondérs am Saugnipfe localisirt ». 

(5) Braun M. Vermes, in: Bronn's klassen ele., Trematoda, pag. 466, 

(6) Qui vorrei far osservare che il Braun pensa altrove (pag. 425 Op. 
fit.) diversamente circa questi organi della Nitzschia: egli scrive infatti « [ch 
vermuthe, dass diese Korperchen, iber deren Bau die Untersuchung am 
frischen object vielleicht mehr Aufschluss geben wird, nicht Sinnesorgane 
sondern Haftapparate sind, die beim Gebrauch der Sauggraben è ùber die 


Hiakchen leicht anhaften », la quale opinione, come m’ indica la struttura 
di questi » Kòrperchen », io sono più inclinato ad aceettare. 


dEi ene o, Sei 


ol 


abi e ae Sd 


e ei CEE, 


— 101 — 


centemente il Linstow descrive nella Epibdelia Hendorffii « etwas 
nach aussen von den Miindungen (degli organi genitali) ein klei- 
ner pilzformiger Kòrper » che egli crede « vermiithlich cine Ta- 
stpapille » (1). 


Qui voglio fare brevemente cenno di alcuni organi speciali di 
tatto da me riconosciuti in alcuni Tristomidae (II). 


Nel genere Tristomum fra le due ventose anteriori si osserva 
Sempre un lembo cutaneo libero più o meno grande e sviluppato 
secondo le diverse specie: d’ ordinario di forma subrettangolare con 
i due angoli anteriori ora rotondati (Trist. molae Bl. T. pelamydis 
Tasch. (fig. 20), 7. uncinatum. Mont., 7. maculatum Rud., T. inter- 
ruplum n. sp. (fig. 17) (III), 7. Blanchardti Dies. (secondo quanto ho 
visto su di un esemplare che deve probabilmente riguardarsi tipo di 
questa specie conservato nel Museo di Parigi), ora subpuntuti late- 
Talmente (7. Levinsenti n. sp. (IV) ora più o meno prolungati a for- 


‘mare due cornetti (7. papittosum Dies., T. coccineum Cuv.) Questi 


cornetti sono sviluppatissimi specialmente nel 7. papillosum (fig. 1) 
nel quale per il primo li ha descritti il Diesing come tentacoli (2), 
osservando che questa specie di 7risfomum « erinnert riicksichtlich 
der Fiihlfàden, die hier schon entschieden auftreten, an einige Pla- 
narien, und unter den eigentlichen Binnenwirrmern an Z/o/ostomuim 
bei welcher Gattung Ahnliche Organe vorhanden sind »; e soggiunge 
ancora « Einige noch gròssere Anniherung an Planarien ergiebt 
sich durch eine hòchst warscheinlich nene Art dieser Gruppe die 
Dr. Gloisner verflossenen Sommer in Adriatischen meere entdeckte 
(Stylochus papittosum Dies., che descrive in nota nella stessa pa- 
gina), und an der Ahnliche zapfenformige Erhòhungen wie bei 
unserem Yristomum auf der Riickenflàche vorhanden sind ». 
L'esame di un largo materiale fresco di 7. papillosum mi ha 
portato a riconoscere in questi cornetti del lembo anteriore dei veri 
Organi di tatto. Studiando infatti sul vivo i movimenti dell’ animale, 
© specialmente quelli così caratteristici ed interessanti di progres- 
sione (3), mi sono avveduto dell'uso che i suddetti Tristomum fa- 


ii ii i 


(1) Liysrow O. V. Beitrag zur Anatomie von ina Hendorfîi, 


Cia: Arch. Mik. Anat. Bd. XXXIII, pag. 174, Taf. X. fig. 


(2) Diesine C. M. Helminthologische ac in: Lioni. k. Akad. 


| Wien. Bd. XVIII, 1836, pag. 314-316, Tab. XVII, fig. 13-18. 


(3) Questi movimenti, quantunque maggiormente esplicati, sono fondi 


Mentalmente gli stessi di quelli da; me osservati in altri Tristomidae e dei 


ct “RI ES 


cevano dei loro cornetti anteriori, ed ho constatato che questi cor- 
netti si allungavano e contraevano moltissimo incessantemente solle- 
vandosi ed abbassandosi e, spingendosi innanzi, tastavano il fondo del 
vaso, nel quale tenevo i Tristomi, prima che l animale progredisse 
nell’insieme dei loro movimenti questi cornetti ricordavano i tenta- 
coli di una chiocciola uscente dal guscio (fig. 1). Questa osservazione 
m’indusse a studiare più da vicino i suddetti cornetti ed esaminan- 
doli con microscopio semplice a forte ingrandimento, m’ avvidi che 
l'estrema punta del cornetto, a forma di cono, di aspetto jalino e tra- 
sparente, fuoriusciva e si ritirava in un infossamento, che col suo 
ritrarsi determinava, corrispondentemente all’ accorciarsi ed allun- 
garsi di tutto il cornetto (fig. 1* fn). Nello stato di contrazione, ho 
osservato al microscopio composto , che il cornetto presentava un 
foretto terminale nel quale s’infossava 1’ estrema sua punta a forma 
di cono, e tutto intorno al foro, che sembrava alquanto profondo, si 
osservavano numerosi e fini fascetti muscolari longitudinali , che 
nell’ estremo loro opposto si terminavano nella muscolatura del cor- 
po, destinati con le loro contrazioni a ricondurre indietro il cono 
terminale del cornetto dopo l'estensione (fig. 2 mf). Delle ben riu- 
scite preparazioni condizionate col liquido di Hertwig, alquanto da 
me modificato nelle proporzioni dei snoi costituenti, hanno meglio 
completata l’ osservazione fatta a fresco, e, come le preparazioni 
debitamente fatte col cloruro d’ oro (metodo di Lowit e di Grieb), 
mi hanno dimostrato, nell’ interno del cornetto, la presenza di un 
nervino — proveniente da diramazioni secondarie dei nervi anteriori 
laterali che partono dal cervello e, dirigendosi in avanti, si ramifi- 
cano nel lembo anteriore — che si prolungava nel cono terminale (1), 
ed andava a terminarsi in questo, in forma di esilissimo filetto, disotto 
l’ectoderma (Cuticola Auct.), arrestandosi a breve distanza dal limite 
inferiore di questo (fig. 1* n2). 

Per il modo come essi funzionano e per la loro struttura io 


quali ho data una particolareggiata descrizione a pag. 20 del mio citato 
saggio: non ho, però, nei veri Tristomum osservato finora movimento di 
nuoto come nel Acanthocolyle Lobianchi (v. loc. cit.) 
(1) Questo nervino era già stato veduto dal Lang nel Tristomum coc- 
cineum, nel quale si trovano i cornetti anteriori come nel T. papillosum, 
la sua presenza ed il suo modo di terminarsi gli fa dire che ritiene 
« fùir vollsttindig gerechtfertigt, wenn Kélliker von diesen Theile als von de 
Fiihlern spricht » v. Lane A. Untersuchungen zur vergleichen- 
den Anatomie und Hist. der Plathelminthen, II. Ueber Ner-. 
vensyst. der Trematoden, in: Mitth. Z. Stat. Neapel, Bd. 2, pag. 32° 


03 i 


non esito a considerare i suddetti cornetti come organi speciali di 
| tatto, e ritenere come dei veri tentacoli anteriori i coni 
terminali dei cornetti medesimi. Questi tentacoli hanno la 
stessa disposizione nel T. coccineuina come ho potuto constatare : 
nei Tristomum a lembo anteriore con angoli arrotondati i ten- 
tacoli anteriori anche si trovano, ma sono disposti diversamente, 
20, cioè nel margine anteriore del lembo 
in frrimilà dell’ ui rotondato. I tentacoli di questi Tristomi (v. 
fig. 4), come quelli del T. coccineum, hanno la stessa struttura di 
quelli descritti innanzi del 7. papiltosum: nel T. Blanchardii è 
possibile i tentacoli, stante la forma del lembo, sieno disposti come 
nelle specie a lembo con angoli arrotondati, ma circa il 7. macula- 
lum posso dir nulla di certo sulla esistenza e disposizione dei ten- 
tacoli. I tipì di questa specie pare non sussistano e resta sempre a 
sapere di che natura e se realmente esistano gli aculeetti (pointes) 
descritti e figurati dal La Martinière (Journt. de Physique, Sept. 
1787, pag. 207, Tab. 2, fig. 4-5), descrizione riportata, insieme alle 
figure, dal Rudolphi (Enf. Syn. pag. 481, Tab. I fig. 9-10) (1). 
Io non ho potuto constatare l’ osservazione di Kélliker innanzi 
citata dell’ esistenza dei due piccoli prolungamenti « auf der hin- 
Teren scite des Kopfes » del 7. papillosum della quale ho fatto 
cenno innanzi: voglio per altro far notare che dalle citate parole del 
Kolliker si rileva implicitamente come egli considerasse i tentacoli 
anteriori (Diesing), i cornetti anteriori, del Tristomum papillosum 
come degli organi di tatto. Io credo che anche le papille dorsali di 
Questa specie (fig. 3) possono riguardarsi degli organi tattili per le 
ragioni che ora dirò. Queste papille sono delle semplici sporgenze 


Fort i cc ui 


(1) La struttura dei tentacoli testè descritta ricorda molto quella degli 
organi « Beckerformiges» dell’Aspidogaster conchicola illustrati dal Voeltzkow 
(Ved. op. cit. nella pag. 100, nota 2). Questi sono « flaschenfirmige Organe 
die unter der Haut gelegen, diese in form von warzenartigen Erhabenheiten 
emporgetrieben haben sie bestehen aus einem kolbenfòrmigen inneren 
Stick und einem halsartigen Theil dem ein durchbohrter, massiver kegel 
Sag ist. Das ganz organ scheint hohl zu sein. Der halsartige theil 

m [kegel kann ziemlich weit hervorgestreckt und willkùrlich hin 

“nd ner bewasi werden ». Il Voeltzkow non vi ha però osservate termi- 

| nazioni nervose e, come ho innanzi riportato, è solo per i loro movimenti 

| che ritiene sieno organi di tatto; ma anche in questi organi ha ricono- 

| sciuta la presenza di fascetti muscolari retrattori, come li ho descritti nei 

Tristomum, (v. Taf. XVI fig. 15a, 155, r) che ha solamente disegnati, ma non 
itti. 


— 104 — 


dell’ cctoderma (cuticola) di forma conica e molto sviluppate, nelle 
quali si trova del tessuto congiuntivo e dei nuclei sparsi. Trattando 
degli esemplari di questo Tristomum con il metodo del cloruro d’oro 
(Lowit e Grieb) ed esaminando una serie di sezioni di ben riuscite 
preparazioni ho potuto scorgere in alcune papille quanto ho disegnato 
nella fig. 3 della tavola V cioè un filamento nervoso (np), che tra- 
versando gli strati muscolari del sacco muscolare cutaneo, assai bene 
messi in evidenza dal metodo adoperato, che dà ottimi risultati per 
lo studio della minuta struttura dei muscoli di questi animali, come 
altrove dirò, penetrava nel seno della papilla assottigliandosi man 
mano fino a rendersi invisibile e perdersi sotto 1’ ectoderma. 

Tale struttura ricorda molto quella descritta dal Wright e Ma- 
callum nelle papille cutanee tattili della SpAyranura Osleri e dal 
Fischer in quelle dell’ Opisthotrema cochleare (v. innanzi), nelle 
quali, però, il filamento nervoso fuoresce libero allo esterno. Le pa- 
pille della ventosa posteriore di alcuni Tristomum (T. molae) e 
delle Epibdella sono, invece, da considerarsi delle semplici papille 
cutanee , giacchè in esse non ho potuto riconoscere terminazioni 
nervose. 

I tentacoli testè descritti si trovano anche nell’ Acanzhocotyle: 
qui relativamente sono alquanto più sviluppati. Osservando un A- 
canlhocotyle a fresco vedesi, infatti, immediatamente innanzi le 
ventose anteriori, un leggiero incavo e subito dopo un forametto dal 
quale fuoresce e si ritrae un piccolo cono allungato, che è il tenta- 
colo; il quale per struttura è simile a quelli dei 7ristomum. Nella 
figura 9 ho rappresentato i due tentacoli dell'A. Zobianchii in esten- 
sione nei loro rapporti reciproci di posizione, nelle fig. 104 e 100 due 
aspetti diversi di detti tentacoli a): in estensione, 0) in procinto di 
ritrarsi. Considerando bene le due figure si vedrà chiaro che il 
margine anteriore del corpo, perchè smarginato in prossimità delle 
ventose, determina un piccolissimo lembo omologo a quello dei Tr 
stomuim, ma naturalmente molto ridotto, dagli angoli anteriori smus- 
sati del quale sorgono i tentacoli. Omologo al lembo dei Tristomum 
deve pure considerarsi il margine anteriore del corpo sporgente fra 
le due ventose anteriori del Trochopus tubiporus Dies. (V), come 
sì vede nelle fig. 12-13 ed anche quello della P/acunella. Siccome 
del primo non ho avuto fra mano che esemplari in alcool e del 
secondo finora non ho potuto avere che delle preparazioni in toto 
di Placunella eracantha, per gentilezza del Prof. Parona, così io non 
posso dire se essi posseggono o no tentacoli; è però possibile che 
vi si trovino, stante le loro grandi affinità con gli altri Tristomidae, 
come alcuni fatti mi fanno sospettare. 


— 105 — 


La presenza di organi speciali di tatto nei Trisfomum ed Acan- 
Ihocotyle(1)e quella possibile nei Trochopus e Placunelta non esclude 
che le ventose anteriori di questi Tristomidi possano funzionare an- 
ch’esse come organi di tatto, come ci autorizzano a credere i nume- 
rosi nervini che vi penetrano e vi si distribuiscono, secondo le osser- 
vazioni del Niemiec (2) e mie proprie per il 7. papiltosum, T. inter- 
rupium e T. pelamydis. Nelle Epibdella e Nitszschia finora non ho 
Piscontrato tentacoli anteriori: in entrambi i generi, se si fa ecce- 
zione dell E. Mendorffi (3) che ha un vero e distinto lembo ante- 
riore paragonabile a quello di molti Tristomum (fig. 8, 22), le due 
ventose anteriori sono assai ravvicinate e quasi si toccano anterior- 
mente come nella Nifzchia (fig. 32), nell’ Epibdella soleae H. Ba. 
(fig. 26) (VI) ed Z. Xippogtossi (fig. 24), nelle quali appena inter- 
cede fra esse un breve spazio molto incavato del margine anteriore del 
corpo: nell’ E. sciaenae van Beneden questo è un poco più svilup- 
pato (fig. 23) ed abbraccia le due ventose (4). Quali organi ora sosti- 
tuiscono i tentacoli dei Tristomum ed Acanthocotyle nella Nitsschia 
ed Epibdella? Sono certamente a mio avviso le ventose anteriori; 
questa è pure, come innanzi si è visto, l'opinione del Braun. 

o non ho potuto riconoscere nella faccia interna delle ventose 
delle Epibdella il rivestimento epiteliale descritto dal Braun (op. cit. 
Pag. 422-423) in queste e nelle Nz/sschia (su quest ultimo non ho 
TEA 


(1) Come si è visto innanzi (v. pag. 101) il Diesing paragonava i cor- 
netti anteriori del Tristomum papillosum alle corna anteriori degli Yolosto- 
mum aes alle quali già il Nitzsch (Articolo; Holostomum, in: Erse 
Grub. Enciklop. 18 16) aveva dato il valore di tentacoli /Molostomum distunii 
Secondo n panta del Brandos (Die familie der Holostomiden, in: 
Zool. Jahrbuch. V Bd. pag. 558) queste formazioni « Hervorragungen» 
in questa specie, come le altre omologhe « Vertiefungen » delle altre 
Specie di Hemistomum, che si osservano ai due lati della ventosa anteriore, 
sono « l’ ausmiindungstellen einer grossen Anzahl einzelliger Driisen, die 
haufenweise neben dem Pharynx oder in mehreren langspartien parallel 
neben der medianlinie liegen » /Taf. XL, fig. 1, 4, 5). Ciò però, a parer 
Mio, non esclude del tutto che potessero anche essere degli organi di tatto. 
(2) Niewieo J. Recherches morphologiques sur les ven- 

touses dans le regne animal, in: Recueil. Zool. Suisse, 2 Vol. pag. 44. 
Plan. 1A gl. 

(3) Negli esemplari di questa specie, che gentilmente il Dr. D. v. Lin- 

s$tow mi ha donati, non ho ritrovata la papilla tattile da lui descritta in- 


| Prossimità dello sbocco esterno dei genitali di questa specie. (v. innanzi 


bag. 101 nota 1). 
n Note sur un Trematode nouveau du maigre d'Europe 
in: Bull. Acc. Roy. Belg (1) Tom. XII, 1856. 


"TRO 


potuto fare osservazioni in proposito non avendo materiale sufficien- 
temente condizionato allo scopo) al quale, come si è visto, egli attri- 
buisce il valore di epitelio sensitivo, ma la mia asserzione si fonda 
sulla peculiare distribuzione dei numerosi nervini, che penetrano nelle 
ventose anteriori, specialmente di E. soleae ed E. Rippogtossi, € 
che sono molto più numerosi e complicatamente disposti che non 
nei Tristomum ed Acanthocotyle , come più innanzi meglio e più 
largamente dirò descrivendo il sistema nervoso delle Ep?bde/la, con- 
dizione necessaria per l intendimento delle terminazioni nervose 
nelle ventose. 

Ciò che ho osservato nelle ventose anteriori delle Epibdella è 
lo sbocco di numerose glandole cutanee, le quali si trovano tutt’ in- 
torno la base delle ventose ed alcune anche nelle ventose medesi- 
me, le quali nelle Epibdella, in genere e specialmente nelle E. solae 
ed E. Mppoglossi, presentano una struttura molto primitiva ed io 
propongo perciò indicarle col nome di pseudoventose (1). Queste 
glandole sì trovano tutt’ intorno la base delle pseudoventose e dor- 
salmente a queste nell’ E. soleae ed E. Rippogiossi: esse erano già 
state intravvedute dal Vogt (op. cit. nella nota VI), che nella fig. 1 
della Taf. XV disegna nel posto delle ventose anteriori della E. s0- 
leae (Phyltonella soleae) degli ammassi granulosi (4) che indica nella 
spiegazione della Tavola a pag. 341 come « Driisen des Lippensran- 
des ». Queste glandole cutanee delle Epibdella sono simili per posi- 
zione e struttura a quelle osservate e descritte dal Braun (op. cit. 
pag. 427) nella Niéfsschia elongata (2) 

Queste glandole delle Epibdella sono unicellulari e numerose, 
e sboccano nella superficie esterna delle pseudoventose, e come nella 
Nitzschia, marginalmente. Esse (fig. 299a, 30) hanno aspetto di sacco 
o di pera come si scorge nelle figure e sono fittamente le une all’al- 
tre addossate. Si colorano bene col carminio e mostrano un grande 
nucleo ricco di granulazioni cromatiche, più intensamente colorate: 


(1) equivalente alle « Sauggriben » di Braun op. cit. pag. 410-411. 
(V. incisione in Nota VI 

(2) La presenza di glandole anteriori nell’ Epibdella soleae è stata con- 
statata recentemente anche del Cunningham (A. Treatise on the Com- 
mon Sole /Soleae vulgaris) Plymouth, 1890 publis. by the marine biolo- 
gical Association. pag. 93, Structure of Phylionella Soleae Van Beneden 
Hesse a parasite of the common sole) che a pag. 94 scrive « At the a0- 
terior end of the body there is a semicircular projection, the ventral edges 
of which are provided with a pair of glands ag (fig. 1I, pag. 98), for adhes- 


sion ». Secondo questo A. (pag. 96) « The glandular areas on the anterior 


end » di questa specie « represent the anterior suckers ». 


St N Re PIE SE RA 


CERERTRI 


— 107 — 


«il contenuto cellulare è grossolanamente granuloso e alle volte sca- 
di vato di vacuoli, come sembra all’ osservazione a forte ingrandimento, 
ripiene di sostanza grassa. Nella Epibdella Hendorffii le glandole si 
trovano invece nelle ventose anteriori, che in questa specie, come 
nell’E. sciaenae, sono meglio sviluppate che nelle altre due; esse 
hanno la stessa struttura che ho innanzi descritta e sboccano nella 
È superficie interna delle ventose, ma da quanto ho potuto osservare 
i È non sono così numerose come nell’ E. soleae ed E. Rippoglossi. 
13 Anche nella Placunella e nel Trochopus che sono forme, come ho 
detto nella Nota V, per molti aspetti affinissime all’ Epibdella, si 0s- 
servano delle glandole cutanee anteriori disposte come nella Ep7b- 
della soleae e E. hippoglossi ed aventi la medesima struttura di 
queste (come fa fede la figura 31 della Tav. VI v. ga). 

Queste glandole cutanee anteriori delle Epibdeita, Trochopus, 
Placunella e Nitzschia sono omologhe a quelle descritte e figurate 
dal Niemiec nelle ventose anteriori di Tristomum motae (op. cit. 
pag. 44 PI. Il, fig. 4-5 gl.), delle quali hanno la stessa struttura 
istologica, ed a quelle che ora descriverò dall’ Acan/hocotyle. Nelle 
due specie del genere A. elegans ed A. Lobianchi queste glandole 
cutanee hanno un grandissimo sviluppo: esse occupano tutta la parte 
anteriore del corpo, sono disposte ai due lati della faringe e sono 
le une alle altre addossate fittamente (fig. 9, 86 9a): sono come quelle 
delle Epibdella, Nitzschia e Tristomum delle glandole unicellullari; 
Ma le cellulle singole qui, nell’ Acant/hoco/yle, sono grandi assai, 
hanno contorno irregolare, dovuto alla reciproca pressione che eser- 
citano e subiscono fra loro, ed un contenuto granuloso come quelle 
| delle Epibdella, Nilzschia e Tristomum, ma qui sono ancora più 
" DI numerosi i vacuoli innanzi descritti nelle glandole di Epibdella. Il 
Nucleo è grande e chiaro e contiene un nucleolo intensamente co- 
lorabile col carminio, con filamenti nucleari (fig. 37): i singoli dotti 
escretori di queste glandole anteriori si riuniscono insieme e vanno a 
sboccare in uno 0 più dotti maggiori, che si aprono nelle ventose 
anteriori (fig. 86 dga). Queste sono in questo genere ben sviluppate 
€ mobilissime ed alla loro mobilità concorre la presenza di due forti 
fasci di fibre muscolari che, partendo dal fondo delle ventose, rasen- 
fano la faringe dai due lati, traversando i campi glandolari testè 
descritti, e vanno ad inserirsi posteriormente sperdendosi nella mu- 
. Scolatura cutanea a livello dell’ arco intestinale (fig. 9, 36 2m04). 
Questi muscoli motori delle ventose, dei quali ho già fatto cenno al- 
trove (1), sono omologhi a quelli osservati dal Niemiec e da me nei 
in 


(1) Saggio cit. pag. 28. 


— 108 — 


Tristomum e nell’ sa Hendorffii nei quali però essi non sono 
mai così sviluppati e fort 

Le glandole testè a nei Tristomidae devono pure ri- 
guardarsi omologhe alle glandole osservate per la prima volta da 
Wierzejski (1) intorno la pseudoventosa boccale del Calicotyle ; 
Kroyeri (VII) e che secondo le mie osservazioni sboccano tutt'intorno 
al margine di essa (fig. 33ga), ed a quella parte di glandole cuta- 
nee delle Temnocephala che occupano la parte anteriore del corpo 
e sboccano secondo l’ Haswell (op. cit.) ed il Weber (2) nella super- 
ficie ventrale dei tentacoli di questi Trematodi. Finora non sono staie 
osservate simili glandole nelle rimanenti specie di Tristomidi , nè 
finora ho potuto vederle negli Encofy!labidae e negli Udonellidae e 
potuto riconoscerle con certezza negli altri Monocotylidae ( Mono- 
cotyle, Pseudocotyle). Nel Monocotyle e Pseudocotyle (VIII) ho in- 
fatti riconosciuto nella parte anteriore del corpo, in prossimità della 
bocca, delle cellule che avevano l aspetto glandtolare, ma non avendo 
potuto riconoscere il modo ed il luogo di sbocco non oso pronun- 
nunziarmi sulla loro natura (3). Omologhe alle giandole anteriori dei 
Tristomidi devono riguardarsi le glandole cutanee osservate nella 


(1) Wierzessy. Zur Kenntnniss des Baues von Calicotyle Kroyeri 
Dies., in: Zeit. Wiss. Zool. 29 Bd. pag. 553. 

(2) Weser Max. Ueber Temnocephala Blanch., in: Zool. Ergebnisse einer 
reise in Niederlindisch. Ost-indien, Heft. I. 

(8) Glandole cutanee anteriori non ho potuto riconoscere con certezza 
nell’ Anoplodiscus Richiardii Sonsino (Di un nuovo trematode raccol i 
to dal Pagrus a da Proc. Verb. Soc. Tosc. ec. 16 Nov. 1890) del quale ; 
il Sonsino cortese mi ha conce»so in esame un preperato microsco- È 
pico. Nei citati Peie: Vaia Nota II (Notizie di Trematodi e Nema- 
todi del Museo di Pisa) a proposito del genere Calceostoma il Sonsino 
esprime l'opinione che gli pare questo genere e tutti i Girodattilidi vadano 
tolti dalla famiglia delle Polystomeae..... « appartenendo piuttosto alle Tristo- 
meae » Questa opinione io non posso condividere, giacchè i Calceostoma € 5 
specialmente gli altri Girodattili per la loro organizzazione sono molto 
ferenti dai Tristomi. Ciò che sono più inclinato ad accettare, invece, è l' i i 
tra opinione del Sonsino di ripristinare, « qualora non si voglia riporre la n 
sottofamiglia Gyrodaciylidae: nella famiglia Tristomeae], la famiglia dei Gy- 
rodoctylidae dell’ Hesse e van Beneden come distinta dai Polystomeae », C0Sa 
che, del resto, hanno già praticato il Parona e Perugia (Intorno ad al- 
cune Polystomeae ece. in: Atti Soc. Lig. Sc. Nat. e Geogr. Vol. I, Fasc. III, 
pag. 19, estratto). Ma su questo punto ritornerò nella seconda parte delle 
presenti ricerche, nella quale esporrò una proposta di una nuova pere: 
dei Trematodi. 


— 109 — 


parte anteriore del corpo di alcuni Polistomidi dallo Zeller ( Polysto- 
mum) e da me (Exacotyle) ed in parecchi Microcotilidi, come pure 
le numerose glandole cutanee anteriori dei Gyrodactylidae osservate 
dal Siebold (Gyrodacty!us) e Wagener (Gyrodaciylus e Dactylogyrus 
eda Chatin e da me nel Tefraonehus torpedinis, nei quali sono svi- 
luppatissime. A questo proposito voglio far qui notare la presenza di 
queste glandole cutanee anteriori numerose anche nel Telraonchus 
unguiculalus Wagner ( Ancyrocephalus paradoxus Creplin ) } in 
quest’ultima specie esse sono di forma allungata, a fiaschetto, come 
d’ ordinario nei Girodattili ed oceupano tutta la parte anteriore del 
corpo innanzi l'apertura boccale (fig. 40, 41 ga). Esse si dividono in 
due gruppi secondo le due metà del corpo ed i dotti escretori di 
ciascuna metà delle singole glandole, si aggruppano insieme a for- 
mare tre fasci (fig. 41 49a), che sboccano per tre aperture differenti 
lungo i margini della parte anteriore triangolare del corpo (1). 
«Quanto alla funzione di queste glandole anteriori, a me pare 
molto probabile che quelle dei Tristomidi, appunto, perchè sboccanti 
nelle ventose o pseudoventose, possano servire a facilitare l'adesione 
di queste, come pensa I’ Haswell per le glandole anteriori sboccanti 
nella faccia ventrale dei tentacoli di Temnocepha!a ed il Cunningham 
innanzi citato per le glandole delle Epibdella soleae : lo stesso valore 
fisiologico sarei d’ opinione di accordare alle glandole anteriori dei 
Calicotyle. 

Omologhe ancora a queste glandole anteriori dei monogenetici 
devono riguardarsi: le glandole cutanee che si trovano nell’ Aspido- 
gaster conchicola e limacoides, specialmente in prossimità della boc- 
ca (che per istologica struttura sono simili a quelle da me innanzi 
descritte) secondo le osservazioni di Woeltzkow (op. cit. pag. 361) — 
quelle anteriori degli HMolostomidae (Holostomum ed Hemistomum) 
descritte dal Brandes già citato — quelle da Wagener e Ziegler (2) 


(1) Osservando la parte anteriore del Telraonchus unguiculatus a piccolo 
ingrandimento, i i gruppi di dotti escretori delle glandole (tre a dritta e tre 
Miri sinistra ) appariscono essi come macc ie scure e gli spazii che interce- 
mo sono più chiari. Questi spazii sono con molta probabilità ciò che 
| Diesing ha interpetrato come ventose posteriori quando considerava la parte 
| anteriore come posteriore (fig. 40). Ciò io ho desunto dalle mie osservazioni 
n ? dall’esame comparativo delle figure e degli esemplari tipici del Diesing 
(v. in proposito mia nota sull’ Ancyrocephalus paradorus ec. in questo Boll. 
a II, Anno III, pag. 115-116). 
— (®) Ziecter. Bucephalus und Gasterostomum, in: Zeit. Wiss. Zool. Bd. 39, 
19. 998, Taf. XII, fig. 28 dr. 


(FE 


— 110 — 


riconosciute nel margine posteriore della ventosa anteriore dei 
Gasterostomum « welche vermiithlich in den Saugnapf hinein 
miinden » (1)—quelle osservate in alcuni Distomi dal Walter (v. cit. 
a pag. 117) e dal Leuckart (Menschl. Parasit. [v. cit. in nota. pag. 
99] a pagina 366-367) nel D. /anceolatum ed in altri Distomi (D. 
spathulatum, D. endobotuun ecc.) e che in prossimo lavoro (0s- 
servazioni ce ricerche sull’ anatomia, sulla istologia, sviluppo e bio- 
logia dei Trematodi endoparassiti) descriverò trovarsi nella ventosa 
anteriore del D. calypirocotyle n. sp. e forse in parte anche quelle 
della parte anteriore del corpo (glandole cutanee) dello stesso D. ca- 
Iyptrocotyle n. sp. e D. nigroflavum, il quale, contrariamente al- 
l'opinione del Sonsino, è specie perfettamente distinta dal D. con/or- 
tum, come ampiamente dimostrerò nel lavoro suddetto—quelle, in- 
fine, che si osservano nella parte anteriore del corpo di molte Cer- 
carie, specialmente echinate xe che io ho riconosciuio pure nella 
C. Clausii fra le Cercarie marine), nelle larve di Gasterostomum 
(V. Ziegler op. cit. pag. 548) e di alcune larve di Holostomi (Te/ra- 
cotyle), (1) osservate dal Linstow, Brandes e da me (in una forma 
incapsulata nel Tropidonotus viperinus), che sboccano in prossimità 
ella ventosa anteriore, od in questa. 

Le quali suddette glandole degli endoparassiti sembrano in ge- 
nerale essere anche funzionalmente analoghe a quelle dei monoge- 
netici sopra mentovate. 


Conservando il nome di « tentacoli » alle appendici anteriori 
delle Temnocephata nelle quali, secondo le osservazioni di Haswell 
(loc. cit.), di Weber (loc. cit.) e mie per la Temmnocephata brevicornis 
Montic. (IX) si terminano dei fascetti di fibre nervose, io ho creduto 
di riservare questo nome solamente al cono terminale retrattile dei 
cornetti anteriori del Tristomum papilltosum e coccineum, e spiego 
questa restrizione osservando che l’ organo tattile, il cono mobile, 
non sì trova sampre nell’ estremo del cornetto, ma, come negli altri 


(1) Il Brandes (op. cit.) a pag. 578 in nota (3) scrive: Ich schlage vor, 
um jede Missvertiindniss aus der Welt zu schaffen, alle diese Formen (larve 
di Holostomi) vorliufig Telracolyle zu nennen. inn wurde dann einfach 
ein collectivname fir Holostomiden-larven sein ». Il Brandes avrebbe però 
dovuto tener presente che tal proposta non À nuova, ma l'avevo già io 
fatta fin dal 1888 nel mio Saggio a pag. 94 quando scrivevo « solo la larva 
dei Diplostomeae (famiglia equivalente alla sua degli Holostomidae) potrebbe 
conservare il nome di Tetracolyle » adducendo le ragioni che mi conforta 
vano al farla 


ico | 


— 11 — 


Tristomi, nella parte anteriore del lembo o sul margine anteriore 
del corpo come nell’ Acanzhocotyie. Dalle cose innanzi dette risulta; 
che i tentacoli si osservano nei Tristomum ed Acanthocotyle ed è 
possibile sospettare la loro esistenza nella Placwnella e nel Trochopus 
e che negli altri Tristomidae, nelle Epibdella (certamente £. soleae 
ed E. hippogtossi) le pseudoventose , le ventose funzionano come 
organi di tatto. Consideriamo ora se si trovano organi speciali di 
tatto negli altri monogenetici: io non ho osservazioni speciali in 
proposito, ma esaminando alcuni preparati di Ca/ico/yle Kroyeri sono 
indotto a supporre che la estremità anteriore del corpo di questa 
specie, che sporge innanzi la pseudoventosa boccale e che è mobile 
€ può allungarsi e retrarsi e sporgere innanzi come un lembo tra- 
pezoidale , possa funzionare come organo di tatto (fig. 33). Questo 
lembo è rattenuto dai due lati, posteriormente, da due fasci di fibre 
Muscolari (fig. 33 227) che vanno, dietro la faringe, a perdersi nella 
muscolatura cutanea (v. in. prop. Wierzejski che ha pure fatto cenno 
€ figurato questi muscoli, loc. cit. pag. 553): credo pure possibil- 
mente deputate a questo scopo le appendici anteriori tentacoliformi 
delle Echinella e quelle del genere Diplectanum, Gyrodacty!us e 
Dactytogyrus (X) e la corona di appendici digitiformi che circonda 
la bocca del Gyrodactyius etegans , secondo il Wagener e del 7e- 
lraonehus torpediînis, secondo le mie osservazioni (v. questo Bol- 
lettino Vol. IV, pag. 194). 


Esaminiamo ora per poco se i tentacoli anteriori dei Tristomidi 
trovano riscontro in organi simili di altri Platelminti ed a quali di 
essi possono considerarsi analoghi od omologhi. 

Fra i Rabdoceli, i soli che posseggano veri tentacoli anteriori, 
ai quali si attribuisce il valore di organi di tatto, sono i VorZiceros 
fra i Plagiostomina, genere di poche forme appunto caratterizzato 
dalla presenza di questi tentacoli. In questi li ha descritti il Graff 
nel Vorticeros pulcheltum O. S. (1). Fra i Policladi si osservano 
veri tentacoli anteriori cefalici, considerati come organi di tatto (Na- 
ckententakel, Lang) solo nei Planoceridie Lang fra gli Aco/ylea; 
negri altri si trovano (nei Pseudoceridi ed Eurileptidi fra i Co/y/ea) 
dei tentacoli marginali anteriori assai differenti dai primi (Rand- 
tentakeln), fra i quali il Lang distingue due tipi (faltenformi- 


pra ERROR 


(1) Grare. Zur Kenntniss deriTurbellarien, in: Zeit. Wiss. Z. 
tà, XXIV, pag. 152, Taj. XVIII, fig. 1-4,7 (Vorticeres pulchellum V. auricula- 
tum) Graff, ia; Monogr. Turbel. I Rabd. pag. 399, Taf. XVII. fig. 19-26. 


TR — 


gen e zipfelformigen Randtentakel) (1). Veri tentacoli ante- 
riori (Leimacopsis terricola) (2) e prolungamenti, appendici, o lembi 
che dir si vogliano, tentacoliformi anteriori (Dendrocoelum , Poly- 
cetîs (3), Bipalivim che determinano in questo la forma a crescente 
dalla parte anteriore del corpo (4)) considerati come organi tattili, 
sono stati pure descritti nei Tricladi. 

Comparando ora questi tentacoli ed appendici anteriori con 
quelli dei Tristomidi non si può non riconoscere che sono organi 
del tutto analoghi per il modo identico di funzionamento come or- 
gani di tatto, tanto negli uni che negli altri Platelminti (5Î), e che i 
cornetti anteriori dei Tristomidi mostrano grande rassomiglianza 
con le appendici anteriori edi tentacoli degli altri Platelminti: ras- 
somiglianza già dal Diesing osservata come innanzi (v. pag. 101) ho 
notato. i 
Quanto a stabilire una cialda fra i tentacoli dei Tristomidi 


te) 
con quelli degli altri Platelminti enumerati, io credo che non è pos- 


ss si 


(1) Lana A. Die PolycIaden /Seeplanarien) des Golfes von Nea- 
pel, in: Fauna und Flora des Golf. von Neapel, 1884. pag. 193-195. 

(2) Scnmarna. Neue Wirbellose Thiere, I Heft, Leipzig, 1859. 
pag. 30-32, Taf. VI, fig. 69 Cri terricola). 

Diesima. Revision der Tur arien, Abtl. Dendrocoelen 
in. Sit. Ber. Akad. Wien, Bd, XLIV, 186; 1, pag. 5419 (Leimacopsis). 

oseLeyv. Structure of several forms of Land Plan&srians 
in: Quart. Journ. Micr. Science. 1877 (2) Vol. 417, pag. 217. 

(8) Jima I. Untersuchung. ib. d. Bau und Entwickl, d. Sis- 
swasser-Dendrocoelen, in: Zeil. Wiss. Zool. Bd. 40, pag. 306, 
435, 436. 

(4) MoseLyv. On anatomy and Histology of Land Planarian$ 
of Ceylon ece., in: Phils. Trans. R. Society, London, 1874, pag. 1 

(5) Dai Balzo escludo come si vede i Nemertini, selle molto 


Sai 


elevazione a tipo distinto dagli altri vermi, proposta recentemente dal Lang 

nel suo trattato: proposta, per altro, già fatta assai prima che dal Lang dal 
l’Emery nella sua Zoologia in nota alla pag. 40 I. ediz. (come ho già fatto 
| notare nel mio Saggio a pag. 8, nel quale ho pure accennato alle ragioni 

che secondo me si opponevano alla proposta dell’ Emery). Il tipo Platelminti — 
proposto dal Lang differisce solo da quello dell’ Emery per la esclusione 
dei Nemertini. Emery nella seconda ediz. riconosce essere non ancora pia 
tura la quistione della partizione del tipo vermi e da mia parte mi associo n 
alle giuste rabornce. dell’ Emery. 


— li3 — 


sibile ammetterla fra i tentacoli anteriori dei Tristomidi c quelli 
marginali (Randtentakeln) dei Policladi e le appendici anteriori 
| tentacoliformi edi tentacoli dei Tricladi — quantunque per posizione 
(anteriori) ed aspetto generale, specialmente quelli dei Leîmacopsis, 
che molto rassomigliano a quelli dei Vorticer0s, potrebbero consi- 
derarsi omologhi —per la diversa loro struttura; c dico ciò assai più 
Specialmente per quelli marginali dei Policladi, nei quali d’ordinario 
penetrano delle ramificazioni intestinali (1). Credo invece possibile 
stabilire una vera omologia fra i tentacoli anteriori dei Tristomidi 
e quelli cefalici o anteriori (Nackententakel) dei Policladi e forse 
anche maggiore con quelli dei Rabdoceli (Vorziceros) così per posi- 
zione come per struttura. 

Quanto a posizione infatti, tanto nei Tristomidi quanto neì sud- 
detti Policladi e Rabdoceli, i tentacoli sono anteriori ed anche mar- 
ginali (Vorticeros). 

Quanto a struttura i tentacoli dei Tristomidi ìn genere, ricor- 
cordano molto quella dei tentacoli dei Planoceridae secondo Lang 
nei quali, come nei Tristomidi , i tentacoli si ritraggono in una 
sorta di infossamento che il loro medesimo ritirarsi determina, e 
quelli del 7. papillosum e T. coccineum sono paragonabili comple- 
— tamente a quelli del Vorticeros puichettum; e dirò di più i cornetti 
anteriori sono paragonabili ai tentacoli di questa specie, mentre il 
tentacolo terminale è paragonabile alla estremità terminale del tenta- 
coli di Vorticeros. Se consideriamo, infatti, la descrizione e le figure, 
che di questi tentacoli ha dato primieramente il Graff, (2) (XI), 
sÌ vedrà che tutto il margine anteriore del corpo dei Vorficeros si 
Prolunga in due cornetti più o meno allungati secondo lo stato di 
contrazione o di estensione dell'animale; cornetti rassomigliantissimi 
a quelli anteriori del Trisfomum coccineum e papillosum. Di que- 
Sti cornetti solo l’ estremità mostra delle modificazioni nella natura 
dell’ epitelio che la distingue del resto del cornetto, appunto lenécoe 
nel caso dei Trisfomum papillosum il cono terminale si distingue 
per la sua trasparenza; l'estremità anteriore del cornetto del Vor- 
ticeros si distingue solo da quella dei summenzionati Tristomum 
Perchè non è retrattile. Anche nei tentacoli dei Pranoceridae, nei 
ni 
(1) A proposito della interpetrazione di questi tentacoli v. Lang so cit. 
; ag 195. L’opinione di Lang avvalora “i molto la non possibile omologia 
_‘® questi tentacoli e quelli dei Tristomidi. , ; 

() Grarr. loc. ai pag. 152, Taf. XVII, fig. 4, 7 tt. fig. bra 
: Monographie d. Turbellarien, I. Rabdocoelidae. pag. ga 


mi 


a 


quali l epitelio ectodermico è differente da quello del corpo, esso si 
mostra più specialmente differente nell’ estremo dei tentacoli come 
nel caso dei Vor/iceros. Da tutto ciò che ho detto io credo di poter 
ricavare la omologia tra i tentacoli dei Tristomidi e quelli di que- 
sti Platelminti e specialmente fra questi e quelli dei Vorticeros nei 
quali parmi possa, come nel caso del Trisfomum papillosum, con- 
siderarsi come vero tentacolo la sola estrema punta sostenuta da 
cornetti mobili che non son altro che un prolungamento degli an- 
goli del margine anteriore del corpo, come nei 7is/o0mun papilto- 
sum e coccineum lo sono degli angoli anteriori del lembo anteriore. 

I tentacoli dei Policladi mostrano, invece, una maggiore indivi- 
dualità, giacchè si distinguono dal resto del corpo e ad essi può bene 
conservarsi tal nome: essi, secondo penso, rappresentano un’alto svi- 
luppo dei tentacoli (coni terminali) dei Tristomi, i quali forse sono 
una forma dovuta a riduzione, in rapporto alle condizioni di vita 
parassitaria (sensu Zato) che menano. Una forma intermedia, sareb- 
be data dai rudimenti di tentacoli a forma di collinetta di alcuni 
Leploplanidae (L. alcinoi). 


* 
* * 


Passo ora a descrivere il sistema nervoso delle Epibdezia per 
studiare le terminazioni nervose nelle pseudoventose anteriori. Il 
primo a dar notizia del sistema nervoso di questo genere è stato il 
Van Beneden, il quale così lo descrive nell’E. hippogiossi (1): « En ar- 
rière du bulbe de la bouche et à la face supérieure on voit une masse 
blanchàtre intimement unie à cet organe: on distingue de chaque 
còté un faisceau de cordons blancs très-reconnaissables dans 1’ ani- 
mal vivant aussi bien que dans celui qui est conservé. Cette masse 
blanche est située d’ une manière a peu près symmétrique: en avant 
au milieu, elle montre un tubercule pointu et souvent une légéere 
échancrure du còté opposé. A droite et à gauche on dirait deux 
ganglions intimement unis par coalescence, et qui se terminent en 
dehors par un grand nombre de filets nerveux que l’on peut pow- 
suivre encore jusqu'à une certaine distance de leur origine. Nous 
avons remarqué qu'il y a généralment un nombre plus grand de 
divisions du còté droit que du coté gauche et que par contre les 
deux ganglions gauches sont plus nettement separés que ceux du 
còté droit. Aucun filet nerveux ne mérite une mention spéciale, 


(1) Vers intestinaux, pag. 34-35, PI. III, fig. 1-6 a. 


TE 


I CEE RAS, 
eno eine La I 


— 115 — 


sauf celui qui se rend de chaque còté en arrière, parallelement aux 
tubes digestifs, et qui fournit d’ autres branches sur son trajet nous 
n’'avons pas observé de collier ». Egli osserva che la differenza di 
struttura di questi gangli « avec. cenx de quelques Hirudinés est 
sì grande sous le rapport microscopique que nous avons éprouvé 
quelche hésitation à regarder cette bande blanche comme nerveuse ». 

Dopo il Van Beneden non vi sono altre ‘ricerche speciali sul 
sistema nervoso delle Epibdella. Nella E. solae (Phyllonella) il 
Vogt (2) figura in d (Taf. XV. fig. 1) il sistema nervoso centrale di 
questa specie e l'origine dei nervi laterali (1), ma la figura è poco 
buona ed imperfetta (v. spiegaz. della tav. pag. 341, « d. centralner- 
venknoten mit Augen und links mit den davon ausgehenden Haup- 
tnervenstamme »). Recentemente il Linstow lo ha più minutamente 
descritto nella sua Zpibdella Hendorffii: secondo questo A. esso è 
| così costituito. 

Un corpo reniforme formato da un gruppo di cellule ganglio- 
nari giace innanzi la bocca e costituisce il cervello; un secondo 
gruppo di cellule giace dietro la bocca e costituisce, secondo VA., un 
| ganglio esofageo. Dal cervello partono anteriormente 4-6 nervi che 
sì perdono nella regione cefalica e nelle ventose anteriori, un forte 
rametto nervoso circonda a dritta ed a sinistra la bocca, dà un filetto 
al ganglio esofageo e si prolunga fino nella ventosa posteriore: lo 
| sfesso decorso segue un altro nervo longitudinale che trovasi ester- 

namente al primo e si origina da questo poco dopo la sua uscita 
dal cervello ; tutti e quattro questi nervi decorrono ventralmente. 
Dal ganglio esofageo, a quanto si ricava dalla figura, parte un altro 
paio di nervi più fini dei precedenti, il quale decorre dorsalmente (3). 
e mie osservazioni personali differiscono da quelle del van Be- 
neden e del Linstow per lE. hippoglossi ed E. Hendorffti, e da quelle 
del Vogt e e Cunningham per la E. solZeae: ed innanzi tutto dico che 
non ho potuto constatare in alcuna delle specie di Epibdella da me 
esaminate la presenza del ganglio esofageo descritto dal primo Au- 
tore nell E. Z/endorffii (4). Esaminando a fresco delle Epibdella so- 


rete 


(1) op. cit. nella Nota VI. 

(2) Simile alla figura del Vogt è la breve descrizione del sistema ner- 
Laforo di questa specie data dal Cunningham (Phyltonella soleae, loc. cit. pag. 94) 
* « In front of the alimentary sac dorsally are two simple nerve ganglia, 
giving off a main lateral nerve cord on each side, which passes backwards.» 

(8) op. cit. pag. 168-169, Taf. X, fig. 3, Taf. XI, fig. 19-21. 

_ (© Ciò cheil Linstow ha interpetrate come cellule ganglionari formanti 
il ganglio esofageo della sua Epibdella Hendorffii sono le glandole salivari 


— 116 — 


leae e sufficientemente comprimendole fra due vetri, si osserva die- 
tro ed innanzi la faringe un diadema di cellule grandi, piriformi, al- 
lupgate che sono disposte in doppia serie e con l’apice in basso e 
la base in alto (fig. 27): queste cellule sono delle vere e grandi cel- 
lule ganglionari , le quali si prolungano in filamenti nervosi che 
si aggruppano fra loro e si dividono a formare due grossi fasci de- 
correnti ai lati della faringe, e poi si biforcano ciascuno nuovamente 
in due rami dei quali uno si svolge innanzi e l’altro prosiegue po- 
steriormente. 

Questo medesimo aspetto del sistema nervoso ho potuto consta- 
tare in altri Tristomidi osservati a fresco e specialmente nell’ Aca;n- 
thocotyle Lobianchi (fig. 38). In questa specie, come si scorge dalla 
figura, il gruppetto di cellule ganglionari è più piccolo che nella 
Epibdella e più circoscritto; per contro sono più evidenti i fasci 
nervosi che vi traggono origine e si possono seguire per più lungo 
tratto, come fa fede la citata figura. Fra le cellule ganglionari si 
osservano in questa specie numerose granulazioni fini, che costitui- 
scono il tessuto interstiziale, di tessuto! spongioso che è stato 0s- 
servato anche nei Policladi. Fra le granulazioni fini se ne osser- 
vano di più forti. Queste ultime non ho viste nell’ Epibdella soleae, 
nella quale pure il tessuto spongioso interstiziale fra le cellule gan- 
glionari non era così evidente a fresco come nell’ Acanthocotyie. 
Il diadema di cellule ganglionari delle Epibdelta come degli altri 
Tristomidi è naturalmente il cervello e le fibre che ne partono sono 
le origine dei nervi periferici. La « masse blanche » descritta dal 
Van Beneden nella Epibdella hippoglossi non è il cervello: essa 
corrisponde probabilmente al fascio primitivo di fibre nervose prove- 


che si trovano alla base della faringe in tutte le Epibdella, come nell’ Acan- 
thocotyle e nei Tristomum—secondo le osservazioni del Taschenberg (Beitrag 
ec. pag. 24, Taf.1, fig. 41 x} per il T. papillosum e T. coccineum , del Braun 


originale del Braun, quantunque non sia detto) e le mie per queste tre ci 
tate specie e per gli altri Tristomum (7. uncinatum, T. pelamydis, T inter- 
rupium) — nel Pseudocotyle squatinae e minor e secondo le osservazioni mie 
anche nel Calicotyle Kroyeri (Tav. VI. fig. 33 gs), nella quale ultima specie tali 
glandole erano state interpetrate come cellule ganglionari formanti il cer- 
vello dal Wierzejski (loc. cit. pag. 55.3): opinione dimostrata falsa dal Lorenz 
(Uber d. org. gatt. Azine und Microcotyle, pag. 9) che riconobbe la na- 
tura glandolare di tali cellule, ma non le riferì ed omologò alle cellule sa- 


livari degli altri Tristomidi e dei Polistomidi, nei quali queste Panda para ve 


si trovano. 


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IRE Mastai 
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— 117 — 


nienti dalle cellule ganglionari e che, come si è visto all’ altezza della 
base della faringe si biforca in due rami orizzontali (v. fig. 27-38), che 
nel punto che si dividono a dare il ramo superiore si rigonfiano al- 
quanto. Questo esame fatto a fresco del sistema nervoso, che concorda 
in molti punti con quello fatto dal Walter a fresco sul sistema nervoso 
di Amphistomum subelavatum (1) e Distoimun lanceolatum, ho com- 
Dletato, con lo studio di preparazioni in toto e di serie di sezioni. 
Sulle prime, qualora le si condizionino convenientemente col liquido 
di Hertwig, si può 0 tutta la disposizione del sistema nervoso, 
come si vede nelle fig. 5, 6, 7, solo completate in alcuni particolari 
da ricostruzioni di sezioni, ricavate da ben riuscite preparazioni 
in toto. 

Il cervello ha nelle Epibdella forma triangolare, subtrapezoidale 
od è subreniforme (fig. 5, 6, 7, 8, 25, 27, 28): posteriormente e late- 
ralmente partono da esso quattro grossi tronchi spinti verso la faccia 
ventrale: due più forti e robusti che si accostano alla linea mediana 
del corpo e sono i nervi laterali ventrali interni (fig-5,6,1,&, 
vi), e due meno forti, ma anch’ essi robusti, che decorrono esterna- 
Mente ai primi e sono i nervi laterali ventrali esterni (fig. 5, 
6, 7,8, n/ve): dalle origini dei laterali ventrali interni nasce un altro 
paio di nervini, che invece sono spinti verso la faccia dorsale dell’ani- 
male e costituiscono i nervi laterali dorsali ( fig. 5, 6, 7, 8, 
ld) (2). Questi ultimi ho potuto seguire solo per breve tato: giacchè 
Si fanno sempre più esili e non sono più riconoscibili: ho seguito in- 
vece per tutta la loro lunghezza e decorso i nervi laterali ventrali. 
Essi decorrono parallelamente per tutta la estensione del corpo: i due 
interni dapprima molto ravvicinati, si allargano presto per passare 
lateralmente ai testicoli (fig.5 7) e subito dietro a questi si restrin- 
gono nuovamente e tendono a ravvicinarsi e così ravvicinati l’uno 
all’altro traversano il corto pedicello della ventosa posteriore e pe- 
netrano in questa e qui nuovamente si allontanano l’ uno dall'altro 
€ vi si ramificano. Questi due nervi ventrali interni decorrono in- 
«-ternamente ai grossi tronchi longitudinali del sistema escretore 
(fig. 5 29.) (XID.Idue nervi ventrali esterni anch'essi lungo il loro de- 
corso si allontanano dalla linea mediana nel modo come ho figurato 


1) Beitrîige zur Anatomie einzelner Trematoden, in: Arch. 

È. Naturg. Jah. 1858, pag. 276-280, Taf. XII, fig. 11 e 12. 

S (2) Qui seguo la nomenclatura dei nervi da me proposta nel citato Sag- 
gio a pag. do. Il agi invece (op. cit, pag. 459) segue quella del Lang (op. 
citata). 


— 118 — 


nella fig. 5 e giunti nell’ estremo posteriore del corpo penetrano 
anch’ essi nella ventosa posteriore, rasentando i ventrali interni nel 


picciuolo di questa, e giunti in questa si fondono coi ventrali in- 
terni corrispettivi (v. fig. 5) e da questi due nervi si dipartono le 


ramificazioni che innervano la ventosa: la quale disposizione, perchè 
ripete quanto è stato descritto nella ventosa posteriore del T. 10/4e 


dal Lang (op. cit. pag. 34 Taf. I, fig. 1) non merita speciale esame., 


Seguiamo ora i nervi che partono dalla parte anteriore del cer- 
vello e siccome essi mostrano differente disposizione secondo le di- 
verse specie esaminate, così descriverò partitamente quella di cia- 
scuna di esse. 

Nell’ E. hippoglossi partono dal cervello anteriormente e late- 
ralmente tre paia di nervi: indicherò col nome di nervi anteriori 
interni il primo paio (centrale) (fig. 6. I nai), con quello di nervi 
anteriori mediani il secondo paio (medio) (fig. 6. Il nam) e con 
quello di nervi anteriori laterali il terzo paio (esterno) (fig. 6. 
III #02). I nervi anteriori interni (I paio) partono dall’ estremo an- 
teriore del cervello e si dirigono nello spazio membranoso che in- 
tercede fra le due pseudoventose: poco dopo la loro origine ciascuno 
di essi si biforca in due rami: uno 4 che prosiegue fino al margine 
dello spazio membranoso, rasentando il-margine posteriore interno 
della pseudoventosa, e vi si termina ramificandosi; esso lungo il suo 
decorso dà 2 ramicelli alla pseudoventosa, uno maggiore 4” ed uno» 
minore a', ciascuno dei quali a sua volta si biforca più volte dicoto- 
micamente nella pseudoventosa fino a terminarsi in minuscoli ramo- 
scelli presso il margine di questa. Il secondo ramo d penetra diret- 
tamente nello pseudoventosa e quivi fa lo stesso dei ramuscoli 4’, a'' 
del ramo a. 

I nervi anteriori mediani ‘II paio) si originano alquanto più in- 
dietro degli interni e si dirigono direttamente alle pseudoventose, 
ciascuno di essi prima di penetrarvi si biforca in due tronchi c e d; 
il primo e penetra direttamente e vi si ramifica, il secondo d prima 
di penetrarvi si biforca in due ramuscoli d’ ad” e ciascuno di essi 
a sua volta si divide e suddivide e terminasi ramificandosi fin sul 
margine della ventosa. 

l nervi anteriori laterali (III paio) si dirigono lateralmente ed 
anch'essi, ma molto dopo la loro origine, si biforcano in due rami 
e, f, dei quali il ramo e si volge verso le pseudoventose e vi pene- 
tra ramificandosi. Questa disposizione così ramificata dei nervi an- 
teriori di questa specie di Epibdella può osservarsi nella fig. 5 © 6 
e per le terminazioni ultime specialmente nella fig. 25. 


Nell E. soleae la disposizione dei nervi anteriori è alquanto sa 


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arronznie PR ca ai eta 


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— 119 — 


diversa : I nervi anteriori laterali interni decorrono dritti fino al 
margine posteriore interno delle pseudoventose: qui si biforcano: un 
ramo penetra (2) nella pseudoventosa e si rivolge indietro percor- 
rendola per tutta la sua lunghezza d” e si connette con il nervo ante- 
riore laterale esterno (III paio): appena dopo la biforcazione prima 
di rivolgersi, da questo ramo d parte un altro ramo 2’ che si ter- 
mina dividendosi dicotomicamente sui margini della pseudovendosa: 
un altro ramo a si continua nello spazio fra le due pseudoventose 
e dà lateralmente due rametti, uno @’' che tende ad incontrarsi col 
rametto che viene dal ramo a’ del nervo anteriore interno dell’ al- 
tro lato, ramo a, ed un altro e" che si termina sul margine. Cia- 
scun nervo anteriore mediano (II paio) decorre obliquamente nella 
pseudoventosa del suo lato, vi penetra, si anastomizza col ramo & del 
nervo anteriore interno e poi si biforca in due rametti (c d) che 
alla lor volta si dividono e terminansi in sottili filetti sui margini 
della pseudoventosa. Il nervo interiore laterale (III paio) prima di 
entrare nella pseudoventosa si biforca nei rami e f; e penetra in 
questa e da un lato si anastomizza col nervino d” proveniente dal 
nervo anteriore interno, dall’ altro si continua e si suddivide nuo- 
vamente più volte, fino a terminarsi come gli altri sul margine della 
pseudoventosa (v. fig. 7, 28). 

Questa ricca distribuzione di nervi e di loro terminazioni nelle 
pseudoventose di Epibdella soleae ed E. hippogtossi giustificano, co- 
me a me pare, abbastanza l’ opinione da me espressa che esse fun- 
zionino come organi tattili in queste specie nelle quali questi man- 
cano completamente. 

Nell’ Epibdelta Hendorffii i due nervi anteriori interni decor- 
Tono parallelamente e penetrano nel lembo anteriore dividendosi 
dicotomicamente e ramificandovisi, ricordando una disposizione si- 
mile che si osserva nei Trisfomuin, ed osserverò a questo propo- 
sito che in questi, e specialmente nel T. molae e T. papiltosum, 
ho potuto vedere come le ramificazioni cei due nervi anteriori sono 
numerosissime nel lembo: essi qui si dividono e suddividono dicoto- 
Micamente (da una di queste ramificazioni parte il nervino che in- 
herva la papilla) e si terminano in finissimi ramuscoletti fin presso 
il margine del lembo. I nervi che innervano le ventose nell’ E. Hen- 
dorffii vrovengono tutti dal secondo paio che vi penetra e vi si ra- 
Mifica: il terzo paio non dà rami alle ventose (fig. 8). 

La disposizione del sistema nervoso di questa specie di EpiD- 
della in rapporto alla presenza in essa di un lembo anteriore, simile 
a quello che si osserva nei 7istomwum, mi fa pensare alla possibile 
esistenza in questa specie di tentacoli anteriori omologhi a quelli 


— 120 — 


dei Tristomuim, che negli esemplari che posseggo non ho potuto con- 
statare: egli è per altro facile il supporre che stante le tante e nu- 
merose ramificazioni nervose tutto il lembo (forse mobile in questa 
specie come nel Tristomwm, ciò che non posso dire per essere gli 
esemplari in alcool, fatto questo che rende più difficile la constata- 
zione della presenza di organi tattili speciali, non potendo riconoscer- 
ne la funzionabilità) sia deputato a funzionare come organo tattile, 
funzione che io credo possa per la stessa ragione attribuirsi in ge- 
nerale anche a quello dei 7yisfomum, quantunque in questi tale 
funzione sia più specializzata in una parte di esso (tentacoli). 

Dell’ Epibdella sciaenae il sistema nervoso è sconosciuto, ma è 
possibile, stante la presenza di grandi ventose anteriori come nel- 
lE. Hendorffit, con la quale specie essa ha grandissime affinità e 
forma un gruppo distinto dalle altre due, E. soleae ed Rippoglossi, 
che, per contro, formerebbero un altro gruppo distinto del genere 
per le loro grandi rassomiglianze, che esso sia fatto sullo stesso tipo 
di quello dell’ E. Mendoriffi. 

Non intendo insistere sulla fina struttura del sistema nervoso, 
studio comparativo assai importante nei Trematodi e Cestodi e ne- 
gli altri Platelminti, cosa che farò con più agio in altra occasione, 
ora voglio osservare che il sistema nervoso, tanto il cervello che i 
nervi che ne dipartono, presentano sempre l'aspetto spongioso 
(fig. 29 c) del quale ho già fatto cenno innanzi, nel quale si scor- 
gono immerse le fibne e le cellule ganglionari: queste osservate @ 
fresco mostrano l’ aspetto che ho disegnato nella fig. 89, che rap- 
presenta una cellula ganglionare di AcantRocolyle Lobianchi, si 
presentano unipolari e si può seguire per lungo tratto il loro pro- 
lungamento e vederlo continuarsi in fibra nervosa: il nucleo che a 
fresco mostrasi più scuro e granuloso del contenuto cellulare, nelle 
sezioni invece si mostra più chiaro e con distinte figure nucleari 
(v. fig. 29 en). 


Come nei Tristomum, tutte e quattro le specie di Epibdella 
posseggono quattro occhi disposti a formare un trapezio sulla fac- 
cia dorsale del corpo: i due anteriori essendo più ravvicinati. Essi 
sono situati sul cervello e si vedono chiaramente a fresco e su se- 
zioni i loro rapporti con questo (nella fig. 27 non li ho rappresentati 
per non complicare il disegno). Per la loro struttura istologica essi 
non differiscono fondamentalmente da quelli del 7. m0/2e. Un esame 
comparativo degli occhi di molti Trematodi così ectoparassiti che 


delle larve di digenetici e di quei pochi che li conservano allo stato 


# 


lie eo to a gta SEVEN OTT NE e RE 


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Lai idr i Rio aeneon die 


— 121 — 


. adulto (Distomum oculatum Lev.) 0 quando sono già incapsulati per 

| passare nell’ospite definitivo (Distomuin valdeinflatum Stossich), mi 
ha convinto che la loro struttura è sempre fondamentalmente la 
stessa; solo possono riconoscersi maggiori o minori particolarità di 
struttura secondo il grado più elevato di organizzazione del posses- 
sore e secondo che sono degli organi definitivi o transitorii. In ge- 
herale devo dire che essi sono paragonabilissimi e presentano es- 
senzialmente la stessa struttura degli occhi dei Turbellarii che ne 
sono provvisti. Ma di tutto quanto è sopra accennato in appresso 
dirò. 


Napoli. Stazione Zoologica, 20 di Aprile del 1891. 
% 


NOTE ED OSSERVAZIONI 


tode, in: Trans. Linn. Soc. Vol. I, pag. 240, Pl. XXXIX, fig. 4-5) e dalla 
descrizione, è vero, si può ricavare che mostrano differente aspetto degli 
Organi di tatto dell'A. conchicola, ma dall'esame delle parole del Macdonald, 
che scrive essere ciascun « curious tentaculiform cirrus, capable of complete 
Fetraction from the apex, as in the common instance of the finger ofa glove», 
e delle fig. 2, 3, 4, io eredo che anch’ essi per la loro struttura, che ricorda 
molto quella dei coni terminali, tentacoli dei Tristomidi, possano bene con- 
siderarsi organi di tatto e per la la loro disposizione sul disco, omologhi 
_® quelli d’A. conchicola. 

Infatti le appendici tentacoliformi dell’ A. Maedonaldii si trovano, come 
gli organi tattili dell'A. conc/lacola. nei tramezzi che limitano le infossature 
del disco, solamente, mentre questi si trovano « près du bord externe » del 
disco, all'estremità marginale di ciascuno dei tramezzi (Dujardin. Hist. Nat. 
Helm. pag. 324, Voeltzkow. pag. 260 Taf. XVI. fig.44 a), nel A. Macdo- 

| Maldii, nel quale sono diversamente disposti, essi si trovano lungo i tre tra- 
Mezzi longitudinali mediani del disco. Nell’A. Lenoiri pare manchino tanto 
SÉ tentacoli quanto gli organi « becherformiges » del A. conchicola e A. lima- 
tdes — nelle quale specie secondo il Voltzkow (Aspidogaster limacoides, 


— 122 — 


in: Arb. Zool. Inst. Wurzb. Vol. 8,,pag. 291) essi sono anche maggiormente 
sviluppati — almeno a giudicare dalla descrizione e figura che di questa 
specie dà il Poirier (Trematodes nouveaux ou peu connus, in: 


tra ogi-4,-Pi 4, fi 
alle cose dette innanzi risulta incidentalmente ché le specie del ge- 
nere Aspidogaster oggidì note con certezza sarebbero cinque cioè: A. con- 
chicola Baer., A. limacoides Dies., BA. Macdonaldii Montie., A. Lenoiri Poir., 
A. elegans Olss. (v. mio Saggio pag. 91). 
Circa le altre forme possibilmente riferibili al genere pit! ri- 


pag 

(II) Dal contesto si rileverà che io ho escluso dai Tristomidaa DE 
labe. Contrariamente alle osservazioni fatte dal Braun, che crede di riguar- 
dare questo genere come appartenente alla sottofamiglia dei Tristomidae 
(op. cit. pag. 519), l’ esame degli esemplari tipici di Encotyllabe Nordmanni 
Dies. /Denk. k. Akad. Wien, Bd. XIV, pag. 39-72, Tab. I, fig. 10-14) delle col- 
lezioni elmintologiche del Hofmuseum di Vienna mi confermano nella opi- 
nione espressa nel mio Saggio ec. a pag. 87, che l’Encotyllabe merita di essere 
separata dai Tristomidae e di formare il tipo di una distinta sottofamiglia: 
quella degli Encotyltabidae (v. mio Saggio pag. 87 e 97). Il fatto osservato dal 
l’Hesse e van Beneden (Bdell. et Tremat. ec. pag. 80-81, PI. VII, fig. 11) 
nell’ E. pagelli delle aperture genitali situate nella linea mediana del corpo 
da me constatato negli esemplari di Vienna dell’ E. Nordmanni e la presenza 
di armatura chitinosa in prossimità dell’ apertura genitale maschile , fatti 
che non sì osservano negli altri Tristomidae, per non dire ancora ella 
forma caratteristica della ventosa posteriore delle Encotyllabe così lunga- 
mente picciuolata e delle ventose anteriori brevemente pedicellate, carat- 
teri che non si trovano in nessun Tristomidae, mi sembrano caratteristiche 
tali da giustificare la separazione delle icolgilae “dai Tristomidae da me 
proposta e la creazione per esse di una sottofamiglia apposita (V. pag- 101). 

(III) Questa nuova specie, che io ho trovato sulle branchie del Thynnus 
brachypterus, pesce abbastanza raro nelnostro golfo e che apparisce 4 periodi 
piuttosto lunghi, aquanto mi dice l’amico Lo Bianco, è caratterizzata sp? 
cialmente dall’avere l’eptagono centrale della ventosa posteriore incompleto 
come quello del 7 molae da me descritto recentemente /V. Bull. Sc. Fr. To- 
me XXI, pag. 418, Tav. XXI, fig. 14), ma a differenza di questo, fornito di 
due piccoli uncini lungo i due raggi posteriori a livello della barra di riu- 
nione (Tav. VI, fig. 18, 19). Il T. interrupium differisce pure dal T. molae 
per le sue minori Abosa nidi: esso misura infatti mill. quattro appena (V. 
pag. 101). 

(IV) Il Trist. Levinsenii si distingue dalle altre specie, oltrechè per la 
Jorma del corpo e per la grandezza delle ventose anteriori, specialmente 
per avere l’ eptagono centrale della ventosa posteriore completo e privo di 


uncini. Io ho riconosciuta questa nuova specie in un esemplare proveniente. 


da un 7hynnus sp. (branchie) esistente nelle collezioni del Museo Zoolo- 
gico di Copenhagen portante la seguente indicazione « Bonit. Gjallehuler, 


SIMS 


RR AT e IE o RT MIAO SI 


RD. e 
Warning, 1864, Kr. 44 » e mi permetto dedicarla al Prof. Levinsen di Co- 
penhagen (Tav. VI, fig. 21) 
Qui per far meglio riconoscere queste due n. sp. T. interrupium e T. 
Levinsenii riporto il quadro sinottico delle nove specie di Tristomum finora 
note, togliendolo dalla monografia del genere che ho in preparazione. (V. 


4° 


Ventosa posteriore senza uncini chitinosi ai due raggi posteriori 6 
» con 2-6 uncini chitinosi ai due raggi posteriori 2 


da «PA centrale della ventosa posteriore completo 3 
iù » » incompleto: uncini 2 situati 
all’ vi OE iu di riunione dei due raggi posteriori 
. 4 A i a . d I T. inlerruptum n. sp. 
: 


Uncini chitinosi 6: tre per ciascuno dei due raggi posteriori 
3 . II T. uncinatum Montie. 
Unisini chitiniosi 2: uno CARA ciascuno dei due raggi posteriori 


ì f 
; SE 
tata 


Margine posteriore del corpo integro II T. coccineum Cuv. 
» » » =» con una insenatura mediana in corri- 
spondenza della inserzione della ventosa posteriore 5 


Corpo coperto superiormente di papille, con cornetti anteriori sviluppati 


s IV T. papillosum Dies. 

1 Gorpo senza papille “=; RL senza i anteriori 

: . da lag VT pelaiaydie: Taschk 

B & $ Eptagono centrale incompleto VI T. molae Blanch. 
( » » completo Ki 


Corpo trapezoidale pin Arda nici ventose anteriori molto grandi 
I T. Levinsenii n. sp. 


iii 


Gao discale 


/ Corpo subovato: ventose anteriori piccole: ventosa posteriore che non 

raggiunge il terzo della lunghezza totale del corpo: superficie dorsale 

g ] cosparsa di macchie ovali oscure VIII T. maculatum Rud. 

Corpo suborbiculare: Ventose anteriori grandi: ventosa posteriore 
circa i due quinti della san totale del corpo 

a ue R . IX T. Blanchardii Dies. 


(V) Diesing che per primo ha descritto questa specie (Tristomum tubipo- 
 tum:Monographie der gattung 7ristoma, pag. 14-15, Tab. I; fig. 14-16, e 
Trochopus longipes, S yst. Helm. pag.428=Capsala tubipora di e as- 


—.124 - 


segna alla ventosa posteriore 9-10 raggi muscolari, osservando che (Monogr. 
pag. 15) « Die speichen dieses radfirmigen Saugnapfes sind hier nicht so 
scharf begrenzt, wie bei Tristomum coccineum ». Hesse e van Beneden più 
tardi (Recher. sur les Bdellodes ecc. pag. 74-76, PI. VI. fig. 3-13) 
hanno studiata nuovamente questa specie modificando e completando la 
descrizione del Diesing. Essi hanno constatata la presenza di nove raggi 
solamente nella ventosa posteriore « qui s’ étendent sans interruption du 
bord externe è un petit cercle excavé au milieux ved hanno osservato la 
presenza « sur le trajet des deux rayons posterieurs » di due « crochets 
aigus dont la pointe libre est droite et dirigée d’ arrière en avant » notando 
la rassomiglianza di questi uncini con quelli del Tristomum papillosum de - 
scritti dal Kòlliker per la prima volta (v. op. inn. citata). Recentemente il 
Sonsino (Studii e notizie Elmintologiche, in: Process. Verb. Soc. 
Tose. ecc. 4 Maggio 1890). ha nuovamente studiata questa specie (7. longipes) 


di nota la constatazione fatta dal Sonsino dell’ esistenza di questa specie, 
finora nota solo delle Trigla, anche sulle branchie del Cantharus lineatus. Io 
ho avuto l’opportunità di esaminare i tipi del 7. tubiporus esistenti nel Mu- 
seo Zoologico Viennese e devo osservare che la ventosa posteriore ha una 
strottura assai più complicata, come si può rilevare dalla fig. 14 ed oltre ai 
due grandi uncini descritti dal van Beneden ed Hesse (fig. 14, 16), si osser- 
vano altri due piccoli uncini inferiori situati nel punto d’inserzione dei due 
raggi posteriori sul margine esterno della ventosa (fig. 14, 15). I raggi mu- 
scolari sono dieci ed il cavo centrale è di forma ellittica disposto secondo 
il diametro trasverso della ventosa (rispetto all’ asse longitudinale dell’ ani- 
male): i quattro raggi anteriori convergono intorno al margine muscolare 
del cavo; i quatto raggi laterali si connettono con i raggi posteriori lungo 
il loro decorso : gli uncini anteriori si trovano inseriti in prossimità delia 
inserzione dei due raggi laterali di ciascun lato nel raggio posteriore corri- 
spettivo. Le uova sono alquanto differenti da quelle disegnate e descritte 
dall’ Hesse e Beneden (pag. 76, PI. VI, fig. 14): esse hanno la forma da me 
disegnata nella figura 11 e rassomigliano moltissimo alle uova di Epibdella, 
secondo le mie osservazioni. Le uova delle Epibdella hanno forma pirami- 
data: erronea è la figura data delle uova di E. soleae /Phylionella soleae) dal 
Hesse e van Beneden (loc. cit.) più prossima al vero è quella data dal Cun- 
ninghan (v. op. cit. nel testo, pag. 93, fig. C), saggia per quanto 
concerne il pedicello, (v. pure la Sesstisione a pag, 95). L’E. soleae ha le 
uova come quelle di tutte le altre specie, come provano le mie ricerche ed 
i disegni medesimi del Vogt (opera cit. nel testo a pag. 106 e nella nota 
VI), ciò che è ancora argomento validissimo a conferma di quanto altrove 
ho detto che Phyllonella soleae è una vera Epibdella (V. Bull. Scient. Fran 
Belg. Tome de pag. 419). 

Da quanto ho potuto vedere finora delle sua struttura anatomica, 0s- 


servo che il 7rochopus per la disposizione degli organi genitali si riavticinà 


ti 


i pio 


SIERO 


pi AE 


SCE} 3, 


moltissimo alle Epibdella, come pure a questo genere rassomiglia anatomi- 
camente il genere Placunella che è affinissimo al Trochopus. (V. pag. 104). 

I) Per far meglio rilevare le caratteristiche della Epibdella solcae 
{ Phyllonella soleae Hesse e Van Beneden) e sdelle altre specie del genere, 
dò qui una chiave analitica o, specie del genere Epidella come prodro- 
mo di una monografia del gener 


A 1° paio di uncini della ventosa posteriori ricurvi; pseudoventose ellittiche 2 
» » » » » » dritti; ventose discoidi 


Pseudoventose anteriori piccolis- 
sime molto ravvicinate toccantisi: 
uncini della ila posteriore e- 
sili. Lung. 6-7 m 

I. E. soleae Hétas et Bened. 


Uncini del primo paio brevi, ri- 
curvi anteriormente con la punta 
rivolta verso il centro della ven- 
osa: Uncini del secondo paio al 


| it e et a e )_Pradovetose atrio meiosi 
ravvicinate toccantisi: uncini della 
del primo paio: quelli del tetti ventosa posteriore forti.Lung. 12-24 
paio dritti con la punta ripiegata a MR 
gancio II. E. hippoglossi 0. F. Miiller 
Ventose anteriori semplici: primo paio di uncini della ventosa poste. 
riore forti e brevi, paia posteriori come nelle precedenti specie: lembo 
anteriore libero Ill E. Hendorffii Linstow 
P Ventose anteriori grandissime con delle ripiegature concentriche nello 


interno. Primo paio di uncini della ventosa posteriore molto forti lun- 
ghi e robusti, le due paia posteriori a forma di piccoli stiletti ravvici- 
nati fra loro: lembo anteriore coalescente con le ventose 

IV E. sciaenae V. Bened. 


In altro luogo ho detto che la Phillonella Soleae era una Epibdella, per- 
chè aveva le ventose anteriori. Nella nota V ho incidentalmente portato un 


2 
Parte anteriore dell’ E. soleae (Sist. Zeiss. -— X 12 ca- 


mera chiara Dumaige) per lasciar vedere L seggi 

tose ed i loro rapporti con le glandole anteriori: da una 

psi ia in toto: pv pseudoventose, 94 pa an- 
riori, 7 faringe, ec cervello 


distinto nel deg Epibdella. Ora voglio aggiungere che entrambe sono 
fatte sullo stess o tipo, come per gli organi genitali ha già constatato il 
Vogt, (Ueberd. Fortplz. einig, ectoparas, mariner Trematod, in: 
- Zeit. Wiss. Zool. Bi. 30, Supp.)— e qui colgo l’ opportunità di rettificare un 


— 196 — 


errore nel quale sono incorso a pag. 87 del mio Saggio nel voler riconoscere 
nella specie studiata dal Vogt ) E. hippoglossi, mentre jessa, come mi han- 
no dimostrato dipoi le mie proprie osservazioni,, comparate con la descri- 
zione e figure del Vogt è proprio lE. soleae — e, come si rileva dalla 
chiave analitica, le loro caratteristiche differenziali principali esterne si ri- 
ducono alle seguenti: maggiori o minori dimensioni, diversa robustezza 
degli uncini della ventosa posteriore e diversa grandezza delle pseu- 
doventose anteriori. Queste nell’ E. soleae sono per struttura e forma 
(v. incisione e fig. 26) identiche a quelle dell’ E. hippoglossi, ne differiscono 
solo per lo sviluppo molto minore, chè sono quasi rudimentali (e ricor- 
dano quelle di Nilzschia/ come le mie preparazioni, mi dimostrano chiara- 
mente. Esse erano state già ber intravvedute dal Vogt (op. cit. Taf. XIV, 
fig. 1), il quale, per altro, come pure il Cunningham (op.‘cit. pag. 94) , le 
confonde con le glandole anteriori (v. pag. 105) che, come si è visto 
pag. 106, si troyano dietro e dorsalmente le pseudoventose e sboccano in 
queste. Solo la mancanza di un esame comparativo delle due forme. E. hip- 
poglossi ed E. soleae può far non riconoscere in questa la presenza della 
pseudoventose anteriori, chè non volendole riconoscere (quantunque ridotte) 
nell’ E. soleae, si sarebbe autorizzati a non considerare come pseudoventose 
nemmeno quelle dell’E. hippogtossi. 

Il Linstow (Beitrag zur Anat d. Phylline Hendorffi in: Arch. f. Mikr. 
Anat. Bd. XXXIII, pag. 173) sostiene l assenza di una vagina nella sua £. 
Hendorffii. Siccome questa, come m' insegnano le mie personali ricerche 
sul E. soleae a fresco è molto difficile a potersi ben riconoscere, così mi 
spiego come il Linstow non l’abbia vista nei suoi esemplari conservati in 
alcool. L’ organo glandolare descritto dal Van Beneden P. J. nelle due Epib- 
della: E. sciaenae (in: Bull. Acc. Belg. Tome XXIII, 1855, n° 40 pag. 502-508. 
PI.) E. hippoglossi (Mem sur les vers. int. pag. 34, PI. III, fig. 9) € 
nella E. soleae; /Phylionella soleae) dal Vogt come « samenblasendr ù- 
sen » op. cit. pag. 343 Taf. XV., fig. 3 Bd) sono appunto da ritenersi la 
vagina di queste tre specie. La vagina del E. solea è stata più chiaramente 
disegnata, ma non descritta dal Cunningham (pag. 93, fig. D). (V. pag. 105). 

(VII) A proposito di questa specie voglio fare osservare che la forma © 
disposizione degli uncini, della ventosa posteriore, ed anche un pò la forma 
della ventosa medesima, è alquanto differente da quanto hanno osservato il 
Diesing /Denk. k. Acad. Wien, Bd. XIV. pag. 70, Taf. I., fig. 16, 18, 20) ed il 
Wierzejski /loc. cit. 552, fig. 2 e 4). Nell’estremo posteriore della ventosa, 
come ben chiaramente mostra la fig. 34, si osserva un lembo ripiegato sulla 
faccia ventrale di essa in corrispondenza dei quattro raggi posteriori: questo 

mbo, esile e ristretto agli estremi, raggiunge il suo massimo sviluppo in 
corrispondenza degli ultimi due raggi posteriori ed in direzione del cavo. 
fra questi compreso, mostra una profondissima smarginatura che arriva fino 
quasi al margine della ventosa. I due uncini. della forma caratteristica che 
ho disegnato nella fig. 35, sono inseriti con la base verso il margine po- 
steriore della ventosa e con le punte rivolte l'una all'altra (fig. 34) nello — 


— 1227 — 


spessore del lembo testè descritto, nel punto più sviluppato di questo, ai 
due lati della smarginatura (v. fig. 34) ed in modo che fuoresce libera dal 
lembo solamente la loro punta ricurva. Io non ho potuto constatare la 
E muscolatura degli uncini osservata dal Wierzejski /pag. cit. Taf. 

t. fig. 4) destinata al movimento degli uncini, solo posso dire di avere ve- 
di ma con molta chiarezza, due muscoletti tesi dai due estremi della 


s 
cini centrali (grandi uncini) del disco dei 7etraonchus e più specialmente in 
în quelli del 7etr. unguiculalus, secondo le mie proprie osservazioni. 

Il giuoco degli uncini della ventosa posteriore del Calicotyle, data la 
descritta disposizione muscolare, è ben facile a capirsi (V. pag. 108). 

(VIII) Il Saint Remy (Recherches sur la structure de l’appa- 
Teil genital dans le genre Microbothrium Olsson, in: Rev. Biol. d. 
Nord. de la France. 3. An. 1891, extrait) crede di ripristinare il genere Miero- 
dothrium, da Taschenberg e da me riunito al genere Pseudocotyle : egli si 
fonda specialmente sulla presenza in esso di un unica vagina, mentre nel 
Pseudocolyle questa è duplice. Il M. apiculatum differisce pure, quanto agli 
organi genitali dal Pseudocolyle squatinae per la presenza di un unico testi- 
colo carattere che ha di comune col mio Pseudocotyle minor dello Scyl- 
lium canicula (v. questo Boll. Vol. IV. pag. 194, Fig. IV/, nel quale non ho 
Potuto finora riconoscere la vagina. Io ho dubitato lungamente per queste 
differenze se riferire al genere Pseudocolyle il verme dello. Scyllium 0 farne 
un genere distinto dei Monocotylidae, ma ho finito per concludere che le 
Tassomiglianze per le caratteristiche esterne fra le due forme erano grandis- 
sime; e, per contro, le differenze non erano tali da permettere una distinzione 
generica tra le due forme. Ora l'esame della descrizione degli organi geni- 
tali del Microbothrium data dal Saint Remy, maggiormente mi convince delle 
mie conclusioni e, mentre mi fa riconoscere di aver errato nel mio saggio 
nel voler riferire col Taschenberg al Pseudocotyle squatinae il Microbot hrium 
apiculalum dell’ Acanthias vulgaris così poco descritto dall’ Olsson, mi condu. 
€e a ritenerlo d'accordo coì Braun (op. c. p. 530) solamente specificamente 
distinto dal Pseudocolyle squatinae e P. minor. Infatti tanto il Microbolhrium 
apiculatum Olsson (v. fig. dell’Olsson: Nova genera parasitantia ecc. 
fig. 13), quanto il Pseudocoti yle squatinae e P. minor hanno le stesse carat- 
teristiche esterne: le poche differenze che si osservano possono avere solo 


| Valore specifico. Maggiori differenze mostrano, invece, le caratteristiche in- 


e: così il P. minor differisce essenzialmente dal P. squalinae per ave 

le braccia intestinali non ramose, per l’unico testicolo, per l assenza di 
| Vagina; si riavvicina, per contro, per la presenza di unico testicolo, al Mi- 
« erobothrium (al quale per forma esterna è più rassomigliante) che se ne al- 

lo Ontana, perchè ha le braccia intestinali ramose /Crura cum ramis nume- 
Posis tractus intestini dorso propiora angusta, pellucida... Olsson . op. DS 
Pag. 4), caratteristica che invece lo ravvicina al Pseud. squatinae, dal quale 
differisce perchè ha duplice vagina, come, per l’ assenza in questo di vagina 


— 123 — 


differisce pure dal Ps. minor. In tutte e tre le forme Microbothrium , Pseu- 
decotyle squatinae e P. minor la tasca del pene è differente per aspetto e 
disposizione, e similmente la struttura del pene e la sua forma è diversa. 
Dalle cose dette emergono due conclusioni: o ritenere tutte le tre forme 
genericamente distinte, o da fondersi insieme nell’ unico genere Pseudoco- 
tyle: a qnesta seconda conclusione son pervenute sia tenendo conto delle 


dell’ Olsson sia pure un’altra forma distinta del gen Pseudocotyle. Braun 
di fatto la colloca fra @ specie di questo genere, ma io credo ciò ancora 
prematuro. (V. pag. 

(IX) Il Weber, nel ca suo lavoro, nel quale non so per quali ragioni 
pag. 12) crede indicare col nome di spermaria quegli organi universal- 
mente chiamati testicoli così nei Trematodi come in tutti gli altri Platel- 
minti, nella nota a pagina 26 parla di questa mia nuova specie, che egli 
crede non abbastanza caratterizzata, giacchè «ist jedendenfalls eine genauere 
Untersuchung der inneren Organe sehr erwiinscht, ehe man hierin mit Si- 
cherheit eine neue Art wird erkennen kònnen ». È questa una sua opinione 
che, naturalmente, io non condivido, giacchè l’esame degli individui, quantun - 
que vecchi ma ben conservati esistenti nel Museo Zoologico di Kopenaghen, 
basta a dimostrare ben caratterizzata la n. sp. dai soli caratteri esterni, senza 
voler tener conto delle particolari caratteristiche interne che la distinguono 
dalle altre. Voglio ora solamente rispondere alla seconda parte della critica 
che mi fa il Weber. Egli osserva che « Der Wohnplatz cieser neuen Art: 
Susswasserschildkròten Brasiliens, kann doch wohl schwerlich anlass werden, 

arauf hin eine neue species zu schaffen. Herr Monticelli nennt Temnoce- 
phala zwar fortwihrend Spiare eigentlich aber wohl mit Unrecht, 
| da wir es hier ja gar nicht mit einem parasiten zu thun haben. Ich kann 
mir daher auch nicht vorstellen, cy es von sonderlichem Einflusse auf 
das Thier sein soll ob dasselbe dc einen sùsserwasserkruster oder durch 
eine Schildkròte hin und her getragen wird». Ora, in prima, io devo dire che 
ho usato la parola ectoparassita in senso molto lato e riferendomi a ciò che 
ho detto in proposito degli ectoparassiti a pag. 17 del mio Saggio, al quale 
rimando il Weber, in secondo luogo voglio far rilevare al Weber che egli 
stesso nel riconoscere, come fa, una nuova specie (differente dalla 7. chi- 
lensis che vive sull’ Astacus ed Aeglea) nelle Temnocephala delle Telphusa delle 
Indie orientali (riferite dal Semper alla 7. chilensis Blanch) conferma l' im- 
portanza che ha la differenza di habitat per l’ ospite, confermando al tempo 
stesso quanto io sostenevo nel mio lavoro da lui criticato (Di una nuova 
specie del genere Temnocephala BI. ectop. dei cheloniani Napoli 1889) che 
gli ectoparassiti o commensali sieno specificamente differenti secondo l’ospite 
sul quale abitano, criterio teorico che mi aveva guidato nel dare come im- 
portante caratteristica della mia n. sp. il suo differente habitat da tutte le altre 
specie di Temnocephala, criterio teorico cha aveva ed ha in appoggio, oltre- 
chè le osservazioni personali sull’ habitat di molti trematodi veri ectop@- 


SE 


i I NERO CERERE IP IE E I SE TI TRO E ES PST VOR CET 


e neo 


PA Lepre 


rassiti (come ad esp. i Pseudocotyle le cui diverse specie vivono su ospiti 
diversi), anche il fatto medesimo che tutte le differenti specie di Temnocephala 
descritte dall’ Haswell si trovano sopra un ospite distinto (v. il citato mio 
articoletto a pag. 2-3 e la nota 1 e 2 della pag. 8). A quanto dice il Weber 
di non saper intendere, nell’ ultimo capoverso della sua critica, mi riserbo 
rispondere in altra occasione non molto lontana. 

Pure a proposito delle Temnocephala voglio permettermi di se osser - 
vare al Setti (v. sua nota Peano: sulle uova dei Trematodi, in: Atti 
Se. Lig. Sc. Nat. Vol. II, Fasc. I, pag. 4-5) che il prolungamento due uova 
delle Temnocephala quando esiste 7. fasciata Haswell. 7. semperii Weber non 
è un semplic+ diverticolo, ma deve considerarsi un vero prolungamento 


lungamenti apolari omologhi a quelli delle altre specie dei Temnocephala e 
degli altri Tristomidi e che il pedicello che le unisce due a due ha nulla 
di comune coi pedicelli e prolungamenti delle altre uova dei Trematodi, 


come ho dimostrato in una nota sulle uova e gli embrioni della 7emnoce- 
phala prog (Atli Soc. Ital. Sc. Nat. Vol. XXXII) che egli, eni non abbia 
consultata con la stessa cura con la quale ha letta l’ altra mia e ne ha 


Eracotyle Ihynni. Di questa rettifica egli ha piena ragione, tanto più che le 
mie osservazioni ulteriori concordano con le sue circa queste uova e mi 
hanno convinto che l’uovo dell’ esemplare di Vienna da me osservato e 
primieramente disegnato, deve considerarsi mostruoso. (V. pag. 110). 

(X) Il Braun a pag. 541 dell’opera citata più volte dà la seguente dia- 
gnosi del genere « mit vier Kopfzipfeln und vier centralen Hacken der 
Haftscheibe. Mit augen ». Ora io vorrei ricordare al Braun che ciò è erroneo 
come nella mia nota preliminare sul genere 7elraonchus dal titolo « Ancy- 
rocephalus paradoxus Creplin e revisione del genere para » (v. questo 
Bollettino Vol. IIl. 1899 pag. 114) da lui più volte citata , ho dimostrato. 
In questa, infatti, ho data una diagnosi del genere nella piva ho riassunte 
tutte le caratteristiche generiche che avevo desunte dalle mie ricerche per- 
sonali (v. pag. 114) ed ho detto esplicitamente: « Estremità anteriore del 
corpo di forma triangolare senza tentacoli » (come dimostra evidentemente 
la fig. 40 della tavola che accompagna questo lavoro che rappresenta la 
Parte anteriore del corpo del Tetraonchus unguiculatus Creplin) e facevo no- 
tare nella not a piè di pog. che nel mio Saggio avevo, seguendo la dia- 
gnosi del Diesing (v. pag. 101), assegnato erroneamente quattro tentacoli 
anteriori al gen. Tetraonchus. (V. pag. 111). 

(XI) Il Bihming nel suo recente studio (Untersuchungen ùber 
Rabdocoele Turbellarien, ll Plagiostomina und Cylindrostomina Graff 
in: Zeit. Wiss. Zool. Bd. 51) a pag. 272 conferma l’ osservazione del Graff 
sulla differente natura dell’ epitelio dei tentacoli del Vorticeros auriculatum 
da quello del resto del corpo, e descrive nell’ epitelio dei tentacoli delle 
Speciali formazioni , che, quantunque egli non abbia visto in direct o 


— 190 — 


nessione con fibre nervose, crede che « die Nervenendapparate innerhalb 
der Tentakel darstellen ». Egli per altro non dice se queste pe sì 
trovano nell’ epitelio della punta del tentacolo o della base. (V. pag. 113). 
(XII) A proposito del sistema escretore di questa specie voglio osser 
vare che in tutte le Epibdella da me esaminate così, sopra preparati in 
toto, che su serie di sezioni (E. hippoglossi, E. solae, e della stessa E. pe 
dorffii) e specialmente a fresco (E. solae/, non ho potuto mai constatare 
quanto ha osservato il Linstow nella sua specie. Il Linstow infatti descrive 
e figura che i due grossi tronchi laterali usciti dalle ampolle « hinten ve- 
reinigen sie sich zu eiuer cylindrischen, von der schwanzscheibe verdeckten 
Vescicula pulsatoria, die in dem Theil, welche der Schwanzscheibe zur An- 
eftung dient, in ein foramen caudale ausmindet (op. cit pag. 168, 1at. pe 
n tut 


re 

escretorie ed i due tronchi longitudinali si riavvicinano nell’ estremità po- 
steriore del corpo per entrare insieme a traverso il pedicello nella ventosa 
posteriore e ramificarvisi, giammai si fondono insieme, nè formano una 
vescicola, nè tampoco si trova in questo punto uno sbocco allo esterno. Il 
Linstow ha interpetrata come vescicola caudale (vescicula pulsatoria) il 
tratto nel quale i due tronchi longitudinali corrono paralleli e ravvicinat. 
E Saiano insieme nella ventosa (fatto che si osserva con la massima 
nell’ Acanthoc. puneggi 


Ù 
l Epibdella Hendorffii ha dubitato, dei resto, anche il Braun (op. cit. né 444). 
Sarebbe stata in vero, per altro, strana una tale eccezione in questo solo 
Tristomidae e neanche giustificabile, perchè il Linstow medesimo asserisce 
le ampolle anteriori aprirsi all’ esterno, come negli altri, nella sua specie 


(V. pag rap 


— 131 — 


Spiegazione delle Tav. V—VI 


Dove non sono indicazioni speciali, tutti i disegni s' intendano eseguiti 
con il sistema Zeiss e la camera chiara Dumaige. 
Lettere comuni a tulte le figure . 


ae  — ampolle escretorie anteriori 
— bocca 
e — cervello 
en — cellule nervose 
dga —dotti escretori delle glandole anteriori 
£ — faringe 
9a  — glandole anteriori 
gs — glandole salivari 
î — intestino 
la — lembo anteriore 
me  — muscolatura circolare 
md — muscolatura diagonale 
mdv — muscolatura dorso-ventrale 
ml — muscolatura longitudinale 
mt  — muscoli retrattori dei tentaco 
mr — muscoli retrattori del lembo anteriore del Calicotyle 
mmva - muscoli motori delle agis anteriori 
nai: — — nervi anteriori ion entrale 
nal = don III | paio È esterno 
nam - » II medi 
nld — nervi laterali dui a 
nlve — nervi laterali mei esterni 
dI » » interni 
np — nervino della papilla 


ni — nervino del tentacolo 
0) —- occhi 
Psv — pseudoventose 

oli 


i — testie 

In — tentacoli 

i9 — grossi tronchi del sistema escretore 
vil  — vitellogeni. 


TavoLa V. 


Fig. 1. — Parte anteriore del 7. papillosum coi cornetti del lembo anteriore 
in estensione; dal vero ( pag. 101, 102 
Fig. 1*— Estremità del cornetto scie destro n Tristomum papillosum 


con tentacolo in estensione (yista dal dorso), Tx 52, dettagli ad oc- 


chio con È 3<145-195 (pag. 102). 


n 


— 132 — 
Fig. 2. — Estremità del cornetto anteriore destro dello stesso con tenta- 
colo retratto : medesimo ingrandimento (pag. 102). 
+ LA È 
Fig. 3. — Una papilla dorsale del 7. papillosum: contorni ala 145, det- 


® 


tagli con; X 250 (pag. 103, 104). 

Fig. 4. = ala panda del lembo anteriore cutaneo del Tristomum mola 
vista dal dorso, — — X52 (pag. 103). 

Fig. 5. — Figura Pri insieme del sistema nervoso della Epibdella hippoglossi: 

2 ar 
figura ricavata da una ben riuscita preparazione in toto, par xi, Im- 
sveglia ve metà (pag. 117, 118 e Nota XI) i 
igo 6.— vello e nervi che ne partono della E. hippoglossi: figura nca- 
vata da pina in toto e completata da ricostruzione di sezioni 
E "I, SOR E 
in serie — rabaSzi impicciolita della metà (pag. 117, 118). 

Fig. 7.— Carvelti e nervi che ne partono della E. soleac: come sopra, 
(pag. 117, 119). 

Fig. 8. — Cervello e nervi che ne partono della E. Hendorffii: figura alquanto 
schematica ricavata specialmente da ricostruzione di sezioni in serie 
me 106, 417, 119 

Fig. _ Parte anteriore del corpo dell’ Acanthocotyle DI ( vista dal 

1 
ventre) coi tentacoli in estensione, na X38, dettagli n x52, 71, 
a fresco (pag. 104, 107). 
Si vedono le papille a forma di aculeetti che rivestono tutto il corpo, 
meno la faccia interna della ventosa posterior 

Fig. 10. — Due diversi modi di presentarsi dei Loi dello stesso : in a In 
quasi completa estensione, in 6 in procinto di ritrarsi, a fresco (pag. 104). 

Fig. 11. Un uovo di Trochopus tubiporus fortemente ingrandito (Nota V.) 


TAVOLA VI. 


È 2 

Fig. 12. — Parte anteriore del Trochopus tubiporus, lato dorsale, 77-< 50 
(pag. 104 e Nota V.). 3 

Fig. 13. — Parte anteriore del 7rochopus tubiporus, lato ventrale, medesimo 
ingrand. (pag. 104 e Nota V.) 


: I 
Fig 14.— Ventosa posteriore dello stesso, faccia ventrale, os 38 ( Nota V). 
Fig. 15. — Uncino posteriore della stessa, in sito, rela 120 (ivi). 
Fig. 16. — Uncino anteriore della stessa, isolato, Lis 190 (ivi). 
Fig. 17. — Parte anteriore e lembo anteriore del 7. interruplum n. Sp. (lato 
1 
ventrale), Wa 52 (pag. 101, e Nota III e IV.). 


TOA ARRONE N OR IRE VET 


— 133 — 


Fig. 18. —- Ventosa posteriore dello stesso (faccia ventrale), a 52 (Nota 
II e IV ). 

Fig. 19. — Uncino della stessa isolato ces 250 (ivi). 

Fig. 20. — Parte anteriore e lembo anteriore del 7. pelamydis (lato ven- 
trale TX 22 (pag. 101, 103 e Nota IV). 

Fig. 21. — Parte anteriore e lembo anteriore del 7. Levinsenii n. sp. (lato 
dorsale) ingrandita, ad occhio (pag 101 e Nota IV) 

Fig. 22. — Parte anteriore della Epibdella Hendorffii (lato dorsale) ingrandita, 
ad occhio (pag. 105). 

Fig. 23. — Parte anteriore della Evipdella sciaenae: a lato dorsale , b lato 
ventrale: da uno schizzo preso sn, esemplari esistenti nel Museo Zoo- 
logico di Parigi, ad occhio (pag. 105). 

Fig. 24. — Parte anteriore della man hippoglossi (lato ventrale): lente I 
dissezione Zeiss, camera Abbe. (pag. 105 

Fig. 25. — Sezione frontale della parte anteriore delle E. Rippoglossi pas- 
sante per le pseudoventose per lasciar vedere la disposizione del si- 


. 28 
stema nervoso; contorno—X 52, dettagli A x 145 — 292 ( pag. 117, 


118). 

Fig. 26. Parte anteriore della Epiddella soleae (lato ventrale ), a fresco, 
"e X 52, impiccolita della metà (pag. 105 e Nota VI). 

Fi 2 

Fig. 27. Sistema nervoso della Epibdella soleae osservato a fresco, T280, 


figura impiccolita (pag. 116, 117). 
Fig. 28. — Sezione Srontale della parte anteriore delle E. soleae passante per © 
le pseudoventose Lera lasciar vedere la disposizione del sistema ner- 
voso : contorni, ix 52, dettagli come in fig. 25 (pag. 117, 119). 
Fig. 29. — Un pezzo di sezione della stessa serie più ingrandita : con- 
torno x 145, dettagli mig 250-500 (pag. 106, a 
Fig. 80. — Glandole anteriori di £. Soleae, isolate, — — > 250 [pag.. 106). 
Fig. 81. — Parte sean della Placunella eracantha Da pra (lato ventra- 
le); contorno— X 52, dettagli —X 195 (pag. 104, 107). 
Fig. 32. — Parte: vl della ah elongata (lato ventrale): lente lI 
_ dissezione Zeiss, camera Abbe (pag. 105) 
Fig. vr — Parte anteriore del Calicolyle Kroyeri (lato ventrale ): contorni: 
+ 7788, dettagli «= DE 195 (pag. 108, 111 e v. anche in notaa pag. 116), 


Fig. sa. — Meta siii della ventosa posteriore dello stesso (faccia ven- 
2 
trale), — x< 52 (Nota VID 


— 1394 — 


è 2 PRC 
Fig. 35. — Un uncino della stessa isolato, > x 280 ‘ivi) 
Fig. 36. — Metà destra della parte anteriore dell’ Acanthecolyle Lobianchi, vi» 
Ri a! 
sta dalla faccia ventrale; contorni a 52, dettagli svi (pag. 107) 


i PREME. 
Fig. 37. — Cellule glandolari anteriori dello stesso ingrandite, > X 258 


(pag. 107). 
2 
Fig. 38. — Sistema nervoso dello stesso, a fresco, x 25 (camera Abbe), 


dettagli, — x 250, giovane esemplare (pag. 116). 


Fig. 39. — Una cellula nervosa dello stesso isolata, a fresco, —X 320, came- 
ra chiara Abbe (pag. 120). 

Fig. 40. — Parte anteriore del Tetraonchus unguiculatus (faccia ventra- 
le), x 52, camera chiara Abbe (pag. 109 ed in nota 1 e Nota so 

Fig. 41. — Metà anteriore dello stesso (dalla faccia ventrale ): contorni 
Lx 230, camera chiara Abbe, dettagli >< 855 (pag. 109 e Nota X). 
Da ciascuno dei tre punti di sbocco dei dotti delle glandole anteriori 


si vede fuoriuscire il prodotto della secrezione ingrumito dall’ azione del 
liquido fissatore. 


Sviluppo postembrionale dello Stenopus spinosus 
Risso—Studio morfologico di G. Cano, (Tav. VID. 


(Tornata del 14 giugno 1891) 


A—Lo S/enopus si lascia facilmente riconoscere sin dalle prime 
fasi larvali per l'armatura singolare dello scudo e dell’ addome 
(fig. 1A, 1A’) e per la conformazione caratteristica del segmento anale 
(fig. 10°) la quale si ravvicina strettamente a quella del Call/azis 
ed ha uno schema di 7+-7 setole. ; 

In questa prima fase larvale (Zoea) esistono sul corpo nove pala 
di appendici, cioè : cinque cefaliche e quattro toraciche. 


Le antenne interne (fig. 2*) hanno un piccolo flagello terminale 


(Hauptgeissel) che porta i filamenti olfattivi, nelle antenne esterne 
la protopodite risulta formata di un sol pezzo, il ramo esterno non 
è ancora distintamente squamiforme ed è verso l'apice segmentato 
in più articoli e guernito di setole nel suo margine interno ed esterno. 

Le mandibole (fig. 3*) sono unilobe e sprovviste di denti nel mar- 
gine tagliente, il primo paio di mascelle (fig. 4*) al pari delle man- 


bia e i 


sar 


dibole è sprovvisto di palpo, mentre nel secondo paio (fig. 5*) esso 
è ben sviluppato e si articola colla lacinia interna. 

I quattro piedi toracici ( fig. 6*, 7%, 8°, ) hanno durante questa 
fase larvale tutta l’importanza di piedi nuotatori , la protopodite 
ha un articolo prossimale ed uno distale, il ramo esterno è guernito 
di setole, il ramo interno di lunghe spine ed è diviso in quattro 
articoli nel primo e nel quarto piede nuotatore, in cinque nel se- 
condo e nel terzo. 

L’addome risulta di sei distinti segmenti ed è privo di appendici. 

B — In una seconda fase larvale intermediaria tra la Zoea e 
lo stadio di Mysîs (fig. 1B), persiste immutata la forma generale del 
corpo e di tutte le appendici; nelle antenne interne però a lato del 
flagello principale si è sviluppato un piccolo fiagello accessorio, il 
primo piede nuotatore porta una piccola appendice (ep) epipoidale 
(fig. 6» ) dietro dell’ultimo paio di piedi nuotatori si osserva per cia- 
scun lato quattro gemme delle quali le due anteriori bilobe che rap- 
presentano il primo abbozzo dei quattro ultimi piedi ambulatori 
dell’ adulto. 

L’addome ha sei distinte somiti ed un telson terminale con due 
lamelle laterali. 

C— Nello stadio di Mysiîs (fig. 1C) la forma del corpo e di tutte 
le appendici si ravvicina a quella dell’ adulto. 

Le antenne interne ( fig. 2° ) presentano l'apertura del sacco udi- 
tivo, la porzione del peduncolo è divisa in tre articoli, i due flagelli 
terminali attraverso la trasparente cuticola si osservano suddivisi 
in una serie di piccoli anelli. 

Nelle antenne esterne la protopodite ha due distinti articoli, 
quello della base offre l’ orifizio di sbocco della glandola antennale, 
il ramo esterno si è trasformato in una larga squama è non ha più 
alcuna segmentazione terminale, il ramo interno è suddiviso in una 
serie di articoli successivamente più piccoli. 

Le mandibole e le due paia di mascelle si conservano immutate 
nella loro forma. 

Nel primo piede nuotatore i due articoli della protopodite di- 
venuti lamellosi si sono trasformate in due lacinie masticatrici 
(fig. 6°), l’appendice epipoidale si estende sotto forma di larga la- 
mella branchiale. 

Il secondo piede nuotatore ha due appendici epipoidali (fig. 7° ) 


(1) Cano C. Sviluppo postembrionale della Gedia , Azius, Cal- 


»  tianassa e Calliaris ete. in: Boll. Soc. Nat. Napoli (I) Vol. V. 1891, fasc, 1°. 


— 136 — 
ed una branchia della serie d (1) mentre tutte le restanti appendici to- 
raciche con eccezione dell’ ultima hanno una sola appendice epipoi- 
dale e tre tubi branchiali della serie d, c, e e’ Claus. L'ultimo ha 
soltanto un’ appendice branchiale della serie c'; i medesimi hanno 


. un distinto ramo esterno tranne nei due ultimi e sono terminati da 


una chela nel quarto, quinto, e sesto palo. 

IL’addome ha cinque paia di pleopodi risultanti con eccezione 
del primo di due distinti rami (fig. 9€). 

D— Nello stadio postlarvale la forma del corpo e di tutte le ap- 
pendici è quasi simile a quella dell’ adulto, il ramo nuotatore è to- 
talmente scomparso nel quarto, quinto e sesto piede toracico, le 
mandibole però non sono ancora provviste di palpo, il quale perciò 
deve svilupparsi nello stadio adulto. Come si rileva poi dalla figura 
1D lo Sfenopus ensiferus Dana (2) non è altro che uno stadio post- 
larvale dello Sfenopus. 


E — Nello stadio adulto (fig. 1E) la spina nostrale si è in gran 


parte atrofizzata, tutta la superficie del corpo è rivestita di minu- 
tissime spine. 

Le due paia di antenne hanno dei lunghissimi flagelli (fig. 24), 
le mandibole presentano un palpo diviso in tre articoli e sono ar- 
mati di denti nel loro margine tagliente. 

Nel primo paio di mascelle si è sviluppato un piccolo palpo di- 
viso in due articoli (fig. 49), nel secondo paio di mascelle (fig. 5% ) 
il palpo ha perduto la sua primitiva articolazione. 

I primi tre piedi nuotatori (fig. 64, 74, 84) si sono trasformati 
in piedi mascellari, i cinque successivi sono divenuti piedi ambula- 
tori, il ramo esterno è totalmente scomparso, le branchie hanno ac- 
quistate quella conformazione stata già descritta da Claus (3) 

"addome ha cinque paia di pleopodi guerniti di lunghissime 
setole, ri ramo interno non ha retinaculum. 


CONCLUSIONI 
Esaminando lo Sfenopus nelle diverse fasi del suo sviluppo non 


che nella conformazione generale del corpo e nell’ organizzazione 
dell'adulto si osserva ch’esso rappresenta una forma di transizione 


(1) Questa branchia riferita.da Claus alla serie c mi sembra invece debba — 


appartenere alla serie d. 
(2) United States Explor. spa Pit. 40, fig. 9. 
(3) Neue Beitrige ecc. pag. 47 e 48. 


rape RE 


— 137 — 


tra i Peneidi propriamente detti (Penaeus e Sicyonia) e gli Euky- 
Photes 

I Peneidi infatti hanno un apparecchio sessuale metamerico vi 
non fissano le uova, si sviluppano per Nawplius, conservano un ru 
dimento del ramo esterno nei piedi ambulatori dell'adulto, hanno un 
retinaculum nel ramo interno dei pleopodi. 

Lo Sfenopus invece non ha l’ apparecchio sessuale metamerico, 
fissa le uova come tutti i Decapodi, si sviluppa per Zoea, non con- 
‘Serva alcun rudimento del ramo esterno nei piedi ambulatori dell’a- 
dulto, il ramo interno dei pleopodi è privo di un retinaculum. 

Lo Stenopus inoltre sin dalla prima fase larvale è distintamente 
un EuRyphote nel senso cioè che presenta un addome gibboso, e que- 
sto solo carattere è sufficiente per distinguerlo nello stadio di Mysis 
da un Peneide, al pari di quest ultimo egli però presenta in questo 
stadio una lunga spina orbitaria superiore, (2) tre paia di piedi che- 
lati, ed i pezzi epimerali delle diverse somiti del pleon disposte se- 
condo il tipo Peneide, oltre di che la forma e la struttura delle ap- 
pendici branchiali nell'adulto è riferibile al medesimo tipo. 


Napoli, Stazione Zoologica, Giugno 1891 
Spiegazione della Tav. VII. 


LI 
Fig. 1A, 1A”, 1B, 10, 1D, 1E Zoea (lungh. 4 mill.), fase intermedia tra la Zoea 
e lo stadio di Mysis (lungh. 8 mm.), stadio di Mysis (lungh. 80 mm.), 
stadio postalarvale (lungh. 40 mm.), e fase adulta di Stenopus 
spinosus Risso. 
» 2% 2e2d Antenne nelle fasi A, C, D. 
» 3, 34 Mandibole » 
» 4°, 4d Mascella del primo paio. 
» 5°, 54 Mascella del secondo paio. 
» 6°, 6b, 6c, 64, Primo piede mascellare. 
» 7°, 7e, 74 Secondo piede mascellare. 
» 8%, 8e, 8d Terzo piede mascellare. 
» 94 Secondo pleopede. 
10*, 10°, 104 Telson e lamine laterali. 


mi si 
o 
6 


ili i 


(1) Camo C. Morfologia dell'apparecchio sata fe mmi- 
Nile ete. in: Mit!h. Zool. Stat. Neapel, IX Band, 4 Heft, Taf. 17, fig. 1, fiy. 16. 
(2) CLaus. Crustaceen Systems, Taf. /II, fig. 2. 


ra 


Sullo sviluppo postlarvale della conchiglia nei 
Tectibranchi — Nota di G. MazzareLLI. 


{ Tornata del 26 luglio 1891 ) 


Lo sviluppo postlarvale degli Opistobranchi in generale, e dei 
Tectibranchi in particolare, — molto importante per conoscere le 
relazioni naturali dei diversi gruppi — non è ‘stato finora fatto da 
alcuno. 

Avendo intanto avuto'a mia disposizione un materiale piuttosto 
abbondante di piccoli di Tectibranchi, ho iniziate delle ricerche in 
proposito, di cui espongo per ora una piccola parte, che riguarda 
lo sviluppo postlarvale della conchiglia di alcuni Tectibranchi. 

Nello sviluppo postlarvale di Pleurobranchaea Meckelii, Leue, 
non s’ ha alcuna traccia di conchiglia. Individui della lunghezza di 
mm. 8-10 non presentavano infatti alcun accenno di conchiglia. Invece 
in altri Pleurobronchidae, come nell’Oscanius membranaceus (Me- 
ckel) trovasi una conchiglia interna, che ha i medesimi caratteri 
generali di quella dell’adulto, sin da quando l’animale non ha che 
mm. 2,00 di lunghezza. Questa conchiglia persiste nell’ adulto, © anzi 
sì sviluppa maggiormente, restando però sempre nascosta dal n0- 
taeum. 

Nelle Ap!ysiidae la conchiglia subisce invece uno sviluppo molto 
diverso. Nei piccoli di Aplysia punctata Cuv. della lunghezza di 
mm. 1,05 trovasi una conchiglia relativamente enorme, della lun- 
ghezza di mm. 1,00. Questa conchiglia è interamente scoperta, con- 
trariamente a ciò che osservasi nell’ adulto. Inoltre essa presenta 
delle particolarità assai interessanti. Essa infatti è avvolta a spira 
per due giri e mezzo, ed ha un’ apertura assai ampia. In quest’ aper- 
tura trovasi la massa viscerale, di cui una parte, l'estremità poste- 
riore cioè della massa epatico-ermafrodisiaca, s’ introduce nei giri 
della spira sino all'apice. 

In progresso di sviluppo la conchiglia conserva la sua forma, mè 
le sue dimensioni, relativamente a quelle dell’animale, diminuisco- 
no. In seguito i primi giri della spira cominciano a ridursi, mentre 
l’ultimo, che limita 1’ apertura, s'ingrandisce, e comincia ad appiat- 
tirsi in forma di lamina, in modo che la massa viscerale non può 
più intromettersi nell’ apertura in tal modo ridotta; però l’ estremo 
posteriore della massa epatico-ermafrodisiaca continua a occupare ì 
primi giri della spira. Le dimensioni della conchiglia, relativamente 
a quelle quell’animale, continuano intanto a diminuire. Di poi com min- 
cia a manifestarsi nell'ultimo giro della spira, appiattitosi in forma 


ai 


E BS Rie SR Pago 
4 # È 


— 139 - 


di lamina, e proprio dove esso si distacca dal penultimo, una leggiera 
incavatura—incisura—in cui viene a collocarsi il sifone, la quale dà. 
alla conchiglia la forma generale caratteristica degli individui adulti 
di Aplysia. La formazione di questa incisura è più tardiva in A. 
punciata; in A. depilans è invece abbastanza precoce. In A. pun- 
ctata anche nell’ adulto l’incisura persiste poco accentuata ; si ac- 
centua invece negli adulti di A. depilans e di A. limacina. Negli 
adulti di Do/abella essa si accentua in tal modo da dare alla con- 


chiglia un aspetto cordiforme. 


Mentre che avvengono queste modificazioni la conchiglia è sem- 
pre esterna, ed a misura che i primi giri si vanno riducendo, l’ul- 
timo, appiattitosi in form& di lamina alquanto concava, si va rela- 
tivamente sviluppando. A questo punto comincia un processo singo- 
lare, che mena poi a rendere interna questa conchiglia primitiva- 
mente esterna. 

I margini del mantello, gradatamente sviluppatisi, si rovesciano 
al di sopra, e rivestono i margini trasparenti della conchiglia. A poco 
a poco il mantello cresce, e comincia così a nascondere la conchi- 
glia, a partire dalla periferia e andando verso il centro, sino a che 
€sso si sviluppa in tal modo da nascondere tutta la conchiglia, la- 
Sciandone scoperto soltanto uno spazio al centro. Questo spazio, di- 
Scoidale—che la incompleta riunione dei primitivi margini del man- 
tello,rovesciatisi al di sopra, lascia visibile —viene gradat te sem 
Pre più limitato dal graduale svilupparsi dei margini medesimi. In 
A. punctata questa sorta di orifizio, che trovasi nella porzione so- 
Praconchiliare del mantello, e attraverso il quale scorgesi la conchi- 
glia—conosciuto sotto il nome di « apertura dell’opercolo»vr—è sem- 
SÙ relativamente grande, anche nello stato adulto. Nelle altre spe- 
cle di Ap/ysia questo processo, che ha per scopo di nascondere in- 
teramente la conchiglia, non si arresta però così presto. In A. depi- 
‘ans Y « apertura dell’ opercolo » è già più piccola che in A. puncta- 
ta, e in A. timacina, come anche in A. Lobiancoi (1), è tanto piccolo 
che è appena visibile. In A. Chierchiana del Perù, come fu osser- 
vato da Zuccardi e da me (2), e in A. Willcori della Florida, come 
fu osservato da Heilprin (3) quest’ « apertura » , strettissima , pre- 
Senta anche una piccola papilla contrattile. 


(1) MazzareLti. Diagnosi di una nuova specie di Aplysia, in: Atli Accad. 
pe di Napoli, 1890, ed in: Nachrichisblatt deutsch. Malakolog. Gesellschaft. 
1890. 


(2) Aplysiidae della « Veltor Pisani » in: Atti Soc. Ital. delle Scienze delta 


dei XL. Napoli, 4 


0. 
(8) Proceed. Acad. Nat Sc. Philadelphia, 1889. 


— 140 — 


La completa chiusura della conchiglia tra i lembi rovesciati del 
mantello, o per meglio dire quel grado di chiusura che osservasi 
negl’individui normali di Ap/ysîa, diverso secondo le diverse specie, 
non si manifesta in tutti gli individui alla medesima epoca di svi- 
luppo. In alcuni essa è precoce, in altri essa è invece assai tardiva, 
‘e posseggo esemplari di A. punctata abbastanza grandi, in cui la 
conchiglia è per la massima parte ancora scoperta (1), e inoltre mi è 
financo capitato un individuo di A. limacina, la cui « apertura del- 
l’opercolo » era grande, come in un individuo adulto di A. puncta- 
ta normalmente sviluppato. 

Mentre la conchiglia nel genere Ap/ysia viene in tal modo co- 
perta e nascosta, la sua forma si modifica sempre di più. I due primi 
giri della spira, dove prima immettevasi 1’ estremo posteriore della 
massa epatico-ermafrodisiaca, si riducono in modo che questo non 
può più penetrarvi, e infine ogni traccia di spira scompare. Ne re- 
sta allora ciò che chiamasi il « rostro », che può presentare delle 
prominenze più o meno sfrangiate, residui dei primitivi giri della 
spira ora scomparsi. 

Nelle altre Ap/ysiidae poi, da Aplysia in fuori, non v'è, è 
vero, quello speciale procedimento, sopra descritto, mediante il 
quale la conchiglia viene inclusa nel mantello, ma il graduale 
ravvicinamento (Dolabella , Dolabrifer ) degli epipodi, e il loro 
graduale saldarsi ( Aplysiella, Notarchus, Phylaplysia ) raggiunge il 
medesimo scopo, venendo a poco 2 poco a nascondere la conchiglia. 
La quale, fragile già in molte specie di Ap/ysia, solo membranacea 
e quasi senza sostanza calcarea in altre ( A. Lobiancoi ), solida al- 
quanto soltanto in Do/abella, è addirittura rudimentale in Nofarchus, 
dove il Vayssière (2) l ha recentemente descritta, e in Phyltaplysia 
il Fischer (3) non l’ha finora potuta ritrovare. D’ altra parte è chiaro 
ancora, come lo dimostra lo sviluppo postlarvale di Ap/ys?a , che 
questa conchiglia in origine era esterna, grandemente sviluppata re 
lativamente al suo stato presente, e conteneva la massa viscerale 
dell’animale, il quale però non poteva ritirarsi in essa. Dai piccoli 
di Aplysia punctata agli individui adulti di Notarchus e Phylta- 
Plysia sì può seguire tutto lo sviluppo regressivo della conchiglia, 
fino alla sua quasi completa scomparsa. 


(1) L’ Aplysia virescente di Risso , che Vayssière ritiene come ‘sinonimo 
di Aplysiella Weebbii, è invece assai protesbilment una giovane 4. punclata, 
con la conchiglia ancora in gran parte scoperta 
(2) Ann. Mus. Hist. Nat. de Marseille, Tome II 1885. 
(3) Traité de Conchyliologie. 


(E 
‘e 
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db 

si 


= 


NE a TI 


Sirio tan rane A a 
i SRI 


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È chiaro quindi che la conchiglia delle Ap/ystidae è un or- 
gano che tende a scomparire. Intanto da tutto ciò si può 
agevolmente conchiudere che in origine le Ap/ysiidae pos- 
sedevano una conchiglia così sviluppata, se non come 
quella delle Bu//idae, almeno come quella delle Aceri- 
dae (1) — conchiglia che con la medesima forma tipica di 
quella delle Philinidae, Bullidae, Aceridae, si ritrova in fatti 
persistente nei piccoli di Ap/ysia punctata—e chein se- 
guito questa conchiglia, non più utile all'animale, si è 
ridotta, è stata nascosta nei tegumenti ( mantello o epi- 
podi), e ora va gradatamente scomparendo. Nofarchus dove 
essa è affatto rudimentale, e PAyltaplysia dove essa forse trovasi 
nelle medesime condizioni, ovvero è scomparsa del tutto, dimostrano 
chiaramente l’ ultimo risultato di questo sviluppo regressivo della 
conchiglia delle Ap/ysiidae. 

Questa conclusione concorda pienamente con la morfologia del- 
l'apparato riproduttore delle Ap/ysiidae (2) e delle Aceridae (3), che 
cì ha dimostrato le grandi affinità che passano le Ap/ystidae e le 
Aceridae, e poi tra queste due famiglie e le BuZlidae. Infatti 1’ ap- 
parato riproduttore delle Ap/ysiidae, e quindi anche quello delle 

ceridae, è il medesimo apparato riproduttore tipico delle BulZidae 
0 meglio dei Cephataspidaca, grandemente evoluto, e la conchiglia. 
delle Aplysiidae è la medesima conchiglia tipica delle Bu/idae 0 
anche dei Cephalaspidaea, che ha subito invece uno sviluppo re- 


_ QTessivo. 


Tutto ciò è però inaperta contraddizione con alcune idee messe 
avanti dal von Jhering in un capitolo sulla « filogenia degli /chno- 
Poda» di un suo recente lavoro (4). Pel von Jhering la conchiglia 
delle Aprysiidae sarebbe una conchiglia in via di sviluppo, sarebbe 
la conchiglia larvale che « comincia a persistere » per poi svilup- 
Parsi maggiormente nei Tectibranchi « più evoluti » che, secondo il 
suo modo di vedere, sarebbero quelli provvisti di una conchiglia bene 


- e 


(1) Per la costituzione di questa nuova famiglia vedi Mazzaretti, in 


— Zoolog. Anzeig. N° 368, 1891. 


(2) Mazzarerti. Ricerche sulla morfologia e fisiologia del 


l’apparato riproduttore cpr AplysiaedelGolfodi Napoli, in; 


Memorie Accad. Se. di Napoli Vol. 
(3) MazzareLLI, in: Zool. Ans. su 368, : 
(4) H. vox Jarerine. Sur les srt LAI des Cochli,- 


des et des lehnopodes, in: Bull. Scient. de la France e de la Belgique” 
Tome XXHI, 1891 


— lia? — 


sviluppata e robusta, come Bullidae, Scaphandridae. Ma eviden- 
temente il von Jhering ha emessa questa ipotesi senza fondarsi su 
di alcuna osservazione, come d'altra parte ha voluto troppo presto 
costituire una filogenia dei Tectibranchi — fondandosi in gran parte 
sulle sue note osservazioni sul sistema nervoso (1) — senza che fi- 
nora vi siano conoscenze tali da poterlo permettere, massime per 
quel che riguarda l’ apparato riproduttore, ia cui importanza, come 
ben riconosce il von Jhering medesimo, è molto grande per la filo- 
genia dei Tectibranchi. La conchiglia interna di Oscanius membra- 
naceus, sempre interna nello sviluppo postlarvale, può considerarsi— 
secondo le vedute del von Jhering — come la conchiglia « larvale » 
«che comincia a persistere, tanto più che in una forma affine ( Plew- 
robranchaea ) essa manca del tutto. Cosi del pari — sempre secon- 
do le vedute del von Jhering — potrebbe considerarsi quella delle 
Philinidae, tra cui Posterobranchaea è priva di conchiglia, e for- 
s' anche quella di Gastropteron, che apparentemente sembra conser 
vare la sua forma larvale. Che Umbrella e Tylodina debbano con- 
siderarsi come Tectibranchi primitivi è possibile, ma nello stato at- 
tuale delle nostre conoscenze non è certo ancora permesso di ammet- 
terlo. Il medesimo si dica quanto agli Oxrynoidae , la cui organiz- 
zazione non è ancora ben nota. Quanto alle Pe/lidae l opinione di 
Vayssiére che considera questa famiglia come intermedia tra Plew- 
robranchidae e Cephalaspidaca sembra abbastanza giusta, ma an- 
che per esse son necessarie osservazioni più precise. Come si vede 
quindi tutte le idee del von Jhering sulla filogenia dei Tectibran- 
chi — tra cui, contrariamente all’ opinione del von Jhering medesi- 
mo, vanno però incluse anche le Pleurobranchidae — debbono 
considerarsi, per ora almeno , come premature. Quelle poi che ri- 
guardano in particolar modo la filogenia delle Ap/ystidae sono evi» 
dentemente in contraddizione con la la morfologia dell'apparato ri- 
produttore e con lo sviluppo postlarvale della conchiglia. 


Napoli, Stazione Zoologica, Luglio 1891. 


(1) H. von JaERING. Vergl. Anat. des Nervensist. und PbyloB- 
der Mollusken, Leipzig, 1878. 


e ro O 


— 143 — 


Le prime fasi di sviluppo nell’ Amphiura squamata 
Sars. — Comunicazione di A. Russo. 


(Tornata 26 luglio 1891) 


Con questa breve comunicazione mi propongo di portare nuovo 
contributo allo studio dello sviluppo di questo animale , mettendo 
in maggiore evidenza i primi momenti della evoluzione. 

Riassumendo quanto fino ad oggi si è detto su l’ argomento tro- 
viamo da prima il Metschikoff (1), il quale fa cominciare i suoi 
studii dalla formazione della blastosfera: non segue però, la for- 
mazione dell’entoderma, onde crede che esso si formi per inva- 
ginazione come negli altri Echinodermi. L’ Apostolides (2) in se- 
guito comincia a ricercare dall’uovo e ne segue la prima segmenta- 
zione, dice che l’entoderma si forma per dilaminazione dalle c- 
toderma senza però seguire il processo e senza darci alcuna figura 
ber comprovare un fatto così notevole. In ultimo Fewkes (8), con- 
tinuando queste ricerche, riconosce che 1’ esofago si forma per in- 
vaginazione dell’ectoderma, ricavando questa osservazione dallo 
studio delle larve in stadii molto avanzati dello sviluppo. La descri- 
zione della blastosfera e della formazione dell'entoderma e poco 
esatta; perchè dal testo e dalle figure poco si rileva da poterne il- 
lustrare il processo di queste formazioni con sufficiente determina- 
tezza. Stando così le cose, facilmente s’ intende che queste prime 
fasi dello sviluppo vanno in massima rivedute ed in gran parte ri- 
fatte, onde io descriverò l'uovo e la segmentazione, la forma- 
zione della blastosfera, dell’entoderma e del mesoderma, del 
Pro ctodeo e dello stomadeo ed in ultimo il modo di origine del 
sistema nervoso, che da nessuno fu ancora studiato, 

Circa alla costituzione ed ai caratteri dell'uovo di Ampriura squa- 


———————————<=—<» 

(1) Merscamikore. Studien iber die Entwickelung der Echi- 
hodermen und Nemertinen-Embriologie der Amphiura squa- 
| sala, in: Mémoires de l' Acad. Sc. SI. Pèlersbourg {VII} Tome XIV, N. 8, 

1869. 


(2) Nicoras Cnristo-ArostoLipes. Anatomie et dé veloppemen t 
des Ophiures-Développement de /Amphiura squamala, in: Archives 
Zoologie exrpér. et gin. 1882. 

(3) Fewkes W. On the Development of the Calcareous Plates 
of Amphiura, in: Bull. Museum Comparative Zoblogy, Vol. XVI, F. 4, Cambridge, 
1887. 


— 144 — 


mata rimando il lettore ad un mio precedente lavoro (1). La forma- 
zione delle vescicole polari e molto difficile seguire, perchè, ve- 
nendo a maturazione in ciascun animale due o più uova, dissocian- 
done anche parecchi, è una vera fortuna imbattersi in quelle da poco 
fecondate. Oltre a ciò la colorazione rosso-oscura rende quasi im- 
possibile poter seguire le fasi cariocinetiche della vescicola germi- 
nativa. Quando l’ uovo ha già espulso le vescicole, esse sono in nu- 
mero di due, l’ una vicino all’ altra, di grandezza molto considere- 
vole con colorazione poco più chiara di quella dell’ uovo — Il primo 
piano di segmentazione è normale alle vescicole ed i due primi 
blastomeri sono disuguali: Il più grande, fatto da quasi due terzi 
dell’ intero uovo, con un secondo piano normale al primo si scinde 
ed in tal modo si hanno tre blastomeri uguali quasi fra loro © 
simmetricamente disposti. In una segmentazione successiva i blasto- 
meri sono quattro ed i piani di segmentazione normali fra loro fan 
credere che il blastomero piccolo , originato dalla prima scissione, 
sì sia anche diviso normalmente al primo piano. Ciò verrebbe a con- 
tradire quanto ne riferisce 1° Apostolides (2), cioè, che il fraziona- 
mento si opera su di una solamente delle due masse (la maggiore) 
mentre l’altra resta immutata. Ulteriormente è difficile seguire la 
segmentazione: solo è notevole che successivamente i blastomeri, pur 


Fig. 1. Fig. 2. 
Fig. la Blastosfera: ec ectoplasma, end endoplasma, cb cavità blastocelica, a,b 
oe. 


cellule in cariocinesi: Ingrand. di tutte le figure Nachet 


ob. 3 
Fig. 2.a Le cellule della blastosfera si sono dilaminate: ecé ectoderma, ent entoderma» 


(1) Russo A. Ricerche citologiche sugli elem. sem. delle 
Ophiureae ete. in: /nternationale Monatschrift Anal, Physiol. 1891, pag. 
18 e 19. 

(2) Apostowpes. Cfr. sup. 


Rea 
esa 


=== 


— 145 — 


conservando la stessa colorazione, diventano più chiari e più traspa- 
renti — La morula è molto facile a distinguere per le sue cellule 
tondeggianti, di un colore uniformemente rossastro e simmetrica- 
mente aggruppate — La blastula che ne consegue è molto carat- . 
teristica: le cellule di questa formazione addossate regolarmente 
alla membrana vitellina, si sono allungate, formando la vescicola 
blastodermica con cavità molto angusta. Il protoplasma di queste 


cellule tipicamente si distingue per la colorazione rosso-intensa, che 


assume nella parte centrale, mentre la periferica resta gialletta e 
trasparente in cui si vede un grosso nucleo. La differenziazione del 
protoplasma delle cellule della blastofera che inizia la formazione 
dell’entoderma per dilaminazione è stata anche altrove osservato 
da Fol (1) e Mentschnikoff (2) nello sviluppo della Geryonia e da 
Brauer (3) in quello dell’ Hydra, però non tipicamente con diversa 
colorazione, ma sempre per diversa struttura della rete protopla- 
smatica, che fa assumere diverso aspetto all’ectoplasma ed all’ en- 
doplasma (4). 

La sostanza rossa, formante l’ endoplasma nelle cellule della 
blastofera di Amphiura squamata, è fatta da elementi di nutri- 
zione di cui l'uovo era provveduto, e ciò non è senza valore per le 
vicende dell’archenteron e delle sue aperture ( proctodeo e sto- 
madeo). Nel suo ultimo lavoro sullo sviluppo dell’ Zy@ra il Braner 
ha anche osservato che le cellule della blastosfera, le quali in 
parte formano l’ entoderma per dilaminazione, contengono nell’ en- 
toplasma elementi di nutrizione, mentre l’ ectoplasma ne è privo. 

La formazione dell’entoderma in cosiffatto modo, che ha dato 
luogo a molte discussioni per parte dei sostenitori della gastrula- 
zione, va sempre più acquistando valore e pare sia più difiusa di 
quel che prima non si credeva (5). Questa formazione è in stretta 
connessione alle condizioni di sviluppo, giacchè dove questo è libero 


(1) For Herw. Die erste Entwickelung des Gerjonideneies, 
in: Jenaische Zeit. Naturw. 1873, Taf. XXIV, XXV und Figuren in Hotsschn. 

(2) Merscanikore E. Embriologische studienan Medusen, Ein 
Beitrag zur genealogie der primitiv-organ, Wien, 1886. 

(8) Brauer A. Ueber die Entwickelung von Hydra,in: Zeit. Wiss. 
Zool. B, I, 4891. 

(4) alia le due porzioni di protoplasma delle cellule della bla- 
stosfera ho usato la nomenclatura che Fol (cf. sup.) impiega per indi- 
care le stesse parti. 

(5) Si beni all'uopo: Hensen V. Die Plankton expedition und 
Haekels Darwinismus—Ueber einige aufgaben und ziele der 
becshreibenden naturwissenschaften, Aiel u. Leipzig, det 


— 146 — 


e la blastosfera è nuotante, l’entoderma si forma per unipolarità, 
secondo la direzione di progressione, mentre dove lo sviluppo è 
in uno spazio limitato, cioè, interno, si avvera la multipolarità 
e la dilaminazione delle cellule della blastosfera. Questa asser- 
zione del Brauer (1) per i Celenterati trova negli Echinodermi una 
conferma, perchè mentre tutti formano l’ entoderma per invagi- 
nazione o per migrazione di elementi da un solo polo l Amphiura 
squamata lo forma in modo diverso, evidentemente per le diverse 
condizioni di sviluppo. 


Fig. 3 


Fig. 3a. Formazione del proctodeum: ent ectoderma, ent entoderma, pro proctodeo, 
arch archentero. 


Quando tutte le cellule della blastosfera si sono scisse sì ha 
due strati di cellule: uno esterno: (ectoderma) fatto da cellule molto 
grosse, giallette e trasparenti ed uno interno: (ento derma) le cui 
cellule sono piccole, tondeggianti e di un color rosso oscuro molto 
intenso da non lasciar vedere alcuna struttura. In queste condizioni 
in un punto alcune cellule dell’ectoderma si atrofizzano ed in ciò 
son seguite dalle corrispondenti dell’entoderma; Abbiamo così for- 
mato il proctodeo e l’archenteron. Quando ciò è avvenuto co- 
mincia a formarsi il mesoderma: Questo foglietto trae la sua ori- 
gine dall’'ectoderma, dal: quale si distacca anche con processo di 
dilaminazione, come si vede nelle cellule a e d della fig. 4.°*. 
Esso apparisce da principio come due piccoli gruppi cellulari posti 
in prossimisà del blastoporo, ai lati dell’archenteron,il quale 
acquista la figura piriforme (Birneform di Metschnikoff). Le cel- 
lule del mesoderma sono più tosto grosse e son munite di pro- 
lungamenti, che perdono per divenire tondeggianti: hanno proto- 
plasma granuloso e nucleo vescicolare e trasparente. Queste cellule, 


nei 


(1) Braver. Cfr. sup. pag. 203 e seg. 


"PO — MIA E TRIOOTI “SAMP n 


| 


NR SERE E 


— 147 — 


aumentando di numero si spingono verso il polo opposto, occupando 
quasi tutta la cavità blastocelica, eda poco a poco si dispongo- 
no regolarmente sui due foglietti primarii, limitando la cavità 
dell’enterocele. Prima che ciò avvenisse però, si forma lo st o- 
madeo nel polo opposto a quello in cui si era formato il procto- 
deo. Questa formazione si può seguire dal suo inizio fino a che essa 
si completa come invaginazione dell’ ectoderma, occupante quasi un 
terzo dell'intero embrione. In questo stadio le cellule che costitui- 
scono l’ embrione conservano ancora la colorazione tipica dei diversi 
foglietti, perciò è agevole seguire queste formazioni; ma, ben presto 
la larva acquista un colore uniforme. 


Fig ect ecto cera ent entoderma, arch na. ni mesoderma, a. 5 cellule 
dell’ ii “i si scindono per formare il mesoderma. ' 

Fig. 5a. ect ila ent endoderma, stom stomadeum, c. ent cavità entorocelica, 
8. n sistema nervoso. 

Circa la formazione del sistema nervo so, l’Apostolides (1) dice 
che esso si forma quando lo scheletro calcareo si è molto accentuato, 
il che ne impedisce la osservazione. Esso invece apparisce subito . 
che lo stomadeo e la cavità enterocelica si sono formati: Da 
principio è rappresentato da quattro cellule giallette, trasparenti con 
nucleo chiaro e tondeggiante munite di prolungamenti coi quali si 
attaccano all’ ectoderma ed allo stomadeo ai lati del quale sono 
situate. Esse verosimilmente sono anche derivate dall’ ectoderma 
per un processo di dilaminazione. Osservando successivamente le 
larve in stadii differenti dello sviluppo si possono seguire gli ulteriori 
differenziamenti del sistema nervoso il quale si modella sulle vi- 
cende della vescicola acquifera, come altrove sarà meglio esplicato. 

Napoti, Stazione Zoologica, Luglio 1891. 


(1) Aposrotipes. cfr. sup. 


— 148 — 


Della spermatogenesi nei Trematodi. — Nota rias- 
suntiva di Fr. SAv. MONTICELLI 


(Tornata del 22 novembre 1891) 


Riassumo qui brevemente le mie ricerche ed osservazioni sulla 
spermatogenesi nei 'Trematodi che esporrò largamente in un lavoro 
di prossima pubblicazione accompagnandole con figure illustrative. 
Queste ricerche sono state eseguite sopra molte specie così di mo- 
nogenetici, come di endoparassiti, ma specialmente su questi ulti- 
mi, e sono stati i Distomi che mi hanno dato i migliori risultamenti. 
Dei metodi usati nella ricerca, come delle specie esaminate dirò a 
suo tempo: ora entro in argomento e pigliando per tipo, nella de- 
scrizione che segue, il Dis!. megastomuin dico’che dapprincipio, nelle 
forme giovani, le masse testicolari mostransi compatte, cioè a dire 
i testicoli sono uniformemente riempiuti di cellule che chiamerò 
spermatogonii. Gli spermatogonii dapprincipio si trasformano 
direttamente in spermatociti, e ciò si manifesta appunto nei testi- 
coli giovani, all’iniziarsi dell'attività fisiologica di essi; in seguito 
dagli spermatogonii per divisione indiretta, le cui fasi ho potuto 
seguire quasi completamente, si originano gli spermatociti. 

Nei testicoli vecchi sono, poi, gli spermatogonii parietali ed 
ultimi rimasti che producono gli spermatociti. Tanto gli spermatociti 
prodotti per divisione dagli spermatogonii, quanto gli spermatociti 
trasformazioni, dirò così, di essi, si dividono, mercè le fasi cario- 
cinetiche ordinarie, che ho potuto seguire e che descriverò a suo 
tempo, quando le figure ne renderanno più chiaro l’ intendimento, 
in due cellule figlie, in due spermatociti di second’ordine: 
queste due cellule non si separano completamente l’ una dall’ altra, 
ma restano l’una all’ altra aderenti per un breve tratto ; queste 
due prime cellule hanno forma globosa. Ciascuna di queste cellule, 
per divisione, dà in seguito due altri spermatociti, i quali alla lor 
volta non si separano dai primi: si ha così una fase a quattro sper- 
matociti, a forma di pera, riuniti nel centro per i loro prolunga- 
menti: ciascuno dei quattro spermatociti secondarii così formati, 
per divisione darà a sua volta luogo a due altri spermatociti se- 
condarii più piccoli dei quattro precedenti, che sono alla lor volta 
minori dei due primi spermatociti secondarii. Questi otto spermato- 
citi secondarii sono ancora più nettamente piriformi dei precedenti 
Qua. ro, e sono anch’ essi riuniti nel centro dell’ ammasso sferico, 
che essi costituiscono, per mezzo dei loro prolungamenti. A questa 


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dale aa ri 


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) 
: 
i 


— 149 — 


terza segmentazione ne tengono dietro parecchie altre fino a che 
formasi una sfera composta di numerosi spermatociti che sono di- 
ventati sempre maggiormente allungato-piriformi per reciproca pres- 
sione e convergenti sempre nel centro ed uniti fra loro per mezzo 
dei loro prolungamenti, che, per il loro cresciuto numero, diventano 
meno chiaramente visibili cosicchè sembra che essi manchino del 
tutto e che siano sostituiti da una massa centrale protoplasmatica 
unica nella quale hanno radice tutte le cellule formanti la sfera. 
Ciò che non è di fatti, come mi provano le mie ricerche, perchè le 
singole cellule conservano sempre distinto il prolungamento che le 
unisce fra loro, conservano, cioè, piena la loro individualità e non 
hanno che un unico punto di contatto fra loro che è il pedicello o 
funicolo unitivo. Ho chiamata col Graff questa sfera di spermatociti 
spermatomorula (equivalente alla spermatogemma di La Va- 
lette S. George ed Auct., spermopolyplast Bloomfield). Nei Tre- 
matodi manca, secondo le mie ricerche, un vero citoforo centrale, 
o massa centrale citoforale (Jensen), osservato nei Rabdocoeli ed in 
altri vermi, la presensa del quale, secondo pare ed affermano alcuni 
autori, è un fatto, se non generale, comune negli invertebrati. Il 
punto centrale, dove convergono e si attaccano i prolungamenti delle 
cellule dei singoli spermatociti, potrebbe, per altro, rappresentare il 
citoforo centrale nei trematodi. 

Quanti sieno d’ordinario gli spermatociti costituenti la sper- 
matomorula a termine io non ho potuto determinare, come non 
ho potuto stabilire il numero delle segmentazioni che tengon dietro 
alla quarta. Ciò ho constatato però, che, quando gli spermatociti han- 
no raggiunto un numero considerevole, cessa ogni ulteriore segmen- 
tazione e gli spermatociti si trasformano in spermatidi. Questa 
trasformazione consiste in ciò che il nucleo delle singole cellule, 
dei singoli spermatidi, da tondeggiante si fa ovale e poi gradual- 
mente si allunga tanto, da diventare bacillare. Appena il nucleo co- 
mincia a trasformarsi, la sostanza cromatica, che prima era disposta 
a reticolo, sì fa meno apparente e si risolve e si diffonde nel nucleo 
che si colora tutto uniformemente: tal diffusione raggiunge il suo 
massimo grado quando il nucleo è divenuto bacillare: il citoplasma 
segue le modificazioni di forma del nucleo e si distende e si al- 
lunga con questo, perdendo in estensione ciò che acquista in lun- 
ghezza, cosicchè i singoli spermatidi hanno forma allungata cilin- 
dracea e restano sempre attaccati l uno all’ altro nel centro della 
spermatomorula per i loro prolungamenti. Quando il nucleo è dive- 
nuto del tutto bacillare cominciano a riapparire nel suo interno delle 
chiazze più scure specialmente nel mezzo della sua lunghezza totale: 


— 150 — 


è la sostanza cromatica che si riorganizza poco alla volta e va rad- 
densandosi tutta verso la metà del nucleo rivolta verso il centro 
della spermatogemma, la quale è, cosi, più intensamente colorata e 
si allarga, mentre l’altra metà del nucleo si restringe alla sua estre- 
mità ed è meno colorata. La definitiva trasformazione dello sper- 
matide in spermatozoo avviene per raddensamento maggiore gra- 
duale della sostanza cromatica nel polo nucleare che trovasi rivolto 
al centro della spermatomorula ed il rigonfiarsi a pera di questo, 
mentre la metà posteriore del nucleo si accorcia e si restringe sem- 
pre più a punta: quanto maggiormente si accentuano queste differenze 
più si accorcia il nucleo e più si rigonfia il polo cromatico di esso. 
Il citoplasma si dispone in esile straterello attorno al nucleo, nella 
sua parte cromatica, e si raccoglie verso il polo opposto di esso € 
si allunga restringendosi: e, quanto più questo polo del nucleo si 
affina e si accorcia, tanto più il citoplasma si raddensa da questa 
parte, si allunga c si tira in filo, dapprima breve, ma che, in rapporto 
alle ulteriori trasformazione del nucleo, si fa più lungo ed esile e 
poi lunghissimo e costituisce la coda dello spermatozoo. Quando il 
polo nucleare cromatico, si è fatto del tutto piriforme ed il polo op- 
posto si è ridotto ad una piccola punta sporgente nella massa del 
citoplasma, i singoli spermatidi si staccano dal centro della sper- 
matomorula e si completano in spermatozoi: infatti la parte apicale 
del citoplasma costituente il prolungamento unitivo si riduce ai lati 
della pera cromatica del nucleo e si raccoglie con 1° altra a formar 
la coda; la pera nucleare si trasforma in una palla o capocchia alla 
base della quale resta una breve punta nucleare che forma il nodulo 
e punto d’attacco della coda e costituisce il corpo o collo dello 
spermatozoo, mentre la parte anteriore del nucleo contenente tutta 
la sostanza cromatica costituisce il capo degli spermatozoi. Gli sper- 
matozoi a termine, così formati, da una spermatogemma restano 
aggruppati insieme e formano dei fasci di spermatozoi molto compatti 
nella loro parte anteriore e per contro con le code molto indipendenti. 
Del tutto simile a quello ora riassunto nei Trematodi è il processo 
spermatogenetico nei Cestodi, come risulta dalle mie ricerche e che 
esporrò fra non molto nella monografia dei Cestodi semplici che ho 
In preparazione. 


Napoli, Stazione Zoologica, 31 Ottobre 1891. 


SA ESTONE 


MRI 


— 151 — 


Notizie su di alcune specie di Taenia. — Comunica- 
zione di Fr. Sav. MovticeLti, (Tav. VII). 


(Tornata del 22 novembre 1891) 


Intendo qui dare breve notizia di alcune specie di 7aenza poco 
conosciute che si conservano nelle collezioni elmintologiche del 
Museo Brittannico di Storia Naturale e di alcune altre parassite dei 
Silurus — che credo del tutto nuove — esistenti nelle collezioni del 
Museo Zoologico di Vienna, che ho potuto studiare grazie alla cor- 
tesia dei rispettivi direttori Dr. A. Giuther, Prof. Steindachner e 
del Dr. Marenzeller. 


I. Di alcune Taeria delle collezioni del Museo Brittannico. 


1. Taenia bifaria von Siebold, in: Baird. Cat. Ent. Brit. Mus. pag. 79. 
(Tav. VIII, fig. 8-18) 


Il Baird nel suo catalogo sotto il n.° 23 indica una 7. bifaria 
Siebold. Mss? con l'indicazione dell'habitat «intestino della Nyroca 
leucophtalmos» e l osservazione « from the collection of. M. Sie- 
bold (1) ». 

Io ho ritrovato nelle collezioni del Museo Brittannico questa 
Taenia (un unico esemplare completo e varii frammenti acefali), 
che ha una importante caratteristica differenziale, quale la duplicità 
di aperture genitali e corrispettiva di organi genitili. 

Questa specie non era stata mai descritta: pare il Siebold l'avesse 
inedita nella sua collezione che passò al Museo Britannico e forse, 
come è da supporre dalle indicazioni del Baird, distinta col nome 
di difaria in un catalogo, od altro manoscrittto riguardante la colle- 
zione, che Baird avrà avuto tra mano. 

Essa non figura nè nella Revisio del Diesing (2), nè è enume- 
rata fra le Teenia nella Elmintologia e nel supplemento alla mede- 
sima del Linstow (3). 

Io ho brevemente (4) descritta questa 7. col nome di 7. difaria 


SARA e AAA 


(1) Catalogue of the species of Entozoa of the British Mu- 
seum, London 1853. 

(2) in: Sitz. Bericht Akad. Wien, Bd. XLVIX, pag. 357 —Abth, Cepha- 
locotyleen. 

(3) Compendium der Helmintholgie—Nachtrag allo stesso. 

(4) Notes on some Entozoa in the collection of the Bri- 
tish Museum, in: Proc. Zol. Soc. London, 1889, pag. 325. 


in altra mia nota, perchè ho creduto doversi conservare il nome 
dal Siebold imposto a questa Taenia che è certamente distinta dalle 
altre. Ora completerò la mia descrizione e stabilirò l'identità di una 
forma di Taenia descritta nel 1871 dal Krefft con la 7. bifaria. 

Il capo è triangolare a forma di mitra col rostello conico pun- 
tuto, sul quale non mi è riuscito vedere uncini (1), con quattro pic- 
cole ventose circolari: segue al capo un collo assai breve come sem- 
bra nell’ esemplare contratto avuto in esame. Le prime proglottidi 
sono a forma di piccole rughe poi vanno mano, mano ingranden- 
dosi ed acquistano la forma nettamente rettangolare : le ultime pro- 
glottidi sono più grandi di tutte e sub-quadrate. I margini laterali 
delle proglotttdi non sono dritti, ma si presentano puntuti nel mezzo 
della loro lunghezza: questo aspetto dei margini delle proglottidi, 
che non si osserva nelle anteriori, si fa sempre più accentuato nelle 
posteriori e solo nelle ultime esso non è più apprezzabile. 

Le aperture genitali sono in duplice serie lungo i due margini 
laterali di ciascun segmento dello strobila ed a ciò corrisponde la 
duplicità di organi genitali in ciascuna proglottide già innanzi ri- 
cordata. 

Pene e vagina mettono capo in un antro genitale comune, che è 
fortemente proeminente e si apre allo esterno circondato da una 
sorta dì cercine nel mezzo del margine della proglottide: a questa 
procminenza delle aperture genitali è dovuto l'aspetto innanzi de- 
scritto dei margini delle proglottidi, proeminenza che, nulla, quando 
gli organi genitali non sono ancora sviluppati, diventa massima 
quando essi hanno raggiunto il loro sviluppo definitivo e sì riduce 
nelle ultime proglottidi col ridursi delle parti escretorie dell’ appa 
rato riproduttore. 

Le due tasche dei peni sono grandi; i peni di mediocre lun- 
ghezza coperti di fini e numerosi aculeetti coniformi. Da ciascuna 
tasca del pene parte un deferente che risale nella parte anteriore 
della proglottide fino quasi all'altezza del margine posteriore della 
precedente, descrivendo poche ondulazioni e poco ravvolgendosi su 
sè stesso, e qui si slarga a formare un ricettacolo seminale al quale 
mettono capo i deferenti dei testicoli della rispettiva metà della 
proglottide. Questi, come d’ordinario nelle tenie degli uccelli, 
non sono numerosi, ma il loro numero non mi è riuscito di poter 


(1) Non intendo con ciò affermare che essi mancano del tutto: essi PO" 
trebbero, forse esistere ed essere sfuggiti alla mia osservazione, non per 


mettendomi l’ unico individuo un esame molto minuto per compressione. 


sa 


precisare, Le vagine si aprono innanzi ai peni nei rispettivi antri 
genitali e dapprima si spingono verso la porzione anteriore della 
proglottide, poi descrivono un largo arco e si dispongono paralle- 
lamente l'una all’altra ed all'asse del corpo e sì dirigono verso 
la parte posteriore delle proglottidi. Le preparazioni fatte sopra 
luogo con glicerina ed acido acetico non mi hanno permesso vedere 
e riconoscere altro, per trasparenza, degli organi genitali femminili 
ed apprezzare i rapporti reciproci delle varie parti di essi. 

La lunghezza degli esemplari di questa Taenia varia dai 39-90 
mill. 

Nella Nyroca leucophtalma non è stato finora descritto alcun 
Cestode parassita, come risulta dalle mie ricerche. 

Nell’ intestino della Nyroca australis Gould, invece, il Krefît ha 
trovata, descritta e figurata una nuova tenia che chiama 7. /uber- 
colata (1). Dall’ esame attento ed accurato della descrizione, invero 
molto incompleta, data dal Krefft di questa n. sp. di tenia, e dallo 
studio delle figure ho potuto convincermi che la 7. fudercotata è la 
stessa cosa della 7. bifaria e che quindi deve rientrare nei sino- 
nimi di questa specie già prima riconosciuta dal Siebold. 


2. Taenia falciformis Baird, Gatalogue ecc. pag. 116. 
(Tav. VIII, fig. 18-19) 


Ilo data una breve notizia di questa Tenia nel citato mio la- 
voro nel quale ho pure figurato un uncino del rostello (pag. 324, 
Pit. XXXIII, fig. 17): aggiungo ora alcune altre particolarità per po- 
terla meglio riconoscere. Il capo è allungato triangolare, il rostello 
conico subtroncato anteriormente: corona di uncini semplice, uncini 
in numero di otto, che nei preparati per schiacciamento sì dispon- 
gono quattro per lato: essi sono molto allungati hanno una forma 
molto caratteristica: cioè manico breve unguiforme, guardia breve, 
lamina dritta molto lunga ed a punta assai ristretta e rivolta in su. 
Le ventose sono grandi, ovato-triangolari, molto sporgenti e profonde. 
Un vero collo manca, ma l’ accenno delle proglotti non comincia 
immediatamente dietro le ventose. 


(1) On Australian Entozoa including a list of the species 
hitherto recordedanddescription of sixteen new tape—worm 
colonies, in: Trans. Ent. Soc. of. New. South Wales, July 30, 1874, pag. 11, 
PI. I, fig. 9-24, 21 a, Pit. IT, fig- 3. Anche questo A. non figura e descrive 
ùncini sul rostello della 7. tubercolata. 


Strobila anteriormente ristretto, posteriormente allargato: le pro- 
glottidi sono assai brevi, solo le ultime alquanto più grandi. L’ani- 
male è appiattito, ma, come è molto contratto, cosi si mostra lungo ì 
margini alquanto rotondeggiante. 

Dell’organizzazione interna non mi è riuscito vedere cosa al- 
cuna; ho constatato solamente che le aperture genitali sono mar- 
ginali ed irregolarmente alterne. 

Questa specie di Tenia è di ospite sconosciuto ed è stata rac- 
colta durante la spedizione dell’ Eufrate. Gli esemplari da me esa- 
minati sono in numero di due completi più alcuni frammenti. 

Questa tenia ha molte rassomiglianze con alcune delle Taenia 
con grandi uncini descritte finora negli uccelli, siccome però non 
mi è riuscito identificarla con alcuna di esse, così la considero col 
Baird come forma distinta. 

Ho conservato il nome specifico imposto dal Baird per la forma a 
falce del corpo, ma invero tale caratteristica non è normale: la forma 
a falce degli esemplari è da attribuirsi all’azione dell’ alcool forte 
che ha molto contratto l’ animale. 


8. Taenia crassicollis Rudolphi, Entoz. Hist. Vol. III. pag. 173. 


Diesing nella Revision der Cephatocotyi. Abth. Cycloc, a pag. 334 
scrive che « potius monstra Taenia crassicollis quam species genui- 
nae » devono considerarsi le due descritte dal Baird nel 1862, cioè la 
T. semiteres (1) del Fetîs catus di Persia e la T. ammonitiformis (2) 
del Puma (Felis concolor). 

Io ho potuto esaminare i due unici esemplari tipici di queste 
due specie di tenie del Baird e sono venuto nella convinzione che 
non si tratta qui nè di specie distinte, nè di forme mostruose, ma 
semplicemente della 7. crassicollis. Infatti dall'esame accurato com- 
parativo mi sono accorto della identità delle due forme del Baird 
con la 7. crassicollis con la quale concordano per tutti i caratteri 
e specialmente per la duplice corona e per la forma degli uncini. 

Le caratteristiche principali di queste due forme e che loro 
valsero il nome di T. semiferes e T. ammonitiformis e che, Spe- 
cialmente per la seconda, fecero credere a Diesing trattarsi di for- 
me mostruose, sono caratteristiche alcooliche: esse sono dovute alla 
forte e, forse, rapida contrazione fatta subire a questi cestodi im- 


(1) in: Proceed. Z. Soc. Lond. 1862, pag. 24, Pit. II, fig. 8-12. 
(2) ibid, pag. 20, PIt. II, fig. 1-7. 


eat III ae PROZIA 


È 
; 


i 


— 155 — 


mergendoli in alcool molto forte; i due esemplari sono di fatti tal- 
mente induriti da sembrare di cartone. 


4. Taenia calva Baird, Cat. Entoz. Britis. Mus. p. 83, Pr. Zool. Soc. Lon- 
don, 1853, pag. 24, Plt. XXXI, fig1, 12. 


(Tav. VIII, fig. 14-17) 


Io ho trovato nella collezione numerosi esemplari di questa 
tenia di diverse dimensioni, provenienti tutte dall’ intestino del 
Lagopus scoticus. Come ho fatto rilevare nella mia succitata nota (1) 
le mie osservazioni completano e modificano quelle di Baird spe- 
cialmente in ciò che Baird dice il rostello inerme, mentr’io l’ he 
Piconosciuto armato. Ridescrivo ora più minutamente questa tenia 
accompagnando la descrizione con disegni, tralasciando solo di dare 
quelli delle uova e degli uncini da me già dati nella detta nota (2). 
Il capo piccolo rotondato, poco distinto dal collo, porta nel mezzo una 
leggiera prominenza calottiforme, o rostello, circondata da una corona 
dinumerosissimi e minuti uncinuli a manico breve ed a lama allun- 
gata assai: essi sono disposti parallelamente all’ asse del rostello e 
tanto ravvicinati fra loro da dare l”aspetto di una fitta palizzata (3). 
Le quattro ventose sono larghe, circolari, poco proeminenti. I) collo 
è poco ristretto e lungo: lungo il collo si scorgono per trasparenza i 
fasci muscolari longitudinali che vanno alle ventose. Prime proglot- 
tidi molto strette rughiformi, queste vanno gradualmente ingran- 


dendosi: quelle che trovansi nel mezzo dello strobila sono assai piu 


larghe che lunghe, poi fannosi mano mano più lunghe e finiscono 
Per diventare assai più lunghe che larghe, quasi il doppio. Il mar- 
gine posteriore delle proglottidi, fin dalle proglottidi mediane, mo- 
Strasi ispessito; questo ispessimento si fa sempre più evidente ad ac- 
Centuato assai nelle ultime proglottidi, tanto che in queste piglia 
l'aspetto di un cercine. Le proglottidi mediane sono embricate, le 
Posteriori ed ultime decisamente campanulate. 
Tutte le proglottidi sono striate longitudinalmente: questa stria- 
tura e più evidente nelle posteriori: essa è dovuta alla muscolatura 


e —————__—____ 

(1) loc. cit. pag. 324-325. 

(2) loc. cit. Pit. XXXIII, fig. 18, 19. È 

(3) È questa una disposizione che s’ incontra frequente in molte Taenia 
dei Rasores come ad es: 7. cesticillus Molin, T. bothrioplitis Piana, T. echino- 
bothrida Megnin ed altre e più recentemente descritta nella T. digonopora 


o dal Pasquale (Tenie dei Polli di Massaua, in: Giorn. Int. di Se. mediche, 
Anno XII, 1890, con tav.) 


— 156 — 


longitudinale. Le aperture genitali sono marginali e tutte da un lato, 
gli organi genitali, da quanto mi è riuscito vedere per trasparenza, 
così disposti: Il pene e la vagina sboccano all’ esterno ravvicinati, 
ma distintamente l’ uno dall’ altra: lo sbocco del pene è superiore, 
quello della vagina inferiore. La tasca del pene ha forma allungata 
ed è piccola e disposta obliquamente rispetto all’ asse del corpo: da 
questa parte un deferente che fa pochi giri, costituendo il ricettacolo 
seminale esterno o maschile, e raccoglie nel terzo medio anteriore 
delle proglottidi i deferenti dei singoli testicoli che, come d’ ordi- 
nario, sono poco numerosi. La vagina forma un arco nel mezzo della 
proglottide, del quale un braccio va a sboccare all’ esterno , l' altro 
scendendo a perpendicolo, mette capo nell’ ovario : questo braccio 
lungo il suo decorso, nella sua porzione inferiore, si slarga a formare 
un ricettacolo seminale interno o femminile. L’ovario non è molto 
grande ed è a due braccia ed alquanto ramoso; posteriormente al- 
l’ovario, in corrispondenza del punto di divisione delle due braccia, 
ho osservato un piccolo ammasso scuriccio che penso possa essere 
il vitellogeno. Anche l’organizzazione di questa tenia è molto simi- 
gliante a quella delle altre innanzi citate dei Rasores. 


5. Taenia Bremseri Baird, Cat. Ent. Brit. Mus. pag. 73, PIt. II, fig. 5. 
(Tav. VII, fig. 1-7) 


Io ho potuto studiare i tre esemplari tipici che han servito al 
Baird per la descrizione di questa specie e sono in grado di com- 
pletare e modificare la descrizione data da questo autore e dare 
delle figure alquanto più dimostrative. 

Tutto lo strobila ha la forma da me rappresentata nella figura 1. 

Il capo è quasi largo quanto le prime proglottidi , cosicché 
poco si distingue dalla porzione anteriore dello strobila. ll rostello 
è invece molto prominente e di forma cilindrica e troncato ante 
riormente; esso è armato di una duplice corona di uncini alcuni più 
grandi, altri più piccoli, disposti, in modo, come d’ ordinario, che 
le loro estremità libere si trovano tutte allo stesso livello. I grandi 
sono inseriti sulla parte supero-anteriore del rostello, in modo che 


le estremità dei loro manichi convergono nel mezzo, i piccoli, 1° 


vece, sono inseriti sul margine del rostello. Baird ha figurata Que- 
sta differenza di grandezza degli uncinì senza tenerne conto nella 
descrizione (1). Egli annovera 20 uncini, e tanti tra grandi e piccoli 


(1) op. cit. Pit. II, fig.5 a. 


dns: 


ICI, 
sa 


Ei 


RE TÀ LAT pae i rta 
È 


— 157 — 


(10 grandi e 10 piccoli) ne ho riconosciuti anch'io, meno in un esem- 
plare nel quale ne ho contati 18 solamente. 

Alla base del rostello si osservano quattro piccole ventose cir- 
colari, ma proeminenti e profonde. } collo manca: immediatamente 
dietro le ventose il corpo comincia a mostrarsi striato, a formare 
i primi accenni di proglottidi: queste vanno mano mano crescendo 
e si fanno prima trapezoidali, poi oblunghe e finalmente assai al- 
lungate. 

A misura che le proglottidi si accentuano, i margini posteriori 
sì ispessiscono e danno alle proglottidi un’ aspetto leggermente 


_ campanulato, che è poi evidentissimo nelle ultime proglottidi. Della 


disposizione degli organi genitali non mi è riuscito per trasparenza 
vedere altro che l’ utero che è molto ramificato a ramificazioni 
grosse. Le aperture genitali sono marginali irregolarmente alter- 
nanti. Pene e vagina sboccano ravvicinati in una sorta di antro 
genitale. Le uova perfettamente sferiche hanno un guscio a con- 
torno molto spesso : non-ho potuto scorgere se contengono 1° em- 
brione: esse ricordano molto all’ aspetto quelle della 7. echinococ- 
Cus, secondo il Krabbe. 

Baird indica così l’ habitat di questa specie: « In the Crocodile 
of Soonderbund ?, Crocodilus palustris Bengal, presented by. W. 
Masters Esq,. ». 

Diesing (1) sopprime il punto interrogativo e dà di fatto questa 
Specie come trovata nel Crocodilus: lo stesso fa Linstow (2). 

L’ habitat indicato da Baird per questa specie sarebbe molto 
importante, perchè è la prima ed unica Taenia finora osservata 
nei Coccodrilli. Ma io ho forti ragioni per dubitare che questa tenia 
sia stata raccolta proprio nel tubo digerente di un Coccodrillo. Ha 
essa tante rassomiglianze con le tenie dei Mammiferi per la forma, 
Per gli uncini e per la disposizione dell’ utero e per contro difle- 
lisce tanto dalle tenie degli altri Rettili, che io penso—stante anche 
Îl caso così isolato di tal reperto in un Coccodrillo—che vi sia uno 
sbaglio d’indicaziane e che si tratti di tutt'altro ospite e che, forse, 
Questo ospite possa essere un mammifero. 


Il Baird nel suo catalogo citato ha anche descritte come nuove 
Specie di tenia due cestodi senza capo: uno col nome di 7. Goezii 
(Pag. 78) di haditat ignoto: l’altro col come di T. Zederi (pag. 85) 
e 
(1) Revision der Cephalocotyl. Cyclocotyl. pag. 45. 

(2) Compendium d. Helmint. pag. 787. 


— 158 — 


proveniente dallo stomaco di nn pinguino delle regioni antartiche: 
questa ultima ha figurata pure in altro suo lavoro (1). 

Io ho potuto esaminare i tipi di queste due forme: della 7. Ze- 
deri ho trovati nelia boccetta solamente dei frammenti più o meno 
in cattivo stato, della 7. Goezii due esemplari interi ma senza capo. 

Dall’ esame dei frammenti della 7. Zederi, per quanto lo per- 
metteva il loro stato di conservazione, giudicando dalla forma delle 


proglottidi e dal modo di aprirsi all’esterno degli organi genitali in. 


un antro marginale circondato da un cercinetto ventosiforme, come 
s'incontra in molti TelrabotRhrium, io penso che qui si tratta di un 
Tetrabothrium:e, forse, non altro che lo stesso 7. macrocephalum 
così frequente negli Urinafores. Quanto alla 7. Goesti I esame fat- 
tone mi ha fatto riconoscere le caratteristiche differenziali delle 
proglottidi, già rilevate dal Baird che per queste la riteneva diffe- 
rente dalla 7. expansa e T. denticulala, alle quali per aspetto ge- 
nerale essa sì rassomiglia. Ond’io credo possa bene considerarsi 
specie distinta: ma, per poter portare giudizio più certo, sarà neces- 
sario ritrovarne degli esemplari completi. 

Nella collezione del British Museum vi sono pure molte tenie 
indeterminate, alcune complete, altre incomplete: tutte senza indi- 
cazioni di ospite: delle prime alcune sono nuove (2), altre possono 
forse riferirsi a forme note e di queste farò menzione in un elenco 
completo delle Taenia del Museo Britannico che ho in animo, 2 
suo tempo, di pubblicare. 

Fra le specie di Taenia incomplete con indicazioni di ospite, ho 
trovato dei frammenti di strobila di un Cestode indicato sulla boccetta 
col nome di 7. referosoma del Tachypetes aquila. Nel catalogo del 
Baird a pag. 117 è indicato a n.° 48, questo Cestode col nome di 
T. heterosoma dell’intestino del Tackypetes aquila from Jamaica 
(coll. of M. Gosse) e considerato sinonimo della Taenia pelecani- 
aquitae del Rudolphi (Entoz. Synops. pag. 709). Ancbe il Rudolphi 
non ha avuto che dei frammenti di questa specie raccolti al Brasile 


(1) Proceed. Zool. Soc. of London, 1853, pag. 24, PIL. XXXI, fig. 2. Ri- 
cordo qui, a proposito delle nuove specie di tenia descritte dal Baird, che la 
sua 7. sulciceps dell’ intestino della Diomedea erulans (Pr. Zol. Soc. of London 
1859, pag. 111, Pit. LVI. fig.1,4a 4 b.)è=al Tetrabothrium macrocephalum 
Rud. come ho potuto convincermi dall’esame degli esemplari tipici di Baird 
(questa opinione, che ora confermo ancor più, ho già espressa nel lavoro 
Entozoa of the British Museum in:. P. Z. Soc. 1889, pag. 324). 


(2) Di alcune ho già data notizia, in: Proc. Zool. Soc. London, 1889; "n 


pag. 325, Pit. XXXIII, fig. 15-46. 


dal Natterer nello stesso uccello e quindi non ne esistono esemplari 
completi : però dall’ esame delle proglottidi e della descrizione del 
Rudolphi, io concludo che non si tratta di una Taenia, ma di un Te- 
Irabothrium, del quale le proglottidi hanno tutte le caratteristiche. 
Credo che anche ad un Tetrabothrium debbano riferirsi i frammenti 
di Cestodi raccolti nell'intestino della Su/a fusca in Giamaica (coll. 
of. M.r Gosse) esisienti in altra boccetta di detto Museo, col nome 
specifico di T. Su/ae fuscae, (v. Cat. cit. pag. 116 N.° 46). 


II. Di tre Taenia dei Siluridi 


Dei Siurus è nota una specie di Taenia (osculata) descritta 
e figurata dal Goeze (1) e da lui ritrovata nel Si/urus glanis (2). 
Questa Taenia è caratterizzata specialmente dall’ avere, secondo il 
Goeze (3), « ausser den beiden Saugblasen am {Kopfe an der vorst- 
hendem Riissel eine wahre Miindung ». Questa bocca, come s'in- 
tende di leggieri, non è altro che una ventosa impari anteriore che 
è stata ben riconosciuta dal Wagener (4) tanto nelle larve, quanto 
negli individui adulti (Stirnapf). Secondo questo A. « die Stirnapf 
ist bei jungen aber schon geschlechtsreifen Thieren mit vier Reihen 
Haken umgeben, die den alteren exemplaren fehlen ». 11 Linstow (5), 
che ha ritrovato più tardi la 7. osculata, conferma l'osservazione 
di Wagener sulla presenza di piccoli uncini intorno la ventosa an- 
teriore e dà le dimensioni e la figura di questi, ma non dice se i 
suoi esemplari erano giovani o vecchi. Secondo il Diesing la 7. oscu- 
lata (pag. 522, op. cit.) non avrebbe collo: più tardi egli le assegna 
. Un collum subnullum (6). Da quanto si può vedere e ricavare 
dalle parole e figure dello stesso Goeze (7) e del Wagener (8) un 
collo esiste ed, a quanto pare, sufficientemente lungo, nella 7. oscu- 
lata, ciò che ho potuto constatare io stesso sopra gli esemplari di 


(1) Naturg. ecc. pag. 445 e 446, Tab. XXXII, fig. 9-14. 

(2) Per la sinonimia di questa 7aenia, v. Diesine. Syst. Helm, V. /, 
pag. 523. 

(3) v. pag. 415, n.° 3. 

(4) Erre d. Cestoden. pag. 64, fig. 24 (v. Taf. II. fig. 23- 
25, Taf. III, fig. 26-29 e testo pag. 32-34). 

(5) Beobachtungen an neuen und bekannten Helminthen: 
Ìn: Arch. f. Naturg. Jahr. 41, 1875, pag. 184, Taf. II, fig. 11. 

(6) Revis. 2 Abth. pag. 379, N.° 39. 

(7) pag. 415, spiegazione della figura 9 h-i « der ungegliederte Hals », 
Pag. 417, spiegazione della figura Ti g-h (Tab. XXXIII). 

(8) Taf. II, fig. 25. 


— 160 — 


questa specie che ho potuto esaminare. Del resto voglio qui osser- 
vare in genere che il collo esiste sempre in tutte le Taenia dei 
Pesci ed è più o meno lungo , e nella maggior parte delle specie 
lungo ed in alcune lunghissimo ancora. 


Ciò posto osserverò che nel Musco Zoologico di Vienna ho tro- 
vato tre Taenia indeterminate dell’ intestino dei S7/urus; una del 
Silurus megacepha!us (N° 572), un’altra di un S#urwus sp. (n° 571) 
la terza di un S7#urus dargado (N° 573). Il Dr. Marenzeller ha vo- 
luto cortesemente concedermi un esemplare di ciascuna di esse 
per permettermene lo studio, e dallo studio fatto ho trpvato che 
queste tenie differiscono dalla 7. osculata per l' assenza della ven- 
tosa anteriore impari e degli uncini, e perchè hanno un collo assai 
lungo, ma d’altro canto per molti caratteri si riavvicinano alla 7. 
osculata. Di questi tre summentovati caratteri differenziali a parer 
mio ha solo valore la mancanza di ventosa anteriore e di uncini, 
(quantunque, secondo l’osservazione di Wagener, sendo essi caduchi 
potrebbero mancare negli individui da me presi in esame, fatto che, 
per altro, per molte ragioni io stimo non possibile): la lunghezza 
diversa del collo non è da tenersi in gran conto come caratteristica 
specifica. 

Descriverò ora brevemente, ed accompagno la descrizione con 
figure, queste tre specie di Taenia e duolmi solo di non aver po- 
tuto studiarne anatomicamente che una sola, non permettendomi lo 
stato di conservazione delle altre il farlo per tutte, ed ancora mag- 


giormente di non aver avuto a mia disposizione degli esemplari 


di Taenia osculata buoni per uno studio anatomico più completo 
di quello fatto dal Wagener. Indicherò queste tre nuove sperie di 
Taenia dei Siluri coi nomi di 7. macrocotylea, T. coryphicephala, 
T. Diesingii. 


1. Taenia macrocotyiea n. sp. (Tav. VIII, fig. 20, 20 bis) 


Questa Taenia, che indico così dalle sue prominenti ventose, ha 
molte rassomiglianze con le due seguenti, ma da entrambe si distin- 
gue per la caratteristica forma del capo che è nettamente distinto 
dal collo e per il collo più breve. Le aperture genitali sono margi- 
nali irregolarmente alternanti. Lo stato dell'individuo che possegg® 
non mi ha permesso uno studio più minuzioso di questa Taezia (1)- 


(1) Nel capo e nelle proglottidi di questa tenia ho trovate incistate 
delle larve di Nematodi che sono molto simili all’ Ascaris siluri LinstoW 


in: Arch. f. Naturg. 1878, pag. 239-240, Tab. IX, fig. 28 (nel Nachtrag ge 


caio pi ee e 


LI 


uu. 


Habitat: intestino del Silurus megacephalus. 
2. Taenia coryphicephala n. sp. (Tav. VIII, fig. 22-30). 


Capo slargato subtriangolare, visto di fronte, rigonfiato, subqua- 
drato, anteriormente allungato a formare un cocuzzolo conico, in- 
erme, non molto proeminente, ben distinto dal collo. Le quattro 
ventose mediocri non molto proeminenti, disposte ai quattro angoli 
del capo. Collo lunghissimo, ristretto. Prime proglottidi brevi, me- 
diane subrettangolari, posteriori ed ultime decisamente rettangolari, 
rigonfie nel mezzo (fig. 24). Aperture genitali marginali irregolar- 
mente alternanti. Gli organi genitali suno disposti nel loro insieme 
nel modo che io ho disegnato nella fig. 23, ricavando tal disegno 
da ben riuscita preparazione in toto e da una serie di sezioni. 

Avendomelo concesso lo stato di conservazione di questa 7ae- 
nia descriverò più da vicino la disposizione degli organi genitali 
di questa specie, studiandoli comparativamente a caga delle altre 
Taenia dei Pesci finora studiate. L’ovario (fig. 23, 26, 30) è for- 
mato da due grosse masse allungato-piriformi a Smart irregolare 
disposte orizzontalmente e convergenti nel mezzo delle proglottidi, 
lungo la linea mediana di esse: l’ovario occupa il terzo posteriore 
di ciascuna proglottide ed i due lobi di esso sono spinti alquanto, 
leggermente, verso la faccia ventrale delle proglottidi. Questa forma ; 
dell’ ovario si riscontra pure nella 7. longicollis, T. osculata, T' 
malapteruri. Nelle T. filicollis e T. Salmonis-Umblae V ovario ha 
due lobi a margini non integri e globosi, o subglobosi. La posizione 
dell’ovario sembra esser la stessa in tutte le specie di Taenia dei 
Pesci, meno nella 7. ambigua, nella quale vi sarebbe secondo Grimm 
un unico ovario e nella 7. ocez/ala dove Zschokke (1) descrive l’ova- 
rio come « un tube arborescent, occupant le milieu de chaque pro- 
glottis ». Secondo io credo è molto probabile che il tubo arborescente 
sia l'utero e che sieno invece le due branche ovariche ciò che egli 


T———————— è 
Comp d. Helminthol a pag. 89 il Linstow chiama, invece, questa sua 
specie A. Glanidis; forse, credo per non confonderla con l'A. siluri Gmelin che 
vive nell’intestino, trovata incapsulata nel fegato e nelle pareti intestinale 
del Silurus glanis. Con ogni probabilità , secondo io penso, l’ 4. siluri del 
Gmelin e l'A. Gianidis Linstow, sono forme molto vicine, se non la stessa 
cosa (v: Tav. VIII, fig. 81). Accanto alle ventose si osservavano pure delle 
capsule a strie concentriche, che parevano contenessero anch’ esse un ne- 
Matode (Tav. VIII. 20 bis).. 

(1) Recherches sur l’organization des la distr. Zool. d, Vers. 
Parasites etc. in: Arch. Biolog. T. V, 1884, pag. 166. i 


"RE 


indica come glandole vitellogene situate presso il margine posteriore 
delle proglottidi. L’ ovidutto si origina dall’ ovario nel punto dove 
convergono le due braccia o rami dell’ ovario e si restringono per 
continuarsi nell’ovidutto (fig. 26, 30). In questo punto si osserva uno 
ispessimento, un cercine, un corpo a forma di largo anello e for- 
mato essenzialmente di un forte sistema di fibre muscolari circolari. 
Questo punto iniziale dell’ovidutto interno è lo sfintere ovarico 
(fig. 26, 30), Schluckapparat del Pintner(1), descritto recentemente 
nei Teftrabothria. Questa formazione, come dice lo stesso Pintner, 
già riconosciuta dal Moniez nelle Taenia, nella Leuckartia, nei 
Bothriocephalus, nelle Ligula e Schistocephalus e negli Abothrium 
ed indicata come pavillon (2), sarebbe più sviluppata, anzi fortemente 
sviluppata, nei Tefrabothridae e negli Echinobothriuvm e meno svi- 
luppata nei TefrarAynchidae. nelle Taenia e nei Bothriocephalus. 
Questa conclusione nel caso presente non può essere confermata, per- 
chè in questa Taenia lo sfintere ovarico ha , come si può ben fa- 
cilmente rilevare dalle figure 26 e 30, uno sviluppo considerevole. Un 
bene e fortemente sviluppato sfintere ovarico ha pure recentemente 
osservato il Lonnberg nel Bohr. plicatus (3). Come uno sfintere .ova- 
rico è anche da ritenersi « l’Ampullenartigen Erweiterung » al prin- 
cipio dell’ovidutto della 7. echinococchus, secondo Erlanger (4). 
Ciò che Linstow ha recentemente descritto come ootipo nella 
Taenia longicoltis (5), come a me pare, non è altra cosa che lo 
sfintere ovarico, anche in questa specie sviluppatissimo. Se ciò 
i confermeranno le ricerche ulteriori su questa specie, esse dimostre- 
anno pure facilmente, che il vitellodutto e le glandole del guscio non 
sboccano prima dello sfintere ovarico. Una disposizione così diffe- 
rente, in forme che per la loro organizzazione e per tutti i caratteri 
stanno così vicine fra loro, mi pare poco probabile, e la presenza 
nella 7. Zongicollis di un organo omologo ed analogo allo sfintere 


(1) Neue Beitrag zur Kenntnis des Bandwirmkòrpers, in: 

Arb. Zool. Inst. Wien, 1890, II. Einige uber. gesch ecc. 
:3 (2) Mémoire sur ler Cestodes, Paris 1881. 

(3) Mitth. uber einig. Helminthen aus dem Zool. Museum 
d. Universitàt zu Kristiania, fe Biol. Foreningens Forhandlingar ece- 
N.° 9, 1891, Taf. 1I, pag. 8, fig. 6. 

(4) Der dosslicshitap iso der por echinococcus, in: Zeit. Wiss. 
Zool. pag. 557, Taf. XXIV, fig. 1-3 (fig. 

(5) Ueber den Bau und die ati shiate von Taenia longicollis. 
Ein Beitrige zur Kenntnis der Fischtaenien, in: Zeit. f. Naturw. B4. XVII, 
1890, pag. 572, Taf. XXV, fig. 4-7. 


— 163 — 


ovarico delle altre Taenia mi fa credere erronea l’interpetrazione 
datagli dal Linstow e, d’altro canto sarebbe , pur ammettendola, 
questo fatto del tutto isolato nelle tenie dei pesci e nelle Taenia in 
genere, nelle quali non è stato riconosciuto un o otipo così formato. 
Lo sfintere ovarico è disposto quasi parallelamente all'asse trasver- 
so delle proglottidi, è rivolto verso la faccia dorsale delle proglot- 
tidi e trovasi nel mezzo della insenatura che determinano le due 
branche dell’ ovario, quando si restringono per fondersi insieme ed 
originar l’ ovidutto (fig. 26, 30). Questo poco dopo la sua uscita dallo 
sfintere si ripiega dolcemente e decorre parallelamente alla faccia 
dorsale delle proglottidi fin quasi a raggiungere il margine posteriore 
di queste e poi, descrivendo un’ansa più o meno tortuosa, risale, e con 
una nuova ansa si ripiega in avanti e verso destra, o sinistra della 
faccia ventrale delle proglottidi, secondo che l’ apertura genitale è 
sull’uno o sull’ altro margine della proglottide, e, passando innanzi 
l’ovario, dirigendosi obliquamente da destra a sinistra, o viceversa, 
si dispone per breve tratto quasi orizzontalmente, poi si ricurva e 
gradualmente si slarga a formare l’utero che è un sacco chiuso, de- 
Presso, a pareti marginali ondulate costituenti lobi più o meno ac- 
centuati, secondochè le depressioni ed i solchi intermedii sono più o 
meno profondi (fig. 23, 80). Questo utero non ha sbocco all’ esterno; 
quando esso è pieno d’ uova è molto rigonfio e fa ernia sulla faccia 
ventrale delle ultime proglottidi che hanno l’ aspetto da me rappre- 
sentato (fig. 24), fatto che si può anche osservare bene nella fig. 25 
che rappresenta una sezione passante a traverso uno dei lobi del- 
l'utero. La testè descritta disposizione dell’ovidotto s' incontra pure 
nella 7. malapteruri, T. longicollis, T. osculata, T. Salmonis- 
Umble ed in generale, pare, in tutte le tenie dei pesci. Dicasi lo 
stesso per l'utero. Dall’ apertura genitale, disopra lo sbocco della 
tasca del pene, si origina la vagina, che (fig. 23) dapprima decorre 
per breve tratto orizzontalmente, descrivendo leggiere ondulazioni, 
Poi si ricurva lievemente e con cammino obliquo sì dirige nel mezzo 
della proglottide; quivi giunta si slarga di molto (fig. 23, 30) e di- 
scende verso l’ovario perpendicolarmente con decorso tortuoso e 
parallelamente all’ asse mediano longitudinale del corpo: all’ altezza 
dell’ovario si restringe nuovamente e, passando di lato allo sfintere 
ovarico a destra, o sinistra, secondo la disposizione dell’ apertura 
genitale, nella insenatura ventrale dell’ ovario si continua in giù 
no a raggiungere l’ovidutto, quando questo, dopo aver descritto 
le anse innanzi dette, risale dirigendosi in avanti: qui la vagina 
fig. 30) s° immette nell’ovidutto. Questo prima di risalire innanzi 
l’ovario, riceve lo sbocco del vitellodutto impari che nasce dalla 


-— 104 — 


fusione dei due vitellodutti pari— che, originatisi dai vitellodutti dei 
singoli vitellogeni, si riuniscono nella faccia ventrale delle proglottidi 
disotto l’ovario, senza formare un ricettacolo vitellino (fig. 80, 27)— 
nell’ unico dotto impari. Poco oltre lo sbocco di esso nell’ ovidotto 
sì osservano le glandole del guscio che circondano l’ovidotto (fig. 27). 
Nel breve tratto di ovidotto circondato dalle glandole del guscio, 
che presenta una modificazione nello sviluppo dei sistemi muscolari, 
è da ricercarsi l’omologo deli’ ootipo dei Trematodi. I singoli vitel- 
logeni, come si può facilmente rilevare dalle figure (23, 25), sono di- 
sposti in grappoletti ai lati di ciascuna proglottide e marginalmente, 
e si spingono lungo la faccia ventrale fino quasi in prossimità del 
sacco uterino. Io considero la porzione slargata della vagina come 
un ricettacolo seminale interno omologo a quella dei Te/rabothria 
e che forma passaggio a quello delle tenie degli Uccelli e dei Mam- 
miferi, nei quali acquista poi, in certe forme, una così alta indivi- 
dualità. Della struttura istologica delle parti dell’ apparecchio fem- 
minile non posso far cenno, perchè il materiale non si è prestato 
per tali ricerche. L’ovario consta di cellule uova molto piccole con 
distinto nucleo e relativo nueleolo. Le uova uterine numerosissime 
hanno guscio assai sottile (fig. 28): in tutte si vede l'ammasso omoge- 
neo delle masse vitelline, in alcune è anche chiaramente visibile la 
cellula uovo. Le uova. uterine sono ancora esse molto piccole: molta 
rassomiglianza esse presentano con quelle della 7. oscu/lafa, secondo 
Wagener (1). Per l’ insieme della disposizione dell'apparecchio geni- 
tale femminile la T. coryphicephala molto s'avvicina alla 7. oscultata, 
ne differisce per particolarità di disposizione, fra le quali sembrami 
importante che la vagina nel suo primo tratto passa disopra e di lato 
(dorsalmente) al ricettacolo seminale esterno o maschile, mentre 
nella 7. osculata la vagina passa di sotto e di lato (dorsalmente). 
La medesima disposizione che nella 7. coryphicephata mostra la va- 
gina della 7. longicollis, della T. filicollis, T. Salmonis-Umblae. 
Come nella 7. osculata, nella T. malapteruri la vagina passa sotto 
la tasca del pene. Nella T. longicollis e nella T. malapteruri non 
è stato osservato un ricettacolo seminale lungo la vagina: nella 7. 
filicollis, Salmonis-Umblae questo è stato descritto dallo Zschokke 
in prossimità dello sbocco della vagina (che egli chiama sempre (2) 
utero, mentre indica come vagina la porzione terminale di essa). Co- 
me nella 7. coryphicephala, in tutte le Taenia dei pesci i vitellogeni 


(1) op cit. pag. 64, Tuf. III, fig. 28. ° 
(2) op. cit. pag. 165-172. PI. I, fg. 4B 2, B. 


— 105 — 


sono disposti in due gruppi laterali e più o meno estesi: nella 7. Sa/- 
monis-Umblae, secondo lo Zsehokke (loc.cit), visarebbe un unico vitel- 
logeno, ma ciò che egli ha così indicato non è altra cosa che la parte 
ravvolta dell’ovidotto e forse ancora insieme le glandole del guscio (1). 
In tutte le altre Taenia dei pesci sembrano il vitellodutto impari e 
le glandole del guscio conservare i medesimi rapporti che nella 
T. coryhpicephala. Solo nella T. tongicollis il Linstow ha osservato 
che il vitellodutto sbocca prima di quel che egli indica come ootipo, 
e che io ho cercato dimostrare innanzi dover essere lo sfintere ova- 
rico, c intorno a questo sboccherebbero pure le glandole del guscio: 
ciò che attribuisco, come innanzi osserravo, a non buona interpetra- 
zione di fatti. - 

La disposizione degli organi genitali maschili si riassume nel 
modo seguente. I testicoli grossi (fig. 23, 25) e non molto numerosi, 
sono situati lungo il dorso delle proglottidi, lunga i due terzi an- 
teriori di esse e lateralmente, cosicchè nella linea mediana non se 
ne trovano (fig. 25). Dai singoli testicoli partono i dottolini efferenti, 
i quali convergono tutti l'uno nell'altro e finalmente si riuniscono 
in un unico slargamento di piccola mole dal quale si origina il de- 
ferente (fig. 23; 25): ciò avviene nel centro delle proglottidi sullo ini- 
zio della loro metà posteriore. Il deferente dapprima cilindrico di 
calibro uniforme, si ripiega e si dispone orizzontalmente (fig. 23), 
dopo poco si slarga e si ravvolge a spirale molteplici volte su sé 
stesso e costituisce così il ricettacolo seminale maschile, od esterno, 
il quale decorre, dirigendosi verso il margine della proglottide, fino 
ad incontrare la tasca del pene, e prima di penetrarvi si restringe 
nuovamente (fig. 23-20). La tasca del pene è piriforme con la parte 
ristretta rivolta verso l'apertura genitale e contiene un lungo dotto 
ejacuiatore ravvolto a spirale, il quale si termina alla punta del 
pene: questo non ho potuto vedere svaginato, ma, da quanto l’os- 
servazione in toto e su sezioni mì dimostra, esso sembrami del 
tutto simile a quello della 7. oscw/ala, secondo lo rappresenta il 
Wagener (2) (in questa specie non l’ ho visto svaginato), ed a quello 
della 7aenia tongicollis, secondo il Linstow (3), e della 7, macro- 
cephata secondo le osservazioni di Linstow (4) e di Braun (5), cioè breve 


ei pae 


(1) op. cit. pag. 777, PI. I, fig. 2 B gu. 

(2) op. cit. pag. 3.2, 64, Taf. HI, fix. 27. 

(3) op. cit. pag. 574, pag. 6. 

(4) in: Arch. f. Naturg. Jahr. 41, I, 1875, pag. 183. 

(5) Verzeichiniss von Eingewejidewiirmern aus Mecklenburg, 
in: Arch. Fr. d. Naturg. i M. Jahrg. 1891, pag. 107. 


= 


e conico e fortemente muscolare (fig. 29). Non ho visto nella tasca del 
pene delle glandole prostatiche, come ne ha descritte e figurate Lin- 
stow (1) nella 7. longicoltis, ma non posso affermare assolutamente 
che esse manchino, chè i preparati non me lo consentono. Tasca del 
pene e vagina sboccano in una insenatura del margine della pro- 
glottide ed entrambi (fig. 29) nel loro punto di sbocco sono circon- 
dati da una sorta di sfintere che circonda pure le pareti dell’ antro 
genitale (un fatto simile ha pure osservato recentemente Erlanger 
nella 7. echinococcus (2)), come a sua volta la porzione terminale 
della vagina presenta uno ispessimento dei sistemi muscolari che 
rappresenta lo sfintere descritto in molte specie di Cestodi (Telra- 
bothria, Dibothria e Taenia) dallo Zschokke (3) e recentemente an- 
che dal Lònnberg (4) nel BotWr. plicatus. In tutte le preparazioni 
esaminate lo sfintere del fondo dell’ antro genitale testè descritto, 
era contratto e le due aperture genitali ravvicinate nel modo da me 
disegnato (fig. 23, 29), cosicché tutto l’ antro genitale era contratto 
e quasi gli orli esterni combaciavano insieme. Tutto ciò, come la 
brevità del pene fatto a cuneo, la possibilità della dilatazione della 
vagina che presenta, in alcune preparazioni, una distinta apertura 
imbutiforme, le dimensioni relative del pene e della vagina, la loro 
disposizione reciproca e la possibilità di ravvicinamento delle due 
aperture nel modo descritto , mi fa credere che qui avvenga au- 
vofecondazione. A questa conclusione, del resto, mi portano le mie 
osservazioni generali su tutti i Cestodi raccolte in tempi diversi: le 
percentuali di un accoppiamento reciproco fra due proglottidi diverse 
della stessa catena è minima , rarissimo il caso di accoppiamento 
fra proglottidi di individui diversi (Pagenstcker, Pintener (5)). An- 
che le osservazioni altrui concorrono a dimostrare ed a far ammet- 
tere come cosa generale nei Cestodi l’ autofecondazione il cui pro- 
cesso ho potuto seguire io stesso sotto il microscopio. Esaminando 
delle proglottidi viventi di un Xcheneibothrium sp., per ora inde- 
terminata, ho visto uscir fuori dalla tasca un lungo pene, il quale 
dopo essersi rivolto innanzi ed indietro ondeggiando, si è riepiegato 
ad arco su sè stesso e, tentando, ha trovato l'apertura genitale, vi si é 
immesso ed è penetrato nella vagina che l’ha accolto dilatandosi. Casi 
di autofecondazione con immissio penis hanno osservato Schultze 

(1) op. cit. pag. 577, fig. 6. 

- (2) n: cit. pag. 558, Taf. XXIV. fig. 8. 
(3) Recherches sur la struct. anat. et ist. des Cestodes. 
(4) op. cit. pag. 7, Tav. I, fig. 8 


(5) op. cit. /. uk Frage des Bagatt ec. pag. 12, Taf. I, fig. 1, 2: ivi 


vedi per PAaGENSTECKER (pag. 10/. 


AA e e 


CT SII 


e ES ga 


— 167 — 


T. S. (sec. Leuckart), Leuckart (1), Van Beneden (2), Crety (3), Pa- 
squale (4), Pintner (5) e Zschokke (affermata, o ritenuta probabile) (6). 
Cosicchè io credo di poter ammettere come regola generale nei Ce- 
stodi l’ autofecondazione e ritenere la fecondazione incrociata come 
accidentale. A questo proposito io voglio riportare una osservazione 
di un tal caso che posseggo inedita fin dal 1886, e che è molto simile, 
se non del tutto identico,a quello del Pagenstecker (vide Pintner) «Ich 
habe, dice il Pagenstecker, am Mittelmeer bei Tetrabothrium auri- 
colare aus Mustelus vulgaris die Copulation eincs Glieder mit einem 
andern beobachtet. Es war nur der Penis des einen Glieder in das 
andere immittirt. Die beiden Glieder waren durch wenige Zwischen- 
glieder getrennt » (pag. 528). Io ho osservato, infatti, in una lunga 
catena di PAyl2. tridax che la parte posteriore di essa era ripiegata 
su sè stessa ed un discreto numero di ultime proglottidi della catena 
erano in fecondazione incrociata con quelle della catena con le quali 
corrispondevano a livello. 

Nella autofecondazione il sistema di fibre dell’ antro genitale da 
un lato determina, con la sua contrazione, il ravvicinamento degli 
orificii g* 9 nell'atto della copula, dall’ altro restringe e chiude, 
quasi completamente alle volte, 1’ atrio all’ esterno, fatto che facil- 
mente ho potuto vedere in tutti i casi osservati di autofecondazione e 
riconoscere nelle osservazioni altrui e come lo mostrano le fig. 23, 29. 
Questa chiusura dell’antro genitale è stata per il primo a constatarla 
il Sommer nella 7. saginata , al qual fatto egli dava altro valore, 
secondo il modo da lui ammesso mediante il quale si sarebbe com- 
piuta la fecondazione (7). 


La disposizione innanzi descritta degli organi genitali maschili 
della 7. coryphicephala trova riscontro completo in quello delle al- 
tre Tenie da Pesci: non in tutte per altro i testicoli sono così de- 
cisamente dorsali: questi variano per grandezza nelle singole spe- 
cie ed il numero è sempre maggiore quanto più piccoli essi sono : 


(1) Menschl. Parasit. 2 Auf. Bd. I, pag. 393-394. 

(2) v. PintNER. op. cit. pig 10 i 

(3) Cestodi della catarn communis, in: Ball. Mus. Zool. Anat. Comp. 
Torino, Vol. V, N° 88, pag. 7, Tav. fig. 12. ; 

(4) Le tenie dei polli di Massaua, in: Giora. int. delle Scienze Me- 
diche, Fon XII, 1889, estratto pag. 6. 


(8) op. cit. e v. PintNER Op. cit. /, pag. 
(7) Ueber d. Bau d. T. mediocanel!ata, 
pag. 504-508, Taf. XLVI, fig. 2-5. 


11. 
in: Zeit. f. W. Zool. Bd. XXIV, 


— 163 — 


in certe forme a testicoli grandi essi sono, infatti, poco numerosi 
(p. e. 7. longicollis). Il ricettacolo seminale è pure vario per svi- 
luppo nelle tenie dei pesci, ma conserva sempre la stessa disposizione 
orizzontale occupando la metà della proglottide sul margine della 
quale sboccano le aperture genitali. Il pene della 7. corypricephala 
è, come ho già detto, simile a quello di altre T. dei pesci, ma non 
in tutte esso sembra esser lo stesso per forma, nè così breve; più 
lungo dell'ordinario e ad estremità clavata mostrasi nella 7. ma- 
lapteruri: nella T. macrophalia il pene, invece, è assai lungo e fi- 
liforme (1). 

Abbiamo visto che nella 7. osculata, nella T. macrocotylea € 
nella descritta ora 7. coryphicephaia le aperture genitali sono irre- 
golarmente alternanti; ora ho da aggiungere che questa è una ca- 
ratteristica comune a tutte le tenie dei Pesci; le aperture geni- 
tali 3* £ sono marginali ed ora regolarmente (come sembra nella 
T. torulosa), ora—e più generalmente—irregolarmente alternanti 
e situate sempre nella metà della lunghezza del margine delle pro- 
glottidi: esse sboccano sempre in un antro genitale che può essere più 
o meno profondo ed individualizzato ed alle volte (7. sna/apteruri) 
presentare anche un distinto orlo cerciniforme. 

Habitat: la T. coryphicephata vive nell'intestino del S7wurus sp. 


3. Taenia Diesingii n. sp. (Tav. VIII, fig. 21). 


Capo subgloboso anteriormente rotondato appena distinto dal 
collo. Le quattro ventose grandi, proeminenti c molto muscolari. 
Collo assai lungo: prime proglottidi brevissime appiattite, proglottidi 
mediane alquanto rigonfie all’ aspetto cerciniformi, posteriori rettan- 
golari, ultime subquadrate. Aperture genitali irregolarmente alter- 
nanti. L'apparato genitale, da quanto mi è riuscito vedere, si ass0- 
miglia a quello della 7. coryphicephala. 

Habitat: intestino del Sw%urus dargado. 


Con queste tre nuove specie le tenie dei pesci raggiungono il 
numero di venti, secondo le ricerche da me fatte per istituire dei con- 
fronti con la 7. coryphicephala, e sono le seguenti: 


1 7. filicoltis Rudolphi, in: Widemans Arch. J. III, 1, pag. 114. 
2 T. oceltata Rudolphi, in: Widemans Arch, J. HI, 1, pag. 112. 


(1) Diesina. in: Denk. k. Akad. Wien, Bd. 35, pag. 35, Taf. VI, fig. 15-20. 


— 1609 — 


T. longico?tis Rudolphi, in: Widemans Arch. J. HI, 1, pag. 113. 

T. ambigua Dujardin, Hist. Nat. Helm. pag. 533. 

T. osculataGoeze, Nat. d. Einge, w. pag. 415-416, Tab. 30, fig. 9-14. 

T. torulosa Batsch, Bandwiirm. pag. 181, fig. 105-108. 

T. leptosoma Leidy, in: Proc. Ac. Philad. 1888 pag. 169, (7. so- 
matotepta Montic.) 

» semplicissima Leidy, in: Pr. Ac. Phil. 1887, pag. 20, fig. 4,5,6. 

ambloplitis Leidy,in: Proc. Ac. Philad. 1887, pag. 20-21, fig. 7-8. 

inacrophalla Diesing, Syst. Helm. I, pag. 514. 

- Sagiltata Grimm, in: Nacht. Gesellsch. d. Wiss. Gòttingen, 
1872, pag. 240-246. 

”. maci'ocepha!a Creplin, Obs. de Entoz. pag. 69. 

. Salmonis-Umblae Zschokke, in: Arch. de Biologie, Vol. V, 1884. 

. hemispherica Malin, in: Sitz. Br. K. Akad. Wien Bd. 38, pag. 14. 

cyclops Linstow, in: Ar. Nat. J. 1867, pag. 15-16, Tab. I, fig. 26. 

maiapleruri Fritsch, in: Sitz. Ber. K. Akad. Berlin, 1886, VI, 

pag. 103-104, Taf. I, fig. 5-6. 

. dialata Linton, in: Ann. Rep. U. S. Fish. Comm. 1885, pag. 

488-489, Plt. VI, fig. 15-16. 
T. Diesingii n. sp. v. pag. 168 e Tav. VIII, fig. 21 
19 7. coryphicephala n. sp. v. pag. 161 e Tav. VIII, fig. 22-30 
T. macrocotyiea n. sp. v. pag. 160 e Tav. VIII, fig. 20, 20 bis. 


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È molto probabile che la 7. Pollachii del Ratke (Diesing. Syst. 
Hel. pag. 558) sia la stessa cusa dell’ AbotRrium gadi Van Beneden 
© che la 7. Belones Miiller sia=al Bol. belones Dujardin: per tal 
Pagione non le enumero fra le specie di Zaenia dei Pesci. Specie 
dubbia è certamente la 7°. sa/monis-omul Pallas (Diesing loc. cit.) 
€ chissà se non è forse identica alla 7. Salnonis-Umblae Zschokke. 
D'accordo col Diesing, che emise tal dubbio, io ritengo sinonimi delle 
T. longicoltis è T. torulosa le specie di Acharius (7. eperlani) e 
di Viborg (T. Z4i). Alla Tenia leptosoma di Leidy propongo imporre 
il nome di 7. somatolepta, perchè come T. leptosoma è stata già 
Indicata dal Diesing nel 1850 un’ altra tenia (7. leptosoma) di molti 


— Psiltacus del Brasile. 


Di tutte le specie di T. dei pesci enumerate sono solamente 
Poche ben note e caratterizzate e studiate anatomicamente, e non 


tutte completamente [10, cioè 1, 2, 3, 4, 5, 6, 11, 12, 13, 15, 16, (1)]. 


TT iron 
> (1) Il Braun. op. cit, pag. 107 ha recentemente ritrovata la 7. macro- 
cephala Creplin, ma non ci fornisce nuovi dati sulla sua struttura e nem- 
eno parla della ventosa anteriore descritta dal Linstow. (op. cit. pag. 183). 


LATO 


La Taenia coryphicephala per la sua interna organizzazione si 
assomiglia molto a tutte le altre studiate, ma se ne distingue facil- 
mente per molti punti. Egli è qui da notare che in generale tutte 
le Taenia dei Pesci sono conformate sullo stesso tipo e sono per la 
disposizione degli organi genitali molto simili al tipo dei BotWria- 
da (1) (Tetrabothria), come un esame comparativo facilmente dimo- 
stra. Wagener, del resto, parlando della 7. osculata osservava che 
« die Anorduung der geschlechtsorgane gleicht also ganz, der Te- 
trabothrien » (op. cit. pag. 38) e Linstow (2) ha rilevato che le tenie 
dei Pesci « bilden einen Ubergang zwischen der Tàinien der Warm- 
bliter und der Cestoden Familie, welche Diesing Paramecocotyleen 
nennt und weichen von den Siugethier-und Vogeltinien wesentlich 
ab ». Io non voglio entrare a discutere questa opinione, che, se si con- 
sidera dal punto di vista di una dipendenza filogenetica, è giustifi- 
cabile, giacchè, come molti fatti concorrono a dimostrarla, una de- 
rivazione filetica dalle forme Te/rabothria si riconosce nelle Taenia 
dei Pesci; ma se si guarda dall'altro punto, cioè che rappresentino 
come un termine di passaggio alle tenie dei vertebrati a sangue caldo, 
può essere molto discussa, tanto più che anche negli altri vertebrati 
a sangue freddo vivono delle Taenia che da quelle dei Pesci differi- 
scono. E certo, però, che le Taenia dei pesci formano un gruppo 
omogeneo distinto per tutto il loro insieme da quello delle Tenie 
degli uccelli e dalle Taenie dei mammiferi e rettili ed anfibii: e di- 
cendo pesci, io intendo parlare dei Teleostei, chè solo in questi si 
trovano tenie ed è da notare ancora che in questi sono numerica- 
mente ancora più scarse di tutte quelle degli uccelli e dei mammiferi: 
sono per altro più numerose che negli anfibii e rettili. Questo gruppo 
di Taenia potremmo, appunto, per 1’ uniformità di tipo di organizza- 
zione, che si allontana dalle vere Taenia (sensu lato) e si collega ai 
Tetrabothria, e per l'insieme della forma esterna considerarlo gene- 
ricamente distinto e costituire per esso un nuovo genere per il quale 
propongo il nome di Tefracotylus (3). 


(1) Divido i Cestodi veri con corpo nettamente segmentato in Bothriada è 


Cotylea, divisione che corrisponde in parte ai Paramecocotylea e Cyclocolylea: 
ai secondi appartengono le Taenia (sensu lato) costituenti la famiglia Tetra- 


cotylidae che va divisa in più sottofamiglie. 

(2) op. cit. pag. 

(3) Sarebbe questo il primo genere della forma Tetracolylea. Questo 
nuovo genere vale bene per smembrare il vecchio e comprensivo genere 
Taenia , cosa già tentata da molti e da più tempo e più recentemente con 
nuovi criterii dal Blanchard e dal Moniez. Esso costituirebbe la sottofamigli® 
Tetracolylinae. 


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Usi e 


— 11 — 


Ho cercato di comporre una chiave analitica per raggruppare 
tutte le forme di Telfracotylus finora conosciute, ma le ragioni in- 
nanzi dette me lo hanno impedito ; voglio solo far osservare che 
in questo genere, la cui organizzazione è così uniforme ed uguale, 
possono distinguersi tre tipi diversi di aspetto esterno determinati 
da caratteristiche dello scolice. Oltre le quattro ventose che variano 


| naturalmente per forma, dimensione, robustezza nelle singole specie, 


in alcune esiste una quinta ventosa alle volte bene sviluppata, ed 
evidente, alle altre meno, oppure uno infossamento anteriore la rap- 
presenta (7. Salmonis-Umblae): in altre questa quinta ventosa manca 
del tutto, e può, come nel caso della T. coryphicephata, osservarsi 
un cocuzzolo mediano omologo alla cupola centrale dei Tefrabothria; 
in altre infine sì trova una cupola centrale molto sviluppata, rostelli- 
forme, armata di numerosi aculei ottusi, o piccoli tubercoletti conici: 
ciò si osserva solo nella 7. malapteruri Fritsch. Nella 7. oscutata 
intorno alla ventosa anteriore impari si osserva come già ho detto 


ma « Kranz von sehr kleinen Haken, die leicht abfallen » (Wagener, 


Op. cit. pag. 32), ma la ventosa evidente nei giovani non è sempre vi- 
sibile negli adulti e gli uncini in tal caso costituiscono intorno 1’ ele- 
vazione di quella come una cupola rostelliforme. La presenza di una 
ventosa impari nel genere Ta/racolylus è ancora un argomento che 
Mostra l'affinità delle Taenia con i Tetrabothria. Come infatti nelle 
forme giovani di questi, essa si 0sserva nelle forme giovani dei 7e- 
tracotylus (v. Wagener), e come in molte forme adulte dei primi si 
Conserva più o meno sviluppata, (1) così anche in molti Te/racoty/us 
adulti persiste bene sviluppata e più o meno evidente (7. /ongicollis, 
T. Cyclops, T. ocellata, T. macrocepha!a), o sotto forma di un in- 
fossamento anteriore. Nelle Taenia degli altri Vertebrati si ritrova 
assai meno frequente allo stato adulto o larvale una ventosa anterio- 
Pe impari e di rado casi bene sviluppata, come p. e. nella 7. argen- 
lina Zschokke (2) della Rhea americana. Wagener osservava ( op. 
cit. pag. 32) a proposito della 7. oscuzata: « Der Stirnapf ist hier der 
Stellvertreter der Riissel» ed infatti è il rostello che sostituisce la ven- 
tosa anteriore che appare filogeneticamente dapprincipio sotto forma 
di cupola semplice nei Tefrabdothria ed anche nei Tetracolytus ed 
acquista in seguito dapprima gli uncini, poi si complica in struttura; 
le semplificazioni della struttura complicata del rostello che si osser- 
TTT zii 

(1) Vedi mio lavoro sullo Scoler polymorphus, in: Mitth. Zool. Stat. Neap. 


Bi. VIN, pag. 144-123. 


(2) Ein Beitrag. zur Kenntniss der Vogeltaenien, in: Centr. f- 


— Bakt. Parasitenk. II Jahr. 1888, I Bd. n° 4. 


— 179 


vano nelle forme elevate di Taenia non sono da riguardarsi, che ri- 
‘comparse di forme primitive per adattamenti speciali. Nei Te/raco- 
tylus si può seguire questa progressiva trasformazione, come la 
perdita totale della ventosa anteriore e la sostituzione di essa da 
parte di una cupola anteriore che acquista gli uncini, i quali si 
manifestano già quando esiste ancora la ventosa, come forieri della 
formazione definitiva rostellare prodottosi in seguito per trasforma- 


zione totale della ventosa anteriore (1) impari. Del valore morfolo- 


gico della ventosa anteriore e dei suoi derivati filogenetici tratterò 
a lungo nella Monografia dei Cestodi semplici alla quale attendo. 


Alla sottofamiglia dei Telracolylinae , secondo io penso , do- 
vrebbe pure ascriversi il genere Telracampos (citiotheca) Weld 
(1861) dell’ Zeferobranchus anguillaris che , a giudicare dalie fi- 
gure del Wedl (2), non appartiene ai Bo/lrieda, ma ai Colylea (Te- 
tracotylidae). i 

Al Tetracampos molto si avvicina il Tetracotylus ( Taenia ) 
malapleruri Fritsch. 


Napoli, Stazione Zoologica 15 Novembre 1891. 


Spiegazione della Tav. VIII 


Leilere comuni a tutte le figure 


ag — antro genitale 

dei — dotto eiaculatore 

«if — deferente 

95 — glandole del guscio 

m — mesenchima 

mu — muscolatura 

ot — ooti 

0v -- ovario 

ovd — ovidotto 

p — pene 

"se — ricettacolo seminale esterno, o maschile 
rsi — » » interno, 0 femminile 
sfo — sfintere ovarico 

t — testicoli 


(1) Vedi in proposito Grassi e RoveLLI.Sviluppo delcisticerco è del 
cisticercoide, in: Rend. Ac. Line. 1839, 1° sem. 


(2) Helminthenfauna Egypt. in: Sitz, Ber. k. Akad. Wien, Bd. 64, 


pag. 473-475, Taf. IIl, fig. 2-930. 


| 


— 173 — 


ut — utero 
v. — vagina 
vt — vitellogeni 
vtd — vitellodutti 
vidi — vitellodutto impari 
— Figura d'insieme della Taenia Bremserii Baird ingrandita (pag. 156). 
2 — Capo della stessa maggiormente ingrandito (pag ibid.). 
riti :nî {a — serie interna | ‘hi 
83 Uncini della corona rostellare I 2. Salso) (pag. ibid.) 
4 — Proglottide posteriore vista al ergo p:r mostrare la di- 


sposizione dell’ utero (pag 

5 — Ultime proglottidi ingrandite ii <a 

6 — Capo visto col microscopio per lasciar scorgere le disposizione 
degli uncini (pag. 157). 

7 — Un uovo di molto ingrandito (ibid.) 


8. -- Capo e parte anteriore della Taenia bifaria Siebold di molto 
ingrandito (pag. 152). 

9 — Prime proglottidi data Mensa ingrandite . 

10 — Proglottidi m edia medesimo È (ug. 152) 


ll — Ultime proglortidi. » » » ingrandito | 

12 — Disposizione degli organi genitali vista col microscopio: da una 
preparazione in glicerina ed acido acetico molto ingran- 
dita (152-158 

13 — Pene con i suoi siuld tti moltissimo ingrandito (pag. 152). 

14 — De: e ata della Taenia calva Baird di molto ingrandito visto 

oscopio (pag. 155). 
15 — Progtotidi mediano dell sons di poco ingrandita (p. 155-156). 


pio da una 


17 — Ditegiaiziond: seni organi genitali osservata col 
oreparazione come in fig. 12, molto ingrandita (pag. 156). 

18 — Figura d'insieme della 7. faleiformis Baird ingrandita (pag. 154). 

19 — Capo della stessa molto ingrandito (pag. 153). 

20 — Capo della Taenia macrocotylea n. sp.: Sist Zeiss, ©» pre 120, 
camera chiara Abbe (pag. 168). i 

20bis— » » n. sp.: Sist. Zeiss, 330 per lasciar vedere 
i Nematodi che trovansi nel mesenchima (pag. 160 161, Nota). 

. . ti 

21 — Capo della Taenia Diesingii n. sp.: Sist. Zeiss, “02<120, came-. 
ra chiara Abbe (pag. 168). 

22 — Capo della Taenia coryphicephala n. sp.: Sist. Zeiss, —. X 120, 


mera chiara Abbe (pag. 161). 
23 — Peogiontito della stessa per mostrare la disposizione dei geni- 


— 174 — 


tali: Sist. Zeiss, È, “ 30, camera chiara Abbe |pag. 161- 
165, 166, 167). 


» 24 — Proglottidi ultime con utero pieno di uova (pag. 161, 163). 
» 25 — Sezione trasversa di una proglottide delle precedenti fr 
del ricettacolo seminale esterno molto ingrandita (pag- 
-165). 
» 26 — Sfintere ovarico da una sezione trasversa di proglottide matura: 
Sist. Zeiss, 1.250, camera chiara Dumaige (p.161, 163). 
» 27 — Sezione passante per le glandole del guscio ed il vitellodutto 


impari: Sist. Zeiss, si “250, camera chiara Dumaige 
(pag. 163-164). 

» 28 — Uova uterine: Sist. Zeiss, —, X 250, (pag. 164). 

» 29 — Tascadel pene, vagina ed antro genitale: Sist. Zeiss, Saf 3 XK145, 
camera chiara Dumaige (pag. 165, 166, 167). 


» 30 — Figura d’insieme dell’apparato femminile: da un ea in toto 
completato da sezioni in serie: Sist. Zeiss, = , X145, (pag. 
161-164. 

» 31 — Ascaris siluri? v. Linstow trovata iuumersa nel mesenchima della 


T. macrocotylea : Sist. Zeiss, —. X: 195, camera chiara 
Abbe (pag. 160, 161 Nota). 


Il Blanchard in un lavoro recente (Notices helminthologiques, 2de Serie, 
in: Mem. Soc. Zoot. France 1891) riunisce nel genere Davainea Blanch. 


eri 
Raillet 1391 le tenie degli uccelli con numerosi uncini al rostello, con più 


serie concentriche di uncinuli alle ventose e con le uova aggruppate in- 
sieme in una determinata caratteristica maniera. Stando alle considerazioni 
che fa il Blanchard a pag. 481 che « Méme s'îl venait è étre démontré que cer- 
taines espèces rapportées à ce genre.... n’ont les ventouses armées à aucune 
époque de leur existence ces espèces n’en appartiendraient pas moins sù- 
rement au genre Davainea », la T. calva di Baird da me descritta a pag- 
155-156 deve rientrare nel genere Davainea, quantunque io non vi abbia ri- 
conosciuti uncinuli sulle ventose. 


VETETEOEEFIRIToNE 


— 175 — 


Sulla visibilità delle strie delle Diatomee in rap- 
porto ai sistemi ottici ed ai mezzi d'inclu- 
sione. — Nota di F. Barsaxo. 


(Tornata del 13 decembre 1891) 


Le sottili ed eleganti sculture delle Diatomee furono, come è 
noto, tenute in gran conto dai micrografi, quali delicati mezzi di 
prova per giudicare del valore degli obbiettivi del microscopio. E 
tra le diatomee ve ne ha di quelle che presentano dei sistemi di 
strie, di costole, di rilievi o perle, più facili a vedersi; altre invece, 
e sono le più stimate, hanno sculture o strie sottilissime ed estre- 
mamente difficili a distinguersi, e possono soltanto risolversi, come 
suol dirsi, o rendersi appariscenti, mercè perfetti sistemi ottici. 

Tra tutte le diatomee adoperate come test, la Surirelta Gemma 
Ehr. l'’Amphipleura pellucida Kiitz. e la Van Heurckia crassinervis 
(Bréb.) sono le più delicate e difficili a risolversi; richiedendo speciali 
mezzi di illuminazione ed oggettivi ad immersione dei più rinomati co- 
struttori. In generale però l’ importanza delle diatomee, come oggetti 
di prova, devesi considerare in rapporto ad una classe di oggettivi, 
cioè ì più forti sistemi ad immersione; potendo questi soltanto avere 
un’ apertura numerica tale, da permettere la risoluzione delle più dif- 
ficili strutture. Nè è a credersi, come è stata opinione di molti, che 
per tanto più perfetto sia un sistema oggettivo per quanto maggiore 
sia il potere di risoluzione di che esso è dotato. E per vero il po- 
tere risolvente di un sistema ottico, è funzione soltanto dell’ aper- 
tura angolare o numerica; mentre il potere di definizione, qualità 
importantissima di ogni oggettivo, dipende ancora dalle più o meno 
corrette aberrazioni sferica e cromatica, e per di più la penetrazione 
0 profondità di fuoco, spesso utile nelle ricerche istologiche, dimi- 
Nuisce col crescere dell'angolo di apertura. Una apertura numerica 
elevata è solo compatibile nei più forti oggettivi: i sistemi deboli, 
invece, debbono avere un’apertura moderata e quindi debole potere 
Fisolvente, se non si vuole nuocere alla chiarezza della imagine ed alla 
penetrazione insieme. Coll’ aumento dell’ angolo di apertura dimi- 
Muisce la distanza frontale del sistema; epperò spesso i forti ogget- 
tivi a grande angolo sono incomodi a maneggiarsi, richiedendo l uso 
di coprogetti assai sottili e quindi fragilissimi. Nei sistemi ad im- 
mersione la distanza frontale, a parità di condizioni, è relativamente 
Maggiore che nei sistemi-a secco, e però quelli sono di più facile e 
comoda applicazione. , 


— 176 — 


Le ingegnose ed eleganti esperienze di Abbe (1) sulla visione 
microscopica dimostrano ad evidenza come il potere risolvente, 0 la 
visibilità dei sistemi di strie o di rilievi di una superficie, sia le- 
gato al numero degli spettri secondarii di diffrazione ammessi nel 
cono luminoso dell’ oggettivo e che concorrono a formare l’ imagine 
nel corpo del microscopio. Escludendo, con opportuni diaframmi, 
l’uno o l’altro degli spettri secondarii si modificano le apparenze 
di un dato oggetto, e quindi alla imagine normale dell’ oggetto si 
associano, per i fenomeni di diffrazione, delle imagini secondarie, le 
quali mostrano delle accidentalità che non esistono, ovvero rendono 
invisibili sistemi di strie, di rilievi o di perle, che realmente si tro- 
vano scolpiti sull’ oggetto. Se alla osservazione diretta sostituiamo 
l’ impressione fotografica, vedremo comparire sulla lastra sensibile 
una imagine adorna di sculture, che erano prima invisibili all’ 0c- 
chio. Che anzi la fotografia, massime con i più forti oggettivi, ritrae 
tutte le imagini secondarie di diffrazione, e quindi non sempre la 
prova fotografica delle sottili sculture è la fedele riproduzione di 
ciò che realmente esiste. 

I fattori della visibilità Gi un oggetto sottilmente scolpito, p. ®. 
di una diatomea e che concorrono a rendere netta e chiara la ima- 
gine nel campo del microscopio, sono: il potere risolvente o l’ aper- 
tura numerica del sisiema ottico, la opportuna illuminazione, con 
raggi di data refrangibilità, ed un mezzo d’ inclusione dell’ oggetto, 
che presenti un’ elevato indice di rifrazione. Esaminiamo breve- 
mente ciascuno di questi fattori, in rapporto alla risoluzione delle 
strie delle diatomee. 


Apertura numerica degli oggettivi.—I progressi nelie ricerche 
microscopiche e sopratutto la conoscenza della struttura delle valve 
delle diatomee sono dovuti ai perfezionamenti arrecati alla costru- 
zione dei sistemi oggettivi del microscopio. Gli sforzi dei costrut- 
tori intesi ad aumentare l’ apertura numerica dei più forti sistemi 
ed a correggere, per quanto è possibile, le abberrazioni sferiche © 
cromatiche delle lenti sono stati coronati da successi, avendosi ora 
eccellenti oggettivi, che al potere risolvente ed alla perfetta defini- 
zione uniscono un quasi completo acromatismo. Sono già noti ai mi- 
crografi, ed in ispecie ai diatomologi, i celebri oggettivi di alcunt 
costruttori, quali quelli dell’ Hartnack, dello Zeiss, del Gundlach; per 


(1) Arch Mikr. Anat. IX 1873 — Diopev. Grundzi ge der allgem 
Mikroskopie, pag. 107-117, 1885. 


ni ape IS 


VESTE: 


lira Srna 


ERE SIE sù 
A a AA i a 


— 177 — 


non dire dei rinomati sistemi del Powell e Lealand in Inghilterra e 
del Tolles in America; e per le correzioni i moderni sistemi apo- 
cromatici. Un importantissimo perfezionamento, e che ha per- 
messo la risoluzione delle più difficili forme di diatomee, è stato 
l'applicazione del principio della immersione omogenea, già pro- 
posto dall’ Amici fin dal 1843, e praticato dallo Zeiss nel 1878 (1). 

Quantunque Stephenson abbia assegnato come limite dell’ aper- 
tura numerica di un oggettivo il valore di 1,52 (2), corrispondente 
ad un angolo, nell’ olio, di 180°, pure non prima del 1889 e per le 
ricerche dell’ Abbe, la casa Zeiss è riuscita a costruire un sistema 
oggettivo di cui l’ apertura numerica si eleva ad 1,63. Questo og- 
gettivo, unico nel suo genere, è a cinque lenti, sul tipo degli apo- 
cromatici. (3) Adoperato con uno speciale apparecchio di illumina- 
zione a grande apertura (1,60) con portaoggetti e coprogetti di adatto 
vetro, ed impiega ndo' come liquido di immersione il monobromuro 
di naftalina, si risolvono completamente, in perle, le più difficili dia- 
tomee. I bellissimi fotogrammi, ottenuti con questo oggettivo dal 
Van Heurck, mostrano le straordinarie qualità di questo sistema ot- 
tico. Il quale sarebbe nelle mani di tutti i diatomologi se non si 
opponesse alla sua diffusione il suo prezzo elevato. La risoluzione in 
perle ottenuta già prima dal Van Heurck per l’ AmphRipleura pel- 
lucida e per altre diatomee raggiunge, nel nuovo oggettivo, il ma- 
ximum della precisione e della chiarezza (4). La semplice risoluzione 
in linee si ottiene pure con altri oggettivi omogenei. Col sistema 
N.° 16 (— ad imm. omogenea ) di Klonne et Miiller si può risol- 
vere benissimo l’ Amphipleura pellucida mercè la microfoto- 
grafia (5). 


LINA Ii iii irnzzo i 


(1) Journ. de Micrographie 1878, pag. 474-476. 

(2) Francorte. Manuel de technique microscopique, pag. 7 
e in: Journ. of Roy. Micr. Soc.1889 (sulle copertine è riportata la tavala 
di Stephenson). 

(3) J. R. M. S (1889), pag. 497-805. 

Ibid. (1890), pag. 91,103 — 105, con 2 tav. fototip. 

(4) Il coste di questo sistema di cui sono stati posti in commercio tre 
oggettivi, due pel tubo continentale ed uno pel tubo inglese, è di L. 1000» 
senza l'apparato speciale per la illuminazione. Richiede, come gli altri apo” 
Cromatici, gli oculari compensatori 

(5) Tra gli oggettivi notevoli pel potere risolvente, e già conosciuti dal 
micrografi, sono da annoverarsi il n.° 10 Harthnack, il n.0 9a 4 lenti Hart. 
et Prazm., vi dello Zeiss (omogeneo); e poi Idi Powell (ad acqua), il 

12 


Liuminazione. — La luce solare diretta è la più favorevole per la 
visibilità e risoluzione delle diatomee. Per le forme più difficili 
(Surirella, Gemma, Amphipleura, Van Heurckia etc.) è necessaria 
la luce monocromatica azzurra, ottenuta o per mezzo del prisma 
(Castracane), ovvero mercè una cuvetta ripiena di soluzione di sol- 
fato Rai ae di rame, ovvero con vetri azzurro di cobalto. 

Tra le sorgenti artificiali la luce del petrolio è di facile e comune 
applicazione, specialmente se modificata da vetri leggermente az- 
zurri. La luce ossicalcica già una volta adoperata (3) è generalmente 
impraticabile per la difficoltà della sua produzione, La luce elettrica 
invece, specialmente quella delle lampade ad incandescenza, (lam- 
pade Swamm-Stearn) ha dato risultati brillantissimi nelle mani del 
Van heurck (4). Facilita assai la risoluzione delle diatomee e per la 
microfotografia corrisponde Spe essendo ricca di raggi chimici. 

Non pure la natura della luce, ma ancora più la sua direzione 
concorre, in limiti abbastanza darsi; alla visibilità delle strie sot- 
tili. Ognuno potrà notare la differenza di visibilità di una diatomea 
illuminata con luce centrica e con luce obbliqua; basta spostare lo 
specchio del microscopio per vedere comparire, con un dato ogget- 
tivo, dei dettagli perfettamente invisibili a luce centrale. 

Usando forti oggettivi ed a grande apertura è necessario con- 
centrare la luce con opportuni mezzi, cioè rendere più ampio il cono 
luminoso che penetra nell’ oggettivo, aumentandosi così la visibilità 
delle più sottili strie. Moltissimi sistemi di illuminazione, o condensa- 
tori, sono stati costruiti pel microscopio; i migliori sono quelli che au- 
mentando il cono luminoso (mercè la loro elevata apertura numerica) 
fan diminuire gli e:fetti di riflessione tra la lente ed il portaoggetti; 
intendo parlare qui dei condeasatori ad immersione. Riunendo in- 


di Tolles etc. Recentemeute Koriska ha costruito un sistema _ omoge 
neo, semi-apocromalico, di prezzo assai modesto, (.L. 200) e che risponde 
benissimo, a quanto pare, alle esigenze dei diatomologi. (Journ. de Microg., 
1891, pag. 249) 

(2) CasrRacane. Sulla illuminazione monocromatica nello studio delle 
Diatomee,in: Alti Accad. Pont. N. Lincei XVII, 1864—Trad. in: Quart. Journ. 
of Micr. Sc. 1865, pag 249. 

Casrracane. Sulla illuminazione monocromatica del mi- 
croscopio e la fotomicrografia, l. c. XIV, 1871. 

(8) Green. On the examination of the surface markings 0f 
Diatoms by the Oxycalcium light, in: J. Q. M. C. I/ /1871/, 232. 
(4) Jour. de Microgr. Tome XII (1883) 244 — Tome I. (1886), 29. 

PeLLETAN. Les Diatomées, Vol. I, 178. 


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sieme una forte illuminazione ed una direzione obbliqua dei raggi 
luminosi si accresce di molto la visibilità o la risoluzione delle strie. 
Tralasciando di dire di molti condensatori a luce obbliqua (prisma 
obbliquo di Nachet, prisma di Woodward, di Wehnam etc.) noto che 
il diatomoscopo di Osborne corrisponde perfettamente per la riso- 
luzione delle diatomee, come il vertical! iluminator di Beeck. 

La diversa refrangibilità dei raggi luminosi è un altro fattore 
che concorre alla visibilità degli oggetti microscopici. Heimoltz pel 
primo e poscia Abbe (1) han dato delle formole pel potere risolvente 
dei raggi più refrangibili dello spettro. Nella formola di Abbe: 


Pe 
"Prec 
2a 

è esprime la distanza tra due strie o righe da risolversi, ) la lun- 
ghezza d'onda della luce, e 2 & il doppio dell’ apertura numerica 
dell’ oggettivo. È chiaro che ove X diminuisca, restando costante 2a, 
diminuirà egualmente è: cioè per un dato oggettivo la visibilità, od 
il potere risolvente sarà in ragione inversa della lunghezza di ondu- 
lazione della luce. E poichè le radiazioni più brevi sono quelle dei 
Paggi azzurri, violettived ultravioletti, cioè dei più refrangibili, la 
luce azzurra è più favorevole alla risoluzione della striatura, e la 
fotografia, che si giova delle radiazioni ad onde più brevi (i così 
etti raggi chimici) ci mostra delle particolarità di struttura che la 
visione diretta non ci fa percepire affatto nel campo del microscopio (2) 
e ci fornisce un mezzo comodo per risolvere le più sottili strutture. 
Di fronte a questo vantaggio si riscontra l'inconveniente, per la 
microfotografia, che essa riproduce con uguale, ed in certi casi con 
maggiore fedeltà, tutte le imagini di diffrazione prodotte nel campo 
del microscopio, e che spesso alterano la natura dei minuti oggetti 
che si osservano. 


Mezzi d’inclusione dei preparati.—Dagli studii dello Stephenson 
risulta che la visibilità di un oggetto nel campo del microscopio è 
tanto maggiore, quanto maggiore è la differenza tra l'indice di re- 
frazione dell’ oggetto e quello del liquido nel quale è incluso. Par- 
tendo da questo principio i diatomologi, per ottenere la risoluzione del- 
le diatomee, si sono sforzati a preparare sostanze dotate di particolari 


A i rn iaia 


(1) FrancoTTE loc. cit. pag. 173 e seg. i 
(2) Vax Heurox. La retine dans la science, in: Journ. de Microgr. 
Tom. IX (14885), pag. 132. ; 


— 180 — 


proprietà e specialmente di un indice di refrazione elevato, da servire 
come mezzi d’ inclusione. Infatti essendo l’ indice di refrazione della 
silice che forma il guscio delle diatomee = 1,54, il balsamo del Ca- 
nadà già prima usato per la montatura delle diatomee, è stato ab- 
bandonato, perchè il suo indice poco differisce da quello della silice, 
e quindi le delicate specie, quali molte Ni/sschie, Navicule, Synedre 
montate nel balsamo riescono quasi invisibili. La preparazione delle 
diatomee a secco ne rende più facile la risoluzione, appunto perchè la 
differenza tra gli indici di refrazione della silice e dell’aria (1,54-1,00) 
è maggiore che quella tra la silice ed il balsamo. Molte sostanze 
sono state sperimentate con maggiore o minore successo a tale sco- 
po, e basterà citare: il liquido di Dippel, il monobromuro di naftalina, 
il fosforo sciolto nel solfuro di carbonio; alcune resine come lo sto- 
race, il balsamo del Tolù; le soluzioni di acido arsenioso in solfuro 
e bromuro di arsenico (Smith ) etc. Tutte queste sostanze possono 
corrispondere secondo i casi; alcune sebbene molto refrangenti (2,43) 
mal si prestano sia perchè velenosissime, sia perchè cristallizzano 
col tempo e guastano il preparato. Questi inconvenienti si riscon- 
trano nelle soluzioni arsenicali. Rimandando ad altro tempo 1’ esame 
comparativo dei diversi mezzi d’ inclusione, dirò che la stabilità 
nello stato fisico del mezzo che si adopera è una condizione impor- 
tante per la conservazione dei preparati. 

La imbibizione dei frustuli diatomacei con sostanze che preci- 
pitano è anche un mezzo per rendere appariscenti le più fine scul- 
ture. (1) Così facendo precipitare nelle lamine del frustulo o l’az- 
zurro di prussia, o il solfuro di mercurio; ovvero riducendo dei sali 
di platino e d’ argento, si sono ottenute nettamente definite le strie 
le più difficili. 


Da quanto innanzi è detto risulta che un aumento nell’apertura 
numerica degli oggettivi, l’ elevato indice di refrazione del mezzo 
d’ inclusione, una illuminazione appropriata con raggi di alta refran- 
gibilità, ci permettono la risoluzione delle più sottili strutture. Que- 
sta risoluzione però ha un limite nella natura stessa della luce, © 
nella produzione delle frange d’interferenza le quali disturbano, 
nelle più favorevoli condizioni del sistema ottico, la chiara visione 
delle strie. E mentre da una parte la presenza di frange luminose 
negli intervalli oscuri delle strie, rende queste invisibili, dall’ altra 


e 122 


(1) Gir. On some Method of preparing Diatomsete, in: de Ro: 


M. S. 1890, pag. 425-428, w. 1 Plt. photomicrogr. 


— 181 — 


l’ammissione degli spettri di interferenza nel cono luminoso del- 
l’oggettivo, modifica il numero apparente delle strie medesime, co- 
me risulta dalle esperienze di Abbe. Aggiungasi ancora che la im- 
possibilità di ottenere l’acromatismo perfetto e di estinguere, anche 
con gli oculari compensatori, tutti gli spettri di diffrazione degli og- 
gettivi, se non nuoce alla visione degli oggetti di una certa esten- 
sione e struttura, modifica certamente le apparenze che risultano 
dalle striature delle diatomee. E se la fotografia può servire per la 
enumerazione delle righe in genere, non può essere sempre, per la 
natura stessa della luce, la riproduzione fedele di ciò che solo real- 
mente esiste sulla superficie del frustulo diatomaceo, nelle imagini 
ottenute con i più forti mezzi d’ingrandimento e di risoluzione. 


Napoli, Decembre 1891. 


Della embriologia e dell’apparato riproduttore 
dell’ Amphiura squamata Sars. — Nota riassuntiva di 
A. Russo. 


( Tornata del 13 decembre 1891 ) 


Riassumo in questa nota i risultati di alcune ricerche, che sa- 
anno distesamente esposte in un lavoro di prossima pubblicazione. 

Dallo studio generale riguardante i primi momenti dello sviluppo 
nell’ Amphiura squamata facilmente si possono riconoscere dei fatti 
caratteristici non ancora riscontrati in altri Echinodermi, e che 
solo trovano sufficiente ragione nelle condizioni di sviluppo di essa. 
Mentre tutti gli animali di questa classe si sviluppano liberamente 
nell'acqua, solo l Amphiura squamata si sviluppa nel corpo della 
Madre ed è naturale quindi che la blastula ciliata non esista e 
che parimenti non si possa distinguere in essa un polo vegetati- 
Yo, essendo che ] entoderma si forma per dilaminazione, come 
fu dimostrato avvenire in altri animali (Celenterati) che nello stesso 
modo si sviluppano. Tutto ciò è notevole, attesochè tutti gli Echi- 
Nnodermi formano l’ entoderma per invaginazione, come lo di- 
Mostrano le più recenti ricerche fatte sullo sviluppo delle Opriureae 
Principalmente, quali quelle del Fewkes sull’ Ophriopholis aculeata 
Gray, e del Selenka sull’ Ophriogiypla lacertosa Lym. o in altri 
Ordini fatte dallo stesso Selenka, dal Bury, dal Ludwig. — Nella 
blastostera inoltre non esistono le cosidette iniziali del me- 
soderma, ma, questo foglietto si origina anch'esso dell’ ectoderma 


— 182 — 


dalle cellule poste in prossimità del blasto poro già formato, le 
quali cellule divengono più sottili. 

Riesce impossibile far quindi una distinzione netta tra mesen- 
chima e mesoblasto nel senso inteso dai fratelli Hertwig, essendo 
le vescicole vaso-peritoneali non date da diverticoli del- 
l’entoderma, come in tutti gli Echinodermi fu dimostrato dal Se- 
lenka, Fleischmann, Korschelt, Ludwig, Barrois, Bury (1), ma dalle 
cellule mesodermatiche, che, addossandosi sui due foglietti pri- 
marii, limitano una cavità, la quale da prima circonda l’ archen- 
teron, arrestandosi su quella linea laterale che sarà la ventrale 
dell'animale adulto. Originandosi così questo foglietto, lo sviluppo 
dell’ Amphiura squamata è una novella prova, che vale a chiara- 
mente contradire la divisione (Animali Enterocelici e Pseudoceli- 
ci), che gli Hertwig (2) aveano stabilito con la loro ormai tanto 
nota teoria del celoma. 

Dai tre foglietti si originano i diversi tessuti ed organi del fu- 
turo animale, come si-rende chiaro col seguente quadro: 


Scheletro calcareo cutaneo 
Sistema nervoso 

Esofago 

Borse 


Ectoderma 


Sistema acquifero 

Sistema circolatorio 

Scheletro calcareo intern 

Connettivo sottoepiteliale “dello stomaco 
Fasci mesentericiì 

Glandola ovoide 

Epitelio della cavità generale 
Muscolatura 

Entoderma ; Epitelio glandulare dello stomaco. 


Mesoderma 


nm _ e —- 


La vescicola acquifera proviene da uno dei due sacchi che il 
mesoderma forma ai lati dell’archenteron: essa, formata dal terzo 
superiore di questo sacco, che dopo essersi allungato in quel punto 
si strozza, sì divide in cinque lobi per solchi che successivamente 


(1) Per riscontrare i lavori degli autori citati rimando il lettore alla Bi- 
bliografia segnata a pag.307 nel 1.° Volume del Lehrbuch der verglei- 
chenden Entwicklungsgeschichte der wirbellosen Thiere del 
Dr. E. KorscueLT e De. K. HLEDER, Jena, G. Fischer, 1890. 

(2) O. u. R. Hertwie. Die Coelomtheorie etc. Jena, G. Fischer, 1 1881. 


RE e A SEEN, asi a ace 
Ri e RIT AR TTI SAR SE e SAT pat nai ziali dia - 


— 183 — 


si formano dall’ alto al basso (1). In seguito incomincia col cingere 
l’esofago con il lobo superiore fino a che tutto quanto non lo 
abbraccia quando si è determinato il cerchio acquifero per l’al- 
lungarsi dei solchi interlobulari. Da ciascun lobo per due solchi la- 
terali si formano i futuritentacoli boccali edi primibrachiali. 
La chiusura del cerchio acquifero avviene per due digitazioni estre- 
ine che in seguito si saldano. Le vescicole di Poli, contraria- 
mente a quanto disse l’ Apostolides, si formano per digitazioni poste 
nei tratti interradiali rivolte fin dal loro inizio verso l esterno. Nel 
tratto che si salda, durante le prime fasi di sviluppo, nulla vi è da 
poterne accennare la glandula ovoide, che poi si trova nell’ animale 
adulto. Il canale petroso comparisce prima come un’ apertura 
posta inferiormente alla vescicola acquifera, ma che poi sporge con 
un peduncolo fino a che allungandosi, non sbocca all’esterno in uno 
dlegli interradii.—Istologicamente considerata la vescicola acqui- 
fera è fatta sulle prime da un solo strato di cellule. Però, quando i 
lobi si sono formati, ciascuno di essi lascia vedere un ispessimento 
verso l’ esterno, cioè, verso la parte prominente, fatto da strati cellu- 
lari sovrapposti. Quando poi si son formati i primi tentacoli son 
questi, massime il brachiale, che presentano , sempre, verso il 
punto estremo, la stessa struttura. 

L’ altra metà della vescicola da cui ebbe origine il sistema ac- 
quifero, si allunga e cinge prima lo stomaco, mentre poi si avvolge 
attorno all’ esofago per dare origine al sistema circolatorio. La 
vescicola dal lato opposto si atrofizza. 

Le altre cellule del mesoderma, che non hanno preso parte alla 
formazione dei sacchi già descritti e che hanno tutti i caratteri di un 
mesenchima, nel senso che ad esso comunemente dànno gl’isto- 
logi, a poco a poco si accostano alle pareti dello stomaco, si allun- 
gano e con i prolungamenti del protoplasma si uniscono, formando 
il connettivo sottoepiteliale dello stomaco. — Intorno all’eso- 
fago queste cellule si radunano in più quantità, dando anche origine 
allo sfintere muscolare. —- Da queste cellule hanno anche origine i 
fasci mesenterici i quali sulle prime si mostrano fatti da una sola 
cellula, la quale si lega da una parte al connettivo sottoepiteliale 
dello stomaco e dall’ altra a quello del tegumento. Essa ha tutti 1 
caratteri della fibrocellula muscolare. 


(1) Vedi A. Russo. Fasi di sviluppo del sistema acquifero e dello 
scheletro calcareo nell Amphiura squamata Sars, in: Anatom, Ans. 
N. 11, An. 1894. ‘* 


— 184 — 


Il sistema nervoso si origina dall’ ectoderma in un periodo molto 
precoce dello sviluppo: esso comparisce ai lati dell’ esofago e segue 
la simmetria della larva ce le vicende della vescicola acquifera. 
Quando questa, infatti, ingrandisce e con il lobo superiore cinge 
l’esofago, spostando la simmetria bilaterale primitiva, le cellule ner- 
vose si trovano maggiormente accumulate in vicinanza di essa. 
Quando poi si formano i tentacoli boccali e brachialile cellule ner- 
vose sono radunate in maggior numero in corrispondenza di queste 
formazioni. Il seno epineurale è formato dal tessuto mesoblastico, 
che circonda il cordone nervoso già formato: esso sulle prime 
vien cinto da un corpuscolo calcareo di forma semicircolare. 

Lo scheletro calcareo ha origine dall’ ectoderma e dal me- 


soderma. Dal primo si formano le piastre cutanee e le papille: 


angulari (palace angulares), dalsecondo il toro angulare (to- 
rus angularis)ed i pezzi ambulacralie adambulacrali del 
peristoma e delle braccia, — Il toro angulare, non solo viene dal 
mesoderma, ma inoltre si sviluppa come un pezzo unico ed indipenden- 
te e quindi non può essere il risultato della fusione di due pezzi am- 
bulacrali, nè può appartenere allo scheletro cutaneo, come 
volle il Lyman, contrariamente al Miiller che lo faceva appartenere 
allo scheletro interno. — La sostanza calcarea viene ela- 
borata dalle cellule accumulate in quei punti ove si forma lo sche- 
letro. — Oltre a questo, che è lo scheletro permanente, la larva 
è provvista da uno scheletro destinato a sparire. Esso sulle pri- 
me é rappresentato da due spicole poste in prossimità del bla- 
stoporo, quando i tre foglietti si son già differenziati. Questa 
forma primitiva dello scheletro io la considero come perfettamente 
omologa a quella che nello stesso stadio sì trova in altre Ophiw- 
reae (Ophiophotis acu'eata Fewkes Ophiothria versiculor , Apo- 
stolides), e negli Echinoidi ( Echrinus miliaris, Strongylocentrotus 
lividus Selenka ). Però, ben presto a queste spicole se ne ag- 
giungono altre, le quali si fondono, formando così da prima un 
ammasso di piccoli corpuscoli e poi, fondendosi, una piastra areo- 
lata che si adagia sul lato dorsale della larva corrispondente al polo. 
anale. Da questa piastra, dipartendosi alcuni stiletti calcarei di 
varia lunghezza, non mai superanti i 2/, dell'intera altezza della 
larva, l'insieme fu prima da Schultze e poi da Fewkes conside- 
rato come omologo allo scheletro di un Plu/eus. A me d’altronde 
non sembra vera questa voluta omologia stabilita fra due forme 
larvali molto diverse per le diverse condizioni di sviluppo, essendo 
in vero molto arduo, con le attuali conoscenze, voler stabilire quale 


fi — è, 


— 185 — 


delle due forme di sviluppo abbia l’altra preceduta, a ciò se ne po- 
tessero riferire le diversità delle forme larvali. 

I muscoli del peristoma e delle braccia ( Musculus 
interradialis externus e M. interradialis internus) hanno 
‘origine dal mesoderma e si formano contemporaneamente ai pezzi 
calcarei di queste parti. Essi sulle prime sono cellule accumulate 
senza ordine, ma che poi si dispongono in serie parallela ed allun- 
gando il protoplasma si inseriscono sui due pezzi calcarei contigui. 

L'apparato digerenteè costituito dal peristoma che molto 
tardi mostra le cinque prominenze ed in cui molto più tardi si formano 
i pezzi calcarei, quando l’animale, cioè, è prossimo ad uscire dalle 

Grse. 

L’esofago vien dato dall’ectoderma e nella larva si contrae per 
l'introduzione dei globuli nutritivi forniti dall’epitelio della borsa 
su cui la larva si è situata. Lo stomaco è tondeggiante nella larva 
*€@ fatto da un solo strato di cellule relativamente basse ed a grosso 
nucleo, in seguito però esse si allungano e dal protoplasma vien 
elaborato il succo digestivo che sulle prime è di un color rosso- 
aranciato. Allo stomaco della larva segue un breve tratto intestinale 
che si apre all’ esterno con l’ ano. Entrambe le aperture del tubo 
digerente, quando la larva è avanzata, trovansi nella faccia ven- 
trale: l’ano però subito si chiude e di esso non resta alcuna trac- 
cia quando nella vescicola acquifera si sono accennati i futuri ten- 
tacoli. Lo stomaco allora cresce in ampiezza e così si volge verso 
quel punto opposto all'apertura esofagea per disporsi perpendicolar- 
mente ad essa. In questo momento esso si è situato nel centro del 
disco e l'asse principale disimmetria passa per il tubo dige- 
rente in modo da intersecare normalmente quello che nelle prime 
fasi dello sviluppo segna una simmetria bilaterale. 

Le borse si formano molto tardi quando, cioè, 
prossimo a liberarsi dal corpo della madre. Esse sono in principio 
chiaramente rappresentate da invaginazioni poco profonde dell’ecto- 
derma poste ai lati di ciascun interradio e facenti, cioè, continua- 
zione con l’epitelio che riveste ciascun raggio. 

Dallo studio generale dello sviluppo mi si rende chiaro quisata 
parte prenle il sistema acquifero nella formazione dell’ Echino- 
derma e quanto sia giusta a tal proposito l’idea espressa da Ales- 
sandro Agassiz, contrariamente a quanto Giovanni Miiller aveva 
detto, cioè, che il giovane Echinoderma si sviluppa, modellandosi 
sulla forma dello stomaco. Nell’ Amphiura squamata, infatti, lo 
‘sviluppo del sistema nervoso si coordina, seguendo quello della v e- 
scicola acquifera e lo scheletro calcareo permanente 


l embrione è 


— 186 — 


e tutte le altre parti si adattano alla forma che assume il sistema che 
da quella vescicola si svolge. * 


Constatasi la viviparità e l’ermafroditismo dell’Ampriura squa- 
mata, nessuno fino ad oggi ha studiato la disposizione dell’apparec- 
chio genitale ed il modo di fecondazione. Io per rendermi ragione 
dell’apparecchio in generale ho praticato dei tagli sia trasversal- 
mente, sia normalmente ad un raggio in modo da comprendere in 
una sezione due interradii. Questo metodo dei tagli seriali, non an- 
cora impiegato a questo scopo mi ha fatto vedere che i sacchi te- 
sticolari, in numero di due, occupano ciascuna porzione radiale del 
disco e si poggiano, uno per ciascun lato, su due stiletti calca- 
rei, ispessimenti dello scheletro cutaneo del raggio. Essi s' inse- 
riscono in prossimità dell’ apertura genitale ed hanno forma allun- 
gata e piriforme: comunicano con le borse per un’apertura resa per- 
via quando i prodotti maturi debbono fuoruscire e sono liberi in 
uno spazio dipendente dalla cavità generale che si prolunga nei raggi. 
Questo spazio limitato anteriormente dai pezzi scheletrici del rag- 
gio, lateralmente dal tegumento e dai due stiletti calcarei e superior- 
mente libero, io lo chiamo camera testicolare. Questa camera 
vista in sezione trasversa ha forma triangolare con apice verso l’e- 
sterno, dove i due stiletti si uniscono, e base verso il centro; essa 
è libera e continuantesi con la cavità generale. 

I sacchi ovarici sono situati negli spazii interradiali del di- 
sco, nel lato opposto dell'apertura genitale su di un ispessimento 
calcareo marginale. Essi non si presentano mai in numero maggiore 
di uno per ciascun lato ed ugualmente hanno forma di una pera. 

Entrambi i sacchi, testicolari cd ovarici, son rivestiti dal con- 
nettivo borsale e dall’epitelio della cavità generale e sono di dimen- 
sione minima messi a paragone con quelli delle altre  Opriwreae. 
La maturazione avviene come nelle altre specie del gruppo ed i pro- 
dotti sessuali sono caratteristici perchè coordinati alla loro funzione. 


Gli spermatozoi, infatti, hanno coda brevissima e le uova son prov- 


viste di una piccola zona di vitello con pochi granuli lecitici. 

Le borse pur non allontanandosi dall’ordinaria struttura, pre- 
sentano delle particolarità degne di nota, perchè anche coordinate al 
modo di fecondazione e di sviluppo. L’epitelio che riveste queste 
cavità si prolunga per buon tratto fuori l'apertura genitale ed è mu- 
nito in tutta la sua estensione di ciglia vibratili, che massime verso 
l'esterno hanno un movimento molto energico. 

Questo epitelio ciliato si modifica passando nelle borse, in quanto 
che esternamente è fatto da cellule cubiche allungate e ben seriate 


— 187 — 


in modo da formare una superficie liscia, mentre internamente, dive- 
nendo più basso, si accumula di tratto in tratto, formando delle vil- 
losità o papille più o meno lunghe. Il protoplasma di queste cellule 
é abbondante e molto granuloso. Le borse si estendono molto e rag- 
giungono da un lato quasi la periferia del peristoma, dove si legano 
con fasci mesenterici e dall’altro lato fin quasi la periferia del disco. 
Queste cavità sono in massima parte disposte dal lato interradiale. 

Con tale disposizioni delle parti componenti l'apparecchio geni- 
tale la fecondazione avviene quando le uova mature cadono nelle 
borse dove son trattenute tra le villosità dell'epitelio : nello stesso 
tempo vi entrano gli spermatozoi fuorusciti dal racco testicolare, i 
quali sono trasportati nelle borse da una corrente di acqua de- 
terminata dai movimenti delle ciglia ed ivi son trattenuti, 
come ebbi ad assicurarmi, facendo uso dei granuli di carminio. 

Avvenuta la fecondazione, ordinariamente sempre in prossimità. 
dell’ apertura genitale, le uova prendono posto fra i villi borsali ed 
a misura che si sviluppano sono avvolti dalla membrana borsale e 
trasportati verso il fondo, sempre dal lato interradiale. 

Circa alla connessione che la larva acquista con la madre in ge- 
nerale fu creduto che essa fosse molto intima. Difatti, dal Krohn, 
dallo Schultze, dal Metschnikoff, dal Fewkes si rileva che essa viene 
stabilita mediante un vero cordone od ombelico, che a poco a 
Poco si assottiglia quaudo l’animale è quasi al completo, per rompersi 
poi quando deve uscire. Questa connessione inoltre sì credeva fosse 
sempre nel polo posteriore della larva dove è lo scheletro provvi- 
sorio. Contrariariamente ai succitati osservatori posso qui riferire 
che questo supposto ombelico (Nabelschnur) non esiste e che solo 
la larva è ingran parte aderente alla parete della borsa per mezzo 
della sua esterna membrana. Nella dissociazione infatti capita quasi 
sempre di osservare queste larve libere, o solo trattenute per il 
Polo posteriore dove l’ epitelio borsale , che per il primo in quel 
punto si degenera, forma quasi una specie di cemento; mentre nei 
tagli sì vede chiaramente che esse non acquistano rapporto di sorta 
nè con l’ovario, come fu da Apostolides asserito, né con altre parti, 
ma che solo son trattenute in sito dalla parete borsale 
ripiegata. Quando la larva poi è abbastanza sviluppata qua e là si 
vede l’epitelio della borsa degenerato, massime nel punto inferiore 
dove le cellule epiteliali sono completamente scomparse. Un così 
fatto epitelio dà origine agli elementi nutritivi, i quali si trovano 
abbondati sia dentro l’ esofago, sia nello spazio compreso tra la 
parete esterna della larva e l’ cpitelio borsale in parte degenerato. 
Tutto ciò rende evidente che la larva si nutre a spese dell’ cpitelio 


n 


borsale che si distrugge per produrre quegli elementi, che, come 
sì è detto, penetrano nello stomaco per contrazioni dell’ esofago. 


Napoli, Stazione Zoologica, Novembre 1891. 


Note anatomiche sulle Aplysiidae. — Comunicazione di 
G. MAZZARELLI. 


( Tornata del 81 decembre 1891 ) 


I. Ganglio ottico 

E noto come in un gran numero di Nudibranchi esistono nel 
cingolo esofageo due piccoli gangli accessori stettamente dipendenti 
dal corrispondente ganglio cerebrale. Di questi l’ uno, anteriore, è 
generalmente noto col nome di «ganglio olfattivo» ed innerva i ri- 
nofori, e l’altro, posteriore, è conosciuto colnome di «ganglio ottico», 
perchè infatti innerva l’occhio. Ora nei Tectibranchi non è stato 
mai osservato nè un ganglio ottico nè il così detto ganglio olfatto- 
rio, che meglio chiamasi ganglio rinoforiale o tentacolare, e solo il 
Vayssière nelle sue accurate ricerche anatomiche sulle Bullidee ha 
descritto col nome di «ganglio tentacolare» un ganglio abbastanza 
sviluppato, che da un lato è in connessione col corrispondente gan- 
glio cerebrale, e dall'altro innerva l'occhio e lo scudo cefalico, che 
nelle Bullidee è considerato come l’omologo dei tentacoli degli altri 
Tectibranchi (1). 

Nelle Ap/ystidac, sia nello sviluppo postlarvale che negl’indivi- 
dui adulti (Ap’ysia punctata, A. depilans), il nervo che va ai ten- 
tacoli posteriori o rinofori, e il nervo ottico sono perfettamente di- 
stinti l'uno dall’altro. Il primo trace origine direttamente dal 
ganglio cerebrale corrispondente e quindi il così detto 
«ganglio olfattivo» dei Nudibranchi o ganglio dei tenta 
coli posteriori non esiste nelle Ap/ysiidae. Esiste invece 
nelle Aplysiidae un piccolo ganglio ottico omologo a quello 
dei Nudibranchi, da cui trae origine il nervo ottico. Que- 
sto ganglio, che è unito al corrisp ndente ganglio cerebrale mediante 


(1) Vavssière. Anat. des Bullidés, in: Ann. Sc. Nat. Zool. Tome XI 


/6), 1580. Non è però certo che si tratti di un solo ganglio. Vayssière, @ 


quanto pare, non fece sezioni di questo ganglio. 


ESSER ii 


e e E gia Miti Ripeto 


E I RT 


— 189 — 


un corto peduncolo, è costituito da piccole cellule ganglionari di 
grandezza poco diversa l’una dall’altra, e trovasi sul margine late- 
rale anteriore del ganglio cerebrale, e precisamente verso la sua 
faccia superiore. Questo piccolo ganglio è sfuggito all'attenzione de- 
gli Autori che studiarono il sistema nervoso delle Aplisie, tra cui 
principalmente H. von Jhering e H. de Lacaze Duthiers. 


II. Cieco epatico 


Due anni or sono in una comunicazione fatta a questa Società 
il Zuccardi esponeva alcune sue diligenti ricerche sull’ apparato di- 
gerente delle Aplisie del Golfo di Napoli, fermandosi particolarmente 
sul meccanismo pel quale in questi Tectibranchi il secreto epatico 
vien versato nell’intestino (1). Risulta dalle ricerche del Zuccardi che 
la bile, proveniente da diversi dotti epatici secondari, si accumula in 
una camera biliare, la quale per un largo orifizio comunica di lato 
con l'intestino. La bile però non passa per questo orifizio nell’inte- 
stino : 1° per il movimento contrario delle ciglia vibratili dell’ epi- 
telio che tapezza la camera; 2° perchè, secondo il Zuccardi, due 
valvole le impedirebbero il passaggio. Invece la bile discende in un 
diverticolo della camera biliare, chiamato dagli antichi autori « cieco 
epatico » e dal Zuccardi denominato « grande condotto biliare ». 

Il cieco epatico è da una plica diviso in due docce, di cui l’una 
in comunicazione con la camera biliare, l’altra con la cavità inte- 
stinale, un pò al di sotto dell’orifizio della camera biliare. Entrata 
per la doccia in comunicazione con la camera biliare, la bile scorre 
lungo la plica meliana del cieco epatico, e quando questa verso il 
fondo del cieco si riduce grandemente e scompare, essa passa nel- 
l’altra» doccia , la risale e si versa nella cavità intestinale. Queste. 
Osservazioni del Zuccardi, di cui ho potuto verificare l'esattezza, se 
Mostrano chiaramente il meccanismo pel quale la bile arriva nel- 
l'intestino, non spiegano però la ragione nè della presenza di un ori- 
fizio tra la camera biliare e la cavità intestinale, nè del più lungo 
cammino percorso dalla bile per versarsi nella cavità intestinale me- 
desima. Avendo fatto delle sezioni in serie di giovani individui di 
A. punctata ho potuto coristatare che il cibo, allorchè dal 3° sto- 
Maco passa nell'intestino, mediante l’orifizio che mette in comuni- 
cazione la cavità intestinale con la camera biliare, penetra nella 


camera biliare, e da questa discende nella doccia del cieco epatico 


in comunicazione con esso, e, seguendo esattamente il cammino della. 
iii 
(1) Boll. Soc. Nat. in Napoli, Vol. IV, 1890. 


Bei 1: ; PR 


‘bile, sopra descritto, passa nell’ altra doccia, e ritorna nell’ intestino. 
Si scorge assai bene nei tagli che il cibo, che trovasi nell’ intestino 
prima dello sbocco del cieco epatico, non ha subito nessuna azione 
essenzialmente modificatrice, tanto che la struttura dei frammenti 
di Uva lactuca, che trovansi in esso, si riconosce mirabilmente, 
mentre quello che trovasi a un livello inferiore di tale sbocco è per 
la massima parte straordinariamente modificato, tanto da non esser 
riconoscibile nei suoi elementi. Esso presentasi sotto forma di una 
massa più o meno filamentosa di color giallo-verdastro. Intanto se 
si osserva il contenuto della camera biliare scorgonsi un gran nu- 
mero di frammenti di cibo sparsi qua e là, identici a quelli che si 
trovano nella cavità intestinale prima dello sbocco del cieco epatico» 
e se si osserva poi il contenuto del cieco epatico, massime nella 
doccia in comunicazione con la cavità intestinale , scorgesi ordina- 
riamente una sola massa di cibo filamentosa e giallo-verdastra sÌi- 
mile a quella che trovasi nella cavità intestinale dopo lo sbocco del 
cieco epatico. Inoltre in alcune sezioni scorgesi benissimo una si- 
mile massa di cibo, allungata in modo, da trovarsi in parte nella 
cavità del cieco epatico e in parte in quella dell’ intestino. 

Cosicchè dunque risulta da queste osservazioni, che: 1° il cibo 
dalla cavità intestinale passa nella camera biliare, da questa nel 
cieco epatico e quindi ritorna nella cavità intestinale ; 2° nel cieco 
epatico il cibo subisce una profonda modificazione. 

Evidentemente il graduale passaggio del cibo pel cieco epatico, 
dove trovasi immerso nella bile, che ivi si accumula, deve facilitare 


grandemente i processi digestivi, e quindi il cieco epatico ha un uf- 


ficio importante nel meccanismo della digestione. 
III. Comunicazione reno-auricolare 


H. Milne-Edwards nelle sue ricerche sulla circolazione del san- 
«gue nei Molluschi notò che nelle Aplisie una porzione del sangue 


dalla « glandola della porpora » passa direttamente nel condotto 
branchio-cardiaco (1). Ora dal momento che è noto per le ricerche 


«del Cunningham (2) che ciò che nelle Aplisie ritenevasi come « glan- 
dola della porpora » non è altro che il rene, è chiaro che il Milne- 
Edwards ammise implicitamente una comunicazione tra il rene e il 
‘condotto branchio-cardiaco. Però il Cunningham nelle sue recenti 
ricerche sopra ricordate non prese affatto in esame questo interes- 
«sante rapporto, e il Saint-Loup in una sua recente e brevissima 


(1) Micxe-Epwarps H. in: Ann. Sc. Nat. Zool. Tome VIII (3), 1847. 
(2) CunnincHAm. in: Mitih. Zool. Stat. Neap. Ba. IV 


AA PESO Ina 


eran ne AI TI I SN SOR 


— 191 — 


nota (1) non ha fatto altro che ripetere presso a poco quanto aveva 
già detto il Milne-Edwards. 

Come ha rilevato il Cummingham il rene delle Aplisie è fatto 
sullo stesso tipo di quello dei Prosobranchi. Esso presenta una serie 
di lamelle rivestite di cellule renali che sporgono nella cavità del 
rene, mentre tra una lamella e l’altra circola il sangue proveniente 
in parte dalle lacune intermuscolari del piede, e dal grande seno ve- 
noso addominale. Nel punto in cui il condotto branchio-cardiaco 0 
condotto efferente della branchia sbocca nell’ orecchietta le pareti 
del rene si aprono, e gli spazi sanguigni intralamellari sboccano in 
quel punto liberamente. 

Esiste quindi nelle Ap/ysiédae una comunicazione reno-aurico- 
lare, che ha una duplice importanza, fisiologica e morfologica. 

a) fisiologica, perchè in tal modo tutto il sangue venoso che 
sì raccoglie nelle lacune intermuscolari del piede e nel grande seno 
venoso addominale per giungere al cuore non attraversa tutto la 
branchia, ma in parte attraversa la branchia, in parte il rene, come 
aveva supposto il Milne-Edwards. 

Db) morfologica perchè una tale comunicazione ricorda perfet- 
tamente una disposizione quasi identica che trovasi in alcuni Pro- 
sobranchi (ad es. Vermetus) come l’ha descritta recentemente R. 
Perrier (2). In questi Prosobranchi manca ogni traccia di glandola 
nefridica e di glandola ematica, che secondo il Perrier rappresen- 
terebbero nei Prosobanchi Monotocardi il rene sinistro dei Proso- 
branchi Diotocardi, e allora il rapporto che il rene sinistro conserva 
costantemente con l’orecchietta, con la scomparsa di questo rene, 
resta al rene destro. Cosicchéè il punto dove ora trovasi la comuni- 
cazione reno-auriculare corrisponderebbe in parte al punto dove tro- 
vavasi prima il rene sinistro. Una tale teoria potrebbe applicarsi 
anche alle Aplysiidae (3). 

La comunicazione reno-pericardiaca, che già fu descritta dal 
Cunninghan, è nelle Aplisie evidentissima. Il lungo condotto reno- 
pericardico è tapezzato da un epitelio di cui ciascuna cellula porta 
ùn solo e lunghissimo flagello , fatto non menzionato dal Cunnin- 
ghan, il quale anzi non potè assicurarsi se questo condotto fosse 0 
no vibratile. 


Napoli, Stazione Zoologica, Decembre 1891. 


TT _——————- 
mne dd Sarvr-Loup. in: Compt. Rend. Acad. Sc. Paris, Tome CVII. pag. 1011, 
di PerrIER R. in: Annales Sc. Nat. Zool. Tone VIII (7), 1889. 
(8) Una simile disposizione trovasi anche nell’ Umbrella dove fu de- 
Scritta da G. Moquix-Tanpon, in: Ann. Sc. Nat. Tome XIV (5), 1870. 


— 192 — 


Sull’epidermide dei fiori di Ortensia.—Comunicazione 
di M. Geremcca, (Tav. IX). 


(Tornata del 81 decembre 1891) 


La presente Nota potrebbe essere un primo contributo ad uno 
studio, avente per iscopo il rintracciare le modificazioni che subisce 
l'epidermide, passando dall’uno agli altri organi fiorali delle diverse 
famiglie di piante 

L’Ortensia (Aydrangea Hortensia DC.) pianta ornamentale molto 
nota, appartenente alla famiglia delle Sussi/f-agacee, tribù delle 
Idrangee, come è risaputo, ha infiorescenze cimose ombrelliformi, 
costituite da fiori dimorfi. Di questi i più numerosi sono sterili, per 
aborto del gineceo, ed hanno il calice dialisepalo, formato da 4 0 > 
grandi sepali petaloidei, la corolla piccola, dialipetala, sempre 
chiusa, di 4 o 5 petali, 8 a 10 stami normalmente sviluppati, con 
antere ben provviste di polline. Di tratto in tratto poi, in mezzo @ 
questi fiori sterili, e propriamente nelle numerose biforcazioni del- 
l’inflorescenza, vi sono altri fiori più piccoli, completi, aperti, con 
calice di 4 o 5 piccolissimi sepali petaloidi a mo’ di denti, 4 0 5 
petali a cucchiaio, grandi quanto quelli dei fiori sterili, 8 a 10 
stami ed ovario infero con 8 stili. 

L' epidermide si va modificando su queste diverse parti, pre- 
sentando qualche carattere che non mi sembra del tutto inutile far 
rilevare. 

Ed incominciamo da quella dei peduncoli fiorali. 


1. Peduncoli fiorali 


Le cellule dell’ epidermide, disposte sempre in uno strato solo; 
tanto nei peduncoli dei fiori sterili, quanto di quelli fertili, sono 
molto disuguali per forma e per grandezza, ma non perdono quasi 
mai la figura d'insieme poligonale e per lo più esagonale, (fig. 1) 
e mostransi allungate nella direzione dell'asse longitudinale del pe- 
duncolo. Esse sono alquanto prominenti dal piano dell’ epidermide 
(fig. 2) e la cuticola presenta numerose e sottili increspature lon- 
gitudinali, interrotte, diversamente rilevate. I quali caratteri sono 
già un accenno di quelli che presentano le cellule dell’ epidermide 
dei sepali e dei petali. 

In quanto .al contenuto, è da sapere che esse hanno un nucleo 
rotondo, molto appariscente, accompagnato da un gran numero di 
piccoli leuciti, e, quasi tutte, presentano inoltre cristallini ottae- 


— 193 — 


drici regolari di diversa grandezza. I cristallini, di cui se ne tro- 
vano qualche volta fino a 4 nella stessa cellula, si potrebbero divi- 
dere in 4 grandezze e di essi i più piccoli riescono appena visibili 
adoperando obb. F. oc. 8, Zeiss. Quando sono in più in una mede- 
sima cellula si presentano della stessa grandezza ; la qual cosa po- 
trebbe indurre a credere essersi formati contemporaneamente. 

Gli stomi sono rarissimi e della stessa forma che sull’ epider- 
mide delle foglie; ma bisogna lungamente ricercarli, per avere la 
probabilità d’incontrarne qualcuno. 

Se manca quasi assolutamente di stomi, l'epidermide dei pedun- 
coli fiorali è sparsa invece di peli unicellulari, semplici, eilindrico- 
conici, a sezione trasversale quasi cilindrica, la cui cuticola è tutta 
disseminata di sporgenze piccole, o anche piccolissime, alcune quasi 
coniche, altre piuttosto bernoccolute (fig. 3). Alla punta del pelo la 
cuticola forma un notevolissimo ispessimento stratificato, e a se- 
conda dello sviluppo e della disposizione di questo ispessimento, la 
forma della punta dei peli varia moltissimo (fig. 4). La base poi è 
più o meno circolare, o anche poligonale, ed intorno ad essa le cel- 
lule dell’ epidermide presentano una certa disposizione radiale (fig. 
3, b). Il contenuto dei peli è abbondantemente sparso di granulazioni: 
Spesso vi si trova il nucleo e qualche cristallino. 


2. Sepali petaloidei dei fiori sterili 


a) Epidermide della pagina superiore. — Le cellule sono irre- 
golari ed a contorno largamente sinuoso (fig. 5); le sinuosità del 
contorno però in alcune regioni si vanno gradatamente spianando 
fino a sparire del tutto, e le cellule diventano irregolarmente po- 
ligonali, per lo più con 5 o 6 lati, ed a contorno rettilineo; e 
propriamente ciò avviene in corrispondenza delle nervature. Ad ogni 
Modo, le cellule di quest’epidermide assomigliano pel solo contorno 
a quelle dell’ epidermide della pagina superiore delle foglie della 
Stessa pianta. 

Ma il fatto più notevole, quantunque piuttosto comune nei petali, 
si è che le cellule si sollevano sul piano dell'epidermide a mo’ di 
Papille coniche abbastanza regolari (fig. 6) con l’apice più o meno 
arrotondato. Essendo queste papille caratteristiche dei petali di 
Molti fiori, vedesi nel caso presente come la petalizzazione dei sepali 
aggiunga anche i particolari istologici che non entrano nei carat- 
teri anatomici fondamentali. 

La superficie delle papille è percorsa da rilievi cuticolari a mo” 


| Wincrespature sottili e radiali, le quali, non perfettamente pag 


— 194 — 


nee, vanno dalla base della papilla fin presso all’ apice, ma senza 
raggiungerlo (fig. 5, a). 

n quanto al contenuto di queste cellule epidermali , è presto 
detto che esse hanno un succo cellulare incoloro, un protoplasma 
parietale, un nucleo rotondo piuttosto grande e cristallini ottaedrici 
di diversa grandezza, come quelli dell’ epidermide del peduncolo. 

Gli stomi, come nel peduncolo stesso, sono rarissimi, ec bisogna 
fare lunghe esplorazioni per trovarne qualcuno; nè hanno partico- 
larità di sorta. 

b) Epidermide detla pagina inferiore.—È formata da cellule ir- 
regolarmente circolari, o del tutto irregolari, a contorno ondulato. 
Sulle nervature però esse si allungano nel senso in cui queste de- 
corrono e presentano la stessa forma di quelle che corrispondono 
alle nervature sulla pagina superiore, cioè poligonali ed a contorno 
rettilineo. Mancano le papille, e le cellule si sollevano pochissimo 
sul piano dell'epidermide (fig. 7), a differenza di quanto osservasi 
sulla pagina superiore. Inoltre le increspature cuticolari non sono 
raggiate, ma decorrono più o meno parallele al contorno delle cel- 
lule stesse (fig. 8) e sono interrotte, come quelle dell’ epidermide del 
peduncolo. 

Il contenuto di queste cellule è anch’esso incoloro. Il protopla- 
sma parietale è piuttosto spesso ; il nucleo è grande e rotondo, con 
numerosi cariosomi e qualche volta con nucleolo. Vi sono inoltre 
numerosi plastidi, insieme a qualche cristallino ottaedrico. 

i stomi, che, a differenza dell’ epidermide superiore, non sono 
rari, presentano qualche carattere degno di nota. La loro forma è 
abbastanza variabile (fig. 9), e talvolta delle due cellule peristoma- 
tiche una, invece di essere, come per solito, reniforme, è triloba, 
col lobo medio rivolto all’esterno (fig. 9, d) e con increspature cuti- 
colari come quelle delle cellule epidermali circostanti; vuol dire 
cioè che presenta forma e struttura non dissimili da quelle di una 


comune cellula epidermica; e perciò l'apparato esterno, tanto carat- . 


teristico, delle cellule marginali dello stoma può dirsi costituito per 
metà. Facciamo notare altresì che le increspature cuticolari delle 
cellule che circondano gli stomi sono quasi sempre perpendicolari 
al margine di questi, in modo che lo stoma si presenta, mi si passi 
il paragone, come un bottone nel centro di una bugna increspata di 
una tapezzeria. 

Le cellule peristomatiche contengono sempre cloroleuciti, una 
quindicina in media per ogni stoma. Essi sono rotondi, accumulati 
verso gli estremi, dove sì trovano i più grandi, e mancano quasi del 
tutto verso il mezzo delle cellule. Insieme però ai cloroleuciti si tro 


egg eci dii EMIR RAR SR = dee 


e BO 


vano anche dei cromoleuciti, o qualche leucito incolore, ma sempre 
più piccoli dei cloroleuciti. 

Di tratto in tratto l'epidermide è provvista di qualche raro pelo 
della stessa forma di quelli del peduncolo, ma meno bernoccoluti, ed 
intorno al suo punto d’inserzione le cellule epidermali si dispongono 
radialmente (fig. 10). 


3. Petali dei fiori sterili 


a) Epidermide della pagina superiore.— Le cellule sono irrego- 
lari, Jargamente ondulate o lobate; però in corrispondenza delle ner- 
vature, come avviene pei sepali, si allungano, diventano irregolar- 
mente quadrangolari, ma conservano il contorno ondulato (fig. 11). 
Le increspature della cuticola sono interrotte e longitudinali. 

Gli stomi sono rarissimi, come per la pagina superiore dei sepali. 

Come scorgesi, il fatto più notevole si è che mancano le papille 
epidermali. E perciò potrebbesi dire che come si è arrestato lo 
sviluppo di questi veri petali (bisogna ricordare che sono piccolis- 
simi e che la corolla resta sempre chiusa), così mancano anche i ca- 
ratteri delle appendici epidermali. 

b) Epidermide della pagina inferiore.— Questa invece conserva 
in maggior numero i caratteri dei petali. Le sue cellule sono della 
solita forma irregolare, a contorno sinuoso, con increspature cuti- 
colari interrotte e più o meno parallele al contorno; e, come di con- 
sueto, in corrispondenza delle nervature, sono TR ed a con- 
torno quasi rettilineo. 

Gli stomì sono piuttosto numerosi, sparsi senza orde. e tal- 
volta così vicini da toccarsi per i margini. La loro forma è abba- 
Stanza variabile, ellissoidale, allungata o quasi rotonda (fig. 12); le 
loro cellule peristomatiche, col solito contenuto, sono in parte per- 
corse dalle increspature della cuticola delle cellule circostanti. 

E finalmente, come nella pagina inferiore dei sepali petaloidi, 
| trovasi qualche raro pelo, contenente talvolta ignara ottaedrici 
molto piccoli. 


4. Sepali dei fiori fertili 
In questi sepali piccolissimi l'epidermide della pagina superiore 


I Non presenta caratteri diversi da quella dei petali dei fiori sterili. 
,e cellule dell'epidermide della pagina inferiore sono anch'esse ir- 


regolarmente poligonali, con pochi stomi, di cui alcuni pietra 0 


circolari (ig. 13) e qualche raro pelo della solita forma. 


— 196 — 


5. Petali dei fiorl fertili 


a) Epidermide della pagina superiore.— Rassomiglia a quella dei 
sepali petaloidi dei fiori sterili, ma le papille sono molto più de- 
presse e talvolta appena apprezzabili. 

Mancano gli stomi ed i peli. 

b) Epîdermide della pagina înferiore.—Le cellule sono piuttosto 
allungate, a contorno largamente ondulato. La cuticola è del tutto 
increspata, a linee ondulate, irregolarmente sinuose, disposte nel 
senso della lunghezza delle cellule e spesso interrotte. In corrispon- 
denza delle nervature le cellule sono ancora più allungate e la cu- 
ticola è meno increspata. 

Gli stomi, non numerosi, sono piuttosto allungati. — Mancano 
ì peli. 


6. Stami 


a) Antere. — L’ epidermide o esotecio delle antere è fatta da 
cellule irregolari, a contorno largamente ondulato, con pliche cuti- 
colari come nell’ epidermide inferiore dei petali, ma più leggiere; 
esse cellule sono inoltre leggermente sollevate sulla superficie del- 
l'organo, ma senza raggiungere le dimensioni di papille, e poggiano 
come sopra ad un colonnato (fig. 14) fatto dalle bande d’ispessimento 
delle cellule del mesotecio sottostante, le così dette, e molto ma- 
lamente, cellule fibrose; gli estremi delle quali bande d’ispessi- 
mento hanno quasi la forma di capitelli (fig. 15). 

In queste cellule epidermali dell’antera, oltre al protoplasma 
parietale ed al nucleo, vi sono molti cromoleuciti blu di varia gran- 
dezza, alcuni dei quali estremamente piccoli. 

Gli stomi sono molto rari e della solita forma. 

b) Filamenti. — Le cellule epidermali sui filamenti staminali 
sono quasi rettangolari, a contorno sinuoso, con leggiere pliche cu- 
ticolari alquanto ondulate e longitudinali. Esse inoltre sono alquanto 
sollevate sul livello dell’ epidermide. Non he trovato stomi, nè peli. 


7. Carpelli 


Stilîi. — Essendo l’ovario infero, i soli stili hanno superficie li- 
bera. L’epidermide stilare (fig. 16) è quasi identica a quella dei fi- 
lamenti staminali, imperocchè le cellule sono quasi rettangolari, 
ma le sinuosità del contorno sono molto più piccole che in quelle. 


RETRO e AI 
DE I IA 


— 197 — 


Parimenti le increspature della cuticola sono strettamente ondulate 
e longitudinali. Non ho trovato stomi, nè peli. 


Napoli, Decembre 1891. 


Spiegazione della Tav. IX. 


1 — Epidermide del peduncolo vista di prospetto. 

2 — La stessa in sezione longitudinale. 

3 — a, b, forme più comuni di peli del peduncolo. 

4 — a, b, c, d, diverse forme che presenta la punta dei peli. 

5 — Cellule a papilla dell'epidermide superiore dei sepali petaloidi nei 
fiori sterili. 

6 — Le stesse viste di profilo. 

7 — Kpidermide inferiore dei sepali petolo:di dei fiori sterili. 

8 — La stessa vista di prospetto. 

9 — Stomi della stessa epidermide. 

10 — Inserzione di un pelo sull’epidermide inferiore dei sepali petalodi. 

11 — Epidermide superiore dei petali dei f. sterili. 

12 — Stomi dell’ epidermide inferiore dei petali nei f. sterili. . 

13 — Stoma dell’ epidermide inferiore dei sepali nei f. fertili. 


14 — Epidermide delle antere con le cellule del mesotecio. 


15 — Estremità delle bande d’ ispessimento delle cellule del mesotecio. 
16 — Epidermide degli stili. 


nica i 
si 


KECOGHISSL : Vee BALE 
DELLE TORNATE 


dal 14 Decembre 1890 al 31 Decembre 18491 


Tornata del 14 Descembre 1890 
Presiienza del Si;. F. RAFFAELE 


Segretario: Fr. Sav. MoNTICELLI 


Socii presenti: Russo A., Viglino T., Cabella A. G., Raffaele F., Mi- 
lone U., Monticelli Fr. Sav. 


La seduta è aperta alle ore 1,30 p. m. 

Il Segretario legge due lavori del socio Vanni G. 1) “ Sulla de- 
terminazione delia costante di una bussola delle tungenti ,, 2) Sulla 
misura voltametrica delle correnti elettriche ,, 0 ne chiede, a nome 
dell'Autore, la pubblicazione. 

La seduta è levata-alle ore 2,30 p. m. 


— 200 — 


Assemblea generale del 21 Decembre 1890 
Presidenza del Sig. F. RavraELE 
Segretario: Fr. Sav. MoxTICELLI 


Socii presenti: Forte O., Vetere V., La Guardia P., Damascelli D., 
Tagliani G., Denozza M., Germano E., Franco P., Capobianco 
F., Galdieri A. M., Jatta M., Milone U., Persio G., Cutolo A., 
Bassani F., Venditti F., Russo A., Cannone G., De Rosa F., 
Savastano L., Cabella A. G., Mazzarelli G., Viglino T., Raffaele 
F., Lo Bianco S., Amato C., Geremicca M., Monticelli Fr. Sav. 


LI 


La seduta è aperta alle ore 1,30 p. m. 

Si approva il processo verbale della tornata ordinaria del 14 de- 
cembre 1891. 

Constatato il numere legale dei Socii, il Presidente nomina a seru- 
tatori per la elezione delle cariche i Socii: Jatta M, presidente, Ca- 
pobianco F. e Russo A. serutatori. Procedutosi alla votazione ristl- 
tano eletti: 

A Presidente: Agostino Oglialoro 

A Consiglieri: Sergio Pansini 

Luigi Savastano 
Edoardo Germano 

Si passa quindi alla votazione per i revisori dei conti 1889: ri- 
sultano eletti: Lo Bianco Salvatore e Forte Oreste. 

La seduta è levata alle ore 4 p. m. 


Assemblea generale del 25 Gennaio 1891 
Presidenza del Sig. AG. OGLIALORO 
Segretario: Fr. Sav. MONTICELLI 


Socii presenti: La Gucrdia P., Lo Bianco S., Forte O., Cabella A. 
G., Amato C., Oglialoro A., Jatta G., Geremicca M., Jatta M., 
Bassani F., Milone U., Russo A., Cutolo A., Viglino T., Ta- 
gliani G., Cano G., Mazzarelli G., Raffaele F., Monticelli Fr. Sav. 


La seduta è aperta alle ore 1,25 
Si approva il processo verbale Asse generale del 21 de- 
cembre 1890. Il Segretario dà lettura della relazione annuale sul- 


aNiniii - - 


<A 


l'andamento scientifico ed economico della Società durante l’anno 1890, 
e presenta a nome del Consiglio direttivo il bilancio consuntivo del- 
l’anno 1890. 

Udita la relazione de’ revisori di conti, resta approvato il bilan- 
cio consuntivo dell'anno 1890 ad unanimità de’votanti, essendosi aste- 
nuto il Consiglio direttivo. 

Il Segretario presenta il bilancio presuntivo per l’esercizio 1891, 
che è approvato. 

Sono ammessi socii ordinari residenti i Signori Carlo Patroni, Fi- 
lippo Coppa, Edoardo Flores. 

L'Assemblea prende atto delle dimissioni del socio ordinario re- 
sidente F. M. Fanales, e vota la radiazione per mora de’ socii non re- 
sidenti Alfonso Cappelli e Giovanni Motti. 

Il Presidente annunzia che il socio Josè Rioja dietro sua do- 
manda è passato socio non residente. 

L'Assemblea ad unanimità delega il socio P. Franco a rappresen- 
tare la Società nella festa giubilare del professore Arcangelo Scacchi 
il giorno 8 febbraio. 

La seduta è levata alle ore 2,30 p. m. 


Tornata del 1.° Febbraio 1891 
Presidenza dal Sig. G. Jatta 
Segretario: Fr. SAv. MONTICELLI 


Socii presenti: Patroni C., Flores E., Tagliani G., Viglino T., Sava- 
stano L., Cutolo A., Forte O., Cano G., Mazzarelli G., Russo 
A., Cabella A. G., Jatta M,, Jatta G, Monticelli Fr. Sav. 


La seduta è aperta alla ore 1,30 p. m. 

Si apppova il processo verbale dell’ Assemblea generale del 25 
gennaio. Il socio Cano legge un lavoro dal titolo: “Sviluppo postem- 
brionale della Gebia, Axius, Callianassa, C'alliaxis-Morfologia dei 
Talassinidi, e ne chiede la pubblicazione. 

Sono ammessi socii ordinarii residenti i signori: Nino Scarpitti, 
Ernesto Castellaneta, Alessandro de Juliis. 

L'Assemblea approva il calendario sociale per le tornate ordina- 
rie del 1891. 

La seduta è levata alle ore 2,15 p. m. 


— 


Tornata del 22 Febbraio 1891 
Presidenza del Sig. Fr. Sav. MONTICELLI 
Segretario: G. TAGLIANI 


Socii presenti: Cabella A. G., Russo A., Forte O., Tagliani G., Flo- 
res E., Geremicca M., Patroni C., Mazzarelli G., Balsamo F., 
Scarpitti N., Micoli G., Monticelli Fr. Sav. 


La seduta è aperta alle ore 1,20 p. m. 

Il processo verbale della tornata precedente non può essere ap- 
provato per mancanza di numero legale di socii, 

Il socio Balsamo legge una nota preliminare dal titolo: “ Sull’as- 
sorbimento delle radiazioni nelle piante , e ne chiede la pubblicazio- 
ne. Promette di presentare quanto prima la memoria completa accom- 
pagnata da tavole. i 

Il socio Mazzarelli legge una nota “ Intorno alle specie di Pleuro- 
branchus del Golfo di Napoli, e ne chiede la pubblicazione. 

La seduta è levata alle ore 2,25 p. m. 


Tornata del 2 Marzo 1891 
Presidenza del Sig. G. Jatta 
Segretario: FR. Sav. MONTICELLI 


Socii presenti: Balsamo F., Scarpitti N., Viglino T., Tagliani G., 
Russo A., Jatta G., Jatta M., Savastano L., De Rosa F., Ger- 
mano E., Mazzarelli G., Cano G., Cabella A. G., Persio G., Pa- 
troni C., Raffaele F., Milone U., Monticelli Fr. Sav. 


La seduta è aperta alle ore 1,20 p. m. 

Sono approvati i processi verbali delle torn ite 1 e 22 febbraio. 
Il Segretario legge una nota del socio Mingazzini dal titolo: * Sulla 
rigenerazione nei Tunicati , e ne chiede, a nome dell'autore, la pub- 
blicazione. i 


E ammesso socio ordinario residente il signor Ugo Scarpitti. 


Il Presidente annunzia le dimissioni del Presidente Ag. Oglialoro: 


l'Assemblea delibera di non accettarle, ed incarica il Segretario di 
comunicare il suo voto al Presidente. 
La seduta è levata alle ore 2,50 p. m. 


— 203 — 
Tornata del 22 Marzo 1891 
Presidenza del Sig. G. JATTA 
Segretario: G. TAGLIANI 
Socii presenti: Jatta G., Viglino T., Germano E., Russo A., Cutolo 
» Scarpitti N., De Rosa F., Damascelli D., Capobianco F., 


Jatta M., Tagliani G., Milone U., Pansini S., Mazzarelli G., 
Geremicca M., Savastano L. 


x 


La seduta è aperta alle ore 1,25 p. m 

Si approva il processo verbale della tornata precedente. 

Il socio Germano legge un lavoro dal titolo: “ Istologia e can- 
giamenti del testicolo dalla nascita alla maturità , e ne chiede la pub- 
blicazione. 

Avendo il Presidente Ag. Oglialoro insistito nelle date dimis- 
sioni l'Assemblea le accetta. In seguito di che il Presidente annun- 
zia che nella prossima tornata si procederà alla elezione del nuovo 
‘E presidente, 

La seduta è levata alle ore 2,15 p. m. 


Tornata del 12 Aprile 1891 
Presidenza del Sig. G. JATTA 
È Segretario: Fr Sav. MovtICELLI 


; Socii presenti: Capobianco F., Flores E., Patroni C., Russo A., Ge- 
remicca M., Galdieri A., M., Cano G., Lo Bianco S., Milone U., 
Jatta G., Jatta M., Germano E., Tagliani G., Mazzarelli G., 
Viglino T., Raffaele F., Cutolo A., Venditti F., Vetere V., La 
Guardia P., Castellaneta E., Damascelli D., Balsamo F., Mon- 
ticelli Fr. Sav. 


La seduta è aperta alle ore 1,15 p. m. 

Si approva il processo verbale della tornata precedente. 

E ammesso socio ordinario residente il sig. Raffaele Di Milia. 
Il Presidente annunzia che con la seconda tornata di aprile sarà 
| chiusa la ricezione dei lavori per il primo fascicolo del Bollettino 
dell’anno 1891. 


— 204 — 


Il Presidente, constatato il numero legale dei socii, nomina seru- 
tatori per la elezione del Presidente i socii: Balsamo F. presidente, 
Lo Bianco S. e Cutolo A. serutatori. Procedutosi alla votazione ri- 
sulta eletto Presidente il socio Luigi Savastano. 

La seduta è levata alle ore 2,40 p. m. 


Tornata del 26 Aprile 1891 
Presidenza del Sig. L. SAavastANO 
Segretario: FR. Siv. MONTICELLI 


Socii presenti: Russo A., La Guardia P., Di Milia R., Scarpitti N., 
Forte O., Vetere V., Savastano L., Flores E., Tagliani G., Maz- 
zarelli G., Patroni C., Cabella 4., Pansini S., Cano G., Balsamo 
F., Geremicca M., Raffaele F., Germano E., Jatta G., Jatta M., 
Milone U., Monticelli Fr. Sav. 

La seduta è aperta alle ore 1,35 p. m. 

Si approva il processo verbale della tornata precedente. 

Il socio Vetere legge una nota dal titolo: “ Sopra alcuni sali 
dell'acido fenolglicolico e dell'acido paraossicinnamico , 6 ne chiede 
la pubblicazione. 

Il socio Monticelli legge un lavoro dal titolo: “ Di alcuni organi di 
tatto nei Tristomidi: Contributo allo studio dei Trematodi monogene- 
tici, Parte I, e ne chiede la pubblicazione. 

Si svolge l'interrogazione del socio Cabella A. G. sulla inter- 
pretazione data o da dare all’art. XVIII dello Statuto. 


Il Presidente annunzia che il socio Bucci dietro sua domanda è 


passato socio non residente. 
La seduta è levata alle ore 3,30 p. m. 


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— 205 — 


Tornata del 10 Maggio 1891 
Presidenza del Sig. L. SavastANO 
Segretario: Fr. SAv. MONTICELLI 


Socii presenti: Milone U., Castellaneta E., Di Milia R., Savastano 

L., Vetere V., Forte O., Patroni C., La Guardia P., Damascelli 

D., Flores E., Cutolo A., Persio G., Viglino T., Mazzarelli G., 

Germano E., Cabella A. G., Amato C., Tagliani G., Jatta M., 

Jatta G., Raffaele F., Denozza M., Pansini S., Monticelli Fr. Sav. 

La seduta è aperta alle ore 1,35 p. m. 

Si approva il processo verbale della tornata precedente. 

Il Segretario legge una nota del socio Vanni dal titolo: “ Sopra 
una generalizzazione del principio del Ponte di Wheatstone , e ne 
chiede, a nome dell’autore, la pubblicazione. 

Il Presidente, constatato il numero legale dei socii, nomina seru- 
tatori per la elezione di un consigliere, in sostituzione del socio Sa- 
vastano eletto presidente, i socii: Cabella A. presidente, Raffaele F. 
e Damascelli D. scrutatori. Procedutosi alla votazione risulta eletto 
il socio O. Forte. 

In seguito a discussione sulla possibilità che i socii assenti vo- 
tino per scheda suggellata nelle elezioni delle cariche l’ Assemblea 
delibera con votazione negativamente. 

La seduta è levata alle ore 4,20 p. m. 


Tornata del 14 Giugno 1891 
Presidenza del Sig. L. SAVASTANO 
Segretario: Fr. SAv. MonTICFLLI 


Socii presenti: Mazzarelli G., Vetere V., Cabella G., Cutolo A., La 
Guardia P., Savastano L., Milone U., Flores E., Viglino T., 
Russo A., Pansini S., De Rosa F., Jatta M., Jatta G., Tagliani 
G., Geremicca M., Bucci P., Monticelli Fr. Sav. 


La seduta è aperta alle ore 1,30 p. m. 
Il processo verbale della tornata precedente non può essere ap- 


— 206 — cD 


provato per mancanza di numero legale di socii. Per la medesima 
ragione non si può espletare l’ordine del giorno. 
La seduta è levata alle ore 2,25 p. m. 


Tornata del 28 Giugno 1891 


Presidenza del Sig. L. SAVASTANO 


Segretario: Fr Sav. MONTICELLI 


Socii presenti: Savastano L., Raffaele F., Russo A., Jatta G., Gere- 
micca M., Tagliani G., Cano G,, Sraspiiti N., Monticelli Fr. Sav., 
Scarpitti Va Flores E, Milone U., Pansini S., Jatta M., Ca- 
stellaneta E., Cutolo A:, Germano E., Mazzarelli G., De Rosa F. 


La seduta è aperta alle ore 1,35 p. m 

Sono approvati i processi verbali delle tornate 10 maggio e 14 
giugno. 

Il socio Cano legge un lavoro dal titolo: “ Svilupgo postembrio- 
nale dello Stenopus spinosus , e ne chiede la pubblicazione. 

ll Presidente comunica le dimissioni da Consigliere del socio 
Forte, e l'Assemblea ne vota ad unanimità la non accettazione. 

È ammesso socio ordinario residente il signor Giuseppe Vito. 

L’Assemblea prende atto delle dimissioni presentate dal socio or- 
dinario residente P. Delli Ponti. 

La seduta è levata alle ore 2,30 p. m. 


Tornata del 26 Luglio 1891 
Presidenza del Sig. G. JATTA 


Segretario: FR. SAv. MONTICELLI 


Socii presenti: Di Milia R., Forte O., Garemicca M., Milone U., 
Patroni C., Lo Bianco S., Mazzarelli G., De Rosa F., Viglino 
T., Jatta G., Cutolo A., Tagliani G., Raffaele F., Monticelli Fr. Sav. 


La seduta è aperta alle ore 1,30 p. m. 

Si approva il processo verbale della tornata precedente. 

Il socio Mazzarelli legge una nota del socio Russo, assente da 
da Napoli, dal titolo: “ Sulle prime fasi dello sviluppo della Amphiura 
Squamata , e ne chiede, a nome dell'autore, la pubblicazione. 


Mo 


RA 


— pie 


11 socio Mazzarelli legge una nota dal titolo: * Su//o sviluppo 
postlarvale della conchiglia nei Tectibranchi , e ne chiede la pubbli- 
cazione, 

Sono ammessi socii ordinarii residenti i signori: Vincenzo Dia- 
mare ed Abele Di Blasio. 

Il socio Forte, che aveva insistito nelle date dimissioni dietro 
dichiarazioni del Presidente, le ritira. 

La seduta è levata alle ore 2,30 p. m. 


Tornata dei 24 Novembre 1891 
Presidenza del Sig. L. SAvastANO 
Segretario: FR. Say. MONTICELLI 


Socii presenti: Diamare V., Scarpitti U., Forte O., Flores E., Ta- 
gliani G., Sivastano L., Cabella A. G., De Rosa F., Monticel- 
li Fr. Sav. 


La seduta è aperta alle ore 1,35 p. m. 

Il processo verbale della tornata precedente non può essere ap- 
provato per mancanza di numero legale di Soucii. 

Il socio Monticelli legge: 1) una nota riassuntiva “Sulla sperma- 
togenesi nei Trematodi ,, 2) una comunicazione dal titolo “ Notizie su 
di alcune specie di Taenia , e ne chiede la pubblicazione. 

La seduta è levata alle ore 2,20 p. m. 


Tornata del 13 Decembre 1891 
Presidenza del Sig. L. SavastANO 
Segretario: Fr. Sav. MONTICELLI 


Socii presenti: Savastano L., Balsamo F., Patroni C., Russo A., 
Flores E., Milone U., Diamare V., De Rosa F., Mazzarelli G., 
Tagliani G., Geremicca M., Jatta M., Raffaele F., Persio G., 
Monticelli Fr. Sav. 


La seduta è aperta alle ore 1,35 p 
Si approva il processo verbale del 26luglio: quello della tornata 


Pesi non può essere approvato per mancanza di numero lega- 


le di Soci 


— 208 — 


Il socio Balsamo legge una nota “ Sulla visibilità delle strie nelle 
Diatomee in rapporto ai sistemi ottici ed ai mezzi di inclusione , © 
ne chiede la pubblicazione. 

Il socio Russo legge una nota riassuntiva “ Sull’apparato ripre- 
duttore e sulla embrislogia dell’Amphiura squamata , e ne chiede la 
pubblicazione. 

Si stabilisce di tener tornata ordinaria "ed Assemblea generale 
di fine d’anno, a norma dell'articolo XVI dello Statuto, il giorno 31 
decembre. 

La seduta è levata alle ore 2,50 p. m. 


Tornata del 31 Decembre 1891 
Presidenza del Sîg. L. SAVASTANO 
Segretario: Fr. SAv. MONTICELLI 


Socii presenti: Viglino T., Geremicca M., De Rosa F., Flores E., 
atroni C., Diamare V., Jatta M., Mazzarelli G., Savastano L.: 
Tagliani G., Russo A., Lo Bianco S., Raffaele F.. Milone U., 
Monticelli Fr. Sav., Cabella A. G., Forte O., Persio G., Amato 

C., Cutolo A. 


La seduta è aperta alle ore 1,45 p. 

Si approvano i processi verbali dello. ATE 22 novembre e 18 
decembre, 

Il socio Mazzarelli legge una comunicazione dal titolo “ Note 
anatomiche sulle Aplysiidae , e ne chiede la pubblicazione. 

socio Geremicca legge una comunicazione “ Sul!” epidermide. 

deì fiori di Ortensia » ® ne chiede la pubblicazione. 

È ammesso Socio ordinario residente il Signor Raffaele Piccoli. 

Il Presidente annunzia che con questa tornata è chiusa la rice- 
zione dei lavori per il secondo fascicolo del Bollettino. 

Il presente processo verbale è approvato seduta stante. 

La seduta è levata alle ore 2,30 p. m. 


— 209 — 
Assemblea generale del 31 Decembre 1891 
Presidenza del Sig. L. SavastAnO 
Segretario: Fr. Sav. MONTICELLI 


Socii presenti: Viglino T., Geremicca M., De Rosa F., Flores E., 
atroni C., Diamare V., Jatta M.. Mazzarelli G., Savastano L., 
Tagliani G., Russo A., Lo Bianco S., Raffaele F., Milone U., 
Monticelli Fr. Sav., Cabella A. G., Forte O., Persio G., Amato 

C., Cutolo A. 

La seduta è aperta alle ore 2,40 p. m. 

Il Presidente, constatato il numero legale dei Socii, nomina 
scrutatori per la elezione delle cariche i socii: F. De Rosa presiden- 
te, e F. Raffaele e T. Viglino scrutatori. 

Procedutosi alla votazione risultano eletti: 

a Vice presidente: Milone Ugo 

a Segretario: Tagliani Giulio 

a Consigliere: Jatta Mauro 

a Revisori dei conti: Amato Carlo e Geremicca Michele 
L’ Assemblea è sciolta alle ore 4,15 p. m. 


Amt 


— 211 — 


ELENCO DERI SOCI 


Socii ordinari residenti 


Amato Carlo 
Balsamo Francesco 
Bassani Francesco 
Cabella A. Giuseppe 
Cannone Galileo 
Cano Gavino 
Capobianco Francesco 
Castellaneta Ernesto 
Coppa Filippo 

Cutolo Alessandro 
Damascelli Domenico 
De Falco Giulio 

De Juliis Alessandro 
Denozza Michele 

De Rosa Francesco 
Diamare Vincenzo 
Di Blasio Abele 

Di Milia Raffaele 
Fazio Francesco 
Flores Eduardo 
Forte Oreste 

Franco Pasquale 
Galdieri M. Agostino 
Geremicca Michele 
Germano Eduardo 
Jatta Giuseppe 

Jatta Mauro 

La Guardia Pietro 


Lo Bianco Salvatore 
Mazzarelli Giuseppe 
Miccoli Giuseppe 
Miele Sebastiano 
Milone Ugo 
Monticelli Fr. Sav. 
Mottareale Giovanni 
Nicotera Luigi 
Oglialoro Agostino 
Pansini Sergio 
Patroni Carlo 
Persio Gennaro 
Piuttì Arnaldo 
Praus-Franceschini Carlo 
Raffaele Federico 
Russo Achille 
Savastano Luigi 
Salvati Vincenzo 
Scacchi Eugenio 
Scarpitti Nino 
Scarpitti Ugo 
Tagliani Giulio 
Venditti Federico 
Viglino Teresio 
Viglialoro Giovanni 
Vito Giuseppe 
Zuccardi Raffaele 


— 2133 — 
Soci ordinarii non residenti 


Bucci Pietro, Avellino 
Canonico Angelo, San Marco Argentano 
Casoria Eugenio, Portici 
Centonze Michele, Altamura 
Chigi Ludovico, Roma 

Crety Cesare, Roma 

Curatolo Tommaso, Catania 
Della Valle Antonio, Modena 
De Vescovi Pietro, Roma 
Emery Carlo, Bologna 

Ettorre Francesco, Taranto 
Falzacappa Ernesto, Roma 
Fonseca Antonio, Barletta 
Giordano Domenico, Gaeta 
Grimaldi Clemente, Modica 
Jatta Antonio, Ruvo di Puglia 
Luzi Francesco, Roma 
Mingazzini Pio, Roma 

Nappi Gioacchino, Rieti 
Pasquale Alessandro, Massaua 
Rho Filippo, Livorno 

Rioja Josè, Madria 

Rocco Giovanni, Baronissi 
Rovelli Giuseppe, Como 
Sanfelice Francesco, Roma 
Vanni Giuseppe, Roma 


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ELENCO DEI CAMBI 


EUROPA 


Acireale — Società italiana dei Microscopisti (Bollettino). 
Bologna — R. Accademia delle Scienze dell’ Istituto (Rendiconti). 
Brescia — Commentari dell’ Ateneo, 
Catania —L’Agricoltore calabro-siculo. 
R. Accademia Gioenia (Bollettino è Memorie). 
Firenze — R. Accademia dei Georgofili (Atti). 
È Archivio per l’ Antropologia e 1’ Etnologia. 
Comizio agrario (Pubblicazioni) 
Monitore zoologico italiano. 
Nuovo Giornale Botanico Italiano. 
Società botanica italiana (Bollettino). 
R. Società toscana di Orticoltura (Bollettino) 
Società entomologica italiana (Bollettino). 
Genova —Ll’Ateneo ligure 
R. Accademia medica (Bollettino e Memorie). 
Museo civico di Storia Naturale (Annali). 
La Rivista, giornale medico-chirurgico degli Ospedali 
civili. 
Società ligustica di Scienze naturali e geografiche (Atti). 
Lodi — R. Stazione di Caseificio (Annuario). 
Lucca — R. Accademia lucchese (Atti). 
Messina — L’Agricoltore messinese. 
Milano — Società italiana di Scienze naturali (Atti). 
Modena — Rassegna di Scienze mediche. 
Società dei Naturalisti (Atti). 
— Associazione napoletana dei Medici e Naturalisti (Gior- 


e na ce OTO FT, STEP 


Napoli 
nale). 
Accademia Pontaniana (Mamorie). 
R. Accademia delle Scienze fisiche e matematiche (Ren- 
iconti, Annuario e Memorie). 


Gl’ Incurabili. 
R. Istituto d’Incoraggiamento (Atti e Rendiconti). 


Il Medico pratico contemporaneo. 


— 216 — 


Il Progresso medico, 
Società africana d’Italia (Bollettino). 
Padova — Bollettino mensile di Bachicoltura. 
La Nuova Notarisia. 
Il Raccoglitore padovano, 
Società veneto-trentina di Scienze naturali (Bollettino 
ed Atti). 
R. Stazione di Bachicoltura (Pubblicazioni). 
Palermo — Il Naturalista siciliano. 
Società di Acclimazione e di Agricoltura in Sicilia 
(Giornale ed Atti). 
Società d’Igiene (Bollettino). 


Pavia — Bollettino Scientifico. 

Pisa — Giornale di Anat. Fisiol. e Patol. degli Animali. 
Società toscana di Scienze naturali (Atti e Memorie). 

Roma — R. Accademia dei Lincei (Rendiconti). 


R. Accademia medica (Bollettino ed Atti). 
Club alpino italiano (Annuario). 
R. Comitato geologico italiano. 
Ministero di Agricoltura (Bollettino di notizie agrarie 
e Annali di Agricoltura). 
Rassegna delle Scienze Geologiche in Italia. 
Lo Spallanzani. 
Rovereto — Museo civico (Pubblicazioni). 


Salerno — Il Picentino. 

Siena — R. Accademia dei Fisiocritici (Atti). 
Bollettino del Naturalista. 

Torino —R. Accademia delle Scienze (Atti). 


R. Accademia medica (Giornale). 
Club alpino italiano (Rivista e Bollettino). 
Musei di Zoologia e di Anatomia comparata della +. 
Università (Bollettino). 
Trento —L’Agricoltore. 
Trieste — Società adriatica di Scienze naturali (Bollettino). 
Museo civico di Storia Naturale (Atti). 
Venezia — L’ Ateneo veneto. 
Neptunia . 
Notarisia (Commentarium phycologicum) 
Rivista veneta di Scienze mediche. 
Vicenza — Club alpino (Bollettino). 


— 217 — 


Austria 


Wien — K. k. Naturhistorisches Hof-Museum (Annalen). 
Zoolog. botan. Gesellschaft (Verhandlungen). 


Bruxelles — Société Royale Malacologique de Belgique (Annales). 
Louvain — La Cellule. 


Francia 
Lille — Revue biologique du nord de la France. 
Paris — Bulletin Scientifique de la France et de la Belgique. 


Feuille des jeunes Naturalistes. 

Journal de l’ Anatomie et de la Physiologie de l'homme 
et des animaux. 

Société zoologique de France (Bulletin et Mémoires). 


Germania 


Berlin — Naturae novitates. 
Leipzig — Zoologischer Anzeiger. 


Inghilterra 
London — Royal Society (Proceedings) 
Plymouth— Marine Biological Association of the United Kingdom 
(Journal). 
Cambridge — Philosophical Society (Proceedings and Transactions). 
Russia 
Kiew — Société des Naturalistes (Mémoîres). 
Spagna 
Madrid — Sociedad espanola de Historia Natural (Ana/es). 


Svizzera 


Zurich — Societas entomologica. 


— 218 — 


AMERICA 
Chili 
Santiago — Deutsch. wissenschaft. Verein (Verhandlungen). 
Costa-Rica 
San José — Museo Nacional (Anales). 
Messico 


Messico — Sociedad Cientifica Antonio Alzate (Memorias y Re- 
vista). 


Stati Uniti 
Philadelphia — Academy of Natural Sciences (Proceedings). 
Washington — United States Geological Survey (Annual Report) 
Smithsonian Institation. (Pubblicazioni). 
Raleigh — Elisha Mitchell Scientific Society (Journal). 


Canada 


Halifax — Nova Scotian Institute of Natural Science ( Proceedings 
and Transactions). 


ASIA 
India 
Madras — Governement of the central Museum (Pubblicazioni). 
Siria 


Beyrouth — Revue internationale de Bibliographie 


RETTE i. Seen nio TSE a ER | CIMINO DEE I 0 e ANTI 


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ELENCO DEI LIBRI PERVENUTI IN DONO 


Balsamo. — Alghe della Baia di Assab, Napoli, 1885. 

Balsamo. — Homonymiae algarum in plantis animalibusque tenta- 
men, Napoli, 1888. 

Balsamo. — Quadri sinottici di Botanica, Napoli, 1890. 

Bassani. — Contributo alla Paleontologia della Sardegna — Ittioliti 
miocenici — Napoli, 1891 

Cano. — Morfologia dell'apparecchio sessuale femminile, glandole del 
cemento e fecondazione dei Crostacei Decapodi, Leipzig, 1890. 

Cano. — Sviluppo postembrionale dei Dorippidei, Leucosidei, Cory- 
stoidei e Grapsidi, Napoli, 1 

‘Chigi. — Organi secretori e glandole tubipare delle Serpulacee, Fo- 
ligno, 1890. 

Crety. — Cestodi della Coturnix communis Bonn. Torino, 1890. 

De Blasio. -- Un sepolcro dell’età del bronzo, Siena, 1891. 

De Blasio. — Sopra un teschio del primo periodo dell’età della pie- 
tra rinvenuta in quel d’Arpino, Napoli, 1891. 

De Blasio. — Intorno ad un altro cranio archeolitico rinvenuto nel 
comune d’Arpino, Siena, 1891. 

De Blasio. — Persistenza della forma cranica nella provincia d’ À- 
quila, Siena, 1891, 

Geremicca. — La digestione nei vegetali, Napoli, 1891. 

Gogorza. — Influencia del agua dulce en los animales marinos. Ma- 
drid, 1891. 
Mazzarelli. — Ricerche sulla Morfologia e Fisiologia dell’apparato 
riproduttore nelle Aplysiae del Golfo di Napoli, Napoli, 1891. 
Mazzarelli. — Intorno all'apparato riproduttore di alcuni Tectibran- 
chi, Leipzig, 1891. 

Monticelli Fr. Sav. e Crety C. — Ricerche sulla sottofamiglia del 
Solenophorinae, Torino 1891. 

Monticelli Fr. Sav. — Un mot de reponse à M. Lònnberg , Paris 

91, 

Monticelli Fr. Sav. — Osservazioni intorno ad alcune forme del ge- 
nere Apeblema, Torino 1891. 

Omboni. — Il coccodrillo fossile di Tresché, Venezia, 1890. 

Pasquale. — Di un nuovo microrganismo piogeno, Roma, 1890. 

Rocco. — La lotta contro la peronospora, Salerno, 1891. |. 


2 220 — 


Rosa — Le Nov Latin, Torino, 1890. 

Russo. — Contribuzione alla morfologia dell'occhio della pecora e del 
bove, Leipzig. 1891. 

Russo. — Fasi di sviluppo del sistema acquifero e dello scheletro 
calcareo nell’Amphiura squamata (Sars), Jena, 1891. 

Russo — Ricerche citologiche sugli elementi seminali delle Ophiu- 
reae. Morfologia dell’ apparecchio riproduttore, Leipzig, 1891. 

Savastano. — Resistenza dei vitigni della prov. di Napoli alla Pe- 
ronospora, Portici, 1890-91. 

Savastano. — La patologia vegetale dal Greci, Latini ed Arabi, 
Portici, 1890-91. 

Trinchese, — Anatomia e Fisiologia della Spurilla neapolitana, Bo- 
logna, 1878. 

Trinchese. — Di una nuova forma del genere Lomanotus e del suo 
sviluppo, Napoli, 1883. 

Trinchese. -- Ricerche anatomiche sul genere Govia, Bologna, 1886 

Trinchese. — Descrizione del nuvvo genere Caldria, Bologna, 1888. 

Trinchese. — Ricerche anatomiche sulla Forestia mirabilis, Bolo- 
gna, 1889. 

Trinchese. — Contribuzione alla conoscenza dei fusi muscolari, Bo- 
logna 1890. 

Trinchese. — Contribution è la connaissance des fuseaux musculai- 
res, Turin, 1891. 

Valenti e d’Abundo. — Vascolarizzazione cerebrale di alcuni Mam- 
miferi in varie epoche della vita embrionale ed extrauterina, 
Pisa, 1890. 

Valenti. — Sopra una duplice varietà anatomica, Pisa, 1887. 

Valenti. — Sullo sviluppo delle capsule surrenali, Pisa, 1889. 

Valenti. — Varietà dell'organo di Rosenmiiller, Pisa, 1883. 

Valenti. — Varietà del nervo lacrimale, Siena, 1890. 

Valenti. — Sopra le fossette laterali al frenulo del prepuzio, Pisa; 
1887. 

Valenti. — Contributo allo studio delle scissure cerebrali, Pisa 1890. 

Varaglia. — Cellule gangliari nel ramo comunicante spinale del 
Gran simpatico nell'uomo, Torino, 1885. 

Verson. — Cellule glandolari ipostigmatiche nel Bomyx mori, Pa 
dova, 1891, 

Zillini. — Sulla febbre tifoidea atipica, Lezioni del prof. D. Capozzi, 
Napoli, 1 

dsatoriinà. Laboratory dell’ Acad of Nat. Sciences. Phi- 
ladelphia U. S. A — Preventive inoculations against Tuber- 
culosis, Philadelphia 1890. 


LINO 


FascicoLO I. 
| (pubblicato il 6 maggio 1891) 


Cano G. — Sviluppo postembrionale della Gedia, Axius, 
Callianassa, Calliaxis e Morfologia dei Talassinidi, 

| (Tav. I-IV), con una incisione 

Vanni G. Lina di una siste di una da 
‘ sola delle tangenti, con due incisioni 

Vanni G. — Sulla misura voltametrica delle siindnti si 
‘ triche, con una incisione . 

Balsamo F. — Sall assorbiménto delle radiazioni *hette 


piante 
Mazzarelli G. — ; Talento o? spetto di Pertica del 
Golfo di Napoli, con cinque incisioni i 
Mingazzini P. — Sulla rigenerazione nei Panionti 
Germano E. — Cangiamenti istologici del testicolo dalla 
nascita alla maturità 
Vetere V. — Sopra alcuni sali dell'acido fongleliagliso + e 
sull'acido fenolparaossicinnamico . . ‘ 


FascIcoLO II. 
(pubblicato il 15 Gennaio 1892) 


Vanni G — Sopra una generalizzazione del daga del 
ponte di Wheatstone, con una incisione . 

Monticelli Fr. Sav. — Di alcuni organi di tatto nei Tri- 
stomidi. Contributo allo studio dei Trematodi Mo- 
nogenetici. — Ricerche, Parte I. (Tav. V-VI), con 
una incisione . 

Cano G. — Sviluppo postembrionalo | ‘dello i Slnopus spi- 
nosus, (Tav. VII) i 


PI8- 


79 


89 


97 


134 


CERI A 


Indariand 


Mazzarelli G. — Sullo sviluppo postlarvale della conchi- 
glia nei Tectibranchi 

Russo A. — Le prime fasi di sul fula Amphiura 
squamata, con cinque incisioni. ù . 

Monticelli Fr. Sav. — Della spermatogenesi nei lena: 
todi , 

Monticelli Fr. agi - Notizie su di lean epodio di 
Taenia, (Tav. VIII 

Balsamo F. — Sulla visibilità delle da delle Diamo 
in rapporto ai sistemi ottici ed ai mezzi di inclu- 
sione . 

Russo A. — Della caliisiolagià e dell'appetito riproduttore 
della Amphiura squamata. 

Mazzarelli G. — Note anatomiche sullo Aptyrtttàei 

Geremicca M. — Sulla epidermide dei fiori di Ortensia 
( Tav. IX) ‘ . ‘ ‘ . ” ; ‘ 


PROCESSI VERBALI DELLE TORNATE 


Elenco dei Socii 


Elenco dei cambii i 
Elenco dei libri a in Wai ; 


VAR e e 


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NABANANANAAA 

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DA ILGO REGOLAMENTO 
È Contribuzioni dei Socii St 


Art La gup annua pei. socii ordinarii residenti è di 
lire 24, pagabili mensilm 
Art 


È La-c sinti dei socii ordinarii non residenti è di 
3 lire 12 pagabili in una sola volta. 
i Art. 3. La contribuzione dei socii aderenti è di lire 6 annue. 


Tornate 


Art. Le tornate ordinarie si terranno due volte al mese con 
: il alal di quindici giorni, salvo nei mesi di vacanza, i quali 
verranno SECO dall'Assemblea 

Ar a parte scientifica delle tornate ordinarie consta: 
È a) di toiio i di lavori originali; 1 
sg 5) di comunicazioni verbali; 


. 


1 


e. 
I primi vengono HEnSalt nel bolle ; le altre semplicemente 
ud indicate nei processi verba 
i Art. 6. I socii che leg a lavori originali devono dichiarare l 
intendono pubblicarli nel “poBetinb. affinchè il Segretario possa i 
dicarlo nel processo ene della tornata, e in tal caso io rgagnaro 
il manoscritto al segretar 
socii poi che fanno delle semplici comunicazioni verbali, devono 
dichiarare se intendono che vengano inserite nei processi verbali; nel 


7 side 
Segretario, sia altro socio ordinario residente di dar lettura del > 


Bollettino 


Art. 13. La Società imprende la bici di un bollettino 
| contenente i processi verbali delle tornate e lavori originali dei socii 
ordinarii, di 
Art. 14. I layori da pubblicarsi nel bollettino danno leggersi do: 
nelle tornate; su di essi potrà essere fatta discussione. 
I lavori pubblicati da un tempo maggiore | ce mesi in un altro 
periodico non si potranno pubblicare nel bollett 
Art. 15. I lavori DI versare su argomenti di ‘scienze natu- 
rali e loro applicazion > 
Art. 16. Il Consiglio direttivo cura la pubblicazione dell bol- 


lettino. i 
= 19. Gli autori avranno gratuitamente gli estratti dei loro 


x Ti numero di essi sarà stabilito ogni anno. con Consiglio “direi 
| Art. 20. È permesso agli autori chiedere u ro mag 

| estratti a proprie spese, previo avviso suoi 

; loan siano la sa sento rme allrigioae scritto 


DALLO STATUTO 


Art. IV. La Società è costituita di socii ordinarii ed aderenti, 

I socii ordinarii sono residenti e non residenti. 

Art. V. Possono essere socii ordinarii tutti i cultori delle scienze 
naturali. 

Possono essere socii aderenti coloro che vogliono seguire i la- . 
vori della Sigg 

Art . L'ammissione dei socii è pr an domanda presen- 
tata da un socio ordinario al Consiglio dire 

Nel caso dei socii ordinarii, il Con siglio Lauù presenta le 
ioidiasizai all’ Assemblea, la see delibera sulla ammissione; nel 
caso dei socii aderenti, li nomin 

sw VII. I socii ordinarii BUT hanno cura dell’amministra- 
zione e dell'andamento scientifico della Società, ed eleggono il Con- 
RE Lugo ivo. 

II. I socii ordinarii non residenti, sempre che si trovano 

ei soli, godono di tutti i dritti dei socii residenti, meno quello 
della dlegibilà. 

Art. IX. 1 a ordinarii solamente hanno dritto a pubblicare e 

tener conferenz 

A ‘P socii non residenti che stabiliscono la loro dimora in 
Napoli, se vogliono continuare a far parte della Società, debbono en- 
trare nella categoria dei residenti. 

Art. XI, Tutti i socii indisti ntamente hanno dritto ad interve- 
nire alle tornate scientifiche ed.a ricevere le pubblicazioni della So- 
cietà. 

. I socii di tutte le categorie pagano una contribuzione 
annua, la nale 1 per i residenti è doppia di del dei non residenti, 
e per pai > doppia di quella degli aderenti 

questo anno la Società dà agli Autori 50 copie di estratti. Gli ar i 


Per 
quali ne vogliono un maggiore numero pagheranno le copie in più secondo ila 
guente tariffa. 


Esemplari 
25 DO 6 100 
‘4 foglio (4 pagine) . . |L.175|L.225|L. 250|L.4— 
/a foglio (8 pagine) . . | ,225| ,350| ,4—-| ,5 50. 
sa foglio (12 pagine). . n3 50| 5 —| 670. ,590- 
1 foglio (16 pagine) a n 400 n 9 50| ,8- 014 


N B.—Per i sopra segnali prezzi va inclusa la legatura e coverlina senza stampa. 
Le annate arretrate del Bollettino sono vendibili ai seguenti prezzi 
Vol. I. fasc. 1.° ( esaurito 


d» » i, ws d L. 6 
» HH. a f° a? (18880) . n IR 
via end, , » 12 
. ra 4406900 __ 
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