VOL. XIV - NO. 6
DeCEMBER 1921
ARROQClO
(THE ITALIAM REVIEW)X^, ^X
RIVISTA DI COLTURA PROPAGANDA E DIFESA ITALIANA IN AMERICA
Diretta da o^GOSTINO DE ^BIASI Collaboratore da Roma: ENRICO CORRADINI
Avv. GIOVANNI DI SILVESTRO - nuovo Capo Supremo dell'Ordine Figli d'Italia in America (175.000 membri)
$5.00 A YEAR
IL CARROCCIO PUBLISHING CO.. INC.
150 Nassau st.. New York
30 CENTS A COPY
(arrÓcciO
^<mm^l
j\>m^
(TtlEITAUAMPEVIEWl
Published monthly In New York by
Il Carroccio Publishing Co. Inc.
at 150 NASSAU STREET — NEW YORK
G/4èostino de 'Biasi, T'resident
cMario de 'Biasi, Secretary
EDITOR: c^GOSTINO DE BIASI
l'tfice: 150 Nassau Street, sulte 1607-08-09
Telephone: 2690 Beekman
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For one year . . . $5.00 Foreign $6.00
Canada $5.50 j Single copy. . . . $0.30
Addrets ali commnnleations to
Il Carroccio Publishing Co.. Inc.
150 Nassau Street, New York
Entered at Second Class Matter
February 5th 1915, at the Post Offlee at New York, M. Y.
New York. N. Y.
Under the Act of March 3, 1879
Voi. XIV
NEW YORK, DECEMBER, 1921
No. 6
SOMMARIO
Kara-kiri — Agostino de Biasi — _ _ - Pag.
// dramma di Washington — Gabriele d'Annunzio "
Nuovi orizzonti di Vita Italiana - -
Dante in America — Kenneth C. H. Sills, Presidente del Bowdoin College
Beatrice — Henry Wadsworth Longfellow -
Dante, molder of Italy — John C. Reville
La pace all'epoca di Dante — Emma Ghiera
La Vittoria velata di nero — Prof. Feliciano Lepore _.. „ "
Per la pace alata della nuova Italia — Maggiore Luigi Falchi....'. "
L'opinione di un generale — Gen. R. Bencivegna ._
Un padre ed una figlia — Novella — Matilde Serao, collaboratrice men-
sile del Carroccio -
La coscienza della Nazione — Lettera dantesca di Victor Hugo "
Pel settimo centenario del Terz'Ordine di San Francesco — Nicola Fusco
'Dante e Shakespeare — Dr. Austin O. Malley
Toscanini- Caruso: — la musica nell'arte di O. Ruotalo — Dr. Nico-
la Brunori - - -
Natale — Versi — Raffaello Biordi
Il giro d'Italia degli Studenti Italo-Americani — Diario — Mario Pei
Intensification of commercial relations betzveen the United States aiul
Italy _ -
Discussioni del Carroccio — Il biolco
Cronache d'arte — Pasquale de Biasi
L'Italia nella Stampa americana
La Celebrazione Dantesca negli Stati Uniti d'America
Cronaca dell'Intesa Italo-Americana
Gli Italiani negli Sfati Uniti - :
Dal Plaustro _
Indice del secondo soncstre 1^21
651
656
658
661
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747
751
24 ritratti e illustrazioni d'attualità.
Il Carroccio nel 1922
OTTAVO ANNO DI VITA
ER UNA Rivista italiana, edita in America, sette anni
di onorata ammirata compiuta esistenza rappresentano la
prova del fuoco del successo.
Il Carroccio entra nel suo Ottavo Anno di vita con
le più sicure promesse di rispondere sempre più e meglio alla volontà
del pubblico — l'unica padrone a cui coloro che fanno questa Rivista
s'inchinano ed obbediscono — Vunico padrone che il CARROCCIO s'è
saputo foggiare nel pubblico Italiano vivente in America e nel pub-
blico Americano amico dell' Italia, tutti disciplinando in una felice
comunione spirituale — Direttore, Redattori, Collaboratori e abbo-
nati, inserzionisti, propagandisti, amici, simpatizzanti — in una omo-
genea milizia di Italianità consciente rigida fiera.
Anche nel 1922 il CARROCCIO saprà tenere onorevolmente
Veminente posto che s'è saputo acquistare tra gli organi politici più
rispettabili, autorevoli e temuti del giornalismo italiano.
Mentre il CARROCCIO viene riconosciuto in America come il più
valevole espositore ed assertore dei più elevati e più legittimi interessi
nazionali deWItalia — in Italia viene considerato la voce più coscien-
ziosa, più squillante e ardita degli Italiani d'America. In Italia, ap-
punto, il Carroccio si legge con vivissimo interesse, e si segue la sua
battaglia con ardore di simpatia e di augurio sempre crescente. Mi-
gliaia di copie del CARROCCIO penetrano nei centri più vitali della
Penisola — negli ambienti politici, industriali, finanziari, nei circoli,
nelle case — parte inviate m abbonamento diretto, parte spedite dagli
emigrati solleciti di far conoscere in Patria — ad uomini pubblici, a
congiunti, ad amici — ciò che il CARROCCIO, voce di tutti, pensa,
scrive, interpreta. Unico nel suo genere all'Estero, il CARROCCIO
tiene un posto eminente fra le più reputate riviste del Regno.
•fi «j» •!•
Se il 1921 ha dato opportunità al CARROCCIO di celebrare nei
suoi dodici fascicoli nel modo più degno e sontuoso il Centenario di
Dante, il 1922 gli assegna un compito, se non più Ideale, non meno
vitale e patriottico:
La difesa del risparmio degli Emigrati
Il Carroccio già avverte l'insidia che la Banca straniera, giu-
daico-internazionale, anti-nazionale, tende all'unica fonte di ricchezza
ancora intatta per la Nazione: // frutto del lavoro degl' Italiani d'A-
merica; e contro l'insidia insorge, e chiama a raccolta le migliore forze
della Colonia, gli stessi lavoratori italiani minacciati nel frutto dei
loro onorati sudori.
La forza che alla Rivista proviene dal solido appoggio del pub-
blico di tutti i centri degli Stati Uniti, del Canada, del Messico, delle
Americhe Centrali, e l'adesione che mantiene con le forze più gio-
vani, più sane e combattive in Italia, danno al CARROCCIO, in questa
lotta che s'elegge pel 1922, certezza assoluta d'mdipendenza.
La coscienza rinnovata e rafforzata delle Colonie pulsa e vibra
intorno al CARROCCIO. Noi la vogliamo allerta contro i nemici d'Ita-
lia antichi e nuovi. Noi vogliamo che le Colonie siano considerate
parte integrale della Nazione pensante ed operante nei confini del
Paese; non parte disgiunta, secondaria, inferiore. Se il Popolo d'Italia
si rinnova, gli Emigrati devono partecipare al rinnovamento in prima
linea, e le loro forze non debbono essere ne sfruttate, ne trascurate
od uccise. Il risparmio dei lavoratori italiani all'estero è cosa sacra che
da chi lo produce dev'essere difeso con i denti e con le unghie. Il
Carroccio avrà gli uni e le altre.
Aspettarsi dal pubblico più caldo e più largo appoggio in questa
novella impresa, è più che logico e legittimo. Gli abbonamenti rad-
doppieranno, decupleranno.
V •*• V
Collahoratoti Continueremo a scegliere i Collaboratori nel fior
f »»>!«_ I* fiore dell'intellettualità politica e letteraria della
Penisola. ENRICO CoRRADINI continuerà a
mandarci da Roma l'articolo che da un settennio, mese per mese, non
ha fatto mai mancare ai suoi ammiratori d'America. MATILDE Serao
continuerà a mandarci le sue novelle. Alla illustre scrittrice napole-
tana aggiungiamo quest'anno ALFREDO Panzini. Si può dire così
che collaborano al CARROCCIO i due più illustri novellieri d' Italia.
Padre Semeria continuerà
a mandarci scritti, così pure
I'Am.miraglio Bravetta,
autorità superiore in critica
Il CARROCCIO DI CAPODANNO 1922
supererà in splendore quelli dei passati
anni. Sarà un volume mirabile, irresisti-
bile, desideratissimo. Prenotatene subito
un esemplare: 50 soldi.
I Capi-ufficio, i Direttori di negozi, i "managers"
di Ditte commerciali, gli viomini d'affari, i
professionisti, ecc., desiderosi di tenersi a con-
tatto col migliore pubblico "avente la capa-
cità di spendere", amano la pubblicità del
Numero di Capodanno del CARROCCIO.
navale. ETTORE Pais, l'il-
lustre storico di Roma, pro-
mette una più densa collabo-
razione. Il movimento fa-
scista verrà illustrato nella elettrica prosa dei giovani deputati BOTTAI
ed Acerbo. L'on. prof. Paolo Orano rimane nel novero dei nostri
collaboratori, continuando la solidarietà spirituale che nei giorni della
guerra legò il CARROCCIO al valoroso scrittore sardo. FRANCESCO
Sapori, valoroso critico d'arte, manderà articoli. Avremo scritti di
un altro giornalista di polso: l'on. EziO MarIA Gray e di RANIE-
RO Nicolai, il giovine poeta vincitore del concorso mondiale di Poesia
alla Olimpiade di Anversa. Da Londra scriverà spesso il profes-
sor Guido Puccio; da Parigi avremo lavori scenici di CAMILLO
Antona-TraveRSI, l'autore celebre delle Rozeno; da Roma scrive-
ranno: cronache letterarie il prof. CaRLO GrabHER e note colo-
niali Francesco Ceraci; da Bologna, Egizio Guidi; da NapoH
mons. Angelo Agocella e il prof. Feliciano Lepore, insegnante
di storia in quel Collegio Militare. Siamo sicuri del particolare suc-
cesso che avranno gli articoli che saranno scritti pel CARROCCIO da
uno dei più giovani e già dei più forti uomini politici nostri : 1 onor. av-
vocato Giovanni Porzio. Abbiamo affidato le cronache della so-
cietà americana che vive a Roma ed a Firenze al dr. ENRICO SAR-
TORIO, sempre apprezzatissimo collaboratore nostro. Della vita di
Fiume e delle sue incrollabili aspirazioni italiane scriverà il leader del
partito nazionale EDUARDO SUSMEL.
Sono poi da aggiungersi tre altri letterati di polso, ONORATO
Fava ed Ottavio de Sica, novellieri, e Raffaello Biordi, poeta
che dalla Terra d'Abruzzo va spiccando voli robusti pei cieli della
più squisita poesia italiana.
Poi verranno dall' Italia articoli d'occasione dei più diligenti e
competenti.
Il Carroccio continuerà a riprodurre gli scritti politici di GA-
BRIELE d'Annunzio.
Collaboratori La collaborazione che pel Centenario Dantesco
.mericani
A _• • il Carroccio ha trovata nelle Università e negli
Istituti Superiori degli Stati Uniti, il contatto che
la Rivista ha tenuto con gl'intellettuali americani amici dell' Italia,
hanno creato intorno ad essa una nuova corona di collaboratori.
La parte inglese della Rivista porterà, quindi, le firme dei più illustri
scrittori degli Stati Uniti di accertata simpatia per 1' Italia. Ad essi
si aggiungerà compatta la schiera degli avanguardisti degli studi ita-
liani nel campo culturale americano: gì' Italiani che insegnano nelle
Università, nei collegi e nelle scuole pubbliche. Il CARROCCIO ha già
unita in forte vincolo spirituale la schiera benemerita. Altri collabora-
tori trarremo dalla maturante generazione italo-americana che si af-
faccia baldamente nella vita americana col proposito primissimo di
perpetuare l'avito sentimento d'italianità. Infine, il CARROCCIO tra-
scina seco, omai, la gioventù che studia e che domani sarà l'onore
massimo della stirpe nostra in America.
Illusttazionì H Carroccio darà ulteriore sviluppo alle illu-
strazioni. Da questo lato la Rivista già tiene un
primato. I mezzi grafici di cui dispone la Compagnia Editrice del
Carroccio, mettono in grado di dare le incisioni più fini e più di at-
tualità, potendo la Rivista essere stampata, con l'ultimissima notizia
telegrafica e con la istantanea più fresca, due soli giorni prima che
venga fuori al pubblico legata in spesso volume.
Pubblicità. * II numero già vistoso delle inserzioni crescerà senza
dubbio. Il Carroccio è considerato il veicolo più
pronto e più accreditato per le Ditte desiderose di far conoscere a Ita-
liani ed Americani i loro prodotti. Il CARROCCIO è letto dal pubblico
che può spendere. Pubblicare un avviso sul CARROCCIO è, poi, una
distinzione. Tutti tengono all'inserzione in questa Rivista che ha ca-
ratteri di serietà e di onestà. Farsi conoscere in America e in Italia
con la pubblicità sul CARROCCIO, è com,e centuplicare il proprio cre-
dito. L'autorità della Rivista vale di garenzia.
Àibbonameflti Rimarrà invariato il prezzo dell'associazione:
5 dollari all'anno per gli Stati Uniti; $5.50 pel
Canada; $6.00 per 1' Italia ed altri paesi. La Rivista esce puntual-
mente ogni mese in fascicoli dalle 1 50 alle 200 pagine, stampata niti-
damente su eccellente carta. L'annata si divide in volumi semestrali,
chiuso ognuno dall'indice del semestre.
Ogni esemplare 30 cents americani.
Un Abbonato L' consuetudine di ogni abbonato di procurare
nuovo durante 1 anno almeno un abbonato nuovo al
Carroccio. E' il metodo più spiccio di contri-
buire a sostenere la costosa pubblicazione, e quindi a favorire la buona
causa d' Italianità che pro-
pugna. Chi incita un amico a
prendere l'abbonamento al
Carroccio gli rende favore.
Il volume di Capodanno del CARROCCIO sarà
di un'attraenza eccezionalissima per i nomi
dei collaboratori, le prose, i versi, le illustra-
zioni.. — Prenotatene un esemplare: 50 cents.
Tutti ambiscono di vedere il proprio annunzio
nel CARROCCIO DI CAPODANNO —
nel Volume mirabile di questa pubblica-
zione ch'è la più bella e la più significante
manifestazione dell'italianità all'estero.
Abbonamento- Dono
Donare l'abbonamento
del Carroccio ad un con-
giunto o ad un amico, specialmente se in Italia, è procurar loro un'alta
soddisfazione dello spirito. Chi lo riceve si ricorda del donatore per
tutto il corso dell'annata. E' il migliore regalo di fine e di principio
d'anno, questo del CARROCCIO.
Si fa cosa utilissima quando si abbona al CARROCCIO un giovane
italo-americano, che, anche non conoscendo l'italiano, può trovare
nelle pagine in inglese della Rivista le ragioni oiù essenziali di con-
servare nell'anima l'amore ali Italia e il rispetto alle sue idealità.
Diffusione di Coloro che partecipano più appassionatamente
nmnncrnnrln ^^^^ campagne nazionali del CARROCCIO, centu-
^ " ^ plicano l'influenza della Rivista col diffonderne
di volta in volta le copie contenenti l'articolo che più può interessare.
Così mandano all'Amministrazione la lista dei nomi di coloro cui si
desidera far leggere l'articolo.
A favorire la encomiabile abitudine, l'Amministrazione si assu-
me l'incarico di spedire a proprie spese (fascetta e francobolli) le copie
direttamente in Italia o negli Stati Uniti. E' sufficiente che si mandi
all'Amministrazione l'importo delle copie (30 cents l'una) e la lista
degl'indirizzi. Il destinatario riceve sempre la notizia dell'invio, con
l'indicazione del nome di chi ha pagato la copia.
Abbonarsi ^^^ assicurarsi Vintera annata 1922 è necessario
I •-/> abbonarsi subito. Chi ritarda può trovare esaurito
il primo fascicolo: il CARROCCIO DI CAPODANNO
— splendido volume illustrato che da solo costerà 50 cents — del
quale saranno stampate, in vista del notevole suo costo, soltanto le co-
pie prenotate e di prevedibile smaltimento.
Stabilimento G^li abbonati, gli avvisanti, gli amici della Ri-
TipOBTafico vista sono anche patroni dello Stabilimento
del Carroccio ^ip^S^^fico Italiano del CARROCCIO, dal qua-
le escono ogni sorta di stampati, dalla carta da
visita al libro. Caratteri svariati, fregi di estrema eleganza. Dili-
genza massima nei lavori. Servizio accuratissimo, premuroso. Le mi-
gliori Ditte italiane ed americane si servono delle Officine Tipogra-
fiche del Carroccio per le loro forniture di cancelleria, moduli, stam-
pati di propaganda, cataloghi, prospetti, listini. Specialità in Numeri
Unici. Lavori perfetti in tricromia e in rilievotipia (uso litografia) . Com-
posizione in Galiano, inglese, francese, spagnuolo. Correzione di ma-
noscritti. Lo Stabilimento del CARROCCIO cura che ogni stampato
esca in lingua italiana corretta. Lo Stabilimento ha i suoi locali ai nu-
meri 105- lì 3 Wooster st., New York. Telefono: 3167 e 1311 Canal.
// Carroccio ^^ Compagnia Editrice del CARROCCIO fun-
Puhlishins Co, ^'*^"^ sotto la ragione sociale: // Carroccio
Incorporateci Publishing Co., Inc., riconosciuta dalle leg-
gi dello Stato di New York. Capitale aziona-
rio $50.000.00, diviso in azioni da 50 dollari ciascuna. La Compagnia
gestisce direttam,ente le due aziende di cui è proprietaria assoluta: la
Rivista e lo Stabilimento Tipografico. Presidente della Compagnia
Editrice è Agostino de Biasi, direttore della Rivista.
Le azioni ancora disponibili della // Carroccio Publishing Co,
sono cedute soltanto a persone di provata coscienza italiana, capaci di
intendere e di sostenere fermamente il programma del CARROCCIO.
In Ciò sta la ragione prima della tenacissima fiducia del pubblico.
Battaglia Jl Carroccio è giornale di milizia, è strumento
/J' ffnlianita ^^ battaglia che solo può essere vinta quando vi
concorrano tutte le forze degli Italiani di mente
cuore e coscienza. Non è una speculazione giornalistica, è una forza
di idee e di volontà.
Oltre il Carroccio i buoni Italiani degli Stati Uniti non vedono,
oggi, altro mezzo più sicuro e più efficace per parlare a tu per tu con i
migliori Americani e intendersi in una sfera superiore d'idealità e di
interessi.
Gli amici del CARROCCIO lavorino.
Tutti devono dare nuove energie a questa Rivista.
Chi è abbonato, rinnovi subito l'abbonamento. Chi non lo è,
si affretti a divenirlo.
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PER l'Italia e per gli altri paesi $6.00
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Lo studio della Guerra d'Italia e dei rapporti fra l'Italia e gli Stati
Uniti vi trova tracciati gli argomenti sotto tutti i punti di vista. La Guerra,
mese per mese, vi è "vissuta" nel racconto, nel comento, nell'ansia di sal-
vare l'Italia dal nemico e dagli "alleati". Non v'è collezione di libri, riviste
e giornali che eguagli nel genere questa del Carroccio.
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alle relazioni tra l'Italia e gli Stati Uniti, alla vita e alla storia delle nuove
Colonie Italiane ed al futuro dell'Italia oltre Oceano.
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nioni, di fatti e di dati d'interesse nazionale. Sono libri che non si lasciano
a impolverare negli scaffali. La loro lettura riesce utile in ogni tempo.
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roccio è quello dell'abbonamento : — 5 dollari per gli Stati Uniti; 5.50 pel
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Le cronache artistiche Jg/ Carroccio sono le più appressate
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IL DONO IDEALE
PER NATALE
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CAPODANNO
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LO SPIRITO
DI CARUSO
Busto di VINCENZO MISERENDJNO
IL NOTO SCULTORE DI ROOSEVELT ha voluto, con nobile slancio,
offrire a tutti un ricordo magnifico del Sommo Tenore, rendendo
popolare un busto, che è un vero
capolavoro d'arte. Ogni busto
esce dallo studio dello scultore
e porta la sua firma. Non vi de-
ve essere casa italiana, che pos-
segga un grammofono coi dischi
di Caruso, che resti priva del
Caruso scolpito da Miseren-
dino. Donatelo ai vostri amici,
invece di un mazzo di fiori.
La riproduzione è alta do-
dici pollici ed è patinata super-
bamente in bronzo scuro antico.
II busto viene spedito in tutti gli
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La Direzione della COMMERCIAL TrUST Co., annunzia che la
Banca e il reparto delle Cassette di Sicurezza saranno aperti dalle
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Sui depositi dal 1.° al 10 Gennaio vengono liquidati gli
interessi dal 1.° Gennaio.
Amministratori
Dr. A. H. GIANNINI, chairman del Consiglio Direttivo
R. R. MOORE, Presidente
G. J. BAUMANN, vice-Presidente J. G. HEMERICH, Segretario
J. F. CAVAGNARO, vice-Presidente J. B. RIEGER, Assistente segretario
Direttori
Dr. A. H. GIANNINI, Presidente della East River National Bank e Vice-Presidente
della Bank of Italy.
R. R. MOORE, Presidente della Commercial Trust Company.
G. J. BAUMANN, Vice-Presidente della Commercial Trust Company.
J. F. CAVAGNARO, Vice-Presidente della East River National Bank
SAM H. HARRIS, industriale teatrale.
H. D. NESSLER, impresario edilizio.
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H. M. SWETLAND, editore
GEORGE W. LUFT, Presidente della George W. Luft Co., Inc.
SIGMUND GLATZER, Presidente della Sigley Realty Corporation.
HARRY M. ENGEL della Fabbrica di fiori artificiali Engel, Hess & Co.
JAMES WOODS, Vice-Presidente e Direttore dell'Hotel Belmont e del Murray Hill
Hotel.
fortunato gallo, Direttore Generale della San Carlo Opera Co.
FRANK A. ZUNINO, Presidente dell'Atlantic Macaroni Company.
R. C. AIMONE, Tesoriere della Aimone Mfg. Company.
JOSEPH GUFFANTI, Direttore dei Restaurants Guffanti.
JACOB RAPOPORT della Manifattura di vestiti e mantelli Jacob Rapoport & Co.
N. SCHENCK, Vice-Presidente e Direttore Generale della Loew's, Inc.
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/ figli degli emigrati si rinnovano nell'amore d'Italia leggendo il CARROCCIO
BANCA DELL'ITALIA MERIDIONALE
CAPITALE STATUTARIO LIRE 50.000.000 - VERSATO LIRE 25.000.000
RISERVE LIRE 1.250.000
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Filiali: Bari, Genova, Milano, Napoli, Palermo, Pozzuoli
Ha per programma V incremento del commercio
fra gli Stati Uniti e l'Italia ed a tale scopo
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RELAZIONI ESTERE
presso la Direzione Centrale in Napoli si tiene
a disposizione degli interessati per fornire qual-
siasi injormazione commerciale, nonché per
mettere in relazione importatori ed esportatori,
dare indirizzi di Rappresentanti, ecc. Jt jt
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DI CAMBIO E DI BORSA
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// nazionalismo del Carroccio è amor di patria vero
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FONDATO NEL 1539
Capitale e riserva Lit. 135.000.000
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60 Filiali in Italia - Filiale a Tripoli (Africa)
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mento dagli Uffici Postali del Regno
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Governo Federale, e dal medesimo autorizzata a
emettere biglietti di Banca.
C Ha in deposito fondi dello Stato di New York.
C Fa parte della Stanza di Compensazione (Clear-
ing House) e della Federai Bank di New York.
C Riceve depositi in conto speciale e in conto
corrente.
C Ha corrispondenti diretti nelle principali città
d'Italia e in tutte le parti del mondo.
C Compra e vende tratte e trasferte telegrafiche;
s'incarica dell'incasso di effetti semplici e docu-
mentati su qualsiasi piazza del mondo; emette let-
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cede facilitazioni eccezionali agli esportatori e im-
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Fondata nel 1896
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VOL. XIV DICEMBRE 1921 No. 6
KARA-KIRI
IN Giappone quando l'autorità vuole spacciare un nobile che le dà fastidio,
o^li ordina di "suicidarsi". Il nobile non se lo fa dire due volte: riceve
il comando, s'avvia lemme lemme a casa, si chiude in una stanza, prende
una spada e s'accerta che sia perfettamente affilata, si accoccola sopra una stuoia
e da sé stesso, con mano ferma, eseguisce la sentenza : si squarcia il ventre con la
lama tremenda. Questa stoica operazione si chiama kara-kiri.
A Washington, i nipponizzati conferenzieri del cosiddetto disarmo : i britanni
in prima linea eppoi i giapponesi, i francesi e gli americani hanno imposto all'Italia
il kara-kiri. ì\ la nobile Italia s'è magnificamente suicidata.
Interrogato il suo primo Delegato, nella plenaria adunanza del io dicembre
alla Continental Hall di Washington, che ne pensasse della Quadruplice stabilitasi
per dominare nel Pacifico — e, soggiungiamo noi, nel mondo — si limitò a dire —
questa volta in inglese — che il trattato era stato "cortesemente comunicato ai de-
legati italiani prima della sua conclusione", e che incontrava il loro più pieno
consenso ("fullest consent").
-L'atteggiamento "gentile", umilissimo, dell'oratore aveva la solennità stoica
del nobile che si sventra per ordine del Mikado.
Da quel momento l'Italia usciva dal novero delle cinque grandi potenze del
mondo — l'Italia, capite?, la vincitrice di Vittorio Veneto!
Un destino la chiamò nel '14 e nel '15 alla sua missione antica di civiltà e di
redenzione, e con la neutralità prima, con l'intervento dopo, decise delle sorti del
mondo : ipotecando per sé, legittimamente, il diritto di dividere con le altre nazioni
l'onere e l'onore del governo dell'umanità. Lo stesso destino le consacrò quel di-
ritto, quando raccolse da sé la corona della Vittoria nelle onde del Piave arrossate
dal sangue de' propri figli. Da quel giorno l'Italia di Cavour, di Mazzini, di Ga-
ribaldi s'assideva, degna e sicura, nel consesso delle nazioni potenti. E non temeva,
no, di entrare, subita, nelle cerchia nemica: non poteva temere, che s'era formata
un'anima d'acciaro, s'era data una volontà, possedeva cuori ed armi. Sentirono gli
"alleati" la nuova forza di giustizia che entrava nel covo della loro congiura, e
s'appuntarono contro la sopraggiunta energia. La umiliarono e la oltraggiarono.
Il gesto dei negoziatori che lasciavano Parigi colpiti in volto chiudeva, di volontà
italiana — ma covata, desiderata, spiata, provocata — la lotta subdola dell'Inghil-
terra e della Francia che si servivano della villania di Wilson per compiere il loro
652 IL CARROCCIO
proditorio assassinio. Il ritorno sulla Senna dei delegati italiani non fu chiesto;
s'era già pensato di fare a meno dell'Italia nella liquidazione della pace ; e togliere
dalle copie del trattato già steso il nome d'Italia, fu un lampo. Non dobbiamo
scordare che, rientrato Orlando in Conferenza, trovò che nelle copie stampate del
trattato il nome dell'Italia era stato aggiunto con l'inchiostro, né va scordato che
alla rimostranza fattagli, il Tigre die' in una insolenza, di cui non v'è ricordo di
eguali : — Meglio così, sarà più facile cancellarlo !
Cancellare cioè l'Italia dal novero delle potenze arbitre, omai, dei destini
dei popoli : sopprimere l'Italia dalla vicenda storica odierna — dal suo destino me-
diterraneo — respingerla indietro, verso la fosca sua epoca di parvità e di servaggio.
Giorgio Clemenceau ne vada soddisfatto: l'Italia ha preso con le sue mani
stesse la spada pel suo kara-kiri e s'è sventrata. La Quintuplice del 28 giugno 1919
s'è tramutata nella Quadruplice del io dicembre 1921. Tra Versaglia e Washing-
ton — l'Italia che nega essa stessa la sua vittoria, l'Italia che ripensa con l'anima
caina del neutralismo sovvenzionato dal tedesco — si apparta da sé, s'inchina,
chiama "cortesia" l'oltraggio che le s'infligge, ed apre, da buona ancella, le cortine
della sala del Dipartimento di Stato, dove Stati Uniti, Giappone, Britannia e
Francia sfilano a stipulare l'accordo del Pacifico, e dove, per irrisione della sorte,
un pittoresco negro è adibito ad asciugare con la cartasuga le firme dei plenipo-
tenziari, e questo negro si chiama Savoy!
* * *
Non abbiamo parole bastevoli per esprimere la nostra amarezza; e non sap-
piamo come contenere la nostra indignazione. Amarezza e indignazione che gli
Italiani degli Stati Uniti hanno profondamente sentite e dividono con noi.
* * *
L'Italia venne invitata alla Conferenza per la limitazione degli armamenti e
per la questione del Pacifico. L'invito del governo di Washington fu simile per
Roma, Londra e Parigi. Tra i gabinetti fu discussa l'agenda della Conferenza, e
le potenze concordarono in un programma reciprocamente accettato.
Se l'Italia fu invitata alla discussione, è chiaro che non le si poteva limitare
il diritto di far valere nei negoziati la propria voce e il proprio peso. La stessa
comunicazione dello schema del trattato del Pacifico fatta ai delegati italiani prima
della sua conclusione, e lo stesso discorso di adesione chiesto a Schanzer e fatto
nella seduta del io dicembre, dicono quanto i firmatari tenessero a che l'Italia
prendesse nota di ciò che la Quadruplice intendeva fare nel Pacifico.
E' l'Italia una potenza interessata negli affari del Pacifico?
Sì.
L'asse della politica mondiale s'è spostato dall'Europa in Asia. La Conferenza
di Washington chiamata precipitosamente e svolgentesi in tanta ansia di popoli,
n'è la prova. Nel Pacifico si risolve oggi il problema della pace, o, dite pure, della
guerra. L'Italia, "grande potenza", aderente alla Lega delle Nazioni, quindi abili-
tata a sincerarsi delle nazioni che hanno interessi nel Pacifico, alla loro volta socie
della Lega, è piìi che mai interessata alla conservazione della pace e alla depreca-
zione della guerra. Non si può pensare oggi all'eventualità d'un conflitto, che sia
ammesso dalla Lega delle Nazioni e che scaturisca dal Trattato di Versaglia, senza
l'obbligo italiano di parteciparvi. E come la Conferenza della limitazione degli
armamenti s'innesta a tutto il sistema internazionale stabilito prima dall'Intesa e
dall'Associato, successivamente interpretato e modificato soltanto per via di ac-
KARA-KIRI 653
cordi, è chiaro ancora che l'Italia debba badare, da parte sua, a che gli altri con-
traenti non lo alterino di loro arbitrio. Nel Pacifico sonvi interessi già tedeschi
che sono passati in mano altrui per mandato di tutte le altre parti concorrenti al
Trattato di Versaglia, fra cui l'Italia. Infine l'Italia è una Nazione; cioè un popolo
civile che si muove liberamente nella propria orbita nazionale e che vuole muo-
versi, pure liberamente, nell'orbita internazionale. E' una Nazione che vive sul
mare, e che per le vie di mare manda e accoglie uomini, avvia e riceve, vende e
compra derrate. Le vie degli oceani, libere alle altre genti, non possono essere
vietate alle sue. Nella stessa questione di Yap, per esempio — dove c'è tuttora da
risolvere l'attribuzione dei cavi tedeschi, là e altrove — c'è ancora da vedere se le
linee telegrafiche subacquee entrate nel bottino di guerra debbano essere divise
unicamente fra Inghilterra, Francia, Giappone e Stati Uniti, e non pure con
l'Italia, o almeno almeno, quando debba rimanere a mani vuote, con un altro suo
"fullest consent" ! Infine, noi abbiamo in Cina quei 124 acri di terra a Tien-tsin
sui quali il tricolore, a quel che sappiamo, non è stato ancora abbassato. Quella
"concessione" ci venne in proprietà assoluta e in piena giurisdizione con l'accordo
17 giugno 1902 che non ancora, a quel che sappiamo, è stato abolito — proprio
come non sono stati aboliti quegli altri accordi con la Cina, per la cui forza oggi
gli altri governi europei vantano interessi nel Pacifico. La Cina non può essere
contesa al libero svolgimento del commercio italiano ; in Cina noi abbiamo acquistato
delle simpatie che ci costano laboriose e pazienti pratiche di governo e di privati ;
tra quei 400 milioni di consumatori possiamo onestamente valorizzare le buone di-
sposizioni verso di noi, molto più amati laggiù degl'inglesi, dei francesi, magari
degli americani. Tien-tsin è sul Peiho, fiume navigabile — ed è per noi, come
per gli altri, la stazione di transito alla ferrovia che da Taku sale a Pechino, e che
dalla capitale prosegue sino a Kalgan alla soglia della grande muraglia, sul confine
mongolo — via naturale al commercio della Mongolia.
Se, dopo questa sommaria e non anco completa esposizione di ragioni, l'Italia
non può non essere considerata potenza interessata nel Pacifico — perchè mai
siamo stati esclusi dalla Quadruplice?
Fummo invitati a parteciparvi ?
Se sì, perchè rifiutammo la nostra accessione?
Non fummo invitati?
Perchè, allora, non chiedemmo le ragioni della nostra esclusione, e non pro-
spettammo alla nostra volta quelle che ci autorizzavano a partecipare all'accordo?
Se in seno alla Conferenza, il risentimento italiano fu oggetto di dibattito,
quali furono le ragioni che prevalsero e stettero contro gl'interessi italiani?
Non vale il dire che per la questione della Cina propriamente, si prepara un
accordo separato a nove, l'Italia compresa. L'Italia "grande potenza" che siede,
invitata, al convegno washingtoniano, non può estraniarsi alle complicazioni del-
l'Oceano da cui può nascere anche per lei la guerra, senza rinunciare alla sua
dignità, senza decapitarsi.
Anche alla Francia, che pure vanta interessi nel Pacifico, l'Inghilterra aveva
vietato di partecipare alla Quadruplice ; eppure la Francia "impose" la sua entrata
nel consorzio : per due ragioni — quella degl'interessi suoi coloniali e per la volontà
di tenere il suo posto fra le nazioni dirigenti del mondo. "She wants to take her
place with the other leading Powers of the world" telegrafava da Washington
Robert J. Prew, corrispondente londinese che presta servizio a Washington. Lo
stesso giornalista accennava alla possibilità dell'ammissione dell'Italia sol che l'a-
vesse voluto: "She may enter it if she cares to do so".
654 IL CARROCCIO
Perchè l'Italia non si curò di entrare ? La Francia volle ed ottenne, rientrando
per la parte del Pacifico a dominare la posizione in Europa, di contro a Lord
Curzon insorto all'indomani del discorso guerrafondaio di Briand. Questa sì ch'è
politica. E ponendosi di fianco agli Stati Uniti — necessaria alleata — di contro
all'alleanza anglo-giapponese
Ci è riuscito interessantissimo il tener dietro agli sforzi fatti nella Confe-
renza, dall'Inghilterra e dal Giappone, perchè la Francia non portasse nel gioco
dell'Estremo Oriente il suo fulmicotone, il suìphurous hlast europeo — riferiva
l'Hamilton del London Daily Clironicle — da lei portato nella placida atmosfera
di Washington. La Francia, più s'accanivano gli avversari, più s'accaniva essa;
ed a chiederla allato a sé fu proprio l'America, che, dovendo dare soddisfazione
all'opinione pubblica, volle dimostrare che non era sola ad avere strappato garenzie
alle alleate del Pacifico.
Nella Conferenza ci fu dunque una valutazione contestata degl'interessi nel
Pacifico di ciascuna potenza : e ne venne fuori questa chiara ed accettata consta-
tazione: che l'Italia nel Pacifico non ha interessi né diretti né indiretti. Cioè,
l'Italia venne virtualmente messa fuori della Conferenza, al cui invito, al cui
programma del Pacifico, alla cui agenda essa aveva aderito.
Che cosa avviene? Che si cade — dopo la classifica delle quote navali, alla
stregua delle quali si consolida la gerarchia internazionale delle potenze — in un
assurdo ancora più inammessibile : si costringe la "grande potenza" Italia parte-
cipante alla Conferenza, pari fra le pari, ad accettare di rimanere fuori dall'Oceano
Pacifico — negandole, con l'esclusione dalla Quadruplice, tutti i benefici diretti in
Asia, e indiretti nell'equilibrio diplomatico della nuova Intesa; e mantenendola
soggetta a tutti gli obblighi morali e materiali cui è sottoposta dalla disciplina della
Lega delle Nazioni che si estende anche nel Pacifico.
Che a questa turpitudine concorressero gl'interessi obliqui barattati fra le
quattro nazioni, può spiegarsi, che in politica estera si deve essere rispettosi dei
forti e spietati coi deboli ; ma che la nostra Delegazione passasse il polverino sul
trattato, prima ancora che il negro Savoy ne asciugasse le firme con la cartasuga,
e che considerasse "cortesia" la pedata assestatale, è l'ultima goccia del calice amaro
che la più iniqua sorte potesse fare apprestare all'Italia dai disfattisti sabotatori
della sua vittoria e dai demolitori del suo prestigio nel mondo.
* * *
Noi, dunque, usciti salvi dalla ignobile combutta di Parigi, soltanto per l'ino-
pinato disastro fisico dell'uomo fatale mandato in Europa dall'America; noi,
dunque, posti dal nostro destino — quello della neutralità e dell'intervento ; quello
del Piave e di Vittorio Veneto — nella condizione di rivalerci dei torti fattici dalle
"alleate" fedifraghe, rivolgendoci all'amicizia, e alla giustizia anche, degli Stati
Uniti — noi, nel momento in cui gli Stati Uniti rientrano nell'orbita europea,
ne usciamo sconsigliatamente, o accettiamo, sciaguratamente, di uscirne. Vale a
dire ci rendiamo inutili agli Stati Uniti, laddove il giorno avanti eravamo utili e
necessari.
Nella lotta tra l'America e l'Inghilterra, che nessun holiday navale e nessun
accordo "pacifico" riusciranno mai a far cessare — che l'odio è antico e inestin-
guibile e le ragioni di commercio sono prepotentissime — non c'era che un paese
che potesse offrire all'America garenzie di amicizia, di pace, di ordine civile liberale,
ed era l'Italia. Molo proteso nel Mediterraneo, ponte di passaggio nei Balcani, via
KARA-KIRI 655
Adriatico; sentinella del passo di Suez, è l'Italia la guardiana naturale del libero
andare dei mercatanti americani nel mondo, dall'Atlantico al Mediterraneo, dal
Mar Rosso all'Oceano Indiano, per incontrare i fratelli nel Pacifico.
E' l'Italia un paese che dipende essenzialmente dall'America, in una forma
di dipendenza, che non menoma alcuna libertà, ma che consente e promette —
attraverso anche le masse emigrate in continuo sviluppo di potenza italiana ed
americana — un'intesa spirituale ed economica immune da ogni gelosia po-
litica. E' l'Italia una potenza di prima linea che decide delle sorti d'Europa sempre
che voglia, per la sua postura geografica e per la capacità di esplodere, così come
in moti violenti, in manifestazioni geniali e precorritrici sempre di libertà, di riven-
dicazioni, di giustizia, di vivere civile. Può crollare il mondo, resta intatta l'Italia,
che anche adagiata nella tomba, visse e può vivere. Ora, nessun paese europeo
è così affine all'America nella mentalità e nella comprensione dei problemi uma-
nitari dell'epoca moderna; nessun popolo, salvo l'Italiano, può dare a quello d'A-
merica, più forte garenzia di collaborazione schietta e leale.
L'Italia ha contro di sé l'Inghilterra e la Francia. Ammenoché non la si voglia
gettare nelle braccia della Germania — perché si copra d'onta — e in grembo alla
Russia bolscevica — perché vada in malora — la salvezza dell'Italia non sta che
oltre Oceano : la sua stella oriente é l'America.
Dove le linee ideali dei due paesi s'incontrano, ecco che sopraggiunge l'evento
di Washington. E' scoccata l'ora di gettare a mare le false alleanze europee e di
giocare sul tappeto della Conferenza mondiale la nostra carta, e di chiamare i popoli
amici ed i popoli avversi alla prova cruciale della lealtà e della moralità. E' l'ora
critica o della salvazione o della morte.
L'America ha bisogno di alleati, ha bisogno di punti d'appoggio nella conca
del Mediterraneo, per spezzare nel fianco più poderoso il mostro centi f ance della
potenza che le chiude gli sbocchi in tutto il mondo e le prepara la guerra nel Paci-
fico, tenendole puntato al fianco il pugnale dell'alleanza col Giappone. Sulla Francia
l'America non può contare, che Parigi é legata a Londra dallo stesso pericolo della
Germania, la quale morde il freno e non ha rinunziato ancora, sulle ampie linee
del suo sogno eterno, né a Calais né a Costantinopoli. Non può essere che l'Italia,
il fulcro della sua politica in Europa, la sua "mano" allungata nel Mediterraneo.
Che forza porta l'Italia a Washington? Ecco il punto.
Che forza porta l'Italia a Washington?
Porta l'incertezza, l'equivoco, l'altalena — quella "doppiezza ingenua - come
diceva un giornale di Roma - che in definitiva riesce disastrosa soltanto per noi —
perché ci aliena la simpatia e la fiducia degli uni e degli altri ; quella doppiezza
ingenua cui si dà il nome di Machiavelli, calunniando lo storico fiorentino, dopo
averne fatta la caricatura".
E accade il disastro.
L'acqua santa si accorda col diavolo. Gli Stati Uniti ritornano alla politica
a fondo wilsoniano, deflettendo sull'Inghilterra e sulla Francia; come avvenne
appunto durante le trattative di Parigi, quando, dovendo Wilson controbilanciare
la congiura anglo- francese, che lo spingeva financo a portare altrove la sede dei
negoziati, non trovò sicura presso di sé l'Italia, e dovette gettare in Adriatico
l'Italia e subire il nodo scorsoio di Lloyd George e di Clemenceau. Gli Stati Uniti
anche stavolta s'alleano all'Inghilterra e alla Francia, per non subire lo scacco del
Giappone. Noi dimostriamo spiccatamente di contare un bel zero, ed essi che ci
invitarono a far parte della Quintuplice regolatrice delle cose orientali, sono i primi
ad escluderci dalla Quadruplice.
656 IL CARROCCIO
Cioè, andammo a sederci al tavolo della Continental Memorial Hall il 12 no-
vembre, e ventotto giorni dopo ce ne hanno scacciati. Venimmo in America in
assise di grande potenza, ne ritorniamo indietro retrocessi.
Non sono più cinque le grandi nazioni del mondo — sono quattro ; gli Stati
Uniti, l'Inghilterra, il Giappone, la Francia.
L'Italia subisce l'onta dell'impostole silenzio ; l'Italia còlta dal "giorno servile"
come l'uomo deWOdissea di cui l'altitonante Giove approfitta per togliergli pregio.
* * *
Ciò che più profondamente ci rattrista, in questa novella fosca ora appre-
stataci dai nostri governanti indegni di reggere l'Italia della Vittoria, è il crollo del
più bel sogno che in questi ultimi anni avevamo accarezzato : l'Intesa fra gli Stati
Uniti e l'Italia — a garenzia d'ogni egemonia di potenza europea contro la libertà
dei popoli.
Mentre negli Stati Uniti la vittoria pacifera sul Pacifico è celebrata come
un trionfo mirabile di politica — e se ne prevedono i benefici immensi in America
e in tutto il mondo — ed a questa fortuna dell'umanità tutti concorsero — sola-
mente all'Italia è stato impedito di parteciparvi. E quindi solamente all'Italia
viene negata la facoltà di collaborare ulteriormente all'opera di pace cementata
a Washington; soltanto all'Italia viene negato il diritto alla riconoscenza.
Tolta a noi ogni ingerenza nel Pacifico — là dove avremmo potuto anche
contare, sol che avessimo fatto un'accorta politica in Europa e avessimo saputo
essere utili all'America — in che cosa potremo noi invocare più, per la riparazione
dovutaci dei torti consumati a danno nostro da Versaglia in poi, il giudizio equa-
nime del Governo e del Popolo Americano?
In che cosa potrà più valere l'Italia dinanzi agli Americani?
L'opera nefasta compiuta a Washington ha spezzato nelle nostre mani di emi-
grati la più lucida e salda arma su cui potevamo contare.
* * *
Il Poeta, "suso in Italia bella", sognò ancora una volta:
— Così oggi l'Italia vittoriosa e povera, defraudata della sua giusta parte e
immune di ogni vile cupidigia coperta o palese, può con fronte alta e con voce
.sicura pronunziare una parola degna dell'avvenire. —
Fronte alta? Voce sicura? Parola degna dell'avvenire?
Poeta, come fallisti al vaticinio !
A Washington è stata tradita l'Italia ancora una volta ; questa vittima eterna
dei suoi figli tralignati che si dilaniano fra loro all'interno e che portano all'estero
le loro passioni e le loro gelosie a cui non riescono a sottrarsi gli stessi negoziatori
che chiudono nelle mani le sorti del loro sventurato Paese.
E se non sapessimo — da tre anni a questa parte — dal Quattro Novembre
in poi — che nei convegni internazionali l'Italia vera, l'Italia rinata, l'Italia di
domani non parla e non agisce — non guarderemmo oggi, con sicura fede, alla
rivendicazione intera dell'Italia vittoriosa e liberatrice che per fatalità di eventi
— per voce di destino — dovrà essere compiuta.
Ma prima deve sparire l'Italia vecchia e cariata che gira ancora pel mondo
coi suoi stracci, con la sua miseria, con la sua schiena curvata dalla viltà propria
e dalla cravascia altrui,
AGOSTINO DE BIASI
IL DRAMMA DI WASHINGTON
IL DRAMMA di Stirpi che si svolge a Washington è tra i più straordinarii
nella lotta intrapresa dalle grandi e ordinate forze umane sopra la tavola
delle sorti o al bivio del destino. Sembra che la sala della Conferenza
lion abbia tetto e che il soffio oceanico vi penetri a sollevare gli spiriti e a liberare
da ogni velo le parole. La statura dei protagonisti e antagonisti sembra inalzata
dalla necessità vitale, come quella degli antichi attori tragici dall'alto coturno. Al
viso dissimulatore e alla bocca prudente dei personaggi diplomatici noi vediamo di
tratto in tratto sovrapporsi la maschera profondamente intagliata del genio della
razza che scolpisce con la spaca o col piccone.
Occorreva un gran gesto subitaneo per affermare la diversità fra c^uesto dibat-
tito gigantesco e il penoso intrico parigino dei veri e falsi vincitori. Ed ecco che
con un rude vigore titanico Charles Hughes ha aperto nel mare combattuto l'abisso
dove la candida Pace manderà navi e navi a raggiungere nel buio quelle che vi
affondò la Guerra crudele. La giovine America balza in piedi davanti a un atto
risoluto e improvviso in cui ella sente la prova della sua potenza sincera. Ma la
vecchia Europa fa un sorriso così sforzato che ci sembra di vedere screpolarsi tutto
il belletto che riempie le sue rughe secolari.
Dopo questo prologo audace, il nuovo conduttore politico degli Stati Uniti
vorrà e potrà persistere nel suo stile? O la conferenza di Washington a poco a
poco, di seduta segreta in seduta segreta, si ridurrà a riprendere e a riadoperare
gli ignobili arnesi logori della Conferenza di Parigi?
Già c'è cjualche indizio deplorevole di questo tentativo che la vecchia diplo-
mazia conduce contro la nuova. Dopo quel violento sprazzo di sincerità, si chiu-
dono le porte e la lampada col paralume sostituisce la luce solare.
Oggi gli uomini liberi fanno voti che non prevalga anche una volta la bassa
ipocrisia da cui furono generati tutti i nostri mali. Essi s'attendono che i con-
duttori della nuova politica non appariscano ingranditi artificialmente. Essi non
vorrebbero anche una volta ricordare che il coturno scenico, per far parere il per-
sonaggio più alto, aveva una zòccolo di sughero.
Il popolo americano oggi ristabilisce e rafforza i suoi fondamenti reali e
ideali. Ripianta i piedi nella sua terra lavorata e fecondata per scrollare da sé i
cattivi contagi e per riacquistare il senso intiero della sua salute. Avendo deterso
dalla sua fronte la polvere e il sudore della guerra, fissa con occhi limpidi l'oriz-
zonte al quale dirizzerà le sue nuove vie. Attraverso le deformazioni tentate da
uno spirito infermo ch'essa ripudia, ritrova intatta la somma di idee su cui si
appoggia la sua fede.
Io credo che i rappresentanti politici dell'Europa sieno adunati a Washington
principalmente per riconoscere questo patrimonio inviolabile della Nazione. Così
i rappresentanti politici degli Stati Uniti non avranno assolto il loro compito essen-
ziale, nell'ordine pratico e duraturo, se non riusciranno a chiarire compiutamente
la posizione e relazione del problema europeo innanzi al popolo americano.
Un mio incomodo compagno di guerra diceva: "Ho l'occhio di un mercante
di schiavi per giudicare con un solo sguardo la qualità, del carname umano anche
dissimulato dal sarto". Egli sembrava vuotare gli uomini come se li prendesse
per i piedi e li squassasse a guisa di sacchi.
Bisogna che i vecchi sacchi europei sieno squassati e vuotati di tutte le loro
frodi e di tutti i loro errori.
658 IL CARROCCIO
Quando mai nella storia del mondo un grande evento lasciò dietro di sé una
più grande delusione? Fummo tanto ingenui da credere che la guerra da noi com-
battuta avrebbe rinnovato la vita. Pensammo che la strage preparasse gli spazii
mistici per le apparizioni ideali. Pensammo che la terra prendesse il corpo oriz-
zontale dell'uomo come misura unica per misurare il più vasto Destino, e che,
saziata di carne, se la rendesse in ispirito. Pensammo che il carnaio dissolvendosi
generasse i fermenti sublimi. Pensammo che la libertà dell'anima si levasse là
dove si sprofondava il peso mortale. Pensammo che, ove più larga era l'offerta,
tanto più alto dovesse essere il prodigio.
E troppo presto ci accorgemmo di aver combattuto per mantenere in movi-
mento la vecchia macchina costrittiva dell'ingiustizia e del servaggio.
Guardate questa Europa profondamente colpita come colui che aveva varcato
l'Oceano per recarle un verbo che sul banco dei partitori di bottino fu subito falsato
come una moneta senza effigie. Ella vegeta miseramente, con i suoi nervi convulsi
e con le sue arterie impoverite. Soltanto l'odio ha la potenza di agitare le sue mem-
bra paralizzata. Soltanto le più putride menzogne le restano per balsamo alle sue
piaghe. Mentre le minacce oscure rombano sul suo capo ingombro di pensieri morti,
ella socchiude gli occhi loschi intenta a leccare e a riscaldare col suo fiato grosso
i due suoi aborti mostruosi : il Trattato di Versaglia e la Lega delle Nazioni.
Questa sembra un'imagine cruda, e non è se non una esatta figura.
Io credo che la Conferenza di Washington valga a scongiunrare i pericoli
imminenti e a risolvere i tremendi problemi. Ma essa avrà compiuta un'opera
d'incalcolabile efficacia ponendo il popolo americano sinceramente davanti all'Eu-
ropa smascherata e ponendo l'Europa stessa dinanzi alle sue proprie colpe e alle
proprie sue ruine.
Già l'Italia, sola fra le Nazioni alleate, potendo evitare la guerra e rimanere
spettatrice inerte, si sollevò liberamente in armi non tanto per la riconquista del
suo retaggio quanto per la salvezza di tutto ciò che nei secoli nati da Roma fu la
nobiltà dell'uomo libero. Ella si armò, come il popolo degli Stati Uniti, per una
ragione ideale, per una rivendicazione eroica. Il suo atto spontaneo, come quello
compiuto dalla gente di Giorgio Washington, ebbe la bellezza di un sacrifizio
offerto alla speranza dell'uomo.
Così oggi l'Italia vittoriosa e povera, defraudata della sua giusta parte e im-
mune d'ogni vile cupidigia coperta o palese, può con fronte alta e con voce sicura
pronunziare una parola degna deira\^-enire, al cospetto di quel Campidoglio che
la gente di Abramo Lincoln costrusse non in commemorazione del monumento
più illustre ma in gloria della più alta dignità umana.
24 novembre 1921.
GABRIELE D'ANNUNZIO
NUOVI ORIZZONTI DI VITA ITALIANA
II Partito Nazionale Fascista milizia volontaria al servizio della Nazione
IL MANIFESTO DELLA DIREZIONE
ASSUMENDO la Direzione del Partito Nazionale Fascista, salutiamo i nostri
Morti, salutiamo i Militi del nostro Esercito, salutiamo tutti gli Italiani
credenti nella grandezza d'Italia !
Il Movimento fascista trasformatosi, per concorde volere dei rappresentanti
i Fasci di Combattimento convenuti a Roma, in Partito politico, nulla ha da rin-
negare di quella che è stata la sua storia intessuta di sacri-
fici e santificata dal sangue dei suoi Martiri.
La trasformazione del Movimento in Partito è per-
tanto uno sforzo rivolto a saldare e ad inquadrare in una
più ferrea disciplina quanti intendono di essere soldati ob-
bedienti sotto i nostri Gagliardetti di Combattimento; è la
manifestazione di una volontà più decisa a contribuire all'opera di ricostruzione
del Paese; è il bisogno di un più preciso programma per differenziarci e indivi-
duarci fra quanti altri movimenti e partiti tendono al governo del Paese.
Oggi, come ieri, il Fascismo rivendica il titolo d'onore che è la base della sua
medesima esistenza e lo spirito animatore di ogni suo atteggiamento : Noi siamo
una milizia volontaria posta al servizio della Nazione.
Saremo con lo Stato e per lo Stato tutte le volte che esso si addimostrerà
geloso custode e difensore e propagatore della tradizione nazionale, del sentimento
nazionale, della volontà nazionale, capace d'imporre a tutti i costi la sua autorità.
Ci sostituiremo allo Stato tutte le volte che esso si manifesterà incapace di
fronteggiare e di combattere, senza indulgenze funeste, le cause e gli elementi di
disgregazione interiore dei principii della solidarietà nazionale.
Ci schiereremo contro lo Stato qualora esso dovesse cadere nelle mani di coloro
che minacciano e attentano all'avvenire del Paese.
L' "Italia innanzi tutto, l'Italia sopratutto" : questo il programma di ieri, questo
il programma d* oggi e di domani.
\'iva l'Italia ! Viva il Fascismo !
La Direzione del Partito Nazionale Fasci-
sta — Mussolini - Grandi - Marsich - Dudan
- Sansanellì - Bolzon - Calza Bini - Bastia-
nini - Rocca - Postiglione — Il Segretario
Generale: Michele Bianchi.
NAZIONE E STATO
Noi partiamo dal concetto di Nazione. Per noi la Nazione è un fatto che non
può essere né cancellato né superato, quindi noi siamo in posizione di netta antitesi
contro tutti gli internazionalismi. Con questo non vogliamo metterci contro tutte
le ideologie umanitarie. Si può sognare tutto, possiamo sognare una umanità in
cui gli uomini siano tutti fratelli, in cui ci si strugga d'amore gli uni per gli altri,
in cui veramente, come nel romanzo zoliano, si prendano gli ultimi fucili e si sep-
pelliscano sotto la terra che deve fecondare in buon pane per gli uomini. Ma noi
non dobbiamo costruire sulle sabbie mobili dell'utopia: dobbiamo costruire sulla
660 II, CARROCCIO
realtà. Noi non vediamo niente nell'attuale mondo che ci autorizzi a sognare che
questo millennio della fratellanza universale sia imminente. Se verrà, siccome noi
non siamo dei cannibali ed in fondo siamo degli uomini, non saremo noi gli ultimi
a compiacercene.
Dalla Nazione arriviamo allo Stato. Che cosa è lo Stato? Esso nella sua
espressione tangibile è un governo, ma lo Stato siamo noi. Noi vogliamo, appunto,
attraverso ad un processo, identificare la Nazione con lo Stato e vogliamo quindi
che lo Stato, interprete supremo dell'anima e della volontà nazionale, instauri senza
indugio la sua autorità che deve valere per tutti contro tutti, altrimenti si va al
frazionamento indefinito delle frazioni e degli individui e si va al caos. — Musso-
lini. (Discorso-programma al Congresso di Roma).
I POPOLI CARNE-VIVA
L'Italia ha subito questi decenni di travaglio nazionale, durante i quali un
solo uomo è apparso veramente grande ed ebbe il coraggio — lo dico perchè siamo
tra fascisti, parlo di Francesco Crispi — ebbe il coraggio, in un momento in cui
l'Italia sembrava essere dominata dalla politica del piede di casa, di portare l'Italia
nel Mediterraneo, in Africa, perchè sentiva che non ci può essere grandezza na-
zionale se la Nazione stessa non è sospinta da una idea di impero. Noi parliamo
di impero dal punto di vista spirituale ed economico, che è poi un bisogno istintivo
di tutti gli individui, perchè ogni individuo è imperialista in un certo senso, quando
cerca di farsi largo nella vita, e quando i popoli non sentono più questo aculeo non
è carne viva ; quando i popoli si racchiudono nella loro casa per contemplarla e
per diventarne gli abitatori abbrutiti, allora è il popolo che si avvicina fatalmente
alla decadenza e alla morte. — Mussolini. (Idem).
LA DISCIPLINA
C'è un punto, a proposito di questo scottante argomento della disciplina, sul
quale i nostri censori sono vivamente pregati di riflettere ed è questo: i capi del
Fascismo hanno dimostrato di possedere quello che manca ai miserabili demagoghi
di tutti gli altri partiti : il coraggio di dire la verità anche e sopratutto ai propri
gregari. Il richiamo alla disciplina che io ho fatto alle. folle fasciste dell'Augusteo,
era sempre in termini aspri e durissimi. Se tutti i fascisti, dal primo all'ultimo,
non lo hanno seguito alla lettera, dipende dal fatto da me ammesso in principio di
questa nota: e che cioè la disciplina non è ancora perfettissima. Ma lo diverrà.
I nostri avversari sono pregati di prendere atto che capi e gregari faranno tutto il
possibile; tenderanno tutte le loro energie per sempre più e meglio disciplinare
le masse del Partito Nazionale Fascista. Moltissimo si è fatto in questa direzione,
ma non si fallirà alla mèta. Dopo di che vedremo a chi spetta l'onere e l'onore di
governare l'Italia. — Mussolini.
UN TITOLO D'ORGOGLIO
Finito lo spettacolo del fascista liberale, nazionalista, democratico e magari
popolare, ci saranno solo dei fascisti. Questa individuazione è un segno di forza
e di vita. E' una vittoria. Una grande vittoria. Un titolo d'orgoglio. Il Fascismo
è destinato a rappresentare nella storia della politica italiana una sintesi fra le
tesi indistruttibili dell'economia liberale e le nuove forze del mondo operaio. E'
questa sintesi che può avviare l'Italia alla sua fortuna. — Mussolini.
DANTE IN AMERICA
Address at Union College, Schcncctady, Oct. 10 1921, by Kenneth C. M. Sills,
Presidcnt of Bowdoiìi College
A FEW years ago I stood at
Dante's tomb at Ravenna.
I happened at the time to
he the only visitor ; and the custodian,
an Itah'an of the humbler class, took
a great interest in showing me ali the
material tribntes to the poet witli
which the building is adorned, the
wreaths, the monuments, the guest
book with the names of kings and
of other mighty men ; tlien with a
gesture that swept into its grasp the
tomb and ali its contents, the old man
exclaimed,
Tutto questo è splendido; ma Dante
è un sì grande poeta che non ha bisogno
di tutto questo.
I bave often pondered on that
remark, not merely because it shows
how^ real is the hold which Dante
has upon bis people, but because it
has a special truth ali its own. This
year with ali the celebrations con-
nected with the six hundredth anni-
versary of Dante's death we must
remember that the fame of the poet
does not need lecture nor pageant nor poem; in his serene repose he is beyond the
reach of ali these. But we need them for our own salvation. Perhaps indeed Ame-
rica needs Dante more than does any other nation ; for we are singularly lacking
in some of those qualities that made Dante and his country so great, burning
patriotism, devotion to art and craftsmanship, insistence on the individual's respon-
sibility for his sins as for his virtucs, and intellectual reasons for belief in the
living Christian religion.
Of course the greatest influence of a poet can never be assessed. We cannot
measure what Dante has doiie for the world by the number of books written about
him, by the professorships held from Boccaccio down, even by the number of
students and readers could they be estimated. It is probably true in his case as
Napoleon remarked, that more know his name than his works ; btit even could we
make a census of ali those who bave some acquaintance with him the result would
be far short of the reality of his power. Many a man who has made no stir in
the world has had his intellectual li fé transformed by communion with Dante.
Many an artist in words has learned lessons from the great Italian even if he has
not been able to transfer them; and not a few patriots bave given themselves to
their tasks with more courage from reading of saints and heroes in the Divine
Comedy.
*,^.tll■<tl^'^.
Silver plaquette from "La Divina Commedia illustrata nei
luoghi, nelle persone e nelle cose" by Corrado Ricci
662
IL CARROCCIO
Disegno del Uuiu, iucibioue dt-Ua Rivista dei Knights of Columbus: "Columbia"
"L'anime di color citi vinse l'ira" — Inferno, vii
When, however, we turn to a consideration of the tangible influence of Dante
upon English literature, there is abundant evidence. The great Enghsh Dante
scholar, Dr. Paget Toynbee, has filled two large vohimes with an account of the
history and influence of Dante in Enghsh hterature f rom Chaucer to Cary ; and
Dr. Theodore Koch, now of the Library of Congress, wrote in 1896 for the Dante
Society an elaborate and suggestive essay 011 Dante in America. In examining
these interesting works the reader is impressed by the quahty of the men in
Enghsh and American hterature who have had the most to do with Dante. When
we read the names of Chaucer, MiUon, Gray, Shelley and Keats, of Sir Thomas
Browne, Coleridge and Ruskin, of Longfellow, Lowell, and Charles Eliot Norton,
we are reminded anew of the criticism that Dante compels attention from the
fìnest types of mind and that the true appreciation of him is one of the touchs-
tones of literary taste. Fascinating indeed would he the task to discuss at length
some of the literary problems connected with Dante's fame in English literature,
whether, for example, the poet of the Faerie Queen knew the Divine Comedy,
what prompted Milton to speak of the poem as the Paradise to which are added
the Piirgatory and the Inferno, or to follow the evolution of luterary taste through
the pseudo classical criticism of such men as Thomas Warton, who spoke of
Dante's GotJiic and extravagant innovation, although addiiig that "his grosset
improprieties discover an originality of invention and that his absurdities often
border on sublimity", through to Sir Walter Scott's view that the scheme of the
Divine Comedy was unhappy, through Landor's judgment that the Inferno was the
DANTli IN AMFCRICA 663
most immoral and impious book that ever was written, imtil we come to the
entusiastic praise of the Victorian age and of our own time.
In our own country the cause of Dante's fame is equally curious; although
much more is due to the ignorance of his works than to misinterpretation. Let me
give a few examples. Lorenzo da Ponte, who has the honor of being the first
to expound Dante to an American audience, allows that on his first visit to New
York in 1805 as little was known in that city of the Italian language and literature
as of Turkish or Chinese. In 181 5 in Boston George Ticknor could only with
great difficulty fìnd a copy of Dante and no one to help him read it. In 1832
Mrs. Trollope, the mother of the novelist, wrote in her Domestic Manners of the
Aniericans, "ali the ridi and varied eloquence of Italy from Dante to Monti is
about as much known to them as the W'elch eft'usions of Urien and Modred to
us". But the good lady overlooked some very interesting facts that show that
a few people even in those early days had welcomed Dante to these shores and
had begun to study him. Da Ponte published a part of the thirty-third canto in
1807. In 1819 an excellent essay on the poet appeared in the Norfh American
Review, and in 1822 there appeared in Philadelphia the first Dante printed in
America, Cary's translation. In 1830 a young professor of modem languages in
his inaugurai address at Bowdoin College w-rites as follows:
"Throughout the Divina Commedia of Dante it is easy to trace the
working of the politicai and religious character of his age. Whether he
leads you to the peaceful shades of Paradise and describes the immortai
pleasures of the house not made with hands eternai in the heavens, or
enters that broad gate over which is inscribed :
Through me ye pass into the city of woc
Through me ye pass into eternai pain
Through me among the people lost for ave
it is but a transcript of the stirring thoughts which agitated not only his
own vision but the visions of the crowd around him, of his paternal city,
of his native province, of ali Italy".
It was indeed Longfellow who did more than any other one man to bring
America out of its dark Gothic night of ignorance of Dante. He took his first
Italian lessons in Paris the year after he graduated from Bowdoin in the famous
class of 1825; and from that time until his death he was a devoted student of the
great master. For nearly twenty years he lectured to the Italian classes in Harvard
University on Dante; in a letter written in 1843 he speaks of the divine Dante
with whom he was accustomed to begin the morning. The fruit of ali these labors
was the well known translation which appeared complete in 1867 and which gave
a wonderful impetus to the study of Dante in America. The translation is very
laithful and occasionally from that fact is lacking in music and rhythm. Long-
fellow always put first faithfulness to the originai. "A great many people think",
he says in one of his letters, "that a translation ought not to be too faithful; that
the writer should put himself into it as well as his originai; that it should be
Homer and Co. or Dante and Co. ; and that what the foreign author really says
should be falsified or modified if thcreby the smoothness of the verse can be im-
]:)roved. On the contrary I maintain that a translator like a witness on the stand
should hold up his right band and swear to 'teli the truth, the whole truth and noth-
ing but the truth' ". But successful as Longfellow's translation undeniably is,
since in John Fiske's words it will always associate his name with that of the
664 II* CARROCCIO
great Fiorentine, he made two other contributions of even greater interest, the
notes and the sonnets. The notes are not intended as a commentary but are given
mainly for the purposes of ekicidation and illustration. They show Longfellow's
wide reading and his devotion to Hterature and are themselves Hterary in the best
sense of the word. Thiis Longfellow's comment on the famous line in the first
canto,
reads,
Allor fu la paura un poco queta
Che nel lago del cor m'era durata,
the deep, mountain tarm of his heart, dark with its
own depth, and the shadows hanging over it.
When in the fourteenth canto Dante, speaks of Capaneus and says,
His scorn is his hcart's fittcst ornament,
Long f elio w adds,
Like Hawthorne's Scarlet Letter, at once an ornament and a punishment.
Again,
Dante makes as short work with these usurers as if he liad been a
curious traveller walking through the Ghetto of Rome or the Judengasse
of Frankfort,
or more seriously in commentig on a line in the Paradise,
Dante had evidently in mind the beautiful wise words of St. Francis —
What everyone is in the eyes of God that he is and no more.
The six sonnets on Dante are, I think, the finest group of sonnets written by
an American poet. They are at once a preface and an interpretation. In language
and in technique they are worthy of the company they keep before each canticle
— And whereaver men and women of English lineage meet to honor him who
is the "star of morning and of liberty", it is appropriate that we should recali that
opening sonnet f amiliar though it be :
Oft have I seen at some cathedral door
A laborer pausing in the dust and heat
Lay down his burden and with reverent feet
Enter and cross himself and on the floor
Kneel to repeat his pater noster o'er ;
Far off the noises of the world retrcat
The loud vociferations of the Street
Becomc an indistinguishable roar.
So, as I enter bere from day to day,
And leave my burden at this minster gate,
Kneeling in prayer and not ashamed to pray,
The tumult of the time disconsolate
To inartioulate nuirmurs dies away
While tlie clcrnal ages watch and wait.
Mudi therefore has Longfellow done fur Dante through translation, through
notes, through sonnets. But especially on an anniversary occasion such as this we
ought not for a moment to forget that the debt is not ali on one side. Dante has
•done much for Longfellow. There is no doubt that he has caught something of
the fair new stylc — the dolce stil nuovo of the Italian, and lifelong communion
DANTE IN AMERICA
665
Disegno del Dorè; incisione della Rivista dei Knights of Columbus: "Columbia"
GL'INNOCENTI — Inferno, iv
vvith Dante has given Longfellow something more important — a spiritual and
intellectual background that was not everywhere apparent in his earlier work.
It is the fashion nowadays to speak pleasantly of Longfellow; but the radicai young
critics delight to teli us that his day is done because they say his intellect and
originality are small. But no man can translate Dante and interpret the power of
Dante as Longfellow has done unless he has in himself unusual forces of poesy
and of mind. Furthermore, it is interesting to note that when Longfellow was
uneasy of spirit and tired out poetically he would go back to Dante and work
on his translation until the impulse to creation again carne. Dr. Koch calls attention
to the interesting fact that when in the creative mood Longfellow translated but
little or nothing; and when devoting himself to Dante he held his forces of
originai composition in abeyance. Assuredly the most popular if not indeed in
other ways the greatest and most representative American poet is proud to acknow-
ledge his indebtedness to the great seer of Italy. It is pleasant and stimulating
to reflect upon the literary relations of Longfellow and Dante whenever as in
this evening American and Italians meet together.
In 1843 a little pamphlet in stifif brown covers was issued in Boston under the
title Tìie First Tcn Cantos of the "Inferno" of Dante Alighieri newly translated
into English Verse. It bore no author's name but was preceded by a poem in
seven stanzas On a Bust of Dante. The little hook received scant attention; but
as the years went on and Dr. Parsons continued his translations, scholars and
writers agreed that in him America had a poet of a very high order and a translator
(£(ì ■ .II, CARROCCIO
worthy of a place dose to Longfellow. Like so many other followers of the
Fiorentine, Dr. Parsons gave to Dante the study of a life time. One of his bio-
graphers tells us that he learned the Paradise by heart walking the streets of Flo-
rence and Ravenna when a mere youth. And his translation is a lasting memorial
to Dante. I bave often thought that his fine lìnes On a Busi of Dante should be
much more widely known, especially. the stanza:
Faithful if this'wan image be
No dream his life was — but a fight
Could any Beatrice see
A lover in that anchorite?
To that cold Ghibelline's gloomy sight
Who could bave guessed the visions carne
Of beauty, veiled with heavenly light
In circles of eternai flame?
To another member of that high minded group that made Boston and Harvard
University illustrious in the middle of the last century is due the finest essay, the
most completely understanding interpretation of Dante in the English language.
I refer, of course, to the essay of James Russell Lowell. It is not without signifi-
cance that the greatest American critic should bave accomplished this task; for,
as Dr. Holmes wrote in a letter to Lowell, "It serves a great purpose quite inde-
pendently of its value with reference to Dante and his readers; it shows our young
American scholars that they need not be provincial in their way of thought or in
their scholarship because they happen to be born or bred in an outlying district
of the great world of letters". Lowell also belonged to the number of very distin-
gtiished scholars who bave lectured on Dante at Harvard, a group consisting only
of George Ticknor, Longfellow, Lowell, Charles Eliot Norton and Professor
Grandgent. The late Barrett Wendell has left a vivid account of Lowell's Dante
class. "Now and again some word or some passage would suggest to him a line
of thought and he would lean back on his chair and talk away across country
till he felt like stopping ; or he would thrust his hands into the lapels of his rather
shaijby sack coat and pace the end of the room with his heavy laced boots and
look at nothing in particular and discourse of things in general". And Lowell
himself gives this whimsical memory of his journal: "Down to the college and
lectured on Dante for an hour. Then came home, lit my pipe and thanked God
I had done a day's work". It was indeed one of his ideas that a man might get a
thoroughly good educati(jn out of a work like Dante's if read and studied in the
l)roper way. It was. he said in a college lecture, his own profound admiration for
the Divine Comedy that lured him into what learning he possessed. And he gave
his students advice valual)le to ali students of any age — "Confine yourself to the
sui)reme l)ooks in wliatever literature; better stili bave some one great atithor and
grow thoroughly famibar with him". And what he preached he practiced so well
that his essay is an epitome of the best that has been known or said about Dante.
More leaniecl ihan Longfellow or Lowell and of as exquisite taste, Charles
Eliot Norton deserves the title of foremost American Dante scholar, if not indeed
"the foremost Englisli-speaking Dantist of his time". Like Parsons, he began his
study in Italy and continued it until his death. In 1856 while in Rome he made
entries in liis note hook aI)out the Vita Nuova and in 1859 he published an essay
on that work in ihv Athnttic Monthly; and in 1867 he printed a complete trans-
lation. While cngagcd in this task Norton made the important discovery of the
s}-mmetrical structure of the Vita Nuova — a point that had been overlooked by
ali previous Dante scholars l)oth in Europe and America. In 1891 Norton published
DANTS IN AMERICA 667
bis prose translation o£ the Comedia. He knew, of course, the hmitations of a
prose translation; indeed, in his preface he hopes that "imagination may mould the
prose as it has mouldcd the verse". And it is on accuracy that he rehes. No
sober scholar can afford not to know Norton's work ; and the verse style is so
clear and easy that many a reader may best enjoy Dante tbrough it. Charles Eliot
Norton's death in 1908 closed a very notable chapter in the history of Dante's
fame in America. .\nd a great deal of that activity centered about him. It was
Norton who really founded the Dante Society — v^hich is. by the way, the oldest
of the existing Dante societies in the world, and it was Norton too w^ho by his
gift of books formed the nucleus of the famous collection at Harvard University.
But the activities of American Dante scholars by no means ceased with the
passing of the great literary lights who did the poet so mach honor. A famous
Italian, Pio Rajna, wrote a few years ago to the late Professor Henry Johnson of
Bowdoin College — "America may truly he proud of its Dante studies. The in-
valuable Concordanccs, the singularly sound and well balanced edition of the
Divine Poem that Grandgent has produced, the translations constitute a triad that
has not its equal anywhere. Nor elsewhere is there anything that compares with
the Dante collection of Cornell University with its precious catalogne". And
every year important contributions to every field of Dante scholarship, philological,
literary, and philosophical, are being made by American scholars. This is mani-
festly neither thè time nor the place for a catalogne of names ; but in the last
ten years there has been published one hook of such outstanding importance that
it must not pass unnoticed on such a celebration as this. The translation of the
Divine Comedy by the late Professor Henry Johnson of Bowdoin College won
immediate recognition as worthy to stand alongside of Longfellow's version. It is
the work of a scholar and a poet. Tested both by its accuracy and its music it is
in my opinion more satisfactory than any other version in English. Indeed, an
Italian critic wrote that in no other rendering of the Comedia in any language
whatsoever does the originai echo so constantly in the ear in the way that it does
in Johnson's translation. In his preface the translator writes — "As Dante is a
very great poet every quality of his style demands consideration ; his choice of
words and of their place in sentence and in line cannot be deemed fortuitous.
His firmness of phrase is that of a living organism and not of a crystal".
Much that I bave said this evening must bave been very obvious and familiar.
Nevertheless when one attempts to summarize even in-adequately the history
of Dante's fame in America, he is surprised and gratified by the sum total of the
accom])lishment. I heard the other day from an American scholar who had been
abroad this summer and had attended many Dante celebrations, that some speaker
had called attention to the fact that celebrations of the six hundredth anniversary
of Dante's death were being held in France, England, Spain, Italy, and even in
America. W'e can afford to overlook that note of condescension, because judged
by facts America has contributed as much to Dante's fame and to a proper know-
ledge of his work as has any other country except his beloved Italy. We can
hope too that for the sake of our own literary and intellectual life as a nation
we may learn to love Dante more and more, and to fìnd out, as Lowell said, that
his life and work bave in them a meaning of such depth as "few men bave meaning
enough in themselves wholly to penetrate". But the lifelong study of his volume
will avail much, for it will tease us out of our own time into eternity.
KENNETH C. II. vSIELS
B EA T R I e E
E
FROM Dantì;. Purgatorio, xxx., xxxi.
ve;n as the Blessed, at the final summons,
Shall rise up quickened, each one front his grave,
Wearing again the garments of the flesh.
So, upon that celestial chariot,
A hundred rose ad vocem tanti senis,
Ministers and messengers of life eternai.
They ali were saying, "Benedictus qui venis".
And scattering flowers above and round about,
"Manibus o date lilia plenis".
Oft have I seen, at the approach of day,
The orient sky ali stained with roseate hues.
And the other heaven with light serene adorned,
And the sun's face uprising, overshadowed,
So that, by temperate influence of vapors.
The eye sustained his aspect for long while;
Thus in the bosom of a cloud of flowers,
Which from those hands angelic were thrown up.
And down descended inside and without,
With crown of olive o'er a snow-white veil,
Appeared a lady, under a green mantle,
Vested in colors of the living flame.
Even as the snow, among the living rafters
Upon the back of Italy, congeals,
Blown on and beaten by Sclavonian winds.
And then, dissolving, filters through itself,
Whene'er the land, that loses shadow, breathes,
Like as a taper melts before a fire,
Even such I was, without a sigh or tear,
Before the song of those who chime forever
After the chiming of the eternai spheres;
But, when I heard in those sweet melodies
Compassion for me, more than had they said,
"O wherefore, lady, dost thou thus consume himf"
The ice, that was about my heart congealed,
To air and zuater changed, and in my anguish,
Through lips and eyes carne gushing from my breast.
Confusion and dismay, together mingled,
Forced such a feèble "Yes!" out of my mouth,
To understand it one had need of sight.
DANTE, MOLDgR 01^ ITALY 669
Bven as a cross-bow hreaks, when 't is discharged,
Too tensely drazvn the how-string, and the bow,
And zvith less force the arrozv hits the mark;
So I gave way beneath this heavy burden,
Gushing forth into bitter tears and sighs,
And the voice, fainting, flagged upon its passage.
HERRY WADSWORTH LONGFELLOW
DANTE, MOLDER OF ITALY
DANTE Alighieri is one of the few among the giants of the world's
literature in whom the accomplishments of the outer man matched the
dreams of dreams of the inspired seer.
Byron, to whom we can forgive many poetic sins because of his genuine
admiration for the great Fiorentine, wrote the Prophccy of Dante. The poem
is not of the highest fHght. It droops in mid-air and does not reach its attempted
crest. But the prophecy of Dante's future greatness placed by the English
poet on the Hps of the mighty Fiorentine, is well-founded. For Dante not only
created a literature, a masterpiece and a language. He made Italy. To whole
generations he personifies Italy and her ideals. His voice is hers in her sweetest
and loftiest accents. From Dante's brain and heart leaped the wisdom and
the song of his country. And if the painting and the architecture of Giotto,
Cimabue, Arnolfo and Pisano antedated the Divina Commedia the masterpieces
of their followers were deeply influenced by that incomparable teacher. The
sonnets of Petrarch slumber in Dante's Canzoni. The Madonnas of Raphael
are but pale copies of that Maiden Mother whom Alighieri so divinely celebrated
in his loveliest lyric, one that swells from that mystic fount of poesy hidden in
some vale of Paradise and known only to the Sons of God. The beauty, not
of earth, that glows on the faces of the martyrs and virgins of Fra Angelico is
but a reflection of the glory with which Dante saw them crowned in his Paradise.
Before Mìchaelangelo flung the terrors of Judgment Day on his colossal canvas,
with Dante as his guide, he had watched the writhings and the tortures of the
damned. "The whole of Italian literature", says Gaspari (Italìan Literature to
the Death of Dante: p. 332), "is full of Dante; there is scarcely a single writer
of importance who would not, in one way or another, lead us back to Dante".
The same might be said of Italian art. When Dante's thought, his dreams and
his faith, energize in his people, Italy lives, a crowned queen. When his verse
no longer sways her poets, her thinkers and her statesmen, she is faithless to
her destinies. We cannot think of the clear-running stream of Italian art and
song, without recalling the fountain-head. It is Dante Alighieri.
JOHN C. REVILLE, S. J.
La Pace all'epoca di Dante
CHI VOLESSE, Oggi che fervono
i lavori della Conferenza che
amò chiamarsi dapprima col
seducente nome del Disarmo Univer-
sale, e che poi, con maggiore since-
rità, ma ancora con lusinghiera pro-
messa, proclamò l'intenzione di offri-
re agli uomini mezzi risolutivi delle
loro vertenze, più comodi e meno costosi
che non le orrende guerre moderne, chi
volesse tornare indietro di cinque o sei
secoli e vedere quel che intorno al paci-
fismo, a leghe di governi, ad arbitrati ed
accordi avessero da dire i poeti, gli sto-
rici ed i santi del paese e del tempo del-
l'Alighieri, resterebbe forse un po' scon-
certato. Fra tanto armeggiar di principi
e imperatori, brigar di mercanti e com-
plottar di papi, in mezzo a quell'atmo-
sfera di cupo misticismo e quindi di
spensierata mondanità, in un mondo co- Dante neirattnico dii, o.ca(jn;i, ii ur^nuu, nnaie",
sì diviso e suddiviso, cercare una situa- -'"» «''"^"^ '''"'" '" ''"''' ^"';' '";"*' ''"""
zione che somigli a quella che, cinque o seicento anni appresso, la civiltà viene ad
incontrare, sarebbe un tentativo peggio che vano.
Eppure deve reggere la sentenza biblica che "non v'è nulla di nuovo sotto il
sole". Gli orrori della guerra non possono non aver repugnato anche agli uomini
d'allora, tanto più che la lotta corpo a corpo a cui si riduceva, il genere delle armi
usate, e, molte volte, la quasi consanguineità dei combattenti non potevano man-
care di rendere questa violenza raccapricciante agli occhi dei più.
Dei bagliori di pace in quel mondo di eruditi e di asceti, di gaudenti e di ca-
valieri, ci sono. Tutto sta a saperceli vedere ed interpretare. Vuol dire che, quando
unione di nazioni non vi poteva essere poiché le nazioni non erano ancor nate,
e là dove la mobilitazione si faceva suonando una campana sulla piazza e l'esercito
si formava ancora armando gli artigiani della città o assoldando una compagnia
di ventura, il pacifismo, invece di prender la forma di congressi o trattati inter-
nazionali si esprimeva con qualche sospiro di rimatore o mesto commento di cro-
nista o fervida preghiera di religioso. E' lì che, di quando in quando, si vede
biancheggiar l'ala dell'angelo della Pace: in tanta lontananza ci basterà intra-
vederla di sfuggita o raccoglierne per l'aria una piuma.
Le "bellissime favole" cavalleresche, le leggende di Artù, di Lancillotto e di
Tristano sono un terreno fecondo per queste amorose ricerche : infatti i Cavalieri,
paladini della fede e servi d'ogni nobiltà e cortesia, erano, a presentire il trionfo
della perfetta giustizia nel mondo, i più pronti. Così quelle vecchie storie d'armi
e d'amore, glorificando la missione protettrice del principe ed esaltando il sacri-
ficio suonano come un lontano preludio ai nostri appelli alla concordia mondiale.
Non si fa il giovane Tristano battezzar cavaliere al solo scopo di difendere un
debole regno contro le insidie d'un prepotente? L'attentato, si legge, era mosso
LA PACE AIvI^'EPOCA di DANTE 67 1
CO di Cornovaglia dal tracotante Amoroldo d'Irlanda di cui tutti
ore e che voleva estorcere dagli infelici soggetti di Marco un
ingiusto "pena la metà delle loro persone". Tristano che, fa-
>'era impegnato "d'essere prode, ardito e sicuro, liale e cortese
"e ogni persona menipossente alla quale fosse fatta alcuna cosa
m può tollerare questa sopercheria. Perciò ai nielli fui amha-
sciaiu - -.^.o irlandese i quali domandavano al malcapitato sovrano: "Sire, come
v'apparecchiate pel fatto del tributo? Non v'accorgete che il termine è molto
breve?" con intrepido cuore risponde: "Se i nostri antecessori hanno pagato tri-
buto a quelli d'Irlanda non l'hanno pagato con ragione né con giustizia, ma per
paura e forza. E noi non vogliamo pagare, ne osservare la legge antica degli im-
peratori che per la for^a e potenza signoreggiavano, ma vogliamo osservare la legge
di Dio al quale piace non per potenza ma per ragione e per giustizia si possieda, non
per forza o per rapina facendo obbligare le genti e i paesi indegnamente".
Nel suo mondo ristretto, nella maniera che poteva, Tristano è il campione
delle piccole nazionalità oppresse, le più bisognose, oggi pure, della cavalleresca
protezione dei forti. Ed è ben lui quegli che, per quanto prigioniero alla corte del
re Languis, riaiterma in presenza della famosa "Isotta la bionda" la vera funzione
reale : "E sì vi ricordo che voi siete re : e re non è altro dire che scudo e lancia ed
elmo: cioè capo, guida, mantenimento di vera giustizia, difenditore della verità".
Da queste leggende d'amori e di tornei che, cantate dai trovatori dinanzi ai
troni ed agli angoli delle strade, finivano per correre sulla bocca di tutti, salendo
ai Florilegi di sentenze e Tesori d'insegnamenti dovuti alle fatiche dei dottori di
Bologna, ecco ci si offre un pensiero ed un voto di pace di Ser Brunetto Latini,
colui che sapeva insegnare perfino all'Alighieri "come l'uom s'eterna". Interro-
gata la natura, essa gli rivela come ognuno nasce alla famiglia imprima e subito
dopo alla patria "al padre ed al parente e poi al suo comuno". I doveri civici sono
dunque secondi solo a quelli verso la famiglia, ma, purtroppo, quanto poco e male
si adempiono ! Il "comuno" di Ser Brunetto è tanto straziato dai partiti che egli
se ne rammarica tutto dolente e preoccupato :
Ond'io non so nessuno
ch'io volessi vedere
la mia cittade avere
del tutto alla^sua guisa,
né che f osse";divisa ;
OTO tutti per comune
tirassero una fune,
di pace e di ben fare.
Allarghiamo il comune, allunghiamo la corda avvolgendola magari attorno
al mondo e siamo quasi quasi alla Conferenza di Washington dove tutti i delegati
son chiamati a tirare la stessa fune "di pace e di ben fare".
Ma, ahimè, che ognuno vuol sempre tirare dalla parte del proprio vantaggio !
Questa è la radice di tutti i mali della "città partita", che a Chiaro Davanzati, altra
poeta d'allora, strappa un verso veemente:
Ahi, dolce e gaia terra fiorentina
chi in prima disse parte
fra li tuoi figli tormentato sia!
Per questo i seminatori di discordie li troviamo precipitati alla nona bolgia e
martoriati dalla spada del Diavolo : mentre che là dove "si ristora l'amor del bene",
cioè nel quarto girone del sacro monte del Ravvedimento, vagola quell'Angelo di
Pace che dalla fronte del Poeta cancella il peccato dell' "ira mala" :
672 n. CARROCCIO
sentì' mi presso quasi un muover d'ala
'"-' e ventarmi sul viso e dir "Beati
Pacifici" !...
Quest'accenno alle beatitudini richiama alla mente un beato dell'amore e della
fratellanza, Francesco d'Assisi, cantore di Frate Sole e Suora Morte, perfino di
Frate Lupo, il lupo feroce e implacabile come un esercito invasore, che faceva
andar armati tutti gli abitanti di Gubbio e del contado.
Non posso resistere alla soavità del racconto di questo incontro fra pace e
guerra, nel quale il serafico Poverello comanda "al lupo grandissimo, dalla parte
di Cristo, che non facci male né a lui né a persona. Mirabil cosa ! Immantinente
che San Francesco ebbe fatto il segno della croce, il lupo terribile chiude la boc-
ca.... e viene mansuetamente come un agnello a gittarsi ai piedi del Santo a giacere".
Ma non bastava aver domato l'avversario: ci voleva, e ci fu un vero proto-
collo di pace.
Dopo averlo rimproverato dell'ardire "di uccidere uomini fatti alla immagine
di Dio" il Santo propone: "Io voglio, frate Lupo, far la pace fra te e costoro".
E quello "con atti del corpo, di coda e d'occhi" a significare il suo assenso. Allora,
constatate le buone intenzioni, ecco le garanzie che il Santo avvedutamente sugge-
risce : "Poiché ti piace di fare e di tenere questa pace, io ti prometto ch'io ti farò
dare le spese continuamente dagli uomini di questa terra, sicché tu non patirai
più di fame (la fame, notiamolo di passaggio, é una attenuante perfino per il più
santo dei Santi) "ma io voglio che tu mi prometta che non nuocerai mai a nessuna
persona umana né ad animale. Promettimi tu questo?" Il lupo, inclinando il capo,
gli faceva segno di sì : ma al paciere non basta : egli desidera una conferma mag-
giore e quando il nemico gli pone la zampa in mano "dimesticamente, dandogli
quello segnale di fede che potea" esclama trionfante : "Andiamo dunque a fermare
questa pace nel nome di Dio". Infine, sulla piazza, dopo aver predicato alla gente
accorsa, conclude: "Udite, fratelli miei: Frate Lupo m'ha promesso e fatto fede
di far pace con voi e di non offendervi mai : e voi gli promettete di dargli ogni dì
le cose necessarie: ed io v'entro mallevadore per lui che il patto della pace egli
osserverà fermamente".
Se la voglia di trovare un raffronto tra questo episodio e la Conferenza non
mi fa velo, una certa analogia esiste pure tra il pacifismo d'oggi e questo sforzo
di conciliazione in nome della fratellanza, con tanto di trattative e riconoscimento
di diritti e guarantigie.
Ma, se vogliano sentir parlare di pace più esplicitamente, ascoltiamo un'altra
voce pura : quella di Santa Caterina da Siena, la monaca che detta epistole ricevute
con ossequio da Papi e da potenti, la debole donna che sa mostrarsi impavida nel
biasimare Chiesa e Corti, instancabile nel rivendicare, in nome di Cristo, i diritti
degli umili, pronta all'azione come rapita nella preghiera, per la pacificazione degli
uomini, tanto da essere perfino inviata quale mediatrice tra i Fiorentini.
Nella lettera a Papa Gregorio XI ella scrive: "al nome di Gesù Cristo cro-
cifisso" che desidera veder in lui la pienezza della grazia divina "si e per siffatto
modo che voi siate strumento e cagione di pacificare tutto l'wiiverso mondo. Pre-
supponendo in lui un "affamato desiderio di pace", lo esorta a star di buon animo
che "da guerra verrà a grandissima pace, da persecuzione a grandissima unione".
Afflitta nella brama insoddisfatta di veder avverarsi in terra questo Regno di Dio,
Caterina smaniandone aggiunge: "Ed io misera non posso più aspettare: vivendo
mi par di morire vedendo tanto vituperio di Dio. Non vi dilungate però dalla pace....
che io vi dico che li lupi feroci vi metteranno il capo in grembo...."
LA PACe all'epoca di DANTR 673
In un'altra lettera allo stesso Papa, la sentiamo rimproverare che sì attenda
tanto "alla signoria e sostanza temporale che non si vegga quanta è la distruzione
dell'anime e il vituperio di Dio che seguita per la guerra". Girato intorno quel
suo sguardo materno, la JMantellata non vede altro mezzo di salvezza che l'inter-
vento dell'Eterno: "Non pare che Dio manifesti altro rimedio che quello della
pace. Pace, pace dunque per l'amor di Cristo!.... Togliete via la cagione della guerra
quanto è possibile a voi! Questa è la volontà di Dio, ch'io dicovi da parte del
dolce Gesù".
Per dolci che siano queste parole, osserva il De Santis, che quelle di Dino
Compagni al popolo di Firenze straziato dalle fazioni erano, nella loro semplicità,
ancora più tenere: "Signori — egli dice loro tentando, coU'autorità di priore, di
conciliarli: — perchè volete voi confondere e disfare una così buona città? Contro
chi volete pugnare, contro i vostri fratelli? Che vittoria ne avrete? NuU'altro che
pianto". E' lo stesso Dino che poi, abbindolato dai Neri (che lui ed i compagni
di governo chiamavano "buoni uomini" dicendo : "Voi vedete la discordia dei
cittadini, a voi la conviene pacificare : e noi a ciò vi profferiamo l'avere e le persone
con buono e leale animo") cessò dal prepararsi alla resistenza: e che, affidandosi
da quel semplice cristiano che era ai loro giuramenti, trasse i capi dei partiti nella
chiesa di San Giovanni e là li fece giurare "buona e perfetta pace". Altro che
pace ! Quelli tanto bene si armavano e complottavano che quando Carlo di Valois,
d'accordo con loro, battè alle porte di Firenze, il povero Dino si trovò alle strette.
Che fare ? L'idea che gli venne sa essa pure di pacifismo : farà così : si farà dare
una garanzia scritta che, una volta entrato, Carlo non profitterebbe dell'occasione,
che "non acquisterebbe giurisdizione, né occuperebbe niun onore della città, né per
titolo d'imperio né per altra cagione, né le leggi della città muterebbe, né l'uso".
La lettera, naturalmente, venne : ed egli racconta con una innocenza che impres-
siona : "Io f ecila copiare, e quando fu venuto, lo domandai se di sua volontà fosse
scritta. Rispose : sì certamente". Che più ? La parola d'un principe è sacra... ma
della celebre lettera fu tenuto quel conto che un altro real firmatario tenne d'un
altro famoso "pezzo di carta" qualche anno fa. Ahimè, confessa Dino pentito
"noi demmo loro intendimento di pace, mentre ci conveniva arrotare i ferri". E
dire che il Valese, che Papa Bonifacio Vili aveva mandato a Firenze come "alla
fonte dell'oro" — e non invano ci era venuto col titolo e l'ufficio di "paciaro" !
Che l'avarizia, l'amore delle ricchezze, il benessere materiale dei popoli, quella
insomma che noi chiamiamo la questione economica, entri quale elemento prepon-
derante nelle cause delle guerre lo spiegava bene il Boccaccio nel suo Commento
alla Divina Commedia, là dove illustra il senso allegorico del settimo Canto del-
l'Inferno che descrive le pene dei violenti contro al prossimo. "Poi che — egli di-
ce — tra tanta semplicità, tra tanta innocenza nella vita furon questi due pronomi
mio e tuo, seminati, tanto il santo ordine si turbò, che grandissima parte di quegli
li quali a dovere riempire in paradiso le sedie degli angioli ribelli creati furono e
sono, rovinano ad accrescere il loro numero in inferno.
"Entrato adunque co' due pronomi il veleno pestifero del voler ciascuno più
che per bisogno non gli era, nelle menti degli uomini si cominciarono li campi a
partire con le fosse, a raccogliere nelle proprie chiusure le greggi e gli armenti,
a separare le abitazioni e a prezzolar le fatiche ; e, cacciata la pace e la tranquillità
dall'animo, entrarono in loro luogo le sollecitudini, gli affanni superflui, le servi-
tudini, le maggioranze, le violenze e le guerre". E più lontano, al Canto dodicesi-
mo, parlando dei centauri che i tiranni mantenevano affogati nel lago di sangue,
aggiunge : "Come che nella presente vita sì sìa, nell'altra si dee intendere le saette
da questi centauri saettate ne' violenti, essere l'amaritudine della continua ricor-
674 II* CARROCCIO
dazione, la quale hanno delle disoneste e malvagie opere, le quali già fecero con la
forza della gente dell'arme".
Sorvolando il Boccaccio che, -nonostante se ne risentisse, conservò il sopranno-
me di "Giovanni della tranquillità", e accennando appena all'amico suo Petrarca,
troviamo che la notissima Canzone di lui ai Signori d'Italia, pur essendo un'ardente
invocazione ai principi italiani di cacciare "dalle belle contrade" le tante "pellegrine
spade" con una eroica ed unita azione d'armi, rimane tuttavia il sogno di un paci-
fista ispirato da Dio. E' a Dio infatti che il poeta si rivolge per prima cosa
dicendo :
Rettor del cielo io cheggio
che la pietà che ti condusse in terra
ti volga al tuo diletto almo paese :
Vedi, Signor cortese,
di che lievi cagion che crudel guerra
e i cor che indura e serra
Marte superbo e fiero,
apri tu. Padre, e intenerisci e snoda.
Più in là, egli che protesta di parlare "per ver dire, non per odio d'altrui,
uè per disprezzo", implora che si ascolti il lamento del popolo afflitto
e con pietà guardate
le lacrime del popol doloroso,
che sol da voi riposo
dopo Dio spera
e che si dia luogo alla concordia nel seguire l'ideale comune di ricostruzione pa-
cifica :
Piacciavi porre giù l'odio e lo sdegno,
venti contrari alla vita serena;
e quel che in altrui pena
tempo si spende, in qualche atto più degno
0 di mano o d'ingegno,
in qualche bella lode,
in qualche onesto studio si converta:
Cosi quaggiù si gode
^ e la strada del ciel si trova aperta.
Non mentiva dunque questa Canzone se andando "fra la gente altera" alla
quale l'autore la inviava poteva esclamare "Io vo' gridando: Pace, pace, pace".
Una pace da conquistarsi con l'armi era d'altronde anche quella che il grande
Ghibellino aveva invocata. Il suo sguardo divinatore, percorrendo i secoli della
storia, aveva scoperto così la radice del male della guerra: "Siccome un uomo ri-
chiede compagnia di Famiglia, così una Casa richiede una Vicinanza. E perocché
una Vicinanza non può in sé in tutto satisfare, conviene a satisfacimento di quella
essere la Città. Ancora la Città richiede alle sue arti e alla sua difensione avere
vicenda e fratellanza colle vicine cittadi : e però fu fatto il Regno. Onde poiché
l'animo umano in terminata possessione di terza non si quieti, ma sempre desideri
terra acquistare, siccome per esperienze vedemo, discordie e guerre conviene sur-
gere tra Regno e Regno ; le quali sono tribolazioni delle cittadi : e per le cittadi
delle vicinanze ; e per le vicinanze delle case ; e per le case, dell'uomo : e così si
impedisce la felicità". Dall'esame del male passando a proporre il rimedio. Dante,
che nella Chiesa non confida più in quanto "nella navicella di Piero il nocchiero
e i naviganti dormono", soggiunge: "Il perchè a queste guerre e alle loro cagioni
torre via, conviene di necessità tutta la terra... esser Monarchia, cioè un solo
LA pace; all'epoca di dante 675
principato e un principe avere, il quale, tutto possedendo e piìi desiderare non
possendo, li re tenga contenti nei termini delli regni sicché pace intra loro sia".
Non sembri irriverente il notare questa concessione che il Sommo Poeta fa
alla debolezza umana perfino di quegli Imperatori ch'egli faceva predestinati da
Dio a liberare ogni popolo dall'oppressione, come fece Mosè per Israele; la con-
cessione cioè di un potere sconfinato, tale da assicurare la sazietà e quindi elimi-
nare il desiderio di altre conquiste. San Francesco aveva anch'egli assicurato al
Lupo di Gubbio il pasto quotidiano nello stabilire i suoi termini di pace! Ma, pur
rimanendo mortale e suscettibile di tentazioni, l'Imperatore è di Dante il grande
sospiro, la suprema speranza. Già egli, mentre era fuoruscito in Arezzo, e facente
parte di un Concilio di Dodici, aveva mostrato di non disdegnare gli arbitrati di
pace se questo aveva potuto scrivere al Cardinale Albertini da Prato nel 1304:
"Dappoiché fummo da voi ammoniti e instantemente richiesti... di por termine
ad ogni assalto ed uso di guerra... noi figliuoli a voi devotissimi e della pace e della
giustizia amatori, deposte oggimai le spade con sincera e spontanea volontà ci sot-
toponiamo al vostro arbitrio.... Per la qual cosa con filial voce e col massimo
atìfetto alla clementissima pietà vostra supplichiamo che vogliate irrigare del sopore
di tranquillità e di pace a quella già da lungo tempo tempestosa Firenze". Ma per
lui l'alba della pace vera non parve giunta che quando s'aiìfacciò alle Alpi Arri-
go \ II, la cui discesa egli, nella lettera che in quell'occasione diresse ai sovrani, ai
senatori, ai principi italiani, salutò con queste commosse parole: "Ecco ora il tempo
accettevole nel quale sorgono i segni di consolazione e di pace. Novello giorno
risplende mostrando l'alba che già dirada le tenebre della lunga calamità.... Ben
tosto vedremo l'aspettata gioia anche noi che pernottammo gran tempo nel deserto ;
imperocché si leverà il pacifico sole: e la giustizia.... rinverdirà". Nella venuta
di Arrigo egli vede la consolazione aspettata: "Voi che oppressi piangete, sollevate
l'animo perocché la vostra salute è vicina. Prendete il rastrello della buona umiltà
e rotte le zolle dell'arida animosità, appianate il campicello della vostra mente,
affinché la rugiada celeste.... non cada indarno dall'alto.... ma come fertile valle
concepite e germogliate verdura, verdura dico fruttifera di vera pace".
Per Lui era la Provvidenza di Dio che nella sua bontà aveva disposto l'as-
servimento del mondo all'impero dei Romani "affinché sotto la serenità di sì ec-
celso governo il genere umano si stesse in pace". Infatti egli considera in una sua
epistola ai fiorentini che "quando il seggio augustale è vacante, tutto il mondo
disvia del retto sentiero.... e la misera Italia, lasciata sola in abbandono a private
signorie e destituta di pubblico reggimento, da quale e quanta tempesta di venti
e di flutto sia agitata non varrebbero parole a significarlo".
Angosciato dallo spettacolo di questa povera Italia in tumulto, un successore
di Dante, Fazio degli Uberti poeta ghibellino, si dirige anche lui ad un imperatore,
restìo questo, a compiere tale "alto uffizio d'imperio". Ma, lunge dall'assomi-
gliarlo a ]\Iosè liberatore o ad applicare a lui le profezie delle Sacre Scritture
come aveva fatto Dante per Arrigo VII, lo investe, nella sua cocente delusione,
con parole che sono altrettante bestemmie, esclamando:
Di quel tu possa ber che bevve Crasso
e veder le tue membra come Mario,
o come Sceva sia di piaghe vario,
o divegni mendico come Oreste....
o qual ebbe Tarpea abbia salario
o quanto a Giob ti vengano moleste...
.sappi ch'io son l'Italia che ti parlo,
di Luzinburgo ignominioso Carlo.
0^6 IL CARROCCIO
L'impero egli vorrebbe togliere dalle mani di questo e di altri reggitori "che
d'aquila un allocco n'hanno fatto", e rievocata l'antica grandezza di Roma, fa
lamentar dall'Italia i prodi figli "i quali col senno loro domaro il mondo e rifor-
marlo in pace". Poi, calmata nell'invettiva la collera, Fazio torna a sognare
un vertudioso re che ragion tegna
e la ragion dell'impero mantegna
sicché, come il pensier, passi oltre mare.
facendo ognun tremare
ch'arme prendesse contro la sua insegna.
Roma gli parla nuovamente, la Roma stanca, orbata dei valorosi suoi difen-
sori, tradita dal Senato che la lascia a piangere di fuori, umiliata ma non dispe-
rata ancora, se riprende:
O figliuol mio
da quanta crudel guerra
tutti insieme verremo a dolce pace
se l'Italia soggiace
a un solo re....
Questa idea che la pace stia nel regnar d'un solo, di un unico "nocchiere che
considerando le diverse condizioni del mondo e li diversi e necessari uffici ordi-
nando, abbia del tutto universale e irrepugnabile ufficio di condannare" non è
tramontata. Del trattato De Monarchia dice il De Santis che "ci era in germe
tutto l'avvenire; ci era l'afifrancamento del laicato e l'avviamento a più larghe
unità" e prosegue : "Qui al di là del comune vedi la nazione, e al di là della na-
zione l'umanità, la confederazione delle nazioni. lira un'utopia die segnava la
via della .storia".
Ora, in questo concetto di un Imperatore mandatario di Dio, "di tutti i co-
mandamenti comandatore e a tutti legge", non oso dir che debba scorgersi sen-
z'altro simboleggiato il Tribunale dell'Aja e il Concilio della Lega delle Nazioni.
Però non è privo di significato il fatto che nella primavera dello scorso anno com-
parve per esempio, in un notissimo settimanale degli Stati Uniti una serie di arti-
coli del sociologo e scrittore inglese H. C. Wells, uno dei quali parlava dell'iinmi-
nente avvento dello Stato mondiale, di cui anzi si delineavano le forme con la
tranquillità della convinzione assoluta, discutendosi persino il carattere del fu-
turo presidente della terra....
La Conferenza sulla limitazione degli Armamenti, quali che debbano essere
i suoi risultati, è un fatto positivo di vastità e importanza mai finora raggiunte.
E per quanto non ci sia da illudersi che resti impenetrabile ad influenze egoistiche
e sia al contrario da attendersi che, a vietare alla pace la via, stiano come deplo-
rava il nostro Fazio nella lirica sopra citata, "Superbia, Invidia ed Avarizia ria",
rappresenta sempre un trionfo sull'egoismo umano o per lo meno un tentativo
degli uomini di svincolarsene.
Perciò queste poche fronde d'olivo, raccolte pei campi ove passò la figura
maestosa del Grande pellegrino che Pace andava cercando come supremo bene,
si raccolgono con animo specialmente grato oggi quando il cielo tanto piiì vasto
del mondo è tutto invaso dal solenne e trionfante scampanìo che parte da questo
punto della terra soprannominata della Libertà.
Wahington, D. C.
EMMA CHIERA (Hérica)
La Vittoria velata di nero
Dalla schiera non breve dei "veggenti del liberato avvenire" —
come D'Annuncio cliiamò in un messaggio all'America, coloro che
diedero le pupille alla Patria serbando intatta sulla retina, chiara,
l'ulìinia visione del mondo intravisto dai liberatori nell'ora mortale
del cimento — il Cakkoccio trae un nuovo suo collaboratore. E'
un altro milite volontario della nostra battaglia; un nuovo espres-
sore di verità di fede di amore, che spazia nei cieli dell'anima e,
travarcando l'oceano, giunge a noi, a parlarci dell'Italia rinata
che non vuole perire, com'è giusto nel suo destino d'immortalità.
In queste pagine son passate le figure di due gloriosissimi
ciechi di guerra: di Carlo Delcroi.v e di Aurelio Nicolodi —
di due apostoli, uno della parola, l'altro della salvezza spirituale
dei coìiipagni raccolti nel suo Istituto del Ciechi a Firenze.
Ecco, oggi, Feliciano Lepore. Tanto giovane, e già tanto veg-
gente!... E' nato a Napoli nel 1895. Da ufficiale di complemento
stette al fronte dal 1915 al 1917. Dal 139. Fanteria passò al pri-
mo Reggimento Alpini, al comando d'un reparto d'assalto. Era
stato già ferito due volte, nel '15 e nel '16, quando, nel giugno '17,
partecipò alla presa dell'Ortigara. Qui una scheggia di granata austriaca lo colpiva agli occhi,
rendendolo del tutto cieco. Tornato a Napoli, riprendeva i suoi studi all'università, e si laureava
dottore in lettere. Attualmente insegna storia nel Collegio Militare di Napoli. E' decorato di
tre medaglie al valore, della croce di guerra, della croce di cavaliere della Corona d'Italia per
merito di guerra.
Assidua sarà la collaborazione al Carroccio di questo superbo campione del valore e del
sacrificio italiano. Lo scritto d'oggi prelude ad una serie di articoli sul tributo che l'Italia ha
dato alla civiltà in tutti i secoli della sua storia.
FELICIANO LEPORE
LA Nazione Italiana, dopo tre anni di colpevole silenzio, ha celebrato
finalmente la sua memorabile Vittoria con una cerimonia che racchiude
in sé tutta la santità di un rito. Le ceneri di uno dei suoi figli, che alla
Patria diedero tutto, anche il loro nome, sono state tumulate sull'Altare della Pa-
tria. 11 monumento che la terza Italia eresse al primo suo Re, l'Altare sacro agli
Italiani finora solamente per virtù di simbolo, ha avuto nello scorso novembre la
sua consacrazione e il suo tabernacolo, tabernacolo che racchiude col corpo del suo
redentore ignoto, il conosciuto spirito di sacrificio dei cinquecentomila morti d'Italia.
Il popolo italiano ha voluto con quel rito non solamente celebrare il sacrificio
vittorioso dei suoi figli, non solamente esprimere tutta la sua riconoscenza ai caduti
dell'ultima guerra, ma sopratutto compiere un solenne atto di fede. Quel taber-
nacolo dovrà, come un faro, illuminare la fosca notte, calata a un tratto nel bel
cielo d'Italia dopo le vivide fiamme della Vittoria. Dovrà additare la meta all'I-
talia, nave gettata dall'insipienza dei suoi governanti, dal vento infido delle na-
zioni alleate, dalle correnti antinazionali e rivoluzionarie nel burrascoso oceano
dell'incertezza.
Dopo tre anni di oblìo gl'Italiani ritornano al culto dei loro morti e richia-
mano, con la salma di un ignoto, lo spirito di tutti coloro che si sacrificarono,
perchè il progresso non fosse fermato dagli urli dei quattrocentoventi, la civiltà
non fosse strozzata dalla rozza e pesante mano teutonica, la felicità ventura dei
loro figli non più insidiata dal secolare nemico. L'Ignoto Eroe è stato richiamato
dal suo calvario, deposto dalla sua croce e sepolto in Roma eterna, per la speranza
che egli pure risorga nel terzo dì, e riafifermi al suo Popolo quella triplice verità,
che già scrisse col suo sangue : Non v'è progresso senza sacrificio, libertà senza
disciplina, gioia senza dolore.
678
IL CARROCCIO
DA AQUILEIA A ROMA — TUTTA L'ITALIA INGINOCCHIATA AL PASSAGGIO DEL FIGLIO DEL POPOLO
Finché gl'Italiani non accetteranno e comprenderanno la fatale necessità del
sacrificio e del lavoro, sole forze che possono elevare ed eternare un popolo, non
avranno la pace. La Vittoria apparirà velata di nero, poiché non sarà stato da tutti
compreso che essa non dava soltanto un nuovo confine alla Patria, ma un nuovo
orizzonte allo spirito nazionale.
Se l'egoismo, l'avidità, l'afìfarismo delle altre nazioni hanno privato l'Italia
del buon frutto della Vittoria, dando ad essa soltanto le briciole del banchetto di
Versailles, l'incoscienza, l'avarizia e la mala fede di alcuni uomini e di alcune
classi l'hanno privata di quei risultati spirituali e morali, cui maggiormente aspi-
rava la gioventù, che aveva voluto e fatta la guerra.
Ben pochi, oggi, considerano i fini spirituali che i giovani combattenti si pro-
ponevano di raggiungere con la guerra e che, purtroppo, non si sono realizzati.
Eppure essi hanno ini'importanza maggiore dei fini politici, poiché i secondi sono
una conseguenza dei primi.
Chi scrive non pensa che la guerra sia stata un'inutile strage, come predicano
coloro che dopo di averla sabotata per il proprio interesse o per quello di un par-
tito, profittano ora del generale traviamento per sfruttarne a proprio vantaggio
tutto il dolore, ma ritiene che gli effetti rinnovatori di essa non ancora si scorgono,
j)erché ritardati da cause estranee. Certo invano li attenderemo per un prossimo
domani, se si permetterà ancora che quelle cause continuino la loro azione dissol-
vente e corruttrice.
Quale fede irraggiò nei puri cuori dei giovani, che accettarono la dura neces-
sità della guerra, anzi la vollero? Quale ideale, quale splendida aurora sorrideva
al di là della notte di martirio? Quale speranza, quale sole era al sommo del loro
calvario ?
La gioventiì d'Italia sentì, con quell'intuizione che nei giovani felicemente
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IL MILITE IGNOTO IN TRIONFO
IL RE SEGUE IL SARCOFAGO
LE "MEDAGLIE D'ORO" CHE POETANO IL COMPAGNO
I,A VITTORIA VELATA DI NERO 68 1
sostituisce l'esperienza, essere giunta l'ora di sciogliere il voto dei padri, e di ricon-
durre tutti gl'italiani all'Italia e tutta l'Italia agli Italiani. Sentì che un tragico
l)ivio si apriva dinanzi alla storia della Patria, e che mi dilemma terribilmente
shakespeariano era proposto dall'avvenire al popolo italiano : Essere ovvcr non
essere. ( ) l'Italia prendeva parte alla guerra e s'acquistava il diritto per la sua
storia futura, ovvero rinunziava, ])er conservar la sua pace, a tutto il suo passato
e alla considei azione di grande p^otenza conquistata con sacrilìci e sforzi immensi.
La gioventù italiana non esitò nella scelta, ma insieme ai fmi immediati e
pratici altri ne vagheggiò. Sperarono i giovani che nella titanica lotta gl'Italiani
avrel)bero acquistato una maggiore coscienza del proprio valore e una più intima
e più sincera religione della Patria. La trincea, la comune fede, lo stesso spirito
di sacrificio, la perfetta comunione delle anime avrebbe fatto nascere quella soli-
darietà umana, que.lo spirito di fratellanza, che unendo gli uomini di tutte le classi
e di tutte le in<loli, fa procedere un popolo rapidamente nel luminoso cammino
della civiltà.
La Nazione, da tempo, dopo aver ottenuto la sua indipendenza e libertà, s'era
adagiata a poco a poco in dolce torpore, cullata dalla vanità, soltanto dalla vanità,
del suo glorioso passato. La guerra l'avrebbe risvegliata a nuova vita, e l'immenso
sacrificio avrebbe parlato al suo cuore.
Come nella trincea ogni soldato si sarebbe sacrificato per tutti, così ogni sin-
golo cittadino avrebbe imparato a sacrificarsi per la collettività, e l'esempio dell'im-
menso dolore serenamente sofìferto, del triste presente eroicamente accettato per
un migliore domani, avrebbe insegnato al popolo che la sua vita non cessa con
l'individuo, ma eternamente dura.
La guerra insomma, nel concetto della gioventù, era la grande rinnovatrice
e redentrice della vita nazionale in tutte le sue manifestazioni, non esclusa la po-
litica languente e flaccida, monopolizzata da pochi idoli sorretti da molti mezzani.
Poteva la guerra produrre tutti questi l)enefici efifetti ? Senza dubbio la guerra
è una strage, ma innegabili sono i suoi alti vantaggi morali, e anche oggi, pur con-
statando che molte di quelle speranze sono state deluse non possiamo negare che
la .società di oggi è in progresso rispetto a quella del 191 5. Infatti essa ha la co-
scienza del suo mancato rinnovamento e ne abbiamo la proy^ osservando il grave
malcontentfj che agita la Nazione Italiana e il desiderio d'innovazioni generalmente
sentito.
A torto si crede quel malcontento una conseguenza della guerra : esso è invece
una conseguenza dei non realizzati fini di essa. Se per poco consideriamo ciò che
avevamo sperato e ciò che abbiamo ottenuto, sia nel campo politico che nel campo
spirituale, una grande amarezza ci vince e per non rinnegare la nostra fede, siamo
spinti a invidiare — ci perdonino i nostri morti — la sorte di coloro che ebbero
la ventura di perdere la vita e non la sapienza. Tutti i fini infatti, della guerra,
])ossiamo dire, sono stati rinnegati: l'Italia, che uscì dalla guerra con la gloria
di aver da sola inflitto un colpo decisivo e mortale allo stanco ma ancora saldo
organismo militare degl'Imperi centrali, ed ebbe il vanto di aver ridato, per la
virtù dei suoi soldati, la pace al mondo, non, ha raggiunto quei confini che la storia
e il diritto le assicuravano. Il popolo italiano ha riperduto la fiducia nel suo valore,
e la bella unità fraterna raggiunta nella trincea si è spezzata e frantumata non
appena i nostri soldati sono tornati alle loro case. Il sacrificio, l'eroismo, il disin-
teresse nulla hanno insegnato; le classi agiate hanno speculato sul dolore della
guerra, e si sono arricchite a danno della collettività. La vita pubblica italiana, che
non ha mai compreso il valore storico e morale della guerra, ha continuato per la
LA VITTORIA VELATA DI NERO 683
sua china: la disonestà, l'intrigo, la menzogna, la furberia, sono ritenuti ancor
oggi, sapienza e abilità di governo, l'ambizione e l'arrivismo sono le sole qualità
dei nostri politicanti.
Dobbiamo però considerare immutabile questo stato di cose? Dobbiamo di-
chiarare la bancarotta dell'ideale e rimpiangere l'immenso sacrificio?
Già abbiamo visto come il buio di oggi sia preferibile al languido crepuscolo
dell'anteguerra, perchè esso fa sentire maggiormente bisogno della luce vivificatri-
ce: la società di oggi avendo coscienza dei suoi mali saprà ritrovare la via del
bene. Se per ora erra nella scelta dei mezzi, non dobbiamo disperare dell'avve-
nire : nel buio spesso si brancola e si smarri.sce la strada, ma quando la luce avrà
illuminato le anime degl'Italiani, allora essi sapranno ricondurre la Patria a quella
meta radiosa che ci additare no i nostri morti. Il giovane popolo d'Italia ha smar-
rito "la dritta via" e ansiosamente cerca di uscire dalla "selva selvaggia, tanto
amara, che poco è più morte" ma come il suo Divino Poeta dovrà prima rico-
noscere il bene che in essa si trova e con quella guida uscire finalmente a riveder
le stelle.
Xè possiamo duljitare della luce, perchè solo un cieco, oggi, non scorge nella
morta gora in cui viviamo, una corrente pura, sgorgata dalle vene dei nostri martiri,
alimentata dalle lagrime santamente versate da quanti soffrirono, aprirsi un varco
e muovere il fango che la riempie. Diamo forza e tempo a questa correrite e tutto
il fango sarà spazzato e. a poco a poco, vedremo salire dal fondo l'acqua chiara.
Noi traversiamo una crisi, non solamente politica, sociale ed economica, ma
sopratutto spirituale.
Le crisi dello spirito sono lunghe e tormentose ; cjuanto più lunghe e tormen-
tose non saranno allorché agitano l'anima di tutto un popolo?
L'attuale non è, come molti credono, una conseguenza della guerra; questa
non ha fatto che affrettarla e metterla in maggiore evidenza, perchè essa preesi-
steva in germe. Per spiegarcela dobbiamo risalire alle cause.
Coloro che la ritengono una conseguenza della guerra la spiegano con il dis-
sidio determinatosi in Italia dal primo apparire del conflitto europeo fra neutra-
listi e interventisti. A parer nostro questi nomi non caratterizzano la natura vera
del dissidio, il quale non consisteva nel fare o non fare la guerra, ma nello spingere
il popolo italiano ad operare e secondo due diverse concezioni della vita.
Xon tutti gl'interventisti erano spinti da un unico motivo a desiderare la
guerra, né i neutralisti avevano un motivo unico nel desiderare di conservare
la pace.
Vi erano infatti, sia tra i primi che tra i secondi, alcuni che volevano l'inter-
vento o il non intervento per motivi ideali, altri che desideravano la guerra o la
pace per motivi utilitari.
Le forze componenti, cioè, ciascuna di quelle tendenze, pur accordandosi nel
fine immediato, avevano origini e direzioni diverse, e quindi dissentivano nel fine
ultimo. Appena raggiunto lo scopo per cui si erano unite, esse si sono dissociate
per proseguire ciascuna per la sua via. In seguito abbiamo avuto altre combina-
zioni, non più ispirate dalla pregiudiziale interventista o neutralista, ma dal fine
ultimo. Si spiega così il fenomeno che Giolitti si sia, dopo la guerra, avvicinato
ai partiti nazionali, e Nitti. che pure aveva accettato il nostro intervento, si sia
invece legato ai partiti antinazionali. Avendo dunque sia l'interventismo che il
neutralismo caratteri momentanei non giovano a spiegare la crisi odierna, che è
generale ed investe non solo la nazione nel suo complesso, ma anche l'interno
delle varie classi e dei vari partiti.
684 II, CARROCCIO
Ben altre sono quindi le forze che hanno determinata e animata l'attuale crisi,
e per scorgerle dobbiamo sollevarci al disopra degli attuali organismi politici e
delle varie fazioni.
Chi ben guarda nel fondo dell'odierna situazione vedrà che il popolo si è chia-
ramente e nettamente diviso in due grandi partiti senza nome, ma non per questo
senza contenuto. Da un lato coloro che pur ritenendo la vita un gran bene, non
esitano a sacrificarla per il bene di tutti, e giudicano i fatti storici fondati su una
base ideale ed etica; da un altro lato coloro che credono la vita un bene fine a se
stesso, l'viomo solamente un animale economico, e fine supremo di ogni nazione
l'utile. L'Italia del sacrificio, dell'abnegazione, del disinteresse, l'Italia memore
del suo passato anelante a un avvenire migliore, cui tutto sottomette, contro l'Ita-
lia dell'interesse, dell'utile nazionale o privato, del benessere materiale, l'Italia
scettica che non crede né al passato né all'avvenire.
In quale rapporto sono fra loro queste due forze ?
In realtà ; noi non possiamo stabilirlo, sai perchè esso varia di giorno in giorno,
sia perchè non possiamo discendere nel fondo della coscienza popolare, sia perchè
la natura del fenomeno è tale che sfugge ad ogni controllo. Possiamo solamente
guardare agli efìfetti e chiederci: Che cosa ci ha dato l'Italia della fede e del sa
crificio ?
— Vittorio Veneto.
Che cosa l'Italia dello scetticismo e dell'interesse?
— La pace di Versailles e le tristi condizioni di oggi.
Quando tutti gl'Italiani sapranno dare il giusto valore a ciascuna di queste
due realtà storiche e si determineranno per l'una o per l'altra, allora la crisi odierna
sarà risoluta.
Accetterà il generoso popolo d'Italia il materialismo storico come suo vangelo
e l'utile come suo unico dio, o riconfermerà la fede dei suoi morti e benedirà il loro
olocausto ?
Il popolo italiano, nel terzo anniversario della Vittoria, ha richiamato lo spi-
rito dei suoi figli dalla solitudine del campo di battaglia nel cuore della sua Capitale,
e si è prostrato dinanzi alla sua bara in un religioso silenzio.
Sarà lontano ancora il dì della risurrezione?
Risorga l'ignoto redentore, per riaffermare la fede e scacciare dal tempio i
mercanti, e ridonare il sole all'Italia e l'Italia alla luce, per liberare la vinta Vittoria
dalle sue catene e dal suo funebre velo.
Napoli, 5 novembre 1921.
FELICIANO LEPORE
Per la Pace alata della nuova Italia
Come r Italia può concorrere al disarmo internazionale? Ad un lato del complicatissimo
problema risponde lo scritto che ci manda il Maggiore aviatore Luigi Falchi. E' un'opinione,
la sua, che va tenuta da conto. Si tratta di un valoroso ufficiale eh' è dei pochissimi primi
audaci creatori dell'aviazione nazionale. Fu prima a Tripoli, qiiamìo gli aerei nostri diedero
le prime prove di battaglia. Nella grande guerra fu comandante di squadriglia di Caproni;
fu al comando del quarto gruppo delle squadriglie di bombardamento ; poi, dopo essere stato
ferito, fu inviato in missione nei paesi alleati, ed a Wasliington fu messo a capo della mis-
sione aeronautica.
Ora che col pretesto del disarmo si discute degli armamenti di tutti i paesi, esporre le con-
dizioni di difesa in cui si trova l'Italia è rispoìidere alla legittima curiosità del pubblico.
Il Carroccio aggiunge al novero dei suoi numerosi collaboratori, uno specialista d'aviazione
di valore autentico — autorevole.
QUANDO, nell'ottobre 191 1, gli aviatori italiani, vincendo misoneismi incre-
dulità e resistenze molteplici, ottenevano a stento di 'esser compresi nella
spedizione di Tripoli e si accingevano a dimostrare, primi in tutto il
mondo, l'utilità e l'importanza dell'aviazione in guerra, ben pochi compresero che
l'ala fragile e veloce avrebbe, nel volgere di pochi anni, assunto valore di arma
decisiva.
Lo stesso grande conflitto europeo, malgrado l'impulso dato alla costruzione
ed all'impiego degli aerei, non giunse che a risultati parziali nella pratica e incom-
pletamente persuasivi nella fiducia dei varii stati maggiori.
Soltanto dopo di esso — quando si sono viste le cause di conflitti futuri mol-
tiplicarsi per il maggior numero di questioni nazionali che la guerra ha creato
e lasciato insolute — soltanto ora l'aviazione militare si accinge a prendere il posto
risolutivo che le spetterà in avvenire.
Primi, se non a comprenderlo, a dare esecuzione al nuovo programma sono
stati — sotto la guida della loro praticità istintiva — gli Stati Uniti con i recenti
e felici bombardamenti aerei contro navi da battaglia di prima classe.
L'Inghilterra — malgrado le agitazioni interne ed i pericoli coloniali — non
ha trascurato l'aeronautica per quanto, a nostro modesto giudizio, stia dedicando
soverchie cure al più leggero dell'aria, che non riteniamo destinato né capace di
corrispondere alle aspettative dei suoi fautori.
La Francia, unita dal proposito di affrontare un'altra guerra piuttosto che
permettere alla Germania di fortificarsi, porterà quanto prima a 21 i 14 reggi-
menti di aviatori che già possiede disponendo così, sul piede di pace, di ben 220
squadriglie delle varie specialità in piena efficienza.
Il Giappone fa ogni suo sforzo migliore per acquistarsi, anche dal lato tecnico
e costruttivo, una aviazione nazionale.
In tutti questi paesi l'aviazione civile procede di pari passo con quella mili-
tare e, mentre apre nuove e rapide vie di comunicazione, costituisce una preziosa
riserva di guerra.
E così la Germania, che freme sotto l'onta della sconfitta, alimenta con queste
ali apparentemente pacifiche i suoi sogni di rivincita.
In tutto questo fervore di armamenti aerei l'Italia che fa? Durante la guerra
essa aveva raggiunto, con la genialità sua propria e con sacrifici enormi, una pre-
parazione aeronautica meravigliosa dal lato militare, tecnico e industriale; ma, a
parer nostro, essa non ha ancora saputo trarne lo stesso profitto di altre nazioni.
Ora, prima che questa preparazione si disperda, noi vogliamo prospettare
quale, a nostro modesto giudizio, dovrebbe essere il futuro assetto aeronautico
italiano, non solo per incoraggiarne l'organizzazione in patria, ma anche per dimo-
strare alle altre potenze come e quanto facilmente l'Italia nostra potrebbe trasfor-
mare in formidabile forza efficiente la grande energia potenziale che già possiede.
686 IL CARROCCIO
L'Italia ha ormai raggiunto di fatto e di diritto, anche se parzialmente con-
trastati, i suoi confini naturali con la cintura delle Alpi, gigantesca fortificazione
che ad est con le Giulie e ad ovest con le Marittime raggiunge e si bagna nel "mar
che la circonda". Sotto la protezione di questi aliissi di granito e di acqvia la bella
penisola sembrerebbe ormai inviolabile, se essi non fossero stati conquistati proprio
(juando la loro efficacia difensiva era immensamente diminuita, perchè gli uni e
gli altri possono essere facilmente superati dagli aerei.
E' vero però che, col raggiungimento dei confini che Dio ha segnati, l'Italia
ha perduto ormai qualunque ragione di iniziativa offensiva verso le potenze vici-
ne : il suo futuro ordinamento militare, non più costretto a proteggerla da facili
incursioni territoriali, dovrà unicamente mirare all'assetto difensivo del paese per
garantirne l'inviolabilità territoriale e per assicurargli, fin dove è possibile, la libertà
dei traffici indispensabili alla sua esistenza.
Ma, per potere, in tempi di indefinito progresso aeronautico, mettere in valore
le frontiere strategiche naturali, occorre avere il dominio dell'aria. E, per tenere
il dominio del cielo nazionale, bisogna impedire agli altri di solcarlo, così come —
direbbe il signor La Palisse — per evitare la guerra non basta volerla fare, ma
bisogna potere impedire agli altri di muovercela.
E' chiaro e noto che noi non saremo mai in condizioni di contrastare il dominio
del Mediterraneo alle grandi potenze navali con i soli nostri mezzi marittimi ; e
ciò per ovvie esigenze di economia, per difetto di materiali, per situazione geo-
grafica.
Ma, d'altra arte, una saggia preparazione aeronautica può impedire alle po-
tenze concorrenti di esercitare questo predominio, perchè può neutralizzare l'effetto
della loro forza preponderante e paralizzare, con mezzi relativamente modesti,
l'azione di chiunque voglia isolare';, offenderci o navigare contro la nostra volontà.
In una parola come noi non vogliamo, per terra, eseguire alcuna sortita offen-
siva al di là della barriera naturale delle Alpi, così non intendiamo, per mare, di
navigare a dispetto degli altri e tanto meno di offendere.
Ed è questa duplice rinuncia civile quella che, in virtù dell'aviazione, oppor-
tunamente combinata con i mezzi ausiliarii, può darci il possesso di una forza
gigantesca.
Vediamo, all'atto pratico, in qual modo.
Per quanto riguarda l'aviazione terrestre occorre rafforzare le frontiere stra-
tegiche naturali con una adeguata dislocazione delle varie forze aeree specializzate
in modo che ne constituiscano la valorizzazione effettiva e garantiscano, almeno
durante il giorno, la inviolabilità della terra e del cielo nazionali. Occorre studiare
il difficile problema della difesa da incursioni notturne sfruttando il migliore o
i migliori dei sistemi già esistenti e mettendone in opera dei nuovi.
Occorre che le squadriglie da offesa sieno mantenute nel numero e nell'effi-
cienza necessarie ad esercitare l'offesa stessa nel modo più rapido ed efficace.
Occorre insomma che l'aviazione militare terrestre sia organizzata in maniera
da corrispondere non solo a quello che, in tempi aeronauticamente ormai remoti,
era il compito di altre armi, ma ad assai di più, e cioè: al blocco delle frontiere
aeree e alla protezione di quelle terrestri ; a offendere direttamente il nemico nei
punti più vitali della sua mobilitazione; a tenere l'esercito nazionale al corrente
delle operazioni avversarie ; ad assicurare, mediante l'assoluto predominio dell'aria,
lo svolgimento della mobilitazione e della attività nazionale all'interno.
Riguardo all'aviazione marittima non è necessario essere dei lupi di mare
per poter affermare che resi)erienza dell'ultima guerra ha insegnato come, nei
PER LA PACU ALATA DELLA NUOVA ITALIA 687
riguardi dell'Italia l'uso di grandi e costosissime navi da battaglia non raggiun-
gerebbe vantaggi corrispondenti agli enormi sacrifici che esse rappresentano.
La flotta austriaca venne in gran parte distrutta o immobilizzata dall'audacia
personale di pochi valorosi e dall'uso, sempre più largo, di siluranti leggere e
leggerissime.
Ora è certezza, confermata dal recente esperimento americano, che nelle pros-
sime guerre a questo naviglio leggero e veloce si aggiungeranno, ben piìi rapide
e temibili, le unità aeree per assumere il comando delle operazioni. E' dimostrato
che aeroplani e idroplani possono usare con efficacia distruttiva bombe capaci di
offendere le grandi, medie e piccole navi da battaglia, mentre queste torri d'acciaio,
queste fortezze galleggianti sono divenute dei bersagli lentamente mobili e incapaci
di sottrarsi all'offesa dei velivoli ; né è ancora detta l'ultima parola circa l'impiego
del siluro da parte di essi.
La situazione geografica della penisola e delle terre italiane nel Mediterraneo
è singolarmente favorevole all'uso più efficace dei mezzi aerei, opportunamente
coadiuvati da siluranti e, quando occorra, da squadriglie da caccia; ed è tale da
poter ridurre l'ampio bacino sotto il controllo delle nostre armi alate.
E con questo il nostro obbiettivo sarebbe raggiunto — poiché, dicevamo po-
c'anzi, come, per terra, non ci proponiamo di uscire, a mano armata, dalla cintura
delle Alpi, così, per mare ■ — • non potendo permetterci una flotta navale predomi-
nante — noi non vogliamo navigare, ma vogliamo renderlo proibitivo o, almeno,
estremamente pericoloso per i nostri avversarli.
Forza negativa ed a buon mercato, se si vuole ; ma forza formidabile.
Essa ci porrebbe in grado, per il cielo, la terra e il "mare nostrum" di ripetere
e far rispettare il nostro fatidico "di qui non si passa".
Alla minaccia di isolamento o di blocco noi potremmo rispondere col para-
lizzare il traffico marittimo nemico nel Mediterraneo ; alla ofifesa contro le nostre
coste potremmo opporre la distruzione delle unità da battaglia avversarie; alla
guerra di sottomarini, l'agguato esercitato da idroplani e siluranti leggere nelle
notti, assai frequenti, di calma piatta.
Francia e Inghilterra non potrebbero, per ragioni geografiche, efficacemente
opporsi all'azione delle nostre forze aeree e marittime, e dovrebbero accordarsi
con noi.
Il nostro programma non rappresenterebbe un atto di ostilità; ma ci porrebbe
in condizioni di essere da loro meglio apprezzati, perché, come é necessario in
politica, si potrebbe trattare da pari a pari e opporre forza a forza, beneficio a
beneficio. Né dimenticheremmo per questo il nemico irriducibile e fondamentale
che si annida al di là delle Alpi e del mare orientali.
Questi i vantaggi politici.
I vantaggi economici sarebbero rappresentati dalla possibilità di un reale asse-
stamento delle forze nazionali in nazione armata e dalla riduzione delle spese per
le grandi navi da battaglia che compenserebbero quelle relativamente limitate di
una tale organizzazione aerea.
Possediamo le attitudini tecniche e militari per costruire ed azionare questa
grande macchina aerea, e parte delle materie prime necessarie. Le altre dovrebbero
essere sapientemente accumulate nel periodo di pace in modo da frustrare qual-
siasi tentativo di blocco. \
L'industria metallurgica, del legno e affini sarebbero alimentate da un lavoro
continuativo per una produzione utile al paese. Essa non vivrebbe, come ora, a
spese dell'agricoltura per fabbricare prodotti più costosi che se acquistati all'estero
o per mantenere, per esempio, una produzione automobilistica che può solo soste-
688 IL CARROCCIO
nersi con un falso protezionismo dannoso alla benefica diffusione dell'automobili-
smo nel paese.
Il carattere di questa preparazione sarebbe adatto alle meravigliose attitudini
individuali del nostro popolo e provocherebbe un impulso corrispondente nell'avia-
zione civile.
Noi abbiamo già esposto questo nostro progetto ad un deputato amico nella
speranza che voglia prospettarlo alla Camera. Dove noi ci auguriamo che esso
voglia incontrare, non solo l'approvazione dei partiti nazionali, ma anche dei
socialisti di buona fede. Se essi sono, nel Parlamento e nel Paese, non per eser-
citare un'opera negativa e coerografica di opposizione, ma un'azione fattiya e di
controllo ; se essi sono, non lo spirito che nega, ma l'espressione di programmi
che vogliono il miglioramento generale, noi speriamo di averli consenzienti in pro-
poste che mirano ad ottenere dal minimo dispendio il maggior rendimento. Se vi
è una forza socialmente e socialisticamente antimilitarista, è appunto questa del-
l'aviazione così intesa, che può impedire la guerra, perchè neutralizza la prepara-
zione militare avversaria e riduce la propria ; che è garanzia di giustizia e di pace,
perchè è capace di imporle.
Tutto quello che di feudale, di aggressivo, di anticivile è nell'organizzazione
dei vecchi eserciti sarà spazzato dall'irruenza di queste ali d'Italia, rinnovante,
come sempre, nel mondo, le civiltà fondamentali.
LyC fortune d'Italia sono sul mare e le verranno dal mare ; ma, perchè essa
possa divenire la grande nazione marinara e pacificatrice, occorre che divenga,
prima, una grande potenza aerea.
Mare nostrum, sed aer nostrum.
Montreal, Canada, novembre. L/UIGI FALCHI
Maggiore aviatore
L'OPINIONE DI UN GENERALE
E' UN errore considerare gli armamenti navali a sé, indipendentemente dagli armamenti ter-
restri. E' anche un errore prendere come base del calcolo della potenza navale il tonnel-
laggio delle navi di battaglia.
La guerra sul mare è oggidì assai più complessa di quanto non fosse pel passato e tanto
più lo sarà domani col perfezionamento dei sottomarini e dei velivoli. Ed è naturale che ogni
paese dia la preferenza per i propri armamenti navali a quelle armi che più gli sono adatte e
più corrispondono agli scopi ch'esso si prefigge.
La natura ce ne dà l'esempio: la vipera, il leone e l'aquila hanno diversi mezzi di offesa
e difesa, e sono tutti e tre animali assai terribili !
E' ovvio che, aderendo all'idea del disarmo, ogni paese pretenda la distruzione o l'abolizione
di quegli arnesi di guerra che maggiormente teme !
Di fatto l'America ha proposto la riduzione delle grosse navi. Ed è naturale. L'America
non ha basi navali nel mondo e le ha scarse nel Pacifico. E senza basi navali, vicine alle coste
da offendere, le grandi navi sono pressoché un peso inutile.
Ma era naturale altresì che a questa proposta americana, l'Inghilterra contrapponesse l'al-
tra : quella di abolire i sommergibili potenti a grande raggio di azione. Poiché sono queste
armi le più minacciose per l'Inghilterra, in quanto possono, da un momento all'altro, recidere
i legamenti tra la metropoli ed i dominions.
Ed era anche naturale che a queste due proposte i giapponesi ne contrapponessero una
terza: quella di abolire le basi navali nel Pacifico e nell'Estremo Oriente; in quanto è da queste
basi navali, che possono partire offese al territorio giapponese.
Questo diverso modo di vedere il problema del disarmo nei tre paesi interessati è perfetta-
mente logico e naturale. Ma è anche naturale che il problema del disarmo così posto divenga
di conseguenza insolubile.
Ro^(^- Gen. R. BENCIVEGNA
UN PADRE E UNA FIGLIA
Novella di Matilde Serao, collaboratrice iiicitsilc del Carroccio
{Copyrifjhf, 1921, by Ir, Carroccio Pubi.ishing Co., Inc.)
COLUI che aveva bussato, entrò vivamente nel piccolo salotto : e, subito, la
sua alta statura rimasta snella e agile, anche oltre i cinquant'anni, il suo
volto chiaro e fine, dagli occhi di un azzurro pallido, dai mustacchi di un
biondo argenteo, la sua voce un po' musicale, riempirono la solitudine e il silenzio
di quella stanza:
— La signorina Beata Astalli, non è in casa? — egli chiese, con un tono di
sorpresa, alla tacita cameriera che lo aveva introdotto.
— La signorina starà pochissimo a ritornare, signor
conte — rispose la donna anziana, severamente vestita
di nero.
— Voi mi avete riconosciuto, è vero ? — egli disse,
con un fugace sorriso, con una familiare alterigia. Mia
figlia ha avuto il mio telegramma ? Rientrerà presto, spero ?
— Il telegramma è giunto, signor conte : e la signo-
rina tornerà prestissimo. Si degni di aspettare.
Egli, con un gesto disinvolto, si sbottonò e si tolse
la pelliccia nera, di astrakan e apparve vestito elegante-
mente e correttamente di lutto : la cameriera era sparita,
portando via la pelliccia e il cappello. Egli si sedette sovra
una poltroncina e macchinalmente cercò lo scatola delle
MATILDE SERAO sigarette: poi, si pentì subito:
— Pure.... — mormorò, a bassa voce, parlando a sé stesso — vi è odore di ceri
spenti....
E, dopo:
— Di fiori imputriditi, anche....
Ma non fumò. Si sogguardò intorno, attentamente; in quella piccola stanza
di un piccolo appartamento, a un terzo piano di via Campo Marzio, entrava una
luce tenue, un poco triste, nella mattinata di febbraio. Come la esigua anticamera,
il salotto aveva pochi mobili, antichi, molto belli, tenuti con grandissima cura: ma
tutto l'ambiente era freddo e malinconico, come l'aria che vi si respirava, come la
donna vestita di cordoglio, che lo aveva introdotto e che lo aveva lasciato solo. Il
conte Guido Astalli sospirò, profondamente, di malinconia: ma anche di noia.
Quando, a un tratto, alle sue spalle, una voce familiare disse:
— Eccomi.
Egli si volse, si levò, aprì le braccia e chiuse .sul suo petto una figura muliebre,
tutta vestita di strettissimo lutto, tutta coperta dai grandi veli di crespo. E a tra-
verso il crespo egli baciò una fronte, due volte: e fra le vesti' e i veli quel corpo
rimase inerte, nelle braccia paterne e il paterno bacio non fu reso.
— Beata, Beata.... — egli balbettò, staccandosi da lei — io ho saputo troppo
tardi.... troppo tardi.... ero a Cannes.... in giro.... in automobile.... appena ho saputo,
sono giunto....
La fanciulla sollevò il suo lungo velo nero, lo rigettò indietro, mostrò un volto
bianchissimo, sulla cui fronte scendevano due fascie di capelli nerissimi e due neri
occhi, di un nero profondo e senza lampi, e una bocca florida ma chiusa e sen-
za riso.
690 IL CARROCCIO
— Mi hai scusato tu, Beata? Io ho a\aito tardi il triste telegramma.... — egh
ripetette, ostinato, guardando negli occhi sua figlia.
Beata lo guardò pacatamente e gli rispose, piano:
— Ho compreso, mio padre.... voi non dovete scusarvL..
— Se avessi, saputo.... a tempo.... sarei venuto, Beata- -egli esclamò, inquieto,
agitato, innanzi alla calma e la freddezza di sua figlia.
Beata non rispose.
— Non credi che io sarei venuto. Beata ? Non mi cr. di ? Mi stimi così cat-
tivo? La mia povera Elisa moriva e io non sarei venuto ? i abbracciarla.... Beata,
Beata, che pensi tu, di me?
La fanciulla stese una mano bianca, uscita dal guant» quasi a trattenere, col
gesto, l'impeto delle parole di suo padre e disse :
— Non credo nulla di male, mio padre, non credo 1 lulla di cattivo, contro
voi... sono certa che sareste venuto.... ad abbracciarla.... pr^na che morisse....
— Sarei venuto — egli mormorò a occhi bassi, comf fra sé — e mi avrebbe
perdonato, in quel momento....
Un silenzio, breve, fu tra quei due.
— Beata! — egli esclamò, trasalendo — Mi ha ella maledetto?
— No, padre, no — disse, subito, la figliuola.
— Mi ha invocato? Ha pronunciato il mio nome, coi tristezza, con deside-
rio? Dimmi la verità, tu che eri al suo letto di morte.
— Ella non vi ha invocato : ella non ha pronunciato il vostro nome.... — ella
rispose, a voce bassa.
— Mi aveva, dunque, obliato ? Io, suo marito ? Io, tuo padre ? — egli gridò,
convulso.
— Il suo cuore si era chiuso sul suo segreto — disse Beata, chinando gli occhi.
E, a quelle parole definitive, a un tratto. Guido A stalli rivide innanzi ai suoi
occhi sua moglie, dal gentile volto bianco che mai si colorava in rosso e che mai
tramortiva, dai bruni occhi senza folgori, dalla piccola bocca rosea senza sorrisi e
senza parole, rivide la creatura che, sempre, serrava nella sua anima ogni sua voce
e ogni sua espressione, la creatura che tutto celava, ermeticamente, nel suo cuore
oscuro e muto, la creatura di silenzio e di ombra. Ella non lo aveva invocato : ella
era partita, per il paese della Morte, stringendo le sue mani, sul suo petto, per
non lasciarne fuggire né il suo tormento, né il suo desiderio.
— Sempre così — egli disse, fra sé. Poi, si scosse, prese le mani di sua figlia
Beata e l'attirò a sé. l^lla venne a lui, lo guardò, quietamente, col capo grazioso
un po' inclinato, sovra un lato, in un'attitudine che lo fece trasalire.
— Beata, figliuola mia, sono otto anni, che non ti vedo....
— Dieci anni, mio padre.
— Dieci, veramente? Non avevi otto anni.... l'ultima volta che ci vedemmo?
— Ne avevo undici : e ne sono passati dieci. Ne ho ventuno.
Egli le toccò lievemente, con una carezza paterna, i capelli bruni e disse,
so. spirando :
— Eri un po' bionda.... allora. Mi rassomigliavi, un poco.... Ora, niente più.
Ella chinò il capo. Pvgli l'attirò, di nuovo, a sé e le disse, con voce un po'
tremula :
— Per dieci anni. Beata, non ti ho vista ! Sono stato così indifferente, così
oblioso, da non cercarti, da non farti venire a me.... e lo potevo.... e lo desideravo
ardentemente, ogni tanto.... poi, la mia bizzarra vita mi trascinava altrove.... e ti
dimenticavo. Beata. Che hai tu detto, di me?
UN PADRU t UNA FIGUA 69I
— Nulla — ella disse, pacatamente.
— Nulla? — egli gridò, desolato — nulla? Ncmi ti faceva solfrirc il mio ol)lìo?
Non ti addolorava?
— ]\Ii faceva molto soffrire, il vostro oblìo. Per tanto tempo, ho sofferto... —
ella disse, a bassa voce.
— Oh come sono stato crudele !
— Non vi accorate, padre mio ^ ella soggiunse, levando la voce — Io ho finito
di soffrire.
— Sei guarita? — esclamò, fra il dolore e la meraviglia, Guido Astalli.
— Sono guarita.
— Chi è stato, il tuo medico?
— Prima, mia madre....
— l'v che ti ha detto, tua madre? — egli chiese, pieno di una singolare ama-
rezza.
— Che dovevo sopportare il vostro abbandono con rassegnazione, pensando
che, certo, non nel vostro cuore si trovavano le ragioni di esso, ma nel mondo ester-
no, ma nel vostro ambiente, ma in tutto ciò che vi circondava, che vi avvolgeva,
che vi trascinava....
— Santa donna ! — egli interruppe, con ironica amarezza.
Ella lo sogguardò un po' scossa, ma continuò:
— Mia madre mi ha ripetuto, sempre, fino a che è stato necessario, che voi
eravate buono e tenero, capace di ogni gentilezza e di ogni generosità: ma che
eravate debole e fragile innanzi alle vostre passioni e ai vostri capricci : che un
potere ignoto e malefico distruggeva, misteriosamente, in voi, i fiori e i frutti della
vostra bontà : che voi, amoroso e dolce, potevate persino giungere a'iia durezza,
persino alla crudeltà, ma che non eravate crudele, voi, ma qualche altra persona
o qualche altra cosa o qualche altra ragione era crudele e vi rendeva crudele....
— Infine — egli proruppe, violento e corrucciato — tua madre mi ha dipinto,
ai tuoi occhi, come un misero burattino, saltante per un filo tenuto da un buratti-
naio sconosciuto....
Beata chinò la testa, quasi assentendo e soggiunse:
— Mia madre voleva consolarmi, per il vostro abbandono: ella voleva gua-
rirmi dal dolore che torturava la mia giovine vita, per il vostro lungo oblìo....
— E ti ha messo nell'animo il disprezzo ?
— Mai, il disprezzo, mai !
— \'i ha seminato l'indifferenza, allora?
— Neppure....
— E che sei, tu, allora, per me? Che ti sono, io, dunque. Beata?
La fanciulla tacque, assorta.
— Tua madre mi ha amato appassionatamente. Beata ! Io sono stato ricco
dell'amor suo, come di un prezioso tesoro. Beata!
— E lo avete disperso.... ■ — disse la fanciulla, tristemente, uscendo dai suoi
pensieri.
— Disperso, è vero — egli confessò — ma l'ho posseduto, questo amore di
Elisa ! E di te non so nulla, non intendo nulla ! Una figlia non è una sposa, non
è una moglie.
Un silenzio lungo regnò, fra padre e figlia.
— Anche io, vi ho appassionatamente amato, nella mia infanzia, nella mia
adolescenza, padre mio — ella rispose, come se parlasse in un sogno, guardando
innanzi a sé, vagamente — Mi sembrate così bello, così giovine, così grazioso,
692 IL CARROCCIO
COSÌ affascinante, che io fremevo di gioia, quando venivate a darmi il buongiorno,
nella mia cameretta: io avrei voluto star sempre con voi, seguirvi, fuor di casa,
viaffffiare con voi, non lasciarvi mai.... Vi rammentate? Dopo il lieto e rapido
buongiorno, Beata bella, dopo il bacio, voi sparivate, per un giorno mtiero, per
una settimana, per un mese.... e la vostra piccola Beata restava sola, accanto alla
sua tacita mammina, restava sola, a volervi bene, ad amarvi, vanamente, inutil-
mente, perchè voi avevate tante altre ragioni di felicità, di gioia, di piacere, lontano
da noi, non solo dalla vostra sposa, ma lontano dalla vostra figlia, altrove, con
altri.... oh, io non comprendevo bene, nella infanzia, nell'adolescenza, le vostre fu-
ghe, le vostre assenze, e seguitavo ad amarvi, fedelmente, piamente.... quando, infine
un giorno, padre mio, non siete tornato più, per me, per mia madre....
— Tua madre non ha mai finito di amarmi.... — egli proruppe, di nuovo, fra
il dolore e lo sdegno.
— Nulla ella mi ha detto — proseguì Beata, come se non avesse udito quel
grido — nulla doveva dirmi. Ella ha fatto il silenzio sul suo amore e sul suo
dolore. Io, con occhi di pietà, ma senza parole, ho cercato di leggere, in lei: io
ho creduto di leggere in lei : e mi è parso di trovarvi un immenso muto rimpianto
per un amore perduto, scomparso, il vostro, il suo, non so bene, ma il rimpianto
di una cosa morta: mi è parso di trovarvi un inconsolato e inconsolabile ramma-
rico di chi tutto ha visto morire, in sé e attorno a sé....
— Ella era stata la mia pura e tenera fidanzata, la mia sposa umile e man-
sueta, la donna dell'altare, nella mia anima peccatrice : ella mai ha finito di essere
questo, anche quando io piìi la offendevo, ella é stata questo sino all'ultimo suo
respiro, io lo so! — proclamò ostinatamente Guido Astalli.
— Forse — rispose placidamente Beata Astalli — ma una figlia non è una
moglie.
— Ascolta, Beata — riprese, più tardi, il padre, con tono risoluto. Io sono
venuto a prenderti e tu verrai via, con me.
— Mia madre è morta da dieci giorni — ella osservò, pianamente, toccando
le sue vesti di gramaglia.
— Non farai certo, un viaggio di piacere — egli rispose, fermamente — Poco
fa, non eri uscita di casa?
Beata non rispose, a occhi bassi.
— Partiremo domani sera, perchè tu abbia il tempo di preparare il tuo baga-
glio : viaggeremo direttamente sino a Parigi. Colà, in casa mia, tu potrai passare
anche i primi sei mesi, di lutto, in rigore di vita. E' una immensa città, Parigi :
niuno ti conosce: e per questo tempo, tu non conoscerai nessuno.
— E dopo? — ella chiese, a bassa voce.
— 'Dopo? Io debbo cercare di guarire la ferita che ho fatta al tuo cuore di
figlia, l'offesa istessa che ho fatta al mio cuore di padre, non vedendoti, non cer-
candoti, non scrivendoti, dimenticandoti, per dieci anni. Dopo, io sarò un tenero
e fedele padre, per te. per quanto sono stato indifferente e, forse, crudele, in dieci
anni. Tua madre dubitava, della mia volontà: non dubitava del mio cuore. E' il
mio cuore che ti chiede di lasciarti amare, molto più, molto più, per tutto il tempo
che è parso non ti amassi....
E la voce insinuante, musicale del conte Guido AstalH tremava, tremava di
una emozione invincibile. Non una goccia di sangue saliva a colorare le guancie
bianche di Beata, non un lampo animava i suoi occhi neri e pensosi, non una
UN PADRIÌ U UNA FIGUA 693
espressione qualsiasi veniva a rendere viventi le linee di (juel gentile volto mar-
moreo. '
— Tu hai trascorso, qui, in questa casa, figliuola mia — riprese a dire, il pa-
dre — dieci anni di tristezza monotona, in cui il fiore della tua giovinezza non ha
potuto schiudersi. La mia povera Elisa ha sempre avuto un'anima mesta e chiusa:
ella ha portato, con sé, dalla nascita sino alla morte, quest'anima timida dolce,
taciturna : ella era di quelle creature soavissime a cui è stata negata la forza di
espandersi, d'irradiare luce e calore....
— Pure, la felicità avrebbe potuto schiudere il suo cuore.... — mormorò Beata,
senza volgere gli occhi a suo padre.
— Elisa non era capace di essere felice. Ogni tanto, passa, per il mondo,
un'anima come la sua ed è destinata a un malinconico pellegrinaggio, senza gioia
ma non senz'amore. Che se una di queste anime s'incontra con un'altra, fervida e
vibrante, a cui tutte le tentazioni e tutti i sentimenti della vita sono una sorgente
di palpiti, di fremiti, di piaceri, di feste
— ....Come la vostra, mio padre.... — interruppe Beata.
— ....Come la mia, sì! Allora anche più invincibile sorge il dissidio, anche
più ineluttabile è il dissidio che nessuna delle due volontà può vincere....
— Nessuna delle due volontà può vincere — replicò, come un'eco la voce di
Beata.
— La tua anima deve germogliare al sole. Beata ! Io rimpiango profonda-
mente la vita che Elisa Astalli ha fatto : io rimpiango che io abbia dovuto essere,
per lei, che mi amava, come poteva, come sapeva, ma con tutte le sue forze, certa-
mente, una fonte perenne d'infelicità : io rimpiango la vita e la morte di Elisa
Astalli, questo pallido e taciturno essere di mitezza, di dolcezza e di mestizia. Non
così deve essere la vita di Beata Astalli ! Tu devi uscire da questa casa : tu devi
partire da Roma, con me : tu devi venire a Parigi, ove, anche nell'aria, è un fer-
mento d'idee, di pensieri, di sentimenti : tu devi aprire i tuoi occhi e il tuo spirito
alla beltà delle cose, all'impeto dei sentimenti. Beata, Beata, io vengo a te con tutti
i doni dell'esistenza ! Tutti i doni io ho, per te, nelle mie mani paterne !
E le tese le braccia, guardandola con occhi di entusiastico amor paterno. Beata
non si mosse : Beata lo fissò, con i suoi bruni opachi, senza luce : Beata disse, con
voce bassa ma decisiva :
— Io non verrò con voi.
— Non verrai, non verrai? — gridò il padre, stupito.
— Non verrò.
— E perchè, Beata ?
— Così ■ — ella rispose, enigmaticamente.
— Rifiuti di seguire tuo padre?
— Rifiuto.
— Rifiuti di vivere con un uomo che vuole cingere di fiori la tua testa, cin-
gere di tenerezza la tua anima?
— Rifiuto.
— Rifiuti di vivere una esistenza larga, bella, resa afifascinata delle più no-
bili gioie?
— Rifiuto.
Egli ebbe un gesto violento al terzo rifiuto, come se volesse scagliarsi contro
sua figlia : ma si rattenne, morse le sue labbra, cercò reprimere lo sdegno e lo
stupore che lo sconvolgevano. Calma e fredda. Beata teneva le sue mani bianche
distese sulla sua veste nera : talvolta, abbassati i suoi occhi a terra, il bianco volto
pareva quello di una morta.
694 II' CARROCCIO
— E che vuoi fare della tua vita, Beata ? — riprese, glacialmente, il conte
Guido Astalli — Io sono tuo padre: Io debbo saperlo.
— Restare, qui.
— In Roma?
— In Roma.
— In questa casa?
— Forse : forse no. Non so.
Mi hanno detto che frequenti molto nel monastero delle Assunzionìste,
da anni. Vuoi farti monaca, forse?
— Non credo. Non mi pare.
— Vuoi maritarti, allora? Hai un innamorato, forse? E' per questo che non
vuoi seguirmi? Dimmi chi è? — e, di nuovo, la collera tumultuava nella voce
del padre.
— Non ho un innamorato. Non so se mi mariterò. Più tardi, forse. Ve lo
scriverò, padre mio. Lo saprete.
— E vivrai in solitudine, in malinconia, in abbandono, Beata, così, come hai
vissuto sino adesso? E perchè?
Ella disse, con voce profonda:
— Appunto, perchè vi ho vissuto sino adesso.
— Non puoi, non vuoi rompere questo cerchio di tristezza e di silenzio ?
— Non posso, mio padre.
— Io ti aiuterò a infrangerlo, io ti libererò, Beata ! — esclamò il padre, inte-
nerito, di nuovo — Vieni con me, vieni via, figliuola cara !
— Non verrò.
— Io ti faccio orrore, forse, perchè ho lasciato te e tua madre, per una vita
libera e gioiosa?
— Voi non mi fate orrore.
• — Tu mi odii, forse?
— Non vi odio, padre mio.
— Tu non puoi amarmi, forse?
— Posso amarvi.... — ella disse, lentamente — Da lontano, posso amarvi: co-
me in un sogno, posso amarvi : come in un ricordo, posso amare il padre che ho
adorato, nella mia infanzia e che è sparito, un giorno, dalla mia vita.... per non
tornarvi piìi.
Ansiosamente, desolatamente, Guido Astalli pendeva da ogni lenta parola,
che esciva dalle labbra di sua figlia.
— ....Ma non posso vivere con voi; non posso dividere la vostra esistenza;
non posso amarvi da vicino, mio padre.
— Non puoi tentare ?
— Non posso tentare. Io soffrirei troppo presso voi : voi vi annoiereste trop-
po presso me. Dopo una settimana, dopo un mese, padre mio, voi partireste di
nuovo, per non più ritornare....
— Io sono già vecchio, Beata.... — interruppe, tristemente Guido Astalli.
— Non siete vecchio : e non importa, che invecchiate. Voi non potete muta-
re: voi sarete sempre lo stesso. Mia madre me lo ha detto, tante volte.... mi ha
detto che bisognava amarvi, quand mème, ma che nulla. vi avrebbe mutato....
— Ma tu non le obbedisci. Beata! Se mi amassi, verresti meco, a qualun-
que costo....
— Io non verrò — ripetè lei, ostinatamente, monotamente.
— Non ti sono padre, io? Non mi sei figlia? Non ci dobbiamo scambievole
UN padre; r; una figua 695
indulgenza? Tu mi perdonerai i miei peccati, i miei errori, quelli che ho commessi,
ouelli che commetterò.... e io ti perdonerò la tua indifferenza, la tua ostinazione,
il gelo che è nel tuo cuore....
— Impossibile vivere così, mio padre : né io debbo essere il vostro giudice,
né voi dovete ogni giorno assolvermi....
— In migliaia di famiglie, é così ! — egli proclamò — L'amore, la tenerezza,
l'aft'etto sono più forti di ogni jirofonda diversità, di carattere, di ogni dissidio
sentimentale, di ogni immensa differenza di vita....
— Io penso il contrario — dichiarò Beata, recisamente.
— Tu sei una santa come tua madre : io sono un misero peccatore : ma se
ci amiamo, tutto questo è nulla.
— Io penso il contrario — replicò Beata, inesorabilmente. — Penso che se,
fra due membri della stessa famiglia, i caratteri, i temperamenti, le consuetudini
sono opposti, contrari, non vi é affetto ardente che possa comporre questo dis-
sidio : penso che se un padre e una figlia, come voi siete, come io sono, si uniscono,
dopo tanti anni, per vivere insieme, si avviano a una esistenza di disgustosa ipo-
crisia o di disgustoso cinismo. Mio padre, mio padre, io sono una fanciulla onesta
e leale, voi siete un gentiluomo, un uomo di onore, ninno di noi due può fingere
all'altro, ninno di noi due può mentire, noi non possiamo vivere insieme, se volete
che io vi cimi ancora, se volete ancora amarmi !
Un sottile velo di sangue era asceso, per la prima volta, a colorare le guancie
smorte di Beata AstalH : e, a un tratto, ardevano i suoi occhi neri e tetri. E suo
padre, scosso, colpito, le gridò:
— Come hai jìotuto pensare tutto questo. Beata ? Come hai potuto formarti
questi sentimenti? Chi ti ha insegnato queste implacabili leggi dell'anima? Chi
ha reso così rigido il tuo ragionamento e così rigida la tua volontà?
— L'abbandono e la solitudine — ella disse, limpidamente. — Essi, per voi,
hanno serrato in un cerchio la mia vita, da dieci anni a venti anni : e, fra loro, si é
seduta la Verità.
L^n lungo silenzio regnò, nella ])iccola stanza, ove entrava una luce così tenue,
nel giorno di febbraio. E, in quel silenzio parve che, oramai, un'immensa distanza,
un deserto di arida sabbia separasse le due vite, del padre, della figlia. Immobile,
nelle sue vesti nere. Beata pensava.
• — -Tu hai ragione — disse Guido Astalli, pacatamente.
E si levò, per andarsene : e partì, per la sua vita, lasciando, lei, alla sua vita.
fììOiì^lk X;.
Della illustre Scrittrice nel Carroccio di Capodanno :
SULLA SOGLIA
— Novella —
LA COSCIENZA DELLA NAZIONE
LA LETTERA DANTESCA DI VICTOR HUGO
Ci pare che nelle moltissime pubblicazioni dantesche di quest'anno non sia stato dato rilievo
alla lettera che Victor Hugo mandava al Gonfaloniere di Firenze nel maggio 1865, comme-
morandosi colà il sesto centenario della nascita del Divin Poeta. W una pagina magistrale
dell'autore dei Miserabili. Essa fu letta all'accademia letterario-niusicalc che si tenne il 16
maggio nella Città che celebrava il suo grandissimo Figlio esule.
Salvo la data e qualche leggera sfumatura, la lettera appare scrìtta oggi. La riproduzione
dal Corriere Mercantile di Genova, che alla sua volta la riporta dalla propria collesione (nu-
■:nero 116 del 17 maggio 1S65) :
Hauteville-House, i maggio 1865
Signor Gonfaloniere di Firenze,
LA PREGEVOLE di Lei lettera mi commuove profondamente. Ella mi invita
a una nobile festa. Il Comitato nazionale desidera che la voce mia si fac-
cia udire in questa solennità; obbedisco.
Solennità fra tutte augusta. Oggi l'Italia si conferma due volte al cospetto
del mondo, constatando la sua unità e glorificando il suo poema. L'unità è la vita
di un popolo. L'Italia una è l'Italia. Unificarsi è nascere. L'Italia, scegliendo
quest'anniversario per solennizzare la propria unità,
sembra voglia nascere nello stesso giorno che Dante.
Questa nazione vuole avere la data di quest'uomo. Nul-
la è più grande di ciò.
L'Italia infatti s'incarna in Dante Alighieri. Come
lui. essa è valorosa, pensante, altera, magnanima, atta
alla pugna, atta all'idea. Come lui, essa amalgama in
una sintesi profonda la poesia colla filosofia. Come lui,
essa cerca libertà. Egli ha, com'essa, l'altezza che v'è
nella vita sua, e lo splendore che v'è nella sua opera.
L'Italia e Dante si confondono in una specie di pene-
"'deiia°Dan1e AÌishie'r?'d''i 'Bostón'^dTii'o'**' trazione rcciproca che li identifica, essi s'irradiano l'un
scultore Ernesto Pellegrini l'altra. Ella è augusta Com'egli è illustre. Hanno lo
stesso cuore, la stessa volontà, lo stesso destino. Si assomigliano per quella mi-
nacciosa potenza latente ch'ebbero nella sventura. Essa è Regina, egli è Genio.
Com'esso ella è stata proscritta, come essa egli è incoronato.
Com'esso, ella esce dall'Inferno.
Osanna a questa liberazione luminosa !
Oh ! miseria ! ella passò le bolge, subì e traversò le funeste mutazioni, fu una
ombra, fu un'espressione geografica ! Oggi essa è l'Italia. E' l'Italia come la
Francia è la Francia, come l'Inghilterra è l'Inghilterra ; essa è risorta splendente e
armata ; essa è fuori del passato tragico ed oscuro ; essa incomincia l'ascensione
verso l'avvenire ; ed è bello, ed è giusto che in questa ora splendente, in pieno
trionfo, in pieno progresso, in pieno sole di civiltà e di gloria, essa si risovvenga
di quella oscura notte nella quale Dante fu la sua face.
La riconoscenza dei grandi popoli verso i grandi uomini, è buon esempio. No,
non si dica che i popoli sono ingrati. A un tempo dato, un uomo fu la coscienza
di una nazione.
Glorificando quest'uomo, la nazione afferma la propria coscienza e precede,
per dir così, in testimonianza la sua propria anima. Italiani, amate, conservate,
rispettate le illustri e magnifiche città vostre e venerate Dante. Le città furono
la Patria e Dante l'anima.
IvA COSCIRNZA DRLLA NAZIONE 697
v^ei secoli sono già il piedistallo di Dante. I secoli sono le fasi della civiltà.
Ad ogni secolo sorge in qualche maniera un nuovo genere umano e si può
dire che l'immortalità di Alighieri fu già sei volte confermata da sei diverse uma-
n wliUÌl" T " innaiiità future continueranno questa gloria.
se in Alighieri, Uomo-luce.
eclissi pesò sull'Italia, un'eclissi durante la quale il mondo sentì
Italia viveva. Dirò più, l'Italia, anco in quelle tenebre, brillava.
.el feretro, ma non fu morta. Aveva per segni di vita le lettere, la
.onumenti, le scoperte, le grandi opere. Quale fulgore d'arte da Dante
igelo ! Che immenso e duplice ampliamento di terra e di cielo fatto
^ Cristoforo Colombo, e in alto, da Galileo! E' l'Italia, quella morta,
^^iva codesti prodigi. Ah ! per fermo essa viveva ! dal fondo del suo
j, essa protestava colla sua luce. L'Italia è una tomba dalla quale spuntò
L'Italia, aifranta, incatenata, insanguinata, sepolta educò il mondo. Col ba-
tglio in bocca ella seppe parlare dall'anima. Ella scomponeva le pieghe del suo
sudario e cooperava la civiltà. Chiunque noi siamo che sappiamo leggere o scrivere
ti veneriamo, madre ! Noi siamo romani con Giovenale e fiorentini con Dante.
L'Italia ha ciò di portentoso: — essa è la terra dei precursori. Appaiono in
essa, ad ogni epoca della storia, grandi iniziamenti. Essa intraprende senza posa
il sublime abbozzo del progresso. Ch'essa sia benedetta per questa santa iniziativa !
L'Italia è apostolo e artista. La. barbarie le è odiosa. Fu decisa la prima a far luce
intorno agli eccessi di penalità, in questo mondo e nell'altro. Fu dessa che, per
ben due volte gettò il grido d'allarme contro i supplizi, prima contro Satana, poi
contro Farinaccio. V'è un legame profondo fra la Divina Commedia che denuncia
il dogma e il Trattato dei delitti e delle pene, che denuncia la legge. L'Italia aborre
il male. Essa non danna, né condanna. Essa ha combattuto il mostro sotto le sue
due forme, Inferno e Patibolo. Dante ha fatta la prima battaglia, Beccaria la
seconda.
Sott'altri aspetti ancora Dante è un precursore.
Dante covava nel tredicesimo secolo l'idea apparsa nel diciannovesimo. Egli
sapeva che nessun avveramento deve fallire al diritto e alla giustizia, egli sapeva
che la legge di progresso è divina epperò voleva l'unità d'Italia. Oggi, la sua
utopia è un fatto. I sogni dei grandi uomini sono le gestazioni dell'avvenire. I pen-
satori meditano conformemente a ciò che deve accadere.
L'Unità che Gherardo Grozio e Reuchlin reclamavano per la Germania e che
Dante esigeva per l'Italia, non è solo la vita delle nazioni, ma bensì lo scopo della
umanità.
Laddove le divisioni si cancellano, il male scompare. La schiavitù è per iscom-
parire in America, perchè ? perchè l'unità è per rinascere : — la guerra tende ad
estinguersi in Europa, perchè? perchè l'unità tende a formarsi. Parallelismo me-
raviglioso della decadenza dei flagelli coll'avvento dell'umanità Una. Una solennità
come questa è un grandissimo sintomo. E' la festa di tutti gli uomini celebrata da
una nazione in occasione d'un Genio. Questa festa la Germania la celebra per
Schiller, poi l'Inghilterra per Shakespeare, poi l'Italia per Dante. E l'Europa par-
tecipa alla festa. E' una comunione sublime.
Ogni nazione dà alle altre una parte del suo grande uomo. L'unione dei popoli
s'inizia nella comunione dei genii.
II progresso camminerà sempre più in questa via, che è la via della luce. E
così arriveremo, passo passo, alla grande realizzazione; così figli della dispersione
698 IL CARROCCIO
entreremo nella concordia ; così tutti per la sola forza delle cose, per la sola potenza
delle idee, raggiungeremo la fraternità, la pace, l'armonia. Non ci saranno più
stranieri. Tutta la terra sarà compatriota. Questa è la verità suprema, quest'è il
compimento necessario. L'unità dell'uomo corrisponde all'unità di Dio. Mi asso-
cio quindi figlialmente alla festa d'Italia.
Ho l'onore d'essere, signor Gonfaloniere, vostro umilissimo servo
VICTOR HUGO
PEL SETTIMO CENTENARIO
DEL TERZ'ORDINE DI SAN FRANCESCO
16 DECEMBRE 1221-1921
QUESTO è veramente il centenario non della nascita, ma della bolla Signi fi-
catum est nella quale per la prima volta un pontefice, Onorio III, allude
al' a Fraternità della Penitenza, più tardi detta il Terz'Ordine di San
Francesco.
Non si sa quando il figlio di Bernardone istituisse questo Sodalizio, ma fu,
senza dubbio, parecchi anni avanti il 1221.
Taluno mantiene che il Santo lo fondasse contemporaneamente al suo Pri-
m^Ordine nel 12 io. E l'opinione non è arbitraria.
Tornato da Roma, dove aveva ottenuto, dalla bocca d'Innocenzo HI, l'ap-
provazione papale alla sua regola, con la sua parola di Poeta e Santo lirico, Fran-
cesco suscitò tanto un entusiasmo fra quella buona e impressionabile gente dell'Um-
bria, che subito non solo gli uomini, ma anche le donne, ma anche i fanciulli
fecero non poco clamore per essere ammessi a vivere la nuova vita monastica.
E fu allora forse che egli pensò di dare una regola anche a coloro i quali
avessero desiderato, pur rimanendo al secolo, di seguirlo nella sua missione di Pace.
E quelli che l'abbracciarono furono chiamati Frati e Suore della Penitenza,
nome ch'è un'altra pruova della contemporaneità dei due Ordini, se si pensi che in
quei primi anni del movimento francescano, il Poverello e i suoi compagni, i quali
s'erano sottoposti ad una regola più rigida, si facevano chiamare i Penitenti
d'Assisi.
Per chi volesse un'altra pruova di ciò, ricordiamo che la Bolla Signìficatum
est del 16 dicembre 1221, s'interessa alle cose dei Frati della Penitenza in quanto
che questi s'erano appellati alla persona del Papa contro le sovercherie dei potestà
di Faenza e d'altre città limitrofe.
Ciò, quindi, suppone che la Fraternità della Penitenza non solo esisteva avanti
il 1221, ma che doveva essere stata organizzata già da parecchi anni per poter
essere così l)cn diramata e forte da richiamare l'attenzione del Pontefice nel 1221.
Esiste oggi una scuola internazionale che s'occupa affannosamente di ricerche
e critica francescana. Uno dei ])roblemi più perplessi che agitano la mente di tanti
critici è il voler sapere quale sia stata la regola che San Francesco stesso diede
ìà suoi figli nel secolo. E i loro sforzi sembrano tutti vani.
Il Santo d'Italia diede loro, come regola, sé stesso bollato da Cristo medesimo
con le cinque bolle delle sue stimate.
700 II* CARROCCIO
E questa regola non ebbe per iscopo quello di surrogare o biasimare d'insuffi-
cienza l'altra regola, quella del Cristianesimo, il Vangelo. Il quale, se è la causa
e il fine precipuo così dei tempi presenti come dei venti secoli passati, non può sa-
viamente dirsi antiquato di un solo iota.
Né tale fu detto da San Francesco. No. La sua regola non fu un sommario,
nemmeno un comento o una chiosa speciosa, nemmanco una nuova illustrazione
pratica della regola divina dataci dal Figliuolo di Dio. Non v'è nel Vangelo, ch'è
una regola completa di Vita, un sol comandamento di cui Gesù medesimo non
fosse un così perfetto praticante come n'era il datore infallibile.
Mirare un uomo che religiosamente mondi un libro prezioso della polvere dei
secoli, o che al suo cavallo velocissimo, con un tratto brusco e robusto di redini,
corregga il corso che mena a precipizio imminente, o che, liberatosi dei suoi panni,
si getta nell'acque per salvare uno che vi affoghi, è avere un'idea precisa di ciò
che San Francesco intese per conformità alla vita di Cristo benedetto.
La massa degli uomini, ch'è stata sempre la vittima dei mali d'ogni tempo
perchè non sa donde essi le vengano, ha sempre avuto in sospetto e a dispetto ogni
sorta di novatori. Dall'altra banda, le autorità che, come l'avaro, più hanno più
vogliono, come lo stato invasore, non restituiscono il mal tolto che col cederlo
alla morte, non hanno mai a questi fatto intravedere visioni di migliore fortuna.
Se il Santo d'Italia potè essere un riformatore ab intrìnseco senza essere mai
stato tacciato di ribellione, fu perchè egli veramente seppe per molto tempo far
segreto di ciò che gli aveva detto il Crocifisso di San Damiano. A Bernardone,
ai suoi concittadini, al Papa egli non chiese altro privilegio che quello di non poter
chiedere privilegi, affinchè avesse potuto, senza ostacoli, vivere la vita del perfetto
Poverello di Cristo.
Ciò significava né alienazione di diritti, né assunzione di nuovi doveri. Quindi
fu prontamente concesso con quello spirito appunto che richiedevasi per far di lui
ristrumento più insensibile nelle mani di Dio.
Quando l'avaro suo Padre seppe ch'egli intendeva restaurare la Chiesetta
di San Damiano, fece prima molto strepito, finì poi con aiutarlo, inconsciamente,
nella sua opera, rinunziando alla sua figliuolanza.
Quando, più tardi, i suoi concittadini lo videro intento a riattare il cadente
Santuario di Santa Maria degli Angeli, gli diedero chi "una pietra per un guider-
done, chi due pietre per due guiderdoni, chi tre pietre per tre guiderdoni".
Quando Innocenzo III, in sogno, lo vide che con il dosso sosteneva la Chiesa
di San Giovanni Laterano perchè non crollasse, gli pose amore e non solo approvò
la sua regola, come egli desiderava, ma gli promise di far di più in appresso per
la sua Religione.
Nessuno comprendeva da ciò a quale missione egli fosse stato chiamato. Pur
tutti concorrevano affinchè egli l'avesse espletata con successo. Nessuno sapeva
su quale via fosse o dove andasse. Pur tutti gli andavano dietro.
Noi alcuna volta non inseguiamo un ideale perchè vinti dalla sua bontà o
bellezza, ma perchè trascinati dietro quello dal fascino di colui il quale l'ha già
raggiunto, lo possiede e n'è indicibilmente innamorato.
Un giorno Frate Masseo da Marignano, incontrato San Francesco, quasi pro-
verbiando disse: "Perchè a te? perchè a te? perchè a te?" San Francesco rispon-
de: "Che è quello che tu vuoi dire?" Disse Frate Masseo: "Dico, perchè a te tutto
il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desidera vederti, ed udirti, ed ubbi-
dirti ? Tu non se' bello uomo del corpo, tu non se' di grande scienza, tu non se'
nobile: donde dunque a te, che tutto il mondo ti vegna dirieto?"
PEL SETTIMO CENTENARIO DEL TERz'oRDINE DI SAN FRANCESCO 7OI
Il Santo "tutto rallegrato in ispirito" rispose: "Vuoi sapere perchè a me?
vuoi sapere perchè a me ? vuoi sapere perchè a me ? che il mondo mi venga dirieto ?
Questo ho io da quelli occhi dello Altissimo Iddio, gli quali in ogni luogo con-
templano i buoi e' rei : imperocché quelli occhi santissimi non hanno veduto fra
li peccatori ninno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me;
e però a fare quella operazione maravigliosa, la quale egli intende di fare, non
ha trovato più vile creatura sopra la terra: e perciò ha eletto me, per confondere
la nobilitade, e la grandigia, e la fortezza, e la bellezza e la sapienza del mondo ;
acciocché si conosca, ch'ogni virtù e che ogni bene è da Lui, e non dalla criatura,
e nessuna persona si possa gloriare nel cospetto suo ; ma chi si glorierà, si glori nel
Signore, a cui è ogni onore, e gloria in eterno".
Non è necessario domandarci quale fosse "quella operazione maravigliosa"
che Iddio era per compiere dirigendo ed ispirando ogni attività del suo Gonfalo-
niere. L'inevitabile s'avvicina. Egli entrava nell'ineffabile speranza d'un'espetta-
zione, come la madre che, concependo, comincia ad essere ansiosa di conoscere
il figlio che nascondesi nelle sue viscere.
Sotto il velame della parabola, ch'egli propose a Papa Innocenzo, per vincerlo
ai suoi propositi, non aveva parlato di sé, "povera femmina molto bella", e del
futuro Ordine, sua legittima prole?
Da sé niente è a sé o altrui sufficiente. L'uomo, per forte e virtuoso e savio
che si .'•ia, rimane sempre una debolezza infinitesimale del mondo. Egli stesso è
un piccolo mondo, un piccolo anello che, da una banda, così lega la catena dei
mondi reali a quella dei mondi spirituali come l'infinito le congiunge dall'altra. Se
un anello egli non è anche nell'immensa catena dell'umanità si toglie ai vivi e non
Sii (Iona ai morti.
Consapevole di ciò, il Beato Francesco è il primo vero e perfetto Asceta che
per esser tale non ha bisogno d'allontanarsi dal mondo. In ciò consiste il rinno-
vamento portato da lui nella vita monastica. Con islancio sovrumano d'amore
egli scala il Cielo attraverso la visione contemplativa della Natura. Egli abbraccia
il suo Creatore attraverso il commercio quotidiano con le creature. La sua Fa-
miglia non può essere informata ad altro spirito.
Le debolezze fanno la forza, la quale è una debolezza. Come alle opere nostre,
senza volerlo apponiamo il suggello della morte di cui noi stessi siamo segnati,
così nel consesso degli uomini noi, pur dando tutto, diamo ben poco. La più per-
fetta fratellanza degli uomini non dà ai suoi membri, né riceve da essi la plerwtu-
dine della perfezione, eccetto che non abbracci la Paternità dell'Eterno. Senza di
questa, la fratellanza degli uomini non può esser concepita. Con essa, ia^fóf^a
della unione cessa di essere una debolezza. Anzi allora soltanto è ciò che. il suo
nome dice, poiché Iddio le dà del suo e la eterna nei secoli.
Questa terribile semplicità di dottrina indusse il nostro Santo a far da madre
a coloro che gli si strinsero intorno. E così egli entrò semplice soldato sotto il soave
giogo della nuova disciplina e ne uscì il più grande Condottiere del Mondo.
Nella Chiesa, l'organizzazione d'ogni nuovo ordine religioso può bene asso-
migliarsi al reclutamento d'un nuovo esercito di triari. Ambedue presuppongono
la minaccia d'un nuovo nemico. Ambedue entrano in battaglia quando il caso è
disperato. Ambedue cercano la propria salvezza nel trionfo della causa che sposano.
I monaci ed eremiti dell'Oriente e dell'Occidente ebbero per iscopo precipuo,
sebbene talvolta inconsapevolmente, quello di abbattere ogni vestigio di paganesimo,
d'insorgere contro le barbarie dei tempi e difendere le infelicissime vittime del feu-
dalismo medievale.
702 IL CARROCCIO
I Cenobiti di Cluny, i Camaldolesi, i Certosini, i seguaci di San Bernardo di
Chiaravalle, l'Ordine di Grammont e i Cistcrciensi sorsero a predicare con parole
e opere la soppressione degli abusi e della corruttela di che languiva la Chiesa
e la Società.
I canonici di Sant'Agostino e i Premostatensi intesero a depurar dei suoi
vizi la vita sacerdotale, a conciliar la pace fra i popoli e a ravvivare lo studio delle
scienze.
I Frati Predicatori di San Domenico trovarono la ragione della loro regola
nella predicazione contro gli Albigesi di Linguadoca.
San Francesco, oceano infinito di dolcezza, davanti l'atroce e disperata tur-
bolenza medievale, conformando prima sé medesimo poi i suoi Frati alla vita di
Cristo, die' inizio all'inefifabile miracolo del rinnovamento morale d'Italia e del
mondo.
II suo Ordine uscì dalla fornace incandescente del suo cuore come ferro ro-
vente pronto a piegarsi sull'incudine d'ogni bisogno, sotto il martello d'ogni neces-
sità; qual dalla bocca di Dio una parola maravigliosa di pace.
Come Gesù che, levatosi maestoso a poppa della nave che affonda, con un
gesto appena visibile della sua volontà, e riveste della sua calma divina il Genna-
zareth sconvolto dalla truculenza dei venti e rivela ai suoi quel ch'Egli è, così il
figlio di Bernardone, innalzato da Madonna Povertà su le creste superbe e furi-
bonde dell'odio coevo, lancia nel mondo un ordine ch'è famiglia e bonaccia.
Conquistato sé stesso col poter dire al mondo, "Io son, non tuo, con te", è
detto pazzo. Era d'aspettarselo. Poiché egli era un uomo nuovo, un uomo non
dei tempi in cui nacque, anzi nemico ineluttabile d'essi e facitore d'altri : i suoi.
Avanti che venisse a morire, quando gli si incominciarono a spegnere quegli
occhi con cui aveva contemplato faccia a faccia ciò che a noi è dato soltanto credere
e sperare, egli, senza aver indietreggiato di un sol passo, sapeva il mondo essere
addivenuto la sua casa, tutti i popoli, la sua famiglia.
Il Terz'Ordine, che forse non fu, ma che vuol rimanere l'ultimo della Triade
Francescana per esser più vicino al suo Fondatore, fu, senza dubbio, il primo, se
non l'unico, continuatore dei tempi dal Gonfaloniere di Cristo chiamati a vita.
Pontefici e Cardinali, Imperatori, Principi e Regine si cinsero i fianchi del-
Vumile capestro. E ciò facevano per tener dietro, e non per esser d'esempio, al
popolo cristiano. Il quale, assunto il cognome di "Francescano", fu rinnovatore
dello spirito di Cristo nella Chiesa, energia rigeneratrice di civiltà in ogni nazione.
In Italia, al suo avanzare, trema Pier delle Vigne, Federico è sconfitto, cade il suo
Impero e dalle ruine di questo sprigionasi, inondata di luce divina, la Rinascenza.
Pittsburgh, Pa.
NICOLA FUSCO
DANTE E SHAKESPEARE
e HAKESPEARE was the master poet of the bodily phase of humanity, as Carlyle said.
'^ Dante is the poet of the spiritual phase of humanity, of the soul of men here and
hereafter, and by choice and importance of material, by profundity of insight in a more
difficult vision, he transcends the English dramatist.
The loftiest sciences known to man are theology and philosophy, and these two sciences
Dante set to the music of a singing speech, illuminating them by the white flame of poetry.
Dr. AUSTIN O'MALLEY
TOSCANINI - CARUSO
LA cMUSICA NELL'ARTE DI O. RUOTOLO
L'arte, sentita ed ese-
guita da Onorio
Ruotolo a scopo emi-
nentemente sociale, non po-
teva mancare di manifestar-
si anche nel campo della
musica, celebrando la po-
tenza del canto e del suono
nei rappresentanti maggiori
di nostra stirpe.
La Musica, considera-
ta anzitutto come un'istitu-
sione religiosa sociale, è
sentita dall'artefice del
marmo per l'influenza che
essa esercita nel progresso
sociale , mentre considerata
come una manifestazione
spontanea del lirismo di un
popolo, viene materializzata
nell'immagine degli artisti,
che in maniera più comple-
ta rappresentano questo po-
polo. Il Ruotolo vuole che
il genio musicale italiano
sia rappresentato dai som-
mi "esecutori" Toscanini e
Caruso.
I genii musicale — i
creatori di musica — sono coloro che scoprono ai mortali una parte della luce uni-
versale nelle sconosciute forze delle vibrazioni sonore. Essi sono necessari per
l'evoluzione spirituale dell'uomo.
Gli esecutori di musica d'altro lato sono utili, anzi sono piià utili dei primi,
perchè essi fan comprendere all'anima volgare la drammaticità della potenza dei
suoni. E' per questo che gli interpreti sono talvolta più apprezzati dei creatori,
essendo essi che veramente divulgano l'Infinito ; perchè è l'Infinito nei suoi valori
estetici, che preme all'anima moderna. A tal proposito dice il Morasso: "Non
vi è momento come durante l'audizione di una vasta armonia svolgentesi per infi-
niti accordi, che si richiamano come le onde del mare, e dirigentesi sempre più
avanti come la strada grandiosa degli uomini, che possa far vibrare più intensa-
mente verso l'Infinito degli esseri e delle cose, l'anima moderna. E' una visione
sempre nuova che ogni accordo induce, ed è l'aspettativa di un'altra visione diversa,
che esso suggerisce ancora, raffigurando così esteticamente il mistero dell'avvenire
e del tempo".
Ai due genii, dell'interpretazione e dell'esecuzione musicale, al Direttore eccel-
so ed al Cantante della gola d'oro, il Ruotolo ha innalzato i suoi busti-monumenti,
come testimonianza dei sentimenti che informano gli Italiani di America.
ARTUIRO TOSCANINI —SCOLPITO DA ONORIO RUOTOLO
704 Ih CARROCCIO
I
TiOSCANINI
E' al genio dell'esecuzione, a colui che con Tonda armonica degli strumenti
domina le folle, che Ruotolo paga il tributo, come al vero apostolo e al missionario
dell'Arte Musicale. Del Toscanini infatti diceva il Lualdi: "Più ancora che un
credente è un diffonditore di fede: più che un'energia è un suscitatore di ener-
gie". E come alcun altro ha ben detto : "egli è il Sinf oniaco, che comunica intorno
a sé l'incanto dell'armonia che segue nel suo spirito".
Consideriamo l'opera dello scultore.
La testa è scolpita ben nettamente nella parte facciale, come sola adatta a darci
l'anima dell'artista. Essa vien fuori dal macigno con espressione di suprema ango-
scia, come spinta fuori dall'Ignoto per far conoscere l'Ignoto.
I radi capelli si confondono nel marmo come onde nell'immensità del mare,
come volate di fumo verso il cielo dell'infinito.
II cranio è deformato nelle bozze parietali, che sembrano aver risentito la
pressione di quel cerveMo squisitamente musicale. Come nel busto di Dante abbia-
mo veduto le bozze frontali fondersi nell'unica bozza mediana, così ora, dovendo
i segni esterni indicarci le facoltà interne, noi abbiamo l'eccedenza di queste bozze,
che ricordano l'intellettualismo musicale dell'artista.
L'orecchio esterno, di nessuna importanza nel musicista, non è indicato.
L'orecchio medio ed interno sono certamente importanti come organi di rece-
zione, dovendo notare le più delicate sfumature dei suoni, e nel nostro Maestro
essi debbono senza dubbio esser perfetti nella struttura anatomica e nella loro fun-
zionalità, essendo egli abile non solo nel fare la sintesi dei suoni, ma nell'analisi
minuta di un singolo gruppo di suoni. Ma la finezza e la perfezione dell'organo
nascosto non possono essere rese in scultura, dove l'artista invece con la deforma-
zione temporale riesce a farci comprendere lo sviluppo eccezionale del cervello, a
cui vengono trasmesse le sensazioni dell'apparecchio ricettore, cervello che per
mezzo dei suoi centri giudica nelle associazioni, nelle dissociazioni, nelle elimina-
zioni, nelle immagini mnemoniche, che non saranno mai più cancellate.
Per meglio comprendere quanto andiamo dicendo, basti ricordare che le im-
magini uditive verbali si localizzano nella parte posteriore della prima circonvolu-
zione temporale o, secondo altri fisiologi, nella prima cnconxoluzione del hbulo
temporo-sf enoidale sinistro : le immagini visuali delle parole si localizzano nel
lobulo parietale n :^ciiore: le immagini di articolazione nella p;!.;te posteiicre della
terza 'Circonvoluzione frontale sinistra; le immagini gralìche avrebbero la loro
sede nel ])unto situato al piede della seconda circonvolu/.ione frontale.
1:0 Per ciò che più strettamente riguarda la musica diremo che il parnllelismo delle
loclilizzazioni musicali o verbali sembra molto sostenibile. Le immagini della sen-
sazione auditiva musicale si localizzerebbero in un centro che rappresenterebbe
una funzione specializzata del centro uditivo generale : le immagini visuali neces-
sarie alla notazione si localizzerebliero in un centro, incluso esso pure in quello
della visione generale: le immagini permettenti l'emissione della voce e il canto,
specializzerebbero una funzione delle parole articolate: le immagini grafiche indi-
spensal)ili alla direzione dei movimenti che realizzano la scrittura, si localizzereb-
bero in qualche gruppo cellulare del centro della scrittura verbale.
Ora Toscanini, dall'eccellente intelligenza musicale, deve di necessità avere
i centri musicali molto sviluppati — cervello ipermusico. — Così oltre all'avere un
*Ì"OSCANlNÌ-CAkUSÒ 705
orecchio line, ossia con attiUulinc a percepire le sensazioni uditive provocate dal-
l'eccitazione sonora, deve avere la memoria di coteste sensazioni, comprendente la
conservazione delle imma_i,dni uditixe, il potere di ri])rodurle, la capacità di localiz-
zarle e il ricordo de^yli stati eniolivi concomitanti con le eccitazioni musicali. Infatti
egli è un vero mago, che con "miracolosa precisione coglie e distriga in mezzo al
tumulto mareggiante dell'orchestra il più hreve e lieve atomo di suono discordan-
te" (Coc:::ani). Tutto ciò il Ruotolo ha voluto scultoriamente significare in quelle
bozze parietali.
Ma anche la fronte è abbastanza pronunciata nelle due bozze frontali, perchè
deve rappresentare le facoltà intellettuali del genio dell'esecuzione musicale. Il To-
scanini ha senza dubbio, e come già si è detto, un centro di sensazioni acustiche
facilmente impressionabile alle più delicate tonalità ed ogni sfumatura di suono: im
centro d'immagini visuali molto differenziato, un centro di memoria insomma che
ha in serbo tutte le opere da lui dirette, ma sopratutto egli deve avere un centro
di coordinazione particolarmente attivo e una sinergia di queste diverse facoltà
per poter dirigere con vita ed anima la sua orchestra. Egli deve aver bu'on orecchio,
buon occhio, buona mano, sotto il controllo potente del suo intelletto.
Egli non deve solamente leggere e fare eseguire delle note, ma deve inter-
pretare il pensiero dello scrittore e tutto afferrare, racchiudere, emanare sotto la
potenza del suo centro coordinatore. La deformazione frontale così come model-
lata dallo scultore ci richiama appunto all'intelligenza "direttiva" del nostro To-
scanini.
Il cranio insomma, sa])ientemente stilizzato, ci dà le qualità intellettuali, che
sono necessarie al "Direttore".
La faccia invece ci dà l'espressione dell' "esecutore", dell'artista in atto, del-
l'ossesso, del diabolico, che è sotto l'influsso prepotente dell'onda melodica o sin-
fonica. Ciò che il cervello ha sentito, riflettuto, elaborato, ora viene emesso, espres-
so da quella faccia, spasmodicamente contratta, dallo sguardo che grida all'orchestra
e che strappa le note che trascinano le folle.
Il cranio ci dà l'intellettualità, mentre la faccia ci dà l'espressione dionisiaca,
tragica, del Direttore che forza l'orchestra all'interpretazione sublime. Infatti la
faccia non è quella del semplice esecutore che desidera render la musica così come
il genio musicale la creò, ma dell'esecutore che vuole comunicarla alle folle, che
ascoltano. Essa è la faccia dell'uomo dell'umanità musicale, del trascinatore sin-
fonico, che per mezzo della sua anima squisitamente emotiva e sincera riesce a
comunicarci l'amore, il dolore, l'eroismo, la gioia della vita universale, perchè in
contatto con l'Infinito, comunica a noi la musicalità dello spirito assoluto, e, scio-
gliendo la sua personalità in quella del musicista che creò, diffonde nella folla le
sue emozioni.
La tragicità orfica di simile trasformazione e di simile missione è tutta espressa
dalle pieghe facciali, dalla bocca che sembra voglia urlare, dall'angoscia che stringe
quasi a sofferenza il volto duro e fiero, dallo sguardo profondo che vede dalle
armonie diverse sollevarsi le visioni spirituali delle cose e dei fatti. La faccia,
abbiamo detto, soffre, perchè c'è sforzo doloroso nella concentrazione di tutte le
facoltà dell'artista, che trasportato dalle onde sonore di (jnel mondo luminoso in
cui vive, vuole comimicare agli altri la sensibilità dell'anima sua e di cjuei grandi
che prima di lui videro e udirono i colori, le voci e i suoni dell'Infinito.
"Guardatelo — diceva D'Annunzio ai suoi Legionarii — è della vostra razza,
scarnito come voi, ossuto come voi, nervuto come voi. La sua testa è intagliata
nell'osso duro, tra mento e fronte, con quei profondi incavi che gli formano tra
706 II. CARROCCIO
orecchio e naso quando serra labbra e mascelle, con quel cipiglio che fa pensare
alla guardatura selvaggia del cigno sotto il rigonfio del rostro, con quel collo che
l'energia dilata come per riempirglielo di comandi inespressi".
Ruotolo ci dà dunque il Toscanini nel momento della massima concentrazione
ed inspirazione e perciò ne solca profondamente la fronte con linee orizzontali e
verticali. L'aggrottamcnto e corrugamento delle soi)racciglia danno quasi l'idea di
una scarica vicina. E' la forza interna che vuole erompere con potenza da quegli
occhi, che lontanamente fisano l'Infinito. Nello sguardo c'è espressa anche l'ansia
di chi ascolta le armonie segrete e teme che non possano essere riprodotte con
fedeltà.
Le gote sono tirate da pieghe perpendicolari, "le quali danno a tutta la faccia
un'espressione di volontà inesorabile : qualche cosa di serrato e di violento che
fa pensare all'invisibile forza degli esplosivi concentrati in un ordegno di metal-
lo". (Co::sani).
La bocca è composta come se volesse gridare e nello stesso tempo mostra il
lavorio di contenersi. E' l'urlo della grande anima, trattenuto con sacrifizio.
Il Ruotolo non ha dimenticato i baffi arricciati del Maestro, che costituiscono
una caratteristica dell'uomo italiano e che svelano il nervosismo della mano che li
piega, quando essa non è occupata nella direzione.
Il mento quadrato finisce per dare al contorno facciale una certa solida rigi-
dità, che meglio definisce il carattere risoluto ed energico del Toscanini.
A conclusione diremo che il Ruotolo nel suo busto ha mirabilmente espresso
l'eccitazione spasmodica dolorosa, che prende l'uomo sotto l'influsso dell'onda
musicale, che conduce l'anima nel regno dell'Infinito in un'armonia di grandezza
e di bellezza. E' insomma la commozione del "bello", tradotto nel viso del Sin-
fonico, che deve forzare l'umanità novella verso una concezione d'ordine sociale
superiore, dove l'amore regni fra le addolorate turbe.
Dice il D'Annunzio : "Non seml)ra che la Grande Musica annunzii ogni volta
alla moltitudine intenta e ansiosa il regno dello Spirito? Il Regno dello spirito
umano non è cominciato ancora...."
* * *
Il Toscanini, oltre che rappresentare il genio dell'esecuzione musicale, è caro
al Ruotolo per lo spirito di "italianità" che lo anima (italianità artistica e non
politica).
Prima della tournée dei concerti in America dello scorso anno, ecco che cosa il
Toscanini diceva, riferendosi ad un'orchestra italiana, che con lui doveva compiere
un lungo giro : "Questo permetterà ai compatrioti di giudicare a quale eccellenza
di risultati si può giungere mettendo in pieno valore l'innato talento artistico della
nostra razza con una seria organizzazione avente un certo carattere di stabilità e
con una bene intesa disciplina : e permetterà agli stranieri di conoscere e di amare
— attraverso l'arte — un po' meglio l'Italia, di quel che non possano attraverso
le menzogne dei gazzettieri e i giuochi di azzardo dei diplomatici. Se vi è ancora
una forma di propaganda e di diplomazia che possa produrre qualche buon risul-
tato questa è l'arte e specialmente la musica e nessun'altra". Ed egli condusse con
sé degli "artisti del suono", degli interpreti di sangue e di anima italiana. Con loro
egli dette della musica, non della musica italiana solamente, ma musica : musica
antica e nuova, italiana e non italiana, ma tutta però con interpretatone italiana,
perchè data dall'anima italiana e spinta fuori per volontà del Maestro.
Pien diceva il nostro Pasquale de Biasi, quando voleva far risaltare tale carat-
teristica della direzione di Toscanini e dell'esecuzione della sua orchestra, rammen-
TOSCANINI-CARUSO 707
tandoci le parole di lui agli esecutori : "Non basta che interpretiate i segni che
avete sulla carta davanti agli occhi, ma abbandonatevi al vostro cuore".
"Abbandonarsi al cuore, ecco il segreto", dice il De Biasi. "Ed è nostro, nostro
italiano, nostro latino, questo abbandonarsi al cuore, che permette tra le altre
cose nella vita, questa mirifica prova che fa del Toscanini un messaggero della
più dolce tra le parole alle genti affaticate e convulse d'America".
II
CARUSO
Come già Caruso fu chiamato tenore "eroico", cosi ora il busto del Ruotolo
è stato detto "eroico" in virtù di quella potenza fisica e spirituale, che da esso
emana. E in vero il Ruotolo è riuscito con la maestrìa del suo scalpello a fondere
in questa testa dalla robusta fattura l'energia di un puro idealismo con l'idealità
squisita del canto. Egli ha aft'ermato il suo ingegno, traducendo nel bronzo il senso
immane della forza musicale nell'onda della voce strapotente.
In questo busto v'è ciò che si nota nella maggior parte dei ritratti greci, ossia
un certo senso di idealità e la tendenza a tradurre nelle fattezze del volto il pensiero
e l'intima natura dell'uomo — nel nostro caso dell'uomo che energicamente posa,
cosciente del fascino della sua voce — , e nello stesso tempo v'è la caratteristica
del ritratto romano, che riproduce il volto con robustezza ed efficace realismo.
La grazia delle vigorose linee vi è espressa con pensosa e profonda spiritualità.
Il busto è stato chiamato "eroico" : preferisco invece chiamarlo : "imperiale",
perchè se da un lato esso rassomiglia alle statue degli eroi e dei vincitori dei ludi
agonistici, dall'altro esso è più vicino alle severe statue degli Imperatori romani.
Infatti, il Ruotolo ha trattato il suo modello alla guisa dei busti-ritratti del periodo
Giulio-Claudiano. tanto nella levigatezza del viso, negli occhi senza iride e pupilla
incise, quanto nella dimensione del busto stesso, che a mala pena mette in evidenza
la clavicola. Nei busti-ritratti di quest'epoca è facile scorgere l'abbandono del tipo
piuttosto rude del periodo repubblicano per un ritorno a quello dell'idealismo greco.
Possiamo quindi affermare che lo scultore ha voluto darci un busto romano
imperiale, considerando il Caruso come il vincitore sommo dell'agone moderno
— il teatro musicale — , e come l'Imperatore della voce nel Teatro di New York
e nel mondo intero : in questo a causa della potenza rievocatrice dei dischi fo-
nografici.
Aggiungeremo inoltre che il Ruotolo, stilizzando il collo in ampiezza, che
ben si potrebbe chiamare di "preparazione", ha cercato di fissare il tenore nel
momento di massimo concentramento spirituale, che precede la "manifestazione"
vocale. Caruso infatti non è ritratto in posizione di canto, ma come se. pronto al
canto, sentisse dentro di sé il fascino dell'Infinito, perchè nella metà destra della
faccia egli sorride, conscio del piacere che comunicherà alla folla, mentre nel-
l'altra metà egli freme per il panico dell'Ignoto che lo assale.
Come nella plastica greca v'è accordo perfetto del pensiero e della materia,
così nel busto di Caruso lo scultore ha sapientemente unificato spirito e corpo,
musica e canto, pubblico e artista.
Si noti inoltre che questo busto non è solo il ritratto del grande defunto, ma
è sopra tutto il monumento, che la Famiglia Caruso, e con essa il Popolo Italiano
di New York, anzi il Popolo intero d'America, han voluto innalzare nel Metro-
7o8 11/ CARROCCIO
politali Theatre a memoria eterna del Divo. Lo scultore, interprete del sentimento
collettivo, ha creduto conveniente di coronare l'arbitro del canto con l'alloro del
vincitore, dell'imperatore, dell'iddio.
E tutto ciò per l'alto posto che il cantante ha assunto nei tempi moderni di
fronte a ciò che egli era nei tempi passati, in cui il suo ufficio era quello di can-
tore nei cori, piuttosto che a soloista. I cori, rappresentanti del popolo, prende-
vano parte e nei canti del culto, e nelle feste cittadine, e nelle religiose e profane,
n'ìi ludi agonistici, nei teatri, nei banchetti, ai funerali, alle nozze, nelle palestre,
nelle preghiere, nei canti dei simposi. Così i cori cantavano le vittorie, guidavano
i moti delle danze, esultavano negli imenei, ecc. : insomma presero parte nelle varie
manifestazioni della vita pubblica e privata. Ma con l'evoluzione della società,
dai tempi pagani ai cristiani, ai medievali, ai moderni, la parte dei cori andò man
mano diminuendo fino a diventare dei semplici intermezzi, crescendo d'importanza
sulla scena la parte dei soloisti. Dall'agone alle sacre rappresentazioni, ai misteri
della Chiesa, si è giunti al dramma moderno, dove il pubblico assiste e si com-
muove e Vattore parla e canta col cuore e l'anima dell'umanità. I teatri hanno so-
stituito i templi e le chiese della collettività per esaltare l'individualismo della
società moderna e con esso il valore dell'artista cantante.
Perciò Caruso, il più autorevole interprete dell'opera musicale moderna, è
stato coronato dall'alloro glorificatore, saggiamente posto dallo scultore sulla degna
testa, per esaltare la potenza della voce, riccamente timbrata e melodiosamente
benigna quando volle e seppe volgarizzare il divino alle folle bramose di luce, di
suono, di armonia.
Lo scultore dunque, dandoci un Caruso laureato, ha voluto affermare la nuova
missione sociale dell'artista teatrale, che ha ormai acquistato valore personale e
civile, individuale e universale.
E non per questa sola ragione il Caruso ha ricevuto la corona di lauro, ma
anche perchè egli è l'imperatore, che può e che potrà far sentire la potenza della
sua arte a tutti i popoli.
Per l'invenzione di Edison fu possibile al Caruso, primo fra i grandi, di scri-
vere su pagine imperiture il timbro e la dolcezza della sua voce. Il suo canto è
stato fissato nei dischi fonografici in America e per merito di un Americano. L'in-
terpretazione dei poemi musicali fu elargita così a beneficio dell'Umanità.
Non era dunque conveniente che in America e nella prima città degli Stati
Uniti, fosse conferito al cantante del mondo il sacro alloro?
Ruotolo, artista inspirato, lo pose sulla testa benedetta.
* * *
Il monumento fu scolpito per esser posto nell'atrio del Teatro Metropolitano,
dove il Caruso imperò per anni, insuperato dai più grandi. Nel suo Regno, nel
suo Impero doveva Egli rimanere : "in quel Teatro dove — come giustamente dice
Pas(|uale de Biasi — l'arte del Caruso schiuse il suo fiore di fuoco : dove la gran-
dezza di Caruso venne crismata per l'eternità: nella sala in cui il cantante vide
ai suoi piedi la potenza dell'ingegno, la potenza dell'oro e la potenza delle potenze,
quella femminea, vinte tutte da un miracolo dell'Onnipotente. Fu una signoria
incontesa, indiscussa, di anni ed anni, cui la moltitudine anelante tendeva frenetica-
mente i polsi : ed invero, quando la sala riboccante si accendeva di clamore e palpi-
tava in un solo sospiro, Caruso doveva sentir fluire nelle sue vene il sangue d'una
divinità".
Come dunque doveva il Ruotolo rappresentare il Cantante se non come un
Imperatore nel suo Impero, un Dio nel suo Dominio?
NATALE 709
Ecco perchè il busto, che il Popolo desiderò e che lo scultore ideò, doveva
avere in sé la potenza della dominazione, espressa nella coscienza del proprio
valore.
•r "^ 'r
Infine diremo che il Caruso non solamente fu l'eccelso cantante, imperatore
della voce nel Teatro Metropolitano, ma fu anche l'Italiano, che a New York
impose la "voce" italiana. Fu nel Metropolitano principalmente che l'America
si educò alla musica italiana: fu li che essa imparò, se non ad amare, almeno a
rispettare il nostro ingegno musicale.
Ruotolo, conoscendo la parte avuta dal Caruso in tale scuola, esaltò ancora
una volta il valore della sua stirpe e volle quale rappresentante degli Italiani d'A-
merica, coronare l'uomo che fu l'esponente massimo del bel canto italiano. E
coronò il Caruso, affinchè il busto rimanesse eterno a testimoniare in New York
il valore, non del Grande scomparso, ma di tutti i cantanti italiani — dal povero
di strada al più raffinato e colto artista di teatro.
Con l'immagine laureata di Caruso il Ruotolo coronò l'Italia del Canto, innal-
zando così un monumento all'Imperialismo italiano nell'arte musicale. E la corona
d'alloro diventò ancor più sacra sul capo del figlio di Napoli, che nell'anima sua
aveva tutta la bellezza del nostro cielo e tutto lo splendore del nostro sole.
DoTT. NICOLA BRUNORI
NATALE
Ecco loriuir dcìifrc di me il lontano
UIC stesso bimbo. Oh, che stiipor di cose
intorno: i rovi son cespi di rose
ed un giardino tutto in fiore il piano
ch'era sì brullo! Quale esperta mano
donò nuova interezza a ciò che ròse
il tempo/ B qual miracolo compose
traine di sogno per il cuore strano
dell' uom che pure adulto ama riandare
ed indugiare fra l'ingenue favole
che gli appresero un giorno le bianclic avole?
Non indaga chi vuole in se serbare
la dolcezza di ancor poter nutrire
di fole l'anima e saper stupire
d'un frullo d'ali, della prima neve
0 d'un rintocco di bronzi che sale
verso le stelle ed annunzia il Natale!...
Terra d'Abruzzo, dicembre \ij21.
RAFFAELLO BIORDI
IL GIRO D'ITALIA
DEGLI STUDENTI ITALO - AMERICANI
Il Carroccio coìiipremìc ed aìiia lo sforco che la gioventù italo-aiuericana compie per man-
tenersi italiana di spirito e di coltura. La preparazione d'oggi sarà la vittoria di domani! Que-
sta pubblicazione che entra nelle case italiane e straniere a parlarvi dell'Italia, raggiunge e
colpisce lìwssimamcnte il giovane che, tenuto all'oscuro fino ad ieri, d'un tratto ha come la rive-
lazione di ciò che fu ed è ancora l'Italia dei suoi genitori, l'Italia ancora sua. Nello stesso mo-
mento della rivelazione, l'anima rinasce, e ne balza un ardore
sconfinato. Da questo istante la milizia dell'italianità può contare
su un altro combattente invincibile.
Ai giovani italo-am,ericam si raccomanda oggi la lettura di
questo Diario, che uno dei loro compagni stese nel corso della
gita fatta in Italia col gruppo degli studenti scelti e premiati col
viaggio colà, per aver coltivato lo studio dell'italiano. Bisogna
sempre tendere con lo spirito verso l'Italia; sentirne sempre il
desiderio di vederla, e, una volta visitata, comprendere che cosa
conti l'Italia tra i valori di tutto il mondo, e come valga la pena
di amarla di lontano e di indurre gli stranieri a conoscerla e
rispettarla.
Il Diario dello studente Mei dovrebbe generare in molti il
desiderio di rifare l'itinerario seguito dagli studenti italo-ame-
ricani, e se non si hanno mezzi propri, desiderare d'essere negli
anni futuri tra i fortunati degni di visitare l'Italia, tra i premiati
per lo studio dell'italiano.
Poiché è da augurarsi che il primo viaggio di quest'anno sia
seguito negli anni prossimi.
Il benemerito di questa iniziativa — primissimo nel tempo,
nella concezione e nell'attuazione — è Augusto Jaccarino, il valoroso pubblicista cui la coltura
moderna nazionale deve i frutti dell'azione propulsiva svolta con la Rivista d'Italia da lui soste-
nuta e diretta per parecchi anni. Nei suoi viaggi in America il simpatico collega, entusiasta
d'ogni cosa bella, scorse subito l'utilità di riavvicinare all'Italia, alla sua bellezza, alla sua in-
fluenza spirituale radiante, la gioventù italiana d'America tenuta in oblìo. Tre o quattro anni
fa Augusto laccarino guardò anche al modo di tradurre in atto l'idea — e mandò rapporti ed
invocò l'appoggio dell'Istituto bancario preposto alla tutela del risparmio degli emigrati — il
Banco di Napoli. D'allora tra il comm. Miraglia, direttore generale del Banco, e il gr. uff. Jac-
carino si stabilì di lanciare l'iniziativa nelle Colonie, e la scorsa primavera il Jaccarino venne
in America massimamente per organizzare la cosa d'accordo con le autorità e con l'elemento
coloniale. Che altri abbia, con tortuosi spedienti bussolottieri, tentato di togliere il merito della
cosa al nostro collega, è fatto già assodato e deplorato. Ma contro lo stolido, falso e parolaio
esibizionismo altrui, stanno il calendario e le infinite circostanze che attribuiscono il merito
primiero della impresa inauguratasi quest'anno, al Jaccarino ed al Banco di Napoli generoso
sostenitore basilare.
L'opera dell'Ambasciata s'accodò poi, e si svolse, come di dovere, in un lavoro esecutivo
di dettaglio. Due suoi delegati seguirono la comitiva nel suo giro; ma quanto valesse l'opera
preparatrice e direttrice, illuminata e disinteressata, influente e gradita del Jaccarino, i gitanti
stessi videro e ammirarono.
Mentre leggiamo il Diario della gita è bene esprimere al collega Jaccarino la gratitudine
di quanti nell'opera sua hanno già avuto aperti nuovi orizzonti di vita ideale pei loro figliuoli.
A BORDO
26 luglio — Adunata al Regio Consolato italiano di New York p er ricevere le ultime istru-
zioni ed i biglietti d'imbarco dal cap. Gangemi. Qui ci vien comunicato l'itinerario che, in
gran parte, seguiremo fedelmente. Unico bagaglio permesso, le valigie a mano.
27 — Imbarco alle 12 sul Pe.mro del Lloyd Sabaudo, allo scalo n. 95, West 55.a strada.
Partenza alle ore 15
28 — Vengono spediti dagli studenti due telegrammi di omaggio a S. M. il Re e a S. E.
l'Ambasciatore Rolandi-Ricci.
AUGUSTO JACCARINO
iniziatore dei viaggi d'istruzione
in Italia pei fìg:i degli emigrati
II, GIRO d'iTAUA degù studenti ITALO-AMl^RICANI
711
LA MEDAGLIA OFFERTA A S. A. R. IL PRINCIPE DI PIEMONTE DAGLI STUDENTI ITALO-AMERICANI
RECATISI IN COMITIVA IN ITALIA
31 — Viene celebrata la messa nel salone di prima classe, all'ombra di un gigantesco tri-
colore spiegato per l'occasione. Ciò produce un'impressione gradita a molti degli studenti, i
quali si attendevano piuttosto qualche segno dell'antica intransigenza tra Chiesa e Stato.
4 agosto — Banchetto di ringraziamento, offerto in anticipo dagli studenti agli artisti
che parteciperanno al concerto di beneficenza organizzato pro-Mutilati di Guerra da Francesco
Cipriano, dell'Università di Ohio.
6 — Concerto pro-Mutilati. Vi partecipano il soprano Ingram, il baritono Antola, il tenore
Clausi, studente della Chicago University, ed il pianista Scimeca dell'Università di Baltimore.
II concerto riesce bene, e si raccolgono circa 2000 lire che al nostro sbarco verranno rimesse
dal "cliairman" Cipriano all'Associazione pro-Mutilati.
7 — Passiamo Gibilterra verso le 8 di sera. Commozione intensa; alcuni rivedono la terra
europea dopo tanti anni, altri vi posano l'occhio per la prima volta.
8 — Passiamo Capo Spartivento, estrema punta meridionale della Sardegna, alle 21. Pri-
ma terra italiana 1
9 — Arrivo a Napoli alle 21, dopo aver passato nel tramonto fulgido, Ischia, Procida e
Pozzuoli. Restiamo abbagliati dalle luci e dal frastuono della città. Divieto di scendere a terra
fino all'indomani.
10 — Sbarco non ufficiale. Alcuni vanno a visitare i loro parenti, altri si sparpagliano
per la città per ammirare questa Italia sconosciuta o pressoché dimenticata. Alle 23 ritiro
a bordo.
11 — Partenza per Genova alle 6 ant. Risaliamo la costa del Tirreno, passando l'isola di
Ponza alle io e la foce del Tevere nel pomeriggio. Coll'aiuto dei cannocchiali ci riesce possi-
bile di vedere la cupola di San Pietro. L'isola d'Elba la passiamo alle 8 di sera.
GENOVA
12 agosto — Arrivo a Genova alle io, dopo essere passati dinanzi alle cittadine del Golfo
ed aver ammirato il panorama meraviglioso offerto dalla città e dai suoi dintorni. Allo sbarco
siamo ricevuti cordialmente dagli studenti genovesi. La tranquillità e la pulizia del porto ed
il carattere calmo ed austero della popolazione producono sul nostro animo un ben diverso
effetto da quello prodottoci da Napoli allegra e rumorosa. Appena sbarcati ci dirigiamo al-
l'Hotel Miramare, dove ci raggiunge il gr. uff. Augusto Jaccarino, che poi ci accompagnerà
per il resto della gita. Nel pomeriggio ci rechiamo al monumento a Colombo, dove si depongono
dei fiori, ed all'Università, dove rendiamo omaggio alla memoria degli studenti caduti nella
guerra mondiale. Indi, accompagnati dagli studenti genovesi, ci portiamo alla casa di Alazzini
ed a quella di Colombo. Questa sera dagli studenti è stato dato al Caffè Olimpia un ricevimento
in nostro onore, che s'è tramutato in un'imponente dimostrazione d'italianità, turbata solo da
un lieve incidente tra fascisti e comunisti.
13 — Nel mattino, visita alle Acciaierie Ansaldo di Sestri Ponente. Qui possiamo vedere
ed apprezzare ciò che l'Italia deve a questi grandiosi stabilimenti, e ci vien dato apprendere
^12 tt CARROCCIO
dei fatti e delle cifre impressionanti sulla preparazione e sull'allestimento economico-industriale
della nostra guerra. Il lavoro di guerra è stato però già tramutato completamente in opera
feconda di pace e di benessere, e attorno ai pochi cannoni che ancora rimangono, come senti-
nelle vigili, nei canti delle officine, si ammonticchiano gli attrezzi agricoli, le macchine per
i 'aboratorii, le locomotive e le parti di automobili. Dopo il pranzo a Pcgli, offerto dall'Ansal-
do, partiamo in automobile alla volta di Portofino Ligure. Nel tragitto passiamo Nervi, Chia-
vari, Rapallo ed altre graziosissime cittadine della Riviera, tra le quali Quarto, dove è eretto
il monumento a Garibaldi sul famoso Scoglio. All'arrivo a Portofino Vetta abbiamo agio
di ammirare tutte le bellezze incomparabili della Riviera Ligure, che si snoda ai nostri piedi
fino a Porto Maurizio da un lato e alla Spezia dall'altro. Dopo il banchetto offerto dalla Banca
Commerciale ripartiamo alla volta di Genova.
/-/ — Nel mattino, visita al Municipio, al Museo e all'Università. Nel pomeriggio visita
al Cimitero di Stagliene. Qui vi sono molti dei più bei lavori d'arte e d'architettur.i d'Italia.
A delta di uno dei nostri, Staglieno è un museo d'arte, non un cimitero. Dopo aver deposto
dei fiori sulLi tomba di Mazzini, torniamo a Genova e siamo ricevuti al Municipio dal Sindaco.
Più tardi visitiamo gli stabilimenti balneari al Lido, dove ci viene offerto un banchettf) dalla
Banca d'Italia.
i.-i — Lasciamo Genova alle 9 sopra un motoscafo alla volta di Savona; qui la popolazione
ci fa festosissime accoglienze. Ritorno a Genova alle ore 20.
16 — Partenza per Torino alle 8.30.
TORINO
16 — Arrivo alle 12, dopo tre ore di treno attraverso la bella e coltivatissima campagna
piemontese. Gii studenti torinesi sono alla stazione a riceverci e ci accompagnano all'Hotel
Ligure. Nel pomeriggio siamo ricevuti al Municipio dal Sindaco, ed a Palazzo Reale da
S. A. R. il Principe di Piemonte, il quale s'intrattiene affabilmente a conversare con noi e dona
a ciascuno una sua fotografia autografata. Sua Altezza appone la sua firma alle fotografie
sul medesimo tavolo sul quale Carlo Alberto firmò lo Statuto. Dopo aver tolto commiato dal
Principe passiamo al Museo Reale, dove sono raccolti cimeli preziosissimi del Risorgimento.
Indi ci rechiamo a Superga a rendere omaggio alle tombe dei Principi di Savoia e ad ammi-
rare il panorama meraviglioso della pianura padana. Dopo aver cenato a un piccolo liìtorante
lassù, torniamo a Torino e passiamo la serata passeggiando sotto i portici di questa città
modernissima che più di qualunque altra somiglia alle città d'America.
17 — Nel mattino, passeggiata per i giardini del Valentino e visita all'Istituto P'>lit<x:nico.
dove siamo accolti dai professori e dagli studenti di Torino. In risposta ad un discorso pronun-
ciato dal Rettore, parla lo studente Ingargiola, il cui discorso vibrante di patriottismo è ap-
plauditissimo. Ci rechiamo quindi a visitare il Castel San Giorgio, il cui carattere medioevale
si mantiene integro tuttavia. Dopo il pranzo, offerto dall'Officina Aeronautica Ansaldo, par-
tiamo in macchina alla volta di quelle Officine. Qui possiamo ammirare il lavoro immane ed
il successo raggiunto dall'Ansaldo. E' dato ad alcuni del'a comitiva di volare su uno Sva
pilotato dall'intrepido aviatore Stoppani. Nella serata vien data una rappresentazione in nostro
onore al Teatro Chiarella.
18 — Partendo alle 7 di mattina, ci avviamo in caiiiioii ed automobili verso Val d'Aosta,
dove giungiamo alle 12. Il paesaggio è di una bellezza incomparabile. Le montagne altissime,
che SI drizzano quasi a picco sopra di noi, incutono un sentimento di ammirazione frammi-
schiato involontariamente al terrore. Ci avanziamo fino alla frontiera francese, passando per
Pivarolo Ivrea e San Vincenzo, e visitiamo le fonderie d'acciaio e gli impianti elettrici Ansaldo.
Nel pomeriggio torniamo a Torino, arrivando alle 20.
19 — Partenza per Milano alle 8.
MILANO
19 — Arrivo alle 11. Visita agli Stabilimenti Pirelli per la manifattura della gomma.
Ritorno all'Hotel du Nord. Nel pomeriggio visita agli Stabilimenti Breda. Nella serata ban-
chetto al Ristorante Cova, offerto dalle Banche Italiane, seguito da un sontuoso ricevimento
al Touring Club di Milano.
20 — Nel mattino visita all'imponente Duomo ed al Castello Sforzesco. Nel pomeriggio,
dopo aver visitato il teatro della Scala, ci rechiamo ad una conferenza data al Conservatorio
Verdi dall'on. Innocenzo Cappa, deputato repubblicano, sui problemi finanziari, economici ?
politici che l'Italia deve risolvere. L'oratore è ascoltato colla più grande attenzione e la fine
del suo discorso è coronata da applausi vivissimi. A lui siamo grati di averci date delle infor-
II, GIRO DETTALI A DEGl.! STUDENTI ITAtÒ-AMÉlRlCANt ^IJ
inazioni utilissime per il nostro futuro lavoro di propaganda. Nella serata, banchetto al Caffè
Diana offertoci dal Credito Italiano.
2J — Partenza in ramioìt por i lai^lii, arconiitaRnati <lal ronini. 'i\(lcscii del Tuurinv; Clnh
clic rimane con noi sino a Trieste.
/ I.ACni
21 — Arrivo a Paderno alle ii. Qui visitiamo i grandiosi impianti idroelettrici della
Edison. Pranzo negli stabilimenti, offerto dalla direzione. Indi, da Cernusco prendiamo il
treno per \'arenna, dove siamo acc:)1ti festosamente dalla popolazione. Da qui, col battello
Adda che fa il servizio dei laghi, ci rendiamo a Ik'ilagio, dove pernottiamo al Grand Hotel.
Le bellezze naturali del Lago di Como e del Lago di Lecco di colpiscono moltissimo. Quegli
:specchi d'acqua, picchiettati d'isolotti verdeggianti colle sponde che s'innalzano ripide e sco-
scese, nia rivestite di pini fragranti, e le Alpi coronate di nevi eterne che formano una conca
.'gigantesca nel fondo della quale sembra annidarsi il lago, produce in noi un'impressione che
certamente non si dimenticherà.
Ji — Nel mattino ci rechiamo a \ illa Carlotta, magnifica residenza vicino a Lremezzo,
già proprietà di un principe Hohenzollern. confiscata dal governo durante la guerra. Qui am-
miriamo degli splendidi capolavori artistici, tra i quali la famosa scultura Autor e Psyclic, la
Cappella Conti ed il giardino immenso e pieno di preziosissime piante esotiche. Nel pomerig-
gio ci rechiamo a Como, dove siamo accolti fraternamente dagli studenti. Nella serata ban-
chetto al Grand Hotel Brunate, offerto dal Banco di Roma. Pernottiamo all'Hotel Meublé.
23 — Partenza per Varese, dove giungiamo alle u. Banchetto offerto dal Banco di Na-
poli al Grand Hotel di Campo dei Fiori, donde si ammira un panorama grandioso. Da questo
Hotel, sopra le nuvole, si domina l'intera regione dei laghi. Nel pomeriggio siamo a Pallanza,
sul Lago Maggiore e qui visitiamo S. E. il generale Conte Cadorna, che gentilmente ci dona
il suo autografo, e ci accompagna quindi all'Isola Bella, dove sorge la maestosa dimora dei
Principi Borromeo. Il Principe ci accoglie e ci guida per. sonai mente per il palazzo che rac-
chiude tesori d'arte inestimabili. Pernottiamo al Cìrand Hotel di Stresa.
24 • — Pioggia per tutta la mattinata. Nel pomeriggio partiamo alla volta di Desenzano
sul Lago di (iarda, dove, malgrado s'arrivi a mezzanotte, siam gentilmente accolti dal Sindaco
che pronunzia un discorso in inglese. Pernottiamo all'Hotel Mayer.
TRENTINO — ALTO ADIGE — CADORE
25 iiijosto — Partenza alle 5 per Gardone, a bordo del battello G. Zanardelli. Arriviamo
alle 8 e restiamo fino a mezzogiorno, sotto la pioggia, nella speranza di vedere Gabriele d'An-
nunzio, che però non ci può ricevere a cau.sa di un'indisposizione. Siamo invece ricevuti in
casa di Pietro Cattadori, sindaco di Gardone. Indi ripartiamo col battello Italia alla volta di
Riva, gustando il panorama magnifico. Il Lago di Garda non possiede forse le bellezze del
Lago di Como, ma è più imponente e maestoso, specie verso la sua estremità settentrionale,
dove il Monte Baldo, dai declivi corrugati e scoscesi, viene a bagnar le sue falde nelle acque
del lago. Quando passiamo la vecchia frontiera, un nrrah! poderoso e spontaneo erompe dai
nostri petti, seguito dal fatidico inno di Garibaldi. Entriamo nell'Italia redenta! Poco dopo
giungiamo a Riva, dove possiamo osservare le prime rovine di guerra, le case danneggiate
dai bombardamenti, e l'opera di ricostruzione che ferve ovunque. Dopo una breve sosta pren-
diamo il treno per Trento. Ci troviamo finalmente sulle balze del Trentino, conquistate dai
nostri soldati a costo di tanti .sacrifici e di tanti eroismi. Fra Riva e Rovereto vediamo mol-
tissime traccie di guerra : filo spinato, roccie fracassate dalle granate, ripari eretti dagli au-
striaci, trincee scavate nel terreno duro e anfrattuoso, case diroccate, sventrate, rase al suolo.
Ma dappertutto ferve il lavoro di ricostruzione, ed a lato delle rovine cominciano a sorgere
gli edifici nuovi, moderni. Giungiamo a Trento alle U) e ci ritiriamo estenuati dalla lunga gior-
nata di viaggio al Grand Hotel Trento.
26 — Il Generale Capello viene a raggiungerci nella mattinata per servirci da guida nel
giro del fronte. Prima di lasciar Trento visitiamo il monumento a Dante ed il Castello del
Buon Consiglio, dove vediamo le celle di Battisti, Filzi e Chiesa e le lapidi nel fossato del
Castello che ricordano i luoghi dove i tre martiri irredenti trovarono morte gloriosa. Indi
partiamo in camion per l'Alto Adige. Una volta passato il confine tra il Trentino e l'Alto
Adige, sentiamo di trovarci in terra straniera. Tutto è tedesco : le case, la lingua, il carattere
della popolazione. E questa impressione si acuisce quando giungiamo a Bolzano verso mez-
zogiorno. La cittadina, situata a cavallo dell'Adige, è amena, e i suoi dintorni sono grazio-
714 II* CARROCCIO
sissimi, ma l'architettura delle case è pesante, fastidiosa. La lingua predominante è il tedesco.
Ripartiamo appena pranzato e c'inoltriamo ad oriente, per la Val di Fassa. Il paesaggio dolo-
mitico, incantevole e maestoso, si presenta innanzi a noi coi suoi picchi altissimi, nudi, affu-
solati, colle sue gole profonde e i suoi torrenti gorgoglianti, colle sue vallate fittamente rico-
perte di pini. Qui infieri la guerra, e ancora se ne vedono abbondanti le tracce : reticolati,
trincee, camminamenti, mucchi di scatole di conserve vuote e arrugginite frammiste ad elmi
spezzati e a frammenti di granate. Qua e là ancora biancheggiano delle ossa. Verso sera
giungiamo a Cana,zei, intirizziti dal freddo malgrado la stagione estiva, e pernottiamo al
Dolomitenhaus, a 1500 metri d'altezza.
27 — Partenza all'alba. Ci fermiamo al Passo di Pordoi (2242 m.), da dove possiamo
ammirare un panorama estesissimo: dinanzi a noi i biechi picchi delle Tre Tofane, coi ricoveri
costruiti dagli Alpini sulle vette; a destra il Marmolada coronato di nevi eterne, ed il Col di
Lana, scena di combattimenti epici ; a sinistra la vallata del Pordoi, con un piccolo cimitero
di guerra austriaco, unico ricordo mesto di tante fiorenti gioventù spezzate. Dopo una fermata
di circa un'ora riprendiamo la strada e giungiamo alle 15 a Cortina d'Ampezzo, una delle
tante piccole gemme dell'Italia redenta. Qui restiamo per il rimanente della giornata. Nella
serata il generale Capello ci fa un discorso sulle cause e la storia della guerra, seguito dal
capitano Giannino Antona-Traversi, il noto commediografo, che ci tiene una conferenza sul
lavoro dell'Associazione per il riconoscimento e la sepoltura delle salme dei caduti.
2<? — Alle 9, visita al cimitero militare, dove riposa la salma del generale Cantore, caduto
il 20 luglio 1915 sulla Tofana di Roces. Alle 13 partenza in treno per Belluno, dove giungiamo
alle 17, accolti festosamente dalla popolazione e dagli studenti. Visitiamo il Municipio, la chiesa
ed il Museo ; indi ci ritiriamo all'Hotel des Alpes.
29 — Partenza alle 5 per Venezia, dove giungiamo alle io dopo aver passato il Grappa,
il Piave ed il Montello di eroica memoria.
VENEZIA
29 agosto '■ — Arrivo alle io. Dalla stazione andiamo in vaporino a San Marco lungo il
Canal Grande. Stupore ed ammirazione. Quanta bellezza! Ogni casa è un gioiello di archi-
tettura, un'opera d'arte senza prezzo, e 'con un fremito di spavento ripensiamo ai giorni della
guerra, quando questi tesori inapprezzabili si trovavano in continuo pericolo a causa dei
continui bombardamenti aerei. Infine giungiamo in Piazza San Marco, tante volte veduta in
fotografia, e visitiamo la Basilica, dove l'arte greco-bizantina s'incrocia sì ammirevolmente
con quella gotica. Lo sfarzo e la ricchezza della Chiesa, e gli aurei mosaici medioevali ci
danno la sensazione di trovarci in un palazzo incantato. A malincuore ci stacchiamo dalla
Basilica per recarci al Palazzo Ducale. Qui però ci attendono nuove meraviglie, e il periodo
trascorso nelle imponenti sale ci pare troppo breve. Dopo aver desinato all'Hotel Vittoria
visitiamo il Ponte dei Sospiri ed il Rialto.
30— Ricevimento al Municipio ed alla Camera di Commercio. Nel pomeriggio ascoltiamo
un discorso pronunciato all'Ospedale Civile dal dottor Giordano, sindaco di Venezia, sulla
storia della medicina in Italia (i). Indi visitiamo le botteghe d'arte, alcune delle principali
chiese, tra le quali quella della Salute, ed il Palazzo dell'Accademia di Belle Arti. Infine ci
rechiamo in vaporino agli Stabilimenti Balneari del Lido.
31 — Partenza alle 6 per Mestre, in vaporino. A Mestre ci disponiamo nelle automobili
che debbono portarci al fronte.
FRONTE DI GUERRA
31 agosto — Partendo da Mestre, passiamo per Treviso e Spresiano, fermandoci al Piave
sul Ponte della Priula. Qui il generale Capello ci descrive la battaglia del giugno 1918 e
quella di Vittorio Veneto che pose termine alla guerra. A destra possiamo vedere il corso del
Piave fino a San Dona, mentre a sinistra si erge il Montello intriso di sangue italiano e stra-
niero, e nella distanza s'innalza il terribile Grappa, con al Iato il Monfenera e il Monte Tomba.
Questi paesaggi dove infuriò la guèrra appaiono ora deserti. Procediamo per Susegana, Coneglia-
no. Colle Umberto, Vittorio, Sacile, Pordenone e Godroipo, fermandoci a Udine, dove siamo
ricevuti al Municipio, che a causa della sua posizione elevata domina l'intero fronte dell'Isonzo
da Tolmino al mare. Nel pomeriggio riprendiamo il camminb, e passando per Pradamano
e Cormons, oltrepassiamo la vecchia frontiera sul ludriq. Ci fermiamo sotto il Podgora,
(i) Al Carroccio è stato mandato in cortese dono il manoscritto della conferenza, che ap-
parirà presto in queste pagine. — N. d. D.
ir, GIRO IJ ITALIA DRGLI STUDIENTI ITALO-AMERICANI 715
dove il generale Capello ci fa la descrizione della battaglia di Gorizia e dell'avanzata sul
Monte Santo e la lìainsizza, e (|uindi procediamo su per le pendici del San Michele, donde
si domina buona parte della vallata dell'Isonzo. Qui visitiamo la grande galleria in cemento
armato costruita dagli austriaci nel 1917 ed indi ridiscendiamo alla valle, passando per Gorizia
ed inoltrandoci per il Carso. Lo sterminato altipiano carsico, brullo, rossiccio, desolato, colle
sue "doline" e le sue trincee ancora spar.se di filo spinato, di elmetti e di granate inesplose,
offre uno spettacolo tetro e lugubre. A Rcdipuglia, presso Dobcrdò, ci fermiamo al cimitero
di guerra che racchiude le salme di diecimila caduti i)er la grandezza d'Italia. Alla memoria
di questi eroi rendiamo omaggio. Le file di tombe, allineate in ordine militare con armi arrug-
ginite invece di cippi, e le iscrizioni eroiche e malinconiche su quelle tombe di prodi ignoti, ci
riempiono gli occhi di lagrime, e proviamo quasi un senso di sollievo quando si riparte alla
volta (li Mmifalcone. Passando per Monfalcone, Duino, Nabresina e Prosecco, dove il generale
Capello ci lascia, salutato da un entusiastico urrah. giungiamo a Trieste.
TRIESTE
31 agosto — Arrivo alle ore 20, salutati entusiasticamente dagli studenti. Dopo un son-
tuo^j ricevimento alla sede del'a Società Ginnastica Triestina ci ritiriamo all'Hotel Vittoria.
1 xctlciiìbrc — Partenza in caiitiiìu alla volta di Postumia (Adelsberg). La popolazione
di (|ULsta bellissima regione è quasi interamente slovena e nelle campagne predominano i pitto-
reschi costumi slavi. X'isitiamo la grotta di Postumia, inoltrandoci per oltre quattro chilometri
tra gli stalattiti scintillanti di (|uel meraviglioso sotterraneo, che sembra un fantastico palazzo
ctìstruito eia gnomi. Dopo aver pranzato in un ri-torante di Postumia ci rechiamo alla grotta
di v^an Cangiano. Qui, per passaggi difficili e pericolosi, al lume delle torcie a vento, che
rischiarano di luce infernale la scena dantesca, c'inoltriamo fino al pozzo pili profondo.
Torniamo a Trieste verso le 20. iNella serata siamo ricevuti alla sede del Fascio di Combatti-
mento, dove l'on. Giunta, vivamente applaudito, pronunzia un discorso vibrante di patriottismo.
^' — A bordo di un vapi)rino c^ rechiamo a Capodistria. Qui riceviamo un'accoglienza
cordialissima, ed abbiamo l'onore di stringere la mano a Nino Sauro, figlio del martire irre-
dento. Si compie una commovente cerimonia dinanzi alla casa dove visse Nazario Sauro. Il
comm. Tedeschi del Touring Club di Milano pronuncia un discorso applauditissimo, al quale
risponde il cav. Cobol di Capodistria, fervido patriotta che già conobbe le persecuzioni austria-
che. Doi)o vm ricevimento al Circolo Italia ci rimbarchiamo per Trieste. Qui siamo ricevuti
al Municipio, <Iove parlano il cav. Villasanta, il gr. uff. Jaccarino e lo studente italo-americano
Grosso. Più tardi ci rechiamo .sul colle di San Giusto ad ammirare la famosa chiesa e lo
splendido panorama del golfo e del porto di Trieste. Nella distanza riluce ai raggi del sole
italico il castello di Aliramar, già diinora degli arciduchi della Casa d'Absburgo, come una
fulgida gemma riscattata all'Italia dal valore dei suoi soldati. Nel pomeriggio, dopo una visita
alla sede del reggimento di guarnigione a Trieste, riposo e uscita libera.
.? — Partenza per Firenze alle 5.
FIRENZE — VALLOMBROSA
3 settembre Arrivo alle IQ, dopo quattordici ore di treno attraverso la Venezia Giulia,
il Veneto, l'Emilia e la Toscana. Ammiriamo l'esterno del Duomo alla luce di luna, indi ci
rechiamo all'iHotel Cavour.
4 Visita ai magnifici musei della Galleria degli Uffizi e di Palazzo Pitti. Se Genova
è per eccellenza la città del commercio, Torino e Alilano dell'industria, Venezia della bellezza
architettonica e Trieste del moderno, Firenze è certamente la città dell'arte. Nel pomeriggio ci
rechiamo all'osservatorio di Padre Al f ani, fratello del cav. avv. Alberto Al f ani, addetto alla
nostra Ambasciata a Washington, che ci accompagna. Il grande scienziato ci accoglie gentil-
mente e ci mostra tutti gli apparecchi perfezionatissimi del suo osservatorio sismico.
5 _ Ricevimento al ^Municipio e visita alle gallerie del Palazzo Vecchio. Nel pomeriggio
visita al Duomo e alle chiese principali, tra cui Santa Croce, dove riposano le spoglie di molti
grandi del nostro Rinascimento. Nella serata, visita alla casa di Dante.
^ Partenza per Vallombrosa. Arriviamo in treno a Sant'Ellero, dove prendiamo la
funicolare per Saltino. Qui siamo ricevuti da S. E. Orlando. Siamo alloggiati al Regio Isti-
tuto Forestale di Vallombrosa, gentilmente messo a nostra disposizione dal Ministero di A-
gricoltura.
7-11 — Giorni di riposo.
12 — Partenza da Sant'Ellero alle 13 per Roma.
7l6 IL CARROCCIO
ROMA
12 — Arrivo alla stazione di Termini alle 20.30. Alloggiamo all'Hotel Reale.
13 — Visita al Laboratorio di mosaici del Vaticano, ed ai Musei Vaticani, dove sono
racchiusi tesori d'arte inestimabili, tra i quali le famose Loggie di Raffaello. Indi visitiamo
la Basilica di San Pietro e la Cappella Sistina, capolavori ineguagliabili di arte e di archi-
tettura. Nel pomeriggio visitiamo il Colosseo, e quindi siamo ricevuti alla Banca d'Italia, al
Credito Italiano ed al Banco di Napoli.
14 — Visita al Palazzo Reale ed a Montecitorio, dove siamo ricevuti dall'onorevole Riccio.
Qui visitiamo la Camera e gli uffici. Nel pomeriggio visitiamo il Pantheon, il Foro Trajano e
le Catacombe di San Callisto. Nella serata, banchetto al Palazzo dei Cesari, offerto dalla
Banca d'Italia.
15 — Visita all'Ambasciata Americana ed al Palazzo della Consulta, dove siamo gentil-
mente accolti da S. E. Bonomi, presidente del Consiglio e da S. E. Nava. Partenza alle 13 per
Napoli, dove giungiamo alle 20 e c'imbarchiamo sul Città di Catania alla volta di Palermo.
PALERMO
16 settembre — Arrivo alle 9.30. Dopo aver depositato i bagagli all'Hotel de France,
visitiamo alcune delle chiese più importanti, tra le quali la Cattedrale, vero gioiello di archi-
tettura normanno-saracena. Indi, accompagnati dagli studenti palermitani e dai soci della
Corda Fratres, ci rechiamo a visitare il Municipio. Nel pomeriggio visita agli Stabilimenti
Balneari di Mondello. Qui ci viene offerto un banchetto del Banco di Sicilia, alla fine del
quale parla applauditissimo lo studente Ingargiola.
17 — Partenza in auto per Monreale, dove, dopo aver ammirato l'incantevole panorama
di Palermo sottostante, visitiamo la sontuosa cattedrale. Dopo un banchetto offertoci dalla
Banca di Sconto ripartiamo alla volta di Palermo. Nella serata, spettacolo di gala in nostro
onore al Politeama Garibaldi.
18 — Dopo aver visitato la tomba di Crispi, sulla quale deponiamo un tributo floreale,
ascoltiamo un discorso pronunciato dal Sindaco di Palermo sulla civiltà millenaria della Sicilia.
Indi ci viene offerto un banchetto all'Hotel dcs Palmes dalla Corda Fratres. Alle 15 ci imbar-
chiamo alla volta di Napoli.
NAPOLI
19 settembre — Arrivo alle ore 9. Deponiamo i bagagli all'Hotel de Londres e ci rechiamo
a visitare il Museo Nazionale, dove, sotto la direzione abilissima del prof. Spinazzola, possia-
mo ammirare tutti i tesori d'arte greca, romana, egiziana e siriaca colà racchiusi. Al restaurant
Renzo e Lucia, a San Martino, ci viene offerto un banchetto dalla Banca Italiana di Sconto,
seguito da visite al Museo di San Martino ed alla Direzione Generale del Banco di Napoli.
In serata ci rechiamo ad un ricevimento offerto dal Municipio di Napoli nelle sale del Palazzo
Reale, e infine visitiamo l'Esposizione Biennale d'Arte.
20 — C'imbarchiamo all'alba al Regio Arsenale, su di una torpediniera messa a nostra
disposizione da S. E. l'Ammiraglio Del Bono, alla volta di Capri, dove visitiamo la splendida
Grotta Azzurra. Dopo la colazione all'Hotel Quisisana, ed una passeggiata per l'isola, ci
rimbarchiamo alla volta di Napoli.
21 — Gita al Vesuvio, il cui cratere oggi emette boati spaventevoli, con qualche getto di
lapilli. Tutti rimaniamo fortemente impressionati. Facciamo colazione all'Eremo e visitiamo
l'Osservatorio ; dopo di che facciamo ritorno a Napoli.
22 — Visita al Monte di Pietà del Banco di Napoli, fondato nel 1539, seguito da visita
agli Stabilimenti delle Manifatture Cotoniere Meridionali. Al banchetto offerto all'Hotel
Excelsior dalla suddetta Società parla lo scrivente. Nel pomeriggio visitiamo la Fiera Cam-
pionaria.
■?-? — Visita a Pompei, accompagnati dal prof. Spinazzola, che gentilmente ci fa da guida,
mostrandoci tutti i più recenti lavori di scavo, e spiegandoci con grande abbondanza di dettagli
storici la distruzione di Pompei e di Ercolano sotto le lave del Vesuvio. Dopo un banchetto
offerto nel triclinio di una antica casa romana dal Banco di Roma, facciamo ritorno a Napoli.
24 — Nel mattino, parte degli studenti si recano a visitare la Regia Università, mentre
una delegazione scelta è ricevuta al Palazzo Reale di Capodimento dalle LL. AA. il Duca e la
Duchessa d'Aosta, che s'intrattengono a conversare gentilmente. Nel pomeriggio, passeggiata
in automobile per Posillipo, Bagnoli, Pozzuoli e Baia. Nella serata viene offerto all'Hotel
Excelsior un banchetto d'addio dal comm. Nicola Miraglia, il venerando direttore generale
del Banco di Napoli. In risposta al discorso affettuoso del generoso vegliardo, a cui è dovuto
il merito dell'iniziativa, parlarono ringraziando gli studenti Cipriani, Gatto e Santangelo.
II. GIRO DITAI^IA DI!;GI,I STUDIvNTi ITAtO-AMERICANI 7I7
25 — A causa di un ritardo, il piroscafo Pannoma che dovrebbe riportarci in America,
non partirà fino al 26, cosicché possiamo usufruire del gentile invito del Marchese di Notari-
stefani, col quale ci rechiamo in due yacliis a Marechiaro, dove il Marchese ci offre una deli-
ziosa colazione.
26 — Imbarco sul Pannoma della Cunard Line, alla volta di New York. Con che dolore
vediamo svanire nella distanza la bella terra italiana, le luci scintillanti di Napoli gaia, rumo-
rosa e ospitale ! Alcuni non possono frenare le lacrime ; ma fermo nel cuore di parecchi di
noi si è formato già il proposito di tornare presto o tardi a questa patria amata, sospirata,
intravista nel viaggio come in un sogno fuggevole ma indimenticabile.
DI RITORNO
27 settembre — Arrivo a Palermo alle 15. Non ci è permesso sbarcare fino alle 17. Dopo
un paio d'ore nelle quali riviviamo su terra ancora italiana tutto il nostro viaggio, si salpa
alle ore 20.
28 — Mare burrascoso. Al dolore morale del distacco dalla Patria si aggiunge il disagio
fisico del mal di mare.
29 — Mare più calmo. Nella mattina passiamo la Sardegna, ultimo lembo di terra nostra.
SO — Arrivo a Valencia. Qui possiamo ammirare la civiltà iberica, ben diversa dalla
nostra, ma pur graziosa e attraente.
1 ottobre — Restiamo a Valencia tutta la giornata, dovendo il Pannonia compiere opera-
razioni di carico. Ci rechiamo a visitare alcuni punti d'interesse della città.
2 — Partenza alle 8 per Almeria.
3 — Arrivo ad Almeria. La città pittoresca, dalle strade strette, dalle case bianche e dai
tetti spianati ci produce l'impressione di trovarci piuttosto nell'Africa settentrionale che nella
Spagna.
4 — Partenza da Almeria alle 5. Arrivo a Gibilterra alle 13. Dopo una visita fugace alla
piazzaforte, ripartiamo alle 18, lasciando definitivamente dietro a noi la vecchia Europa.
17 — Arrivo a New York e sbarco.
MARIO PEI
del College of City of Neiv York
***
La festa di comiato ai giovani partenti venne organizzata a Napoli dal Direttore Generale
del Banco di Napoli, comm. Miraglia, e si svolse all'Hotel Excelsior dove venne servito un
sontuoso banchetto. A tavola siedeva quanto di meglio Napoli offriva del mondo intellettuale
e finanziario. Le istituzioni bancarie delle colonie italo-americane erano rappresentate dal
cav. Pedrini, vice-presidente della Banca d'Italia di San Francisco e dal cav. Genserico Granata
della Banca dell'Italia Meridionale, ambedue rappresentanti della East River National Bank
di New York, che volle concorrere alla offerta della medaglia d'oro destinata, a ricordo degli
studenti italo-americani, al Principe di Piemonte.
La medaglia d'oro misura io centimetri di diametro ed è racchiusa in una cornice in
bronzo di tre centimetri ; di argento sono le bacche immesse tra le foglie del fregio : fine lavoro
di cesello del comm. Vincenzo Miranda.
In una faccia la medaglia legge.
— Roma — Ex America filii vocavimus — Amor — Italia mater respondit. —
La corona di alloro che circonda la medaglia ricorda da vicino quelle delle insegne dei
comandanti romani. Sui nastri è scritto:
— Umberto Ped. Princ. V. Rm. II Reg. Aug. Filio Principi juvcntutis Amor P. C. N.
MCMXXL—
Al discorso del comm. Miraglia — che opportunamente ricordò le proposte e le relazioni
fatte a lui da Augusto Jaccarino — seguirono le parole di gratitudine degli studenti Cipriani,
Gatto e Santangelo.
ELENCO DEGLI STUDENTI CHE PARTECIPARONO ALLA GITA
Casavecchia Spartaco (rimasto in Italia) — Grantwood High School.
Chiera Paolo — Washington High School, Washington, D. C.
Cicchetti Ettore — Boston High School, Boston, Mass.
Cipriani Francesco — University of Ohio, Columbus, Ohio.
Clausi Enrico — Chicago College, Cliicago, 111.
7l8 It CARROCCIO
Colantuono Antonio — Philadelphia University, Phila., Pa.
Corriero Guglielmo — College of City of New York, N. Y.
Del Genovese Fabio — Jersey City High School, Jersey City, N. J.
Di Gennaro Vincenzo — Arlington University, Arlington, N. Y.
D'Oronzio Giorgio — New York City University, New York, N. Y.
Fusco Paolo — Brooklyn University, Brookl\-n, N. Y.
Gatto Francesco — Pittsburgh University, Pittsburgh, Pa.
Grassi Antonio — New York University, New York, N. Y.
Iiigargiola Rosario — Brooklyn University, Brooklyn, N. Y'.
Ingianni Ignazio — Brooklyn University, Brooklyn, N. Y.
Leonardi Arturo — Brookline High School, Brookline, Mass.
Maiorani Ferdinando — New Haven High School, New Haven, Conn.
Martucci Anselmo — Newark High School, Newark, N. J.
Megaro Gaudenzio — Cornell University, Ithaca, N. Y.
Miceli Augusto — New Orleans University, New Orleans, La.
Milella Filippo — Fordliam University, New York, N. Y.
Milella Nicola — Fordham University, New York, N. Y.
Pardini Giuliano — San Francisco University, San Francisco, Cai.
Pei Mario — College of City of New Y^ork, New York, N. Y.
Pctrelli Giuseppe — New Haven University, New Haven, Conn.
Puccio Gaspare — New York College of Art, New York, N. Y.
Rizzo Dante ■ — Paterson High School, Paterson, N. J.
Salvatori Ercole — Philadelphia University, Phila., Pa.
Santangclo Roberto — New York University. New York, N. Y.
Scimeca Antonio — Baltimore University, Baltimore, Aid.
Sciorsci Eduardo — Hoboken High School, Hoboken, N. J.
Grosso Roberto — Philadelphia University, Phila., Pa.
Rappresentante del Banco di Napoli, per il Direttore Generale comm. Mira-
glia : — Gr. Uff. Augusto Jaccarino.
Delegati della R. Ambasciata di Washington : Cav. avv. Alberto Alfani e
capitano Giovanni Gangemi.
INTENSIFICATIOX OF COMMERCIAL RELATIONS
BETWEEN THE UXITED STATES AXD ITALY
A new corporation, the "Italo-American Economie Committee", has been formed recently.
its purposes are as follows :
1. Agreement to eliminate undue competition among producers.
2. Agreements tending to increase the sale of non-competitive commodities in Italy and
the United States, with tlie view also of regulating supplies and distribution in other markets.
3. The introduction and development in Italy of industries aided by American, as well
as by Italian capital.
4. Investment of Italian and American capital for the utilization and development of
naturai resources and public enterprises in Italy and in the Italian colonies and protectorates.
This new corporation is supported by many large and important organizations which have
realized the fact that the United States needs an outlet for its products, that Italy requires
many American commodities, and that, therefore, tliese two nations can help each other
materially.
Discussioni del CARROCCIO
Diaz — // Condottiero intrepido del passato e dell'avvenire — E' ingenuo il recriminare —
Per la cronaca dell'incidente Briand-Schanzer — Pipì silenziato — Pipi silenziato: segue
— Francofilia dantesca — "Bis in idem" — Contento al dispaccio del "vacillante Profes-
sore" — La verità — // nostro programma — Stop, please! — Nell'Ordine Figli d'Italia.
Diaz ritorna in Italia dopo avere reso un inestimabile servizio alla causa del-
la Patria negli Stati Uniti.
Il Duce rientra in famiglia accompagnato dalla riconoscenza di tutti gl'Italiani,
i quali hanno sentito nella sua singolarissima austerità di italiano, di soldato, di
uomo pubblico, la forza di una coscienza. Chi lo ha guardato negli occhi, chi ha
ascoltato le sue parole, non ha potuto non dire: — Doveva essere così! Dovevamo
vincere con quest'uomo a capo! —
E ci siamo compiaciuti, ci siano rasserenati. L'Italia di Vittorio Veneto ha
ancora il suo Uomo intatto — cioè lo spirito invitto della Vittoria, il Condottiero
al cui cenno, una volta ancora, si andrebbe incontro alla morte.
Il nobile misurato contegno del Generalissimo italiano ha profondamente im-
pressionato il pubblico americano, chiamato spesso a rumorose e non propriamente
sentite manifestazioni.
Passando Diaz pel vasto continente americano, s'è sentito come il battito delle
ali della Vittoria d'Italia. Il battito ha tagliato l'aria spessa, fosca, fredda; e n'è
rimasto un solco d'ammirazione e di simpatia.
Il Generale Diaz ha lasciato così una traccia a tutti i propagandisti peripa-
tetici che l'Italia ci esporta : la traccia della serietà. Perchè nessuno passi sulle sue
orme a contaminarle, se non per celebrare la Vittoria della guerra giustamente in-
trapresa, fermamente combattuta, vittoriosamente compiuta.
Custodiremo la memoria di Diaz in America con religiosissimo fervore.
Il Condottiero intrepido del passato e dell'avvenire. — A Gabriele
d'Annunzio il Congresso Fascista di Roma inviava l'8 novembre un messaggio che
va considerato come punto di riferimento da tutti coloro che — fuori d'ogni con-
tingenza di partito, estranei ad ogni combinazione politica del momento — hanno
trovato che la ragione del sentimento nazionale fascista, poi tramutatosi, all'interno,
in azione liberatrice della Patria, scaturisce massimamente dalla passione d'italianità
riaccesa dalla Gesta di Ronchi.
Il dispaccio inviato al Comandante a Gardone Riviera, proposto dall'eroico
Igliori, venne firmato per primo da Benito Mussolini. Dice:
— Mentre i fascisti concordi si preparano a nuove battaglie ed a nuove opere
per la grandezza delia Patria, salutano in voi il Condottiero intrepido del passato
e dell'avvenire. —
Il Condottiero intrepido del passato e dell'avvenire lanciò non soltanto agl'I-
taliani ma al mondo, la carta della nuova libertà dei popoli, la carta che soltanto
poteva essere largita dagli eredi dei liberi istituti italici : lo Statuto della Reggenza
del Carnaro.
Conveniamo che la carta costituzionale preparata pel governo d'una città non
possa adattarsi a stati di più ampio confine e di più complessa costruzione di masse
e categorie. E' questione di discutere e d'intendersi. Ciò che non ammette discus-
sioni e restrizioni è, invece, il principio inspiratore dello Statuto; e bene opinava
720 IL CARROCCIO
Pietro Marsich, segretario dei Fasci veneti, quando riteneva dovere essere lo Statuto
stesso un credo spirituale politico.
Non abbiamo ancora letto il testo stenografico del discorso di Mussolini al
Congresso romano. Il sunto ci dice che l'oratore "critica gli statuti della Reggenza
del Carnaro, ma non intende di diminuire D'Annunzio, spirito di eccezione, irre-
ducibile entro un partito. Egli rappresenta la sostanza sublime della razza. D'altra
parte tutti i progetti di governo fatti a tavolino non resistono agli urti della storia.
Ma negli Statuti del Carnaro c'è uno spirito che dobbiamo fare nostro: l'orgoglio
di essere italiani e il dovere di fare grande la Patria".
Ottimamente. Chi, come noi all'estero, ha pure lo "spirito irriducibile entro
un partito", non può non consentire con Mussolini.
Nella gesta liberatrice di Fiume abbiamo visto sempre, oltre che un'afferma-
zione decisa e purissima d'italianità — in un momento storico in cui una forza
nemica internazionale ci s'imponeva contro prepotentemente — lo schiudersi di più
accese speranze per l'umanità intera. Poiché l'iniquità del comjjlotto di Versailles,
denegatore delle ragioni umane e civili della guerra, veniva denunciata e sovvertita
per opera ardita e nobile — geniale — di una volontà che radunava intorno a sé
il consentimento di tutti i popoli angariati.
vSe noi continuiamo a intendere la voce del Condottiero, noi vedremo sempre
che "dov'è un oppresso che stringa i denti sotto la pressura, dov'è un vinto che
abbia tutto perduto fuorché il bruciore della vendetta ; dov'è un insorto che vada
armato d'un ramo d'albero o d'una mitragliatrice e contro il cannone, là giunge
la luce di Fiume, di là si scopre la luce di Fiume".
Il Fascismo non può non trovare sull' "orizzonte della spiritualità di Fiume
vasto come la terra", le direttive della sua politica estera : l'Italia nel mondo viva
col suo spirito e con i suoi uomini.
E' INGENUO IL RECRIMINARE. — Diceva Mussolini al Congresso ultimo: "Se
l'Italia è a \\'ashington insieme alle più grandi nazioni, essa lo deve agl'interven-
tisti che le dissero : Solo osando avrai diritto alla storia di domani".
E ai.... neutralisti deve oggi se a Washington è stata retrocessa.
A luglio, presaghi di ciò che sarebbe accaduto, ed è accaduto, proponemmo
che a Washington, accanto alla Delegazione italiana, i diversi gruppi della Camera
mandassero una rappresentanza di senatori e deputati priva, naturalmente, di
influenza deliberatrice, e solo per mantenersi a contatto col proprio partito per dare
informazioni e ricevere comunicazioni da esporre alla Delegazione responsabile.
Chiedevamo, in tal forma, una certa collaborazione parlamentare; quella che lo
stesso ex-ministro generale Zuppelli deplorò poi in Senato, comentando l'incidente
Briand.
La proposta era inspirata al più semplice buon senso; per questo non se ne
tenne conto.
Ecco, ora, che il Parlamento non ha mezzo alcuno per darsi ragione di ciò che
s'è verificato a Washington. I più gelosi interessi d'Italia sono stati giocati nel
buio, ed a recriminare oggi si fa unicamente dell'ingenuità.
Per la CRONACA dell'incidente Briand-Schanzer. — Anche al Manchester
Guardian di Londra il suo corrispondente Henry W. Nevinson inviava il 24 no-
vembre un cablogramma della specie di quelli mandati da Repington e da Pertinax.
Il cablogramma veniva riportato dal World con un titolo solenne su sei linee : Italian
outbnrst against Prendi in parley reportcd — Schanser said to have assailed Briand
DISCUSSIONI DEL "CARROCCIO" 721
claiìns fo "Doììiination on Land and Sca". (Scojipio italiano contro i Francesi in
conferenza è riferito. Si dice che Schanzcr abbia assalito le richieste di Briand
per dominare per terra e per mare).
Nel testo del dispaccio il Nevinson faceva intendere che la partenza dei dele-
gati francesi si sarebbe resa più probabile "after the outburst of the Italian de-
legates" — (dopo lo scoppio dei delegati italiani).
Nella sua seconda smentita al Ministero degli Esteri, Schanzer parlava di
"discussione vivace, ma sempre corretta" e di avere atTermato "energicamente"
il punto di vista italiano.
In fondo in fondo, le versioni coincidono.
"Outburst", "discussione vivace".... Come volete che fuori non ne trapelasse
niente ?
Tre giornalisti : due inglesi ed uno francese raccolgono la notizia, e la mandano.
Se la pigliano coi corrispondenti, poi, e in Italia elucubrano e polemizzano
su Repington e Pcrtinax. Ma occupatevi della sostanza di ciò che fu detto a Wash-
ington e dello spirito dei negoziatori e dei paesi che rappresentano, e vi troverete
d'accordo, che la Francia sta contro l'Italia.
Pipi' silenziato. — E' "P. P." quel giornalista — inviato speciale — che tele-
grafa al giornale ■ — e che poi non manda più. — La musa ingarrighiana potrebbe
continuare su questo metro ; ma la cosa è troppo seria per riderci sopra.
Il Carroccio scorso ha accennato a un "inviato speciale" del Progresso che
nei primi venti giorni della Conferenza faceva apparire nel giornale del cav. Bar-
sotti notizie sulla partecipazione dei Delegati italiani ai lavori della Conferenza,
con la sigla P.P. Il Progresso non ha mandato a Washington nessun inviato
speciale; né ha mai annunciato di aver dato incarico a Tizio o Caio di fargli ser-
vizio per l'occasione. Salvo Barzini, Carlo Scarfoglio e Vitetti, non vi sono altri
giornalisti italiani che attendono quotidianamente allo svolgersi della Conferen-
za colà.
Il Progresso, però, si mantiene in eccellenti rapporti con l'Ambasciata. Per
i monumenti a Dante — ed ha fatto benissimo — l'Ambasciata si è centuplicata
per rendere servigio al cav. Barsotti. Sia stato il piegar del capo alla forza delle
circostanze, sia stato per un doveroso ossequio al pubblico che legge il giornale,
l'autorità diplomatica è stata costretta a passare sotto la forca caudina apprestatale
alla base dei monumenti di New York e di \\'ashington dalla fermezza risoluta
di Barsotti. Tanto fermo Barsotti, da autorizzarsi davanti a 20 mila persone,
davanti a Diaz, -davanti a Schanzer e Albertini, presenti all'inaugurazione new-
yorkese, a interrompere la parola dell'Ambasciatore del Re, per riprenderlo ed
infliggerli un aspro rabufìfo. Tanto fermo Barsotti, che il 2 dicembre lo stesso
Ambasciatore si ritrovava insieme con lui sul palco accanto al Presidente degli
Stati Uniti.
Or dunque, la familiarità del Progresso con l'Ambasciata — nel mese di no-
vembre, fino al 3 dicemjjre almeno — non ha bisogno di essere dimostrata. L'Am-
basciata non fa niente che urti il Progresso ; Barsotti, che tiene a che le sue inaugu-
razioni riescano con l'adesione dell'Ambasciata, mette il giornale a disposizione
di questa.
Rebus sic stantihits, v'immaginate voi il cav. Barsotti editore di dispacci avve-
lenati.... contro la Delegazione Italiana, di cui 1 '.Ambasciatore è membro? K vi
immaginate l'intesa Amha.iic'mtSi-Progresso sussistere anche dopo la quotidiaiw
maligna critica alla Delegazione?
722 IL CARROCCIO
Chi è P. P.ì Non si conosce. Dove sta? S'ignora Eppure P. P. scri-
ve, telegrafa, raccoglie notizie di prima mano, le lancia, talvolta adopera lo stile
particolare d'anticamera, quello solenne officioso che il rifiuto del giornalismo ro-
mano assume con più satollo entusiasmo dopo avere attinto al cosiddetto "fondo
dei rettili".
C'è tutta l'apparenza che P. P. se la faccia con l'Ambasciatore ; e il Carroccio,
che non ha peli sulla lingua, se ne occupa.
Appena la Rivista giunge a Washington.... P. P. smette di scrivere, di tele-
grafare, di criticare e di insinuare. P. P. è fulmineamente silenziato, e rientra nel
regno buio dell'intrigo e dei colpi mancini. E' un'ombra che passa.... L'Amba-
sciatore sorride. Schanzer sorride. Alb^rtini sorride. Tutti intorno sorridono.
Il Carroccio no. Il Carroccio chiede che venga identificato P. P. Chiede al
Progresso di fare il nome del suo "inviato speciale", e chiede all'ufficio-stampa
dell'Ambasciata, in vista della voce che corre che P. P. si annidi all'Ambasciata,
di dichiarare che nelle pubblicazioni di P. P. non c'entra né direttamente né indi-
rettamente. Se i francesi fanno l'inchiesta per sapere chi inventò l'incidente Briand-
Schanzer, noi possiamo bene chiedere il nome di chi, tenendosi a giorno intima-
mente delle cose della Delegazione, nelle sue comunicazioni al pubblico non si
limitava soltanto a criticarne l'azione — il che poteva essere fatto — ma creava
equivoci sulla concordia e sull'unanimità dei tre Delegati ; cosa assai delicata e di
gravissimo interesse pubblico.
Pipi' silenziato : segue. — II Carroccio serba la collezione dei comunicati
pipiani deposti nelle colonne del Progresso, e stralcia come guida agl'indagatori un
gruppetto di frasi significanti.
Washington, 19 notte, (P. P.) — Durante la seduta inaugurale della Conferenza, chi
scrive, udendo il signor Briand fare un alato elogio della Francia perchè accolse subito il
nobile invito del signor Harding, pensava (e dentro di sé si dolse che il Capo della nostra
Delegazione non lo avesse fatto poi rilevare) che l'Italia, ancichè seguire con delle parole il
signor Harding, lo aveva preceduto con dei fatti quali la rapidissima smobilitazione, la desti-
nazione mercantile di una formidabile nave da guerra varata di recente, lo sgombero dell'Al-
bania, la pacificazione della Tripolitania e della Cirenaica dove, dando un solenne insegna-
mento alle grandi potenze coloniali, concedeva agli indigeni larghe autonomie, la garanzia di
un patto statutario e l'istituzione del parlamento locale.
Questo è l'attivo dell'Italia. Per questo noi possiamo affermare ancora una volta con
orgoglio quanto l'ambasciatore Rolandi-Ricci ha ripetuto nei suoi discorsi e nelle sue intervi-
ste: che in fatto di politica estera le vedute del governo italiano collimano con quelle del
governo degli Stati Uniti.
Poi P. P. mette in bocca ad un uomo politico americano ipotetico queste pa-
role rivoltegli :
— Ricordate che il nostro ambiente politico è come quello economico : aperto ai coraggiosi
e gli audaci che hanno qualche cosa da fare e qualche cosa da dire.... Gli irresoluti, i troppo cauti,
i pavidi, sono messi al bando... Ascoltate un mio consiglio: non mettetevi in sottordine dinanzi
a nessuno.... —
P. P. assume forme minacciose, poi :
— Troppo gravi interessi sono in giuoco. A Washington molte ingiustizie possono essere
riparate. Riteniamo nostro dovere spezzare la consuetudine del silenzio per carità di patria
{non vi sembrano parole tolte di peso dal Carroccio di ottobre, pubblicamente encomiate dal-
l'Ambasciatore?). Noi ci proponiamo di dire la verità, anche la scottante verità, sopratutto
agli amici. —
Washington, 23, (P. P.) — Abbiamo giusti motivi di ritenere che il senatore Schanzer,
Capo della Delegazione Italiana, accogliendo gl'inviti che da ogni parie gli pervengono^ troverà
il modo di risollevare la questione. —
biSCÙSSIONI DEL "carroccio*' "^2^
Di dove pervenivano gl'inviti al senatore Schanzer?
Indi, lo stesso giorno, in una corrispondenza telegrafica intitolata Alla de-
riva.... :
— Ecco una modestissima osservazione su di cui richiamiamo l'attenzione della nostra
Delegazione. E' noto che l'Italia ha disarmato.... Ebbene noi dobbiamo rimanere alla mercè dei
vicini d'oriente (ali, trattato frodoicnto di Rapallo!) e d'occidente che mantengono asciutte
le polveri e che affilano le spade? Ma, dunque, proprio l'ItaHa deve andare alla deriva seguendo
senza resistere l'ondata di parole del signor Briand? Azzardiamo una proposta: Chieda la
Delegazione Italiana una seduta pubblica per esporre le ragioni per cui l'Italia non vuole
armare.... —
Chi in seno alla Delegazione chiedeva, insisteva, per la seduta pubblica dell'ar-
dire e del coraggio?
Non Schanzer e né Albertini, che — secondo l'informazione precisa data dallo
stesso P. P. — avevano applaudito il discorso di Briand, mentre l'Ambasciatore
continuava impassibile a prendere appunti.
Washington, 25, (P. P.) — ....Si ha ragione di sperare che la Delegazione Italiana fa-
vorita da questa nuova fortunata circostanza (il discorso Curzon contrario alla politica della
Francia) vorrà assumere un contegno più energico, di modo che, riguadagnato il terreno per-
duto, riesca ecc.... —
Washington, 29, (P. P.) — ....La nuova conferenza dovrebbe essere chiamata a discutere,
colla speranza di una soluzione il penosissimo quesito dei debiti internazionali.... Ma non sarà
certo (tentativo di sabotaggio) la Delegazione ItaHana ad assumere l'iniziativa di questa nuova
conferenza, la quale deve interessare più particolarmente altre Potenze maggiormente in-
debitate. —
Poi, nel Progresso del 1. dicembre, venne il clou:
Washington, 30, (P. P.) — ....La Delegazione Italiana può pure continuare ad occu-
parsi del mondo cinese!... Ed i suoi inspiratori della Consulta fare altrettanto. —
Della Torretta ? Toccato !
Indi P. P. esplode in una francofobia terrorizzante, nelle parole che più oltre
saranno citate.
P. P., infine, palesa la sua intimità con l'Autorità nostra, quando (mentre in
Francia s'apriva una inchiesta per scoprire l'autore dell' "incidente Schanzer-
Briand") rivela che i nostri Delegati conoscevano il nome del funzionario francese
inspiratore di Pcrtinax : Monsieur Curbin.
C'è da rimpinconire !
Francofilia dantesca. — Il carattere francese dato alla inaugurazione del
monumento di Dante a W^ashington non ci piacque. Venne forzato un sentimento
che nessuno aveva nel cuore. Fu una commedia di parole. P'u uno dei soliti espe-
dienti della nostra politica estera che prende direzione ad ogni stormir di fronde.
Che c'entrava la Francia quel giorno?
Si celebravano Dante e l'Italia in America davanti al Presidente degli Stati
Uniti. La Francia mandava un suo diplomatico ad assistervi, come le altre nazioni.
La cosa più logica e legittima sarebbe stata una bella parlata di Harding —
un novello atto di simpatia, non monta se spirituale e platonica — e sarebbe stata,
in quei giorni, anche vittoria diplomatica l'ottenerla.
No : si deve fare la corte alla Francia, si deve far parlare la Francia. Come se
anche Dante dovessimo inaugurarcelo col beneplacito di Parigi.
Ma.... avete visto.... Viviani ha riconfermato che il Principe Ruspoli andò
una notte a comitnicargli che l'Italia aveva dichiarato la sua neutralità, e che
d'allora la Francia fu salva....
724 li* CARROCCIO
E che, doveva confermarlo Viviani questo?
Che l'Itaha abbia salvato la Francia è storia suggellata, è storia scolpita nel
bronzo — e non c'è bisogno di andare ad accattare dalla benevolenza dei francesi,
si chiamino pure Viviani, parole di condiscendente conferma.
La verità che abbiamo diritto di dire noi, dobbiamo saperla dire noi, sem-
pre — a noi stessi ed agli altri.
Se ci vogliamo, poi, far coglionare dalla diplomazia, allora è un altro paio di
maniche.
Proprio in quei giorni — vedete un po' ! — lo stesso Progresso aveva accolti
dei comunicati di P. P. — il suo officioso nonché ignoto "inviato speciale" — in
cui si leggeva questa prosa :
Washington, 19, {P. P.) — ....Sembra che egli esperti militari francesi abbiano prepa-
rata un'abbondante documentazione delle ragioni per cui la Francia è costretta a tenere sotto
le armi 800.000 uomini (speriamo che tra queste ragioni non siano compresi né la visita fatta
dal generale Pétain al confine italiano, né i successivi suoi suggerimenti di meglio armarlo
e fortificarlo!...) —
Poi il bene informato proseguiva:
— ....La Delegazione Italiana, pure mantenendo colla Delegazione Francese quei cordiali
rapporti con sincerità di sentimenti e lealtà di propositi, seguirà una linea di condotta tutta
propria, nettamente decisa. —
Washington, 25, (P. P.) — Negli ambienti francesi e particolarmente in quelli prossimi
all'on. Briand, regna grande costernazione per le dichiarazioni fatte a Londra da Lord Curzon....
Si ha ragione di sperare che la Delegazione Italiana, favorita da questa nuova fortunata circo-
stanza, vorrà assumere un contegno più energico, in modo che, riguadagnato il TERRENO per-
duto, riesca a mettere in discussione il problema degli armamenti terrestri.... Ci permettiamo
di suggerire, per esempio, che si limiti alla Francia il diritto di mobilizzare per una nuova
eventuale guerra europea i negri del suo immenso Impero Coloniale africano.... —
Capite ?
E più giù ancora s'invocavano i Tedeschi alla Conferenza!
Washington, 24, (P. P.) — Gli esperti militari lasciano la conferenza seguiti dal signor
Briand, il romantico cantore della Francia in armi contro l'Europa pacifica. Che fa l'Italia? —
E continuava domandandosi il pensiero della nostra Delegazione:
— Si è essa assicurata delle intenzioni francesi a nostro riguardo specialmente nella Bal-
cania, terreno gradito alle missioni militari del governo di Parigi e ai rappresentanti della casa
Schneider e delia casa Creuzot, perpetuatrici delle tradizioni di Krupp?... Dovrà l'Italia subire
la politica enunciata dal signor Briand e rimanere di fronte alla Francia armata alle porte del
suo territorio docile e inerme come un agnellino? O non sarebbe invece il momento di porre
le carte in tavola e di lumeggiare al mondo la situazione che è semplicissima in quanto é rap-
presentata dal governo di Parigi il quale intende perpetuare al suo paese un dominio militare
incontrastato sull'Europa, sostituendosi quindi la Francia a quello che era la Germania prima
dell'agosto 1914? Ma a proposito della Germania.... perchè non la si chiama a discutere a viso
aperto, non la si fa sedere al cospetto delle altre nazioni e non la si invita a dimostrare che
per ora essa non può né intende aggredire alcuno? —
Proposta da eccellenti avvocati della Banca del signor Toeplitz !....
WahinGTon, 20, (P. P.) — ....Bene a ragione oggi il delegato italiano, on. Schanzer,
mise in rilievo come la nostra politica di effettivo disarmo degli animi e degli eserciti sia stata
preceduta da sacrifici territoriali gravissimi, dall'abbandono di territori cari al cuore di ogni
italiano, e ciò unicamente perchè ritenemmo necessario togliere ogni pretesto, ogni cagione di
malinteso con i nostri vicini serbi, che trovarono spesso, in Albania e altrove, armi e mtinizioni
abbandonate, casualmente, s'intende, da qualche reparto francese....
Non possiamo non compiacerci del discorso pronunciato oggi dall'on. Schanzer, in quanto
che esso fa una dimostrazione esauriente se non nuova di quanto abbiamo fatto, in forma con-
creta e non a chiacchiere per la causa della pace.
DISCUSSIONI DEt "carroccio^" ^2^
Quando il 3 novetnlirc 191 8 l'esercito italiano vol^jeva in rotta quello nemico, un solo
pensiero ebbe il nostro Coniando Supremo: quello di assicurare nel patto d'armistizio il pas-
saggio delle nostre truppe alla frontiera bavarese, tanto era in noi la coscienza di lottare e di
perire per una causa comune. R come i nostri bersaglieri, i nostri cavalleggeri caddero pochi
minuti prima che scoccasse l'ora della sospensione delle ostilità contro l'austriaco, cosi con lo
stesso impeto, vinta la guerra d'Italia, i nostri sarebbero balzati contro la Germania ancora in
armi. E l'ii Novembre 1918 la Francia ricevette i parlamentari nemici che offrivano la resa,
mentre il nostro esercito si apprestava a invadere la Baviera e i nostri entravano a Rocroy
riconquistata....
Non si poteva essere più spietatamente precisi !
Ecco, poi, il comento alla partenza di Briand :
"Washington, 27, (P. P.) — Il signor Briand è jtartito, e non ci meraviglieremmo di
leggere, al suo ritorno a Parigi, nei brillantissimi giornali di quella capitale che le recentissime
manifestazioni italiane sono una buona ragione di più per mantenere la Francia armata dal
Reno alle Alpi Marittime. Il giochetto sarebbe completo, il canard giornalistico che ha com-
mosso la pubblica opinione italiana troverebbe la sua logica spiegazione.
"Washington, 30, (P. P.) — ....La Delegazione può pure continuare ad occuparsi del mon-
do cinese!... Ed i suoi ispiratori della Consulta fare altrettanto. '
Noi però chiediamo ostinatamente :
A quando la discussione sugli armamenti terrestri? A differenza della Francia, noi non
fabbrichiamo per speculazione né cannoni, né proiettili; n<in abbiamo un'industria di guerra
come non abbiamo una politica di guerra.
I sostenitori del punto di vista francese dicono che la Francia è la sola organizzazione
militare seria che sia in Europa e che al suo seguito stanno tutti i piccoli Stati balcanici.
Per questa ragione l'Italia dovrebbe accordarsi con la Francia!
Ci permettiamo dissentire da ciò. La verità è assai diversa. Dato anche fosse quella rap-
presentata dai sostenitori del punto di vista francese sarebbe ancora più evidente la necessità
di imporre alla Francia ed all'Europa il disarmo terrestre.
Questa di Washington deve essere una Conferenza per la pace e non un conciliabolo pre-
paratorio di future guerre. Lo comprendano i nostri delegati ; e pensino agli interessi italiani
che sono un po' meno lontani di quelli cinesi.
Indi, l'inaugurazione del monumento.
D'un colpo la francofobia diventa amore sviscerato per la Francia, ed ecco
allestita una solenne gonfiatura che al primo coli)o di spillo — cac — s'affloscia
miseramente.
La commedia di.... Dante davvero è divina!
"Bis in idem". — Per l'inatigurazione del monumento di Dante a Washington,
così come per quello di New ^'ork, si è fatto intendere al Governo — per spie-
gare l'intervento delle autorità, a (|uanto i)are vietato dalla Consulta — che non
fosse il direttore del Progresso cav. liarsotti a ])resentare le due statue alle autorità
americane.
Perchè una mistificazione siffatta? Perchè ingannare il ÌMinistro e la Stampa
in Italia, recare un gratuito oltraggio al donatore dei monumenti corteggiato e
temuto, e sorprendere la buona fede del pubblico coloniale?
Barzini fu sorpreso anche lui, e telegrafò al Corriere della Sera un'ampia re-
lazione dell'inaugurazione washingtoniana, accennando alla consegna del monu-
mento fatta da Barsotti "in nome di un Comitato italiano".
E Barsotti smentisce sul Progresso, ripetendo che il ninninnento di Washing-
ton fu dono suo e non di alcun Comitato.
Ne prenda nota Della Torretta.
COMRNTO AL DISPACCIO VÌ'.L "VACI M.ANTK l 'kOFKSSORF,". Boiiomi è riuScitO
ad avere un voto di fiducia; ovvero, le fazioni montecitoriali si sono affannate a
fornirglielo, pur di evitare che l'avversario risalisse al potere — Giolitti, Nitti,
720 IIv CARROCCIO
Orlando — cioè tutti i bandieroni sforacchiati che non nascondono più niente dell'in-
decenza della nostra vita politica.
Non ne siamo sorpresi. Se non è caduto oggi, cadrà domani.
L'Italia ha bisogno di un capo-ministro pugno-di-ferro, nuovo, che sappia
ridare allo Stato l'autorità perduta ed al popolo la coscienza di aver trovato, final-
mente, un timoniere. Ala un timoniere che, posto alla ruota, si faccia subito pa-
drone della rotta e dia di sperone a tutte le paranze della vanità, dell'intrigo,
della scioperataggine che veleggiano sulle acque torbide montecitoriali. Attorno
a quel palazzo lì, dovrebbe risoffiare un po' di quel vento terrificante del Maggio '15,
non vi pare?
Or dunque, dicevamo, il ministero Bonomi è rimasto al potere. Con sommo
"dispitto" dei propagandisti ufficiali, in America, della rentrée di Giolitti.
Poiché deve essere saputo che non basta al giolitti smo facinoroso lavorare di
colpi mancini all'ombra del Campidoglio di Roma ; se ne devono tirare anche sotto
quello di Washington — ne vadano pure travolti gl'interessi supremi della difesa
nazionale che qui si discutono. Purché Della Torretta sfiguri e Bonomi lo trascini
nella propria rovina.
E con che zelo l'ex-segretario del rifiutato ambasciatore Allotti — mandato
a Washington in esplorazione dal dottor Mattoli, medico di Giolitti allora, ora
deputato — si moltiplica adesso, nella sua sudata veste di segretario in funzione,
a.... disfare il gabinetto Bonomi sulle rive del Potomac.
Naturalmente, il voto di fiducia recente, gli è stato come un cazzotto nello sto-
maco. Ma come la faccia é pipernina — blindata — e si può bene, dopo essere
stata lancia spezzata del Patto di Londra essere, allo stesso prezzo, lancia spezzata
del Trattato di Rapallo, così si aspetta da un giorno all'altro il cablogramma della
caduta di Bonomi e della risurrezione del Mago. Il quale Mago, non abbiamo
saputo mai il perchè, nell'autunno 1920 avrebbe mandato il suddetto segretario del
tappetalo i\liotti, in viaggio di avanscoperta a Washington per preparare una certa
documentazione per uso della Commissione d'inchiesta della guerra. Pensiamo,
un po' di documenti sulle forniture e sulle spese di propaganda, di cui Bevione
non ha dato ancora conto a quella Commissione.
Voi direte che noi si maligni e si voglia fare del sensazionalismo a tempo
perso, e noi vi daremo una prova lampante della propaganda "ufficiale" fatta a
Washington — nei giorni della discussione alla Camera sulla politica del Gabinetto
— contro Bonomi.
Abbiamo già dimostrata la familiarità, l'intesa, se non addirittura la dipen-
denza e l'identità, del corrispondente P. P. con l'ufficio-stampa dell'Ambasciata.
Immaginate che dopo il fiero attacco all'incertezza e alla timidezza della De-
legazione alla Conferenza, P. P. telegrafi in questi termini al giornale che lo ha per
"inviato speciale":
— ....La stessa mancanza d'indirizzo, che caratterizza il Governo delVon. Bo-
nomi, si proietta forse sulla Delegazione a Washington? Se sì, ben venga, e presto,
un voto della Camera che col vacillante "Professore" , il quale siede ora a Palazzo
Viminale, travolga anche l'incertezza dei Rappresentanti italiani all'Assemblea
delle Nazioni. —
Voi direte ch'è incredibile — e noi vi manderemo a leggere la seconda pagina
del Progresso del 3 dicembre 192 1 ; dispaccio di bel grassetto, convenientemente
inquadrato, consegnato brevi-mano al cav. Barsotti od a chi per lui la vigilia — lo
stesso giorno in cui a Washington l'Ambasciatore inaugurava il monumento di
Dante e l'Ambasciata era diventata una succursale del Progresso.
DISCUSSIONI DEL '^CARROCCIO" 727
Come pensare che il Progresso, di proprio arbitrio, si mettesse, proprio lui,
quel giorno, a insolentire contro la Delegazione ch'era andata alla sua inaugura-
zione, e contro il "vacillante Professore" di Roma? Che facesse, in altri termini,
cosa discara all'Ambasciata? La logica è logica.
La verità'. — Non abbiamo nessuna ragione di nascondere la verità, noi.
Diciamo le cose come ci si presentano, come le vediamo, come le sentiamo, come
siamo nel dovere di dirle. Se non fosse così, faremmo i lacchè e non i giornalisti.
E il Carroccio non sarebbe quello che è: la voce degli Italiani d'America, con
sopportazione dei delicati d'orecchie e di tutta la servaglia di bassa corte che,
abituata al cicaleccio del cortile, metterebbe la sordina anche al canto mattiniero
del gallo perchè non svegli il padrone.
Abbiamo giudicato severamente la Delegazione Italiana alla Conferenza. Ne
avevamo il diritto e il dovere. Il papa fa il papa, il re fa il re, il ministro fa il
ministro, il delegato fa il delegato, lo staffiere fa lo staffiere, e il giornalista fa.... il
giornalista che serve il pubblico ed è lietissimo di servirlo.
Ma perchè, prima di farle le corbellerie, non ci si pensa su ? Perchè indulgere
alla propria incompetenza? Perchè fare af fidanza sulla tolleranza altrui? Perchè
speculare sul silenzio dei giornali?
"Sta bene, si osserva. Sono tutte verità queste che dite; ma.... non sempre
tutte le verità possono dirsi...."
E perchè, se è lecito? Perchè gli altri possano dire impudentemente le men-
zogne ?
Ma non è la verità detta dopo la fatta magagna, che danneggia ; è la magagna
compiuta. E quando si dice a un funzionario pubblico : — Tu hai fatto male, tu
ti sei mostrato inetto, insufficiente, balordo — si fanno due cose in uno : si impone,
a chi non la possiede ancora, la coscienza della propria capacità e della responsa-
bilità; e si previene il pubblico del danno che l'incapace può produrre lasciandolo
a perpetuare la malefatta.
Insomma, produce più danno il delegato che a Washington non tutela con
energia il diritto dell'Italia, che il giornalista che questo diritto dell'Italia desidera
tutelato ed espone in pubblico il suo risentimento. E, bisogna aggiungere, trova
poi nel pubblico, un'adesione pronta fatta di molta soddisfazione e di moltissima
riconoscenza.
D'altro canto, siamo in un periodo di ricostruzione, di rivalutazione di uomini
e di istituti, siamo all'opera per migliorare noi stessi, per risanare gli ambienti,
per collocare a riposo la gente che ingombra.
Ci dispiace, ma non possiamo collaborare — sotto la ipocrisia della "carità
di patria" — alla perpetuazione degli equivoci che avvelenano la vita nazionale,
e generano rovina e vergogna alla Patria.
Noi e la verità formiamo la maggioranza ; e la maggioranza conta.
Il nostro programma. — Desideriamo che i risparmi degli emigrati vengano
raccolti da Banche italiane e utilizzati per opere italiane in America e in Italia.
Le economie dei lavoratori italiani non devono servire in nessun modo —
sia direttamente che indirettamente — a facilitare imprese di dubbio carattere
italiano, di finalità ebraico-internazionali.
Insomma, non bisogna confondere le menti, per manomettere il danaro sacro
di coloro che se l'hanno stentato col sudore, con le lagrime, col sangue.
728 IL CARROCCIO
La Banca tedesca di Toeplitz che già ha rimesso creste e hargigli in ItaHa, che
ha di nuovo preso ad avvelenare la vita nazionale, ora tenta di arraffare il danaro
liquido degli emigrati.
E' un tentativo che si deve impedire a tutti i costi.
// danaro degli italiani agli italiani — ecco il programma.
E chiediamo alle Banche italiane, pubbliche e private, di non mettersi contro
il sentimento e l'interesse dei loro depositanti, se vogliono continuare a goderne la
fiducia e a maneggiarne i quattrini.
"Stop, plEasE !" — Con la partenza di Diaz si è chiuso il periodo delle visite
ufficiali nelle Colonie, o meglio, della "esplorazione" delle nostre Colonie.
L'Ambasciatore ha coperto il territorio dell'Est ; Badoglio prima e Diaz dopo,
hanno visitato l'Est, il Centro e l'Ovest.
Le Colonie hanno fatto il loro dovere, volentieri. Attorno ai Generali-eroi
hanno esultato della Patria, e si sono sincerate della forza che ancora sta nel cuore
degl'italiani che credettero nella guerra, la fecero e la vinsero.
Adesso chiedono un po' di tregua agli sbandieramenti, agli sperperi, alla voci-
ferazione di dopo-mangiato.
In una parola, le Colonie chiedono di non essere ulteriormente.... scoperte.
E' inverno, e si corre rischio della polmonite.
Si deve capire, infine, che le Colonie, con questi frequenti viaggi ufficiali, ven-
gono distolte clalla tranquillità che tanto occorre a chi lavora. Sono giornate di
fatica che si perdono, sono dollari che si spendono in fumo, mentre ci sono tante
opere pie cui provvedere. Questo, senza discorrere, delle dissensioni che tali
visite ufficiali lasciano negli ambienti coloniali, dove è facile destare gelosie e rea-
zioni. L'autorità ne viene a scapitare — specie quando si sottopongono i tranquilli
consoli ed agenti consolari alla faticosa job di preparare ricevimenti, cortei e pa-
gliacciate, che, sollecitate ufficialmente, perdono qualsiasi valore morale e spirituale.
Dalle Colonie del Centro e dell'Ovest, ottimi amici nostri benpensanti, scon-
giurano qualsiasi futura calamità del genere.
Adesso, fra l'altro, si va a dare fastidio anche agli americani : si costringono
a complimenti non sentiti governatori e sindaci. Si va nelle università a turbare
la gelosa austerità dei Consigli accademici per chiedere lauree ad ìionorem. A New
Haven, nei circoli della Yale University, si susurrano cose che non vorremmo fos-
sero accadute....
E invero: le Colonie non vogliono essere scoperte più. Stop, please!
Nell'Ordine Figli d'Italia. — Con la elezione del nuovo Capo supremo del-
l'Ordine Figli d'Italia — federazione folta già di 175.000 membri — si prepara
lo svolgimento di un più denso programma.
Disciplinare l'Ordine, ora che il primo periodo di organizzazìdhe e di vitalità
è superato — rendendo non ])iù accettabili talune tolleranze, attribuite finora sol-
tanto alla forza inevitabile delle cose ed alla gelosa premura dei primitivi organiz-
zatori, veggenti piuttosto nel futuro — dare all'Ordine le direttive che omai la sua
colossale massa deve avere, è una necessità imperiosa. Ne \an di mezzo l'avvenire
delle Colonie e la compagine dell'Ordine stesso.
Il nuovo Capo vSupremo dell'Associazione ha dato prove di buon organizza-
tore ; dà sicure promesse di bene amministrare e guidare. Anche noi abbiamo
iiducia in lui, tanto da fregiare oggi la copertina del Carroccio del suo ritratto.
Il che vuol dire che nell'Ordine, accanto all'avv. Giovanni Di Silvestro, dovrà
costantemente presiedere l'Italianità.
DISCUSSIONI DEL "CARROCCIO^' " 729
L'Ordine è nato da italiani e da italiani è formato. Nel nome, nei suoi com-
ponenti, nei suoi programmi, c'è l'Italia in prima linea.
L'Ordine, dunque, deve servire l'Italia in America, in quelle forme consen-
tite dalla libertà, dalla legge, dai buoni rapporti di amicizia fra i due Paesi, dagli
interessi vicini e lontani di tutti gli Italiani, in una sagace e provvida collaborazione
di elementi nostri ed americani.
Amare gli Stati Uniti, partecipare alla loro vita e alla loro fortuna, sotto la
garenzia della Costituzione della Repubblica che assicura anche al cittadino ita-
liano la stessa tutela che spetta al cittadino proprio, è un dovere, un obbligo di
civiltà, di riconoscenza, di amore.
Soltanto, in questo spirito civile e disinteressato, non trovansi tutti coloro che
oggi predicano l'americanismo.
C'è americanismo ed americanismo. Noi siamo per qiiello che non nega la
nazionalità italiana, ma che ammette il libero ed onesto svolgimento di essa nel-
l'orbita della moralità internazionale che, in materia, Roosevelt stesso invocava.
L'americanismo coatto, per forza di leggi ingiuste e prepotenti, per imposi-
zioni intolleranti di ambiente, per fini obliqui elettorali, e, peggio ancora, per spe-
culazione a danno dell'America, ci ripugna. E' la negazione d'ogni onestà politica
— e va condannato prima che dagli Italiani onesti, dagli Americani che tengano alla
dignità del loro costume politico.
Si va tentando di americanizzare l'Ordine. Re-nderlo più fortemente italiano
per farlo più apprezzare dagli Americani, o snaturarlo?
Per esempio. Si è deliberato nella Convenzione di Trenton di accettare anche
l'inglese come lingua ufficiale dell'Ordine. Benissimo. La lingua inglese non
esclude l'italiana: se per una parte dei futuri membri dell'Ordine (la gioventù
italo-americana) n'è necessario l'uso. Purché si stimoli in questa gioventù l'amor
proprio nazionale, e la si avvii a intendere l'Italia e a parlarne e a scriverne l'idioma.
L'Ordine non può deviare dalla sua linea centrale verticale.
Di questo ci è garante l'avv. Di Silvestro, il quale nella Convenzione — d'ac-
cordo con un ottimo propagandista di coltura italiana: il rag. Ubaldo Guidi di
Boston — sostenne il mantenimento delle vecchie disposizioni, cioè dell'unica lingua
ufficiale, l'italiana. Ma, ripetiamo, ammesso l'inglese così com'è stato a Trenton,
rimane intatto il dovere negli aderenti all'Ordine di promuovere lo studio e propa-
gare la lingua italiana tra connazionali ed americani.
Se con l'ammissione della lingua inglese negli statuti del Sodalizio, qualcuno
pensa che sia entrato nell'Ordine, di contrabbando, qualche tendenza di america-
nismo spurio, si accerti sin da ora che il contrabbando non sarà lasciato passare.
A costo di provocare il dissolvimento dell'Ordine, cioè di privare le Colonie della
più bella opera di concordia e di solidarietà civile che si sono saputa dare.
Le masse prettamente italiane dell'Ordine debbono opporsi risolutamente a
qualsiasi tentativo di snazionalizzazione preorganizzata, in massa — innaturale e
immorale, come abbiamo dimostrato avanti. I capi dell'Ordine sono chiamati a
vigilare perchè le loro squadre si mantengano sotto le bandiere a cui fu data pro-
messa di fedeltà e di obbedienza.
Se seguiranno il loro nuovo Capo, l'Ordine vivrà e centupKqherà di forza
e di potenza.
IL BIOL.CQ
CRONACHE D'ARTE
La riesumazione all'Opera di una ^lo^^^a verdiana: "Emani"
LA RiDsuMAzioNE deWBrnani che Giulio Gatti-Casazza ha gloriosamente
fatta al Metropolitan ha avuto una importanza singolare per la storia
dell'Opera in questa metropoli.
Lo spartito, che appartiene al primo dei quattro cicli della produzione ver-
diana, fu dato la prima volta a New York nel 1874; fu ripetuto nell'anno seguente,
e poi nel 1882 e nel 1883 con la Patti ; fu ripreso nel 1890;
e nel 1903 veniva dato al Metropolitan con un eccellente
quartetto: la Sembrich, il De Marchi, Antonio Scotti ed
il basso Eduardo de Reske, cioè il minore. Naturalmente,
l'opera ch'è una delle più tipiche della scuola verdiana,
piacque assai, e nelle riprese impressionò profondamente;
non sarebbe avvenuto ciò, se non avesse conquistato la
folla. Fu anche discussa; ma allora imperava una critica
alla buona, che non possedeva nel suo svariato armamenta-
rio i veleni sottili e disgreganti della critica modernissima.
Ebbene, senza far torto a nessuno — e non se ne
dolga il mio amico illustre Antonio Scotti — possiamo
dire che se al Metropolitan, nel '903, avessimo avuto una
esecuzione come quella d'oggi, l'opera sarebbe rimasta in
PASQUALE DE BiAsi cartcllonc, ottimamente, e sarebbe entrata nel repertorio
corrente ; perchè essa se è vecchia, ha la robustezza organica dei longevi per sanità
di cippo ; e la critica moderna non basta ad annientarla : è essa che s'infrange
nell'urto.
Certo, se oggi si dovesse rappresentare il capolavoro di Verdi non si ricor-
rerebbe aW'Ernani — che del resto, per perfezione tecnica, era stato già detroniz-
zato dal Rigoletto — ma chi vuol conoscere il Verdi semplice, rude, immediato e
spontaneo, il Verdi che va diritto al cuore, con le parole più in uso, più chiare,
più vive ; il A'erdi schietto e appassionato, il Verdi dagli abbandoni dolcissimi e
dalle violenze brutali ; il Verdi che rinnovò 1' "aria" abusata nella vecchia opera,
violentandola con i ritmi concitati del suo estro invasato del dramma — costui deve
ricorrere alVEmani.
La riesumazione di Gatti-Casazza è quindi, oltre che sagace dal punto di vista
del successo popolare, interessantissima per i cultori della musica.
Naturalmente l'opera o si dà con un quartetto di primissimo ordine, o non si
deve dare.
Gatti-Casazza aveva assegnato lo spettacolo al debutto di Titta Ruffo ; ma
questi — ammalatosi inopinatamente — non potette apparire nelle vesti di "Don
Carlos" e nella truccatura che dicon famosa. Al suo posto, improvvisamente, fu
assunto il Danise ; e questi tenne testa vittoriosamente alle aspettazioni ch'eran
grandi ; si attestò il cantante egregio che era tanto piaciuto l'anno scorso : voce forte,
intonata; sillabazione incisiva e impetuosa, comprensione perfetta del ruolo. Fu
applaudito senza riserve ; e la critica ha fatto bene a registrarne il deciso successo.
E deciso successo — e sopra tutto "decisivo" — fu quello di Rosa Ponzillo.
Questa cantante italo-americana che vuole a forza (o forse ne è costretta da neces-
sità foniche) chiamarsi "Ponselle", ha riscattato in quest'opera, splendidamente,
Ifi fama magnifica che, dopo gli abbagli delle prime rivelazioni, s'era andata oscu-
CRONACHE D ARTE 73 1
rando. E' una delle voci più pure e belle che oggi squillino nella sala temibilissima
del Metropolitan ; lo studio la sta perfezionando per portarla molto su ; la pregevole
cantante era nelle migliori condizioni, e fece valere con molta bravura le qualità
peregrine del suo canto. Se avesse un po' di "jeritzismo" nelle vene, dove non arri-
verebbe Rosa Ponzillo? Comunque, è una "Elvira" straordinaria. Con quest'altro
ruolo, la Ponzillo inizia indubbiamente un periodo nuovo della sua carriera, in
fondo a cui brillano la rinomanza e la fortuna.
Il tenore Martinelli ci parve nervoso ; e sarà meglio rinviare il parere critico
alle successive rappresentazioni. Occupando un posto notevole nella schiera teno-
rile del Metropolitan (vai quanto dire mondiale) non devonsi dare su di lui giudizii
sommarli.
La voce ricca, risonante — direi quasi traboccante — del Mardones dà una
rara nobiltà al canto del vecchio "Silva"; ed il pregiato basso iberico partecipò
largamente degli applausi che il puljl)lico prodigò a legittimo sfogo della sua esal-
tazione estetica ed artistica, a tutti gli esecutori, non escluse le meravigliose masse
corali di Setti.
L'orchestra, veramente, non attinse quel grado d'intensità drammatica che
Verdi chiede per quella sua prima musica sincera, di getto, e quindi necessaria-
mente accentuata nei ritmi e nei coloriti. Manca forse, nell'orchestra — in quest'o-
pera — il vivificatore.
Per buona sorte il vivificatore non manca nell'assieme dello spettacolo che è
altamente artistico e sontuoso, e che rivela l'impronta leonina di Giulio Gatti-Ca-
sazza: spettacolo che superando in America, di gran lunga, ogni confronto passato
rievoca per l'opera italiana tempi gloriosi che molti, a torto, credono non rinno-
vabili.
PASQUALE DE BIASI
VOLTI E MASCHERE DEL METROPOLITAN
Gigli — Dicevamo nell'ultimo fascicolo che Gigli ha ritrovato nel Mefìstofele lo stesso
pubblico entusiasta dell'anno scorso. Ma il celebre tenore canta l'opera ancora meglio dell'anno
scorso. Mentre la sua voce s'è irrobustita, i passaggi sono divenuti di una dolcezza paradisiaca.
Se Toscanini che lo volle alla Scala in quest'opera con cui fu solennemente commemorato
Boito, lo udisse oggi, proclamerebbe senza dubbio — con quella franchezza rude ch'è per i can-
tanti d'alto merito la lode più ampia, e per gl'insufficienti la stroncatura mortale — proclame-
rebbe, diciamo, che il canto di Gigli è oggi piìi ricco d'intenzioni e d'effetti di quello che risuonò
nella temuta sala del teatro scaligero.
La critica che non lascia passare, negli spettacoli, la più piccola discrepanza stilistica, ha
dovuto disarmare dinanzi a Gigli, proclamandolo il "Faust" più completo. I successi di pub-
blico, per il tenore insigne, sono stati grandissimi.
Ma oggi i successi di pubblico accompagnano tutte le apparizioni di Beniamino Gigli, sia
al Metropolitan, sia all'Accademia di Brooklyn, sia nelle grandi sale di concerto.
Gigli ha aperto la stagione classica delle mattinate musicali in questa metropoli, come
faceva prima Caruso. Nel salone nobile del Waldorf Astoria, aprendo appunto la stagione.
Gigli mandò in estasi un uditorio che adunava il fiore dell'intellettualità e della feminilità
americana.
All'evento mondano più saliente della stagione nella capitale federale — il ricevimento
offerto da Sir Auchland C. Geddes, l'Ambasciatore di Sua Maestà Britannica, alle missioni
convenute alla Conferenza di Washington, Beniamino Gigli — prescelto da Gatti-Casazza —
andò a porre il suggello della sua arte elettissima, ch'è arte italiana. L'illustre tenore che
doveva eseguire pochi pezzi, ne cantò — ad irresistibile richiesta dello straordinario uditorio —
undici, tra la delizia, i battimani, le feste, gli entusiasmi, di quell'accolta in cui brillava una
coltura musicale raffinata, un gusto irreprensibile. E la femminilità trionfante, la scienza
politica, il senso critico più aristocratico, s'inchinarono all'arte suprema di Beniamino Gigli.
732 II* CARROCCIO
Ci piace di dare il rilievo meritato a questa insolita consacrazione artistica di Gigli a
Washington, aggiungendo che l'insigne cantante nostro ebbe ad accompagnatore sagace e im-
peccabile il maestro Vito Carnevali, un valore autentico, uno dei pianisti più dotati per coltura,
talento e penetrazione squisita che oggi conti la schiera degli artisti italiani in America: pia-
nista ed insieme istruttore di artisti tra i più abili.
Gigli cantò in italiano, in francese, in inglese ed in napoletano, eseguendo alcune tra le
più recenti e freschissime melodie di Ernesto de Curtis, uno dei genii della canzone di Napoli,
che oggi è tra noi. Ed ebbe, Gigli, la buona fortuna d'essere accompagnato nelle melodie
napoletane proprio dal De Curtis : figurarsi che cosa risultò dal connubio dell'autore inspirato
e dell'esecutore sovrammirabile !
Il grande tenore è stato, naturalmente, confermato per altri concerti nella capitale federale.
Ora Gigli si prepara a due grandi ruoli al Metropolitan : canterà nella Loreley di Catalani
e nel Roi d'Ys di Lalo.
Jeritza — La cantante boema che nella Città morta di Korngold fece tanta impressione,
si va affermando formidabilmente. E' divenuta stella di prima grandezza. Ha fatto una Tosca
meravigliante. Il suo secondo atto ha sconvolto ed annientato tutte le memorie recenti ed anti-
che. Egualmente impressionante è stata in Cavalleria. E' artista eccezionale; ed il suo straor-
dinario talento artistico le consente audacie che per altre sarebbero un precipizio. Ma badiamo,
si tratta di audacie meditate, non impronte ed incoscienti; quelle che consente e autorizza la
superiorità autentica.
Fertile — E' piaciuta la voce di Aureliano Fertile? Siamo esitanti a dirlo, perchò il pub-
blico ha esso stesso esitato a giudicare le qualità vocali di questo ch'è — per scena e per spol-
vero — un pregevole elemento del Metropolitan. Converrà attendere quest'artista a stagione
inoltrata. Il pubblico del Metropolitan è cauto e — come abbiamo molte volte ripetuto — non
facilmente si dona.
De Luca — E' stato un impagabile "Cascart" in Zasa. Non ha mai eseguito la parte —
che sembra lieve, ma che intanto è così piena d'intenzioni psicologiche — con intelligenza e
fervore maggiori di quelli che spiegò alla ripresa di quest'opera che piace sempre di più al
pubblico, anche perchè la Farrar v'imprime il suo potente suggello.
LA SUCCESSIONE DI CARUSO
Nel Musical America si pubblica una lettera autografa di Beniamino Gigli. Con aperta
sincerità e col senso comune che nel turbinoso mondo del teatro sembra irreparabilmente disper-
so. Gigli afferma che il parlare oggi della successione di Caruso al Metropolitan ed altrove
gli sembra una profanazione. Ed aggiunge che solo studiando, lavorando penosamente sui
sentieri dell'arte — e naturalmente anche dolorando — si può pensare ad imitare il glorioso
cantore che ha inciso indelebilmente il suo nome sulle tavole di bronzo della storia del teatro
di musica.
E' bene che il mondo musicale prenda atto della franca e schietta parola di Gigli : con
essa il cantante che oggi può forse più d'ogni altro autorevolmente farsi ascoltare dice basta
a certe incomposte vociferazioni non si sa se più fastidiose o grottesche che dai corridoi dei
teatri di musica americani si propagano ai circoli ed alle redazioni di giornali.
Eppure, mentre Gigli ammonisce, giunge qualche voce autorevole cui è impossibile negare
passo. L'Epoca, diffuso quotidiano di Roma, nel suo numero del 19 novembre pubblicava la
nota seguente, ch'ebbe larga eco nel mondo teatrale italiano :
— Il successore di Caruso. — Subito dopo la morte del "divo" vari giornali si sono
affrettati a discutere sulla successione del "primato tenorile". E alcune gazzette italiane non
hanno nascosto la loro preoccupazione intorno alla possibile perdita di quel primato che Enrico
Caruso aveva assicurato all'Italia da oltre quindici anni.
Noi non abbiamo avuta questa preoccupazione. Ferchè dopo alcuni anni di "crisi" il bel
canto italiano ha avuto, in questi ultimi tempi, una rifioritura mirabile di deliziose voci, sopra-
tutto tenorili.
Si studia poco, generalmente. Si debilita troppo presto e si canta molto, appena la fama
comincia ad assicurare scritture ben pagate. Si passa con eccessiva fretta da un repertorio
all'altro — e non tutte le gole sono adatte per tutte le opere — e molte liete speranze, per l'uno
o per l'altro sproposito, falliscono.
Malgrado tutto, però, abbiamo oggi almeno una mezza dozzina di giovani tenori che cam-
minano diritti, sicuri, velocemente anche, sulla via della "celebrità".
CRONACHE D arte; 733
Caruso avrà un successore?
Ci sarà, cioè, un tenore che come Caruso potrà tenere lo scettro del primato assoluto senza
contrasti e fra la generale costante ammirazione internazionale?
Un artista gigante come il grande cantante napoletano non si sostituisce da un giorno
all'altro. Caruso sarà difficilmente uguagliato perchè oltre alla bellezza naturale della voce
era dotato di un'intelligenza acuta e di un senso d'arte squisito ; perchè oltre ad essere un
cantante perfetto era — era divenuto a grado a grado — un magnifico attore. Chi potrà mai
più ricantare con altrettanta vigoria d'accento ed efficacia drammatica il finale del primo
atto dei Pagliacci, che fu il suo canto del cigno a Roma? Ma dai giovani non si può pretendere
tanta raffinatezza di gesto e di dizione. Caruso giovane era delizioso, era già grande soltanto
perchè cantava meravigliosamente.
E fermiamoci dunque alle virtù canore; e segnaliamo, oggi, il grande successo al Metro-
politan — sulle scene che ricorderanno in eterno i trionfi singolari di Enrico Caruso — di un
giovane tenore romano, il Gigli, che in pochi anni ha percorso così lungo cammino.
Beniamino Gigli appare oggi, secondo noi, il vero, il migliore candidato alla successione
di Caruso. Nella sua voce è qualche cosa della dolcezza, del calore, dell'enfasi che caratteriz-
zava il canto giovanile di Caruso.
Come quella di Caruso, la sua voce ha doti mirabili di freschezza, di facilità, di estensione,
di sicurezza, di intonazione; con l'andare degli anni è anche aumentato il volume che appariva,
all'inizio modesto, così che il giovane tenore sembrava destinato a interpretare il solo repertorio
lirico leggero.
Facciamo della reclame a Beniamino Gigli?
Non ne ha bisogno, ormai. Lo incoraggiammo nei primi passi, intravedemmo dall'alba
rosea il bel meriggio che si afferma già nel massimo splendore. E nella constatazione del
grande successo odierno — in un'opera come la Traviata che offre poche risorse ai tenori —
è l'augurio — vorremmo dire la certezza — che all'Italia non sia tolto per ora il vanto del
primato canoro.
V'è chi ha. sorriso beffardamente di questo primato : da imbecille. Perchè non sa quali e
(luante simpatie abbiano in ogni epoca conciliato all'Italia i suoi grandi artisti della scena di
l)rosa e, più, naturalmente, della scena lirica. E non sa che in tempi di carestia aurea il nostro
primato canoro rappresenta anche, oltre a un grande conforto morale, un notevole puntello al
nostro sbilancio economico. Perchè le nostre "gole d'oro" mietono allori e dollari all'estero
più che ogni altra merce d'esportazione. Privilegio invidiabile e invidiato. Tanto è vero che
tedeschi e francesi ce lo contendono in ogni modo, con l'aiuto più aperto e più generoso dei
rispettivi governi, che non lianno per l'arte e per gli artisti la microcefalica noncuranza dei
governanti d'Italia 1 —
Il grande concerto commemorativo di Ca- • Il notissimo ed applaudito maestro Pietro
ruso — organizzato con tanta somma di cure A. Yon ha tenuto recentemente alcuni concerti
personali da Giulio Gatti-Casazza, e di cui d'organo nel Minnesota e nello Stato di New
demmo ampi particolari nell'ultimo fascicolo "S'ork, ottenendo uno spiccato successo.
— fruttò la somma di 450 mila lire, che l'in- 9 Sembra che la venuta di Eleonora Duse
signe direttore generale dcl^ Metropolitan ha nell'America del Nord — intorno alla quale
già inviate a Milano. Può affermarsi^ che erano state formulate tante alte speranze —
Gatti-Casazza abbia salvato la Casa di Riposo gja tramontata. Peccato!
dei Musicisti Italiani: una benemerenza di ^ j^^ ^lilano si ricorda a noi Pasquale
più, tra le altissirne. . Amato, il baritono insigne che negli Stati
• A Filadelfia la San Carlo Opera sta ri- Uniti s'è circondato di tanta gloria. Ricam-
portando simpatici successi. Grande affluenza ^-^^^ ■ ^^j^^j ^ ,; rii.
di pubblico alla Metropolitan Opera House di ^ u • ^ ^ t, »
quella città, dove la compagnia dà i suoi spet- , • Un concerto ultra interessante ha avuto
tacoli e largo interessamento della critica, luogo ali Aeolian, con la partecipazione di Al-
Tra gli artisti più elogiati notiamo il tenore f/^do Casella, pianista del violmista Arrigo
Gaetano Tommasini, che ha addirittura con- Serato e del violonce lista Arturo Bonucci.
quistato il pubblico per le sue magnifiche doti Una grande festa darte.
vocali, la sua scena elegante, la passionalità e • Una interessantissima conferenza sulla
la tenerezza con cui sa cantare. Lo spazio ci Musica Italiana teneva nella sede locale della
vieta di poter riprodurre le espressioni salienti Daule Alighieri l'esimio maestro Giuseppe Ai-
dei giornali : noteremo comunque che Vlnqiii- do Randeggcr, il pianista tanto noto nel mon-
.rer, occupandosi del suo "Don Alvaro" della do musicale metropolitano. La dotta e insie-
Fo'rsa del destino, scriveva: "neppure l'ombra me vivace dissertazione fu illustrata al pia-
del grande nome di Caruso oscura la sua im- noforte. Randegger fu acclamato come con-
pressionante interpretazione". — Per Nini ferenziere non meno che come pianista il-
Frascani poi le lodi sono amplissime. lustre.
734
II, CARROCCIO
• Ad Algeri è morto Camillo Saint-Saens,
che Wagner chiamò un giorno "il più grande
dei viventi compositori francesi". Era nato
nel 1835 a Parigi. Tra le opere sue eccellono
Sansone e Dalila e Dejanirc.
• Al concerto dato alla Town Hall il 18
dicembre partecipò con grande successo Bea-
trice Melaragno, soprano di bellissima voce
e di calda espressione. Cantò l'aria del sui-
cidio della Gioconda, un brano del Mcfistofcle,
la Mattinata di Denza. Col tenore B. Bocca-
'Fusco e col baritono Interrante la eletta arti-
sta cantò il terzetto del Trovatore — un'opera
di cui la Melaragno è stata in diversi teatri
interprete acclamata.
• Il baritono Giuseppe Lombardo tenne un
concerto all'Aeolian, facendo egregiamente ap-
prezzare la sua voce e il suo metodo. Il pro-
gramma assai attraente fu completato dal te-
nore Bocca-Fusco e dal soprano miss Grace
Hoffman.
• I giornali di Chicago hanno messo in
grandissimo rilievo i successi magnifici avuti
in quella città da Lucien Muratore, il grande
artista francese, nelle molte opere in cui il
cantante aristocratico è noto e nel Sansone.
Lina Cavalieri che doveva cantare ha prefe-
rito di rimandare la sua rentrée nella scena
musicale d'America alla prossima stagione.
• Alla New York University, nella Gould
Memorial Library, è stato collocato un busto
del Cardinale Mercier, scolpito da C. S. Paolo.
Lo scoprimento della riuscita scultura è stato
fatto con grande solennità. Molto complimen-
tato l'artista.
• Lo studio di canto di M.me De Serrano
ha cambiato telefono. Ora risponde a : Circle
8103.
• C'informano da Roma che è imminente
l'uscita della seconda edizione del volume di
Alberto de Angelis : L'Italia musicale d'oggi
— Dizionario dei musicisti, seconda edizione
riveduta, corretta, ampliata, voi. in 8. circa
1000 pagine. Comprende: compositori, istru-
mentisti, direttori d'orchestra, cantanti, scrit-
tori musicali, librettisti, liutai ; corredata di
una galleria di ritratti e un elenco dei princi-
pali istituti musicali, case editrici musicali,
giornali e riviste musicali, fabbriche d'istru-
menti, ecc. — Hanno grande parte nel Dizio-
nario gli artisti italiani (compositori, can-
tanti, ecc.) residenti in America. — Casa E-
ditrice Ausonia. Roma, via Convertite, 8.
O La Composer' Music Corporation nella
collezione educativa che pubblica con tanto
profitto ha lanciato quattro inspirate compo-
sizioni del noto maestro Eduardo E. Trucco.
Le edizioni sono bellissime; ed i componimenti
del Trucco sono vivamente ricercati ed elo-
giati.
• Il Piccolo Marat di Mascagni ha avuto
a Alilano gran successo di pubblico, ma è stato
severamente trattato dalla critica.
• Del busto di Caruso, scolpito da Vincen-
zo Ikliserendino, è stata lanciata al pubblico
degli ammiratori del grande Cantore, una edi-
zione fusa in "bronzetack", un materiale re-
sistentissimo, patinato in bronzo pompeiano.
Il busto è stato messo in vendita per 5 dollari
e già è stato acquistato in moltissimi esem-
plari. L'editore S. Gambarelli riceve le ordi-
nazioni al n. 4 Washington Square South,
New York. Tra i busti di Caruso questo del
Miserendino è dei siiigolari. Lo scultore gli
ha dato il titolo : Lo Spirito di Caruso. Alla
base del busto v'è un'allegoria delle opere che
Caruso interpretava.
L'ITALIA NELLA STAMPA AMERICANA
II comm. Charles E. Merriam, che in
"talia fu capo del Committee on Public In-
formation americano pubblicò nel Chicago
Daily News due interessanti articoli su Diaz.
• L'editore Thomas Seltzer di New York
ha pubblicato di D. H. Lawrence un interes-
sante volume : Sea and Sardinia — impres-
sioni di viaggio nel Mediterraneo e nella pit-
toresca Sardegna. Il volume è ornato di otto
riproduzioni a colore di quadri eseguiti dal
pittore Jan Juta.
• Nella Saturday Evening Post del 26 no-
vembre : The rcmaking of Europe di John
Moody. Vi si parla delle condizioni economi-
che d'Italia.
% La Macmillan Co. pubblica A history of
Pisa di William Heywood. Vita pisana del-
l'undecimo e del dodicesimo secolo.
• Nella rivista letteraria deWEvening Post
di New York, 3 dicembre, interessanti note
bibliografiche sui recenti lavori di Ardengo
Soffici. G. Linparini. Federico Tozzi ed altri.
• Nel "magazine" del World, 4 dicembre :
Where little Italy meets the Ghetto — studio
sulla conquista del mercato.... ebreo che van-
no facendo i venditori ambulanti italiani a
New York.
•Della casa editrice Dood di New York :
The color of Rome di O. M. Potter.
• The Speli of Italy. Così Wythe Leigh
Kinsolving intitola un gruppo di composi-
zioni poetiche d'inspirazione italiana.
• La casa editrice John W. Luce & Co
di Boston ha pubblicato : Plays of the Ita-
lian Theatre — traduzioni di lavori di Verga,
Alorselli, Lopez e Pirandello.
LA CELEBRAZIONE
DANTESCA
^ONORATE^
ilL^UIISSIMO]
POETA
NEGLI STATI UNITI
D'AMERICA
La cerimonia della inaugurazione del mo-
numento di Dante a Washington, seguita il
2 dicembre, ebbe una spettacolosa solennità,
ed assunse carattere politico per le dichiara-
zioni fatte da uno degli oratori, l'ex-ministro
Viviani. La presenza del Presidente Harding
con la sua Signora, della Delegazione Italiana
alla Conferenza, di altri diplomatici e dele-
gati alla Conferenza, diede alla funzione un
tono eccezionalissimo.
Il monumento venne donato a spese perso-
nali del cav. Carlo Barsotti, direttore del Pro-
gresso Italo-Americano di New York. La sta-
tua è copia fedele di quella eseguita a Roma
da Ettore Ximenes e inaugurata il 5 novem-
bre a New York.
Il monumento è stato collocato nel Meri-
dian Hill Park della Capitale — Florida ave.
e I5th Street N. W. Ivi sarà sviluppato un
giardino pubblico di stile italiano, e la statua
bronzea del grande Italiano figurerà impe-
riosamente.
La cerimonia s'aprì con la presentazione
fatta al pubblico dal giudice Freschi di New
York, del vescovo episcopale mons. Alfred
Harding, che pronunciò la preghiera inaugu-
rale.
Indi, dopo un esordio del giudice Freschi,
incaricato di presiedere la cerimonia, come
chairman — ma non capo di nessun Comitato,
come fu detto, che comitati non ve ne furono,
essendo il monumento dono individuale del
cav. Barsotti — prese la parola il donatore,
che presentò la statua al commissario distret-
tuale on. Rudolph, il quale accettò ringra-
ziando.
Indi parlarono l'on. Viviani, che ricordò
r "ora divina" in cui egli, per la Francia, ap-
prese, la notte sul 2 agosto 19 14, l'annuncio
ufficiale della neutralità italiana.
Indi l'Ambasciatore Rolandi-Ricci ringra-
ziò caldamente lo statista portavoce della "no-
stra amata sorella".
Alla festa parteciparono rappresentanze ed
associazioni coloniali.
I A^ Y. Times ebbero un comento edito-
riale di rilievo politico : Dante the mediator.
II Carroccio comenta nelle Discussioni l'i-
nopportuno chiasso politico fatto intorno a ta-
le festa, che avrebbe dovuto essere italo-ame-
ricana e si convertì in una montatura d'incon-
sulta francofilia.
• Sotto gli auspici del concilio dei Knights
of Columbus di Syracuse. N. Y., l'illustre
dantista dr. James J. Walsh, collaboratore
del Carroccio, aprì una serie di conferenze
dantesche alla Wieting Opera House di colà.
Grande interesse nell'elemento americano.
• L'Accademia delle Orsoline di Cleveland,
Ohio, fece una caratteristica commemorazione
dantesca, con quadri viventi riproducenti i sa-
lienti episodi della Commedia, recitazioni, di-
scorsi, etc. 11 programma che venne svolto
fu dei più inspirati fra quanti se ne ebbero
nell'anno centenario in America. Un fine spi-
rito di italianità prevalse nella dignitosissima
celebrazione. Assai acclamata la composizio-
ne drammatica dovuta alla penna di una col-
tissima suora : Aladre Mercedes.
• Il 6 dicembre il cav. prof. Rudolph Al-
trocchi tenne alla lowa University di lowa
City una conferenza : The message of Dante.
• L'illustre prof. cav. Ernest Wilkins, del-
l'Università di Chicago, ha pubblicato: Dante,
Poet and Apostle — un libro piccolo — ci
scrivono — ma straordinariamente bello, anzi
il più alto contributo reso al nostro paese
nella ricorrenza dantesca.
• Alla sezione della Dante Alighieri di
New York il nostro collaboratore Andrea
Luotto tenne una conferenza su Francesca da
Rimini. Fra gli astanti e il conferenziere vi
fu quindi una interessante discussione sull'ar-
gomento.
• Alla Università di Pennsylvania la com-
memorazione dantesca ebbe ad oratori : il pro-
fessor Penniman, il console d'Italia cav. Sil-
litti, il prof. Hugo Rennert, insegnante di
lingue romanze dell'Università, e l'illustre sto-
rico William Roscoe Thayer.
• Pure a Filadelfia, alla presenza dell'ar-
civescovo Cardinale Dougherty venne cele-
brato Dante, l'S dicembre, sotto gli auspici
della Catholic Alumni Solidality. Si volle ono-
rare Dante poeta, filosofo e teologo. Si svolse
un'accademia di canto. Parlarono : il dottor
Laplace, l'ammiraglio Benson, il dr. Austin
O'AIalley, il rev. Alberto G. Brown della
Compagnia di Gesù. Il dr. Thomas Douglas
Joseph Gallegher lesse un suo poema d'occa-
sione. I cori palestriniani di Filadelfia erano
diretti da Nicola A. Montani.
• La rivista ebraica di New York: The
Mcmorah Journal pubblicò nel fascicolo di
ottobre: The Jewish interest of Dante.
• A Waterbury, Conn., il 31 dicembre si
compirà la seconda parte della celebrazione
dantesca promossa dalla Scuola Dante Ali-
ghieri fondata e diretta dal rev. prof. Pa-
squale Codella. Il 16 ottobre vi fu la comme-
morazione tenuta da Agostino de Biasi alla
Second Congregational Church e venne lan-
ciata l'idea di oflfrire un busto di Dante alla
città di Waterbury. Il 31 dicembre sarà sco-
perto il busto — quello dello scultore Abbate
— con altra appropriata cerimonia.
LMnau^urazione del Monumento di Dante a Washington
FRA LE BANDIEOfE D'ITALIA E D'AMERICA LA IMMENSA FIGURA DEL DIVIN POETA
IL PRESIDENTE HARDING AMMIRA LA STATUA. — DA SINISTRA: VIVIANI — L'AMBASCIATORE PiRANCESE
JUSSERAND — IL CAV. BARSOTTI, DONATORE DEL MONUMENTO — LA SIGNORA HARDING
CRONACIU: DIXI. INTKSA ITAI,0-AMKRICANA
737
• All'Università di Berkeley, California,
vi fu conimemorazione sotto la direzione del
prof. Ir'arrows.
• Alla Wasliin^t^n Irving High School
fuvvi il 2 dicembre la commemorazione dan-
tesca organizzata dal prof. Giuseppe Silipi-
gni, rettore della Chiesa di I/ireto di New
^'ork, a beneficio dell'asilo infantile di cui
l'ottimo .sacerdote ha dotato la sezione italiana
di ]\lizabeth Street. X'enne svolto un interes-
.sante programma di piano, canto e recitazio-
ne. Venne interjiretato il paiicaut dantesco
ideato e sceneggiato dalla Contessina Irene di
Robilant. Stettero al piano la signorina Maria
Scimcca e il maestro Lo Verde; Eduardo Mi-
gliacc.o dilettò con le sue macchiette umori-
stiche; il cav. Emanuele Gatti declamò il Can-
to V <Xc\V Inferno. Cantarono la signora Zuc-
caro, la signorina Edwards, soprano e con-
tralto, e il baritono Pietro Soldano. All'or-
gano la signorina Anna Carbone interpretò
musica del maestro Giovanni Fontana. Il di-
.':corso su Dante e l'idea d'Italia del prof. Si-
lipigni ebbe applausi scroscianti. Il Silipigni
è un oratore di forma elegante e di trascinante
foga.
• Sotto gli auspici del Lecture Committee
della N. Y. League of America Pen Women,
presieduto da Mrs. Mary Kandel Stoddard,
l'avv. Paolo L. RinauJo De Ville parlò di
Dante e Napoleone al Washington Heights
Women's Club.
• Ad Hazieton, Pa., fu scoperta la ta/ga
dello scultore Triebel, sotto gli auspici della
sezione locale della Giovine Italia, presidente
l'avv. Luigi Perna. Vi fu un corteo; indi di-
scorso del dr. Luigi Roversi.
• 11 dr. Condc P. Pallen parlò di Dante
alla Enurson High School di West Hobo-
kcn. \. J.
• La nui)\a edizione del dramma Dante
della signora Héloise Durant Rose (il lavoro
che Ermete Novelli tenne a battesimo in Ita-
lia) è della Oxford Press.
• Con (|uesto fascicolo il Carroccio chiude
la serie degli articoli danteschi pubblicati in
tutti i dodici fa.scicoli dell'annata. Nell'indice
"in fondo al volume si trovano i titoli degli
artxoli apparsi in ottobre, novembre e di-
cembre. Nel Carroccio Dantesco di settembre
a pag. 353, v'è l'elenco degli scritti apparsi da
gennaio a settembre.
• Presso il Carroccio può ottenersi la me-
daglia di bonzo commemorativa del Centena-
rio con l'effìgie del Dante Adriatico del De
Karolis. Inviare 25 cents all'Amministrazione.
La grande xilografìa del De Karolis — lo
stesso Dante Adriatico tanto encomiato da
D'Annunzio — costa due dollari la copia. Si
può ordinare anche al Carroccio.
CronacKe dell'Intesa Italo - Americana
In onore del generale Giuseppe Vaccari,
Capo dello Stato Maggiore dell'Esercito, ve-
nuto in Amer.ca per la Conferenza di Wash-
ington, venne passato in rivista nella propria
Armory di New York, il 49. Reggimento del-
la Guardia Nazionale dello Stato. Fu un o-
maggio che il colonnello Byrne volle rendere
al Generale italiano da lui conosciuto in Ita-
lia. L'illustre Capo del nostro Stato Maggiore
pronunciò un elevato discorso, subitamente e
abilmente tradotto ai soldati dal col. Barba-
setti.
• L on. Tittoni liii fatto pubblicare ^ sui
A^ Y. Times una difì^usa confutazione d'una
lettera appar.sa su quel giornale, contestante
le affermazioni dal Presidente del nostro Se-
nato portate contro l'attacco fatto dal Vi-
sconte Bryce ai diritti d'Italia in Alto Adige.
• Il console generale d'Italia a New York,
comm. Bernardi — alla presenza del generale
Vaccari, del col. Asinari di Bernezzo e d'altri
invitati, presentò al generale Kincaid ed ai
colonnelli Burleigh, Daniels e Loree le onori-
ficenze conferite loro per merito di guerra
dal Governo d'Italia.
• La croce di guerra italiana è stata as-
segnata a tutti i 53 viventi decorati americani
della medaglia d'onore del Congresso.
• All'Istituto Internazionale di Agricoltu-
ra di Roma la visita dell'ambasciatore ameri-
cano Child venne salutata da un discorso del
presidente on. Pantano sulle relazioni italo-
americane.
• .\ Chicago, per opera della Contessina
Di Robilant, direttrice dell'Italy America So-
ciety di New \'ork, si va costituendo una se-
zione della Società stessa. Così in altri centri
degli Stati Uniti. — Il 17 novembre la distinta
propagandista d'italianità parlò davanti al pri-
mo gruppo degli aderenti sul Contributo del-
l'Italia alla civiltà moderna.
• Il 29 dicembre il nostro collaboratore
prof. cav. Rudolph Altrocchi dell'Università
di Chicago farà a Baltimore ai soci della Mo-
dem Language Association in convenzione al-
la Johns Hopkins University una conferenza
su Niccolò Tommaseo, nella quale lo dimo-
strerà precursore, col suo romanzo Fede e
Bellezza, dei famosi veristi francesi, Flaubert
e perfino Zola.
• Il 6 dicembre il prof. A. Arbib-Costa del
College of the City of New York aprì la
serie dei discorsi sui Grandi Uomini delle
Grandi Nazioni istituita dall'International In-
stitute. Parlò di Colombo e di Vespucci.
• I direttori dell'Institute of Politics di
W'illiamstown, Mass., dove l'on. Tittoni tenne
le sue note letture la scorsa estate, dr. Hoyt
e dr. McLaren sono stati nominati commen-
datori della Corona d'Italia.
• L'Associazione Italo-Americana di Roma
— - consorella della Italy America Society di
New York — diede un gran ricevimento al-
l'ambasciatore americano Child. Pronunciaro-
no discorsi l'on. Tittoni e l'on. Ruffini. Ri-
spose l'Ambasciatore festeggiato.
Gli Italiani ne^li Stati Uniti
DIAZ
y L Vincitore di Vittorio Veneto — giunto a New il 19 ottobre, salpò alla volta d'Italia il
\^ IO dicembre, dopo aver visitato 31 città, aver percorso 20.000 miglia in treno, aver dormito
28 notti in vagone, aver pronunciato 105 discorsi, aver dato agli Italiani la gioia di vederlo,
agli Americani l'occasione di testimoniargli onore ed ammirazione.
L'addio di New York venne dato all'illustre Soldato dall'Italy America Society, all'Hotel
Biltmore, con un hincheon riuscito animato. La sala era stata decorata sontuosamente per
speciale cura del direttore cav. Malnati.
Presiedeva l'avv. Paul Cravath, presidente della Società, che lesse un dispaccio di saluto
inviato dal Presidente Harding e poi rivolse brevi frasi all'Ospite. Indi il Generalissimo pro-
nunziò il suo discorso di addio all'America : una forte orazione di massimo rilievo politico,
in difesa della Vittoria d'Italia ed a sostegno della intesa, da pari a pari, dell'America con
l'Italia. Il discorso fu applaudito con grande calore.
Alle 3 il Generalissimo saliva a bordo del Giuseppe Verdi della Transatlantica Italiana, che
partiva, riportando in Patria l'idolo degli Italiani, il Duce datore all'Italia della Vittoria e
della Gloria.
Il Generalissimo porta seco una quantità enorme di doni, di pergamene, indirizzi, diplomi
di associazioni. Numerose sono le lauree ad honorem conferitegli da Università ed Istituti.
Ma, sopratutto, porta seco il cuore degl'Italiani d'America.
• Prima di partire il Generale ricevette il nostro Direttore, al quale donò un interessan-
tissimo autografo che vedrà la luce nel Carroccio di Capodanno. Ad Agostino de Biasi ricon-
fermò le antiche simpatie sempre nutrite per l'opera patriottica svolta dal Carroccio. Il Gene-
rale Diaz n'è lettore "assiduo e diligente" — com'egli stesso si espresse il giorno dell'arrivo
in America, salutando il nostro Direttore — sin da quando non era Comandante Supremo;
al Comando Supremo continuò, poi, costantemente a leggerlo e a tenerlo da conto. Il pro-
gramma della Rivista incontra pienamente la sua approvazione. Ci disse che tiene a conservare
nelle sue collezioni diversi fascicoli della Rivista.
* * *
Continuiamo a dare le cronache del viaggio del Generalissimo, che, col fascicolo di novem-
bre, lasciammo presso ad arrivare a Chicago.
Chicago — 20 novembre. — Folla immensa — centomila persone — all'arrivo. Al Con-
gress Hotel l'Ospite riceveva il saluto della Città portogli dal sindaco e dal comitato della
contea, il cui capo on. Daniel Ryan lesse un indirizzo entusiastico e presentò una pergamena.
Indi funzione nella chiesa della Sacra Famiglia, alla presenza dell'arcivescovo di Chicago.
Orazione del rev. dr. Alanlio Ciuffoletti, commemorativa del Soldato Ignoto. In chiesa viene
suonato, in mezzo a commozione, l'Inno di Mameli. Indi ricevimento all'Università di Loyola
e conferimento del dottorato ad honorem all'Ospite. Dalla terrazza dell'Università il Gene-
ralissimo parla alla folla che l'acclama. Indi corteo. Colezione offerta dal vice-console cava-
liere Dall'Agnol alla Chicago Athletic Association. Nel pomeriggio sfila davanti al Generalis-
simo un corteo di 100.000 persone, condotto dal cap. Beato Nerone, decorato quattro volte
di medaglia d'argento. Notevoli le schiere numerose di Combattenti italiani ed americani.
Il Generalissimo assiste alla sfilata insieme col Governatore dell'Illinois e col sindaco della
città. La sera banchetto al Congress Hotel, con servizio inappuntabile diretto dal direttore del
grande albergo sig. Fiorentino. E' toast-master il comm. dr. Lagorio. L'oratore ufficiale
avv. cav. Malato dà il saluto della Colonia ; segue il comm. IMarquis Eaton della Croce Rossa ;
indi parla il presidente del comitato tenente medico dr. Angelo Pagano. Il console di Rumania
presenta poi al Generalissimo Italiano una targa d'oro. Il console cav. Dall'Agnol presenta
una palma d'oro e platino lunga 29 pollici con ventuno brillanti — ricordo della Colonia. Dopo
il discorso del giudice cav. Barasa, parla il Generalissimo.
A Chicago il Generalissimo s'incontrava col maestro Giuseppe Vecchione, valente musici-
sta da lungi anni residente a Chicago, suo compagno d'infanzia. Ne seguiva un cordialissimo
abbraccio. Il Generale riconobbe subito e chiamò per nome l'antico amico che gli presentò
in omaggio una sua composizione : Libia. — Il giorno dopo visita ai grandi macelli ; colazione
della Chicago Association of Commerce; visita al Lincoln Park per deporre corone ai mo-
numenti di Garibaldi e di Lincoln. Seguì il ricevimento all'Univercità di Chicago. Nell'aula
GLI ITALIANI NEGLI STATI UNITI
739
IL GENERALE DIAZ A OGDEN — A SINISTRA GLI STA IL SINDACO 01 0(;DE?!, A DESTRA IL GAV. FORTU-
NATO ANSELMO, AGENTE CONSOLARE D'ITALIA A SALT LAUE CITY, UTAH.
magna parlò il prof. comm. Merriam, che fu capo in Italia del Committee on Public Infor-
mation americano; indi il rettore dr. Pratt Johnson presentò all'Ospite una pergamena di omag-
gio. Accompagnato, poi, dal Corpo Accademico, fra cui il cav. prof. Rudolph Altrocchi, e dai
dai membri del Comitato, il Generalissimo si recò alla stazione per proseguire il viaggio verso
la California.
Ogden, Utah. — 23 novembre. Breve sosta. Molti italiani della città e dei dintorni con-
vennero ad acclamare il loro Duce. La delegazione di Salt Lake City era capitanata dall'agente
consolare cav. Fortunato Anselmo. II sindaco della città, on. Francis, accompagnato dal Vice-
Console e da altre autorità portò sul treno il saluto americano all'illustre Ospite; il cav. Ansel-
mo quello dei connazionali. Dopo 40 minuti il treno partì per San Francisco.
San Francisco. — 24 novembre. Primo saluto degl'italiani ad Oakland. Del comitato ita-
liano fan parte il cap. Ernesto Burzagli, comandante dell'incrociatore Libia ancorato in quelle
acque e il presidente dr. A. Calegaris. Col vaporino delle autorità il Generale viene portato
alla banchina di Howard Street. Qui trovasi il comitato cittadino con a capo il sindaco Rolph,
le autorità americane, le rappresentanze della Colonia. Il sindaco Rolph dà il benvenuto mentre
la musica del Libia suona gli inni italiano ed americano. All'uscita dalla stazione v'è una
folla immensa ad acclamare.
25 novembre. — Il Generalissimo riceve le visite ufficiali a bordo del Libia. Luncheon
del Commonwealth Club al Palace Hotel. Alle 3 ricevimento nella rotonda del Palazzo di
Città. Sullo scalone è disposto un battaglione di marinai del Libia. Discorsi del sindaco
Rolph e del maggiore Leon French. Il col. Spina reca il saluto al Duce immortale dei suoi
ex-Combattenti. Chiudono i discorsi dell'avv. Bacigalupi, vice-presidente della Banca d'Italia,
del gen. Wright. Indi parla il Generalissimo. — La sera ricevimento offerto dalla Colonia
Italiana sotto gli auspici della Federazione delle Società Italiane.
26 novembre. — Visita all'Ospedale Italiano; luncheon del gen. Wright al Presidio; alle
3 pom. partenza per San Jose.
Los Angeles, Cai. — 27 novembre. Visita insieme col Governatore della California e col
Sindaco della città all'Exposition Park. Qui, grande adunata di americani e italiani. Discorsi
del Sindaco e del Generalissimo. Saluto della Colonia, pòrto dall'agente consolare G. Piuma.
St. Louis, Alo. — Il Generalissimo giunse il 3 dicembre, ricevuto alla stazione dal Comi-
tato cittadino e dagli ex-Combattenti con a capo il tenente degli alpini Martelli. Magnifico
Givi ITALIANI NE:GI.I STATI UNITI 741
corteo di automobili in una furia di neve sino allo Statler Hotel. La sera, auspice la Camera
di Commercio, banchetto, con discorsi del sindaco della città on. Kiel e del presidente della
Camera, Air. F. W. E. Vesper. 11 giorno dopo visita alla Chiesa italiana di San Carlo Bor-
romeo e alla Cattedrale. Nel pomeriggio, ricevimento pubblico al Moolah Tempie. Il presidente
del Comitato coloniale Giuseppe Lumaghi presentò all'Ospite uno chèque di 50.000 lire per gli
orfani e i mutilati di guerra; raccolte dai connazionali. Dopo un discorso di Achille Zani per
la Colonia louisiana, parlò col consueto sincero ed efficacissimo accento il Generalissimo. —
La sera banchetto allo Statler. Ogni portata era preparata a tre colori : rosso, bianco e verde.
Fu detto il "banchetto tricolore". Toast-master, Girolamo Giuseffi. Parlarono il sindaco
Kiel, il col. Parker in italiano, il console cav. De Violini, Nicolò d'Amico. La sera partenza.
Cincinnati. Ohio. — 5 dicembre. Ricevimento al Fort Thomas. Diaz decora della croce
di guerra italiana il sergente americano Samuel Woodfill. La sera ricevimento. Partenza la
notte alla volta di Washington.
Pittsburg, Fa. — 6 dicembre. Breve visita. Arrivo di mattina presto. Bella manifesta-
zione di italiani con a capo il console cav. Lucci, coadiuvato da Carlo Schisano. Adunanza al
teatro Davis. L'Ospite riceve il saluto della città dal Sindaco, della Camera di Commercio
dal presidente Marcus Rauh, della Colonia dal console Lucci. Diaz ringrazia con applaudito
discorso. Partenza, la sera.
Boston, Mass. — 8 dicembre. Feste organizzate dal comitato cittadino con a capo il giu-
dice cav. Frank Leveroni e dal comitato coloniale. Gran folla all'arrivo. Visita al Governatore
Cox : grande assemblea nella Sala delle Bandiere del Palazzo del Governo. Il Governatore
presenta all'Ospite una coppa d'argento portata dall'agente consolare Caterini per incarico
della Colonia di Lawrence. Visita al Municipio. Colezione al Somerset Hotel oflferta dagli
ex-Combattenti e dai presidenti delle associazioni italiane. Visita al cardinale S. E. O'Connell ;
indi al rione italiano. Servizio religioso alla chiesa di San Leonardo, officiato dal parroco
P. Antonio de Carolis. Luncheon ofìferto dal Sindaco. La sera banchetto del Governatore
al Somerset Hotel. Discorso del governatore Cox, del maggiore Duane, del presidente della
Boston University, prof. Murlin. Rispose il Generalissimo. L'indomani partenza per Pro-
vidcncc.
Providcncc, R. I . — y dicembre, dalle 9 alle 12 della mattina. Ricevimento alla State House
con saluto del governatore San Souci. Indi ricevimento al Municipio con discorso del sindaco
Gainer, che dona all'Ospite la chiave della città, cesellata in oro, votata dal Consiglio municipale
su proposta del consigliere dr. L. Cella. Visita al Providence College. Cerimonia alla Brown
University, che conferisce al Generalissimo il diploma di dottore onorario. Diaz presenta
all'Università il monumento di Dante, dello scultore Abbate, dono della Colonia. Luncheon
al Narragansett Hotel.
• Il Generalissimo nel suo giro viaggiò in un ricco vagone-salone posto a sua disposizione
dal grand'ulT. William H. Woodin, presidente dell'American Car Foundry Co. Il distinto
gentiluomo fece accettare all'Ospite la sua offerta pei buoni offici del suo amico comm. inge-
gnere Francesco Quattrone, alto commissario italiano.
• Per conto del cav. Giorgio Ziniti, delegato ufficiale della Lega Navale Italiana, l'avvo-
cato De \'ille prese una svariatissima film dell'arrivo di Diaz a New York. La film è stata
proiettata con successo in molti cinematografi della metropoli. Il cav. Ziniti presentava una
copia della pellicola al Generalissimo, e ne mandava un'altra alla Presidenza della Lega Navale
a Roma. — 11 Duce gradì immensamente l'atto di simpatia della Lega newyorkese, i cui soci
si recarono in alto mare, in apposito yacht, ad acclamarlo. Fu il cav. Ziniti che allo scalo,
al primo mettere piede sul suolo di New York, porse la mano al Generale per facilitargli
l'uscita dall'imbarcazione, e che, primissimo, gli porse a voce il saluto dei soci della Lega
Navale, già preceduto da un altro inviatogli con marconigramma sull'oceano.
• Il rev. dr. Vincenzo Jannuzzi, a nome proprio e dei Missionari Scalabriniani della Chiesa
di San Gioachino da lui retta, presentò al Generalissimo un ricco album, legato in cuoio, rac-
chiudente una quantità di grandi fotografie prese nel giorno dell'arrivo e della visita fatta
al Mausoleo di Grant a New York. Il ricordo venne molto gradito. Col dr. Jannuzzi il Duce
si intrattenne affabilmente.
• Lo scultore Friedrcrick Triebcl si recò a bordo del Verdi a ])rescntare al partente una
reolica grande in bronzo della sua ammirata targa dantesca. La consegna avvenne quando già
il vapore s'era mosso; indi l'artista scese di bordo sul vaporetto rimorchiatore che Io ricon-
dusse a terra. Il Generalissimo ammirò il bel lavoro e ringraziò. Avendo appreso che il Triebel
è membro della Reale Accademia di San Luca, Diaz ricordò di essere membro anche lui della
grande Accademia romana.
742
II, CARROCCIO
• La Camera di Commercio Italiana di New York raccoglie in un album i ritagli di tutti
i giornali americani ed italiani in cui si è parlato di Diaz. Indi li manderà al Generalissimo.
• Silvio Vitale, in occasione della visita a Boston di Diaz pubblicò due bei componimenti
poetici con una prosa ritmica inneggianti al Duce glorioso. Il Vitale s'ebbe vivi complimenti
dal Generale.
• Nelle ultime ore passate a New York prima d'imbarcarsi, il Generale Diaz si com-
piacque di tener presso di lui il suo amico banchiere Vincenzo Scudiero di Kansas City, venuto
appositamente ad ossequiarlo. — Il banchiere Scudiero fu l'organizzatore delle feste fatte
dalla nostra Colonia al Generalissimo che si recava colà alla Convenzione della Legione Ame-
ricana, e fu lui il presentatore al Vincitore di Vittorio Veneto della spada d'onore — d'oro
ingemmato — costata circa 15 mila dollari. — Lo Scudiero presentò al Generalissimo un cion-
dolo di platino e brillanti, ricordo del Circolo Italiano di Kansas City, accompagnato dal
diploma di socio onorario steso in pergamena; poi gli affidò, in nome della sua signora, due
ricchi anelli di brillanti destinati alle dilette figlie del Generale. Lo stesso Scudiero sta racco-
gliendo in un monumentale album tutte le fotografie prese in America lungo il viaggio del
Duce : migliaia e migliaia, ed i discorsi pronunciati di città in città dal Generalissimo e da
ospiti americani ed italiani. — E' noto che il ricevimento fatto a Kansas City al Comandante Ita-
liano superò per imponenza di folla e per entusiasmo quello fatto a Foch. Dell'evento lo Scudiero
fece impressionare una film di 3000 piedi, copia della quale venne offerta al Generalissimo.
Riuscirà solenne la testimonianza d'onore
che la Colonia di New York, sotto gli auspici
della sezione locale della Lega Navale Ita-
liana, darà la sera del 27 dicembre al vice-
ammiraglio Barone Acton e al generale Vac-
cari, capi di Stato Maggiore della Marina e
dell'Esercito, venuti in America con la De-,
legazione alla Conferenza del Disarmo.
Alle 7,30 pom. precise sarà servito \m ban-
chetto nel, gran salone dell'Hotel Pennsylva-
nia ; tolte le mense sarà proiettata la film del-
l'arrivo di Diaz a New York, riuscita cine-
matografia dell'avv. De Ville; infine si dan-
zerà. — Il pili fine pubblico si accinge ad as-
sistere alla magnifica festa. Interverranno
pure come ospiti d'onore gli ufficiali di Stato
Maggiore che seguono i Capi e le Autorità
diplomatiche e consolari. — I biglietti pos-
sono essere chiesti al delegato ufficiale ca-
valier Giorgio Ziniti, 44 Whitehall Street ;
telefono Bowling Green 9421. Sei dollari cia-
scuno.
• Le più vive felicitazioni del Carroccio
al console generale di New York, comm. Ber-
nardi ed alla sua signora per lo scampato
pericolo nell'accidente automobilistico di cui
rimasero vittima. La signora ebbe oochi giorni
di sofferenza : il console, ferito alla fronte,
dovè stare alcune settimane in casa; ma ora
è ritornato al suo posto, ch'egli copre con
tanta ammirata diligenza, centro delle piìi
sentite simpatie di ogni ordine della Colonia.
• In onore del comm. Raul V. Palermi e
del cav. Raul Tolentino, sovrano gran com-
mendatore l'uno e membro l'alto del Supremo
Concilio dei 33 del Rito Scozzese della giu-
risdizione d'Italia, i prominenti massoni d'A-
merica tennero un'agape al St. Regis Hotel.
Furono pronunciati notevoli discorsi.
• Non vi sono quasi più biglietti per l'an-
nuale rappresentazione di gala — 7 gennaio —
prò Ospedale Italiano alla Metropolitan Ope-
ra House. Alla Cavalleria ed ai Pagliacci an-
nunziati parteciperanno gli artisti più alti del
gran teatro : la Bori, la Ponzillo, la Perini,
Beniamino Gigli, Titta Ruffo, Grimi, IMillo
Picco. Dirigerà Moranzoni. Se non si fa pre-
sto è difficile trovar liberi i pochi biglietti
ancora disponibili. — I biglietti possono chie-
dersi presso la sede dei Figli d'Italia, 231 E.
I4th str.. e presso l'Ospedale Italiano, 83rd
str. e East River.
• La campagna che l'on. Guido Podrecca
ha aperta nel Nord America con la conferen-
za dell'i I dicembre alla Stuyvesant High
School promette di dare pingui risultati prò
.'Xssociazione Nazionale Tubercolotici di Guer-
ra Italiani. • — L'on. Podrecca ch'è l'oratore
del comitato propagandista venuto a racco-
gliere fondi in America, parlò del Primato
dell'Italia, ottenendo un clamoroso successo
oratorio. Un altro successo ebbe a Newark,
N. J., dove parlò sullo Sport davanti a una
folla di pubblico radunatasi per assistere ad u-
na gara sportiva. — Nel pomeriggio del 18 di-
cembre, sotto gli auspici di un comitato pre-
sieduto da Michele Giordano, parlò sull'Italia
in guerra. — Fruttifera fu la visita alla Ma-
nifattura De Nobili. Quei sigarai, sempre ge-
nerosi, offrirono largamente. Applaudirono
due forti discorsi del gagliardo propagandista.
L'on. Podrecca visiterà le Colonie. I comi-
tati che vorranno formarsi per facilitare la
sua opera umanitaria e di propaganda pa-
triottica si mettano d'accordo con lui, scri-
vendogli al n. 139 McDougal st., New York.
• La Colonia di Sant'Agata di Militello
prepara pel 7 gennaio a sera un banhcetto in
onore del conterraneo onor. comm. Giuseppe
Gentile, ministro plenipotenziario onorario,
membro della Delegazione Italiana alla Con-
ferenza a Washington — a New York assai
graditamente ricordato come vice-console e
come reggente il Consolato Generale. — Il
banchetto sarà servito al Biltmore. Le più
distinte personalità della Colonia vi parteci-
peranno.
GU ITAUANI NEGU STATI UNITI
743
• Il comitato organizzatore dell'istituto di
incoraggiamento e di educazione musicale che
porterà il nome di Caruso American Memo-
rial Foundation si è organizzato definitiva-
mente, con la partecipazione delle piìi alte
personalità del mondo artistico e del mecena-
tismo dì New York. A chaintian temporaneo
venne preposto il comm. dott. Antonio Stella,
clic fu presidente del comitato provvisorio
sorto alla dimane della morte di Caruso, per
organizzare in memoria del grande artista
■quell'istituto ch'egli in vita si proponeva di
fondare per lo sviluppo dclTarte dei suoni in
America. A presidente del comitato definiti-
vo venne acclamato l'illustre avv. Paul Cra-
vath, presidente dell'Italy America Society. —
La Fondazione Caruso si propone di racco-
gliere un milione di dollari, e col loro frutto
provvedere ad assistere studenti di canto e di
musica, incoraggiare scuole e opere musicali
in America. — L'Ordine dei Figli d'Italia ha
votato di partecipare largainente alla forma-
zione dell'Lstituto.
• L'annuale cena danzante dell'Italian Wcl-
fare League, presieduta dalla signora Lio-
nello Perera, ebbe enorme successo mondano
e finanziario la sera del io dicembre al Bilt-
more Hotel. 11 salone del grande albergo di-
retto dal cav. :Malnati era stato sontuosa-
mente decorato. Fuvvi un ricavato di circa
6000 dollari. Le dame che formano il bene-
fico sodalizio furono felicitate per l'opera no-
bilissima e patriottica che svolgono con rara
abnegazione.
• La finanza italiana conquista l'alta Broad-
way; gl'Italiani hanno preso posto con una
Banca nel cuore di New York. La Bancitaly
Corporation — salda associazione f ormata^ da
capitalisti italiani di San Francisco e di New
York, forte di io milioni di dollari — h.a
fatto propria una delle più vecchie e più ac-
creditate Banche americane: la Commercial
Trust Company, che ha sede in Broadway,
all'angolo della 41. a strada, distante un block
solo dalla Metropolitan Opera House. Il che
denota l'ubicazione centralissima dell'istituto,
del quale ha assunto la direzione il dr. A. \\.
Giannini, presidente della Fast River Natio-
nal Bank di New York e vice-presidente della
Banca d'Italia di San Francisco. La Com-
mercial Trust Co. è affiliata, così, a queste
due grandi Banche, alla loro volta as.sociate,
per le operazioni in Italia, alla Banca dell'Ita-
lia Meridionale. — E' ammirevole l'attività
della Bancitaly Corporation, nella quale pre-
domina il senso di sagacia e di ardire, di
ponderatezza e di onestà che caratterizza l'o-
pera di -Amedeo P. Giannini, creatore e pre-
sidente della Banca d'Italia di San Francisco
e adunatore i.. torno a lui — ìcadcr autore-
volissimo ed amato — delle più industri ener-
gie che nelle Colonie devono, all'onesto lavoro
soltanto, la loro fortuna.
• Il giovine avvocato Benedetto De Bellis,
redattore della Gac:;cfta del Massachiissctts,
è stato iscritto nell'allx) degli esercenti l'avvo-
catura nello Stato del Massachussetts.
• Insieme con la signora Dorothy Caruso
e del cognato Giovanni Caruso, venuto in New
York, per attendere all'accertamento dell'ere-
dità del grande tenore, giunse l'avv. Gabriele
Consolazio, collaboratore di studio dell'illu-
GLORIA CARUSO
erede della meta dei patrimonio paterno
stre avvocato napoletano on. Porzio, patro-
cinatore della famiglia Caruso in Italia. —
L'avv. Consolazio dirige il lavoro di spoglio
dei documenti. Pare che finora l'eredità sia
stata accertata, in Italia e in America, in va-
luta americana al cambio odierno, a non più
che un milione e mezzo di dollari. Si è con-
venuto, mettendo da parte ogni contestazione
testamentaria, di dividere l'asse in cinque
parti: metà alla figlia Gloria, l'altra metà di-
visa in quattro: alla vedova, ai figli Enrico
e Rodolfo, al fratello Giovanni. Tutore dei
minori è l'antiquario cav. Amedeo Canessa. —
Tra i molti- avvocati interessati nelle labo-
riose praticne dell'eredità, bau fatto eccellente
impressione l'acume e il tatto del giovane av-
vocato napoletano, che l'on. Porzio ama come
prezioso collega e collaboratore.
• .'\ beneficio della cassetta dei poveri del-
l'Ospedale Italiano Colombo, il comitato del-
le dame patronesse della istituzione che per-
])etua nella Colonia la memoria santa della
fondatrice Madre Cabrini, diede un thè mu-
sicale ed un ricevimento all'Hotel AicAlpin.
Presiedeva la signora Antonio Pisani, che
j)resentò all'adunanza l'oratore mons. La-
vclle. — Il clero italiano era rappresentato dal
rev. dr. Vincenzo Jannuzzi. — Il programma
musicale si svolse sotto la direzione del pia-
nista Angelo Patricolo, applaudito insieme
con le cantanti Carro Greene, Clara Auwell e
Fisher. — Il numeroso scelto pubblico accor-
so alla festa volle testimoniare la sua ammi-
razione all'Ospedale Colombo, alle Suore Mis-
sionarie che lo amministrano ed a quanti lo
appoggiano nella missione caritatevole cui
risponde.
744
IL CARROCCIO
• Gli amici numerosissimi che conta in tutti
.gli Stati Uniti l'artista Eduardo Migliaccio
( Parfai irìln ) — il profondo studioso e ripro-
iliittorc dei tipi dell'emigrazione e dell'am-
1 icntc americano — si sono compiaciuti delle
buone nuove giuntegli dalla sua famiglia in
Italia. Suo fratello Teodorico, maggiore di
fanteria, è stato testé insignito, per spec'ali
l)enemcrenzc di guerra, della croce dell'Or-
dine dei SS. Maurizio e Lazzaro, che va ad
■aggiungersi all'imponente gruppo di distinti-
Maggiore TEODORICO MIGLIACCIO
vi al valore e di onore che brillano sul petto
del valoroso combattente : la croce di cava-
liere dell'Ordine Militare di Savoia (onori-
ficenza rara), tre medaglie di argento, una di
bronzo, due croci di guerra con corone, una
croce di guerra con palma — Teodorico
Migliaccio ha partcci])ato a 22 combattimenti,
sempre in prima linea, guida di ardire e di
senno. — Abbiamo chiesto ad Eduardo Mi-
gliaccio il ritratto del fratello, perchè al Car-
poccio — organo della valorizzazione della
Vittoria d'Italia — piace di dare rilievo
alle forze più giovani e combattive alle quali
l'Italia nuova guarda con tranquilla fiduc'a.
• A proposito della lunga confutazione fat-
ta sui A'^. V. Times dall'on. Tittoni sui confini
italiani nell'Alto Adige — eco della contro-
versia Bryce-Tittoni — va ricordata la lettera
che allo stesso giornale mandava il prof. Giu-
seppe Luigi Russo, insegnante di lingue mo-
derne all'Allegheny College di Meadville, Pa.
11 Russo rimbeccò il Linder, autore di una
lettera allo stesso giornale, lo stesso cui la
confutazione dell'on. Tittoni venne rivolta. Il
giornale, però, non riprodusse interamente lo
scritto del Russo.
• Il cav. ufi^. Angelo Ruspini, rappresen-
tante della Navigazione Generale Italiana in
New York, in occasione del nuovo servizio
con l'America del Nord iniziato dal grande
piroscafo Colombo, invitò a bordo i giorna-
lÌFti italiani e gli agenti di navigazione di
Xew York e \icinanzo. Dopo la vis.ta ai di-
\Trsi reparti del vaiiorc, \rnne scr\it<i un
gran banchet'.o. Il cav. Kuspini salutò gl'i 1-
tcr\-ciniti, esponendo il nuovo progrannna di
esi)ansionc delle Linee Italiane — Il coman-
dante del Coloììiho, cap. cav. mauriziano Vin-
cenzo Rom.ano, ebbe le più cordiali felicita-
zioni,
• Le piazze di New York dove sono i mo-
numenti di Dante e Verdi — la prima fra
Broadway e Columbus avenue, sulla 63. a s'.ra-
da ; la seconda su Broadway fra la 72.a e la
73.a strada — sono state uffic'almente deno-
minate dall'autorità municii)ale di Xew York
Dante e Verdi.
• Ritorna in Italia per una breve sosta alle
sue attività che si svolgono con successo a
Pittsburg, Pa., il signor L. Aldrighetti, di-
rettore della Pittsburg Citv Garden Co. L'Al-
drighetti è un sano propagandista nostro ne'
grande centro industriale degli Stati Uniti
Va a Pescantina-Arcè (Verona) rei pressi
di Gardone e si recherà a visitare il Coman-
dante d'Annunzio.
• Il prof. G. E. Zanetti, della Columbia
University, già tenente colonnello nel servi-
zio chimico di guerra dell'Efercùo Anter-
cano, mandò ai jV. Y. Times una interessante
lettera sulla difficoltà di sopprimere in guer-
ra, per accordi internazionali, l'uso delle ma-
terie chimiche venefiche e distruttive
• Il comitato della Federazione delle So-
cietà Italiane che ha presJo a cuore la fonda-
zione dell'Ospedale Italiano a San Francisco,
compiuto il versaniento di 120 -mila dollari,
ha acquistato l'Adler Sanatorium di colà e,
assumendone la proprietà, ha preso la dire-
z-one dell'istituto, trasformato in Ospedale
Italiano. — .Mia Colonia di San Francisco
vadano anche in questa circostanza gli en-
comi di tutti i connazionali, abituati a vedciv"
nei fratelli che la compongono gl'Italiani mi-
gliori, esemplari. L'Ospedale Italiano è opera
della loro bontà e del loro patriottismo e al-
tamente li onora e li designa alla lode.
• E' andato parroco ad Hazleton, Pa., il
rcv. Franecfco Molino, un sacerdote di pro-
vata fede italiana. Colà la sua sacra missione
farà bene alla Patria, per essere Hazleton
centro di una folta emigrazione di tedeschi
delle terre italiane liberate dal giogo d'Ab-
sburgo. — Il rev. Molino si è molto distinto
a Xew York
• Il capo dell'Ordine dei Figli d'Italia nel-
lo Stato del Xew Jersey, Francesco Palleria,
è stato nominato cavaliere della Corona d'I-
talia. La nomina premia Toj^era attiva di pro-
paganda nazionale fatta da lunghi anni dal
neo-cavaliere, e come dignitario dell'Orline e
come direttore del Risveglio di Paterson. —
Al simpatico collega le più vive felicitazioni.
GU ITAUANI NlvGU STATI UNlTl
745
• Trovasi a New York per una breve per-
manenza in relazione ad interessi di famiglia,
il conte Annibale Raybaudi-Massiglia, che
tanti anni fa fu primo consolo a Filadelfia,
poi a New \'ork. e fu ancbc ministro al Ales-
,sico.
• Il prof. I-uìrì Carnovale di Chicago, ha
ripubblicato l'interessante suo opuscolo: Oiily
by the abolitioìi of iiciitrnlily caii ll'ar he qnic-
Icly a}id jon'vcr prcvcìitcd aggiungendovi un
proemio : The Disarinaiiìcut Confcrcncc al
il'ashingtoii unii be a faihirc. — Sono ammi-
revoli l'attività di studioso e l'apostolato ci-
vde del Carnovale, che fra le sue varie pub-
blicazioni ha quel ricco volume di propaganda,
bilingue: lVh\ lial\ cntcrcd Vito the Grcat
ÌVar.
• llalian Stores. Inc. Una forte ditta di
autentici commercianti così ha intitolato l'em-
porio di specialità alimentari italiani sorto ai
nmneri 35-37-3Q Sixth avenue, Xew York.
Eccellente impresa, concepita bene, iniziata
meglio : affermatasi ottimamente da due mesi.
La sigla gentilizia Itaìian che qui serve trop-
po spesso di etichetta a meschinità, è molto
bene a posto stavolta : e, impressa in grandi
lettere d'oro su tre diverse fronti di un bel
j)alazzo triangolare della sesta avenue, sta
ad indicare una Casa Commerciale nostra
che supera le migliori del genere di Milano,
Bologna e Roma. — A noi sembra che que-
sti Jlaliuii Stores dovranno diventare — fatte
le debiti proi)orzioni — dei Park & Tilford
e degli Acker, Merrill & Condit, le due grandi
organizzazioni commerciali di New York. E
avranno fortuna. Una visita ai locali vi mette
di fronte, d'un colpo, non ai soliti tentativi
di piccola mole, ma ad un fatto di notevole
imponenza commerciale. Tutti i formaggi,
specialmente quelli rinomatissimi della Ditta
Locatelli, sono in vendita negli Stores, tutti
gli olii, le conserve alimentari, le paste finis-
sime, e le altre specialità ricercate, i cento
altri prodotti saporosi, prelibati, insuperabili
nostri vi si trovano. — I signori Massimilia-
no Vicenzi, animatore dell'impresa, L. Rai-
mondi e A. J. Trasso che sono alla direzione
di questa importante impresa, hanno con l'a-
pertura di questi Jtalian Stores compiuto ima
bella e significante affermazione di ardimen-
to commerciale che va tutto a beneficio della
nostra esportazione.
• L'ing. Riccardo Passacantando, tanto
simpaticamente noto nella Colonia di New
York, riceve notizia della nomina a cavaliere
della Corona d'Italia di suo fratello rag. E-
doardo Passacantando, direttore della Società
Esercizi Elettrici di Castellammare Adriati-
co e Pescara. — Al neo-decorato un saluto
anche degli amici lontani.
• Il dipartimento estero della Italian Trust
& Savings Bank di Chicago è diretto ora da
Emilio Marzano, che fu direttore di un di-
partimento simile alla City Bank & Trust
Co. di Boston, Mass. — Il Marzano è nato
in Basilicata, emigrò a 15 anni, si laureò in
lettere alla Yale University, insegnò nelle
scuole pubbliche di Hartford, Conn.
• A Brooklyn venne consacrata, con solen-
ne ccrimon.a, la nuova cniesa di Santa Lue a
in Kent avenue: ojiera cui attesero con pio
icrvore i fratcdi mons. Alfonso e rev. Leo-
I_oldo Arcese. I,a njo^a e tra le f:iù bobe
v-'■|ie^e italiane degli Stati Uniti.
• Lo studente Dante Rizzo, che lìarteripò
alla gita degli studenti italo-americani in Ita-
I a (vedi il Diario del viaggio in (|ue<to fasci-
co o, \r.ir. 710) tenne ai'a i'aterson High
Sciiool una conferenza sull Italia e il i)oi)olo
italiano, l'rimi segni dei frutti dell'impresa
icL-a.a da Augusto Jaccarino.
•> Nella A'!io7'a Aiito'ocj'.H del i. novembre
il console cav. Bruno Zucu'in che fu a New
Orleans ed ora è nel B.asile ha pubblicato
un articolo su Lo cineìnatoijrnfia in Aìncricu.
PV una rivista interessante ; uno studio d'am-
biente assai accurato, e utile per quanti ten-
tano la industria teatrale dello schermo fra
l'Italia e. specie, il Nord America.
• La mostra dei doni di Natale fatta dalla
Ditta Borre'Ii & \'itelli nelle vetrine della
sua sontuo a sala d'esposizione al sesto piano
del palazzo 15 West 34th Street, presso 5th
avenue, rimpetto al VValdorf Astoria, è stata
ed è tuttora oggetto di viva ammirazione. Gli
oggetti i)iù attraenti — dai più modesti ai più
ricchi — trovano colà posto, ordinati dal fine
intuito artistico del direttore della Ditta, ca-
valiere G. B. Vitelli. I coralli ed i camei.
che sono la specialità assoluta — di accertata
rinomanza oltre che in Italia, nella sede pro-
duttrice di Torre del Greco, a Parigi, a Lon-
dra, nel Canada, a New York, dove la Ditta
ha succursali — i lavori più fini di tartaruga,
mosaico, filigrana, si alternano con l'orefice-
ria e le pietre e le perle di grande splendore.
Poi v'è l'emiìorio di articoli artistici italiani,
il i)iù vasto che s'abbia oggi negli Stati Uni-
ti : vetrerie di Murano, maioliche di Capodi-
monte, alabastri, legni intarsiati, cornici in-
taghate, quadri ad olio, bambole abbigliate,
borse per signore, ecc. Ognuno trova alla
mostra di Borrelli & Vitelli il suo "Christmas
present" ideale.
• Il 18 dicembre il Campo Roma dell'Or-
dine del Gold Seal (Suggello d'oro) ha dato
alla Town Hall di New York un concerto in
occasione della prima esecuzione dell'inno uf-
ficiale dell'Ordine composto dal maestro An-
tonio d'Annunzio — fratello del Poeta —
residente in New York. Le parole dell'inno
sono di Miss Vera Bloom. — E' presidente
del Campo Roma il cav. I. Sangiorgio; se-
gretario il rag. S. De Lutio.
• La sig.na Anna M. Ucci ottenne la me-
daglia di bronzo nella gara di sveltezza e ac-
curatezza nella scrittura a macchina, tenutasi
al Puluper Institute. Le concorrenti erano
numerose.
• Su proposta del dottor cav. Barsotti. de-
legato della Croce Rossa Italiana a San
Francisco, vennero assegnate le seguenti ono-
rificenze ai soci che nella California lavora-
rono per l'Istituzione : — Medaglia e diplo-
ma : in San Francisco : signore Giulia Sbar-
boro-Bossi, Caterina Brun ; signori : G. Bat-
taglia, tesoriere; G. Torchia, segretario della
746
IL CARROCCIO
Delegazione. — In Los Angeles: signora Isa-
l)ella Vignolo, signorina Clotilde Ferrario, si-
gnor G. Andreini. — In Pasadena: signora
Jielen S. French. — Medaglia grande: Cir-
colo Vittoria Colonna di San Francisco. —
Diploma: signore Lorenza Dell'Orto, Berta
Bordetti, Dora Pagliano, Teresa Ferrario, Ca-
rolina Vignolo-Bessolo, Thomas Chalmers
Myers, Matilde Ferrario, Teresa Agoure, He-
len VVirdeman, di Los Angeles.
• A Los Angeles, Cai., è uscita una ras-
segna di propaganda: L'Affermazione Italia-
na diretta da Arturo de Caro, redattore capo
Amelio Colantoni. — Augurii.
• Il Circolo Calabrese "Francesco Fioren-
tino" di Brooklyn — si è fatto editore di un
accurato studio di Michele Pane sull'opera
poetica dell'on. Antonino Anile, sottosegreta-
rio della P. I. — Michele Pane è un simpa-
tico scrittore di geniali versi in vernacolo ca-
labrese, e rende un appropriato omaggio al
suo illustre amico e collega Anile, filosofo,
medico, letterato, poeta, uomo politico.
• La grande fabbrica di pianoforti Weser
Bros, si va ogni giorno più affermando fra
gli italiani con una produzione di prim'ordi-
ne. Larghissimo è il patrocinio che i conna-
zionali danno alla reputata Casa musicale. Ciò
è dovuto non solo alla perfezione raggiunta
dai pianoforti Weser, ma anche alla popola-
rità dei due fratelli Italo e Roberto Alessi,
direttori delle "salesrooms" al n. 131 West
23 .a strada.
• A Detroit, Mich., si è inaugurata la Casa
degli Italiani — centro di riunione e di edu-
cazione di connazionali, per conferenze istrut-
tive, corsi teorico-pratici professionali, ufficio
d'assistenza, palestra ginnastica. N'è direttore
il rev. cav. G. Buggelli.
• Il comm. dr. W. Verdi — illustrazione
chirurgica di larga fama in America — è
stato nominato consulente del Grace Hospital
di New Haven, dove l'insigne scienziato tiene
clinica, insegna e fa immenso onore all'Italia.
• Le Loggie dell'Ordine Figli d'Italia di
New Haven avranno presto una sede propria.
E' in costruzione un edificio a tre piani che
costerà trentamila dollari.
• Il cav. Luigi Criscuolo, delegato ufficiale
negli Stati Uniti del Comitato Internazionale
per l'Indipendenza del Montenegro, sedente
a Ginevra, continua il suo lavoro di buona
propaganda. Nell'ultimo fascicolo dell'auto-
revole rivista Forum presenta all'opinione
americana la causa giusta e nobile del Mon-
tenegro sacrificato alla predace violenza dei
Jugoslavi dalla diplomazia cieca e venale.
• Per le vie del mondo — il romanzo del-
l'emigrato italiano di Paolo Pallavicini, ap-
parso già nelle appendici deW'Italia di San
Francisco, della quale il Pallavicini è redat-
tore capo — è stato pubblicato in volume. Il
successo ottenuto dalle appendici si va rinno-
vando intorno al libro. Il lavoro dell'ottimo
pubblicista appare più organico e avvince ir-
resistibilmente il lettore. Editrice L'Italia
Press Co., San Francisco, $1.50.
• Alla colezione degli studenti della facoltà
giuridica della Fordham University, tenuta
al McAlpin Hotel, fu ospite d'onore il giu-
dice comm. Freschi, che parlò sull'amministra-
zione della giustizia nelle corti di polizia della
metropoli.
• Ci si annuncia la venuta in America del
maggiore Paolo Vagliasindi, che fu luogote-
nente generale di D'Annunzio a Fiume, insie-
me con un ristrettissimo numero di legionaria
• Il dott. Henry D. Brusco è stato nomi-
nato chirurgo e presidente del Bureau of
Pensions a San Francisco di California.
• Il Circolo Educativo Italiano di Jersey
City ha reiletto a suo direttore l'avv. Giu-
seppe Puglia. Eleggeva poi a presidente Gio-
vanni Aquino. — L'incremento del Circolo si
deve all'attività dell'avv. Puglia, che ultima-
mente tenne dinanzi ai soci un acclamato di-
scorso su Vittorio Veneto.
• La chiesa di San Giuseppe di Ganano-
que, Canada, s'è abbellita di una grande ri-
produzione della Disputa del Sacramento di
Raft'aello — riuscita copia del prof. Ilario
Panzironi — un veterano della decorazione
murale italiana in America.
• A Detroit, Mich., la Società degli ex-
Combattenti offriva un banchetto al commili-
tone dott. Giovanni Annessa recentemente abi-
litato all'esercizio medico nello Stato del Mi-
chigan.
• La dottoressa Luisa Leveroni è ritornata
a Boston dove ha riaperto la sua clinica.
• L'Italian-American Club di Canton, Ohio,
si propone grande attività in quella Colonia.
Ne sono stati iniziatori Luigi de Sanctis, Be-
nedetto V. Marconi, Augusto Neyro.
• A Chicago ha aperto studio medico la
dottoressa sig.na Teresa Felicetti-Gentile.
• Il dott. Antonio Francesco Mattia, che
fece studi e corsi preparatori alla New York
University, a Newark, N. J., ed a Boston
ha aperto clinica in quest'ultima città.
• A Boston si è costituito il Circolo Italo-
Americano con l'intento di diffondere la lingua
nostra. N'è presidente il suo promotore Gia-
como Pisco-Pausata.
• Si rammenta ai giovani nati nell'anno
1902 e ai rivedibili dei precedenti anni, che il
periodo utile per le visite di leva presso i Con-
solati a tenore di legge termina il 31 dicem-
bre 1921.
• Il legionario fiumano Nanni Leone Ca-
stelli ora in America ha fatto una documen-
tata pubblicazione étWEpopca di Fiume.
• A Boston il dott. Giovanni Bonfiglio ha
conseguito la nomina di professore in medi-
cina e chirurgia.
• A Leroy, N. Y., venne consacrato sa-
cerdote il rev. Antonio Biffarelli. L'orazione
di circostanza venne pronunciata dal reveren-
do A. Billerio di Niagara Falls.
• Gli studenti italiani di medicina del Long
Island College Hospital, Brooklyn, ad inizia-
tiva di Anthony F. Sava, hanno organizzato
un circolo cui hanno dato il nome inspiratore
di Ausonia.
DAI, PI. AUSTRO 747
n.n.,?."."° C Novario di Cleveland venne «Il Carroccio manda sentite condoglianze
n..nmato conso^ (Gre- a! collega Olindo Mclaragno di Cleveland!
• T V^H^r. Kn . TNri . • '"''^' ^^^ P^''d»to la consorte, ed alla famiglia
• L editore l-avata di Milano ha importato sna aHrlnlnrafa H^iio ^„oi<> - . i^'nifeud
in America quattro quadri di pn.paganda • bel- IrtJ.ruTl ^ p ^ ^^'^''- '^ ^'"^^^
le riproduziini in cornice di un ritratto di tZ "^■"'' .nconso'a-
Dante e di fotografie di D'Annunzio, Caruso
e Benito Mussolini, ^"ono destinati ad avere • Ad Omaha. Nebraska, ò morto a 58 anni
argo successo popolare, così come in Italia. Tavv. Luigi Patti, nato a New York Copri
Lorn.ce e riproduzione, con vetro, formano diverse cariche pubbliche. Le autorità giu-
una ncca decorazione per ogm ufficio o locale diziarie dello Stato parteciparono in corpo
pubblico per ogni casa. al suo funerale.
«•' 11 Latfe rerrara anche quest'anno man-
tiene il suo primato con la sua esposizione .• ■;^ ^'ew York è morto a 100 anni e 9
di pasticceria italiana natalizia al n. 195 Grand .giorni Giacomo D'Amato, conosciuto come
Street. Le più ricercate specialità, le confe- i' P'ù longevo degli abitanti del'a contea di
zioni più squisite vengono dalla Ditta Ferrara W'estchester. Era ricoverato nell'ospizio dei
lanciate per ogni dove negli Stati Uniti. Così vecchi da pochi mesi. Da 23 anni abitava a
il pubblico italiano mantiene le tradizioni fa- Mt. \'ernon, N. Y. Era emigrato dall'Italia
niigliari che lo riconduca al focolare inobliato. 42 anni fa.
DAL PLAUSTRO
AuGURII !
Il Carroccio chiude l'anno suo settimo con la soddisfazione più piena del dovere compiuto,
e con una infinita riconoscenza verso il pubblico che dà la sua simpatia, e quindi la forza, alla
Rivista.
Augurarsi — nei giorni di Natale e Capodanno — reciproca buona salute e fortuna, è la
cosa più naturale di questo mondo. Si cammina, pei sentieri difficili dell'esilio, in mezzo alla
gente estranea, gli uni accosto agli altri, con un unico pensiero nel cervello e con un unico
sentimento in fondo al cuore : la Patria lontana. Si parla la stessa favella ; si ha l'istesso sole
sul proprio orizzonte : augurarsi di continuare a fare insieme l'ulteriore cammino della vita,
di migliorare sempre, di cogliere i buoni frutti delle speranze onestamente nutrite col meglio
del proprio essere, è sentirsi l'anima sollevata e paga.
C'è, da sette anni, tra chi fa e chi logge il Carroccio una comunione così intima di senti-
mento, che sembra davvero, quella che si compone insieme, una famiglia con un solo focolare
acceso, con un'unica soglia da difendere. Ninno della famiglia tradisce, e ognuno porta all'edi-
ficio comune il suo mattone per farlo più solido.
La torre del Carroccio è stata fatta mattone a mattone, apportato ciascuno dalla buona
volontà dei buoni. Così ognuno dice mio ; ogni gruppo di sinceri italiani dice 7iostro il Carroccio.
Il Direttore, i Redattori, i Collaboratori editoriali ed amministrativi sono più che soddi-
sfatti di abbandonare alla tutela del pubblico la loro opera onesta e gagliarda, fatta con estrema
passione, con ogni lampo della mente, con ogni vibrazione dello spirito : in una. fiamma di
entusiasmo.
Il Carroccio vuole ritrovare intorno a sé, sani e saldi, gli amici dei sette anni passati ;
e attorno ad essi, nell'ottavo che sta per aprirsi e negli altri anni a seguire, altre moltitudini.
Amici nostri presenti e futuri, con tutto l'animo riconoscente: Augurii!
***
II, "Carroccio" nel 1922.
Rimandiamo i lettori alla lettura delle prime pagine della sezione di pubblicità di questo
fascicolo. Vi si spiega ciò che è questa Rivista, che cosa vuole, dove tende, e vi si dice che
cosa gli altri debbono fare per animarla e sostenerla.
***
Il memorandum verde.
Gli abbonati del Carroccio ricevono in questi giorni :
I. Un memorandum da cui rilevano la loro situazione nei rapporti dell'Amministrazione
della Rivista. Chi deve ancora l'abbonamento dell'anno che finisce, è pregato di spedirlo subito.
Chi deve rinnovarlo pel 1922 è pregato lo stesso di mandarne l'importo.
748 Hv CARROCCIO
2. Una cedola da riempire con i nomi di quattro amici o conoscenti capaci di intendere le
finalità e di apprezzare la lettura del Carroccio. Chi mette in rapporto col Carroccio i propri
amici vicini o lontani, rende loro un utile e gradito servigio.
Essere abbonato al Carroccio è una distinzione.
*** Chi ha pagato in questi ultimi giorni e riceve lo stesso il memorandum pensi al lavoro
difficoltoso dell'Amministrazione che deve tener dietro a migliaia di abbonati, e che non può
registrarne tutti i pagamenti d'un colpo solo, senza le dovute verifiche.
***
Alfredo Fanzini.
Il più illustre novelliere d'Italia — il prof. Alfredo Fanzini — comincia da Capodanno
la sua collaborazione ordinaria al Carroccio.
Insieme con Matilde Serao — la più illustre scrittrice nostra, da due anni collaboratrice
mensile del Carroccio — la Rivista si è assicurata, così, per la parte letteraria, la collabora-
zione delle due penne più apprezzate della novellistica italiana.
***
"A Washington".
Si rassicurino tutti coloro che ci hanno scritto approvando l'atteggiamento preso dal Car-
roccio con l'articolo A Washington: la Rivista saprà costantemente rispecchiare anche in que-
sta occasione il sentimento genuino e libero degli Italiani d'America. Ferchè in Italia s'intenda
che anche gli Emigrati sono italiani e che anche i loro sentimenti vanno tenuti da conto. Con-
siderare le Colonie come angoli di rifugio di gente bonacciona disposta unicamente a fare
sfruttare la sua dabbenaggine da tutti i fannulloni della Fenisola, e trascurarle quando la loro
voce può contare ed essere utile agl'interessi nazionali in America, è un abito mentale che mol-
tissimi in Italia devono smettere.
Il pubblico del Carroccio sente e vuole così.
***
Echi.
L'articolo del nostro critico musicale intorno a Caruso continua a fare il giro dei giornali
italiani, riprodotto in parte, e citato. Un largo sunto ne dava il Piccolo Marittimo di Napoli —
diretto dall'infaticabile Achille Salzano — che con parole ammirative metteva in rilievo il
brano in cui Caruso veniva esaltato come il "Cantore degli Emigranti".
La Tribuna di Roma, nel suo supplemento coloniale, si occupava della lettura su Caruso
tenuta dal nostro Pasquale de Biasi nella sede della Lega Musicale Italiana.
***
Gli Uffici del "Carroccio".
Si ampliano. La Direzione e la Redazione rimangono al n. 150 Nassau Street (e qui va
diretta la corrispondenza) ; l'Amministrazione passa in locali ampi e bene arredati, accanto
allo Stabilimento Tipografico, ai numeri 105-113 Wooster Street, tra Prince e Spring streets,
presso West Broadwaj'.
Il telefono della Direzione è il solito : Beekman 2690.
Il telefono dell'Amministrazione è: Canal 3167 e 131 1.
Si prega di prenderne nota, e di chiamare opportunamente l'uno o l'altro ufficio, secondo
l'indole della richiesta.
* **
Il "Carroccio" di Capodanno.
Prenotate subito le copie del Carroccio di Capodanno, mandandone l'importo relativo: 50
cents la copia.
E' il migliore "augurio" che si possa mandare ad un amico, in Italia massimamente.
Il volume di questa volta supererà in magnificenza di scritti e d'illustrazioni le edizioni dei
passati anni. Chi segue la tradizione dei numeri di Capodanno del Carroccio, immagini la bel-
lezza e la sontuosità della imminente pubblicazione.
t)AL PLAUSTRO 749
* * *
Agli inserzionisti ritardatari.
L'ultimo giorno utile per la inserzione del proprio annunzio nel Carroccio di Capodanno
è il 27 dicembre. Allora va in istampa l'ultimo foglio della pubblicità.
C'è chi, poi, si lagna di non vedere il proprio annunzio nelle ricche pagine di pubblicità
del Numero eccezionale. Perchè ritardare? Si faccia presto e cade ogni ragione di lagnarsi.
* * *
Ai collaboratori.
Un saluto a voi, Colleghi ed amici, che fornite al Caiìroccio la vostra prosa, i vostri versi,
che scrivete per l'Italia raminga e di essa vi appassionate.
Voi abbellite coi vostri scritti le pagine di questo Carroccio che propaga l'idea italiana
e getta semi attorno perchè crescano alla Patria l'alloro e la quercia anche sul suolo stranie-
ro: voi date a chi elabora il Carroccio una forza di adesione inestimabile.
A voi. Colleghi lontani. Colleghi vicini, augurii e grazie 1
* * *
Alla Stampa Coloniale.
All'appoggio costantemente dato al Carroccio — larghissimo e disinteressato — dai gior-
nali delle Colonie, va attribuito massimamente il successo della diffusione della Rivista per ogni
dove negli Stati Uniti.
E' doveroso volgere ogni fin d'anno — nell'ora dei bilanci spirituali e materiali — il
pensiero ai bravi Colleghi che secondano l'opera nostra con perfetto spirito di solidarietà pro-
fessionale e nazionale.
C'è nelle simpatie dei Colleglli intorno al Carroccio una grande promessa: quella dell'unio-
ne compatta della Stampa Italiana degli Stati Uniti — unione spirituale di forze nazionali, di
volontà concordi, di dignità collettiva.
Ognuno per tutti, tutti per ciascuno. Avanti, Colleghi !
* * *
Il "Carroccio" Dantesco.
Continua la richiesta del fascicolo eccezionale dello scorso Settembre consacrato intera-
mente a Dante, racchiuso nella splendida copertina a colori del Sacchetti — la più bella deco-
rativa testa di Dante apparsa nel Centenario.
Del volume vi sono pochissime copie disponibili, e ciascuna costa già un dollaro.
Regalare ad uno studioso il Carroccio Dantesco è procurargli una cosa assolutamente
preziosa.
* * *
Uu questionario. \
Volete far sapere al Direttore del Carroccio la vostra opinione sulla Rivista?
Eccovi delle domande cui rispondere :
— V'interessa il Carroccio?
— In che la Rivista riesce utile in senso generale?
— In che giova a voi direttamente?
— Vi piace il suo programma politico?
— Quale genere di articoli preferite?
— Se voi foste il Direttore del Caiìroccio, che cambiamenti fareste?
* * *
La verità' su Paterson.
Il Risveglio di Paterson, diretto dal cav. F. Palleria, nel riprodurre quanto scrivemmo
sulla Colonia di Paterson due numeri fa, dice che la pubblicazione fatta dal Carroccio merita
di essere additata a tutti gl'italiani residenti in Paterson come il più grande contributo per
il trionfo di quella verità che quella Colonia si affanna da tanti anni a far conoscere a Roma.
"Il Carroccio — dice il giornale — che ])er la sua indiscussa importanza, si fa leggere da
migliaia e migliaia di letterati, scienziati, diplomatici, uomini politici e governanti di qua e
750 IL CARROCCIO
di là dell'Oceano, varrà indubbiamente a dare, con la lucida esposizione fatta da Agostino
de Biasi, il colpo di grazia alla balorda credenza che questa città sia il covo dei rinnegati
senza patria".
* * *
Il "Carroccio" nelle Biblioteche pubbliche.
Sono molte le Biblioteche pubbliche che tengono in lettura il Carroccio; ma ve ne sono
migliaia ancora da raggiungere.
Nel nuovo anno intensificheremo la nostra penetrazione nelle loro sale di lettura. Appresso
ad ogni copia del Carroccio entra la lingua italiana, entra l'idea italiana.
Non è l'abbonamento in sé che c'interessa : è il "piccolo" posto occupato che vale — è la
"grande conquista" che ne segue che conta.
Vedete ciò che ha fatto il nostro collega Giacomo Lanzetta, direttore della Gazzetta di
Syracuse. Ce lo riferisce lui :
— Giorni dietro, in compagnia di alcuni amici, vii recai dal direttore della Biblioteca pub-
blica di questa città, Mr. Paine, Librarian of the Syracuse Public Library, e gli ho chiesto che
era desiderio mio e della classe piti colta italiana di questa città, che alla lista dei "magazines"
esistenti in questa biblioteca venisse aggiunto anche II Carroccio, l'unico "magazine" italiano
negli Stati Uniti ed uno dei più assennati e dei più diffusi periodici che si pubblicano in Ame-
rica. — // direttore mi ringragiò per averlo informato dell'esistenza del Carroccio, e mi promise
che l'avrebbe ordinato subito. —
La Syracuse Public Library si è, infatti, subito abbonata.
Perchè non fare altrove come a Syracuse?
Conoscete il bibliotecario della Public Library della città dove risiedete? Proponetegli l'ab-
bonamento del Carroccio. La Rivista fa ottima figura, sempre, tra le migliori americane e
straniere.
Facciamo posto all'Italia nelle sale di lettura d'America!
* * *
Ultimi giudizi.
Del dott. comm. Paolo de Vecchi, venerando patriota, autore del recente volume: Modem
Italian Surgery and Old Universities of Italy. Da una lettera mandata al Direttore : — B' pec-
cato che il Carroccio non esca tutti i giorni, perchè ella potesse far sentire la sua voce calda di
tante verità amare ma giuste, perchè se non vogliono tidirle quelli che dovrebbero invece cer-
carle, le conosca il popolo perchè si risvegli a protestare, perchè i suoi sacrosanti diritti siano
sostenuti e difesi con nobiltà, dignità e forza. —
Del prof. Augusto E. Califano, direttore della scuola serale italiana della Children Aid
Society, SuUivan Street, New York : — My commendation of the splendid issues which have
been published and cspecially the numbcrs of Caruso, Dante and the Conference of the Limi-
tation of Armamcnts. You are deserving of mucìi praisr for the exccllent work which is
being done through the medium of II Carroccio. —
Del dr. Lucius Martucci, direttore del North Beach Center di San Francisco, Cali-
fornia: — Complimenti per il numero superbo del Carroccio su Dante. Magnifico, stupendo,
volume degno davvero del Poeta. —
Del rev. V. Cordo' di Cleveland, O. : — Nobile e impareggiabile rivista il Carroccio. Ten-
go ad esserne abbonato. —
* **
Volume Quattordicesimo.
Questo fascicolo chiude il quattordicesimo volume semestrale del Carroccio. Con tutto
l'indice novera 756 pagine di testo, più 308 di pubblicità. Un totale di 1064 pagine arricchite
di ben 229 illustrazioni di attualità.
L'altro volume del primo semestre conta un totale di 1028 pagine con 238 illustrazioni.
Totale dell'annata: 2092 pagine e 467 illustrazioni.
Rilegati, i due volumi possono decorare qualsiasi biblioteca.
Quasi tutti gli abbonati serbano così le collezioni della Rivista.
fiRROCClO
^^-^ìTME ITALIA^ REVlEwi^*-^
atlEITALlArtRLVlEWt
Rivista mensile di coltura propaganda e difesa italiana in America
diretta da AGOSTINO DE BIASI
INDICE
ANNO VI - VOL. XIV - LUGLIO - DICEMBRE 1921
LUGLIO
L'Italia alla Conferenza del Disarmo — Agostino de Biasi....-
Generale Pietro Badoglio — ritratto con autografo _
Risorgimento nazionale — Enrico Corradini, collaboratore da Roma del
Carroccio _ „ _
Ivanoe Bonomi — ritratto _ _ _ „._
The Fascisti — Antonio M. Ghio „ _
Tommaso Tittoni — ritratto _ _ „._
L'artiglieria volante ed il suo impiego — Amm. Ettore Bravetta, colla-
boratore ordinario del Carroccio _ _ „
Impressions — Versi — Beatrice Burnheim _
La parola del Comandante: il messaggio agli Arditi d'Italia dopo l'eccidio
di Porto Sauro — Gabriele d'Annunzio „
Dove D'Annunzio lavora — con illustrazioni....- _ „
// problema della restaurazione italiana — Tommaso Tittoni, presidente
del Senato del Regno _ _
La difesa del Diritto Italiano: Sonnino contro il neutralismo affaristi-
co — Vincenzo Morello (Rastignac) _
L'Enciclica Dantesca di Benedetto XV
Dante as Apostle — Prof. cav. Ernest H. Wilkins, dell'University of
Chicago ....- - -
L'anelito profondo — Alatilde Serao, collaboratrice mensile del Carroccio
Fascisti — Walter Littlcfield (traduzione italiana)
La "Storia di Cristo" di Rapini — Padre Giovanni Semeria, collabora-
tore ordinario del Carroccio _...- —
// silenzio improvviso della sera — Versi — Raffaello Biordi
Italy's contributions to modem culture — G. Harold McMurry
La contribuzione degli Italiani alla Democrazia Americana — Prof. Vit-
torio Racca — — ■■ - -
Chi lanciò in America la seta italiana: Carlo Gerii — m.d.b _
Discussioni del Carroccio — Il biolco -
Un Principe Romano ingegnere minerario negli S. U.: don Gelasio Cae-
tani — Umberto Olivieri — ._. — _
// servizio degli emigrati del Banco di Napoli - -
Impressioni d'Europa dopo la guerra: vi La Francia — Cav. G. B. Vi-
telli „ - -■■■. -. ~ - -
Two big Italian institutes -■
L'Italia nella Stampa Americana. -.. — — —
Un grande istituto bancario fondato da italiani: la Bank of Italy di San
Francisco — Ag. de Biasi — G. Garda
Pag. I
" 9
IO
II
13
14
15
18
19
21
23
25
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65
66
69
73
74
75
Ufficio di collociiiiìCììlo all'estero dri hvi'oratori iiitcllrlliuili PaS-
La lìilancia roiinncrcio'c degli Slat< Uniti — Cav. Romolo Angelone
Cronache d'arte — Pasquale de Biasi *..
La Celebrazione Dantesca negli Stati l'niti
Cronache dell'Intesa Italo-Americana
Libri
Gli Italiani negli Stati Uniti -
Dal Plaustro - ;■■•
80
8[
84
90
94
06
97
I II
ILLUSTRAZIONI: Pietro Badog'io — "Disarmatelo! AI lavjio!" liliregiio) - l-;riricn Corrarlini - Ivanoe Kii
nomi — Tommaso Tittoni — Ammirag io Bravrtt i — Vi'la Cargiiacfo abitata da D'Aiiminzio a Oarrìone
Pivi<-ra — Il paesaggio del Eunuco — Prof. Eniet l'. \Yi k'"s — Daiit? dal "Parnaso" di Riffae! 0 — •
Mali dj Serao — Pidre Semeria — Carlo Oer'.i — Go'rsio Ci etani — Amet'eo P. Giannini — Il nuovo
edificio de'!a Banca d'Itala di San Francisco — Il nuovo reparto del'a East River National Banli di New
York — Romolo Ange one — Pasquale de Biasi — La statua di IXinte del monumento di New York — Nina
Santella — avv. Grey C. Crapple — dr. Quirino A' vino — L'Ospedale Italiano di Pittsbtirgli — Il nuovo
faro di Trie.^t? — lì banclietto della Co'onia di Find-'fii all'Ambasci itore Ricci — Una riunione de'la
Mulberry Community League — cav. II. E. Kins'.ey. — In copeitina; Pier delle Vigne, disegno del Dorè.
AGOSTO
La crisi spirituale italiana — Ciuseppe Bottai, Deputato al Parlamento
Italia ed America — Tommaso Tittoni, Presidente del Senato del Regno
d'Italia ■
// turpe inganno di Rapallo — Agostino de Biasi
// Fascismo non vtuorc e non può morire
Tra la riscossa e la sommossa — Enrico Corradini, collaboratore da Ro-
ma del Carroccio
// Partito Popolare Cattolico — lettera da Roma
Disarmament — Comm. dr. Paolo de Vecchi
The lesson that sticks — "The Evening World"
The spiritual mcssage of Dante — Dr. Enrico Sartorio
// gran rito nasionale — Mons. prof. Angelo Acocella
To Saint Francis of Assisi — Versi — G. V. B
Benevento a Dante — Giovanni Podio
Musica Dantesca — M.o Alberto Bimboni
// Maestro Cantore: Caruso — Pasquale de Biasi
— Caruso eternai song — Versi .._
— Caruso is dead — Arthur Brisbane
— "Voce of the Ages" is siilled — Max Smith
— Caruso e Mr. Cari E. Pcck
— Caruso! — Versi — Eduardo Migliaccio
"Clair de lune" — • Novella — Matilde Serao, collaboratrice mensile del
Carroccio
Giuseppe Bottai — Oreste Poggiolini
Assisi — Versi — Julia Cooley Altrocchi
Le esplorazioni pre-colombiane nella luce della geografia storica — Dottor
prof. Alberto C. Bonaschi
Italian contributions to the modem culture — G. Harold McMurry _
// metodo Pais debellatore della malaria — Dott. Antonino Pais
The mission of Senator Tittoni — Cav. Luigi Criscuolo
Discussioni del Carroccio — Alla Conferenza del Disarmo — Il biolco
La lotta di La Guardia — Syrius
General financial and business s'ituation in Italy — Cav. Arminio Conte
Cronache d'arte: Caruso non avrà successore — P. de Biasi
La Celebrazione Dantesca negli Stati Uniti
Cronache dell' lìitesa Italo- Americana
L'Italia nella Stampa Americaìia
L'Ospedale Italiano di Colombo di Buffalo — Ferdinando Magnani-
Gli Italiani negli Stati Uniti
Dal Plaustro „ „
Pag. 113
" 117
" 122
12/
" 129
" 131
'• 133
" 137
" 138
" 143
" 144
" 145
" 146
" 149
" 163
" 166
" 167
" 169
" 172
" 174
" 177
" 179
" 180
" 185
" 192
" 198
" 200
" 211
" 213
" 215
" 219
" 222
" 224
" 227
" 239
ILLUSTRAZIONI: Enrico Corradini — La fiaccola della Libertà in Russia, disegno — dr. Enrico Sartorio — Ri-
tratto di Ditidf del Codice della Riccardiana — Il monumento dantesco di Benevento — L'ultimo ritratto
di Caruso — Caruso nei ruoli più acclamati (8 riproduzioni) — Caruso nei primi e negli ultimi anni del
suo trionfo ■ — Autoschizzi di Caruso — Caruso nell' "Ebrea" — Autografo di Caruso — Caniso collezionista
d'arte — Caruso sulla terrazza dell'Hotel Vittoria a Sorrento — La notizia della morte di Caruso apparsa
nei tiornali di Ni'W Yorlt — Clloria Caruso al piano — Caruso e la morte, disegno — \m "clipqiie" del
dividendo della 11 Carroccio l'iililisliinK Co. pagato a Caru.so, membro del Consiglio d'Amministrazione
della Rivista — Corona d'oro presentata a Caniso - (Jiuseppe Bollai - dr. A. C. Bimaschi - - Fiorello
l,a (iuardla - l'asqnale (!e Biasi — Caruso e la Mia signora Targa dantesca dello scultore Triebel - -
Vitt. Km. Orlando, ritnitto - - Miss Wlnifred Holt e il ['residente Harding - Ospedale Italiano Colombo
ili Buffalo — dr. Carlo R. Borzilleri — Badoglio pirla davanti al'.a Casa di (J iribaldi a Staten Island - -
[l luncheon della Camera di Commercio Italiana di .New York al genera'e Badoglio — comm. dr. W. F.
Verdi — maestra Rosa Reggio — dr. cav. John W. l'erilìj — cav. Antonio L. Randazzo — Il nuovo edi-
ficio della Banca l'erera di Uarlem — Giuseppe Bertelli. — In copertina: Caruso.
SETTEMBRE
NUMERÒ COMMEMORATIVO DEL SESTO CENTENARIO DELLA MORTE DI DANTE
A Dante — Alfred Tennyson Pag. 242
Vive in tutto il passato e in tutto il presente — Gabriele d'Annunzio " 243
Dante — Giosuè Carducci - " 245 ■
L'amor patrio di Dante — Giuseppe Mazzini " 246
In Santa Croce — Carducci - _ — " 249
Dante — Sonetto — Longfellow — trad. di "Hérica" _ " 250
A Dante — Ode — D'Annunzio _...._ _ " 252
A memorable cvcnt — Prof. Charles Hall Grandgent ~ " 254
L'uomo sovrano — Gaetano Negri _. _ " 255
"0 Beatrice, dolce guida e cara" — Pasquale Villari...._ _ " 256
The Poet of the Stars — Arthur Brisbane _ " 260
Dante — Sonetto — Longfellow _ " 261
La Spirito Dantesco — Benedetto Croce -.... " 262
"Sotto l'usbergo del sentirsi pura" — Giovanni Bovio....- .„ " 266
Dante — Sonetto — Carducci _ " 266
"Io san SordcUo " — Tommaso Tittoni, Presid. del Senato del Regno " 267
La Luce dell'Esilio — Agostino de Biasi _ " 268
The Greatest Poet in ali the World — Clement K. Shorter " 272
// poema sacro — Pasquale Villari „ " 274
// Conte Ugolino — Corrado Ricci " 279
Dante and Italian Poìitics — Prof. Kenneth McKenzie _ " 292
La lampada che splende — Alario de Biasi _ _ " 300
Dantis ossa — " 306
Inno degli Emigrati Italiani a Dante — Giovanni Pascoli _ " 307
L'Inno di Pascoli a Dante per gli Emigrati Italiani in America — Ni-
cola Fusco " 308
Firenze, Ravenna e Roma pel Sesto Centenario _ " 313
Dante Alighieri "uomo" — Dr. prof. Alberto C. Bonaschi " 314
La fierezza dell'Esule ■_■ " 318
Sopra il monumento di Dante a Firenze — Giacomo Leopardi....- _ " 319
// nostro Poeta — Mons. Angelo Acocella _...._ " 321
Tersa Rima — Versi — Paul Musurus _ " 230
America's notable students of Dante — Allan Nevins...- _ - " 232
Dante — Longfellow - || 333
Farinata degli V berti „ — — — -.-.-. " 334
Quei due che insieme vanno — Benedetto Croce " 335
Inferno — dal Canto V - - " 336
Dante and the adjustment of tomorrozv — "N. Y. Times" - " 2>37
Come a quando IValt IVhitman ricordò Dante — Prof. Arnaldo Faustini " 338
La verità nel sogno — Sh^openhaucr....- " 339
Dante soldato — Eugenio Barbarich ■. " 340
Dante in America - - " 34 1
Dante and the Young America _.'. _ — .- " 342
// primo che fece studiare Dante in America: Lorenzo da Ponte " 343
.•/ /)(/;;/(' — Sonetto — Raffaello Biordi _. " 344
La propaganda della lingua italiana in America — Il biolco „.._ " 345
La Celebrazione Dantesca negli Stati Uniti d'America _ " 349
L'anno dantesco del Carroccio - ...._. " 353
Dal Plaustro - - - — " 354
ILLUSTRAZIONI: 34 illustrazioni, disegni, fregi danteschi. — Copertina a colori di E. Sacchetti.
OTTOBRE
Asterischi della Conferenza — Agostino de Biasi _ __. Pag. 355
// conflitto anglo-sassone -^ Enrico Corradini, collaboratore da Roma
del Carroccio
He is ours as well as Italy's — Charles E. Hughes, Segretario di Stato —
// giorno di Colombo in Italia '.. - - — -
Collaborazione economica italo-americana — Richard Washburn Child,
ambasciatore degli Stati Uniti a Roma — _ —
Collaborazionismo socialista — Enrico Corradini
Italy and America — Tommaso Tittoni, Presidente del Senato Italiano
/ sopravvissuti — Giuseppe Bottai, deputato al Parlamento _ _
Transplantig — "N. Y. Evening Post" — -
Divina Commedia — Henry Wadsworth Longfellow _...- — _
// Messaggio di D'Annunzio al Sindaco di Ravenna -
A German on Dante — Adolph Harnack ....._ —
La nostra vita è da Dante — E. Corradini — .-
Dante and Italy _ - - - -.-. - - - -
La campana dei Comuni d'Italia offerta a Ravenna - -
L'Arcivescovo di Dante — Prof. dr. Giuseppe Molteni _
Per far dormire i bimbi — novella di Matilde Serao, collaboratrice men-
sile del Carroccio ~ -
The Italy America Students' tour — Irwin Smith....- _ _
The story of the Duke of Aosta — F. Cunliffe Owen
Improvvisa ima luce.... — versi — Rafìfaello Biordi _
Di che è morto Caruso — Comm. dr. Antonio Stella
Per una mostra campionaria italiana in America — Cav. uflf. G. B. Vitelli
Welfare work among our Italians — Dr. John H. Mariano ...._
La nazionalità degl'immigranti _.
// presente ed il futuro della marina mercantile degli Stati Uniti — Av-
vocato Roger Marchetti _ ....- _.
Gorgogliano nel parco le fontane — versi — Raffaello Biordi — _
Nel regno di Marte — P. Giovanni Semeria _
Italy and the "Allies" — "N. Y. America" - -
Uno studio completo d'americanizzazione — Edward Hale Hierstadt
Italy and the Italians — Mons. William Burt
A Dante — sonetto — Prof. Guido Pucci, del King's College di Londra
Con Dante a Ravenna — Francesco Sapori
Un tempio per Dante! — A. Frangini _. - _
Un libro per gli Americani sulla chirurgia italiana — Irene di Robilant
L'Italia alle feste del Peni — m.d.b -.
Un autografo di Colombo - - —
Columbus Day — Dr. Giovanni Perilli _ :- _
Sulla via di Badoglio — da San Francisco a Paterson
Perchè gli Italiani di Nezv York abbiano giustizia — Il Carroccio.-
Giuseppe Bertolli — r.b -
Commercio estero italiano •_• -
La Celebrazione Dantesca negli Stati Uniti d'America _ __
Cronache dell'Intesa Italo-Americana ._. ._. ._. -
Discussioni del Carroccio — Diaz — Agostino de Biasi — Il biolco
Cronache d'Arte — Pasquale de Biasi -.
Gli Italiani negli Stati Uniti .^
L'Italia nella Stampa Americana 503 — Dal Plaustro 504 — Libri 508
365
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473
478
491
ILLUSTRAZIONI: Charles E. Hughes — Richard Washburn Child — E. Corradini — La Statua della Libertà
visti da tergo — Giuseppe Bottai • — Ritratto di Daute di Bernozzo Gozzoli — La campana dei Comuni
d'Italia donata a Ravenna — Matilde Serao — G. B. Vitelli — Padre Semeria — Francesco Saporì —
sen. Guglielmo Jlengarini — Autografo di Colombo — La penna con cui fu firmato il proclama del pri-
mo Columbus Day — ing. Ettore Patrizi — Badoglio a San Francisco — Badoglio al Grand Canyon del-
l'Arizona — dr. F. Van Noort — Francesco Palleria — L'ambasciatore Ricci davanti al municipio di
Paterson — La pergamena di Paterson a BadogUo — avr. Francis X. Mancuso — avv. Louis Valente —
Joab H. Banton — Ferdinando Pecora — Peter L. F. Sabbatino — Joseph Pasooce'lo — Felix C. Ben-
venga — P. Francis Marro — Daniel Direnzo — La corona di New Orleans alla Tomba di Dante — pro-
fessor Luigi Carnovale — cav. F. Santomassimo — Il busto di Dante a Newark — La vetrina dantesca
(Iella Libreria Brentano — A. C. Bedford — mons. W. F. O'Connnr — Pasquale de Biasi — Beniamino
Gigli — Gaetano Tommasini — Nini Frascanl — Gatti-Casazza a Vienna • — Busto di Caruso di G. Via-
fora — Lucia Tarditi — Pranzo offerto all'on. Tittoni dal comm. Quattrone — conte Giulio Bolognesi —
cav. Nino Malnati — Monumento agli eroi di guerra di Settefrati. — In copertina: Diaz, ritratto con
dedica autografa al "Carroccio".
NOVEMBRE
A Washington — Agostino de Biasi „_
La gloria della Stirpe Italiana — Enrico Corradini, collaboratore da Ro-
ma del Carroccio _ _.„ _ „._
Dante e il Milite Ignoto — Alessandro Chiappelli, senatore del Regno
// Sarcofago del Milite Ignoto...- ._
1 1 Papato — Guido Podrecca _ _.
// problema di Fiume non è risolto — Eduardo Susmel...- _ _
Dante a New York — Ambasciatore Rolandi-Ricci _
L'Italianità di Dante — Enrico Corradini _ „
A Dante — versi — Gregorio E. Cangiano _ _
La Cattedra Popolare Dantesca di Milano _
Come s'entrò in guerra (con autografo di D'Annunzio)
La Causane della Battaglia — Vitt. Emanuele Bravetta
The historical document of the Victory (il Bollettino della Vittoria)
Diaz generale d'Esercito — Tomaso Monicelli _
Ad Armando Diaz — Versi — Antonio Parente
Pianto di madre — Versi — Maria Balzet Maccario _
L'opera della Marina Italiana in guerra...... _ _
La verità della prima ora — Giudizi autorevoli dati in America, in Fran-
cia, in Inghilterra, in Germania alla dimane di Vittorio Veneto
La guerra d'Italia nell'opinione d'un diplomatico — Sir Rennell Rod
// Canto dell'Adriatico — Versi — Carlo Naldi
/ negoziati adriatici a Parigi — David Hunter Miller
General Diac's Message to the Anu-rican Legion — Testo inglese ed ita-
liano
Dias negli Stati Uniti — cronache illustrate
Dias — Versi napoletani — Eduardo Migliaccio _
La Celebrazione Dantesca negli Stati Uniti
Cronache dell'Intesa Italo-Americana
La crociera in America dell'incrociatore "Libia" — Com. E. Burzagli
Discussioni del Carroccio — Il biolco _
Cronache d'arte — Pasquale de Biasi —
Gioz'. Battista Troccoli — Dr. Enrico Sartorio
// libro della Vita Italiana in America di A. Basi — Agostino de Biasi —
Plauso intorno ad un libro - _ -
Pei tubercolosi di guerra italiani — _
Gli Italiani negli Stati Uniti _ -
Dal Plaustro — - - --
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ILLISTRAZIONI : sen. Carlo Schanzer — sen. Luigi Albrtiiii — ^ Enrico Corradini — Il corteo delle bandiere
che prefede la bara del Milite Ignoto a Roma — Il sarcofago del Milite Ignoto • — Il Dante di New
York e di Washington — Il Bollettino della Vittoria, quadro — Diaz negli Stati Uniti (U incisioni)
— I confini italiani del Trattato di Londra, cartina — gen. Marcello de Luca-Kennedy — Lo scopri-
mento del monumento a Dante in New Yorli — Carlo Barsotti ■ — Il busta di Dante di Città del Messico —
scultore Adolfo Ponzanelli ■ — L'ambasciatore americano Child nel suo studio a Roma — com. E. Burza-
gli — Il busto di Caruso di 0. Ruotolo collocato nella Metropolitan Opera House — "Il ragazzo del Pia-
ve" dello scultore Piccirilli — Il Circolo Italiano Ci Trenton. — In copertina: Medaglia della Vittoria
dei Combattenti di Roma.
DICEMBRE
Kara-kiri — Agostino de Biasi Pag. 651
// dramma di Washington — Gabriele d'Annunzio _ _ '| 656
Nuovi orizzonti di Vita Italiana — - - - " 658
Dante in America — Kenneth C. H. Sills, Presidente del Bowdoin College j| 661
Beatrice — Henry Wadsworth Longfellow _ " 668
Dante, molder of Italy — John C. Reville.... -.... |' 669
La pace all'epoca di Dante — Emma Ghiera -....- " 671
La Vittoria velata di nero — Prof. Feliciano Lepore......... _....- " 677
Per la pace alata della nuova Italia — Maggiore Luigi Falchi _ "^ 685
L'opinione di un generale — Gen. R. Bencivegna _.- " 688
Un padre ed una figlia — Novella — Matilde Serao, collaboratrice men-
sile del Carroccio - — 'l 689
La coscienza della Nazione — Lettera dantesca di Victor Hugo..._ _ 696
Pel settimo centenario del Ter::' Ordine di San Francesco — Nico-
la Fusco Pag. 698
Dante e Shakespeare — Dr. Austin O. Malley " 702
Toscanini-Caruso: — la musica nell'arte di O. Ruotalo — Dr. Nico-
la Brunori - " 703
Natale — Versi — Raffaello Biordi " 709
// giro d'Italia degli Studenti Italo- Americani — Diario — Mario Pei " 710
Intcnsification of commercial relations between the United States and
Italy _ - _ " 718
Discussioni del Carroccio — Il biolco " 719
Cronache d'arte — Pasquale de Biasi ; " 730
L'Italia nella Stampa americana " 734
La Celebrazione Dantesca negli Stati Uniti d'America - " 735
Cronaca dell'Intesa Italo- A mericana " 73 7
Gli Italiani negli Stati Uniti _ _ " 738
Dal Plaustro — " 747
Indice del secondo semestre 1921 " 751
ILLUSTRAZIONI: Piace» dantesca della "DiTina Commedia" del Ricci — Inferno VII. Dorè — Gl'Innocenti,
Dorè — Dante nell'affresco dell'Oreagna — Fé iciano Lepore — L'Italia inginocchiata al passaggio
del Milite Ignoto — La "tradotta" della Gloria — Il Milite Ignoto: Il Re segue il sarcofago — Le
"medaglie d'oro" che portano il compagno — Il Milite Ignoto sull'Altare de'la Patria — Miti'de Serao ■ —
Dante, medaglione di E. Pellegrini — "San Francesco" di Ernesto Biondi — Arturo Toscanini, scultura
di Ruotolo — Augusto Jaccarino . — La medaglia degli Studehti Italo-Americani offerta al Principe di
Piemonte — Pasquale de Biasi — L'inaugurazione del monumento di Dante a Washington — Diaz noi
sindaco di Ogden e con l'agente consolare Anselmo — Il luncheon d'addio a Diaz dell'Italy America
Society ■ — Gloria Caruso — Maggiore Teodorico Migliaccio. — In copertina: Giovanni di Si'vi.istro.
FINE DELL'ANNO DI DANTE
Il pubblico del Carroccio costituisce il gran Fascio dell'Italianità oltre oceano
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CAPITALE 300 MILIONI 40 STABILIMEMTI
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BALLO IN MASCHERA — Ma se m'i forza 1.75
BALLO IN MASCHERA — La rivedrò 2.00
BOHEME — Mimi, tu più non torni 2.00
BOHEME — (Leoncavallo) Povera stanzetta 1-75
BOHEME — (Leoncavailo) Testa adorata 1-75
BOHEME — Soave fanciulla 2.50
CAVALLERIA — Siciliana 1-25
CAVALLERIA — Addio alla madre 1-75
CARMEN — Aria del flore 1-75
DON SEBASTIANO — In t«rra solo 1-75
ELISIR D'AMO«E — Una furtiva la»rlma 1.75
ELISIR D'AMORE — Venti scudi 2.00
FAVORITA — Spirto gentil 1-75
FORZA DEL DESTINO — Segreto violato? 2.00
FORZA DEL DESTINO — Solenne in quest'ora 2.00
FORZA DEL DESTINO — 0 tu che in seno
FAUST — Scena della prigione
FAUST — Salue demeure
GUARANY — Sento una forza Indomita
EBREA — RaeK«l, quand du Seigneur
LOMBARDI — Qual vtfluttà 2.50
LUCIA — Sestetto 3.50
MARTA — M'appari 1-75
MARTA — Presto, presto 2.50
MARTA — Siam giunte giovinette 2.50
MARTA — Solo, profugo 2.50
MADAMA BUTTERFLY — Quanti occhi flsl
MANON — Donna non vidi mal
MANON — La chiamano Manon
MANON — Ah! fuyez douce image
OTELLO — Si pel del
PAGLIACCI — Vesti la giubba
PAGLIACCI — No, pagliaccio non son
PESCATORI DI PEBLE — MI par d'udir
PESCATORI DI PERLE — La mìa vita
PESCATORI DI PERLE — Dal tempio 2.00
RIGOLETTO — La donna è mobile
RIGOLETTO — Questa o quella
RIGOLETTO — Farmi veder le lagrime
RIGOLETTO — Quartetto 3.00
REGINA DI SABA — Magiche note
Caruso nei PAGLIACCI
TROVATORE —
rROVATOiRE —
TROVATORE —
TROVATORE —
TROVATORE — Si buon mio
1.75
2.50
1.75
1.75
1.75
2.00
1.25
2.00
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Stabilimento non e' una
speculazione tipografica
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agli Italiani ed agli Ame-
ricani la stampa in puro
e corretto italiano. Con-
correre alle fortune del-
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assicurare il continuo
miglioramento della par-
te grafica - tipi, illustra-
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della Rivista.
Italiane, nonché' numerose altre Ame-
altre nazionalità' si servono o^^i dallo
Stabilimento del "Carroccio" perche'
i servizi che rende danno la soddi-
sfazione più' completa. Prontezza nel-
l'esegiuire ^li ordini; senso artistico
nel comporre i lavori; nitidezza ed
eleganza in og,ni stampato.
Proprietaria dello Stabilimento e'
la Compagnia Editrice del "Carroccio"
che pone oè,ui cura perche' le officine
da cui esce la Rivista rispondano
alle esigenze del suo vasto numero di
amici e simpatizzanti.
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chinario moderno e di tipi e fre^i di
estremo è^^sto.
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"Carroccio" ha sempre un particolare
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tavolo di lettura — ha avuto successo tra coloro che già'
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titolo della Rivinta che spicca in mezzo ad un fregio di forte
impressione.
Ogni cartella costa mezzo dollaro ritirata all' Amministra-
zione del "CARROCCIO". Viene spedita dietro rimessa del-
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