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Full text of "Archivio Storico Siciliano"

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in  2009  with  funding  from 

University  of  Toronto 


http://www.archive.org/details/nsarchiviostoric15soci 


HI 
A 


AECHIYIO 

STORICO  SICILIANO 


PUBBLICAZIONE  PERIODICA 


DELLA 


SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 


NUOVA  SERIE,  ANNO  XV. 


PALERMO 

TIPOGRAFIA   DELLO    «  STATUTO  » 
1890 


+.  7.  s-er 


ELENCO 
DEGLI  UFFICIALI  E  SOCI  DELLA  SOCIETÀ  PER  L' ANNO  1890 


Socia  e  Patrona 

SUA  MAESTÀ  LA  REGINA  MARGHERITA  DI  SAVOIA 


UFFICIALI 

PRESIDENTE 

Comm.  Prof.  ANDREA  GUAMERI  Senatore  del  Re^^no. 

PRESIDENTE  ONORARIO 

Sua  Eccellenza 

L'Avv.  Francesco  Crispi 

Cavaliere  delV  Ordine  Supì^emo  della  SS.  Annunziata, 
Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  Ministro  delF  Interno. 

VICE-PRESIDENTI 

Cav.  Gr.  Uff.  Francesco  Lanza  Principe  di  Scalea 
Senatore  del  Regno. 

Can.  Prof.  Cav.  Vincenzo  Di  Giovanni 
Socio  corrispondente  deW Istituto  di  Francia. 


IV  ELENCO  DEI  SOCI 


SEGRETARIO  GENERALE 
P.  Luigi  Di  Maggio. 

VICE-SEGRETARI 

Cav.  A\"v.  Carlo  Crispo  Moncada. 
Aw.  Mariano  La  Via-Bonelli. 

DIRETTORI  DELLE  CLASSI 

Cav.  Prof.  Pio  Carlo  Folletti-Fossati 

Or.  Uff.  Prof.  Salvatore  Cusa. 

CoMM.  Prof.  Antonino  Salinas 
Socio  corrispondente  dell'Istituto  di  Francia. 

CONSIGLIERI 

MoNS.  CoMM.  Gioacchino  Di  Marzo,  Capo  Bibliotecario  della 
Comunale  di  Palermo. 

Cav.  Uff.  Dott.  Prof.  Giuseppe  Pitrè. 

Bar.  Doti.  Cav.  Raffaele  Starrabba. 

Prof.  Cav.  Giuseppe  Meli. 

Cav.  Uff.  Prof.  Giuseppe  Patricolo. 

Prof.  V.  Emmanuele  Orlando. 

TESORIERE 
Cav.  Napoleone  Siciliano. 

BIBLIOTECARIO 
Dott.  Cav.  Giuseppe  Lodi. 


ELENCO  DEI  soci 


CORPI  MORALI  CHE  HANNO  PRESO  DELLE  AZIONI 

Ministero  doli' Istruzione  Pubblica  per  400  azioni. 

Ministero  d'Af,a'icoUura,  Industria  e  Goniuiercio  per  5  azioni. 

Provincia  di  Palermo  per  40  azioni. 

Provincia  di  Catania  per  20  azioni. 

Provincia  di  Caltanissetta  por  10  azioni. 

Provincia  di  Girgenti  per  4  azioni. 

Provincia  di  Trapani  per  2  azioni. 

Municipio  di  Palermo  por  40  azioni. 

Municipio  di  Corloone  per  G  azioni. 

Municipio  d'Aragona  por  4  azioni. 

Municipio  di  Castrogiovanni  per  4  azioni. 

Municipio  di  Girgenti  per  4  azioni. 

Municipio  di  Marineo  per  4  azioni. 

Municipio  di  Marsala  per  4  azioni. 

Municipio  di  Monte  S.  Giuliano  per  4  azioni. 

Municipio  di  Noto  per  4  azioni. 

Municipio  di  Parco  per  4  azioni. 

Municipio  di  Partinico  per  4  azioni. 

Municipio  di  Sciacca  per  4  azioni. 

Municipio  di  Siracusa  per  4  azioni. 

Municipio  di  Termini-Imerese  per  4  azioni. 

Municipio  di  Nicosia  per  4  azioni. 

Municipio  di  Alcamo  per  2  azij^ni. 

Municipio  di  Acireale  por  1  azione. 

Municipio  d' Isnello  per  I  azione. 

Municipio  di  Licata  per  1  azione. 

Municipio  di  Salaparuta  por  1  azione. 

Biblioteca  FardoUiana  di  Trapani  per  4  azioni. 

Biblioteca  Comunale  di  Vicenza  por  4  azioni. 

Biblioteca  Nazionale  di  Napoli  per  4  azioni. 

Biblioteca  Nazionale  di  Brera  per  4  azioni. 

Biblioteca  Universitaria  di  Messina  per  4  azioni. 


VI  ELENCO  DÈI  SOCI 


Biblioteca  Comunale  di  Verona  per  2  azioni. 

Commissariato  dei  Musei  e  degli  Scavi  di  Sicilia  per  4  azioni. 


D'Orleans  Enrico  (S.  A.  R.)  Duca  D'AUxMale  per  50  azioni. 


CORPI  MORALI  ASSOCIATI  ALLE  PUBBLICAZIONI 
DELLA  SOCIETÀ 

Ministero  dell'Interno  per  2  copie  di  ciascuna  pubblicazione. 
Ministero  degli  Affari  Esteri  per  1  copia  idem 

Ministero  della  Guerra  idem  idem 

Ministero  di  Grazia  e  Giustizia  e  dei  Culti  per  1  copia  di  alcune 

pubblicazioni. 
Camera  dei  Deputati  per   1   copia  di  ciascuna  pubblicazione. 
Biblioteca  Militare  del  Presidio  di  Palermo  idem     idem 
Biblioteca  Palatina  di  Parma  idem  idem 

Archivio  di  Stato  di  Palermo  idem  idem 

Archivio  di  Stato  di  Venezia  per  1  copia  del  periodico. 
Archivio  di  Stato  di  Firenze  idem  idem 

Archivio  di  Stato  di  Napoli  idem  idem 

Biblioteca  Labronica  di  Livorno  idem  idem 

Biblioteca  Classense  di  Ravenna  idem  idem 

Biblioteca  Alessandrina  di  Roma  idem  idem 

Biblioteca  Comunale  di  Caltanissetta  idem  idem 

Biblioteca  Comunale  di  Castclvetrano  idem  idem 

Gabinetto  di  lettura  in  Messina  idem  idem 

Biblioteca  di  Strasburgo  idem  idem 


ELfiKco  t>Èi  sotìi  vn 


PRIMA  CLASSE 


DIRETTORE 
Cav.  Prof.  Pio  Carlo  Falletti-Fossati. 

SEGRETARIO 
Lanza  Pietro  Principino  di  Scai-ea. 

SOCI 

Accardi  Avv.  Gioacchino  —  Palermo. 

Accardi  Arciprete  Mariano  —  Santa  Ninfa. 

Aglialoro-Di  Blasi  Salvatore  —  Palermo. 

Aj,niello  Cav.  Prof.  Angelo  —  Palermo. 

Alagona-Adorno  Gaetano  —  Siracusa. 

Alberti-Iàcona  Avv.  Antonino  —  Palermo. 

AUiata  Cav.  Giovanni  Principe  di  Monterealo,  Consigliere  alla 
Corte  di  Appello  —  Palermo. 

Amato-Pqjero  Comm.  Michele,  Deputato  al  Parlamento  —  Pa- 
lermo. 

Ardizzone  Cav.  Girolamo  —  Palermo. 

Ardizzone  Prof.  Matteo  —  Palermo. 

Arenaprimo  Giuseppe  Barone  di  Montechiaro  —  Messina. 

Armò  Cav.  Gr.  l'ff.  Giacomo  (S.  E.)  Proc.  Gen.  alla  Corte  di 
Cassazione  —  Torino. 

Atanasio  Barone  Francesco  Paolo  —  Palermo. 

Averna  Niccolò  Duca  di  Gualtieri  —  Palermo. 

Avcllone  Avv.  Salvatore  —  Palermo. 

Baral)bino  Raffaele  —  Palermo. 

Battaglia  Cav.  Avv.  Aristide  —  Palermo. 

Battaglia  Dott.  Antonio  —  Terraini-Imeresc. 

Beccaria  Benef.  Cav.  Giuseppe,  Ufflziale  neirArchivio  di  Stato 
—  Palermo. 


Vm  ELENCO  DEI    SOCI 


Bellorao  Sac.  Giovanni  —  Palermo. 

Bertone  Can.  Ercole  —  Palermo. 

Bonelli  Avv.  Raffaele  —  Nicosia. 

Bonfiglio  Prof.  Parroco  Simone  —  Palermo. 

Bottalla  Avv.  Pietro  Vice-Cancelliere  alla  Cassazione — Palermo. 

Bova  Sac.  Gaspare  —  Palermo. 

Bozzo  Can.  Salvatore  —  Palermo. 

Briuccia  Mons.  Gaetano  —  Palermo. 

Cajazzo  dei  Conti  Comm.  Francesco  Saverio,  Procuratore  Ge- 
nerale alla  Corte  di  Appello  —  Aquila. 

Calenda  Di  Tavani  Cav.  Gr.  Cr.  Nob.  Andrea,  Prefetto — Palermo. 

Cali  Parroco  Andrea  —  Palermo. 

Calvino-Calvini  Giuseppe  —  Palermo. 

Calvino  Comra.  Angelo  —  Roma. 

Caraarda  Sac.  Bernardo  —  Palermo. 

Cannizzaro  Tommaso  —  Messina. 

Caprini  P.  Vincenzo  dei  Pred.  —  Palermo. 

Cardullo  Sac.  Prof.  Simone  —  Palermo. 

Castellano  Ambrogio  —  Palermo. 

Castronovo  Dott.  P.  Giuseppe  dei  Pred.  —  Monte  S.  Giuliano. 

Celesia  (Sua  Emin.)  Cardinale  D.  Miclielangelo  dei  Marchesi  di 
S.  Antonino,  Arcivescovo  —  Palermo. 

Cerami  P.  Gaetano  —  Palermo. 

Cervello  Dott.  Comm.  Nicolò,  Prof  emerito  nella  11.  Università 
—  Palermo. 

Chiaraniontc  Dott.  Socrate  —  Palermo. 

Ciaccio  Sac.  Prof.  Vincenzo  —  Palermo. 

Cian  Prof.  Vittorio  —  Palermo. 

Cigliutti  Prof.  Comm.  Valentino,  Preside  del  U.  Liceo  E.  Qui- 
rino Visconti  —  Roma. 

(>iniino  Cav.  Giuseppe,  Ingegnere  capo  del  genio  civile  —Palermo. 

Ciofalo  Avv.  Francesco  —  Palermo. 

Cio(ti-<^;r.'i880  Dott  Pietro  —  Palermo. 

Cipolla  Dott.  Pasquale  —  Palermo. 

Civilctti  Sac.  Prof.  Michelangelo  —  Palermo, 


ELENCO  DEI  SOCI  i± 


Clausen  Carlo  —  Palermo. 

Golumba  Dott.  Gaetano  Mario  —  Palermo. 

Collotti-Galbo  Avv.  Enrico  —  Palermo. 

Comella  Bernardo — Caltavuturo. 

Cordova  Comm.  Bar.  Vincenzo,  Senatore  del  Regno — Aidone. 

Costantini  Avv.  Costantino — Palermo. 

Cottù-Marziani  Lorenzo,  Marchese  di  Roccaforte,  Senatore  del 
Regno — Palermo. 

Crescimanno  Can.  Ginseppe  Maria — Corleone. 

CrisafuUi  Comm.  Ab.  Vincenzo — Palermo. 

CrisatuUi  Cav.  Avv.  Salvatore,  Consigliere  alla  Corte  di  Ap- 
pello— Palermo. 

CrisafuUi-Tedeschi  Guglielmo — Palermo. 

Crispi  (S.  E.)  Avv.  Francesco,  Cav.  dell'Ordine  Supremo  della 
SS.  Annunziata,  Ministro  dell'Interno  e  Presidente  del  Con- 
siglio dei  Ministri — Roma. 

Cristoadoro  Avv.  Antonino — Catania. 

Cuccia  Prof.  Avv.  Comm.  Simone,  Deputato  al  Parlamento — 
Palermo. 

Curti  Cav.  Avv.  Achille— Cagliari. 

Cusumano  Cav.  Uff.  Prof.  Vito — Palermo. 

Daddi  Mons.  Giacomo  (S.  E.)  Vescovo  di  Ginopoli  e  Ausiliare 
dell'Arcivescovo — Palermo. 

D' Aietti  Arciprete  Giovanni— Pantelleria. 

D'Alessandro  Mons.  Gaetano  (S.  E.)  Vescovo — Cefalù. 

Davin  Can.  V. — Versailles.. 

D'Aguanno  Avv.  Giuseppe — Palermo. 

De  Bonedictis  Cav.  Emanuele,  Archivario  provinciale — Siracusa. 

Dell'Agli  Antonio — Giarratana. 

De  Lorenzo  Mons.  Antonio  Maria  (S.  E.)  Vescovo —Mileto. 

Deodato  Cav.  Pietro— Villarosa. 

De  Stefani-Ficani  Calogero,  R.  Ispettore  degli  Scavi  e  Monu- 
menti di  Sciacca— Sciacca. 

Di  Bartolo  Can.  Dott.  Salvatore— Palermo. 


ELENCO  DÈI  soci 


Di  Blasi  Avv.  Agostino,  Barone  della  Salina — Palermo. 

Di  Blasi  Prof.  Andrea — Palermo. 

Di  Blasi  Francesco  dei  M.  0.,  Commissario  di  Terrasanta — Pa- 
lermo. 

Di  Giovanni  Comm.  Gaetano — Palermo. 

Di  Giovanni  Prof..  Leonardo — Palermo. 

Di  Giovanni  Gan.  Prof.  Cav.  Vincenzo,  Socio  corrispondente 
dell'Istituto  di  Francia — Palermo. 

Di  Girolamo  Avv.  Andrea — Marsala. 

Di  Gregorio  Pasquale,  Perito  Agrimensore — Palermo. 

Di  Maggio  P.  Luigi  dei  Pred. — Palermo. 

Di  Marzo  Ben.  Domenico — Palermo. 

Di  Menza  Comm.  Giuseppe  Presidente  di  Sezione  alla  Corte 
di  Appello — Palermo. 

Di  Pietro  Sac.  Salvatore — Palermo. 

Dominici-Morillo  Sac.  Dott.  Prof.  Luigi,  Bibliotecario — Polizzi- 
Generosa. 

Dottore  Rosario — Palermo. 

Drago-Calandra  Dott.  Avv.  Giuseppe— Palermo. 

Dubolino  Benef.  Salvatore — Palermo. 

Errante-Parrino  Parroco  Giovanni — Castel votrano. 

Falcone  Avv.  Giuseppe— Palermo. 

Falletti-Fossati  Cav.  Prof.  Pio  Carlo— Palermo. 

Ferrara  Dott.  Gaetano— Palermo. 

Ferrara  P.  Gaetano  Maria — Palermo. 

Fignon  Sac.  (Giuseppe— Palermo. 

Fiorenza  Prof.  Can.  Parroco  Giuseppe— Morreale. 

Fiorenza  Prof.  Can.  Pietro— Morreale. 

Fiorino  Sac.  Isidoro— Isnello. 

Focrstcr  Prof.  Wendelin — Bonn.  (Prussia). 

Franco  Prof,  Girolamo — Palermo. 

Gabrieli  S;ic.  Prof,  (ractano— Palermo. 

(ialluppi  Comm.  Giuseppe,  Barone  di  Pancaldo—Messina. 

Galvagno  Dotf.  Vincenzo — Palermo. 

Garofalo  Avv.  Filippo— Uagusa. 

Garofalo  Prof.  Francesco  Paolo — Catania 


tóLÈNCO^DEI  soci  XÌ 


Gaudino  Sac.  Antonio — Palermo. 

Gennaro  Sac.  Prof.  Giuseppe — Lanciano. 

Gentile  Antonino,  Barone  di  Marocco — Nicosia. 

Genzardi  Bernardo — Palermo. 

Gerbino  Mons.  Saverio  (S.  E.)  Vescovo — Caltagirone. 

Giambruno  Avv.  Cav.  Salvatore,  Sotto-Archivista  di  Stato — 
Palermo. 

Giardina  Can.  Nicolò — Patti. 

Gioeni  D'Angiò  Cav.  Francesco — Palermo. 

Gioja  Cav.  Avv.  Vincenzo,  Consigliere  alla  Corte  di  Appello — 
Palermo. 

Giordano  Can.  Prof.  Nicolò — Morreale. 

Giuffrida  Prof.  Cav.  Santi — Catania. 

Gorgone-Caruso  Lorenzo,  Proc.  Leg. — Palermo. 

Gramignani  Avv.  Pietro— Palermo. 

Greppi  (S.  E.)  Conto  Giusei)])e.  già  Ambasciatore  d'Italia—  Mi- 
lano. 

Guarneri  Avv.  Prof.  Comm.  Andrea^  Senatore  del  Regno — Pa- 
lermo. 

Guarneri  Eugenio — Palermo. 

Guli  Prof.  Sac.  Giovanni — Palermo. 

Indelicato  Sac.  Prof.  Luigi — Palermo. 

La  Colla  Avv.  Prof.  Francesco — Palermo. 

La  Manna  Avv.  Biagio — Palermo. 

La  Mantia  Avv.  Francesco  Giuseppe — Palermo. 

La  Mantia  Cav.  Uff.  Vito,  Consigliere  di  Cassazione — Palermo. 

Lancia  di  Brolo  (S.  E.)  Mons.  D.  Domenico  Gaspare,  Cassinese, 
Arcivescovo — Morreale. 

Lancia  di  Brolo  Marchese  (iiuseppe — Palermo. 

Lanza  di  Trabia  Manfredi,  Marchese  di  Misuraca — Palermo. 

Lanza  Dott.  Pietro,  Principino  di  Scalea — Palermo. 

Lanza  Ignazio  Conte  di  S.  Marco — Palermo. 

La  Rocca-Impellizzeri  Cav.  Paolo— Ragusa-Inferiore. 

Lauria  Cav.  Filippo — Palermo. 

La  Vecchia  Avv.  Gioacchino — Palermo. 

Leonardi  Avv.  Comm.  Giovanni — Catania. 


iii  ELÈNCO   DEI  SOCI 


Leonardi-D'Amico  Paolo — Palermo. 

Libertini-Gravina  Cav.  Gesualdo — Palermo. 

Licata  Cav.  Uff.  Dottor  Giuseppe— Sciacca, 

Li  Greci  Prof.  Giuseppe — Palermo. 

Lino-Tedeschi  Dott.  Domenico— Palermo. 

Lo  Cicero  Carmelo — Palermo. 

Lombardo  Avv.  Gaetano— Palermo. 

Longo  Dott.  Prof.  Antonio — Palermo. 

Longo-Dominici  Avv.  Francesco —Termini-lmerese. 

Lo  Presti  Can.  Felice,  Parroco-Priore — Ravanusa. 

Lo  Tauro  Sac.  Prof.  Sebastiano — Militello  (Catania). 

Lo  Vecchio  Can.  Gaetano— Palermo. 

Lumbroso  Prof.  Cav.  Giacomo — Roma. 

Maggiore-Perni  Avv.  Prof.  Cav.  Francesco— Palermo, 

Mangano  Sac.  Salvatore — Palermo. 

Mangano  Vincenzo — Palermo. 

Mangiameli  Dott.  Salvatore,  Sotto-Archivista  di  Stato — Palermo. 

Mango  Prof.  Francesco— Palermo. 

Marchetti  Prof.  Cav.  Sac.  Giovanni,  Preside  del  Liceo  V.  E. — 

Palermo. 
Marinaro  Ab.  Salvatore — Caronia. 
Marino  Can.  Giuseppe— Lercara-F riddi. 
Marinuzzi  Avv.  Antonio— Palermo. 
Mastroandrea  Rampolla  Sac.  Sabatini — Palermo. 
Mastropaolo  Cav.  Alfio — Palermo. 

Mellina  Lorenzo,  Ufflziale  Commissario  di  Marina— Spezia. 
Messina  P.  Serafino  dei  Min.  Riformati— Palermo. 
Mestica  Prof.  Coram.  Giovanni — Roma. 
Mirabella  Francesco  Maria — Palermo. 
Morelli  Dottor  Paolo — Gibellina. 
Morrione  Avv.  Lionardo- Menfi. 
Morvillo  Avv.  Antonino  -Palermo. 
Musoni  Prof.  Dott.  Francesco— Palermo. 
Musso  Avv,  Giuseppe— Ccfalù 
Musso  Prof.  Matteo— Palermo. 


ELENCO  DEI  SOCI  Xlll 


Naselli-Gela  Comm.  Giulio— Palermo. 

Natoli  Prof.  Luigi— Palermo. 

Nobile  Avv.  Salvatore — Palermo. 

Oberty  Cav.  Dott.  Enrico,  Consigliere  alla  Corte  di  Appello — 
Palermo. 

Orlando  Sac.  Giuseppe  della  Compagnia  di  Gesù — Palermo. 

Orlando  Prof.  Dott.  Francesco— Palermo. 

Orlando  Francesco— Palermo. 

Orlando  Prof.  V.  Emmanuele — Palermo. 

Pace  Prof.  Salvatore — Palermo. 

Pagano  Prof.  Avv.  Giacomo — Napoli. 

Palazzolo-Drago  Avv.  Francesco— Palermo. 

Palizzolo  Comm.  Raffaele,  Deputato  al  Parlamento  —  Palermo. 

Palizzolo-Gravina  Cav.  Gr.  Cr.  Vincenzo,  Bar.  di  Ramione  — Pa- 
lermo. 

Palomes  P.  Luigi  dei  Conventuali  —  Palermo. 

Panciera  Prof.  Domenico  —  Palermo, 

Pandolflni-Cultrera  Francesco  —  Palermo. 

Parri  Ettore  —  Palermo. 

Passarello  Alfonso  —  Palermo. 

Patera  Dott.  Paolo  —  Partanna. 

Patiri  Giuseppe  —  Termini-lmerese. 

Patricolo  Corrado  —  Palermo. 

Pecorella  Matteo  —  Palermo. 

Pelaez  Avv.  Cav.  Emanuele  —  Palermo. 

Perez  Prof.  Giovanni  —  Palermo. 

Perricone  Francesco  —  Palermo. 

Pilo  Girolamo  dei  Conti  di  Capace,  Capitano  di  fanteria  —  Pa- 
lermo. 

Pincitore  Dott.  Alberico  —  Palermo. 

Pinzolo  Prof.  Pietro  — Palermo. 

Pizzillo  Dott.  Niccolò  —  Palermo. 

Pizzoli  Parroco  Domenico  —  Palermo. 

PoUaci-Testa  Fedele,  Commissario  nelle  RR.  Dogane  —Palermo. 

Pulci  Sac.  Prof.  Francesco — Caltanissetta. 


XrV  ELENCO  DEI  SOCI 


Quattrocchi  Dott.  Enrico  —  Palermo. 

Ragusa-Moleti  Prof.   Girolamo,  Direttore  della  Scuola  Tecnica 

Scinà — Palermo. 
Raimondi  Sac.  Pietro  —  Palermo. 
Rametta  Sac.  Prof.  Paolo  —  Avola. 
Ramondetta-Fileti  Concettina  —  Palermo. 
Riolo  Domenico  —  Naro. 
Rocche  di  Leoluca  Sac.  Giovanni  —  Corleone. 
Romano  Prof.  Salvatore,  Ufficiale  d'Accademia  di  Francia  — 

Palermo. 
Rossi  Avv.  Enrico  —  Palermo. 
Rosso  Sac.  Giuseppe  —  Caccamo. 

Russo  Dott.   Angelo,  Uflìc.  nell'Archivio  di  Stato  —  Palermo. 
Russo-Giliberto  Dott.  Prof.  Antonino  —  Palermo. 
Russo  Sac.  Prof.  Benef.  Giuseppe  —  Girgenti. 
Russo-Onesto  Cav.  Avv.  Michele  —  Palermo. 
Salemi-Battaglia  Benef  Emanuele  —  Palermo. 
Salerai  Dott.  Vincenzo  —  Palermo. 
Salomone-Marino  Notar  Pietro  —  Borgetto. 
Salomone  Prof.  Sebastiano,  Ispettore  Scolastico  Municipale  — 

Acireale. 
Salvioli  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 
Salvo  Benigno  —  Novara  (Sicilia). 
Sampolo  Comm.   Prof.  Luigi  —  Palermo. 
Sanfllippo  Cav.  Avv.  Giacomo  —  Palermo. 
Sainte  Agathe  (de)  Avv.  Giuseppe—  Chatcau  de  Chevigno  (Francna). 
Sanesi  Dott.  Prof.  Giuseppe  —  Senigallia. 
Sangiorgi  Avv.  Salvatore— Palermo. 
Sansone  Prof.  Alfonso — Palermo. 
Savagnoue  Avv.  Francesco  —  Palermo. 
Santangelo-Spoto  Avv.  Dott.  Ippolito,  Prof.  nell'Istituto  Tecnico 

—  Teramo. 
Santoraauro  Sac.  Giuseppe  Maria— Vi llafrati. 
StMino  Can.  Prof.  Corrado  —  Noto. 
Scavo  Sac.  Parroco  Agostino  —  Palermo. 


ELENCO  DEI  SOCI  XV 


Scelsi  Avv.  Cav.  Gr.  Cr.   Giacinto,  Prefetto  —  Bologna, 

Schirò  Can.  Atanasio — Contessa  Entellina. 

Scialabba  Can.  Prof.   Cav.  Giuseppe-  Palermo. 

Scialabba  Pietro  —  Palermo. 

Settimo   Girolamo  Principe  di  Fitalia  —  Palermo. 

Siragusa  Prof.  Giambattista  —  Messina. 

Soldano  Can.  Prof.  Parroco  Giuseppe — Morreale. 

Somma  Cav.  Carlo  —  Palermo. 

Sparti  Not.  Vincenzo  Enrico  —  Misilmeri. 

Spina  Dott.  Adolfo  Umberto  —  Palermo. 

Spina  Avv.  Comm.  Gaetano — Palermo. 

Stranieri  Prof.  Cav.  Niccolò,  Preside  del  Liceo  Spallanzani- 
Reggio  di  Emilia. 

Tamburello  Prof.  Giuseppe  —  Collesano. 

Terrasi  Sac.  Giovanni— Palermo. 

Tirrito  Ing.  Rosario  —  Palermo. 

Torricelli  Avv.  Raffaele  —  Girgenti. 

Tosi  Cav.  Gaetano  Cancelliere  alla  Cassazione  —  Palermo. 

Traina  Diac.   Giuseppe  —  Palermo. 

Varvaro  Pojero  Cav.  Francesco— Palermo. 

Vasi  Sac.  Prof.  Luigi— Palermo. 

Vetri.  Avv.  Paolo— Castrogiovanni. 

Vivona  Francesco— Palermo. 

Zucco  Cav.  Giuseppe — Butera. 

Ziino  Prof.  Giuseppe— Messina. 

Zucchero  Mons.  Can.  Ignazio,  Segretario  di  S.  Em.  il  Card.  Ar- 
civescovo— Palermo. 


XVl  ELENCO  DEI  SOCI 


SECONDA  CLASSE 


DIRETTORE 
CusA  Gr.  Uff.  Prof.  Salvatore. 

SEGRETARIO 
Travali  Cav.  Dott.  Giuseppe. 

SOCI 

Avelie  Prof.  Corrado — Noto. 

Beccadelli-Acton  Paolo,  Principe  di  Camporeale ,  Deputato  al 

Parlamento — Palermo. 
Bellio  Prof.  Vittorio— Pavia. 
Billone-Montaperto  Luigi— Nicosia. 
Boglino  Ben.  Luigi — Palermo. 

Bona  Ignazio,  Uffiziale  nell'Archivio  di  Stato — Palermo. 
Briquet  Carlo  Mosè — Ginevra. 
Carini  Can.  Mons.  Prof.  Isidoro,  Prefetto  della  Biblioteca  Va* 

ticana — Roma. 
Gasano  Sac.  Ferdinando — Palermo. 
Cianciolo  Avv.  Carlo — Palermo. 
Coglitore  Can.  Gaetano— Palermo. 

Cosentino  Prof.  Giuseppe,  Sotto-Archivista  di  Stato— Palermo. 
Costantini  Cav.  Costantino   Maria ,  Maggiore  di  Artiglieria  — 

Pavia. 
Gozzucli  Sac.  Giambattista-  -  Palermo. 
Crispo-Moncada  Avv.  Cav.  Carlo — Palermo. 
C'usa  Gr.  rff.  Prof.  Salvatore— Palermo. 
Do  Gregorio  Marchese  Giacomo — Palermo. 
Dichiara  Dott.  Francesco— Palermo. 


ELENCO  DEI  SOCI  X\TI 


Di  Marzo  Mons.  Comin.  Gioacchino,  Capo  Bibl.  della  Comunale  — 

Palermo. 
Errante  Dott.  Francesco  Umberto  —  Palermo. 
Paraci  Parroco  Giuseppe  Euiraanuele  —  Palermo. 
Filipponi  Prof.  Gaetano  —  Palermo. 

Flandina  Cav.  Antonino,  Sotto-Archivista  di  Stato  —  Palermo. 
Giorgi  Cav.  Prof.  Ignazio,  Prefetto  della  Biblioteca  Nazionale  — 

Palermo. 
Gnoffo  Sac.  Domenico  —  Palermo. 

Guastella  Avv.  Ernesto,  Sotto-Bibliotecario  della  Nazionale — Pa- 
lermo. 
Inghilleri  Sac.  Giuseppe  —  Palermo. 
Lagumina  Sac.  Giuseppe  —  Palermo. 

La  Mantia  Dott.  Giuseppe,  Uff.  nell'Archivio  di  Stato  —  Palermo. 
La  Via-Bonelli  Mariano,  Rapp.  il  Municipio  di  Nicosia — Palermo. 
Lionti  Dott.  Ferdinando,  Sotto-Archivista  di  Stato  —  Palermo. 
Lodi  Dottor  Cav.  Giuseppe,  Archivista  di  Stato  —  Palermo. 
Manasia  Sac.  Calogero,  Capo  Bibliotecario  —  Caltanissetta. 
Mantia  Dott.  Pasquale  —  Palermo. 
Marino  Dott.  Giuseppe  —  Borgetto. 

Masi  Mons.  Giuseppe,  (S.  E.)  Vescovo  di  Tempe  —  Palermo. 
Milazzo-Cervello  Luigi  —  Palermo. 

Mondello  Can.  Fortunato,  Bibliotecario  alla  Fardelliana— Trapani. 
Montalbano  Can.  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 
Montalbano  Can.  Saverio,  Sotto-Bibliotecario  alla  Nazionale  — 

Palermo. 
Palmeri  di  Villalba  Nob.  Cav.  Niccolò,  Maggiore  d'Artiglieria  — 

Capua. 
Parlato  Avv.  Liborio — Palermo. 

Pellegrino  Prof.  Astorre,  Preside  del  Liceo  Umberto  I— Palermo. 
Pennino  Can.  Prof.  Antonino— Palermo. 
Pipitone-Federico  Dott.  Giuseppe,  già  Sotto-Archivista  di  Stato 

—  Palermo. 
Pitrè  Dott.  Prof.  Cav.  Giuseppe  —  Palermo. 
Pizzuto  Prof.  Pasquale  —  Modica. 


XVm  ELENCO   DEI  SOCI 


Randacio  Dott.  Coram.  Prof.  Francesco — Palermo. 

Russo  Cav.  Filadelfìo — Palermo. 

Salomone-Mari  no  Dott.  Cav.  Prof.  Salvatore  —  Messina. 

Salvo-Cozzo  Cav.  Giuseppe,  Scrittore  alla  Vaticana  —  Roma. 

Sapio  Prof.  Cav.  Giuseppe  —  Palermo. 

Savona  Ben.  Dott.  Giuseppe  —  Palermo. 

Scalia  Gr.  Uff.  Alfonso,  Maggior  Generale  al  riposo  —  Palermo. 

Schirò  Sac.  Vincenzo  —  Palermo. 

Serio  Simone  —  Palermo. 

Silvestri  Comm.  Giuseppe ,  Soprintendente  agli  Archivi  Sici- 
liani — Palermo. 

Starrabba  Dott.  Cav.  Raffaele,  Bar.  di  S.  Gennaro,  già  Archivista 
di  Stato — Palermo. 

Tasca-Lanza  Cav.  Giuseppe  —  Palermo. 

Travali  Cav.  Dott.  Giuseppe,  Sotto- Archivista  distato— Palermo. 

Vitrano  Giuseppe  Filippo  —  Palermo. 

Vullo-GUzzardella  Dott.  Gaetano  —  Polizzi  Generosa. 


ELENCO  DEI  SOCI  XIX 


TERZA  CLASSE 


DIRETTORE 

Salinas  Prof.  Comm.  Antonino 

•Socio  corrispondente  deW htitiUo  di  Francia. 

SEGRETARIO 
Lagumina  Can.  Prof.  Bartolomeo. 


SOCI 

Aldenhoven  Dott.  Carlo— Gotha  (Germania). 

Allegra  Francesco  Paolo— Palermo. 

Allegra  Giovanni — Palermo. 

Allegra  Rocco — Palermo. 

Alliala  Giuseppe,  Principe  il'Ucria— Palermo. 

AUiata-Cardillo  Filippo  Maria  -  Palermo. 

Alma  Salvatore,  Perito  Agrimensore— Niscemi. 

Arezzo-Trefìletti  Cav.  Carmelo —Ragusa. 

Barba  Luigi— Palermo. 

Barresi  Camillo,  Uff.  nell'Archivio  di  Stato— Palermo. 

Basile  Comm.  Prof.  G.  B.  Filippo— Palermo. 

Beloch  Prof.  Giulio  -  Roma. 

Breselau  Prof.  Ludovico— Palermo. 

Busacca  Carlo,  Marchese  di  Gallidoro— Palermo. 


XX  ELENCO  DEI  SOCI 


Calderone  Sac.  Giuseppe — Marineo. 

Cantone  Ing.  Salvatore — Palermo. 

Castorina  Can.  Pasquale — Catania. 

Cicchetti  Prof.  Eduardo — Palermo. 

Ciofalo  Prof.  Saverio,  Bibliotecario — Termini-Imerese. 

Cirino  Mons.  Giovanni  (S.  E.)  Arciv.  d'  Ancira  e  Vicario  Gè  - 
nerale — Palermo. 

Civiletti  Prof.  Comm.  Benedetto,  Socio  corrispondente  dell'Isti- 
tuto di  Francia — Palermo. 

Coglitore  Prof.  Innocenzo— Potenza. 

Coppola  Ing.  Angelo — Palermo. 

Costa  Proc.  Leg.  Giuseppe  —  Palermo. 

Crocco-Paterna  Giovanni — Palermo. 

De  Luca  Avv.  Comm.  Atanasio,  Economo  generale  dei  bene- 
fìci vacanti  in  Sicilia — Palermo. 
Damma  Ing.   Raffaele — Palermo. 
D'Antoni  Salvatore,  Duca  di  Feria — Palermo. 
Destefano  Ing.  Salvatore — Palermo. 
Dichiara  Cav.  Ing.  Tommaso — Palermo. 
Emiliani  Dott.  Antonio — Montegiorgio  (Marche). 
Favaloro  Prof.  Giuseppe — Palermo.- 
Favara- Verderame  Comm.  Vito— Mazzara  del  Vallo. 
Fazio  Giuseppe,  Custode  del  Museo  Nazionale — Palermo. 
Ferraro  Prof.  Ing.  Corrado — Palermo. 
Fichera  Ing.  Marcantonio — Palermo. 
Focault  nobile  dei  Conti  del  Daugnon — Milano. 
Genovese-Ruffo  Salvatore — Palermo. 
Giarrizzo  Prof.  Carmelo— Palermo. 
Giarrizzo  Prof.  Michelangelo — Catania. 
Grazia  Sac.  Pas(|iialr-,  1{.  Is])(>(ior(^   dei  MoniuiKMili  di  Alc.-inio-— 

Calatallmi. 
Hernandez  di  Carrera  Conte  Francesco,  R.  Ispettore  dei  Mo- 
numenti di  Trapani — Trapani. 
Ligutuina  Can.  Prof.  Bartolomeo  -Palermo. 
Lanza  Gr.  Uff.  Francesco,  Principe  di  Scalea,  Senatore  dui 
Ket'no— Palermo. 


ELENCO   DEI   SOCI  XXI 

Latino  Comm,  Prof.  Emraanuele — Palermo. 

Lentini  Sac.  Gioacchino — Castelvetrano. 

Lentini  Prof,  Rocco — Palermo. 

Lucifera  Avv.  Giovanni  —  Palermo. 

Majorca  Luigi,  Conte   di  Francavilla  —  Palermo. 

Mantegna  Benedetto,  Principe  di  Gangi  —  Palermo. 

Marvuglia  Cav.  Arch.  Domenico  —  Palermo. 

Matranga  Cesare  —  Palermo. 

Mauceri  Cav.  Ing.  Luigi ,  Segretario  della  Direzione  generale 

per  le  ferrovie  sicule  —  Palermo. 
Mauro  Prof.  Antonino  —  Palermo. 
Meli  Cav.  Prof.  Giuseppe,  Vice-Direttore  del  Museo  Nazionale — 

Palermo. 
Millunzi  Prof.  Can.  Gaetano  —  Morreale. 
Mirabella  Emanuele  —  Palermo. 
Monteforte  Dott.  Cav.  Gaetano  —  Roma. 
Naselli-Notarbartolo  Cav.  Leopoldo  —  Palermo. 
Natoli  Marchese  Giuseppe  —  Palermo. 
Paino  Nobile  Giulia — Palermo. 
Pappalardo  Ing.  Luigi  —  Trapani. 
Parenti  Ing.  Vincenzo  —  Caltanissetta. 
Parisi  Sac.  Prof.  Giuseppe  —  Cefalù. 
Parisotti  Prof.  Alberto  —  Palermo. 
Patricolo  Achille  —  Palermo. 
Patricolo  Prof.  Cav.  Uff.  Giuseppe  —  Palermo. 
Pennavaria  Cav.  Dott.  Filippo  —  Ragusa. 
Pepoli  Agostino,  Barone  di  Culcasi  —  Trapani: 
Perdichizzi  Antonio — Palermo. 
Portai  Ing.  Emanuele  —  Palermo. 
Pugliesi  Vincenzo  —  Alcamo. 
Raia  Bernardo  —  Palermo. 
Rao  Ing.  Giuseppe  —  Palermo. 
Renzi  Cav.  Ing.  Salvatore  —  Palermo. 
Rindello  Cav.  Niccolò  —  Palermo. 
Rivas  Prof.  Arch.  Francesco  Paolo  —  Palermo. 
Rocca  Cav.  Pietro  Maria— Alcamo. 


XXn  ELÈNCO  DEI  soci 

Romano  Prof.  Ing.  Pietro — Palermo. 

Rutelli  Prof.  Cav.  Mario  —  Palermo. 

Salemi  Ing.  Enrico  —  Palermo. 

Salinas  Comm.  Prof.  Antonino,  Socio  corrispondente  dell'Isti- 
tuto di  Francia,  Direttore  del  Museo  Nazionale  —  Palermo. 

Salinas  Eramanuele  —  Palermo. 

Salvo  di  Pietraganzili  Cav.  Rosario ,  Consigliere  Delegato  — 
Trapani. 

Scavo  Rag.  Vincenzo  —  Palermo. 

Sciangula  Prof.  Agostino  —  Palermo. 

Sciuto-Patti  Prof.  Carmelo,  R.  Ispettore  dei  Monumenti  —  Ca- 
tania. 

Siciliano  Cav.  Michelangelo  —  Palermo. 

Siciliano  Cav.  Napoleone — Palermo. 

Spata  Cav.  Dott.  Giuseppe,  Conservatore  dell'  Archivio  Notarile 
del  Distretto  —  Palermo. 

Tasca  d' Almerita  Conte  Lucio,  Senatore  del  Regno  -  Palermo. 

Ugdulena  Giovanni  —  Palermo. 

Valenti  Scult.  Giuseppe  —  Palermo. 

Volpes  Giuseppe  —  Palermo. 

Vetri  Prof.  Paolo  —  Palermo. 

SOCI  NON  ADDETTI  ALLE  CLASSI. 

Belgrano  Comm.  Luigi  Tommaso,  Segretario  generale  della  So- 
cietà Ligure,  Professore  ordinario  di  Storia  nella  R.  Univer- 
sità di  Genova  —  Genova. 

Benso  Comm.  Giulio,  Duca  della  Verdura,  Senatore  del  Regno— 
Palermo. 

lilandini  Mons.  Giovanni  (S.  E.)  Vescovo  —  Noto. 

BOhmcr  Prof.  Eduardo  —  Lichtenthal  bei  Daden  (Germania). 

Cliiofalo  Can.  Dott.  Giuseppe  —  Partanna. 

Ciotti  Cav.  Pietro  —  Palermo. 

Crirai-Lo  (Wudice  Prof.  Gioacchino  —  Naso, 


ELENCO  DEI  SOCI  XX11Ì 


Crispo  Can.  Francesco  —  Palermo. 

Daddi  Avv.  Francesco  —  Palermo. 

De  Benedetto  Carlo,  Conte  del  Casato — Palermo. 

De  Benedetto  Giovanni,  Contino  del  Casato  —  Palermo. 

De  Leonardi  Gaetano,  Rappresentante  il  Municipio  di  Parco — 
Parco. 

De  Micheli-Maniscalco  Barone  Domenico — Palermo. 

De  Spucches-Franco  Giovanni,  Marchese  di  Schissò  —  Palermo. 

D'Orleans  Enrico  (S.  A.  R.)  Duca  d'Aumale — Palermo. 

Errante  Cav.  Gr.  Ufi'.  Vincenzo,  Presidente  di  Sezione  al  Consi- 
glio di  Stato  e  Senatore  del  Regno  —  Roma. 

Finocchiaro ■  Aprile  Comm.  Avv.  Camillo,  Deputato  al  Parla- 
mento —  Palermo. 

Galletti  Nicolò,  Principe  di  San  Cataldo  e  Fiume^alato,  Sena- 
tore del  Regno  —  Palermo. 

Giuffré  Prof.  Dott.  Liborio  —  Palermo. 

Gramaglia  Gaetano  —  Palermo. 

Guarnaschelli-Mustica  Avv.  Domenico  —  Palermo. 

GuUotti  Sac.  Domenico  —  Ucria. 

La  Lumia  Cav.  Francesco,  Ispettore  Demaniale  —  Palermo. 

La  Manna  Comm.  Achille,  Primo  Presidente  della  Corte  d'Ap- 
pello —  Bologna. 

Lancia  di  Brolo  Marchese  Corrado  —  Palermo. 

Lanza  di  Trabia  Cav.  Ernesto  —  Palermo. 

La  Vaccara-Giusti  Avv.  Benedetto,  Rappresentante  la  Provin- 
cia di  Caltanissetta  —  Caltanissetta. 

Miraglia  Sac.  Prof.  Paolo  —  Palermo. 

Monroy  Ascenso  Alonso  Alberto ,  Principe  di  Maletto  -  -  Pa- 
lermo. 

Napoli  Cav.  Enrico  —  Palermo. 

Notarbartolo  di  S.  Giovanni  Cav.  Gr.  Cord.  Emanuele — Palermo. 

Perniciaro  Costantino  —  Palermo. 

Picciotto  Antonio,  Prefetto  del  Museo  comunale  —  Messina. 

Romano  Can.  Leopoldo —  Palermo. 

Salamene  Rosario  — Aragona. 

Schiavo  Ben.  Achille  —  Palermo. 


XXIV  ELENCO   DEI  SOCI 


Schininà  di  S.  Elia  Marchese  Giuseppe  —  Ragusa. 

Spoto  Mons.  Can.  Pompeo  -  Girgenti. 

Struppa  Salvatore.  R.  Ispettore  dèi  Monumenti,  Rappresentante 

il  Municipio  di  Marsala  —  Marsala. 
Taibbi  Francesco  —  Palermo. 
Thomas  Dott.  Wilson  —  Palermo. 
Triolo  Cav.  Prof.  Vincenzo — Palermo. 
Venuti  Arciprete  Mauro  —  Cinisi. 
Venuti  Sac.  Saverio  —  Cinisi. 

SOCI   ONORARI 

Bamberg.  Dott.  Felice  —  Germania. 

Benndort'  Prof.  Ottone  —  1.  R.  Università  di  Vienna. 

Bertolotti  Cav.  Ufi".  Antonio,  Dir.  delF Archivio  di  Stato  —  Man- 
tova. 

Cantù  Gr.  Uff.  Cesare,  Soprintendente  agli  Archivi  Lombardi- 
Milano. 

Corradi  Prof.  Comm.  Alfonso  —  R.  Università  di  Pavia. 

Cozza-Luzi  Abb.  D.  Giuseppe,  Vice  Bibliotecario  della  Vati- 
cana —  Roma. 

De  Bofarull  Cav.  Uff.  D.  Manuel,  Dirett.  dell'Archivio  di  Stato 
— Barcellona  (Spagna). 

Dennis  G.,  Console  di  S.  M.  Britannica  —  Smirne. 

Do  Puymaigre  Conte  Th.  —  Francia. 

Engel  Arthur  —  Parigi  —  Cabinet  des  Médailles. 

Gregorovius  Dott.  Connn.  Ferdinando  —  Monaco. 

Holm  Dott.  Prof.  Adolfo  —  Napoli. 

Licbrecht  Prof.  Felice. 

Marchese  P.  Vincenzo  dei  Predicatori  —  Genova. 

Paris  Prof.  Gastone  —  Parigi. 

Pcrreau  Cav.  Uff.  Pietro,  Bibliotecario  —  Parma. 

Pflugk-Iiarttung  Prof.  Giulio  —  Università  di  Gottinga. 

Watkiss  Lloyd.  W.  Inghilterra. 

Winkhehuann  Dott.  Prof.  Eduardo— Università  di  Heidelborga. 


MEMORIE  ORIGINALI 

K 

LA 
BREVIS    HISTORIA    LIBERATIONIS    MESSANAE 

SECONDO  UN  MANOSCRITTO  DEL  SECOLO  XVI 
DEL 

BARONE    ARENAPRIMODI    MESSINA    (1). 


Nel  sesto  volume  delle  Miscellanee  storiche  del  Baluzio,  stam- 
pato a  Parigi  nel  1715,  vide  la  luce  per  la  prima  volta  una 
Brevis  Jmtoria  liherationis  Messance,  ecc.,  la  quale  era  cavata  dai 
manoscritti  di  Andrea  Duchesne.  L'  editore  non  dice  altro  sulla 
origine  di  questa  cronaca,  o  meglio,  monografia  storica,  sebbene 
la  copia,  di  mano  dello  stesso  Duchesne,  si  trovi  fra  i  Mss.  della 
Biblioteca  Imperiale  di  Parigi,  segnata  :  Baluze,  armoire  2,  pa- 
quel  5,  N.  2,  f.  428  e  seg.j  con  1'  annotazione  seguente  :  Ex  co- 
dice Ms.  perantiquo  Bihliothecae  Senatuiì  Messanmsis,  summa  fide 
transcripta  (2).  Fa  specie  intanto  che  il  Duchesne  non  1'  abbia 
compresa  nella  raccolta  di  cose  normanne  e  che  il  Baluzio  non 
abbia  citata  la  provenienza  giusta  1'  annotazione  del  Duchesne. 
In  ogni  modo,  però,  non  essendo  stato  mai  quest'ultimo  in  Mes- 
sina, è  certo  che  avea  dovuto  trascrivere  da  una  copia,  senza  ve- 
dere il  codice  antichissimo  cui  accenna.  L'  autore  si  chiama  con- 
temporaneo ;  ma  parecchi  segni  non  dubbi,  non  esclusa  la  forma 
(sebbene  il  Muratori  (3)  trovi  che:  multam  vetustatem  sapit),  ac- 
cusano r  uomo  ,  anzi ,  vorrei  soggiungere ,  il  Messinese  del  se- 
colo XVI. 

Il  racconto  può  riassumersi  così  :  Essendo  la    Sicilia    sotto  i 


(1)  Lettura  fatta  nella  seduta  sociale  del  12  gennaro  1890. 

(2)  Amari,  Mus.  Ili,  56. 

(3)  Il  Muratori  riprodusse  questa  cronaca  dal  B&luzio    nel  tomo  VI    del- 
le H.  I.  S.  p.  612. 


BREVIS    HISTORIA    LIBERATIONIS   MESSANiE 


Mori  e  spartita  fra  cinque  capi,  dei  quali  il  principale  avea  no- 
me Raxis  ed  avea  sode  in  Messina,  venne  in  mente  a  tre  nobili 
messinesi ,  Ansaldo  di  Patti,  Nicolò  Camuglia  e  Iacopo  Saccano, 
di  liberarla  dal  giogo  degl'Infedeli,  comunque  in  Messina  i  Cri- 
stiani godessero  maggiori  privilegi  che  nelle  altre  città  dell'  i- 
sola.  Si  adunano  nell'isola  di  S.  Giacinto,  come  allora  chiama- 
vasi  il  Braccio  detto  poi  del  Salvatore  o  di  S.  Raineri ,  e  fer- 
mano di  andare  al  Conte  Ruggiero,  di  cui  era  lor  nota  la  pietà 
e  che  sapeano  trovarsi  in  Mileto  col  duca  Roberto  e  col  Papa,  e 
di  offrirgli  l' isola,  che  desideravano  di  veder  libera  per  quel 
mezzo  dai  Saraceni.  Còlta  la  opportunità  d'  una  festa  in  cui  i 
Mori  soleano  chiudersi  nelle  case  per  dodici  giorni,  s' imbarcano, 
giungono  a  Mileto,  e,  ricevuti  dal  Papa,  ricusano  di  aprirgli  l'a- 
nimo loro,  che  aprono  invece  a  Ruggiero  ,  incitandolo  alla  im- 
presa coir  offrirgli  il  gonfalone  della  bianca  croce  in  campo  rosso, 
concesso  ai  Messinesi  da  Arcadie  imperatore  ,  in  memoria  del 
loro  valore  a  Tessalonica. 

Ruggiero  si  consiglia  col  Papa  e  con  sei  cardinali  che  erano 
in  Mileto  ;  il  Papa  aderisce,  imponendo  che  della  futura  conquista 
si  facciano  tre  parti:  1' una  por  il  Clero,  l'altra  per  i  cavalieri 
e  la  terza  per  il  Conte.  Questi  giura  di  recarsi  in  Messina  fra 
una  settimana  e  di  ubbidire  ai  voleri  del  Pontefice  in  quanto 
alla  partizione.  Va  infatti  con  mille  e  settecento  uomini  a  Palmi 
0  di  là  a  Reggio,  dove  s'imbarca  col  fratello  Goffredo,  cui  lascia 
in  custodia  lo  navi,  sbarcato  che  ò  a  tre  miglia  dalla  città.  Nel- 
r  isola  di  S.  Giacinto  vedo  penzolare  i  cadaveri  di  dodici  Cristiani 
impiccati  per  sospetto  della  congiura.  All'  assalto  di  Ruggiero 
risponde  la  sommossa  dei  Cristiani  di  dentro,  cho  aprono  le  porte 
e  coi  Normanni  si  danno  a  faro  strage  dei  Musulmani.  Entra 
Ruggiero  in  città:  ripone  nella  chie.sa  di  S.  Nicolò  il  gonfalone 
di  Arcadio,  e,  sciolto  il  voto,  tripartisce,  giusta  il  volere  del  Papa, 
la  conquista. 

Co8*i  finisce  la  cronaca ,  la  quale  nelle  edizioni  del  Baluzio 
0  del  Muratori  ò  seguita  da  duo  concessioni:  l'una  di  Ruggiero  II 
del   1129  e    l'altra  di  Guglielmo  I  del  1100:  concessioni    nelle 


BREVIS    HISTORIA    LIBERATIONIS    MESSANE 


quali,  fra  interpolazioni  di  favole,  per  cui  è  detta  Messina  capi- 
tale dell'  isola  sotto  Romani,  Greci  e  Saraceni,  si  leggono  le  vere 
franchigie  municipali  di  quella  città.  È  dunque  palese  il  propo- 
sito di  predicar  Messina  capitale  della  Sicilia,  ed  è  questo  ap- 
punto, come  scrive  1'  Amari ,  il  gran  campo  di  battaglia  ove  si 
travagliarono  gli  eruditi  siciliani,  dal  XV  al  XVIII  secolo,  con  ira 
e  con  malefede  da  ambo  le  parti,  e  a  furia  di  paradossi  e  di  falsi 
documenti.  Ciò  non  ostante  può  credersi  che  un  fondo  di  verità 
vi  sia,  0  che  la  scrittura  di  cui  parlo  tramandi  una  genuina  tra- 
dizione, alterata  e  guasta  col  correre  degli  anni  e  col  crescere 
dell'  ambizione  di  Messina,  poiché  concorda  con  altre  fonti  coeve 
la  circostanza  del  comando  della  flotta  affidata  a  Goffredo  ,  la 
divisione  della  Sicilia  fra  parecchi  regoli  musulmani  discordi  ,  i 
quali,  se  eran  due,  tre,  quattro  o  più ,  poco  importa,  ne  è  dif- 
ficile che  la  tradizione  oralo  sbagli  esagerando.  La  stessa  data 
del  6  agosto  ,  assegnata  come  principio  della  congiura  dei  Cri- 
stiani, si  accorda  bene  con  le  date  del  Malaterra,  ecc. 

All'Amari  è  parso,  e  pare  anche  a  me  ,  di  poter  accettare 
della  tradizione  primitiva  i  nomi  dei  tre  congiurati,  il  fatto  della 
congiura,  il  viaggio  a  Milcto  e  le  pratiche  con  Ruggiero  Resta 
a  vedere  se  la  tradizione  primitiva  sia  stata  ridotta  in  scrittura 
nel  secolo  XVI  o  prima,  e  se  la  redazione  del  ras.  del  Duchesne 
sia  la  più  antica  che  si  conosca. 

A  Messina  ebbi  notizia  di  un  ms.  della  Brevìs  historia,  pos- 
seduto dal  signor  Barone  Arenaprimo  di  Montechiaro ,  giovane 
colto  e  delle  memorie  patrie  amantissimo,  e  lo  ebbi  cortesemente 
in  prestito  per  trascriverlo  e  studiarlo  con  tutto  il  comodo ,  di 
che  gli  rendo  grazie  vivissime.  Questo  è  un  quinterno  cartaceo 
di  dodici  fogli  in  quarto  e  scritto  tutto  di  una  mano  del  secolo 
XVI,  mediocremente  conservato  e  di  cui  il  primo  foglio  è  in  pa- 
recchi punti  corroso.  Contiene: 

1.  La  Brevis  historia,  che  qui  è  intitolata:  Historia  de  Recu- 
peratioìie  Sicilice  regali,  ecc.,  dal  f.  1  al  f.  8  verso  ; 

2.  La  Genealogia  dominorum  Regum  Aragonice  et  Sicilice  sino 
al  1549,  dal  f.  9  recto    al  f.    10  recto. 


BREVIS   HISTORIA   LIBERÀTIONIS   MESSAN-«; 


3.  Uno  Scriptum  privilegij  de  lihertate  omnium  ecdesianim  Si- 
cilice,  dal  f.  1 1  recto  al  verso. 

È  bianco  tutto  il  fol.  12  e  il  verso  del  fol.  10,  al  cui  piede 
sono  alcune  annotazioni  del  tempo,  ma  insignificanti  ed  estranee 
agli  argomenti  contenuti  nel  ms. 

Lascio  stare  le  due  scritture  che  seguono  alla  Historia,  e  mi 
fermo  a  questa,  la  quale,  sebbene  nel  suo  insieme  poco  discordi 
da  quella  pubblicata,  ha  nondimeno  differenze  notevoli  e  di  so- 
stanza e  di  forma.  Le  prime  sono  per  lo  più  errori  storici  gros- 
solani e  anacronismi,  che  non  si  trovano  nello  edizioni  del  Ba- 
luzio  e  del  Muratori  :  le  altre  rivelano  una  latinità  assai  più  scor- 
retta ,  sicché  pare  che  nell'  originale  da  cui  fu  tratta  la  copia 
del  Duchesne,  una  mano  più  esperta  abbia  cercato  di  migliorare 
la  forma  e  di  togliere  gli  errori  più  gravi  :  1'  una  e  gli  altri , 
però,  dicono  chiaramente  che  il  primo  getto  fu  questo  del  ms. 
messinese,  compilato  da  persona  indotta  e  che  altri  più  saputo 
cercò  poi  di  migliorare  con  molte  raddrizzature,  poiché  non  parmi 
ammissibile  il  supposto  inverso,  che  l'originale  sia  il  più  corretto 
e  che  poi  un  trascrittore  1'  abbia  guastato  nella  forma  e  detur- 
pato di  errori  grossolani. 

Per  dare  un'  idea  della  differenza  nelle  due  compilazioni , 
pongo  a  riscontro  il  principio  dello  scritto  secondo  le  due  forme. 

Secondo  il  ms.  messinese  Secondo  la  edizione  del  Baluzio,  ec. 

Adamantino  scribenda  ossent  stylo  Adamantino  scribenda  essent  stylo, 

smaraldinis  atque  in  tabulis  aurois  smaragdis    atquo  in   tabulis  aureis 

qiie  per  nobiiissimos  tres  messaaon-  quc  per  nobiles    trcs   Mossaiienses 

fceu  equitcs  nostra  tempestate  gesta  nostra  tempestato  gesta  fiicrc,  quo- 

fuerc.  Quorum  «t  cnuitato  nostrum  rum  stionuitato    ac   ?agncitalo    in- 

Bicilia)  rcgnum  tot  annia    subjuga-  genio  alquo   viribus   duco   Kogerio 

tum:  eorum  sagacitatc  ingenio  atquo  Cernito  recuperata  extitisse  liquct. 
viribuB  duce  Kogerio  coroìto  recu- 
peratum  extitit. 

Per  tali  differenze  sarebbe  opera  lunga ,  noiosa  e  in  gran 
parto  inutile  quella  di  andar  notando  tutto  le  vt^rianti,  le  quali 


BKEVIS   IIISTORIA   LIBEEATIONIS    MESSANE 


sovente,  più  che  nella  parola,  sono  nei  costrutti.  Noterò  sola- 
mente quelle  che  riguardano  la  sostanza  :  come  il  nome  di  re- 
gno dato  all'  isola  e  di  regnicoli  agli  isolani  ;  1'  anno  dell'  im- 
presa sbagliato;  la  descrizione  del  vessillo  musulmano,  che  manca 
nelle  edizioni  ;  l' isola  di  S.  Giacinto  chiamata  braccio  di  S.  Rai- 
nieri  ;  Roberto,  detto  re  di  Piccardia  ;  nominato  erroneamente  il 
papa  Sergio  ;  chiamati  i  legati  messinesi  a  Ruggiero  Cristiani 
greci;  detto  Ruggiero  di  ventitré  anni,  mentre  nelle  edizioni  si 
dice  che  era  di  ventinove  anni,  ecc.;  cose  tutte  le  quali  confermano 
r  idea  che  la  fattura  sia  posteriore  e  di  molto  ai  tempi  degli  av- 
venimenti, e  che  r  originale  vero  sia  questo  del  ms.  messinese,  ne 
mi  pare  opportuno  d'indugiarmi  a  dimostrare  questo  assunto  chia- 
rissimo per  sé  stesso.  Basterebbe  il  confronto  del  breve  tratto  no- 
tato dianzi,  dove  è  evidente  che,  volendosi  correggere  le  parole  : 
—  nostrum  Siciliae  regnum recuperatum  extitit  —  che  sareb- 
bero un  anacronismo  in  uno  scrittore  del  secolo  XI,  si  dà  luogo 
ad   una  forma  strana,  che  rende  oscuro   il  concetto.  (I). 

In  fine  della  cronaca,  nel  ms.  messinese  è  il  nome  di  un  Onofrio 
Nerio,  che  si  dice  scriptor  e  che  io  credo  autore  e  non  copista, 
perchè  le  altre  due  scritture  del  piccolo  codice,  essendo  della 
stessa  mano,  parmi  che  se  l'  amanuense  avesse  voluto  perpetuare  il 
suo  nome,  1'  avrebbe  fatto   in  principio  o   in  fine  del  quinterno. 

Quanto  al  valore  della  cronaca,  mi  resta  a  dire  che  l'  esistenza 
della  tradizione  di  cui  è  argomento,  si  cava  in  generale  dal  carat- 
tere di  essa  e  dal  fatto  che  completa  con  parecchi  particolari  ciò 
che  risulta  dalle  altre  fonti  coeve  ;  ma  non  contraddice  ad  esse, 
come  notai  in  altro  luogo.  D'altra  parte  è  da  notare  che  il  Mauro- 
lieo  e  il  Fazzello,  entrambi  del  secolo  XVI,  la  conobbero;  ma  il  pri- 
mo non  pare  vi  abbia  prestato  piena  fede,  perchè  porta  il  racconto 
tanto  secondo  la  tradizione  di  cui  discorro,  quanto  secondo  il  Mala- 


(1)  A  prescindere  dagli  anacronismi  e  dagli  errori  che  tutti  possono  notare, 
osservo  elio  ninno  avrebbe  potuto  ,  scrivendo  al  sec.   XI ,  chiamare  Braccio  di 
S    Rainieri  l' isola  di  S.  Giacinto ,  che  chiude  il  porto  di  Messina  ,  quando   la 
pia  leggenda  dice  morto  S.  Rainieri  nel   1161. 


BREVIS   HISTORIA   LtBERATlONIS    MESSANiE 


terra,  senza  lasciare  intendere  quale  gli  sembri  vero  o  almeno  più 
verosimile  (1);  il  secondo,  che  pure  conobbe  Messina,  i  suoi  archivii 
e  le  sue  biblioteche,  pare  si  riferii^ca  a  tradizione  orale  (2),  intrec- 
ciando la  tradizione  della  congiura  al  racconto  del  Malaterra.  Fi- 
nalmente è  da  notare  che  una  cronaca  siciliana  riportata  dal 
Gallo  nel  2°  voi.  degli  Annali  di  Messina,  di  cui  non  ho  potuto  sa- 
pere dove  sia  esistita  e  se  esista  tuttavia,  ma  che  si  dice  tradotta 
dal  greco  da  un  esemplare  antichissimo  e  in  gran  parte  roso  dal 
tempo,  da  un  Onofrio  Abatellis,  monaco  basiliano,  si  esprime  così: 
• comu  poi  in  versu  1'  annu  MLVIII  e  MLIX  di  Mes- 
sina, comu  mei  {sic  sei  ?)  cristiani  andaru  ammucchiuni  (3)  a  lu 
conti  Rueri  chi  era  a  militu  cu  lu  papa  si  cu  1'  auto  di  Missina 
vinni  lu  conti  a  conquistar!  la  isula  di  Sichilia,  li  omini  chi  andaru 
undi  lu  conti  e  foru  biniditti  di  lu  papa  cu  tutta  la  Missina  An 

saldu  di  Patti,  Nicola  Camullu,  lacubeddu  Saccanu 

di  pizzinga  comu  puru  di  unu  di   la  grandi  famighia  porziu  di 

grandi  valuri „  (4). 

Il  fondamento  è  senza  dubbio  nella  stessa  tradizione  ;  ma  qui 
gli  eroi  son  cinque,  se  pure  nella  lacuna  non  sia  stato  compreso  un 
sesto  nome.  Del  resto,  che  i  nomi  dei  tre  congiurati  sieno,  o  al- 
meno possano  essere  veri,  si  ricava  dal  fatto  che  le  loro  famiglie 
esistevano  in  Messina  nel  M^dio  evo  e  non  molto  dopo  i  f.itti  di 
cui  discorro.  Un  Pietro  Camuglia,  milite  e  senatore  di  Messina  ,  è 
rammentato  nel  1229  (5)  ;  un  Cataldo  de  Camulia  è  tra  gli  esiliati 


(1)  lirriDii  Sicuiiicarum  compendi iim ,  Lib.  IH.  —  Prima  dà  il  racconto  se- 
condo la  trudiziono  dulia  congiura ,  conformo  alla  Breeis  historia ,  poi  segue  : 
alibi  lego,  e  riferisce  quello  dot  Malaterra. 

(2)  De  rebus  sicuUa,  deca  il,  Lib.  VII,  cap.  I,  Dice  la  narrazione  della  con- 
giara: ducta  pur  manus  fama. 

(A)  Dì  Da«cost< . 

(4)  Kr  qundam  chronica  chat'dcterihu»  in  parie  fosis  ex  grcBCO  translata  a 
ntt  Onufriu  Abatellin  S.  Baailii  Ordini.'*  indit/no  famulo  in  nostra  versa  locela 
(loquela). 

(6)  V.  Cronologia  dei  sonatori  di  Mowtiua.  Galluppi,  Nobiliario, 


BBEVIS   HISTORIA   LIBERATIONIS   MESSANE  ' 

da  Arrigo  VI  nel  1194  (1);  un  Angelo  Saccano  =  decanus  et  no- 
bilis  civis  Messanensis  =  fu  vescovo  di  Catania  nel  1331  (2),  ne 
mi  par  di  aggiungere  altro  relativamente  ai  Patti,  famiglia  an- 
tica e  notissima  anche  nel  periodo  della  Guerra  del  Vespro.  Le 
tre  famiglie  sono  d'  origine  greca,  almeno  per  ciò  che  ne  dicono 
i  nomi  e  le  tradizioni  nobiliari ,  e  però  non  è  strano  che  i  tre 
congiurati  si  sieno  annunziati  a  Ruggiero  come  cristiani  greci , 
secondo  una  variante  del  ms.  messinese. 

Dagli  elementi  che  ci  rimangono  pare  indubitato  che  la  tra- 
dizione non  sia  stata  scritta  avanti  il  secolo  XVI.  Della  Jlistoria 
de  recwperatione  ecc. ,  questo  parmi  abbastanza  dimostrato,  e  sarà 
meglio  confermato  da  ciò  che  segue  ;  il  codice  perantiquo  del  Se- 
nato di  Messina  citato  nell'  annotazione  della  copia  del  Duchesne, 
era  probabilmente  un  esemplare  genuino  della  Historia  de  recu- 
peratione  corretto  poi  e  accomodato  alla  meglio  o  alla  meno  peg- 
gio, e  in  ogni  modo,  non  potea,  per  le  ragioni  dette,  essere  pe- 
rantiquo.  Resta  il  frammento  di  cronaca  greca  pubblicato  dal 
Gallo,  nella  versione  siciliana  di  Onofrio  Abatellis. 

Intorno  a  questa  debbo  dire  che,  sebbene  il  Gallo  non  citi  la 
provenienza  ,  non  parmi  sia  da  supporre  una  vera  falsificazione, 
perchè  in  parecchi  luoghi  un  esperto  paleografo  scorgerebbe  la 
cattiva  lezione  di  un  ms.  del  sec.  XV  o  XVI,  e  perchè  le  fonne 
del  dialetto  in  cui  la  cronaca  si  dice  tradotta,  mi  paiono  simili 
a  quelle  di  altre  scritture  di  quei  secoli  ;  ma  ciò  vuol  dire  che 
la  versione  sarà  forse  del  sec.  XVI  o  anche  degli  ultimi  del  XV; 
ma  non  che  sia  antico  l' originale,  della  cui  esistenza  non  abbia- 
mo prova  veruna.  È  però  notevole  che  la  Brevis  historia  si  dica 
trascritta  da  un  codice  peràntiquo,  che  il  ms.  che  io  pubblico  vo- 
glia esser  copia  di  codice  vetustissimo  ;  che  la  versione  dell'  Aba- 
tellis si  riferisca  a  un  originale  antico,  charaderibus  in  parte  rosis, 
sicché  pare  che  tutti  quegli  autori,  o  copisti,  o  traduttori  sentis- 
sero il  bisogno  di  vantare  1'  antichità  degli  originali,  dei  quali, 
però,  non  accennano  mai  ne  al  proprietario,  né  al  luogo  di  con- 


ci )  V.  Diploma  del  28  febbraio  1194. 
(2)  Rocco  PiRKi,  Sicilia  sacra.  I,  537. 


8  BRBVIS   HISTORIA    LIBEBATIONIS    MESSANE 


servazione,  nò  a  ciò  che  potea  mettere  gli  studiosi  sulle  tracce  degli 
originali  medesimi.  Sembrano,  insomma,  manifestazioni  diverse  di 
queir  affaccendarsi  di  eruditi  intorno  alla  gran  questione  della 
capitale  del'  isola,  che  era  cosi  viva  ed  ardente  nel  secolo  XVI 
in  Messina  e  in  Palermo,  e  per  la  quale,  mentre  nella  prima  si 
fabbricavano  decreti  dei  consoli  romani  Appio  Claudio  e  Quinto 
Fabio,  e  di  Arcadi©  imperatore,  e  s'interpolavano  diplomi  di  pri- 
vilegii  dei  principi  normanni  ;  nell'  altra  si  fabbricava  un'  epi- 
grafe che  rammentava  Lucio  Cecilie  Metello  console.  Misere  e 
dolorose  gare,  delle  quali  oggi  ridono  di  cuore  e  Palermitani  e 
Messinesi  di  senno. 

Non  ostante  questi  dubbii ,  sarebbe  utile  di  ritrovare  il  co- 
dice perantiquo  del  Senato  Messinese.  Una  speranza  si  può  con- 
cepire, forse,  scorrendo  il  lavoro  del  mio  dotto  amico  Monsignor 
Isidoro  Carini  sugli  Archivii  e  le  Biblioteche  di  Spagna,  poiché 
colà  fu  rinvenuto  un  prezioso  avanzo  di  quella  iniqua  spoliazione 
che ,  per  opera  del  Conte  di  Santo  Stefano ,  soffrì  Messina  nel 
1679,  dopo  la  memoranda  insurrezione  contro  la  dominazione  spa- 
gnuola  (1).  Dubito,  per  le  ragioni  dette,  che  il  Codice  conte- 
nente la  narrazione  di  cui  mi  occupo ,  possa  essere  anteriore  al 
secolo  XVI  ;  giova  però  di  ricordare  una  circostanza  di  sif- 
fatta spoliazione.  In  una  rarissima  stampa  che  fa  parte  del  Co- 
dice Qq.  E.  18  della  Biblioteca  Comunale  di  Palermo,  trovasi  il 
processo  verbale  per  cui  il  Consultore  D.  Rodrigo  Antonio  de 
Quintana,  per  ordine  del  Conte  di  Santo  Stefano,  procedette  ad 
ore  22  del  giorno  9  gennaio,  dell'anno  summentovato,  al  seque- 
stro di  tutti  i  manoscritti  che  allora  si  conservavano  nella  torre 


(1)  11  Cabimi  rinvenne  nella  biblioteca  dell'  Accado.ria  di  Storia  di  Madrid 
un  m*gniflco  codice  iu  foglio,  inenil)ranncco,  legato  in  pollo,  del  secolo  XV,  in- 
titolato :  Colecion  de  Documenios  y  Jùales  (Jedulas  pertenecientes  ó  Mesina ,  di 
871  pagine,  oltre  l'indice,  con  iniziali  in  oro  od  azzurro,  cho  contiene  quasi 
cento  atti  imperiali  o  re.ili  dal  407  ni  1405,  o  lo  erodo  proveniente  dalla  spo- 
liazione del  107y.  —  V.  Oli  Archivii  e  le  liiblioteche  di  S/xit/iia,  p.  IH). 


BBEVIS    HISTORIA    L1BERATI0NI8   MES8ANJE 


0  campanile  del  duomo  (1)  e  fra  le  altre  cose  e  documenti,  nella 
cassetta  dal  titolo  :  Normanni  li.,  si  trovò  "  un  privileggio  con 
Y  istoria  della  Ricuperazione  di  Sicilia  „,  il  quale  è  senza  dubbio 
un  esemplare  simile  e  forse  contemporaneo  a  questo  che  pub- 
blico ;  tanto  piìi  che  il  ms.  messinese  è  intitolato  :  Historia  de 
recuperatloie  Sicilice  ree/ ni,  ecc.,  e  non  Brevis  historia  liberatioììis 
Messance  (come  nelle  edizioni). 

Riassumendo  ora  ciò  che  ho  esposto  sin  qui,  mi  pare  si  possa 
venire  alle  seguenti  conclusioni  : 

1°  La  motoria  liberationis  Messana;,  o  Historia  de  Recupera- 
tione,  ecc,  ha  il  suo  fondamento  in  una  tradizione  genuina  mes- 
sinese, alterata  e  guasta  col  tempo,  e  ridotta  in  scrittura  forse 
non  prima  del  sec.  XVI  ; 

2"  Di  questa  sono  accettabili  i  nomi  dei  congiurati  e  la 
congiura,  la  gita  a  Mileto  e  le  pratiche  con  Ruggiero  ; 

3"  L'  originale  è  questo  che  ha  per  titolo  Historia  de  recupe- 
ratione  Sicilice,  ecc.  conforme  forse  a  quello  che  serbavasi  in  Mes- 
sina negli  Archivii  del  Senato,  che  poi  fu  portato  in  Spagna  nel 
1679,  e  che  perciò  è  degno  di  essere  pubblicato,  non  ostante  i 
suoi  errori; 

4"  La  copia  del  Duchesne,  pubblicata  dal  Baluzio  e  dal  Mu- 
ratori, è  una  trascrizione  posteriore,  fatta  da  chi  sapeva  qualche 
po'  di  storia,  e  che  scriveva  in  latino,  come  si  scriveva  nel  se- 
colo XVI ,  ma  meno  peggio  del  vero  autore  della  Cronaca 
stessa. 

Ed  ora,  ecco  il  testo  fedelmente  trascritto  secondo  il  ms.  del 
Barone  Arenaprimo  di  Montechiaro,  nel  quale,  come  dissi,  noterò 
le  sole  varianti  che  riguardano  la  sostanza,  essendo  impossibile  e 
inutile  seguire  tutte  le  differenze  di  costrutti  e  di  parole  che  non 
mutano  il  senso  del  testo  già  pubblicato. 

G,    B.    SlBAGUSA. 


(IJ  Testimonio  del  deapojo  de  Ics  privilegios  de  Mecina  que  se  hizo  por  Don 
Boàri ,0  de  Quintana  siendo  consultar  de  Sicilia  en  IX  de  enero  MDCLXXIX. 
—  Fu  pubblicato  dal  Di  Makzo,  Bibl.  Storica  Letteraria,  voi.  VI,  p.  377. 


HISTORIA  DE  RECUPERATIONE  SICILIA   (1) 


SECONDO   IL   M.S.    DEL   SEGOLO    XVI 
DEL     BARONE     ARENAPRIMO     DI     MESSINA 


Historia  de  Recuperatione  Sicilie  regni  quod  industria  trium  praestantis- 
simorum  civium  messanensium  scilicet  Ansaldi  de  pactis  ;  Nicolaj  ca- 
niogli;  et  Jacobinj  Saccani  ;  in  manus  rogerij  comitis  devenit.  Que 
quidem  historia  ex  quodam  vetustissimo  exemplarj  quasi  ex  niniia  an- 
tiquitate  aboltto  fuit  fideliter  exstracta  tener  cuius  hic  est. 


Adamantino  scribenda  essent  stylo,  smaraldinis  atque  in  tabulis  aureis: 
que  per  nobilissinios  tres  messanenses  cquites  nostra  tempestate  gesta 
fuere:  Quorum  strenuitate  [nostrum  Sicilie  regnum  tot  anni»  ab  infide- 
libus  subjugatum;  eorum  (2)]  sagacitate  ingenio  atque  viribus  duce  ro- 
gerio  comite  recuperatum  extitit:  quin  ymo  orthodosia  Christiana  fides 
per  du^entos  et  triginta  fere  annos,  jam  mortua  suscitata  tloret  libertas, 
bonaque  cunta,  atque  honor  Siculis  concessa  sunt:  quamquam  messanenses 
(liberiate  sola  privatj)  cunta  eorum  bona  in  pace  possidebant  :  quod  ad- 
versa  fortuna  omnibus  [regnicolis  (3)]  denegabatur  cumquo  siculorum  re- 
spectu  tam  leve  jugum  dm  tollerare  non  potuissont:  mirifica  ausi  sunt  hec 
a^^re  quamobrem  ad  eorum  egregiam,  prae  excellentcnque  momoriam  scriptis 


(1)  Nella  presento  edizione  lo  parentesi  rette  chiudono  lo  parole  o  lo  frasi 
che  offrono  lo  varianti  cho  sono  ri])ortato  in  nota  ;  lo  parentesi  tonde  sono  nel 
man. scritto,  le  parole  corroso  sono  compiotato  o  sostituito  in  corsivo. 

(2)  Manca  nelle  edizioni. 

(3)  Sicolu. 


HISTOEIA    DE    RECUPERATIONE    SICILIA  11 

non  quidem,  sed  aureis  statuis  memorandi  et  decorandi  sunt.  Quia  sicutj 
tres  ipsi  soli  tantorum  beneficiorum  tocius  trinacriae  auctores  fuere  :  Ita 
decens  est  ut  in  quolibet  ipsius  [regni  (1)]  angulo  eorum  unusquisque  aurea 
statua  benemerito  erigendus  et  extollendus  sit  :  ut  perpetuo  vivant  ad 
eorum  perpetuandam  famara:  honorem  posteritatis  et  gloriara  prosapiae. 

Dominantibus  mauris  per  ducentos  et  triginta  fere  annos  et  subditam 
detinentibus  Siciliam:  licet  ante  dictum  terapus  christiani  eam  tenuissent: 
Ante  quos  etiam  maurorura  floruisset  imperiura:  Et  ante  ipsos  christianj 
dominatj  fuissent:  et  per  denos  satis  annos  etiam  alij  barbar]  et  Infideles 
eam  possidissent:  eorum  imperijs  titubantibus,  et  vicissim  variantibus  per 
multa  teraporum  curricula,  usque  ad  dictum  tempus  ut  deo  placuit  Sexto 
mensis  augusti  a  Virgineo  partu  [M"^XX°  (2)]  {sic).  Existente  [regno  (3)]  sub 
dominio  quinque  maurorum,  quorum  principalis  Raxis  nominabatur  :  Mes- 
sanae  [regni  capitj  (4)]  residebat:  qui  atauromenio  usque  tindaridura  suum 
possidebat  imperium.  Atauromenio  Syracusas  usque  alius  regebat:  Et 
alter  a  syracusis  usque  drepanum:  Adrepano  vero  ad  panhormum  unus  alter; 
et  apanliormo  ad  pactas  alius:  licet  hj  quatuor  Raxio  praeditto  velutj 
eorum  sumpmo  obsequia  praestabant. 

Nec  tacebo  inprimis  quod  tempore  quo  [regnum(5)]  fuit  expuynatuin  prout 
vetusta  pandit  historia:  sola  mamertina  civitas  omnium  postrema  fuit  sub 
conditione  capta;  nara  cum  acriter  diu  resistendo  pugnasset:  et  orco 
quamquam  plurimos  misisset  mauros:  tandem  cum  praenimia  i\sHÌduaque  pu- 
gna die  noctuque  virts  deficerent:  Aguoscensque  in  cassuvi  diu  posse  resi- 
stere: Quippe  quia  totum  regnum  iam  sub  iugo  detinebatur:  alla  neque 
spes  orat;  a  quo  piura  subsidium  expectare  posse.  Sub  hoc  enim  foedere 
deditam  se  fecit,  Primo  quod  vexillum  civitatis:  quod  aurea  c:ux  in  rubeo 
campo  depitta  cernebatur  suis  alocis  non  amoveretur;  quin  ymo  ut  singuli 
eorum  bona  in  pace  possiderent:  Nani  firmissime  decreverant  potius  rar>r- 
tem  subire:  quam  vexillum  Sancte  crucis  amitterent  et  quod  tanti  ante- 


(1)  Insulae. 

(2)  millesimo  sexagesirao, 

(3)  Sicilia. 

(4j  Manca  nelle  edizioni. 

(5)  Sicilia. 


12  HISTORIA    DE    RECUrERATIONE    SICILIA 

cessomra  sanguinis  effusione  acquisiverant;  posteritas  ipsa  ignominiose 
niortis  terrore  perdidisset  :  quam  induratam  pertinatiam  cum  perspixissent 
maurj':  his  assentire  pocius  voluoro:  quam  ambiguam  de  mamertinis  ox- 
pectare  victoriam:  Tali  itaque  firmato  foedero  civitatem  obtinuere,  et 
alijs  in  locis  eorum  extollentes  vexillum;  [quod  erat  in  viridi  campo  quod- 
dam  nigrum  castrum:  (l)]  Pacifico  ex  ilio  tunc  subditam  totani  insulam 
detinuerunt,  tyrannidem  exercentes;  hanc  cum  et  messane  exercero  vo- 
luissent  ;  praedicti  nobiles  mamertinj  :  Ansaldus,  Nicolaus,  et  Jacobinus; 
cura  haec  in  animo  volutarent,  et  mutujs  suspirijs  haoc  secum  loquerentur; 
ut  gecretius  de  hijs  melior  loquendi  daretur  facultas:  Ditto  enini  die  augu- 
sti ad  brachiuir.  sancti  [raynerij  (2)]  portus  civiintis  se  contulerurit:  cuu- 
que  de  civitatis  et  eorum  statu  mutuo  diversa  discurrerent,  et  tluctuantis 
animi  procellas  fugandi  gratia,  non  sine  lacrymarum  profluxu  plurima 
soliloquia  facerent;  versis  oculis  ad  ipsam  civitatem  et  patriam  nobilissi- 
mam,  considerantes  atque  in  quanta  infortunia  ipsa  civitas  erai  devoluta 
amaris  singultibus  conquerebantur  :  Insuper  et  crudelissimas  siculorum 
erumnas  iugiter  memorabant  et  miscrabantur  sed  raiserabilitor  mamertinae 
patriae  gloriam,  et  ipsius  tot  amplissima  privilegia,  que  multimoda  san- 
guynis  effusione  acquisita  fuerant  amare  deplorabant  ;  cum  autem  quip- 
piam  medicaminis  tam  erumnosao  calamitatj  minime  adhuc  excogitare 
possent. 

Nicolaus  cimogla  divino  suadente  spiritu  in  haec  verba  primus  pro- 
ruinpit  :  Ansaldo  de  pactis  et  Jacobine  saccano,  ea  quae  modo  excogitavi 
et  referam  [ad  eo  {■))]  certe  sunt  :  quia  nuncquam  in  mentcm  venissent:  Lae- 
taminj  id  circo  laetaminj  quia  jam  nobis  aperta  via  est,  ad  has  fugandas 
erumnas,  pluit  super  nos  gracia  divina:  Laetamini  quia  hodie  ex  inspe- 
rato et  in  merito  misertus  est  nobis  et  patriao  omnipotcns  deus;  et  nostras 
intellexit  voces,  lamontacionos:  atque  proces  exaudivit:  Non  no  audivi- 
mus  comitem  rogorium  normandiao  ducem  Kubertumque  [piccardiao  (4)] 
regem  cum  sunctissimo  papa  [scrgio  (5)]  (sic)  niilotum  calabriae  oppidum 


(1)  Manca. 

(2)  jacinti. 
(8)  Kx  Doo. 
(4)  Apuliac. 
(b)  Manca. 


HI8T0RIA    DE   RECUPERATIONE    SICILIA  13 

adventasse  ipsuraque  comitem  strenuissimutn  principem  esse,  etate  juve- 
nern  sed  prudentia  ac  regimine  satis  maturnm  senom,  ac  super  omnia 
pijssimum,  et  ad  omne  dej  servitium  promptissimura  se  semper  offerj  : 
Qui  inpresentiarura  in  ipso  mileti  oppido  ecclesiam  mire  pulcritudinis  ipsi 
trinitati  dicatam  fabricare  facit  :  secure  illuc  ad  cura  ambulemus  eidemque 
animose  totani  (s/c)trinacriae  [regnum  (1)J  tradamus;  hoc  onus  fideliter  hu- 
meris  nostris  inpoiiamus:  prò  fide  primitus  Christiana;  prò  patria;  prò 
tocius  [regni  (2)]  liberiate  assequenda,  et  prò  honore  perpetuo  mortem 
spernamus;  et  prò  tanti  negocij  expeditione  nuUis  parcamus  laboribus  : 
et  que  in  mando  tenemus  cum  caris  filijs  igni  exponamus:  quid  de  hoc 
sentitis  enunciate  raihi:  et  vestras  aperite  mentes;  et  quicquid  melius  con- 
sultum  erit,  et  expedierit  agendum,  et  per  vos  mihi  impositum  erit:  expo- 
natis  et  mandatis;  quia  quod  mandabitis  totum  exequondum  arae  fore 
lirmiter  polliceor. 

Quo  verba  avide  saccanus  et  pactis  percipientes.  Agnoscentesque 
vere  esse  omnia  :  et  quod  rem  aggredientes  assequi  posse  finein  ;  Et  quod 
opus  erat  animo:  Subito  ambo  ad  coUum  se  ne  nicolaj  camoght  f.rohi- 
cientes^  amplexati  et  de  osculati  cum  millies  fuero  :  Summo  cura  gaudio 
lacrimis  profusis  concorditer  sic  responderunt: 

Prater  Amantissime  istud  consilium  quod  modo  aperuisti,  vere  cogno- 
scimus  quod  a  deo  ortura  est:  Id  circo  deo  prius  gratias  agimus,  et  tibì 
frater  quia  sic  affatim  nobis  rem  tam  grandera  brevibus  conclusisti:  tuum- 
que  santum  consilium  approbamus  et  laudamus:  et  tecum  omnes  laetanter 
prò  patria  fido  libertatequo  communi  capescenda  morj  peroptamus;  Et 
vicissim  multoque  spacio  super  hanc  rem  verba  volutantes,  viam  modum- 
que  totum  subtiliter  exquirentes  per  totum  vagati  sunt  dicm.  Demum 
civitatem  ingressi  in  secreto  amicis  sanioris  consilij,  ac  consanguineis 
convocatis,  omnia  uti  per  eos  raciocinata  firmataque  fuerant  ad  aperiunt: 
Et  demum  altero  quodam  die  omnes  in  angulo  secretissirae  domus  seque- 
stratj,  tanti  negocij  amplitudinem  acutissime  pensitantes;  ipsis  praefatis 
de  pactis  camogla  et  saccano,  ut  tanti  negocij  auctoribus  omnium  rerum 
curam  de  comuni  consensu  conmictere   decrevere   his  itaque   conclusis  : 


(1)  insulam. 

(2)  Sioiliae. 


14  HISTORIA    DE    RECUPERATIONE    StCILLaE 

Sollomnitatem  quamdam  praestolabantur:  quam  mauri  singulis  annjs  do- 
mibus  xij™  tliebus  inclusi  celebrant:  Adveniente  autem  sollemnitate  prae- 
ditta;  Nobiles  viri  proprijs  vestibus  exuti  sub  simulato  indumento,  dre- 
panum  versus  ire  siraulantes,  scaphara  quamdam  ascenderunt,  nocturno- 
que  tempore  calabriae  lictus  attigerunt  inde  iter  inceptum  secundo  for- 
tunae  flatu  molientes  miletura  se  contulfirunt:  Palacium  introgressi  ubi 
pontifex  erat  :  cuius  pedes  postquam  fuerunt  osculati,  eos  papa  qui  nam 
foreut,  cuiusve  causa  venissent  per  contatus  est:  Cuj  Ansaldus  de  pactis 
ita  respondit:  Christiani  [greci  (1)]  siculi  sumus  ex  messana  urbe  ad  co- 
mitera  Rogeriura  legati  raissi  suraus  :  Ad  haec  papa  quid  nam  cura  rogorio 
vellent  diligeuter  perquirens  :  Tale  a  Nicolao  camogla  responsum  accepit. 

Beatissime  Pater  nosjurojurando  ea  quorum  causa  huc  iter  direximus 
explicare  nequimus:  unum  per  (s/c)  modo  sciat:  Sanctitas  vestra  nos  prò 
augumento  christianae  fidej  huc  venisse:  Tuae  id  circo  placeat  sanctitatj 
ut  nos  comitem  rogerium  huius  rej  causa  conveniamus,  mox  tantj  negocij 
causa  te  non  latebit.  Tunc  Papa  aditum  omnem  eis  liberum  patere  per- 
misit  :  Illj  vero  aulam  comitis  ingressi  :  Comitem  genibus  flexis  coram 
beata  virgine  orantera  invenerunt:  quos  cum  illj  pijs  .ntueretur  oculis, 
adventus  causain  perquirens,  et  ad  verba  faciles  intontus  praebuit  aurcs  : 
Tunc  generosi  mamertinj  verbum  priusquam  exprimere  possent  unum  ex 
nimia  cordis  abundantia  ad  multa  propalanda  continere  so  non  potucrunt, 
quin  lacrimas  per  abunde  funderent,  assiduoque  ploratu  in  tantum  comitis 
viscera  ad  pietatem  commoverunt,  quot  his  placidissiiuis  vei-bis  comes  sic 
eos  est  allocutus: 

Quicumque  istis  boni  virj  ac  fratres  vestris  conpulsus  lacrimis,  ne- 
gare non  po.ssum,  quin  vobis  non  compaciar,  et  prò  quacumque  vestra 
leticia,  quoque  remedia  praestare  promitto  atque  offero:  vetras  retinete 
lacrimas,  et  vobis  ipsis  iam  parcite,  et  ad  singultus  tempus  ne  perdatis 
amplius,  causam  et  omnia  quae  vos  huc  impulit;  Socuro  enudate.  Dato 
itaque  silentio  somotisque  lacrimis;  lacobinus  saccanus  ut  erat  vir  prao- 
stantia  et  eloquentia  specialis,  atque  facundus  talom  oxplicuit  legationom. 

Nobilts  Comes  legati  sumus  mamortinao  urbis  siciliro  ad  tuam  dostinatj 
presentiara,  et  do  tua  niirum  id  modum  conli.sa  virtute  messana  civitas 
[regnj  (2)]  siciliao  caput;  et  vetustissima  ut  cani  adjuvaro  digneris  satis 


ri)  Manca. 
(2)  Insulac. 


HISTORIA    DE    KECUPEBATXONE    SICILIA  15 

orat;  nara  ut  cuntis  noturc  est  per  mauros  cum  [toto  regno  (1)]  subdita 
est.  Et  quod  crudelius  per  ducentos  et  triginta  lere  annos  christi  fides 
per  [totura  regnum  (2)]  mortua  quasi  jacet  tyrannide  impioruni  mauro- 
rum:  Sub  cuius  in  manj  imperio  tot  erumpnis,  calamitatibus  et  doloribus 
affrigimur;  quae  si  singulatim  rememorare  vellemus  in  satis  fanda  nostra 
esset  oratio:  satisque  longa,  tibi  molesta,  atque  tediosa.  Praesta  auxilium 
justa  petenLibus;  quia  hac  de  causa  ad  te  venimus:  Messana  te  vocat; 
Messana  te  in  [regem  (3)  ]  eligit;  Messana  prò  sua  nunc  libertate,  tua- 
que  corona  morj  desiderat;  ut  te  victore  fides  christi  exaltetur;  Surge 
ad  adjuvandum;  Surge  surge  christianissime  comes,  Surge  et  arma  capesse: 
[Accelera  quia  magna  cum  gaudio  Senatus  Populusque  Messanensis  expe- 
ctat;  ac  te  videre  cupit  (4)  ]  Quia  te  duce  ab  impio  servitutis  jugo  se 
exonerabit:  [Et  regnum  totum  ab  inde  firmiter  recuperabis  (5)  ]  quia  in 
sola  messana  tota  vis  est:  Scias  et  reliquum  quod  prò  tua  Victoria  et 
[  regni  (6)  latitudine  ]  primo  et  prò  dej  servitio  proque  christi  fido  au- 
genda  sanguinem  cura  ipsa  vita  omnes  messanenses  effundere  alacriter 
se  offerunt,  Et  jure  jurando  se  obligando  promittunt,  vires  [regias  (7)  ] 
exercere  et  ut  [rex  (8)]  Messanae  occurras;  quia  ab  hodie  et  perpetuo 
Messanenses  se  deditos  obnoxios  et  mancipatos  tibi  pollicentur:  Ante  pe- 
des  tuos  so  subiiciunt,  per  nos  ipsos  possessionem  cape  de  tua  messana: 
[et  ea  mediante  tociusregnj  sceptrum  firmiter  et  feliciss'ine  possidebis,  (9)  ] 
et  Signum  in  [realis  (10)]  possessionis  tuos  deosculamur  pedes,  Et  genibus 
flexis  omnes  ante  comitis  procunibentes  pedes  cum  vellent  effective  deo- 
scularj,  rogerius  non  permisit,  Sed  manus  deosculati  eo  sunt  invito,  Et 
ad  suam  redditus  orationem,  Saccanus  ait:  Et  si  prò  messana  et  [regnj 
amplitudine,  (11)]  tua  dignitas  non  curabit:  et  tot  nostris  afflictionibus  non 


(  1)  tota  Sicilia. 
(  2)  totam  insulam. 
(  3)  dominum. 

(  4)  Le  edizioni  dicono: —  Accelera,  quia  videre  te  cupit  alacriter  Mamertina 
civitas,  summoque  gaudio  to  populus  Messanensis  expectat. 
(  5)  totiusque  deinde  Siciliae  potieris. 

(  6)  Manca  nelle  edizioni.  La  forma  di  tutta  la  orazione  è  molto  diversa. 
(  7)  Manca. 
(  8)  dominus. 

(  9)  qua  mediante  totius  Trinaciiae  insulae  victor  eris. 
fio)  cuius  verae. 
(11)  Siciliae  libertate. 


16  HISTORIA    DE    RECUPERÀTIONE   SICILI-j; 

corapatieris;  vincat  cor  tuum  ista  sancta  crux:  commoveantur  viscera  tua 
prò  sua  liberatione  et  exaltatione:  et  epectore  vexillo  sanctae  crucis  e- 
vulso  ad  haec  verba  prorupit,  hoc  signum  sanctae  crucis  est  quo  tocius 
huraani  generis  redemptio  fuit:  ea  mediante  confractis  viribus  infernj  pa- 
radisi januae  christianis  reseratae  sunt:  In  hac  pependit  ille  qui  mundum 
salvum  feciL-  in  qua  et  per  quam  est  salus  vita  et  resurrectio  nostra: 
haec  enim  sancta  crux  tuae  messanae  vexillum  est.  Et  in  toto  mundo 
singulare  quod  a  sacro  Archadio  costantinopolitano  Imperatore  eorum 
meritis  eum  obsessum  [cefalonha  (1)]  a  suis  proditoribus  cum  liberarunt 
messanenses  obtinere  meruerunt,  per  crucem  liane  sanctam  quam  quo- 
tidie  pie  adoras,  conjurat  te  tua  messana  ut  ad  eam  in  locis  sanctis 
exaltandani  celeriter  occurras.  Accelera  in  eius  adjutorium:  fides  christi 
fac  ut  te  duco  reviviscat  et  resurgat:  his  cura  lacriniis  dictis  finem  fecit: 
Cuj  legacionj  Rogerius  ita  brevj  loquio  respondit  :  Sit  vester  adventus 
felix  legationes  vestras  cordialj  affectu  intelleximus:  raiserias,  erumnas, 
atquo  calamitates  omnes  totius  insulae  moltociens  audiviraus,  et  diu  est: 
quod  nostra  penetrarunt  viscera;  Si  adeo  haec  sunt;  deus  nobiscura  erit, 
Et  nobis  atque  vobis  aperiet  intellectum  ad  suam  sanctam  exercendum 
{sic)  volumtatem;  vires  atque  tribuet  victrices  ad  ianimicuni  suao  sanctae 
fidej  expuguandum^  Et  penitus  asuis  sacris  locis  viriliter  fugandum,  qua 
resp«nsione  facta,  et  singulis  legatorum  nominibus  annotatis,  ne  aloco 
diicederent  monuit:  Aulam  summj  pontifìcis  ingressus,  legatìonem  ut  ac- 
ceperat  suae  sanctitatj  Inpresentia  zex  cardinalium  seriatim  rcserat:  quin 
ymo  suam  aperit  voluntatem  qualiter  siciliam  versus  copias  classemque 
erat  dirccturus:  prò  Christiana  fide;  et  recuperatione  trinacriao  a  mani- 
bus  maurorum:  Praccedentibus  prius  Consilio,  auxilio  et  suae  sanctitatis 
largha  benedictionc:  Quibus  sanctissimis  verbis  per  pijssimum  pontificom 
ita  responsus  est:  Rogori  coraes  fili  benedicte  tecum  sit  deus  tuumquo 
illuminare  dignetur  corpus  et  animani,  illaquo(.s'/c)sua  divina  benedictione  be- 
nedicat  atque  sanctiHcet,  quantum  jocunditatis  hac  liora  susceperim:  ut  dux 
invictissiraus  efficiaris  ad  hanc  inimicorum  catholice  fidej  sccptam  ox- 
pellondam:  uc  ipsum  [sicilisB  regnum  (2)]  ab  ipsis  immanissimis  infìdeli< 
bus  tot  annis  sub  jugo  conculcatum  te  duco  libcrctur:  oxplicaro  ncqueo: 
A  me  enim  prò  tanto  bono  consequondo,  quicquid  pocioris  indubitanter 


(1)  TessAlonicn. 

(2)  TrìnaorìAm  invulam. 


HISTOBIA   DE   REOUPERATJONB   SICILIA  17 

consequeris:  Et  pater  onnipotens  sit  in  tuo  adjutorio.  Et  omnis  potestas 
mihi  desuper  concessa,  super  te  cadat,  cum  benedictione  patris  filij  et 
spiritus  sanctj:  hoc  unum  a  te  summopere  peto:  Et  quod  proniitta.9  in 
dej  servitio  mando:  Post  |uam  divina  permittente  gratia  victoriam  fueris 
consecutus:  insuleque  dominatura  acceperis  dee  te  obtemperantera  exhi- 
beas:  quod  suum  est:  eidera  libenter  irapartias;  de  tota  Victoria  trinam 
portionem  efficias:  Partem  unam  in  exstruendis  ecclesijs,  conventibus,  ho- 
spitalibus,  abbatijs;  nec  non  praelatijs  ad  honorem  cultumque  divinum 
exhibeas:  Secundo  (stc)  militibus  tuisqui  tecum  in  hac expeditione  praelia- 
buntur  munificenter  impartiatur:  Terciam  vero  tue  necessitatj  subministra: 
et  deus  erit  tecum  et  in  omnibus  vijs  tuis  seraper  in  tua  protectione  cora- 
morabitur.  Ad  haec  autem  Rogerius  laelanter  motuque  proprio  jure  ju- 
rando  omnia  utj  summus  pontifex  decreverat:  confirmavit.  Laetus  ex  bis 
pontifex  eum  benedictionibus  replevit:  inde  impetrata  venia  discedens. 
Ad  legatos  in  aula  conimorantes  revertitur  quibus  que  cum  summo  pon- 
tifico firmata  fuerant  pandit.  lUj  vero  hilari  vulto  omnia  pfrcipientes 
summopere  rogerio  congratulabantur:  Mox  quicquid  Erat  providendura 
seenni  deliberant:  qua  in  re  latissime  ratiocinando  vagantur:  Tura  de  modo 
tenondj  bellandique  qua  via  ordine:  Tum  et  qua  comitiva;  quibus  omni- 
bus ad  plenum  per  quam  diligenter  discussis  et  examinatis^  legatis  sic 
est  rogerius  alloqutus:  fratres  carissimi  finuiter  tenete  [  hinc  ad  diem 
xv™  (1)]  cum  divino  adjutorio  trinachriam  versus  me  iter  facturum  fl- 
denter  spero;  quinam  esset  collecta  uavigiorum  multìtudinem  secundum 
temporis  exigentiam  quomodo  praestolatur;  Comparatoque  navali  exercitu 
prius  sub  parmis  oppido  totam  classem  traijciam:  funes  ibique  solvam  : 
Vos  :nterim  ab  ipso  pontifico  acepta  benedictione  iter  capescite;  ottoque 
dierum  spacio  consumpto,  socios  vestros  convenite,  eisque  omnia  quae 
nobiscum  per  acta  et  firmala  sunt  secretissime  exponite,  semperque  meam 
fidem  timore  fingite;  et  interim  domibus  vestris  signum  crucis  affigite 
quo  tuti  esse  possitis  ab  in  cursu  bellatorum  in  ingressa  civitatis,  Sta- 
tuto enira  die  vos  aperte  interiorj  summa  vi  convixi:  nosque  ab  exteriorj 
bellicis  instrumentis  praeliantes  facile  victoriam  consiquemur  bis  conclu- 
sis  ad  summum  pontificem  iveiunt,  et  accepta  laetissime  benedictione  ad 
comitem  reversi  sunt,  ad  quera  Ansaldus  de  pactis  dixit  Rogavimus  do 
mine:  iterumque  rogamus  ut  super  omnia  advertas  ne  alatere  tuo  vexil- 


(1)  hinc  ad  paucas  dios. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV 


18  HISTORIA   DE   RECUPERATIONE   SICILIA 

luna  sanctae  crucis  semoveas  quousque  messanam  deo  maxime  permittente 
pervenias;  Ibidemque  victoriam  adeptus  nobis  illud  manibusque  proprijs 
feliciter  in  civitate  reddas.  Accepta  itaque  promissione,  atque  licentia  co- 
mitis  impetrata;  laeti  discedentes  rheglum  pervenerunt,  a  quo  pyscatoria 
cimba  tramsvecti  messanam  applicuerunt.et  in  domibus  occulte  quiescentes, 
cum  amicis  omnibus  consangyneis  et  secretissimis  viris  quae  cura  gene- 
rosissimo comite  rogerio  fuerant  conclusa  singulatim  aperiunt,  modum- 
que  victoriae  consequendae  machinantur:  Dura  haec  inter  ipsos  legatos 
et  reliquos,  civitatis  proceres  bene  examinantur,  et  discutiuntur:  octavus 
dies  transsigitur:  Ecce  comitis  adventus  ubique  circumsonat  [Papae  (1)] 
et  Rogerij  numerosum  agmen  ad  capescendam  insulam  venturum  publice 
audiebatur:  qua  de  re  ex  nimio  pavere  perteritos  satis  simulabant  ma- 
mertinj  (uti  comes  istruxerat)  Mauri  vero  cum  animadverterent  christia- 
nos  pertimescere:  lubricosas  montiura  vias  atque  valliuni  ut  tutius  fuge- 
rent  quaeritabant,  Rogeriua  interini  per  totam  calabriam  edicto  mandare 
precepit  ut  omnes  se  rhegium  usque  concoraitarentur;  nec  mora  octo  die- 
rum  spacio  Mille  et  septigentj  virj  ex  inproviso  praesto  fuerunt;  Tunc 
Rogerius  comes  vestem  novani  cum  karactere  sanctissime  crucis  se  lae- 
tanter  induit:  Et  praecedente  vexillo  crucis  civitatis  messanae  a  legatis 
comendato  [prius  Asummo  pontifice,  et  tocius  sanctae  romanae  ecclesiae 
consistorio  benedictione  accepta,  ac  omnium  suorum  peccatorum  plenaria 
remissione:  (2)  ]  Cum  magna  omnium  jocundìtate  favore  atque  tripudio, 
satis  ilaris  cuntis  videntibus  ventis  vela  dedit,  Parmam  versus  iter  te- 
nens,  cuius  ad  littora  cum  applicuisset  datis  anchoris  equos  circiter  du- 
centos,  quos  eo  convenire  mandaverat,  navigijs  transvexit:  Ac  intribus  die- 
bu8  rhegium  venit  quo  diebus  fere  xV"  commoratus  ;  quotidie  milites 
equitesque  suos  blandiloquio  de  mulcebat  atque  exercitabatur:  Quibus  cum 
plurìmum  de  futura  Victoria  loqueretur,  Tandem  mano  satis  ante  dilucu- 
lum  cum  triremibus  tribus  longo  amessana  miliarijs  se  contulit.  Dumque 
primum  a  triremis  exiliens  siculara  tollureni  voluit  primo  pedibus  apprehen- 
derd  (sic);  raox  cohacervatum  ceterj  milites  eum  sequntur:  ipso  tum  ro' 
gerius  vcxillura  sanctae  crucis  civitatis  mcssauae  manibus  stricto  tonons 
ita  suos  affatur  milites.  (Oratio). 


(1)  Manca 

(2)  Mancano  le  paroU  ehiutc  fra  parentm. 


HI8T0KIA   DE   RBCUPERATIONK    SICILIA  19 

Viri  strenuj  et  spettate  fidej  vestrura  si  quis  est  qui  rogerij  noraen 
amore  prosequitur:  strenuae  {sic)  bellaturum  hodie  se  obstendatin  manu  est 
Victoria:  quia  deus  uobiscum  est!  justam  quia  fovemns  causam  :  christi 
milites  sumus,  et  prò  suo  servicio  huc  bellaturj  nos  venimus  •  Ecce  Sancta 
Crux,  sola  ipsa  dux  omnium  est:  ipsam  prosequimini  et  firmiter  in  ea 
sperate;  quia  cum  ipsa  vera  nostra  salus  et  Victoria,  et  oculis  in  celum 
sublevatis  coram  omnibus  Reverenter  genibus  flexis  sic  oravit. 

Pijssime  domine  jesu  cbriste  mundi  redemptor,  qui  non  spemis  paupe- 
rum  preces  :  Suscipe  queso  in  digiii  famuli  tui  preces  et  concede  ut  fidej 
tuae  victoriam  ad  eptus  :  hoc  vexillum  Sanctissiniae  crucis  tuae  inqua  prò 
humani  generis  redemptione  suspendi  ac  morj  dignatus  os  quam  manibus 
tcneo  in  urbe  messanae  in  alciori  fastigio  domus  tuae  figere  valoam;  ut 
noraen  tuum  ubique  gentiuni  dominetur  hjs  dictis  [jofredum  (1)]  tocius 
exercitus  strenuura  ducem  accersirj  jubet  mandatque,  ut  cum  classe  por- 
tum  ingrediatur  et  ipsius  civitatis  portas  atque  menia  diruat,  quia  semitas 
terrestres  occupabit  ipse:  Cuj  jofredus  sic  respondit:  Mi  domine  invictis- 
sime,  Conducibilius  mihi  videtur  ut  me  pedestrem  exercitura  ducente: 
Armata  classe  festinanter  ipsum  portum  velit  tua  dignitas  occupare;  quia 
congruum  est  ut  itineris  labor  Ame  suscipiatur  praesentia  tua  enira  classis 
magis  decorabitur  magisque  omnes  perterritj  fient:  et  facilius  capienturi 
Sic  ut  nunquam  commodiua  praeliabimur,  quibus  voi  bis  comes  rogerius 
assentiens  triremibus  versus  portum  navigat;  jofredus  ordinatis  aciebus 
et  militibus  equestribus  celeriter  suum  iter  peragit,  Cum  autem  ro^  s 
[brachium  Sanctj  raynerij]  (2)  portus  civitatis  attigissot:  Ita  enim  vocatur 
promontorium  illud,  havalem  exercitum  foras  eduxit:  Ibidemque  pedestrem 
apparatum  aperiens  :  mamertinae  urbis:  amenitate  nimia  laeticia  allecta- 
batur:  In  eo  enim  loco  fons  uberimus  erat  aquae:  prope  quem  quaedam 
erant  furce,  in  quibub  xij™  christiani  ob  subspectionem  proditionis  suspensi 
videbantur:  quod  spectaculum  rogerius  sufferre  non  potuit;  tanta  fuit  mi- 
seratione  commotus  quin  lacrimas  emitteret:  et  suspensorum  strage  per- 
specta,  deo  vovit,  eodem  et  in  loco  ad  honorem  salvatoris  suj  sanctj 
nominis  templum  edificaturum:  Dum  haec  se  in  animo  volutaret;  jofredus 
pedestris  pugnae  dux  strenuus  advenit,  quo  adventu    viso,    subito  datis 


(1)  Goffredura  fratrera  suum. 

(2)  insulara  Sancti  jacinti. 


20  HISTORIA    DE    RECUPERATIONE    SICILIA 

signis  buccinisque  pulsis,  Momento  enim  uno  marj  terraque  bellum  viriliter 
inceptum  est  :  Iiitus  messanenses  ut  rabidi  loones  quoscunqu'3  maurorum 
inveniunt  partim  trucidant;  partimque  vero  vulneribus  affettos  orcho  aniit- 
tunt:(l)  Patescunt  undique  janue  maxima  fìt  ubique  strages,  ac  praoda, 
nec  cessatur,  nec  aliquis  fuge  mauris  salvationj  locus  coucedebatur,  in 
truculentissimam  caedem  mamertinj  vendicantur  :  totusque  et  in  hoc  exer- 
citus  maris  ac  terre  crudeliter  grassatur.  Rogerius  vero  victoriam  tuta  in 
aspiciens  ,  ut  erat  natura  in  afflictis  pius  atque  clemens,  miseratione 
motus  ne  ultcrius  pevirent  quia  sat  erat  in  bello  in  crudelitam;  plandis- 
sima  iraperavit  ut  vivos  caperent,  et  prò  servis  quisquam  mauros  detìneret, 
quin  etiam  per  praeconem  mandavit  ut  qui  ex  illis  christiani  fieri  vellent 
vitae  ac  servitutis  impunitatem  acquireret,  Qua  re  audita  con  plures  ex 
illis  aqua  baptismatis  abluti  christiani  sunt  effetti  et  duaruni  horarum 
spacio  tota  civitas  infidelibus  spoliata  in  christì  fide  ac  libertate  coru- 
scavit  dictusque  exeroitus  ad  episcopatus  ecclesiam  se  contulerunt  non 
sine  ingentj  totius  civitatis  tripudio,  summaque  laeticia  deo  summo  gra- 
tias  primitus  agentes,  Postmodum  comes  tres  praedictos  equites  legatos 
ad  se  accersirj  jussit,  quos  laetanter  sic  alFatur. 

Animosi  equites,  et  onini  laude  digni  quorum  causa  haec  civitas  pa- 
tria vestra  libertatera  obtinuit  et  concedente  domino  [  totum  et  siciliae 
regnum  (2)]  a  maurorum  saevo  dominatu  liberabitur:  Ecce  sacrum  vexil- 
lura  Sanctae  crucis  huius  civitatis  felicissima  insignia;  quod  mihi  in  mi- 
leto  commcndastis;  Proprijs  manibus  huc  attui'  ut  promisi:  ipsum  vestris 
manibus  accipite  prò  arbitrio  judicioque  vestro  ubi  vultis  collocate,  ad 
dei  summj  honorem  et  huius  perennem  civitatis  landem  atque  famam. 
Qui  prefati  legatj  cum  tota  messanensium  aciae  (sic)  praenjmia  laetitia 
collacrimantcs;  Deo  summo  ac  rogerio  quj  eos  emanibus  impijs  liberaverant 
gratias  ingentes  egero  et  magna  omnium  cum  jubilacione  vexillum  in 
campanili  majoris  eeclesiae  sanctj  nicolaj  ipsius  episcopatus  extulere:  Inde 
vero  ad  comitcm  redeuntes  multis  plandisquo  vcrbis  vicissim  ultro  ci- 
troque  habiti»  non  parum  temperie  transigere;  et  ex  ilio  tum  mamertinj 
rogoriuni  ut  (regom  (3)J  aempcr  habuerunt:  tunc  comes    rogerius    ipsos 


(1)  In  quento  luogo  ì^  evidente  lo  «poslamento  delle  parole  —  orcbo  amittunt  — 
che  è  corretto  nelle  edizioni. 

(2)  tota  insula  Siciliae. 
(8)  dominuin. 


HISTORIA    DE   KECUPERATlONfi    SlClLIiG  21 

praefatos  equites  mamertinos  plurimis  muneribus  munificenter  donavit, 
ceterisque  militibus  suis  et  civitati  esse  parem  munifìcentìam  ostendit: 
Mox  pacato  civitatis  statu;  Rebusque  omnibus  compositis  auxiliantibus 
copijs  et  messanensium  comitiva  [totum  regnum  (1)]  paulatim  in  suam 
redegit  potestatem:  et  ubique  pace  conposita  quod  cura  summo  Pontifice 
de  tripacienda  (sic)  Victoria,  una  ecclesijs,  militibus  altera,  et  sibi  tercia 
juxta  votum  quod  promiserat  humanissime  adinplevit  hanc  felicissiraam 
victoriam  obtinuit  Comes  cura  annorura  esset  [viginti  triura  (2)] 

deo  duce 
[Nerius  honofrius  scriptor  Sit  deraonum  vittor  (3)] 

aquilonius 
Amen. 


(1)  totam  insulam 

(2)  XXIX. 

(3)  Manca  tutta  la  sottoscrizione. 


MISCELLANEA 

DELLE  EPIGRAFI   GRECHE 

DI 

GIORGIO  AMMIRAGLIO 

DELLA    MADKE    E    DELLA    CONSORTE 


Nella  storia  della  paleografia  egli  è  un  caso  ben  strano  e  da  se- 
gnalarsi quello  di  trovare  non  solo  gli  autori  di  alcune  epigrafi  scolpite 
in  marmo  od  in  altra  solida  materia;  ma  benanche  le  minute  o  bozze 
che  ne  preparò  il  compositore.  E  questo  caso  singolare  ora  ci  si  pre- 
senta in  talune  epigrafi  della  celebre  chiesa  della  Martorana  di  Paler- 
mo.— Che  più  ?  Mentre  le  iscrizioni  marmoree  andaron  perdute,  ed  appena 
qualche  brano  ci  fu  licuperato  dal  Prof.  Salinas  e  ricoverato  nel  Museo, 
abbiamo  invece  integre  le  bozze  che  servirono  di  testo  all'incisione. 

Di  queste  minute,  diremole  così ,  delle  epigrafi  ora  ci  occuperemo  , 
rilevandone  l'importanza,  il  testo,  l'autore,  e  il  confronto  co'  frammenti 
lapidei.  Non  ci  occuperemo  della  parte  storica  delle  medesimo;  giacché 
n"ìt  ~olo  di  questa  trattarono  valenti  scrittori  siculi,  ma  di  tali  docu- 
menti ci  attendiamo  con  ragione  un'  ampia  e  precisa  trattazione  dalla 
perizia  del  eh.  Salinas. 

Per  quel  che  riguarda  il  nostro  compito  possiamo  anche  aggiungere 
ch'egli  ci  darà  a  fac-simile  eziandio  i  frammenti  che  raccolse  delle  epi- 
grafi marmoree;  e  così  non  ci  distenderemo  a  dir  nulla  della  lorj  de- 
scrizione, e  ragione  di  scrittura,  e  disposizione,  bm  contenti  di  solo  ri- 
portarne gli  elementi  alfabetici  a  confronto  del  testo  dallo  nostre  mi- 
nute. £  ciò  facciamo  molto  più  volentieri  perchè,  mentre  i  versi  dello 
bozze  sono  scritti  sulla  pergamena  a  due  a  duo  nella  stessa  linea  quasi 
doppi  senarii,  quelli  dello  tavolo  marmoree  poi  son  scritti  tutti  di  seguito 
diutingueadosi  i  versi  con  solo  alcuni  punti,  come  si  potrà  veder  ne'  fuc- 
simili. 

Por  una  pur  strana  coincidenza  troviamo  che  la  monibnma  ,  su  cui 
il  poeta  foco  la  sua  composizionu,  altro  non  ò  che  la  retro-pagina  della 
membrana  ove  Costantino  prete  greco  scrisse  e  sottoscrisse  anch'  egli 
l'atto  di  compra  di  alcuno  case  prossimo    alla  Martorana  modcsima  ,  o 


MISCELLANEA  23 


del  quale  abbiamrao  scritto  qualche  cosa  a  parte.  Or  bene  Costantino 
nel  contratto  dice  averlo  egli  stesso  scritto  èypx^ri  v^  upoxpoTT^  xo^ 
Upwxàxoi»  upioTOTiàTia  uéXew;  Xlavópiiou  xup  BaocXeiou  Xeipl  xwvoxav- 
Ttvou  eòxeXoOg  fepéws.  Scriptum  est  iussu  domini  BasiUi  sacratis.simi 
protopapae  urbis  Panarmi  manu  Constantini  humilis  sacerdotis;  e  quindi 
egli  stesso  si  sottoscrive  f  xwvoxavtTvo;  eùisXTjS  Jepeù?  [iàpxu^  ÓTceypa- 
<\)cc.  Constantimis  humilis  sacerdos  testis  subscripsi.  L'identità  della  cal- 
ligrafia anche  ne'  versi  della  retropagina^  ci  persuade  ch'egli  ne  sia  l'au- 
tore, giacché  dal  comando  stesso  avuto  dal  suo  protopapa  od  arciprete, 
di  stender  l'atto,  che  non  ha  le  troppo  frequenti  sgrammaticature  pro- 
prie di  siffatti  documenti,  ci  apparisce  come  la  persona  più  colta  e  let- 
terata di  quel  clero,  alla  quale  si  deferiva  come  questa  così  altre  com- 
missioni di  scriver  le  cose  che  doveano  esser  di  pubblica  ragione  e  do- 
vean  servire  per  la  posterità. 

Che  lo  scrittore  di  quei  versi  non  fosse  un  copiatore  dalle  già  esi- 
stenti epigrafi  marmoree ,  cel  persuade  il  modo  di  scriverli  a  linea  di 
versi;  e  di  più  le  correzioni,  cancellature  e  pentimenti:  e  (dirò  di  più) 
anche  gli  errori  di  iotacismi  specialmente  scorsi  dalla  penna  di  un  ve- 
lociter  scribentis,  il  quale  non  avea  altro  in  mira  che  fermar  colla  scrit- 
tura il  concetto  e  il  verbo  che  gli  fluiva  nella  composizione,  riserban- 
dosi poi,  come  pur  fece,  ad  emendare  e  ripulire  la  sua  scrittura  prima 
di  consegnarla  al  quadratario ,  il  quale  dovea  inciderla  sulla  pietra  ,  e 
pel  quale  forse  preparò  un  migliore  esemplare  calligrafico. 

Benché  tutto  ciò  sia  bastante  a  provarci  che  Costantino  scrisse 
quelle  bozze  di  epigrafi^  pure  sottilmente  investigando  troviamo  altri  ar- 
gomenti sulla  medesima  membrana.  Ed  infatti  nella  parte  della  retro-pa- 
gina non  occupata  dai  sudetti  versi  senarii,  ci  rimangono  le  vestigia  di 
prova  di  un  sonarlo,  il  quale  sembra  appartenere  ad  altro  soggetto  che 
non  è  delle  nostre  epigrafi  leggendovisi: 

xwv  Yp*|JL[i.a'cwà)V  (xXÉOi;)  àvSpwv  xXso? 

ove  la  prima  volta  xXéog  fu  cancellato  con  obolo.  Ci  venne  alla  mente, 
ma  senza  altro  fondamento  ,  che  potesse  esser  stato  fatto  per  qualche 
letterato,  come  era  allora  Nilo  Doxopatrio  :  quel  medesimo  che  si  vede 
sottoscritto  con  Costantino  al  documento  della  stessa  pergamena.  E  qui 
sostituendo  il  nome  velXoi;  alla  cancellata  parola  xXéog  avrebbe  avuto 
Costantino  il  suo  verso  senario  dodecasillabo. 


24  MISCELLANEA 


Per  la  formazione  di  siffatti  versi,  con  istranissiraa  coincidenza  lo  stesso 
Costantino  scrisse  i  suoi  canoni  prosodiaci  nel  rovescio  di  questa  mede- 
sima membrana,  il  qual  rovescio  sembra  essergli  allora  servito  per  tavola 
di  appunti. 

Queste  regole  prosodiache  dettate  pur  elle  in  versi  formeranno  og- 
getto di  speciale  curiosità  agli  eruditi,  e  lo  saranno  anche  di  maravi- 
glia per  trovarsi  in  questa  pergamena,  divenuta  così  inisperata  miniera 
di  tante  varietà  letterarie. 

Li  riproduciamo  subito  con  lettura  sciolta  da  nessi  e  con  le  debite 
norme  ortografiche.  JNella  prima  colonna  si  ha: 

IIpfiiTOv  jAàv  ouv  xal  xpciov  r]  7c£(itct(ìv  nòta.  (1) 

Taii^ov  ri  oTùovSaìov  eOipÉTit^é  7:01  (2) 

Xotuòv  GXoiXi^B,  xal  aiiXcug  bloug  (3)  ypà^e  (4) 

Nell'altro  poi  vediamo 

...Ss'jxepov  (5)  xal  Tixaptov  à^cws  (6)  uàXcv 
ta[i^ov  àTrXoOv  (7)  sìacpépwv  àTtapitaet?  (8) 
IxTog  S'tà[iP(p  xépTiexai  xóa|iov  ^épwv 
xal  TiuppuXt'w  xoO  xà(XXous  xon)tj;Gu  (9)  cpépei. 


(1)  Gli  accenti  acuti  hanno  forma  di  accenti  gravi  in  queste  due  ultime  pa- 
role ed  in  altre  nel  seguito. 

(2)  L'accento  acuto  sulla  penultima  sillaba  eùxpéni^é  mostra  che  il  noi  sia 
enclitica.  Alla  seconda  sillaba  di  sùxpsni^é  non  apparisce  l'accento. 

(3)  Non  potremo  accertare  la  lettura  di  questa  parola  scritta  in  nesso ,  e 
molto  svanita.  Poti  ebbe  sembrare  oXonz  ovvero  aXXoug  od  altro. 

(4)  Un'ultima  lettera  0  poteva  essere  aggiunta  per  congettura,  ma  non  apparisce. 
Anche  senza  questa  il  "((•i'is  dà  moglior  ser  so;  come  esige  l'acci-ntnazione. 

(5)  Qui  un  ià  in  nesso  sembra  cancellato  dalla  stessa  mano  ;  ma  ciò  nella 
revisione,  avendo  pur  cancellato  x6v  prima  di  Seùxspov  per  ridurre  il  verso  do- 
decasillabo. Si  può  credere  che  quando  furon  posti  gli  anzidetti  monosillabi,  il 
verso  non  avesse  l'ultima  parola  nacXiv.  Tutto  ciò  indurrebbe  a  credere  che  lo 
•teMO  Costantino  fosse  non  pur  lo  scrittore,  ma  l'autore  di  queste  regole  pro- 
■odÌAche. 

(6)  Ci  sembrò  cosi  doversi  leggero  questa  parola  scritta  col  nesso  0  col  cir- 
oooflewc  sul  fino,  anche  per  riguardo  al  dodecasillabo. 

(7)  Non  apparisco  lo  spirito  aspro  in  anXoOv. 
(6)  Sembra  Hcritto  dnapTr^oi;. 

(9)  Mettemmo  tra  parentesi  lo  lotterò  elio  fiinm  piuttosto  congetturato  cho 
lette. 


MISCELLANEA  25 


Così  potrebbe  rendersi  latinamente  secondo  alcune  congetture  che  ci  par- 
vero plausibili,  ma  che  posson  modificarsi  con  una  più  accertata  lettura; 
Bene  quidem  igitur  comjwnas  pedem  primum  et  terfium  et  quintum  ex 
jamho  v^  spondaeo:  hoc  fere  modo  praeterea  versus  et  scribas  {omnes) — 
Perfectiores  autetn  parahis  rum  rursiis  attendas  apponere  simplices  iambos 
in  secando  et  quarto  pede—Sextus  vero  gaudet  iamho,  etiarn  cuni  pyrrichio 
adducens  adducit  ornamentum  elegantis  venustatis — 

Dopo  le  esposte  cose  veniamo  a  trattar  parti tamente  dei  tre  cpitafi 
del  prete  Costantino,  il  quale  sembra  potersi  rivendicare  un  posto  non 
ignobile  tra  gli  scrittori  del  suo  tempo.  Questi  epitatì  ora  li  daremo 
quali  ci  vengono  conservati  nella  feconda  nostra  membrana  originale,  ap- 
ponendovi quelle  osservazioni  e  varietà  che  ci  danno  i  frammenti  e  le 
precedenti  edizioni. 

E  per  cominciar  da  quello  che  si  presenta  pel  primo  nella  membrana 
abbiamo  a  bella  prima  da  notare  che  ne  manca  nella  pergamena  il  titolo 
ed  i  primi  due  versi  andati  perduti  dal  ritaglio  fatto  di  quella  estre- 
mità che  cominciando  capovolta  riguardo  al  documento  della  compra , 
tolse  a  questo  almeno  due  firme  di  cui  rimase  appena  qualche  estremi- 
tà (1);  come  qui  pure  attentamente  osservando  si  vede  qualche  estremità 
di  tratti  di  penna  di  una  scrittura  tagliata  colla  membrana.  Questi  due 
versi  esistevano  quando  il  Buscemi  lesse  la  nostra  membrana,  e  furon 
riportati  nell'edizione  del  1839.  Appendix  ad  Tahularium  Reg.  ac.  Imper. 
Cappeìlae  D.  Fetri  in  regio  Palatio  Panhonnitano  curis  Nicolai  Buscemi. 

Da  questa  li  togliamo  e  li  riportiamo  al  suo  luogo,  ma  chiusi  tra 
parentesi  come  quelli  che  più  non  sono  nella  nostra  pergamena,  aggiun- 
gendovi gli  accenti  e  spiriti,  mancanti  nella  stampa: 


1         (T7]V  sOxuXwi;  isxoOaav  àvopa  y^vvàSa) 
(rswpYtov  upwxcoTov  àpXóvitov  5X(i)v) 
o£[iv)jv  (lovaXV  e^'^s^'j  ^£o5o'jXt]v 
6  lid-OQ  ouzoq  aJYXoXuTcxet  X(Tj  xàcpti) 


(1)  Vedi  ciò  che  avvertiamo  nel  parlare  delle  firme  del  documento  che  sopra 
la  retro-pagina  ha  scritto  il  nostro  Costantino. 


26  MISCELLANEA 


5         •8'avoOaav  èv  '{iipai  tw  ^aO-uiàTfo, 

6  5'  ^avouàptos  (1)  eiX^v  f^ixlpav 

T^v  èoXàrrjv  xe  xal  xeXeutai'av  [ìóvyjv 

JvSixTiwv  (2)  5'  ÓTif^pXev  •i^  Tp:xY]  xóxs 

liou;  5iV;:7t£'jovTO^  à-vcpt^saiàxco; 
10         Tiapaopajiouawv  X^X-^tSwv  (3)  é^àSwv, 

xal  xwv  (4)  aùv  aOxali;  é^axoacwv  6X(i)v 

X£aaapaxoax((J[)v)  abv  èySoàSt  TcàXcv. 

xal  Xo'j;  |i£V  aOxrjv  (5)  èvO-àSe  xpuTixsL  xà^o^ 

TTjV  5à  ?{>uX>]V  «^Épouoiv  àyYÉXwv  X£-p£S 
15         v'j(A(frjv  à|ia)|xov  à^iav  xw  SeaTcóxTTj 

Tw  vu(i^a(Ya))Y(ì)  xal  xaO-apto  vu[xcpc(()' 

xal  vùv  X(i>pe'J£tv  (7)  vu[jicp:x(JÌ)i;  èaxaXfxévY) 

xal  xtòv  (8)  O-sl'xòJv  àxxivwv  7i;£7tXir)a[xévr] 
20         xal  xoXq  xaXols  (9)  fiTiaatv  (i)pat,o|xÉV7j 

à>  S'fiÒTCpóotxo;  Tiplap:^  uTièp  xwv  xéxvwv 

Xcxàg  TtpoaàyEt  X(p  0£(T)  uappr^atav  (10). 

"  Questa  pietra  ricuopre  nel  sepolcro  colei  che  felicemente  fu  madre 

•  al  forte  Giorgio,  veneranda  solitaria,  pia  Teodula  trapassata  in  gra- 

•  vissima  età.  E  ciò  fu  il  dì  tiltimo  di  gennaio  alla  terza  indizione   es- 

•  sendo  passate  sei  migliaia  e  sei  centinaia  di  anni  intieri  e  di  più  anni 
"  quarantotto.  Qui  il  sepolcro  nasconde  le  sue  ceneri;  ma  le  mani  degli 
■  angeli  portano  in  alto  colei  che  fu  sposa  immacolata  al  Signore,  duce 


(1)  Buscemi  ha  malamente  8e  lavouapio;  accresceudo  una  sillaba  al  verso. 

(2)  Nella  ediz.  del  Buscemi  male  IvSixtiov. 

(3)  Nota  il  BuHcemi  che   presso  il  Gualtero  non  fu    bone    rifoiito  il  verso 

(4)  Male  nella  stunipa  siid-Jctta  excov  invoco  di  vai  twv  o  poi  ouv  auxoig. 
(ft)  Uusccmi  nota  che  il  Gualtero  scrisse  x^^g  |iev  a'mrjj. 

(6)  Male  nella  membrana  \\)\i'fayib. 

(7)  Buscemi  nota  chu  il  Gualtero  ha  x<^Pbuo>ic* 

(8)  Nella  stampa  del  Buscemi  malo  xov. 

(9)  Nella  stampa  xaXXoic. 

(IO)  Il  Buscemi  nappTjaKoc,  il  Gualtero  nappvjoia. 


MISCELLANEA  27 


"  delle  spose,  ed  egli  stesso  purissimo  sposo.  Ed  ora  fu  intromessa  a  fé- 
'asteggiare  nelle  eterne  nozze,  tutta  adorna  del  manto  delle  virtù  ed  ir- 
'  radiata  dai  fulgori  divini  e  decorata  di  ogni  bellezza.  —  0  tu  ben  ac- 
"  celta  interceditrice,  va  a  porgere  coti  fiducia  le  tue  preghiere  a  Dio  per 

"  i  figli-  y, 

Noteremo  che  dicendosi  [lova/j^v  sembra  che  nella  vedovanza  la  vec- 
chia madre  di  Giorgio  si  fosse  consacrata  a  Dio  ,  e  che  il  suo  nome 
fosse  Teodula,  o  serva  di  Dio  :  nome  che  può  aver  preso  dopo  questa 
consecrazione;  come  il  suo  sposo  fu  detto  Cristodulo-,  mentre  alcuni  vo- 
gliono che  fosse  detta  Nimfa  (1).  Egli  è  pur  vero  che  il  nostro  poeta 
secondo  l'andazzo  dei  tempi  giuoca  su  questo  nome  nei  versi  15,  16,  17. 

La  data  della  morte  di  lei  è  fissata  al  31  gennaio  doli'  anno  6648 
del  mondo,  che  corrisponderebbe  al  1140  dell'era  volgare. 

Finalmente  osserviamo  che  ancora  si  conserva  un  piccolissimo  brano 
di  quel  marmo  che  copriva  il  sepolcro  ed  è  nel  Museo  Nazionale  di  Palermo 
al  numero  394  ove  se  ne  vedon  le  lettere  qui  poste  in  caratteri  maiuscoli  : 


(1)  Sarà  pur  bene  riferirò  quanto  scrisse  in  proposito  il  tìuscemi  nell'opera 
citata ,  pag.  12  ,  dopo  parlato  del  diploma.  "  A  tergo  huius  diplomatis  legero 
"  mihi  contigit  epitaphia  celeberrimi  Georgii  ammirati,  eius  matris  Nyinphae  et 

*  uxoris  Irenes.  Propter  litteraruni  evanescentiam  et  scripturae  rationem  pluri- 
"  mum  iusudavi  antequaui  ad  rectam  epigrammatum  e.xpositioneni  devenirem. 
"  Viri  docti  qui  ante  me  hanc  monibranara  vel  exscribere  vel  edere  aggressi 
"  sunt ,  difficultatibus  deterriti  aut  incaeptum  opus  ad  umbelicura  perducere 
"  spem  omneni  reicierunt,  aut  rem  numquam  tentarimt.  Forma  litterarura  sae- 
"  culi  XII,  et  liturae  quae  non  semel  occurruut ,  demonstrant,  ni  fallor,  aucto- 
"  reni  ipsum  couscripsisso  primura  in  membrana  nostra  tria  illa  epitaphia.  Nos 

*  ordine,  quo  in  autographo  sunt,  exponemus.  Primum  obtinet  locum  illud  Nym- 
"  phae,  olim  in  ecclesia  S.  Philippi ,  quae  extabat   ubi    nane    domus    Professa 

*  Soc.  Jesu  est,  marmoro  conscriptum,  et  e  schedis  Alphonsi  Roisii  a  Gualthero 
'  editum.  Innumcris  erroribus  castigatis,  et  aliquando  integris  versibus  restitu- 
"  tis,  in  mcliorem  formam  nunc  prodit  cum  nova  versione.  Secundo  occurrit 
"  Georgii  epitaphiura,  quod  e  schedis  meis  claris  :  Dux  Serradifaico  nuper  in 
"  luccm  emisit,  a  me  italico  ad  verbum  redditum;  nunc  vero  in  latinam  linguara 
"  versum  publici  iuris  facimus.  Tertio  venit  epigramma  sepulchro  Nymphae 
"  (leggi  correggendo  Ikene)  inipositum  cuius   pars  edidit   idem   Gualtherus  ex 

*  mannore  olim  in  Maturanensis  templi  pavimento  condito  ;  nunc  integrius 
"  prodit,  multis  erroribus ,  quibus  editi  versus  scatebant,  emendati»  et  noviter 
"  addita  latina  interpretatione  =  Così  il  Busceini., 


28  MISCELLANEA 


7r£7iÀrja[ji£NH  :    KAt  ioti;... 
Tipeo^S  ur.£p  TQNTEKNQN  :  AITa^  Tcpoaay... 

E  questi  frammenti ,  come  si  vede  corrispondono  ai  versi  19,  20, 
21,  22. 

Del  resto  appena  sembra  necessario  accennare  alcuno  correzioni  or- 
tografiche od  anche  variazioni  fatte  dallo  stesso  scrittore  nella  sua  mi- 
nuta. Così  al  verso  5  fu  fatta  un'  emendazione  in  yr^^oiC,  ove  forse  prima 
fu  scritto  yrjpaxt.  Al  v.  8  prima  fu  scritto  tixcpXsv.  Al  v.  b  oirinK.  Ai 
vv.  10  e  11  lo  spirito  tenue  non  fu  corretto  in  è^a5  ed  l^ax.  Al  v.  15 
vu|JL!ftv  e  SeaTtóf.,  Al  v.  13  pare  corretto  Xo^<^,  "^*  sembra  migliore  la 
prima  dicitura  Xo^v.  Al  v.  16  non  fu  emendato  voji9a(Ya))Yw  che  pure 
era  necessario  pel  numero  delle  sillabe.  Il  v.  20  è  interamente  aggiunto 
dalla  stessa  mano,  dopo  scritti  i  versi  seguenti.  Al  v.  20  prima  fu  scritto 
TTpéapr^;.  Al  v.  22  prima  Tz^ooa.-(ri  e  dipoi  upoGayet.  Infine  è  scritto 
chiaramente  zappyjacav. 

Compiute  le  osservazioni  suU'epitafio  della  madre  di  Giorgio,  venia- 
mo a  quello  di  Giorgio  stesso  che  segue  nella  membrana  col  titolo. 
"Etepov  àc,  TÒv  xxcpov  xoO  àjjurjpà  FewpYw'ou.  Un  altro  pel  sepolcro  del- 
l'ammiraglio Giorgio,  e  quindi  i  versi 

1  Kal  v.g  xoaoDxov  oxX'r]p6xaxos  xy]V  rpóoiv 

7C£pt«|;i)Xpàv  (1)  xà  OTcXàyXva  XaXxEuaaj  cpXo-^l 

a);  \iìri  (2)  Xt^àSai;  èxx£va)oi(j  Saxpówv 

èv  x^  xoaauxY)  ouiJKfopà?  7i£piaxàa£c; 
5         6  TcavuTCpaÉ^aaxos  ex  xf^^  à^i(xq 

b  xaYixatàpXTj?  '(f^Q  6  Xafxupòs  cpwo^ópoi; 

xò  czTZzby  è|X'fux£i){ia  (3)  xfj?  AvxióXou, 

xò  XEpTCvòv  àyXàl'aiia  xwv  éaTC£p{a)v, 

Yetópyto;  xò  Oa'j|ia  xfjg  oJxouiiévYj*;, 


(1)  Btucemi  legge  ntpi  (f^XP^^  ^^  ÌQ  fico  del  verso  (pXofa. 

(2)  Bascemi  (ilv  elio  non  dà  senso. 
(8)  Bascemi  •vfUTtuixa. 


MISCELLANEA  29 


10         9waT)]p  (1)  6  Xà|jn|>as  Xp^'^^avwv  ko  y^vei, 

TtpTjaxYjp  ó  cpXé^ai;  ^appàpojv  T^Xsfaxa?  TióXecg, 

yf^;  xal  OaXàaTyjg  èYxatàaXwv  xò  xpàxog 

waTiep  xspauvòs  èxxécppwv  èv  àvopsia 

Xt(xrjV  óxor/05  xwv  7i;£ptaxaxou[Ji£V(i)v 
15         5txa'.aoauvir]?  àpp£7i:r]5  ^uy^'^^''^» 

uàatv  u  TràpX^v  à^O-ovo^  Xop^lTÉ'cri;, 

PaatXéws  6  XòyyoQ  ii  ^u(xrj5''a  (2) 

6  xtjxto;  jxàpYapti;  (3)  aOxoO  xoO  axicpou; 

xaX'j7:x£xat  (ffiO  Xàpvaxt  vOv  XtO-£'//ir]. 

20         xal  vEXp^^s,  oT|X|iot,  «fàvexat  (4)  Tcap'  iXTiiSa. 

àXX'w  Ppoxwv  awxetpa,  p'/XTjp  xoO  Xóyou, 

SÉXow  xóvoE  Tipo;  [iovà?  oOpavtou; 

tì-avóvxa  xal  xatpÉvxa  7:pò;  xoj  ao)  Sójxw. 

lEXtXwaxoO  upo7iap£X6óvxoi;  Xpóvou 
25         Taotg  S'  ixaxovxiatv  TjpiO-jiTrjjjiévo'j 

xal  abv  Slxa  Tievxàot  (5)  Ivvàoc  iióvr). 

TéXo; 

"  Chi  evvi  di  natura  cotanto  gelida  e  che  alVardore  faccia  divenir  di 

*  bronzo  le  viscere,  il  quale  non  versi  rivi  di  lacrime   in  questa  contin- 

*  gema  di  tanta  acerbità  ?  Colui  eh!  è  per  dignità  Panipersebasta  (in 
"  tutto  più  che  Cesare)  principe   dell'  esercito ,  e  splendido  lucifero  della 

*  terra,  il  venerando  germe  della  città  di  Antioco,  la  dolce  delizia  degli 
"  occidimtali,  la  maraviglia  del  mondo ,  Giorgio  ,  luminare  che  irraggia 

*  il  cristianesimo  ,  fulmine  che  incendia  tante  città  dei  barbari ,  e  come 
"  folgore  le  incenerisce  nella  sua  forza,  che  tutto  tiene  in  mano  il  potere 
"  della  terra  e  del  mare.   Colui  che  è  quasi  il  porto  per  i  travagliati,  e 


(1)  Buscemi  9(05  TjpoXaiitJ'as  malamente  e  che  traduce  Lux  amtce-splendens. 

(2)  Buscemi  ..Xuxvog  jiev  r/0't5ta  e  traduce.,  lucerna  equidem  at  privatim  contro 
la  scrittura  originale. 

(3)  Buscemi  leggo  male  fiapyapos  ou  toutou  ^o-^o'ìz  e  traduce  unto  non  unius 
obscUritatis;  tutto  ciò  è  anche  contro  la  chiara  scrittura  originale,  che  si  dà  nel 
testo. 

(4)  Buscemi  nota  con  asterisco  *9evsxat,  ma  l'originale  ha  cpdveTai. 

(5)  Buscemi  xai  ouv  8sxa  Jisvxeoi  evvaSi  (iovt)  e  tradusse  :  Et  eum  decem  qui- 
nariis  nona  unitate. 


30  MISCELLANEA 


•  della  giusUzii  quasi  Vequilibre  stadera,  ed  a  tutti  il  distrihutor  di  beni 

•  senza  invidia.  Colui  che  è  il  luminare  e  la  gioia  del  principe,  e  la  jyre- 
"  ziosa  gemma  dello  stesso  diadema  di  lui,  ahimè  !  ora  è  nascosto  entro 

•  un'  urna  marmorea.  Oh  Dio  !  ci  apparisce  cadavere  contro  ogni  spe- 
'  rama.  0  tu  madre  del  Verbo,  che  sei  la  salute  dei  mortali,  tu  lo  ac- 
"  cogli  nelle  celesti  mansioni  essendo  morto  e  sepolto  presso  la  tua  casa 

•  d  pò  compiuto  Vanno  sei  millesimo  e  quello  di  eguali  centinaia  seicen- 

•  tesimo  insieme  congiunto  con  dieci  cinquine  ad  un  novenario  {6659). „ 

Veniamo  ora  ad  accennare  alcune  osservazioni  sul  nostro  testo  preso 
dalla  pergamena,  ove  lo  stesso  titolo  che  sembra  un  verso  senario,  mostra 
la  serie  dei  lavori  dell'autore.  Ivi  leggesi  piuttosto  ajiTjpà  che  a|jirjpou. 
Al  V.  1  si  vede  superiormente  aggiunto  un  èartv  che  non  fa  parte 
del  verso  stesso,  in  cui  è  sottinteso.  Ivi  prima  fu  scritto  xòao'jx  e  poi 
cancellato  il  primo  accento.  Al  v.  3  prima  étc.  {il  e  dipoi  w?  |X7]  e  così 
£Xxev(i)oet  di  seconda  cura.  V.  4  sv  xi  xoaauxr]  senza  emendazione.  V.  5 
nella  parola  TiàvuTispaépaaxo;  lo  stesso  scrittore  cancellò  il  primo  ac- 
cento e  lo  spirito.  Di  questo  nome  di  dignità  bizantina  parla  anche  il 
Geor.  Codinus,  come  di  titolo  senza  speciale  attribuzione.  V.  7  prima  si  vede 
scritto  xo)  o£7t;xw.  Al  v.  9  prima  xw  e  poi  xò.  V.  10  prima  ò  (4),  poi  6 
V.  11  Tcptaxip  e  quindi  TiX'.axai;  e  poi  emendato.  Al  v.  13  si  scrivo 
avopta  senza  emendazione.  V.  14  Xcjxcv  senza  emendazione.  V.  16  fu 
cancellato  UTiapXwv  e  sopraposto  (paveig  che  senz'altro  non  sarebbe  suf- 
ficiente pel  dodecasillabo.  In  fine  del  verso  non  bene  Xwpiylxc?.  V.  17 
prima  i  poi  6,  Non  così  in  r^.  E  la  seguente  parola  0c{jit5ca  non  ha  lo 
debite  correzioni.  V.  18  è  senza  emendazione  —  quindi  il  nome  servile 
di  bassa  lega  liapyapt;  invece  di  [iapyapóxtc;.  V.  19  xaXtKxexs  fu  poi 
emendato;  ed  infine  pure  X^jO-tvir) — V.  21  owxt'pa  fu  emendato. — V.  22 
così  scritto  oupavocoui;.  Al  v.  25  5'  ex  senza  emendazione.  —  Riguardo 
alla  data  si  veggan  gli  storici  del  tempo  (Amari    St.  dei  Musulmani). 

A  queste  osservazioni  dobbiamo  aggiungere  che  questa  dicitura  som 
bra  tuttaffatto  della  stossa  mano  che  scri.sso  la  proghiera  in  giambi  se- 
pari posta  nel  mosaico  ancora  conservato  alla  Martorana,  nel  quale  viene 
effigiato  il  nostro  Giorgio  appio  della  Vergine,  mentre  questa  lo  racco- 
manda al  Cristo  che  vodesi  in  alto  od  a  cui  essa  fa  questa  proghiera.... 

A06X0U  ^irpii  oou  rewpyfou  (xoO)  àjirjfpà) 
Preghiera  del  tuo  servo  Giorgio  l'ammiraglio 


MISCELLANEA  31 


e  nello  scritto  in  mano  della  Vergine 


-J-  TÒv  èx  pxO-pwv  oeijjtavxa  tóvSs  |ìòv  5Ó|jlov 
ytóì^^io"/  Tcpo'niaxov  àpXóviwv  SXwv 
xéxvov  (fuXXàxToi;  TcavyEvel  Tiàorjs  pXà§r^; 
véfioci;  xe  x^v  Xuxpwatv  ànapxTjixàxwv 

-|-  0  Figlio  e  Verbo,  custodisci  in  offrii  guisa  da  ogni  danno  Gior- 
gio il  principalissimo  dei  principi  il  quale  dai  fondamenti  eresse  questo 
mio  tempio;  e  concedi  la  remissione  dei  peccati,  giacché  tu  solo  come  Dio 
hai  il  potere. 

Nel  titolo  che  è  posto  al  disotto  in  nero  sopra  fondo  d'oro  del  mo- 
saico, corrispondente  sulla  figura  di  Giorgio  le  ultime  lettere  sono  al- 
quanto guaste  ;  ma    dai    residui    pare    si    possa    leggere  à|Jirjpà   ovvero 

à[iY]pà5os. 

La  Vergine  che  fa  a  proprio  nome  la  bella  preghiera  sostiene  colla 
sinistra  il  pittacio  a  forma  di  carta  bianca  con  lettere  nere. 

La  scrittura  è  correttissima  anche  nelle  sigle  ,  negli  spiriti  e  negli 
accenti.  Osserviamo  la  trattina  obliqua  sul  nome  di  Giorgio  ,  indicante 
nome  proprio.  La  parola  TtavYevet  non  è  scritta  zoyyev  ed  infine 
l'accento  sembra  sia  circonflesso  e  non  grave,  come  dovrebbe  esser  più 
ordinariamente. 

Il  terzo  epitafio  porta  questo  titolo  Sxspov  eì;  xòv  (1)  xà'^ov  xf^j  yu- 
vatxòi;  aùxoO  xup''ag  Epif^vr;;.  Altro  pel  sepolcro  della  consorte  dì  lui 
donna  Irene  e  prosegue  : 

1         xal  X'';  xoaoOxov  xpaxepò;  (2)  xr]V  xapSiav 
(hi  xoOxsv  Xi9ov  ÌTZiÒf^  |i^  5axp6aag  (3); 
T^v  Ttdtvxtjiov  yàp  Ix  pfou  xal  xoO  y^voug 
xwv  Y^vatxwv  Tiavaó^wv  ya\itxG)c,  5X(i)v 


(1)  Il  Buscemi  lascia  il  tòv  nel  titolo. 

(2)  Buscemi  xapTepo^. 

(3)  Buscemi  scrive  ws  x..  TtapsXd-...  0;.  nev  8apxuoa{.  Ma  però  meglio  leg- 
gendo la  pergamena,  e  coU'aiuto  dei  frammenti  marmorei  possiamo  restituirlo 
integro  e  meglio.  Lo  stesso  è  a  dire  del  verso  4. 


32  MISCELLANEA 


5         XajjLTrpàv  e:pT^,vrjv  (1)  auS^uyov  Ye(ji)pY''oi), 

xo'j  rajiaócpo'j  àpXovio;,  àpXóvxwv  5Xa)V 

xò  a£|jLvòv  f^O-o?,  xòv  7ioXóx:|iov  Xi9ov 

[iixpòs  Xi%'OQ  i^sO  ODYxaXuTcxec  xw  xàcpw 

àX)và  t{>i)XV'  cplpouatv  àyYsXtóv  X^^ps? 
1(1        .  (ó;  àpexwv  eaoTixpov,  w^  •9-sTov  xuttov, 

xal  XoOv  [lèv  aòxòv  (2)  laXev  èuxeX^ji;  xàcpo; 

y.al  Xo'J?  |Jt^v  aòx^(;,  (3)  ó)c,  6pàs,  IXet  xàcpov 

irf^rtfìioq  (4)  5p7iuca  XaXsTóoO  (5)  tzòz\ìo\) 

àwpov  àqjTjpTtx^ev  w  oetvoù  (6),  tzóiBqc; 
15         xal  Xo'J5  |X£V  auxfj<;  xpuTixexai  v5v  xw  xàcp^ 

x'èvxauBa  auv£xpi)(]jev  ós  vl^^og  Xc'Gog 

xòv  èv  Y^va:qlv  Xa[X7rpòv  aXXov  cpwacpópov 

xrjv  [làXXov  àaxpà'-jjaaav  (7)  àvO'paxoXi'Qou 

XTjV  xaxàxoanov  àpexwv  xaìi;  lòica^, 
20         xòv  eÙYevoOg  5p7:r;xa  SsvSpou  xal  xXàSov 

eìpr^vtxòv  ^r^aaaav  eipTjVYjv  ^tov 

ii)v  Y^^tAsxyjv  saXrjXEv  uaii^aeaxàxyjv 

Y^^^pyto^  cppóvYjat^  (8)  àxpa  xal  yipoQ 

àpXoyuYMy  ^nocxoq  5pX(ov  xoYjiàxwv, 
25         ^  (9)  upalwv  wxrjoev  y^i^  0)5  etpYjvrj 

àel  Xwp£'JO)v  Tipòi;  (xovài;  oOpavioji; 

Tilog 

•  ^  c/«'  eptt  tanto  duro  di  cuore  che  miri  senza  lacrime  questo  mar- 
■  ma  ?  Giacché  una  piccola  pietra,  ahimè  !  ricuopre  nel  sepolcro  colei  che 


(1)  Buscemi  Hpr^vrjv. 

(2)  Buscemi  auir^c  contro  l'originale. 

(3)  Buscemi  auxv)v  contro  l'orìginulo. 

(4j  Buscemi  coll'orig.  non  emondato  ai:pvYjòt()jg,  0  cosi  apTiua.. 
(5)  Buscemi  •/i'xXtK-^  contro   l'uriginiile. 
(6j  Buscemi  (oStivou  unendo  due  parole. 

(7)  Buscemi  aoxpa-faoav  per  errore. 

(8)  Buscomi  9p(0VT]atc. 

(9)  Buscemi  xac  contro  l'originato. 


MISCELLÀNEA  33 


*  per  venerandi  costumi  fu  più  che  preziosa  gemma,  tutta  veneranda  per 
"  stirpe  e  per  vita,  tra  tutte  le  donne  e  le  consorti  sapientemente  illustre: 
"  Irene,  moglie  di  Giorgio,  il  saggio  principe  di  tutti  i  principi.  Ed  ora 
"  mentre  le  ceneri  di  lei  son  racchiude  nella  tomba,  le  mani  degli  angeli 
"  ne  trasportano  l'  anima  divenuta  specchio  di  ogni  virtù  e  quale  tipo 
'^divino.  Un'umile  tomba  racchiude  la  sua  salma,  e  il  cadavere  abita 
"  questo  tumulo  che  vedi,  dopoché  un  morbo,  ahimè!  terribile  come  improv- 
"  visa  arpia,  rapì  queW  immatura  con  troppo  crudel  sorte.  E  il  marmo 
"  come  una  nube  qui  ci  coverse  costei,  che  sembrava  quasi  la  stella  matutina 

*  in  tra  le  donne,  e  che  splendeva  più  che  ira  le  gemme  V  antracio,  es- 
"  sendo  adorna  di  ogni  specie  di  virtù  :  che  fu  un  albero  nobile  per  radice 
"  e  per  rami.  Irene,  che  menava    pacificamente  la    vita   fu  illustrissima 

*  consorte  a  quel  Giorgio,  alta  dignità  ed  alfa  incute,  duce  dei  capitani, 
"  principe  dell'  esercito.    Cei  tamente  come  Irene    (pac  )  egli    andò  ad  a- 

*  bitar  la  terra  dei  pacifici  sempre  esultando  nelle  celesti  mansioni. 

I  piccoli  frammenti  dell'antica  scrittura  di  questa  epigrafe  marmorea 
conservati  nel  museo  di  Palermo  giovaron  non  poco  ad  assicurare  varie 
lezioni ,  e  così  potemmo  dare  un  testo  miglior  dì  quello  dato  dal  Bu- 
scemi.  Al  verso  1  abbiam  la  finale  lAN  — ^  Al  3  sulla  fine  KAl  TOV 
YevOu?  -Al  v.  4  nANCOOQS  -  Al  7  SEMNON  H0OS  TON  IIOAuxi 
MON  AI0O  —  Ivi  nella  pergamena  prima  si  scrisse  f^G...  Al  9  la  per- 
gamena xptTttex..  senza  emend.  —  Al  v.  8  IITEI  TQ  TAOQ  ; 
Pel  9  KAI  XOYi:  e  poi  MEN  AYTHS-Al  v.  10  aAAA  ^YXtjv  $E- 
POYIjI...  Al  v.  11  nella  perg.  apetwv  ebbe  emendazione.  In  fine  eutsX 
HS  TAcpO(;  —  Al  v.  12  la  perg.  ecpvr^Sicos  5p7ii)a  invece  di  a{cpvY,5tO(; 
(XpTcuia  con  quattro  varietà  —  Al  v.  16  ouvexpuWEN...  e  poi  veOEI — 
Al  V.  17  cpQSOJOPON  —  Del  18  è  la  fine  XtOOY  :  Del  19  il  principio 
TIIN  KAxaxoaiJi..  La  perg.  ha  correzioni  in  ..X(OV  zcac,  et...  Del  20  ..eY- 
rENOYIl^  "OPTirjxa  — Nel  21  la  perg.  prima  scrisse  £iprjvr]7..  ed  etptvr]. 
Il  marmo  ZH2:A2:AN  -  Del  27  uajjicpaESTATHS  i  Del  v.  2:3  la  perg. 
in  fine  scrive  y^poS  per  "^i^ccc,  come  emendò  anche  Buscemi  —  Del  24 
il  marmo  ci  dà  "YIIATOS  APXwv  —  Nel  25  la  prima  lettera  è  chiara- 
mente  7)  particella.  Dipoi  si  vede  yf^v  emendato  da  y^v  -  Al  v  26  Xw- 
peuwv  è  ben  chiaro  nella  pergamena;  laonde  i  due  ultimi  versi  debbono, 
a  cagione  di  quel  participio  maschile,  attribuirsi  soltanto  a  Giorgio. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV  3 


34  MISCELLANEA 


Ecco  COSÌ  prodotte  le  osservazioni  e  le  reintegrazioni  di  questi  tre 
epitafi  col  nuovo  sussidio  di  frammenti  marmorei,  di  qualcuno  de'  quali 
altro  non  restò  che  l'impressione  lasciata  dalle  lettere  sulla  calce  alla  quale 
era  stato  murato  il  frammento  marmoreo  stesso.  Quell'impressione  rovescia 
fu  accuratamente  e  saggiamente  fatta  riprodurre  in  gesso  dal  eh.  Prof.  Sa- 
linas,  e  così  ci  venne  a  rendere  l'epigrafe  del  marmo  che  pure  andò 
perduto.  Speriamo  che  di  tutti  questi  resti  egli  ci  darà  belle  riprodu- 
zioni nell'aspettato  suo  lavoro  sulla  Martorana.  Intanto  non  sera  inutile 
l'aver  noi  studiate  le  minute  dell'autore  di  quell'epigrafi,  che  sembra  esser 
il  prete  Costantino.  Che  anzi  portiamo  opinione  ch'egli  pure  sia  l'autore 
delle  altre  epigrafi  nobilissime  che  furon  poste  a  suo  tempo  ad  adornare 
il  magnifico  Tempio  della  Martorana,  e  forse  di  altre  più  dell'epoca.  Ma  su 
di  ciò  attendiamo  il  più  autorevole  giudizio  dei  dotti  scrittori  siculi,  cui 
invitiamo  a  ricercar  altri  frammenti  di  tali  epigrafi,  e  se  fosse  possibile 
l'epitafio  del  dotto  Nilo  Doxopatrio  ,  di  cui  sopra  demmo  un  cenno ,  e 
così  procureranno  un  manipolo  di  scritti  da  attribuirsi  con  sicurezza  al  no- 
stro Costantino  prete  greco  della  Martorana. 

Roma  dalla  Biblioteca  Vaticana  20  Novembre  1889. 


Giuseppe  Cozza-Luzi 


DEL  TESTAMENTO 

DELL'ABATE  FONDATORE  DT  DEMENNA 


Gregorio  abate  e  fondatore  dell'abazia  basiliana  di  S.  Filippo  di  Fra- 
galà  ci  lasciò  due  bei  monumenti  storici  nelle  due  redazioni  del  suo  te- 
stamento. La  pergamena  originale  della  prima  e  più  prolissa  si  conserva 
nell'Archivio  di  Stato  a  Palermo,  e  fu  più  volte  pubblicata  in  parte  o 
integralmente  e  riscontrata  anche  dal  eh.  Prof.  Salinas  che  ne  parla 
nella  terza  delle  sue  Escursioni  Archeologiche  sotto  il  titolo  :  Il  Mona- 
siero  di  S.  Filippo  di  Frugala  ;  ma  ivi  dell'  altra  lamenta  che  essendo 
perduto  V  originale  bisogna  ricorrere  alle  stampe  che  già  ne  feceiv  *q 
parte  il  Buscemi  ed  il  Crispi,  e  per  intero  lo  Spata  ed  il  Cusa. 

Ma  per  le  cure  del  eh.  Mons.  Carini  fu  recuparato  alla  storia  que- 
st'originale che  andava  perduto  tra  le  anticaglie  poste  a  pubblico  mer- 
cato ;  r  con  altre  carte  si  compiacque  presentarmelo  per  istudio.  E 
dopoché  l'ebbi  letto  e  tradotto,  egli  stesso  mi  confortò  a  comunicarne  la 
copia,  la  versione  e  qualche  osservazione  a  cotesta  Società  storica;  come 
ora  intendo  fare  indotto  da  una  tale  autorità  che,  se  è  grande  in  ogni 
cosa  paleografica  ,  certamente  non  è  a  niun'altra  seconda  per  le  sicule 
illustri  memorie» 

E  venendo  senz'altro  al  documento,  noterò  in  prima  che  all'esterno 
della  pergamena  furono  in  varii  tempi  e  diversamente  scritte  alcune  indi- 
cazioni così:  In  un  monocondilo  assai  difficile  per  esser  la  scrittura  sva- 
nita e  ricoperta  da  altra  posteriore  possiamo  leggere  e  supplire  .... 
Tip  ixavsuXaOsJoTixfp  to5  ày'"'-*  ^i^^Jt^t^ou  ó  èvSogó-cafxog)  xùp'  aù{)'(évT'rì5)  Pwxé- 
p»]?  %ai  xó|i.'.g al .. .  reverendissimo  di  San  Filippo  il  gloriosissimo  si- 
gnore principe  Rocerio  e  Conte  . . .  Forse  innanzi  oravi  il  nome  di  Grego- 
rio e  il  suo  titolo  d'Igumeno  o  simile. 

Sopra  questo  monocondilo  fu  scritto  più  recentemente  =  1105  Testa- 
mentum  factum  ah  abate  Mon{asterii)  S.   Philippi  Fragalaiis. 

Un  altro    monocondilo   antico    legge    f  Aiad'i^xrj  toO  naxapicoTàxou  xal 


36  MISCELLANEA 


TiavaYLCtìiiTO'j  xai  xaOyjYO'JHévo-j  loO  àYitoxàxo'J  xal  jJLsyàXou  *iX£7t;:ou  f  Testa- 
metUo  del  beatissimo  e  tutto  santissimo  e  categitmeno  del  santissimo  e 
grande  Filippo. 

Finalmente  da  altra  mano  si  legge:  lu  privilegili  di  li  ecclesii  (che)  su 
Sìigetti  a  lu  monastero  de  santo  phil{ippo). 

Lasciando  che  i  dotti  studiosi  siculi  faccian  sopra  tal  documento 
de'  migliori  studi  proponiamo  loro  da  nostra  parte  due  osservazioni  a 
fare. 

In  prima  che  la  data  del  1105  che  vediamo  accettata  da  quei  che 
ne  scrissero,  e  fu  pur  segnata  da  recente  mano  nella  pergamena,  debba 
ritenersi,  e  non  già  cambiarsi  in  quella  del  1106.  L'anno  segnato  nel 
documento  è  il  6613  nel  calcolo  costantinopolitano  ,  cominciato  al  1 
settembre  del  corrispondente  anno  volgare  1104,  e  quindi  nel  maggio,  ossia 
nove  mesi  appresso,  correva  bensì  l'anno  costantinopolitano  6613,  ma 
però  corrispondeva  all'anno  volgare  1105  cominciato  al  gennaio.  Lo  stesso 
viene  confermato  dalla  in«.lizione  costantinopolitana  XIII,  segnata  appiè 
del  documento  la  quale  cominciata  col  settembre  dell'  anno  volgare  1104 
si  chiudeva  nell'agosto  1105,  (1)  e  quindi  il  maggio  precedente  appar- 
teneva a  questo  medesimo  anno. 

L'altro  studio  che  vorremmo  fosse  meglio  chiarito  è  quello  sopra  il 
vescovo  Luca  estensore  del  documento,  come  ivi  da  se  stesso  dice  nel 
fine. 

Su  questo  personaggio  che  sì  gran  parte  ebbe  nella  storia  sicula  e 
calabra  de'  suoi  tempi ,  si  desidera  qualche  esatta  monogratia.  Le  notizie 
che  sinora  potei  vedere  non  appagano  totalmente.  Inoltre  quel  suo  titolo 
èTOOXÓTroi»  àauXwv  lascia  dello  incertezze.  Interrogatane  persona  molto 
esperta  ed  intelligente  mi  rispose  che  potesse  indicar  (JViel  vescovo  che 
estendeva  le  sue  cure  a  quei  luoghi  che  nell'  irruzione  ed  occupazione 
saracenica  eran  riservati  ai  cristiani;  quasi  che  aouXwv  ci  dicesse  degli 
Asili.  Forse  a  confermar  ciò  conferirebbero  il  ricordare  i  titoli  generali 
di  vescovo  di  (Jalahria  e  di  Sicilia. 

Il  P.    Filippo    Matranga    (2)  nelle  sue  noto  ai  preziosi    manoscritti 


(1)  Oabdthavsbn,  Grieehiaehe  paleoffraphie  1879,  p.  458. 

(2)  Si  parla  molto  di  questo  S.  Luca  dallo  stesso  Matranga  in  una  sua 
dittMcrtnziono  lotta  il  12  Luglio  1887  alla  K.  Accademia  Tnloiitana  in  Messina, 
ed  ivi  pubblicata  pei  tipi  dol  Do  Domenico. 


MISCELLÀNEA. 


37 


Basiliano-messinesi  (Cod.  29;  fol.  245)  ove  si  ha  la  vita  di  quel  s.Luca, 
non  dubita  di  indicarci  la  sede  àaóXtov  in  Isola  di  Calabria.  Avendo 
scorsa  quella  vita  trovai  scritto  che  Luca  fu  fatto  vescovo  èv  Bpóvw 
xfjs  [AEYaXTji;  exxXyjatai;  àauXwv  nella  sede  della  grande  chiesa  degli  Asili. 

Se  questo  non  è  un  modo  rettorico  abbastanza  fuor  dell'  ordinario, 
la  frase  indicherebbe  una  sede  reale  in  qualche  città.  Ed  inoltre  nei  ca- 
taloghi delle  sedi  vescovili  di  Calabria  più  volte  ricorre  pur  questa  di 
AauXwv.  E  per  questa  come  sede  di  Luca  propendeva  anche  il  sagace 
ricercatore  delle  memorie  greco-medievali  della  magna  Grecia,  il  eh.  Ba- 
tiffol.  Tutto  questo  potrebbe  esser  meglio  posto  in  luce  pubblicandosi 
l'interessante  storia  di  quel  vescovo. 

Ma  su  di  ciò  speriamo  aver  delle  più  esatte  notizie  dai  dotti  Siculi 
e  Calabri;  e  da  chi  si  applica  ad  illustrare  il  luogo  nativo  di  Luca  che 
fu  Melicoccà  in  Calabria  (1).  • 

Avendo  espresso  tali  voti,  e  nel  desiderio  di  vederli  in  breve  com- 
piti, presento  il  testo  greco  riscontrato  suU'  originale  con  quella  cura 
maggiore  che  mi  fu  dato  poter  fare,  accompagnandolo  con  una  nuova 
versione  latina. 


t  AtaS-T^XYj  èppwjiévTj  èxxsGeloa  «api 
YpvjYOpfow   xaOirjYOliévou  xo3  &'{i.o^    tfi- 

Eycoys  6  TtpoprjO-elc  ypti-fópioi,  6  sv 
T(j)  ùcpet  TtpoTOc^*?  tòv  t{jiiov  oxaupòv, 
xò  ToO  Gavàxou  zéXoi  cpojoónevoc  |ni 
TTWg  dSiàO'STÓv  \ie  xaxaX^iQ,  xa'.  zoig 
èxsios  ànonéii'\isi  xevòv  xal  à^oJtaaxov, 
0)5  noXXolz  noXXdx'.;  auvé^yj  xal  è-^éws- 
xo  SO-ev  TZfió  ys  Ttavxwv  èxxtOyjiii  uspl 
xoO  fiovaaxYjpiou  xoO  àyloo  -^iXinnoo  xai 
x(5)v  |isx(3x'<«>'')  aùxoO,  wv  otxo5ó|JLOg  èyi- 
vón»]v  èyó}  ó  d{iapx(i)Xò(,  ^oi^d'eiav  s^wv 
xal  o'jvspyòv  xòv  iiéyav  èxelvov  pwxé- 
ptov  xóntxa  xal  xyjv  ouI^uyov  aùxoù  xal 


t  Testamentam  confirmatorium  fa- 
ctum a  Gregorio  abate  sancti  Philippi 
in  Demenna. 

Ego  praedictus  Gregorius ,  qui  su- 
perius  apposui  venerandum  Crucis  si- 
gnum ,  timens  ne  raortis  dies  extrema 
absque  testamento  me  deprehendat,  et 
ad  ea  quao  ulteriora  sunt  me  vacuum 
et  viatici  expertem  hinc  dimitfcat,  sicut 
pluribus  accidit  ac  saepe  factum  est, 
ideo  prae  caeteris  de  iis  quae  ad  Mo- 
nasterium  S.  Philippi  et  Metochia  illius 
pertinent  quaeque  ego  fundavi  dispono. 
Ego  quidem  licet  peccator ,  adiuvante 
atque  cooperante    magno   ilio   Rocerio 


(1)  Mandalaei    Giannantonio  nel  suo    opuscolo    Barlaamo    calabrese  mae- 
stro del  Petrarca.  Roma  1888. 


38 


MISCELLANEA. 


aùGévT.v  xai  xupiav  àSsXocaiav,  ri  xig 
èjisivsv  ÒTiioo)  TOà  [Jiaxaplou  xóp.ixos  |jls- 
Tà  Toù  uioù  aùxfjg  Toà  vsou  xóp.'.xog  aù- 
^évTou  oi>|i6(ovìou  ,  xal  xoO  nixpoù  ^co- 
xsplou  TOÙ  aùxaSéXcpou  aòxoO,  oxéTiov- 
Tss  xal  -sp'.cppoypoùvxss  xyjv  no£|jivr]V 
jiexà  xwv  (isxoxfcav  aùxrjg  xaGò)^  ó  [la- 
xipioj  xófiyjg  6  IJLSYac*  xà  8è  |Jisxóxta  toù 
àycoo  '^iklTZKOìì  sìal  xaùxa.  upwxov  ó  ày^^S 
àpxiyYsXoC  ó  TiXT]otov,xal  ó  óc^tog  vtxóXa- 
05,  xal  ó  fiytog  Tiéxpog,  xal  6  jiccpxug  S-aX- 
XéXato;,  xal  ó  ànóoxoXog  {lapxoj ,  xal 
•^  Geoxóxo?  TOÙ  (laviocxou ,  xal  Ixspos 
&f'.oz  Tiixpoz,  xal  ol  fiYtcì  cp'.XocSsXcpoi . 
oì  xivsg,  óg  elKO\  d)xoSo|n^8-y]oav  è£  à- 
vaXcDndxcov  oìxslwv  xoù  ^laxaplou  xó|it- 
T05,  xal  xffZ  xuptag  àSsXaoiag,  xal  xcòv 
téxvwv  aùxtòv,  xal  xoù  xùp  vtxoXaou  xoù 
jiuoxoXéxxou  xoù  fiaxaptoo  xó|itxog  xal 
xoù  uioù  aòxou  xal  véou  aùv)-évxou  ai- 
(lecovlou,  o5  Ttvog  "^  PoT^*eia  àvxl  xoìi 
Tiaxpòs  aòxoù  O-otpxs'-  slg  xàg  xoiauxaj 
ixxXrjolac  fisxi  x/jg  oìxeiag  (Ji>jtpóg  . 
òv  x'.vttìv  ri  eòx'fl  òcTiauoxog  ÓTtapxei  àx 
xcòv  xo'.ouxctìv  èxxXr,o'.(òv,  xal  zccvxiuv  xù)v 
àpX<5vxa)V  xcòv  à^tsptooctvxwv  6ig  xàg 
}iovàg  xaóxag  .  80ev  xal  5tax(0-o|i.ai  ó- 
liclwg  xa9d)g  xal  elg  xtjv  éxépav  fisyà- 
Xt]v  8ta9^^xr^v ,  Eva  (bot  xà  nposipvjpiéva 
)i8xóxia,  àoiXeuxa  ex  xfjg  [leYocX'yjs  p-o- 
vfjf  ..  dYlo'j  cptXlnnou,  xal  xòv  riyoù- 
(jKvov  3v  èOéjiifiV  àvxl  èjioù  xaOtb;  xal 
<J  aùWvng  (lexi  xoD  oloù  aùxi^g  xo5 
véoo  xóntxog  (iptoev  .  el  8é  xtg  eòpsGelr) 
èjiJióJiov  Tiotòiv  tli  xà  jiexóxta  xoù  ^y) 
ttvot  tic  t^v  (icY^^^v  (lovijv,  dXXà  xal 
ti  Ti{  dnÓTcaootv  itoti^oaixo  toù  hy]  bB- 
Xto^ot  xoO  naxaplou  xótAixog  xal  xfjc 
xupiac  dStXaolac  xocl  xfiiv  uU&v  aòxfìg  xal 
xoO  xùp  vixoXioo,  xal  «dvxtov  xfflv  dY»- 
«o)vxwv  xà;  xo'.a'ixac  èxxXujolac,  èxixo) 


comite  et  uxore  illius  principe  et  do- 
mina Adelasia  ,  quae  successit  beato 
illi  corniti  una  cum  filio  suo,  novo  co- 
mite  principe  ^imeonio  et  parvo  Roce- 
rio  fratre  huius  germano  ,  una  simul 
protegimus  atque  ex  omni  parte  coni- 
munimus  hanc  sacram  gregem  cum 
Metochiis  eius  sicut  fecerat  beatus  Co- 
mes magnus.  Metochia  vero  Sancii  Phi- 
lippi  haec  sunt  :  Primum  Sanctus  Ar- 
changelus  quod  prope  est  (monasterio) 
et  Sanctus  Nicolaus ,  et  Sanctus  Pe- 
trus ,  et  martyr  Thallelaeas ,  et  Dei- 
para Maniacis,  et  aliud  Sanctus  Petrus, 
etsanctifratres  diIccti(Cosme  etDamian). 
Quae  Metochia,  ut  dixi,  aedifìcata  sunt 
suis  exponsis  a  beato  Comite  et  do- 
mina Adelasia  et  filiis  eorum  nec  non  a 
Nicolao  mystolecta  (cappellano?)  beati 
coraitis  et  ipso  principe  Siraeonio  fi- 
lio eius,  qui  eadem  utitur  prò  patre  prò- 
tectione  una  cum  matr.*  sua  erga  prae- 
dictas  ecclesias.  Pro  his  intermissa  vi- 
get  precatio  in  dictis  ecclesiis ,  et  prò 
omnibus  dominis  qui  oblationes  fece- 
runt  eisdem  sacris  aedi  bus  praedictis. 

Quapropter  testamentaria  ratione  di- 
spone, sicut  iam  in  alio  malori  testa- 
mento disposui,  ut:  haec  praedicta  Me- 
tochia firmiter  pertineant  ad  magnum 
Monasterium  Sancti  Pliilippi  atque  ad 
abatem,  quem  loco  mei  elegi,  sicut  et 
dccrevit  domina  et  princeps  cum  fìlio 
suo  novo  comite. 

Si  quis  vero  reperiatur  qui  impe- 
diat  quominus  haec  Metochia  prae- 
dicto  magno  sint  Monasterio  ;  et  insu- 
per si  quis  ccssaverit  procationes  fa- 
cere  prò  magno  Comite  et  Adelasia  do- 
mina et  filiis  eius  et  prò  donino  Nico- 
lao et  prò  omnibus ,   diligcntibus    ista 


MISCELLANEA 


39 


TÌQV  àpàv  7:apà  ràv  àytiov  naiépojv,  "xal 
uap'  è|Jio'j  xo'j  à|Jiapx(i)Xo'j  ÈTri-ct  jaiov  . 
àXX'  l^(x.  E5x.a)vxa'.  aùioì^  iwg  ai  ày-y-Xr; - 
o(at  07i:dpx.oua'.v,  oxc  o^xot  àvsaxTjaav  xàg 
èxxX7jo£ag  xaóxxs  Sii  eù^ì^v  xè  xal  s- 
mxux^*''  '^wv  àyatì-fòv  èxeivwv ,  o-jj  x6- 
piog  ó  Gsòj  èXsYjasi  xai  óSTjyi'jasi ,  xal 
(bg  s|ià  ■f\'{<ÌTirflOL^  iva  xaì  xòv  àvxl  è|io5 
àyaTiYjCJwaiv  ó  aòS'évxrjS  ó  |i'//pò;  xai 
xó|iYjg  xai  Yj  liYjXYjp  aùxo'i  fi  xupta  ,  Xé- 
yo)  5y]  xòv  yjyouiJLevov  dv  àcpfo)  eìg  xàg 
èxxXyjocag,  xal  |j,yj  àcpYjatóa'.v  sig  èyxa- 
xaXsi^i'tv  xàj  xoiauxaj  àxxXYjoiaj. 

Eypticprj    y\    xoiaùxYj    hi%^i\v..r\    Tiagtò. 
Xouxà    èTicaxóTio'j    àoùXcov    hyjvì     iialu) 


Ivòtxx:  ly'  èxoug  li'X^y  t 


monasteria:  is  habeat  maledictionem  a 
Sanctis  (318)  Patrihus  et  reprebensio- 
nem  a  me  peccatore.  Veruntamen  ile- 
precontur  omncs  prò  iis,  quousque  ec- 
clesiae  praodictac  manebunt  :  ipsi  enim 
illas  excitarunt  ut  preces  haberent  et 
bona  consequerentur,quae  e  precibus  ve- 
niunt;  Horum  Dominus  Deus  miserebi- 
tur,  et  eos  bene  diriget;  et  siciit  dile- 
xei-unt  me,  et  dominus  parvus  et  novus 
Comes  et  domina  mater  eius,  diligant 
successorem  meum  ,  videlicet  abatem 
quem  in  bis  ecclesiis  relinquo  ,  nequc 
unquam  deserant  ecclesias  praedictas. 
Scriptum  est  boc  testamentum  a 
Luca    episcopo  Asylano    mense    maio, 

ludictione  XIII   anno   VIM   DC    XIII 
(6613=a.  Ch.  1106). 


La  scrittura  del  documento  è  di  buona  ortografìa,  e  non  richiede  molte  os- 
servazioni. Alla  lin.  3  la  abbreviazione  del  nome  sv  8  n  con  le  lettere  soprap- 
poste manifesta  cliiararaont)  la  località  ev  Se|ievvY],  di  cui  molti  trattarono. 

È  appena  da  notare  il  pcoxspiov  per  ptoysp'.ov,  e  qualche  iotacismo  in  scriver 
ora  xo|jLix..  ed  ora  xojiyjx..  Alla  lin.  8  regolarmente  dovrebbesi  scrivere  anoTieii'lYj. 

Riguardo  al  iiuaxoXéxxYjj  che  può  dirsi  cappellano  ci  Rogerio  si  vcggan  le 
memorie;  qui  si  conferma  che  fosse  prete  greco  essendo  pure  indicato  un  figlio. 

Troppo  è  nota  la  maledizione  invocata  da  318  padri  del  Concilio  Niceno 
contro  i  violatori  delle  cose  sacre 

In  fine  notiamo  l' importanza  del  documento  anche  per  essere  intieramente 
autografo  del  vescovo  Asikno  Luca  nel  maggio  1106. 


Giuseppe  Cozza-Luzi 


FONDITORI  DI  CAMPANE 

IN  ALCAMO 


Scorrendo  tempo  addietro  le  vecchie  carte  di  taluni  arcliivì  di 
questa  città  ini  venne  fatto  di  raccogliere  un  bel  manipolo  di  do- 
cumenti relativi  a  diversi  fonditori  di  campane,  che  lavorarono  in  Al- 
camo a  cominciare  dal  secolo  XVI  sino  al  nostro.  Dato  di  ciò  co- 
noscenza airillustre  mio  amico  prof.  Giuseppe  Meli,  Vice  Direttore 
del  Museo  Nazionale  di  Palermo,  e'  mi  rispose  che  nell'interesse 
della  storia  artistica  della  Sicilia  avrei  fatto  bene  a  compilare  un  lavo- 
retto ove  riunire  le  varie  notizie  in  essi  documenti  contenute,  aggiun- 
gendovi possibilmente  le  iscrizioni  che  per  avventura  si  trovassero 
uelle  campane  delle  chiese  alcamesi.  A  sì  autorevole  invito  io  non 
potevo  che  assentire,  ed  eccomi  qui  all'opera. 

Di  Tortorici  (cittadetta  oggi  di  qualche  importanza  nella  provin- 
cia di  Messina)  il  Fazello  nella  1"  delle  sue  Deche  (De  rebus  si- 
cuUsJ,  lib.  10,  pag.  212,  scrive  cosi:  «  Est  postea  ad  p.  m.  4  in 
valle  profunda...  opifìcibus  variis ,  sed  in  primis  fabris  ferrariis  et 
campanariis  clarum  quorum  opera  tota  Sicilia  diffunduntur.  »  Que- 
sta valentia  dei  tortoretani  nel  costruir  campane ,  rammentata  dal 
celebre  storico  domenicano,  riceve  piena  conferma  dai  succennati 
documenti.  Imperocché  de'  campanari  che  vi  si  trovano  nominati 
una  buona  parte,  come  pure  i  più  antichi,  appartengono  alla  terra 
di  Tortorici.  E  perchè  meglio  ciò  apparisca ,  pria  di  passar  oltre, 
piacemi  di  presentare  al  lettore  un  elenco  di  lutti  codesti  artetìci, 
diviui  per  patria  e  con  a  fianco  l'anno  de'  loro  rispettivi  documenti. 

CAMPANARI   TORTOKETANI. 

i.  Oiorgw  San/ìlippo  .       .       .       ,       .    an.  1532. 
2.  Nicolò  Tirenni »  1543. 


MISCELLANEA 


41 


3.  Gian  Domenico  Sanfilippo,  il  maggiore,  an.  1556-58. 

4.  Paolo  Sanfilippo »      » 

5.  Natale  Garbato *  158-1-92. 

6.  Antonino  Garbato »      » 

7.  Michele  Garbato »  1585. 

8.  Gian  Domeìiico  Garbato      ...  *  1612. 

9.  Andrea  Garbato »  1617-19. 

10.  Giovan  Filippo  Garbato       .       .        .  *•  1619. 

11.  Francesco  Sanfilippo     ....  »  1629. 

12.  Gian  Domenico  Sanfilippo,  il  minore  .  »  1 659. 

13.  Vincenzo  Cali  mede       ....»» 

14.  Giuseppe  Ferraù *  1668. 

15.  Giacomo  Marotta *  1681. 

GAMPANAHI   PALERMITANI. 


16.  Desiderio  Sciar rubba    . 

17.  Giuseppe  Del  Bono  o  del  Bolo 

18.  Nunzio  Del  Bono  . 

19.  Bartolomeo  Zumbo 

20.  Francesco  Moro    . 

21.  Claudo  U  Oca. 

22.  Paolo  Greco  (nativo  di  Catania) 

23.  Francesco  Di  Marco    . 

24.  Cesare  Medici 

25.  Giuseppe  Milazzo  . 


»  i591. 

»  » 

»  1592. 

*  1631. 

-  1697. 

»  1747. 

»  » 

»  » 

»  u 

»  1786. 


CAMPANARO     SALEMITANO. 

26.  Vincenzo  Vera »  1607. 

CAMPANARO     ENNESE. 

27.  Mariano  Russo »  1626. 

CAMPANARI  CASTEL VETRANESI. 

28.  Angelo  Pantano »  1661-62. 


42 


MISCELLANEA. 


29.  Leonardo  Pantano . 

30.  Baldassarre  Pantano 

31.  Ghiseppe  Nicotra    . 


CAMPAXAKI    TRAPANESI. 


an.  1661-62 
»  1664. 
)>  1662. 


32.  Giovanni  Grandi 

33.  Angelo  Grandi 


1673. 
1681. 


CAMPANARI    DI   SCONOSCIUTO   PAESE. 


34.  Giovanni  Di  Fisco. 

35.  Giuseppe  Vaisco     . 


»  1737. 


CAMPANARI     BUllGITANI. 


36.  Xicoln  Baiamenti  . 

37.  Vito  Ardiri    . 

38.  Nicolò  Arcuri. 

39.  Antonio  Arcieri 

40.  Francesco  Virgadamo 


»  1710. 


»  1741. 
»  1856. 


Dirò  ora  parti tamente  e  succintamente  dei  lavori  che  dai  rinve- 
nuti documenti  risulta  di  essere  stati  fatti  o  assunti  a  fare  da  cia- 
scuno dei  sunnominati  fonditori.  E  per  conservare  l'ordine  che  ho 
tenuto  nel  formare  il  superiore  elenco,  comincio  dai  campanari 
di  Tortorici,  tra  i  quali  pel  primo  figura 

Giorgio  Sanfilippo.  Intorno  a  costui  lio  solamente  rinvenuto  un 
contratto  in  not.  Pieti-o  Scannariato  con  data  del  15  dicembre  1532, 
In  virtù  del  quale  obbligavasi  a  costruire  una  campana  da  quattro 
in  cintine  cantara  per  il  campanile  delia  chiesa  della  Madonna  del 
SoccortiO  «  prò  pretto  ad  rationem  une.  unius...  prò  quolibet  canta- 
reo  *  e  a  patto  di  dovergli  i  committenti  apprestare  tutto  il  neces- 
sario per  la  fusione  e  «  lectum  unum  et  stantiam  prò  dormiendo  »  (1). 
Probabile  pei'ò  che,  trovandosi  egli  allora  in  Alcamo,  avesse  altresì 
rifuso  il  campanoue  di  questa  Cliiesa  Madre,  il  (|uale  fu  appunto, 


(1)  V.  fra*  Documenti  nnm.  I. 


MISCELLANEA  43 


giusta  afferma  il  De  Blasi,  rifonduto  nel  153:2,  previo  contratto  del 
29  settembre,  detto  anno,  in  not.  Stefano  Torneri  (1);  contratto  che 
or  più  non  si  trova.  Dell'altro  campanaro  di  Tortorici. 

Nicolò  Tirenni,  abbiamo  in  not.  Pietro  Scannariato  un  atto  addì 
15  gennaro  1"  ind.  1543,  per  il  quale  obligossi  a  fare  ad  un  certo 
Filippo  Lo  Liccia,  farmacistn,  un  mortaio  di  bronzo  del  peso  da  30 
a  32  rotoli  (2);  e  in  not.  Pietro  Antonio  Balduccio  un'apoca  in  cui 
si  dichiara  aver  egli  ricevuto  once  due  e  tari  quattro  per  manifat- 
tura di  una  campana  della  Confraternita  di  Maria  SS.ma  del  Soc- 
corso (3). 

Gian  Domenico,  il  maggiore,  e  Paolo  Sanfilippo ,  fratelli,  figli 
forse  del  su  nominato  Giorgio,  rifusero  nel  1557  la  campana  mag- 
giore di  detta  Chiesa  Madre,  che,  rottasi  dopo  (jualche  mese  «  men- 
tre sonava  a  tocco  »  essi  stessi  tornarono  a  colare,  dietro  stipulato 
nuovo  atto  di  obbligazione  verso  i  giurati  alcamesi  a'  18  giugno,  15' 
ind.,  anno  predetto,  in  not.  Pietro  Antonio  Balduccio  (4).  Fatta  la 
qual  colatura  obbligaronsi  a  fondere,  prima,  due  campane  per  la 
chiesa  della  Madonna  del  Canneto,  di  cui  una  del  peso  di  sei  can- 
tara  e  l'altra  d'un  cantaro,  e,  poscia,  per  la  chiesa  della  Madonna 
del  Soccorso  una  campana  di  cantara  dieci  (5). 

Natale  Garbato,  «  oriundus  terre  Turturicii  et  habitator  urbis 
felicis  Panormi»,  prese  obbligo  nel  1584-85  per  atto  in  not.  Gio- 
van  Vincenzo  De  Mulis,  di  rifare  la  su  ridetta  campana  maggiore 
della  Chiesa  Madre,  portandola  da  quattordici  a  sedici  cantara.  e 
l'altra  della  stessa  chiesa,  nominata  La  Liotta  (G).  Indi,  nel  1586,  di 
colare  due  campane  per  Castellammare  del  Golfo ,  delle  quali  una 
del  peso  di  un  cantaro  in  cii'ca  ed  una  di  rotoli  venti ,  pure  in 
circa  (7);  e  finalmente  nel  1592  di  costruirne  un'altra  per  la  chiesa 
del  convento  di   S.  Maria  di  Gesù  «*  illius  foggio,  bonequalitatis  et 


(1)  V.  nel  Discorso  storico  dell'opulenta  cittìi  di  Alcamo  ecc.  ms.  pos- 
seduto dalla  Biblioteca  Comunale  di  Alcamo. 

(2)  V.  fra"  Documenti  num.  III. 

(3)  V.  fra'  Documenti  num.  II. 

(4)  V.  fra'  Documenti  numm.  IV,  V,  VI  e  VII. 

(5)  V.  fra'  Documenti  numm.  VIII,  IX,  X  e  XI. 

(6)  V.  fra'  Documenti  num.  XII. 

(7)  V.  fra'  Documenti  num.  XIII. 


44  HISCULLANEA 


campi  quot  quantitas  metalli  infrascritti  debbite  requirit,  ad  sum- 
mam  cantariorum  quinque  in  sex  »  (1). 

Un  rògito  del  23  dicembre  14*  ind.  1585  in  not.  Pietro  Paraci  (2) 
ci  fa  sapere  come  il  prefato  Natale  avesse  avuto  a  collaboratore  in 
Alcamo  un  suo  fratello  per  nome  Antonino,  di  cui  ho  pure  rinve- 
nuto nel  bastardello  15  ind.  15S7  di  not.  Lorenzo  Lombardo  questo 
semplice  accenno  :  «  Die  XXVI  maji  XV  ind.  —  Sequitur  attus  cam- 
panaruin  prò  Gonfraternitate  S.  Marie  de  lu  Succursu  centra  ma- 
gistnim  Antoninum  Galbato  »  (2). 

Ho  tra  i  miei  appunti  che  il  tortoretano  Michele  Garbato  per  atto 
del  2  settembre  1585  in  not.  Pietro  Faraci  vendette  a  un  Vincenzo 
Mancuso,  rettore  della  Confraternita  del  Ss.  Crocifisso,  una  campana 
di  rotoli  41.  Tornato  intanto  in  questi  giorni  a  riscontrare  quest'atto 
per  farmene  un  esemplare  ho  trovato  il  relativo  volume  mancante 
del  quinterno  in  cui  era  il  documento. 

Di  Gian  Domenico  Garbato  abbiamo  nel  bastardello  X"  ind.  1612 
di  not.  Lorenzo  Lombardo,  addi  3  gennaro:  «  Hic  intrat  obligatio 
campane  conlìciende  prò  ven.  Monastero  SS.  Salvatoris  centra  magi- 
strum  Io.  Dominicum  Garbato,  prout  in  minutis  »  (minute  che  più 
non  esistono)  e  a'  4  dello  stesso  mese  un  altro  strumento,  pel  quale 
egli  obbligavasi  a  costruire  una  campana  di  un  cantaro  e  50  rotoli 
circa  per  la  chiesa  del  Monastero  di  S.  Francesco  di  Paola  (3). 

Ho  inoltre  rinvenuto  nello  stesso  not.  Lombardo  due  apoche,  in 
data  una  del  18  aprile  15"  ind.  1617,  e  l'altra  del  1°  settembre,  l' ind., 
detto  anno,  dalle  quali  è  chiaro  avere  il  campanaro  Andrea  Garbalo 
ricevuto  once  16  e  tari  9  per  la  fusione  di  una  campana  della  chiesa 
del  convento  di  S.  Domenico  (4);  e  in  not.  Rocco  CioIH  altr' apoca 
a'  16  settembre  3'  ind.  1619,  in  cui  il  di  lui  figlio  Giovan  Filippo 
confessa  di  avere  avuto  dal  priore  del  convento  di  S.  Maiia  del- 
l' Uria  once  4  «  prò  confectione  campane  per  dictum  de  Garbato 
facte  et  consignalo  in  dicto  conventu.  iuxta  fiu-mam  accordi  iiiter 
eum  et   (lichmi  prinriMii  »  fó).  Ed  è  poi    in  not.  Antonino  Vaccaro 


(1)  V.  fhi'  Documenti  nam.  XIV. 

(2)  V.  fra'  Documenti  num.  XV. 

(3)  V.  fra'  Documenti  uuni.  XVI. 

(4)  V.  fra'  Documenti  nomm.  XVII  e  XVIII. 

(5)  V.  ft'a'  Documenti  num.  XIX. 


MISCELLÀNEA  45 


uno  strumento  addì  4  settembre  3'  ind.  1619,  in  virtù  del  quale  i 
prefati  Andrea  e  Giovan  Filippo  obbligavansi  in  solido  al  procura- 
tore delle  maramme  della  Maggior  Chiesa,  certo  D.  Vincenzo  De 
Lazio,  a  rifondere  la  campana  di  esso  Duomo,  chiamata  Iai  Liotta, 
«  de  ea  magnitudine,  seu  pondero  ut  est  ad  presens,  et  de  la  forma 
et  modello,  che  è  la  campana  mezzana  di  detta  ecclesia...  prò  ma- 
gisterio  ad  rationem  une.  unius  et  tarenorum  viginti  quatuor  prò 
cantareo ,  ledo  prò  dormiendo ,  cum  domo ,  et  une.  unam  prò 
esu  »  ecc.  (1). 

Nel  libro  dei  conti,  titolato  Marartime,  esistente  neir  archivio 
di  questo  Duomo,  a  fog.  98,  trovo  la  seguente  nota  di  pagamento, 
danteci  notizia  del  campanaro  Francesco  Sanfilippo  :  «  E  a  primo 
di  giugno  (16;29)  onze  8  e  tari  15  pagate  a  m.'"  Francesco  Sanfi- 
lippo di  Turturici  per  mastria,  mancamento  ed  altra  spisa  per  haver 
rifatto  la  campana  Liotta  di  peso  di  rot.  190.  » 

Gian  Domenico  Sanfilippo,  il  minore,  e  Vincenzo  Caliìnede, 
giusta  quanto  leggesi  in  un  rogito  di  not.  Baldassare  La  Perna, 
rifusero  nel  1659  una  campana  del  convento  di  S.  Francesco  di 
Paola,  portandola  da  rotoli  86  ad  un  cantaro  e  più,  e  ricevendone 
«  tam  prò  eorum  magìsterio,  quam  prò  pretio  rami,  brunzi,  stagni, 
lignaminis  et  aliis  »  once  undici  e  tari  quattro  (2). 

Giuseppe  Fei^aù,  come  detegesi  da  due  atti  in  notar  Giu- 
seppe Lombardo,  rifuse  nel  1668  la  sopradetta  Liotta  della  Madre 
Chiesa  ed  un'altra  campana  pella  chiesa  del  convento  dell'Itria,  es- 
sendosi costituito  «  in  lìdeiussorem  et  principalem  funditorem  et 
insolidum  obligatum  cum  dicto  m."  Joseph  »  per  la  rifusione  della 
prima,  un  «  magister  Sebastianus  Pintacero,  caldararius,  civis  Pa- 
normi,  »  e,  per  quella  della  seconda,  un  «  magister  Franciscus  De 
Asaro,  civis  oriundus  huius  civitatis  Alcami»  (3).  Chi  sa  se  costoro 
non  fossero  stati  pure  fonditori  di  campane? 

Giacomo  Marotta  nel  1681  rifece  la  campana  mezzana  e  la  così 
detta  Liotta  della  Maggiore  Chiesa,  aumentando  questa  di  due  can- 
tara  e  quindici  rotoli,  e  quella  di  rotoli  49  soltanto;  e  fuse  per  la 


(1)  V.  fra'  Documenti  num.  XX. 

(2)  V.  fra'  Documenti  num.  XXI. 

(3)  V.  fra'  Documenti  numm.  XXII  e  XXIII. 


46  MISCELLANEA 


stessa  chiesa  una  nuova  campana  del  peso  di  un  cantaro,  alla  quale 
venne  posto  il  nome  di  quarta  campana  (1). 

Questi  i  lavori  dei  campanari  di  Tortorici.  L'ordine  propostomi 
mi  porta  ora  a  parlare  de'  lavori  eseguiti  dai  campanari  paler- 
mitani. 

Ai  due  fonditori  Giuseppe  del  Bono  e  Desiderio  Sciarrubba  nel 
marzo  del  1592  veniva  commessa  la  ricolatura  di  due  campane,  una 
delle  quali  per  la  chiesa  del  convento  di  S.  Maria  di  Gesù  e  l'altra 
per  la  chiesa  del  convento  di  S.  Maria  della  Stella,  sotto  titolo  di 
S.  Domenico.  Quest'ultima,  intanto,  chi  sa  per  qual  motivo  non  fu 
più  da  loro  eseguita,  e  per  contratto  del  16  maggio,  detto  anno,  in 
net.  Lorenzo  Lombardo  obbligossi  a  rifonderla  l'altro  campanaro 
palermitano  Nunzio  del  Bono ,  probabilmente  fratello  del  prefato 
Giuseppe  del  Bono  (2). 

A  Bartolomeo  Zumbo  venne  allogata  nel  1631  per  atto  in  no- 
tare Giacomo  Adragna  la  costruzione  d'una  campana  di  mezzo  can- 
taro per  la  chiesa  della  Madonna  del  Soccorso,  la  quale  campana  es- 
ser dovea  della  medesima  forma  di  un'  altra  che  -  lo  stesso  artefice 
erasi  obbligato  a  fare  «  virtude  alterius  contractus  in  actis  noi  Ja- 
cinti  Bucca.  »  Del  not.  Bucca ,  intanto ,  manca  il  volume  degli  atti 
dell'anno  1630-31,  e  però  non  ho  potuto  rilevare  a  quale  delle  chiese 
di  Alcamo  fosse  appartenuta  quest'altra  campana  del  Nostro  (3). 

Del  di  lui  concittadino  Francesco  Moro  si  ha  contezza  di  aver 
fonduto  nel  1697:  1°  due  campane  per  il  Santuario  di  Maria  SS.ma 
de'  Miracoli  (delle  quali  una  del  peso  di  quattro  cantara  e  mezzo,  e 
l'altra  di  rotoli  96);  2"  una  campana  di  rotoli  75  per  l'oratorio  della 
Congregazione  de'  Chierici,  e  3°  una  campana  di  un  cantaro  e  ro- 
toli .'59  per  la  chiesa  della  Madonna  del  Soccorso  (4). 

E  degli  altri  quattro  campanari  di  Palermo,  Paolo  Greco,  ('laudo 
D'Oca,  Francesco  Di  Marco,  e  Cesare  Medici  rilevasi  dall'archi- 
vio di  questa  Madre  Chiesa  che  ncH'  anno  1747  fu  ai  primi  tre  al- 
logata dall'arciprete  Erasmo  Cremona  la  rifusione  del  canipanonc  di 


(1)  V.  tn'  Documenti  num.  XXIV. 

(2)  V.  fra'  Documenti  numm.  XXV,  XXVI  o  XXVII. 

(3)  V.  fra'  Documenti  num.  XXVIII. 

(4)  V.  fra'  Documenti  numm.  XXIX,  XXX  e  XXXI. 


MISCELLANEA  47 


essa  chiesa,  non  ostante  certe  pretensioni  in  contrario  de'  giurati 
alcamesi  d'allora,  e  che,  non  essendo  tal  rifusione  ben  riuscita  la 
prima  volta,  fu  poscia  dagli  stessi  Greco,  D'  Oca  e  di  Marco  fatta 
eseguire  dal  fonditore  Cesare  Medici.  In  uno  dei  relativi  documenti 
leggesi  fra  altro  che  il  peso  di  esso  campanone  fu  verificato  dal 
pesatore  Onofrio  La  Graverà  di  Palermo  quintali  17  e  rotoli  90  (1). 

Finalmente  il  palermitano  Giuseppe  Milazzo  rifuse  nel  1786 
il  testé  detto  campanone  del  Duomo  e  quello  della  parrocchiale 
chiesa  di  S.  Paolo  e  S.  Bartolomeo,  entrambi  aumentandoli  di  vo- 
lume (2). 

Venendo  ora  ai  lavori  de'  quattro  campanari  che  ci  appresta  la 
terra  di  Castelvetrano,  abbiamo  in  not.  Vincenzo  Bruno  che  il  primo 
di  essi  artefici,  cioè  Angelo  Pantano,  addì  29  gennaio  1661  obbli- 
gossi  ad  un  certo  p.  Giuseppe  Manno  rettore  del  Collegio  dei  Ge- 
suiti in  Alcamo  «  a  culari  fundiri  e  fari  una  campana  per  detto 
ven.  Collegio  di  piso  di  cantara  tri  in  circn....  prò  magisterio  ad 
rationem  tareni  unius  sirgulo  rotolo,  alla  scarsa  di  tutti  cosi  «;  quale 
campana  dovea  egli  consegnare  al  coimuittente  infra  il  termine  di 
otto  giorni  a  contare  dalla  data  del  contratto  obbligatorio,  ed  aifi- 
darne  la  buona  riuscita  per  tre  anni  consecutivi  a  partii'e  dal  dì 
della  consegna,  apprestando  come  principale  fonditore  e  facitore  di 
detta  campana  il  di  lui  fratello  Leonardo  Pantano  (8). 

Oltre  di  questo  lavoro  il  prefato  Angelo  fece  nel  1662  una  cam- 
pana per  la  chiesa  del  convento  di  S.  Francesco  dì  Paola,  e  un'alti-a 
ne  rifuse  \)ev  la  chiesa  della  Madonna  dell'Alto  nel  1653,  d'una  al 
fonditóre  Giuseppe  Nicotra  (4). 

11  quarto  de'  soprannominati  campanari  di  Castelvetrano ,  Bal- 
dasmre  Pantaìw,  prese  obbligo  nel  1664,  per  due  atti  in  not.  Bal- 
dassare  Perna  di  rifondere:  1.  la  campana  mezzana  della  chiesa  della 
Madonna  del  Soccorso,  e  2.  una  campana  dell'or  detta  chiesa  della 
Madonna  dell'Alto;  quella  del  peso  di  un  cantaro  e  rotoli  venti  circa, 
questa  di  un  cantaro  e  rotoli  cinquanta,  pure  circa  (ò). 


(1)  V.  fra'  Documenti  namm.  XXXII,  XXXIII  e  XXXIV. 

(2)  V.  fra'  Documenti  numm.  XXXV  e  XXXVI. 

(3)  V.  fra'  Documenti  num.  XXXVII. 

(4)  V.  fra'  Documenti  numm.  XXXVIII  e  XXXIX. 

(5)  V.  fra'  Docuìnenii  numm    XL  e  XLI. 


48  MISCELLANEA 


Intorno  al  salernitano  Vmcenzo  Vera  ho  solamente  rinvenuto 
nel  bastarde]  Io  5  ind.  1606-7  di  not.  Antonino  Vaccaro  nn  rògito 
con  data  del  26  febbraio,  pel  quale  egli  vendeva  a  un  m/'  Giovanni 
La  Sala,  procuratore  della  chiesa  di  S.  Antonio  in  Castellammare 
del  Golfo  una  campanotta  del  peso  di  rotoli  18  pel  prezzo  di  oncie 
tre  (1).  Senonchè  da  una  delle  iscrizioni  qui  appresso  trascritte, 
sorge  chiaro  avere  egli  in  quell'anno  rifuso  altresì  la  campana  grossa 
di  questa  chiesa  di  S.  Oliva. 

L'ennese  Mariano  Rtisso,  giusta  un  contratto  del  31  marzo  1626 
in  not.  Rocco  Ciofìì,  costruì  in  detto  anno  una  campana  per  la  chiesa 
del  convento  di  S.  Francesco  di  Paola  ;  e  siccome  «  li  manichi 
nello  fnndiri  di  detta  campana  non  venniro  alla  prima  cotta,  seu 
fusa,  e  fu  bisogno  fari  seu  fundiri  detti  manichi  di  novo  supra  detta 
campana,  »  il  Russo  in  virtù  del  connato  atto  di  obbligazione  di- 
chiaravasi  tenuto  a  rifarli  gratuitamente,  qualora  nello  spazio  di 
anni  due,  cursuri  dal  giorno  testé  registrato,  si  fossero  spezzati  (2). 

Dei  campanari  trapanesi  Angelo  e  Giovanni  Grandi  l'uno  tro- 
vasi mentovato  nel  contratto  obbligatorio  stipulatosi  in  not.  Fran- 
cesco Jemma  li  7  giugno  1681  tra  il  sac.  Floreno  e  il  campanaro  Ma- 
rotta  di  Tortorici,  sopra  ricordato,  ove:  «  Pro  quo  quidem  de  Ma- 
rotta  presente  et  volente  eiusque  precibus  et  complacentia  erga  dic- 
tum  de  Floreno...  de  ei  adimplendo  omnia  et  singula  prcmissa  et 
infrascripta  ac  in  presenti  expressata  et  declarata,  et  eis  modo, 
forma,  loco  et  tempore,  quibus  et  prout  est  obligatus  dictus  de  Ma- 
rotta  virtute  presentis  actus,  ad  quem  etc.  mag.'  Angelus  Grandi 
civitatis  Drepani  et  ad  presens  hic  Alcami  repertus...  sponte  lideius- 
sit  seque  fideiussorem,  principalem  debitorem,  solutorem,  adimple- 
torem  et  insolidum  cum  dicto  Marolta  se  obbligatum  consliluit,  re- 
nunciando  etc.  »;  il  secondo,  cioè,  Giovanni  Grandi  per  atto  in  no- 
tare Baldassare  Pema  de'  24  settembre  1678  obbligossi  al  priore 
del  convento  di  S.  Maria  dell'Itria  a  ricolare  una  campana  di  essa 
chiesa,  del  peso  presso  a  poco  di  un  cantaro  e  rotoli  tre,  a  condi- 
zione di  consegnarla  linita  fra  otto  giorni  numcrandi  dal  dì  dell'as- 


ci) V.  fra'  DontinieiUi  nnm.  XML 
(2)  V.  fra'  Documenti  nuin.  XI-III. 


MISCELLÀNEA  49 


sunta  obbligazione  ed  affidando  die  si  fosse  conservata  integra  per 
anni  due,  cursuri  dal  giorno  della  consegna  (1). 

Riguardo  a'  due  campanari  Di  Fisco  e  Vaisco  ho  solo  incon- 
trato nel  libro  3°  di  conti  nell'Archivio  della  Maggiore  Chiesa  una 
nota  di  pagamento,  da  cui  si  ricava  aver  essi  colato  nel  1737  la 
campana  Guardia  del  campanile  di  essa  chiesa  (2). 

Chiudo  il  mio  breve  ragguaglio  coi  campanari  burgitani,  Vito 
e  Nicolò  Ardiri,  Nicolò  Baiamente,  Antonio  Arcuri  e  Francesco 
Virgadamo.  Di  essi  i  primi  tre  rifusero  nel  1710  la  campana  mez- 
zana e  le  così  dette  Gi'ardia  ed  Aliotta  della  Madrice  Chiesa  (L');  il 
quarto  nel  1741,  1^  '•«nipana  grossa  della  chiesa  di  Maria  SS*  de' Mi- 
racoli; e  l'ultimo  nel  1356:  1.  la  campana  maggiore  della  parrocchiale 
chiesa  de'  santi  apostoli  Paolo  e  Bartolomeo ,  2.  due  campane  della 
chiesa  del  convento  di  S.  Maria  di  Gesù,  e  3.  un'altra  della  chiesa 
del  convento  de'  Minimi  di  S.  Francesco  di  Paola  (4). 

Le  iscrizioni  che  ho  potuto  trascrivere  dalle  campane  delle  chiese 
di  Alcamo  son  queste: 

Dal  campanone  della  Madre  Chiesa  :  M.  I.  AG.  DEIPARAE  IN 
COELUM  ASSUMPTAE-EGCLESIAE  EXPExNSlS  REFUSA  ET 
AUCTA  1786— D.  O.  M.  (5). 


(1)  V.  fra'  Documenti  nuin.  XLIV. 

(2)  V.  fra'  Documenti  nnm.  XLV. 

(3)  V.  fra'  Documenti  numm.  XLVI,  XLVII  e  XLVIII. 

(4)  V.  per  la  prima  fra'  Documenti  num.  XLIX.  Delle  altre  due  ne  fan 
fede  alcuni  del  paese,  che  se  ne  ricordano. 

(o)  Quantunque  in  quest'iscrizione  non  si  trovi  il  nome  dell'autore, 
tuttavia  dall'anno  che  vi  é  segnato,  gli  è  certo  di  esser  questo  il  campanone 
della  Madrice  Chiesa  che  nel  1786  fu  rifonduto  dal  soprannominato  Giuseppe 
Milazzo  di  Palermo.  Prima  di  tal  rifusione  l'iscrizione  in  esso  campanone 
era  cosi  espressa:  S.  DEUS  S.  FORTIS  S.  IMMORTALIS  MISERERE  NO- 
BIS— UNIVERSITAS  ALGAMI— MAJORIS  ECCLESIAE  RECTORE  ERASMO 
CREMONA  1747  LIBR.  4475— OPUS  CAESARIS  MEDICI  (V.  De  Blasi,  Di- 
scorso  Stoìuco,  ecc.  pag.  334).  E  prima  ancora  :  SANCTUS  DEUS  SANCTUS 
FORTIS  SANCTUS  ET  IMMORTALIS  MISERERE  NOBIS— MENTEM  SANC- 
TAM  SPONTANEAM  HONOREM  DEO  ET  PATRIAE  LIBERATIONEM— AVE 
MARIA  UNIVERSITAS  TERRE  ALCAMl— IK)G  OPUS  FECIT  HIERONYMUS 
GARBATO  MCGCCCLXXXV  (V.  De  Blasi,  op.  cit.  pag.  334,  come  pure  in 

A)-ch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  4 


50  MISCELLANEA 


Dalla  campana  mezzana  di  detta  chiesa:  M.  A.  SUMPTIBUS 
EGGLESIAE-SUB  TUUM  PRESIDIUM  CONFUGIMUS  SS.  MA- 
TER— ANNO  1710  SECUNDO  RENOVABAR  (1). 

Dalla  campana  Aliotta  di  detta  chiesa:  MARIA  VIRGO  NOS 
PROTEGE  ALIOTTAE  NON  IMMEMOR  DIVOTIONIS-ALIOT- 
TAM    ECCLESIA  QUARTO  SUIS  FUDIT  IMPENSIS...  GCI  (2), , 

Dalla  campana  La  Guardia  di  detta  chiesa:  DEIPARAE  VIR- 
GINI  IN  GOELUM  ABSUNTAE  1737  (3). 


nn  antico  ms.  recentemente  trovato  dal  mio  egregio  amico  prof.  F.  M. 
^Mirabella,  e  clie  per  certo  altro  non  é  se  non  un  breve  frammento  dei 
mss.  dello  Zappanti  e  del  Gossentino  sì  spesso  dal  De  Blasi  citati  nella  pre- 
detta sna  opera). 

(1)  Nel  1710  fu  questa  campana  rifusa  dai  campanari  burgitani  Nicolò 
Bajamenti  Vito  e  Nicolò  Arcuri.  L'iscrizione  che  portava  prima  del  1710 
era:  SUB  TUUM  PRAESIDIUM  CONFUGIMUS  SS.  MATER— 1500  FUNDE- 
B.\R  ANNO  1681  SUMPTIBUS  EGGLESIAE  RENOVABAR— OPUS  JAGOBI 
MAROTTA  E  TORTORIGIO— AES  POPULI  FUDIT,  EGGLESIA  REFUDIT  ET 
AUXIT.  (V.  De  Blasi,  op.  cit.,  pag.  335  e  nel  cit.  frammento  dei  mss. 
dello  Zappanti  e  del  Gossentino).  E  prima  del  1G81  :  JESUS  GHRISTUS— 
AVE  MARIA  GRATIA  PLENA  D.NUS  TEGUM— IMPENSE  POPULI  DEO  GRA- 
TIA— MGCGGG  MAGISTRl  JOANNES  ET  GEORGIUS  SANGTO  PHILIPPO  DE 
TORTORIGHIO  ME  FEGERUNT  (V.  tram.  cit.). 

(2)  Le  iscrizioni ,  che  giusta  il  De  Blasi,  il  Gossentino  e  il  Zappanti, 
anticamente  essa  s'avea  erano:  1.  ALIOTTA  DEIPARAE  ASSUMPTAE  AL- 
GAMI  TUTELARI  DIGATA  FUNDEBAR  ANNO  D.NI  1029  AERE  :\IAJORIS 
EGGLESIAE-FRANGISGI  SAN  PHILIPPI  OPERA;  2.  ALIOTTA  DEIPARAE 
ASSUMPTAE  ALGAMI  TUTELARI  DIGATA  FUNDEBAR  ANNO  D.NI  1G29 
AERE  MA.IORIS  EGGLESIAE  RENOVABAR  1008  JOSEPH  FERRAU  OPERA 
— TESTANTUR  AGTA  NOT.  JOSEPH  LOMBARDO  DIE  22  MARTIJ;  3.  MA- 
RIA VIRGO  TEMPLUM  DOMINI  TEMPLUM  HOG  TUO  SS.  NOMINI  DIGA- 
TUM  PROTEGE  ALIOTTAE  NON  IMMEMOR  DEVOTIONIS.  ALIOTTAM  EG- 
CLKXSIA  TERTIO  SUIS  FUDIT  IMPENSIS  AMPLIFIGAT  ET  EXAUGET 
MDCLXXXI  OPUS  JAGOBI  MAROTTA. 

(3)  1  fonditori  di  questa  canii)ana  furono  i  sopradetti  Di  Fisco  e  Vaisco, 
e  le  iscrizioni  che  essa  portiiva  anticamente  sono  lo  seguenti  :  MARIA 
PR0T1<X:TRIX  nostra  SIGUT  in  SIGNUM  GUSTODIAE  me  SUIS  SUMPTI- 
BUS EXTRUXIT  EGGLESIA  UT  TURRIS  FORTITUDINIS  CUSTODE  GIVI- 
TATKM  ISTAM  ANNO  MDGLXXXI  OPUS  MAROTTA  (V.  frani,  cit.);  MARIA 
PliOCTEGTRIX  NOSTRA  SIGUT  IN  SIGNUM  GUSTODIAE  ME  RENOVAVIT 
CUSTODI  CIVITATEM  ISTAM  — ANNO  1709  (V.  Do  Blasi,  op.  cit.,  e  nel 
frammonto  8U  citato). 


MISCELLANEA  51 


Dalle  due  campane  dell'orologio  di  detta  chiesa:  UNIVERSITAS 
GIVITATIS  ALGAMl  VIGILA  ET  ORA  QUIA  NESGIS  DIEM 
NEQUE  HORAM— 1668  REFECIT  M.  JOSEPH  FERRAU  GIVI- 
TATIS TORTORETI;  MARIA  VIRGO  NOS  PROTEGE  ALIOT- 
TAE  NON  IMMEMOR  DEVOTIONIS  —  ALIOTTAM  EGGLESIA 
QUARTO  SUIS  FUDIT  IMPENSIS. 

Dal  campanone  della  chiesa  parrocchiale  di  S.  Paolo  e  S.  Bar- 
tolomeo: ANNO  1856  DENUO  FUSA  EST  PRO  PAROECHIA 
SS.  APOST.  PAOLI  ET  RAliTHOL.  CURA  R.MI  GAN.  ARGI- 
LESI  PAR. 

Dalla  campana  grossa  della  chiesa  di  Maria  SS.  de'  Miracoli  : 
VIRGINIS  AD  OBSEQUIA  UT  OLIM  SPONTE  SUA  SE  DEVO- 
VERE  GAUTE  AD  EJUSDEM  PLAUSUM  ALIA  NON  DESUNT 
EXPROMERE-HANG  GURAVERUNT  D.  STEPHANUS  MON- 
TELEONE  D.  ANTONINUS  ALFANO  D.  ANTONINUS  GU- 
LOTTA  REGTORES  MDGGXLT. 

Dalla  campana  mezzana  della  stessa  chiesa  :  ORA  PRO  NOBIS 
BEATA  VIRGO  MARIA  MDGLXXXXVIL 

Dalla  campana  terza  della  stessa:  DONO  FATTO  DA  MA- 
RIANNINA  PANZERA  A  MARIA  SS.  DELLI  MIRAGOLI  DI 
ALG AMO -MANDATA  AD  ALGAMO  A'  VENTI  GIUGNO  1886 
—PALERMO  (1). 

Dalla  campana  grossa  della  chiesa  di  S.  Francesco  di  Assisi  : 
UT  PHENIX  MULTIPLIGA130  DIES  MEOS  SUB  AUSPIGRS 
VIRGINIS  INTEMERATAE.  1760. 

Dal  campanone  della  chiesa  dell'ex  Gollegio  de' Gesuiti:  A.  M. 
D.  G.  ANNO  DOMINI  1720. 

Dalla  campana  grossa  della  chiesa  di  S.  Oliva:  MENTEM  SANG- 
TAM  SPONTANEAM  HONOREM  DEO  ET  PATRIAE  LIBE- 
RATIONEM  —  VINGENTIUS  VERA  GIVITATIS  SALEM  REFI- 
GIEBAT  ANNO  DOMINI  MGGGGGGVIl. 

Dalla  campana  gi  ossa  della  chiesa  di  S.  Domenico  :  FUSA  NEL 
GOVERNO  DEL  PADRE  PRIORE  GIAN  TOMMASO  PONTE. 

Dalla  campana  mezzana  di  detta  chiesa:  JESUS  GHRISTUS  REX 


(1)  Questa  campana  sarà  stata  fatta  dal  vivente  campanaro  Panzera  di 
Palermo,  padre  della  donatrice. 


52  MISCELLANEA. 


GLORIAE  VENIT  IN  PACE— DEUS  HOMO  FAGTUS  EST-ET 
VERBUM  CARO  FACTUM  EST,-MDCXLIV. 

Dal  campanone  della  chiesa  dell'ex  convento  de'  Minori  Osser- 
vanti di  S.  Francesco  di  Assisi:  JESUS  MARIA  FRANGISCUS  — 
MACtISTER  ANTONIUS   COCZO  me  FECIT  1627  (1). 

Dalla  campana  piccola  di  detta  chiesa:  CON  ELEMOSINA  DEI 
BENEFATTORI  DI  S.  MARIA  DI  GESÙ— PER  CURA  DEL 
REV.  ANTONINO  MISTRETTA  GUARI3.  1856  (2). 

Dalla  campana  mezzana  della  chiesa  del  Monastero  di  S.  Chiara: 
JESUS  MARIA  FRANGISCUS  JOSEPH  GOSMAS  ET  DAMIA- 
NUS  MDCXXV. 

Dalla  campana  grossa  della  chiesa  del  Monastero  di  S.  Fran- 
cesco di  Paola:  S.  MARIA  DEI  MIRACOLI-D.''  ANTONIA  MA- 
RIA LEONARDA  BIUNDO  ABB.SA  1764. 

Alcamo,  aprile  1889. 

P.  M.  Rocca. 


d)  ni  questo  fonditore  non  mi  è  i-inscito  trovare  iiefrli  atti  notarili  di 
quell'anno  neppure  il  contratto  relativo  alla  campana  in  parola. 

(2)  Queste  dne  campane  della  chiesa  dell'ex  convento  de'  Minori  Ossor- 
servanti,  nome  pui-e  quella  mezzana,  trovandosi  da  «lualche  tempo  rotte, 
furon  ora,  quando  f^iu  il  presente  scritto  era  sotto  i  torchi,  ejrrejj:ia mente 
ricolate  da  due  bravi  campanari  del  Bnrgio,  certi  Luca  e  Francesco  Vir- 
gadamo,  cuf^ini,  Aglio  l'uno  di  Michele  od  Anna  Oaglio,  l'alti'o  di  Fran- 
cesco e  l.iboria  liacino.  Iai  nuova  iscrizione  posta  -Min  cam])ana  ^n'ossa 
é  la  seguente:  SALVATOR  UKNENATI  AERK  SUO  CONOIDIT  AD  USUM 
CONVENTUS  FRATRUM  MINORUM  OBSERVATIUM  -LUGAS  VIRHADAMO 
FECIT  MDCCGLXXXIX. 


MISCELLANEA  53 


DOCUMENTI 


Die  XV  deceinbris  vj  itici.  1532. 

Mag.r  geoi'gius  de  sancto  philippo  de  terra  tnrturiclii  ut  dixit  alcami 
ad  presens  existons  presens  coram  nobis  sponte  se  obligavit  et  obligat 
nob.  petro  russo  petro  corno  hon.  blasio  valditaro  et  bartholonieo  cata- 
lano rectoribus  confraternitatis  sancte  marie  de  succurso  de  dieta  terra 
alcami  presentibus  et  stipulautibus  (facere  et  costruere)  campanam  unani 
bonam  laboratam  reciptibilem  et  boni  soni  ponderis  cantariorum  quatuor 
in  quinque  vel  circa  ad  electionem  ipsorum  rectorum  qui  rectores  teneantur 
dare  dicto  mag.ro  georgio  stipulanti  omnes  et  singulas  res  necessarias  prò 
dieta  campana  quam  campanam  prelatus  mag.r  georgius  dare  promisit 

dictis  rectoribus  stipulantibus  lue  alcami prò  pretio  ad  rationem 

une.  unius  p.  g.  in  pecunia  numerata  prò  quolibet  cautareo  ad  omnes  et 
singulas  expensas  ipsorum  rectorum  quod  quidem  pretium  prefati  nob. 
nomine  quo  supra  dare  et  solvere  promittunt  prefato  mag.ro  georgio  pre- 
senti et  stipulanti  statim  et  incontinenti  qnod  dieta  campana  erit  consi- 
gnata  dictis  nob.  rectoribus  in  ijace  etc.  et  ultra  pretium  predictam  pre- 
fati nob.  rectores  dare  promittunt  prefato  mag.ro  pbilippo  stipulanti  ta- 
renos  xviij  p.  g.  prò  eius  victu  cui  mag.ro  georgio  stipulanti  prefati 
nob.  rectores  teneantur  dare  lectum  unum  et  stantiam  prò  dormiendo  et 
quando  prefati  nob.  rectores  non  darent  attractum  dicto  mag.ro  georgio 
teneantur  lacere  expensas  prò  victu  ad  que  servitia  prefatus  mag.r  geor- 
gius accedere  promisit  ad  primam  requisitionem  ipsorum  rectorum  eaque 
bene  agere  et  continuare  usque  ad  ultimum.  Alias  etc. 

Testes  mag.cus  jo:  paulus  montesa  mag.r  vincentius  de  capu  et  mag.r 
modicus  de  capu. 

(Dal  reg.o  6  iud.  1532-33  di  not.  Pietro  Scannariato,  pag.  231). 


54  MISCELLÀNEA 


n. 

Eodeni  (die  ccccnj  fehì'uarij  pe  incl.  1543). 

Mag.r  Nicolaus  Tirenni  de  terra  Turturichi  et  civis  Panormi  presens 
corani  nobis  sponte  dixit  et  confessns  est  habuisse  et  recepisse  a  m.ro  An- 
tonino Perfetto  de  terra  Alcami  presente  et  stipulante  tanquaui  procura- 
tore ven.  confraternitatis  S.  Marie  de  Snccurso  diete  terre  Alcami  uncias 
duas,  tarenos  quatuor  p.  g.  in  pecunia  prò  manifactura  unius  campane 
diete  confraternitatis  a  dicto  m.ro  Antonino  consignate.  Ren.  exceptioni  etc. 
quam  campanam  ut  dicitur  sonandu  cum  la  corda  ipse  m.r  Nicolaus  af- 
fidavit seu  assecuravit  per  annnm  unum  ab  hodie  in  antea  numerandum 
non  se  frangere.  Alias  teneatur  incontinenti  illam  ad  ejus  expensas  refl- 
cere.  Pro  quo  m.ro  Nicolao  de  iterum  et  de  novo  fieri  faciendo  ipsam 
campanam  succedente  casu  predicto  modo  quo  supra  m.r  Jacobus  De 
Terranova  corani  nobis  sponte  tìdejussit  etc.  Ren. do  juri  de  primo  etc. 
Qua  omnia  etc. 

Testes  nob.  Petrus  Tabuni  et  nob.  Salvator  De  Silvestro. 

(Dal  bastardello  l.a  ind.  1542-43  di  not.  P.  A.  Balduccio,  pag.  444). 


in. 

Die  ocv  januarij  prime  ind.  1543. 

Mag.r  Nicolaus  Tirenni  de  terra  Turtureti  et  civis  Panormi  presens 
coram  nobis  sponte  se  obligavit  et  obligat  facere  et  magistribiliter  agere 
nob.  Phillppo  Lu  Lidia  aromatario  presenti  et  stipulanti  mortarium  unum 
mitalli  rotulorum  triginUi  in  32  bonum  magistribiliter  ad  altins  pertotum 
carnis  privium  anni  presontis.  Pro  pretio  ad  rationem  tt.  2etgr.  10  prò 
qaolibet  rotalo  do  quo  protio  dixit  et  confessus  fuit  et  est  habuisse  et 
re<;epi880  a  dicto  nobili  stipulante  tt.  tres.  Restans  vero  dictus  nob.  dare 
promisit  d.o  m.ro  Nicolao  stipulanti  delato  dicto  mortario  in  hac  terra. 
De  quo  pretio  teneatur  dictus  m.r  Nicolaus  rolaxaro  tt.  3  et  gr.  15. 
Ren.   etc.  Cuni  pacto  quod  ipso  m.r    Nicolaus  tenciitur  rociporo  totani 


MlSCELLAKEA  55 


illam  quantitatem  mitalli   quam  habet  ipse  nob.  prò  pretio  ad  rationem 
tt.  unius  et  gr.  decem  prò  quolibet  rotulo;  quod  pretium  ipse  m.r  Nico- 
laus  teneatur  defalcare  de  pretio  dicti  mortarij;  cum  pacto  chi  si  non  chi 
talentassi  lu  mortaro  a  lo  ditto  nob.  Philippo  chi  lo  poza  relaxari. 
Testes  nob.  Petrus  Paulus  Mompileri  et  Io.  Paulns  Oroflno. 

(Dal  bastardelle  7. a  ind.  1542-43  di  not.  Pietro  Scannariato ,  fog. 
39.J,  retro). 


IV. 


Die  xxvj  novembris  xv  ind  1556. 

Mag.ri  joannes  dominicus  et  paulus  sainphilippo  fratres  de  terra  tur- 
turichi  presentes  corani  nobis  sponte  promittuut  et  se  solemniter  obliga- 
verunt  et  obligant  in  solidum  m.cis  joanni  aloysio  de  terminis  joanni 
antonio  crastuni  vincentio  vasco  et  francisco  mompileri  juratis  terre  al- 
cami  presentis  anni  presentibus  et  stipulantibus  nomine  universitatis  dit- 
te terre  ad  omnes  expensas  diete  universitatis  reflcere  campanam  ma- 
gnani ad  presens  existentem  l'uctam  in  campanile  Majoris  eclesie  terre 
alcanii  magistribiliter  di  bon  sonu  et  di  lu  modellu  seu  forma  di  la  cam- 
pana menzana  existens  in  dicto  campanaro  et  habita  licencia  Ill.mi  et 
Rev.nii  d.ni  don  hieronymi  de  terminis  mazariensis  episcopi  cum  certis 
conditionibus  incipere  a  primo  mensis  januarii  proxime  futuri  in  antea 
et  continuare  donec  expedient  dictani  campanam  alias  teneantur  in  soli- 
dum ad  omnia  damna  interesse  et  expensas  et  liceat  dictis  m.cis  juratis 
dictam  campanam  Aeri  lacere  ab  aliis  ad  interesse  ipsorumobligatorum  prout 
iuvenire  poterunt  et  si  dieta  campana  non  erit  facta  qualitatis  predicte  sem- 
per  teneantur  ipsi  niagistri  ad  eorum  expensas  quilla  refari  seu  tornari 
a  culari  ex  pacto.  et  hoc  prò  mercede  ad  rationem  tareiiorum  viginti 
quatuor  p.  g.  singulo  cantareo  quam  mercedem  ipsi  mag.cijurati  nomi- 
ne universitatis  predicte  dare  et  solvere  promittunt  dictis  obligatis  sti- 
pulantibus incontinenti  expedita  expleta  et  niisa  in  tripodu  chi  poza  so- 
nari  dieta  campana  in  pecunia  numerata  hic  alcami  sine  aliqua  exceptio- 
ne  cum  li  pacti  et  conditioni  infrascripti  et  primo  chi  ipsi  m.ci  jurati 
nomine  diete  universitatis  haiiino  a  denari  a  li  dicti  magistri  lo  metallo 
et  altri  cosi  necessari  per  fari  dieta  campana  et  stancii  el  manchari  et  bi- 
viri  et  lectu  a  dormiri  ma  si  in  lu  cunitractn  di  la  campana  chi  fichi  loru 


56  MISCBLLA.VEA. 


patri  nun  chi  fnssi  chi  duvissi  haviri  manchari  et  biviri  et  letta  a  dor- 
miri tali  casu  ipsi  niag.ci  non  teneantur.  Iteni  chi  ipsi  magistri  haiano 
a  veniri  za  in  alcamo  di  za  a  jorni  xv  per  intendiri  si  dicti  mag.ci  jurati 
hanno  potuto  opteniri  quillo  chi  pretendino  da  mons.ri  Rev.mo.  Item  chi 
non  li  dando  ipsi  mag.ci  jurati  lu  attractu  per  fari  dieta  campana  te- 
neantur nomine  universitatis  ad  omnia  dapna  interesse  et  expensas. 

Que  omnia. 

Testes  mag.cus  vincentius  de  adragna  q.  dam  iacobi  et  mag.cus  petrus 
de  terminis  et  nob.  not  bernardinus  de  aversa. 


V. 

Die  xviij  junii  xv  ind.  instantis  1557. 

Quia  prefati  m.ri  joannes  dominicus  et  paulus  sanfilipu  fratres  ut  di- 
citur  cularu  la  campana  et  apisa  a  la  finestra  di  lu  campanaro  sonando 
a  tocco  per  disgrazia  quilla  si  ruppi  et  infrascripti  m.ci  jurati  pretende- 
bant  quilla  iterum  refari  et  culari  ad  omnes  expensas  ipsorum  magistro- 
rum  et  sine  mercede  et  dicti  magistri  pretendebant  non  teneri  ideo  hodie 
die  pretit.o  mag.  Julius  inveges  vincentius  bazicalupo  et  petrus  fumo  alii 
ex  mag.cis  juratis  terre  alcami  presentis  anni  et  dicti  mag.ri  joannes  do- 
minicus et  paulus  nolentes  super  his  litigare  corani  nobis  sponte  deve- 
nerant  et  deveniunt  ad  infrascriptam  convencionem  et  accordium  videli- 
cet  quod  dicti  mag.ri  ioannes  dominicus  et  paulus  se  obligaverunt  et 
obligant  in  soUdum  dictis  uiag.cis  juratis  stipulantibus  iterum  et  de  novo 
dieta  campana  ructa  calari  et  refari  magistribiliter  di  bon  sonu  di  lo 
modu  et  forma  chi  erano  tenuti  in  lo  proximo  contrattu  ad  altius  infra 
termino  di  un  misi  di  ogi  innanti  da  contari  prò  mercede  ad  rationem 
tt.  24  singulo  cantareo  solvenda  incontanenti  culata  et  consignata  chi  sar- 
ra prout  supra  liberanduli  ipsi  mag.ri  ad  ipsi  mag.ci  jurati  di  la  merci 
di  la  prima  culatura  et  ipsi  mag.ci  jurati  haiano  a  donari  nomine  uni- 
versitatis a  li  ditti  mag.ri  tutto  lo  attracto  et  farichi  la  dispisa  prout 
tenebantnr  mag.ci  jurati  in  proximo  contractu  et  non  alitor  nec  alio  modo 
et  ultra  ipsi  mag.ri  fidano  dieta  campana  chi  hair  <  culari  non  si  rum- 
piri  prò  uno  anno  da  contari  di  lo  jorno  chi  dieta  campana  sarra  misa 
81  ^  io  campanaro  innanti  sonandusi  tanto  allougo  (juanto  a  tocco  seu 
aliarmi  altranienti  siano  tenuti  in  solidum  un  altra  volta  culari  et  rofari 


MISCELLANEA  57 


senza  pagamento  alcuno  ma  sulamenti  (lieti  mag.ci  jnrati  li  alano  a  do- 
nar! lu  attracto  et  la  dispisa. 

Que  omnia. 

Testes  lion.  petrus  piranio  et  mag.r  antoninus  de  virde. 


VI. 

Bie  xviiij  ejusdetn  mensis  junii. 

Prefati  m.ri  jo:  dominicus  et  paulus  de  sampliilippo  fatentur  liabuisse 
a  prefatis  m.cis  julio  inveges  vinco  bazicalupo  petro  fumo  et  vinco  vasco  ju- 
ratis  terre  alcami  presentis  anni  presentibus  et  stipulantibus  uncias  qua- 
tuor  pon.  gen.  in  peca  infra  solutionem  mercedis  campane  reflciende 
Ren.  etc  et  juraverunt  etc  unde  etc 
Testes  m.  franciscus  mompileri  et  philippus  buxiglio. 


VII. 
Die  iij.  augusti  xv  ind.  1557. 

Prefati  m.ci  Julius  inveges  vincentius  bazicalupo  et  vincentius  vasco 
jurati  et  prefati  m.ri  Jo:  dominicus  et  paulus  samphilippu  corani  nobis 
sponte  fatentur  liabuisse  et  recepisse  videlicet:  ipsi  m.ci  jurati  a  dietis 
m.ris  stipulantibus  campanam  factam  et  dicti  m.ri  liabuisse  a  dietis  m.cis 
juratis  stipulantibus  uncias  duodecim  ad  complimentum  eorum  mercedis 
diete  campane  Ren  etc  et  juraverunt  etc  unde  etc 

Testes  nobilis  petrus  russo  bernardinus  aversa  et  nob.  bartolus  de 
labita. 

(Dal  bastardelle  15  ind.  1556-57  di  not.  Pietro  Antonio  Balduccio 
e.  708  e  seg.) 


MISCELLANEA 


Vili. 

Die  xxviiij  julii  xv  ind.  1557. 

Mag.ri  joannes  dominicus  et  paulus  de  sanctophilippo  fratres  de  terra 
turturichi  presentes  coram  nobis  sponte  promittunt  et  se  solemniter  obli- 
gaverunt  et  ohligant  in  solidum  maLT.co  petro  fatarcha  et  mag.co  marco 
antonino  de  adorisi  aliis  ex  rectoribns  ven.  confraternitatis  sancte  marie 
annunciate  terre  alcami  presentibus  et  stipulantibus  ut  dicitur  fari  dui 
campani  videlicet  una  di  sei  cantara  et  una  di  un  cantaro  magistribiliter 
et  di  bon  sonu  et  incipere  a  primo  mensis  octobris  proxime  futuri  in 
antea  et  continuare  donec  expediantur  alias  teneantur  in  solidun  ad  omnia 
dapna  interesse  et  expensas  et  liceat  dictis  rectoribus  dictas  campanas 
fieri  facere  ab  aliis  ad  interesse  ipsorum  magistrorum  de  sanctophilippo 
prout  invenire  poterint  ex  pacto  et  hoc  prò  mercede  videlicet  la  pichula 
nncie  unius  et  tarenorum  decem  et  octo  et  la  grandi  ad  rationem 
tarenorum  viginti  quatuor  p.  g.  singulo  cantareo  prò  qua  causa  et 
prò  arra  dicti  obligati  fatentur  habuisse  et  recepisse  a  dictis  rectoribus 
stipulantibus  uncias  duas  p.  g.  per  manus  antonini  sanctoro  economi  et 
procuratoris  diete  confraternitatis,  Renunciantes  exceptioni.  etrestans  quod 
erit  ipsi  rectores  dare  et  solvere  promittunt  nomine  diete  confraternita- 
tis dictis  fratribus  stipulantibus  incontinenti  ftictis  dictis  campanis  in  pe- 
cunia numerata  hic  alcami  sine  aliqua  exceptione  ac  etiam  ipsi  rectores 
teneantur  et  ita  se  obligant  dicto  nomine  ponere  totum  actractum  neces- 
sarium  ad  faciendum  dictas  campanas  et  dum  operant  dictas  campanas 
dare  dictis  magistris  expensas  esus  et  potus  prout  solverunt  mag.ci  ju- 
rati  terre  alcami  prò  campana  universitatis  item  dicti  mag.ri  adìdant  di- 
ctas campanas  per  annum  unum  nunierandum  a  dio  quo  erunt  posile  in 
campanili  in  antea  ut  dicitur  non  si  rumpiri  alias  teneantur  iterum  et 
de  novo  ut  dicitar  culari  et  farili  prout  supra  sino  solutione  eorum  nui- 
gisterii  ex  pacto. 

Qae  omnia. 

Tostes  mag.cus  Hicronimus  de  aversa  hon.  ioannes  factinnanti  et 
mag.r  untoninus  de  virdc 


MISCELLANEA  59 


IX. 

Die  1  februarii  i  iiid,  1357. 

Mag.ci  hieronymus  de  aversa  innocentius  blanchines  et  hon,  joannes 
factinnanti  alii  ex  rectoribus  ven.  confrateniitatis  sancte  m.e  annunciate 
presentis  anni  et  prefatus  magr.  joannes  dominicns  de  sanctophilippo  in 
proximo  contractu  nominati  presens  corani  nobis  sponte  dixerunt  et 
confessi  fuerunt  videlicet  :  ipsi  mag.ci  rectores  habuisse  et  in  eorum  pos- 
se recepisse  a  prelato  mag.ro  joanne  dominico  stipulante  dictam  campa- 
nam  magistriliter  et  di  bon  sonoetdictus  mag.r  joannes  dominicus  esse 
solutum  et  satisfactum  a  dictis  rectoribus  stipulantibus  de  mercede  di- 
ctai'um  campanarnm  et  esus  et  potus.  Renunciantes  ad  invicem  exce- 
ptioni  etc.  Et  juraverunt.  Unde  etc. 

Testes  mag.  salvat()r  de  Silvestro  et  joaiinos  panliis  de  lazio  quondam 
laurencii. 


Die  iij  februarii  p«     incl.  1557. 

Mag.r  joannes  dominicus  de  sanctopliilippo  de  terra  turturichi  pre- 
sens corani  nobis  sponte  promisit  convenit  et  se  solemniter  obligavit  et 
obligat  nob.  julio  inveges  nob.  vincentio  de  ginea  nob,  petro  piranio  et 
francisco  de  vizini  rectoribus  ven.  confraternitatis  sancte  m.  de  succur- 
so  terre  alcami  presentibus  et  stipulantibus  ut  dicitur  fari  una  campana 
di  deelii  cantara  magistribiliter  et  di  bon  sono  et  incipere  a  primo  men- 
sis  maji  proximo  futuri  in  antea  et  continuare  donec  expediat  alias  te- 
neatur  ad  omnia  dapna  interesse  et  expensas  et  liceat  ipsis  rectoribus 
dictam  campanam  fieri  lacere  ab  aliis  ad  interesse  ipsius  mag.ri  ioanni  do- 
minici prout  invenire  poterunt  ex  pacto. 

Pro  mercede  ad  rationeni  tarenoruni  viginti  quatuor  prò  quulibet  can- 
tareo  quam  mercedem  solvere  promittunt  ipsi  mag.ci  rectoi'es  nomine 
diete  confraternitatis  dicto  mag.ro  joanni  dominico  stipulanti  incontinenti 
facta  et  consignata  dieta  campana  modo  quo  supra  in  pecunia  numerata 
hic  alcami  sine  aliqua  exceptione  etc.  et  ipsi  mag.ci   rectores  teneantur 


60  MISCELLANEA 


dare  et  consignare  dicto  mag.ro  joanni  dominico  stipulanti  totum  metal- 
Inm  et  totum  attractnm  necessarinm  diete  campane  cum  incipiet  facere 
dictam  campanam  in  dicto  mense  maji  et  dare  esum  et  potum  et  lectu 
a  dormiri  tam  dicto  mag.ro  joanni  dominico  qnam  mag.ro  paulo  sancto- 
philippo  eius  fratri  et  ad  uno  garzuni  che  venirano  ad  aintari  a  fari  di- 
eta campana  affldandu  ipsu  mag.ro  joanni  dominico  dieta  campana  facta 
chi  sarra  prò  uno  anno  non  si  rumpiri  altramenti  sia  tenuto  insuper  et 
de  novo  quilla  culari  et  fari  prout  supra  senza  pagamento  di  so  magi- 
sterio  ma  tantum  darili  ipsi  mag.ci  recturi  mancbari  et  biviri  et  lectu  a 
dormiri,  ex  pacto. 

Que  omnia  etc. 

Testes  nob.  marianus  lupresti  et  mag.  vitus  tabuni. 


XI. 
Die  ocvìj  angusti  p.  iiul.  i558. 

Prefati  nob.  vincentius  de  ginea  nob.  petrus  piranio  et  franciscus  de 
vizini  rectores  et  mag.r  joannes  dominicus  de  sanctoj)hilippo  in  proximo 
contractu  nominati  presentes  corani  nobis  sponte  dixerunt  et  confessi 
faerunt  videlicet  :  ipsi  rectores  habuisse  et  in  eorum  posse  recepisse  a 
dicto  mag.ro  joanne  dominico  stipulante  dictam  campanam  prò  bona  visa 
placita  et  attalentata  et  prò  tali  qualis  est  et  prefatus  mag.r  joannes  do- 
minicus esse  integre  solutum  et  satisfactum  a  dictis  nob.  rectoribus  sti- 
l)nlantibns  de  magisterio  diete  campano  renunciantes  ad  invicem  exce- 
ptioni  etc.  Et  juravernnt.  unde.  etc. 

Testes  nob.  dominicus  valditaro  et  mag.r  vitus  tabuni. 


XII. 

Die  xxj  octobris  xiij  ind.  i584. 

Patoat  qualiter  hon.  mag.r  natalis  garbato  oriundus  terrò  turturicii  et 
habitator  urbis  folicis  panormi  ut  dixit  lue  alcami  ad  prescns  so  roporiens 
in  no8trorum  prcsentia  prusontialiter  constitutus  bene  coguitus  i)er  me 


MISCELLANEA 


61 


notarium  infrascriptum  sponto  promisit  et  promittit  seqne  solemniter  oMi- 
gavit  et  obligat  mag.cis  dominis  iacobo  sanieli  joanni  vincentio  de  trapani 
innocentio  blanchines  tribus  ex  juratis  hujus  predicte  terre  alcami  sedis 
presentis  nec  non  et  mag.cis  dominis  blasio  valditaro  et  joanni  baptiste 
mollica  u.  j.  d,  eidem  mag.co  de  blanchines  deputatis  per  consilium  factum 
conclusum  et  congregatum  per  mag.cos  d.nos  jui'atos  sedis  preterite  pre- 
decessores  eorumdem  dictorum  jiiratorum  in  hac  predicta  terra  alcami  ad 
infrascriptum  et  alium  effectnm  die  xxviij  julii  xij  ind.is  proxinie  preterite 
1584  ad  quod  habeatur  relatio  etiam  bene  cognitis  per  me  notarium  infra- 
scriptum etc.  presentibus  et  dictis  nominibus  stipulantibus  fundere  fabri- 
care  facere  et  compiere  campanas  duas  nominatas  videlicet  unam  la  cam- 
pana grandi  cantareorum  sedecim  alteram  vero  la  liotta  cantareorum 
duorum  et  rotolorum  triginta  incirca  ad  omnes  expensas  labores  risicum 
periculum  et  fortunam  ipsius  lion.  mag.ri  natalis  videlicet  campanam  ma- 
gnani fundere  de  proprio  metallo  ipsius  campane  ruote  que  est  canta- 
reorum quatuordecim  incirca  et  prout  reperiri  contigerit  et  ponderabitur 
plus  vel  minus  quod  metullum  diete  campane  magne  ructe  dictus  mag.r 
sibi  cepit  et  capit  prò  consignato.  Ipse  mag.r  teneatur  et  sic  promisit 
eisdem  dominis  juratis  et  dominis  et  nobilibus  deputatis  dictis  nominibus 
stipulantibus  ponere  totani  illam  quantitatem  mixture  ad  rationeni  roto- 
lorum sex  prò  qnolibet  cantareo  aeris  et  stagni  di  liandra  prò  dieta  cam- 
pana adeo  et  in  tantum  quod  reflnetur  dictum  metallum  diete  campane 
ructe  ex  pacto  et  similiter  dictani  alteram  campanam  nominatam  la  liotta 
promisit  fundere  fabricare  et  compiere  de  toto  metallo  diete  campane  no- 
minate la  liotta  ructe  cum  additione  mixturè  aeris  et  stagni  di  fiandra 
prout  supra  ita  quod  dieta  ligatura  sit  bene  et  magistribiliter  facta  prò 
dieta  campana  adeo  et  in  tantum  quod  reflnetur.  Et  hoc  infra  terminuni 
mensium  trium  a  die  quo  ipse  hon.  mag.r  natalis  fuerit  requisitus  ut  infra 
ab  hodie  in  antea  numerandum  et  cursurum  que  campane  esse  debent 
videlicet:  dieta  campana  maior  cantareorum  sexdecim  incirca  altera  vero 
la  liotta  cantareorum  duorum  et  rotolorum  triginta  incirca  quas  campanas 
modo  predicto  fundendas  fabricandas  et  complendas  dictus  hon.  mag.r 
natalis  dare  et  consignare  promisit  eisdem  dominis  juratis  et  dominis  et 
nob.  deputatis  dictis  nominibus  stipulantibus  completas  bonas  utiles  re- 
ceptibiles  sono  condictione  et  fortitudine  competentibus  solitis  et  consuetis 
et  cum  magisterio  solito  operis  huiusmodi  cum  descriptionibus  imaginibus 
armis  universitatis  predicte  terre  alcami  et  designis  designatis  et  existen- 
tibus  ad  presons  in  dieta  campana  malore  ructa  et  in  dieta  liotta  in  hac 
prefata  terra  alcami  ibidemque  justo  pondero  ponderatas  et  sic  expeditas 
et  ponderatas  consigliare  ut  supra  infra  terminum  mensium  trium  a  die 
quo  fuerit  requisitus  ut  infra  in  antea  numerandorum  et  cursurorum  in 
hac  prefata  terra  aicanii  ex  pacto  in  pace  etc. 


62  MISCELLANEA 


Veruni  quod  dicti  domini  jurati  et  domini  et  nobiles  deputati  dictis 
nominibus  teneantur  et  sic  promittunt  ipsi  niafj.ro  stipulanti  absquo  aliqua 
soluctione  et  diffalcatione  procurare  et  commodare  locuni  actum  prò  la- 
ciendo  et  fabricando  furnum  ad  expensas  omnes  ipsius  lion.  mag.ri  natalis 
et  cum  toto  eius  attractu  prò  fundendis  et  complendis  ipsis  campanis  et 
faciendis  formis  et  cammisiis  eorum  cum  attractu  necessario  ipsius  majj.ri 
prò  quibus  expensis  omnibus  et  attractu  necessariis  ponondis  par  ipsum 
hon.  mag.rum  natalem  ipsi  d.ni  jurati  et  d.ni  et  nob.  deputati  teneantur 
solvere  ipsi  mag.ro  stipulanti  une.  viginti  septem  p.  g.  tantum  ad  eflectum 
predictum  et  prò  lignis  et  alio  attractu  et  prò  victu  ipsius  hon.  mag.ri 
natalis  successive  serviendo  solvendo  et  illud  quod  remanebit  incontinenti 
consignatis  campanis  ex  pacto  ac  etiam  domum  prò  liabitactione  ipsius 
mag.ri  et  lectum  prò  dormiendo  dum  dictus  nìag.r  vacabit  in  opere  pre- 
dicto  gratis  absque  aliqua  soluctione  et  diflfalcatione  etiam  ex  pacto  etc. 
Itaque  si  diete  campane  semel  bis  ter  et  pluries  funderentur  et  non  ve- 
nirent  bene  et  utiles  et  cum  condictionibus  bonitatis  et  qualitatis  predicta- 
rum  et  non  erunt  fabricate  ut  supra  quod  utique  iterum  refundi  debeant 
toties  qnoties  hoc  evenerit  ad  damna  perditam  interesse  risicum  periculum 
fortunam  et  expensas  dicti  hon.  mag.ri  natalis  usqne  quo  utiles  bene  re- 
ceptibiles  modo  quo  supra  evenerint  et  fundentur  et  casu  quo  essent  di- 
scordes  revideri  debeant  et  cognosci  per  communem  expertum  labrum 
similis  operis  communiter  eligendum  etiam  ex  pacto  etc.  Itaque  etiam  ex 
pacto  quod  casu  quo  dicti  d.ni  jurati  et  d.ni  et  nob.  deputati  seu  persona 
prò  eis  seu  maior  pars  ipsorum  ligitima  per  actum  publicum  per  totum 
mensem  decembris  proximo  venturi  presentis  anni  non  requisivorint  ip- 
sum hon.  mag.rum  natalem  ad  dieta  servitia  inohohandum  et  incipien- 
dum  et  ad  dictas  campanas  fundendum  et  complendum  ut  supra  tunc 
et  eo  casu  non  (acta  refjuisitione  predicta  per  totum  dictnm  mensem  de- 
cembris proxime  venturi  presentis  anni  prò  modo  ut  supra  presens  con- 
traetns  intelligatur  et  sit  cassus  irritus  et  nullus  tamquam  si  minime 
factn.s  foret  et  quisque  eorum  stet  prout  ante  presentiMU  contraotum  ex 
pacto  etc. 

Itom  in  omni  casa  quo  dictus  hon.  mag.r  natalis  modo  predicto  in  d\o\a 
opere  deliceret  vel  dictas  campanas  in  ipso  termino  non  pei'flcerit  voi 
perJIcero  neglexerit  e^tsciiie  modo  ju-edicto  Iniulere  non  curavei-it  aut  re- 
tardavorit  tunc  et  oo  casa  ipso  mag.r  natalis  teneatur  et  teneri  voluit  in 
casu  corilranvfntionis  ])remissoruni  aut  premissorum  aliquo  ad  omnia  et 
singula  (himua  ititeresse  et  expensas  et  liceat  ipsis  d.nis  juratis  (^t  d.nis 
et  nob.  deputatis  dictis  nominibus  stipuiantibus  alium  similem  mag.rum 
coridiicf'rc  l't  dictas  campanas  fiindi  et  e.\j)ediri  (accre  ad  oinniii  t't  singiila 
damna  iiitereMHe  ut  expensas  ipsius  mag.ri  natalis  (|ue  omnia  inteliigantui' 


MISCELLANEA  63 


et  sint  contra  ipsum  mag.rum  natalem  et  eius  bona  ex  nunc  prò  tane  et 
e  converso  protestata  et  non  sit  opus  ulterius  aliqua  alia  protestatione 
nec  reqiiisitione  necessaria  ex  pacto  etc. 

Et  hoc  prò  solido  magisterio  et  mercede  ad  rationem  unciarium  trium 
p.  g.  prò  quolibet  cantareo  qiiod  solidum  magisterium  et  mercedom  dicti 
d.ni  jiirati  et  d.ni  et  noh.  deputati  dictis  nominibus  videlicet  nomine  uni- 
versitatis  et  deputactionis  liuius  predicte  terre  Alcami  tantum  dare  et  sol- 
vere promittunt  ipsi  hon.  mag.ro  natali  stipulanti  hic  alcami  in  pecunia 
numerata  incontinenti  consignatis  et  completis  dictis  campanis  et  ut  di- 
citur  misi  in  tripodu  et  sonatis  dictis  campanis  in  pace  etc. 

Et  ultra  pretium  aeris  et  stagni  di  fiandra  ponendi  prò  mixtura  prò 
modo  ut  supra  prò  mancamento  ad  rationem  tarenorum  quatuor  et  gra- 
norum  decem  p.  g.  prò  quolibet  rotolo  quod  pretium  dicti  d.ni  jurati  et 
d.ni  et  nob.  deputati  dictis  nominibus  ut  supra  dare  et  solvere  promittunt 
ipsi  mag.ro  natali  stipulanti  etiam  lue  alcami  in  pecunia  numerata  incon- 
tinenti consignatis  et  pulsatis  dictis  campanis  et  positis  in  tripodo  ut  supra 
etiam  ex  pacto. 

Cum  pacto  quod  de  «re  et  stagno  di  fiandra  ponendo  per  ipsum  mag.rum 
prò  mixtura  predicta  prò  modo  ut  supra  dicti  d.ni  jurati  et  d.ni  et  nob. 
deputati  teneantur  compensare  et  bonos  facere  ipsi  mag.ro  stipulanti  ad 
rationem  rotulorum  sex  prò  quolibet  cantareo  prò  mancamento  ex  pacto. 

Cum  pacto  che  quanto  metallo  ci  sarra  consignato  per  ditti  s.ri  giurati 
et  s.ri  et  nob.i  deputati  tanto  ipso  hon.  m.ro  natali  ni  habbia  a  consignari 
laborato  ut  supra  perflna  a  ditta  summa  contenuta  di  sopra  et  mancando 
li  habbia  a  consignari  tanto  metallo  di  lo  propio  metallo  che  restira  ructo 
et  quillo  avanzira  di  ditti  cantara  sidici  di  ditta  campana  grandi  et  di  ditti 
cantara  dui  et  rotula  trenta  di  la  liotta  pagarli  ad  raggione  di  unzi  dici- 
dotto  lo  cantaro  incontinenti  consignati  ditti  campani  misi  in  tripodu  et 
sonati  ex  pacto  etc.  In  pace  etc. 

Que  omnia  etc.    (1). 

(Dalle  minute  13  ind.  1584-85  di  not.  Giov.  Vincenzo  De  Mulis.) 


(.1)  Sogailano  in  coda  al  contralto  diverse  apoche. 


64  HISCBLLÀMEA 


XIII. 
Die  XV  ottobris  xv  incl.  1586. 

Nob.  Natalis  Garbato  civis  felicis  urbis  Panormi  in  hac  terra  Alcami 
conimorans  cognitus  coram  nobis  sponte  vendiclit  et  consignare  promisit 
spett.  (Uno  don  Vincontio  de  Maestro  Andrea  ejusdem  terre  Alcami  etiam 
mihi  notarlo  cognito  pi'esenti  stipulanti  et  ab  eo  ementi  nomine  et  prò 
parte  nob.  Angeli  de  Obiso  Sebastiani  de  Leocta  Mattei  de  Messina  ma- 
ioris  et  Ludovici  Perrone  quatuor  juratorum  terre  Castri  ad  mare  de 
gulpho  absentinm  a  quibus  ad  infrascripta  omnia  et  singula  dixit  habe- 
re  ordinem  et  speciale  mandatum  et  quibus  suo  proprio  nomine  princi- 
paliter  se  obligando  de  ratho  promisit  quod  infra  terminum  dierum  qua- 
tuor de  cetero  numerandum  predicti  nob.  de  Obiso  Liocta  Messina  et 
Perrone  jurati  ut  supra  presentem  contractnm  omniaque  et  singula  in 
eo  contenta  singula  singulis  referendo  proprio  et  juratorio  nomine,  in- 
solidum,  renuntiando  bcneflctio  novarum  constitutionum  etc,  ratificabunt 
laudabunt  et  pienissime  conflrmabunt  et  expresse  se  obligavit  predicto  et 
infrascripto  nob.  venditori  tam  ad  soluctionem  prectii  infrascriptarum 
campanarum  quam  ad  omnia  et  singula  inferius  expressanda;  et  hoc  per 
actum  publicum  in  inmargine  presentis  actus  vel  extra  cum  inserto  tenore 
presentis,  copiamcuius  autenticam  etc.  juxta  formam  ritus  magne  regie  cu- 
rie. Sub  hypoteca  etc.  Alias  etc.  Ita  quod  facta  predicta  ratilìcatione  per 
modum  ut  supra  quandocumque,  ipse  dominus  de  Majstro  Andrea  a  forma 
presentis  actus  intelligatur  et  sit  exoneratus  penitus  et  liberatus  ex  punto 
sic  intor  eos  habito  et  juramento  firmato  et  non  aliter  nec  alio  modo , 
duas  campanas  mitalli  boni  justi  ponderis,  videlicet  unam  cantarij  unius  in 
circa  et  alteram  rotulorum  vigintl  similiter  in  circa,  bonas  proporciona- 
tas  mercantil)ilitor  et  recoptibilitor,  et  non  aliter  etc. 

Quas  quidem  dtuis  campanas  superius  venditas  bonas  magistribiliter 
factas  predictus  venditor  promisit  et  convenit  soquo  soliemnitcr  obligavit 
et  obligat  pred.o  d.no  quo  s,a  nom.o  emptori  stipulanti  ad  altiiis  per  to- 
tum  mensem  octobris  proxime  futuri  presentis  anni  in  ore  fumi  exlsten- 
ti8  intUH  dovotum  hospitale  Sancti  Spiritus  ojusdem  torre  Aleaini  Alias 
teneatiir  ipsf?  vtMiditoi'  et  tenori  voluit  prcMlicto  d.no  quo  sopi'a  nom.e 
c'inptori  Htiptilaiiti  ad  omnia  et  singula  da  mna  inteiesse  et  ex])ensas  et 
quod  liceat  prtMl.o  d.no,  pred.o  nom.no  emptori  stipulanti  cmere  vel  ab 
aiiiK  lleri  facore  prò  co  malori  magisterio  et  pi'ectio   nielius   inveniendo 


MISCELLANEA  65 


((Las  campanas)  ad  omnia  et  singula  damna  interesse  et  expensas  pred.i 
venditoi'is  presentis  et  audientis.  Que  qnidom  damna  etc.  Itaque  etc.  Et 
hoc  prò  prectio  ad  ractionem  unciarum  decem  et  octo  p.  g.  prò  singulo 
cantareo  p.  g.  mitalli  preditti  modo  quo  sapra  laborati;  de  quo  prectio 
predictus  venditor  fatetur  habuisse  et  recepisse  a  pred.o  d.no  emptore 
quo  saprà  nom.e  stipulante  cantarium  unum  et  rotulos  septuagintatres 
cum  dimidio  mitalli  ut  dicitur  ruptami  ratiocinati  ad  ractionem  une.  de- 
cem p.  g.  prò  cantarlo  mitalli  cum  deductione  de  mitallo  et  ruptamine 
predicta  ad  ractionem  rotulorum  sex  mitalli  prò  cantario  ut  dicitar  pri 
lo  mancamento  de  prectio  pred.o,  et  non  aliter  etc.  Ren.  etc. 

Et  totum  restans  ad  complimentum  prectii  campanarum  predictarum 
predictus  d.nus  emptor,  nom.e  jam  dicto,  dare  et  solvere  promisit  pred.o 
venditori  stipulanti,  seu  persone  legitime  prò  eo ,  in  pecunia  numerata 
Ilio  Alcami  liinc  per  totum  mensem  maij  proxime  futuri  predicti  presen- 
tis anni  sine  aliqua  exceptione  juris  vel  facti.  In  pace  etc. 

'Cum  pacto  quod  ipse  nob.  venditor  teneatur  in  locis  solitis  ubi  po- 
nuntur  insignia  similibus  campanis  ponere  predictis  duabus  campanis 
insignia  infrascripta,  videlicet  :  ex  uno  latere  flguram  et  imaginem  glo- 
riosissime S.te  Marie  Hydrie  et  ex  alio  latere  arma  seu  verius  flguram 
scuti  ili. mi  et  excell.mi  d.ni  Ducis  Bisbone  Comitis  Galatavillocte  et  D.ni 
terre  predicte  Castri  ad  mare.  Quam  flguram  senti  pred.i  ipse  dopnus 
emptor  quo  s.a  nom.e  ad  eius  expensas  predicto  venditori  stipulanti  ad 
omnem  primam  requisictionem  hic  Alcami  consignare  teneatur  ;  et  non 
aliter  nec  alio  modo. 

Que  omnia  etc. 

Testes  nob.  Simon  Raflb  et  Julianus  Girami.  (1) 

(Dalle  minute  di  not.  Pietro  Raffo). 


XIV. 
Die  iìj  januarii  vj.  ind.nis  i592. 


Natal  Garbato  de  urbe  lei.  panhormi  alcami  ad  presens  repertus  mihi 
not.  cogn.  p.ns.  coram  nobis  sponte  se  obligavit  et  obligat  josepho  lo  Uccia 


(K)  Siegne  nell'originale  l'atto  di  rellifica  dei  giurati  di  Castellammare  del  Golfo,  ed  una  nota  di 
pagamento  con  data  de'  4  febb.  15.a  ind.  158G. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  5 


66  MISCELLANEA. 


diete  terre  alcami  mihi  etiam  cognito  p.nti  stipulanti  et  illum  conducenti 
dictonom.  et  procuratorio  noni.  ven.Iisconventus  s.tem.  hiesus  diete  terre 
sibi  bene  et  magistribiliter  fundere  et  costruere  campanam  dicti  conven- 
tus  illius  foggie  bonequalitatis  et  campi  quot  quantitas  metalli  infrascripti 
debbite  requirit  ad  summam  cantariorum  quinque  in  sex  de  fermo  dum- 
modo  quod  non  excedat  ultra  summam  rotulorum  quinquaginta  manu- 
facture  cum  omnibus  et  singolis  illis  scolturis  licteris  impressionibus  et 
aliis  que  in  presentiarum  reperiuntur  et  sunt  in  campana  majore  diete 
ecl.  cum  metallo  mistura  lignamine  ac  omni  attractu  necessario  et  op- 
portuno ad  fundendara  et  eonstruendam  campanam  ipsam  dicti  conventus 
seu  dicti  procuratoris  procuratorio  dicto  noni,  ex  pacto  consignandum 
totum  dietum  actractum  et  precise  metalluui  et  misturam  predictam  in 
loco  fabrice  ad  summam  eantareorum  sex  euni  eius  mancamento  de 
sex  rotalis  prò  cantarlo  ad  omnein  ipsius  de  garbato  simplicem  requi- 
sitionem. 

Quam  quidem  campanam  cum  predictis  omnibus  costruendam  ipsede 
Garbato  dare  et  consignare  promisit  dicto  de  lo  Uccia  dicto  noni,  stipulanti 
bene  et  magistribiliter  constructam  fusam  et  fabricatam  sanam  puram  et 
mundani  ab  omni  defectu  et  imperitia  ut  dicitur  in  bucca  di  fumo  intus 
dietum  conventum  in  prima  die  s.te  quatragesinie  proxinie  future  anni 
p.ntis  in  pace  et  deplano.  Alias  ipse  de  garbato  teneatur  et  teneri  voluit 
ad  omnia  et  singula  damna  interesse  et  expensas  et  lieeat  et  licitum  sit 
ipsi  de  lo  Uccia  dicto  noni. e  stipulanti  vel  eius  successori  in  officio  pro- 
curationis  alium  fabricatorem  conducere  ad  damna  et  interesse  ipsius 
obb.tis  prò  e  mercede  per  euni  melius  invenienda  que  omnia  et  singula  damna 
interesse  et  expense  intelligantur  et  sint  ex  nune  prò  tune  et  e  converso 
centra  ipsum  de  garbato  pre.tem  et  audientem  eiusque  heredes  et  bona 
protestata  et  requisita  ita  quod  non  sit  opus  aliqua  alia  protestaetione  et 
requisitione  necessaria  nisi  presente  contraetu. 

Pro  magisterio  et  manufaetura  une.  deeem  et  ceto  p.  g.  hoc  est  di  can- 
tara  einco  in  sei  tantum  et  si  nia,joris  ponderis  erit  usque  ad  summam 
rotulorum  quinquaginta  ut  dicitur  di  pio  illud  plus  scilieet  dimidium  can- 
tarium  ipse  de  lo  Uccia  cum  casus  requisierit  solvere  promisit  dicto  do 
garbato  stipulanti  ad  rationem  une.  doeem  et  octo  singulo  cantarlo  et  si 
ultra  dictam  summam  (Umidii  cantarli  erit  illud  plus  ipso  do  garbato  ex 
none  protunc  et  e  converso  seu  jus  eius  manufacture  gratiose  relaxavit 
et  relaxat  <Ucto  ven.li  conventui  me  not.  et  dicto  procuratore  prò  eo  sti- 
pulante ex  pacto  etc.  nee  non  esum  et  potum  ae  loetum  prò  dorinioudo  ne- 
oessariis  prcstandis  por  ipsum  conductorom  procuratorio  dieto  noni,  diclo 
de  garbato  et  eius  coa4Jutoribus  in  ipsa  fabriea  tempore  fabrice  diete 
campane  uiiqae  ad  eiua  conMignationem  ox  pacto. 


MISCSLLANEA  67 


Quod  quidem  magisterium  seu  meiTedem  diete  manufatture  ipse  de 
lo  liccia  et  ponpeus  perfetto  diete  terre  miiii  etiam  cognitus  presens  corani 
nobis  quislibet  eorum  proprio  eorum  nom.e  et  ipse  de  lo  liccia  procuratorio 
dicto  nom.e  prò  rathis  eorum  infrasciptis  solvere  promittunt  dicto  de  gar- 
bato stipulanti  scilicet  ipse  de  perfetto  une.  septeni  et  tt.  f[uindecini  p.  g. 
cum  primum  ipse  de  lo  liccia  procuratorio  dicto  nom.e  ceperit  realem  pos- 
sessionem  loci  Androo  et  diane  coppula  jugalium  existentis  in  centrata 
dello  valluni  di  nuceio  servatis  servandis  una  cum  expensis  tunc  causatis 
prò  dieta  possessione  capienda  causatis  et  illuni  post  incontinenti  consi- 
gnatuni  titnlo  venditionis  ipsi  de  perfetto  per  actum  publicuni  reliquas 
vero  une.  decem  et  tt.  quindecini  p.  g.  ad  coniplimentum  dictaruni  une. 
deceni  et  octo  ipse  de  lo  liccia  proprio  suo  et  procuratorio  nom.e  predicto 
et  in  solidum  solvere  promisit  dicto  de  garbato  stipulanti  pertotum  men- 
sem  maji  proxime  futuri  dicti  anni  presentis  hic  alcami  in  pecunia  in 
pace. 

Sub  hac  tamen  condictione  sub  qua  ipse  de  lo  liccia  proprio  suo  tan- 
tum nom.e  intelligatur  et  sitobligatus  et  non  aliter  nec  alio  modo  hoc  est 
si  mag.r  nuncius  bolo  e.  p.  se  obligabit  per  actum  publicum  solvere  dicto 
conventui  seu  eius  commissionato  per  ipsuni  de  bolo  debbitas  dicto  con- 
ventui  prò  causa  oxprimenda  in  contractu  suo  die  celebrando  vel  cele- 
brato alias  ipse  de  lo  liccia  proprio  suo  nom.e  intelligatur  et  sit  di  sobli- 
gatus  ab  honere  solvendi  tantum  dictas  une,  sex  ex  pacto. 

Et  si  forte  erit  solvendo  j US  manifacture  dictorum  rotulorum  quinqua- 
ginta  ipse  de  lo  liccia  procuratorio  dicto  nom.e  cessit  et  cedit  ex  nunc  prò 
tunc  dicto  de  garbato  stipulanti  et  ex  nunc  prò  tunc  et  e  converso  reci- 
pienti omnia  et  singula  jura  omnesque  actiones  que  et  quas  liabuit  ha- 
bebat  et  habet  in  jure  predicto  forte  solvendo  ad  rationem  une  18  sin- 
gulo  cantarlo  superius  declaratarum  centra  et  adversus  mag.rum  antoni- 
nuni  la  rotunda  conductorem  clausure  dicti  conventus  sibi  dicto  nom.e 
debbilo  ex  majore  summa  juris  gabelle  clausure  predicte  vigore  con- 
tractus  ingabellationis  celebrate  suo  die  vel  aliorum  quorumvis  con- 
tractuuni. 

Quam  quidem  juriumcessionem  ipse  dicto  nom.e  promisit  dicto  cessio- 
nario stipulanti  facere  veram  et  bonani  ac  leg.nie  defendere. 

Cum  pacto  lege  et  condictione  infrascriptis  sub  quibus  fuit  ad  presentem 
deventiim  quod  ipse  de  garbato  teneatur  et  sic  promisit  et  se  obligavit  et 
obligat  dicto  de  lo  licciu  stipulanti  nom.e  dicti  ven.lis  monasterii  affidare  et 
ex  mmc  et  prò  tunc  sibi  dicto  nom.e  et  affldat  campanam  predictam  post  eius 
fusionem  et  costructionein  faetam  eo  tempore  modo  et  forma  ac  cum  et 
sub  omnibus  et  singulis  illis  aliis  pactis  clausulis  cautelis  et  aliis  con- 
tenti» et  expressis  in  contractu  obligationis  campane  majoris  diete  majoris 


68  MISCELLANEA 


ecl.  in  actis  pubblicis  celebrato  ad  quem  in  omnibus  et  prò  omnia  piena 
liabeatur  relatio  et  non  aliter  nec  alio  modo  ex  pacto. 

Que  omnia  etc. 

Testes  benedictus  de  avuto  vincentius  de  trapani  et  thomas  maltisius. 


XV. 


Die  xxiij  tnensis  decembris  xiiij  ind.tiis  1585. 

Facto  computo  et  ratione  Anali  ultimo  veridico  et  legale  et  non  erroneo 
inter  mag.rum  natalem  galbato  civem  panormi  et  mag.rum  antoninum  gal- 
bato  eius  fratrem  de  terra  turturici  de  onmibus  negotiis  inter  eos  costi- 
tutis  in  hac  terra  alcami  super  efl'usionem  et  facturam  quarumvis  cam- 
paruni  in  predicta  terra  alcami  per  eos  effusas  per  totum  presentem  dieni 
remansit  debitor  et  reliquatur  predictus  mag.  natalis  predicto  mag.  anto- 
nino  in  une.  septem  p.  g.  et  non  in  pluri  ncque  minori  summa.  Ren. 

Quas  une  septem  predictus  mag.  natalis  promisit  solvere  predicto  mag. 
antonino  obligato  stipulanti  ad  omnem  primam  requisitionem  eiusdem 
mag.  antonini  in  pecunia  numerata  in  urbe  panormi  in  pace. 

Declarantes  omnes  debitos  ex  arte  hic  alcami  debendos  prò  campanis 
spectare  ad  ipsum  mag.rum  natalem  solum.  Ren. 

Que  omnia. 

Testes  mag.  Joseph  de  muli  et  mag.  philippus  mcrcadanti. 

(Dal  bastardelle  14  Ind.  1585-86  di  net.  Pietro  Farad,  fog.  565  retro). 


XVI. 

Die  iiij  januarii  x  ind.  iG12. 

Mag.rjo:  dominicus  garbato  do  terra  turturicis  alcami  ropcrtus  mihi 
not.o  cog.tus  ooram  nol)is  sponte  promisit  et  so  obligavit  et  obligat  sor. 
marte  marie  de  ballis  abb.o  Ven.  Mon.rii  s.ti  fran.sci  do  paula  intervo- 
nienH  prius  d.a  abb.a  cuni  interventu  consonsu  et  expressa  voluntate  in- 
fraticriptaniiii  iiKiuialium  et  odicialium  d.i  mon.rii  scilicet  :  sor.   Tranci- 


MISCELLANEA  69 


sce  buttaresi  priore  sor.  celidonie  ciminata  et  sor.  benedicte  buttaresi 
deconaruni  et  sor.  angelice  puglisi  cellararie  nec  non  et  cani  interventu 
et  consensu  francisci  morfine  protectoris  et  alfonsi  erastojoanni  procura- 
toris  d.i  Yen.  Mon.rii  s.ti  fran.ci  de  paula  eiusdem  terre  alcami  mihi 
not.  etiam  cognite  presenti  stip.ti  et  d.o  noni. e  conducenti  sibi  l'undere 
fabricare  et  compiere  unani  campanam  metalli  bonam  utilem  receptibilem 
sono  condictione  et  fortitudine  competentibus  solitis  et  consuetis  et  mag.rio 
solito  huius  d.i  operis  cuni  iinaginibus  s.ti  francisci  de  paula  marie  vir- 
ginia et  s.ti  benedicti  et  aliis  subscriptionibus  et  iniaginibus  d.e  abb.e 
d.o  nom.e  benevisis  et  placibilibus  ponderis  cantarei  unius  et  rot.  quin- 
quaginta  incirca  et  plus  si  plus  ponderabit  ad  onines  labores  risicum  pe- 
riculuni  et  fortunam  ipsius  obligati  et  ad  onines  expensas  d.e  abb.e  d.o 
nom.e  stipulantis  et  non  aliter. 

Quod  metallum  d.e  campane  d.a  abb.a  d.o  nom.e  consignare  teneatur  d.o 
obligato  stipulanti  ut  dicitur  a  piso  cum  illa  quantitate  mixture  ad  ra- 
tionem  rot.  decem  prò  cantareo  di  mancamento  itaque  tl.a  mixtura  sit 
stagni  et  rami  rubli  et  non  aliter. 

Quani  campanam  bonitatis  et  condictionis  pred.e  d.us  mag.r  jo  :  domi- 
nicus  obligatus  dare  et  consignare  promisit  d.e  abb.e  d.o  nom.e  stip.ti 
expeditani  et  juxto  pondero  ponderatam  inft-a  dies  vigintiquinque  de  ce- 
tero  nunierandos  et  cursuros.  Alias  etc. 

De  quibus  etc, 

Pro  solido  et  magisterio  ad  rationem  une.  quatuor  p.  g.  singulo  can- 
tareo quod  solidum  d.a  abb.a  d.o  nom.e  cum  consensu  pred.o  dare  et  sol- 
vere promisit  et  se  obligavit  et  obligat  d.o  de  garbato  stip.ti  statini  et 
incontinenti  consignata  et  ponderata  campana  pred.a  qualitatis  et  bonita- 
tis jani  diete  hic  alcami  in  pec.a  num.a. 

In  pace  etc. 

Cum  pacto  quod  in  casa  disoordie  Inter  d.os  contrahentes  in  consigna- 
tione  campane  pred.e  ut  supra  flende  tali  casu  ipsa  campana  revidi  de- 
beat per  expertos  eomuniter  eligendos  quibus  judicio  et  parere  .stare  de- 
bent  ex  pacto. 

Guni  pacto  ([uod  dictus  obligatus  teneatur  prout  vi  presentis  promisit 
et  se  obligavit  et  obligat  d.e  abb.e  d.o  nom.e  stip.ti  campanam  pred.am 
conrtciendam  ut  supra  affidare  ut  dicitur  che  non  si  specza  sonando  prò 
anno  uno  numerando  et  cursuro  a  die  consignationis  pred.e  campane  et 
casu  ([uo  d.a  campana  in  tempore  anni  unius  rumperetur  ut  dicitur  so- 
nando tali  casu  d.us  obligatus  teneatur  prout  vi  presentis  promisit  et  se 
obligavit  et  obligat  d.e  abb.e  d.o  nom.e  stip.ti  Ulani  retìcere  ad  omnes 
expensas  d.o  abb.e  d.o  nom.e  stip.is  absque  soluptione  magisterii  et  solidi 
tantum  d.o  obligato  ex  pacto  etc. 


70  MISCELLANEA 


Cum  alio  etiam  pacto  qaod  sitin  eleptionem  d.e  abb.e  d.o  nom.e  stip.tis 
speduta  che  sarà  d.a  campana  tutta  quilla  quantità  di  metallo  avanzerà 
di  detta  campana  d.us  obligatus  teneatur  sibi  capere  si  d.e  abb.e  sic  pla- 
cuerit  et  ei  solvere  ad  rationem  tt.  4  p.  g.  pretium  cuius  metalli  d.us 
obligatus  detinere  debeat  in  compotum  d.i  solidi  et  magisterii  si  vero  prò 
se  detinere  eligerit  sit  ad  eiusdem  abb.e  eleptionem  ex  pacto. 

Que  omnia  etc. 

Testes  vincentius  giacalone  et  artis  et  medicine  doctor  petrus  policzi. 


XVII. 
Die  xviìj  aprilis  vx  ind.  1617. 

Mag.r  Andreas  garbato  de  turturici  alcami  repertus  cognitus  sponte 
fatetur  se  habuisse  et  recepisse  a  p.re  fr.  petro  servo  procuratore  ven. 
conventus  s.ti  dominici  huius  terre  alcami  etiam  cognito  stipulante  une. 
quinque  et  tt.  quinque  p.  g.  in  pecunia  do  contanti.  Ren. 

Et  sunt  in  compotum  une.  sexdecim  et  tt.  9  sibi  debitorum  tam  prò 
magisterio  quam  prò  pretio  metalli  et  juncti  alla  campana  sibi  facta  et 
qaam  facere  debebat  virtute  contractus  in  actis  meis  not.  infrascripti  die 
ad  quem. 

Et  juraverunt.  Unde. 

Testes  u.  j,  d.  virgineus  valditaro  et  don  vincentius  puglisi. 


XVIII. 
Bili  1  7.bris  i.a  ind.  1G17. 

Prefatus  mag.r  Andreas  garbato  fatetur  habuisse  a  f.rc  francisco  vi- 
gintimilia  procuratore  conventus  s.ti  dominici  stipulante  une.  undecim  et 
tt.  4  p.  g.  ad  complimontum  une.  10.  l)  in  proxinio  contractu  declarata- 
rum  comprecnsis  une.  5.  h.  in  proximo  contractu  solutis. 

Testes  salvator  puglisi  et  don  vincentius  puglisi. 


UlSCCLLAttEA  ?1 


XIX. 

Die  xvj  septembris  iij  ind.  Ì5i9. 

Ioannes  Philippus  Garbata  terre  Turturici  repertus  uti  campanarius 
hic  Alcami  ad  eflfectum  infrascriptum  vi  presentis  contracttis  sponte  cli- 
xit  et  fatetur  se  habuisse  et  recepisse  a  S.  T.  D.  fratre  Hiacinto  de  Paetis, 
priore  oonventus  S.  M.  Urie  delli  Scalsi  cognito  et  stipulante  une.  quatuor 
p.  g.  in  pec.  de  contanti  Ren.  etc. 

Et  sunt  prò  confectione  campane  per  dictum  de  Garbatu  facte  et  con- 
signate  in  dicto  Conventa  juxta  formam  accordj  Inter  euni  et  dictum 
priorem.  Ren.  etc. 

Testes  D.  Nicolaus  Graffeo  et  Jo.  Nicolaus  de  Agata. 

(Dal  bastardelle  3.  ind.  1619-20  di  not.  Rocco  Cioffl,  fog.  81  retro). 


XX. 

Eodem  (die  iiy  septembris  iij. e  ind.  Ì6i9). 

Magister  Andreas  Garbato  et  Joannes  Philippus  ejus  fllius  terre  Tur- 
turici Alcami  reperti  cogniti  insolidum.  etc.  Ren.  etc.  promittunt  don 
Vincentio  de  Latio  procuratori  Maragmatum  majoris  ecclesie  Alcami  d.o 
nom.e  stipulanti  et  conducenti  fundare  unam  campanam  nominatam  de 
La  Leotta  de  ea  magnitudine  seu  pendere  ut  est  ad  presens  et  de  la  l'or- 
ma et  modello  eh  e  la  campana  mezza  (sic^  di  d.a  ecclesia  si  di  corpo  come 
di  l'aura  bene  et  magistribiliter  de  bono  sono  revista  per  dui  experti  co- 
munamenti  da  eligersi  et  in  casu  discordie  per  tertium  neutri  parti  su- 
spectum  ad  omnes  expensas  ecclesie  si  di  mitallo  come  di  ligna  di  Turno 
terra  et  rasti  videlicet:  sivo  rot.a  duij  eira  rot.o  mezzo  rasti  sei  carrichi 
madoni  num.  50  lo  m.ro  per  situari  lo  fumo  et  fari  li  fossi  crita  et  acqua 
una  bisazza  di  gisso  cantara  quattro  di  carboni  et  ligna  per  cociri  ditta 
campana  expedisse  fundere  per  XX. um  presentis  mensis.  Alias  etc. 

Pro  magisterio  ad  rationem  une.  unius  et  tt.  viginti  quatuor  prò  canta- 
re© lecto  prò   dormiendo  cum  domo  et  une.  unam  prò  esu  de  quo  ha- 


72  uisckllànea 


buerunt  a  d.o  conductore  stipulante  une.  unam  de  contanti.  Et  restans 
successive  etc. 

Gum  pacto  quod  essendo  ditta  campana  pio  di  quello  eh  e  al  presen- 
te quello  pio  d.o  de  Latio  d.o  nom.e  sia  tenuto  pagarlo  a  tt.  sex  per  rot.o 
insino  a  la  soma  di  rot.  deci  et  quello  che  serra  pio  di  rot.  deci  ad  ra- 
tionem  tt.  3  prò  rotulo  ex  pacto  etc. 

Gum  pacto  quod  ditti  de  Garbato  teneantur  insolidum  allidare  d.o  de 
Latio  d.o  nom.e  stipulanti  ditta  campana  che  non  si  rumpa  per  anni  doi 
a  die  consignationis.  Alias  rumpendosi  teneantur  eam  iterum  et  de  novo 
fundere  ad  expensas  ipsius  ecclesie  iterum  quo  ad  eorum  magisterium 
quod  sit  gratis  ex  pacto  etc. 

Gum  pacto  casu  quo  dopo  che  serra  facta  ditta  campana  non  ci  pla- 
cissi  a  lo  infrascripto  archipreti  che  in  tali  caso  d.i  obligati  siano  tenuti 
quella  iterum  et  de  novo  fundere  ex  pacto  etc. 

Gum  pacto  quod  dicti  obligati  insolidum  teneantur  ditta  campana  do- 
po che  serra  funduta  limpiarla  et  polirla  ex  pacto  etc. 

Presente  ad  hec  S.  T.  D.re  D.  Thomasio  Guarnotta  Archipresb itero 
Alcami  et  de  omnibus  in  presente  contractu  contenctis  se  contentante. 

Que  omnia  etc. 

Testes  don  Petrus  De  Gapo  et  Petrus  Valloni. 

(Dal  bastardello  3»  ind.  1619-20  di  not.  Antonio  Xaccaro). 


XXI. 
Die  undeeimo  novembris  xiij  ind.  i659. 

Mag.  Dominicus  Sanphilippo  et  Mag.r  Vincentius  Galiraedi  civ.tis  Tur- 
tnricis  hic  Alcami  ad  p.ns  reperti  mila  not.  cog.  corani  nobis  sponte  di- 
xerunt  et  fatentur  habuisso  et  recepisse  a  Patre  Joseph  Abbate  ab  Alca- 
mo ordinis  minimorum  s.ti  fr.sci  do  paula  mihi  not.  etiam  cog:  pr.nte 
et  uti  Vicario  ven.  Gonventus  s.ti  fr.sci  do  paula  huius  civ.tis  slip. te  une. 
andecim  et  tt.  quatuor  p.  g.  in  pecunia  de  con. ti  Ren.  etc. 

Et  «unt  lam  prò  eorum  magisterio  quam  prò  pretio  rami  brunzi  sta- 
gni lignaminis  ot  aliis  per  bavere  crisciuto  la  campana  di  d.o  Gonvento 
novamento  per  d.i  confitenti  fonduta  li  giorni  passati  quale  cainjìana  e 
di  piso  di  cantaro  Uno  e  r.o  Uno  o  la  campana  Vecchia  quale  si  squa- 


HISOEIiLANEA 


gliao  era  di  piso  r.a  86  stante  casu  fuisset  ponderata  per  mag.rum  Vi- 
tum  Grasso  niag.oriun  plateariini  hujus  civ.tis  Alcami  ut  dixeruiit. 
Ren.  etc. 

Et  stante  predicta  confessione  d.i  Gontitentes  in  soliduni  et  obligando 
re.ndo  etc.  proniiserunt  eosque  in  soiidum  ut  supra  obligaverunt  et  obli- 
gant  d.o  Patri  Vicario  stip.ti  d.am  canipanani  superius  declaratam  assi- 
curare prout  eam  vi  pr.ntis  et  omni  alio  nieiiori  modo  assicuraverunt 
et  assicurant  conservandam  sanain  prò  anno  Uno  integro  et  completo  ab 
hodie  in  antea  numerando  et  cursuro  et  casu  quo  (quod  absit)  d.a  cam- 
pana frangeretur  in  d.o  anno  tali  casu  d.i  mag.ri  teneanlur  et  sint  obli- 
gati  prò  ut  eos  in  soiidum  ut  supra  obligant  illam  iterum  ut  dicitur  fun- 
dare  hic  Alcami  ad  omnes  expensas  d.i  Yen.  Gonventus  e  la  mastria  d.i 
Mastri  in  soiidum  ut  supra  siano  obligati  larcila  gratis  ben  vero  che  d.o 
Convento  ci  liabbia  di  dari  li  calvacaturi  per  l'accesso  et  recesso  di  Pa- 
lermo in  Alcamo  et  la  spesa  di  mangiare  gratis  di  jiacto.  Ren.  etc. 

Que  omnia. 

Testes  Franciscus  Sottile  et  Roccus  Calandra. 

(Dal  bastardello  13.a  ind.  1059-60,  fog.  240  retro,  di  not.  lialdas- 
sare  La  Perna). 


XXII. 


Die  vigesitno  secundo  niartìj  sextce  ind.  millesimo  sexcentesimo 
sexag.mo  octavo. 

Mag.r  loseph  Ferrau  civitatis  Tortoreti  et  hic  Alcami  ad  presens  re- 
pertus  mihi  notarlo  cognitus  corani  nobis  sponte  promisit  et  se  obliga- 
vit  et  obligat  sacerdoti  don  Oratio  Tunno  mihi  notiirio  etiam  cognito  pre- 
senti et  veluti  procuratori  maragmatum  ven.  maioris  ecclesiio  huius  ci- 
vitatis Alcami  virtute  procurationis  celebrati»  in  actis  not.  Ioannis  Petri 
Lombardo  die  etc.  ad  (fuam  etc.  d.o  noni. e  stipulanti  et  conducenti  fundere 
unam  campanam  dictie  maioris  ecclesiae  nominatam  la  Liotta  ad  presens 
ructam  bene  et  magistribiliter  eiusdem  ponderis  prout  est  et  ut  dicitur 
deci  rotula  più  o  meno  di  quello  che  é  detta  campana  incipiendo  a  die 
primo  maij  prox.  futuri  in  anthea  et  continuatis  diebus  continuare  et 
perseverare  usque  ad  ttnem  et  ad  altius  per  totum  vigesimum  diem  mensis 
maij  darla  spedita  alias  etc. 


74  MISCELLANEA. 


De  quibus  etc. 

Pro  magisterio  ad  rationem  granorum  sedecim  singulo  rotalo  illius 
ut  dicitar  che  piserà  detta  campana  ruota  et  per  lo  sopra  più  vi  habia 
di  pagare  il  prezo  di  detto  metallo  ad  rationem  tt.  sex  p,  g.  singulo  ro- 
tule absque  magisterio  ex  pacto  etc.  Et  ultra  dictum  magisterium  solvere 
teneatur  d.o  magistro  obligato  stipulanti  alias  une.  duas  et  tt.  decem  p.  g. 
in  pecunia  prò  omnibus  expensis  necessariis  faciendis  prò  fundendo  dictam 
campanam  quod  quidem  magisterium  dictus  de  Tunno  procurator  d.o  nom.e 
dare  et  solvere  promisit  et  se  obligavit  et  obligat  dicto  magistro  obligato 
stipulanti  statini  et  incontinenti  quod  erit  facta  et  fundita  ditta  campana 
et  illa  consignata  et  quo  ad  dictas  une.  2,  10  prò  dictis  expensis  succes- 
sive serviendo  solvendo  hic  Alcami  in  pecunia.  In  pace  etc. 

Sub  pactis  infrascriptis ,  videlicet: 

Et  primo  che  d.o  de  Tunno  d.o  nom.  vi  habia  di  dare  et  consignare  il 
metallo  di  detta  campana  ructa  et  lo  sopra  più  di  detto  metallo  per  fun- 
dere  decta  campana  vi  1'  habia  da  mettere  il  detto  mastro  obligato  ita 
che  d.o  metallo  sia  buono  e  di  buona  qualità  e  condictione  ben  visto  a  d.o 
de  Tunno  procuratore  d."  nom.  stipulante  il  quale  di  Tunno  d.°  nom.  vi 
habia  di  fare  buono  il  mancamento  di  d.°  metallo  a  ragione  di  rotula  sei 
per  ogni  cantaro  per  quello  che  piserà  decta  campana  da  fundersi  et  per 
lo  sopra  più  di  quello  sarrà  decta  campana  ructa  di  quello  che  sarrà  decta 
campana  da  fundersi  vi  1'  abia  di  pagare  a  ragione  di  tt.  sei  per  ogni  ro- 
talo senza  mastria  statim  et  incontanenti  consignata  decta  campana  ex 
pacto,  etc. 

Item  che  d.o  di  Tunno  d.o  nom.  vi  habia  di  accomodare  la  stantia  dove 
ha  da  fundere  decta  campana  gratis  ex  pacto  etc. 

Item  etiam  dictus  mag.r  obligatus  vi  presentis  lìdavit  et  fidàt  ditto 
de  Tunno  d.o  n.  stipulanti  dictam  campanam  per  eum  faciendam  et  fnn- 
dendam  casu  che  si  rumpesse  infra  anni  tre  da  contarsi  dal  giorno  della 
consigna  innante  illam  iternm  et  de  novo  fundere  et  retlcere  oiusdem 
ponderis  toties  quoties  infra  dictos  annos  tres  si  rumpisse.  In  pace  etc. 
Itaquod  dictus  de  Tunno  d.o  nom.  solvere  habeat  et  debeat  at  teneatur  et 
ita  promittit  et  se  obligat  d.o  m.ro  obligato  stipulanti  une.  duas  et  tare- 
no.s  viginti  p.  g.  in  pec.  prò  expensis  faciendis  per  dictum  magistrum 
obbligatuni  prò  fundenda  dictam  campanam  et  circa  lo  mancamento  si 
l'emettino  conforme  allo  contratto  della  campana  con  il  Collegio  della 
Compagnia  di  (ìesù  di  questa  città  di  Alcamo  facto  nelli  acti  di  not.  Vin- 
cenzo Hruno  die.  etc.  ad  quem  etc.  et  non  aliter  etc.  ex  pacto  etc. 

Pro  quo  quidom  magistro  obligato  prosente  et  volente  eiiisque  preci- 
boM  ut  complacentia  erga  dictum  de  Tunno  d.o  nom.  stipulantem  deAui- 
dendo  dictam  campanam  prò  prima  vice  et  casa  che  si  rumpesse  fra  d.i 


MISCEILANEA  75 


anni  tre  toties  quoties  prout  tenetur  et  obligatus  est  dictus  mag.r  loseph 
obligatus  ut  supra  et  per  moduin  ut  supra  mag.r  Sebastianus  Piutacero 
caldararius  civis  Panormi  et  hic  Alcami  ad  presens  repertus  mihi  not. 
etiam  cognitus  coram  nobis  sponte  iideiussit  seque  tìdeiussorem  principa- 
lem  et  iusolidum  obligatum  cura  d."  mag.ro  loseph  obligato  se  constituit 
et  fecit  renuntiaiulo  Juri  de  prius  et  principali  couveniendo  etc. 

Que  omnia  etc. 

Testes  mag.r  loseph  Caruso  et  Loonardus  Passavanti.  (1) 

(Dal  voi.  minute  G.  ind.  1607-68  di  not.  Giuseppe  Lombardo,  fo- 
glio 322  e  segg.) 


XXIII. 
Die  nono  jùnij  sexlo  ind.  millesimo  sexc.mo  sexay.mo  octavo. 

Mag.r  loseph  Ferrau  mag.r  campanarius  civitatis  Tortoreti  et  hic  Al- 
cami ad  presens  repertus  mihi  not.  cognitus  coram  nobis  sponte  promi- 
sit  et  se  obbligavit  et  obligat  patri  fratri  Ascentio  a  Mazaria  Tertis  Or- 
dinis  S.ti  Francisci  mihi  etiam  cognito  presenti  et  tamquam  subpriori  et 
presidenti  ven.  conventus  S.tne  Maria;  Itrite  dicti  Ordinis  huius  civitatis 
Alcami  d.o  noni,  stipulanti  et  conducenti  fundere  campanam  d.i  ven.  con- 
ventus ad  presens  ut  dicitur  ructa  bene  et  magistribiliter  eiusdem  pon- 
deris  prout  est  et  ut  dicitur  di  un  cantaro  in  circa  abaxio  ;  incipiendo  ab 
hodie  in  anthea  et  continuatis  diebus  continuare  et  perseverare  usque  et 
ad  altius  darla  spedita  et  funduta  per  totum  presentem  mensem  junij  ; 
alias  etc. 

De  quibus  etc. 

Pro  magisterio  ad  rationem  granorum  quindecim  p.  g.  siugulo  rotulo 
ut  dicitur  di  quello  piserà  decta  campana  ructa  et  per  lo  sopra   più   vi 


(1)  Sicilie  neU' originale  con  ilaU  ilei  i.  giiii;uo  1668  un' apoca  di  once  nove  a  complcmcuto  di 
once  undici  e  tari  dieci,  delle  ([iKili  «une.  5,  9,  4,  per  maitria  della  ca:npana....  (slati)  consignala 
di  peso  era  dui  e  rot.  dodici,  et  une.  i,  19,  10  per  lo  prezo  di  rot.  odo  di  melali  j  di  sopra  più  di 
quello  che...  era  stalo  consignalo  et  une.  2,  1,  C,  per  rol.  dudici  di  mancato  a  ragione  di  rot.  sei 
per  cantaro...  et  une.  2,  iO,  per  altrellaiUi ..  spesi  e  pagati  per  tigna,  gisso,  terra  ciaramite,  raaduni, 
zinimatura  ed  altre  cose  necessarie  per  attratto  per  fundere  la  decta  campana  ». 


76  MISOELLANBA 


r  habia  di  pagare  il  prezo  di  d.o  metallo  ad  rationem  tt.  sex  p.  g.  singulo 
rotalo  absque  magisterio  ex  pacto  etc.  Quod  quidem  magisterium  dictus 
pater  Ascentius  d.o  nom.  dare  et  solvere  promisit  et  se  obligavit  et  obli- 
gat  d.o  mag.ro  oblig."  stipulanti  in  primos  settembris  prox.  futuri  anni  se- 
quentis  7se.  ind.,  in  pec.,  hic  Alcami.  In  pace  etc. 

Et  ultra  dictum  magisterium  dictus  m.r  obblìgatus  dixit  et  fatctur  se 
liabuisse  et  recepisse  a  d.o  patre  Asceutio  d.o  nom.  stipulante  une.  unam 
p.  g.  in  pec.  de  contanti  per  manus  sacerdotis  don  Guglielmi  Lombardo 
dictse  civitatis  Alcami  mihi  not.  etiam  cogniti  presentis  et  solvere  decla- 
rantis  de  suis  propris  pecuniis  prò  elemosina  prò  Deo  et  eius  anima  tam- 
quam  devoti  dicti  ven.  conventus.  Ren.  etc.  prò  expensis  necessariis  fa- 
ciendis  per  dictum  mag.rum  obbligatum  per  fundere  et  l'are  d.a  campana 
ex  pacto  et  accordio   inter  eos   sic   habito.  Unde  etc. 

Pro  quo  quidem  patre  Ascentio  d.o  nom.  presente  et  volente  et  eius 
precibus  et  complacentia  erga  dictum  mag.rum  obligatum  stipulantem  de 
sibi  solvendo  dictum  magisterium  dictae  campanile  ad  rationem  granorum 
quindecim  singulo  rotule  ut  supra  per  un  cantaro  inclusive  tantum  sic 
ex  accordio  inter  eos  eis  modo  forma  loco  et  tempore  quibus  supra  dictus 
don  Guglielmus  Lombardo  sponte  fidejussit  seque  fldejussorem  principa- 
lem  solutorem  et  debitorem  dicti  magisterij  et  insolidnm  obbligatum  cum 
d.o  patre  Ascentio  d.o  nom.  se  constituit  et  fecit  renuntiando  juri  de  prius 
et  principali  conveniendo,  etc. 

Sub  partis  infrascriptis,  videlicet  : 

Et  primo  che  d.o  patre  Ascentio  d.o  nom.  vi  habia  di  dare  et  consignaro 
il  metallo  di  d.a  campana  ructa  et  il  sopra  più  di  d.o  metallo  per  fundere 
decta  campana  vi  1'  abia  da  mettere  il  d.o  m.ro  obligato;  ita  che  d.o  me- 
tallo sia  buono  e  di  buona  qualitii  et  conditione  benvista  al  d.o  padre  A- 
scentio  d.o  nom.  stipulanti;  il  quale  patre  Ascentio  d.o  nom.  vi  habia  di 
fare  buono  a  d.o  m.ro  obligato  stipulanti  il  mancamento  di  d.o  metallo  a 
ragione  di  rotula  sei  per  ogni  cantaro  jier  quello  che  piserà  detta  cam- 
pana da  fondersi  et  per  lo  sopra  più  sarrà  detta  campana  ructa  di  quello 
che  sarrà  detta  campana  da  fiimlersi  vi  1'  habia  da  pagare  a  ragione  di 
tt.  sei  por  ogni  rollilo  senza  nrastria  statini  et  incontinenti  consignata 
detta  campana  ex  pacto  etc. 

Item  etiam  dictus  m.r  obligatus  vi  presentis  tldavit  et  fldat  d.o  patri 
Ascentio  dicto  nom.  stii)ulanti  dictam  canipanam  per  eum  faciendam  et 
fundoiidam  per  aiì^os  tres  numerandos  et  cursuros  a  die  consignationis 
faoienda;  por  dictum  magistruiu  obligatum  dictum  campana;  nova;  casu  quo 
dieta  campana  infra  dictos  annos  ti'cs  si  rumpisse  illam  iterum  et  de 
novo  fondere  et  reticoro  teneatur  et  sic  promisit  et  se  obligavit  et  obli- 
gat  d.o  patri  Ascentio  d.o  nom.  stipulanti  ad  omnes  expensas  dicti  m.ri 


MISCELLANEA  77 


obligati  eiusdeni  pondei'is  prout  erit  dieta  campana  nova  fiindenda  semel 
et  pluries  ac  toties  quoties  si  rumpisse  infra  dictos  annos  tres.  In  pace 
etc.  Ita  qnod  dictus  pater  Ascentius  d.o  noni,  solvere  liabeat  et  debeat  ac 
teiieatur  et  ita  promisit  et  se  obligat  d.o  m.ro  obligato  stipulanti  une.  unam 
p.  g.  in  pecunia  et  li  ligna  necessarij  per  fundere  decta  campana  prò  ex- 
pensis  laeiendis  per  d.um  mag.rum  obligatum  prò  fundendo  dictam  cam- 
panani  et  per  ogni  volta  che  si  rumpirà  et  si  deverà  di  novo  fundere 
duranti  detti  anni  tre  di  fida,  nec  non  et  la  stantia  dove  si  ha  da  fun- 
dere decta  campana.  In  pace  etc.  Et  circa  lo  mancamento  si  rimectino  allo 
contracto  della  campana  con  il  collegio  della  Compagnia  di  Gesù  di  que- 
sta città  di  Alcamo  facto  nell'  acti  di  not.  Vincenzo  Bruno  die  etc.  et  juxta 
eius  formam  ad  quem  etc.  et  non  aliter  etc.  ex  pacto  etc. 

Geterum  dictus  mag.r  obligatus  piomisit  et  se  obligavit  et  obligat  diete 
patri  Ascentio  d.o  nom.e  stipulanti  sibi  prestare  et  dare  in  tldejussoreni  et 
insolidum  obligat-um  de  fundendo  dictam  campanam  prò  prima  via  et  casu 
quo  si  rumpisse  infra  dicti  anni  tre  toties  quoties  si  rumpisse  modo  forma 
loco  et  tempore  quibu»  supra  et  prout  et  quemadmodum  teneatur  et  obli- 
gatus est  dictus  m.r  loseph  obligatus  ut  supra  mag.rum  Franciscum  de 
Asaro  civeni  oriundum  huius  civitatis  Alcami  absentem  per  totum  pre- 
sentem  diem  per  actum  publicum  in  margine  presentis  contractus  vel 
extra  cum  inserto  tenore  ipsius  cum  illis  debitis  clausnlis  cauthelis  obli- 
gationibus  et  aliis  necessariis  ut  convenit  et  in  similibus  requisiti»  et  prò 
quo  absente  dictus  m.r  loseph  de  ratho  promisit  et  promictit  juxta  formam 
rithus  M.  11.  G.  Alias  etc.  Sub  ypoteca  etc. 

Quse  omnia  etc. 

Testes  sacerdotes  don  lacobus  Ragona  don  Garolus  Morana  et  don  An- 
toninus  Daidone  et  Angelus  Gutrino.  (1). 


XXIV. 


Die   septimo  jnnii    quartae    ind.is 

mill.o  sexcent.mo  octuag.mo  primo. 

Mag.r  Jacobus  Marotta  eiv.tis  Tortoricis  fiindator  campanarum  et  ad 

presens  hic  Al.mi  repertus  m.  n.  e.  e.  n.    sponte  dixit  et  fatetur  habuisse 


(1)  NeU'  originale  contratto  U'^';,'onsi  a  margine  e  l'atto  di  fideiussione  prestitn  da  Francesco  A- 
saro  ed  una  apoca  in  cui  dichiaraci  di  essere  stila  consegnata  dal  Ferraù  la  sopradetti  campana 
nuova. 


78  MISCELLANEA 


et  recspisse  a  Rev.do  S.te  D.  Vincentio  Lo  Serro  V.  F,  huius  pr.teciv.is 
liti  Tlies.o  maragmatuni  matricis  Ecce  d.e  civ.is  ab.nte  me  not.o  prò  eo 
d.o  noni. e  stip.te  une.  qninquaginta  novem  tt.nos  vigintinovem  et  granos 
deeem  et  septem  p.  g.  in  pec.a  de  con.ti  ad  complementnm  une.  centum 
viginti  et  tt.orum  viginti  quatuor  coniprehensis  in  eis  et  factis  bonis  une. 
sexaginta  et  tt.nis  viginti  quatuor  et  granis  tribus  per  dictum  de  Marotta 
habitis  et  receptis  a  d.o  de  Lo  Serro  ab.nte  me  not.o  prò  eo  d.o  nom.e  stip.te 
diversimode  et  in  diversis  vicibus  soluptionibus  et  partitis  ut  dixlt.  Ren.  etc. 

Et  sunt  d.e  une.  centum  viginti  et  tt.ni  viginti  quatuor  superius  con- 
fesse et  habite  scilicet  une.  35  ut  dicitur  prò  sua  mastria  di  fundiri  tre 
campane  nove  dette  la  mezzana  la  liotta  e  la  nova  detta  la  quarta  cossi 
d'accordio,  onze  10  per  scendere  e  mettere  d.e  campane  al  campanile  di 
d.a  mag.e  chiesa  atti  a  sonare  cosi  di  patto  e  onze  75  24  per  lo  prezzo 
di  cantara  tre  e  sessantaquattro  di  metallo  per  esso  consignato  di  più 
stante  la  campana  mezzana  essere  stata  cantara  sei  e  r?a  novanta  e  per 
esso  consignata  di  can.ra  novi  e  rotula  cinque,  la  liotta  essere  stata  era 
dui  e  r.a  sei  e  per  esso  consignata  c.a  dui  e  r.a  cinquantacinque,  e  laltra 
nova  detta  la  quarta  era  uno  a  rag.e  cioè  era  dui  e  r.a  sessantaquattro 
di  onze  vinti  lo  cantaro  e  cantaro  uno  di  d.a  campana  detta  la  quarta 
di  onze  ventitre  cossi  d'accordio  tra  di  loro  ut  dixerunt.  Ren,  etc. 

Cum  pacto  tamen  cautela  et  condictione  sub  quibus  et  eis  preceden- 
tibus  fuit  per  infrascriptos  contrahentes  ad  pr.ntem  actum  deventum  et 
non  alitar  etc.  che  il  d.o  di  marotta  sia  obligato  conforme  in  virtù  del 
pr.nte  s'obliga  al  Rev.ndo  Sac.te  D.  Gioseppe  Floreno  come  procuratore  e 
marammeri  delle  d.e  maramme  di  q.a  pred.ta  città  come  appare  in  virtù 
di  procura  stip.ta  per  l'atti  del  q.dam  not.  D.  Hiacintho  Cinqueruglii  e  con- 
tìrma  per  l'atti  della  (1.  C.  vescovile  di  mazzara  diebus  etc.  ad  quos  etc. 
ut  asseritur  pres.te  et  d.o  nom.e  stip.te  le  sud.o  tre  campane  di  s.a  espres- 
sate e  declarate  farle  boni  e  quello  assecurare  per  lo  tempo  di  anni  tre 
nnmerandi  e  cui'suri  dal  p.mo  del  pr.nte  mese  di  Giugno;  e  nel  caso 
(qnod  absit)  d.o  campane  seu  alcuna  di  quelle  si  rumpesse  per  qualsivo- 
glia accidente  di  sonare,  in  tal  caso  il  d.o  di  marotta  ex  nunc  pi'o  tunc 
et  e  converso  sia  obligato  conforme  in  vii'tù  del  pr.nte  si  obbliga  al  d.o 
di  Florono  d.o  nom.e  atip.to  quelle  sou  alcuna  di  esse  che  sarà  rutta  ((|uo(l 
absit)  rlfere  magistribilmente  con  mettere  la  sua  mastria  gratis  tantum, 
e  che  siano  atti  o  vero  alta  a  sonare  o  tutto  lo  resto  della  sjìesa  che  vi 
sarà  di  bisogno  per  farsi  d.o  campane,  o  alcuna  di  ([nelle  nel  caso  sud.o 
s'habia  di  fare  a  speso  delle  d.e  maramme,  con  questo  però  che  il  sud.o 
di  Floreno  d.o  nom.e  sia  obligato  nel  caso  sud.o  avisare  al  d.o  di  marotta 
Mtip.to  ad  elTotto  di  venire  in  questa  sud.a  Città  e  che  habii  tenij»)  di  poter 
venire  fra  termino  di  mese  uno  cursuro  dal  giorno  che  sarà  avisato  per 


MISCELLÀNEA  79 


fare  di  novo  d.e  campane  seu  alcuna  di  quelle  che  sarà  rutta  come  s'ha 
detto  di  sopra  (quod  absit)  cossi  di  patto  et  accordio  tra  di  loro.  Alias  etc. 

Pro  quo  quidem  de  marotta  pr.nte  et  volente  eiusque  precibus  et  com- 
placentia  erga  d.um  de  Floreno  d.o  nom.e  stip.tem  de  ei  adimplendo  omnia 
etsingula  premissa  et  in  fra  scripta  ac  in  pres. ti  expressata  et  declarata  eteis 
modo  forma  loco  et  tempore  quibus  et  prout  est  obligatus  d.us  de  marotta 
virtute  pr.ntis  actus  ad  quem  etc.  Mag.r  Angelus  Grandi  civ.is  Drepani  et  ad 
pr.ns  hic  Al. mi  repertus  m.  n.  et  e.  e.  n.  sponte  fldejussit  soqne  lìdcjus- 
sorem  principalem  debitorem  solutorem  adimpletorem  et  in  solidum  cum 
d.o  de  marotta  se  obligatuin  constituit  renunciando  juri  de  primo  et  prin- 
cipali conveniendo  etc. 

Que  omnia  etc. 

Testes  Mag.r  Vitus  de  Simone  m.r  Vincentius  Milazzo  et  m.r  Bal- 
thassar  d'Asaro. 

(Dalle  minute  4. a  ind.ne  1680-81  di  not.  Francesco  Jemma). 


XXV. 

Die  vi)  nutria  v  ind.is  1592. 

Mag.r  desiderius  xharrubba  et  mag.r  ioseph  de  bono  de  urbe  felice 
panormi  in  hac  terra  alcami  ad  presens  se  reperientes  mihi  not.  cogniti 
presentes  corani  nobis  in  solidum  renuntiantes  beneficio  novarum  consti- 
tutionum  sponte  promiserunt  et  se  obligaverunt  et  obligant  jacobo  luliccia 
eiusdem  terre  alcami  mihi  not.  etiani  cognito  presenti  stipulanti  et  tam- 
quam  ac  veluti  procuratori  ven.  et  devoti  conventus  s.te  m.ejesu  huius 
torre  alcami  tenore  actus  procurationis  facte  manu  publica  die  etc.  nec 
non  et  rev.  patri  fratri  bernardino  de  xacca  eiusdem  ordinis  veluti  custodi 
vallis  mazarie  et  fratri  aurelio  de  xacca  guardiano  ad  presens  dicti  con- 
ventus existentibus  prius  et  intervenientibus  cum  auctoritiitibus  interven- 
tibus  consensibus  et  expressis  voluntatibus  infrascriptorum  rev. rum  pa- 
trum  et  fratrum  eiusdem  conventus  inferius  declarandorum  etc.  dictis 
nominibus  eis  nomine  dicti  conventus  construere  facere  et  fabricare  quam- 
dam  campanam  dicti  conventus  di  quanto  sarra  di  peso  quanto  la  prima. 

Et  hoc  prò  magisterio  ad  rationem  unciarum  duarum  p.  g.  prò  quolibet 
cantareo  prò  quo  quidem  magisterio  prefati  conductores  in  solidum  ut 


80  MISCELLANEA 


snpra  nomine  elicti  conventus  sponte  cesserunt  et  cedunt  eisdem  obligatis 
presentibus  stipulantibus  et  recipientibus  omnia  et  sinfjulajura  omnesque 
actioues  rationes  et  causas  reales  et  personale»  utiles  directas  mixtas  ta- 
citas  et  expressas  perentorias  et  civiles  et  alias  quascumque  nec  non  speni 
et  exercitium  ipsornm  jurinm  et  actionum  que  et  qnas  habnernnt  habebunt 
et  habent  ac  possunt  et  sperant  habere  dicto  nomine  in  infrascriptis  pe- 
cuniarum  summis  dictis  cedentibus  nomine  eiusdem  conventus  debitis  et 
solvendis  per  infrascriptas  personas  prò  rathis  et  snmniis  infrascriptis 
scilicet:  une.  decem  delli  m.ri  andrii  solvendis  per  totum  mensem  julii 
proximi  futuri  presentis  anni  une.  5  per  detemptorem  et  procuratorem 
loci  dicti  conventus  et  une.  2  per .... 

Et  hoc  virtute  et  juxta  formam  publicorum  coutractuum  et  actorum 
ut  asseritur  manibus  publicis  celebratorum  et  factorum  diebus  etc.  ad 
qnos  in  omnibus  et  per  omnia  piena  relatio  habeatur  et  hoc  contra  et 
ad  versus  tam  dictas  presentiatas  personas  et  qnamlibet  earum  respective 
quam  alias  quasvis  personas  quomodolibet  obligatas  sive  obligandas  ab- 
sentes  eorumque  honorum  heredes  et  in  futurum  successores  vigore  et 
auctoritate  qnorumvis  contractuum  actorum  et  sententiarum  publicorum 
privatorum  et  sine  aut  alio  quomodolibet  quomodocumque  et  qualitercum- 
que  constitnentes  eorum  procuratores  in  rem  eorum  dicto  nomine  et  po- 
nentes  eos  in  locum  eorum  proprinm  in  hac  parte  et  amodo. 

Et  sunt  diete  pecunie  prò  modo  ut  supra  cesse  scilicet:  une.  15  prò 
magisterio  diete  campane  superius  declarate  et  une.  2  prò  mancamento 
mitalli  diete  campane  quod  delicere  solet  quoniam  restans  eiusdem  man- 
camenti dicti  obligati  in  solidum  ut  supra  eisdem  cedentibus  quo  supra 
nomine  stipulantibus  gratiose  dimiserunt  et  dimittunt  ac  relaxaverunt  et 
relaxant  renunciantes  exceptioni  etc. 

Promittentes  dicti  cedentes  quo  supra  nomine  in  solidum  ut  supra  sci- 
licet :  dictus  loliccia  procuratorio  quo  supra  nomine  dictique  vero  custo- 
dens  et  guardianus  nomine  dicti  conventus  eisdem  cessionariis  in  solidum 
ut  supra  presentibus  et  stipulantibus  dieta  jnra  superius  cessa  semper  et 
omni  futuro  tempore  legitime  defendere. 

Item  hac  ex  causa  prefati  obligati  in  solidum  ut  supra  sponte  promit- 
tunt  et  se  obligaverunt  et  obligant  dictis  conductoribns  in  solidum  ut  supra 
presentibus  ot  quo  supra  nomine  stipulantibus  in  dictis  servitiis  incipero 
a  nono  instantis  mensis  martii  et  in  ois  continuare  ot  perseverare  usquo 
ad  expeditionem  et  non  doJlcere  neciue  contraveniro  eauKiue  teneantur 
prout  in  vim  presentis  se  obligaverunt  et  obligant  expediro  et  compiere 
(•inique  expedidisse  et  complevisse  eisque  dicto  nomine  et  nomine  dicti 
conventus  darcila  por  spedata  cotta  ))ona  magistribilitor  ut  docet  ot  con- 
venit  per  totum  5  diem  nioisis  .-iprilis  im-oxìiuì  l'ntiiri  prcscufis  .-mni. 


MISCELLANEA  81 


Ita(jue  (lieti  conducturcs  dicto  nomine  et  nomine  dicti  conventus  te- 
neantur  et  se  obligaverunt  et  obligaat  dictis  obligatis  in  solidum  ut  supra 
presentibus  et  stipulantibus  solummodo  eis  dare  nisi  ut  dicitur  lo  fumo 
et  li  litania  et  restans  totum  et  integrum  teneantur  ponere  dicti  obligati  in 
solidum  ut  supra. 

Alias  detìcientes  et  contravenientes  ipsi  obligati  in  solidum  ut  supi'a 
in  premissis  teneantur  prout  in  vini  presentis  teneri  voluerunt  seque  so- 
lemniter  obligaverunt  et  obligant  eisdeni  conductoribus  dicto  nomine  et 
nomino  dicti  conventus  in  solidum  ut  supra  stipulantibus  ad  omnia  et 
singula  damna  interesse  et  expensas  et  in  dicto  casu  liceat  licitumque  sit 
dictis  conductoribus  quo  supra  nomine  in  solidum  ut  supra  stipulantibus 
alios  mag.ros  obligatos  conducere  ad  servitia  predicta  eaque  complenda 
et  prò  effectu  predicto  prò  ea  mercede  et  salario  per  eos  melius  inveniendo 
ad  omnia  et  singula  damna  interesse  et  expensas  ipsorum  obligatorum  in 
solidum  ut  supra  presentium  et  stipulantium  et  audientium.  Que  omnia. 
Itaque  etc. 

Processit  ex  pacto  quod  durante  dicto  servitio  dicti  conductores  in  so- 
lidum ut  supra  dicto  nomine  et  nomine  dicti  conventus  teneantur  prout 
se  obligaverunt  et  obligant  eisdem  obligatis  in  solidum  ut  supra  presen- 
tibus  et  stipulantibus  eis  dare  prò  eorum  liabitatione  unam  cameram  dicti 
conventus  nec  non  et  darci  di  mangiari  ex  pacto. 

Cum  pacto  quod  dicti  obligati  in  solidum  ut  supra  teneantur  prout  in 
vim  presentis  se  obligaverunt  et  obligant  dictis  conductoribus  in  solidum 
ut  supra  quo  supra  nomine  presentibus  et  stipulantibus  completa  et  adim- 
pleta  quod  erit  dieta  campana  eam  teneantur  eis  quo  supra  nomine  atfldare 
per  annum  unum  et  menses  duos  numerandos  et  cursuros  a  die  quo  fuerit 
per  eos  eis  consignata  dieta  campana  ut  dicitur  spedata  et  bona  ex  pacto. 

Presentibus  ad  hec  omnia  et  singula  predicta  et  infrascripta  Rev.dis 
patribus  l'ratribus  dicti  conventus  capitulariter  congregatis  et  convocatis 
ad  sonum  campanelle  ut  moris  est  scilicet:  f.re  Antonino  di  girgenti  f.re 

bona  ventura  do  rachalmuto  predicatore  f.re  felice  lo f.re  iosepho 

dello  castro  f.re  arcliangelo  de  xacca  f.re  jìaulo  cammarata  tre  angustino 
de  xacca  f.ré  francisco  de  xacca  patribus  et  fratribus  dicti  conventus  una- 
nimiter  presentibus  audientibus  et  de  premissis  omnibus  superius  decla- 
ratis  et  expressatis  se  contentantibus  eisque  acquiescentibus  et  non  aliter 
nec  alio  modo  etc. 

Que  omnia  ecc. 

Testes  antoninus  de  mirabili  et  jo:  vincentius  de  trapani  (1). 

(Dal  bastardelle  5  ind.ne  1591-92  di  not.  Guglielmo  Monteleone,  pag.  701, 
retro,  e  segg.). 


(1)  Evvi  in  margine  dell'originale  un'apoca  con  data  dell6  maggio  5.a  ind.ne  1592. 
Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.     '  6 


82  MISCELLANEA 


XXVI. 

Die  viiij  MarfìJ  (v  ind.  io9i). 

Mag.i'i  Joseph  de  Bolo  et  Desiderius  Xharrubba  cives  Panormi  Alcami 
ad  presens  reperti  mihi  notarlo  colmiti  presentes  corani  nobis  sponte  in- 
solidum  renuntiantes  beneticio  novarum  constitutionum  etc.  eoruni  sum- 
ptibus  expensis  et  omni  attractu,  preter  metallum  et  misturam  ad  infra- 
scriptum  niagisterium  necessarium  et  opportunum  dandum  et  exhibendum 
per  infrascriptum  venerabilem  vicarium  sub  pactis  et  conditionibus  inl'ra- 
scrittis  se  obligaverunt  et  obligant  ven.li  p.  fratri  Johanni  Baptiste  Laudato 
vicario  in  capite  loco  prioris  ven.lis  conventus  s.te  Marie  de  Stella  sub  titolo 
s.ti  Dominici  huius  terre  Alcami,  diete  felicis  urbis  Panormi  Alcami  et  in 
dicto  conventu  noni. e  predicto  residenti  mihi  etiam  cognito  presenti  sti- 
pulanti et  illos  insolidum  cuni  interventu  consensu  et  expressa  voluntate 
infrascriptorum  venerabilium  l'ratrum  et  patruum  ejusdem  conventus  ad 
sonum  campanelle  more  solito  vocatorum  et  congregatorum  intus  refecto- 
riuni  eiusdem  conventus,  scilicet  p.  fratris  Joannis  Baptiste  Brignali,  fra- 
tris  Francisci  De  Sinioni,  fratris  Raymundi  De  Abella  et  fratris  Mariani 
Bonafidi  presentium  mihi  etiam  cognitorum  volentium  consentientium  et 
neniine  ipsorum  discrepante,  conducenti  sibi  dicto  nomine  fundere  et  fa- 
bricare  canipanani  dicti  conventus  cantariorum  duoruni  de  fermo  quali- 
tatis  et  foggie  in  qna  ipsa  campana  ad  presens  est,  magistribiliter  cuni 
«cripturis  circnni  circa  sculturis  et  caracteris  imprimendis,  in  qua  ad 
presens  sunt  et  millesimo  currente  et  non  aliter  nec  alio  modo,  omni  con- 
tradictione  cessante. 

Quam  quideni  canipanam  qualitatis  et  quantitatis  predicte  et  cuni  om- 
nibus infrascriptis  declaratis,  dicti  niag.ri  obligati  teneantur  et  sic  teneri 
voluerunt  et  volunt  ac  solemniter  et  insolidum  ut  supra  eos  obligaverunt 
et  obligant  ipsi  ven.li  vicario  conductori  stipulanti  nomine  dicti  conventus 
et  ejus  successori  in  ollìcio  vicariatus  ciusdcni  conventus  me  notario  prò 
eo  stipulante  magistribiliter  fnndatam  et  factani  puram  et  mundam  ab 
omni  defectu  et  imperitia  consignarc  et  consignavisse  in  eodcm  loco  et 
tempore  quibus  ipsi  jnagistri  obligati  sunt  consignaro  campanam  ven.lis 
conventus  Sancte  Marie  de  iesu  diete  terre  Alcami  et  non  aliter  nec  alio 
modo  alias  ipsi  (d)ligati  teneantur  et  insolidum  teneri  voluerunt  et  eos 
obligaveiiint  ad  oninia  et  singula  damj)na  interesse  et  expensas  licita  et 
a  jure  pennissa  et  liceat  et  licitum  sit  ipsi  ven.li  cond.ri  dicto  nom.e  et 
ciuH  Haccossori  in  vicariati  olllcio  dicti  conventus  alios  similes  conducere 
niagistrus  perito»  ad  dictani  campanam  fundendam  ut  supra  prò  oa  mor- 


MISCELLANEA  8S 


cede  et  magisterio  melius  invenienda  ad  damna  et  interesse  ipsorum  obli- 
gatorum  insolidum;  que  omnia  ex  nunc  intelligantur  protestata  et  requi- 
sita itaquod  non  sit  opus  aliqua  alia  protestatione  nec  requisitione  neces- 
saria nisi  presente  contractu. 

Pro  magisterio  et  mercede  une.  decem  pon.  gen.  tantnmmodo  et  dam- 
taxat  absque  aliqua  re  danda  ac  solvenda  nec  compensatione  facienda;  sed 
ut  dicitur  a  la  scarsa,  ex  pacto.  Ita  tamen  metallum  et  mestura  consignanda 
sint  dictis  mag.ris  per  dictum  ven.lem  conductorem  dicto  nom.e  seu  eias 
successorem  sulficientem  ad  dittam  campanam  fundendam  ut  supra  dictum 
est;  quam  quidem  mercedem  et  magisterium  dictus  ven.lis  vicarius  dicto 
nom.e  et  nomine  conventns  predicti  solvere  promisit  dictis  obligatis  in- 
solidum stipulantibus  in  duabus  equalibus  soluptionibus  et  partitis,  vide- 
licet:  medietatem  per  totum  mensem  septembris  anni  vj  ind.  proxime 
future,  alteruni  vero  et  ad  complimentum  per  totum  mensem  septembris 
anni  vij  ind.  inde  proxime  future  hic  Alcami,  in  pecunia.  In  pace  etc. 
super  qua  ipsi  mag.ri  insolidum  ut  supra  sibi  reservaverunt  et  reservant 
manus 

Promittentes  propterea  prefati  obligati  insolidum  ut  supra  dicto  ven.li 
cond.ri  dicto  nom.e  stipulanti  et  ejus  successori  in  officio  ejusdem  con- 
ventus  dictam  campanam  fundendam  ut  supra  affidare  eamque  ex  nunc 
prò  tunc  illam  allldaverunt  prò  sana  integra  pura  et  munda  ac  omni  de- 
fectu  et  imperitia  carente  infra  terminum  mensium  sex  a  die  consigna- 
tionis  predicte  in  antea  numerandorum  ;  alias  ipsi  obligati  insolidum  te- 
neantur  et  sic  promiserunt  et  promictunt  dicto  ven.li  cond.ri  dicto  nom.e 
stipulanti  et  eius  successori  in  officio  eiusdem  conventus  illam  relicere 
refundere  et  fabricare  ut  supra  dictum  est  eorum  sumptibus  et  expensis 
absque  magisterio  et  mercede  solvendo  sed  gratis,  et  hoc  toties  qnoties 
necessitas  urgeret  et  casus  requisiverit  tempore  predictorum  mensium 
sex  currente,  ex  pacto  etc. 

Sub  pactis  infrascriptis  sub  quibus  et  eis  precedentibus  ac  solemni  sti- 
pulatione  et  juramento  tìrmatis  fuit  ad  presentem  deventum.  Et  primo 
quod  dieta  campana  fundenda  sit  et  esse  debeat  cantareorum  duorum  pon. 
gen.  de  fermo  et  si  plus  erit  illud  plus  solvendum  sit  per  dictum  ven.lem 
vicarium  dicto  nom.e  seu  eius  successorem  in  dicto  officio  eiusdem  con- 
ventus dictis  mag.ris  insolidum  ad  rationeni  une.  viginti  singulo  cantarlo 
et  si  minus  illud  minus  retinendum  sit  per  eumdem  ven.lem  Vicarium 
et  cond.rem  dicto  nom.e  seu  eius  successorem  ut  supra  super  magisterio 
modo  predicto  solvendo  ad  rationem  predictam  une.  decem  et  hoc  auto- 
ritate  propria  et  de  facto  ex  pacto  etc. 

Item  quod  sit  et  esse  debeat  in  libera  electione  facultate  ipsius  ven.lis 
Vicarij  dicto  nom.e  seu  verius  eius  successoris  ut  supra  dicti  officij  sol- 


84  MISCELLANEA 


vere  dictis  obligatìs  dictnm  plus  in  pecunia  ad  rationem  predictam  une.  vi- 
jrinti,  vel  in  tanto  mitallo  ramo  od  altra  sorti  di  niestura  ut  dicitur  a 
dupplo  incontinenti  dieta  campana  ponderata  et  consignata  ut  supra. 

Rem  etiam  ex  pacto  quod  ipse  ven.lis  conductor  dicto  nomine  teneatur 
dare  et  consignare  dictis  magistris  insolidum  cui  consignabit  misturam 
seu  mitallum  diete  campane  ultra  pondus  cantareorum  duorum  predicto- 
rum  metalli  seu  misture  predicte  consignandorum  alios  rotulos  seu  libras 
decem  cuiuscumque  misture  ut  dicitur  per  raggioni  di  mancamento  et 
non  ultra  ex  pacto. 

Que  omnia  etc. 

Testes  Hieronimus  Lo  Zizo  et  Antonius  Masius  Lo  Cathalano. 

(Dal  bastardello  5  ind.  1590-91  di  not.  Filippo  Mercadante,  pag.  385 
e  seg.). 


xxvn. 

Die  xvj  madii  v  ind.  1592. 

Mag.r  nuntius  di  bono  de  urbe  felici  pan.mi  hic  alcami  ad  presens  re- 
pertus  mihi  not.o  cognitus  presens  coram  nobis  sponte  promisit  et  se 
obligavit  et  obligat  R.do  l'r.  io:  baptiste  laudato  vicario  eonventus  s.ti 
dominici  sub  nomine  s.te  m.e  della  stilla  diete  terre  milii  not.o  etiam  cog.to 
pr.ti  et  dicto  nom.e  stipulanti  et  conducenti  sub  dicto  noni. e  lacere  et 
costruere  illam  propriam  acmet  (sic)  eampanam  eiusdem  eonventus  quam 
erant  obligati  lacere  et  costruere  mag.  desiderius  xharruba  et  mag.  Joseph 
bono  tenore  ut  asseritus  eontractus  obligationis  predicte  lacti  et  stipulati 
in  actis  not.i  filippi  mercatanti  die  etc.  quem  eontraetum  prefate  partes 
in  vim  presentis  voluerunt  l'ore  et  esse  cassum  ut  dicitur  di  dui  eantara 
quam  cami)anam  dictus  mag.r  nuntius  teneatur  faeere  in  urbe  felice  pan.mi 
eamque  bone  et  magistribiliter  ut  deeet  et  convenit  spoduta  et  bona  te- 
neatur prout  in  vim  presontis  se  obligavit  et  obligat  dicto  R.do  vicario 
quo  sopra  nom.e  Htij)ulanti  assignare  in  hac  terra  alcami  in  dicto  conventu 
per  totum  mensem  jtinii  proximi  futuri  presentis  anni.  Alias  delieiens  et 
contraveniens  in  cousignatione  predieta  seu  in  eostructione  predicta  te- 
neatur jjrout  in  vini  presentis  teneri  voluit  et  vult  seque  solemnitcr  obli- 
gavit ut  obligat  d.o  R.do  vicario  quo  supra  nom.e  stipulanti  ad  omnia  et 


MISCELLANEA  85 


gingilla  damna  interesse  et  expensas  et  in  tali  casa  liceat  et  licitum  sit 
d.o  R.do  vicario  (1.0  noni. e  stipulanti  canipanam  predictam  fieri  tacere  per 
alios  mag.os  ad  omnia  et  singula  damna  interesse  et  expensas  ipsius  obli- 
gati  et  prò  ea  mercede  et  magisterio  per  euni  melius  inveniendis. 

Que  omnia.  Itaque  ete. 

Pro  magisterio  ad  rationem  une.  quinque  p.  g.  prò  quolibet  eantareo 
quod  quidem  magisterium  ad  rationem  predictam  dictus  vicarius  noni. e 
predicto  dare  et  solvere  promisit  seque  soleinniter  obligavit  et  obligat  d.o 
obligato  presenti  et  stipulanti  hoc  modo  videlicet:  unaiii  medietatem  per 
totum  mensem  septembris  anni  sequentis  vj.e  ind.nis  proxime  futui*e  et 
aliam  medietatem  ad  complimentum  per  totum  mensem  septembris  anni 
exinde  sequentis  vij.e  ind.is  proxime  future  in  dieta  urbe  l'elice  panliormi 
in  pecunia  numerata  sine  aliqua  exceptione.  In  pace  etc. 

Insuper  dictus  ac  prefatus  li.dus  vicarius  promisit  et  se  obligavit  et 
obligat  dicto  obligato  presenti  et  stipulanti  et  ex  accordio  Inter  eos  sic 
habito  presentem  contractum  omniaque  et  singula  in  eo  contenta  et  de- 
clarata  ratiflcari  et  confi rniari  et  cum  eo  inserendo  etc.  se  obligari  dicto 
obligato  stipulanti  tam  ad  solutionem  pecuniarum  per  ipsum  R.dum  vi- 
carium  nom.edicticonventusdebitarum  et  solvendarum  prò  pretio  et  ma- 
gisterio diete  campane  superius  deelarate  quani  ad  omnia  alia  et  singula 
in  ipso  contractii  contenta  et  declarata  per  magistros  Joseph  et  autoninum 
laudato  eius  fratres  et  leonardum  pinnisi  eius  sororium  per  actum  pu- 
blicuni  in  imargine  vel  extra  cum  inserto  tenore  presentis  contractus  cum 
illis  debitis  clausulis  et  opportunis  cautelis  necessariis  ut  decet  et  eonvenit 
prò  quibus  et  quolibet  eorum  de  rato  promisit  et  promittit  infra  dies 
quindecim  de  proximo  cursuros  juxta  forniam  ritus  m.  r.  e.  sub  hipoteca. 

Declarando  prout  in  vini  presentis  idem  niag.  nuntius  declaravit  et 
declarat  ad  istantiam  dicti  R.di  vicarii  quo  supra  noni. e  stipulantis  con- 
tentus  de  tota  illa  summa  mitallorum  per  fratres  dicti  conventus  consi- 
gnata  dictis  de  xharrubba  et  bono  prò  fabricatione  et  magisterio  diete 
campane  fuisse  et  esse  ac  esse  de  mancamento  et  detìcere  rotulorum  vi- 
giliti diiorum  prout  dixit  et  non  aliter. 

Processit  ex  pacto  quod  dictus  R.dus  vicarius  quo  supra  noni. e  et  noni. e 
dicti  conventus  teneatur  prout  in  vini  presentis  se  obligavit  et  obligat 
dicto  mag.ro  nuntio  presenti  et  stipulanti  totani  illam  suinmam  et  quan- 
titatem  mitalli  necessariam  prò  costructione  et  fabbricatione  campane  pre- 
dicte  illam  teneatur  darcila  in  palermo  et  ipse  mag.r  nuntius  teneatur 
prout  etiani  se  obligavit  et  obligat  dicto  R.do  vicario  dicto  noni. e  stipulanti 
campanam  predictam  darcila  in  questa  terra  et  in  dicto  convento  superius 
declarato  diftalcando  la  spisa  di  ditta  cita  in  questa  terra  quam  campanam 
teneatur  ipse  obligatus  (lieto  R.dovie.u-in  dicto  noni. e  ^stipulanti  darcila  in 


S6  ItlSOELLAKCiA 


hac  terra  bona  et  secura  quam  quidem  campanam  superius  declaratam  et 
exinde  completam  et  per  ipsum  obligatum  consignandam  bene  et  magi- 
stribiliter  ut  decet  et  convenit  mag.r  desiderius  xhamibba  tantum  et  dum- 
taxat  teneatur  prout  in  vini  presentis  se  obligavit  et  obligat  diete  R.do 
vicario  diete  noni. e  stipulanti  affidare  per  menses  sex  numerandos  et  cur- 
suros  a  die  consignationis  eiusdem  campane  superius  deelarate  ex  pacto. 

Que  omnia  etc. 

Testes  franciscus  rachalmuto  et  gregorius  de  onetto. 


XXVIII. 


Die  v.o  Januarij  xiiij.e  incl.  1631. 

Mag.r  Bartholomeus  Zumbo  campanarius  felicis  urbis  Panhormi  hic 
ad  presens  commorans  mihi  cognifus  corani  nobis  sponte  se  obligavit  et 
obligat  Vito  Cortixiano  Paulo  Scannariato  et  Petro  Lo  Liali  tribus  ex 
quatuor  rettoribus  ven.  confraternitatis  S.te  Marie  de  Succursu  huius  ci- 
vitatis  Alcami  etiam  mihi  cognitis  presentibus  et  d.o  nom.e  prò  ditta 
confrateruitate  stipulantibus  eis  fundere  facere  et  construere  unam  cam- 
panam metalli  cantarei  dimidij  ponderis  bonani  et  boni  soni  resonanteni 
magistribiliter  et  secundum  artem  vulgariter  dittum  da  appendirsi  ad 
un  tripode  fatta  et  completa  che  sarra  et  da  sonarsi  et  essere  a  gusto  et 
talento  delli  populi  di  questa  città  d'Alcamo.  Et  hoc  insignis  et  armis  et 
alijs  sculturis  juxta  formam  alterius  similis  campane  fundende  et  fa- 
ciende  per  dittum  de  Zumbo  virtute  alterius  contrattus  in  attis  not.  Ja- 
cinti  Bucca  fatti  die  etc.  ut  asseritur  ad  quem  sit  relatio.  Et  hoc  cum 
metallo  campano  rutto  ditte  confraternitatis  cantarei  dimidij  in  circa. 
Quam  campanam  ruttam  ditti  rettores  d.o  nom.e  traddere  et  consignare 
teneantur  prout  se  obligant  d.o  de  Zumbo  stipulanti  hic  Alcami  per  to- 
tum  cra.stinum  diem,  et  ultra  ditti  rettores  d.o  nom.e  se  obligant  consignare 
d.o  de  Zumbo  stipulanti  cantarea  sex  lignorum  ad  omnem  eius  requisi- 
tionem  etiam  hic  Alcami.  In  paco  etc.  Quam  campanom  novam  funditam 
et  fabricatam  et  finita  ut  supra,  dittus  de  Zumbo  se  obligavit  traddere 
et  consignare  dittis  rettoribus  d.o  nom.e  stipulantibus  etiam  hic  Alcami  ad 
omnea  alioH  attrattus  et  espensas  necessaria»  ipsius  do  Zumbo  ad  altius 
per  totuui  presetiiem  mensem  Januarij.  In  \yAcv  et  de  plano  etc. 

Alias  cuntravcnions  dittus  de  Zumbo  in  fabrìcatione   et  consignationo 


MISCELLANEA  87 


d.e  campane  bone  ut  supra  teneatur  et  teneri  voluit  ad  omnia  et  singnla 
danna  interesse  et  expensas  et  dittam  simileni  canipanam  fieri  facere  al) 
aliis  ad  danna  interesse  et  expensas  ditti  de  Zumbu  stipulantis  et  aii- 
dientis.  De  quibus  omnibus  ditti  rettores  d.o  noni. e  protestati  fuerunt  et 
sunt  contra  dittum  de  Zumbo  stipulantem  cujuscumquealius  protestatio- 
nis  et  requisitionis  necessitate  exclusa,  etc. 

Pro  magisterio,  labore  et  expensis  ac  attrattibus  predittis  ponen- 
dis  pi*r  dittum  de  Zumbo  ad  rationem  tt.  dnorum  et  gr.  decem  p. 
g.  prò  quolibet  rotulo  ditte  campane  nove  lundite  et  costrutte  et  labri- 
cate  ut  supra  prò  pondere  quod  consignabunt  ditti  rettores  predittam 
campanam  ruttam  prout  supra;  ex  pacto,  etc.  Quod  quidem  magisterium 
ad  rationem  predittam  Bernardinus  De  Marcanza  gubernator  et  l'etrus 
Marcanza  assistens  ven.  congregationis  sub  titulo  SS.me  Trinitatis  t'un- 
date  in  ecclesia  ditte  conlraternitatis  S.te  Maria  de  Succurso  etiam  mihi 
cogniti  coram  nobis  et  ditti  rettores  d.o  nom.e  prò  eorum  rathis  infra- 
scriptis  dare  et  solvere  promittunt  et  obligant  d.o  de  Zumbo  stipulanti 
hic  Alcami  in  pec.a  num.a  et  pond.ta ,  scilicet  :  dittus  De  Mareanza  d.o 
nom.e  et  dittus  Petrus  etiam  proprio  suo  nom.e  se  obligando  insnlidum  , 
renuntiando  etc.  uncias  quatuor  prò  eorum  rata  videlicet  une.  duas  sta- 
tim  consignata  ditta  campana  nova  fabricanda  et  alias  une.  duas  in  ul- 
timo JuliJ  proxime  venturi. 

Et  totum  restans  ad  complimentum  ditti  niagisterij  preditti  rettores 
in  ditto  ultimo  julij  proxime  venturi.  In  pace  etc. 

Et  ultra  dittus  de  Zumbo  vi  presentis  affidavit  et  alfldat  dittos  retto- 
res d.o  nom.e  stipulautes  quod  ditta  campana  nova,  ut  supra  consignanda, 
per  annum  unum  proxime  venturum  vulgariter  dittum  non  si  rumpa  ; 
alias  teneatur  prout  se  obligat  dittus  de  Zumbo  dittam  campanam  iterum 
et  de  novo  fundere  cum  eius  mastria  tiuitum  gratis  et  ad  omiies  alias 
expensas  dittorum  rettorum  d.o  nom.e  stipulantium,  ad  eorum  requisitio- 
nem;  ex  pacto  etc. 

Processit  ex  pacto  solenni  stipulatione  et  jurameutu  vallato  et  lirmato 
Inter  dittos  rettores  ditto  nomine  ex  una  et  pi'edittos  gubernatorem  et 
assistentem  ditte  congregationis  parte  ex  altera  ad  invicem  stipulantes 
quod  ex  qwo  ditta  congregatio  solvet  prout  solvere  promisit  dittas  une.  4 
de  magisterio  et  attrattu  predittis  ditte  campane  ,  ideo  dum  d.a  congre- 
gatio erit  et  permanebit  in  ditta  ecclesia  d.e  dive  Marie  de  Succursu  im- 
perpetuum  uti  possit  d.a  campana  prò  usu  et  servitio  d.e  congregationis 
et  casu  quo  d.a  congregatio  discedet  et  vulgariter  dittum  si  parlerà  da 
ditta  ecclesia  utique  et  in  ditto  casu  detta  campana  nova  remaneat  lil)ei*a 
prò  ditta  confratern itale  S.  Marie  Succursus  tantum,  ex  pacto  ut  s.a. 

Que  omnia  ole. 


88  MISCELLAKEA 

Testes  Sebastianus  La  Varvera  et  m.r  Joseph  Celesti  (1). 

(Dalle  minute  di  not.  Giacomo  Adragna,  voi.  14  ind.  1630-31,  pag.  IGl 
e  segg.). 


XXIX. 

A  25  giugno  7  ind.  1097,  a  m.ro  Francesco  Moro  di  Palermo  per  lia- 
ver  fatto  una  campana  nuova  di  peso  rot.  75  per  la  Congregazione  dei 
Chierici  nell'oratorio  nuovo  accanto  la  Madrice  Chiesa,  a  ragione  di  tari 
6  lo  rotolo  con  abbonarla  per  lo  spazio  di  anni  8,  come  per  mandato  ed 
apoca  in  d.o  notaro  (not.  G.  Pietro  Lombardo)  onz.  15. 

(Da  un  libro  di  Conti  nell'archivio  della  cosi  detta  Esposizione. 


XXX. 


Stefano  Lombardo  thesoriere  per  conto  corrente  bavere  a  7  luglio 
(1697)  onze  Iridici  e  tt.  quattordici  per  altri  tanti  pagati  a  m.ro  France- 
sco Lo  Moro  fonditore  di  campane  da  Giovanni  Alberti  nella  cittii  di 
Palermo  a  compimento  di  onze  1G.8.  e  sono  per  bavere  d.o  Lo  Moro 
fondilo  due  campane  di  Nostra  Signora  al  presente  ridotte  una  grande 
cant.  4.50.  l'altra  rot.  96.  a  raggione  di  onze  3  lo  cantaro  e  tt.  15  per 
ligna  ;  e  dette  campane  consignate  rotte  di  peso  cantara  5,94 ,  ridotte 
cant.  5.  4.  2  a  raggione  di  rot.  5  per  cantaro  ,  e  rot.  22  si  pagò  da  d.o 
Lo  Moro  a  tt.  4  lo  rot.o  che  somma  onze  3.9.  per  d.o  compimento  di 
onze  16.  8 ,  come  per  apoca  oggi  in  not.  Leonardo  Maggio  di  Palermo 
nella   somma  di  onze   17,  e,  non  obstante  d.a  somma  ,  che  la  verità  è 


(1)  A  margine  dell' uriginule   lug^unsi  duo  nolo  di  pagmneiilo ,    uiiu  delti'  i|iiiili 
eon  data  d«>l  20  gen.o  1631  e  i'allru  del  7  ut'lt.u  d.u  uiiiiu. 


MISCELLANEA  89 


onze  13.  14;  e  d.o  Lo  Moro  obligatosi  fundire  d.e  campane  per  l'atti  di 
d.o  notaro  sotto  li  22  maggio  p.  p.  con  li  patti  e  condizioni  nel  con- 
tratto obligatorio  d.o  giorno,  per  mandato  fatto  buono  oggi 

onze  13,  14. 

(Dal  libro  3"  di  Conti   della   chiesa   della   Madonna   de'  Miracoli,  esi- 
stente nell'archivio  della  Congrega  di  Carità,  fog.  122). 


XXXI. 


A  31  Agosto  1G97,  onze  otto  tt.  22.  5.  3.  pagali,  cioè  :  onze  8.  13.  10 
a  m.ro  Francesco  Lo  Moro  l'unditore  di  campane  ,  cioè  :  onze  2.  7.  10 
per  metà  di  mastria  di  haver  fundito  la  campana  piccola  di  peso  di 
cant.ro  1.8.  cossi  di  patto;  a  compimento  di  onze  4.  15.  che  onze  2.7.10 
si  pagano  dalla  Congregazione  dell'  Oratorio,  giusta  1'  agg.ne;  onze  G.  6 
per  prezzo  di  rot.  31  di  metallo  aggiunto  a  d.a  campana,  a  tt.  G.  lo  ro- 
tolo, spettante  pagarsi  alla  Confraternita,  restando  d.a  campana  cant.  1.39; 
e  tt.  15.  3.  a  don  Sebastiano  Montana  procuratore  per  metà  di  spese 
minute  per  d.a  campana  ,  che  l'altra  metà  si  pagò  da  d.a  Cong.ne,  per 
mandato  con  lista  dietro  a  16  giugno  p.  p.,  apoca  oggi  in  not.  Stefano 
di  Blasi. 


(Dal  libro  5"  di  conti   della  Congrega   di  Maria   SS.ma   del  Soccorso, 
fog.  177). 


XXXII. 

Die  decimonono  Marlij  decimm  inditionis  Mill.o  sept.mo  quadrag.mo 

septimo, 

Pateat  qualiter  m.r  Franciscus  de  Marco  et  m.r  Glaudius  de  Oca  fel. 
urb.  Panormi,  et  m.r  Paulus  Greco  civitatis  Catanae  habitator  dicta^  urbis 
Panorini  et  ad  presons  in  hac  civitate  Alcami  reporti  mihi   notarlo  co- 


90  MISCELLANEA 


gniti  coram  nobis  nna  simul  presentialiter  et  insolidum  sese  obligantes 
etc.  Reii.tes  etc.  sponte  vigore  pi'esentis  se  obligaverunt  et  obligarit  ad- 
modum  Rev.  Sac.  S.  T.  et  U.  I.  Doctori  ac  Protonotario  Apostolico  D.  Era- 
smo Cremona  Archipresbitero  hiiius  predictiB  civitatis  et  tamqnam  Rec- 
tori  maragniatum  ven.  Matricis  Ecclesia?  luiius  civitatis  predici»  mihi 
notarlo  etiam  cognito  presenti  et  d.o  noni. e  stipulanti  ut  dicitur  fare  e 
fundere  la  campana  grande  di  d.a  ven.  Magiore  Chiesa  con  farci  la  de- 
scrizione che  gli  designerà  d.o  Sig.re  Arciprete  e  la  impronta  della  Ver- 
gine SS.ma  dell'Assunta,  buona  merde  e  recettibile  e  di  buon  tono,  ben- 
vista ed  a  piacere  tanto  del  d.o  Molto  Rev. do  Arciprete  quanto  del  clero 
e  Popolo  di  questa  sud.a  città  d'Alcamo;  quam  nolani  dicti  de  Marco  de 
Oca  et  Greco  insolidum  ut  supra  facere  et  fundere  promiserunt  et  pro- 
mittunt  et  se  obligaverunt  et  obligat  d.o  Rev.do  Adm.  Archipresbitero 
d.o  noni.e  stipulanti  ad  omneni  ipsius  Adm.  Rev.  Archipresbiteri  stipu- 
lantis  primam  et  simplicem  requisitionem  et  continuare  usque  ad  funda- 
tionem  nolie  predict»  eamque  consignare  subtus  turrim  ubi  tintinnabula 
suspensa  nianent  et  ut  dicitur  sotto  ed  innante  il  campanile  di  d.a  ven. 
Maggiore  Chiesa  atta  a  ponerci  l'armiggio  per  potersi  tirare  nel  campa- 
nile sud.o  ponderata  prius  noia  predicta.  In  pace  etc.  Alias  etc.  Con  che 
non  essendo  d.a  campana  di  buon  tuono  benvisto  come  sopra  ed  a  pia- 
cere di  d.o  Molto  Rev.  Arcip.e  Clero  e  Popolo  di  questa  sud.a  Città  in 
questo  caso  detti  di  Marco  Oca  e  Greco  insolidum  e.  s.  siano  tenuti,  con- 
forme in  virtù  del  presente  promettono  e  si  obligano  a  d.o  Molto  Rev. 
Arcip.e  d.o  noni.e  stipulanti  statini  rifarla  e  refunderla  a  p.ioprie  spesa 
di  buon  tuono  ed  a  piacere  del  Molto  Rev.do  Arcip.e  Clero  e  Popolo  di 
questa  sud.a  città  ce  s.a  si  dichiara.  Ex  pacto  etc.  In  pace  etc.  Alias  etc. 

De  quibus  etc. 

Quod...  etc. 

Et  hoc  prò  magisterio  ad  rationem  une.  duarum  et  tt.  viginti  quatuor 
singiilo  cantareo  icris  sive  metalli  nohe  predictio  prout  et  quemadmodum 
fuit  liberata  una  cum  dictis  et  intrascriptis  obligationibus  in  bandiis  et 
proclamationibus  Rosary  Lo  Salato  publici  preconis  et  Guriae  servientis 
milii  notarlo  etiam  cogniti  prcsentis  et  cum  juramento  referentis  dictam 
nolani  pluries  at(iue  plurics  Ijandiss»^  et  subastasse  per  loca  publica  so- 
lita ot  consueta  h.  e.  predicta;  :  ut  si  quis  eam  facere  et  fundere  voluis- 
set  suam  oblationcm  facturus ,  et  tiindcni  libi'rass(^  dictis  de  Marco ,  de 
Oca  et  (ìrt'co  ins<diilum  ut  supra  tanuniam  unicis  ol)latoribus  modo  quo 
8upra  et  infra  doclaratur,  et  cum  juramento  dixit  quod  quidem  niagiste- 
rium  noia;  proilicta'  ad  diclam  rationem  uno.  2  .  2'i  singulo  cantareo  prout 
supra  diclu»  adnioduin  de  (-rcuiona  d.o  noni. e  dare  reaiitcr  et  ad  ell'ec- 
tnm  promislt  et  pronilttit  et  se  obligavit  ot  obligat  dictis  do  Marco  ,  de 


MISCELLANEA  91 


Oca  et  Greco  stipulantibus  vel  personse  prò  eis  legitime  liic  Alcami  in 
pec.  num.  de  contanti,  et  extra  Tab.  Pan.mi  statim  facta  et  consignata 
modo  predicto  dieta  noia.  In  pace  etc. 

Sub  infrascriptis  tamen  pactis  : 

E  primo  che  d.o  molto  rev.do  Arciprete  per  causa  della  mancanza 
farà  il  metallo  per  fundere  d.a  campana  si  deve  regolare  a  ragione  di 
rotula  quattro  per  cantaro,  e  del  prezzo  a  ragione  di  once  venti  per  can- 
taro ;  quale  mancanza  alla  ragiono  «ud.a  d.o  molto  rev.di  Cremona  d.o  nome 
sia  tenuto  ed  obligato  conforme  per  il  presente  promette  e  si  obliga  a 
d.i  di  Marco,  di  Oca  e  Greco  stipulanti  statim  consignata  d.a  campana 
del  modo  sud.  In  pace  etc.  Item  cum  paeto  che  quello  metallo  che  forse 
vi  sarà  di  augumento  del  peso  della  campana  grande  di  d.a  Madrice 
Chiesa  al  presente  rotta  sia  tenuto  d.o  molto  rev.do  Arciprete  d.o  n.e  pa- 
garlo a  detti  di  Marco,  di  Oca  e  Greco  stipulanti  a  ragione  di  tt,  5  e  gr.  10 
per  rotulo  di  quello  vi  sarà  di  vantaggio  ce  s.a;  e  questo  statim  consi- 
gnata d.a  campana  del  modo  detto  di  sopra,  e  che  sono  obbligati  qui  in 
Alcamo.  In  pace  etc. 

Item  che  d.i  di  Marco,  di  Oca  e  Greco  siano  tenuti  aggiungere  quello 
metallo,  che  si  deve  aggiungere,  in  ramo  e  stagno  di  liga  nuova,  e  non 
con  metallo  di  cannoni  o  di  altre  campane.  In  pace  etc. 

Item  che  tutto  l'astratto  necessario  per  fundere  d.a  campana  lo  devono 
mettere  d.i  di  Oca  Marco  e  Greco ,  ed  a  loro  proprie  spese  ;  e  solo  d.o 
molto  rev.do  Arciprete  d.o  n.e  deve  darci  legna  e  fumo  franchi^  di  patto  etc. 

Item  che  d.a  campana  da  fundersi  deve  essere  e  devono  farla  dell'i- 
stesso  peso  e  dell'istessa  forma  della  d.a  campana  rotta;  di  patto  etc. 

Ceterum  detti  di  Marco,  Oca  e  Greco  insolidum  ut  supra  promiserunt 
et  promittunt  et  se  obligaverunt  et  obligant  d.o  adniodum  rev.do  de  Cre- 
mona d.o  n.e  stipulanti  ut  dicitur  bonitìcare  d.a  campana  per  anni  venti 
integri  da  correre  e  da  numerarsi  dal  giorno  che  sarà  consegnata  la 
campana  sud.a  e  rompendosi  (quod  absit)  in  d.o  tempo  di  anni  venti  de- 
vono d.i  obligati  di  novo  rifondere  d.a  campana  statim  che  succederà  il 
caso  predetto,  a  proprie  spese,  e  di  buon  tuono  placito  a  d.i  molto  rev.do 
Arciprete  Clero  e  Popolo  di  questa  sud.a  citta ,  dello  stesso  peso  e  della 
stessa  forma  della  d.a  campana  allora  rotta ,  con  che  d.o  molto  rev.do 
Arciprete  d.o  n.e  deve  darci  venendo  il  caso  sud.o  legna  e  fumo  fran- 
chi; di  patto  etc. 

Pro  quibus  quidem  de  Marco,  de  Oca  et  Greco  presentibus  et  volen- 
tibus  eorumque  prìecibus  et  complacentia  erga  dictum  admodum  rev.  de 
Cremona  d.o  nom.e  stipulantem  de  adimplendo  omne  id  totuni  quidquid 
et  quantum  obligati  ut  supra  fuerunt  et  sunt  ipsimet  de  Marco  ,  Oca  et 
Greco  et  prout  melius  desuper  declaratur  m.r  Balthassar  la  Perna  h.  p.  e. 


92  MISCELLANEA 


Alcami  m.  n.  etiam  e.  e.  n.  precedente  infrascripta  conditione  sponte  fl- 
dejussit  seque  tìdejussorem  et  principaleni  adimplitorem  et  insolidum  obli- 
gatum  cum  dictis  de  Marco,  Oca  et  Greco  se  constituit  et  fecit ,  ac  pre- 
cedente infrascripta  conditione  se  obligavit  et  obligat  d.o  adm.  rev.  de 
Cremona  d.o  nom.e  stipulanti  prò  modo  ut  supra  declaratur;  renuntiando 
Jori  de  primo  et  principali  conv.do  omnique  alio  juris  etlegum  auxilio  eie. 

Conditio  de  qua  superius  luit  facta  mentio  et  per  dictum  de  Perna 
fuit  ad  fldejussionem  predictam  deventum  est  infrascripta,  videlicet  che 
succedendo  il  caso  (quod  absit)  di  rompersi  d.a  campana  da  fondersi  pria 
di  d.i  anni  venti  come  sopra  si  dichiara  ,  per  qual  tempo  d.i  di  Marco, 
Oca  e  Greco  sono  obligati  come  sopra  alla  refazione  seu  a  rifundere  di 
nuovo  d.a  campana ,  e  dalli  medesimi  di  Greco ,  Oca  e  Marco  in  tempo 
che  si  rompeva  d.a  campana  (quod  absit)  non  vi  sarà  nessuno  viventi  di 
essi,  in  questo  caso  d.o  di  Perna  non  sia  obligato  cosa  veruna  ed  allora 
s'intenda  obligato  a  rifare  e  rifundere  d.a  campana  quando  saranno  detti 
di  Oca,  Marco  e  Greco  ad  minus  uno  di  essi  viventi;  di  patto  etc. 

Quse  omnia  etc. 

Sub  hypoteca  etc. 

Testes  D.  Carolus  Agate  et  Galogerus  Chiappisi. 

Ex  actis  not.rii  quondam  Joseph  De  Blasi  Alcami  extratta  est  presens 
copia  per  me  not.  Joseph  M.am  De  Blasi  eius  nepotem  stante  licentia 
mihi  attrib.a  ob  absentiam  not.  D.  Stephani  De  Blasi  mei  genitoris  dicti- 
qne  quondam  not.  Joseph  filli ,  dictorum  actorum  particularis  ac  regii 
generalis  conservatoris.  Collectione  salva. 

(Dal  voi. e  Scritture  diverse  della  Chiesa  Madrice  d'Alcamo  ecc.  fog....) 


XXXIII. 

Nos  D.  Alontins  M.a  do  Monroy  Princeps  Marchio  Frassiliani  et  Re- 
gni Depatatus  ac  Vicarius  Generalis  in  hoc  Sicilht^  Regno  degons  in  hac 
cifitate  Salem. 

Spett.  Reg.  tld.  dil.  salutem.  Siamo  stati  supplicati  del  tenor  che  sie- 
gue,  cioè:  ICcc.mu  Signore,  L'Arciprete  della  città  d'Alcamo  D.  Erasmo 
Cremona,  llottore  della  Madrice  Chiesa  di  d.a  umilmento  espone  a  V.  E. 
qualmente  doveiido.si  rifondere  la  campana  grande  di  d.a  (^.hiesa  Madrice, 
che  ultimamente  8i  ruppe,  a  speso  dei  Giurati  di  d.a  Alcamo,  come  per 
il  passato  han  pratticato  o  si  legge  per  tro  obligazioni  stipulate  per  atto 
di  pubblica)  notaro  ncH'anni  ir)'v<2,  irCìOe  15^4,  li  quali  non  solamente  non 
anno  (Mii-ato  la  relusione  della  medesima  a  sue  spese,  ma  prelendoiK»  per- 


MI8CELLANBA  93 


turbare  d.o  Arciprete  con  volersi  arrogare  il  predominio  nella  d.a  refu- 
slone,  quale  spetta  a  d.o  Oratore,  il  quale  fu  astretto  ricorrere  alla  G.  G. 
Vescovile  di  Mazzara  con  ottenere  licenza  di  soggiogare  onc.  sei  annuali 
per  il  capitale  implicarlo  alla  refusione  sud.a ,  come  infatti  si  vede  sti- 
pulato il  contratto  di  d.a  refusione  con  m.ro  Claudio  d'Oca  e  consorti  per 
l'atti  di  not.  Giuseppe  di  Blasi  a  10  marzo  1747,  per  non  restar  la  sud.a 
Chiesa  Madrice  priva  di  d.a  campana,  ed  avendosi  dai  sud.i  Giurati  im- 
pedita la  refusione  sud.a  per  le  loro  vane  pretenzioni,  per  tanto  l'espo- 
nente umilmente  supplica  V.  E.  come  Vicario  Generale  d.o  Regno  de- 
gente in  questa  città  di  Salemi  a  dar  le  previdenze  opportune  e  deter- 
minare quanto  stimerà  di  giustizia ,  specialmente  che  li  snd.i  maestri 
fanno  vive  l'istanze  per  disbrigare  la  refusione  sud.a  et  ita  supplica.  In 
dorso  del  quale  provviddimo  :  Sp.lis  de  Cortese  prov.ti,  vocatis  et  audi- 
tis  partibus.  Salem  28  Aprilis  1747.  Coli,  salva. 

Per  tanto  siamo  ad  ordinarvi  che  a  vista  della  presente  vogliate  inti- 
mare a  cotesti  Giurati  che  fra  il  termine  di  giorni  4  abbiano  da  compa- 
rire o  far  comparire  persona  per  loro  legitima  innanti  Noi  e  della  Corte 
Nostra  Vicariale  per  farsi  complemento  di  giustizia  a  tener  dell'esposto, 
intese  prima  lo  ragioni  d'ambe  le  parti  in  contrad.o  giudizio. 

Tanto  eseguirete,  e  non  altrimente.  Dat.  Salem,  vigesirao  octavo  men- 
sis  Aprilis  1747. 

Il  Marchese  di  Frassilliano  V.  G. 
V.t  Cortese  Cons.r 
D.  Antonius  Tomaselli  M.  Not. 
Allo  spett.  Capitano  della  città  di  Salemi  degente  in  Alcamo  che  ese- 
guisca quanto  di  sopra  se  l'impone. 

(Dal  rollo  n.  5  dell'Archivio  della  Maggiore  Chiesa  di  Alcanko,  n.  422). 


XXXIV. 

Die  decima  quinta  Junij  X.e  ind.  i717. 

Pateat  qualiter  m.r  Claudius  de  Oca  et  m.r  Franciscus  de  Marco  ur- 
bis Panormi  et  m.r  Paalus  Greco  civitatis  Catanse  habitator  urbis  pre- 
dictae  Panormi  et  modo  in  hac  civitate  Alcami  reperti,  m.r  Pascalis  Ca- 
sanop.r  Laurentius  Mirabile  m.r  Balthassar  et  m.r  Vitus  Perna  et  don  Ca- 
rolus  Agate  huias  predictw  civitatis  Alcami  mihi  notarlo  cogniti  corani 


94  MISCELLANEA 


nobis  sponto  vigore  presentis  prò  infrascriptis  ratis  et  causis  dixernnt 
et  fatentur  habuisse  et  recepisse  a  rev.  sac.  S.  T.  D.  Joseph  Pastore,  ab- 
sente ,  me  notario  prò  eo  stipulante  et  per  manus  rev.  sac.  D.  Mariani 
Fraccia  et  Caraffa  depositarli  infrascriptarani  pecnniarum  prout  infra 
expressabitnr  mihi  notario  etiam  cogniti  presentis  et  dicto  nom.e  sol- 
ventis  uncias  centam  viginti  in  pecunia  ponderis  generalis  de  contanti, 
nempe  :  dicti  de  Oca,  Marco  et  Greco  uncias  centnm  tres  et  tarenos  S9x- 
decim,  dictus  de  Gasano  uncias  quatuor  et  tarenos  quindecim,  dictus  de 
Mirabile  uncias  quatuor  et  tarenos  decem  et  granos  decem,  dicti  de  Perna 
uncias  duas  et  dictus  de  Agate  uncias  quinque  et  tarenos  decem  et  octo 
et  granos  decem  in  pecunia  de  contanti  ut  supra.  Renuntiantes  etc. 

Et  sunt  dict»  uncise  120  prò  ratis  predictis  solutae  tanto  per  prezzo  di 
metallo  e  mastria  della  campana  grande  di  questa  Matrice  Chiesa  in  tutto 
di  peso  di  cantara  diecisette  e  rotola  novanta,  seu  di  lib.  4475  per  quanto 
fu  pesata  da  Onofrio  la  Caverà,  pesatore  regio  della  città  di  Palermo,  no- 
vamente  fundita  da  Cesare  Medici  funditore  Palermitano  come  chiaramente 
si  vede  nella  consegna  di  detta  campana  fatta  al  molto  rev.  do  Arciprete 
di  questa  D.r  D.  Erasmo  Cremona,  come  rettore  delli  marammi  di  questa 
venerabile  Madrice  Chiesa  per  gli  atti  miei  stipulata  sotto  li  5  del  presente 
giugno  a  tenore  della  obbligazione  fatta  da  detti  Oca  Marco  e  Greco  per 
doveri  fondere  la  campana  pred.a  anche  in  detti  atti  miei  infrascritto  no- 
taro  sotto  li  19  marzo  p.  p.  del  presente  anno  X  ind.  1747  alli  quali  si 
abbia  relazione,  quanto  per  altro  in  che  erano  obligati  detti  murammi  di 
questa  Magiore  Chiesa  nel  d.o  contratto  obligatorio  di  d.a  campana  ed 
anche  per  il  nuovo  edificio  fatto  nel  campanile  di  d.a  Magiore  Chiesa  per 
penerei  si  detta  campana  grande  come  l'altre  campane  di  d.a  Magiore 
Chiesa,  per  lo  palo,  battaglio  ed  altri  ordigni  di  d.a  campana  grande  nuo- 
vamente ^ndita  e  per  calare  la  campana  grande  per  disgrazia  rotta,  come 
per  montare  e  salire  la  nuova  campana  grande  al  presente  collocata  al 
suo  nuovo  posto  e  altro  e  per  le  cause  infrascritte,  cioè: 

A  detti  di  Oca,  Marco  e  Greco  onc.  103,  16  prezzo  di  metallo  e  masti'ia 
di  detta  campana  grande,  cioè  per  prezzo  di  rot.  62  metallo  a  rot.  quattro 
per  cento  per  causa  di  mancament')  del  metallo  della  campana  rotta  pesata 
come  sopra  <la  detto  Qivera  iti  tutto  di  peso  cantara  quindici  e  rotula  cin- 
quanta consignata  a  detti  di  Oca,  Marco  e  Greco,  come  per  atto  di  con- 
Kcgna  nelli  atti  miei  sotto  li  30  marzo  p.  p.  (bell'anno  presento  X  ind.  17'i7, 
che  valutati  a  tt.  6  rotulo  giusta  la  convenziono  nel  contratto  obligatorio 
di  detlii  campana  di  sopra  calondato  in  tutto  importano  onc.      12  12  — 

Fer  mastria  di  cantara  14,  IS  remasti  di  netto  delli  canta- 
ra 15,  .tO  prezzo  della  campana  vecchia  e  rotta  poicht)  rot.  62 
di  metallo  corno  sopra  si  scornano  o  furono  pagati  per  causa 


MISCELLANEA.  95 


di  mancamento  che  ragionata  detta  mastria  ad  onc.  2,  24  can- 
taro giusta  la  convenzione  in  contratto  fanno  la  somma  di  onc.      41  19  — 

E  più  per  prezzo  di  cantara  2,  40  metallo  consignato  di 
vantaggio  dal  peso  della  campana  rotta  a  quello  della  campana 
nuova  per  essere  cantara  17,  90  come  sopra  ad  onc.  18,  10 
cantaro  che  viene  a  tari  5,  10  rot.  importano    .        .        onc.      44 

E  più  per  ragioni  di  pesatore  regio  onc.  una  per  tal  somma 
concordata  con  detti  d'Oca,  Marco,  e  Greco        .        .        onc.        1 

E  più  onc.  quattro  e  tari  15  per  saldo  e  complemento  di 
tutto  quello  e  quanto  pretendevano  detti  mastri  per  causa 
di  aver  fundito  due  volte  d.a  campana  e  per  complemento  di 
tutti  interessi  e  spese  da  loro  patiti  per  la  causa  sud.a,  giusta 
la  determinazione  dell'illustre  marchese  di  Frassigliano  Vica- 
rio Generale  di  questa  valle onc.        4  lo  — 


Sommano  onc.     103  16  — 

A  d.o  di  Gasano  a  buon  conto  della  l'abrica  fatta  per  di 
sola  mastria  in  d.o  campanile  prezzo  di  pietra  e  per  calare 
la  campana  rotta  e  salire  la  nuova  come  anche  per  l'ordigni 
in  pisarla  onc.  4.  15.  Dico onc.        4  i'>  — 

A  d.o  di  Mirabile  d.e  once  4.  10  per  complemento  di  onc.  5 
e  tt,  10  prezzo  di  sai.  16  calcina  a  tt.  10  sai.,  consignati»  a 
dette  Maramme  per  l'aggionta  e  fortilìcazione  della  fabrica  in 
d.o  campanile,  stante  li  restanti  tt.  29  e  gr.  10  essersi  pagati 
da  d.e  Maramme  di  d.a  Maggiore  Ghiesa.  Dico  .        .        onc.        4  10  10 

A  d.i  di  Perna  onc.  due  a  complemento  di  aver  rifatto  il 
palo  e  battaglio  di  d.a  campana  grande  nuova  e  per  ritorci 
e  cardini  di  ferro  per  inferrare  detta  campana  col  miolo  onc.        2 

Ed  a  d.o  Agate  d.e  onc.  cinque,  tt.  diciotto  e  gr.  dieci  per 
altrettanti  da  esso  spese  e  pagate  alle  infrascritte  persone  per 
causa  di  aver  fondilo  d.a  campana  grande  e  metterla  a  suo 
luogo  e  per  le  cause  infrascritte,  cioè  :  once  2.  18  pagati  a  Ga- 
spare di  Sciacca  per  prezzo  di  legni  di  olivi  servirono  per 
squagliare  il  metallo  e  d.a  campana  rotta;  onc.  1.  8  per  giorni 
9  li2  di  m.ro  Vincenzo  e  m.ro  Gaspare  C^susceli  ed  altri  m.ri 
perriatoi'i  per  cavare  il  fosso  che  si  trovò  di  pietra  ove  si  pose 
la  furma  di  d.a  campana  nuova  tt.  4  lo  giorno;  tt.  24  per  n.  600 
pantofali  per  lo  fumo  ove  si  squagliò  d.o  metallo  a  tt.  4  lo  100; 
tt.  3  per  taio  per  riiare  d.o  fumo  in  parte;  tt.  1,  10  per  n.  mal- 


96  MISCELLANEA 


toni  grandi  posti  in  d.o  fumo;  tt.  6  per  sai.  1  gisso  per  mu- 
rare d.o  fumo;  tt.  10  a  m.ro  Salvatore  Appennino  scarpellino 
per  fare  due  gattoni  di  pietra  forte  di  Gammara ,  sopra  de' 
quali  si  è  riposta  la  campana  nuova  e  murati  in  d.o  campa- 
nile; tt.  otto  a  m.ro  Baldassare  Vallone  fallegname  per  mettere 
il  miolo  di  d.a  campana  grande  nuova  con  inferrarlo  al  cam- 
panile ed  assodarla  al  suo  luogo  dove  al  presente  si  è  posta  per 
complemento  di  sua  maestria  in  tutto.        .        .        .        onc.        5  18  10 

Sommano  in  tutto  onc.  120 


Quas  quidem  une.  120  superius  solutas  ecc.  ecc. 
Testes  clericus  D.  Andreas  de  Blasi  et  rev.  D.  Vincentius  Terruso. 
Ex  actis  mei  not.  Joseph  De  Blasi  Alcami. 
Goll.e  Salva. 

(Dal  rollo  3.o  di  contratti,  esistente  nell'  archivio  della  Madre  Chiesa 
di  Alcamo,  fog.  215  e  segg.). 


XXXV. 


A  22  luglio  1787  onzc  centosessanta  ,  tt.  ventiquattro,  grana  dodici  e 
pie. li  4  al  rev.  sac.  1).  Lorenzo  M.a  Agati  ,  nostro  procuratore,  per  al- 
trettanti da  esso  pagati  a  m.ro  Giuseppe  Milazzo  campanaro  per  mastria 
e  prezzo  di  metallo  sopragiunto  in  aver  fonduto  e  rifonduto  la  campana 
grande  di  nostra  chiesa  ,  che  fecesi  più  grande  di  quella  esisteva  ,  per 
averla  scesa  e  quindi  salita  al  campanile  due  volte,  e  per  loero  di  capo, 
capetti ,  taglie  e  corde  fatti  venire  da  Palermo  ,  come  distintamente  si 
legge  neir  apoca  a  favore  di  d.o  rev. do  Agate  in  not.  I).  ras(iualo  Ro- 
tonda li  l'J  maggio  178G;  incluse  in  d.e  onze  100.  24.  12.  4  onzi  venti- 
cinque pagati  dal  rev.mo  sig.  Arciprete,  in  virtù  di  due  apocho  V  una 
di  onze  20  in  not.  D.  Gasparo  I.a  Colla  l'i  '.Vi  diceml)re  1785  ed  altra  di 
onzo  cinque  in  d.o  not.o  Rotunda  11  15  gen.ro  178(} ,  ed  a])0(a  di  d.o 
onze  IW.  24.  12.  4  oggi  in  not.  |».  |';is{in;il('  Ixotunda,  per  lìiaiidalo  dclli 
4  luglio  corr.e. 

A  d.o:  onze  trettonto,  tt.  tredici  e  gr.  sedici  al  rev.  I).  Lorenzo  Agati, 


MISCELLANEA  97 


procuratore  di  nostra  chiesa,  per  li  medesimi  da  esso  spesi  e  pagati  in 
occasione  d'aversi  fonduto  e  rifonduto  la  campana  grande  di  nostra  chie- 
sa, per  prezzo  di  legna  ,  carbone  ,  trasporto  tle'  maestri  campanari  da 
Palermo,  di  capi,  di  corde,  per  fattura  di  ferramenti  diversi  e  delli  bat- 
tagli della  campana  grande  e  della  seconda  ,  colle  rispettive  molle  di 
ferro,  per  acconciare  il  carretto  servi  per  delatura  della  campana,  più 
per  aversi  fatto  li  ponti  per  la  salita  e  discesa  della  campana  e  per  ac- 
conciarsi il  campanile  due  volte,  essendosi  demolito  il  muretto  della  co- 
rona e  la  balaustrata  dinanzi  la  campana  seconda,  e  l'arco  sopra  la  cam- 
pana grande  per  la  facile  discesa  e  salita  di  d.a  campana,  e  per  regalia 
per  l'assistenza  da  lui  prestata  in  cento  ed  undici  giorni  che  s'impiega- 
rono in  fondere  d.a  campana  per  ben  tre  volte,  non  essendo  riuscita  nò 
la  prima  nò  la  seconda  refusione;  e  per  tutt'  altro  che  si  legge  distinta- 
mente nella  retrolista  al  mandato  di  d.a  somma,  apoca  in  d.o  giorno  22 
luglio  1785,  4. a  ind.  in  not.  D.  Pasquale  Rotunda. 

(Dal  libro  Conti  dell'archivio  della  Madre  Chiesa  di  Alcamo,  fl'.  1  e  2). 


XXXVI. 

A  7  maggio  4  ind.  (1786)  onzo  ventisei  tt.  li.  8.  3.  a  d.o  te- 
soriere (rev.do  D.  Paolino  Galvaruso)  cioè  onze  18.  25.  8.  3.  a  m.ro  Giu- 
seppe Milazzo  campanaro  a  buon  conto  delle  onze  25.  8.  3.  prezzo  della 
campana  grande  nuovamente  fatta  di  peso  di  cantara  8.  22.  delle  quali 
ne  ricevette  cant.a  5.  98;  cioè,  cant.  3  rot.  74.  6.  l'antica  campana  grande 
rotta,  e  cantara  2.  23.  6.  la  campana  mezzana  squagliata,  llestò  in  cre- 
dito il  d.o  :Milazzo  in  cant.a  2.  24,  che,  raggionati  ad  onze  18  il  cantaro, 
importano  onze  4.  9.  12  sopra  li  cantara  0  a  rot.li  quattro  per  cantaro 
sono  rotoli  24;  a  tari  4.  10  rot.  importano  onze  3.  18.  Magistero  di  can- 
tara 5.  98.  ad  onze  2  cantaro  importa  onze  11.  27.  16.  3;  per  scendere, 
trasportare  le  campane  vecchie  e  nuova,  e  salire  la  d.a  campana  nuova, 
onze  4.,  restando  in  credito  il  d.o  Milazzo  in  onze  41.,  che  gli  si  devono 
pagare,  cioè  :  onze  5  nel  mese  di  sett.e  5.a  ind.  1786;  onze  12  nel  mese 
di  sett.e  6.a  ind.  1787;  onze  dodici  nel  mese  di  sett.e  7.a  ind.  1788,  ed 
onze  dnodeci  nel  mese  di  sett.e  8.a  ind.  1789  ».  ecc.  ecc. 

(Dal  Libro  3.o  CoìUi  Chiesa  Parrocchiale  e  Cappella  del  S.mo  Croci- 
fisso 1760  al  1817,  log.  160). 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV  7 


98  MISCELLANEA 

XVII. 

Jesus  Maria  Hyeronimus 

Die  vigesimo  nono  januari  decime 
quarte  ind.nis  millesimo  sexcentesimo 
sexsagesimo  primo. 

Mag.r  Angelus  Pantano  eivitatis  Castri  veterani  liic  alcami  ad  presens 
repertus  mihi  not.  cognitus  coram  nobis  sponte  promisi!  et  se  obligavit 
et  obligat  Patri  Joseph  Manno  rectori  Yen.  CoUegii  societatis  Jesu  h.  e.  a. 
mihi  not.o  etiam   cognito  pi'esenti  stipulanti  et  dicto  noni. e  et  prò  dicto 

Colleggio  et  eius  dicto  noni. e  in  dicto  Colleggio 

conducenti  ei  dicto  noni. e  servire  vulgariter  loquendo  a  culari  fnndiri  e 
fare  una  campana  per  ditto  Yen.  Colleggio  di  piso  di  cantara  tri  incirca 
bene  mercantibili  receptibili  e  magistribilmente  fatta  a  tutto  attratto  e 
spisa  dello  d.o  Yen.  Colleggio  cioè  spisa  di  ligna  grossi  e  minuti  per  fare 
lo  fumo  et  altra  spisa  nec.ria  et  anco  d.o  Yen.  Colleggio  metterci  e  darci 
lo  mitallo  per  fari  d.a  campana. 

Quam  quidem  campanam  bene  ut  supra  dictus  mag.r  Angelus  trad- 
dere  et  consignare  promisit  et  se  obligavit  et  obligat  d.o  patri  rectori 
d.o  nom.e  stip.ti  infra  dies  octo  ab  hodie  in  antea  numerandos  et  cursuros 
intus  d.um  Yen.  Colleggium  in  pace  .\lias. 

Pro  niagisterio  ad  rationom  tareni  uiiius  singulo  rotule  alla  scarsa  di 
tutti  cosi  di  patto.  In  compotum  d.i  magisterii  d.us  de  pantano  dixit  et 
fatetur  se  Imbuisse  et  recepisse  a  d.o  p.re  rectore  d.o  nom.e  stip.te  une.  4  in 
pecunia  de  contanti.  Ren.  etc. 

VX  restans  ad  coniplimentum  d.i  magisterii  d.us  p.r  rector  d.o  nom.e 
dare  et  solvere  promisit  et  se  obligavit  et  obligat  d.o  de  pantano  stip.ti 
statini  et  incontinenti  facta  d.a  consigna  di  d.a  campana  liic  alcami  in 
pecunia  numerata  et  pondi  (?)  In  pace  etc. 

Con  patto  che  detta  campana  allhura  che  sarrà  fatta  d.o  padre  rettore 
d.o  nome  e  d.o  de  pantano  1'  habijiano  da  fare  pesare  per  una  persona 
pratica  ben  vista  a  d.e  contraparti  e  ad  ognuno  di  loro  presenti. 

(kin  patto  che  caso  chi  d.a  campana  si  rumpissi  o  spezzassi  infra  anni 
tri  da  contarsi  da  quello  che  d.a  campana  sarra  tinuta  e  fatta  innanti  in 
tale  ca80  d.o  mag.ro  Angelo  pantiino  sia  tenuto  corno  per  virtù  della  pre- 
M)iito  aliavo  obbligato  et  obliga  a  d.o  padie  rectore  d.o  nome  stip.ti  d.a 
campana  di  novo  culaila  funderla  o  farla  a  tutto  attraete  e  spisi  dello 
d.o  Colloggio  e  darci  e  metterci  d.o  rectore  d.o  nome  lo  mitallo  per  fìire 


MISCELLANEA  99 


d.a  campana  ut  supra  e  farci  d.o  padre  rectore  d.o  nome  tntta  laltra  spisa 
nec.ria  ecceptuata  la  persuna  e  mastria  di  d.o  m.ro  Angelo  quali  persuna 
e  mastria  d.o  m.ro  Angelo  sia  tenuto  et  obligato  mettercila  e  ponercila 
gratis  Ita  che  d.o  Golleggio  non  sia  tenuto  ne  obligato  pagare  a  d.o  de 
pantano  stip.ti  la  d.a  sua  persona  e  mastria  ut  supra  di  patto.  Alias  te- 
neatur  de  pantano  ad  omnia  et  singula  damna  interesse  et  expensas  et  eo 
casu  liceat  d.o  p.ri  rectori  d.o  nome  stip.ti  conducere  alium  operarium 
seu  magistrum  et  prò  ilio  magisterio  per  eum  d.o  nom.e  melius  inveniendo 
ad  omnia  et  singula  damna  interesse  et  expensas  d.i  de  pantano  stip.tis 
et  liec  omnia  et  singula  intelligantur  et  sint  protestata  rathiflcata  et  no- 
tilìcata  contra  d.um  de  pantano  pr.tem  et  audientem  cujuscunìque  alte- 
rius  protestationis  rathiflcationis  et  notificationis  necessitate  esclusa. 

Geterum  d.us  mag.r  Angelus promisit  d.o  p.ri  rectori  d.o 

nom.e  stip.ti  in  lidejussoremet  principalem  funditorem  et  factorem  cam- 
pane predicte  in  casu  quo  ut  dicitur  d.a  campana  si  rumpissi  e  spezzassi 
ut  supra  Leonardum  pantano  ejus  fratrem  abs.tem  prò  quo  de  rato  pro- 
misit et  promittit  juxta  Ibrmam  ritus  M.  R.  C.  per  totuni  crastinum  diem 

per  actum  publicum  in  margine  p.ntis  vel  extra  p.ntem sol- 

lemnibus  juribus  ut  convenit.  Alias  sub  ypoteca  ex  pacto. 

Con  patto  che  mentre  d.o  m.ro  Angelo  fundira  colera  e  l'arra  d.a  cam- 
pana d.o  padre  rettore  d.o  nome  sia  tenuto  et  obligato  dare  a  mangiare 
et  a  biviri  a  d.o  m.ro  Angelo  stip.ti  gratis  di  pacto. 

Con  pacto  che  d.o  maestro  Angelo  non  possa  ne  voglia  fundiri  culari 

ne  fare  altre  campane  daltre  persone 

non  farà  culera  e  fundera  d.a  campana  di  d.o  colleggio  di  pacto. 

Que  omnia  etc. 

Testes  Sacerdos  don  Joseph  surriano  q.dam  Tibberii  don  vincentius  de 
noto  et  m.r  pinus  de  simoue. 

(Dalle  minute  14  ind.ne  1660-61  di  not.  Vincenzo  Bruno). 


XXXVIII. 
Die  vigesimo  maji  xv  incl.  i662. 


Mag.r  Angelus  Pantano  castri  veterani  hic  alcami  ad  pr.ns  repertus 
mihi  not.  cogn.  corani  nobis  sponte  promisit  et  promittit  ac  se  obligavit 
et  obligat  Ven.  Conventui  S.ti  Fr.sci  de  Paula  huius  predicte  G.tis  eius- 
que  R.ndo  p.ri  Correctori  pr.nti  et  quo  prò  tempore  erit  me  not.o  prò 


100  MISCELLANEA 


eo  stip.te  assicurare  et  bonam  facere  prout  vi  pr.ntis  et  omni  alio  me- 
liori  modo  assicuravit  et  assicurat  ac  bonam  fecit  et  facit  illaniet  campa- 
nam  per  d.um  ile  pantano  noviter  constrnctam  et  fnmlitam  eidem  Yen. 
Conventui  ab  omni  et  (piacun(]ue  ructura  succedenda  eidem  campane  et 
bo(?  prò  tempore  annornm  trium  ab  liodie  in  antea  numerandorum  et 
cur-surorum  qno  termino  perdurante  casa  quo  d.a  campana  franjreretur 
teneatur  et  sit  obli^'atus  prout  promisit  et  se  obli^avit  et  obli^rat  d.o  Yen. 
Conventui  me  not.  prò  eo  stip.te  dictam  campanam  iterum  et  de  novo 
fnndere  ad  omnes  et  singulas  expensas  il.i  Conventus  cum  lioc  tamen 
qnod  d.us  de  pantano  teneatur  ponere  eius  magisterium  prò  eflecto  pre- 
dicto  absque  aliqua  soluptione  et  non  aliter  ex  pacto. 

Qne  omnia  etc. 

Testes  Don  Joseph  Ingravera  et  Petrus  Ganepa. 

(Dal  bastardelle   xv.a   imi. ne  1661-62  l'og.  513  di   not.  Baldassare 
La  Perna). 


XXXIX. 


A  28  detto  (gen.  6.a  ind.  1663)  a  m.ro  Angelo  Pantano  e  Gioseppe  Ni- 
cotra  per  rifare  la  campana  rutta  onze  11  e  tt.  3,  come  appare  per  man- 
dato e  ricevuta  in  not.  Huldassare  La  Perna  .  .  . 

(Dal  libro  Lo  d'introiti  ed  esiti  della  Congregazione  della  Madonna 
«lell'Alto,  esistente  nell'archivio  tlella  Congrega  di  Carità). 


XL. 

Die  viij  nprilis  (j  hid.tiis  iOO'J. 

Mag.  Itolthas8ar  Pantano  castriveteran.  hic  ad  ])r.ns  repertus  sponte 
pruntiMit  ot  se  obligat  Patri  Francisco  Cappello  Preposito  Congregationis 
s.ti  Philipp!  Neri  et  Yincentio  riiainniai'iiiaro  YlnciMitio  Lo  Nobile  et  Ro- 

cho Itoctoribus  \m\.  (^MiiiitliM  iiitatis  s.te   M.e  Succui'si  cognitis 

eis  ut  dicitur  l'undori  la  campana  mun/.ana  al  prui^entu  ructa  di  ossa  chie- 


ihsCELLAÌTÈÀ  lìòl 


sa  qnali  sit  et  debia  essere  di  peso  di  cantaro  uno  e^  r.i  vinti  incirca  et 
hoc  bene  et  magistribiliter  quam  consijrnare  et  expedire  promisit  Ine  Al- 
cami  per  totum  mensem  aprili^;  in  pace  etc.  Alias,  etc. 

Pro  magisterio  une.  septeni  p.  <r,  ex  pacto  et  essendo  d.a  campana  di 
peso  di  r.i  quattro  più  seu  meno  seu  essendo  la  campana  vechia  più  di 
ci.  20  si  Ihabbiano  di  pajfare  tari  cinque  prò  r.o  di  pacto  qnod  magiste- 
rium  d.i  Rectores  solvere  promittunt  d.o  m.ro  scilicet  medietatem  prò 
computo  d.e  Gonlraternitatis  et  aliam  medietatem  prò  computo  d.e  Con- 
jjregationis  hoc  modo  videlicet  une.  quiiKfue  successive  operando  succu- 
rendo  et  une.  duas  per  totum  junium  anni  pr.tis  in  pace. 

Quam  intef^ram  medietatem 

ex  nunc  compensai  de  summa  salarli 

anni  pr.ntis  2.e  ind 


Cum  pacto  che  d.o  m.ro  sia  obligatocome  si  oblijjha  d.a  campana  Ji- 
darla  per  anni  ([uattro  dal  {?iorno  di  la  consiorna  in  antea  et  caso  ciie  .si 
spizzassi  in  d.o  tempo  d.o  m.ro  labbia  di  lundere  di  novo  cioè  d.a  Con- 
fraternita e  Conjrrejrazione  ci  habbiano  di  ponere  la  spesa  necessaria  e 
d.o  m.ro  la  sua  mastria  di  pacto  etc. 

Testes  D.  Joseph  Ingravera  et  Vincentius  Fulco. 

(Dal  Veni-mecum  2. a  ind. ne  ICM  di  not.  Bald.re  I^  Perna). 


XLl. 


J)(e  r.j'i.r  Aj>y'ilis  tjjiHLnis  1661. 

Mag.r  Balthassar  Pantano  castri veteran.  hic  Alcami  ad  pr.ns  i-epertns 
sponte  promisit  et  se  obli-rat  Hernardino  .Marcan/.a  Gub.'et  D.  Joseph  Flo- 
renso  assistenti  Yen.  CongrcKationis  s.te  Marie  de  alto  Muntis  Honilacii 
pres.bus  et  stip.bus  eis  operare  et  l'undere  unam  campanam  pond.is  cant.i 
uuius  et  r.orum  qain({uaginta  incirca  et  hoc  de  Ixmo  sono  bene  et  ma;.nstri- 
biliter  secundum  artem  i)ro  (pio  elVectu  d.i  officiali  consigliare  promit- 
tunt d.o  de  pantano  campanam  diructam  d.e  Congregationis  pond.is  cant.i 
unius  et  r.  triginta  quam  consignare  promittunt  hic  Alcami  ad  altius  per 
totum  presenleiu  men.soin.  Alias  etc. 


Ì02  MISCELLANEA 


Pro  mafristerio  une.  decem  p.  p.  ex  pacto  et  essendo  d.a  campana  no- 
va più  0  meno  di  e.  1.50  illud  plus  seu  minus  compensare  debeant  ad  ra- 
tionem  tt.  quinqne  prò  singulo  rotulo  ex  pacto  quod  solvere  promittunt 
scilicet  une.  octo  tune  lacta  d.a  campana  et  une.  duas  in  die  11  junii  an- 
ni presentis.  In  pace  etc. 

Cam  pacto  che  d.o  m.ro  sia  obbligato  d.a  campana  fidarla  per  anni 
quattro  da  d.o  giorno  di  consigna  e  caso  che  si  spezzasse  sia  obligato  d.o 
m.ro  luuderla  di  novo  ita  che  la  spesa  necessaria  ci  Ihabbia  diponere  d.a 
congregatione  et  d.o  m.ro  la  sua  mastria  di  pacto. 

Testes  D.  Saverius  "\illanova  et  m.r  Franciscus  Corso. 

(Dal  Veni-mecum  2.a  ind.ne  1664  di  not.  Bald.rr  La-Perna). 


XLII. 

Eoclem  (die  xxvi  feb,  r."  incl.  i607), 

Vincentius  Vera  civitatis  Salem,  Alcami  repertus  etc.  ,  cognitus  etc., 
vendidit  m.ro  Ioanni  La  Sala  cognito  etc. ,  procuratori  ecclesie  s.  An- 
tonii  terra;  Castri  ad  mare  de  gulpho  stipulanti  et  ementi  unam  cam- 
panottam  rotulorum  decem  et  octo  et  une.  trium  ponderis,  quam  habuit 
prò  bona  ete.  Ren.  etc. 

Pro  pretio  une.  trium ,  quas  dictus  venditor  habuit  a  diete  emptore 
.«tipnlante  in  pecunia  do  contanti,  computatis  tt.  8.  10.  habitis  in  pretio 
unins  campanotte  rotulorum  trium  rutte.  Ren.  ete. 

Promittens  etc. 

Qae  omnia  etc. 

Testes  ven.lis  don  Gregorius  Sarturi  et  don  Sebastianus  de  Latio  con- 
(lam  Vincentij. 

(Dal   bastardello   f).   ind.    1006-7  di    not.   Antonino   Vaccaro,    fo- 
glio 390). 


MISCELLÀNEA  1Ó3 


XLIII. 


Die  xxxj.o  el  uUitno  Martij  ir  iiid.  10'2(i.  » 

Mag.r  Marianus  Russo  ral)ei'  campane  civitatis  Castri  Joaiinis  hic  Al- 
cami  repei'tus  milii  not.o  cofrnitus  corani  nol)is  sponte  dixit  et  l'atetur 
se  habuisse  et  recepisse  a  patre  fiate  Joaniie  de  l'anliormo  ordiiiis  S.  Fraii- 
cisci  de  Pania  quoque  «lihi  cognito  presente  et  stipulante  veluti  procu- 
ratore ven.  conventus  eiusdem  ordinis  S.  Francisei  de  l'aula  Airtute  pro- 
curationis  in  attis  predittis  die  etc,  uncias  tres  et  tt.  quindecim  in  pec.a 
ponderata  de  contanti.  Ren.  etc. 

Et  sunt  prò  ma<,nsterio  seu  manilactura  unius  campane  eiusdem  con- 
ventus facte  per  dittuin  mafr.rum  Marianuni  et  per  dittum  procurato- 
rem  et  fratres  ditti  Conventi  habite  prò  bona  etc.  et  prout  ad  presons  est 
in  ditto  conventu.  Ren.  etc. 

Quam  quidem  campanam  dittus  ni.r  Marianus  vigore  presenti»  attus 
et  Olimi  alio  meliori  modo  aflldavit  et  allldat  ut  vulgo  dicitur  che  non 
si  rompiranno  li  manichi  di  detta  campana  per  annos  duos  integros  con- 
tinuos  et  complondos  ab  liodie  in  antea  numerandos,  ex  eo  quia  ut  di- 
citur li  detti  maniclii  nello  fundiri  di  dotta  campana  non  venniro  alla 
prima  cotta  seu  fusa,  perciò  fu  bisogno  fari  sou  fundiri  detti  manichi 
di  novo  supra  detta  campana  già  fatta.  Itachi  li  detti  manichi  si  rum- 
pissero  mentre  detta  campana  sona  die  in  tal  caso  detto  m.ro  sia  tenuto 
et  obligato,  sicomo  in  virtù  del  presente  atto  si  obligao  et  obliga  a  d.o 
procuratore,  quelli  rilare  seu  refundiri  gratis,  et  hoc  durante  dittis  an- 
nis  duobus  quibus  elapsis  ad  nichilum  teneatur;  ex  pacto  etc.  .\lias  con- 
tranveniens  dittus  m.r  Marianus  et  non  volendo  quelli  rifare  seu  rifun- 
diri  gratis  possit  et  libere  A'aleat  dittus  conventus  seu  dittus  procurator 
quelli  far  rifare  et  rifundiri  ad  danna  interesse  et  expensas  ipsius  m.ri 
Mariani.  Kx  pacto  etc.  Et  liceat  etc.  Ita  quod  etc.  Que  omnia  etc. 

Testes  m.r  Dominicns  De  Leo  et  Augustinus  Gian  Marco. 

(Dal  bastardello  '.)  ind.  1(325-26  di  not.  Rocco  Giolfi,  pag.  706). 


104  MISCELLANEA 


XLIV. 


Die  vig.o  quarto  septembris  ccij.e  ind.  i673. 


Mag.r  Joannes  Grandi  drepanite  et  ad  presens  hic  Alcami  repertus 
hojus  civitatis  Alcami  (sic)  milii  not.o  cognitus  corani  nobis  sponte  se 
obligavit  patri  Joanni  Baptiste  Bonfanti  Tertij  Ordinis  S.ti  Francisci  As- 
siso niihi  etiam  cognito,  presenti  et  tanqnam  Priori  ac  priorio  nomine 
ven.  Conventus  S.te  Marie  Itrie  hniiis  civitatis  Alcami  dicto  noni. e  stipu- 
lanti et  conducenti  sibi  ut  dicitur  fundere  noviter  unam  campanaiii  dicti 
ven.  Conventus  ponderis  cantari  unius  et  rot.  trium  in  circa  bene  ma- 
gistribiliter  factam  secundum  artem;  quam  campanam  dictus  de  Grandi 
expedire  promisit  et  se  obligat  rev.do  patri  Priori  d.o  noni.e  stipulanti 
infra  dies  otto  ab  hodie  in  anthea  numerandos  et  curcuros.  In  pace  etc. 

Pro  prettio  une.  quatnor  et  tt.  viginti  p.  g.  ex  patto;  de  quo  quidam 
prettio  dictus  do  Grandi  dixit  et  fatetur  habuisse  et  recepisse  a  ditto 
rev.do  patre  Priore  stipulante  tt.  viginti  in  pecunia  de  contanti.  Ren.  etc. 

Et  restans  ad  complimentum  pretij  preditti  dittus  rev.dus  pater  Prìor 
d.o  noni. e  dare  et  solvere  promisit  et  se  obligat  d.o  de  Grandi  stipulanti 
l'atta  consignatione  preditte  campane  noviter  fatte  Ine  Alcami  in  pec.a 
num.a  et  pond.a.  In  pace  etc. 

Cum  patto  che  lo  brunzo  che  si  ci  consegnerà  a  d.o  ni.ro  Giovanne 
della  campana  vecchia  si  habbia  da  pisarc  per  lo  mastro  della  chiazza  e 
similmente  nella  consignia  della  campana  nova  si  habbia  da  pisaro 
come  sopra  e  di  quello  che  mancherà  del  bronzo  che  li  sarà  consignato 
d.o  m.ro  Gioanne  habbia  da  pagare  a  d.o  convento  a  ragione  di  tt.  4 
lo  rotolo;  e  se  avanzerà,  d.o  convento  1'  habbia  da  pagare  a  d.o  m.ro  a 
ragione  di  tt.  0  lo  rotulo,  di  patto,  etc. 

Item  che  d.o  mastro  Giovanne  sia  oldigato  conforme  si  obliga,  a  d.o 
patre  Priore  d.o  noni. e  stipulante  allidare  e  fare  bona  d.a  campana  da 
restar  nana  per  anni  dui  dal  giorno  della  consignia  innante,  e  caso  che 
tra  d,o  termino  d.a  campana  si  rompesse,  tale  caso  d.o  mastro  sia  obli- 
gaio  di  funderla  di  novo,  cioè  che  d.o  mastro  ci  habbia  di  ponere  la  sua 
maKtria  gratis  con  havero  d.o  convento  a  pagarli  une.  una  tantum  per 
ragione  di  accesso  recesso  mangiare  bevere  et  altri  spesi  che  forse  si  ci 
doves-sero  e  l'altri  spesi  che  ci  vorranno  <'.i  Thabbia  da  poncrc  d.o  con- 
vento, di  patto  utc. 


MISOILLÀNKA 


m 


Que  omnia  etc. 

Testes  Vitus  Ricchello  et  m.r  Vincentius  S.to  Angello. 

(Dal  bastardelle  12  ind.  1673-74  di  not.  Bald.  Perna,  fog.  94). 


XLV. 


A  13  maggio  l.a  ind.  (1738)  ....  onze  4.  27.  5  a  m.ro  Giovanni  di 
Fisco  e  m.ro  Giuseppe  Vai.sco  m.ri  campanari  per  aver  fondito  la  cam- 
pana nominata  la  Guardia,  de'  (juali  onze  27,  5  ne  appare  apoca  in  not. 
Giuseppe  di  Blasi  sotto  li  10  B.bro  1737;  apoca  oggi ,  mandato  con  nota 
dietro  a  2  maggio  1738. 

(Dal  libro  3.o  di  conti  dell'archivio  della  Madre  Chiesa,  fog.  94). 


XLVl. 


A  25  d.o  (marzo  1710)  onze  sedici  tt.  27;  cioè:  onze  13. 18.  l2.  a  m.ro 
Nicolò  Baiamenti  e  m.ro  Vito  Arcuri,  maestri  di  lundiri  campane;  cioè: 
onze  12.  15.  12.  per  loro  mastria  di  lundiri  due  campane  Aliotta  e  Guar- 
dia, consignati  rutti  cant.a  3.  71,  inclusi  rot.  5  di  moneta  falsa,  stagno 
e  metallo  e  da  detti  consignati  nuovi  cant.a  3.  57.  9;  cioè  :  AliottJi,  cant.a 
2.  52.  3;  Guardia  ,  cant.o  1.  5.  fì.  a  ragione  di  onze  3.  15  il  cantaro, 
onze  1.  3.  per  discapito  di  rot.  5.  0.  di  metallo  vecchio  ridotto  in  nuo- 
vo ecc. 

(Dal  libro  2.'^  dei  conti  nell'archivio  della  Madre  Chiesa,  pag.  222). 


XLVII, 

A  3()  maggio  (3.a  lud.  17lU)  onze  venticinque  e  tari  sei,  cioè:  onze  19,10. 
a  m.ro  Vito  e  m.ro   Nicolo  Arcuri   funditori  di  campane  a  compimento 


106  MlSCELLAÌ?EÀ 


di  onze  20,  per  fnndire  la  campana  mezzana  consignata  rotta  cant.a  8.10, 
e  riconsignata  nova  cant.a  7.  60.  clie  onze  6.  20.  se  ci  compensano  per 
lo  discapito  di  rot.i  50  di  metallo  consignato  meno,  a  tt.  4  lo  rot.o,  giu- 
sta il  contratto  obligatorio  per  gli  atti  di  not.  Terruso  li  24  Aprile  pro- 
ximo  trascorso. 


(Dal  d.o  libro,  pag.  222). 


XLVIII. 

A  20  feb.  (4.a  ind.  1741)  onze  v  infuna  tt.  17.  2.  3.  da  spese  diverse 
pagati  a  M.  Antonio  Arcuri  fonditore  di  campane  cioè,  onze  14  per  sua 
mastria  di  patto  in  aver  Ibndito  la  campana  grande  di  n.ra  C4hiesa  come 
per  il  contratto  obligatorio  in  not.  Benedetto  di  Blasi  15  marzo  3.a  ind.  1740 
quale  era  di  peso  e.  4.  20;  onze  6.14.12.3  per  rot.  40.9  di  rame  comprato 
cioè  rot.  18.  3  a  tt.  4.  10  lo  rot.  e  rot.  22.  6  a  tt.  5  lo  rot.  La  campana 
nova  riuscì  di  peso  cantara  4.  40  si  compensorno  (sic)  cioè  e.  4.  20  per 
lo  rame  della  campana  vecchia  r.  20  della  somma  di  d.i  r.  40.  9  di  rame 
novo  comprato  poiché  r.  20.  9  si  compensò  per  raggioni  di  squaglio  o 
consumo,  ed  onze  1.  2.  10.  per  legni  di  oliva  e  rinfreschi  come  per  man- 
dato et  apoca  oggi  in  d.o  not.  onze  21.  17.  2.  3. 

(Dal  Libro  3.o  di  Conti  della  Giiiesa  di  M.a  SS.n  dei  iMiracoli,  fog.  342, 
conservato  neirarchivio  della  Congrega  di  Carità). 


XLIX. 


Dal  Rev.nio  sig.  Paroco  della  veneral)ile  chiesa  di  San  Paolo  o  Barto- 
lomeo, Don  Sebastiano  Arcilesi  e  dal  sig.  Barone  I).  Alfonzo  Veles ,  Sin- 
daco di  qnesta  Cornane  di  Alcamo,  sono  stato  adebbito  io  infrascritto  Capo 
Maestro  Comunale  di  Alcamo  Giuseppo  Mannina  all'oggetto  di  verillcarc 
e  certificare  la  nuova  campana  di  sud. a  venerabile  chiesa,  fatta  dal  sig. 
Francesco  Virgadamo  del  Burgio,  non  che  la  discesa  della  vecchia  cam- 
pana e  salita  dilla  nuova  campana  noi  campanile,  ed  acconciatina  del  fer- 
ramento e  nìijuio  della  stessa. 


MISCELLANEA 


Ì07 


In  adempimento  del  snd.o  venerato  incarico  mi  sono  portato  in  sud. a 
venerabile  cliiesa,.e  fatto  tutte  le  oculari  e  pratticlie  osservazioni,  vengo 
in  riferire  quanto  appresso. 

Dettaglio 

Art.  1.  Avendosi  fatto  la  discesa  della  vecchia  campana  ed  avendosi 
alla  presenza  del  sud.o  sijr.  Paroco  e  Sindaco  e  dell'appaltatore  ni.ro  Gae- 
tano Gassarà,  ed  avendola  pesato  risultò  il  peso  della  sud.a  campana  vec- 
chia quintali  nove  e  rotoli  novantasette  ...  il  quale  al  prezzo  convenuto 
{giusta  la  relazione  preventiva  redatta  dal  maestro  fonditore  D.  Francesco 
Panzera  del  fu  Nunzio  della  Comune  di  Palermo  raggionato  ad  onze  0.35 
rot.  importa  onze  348.  95. 

Art.  2.  Fattosi  la  nuova  campana,  la  quale  é  stata  eseguita  mastribil- 
mente  ed  asseconda  dall'arte  si  richiede ,  ed  avendosi  alla  presenza  del 
sud.o  Paroco  e  Sindaco  e  dell'appaltatore  Gassarà  pesato  la  nuova  cam- 
pana risultò  il  peso  quintali  dieci  e  rotoli  diecissette ,  che  al  prezzo  di 
onze  0.  70  il  rot.  giusta  la  relazione  preventiva  redatta  sotto  li  2  ottobbre 
1855  dal  sud.o  Di  Panzera  importa  onze  711.  00. 

Dalle  quali  onze  711.  90  si  deducono  onze  348.  95.  prezzo  del  metallo 
della  vecchia  campana,  restano  onze  362.  95. 

Art.  3.  Per  la  discesa  della  vecchia  campana  e  salita  della  nuova  ed 
acconciatina  del  mijolo  battaglio  e  ferramento ,  il  quale  é  stato  eseguito 
mastribilmente  ed  asseconda  richiedo  l'arte,  che  giusta  la  relazione  pre- 
ventiva importa  onze  45. 

In  uno  somma  l'importare  onze  407.  95.  li  quali  pari  ad  onze  135.29.10. 

Per  cui  ne  ho  redatto  il  presente  certificato  di  conzegna  che  si  pos- 
sono pagare  al  sud.o  appaltatore  maestro  Gaetano  Gassarà  la  detta  somma 
di  onze  407.95. 

Redatto  il  presente  per  l'uso  conveniente  oggi  in  Alcamo  li.  .  .  1856. 

Il  Capo  Maestro  Comunale 
Giuseppe  Ma  tutina. 
L'Appaltiitore 
in.ro  GaeliiHo  Cassarci 
Il  Paroco 
Sebastiano  AìtiIcsì 
Il  Sindaco 

(Da  un  foglio  volante  esistente  iielP  archivio  della  Chiesa  Parrocchiale 
di  S.  Paolo  e  S.  Bartolomeo). 


NOTA  SULIA  ISCRIZIONE  QUADRILINGUE 

ESISTENTE 

nel  Museo  Nazionale  di  Palermo 

(Vedi  Tavola) 


—y\nJ\/\/\f\r. — 


Fra  i  più  pregevoli  monumenti  medioevali  che  si  conservano  nel  Mu- 
seo nazionale  di  Palermo  dee  certo  novoi-arsi  la  lapide  con  iscrizioni  in 
lettere  ebraiche  greche  arabe  e  latine,  proveniente  dalla  chiesa  di  S.  Mi- 
chele Arcangelo,  la  quale  fu  pubblicata  ,  prima  dal  Morso,  Spiegazione 
di  due  lapidi  esistenti  nella  Chiesa  di  S.  Michele  Arcangelo,  Palermo,  1813, 
e  Palermo  antico,  2"  ed.  pag.  114  e  segg.  Palermo  1827;  e  poi  da  Mi- 
chele Amari  nell'opera:  Le  Epigrafi  arabiche  di  Sicilia,  Palermo  1879  , 
parte  seconda  N.  XXVII,  pag.  80  e  scgg. 

Se  non  che  l'Amari  per  conto  suo  studiò  la  epigrafe  in  lingua  e  let- 
tere arabiche,  e  ricorse  alla  dottrina  del  suo  dotto  amico  Gregorio  Ug- 
dulena  per  le  altre  in  greco  ed  in  ebraico. 

Passato  un  monumento  per  siffatte  mani  non  ò  a  dire  se  sia  stato 
convenientemento  illustrato.  Due  parole  però  meritano  ancora  di  essere 
studiate  nella  iscrizione  arabica  in  lettere  ebraiche:  l'ultima  del  primo 
rigo  ,  0  la  prima  del  rigo  secondo  ;  quella  cioè  che  da  Morso  e  da 
Ugdulena  fu  Iella  »  Guglielmo  »  ;  e  l'altra  che  il  primo  battezzò  addi- 
rittura per  ebraica  e  tradusse  «  dominus  »  e  che  1'  Ugdulena  trascrisse 
alla  maniera  del  Morso,  ma  prudentemente  vi  aggiunse  un  punto  inter- 
rogativo, facendo  esser  varo,  che,  data  la  esistenza  della  voce,  essa  po- 
trebbe egualmente  spiegarsi  col  dizionario  arabico.  Su  queste  due  parole 
ho  dunque  fermata  l'attonzionC;  e  se  io  posso  affermare  di  essere  riuscito 
a  cavare  la  giusta  lezione  loro,  dove  attribuirsi  alla  circostanza  che  es- 
sendo io  impiegato  del  Museo  di  Palermo  ,  ho  sposso  sott'occhio  la  la- 
pide originale,  e  por  conseguenza  l'agio  di  studiarla  molto  più  comoda- 
mente che  non  i  prelodati  nostri  orientalisti,  il  Morso  o  TUgdulena. 

Il  Morso  adunque  tradusse  così  il  primo  rigo  della  epigrafe  in  esame: 

Obiil  Anna  mafer  Clerici  Chrinantl ,  Clerici  linjis  Augusti  Gulie{\m\) 


MISCELLANEA  109 


A  quest'ultima  parola  Gulie  (Imi),  nel  Palermo  antico  pag.  118,  aggiunse 
la  nota  seguente:  «  È  troppo  corroso  nella  lapiJe  il  nome  del  Re;  ma  ap- 
«  parendo  chiaramente  la  prima  lettera  aiii,  ben  chiaro  Valeph,  e  X'aleph- 
«  lained  come  si  r.ipporta  nell'alfabeto  ebraico  della  grammatica  di  Ma- 
«  schlef/  ed  appresso  un  corto  vestigio  di  un  altro  lamed,  non  si  può 
a  dubitare  che  debbasi  aggiungere  allo  spazio  che  resta  voto  la  lettera 
«  miin  finale  e  comporre  interamente  la  voce  Galahni,  cioè    Gulielmi  ». 

Per  ovviare  poi  alla  grossa  difficoltà  come  mai  Grisando  nel  1149, 
al  quale  anno  ci  rimanda  il  documento,  possa  nominarsi  chierico  di  ro 
Guglielmo,  quando  regnava  ancora  Ruggiero  padre  di  lui,  il  Morso  nella 
prima  delle  ricordate  sue  opere  ,  impiega  molte  pagine  ;  ma  molto  più 
succintamente  dice  nel  Palermo  antico:  «  la  lapide  non  fu  eretta  nel  1149 
«  ma  dopo  il  1151,  regnando  Guglielmo,  il  quale  fu  assunto  in  quell'an- 
«  no  al  trono  di  suo  padre».  Se  la  lapide  portasse  per  davvero  il  nome 
di  re  Guglielmo,  non  c'è  che  dire,  non  potrebbe  darsi  migliore  soluzione 
di  questa;  la  quale  perciò  fu  fatta  buona  anche  dall'Amari. 

Ma  il  nomo  di  re  Guglielmo  è  precisamente  quel  che  non  si  trova, 
come  starò  a  dimostrare,  nella  epigrafe  arabo-ebraica;  corno  del  resto 
non  si  trova  nella  epigrafe  latina,  greca  ed  araba  della  medesima  la- 
pide. 

Tralasciando  l'osservazione  che  la  forma  araba  del  nome  Guglielmo, 
come  la  dà  il  Morso  e  l'accetta  l'Ugdulena.  sarebbe  affatto  diversa  della  for- 
ma usata  nei  di  plomi  e  nelle  monete  arabe  siciliane,  esaminiamo  gli  ele- 
menti costitutivi  della  voce  che  è  stata  trascritta  '^Kt?  e  creduta  ab- 
breviazione del  nome  Guglielmo.  La  prima  lettera  non  èV  ('a  in) 
ma  evidentemente  un  i'  (zadé);  la  seconda  lettera  di  accordo  è  k  (^l^O; 
la  terza  lettera  che  è  stflta  trascritta  '~'  (lanicd)  addirittura  non  esiste 
nella  lapide;  come  non  esistono  tracce  di  altre  lettere  che  il  Morso  cre- 
dette appartenere  alla  terminazione  del  nome  Guglielmo. 

Se  non  mi  sbaglio  ,  il  nostro  orientalista  non  si  accorse  che  quel 
primo  rigo  termina  con  una  crocetta,  opperò  prese  le  linee  di  questa  per 
tracce  di  lettere,  e  ne  composo  la  fine  del  nome  Guglielmo.  Nel  primo 
rigo  adunque  della  epigrafe  in  esame,  le  ultime  due  lettere  dovranno  leg- 
gersi H:t     e  trascriversi  in  caratteri  arabi    uo   (sa). 

Passiamo  alla  prima  parte  del  rigo  secondo.  Essa  fu  letta  pn  .  'lib- 
ili modo  assoluto  da  Morso,  in  modo  dubitativo  da  Ugdulena,  e  tradotta 
da  tutti  e  due  «  dominus,  signore  »;  non  perchè  la  parola  significasse  così 
veramente,  ma  perchè,  come  bene  osserva  Ugdulena,  «  il  senso  richiede 
qualche  oosa  che  significhi  re,  o  signore  >. 


110  MISCELLANEA 


Dalla  parte  mia  fo  notare  che  il  primo  elemento  del  secondo  rigo  è 
sicuramente  n  (chèt),  come  trascrisse  Morso;  il  secondo  elemento  è  cor- 
roso nella  lapide;  ma  le  tracce  che  ne  rimangano  non  sono  punto  di  p 
(qóf)  ma  di  2  (béth) ,  sicché  invece  di  pn  abbiamo  ::n  ,  le  quali  tra- 
scritte in  lettere  arabiche  danno  v_*j>.  Dopo  questo  processo  è  evidente 

che  le  ultime  due  lettere  del  primo  rigo  della  nostra  epigrafe  e  le  pri- 
me due  lettere  del  secondo  rigo  non  sono  due  parole  distinte,  ma  deb- 
bono riunirsi  in  una  sola  e  comporre  la  voce  prettamente  arabica    ,.^c>uo 

s  à  h  ì  b  «  signore,  padrone  »  e  perciò  i  primi  due  righi  della  detta  epigrafe 
dovranno  essere  tradotti  nel  modo  seguente: 

1.  Morì  Anna  madre  del  prete  Grisanto  prete  del  gran  Be ,    signo- 

2.  re  d'Italia,  Lombardia,  Calabria,  Sicilia  ed  Affrica,  a  vespro  ecc. 

Resta  adunque  assicurato  che  nella  epigrafe  arabo-ebraica  della  lapide 
quadrilingue  del  Museo  Nazionale  di  Palermo  non  esiste  il  nomo  di  re 
Guglielmo,  per  giustificare  il  quale  tante  pagine  impiegò  il  Morso,  e  che 
non  vi  esisto  tampoco  alcuna  parola  la  quale  debba  spiegarsi  coll'aiuto 
del  dizionario  ebraico. 

Palermo,  14  luglio  1889. 

Sao.  B.  Lagumina 


ANEDDOTI  SICILIANI 


ITI  SERIE 


EPIGRAFE   ONORARIA    DI    UN    COBUETTOUG    DI    SICILIA 
RINVENUTA    IN    ROMA. 

Fra  la  Chiesa  di  S.  Andrea  al  Quirinale  ed  il  Monastero  delle  Cap- 
puccine in  Roma,  sterrandosi  nell'  area  già  occupata  dal  Noviziato  dei 
PP.  Gesuiti,  si  è  teste  rinvenuto  un  grande  basamento  di  marmo  ,  con 
cornice  e  zoccolo  sagomato,  che  nel  piano  superiore  conserva  i  fori  im- 
piombati per  l'impernatura  di  una  statua.  Nella  fronte  vi  è  incisa  un'i- 
scrizione greca  di  16  righe,  il  cui  testo  può  leggersi  pubblicato  dal 
eh.  Giuseppe  Gatti  nel  Bullettino  della  Commissione  Archeologica  Co- 
munale di  Roma,  serie  terza,  anno  XVI,  pag.  391,  an.  1888.  La  detta 
iscrizione  è  dedicata  a  Betitio  Perpetuo  Arziqio,  del  quale  si  encomia 
la  saggia  e  benefica  amministrazione  tenuta  nella  provincia  di  Sicilia. 
Le  città  da  lui  governate  gli  offeriscono  in  attestato  di  gratitudine  una 
statua  onoraria,  dopo  due  anni  della  sua  amministrazione;  e  per  com- 
piere siffatta  missione  inviano  a  Roma  due  legati  ,  Rodino  e  Giuliano. 
Costoro  sono  indicati  come  illustrissimi  decemprimi  (Stxdnpcj-coi)  titolo 
che  davasi  ai  personaggi  più  distinti  fra  i  decurioni  municipali,  e  in- 
contrasi in  altre  due  lapidi  latine  della  Sicilia  (C.  I.  L.  X ,  7211, 
7236). 

Il  prof.  Gatti  (da  un  articolo  del  quale  tolgo  queste  notizie)  ricorda, 
che  il  Betitio  PERPErjo,  cui  il  monumento  è  dedicato  ,  fu  governatore 


112  MISOKLLANEA 


dell'Isola  nostra  durante  l'Impero  di  Costantino  Magno,  come  risulta  da 
ultra  epigrafe  onoraria  a  quell'Augusto,  da  Betitio  posta  nella  città  di 
Mazara  (C.  I.  L.  X,  7204)  nella  quale  epigrafe  si  nomina  Betitius  Per- 
pefuiis  v{ir)  c{larissiinus)  corr{ec!o)')  j^roo^inciae)  Sicil(iae). 

È  quindi  manifesto,  che  all'  età  costantiniana  dee  riferirsi  anche  il 
monumento  testé  discoperto,  che  menziona  il  medesimo  governo  tenuto 
da  Betitio  nella  provincia  di  Sicilia.  Essendosi  poi  dedicata  la  statua 
privatamente,  e  senza  che  sì  ricordino  magistrati  romani  i  quali  ne  a- 
vesser  curato  la  dedicazione,  dee  conchiudersi,  che  fu  eretta  nella  pri- 
vata abitazione  del  Correttore;  e  così  avveniva  di  tutte  le  statue  ono- 
rarie poste  a  cospicui  personaggi  per  iniziativa  privata  e  non  per  pub- 
blica autorità.  Per  tal  modo  impariamo  pure,  che  l'abitazione  dei  Betitii 
fu  sul  Quirinale,  circa  il  luogo  modernamente  occupato  dal  Noviziato 
dei  Gesuiti. 

Un'altra  base  di  statua  coaoscesi  dedicata  in  Roma  dai  Tusci  e  da- 
gli Umbri  Betitio  Perpetuo  Arzygio  viro  clarissimo  consiliari  Tusciae 
et  Umbria^  (C.  I.  L.  VI,  1702),  che  il  Borghesi,  seguendo  1'  opinione 
del  Muratori,  aveva  attribuito  all'età  di  Costantino  Magno ,  ravvisando 
inoltre  nel  personaggio  onorato  quel  medesimo  Arzi/gius  al  quale  Pela- 
gonio  dedicò  il  libro  De  Re  Veterinaria  (Borohesi,  (Etwres,  VI,  p.  305, 
343,  344).  Il  MoMMSEN  però  ha  notato,  che  nel  nuovo  ordinamento  dato 
da  Diocleziano  allo  regioni  italiche  ,  i  presidi  di  queste  ebber  nomo  di 
Correctores  ,  e  che  tal  denominazione  fu  appresso  mutata  in  quella  di 
Conmlares  (C.  I.  L.  X,  p.  714). 

Nell'Isola  Correctores  chiamaronsi  solamente  nei  primi  docennii  del 
secolo  quarto;  Consiilares  cominciarono  a  dirsi  fin  dall'  ultimo  decennio 
in  circa  dell'Impero  di  Costantino  medesimo  (v.  C.  I.  L.  VI,  1717).  Per 
conseguenza  il  Betitio  Perpetuo,  al  quale  fu  dedicata  la  base  onoraria  te- 
sté rinvenuta,  essendo  chiamato  Corrector,  ebbe  il  governo  di  Sicilia  prima 
di  quel  tempo.  Così  pure  il  Zoiliis  Corredar  provinciae  Siciliae ,  ricor- 
dato nella  iscrizione  sepolcrale  d'una  fanciulla,  che  dicesi  pagana  nata, 
fidelis  facta,  o  spettante  all'età  costantiniana  (v.  De  Rossi,  Bull,  d'  Ar- 
cheoL  Crist.  1868,  p.  75).  Diremo  tuttavia  col  De  Rossi  {Le  Prime 
Raccolte  d'Antiche  lacrizioni,  p.  165)  non  ohe  col  Mommsen,  coH'Henzen 
e  col  Gatti,  non  potersi  identificare  il  Betitio  Perpetuo  Corrector  Si- 
ciliae coll'omonimo  Consuluris  TuHciae  et  Umhrine ,  perché  troppa  e 
poco  vorobimilo  sarebbe  la  distanza  tra  le  due  magistrature. 


MISCEILANEA  113 


n. 

MEMORIE    INEDITE   DEL    P.    SALVATORE    DI    BLA8I. 

Il  Prof.  Francesco  Saverio  Quaranta,  napolitano  (1799-1830),  fratello 
del  dotto  archeologo  Bernardo,  e  professore  di  Diplomatica  nella  R.  Uni- 
versità di  Napoli,  ebbe  incarico  dal  Re  nel  1829,  quando  |era  già  Capo 
in  secondo  in  quel  Grande  Archivio,  di  recarsi  al  Monastero  della 
SS.  Trinità  di  Cava  a  fin  di  riscontrare  e  trascrivere  i  documenti,  che 
doveano  illustrare  le  Memorie  Inedite  del  nostro  dotto  P.  D.  Salvatore 
Di  Blasi,  relative  ad  argomenti  storici,  da  pubblicarsi  per  conto  della 
Real  Biblioteca  Borbonica. 

III. 

I    DOMENICANI    DI    SICILIA    SULLA    FINE    DEL    SECOLO    XIII. 

Il  trevigiano  Niccolò  Boccasino  (1240-1304)  che  fu  Papa  meno  di 
nove  mesi  fra  Bonifacio  Vili  e  Clemente  V  (Ott.  1303  —  Luglio  1304), 
governò  l'Ordine  de'  Predicatori  prima  di  salire  la  cattedra  di  S.  Pietro, 
e  fu  il  nono  Generale  dopo  la  fondazione.  La  sua  elezione  ebbe  luogo 
a  Strasburgo  il  12  Maggio  1296.  Resse  i  Frati  per  due  anni  e  mezzo. 
Nel  Capitolo  Generale  che  lo  nominò,  e  ch'egli  poi  presiedette ,  fu  dif- 
finitivamente  ratificata  la  divisione  della  Provincia  Romana  in  due  cir- 
coscrizioni, comprendenti  l'una  l'Italia  centrale,  l'altra  l'Italia  meridio- 
nale colla  Sicilia.  Il  numero  delle  provincio  dell'  Ordine  si  trovò  così 
portato  a  tredici  (1). 

IV. 

DUE    frati    minori    SICILIANI    RICORDATI    DA   FRANCO     SACCHETTI. 

Noi  1365  andò  a  Firenze  un  certo  Fra  Niccolò  di  Sicilia,  dell'Or- 
dine Francescano.  Questi,  che  da  Franco  Sacchetti  ò  appellato   valen- 


(1)  Maktène,  Thesaurus,  t.  IV,  e.  1851—1852.  La  soluzione  di  quest'affare 
preparato  da  Celestino  V  (Potthast,  nnni.  23954  e  23959)  e  da  Bonifacio  Vili 
{ibid.  nuni.  24034  o  24158)  avea  formato  oggetto  di  lunghi  negoziati  fra  que- 
sti due  Papi  e  il  Ro  di  Napoli,  Carlo  II.  Fontana  ,  Monumenta  Dominicana, 
p.  142. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  8 


114  MISCELLANEA 


tissimo  maestro  in  Teologia,  aveva  avuto  piati  nell'Isola  con  un  Inquisi- 
tore; e  la  faccenda  non  dovea  esser  di  poco  momento,  perciocché  la  si 
dovea  deferire  dinanzi  al  Papa.  Era  quel  tempo,  come  nota  Sacchetti, 
in  "  che  i  Fiorentini    ebbero    guerra    co'  Pastori  della   Chiesa.  Senten- 

•  dosi  per  Firenze  (continua  il  novellista)  la  profonda  scienza  di  Mae- 
"  stro  Niccola,  fecionlo  pregare  dovesse  predicare  qualche  dì  ;  ed  egli 
"  predicò  tre  foste,  l'una  dello  Spirito  Santo ,  1'  altra  della  Trinità ,  la 
"  terza  del  Corpo  di  Cristo,  tutte  altissime  materie  e  da  non  meno  va- 
"  lente  uomo  che  fusse  egli.  Essendo  una  di  queste  feste  in  pergamo  il 
"  dì  dopo  desinare,  ed  essendovi  moltissima  gente,  fra  l'altre  cose,  giun- 

•  gendo  in  una  parte  ,  volendo  dare    ad  intendere  1'  essenza  del  nostro 

*  Jesu  Cristo,  dice  :  Come  è  fatta  la  faccia  di  Cristo  ?  E  furioso  si  volge 
"  verso  il  Volto  Santo,  dicendo  :  non  è  fatta  come  la  faccia    del  Volto 

*  Santo  che  è  colà,  che  ben  ci  vengo  a  crepare  se  Cristo  fu  così  fatto. 

*  E  detto  questo  si  ritornò  a  quello  che  aveva  a  dire.  La  predica  (in- 
"  tendi  l'udienza)  comincia  a  ridere,  e  ridi  e  ridi  tanto,  che  per  buona 

•  pezza  né  il  detto  maestro  potea  dire,  ne  altri  ascoltare.  „  Così  Franco 
Sacchetti  che  si  trovò  a  cotesta  predica  di  Fra  Niccolò.  "  Ed  ecco 
(scrive  il  mio  dotto  amico  Can.  D.  Almerico  Guerra)  la  prima  lancia 
spezzata  contro  il  Volto  Santo  !  Un  frate  in  questione  coli'  Inquisitore, 
che  predicando  dopo  desinare  (supponiamo  non  il  desinare  del  refet- 
torio de'  Frati,  ma  di  qualche  suo  ammiratore  Ferentino  che  volle  far- 
gli onore)  gitta  un  motto  indecente  contro  un  veneratissimo  Simulacro  ! 
Ma  Franco  Sacchetti  fa  la  coda  al  suo  racconto,  e  dice  che  Fra  Nic- 
colò con  un  altro  Fra  Ruggieri,  anch'esso  di  Cicilia  e  di  certo  compa- 
gno di  Fra  Niccolò,  vollero  mostrare  e  mostravano  a  chi  andavatio  alle 
loro  camere  che  del  nostro  Signore  aveano  figure  assai,  senza  cercare  di 
cose  nuove  ecc.  Quasi  che  il  nostro  Simulacro  fosse  cosa  nuova  e  non 
anzi,  secondo  la  tradizione,  il  più  antico  Simulacro  del  Crocifìsso  che 
si  conosca.  Ancora  poi  lo  stesso  Sacchetti  ne  dice  :  Acciocché  questa 
novella  mostri  il  suo  fondamento  ,  è  da  sapere  che  questi  ralenti  Frati 
minori,  che  sono  siati  e  ancora  che  sono  in  Cicilia ,  giammai  non  sof- 
fersero, dove  abbiano  possalo,  che  il  Volto  Santo  ai  dipinga  in  alcun 
luogo  loro,  e  sono  stati  nvdvoglic.nti  di  chi  mai  n'ha  fatto  dipingere  al- 
cuno. Se  sia  vero  ciò  che  il  novelliere  racconta  di  cotesti  Frati  sici- 
liani, poco  preme  il  bapore.  Quello  che  è  certo  si  ò,  che  in  più  Chiese 
appunto  da'  Frati  minori  noi  ritrovammo  onorato  il  Volto  Santo  di 
Lucca,  come  in  quelle  di  Vienna  in  Austria   e   di  Valenza  in  Ispagna. 


MISCELLANEA  115 


Anzi,  SO  una  cosa  risulta  corta  dallo  eleganti  ciancio  del  Sacchetti,  ò 
questa  :  che  molto  onorato  in  tutta  l'Italia  dovett'essore  il  nostro  Simu- 
lacro nel  secolo  XIV,  se  così  brigavano  a  fargli  contro  que'  due  po- 
veri Frati  siciliani.  E  che  il  culto  del  Volto  Santo  fosse  infatti  gran- 
demente diifuso  lo  dimostrammo  con  migliori  argomenti  che  non  lo 
chiacchiere  del  lurido  novelliere.  Non  meritava  certo  la  pena  di  tratte- 
nerci così  a  parlare  di  quest'inezia,  se  un  valentissimo  critico,  qual  fu 
Lodovico  Muratoui,  quando  gli  saltò  il  ticchio  di  pigliarsela  contro  il 
Volto  Santo,  non  si  fosso  appoggiato  appunto  all'  autorità  di  Fra  Nic- 
colò e  del  Sacchetti,  raccogliendo  il  motto  indecente  del  primo  ,  o  ci- 
tando la  novella  del  secondo.  ,  P^in  qui  il  dotto  lucchese  Mons. 
Guerra  ,  al  quale  io  fornii ,  parecchi  anni  or  sono,  le  notizie  sul 
culto  del  Volto  Santo  in  Palermo.  V.  Storia  del  Volto  Santo  di 
Lucca,  Lucca,  1881,  a  pag.  474.  Il  passo  poi  del  Sacchetti  è 
nella  Prima  Parte  delle  sue  Novelle,  Novella  73,  pag.  119  dell'edizione 
fiorentina  del  1725.  Lo  stesso  scrittore  toma  a  parlare  del  Volto  Santo 
in  una  sua  Lettera  a  Giacomo  di  Conte  da  Perugia,  e  dice  fra  le  altro 
cose  "  del  Nostro  Signore  che  fu  il  più  bello  e  proporzionato  corpo  che 
mai  fosse,  e  non  ebbe  gli  occhi  travolti  ne  spaventati;  perchè  io  mi  sia 
assicurato  a  dir  questo  non  è  maraviglia,  perocché  al  Maestro  Niccola 
e  al  Maestro  Ruggieri,  Frati  Minori  e  gran  teologhi  ciciliani ,  già  udì 
dire  a  piena  voce  contro  a  chi  questa  figura  tenea  per  le  Chiese  divino 
ecc.  , 


PER    LA    STORIA    DKLL  EBRAISMO  . 

Una  lettera  di  Leone  X  al  Governatore  di  Cesena  (numero  8853  del- 
l'opera Leonis  X...  Regesta,  colleyit  et  edidit  Ioseph  *S'.  7?.  E.  Card.  Her- 
oenroether)  dico,  tra  le  altre  cose,  che,  atteso  le  smodate  usure  e  i  dannosi 
incrementi  degli  Ebrei  in  quella  città,  sien  essi  obbligati  a  portare,  come 
segno  distintivo,  il  berretto  giallo  (hiretum).  È  questa  un'  altra  notizia 
da  aggiungere  a  quello  che  accennai  già  al  num.  VII.  (  serie  II  )  per 
servire  alla  storia  del  giudaismo  siciliano.  Del  resto,  sull'abito  estemo 
dei  medesimi  Ebrei,  molti  sono  i  decreti  de'  Concili:  fra  gli  altri, 
di  quel  di  Basilea  (Sess.  XIX).  Ved.  Mansi,  Conc.  toro.  XXIX,  p.  98 
e  segg. 


116  MISCELLANEA 


VI. 


LETTERE   INEDITE    D  ILLUSTRI    SICILIANI. 

Dall'amicizia  del  Cav.  Giuseppe  Salvo-Cozzo  mi  ho  avuto  lo  seguenti 
lettere  inedite  indirizzate  al  Mazzucchelli  : 

Ill.mo  Sig.  mio  P.ne.  CoU.mo 

Per  corrispondere  al  dover  mio  verso  la  riverita  persona  di  V.  S. 
IH.""*  ed  adempiere  noi  passo  stesso  la  mia  promessa,  mi  trovo  aver  ri- 
messo al  signor  D.  Domenico  Schiavo  in  Palermo  una  Cassetta  conti- 
nente le  notate  produzioni  naturali  Siciliane,  od  avendone  dal  detto  Si- 
gnor Schiavo  avuto  riscontro  del  già  seguito  ricapito  nelle  di  lui  mani, 
ne  avanzo  a  V.  S.  W\J°^^  la  notizia,  acciò  le  sia  nota  la  mia  attenzione, 
e  degnarmi  del  di  lei  gi*adimento  nell'accottare  le  riferite  naturali  pro- 
duzioni in  contrasegno  di  quella  vera  attenzione  che  li  protesto  e  com- 
pensarmi col  bramato  onore  dei  suoi  comandamenti  per  potermi  maggior- 
mente mostrare 

Di  V.  S.  Ill.m» 

Catania  il  9  del  1761. 

Dev.mo  Ohh.  servid.  vero 

Il  Principe  di  Biscari. 

Hl.mo  Sig.  Conte  MazzuchelU 

Brescia. 


Eccellenza 

A  voluto  l'È.  V.  accrescere  lo  mio  obbligazioni  col  farmi  arrivare 
per  via  del  signor  D.  Domenico  Schiavo  lo  tre  opero  parto  del  suo  sa- 
pere, cioè  le  vite  degli  uomini  illustri  fiorentini,  la  Vita  di  Pietro  Are- 
tino, e  le  notizie  intorno  ad  Isotta  da  Kiraini  più  accresciute  colle  di 
lei  erudito  annotazioni.  Io  siccome  con  sommo  piacere  le  ho  letto,  cosi 
mi  couiusuo  nel  dovere  del  più  vivo  rendimento  di  grazie,  come  prattico 


MlSCÈLLANBA  ll7 


colla  presente  colla  quale  pretendo  procacciarmi  l'onore  di  alcun  suo  ri- 
verito comando,  per  poterli  addimostrare  colle  opere  quella  vera  stima 
che  pel  di  lei  merito  conservo. 

Per  strada  del  sudetto  signor  D.  Domenico  Schiavo  mi  presi  la  li- 
bertà inviarli  alcune  produzioni  naturali  di  questo  Regno,  bravierei  sa- 
pere se  siano  state  confacenti  al  suo  intento  ;  ed  altresì  riceverà  per  via 
*  del  medesimo  un  piccolo  scatoline  con  un  carneo  copiato  sul  medaglione 
favoritomi,  che  lo  riceverà  in  attestato  del  mio  obbligato  rispetto.  A  pro- 
posito del  di  lei  medaglione  favoritomi  debbo  pregarla  di  una  notizia,  ed 
è  che  essendomi  capitato  un  altro  medaglione  dell'anzi  detto  più  grande 
col  nome  del  Conte  G.  M.'  Mazuchelli  e  scorgendolo  di  diversa  fisonomìa 
sembrandomi  il  retratto  di  quest'ultimo  di  età  più  avanzata  da  quello  del 
medaglione  favoritomi,  la  prego  avvisarmi  so  ancho  questo  sia  suo  o  di 
alcuno  dei  suoi.  La  prego  non  solo  compatirmi  di  quanto  li  sono  nojoso, 
ma  altresì  a  compartirmi  l'onore  di  suoi  comandamenti  per  mostrarli  che 
veramente  sono  quale  mi  soscrivo 


Di  V.  E. 

Catania  11  Xbre  1761. 


Dev.mo  Ohh.mo  scrvid, 

che  la  riverisce 
Il  Principe  di  Iìiscabi 


Brescia. 
S.  E.  Si(j.  Conte  Gio.  J/."  Mazzuchelli 


Eccellenza 

Mi  dimostra  V  E.  V.  il  suo  gradimento  per  le  naturali  produzioni  di 
quest'Isola,  locchò  da  altro  divenire  non  puote  che  dalla  generosità  del 
suo  animo  in  accogliere  con  gentil  maniera  le  picciolo  cose,  come  spero 
che  sarà  ancor  per  succedere  in  arrivarli  una  picciola  raccolta  di  pietre 
dure  fatte  seriamente  lavorare  per  1'  E.  V.  e  che  di  già  il  Signor  D.  Do- 
menico Schiavo  teneva  pronte  aspettando  1'  opportunità  della  rimessa. 
Col  più  vivo  del  mio  spirito  la  ringrazio  de  libri  fattimi  capitare,  e 
principalmente  ho  ammirato    le  primizie  dello    spirito  del  signor   Conte 


Il8 


MISCELLANEA 


Filippo  SUO  tìglio  che  fauno  sperare  che  sarà  per  rcnderbi  eguale  al  Pa- 
dre. Le  protesto  la  mia  più  viva  osservanza  ,  e  sollecitandomi  1'  onore 
dei  suoi  comandamenti,  mi  confermo 

Di  V.  E. 

Catania  4  giugno  1762. 

Dev.mo  Ohh.mo  servid.       « 

che  la  riverisce 

Il  Principe  di  Biscari 

Brescia. 
S.  E.  Conte  Mazzuchelli 


Eccellenza, 

Spero  che  siano  arrivate  felicemente  in  Eoma  col  P.  Carlo  di  Go- 
glione  le  produzioni  naturali  di  codesto  Paese,  con  quanto  la  generosità 
dell'  E.  V.  ha  voluto  che  accresca  il  mio  Museo  non  solo  ,  ma  ancora 
le  mie  obbligazioni  ;  io  altro  non  posso  che  ringraziarla  con  vivo  spirito 
di  quanto  ha  voluto  favorirmi  per  le  produzioni  sudetto,  medaglie  e 
stampe  rappresentanti  la  vita  dell'E,™"  Quirini,  che  stimatissime  per  me 
più  d'ogni  altro  saranno,  avendo  formato  non  picciola  raccolta  di  simili 
opere  di  autori  celebri.  Il  detto  Rev.'"°  P.*'"  Goglioni  arrivato  in  Roma 
potrà  favorire  far  capitare  la  cassetta  al  P.*""  Proc.'*^  Gen.''^di  Crociferi  alla 
Maddalena  P.  Gio.  Batt.  Scammacca,  che  avrà  la  cura  di  spedirla  da 
colà  per  questa  con  primo  imbarco. 

Nel  carneo  fattoli  incidere  altro  non  pretesi  che  prestarli  il  più  vero 
contrasegno  di  stima,  procurando  di  stabilire  la  di  lei  memoria  per  quanto 
ò  permesso  alle  umane  cose  ;  ma  fui  avvisato  ultimamente  dal  Signor 
D.  Domenico  Schiavo,  che  questi  era  perito  in  mare,  ondo  por  riparare 
tal  perdita,  ho  fatto  incidere  il  secondo,  il  quale  però  non  è  riuscito 
come  il  primo  nella  somiglianza,  tuttavia  però  vedendo  li  due  suoi  meda- 
glioni diversi  fra  loro  di  fisonomia,  od  .ivondomi  avvisato  V.  E.  che  no  l'uno 
no  l'altro  corrispondo  all'originalo,  fo  conto  che  (^uosto  mio  entrerà  per 
torzo,  ma  (|aalutique  sia  non  mancherà  dì  essere  un  vero  contrascgiio  del 
mio  rispetto  ;  o  lo  riceverà  in  unione  dello  studiolo  di  dijipsi  ed  agate  di 
questo  paese,  quale  già  avoa'disegnuto  presentarli  prima  che  arrivata  fosse 


MISCELLANEA  119 


la  di  lei  commissione,  al  ricapito  di  questa  altro  non  ho  operato  che 
assicurarmi  che  avrei  con  questo  incontrato  il  suo  genio  e  gradimento, 
e  perciò  nel  caso  nostro  non  vagliono  le  leggi  delle  commissioni,  non 
potendosi  questa  riputarsi  tale  per  l'anzidetta  ragione. 

Prego  infine  1'  E.  V.  a  tenermi  esercitato  con  i  di  lei  riveriti  co- 
mandi, e  presentare  i  miei  ossequi  al  Signor  Filippo  suo  figlio  e  pieno 
di  vera  stima  mi  confermo 

Di  V.  E. 

Catania  26  agosto  1762. 
Di  V.  E. 


Dev.mo  Obb.mo  vero  servid. 
Il  Pkincipe  di  Biscaki. 


S.  E.  Suj.  Conte  Giani.  Mazzuchelli. 


Eccellenza, 

Per  via  di  Palermo  ricevo  i  libri  che  la  generosità  doU'E.  V.  si  è  degnata 
favorirmi,  e  sono  li  due  tomi  del  Bonfadio,  la  vita  del  P.  B.  Barione  Rancati, 
ed  opuscoli  del  Canonico  Gagliardi.  Vorrei  essere  più  di  quello  che  sono 
a  solo  oggetto  di  poter  ringraziarla  doverosamente,  ma  lei,  che  per  la 
sua  bontà  si  contenta  di  tutto,  riceverà  i  miei  ringraziamenti,  e  li  consi- 
dererà se  non  condegni,  almeno  provenienti  da  sincerissirao  animo.  Vorrei 
si  che  r  Eccellenza  vostra  mi  addimostrasse  1'  aggradimento  di  questo 
atto,  con  farmi  degno  di  suoi  ulteriori  comandi,  per  poterli  mostrare  quel- 
l'ossequio, che  mi  fa  essere  perpetuamente 

Di  V.  E. 

Catania  2  agosto  1763. 

Di  V.  E. 

Dev.mo  Obb.mo  vero  servid. 

Il  Principe  di  Biscari. 

Brescia 

S.  E.  Si<j.  Conte  Mazzuchelli 

(Cod.  Vat.  lat.  lOOOi'  fog.  013-19) 


120  MISCELLANEA 


Eccellenaz, 

Le  virtù  egregie  che  adornano  la  distinta  persona  dell'E.  V.  e  che 
a  noi  ella  ha  manifestate  co  i  suoi  dotti  volumi  dati  alle  stampe  vivamente  mi 
spingono  a  venerarla  e  à  riguardar  con  ossequio  il  di  lei  gran  merito. 
Tengo  perciò  ambizione  di  stringere  seco  lei  servitù  ed  amicizia,  per  cui 
la  priego  darmi  l'onore  di  comandarmi  in  tutte  le  occasioni  di  suo  servigio 
e  a  gradire  per  questa  volta  la  primiera  mia  attenzione  che  le  protesto 
con  farle  dono  della  mia  debole  opera  della  mia  [Sicilia  nobile  e  di  un'al- 
tra mia  operetta  intorno  alle  memorie  storiche  degli  antichi  Uffizii  di 
Sicilia,  per  la  rimessa  delle  quali  avrà  la  bontà  l'È.  V.  designarmi  qua 
la  Persona  a  cui  le  flette  opere  si  debbano  consegnare.  Mentre  riveren- 
dola divotamente  me  le  rassegno 

Di  V.  E. 

Palermo  16  marzo  1764. 

Div.  Obblig.  servid.  che  la  riverisce 
Francesco  Emanuele  M.se  di  Villabianca. 

S.  E.  Si(j.  Conte  Gian  Maria  MazzucchelU. 
Brescia. 


Eccellenza, 

Ringraziandola  infinitamente  della  gentilissima  sua  carta  capitatami 
con  quest'ordinario  e  già  por  ossa  tonutissimo  seco  lei  confessandomi 
lo  confosso  d'aver  io  posto  in  esercizio  l'onoro  che  m'arrogai  di  presen- 
tarlo tutti  i  corpi  della  debolissima  mia  Sicilia,  quale  ò  fatto  giugnere 
a  mani  do!  nostro  P.ro  Schiavo  unitamente  colla  sua  lettera  che  l'È.  V. 
difesso  al  dotto  l'.ro  Abbate.  Il  signor  Uuron  Forno  capitò  la  sua; 
ed  ioattond«ndo  i  novelli  onori  di  potere  ammirare  sempre  con  novelli 
argomenti  la  bua  virtù  in  quello  suo  degno  opere  che  con  tanta  genero* 


MISCELLANEA  121 


sita  mi  promette  farmi  arrivare  e  gli  altri  de'  suoi  comandi,  mi  pregio 
essere 

Di  V.  E. 

Pai."  18  maggio  64. 

Div.  Obb.mo  serviti,  vero 
Francesco  M.  Emanuele 
Brescia 

S.  E.  Sig.  Conte  Mazzuchelli 

(Cod.  Vat.  lat.  10006  fol.  55-56) 


Ecc.tno  Sig.re  P.ne  Col.mo 

Il  sistema  tenuto  da  V.  E.  nell'  Opera  sua  degli  Elogj  dei  Scrittori 
d'Italia  ò  stato  universalmonto  applaudito.  Or  siccome  io  vò  pensando 
che  le  sia  già  pervenuta  a  notizia  l'opera  della  Sicilia  Nobile  mercè  gli 
Estratti  del  Valvassense  e  del  Padre  Zaccaria,  cosi  reputo  che  non  le 
sarà  discaro  aver  un  ragguaglio  o  sia  un  ristretto  della  Vita  dell'Au- 
tore por  farne  1'  Elogio  nell'  opera  sua.  A  tal  fine  mi  son  mosso  io  a 
stenderlo  colla  maggior  brevità  ;  e  quinci  ho  preso  l'ardire  di  farlo  qui 
acchiuso  capitare  all'  E.  V.  a  cui,  quantunque  non  habbia  finora  avuta 
seco  vicendevole  corrispondenza  e  servitù,  la  offerisco  d'ora  innanzi,  pre- 
gandola nel  tempo  istesso  a  prenderne  il  possesso  col  comandarmi.  Men- 
tre con  pieno  rispetto  ho  l'onore  di  protestarmi  eternamente 

Di  V.  E. 

Palermo,  16  marzo  1764. 

Divotis.'^  Ohhlig.^^  serv. 
Barone  Agostino  Forno. 

(S.  E.  Sig.  Conte  And."  Mazzucchelli 
Brescia. 

(Cod.  Vat.  lat.  10006,  fol.  152) 
N.  B.  —  Qui  è  sbagliato  il  nome  del  Mozzuochelli. 


122  mìsoellansa 


VII. 


I   MIGLIARESI    IN    SICILIA. 


MiQLiAKESE  (iniltarensìs)  è  parola  di  moneta  già  in  uso  ai  tempi  del- 
l'Imperatore Costantino,  e  si  crede  derivata  dacché  mille  di  quei  pezzi 
avessero  il  valore  di  una  libbra  d'oro.  Il  nome  continuò  sotto  l'Impero 
Romano  e  giunse  al  medio  evo.  Dal  secolo  XII  in  poi,  troviamo  i  mi- 
gliaresi  specialmente  al  Garbo  o  Maghreb,  cioè  nell'Affrica  Occidentale 
e  nella  Spagna  Musulmana;  a  Bugia,  Tunisi,  Murcia,  Maiorca,  all'isola 
di  Gerbe,  a  Costantinopoli  dove  nacquero,  a  Marsiglia  ,  a  Montpellier , 
Napoli,  Pisa,  Rimini,  molto  più  a  Genova  in  grazia  del  suo  vivo  com- 
mercio coll'Affrica.  In  Sicilia  pji,  li  abbiamo  già  nel  1104  e  1133;  e, 
segnatamente,  a  Messina  nel  1257,  dove  si  ripetono  nel  1278. 

vm 

LETTERE   IN   VOLGARE    SICILIANO. 

Due  importanti  lettere  in  volgare  siciliano  (dico  importanti  per  la 
sostanza  e  per  la  lingua)  furono  scritte  nel  1369  (8  e  17  Dicembre)  a 
frate  Angelo  Senisio,  abate  conosciutissimo  del  Monastero  di  S.  Martino 
delle  Scale  presso  Palermo,  da  alcuni  monaci  di  S.  Nicolò  1'  Arena  in 
Catania,  che,  per  volere  di  Urbano  V,  si  erano  trasferiti,  al  pari  di  al- 
tri monaci  farfensi,  a  Monte  Cassino.  Le  pubblicò,  primo  sugli  originali, 
il  eh.  p.  ab.  D.  Luioi  TosTr,  attualmente  Vice-Archivista  di  Santa  Chiesa, 
Storia  della  Badia  di  Monte  Cassino,  Napoli,  1843,  voi.  Ili,  pp.  100-103, 
nelle  Note  e  Docnm.  al  VII  libro  (doc.  M).  Cfr.  il  medesimo  voi.  III.  a 
p.  58.  Sfuggirono  le  detto  lettere  alla  diligenza  di  Francesco  zamijrini. 
Recentemente  poi  le  ha  ristampato  e.  frati  nel  Propugnatore,  Nuova 
Serie,  voi.  I,  fase.  4,  pagg.  51-56. 

IX. 

PER    LA    FILOLOGIA    SICILIANA. 

Ne)  libretto  rarissimo,  intitolato  //  Lauro,  Scherzo  giovenile  del  aig.  Ber' 
nardino  Baldi  da  Urbino.  Ifora  Abbate  di  Guastalla,  Accademico  Affi' 


Miscellanea  123 


dato,  l'Hileo  (In  Pavia,  per  li  Bartoli,  MDC)  precisamente  alla  fine  del 
volume,  leggesi  una  Dichiaratione  cV  alcune  parole  più  diffìcili  ne  le 
Rime  Siciliane  :  e  le  parole  spiegate  sono  settantotto.  Segno  questa  no- 
tizia^ perchè  non  venga  dimenticata  da'  cultori  di  filologia  siciliana. 


X. 


CODICI    GKEOl    DEL    SS.    SALVATORE    DI    MESSINA. 

Nel  fascicolo  di  Maggio  1888  de'  Mélanges  d' Archeologie  et  d' Hi- 
stoire,  che  pubblica  1'  École  Fram^aise  di  Roma,  da  pag.  309  a  pag.  322 
leggesi  un  pregevole  articolo  del  signor  caklo  diehl,  intitolato  Notice 
sur  deux  mani(i<crits  à  miniutiircs  de  la  Bibliothèqne  de  V  Unicer»ité  de 
Messine,  e  mi  par  bene  riassumerlo  per  comodo  de'  lettori  del  nostro 
Archivio. 

Tra  i  Monasteri  Greci  dell'Italia  meridionale,  quello  del  SS.  Salva- 
tore di  Messina  fu,  nel  medio- evo,  fra  i  più  ragguardevoli  e  famosi. 
Fondato,  fra  il  1060  e  il  1065,  dal  gran  Conte  Ruggiero,  ricostruito  e 
riccamente  dotato  da  Ruggiero  primo  Re,  diventò  il  centro  di  una  vera 
congregazione  monastica;  anzi  per  real  privilegio  del  1130,  l'Abbate  del 
Salvatore  venne  inalzato  alla  dignità  Archimandritale  ed  investito  di 
larga  giurisdizione  su  44  Monasteri  di  Calabria  e  Sicilia.  Fino  al  XVI 
e  al  XVII  secolo  conservò  l'Archimandrita  le  sue  prerogative,  benché 
in  persona  dei  noti  Abbati  Commendatari,  grandi  dignitari  della  Chiesa 
ed  anche  grandi  signori  laici.  Oggi,  della  celebre  Badia  nuli'  altro  ri- 
mane che  le  nude  fabbriche  e  alcuni  avanzi  della  ricca  biblioteca  di  un 
tempo.  LUCA,  primo  Archimandrita,  succeduto  nel  1131  all'Abbate  bak- 
tolomeo,  spese'utilmohte  i  45  anni  del  suo  governo  (1 131-1175).  Difatti  nella 
Prefazione  ad  un  Tipico  del  Monastero  (1132)  ci  narra  il  detto  Egu- 
meno, che  ha  riunito  nel  cenobio  un  gran  numero  di  monaci ,  e  chia- 
matovi, per  istruirli,  grammatici,  teologi  ed  altri  professori  in  arti; 
sopratutto,  che  ha  raccolto  per  uso  loro  una  ricca  biblioteca,  ed  in  essa 
le  opere  dei  Padri,  libri  storici,  letterari  ecc.  A  giudicarne  da  quanto  ne  so- 
pravanza, l'Antico  e  il  Nuovo  Testamento  vi  si  veggono  rappresentati 
da  più  manoscritti;  20  volumi  sono  di  8.  Basilio  ;  20  del  Crisostomo; 
altri  dei  duo  Gregorì,  di  S.  Giovanni  Damasceno,  S.  Teodoro  Studita  e 
S.  Giovanni  Climaco.  Non  mancano  le  Omilie  di  S.  Nicola  e  di  8.  Gre- 
gorio Agrigentino  :  poi  vi  sono  Panegirici,  Agiografie,  Menologì,  Octoi- 


1 24  klSOBLLANEÀ 


chon,  Triodon,  Eucologì;  libri  corali,  un  Tipicon ,  un  Nomocanone  im- 
portante, le  Liturgie  di  S.  Giacomo,  di  S.  Marco  e  di  S.  Basilio,  due  vo- 
lumi di  commentari  sulla  Rettorica  di  Ermogene,  un  ms.  della  cronaca 
di  Simeon  Magister,  un  Galeno  del  X  secolo  ed  una  Visita  Archiman- 
dritale  dei  primi  anni  del  XFV,  che  sarebbe  degnissima  di  venir  pubbli- 
cata. In  tutto  sono  175  volumi,  oggi  della  Biblioteca  Universitaria  di 
Messina.  Parecchi  codici  son  palinsesti,  e  conservano;  sotto  la  scrittura 
del  XII  o  XIII  secolo,  più  vetusti  frammenti.  Uno  è  stato  riscritto  fino  a 
tre  volte.  Sotto  la  scrittura  del  XII  appajono  caratteri  del  IX,  ed  an- 
che un'onciale  del  V  o  del  VI,  Opere  di  data  più  recente  sono  final- 
mente scritte  su  diplomi  greci  del  tempo  di  Federico  II,  Manfredi  e 
Carlo  d'Angiò  ! 

n  fondo  del  SS.  Salvatore,  conosciuto  dal  montfaucon  {Bihl.  Bihlio- 
thecar.  I,  198  e  segg.)  dall'  assemani,  dal  possevino,  contiene  due  soli 
mss.  miniati,  e  sono  quelli  più  specialmente  dichiarati  dal  diehl. 

L'uno  è  un  Octoichon  dell'XI  secolo,  che  contiene  otto  miniature  ; 
fra  le  quali  : 

II  Salvatore  circondato  d'una  gloria,  ed  a  ciascun  lato  due  santi 
monaci,  cioè  S.  Giovanni  Damasceno,  S.  Cosma,  S.  Romano  il  Melode 
e  S.  Giuseppe  Innografo. 

La  Madonna  col  Bambino  nelle  braccia;  più,  S.  Giovanni  Damasceno 
fra  un  gruppo  di  monici. 

Cristo  di  singolare  bellezza ,  senza  il  nimbo  crucigero  ,  con  lunga 
barba,  e  grandi  capelli  neri;  sotto,  un  monte  semiaperto,  con  porte  e 
serrature  spezzate,  rappresentazione  dell'inferno  di  cui  Cristo  ha  trion- 
fato; sopra,  la  croce  greca  piantata  in  segno  di  vittoria;  a  dritta,  S.  Gio- 
vanni Damasceno  col  viso  magro  ,  ascetico,  terminato  da  una  lunga 
barba  grigia,  molto  espressivo  ;  in  faccia  a  lui,  gruppo  di  monaci  ai 
quali  mostra  colla  destra  il  Cristo  vincitore,  colla  manca  l'inferno. 

Discesa  di  Cristo  all'inferno:  soggetto  conosciutissimo  nell'  iconogra- 
fia bizantina,  col  nome  di  'Avccaxaoic.  Il  Salvatore,  ritto,  premo  ai  piedi 
lo  porte  dell'inferno.  Colla  sinistra  leva  il  sìmbolo  redentore;  colla  de- 
etra rialza  Adamo  ed  Eva  inginocchiati.  A  dritta,  David  e  Salomone 
in  costumo  d'Imperatori  Bizantini,  e  un  terzo  personaggio,  eho  il  diehl 
erodo  8.  Giovan  Battista.  Poi,  il  Damasceno  e  S.  Cosma  cho  uniscono 
lo  mani  in  sogno  di  adorazione.  .Notisi,  cho  sullo  porte  di  bronzo  di 
Trani;  liavullo,  Monreale,  e  ne'  musaici  di  Torcello,  il  Cristo  è  altresì 
raffigurato  in  piedi  sopra  un  monto,  sollevando  con  una  mano  i  proto- 


MISCELLANEA  125 


parenti,  coll'altra  alzando  il  segno  della  salute;  a  dritta,  due  re  bizantini 
che  rappresentano  David  e  Salomone,  accompagnati  dal  S.  Precursore. 
Stima  il  DiEHL,  che  le  miniature  del  codice  messinese  sieno  poverissime, 
è  vero,  d'invenzione,  però  fatte  sopra  buoni  modelli,  e  questi  modelli  ri- 
prodotti bene.  Del  restO;  non  si  cerchino  proporzioni  esatte,  bensì  na- 
turalezza, grazia,  espressione. 

Il  secondo  dei  due  manoscritti  è  una  raccolta  di  Vite  dei  Santi,  riferi- 
bile airXI  secolo.  In  capo  ad  ogni  biografìa  figura  l'immagine  del  Santo, 
e  se  ne  contano  fino  a  venti;  tra  cui  S.  Teodoro  t  oxpaxTjXaT>ic,  S.  Gio- 
vanni ó  npeopóxepo?,  i  42  Martiri ,  i  40  Martiri,  S.  Teodoro  6  trjpóvog  in 
costume  militare,  S.  Basilio  Amasiota ,  S.  Maria  Egiziaca ,  S,  Zosimo , 
S.  Arsenio  ecc. 

XI. 

I    REGISTRI    DELLA    CANCELLERIA    SICILIANA. 

I  Registri  della  Cancelleria  del  Regno  di  Sicilia,  com'è  noto,  sono  li- 
bri autentici ,  noi  quali  trascrivevansi  dagli  scribi  lo  lettere  archetipo  , 
che  per  le  varie  destinazioni  andavano  spedite.  Godevano  pertanto  i  dotti 
Registri  l' autorità  medesima  ,  che  gli  originali ,  ossia  le  spedizioni. 
Ora  nasce  il  dubbio  :  la  registrazione  degli  atti  faceasi  sulle  lettere 
autentiche,  ovvero  sulle  minute  ?  Pare  a  me  che  sulle  lettere  autetUiche. 
Ho  trovato  infatti  nell'Archivio  Vaticano  (vedi  p.  es.  armadio  C,  fasci- 
colo 38,  n.  G-8)  lettere  originali  della  Cancelleria  nostra,  nel  sec.  XIV, 
colla  piegatura  solita,  ed  in  ossa  scritte  le  parole  :  Regestrata  in  Can' 
celiarla . 

xn. 

PER    LA    STORIA    GEOGRAFICA    DELLA    SICILIA. 

In  una  Notizia  delle  provincie  della  Cristianità,  evidentemente  del 
sec.  IX  incipiente,  che  leggesi  in  un  vecchio  Pontificale  della  Cattedrale 
di  Aosta  (1),  si  enumerano  in  Italia  quindici  provincie;  e  la  Sicilia  vi 


(1)  V.  Docìiments  sur   V  Histoire  EccUsiastique  da  moyen-àge  publiés  par 
Mgr  Joseph  ArcusTE  Due  Évéque  d'Aoste,  Turin,  1885. 


126  MISCELLANEA 


figura  dopo  la  Campania,  la  Tuscia  coll'Umbria,  l'Emilia,  il  Piceno,  la 
Liguria,  Venezia  coll'Istria,  le  Alpi  Cozie,  il  Sannio,  la  Puglia  colla  Ca- 
labria, il  Bruzio  colla  Lucania,  la  Rezia  Prima,  la  Rezia  Seconda,  e 
prima  della  Sardegna  e  della  Corsica. 

Nò  altrimenti  nella  Notizia  pubblicata  dal  Prof.  G.  Waitz  su  d'un 
manoscritto  di  Baraberga  dell'XI  secolo  (vedi  GroROio  Pertz,  in  Archiv. 
d.  Gesellsch.  fili'  altere  deutsche  Geschicht.tom.TK,  pag.  627)  che  presenta 
la  stessa  nomenclatura. 

N'olia  Notitia  Provinciarutn  (ossia  delle  Provincie  di  Cristianità)  data 
dal  Papa  Adriano  I  all'Imperatore  Carlo  Magno  ,  durante  il  viaggio  di 
quest'ultimo  a  Roma  nel  774,  Notitia  edita  da  Schelstrate,  distinguesì 
la  Puglia  dalla  Calabria  ed  omettesi  la  Liguria. 

1\  Provinciale  d'Albino,  chierico  romano  del  XII  secolo,  documento  stam- 
pato da  Gaetano  Cenni  {Monumenta  Dominaiionis  Pontificiae)  enumera 
invece  diciassette  provincie,  perchè  vi  aggiunge  le  Alpi  Pennino  e  le 
Alpi  Graje. 


XIII. 


AGRIGENTO    SOTTO    I    ROMANI, 


Agrigento  ebbe  la  cittadinanza  romana,  come  sembra,  insieme  a  tutte 
le  altre  città  della  Sicilia  ,  mediante  una  legge  postuma  del  Dittatore 
Cesare  (Cic.  ad  Att.  14,  12,  1.  Cf.  Diod,  Sic.  13,  35).  Fu  retta  da  Dito- 
viri,  noti  per  le  monete  (Ecbhel,  Doctrina  Nummoriim,  I,  p.  191  segg. 
Cf.  Coins  in  the  lìritish  Mim.  Sicily,  pag.  22).  Delle  due  lapidi  latine 
che  vi  si  riferiscono,  in  una  (Corpus  Inscr.  Lat.  X,  6316)  è  il  popidns 
AgriijentinuH  che  dedica  qualcosa  a  M.  Favonio  M.  f.  legato  ;  in  un'al- 
tra (7192)  si  logge:  Concordiae  Ayrigentinonim  sacnim,  Res  puhlica  Li- 
Igbitanorum,  dedicantibus  (seguono  i  nomi  del  Proconsolo  e  del  Questore 
della  Sicilia).  Le  due  greche  {Corpus  Inscr.  Graec.  5491,  5492  add.  p. 
1248)  accennano  a  decreti  di  Tipogtvta  emanati  dagli  Agrigentini;  e  uno 
di  ossi  (5491)  probabihnente  si  riferisco  al  tempo,  in  cui  legati  dei  Sì- 
culi vennero  in  Roma,  immediatamente  prima  dell'occupazione  di  Agri- 
gento. V.  MoMNSEN,  Corpus  Inscr.  Lat.  p.  737. 


MISCELLANEA  127 


XIV. 

PER    l'epistolario    DEL    P.    VENTURA    E    DI    MICHELE   AMARI. 

Per  chi  volesse  un  giorno  occuparsi  di  compiere  le  Opere  del  famoso 
Teatino  colla  raccolta  delle  sue  Lettere,  noto  in  queste  pagine,  che  nei 
Miei  Ricordi  di  Marco  Minghetti,  voi.  I,  Roma,  Roux  e  C.  editori,  1888, 
due  no  son  pubblicate,  dirette  al  medesimo  Minghetti,  in  data  dei  18  Di- 
cembre 1847  e  9  Marzo  1848.  Leggonsi  apag.  315  e  396  del  menzionato 
volume. 

Un'altra  di  Michele  Amari,  31  Dicembre  1847,  è  pubblicata  a  pa- 
gina 325. 

XV. 

CODICE    GRECO    COMPRATO    A    MESSINA    NEL    1385. 

Del  passaggio  di  Papa  Urbano  VI  per  Messina  nell'anno  1385  rimane 
memoria  in  un  codice  groco  della  Laurenziana,  11,  9,  contenente  0- 
mille  di  S.  Giovan  Crisostomo.  (V.  Collezione  Fiorentina  di  Vitelli  e 
Paoli,  tav.  XXXVII  de'  fac- simili  greci).  Il  codice  sarebbe  stato  scritto 
nell'anno  del  mondo  6529,  corrispondente  all'anno  di  Cristo  1021,  indizione 
IV,  ciclo  lunare  XII,  ciclo  solare  V,  dal  monaco  Luca,  per  conto  del  prete 
Isidoro,  Abbate  del  Monastero  di  S.  Giovanni  Apiro.  Il  monaco  Luca 
potrebb'easere  il  medesimo  che  copiò  nel  1013  un  Evangeliario  ora  con- 
servato nella  Biblioteca  dell'Escuriale,  se  anche  quegli  era  un  monaco 
basiliano  dell'Italia  meridionale. 

La  postilla,  che  c'interessa,  leggesi  nel  margine  superiore  di  carte  198,  e 
dice  che  il  manoscritto  fu  compi'ato  per  tredici  tari  da  frate  Ambrogio  di 
Reggio  di  Calabria,  nell'  epoca  in  cui  il  Papa  Urbano  VI  andò  a  Mes- 
sina,  nel  mese  di  Agosto  dell'anno  6893,  corrispondente  al  1385  di 
Cristo. 


128  MISCELLANEA 


XVI. 


CHIESA  DI  S.  LUCIA  PRESSO  FOLIGNO — PER  LA  STORIA  DEL  CULTO  DELLA  SANTA. 

La  Chiesa  di  S.  Lucia  in  quel  di  Foligno  sorgeva  presso  il  ponte 
dello  stesso  nome,  nella  Parrocchia  del  Castel  di  Pale,  in  un  poggetto 
sulla  sinistra  del  fiume  Menotre  vicino  ad  un  villaggio  di  poche  famiglie, 
che  si  chiama  tuttora  Ponte  di  Santa  Lucia.  Venne  eretta  circa  l'anno 
970  per  opera  di  un  Conte  Monaldo,  ricco  signore  di  Foligno,  che  pos- 
sedea  molte  rocche  e  castelli  del  territorio.  Poco  appresso  tale  erezione 
la  Chiesa  doveva  avere  qualche  importanza,  poiché  la  strada  che  con- 
duce a  Scopoli  nell'anno  1083  è  chiamata  strada  di  S.  Lucia,  ed  il 
ponte  che  traversa  il  Menotre  è  detto  nel  1087  ponte  di  S.  Lucia.  La 
Chiesa  dunque  dava  nome  ad  una  strada,  ad  un  ponte  e  ad  un  villaggio. 

Nel  Luglio  del  1087,  un  nepote  o  pronepote  di  Monaldo ,  Monaldo 
egli  pure,  donò  un  podere  alla  Chiesa  ;  la  quale  in  breve  divenne  Par- 
rocchia, fu  retta  da  un  Priore,  fatta  Collegiata,  e  per  lo  spazio  di  circa 
tre  secoli  ebbe  il  suo  Capìtolo  composto  di  un  Priore  e  di  quattro  Ca- 
nonici. Però  possedendosi  dal  Monastero  di  Sassovivo  case  e  poderi  nelle 
pertinenze  del  ponte  di  S.  Lucia,  insorsero  frequenti  quistioni  per  ra- 
gion di  confini  fra  i  Priori  di  S.  Lucia  e  gli  Abati  di  Sassovivo.  Verso 
la  fine  del  secolo  XIII,  e,  precisamente,  nell'anno  1281,  la  Chiesa  della 
nostra  Santa,  stata  già  sotto  la  giurisdizione  dell'Ordinario  di  Foligno, 
venne  dal  Vescovo  Fra  Paparone  Romano  ceduta  all'Abbadia  di  Sassovi- 
vo: cessione  che,  nel  1301,  trovasi  approvata  da  Bonifacio  Vili,  e,  nel 
1421,  da  Martino  V. 

Soleasi  tenere  in  quei  secoli  presso  il  ponte  menzionato,  sito  com'era 
in  posto  centrale,  la  Fiera  di  Santa  Lucia,  ricca  di  affari  e  frequentata 
assai  da  tutti  gli  agricoltori,  mercanti,  artigiani  del  Comune  di  Foligno, 
e  dei  vicini  castelli  del  (^amerinose.  La  Piera  fu  celebrata  la  prima  volta 
nel  1429,  per  bando  di  Corrado  Trinci  signoro  di  Foligno,  e  solca  du- 
rare tre  giorni.  Gli  accorrenti  poteano  libGrament(i  vendere  e  com- 
prare lor  merci  senza  pagar  dazio  alcuno.  Si  continuò  così  fino  ni 
tempi  nostri. 

Nel  1486,  la  Chiesa  dedicata  alla  santa  martire  siracusana,  da  par- 
rocchiale che  era  e  residenza  anche  di  alcuni  monaci,  videsi  privata  di 
tutti  i  dritti,  ed  unita  alla  Cura  di  Pale,  il  cui  Parroco  da  quel  tempo 


MISCELLANEA  129 

fu  anche  Rettore  di  S.  Lucia.  Siffatta  innovazione  sogna  il  principio  della 
decadenza.  Su'  primordi  del  presente  secolo  comineiò  a  minacciare  ro- 
vina, 0  venne  infino  demolita  nel  1878.  Se  non  che,  in  surrogato  so  no 
iniziò,  l'anno  appresso,  una  nuova  per  opera  del  P.  Nazareno  Casali,  Cap- 
puccino di  Foligno,  Arciprete  di  Pale. — Venne  però  compiuta  soltanto 
nel  1885  a  cura  del  benemerito  e  dotto  amico  mio,  Can.  Don  Michele 
Faloci  Pulignani,  allora  economo  spirituale  di  detta  Parrocchia.  Il  mi- 
glior ornamento  deMa  chiesuola  ò  la  venerata  immagine  della  santa  ti- 
tolare, colorita  in  tela  dal  signor  Carlo  Botti  pitton,  fulginate,  e  chiusa 
in  ricca  cornice.  Il  prospetto  ha  una  porta  con  una  lunetta  sovrastante, 
od  ivi  una  mozza  figura  della  santa  martire  di  Siracusa. 

Ho  cavato  queste  notizie  dall'  opuscolo.  La  Chiesa  di  Santa  Ladri 
del  Ponte,  presso  il  Castello  di  Pal<i,  Cenno  Istorico  di  D.  Michele  Fa- 
loci PoLiGNANi,  Foligno,  1885. 

XVII. 

I    BAnniERI    INTRODOTTI    IN    KOMA    DALLA    SICILIA. 

Richiamo  l'attenzione  su  questo  passo,  che  incontro  nel  De  L'è  Rustica 
di  Vakuone,  oche  si  riferisco  ad  un'antichissima  iscrizione  ardoatina  con- 
cernento  la  Sicilia.  Dico  il  dottissimo  fra  i  Romani  :  Tonsoves  in  Jlaliatn 
priiniim  ex  Sicilia  retiissc  post  Jìouiain  conditain  anno  CCCCLlllI,  ut 
soiptum  in  2>iddico  Ardeae  in  litteris  extat.  (II,  11,  10).  Dunque  l'uso 
di  radersi  la  barba  sarebbe  stato  introdotto  dalla  Sicilia  in  questa  me- 
tropoli nell'anno  di  Roma  454. 

XVIII. 

PEH    LA    STORIA    DELLA    FILOSOFIA    IN    SICILIA. 

L'Ab.  Domenico  Gravina  sostenne  in  un  suo  opuscolo  Dell'  Origine 
dell'Anima  Umana^  che  quos.a  venisse  per  traduce  dai  parenii  contro 
l'opinione  generale,  che  la  vuole  creata  da  Dio  volta  per  volta  poi  sin- 
goli ed  infusa  nel  corpo  loro.  Il  libro  fu  denunziato  alla  Sacra  Congre- 
gazione dell'Indice;  però  il  P.  Trullet,  Minore  Conventuale,  Consultore 
dell'Indice  stesso,  credette  difenderlo  e  così  stornò  la  condanna.  Il  voto 
del  P.  Trullet  a  favore  del  nostro  Gravina  porta  la  data  del  2  Marzo 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XV  9 


130  MISCEIJ.ANEA 


1875,  ed  è  stato  pubblicato  ,  insieme  coli'  altro  del  medesimo  a  favore 
del  Rosmini  (18  Marzo  1854)  col  seguente  titolo  :  Parere  intorno  alle 
dottrine  e  alle  opere  di  Antonio  Rosmini  Serbali  e  sugli  scritti  del 
P.  Domenico  Gravina  Abate  Cassinese,  circa  l'origine  dell'anima  umana, 
del  P.  Angelo  Tritllet,  Minore  Conventuale,  Constdtore  della  S,  Congre- 
gazione dell'Indice,  Modena,  coi  tipi  di  G.  F.  Vincenzi,  1882,  .in  8°.  Si 
sa,  che  l'opinione  del  celebro  Roveietano,  specialmente  espressa  ucW'An- 
tropologin,  ò.  più  o  meno,  la  stessa,  cioè  che  l'anima  umana  si  molli- 
plichi  per  generazione  :  proposizione  che  è  fra  le  quaranta  oggi  con- 
dannate dal  Sant'Uffizio.  Gli  editori  dei  Voti  sopradetti  (che  erano  se- 
creti e  vennero,  non  si  sa  come,  divulgati)  li  fecero  seguire  da  talune 
Aggiunte  sull'Origine  delVanima  umana,  in'appendice  ai  medesimi,  dalla 
pag.  419  alla  486. 

XIX. 

S.    LUCIA    E    DANTE, 

È  nota  la  divozione  di  Dante  per  la  Vergine  Madre  di  Dio  e  per 
la  nostra  S.  Lucia.  Dell'una  scrissi  lungamente  in  altro  mio  lavoro  (1). 
Della  seconda  dirò  due  parole  adesso.  ' 

Or  bene  !  L'Aliohieui,  nella  Commedia,  si  appella  fedele  della  Mar- 
tire illustre  di  Siracusa,  e  la  scaglie  a  simboleggiare  la  grazia  divina 
od  illuminante. 

Nel  Canto  II  AeW Inferno  Beatrice  gli  parla  prima  della  Donna  gen- 
tile; poi  continua  : 

"  Questa  chioso  Lucia  in  suo  dimando, 
'  K  disse  :  or  abbisogna  il  tuo  fedele 
"  Di  te,  ed  io  a  tt^  lo  raccomando. 


'  Lucia,  nimica  di  ciuscun  crudele, 
'  Si  mosso,  0  venne  al  loco,  dov'io  ora, 
"  Cho  mi  scdea  con  l'antica  Rachele 

*  E  disse  etc.  (2) 


(1)  La  lientd    Vergine  nella  Poesia  Italiana,  Napoli,  1887. 

(2)  Versi  97-102. 


MISCELLANEA  101 


Nel  IX  dol  Purgatorio  la  Santa  ò  adombrata  dall'  aquila  con  ptiuno 
d'oro,  che  il  Poeta  vede  in  sogno  mentre  sta  per  entrare  in  quel  regno 
d'espia/.ione.  Svegliatosi,  Virgilio  così  gli  dico  : 

"  Tu  so'  ornai  al  Purgatorio  giunto  : 

"  Vedi  là  il  balza  dio  '1  chiudo  dintorno  : 

*  Vedi  l'entrata  là  've  par  disgiunto. 

"  Dianzi,  nell'alba  che  procedo  al  giorno, 

*  Quando  l'anima  tua  dentro  dormia, 

"  Sopra  li  fiori  onde  laggiù  è  adonio, 

"  Venne  una  donna  e  disse  :  i'  son  Lucia  : 

*  Lasciatemi  pigliar  costui  clic  dorme, 
"  Si  l'agevolerò  per  la  sua  via. 

*  Sordel  rimase,  e  l'altro  gentil  forme  : 
"  Ella  ti  tolse,  e  come  '1  dì  fu  chiaro, 

"  Sen  venne  suso,  ed  io  per  le  sue  orme. 

'  Qui  ti  posò;  e  pria  mi  dimostrare 

*  (Ili  occhi  suoi  belli  quell'entrata  aperta; 

"  Poi  olla  e  '1  sonno  ad  una  se  n'andare  (1). 

Quanta  bellezza  in  questo  tocco  di  magistrale  pennello,  in  cui  dicosi 
che  Lucia,  senza  parlare,  accennò  cogli  occhi  all'entrata,  cioè  alla  porta 
del  Purgatorio  ! 

Finalmonto  nel  XXXII  del  Paradiso,  dimostrando  San  Bernardo  al 
Poeta  i  seggi  do'  Santi  sì  del  Veccliio  come  del  Nuovo  Testamento,  con- 
tinua in  tal  guisa  : 

*  E  contro  al  maggior  Padre  di  famiglia 

*  Siede  Lucia,  che  mosso  la  tua  Donna 
"  Quando  chinavi  a  minar  le  ciglia.  (2) 

Noi  Convito  da  ultimo  ci  fa  sapere  che  ,  so  egli  avesse  da  imporre 
nome  a  dua  città,  una  intitolerebbe  Maria,  l'altra  Lucia...  luimaginiamo 
adunque...  sin  una  Citlà  ,  e  abbia    nome  Maria E  tjui  immaginiamo 


(l)  Versi  49-63. 
(•2)  Versi  13G-138. 


132  MI'^rEM.ANRA 


un'altra  Città,  che  abbia  nome  Lucia sicché  li  cittadini  di  Maria  ten- 
dono le  piante  contro  le  piante  di  quei  di  Lucia  „  etc.  Si  aggiungano 
siffatte  testimonianze  tlaiilio.scho  :i  quello  di  ogni  sorta,  ch'io  vo'  racco - 
glieodo  sul  culto  dell'eroina  celeberrima,  che  illustrò  la  Sicilia  sugli  inizi 
del  seool  quarto. 

XX. 

MEMORIA    DI    S      AGATA    A    FOLIGNO. 

Sulla  porta  della  Chiosa  di  S.  Tommaso  alli  Cipischi  in  Foligno- vo- 
desi  un'epigrafe,  che.  ia  una  facciata  del  secolo  XVIII,  ricorda  epoche 
assai  più  antiche.   È  in  caratteri  gotici  e  versi  leonini.  Dice  cosi  : 

Fost  aniiùs  mille,  posUjuam  nutns  fiiit  ille 
Qui  Hos  2^li<>!tnavit,  qui  verbo  cuncta  creavit, 
Lapao  crnleno,  cnrrena  tane  noniiqup  (jenus 
Edem  fundapit  ipsam  Doininoqiie  sacrarli 
Fulginei  Presul  Ansehnùs  et  hit  Nuceriniis 
Prudens  et  sapiens,  pollens  et  in  ordine  primus; 
Ut  sìt  onor  patri  Thoine,  sit  gloria  mairi 
Agate  dìgne,  sanele  justeqne  benigne. 
Mtirtir,  Kume  precea,   Thomas,  et  snscipe  laudes, 
Qiias  referns  Domino,  cam  quo  perpetuo  gaxidcs. 

La  quale  iscrizione  tradotta  in  italiano  suona  così  : 
"  Correndo  l'anno  novantesimo  dopo  il  mille  e  cento  (1190)  dacckò 
nacque  Colui  che  con  una  parola  plasmò  noi  e  creò  tutte  lo  cose  ,  An- 
selmo Vescovo  di  Foligno  e  di  Nocora  ,  uomo  prudente  cs  saggio  ,  che 
tenne  il  primo  luogo  fra  i  colleglli,  fondò  (piesto  tempio  e  lo  consacrò 
al  Signore  in  onore  di  San  Tommaso  e  a  gloria  di  sant'  Agata  ,  degna 
santa  e  giusta.  0  martire  Tommaso  ,  accetta  lo  preghiere  o  lo  lodi  e 
presentale  al  Signore  col  quale  ti  bei  perpetuamente.  , 

Adunque  la  Chiesa  venne  fondata  nel  1190  da  Anselmo  Vescovo  di 
Foligno  e  di  Nbcera,  il  (juale  dodicolla  a  S.  Tommaso  Apostolo  ed  alla 
nostra  S.  Agata.  L'iscrizione  fu  già  pubblicata  'rxeW Italia  Sacra  doH'U- 
«iiiKi.i.i  (Venezia,  1717,  voi.  I,  col.  (597),  poi  dal  mio  dotto  amico  fui- 
ginate  Don  Miciillb  Faloci  ì'ulio.nani  noW Archivio  Storico  per  le  Mar- 
cile e  per  V Umbria  (vedi  del  medesimo  Iscrizioni  Medioevali  di  Foligno , 


voi.  I,  Foligno,  1884,  p.  27;  e  finalmente  dal  Phof.  Ernesto  Monaci^ 
che  la  considera  bel  documento  per  la  storia  della  poesia  e  della  rima 
in  Italia.  Anch'  io  ho  da  lungo  tempo  intrapreso,  come  contributo  alla 
storia  della  rima  nell'  età  ine/zanu  ,  una  laccoUa  d' iscrizioni  metriche 
leonine  che  spero  non  tarderà  a  venir  fuori. 

Ho  cavato  le  notizie  per  ora  date  da  un  articolo  del  medesimo  be  • 
nemerito  PALocr ,  pubblicato  nella  Gazzetta  di  FoUyiio  del  22  Dicem- 
bre 1888. 

X.XI. 

NOTIZIE    SICULE    DEL     SECOLO    XVIll. 

Da  un  codice  del  nuovo  fondo  vaticano  (numero  10193)  che  il  mio 
amico  Cav.  Giuseppe  Salvo  Cozzo  sta  catalogando;  codice  che  s'intitola 
Avvenimenti  sotto  il  pontt'fìciito  ili  Pio  VI  ihill'Knno  1775  al  1800  rac- 
colti (la  Francesco  FoKru.\ATi  ;  tolgo  i  seguenti  brani  comunicatimi  dal 
medesimo  Salvo. 

"  A  dì  M  luglio  178G.  Mori  il  Cardinal  Antonio  Colonna  Branciforto 
del  titolo  di  S.  Maria  in  Via.  Vescovo  di  Girgenti,  nato  in  Palermo  28. 
Gennaro  1711.  creato  Cardinale  da  Clemente  XLll.  Rezzonico  li  2G.  17GG. 
di  Settembre  e  sepolto  in  quella  Cattedrale  ,  —  car.  77. 

"  A  dì  -U  luglio  1788.  In  casa  del  Cardinale  Gio.  Francesco  Albani 
ed  alla  sua  presenza  come  a  quella  di  alcuni  testimoni  e  del  >iotaro 
medesimo  fu  aperta  una  lettela  scritta  li  31  luglio  178G.  dal  Cardinale 
Antonio  Colonna  Branciforte  prima  dolla  sua  morte,  diretta  al  suddetto 
Cardinale  Albani  con  la  proibizione  sotto  sigillo  di  confessione  che  non  si 
fosse  aperta  che  dopo  compiti  li  due  anni.  La  suddetta  lettera  avoa  messo 
in  curiosità  il  Pontefice,  li  Cardinali  e  molte  altre  persone,  e  tutto  il  con- 
tenuto della  medesima  consisteva  che  lassava  scudi  20  mensualmente  al 
suo  Segretario  e  scudi  20  al  maestro  di  casa  loro  vita  durante  ,  ed  il 
resto  della  sua  miserabile  eredità  lassò  tutto  all'Ospedale  di  S.  Spirito; 
ma  per  pagare  il  sud.  mensuale  assegnamento  di  scudi  40 ,  non  vi 
era  altro  che  una  misera  vigna  ben  deserta  ,  che  il  frutto  di  essa  non 
bastava  neppure  a  pagare  lo  speso  della  lavorazione.  Il  suddetto  Car- 
dinale avea  spregato  moltissimo  in  tempo  di  sua  vita,  avendo  dato  di 
mano  perfino  alli  capitali  della  Prelatura  ,   (car.  07). 


ìài 


MlrfCELLAJNEA 


■  A  dì  28  tlecembro  1789.  Per  ordine  pontificio  fu  arrestato  e  con- 
dotto in  Castel  S.  Angelo  Giiisoppo  Balzamo  Palermitano  ,  facendosi 
chiamare  il  Conte  Cajostro,  mandato  in  Roma  per  stabilire  una  Loggia 
di  Framasoni.  Era  il  medesimo  uno  dei  capi  di  quella  setta,  avendo 
già  presso  di  se  qui  in  Roma  molti  seguaci  che  fuggirono  nell'atto  del 
suo  arresto  Fra  questi  vi  era  ancora  il  Marchese  Vivaldi.  Gli  furono 
trovati  al  suddetto  Cajostro  molti  danari  ,  gioje  ed  argenti  che  il  tutto 
fu  descritto  e  messo  in  luogo  deposito  a  favore  della  moglie;  gli  furono 
trovate  ancora  molte  carte,  libretti  ed  altri  attrezzi  che  gli  servivano 
per  quella  falsa  Religione  ,  ed  il  tutto  fu  abbrugiato  per  le  mani  del 
Boja  sulla  Piazza  della  Minerva  li  -1  maggio  1791.  Il  Tribunale  del  Go- 
verno fabbricò  il  processo  contro  il  Cajostro  e  li  suoi  seguaci  e  la  Con- 
gregazione dei  Cardinali  del  8.  Oflizio  condannò  a  morire  abbrugiato  il 
Conto  Cajostro  con  tutti  li  suoi  scritti  come  si  è  parlato  di  sopra  ! 
ma  mediante  la  clemenza  di  Pio  VI  gli  premutò  la  pena  condannandolo 
in  perpetuo  nella  fortezza  di  S.  Leo  ove  dopo  qualche  anno  mori  im- 
penitente. Lo  scoprimento  di  questo  scellerato  e  capo  di  quella  iniqua 
setta,  avvenne  che  Margarita  sua  moglie  e  nostra  Romana,  avendola  il 
detto  Cajostro  sposata  iu  altro  tempo  che  era  in  Roma  ,  che  subito  la 
condusse  in  diverse  parti  del  Mondo,  la  quale  in  tutto  il  tempo  del  suo 
maritaggio  era  stata  sempre  racchiusa  nella  sua  abitazione,  non  facen- 
dola trattare  con  veruno  a  motivo  che  la  medesima  non  volle  mai  u- 
nirsc  alle  sue  scellcragine;  finalmente  alia  suddetta  Margarita  le  se  detto 
la  favorevole  combinazione  che  dalla  parte  dei  cortili,  ove  abitava,  gli 
venne  fatto  che  da  una  feritora,  potò  discorrere  con  una  vicina,  racco- 
manàandosi  alla  medesima  che  iu  quel  medesimo  luogo  vi  avessero  fatto 
venire  un  confessore  dovendogli  ostornaro  un  affare  premurosissimo  ,  e 
difatti  pochi  momenti  dopo  'si  presentò  il  richiesto  Confessore  nell'indi- 
cato  sito,  al  quale  la  medesima  svelò  tutto  l'affare,  dandoglie  la  facoltà 
di  palesare  con  segretezza  il  tutto  a  chi  si  doveva  ,  acciò  potesse  una 
volta  liborarse  da  quella  tirannia,  e  riprendere  il  corso  della  S.  Religione 
che  gli  era  stalo  proibito  di  fare.  Di  fatti  il  Confessore  con  sollecitu- 
dine oprò  il  tutto  ed  in  detto  giorno  eseguì  la  carcerazione  del  Conto 
Cajostro,  conduccndo  la  sua  moglie  per  sua  maggior  sicurezza  nel  Mo- 
nUtoro  di  H.  Apollonia  o  poi  in  quello  di  S.  Uufiiia  di  dove  uon  vuoilo 
])iù  sortirò  ,  (car.  107). 


Miscellanea  l35 


XXII. 


CENSO    DEL    REGNO    DI    SICILIA    ALLA    CORTE    ROMANA 

Abbiamo  due  bolle  di  Niccolò  IV  (conservate  in  originali  agli  Archivi 
del  Vaticano,  Arni.  C,  fase.  XIII,  i\'\  2,  e  Ann.  XIII,  caps.  XV,  n*  14) 
che  sono  relativa  alla  riscossione  del  censo  dovuto  alla  Sede  Apostolica 
in  Francia  e  nel  Kegno  di  Sicilia.  In  generale,  quelli  che  pagavano  i 
censi  in  Corte  di  Roma  formavano  un'eccezione.  I  l'api  erano  obbligati  a 
deputare  appositi  percettori.  Cf.  la  bolla  degli  11  Settembre  1212  (roT- 
THAST,  n"  4591). 

XXIIl. 

LA  VISITA  ad  Umina  te'  vescovi  siciliani  nel  sec.  xiii. 

L'uso,  in  generale,  dtdla  visita  '/'/  limina  ajjoslolonon  è  antichissimo 
pe'  Vescovi,  e  diventò  ben  presto  regola  goiieiale.(Cf.  Thomassin,  Aucieuve 
et  Nouvelle  Discipline  de  V É(f1ÌM\  tom.  II.  col.  1515).  Lasciando  per  ora 
i  secoli  antichi,  avverto  che  fin  dalla  prima  metà  del  XIII  si  notano  di- 
ligentemente, noi  così  dotti  irovinciuìi,  gli  obblighi  a  cui  son  tenuti, 
su  di  ciò,  i  Vescovi  de'  vari  paesi.  Il  ms  4998  della  Biblioteca  Nazionale 
di  Parigi  contiene,  al  fol.  65,  un  Frotùnciaìe  dc\  1230,  in  cui  si  legge:  Isti 
dehent  visitare  eccìesiaìii  liomanam  singulis  hienniis  :  T/teutonic.i,  llnugari, 
Gallici,  Provinciulcs,  siculi.  Anglici,  Ilijspaxi.  Dunque  l'obbligo  pe'  Ve- 
scovi Siciliani  era  otjni  duo  anni. 


XXIV. 


*  S.    MARIA    DELLA    CATTOLICA. 

Il  privilegio,  che  davasi  alle  più  importanti  fra  lo  CìiìesG  non  Catte- 
drali, di  possedere,  cioè,  un  battistero,  valeva  loro,  fra  i  Greci,  il  nome 
di  Kiitholiki.  Da  qui  la  denominazione  della  nostra  S.  Maria  della  Cat- 
tolica. 


136  MISCELLANEA 


XXV. 


S.  METODIO    SIRACUSANO. 


S.  METODIO  siRACUSAXO  tenne  il  Patriarcato  di  Costantinopoli  dall'an- 
no 842  al  14  Giugno  840.  Il  Fabricio  gli  attribuisce  una  compilazione 
storica  in  greco,  che  pare  al  Ferrai  quella  medesima  che  in  traduzione 
conobbe  ed  usò,  nell'XI  secolo,  mariano  scoto  (1).  Il  titolo  dell'opera, 
che  all'età  del  fabricio  conservavasi  manoscritta  dall' hottinger  ,  è  il 
seguente  :  Toò  àyioD  MsGoSiou  HaTpiapxo'J  J^spl  xòiv  o'jox'jtstog  xóonou  aujji^àvxcov 
xal  T(òv  r.sXXóvxtóv  ouii^aivc-v  ùj  xb  igr^g  (Cf.  io.  alb.  fabric.  BibUoth.Grae- 
ca,  V,  p.  260,  che  cita  1' hottinger,  Biblìothecariinn  Qxadripartituw, 
pp.  98,  99,  ed  afferma  il  Chroiìiron  Methodri,  citato  da  mariano  scoto, 
esser  opera  del  Patriarca  Costantinopolitano). 

Tutti  gli  scritti  di  questo  s.  mrtodio  ,  confessore  e  perciò  diverso 
dal  martire  che  pati  sotto  Diocleziano  (Cf.  Ada  Sanctor.  Boll.  18  Sett. 
§.  II,  Antuerpiae,  1755)  si  diffusero  in  Occidente  in  traduzioni  latine: 
per  es.  quella  sulla  passione  di  S.  Dionigi  {De  Passione  S.  Dionysii 
a  METHouio  coKSTANTiNOPOLiTANo  (ji'aece  dictata,  et  ah  Anastasio  latine 
scripta.  Vedi  pure  De  JJiomjsio  Areopagit»  Petri  Francisci  Ciiifleth 
Dissertano,  Parisiis,  1676,  in  8°,  Un'altra  traduzione,  più  recente,  tro- 
vasi nel  volume  intitolato  Opera  S.  Dionysii  cura  Petri  Lansleii,  Parisiis, 
1615,  in  fol.).  Di  poco  posteriore  al  nostro  S.  metodio  è  il  traduttore  più 
antico,  cioè  quell'Anastasio  Bibliotecario  che  avrebbe  anche  volto  in  la- 
tino le  cronografie  di  Nicoforo,  di  Giorgio  Sincello,  di  Teofane  ed  altre 
opere  di  letteratura  ecclesiastica  bizantina.  L'Urlioiis  infine  ci  ha  fatto 
sapere,  che  non  pochi  scritti  di  un  Metodio  (e  pare  sia  il  nostro)  con- 
scrvansi  nel  ma.  della  Vaticana  lieg.  n.  219  (vedi  Codex  Urbis  Romae 
Topographkus,  Wircenburgi,  1871,  p.  113). 


(I)  V.  IJiinu  d' AÌeamndria  e  i  Cronisti  Milanesi  drt  atc.    XIV,  in    ÙuUeit, 
dell' Iitituto  Htorico   Italiano,  nuin.  7,  pogg.  1 17-120. 


ktSCELLANliA  IS? 


XXVI. 
QUADRO    DI    FRANCESCO    MARINO    A    ROMA. 

Nella  Basilica  dei  SS.  XII  Apostoli  in  Koma,  nella  prima  Cappella 
del  lato  sinistro,  dedicata  alla  B,  Vergine  della  Pietà,  di  gius  patronato 
della  nobilissima  Casa  Muti-Bapazzurri ,  il  quadro  dell'  altare  è  opera 
di  Francesco  Marino  pittore  siciliano,  e  rappresenta  la  Deposizione 
dalla  Croce.  Viene  reputato  per  lavoro  di  pregio. 

XXVII. 

RISCONTRO    Dt    UNA     CANTILENA    FANCIULLLSCA. 

Un  riscontro  colla  nota  cantilena  siciliana  del  Re  hefè  (riscontro  che 
non  sarà  certo  sfuggito  al  nostro  dotto  e  infaticabile  Doti.  Pitrì:)  trovo, 
quanto  alla  forma  metrica,  in  quest'  altra  cantilena  fanciullesca  di  Fi- 
renze : 

Vecchia  bifecchia 
biribissi  in  vecchia  o  filumecchia 
mi  faresti  una  torta  bitorta  "? 
biribissi  in  torta  e  filmnorta  ec:. 

ed  in  questialtra: 

Una  volta  c'ora  una  donetta 
ninetta  buffetta  precetta  o  cornetta, 
che  aveva  unti  gallina 
piccina  buff'ina  precetta  o  comina  ecc. 

(V.  A.  Straccali  e  S.  Feuraui,  Ninne-nanne,  Cantilene  e  Giuochi  Fan- 
ciullenchi  uditi  in  Firenze.  Firenze,    Carnesecchi,    188G,  pp.  13-4). 


Ì38  MiscellaS^èà 


XXVIII. 

OPERE    CHE    CONCERNONO    LA    SICILIA. 

Fischer,  Beitraege  zar  physisclien  Geographie  der  MiUelmecrlamler 
hesonders  Sicilien.  Lipsia,  Ivos,  1877. 

Il  Dott.  FiscHEU  era  libero  docente,  quando  scrisse  queste  sue  os- 
servazioni sul  mare  di  Sicilia.  Adesso  (1888)  è  professore  di  Geografia 
nell'Università  di  Marburg. 

WiNKELMANN,  SiciUsche  und  Paepstliche  Kamlei  ordnungev  des  13  la/ir- 
hunderls.  Innsbruck,  1880.  Mit  cinem  Facsimile. 

AuGUSTUs  MuELLER,  l)e  Scriiìtonbii'i  rerum  a  M.  Claudio  Marcello  in 
Sicilia  gestarum.  Halis  Saxonum,  188J.  E  un  diligente  studio  sulle  fonti 
della  seconda  guerra  punica  in  Sicilia. 

De  Stesìchori  et  Ibi/ri.  DUihcto  et  copia  vrìjondn.  Dissertatio  quain... 
publice  defendet  auctor  Robertls  Hoiste.x  Ponieranm.  Gryphiswaldiae 
(Altenburgi,  typ.  officinae  aulicao  Piererianae)  1881,  8".    p"  pp.  78 

Faloci  Pulkìnasi,  La  Chiesi  di  Santa  Lucia  del  Ponte  presso  il  Ca' 
stello  di  Pale.  Foligno,  Sgariglia,  1885,  in  4".  di  pagg.  16. 

Lo  s tosso.  Triduo  di  preghiere  in  preparazione  dtlla  festa  di  S  Lucia. 
Foligno,  Tomasini,  1886,  in  16',  di  pag.  16. 

Carlo  Meukkl,  Manfredi  I  e  Manfredi  II  Lancia.  Contributo  alla 
storti  politica  e  letto-aria  itulinna  tteW epoca  Socva.  Torino,  1886. 

Pasolini  P.  D.  I Realidi  Saooja  in  Sicilia.  1713.  Imola,  Galeati,  1888. 

XXIX. 

FONTI    TER   LA   STORIA    DELLA    CASA    VENTIMIQLIA. 

Ludovico  de  Vauzelles,  Vie  de  Jacques  Comte  de  Vintiniille,  Orléans, 
Ilorluison,  1805;  Marc  de  VìntiniiUe  ou  les  Cheoaliers  de  lìhodij,  Orléans, 
•Jacob,  1800;  Discours  de  Vh'Uor  et  généalogi"  des  Comtes  de  VintinììUe, 
Lyon,  Impr,  Ayme  —  Vingtlriniòro. 

Francesco  Z.\iìzeka,  De  Funiil.  illastr.  itul.  iìful.  de  Comitibus  Vin- 
timilii. 

QiorrREDO,  Storia  delie  Alpi  Marittime. 


Miscellanea  139 


Robert  Dominique,  llistoirc  genmlogique  de  la  Maison  de  Vintimille, 
Villefranche,  1681. 

Conte  E.  Cai.s  di  Pieklas,   /  Conti  di   Vmtiiniglia,  Torino,  1884. 

Lanteri,  Indice  Cronologico  manoscritto  di  documenti  riguardanti  i 
Conti  di   VentiinigUa. 

Rossi  Gikolamo,  Storia  della  Città  di  Vektimigi.ia,  Oneglia,  Ghilini, 
1888,  tutto  il  Capitolo  Quarto  ,  più,  <la  pag.  85  a  pag.  87. 

Vincenzo  Palizzolo  Gravina,  La  Nobiltà  Siciliana,  Palermo,  Tambu- 
rello, 1876,  pag.  10. 

Vedi  anche  Notizie  della  Famiglia  Ventimiglia,  passata  da  ì'alermo 
nella  città  di  Benevento,  di  Domenico  Schiavo  palermitano,  inserita  ne- 
gli Opuscoli  di  Autori  Siciliani,  tom.  I,  pag,  245,  anno  1758. 

Sulle  monete  di  Giovanni  Reiiuescnz,  Conte  di  Ventimiglia,  Marchese 
di  Geraci ,  privilegiato  dall'Imperatore  Carlo  VI  (7  Settembre  1723)  del 
diritto  di  aprire  zecca,  in  cui  vennero  coniate  monete  d'oro  e  d'argento, 
vedi  Vincenzo  Phomis,  Tavole  Sinottiche  delle  Monete  Italiane,  Torino, 
1869,  pag.  247,  e  Cokdeko  m  S.  Quintino,  Dhtcorsi  sopra  argomenti 
spettanti  a  monete  coniate  in  Italia,  Torino,  1846. 

H  Conte  Enrico  II  Ventimiglia,  venuto  coi  fratelli  Ottone,  Umberto 
e  Manfredo  a  militare  sotto  lo  insegne  di  Re  Manfredi,  è  lo  stipite  d«l- 
l'omonima  casa,  che  si  stabili  in  Sicilia,  ma  che  e  oriunda  dalla  Liguria. 
Tra  noi  salì   in  grado  poco  meno  che  sovrano. 

XXX. 

FILIPPO    li    e    l'abate    MAUBOLICO. 

Filippo  II,  Re  di  Spagna,  bramando  di  arricchire  la  Libreria  dell'E- 
scuriale,  da  lui  fondata,  di  rari  ed  eleganti  codici,  mandò  per.  ogni  parte 
persone  che  ad  ogni  prezzo  ne  facessero  acquisto.  Il  nostro  Ab  MAyuoLico 
fu  scelto  a  tale  ufficio,  ed  all'uopo  venne  pure  a  Bologna,  ove  persuase 
i  Canonici  Regolari  del  Monastero  di  8.  Salvatore  di  cedergli  alcuni  li 
bri  che  il  Re  bramava  per  la  sua  biblioteca.  Di  che  qualità  essi  fossero 
non  ò  rimasta  notizia  certa.  Il  P.  Tiìombelli  crede,  che  fossero  venduti 
principalmente  codici  con  miniature  ed  ornati  in  oro,  non  però  de'  più 
antichi. 

MoNs.  IsiuoKo  Carini 
(continua) 

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UNA  LETTERA  DI  LODOVICO  ANTONIO  MURATORI 


All'Esimio  Cavaliere  Dottor  Giuseppe  Pitrè 


Amabilissimo  Sig.  Cavaliere, 

Nobile  (livisamento  ò  stato  quello  del  Sig.  Alessandro  Spinèlli  bi- 
bliotecario del  Ministero  di  pubblica  Istruzione  ,  il  voler  imprendere  la 
raccolta  delle  lettere  edite  ed  inedite  del  Muratori  ,  onde  potersi  avere 
conio  monumento  di  letteratura  storica,  il  Mo(jriin)i  Kpistohìrixm  di  (luel 
celebre  Prevosto  Modenese 

Essondo  un.o  dei  socii  di  cotesto  onorevole  Sodalizio  ed  amico  del- 
l' illustre  or  defunto  Michele  Amari  di  cui  conservo  parecchie  lettere , 
io,  appena  venni  a  conoscenza  di  tale  raccolta,  era  disposto  di  manda- 
re direttamente  allo  Spinelli  copia  di  una  bellissima  lettera  del  Mura- 
tori, tanto  per  l'importanza  dell"  argom  jnto,  quanto  per  la  persona  cui 
vunne  scritta.  Ma  ho  pensato  meglio  di  trasmetterla  alla  S.  V.  come 
mio  amabilissimo  amico,  quale  argomento  della  min  alta  stima  che  sem- 
pre ho  avuto  il  bene  di  professarle. 

Mi  permetta  ch'io  le  dichiari,  pria  che  scenda  a  descriverle  questa 
preziosa  Ricoperta  da  me  fatta  l'anno  1888,  che,  sono  stato  sempre  sol- 
lecito di  raccogliere  opuscoli  e  manoscritti  antichi  di  aigomento  sici- 
liano. E  in  questo  Archivio  Municipale  ebbi  la  ventura  di  rinvenire  la  Cro- 
nica siciliana:  Lii  Iie1n>Unmenln  di  Sicliilia  a  mie  spose  pubblicata  ;  e 
dalla  Hibliotcca  Benedettina  estrassi  1'  inficia  c(ij)ia  delle  Cosliiuzioiii 
siciUatìP  pure  a  mio  speso  già  di  ragion  pulddica  ;  e  nello  Ijiblintecho 
Universitaria  e  Ventimiliana  non  pochi  preziosi  cimelii  paleografici  ebbi 
la  ventura  di  trovare  inoditi  ,  che  io  infierii  in  alcuni  opuscoli  da  me 
stampati,  cioè  :  Cafani.i  e  Dniitc  Aliijhicri,  la  lìiogiafto  (ìcll'Ah.  Antico 
ed  ultimamente  V IClogio  Sforilo  ili  Mnns.  Ven'liìitijlia.  Epperò  fui  anche 
«oUocito  di  ricercare  altrove  autografi  e  scritturo  «li  autori  antichi  in 
attinenza  con  i  biciliani  scrittori  dei  passati  secoli. 

Ma  ohimè  I  quante  preziosità   letterario   vanno  a  penlerbi    ogni    dì, 


MlSCr.LT.ANEA  141 


ròse  dalla  tignuola  o  a  marcire  iiolla  polvere,  por  un  aVtbancìono  qui  qua- 
si generale  delle  storiche  discipline  patrie!  Io  poi  mi  dichiaio  quale  uno 
di  quegli  uomini  sventurati  a  cui  il  nobile  volere  vion  contraddetto  dal 
crudele  non  potere;  o  quel  poco  che  ho  fatto,  o  potrei  faro  ,  è  figlio  di 
una  indomabile  volontà.  H.  rza  altro  lo  dico,  che  anche  in  qualche  casa 
patrizia  ho  linvenuto  preziosi  documenti  storici  ;  e  questa  lettera  del 
Muratori  trovasi  in  un  volume,  come  dirò  meglio,  trascritta  dall'  origi- 
njile  dal  Can.  Francesco  Zappala  ,  oggi  posseduto  detto  volume  nella 
sua  libreria  dall'ottimo  cittadino  catanese,  il  nobile  Cav.  Giuseppe  Zap- 
pala Finocchiaro.  Questa  lettera,  che  non  venne  mai  pubblicata,  riguarda 
un  argomento  molto  importante  noi  passato  secolo,  e  calorosamente  di- 
scusso in  contrario  senso  da  alcuni  dotti  palermitani  e  catanesi  ;  cioè 
se  8.  Agata  Volgine  e  MartUe  ebbe  i  natali  in  l'alermo  o  puro  in 
Catania. 

Ella  ben  sa  che  tale  quistione  ebbe  cominciamento  nel  IGOl;  veden- 
dosi per  più  di  un  secolo  accapigliarsi  uomini  serii  ed  eruditi,  con  quel 
Metafraste  alle  mani,  tirandolo  di  qua  e  di  là  per  proprio  conto;  mentre 
era  cosa  più  utile  e  decorosa  non  pubblicarlo  e  rimetterlo  no*  vecchi 
scaffali  de'  codici  greci  di  greca  fede!  Ma  questa  quislione  tra  Palermo 
e  Catania  fu  riprodotta  da  Giacinto  Paterno  Bonajuto,  il  quale  nel  1747 
pubblicò  in  Catania  nella  stamperia  di  G.  Pulejo  in  f.  L'  anleiiza  e  te- 
nacità ddV  impegno  di  Palermo  nel  fontendere  a  Catanin  la  gloria  di 
aver  dato  alla  luce  la  regina  delle  vergini  e  martiri  siciliane  S.  Agata, 
dimostrante  dell'in  tutto  vane,  ed  insussistenti  in  vigor  degli  stessi  prin- 
cipii  e  dottrine  de'  Palermitani  scrittori.  A  costui  rispose  il  Torreraozza 
con  osservazioni  critiche  ecc.  E  poi  1'  Ab.  Amico  volse  la  quistione  in 
una  ricorca  geografica;  e  nel  1760  il  sudetto  Bonajuto  con  altra  opera, 
in  f.,  ritornò  sul  medesimo  argomento  in  difesa  di  Catania,  a  cui  si  mosse 
contro  Francesco  Serio  nel  1761  con  altro  volume  in  foglio. 

Miseri  tempi  !  Le  gare  municipali  fra  le  città  primarie  della  Sicilia, 
fomentate  da  passati  governi  or  più  non  esistono,  nò  esse  avran:.<i  più 
ragione  di  esistere.  I  Palermitani  od  i  Catanesi  cattolici  di  menti'  e  di 
cuore  ,  amano  le  proprie  glorie  religioso  senza  disputarsele  né  ru- 
barsele ! 

E  però  questa  lettera  del  Muratori  è  la  prima,  ch'egli  avesse  man- 
dato in  ringraziamento  al  Bonajuto  ,  da  Modena  nel  31  luglio  1748, 
dopo  aver  ricevuto  in  dono  e  di  aver  letto  l'opera  di  costui,  pubblicata 
nell'anno  precedouLe. 


l42  MISCELLANEA 


Non  mi  ò  noto  so  «ontinnato  ave^setx»  la  corrispondenza  su  ài 
tale  argomento.  Ma  dal  conteste  3Ì  vede  chiaro  che  il  Muratori  non 
aveva  ancor  letto  l'opera  dell' Ab.  Amico  cioè  la  Catana  Illustrala, 
ignorando  pure  il  nome  di  lui.  Or  nella  quarta  parto  dell'opera  di  que- 
sto dottissimo  scrutatore  delle  patrio  glorie  si  parla  della  patria  di  S.  Aga- 
ta; quindi  il  Bonajuto  ebl)o  nell'aLb.  Amico  tuo  strenuo  compagno  non 
mono  erudito  e  dialettico  di  lui;  e  la  quibtione  doveva  finirò  sotto  ìlou- 
signore  Salvatore  Vcntimiglia  se  fosse  coi  Sinuato  nel  Vescovato  di  Ca- 
tania pria  di  ritirarsi  nella  sua  patria  Palermo.  Ho  voluto  ricordar  que- 
ste coso  notissime  por  l'inteliigonza  di  quanto  accenna  il  Muratori  nella 
lettera  da  me  rinvenuta  ed  ora  offerta  alla  S.  V.  per  parteciparla ,  se 
vorrà,  t^V Archivio  Storico  Siciliano. 

Non  è  autografa,  ma  scritta  dal  dottissimo  e  troppo  modesto  Cano- 
nico l'rancesco  Zappala  ,  autore  di  varie  opere  di  archeologia  restato 
manoscritte  presso  i  di  lui  successori  Cav.  Raffaele  o  Cav.  Giuseppe 
Zappala  Finocchiaro. 

Fatto  diligente  raffronto  dell'ortografia,  tale  ietterà  fu  esemplata  nel 
medesimo  anno  che  venne  spedita  dal  Muratori  al  Bonajuto.  In  essa 
si  ammira  la  gentilezza  e  la  prudenza  del  Muratori  ,  il  quale  non 
volle  entrar  giudice  tra  i  palermitani  ed  i  catanesi  in  quella  quistione. 
ammirando  egli  in  generale  gl'ingegni  siciliani,  che  partecipano  del  fuoco 
dell'Etna  nelle  polemiche,  ma  sposando ,  dice  egli,  con  la  verità  le  fa- 
vole ,  senza  spogliarsi  di  alcuni  pregiudizio  Una  bella  verità  poi  disse 
il  Muratori,  degna  di  venir  ricordata  a'  detrattori  della  Sicilia:  "  Essa 
r  feconda  miniera  di  antichità,  e  questa  non  si  può  credere  esausta.  » 

Il  Bonajuto,  forse  spinto  dal  consiglio  del  Muratori,  scelse  un  altro 
argomento  per  esercitare  il  suo  versatile  ingegno  nelle  ricerche  storiche 
ed  archeologiche.  Pubblicò  infatti  nel  1790  in  f,  non  bonza  lodo  Una 
trascorsiva  dissertazione  intorno  il  Ginnasio  ed  Anfiteatro  di  Catania, 
Egli  ora  principe  dell'Accademia  de'  Gioviali,  molto  versato  nell'eloquenza 
0  uoUa  poesia;  nato  in  Catania  nel  1704  vi  morì  nel  1783,  (Del  Ho- 
Iiajuto  fa  cenno  l'Ab,  Scinà  ne!  Prospetto  ecc.) 

Por  conchiudero:  questa  lettera  trascritta  dall'originalo,  ch'io  ignoro 
dove  andò  perduto,  per  mano  del  Can.  F.  Zappala,  si  trova  nella  carta 
di  rìsguardo  dell'esemplare  dell'opera  del  Bonajuto,  oggi  posboduta  dal 
Cav.  Giuseppe  Zappala  Finocchiaro,  mio  vonoratissimo  amico. 

Il  medesimo  Can.  Zappala  scrìsse  o  fece  trascrivere  in  parto  nelle 
•Uro  carte  lasciate  bianche  del  medesimo  volume:  1.  Una  relazione  v«- 


MTRCKI.T.AXEA 


143 


nula  in  quest'anno  114'J  di  Firenze  (ìulli  leiierati  ù'Ifalid,  in  cui  donano 
maggio  di  tutti  i  Hhri  in  detto  anno  usciti  alla  luce,  ed  in  jtarticolare 
del  presente  libro  e  cosi  scrivono.  (Catania  pag.  606  ecc.).  Sicgiie  il 
giudizio  dell'oper.1  sudetta,  ch'io  mi  dispenso  trascriverò  —  2.  Una  let- 
tera mandata  da  Roma  il  27  novembre  1748  da  fra  Michele  di  S.  Giu- 
seppC;  Generalo  de'  Trinitarj  Secchi  al  detto  Bonajato,  di  ri'  gra/.iamento 
per  ave  e  ricevuto  un  ese-nplaro  doll'opora;  dove  si  rilevano  apprezza- 
menti fatti  alla  stessa  da  parto  del  Vontefice  benedetto  XIV. —  3.  Let- 
tera di  questo  Pontefice  all'autore  Bonajuto  da  Koma  nel  luglio  1748, 
nella  quale  si  trova  cennato  che  il  Papa  aveva  ricevuto  la  Dissertazione 
sopra  S.  Agata  con  lettera  del  2'J  marzo  1748,  e  che  leggerà  «  Subito 
che  fra  le  apostoliche  cure,  che  per  ogni  lato  ci  circondano, potrttno  rin- 
venire un  poco  di  tempo  libero  —  4.  Una  lettera  di  Giovanni  Lami  da 
Firenze  9  settembre  1749  diretta  a  Michele  Bonajuto  fratello  del  sudetto 
Giacinto,  ringraziandolo  dell'esemplare  ricevuto  e  congratulandobi  per 
l'erudizione  e  delle  buone  raggioni  (sic)  contro  i  signori  Palermitani  che 
affidati  sull'infelice  autorità  del  Metapìtraste  pretendono  S.  Agata  essere 
stata  lor  Concittadina  »  e  così  poi  si  profonde  in  ringraziamenti  per  aver 
ricevuto  la  putente  di  Accademico  Etneo,  "  onore  a  cui  non  acrei  mai 
di  aspirare,  ecc.  ,  Dopo  viene  la  lettera  del  Muratori,  ch'io  lo  trascrivo 
come  essa  trovasi,  con  qualche  nesso,  sciolto,  secondo  l'ortografìa  di 
allora;  facendosi  un  confronto  esatto  con  la  consueta  forma  di  scrivere 
del  Muratori,  si  potrà  conoscere  se  il  Can.  Zappala  fu  fedele  o  pur  no 
nel  trascriverla. 

Catania,  Febb.  1890. 

Can.  Pasquale  Castorina. 

Ecco  la  lettera  : 

Ill.mo  Sig.  Sig.  P.ne  Coll.mo 

Singolare  è  stata  la  Bontà  di  V.  S.  I.  in  volermi  favorire  doll.i  sua 
forte  Apologia  della  Patria  di  S.  Agata  ;  è  tanto  Maggiori  cono.-co  le 
obligazioni  mio  a  che  niun  merito  anco  presso  di  Lei.  Però  vengono  i 
miei  più  devoti  e  i  più  affettuòsi  ringraziamenti  a  tanta  gentilezza;  e 
Maggiorm.te  poi  le  mie  congratulazioni  per  questa  sua  uobil  fatica. 

Tanta  bontà  hanno  per  me  i  Sig.i  Palermitani  ch'io  la  priego  di  di- 
spensarmi dall'entrar  Giudice  tra  V,  S.  111.  e  loro.  Ma  dirò  ben  franca- 


1 44  MISCELLANEA 


mente  che  dopo  aver  lotta  l'opera  sua  ho  coiichiuso  che  s'ella  non  è  di 
professione  certameate  ha  tutto  il  Talento  e  i  requisiti  per  essere  un 
Insigne  Avvocato.  Molta  ò  l'erudizione  sua,  grande  la  forza  del  suo  Ar- 
gomento è  leggiadra  ò  spiritosa  la  «uà  eloquenza  ò  stile.  Tutti  questi 
pregi  radunati  nella  sua  Apologia,  ò  la  finezza  della  sua  Critica  mi  han 
fatto  pienamente  ravvisare,  il  di  lei  impegno  è  sapere  singolare.  E  però 
rallegrandomi  con  lei  intendo  di  rallegrarmi  ancora  con  codesta  assem- 
blea, è  colla  sua  Patria  stessa  per  aver  un  soggetto  di  tutto  merito.  Io 
non  ho  veduta  la  Catania  Illustrata,  ò  ne  pure  ne  so  l'Autore.  Ma  parmi 
ben  di  conoscere,  che  se  a  lei  fosse  stata  appoggiata  quell'impresa;  pro- 
babilmeutc  avrebbe  ella  saputo  Magiormente  illustrarla;  giache  in  Lei 
si  trova  sì  buon  fondo  di  erudizione,  tanto  amore  del  Vero  ò  abilità  per 
separarla  dalle  favole,  è  vane  opinioni.  Sarebbe  perciò  da  desiderare  che 
non  si  fermasse  qui  la  carriera  di  V.  S.  111.  è  che  scegliendo  qualche 
più  vasto  Argomento,  quivi  ella  continuasse  ad  impiegare  la  felice  sua 
penna.  La  Sicilia  è  una  feconda  Miniera  di  Antichità  ò  questa  non  si 
può  credere  esausta.  Laonde  potrebbe  venir  à  lei  fatto  di  trovar  Iella 
Materia  da  trattare  per  accrescere  il  Capitale  dalla  sua  glaria. 

Gran  Concetto  ho  io  delli  Ingegni  Siciliani.  Quel  Vostro  Moucibello 
va  del  fuoco,  e  la  sua  parte  ne  ha  toccata  à  lei.  Ma  quel  che  più  stimo 
accompagnata  del  buon  gusto.  Perchè  di  questo  Molti  ;Sono  mancanti  in 
cotcstc  parti,  però  mai  non  sanno  deporre  j  preggiudizij ,  ò  senza  di- 
stinzione spo.sano  tanto  le  favole,  che  lo  verità;  ora  giacche  ella  mi  ha 
fatto  degno  del  suo  amore,  la  priego  di  continuarmelo,  o  di  comandarmi 
con  sicurezza,  che  in  me  non  verrà  meno  il  desiderio  di  ubidirla  ;  e  di 
comprovarle  co'  fatti  la  Vera  stima,  ed  ossequio  con  cui  mi  protesto 

Di  V.  S.  IH. 

Modena  31  luglio  1748. 

tu.  Siff.  D.  Giacinto  M'  PalPruò  Bonajnto 

Cataniii, 

Dio.mo  Ohlig."  Scvp. 

Lon.  Antonio  Muratori. 

N.B.  L'AHBomblea  di  cui  fa  conno  il  Muratori  ora  quella  do'  Paston 
Etnei 

Il  nomo  arcadico  del  Bonajuto  era  tii  Atjateo  Ninfanio,  Pastore  Etneo 
•  Custode. 


CAVERNE  PREISTORICHE. 


In  Randacina,  territorio  di  Lentini ,  nel  luogo  detto  Vallone  di  li- 
dèca,  proprietà  delia  casa  Emanuel  di  Catania,  è  stata,  buon  tempo  ad- 
dietro, scoperta  per  caso  una  caverna  preistorica.  Essa  ha  la  sua  bocca 
nella  parete  di  un  piccolo  avvallamento,  a  circa  26  metri  dal  ndo  dolfo 
medesimo,  ed  è  volta  a  mezzodì.  S'interna  direttamente  per  10  o  12  me- 
tri, allargandosi  molto  a  destra,  ove  il  punto  più  lontano  dalla  apertura 
ne  discosta  forse  16  o  18  metri.  Le  pareti  son  coperte  a  questo  punto 
di  uno  strato  stalagmitico  considerevole.  Il  suolo  è  ingombro  di  massi 
e  macerie,  le  quali  dimostrano  che  la  grotta  crollò;  ed  in  parecchi  punti 
essa  minaccia  rovina  di  nuovo.  L'altezza  presento  della  grotta  varia  da' 
m.  1,  20  a  m.  2,  50  circa. 

Questa  grotta  è  stata  molto  visitata  da'  contadini  del  luogo  e  dei 
dintorni,  i  quali  vi  sono  attirati  dalla  speranza  di  trovarvi  de'  tesori 
che  vi  credono  nascosti.  Secondo  lo  notizie  che  ho  potuto  avere,  non  vi 
sono  state  trovate  delle  ossa  che  di  animali,  nella  parte  anteriore  della 
grotta.  Gli  oggetti  sinora  rinvenuti  consistono  unicamente  in  lavori  di 
ceramica.  Pare  che  so  ne  siano  trovati  in  gran  numero;  ma  sono  andati 
tutti  dispersi.  Si  diceva  sul  luogo  che  una  parte  di  essi  fosse  stata  ven- 
duta ad  un  ex-deputato  di  Lentini;  ho  potuto  accertarmi  che  ciò  non  è 
vero.  Essi  erano  situati  nella  parte  più  interna  della  grotta,  in  prossi- 
mità alla  parete  stalagmitica  :  forse  la  famiglia  che  vi  abitava,  presentì 
la  rovina,  e  si  poso  in  salvo  abbandonando  la  sua  povera  suppellettile. 
Da'  frammenti  che  ho  potuto  raccogliere,  si  rileva  che  il  materiale  ce- 
ramico contenuto  in  quella  grotta  non  dovea  essere  effetti varaen te  senza 
importanza.  Alcuni  vasi  che,  dallo  spessore  e  dalla  forma  de'  frammenti,  è 
lecito  credere  tra  i  più  grandi,  dovoano  di  essere  un  lavoro  semplice  e  rozzo. 
Il  materiale  adoperato  ò  un'argilla  bianca;  alcuni  frammenti  son  coperti 
di  un  rivestimento  stalagmitico  di  alcuni  millimetri.  Per  la  fabbricazione 

Arch,  Stor.  Sic,  N.  S.  Anno  XV.  10 


146  MISCELLANEA. 


di  alcuni  di  questi  vasi  è  adoperata  un'argilla  nera  di  origine  vulcanica 
che  si  rinviene  anche  nelle  vicinanze.  Altri  vasi,  meno  grossolani,  erano 
fabbricati  con  argilla  bianca  o  rossa;  essi  portano  disegni  geometrici  in 
nero  tendente  più  o  meno  al  cohr  di  ferra.  Solo  un  frammento  mostra, 
su  argilla  bianca,  un  principio  ornamentalo  in  rosso  :  una  parte  del  vaso 
era  però  tinta  interamente  in  rosso  ,  sia  che  questa  ne  fosse  la  parte 
più  visibile  ,  sia  che  il  disegnatore  non  fosse  rimasto  contento  del  suo 
disegno  in  rosso  ,  e  avesse  perciò  deciso  di  tingerlo  per  intero  ,  riser- 
vandosi poi  di  farne  la  parte  ornamentale  in  nero.  In  questo  caso, 
bisogna  ammettere  la  contemporaneità  delle  due  forme  :  fondo  bianco 
dell'argilla  con  disegni  rossi  :  fondo  rosso  con  disegni  neri.  Molti  fram- 
menti presentano  effettivamente  fondo  rosso  con  disegui  geometrici  in 
nero.  Solo  in  un  frammento  di  piccolo  vaso  sembra  che  si  sia  cercato 
di  tingere  in  nero  il  fondo,  lasciando  gli  ornamenti  in  rosso.  Alcuni  fram- 
menti che  doveano  appartenere  a  vasi  o  piccoli  o  con  bocca  molto  lar- 
ga, son  disegnati  dalle  due  parti. 

Non  discosto  da  questa  caverna  ne  esiste  un'altra,  la  cui  apertura, 
volta  a  levante,  è  quasi  sul  ciglio  di  una  ripida  costiera.  L'apertura  è 
molto  angusta,  e  bisogna  entrarvi  strisciando:  ed  anche  dentro,  essendo 
la  grotta  molto  bassa,  è  necessario  star  carponi.  Si  addentra  circa  quanto 
la  prima:  è  ingombra  di  stalattiti,  alcune  delle  quali  molto  bollo.  Anche 
questa  grotta  è  stata  molto  visitata  da'  contadini.  Vi  si  trovano  fram- 
menti di  lavori  di  ceramica  dello  stesso  genere  della  prima.  Non  si  trova 
traccia  di  lavori  di  ferro  o  di  selce:  però  ho  potuto  accertarmi  che  sono 
state  trovate  in  vicinanza  armi  di  selce,  tra  le  quali  un  coltello  che,  alla 
descrizione  che  me  ne  fu  data,  sembra  essere  stato  di  una  finezza  me- 
ravigliosa. 


G.    M.   COLUMBA. 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 


Nicola  Parisio  —  Due  documenti  inediti  della  Certosa  di  S.  Stefano  del 
Bosco  ora  per  la  prima  volta  illustrati  e  pubblicati.  —  Napoli,  presso 
Enrico  Detkcn,  Piazza  del  Plebiscito,  1889, 

Il  signor  N.  Parisio  ,  esperto  cultore  di  studi  paleografici  e  storici, 
ha  pubblicato  testò  due  pergamene  greche  dell'archivio  dell'  eremo  cer- 
tosino di  S.  Stefano  del  Bosco  di  Calabria.  La  prima  di  esse,  ossia  la 
carta  di  donazione  del  Casale  di  Mutari  fatta  da  Ruggiero,  figlio  di  Bono, 
gran  giudice  di  Calabria  a  favore  del  monastero  hopra  ricordato  ,  reca 
la  data  di  gennaro  III  ind.  6624  dell'era  costantinopolitana,  che  è  il  1116 
della  Volgare.  Soscrisse  questa  carta  come  testimone  tra  gli  altri  Mal- 
gerio  de  Altavilla.  A  questa  è  annessa  altra  pergamena  d'epoca  poste- 
riore, recante  una  traduzione  della  prima ,  che  si  allontana  talvolta  di 
troppo  dall'originale. 

Il  secondo  documento  è  altra  carta  di  donazione  fatta  da  Malgorio 
de  Altavilla  tìgliuolo  di  Ruso  o  Rufo  in  favore  dello  stesso  cenobio,  la 
quale  abbraccia  la  chiesa  di  S.  Nicolò  della  Torre  e  i  fondi  della  stessa. 
Fu  scritta  l'anno  6664,  che  risponde  al  1156  dell'E  V.  Anche  di  questa 
si  ha  la  traduzione  d'epoca  posteriore,  ma  inserita  nella  parte  della  per- 
gamena stessa  rimasta  vuota  tra  la  data  e  la  soscrizione  del  Xotaro.  La 
prima  si  conserva  nella  collezione  di  diplomi,  adunati  dalla  Società  Na- 
poletana di  Storia  Patria,  mentre  la  seconda  si  trova  nell'archivio  pri- 
vato del  signor  Marchese  di  Transo. 

Questi  due  pregevoli  documenti  richiamarono  l'attenzione  del  Parisio 
per  varii  motivi,  e  gli  diedero  agio  a  far  delle  chioso  Bennate  ed  eru- 
dite ,  in  cui  noi  lo  seguiremo  brevemente  ,  non  senza  notare  talvolta  i 
punti  in  cui  per  avventura  ci  trovassimo  da  lui  discordi. 

Anzitutto  le  due  pergamene,  come  è  naturale,  appartennero  un  dì 
all'archivio  del  cenobio  di  S.  Stefano,  eh' è  quanto  diro  a  quell'archivio 
che,  forse  non  sempre  a  torto,  fu  riputato  un'officina  di  falsari.  Giusta- 
lliente  dunque  l'A.  presentando  al  pubblico  questi  due  documenti  sente 


148  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 


il  bisogno  di  difenAorne  l'autenticità,  ch'io  non  porrò  in  dubbio.  E  ciò, 
tanto  più  che  altro  studioso  nell*  Archicio  Storico  Apììa  lo  data  Società 
Napoletana  di  Storia  patria,  (anno  Vili,  1883,  pag.  IGO  in  nota)  dando 
un  sunto  della  versione  latina  del  prima  tra  i  due  documenti,  ebbe  a 
manifestar  dei  dubbi  sulla  sincerità  di  esso,  non  del  tutto,  anzi  per  niente 
giustificati,  come  vedremo.  L'A.  così  di  volo  accenna  all'  Esame  crìtico 
delle  carte  di  S.  Stefano  fatto  nel  secolo  scorso  dal  Vargas  Macciucca, 
avvocato  fiscale,  che  nell'interesse  del  fisco  le  rifiutò  quasi  tutte  passan- 
dole ad  una  trutina,  che  mai  forse  non  si  è  vista  più  rigida;  così  che 
in  molti  luoghi  si  lasciò  trasportare  dalla  passione,  e  s'indusse  a  rigettar 
come  falsi  dei  documenti  basando  le  sue  ragioni  sopra  semplici  errori 
di  copisti.  Ciò,  sebbene  coll'A.  sia  da  deplorarsi,  nonpertanto  è  da  riget- 
tarsi tutto  il  lavoro  del  critico  fiscale,  nò  tanto  mono  ò  a  dirsi  che  sieno 
tutte  autentiche  le  scritture  uscite  dal  rinomato  Archivio  certosino.  Se 
al  Parisio  riuscì  trovar  due  pergamene  che  presentano  ad  evidenza  i  se- 
gni della  loro  autenticità,  ad  altri  è  riuscito  di  provar  di  molti  diplomi 
la  supposizione,  ovvero  la  interpolazione. 

Certamente  poro  il  critico  àdW Arclùvio  Storico  Napoletano  fu  un  po' 
precoce  nell'  addurre  per  argomenti  di  falsità  contro  il  diploma  di  cui 
parliamo,  in  primo  luogo,  il  titolo  di  Magni  lustitiarii  affibbiato  a  Bono 
nella  versione  latina  che  trovasi  attaccata  alla  greca  pergamena.  Avrebbe 
dovuto  esaminare  il  testo  greco,  e  vedere  che  al  titolo  sudetto  risponde 
il  ^fiXo'i  Kpito'j  Ttjg  KaXa^pia?;  cosa  ben  diversa  dal  Magnus  Institìarius. 
Nò  meno  infermo  è  1'  altro  argomento  ,  fornitogli  dalla  soscrizione  di 
Malgerio  de  Altavilla  che  vi  si  trova  corno  soi)ra  notammo.  Egli  così 
ragionò  :  *  Le  cronache  e  i  documenti  fanno  memoria  di  un  solo  Mal- 
gerio appartenente  a  quella  stirpe  degli  Altavilla,  che  dominò  sull'Italia 
meridionale,  investito  intorno  al  1050  dal  fratello  Umfredo  come  Conte 
di  alcune  torre  di  Capitanata  (Malaterra  I,  51);  ed  è  impossibile  che  lo 
stesso  Malgerio  nel  1116  potesse  trovarsi  a  sottoscrivere  un  diploma 
in  Calabria.  A  mono  che  non  voglia  credersi  identico  a  quel  Malgerio 
preteso  figlio  di  Ruggiero  Conte  di  Calabria  e  di  Sicilia  ricordato  in 
altra  carta  spuria  recata  dal  Tromhv,  pag.  558  ,  (1). 


(1)  Riferii  tostunlmonte  lo  parole  dolio  scrittore  della  citata  nota:  avverto 
perù  che  io  esso  trovansi  duo  orrori  cortamcnto  imputiibili  al  tipografo,  montro 
là  ove  ti  logge  intomo  al  1050  devo  leggersi  1052;  e  il  capo  del  Malatorra  a 
^i  ili  appella  l'A.  ò  il  15,  non  il  51  che  non  esisto. 


tlÀSSEGNA    BIBLIOGRAFICA  140 


Questo  dilemma  in  verità  è  troppo  reciso  ;  nò  certamente  il  critico 
lodato  l'avrebbe  mai  posto,  ove  si  fosse  fatto  a  riflettere  ,  che  qualche 
altro  Malgerio  esistette,  e  figura  in  documenti  non  spurii;  come  il  Mal- 
gerio  figlio  del  Conte  di  Sicilia  non  figura  solo  in  una  carta  spuria,  ma 
pure  in  altre  molte,  benché  non  men  della  prima  di  origine  a  dir  poco 
sospetta. 

Il  nostro  P.irisio  fornisce  ottimamente  il  suo  compito,  segnalando 
all'  attenzione  del  suo  a  così  diro  avversario  che  altro  Malgorio  Alta- 
villa, oltre  i  noti  a  lui,  esistette  in  quel  tempo  stosso,  e  fu  appunto  il 
figliuolo  di  Ugone  Ruso  o  Rufo,  il  cui  nome  torna  nel  secondo  docu- 
mento greco,  di  cui  appresso  ci  occuperemo.  Vorrebbe  egli  altresì  pro- 
vare che  esistesse  il  secondo  Malgerio,  ma  a  noi  non  sembra  che  ci  riesca 
gran  fatto;  senza  dire  che  egli  tenta  di  farlo  coi  documenti  della  stessa 
certosa  di  S.  Stefano,  che  dal  Vargas,  dal  Di  Meo  e  da  altri  sono  stati 
relegati  tra  gli  apocrifi  ;  né  egli  per  altro  combatte  gli  argomenti  per 
cui  questi  li  rigettarono. 

Però  poiché  il  Pirri  (1)  per  il  primo,  so  non  erro,  asserì  l'esistenza 
del  Malgerio  figlio  al  Gran  Conte,  in  base  sempre  ai  ricordati  documenti, 
non  mi  sembra  fuor  di  luogo  stendermi  alquanto  a  dimostrar  ch'egli  mai 
non  esistette,  e  quindi  per  corollario  che  son  falsi  i  diplomi  portanti  il 
nome  di  lui,  i  quali  per  altro  non  hanno  questo  solo  contrassegno  por 
esicre  ritenuti  apocrifi. 

Infatti  Malgerio  non  potè  essere  che  figlio  o  naturale,  o  legittimo,  o 
luiulterino  del  gran  Conte.  Le  due  prime  ipotesi  sono  escluse  senza  esi- 
tazione da  Goffredo  Malaterra.  Egli  infatti  nel  lib.  IV  cap.  XVUI  nar- 
rando la  morte  di  Giordano,  il  quale  seguì  nel  sepolcro  Goffredo  altro 
figlio  di  iviiggiero  ,  scrisse  che  i  siciliani  lo  amavano  molto  sì  pel  va- 
lore, sì  ancora  (sono  le  sue  parole)  quia  Comitis  heredeni  fiUiirum  stc- 


(\)  PxRui.  Chronolojia  regum  Skiliae.  (Sicilia  Sacra  l,  pag.  XI).  Il  grande 
storico  di  Noto  ,  vcvso  cui  come  ò  naturale  professiamo  grande  venerazione, 
molti  errori  commiso  tessendo  la  genealogia  della  reale  famiglia  Normanna; 
cosicché  in  questa  parte  al  certo  la  sua  cronologia  è  manchevolissima.  Per  ci- 
tarne qualcuno,  che  più  da  vicino  riguardi  quanto  si  è  sopra  discorso,  egli  sposa 
Goffredo  figlio  dol  conte  Ruggiero  a  una  Regalia,  e  gli  dà  più  figli.  Ma  il  Ma- 
laterra a[iertament6  dico  che  Uotfredo  morì  antequam  nubiles  annoi  attijiìset 
(lib.  IV',  cap.  XIV)  ;  piuttosto  che  a  Regalia,  lo  asserisco  sposo  alla  sorella  di 
Adekìiia;  ed  aftarma  infine  ch'egli  morì  prima  che  si  fosser  celebrate  le  nozze. 


150  RASSEGNA    BlBLIOaRAFlCA 


spicàbantur ,  nam  ncque  alium  masculum  hahebat.  Or  si  noti  che  Gof- 
fredo Malaterra  in  questa  narrazione  parla  di  Giordano  figlio  naturale 
di  Ruggiero  [ex  concubina  Malat.  cap.  Ili,  lib.  XXXVI)  (1)  e  Goffredo 
figlio  legittimo  dello  stesso  :  che  morto  il  secondo,  cui  per  diritto  spet- 
tava la  successione  patema,  e  non  essendovi  altri  figli  legittimi  succe- 
deva giusta  la  comune  credenza,  il  figlio  naturale  Giordano;  che  morto 
costui  nel  1093  Ruggiero  neque  alium  ìiiasculum  hahebat  (2),  nessun  ma- 
schio cioè  uè  legittimo  come  Goffredo,  né  naturale  come  Giordano.  Ri- 
sulta pertanto  ad  evidenza  dal  sopra  esposto,  che  Ruggiero  non  potè  a- 
vere  un  figlio  di  nome  Malgerio  nò  legittimo,  né  naturale. 

Rimane  pertanto  ch'egli  jiotesse  esser  nato  da  adulterio.  Ma  in  que- 
sto caso  io  non  saprei  in  verun  modo  intendere  che  Malgerio  si  asso- 
ciasse al  padre  in  atti  tanto  solenni  quanto  son  quelli  cui  accennerò  e 
in  presenza  dei  figli  legittimi  non  solo,  ma  della  stessa  Contessa  sua  mo- 
glie. Ne  credo  che  altri  saprà  intenderlo,  o  che  simile  consuetudine  si 
trovi  nelle  storie  di  quei  tempi. 

Se  a  questo  si  aggiunga  i  molti  motivi  di  falsità  che  il  Vargas  e  il 
Di  Meo  notarono  nei  diplomi  segnati  dal  nome  di  questo  Malgerio,  come 
quelli  in  cui  si  narra  la  leggenda  del  tradimento  di  Sergio  e  del  mira- 
colo di  S.  Brunone ,  del  1098  ,  la  carta  di  fondazione  della  Chiesa  di 
Squillace,  eh' è  del  1096,  e  dove  interviene  a  confermare  le  donazioni 
pateme  Simone,  nato  allora  appena  da  due  anni  etc,  si  avranno  a  mio 
credere  sufficienti  ragioni  per  negare  assolutamente  l'esistenza  di  Mal- 
gerio, e  per  ritener  per  apocrifi  i  documenti  medesimi. 

(1)  Quando  Goffredo  Malaterra  scrive  che  (jriordauo  nacque  ex  ehncubina 
dice  implicitamente ,  che  fu  naliiralc.  l'oichò  dalla  sua  stessa  storia  si  scopro 
che  egli  sin  dal  1075  cominciò  u  dar  iiio'strn  di  so  nell'esercito  norraunno;  in- 
fiatti  Ugone  de  Gircea,  a  cai  Rn^'gioro  lasciò  le  redini  del  governo  in  quell'au- 
Do,  spinto  do  ardor  giovanile  a  tentare  un'impresa  scabrosa ,  in  cui  lasciò  poi 
la  vita,  a  lui  ricorso  por  aiuto,  e  furono  amendue  a  fianco  nel  conibattiniouto. 
Or  se  Giordano  nel  1075  preso  parto  ad  un  tal  fatto  d'  armi ,  e  so  dall'  altro 
canto  Ruggiero  sposò  Giuditta  o  Delicia  che  si  voglia,  nua  prima  mo|?lie,  non 
prima  del  lt62,  è  impo.sHibilo  ritenere  che  Oiordano  sia  nato  dal  primo  matri- 
raonio  di  Uuggioro. 

(2)  Il  Di  Ulasi,  Storia  11,  100  accennò  »  questo  passo  del  Malaterra,  ma 
non  ne  ricavò  tutte  le  conseguenze;  che  anzi  laddove  a  pag.  70  atVorma  "  l'in- 
fSunità  della  nascits  di  Giordano  „  noi  luogo  or  oit^ito,  lo  dice  legittimo  o  col  Pirri 
regaU  »  Goffredo  quei  figli  che  non  ebbe. 


lUSSECXA    lilBLIOGRAFICA  151 


Tornando  al  lavoro  del  Nostro,  dopo  aver  risposto  alle  obbiezioni  di  cui 
abbiamo  discorso,  egli  ricorda  che  la  donazione  di  Mutari  fu  confermata  da 
Federico  II  nel  1212  con  diploma  dato  da  Palermo;  di  questa  conferii  a- 
ziono  che  il  Parisio  ritiene  originariamente  scritta  in  greco,  si  ha  una 
vecchia  traduzione  in  latino  nell'Archivio  di  Stato  di  Napoli ,  la  quale 
era  già  stata  pubblicata  dal  Tromby  e  combattuta  acremente  dal  Var- 
gas,  prima,  e  poi  anche  da  IIuillard-Bréholles.  Il  Vargas  rigettò  il  di- 
ploma ,  perchè  Federigo  ,  che  da  Sicilia  si  recava  nel  marzo  1212  in 
Gaeta,  giusta  la  cronaca  cavense  o  Riccardo  di  S.  Germano)  non  avrebbe 
potuto  spedire  in  Palermo  e  nell'aprile  di  quell'anno  quel  diploma.  Ma 
il  Vargas  non  pose  niente,  osserva  argutamente  l'Autore,  che  il  diploma 
non  porta  per  lo  più  la  data  della  sua  celebrazione  (actiim) ,  sibbone 
della  spedizione  (datum).  Nel  caso  il  diploma  potò  benissimo  celebrarsi 
in  marzo  prima  della  partenza  dell'  Imperatore,  e  pubblicarsi  poi  io  a- 
prile,  lui  assente. 

L'altro  argomento,  il  ritrovarsi  cioò  il  nome  di  Tancredi  accoppiato 
al  titolo  di  Re,  cui  Federigo  mai  non  gli  attribuì,  non  è  nemmeno  serio. 
Noi  non  abbiamo  sott'occhio,  dice  l'A.,  che  una  traduzione,  e  quell'ag- 
giunta inopportuna  è  certamente  del  traduttore;  infatti  enumerandosi  in 
seguito  nello  stesso  diploma  gli  antecessori  di  Federigo,  a  tutti  è  dato  il 
titolo  di  re,  mentre  è  omesso  quando  si  giunge  a  Tancredi. 

Il  terzo  argomento  ,  che  è  quello  aggiunto  da  Huillard-Bróholles  ò 
fornito  da  Gualtiero  de  Palearia,  Vescovo  di  Catania  e  Cancelliere  del 
Regno  di  cui  si  vede  il  nome  nella  data  del  diploma.  Or  costui  non  era 
più  Cancelliere  del  Regno  sin  dal  1210,  quando  Innocenzo  III  scrivendo 
a  Federigo  lo  rimproverava  per  aver  allontanato  Gualterio  dalla  sua  Corte. 
Come  va  dunque  ch'egli  nel  1212  torna  a  figurare  come  Cancelliere  del 
Regno  r 

Ed  è  per  questo  allontanamento ,  aggiunge  lo  storico  di  Federico, 
che  dal  1210  in  poi  il  nome  di  Gualtiero  non  ai  trova  più  nei  diplomi 
emanati  dalla  Cancelleria  del  Regno. 

Il  Parisio  per  contrario  nota  che  nel  1213  Costanza  juniore  con  di- 
ploma dato  in  Messina  donò  a  Gualtiero  Vescovo  di  Catania  cui  chiama 
tuttavia  Cancelliere  del  Regrto  il  Casale  di  Calatabiano.  Nò  sembra  che 
egli  si  fosse  allontanato  dal  suo  ufficio  prima  che  Federico  fosse  ritor- 
nato in  Sicilia;  infatti  nel  1221  è  chiamato  ancora  da  Federico  col  nome 
di  Cancelliere. 

Per  altro  qual  meraviglia  che  Gualtiero,  il  quale  nel  1203   rimosso 


152  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 


dal  suo  ufficio  per  ordine  del  Pontefice,  continuò  ad  esercitarne  le  fun- 
zioni, in  presenza  ancora  di  chi  fu  inviato  a  sostituirlo  ,  avesse  conti- 
nuato a  chiamarsi  Cancelliere  del  Regno  e  a  spedire  diplomi ,  anche 
quando  cadd  :  in  disgrazia  del  suo  principe ,  egli  protetto  dal  papa  e 
dalla  imperatrice  medesima  ? 

Né  senza  ragione  l'A.  si  dilunga  a  provare  l'autenticità  della  confer- 
mazione dello  svevo  monarca,  attesoché  questa  oltre  a  convalidare  la  prima 
donazione,  convalida  anche  la  seconda,  poiché  vi  si  trova  pure  la  con- 
"fermazione  della  donazione  della  chiesa  di  S.  Nicolò  della  Torre ,  e  vi 
si  accenna  alla  carta  di  Alalgerio  di  Altavilla;  sicché  l'una  prova  l'au- 
tenticità dell'altra,  e  le  due  insieme  quella  della  terza  confermano. 

Siegue  dopo  ciò  il  testo  del  secondo  diploma  greco,  e  le  traduzioni 
latina  ed  italiana.  La  versione  latina  concorda  con  quella  ricavata  dal 
Tromby  da  un  antico  registro  della  Certosa  di  S.  Stefano.  Chi  la  tra- 
scrisse anche  in  questa  volle  mettere  qualcosa  di  suo  ;  giacché  vi  ag- 
giunse la  soscrizione  di  un  pretoso  cappellano  di  Malgorio  di  Altavilla 
tiglio  di  Ituso,  il  quale  cappellano  testifica  di  aver  egli  scritto  hoc  la' 
Unum  pnciletjhitn,  che  del  resto  fu  scritto  originariamente  in  greco. 

Ecco  tutto  quanto  si  contiene  in  questo  breve  opuscolo  del  signor 
Parisio,  a  cui  dobbiamo  esser  grati  per  aver  egli  così  accresciuto  il  nostro 
patrimonio  diplomatico  non  solo,  ma  ancora  per  la  buona  critica  di  cui 
dà  mostra  illustrando  questi  due  diplomi.  Un  po'  più  di  metodo  forse 
avrebbe  cresciuto  pregio  al  lavoro;  ma  tale  quale  é  dimoatra  certamonto 
quanto  amore  il  Parisio  abbi.\  por  gli  studii  storici,  e  quanto  buon  senso 
nel  coltivarli. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


SEDUTA  DEL  12  GENNAIO  1890 

Presidenza  del  Prof.  Cav.  Can.    Vincenzo  Di  (liovanni 
Vice-Presidente 

La  Società  con  40  soci  si  riunisce  nella  propria  sede  in  s.  Domenico. 

Letto  e  approvato  il  verbale  della  tornata  precedente,  il  socio  Fal- 
cono dico  che  essendo  i  soci  riuniti  por  la  prima  volta  nella  propria 
Sode,  ò  bene  manifestare  la  loro  riconoscenza  a  quanti  hanno  cooperato 
per  la  cessione  e  l'adattamento  del  locale,  onde  egli  presenta  il  seguente 
ordino  del  giorno  : 

«  La  Società  Siciliana  di  Storia  Patria,  riunita  oggi  12  gennaio  1890 
per  la  prima  volta  nel  locale  cedutole  dal  Governo,  ricorda  con  mesta 
riverenza  S.  E.  il  Marchese  di  Torrearsa,  suo  venerando  Presidente,  cui 
oggi  ricorre  il  primo  anniversario  della  morte,  e  delibera  incaricare  il 
Consiglio  Direttivo  a  manifestare,  in  quella  maniera  che  crederà  più 
opportuna,  la  gratitudine  dei  soci  al  Segretario  generale  p.  Luigi  Di 
Maggio,  alla  Commissione  esecutiva  e  al  prof.  Giuseppe  Patricolo  per 
l'opera  assidua,  amorevole  e  diligente  prestata  per  adattare  il  detto  lo- 
cale alle  esigenze  sociali.  Delibera  ancora  incaricare  il  suo  Presidente 
por  informare  a  viva  voce,  in  occasione  della  sua  andata  a  Roma,  S.  E. 
il  Presidente  del  Consiglio  dei  Ministri  e  il  Ministro  della  Pubblica  Istru- 
zione dell'avvenuto,  rassegnando  ai  medo'^imi  il  vivo  desiderio  che  l'o- 
pera loro  non  venga  meno  in  tutti  gli  aiuti  morali  e  materiali,  di  che 
eziandio  è  duopo  per  completare  lo  adattamento  di  tutta  la  località  ». 

Messo  ai  voti  questo  ordine  del  giorno  è  approvato  ad  unanimità 

Il  Segretario  generale  commemora  la  perdita  del  socio  cav.  Vincenzo 
Merlo  e  si  delibera  un  voto  di  condoglianza  da  parteciparsi  ai  parenti 
dell'estinto. 

Si  legge  il  Bilancio  1890  presentato  dalla  nuova  amministrazione, 
il  quale  è  del  tenore  seguente  ; 


154  A-TTl   DELLA.    SOCIETÀ 


PARTE  PIUMA 


ATTIVITÀ 

TITOLO  PRIMO 

CAPITOLO  I. 

CONTllIBUZIONI  SOCIALI 
SOCI 

Art.  1.  Per  N.  900  azioni  annuali  alla  ragiono  di  L.  5  per  ogni 

aziono     .     .     .    .     , L.  4,500     „ 

MINISTEKI 

Art.    2.    Minibtero    della    pubblica    istruzione    por    N.    400 

azioni ,  2,000     „ 

Art,  3.  Ministero   di  Agricoltura  ,   industria  e  commercio  per 

N,  5  azioni ,        25     , 

ruovixciE 

Art.  4.  Provincia  di  Palermo  pur  N.  40  azioni,  di  Catania  per 
N.  20  azioni  ,  di  Caltani-sbctta  por  N.  10  azioni  ,  di 
Girgenti  per  N.  4  azioni ,  o  di  Trapani  por  N.  2 
azioni 380     , 

MUNICIPI 

Art,  '».  Municipio  di  Palermo  por  N.  40  azioni  ;  «li  Corloone 
per   N.  G  azioni  ;    di    Aragona ,  di    Castrogiovnnni  , 

Da  riportarsi  L.    ti, 005     » 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ  15' 


Riporto  L.  6,905  » 
di  Marinoo  ,  di  Marsala  ,  di  Monte  S.  Giuliano  , 
di  Noto,  di  Siracusa  ,  di  Termini  Imerese  ,  di  Gir- 
genti  ,  di  Parco  ,  di  Nicosia  ,  di  Partinico,  di  Sciac- 
ca por  N.  4  azioni  ;  di  Alcanlo  per  N.  2  azioni  ;  di 
Acireale  ,  d'  Isnello  ,  di  Licata  e  di  Salaparuta  por 
un'azione' „       520     , 

BIBLIOTECHE    ED    ALTRI    ENTI 

Art.  G.  Biblioteca  Fardelliana  di  Trapani ,  Comunale  di  Vi- 
cenza, Nazionale  di  Napoli,  Brera  di  Milano,  Univer- 
sitaria di  Messina  e  Commissariato  di  Musei  e  Scavi 
por  la  Sicilia  por  N  4  azioni  e  Biblioteca  di  Verona 
per  due  azioni «        130     , 

CAPITOLO  IL 

ASSOCIAZIONI,    VENDITE    ED    ALTRO 

Art.  7.  Ministero  dell'Interno  per  due  copie  di  ciascuna  pub- 
blicazione della  Società;  Ministero  dogli  affari  esteri, 
della  Guerra  ,  di  Grazia  e  Giustizia  e  dei  Culti  , 
Camera  dei  Deputati ,  e  Biblioteaa  Militare  del  Pre- 
sidio di  Palermo  per  una  copia  cadauno.     .     .     .     ,       175     , 

Art.  8.  Diversi  associati  al  periodico  Y Archivio  Storico  Sici- 
liano e  Docuvienti »       150     , 

Art.  9.  Fondo  presunto  per  le  vendite  eventuali  del  Perio- 
dico suddetto »       'W     , 

CAPITOLO   III. 

INTERESSI    SULLE     SOMME     DEPOSITATE 

Art.  10.  Fondo  presunto  per  inteiessi    sulle   somme   di    con- 

Da  r'portursi  L.     8,580     » 


156  ATtl   DELtA   SOCIETÀ 


Riporto  L.     8,580     » 
te     della     Società    depositate    nella    Cassa     di    lli- 
sparmio ,         50     , 


Totale  rendita  ordinaria  L.     8,630 


TITOLO  SECONDO 

Art.  11,  Rimanenza  in  Cassa  a  tutto  Dicembre  1889.     .     L.     3,082  03 
Art.  12.  Resta  ad  esigere  a  tuUo  Dicembre  1889  per  contri- 
buzioni ordinarie  : 

Soci L.  720     „ 

Enti  morali  .     .     .     ,  630  60     „     1,350  50 


Art.  13.  Idem  per  contribuzioni  straordinarie  : 

Etiti  morali.     .     .     L.  305     , 

Soci -    100     ,     -         465 


Art.  14.  Carta  esistente  in  magazzino  a  tutto  Dicembro  1889  ,,     3,057  91 
Art.  15.  Libri  esistenti  in  magazzino  a  tutto  Dicembre  1889 
in  volumi    del  Periodico  1'  '  rchivio   Storico    Siciliano 
e  Documenti,  fascicoli  di  estratti,  e  copie  del  volume 

del    Vespro  Siciliano „  13,000     „ 

Art,  16.  Sussidi  estraordinari  por  la  faljbrica ,     5,000     „ 


Totale  Rendita  estraordinaria  L.  25,955  44 


ATTI   DELLA    SOCIEtX  157 


PARTE  SECONDA 


PASSIVITÀ 

TITOLO  PRIMO 

CAPITOLO  IV. 

GABELLA  E  CURAZIA  D*  ACQUA 

Alt.  17.  Fondo  per  gabolla  e  curazia    d'acqua  (penna  una)  da 

servire  poi  localo  della  Società L.     100     * 

CAPITOLO  V. 

SPESE   d'amministrazione 

Art.  18.  Ragioniere »     100     * 

Art.  19.  Assistente  alla  Segreteria »     100     * 

Art.  20.  Barandiere  della  Società »     100     » 

Art.  21.  Esattore  —  Indennità  d'esazione  al  0  p.  0[0  dovula  sulle 

contribuzioni  sociali  di  Palermo *     195     » 

Art.  22.  Distributore  —  Indennità  fissa  per  la  distribuzione  del 
periodico  V  Archivio  Storico  Siciliano  agli  associati  in 

Palermo  e  per  la  spedizione »       48     » 

Art.  2).  Fondo    presunto   per  generi  di    scrittoio,  stampe,  re- 
gistri, circolari  ed  altro »     200     * 

Art.  24.  Fondo    per  ligatura   di   libri  per  uso   della  biblioteca 

della  Società a.     200     » 

Art.  25.  Fondo  presunto  por  francobolli  per  la  corrispondenza 


Pa  riportarsi  L.  1043     * 


158  ATTI   DELLA    SOCIETÀ 


Riporto  L.  1043     » 
0  spedizione  del  periodico  V  Archivio  Storico  Siciliano, 
de'  Documenti  ed  altro »     350     » 

CAPITOLO   VI. 

FABBRICA    E    MANUTENZIONE 

Art.  26.  Pondo  per  ispese  por  compimento  ed  abbellimento  del 
locale  della  Società  ,  entro  l'ex  Convento  de'  RR.  PP. 
Domenicani,  ceduto  dal  Ministero  della  Pubblica  Istru- 
zione         »  2000    » 

CAPITOLO  VII. 

MONUMENTI    E   PUBBLICAZIONI 

Art  27.  Fondo  per  incisioni  ed  altro  spettanti  a  lavori  di  mo- 
numenti artistici    .     .     .     .     , »     500     » 

Art.  28.  Fondo  per  provvista  di  carta  e  per  la  pubblicazione 
del  periodico  VArchioio  Storico  Siciliano,  do'  Documenti 
ed  altro »  4000     » 

CAPITOLO  Vili. 

IMPREVEDUTE 

Art.  29.  Fondo  por  tutto  lo  sposo  casuali,  iraprevodute  od  altro 

nell'interesse  della  Società •»     737     » 

Totale  Spesa  Ordinaria  L.  8G30     * 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ  159 


TITOLO  SECOlfDO 

Art.  30,  Fondo  destinato  per  restauri  ed  abbellimenti  nel  locale 
della  Società  entro  l'ex  Convento  dei  RR.  PP.  Dome- 
nicani  L.     6000     * 

Art.  31.  Fondo  destinato  per  far  fronte  alle  pubblicazioni  della 

Società  ed  altro »     3455  44 

Art.  32.  Fondo  in  corrispondenza  all'ammontare  dei  libri  della 

Società  esistenti  in  Magazzino  a  tutto  Dicembre  1889  »  13000     * 

Art.  33.  Fondo   per  mobilia  ed  arredi  per   il  locale  della  So- 
cietà       u     3500     * 


Totale  Spesa  Straordinaria  L.  25955  44 


BILANCIO 

Rendita  ordinaria L.     8G30     u 

Sposa  •>        j»     8G30     » 

Pareggio 

Rendita  straordinaria     .     .     .     .  L.  25955  44 
Spesa  »  ;,  25955  44 

Pareggio 

La  Società,  dopo  di  averlo  di.scusso,  unanimemente  l'approva. 

Il  Vice-Segretario  generale  Mariano  La  Via  leggo  un  lavoro  del 
socio  prof.  G.  K.  Siracusa  sopra  un  Ms.  del  secolo  XVI,  intorno  la 
Brevis  Historia  Liberation Is  Messanae  (1). 

Il  Vice-Presidente  prof.  Di  Giovanni  comunica  una  lettera  del  sacer- 
dote Gaetani,  nella  quale  sì  parla  di  una  scoverta  nel  territorio  di  Ca- 
steltermini. 

(1)  Questa  lettura  fa  parte  di  questi  Atti. 


160  ATTI   DELLA    SOCIETÀ 


Si  delibera  infine  una  seduta  straordinaria  pel  26  corrente  in  onore 
dell'estinto  Presidente  S.  E.  il  Marchese  di  Torrearsa. 

//  Segretario  generale 
P.  Luigi  Di  Maggio 


SEDUTA  DEL  DI  9  FEBBRAIO  1890 

Fresidenza  del  prof.  comm.  Andrea  Gnarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente 

Riunitasi  la  Società  nella  sua  sede  in  s.  Domenico  ed  essendo  pre- 
senti 38  soci,  il  Presidente  apre  la  seduta.  Letto  ed  approvato  il  ver- 
bale della  tornata  precedente,  il  Segretario  generale  partecipa  il  dono 
che  il  Presidente  ha  voluto  faro  alla  Società  del  mezzo  busto  del  Mar- 
chese di  Torrearsa  acquistandolo  dal  socio  prof.  Mario  Rutelli  che  re 
fu  lo  scultore.  Propone  pertanto  un  voto  di  ringraziamento,  che  è  ac- 
colto ad  unanimità.  Partecipa  pure  che  il  socio  cav.  dott.  Lodi  ha  ma- 
nifestato il  generoso  pensiero  di  voler  regalare  alla  Società  la  Biblio- 
teca sua  particolare,  che  non  ò  indifferente  ;  e  di  già  vi  ha  dato  co- 
minciamento. 

Il  socio  mons.  Di  Marzo  propone  che  oltre  al  voto  di  ringrazia- 
mento già  emesso  per  il  Presidente ,  un  altro  se  ne  emotta  pel  socio 
Lodi.  Propone  pure  che  si  scriva  una  lettera  di  rallegramenti  al  socio 
prof.  Rutelli  per  il  mezzo  busto,  il  quale  ritrae  al  vivo  la  persona  del 
Torrearsa.  Le  due  proposte  sono  accettate. 

Il  Segretario  generale  comunica  un  telegramma  avuto  da  S.  M.  il 
Re  in  risposta  a  quello  spedito  dalla  Presidenza  in  occasione  della 
morto  del  Principe  Amedeo;  come  pure  varie  lettere  di  autorità  civili 
0  militari,  deputati  e  notabili,  nonché  dei  parenti  dell'estinto  Marchese 
di  Torrearsa  por  non  essere  intervenuti  nella  solenne  commomoraziono 
in  onoro  del  venerando  Presidente. 

Si  presentano  alcuni  candidati,  la  cui  proposta,  a  fumi  di  due  soci, 
fu  presentata  al  Consiglio  Direttivo  e  approvata.  La  Società  no  prendo 
atto. 

\\  Presidente  invita  i  soci  |)er  la  elezione  del  supplente  al  Delegato 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ  16 1 


presso  r  Istituto  Storico,  o  viene  eletto  il  socio  professore  Giulio 
Belock. 

Il  socio  mons.  Luigi  Boglino  parla  sopra  Due  Documeiìtl  intorno 
l'ambasceria  mandata  da  Enrico  Ciiiaramonte  al  Re  Martino  e  alla  Re- 
gina Maria  per  la  sommissione  delle  città  di  Palermo  e  Monreale  alla 
Regia  ubbidienza  (1). 

Il  socio  dott.  Liborio  Giuffrè  legge:  Sulla  epidemia  d'Influenza  del 
1557  e  la  proposta  pel  risanamento  della  città  fatta  del  celebre  G.  F.  In- 
grassia  (2). 

Compita  la  lettura  il  socio  dott.  Mangano  parla  del  Fedele,  il  quale 
venne  calunniato  come  plagiario  dell'Ingrassia,  e  lo  difendo  ,  dicendo  , 
che  è  doloroso  vedere  il  solo  dottor  Markus  prenderne  la  difesa. 

Il  socio  dottor  Lodi  fa  osservare  che  al  Markus  rispose  il  professore 
Algeri  rivendicando  l'onore  dell'  Ingrassia.  Il  socio  prof.  Di  Giovanni 
ricorda  che  oltre  il  Markus  parlò  puro  in  elogio  del  Fedele  il  Do  Renzi. 

//  Segretario  generale 
P.  Luigi  Di  Maguio 


SEDUTA  DEL  DI  9  MARZO  1890 

Presidenza  del  Coinm.  Prof.  Andrea  Guarneri, 
Senatore  del  Regno,  Precidente 

La  Società  si  riunisce  nella  propria  sede  in  s.  Domenico.  Essendo 
nresenti  38  soci,  si  apre  la  seduta.  Letto  e  approvato  il  verbale  della 
tornata  precedente,  il  Segretario  generale  partecipa  alcuni  doni  di  libri 
per  la  Biblioteca  sociale  fatti  dal  signor  Presidente  e  dal  socio  profes- 
sore Meli. 

Si  legge  la  seguente  proposta  per  essere  la  Società  elevata  ad  onte 
morale  : 

«  Considerando  che  la  nostra  Società  oramai  ha   avuto    un    grande 


(1)  Questa  lettura  fa  parte  di  questi  Atti. 

(2)  Questa  lettura  fa  parte  di  questi  Atti. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  11 


162  ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


sviluppo  ed  un  nobile  incremento,  raccogliendo  più  di  500  soci  azionisti 
individui  ed  enti  morali,  con  un  Bilancio  presuntivo  di  entrata  ordinaria 
in  L.  8630  e  straordinaria,  compresi  i  compensi,  in  L.  26,320,90  : 

Considerando  che  essa  Società  ha  oggi  un  locale  suo  proprio,  pel 
quale  si  sono  erogate  sino  ad  oggi  L.  56000,  giusta  le  varie  relazioni 
del  prof.  ing.  Giuseppe  Patricolo  : 

Considerando  che  essa  possiede  una  importante  Biblioteca,  mobili  ed 
arredi  corrispondenti  alla  vastità  del  locaie  non  che  più  di  20  mila  fa- 
scicoli delle  proprie  pubblicazioni,  i  quali  di  giorno  in  giorno  si  au- 
mentano e  vengono  ricercati  per  lo  spaccio  da  librai  italiani  e  stra- 
nieri : 

Considerando  che  oltre  alle  varie  entrate  dei  soci  azionisti,  delle  ven- 
dite dei  libri,  riscuotonsi  Lire  2000  annue  assegnate  nel  Bilancio  del 
Ministero  di  Pubblica  Istruzione  : 

Considerando  in  fine  che  taluni  soci  e  mecenati,  cultori  ed  amatori 
delle  patrie  cose  hanno  manifestato  il  pensiero  dì  fare  doni  alla  Società 
Siciliana  di  Storia  Patria,  i  quali  legalmente  non  possono  accettarsi, 
mancando  l'entità  giuridica  : 

La  Società  delibera  :  Far  dimanda  a  S.  E.  il  Ministro  di  Pubblica 
Istruzione  perchè  venga  elevata  al  posto  giuridico  di  Ente  morale. 

Questa  proposta  ad  unanimità  è  approvata,  incaricando  la  Presidenza 
per  le  pratiche  opportune. 

Il  Segretario  generale  annunzia  che  il  Municipio  di  Palermo  ha  do- 
nato generosamente  alla  Società  Lire  tre  mila  per  cooperare  all'acqui- 
sto di  quel  mobile  che  sarà  necessario  per  il  nuovo  locale.  La  Società 
no  prende  atto  con  un  voto  di  ringraziamento.  Si  delibera  pure  un  rin- 
graziamento ai  membri  della  Commissione,  la  quale  fu  incaricata  della 
riforma  dello  Statuto.  Si  annunzia  lo  scambio  delle  pubblicazioni  con 
la  Biblioteca  Vaticana.  ^ 

Sono  nominati  soci  i  sigg.  prof.  Ruggiero  Mascari,  cav.  Gaetano  Tosi, 
cancelliere  olla  Cassazione  di  Palermo,  Salvatore  Aglialoro,  Luigi  Mi- 
lazzo—Corvello, avv.  Enrico  Collotti — Galbo,  Luigi  Siciliano,  cav.  Leo- 
poldo Koselli-Notorburlolo,  cav.  prof.  Ignazio  Giorgi,  Prefetto  della  Bi- 
blioteca nazionale  di  Palermo,  prof.  con.  Gaspare  Storiano,  prof.  Musoni, 
prof,  dott,  Vittorio  Crian,  prof  dott.  Alberto  Parisotti,  Francesco  Or- 
lando, Raffaele  Barabino,  Cesare  Matranga,  Emmanuele  Paolo  Morello, 
Giuseppe  Traina  e  la  nobile  Giulia  Paino. 


À*TI   bELlA    SOClEtÀ  l63 


Si  legge  un  elenco  di  candidati  proposti  dai  soci  e  approvati  dal 
Consiglio  Direttivo  per  essere  votati  nella  prossima  seduta. 

Il  socio  prof.  can.  Bartolomeo  La  Gumina  parla  Sulle  monete  con  leg- 
genda arala  coniate  in  Sicilia  sotto  i  re  Xonnanni. 

Il  socio  prof.  G.  M.  Columba  leggo  una  parte  del  suo  lavoro  inti- 
tolato :  Contributi  alla  Storia  dell'elemento  Calcidico  di  Occidente.  Ar- 
cheologia di  Leontinoi. 


Il   Segretario  generale 
P.  Luigi  Di  Maggio. 


SEDUTA  DEL  DÌ  20  APRILE  1890. 

Presidenza  del  Conim.  Prof.  Andrea  Guurneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  con  37  soci  si  riunisco  nella  sua  sedo  in  S.  Domenico. 
Letto  e  approvato  il  verbale  della  tornata  piecodentc,  il  Segretario  ge- 
nerale annunzia  che  la  Cassa  di  Kisparmio  V.  Eminanuelo  ha  largito 
un  secondo  sussidio  di  L.  500  in  favore  della  Società,  e  propone  un 
voto  di  ringraziamento,  che  è  unanimemente  approvato. 

Il  Presidente  annunzia  che  nella  Biblioteca  Vaticana  si  è  trovato 
l'originale  dello  cronache  sicule-saraceniche  per  opera  del  socio  cor- 
rispondente ab.  Cozza-Luzi  ;  egli  era  in  trattative  per  la  stampa 
col  periodico  della  Società  Romana  di  Storia  patria  :  però,  avendogli  fatto 
conoscere  il  desiderio  di  pubblicarsi  dalla  nostra  Società,  l'egregio  abate 
spedì  di  già  il  Ms.  e  il  Consiglio  si  sta  occupando  per  la  pubblica- 
zione. 

Sono  eletti  soci  i  seguenti  individui  presentati  dallo  stesso  Consiglio 
nella  seduta  precedente  :  Ing.  cav.  Salvatore  Renzi,  Achille  Martinez, 
prof.  Leonardo  Di  Giovanni,  prof.  Giuseppe  Corradi,  proc.  leg.  Giuseppe 
Costa,  Antonio  Marinuzzi,  Ferdinando  Miraglia-Termini,  comm.  Michele 
Amato  Pojero  Deputato  al  Parlamento,  dott.  Niccolò  Pizzillo,  sac.  Ber- 
nardo Camarda,  avv.  Camillo  Orlando,  prof.  Agostino  Sciangula. 

Il  Segretario  generale  comunica  l'adesione  a  soci  dei  signori  Tosi, 
Aglìaloro,  Milazzo,  Collotti,  Siciliano  Luigi,  Naselli,  Giorgi,  Storiano,  Mu- 


Ì64 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


soni,  Ciiau  Parisotti,  Orlando  Francesco,  Barabbino,  Matranga,  Traina, 
Paino. 

L'avv.  Falcone  in  proposito  della  nomina  dei  soci  dice  :  che  essendo 
i  candidati  da  due  soci  prosentati  al  Consiglio,  e  avendoli  il  Consiglio 
approvati  per  presentarli  alla  Società,  lungi  di  votarsi  in  altra  seduta 
si  potrebbero  votare  nella  stessa;  a  tale  scopo  egli  leggo  il  seguente  or- 
dine del  giorno  : 

La  Società  giusta  l'art.  4  dello  Statuto  voterà  nella  stessa  seduta 
per  quei  candidati  che  il  Consiglio  reputerà  degni  di  essere  eletti  soci, 
eccetto  il  caso  in  cui  si  vorrà  dalla  maggioranza  rimandata  la  vota- 
zione. 

Quest'ordine  del  giorno  è  approvato. 

II  socio  avv.  Pincitore  desidera  conoscere,  dalla  Commissione  sociale 
incaricata  per  la  conservazione  dei  Monumenti,  so  esista  il  proposito  di 
distruggere  il  castello  arabo  della  Favara,  come  hanno  annunziato  i 
giornali  cittadini,  e  nel  caso  affermativo  se  ess;i  abbia  agito  in  modo 
da  tutelare  la  conservarzione  dei  Monumenti. 

Chiede  poi  che  la  Società  faccia  voti,  porcile  i  Municipi  dell'isola 
vogliano  istituire  commissioni  archeologiche  per  la  tutela  dei  monumenti 
e  delle  opere  di  arte. 

Il  Segretario  generale  fa  osservare  che  le  due  dimando  del  socio 
rincitore  si  dovranno  passare  al  Consiglio,  il  quale  si  rivolgerà  alla 
Commissiono  per  riferirne  alla  Società.  L'incidente  è  chiuso. 

Il  socio  prof.  can.  Bartolomeo  Laguniina  logge  la  continuazione  del 
8U0  lavoro  sulle  Monete  con  lecjijenda  araba  conlate  in  Sicilia  tiotto  i  He 
2i ormami i  (1). 

Il  socio  prof.  Gaetano  M,  Cohmiba  continua  pure  la  sua  lettura  :  Con- 
tributi alla  storia  dello  elemento  calc.idico  in  occidente.  Archeologia  di 
Leontinoi  (2). 


Il  Segretario    generale 
P.  Lnicii  Di  Maooio. 


(i)  QuesU  lettura  fa  pari»»  di  questi  Aiti. 

{2)  Anche  qiif»«ta  l.tiin.t  f,i  y,}}t-  »li  .iM'-^ti   Aiti. 


ÀtTi  deLla  società  165 


SEDUTA  DEL  DÌ  11  MAGGIO  1890. 

Presidenza  del  Prof.  Comm.  Andrea  Guarneri, 
Senatore  del  Pegno,  Presidente. 

Riunitasi  la  Società  nella  sua  seiìe  in  S.  Domenico  ed  essendo  pie 
senti  32  soci,  si  apro  la  seduta.  Data  lettura  del  verbale  precedente,  che 
è  approvato,  il  Segretario  generale  comunica  l'adesione  a  soci  dei  sigg  : 
Renzi,  Dì  Giovanni,  Costa,  Marinuzzi,  Amato,  Pizzillo,  Camarda,  Scian- 
gula.  Partecipa  pure  che  vennero  donati  alla  Società  vari  libri  dai  soci 
Guarneri,  Di  Marzo,  Salinas  e  dal  Comm.  G.  B.  Do  Rossi.  La  Società 
ne  prende  atto  ringraziando.  Comunica  in  fine  una  lettera  del  professore 
dott.  Ferdinando  Gregorovius  nella  (juale  cortesemente  encomia  le  pub- 
blicazioni sociali  0  particolarmente  il  lavoro  che  tratta  delle  relazioni 
marittime  tra  la  Grecia  e  la  Sicilia  nella  antichità. 

Sono  nominati  soci  i  signori  prof.  Luigi  Natoli,  ingegnere  Gaspare 
Finazzi,  Giuseppe  Paterno  1  ar.  del  Cugno,  sac.  Pietro  Raimondi,  Avar- 
na  Niccolò  Duca  di  Gualtieri. 

Il  socio  cav.  A.  Flandina  legge  una  sua  Illustrazione  sopra  un  ini- 
portante  codice  in  pergamena,  che  si  conserva  nell'Archivio  del  signor 
Conte  di  S.  Marco  Principe  di  Mirto,  riguardante  privilegi  della  città 
di  Palermo  (1). 

//  Segretario  generale 
P.  Luigi  Di  Magqio 


SEDUTA  DEL  DÌ  8  GIUGNO  1890. 

Presidenza  del  Comm.  prof.  Andrea  Guarneri, 
Senatore  del  Regno  Presidente. 

La  Società  si  riunisce  nella  sua  sede  in  S.  Domenico  con  38  soci. 
Aperta  la  seduta,  si  legge  e  si  approva  il  verbale  della  tornata  prece- 
dente. 


(1)  Questa  lettura  fa  parte  di  <][uesti  Atti, 


l66  àttì  della  bociÈ'rÀ 


Il  Segretario  generale  annunzia  che  il  Banco  di  Sicilia  largì  alla  So- 
cietà un  secondo  sussidio  di  L.  2500;  partecipa  pure  l'adesione  a  soci  dei 
signori  Raimondi,  Natoli,  Duca  di  Gualtieri,  Alberti,  non  che  diversi  libri 
donati  alla  Biblioteca  sociale  dal  prof.  Meli  e  tutte  le  sue  pubblicazioni 
dal  prof.  Falietti.  La  Società  delibera  un  voto  di  ringraziamento  pel 
R.  Commissario  del  Banco  di  Sicilia  e  per  i  donatori  dei  libri. 

Lo  stesso  Segretario  generale  annunzia  che  il  Consiglio  Direttivo 
nominò  una  Direzione  per  Io  pubblicazioni  sociali,  composta  dai  soci:  ba- 
rone Starrabba  presidente,  collaboratori  prof.  Columba,  avv.  Falcone  e 
avv.  Mangano;  e  una  Commissione  per  istudiare  e  riferire  che  cosa  pos- 
sa la  Società  presentare  nella  Esposizione  nazionale  di  Palermo:  i  com- 
ponenti la  detta  Commissione  sono  i  soci  dott.  Lodi,  mons.  Di  Marzo  e 
prof.  Sansone.  Narra  poi  che  sulle  duo  proposte  del  socio  Pincitore,  l'una 
sul  Castello  di  Favara  e  l'altra  perchè  si  eniotla  un  voto  dalla  Società 
per  muovere  i  Municipi  a  costituire  in  ogni  Comune  una  Commissione 
archeologica  per  la  conservazione  dei  monumenti,  la  Commissione  sociale 
rifei'i  al  Consiglio,  e  il  Consiglio  approvò  che  pel  Castello  di  Favara  nes- 
suna novilà  esterna  è  stata  fatta  da  recente,  quali  sieno  le  intenzioni  del 
proprietario  per  l'avvenire  non  spetta  alla  Commissiono  interpetrarli,  può 
soltanto  la  Società  raccomandare  al  Municipio  di  Palermo  che,  in  con- 
formità al  Regolamento  edilizio  omologato  dal  ministero  dei  Lavori  Pub- 
blici il  15  luglio  1889,  sorvegli  il  detto  Castello  monumentale.  Per  un 
voto  affinchè  i  Municipi  dell'  isola  nominino  Commibsioni  permanenti 
archeologiche,  non  si  reputa  competenza  della  Società:  altro  è  rivolgersi 
ai  Municipi  per  custodire  le  opere  di  arti,  altro  imporne  il  modo.  Può 
quindi  la  Società  raccomandare  solamente  la  vigilanza  per  la  conserva- 
zione dei  monumenti.  La  Società  prende  atto  di  queste  dichiarazioni  e  lo 
approva. 

Sono  eletti  soci  il  prof.  Giuseppe  Schirò  e  l'ingegnere  Emmanuel© 
Portai. 

II  socio  sac.  Giuseppe  Lagumina  legge  un  suo  studio  sopra  Knrìrn 
Chiuramontt  in  rulermo  dal  1303  al  13V7  ricacato  da  dncinnenti  inedi- 
ti (1). 

Il  Sffjrefat'io  generate 
V.  LiMoi  Di  Maggio 


(1)  Qae«t«  lettura  fa  parte  di  qucdli  Atti. 


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MEMORIE  ORIGINALI 


L'IiilBASCERIA  DI  EMICO  [ÌIIAR.UIONTE  E  DI  FRI  PA^LO  DE'  LAP! 

AL  RE  MARTINO  ED  ALLA  REGINA  MARIA 

per  la  sommersione  alla  regia  ubbidienza 
delle  città  di  Palermo  e  Monreale  (1). 


A  niuiio  tra  i  cultori  della  storia  civile  di  Sicilia  è  ignoto 
quel  lustro  turbolento  ed  infelice  che  per  l'Isola  corse  dal  1392 
al  1397,  epoca  che  segna  la  venuta  dei  Martini  tra  noi,  le  lotte 
estreme  dei  Baroni  del  Regno,  la  sonniiessione  totale  di  esso 
al  nuovo  dominio. 

Quel  periodo  fu,  per  come  meglio  poteasi,  illustrato  ed  espo- 
sto dal  compianto  comm.Isidoro  La  Lumia  neWe  sue  Storie  Sicilia- 
7^^,  precisamente  nel  capitolo  secondo  del  pregevole  scritto  /  ^/zert/- 
tro  Vicari i  (2).  Pure,  se  si  considera  la  ristrettezza  di  questo 
scritto  inteso  a  metter  luce  in  un  periodo  che,  per  quanto  breve, 
altrettanto  fu  fecondo  di  avvenimenti,  ben  si  scorge  come  più 
lungo  ed  esteso  sviluppo  meritasse  quel  punto  della  nostra  sto- 
ria, mentre  i  fatti  allora  avvenuti  restano  tuttora  intralciati  e  con- 
fusi. Sebbene  poi  il  La  Lumia,  primo  a  scrivere  egregiamente  su 
queir  oscuro  periodo ,  si  fosse  avvalso  dello  studio  dei  docu- 
menti ritrovati  e  nella  nostra  comunale  Biblioteca  e  negli  ar- 
cliivii  dell'Isola,  molta  dovizia  tuttora  ne  resta  sconosciuta,  ines- 
plorata, onde  gran  luce  potrebbe  a  quel  periodo  tornare. 

Or  per  caso  mi  è  avvenuto  di  avere  avuto  presentate  per 
decifrarle  dallo  egregio  mio  amico  e  nostro  socio  il  chia- 
rissimo canonico  Gaetano  Millunzi  da  Monreale  talune  vecchie 
carte  slegate,  appartenenti  agli  atti  di  Notar  Manfredo  La  Muta, 
rinvenute  recentemente  per  avventura  nella  sistemazione  dello 


(l)  Lettura  fatta  nella  seduta  sociale  del  19  Febbraio  1890. 

(2j  La  Lumia  {Storie  Siciliane)  I  quattro   Vicarii,  Voi.  II.  pag.  337. 

Arcìu  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XV.  12 


170  l'ambasceria  di  Enrico  chiaramonte  ecc. 


archivio  di  una  parrocchia  di  quella  città.  E  studiandole ,  ho 
potuto  rilevare  com'esse  contengano  due  pregevoli  documenti, 
che  riguardano  appunto  il  cadere  di  quel  periodo. 

I  Martini,  venuti  colla  regina  Maria  a  prendere  il  reale  pos- 
sesso del  Regno,  non  poca  opposizione  e  resistenza  trovarono 
da  parte  dei  baroni  e  delle  popolazioni,  resistenza  cagionata 
non  pure  da  interessi  materiali,  ma  anco  da  interessi  religiosi; 
perchè  i  Martini,  seguaci  com'erano  dell'antipapa  di  quei  tem- 
pi, non  potevano  andare  a  sangue  ai  Siciliani,  ch'erano  sotto  la 
ubbidienza  del  legittimo  papa.  Pure  sottomessa  la  Capitalo,  e 
giustiziato  il  Chiaramente,  restarono  cosi  terrorizzate  le  altre 
città,  che  mano  mano  cominciarono  a  sottomettersi  alla  ubbe- 
dienza  reale ,  adescate  dalle  promesse  che  vennero  fatte  da 
parte  dei  Martini  di  abbandonare,  cioè,  l'antipapa,  e  di  entra- 
re nella  ubbidienza  del  legittimo  pontefice. 

Ma  non  durò  molto  questa  sommessione  ;  e  la  colpa  della 
rivolta  l'ebbero  i  Martini,  perchè  lungi  d'  usare  una  politica 
prudente  in  fatto  di  economia  amministrativa,  lungi  di  adem- 
pire le  promesse  date  che  aveano  rasserenato  le  popolazioni  nel 
sentimento  religioso,  diversamente  operando,  spinsero  un'altra 
volta  baroni  e  popoli  ad  innalzare  lo  stendardo  della  rivolta  per 
rompere  il  giogo  e  riacquistare  la  libertà.  L'ultima  spinta,  per 
dir  cosi,  alla  sollevazione  par  che  fosse  stata  data  da  Enrico 
di  Chiaramente  (parente ,  o  come  qualche  storico  vuole ,  fra- 
tello del  morto  conte  di  Modica)  col  suo  ritorno  in  Sicilia. 

Poco  prima  ch'entrassero  nell'Isola  i  Martini,  Enrico  era  u- 
scito  da  Sicilia  per  domandar  soccorso  dal  re  Ladislao  di  Na- 
poli contro  il  giogo  catalano.  Non  appena  fatto  ritorno,  saputa 
la  sorte  toccata  al  suo  parente,  volle  trarre  profitto  dagli  ani- 
mi esacerbati  dall'inconsulto  procedere  dei  Martini  nella  dispen- 
sazione fatta  delle  cariche  e  dei  feudi  con  troppo  eccesso  ai 
Catalani,  e  nella  persecuzione  dei  prolati  del  Regno,  come  a 
nemici  perchè  fermi  nella  ubbidienza  di  papa  Bonifacio;  e  ardi- 
tamente riusci  a  capitanare  la  rivolta  dei  Palermitani.  Né  tar- 
dò molto  a  scoppiare  il  malcontento  dei  baroni  e  delle   altre 


l'ambasceria    di    ENRICO    CHIARAMONTE    ECC.  171 

città.  Ribellaronsi  quasi  al  tempo  stesso  Guglielmo  conte  di  Cal- 
tabellotta,  Antonio  Ventimiglia  conte  di  Collcsano,  Enrico  Ven- 
timiglia  conte  di  Ceraci ,  Antonio  Sclafani  conte  di  Adernò , 
Bartolomeo  Gioeni  gran  cancelliere  del  Regno,  Manfredi  Ala- 
gona  e  molti  altri  della  più  alta  nobiltà. 

L'esempio  dei  baroni  seguirono  quasi  tutte  le  città  del  Re- 
gno, le  quali  rivoltaronsi  contro  re  Martino,  unendosi  al  mal- 
contento dei  baroni;  siccliò  non  restarono  in  pocliissimo  tempo 
cbe  pochi  centri  dell'Isola  nella  ubbidienza  del  re  e  della  re- 
gina. Ma  nel  rivoltoso  e  subitaneo  movimento  mancava  un  serio 
indirizzo.  Faceano  difetto  anco  i  mezzi  opportuni  a  sostenere 
la  rivoluzione.  Gli  aiuti  promessi  dal  re  Ladislao  di  Napoli  e 
dal  papa  Bonifacio  IX,  cotanto  sospirati,  giammai  pervennero; 
onde  la  Sicilia  die'  di  se  per  alquanti  anni  allora  lacrimevole 
spettacolo  di  guerriglie  tra  le  fazioni  indigene  e  le  catalane, 
senza  che  fosse  riuscita  mai  a  sopraffare  del  tutto  le  straniere  e 
vincerle.  Da  ultimo  gli  aiuti  apportati  da  nuova  gente  d'armi, 
venuta  da  Aragona  a  rafforzare  l'esercito  catalano  dei  Marti- 
ni, fecero  del  tutto  cadere  gli  animi  già  spossati  dal  lungo 
guerreggiare,  e  mano  mano  sottomettere  città  e  baroni  al  re, 
questa  volta  per  non  più  insorgere. 

La  città  di  Palermo,  che  si  era  mostrata  forte  ad  insorge- 
re, vacillò  anch'essa  quando  vide  la  rivoluzione  declinare  per 
tutto  nell'Isola.  L'Università,  vista  l'insufficienza  a  resistere  al- 
l'esercito catalano  operante  nel  Val  di  Mazzara,  determinò  con- 
chiudersi una  tregua  tra  Enrico  Chiaramente  suo  rappresen- 
tante e  Raimondo  di  Bages ,  nuovo  maresciallo  del  Regno  e 
comandante  il  corpo  di  quell'esercito.  Una  ambasceria  fu  spe- 
dita poco  innanzi,  a  nome  di  Enrico  e  del  Comune  di  Palermo 
e  dell'altro  di  Monreale  che  avea  pienamente  aderito  ai  Paler- 
mitani, al  re  ed  alla  regina  in  Catania  per  avvisare  ai  modi 
migliori  della  sommessione  alla  regia  autorità  delle  due  ri- 
belli città. 

Ora  appunto  gli  atti  della  elezione  di  questa  ambasceria 
per  parte  della  città  di  Palermo  e  di  Enrico,  e  per  parte  del 


172  l'ambasceria  di  Enrico  chiaramonte  ecc. 

Comune  di  Monreale  e  di  fra  Paolo  dei  Lapi  contengono  i  duo 
documenti  pervenutimi  alle  mani  dalle  carte  di  notar  La  Mu- 
ta. Ognun  vede  da  ciò  quanto  sia  utile  renderli  di  pubblica 
ragione. 

Il  primo  adunque  è  la  procura  fatta  dal  nobile  Enrico  di 
Chiaramonte  il  13  febbraio  1397  a  Gilforte  Riccobono,  arcive- 
scovo di  Palermo,  Odino  di  Pampara,  Giovanni  di  Chabica,  Mat- 
teo Carestoni,  Nicolò  di  Bologna  per  farla  d' ambasciadori  in 
nome  di  lui  e  di  tutti  i  suoi  adepti  presso  il  re  Martino  e  la 
regina  Maria;  per  presentare  e  sottomettere  alla  approvazione 
regia  taluni  capitoli  proposti  da  parte  sua  e  della  intera  Uni- 
versità :  quali  capitoli  diconsi,  a  nome  di  Enrico  e  dell'Univer- 
sità, consegnati  ai  detti  ambasciatori,  siccome  quelli  che  con- 
tengono le  condizioni  clie  si  vorrebbero  accettate  per  la  totale 
somraessione  e  ricognizione  della  regia  ubbidienza.  Colla  me- 
desima procura  vengono  autorizzate  gli  ambasciatori  a  chie- 
dere in  nome  di  lui  e  dell'Università  la  remissione  delle  col- 
pe e  delle  offese  fatte  alle  reali  persone,  non  meno  che  ad  im- 
plorare le  grazie,  le  immunità  e  le  libertà  indicate  nei  pre- 
sentati capitoli. 

Il  secondo  documento  che  porta  pure  la  data  del  13  feb- 
braio 1397,  contiene  la  procura  fatta  al  medesimo  scopo  ed  alle 
stesse  persone  insieme  ad  altre  per  parte  dell'arcivescovo  di  Mon- 
reale fra  Paolo  dei  Lapi  e  di  quella  Università  che  si  trovava 
nelle  identiche  condizioni  della  città  di  Palermo  di  fronte  ai 
Reali. 

Nel  chiudere  questi  brevissimi  schiarimenti  giova  fare  os- 
servare che  i  nostri  Storici ,  facendo  menzione  di  questa  de- 
putazione inviata  in  Catania  a  nome  delle  città  di  Palermo  e 
Monreale,  riportano  i  nomi  delle  persone  ricordati  nei  due  at- 
ti, tranne  quello  di  Giovanni  di  Chabica ,  il  quale  ò  anco  ta- 
ciuto dal  La  Lumia  in  quel  che  fa  parola  dell'ambasceria  di  cui 
trattano  i  documenti  che  vedono  ora  per  la  prima  volta  la  luce  (1). 


(1)  Op.  oit.,  id.,  pag.  46Cb 


l'ambasceria    di    ENRICO    CHIARAMONTE   ICC,  173 


PROGURATORIUM  PRO  NOBILI  HENRIGO  DE  GLAR^VMONTE 

In  nomine  «lomin!  nostri  Jcsu  Cin'isU  Amen.  Aimo  a  nalivitulc  ojusdem 
domini  millesimo  treeentcsimo  LXXXXVII"  mense  fcbruarii  die  XIII"  ejus- 
dem  mensis  quinctc  indicionis. 

Rcj^nanlibus  sercnissimis  dominis  nostris  dominis  Rege  Martino  et  Regina 
Maria  dei  gratia  illustribus  Rege  et  Regina  Sicilie  ac  ducatuum  athenarum 
et  neopatrie  duce  et  ducissa,  Regni  vero  dicti  domini  regis  anno  quincto  et 
diete  domine  regine  anno  XX"  feliciter  amen. 

Nos  Jacobus  de  Salomonibiis  de  orta  judex  felicis  urbis  Panormi,  Maii- 
fredus  de  la  muta   imperiali   anclorilatc   ubique  et  archiepiscopali   tam  in 
terris  et  locis  majoris   panormitane   ecclesie,  (|uam  mentis   Regalis  ecclesie 
ipsarumqiie  jurisdicioni  subiectis  Index  ordinanus  atijue  notarius  pnblicus, 
et    tcs'es  subscripti  ad  hoc  vocali  specialìter  et   logati  presenti  scripto   pu- 
blico  notum  facimus  et  testamur  quoJ  nobilis  et  egrcgius  henricns  de  Cla- 
ro^ionte  etc.  faciens  nos  in  ejusdem  presencia  accersiri  nobis  coram  eo  in 
prcsencia  infrascriptorum  testium  cxistentibus,  confìsus  de  lìde  indubia  pru- 
dericia  experla  et  legulilate    i)rol)ata  ac  reverenda  paternitate  Reverendi  in 
Cln'islo  patris  et  domini  domini  gilfortis  dei  et  apostolic  le  sedis  gratia  Ar- 
chiepiscopi Panormitaiii,  ac  sanctissimi  in  Ghristo  patris  et  domini  domini 
Ronifiicii  divina  providentia  pape  noni  cubiciilarii,  et  ejnsdem  sedis  in  regno 
Irinaclie  generalis  collectoris,  et  nuncii  apostolici  specialiter  deputati,  et  no- 
bilium  virorum  odini  de  pampara,  Johannis  de  chabica,  domini  Mathei  de 
Bonarnio,  Mathei  de  Garaslono  et  Nicholai  de  Bononia  sponte  fecit,  consti- 
tuit  et  soleniiiter  ordinavil  eosdem   revcrendum  dominum  archiepiscopum, 
nobiles  odinuni  lohainicm,  dominum  Matheum ,  Matheum  de  Garastono  el 
Nicholaum    de    Bononia    ])resentes   et    onus     infitiscripte      syndicaric    et 
ainbaxiarie  in  eos  voluntarie  suscipienles,  suos  veros  et  legitimos  syndices 
ambaxiatores  et  nuncios  speciales  ad  conferenlum  se  pcrsonalitcr  ad  illuslres 
el  serenissimus  principcs  dominos  nostros  regem  Martiimm  et  Reginani  Ma- 
riam  predictos,et  ibidem  cum  eisdem  illustribus  dominis  rege  et  Regina  confo- 
l'endum  proponcndum  explicandum,  Remissionem  et  gratiam  impenetrandam, 
presentandam  et  declaraiidam  ambaxiatam  et  capilula  constiluentis  ejusdem, 
(jne  videlicet  per  ipsum  constiluentem  una  cum  universitate  diete  urbis  dictis 
syndicis  et  ambaxiatoribus  suis  et  diete  universitatis  jam  citatis   constitutis 
et  ordinatis  assignata  erunt  ;  et  per  eosdem  syndices  et  ambaxiatores  trac- 
landa,  culliganda,  itn[»etranda  et  allirmanda  {sint),  et  cum  serenissimis  rege 
et  regina  predictis  eorumdemque  capitulorura    prcsentandorum  et  commis- 
sorum  acceptationem  et  oonlìrmacionem   petendam,   obtinendara  et  accep- 


174  l'ambasceria  di  enricd  chiaramonte  ecc. 

UiiiJiini;  ime  iiou  iid  sapplieaiuUim,  tracUiuduiu  et  lirmaiKluin  noiiiine  ci  prò 
parie  consliliiciiU.s  jam  ilicli  cuiii  duniinis  i>nncipibus  supradiclis  de  et  sui)er 
pclicioue,  supplicaciouc  et  requisieione  tam  comitatuuin ,  terraruni,  castro- 
rum,  pheudorum,  boiioruni  burgeiisaticnaiiii,  nenioruin,  nioleudinorum,  ter- 
raruni  et  locorum  alioruin  ac  oiliciorum  exisleutium  in  dicto  Koguo  Irina- 
clie,  quam  gratiarum  immuuitatuuiu  libertatuuai  et  romissionum  potitorutu 
petitarum  et  declaratoruiii  et  declaratarum  iu  capitulis  supradictis;  ac  de  et 
super  coulirmacioue  et  acceptacione  capitulorum  ipsorurn ,  et  remissioiieiu 
omnium  et  singularum  otlensarum  culparum  et  ncgligcnciarum  commis- 
sarum  atque  perpctratarum  per  eumdem  constitueiitem  et  suos  sequaces  et 
coadhcrenles  erga  dominos  principcs  supradictos  et  in  crimine  lese  maje- 
stalis  et  ctiam  in  prÌ4uo  capile;  ac  eciam  privi legiorum  et  graciariiin  con- 
cessorum  et  coucessarum  antiquis  imporaloribus  v^t  regibus ,  et  olììcioriun 
debilorum  civibus  urbis  jam  diete  conlirniacioneui  et  coucessionL'ui  peleudi 
et  obtinendi,  lidem  manus  et  oris,  homagiuin  raciciidum  promicteudum  pre- 
slandum  servandum  et  obliganduin  de  legalitalc  perpetua  scrvanda  serenis- 
simis  dominis  rcge  et  regina  predictis  eorum  liLM-cdibus  et  subcessoribus  iu 
perpeluuni:  ipsamque  pelendani  et  recipiendam  nomine  et  prò  parie  douìini 
conslilucntis  suorum  coadlierencium  et  se({uacium  ab  eisdem  doti  inis  prin- 
cipibus,  omnem(|ue  acceptacioncm  remissionem  conlirmacionem  et  graciam 
per  diclus  don)inos  regem  ci  rcginatn  iacicndam  circa  prciiictum  et  (|uod  libct 
prediclorum  nomine  et  prò  parte  conslilucntis  predicli,  suorum  ooudìiercn- 
liiiuni  et  scipiaciuni  acceptandam  et  recipiendam  et  Iacicndam  gencraliter 
ad  omnia  et  singula  suj)radicla  congrcssa  et  dependoncia  ab  eisdem  in  certis 
capilulis  coìitenta  et  dcclarala ,  lanlum  dumluxat  proni  et  sicut  (|uilibet 
veri,  et  Icgilinii  syndici  alquc  umbaxiatores  lacere  possunt  atque  debcnl,  et 
(juc  diclus  conslilncns  faccrc  possit  si  sua  sjionlc  ()ersonaliler  intcressctj 
dans  et  concedens  dominus  conslilucns  tam  suo  nomine  quam  dictorum 
coadhfrentium  et  scquacium  suorum  cjsdem  syndicis  et  ambaxiatoribus 
xuprr  premi-ssis  et  quolibet  prenussorum  prescri]itoruni  congrcssis  et  de- 
(NMideiilibus  ab  isdem  in  diclis  tamlum  capilulis  coidenlis  et  declaralis, 
plenum  liccncium  f-t  libcram  potestalcin  cum  libera  et  generali  administra- 
cionc  ac  speciali  mandalo  faciendi  et  excqucndi,  eciam  si  t  diter  essent  quod 
lu'indalum  exigercnt  speciale,  suljstanlia  dictorum  capiiulorum  nimine 
prclermi»sa;  et  volcns  diclus  conslituens  cosdem  suos  syndicos  et  amba- 
xulore»  «upr.»  prcmissis  omnibus  et  (juolibct  premissorum  relcvare  ab  omni 
onere  salisfacicndi  Jideijubcndi  [)ro  eis  personis  tam  suo  nomine  i)roprio  quam 
diclorutn  suorunt  scquacium  et  coadhercncium  milii  nolario  pulilico  ut  per- 
MOiii  publitiu  in  ollicio  meo  publico  i)ro  parte  ci  nomine  omnium  quorum 
Interest  HCU  inlercrit  legitimc  slipulaide  de  suiirascriptis  omnibus  et  singulis 
uditnpl"ndin  uUcndendis  r:dis  luibcndis  et  obscrvandis  inviolabililer  in  paco 


l'ambasceria    di   ENRICO   CHIARAMONTE   ECC.  176 

et  de  plano  bene  et  legaliter  si  ne  fraude  et  in  nullo  contrafacere  vel  venire 
nec  contravcnienli  consentire  de  jure  vel  de  facto  in  pace  de  plano  sub  ypo- 
theca  et  obligacione  fìdelitatis  legalitatis  et  honoris  constituentis  jamdieli 
proprio  suo  nomine  ae  reflcionc  dapnorum  interesse  et  espensarum  lilis  et 
extra,  dictumque  presens  mandatum  amljaxariam  et  syndicariam  jaindictas 
nullo  modo  revocare,  ipsacjue  omnia  siugula  attendere  et  adimplcre  in  pace 
ut  supra:  diclus  constituens  in  manibus  mei  predicti  notarii  Manfredi  de  la- 
muta  stipulante  nomine  ])rincipum  prediclorum  corporaliter  lacto  libro  de- 
bito ad  sancta  Dei  evangelia  prestitit  juramcntum  sub  pena  unciarum  auri 
duarum  millium  ad  opus  regie  curie  et  partis  (servicii)  a  me  nolano  pu- 
blico  ut  persona  publica  prò  parte  diete  curie  soUemniter  stipulante  et  a 
dicto  conslitueiile  sponle  promissa  sub  dieta  vero  pena  commissa  soluta 
exacta  vel  non  aut  gratis  remissa  omnia  et  singula  supradicla  in  corum  ro- 
bore  proprio  perseverent,  sub  ypotliec.i  et  obligacione  omnium  honorum 
suorum  iiajjitorum  et  habendorum  ac  relìcione  da|inorum  interesse  et  cxpcn- 
sarum  lilis  et  extra ,  me  notarlo  publico  ut  persona  publica  prò  parie  et 
nomine  serenissimorum  principum  supradictorum  abscntium  cilicio  meo 
publico  soUemiiitcr  stipulante,  in  omnibus  et  singulis  supradiclis  et  quo- 
libet  prediclorum  per  dicium  constiluenlem  promissis  et  slipulatis.  In  cuius 
rei  testimotiium  et  ut  do  premissis  omnibus  et  singulis  ajìud  serenissimos 
princi|)es  supradictos  et  generaliter  ubique  loconmi  liabealur  piena  lides  ac 
omnes  quorum  interest  ani  inlereril  caulelam  ,  factum  est  ex  bis  presens 
publicum  instrumentum  per  manus  mei  predicti  notarii  Manfredi  de  lamuta 
meoque  solilo  sigillo  signatum  nomine  quo  supra  judicis  et  notarii  et  sub- 
scriplorum  leslium  suljscriptioiiibus  et  testimonio  roboralum.  Aduni  Pa- 
normi  in  hos[)icio  consliluentis  predicti,  anno  mense  die  et  indicione  su[»ra- 
scrijjtis. 

Tesles  Dominus  ilodericus  de  Palmerio  miles;  Dominus  Franciscus  de 
aserio  miles  ;  reverendus  frater  Paulus  Archiepiscopus  Montes  Uegalis  ec- 
clesie ;  Fraler  Antonius  de  Glaromonle  Abbas  monasterii  Sancii  Spirilus, 
Frater  Nicolaus  Domini  Sari  abbas  monasterii  Sancte  Marie  de  allo  fonti 
nominati  de  parco,  index  Perinus  de  Florencia  in  jure  civili  licencialus  lie- 
nedictus  de  Palmerio;  Dominus  Antonius  Francus  juris  canonici  et  civilis 
professor,  Berlinus  de  Imperatore,  Dominus  Aulonius  de  Maniscalco  cano- 
nicus  panormilanus,  Aloysius  hicobi,  Antonius  lacobi  nolarius,  Ioannes  de 
ludici  facto  et  nolarius  Melohiorus  de  Lippo. 


176  L*AMB\SCERIA   DI   ENRICO   CHIARAMONTE   ECC. 

PROGURATORILM  PRO  REVERENDO  ARCHIEPISCOPO  MOXTIS 
REGAUS  ECCLESIE  ET  UXIVERSITATIS  CIVITATIS  IPSIUS. 

In  nomine  Domini  nostri  Icsu  Chrisli  amen.  Anno  a  iiativitate  ejusdem 
M"'CCC°LXXXXVII''  mense  februarii  die  XIIl"  cjusdom  monsls  quiutae  in- 
dictionis,  re-j'uanlibus  sercnissimis  domini»  nostris  Uogc  ^Martino  et  Regina 
Maria  dei  gracia  illustribus  rege  et  regina  Sicilie  ae  ducatuum  allicnarum 
et  ncopatrie  duce  et  ducissa,  Regni  vero  dicti  domini  rcgis  anno  quinto  et 
domine  regine  diete  anno  XX"  felieiter  amen. 

Nos  lacobus  de  S;ilomonibus  de  orla  legum   doctor   Index  lelicis  urbis 
panormi,  Maiifredus  de  lanuila  impellali  aucloritate  nbique  et  arcliiepisoopali 
lam  in  lg"ns  et  locis  inajoris  panormilaiie  ecclesie  quam  monlis  regalis  ec- 
clesie ipsarunijuc  jurisdiclioni  subieclis  judex  orilinarius  atque  notarius  pu- 
blicus,  et  lestcs  subscripti  ad  lioc  vocali  specialiler  et  rogali  presenti  scriplo 
p":blico  noUun  l-icimus  et  tcstamur   quod   Reverendus  in    Ciu'isto  pater  et 
(luminus  fraler  Paulus  Dei  et  apostolice  sedis  gralia  archioprscopus  montis 
llegsdis  ecclesie,  facicns  nos  in  ejus   presencia  evocari  noltis  coram  eo  exi- 
stenlil)us  in  [ìresencia  infrascri[)torum  teslium,  coniìsus  de  tìde  indul)ia  pru- 
dencia  ci  legalilale  probatis  ae  veneranda   palernitate  reverendi  in  Chrislo 
palris  et  domini  domini  gilforlis  dei  et  apostolice  sedis  gmtia  panormitani 
arclncpiscopi  ac  sanclissimi  in  Chrislo    palris  et  domini  nosti'i  domini  Ro- 
nif.icii  divina  providcntia  rajìe  noni,  cubicularii  et  ejnstlem  sedis  in  regno 
triiiaclic  gencralis  coUectoris  et  nuntii  apostolici  specialiler  deputati,  et  no- 
bilium  virorum  odini  de  pampara  Joamns  do  ciiabica,  domini  Malliaei  do 
Ronanno,  Matlhei  de  Careslono   allerius  judicum  ydoitarnm  diete  url)is  et 
Nicolai  de  Bononia  allerius  cx-juralis  urbis  i])sius  civium  diete  urbis  sponte 
lam  prò  te,  suequc  ecclesie  prodicte,  cleri,  capiluli,  granchiarum,  benelìcia- 
lium,  abbacianim  et  monacorum,  quam  universilalis  hominum  eivitatis  Mon- 
lin  Rcgilis  ecclesie  predicte   fecit,  consliluil  et  solepniter  ordinavit  eosdem 
revcrcnduni  dominum  nrchicpiscopum,  odinum,  lohannem ,  dominum  Ma- 
thetiin,  .Mallljcum  de  Careslono  et  Nicolaum  de  Rononia  pivsentes  et  omis 
infraHcriple  «yndiearicet  aml)axarie  in  eos  voUnilarie  et  spont.niee  suscipieu- 
tc«  ffUOK  et  diclorum  cleri,  capiluli,  granchiarum,  benellcìalium,  abbaciarum 
mon:iC«>nim    «'d  universilalis  bomimmi  eivilalis  Montis  Regalis  veros  et  le- 
t^liiiioi  syndico?»  und»a\ialorcs  et  ninicios  speciales  ad  conlerendum  se  per- 
winnliter  ud  iUuHlrisslmos  et  8Ci*cnl8.simos  dominos  dominos  noslros  regem 
marlinuin  ot  reginam  mariani  snpradiclos,  et  ibidem  cum  ejsdem  illustril)us 
dduitnii  ffge  et  regina  conferiMnlum,  proi»onendiim,  cxplicandnm,  remissio- 
nrm  ri  griicinin  im|N!lniiid»m ,  prcsonUindum  ci  declurandam  nmbaxiutam 
ri  r.ipitulu  ijundem  domini  coUMlituentis  qtie  videlieet  per  i|isum  constiluen- 
tcm  noinlnlbns  ({uibuD  supradiclis  syndicis  et  uml)a.\aturibu3  assignula  erunl, 


l'ambascerìa   di   ENRICO   CHIARAMONTE   ECC.  177 


decretata  et  dcscripta  iiitcr  capitula  taiii  univcrsitatis  felicis  urbis  panormi, 
(luam  nobilis  et  egregii  Henrici  de  claromouti,    et    per  eosdem  syndicos  et 
anibaxatores  tractanda,  colligaiida,  impelranda  et  aifirraanda,  de  et  ciim  se- 
rcnissimis  rege  et  regina  i)rcdiclis  eorumdcmque  capitulorum  presentando- 
min  et  promissorum  ex  parte  constituentis  ipsius   quibus  supra  nominibus 
aceeptacionem  et  contìrmacionem    i)clcndam  oblinendam   ed   acccptandam; 
nec  non   ad  supplicandiim  tractandum  et  confirmandiim  norainibns  quibus 
supra  cuni  screnissimis  principibus  supradictis  de  et  super  peticione  snppli- 
cacionc  et  rccjuisicioncgratiarum  iramunitatuum  libertatuum  et  remissionum 
in  dictis  capitulis  contentarum  et  declaralarum,  ac  contìrmacionem  et  accep- 
tacionem  capitulorum  jamdictorum.  atque  remissionem  omnium  et  singula- 
rum  olTensionum  culparuin  et  negligentiarum  commissarum  ac  perpetrata- 
rum  olim  per  constituentem  (>umdem  diclamque  universitatem  Mentis  He- 
galis  et  suos   clerum  et  alios  subditos  diete  sue  ecclesie  superdictos  erga  se- 
renissimos  prineipes  supradictos,  et  in  ci'iminc  lese  maiestatis  et  eciam  in 
primo  cnpitulo  privilegiorumque  et  graciarum  concessorum  Indultorum  seu 
concessarum  anliquis  imperatoribus  et  regibus  prelalis  diete  ecclesie  prede- 
cessoribus  suis,  eidemque  sue  ecclesie  monacis  et  conventui  ac  universitatis 
civitatis  Mentis  Regalis  predicte,et  ollìciorum  dcbitorumet  concessorum  cuil- 
libet  diete  civitatis  Montis  Regalis   contìrmacionem  et  concessionem  peten- 
dam  et  oblinendam   lìdem  manns  et  oris  homagium  faciendum   presentan- 
dum  [)reslandum  servandum  et  obligandum  dclegalitate  et  lìde  perpetua  scr- 
vanda  sprenissiuiis  principibus  supradictis  eorumque  heredibus  et  subcesso- 
ribus  in  perpetuum,  ipsamque  petendamet  recipiendam  nomine  et  prò  parte 
constituentis  predicti  quibus  supra  nominibus  ab  eisdcm  dominis  rege  et  re- 
gina, omnemque  acccptacioncMn  et  remissionem  cc^nfirmacionem  et  graciam 
[ler  dielos  dominos  prineipes  iaciendam  circa  predida  et  quodliljet  predic- 
torum    nomine  et  prò  parte  dicti  constituentis  quibus  supra  nominibus  ac- 
ceptandam  et  recipiendam,  et  faciendam  generaliter  ad  omnia  et  singula  su- 
pradicla  congnes!>a  et  dependencia  ab  eisdcm  in  dictis  capitulis   contenta  et 
deolcimta,  tantum  dumtaxat  prout  et  sicut  quilibet   veri  et  legitimi  syndici 
atque  ambaxiatores   lacere  possunt  atque  dcbent,  et  quo  dictus  constituens 
quibus  supra  nominibus  tacere  jìosset  si  (sua)  sponte  personali  ter  interesset: 
dans  et  ooncedens  dictus  constituens  quibus  supra  nominibus  eisdcm  syndicis 
et  ambaxatoribus  suis  super  predictis  et  quolibet  predictorum  congnessis  et 
dcpendentibus  ab  cisdem  in  dictis  tantum  capitulis  contentis  et  declaratis  ple- 
nam  licenciam  et  liberam  itotestatem  cum  libera  et  generali  adminislracione 
ac  speciali  mandato  liiciendi  et  contractandi  eciam  si  talia  essent  quo  man- 
datum  exigcrent  si)cciale,  substancia  dictorum  capitulorum  nemine  praeter- 
missa;  et  volens  dictus  constituens  quibus  supra  nominibus  eosdem  svndicos 
et  ambaxatores  jamdictos  super  predictis  omnibus  et  quolibet  predictorum 


Ì78  l'ambasceria  di   BNIÌICO   càlARAliONTE   ECC. 


relevare  ab  onini  onere  salisfandi  et  fiJeijubendi  prò  cis  personis  quibiis  sii- 
pra  noniiiiibus  mihi  notario  publico  ut  persona  publica  officio  meo  publico  prò 
parte  et  nomine  omninm  quorum  interest  seu  intererit  legaliter  stipulanti;  ile 
premissis  omnibus  et  singulis  adimplendis ,  attendendis ,  ratis  habendis  et 
inviolabiliter  observandis  in  pace  de  plano  bene  et  legaliter  sine  fraude  et 
in  nullo  contrafacere  vel  venire  contravcnienti  consentire  de  jure  vel  de 
facto  in  pace  (ul)  supra  sub  ypotheca  et  obligacionc  fidplitatis  legalitatis  et 
honoris  constituentis  supradicti  quiltus  supra  norainibus  ac  rcficionc  dapno- 
rum  Interesse  et  expensarum  litis  et  extra,  dictumque  presens  mandatum  am- 
baxarìam  et  syndicariam  jaradictas  nullo  modo  revocare,  ipsaque  omnia  et 
singola  attendere  et  adimploi-e  in  paco  ut  supra:  dictus  constituens  quibus 
supra  nominibus  in  ejus  conscienciam  juravit  sub  pena  urdarum  auri  quin- 
gcntarum  ad  opus  regie  curie  a  me  notario  pubilco  ut  persona  publica  prò 
parie  diete  curie  solenniter  stipulante  ed  a  dicto  constituenti  quibns  supra 
nominibus  sponte  promissa;  sub  pena  vero  jani  dieta  commissa  soluta  vel 
non  aut  gratis  remissa  predicta  omnia  et  singula  in  eorum  robore  remaneant 
sub  ypotheca  et  obligacione  omnium  honorum  siiorum  dicteque  sue  eccle- 
sie et  diete  universitatis  Montis  Rogalis  habitorum  et  habendorum  ac  rcfi- 
cionc dapnorum  interesse  et  expensarum  litis  et  extra  me  notario  publico  ut 
IKjrsona  publica  prò  parte  et  nomine  serenissimorum  principum  prcdiclorum 
ubscncium,  ollìcio  meo  publico  solcmnitcr  stipulante  in  omnibus  et  singulis 
Hupradictis  et  quolibct  eonimdem  per  dictum  constituentem  quibus  supra  no- 
minibus promissis  et  stipulatis.  In  cujus  rei  toslimoniuni  et  utdesujirascriptis 
premissis  omnibus  et  singulis  apud  doininos  i)rincipes  supradictos  et  gcncra- 
liter  apud  omnes  ubiquc  locorum  habeatur  piena  fides  ac  omncs  quorum 
interest  seu  intererit  cautelam,  factum  est  ex  ois  presens  publicuni  instnnnon- 
tuni  per  nianus  mei  pre'dicli  nolarii  Manfredi  de  Lamula,  meoquc  solilo  si- 
gillo signatnm  nomine  ([uo  supra  ludicis  et  notarii  et  subscriptonin)  leslium 
sub.tcripcionibus  et  testimonio  rol)oi*atum:  aduni  Panormi  in'hospicio  dicti  no- 
bilis  et  egregii  Henrici  de  Clarainonle  anno  mense  die  et  indicione  siipra- 
seriptis. 

Testcs...  ut  supra. 

Palermo  dalla  Biblioteca  Comunale,  2  febbraio  1890. 


Luigi  Boglino. 


I/EPIDEMLV  D'INFLUENZA  DEL  1557  IN  PALERMO 

E   LE   PROPOSTE    PEIl   IL   RISANAMENTO   DELLA   CITTA' 

FATTE    KEL    1558 

DA  G.  F.  INGRASSIA  (1) 


Nel  1557  la  città  di  Palermo  era  visitata,  forse  la  prima  in 
Italia,  da  un'  epidemia  d' Influenza,  che  è  tra  le  prime  nieglio 
accertate,  e  un  anno  dopo  da  un'  altra  di  Meningite  cerebro- 
spinale, e  quindi  a  breve  distanza  o  forse  nello  stesso  tempo 
da  febbri  malariche  (2).  Per.tanto  il  Senato  della  città,  preoc- 
cupato del  succedersi  di  tante  malattie  epidetniall  e  popolari, 
si  rivolgeva  a  Gian  Filippo  Ingrassia,  che  esso  nel  1553  a- 
veva  chiamato  da  Napoli  a  Palermo  come  lettore  di  ìnedi- 
cina  (3),  per  sapere  di  che  mali  propriamente  si  trattasse ,  e 
quali  pubblici  provvedimenti  fossero  da  adottare  contro  di  essi. 
«  Illustre  signor  Pretore ,  et  voi  spettabili  signori  Giurati , 
cosi  si  esprimeva  I'Ingrasslv,  le  Signorie  vostre  ne  fecero 
questa  proposta,  cioè  che  le  dicessimo  in  che  stato  si  trova 
hoggi  la  Città,  circa  le  inlirmità  che  corrono.  Secondariamente 
qual  sia  la  causa  primiera,  cioè  donde  proceda  et  habbia  ori- 
gine cotal  mortalità  di  gente  et  concorso  d' inflrmitadi,  quali 
regnano  in  questa  città.  Terzo  che  essito  pensiamo  che  deg- 
giano  bavere,  cioè  quando  s'  haveranno  à  Unire.  Et  ultimo  che 
le  volessimo  dichiarare  se  ci  è   qualche   rimedio ,  co  '1  quale 


(1)  Nota  lotta  alla  Soc.  di  St.  patria,  nella  seduta  del  9  Febbraio  1890. 

(3)  V.  gli  Annali  delle  epidemie  occorse  in  Italia  del  Corradi,  Bologna 
18(35;  e  la  mia  monogralia  sulla  Meningite  cerebro-spiìiale  in  Sicilia,  Pa- 
lermo, 1885. 

(3)  V.  Salomone-Marino,  Documenti  su  G.  F.  Ingrassia,  nell'Archivio 
Stor.  Sic,  N.  S.  1887, 


180  l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo 

potesseno  sue  Signorie  al  male  presente  occorrere,  come  quelli 
che  hoggi  hanno  la  cura  di  questa  Città  ». 

L'Ingrassia  rispondeva  cosi  ai  18  di  settembre  del  1558 
con  una  relazione  verbale,  o  forse,  come  meglio  diremmo  oggi, 
con  una  pubblica  conferenza,  cioè  con  un  Ragionamento,  fatto 
alia  presenza  del  Magistrato  sopra  le  infìrmità  epidemiaU  e 
popolari  successe  ìielFanno  1558.  Questo  Ragionamento  veniva 
poi  pubblicato  nel  1500  assieme  al  Trattato  assai  bello  et  id ile 
di  dm  mostri,  ecc.  (trattato,  che  è  una  delle  prime  pubblica- 
zioni più  importanti,  che  si  conoscano  di  teratologia  (1));  e 
questa  pubblicazione  costituisce  una  vera  rarità  bibliografica, 
non  conoscendosene  oggi  che  appena  quattro  esemplari ,  cioè 
uno  nella  Biblioteca  Mazzarina  di  Parigi,  due  nelle  due  biblio- 
teche pubbliche  di  Palermo,  ed  una  incompleta  presso  di  me  (2). 
Forse  questa  rarità,  oltre  alla  fretta,  con  cui  oggi  si  va  nelle 
pubblicazioni  mediche ,  à  fatto  si  che  quel  Ragionamento  sia 
restato  poco  raen  che  sconosciuto,  anche  da  chi  cita  pur  I'In- 
GRASsiA,  e  r  Informatìone  del  pestifero  et  contagioso  morbo  ctc. 
del  1575  ;  nella  quale  il  nostro  autore  torna  pure  a  parlare  di 
questa  epidemia  del  1557 ,  come  anche  di  altre  ad  essa  po- 
steriori. 

Pertanto  ò  creduto  opera  non  del  tutto  inutile  farne  oggi 
parola;  anche  perchè,  a  prescindere  dall'interesse  odierno  de- 
stato dalla  curiosità,  sarà  grato  e  forse  anclie  utile,  e  non  solo 
ai  cultori  della  medicina,  ma  benanco  ai  cultori  delle  patrie 
memorìe,  conoscere  le  idee,  che  regnavano  appo  noi  nel  500 
intorno  alle  epidemie  ed  alle  misure  di  jiiibblica  prolìlassi,  tanto 
più  che  r  Inguassia  svolge  un  vero  e  proprio  progetto,  come 
oggi  diremmo,  di  risanamento  della  città.  Ed  infine  ò  pensato 


(1)  Roccntcmciilc  ù  slulu  ripulihliculi)  nella  Storia  dciln  teratologia  doì 
prof.  C.  Tanini,  lJ<)lo{,'nit,  U.  Tipoyralia  18H1-8G,  v.  8". 

(2)  Al  IHiri,  f|uan(lo  iii^flHunu  copia  ce  n'uru  nelle  nii)liolcclic  di  Pulcniio, 
qiicfllo  opiwcolo  fu  rlcMcrillu  (lui  (Ioukadi  (/.  e);  puro  I'Evola  al  1878  (S(o- 
ria  lipogniticolnttcniria  *W\  kccuIo  XVI  iu  Sicilia)  lo  dice:  «  rarissimo,  nò 
mai  detorilto  dai  notlri  bibitugratl  >. 


l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  palekmo  181 

che  non  sia  discaro  alla  Società  siciliana  per  la  Storia  patria, 
la  quale  comincia  ora  a  tenore  le  sue  sedute  in  questo  chiostro 
di  S.  Domenico,  il  rievocare  una  delle  più  belle  figure  dei  let- 
tori di  quello  Studio,  che  qui  oljbo  sede  nei  secoli  XV  e  XVI: 
ed  assieme  al  nome  dell'  insig-ue  anatorao,  gloria  della  Sicilia, 
già  corre  per  la  bocca  di  voi  tutti  quello,  non  meno  glorioso, 
del  padre  della  storia  siciliana,  che  qui  leggeva  fllosofla  e  teo- 
logia nello  stesso  tempo  che  I'Ingrassia  medicina;  e  compiva 
la  pubblicazione  delle  due  decadi  de  Rèbus  Siculls  proprio  nello 
stesso  anno  (1560),  che  quegli  metteva  fuori  quel  Jrattato  dei 
mostri,  e  quel  modesto  Ragionamentj,  di  cui  ora  è  parola. 

Tornando  al  quale,  dirò  che  l'  Ingrassia  comincia  col  dare 
una  idea  sommaria  delle  febbri  pestilenziali,  delle  ([urVi  iVisiìn- 
gue  sette  specie;  e  quindi  viene  a  descrivere  così  T epidemia 
d'Influenza  del' 57:  Nel  giorno  di  Santa  Cristina  (1)  venne 
nelle  campagne  di  Palermo  «  crudelissima  resina  la  quale 
ammorbò  tutti  li  arbori  et  fermenti  et  orzi,  et  si  raccoglieva 
sopra  di  quelli  una  rugiada  rossa  viscosa,  come  una  velenosa 
forruggine,  la  quale  non  fu  senza  influsso  et  alteratione  venula 
dal  cielo,  et  quella  a  poco  a  poco  si  moltiplicò  ancora  nelli 
corpi  humani,  et  però  non  passarono  troppo  giorni,  che  pigliò 
per  tutti  con  un  modo  contagioso,  di  sorta  che  universalmente 
per  tutto  il  Regno  et  più  oltre  fu  quel  catarro  con  gravezza 
et  dolor  di  testa,  ros.^ezza  di  fronte  et  d' occhi ,  con  che  tutti 
lo  esperimentammo  ;  et  si  vid(!  chiarissimamente,  che  fu  cosa 

epidemiale,  cioè  universale  a  tutto  il  popolo Et  non  fu 

tale  alteratione  in  quel  tempo  mortalo,   non    liavondo    troppo 


(1)  La  festa  di  Siulti  Cristina  si  celebrava  (e  si  eie! ira)  «lue  volici  al- 
l' anno,  nella  [)riina  domenica  di  ^ilaijgio  per  la  lrasla:tOiìC,  ed  ai  2ì  di  lii- 
j>;lio  per  la  morte:  nel  maggio  si  teneva  la  fiera  i^m- 1 1  dtiral;)  di  1">  gioi-ni, 
dalla  prima  alla  terza  domenica  (V,  Mongjtore,  Lu  traile  lf:ilr  di  P.il.  i-ìhd, 
Ms.  della  Comunale  di  Palermo,  segn.  Q([,  E.  3,  p.  87).  Peitanto  qui  j»er 
giorno  di  Santa  Crislina  è  da  intendere  il  2  maggio  {  prima  domenica  di 
maggio  1537),  e  non  il  24  luglio,  come  ritenne  il  Corradi  (Z.  c),  poco  ba- 
dando che  con  tale  data  mal  combina  quanto  dice  1'  Ingrassia. 


182  l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo 


furia  ne  gran  potenza.  Ben  è  vero  che  lasciò  li  corpi  assai 
maltrattati  et  massimamente  quanto  alla  testa,  nella  quale  fu 
grande  afflittione». 

Questa  è  la  descrizione  lasciataci  dall'  Ingrassi  a  dell'  In- 
fluenza del  1557,  e,  per  quanto  breve,  essa  è  abbastanza  pre- 
cisa, in  modo  da  essersi  potuta  identificare  senza  alcuna  difìi- 
coltà  dagli  epidemiologi ,  tanto  più  che  con  ossa ,  e  con  gli 
altri  particolari,  lasciatici  pure  dallo  stesso  autore  noli' /;z/br- 
malione  del  1575,  concordano  perfettamente  le  notizie,  che  in- 
torno a  queir  epidemia,  diffusasi  poi  a  tutta  Europa  od  anche 
air  America,  ne  lasciarono  Andrea  Bacci,  Gabriele  Falloppio , 
il  Mercati,  il  Rivedo,  il  Vallediola,  ed  altri.  (Cfr.  Corradi,  l.  e, 
ZfiLZER,  Influenza,  Schweissfriesel,  etc.  neWIIanclbitch  del  von 
Ziemssen  Bd.  II.) 

Questo  quanto  al  quadro  sintomatico  del  morbo;  quanto  alle 
cause  è  notevole ,  che  il  nostro  siciliano ,  allontanandosi  non 
poco  dalle  credenze  astrologiche,  allora  dominanti,  si  limita 
semplicemente  ad  accennare  ad  un  influsso  et.  alleratlone  del 
cielo,  e  più  giù  (a  proposito  delle  febbri  dell'estate  1558)  al- 
V  entrata  del  sol:  in  Leone  con  conglonilone  di  Marte)  e  lascia 
interamente  agli  astrologi  «  la  dichiara  tiene  particolare  degli 
influssi,  secondo  le  varie  congiontioni  »  :  e  questo  si  noti  in  un 
tempo,  quando  da  tutti,  anche  dai  medici  e  dagli  uomini  più 
reputati  per  dottrina  (e  valga  per  tutti  Girolamo  Cardano)  non 
si  faceva  altro  che  almanaccare  e  stillarsi  il  cervello  per  {spie- 
gare tutti  gli  avvenimenti ,  e  non  di  epidemie  soltanto ,  colle 
congiunzioni  e  costellazioni  dei  pianeti  ;  né  più  né  meno  come 
il  Don  Ferrante  di  Alessandro  Manzoni  (1).  Il  nostro  se  la  sbriga 


(i)  Cosi  il  modico  Scba»liano  Papirella  a  spicjjaro  un'  opiduniia  occoi'sa 
nel  1-V>4,  pure  prohnbilmc'nli^  «r  hilliujnza,  tira  iti  campo  Saturno,  Mari»  o 
Venere:  •Situruu.'»  ciput  (Miniti  rcplet  ;  Mars  aulom  suo  cxcJodMiti  cnloro 
llbm  illuwlvil  et  {\wrc  facit,  ctc.  ctc.  ».  Ed  il  IJorillijlio  di  Messina  delia  pe- 
«to  *lfl  l.'>75  credeva  •  cmsim'i;  Viipon;  maligno  conoroato  por  maligna  costol- 
laziono  «lei  Huncli,  nemico  ulVallo  allo  spirito  vitale  dell'  lìuonio  ecc.  ».  (Cl'r. 
U  CoRitADi,  op.  cU.).  E  cotfl  tanti  uUri,  cliu  si  potrel^bcro  citare  n  centinaia. 


l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo  .        183 

con  queir  accenno  ;  ed  invece  afferma  recisamente  il  contagio, 
pur  facendolo  consistere  in  quella  ferruggine  raccoltasi  sopra 
le  piante  ;  ed  ancora  più  esplicitamente  più  innanzi  a  proposito 
delle  altre  infermità,  che  successero  all'  Influenza,  (e  che,  se- 
condo è  dimostrato  nel  mio  succitato  lavoro,  sareb])ero  fel3])ri 
malariche,  e  meningite  cerebro-spinale),  aggiunge  :  «parte  per 
lo  gran  calore ,  parte  per  lo  malo  influsso  de'  cieli ,  in  quel 
tempo  cominciarono  a  disseminarsi  per  l'aria  alcuni  atomi  chia- 
mati principi  seminari  di  malignità »;  e  questi  atomi 

«  si  sogliono  ritenere  nell'aria  per  molti  tempi,  et  infettare  po- 
scia gli  huomini ,  li  quali  ispirano  con  lo  hanelito  queir  aria. 
Egli  è  ben  vero,  che  non  tutti,  ma  quelli  che  sono  disposti  più 
de  gli  altri,  et  hanno  con  tali  principii  seminali  simboleità  (per 
così  dire)  et  conformità  ;  quelli  solo  s'infettano,  etc ». 

Come  si  vede,  basta  sostituire  la  parola  w/cro^/ alla  parola 
atomi,  0  principi  seminari,,  o  sperma,  come  pur  dice  più  oltre, 
e  variare  qualche  altra  espressione,  perchè  quelle  idee  intorno 
ai  contagi  ed  alla  ricettività  individuale,  emesse  più  di  tre  se- 
coli addietro,  in  nulla  diff*eriscano  da  quelle,  che  oggi  sempre 
meglio  si  vanno  dimostrando  per  vere  :  e  ciò  senza  la  pretesa 
di  gabellare  I'Ingrassia  per  uno  d(n  precursori  delle  moderne 
dottrino. 

Ma  pur  non  discostandosi  gran  fatto  dalle  dottrine  dei  suoi 
tempi,  egli  si  avvicinava  di  molto  alle  moderne,  anche  nell'ul- 
tima parte  del  Ragionamento,  in  cui  tratta  dei  rimedi;  e  «non 
de  gli  nostri  rimedii,  avvertiva  egli  ai  Rettori  della  città,  come 
medici  alli  particolari,  perchè  quelli  havemo  da  provedere  noi,  et 
si  potrà  disputare  altra  \olta;  ma  quanto  a  quello,  che  le  Signo- 
rie V.  ricercano  da  noi,  cioè  che  possano  esse  provvedere  all'u- 
niversale ».  E  qui  si  noti  il  retto  criterio  di  quel  nostro  antico,  il 
quale,  parlando  a  persone  estranee  alla  scienza  medica,  si  guarda 
bene  dall'  indicare  questo  o  queir  altro  rimedio,  questo  o  quel- 
r  altro  metodo  curativo,  ben  sapendo  come  da  ciò  possano  na- 
scere equivoci  deplorevoli;  esempio  questo  degno  di  essere 
imitato  anche  ora  dai  molti,  che  recentemente  anno  divulgato 


184  l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo 

su  pei  giornali  delle  ricette  per  l' Influenza,  raccomandando  il 
salicilato  di  sodio,  l' antipirina,  o  che  so  io.  Dei  rimedi  però 
parla  nella  Informatione  del  1575,  dopo  avere  accennato  al 
decorso  della  malattia  ;  a  proposito  del  quale  dice ,  che  tutti 
i  sintomi  assieme  alla  lebbre  non  duravano  più  di  quattro 
giorni,  e  che  sebbene  a  principio  minacciassero  gran  pericolo, 
pure  tutti  eratio  salubri:  «  Non  vi  era  bisogno  di  syroppi,  nò 
di  medicina  purgativa,  se  non  di  cavar  sangue,  et  di  confet- 

tioni  con  bever  acqua Ma  quei  che  aveano  qualche  rot- 

torio  {cauterio)^  il  primo  giorno  solamente  a  pena  per  12  bore 
haveano  i  predetti  syntomi  in  testa.  Et  subito  poi  si  lìormu- 
tava  il  male  tutto  al  luogo   del    rettorie ,  diventando   (piello 

rosso e  al  secondo  giorno  si  ritrovavano 

guariti  ».  (op.  e,  parie  L  cap.  V.) 

Venendo  ora  alle  misure ,  che  proponeva  V  Ingrassia  al 
Magistrato  per  ovviare  a  quei  mali  (che  erano,  come  si  è  detto, 
venuti  dopo  dell'Influenza);  prima  di  tutto  egli  per  gli  antichi 
esempi  dei  Greci  e  dei  Romani  e  della  Sacra  Scrittura,  consi- 
gliava d' implorare  la  misericordia  divina  con  orazioni,  proces- 
sioni ,  e  fipec  lai  mente  colle  elemosine  :  «  se  quelli  che  erano 
Gentili ,  servi  più  tosto  del  diavolo  che  di  Dio ,  con  orationi , 
elimosine  et   sacrificii    placavano  /'/;•«  D/o  (!?),  quanto  più 

noi  doverao  farlo  essendo  Christiani  ?    

Seguano  dunque  le  Signorie  V.  con  processioni  quali  hanno 
cominciato,  et  di  più  facciansi  elimosine,  massime  in  soccorso 
di  tanti  poveri,  che  si  muoiono  nello  lor  case,  per  non  bavere 
alcuna  speranza  di  aiuto,  né  di  comprarsi  pane,  sendo  infermi 
loro  con  tutti  li  figlij,  et  ve  ne  son  di  quelli  che  sono  morti, 
né  hanno  avuto  il  modo  di  poterli  sotterrare,  et  tenutigli  fe- 
tentissimi  insino  h  tanto  che  alcuno  se  ne  sia  mosso  a  com- 
passione. Con  orationi  dun(|ue,  processioni  et  sopra  tutto  con 
liraosine  si  placcherà  V  ira  di  Dio,  la  quale  muove  o  permette 
muoversi  le  seconde  cause.  Et  questo  è  lo  primo  rimedio  uni- 
versale quale  tocca  alle  Signorie  Vostro  illustrissime  et  spot- 


l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo  185 


tabili  ».  E  questo  rimedio  vediamo  tuttora  eseguirsi  dalle  no- 
stre autorità  in  tempo  di  epidemie,  se  non  colle  orazioni  e  pro- 
cessioni, coir  istituzione  delle  cucine  economiche,  colla  sommi- 
nistrazione di  boni  per  coperte,  per  alimenti  e  simili  ai  poveri 
curati  dalla  condotta  medica. 

«Secondo  conviene,  seguiva  1' Ingrassia,  purificarsi  l'aria 
della  città,  con  levar  tutte  le  cause,  che  le  inducono  humidità, 
et  accrescono  putrefattione  :  così  prima  si  levino  le  stazzoni  (1) 

del  ponte  dell'  Armiraglio donde  avviene  che  per  la 

vicinità  di  quel  luoco  ogni  anno sono  più  ammalati  nella 

Chalza  che  in  qualsivoglia  altra  parte  à  tanto  per  tanto  ».  E 
consiglia  di  trasferire  quelle  stazzoni  alle  Ficarazze,  e  di  le- 
vare anche  l'altra  che  si  trovava  dentro  la  città  «infra  la  porta 
di  Termini  et  la  porta  di  Sant'  Agata  »  (2)  ;  ecc. 

«  Terzo  le  Signorie  V.  avvertiscano  di  levare  l'acque  morte, 
le  quali  sono  intorno  alle  mura,  che  corrompono  1'  aria  della 
Città,  et  perchè  non  se  ne  facciano  più,  è  bene  che  li  fossati 
habbiano  la  sua  dipendenza  (pendenza),  et  essito  al  mare  dall'un 
lato  et  dall'altro  della  città  (3),  massime  quella  che  muore  intorno 
al  Palazzo,  ove  bave  d' habitar  sua  Eccellentia  tanto  dalla  parte 
ove  il  muro  si  ruppe  (4),  quanto  dalla  parte  di  quella  fonte 


(1)  Sic.  Fabbrica  e  forno  di  mattoni,  tegole  e  simili. 

(2)  D.  Vincenzo  Di  Giovanni  (il  quale  scriveva  nei  primi  del  secolo  XVII) 
accenna  ancora  a  questo  stazzane  nella  strada  che  da  porla  di  Vicari  Ca- 
perla nel  1600)  andava  a  porla  di  Termini ,  seguendo  le  mura  della  città. 
(V.  Palermo  ristorato  nella  Biblioteca  storica  e  letteraria  del  Di  Marzo 
V.  X  p.  212).  Ora  n'è  rimasta  memoria  nel  nome  dell'attuale  via  Stazzane. 

(3)  Per  conseguire  questo  scopo ,  ancora  al  1622  si  ordinava  che  «  la 
pietra  rotta  per  servizio  delle  fabbriche  private  »  si  dovesse  prendere  dalle 
fosse  attorno  la  Città,  e  più  precisamente  vicino  porta  Mazzara.  (V.  Capi- 
toli del  Conte  di  Castro,  cap.  CXXXV  a  f.  164  dei  Capitoli^  ordinazioni  ecc. 
ediz.  del  1745). 

(4)  Questo  muro  si  ruppe  press'a  poco  nel  luogo  ove  poi  al  1620  fu 
costrutta  la  porla  di  Castro ,  cioè  dalla  parte  ove  allora  esisteva  l'antica 
chiesa  di  S.  Maria  d'Uria,  come  si  legge  nel  Diario  di  Niccolò  Palmeriuo 
(v.  la  cit.  Bibliot.  del  Di  Marzo  v.  I,  p.  19),  e  quelle  altre  di  S.  Giorgio  e 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XV.  13 


186  l' EPIDEMIA  d'influenza  DEL   1557   IN  PALERMO 


chiamata  da  me  Aretusa  (come  appare  in  quel  motto  in  lettre 
marmoree  scritto,  ne  i  tempi  della  academia  approbatome  ispe- 
cialmente  dal  generoso  et  humanissimo  Don  Mariano  De  Bo- 
logna allhora  nostro  Prencipe)  sotto  la  porta  Nova,  (1)  et  così 
al  Pepirito  (2). 

Quarto  si  provega  à  levarsi  queir  acqua  che  muore  vicino 
alla  Panneria,  sotto  Santo  Spirito  (3),  che  quella  si  vede  hoggi 
verde  et  fetente,  et  è  causa  di  corrottissima  evaporatione. 


di  S.  Mercurio,  secondo  lo  Zamparrone  {ihid.  v.  I  p.  234) ,  ed  il  La  Rosa 
{ibid»  V.  U  p.  189),  nell'occasione  dell'alluvione  del  27  settembre  1557,  cioè 
del  Diluvio,  cui  più  innanzi  accenna  il  nostro  A.,  alluvione,  la  cui  memo- 
ria restò  per  lungo  tempo  tradizionale,  intendendosi  volgarmente  sotto  il 
nome  la  china  (piena  d'acqua).  Infatti  a  causa  di  eccessive  piogge  ingros- 
sarono talmente  le  acque  del  torrente  Cannizzaro  (Ain-nazr),  detto  ancora 
di  Maltempo,  o  più  anticamente  di  Kemonia.  che  rompendo  in  quel  punto 
le  mura  della  città,  dilagarono  dentro,  producendo  morte  e  rovina,  special- 
mente a  Ballarò ,  alla  Ruga  nova,  alla  porta  dei  Patitelli  e  più  olire  alla 
Bocceria  vecchia  e  alla  Loggia.  Secondo  il  Fazzello  le  case  rovinate  fu- 
rono circa  duemila,  infinite  secondo  il  Palmerino  :  questi  calcola  i  morti  a 
circa  seicento,  quegli  li  fa  salire  a  tremila. 

(1)  Questa  fonte  à  dato  molto  da  dire  e  da  fare  e  da  un  pezzo  ai  nostri 
eruditi.  Essa  è  l'Averinga  o  Gamberlingo,  chiusa  nel  1553  dal  pretore  Ce- 
sare Lanza,  e  chiamata  Aretusa,  come  oia  apprendiamo,  dall'Ingrassia,  in 
una  sua  iscrizione,  riportata  anche  dal  Di  Marzo  (op.  e.  v.  I  p.  274  in  nota), 
il  quale  però  cogli  altri  l'attribuisce  a  Paolo  Gaggio,  segretario  della  Città, 
fondatore  dell'Accademia  dei  Solitari.  Quest'Accademia,  cui  accenna  il  no- 
stro A.,  visse  dal  1549  sin  verso  al  1554  (V.  Narbone,  Bibliografia  sic. 
sittem.  V.  n  p.  101). 

(2)  V.  appresso. 

(3)  Notava  il  Di  Giovanni  (/.  e.  p.  204)  :  l' edificio  della  Panneria  (co- 
struito nel  1550)  «  aveva  un  fiume  innante  per  lo  suo  esercizio  :  ma  oggi 
non  serve  più  per  panni,  ed  il  fiume  è  coperto.  Aveva  una  fonte,  che  span- 
deva (juaiitilà  di  acque;  ma  ora  ne  versa  assai  poca,  essendosi  dimesso  l'e- 
sercizio dei  panni  >.  Infatti  al  posto  di  questo  edificio  della  Panneria  sor- 
geva nel  1591  il  Monte  di  Pietà,  (cfr.  Palermo,  Guida  di  Palermo  1858 
ffUtm.  IV  p.  564). 

Santo  Spirito  era  una  gancia  od  ospizio  dei  Cassinosi  di  S.  Martino  delle 
Scale. 


l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo  187 

Quinto  si  provegga  di  coprirsi  il  fiume  della  Conceria  (1),  per- 
chè vi  gettan  dentro  tutti  gii  strafizarij  {macellai)    della   Bu- 

(1)  Le  acque  provenienti  dalla  palude  del  Papireto,  e  dalle  tante  sorgive 
esistenti  ivi  e  più  giù,  formavano  ancora  ai  tempi  dell' Ingrassia  un  vero 
fiume,  ciie  scorrendo  per  la  Guilla,  la  Panneria,  la  Bocceria  nova,  la  Gon- 
cevia,  la  Bocceria  veccliia,  il  piano  di  S.  Giacomo,  si  scaricava  quivi  presso 
nel  porto  antico,  ossia  nella  cosiddetta  Gala;  dividendo  così ,  anello  a  quei 
tempi  ((juando  la  città  andava  rapidamente  tnisformandosi  ed  assumendo 
l'aspetto  che  a  ora)  la  parte  antica,  Kasr,  Cassaro,  dai  nuovi  quurlicii,  Trans- 
papiroto  0  Seralcadi,  Gonceria  e  Loggia.  Esso  fu  chiamato  comunemente 
lìumc  del  Papireto,  od  anche  fiume  della  Gonceria,  perchè  passava  per  il 
quartiere  e  la  piazza  della  Gonceria  (trasformata  questa  al  1833  nell'odierna 
Piazza  nuova),  e  servì  per  mollo  tempo  e  per  gran  tratto  del  suo  decorso 
all'industria  dei  conciatori  di  pelli:  però  il  tratto  presso  la  Panneria  ri- 
tenne, come  abbiam  visto,  j)iù  propriamente  il  nome  di  fiume  della  Pan- 
neria, come  prima  aveva  ritenuto  quello  di  fiume  del  inolino  dal  molino  di  Bo- 
nagina,  ecc. 

È  natumle  che  le  acque  di  questo  fiume  fosser-)  continuamente  conta- 
minate da  ogni  sorta  di  sporcizia,  proveniente  dal  Macello,  dalla  Gonceria 
e  dalle  case  private;  e  pertanto  sin  dal  1300  si  fecero  delle  severe  ordinanze 
a  riparare  a  tale  sconcio ,  principalmente  perchè  non  si  ostruisse  il  porlo 
(V.  cap.  di  Re  Federico  del  1330  ap.  De  Vio,  e  cap.  GXXXIX  del  Gonte  di  Gastro 
del  16321.  e).  Pare  che  sia  stato  primo  l'Ingrassiaa  consigliare  che  si  provve- 
desse anche  a  scopo  d'igiene,  proponendo  che  fosse  coperto  il  fiume  dalMacello 
alla  Gonceria  :  il  che  nonpertanto  avvenne ,  a  quanto  pare ,  non  prima  di 
qualche  secolo  dopo;  che  noi  siamo  ben  lungi  dall'ammettere  col  Prof.  Vin- 
cenzo Di  Giovanni,  che  ciò  avvenisse  solo  due  anni  dopo  della  proposta 
dell'lngrassia,  nel  1560,  quando  un  cei'to  Vincenzo  Scaletta ,  secondo  ci  ri- 
ferisce il  Villabianca  {Palermo  cT  oggigiorno ,  nella  Bibl.  del  Di  Marzo, 
V.  XVI  p.  35),  otteneva  di  coprire  con  volta  reale  il  fiume  della  Gonceria, 
«  a  comodo  (si  noti  col  Villabianca)  d'una  casa  che  quivi  tenea  di  sua  abita- 
zione »;  la  quale  circostanza  deve  farci  ritenere  non  che  il  fiume  fosse  s-tato 
interamente  coperto,  come  ammette  il  Di  (ìiovanni  {Topografia  antica  di 
Palermo  v.  Il  p.  374,  379;  cfr.  v.  I  p.  18),  ma  coperto  soltanto  per  una 
breve  estensione  quanta  poteva  interessare  per  il  comodo  d'una  abitazione 
privata.  Del  resto  dal  vecchio  D.  Vincenzo  Di  Giovanni,  che  scriveva  come 
si  è  detto  nei  primi  del  1600,  dal  quale  abbiamo  saputo  che  ai  suoi  tempi 
fu  coperto  il  fiume  della  Panneria  (v.  nota  preced.),  sappiamo  altresì,  clic 
esso  alla  Bocceria  nova  {Buchieria  del  nostro  A.,  l'attuale  piazza  dei  Gal- 
domai,  ed  adiacenze)  era  tuttavia  scoperto  :  «  quinci  passava ,  come  passa 


188  l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo 


chieria,  (1)  et  cosi  restano  discoverti,  et  feteno  graA'issimamente, 
et  si  levano  tante  bruttezze,  che  sono  in  quella  Buchieria  nova, 
dove  stanno  tante  corna,  et  piedi,  et  altra  membra  correte,  che 
per  lo  feto  [fetore)  non  vi  si  può  passare. 

Sesto  le  Signorie  V.  elevino  gli  Mastri  di  Mundizza  (2)  che  ci 
sono,  perche  non  s'interpongono  all' immonditia  della  città,  che 
tutta  la  veggo  ordinariamente  piena  di  cani  morti ,  gatti ,  et 
altri  animali,  et  per  molte  strade  si  getta  in  pubblico  la  lor- 
dezza (3),  et  in  questo  modo  si  purificherà  l'aria,  prima  levando 


il  fiume  ancora,  che  era  innante  la  Panneria  »  (Z.  e.  p.  205).  Ed  infine  dal 
Bando  delti  Maestri  di  Mondezza  sappiamo  che  ancora  al  1745  era  fatta 
zevera  proibizione  ai  conciatori  «  di  gettare  mortillazzo,  sommacco,  carnazzo, 
né  altra  immondezza  dentro  il  fiume,  »  e  di  «  scarnare,  lavare,  né  ammaz- 
are  nel  fiume  della  Gonzaria ,  né  innante  la  beveratura  per  insino  alla 
Guilla,  ma  solamente  quelli  possano  lavare  nel  fiume  del  Papireto  >  (t.  e. 
p.  544,  B.  Ili  §  35)  :  il  che  per  lo  meno  significa  che  il  fiume  nel  1745  era 
in  molte  parti  ancora  scoperto,  finché  poi  alla  fine  dello  stesso  secolo  no- 
tava il  Villabianca,  che  solo  in  due  punti  le  acque  di  esso  si  palesavano 
esternamente  •  nella  sua  sorgente  e  poi  all'  opposto  nella  sua  foce  »;  e  no- 
tava altresì,  che  esse  «  scai'icandosi  nel  mar  della  Gala  vi  corrono  torbide  o 
limacciose,  essendo  a  zeppo  lorde  delle  sozzure  della  città,  {l.  e.  p.  213, 
258-59). 

(1)  Questa,  come  si  è  detto,  era  press'  a  poco  nell'  attuale  Piazzetta  dei 
Galdomai,  e  confinava  col  piano  della  Conceria,  col  quale  poi ,  quando  nei 
primi  del  1600  fu  sistemata  la  via  Macqueda ,  comunicava  per  un  arco  o 
passaggio  a  volta,  praticato  sotto  la  strada  (V.  il  Pai  ristorato  del  di  Gio- 
vanni /.  e.  p.  205,  251  e  l'annotazione  ivi  del  Di  Marzo). 

(2)  Questi  maestri  erano  sei,  e  dovevano  cumre  «  che  non  si  buttino  lor- 
dure, né  sterrature  per  le  strade  e  piazze  ecc.  »  (v.  Gapitoli  del  Conte  di 
Cnalro ,  Gap.  GXXX  a  f.  IGl  dell'  edizione  gii\  citata  del  1745).  Furono 
istituiti,  a  quanto  pare,  da  re  Federico  nel  1J330  :  «  item  chi  ciascheunu 
quarieri  digianu  (i  giurati)  ordinari  unu  homu,  chi  sìa  mastro  de  la  mun- 
dizza, et  chi  la  dieta  mundiza  si  digia  gictari  in  li  mura  de  la  Citati  >  (ap. 
do  Vie,  Priviteyia  etc.  MI3GGVI,  pag.  112).  Per  le  diverse  incombenze  di 
cmì  V.  il  citato  Dando  delti  Maestri  di  Mondezza  del  1745. 

(8)  Questo  costume  di  gettare  dalle  case  private  in  pubblico  la  lordezza, 
ed  i  oani  morti  ecc.,  durò  per  buona  ])ezza  ancora  dopo  i  tempi  dclPIn- 
griMla.  (V.  U  succitato  Bando  del  1745  §§.  1,  6,  42). 


L*BPIDEHIA  d'influenza  DEL    1557   IN  PALERMO  189 


le  cause  di  tal  fetore,  et  poi  se  non  seguitano  queste  pioggie 
grandi,  si  potranno  far  gli  profumi  e  fuochi  grandi  per  tutta 
la  città  al  modo  che  conviene,  di  legno  laudabili. 

Settimo  si  levi  tutta  quella  terra,  la  quale  è  nel  luogo  dove 
passò  il  fiume  al  tempo  del  diluvio,  massime  intorno  al  con- 
dutto  di  mal  tempo  (1) ,  et  d' intorno  alla  Misericordia  (2)  : 
perchè  quella  è  terra  impastata  di  tutta  quella  mistura  viscosa 
di  cose  putrefatte » 

Esamina  quindi  le  cause  di  umidità  della  città,  a  cui  non 
si  può  rimediare,  come  la  evaporazione  del  mare,  T  evapora- 
zione per  r  inafflamento  dei  giardini  {vapori  di  acquai  et  terra 
stercorata),  per  le  fonti,  ed  i  flumi,  e  soggiunge: 

«  Lascio  stare  che  in  Palermo  è  una  cosa  non  buona,  che 
ognuno  tiene  in  casa  la  billachia  (3) ,  et  la  latrina ,  le  quali 
tutte  premono  abasso,  et  per  le  caverne  della  terra  facilmente 
si  avvicinano,  e  forse  communicano  con  gli  pozzi  ;  onde  l' ac- 
que non  ponno  fare  che  non  partecipano  qualche  mala  qua- 
lità, oltre  lo  feto  che  hanno  in  casa,  et  li  zampaglioni  (4) 
che  si  generano  di  quella  putredine,  non  è  cosi  in  Napoli,  per- 
che con  ordine  tutti  gli  condutti  rispondono  in  alcuni  grandi, 
et  tutti  vanno  à  mare.  11  che  si  potria  ancora  facilmente  fare 
in  questa  città,  facendo  gli  acquedotti  coperti  per  tutte  le  strade. 


(1)  Questo  condutto  di  maltempo  doveva  essere  dentro  la  città,  proba- 
bilmente nella  Piazza  poi  detta  di  Gasa  Professa;  e  quindi  diverso  dell'ac- 
quidoUo  di  Maltempo,  il  quale,  secondo  il  Prof;  V.  Di  Giovanni  «  fu  fatto 
fare  del  Senato  dopo  la  inondazione  del  1557  presso  la  cosiddetta  Fossa  della 
Garofala,  e  girava  sotto  le  mura  meridionali  della  Città  andando  verso  il 
mare  »  {Op.  e.  v.  II.  p.  ^21).  Del  resto  pare  che  dentro  citlà  non  uno  ci  fosse 
ma  diversi  condotti  di  mal  tempo.  (V.  il  giù  citato  Bando  del  1745  §  1.,  e 
Villabianca  op.  e.  III.  pag.  117). 

(2)  Cioè  nell'attuale  Piazza  S.  Anna.  L'antica  cliiesa  di  S.  Maria  della 
Misericordia  occupava  il  poslo,  dove  poi  fu  costruita  l'odierna  chiesa 
della  Compagnia  di  S.  Maria  di  Gesù  (V.  il  Pai.  rist.  di  V.  Di  Giovanni 
/.  e.  p.  231). 

(3j  0  Biddaca,  sic,  fognuolo,  chiavica. 
(4)  Sic.  zanzare. 


190  l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo 


che  rispondeno  al  mare,  et  ognuno  da  la  sua  casa  portarli  alla 
via  publica  dinanzi  la  sua  porta ,  et  di  là  al  suo  acquedotto 
principale,  così  come  ho  detto  che  sono  à  Napoli  ». 

Dopo  ciò  raccomanda,  che  il  Magistrato  sorvegli  a  che  il 
pane  sia  di  buona  qualità,  e  non  fatto  con  frumento  bagnato  e 
guasto;  e  di  più  che  il  mercato  sia  ben  provvisto  di  buona 
carne,  avvertendo,  che  «  queste  doe  cose,  cioè  bon  pane  et  buona 
carne  (perche  lo  vino  già  l' abbiamo)  assai  importano  à  met- 
tere buoni  humori,  onde  si  hanno  à  cavar  li  cattivi».  E  sog- 
giunge :  «  Resta  di  ricordarle  un'  altra  cosa  assai  importante 
per  la  vita  nostra,  et  salute  degli  ammalati,  se  non  si  offende 
qualche  padroni  di  Trapeti,  li  quali  mi  perdonino;  che  si  di- 
vieti, che  nel  far  de'  zuccari  non  vi  si  metta  calce,  massime 
facendosi  tutte  le  cose  da  speciali  per  gli  ammalati  di  zuccaro. 
Et  se  questo  non  si  fa,  almeno  si  provegga;  che  grande  man- 
camento è  bene,  essendo  Palermo  madre  de  gli  zuccari,  à  non 
trovarsi  un  pane  di  buon  zuccaro,  perche  tutti  vanno  fuora; 
che  si  pigli  la  città  quello  ch'e  di  bisogno,  et  quello  si  prohi- 
bisca  uscir  di  fuora,  cosi  come  forse  saria  bene  delle  tonnine, 
et  ova  di  tonni,  et  mussumà  (1),  ed  altre  cose  che  si  fanno  in 
questa  città,  ma  lasciando  stare  1'  altre  cose ,  specialmente  il 
zuccaro  cosa  tanto  necessaria  alla  salute  nostra,  et  facendosi 
in  Palermo,  si  deve  prohibere,  et  tenersi  il  bisogno,  pagandosi 
pero  alli  padroni  quanto  il  vendono  fuori,  et  non  saria  male, 
che  la  città  facesse  un  magazino  atto  a  questo ,  et  di  là  si 
desse  agli  speciali,  et  confettieri  ».  Ed  a  questo  proposito  in- 
fine ricorda  che  «  nelle  botteghe  degli  speciali  homai  vi  è  poca 
robba,  et  poca  ne  vien  buona  di  Levante  »  :  pertanto  «  si  pro- 
vegga per  navi  che  vengono  d' Alessandria,  di  buoni  simplici 
et  quelli  venendo  in  dogana  non  si  vendano,  che  non  gli  vegga 
la  città  se  sono  vendibili,  altrimenti  si  gettino  in  mare  ». 


{i)  O  Mmaiumà.  Sorta  di  snlumc  fatto  dalla  parti;  intercostale,  o  sia  il 
Hlcllo  del  lontio,  l«rjulo  iti  Hiiiipn'Hsn  jm'i-  ulcuiii  yionii  lincilo  sia  bcjio  asso- 

Uulo  (MuiiTILLAIiO). 


l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo  191 

Ò  voluto  riferire  cosi  per  esteso  tutte  le  proposte  dell'lNGRAS- 
siA,  per  mostrare  come  realmente  in  esse  si  contengano  i  principi 
fondamentali,  che  informano  anche  oggi  la  Igiene  pubblica,  e 
la  Polizia  sanitaria.  Cosi  troviamo  richiamata  la  pubblica  au- 
torità non  solo  all'  assistenza  degl'  infermi  poveri,  ed  alla  sor- 
veglianza dei  comestibili  e  dei  medicinali ,  a  che  fossero  di 
buona  qualità ,  ma  anche  alla  rimozione  di  tutte  le  cause  di 
malsania,  che  troviamo  indicate  con  tutta  precisione,  come  la 
sporcizia  delle  strade,  l'esistenza  dentro  l'abitato  di  fornaci, 
e  d'impaludamenti  e  pantani,  la  mancanza  di  canali  per  le  ac- 
que sporche,  e  simili.  Ed  è  degno  di  nota,  come  non  fosse  sfug- 
gito al  sagace  osservatore  l' inquinamento,  diciamo  oggi,  delle 
acque  dei  pozzi  per  la  vicinanza  delle  latrine.  Pertanto  non  è 
arrischiato  il  concluderne,  che  sin  dal  secolo  XVI  si  è  agitato 
il  problema  del  risanamento  della  nostra  città,  che  tuttora  si 
agita,  e  quasi  colle  stesse  idee,  e  cogli  stessi  obbiettivi,  acqua 
e  fognatura  ;  di  modo  che  è  da  credere ,  che  continuando  di 
questo  passo  i  nostri  nepoti  non  saranno  gran  tatto  più  fortu- 
nati dei  nostri  avi  del  500.  Ad  onore  dei  quali  è  da  dire,  che, 
fatto  il  dovuto  conto  del  cammino  della  civiltà,  essi  furono  ben 
più  solleciti,  che  non  è  la  presente  generazione,  a  seguire  i 
dettami  della  scienza;  e  noi  dobbiamo  al  consiglio  del  nostro 
Ingrassia,  per  testimonianza  del  Mongitore  (1),  il  prosciuga- 
mento della  palude  tanto  micidiale  del  Papireto  (2),  e  forse  an- 

(1)  Mungitore^  Biblictheca  sicula,  v.  I,  p.  3(30. 

(2)  È  notevole  come  dui  tempo  degli  Arabi  sino  agli  Aragonesi  nessuna 
notizia  abbiamo  clic  la  palude  del  Papireto  rendesse  l' aria  malsana.  Però 
dalla  fine  del  sec.  XV  in  poi  {ibbondano  di  ciò  documenti,  e  testimonianze 
il'ogni  genere  :  così  ai  20  Maggio  1491  fu  provvisto  «  che  lo  nobili  jacobo 
di  Silva  cilatinu  di  la  cita  predicta  havissi  da  far  siccari  l'acqua  de  lo  pi- 
piritu  diiilra  la  cita  predicta  per  livari  lo  ayro  mali  si  causa  in  quilla  per 
respectu  de  lo  dicto  pipiritu  per  la  sanitati  de  li  chilatini  habitaturi  di  quilla» 
(v.  la  Palude  del  Pnjyireto  in  V.  Di  Giovanni  op.  cit.  v.  II  p.  876);  e  D.  Vin- 
cenzo Di  Giovanni  (Pai.  rist.  v.  I  p.  198j  ci  narra  che  i  mariti ,  i  quali 
volevano  sbarazzarsi  delle  mogli,  le  portavano  ad  abitare  vicino  al  Papireto, 
ecc.  Pertanto  sin  dal  ItóU  si  pensò  dal  Magistrato  a  far  disseccare  quella 


192  l'epidemia  d'influenza  del  1557  in  paleìimo 


che  la  rimozione  delle  mattonaie  e  fornaci  dall'abitato,  ed  al- 
tri provvedimenti  atti  a  migliorare  l' igiene  e  la  pulitezza 
della  città.  Ben  è  vero  che  ancora  al  1593,  non  ostante  l'av- 
venuto risanamento  del  Papireto  ,  Marcello  Capra ,  uno  degli 
allievi  deiriNGRASSiA ,  credeva  che  nessuna  città  della  Sicilia 
fosse  quanto  Palermo  disposta  alla  putredine  ed  alle  febbri  pe- 
stilenziali, si  per  la  sua  posizione,  che  per  le  corrotte  esala- 
zioni delle  acque  di  lento  corso,  e  delle  molte  immondezze  nelle 
strade  e  nelle  case  raccolte  (1). 

E  questo  basti  al  nostro  assunto  :  concludiamo  col  ripetere, 
che  le  idee  del  nostro  illustre  Protomedico ,  esposte  in  quel 
modesto  Ragionamento,  e  neW  am^pm  In formaUone  succitata,  se- 
gnano il  livello  più  alto,  che  in  fatto  di  epidemiologia  e  di 
medicina  pubblica  si  raggiunse  nella  seconda  metà  del  500  ;  e 
che  egli  in  questo  campo  si  distinse  certo  non  meno  che  in 
quello  anatomico,  nel  quale  per  le  sue  importanti  scoperte,  ri- 
valeggiando con  Vesalio,  Eustachio,  Falloppio,  Colombo,  tanto 
contribuì  al  progresso  della  scienza. 

D.R  Lmomo  Giuffrè. 


^sJ^i 


palude  con  un  Bando,  rinvenuto  dal  Prof.  Di  Giovanni  nei  voi.  di  Atti, 
bandi  e  provviste;  e  poi  l'opera  fu  continuata  con  maggiore  o  minore  ala- 
crità e  Ruccesso  da  (juusi  tutti  i  pretori  sino  ad  Andrea  Salazar,  che  ebbe 
Il  vanto  di  compierla  al  lótH,  giusta  alla  testimonianza  dei  nostri  storici 
e  cronisti,  e  della  iscrizione  del  Veneziano ,  riferita  da  Francesco  Barone, 
De  Afaiestatc  panormitana  f.  16. 

(1)  Uc  morbi  pandemici  qui  miserrime  Siciliani  depopulalialur  A.  C.  S. 
MDXCI,  itidcnu|ueMI)XCII  Caussis,  Symptomatibus,  et  Curalionc,  Marcello 
C.ipra  siculo uuthon;,  ~  Mcssanae  MDXCIM,  p.  ll.'J. 

Del  resto  basta  dare  un'  occliialn  a  tutti  i  capitoli ,  e  bandi  p;ià  citali 
ehe  si  fecero  pei  maeatri  di  mondezza  e  simili  sino  al  17U0. 


All'Illustre  Commendatore 
PROF.  ANTONINO  SALINAS 

Socio  CorrÌBpondente  dell'Istituto  di  Francia. 


Dopo  tanti  lavori  pubblicati  pareva  che  poco  o  nulla ,  per 
quel  che  riguarda  la  storia,  restasse  a  dire  sulle  modificazioni 
che  in  epoche  diverse  ha  subito  il  Duomo  Normanno  di  Mon- 
reale. Pure  dallo  studio  di  parecchi  documenti,  che  ho  potuto 
così  per  fortuna  ripescare  qua  e  là,  mi  son  dovuto  convincere 
che  qualcosa  poteva  aggiungersi  e  qualch'  altra  correggersi , 
specialmente  trattandosi  delle  opere  eseguite  in  tutto  il  se- 
colo XVI. 

Ecco,  signor  Professore,  donde  nacque  la  prima  idea  di  pub- 
blicare le  poche  memorie  che  avevo  raccolte  su  questo  argo- 
mento. L'  ho  fatto  poi  con  maggior  piacere  e  direi  quasi  con 
un  certo  orgoglio,  perchè  in  quest'occasione  posso  illustrare  il 
nome  di  una  famiglia  di  artisti  Monrealesi  (la  famiglia  Odo  , 
Dodo,  Oddo)  tanto  celebre  nei  tempi  antichi,  quanto  dimenti- 
cata nei  moderni. 

Ella  mi  sarà  cortese  di  accogliere  questo  mio  lavoruccio  sotto 
la  protezione  del  suo  nome  :  e  nutro  fiducia  che  vorrà  farlo 
di  buon  animo  avuto  riguardo  se  non  altro  al  magnifico  Duomo, 
di  cui  si  tratta,  e  che  a  V.  S.  sta  massimamente  a  cuore.  Cosi 


mentre  il  suo  nome  notissimo  ai  cultori  degli  studi  archeolo- 
gici scuserà  il  difetto  del  mio  povero  nome;  io  Monrealese  sa- 
rò contento  di  avere  addimostrato  la  mia  gratitudine  a  chi  con 
perfetti  intendimenti  e  sollecitudine  amorosa  cooperando  al  mi- 
glioramento di  questo  Duomo  si  ò  reso  benemerito  e  delle  arti 
e  della  Sicilia  e  specialmente  della  città  di  Monreale. 
Con  perfetta  osservanza  mi  dichiaro 

Monreale,  8  settembre  1889. 

Dev.mo 
Can.  G.  Millunzi. 


«sa 


IL  MOSAICISTA  MASTRO  PIETRO  ODDO 


OSSIA 


RESTAUllI  E  RESTAURATORI 
DEL   DUOMO   DI   MONREALE   NEL   SEGOLO  XVL 


SOMMARIO.  —  I.  Importanza  storica  del  Duomo  di  Monreale  —  II.  Deva- 
stazioni e  ri'sluuri  del  Duomo  e  del  Monastero  nel  secolo  XIV  —  III.  II 
Card.  Gio.  Borgia  e  mastro  Masi  Oddo  —  IV.  Il  clero  secolare  nel  Duo- 
mo e  la  nuova  sacrestia  —  V.  Di  un'antica  porta  e  della  nuova  cappel- 
letla  del  pan.;  eucaristico  —  VI.  Opere  di  mastro  Masi  e  sue  beneme- 
renze —  VII.  Sua  vita  civile  —  Vili.  Mastro  Pietro  suo  tiglio  lavora 
di  mosaico  in  Palermo  —  IX.  II  Cardinale  Gardona  e  i  lavori  di  ma- 
stro Pietro  in  Monreale.  —  X.  Descrizione  d'un  suo  mosaico  —  XI.  Vi- 
cende e  guai  di  mastro  Pielr  o —  XII.  Sua  mclinazione  poetica  e  il  Gar- 
dona in  Monreale  —  XIll.  Un  commovente  episodio  in  casa  il  Governa- 
tore —  XIV.  Sua  liberazione  e  sua  morte  —  XV.  Un  gruppo  in  plasti- 
ca del  Gagini  e  i  restauri  del  Card.  Colonna  —  XVI.  Restauri  sotto  Ip- 
polito dei  Medici,  e  Carlo  V  in  Monreale  —  XVII.  Princìpio  dell'Arcive- 
scovado di  A.  Farnesi  ed  opere  eseguile  —  XVIIl.  11  U.  Visitatore  Fr. 
Vento  e  il  portico  minor»  —  XIX.  Il  portico  maggiore  —  XX.  Il  chio- 
stro e  le  sue  vicende  —  XXI.  Ultimo  ordine  di  Mona.  Vento  e  sospen- 
sione dei  lavori  —  XXII.  Il  K.  Visitatore  Arneilo,  nuovi  mosaici  e  puli- 
tura dei  mosaici  —  XXUl.  Uicostruzione  del  portico  minore  e  altari  del 
portico  —  XXIV.  Generosità  del  Farnesi  e  una  lettera  inedita  di  Anni- 
bai  Caro  —  XXV.  I  pavimenti  del  Duomo ,  i  venti  altari  e  la  cappella 
di  S.  Benedetto  —  XXVI.  Riforme  del  Torres  e  conclusione. 


n  Duomo  di  Monreale,  come  quello  che  presso  di  noi  rap- 
presenta il  supremo  progresso  dell'arte  architettonica  e  musai- 
ca impiegata  al  servizio  della  Religione  nell'  esuberanza  della 


I. 

Importanza  storica 
del  Duomo  di 
Monreale, 


196 


RESTAURI    E  RESTAURATORI 


II. 

Deraslaziont  e  re- 
stauri del  Duo- 
mo e  del  Mona- 
•tf  ro  nel  secolo 
XIV. 


ricchezza  delle  opere  colossali  create  nel  medio  evo,  ebbe  sem- 
pre a  godere  la  simpatia  di  Pontefici,  di  Imperatori  e  di  Re. 
Questo  fatto  e  poi  la  ricchezza  e  il  dominio  esteso  per  cui  que- 
sta Metropolitana  esercitava  la  sua  giurisdizione  non  solo  so- 
pra Siracusa  e  Catania,  ma  anche  sopra  qualche  Chiesa  non 
indifferente  di  Palermo  e  Messina,  le  attribuirono,  direi  quasi, 
il  diritto  di  avere  a  capo  uomini  di  altissimo  grado. 

E  noi  a  tutta  ragione  possiamo  andar  superbi  di  avere  a- 
vuto  un  numero  di  Padri  Porporati  superiore  sin  oggi  a  quello 
che  può  vantare  ogni  altra  Chiesa  Siciliana;  e  di  numerare  tra 
i  nostri  Arcivescovi  e  figli  di  Re  e  nipoti  di  Pontefici  e  viceré 
di  Regni,  e  in  generale  uomini  che  ebbero  parte  ai  più  scrii 
avvenimenti  della  politica  europea.  La  qual  cosa  non  solo  ha 
dato  nella  storia  un  nome  illustre  alla  città  di  Monreale,  ma 
possiamo  ancor  dire  che  ha  formato  la  sua  vera  fortuna,  men- 
tre, specialmente  nel  secolo  XVI  ,  all'  onnipotenza  e  alla  ric- 
chezza di  tali  signori  deve  solamente  attribuirsi  la  conserva- 
zione del  Duomo  Normanno. 

Il  primo  che  aveva  rivolto  un  pensiero  al  restauro  urgen- 
tissimo per  la  conservazione  del  Duomo  e  dell'annesso  Mona- 
stero fu  l'Arcivescovo  Fra  Paolo  Romano  in  sul  cadere  del  se- 
colo XIV.  Erano  appena  corsi  due  secoli  dalla  edificazione  di  cosi 
grandi  monumenti  e  tuttavia  questi  aveano  gicà  sofl'erto  pur  trop- 
po sì  per  l'opera  distruggitrice  del  tempo,  sì  a  cagione  delle 
scorrerie  saracinesche  e  delle  vicende  funestissime  alla  Sicilia, 
come  finalmente  per  la  rapacilA  del  poco  pietoso  Arcivescovo 
Guglielmo  Catalano  ,  che  ridusse  in  perfetto  abbandono  e  il 
Monastero  e  il  Duomo. 

In  una  sua  Bolla  del  1371  Gregorio  XI  dice  che  allora  il 
monastero  si  comumava  dalla  vecchiezza  e  non  riparandosi 
se  ne  temeva  la  rovina  :  o  in  un'altra  del  1376  aggiunge  che 
glA  per  dirersi  sinisfri  arridcnfi  erano  venuti  meno  gli  edifizii 
del  Monastero.  K  poi  abbiamo  finalmente  Urbano  VI  che  in  una 
sua  del  l.'WJJ  inculcando  a  Fra  Paolo  una  più  equa  distribu- 
zione dei  beni  della  Mensa  Arcivescovile,  ne  assegna  una  parte 


DEL    DUOMO    DI    MONREALE  197 

prò  reparatione  et  conservatione  ejusdem  ecclesiae  :  e  riguardo 
al  Monastero,  accennando  le  parti  di  recente  rovinate,  precisa- 
mente fa  menzione  del  gran  dormitorio  e  della  infermeria.  Que- 
sta Bolla  Pontifìcia  fu  un  forte  stimolo  per  cui  V  arcivescovo 
Fra  Paolo  ,  con  quella  potenza  acquistata  nei  maneggi  tra  i 
Chiaramonti  e  Martino  V,  impegnò  il  Senato  Palermitano  per 
chiedere  al  Re  dei  sussidii  in  favore  della  sua  Chiesa.  E  nel 
1398  Martino  V  faceva  un  primo  asségno  per  il  Restauro;  po- 
scia nel  1399  concedeva  il  denaro  dei  malablati;  e  finalmente 
nei  1402  decretava  più  larghi  e  più  stabili  assegni.  In  quest'ulti- 
mo decreto  è  notevole  uno  dei  primi  periodi  dove  Re  Martino 
dichiara  che  la  cagione  prossima  della  rovina  parziale  del  Mo- 
nastero deve  attribuirsi  al  furore  della  guerra.  E  così  più  chia- 
ramente si  viene  a  conoscere  quali  fossero  stati  i  sinistri  ac- 
cidenti, di  cui  fa  menzione  Gregorio  XI.  «  Attendentes  igitur 
dignissimum  monasterium  Mentis  Regalis  ejusque  Regni  nostri 
jam  ruinae  fore  propinquum  niartis  furore  dudum  instigante^ 
ne  tanti  raonasterii  merita  fama,  cujus  nomen  totura  terrarum 
orbem  jam  repleverat...  postergatione  nostra  proximo  praecipi- 
tio  temporibus  nostris  evanescat,  soloque  adae  ]uetur,  imo  re- 
formetur  in  melius...  statuimus  et  ordinamus...  etc.  etc.  (Reg. 
Cancelleria  Panormi,  25  Nov.,  XI  Ind.,  anno  1402. 

In  tal  modo  l'Arcivescovo  Fra  Paolo  si  trovò  in  condizione 
di  eseguire  dei  restauri  :  ma  niente  altro  sappiamo  di  preciso 
che  egli  abbia  veramente  fatto ,  se  non  quel  poco  che  riferi- 
sce il  Lello  a  proposito  del  Chiostro  del  Monastero  e  una  sem- 
plice congettura  del  Gravina  in  riguardo  dei  tetti  della  Chiesa. 

Anche  dell'Arcivescovo  Giovanni  Ventimiglia  sappiamo  che 
pose  mano  al  restauro  della  Chiesa  e  ne  riparò  i  tetti;  rifece 
la  metà  del  Chiostro ,  e  rinnovò  molte  parti  di  quello  e  fab- 
bricò il  Palazzo  per  abitazione  degli  Arcivescovi  :  ma  sinora 
niente  possiam  dire  più  distintamente  di  altre  opere  eseguite 
e  dei  maestri  esecutori. 


198  RESTAURI    E   RESTAUKATORI 


in.  Però  un  po'  di  luce  comincia  a  farsi  allo  spuntare  dell'  au- 

n  Cardinale  Gio-    pora  del  secolo  XVI,  quando  il  Card.  Giovanni   Borgia   dalla 

Tanni   Borgia  e  *  .         ,.    . 

mastro  Sfasi  Od-  Corte  di  Alessandro  VI,  suo  zio,  mandò  i  suoi  ordmi  per  un 
più  largo  restauro  del  Duomo.  Aveva  speso  molto  in  pochi  anni 
e  pure  quel  tanto  non  bastava  a  lar  fronte  almeno  ai  bisogni 
più  urgenti.  Allora  Ferdinando  di  Aragona  spingeva  ancor  più 
le  cose  e  con  lettere  viceregie  gli  faceva  imporre  di  preleva- 
re dalla  mensa  Arcivescovile  mille  fiorini  d'oro  per  la  restau- 
razione delle  fabbriche  e  dei  mosaici.  Di  questa  nuova  dispo- 
sizione non  restò  contentissimo  il  Cardinale,  che  pure  era  stato 
il  primo  all'iniziativa;  e  dal  Palazzo  Apostolico  cosi  scriveva 
il  18  marzo  1500  al  maestro  Notare  Nicolò  Altavilla. 

«  Egregie  vir  dilecte  nobis  salutem. 

«  Di  quanto  scrivete  della  maramma  et  che  dicete  per  tutto 
«  questo  anno  sarà  finita,  benché  il  sacristano  dica  per  tutto 
«  il  maggio  prossimo,  dicemove  che  non  manchiate  di  soUeci- 
«  tudine  a  ciò  si  venga  a  fine  et  perchè  nui  abbiamo  molto 
€  volentiere  amore  Dei  et  ejus  genitricis  Mariae  et  decorem 
«  et  ornamentura  {sic)  ecclesiae  contribuito  ogni  anno  alle  spe- 
«  se  della  maramma,  quando  sarà  fornita  ne  parerà  honesto 
«  che  il  Signor  Viceré  non  ne  abbi  più  per  lo  avvenire  ag- 
€  gravare.  Poiché  in  ciò  non  siamo  mai  mancato  alla  ripara- 
«  cioDe  della  dieta  maramma,  et  de  li  mille  fiorini,  delli  quali 
«  si  era  fatto  pacto  al  Signor  Viceré,  che  si  avessero  a  spen- 
«  derc,  similiter  parne  honesto  che  in  futurum  non  abbiamo 
€  tale  spesa  attento  che  nui  siamo  gravati  di  altre  diverse  spe- 
«  se  et  gravi.  Et  propterea  potrete  essere  col  Signor  Viceré 
€  et  provvedere  che  siamo  exonerati  di  tali  spese  in  futurum. 

€  Del  fatto  dell'organo  vi  rispondiamo  che  più  necessario  è 
«  attendere  a  quello  che  fa  più  di  l)isogiio  al  presente  et  quan- 
«  do  sarà  expedi  to  faremo  quello  che  ne  parirà.» 

Or  bene  mettiamo  punto  allo  lamentazioni  del  Borgia  e  tor- 
niamo più  da  vicino  al  nostro  argomento.  Chi  sarà  stato  il  Di- 
rf'iUìrii  di  n-stauri  cosi  impoilanli?  Chi  fu  il  mosaicista?  Non 


DEL    DUOMO    DI    MONREALE  199 


fa  mestieri  il  cercarlo  al  di  là  della  Sicilia,  né  chiamarlo  da 
Palermo,  né  crearlo  in  un  giorno. 

11  Viceré  e  il  Cardinale  in  questo  sono  di  accordo  e  i  la- 
vori del  Duomo  vengono  affidati  al  gentiluomo  monrealese  Ma- 
stro Masi  de  Oddo.  Or  questo  fatto  di  trovarsi  al  bisogno  un 
bravo  artista  che  lavora  di  mosaico,  darebbe  occasione  di  con- 
getturare che  una  scuola  di  mosaicisti  era  già  da  qualche  tem- 
po formata  in  Monreale:  chi  sa  che  i  maestri  adibiti  da  Fra 
Paolo  e  dal  Ventimiglia  non  siano  stati  o  tutti  o  in  parte  Mon- 
realesi!  Ma  lasciamo  da  parte  le  congetture:  per  ora  importa 
far  notare  che  mastro  Masi  de  Oddo  è  un  buon  mosaicista, 
che  con  lui  cresce  una  bella  scuola  di  artisti  in  Monreale,  e 
che  le  riforme  apportate  dal  Borgia  nel  Duomo  sono  tutte  e- 
seguite  sotto  la  sua  direzione, 

A  sinistra  della  porta  della  Cappella  di  S.  Placido  avvi  una  IV. 

apertura  che  immette  in  un  vano,  il  quale  serve  ad  uso  di  ^neÌTuomo^è^a 
magazzino.  Dopo  lo  scrostaraento  fatto  di  recente  nelle  pareti  nuova  sacrestia, 
interne  della  sopradetta  Cappella  si  son  trovate  anche  delle 
traccio  che  indicano  l'esistenza  d'un  altro  antico  adito  per  il 
quale  si  passava  in  quello  stesso  vano.  Ora  sappiamo  per  do- 
cumenti sincroni  che  sino  al  cadere  del  secolo  XV  questo  va- 
no formava  l'unica  sagrestia  del  Duomo  nella  quale  i  monaci 
di  S.  Benedetto  potevano  entrare  dal  loro  antico  Capitolo ,  il 
S.  Placido  di  oggi.  Per  venire  in  Chiesa  da  questa  antica  sa- 
grestia si  passava  per  un  breve  spiazzo  di  terra,  allora  tutto 
scoverto  ed  ora  coverto  in  parte,  che  sino  alla  metà  del  se- 
colo XVI  servi  esclusivamente  come  cimitero  dei  monaci  e 
dei  terziarii  Benedettini 

Però  dopo  essere  stato  abolito  l'uso  del  diaconico  ,  anche 
ai  monaci  portava  incomodo  l'uso  di  questa  sacrestia  così  stac- 
cata dalla  Chiesa,  e  peggio  ai  preti,  i  quali  se  non  altro  nel 
cadere  della  prima  metà  del  secolo  XV  cominciavano  ad  ave- 
re larga  parte  nelle  funzioni  ecclesiastiche  (1). 


(1)  Si  è  tenuto  generalmente  che  i  j.rcti  secolari  abbiano  per  la  prima 
volta  pigliato  pai-te  alle  funzioni  ecclesiastiche  della  Metropolitana  in  qua- 


fiOO  RESTAURI   E   RESTAURATORI 


Non  lieve  incomodo  per  tutti  era  poi  quello  che  per  cele- 
brar messa  dovevano  pigliare  volta  per  volta  i  sacri  paramen- 
ti dalla  sacrestia  e  portarli  al  posto  del  diaconico  ;  e  allo 
stesso  modo  dopo  la  messa  restituirli  in  sacrestia,  siccome  ap- 


lità  di  Canonici  nel  1529,  dietro  le  Costituzioni  del  C:irdinale  Gardona.  Pelò 
nei  capitoli  del  1450  pubblicati  in  corso  di  S.  Visita  da  Martino  di  Soto 
Maggiore,  Vicario  del  Coevasruuias  si  logge  «  Iloin  chi  mentre  si  dichi  l'uffi- 
ziu  nessun  monacu  seu  canonacu  dija  passiari  pri  la  ecclesia.» — Enei  capito- 
li del  1454  si  ha:  «  In  primis  chi  li  venniri  di  quadragesima  li  Signuri  Ca- 
nonaci  et  Benefiziati  dijanu  fari  prochissioni  generali,  li  quali  dijano  andari 
alli  ecclesii  infrascritti  videlicct:  la  prima  a  hi  Salvaturi;  lu  secunda  ad  Sanctu 
Casini;  la  terza  ad  S.  Antonio,  la  quarta  ad  S.  Vitu;  la  quinta  ad  S.  Silvc- 
slru;  la  scxta  ad  S.  Domenica.»  Quello  che  poi  meglio  determina  la  natura 
di  questi  canonicati  precedenti  il  1529  è  un  atto  di  elezione  fatto  nel  1514 
in  questi  termini.  «  Ilenricus  de  Cardona  Dei  et  sedia  Apostolicae  gratìa  etc. 

Nos  Joannes  Ant.  de  Bigio  canonacus  Panhormitaiius  et  praefati  ili. mi 
ci  Bev.nii  Domini  Archiepiscopi  ejusdem  civitatis  Montis  Regalis  vicarius  gc- 
neralis  venerabili  Dopno.Francisco  De  Cuncumo  de  Civitate  praedicta  Montis 
Regalia  preshytero  salutem  in  Domino  sempiternam. 

Yitae  et  morum  honestas  etc.  Nos  proplerca  auctoritate  qua  fungimur 
in  hac  parte  Te  pruefatum  D.  Franciscum  canonacum  ejusdem  ecclesiae  ci- 
vitatis Montis  Begalis  cura  omnibus  singulis  juribus,  praeeminentiis,  prae- 
rogativis,  dignitatibus,  lionoribus,  et  oncribus  quae  ad  dictam  canonacatus 
dignitatem  perlinenl  et  spectant,  faciraus,  constituimus,  creamus,  deputamus 
el  ordinamus  ac  cum  plenitudine  juris  canonici  auctoritate  nostra  per  impo- 
sitioDcm  birctti  capili  tuo  tibi  corani  nobis  existenti  et  caputei,  conferimus 
et  aisignamus,  ut  ceteris,  induinenta  et  ca[)uteum,  quae  ad  quemlibct  cano- 
naeam  spcclant  ed  pertinent,  portare  et  vestire  possis  et  valeas. 

Quo  circa  universis  et  singulis  ofiicialibus  nostris  spirilualibus  et  tempo- 
nilibuR  ac  cunctis  occlcsiusticis  et  saecularibus  personis  nostraejurisdiclioni 
•ubjeclia  dicimus,  committimus  et  mandamus  sub  pocna  excomunicutionis 
«•l  nliit  nostro  arl)itrio  reserlìulia  de  celerò  te  D.  Franciscum  in  canonacum 
cjtudem  ecclesiae  et  inler  ceteros  presbylcros  et  canonacos  ipsius  ecclesiae  ad- 
niiUant  faciunt  el  defendant.  In  quorum  iidem  etc— Datum  in  civitate  Mon- 
ti* Ragalii  die  Ili  Julii  anni,  II  Ind.  1514. 

Joannes  Ant.  Do  Bigio  qui  supra  Vicarius  gcneralis. 


DEL    DUOMO    91   MONREALE 


201 


pare  da  un  decreto  fatto  nel  1450  da  Martino  di   Soto  Mag- 
giore Vicario  dell'arcivescovo  Cuevasruuias. 

Per  evitare  dunque  questo  sconcio  nel  1492  fu  dato  inca- 
rico al  capo  maestro  della  maramma  mastro  Masi  de  Oddo  di 
formare  una  nuova  sacrestia  più  comoda  e  più  decente  del- 
l'antica. Egli  prese  a  questo  fine  una  stanza  dell'antica  torre 
del  Vicario,  l'uni  con  la  Chiesa  per  mezzo  di  una  nuova  stan- 
za fabbricata  sopra  una  volta  reale  e  apri  quella  porta  che  an- 
che oggi  si  vede  li  presso  il  diaconico,  ora  altare  della  Madon- 
na del  popolo.  Il  1494  la  nuova  sacrestia  era  bella  e  compita 
e  maestro  Giuseppe  Giuffrè  la  decorava  d'uno  stemma  del  Bor- 
gia, bellamente  lavorato  in  tavola,  come  tutt'ora  lo  vediamo.  E 
l'Oddo  sull'apertura  della  nuova  sacrestia  lavorò  a  mosaico  le 
armi  di  Alessandro  VI,  quelle  dei  Re  Normanni  e  quelle  del- 
l'Arcivescovo Cardinale  Giovanni  Borgia. 

Il  vedere  praticata  questa  nuova  apertura  nel  diaconico  fece 
ad  altri  pensare  che  ciò  fosse  stato  a  ragione  di  ordine,  suppo- 
nendone in  antico  un'altra  simile  nella  parte  opposta,  cioè  nella 
protasi:  ma  questa  supposizione  è  poco  verosimile.  Vero  è  che 
proprio  ai  tempi  del  Borgia  fu  demolita  quella  porzione  del  vec- 
chio palazzo  reale  (oggi  Seminario  e  Municipio)  che  attac- 
cava col  Duomo,  e  ciò  non  solo  perchè  la  fabbrica  era  caden- 
te, ma  anche  nell'intento  di  formare  una  nuova  via  (la  via  della 
Tribuna),  che  dalla  piazza  della  città  portasse  alle  acque  di  tre 
canali  e  ai  circostanti  giardini.  SarA  vero  che  i  re  norn^anni  dal 
loro  palazzo  passavano  in  Chiesa  per  un  adito  intorno.  Ma  non  si 
trova  alcun  indizio  che  quest'  adito  sia  stato  jircsso  la  protasi; 
come  non  si  trova  vestigio  alcuno  d'  una  vedetta  sovrastante 
a  quest'adito,  il  quale  metteva  in  comunicazione  il  palazzo  con 
la  Chiesa.  Si  osservi  che  nel  fabbricare  la  sacrestia  e  gli  ap- 
partamenti superiori,  destinati  al  Vicario,  era  nf^cessario  chiu- 
dere una  fenestra  che  dà  noi  diaconico:  oppure  mastro  Oddo 
non  la  chiuse,  ma  la  conservò  come  vedetta  di  quesiti  apparta- 
menti, oggi  Convitto  dei  Rossi. 


V. 

Di  un'antica  porta 
e  della  nuova 
cappelletta  per 
il  SS.  Corpo  di 
Cristo. 


Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XV. 


14 


202  RESTAURI   E  RESTAURATORI 


Con  quale  criterio  poi  nella  protasi  avrebbe  chiusa  la  ve- 
detta reale,  che  nel  diroccamento  del  palazzo  acquistava  luce, 
epperò  poteva  restar  tanto  bene  come  fenestra,  conservando 
così  egregiamente  le  armoniche  corrispondenze  colla  parte  op- 
posta? Quanto  all'adito  nessuna  difficoltà  che  sia  esistito,  ma 
può  meglio  imaginarsi  che  sia  stato  a  quel  punto  dove  oggi 
nella  parte  esteriore  del  Duomo  si  trova  quella  ruvida  cappel- 
letta  della  Madonna  degli  Angioli,  che  tuttora  conserva  traccio 
assai  chiare  di  una  porta  sufficiente.  Tanto  più  inclino  a  so- 
stenere quest'opinione,  perchè  sulla  direzione  di  questa  porta 
probabilmente  esistita,  e  proprio  di  fronte,  si  trova  sino  ab  an- 
tico un'altra  porta  a  sesto  acuto  che  immette  nello  spiazzo  da- 
vanti il  S.  Placido ,  e  che  anticamente  solevano  chiamare  la 
porta  della  carnata  o  del  chimhiterio  dei  monachi.  E  di  più , 
perchè  trovo  che  nel  1508,  giusto  quando  si  era  chiuso  di  fre- 
sco l'adito  reale  al  punto  da  me  assegnato,  il  monaco  Girolamo 
Susinno  scelse  la  parte  interiore  del  nuovo  muro,  non  ancora  in- 
crostato di  marmi  e  di  mosaico,  per  apporvi  l'altare  di  S.  Geroni- 
mo (1).  Messo  dunque  che  presso  la  protasi  non  sia  preceden- 
temente esistito  alcun  adito,  fu  mastro  Masi  che  per  ragion  di 
simmetria  ve  ne  volle  aprire  uno  di  proposito  per  fare  ordine 
con  quello  della  nuova  sacrestia.  E  questo  fu  anche  un  bel  prov- 
vedimento per  dare  un  posto  decente  al  Pane  Eucaristico ,  e 
insieme  un  luogo  più  acconcio  dove  i  sei  parroci ,  canonica- 
mente istituiti  in  questa  medesima  epoca ,  potessero  ammini- 
strare con  maggior  comodo  i  sacramenti.  Mastro  Masi  dunque 
disegnò  ed  esegui  insieme  ad  altri  maestri ,  per  la  maggior 
parte  suoi  parenti,  questa  cappelletta  incavata  nel  muro,  a  cui 
faceva  cornice  un  bel  lavoro  di  marmo  adorno  di  mosaici.  In 
fondo  sopra  un  piccolo  altare  stava  il  ciborio,  assai  importante 


(1)  Quest'altare  fu  in  seguito  decoralo  di  un  basso  rilievo  di  Antonio  Ga- 
gini,  ohe  loflH  dei  deturpamenti  nell'incendio  del  1811;  e  sin  ora  non  ha  avuto 
la  fortuna  di  euere  restaurato  e  cuUocuto  dcoentemcnte. 


DEL    DUOMO    DI    MONREALE  203 


nemerenze. 


per  un  marmoreo  frontispizio  della  scuola  di  Antonio  Gagini, 
mirabile  per  varie  figure  ed  arabeschi  a  mezzo  rilievo. 

Oggi,  dopo  essere  stata  distrutta  la  cappelletta  (1690),  tutti 
questi  lavori  attaccati  alla  superficie  della  parete  formano  l'in- 
tiero frontispizio  del  sacrario  delle  SS.  Reliquie  (1). 

Il  Gravina  osserva  che  la  più  antica  ricordanza  che  si  trova  VI. 

dell'uso  della  maiolica  tramezzata  allo  smalto  dei  nostri  mo-  ^Esi  e' buÌ^  be- 
saici  è  appunto  in  questi  lavori  dei  tempi  del  Borgia.  Ora  a 
noi  è  lecito  di  potere  affermare  che  cotesto  uso  di  sostituire  le 
terre  cotte  al  vetro  e  alle  pietre  dure  (uso  se  degno  di  lode  o 
di  biasimo  lo  giudichino  i  mosaicisti)  fu  introdotto  in  Monreale 
da  un  Monrealese.  Epperò  da  Mastro  '  Masi  sono  lavorate  le 
armi  del  Borgia  e  quelle  proprie  del  Duomo  nel  frontispizio 
della  sopradetta  cappella  destinata  alla  conservazione  del  Pane 
Eucaristico;  e  da  lui  pure  le  fascie  di  mosaico  rotato  nel  quale 
all'oro  in  ismalto  con  bell'effetto  si  vede  intramezzata  la  ter- 
raglia a  vernice  verde. 

Peccato  che  non  ci  è  rimasta  più  dettagliata  memoria  di 
quante  e  quali  altre  opere  egli  abbia  eseguite  nel  nostro  Duo- 
mo, mentre  del  resto  sappiamo  che  negli  anni  seguenti,  che 


(1)  Questa  cappelletta  ebbe  varie  vicende  :  quando  nel  1534  il  Pane  Eu- 
caristico fu  trasportalo  sopm  l'altare  della  protasi,  essa  restò  in  potere  dei 
parroci  come  unico  locale  dove  potevano  conservare  i  sacri  paramenti ,  e 
ciò  sino  a  tanto  cheLud.  Torres  nel  1590  la  destinò  a  custodia  delle  SS.  Re- 
liquie. Il  Lello — Descrizione  del  Real  Tempio  pag.  6 — ne  dà  ampia  notizia. 
Però  riguardo  al  frontispizio  marmoreo  mi  piace  aggiungere  quanto  il  me- 
desimo Lello  scrive  ad  un  Prelato  Romano  il  2  agosto  1590.  «  Dal  principio 
che  Monsignore  Arcivescovo  venne  in  questa  Chiesa  ebbe  animo  di  trasfe- 
rire le  reliquie  dalla  sacrestia  alla  cappella  dove  anticamente  si  conservava 
il  SS.  Sacramento....  Fece  riportare  in  detta  cappella  l'ornamento  antico  di 
marmo,  che  vi  soleva  stare,  et  era  nella  Chiesa  delle  monache.  Et  avendo 
fatto  riporre  nel  muro  una  cassa  di  legno  foderata  di  drappo  di  seta  rossa, 
vi  collocò  dinanzi  detto  ornamento ,  avendovi  aperto  porta  maggiore  et 
postovi  due  lamine  di  ferro  dorate  et  dipinte  dal  canto  di  fuori  et  di  den- 
tro tinte  di  rosso,  et  servono  per  porte.  Di  sotto  fece  intagliare  queste  pa- 
role :  Custodii  Dominus  omnia  ossa  eorum  unum  ex  his  non  conterelur.» 


204  RESTAURI    E   RESTAURATORI 


furono  dal  1495  a  tutto  il  1503,  si  occupò  senza  posa  in  un 
largo  restauro  dei  mosaici  delle  pareti,  nel  rifacimeiito  delle 
fenestre  della  nave  maggiore  e  nel  rimettere  a  nuovo  alcune 
travi  del  tetto  del  Chiostro.  Quanto  al  materiale  del  mosaico, 
il  vetro  lo  cuoceva  in  Monreale ,  parte  della  pietra  la  faceva 
venire  da  Palermo  e  parte  da  Sciacca:  e  poi  per  fermare  i 
pezzi  sulle  pareti  usava  della  calce  e  del  gesso  impastato  con 
olio  di  lino.  Mosaicisti  e  fabbricatori  che  lavorarono  in  questo 
tempo  con  mastro  Masi  furono  i  suoi  figli  Pietro  ed  Angelo, 
suo  fratello  Giaimo,  i  suoi  nipoti  Giovan  Battista  ed  Angelo 
figli  di  Marino  Oddo,  domiciliato  in  Alcamo,  e  suo  genero  Cri- 
stoforo Nicolosi.  Si  deve  avvertire  intanto  che  in  questo  tempo 
tutti  i  mosaicisti  sono  anche  fabbricatori,  ma  non  tutti  i  fab- 
bricatori sono  mosaicisti. 

Egli  stesso  diresse  il  disegno  di  tutta  la  parte  esteriore 
dell'organo,  la  quale  allora  come  era  volontà  del  Viceré ,  fu 
rifatta  e  abbellita  con  dipinti,  dorature  e  intagli.  E  qui  mi 
piace  notare  che  meglio  del  Lello  si  appone  il  Gravina,  il  quale 
commentando  le  antiche  iscrizioni  apposte  all'organo,  desume 
che  esso  non  fu  fatto  intieramente  nuovo  ai  tempi  del  Borgia, 
ma  riformato  sopra  quello  che  preesisteva.  È  vero  questo,  ma 
è  più  vero  ancora  che   l'organo   restò  lo  stesso   quanto   alla 

parte  strumentale sum  quod  eram;  e  fu  rifatto  nella  sola 

parte  esteriore:  nec  eram  quod  sum:  ed  allora  con  un  gio- 
chetto di  parole  si  potè  dire,  esser  quello  un  organo  e  nuovo 
e  vecchio  :  modo  dicor  utrumque. 

Mastro  Masi  prestò  veramente  un  ottimo  servizio  al  nostro 
Duomo  e  i  suoi  restauri  si  poterono  dire  riuscitissimi.  Il  mae- 
stro Notare  Altavilla  e  il  Governatore  Sanchez  gliene  sape- 
vano altissimo  grado ,  e  però  a  mastro  «  Thomasi  de  Oddo , 
«mastro  di  nuisia  et  di  la  tnajuri  ecclesia  di  Morriali  per  es- 
«sere  pirsuna  tanto  virtuusa  idonea  et  sufficienti  et  etiam  af- 
«  iettato  sorvituri  di  ipsa  m.-yuri  ecclesia  di  Morriali  per  li 
€  lune  magnifici  gubernaturi  et  procuraturi  di  ipsa  mgjuri  ec- 
<  desia  et  citati  di   Morriali  li  fu  conchesso  una  turri  di  li 


DEL   DUOMO   DI  MONRBALl 


«  turri  circum  circa  ecclesiam  prò  sua  abitacione ,  in  la  quali 
«  ipso  quondam  mastro  Thomasi  fichi  multi  riparamenti  et  stetti 
«  usque  ad  ejus  mortem  (1).»  Cosi  scrive  suo  figlio  Angelo  addi 
24  ottobre  1532. 

Mastro  Masi  oltre  di   essere   stato  un  ottimo  maestro,  fu  Vii. 

anche  uno  dei  più  cospicui  cittadini  del  suo  tempo.  Nulla  sap- 
piamo dei  suoi  antenati,  ma  nel  1461  quando  venne  in  Mon- 
reale il  Card.  Arcivescovo  Ausias  Spuig  si  trovò  tra  gli  altri 
monaci  dell'  Abadia  di  S.  Benedetto  un  suo  zio  di  nome  fra 
Mauro,  che  fu  poi  Visitatore  Generale  dei  PP.  Benedettini  in  Si- 
cilia. Per  quel  che  riguarda  poi  la  sua  persona,  noi  lo  troviamo 
a  far  parte  della  commissione  riunitasi  in  Monreale  a  20  febbraro 
1493  per  discutere  un  disegno  di  legge  ed  eseguire  una  prò  vi- 
sione viceregia  data  in  Messina  a  3  gennaro  1493,  che  impo- 
neva una  nuova  tassa  sopra  i  giardini.  NeUmedesimo  anno  a 
29  giugno,  quando  il  timore  della  peste  invadeva  già  Monrea- 
le, il  governatore  D.  Aloisio  Sanchez  chiamava  attorno  a  sé  il 
consiglio  per  provvedere,  e  i  ventiquattro  consiglieri  presenti 
nomine  eorum  discrepante  eleggono  una  commissione  di  otto 
persone  delle  principali  del  paese,  tra  le  quali  figura  anche 
il  nostro  Oddo.  Quando  nel  1494  Alfonso  II  d' Aragona  dopo 
essere  stato  parecchi  mesi  in  Mazzara,  Palermo  e  Messina , 
venne  a  ritirarsi  nel  monastero  di  Monreale,  si  trovò  an- 
che mastro  Masi  nel  numero  dei  trenta  consiglieri  che  cor- 
sero a  nome  del  paese  a  presentare  gli  omaggi  al  sovrano. 
Nel  maggio  1509   dal   pretore    e  dai  giurati  ebbe  l'incarico 


(1)  Che  la  torre  concessa  a  Mastro  Oddo  sia  quella  che  attaccando  ad 
un  angolo  del  Monastero  sorge  di  fronte  alla  porta  maggiore  del  Duomo, 
e  che  oggi  chiamano  la  vetriera,  si  desume  dalla  seguente  ingiunzione  fatta 
dalla  G.  Corte  Arcivescovile  nel  1521  «  Facta  est  missio  de  mandato  Guriae 
virtù  te  supradictae  executionis  ad  petitionem  et  instantiam  ejusdem  iconomi 
et  procuratoris  dicti  monasterii  de  et  super  quadam  domo  existente  in  civl- 
tate  Mentis  Regalis  intus  cortile  dicti  quondam  magistri  Thomae  de  Oddo 
secus  viriduriiun  di  la  curti  et  secus  turrim  monasterii  et  baglium  majoris 
ecclesiae  dictae  civitatis  ».  Un'altra  casa  di  proprietà  di  mastro  Masi  era  di 
fronte  al  Monastero  di  S.  Gastrcnze. 


206 


RESTÀUBI   E   RESTAURATORI 


vin. 

IfMtro  Pietro  sao 
figlio  lavora  di 
niOMieo  a  Pa. 
lerroo. 


di  disegnare  nel  mezzo  del  paese  una  buona  strada,  adatta 
alle  corse ,  della  quale  oggi  rimane  un  sol  tratto ,  che  il 
popolo  chiama  varanui,  cioè  via  grande.  Finalmente  dal  1514 
in  poi  lavorò  sempre  nel  dirigere  la  costruzione  di  moltissime 
case  che  allora  cominciarono  a  fabbricarsi  nel  giardino  della 
corte,  oggi  quartiere  del  Carmine,  che  fu  in  quel  tempo  dai 
PP.  Benedettini  concesso  per  caseggiamento  (1).  La  morte  di 
mastro  Oddo  fu  negli  ultimi  del  1523  :  ma  nel  novembre  1521 
aveva  già  fatto  il  suo  testamento  presso  il  Notaio  Gian  Luigi 
Altavilla. 

Or  dopo  la  sua  morte  non  si  estinse  la  scuola  dei  mosaicisti 
monrealesi ,  poiché  restarono  già  formati  altri  bravi  maestri, 
i  quali  anzi  vivente  lui  stesso  esercitarono  con  molto  nome 
l'arte  di  eternare  con  lo  smalto  i  fugaci  colori  del  pennello.  Po- 
co o  nulla  pare  che  siasi  fatto  nel  Duomo  durante  l'Arcivesco- 
vato di  Alfonso  II  di  Arag'ona,  che  pure  con  le  sue  leggi  fece 
tanto  bene  alla  morale  e  alla  civiltà  del  paese;  e  con  la  sua 
generosità  si  rese  benemerito  dell'  unico,  ma  povero  asilo,  che 
sotto  il  titolo  di  S.  Castrense  allora  di  recente  era  sorto  a  tutela 
delle  nostre  vergini. 

In  questo  tempo,  che  fu  dal  1505  al  1512,  il  vecchio  mastro 
Masi  aveva  avuto  la  grande  consolazione  di  vedere  che  la  città 
di  Palermo  nei  suoi  più  importanti  lavori  di  mosaico  ricorreva  al- 
la piccola  Monreale  e  precisamente  a  Pietro  suo  figlio.  Dobbiamo 
sapere  grado  e  grazie  a  quell'illustre  ricercatore  di  documenti 
artistici  siciliani ,  Monsignor  Gioacchino  Di  Marzo,  per  aver 
pubblicati  due  strumenti  inediti  i  quali  ci  attestano  la  ve- 
rità del  fatto.  Nel  primo  strumento  rogato  in  Palermo  presso 
il  Notar  Gerardo  La  Rocca  (anno  1511-1512,  foglio  (57  re- 
tro) Mastro  Pietro  Oddo,  civis  Panhormi,  (2)  promette  al  ma- 


(1)  Vedi  documento  primo. 

(2)  Oltre  al  ciois  pan/iormi,  la  nitri  conlrutti  di  epoca  diversa  vieii  cliia- 
mnlo  cioù  (Ucamerms,  o  ciò  non  In  riguunlo  alla  sua  nascita,  ma  [lor  solo 
riguardo  ut  «uo  più  proHnimu  domicilio  in  (jucslo  o  in  quell'altre)  paoso,  co- 
me clii.iniiij.iiir  .".   litiiujjtrulo  ntd  Muo  processo  criminale  del  \j:ì3. 


DEL    DUOMO   DI  MONREALE 


20f 


gnifico  Giovanni  del  Rio,  segretario  del  Viceré,  di  restaurare 
un  tratto  di  mosaico  esistente  sopra  la  fontana  della  Zisa  con 
questi  patti.  «  In  primis  facere  unu  frixu,  secundo  è  fatto  di 
«  suso  lu  panno,  et  di  lu  dicto  frixu  in  suso  conxari  et  reno- 
«  vari  tuttu  lu  pannu,  dundi  sunno  tri  roti,  in  li  quali  roti  su 
«  pinti,  videlicet,  a  l'una  di  menczu  dui  homini  et  uno  arboru 
«  et  in  li  altri  dui  roti  sunno  pinti  certi  pagi.  Et  hoc  prò  sti- 
«  pendio  unciarum  novem  etc.  promittens  dictus  obligatus  hu- 
«jusmodi  opus  sive  magisterium  facere  bene  et  diligenter  et 
«  sequi  dictura  opus  prout  in  praesenciarum  est,  incipiendo  a 
«  primo  sequentis  raensis  octobris  et  continuare  usque  ad  lìnem 
«  etc.  Die  XXVI  Septerabris,  XV  Ind.,  1511. 

Nel  secondo  strumento  rogato  (XIIIl  febbruarii  prime  ind. 
1512  )  presso  il  notare  Giovanni  Catania  in  Palermo  ,  mastro 
Pietro  si  obbliga  al  rev.'*'^  D.  Giovanni  Sanchez,  canonico  cian- 
tro  della  Cappella  Palatina  «  facere  et  costruere  cannam  unam 
«  musie  in  dieta  ecclesia  in  pariete  pinnate  ipsius  ecclesie,  ex 
«  parte  foris  videlicet  continuare  prout  incepit  in  dicto  loco  et 
«  compiere  bene  et  magistraliter  etc.  »  Dal  quale  contratto  si 
deve  anche  argomentare  che  egli  aveva  antecedentemente  ese- 
guiti altri  mosaici  nel  medesimo  luogo,  e  dovevano  essere  ben 
riusciti,  mentre  il  Canonico  ciantro  Giov.  Sanchez  lo  adibisce 
un'altra  volta  per  il  seguito.  Siamo  dolenti  di  non  potere  più 
ammirare  questi  lavori  eseguiti  da  mastro  Pietro,  mentre  gli 
antichi  quadroni  a  mosaico  del  portico  della  Palatina  ,  come 
ben  dice  Gaetano  Riolo,  furono    barbaramente    devastati   per 
sovrapporvi  gli  odierni  quadri  a  mosaico,  poveri  di  merito  ar- 
tistico e  raffazzonati   di   ogni  fantastica  stranezza  di   baroc- 
chismo. 

Ma  già  il  23  gennaro  1512  era  venuto  alla  sede  di  Mon- 
reale il  Cardona,  uomo  di  mente  e  di  cuore  :  e  il  15  ottobre 
del  medesimo  anno  il  Governatore  della  città  per  disposizione 
del  nuovo  Arcivescovo  dava  ordine  che  si  ripigliassero  i  re- 
stauri necessarii  per  il  Duomo. 


IX. 

H  Card.  Cardona 
e  i  lavori  di  Ma- 
stro Pietro  in 
Monr^;,lll^ 


2Ò8  RESTA.UBI  E  RESTAURATORI 


E  cosi  scriveva  al  maestro  Notaro  Gian  Francesco  Bellis- 
simo : 

«  Perchè  in  la  ecclesia  è  bisogno  di  molta  maramma  et  al 
«  presente  eu  non  chi  pozzu  intendire,  dichiti  da  parti  mia  a 
«  presti  Antonio  et  a  presti  Joanni  et  a  li  nostri  chi  tennu  la 
«  maramma  chi  obediscano  a  lu  magnifico  messere  Antonio  de 
«  Rinaldo  in  quanto  li  comandirà  ovvero  quando  comandassi 
«  cosa  che  non  chi  piacissi  beni,  la  consultano  cum  mia,  per- 
«  che  eu  aggiu  pagatu  a  lu  dicto  magnifico  messere  Antonio 
«  de  Rinaldo  per  serviziu  di  Deu  et  di  lu  Archiepiscupu  meu 
«  Signuri  voglia  pigliari  quista  fatiga  sino  a  tanto  che  si  facza 
«  altra  provisione  :  et  legiti  quista  a  li  mastri  et  di  poi  guar- 
«  dati  multo  beni  quista  littra,  perchè  quando  lussi  bisognu , 
€  si  pocza  mustrari. 

«  In  Palermo,  die  XV  di  ottubru,  P  Ind.  1512. 

«  Vostro 
«  Gabriel  Cantpo.  » 

Addì  16  ottobre  il  maestro  Notaro,  chiamati  a  sé  i  due  preti 
Antonio  de  Aversa  e  Giovanni  Di  Matina  amministratori  della 
maramma  insieme  ai  maestri  Pietro  ed  Angelo  Oddo,  cosi  pub- 
blicamente lesse  il  documento  sopra  riportato,  e  si  pigliarono 
gli  accordi  per  i  lavori  da  eseguirsi.  Fu  allora  ristorato  qua 
e  là  nelle  pareti  del  Duomo  il  mosaico  più  cadente  e  furono 
eseguiti  il  mezzo  busto  del  Noè  e  le  armi  del  Gardena  nell'in- 
terna superficie  dell'arco  della  solca.  Consunto  dal  tempo  era 
già  crollato  l'antico  portico  del  Paradiso,  e  perchè  non  rovi- 
nassero del  tutto  i  mosaici  delle  pareti  di  quel  portico  espo- 
ste all'  umidità  e  alla  pioggia ,  si  era  cominciato  ad  accomo- 
darvi alla  meglio  una  tettoia  di  travi  e  tegoli,  della  quale  par- 
leremo più  appresso.  Allo  stesso  tempo  si  era  cominciato  il 
pavimento  a  mosaico  dell'ala  sinistra  del  presbiterio,  ])ropria- 
jiiente  nel  pianerottolo  davanti  la  protasi.  Intanto  nel  lo  10  vy- 


DEL    DUOMO   DI   MONKEALE  209 


niva  in  Monreale  il  Regio  Visitatore  Pujades ,  che  approvava 
le  opere  compite  ed  ordinava  che  si  portassero  presto  a  com- 
pimento quelle  già  cominciate,  cioè  la  grande  tettoia  del  por- 
tico del  Paradiso,  e  il  resto  dell'intiero  pavimento  dell'ala  si- 
nistra del  presbiterio.  Dava  altri  ordini  ancora,  ma  non  è  qui 
il  momento  che  io  ne  parli  (1). 

Però  prima  che  avessero  potuto  avere  effetto  le  ordinazioni 
del  Pujades  sorgeva  nel  1516  uno  di  quegli  anni  malaugurati 
in  cui  lo  scompiglio  delle  cose  civili  non  lascia  per  niente  pro- 
sperare le  arti  della  pace.  11  malumore  del  popolo  contro  il 
Viceré  D.  Ugo  Moncada  e  la  sollevazione  per  cacciarlo  da  Pa- 
lermo si  era  allargata  per  tutta  l'isola.  Monreale  fremeva  per 
le  angarie  dei  suoi  ufficiali  civili ,  e  sarebbe  degno  di  storia 
il  tocco  notturno  della  campana  del  Duomo  che  nel  marzo  1517 
invitava  i  cittadini  ad  una  generale  sollevazione.  In  questo 
frattempo  fu  ricoperto  di  tegoli  il  resto  del  portico  del  Para- 
diso, che  giusto  allora  diventava  un'altra  volta  assolutamente 
necessario  per  la  ripristinata  consuetudine  di  ritenervi  durante 
il  giorno  i  carcerati  per  debiti  non  soddisfatti  (2).  E  poi  nel 
1518  secondo  gli  ordini  del  Pujades,  mastro  Pietro  Oddo  co- 


(1)  Vedi  documento  secondo. 

(2)  Nella  suppliche  e  n^i  capitoli  dell'Università  di  Monreale  stipolati  iu 
Palermo  a  2(5  aprile,  IIII  Ind.,  1516  presso  il  Not.  Antonio  Lo  Vecchio,  al- 
l'ottavo capilulu  si  legge  :  «  Item  perchè  era  observancia  pri  debiti  chi  vili 
non  si  poliaiio  li  di-bituri  carcemri  in  li  carceri  pubhci,  ma  stavano  carce- 
rati in  lu  baglo  di  la  majori  ecclesia  di  Monreali  et  intra  lo  Paradiso  cum 
pligiiia  de  retinendo  dictum  locum  prò  carcere  et  la  notti  dormiano  a  la 
loro  casa  et  la  matiua  tornavano  in  dicto  locu  sub  eademfidejussione  etper 
esseri  la  prixunia  di  li  capitanei  et  gabelloti  et  per  quilli  extorquiri  et  gua- 
dagnari  mettino  li  debituri  prixuni  centra  la  dieta  observancia,  si  supplica 
placza  servari  Li  dieta  consuetudini  a  li  chitadini  burgisi  di  Monreali. 

Ad  octavum  placet  Domino  Gnòematori  ad  ejtis  beneplaeitum  et  ejics 
beneplacito  perdurante,  quod  beneplaeitum  possit  revocare  etiam  simplici 
ejus  voluntate  et  absque  aliqua  causae  cognitione,  exeeptuatis  juribus  ar- 
chiepiscopatus. 


210  RESTAURI   E    RESTAURATORI 


mincia  il  largo  pavimento  a  mosaico  dell'ala  sinistra  del  pre- 
sbiterio. Sino  ai  tempi  del  Lello  (1596)  in  mezzo  a  questo  pa- 
vimento si  vedevano  minutissimamente  lavorate  pur  di  mosaico 
in  largo  formato  le  armi  del  Cardona  e  quelle  del  Re  Gu- 
glielmo in  più  luoghi,  ma  in  forma  più  piccola  e  con  le  let- 
tere Rex  W.  (  Willelmus  ).  Attorno  alle  armi  del  Cardona  in 
una  festina  che  le  faceva  cartoccio  si  leggeva  «  Maestro  Pie- 
tro de  Oddo.  » 
X-  I  mosaici  di  questo  pavimento  dovevano  essere  veramente 

suo  mosaico.  qualche  cosa  ili  bello,  mentre  si  attirarono  l' attenzione  di  tutti 
coloro  che  nel  secolo  XVI  scrissero  delle  cose  nostre.  Così  tro- 
viamo che  di  essi,  oltre  il  Lello,  parlarono  gli  scrittori  delle 
cronache  monrealesi,  e  il  Leandro  Alberti  nella  «  Descrizione 
delle  isole  appartenenti  aWItalia.»  Il  quale  ultimo,  sebbene  at- 
tribuisca all'intiero  pavimento  del  Duomo  ciò  che  doveva  sola- 
mente attribuire  a  quello  rifatto  dall'Oddo,  pure  merita  di  es- 
sere riferito  perchè  dà  molto  lume  al  fatto  nostro.  Cosi  egli 
scrive.  «  11  pavimento  si  vede  di  pietre  preziose  di  diversi  co- 
«  lori  composto  a  simiglianza  di  ligure  di  uomini  e  di  diversi 
«  animali,  uccelli,  alberi,  foglie  et  altre  cose  molto  nobilmente 
«  lavorate.  Et  essendo  gli  anni  passati  (l'autore  scrive  nell'an- 
«  no  1588)  parte  di  questo  pavimento  guasto  dalle  pioggie  che 
«  scendevano  perula  rovina  del  tetto,  di  nuovo  1'  Arcivescovo 
«  che  vi  era  spagnuolo,  uomo  religioso  ,  da  singolari  maestri 
«  fece,  non  senza  sua  gran^spesa,  ristorare  come  si  vede.  » 

Di  questo  squisito  lavoro  del  monrealese  restano  tuttavia 
certi  piccoli  brani  simili  a  un  Unissimo  ricamo  e  in  una  parte 
di  esso  si  vede  ancora  la  lettera  R,  reliquia  del  Rex  W  :  e  in 
un'altra  lo  stemma  normanno  in  piccolo,  ma  guasto.  Ci  sono  in- 
tieri quattro  conigli  ch-j  s'inseguono  l'uu  l'altro  in  giro;  ci  so- 
no stelle  bellissime  con  largo  fondo  di  rosso  siciliano,  più  pro- 
priamente detto  di  Montecuccio,  e  in  mezzo  ad  una  di  esse  llo- 
rìsce  un  rosone  di  lavoro  cosi  delicato  e  minutissimo  che  è  un 
peccata)  a  vederlo  calpest/ire  dal  profano  piede  del  rulyo. 
In  generale  il  mosaico  doU'Oddo  non  corrisponde  al  tipo  e 


DfeL  DUOMO   DI  MONREALB  21  ì 


allo  stile  dei  mosaici  Normanni  del  Duomo;  anzi  è  un  chiaro 
documento  dell'esagerato  nell'arte,  a  cui  si  era  largamente  pie- 
gata la  Sicilia  sin  dal  principio  del  secolo  XVI  :  ma  è  un  bello 
e  prezioso  documento.  E  saremo  contenti  di  poterne  mostrare 
agli  artisti  e  agli  stranieri  un  saggio  più  largo,  quando ,  se- 
condo il  progetto  della  commissione  del  restauro ,  levati  di 
mezzo  quegli  sconci  gradini  che  sono  all'altare  di  S.  Ludovi- 
co IX ,  ne  ricomparirà  intatto  un  bel  pezzo ,  che  per  ora  sta 
sepolto.  Allora  forse  sarà  il  caso  di  fare  dei  paragoni  tra  i 
mosaici  dell'Oddo  e  quelli  che  si  ammirano  negli  scavi  di  Pom- 
pei ;  e  più  propriamente  coi  mosaici  Veneziani  del  secolo  XV. 
E  qui  mette  bene  che  il  lettore  sappia  che  mastro  Pietro  nel 
1507  fu  a  Venezia  e  lavorò  di  mosaico  con  maestri  Veneziani, 
come  abbiamo  ricavato  da  alcuni  atti  criminali  riguardanti 
la  sua  persona. 

Nei  mosaici  di  questo  pavimento  lavorarono  anche  come 
maestri  di  second'ordine  Angelo  Oddo  e  mastro  Pietro  Nico- 
losi.  Anzi  bisogna  dire  che  a  loro  toccò  poi  nel  cadere  del  1524 
di  condurre  a  fine  questo  mosaico,  che  mentre  fa  tanto  onore 
a  mastro  Pietro ,  d'  altra  parte  per  lui  fu  vera  causa  di  una 
lunga  iliade  di  guai. 

Veramente  narrare  i  guai  di  mastro  Pietro  non  appartiene  xi. 

alla  storia  dell'arte  ;  ma  son  cose  che  riguardano  la  vita  d'un     Vicende  e  guai  di 
eccellente  artista  e  mi  piace  il  trattenermici  un  pochino. 

D'ingegno  svelto  e  d'indole  vivace,  ma  bisbetico  abbastan- 
za e  intollerante  di  soprusi  mastro  Pietro  si  e'  era  mostrato 
sempre.  Nel  1501  in  una  contesa  si  trovò  in  pericolo  di  per- 
dere la  vita  ;  a  23  novembre  1512  fu  obbligato  dagli  amici  a 
giurare  davanti  ai  pubblico  notaio  di  non  volere  mai  più  per 
l'avvenire  inquietare  suo  cognato,  maestro  Cristoforo  Nicolosi  e 
i  suoi  figli  :  nel  maggio  1517  sapendo  che  una  cattiva  donna 
era  venuta  ad  abitare  nel  cortile  che  pigliava  nome  da  mae- 
stro Masi,  suo  padre,  la  fece  sgombrare  in  due  giorni. 

Era  mai  possibile  che  un  uomo  d'indole  cosi  ardente  avesse 
potuto  durare  a  lungo  d'amore  e  d'accordo  con  il  Governatore 


mastro  Pietro. 


212  RESTAURI   E   RESTATJRATORÌ 


di  Monreale,  allora  Gaspare  della  Terra,  giovane  d'età  e  un  po' 
dispotico  la  parte  sua?  E  però  prima  che  si  fosse  intieramente 
compito  il  pavimento,  nel  1520  erano  alle  prese  per  la  somma 
di  venticinque  onze.  Mastro  Pietro  insìste  per  avere  il  denaro,  ma 
non  potendolo  ottenere,  lascia  interrotta  l'opera  del  mosaico  e 
va  a  lavorare  da  fabbricatore  in  Chiusa.  Ad  un  certo  punto  però 
vende  alcune  case  che  possiede  in  Monreale  e  si  dirige  alla 
volta  di  Roma,  dove  personalmente  ricorre  all'Arcivescovo  En- 
rico Cardona.  E  costui  conscio  del  merito  e  commosso  dall'e- 
loquenza del  ricorrente,  ordina  che  gli  si  dia  non  solo  la  som- 
ma delle  onze  venticinque,  ma  di  più  l'uliìcio  di  Capitano  della 
Città,  che  voleva  dir  qualche  cosa.  Questo  provvedimento  sep- 
pe davvero  ostico  al  signor  Governatore ,  e  come  può  imagi- 
narsi,  cercava  tutti  i  mezzi  per  sfogare  la  sua  bile  contro  ma- 
stro Pietro.  Egli  intanto  col  pretesto  di  alcune  fabbriche  che 
dirigeva  in  Alcamo  ,  credette  bene  ritirarsi  da  Monreale  con 
tutta  la  famiglia.  Ma  era  appena  entrato  l'agosto  del  1523, 
quando  venuto  un  giorno  in  Monreale  per  far  valere  le  ra- 
gioni del  suo  credito,  fu  preso  furio3amente,  come  egli  dice, 
e  buttato  in  una  fossa  sotterranea  delle  carceri,  dove  giacque 
parecchi  mesi  ammalato. 

In    questo   tempo    subì    la   tortura   e   gli    furono    confi- 

Saa    incUnazione    scati  i  beni ,  che  egli  aveva  acquistato  col  sudore    della   sua 

Sonam  Monrea-     fronte.  In  uu  fascetto  di  carte  clic  trattano  di  questi  soprusi 

**•  ho  ritrovato  un  foglio,  in  molta  parte  distrutto  dall'umidità  e 

dal  tarlo,  dove  stanno  scritte  cinque  ottave  siciliane.  Virgilio 

Marone,  quando  altri  si  aveva  ingiustamente  attribuito  Un  suo 

distico  latino,  scrisse  i  cinque  notissimi  versi  : 

Ho8  e<fo  versiculos  feci,  tulit  alter  honorem; 
Sic  V08  non  vobis  nidificalis  aves, 
Sic  V08  non  vobis  mellificatis  apes, 
Sic  vos  non  vobis  veliera  ferlis  oves, 
Sic  voH  non  vobis  feilis  anitra  boves. 


DEL   DUOMO  DI  MONREALE  213 


Or  le  cinque  ottave  siciliane  dell'Oddo  sono  una  parafrasi 
di  questi  versi  virgiliani,  che  egli  forse  nella  prigione  compose 
a  sollazzo  dell'animo  suo  e  a  rimprovero  della  rapacità  del 
Governatore.  Trascrivo  qui  la  prima  e  l'ultima  perchè  da  esse 
bellamente  si  riflette  parte  dell'animo  di  mastro  Pietro  e  una 
tendenza  agli  studi  classici ,  che  appresso  ci  occorrerà  di  no- 
tare anche  più  chiaramente. 

Auchelli  machinandu  pensu  in  vui 

Chi  tantu  fatigati  a  far  li  nidi, 
Et  l'annu  et  la  natura  di  dui  in  dui 

A  procreari  figli  vi  providi  : 
Da  poi  non  vi  canuxinu  mai  chui, 

O  perduta  spiranza,  incerta  fidi  ! 
Cussi  sugn'eu  chi  faczu  beni  a  cui 

Di  poi  non  mi  canuxi  ne  mi  vidi. 


Pecuri  et  api  comu  vui  purtati 

Li  vostri  iani  et  meli  non  per  vui  : 
Auchelli  comu  li  nida  lassati 

Li  figli  vostri  non  trovati  chui  : 
Et  vui  chi  in  collo  li  juga  portati 

Lu  jornu  senza  sapiri  pir  cui  : 
Cussi  per  mi  li  beni  mei  acquistati 

Non  l'acquistai  per  mi,  ma  per  altrui. 

Più  tardi  trasferito  nel  castello  di  Palermo  ebbe  agio  di 
ricorrere  al  Viceré  :  ma  nemmeno  questo  ricorso  gli  approdò 
a  nulla  di  bene. 

Fa  veramente  meraviglia  e  dispetto  sentire  che  un  povero 
artista  abbia  dovuto  soffrir  tanto  per  il  solo  torto  di  richie- 
dere la  sua  mercede.  Però  è  a  sapere  che  tutt'  altre  ragioni 
ed  accuse  si  accampavano  nel  pubblico  giudizio  contro  mastro 
Pietro.  Si  diceva  che  egli  di  notte  aveva  raccolto  gente  presso 


214 


RESTAURI   E   RESTAURATORI 


il  castello  di  Alcamo  e  l'aveva  invitato  a  correre  armata  in 
Monreale  per  fare  strage  del  Governatore  e  della  sua  famiglia. 
Si  diceva  che  a  quella  gente  semplice  e  rozza  aveva  anche 
fatto  credere  che  bisognava  venire  in  Monreale  con  bestie  da 
soma,  con  fiaccole  e  con  bisaccie ,  perché  in  una  di  quelle 
montagne  doveva  scavarsi  di  notte  tempo  un  tesoro  incantato. 
Si  accusò  finalmente  come  fautore  dei  francesi. 

Ma  erano  veraci  queste  accuse  ?  Chi  lo  sa...  Questo  solo 
possiamo  dire  che  egli  si  difendeva  energicamente  negando 
tutto  e  tutto  attribuendo  alla  malignità  di  alcuni  suoi  ne- 
mici, a  cui  dà  il  nome  di  testimonii  mendaci  e  comprati.  In- 
tanto il  22  giugno  1524  veniva  per  la  prima  volta  in  Mon- 
reale il  Gardena:  quel  giorno  fu  una  vera  festa,  un  vero 
trionfo  :  mastro  Pietro  non  lascia  sfuggirsi  questa  felice  oc- 
casione per  ricorrere  al  suo  generoso  benefattore. 

È  bella  ed  animata  la  supplica;  più  bello  un  aureo  epi- 
gramma latino  col  quale  conchiude,  dicendogli  :  il  nostro  Re- 
dentore nel  giorno  della  sua  glorificazione  portò  seco  nella 
gloria  le  anime  che  giacevano  nel  limbo  :  ora  è  conveniente 
che  nel  giorno  dell'entrata  trionfale  nella  tua  città  esulti  con 
teco  l'afflittissimo  tuo  servo  che  dal  fondo  della  prigione  ha 
affrettato  questo  giorno  coi  suoi  voti. 

Quidquid  ab  aetheria  veniens  prius  arce  Redemptor 

Edocuit,  nostrae  jus  pietatis  habet. 
Ule  quidem  vinctos  ascendens  culmina  coeli 

Abstnlit  et  secnm  duxit  in  astra  reos. 
Hoc  generoso  uovum  tii)i  pi-nosul  do<Tma  suasit  : 

Ne  renuas  :  Ghristi  tu  modo  ad  instar  idem. 
Sint  licet  immunes  a  poena  quaque  triuniphum 

Qui  desiderio  jaui  coluore  tuuni. 
Hoc  decet  in«igneni,  sapieutuin  sorte  moneri  : 

Sed  modo  largir!  quid  suus  optet  honos. 

Il  quale  epigramma  dell'Oddo  d  oggi  una  vera  scoperta , 
perchè   se  non  altro  fa  pensare  ,   come   non  al  cadere ,    ma 


DEL    DUOMO    DI   MONREALE  2l5 


più  veramente  al  sorgere  del  secolo  XVI ,  si  pregiava  e 
si  coltivava  già  felicemente  in  Monreale  la  poesia  classica 
latina. 

Questa  supplica  di  mastro  Pietro  se  non  in  tutto,  giovò  al- 
meno in  parte:  poiché  il  Cardona  ordinò  che  gli  si  pagasse 
la  somma  da  lui  richiesta;  quanto  all'  accusa  criminale  però 
volle  che  si  aspettasse  la  sentenza  dei  giudici.  In  fatti  il  primo 
agosto  si  apri  un  processo  regolare;  agli  undici  mastro  Pietro 
dichiara  sospetti  e  giudici  e  testimonii  e  illegittimo  il  modo 
di  procedere,  e  domanda  il  gratuito  patrocinio. 

Cosi  andavano  le  cose  per  le  lunghe,  quando  sul  meglio  veniva  XIII. 

a  morte  il  Governatore  Gaspare  della  Terra,  ad  istanza  del  ^episoTò'ircasa 
quale  si  faceva  il  processo.  Fu  questo  un  bel  momento  per  '^  Governatore. 
il  nostro  povero  mosaicista,  un  momento  prezioso  che  gli  fece 
ottenere  il  perdono  dal  morente  Governatore.  E  il  tenerissimo 
episodio  così  vien  raccontato,  il  31  ottobre  1524,  dal  magni- 
fico dottore  Simone  de  Marcanza,  uno  dei  giudici  della  città 
di  Monreale. 

«  Unu  0  dui  jorni  innanti  la  morti  di  lu  quondam  magni- 
«fìcu  Gaspar  Terrae,  gubernaturi  di  Murriali,  andandu  ipsu 
«  magniflcu  relaturi  a  visitari  a  lu  dictu  quondam  malatu  in 
«  casa  dell'  illustrissima  dopna  Maria  di  Toccu ,  la  dieta  si- 
«  gnura  dopna  Maria  incombenzau  a  pregari  a  dictu  quondam 
«  magniflcu,  chi  per  lu  amuri  di  Deu  et  so ,  avissi  volutu  re- 
«  mictiri'  et  perdunari  a  mastru  Petru  di  Oddo.  Et  dictu  quon- . 
«  dam  non  velia  reniictirilu  per  multu  clii  dieta  signura  dopna 
«  Maria  lu  pregassi.  Et  in  (juistu ,  ipsu  magniflcu  relaturi  ri- 
«pigliau  li  pareli  dichenduli  «Signurì  eu  per  lu  amuri  di  Deu 
«  vìndi  a  prigarvi  chi  per  l'amuri  di  Deu  lu  vugliati  fari  ».  Et 
«  dictu  quondam  li  dichia,  chi  rimictia  lu  rancuri  ;  et  ipsu  ma- 
«  gniflcu  dichia,  chi  non  potia  remictiri  la  rancuri,  chi  non  chi 
«  avissi  rimasu  qualchi  odio.  Et  tandu  la  dieta  signura  dopna 
«  Maria  si  inginucchiau  pregandulu  strictamenti  per  la  passioni 
«  di  Cristu,  chi  lu  avissi  pirdunatu.  Tandem  dictu  magniflcu  Gu- 
«bernaturi  fichi  signu  cum  la  testa,  fachendu  signu  di  sì:  et 


216  RESTAURI  E   RESTAURATORI 


«  dichenduli  dieta  signura  dopna  Maria  et  ipsu  magniflcu  re- 
«  laturi  chi  chi  fachissi  la  cruchi  et  dictu  magniflcu  Guberna- 
«  turi  li  fichi  la  cruchi  in  signu  di  remissione  ». 

Questo  perdono  fu  l'unica  risorsa  per  mastro  Pietro  :  il  22 
ottobre  1524  si  ricevettero  nella  curia  di  Monreale  i  testimonii 
che  dovevano  dire  in  suo  favore:  mastro  Pietro  fu  riconosciuto 
innocente. 
XIV.  Le  testimonianze  riuscirono  onorevolissime  per  lui  :  mae- 

^aàa.^t^TXe.  stro  Vincenzo  di  Capua  della  Terra  di  Alcamo  afferma  che 
«  mastru  Petro  di  Odu  fu  et  est  homo  multo  virtuoso,  di  abeni 
«  et  ottimo  mastro  in  la  sua  arti,  tanto  ipso,  quanto  lu  quon- 
«  dam  mastro  Masi  so'  patri  persuni  virtuosissimi,  di  bonissima 
«  coscienza,  vita  et  costumi,  capi  mastri  in  la  majuri  ecclesia 
«  di  Morriali  in  l'arti  di  la  musia,  tantu  pir  tali  lu  dicto  ma- 
«  stro  Petro  et  lu  quondam  so  patri  su  stati  stimati  et  repu- 
«  tati  tanto  da  Signuri  et  Cavaleri,  quantu  da  populani...  Grandi 
€  spindituri  et  grandi  guadagnaturi  ».  E  Giovan  Battista  di  Ru- 
giero,  prete  Alcamese  aggiunge  che  per  anni  trenta  lo  ha  co- 
nosciuto «  homo  da  beni,  virtusissimo,  speciali  mastro  di  mosia 
«et  di  morari,  che  quasi  cridi  ipso  testimonio  sia  sulu  in  lu 
«  regno  di  la  sua  arti  ». 

Così  finalmente  il  13  dicembre  vien  firmato  dal  Gardena  il 
sospirato  decreto  dell'escarcerazione. 

Il  povero  Oddo  fu  il  primo  illustre  Monrealese  che  vera- 
mente nella  celebrità  della  fama  e  nell'avversità  della  fortuna 
precedette  i  due  grandi  suoi  concittadini,  il  poeta  Veneziano, 
che  doveva  poscia  morire  bruciato  nel  castello  di  Palermo;  e 
quell'ardente  amatore  della  patria  libertà,  lo  storico  Baronie, 
che  finiva  miseramente  i  suoi  giorni  nel  Castello  di  Gaeta  ! 

Dopo  quest'epoca  non  si  sa  aver  fatto  il  nostro  Oddo  altra 
opera  in  Monreale  ;  in  Palermo  però  fu  chiamato  a  lavorare 
nel  Palazzo  del  Marchese  Terranova. 

La  sua  morte  poi  pare 'clic  non^sia  avvenuta  in  Monreale 
mentre  non  se  ne  fa  menzione  nei  registri  della  nostra  Parroc-]]! 
chia.  L'ultima  data  che  c*è  riuscito  di  conoscere  intorno  a  lui 


DEL   DUOMO   DI    MONREALE 


217 


è  dell'ottobre  15:35  per  la  poco  felice  occasione  di  un  forte  di- 
verbio con  la  moglie  Antonella,  figlia  di  Matteo  Lu  Vochiaru. 
Tutti  i  suoi  beni  mobili  ed  immobili  l'aveva  già  donato  alla  sua 
unica  figlia  Angelicchia  per  atto  del  14  maggio  1517. 

Dopo  il  mosaico  del  pavimento  non  si  foce  altra  opera  ai 
tempi  del  Gardena,  se  non  si  vuol  parlare  di  alcuni  nuovi  al- 
tari i  quali  furono  aggiunti  ad  altri  molti  che  stavano  non  solo 
attorno  alle  pareti  delle  navatine,  ma  anche  appoggiati  alle  co- 
lonne. 

Fra  questi  altari  però  ve  ne  fu  uno  notevolissimo  perchè 
dedicato  alla  Madonna  di  Porto  Salvo,  eccellente  lavoro  in  pla- 
stica eseguito  da  maestro  Antonio  Gagini  nel  1528  per  inca- 
rico di  un  certo  Antonio  Demma.  È  questo  un  gruppo  formato 
da  una  Madonna  sedente  col  divin  figlioletto  in  grembo,  S.  Giu- 
seppe a  destra  in  atto  di  porgergli  un  uccellino,  e  S.  Francesco 
di  Paola  a  sinistra  con  sembiante  assai  venerando  in  atto  di 
raccoglimento.  Son  esse  figure  (scrive  il  Di  Marzo)  che  co- 
munque in  vero  ben  lungi  dal  potere  andar  comprese  nel  nu- 
mero delle  più  segnalate  opere  dell'insigne  scultore,  han  pure 
evidente  il  carattere  del  suo  stile,  nella  bellezza,  nell'ingenuità 
e  nella  vita  del  sentimento  e  dell'espressione  ed  insieme  nella 
notabile  bravura  del  comporre  e  del  modellare  (1). 

Al  Cardona  successe  il  Card.  Pompeo  Colonna,  e  anche  egli  ap- 
portò dei  buoni  miglioramenti  nel  Duomo:  ordinò  dei  restauri  nei 
tetti  e, secondo  che  era  stato  disposto  dal  Pujades,  fece  appoggiare 
nella  gran  nave  alla  sesta  colonna  a  sinistra  una  bella  pila  di  mar- 
mo bianco  per  l'acqua  benedetta ,  dove  anche  oggi  si  vedono 
scolpite  le  sue  armi.  Ma  i  pochi  n)esi  del  suo  Episcopato  —  dal  15 


XV. 

Un  gruppo  in  pia- 
slica  del  Gagini 
e  i  restauri  dfi 
Card.  Colonna. 


(1)  Questo  gruppo  dopo  essere  stato  nel  1568  trasferito  alla  Collegiata  e 
collocato  aopra  un  altare,  fa  in  seguito  buttato  in  un  ripostiglio  e  pur  troppo 
guasto.  Fu  il  Di  Marzo  che  lo  fece  conoscere  e  pregiare  merilamentc;  ed  ora 
por  opera  del  ]Munici[)io,  restaurato  dall'egregio  Prof.  Gius.  Valenti  fa  bel- 
lissiuiM  li^ura  n-  ll'aula  del  Palazzo  di  città. —  Vedi  DiMaiìzu  —1  Gagini  e  la 
Soullura  in  Sicilia.— Vul.  1,  p.  365. 

Anii,  Ì3t<ji\  ò'ic.  K.  fcJ.  auuu  XV,  15 


218 


RESTAURI   E   RESTAURATORI 


XM. 
Restauri  sotto  Ip- 
polito de'  Medici 
e    Carlo     V    in 
Monreale. 


dicembre  1530  al  28  giugno  1532  —  furono  assai  brevi  per  ri- 
volgere un  pensiero  al  restauro  del  mosaico  che  pur  ne  aveva 
tanto  bisogno. 

Riguardo  ai  lavori  di  mosaico,  il  Gravina  da  quelli  eseguiti 
da  mastro  Pietro  Oddo  passa  immediatamente  a  parlare  degli 
altri  eseguiti  ai  tempi  dell'Arcivescovo  Los  Cameros,  1058-1608: 
la  qual  cosa  farebbe  credere  che  con  mastro  Masi  de  Oddo  e 
con  Pietro  suo  figlio  si  fosse  del  tutto  estinta  la  scuola  dei 
mosaicisti  monrealesi,  e  niente  più  si  fosse  fatto  per  miglio- 
rare le  condizioni  dei  preziosi  mosaici  del  Duomo. 

Ma  giusto  non  è  così.  Poiché  venuto  al  potere  della  sede 
Monrealese  il  giovane  Card.  Ippolito  dei  Medici,  per  tradizione 
di  Simiglia  protettore  delle  belle  arti,  die  facoltcà  al  Governa- 
tore Bernardo  Spina  d'imprendere  l'opera  d'un  largo  restauro. 

Tra  i  mosaicisti  di  questo  tempo  non  comparisce  più  il 
nome  di  mastro  Pietro  Oddo,  quantunque  non  era  ancor  morto: 
ma  gli  artisti  sono  mastro  Angelo  suo  fratello  ,  e  poi  mastro 
Geronimo  di  Bartolomeo  e  mastro  Vincenzo  e  mastro  Pietro 
Antonio  Nicolosi,  discepoli  di  mastro  Masi  e  amici  di  mastro 
Pietro  Oddo.  Questi  lavori  cominciano  nel  1533  e  vengono  con 
brevissime  interruzioni    continuati  sino  alla  morte  del  Medici. 

In  antico  il  basso  delle  pareti  delle  duo  navatino  non  era 
incrostato  di  tavole  di  marmo  con  lavoro  di  mosaico  nelle 
giunture ,  come  vediamo  oggi  :  solamente  le  due  ali  del 
presbiterio  e  l'abside  erano  state  sin  allora  cosi  bellamente 
decorate. — Lello  pag.  7-  Or  quest'antico  lavoro  di  mosaico  delle 
giunture  dei  marmi  era  già  al  tempo  del  Medici  quasi  tutto 
rovinato;  e  però  il  quasi  totale  rifacimento  di  queste  giunture 
fu  l'opera  prima  delle  altre  eseguita  per  ordine  del  Governa- 
tore Spina.  In  seguito  anche  il  monumento  di  S.  Ludovico  IX 
re  di  Francia,  allora  collocato  presso  la  porta  della  sacrestia 
del  Borgia,  viene  adorno  di  nuovi  marmi  e  di  eleganti  mu- 
saici, che  furono  guasti  più  tardi  per  le  successive  transla- 
zioni  subite  da  quel  monumento. 

!'  "^-I'"1ici  è  veraiuenle  uno  dogli  Ai-civcscovi  jiiù   hoiiciuc- 


DEL    DUOMO    DI   MONREALE  219 


riti  del  nostro  Duomo.  Oltre  alle  opere  di  mosaico  si  deve 
anche  a  lui  l'avere  continuato  il  rinnovamento  dei  tetti  per 
impedire  l'umidità  che  rovinava  il  mosaico  dello  pareti,  ed  a 
lui  l'avere  decorato  con  ornamenti  in  oro  la  tavola  di  marmo 
dell'antica  protasi,  allora  (Febbraro  1534)  ridotta  a  forma  di 
altare  per  il  Sacramento.  Allora  per  la  prima  volta  il  coro 
del  Duomo  ebbe,  siccome  conveniva,  un  leggio  di  legno  artisti- 
camente intagliato  da  mastro  Geronimo  Vaglica  monrealese  e 
un  grande  antifonario  in  pergamena  miniato  da  mastro  Pietro 
Nicolosi. 

Si  disse  che  fu  disposizione  del  Medici  (disposizione  non 
bella  certamente)  quella  di  ridurre  a  forma  di  campanile  la  parte 
superiore  dell'una  delle  due  torri  che  fiancheggiano  la  porta 
maggiore.  Però  si  sarebbe  dovuto  piuttosto  dire  che  egli  so- 
lamente curò  che  fosse  data  maggior  sodità  e  decenza  alla 
postura  delle  campane,  gicà  antecedentemente  collocate  in  quel 
sito.  Cosi  procedevano  le  opere  ordinate  dalla  generosità  del 
Medici,  ed  altre  ancora  se  ne  progettavano,  quand'  egli  inopi- 
natamente moriva  in  Napoli  il  10  Agosto  del  1535. 

La  città  fu  in  lutto,  ma  pochi  giorni  di  poi,  verso  la  metà  del 
settembre,  al  lutto  successe  l'esultanza  per  l'aspettazione  dell'Im- 
peratore Carlo  V,  reduce  da  Tunisi  dove  aveva  sbaragliato  le 
armate  turchesche  (1).  E  infatti  fu  accolto  trionfalmente,  e  co- 
me vero  trionfatore  trovò  inghirlandate  di  alloro  le  vie  della 
città  e  le  stanze  dell'  Episcopio  dove  abitò.  E  mentre  ap- 
pena  tre    giorni    si   era    trattenuto   in    Trapani ,  qui    presso 


(l)  Pcrchò  moglio  si  e  inescano  gli  antichi  costumi  del  nostro  paese  mi 
piace  riportare  il  scguento  bando  t  Bindo  et  comandamento  da  parti  di 
li  signuri  ollijiali  preluri  et  jiirati  di  quista  chitali  di  Monreali  che  non  sia 
porsiiiia  alcuna  di  quali  si  voglia  statu  gradii  et  conditioni  si  sia  che  digia 
né  presuma  vendiri  gallini,  galluzzi,  pullastrì,  picchiuni,  capuni,  né  nixuna 
specie  di  pullanii  nò  ova,  nò  a  frusteri  né  a  cliitatini  senza  licentia  di  li 
dilli  sik'nuri  oilioiali,  né  ([uilli  noxciri  di  la  ditta  chitati  senza  loru  licontia, 
ucciuccljé  si  pocza  provi-liri  per  la  vinuta  di  sua  GesarcM  et  Real  Magestali 
aupl.i  [iena  ciò.  Di^  XXllII  augusti,  Vili  Ind.  1535.» 


220 


RESTAURI  E   RESTAURATORI 


XVII. 
Principio  dell'Ar- 
civescovato    di 
A.  Farnesi  ed  o- 
pere  eseguite. 


di  noi  volle  fermarsi  per  ben  otto  giorni  meravigliato  del 
nostro  Duomo  e  contento  degli  artisti  Monrealesi ,  parecchi 
dei  quali  nei  giorni  della  maggior  trepidazione  avevano  saputo 
lasciare  gli  strumenti  del  disegno  per  impugnare  le  armi  della 
difesa  contro  i  nemici  della  patria  (1). 

Da  questo  tempo  non  si  lavora  più  nel  Duomo  fino  a  tanto 
che  ne  diviene  Signore  il  nipote  di  Paolo  III,  Alessandro  Far- 
nesi, l'uomo  celebre  per  il  Gesù  di  Roma  e  per  il  Palazzo  della 
Caprarola.  Costui  era  eletto  Arcivescovo  di  Monreale  il  15  mag- 
gio del  1536  e  nell'Agosto  del  1537  aveva  già  speso  una  grossa 
somma  per  rifare  tutto  di  nuovo  il  tetto  dell'ala  di  Santa  Ca- 
terina e  per  farlo  dipingere.  Questa  ed  altre  opere  di  fabbrica 
generosamente  ordinate  impedirono  per  qualche  tempo  che  si 
pensasse  ai  mosaici  che  solo  sappiamo  essere  stati  ripigliati  nel 
mese  di  luglio  1540.  Gli  artisti  sono  mastro  Pietro  Antonio  Nico- 
losi,  e  mastro  Vincenzo  Nicolosi  con  Biagio  e  Pietro  suoi  figli.  Ri- 
parano parecchi  tratti  di  mosaico  sul  fondo  d'oro  nelle  pareti 
della  nave  maggiore  e  nella  conca  dell'abside:  rifanno  il  mo- 
saico che  a  cagione  dell'umidità  si  era  guasto  nell'interno  di 
alcune  finestre  sopra  il  presbiterio,  compiono  le  strisce  ve- 
nute meno  in  quella  parte  del  coro,  dove  era  l'ambone  dell'e- 
pistola e  formano  tutto  intiero  un  angelo  in  grande,  che  di- 
graziatamente non  si  dice  qual  sia. 

Cosi  venivano  ogui  giorno  più  gagliardamente  riparati  i 
danni  dell'antico  mosaico,  e  intanto  si  dava  opera  per  levar- 
ne del  tutto  la  causa,  che  era  l'umidità  proveniente  dai  tetti 
e  dalle  finestre]  già  ridotte  in  pessimo  stato.  E  però  si  mette 
a  nuovo  una  gran  parte  del  tetto  della  navata  maggiore;  de- 
gli antichi  e  grandi  travi ,  nitri   son  troncati  a  mezzo    e  poi 


(1)  Tra  quesli  van  notali  :  Miistro  Pietro  Anioni  Nicolosi  —  con  spala, 
bruchcrl,  una  picca  et  chi  si  accapta  una  balcslra. 

MuHtro  Vincenzo  NìcoIohì  —  con  unascu|)oUrt  ot  li  spala. 
Mnslro  Gio.  Anioni   NìcoIohì  — con  una  Ijaii'Slrii  (M  uii;i  spilla. 
Mastro  Geronimo  Vuglica  —  con  una  li.ilc.slri  Ci  unii  archibu.\u, 


DEL   DUOMO    DI   MONREALE  221 


allungati  con  supplemento  di  nuovo  legno  e  con  legature  di 
ferro;  altri  se  ne  aggiungono  del  tutto  nuovi.  Per  calarne  dal 
tetto  uno  degli  antichi  oltre  ai  maestri  bisognò  chiamare  in 
aiuto  altri  cinquantacinque  uomini.  Intanto  mastro  Vincenzo 
Nicolosi  coi  suoi  figli  cessano  per  poco  dal  lavoro  dei  musai- 
ci per  dar  mano  al  piombo  che  si  cola  e  si  riduce  in  lamine 
e  poi  vien  traforato  a  disegno  per  uso  delle  finestre,  special- 
mente di  quelle  del  presbiterio.  Nel  medesimo  tempo  (agosto 
1541)  non  si  sa  per  disposizione  di  chi,  ma  si  sa  certo,  che 
maestro  Geronimo  di  Bartolomeo  lavora  nel  chiostro  per  mu- 
rare ad  eccezione  della  porta,  tutte  le  altre  aperture  e  gli 
archetti  già  guasti  dal  tempo  che  erano  intagliati  sul  fron- 
tespizio del  capitolo  vecchio  (1).  E  qui  bisogna  notarsi  che  Lu- 
dovico II  Torres ,  quando  converti  questo  Capitolo  nella  Cap- 
pella di  S.  Placido,  non  fece  altro  che  riaprire  l'antica  porta 
e  le  finestre  sporgenti  nel  chiostro  ,  guastandone  però  le  an- 
tiche forme  e  le  proporzioni, 

Dal  1542  in  seguito,  nel  Duomo  si  fecero  altri  lavori^  ma 
di  poco  rilievo.  In  questo  tempo  si  pensò  piuttosto  ad  altre 
fabbriche  dipendenti  dall'Arcivescovato,  come  ad  esempio  alle 
case  della  corte,  alle  torri,  al  monastero  di  S.  Castrense,  alle 


d)  Questi  archetti  per  disposizione  delln  Commissione  delle  Belle  Arti 
sono  stati  ora  di  recente  scoperti  e  restaurati  in  parte.  In  continuazione 
degli  archetti  e  sulla  superlìcie  del  medesimo  muro  si  trovano  praticate 
delle  antiche  aperture  dimeni  non  si  sa  trovare  ragione  sufàciente.  Probabil- 
mente anche  a  queste  aperture  sarà  fatto  accenno  nel  contratto  d'accordo 
che  i  monaci  Benedettini  e  il  (Governatore  rogarono  presso  Not.  Vincenzo 
Goxia  a  dì  13  marzo  1530,  dove  si  dice  «  promittentes...  refìcere  omnia  ma- 
racpnata  sede  vacante  dirupta  per  monacos  vel  alios  de  eorum  mandato 
et  ordinaUone  tam  in  hahitatione  praedicti  Arcluepiscopaius  quam  in 
dieta  monasterio  ac  ctiam  in  prislinam  formam  reducere  portas  obtura- 
tas  et  pavimenta  ipsius  Archiepiscopatus  et  monasterii  dirupta,destructa, 
et  devastata  et  quaecumque  omnia  alia  et  singula  reducere  ad  eumdem 
modnm  et  formam,  quibus  erant  tempore  vitae  quondam  lll.mi  et  Revmi 
Card.  De  Cardona.» 


222 


RESTAURI    E   RESTAURATORI 


case  tlol  Balletto,  al  gran  Fondaco  di  Fiume  Lato  (che  era  giu- 
sto dove  oggi  è  la  nuovT.  chiesetta  di  Fiume  Lato)  e  al  Castello 
di  Calatrasi. 
XVIII.  Nel  novembre  del  1542  veniva  in  Monreale  il  Regio  Visi- 

^*  vvnio"p'*^?  Dor^  tatore  Mons.  Francesco  Amento,  il  quale  con  le  sue  disposizioni 
lieo  minore.  riguardanti  le  fabbriche  del  Duomo  e  del  Monastero  non  ap- 
portò in  sostanza  tanto  miglioramento  ai  nostri  restauri,  quanto 
apportò  luce  alla  storia  di  essi  (1).  Il  Gravina  ignorò,  il  no- 
me di  questo  R,  A^isitatore  e  le  suo  disposizioni  e  ciò  diede 
occasione  a  parecchie  inesattezze,  incorse  nel  suo  lavoro, special- 
mente riguardo  i  due  portici  che  sono,  l'uno  alla  porta  mag- 
giore e  l'altro  alla  porta  minore  del  Duomo.  Egli  scrive  cosi  : 
«  Il  Rev.  D.  Giacomo  de  Arnedo,  Visitatore  Generale  del  Regno 
.  di  Sicilia,  visitava  il  Duomo  di  Monreale  nel  1552  ed  ordinava 
di  coprirsi  il  tetto  del  portico  della  porta  che  guarda  la  piazza 
maggiore  della  citta:  cosi  è  chiaro  che  la  costruzione  del  portico, 
il  quale  fu  fatto  dal  Farnesi,  sia  stata  eseguita  tra  il  1552  al 
157:3,  anno  in  cui  costui  rinunziò  l'Arcivescovato  di  Monreale. 
È  questo  il  monumento  più  antico  che  abbiamo  nel  quale  si  Cic- 
cia menzione  della  porta  minore.  Nella  stessa  visita  si  ordinava 
di  buttarsi  a  terra  il  ]ìortico  della  porta  maggiore,  il  quale  mi- 
nacciava ruina.  Prima  di  Arnedo,  Piotro  Puyades  nel  1515  aveva 
anche  egli  nell'  atto  della  visita  ordinato  che  fosse  termi- 
nato il  portico  maggiore,  le  quali  parole  importano  che  già 
aveva  sofferto  e  che  in  atto  si  ricostruiva  :  e  finalmente  nel 
1770  cadeva  in  parte,  e  1'  Arcivescovo  Testa  pria  lo  riattava 
e  poscia  lo  demoliva  intieramente  e  ricostruiva  di  altra  forma.» 
Perchè  possano  più  chiaramente  apparire  le  inesattezze  del 
Gravina,  divido  in  due  parti  la  sua  asserzione.  E  prima,  ri- 
guardo il  portico  minore  fatto  dal  Farnesi  non  c'ò  da  mettere 
in  dubbio  la  data,  mentre  possiamo  conoscerla  con  tutta  cer- 
tezza, come  appresso  vedremo.  Tanto  meno  poi  ò  a  dirsi  che 


(1)  Vedi  Documciilo  III. 


DEL   DUOMO    DI   MONREALE  G23 


il  primo  documento  che  abbiamo  della  porta  minore  del  Duomo 
sia  proprio  la  visita  dell'Arnedo.  Nei  libretti  di  celleraria  del 
monastero,  e  in  quelli  del  quattro  cento  e  in  quelli  dei  primi 
anni  del  cinquecento,  si  dice  che  alcune  persone  pagarono  i  loro 
censi  sotto  la  pinnata  minore  della  chiesa.  Il  Cardona  poi  addi 
14  maggio  1529  concede  ai  Rev.mi  Can.  e  Parroci  la  facoltà 
di  costruirsi  una  sepoltura  sotto  il  portico  della  porta  minore, 
e  addi  7  giugno  dello  stesso  anno  concede  licenza  alla  congre- 
gazione dei  fabbricatori  di  poter  costruire  in  fondo  al  medesimo 
portico  una  cappella  in  onore  dei  Santi  Quattro  Coronati.  Addi 
21  luglio  153:3  il  Vicario  Generale  del  Card,  dei  Medici  ordina 
con  pubblico  bando  che  a  nessuno  sia  lecito  giocare  alle  bocce 
sotto  nessuna  delle  pinnale  del  Duomo.  Cosi  è  chiaro  che  anche 
prima  del  1552  esisteva  non  solo  la  porta  minore,  ma  anche  un 
portico  —  pinnata  —  davanti  ad  essa.  Come  va  dunque  che  l'Ar- 
nedo  ordina  ut  staiim  cooperiatur  porticus  seu  antrum  illius 
januae  qiiae  resplcit  maiorem  plateam  ipsius  civitatis  ? 

Il  nodo  viene  sciolto  dall'articolo  terzo  della  Visita  di  Mons. 
Vento,  il  quale  nel  1542  afferma  che  c'è  un  portico  (suppongo 
quello  dei  primitivi  tempi  del  Duomo)  ma  esso  minaccia  rovina 
ed  è  indecente  a  guardarsi,  e  perciò  bisogna  mandarsi  giù  e 
rifarsene  un  altro  nuovo  e  degno  del  tempio.  —  Ante  ianiiam 
quae  est  ad  latus  elicti  templi  respiciens  ad  plateam  magnam 
dictae  civitatis  est  aliiid  atrium  cuius  tectiim  oh  vetustatem 
ruinam  minatur  et  ad  videnditm  indecens  extitit  tempio  huius- 
niodi;  propterea  opus  esset  reparatione  et  costructioiie  digniori 
et  congruentiori  et  /Ieri,  prout  vulgo  dicitur,  alaniia.  Di  fatti  se- 
condo lo  sue  ordinazioni  vien  subito  abbattuto  l'antico  portico 
(che  non  era  alarnia,  cioè  a  volta  reale,  opperò  probabilmente 
doveva  essere  di  legno  come  gli  antichissimi  tetti  del  Chiostro); 
ma  non  era  ancor  sorto  il  nuovo  sino  a  quando  nel  1552  ven- 
ne r  Arnedo.  In  seguito  vedremo  quand'  esso  veramente  ri- 
sorge. 

Ed  ora  parliamo  del   portico  maggiore.  È  vero  che  l'Ar-  ^X. 

Il  portico 
maggiore. 


224  RESTAURI    i;    rn^TAL-RATORI 


neJo  oì'dina  nel  1552  (1)  che  si  demoMsca  il  por;ico  della  porta 
maggiore  del  quale  nel  1515  il  Pujados  colle  parole  expcdiatur 
pinnacuhun  aveva  ordinato  che  si  portasse  presto  a  compi- 
mento. Ma  come  si  spiega  che  un  portico  costruito  nel  1515  mi- 
naccia rovina  nel  1552,  dopo  la  hrevissima  esistenza  di  soli  tren- 
tasette anni  ?  in  che  modo  era  stato  costruito  ? 

Ecco  come  il  secondo  articolo  della  Regia  Visita  di  Mons. 
Vento  scioglie  l'enigma. 

Ivi  si  legge  che  davanti  la  porta  maggiore  esisto  un  atrio 
coperto  di  tegoli,  cosa  veramente  mostruosa  avuto  riguardo 
alla  maestcà  del  tempio:  e  però  si  ordina  che  se  ne  faccia  un 
altro  di  fabbrica  decente.  An/emaiorsut  ianuam  e.d  airlinn  co- 
pertili n  teguUa,  res  monstruosa  tempio  sic  eximlo  et  in  toto  orbe 
dignissimo;  et  propterea  opus  esiict  fieri  fahrica  et  aedi  fido  con- 
gruenti loco  et  dignitati  eie.  Ora  è  facile  spiegare  come  una 
tettoia  (quella  del  1517)  fatta  cosi  alla  peggio,  dopo  trenta  sette 
anni  minacci  rovina.  Però  è  curioso  quello  che  aggiunge 
il  Gravina,  dicendo  che  il  portico,  il  quale  nel  1552  iani  inm 
rninatur  ì'uinam  venne  lìnalmente  a  crollare  nel  1770,  dopo 
la  bellezza  di  218  anni  !  A  rettificare  questa  inesattezza  biso- 
gna aggiungere  che  l'ordine  dolT  Arnedo  non  fu  veramente 
eseguito  subito,  tanto  che  il  Regio  Visitatore  del  Pozzo  nel 
ÌÓS'A  riconoscendo  che  era  impossibile  per  allora  costi'uire  in 
fabbrica  quel  portico  a  cagione  della  grave  spesa,  si  contentò 
di  ordinare  «  ut  reficiatur  porticus  portae  maioris  tabulis  et 
tecto  ut  vulgo  dlcitur  morto. 

La  qual  cosa  fu  poi  Analmente  eseguita  dall'  Arcivescovo 
Ludovico  li  Torres  nel  159G,  come  costui  di  propria  mano  no- 
tava in  margine  alla  Regia  Visita  di  Mons.  Francesco  del  Poz- 
zo (2).  Ma  è  questo  il  tetto  del  portico  maggiore,  che  crollò 
la  notte  del  iNatale  del  1770  ?  Nò  certamente. 

Nel  lO.'Jl  questo  portico  si  rifece  un'altra  volta,  ma  di  fah- 


(1)  Vedi  Docunicnto  IV. 

(2)  Vedi  Documento  V. 


DKL    DUOMO    DI    MONREALE  225 


brica;  però  il  2  luglio  per  inabilità  dei  maestri  crollò  tutto  di 
un  tratto  cagionando  non  pochi  danni  all'antico  mosaico  delle 
pareti  dell'atrio  e  insieme  alla  vita  di  alcuni  lavoranti  (1). 

Ma  nello  stesso  mese  si  ripigliarono  i  lavori  di  ricostru- 
zione sotto  la  direzione  del  P.  D.  Paolo  Catania,  monaco  cas- 
sinese  nativo  di  Monreale,  autore  di  eccellenti  versi  siciliani 
e  di  una  cronaca  del  nostro  Monastero,  che  si  conserva  ine- 
dita nel  tabulano  del  Duomo.  Nel  1633  il  portico  era  già  por- 
tato a  compimento,  e  Paolo  D'Ansilio  e  Domenico  Rivalora  mon- 
realesi,  deputati  della  fabbrica  del  Duomo,  presso  Not.  Leo- 
nardo Corrado  a  di  5  giugno  incaricavano  il  pittore  Pietro  No- 
velli per  ornarlo  di  aft'reschi  (2).  Or  dunque  quest'ultimo  portico 
è  propriamente  quello  che  crollò  la  notte  del  24  dicembre  1770; 
e  che  in  seguito  fu  rifatto  intieramente  dall'Arcivescovo  Testa 
sopra  il  disegno  del  sacerdote  Monrealese  Antonio  Romano. 


(IJ  In  un  rodisi  ro  della  Tesoreria  del  Duomo  ili  Monreale,  anno  1G31,  si  legge: 
»  3  luglio  lii.'U  —  M  lUro  Gsrjnim  »  Rcniin  pissò  dis^razialimonte  da 
«  questa  a  miglior  vita  nella  cascala  del  Dammuso  della  porta  del  Paradiso, 
«  mentre  stava  slbr;n:inlo  lo  detto  Dammuso,  per  poca  accortezza  di  mastri, 
«  che  sformaro  mentre  era  fatto  fresco  e  ci  aveva  piovuto  tre  tjiorni  conti- 
«  nui.  Fu  sepolto  al  Carmine  con  li  campana  dell'ore:  non  se  li  fece  pa- 
«  gare  canqjana.  Bastiano  Camilla  similmente  passò  da  questa  vita  schiacciato 
€  dal  m;ded.no  damrnaso,  bea  vero  ch3  campò  dieci  giorni  senza  parola 
«  e  senza  intendimento.   Non  se  li  fece  pagare  niente. 

(3j  Nel  sopracitato  contratto  si  legge  «  Petrus  Novello  oriundus  civis 
hujus  civitalls  Montis  llegalis  et  habitator  Panormi  ad  paesens  hic  Monte 
Regali  rcpertus  se  obligavit  et  obligat  di  pingiri  nello  sculo  seu  ovato  di 
monzo  lo  dammuso  novamentc  fatto  sopra  la  porta  maggiore  di  detta  chiesa 
cattedrale,  cliiamato  dello  Paradiso,  l'armi  della  f.  m.  del  serenissimo  Re 
Guglielmo  secondo,  cliiamato  il  buono,  circondato  di  angeli  secondo  il  di- 
segno, e  dalla  parti  di  man  dritta  l'armi  dell'Eccmo  Cardinale  Cosmo  de 
Torres  eletto  di  Monreale,  e  della  parte  sinistra  l'armi  della  città  di  Mon- 
reale di  pittura  in  frisou  con  lo  suo  recinto  a  torno  et  ogni  cosa  fare 
bene  ,  magistrevolmcnte  come  conviene,  vista  et  revista  per  persone  experti, 
incipere  a  15  praesentis  mensis  Julii  et  finire  ad  altius  per  totum  mensena 
Julii  prox.  venturi.» 


226  RESTAURI   E  RESTAURATORI 


^^-  Importante  ancora  e  la  visita  di  Mons.  Vento  per    il   suo 

Il  Chiostro  e  le  sue  ..      ,  i        ,  t     •  i  i      i         ,  •  t    • 

vicende.  articolo  quarto  ds  fabrwis  dove  parlando  del  chiostro  dei  PP. 

Benedettini  ci  fa  sapere  che  per  la  sua  antichità  si  trova 
guasto  e  ditformato  tanto  nei  pavimenti  quanto  nei  tetti ,  i 
quali  minacciavano  rovina.  Il  Pujades  sul  medesimo  tenore 
aveva  anche  lui  ordinato:  Expediatur  pavimentum  in  claustris 
dlctae  Eccles'iae  et  fìat  tectmn  dicli  claustrl,  ubi  deficit,  ad  ar- 
hitrium  architcctonis,  quod  quidem  tectum  depingatur  prout  est 
ala  dicti  claustrl  versus  orientem,  et  muri  dicti  claustrl  deal- 
hentur  circum  circa.  Ma  quest'ordine  non  si  recò  per  allora 
ad  effetto.  Perciò  dunque  Mons.  Vento  ritorna  ad  ordinare  che 
si  ammattoni  il  pavimento  e  si  rifabbrichino  i  tetti,  come  vol- 
garmente dicesi  akunia,  messo  che  non  ne  soffrano  detrimento 
gli  archetti  del  medesimo  chiostro.  Item  claustrum  magnum 
praedicti  monasteril  oh  antiquitatem  devasf attlni  et  deformatimi 
tam  in  pavimentls  qiiam  in  tectis  ruinam  tninantibus,  et  indi- 
geret  reparatione  et  reformatione  prò  qua  esset  necessaria  swn- 
ma  unciarum  sexcentarum  tam  prò  pavimento  praedicto  in- 
tessellando,  sioe  ut  vulgo  dicitur ,  ammadunando ,  quam  prò 
tectis  fahricandiSy  ut  vulgo  dicitur  alamia^  si  et  quominusar- 
cus  dictorum  claustrorum  paterentur  iudicante  et  testificante 
praedicto  magistro  Vincentio  De  Nicolosio. 

I  tetti  del  chiostro  prossimi  a  rovinare ,  di  cui  parla  il 
Pujades  e  il  Vento,  non  sono  quelli  primitivi  dell'epoca  nor- 
manna, che  secondo  scrive  il  Lello  —  Descrizione  del  Real 
tempio  ecc.  pag.  37  —  erano  di  legno;  ma  sono  quelli  a  vol- 
tine reali  fabbricati  per  una  metà  dall'Arcivescovo  Fra  Paolo 
Romano  e  per  l'altra  metà  dal  Ventimiglia,  dei  quali  parla 
il  medesimo  Lello  —  Vite  degli  Arcivescovi  pag.  07  e  pag.  72 
—  e  dei  (piali  oggi  dopo  lo  scrostamonto  fatto  allo  pareti 
del  detto  chiostro  si  vedono  chiare  le  traccio.  Le  ordina- 
zioni del  Visitatore  Mons.  Vento  vengono  eseguite  dal  1541 
al  1554,  facendosi  prima  i  tetti  in  legno  e  poi  l'ammattonato: 
dei  tetti  però,  a  cagion  di  risparmio ,  solamente  si  fecero  quelli 


DEL  DUOMO  DI  MOKRBALV  227 


che  erano  crollati ,  secon  lo  il  consiglio  del  Pujades  :  «  fìat 
tectum  uhi  deficit. 

L'Arnedo  nel  1552  raccomandò  di  seguire  i  lavori  del  chio- 
stro, e  poco  più  tardi  con  lettere  Viceregie  del  1553  veniva 
ordinato  che  presto  si  desse  riparo  alle  colonnette  e  al  tetto 
della  corsia  settentriona'e,  perchà  minacciavano  rovina. 

E  così  abbiamo  che  al  tempo  del  Lello  alcuni  tetti  erano 
di  legno,  ma  altri  ancora  ne  restavano  a  voltine  reali.  La  qua! 
cosa  non  bisogna  dimenticarsi ,  perchè  diversamente  non  si 
saprà  più  spiegare  come  il  sopradetto  Lello  in  un  passo  af- 
ferma che  al  suo  tempo  vi  erano  tetti  di  legno,  mentre  in  un 
altro  parla  di  una  volta  reale  dove  si  vedeva  intagliata  una  co- 
rona di  spine.  —  «  Le  loggie  del  chiostro  furono  anticamente 
«  coperte  di  tetti  di  legno,  i  quali  essendo  andati  in  rovina  , 
«  vi  furono  tirate  sopra  le  volto,  le  quali  coprirono  le  fenestre 
«  che  vi  erano  con  le  colonnette,  et  essendo  quelle  ancora  in 
«  buona  p%rte  cadute,  vi  si  è  di  nuovo  fatta  l'opera  di  legno. 
«  —  Descrizione  del  reni  Tempio  pag.  37.  —  E  poi  —  Vite  degli 
«  Arcivescovi  pag.  07.  —  nel  mezzo  di  wm  volta  del  chiostro 
«  del  monasterio  di  questa  chiesa,  che  fu  senza  dubbio  rifatto 
«  a  tempo  di  questo  Arcivescovo  (Fra  Paolo)  per  esservi  scol- 
«  pita  l'arme  sua,  si  vede  intagliata  una  corona  di  spine.  » 

Però  anche  questi  tetti,  di  cui  abbiamo  parlato,  non  dura- 
rono sino  ai  nostri  giorni:  sono  levati  una  prima  volta  nel 
1634  e  allora  si  pensò  di  sostituirvi  delle  soffitte  che  vennero 
eseguite  dal  fallegname  maestro  Vincenzo  di  Ganci  e  dal  capo 
maestro  muratore,  Antonino  Polizzi  :  e  queste  poi  minacciando 
di  rovinare  una  seconda  volta,  vengono  ricostruite  nel  1785-178G 
sullo  stesso  sistema  secondo  il  parere  dei  Rev.mi  Padri  cas- 
sinosi D.  Antonio  Spatafora  e  D.  Benedetto  di  Cordova,  ai  quali 
con  decreto  del  18  gennaro  1772  ne  aveva  già  affidato  l'inca- 
rico il  Rev.mo  P.  l).  Timoteo  Botto  presidente  della  Congrega- 
zione Benedettina  cassinese.  In  quest'occasione  furono  demoliti 
tre  palmi  della  fabbrica  che  sta  attorno  sopra  gli  archetti. 


228 


RESTAURI   E   RESTAURATORI 


XXI. 

Ullimo  ordine  di 
Mons.  Vento  e 
sospensione  dei 
lavori. 


XXII. 
Il  ViniUtore  Arne- 
do:  nuovi  moaai- 
ci  e  piilitara  dei 
mosaici. 


Un  altro  ordino,  anzi  il  primo,  che  fece  scrivere  Mons.  Vento 
neirarticolo  de  fabricis,  fu  di  sostituire  una  grande  trave  alla 
seconda  che  era  sopra  la  porta  maggiore  del  Duomo  ,  e  che 
minacciava  imminente  rovina.  Quest'ordine  fu  eseguito  il  20 
maggio  1544:  si  comprò  in  Palermo  un  grosso  albero  di  una 
gran  nave;  si  lavorò  più  giorni  alla  marina  per  tirarlo  fuori 
porto;  e  poi  per  trasportarlo  in  Monreale  fu  mestieri  che  un 
buon  gruppo  di  maestri  accompagnassero  i  carri  dei  buoi  per 
provvedere  all'insufflcienza  dell'antica  strada,  che  per  l'inegua- 
glianza del  suolo  poco  si  prestava  al  bisogno. 

Da  quest'anno  sino  alla  venuta  del  Regio  Visitatore  D.  Gia- 
como Arnedo  nessun'altra  opera  di  rilievo  si  era  fatta  nel  Duo- 
mo. Ristorata  abbastanza  la  sua  Chiesa  nella  parte  materiale, 
il  Card.  Farnesi  rivolse  tutto  il  suo  pensiero  alla  restaurazione 
morale  di  cui  tanto  abbisognava  la  sua  città  e  la  diocesi.  Nel 
1545  mandava  suo  Visitatore  Mons.  Pompeo  Zambeccari  con 
pieni  poteri  nello  spirituale  e  nel  temporale;  e  poi  nel  1549 
il  P.  Giacomo  Laynez,  uomo  nell'Europa  ugualmente  celebre 
per  santità  e  per  dottrina.  E  in  questo  tempo  non  fu  poca  la 
spesa  fatta  per  nuovi  assegni  ai  poveri,  alle  orfane,  all'ospe- 
dale, ai  nuovi  canonici  secolari  ,  e  quella  spesa  ingente  fatta 
per  la  casa,  per  le  scuole  e  per  l'antica  Chiesa  del  Gesù,  che 
esistette  dove  oggi  è  la  nuova,  fabbricata  nel  1G33.  Aggiungi 
poi,  che  gli  anni  1550-1552  furono  burrascosissimi  per  il  Farnesi: 
le  gelosie  politiche  tra  i  Francesi  e  gli  Spagnuoli  gli  frutta- 
rono lo  sdegno  di  Carlo  V,  ed  egli  privato  dell'amministrazione 
deirArcivescovato  di  Monreale  non  si  vergognò  di  chiamarsi 
povero. 

Però  i  lavori  del  Duomo  si  ripigliano  un'altra  volta  ener- 
gicamente dopo  la  venuta  del  Regio  Visitatore  Arnedo  (1). 

Nel  primo  articolo  della  sua  visita  del  1552  egli  aveva  or- 
dinato ut  figurae  ex  labore  musaico  depictae  statim  munden- 


(1)  Vedi  Documento  IV. 


DEL   DUOMO    DI   MONREALE  229 


tur,  nam  oh  pulverem  vix  duudlcarl  valenti  et  veficlantur  in 
pariibus  qidbiis  aliqico  modo  deformiia'i  faerlnt.  E  nell'caprile 
155G  il  capo  maestro  Vincenzo  Nicolosi  con  suo  figlio  Cristo- 
faro e  con  maestro  Cosimo  La  Piana  e  Giuseppe  De  Lapi  di- 
spongono alcuni  scomodissimi  ponti  di  tavola  e  lavorano  nel- 
l'alto della  cappella  del  Corpo  di  Cristo  per  restaurare  il  mo- 
saico che  ivi  era  largamente  danneggiato.  Per  appiccicare  le 
pietre  musaiche  alle  pareti  tanno  un  preparato  di  calce  e  di 
sabbia  finissima  e  sopra  di  esso  lo  stesso  maestro  Vincenzo  di- 
pinge a  colore  rosso  il  disegno  che  deve  poscia  eseguire.  Sullo 
stesso  tenore  e  dagli  stessi  maestri  monroalesi  si  lavora  a  brevi 
riprese  sino  alla  metà  del  1558  e  specialmente  attorno  attorno 
le  pareti  più  alte  del  presbiterio,  sopra  la  porta  maggiore,  e 
nell'interno  della  cappella  di  S.  Giovanni,  allora  esistente  sotto 
l'ambone  nell'atrio  del  coro  e  poi  distrutta  dal  Los  Cameros. 
Trovo  qui  da  osservare  che  mentre  in  alcune  parti,  immedia- 
tamente sotto  le  pietre  del  mosaico  aggiungono  olio  di  lino  , 
in  altre  poi  usano  morga  ed  ocria  (1)  e  nei  soli  mosaici  della 
cappella  di  S.  Paolo,  appena  terminati,  vi  passano  sopra  della 
vernice,  cosa  che  non  avrebbe  certamente  fatto  né  mastro  Masi 
nò  mastro  Pietro  Oddo  ! 

Nelle  pareti  dove  manca  qualche  lastretta  di  marmo,  la  sup- 
pliscono; e  in  questo  caso  usano  sempre  del  gesso  e  delle  pic- 
cole trattenute  di  ferro  o  di  rame.  Nel  medesimo  tempo  il  Duo- 


(1)  Kcgistro  di  spese  di  Mamma  —  14  maggio  1558  —  once  2,  15,  5  — 
sonno  per  iorna  17  che  lia  fatto  mastro  Vincenzo  Nicolosi  con  due  suoi  fi- 
gli in  questa  settimana,  cioè  lo  ditto  mastro  Vincenzo  et  uno  suo  figlio  in 
la  ditta  raosia  intro  ditta  ecclesia  supra  la  porta  maggiori  et  l'altro  suo  fi- 
glio in  lo  servizio  che  fa  in  annettare  le  marmerà  et  colonne  et  consare  le 
scalone  de  marmerà  delia  cappella  de  S.  Joanne  intro  ditta  ecclesia  et  con- 
xure  de  mosia  alcuni  frixi  clic  stanno  in' orno  ditta  cappella,  et  iorna  11  di 
due  manoala  per  portare  aqua  et  seligiri  mosia  al  ditto  mastro  Vincenzo 
et  l'altro  per  portari  a(ina  a  mastro  Blasi  et  aiutari  a  nettale  ditta  cappella 
et  pir  uoria  et  murga  per  mettere  supta  la  raosia  etc.  ctc. 


i30 


RESTAUnl   E  RESTAURATORI 


XXIII. 
riirnslruzioue   del 
portico    minore 
ed  altari  del  por- 
tico. 


mo  vieii  tutto  mondato  dalla  gran  quantità  di  polvere  di  cui 
si  erano  ricoperti  i  mosaici  noi  tempo  della  ricostruzione  dei 
tetti.  Anzi  in  gran  parte,  dove  si  credette  più  urgente  il  biso- 
gno, si  adibi  lina  larga  lavatura,  ora  con  acqua  sempli<'e  ed 
ora  con  acqua  e  sapone  strofinatovi  sopra  largamente  con  una 
spazzola  di  finissime  setole,  nel  modo  istesso  come  oggi  lode- 
volmente si  va  facendo  per  disposizione  della  Commissione  del 
Restauro.  Ma  per  i  marmi  e  per  le  colonne  di  porfido  si  adi- 
biva una  spazzola  che  invece  di  setole  era  formata  di  sotti- 
lissime fila  di  rame. 

Oltre  ai  mosaici  e  alla  quasi  generale  riparazione  dei  tetti 
si  fecero  nel  Duomo  altre  opere  di  molto  rilievo  e  sempre  se- 
condo le  disposizioni  dell' Arnedo.  Però  molti  dei  bravi  maestri 
monrealesi  erano  gicà  troppo  inoltrati  negli  anni  o  morti,  e  pa- 
recchi senza  successione  nella  linea  maschile  :  da  ciò  avviene 
che  ai  monrealesi  cominciano  a  sottentrare  altri  maestri  stra- 
nieri. Cosi  la  ricostruzione  del  portico  minore,  quello  stesso 
che  oggi  vediamo,  viene  affidata  quasi  intieramente  a  maestri 
palermitani.  Gli  undici  archi  e  tutto  il  frontespizio  sono  lavo- 
rati dai  due  fratelli  Giovanni  e  Fazio  Gagini ,  come  si  vede 
agli  atti  del  Not.  Antonino  Aiuto  di  Palermo  il  20  febbraro 
1547.  E  maestro  Vincenzo  Gagini  lavorò  lo  stemma  del  Farnesi 
adorno  di  una  bolla  festina  di  fronde  e  di  frutta,  che  è  quello 
che  sta  tutt'ora  sull'archetto  centrale  del  portico  ;  e  maestro 
Gian  Antonio  Nicolosi  lo  adornò  di  colori  e  di  oro.  Le  voltine 
poi  furono  eseguite  dai  due  fratelli  Francesco  e  Pasqualino 
Scalone  palermitani  anch'essi"!  E  nulla  diciamo  delle  colonne 
e  dei  capitelli  pcrchò  questi  non  sono  che  un'ultima  reliquia 
dcU'antichissimo  porticato  che  esistette  attorno  attorno  la  piaz- 
zetta della  porta  del  Paradiso,  a  cui  accenna  il  Lello  (1).  L'in- 
tiero portico  ò  di  buon  gusto,  sebbene  non  corrisponch^  all'ar- 
cliitcttura  del  Duomo.  —  Quei  buoni  maestri  por  impedire  che 


(I;  Vedi  Lello     ■  If.sa'ùiunc  del  nat   Tonjiio  e  MuiìasU'n>,  \kì'^.  'Z\, 


DEL    DUOMO   DI  MONBEALB  231 


l'umidità  danneggiasse  questa  nuova  fabbrica,  credettero  far 
bene  usando  nella  terrazza  di  sopra  il  portico  un  intonaco  di 
calce  finissima  mista  a  sabbia  che  di  proposito  facevano  ve- 
nire dalle  isole  di  Lipari. 

Il  Catania  nella  sua  Cronaca  del  Monastero  dice  che  que- 
sto portico  fu  cominciato  nel  1569  per  disposizione  del  Cardinale 
Farnesi,  venuto  in  quest'anno  in  Monreale.  La  data,  come  già 
si  è  veduto,  è  poco  esatta,  ed  il  Farnesi  venne  in  Monreale 
nel  1568  quando  già  il  portico  era  bello  e  compito  sin 
dal  1562. 

Sino  a  questo  tempo  troviamo  esservi  stati  eretti  tre  alta- 
ri: uno  ai  SS.  Quattro  Coronati;  e  due  altri  più  antichi  col  loro 
nicchio  incavato  nel  muro  stavano  a  sinistra  della  porta  mino- 
re. Il  primo  di  questi  due  non  si  sa  a  qual  santo  era  dedica- 
to, ma  il  secondo  era  certamente  dedicato  a  S.  Venera,  come 
appare  da  un  atto  di  concessione  del  6  giugno  1529  ed  anche 
dall'antico  Cerimoniale  della  Metropolitana  di  Monreale.  Nel 
contratto  del  1529  rogato  presso  il  Notaro  Gio.  Francesco  Bel- 
lissimo abbiamo,  che  il  Card.  Cardona  concede  alla  Confrater- 
nita dei  muratori  :  «  qaemdara  locmn  intus  pumataìn  maiorls 
Montls  l'i'galU  Eccleslae  ex  parte  altaris  vocali  di  S.  Vanirà 
di  una  colonna  all'altra  ad  opus  faciendi  cappellani  sub  tltulo 
quatuor  Coronatorum  cum  uno  incanchillato  et  tecto  mortuo. 
E  poi  nel  Cerimoniale  della  Metropolitana  di  Monreale  (Domi- 
nica  in  Ramis  palmanim)  si  dice  che  la  processione  delle 
palme  partendosi  dal  coro  deve  uscire  dalla  porta  maggiore 
e  di  là  venire  all'altare  di  S.  Venera,  dove  si  compie  il  resto 
della  funzione.  Appena  terminato  il  portico  Farnesiano,  fu  il  Vi- 
cario Mons.  Fasside  che  pensò  di  fabbricarvi  un  terzo  altare  con 
sua  cappelletta  dedicata  a  S.  Anna,  di  fronte  a  quello  dei  Quat- 
tro Coronati,  e  poi  egli  stesso  lo  dotò  di  un'annua  rendita  e  di 
sacri  arredi  con  atto  rogato  il  1°  marzo  1563  presso  il  Not. 
Marco  Antonio  Peroxino. 

Queste  due  cappelletto,  dei  Quattro  Coronati  e  di  S.  Anna, 
ora  non  sono  più  nella  forma  primitiva,  perchè  furono  adden- 
trate nel  muro  per  decreto  del  Card.  Torres  1596. 


232 


RESTAURI  E  RESTAURATORI 


XXIV. 

Generosità  del 
Farnesi  e  uria 
lettera  inedita 
del  Caro. 


XXV. 

J  pavimenti  d«'l 
Diomo,  1  venti 
ili  >n  H   la  &«|f 

pi,.  «Il  a.  b.' 


C^mc  può  imaginarsi,  furono  ingenti  le  spese  per  il  bel 
portico,  di  cui  abbiamo  parlato:  ma  il  Farnesi  non  se  ne  im- 
pensieriva. Anzi  mentre  TArnedo  aveva  stabilito  per  i  restauri 
del  Duomo  e  del  Monastero  la  somma  di  once  trecento  an- 
nue, egli  l'accresce  ancora  sino  a  cinquecento.  E  come  de- 
sidera che  questa  somma  sia  impiegata  nel  Duomo  con  sapienza 
e  discernimento ,  meglio  che  io  il  dica ,  può  vedersi  dagli 
ordini  da  lui  partecipati  a  Mons.  Fasside,  suo  Suffraganco,  per 
una  lettera,  tuttavia  inedita,  scritta  dal  celebre  Annibal  Caro, 
suo  segretario,  che  mi  piace  qui  riferire  per  quella  parte  che 
ci  giova.  «  Ci  siamo  etiamdio  contentati  di  concorrere  alla  spe- 
«  sa  della  reparacione  del  refettorio  dei  monaci  per  quella 
«  rata  che  sarta  declarata  da  noi.  Oltre  a  ciò  volemo  che  le 
«  oncie  500  assegnate  per  noi  alla  fabrica  et  reparacione  della 
«  Chiesa  et  del  Monastero  non  si  possano  convertire  in  altro 
«  uso  :  et  per  osservacione  di  questo  ordine  nostro  volemo  che 
«  non  si  possa  fare  opera  alcuna  per  la  detta  fabrica  per  pic- 
«  cola  che  sia  senza  il  consenso  vostro  come  sufFraganeo  et 
«  del  priore  del  dicto  monastero  et  del  gubernatore  et  del  no- 
«  stro  locotenente  arcidiacono.  Et  in  questo  medesimo  modo 
«  s'  abbiano  a  rivedere  i  conti  di  dieta  fabrica,  cioè  per  ma- 
«  no  del  sulTraganeo  et  del  priore  et  del  gubernatore  et  arci- 
«  diacono  che  si  troveranno  prò  tempore:  et  appresso  si  ion- 
«  ga  inventario  di  tutto  quello  che  entra  et  esce  dal  raagazeno, 
«  cioè  corde,  legname,  et  ferramenti  et  simili  cose  ordinando 
€  espressamente  che  detti  utensili  non  si  debbano  imprestare 
«  ad  alcuno,  et  non  possano  servire  ad  altro  uso,  ma  che  sem- 
«  pre  siano  esposti  al  servizio  della  detta  fLibrica.  Et  contra- 
«  facendosi  a  questi  ordini  nostri ,  volemo  che  queste  nostre 
«  concessioni  s'intendono  ipso  fatto  essere  revocate.  —  Da  Uo- 
«  ma  a  X  di  giugno  MDLXIII.  » 

Iminediatiimentc  dopo  queste  generose  disposizioni  del  Far- 
nesi si  cominciò  a  lastricare  di  marmi  a  diversi  colori  il  gran 
pavimento  della  nave  maggiore,  che  sino  allora  con  indecenza, 
veramente  indegna  del  Duomo,  era  formato  di  uno  strato    di 


DEL   DUOMO   DI   MONBEALE  233 


lastrico  poverissimo.  Anche  questa  fu  un'opera  necessaria  e 
magnifica:  affidata  sin  dal  1561  al  marmoraio  palermitano  Bal- 
dassare  Massa,  fu  sospesa  in  sul  bel  principio  e  poi,  presente 
il  Card.  Farnesi,  fu  ripigliata  una  seconda  volta  nel  maggio 
del  15G8,  come  si  vede  agli  atti  del  Not.  Antonino  D'Agra  (1). 
Il  disegno  non  è  originale,  ma  un  semplice  e  ben  riuscito  in 
grandimento  di  quello  dell'antico  mosaico  (2),  che  forma  il  pa- 
vimento dinanzi  l'ingresso  al  S.  Placido  ed  al   S.  Benedetto. 

11  Duomo,  come  abbiamo  detto,  sino  a  questo  tempo  era  in- 
gombro di  moltissimi  altari  appoggiati  non  solo  alle  pareti  ma 
spesso  anche  alle  colonne  (3)  :  ora  nel  rifarsi  il  pavimento  molti 


(1)  Vedi  documento  VI, 

(2)  Questo  mosaico  fu  egregiamente  restaurato  nel  1883  dal  sig.  Alfonso 
Riuso:  tuttavia  anche  dopo  i  ristauri  si  osservano  cliiarissiuie  Iraccie  del- 
l'antico. 

(3)  Gli  altari,  oltre  al  maggiore,  sino  a  questo  tempo  erano  in  numero 
di  venti  cioè: 

1.  Altare  di  S.  Gio.  Battista  nella  sua  cappella  sotto  l'ambone. 

2.  Altare  di  S.  Maria  del  Pensiero  presso  la  tomba  di  Guglielmo  Primo. 

3.  Altare  della  SS.  Trinità. 

4.  Altare  di  S.  Crispino. 

5.  Altare  del  Crocifisso. 

6.  Altare  della  Madonna  Bruna. 

7.  Altare  della  Pietà  sotto  l'organo. 

8.  Altare  di  S.  Sebastiano. 

9.  Altare  di  S.  Maria  del  Soccorso. 

10.  Altare  di  S.  Benedetto  fondato   da   Luigi    di   Giacomo   palermitano 
nel  1409. 

11.  Altare  di  S.  Geronimo  fondato  dal  monaco  Geronimo  Susinno  1508. 

12.  Altare  del  Sacramento  fondato  nel  1534. 

13.  Altare  della  Madonna  di  Porto  Salvo  fondato  da  Antonio  Demma  1528. 

14.  Altare  di  S.  Giacomo  Apostolo  fondato  dalla  famiglia  Bulzò  1508. 

15.  Altare  di  S.  Barbara  fondato  da  Barbara  D'Evola  1508. 

16.  Altare  di  S.  Maria  della  Catena  fondato  dalla  famiglia  Li  Fonti. 

17.  Altare  di  S.  Marta  e  Maddalena. 

18.  Altare  di  S.  Caterina  edilìcato  nel  1518  presso  la  cappella  del  Sacra- 
mento. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XV.  16 


234  RESTAURI   E   RESTAURATORI 


di  essi  vengono  aboliti  o  trasferiti  in  altre  chiose  della  cittA. 
Uno  però,  quello  di  S.  Benedetto,  trovò  miglior  fortuna  avendo 
ottenuto  il  primo  posto  nell'antica  Cappella  di  S.  Cataldo,  che 
quindi  innanzi  si  chiamò  di  S.  Benedetto.  Ma  questa  cappella, 
come  oggi  la  vediamo,  nulla  ha  di  antico,  mentre  nel  1007  fu 
messa  a  nuovo  e  ornata  di  un  quadrone  e  di  molti  affreschi 
di  maestro  Pietro  Antonio  Novelli  (1).  I  quali  affreschi  furono 
distrutti  nel  1728  quando  Giovanni  Marino  vi  sostituiva  la  rap- 
presentazione in  marmo  della  vita  di  S.  Benedetto:  e  il  qua- 
drone fu  levato  dall'altare  quando  il  Marabitti  formava  il  ma- 
gnifico medaglione  a  grande  rilievo  che  tuttora  vediamo  (2). 
Fu  poi  il  Cardinale  Torres  che  volle  compire  di  marmo 
l'intiero  pavimento  del  Duomo,  facendo  eseguire  sul  disegno  del 
Farnesiano  i  due  pavimenti  laterali  delle  navatine  minori  e  quel 
breve  spazio  davanti  il  coro  e  vicino  al  fonte  battesimale  che 
sin  allora  chiamavano  locus  cathecuminorum.  Il  lavoro  fu  ese- 
guito da  maestro  Pietro  Bacchiotta  Fiorentino  e  da  maestro 
Marco  Antonio  D'Aprile  palermitano  a  cominciare  dal  1590  in 
seguito  (3). 


19.  Altare  dell'Assunzione. 

20.  Altare  del  simulacro  della  B.  Vergine,  ora  del  Popolo,  dietro  l'altare 
maggiore. 

(1)  In  un  registro  della  maramma  del  Duomo  troviamo  queste  note  di 
pagamenti: 

1607  —  per  slucchiare  e  dorare  la  cappella  di  S.  Benedetto  on.  3G:  per 
far  il  (^aalro  del  P.  S.  Benedetto  e  pingere  tutta  la  suddetta  cappella  a 
mastro  Pietro  Ant.  Novello  on.  50:  per  mastria  di  palio  d'altare  e  pavimento 
di  delta  cappella  a  pietre  intarsiate  on.  150. 

(2)  Vedi  Documento  VII. 

(3)  Tra  i  patti  stipolati  presso  il  notaio  Pietro  Vienna  si  dice  che  i  detti 
maestri  dovevano  •  facere  bene,  diligonter  et  magistrabililer  totam  illam  quan- 
tilatcm  pavimenti  lujjidum  de  Sammarco  nnxlarum  seu  niiscuarum  marmo- 
rum  de  Carrara  et  la]jidum  nigrorum  de  Genua  bene  factarum  et  polita- 
rum  neo  non  modo  proodicto  et  de  lapidibus  praedictis  ut  dicitur  scacchiato 
doero  pavimentum  suiTecturum  prò  compiendo  spatium  existcns  intus  majo- 


DEL    DUOMO   DI   MONREALE 


231 


XXVI 

Questo  Cardinale  apportò  altre  belle  riforme  nel    Duomo  ;     Riforme  dei  Tor- 


rifece  a  mosaico  il  pavimento  dell'atrio  del  coro  sotto  l'organo, 
e  dalle  navatine^  minori  tolse  l' ingombro  di  parecchi  altari, 
che  vi  stavano  mal  collocati ,  come  quello  dedicato  alla  Ma- 
donna della  Catena  (1) ,  quello  di  S.  Giacomo  e  l'altro  di  Santa 
Barbara.  Siccome  nel  1534  la  protasi  era  stata  mutata  in  altare 
del  Sacramento,  cosi  egli  nel  1589  al  posto  del  diaconico  formò 
l'altare  della  B.  Vergine  detta  del  Popolo.  Tanto  il  Giudici  (2) 
quanto  il  Gravina  (3)  senza  alcun  fondamento  storico  hanno 
imaginato  che  questo  caro  simulacro  in  tempi  antichissimi  ab- 
bia avuto  posto  nel  chiostro  del  monastero  e  poi ,  quando  il 
Cardona  ripose  la  Santa  Eucaristia  nella  Protasi,  esso  sia  stato 
collocato  nel  diaconico.  Non  è  mio  compito  parlare  e  dell'epoca 
del  simulacro  e  del  suo  posto  in  tempi  antichissimi  ;  ma  nel 
cinquecento  esso  aveva  certamente  il  suo  altare  alla  tribuna 
maggiore  dietro  l'altare  maggiore,  che  allora  era  un  poco  più 
in  fuori  di  quel  che  non  è  oggi. 


rem  ecclosiam,  vocaliim  locum  cathecuminorum.  »  In  un  altro  corilmUo 
presso  lo'stesso  Notaro  in  data  del  6  seUembre  159Ó,  lo  stesso  maestro  Pie- 
tro Bacchiotta  florentinus  oriundus,  de  urbe  felici  Panormi  si  obliga  al 
Vicario  Tinti  di  J:irc  tutte  le  opere  di  marmo,  pavimento,  balaustrata,  al- 
tare, scalini  etc.  che  bisognano  per  la  cappella  di'S.  Castrense. 

(1)  L'altare  della  Madonna  della  Catena  fu  eretto  dalla  famiglia  Li  Fonti 
in  sul  principio  del  secolo  XVI.  Nei  manoscritti  del  Gaetani  si  legge  «  So- 
pra la  pennata  di  detta  Chiesa  (il  Duomo  di  Monreale)  in  un  nicchio  vi  è 
una  statua  di  marmo  della  Vergine  con  il  figlio  nudo  in  braccio,  quale  si 
chiama  la  Madonna  della  Catena.  Questa  ,  prima  era  in  Chiesa  in  un  an- 
golo della  cappella  sinistra  di  detta  Chiesa  verso  la  sacrestia,  quale  fu  in 
questo  luogo  con  gmndissima  solennità  e  devozione  trasferita  dalla  f.  m.  di 
Ludovico  II  Torres.»  Questa  statua  che  nel  1535  già  esisteva  pare  lavoro 
della  scuola  del  Gagini  e  nelle  movenze  e  nello  zoccolo  somiglia  molto  alla 
Madonna  di  S.  Domenico  della  città  di  Caccamo  fatta  dallo  stesso  artista. 
Dopo  essere  stata  esposta  lunga  pezza  all'intemperie  del  tempo,  ora  sta  de- 
positata nel  S.  Placido. 

(2)  Giudici  —  Descrizione  del  reale  Tempio,  pag.  77. 

(3)  Gravina  —  //  Duomo  di  Monreale,  pag.  13, 


rea  e  conci usJo« 
ne. 


236  BESTA.UKI   E   RESTAURATORI 


Xel  cerimoniale  della  Metropolitana  di  Monreale  compilato 
da  Mons.  Fasside  nel  1559  se  ne  parla  in  più  luoghi.  Nella  ru- 
brica del  sabato  santo  si  dice:  «  Nota  quod  propter  devotlonem 
popuU  in  hac  solemnitate  lampades  ante  sacramentum ,  ante 
B.  Virgìnem  retro  altare  majus,  et  B.  Virginem  Nigram  (1) 
ìton  evtinguuntur  finitis  resperis.»  Altre  memorie  se  ne  trovano 
nei  manoscritti  raccolti  dal  P.  Gaetani  nel  principio  del  sei- 
cento. 

Ma  chiaramente  poi  il  fatto  della  traslazione  viene  raccon- 
tato dal  Lello,  segretario  del  Torres,  in  una  lettera  del  2  ago- 
sto 1590  dove  si  dice  «  nella  prima  visita  che  1'  Arcivescovo 
fece  tre  mesi  dopo  l'arrivo  suo  qui ,  levò  ,  trasferi  e  fece  di 
nuovo  molti  altari  della  Metropolitana,  i  quali  tutti  consacrò, 
trasferi  l'imagine  della  Madonna,  dopo  averla  benedetta,  dal 
luogo  dietro  l'altare  maggiore  alla  cappella  sinistra  collatera- 
le, che  nella  destra  è  1'  altare  del  SS.  Sacramento  :  si  fece  a 
questo  effetto  una  solenne  processione  nel  giorno  dell'  ottava 
dell'Assunzione...»  Tralascio  qui  di  notare  parecchie  altre  ri- 
forme fatte  dal  Torres,  si  perchè  ne  scrive  a  sufficienza  il  Lello, 
o  meglio  lui  stesso  sotto  il  nome  del  Lello,  come  pure  perchè 


(1)  Dal  sapersi  che  il  Taormitano  D.  Francesco  Raineri,  arcidiacono  di 
Monreale  restaurò  l'aliare  di  questa  Madonna  e  lo  dotò  di  un  annuo  bene- 
fizio, l'Ab.  Giudici  —  Descrizione  del  real  Tempio  pag.  63  —  argomentò  che 
anche  il  quadro  fosse  stato  dipinto  per  ordine  suo,  mentre  per  ordine  suo 
fu  solo  restaurato.  La  Madonna  poi  ha  somiglianza  veramente  con  un'altra 
della  città  di  Taormina,  come  asserisce  il  Giudici;  però  ha  pure  somiglianza  con 
quella  a  mosaico  che  è  sopra  la  porta  maggiore  del  nostro  Duomo,  con  quella 
ohe  si  venera  nella  Chiesa  di  S.  Marìa  del  Popolo  in  Roma  e  ohi  sa  con 
quante  altre.  Né  si  può  dire  che  il  Giudici  (1702)  vicinissimo  ai  tempi  del 
Raineri  poteva  ben  sapere  la  cosa;  mentre  più  vicino,  anzi  proprio  contem- 
poraneo del  Raineri  era  chi  da  Monreale  scriveva  al  Gaetani  t  Nell'ala  de- 
stra dell'entrare  la  porta  maggiore  vi  ò  un  quadro  in  tavola  antichissimo 
della  Madonna  della  Negra,  col  Cristo  al  braccio  destro  tutto  coperto  della 
propria  veste,  il  quale  tiene  una  carta  serrata  avvolta  nella  mano ,  quale 
dicono  essere  quella  tenuta  dal  Conte  Ruggiero...  » 


DEL   DUOMO   DI   MONREALE  237 


non  poche  di  esse  risentono  assai  del  decadimento  del  secolo 
che  già  si  avanzava.  Questo  però  mi  giova  notare ,  che  egli 
in  tutte  le  sue  riforme  intendeva  soprattutto  al  culto,  all'ordi- 
ne, al  rito;  e  che  nessun'opera  imprendeva  senza  averne  prima 
consultati  i  migliori  artisti  o  siciliani  o  stranieri.  E  poi  l'arti- 
sta ordinario  del  Duomo  al  suo  tempo  era  maestro  Pietro  An- 
tonio Novello ,  pittore  e  mosaicista  ,  che  è  1'  ultimo  di- 
scepolo della  scuola  degli  Oddo  e  dei  Nicolosi  e  che  fu  il 
genitore  fortunato  del  gran  Pietro  Novelli,  il  Raffaello  sici- 
liano (1). 

La  fama  del  tiglio  nocque  al  padre,  di  cui  troppo  poco  si 
è  parlato  nelle  storie  degli  artisti  siciliani;  e  pure  un  vero  me- 
rito lo  ha,  come  può  vedersi  dai  quadroni  che  di  lui  ci  restano, 
la  Madonna  del  Carmine  e  il  S.  Antonio  nelle  Chiese  omonime, 
e  la  Madonna  del  Popolo  in  quella  di  S.  Castrense. 

Di  mosaico  non  fece  opera  intiera  ovvero  originale,  ma  dal 
suo  testamento  e  dalle  visite  del  Torres  sappiamo,  che  egli  la- 
vorò in  questo  genere,  sebbene  sempre  in  restauri  (2).  Anzi 
qualche  volta  per  far  presto  e  levare,  se  non  altro,  lo  sconcio 
apparente  dei  guasti,  fu  dallo  stesso  Torres  invitato  a  supplire 
in  colore  ciò  che  mancava  di  mosaico. 

E  nella  Visita  del  1G06  si  dice  «  si  faccia  patto  con  mae- 
stro Pietro  Antonio  Novello  di  compire  tutte  le  musie,  tutti  li 
fregi;  et  quelle  eh  e  mancano  con  stucco  e  pittura.  »  Ciò  serva 


(1)  La  famiglia  Novello  propriamente  è  originaria  di  Caslrogiovanni. 
Il  primo  Novello  venuto  in  Monreale  si  chiama  Antonio  (vedi  not.  Gian 
Aloisio  Altavilla  30  ottobre  1510)  ohe  in  qualità  di  cavallaro  presta  operas 
et  servitia  suae  personae  magistro  Petro  de  Guhno  hujus  cioitatis  Mon- 
tis  Regalis. 

Costui  sposò  una   certa  Angiola  monrealese  e  tra  gli  altri  figli  ebbe  u 
certo  Vincenzo,  che  sposò  Eumilia  BonGglio  nel  156G  e  fu  padre  di  M.  Pietro 
Antonio;  costui  sposò  Angelina  D.ilsano  e  tra  gli  altri  figli  il  2  marzo  1603 
ebbe  il  celebre  Pietro.  Maestro  Pietro  Antonio  mori  di  peste  il  6    maggio 
1635. 

(2)  Vedi  documento  Vili. 


2o8  feESTAtJRl   E   KÈSTAtTBATOEI 


a  spiegare  come  nel!'  alto  delle  pareti  del  Duomo  ,  con  dise- 
gnetto  simile  al  mosaico,  si  trovino  dipinte  le  torri,  che  sono 
lo  stemma  del  sopradetto  Cardinale. 

Ma  il  Gravina  è  troppo  facile  nel  biasimare  il  Torres  e 
per  farlo  più  acconciamente  ha  voluto  troppo  aggiustar  fede 
alle  parole  di  Leandro  Alberti,  dove  anche  il  Giudici  l'aveva 
corretto.  E  però  proprio  per  dir  male  ha  voluto  sostenere  che 
nella  Cappella  di  S.  Giovanni  suWaMsire  wì  fosse  stata  mi' ima- 
gine  di  marmo  da  ottimo  statuario  formata.  Or  nella  Biblio- 
teca del  Seminario"  esiste  un  esemplare  dell'Alberti,  dove  il  Tor- 
res contemporaneo  di  lui,  ha  di  sua  stessa  mano  rettificato 
non  solo  il  fatto  dell'imagine  di  S.  Gio.  Battista  dicendo  che 
è  di  mosaico:  ma  anche  ha  corretto  altri  errori.  Così  dove  que- 
gli afferma  che  in  antico  il  tetto  era  ricco  e  nobile ,  egli  vi 
soggiunge  ;  non  fuit  ita  :  e  similmente  dove  l'Alberti  dice  che 
sugli  altari  del  diaconico  e  della  protasi  sono  le  imagini  di 
S.  Pietro  e  Paolo  di  marmo  l'ima  e  Valtra,  egli  corregge  :  son  di 
mosaico. 

Non  possono  tutte  lodarsi  le  opere  del  Torres;  ma  nemmeno 
si  può  credere  a  tutte  le  affermazioni  del  Gravina. 

Ciò  non  di  meno  non  parrà  esagerazione  il  dirsi  die  l'epoca 
più  fortunata  per  il  Duomo  Normanno  fu  quella  che  corse 
dal  Borgia  al  Farnesi;  esso  non  era  comparso  mai  così  bello  e 
completo  nei  tempi  precedenti,  né  si  potè  dire  migliorato  pei  re- 
stauri e  le  modificazioni  del  secolo  seguente  (1).  Ogni  nuova 
opera  è  un  nuovo  guasto,  che  risente  tutta  la  corruzione  di  un 
gusto  depravato  che  non  seppe  perdonarla  nemmanco  ai  mo- 
numenti più  sacri  della  veneranda  antichità,  come  parmi  do- 
vevano essefe  la  cappelletta  di  S.  Giovanni,  l'ambone,  e  quel 
suboscuro  solenne,  infinito,  che  pioveva  dalle  fenestre  di  piom- 
bo traforato  a  lavoro ,  e  che  completava  l' idea  estetica  nor- 
manna. 


(1^  Se  fo««c  mio  compilo  itarluii;  di  (Hiaiilo  si  <•  rilUllo  in  (|iU'sl'iillimo 
«ffColo,  IrovnrH  molto  da  lodum  iicilu  open;  sugjiorilc  dal  guaio  aili.stico  o 
dalla  critica  inl'illigcuto  diillu  Dopuliiziniicdcl  llcslaiu'l,  olio  si  onora  di  avere 
R  membro  l'insigne  archeologo  Comm.  Ani.  Salinus. 


DEL   DUOMO   DI   MONREALB  239 


DOCUMENTO  I. 

Licentia  Capituli  Generalis 
prò  domtbus  coslruendis  in  viridario  Curice 

loannes  liumilis  pruesidcns  Congregationis  Gassinensis  alias  Sanctae  lusti- 
nac  de  Padua  de  observantia  Sancii  Benedicti  cacterique  diflìnitores  Ca- 
pituli Generalis  ejusdem  Congregationis  universis  et  singulis  etc.  salutera  in 
Domino  scmpiternam. 

Exposuerunt  nobis  prior  et  Gonventus  monastcrii  nostri  Montis  Regali» 
se  habcre  certam  terra m  sitam  in  loco  prope  monasterium,  qui  locus  vul- 
gariter  dicilur,  lardino  della  Corte  ^  et  instanter  a  nobis  petierunt  quate- 
nus  cisdem  licentiam  dandi  dictum  petium  tcrrae  prò  domibus  costruendis 
in  enphiteusim  sive  ad  livelum  vel  ad  incensum  perpetuum  concedere  di- 
gnaremur  ;  eoderaque  modo  et  forma  petitur  dandam  quandam  domum 
sitam  in  civitate  Montis  Uegalis  Francisco  Pulcesi  abitatori  ejusdem  ci- 
vitatis. 

Nos  igitur  qui  auditorum  nostrorum  ad  spiritualia  deputatorum  quibus 
hujusmodi  licentias  examinandas  committere  et  super  bis  conscientias  suas 
onerare  consuevimus  veridica  relatione  certificati  omnia  supradicta  in  evi- 
dentem  dicli  monasterii  utilitatera  cedere,  apostolica  auctoritate  muniti,  prae- 
santium  tenore  eisdem  licentiam  dandi  dictam  termm  in  enphiteusim,  ut  su- 
pra  pelitur,  scrvatis  tamen  servandis  conccdimus  et  impertimus.  In  quorum 
lìdem  et  testimonium  pruesenles  lied  et  registrari  jussimus  noslroque  si- 
gillo, quo  in  siniilibus  utimur  muniminc  roborari. 

Datum  in  Monastcrio  S.  Benedicti  de  Padolcrone  dio^cesis  Mantuanm 
residente  ibidem  Capitulo  nostro  Generali, 

Die  25  Maji  1514. 


DOCUMENTO  II. 

Regia  Visita  del  Duomo  di  Monreale 
fatta  da  Mons.  D,  Pietro  Pujades 

Die  2  Augusti,  3  Ind.,  1515. 

Visitatio  et  memoriale  ccclesiae  cathedralis  Montis  Regalis  cum  suo  Ar- 
Chieniscoputu  et  oflìcinis  ordinalum  per  Ucv.  D.  Pctruni   Pujades  ubalem 


240  RESTAURI   E   RESTAURATORI 


Sanctae  Mariae  de  Noharia  visitatorem  ecclesiarum  cathedralium,  archiepi- 
scopatuum,  Abaliarum,  Prioratuimi  feliois  Regni  Siciliae  cominissam  magni- 
fico D.  Blasco  Lanceae  U.  I.  D.  Regio  cousiliario,  et  Rev.  D.  Ludovico  de 
Noharia  Dcc.no  dictae  majoris  ecclesiae  et  nobili  Bartholomaeo  Scorso  de- 
putatis  ad  hanc  causam. 

In  primis  visa  custodia  s.mi  coiporis  X.pi  D.ni  Nostri  quae  in  prae- 
sentiarum  eél  quidem  parva,  quae  non  convcniret  simplici  ecclesiae  non  ha- 
bent  i  aliquos  redditus,  fiat  altera  pretio  unciarum  25. 

Item  expediafur  dormitorium  inceptum  prout  est  designatum  cum  ejus 
refectorio,  lecto,  scala,  januis  et  fene.stris  ligneis  et  dealbetur  ut  decet,  quod 
dormitorium  est  cannorum  duodecim  cum  dimidio  cum  dormitorio  veteri 
cannorum  XXXIl. 

Item  expediatur  pavimentum  prout  est  inceptum,  et  similiter  pavimen- 
tum  sub  organo  intra  chorum  existens  et  navem  ipsius  ecclesiae;  pavimen- 
tum navis  ipsius  ecclesiae  fiat  marmoreum  cuui  suis  alis. 

Item  expediatur  pavimentum  inclaustri  dictae  ecclesiae  et  fiat  tectum  di- 
cti  claustri,  ubi  deficit,  ad  arbitrium  archi teclonis,  qui  quidem  tectus  depin- 
gatur  prout  est  ala  dicti  claustri  versus  oricntem  et  muri  dicti  claustri  deal- 
bentur  circum  circa. 

Item  fiat  capitulum  cum  suis  tecto  et  scannis  et  dealbetur. 

Item  vidcatur  per  cxpcrtos  tectus  dictae  ecclesiae  de  lignis  et  cooperiatur. 

Ilcm  expediatur  pinnaculum  porlae  magnae. 

Item  expediatur  locus  infermcriae  in  capite  dormitorii  versus  meridiem 

cum  tectis,  quae  est  valde  necessaria  monachis. 

Ilcm  fiant  Ires  januae  ligneae  ornalae,  ut  convcnit  dictae  ecclesiae  »  qua- 
rum  una  sit  prò  choro  et  aliae  duo  akirum  ipsius  ecclesiae,  quae  sunt 
valde  necessariae  centra  impedientes  cultum  divinum  et  ut  chorus  maneat 
clausus  et  aperiatur  horis  debitis,  ut  licet. 

Item  fiat  fons  marmoreus  aquac  benedictae. 

Item  bisolelur  vestibulum  ante  lanuam  Paradisi. 

Item  cooperiatur  cappella  Sancti  Gataldi,  quae  habet  aditum  ad  dictam 
ccclesiam  et  cUiustrum  prò  scrvilio  monachorum ,  qui  quidem  aditus  est 
valde  neoessurius  ut  praclibati  monachi  cooperto  vadant  ad  dictam  ec- 
clcsiam. 

Ilcm  fiat  tectus  seu  cooperiantur  omncs  ofiìciuac  quae  in  praesenliarum 
Runl  diflcoopcrtac  cxistcnlcs  propo  palartium  Archiepiscopale  cum  suis  muris 
ubi  deficiurit,  scalis,  fcnestris,  solariis  iicccssariis  ad  dictas  officinas  ut  possint 
hnbiturt  ci  dealbari. 

Ilcm  cooperiatur  dormitorium  mhgnum  antiquum,toto  orbe  famosis' 
fiinium  cum  fcncstris,  cum  solario,  et  muri  dcalbonlur  et  expediatur  inle- 
^pralilcr. 


DEL    DUOMO    DI    MONREALE  24Ì 


Fiat  denovo  pinnaculum  ante  januam  introitus  offìcinarum  (lieti  archie- 
piscopatus. 

Item  praelibata  capitula  iucipiantui-  prias,  et  liniaTitur  ad  arbitriiim  de- 
pulatorum. 


{Ex  libro  Kegiae  Visilae  Revmi  D.  Petri  Pujadcs). 


DOCUMENTO  III. 


Regia   Visita  del   Duomo   di  Monreale  fatta  da  Moìis.   D.    Francesco 
Vento,  nel  novembre  1542. 

{De  fabricis  Ecclesia  et  Monasterii) 

Visis  fabricis  tam  tle  maiori  ecclesia  quam  de  loto  monaaterio  cimi  pi-ae- 
sentia  spectabilis  Domini  Gubernatoris  et  Rev.di  Abatis  et  Maraninierii  at- 
que  aliquorum  de  magistratu  dictae  civitatis  tum  spirilualium  quam  tem- 
poralium  ,  et  consideratis  considerandis ,  ea  quae  videnlur  indigi-re  repara- 
tione  et  decoratione  iudicavimus  infrascripta  vidclicet  : 

In  primis  de  tecto  majoris  Ecclesiuc  super  majori  janua  secundus  trabes 
magnus  ob  antiquitatem  minatur  ruinam;  et  indiget  mutatione  alterius  tra- 
bis,  prò  qua  esset  necessaria  summa  une.  100,  magistro  Vincentio  De  Ni- 
colosio  delato  sibi  juramento  lesliiicante  et  judicante. 

Item  ante  raajorem  januam  dictae  Ecclesiae  est  atrium  coopertum  tegu- 
lis,  res  monslruosa  tempio  sic  eximio  et  in  loto  orbe  dignissimo  ;  et  pro- 
plerca  opus  esset  fieri  fabrica  et  aedificio  congruenti  loco  et  dignitati ,  prò 
quo  opus  esset  summa  une.  tricentarum  judicanle  et  testificante  praedicto 
M.ro  Vincentio  De  Nicolosio. 

Item  ante  januam  quae  est  ad  latus  dicti  templi  respicieus  ad  plateam 
magnam  dictae  civitiitis  est  aliud  atrium  cuius  tecfum  ob  vetustatem  rui- 
nam minatur  et  ad  vidcndum  indecens  extitit  tempio  hujusmodi;  et  pro- 
pterca  opus  esset  reparalione  et  costructione  digniori  et  congruentiori  et 
fieri  prout  vulgo  dicitur  alamia,  prò  qua  opus  esset  summa  une.  quadri- 
centarum  testante  et  judicante  praedicto  M.ro  Vincentio  De  Nicolosio. 

Iteiu  clauslrum  raaguum  praedicti  Monasterii  ob  antiquitatem  devasta- 
tum  et  deibrmatum  tam  in  pavimentis  quam  in  tectis  ruinam  minantibus 
et  indigoret  reparutionc  et  reformatione  prò  qua  esset  nect^ssaria  summa 
utic.  sexcoiilarum  tam  i)ro  pavimento  praivlicto  intessellando,  sive  ut  vulgo 
dicitur  ammadunando,  quam  prj  tectis  fabricundis,  ut  vulgo   dicitur  ala- 


^2  RESTAURI   E  RBSTAURATORt 


mia,  si  et  quominus  arcus  dictorum  claustrorum  paterentur,  testificante  et 
judicante  praedicto  M.ro  Vincentio  De  Nicolosio. 

(Ex  libro  Regiae  Visitae  Rev.mi  D.  Francisci  Vento) 


DOCUMENTO  IV. 


Regia  Visita  del  Duomo  di  Monreale  fatta  da  Mons.  D.  Giacomo  Ar- 
nedo  1552  e  postillata  dal  Card.  Liid.  II.  Torres. 

{De  fabricis  seu  oedificiis  ipsius  Ecclesiaì) 

Aedillcium  Ecclesiae  miriim  in  modam  pulcherrimum  est,  et  cum  sit 
templum  loto  orbe  terrarum  cclebcrrimum,  indigct  continua  et  assidua  re- 
paratione  ad  cujus  effeetum  judicavimus  infrascripta  esse  valde  necessaria, 
quare  orJinavimus. 

Primo  ut  figurae  ex  labore  musaico  depictae  statim  mundentur,  nam 
ob  pulverem  vix  djiudicari  valent,  ac  reficiantur  in  partibus,  quibus  aliquo 
modo  deformatae  fuerint. 

Item  ut  rcficiatur  pavimentum  magnum  ipsius  Ecclesiae. 

Fecimus  Farnesitts  et  ego. 
Itcm  ut  omni  mora  poslposita  dcstrnnlur  lectum  mnjoris  januae  ipsius 
ecclesiae  qui  jam  jam  minatur    ruinam  et  aliud   novuni   costruulur  juxta 
qualitalcm  Ecclesiae. 

Feci  ego 
Ilem  ut  coopcriatur  porlicus  scu  antrum  illius  januae  quac  rcspicil  ma- 
jorcm  platcam  ipsius  civitatis. 

Fecit  Farnesius. 
Ilcni  ut  reficiantur  duo   tecta   quae  sunt  super   damusis    cappellaruni 
8S.  corjioris  Domini    Icxu  tJlu'isti  et  S.  Pctri  ([uac  jam  ji\m  corruont  non 
«ine  maximo  damno  ipsius  Ecclesiae. 

Fecit  Farnesius. 
Itcm  ut  costruantur  duo  Iccta  ut  possit  restaurari  tectum  ipsius  sacri- 
uliac  quod  Valdo-  judicavimus  esse  ncccssarium. 

Fecit  Farnesius. 
liem  In  monaslcrio   monucorutn   ordinavimus  terminari  claustra  infe- 
riura  ifisiuR  moiiafflcrii. 

reci  ego. 


DEL    DUOMO   Di   MONREALE  243 


Ilem  ut  cooperiatLir  capituiuni  autii|uum  quod  est  sine  tecto ,  nec  aliati 
habont  monaci  ut  possint  suas  facere  congregati ones  et  ornetur  ut  con- 
venit.  l 

Feci  ego. 

Item  ut  fiat  infermeria  in  capite  dormitorii  versus  meritliem  prope  vi- 
ridarium  cura  suo  tecto ,  et  aliis  necessariis,  quod  valde  neccssarium  judi- 
cavimus. 

Fecùnus  Farnesius  et  ego  prò  majori  parte. 

Item  cooperiantur  omnes  olTicinae  quae  in  praesentiarum  sunt  discoopertae 
existentes  prope  palatium  Archiepiscopale  cuni  aliis  necessariis  ad  usura  rao- 
naoorum. 

F'ecit  praedecessor  naHcr. 

Item  cooperiatur  dormitorium  magnum,  anliquum  valde  faraosum.  (1) 

Quae  omnia  supradicta  judicavimus  in  praesentiarum  valde  necessaria. 

Et  quia  clapsis  temporibus  ordinatum  l'uit  tum  per  regem  Ferdinandura 
Gatholicum,  tum  et  per  Garolum  Imperatorera,  Regem  nostrum,  ut  singulis 
annis  despensarentur  unciae  ducentum  in  fabricis  Ecelesiae  ipsius  Archie- 
piscopatus  et  monasterii  de  redditibus  raensae  archiepiscopalis  quae  multo- 
ties  applicantur  aliis  aedificiis  ipsius  Archiepiscopatus  ,  puta  molcndinis , 
horreis,  domibus,  castellis  etc.  non  sine  maximo  detrimento  ipsius  majoris 
ecclesiae  et  monasterii:  propterea  ordinavinius  quod  nullo  modo  nisi  in  ne- 
cessariis ipsi  Ecclesiae,  seu  monasterio ,  praedictae  unciae  ducentum  deinde 
possint  disiìensari. 

Imo  ordinavinius  ut  in  quolibet  anno  nitri  praediclas  uncias  ducentas 
aliae  untiae  centum  in  fabricis  ipsius  Ecclesiae  dispensari  debeant:  Itaque 
untiae  ducentum  destinatae  sint'  ad  fabricas  ipsius  majoris  Ecclesiae  tan- 
tum ,  aliae  vero  centum  ad  fabricas  ipsius  monasterii.  N'ara  tempore  quo 
fueruntad  praedictum  usura  destinatae  untiae  ducentae  reddilus  ipsius  Arciiic- 
piscoi)atus  nonerant  sullìcicntes  nunc  autem  cura  ultra  dimidiam  parlem  pin- 
guiores  factae  sunt  aeciuissime  untiae  trescentum  ad  fabricas  ipsius  Eccle- 
siae et  monasterii  anno  quolibet  taxantur. 

{Eoo  libro  Regiae   Visitae  liev.mi  Jacobi  de  Arnedo). 


(1)  Quasi  lutti  i  R.  Visitatori  espressero  il  desiderio  di  vedere  restaurato  questo  gran  Dormilorio. 
Di  fatti  il  restauro  si  era  cominciato  nel  1630,  e  ne  fa  tuttora  testimonianza  un  ;;ran  pezzo  di  vol- 
lone,  die  non  fu  compito  per  una  lite  sorta  allora  tra  i  monaci  e  l'Are.  Cosmo  Torres.  Ciò  sia  dello 
per  levare  la  base  alle  tante  conjjetlure,  che  si  sou  fatte  a  proposito  del  supradelto  voUone  I 


244  RESTAUARI  E  BESTÀÙRAtORI 


DOGU^IENTO  V. 

Regia   Visita  del  Duomo  di  Monreale  fatta  da  D.  Francesco  del  Pozzo 
1583  e  po^illata  dal  Card.  Ludovico  11  Torres. 

{De  fabricis  ecclesiae) 

Templum  hujus  Ecclesiae  est  pulcherrimum  et  celeberrimum  tabulis 
marmoreis  et  porfidinis  et  labore  mosaico  ornatissimum  ;  inspectis  autetn 
omnibus  quae  sunt  in  eo  reparanda  D.mus  Visitator  providit  et  ordinavit 
quod  de  redditibus  ejusdem  mensae  Archiepiscopalis  fiant  infrascripta. 

In  primis  quod  figurae  ex  labore  mosaico  de  parte  mundentur  ac  refi- 
ciantur  in  partibus  quibus  aliquo  modo  deformatae  sunt. 

Item  quod  reficiatur  pavimentum  utriusque  alae  navis  Ecclesiae. 

Feci  ego. 
Item  quod  reficiatur  pavimentum  Ecclesiae  quod  est  sub  organis. 

Feci  ego. 
Item  reficiantur  et  reparentur  illae  Ecclesiae  fenestrae,  quae  sunt  clausae 
plumbo,  quura  in  multis  partibus  fractae  sunt. 

Feci  ego. 
Item  reficiantur  et  reparentur   sex   trabes   tedi  alae   sinistrae  Ecclesiae 
(juae  rospicit  monasterium  contiguum. 

Feci  ego. 
Item  reficiantur  pannelli  lecti  et   quaedam   trabs   navis,  quae   minatur 
ruinam. 

Feci  Ego. 
Itera  reficiatur  dimidia  pars  tecti  cappellae  S.  Potri  quae  est  supra   se- 
pulcrum  Hegis  Guillelmi. 

Feci  Ego.  ' 
Item  reficiatur  porticus  portac  majoris  Ecclesiae  tabulis  et  tccto  (ut  vul- 
go dicilur)  morto. 

De  fabricis  monasterii 

Montutcriiim  islud  in  quo  vivebnnt  atitiquitus,  ut  tradunt,  ccntum  mona- 
ci ,  est  magni  acditicii ,  et  cum  hoc  tempore  quo  in  co  vivunt  non  plurcs 
viginti  monaci,  mutalo  num(»ro  monacorum  mutata  est  indigentia  fabrica- 
nim  i'i  numeri  domicilioniin,  mult:i(ì  fabricac  in  toto  ambilu  monaslorii  rc- 
flcienJite  cssciit,  qu  m  lum  rcficl  non  oporlerol  ud  rainistrorum  ncccssilatem 


DEL   DUOMO   DI  MONREALE  241! 


sive  ad  decorerà  monasterii  tam  illustris  Ecclesiae,  atque  etiam  ne  fabrieae 
quae  tot  ac  tantis  laboribus  expensisque  erectae  fuerant,  funditus  collabantur: 
ideo  reparari  deberent  annue  tura  in  bis  quae  magis  reparari  oportcret  quo 
usque  ad  integram  fabricarum  reparationem  perveniretur  vel  relictis  domi- 
ciliis  et  officinis  tantum  monacorum  necessitati  et  commoditati  sufficientibus, 
reliquum  fabricarum  averti  de  quo  Rev.mus  Archiepiscopus  agere  poterit  : 
quod   Rev.mi  Arciiiepiscopi  providentiae  relinquitur. 

Quae  refìcienda  suntpro  praesenti  monacorum  necessitate  et  commoditate 
sunt  sequentia  : 

In  primis  reficiatur  infirmaria,  quara  monaci  oh  necessitatem  istantissime 
petierunt,  quae  constet  ex  tribus  cellis  prò  infirmis,  cappelhila  prò  missa 
audienda,  repostorium  sive  dispensa  et  coquina. 

Feci  Ego, 

Item  reficiatur  monasterium  mrnacorum  in  quibus  oportet. 

Item  dormitorium  monacorum  in  quod  aqua  pluvialis  jam  intrat  et  pau- 
latim  posset  omnia,  nisi  remedium  adhiljeatur,  corrumpere. 

Item  reficiantur  duae  cellae  prò  liospitibus  monacis. 

Item  coquina  et  dispensa  dilatentur  et  reformentur  in  commodiores. 

Item  cellae  et  aliquae  ofììcinae  quibus  nane  monaci  utuntur,  in  quibus 
oportet,  rdìciantur. 

Et  haec  omnia  lìant  ex  reddifibus  ejusdem  mensae  Archiepiscopalis. 

{Ex  libro  Regine   Visilae  Rev.mi  D.  Francisci  del  Pozzo) 


DOCUMENTO  VL 

Die  11  Maji,  11  Ind.  1568. 

Cura  hon.  Mr.  Baldassar  Massa  Marmorarius  de  Panormo  promisit  se- 
que solemniter  obligavit  Mg.co  Hieronymo  La  Manna  maragmerio  majoris 
ecclesiae  civitatis  Monlis  Regalis  lune  stipulanti,  facere  totum  pavimentum 
Navis  et  ambarum  alarum  majoris  ecclesiae  praediclae  civitatis,  bene  dili- 
genter  et  magistraliler,  ut  decet  prò  mercede,  et  cu  m  et  sub  omnibus  et  sin- 
gulis  illis  pactis,  legibus  ,  conditionibus,  clausulis,  et  cautelis  dittusius  ex- 
pressis  in  quodam  contractu  obligationis  servicii  praedicti  facti  in  actis  nob. 
Not.  Marci  Antoni!  Peruxino  die  17  septembris  6  Ind.  1561  ad  quem  sit 
relatio. 


246  RESTAURI   E   RESTAURATORI 


Hinc  est  quod  hodie  praetitulato  die,  havendo  lo  Ill.rao  et  Rev.dmo 
Sig.  Cardinale  Farnesio  Ai'chi vescovo  di  Monrcali  pi'esenti,  visto  personal- 
mente et  presentialmente  il  ditto  pavimento,  et  di  più  trovato  che  a  giudi- 
ciò  di  piriti  pratici,  et  electi  per  una  parti  et  l'altra,  clie  il  sopradetto  con- 
tratto è  stato  fatto  curn  multa  lesioni  di  ditta  majuri  ecclesia  et  di  sua  Si- 
gnorìa IlLma  et  Rev.nìa  et  non  è  stato  obstM-vato,  né  adimplulo  cuni  pre- 
judicio  di  chista  maragma  et  di  li  pacti  fatti,  volendo  resjindiri  il  dicto  con- 
tratto come  de  jure  si  poteva  et  dare  il  ditto  servicio  di  pavimento  ad  al- 
tri maistri  secundo  li  videsmi  patti  et  condicioni  apposti  in  dicto  contraete 
a  prigherii  di  dicto  m.  Baldassaro  il  quale  offerendo  li  videsmi  condicioni, 
che  da  altri  maistri  di  l'arti  marmoria  si  trovano.  Sua  Signoria  IH. ma  et 
Rev.ma  si  è  contentalo  rcconchedire  dicto  servicio  di  pavimento  a  dicto 
m.  Baldassaro  cum  li  pacti  et  coridictioni  infrascritti,  ad  quae  quidcm  pacta 
leges  et  condiciones  infrascriptus  praedictus  Ill.mus  et  Rev.mus  Dominus 
Gardinalis  et  Archiepiscopus  ex  una  parte  et  dictus  ra.  Batdassar  Massa 
marmorarius  parte  ex  altera  mihi  infro  Not.  cogniti  tdler  alteri  et  e  converso 
mutuo  et  ad  invicem  stipulantes  sese  obligaveruntet  obliguiit  ac  tenori  vo- 
luerunt  et  volunt  subnotato  et  infrascripto  modo  videlicct: 

In  primis  che  il  ditto  m  Baldassaro  sequiti  dicto  servicio  di  pavimento 
di  la  navi  di  imnìenzo  di  ditta  majori  ecclesia  a  ragione  et  mercede  di  unzi 
dudichi  et  tt.  quindichi  la  canna  di  quatro  di  palmi  sessanta  quatro  minuti 
che  a  la  grossa  sunno  palmi  octo  di  canna  di  quilla  longliizza,  larghizza, 
grossizza  et  altezza  espressi  in  dicto  contraclo  di  marmora  di  carrara  bianco 
et  nigro  et  di  petra  di  Tavormina  secundo  la  forma  di  ditto  contratto  allo 
quale  in  questa  parte  si  haljl)ia  relazioui^  cum  li  linei  ben  tirati  ,  jurati,  et 
bencomodati  secondo  la  forma  del  designo  di  ditto  pavimento  incomen- 
ciato  etc.  ctc. 


(Ex  actis  Not.  Antonini  De  Agra) 


DOCUMENTO  VII. 

Die  vigesimo  Uiftio  oclobris  none  indilionis  millesimo  seplìngentcsimo 
scxagcsimo  17(10. 

I).  Ignalius  Marabilti  Panormo  et  modo  hic  Monte  Regali  repcrtus  mihi 
Notario  cogriilus,  coram  nobis  vigore  prescntis  sponle  promisi!,  et  promittit 
•ecjuc  sollcmniter  obllgavit  et  obligat  illustrissimo  patri  priori  cassinensi 
D.  l'ietru  Antonio  (jajelani  ordinis  sunctissimi  patris  Bencdicti  predictae  con- 
grcgatiunis  mihi  Notario  quoque  cognito  coram  nobis  persona  stipulante, 
videlicct,  fare  il  (|uadrono  del  padre  S.  Benedetto  per  servizio  dello  altare 


DEL  DUOMO   DI  MONREALE  247 


di  dello  sanlo  nella  vcnierabile  cai)pella  del  cennato  santo  esistente  dentro 
la  maggiore  metropolitana  cattedrale  chiesa  di  questa  città ,  di  marmo  di 
Carrara,  e  tutta  l'architettura  di  pietre  commesse,  e  di  colore  secondo  ri- 
cerca il  resto  della  cappella,  a  tenore  del  disegno  trascritto  per  detto  Rev.do 
padre  priore  rimasto  in  potere  del  Marabitti ,  oltre  il  che  deve  parimente 
fare  l'altri  due  mezzi  pilastri  per  attaccare  a  queUi  che  trovunsi  nel  dise- 
gno, e  lo  scalino  dell'altare  secondo  ricerca  l'arte  dell'architettura,  e  secondo 
scorgesi  nel  disegno,  e  questo  bene,  e  magistribilmentc  secondo  richiede  l'arte 
d'incominciare  da  oggi  innanzi  e  cosi  di  anno  in  anno  travagliando  secondo 
le  sommi  in  denari  ci  saranno  somministrate  per  insino  che  perfezionerà 
detta  opci'o,  quale  perfezionata  detto  di  Maraljitti  in  vigore  ilei  presente  si 
ha  obbligato,  e  obbUga  al  detto  Rev.dmo  patre  priore  stipolante  atto  a  po- 
tersi collocare  e  di  tutto  punto  bene,  e  magistribilmentc  perfezionata  con- 
segnarcela nello  studio  in  Palermo  dove  sarà  lavorata  delta  opera  in  pace 
et  alias  etc. 

Pro  mercede  in  tolum  prò  actrattibus  et  magisteriis  uiiciarum  quatuor- 
ccnlum  quatraginla  duarum  peso  generale  in  pecunia  ex  pacto  etc.  qua» 
dictus  reverendissimus  pater  prior  de  pecuniis  per  eum  reservalis  anno  quo- 
libet  prò  eius  vitalilio,  amore  devotioneque  motus  erga  dictum  Sanctum 
vigore  presenlis  si)onle  dare,  et  cum  effectu  solvere  promisit  et  promittit, 
seque  sollemniter  obligavil  et  obligat  dicto  de  Marabitti  stipulanti  aut  per- 
sone prò  eo  legitime  hic  Monte  Regali  in  pecunia  numerata  et  ponderata 
de  quontanti  ad  rationem  unciarum  quinquaginta  quoUbet  anno  in  pecunia 
solvendarum  per  tolum  mensem  octobris  cuiuslibet  anni  incipiendo  solvere 
et  primam  solutionem  facere  prò  prima  annualitate  per  totum  mensem  oc- 
tobiis  anni  17G1,  et  sic  de  anno  in  annum  usque  ad  extinctioncm  continuare 
solvere,  et  perseverare  in  pace  etc.  —  et  in  compotum  prime  annualitatis  et 
solutionis  dictus  de  Marabitti  sponte  dicit  et  fatetur  habuisse ,  et  recepisse 
a  dicto  Reverendissimo  Patre  Priore  stipulanti  uncias  decem  peso  generale 
in  pecunia  de  quontanti  ut  dicit  recipere  et  etc.  Cum  et  sub  infrascriptis 
pactis  convcnientibus  inter  dictos  contrahentes  ad  invlcem  stipulantes  iura- 
mento  firmalis  ;  videlicct  :  che  nella  situazione  di  detta  opera  di  Marabitti 
sia  obligato  come  per  il  presente  si  obbliga  al  dello  padre  priore  stipolante, 
dare  la  sua  assistenza  apparlinente  a  scultura ,  e  scarpeUino  non  essendo 
obhgalo  a  spesa  di  trasporto,  gaffe,  gesso,  piombo,  ed  altro  per  collocarsi 
di  patto  eie.  quae  omnia  etc. 

Testes  liev.dics  Seccrdos  Don.  Antonius  Romano  et  D.  Joseph  Cian- 
cimino. 

{Ex  actis  Notarli  Alberti  Segii) 


248  REÌ5TAURI   E  RRSTAURATORI 


DOCUMENTO  Vili. 
Testamento   di  Maestro  Pietro  Antoìiio  Novelli. 


In  Dei  nomine  Amen.  A.nno  a  Xativita'e  Domini  millesimo  sexceatesirao 
vigesimo  quinto  mense  lunii  die  vero  13',  8  Ind.  regnante  serenissimo  et 
invictissimo  ac  Gatliolico  D.no  Nostro  D'no  Pliilippo  quarto  de  Austria  Dei 
gratia  semper  Augusto  rege  Gastellae  Aragonum  utriusquc  Siciliae  Ilyeru- 
sulem  eie.  feliciter  Amen. 

Nos  Marcus  Marnili  judcx  Ideotarum  Curiae  hujus  civitatis  IMontis  Re- 
galis  anni  praesentis,  Leonardus  Corrado  hujus  praedictae  civitatis  Montis 
Regalis  regia  auctoritate  per  totam  vallem  Mazariae  hujus  Siciliae  regni 
ludex  ordinarius,  atque  notarius  publicus  et  testes  subscripti  ad  haec  vocati 
specialiter  atque  rogati  praesenti  scripto  publico  notum  facimus  et  testamur, 
quod  hoc  est  quoddam  transumptum  sive  cxemplum  publicum  per  me 
praedictum  et  infrascriptum  Not.  bene  fidchter  atque  legahter  transumpta- 
tum  et  exemplatum  ad  petitionem  ed  instantiam  Petri  Novello  oriundi  hu- 
jus praedictae  civitatis,  et  civis  Panormi  per  duclionem  uxoris,  ex  quadam 
originali  ultima  dispositione  seu  testamento  quondam  Petti  Antonii  Novello 
Palris  praedicli  Pel  ri,  facta  per  manus  Patris  fralris  Andreae  de  Termini 
sacerdotis  Cappuccini  cappellani  Lazarctti  intus  hospitale  praèdicti  Lazaretti 
hujus  praedictae  civitatis  sul-  die  4  maji  proximi  praeteriti  1625  in  carta  co- 
muni scripta  in  folio  cum  dimidio  scripta  et  subscripta  manu  propria  dicti 
patris  fratris  Andreae  cappellani  dicti  hospitali  et  persistentis  in  dicto  hospi- 
tale  ac  ctiam  curn  subscriptione,  et  testimonio  Mutici  Pregadio  medici  chi- 
rurgici dicti  hospitalis  subscribentis  se  prò  se  et  prò  parte  M.ri  lacobi  Russo 
barbitonsorisejusdem  hospitalis,  ut  constai  ex  relationenobis  facta  cum  jura- 
mento  dictam  originalem  dispositioncm  ,  seu  testamcntum  factum  per  di- 
ctum  quondam  Petrum  Antonium  Novello  fuisse,  et  esse  scriptum,  llrmatum 
propria  manu  dicti  fratris  Andreae,  ac  etiam  subscriptum  manu  pradicti 
Mattaci  Pregadio,  per  spectabilem  l*aulum  De  Ausilio,  et  U.  I.  D.  lulium  Cae- 
sarcm  Cusauri,  lurutos  hujus  Civitatis  Montis  Regalis  pracsentes,  et  rctulentes 
cura  juramentu  ad  sacrosanta  Dei  (juatuor  Evangelia  taclis  corporaliler  scrip- 
luriu  pencs  me  praedictum  Notariutn  in  praesencia  Francisci  liarba  et  CI. 
Hycronirai  Jiurbu  testium  vocatorum,  et  rogatorum,  dictam  originalem  di- 
sposilionem  seu  testamcntum  per  signa,  littcras,  carattercs,  et  fìguras  fuisse 
ci  c««o  8cri|)lam,  et  subscriptain  i)ropria  manu  dicti  fratris  Andreae  ctiam 
jjubscrlplam  propria  manu  praedicli  Mallhaei  Pregadio,  et  de  propriis  eo- 
rum  liltcriH,  signis,  Iractis,  caratlcribus  et  figuris  quod  scirc  dicunt  de  causa 


DEL   DUOMO   DI   MONREALE  249 


scientiae  lamquam  practici  cura  dictis  patro  fratre  Andrea  et  Matthaeo  Pre- 
gadio.  et  qui  cos  pluries  atquc  pluries  scribere  et  subscribere  viderunt  in 
quara  pluribus  apodixiis,  lilteris  et  scripturis  per  eos  factis  diversi»  perso- 
nis,  et  praecise  in  bis  temporibus  mali  contagiosi  in  hac  civilate.  Quam  qui- 
dem  originalem  dispositionem  seu  tesfamentum  vidiraus,  inspeximus,  legi- 
mus  et  bene  considcravimus,  earaque  inveniinus  fuisse  et  esse  non  obrasara 
non  abolitara  nec  in  aliqua  sui  parte  suspectam,  sed  omni  prorsus  vitio  su- 
spectionis  carentem,  nil  per  nos  in  ca  addito,  diminuto  ctc.  et  e.  cujus  tenor 
talis  est,  videlicet. 

lesus,  Maria,  Franciscus. 

Essendo  con  il  morbo  nel  Lazaretto  della  città  di  Monreale  Pietro  Anto- 
nio Novello  fece  chiamare  a  me  fratre  Andrea  di  Termini  sacerdote  cap- 
puccino per  disponerc  la  roba  sua. 

In  primis  lascia  una  casa  assolarala  alla  strada  grandi  (1)  la  quali  la  la- 
scia a  suo  figlio  Pietro  Novello,  e  dato  caso  che  suo  tìglio,  fratello  Vincenzo 
Novello  della  Congregazione  del  nome  di  Gesù,  uscisse  dalla  religione,  vuole 
il  detto  testatore,  che  di  questa  casa  e  di  altri  beni,  e  robi*,  che  lascia,  ci 
ne  sia  data  la  parte,  non  ci  essendo  nessun  vantaggio  dall'uno  all'altro, 
con  carrico  però  di  pagar  l'incensi  come  apparino  per  atti. 

Itera  una  quantità  di  quadri  non  tutti  spediti  ,  che  summiranno  più  o 
manco  unzi  deci;  diversi  libri  alla  summa  di  cento  p^zzi  intra  grandi  e  pic- 
cioli, li  quali  li  lascia  alli  ditti  suoi  figli. 

llein  un  paviglione  con  suo  cappello  intagliato,  un  cortinaggio  con  sua 
trabacca,  ed  altri  robbi  fi^rmafi  dentro  ditta  cascia,  le  quali  li  lascia  a  detti 
suoi  figli. 

Item  lascia  unzi  deci  pei"  tanti  messe  applicate  per  l'anima  di  sua  mo- 
glie Leonora  Novella  come  appare  nelli  atti  di  notar  Vincenzo  Santoro  e  li 
detti  deci  unzi  vuole  ch'i  si  piglino  sopm  della  sua  robba  e  beni. 

Item  unzi  deci  per  tante  messe  applicate  per  l'anima  del  detto  testatore, 
cioè  cinque  alla  Madonna  del  Carmine,  e  cinque  alla  congregazione  del 
S.  Purgatorio,  due  onn  che  ne  facciano  dire  messe  per  l'anime  del  detto 
Purgatorio,  e  tre  per  l'anima  del  detto  testatore  e  in  particolare  ci  diranno 
le  messe  di  S.  Gregorio,  e  li  detti  dinari  vuole  che  si  piglino  dalli  suoi  beni. 

Item  deci  unzi  alli  p  idri  cir)puccini  della  città  di  Monreale  ad  effetto 
di  farsene  un  tabernacolo  del  Santissimo  Sacramento,  e  si  piglino  li  ditti 
dinari  dalli  suoi  beni. 


(1)  Questa  era  la  cisa  che  egli  abitava  quando  il  2  maggio  1C23  fu  colpito  dalla  peste.  Come  si 
ha  noi  rc^iitri  del  lazarelto  in  quel  medesimo  giorno  ;;li  fa  importo,  pena  la  vita,  di  non  uscire  da 
essa  casa  e  di  farne  inchiovare  U  porta  che  corrisponde  nello  cortijlij  chiamato  delli  Santori. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XV.  17 


250  RESTÀURI  E   RESTAURATORI 


Itein  unzi  tri  alla  congi'egazione  del  S.  Purgatorio  ad  effetto  di  pi- 
gliarsi ogni  anno  una  Bolla  p;?r  l'aninaa  sua,  e  si  piglierann o  dalli  suoi  beni. 

Item  unzi  deci  al  Lazaretto  della  città  di  Monreale  ad  effetto  di  com- 
prarsene tante  galline  ,  confectione  ed  altri  cosi  simili,  e  si  piglino  dalli 
suoi  beni. 

Item  unzi  quattro  alla  cascia  del  malablato  e  si  piglino  dalli  suoi  beni. 

Item  lascia  un  quadro  di  S.  Gioseffo  con  il  Signorello  alle  mani  al 
8ig.  Grasto  Santangelo. 

Item  lascia  una  Madonna  di  ramo  tonda  finita  a  Francisco  Pai'isi  Speciali. 

Item  lascia  un  quadro  grandi  di  S.  Teresia  che  è  dentro  la  cappella,  e 
una  Madonna  del  Pensiero  che  è  di  arreri  la  porta,  al  sig.  Matteo  Prega- 
dio,  medico  del  Lazaretto  della  città  di  Monreale. 

Item  lascia  onzi  tri  e  tari  sei  a  Bartolomeo  Cruci  fornaro  per  tanto  pane 
pigliatoci,  e  si  piglino  dalli  suoi  beni. 

Item  lascia  una  cascia  di  petra  di  Mosaico  alla  Chiesa  Maggiore  di  Monreale. 

Item  lancia  on.  66  di  bavere  di  Marco  GoUega  per  tanta  sita  vendutaci 
come  appare  per  atti  fatti  in  Palermo. 

Item  lascia  unzi  venti  o  più  o  meno  di  bavere  da  Silvestro  Falcuni  per 
tanto  lino,  come  appare  per  atti  fatti. 

Item  unzi  cento  dalla  heredità  di  Potrò  Antonio  Coppola  come  appari  per  atti. 

Item  lascia  tari  quindici  di  rendita  sopra  una  casa  di  Andrea  Pizzenti, 
e  vuole  che  Francisco  Parisi  ne  dia  unzi  dui  al  S.  Rosario  per  la  sepol- 
tura data  a  sua  moglie,  e  onzi  tre  al  detto  Francisco  Parisi  dovendoci  dare. 

Item  lascia  al  detto  Francisco  Parisi  dui  Virgini,  cioè  S.  Marta  e  S.  Mar- 
gherita. 

Item  dice,  che  bave  un  quadro  della  Nunciata  il  quale  è  di  D.  Geronimo 
Santo  havendocilo  imprestato. 

Item  lascia  l'armi  del  Cardinal  torres  in  marmora  li  quali  sono  in  Pa- 
lermo affaccio  il  collegio  del  cassaro,  e  vuole  che  si  diano  a  D.  Francisco 
Sala,  e  dove  piace  a  lui  si  metteranno. 

Item  lascia  unzi  tri  alla  congregazione  del  c3.  Purgatorio  ad  effetto  di  pi- 
gliarsene ogni  anno  una  Bolla  per  l'anima  di  Angelina  Novello  sua  moglie 
e  vuole,  che  si  piglino  delU  suoi  beni. 

Item  deve  dare  a  Mr.o  Francisco  Rinardo  tari  sei  e  gr.  sei  in  conto  di 
farci  un  disigno  del  S.  Crocifisso  havendone  anco  la  tavola. 

Item  lascia  unzi  cinque  a  suo  fratello  Giovan  Battista  Novello  e  si  pi- 
glino dell!  suoi  beni. 

Item  deve  bavere  di  Andrea  Pagino  per  tanta  mastria  di  quadri   scuti 
24,  e  oonfetsa  havemc  havuto  setti  scuti  e  m  zzo,  oonie  appare  por  polise. 
Item  deve  bavere  per  tanto  locri  di  casa  sotto  la  sua  dove  morso  la  Rap- 
pa  tre  annate  come  appare  per  atto,  e  confossa  havorne  havuto  tari  quindici. 


DEL  DUOMO   DI  MONREALE  251 


Item  deve  bavere  di  Blasi  e  Lisabetta  lo  Sigreto  unzi  sidici,  dudici  per 
tanto  loeri  di  casa,  e  quattro  per  tanta  fatiga  l'atta  per  una  sua  lite,  come 
appari  nelli  atti  di  Not.  Leonardo  Gorrao. 

Item  deve  bavere  dalla  compagnia  del  Carmine  onzi  quattro  per  tanto  loeri 
di  Oratorio  come  appare  per  atto,  e  vuole  cbe  delli  detti  dinari  ci  ni  dicano 
tante  messe  per  l'anima  sua. 

Item  deve  bavere  da  Francisco  Scarda  scudi  sei  per  due  annate  di  loeri 
di  casa,  alleandosi  la  casa  scudi  quattro  e  tari  sei,  havendone  avuti  scudi  tri. 

Item  lascia  a  suo  fratello  Gio.  Battista  Novello  tutti  i  petri  di  imbornire  e 
tlrramenti  che  appartengono  ad  indorare  e  tutti  i  pomi  di  paviglioni. 

Item  dice  ha  ver  dato  alla  congregazione  del  Carmine  certi  insigni,  il 
detto  Testatore  ci  ni  fa  la  benedizione,  purché  ogni  fratello  ci  dica  una  co- 
rona alla  Madonna  per  l'anima  sua  e  cosi  s'intenda  casso  l'atto. 

Item  dice  baver  preggiato  ad  Antoni  Buonfiglio  suo  fratello,  sua  madre, 
e  sono  alla  summa  di  onze  cinque  e  mezzo,  come  appare  nelli  atti  di  not. 
Donia,  e  questi  cinque  onzi  li  ha  pagato  Agostino  Bonfiglio,  per  tanto  lo 
ditto  Agostino  li  possa  domandare  non  ci  li  pagando  li  suoi  figli. 

Itera  confessa  haver  havuto  un  cafiso  di  oglio  e  che  il  nome  lo  sapirà 
BLisi  lo  Segreto  per  farci  una  Madonna  della  Grazia. 

Item  deve  bavere  da  D.  Petro  Antoni  e  da  Benedetto  Balsano  suo  fra- 
tello insolito  unzi  dudici  per  un  quadro  fattoci  sopra  una  balata,  come  ap- 
pare neUi  atti  di  Not.  Vincenzo  Santoro. 

Item  deve  bavere  da  NoL  Vincenzo  La  Manna  unzi  deci  per  tanti  im- 
prontatici come  appare  in  un  atto  mandatario  alla  tavola  alli  atti  di  Not. 
Baldassiro  Mih. 

Itciii  dice  bavere  un  quadro  dell'Ecce  Homo  sopra  ramo  con  li  cornici 
et  è  di  un  Padre  del  Colleggio  bavendocilo  dato  per  consare. 

Item  confessa  bavere  pagato  tutti  l'incensi  cbe  toccavano  per  sua  par- 
te a  Cola  Madranga  come  apparino  per  polise  e  contratti  e  procuratore  suo. 

Item  deve  dare  tari  otto  ad  Antonino  Galeri  per  tanto  loeri  di  cavallo. 

Item  confessa  bavere  bavuto  da  Not.  Vincenzo  Santoro  unza  una  in  di- 
versi volte  senza  polise  per  tanto  loeri  di  casa,  e  tutte  le  copie  che  mostrerà 
ditto  Not.  Vincenzo  Santoro  ci  siano  pagati.  E  vuole  e  questa  è  la  sua  vo- 
lontà che  delli  detti  suoi  beni  e  robbi  pagandosi  a  cui  si  deve  e  ha  lasciato 
per  testamento,  il  remanente  si  li  piglino  li  suoi  figli. 

Fatto  nel  ditto  lazareUo  alli  4  di  Maggio  1625.  Io  fratre  Andrea  da  Ter- 
mine sacerdote  cappuccino  fece  il  ditto  testamento, 

Testea  Matteo  Pregadio  confirmo  ut  supra  etc.  etc. 

Ex  actis  Not.  Leonardi  Corrado  hujits  civìtatis  Montis  Regalis. 


MISCELLANEA 


DEL  VALORE  FONETICO  DEL  DIGRAMMA  CU 

NEL  VECCHIO  SICILIANO. 


I. 

Fin  dalla  prima  volta  che  mi  capitò  tra  mano  una  scrit- 
tura del  vecchio  siciliano,  anche  deiriiltimo  periodo,  che  ab- 
braccia quasi  tutto  il  secolo  XVII,  fui  impressionato  dal  fatto, 
che  con  cha  che  chi  cho  chu  si  trascrivevano  suoni  che  oggi 
corrispondono  a  ca  ce  H  co  cu,  o  a  ca  ce  ci  co  cu,  continua- 
tori di  ce  ci  latini  (come  in  checu  -  caecus,  cheìla  -  cella,  chi- 
chini  -  cicer,  fachi  -  fticies),  e  a  kja  hje  hji  kjo  hju  nei  riflessi 
di  ci  il  pi  ecc.  (come  in  chamari  -  kjamari  da  clamare ,  ve- 
chu~veckju  da  vetulus,  chumhu  -  kjumymt  ^'a.  ^ìxmihwm,  ecc.). 

A  giudicare  dallo  stato  presente  della  fonetica  siciliana,  il 
fenomeno  può  spiegarsi  in  due  modi;  1°:  il  vecchio  dialetto 
si  serviva  del  medesimo  nesso  grafico  per  figurare  due  suoni 
diversi  ;  e  adoperava  il  eh  tanto  pel  e  di  HHru  e  pel  e  di 
fac'r'ì,  quanto  pel  hj  di  hjummu,  veckju  ecc.;  2":  nel  vecchio  si- 
ciliano il  eh  si  pronunziava  gutturale,  cosi  in  cliamarl  (kja- 
mari ',  come  in  chlchiru  (kikiru);  o  del  tutto  linguale  o  pala- 
tino, in  ambo  i  casi  :  in  chichiru  (cit^iru),  fachi  (facH) ,  e  in 
chfimari  (camari),  vechic  (veccu). 

In  quanto  alla  prima  proposizione,  non  sarebbe  fuori  del- 
Tordinario  il  fatto  d'una  lingua  bambina  che,  facendo  le  pri- 
me prove  letterarie,  figurasse  con  un  solo  segno  grafico  due 
suoni  affini,  se  anche  oggi  il  siciliano  rende  con  ci  la  dentale 
momentanea  re  la  linguale  continua  e  :  facci,  luci,  c'ippu,  cima, 
c'unii,  rumi  (fluraen);  e  una  lingua  adulta,  com'è  l'italiana,  non  di- 
stinguo nella  scrittura  il  chi  di  becchi  tocchi  dal  chi  di  vec- 
chi (veckj),  torchi  (torlg)  ecc.  Ma,   oltre  che  nel  caso  nostro 


UlSCBLLAKEA  253 


manca  l'affinità  tra  i  suoni  consonantici  li,  co  e,  il  vecchio 
dialetto  fin  dalle  più  antiche  carte  ci  mostra  ch'esso  avea  il  k 
per  la  gutturale  sorda  esplosiva,  e  scrivea  hi  (qui,  quae,  quod), 
ha  (qua,  quia);  e  per  la  doppia  iacea  cP.:  lochi  ecc. 

In  quanto  alla  seconda,  cioè  all'ipotesi  che  il  eh  equivalesse 
a  e  0  a  e,  andrebbe  a  capello  colla  fonetica  odierna  del  noti- 
giano,  che  pronunzia  caniari  vecc'u;  ma  non  con  la  risoluzione 
dominante  e  pressoché  generale  del  siciliano,  che  fa  kjammi 
rechju  ecc.  Non  è  poi  credibile  che  un  piccolo  distretto  dia- 
lettale, qual  è  il  notigiano,  imponesse  alla  letteratura  dell'isola 
la  sua  grafìa  e  la  sua  fonetica. 

La  tesi  di  —  h  avrebbe  per  avventura  in  favor  suo  argo- 
menti di  maggior  evidenza.  Troviamo  ochi  rimato  con  lochi  in 
una  poesia  sicil.  del  sec.  XV  ((^^uaedam  profetia)  ;  hinlinaru, 
rckipcndu  in  s;.ritture  sicil.  del  sec.  XIV;  e  si  riscontra  qual- 
che incertezza  nello  stesso  Scobar  (sec.  XVI)  :  flachicza,  e  fla- 
chicza,  aff ranchivi  ^  infranchiri.  Ma  è  molto  inverosimile  che 
si  scrivesse  chlchirii,  rcchu  per  rendere  hihiru,  vechju,  quando 
il  dialetto  avea  nel  suo  alfabeto  il  k,  come  abbiamo  detto  po- 
canzi,  e  l'adoperava  tutte  le  volte  che  gli  occorreva  di  figu- 
rare opportunamente  questa  gutturale. 

Neil'  «  Introduzione  allo  studio  del  dialetto  siciliano  »  m'in- 
gegnai di  provare  che  il  eh  delle  più  antiche  scritture  sici- 
liane rappresentava  due  spiranti  sorde,  una  gutturale,  l'altra 
palatina.  Nei  continuatori  di  ce  ci  latini,  poiché  chiehiru  fa- 
chi  fanno  oggi  cicirii  facci,  quel  eh  avea  il  germe  della  pala- 
tina e;  e  in  ehamarl  vechu,  che  oggi  si  pronunziano  hjamari 
vechju,  si  sentiva  la  gutturale  h.  Allargato  ora  il  campo  delle 
osservazioni  nel  vecchio  dialetto  e  nell'odierno,  ho  trovato  molti 
altri  argomenti  che  rafforzano  questa  mia  opinione;  sicché,  mo- 
dificandola in  qualche  particolare,  la  riprendo,  con  la  speranza 
di  riuscire  a  vincere  ogni  dubbio. 

Dallo  schema  Ascoliano  delle  trascrizioni  romanze  (Arch. 
glottol.  Voi.  I ,  pag.  XLVIII)  prendo  il  segno  /i,  eh'  è  uguale 
al  X  del  greco  moderno,  per  rappresentare   il   suono  '7ii   di 


254  MISCELLANEA 


diavi  vechu ,  che  si  trascriverebbero  perciò  liavi  veìiu ,  con 
un'/  inerente  al  li  ;  poiché,  per  intelligenza  della  mia  opinione, 
aggiungo  subito  che  al  suono  gutturale  aspirato  li  è  come  fuso, 
in  questo  caso,  un'/. 

Le  scrizioni  nostre  liavi  veliti  corrispondono  a  ^hiavi  vé'hiu, 
così  come  cavi,  vec'cu  a  ^ciavi,  vecciu.  Senonchè  non  possia- 
mo servirci  dello  stesso  segno  li  per  figurare  la  sorda  gut- 
turale aspirata  che  non  è  seguita  da  /  dinanzi  ad  altra 
vocale,  cioè  per  rendere  graficamente  il  suono  del  e  toscano 
fra  due  vocali  :  podio,  la  diarne  ecc.  Vedremo  che  qui  il  ri- 
flesso siciliano  non  è  e,  e  o  kj,  ma  è  f;  così,  per  dire  d'un  e- 
sempio,  il  vsic.  diavi  fa  nell'odierno  siciliano  liavi,  cavi,  kjavi; 
m*a  il  vsic.  Chalmedica ,  sost.  locale,  oggi  si  pronunzia  Far- 
mèdica.  In  questo  caso  noi  figureremo  con  kh  questa  aspirata 
gutturale  non  jotizzata:  Khalmedica. 


II. 


Nella  trattazione  di  questa  tesi,  alcuni  argomenti  possono 
servire  così  ai  riflessi  à\  l  o  j  implicati,  come  ai  continuatori 
di  ce  ci  latini.  Conviene  tuttavia  parlarne  separatamente,  e 
diamo  senz'altro  la  precedenza  ai  primi. 

Gli  sviluppi  del  siciliano  moderno,  quando  il  L  sussegue  a 
una  consonante  sorda  (CL,  PL,  TL,  FL),  sono  i  seguenti: 

In  formola  iniziale: 
\.  h:  liavi  (clavis) ,  lianu  (planum),  liumi  (flumen).  Questi  e- 
semj)j  d'  aspirata  gutturale  son  tratti  dal  pregevole  «  Voca- 
bolario sicil.  del  Traina,  Torino  1877»,  dove  sono  scritti, 
insieme  con  altri,  hiaìn,  hianu,  hiumi.  Il  Traina  ci  fa  sapere 
ch'è  «un'aspirata  d'alcuni  sottodialetti,  simile  alla  X  greca». 
Aggiunge  che  in  alcuni  paesi  essa  è  pronunziata  più  forte,  e 
propone  di  scrivere  quest'altro  suono  più  vibrato  con  jki.  Se- 
condo la  nostra  grafia,  la  prima  sarebbe  un  /i,  la  seconda  un 
Mi.  Io  ho  udito  il  h  nelle  voci  llumi,  Uamma,  liatu  (fl=/0;  e 
il  hh  in  huhliari  (sufflare)  e  in  ahUari  (aflflare),  in  bocca  d'a- 


hiscellàseà  255 


bitanti  di  Girgenti,  Cianciana,  Frizzi,  Castronovo,  Campofranco, 
Casteltermini,  Alessandria  della  Rocca,  Cattolica.  Il  ciancianese 
ha  pure  il  hU,  in  qualche  esemplare  di  j  romano  in  form.  in- 
terna: bahlioccu  (bajocco),  MaJiìiorca  (Majorca,  varietà  di  grano 
delle  isole  Baleari)  (1). 

2.  kj  :  kjavi,  kjanu,  forma  dominante  e  letteraria. 

3.  e:  cavi,  carni,  cumi. 

4.  i,  sporadicamente:  iiidiri  (eludere),  iamari  (clamare),  m- 
mazzu  (plumacium),  iaga  (plaga),  icari  (plicare). 

In  formola  interna,  o  in  form.  iniziale,  dopo  una  parola  che 
ha  virtù  raddoppiativa,  o  in  voce  che  possegga  per  sé  stessa 
questa  virtù: 

1.  clij  :  ochju  (oculus) ,  cuchja  (copula),  veckju  (vetulus);  — 
tri  chjavi  (tre  chiavi)  ;  -  chjù  (plus) ,  esempio  di  raddoppia- 
mento spontaneo.  Sono  forme  dominanti  e  letterarie. 

2.  ce:  occ'u,  ciu'ca,  vectu;  —  tri  c'c'avi;  —  ccu;  forme  del  noti- 
giano,  il  quale  rafforza  pure  il  e  in  e  dopo  il  ti:  cwmnu- 
fyc'ummari,  cavi-i'icavari,  dui  cumi -ufi  cumi. 

3.  ò",  pel  solo  fli:  cusari  (sufflare),  asa>-i  (afflare);  forme  dom. 
e  lett. 

Quelle  parlate  dell'Ennese  occidentale  che  pronunziano  liavi, 
lianu,  liatu,  in  questo  caso  fanno  akjanari  (ad  -  planare,  salire), 
tri  kjavi,  UHkjaiu-in^aius;  ma  anche  tri  lihumi,  ahhari,  rosi 
e  hliuri  (rose  e  fiori). 

L  che  sussegue  ad  una  consonante  sonora  (GL,  BL)  : 
\.  j  :  jiru  (gììvem),  jancu  (vha.  blanch),Jas^w2rt  (blasphemia); 

ff.  dom.  e  lett. 
2.  ghj  e  gghj:  ghjara  (gÌRrea.),  sugghju  (insubulum);  fl*.  dom. 

e  lett. 


(I)  Il  eh.  prof.  S.  A.  Guastella,  intelligente  illustratore  della  letteratura 
popolare  del  Modicano,  m'assicura,  in  una  lettera,  che  a  Monterosso  il  hj  di 
kjovu  kjaru  ecc.  ha  un  suono  greco  spiccatissimo  (x);  ma  a  me  non  è  av- 
venuto di  costatarlo. 


256  MISCELLANEA 


J  dopo  una  consonante  sorda  (PJ,  TJ,  FJ,  SJ)  : 

1.  /[  :  Msca  (fiscus^,  llunnari  (flndere). 

2.  hj:  iiìkj  (vulpis),  nhjatrarl  (impietrare). 

3.  ckj  :  Click} Il  [cu^^idns),  assìdachjari  (solatiare). 

4.  e  :  cuculiari  (pipilare),  cisca  (flsciis),  pcicenzia,  par  racla  (ua^- 
§aa:a),  acu  (asium)  :  fi',  dom.  e  letter. 

5.  e:  cibhia  o  cibhedda  (tibia),  curcu  (curtius),  sicca  (sepia). 

J  dopo  una  consonante  sonora  (BJ,  DJ,  VJ,  LJ). 

1.  j  :  voju  (voleo),  fìju  (fìlius),  jornu,  pojit  (podium),  aju  (ha- 
beo),  jita  (beta),  caja  (cavea). 

2.  ghj  :  voghjic,  fighju.  ■  Questo  suono ,  che  ad  alcuni  è  parso 
anche  un  hj  (vokju ,  fikiu) ,  appartiene  al  linguaglossese  ;  ma 
in  form.  iniziale  si  riscontra  qua  e  là  in  qualche  parlata  :  ghjad- 
duni  (vallonem),  ghjta  (beta). 

3.  gghj  :  vogghju ,  fìgghiu ,  agghialoni  (hordeololus),  àgghiu 
(habeo),  nigghju  (railvus),  forma  dom.  e  letter.,  tranne  àgghju. 

4.  (j  :  gita  (beta),  rvagga  (rabies),  segga  (sedia),  (jiujgana  (plu- 
viana),  lejgu  (levis);  ff.  dom.  e  letter. 

Il  y,  dopo  una  parola  che  lia  virtù  raddoppiativa,  fa  ghj  : 
jornu,  a  ghjurìmta  ;  du^  jlta ,  tri  ghjta  ;  iancu ,  chjà  ghjancu 
(più  bianco);  tu  jasiimi,  si  ghjasthnl  (se  bestemmii). 

Da  questi  spogli  fonetici  emerge  principalmente  : 

1.  Dalle  basi  latine,  aventi  l  o  j  implicati  con  una  consonante 
sorda,  si  riscontrano  nel  siciliano  riflessi  con  sorda-aspirata 
(/i),  sorda-palatale  [hj]  e  sorda-palatina  sibilante  (e),  o  sorda- 
palatina  esplosiva  (c-'j. 

2.  Dalle  basi  latine  aventi  j  ol  implicati  con  consonante  so- 
nora, si  ottengono  riflessi  con  sonora-aspirata  fj),  sonora-pa- 
latale  {ghj)^  o  sonora-palatina  {g). 

Il  fenomeno  si  estende  parallelamente  alle  fricative  labio- 
dentali; onde  la  sorda  f  die  precede  /  o  jf,  dà  /t,  A/,  e  e,  e,  è\ 
e  la  sonora  della  stessa  specie,  ?;,  ha  la  sua  risposta  in  ghj 


MISCELLANEA  257 


Così  per  le  continue  dentali  s  e  /;  la  prima,  ch'è  una  sorda, 
dà  ugualmente  la  sorda  e;  e  la  seconda,  ch'è  una  sonora,  dà 
ghi  0  y. 
3.  Il  kj  è  rafforzamento  di  /i,  il  ghj  di  J. 

Teoricamente,  la  spiegazione  di  queste  alterazioni  fonetiche, 
che  del  resto  si  riscontrano  con  qualche  variazione  in  tutte 
le  lingue  neolatine,  è  questa:  U  e  j',  suoni  di  lor  natura  in- 
vadenti, come  li  chiama  l'Ascoli,  si  svolsero  dalle  consonanti 
sorde  o  sonore  precedenti  il  Z  o  il ./  ;  successero  ad  esse ,  e, 
come  un  parassita  distrugge  1'  autossita,  vi  restarono  in  vece 
loro. 

In  quanto  alla  fisiologia ,  per  pronunziare  la  sorda  o  tenue 
li,  bisogna  disporre  la  bocca  in  modo  che  il  flato,  uscito  dal  la- 
ringe con  mossa  pneumatica  secca  {spirilus  asper),  attraverso 
i  margini  del  glottide  a  rima  largamente  aperta,  passi  tra 
l'istmo  formato  dal  dorso  della  lingua  contratta,  e  il  principio 
del  palato  duro  al  dinanzi  dell'  ugola.  Nella  pronunzia  del  j', 
la  mossa  è  meno  forte  {spiritiis  lenis)  ;  la  lingua  è  più  con- 
tratta, e  l'aria  urta  sulla  faccia  anteriore  dell'ugola.  Abolendo 
ogni  aspirazione,  si  ha  una  disposizione  orale  con  la  quale 
si  possono  avere  vari  contatti ,  per  ottenere  suoni  più  de- 
terminati, 0  come  si  voglia  chiamarli  esplosivi  o  momentanei. 
Facendo  il  contatto  colla  punta  della  lingua  sul  palato  duro 
(non  sul  molle  o  pendolo,  dove  si  conseguirebbe  il  suono  gut- 
turale tenue  Ài),  si  ottengono  al  proscioglimento  i  suoni  kj  e 
ghj  ;  battendo  poi  i  bordi  dell'  estremità  linguale ,  la  quale 
così  allungata  ha  modo  d'affilarsi,  sulla  base  degli  alveoli,  si 
hanno  le  palatine  e  e  g.  Quando  questo  contatto  si  fa  più  leg- 
giero, in  modo  che  il  flato  strisci  tra  palato  alveolare  e  i  bordi 
anteriori  della  lingua ,  si  hanno  le  sibilanti  t^  =  V,  (che  è  il 
e  toscano  di  pece),  e  y  =  V%  (^^^  è  il  ^r  toscano  di  collegio). 
Quest'ultimo  suono  manca  al  siciliano. 

La  spinta  alla  palatinizzazione  di  li  e  j  è  dovuta  all'i  ine- 
rente a  questi  suoni;  poiché  l'i,  vocale  in  cui  l'elevazione  del 
palato  molle  è  massima,  trae  la  gutturale  aspirata  a  flssarsi 


258  MISCELLANEA 


sul  palato  duro.  Prevale  il  k,  quando  la  chiusa  si  fa  con  pie- 
nezza di  contatto  dai  margini  anteriori  della  lingua  sopra  quella 
parte  dell'arcata  palatale  che  sta  su'  processi  alveolari,  ed  il 
li ,  allegeritosi  dell'aspirazione,  fa  hj.  Ma  quando  il  contatto  è 
leggiero,  e  l'aria  esce  strisciando  per  l'apertura  che  fanno  col 
palato  alveolare  i  margini  dell'  estremità  linguale ,  il  lì  perde 
ogni  sentore  di  gutturale,  e  si  ha  necessariamente  e.  Lo  stesso 
avviene  pel  j ,  che  passa ,  secondo  che  l'aspirata  sopraffa  la 
gutturale  o  è  da  questa  sopraffatta,  a  ghj  o  a  g.  Un  ulteriore 
rafTorzamento  farà  passare  il  kj  e  il  ghj  a  ckj  e  a  gglij,  e  vol- 
gere il  e  a  e,  0  a  5. 

L'accurata  osservazione  d'un  gran  numero  d'affezioni  fone- 
tiche c'insegna  che,  quanto  è  naturale  il  rafforzamento  o  svi- 
luppo d'un  suono,  o  il  passaggio  dalla  sorda  alla  sonora  omor- 
ganica,  o  viceversa,  altrettanto  illegittimo  è  il  salto  da  un  suono 
all'altro.  Sviluppo  conforme  a  natura  è ,  per  esempio ,  quello 
che  fa  una  consonante  passando  per  intacchi  successivi  dal 
retrobocca  alla  bocca,  mediante  chiuse  o  strette  orali  dal  velo 
pendolo  ai  denti,  avanzando  sul  palato  come  s'avanza  pronun- 
ziando le  vocali  a  e  i  0  u,  dall'a,  che  si  forma  nel  retrobocca, 
all'M,  che  vien  resa  sull'ostie  labiale. 

Di  guisa  che,  le  serie  evolutive  U-kj-ckj,  o  1i-c-c;j- 
gf^J-'OO^^Jy  ^J~y-(j>  quand'anche  non  ci  fossero  additate  chiara- 
mente dall'odierna  fonetica  siciliana,  sarebbero  fisiologicamente 
naturali.  Ma,  in  modo  evidente,  alcuni  dei  riflessi  siciliani  di  pi 
ci  il,  e  di  bl,  gì  ecc  dimostrano  che  il  kj  e  il  glij  sono  un  raf- 
forzameto  di  li  e  di  j.  Ecco;  quando  una  consonante  sussegue  al  n 
(che  è  il  w  velare,  non  il  palatino  di  nonno),  acquista  nella  pro- 
nunzia una  consistenza  maggiore,  di  quel  che  avvenga  quan- 
d'essa non  si  trova  in  questa  posizione.  Il  fenomeno  è  molto 
sensibile  per  le  consonanti  li,  <j,  a,  e  r  secondario  da  d  {renti- 
dente),  o  da  gr  {riddu  -  grillo)  :  esse  passano  al  suono  omor- 
ganico  ch'è  immediatamente  più  forte.  Il  '/i  si  condensa  e  fa 
g:  u  ''haddu  (il  ^iiUo)-  luì  gaddu,  simili-- cufisimili,  dui  cumi-' 
Ufi  dumi  (due  (lumi -un  fiume),  circu  ^ ticivcari  (cerchio - ii>- 


MISCELLÀNEA 


259 


cerchiare),  u  venti -wì  denti  (il  dente -un  dente),  u  riddu- 
un  griddu  o  un  rriddu;  e  il  ^  passa  a  e;  giustizia  -  ncv^tizia, 
gileppu-miUppari.  Or  bene,  nello  stesso  modo,  il  li  delle  parlate 
siciliane  che  posseggono  questo  suono,  passa  a  kj:  du'  liurni-ujì 
kjumi  (due  fiumi -un  fiume),  Uamma  - nkj ammari  (fiamma - 
infiammare) ,  Uatu  -  unìvatu  (fiato  -  gonfiato) ,  liuiri  -  nkjudìH 
(chiudere  -  inchiudere). 

Quando  però  il  Ti  non  è  spinto  dal  n  a  impostarsi  nel  pa- 
lato, esso  in  caso  di  rafforzamento,  trovandosi  in  principio  di 
voce  dopo  una  parola  che  ha  virtù  raddoppiativa,  o  in  posizione 
mediana ,  diventa  hll  :  du'  ìiumi  -  tri  hliumi  (due  fiumi  -  tre 
fiumi);  Tiatu  -  liuhllatu  (fiato  -  soffiato)  ecc.  E  qui  cade  in  accon- 
cio fare  osservare,  cosi  per  incidenza,  che  VaJihari  dell'Ennese 
occidentale  (prov.  di  Girgenti)  fa  cadere  qualunque  congettura 
sull'etimo  del  sicil.  asari  (trovare) ,  la  quale  sia  diversa  da 
quella  che  ne  diede  il  Diez  (Gramm.  I,  195)  e  dalla  bella  di- 
mostrazione che  ne  ha  fatto  l'Ascoli  (Studj  crit.  pag.  32).  La 
sola  base  da  cui  venga  il  hU,  è  ffl;  e  i  siciliani  ahhari,  asari 
vengono  indubbiamente  da  afflare  (V.  aflare,  in  Lex.  Du  Gan- 
ge), come  cusari  e  liulihari  vengono  da  sufffare.  In  quanto  al 
passaggio  ideologico,  per  cui  da  afflare  «  soflfìare  addosso  »  si 
andò  al  senso  di  raggiungere,  rinvenire,  fo  notare  l'altro  verbo 
siciliano  allasari  che  ha  lo  stesso  senso  d^asari;  ma  esso  viene 
dal  basso  latino  adkissare  (cfr.  vasw- basso)  pel  quale  il  Du 
Gange  porta  due  passi  della  Legge  salica ,  col  significato  di 
«  raggiungere  la  selvaggina  stancandola  (lassare)  ». 

Gome  il  kj  dei  riflessi  siciliani  dalle  basi  lat.  ci,  pi,  ti  ecc. 
è  un  raff"orzamento  di  li,  e  fu  prodotto  dalla  condensazione  di 
questa  aspirata,  nello  stesso  modo  il  ghj  vien  da  j',  di  cui  è 
un  rafforzamento,  non  solo  nei  casi  ove  questa  aspirata  sonora 
deriva  dalle  basi  latine  implicate  con  consonante  sonora  :  du' 
jita  -  tri  ghjta  (due  dita  -  tre  dita)  jancu  -  chjù  ghjancu  (bianco 
-  più  bianco),  ma  anche  dove  esso  è  originario  :  du'  jenki  -  tri 
ghjenki  (juvencus),  o  derivato  : /mia  (genia) -jjipi  ghjnia  (per 
razza).  Dopo  il  n,  il  j  fa  n  :  u  nencu  (un  giovenco)  ecc.  Il  j  è 


260  MISCELLANEA 


ancor  vivo  nell'Ennese  occidentale,  e  si  sente  nelle  voci  j7r/, 
Juncii,  justu,jugu,jlnia,  che  quegli  abitanti  ora  scrivono  J/«W, 
jhustu,  ora  ghit%  ghiustu  o  chiustu.  Rsc.  Traina,  Vocab.;  e  Gai:!. 
Di  Giovanni.  Cinquanta  Canti  e  Novelline,  Palermo;  1889, 

Troviaino  nel  tempo  il  progressivo  indurimento  del  j.  Le 
voci  dello  Scohar  joniìJiaì'H  (gloraerer.i',  caja  (cavea),  due  secoli 
dopo  sono  scritte  ghiomaìii  caglila  ;  oggi  gghiòmmmm ,  cag- 
ghia  (V.  per  queste  voci  il  Traina,  op.  cit).  Dal  modo  com'è 
scritto  il  ghj  nel  sec.  XVII  e  anche  nel  XVIII ,  e'  non  v'  ha 
dubbio  che  venisse  pronunziato  men  forte  di  come  si  pronun- 
zia ora;  mugluri  e  mughierl  (Poesia  catanese  anonima  del  1G42 
e  Proverbi  del  Del  Giudice,  pag.  133),  megliu  e  meghiu,  fighhi, 
ciuizighlu  dovevano  avere  la  consistenza  che  ha  il  ghj  nelle 
stesse  voci  del  linguaglossese,  dove  il  ghj  di  fìghju  ecc.  è  un 
ghj  scempjo,  quando  in  tutto  il  resto  dell'isola,  là  dove  il  lat.  Ij 
non  fa  nò  II  né  y,  è  un  ggìij,  cioè  un  ghj  doppio  (1). 

Ora  ci  resta  una  questione  da  risolvere,  ed  è  l'estesa  va- 
rietà notigiana  e  in  form.  iniz.  e  ce  in  form.  interna  :  cummu- 
plumbum,  feca^  -  vetulus ,  ecc.  È  fisiologicamente  impossibile 
che  questa  e  o  e  si  sia  sviluppato  da  hj:  esso,  a  mio  giudizio, 
s'è  prodotto  naturalmente  dall'aspirata  /i,  e,  con  molta  proba- 
bilità, per  ragioni  etniche  (mogilalie  nazionali)  come  avvenne 
noi  di;ile<(i  gallo-il.-iìi''-. 

(1)  Pel  suono  poco  vigoroso  che  avcM  il  (jìij  nel  siciliano  dol  periodo 
prece-ionio  iill'odierno,  valgmio  qiicsli  o:50t{)|)j.  In  un  provcrJjio  di  Del  Giu- 
dice vói.  Vili.  p.jg.  30.  nusumighiu  (r.is-iomiylio)  ò  rimato  con  vìju  (vi- 
deo): Comu  li  viju,  Ti  rassumighiu.  In  uni  poesia  catanese  di  F.  Meli,  ri- 
stampata a  Palermo  (C,>ppoI.j,  IC'tj),  .si  lo;,'gc  vochiu  (voglio i,  clie  oggi  si 
pronunzia  xxxj'jìàu.  Gli  sI.msì  .sjriltori  pcn'>  scrivevano  vecchiu,  occhiu;  sic- 
ché est!  non  Ignoravano  il  modo  di  rendere  graQcamcnte  la  gutturale  Torte, 
e  Bcrivcvano  fìrjhu  mughcri,  o  fighiu  mughìcri,  perchè  il  ghj  si  proIlVriva 
con  debolo  conLillu;  ond?  s'argom/iili  clic  l'indurimonto  dcU'uspirata  sonora 
fu  mollo  pii'i  tariivo  di  quello  ddl'aspirata  sorda.  Nell'insieme,  questi  suoni 
0  l  loro  «ucci'Hslv»  IngroHsauK'nli  lian  tuli  analogie  e  paralcUisnii,  clic  s'illu- 
«trano  a  vi(5"ndti ,  e  gli  uni  scrv:)n  >  a  dare  evidenza  agli  altri.  Natiiral- 
iiieriU*,  oonforuii  «viluppi  produweru  conlormi  alterazioni ,  e  .piindi  eUelti 
ooniimlli. 


MISCELLANEA  261 


Troviamo  neg"li  sviluppi  di  /?  fj  latini  una  conferma  della 
nostra  opinione. 

Come  s'è  visto  negli  spogli  fonetici  presentati  in  principio 
di  questo  capitolo,  anche  accanto  al  f  avvenne  l'adesione  del 
Ti.  Il  D'Ovidio,  in  Ardi.  stor.  napol.  anno  VII,  fascicolo  13",  dice 
che  in  un  documento  greco  dell'Italia  meridionale ,  del  prin- 
cipio del  secolo  XIII,  si  legge  Jt.i'o^t  (florem),  XwupTrjXa;  (floritae), 
Xo^ipev  (florae);  il  che  ci  assicura  che  quest'alterazione  di  ^ /)' in 
Xc  era  già  consumata  sul  principio  del  sec.  XIII.  Gli  espedienti 
grafici  del  siciliano  fin  al  sec.  XVIlì  ci  provano  che,  espunto 
il  f,  rimase  il  li  in  tutta  l'isola;  poiché  gli  scrittori  si  servirono,  per 
renderlo  graficamente,  dei  segni  y,  hy^  xy,  xh  x  e  eh.  Tuttora, 
in  quasi  tutto  l'Ennese  (che  rispetto  agli  altri  sottodialetti  del- 
l'isola è  in  ritardo  in  quanto  a  svolgimento  fonetico,  e  si  av- 
vicina perciò  di  molto  al  vecchio  dialetto)  si  dice  liumi  liuh- 
ìlari  ecc.;  ma  nel  resto  dell'isola  la  risposta  generale  è  e.  Co- 
sicché il  palermitano  die  fa  kjarl  kjummu  ecc.,  dice  poi  hi- 
mi,  ccitu  :  esso,  dalla  disposizione  orale  dell'  aspirata  li  da  /f, 
non  passò  al  contatto  palatale  hj,  ma  a  quello  spirante  pa- 
latino e.  E  siccome  nessuna  differenza  acustica  c'è  tra  il  e  di 
etimi  e  il  e  notigiano  di  cavi  ciimmiiy  non  par  dubbio  che  la 
varietà  notigiana  r,  da  /  oj  implicati,  venga  dallo  stesso  U  che 
produsse  il  e  riflesso  da  j  o  l  implicati  con  f. 

Or  se  quel  maggior  numero  di  siciliani  che  pronunzia  kjaiH 
kjwmmn,  coincide  poi  colla  fonetica  notigiana  in  himi  catu, 
non  è  al  certo  per  ragionamento  etimologico,  ma  perchè  nel 
U  di  liiuni  liatn  dovea  esservi  la  causa  efficiente  della  devia- 
zione fonetica;  e  questa  causa  risiede  nell'aderenza  del  /",  che  agi 
sul  li  come  un  altro  7i,  onde  si  rese  il  Ti  più  aspirato,  o  si  de- 
terminò la  spinta  al  contatto  palatino  fricativo  (e),  e  esplosivo 
{e).  È  superfluo  dichiarare  con  esempj  tolti  dalle  lingue  ro- 
manze il  passaggio  del  f  a  //;  qui  ci  preme  far  notare  che  l'e- 
voluzione fi- pi- Mi  ci  spiega  come  pi  ci  ti  divennero  nel  no- 
tigiano e  e,  nel  resto  dell'isola  hj.  E  ragioniamo  così  :  se  il 
palermitano  ottenne  e  dà  fi  a.  causa  d'un  raff'orzamento   d'  a- 


262  Mise  S  LASEA 


t* 


spirata,  nello  stesso  modo  il  notìgiano  dovea  pronunziare  il  li 
da  ci  pi  ecc.  come  un  Vi,  il  quale  lo  condusse  a  fare  il  con- 
tatto palatino  {^havi  -  cavi,  ^liumbu  -  ctimmu);  e  il  palermitano 
nel  K  da  ci  pi  ecc.  dovea  far  sentire  la  gutturale  k,  onde  fu 
spinto  a  fissare  il  kj  (^liam-kjam,  ^Jimnniu  -  kjummu). 

I  riflessi  siciliani  del  X  greco,  i  quali  fan  là  /y,  qui  e  e  e, 
come  in  pan'ockja-parrocc'a  (uapóxta)  Mik]  eli -Aliceli,  mònacu- 
rnórmcu,  trackj- tracci  (xpaXeca),  kèiri-c'eiri  (Xecpòw;  Sua-Xspatvw, 
aborrire;  cfr.  il  notig.  malucèriri,  e  pel  sost.  5uo-xlpsia,  il  notig. 
cirenza)  ci  additano  che  il  li  delle  basi  lat.  ci  tipi  o  tj pj  avea 
lo  stesso  valore  fonetico  del  X  greco ,  poiché  da  questo  si  eb- 
bero riflessi  uguali  a  quelli  delle  basi  suddette.  Ma  le  voci  spa- 
gnuole  sicilianizzate  clcara  (jicara),  cileccu  (jileco),  cucucciata 
(cogujada),  maniccola  (manojo  -  manipulus)  ricòciri,  nella  frase 
ì'icuHrisi  lu  filli  -  ritirarsi  da  un'impresa  (recoger),  stranc'eru 
(strangero),  comuni  a  tutta  l'isola  come  il  e  da  ff,  ci  insegnano 
che  il  grado  d' intensità  che  avea  l'aspirata  '7i  dalla  quale  il 
siciliano  passò  al  e  da  fj,  è  perfettamente  uguale  a.  j  e  gè  gi 
spagnuoli,  che  sono  difatti  aspirate  gutturali  più  forti  del  X 
greco  e  del  eli  tedesco  (Diez,  Gramm  I,  345).  La  conseguenza 
di  questa  dimostrazione,  è  che  il  li  dapj,  tj  ecc.  dovea  suonare 
in  bocca  dei  notigiani  come  un  hota  (j  )  o  un  he  (gè,  gi)  spa- 
gnuoli; in  bocca  dei  palermitani  come  un  X  greco  o  */i.  Anzi, 
senza  andare  a  cercare  fuori  dell'isola  il  suono  vivo  corrispon- 
dente a  quel  li  dal  quale  presero  le  mosse  i  suoni  palatini  del 
siciliano,  poiché  l'ennese  o  siculo  centrale  passa  col  raff'orza- 
mento  da  ?i  a  hj ,  sarà  permesso  asserire  che  l'aspirata  del 
vsic.  la  quale  da  clj,  plj  portò  nel  palermitano  a  kj,  dovea  suo- 
nare come  il  h  ennese,  eh'  è  un'aspirata  più  consistente  del  j 
spaglinolo,  e  uguale  o  molto  vicina  al  X  greco. 


MISCELLANEA  263 

Messa  per  base  della  serie  alterativa  l'aspirata  li,  la  figura 
tachigrafica  che  rappresenta  le  due  evoluzioni  è  questa  : 

ol,  pi,  ti,  pj,  tj,  sj 

h 


fc/i  =  X  greco  */i  =  j  spagnuolo 


kj  e 

I  f 


ckj  e  0  8 

avvertendo,  che  siccome  abbiamo  figurato  con  hK  la  forte  a- 
spirata  dell'Ennese,  la  quale  ha  nel  resto  dell'isola  la  sua  cor- 
rispondenza per  s  (fewMari-sufflare) ,  il  h  preceduto  da  un 
mezzo  h  è  la  rappresentazione  grafica  più  confacente  per  l'aspi- 
rata più  leggiera  che  ha  dato  il  e. 

Sicché,  pel  dialetto  notigiano,  che  comprende  venti  comuni 
dei  circondar]  di  Noto  e  Modica,  le  alterazioni  fonetiche  di  / 

0  j  implicati  con  consonante  sorda,  e,  per  tutta  l'isola,  le  al- 
terazioni di  /  0  ^'  implicati  con  /"sono  indicate  da  questa  scala: 
ft  -  *ft  -  e  -  e  0  s'j  pel  resto  dell'isola  la  successione  fonetica  da 

1  0  j  preceduti  da  consonante  sorda  è  indicata  da  quest'  al- 
tra: li-^1i~kj-chj. 


III. 


Il  moderno  siciliano  riflette  adunque  iW  o  j,  implicati  con 
consonante  sorda,  per  li  hU  e  e  s  kj  chj.  Dalle  scritture  pare 
che  il  vecchio  dialetto  possedesse  un  solo  suono,  che  raffigu- 
rava con  eh.  A  quale  dei  suoni  che  ha  al  presente  il  siciliano 
corrispondeva  quel  eh  ì  Quale  fase  fonetica  di  quelle  segnate 
pocanzi  attraversava  il  dialetto  siciliano ,  quando  figurò  con 
eh  i  riflessi  di  ci  pi  ti  ecc.  ? 

Il  grammatico  Arezzo ,  che  nelle  sue  «  Osservanti!   di   la 


264  MISCELLANEA 


lingua  siciliana  »  {Messina,  1543)  si  sforzò  di  modellare  la  gra- 
fia siciliana  sulla  toscana,  ci  fa  intendere  che  questo  eh  ai  suoi 
tempi  avea  un  suono  uguale  a  quello  che  in  italiano  si  rende 
con  chi.  Egli  al  cap.  XV  dice  :  «  Quilli  vocaboli  li  quali  per 
noi  sonno  scritti  comunimenti  di  modo,  per  la  interposition  di 
la  littera  h,  chi  non  si  ponno  rettamenti  esprirairi,  io,  adattan- 
doli, adiuncta  la  vocali  z,  scriviria  in  quisto  modo:  chiamo  et 
non  chamOy  chiavi  et  non  chavi,  chiudo  et  non  cìmdo,  chiaro 
et  non  charo.  » 

Se  il  eh  in  queste  voci  avesse  avuto  «  quillo  accento  grasso 
con  lo  quali  1^  fiorentini  dicino  lo  ce  comò  ceh  concessi  et  si- 
mili » ,  egli  lo  avrebbe  detto ,  come  nello  stesso  capitolo  di- 
chiara per  Sichilia  facldmo;  e  avrebbe  proposto  senz'altro  di 
scriverlo  ce  ci,  come  nel  toscano,  e  come  egli  stesso  adopera 
e  raccomanda. 

Ma  l'Arezzo,  dovendo  tener  di  conto  la  più  estesa  maniera 
siciliana  ti  pi  ci  =  kj,  la  quale  era  anche  quella  di  Siracusa 
sua  patria,  potè  trascurare  la  varietà  notigìana /?pZ  c?  =  c  o  e; 
egli,  coir  aggiunta  d'un'^,  aggiustò  toscanamente  la  vecchia 
grafia  siciliana,  e  tolse  la  confusione  ingenerata  dall'uso  d'un 
nesso  ch'era  già,  come  dire ,  un  fossile ,  e  serviva  a  figurare 
due  suoni,  il  e  di  Sicilia  celie  (Sichilia  chelu),  e  il  hj  di  kjnu 
hjamari  (china  chamari). 

Se  non  che,  il  fatto  stesso  dell'uso  d'  un  nesso  che  rende 
due  suoni  tanto  diversi,  il  a  e  il  kJ,  fa  giustamente  sospettare 
che  nel  secolo  XII  o  nel  XIII,  quando  si  cominciò  ad  adope- 
rarlo, il  dialetto  non  era  nelle  condizioni  fonetiche  in  cui  si 
trovava  ai  tempi  dell'Arezzo:  il  eh  di  Sichilia  e  ì\ch  di  chimi 
(plenus)  dovevano  suonare  in  un  modo  tanto  affine,  da  bastare 
il  medesimo  sogno  per  esprimerli  entrambi. 

Al  laringe  dei  siciliani ,  che  parlavano  il  greco  nei  primi 
secoli  della  dominazione  romana  e  che  in  seguito  furono  u- 
n*altra  volta  grecizzati  dalla  signoria  bizantina,  non  potea  es- 
sere estraneo  il  h,  eh' è  foneticamente  lo  stesso  di  X-  K  non 
parliamo  dell'influenza  della  pronunzia  degli  arabi,  che   ave- 


MISCELLANEA  265 


vano  nel  loro  alfabeto  una  mezza  dozzina  d'aspirate  con  varie 
gradazioni  d'intensità.  Quando  i  siciliani  fecero  il  primo  ten- 
tativo di  scrivere  il  loro  dialetto,  avrebbero  trovato  agevol- 
mente nell'alfabeto  greco  un  elemento  monografico  per  figu- 
rare la  loro  tenue  gutturale  aspirata,  adottando  il  X.  Ma  do- 
vendo servirsi  dell'alfabeto  latino,  essi  presero  il  k  per  la  te- 
nue gutturale  esplosiva;  e  per  le  aspirate  ^h  e  ''/ì  non  pote- 
vano trovare  migliore  espediente  di  quello  che  adottarono , 
cioè  di  far  seguire  il  e  dal  h. 

Molto  probabilmente  potè  anche  darsi  che ,  trovato  il  di- 
gramma eh  nelle  scritture  normanne,  lo  prendessero  da  quelle. 

Alla  venuta  dei  Normanni  in  Sicilia  (prima  metà  del  se- 
colo XI)  la  popolazione  dell'isola  era  composta  di  tre  elementi: 
latina  o  indigena,  greco-bizantina  ed  araba.  La  scarsa  coltura 
letteraria  era  patrimonio  dei  greci,  i  quali  ufflziavano  la  mag- 
gior parte  delle  chiese  ed  erano  stati  per  quattro  secoli  i  do- 
minatori dell'isola;  e  degli  arabi,  i  quali  continuarono  anche 
sotto  i  normanni  a  far  prevalere  le  loro  arti  e  le  loro  scienze. 
I  due  Ruggieri  e  i  due  Guglielmi  non  solo  trasformarono  al 
culto  cristiano  le  numerose  moschee,  non  solo  ridussero  al 
rito  latino  le  chiese  greche,  ch'erano  le  più  ricche,  e  le  cat- 
tedrali, che  avevano  tutte  vescovi  consacrati  a  Costantinopoli 
e  dipendenti  da  quel  Patriarca,  ma  ricondussero  in  onore  la 
lingua  latina.  Sotto  il  loro  regno  si  cominciò  a  scrivere  il  par- 
lare romanzo  ch'era  in  bocca  dei  latini,  poiché  prima  di  quel- 
l'epoca non  v'ha  traccia  di  scrittura  dialettale;  e  non  sarebbe 
perciò  un'ipotesi  arrischiata  l'ammettere  che  per  rendere  gra- 
ficamente un  suono,  il  quale,  dopo  tutto,  non  era  neanche  e- 
straneo  alla  scrittura  latina,  come  avremo  occasione  di  dire 
in  seguito,  si  prendesse  ad  imprestito  il  eh  dell'alfabeto  nor- 
manno, cioè  della  lingua  d'o)7,  la  prima  fra  le  neolatine  ad  a- 
vere  una  letteratura  volgare. 

Or  che  valore  avea  il  eh  nel  vecchio  francese? 

La  questione  è  abbastanza  dibattuta,  (1)  e  non  è  mio  corn- 


ei) V.  Ascoli,  Corsi  di  gloUol.  §  38. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XV.  18 


266  MISCELLANEA 


pito  esporre  qui  le  varie  opinioni  sostenute  con  traito  valore 
da  insigni  filologi.  Il  Diez  però,  quantunque  posteriormente  ab- 
bia accennato  a  cangiar  d'avviso,  sostenne  che  avea  un  suono 
aspirato  (Graram.  1 ,  230).  L' ipotesi  del  grande  alemanno  sa- 
rebbe confermata,  a  mio  avviso,  da  questo  eh  siciliano;  poiché 
è  notevole  questo  fatto  :  il  eh  del  francese  moderno,  nelle  voci 
neologiche  siciliane,  fa  regolarmente  s:  &>'/o.y«- brioche,  o-a- 
t'O-ya  -  cravache,  (?«foJa  -  galoche,  cr?^v6' -  crochet,  f^/^vcs'srt  -  du- 
chesse, 6^a/a^6«-char-à-banc,  ,v//*^;?i^/ -  chiffonière  ;  ma,  in  quelle 
che  il  siciliano  trasse  dal  vecchio  francese,  fa  e;  <■«»//'« -chan- 
tre,  c«raw?efWa-chalumelle,  c«r//irtri -  charmer,  cav.hmi  o  cava- 
nmi-che\roTìycaureddu  o  cavareddu-chcyroì  ecc.;  far, preci- 
samente come  nelle  voci  prese  dal-castigliano  nello  quali  c'è  l'a- 
spirata J  {cileeeu  -  jileco,  vieara  -  jicara).  Cosi  in  formola  interna 
il  eh  del  vfr.  nel  siciliano  fa  ce:  aìmnuc'c'aì'l -ysìc.  amuchari- 
vfr.  muchier,  broccia -ysìc.  brocha-vfr.  broche ,  par«miwa - 
vsic.  parchimina-vfr.  parchemine;  e  non  diversamente  fa  il  ^* 
spagnuolo  in  (7«cw«'rtto-cogujada. 

Se  poi  si  riflette  che  il  eh  del  vfr.  ha ,  nel  siciliano  tutto 
quanto,  esiti  uguali  a  quelli  che  ha  il  notigiano  per  le  basi 
pi  ci  ti  in  form.  iniz.  (notig.  camarl  -  vsic.  charaari  -  clamare, 
ca?m- vsic.  chanu  -  planum)  e  in  form.  interna  (notig.  accor' 
nari  -  vsic.  achanari  -  adplanare,  veccii  -  vsic.  vocìi u  -  vetulus , 
torc'u  -  vsic.  torchu  -  torculum,  oppure  oa-u  -  vsic.  ochu  -  oculus), 
possiamo  anche  argomentare  il  grado  d'intensitcà  dell'aspirata, 
al  quale  corrispondeva  il  eh  del  vecchio  francese  :  esso  dovea 
essere  più  forte  del  X  greco,  e  uguale  al  j  e  al  x  spagnuoli, 
al  */i  dei  riflessi  siciliani  dalla  base  /f,  e  al  Vi  dei  riflessi  no- 
tigiani  da  ogni  base  implicata. 

Noi  diciamo  in  conclusione  che  il  suono  parassitario  li,  nei 
riflessi  d'ogni  l  o  j  implicati,  avea  diversa  intensità  nel  noti- 
giano  e  nel  palermitano,  come  l'avoa  nelle  varie  favelle  ro- 
manze, e  la  rivela  tuttavia  negli  ulteriori  sviluppi.  A  tacere  dei- 
Pennese,  che  conserva  l'aspirata  a  somiglianza  delh^  spagnuolo, 
questi  sviluppi  in  gran  parte  dell'isola  corrispondono  a  quelli 


MISCELLANEA  267 


dell'Italia  latina  e  del  rumeno,  cioè  kj  ;  nel  notigiano  a  quelli 
dei  dialetti  gallo-italici,  cioè  e  o  e.  A  nostro  modo  di  vedere 
il  ìt  dovea  essere  poco  aspirato  nel  glottide  degl'italiani  del 
centro,  del  mezzogiorno  e  di  gran  parte  della  Sicilia,  e  potè 
volgere  a  kj  :  esso  dovea  suonare  come  un  ''li.  Nel  laringe  dei 
notigiani  e  dei  gallo-italici  l'aspirazione  era  più  vibrata,  e  fu- 
rono perciò  favorite  la  sibilante  e  o  la  dentale  esplosiva  d: 
qui  il  U  dovea  equivalere  a  un  ''U. 

Il  digramma  eh  del  vecchio  siciliano  nei  riflessi  di  l  o  j 
implicati,  anziché  rappresentare  il  '7/,  limitato  alla  piccola  zona 
dialettale  notigiana,  rendeva,  a  nostro  avviso,  il  %  e  chami, 
a  mo'  d'esempio,  si  leggeva  ^Hami,  come  si  sente  a  Firenze 
in  questa  frase:  Come  Hi  ^Uamiì  Esso  andò  via  via  spoglian- 
dosi dell'aspirata,  e,  molto  prima  che  l'Arezzo  raccomandasse 
di  rettificare  l'ortografia  siciliana,  suonava  già,  in  molta  parte 
dell'isola,  affatto  gutturo-palatale,  cioè  /y",  Qu^'^^unque  si  con- 
tinuasse a  scriverlo,  come  vedremo  in  seguito. 


IV. 


Prima  di  cominciare  a  svolgere  la  seconda  parte  del  no- 
stro tema,  gioverà  indagare  se  il  segno  alfabetico  /i,  il  quale 
ha  tanta  parte  nel  digramma  eh ,  aveva  nel  vecchio  siciliano 
valore  fonetico,  o  era  un  segno  puramente  ottico,  come  lo  è 
in  italiano  per  ho,  hai,  ha,  hanno. 

Nella  trascrizione  del  siciliano  odierno  il  h  non  si  riscon- 
tra mai,  tolti  i  casi  in  cui  esso,  come  nel  toscano ,  serve  in- 
sieme col  e  a  rendere  la  gutturale  sorda  esplosiva  di  sacchi, 
0  lo  stesso  suono  un  po'  schiacciato  di  vecchj.  Ma  sarebbe  i- 
nesatto  il  dire  che  il  siciliano  sia  alieno  da  questa  spirante, 
solo  perchè  essa  non  figura  nelle  scritture. 

Oltre  alle  voci  in  cui  alcune  parlate  dell'  Ennese  pronun- 
ziano il  h  seguito  da  un'i  più  un'altra  vocale,  come  nei  ri- 
flessi Ai  j  0  l  implicati  {Hanu  -  planum,  Itavi  -  clavis,  humi  -  flu- 
men,  che  il  Traina  trascrive  Manu,  hiavi,  Munii},  il  h  si  sente 


268  MISCELLANEA 


chiaramente  al  posto  del  e  o  del  g  dileguati ,  sia  in  formola 
iniziale  :  harniha  -  camilja  ,  liatta  -  gatta ,  hamma  -  g:auiba , 
ìuiddii-gSiXìo,  hànganiK  -  ^(i.f(o^\iov,  harzuni-gsivzone,  Haspànu- 
Gaspare  ecc.;  sia  in  forni,  interna  :  giahanU  -  gigante,  lihutui- 
legume,  ecc. 

Diremo  da  qui  a  poco  della  natura  di  quest'aspirata. 

Il  Gioeni  (Saggio  d'etimol.  sicil.)  segna  alla  letlcu'a  H  tre 
voci  con  aspirazione  :  hama,  mota  di  fiume  fgr.  Xa|ia{),  hiniari 
(liinnire),  ìiu  (gufo).  Ma  l'aspirazione  più  intensa  ch'io  abbia 
udita  in  bocca  dei  siciliani,  è  quell'imperativo  tuhlir!  co\  (jualo 
i  contadini  del  notigiano  dan  segno  di  fermarsi  alle  bestie  da 
soma.  E  un  fortissimo  suono  aspirato  gutturale,  ciresplode  dalla 
gola,  come  quello  che  accompagna  un  vigoroso  colpo  di  scure 
a  due  mani. 

Il  Traina  nel  suo  pregevole  Vocal).  sicil.  scrive  giahanfì  ; 
ma  quando  si  tratta  del  suono  aspirato  iniziale,  mette  innanzi 
il  segno  dello  spirito  lene:  ('  =  '/i)  'addu  (gallo\  'cinga  (gan- 
ga) ecc. 

Il  fenomeno  è  più  avvertito  nelle  sillabe  iniziali  con  ii,  vo- 
cale labiale  che  richiede  maggiore  sforzo  muscolare  delle  al- 
tre ;  ond'è,  per  compenso,  giustificata  l' elisione  non  solo  delle 
consonanti  gutturali,  che  si  formano  in  un  posto  molto  lon- 
tano dalle  labbra:  'hiigghiaia-gugìiaia^  'hula-goìa,  'hùmina-go- 
mena,  'hunnedda-gonneWa;  ma  anche  delle  dentali:  'hunca-dm\- 
que,  'indiala  -  dottata,  (fico),  'luimuìcella  -  limoncello;  e  segnata- 
mente della  labiale  v,  primitiva,  o  secondaria  da  h:  7i«;7)i-volpe, 
Vi  MCCtt  -  bocca,  *huci -voce,  'htigghj  ri -hoWìrc  ecc. 

Quest'aspirata  del  siciliano  i)  indubbiamente  di  natura  so- 
nora, come  le  consonanti  alle  quali  si  sostituisce;  e  sta  alla 
sorda  'h  (spirito  aspro)  come  il  g  al  e,  il  d  al  /,  il  b  al  p,  il 
V  al  f.  Ad  alcimi  potrebbe  anche  parere  trascurabile  nella  scrit- 
tura. Ma  farò  notare  un  fatto,  che  prova  l'irrefragabile  esistenza 
di  quest'alito  e  la  sua  indole  di  consonante. 

Il  siciliano  odierno  adopera  l'articolo  /'  in  ambo  i  generi 
dei  sostantivi  cominciauti  per  vocale:  Varma,  V crva^  Visca, 


MISCELLANEA  269 


Vomu,  Vara;  ed  usa  gli  articoli  a,  u  dinanzi  a  quelli  che  por- 
tano all'iniziale  una  consonante  :  u  cani,  a  capra,  u  letiu  ecc. 
Or  bene  non  si  dice  Vurp'i,  Faddu;  ma,  a  'urpi,  u  'addii,  per- 
chè quell'aspirata  è  per  se  stessa  una  consonante,  che  non  tol- 
lera dinanzi  a  sé  l'art.  /',  e  richiede  un  trattamento  uguale  a 
quello  che  si  usa  per  tutti  gli  altri  suoni  consonantici. 

Nella  Sicilia  orientale,  invece  dell'aspirata  sonora  li,  si  ado- 
pera l'aspirata  sonora  jotizzataj,  in  tutti  i  casi  di  dileguo  di  con- 
sonante gutturale  dinanzi  ad  a;^V/^to-gatta,  JrtfW«-gallo;  e  questo  è 
anch'  esso  un  suono  consistente  semi-consonantico ,  come  in 
jocu ,  jornu  ecc.;  il  quale,  non  solo  non  soffre  l'articolo  T,  e 
vuole  le  forme  articolari  a,  ii,  ma  ci  porge  un  fenomeno  che 
dimostra  la  sua  vera  natura.  Ed  è  questo.  Come  quell'aspi- 
rata, che  ha  preso  il  posto  del  ^,  del  v  o  del  b,  torna  dopo  una 
voce  che  ha  virtù  raddoppiativa,  al  suono  primitivo  (tui  liun- 
nedda-trl  gunneddi,  diC  liucl-trl  vucl  o  iribuci);  come  si 
dice  na  parti  e  tri  pparti  ecc.,  cosi  abbiamo  di  jornu  e  a 
glijornu ,  jaiti  e  ccani  e  cani  e  ghjatti ,  na  janitna  e  tri 
ghjammi;  nel  palermitano:  na  liatta-tri  galli  ecc.  (1;. 

Nelle  scritture  del  vecchio  dialetto  troviamo  habitari,  ha- 
viri,  hasta,  liorlu,  hiimitri  ecc. ,  dove  il  h  può  essere  etimo- 
logico, un  latinismo  grafico,  un  segno  che  non  dovea  servire 
per  la  pronunzia.  Ma  non  si  può  dire  lo  stesso  di  han-uba, 
ha>ja  (cavea),  hannaca  (arabo  khan  n a (] a,  collana),  che  oggi  si 
pronunziano  Carrubba,  caia^  C(7;i/ifl(?/.  Un  altro  documento  della 
vigoria  che  av^va  il  li  nel  vsic.  s'avrebbe  nel  cognome  Pricuni, 
che  in  un  atto  del  1535  è  scritto  Dj  Priluml;  così  il  cognome 
originario  De  Haro  avrebbe  dato  il  nome  a  tre  casati  apparen- 
temente diversi:  Dedro,  De  Caro,  Di  Faro.  Quest'ultima  alte- 
razione, h  del  vsic.  che  dà  /"nel  nuovo,  trova  anche  riscontro 


(1)  Il  sejuetite  verso  di  canto  popolare  nel  notigiano  fa: 
Ccii  glijadJu  e  senza  jaddu  D.liu  fu  ghjornu. 
nel  palermitano  : 

Cu  gadJu  G  senza  'ha  Idu  Ddlii  fa  ghjornu. 


^70  klSCELLASÈA 


in  ci  fila,  gomma  drag'ante,  ar.  q  i  t  h  i  r  a ,  vsic.  tihira;  e  in  fln- 
niri,  nitrire ,  lat.  hinnire ,  vsic.  hinniri  o  hinnixiri. 

Nel  vecchio  siciliano  adunque  il  h  era  in  alcuni  casi,  anche 
escludendo  quelle  voci  in  cui  si  vuol  ritenere  etimologico,  una 
aspirata  sorda  (spiritus  asper),  flata^  seconda  la  bella  distin- 
zione di  R.  von  Raumer,  che  chiama  halatae  le  sonore.  E  ce 
lo  dimostra  il  fatto  che  quelle  voci  le  quali  nel  vsic.  avevano 
questo  Vi,  nel  nuovo  han  preso  una  consonante  sorda:  hanna- 
ca-cannaca,  ^i/iira- citila;  al  contrario  del  Vi  (spiritus  lenis), 
che  essendo  lialata^  prende  costantemente  il  posto  delle  so- 
nore dileguate  {'ktila-gida,  'liwpi-vurpl  ecc.),  e  torna  sempre 
ad  esse  nelle  condizioni  favorevoli  di  rafforzamento  :  a  gula 
aperta,  tri  vutyi. 

V. 

Il  vsic. ,  oltre  al  k  =  lat.  qu ,  e  ad  altre  conformità  orto- 
grafiche con  le  scritture  d'ogni  vecchio  dialetto  italico,  avea 
comuni  col  vtosc.  gli  espedienti  grafici  per  rendere  alcuni 
suoni  romanzi  jotizzati  che  mancavano  al  latino.  Il  n,  (sp.  n, 
prov.  «/i,  fr.  in)  era  ugualmente  figurato  con  gn;  il  ì  (sp.  Il , 
prov.  Ih,  fr.  il),  con  gì:  vigna,  fìglo. 

Nei  digrammi  gn  gì  è  inerente  un'/,  che  nella  vecchia  scrit- 
tura dei  volgari  italici  non  figura;  e  pel  solo  gn  non  figura  nem- 
meno nella  moderna:  si  scrive  vigna,  non  vignia.  Ma  pel  <;/ il 
toscano  cominciò  di  buonora  a  scriverlo  gli,  mentre  il  siciliano 
lo  conservò  fin  al  secolo  XVII  (1). 

(1)  N-ji  codice  Gorunlino  del  sec.  XIII,  pubblicalo  da  Cesare  Paoli  nella 
Aliscclluiica  Gaix-Cancllo,  pag.  92,  un  sosl.  locale  è  scrilto  Aglana  {Colonia 
Alliana  dui  gentilizio  italico  Allius).  Nelle  sentenze  di  Dionisio  Gato  tra- 
dotte in  vecchio-veneziano  (TouLKn  ,  Die  allvenezianische  iil)ersetzung  der 
Sprftche  de»  Di:.nÌ8ÌU9  Cute,  Herlin  1883,  p.  15)  leggiamo  figloU,  mogler,  uo- 
(jlo  ecc.  I/i  «tessa  trascrizione  si  riscontra  in  una  canzone  di  Maestro  An- 
t(Miio  Hecluiri  da  Ferrara  ilei  ISA  publjlicala  e  coniincntala  da  Pio  Ilnjiia 
(Uiora.  slor.  delia  lyHler.  ilul.  u,  XIIIJ  :  oolglo,  malgla,  biUagla,  scrimagla, 


MISCELLANEA.  271 


In  quanto  al  suono  romanzo  e,  mancante  anch'esso  nel  la- 
tino, il  toscano  ci  offre  la  soluzione  più  naturale  del  problema 
che  si  presentava  ai  primi  scrittori  di  volgare,  quando  occorse 
loro  di  figurarlo  con  un  segno  alfabetico  :  esso  adottò  il  e  se- 
guito da  e  0  i,  che  per  altro  veniva  designato  da  alcune  pa- 
role dov'è  etimologico:  /ac76'.s' -  faccia,  cicer -cece,  così  come 
il  fjji  di  piifjnm  dUjìius  suggerì  l'ortografìa  gn  per  n. 

Or  perchè  qui  il  siciliano  diverge  dal  toscano?  perchè  esso 
scrisse  fachl,  diicldru,  non  facci,  ciclru?  Non  certo  per  in- 
flusso dello  spagnuolo,  dove  por  coincidenza  fortuita  il  e  vien 
figurato  con  cìi  :  ci  voleano  ancora  parecchi  secoli  prima  che 
i  Castigliani  avessero  dominio  nell'isola,  e  prima  di  loro  ven- 
nero i  Catalani  che  rendono  il  e  con  tx. 

Si  può  al  più,  trattandosi  d'imprestito,  pensare  al  vecchio 
francese;  ma  forse  non  è  del  tutto  necessario,  se  si  tien  conto 
della  scrizione  latina  eh  adoperata  nella  età  repubblicana  e 
imperiale  tanto  innanzi  ad  e  ed  /,  quanto  innanzi  ad  altre  vo- 
cali ed  a  consonanti ,  come  si  desume  da  iscrizioni  :  Achilio 
per  Acillo,  trachia  per  Opaxta,  chentiwiones ,  schenicos,  pache, 
Prlschae  ecc. 

Espresse  testimonianze  assicurano  che  questo  eh  nel  blat. 
pronunziavasi  aspirato.  Il  toscano,  nelle  più  antiche  scritture, 
conservò  inalterato  questo  digramma,  là  dove  esso  non  è  pa- 
latinizzato,  dove  cioè  non  è  seguito  da  un'/.  Gli  esempj  sono  co- 
munissimi. Dal  citato  Codice  fiorentino  d(d  Paoli  traggo:  cIìoììI" 
perato,  boscho,  Chavalcha,  cliostó,  charta,  chasallno;  dal  Teso- 
retto  di  sor  Brunetto  Latini:  amlclio,  cìionoscl,  fuocho,  chosa, 
chappello,  alchun,  incliolpi,  clionforto;  dalla  citata  Canzone  di 
A.  Bechari  :  cercliar,  alchun,  chnntcw,  hdclio  ecc.,  e  anche  gio- 
gito  e  Cxìialeocto. 

Non  altrimenti  faceva  il  siciliano  in  quelle  voci  ch'esso  pro- 
nunzif^va  col  kh,  o  come  si  vuol  dire  col  e  aspirato  e  non  jo- 
tizzato.  Se  non  che,  a  differenza  del  toscano,  che  conserva  an- 
cora l'aspirazione,  quando  il  e  gutturale  è  fra  due  vocali  (e  do- 
vrebbe couliuuarg  la  più  corretta  grafia  dell'antico,  e  scrivere 


272  MISCELLANEA 


amicìio,  foclió)  il  siciliano  non  ha  più  questo  suono  aspirato, 
ed  or  l'ha  fatto  e,  or  f. 

L'alterazione  eh -f  non  lascia  alcun  dubbio  sulla  pronun- 
zia aspirata  che  aveva  il  eh  nel  vecchio  siciliano.  Nei  registri 
notarili  e  nelle  earte  del  Libro  rosso  di  Noto  i  feudi  ch'oggi 
si  chiamano  :  Frammrdica,  Bufalcfì,  Bufi'du,  NafalhiK,  Bufa- 
lìnu,  sono  scritti  Chalmedica,  Buclialefì,  Buchutu,  Nachcdlnn, 
Buehalinn.  Così  Maehomeito,  Monaehò  ([xovaxói;),  cognomi,  Ra- 
chal  Ali,  sost.  locale,  oggi  si  pronunciano  Maffumettu,  Munafò, 
Raffadali.  L'arabo  makhaluq  (Ornitogalo  o  Latte  di  gallina) 
nel  medicano  fa  hafalucu,  nel  notig.  macalucu.  Lu  Chomisii  o 
Jhomisu,  Il  Comiso  o  Comiso,  in  qualche  parlata  fa  'UFòmmisu. 

La  forte  aspirata  araba  =>  (hha)  della  parola  ;3>;  (casale) 
nei  numerosi  toponomastici  composti  con  essa,  s'è  condensata 
in  e  0  m  ^,  0  s'è  anche  dileguata:  Raeahmdu,  Ragcdbidu,  Ram- 
macoa  ecc.  Né  gran  fatto  diversi  sono  i  riflessi  dell'altra  a- 
spirata  più  debole  ^  (ai'n)  nelle  non  meno  numerose  voci  lo- 
cali composte  con  c)'^  (fonte):  Canieattì ,  'Annieaitìni,  Gaini- 
ti  ecc.;  se  non  che  questa  ci  offre  qualche  caso  di  jotizzazione 
nella  serie  delle  fricative:  Janniniàuru,  ^Cianniearàu ,  Leto- 
jcmni,  ecc. 

La  cennata  conformità  di  sogni  grafici,  pei  suoni  romanzi, 
nel  siciliano  e  nel  toscano ,  porge  un  argomento  importante 
dilla  filologia,  per  indagare  i  rapporti  letterari  di  questi  due 
dialetti  italiani  nelle  loro  origini.  Io  non  sono  in  grado,  con 
tanta  ristrettezza  di  mezzi,  di  scoprire  quale  delle  due  lette- 
rature, per  ciò  che  si  riferisce  alla  grafia,  influisse  sull'altra. 
La  tesi  è  al  certo  superiore  alle  mie  forze;  non  è  però  arri- 
schiata la  induzione  che  se  il  siciliano  avesse  posseduto  il  e 
palatino,  l'avrebbe  reso  nello  stesso  modo  come  fece  il  toscano, 
col  (pialo  avea  comuni  i  digrammi  gn  por  n,  gì  por  U  eli  per 
////.  Ma  poiché  esso  con  ee  ei  rappresentò  il  z  (bollici ,  gra- 
ciiisu,  siancin,  servici u,  niacccri),  o  anche  il  z  dolce  (se  dob- 
biamo arH:onion(aro  dall'odierna  pronunzia  di  arriciptarl  '  ri» 
zitta  i ,  specUdi-aphiali),  e  poiché  esso  si  servi   del  eh  per 


MISCELLANEA  273 

rendere  il  li  non  palatinizzato  di  ChalmecUca  ecc.  e  il  li  pala- 
tinizzato  dei  riflessi  di  l  o  j  implicati  i^li),  mi  par  chiaro  che 
a  questo  di  il  quale  sta  al  posto  di  ce  ci  lat.,  si  attribuisse  pure 
una  pronunzia  aspirata. 

È  mestiere  però  ammettere  che  quest'aspirata,  per  volgere 
a  e  0  e,  come  si  pronunzia  ora  in  tutta  Pisola,  dovea  essere 
molto  chiara  e  strisciante  sul  palato  anteriore:  un  ^U  che  andò 
spogliandosi  della  aspirazione,  rendendosi  sempre  più  palatino 
ed  esplosivo  :  si  andò  a  chìia  da  ^ìlima  (lat.  cima)  come  a  ci- 
sca  da  ^'liisca  (fiscus). 

Notiamo  intanto,  cosi  alla  sfuggita,  che  il  e  prettamente  pa- 
latino è  inteso  in  tutta  l'isola  quando  è  doppio  :  cacca,  sacc% 
ccippu  ecc.  Ma  quando  è  scempio,  solo  l'Ennese  lo  pronunzia 
palatino  :  cela,  fìcl,  paci  ecc.,  come  fanno  gl'italiani  del  setten- 
trione; nel  resto  dell'isola,  anche  parlando  la  lingua  naziona- 
le, si  adopera  la  linguale  continua:  celu,  fm,  paU,,  come  fanno 
i  toscani.  Quei  di  Mineo  canzonano  i  loro  vicini  di  Grammi- 
chele  che  pronunziano  cipudda,  cicoria,  acitu. 

Il  fenomeno  d'alcuni  casi  sporadici,  nei  quali  si  nota  il  k 
continuatore  di  ce  ci  lat.,  è  forse,  più  che  una  continuazione 
diretta  della  pronunzia  gutturale  latina,  un  deviamento  del  /i, 
una  testimonianza  di  questa  fase  fonetica  ;  come ,  a  nio'  d'  e- 
sempio,  in  un  altro  campo,  lo  voci  iuveddu  (clavellus),  iikliri 
(eludere), /»^^iajj?«  (plumacium)  ecc.,  sparso  qua  e  là  nell'isola  in 
mezzo  alle  l'orme  prevalenti  e  normalmente  alterate  hjaveddu, 
kjudiri,  kjumazzu,  sono  testimoni  della  fase  fonetica  ci,  pl=hy 
donde  si  passò,  per  ^U  o  ^h,  or  ad  un  suono  toccante  il  palato 
(/y  0  e),  or  per  accidia  muscolare  ad  una  lieve  strisciante 
U  o  e). 

Spiego  con  qualche  esempio  il  mio  pensiero.  Le  forme 
kjrcu  e  circK,  nkjmiddari,  nghjmari  e  cimedda  (cima),  fram- 
ckja  e  vicr'a  (fabavicia),  kjosu  e  c'éiisu,  dcùni  e  agghjru,  ghjsta 
e  cista  sarel)bero  figun^  divergenti  da  forme  di  fase  anteriore 
col  11  :  liircu ,  lama ,  viìlia ,  dUirii,  llista.  Invece  di  ratt'orzare 
l'aspirata  /t,  volgendo  al  contatto  palato-alveolare  (k-^li-c  o  e), 


2/4  lilSCELLÀNEA 


espunta  Taspirazione,  si  condensò  il  suono  sul  palato  superiore, 
ora  per  la  spinta  del  n/m  /ikji'ca,  nhhnlddai'l  ecc.,  cosi  come 
TEnnese  fa  iihjammari  da  liamma,  ora  per  rafforzamento  spon- 
taneo, in  kircu  ecc.  (1). 

Nel  vsic.  le  varietà  grafiche  onde  si  rendevano  i  latini  ce 
ci ,  argomentando  da  alcune  trascrizioni  da  me  colte  in  que- 
sto e  in  quel  codice,  erano  di,  Ji,  k,  j,  specie  nel  primo  periodo. 
In  un  Ms.  del  1320,  pubblicato  nell'Arch.  Stor.  Sic.  a.  IX,  N. 
S.  p.  378,  si  trova  hintimiru  (centenarium) ,  rekipendu  (reci- 
pendo),  accanto  a  chintlnarii,  perchlputu.  Nel  «  Rebellamentu 
di  Sichilia  »,  al  §  XL ,  e'  è  un  dUilti  che  in  altri  posti  dello 
stesso  componimento  è  scritto  dlchitl.  In  un  Ms.  di  Scicli  un 
cognome  che  oggi  si  pronunzia  Mlccìkè ,  è  scritto  or  Mikike 
ora  Mlchlhe.  Più  tardi  lo  Scobar  registra  nel  suo  vocabolario 
sicil.  -latino  auckcllu  e  auchello.  Un  nome  di  luogo,  ch'è  lungo  il 
corso  superiore  del  fiume  Cassibile,  in  un  registro  di  notajo  noti- 
giano  del  sec.  XVI,  è  scritto  or  Macliesl  ed  or  MaghesL  E,  come  lo 
Scobar  rimanda  da  hyumi,  hijuri^  ecc.  a  lumi,  lari,  cosi  il  ci- 
tato Rebellamentu  di  Sichilia  qui  porta  chascimu ,  là  paschi-' 
dumi  (nelle  «  Costitucioni  benedictine  »  ,  chasquidimu  ;  nella 
«Vita  di  lu  beatu  Corradu  » ,  chaskidimu  ;  cfr.  chascun  del 
vvenez.  nella  op.  cit.  del  Tobler).  Un  notajo  notigiano,  nel  1555, 
scrivea  or  cnppnjo  ed  or  cappitcìio  (Registro  del  not.  Girol. 
Palminteri,  f.  207).  Gli  «  Atti  del  Parlamento  siciliano  di  Taor- 
mina, a.  1411  »  pubblicati  da  G.  Beccaria,  hanno  la  scrizione 
rackiini  (ragione);  un  codice  del  1320  nell'Arch.  stor.  sicil., 


(1)  Il  fliocnl  (Ardi.  Slor.  sicil.  Appcml.  p.  10,  a.  X)  assicura  clic  *  in 
quel  ili  Terranova  (provincia  di  CalliinissetUi)  non  altiimcnli  tlicoiio  ohe 
dudichi,  chircu,  luchi,\ìQT  dudici^  circu,  /mcj, e  simili».  Sarebbe  senza  ihil)- 
hlo  un  fallo  imi)ortanle  p(;r  la  sui  estensione,  il  (juale  farebbe  riscontro 
ooU'ullrj  uj^ualrncntc  notevole  del  notigiano  gìij  per  gi:  tnaggìijstri  -  miX' 
gislcr,  leggfjri- Videro  ecc.  Ma  so  io  sono  in  grado  di  poter  l)ene  assicu- 
rare r  c<(i>4tcnza  di  «(ucHt' ultimo  fenomeno  in  una  non  piccola  zona  dialet- 
tale, non  ho  avuto  modo  di  costatare  l'asserzione  del  compianto  Giocai,  e 
Ufi  aun  liritilalo,  [kv  operar  ouu  coscienza,  a;,'li  ujumpi  bporudici. 


klSCELLAÌSEA  275 


a.  1884,  p.  380,  reca  a§caiuni  (a  cagione),  più  comunemente 
scritti  caxuni,  raxuni. 

Tanta  incertezza  di  trascrizione  ci  addita  il  valore  fonetico 
che  nel  vsic.  era  attribuito  al  eh  corrispondente  a  ce  ci  la- 
tini :  esso,  rendendosi  anche  per  i  e  scambiandosi  per  x,  non 
potea  rappresentare  i  suoni  é  o  k;  e  poiché  1' /  e  il  x  erano 
pure  adoperati  per  Iitj  (anche  nel  vecchio  spagnuolo  il  x  si 
usava  spesso  in  vece  del  /iota),  mi  pare  evidente  che  gli  si 
attribuisse  un  suono  aspirato.  L'  uso  poi  del  j  per  eh,  come 
in  jasckichmu,  eappujo,  in  un  secolo  nel  quale  l'ortografia  si- 
ciliana prese  dalla  spagnuola  molti  altri  segni,  non  lascia  alcun 
dubbio  che  quel  eh  suonava  aspirato  come  un  j  castigliano. 

Né  ho  bisogno  di  valermi  d'un  esempio  a  prima  vista  spe- 
cioso, ma,  a  chi  ben  guarda,  poco  concludente.  L'  Ardi.  stor. 
sicil.  a.  XU,  pp.  354-355,  riporta  un  atto  notarile  del  1398,  il 
quale  è  firmato  con  caratteri  greci  da  un  Roberto  Mercuri , 
giudice  del  casale  Mirto:  ppou^pxu  [itpxoupt  y'°'^S^5Ctj  5t  Xou  y.a- 
eaXt  5e  (Acpxo.  Il  X  di  '(ioóòc/ji  avrebbe  valore  dimostrativo ,  se 
l'alfabeto  greco  possedesse  un  segno  per  figurare  il  suono  e. 
In  difetto  di  questo,  il  Mercuri  fece  una  trascrizione  appros- 
simativa. Leggasi  in  proposito  quel  che  dice  acutamente  il 
D'Ovidio  in  un  caso  analogo  (Arch.  stor.  napol.,  a.  Vili,  fase.  3). 

Gli  esempi  citati  pocanzi  dimostrano  inoltre  che  lo  scrit- 
tore pronunziando  Niin/incwu ,  rc'^liipendu  ,  dNiUl ,  ''liaseuntt , 
MlHiiké ,  cappiiHw ,  nell'incertezza  della  scelta  del  segno  per 
esprimere  il  suono  aspirato,  quand'egli  si  scostava  dal  segno 
convenzionale  eli,  ricorreva  ora  al  k,  ora  al  h,  bì  j  o  all' 2. 
Così  oggi  s'oscilla,  nella  scrittura  dell'odierno  sicil.,  tra  jinni, 
hiuml  e  eliiumi  (Rsc.  il  Vocab.  del  Traina;  e  i  Proverbj  sicil. 
del  Pitrè,  III,  172). 

Nel  vsic.  questo  fenomeno  non  sarebbe  isolato.  Quando  si 
dovea  rendere  Vù  tonico  (un'o  così  chiuso  che  può  dirsi  un  u 
largo),  or  si  scrivea  iurnu,  viitu,  leeiiinì,  jiieu,  disurdini,  eu- 
ri, anciira  ecc.;  ed  ora  lomu ,  votu,  Iccloni,  iocu,  disordini, 
corif  ancora.  Analogamente  per  Ve:  (un'c  che  partecipa  molto 


276  MISCELLANEA 


dell'»)  trinta  e  trenta ,  pidu  e  pectu ,  planita  e  pianeta,  cU- 
chimbrii  e  dichemhru,  cuntlntu  e  cuntentu,  c'uilu  e  ventu,  viru 
e  veru,  vinu  e  t'ew^f,  tunpUta  e  timpe.ì'a. 

E  non  fanno  altrimenti  gli  scrittori  in  vernacolo  dell'  En- 
nese  orientale,  dove  si  sentono  ancora  Vù  e  Ve.  Un  maestro  e- 
lementare  di  S.  Caterina ,  invitato  da  me  a  trascrivere  fedel- 
mente le  voci  della  sua  parlata .  non  sapea  se  dovesse  scri- 
vere slgnuri  o  signori,  libru  o  lebru^  misi  o  mesi  (mensis),  pia- 
sta  0  piesta  (pasta»,  poiché  là,  come  a  Sortino  e  altrove ,  v'  è 
anche  Va,  ma  un  po'  addolcito  dall'/. 

Lo  stesso  Remigio  lloccella,  autore  d'un  utile  Vocabolario 
della  lingua  parlata  di  Piazza  Armerina  (a.  1873),  nel  quale 
adottò  il  segno  o  per  rendere  Vii  di  questa  parlata,  quando 
ebbe  mandato  al  Vigo  un  manipolo  di  componimenti  popolari 
di  quel  comune,  i  quali  tigurano  nella  «Raccolta  amplissima  di 
Canti  pop.  sicil.  »  (a.  1870-1874),  cadde  anche  lui  in  questa  in- 
certezza, e  scrisse  con,  coiir  (N.  5318),  carusgi  (5319);  e  altro- 
ve, aiììurosi  (5339),  amor  (5340)  ecc.,  i  quali  sono  poi  regi- 
strati nel  suo  Vocabolario  co  (quelli),  cor  (core),  carós  (ra- 
gazzo), amurOs  (amorosi),  auìor  (amore);  cosicché,  in  difetto 
d'un  segno  speciale  per  Vù,  or  si  servì  dell' ze,  or  dell'o,  e  or 
deWoii. 


VI. 


Non  é  facile  determinare  in  qual  secolo  il  suono  ''li,  da  ce 
ci  lat.,  diventò  del  tutto  palatino  o  linguale  fricativo  negli  or- 
gani vocali  del  siciliano.  La  trasformazione  dovette  avvenire 
lentamente  e  insensibilmente,  come  in  tutte  le  evoluzioni  or- 
gtiniche;  e  non  ugualmente  in  tutta  l'isola,  poiché  le  altera- 
zioni dei  suoni  né  si  compiono  in  un  anno,  nò  si  manifestano 
colla  stessa  intensità  nelle  varie  parlate  d'  una  regione  dia- 
lettale. 

Nel  secolo  XVI  V  intacco  dovea  essere  già  consumato,  in 
buona  parte  dell'isola,  segnatamente  nelle  jj^osso  città  mant-» 


MISCELLANEA  27? 


time;  e  il  eh  delle  scritture  veniva  letto  e,  come  esplicitamente 
dichiara  l'Arezzo  (op.  cit.),  il  quale,  al  cap.  XV,  dice:  «Udendo 
alcuni  sillabi  in  li  quali  si  interponi  la  littera  li ,  di  noi  pro- 
nuntiati  con  quillo  accento  grasso  con  lo  quali  li  fiorentini  di- 
cino  lo  ce  di  celo  concepì  et  simili,  di  poi  di  aviri  sopra  quisto 
considerato,  mi  parsi  risolvirirai  chi  resti  lo  accento  dil  modo 
sta,  ot  si  levi  in  tutto  la  littera  It;  di  quisto  modo  celo  et  non 
chelo,  ceco  et  non  checo ,  Sicilia  et  non  Sichilia,  Francisco  et 
non  Franchisco,  diclino,  faclmo  et  cussi  tutti  altri  in  li  quali 
tal  littera  si  interponi.  » 

Il  valentuomo ,  entusiasta  di  Dante  e  di  Petrarca  a  segno 
da  giustificare  o  condannare  una  voce  del  dialetto  siciliano 
cogli  esempj  tolti  dalla  Commedia,  dai  Trionfi  e  dal  Canzo- 
niere, osserva  in  tutto  il  suo  scritto  la  nuova  grafia  modellata 
sulla  toscana;  comechè  qualche  volta  cada  lui  stesso  nel'a 
vecchia  maniera,  involontariamente,  per  abitudine  inveterata.  È 
curioso  poi  che  nello  stesso  capitolo  egli  faccia  una  riserva 
per  quelle  voci  che  hanno  il  ci  neirultima  sillaba:  «Resta  una 
dubitationi  quanto  ali  ultimi  sillabi ,  la  risolution  di  la  quali 
lasso  in  arbitrio  di  li  scrittori,  si  li  parirà  scriviri  plachi  o  piaci, 
levata  la  littera  h,  vachi  o  rad,  dulchi  o  dulci,  tachl  o  taci, pa- 
chi 0  ])aci.  » 

L'esempio  e  il  ])recetto  non  furono  da  tutti  seguiti,  almeno 
in  quel  secolo;  e  solo  più  tardi,  in  sul  principio  del  sec.  XVII, 
si  cominciò  a  scrivere  con  qualche  estensione  ce,  ci,  per  che, 
chi,  e  che,  chi,  per  che,  chi.  (1). 

(1)  Fino  alla  prima  metà  del  sec.  XV  >i  soris  e  ke  hi.  Notai  questo  fatto 
ielle  due  lolterc  filologi;^'he  a  Michele  Amari  (La  Guerra  del  Vespro  sici- 
liano, 0*  edizione,  Firenze  188(3,  Voi.  ili).  Or  comechè  la  scrizione  eh  per 
h  non  fosse  adottata  contempomneamentc  da  tulli  gli  scrittori  dell'isola, 
onde  avviene  di  riscontrare  qualche  volta  poichi,  che  nella  prima  metà  d(^l 
15"  secolo,  e  qualche  hishi  hilln  anche  nella  seconda,  tuttavia  ogni  nuovo 
codice  che  vien  pubblicandosi, ci  conferma  sempre  più  ncU'opinionc  chela 
i)r  -senza  del  eh  o  del  h  costituisce  da  sé  sola  un  argomento  paleografico  di 
non  ispregevole  importanza  per  la  determinazione  del  secolo  in  cui  esso  fu 
scritto. 


278  mSOELLANEA 


Traggo  dal  «Libro  rosso  della  città  di  Noto»  alcuni  esempj 
di  che  chi  per  ce  ci  dopo  il  1550.  La  numerazione  delle  pa- 
gine non  corrisponde  alla  cronologia,  perchè  questo  volume 
di  diplomatica  comunale  è  uno  zibaldone  di  vari  decreti  di 
privilegi  riguardanti  l'Università  di  Noto. 

A.  1556,  pag.  309:  che  cliindi  era  (che  ce  n'era);  a.  1559, 
p.  422  :  siicchedissi,  dichimo;  a.  1563,  p.  55  :  che  (ci  è)  ;  chi 
(ci,  pronome);  a.  1566,  p.  418:  ìwn  chi  e  (non  c'è),  rechipiri, 
dechi;  a.  1569,  p.  74:  chira  (cera);  a.  1571,  p.  77:  dechi,  un^ 
dichi,  cileni  li;  a.  1595,  p.  394:  pachi,  fichi;  a.  1597,  p.  297: 
quimlichi. 

Un  documento  del  1568,  p.  66,  copiato  da  mano  più  gio- 
vane il  1569,  p.  68,  ci  offre  qualche  indizio  della  nuova  gra- 
fia :  quello  scrive  spaccio,  instancia,  consiglo,  conduchi;  questo, 
spcitio,  instaniia,  consiglio,  conduci. 

Avviene  spesso  che  lo  stesso  scrittore  il  quale  ha  adottato 
la  maniera  toscana  scrivendo  ce  ci  in  vece  di  che  chi,  allor- 
quando usa  il  clic,  congiunzione  o  relativo,  o  il  chi,  relativo  di 
persona,  scriva  che  chi,  evidentemente  per  evitare  anfibologie. 

L' esempio  della  nuova  grafia  veniva  dall'  alto.  La  lingua 
delle  cancellerie  della  capitale  era  toscana,  qua  e  là  frammi- 
sta a  sicilianismi  grafici  e  grammaticali.  Insieme  alle  nuove 
maniere  ne  lo  per  in  In,  e  cong.  per  ef,  tt  per  ci  (fatto-facto), 
del  e  de  li  per  dilu  e  dili ,  glia  glie  glio  glia  per  già  gle  glo 
giù  (ttglio-figlo),  insieme  all'uso,  pria  ignorato,  degli  accenti  e 
degli  apostrofi,  si  scorge  ce  ci  per  che  chi. 


Il  ck  del  secondo  periodo  del  vsic.  ('•  stilo  da  (lualcuno  copiato  eh,  con 
grande  danno  della  ciiiarezza  e  della  sloi-ia  litologica  del  dialetto;  poicliò  il 
cht  an  digramma  che,  come  abbiamo  veduto,  aveva  altro  ufllcio,  venne  usato 
Invece  del  eh  nello  scorcio  del  s(!0.  XVI,  e  cjininciò  a  divenire  d'uso  }j;cne- 
ralc  nel  |»rinci|>j  del  secolo  successivo.  Per  la  lìlologia  roniaii/u  non  è  ujai 
abljosianKa  lodala  la  scrupolosa  fedeltà  nella  copi  ilura  dei  codici;  e  in  quo- 
»l'occa4Ìonc  è  giusto  tributar  lodi  allWrchivio  di  Stato  di  Palermo  e  alla 
Scuola  di  Pulcograiia  antii>ss.i  a  ({uell' Istituto,  per  la  quale  ito  ammirato, 
iiell'Aroh.  «lor.  tic,  oo<lici  riportati  con  grande  diligenza. 


MISCELLANEA  271^ 


Così  cadeva,  rinnovai. dosi,  la  vecchia  e  non  ingloriosa  lin- 
gua letteraria  siciliana,  nella  quale  erano  stati  scritti  gli  atti 
pubblici  e  i  componimenti  d'ogni  genere  in  poesia  e  in  prosa; 
quella  lingua  che  re  svevi  e  angioini ,  catalani ,  aragonesi  e 
castigliani  avevano  parlato  ne'  loro  rapporti  utiìciali  ai  sici- 
liani, e  questi  avevano  costantemente  usata  con  quelli. 

Chi  studia  nei  codici  del  vecchio  siciliano,  anche  della  se- 
conda metà  del  sec.  XVI,  osserva  con  ammirazione  una  note- 
vole uniformità  ortografica  e  grammaticale,  meno  qualche  in- 
certezza, di  cui  ahbiamo  indagata  la  causa,  e  meno  alcune  leg- 
gere differenze  da  un  secolo  all'altro,  le  quali  permettono  di 
dividere  la  letteratura  dell'isola  in  periodi  spiccati.  Sembra  che 
tutti  obbedissero  alle  stesse  norme  ,  a  qualche  testo  da  noi 
ignorato  per  scrivere  bene.  Chi  legge  le  Ohsercantn  dell'  A- 
rezzo,  da  noi  parecchie  volte  citate,  s'accorge  con  meraviglia 
della  cura  che  i  siciliani  si  prendevano  del  loro  eloquio,  onde 
si  può  dire  di  loro  ciò  che  il  Carducci  ha  detto  degl'italiani: 
essi  si  guardavano  spesso  la  lingua. 

Cadeva  con  la  lingua  ufTiciale  anche  l'ortografia,  ormai  lon- 
tana, anch'essa,  dal  Unguaggio  parlato. 

Anche  nel  principio  del  successivo  secolo  XVII  gli  scrit- 
tori appalesano  una  grande  esitanza  nella  trascrizione,  e  on- 
deggiano tra  il  vecchio  e  il  nuovo,  per  irresolutezza  o  per  ir- 
riflessione. 

In  una  copia  di  lettera  viceregia  del  1632  trovo  scritto 
hrachio,  ramo  del  Parlamento  siciliano  ;  ma  è  evidentemente 
un  latinismo  o  una  fossilizzazione  grafica  d'  una  voce  d'  alto 
uso  politico  e  cancelleresco.  Cosi  pure  in  un  decreto  di  Vit- 
torio Amedeo  del  novembre  1713  (Libro  giallo  della  città  di 
Noto,  p.  401)  si  legge:  /  tre  Bracchii  del  Parlamento,  Eccle- 
siastico, militare  e  demaniale. 

In  una  poesia  di  Ludovico  Sarvaggio,  stampata  a  Palermo 
il  1611^  si  legge  cachi  per  coci  (cuoce).  In  un'altra  di  Gaspare 
Midulla  (Pai.  G.  B.  Maringo ,  1618)  v' è  un  chi  per  ci.  Ed  è 
notevole  un  componimento  in  versi   napoUtani   stampato    nel 


280  UlSOELLANBA 

1611  a  Palermo,  e  intitolato  «Opera  nuova  et  ridicolosa  da 
intendere.  D'  un  trattato  napolitano  d' Amori  e  di  Martiello. 
Composto  dal  Cieco  di  Potenza».  Vi  si  leggono  affacchiarl , 
auchiello ,  lacchio ,  disfacchio ,  cacdiiarl ,  bracchi  (braccia), 
chierlo,  dulchi,  ecc. 

Domanda  pure  la  nostra  attenzione  una  lettera  viceregia 
del  1615  (p.  204  del  citato  Libro  rosso).  Essa  è  in  toscano 
tutta  quanta,  tranne  qualche  accenno  all'ortografia  e  alla  gram- 
matica siciliana,  come  consigleri,  stancii,  havessero  stato,  ar- 
civario,  hanno  venuto.  Ma  a  poca  distanza  da  questo  diploma 
originale,  il  Libro  rosso  ce  ne  offre  una  copia  fatta  da  un  a- 
manuense  dell'Universitcà  di  Noto,  il  quale,  nel  trascrivere,  mo- 
difica l'ortografia,  tenendosi  all'antico.  Questo  confronto  torna, 
credo,  istruttivo;  e,  nelFesporlo,  segno  con  P  lo  scrittore  di 
Palermo,  con  N  quello  di  Noto  :  P.  consegnerà,  N.  conslgnirà; 
P.  provederà,  N.  providlrà;  P.  Vlieredi,  N.  U  heredi;  P.  slianno, 
N.  si  hamn;  P.  consiglio,  N.  conseglo;  P.  Università,  N.  Tini" 
rirsita;  P.  città,  N.  citta;  P.  spatio,  N.  spacio;  P.  forza,  N.  forcza; 
P.  antichhisiyna,  N.  antichissima;  P.  che,  N.  che. 

Decisamente  il  copista  notigiano  rifuggiva  dal  fare  entrare 
la  sua  ortografia  in  questo  movimento  toscaneggiante ,  e  non 
si  rassegnava  alle  novità  che  venivano  da  Palermo;  egli  con- 
fermava ciò  che  del  resto  è  abbastanza  provato  per  altre  ra- 
gioni, cioè  che  i  più  ostinati  conservatori  sono  in  provincia. 

Come  si  vede,  quantunque  da  un  pezzo  il  suono  e  facesse 
parte  dei  mezzi  fonetici  del  siciliano,  quantunque  l'ammirazione 
per  la  letteratura  italiana  fosse  vivissima  nell'isola  Un  dal  se- 
colo XVI,  e  gli  scrittori,  i  poeti  principalmente,  si  sforzassero 
a  imitare  con  entusiasmo  i  modelli  toscani  (si  veda  in  propo- 
sito la  cit.  op.  dell'Arezzo),  tuttavia  il  eh  oppose  una  valida 
resistenza;  ed  io  credo  che  questa  dinicoltA  a  famigliarizzarsi 
colle  scrizioni  ce  ci,  a  a  porre  iu  dissucMudino  Wch,  debba  at- 
tribuirsi alla  coincidenza  della  grafia  spagnuola  che  rende  il 
e  con  eh.  Sicché,  (luando  il  eh  di  fachi  (facies),  non  si  pro- 
nunziava più  con  suono  spirante,  ma  come  un'esplosiva  den- 


MISCELLANEA  281 


tale,  si  continuò  a  figurarlo  col  digramma  eh,  per  amore  al- 
l'antico e  per  influenza  dello  spagnuolo,  influenza  che  del  re- 
sto si  osserva  qua  e  là  nelle  scritture  del  secondo  periodo  del 
vsic.  anche  per  altri  argomenti ,  come  a  dire  il  que  per  che, 
Vel  per  lu  o  lo,  Ven  per  in,  Vy  per  j  o  i. 

Né  deve  parerci  strano  che  i  siciliani  dei  sec.  XVI  e  XVII 
scrivessero  chelu  per  pronunziare  c'elu:  basta  riflettere  che  la 
stessa  meraviglia  fa  lo  spagnuolo  dell'italiano  gn  per  n  e  del 
gì  per  ì;  poiché  nessun  sentore  di  g  gutturale  o  palatale  v'è 
in  ogni,  figlio.  E  se,  dietro  l'esempio  dei  migliori  scrittori  no- 
stri, si  volesse  abbandonare  l'ortografìa  empirica  che  ha  la 
lingua  italiana  pei  suoni  h  e  f,  e  si  stabilisse  d'adottare  que- 
sti segni  suggeriti  da  una  convenzione  più  ragionevole,  molti 
al  certo  si  manterrebbero  fedeli  all'antica  e  tradizionale  orto- 
grafia italiana,  e  forse  un  secolo  non  basterebbe  a  vincere 
l'ostinazione  dei  più  riottosi. 

Riassumendo,  il  digramma  eh  fu  additato  ai  primi  scrittori 
di  siciliano  dall'ortografìa  latina,  che  rendeva  con  eh  V  aspi- 
rata gutturale.  Povero  però  di  elementi  alfabetici,  come  tutte 
le  lingue  letterarie  bambine,  il  siciliano  l' adoperò  tanto  per 
hh  {li  non  palati nizzato),  quanto  per  *^  e  *?i  {U  diversamente  e 
in  vario  grado  palatinizzato). 

Il  segno  dell'aspirata  gutturale  latina  eh  fu  adottato  pure 
dal  toscano,  dal  provenzale,  dal  francese,  dal  valacco  e  dallo 
spagnuolo.  In  alcuni  di  questi  idiomi  ha  oggi  suono  palatino; 
in  altri,  gutturale;  nel  francese,  palatino-sibilante.  Se  ne  to- 
gliamo il  vecchio-francese,  il  vecchio-toscano  e  il  vecchio  si- 
ciliano, pei  quali  ci  sono  argomenti  che  fan  congetturare  con 
qualche  fondamento  la  pronunzia  aspirata  del  eh,  nelle  altre 
vecchie  lingue  romanze  esso  rappresentava  qui  il  /t,  là  il  e; 
ma  nulla  esclude  che  per  nuove  e  più  accurate  indagini  si 
possa  provare  che  anche  in  queste,  come  nel  francese,  toscano 
e  siciliano,  esso  rappresentava  un  suono  aspirato. 

La  grande  somiglianza  ortografica  del  vecchio  toscano  e 
del  vecchio  siciliano,  specialmente  pel  eh  =  kh,  e  la  sola  di- 

Arch.  Stor.  Sic,  N.  S.  armo  XV.  19 


282  HISCELLANSA 


vergenza  per  il  ch  =  ^Ji,  fanno  inclinare  a  credere  che  il  vfr. 
dei  conquistatori  normanni,  che  assistevano  ai  primi  esperi- 
menti scritti  del  siciliano,  influisse  a  suggerire  l'adozione  del 
digramma  latino  ch^  il  quale  nella  lingua  d'oil  avea  pure  suono 
aspirato  palatino,  e  ad  usare  dall'altro  canto  ce  ci  per  z  e  z 
dolce. 

In  seguito,  per  interno  svolgimento  fonetico,  il  ^ìi  si  modi- 
ficò in  bocca  degl'isolani,  alleggerendosi  dell'aspirata  e  pala- 
tinizzandosi  del  tutto,  cosi  come  il  Vi  da  fi  fece  ugualmente  e, 
e  *'7i  da  ci  pi  ecc.  volse  a  kj.  Ma  la  scrittura ,  nella  quale  in 
principio  poteva  giustificarsi  1'  uso  del  eh  per  rappresentare 
due  suoni  molto  affini  a  causa  della  stessa  aspirata  diversa- 
mente palatinizzata,  restò  immobile  e  come  fossilizzata  in  mezzo 
a  un  dialetto  che  si  alterava  in  bocca  di  coloro  che  lo  scrive- 
vano. La  stessa  sorte  toccò  ai  suoni  II  nd  h  per  molto  tempo 
quantunque  si  dicesse,  parlando,  cavaddu,  quannu,  fighju ,  si 
continuò  a  scrivere  cavallo ,  quando ,  fìglo.  L' equivoco  durò 
finché  il  siciliano  fu  adoperato  come  lingua  letteraria  in  tutti 
gli  atti  pubblici.  Adottato  poi  l'italiano  nella  lingua  ufficiale, 
nei  primi  anni  dei  sec.  XVII,  fu  messa  in  disuso,  scrivendo  in 
dialetto,  la  vecchia  ortografia,  ormai  troppo  lontana  dalla  pro- 
nunzia e  rispondente  ad  una  convenzione  che  avea  la  sua  ra- 
gione d'essere  nelle  condizioni  arcaiche  della  fonetica  siciliana; 
e  furon  presi,  spesso  con  qualche  riguardo  all'antico,  i  segni 
toscani,  rendendo  così  alla  scrittura  la  giusta  corrispondenza 
coi  suoni  nuovi,  secondo  una  convenzione  più  conforme  all'  or- 
tografia della  lingua  nazionale. 

Diciamo  in  fine  ch'è  cosa  agevole  il  dimostrare  le  modi- 
ficazioni sintattiche  e  il  rinnovamento  morfologico  d'una  lin- 
gua, con  lo  studio  degli  antichi  testi;  ma  è  altrettanto  diffi- 
cile il  costatare  la  fonetica  ch'essa  avea  tre  o  quattro  secoli 
addietro.  Sarebbe  però  contrario  ad  ogni  principio  di  critica 
l'araraettere  le  evoluzioni  lessicali  e  di  costruzione,  e  condan- 
nare i  suoni  all'immobilità. 

Noto,  marzo  1890. 

Corrado  Avolio. 


LE  IMPRESE  ANGIOINE  IN  SICILIA 
NEGLI  ANNI  1338-1341, 


Durante  il  lungo  regno  di  Roberto  d'Angiò  (1309-1343),  la 
guerra  contro  la  Sicilia  segui  quasi  sempre  con  un  continuo 
avvicendarsi  di  incursioni  a  volte  inutili  e  a  volte  dannose,  e 
di  trattative  inefficaci  e  spesso  anche  strane.  Di  una  parte  di 
questo  periodo,  sino  alla  morte  di  Federico  II  aragonese  (1337), 
si  occupò  con  amore  e  con  pazienza  singolarmente  lodevoli 
il  compianto  Stefano  Vittorio  Bozzo,  così  immaturamente  ra- 
pito agli  studi  (1);  ma  a  lui  faceva  difetto  la  conoscenza  degli 
archivii  estranei  alla  Sicilia,  e  specialmente  di  quello  di  Na- 
poli ricchissimo,  per  il  quale  si  giovò  di  alcune  notizie,  non 
sempre  esatte,  del  Minieri-Riccio  (2).  Il  periodo  che  seguì  alla 


(1)  Note  storiche  siciliane  del  sec.  XIV. 

(2)  Camillo  Minieri-Riccio  fu  uomo  certamente  benemerito  degli 
studi  della  storia  napoletana  ;  ma  la  sua  grandissima  operosità  non  fu 
pari  all'  ingegno  e  alla  coltura ,  che  a  mio  giudizio  ebbe  assai  scarsa. 
Pubblicò  molti  lavori,  fra  i  quali  più  utili  per  gli  studiosi  quelli  sui  Fa- 
scicoli e  sui  registri  angioini,  sulV Itinerario  di  Carlo  I,  sui  Grandi  Uf- 
ficiali del  Regno  di  Sicilia  ecc.  ìiìqW Archivio  St.  Nap.  si  stampò,  in  gran 
parte  dopo  la  sua  morte ,  una  Genealogia  di  Carlo  II,  che  io  più  pro- 
priamente chiamerei  Cronologia,  e  che  comprende  anche  una  serie  di  no- 
tizie sul  Regno  di  Roberto.  In  tutti  questi  lavori  l' autore  si  giovava 
tanto  dei  registri  angioini  esistenti,  quanto  dei  perduti,  per  ciò  che  restò 
nei  cataloghi  di  Carlo  De  Lellis.  Non  parlando  dei  primi  lavori,  dove  la  ma- 
teria abbondante  e  pregevolissima  è  distribuita  sovente  senza  ordine  e 
senza  criterio,  nell'ultimo,  che  potrebbe  essere  di  molto  giovamento,  e 
che  io  giudico  migliore  dei  precedenti,  sono  errori  e  anacronismi,  qual- 
che volta  assai  gravi.  Così,  per  citare  un  esempio  che  riguarda  il  pe- 


284  HISCELLANILA. 


morte  di  Federico  non  è  meno  importante  del  precedente ,  e 
sopratutto  perchè  le  discordie  intestine  si  faceano  peggiori;  le 
gelosie  e  gli  odii  reciproci  dei  magnati  più  accaniti,  e  il  mo- 
narca, di  tanto  inferiore  al  padre,  mostravasi  inetto  a  reggere 
il  timone  dello  Stato  nelle  frequenti  burrasche  dei  tempi  suoi. 

Alla  morte  di  Federico,  Nicolò  Speciale  scrivea,  quasi  pre- 
sago dei  futuri  disastri  :  «  Cantate  il  cantico  delle  tenebre,  che 
i  giorni  della  mestizia,  dei  lamenti,  delle  amarezze,  dei  dolori 
dei  Siciliani  si  appressano.  Ecco  è  infranto  lo  scudo  della  vostra 
difesa;  ecco  abbandonata  alla  tempesta  la  navicella  che  non  ha  più 
il  suo  nocchiere;  ecco  il  vostro  sole  ecclissato  e  la  terra  vostra 
coperta  dalla  caligine  delle  tenebre.»  E  i  giorni  che  seguirono 
furon  tristi  davvero,  in  gran  parte  per  colpa  dello  stesso  Fe- 
derico. 

Certo  non  fti  sua  colpa  se  lasciò  il  paese  nella  miseria  dopo 
una  guerra  di  quaranta  anni ,  se  il  figlio  fu  tanto  a  lui  infe- 
riore per  virtù  politiche  e  militari  ;  ma  fu  sua  colpa  V  accre- 
scersi  estraordinario    della   potenza  baronale;  le  gelosie  e  le 


riodo  di  cui  è  argomento  lo  scritto  presente ,  il  Minieri  mette  nel  1323 
un  documento  in  cui  si  parla  della  morte  di  Guglielmo  fratello  di  Pie- 
tro Il  (fase.  Ili,  an.  VII,  p.  484),  della  occupazione  di  Collesano,  Gratteri  ecc. 
per  opera  di  Carlo  d'Artois,  mentre  quei  fatti  seguirono  nel  1338,  e  il  doc. 
é  del  18  maggio  1338.  Altrove,  scambiando  la  indizione  per  l'anno,  in  un 
doc.  di  uno  dei  fascicoli  angioini ,  mette  al  1312  la  elezione  di  Giacomo 
d'Aragona  a  vessillifero  della  Chiesa  (fase.  II ,  an.  VII ,  p.  227) ,  mentre 
il  fatto  e  il  doc.  si  riferiscono  al  1299.  L'essere  corsi  questi  ed  altri  er- 
rori 008^  madornali ,  senza  una  parola  di  chiarimento  ,  dimostrano  che 
l'egregio  prof.  De  niasiis  non  mise  occhio  su  quella  pubblicazione.  A  pa- 
recchi errori  di  cronologia,  e  quindi  a  parecchi  erronei  giudizii,  il  Bozzo 
fb  indotto  da  notizie  inesatte  attinte  al  Minieri,  il  quale  avrebbe  dovuto 
adoperare  una  critica  più  sagace ,  conoscendo  il  modo  onde  sono  ordi- 
nati por  vizio  antico  i  documenti  dell'arch.  angioino:  critica  che  adope- 
rano egregiamente  il  Capasso,  il  De  Blasiis,  il  Del  Giudice,  il  Barone,  il 
Faraglia,  il  Dino  ed  altri  valentuomini,  che  per  ragiono  d'ulllcio  o  di  stu- 
dio lavorano  sa  quei  documenti ,  e  alla  maggior  parte  dei  quali  rendo 
pobbliche  grazie  delle  agevolezze  datomi  nelle  mie  ricerche. 


MISCELLANEA  285 


lotte  civili  che  negli  ultimi  anni  del  suo  regno  eransi  manife- 
state asprissime  e  che  turbarono  la  Sicilia  sotto  il  regno  di 
Pietro  II,  quando  la  questione  angioina  non  era  ancora  risolta 
e  il  continuarsi  nella  guerra  non  trovava  più  quella  concordia 
degli  animi  che  alle  tristi  condizioni  dei  tempi  sarebbe  stata 
indispensabile. 

A  queste  interne  discordie  si  legano  gli  avvenimenti  della 
guerra  angioina  in  Sicilia,  e  singolarmente  degli  anni  che  cor- 
sero dal  1338  al  1341,  che  con  lo  scritto  presente  mi  propongo 
d'illustrare,  sulla  scorta  di  documenti  inediti  e,  per  quanto  io 
ne  sappia,  sconosciuti.  E  poiché  non  è  possibile  di  avere  chiara 
intelligenza  di  questi  fatti  senza  un  ricordo  sommario  di  alcu- 
ne vicende  principalissime  che  aveano  contristato  gli  ultimi  anni 
di  Federico,  cercherò,  rifacendomi  alquanto  indietro,  di  ripi- 
gliare rapidamente  le  fila  che  mi  gioveranno  a  tessere  il 
racconto. 


U. 


Allorché  Lodovico  il  Bavaro  imperatore  nella  sua  calata 
in  Italia  del  1327  s'  era  fermato  a  Pisa ,  avea  visto  venirgli 
innanzi  e  offrirgli  i  suoi  servizii,  senza  che  alcun  obbligo  feu- 
dale ve  lo  stringesse,  il  siciliano  Giovanni  Ghiaramonte,  Gonte 
di  Modica  (l).  Per  intenderne  la  cagione  occorre  ricordare  al- 
cuni precedenti.  Francesco  Ventimiglia,  Gonte  di  Geraci,  avea 
ripudiata  la  moglie  Gostanza,  sorella  del  Ghiaramonte,  per  spo- 
sare una  Margherita  Gonsolo,  zia  dell'altra  omonima  moglie  di 
Federico  d'  Antiochia  e  alla  quale  era  forse  prima  legato  da 
illecita  tresca.  Il  Pontefice  Giovanni  XXII,  che  il  Ventimiglia 
avea  conosciuto  personalmente  quando  era  andato   ambascia- 


(1)  V.  la  bolla  di  scomunica  contro  il  Ghiaramonte ,  pubblicata  dal 
Bozzo.  Arch.  SL  Sic.  N.  S.  a.  III.  p.  130.  Della  presenza  di  lui  nelle  file 
del  Bavaro  a  Pisa  é  cenno  nei  doc.  dell'  Arch.  fior.  Reg.  Litter.  I. 
f.  iZ  e  14. 


286  mSCELLAKEA 


dorè  del  suo  re  in  Avignone ,  consentì  al  divorzio  e  al  legit- 
timare dei  figliuoli  avuti  dalla  druda,  ignorando  forse  che  costei 
fosse  sposa  di  altro  uomo.  Fra  le  due  famiglie  dei  Chiaramonte 
e  dei  Ventimiglia  divampò  odio  flerissimo ,  ma  non  trascese 
pel  momento  ad  atti  di  violenza.  11  Chiaramonte  lasciava  la 
Sicilia  e  cercava  di  afforzarsi  dell'  appoggio  imperiale ,  matu- 
rando più  tarda,  ma  più  feroce  vendetta.  Lodovico,  sul  punto 
di  stringere  allora  alleanza  con  la  Sicilia,  per  combattere  i 
Guelfi  d' Italia  e  Roberto  che  ne  era  il  capo ,  si  giovava  di 
quella  fortunata  occasione,  e  il  Chiaramonte  era  adoperato,  se- 
gnalandosi per  valore  e  per  prudenza  singolarissime. 

La  fine  dell'impresa  del  Bavaro  è  nota  abbastanza,  né  oc- 
corre che  io  la  ricordi.  11  Chiaramonte  allora  fé'  ritorno  in 
Palermo  con  una  masnada  di  Tedeschi  assoldati,  e  Federico 
tentò  di  riconciliarlo  col  cognato ,  ma  indarno ,  che  anzi  in- 
contratisi un  giorno  per  le  vie  di  Palermo ,  si  azzuffarono  e 
il  Ventimiglia,  cui  toccò  la  peggio,  presentossi  pallido  e  san- 
guinante al  monarca  chiedendogli  soddisfazione  della  nuova 
offesa.  Citato  a  comparire  innanzi  alla  Gran  Corte,  il  Chiara- 
monte  disubbidiva  e  ritiravasi  nelle  terre  sue;  condannalo  in 
contumacia  al  bando,  armavasi  a  difesa,  e  già  pareva  immi- 
nente la  guerra  civile ,  allorché  cedendo  a  più  miti  consigli , 
che  gli  venivano  persino  dalla  regina,  partivasi  per  ritornare 
al  Bavaro,  il  quale  da  Spira  aveagli  scritto  manifestandogli  il 
disegno  di  ritornare  in  Italia  (1).  Il  superbo  imperatore  di- 
chiarò che  dovesse  andare  a  lui  chiunque  avesse  a  querelarsi  del 
Chiaramonte,  del  quale ,  come  principe  dell'  Impero  (  avea  ri- 
cevute parecchie  investiture,  tra  le  quali  di  Marsico,  di  Trica- 
rico ,  di  San  Severino  nel  regno  di  Roberto  )  spettava  a  lui 
solo  di  giudicare.  Poi  lo  designò  come  procuratore  del  suo  se- 
condogenito Stefano  per  isposare  e  condurre  in  Germania  Isa- 
bella ,  figliuola  di  Federico  ;  ma  questi   ricusò  di  riconoscerlo 


(1)  Per  tali  fatti  Cfr.  Sfrcialb  VII! ,  6  ;  e  Anon,    102,  che  riporta  la 
lettera  dello  Imperatore  al  Ghiaratnonto. 


MISCELLANILA.  287 


come  procuratore  del  futuro  genero  e  gli  vietò  di  rimetter 
piede  in  Sicilia.  Scornato,  tornò  al  Bavaro;  poi  andò  allo  Sca- 
ligero ,  ma  tardandogli  di  vendicarsi  a  ogni  modo  del  Venti- 
miglia  e  del  re  che  lo  proteggeva,  recavasi  a  Roberto  offren- 
dogli i  suoi  servigli,  non  arrestandosi  neppure  davanti  all'idea 
di  apparire  traditore  della  patria.  Avea  confermata  dall'  An- 
gioino la  contea  di  Modica;  otteneva  il  titolo  di  vicario  gene- 
rale in  Sicilia,  la  rendita  di  mille  onze  all'  anno  e  la  signoria 
delle  prime  terre  che  avesse  conquistate ,  purché  non  fossero 
Messina,  Palermo  o  le  città  di  regio  demanio,  e  Analmente  la 
facoltà  di  appropriarsi  i  possessi  del  Ventimiglia ,  se  non  si 
sottoponesse  anch'  egli  a  Roberto  (1).  Comandò  la  spedizione 
angioina  contro  la  Sicilia  insieme  a  Ruggiero  di  Sangineto , 
ma  fu  impresa  poco  notevole  e  che  si  limitò  aUe  consuete  de- 
predazioni. Tornato  a  Napoli ,  trovò  in  collera  Roberto  e  per 
la  riuscita  dell'impresa  e  per  la  notizia  corsa  che  quattordici 
galee  aragonesi  sotto  D.  Raimondo  Peralta  avessero  aiutata  la 
Sicilia,  e  forse  sospettato  di  tradimento ,  tornava  al  Bavaro  e 
poco  dopo  allo  Scaligero. 

Alla  morte  di  Federico  però  mutava  a  un  tratto  la  scena. 
Il  Ghiaramonte  era  stato  compagno  di  fanciullezza  di  Pietro  II; 
la  regina  madre  Eleonora  era  stata  per  lui  protettrice  anche 
nei  giorni  più  tristi,  e  i  Palizzi,  che  alla  corte  di  Pietro  loca- 
vansi  al  di  sopra  di  tutti,  erano  dalla  sua  parte;  onde  un  regio 
diploma  del  30  dicembre  1337 ,  lo  dichiarava  assolto  da  ogni 
colpa  e  lo  rimetteva  in  possesso  dei  beni ,  comunque  avesse 
militato  ai  servigi  del  nemico  (2).  Al  vedere  la  nuova  fortuna 
del  rivale,  il  Ventimiglia  si  ritraeva  nelle  sue  terre,  e  l'esem- 
pio seguivano  i  signori  della  famiglia  Antiochia,  che  sempre 
a  lui  erano  stati  aderenti.  Chiamato  il  Ventimiglia  al  Parlamento 


(1)  Doc.  dell'  Arch.  ang.  Reg.  N.  309  f.  38,  pubblicato  dal  Testa,  De 
Vita  Frid.  N.  LIV  e  dal  Bozzo  N.  XXXIII. 

(2)  « absolvimus  eumdem  coraitem  Joannem  non  fuisse  pro- 

ditorem  regium,  nec  commississecrimen  prefatum,  quautumcumque  cum 
hostibus  se  adheserit  »  Il  doc.  é  riportato  da  Michele  da  Piazza  I.  e. 


288  MISCELLANEA 


che  dovea  adunarsi  in  Catania,  si  apprestava  ad  andarvi,  ma 
avuto  avviso  di  trame  che  si  ordivano  contro  di  lui,  ristette  a 
Motta  S.a  Anastasia ,  e  tornò  in  Geraci.  Scriveva  al  re  pale- 
sando i  sospetti  e  gli  avvertimenti  ricevuti  e  ne  avea  risposta 
rassicurante;  ma  non  si  mosse  per  questo,  onde  crebbe  la  regia 
collera,  nella  quale  i  Palizzi  abilmente  soffiavano. 

Finalmente  si  decise  a  mandare  in  sua  vece  il  figlio  Fran- 
ceschello;  ma  questi,  non  ostante  la  età  innocente,  veniva  trat- 
to prigione,  e  la  sua  gente  torturata  perchè  palesasse  le  ri- 
poste cagioni  della  contumacia  del  conte.  Non  resistendo  ai 
tormenti,  un  Ribaldo  Rosso,  segretario  e  maggiordomo,  parlò 
di  ribellione  del  Ventimiglia  e  degli  Antiochia,  e  di  secreti 
rapporti  che  fra  essi  e  Roberto  d'Angiò  eransi  stabihti.  (1)  Il 
Ventimiglia  al  colmo  dell'ira  e  del  dolore  rompeva  ad  aperta 
ribellione,  e  lui  imitavano  gli  Antiochia,  onde  in  breve  ora 
ventitre  fra  città  e  castelli  si  sollevavano,  mentre  Pietro  si  ri- 
duceva in  Nicosia ,  prossima  ai  luoghi  che  eran  teatro  della 
guerra  civile.  Pubblicavansi  in  quelle  città  le  sentenze  per  cui 
il  Ventimiglia  era  condannato  a  morte  e  gli  Antiochia  dichia- 
rati traditori,  ribelli  e  privati  del  diritto  di  successione,  riser- 
bando all'arbitrio  del  re  il  disporre  della  loro  vita.  In  queste 
sentenze,  oltre  al  delitto  evidente  di  ribellione,  era  notato  l'al- 
tro dell'accordo  con  gli  Angioini  nemici ,  anzi  in  quella  degli 
Antiochia  era  detto  che  avessero  accettato  concessioni  e  pri- 
vilegii  da  Roberto  e  che  gli  avessero  prestato  omaggio  (2).  Si 
trovavano  dunque  a  cosi  breve  distanza  nelle  condizioni  stesse 
in  cui  s' era  trovato  poco  avanti  il  Chiaramonte.  Pietro  II  si 
sfogava  col  Bavaro,  a  cui  scriveva  i  particolari  di  questi  tra- 


ci) Cfr.  Michele  da  Piazza  I.  5.  Anon  1»,  102.  Anon  2°,  2.  Villani,  XI.  70 
Chiamo  anonimo  2°  quello  in  volgare  stampato  per  la  prima  volta  dal 
Orboorjo,  Bib.  Scriplh.  aragon.  II.  274,  da  un  Cud.  della  fiib.  Settimiana 
di  Palermo. 

(2)  V.  Le  due  sentenze  riportate  da  M.  da  Piazza  VI  e  Vili ,  date  lu 
•tetto  giorno  (30  dicembre)  di  quella  di  remissione  del  Chiaramonte. 


MISCELLANEA  289 


dimenti  dei  Ventimigiia  e  degli  Antiochia  (1);  ma  tacendo  delle 
vere  cause  della  discordia,  narrava  come  alla  morte  del  re  Fe- 
derico, il  Ventimigiia  avesse  ricusato  pria  con  frivoli  pretesti 
di  prestargli  il  debito  omaggio,  comunque  insistentemente  chia- 
mato; che  frattanto  munisse  i  suoi  castelli,  tenesse  di  e  notte 
secreti  convegni ,  avendo  seco  i  legati  dei  regii  nemici  an- 
gioini. Tuttavia,  non  sperando  da  costoro  prossimi  aiuti,  dice- 
va di  essersi  indotto  finalmente  a  fargli  omaggio  con  la  bocca 
e  con  le  mani,  non  con  l'animo,  sperando  di  ingannare  la  sua 
buona  fede:  egli  frattanto  si  adoperava  a  fermare  tra  figli  e 
nipoti  dei  magnati  discordi  alcuni  maritaggi  per  comporre  tra 
essi  la  pace;  ma  il  Ventimigiia  cercava  di  porre  ostacoli  all'at- 
tuarsi di  quelle  buone  disposizioni.  Della  sua  perfidia,  soggiun- 
geva, ebbe  complice  Federico  di  Antiochia,  del  quale  il  re  faceva 
a  suo  modo  una  breve  biografia.  Lo  diceva  nato  da  padre  illu- 
stre, ma  povero  e  dal  re  Federico  altamente  arricchito  e  ono- 
rato al  di  sopra  dei  suoi  meriti,  che  parimente  da  lui  era  stato 
tenuto  in  alta  considerazione,  ma  che  nondimeno  aderiva  ai 
suoi  nemici.  Tornando  a  narrare  del  Ventimigiia,  parlava  del- 
l'arresto del  Franceschello  e  delle  confessioni  del  Rosso,  che 
diceva  spontanee  e  precise,  avendo  rivelate  circostanze ,  luo- 
ghi, tempi,  modi,  carteggio,  giuramenti,  relativi  agli  accordi 


(1)  Qaesta  lettera  esiste  nel  cod.  della  Bib.  Vallicelliana,  D.  39,  f.  187, 
ma  é  incompleta.  L'amanuense  si  proponeva  di  trascriverne  il  resto  per- 
ché tra  la  tine  di  questa  e  il  principio  del  documento  seguente  e  lasciato 
molto  spazio  vuoto.  Questo  Codice  ha  un  frontespizio  della  fine  del  secolo 
passato  o  dei  principii  del  presente  che  dice  così  :  Cassiodori  epistolae 
variae  in  Xlllibros  distributae,  ecc.— Petri  Regis  Siciliae  ad  diversos.—Co- 
deoo  XY  saeculi.—  Quanto  all'età,  io  lo  giudicherei  piuttosto  della  fine  del 
XIV  secolo,  anziché  del  principio  del  XV;  quanto  alle  lettere  di  Pietro  re 
di  Sicilia,  dirò  che  i  documenti  che  seguono  alle  epistole  di  Cassiodoro 
sono  siciliani,  ma  non  tutti  son  di  Pietro  II  e  dei  suoi  tempi.  Di  questi 
mi  occuperò  in  altra  occasione.  Questa  lettera  é  simile  pel  contenuto  a 
quella  diretta  alle  città  siciliane  e  dimostra  ancora  dippiù  come  i  rapporti 
tra  la  Sicilia  e  l'Impero  germanico  si  serbassero  costanti.  Io  la  pubblico 
noU'app.  N.  L 


290  MISOELLAKEA 


con  gli  Anjou.  Soggiungeva  dell'insorgere  in  armi  del  Venti- 
miglia  e  del  reagire  di  lui,  e  delle  sue  prime  vittorie  ripor- 
tate su  parecchie  città,  ed  altro  soggiungeva  certamente,  ma  il 
documento  é  incompleto  nel  codice  da  cui  lo  trascrivo. 


III. 


Nella  guerra  che  era  a  sostenere  contro  i  ribelli,  il  popolo 
seguiva  volentieri  il  monarca,  e  giungevano  le  forze  da  parec- 
chi comuni,  il  cui  zelo  era  eccitato  dalle  notizie  di  un'alleanza 
segreta  fra  i  ribelli  e  gli  Anjou.  Quando  il  re,  domate  parec- 
chie città  insorte,  si  appressava  a  Geraci,  il  Conte  non  sicuro 
dei  suoi,  che  agli  evviva  al  re  già  tentennavano,  spronò  il  ca- 
vallo per  fuggire  e  precipitò  in  un  profondo  burrone,  ove  fu 
trovato  cadavere  e  orribilmente  squartato  dai  suoi  nemici  (1). 
I  fatti  svoltisi  in  seguito  ;  i  favori  goduti  dagh  Antiochia  a 
Corte  di  Roberto  ,  giustificano  i  sospetti,  che  contro  di  loro 
si  concepirono  allora,  e  pare  che  quel  messinese  Campolo, 
vescovo  di  Cefalù,  che  si  fé'  al  Ventimiglia  istigatore  di  resi- 
stenza, sia  stato  un  emissario  angioino  o  pontificio  ;  però  né 
le  voci  corse,  né  la  espressa  dichiarazione  delle  due  sentenze 
farebbero  prova  sicura,  come  quelle  che  venivano  dettate  dal- 
l'odio di  parte,  e  poteva  anche  la  calunnia  rivestirsi  delle  for- 
me severe  d'una  regia  sentenza. 

Alla  Corte  angioina  la  nuova  di  tali  discordie  siciliane  era 
accolta  con  gioia ,  e  con  gioia  erano  accolti  gli  esuli  siciliani 
e  grandi  e  piccoli,  che  venivano  poveri  e  raminghi,  ma  che 
portavano  speranze  e  promesse  gradite  a  Roberto.  A  Federico 
d'Antiochia  che  giungea  quasi  nudo,  (2)  era  dato  il  maggior 


(1)  «  .  .  .  .scissas  (le  membro  in  membnim  sicut  vitnlus  in  macello  » 
M.  DA  Piazza  I.  9.  Cfv.  pure  Anon  1».  L.  e. 

(2)  Noll'arch.  angioino  sono  parecchi  dociunonti  clie  riguardano  Fede- 
rico d'Anti<x;hia,  <mI  altri  ve  n(j  orano  nei  registri  poi-duti.  hi  uno  del 
reg.  1338-39.  E.  f.  58.  ó  dotto  Maresciallo  del  Regno:  in  uno  a  1'.  150   t. 


MISOBLLANBA  2U1 


Giustizierato  nell'isola  di  Sicilia,  ed  era  eletto  Maresciallo  del 
Regno  angioino  con  la  provisione  di  trecento  onze  all'  anno  : 
poi  capitano  di  Aversa  e  regio  consigliere;  poi  giustiziere  dello 
Abruzzo  ulteriore. 

Gli  esuli  siciliani  furono  adoperati  subito  per  la  nuova  in- 
cursione, la  quale  fu  affrettata  per  mettere  a  profitto  le  discor- 
die che  si  erano  manifestate  in  Sicilia  (1).  Ebbe  il  comando 
Carlo  d'Artois,  figliuolo  naturale  di  Roberto,  e  lo  seguirono 
Federico  d'Antiochia  e  Alduino  figlio  del  Conte  Ventimiglia. 
Prendevano  Collesano  dopo  gagliarda  resistenza,  Gratteri  per 
opera  del  Ventimiglia,  e  poi  Brucato  e  Monte  S.  Angelo.  Po- 
neano  quindi  a  Termini  un  assedio,  virilmente  sostenuto  per  due 
mesi  e  nove  giorni,  dopo  i  quali,  mancati  gli  aiuti  del  re  Pie- 
tro II,  la  città  si  arrendeva,  salva  a  tutti  la  vita  e  libera  l'u- 
scita (2). 


dello  stesso  reg.  Capitano  di  Aversa  e  Regio  Consigliere.  In  due  a  f,  161 
e  179.  Giustiziere  di  Abruzzo  ultra:  Uno  del  reg.  N.  348,  f.  6,  t.  parla 
della  moglie  di  lui  Margherita  d'Ascoli,  dalla  quale  ebbe  sei  figli,  meno 
uno  (Petracco)  femine  tutte.  Più  notevole  é  però  un  doc.  del  citato  reg. 
1338-39.  E.  por  il  quale  si  pagano  300  onze  «  nobili  atque  egregio  Fr©- 
derico  de  Antiochia,  Capicii  Gomiti  qui  a  Siciliae  insula  prò  fldei  nostre 
amore  cum  uxore  et  familia,  quam  patria  elegerat,  exulat  destitutus  om- 
nibus bonis,  et  inde  quasi  nudus  egressus,  quem  constituimus  Maiorem 
lustitiarium  in  Insula  nostra  Siciliae  et  Marescallum  citra  Farum  prò 
solutione  eius.  an.  provisio...» 

V.  MiNiERi-Riccio.  SL  storici  sopra  62  registri:  Il  reg.  1338-39  E  e  fra 
i  perduti. 

(1)  Lo  dice  chiaramente  lo  stesso  Roberto,  rallegrandosi  della  conver- 
sione di  alcuni  feudatarii  «...De  presenti  Insula  Sicula  belli  intestini  com- 
mocione  vacillet,  ex  quibus  Comites  et  Barones  nonnulli...  »  Reg.  ang. 
N.  311  f.  14.  V.  doc.  N.  II. 

(2)  Questi  fatti  narrano  I'Anon.  1°,  106;  Anon.  2°,  4,  5, 6;  M.  da  Piaz- 
za, I,  15,  16.  e  lo  stesso  re  Pietro  in  una  epistola  a  Lodovico  Imp.  {Cod. 
Valliceli.  D.  39,  f.  190J.  In  questa  Pietro  chiama  Robarto:  «Gommunisho- 
stis  cuius  animus  nec  senio  frangitur  nec  quiescit  ab  odiis.»  Questa  let- 
tera fu  pubblicata  da  Ficher.  Urkunden  zur  Geschivhte  cles  Roemerzuges 
Kaiser  Ludwig  des  Baiern  ecc.  p.  168.  I  particolari   della  resistenza  di 


292  MISCKLLAKEÀ 


E  Roberto  esultava  e  voleva  che  tutti  i  sudditi  esultassero 
con  lui,  uou  solo  della  occupazione  delle  terre  siciliane  ,  ma 
anche  della  morte  di  Guglielmo  fratello  del  re  Pietro  11 ,  se- 
guita agli  11  di  maggio  (1).  Nondimeno  la  resistenza  contro  i  ne- 
mici angioini,  ritardata  per  le  intestine  discordie  e  per  l'opera 
letale  dei  Palizzi,  fu  ripresa  gagiiai\lamente,  onde  in  breve  l'i- 
sola ridivenne  libera  da  ogni  occupazione  (2). 

Nella  lunga  guerra  che  segui  al  Vespro  Siciliano,  vediamo 
ad  ogni  fatto  d'arme  alternarsi  una  trattativa  inutile  di  accordo. 
E  giusto  allora ,  una  di  queste  fu  iniziata ,  che  i  cronisti  si- 
ciliani dicono  introdotta  da  Roberto  (3),  ma  che  altre  fonti  e 
documenti  mostrano  domandata  da  Pietro  li.  Il  La  Lumia  con- 
fessando questa  umiliazione,  se  ne  sdegna,  come  di  vergogna 
cui  la  Sicilia  non  avrebbe  dovuto  sottoporsi,  e  la  attribuisce 
ai  consigli  dei  Palizzi  invidiosi  della  gloria  che  gli  altri  baroni 
acquistavano  sui  campi  (4);  ma  in  realtà,  se  la  forma  può  pa- 
rere umiliante,  la  sostanza  in  nulla  differisce  dalle  trattative  e 
dalle  offerte  fatte  altre  volte  durante  quella  lunga  guerra. 

A  Nicolò  Loria  e  ad  Andrea  Joffo  commetteva  Pietro  II  di 
offrire  al  Pontefice  il  suo  omaggio  feudale  per  l'isola,  e  il  censo 
corrispondente ,    che   Bonifazio    Vili   nella   ratifica   del   patto 


Tennini  Pietro  II  scriveva  al  Papa  per  la  lettera  che  trovasi  nello  stesso 
Cod.  Valliceli,  e  che  pubblico  fra  i  documenti  N.  IV. 

(1)  Partecipava  con  sua  circolare  la  occupazione  dei  castelli  di  Bru- 
cato, Gollesano  e  Gratteri  e  soggiungeva:  «  Dominus  Guillehnus  Irater  do- 
mini l'etri  de  Aragonia,  heri  luerunt  dies  octo  obiit  de  quibus  successi- 
bus  laetentur  omnes»  Archivio  ang.  Arcfie,  1338,  18  maggio.  La  morte. 
di  Guglielmo  fu  da  Pietro  II  annunziata  ai  grandi  del  Regno  per  la  let- 
tera che  pubblico  fra  i  doc.  N.  Ili,  dal  cod.  citato. 

(2)  Forse  al  breve  periodo  che  segui  a  tali  riconquiste   dei   Siciliani 
deve  riferirsi  la  breve  lettera  di  Pietro  li  a  Ludovico   il   Havaro ,   nella 
quale  lo  assicura  del  benessere  del  suo  regno:  «  Scitote......  quod  cuncta 

bona  procedunt.   prospore  vivimus  et  felicitei'  gubernamur.»  Cod,  Valli- 
celi, cit.  f.  11)3.  Pubblicata  dal  Fikar  l.  e. 

(3)  Anon  l",  107  Anon  2'.  10. 

(4)  Là  Lumia,  MaUeo  Palizzi,  cap.  U. 


MISCELLANEA  293 


di  Caltabellotta  avea  preteso  e  che  di  fatto  più  d'una  volta  era 
stato  pagato  (1).  Chiedeva  altresì  il  re  siciliano  a  quel  d'Ara- 
gona d'interporsi  anch'egli,  onde  questi  mandava  in  Avignone 
il  figliuolo  Raimondo  (2),  mentre  la  regina  madre  Eleonora 
spediva  i  due  frati  Guido  di  Santa  del  Convento  di  Catania  e 
Matteo  di  Marsala  di  quello  di  Noto  per  lo  stesso  oggetto  (3). 
Ma  fu  anche  questa  una  missione  fallita ,  poiché  il  Papa  re- 
spinse le  proposte,  che  i  suoi  predecessori  aveano  tante  volte 
respinto,  e  si  giovò  della  occasione  per  dar  fuori  una  di  quel- 
le bolle  che  ripestavano  1'  affare  dei  patti  violati  con  tutto  il 
resto,  che  dimostrava  a  suo  modo  la  legittimità  degli  Anjou  e 
la  ribellione  dei  Siciliani  e  degli  Aragonesi  ecc.,  e  proclamava 
i  sudditi  di  questi  sciolti  dall'obligo  di  ubbidienza  ai  loro  re, 
e  la  corona  devoluta  a  Roberto  per  dritto  antico  e  per  volon- 
tà attuale  di  lui  (4).  Nel  tempo  stesso  scrivea  a  Roberto  inci- 
tandolo alla  guerra  e  promettendo  indulgenze  a  coloro  che 
pigliassero  le  armi  in  suo  favore;  né  dimenticava  il  re  d'Ara- 
gona e  i  Veneziani;  intimando  al  primo,  pena  la  scomunica,  di 
non  favorire  Pietro  II,  pregando  i  secondi,  allora  in  discordia 
con  l'Angioino,  di  non  distrarre  Roberto  con  altre  preoccupa- 
zioni (5).  Finalmente  nominava  legati  in  Sicilia  il  Patriarca  di 
Costantinopoli  e  il  vescovo  di  Besanzone  per  voltare  gli  animi 
dei  Siciliani  alla  causa  di  Roberto  (6). 

Su  tre  galee  venivano  quei  legati  a  Messina;  ma  il  popolo, 
che  vide  sventolare  sulle  antenne  le  insegne  angioine ,  trasse 
al  lido  e  colle  armi  e  col  lanciare  dei  sassi  impedì  che  scendes- 


(1)  Diploma  di  Pietro  II  riportato  dai  Rai/nald,  1338.  Nell'Archivio  se- 
creto Vaticano  ho  viste  nei  registri  di  Giovanni  XXII  parecchie  quietanze 
per  pagamenti  fatti  da  Federico. 

(2)  SuRiTA  VII,  44. 

(3)  Ivi. 

(4)  Bolla  in  Raynald  1.  e.  La  lettera  papale  é  diretta  ai  Palermitani,  ai 
Messinesi  ed  agli  Agrigentini. 

(5)  Raynald  1.  e. 

^6)  Anon  1»^  107  Anon  2\  10, 


294  MISCELLANEA 


sero  a  terra,  e  re  Pietro  II  scriveva  allora  al  Papa  narrando- 
gli i  fatti  recenti  della  guerra  e  giustificandosi  per  il  fatto  dei 
legati  seguito  a  Messina  (1).  Costoro  però,  mentre  non  erano 
ancora  pei  Siciliani  ricuperate  Brucato,  CoUesano  e  Gratteri, 
voleano  che  immantinenti  si  sospendesse  la  guerra.  Non  ubbidi- 
ti, ne  andarono  a  Terracina ,  invitando  re  Pietro  a  mandare 
suoi  nunzii  per  dare  conto  della  accoglienza  dei  Messinesi  ;  ma 
poiché  costoro  (furono  Berengario  Sordo  e  Bartolomeo  Nini) 
ritardarono  per  venti  contrarli,  fulminarono  l'interdetto  alla  Si- 
cilia (2).  Inasprito  il  Papa,  anche  contro  il  re  d'  Aragona,  ne- 
gavagli  la  proroga  richiesta  per  1'  omaggio  della  Sardegna  e 
della  Corsica ,  e  in  onta  al  re  di  Sicilia,  negava  di  concedere 
la  dispensa  pel  matrimonio  tra  l'Infante  Raimondo  e  una  figliuola 
di  Pietro  II  (3). 

IV. 

Nel  giugno  dell'anno  1339,  Roberto,  seguendo  gl'incitamenti 
del  Papa  e  quelli  di  Federico  d'Antiochia,  armava  venticinque 
galee,  le  quali  sotto  il  comando  di  Goff'redo  da  Marzano  conte 
di  Squillaci,  di  Federico  e  di  Francesco  d'Antiochia  ,  vennero 
ad  aggredire  l'isola  di  Lipari.  Saputasi  la  notizia  in  Palermo, 
si  allestirono  quindici  galee  e  sei  legni  sottili,  che  mettevano 
insieme  Palermo,  Messina  e  Trapani,  e  si  requisivano  pei  tra- 
sporti alcune  navi  mercantili  dei  Genovesi  e  dei  Catalani  (4). 
Della  flotta  era  eletto  comandante  Giovanni  Ghiaramonte  ,  ma 


(1)  V.  il  doc.   N.  IV,   in  fine. 

(2)  I/Anonimo  2",  narra  che  gli  ambasciadori  papali  <  videndn  chi  non 
erano  stati  riceputi  in  la  ripa  di  lu  portu  gittaru  certi  littri  papali,  per 
li  qaali  l'Insula  iteram  fti  interdicta.  »  La  bolla  ò  del  7  aprile  1339. 

(3)  SuRiTA  VII,  43. 

(4)  V.  l  due  Anon.  1.  e.  e  Surita  VII,  49,  M.  »a  Piazza  tace  del  tutto 
dei  fatti  di  Lipari.  Il  Boccaccio,  De  Claris  Mulierìbus,  cap.  Camiola,  esa- 
gera rentusiasmo  dei  Siciliani  per  questa  guerra,  ma  questo  ora  pur  troppo 
•bollito. 


mSOELLAllEA  295 


più  con  la  missione  di  vettovagliare  l'isola,  anziché  con  quella 
di  combattere  il  nemico.  Toccata  Vulcano,  si  appressò  al  tea- 
tro delle  gesta  angioine,  avendo  con  lui  l'Infante  Giovanni,  ul- 
timo dei  fratelli  del  re,  Miliado  e  Orlando  Agli  naturali,  il  pri- 
mo di  re  Pietro  e  l'altro  di  Federico.  Vi  erano  altresì,  i  fra- 
telli Nino,  Andrea  e  Giovanni  Tagliavia,  dei  quali  il  secondo 
Vice-Ammiraglio  delle  galee  palermitane,  e  Iacopo  Muscaro  pro- 
tontino  (1).  Il  re  tentennava.  Non  avea  saputo  risolversi  a 
dare  ordini  precisi,  quando  erasi  saputo  in  Sicilia  che  la  mira 
degli  Angioini  fosse  Lipari.  Prima  s'  era  lasciato  persuadere 
da  coloro  che  opinavano  doversi  vettovagliare  bene  l'isola  e 
fortificarla  in  guisa  da  renderla  idonea  a  difendersi,  o  almeno 
a  sostenere  un  lungo  assedio;  poi  avea  piegato  verso  gli  altri, 
i  quali  giudicavano  fosse  megl  io  d'affrontare  risolutamente  sul 
mare  le  forze  nemiche  (2).  Oltre  ai  consueti  armamenti  e  agli 
aiuti  chiesti  all'Aragona,  chiedeva  una  flotta  ai  Genovesi  ghi- 
bellini, rammentando  loro  l'antica  amicizia  e  i  favori  altra  volta 
loro  concessi,  la  tirannide  che  il  comune  nemico,  Roberto,  sulla 
loro  repubblica  avea  tentato  di  imporre  e  i  patti  di  alleanza  con 
la  Sicilia  precedentemente  fermati;  e,  rappresentando  le  tristi 
condizioni  in  cui  l' isola,  per  la  presente  invasione  angioina, 
versava,  descrivea,  a  non  scoraggiarli,  lo  sfacelo  delle  schiere 
nemiche  per  la  moria  che  in  esse  serpeggiava,  per  le  scon- 
fìtte che  aveano  sofferte  e  per  le  continue  diserzioni,  e  li  invi- 
tava a  spedire  una  flotta  verso  i  primi  del  settembre  di  quel 
l'anno,  nel  tempo  stesso  in  cui  altri  aiuti  aragonesi  sarebbero 
giunti.  Questo  ci  attesta  il  documento  che  pubblico  in  fine,  (3) 
non  pare  però  che  la  ligure  repubblica  abbia  appagati  i  desi- 
derii  del  monarca  siciliano. 


CI)  Anon.  1°.  108. 

(2)  Tutto  questo  risulta  dalla  lettera  apologetica  di  Pietro  II,  indiriz- 
zata alle  città  di  Sicilia  dopo  la  battaglia.  È  riportata  dall'  Anonimo  !•>, 
loc.  cit. 

(3)  V.  doc.  N.  V, 


296  HISCELLAIOÌÀ 


Giunte  le  navi  siciliane,  non  videro  il  nemico,  che  con  astuzia 
guerresca  s'era  concentrato  e  quasi  nascosto  a  un'  estremità 
della  baia,  ma  videro  le  insegne  patrie  sventolare  sulle  torri. 
Scesi  gli  uomini  a  terra  deposero  le  vettovaglie,  ma  i  Liparoti 
dicevano  di  non  aver  bisogno  di  viveri  né  di  armi  ;  ma  si 
che  fosse  tolto  l'assedio. 

Dal  documento  che  pubblico  sotto  il  N.  VI  si  rileva  che  gli 
assediati  avessero  già  patteggiata  la  resa  e  che  la  avessero 
promessa,  se  sino  al  18  del  novembre  non  avessero  ricevuti  i 
soccorsi:  ciò  che  vien  confermato  dalla  risposta  data  al  Chia- 
ramonte  che  offriva  le  vettovaglie  (1).  In  ogni  modo,  la  battaglia 
fu  combattuta  a'  17  di  novembre.  La  squadra  angioina  prese 
prima  il  largo,  e  poi  con  abile  mossa  chiuse  in  mezzo  la  Si- 
ciliana, che  fu  battuta  (2).  Delle  navi,  meno  otto,  che  favorite 
dai  marosi  furono  separate  dalle  altre  e  poterono  salvarsi,  le 
altre  caddero  in  potere  dei  nemici.  Lipari  allora  si  arrese  e  i 
patti,  prestabiliti  coi  capitani  dell'oste  angioina,  furono  mandati 
a  Napoli  per  avere  la  sanzione  del  Re. 

Il  documento  succennato  porta  le  condizioni  seguenti  poste 
dai  Liparoti,  accettate  dai  capitani  di  Roberto  (il  Marzano  e  i 
due  Antiochia),  e  le  provvisioni  date  dal  monarca.  Furono  dun- 
que i  patti:  Che  Lipari  si  rendesse,  salva  la  vita  e  gli  averi 
a  tutti  gli  abitanti  e  con  indennizzo  al  doppio  del  valore  per 
le  cose  che  a  cagion  della  guerra  andassero  perdute;  perdono 
generale  per  gli  omicidii  commessi;  licenza  di  prender  tavole, 
carbone  e  travi  dai  boschi  di  Squillaci  e  promessa  di  avere  qua- 
ranta murifabri  e  venti  falegnami  a  spese  di  Roberto  per  ri- 
fabbricare le  case  distrutte;  promessa  di  pagarsi  dalla  teso- 
reria angioina  270  gigliati  per  riparazione  delle  case  crollanti; 
donativo  da  farsi  da  Roberto  di  una  salma  di  grano  a  persona 


(1)  €  .......  qaod  si  dictum  snccnrsum  statim  non  haberent,  darent  se 

hostibus  ipsis.»  Anon  1%  1.  e. 

(2)  La  descriziuno  di  qnesta  battaglia  navale  fatta  dell'  Anonimo  i",  è 
^oaii  conforme  a  quella  vivacissima  del  Buccaccio  1.  e, 


MISCELLANEA  297 


infra  un  anno;  esclusi  dal  computo  i  poppanti;  che  i  beni  della 
chiesa  di  Lipari  si  convertissero  giusta  la  consuetudine  per  ri- 
parare le  mura  della  città  e  della  Chiesa,  tolto  il  necessario  al 
bisogno  dei  frati;  che  gli  isolani  non  fossero  tenuti  a  dare  gra- 
tuitamente alloggio  0  vitto  al  presidio  che  Roberto  avesse  vo- 
luto tenere  nell'isola;  che  fossero  confermati  gli  strumenti  pub- 
blici rogati  sotto  la  dominazione  aragonese  e  confermati  i  notai 
allora  viventi;  che  tutti  i  privilegii  fossero  confermati  ;  che  tósse 
lecito  di  portare  armi;  che  gli  appelli  per  le  cause  eccedenti  il 
valore  di  dieci  once  si  portassero  al  capitano  di  Calabria  e  non 
a  quello  di  Napoli,  essendo  il  primo  più  vicino;  che  fosse  per- 
messo a  un  Pietro  Formica  e  ai  suoi  di  recarsi  in  Sicilia  infra 
il  quindici  di  novembre;  e  che  Analmente  coloro  i  quali  voles- 
sero andare  ai  capitani  dell'oste  potessero  portare  i  loro  beni 
mobili  (1). 

Nelle  sue  provvisioni  Roberto  fece  alcune  riserve,  special- 
mente per  ciò  che  riguardava  spese,  o  per  cui  occorreva  il 
consenso  della  Chiesa  ;  ma  avea  la  scaltrezza  di  nulla  negare 
apertamente,  e  laddove  i  bisogni  reali  del  suo  erario  o  l'ava- 
rizia, di  cui  lo  accusavano  i  contemporanei,  gli  vietarono  un 
esplicito  assentimento ,  trovò  una  frase  vaga  e  indeterminata 
che  potesse  tenere,  come  difatti  tenne,  lungamente  sospese  le 
analoghe  risoluzioni.  Per  i  Liparoti  le  condizioni  erano  tutt'al- 
tro  che  umilianti:  possiamo  anzi  giudicarle  vantaggiose,  e  ta- 
luna, come  quella  che  riguardava  la  distribuzione  del  grano 
ai  cittadini,  ha  quasi  carattere  di  premio  per  la  sottomissione. 
I  capitani  angioini  erano  stati  larghissimi  nel  promettere,  spe- 


(1)  Questo  documento  che  io  trascrissi  dall' Arc/i.  angioino,  Reg.  N.  347 
f.  55,  é  compreso  in  un  diploma  di  Giovanna  I,  la  quale  a'  25  maggio  1345 
confermava  i  patti  coi  Liparoti  e  le  provvisioni  di  Roberto ,  riportando 
testualmente  gli  uni  e  le  altre.  Ho  veduto  dopo  che  il  Minieri-Riccio  lo 
avea  pubblicato  in  gran  parte  {Are.  St.  nap.  a  Vili,  fase.  I,  p,  217,  nota  3»;) 
ma  la  edizione  é  scorrettissima,  tanto  da  svisare  in  alcun  luogo  il  senso. 
Lo  pubblico  intero,  e  mi  auguro,  con  migliore  lezione  — V.  nei  docu- 
menti N.  VI. 

4rch,  Stor.  Sic.  N.  S.  anuo  XV,  30 


298  MISCELLANEA 


rando  forse  di  attirare  coli'  esempio  le  altre  città  di  Sicilia,  e 
Roberto,  non  contraddicendo  a  quelle  promesse,  lasciava  aperti 
gli  animi  a  desiderii,  a  speranze  che  mai  furono  appagati. 

Gli  uomini  che  non  si  salvarono  sulle  otto  navi  che  po- 
terono scampare,  o  che  non  perirono  nel  combattimento ,  fu- 
rono tratti  prigionieri,  riscattati  più  tardi  in  parte,  quali  dal 
re,  quali  dalle  città,  e  fra  questi  Nino,  Andrea  e  Giovanni  Ta- 
gliavia  e  Giovanni  Pulcaro  palermitani,  ad  opera  di  Palermo, 
la  quale  stremata  di  mezzi,  chiese,  e  giova  credere  abbia  ot- 
tenuto da  Pietro  II  la  consegna  di  alcuni  prigionieri  angioini 
per  trattare  direttamente  il  cambio  coi  nemici  (1).  Si  narrò 
che  il  riscatto  negato  da  Pietro  per  Orlando,  alla  cui  intempe- 
ranza attribuiva  la  sconfitta,  fosse  pagato  da  una  vedova Ca- 
miola  Turingia,  nobile  senese  dimorante  a  Messina,  che  one- 
stamente lo  amava  e  che  poi  fu  ricambiata  di  ingratitudine  e 
di  abbandono  (2). 

Pietro  II  scrivea  scagionandosi  del  triste  successo  e  confes- 
sando che  all'impresa  sconsigliata  era  stato  costretto  da  insi- 
stenti premure  (3).  A  Roberto  non  mancarono  le  congratula- 
zioni del  Papa  a  cui  la  piccola  vittoria  di  Lipari  parve  presagio 
di  maggiori  trionfi  (4).  E  passò  poco  meno  di  un  anno  in  certa 
quiete  che  fu  preludio  a  maggiore  impresa.  Ai  lontani  incita- 
menti del  Papa,  il  monarca  angioino  sentiva  unirsi  i  più  vicini 
di  Federico  d'Antiochia,  il  quale  sull'argomento  teneva  con  lui 
frequenti  colloquii.  Diceva  che  i  Siciliani  non  erano  poi  gli  in- 
vincibili che  si  credeva,  e  il  fatto  di  Lipari  lo  avea  dimostrato: 
trovarsi  già  stanca  per  tante  cagioni  la  Sicilia:  doversi  dunque 
procedere  a  nuova  impresa  che  egli   consigliava   dovesse  co- 


(1)  V.  il  documento  VII  in  fine. 

(2)  Boccaccio  l.  e.  Il  Maurolico.  Rer.  Sic.  comp.  lib.  V.  riforito  que- 
sto fatto,  soggiunge  :  «Hoc  Boccacius  in  libro  de  illustribus  uiulieribus 
scribit.  CaiuB  faeminao  cadaver,  marmoreo  sepulchro  tumulatum  Mes- 
Muae  in  aedo  Divi  Francisci  nos  saepe  vidimus.  » 

(3)  V.  la  lettera  regia  citata.  ylNON  1°  108. 

(4)  Raynalu  1330.— Ut  lettera  pontifìcia  ò  del  2  dicembre, 


MISCELLANEA  299 


minciare  da  Milazzo ,  caduta  la  quale,  diceva ,  sarebbe  caduta 
anche  Messina  che  dal  piano  di  Milazzo  trae  ogni  vivere  ;  e 
per  rendere  più  valido  il  suo  argomento ,  adoperava  anche  il 
sofisma  e  il  bisticcio,  efficacissimi  nell'animo  del  re  filosofo,  cui 
diceva,  fra  le  altre,  che  Milazzo,  o  latinamente  Milaccio,  signi- 
fica laccio  di  Messina,  quasi  a  voler  dire  che  Messina  la  tiene 
avvinta  a  se  come  il  capestro  il  somaro  (1).  Buon  seme  in  buon 
terreno.  Roberto  prestava  alle  parole  del  traditore  facile  orec- 
chio e  preparava  rimpresa  che  dovea  essere  T  ultima  del  suo 
lungo  regno. 

V. 

Dopo  il  fatto  di  Lipari,  un  tentativo  arditissimo  seguiva  però 
ad  opera  di  Raimondo  Peralta,  il  quale  con  sole  sei  galee,  ten- 
tava di  aggredire  improvviso  il  porto  di  Napoli.  Come  l' im- 
presa sia  andata  ignoriamo,  perchè  il  documento  che  ne  parla  (2) 


(1)  Anon  1°  1.  e. 

(2)  Stimo  utile  di  riportare  la  prima  parte  di  questo  documento  che 
trascrissi  dal  Reg.  Ang.  N.  321,  f.  216  t.  «  Robertus  etc.  lusticiario  Terre 
laboris  et  Comitatns  Molisij  fldeli  nostro  etc.  quorumcumque  subiectorum 
nostroruni  indigentiis  intimo  et  paterno  compaciamur  aflfectu  non  tam 
dominico  sed  paterno  urget  tamen  agitque  dominum  nostrum  instantis 
armato  articulis  quo  tam  utiliter  quam  salubriter  cogimur  recnperacioni 
insule  nostre  Sicilie  soUicitius  providere.  Actendentes  quanta  ex  eius  oc- 
cupacione  noticia  abhactenus  processerunt  residuo  corpori  regni  nostra 
presertim  cum  redncta  sit  deo  principaliter  operante  et  nostri  providentia 
Regia  cohoperante  ad  prompte  satis  et  facilis  recuperacionis  terminos  ex 
cuius  prosecucionis  interpolacione  resumptis  viribus  durins  duriusque 
possent  contra  iusticie  nostre  stimulum  calcitrare  quo  satis  probavit  tam 
detemptorum  quam  ipsorum  rebellium  temeritas  excessiva,  Nam  cum 
nobis  pridem  circa  liparum  Victoria  celiter  ministrata  preter  insignes 
personas  numerosas  marenariorum  catervas  ad  carceres  nostros  adiun- 
xerint  armandarum  per  eos  galearum  vires  vix  minime  veniam  servunt. 
Nobilis  vir  Raymundus  de  Peranta  (sic)  cum  sex  galeis  portum  nostrum 
neapolis  presumpsit  agredi  ex  arrupto  et  aperte  qui  patratam  iniusticiam 
multiplicem  et  irrogatam  iniuram  multimodam,  a  suis  parentibus  et  preces- 
^oribus  contraxerunt  ut  tam  de  premissorum  capite  quam  corpore  dici 


300  HISOELLAKEA 


non  ci  dà  altra  notizia;  ma  devesi  probabilmente  riferire  a  que- 
sto fatto  il  cenno  dell'altro  documento  siciliano  riguardante  quei 
prigionieri  angioini  che  i  Palermitani  chiedevano  per  riscattare 
i  loro  concittadini  presi  nella  battaglia  di  Lipari,  i  quali  pri- 
gionieri angioini,  dice  il  documento,  erano  stati  testé  catturati 
dalle  regie  navi;  onde  parrebbe  che  il  conato  del  Peralta  abbia 
avuta  qualche  conseguenza.  Roberto  ordinava  l'armamento  delle 
navi,  delle  quali,  trenta  eran  provenzali,  e  imponeva  ai  sudditi 
il  donativo  per  le  spese  della  guerra  che  si  apprestava  a  com- 
battere. 

L'armata  di  più  di  quaranta  galee  e  altri  legni  da  carico, 
fu  messa  sotto  il  comando  di  Federico  d'Antiochia  e  recava  più 
di  ottocento  cavalieri  e  fanti  in  gran  numero  (1).  Partì  da  Na- 
poli agli  11  e  giunse  a'  16  di  giugno  in  Sicilia  (2).  Sbarcarono 
gli  armati  a  S.  Nicolò  della  Piana  di  Milazzo,  mentre  le  navi 
rasentavano  la  costa ,  e  si  avviarono  verso  Milazzo  presso  le 
cui  mura  posero  gli  accampamenti,  fortificandosi  con  trincee 
di  legnami,  pietra  e  cementi;  non  risparmiando  con  frequenti 
scorrerie  le  vicine  campagne. 

A  difesa  della  città  stette  Raimondo  Peralta,  tornato  appena 
dalla  audace  spedizione  al  golfo  di  Napoli,  e  che  poneasi  in 
Santa  Lucia,  mentre  gli  invasori  tormentavano  di  continuo  le 
mura  della  città.  Non  mancarono  in  quell'assedio  prove  di  grande 
valore.  Uno  degli  assalti,  dato  a'  14  settembre,  fu  dopo  parec- 
chie ore  di  combattimento  respinto,  né  poterono  gli  assalitori 
appressare  alle  mura  la  grande  macchina  di  legname  che  aveano 
costruita,  né  appoggiare  almeno  una  delle  molte  scale  che  a- 
veano.  Si  ritrassero  perdendo   centocinquanta  uomini,  oltre  a 


possit  quodpropheta....  Hijs  igitur  adente  et  alijs  circa  hec  que  digna  sunt 
principe  circa  integracionem  Regni,  et  quietnm  statum  nostrornm  fldelium 
cogitantefl  providerimus  armatam  nostrani  actingoro  indilate  cuius  pars 
triginta  videlicot  galearum  arinacio  in  provincia  destinatur ». 

(1)  Cfr.  i  due  Anonimi  1"  III.  e  2»  12;  M.  da  Piazza,  20  e  Villani  XI 127. 

(2)  Villani,  1.  e.  e  Anon  1»  1.  e.  Lo  date  confrontano  nei  duo  scrittori. 


MISCELLANEA  301 


duecento  feriti,  i  quali  giacquero  nel  fossato  che  circondava  la 
città.  Segui  poi  una  zuffa  nel  campo  angioino,  non  si  seppe  per- 
chè, e  vi  furono  morti  e  feriti  in  buon  numero,  come  sovente 
era  accaduto  negli  eserciti  angioini  per  il  difetto  di  ogni  di- 
sciplina. Un'altra  notte  tentarono  gli  assediati  di  metter  fuoco 
alla  grande  macchina  nemica;  e  spento,  profittarono  del  panico 
degli  angioini,  e  tagliate  le  corde,  la  portarono  in  città.  (1). 

Non  ostante  gli  sforzi  del  Peralta,  re  Pietro  tentennava  fra 
varii  e  opposti  consigli:  né  sapeva  scegliere  una  via  per  la  quale 
mettersi  risolutamente.  Una  prova  di  tali  incertezze  ricavo  dalla 
lettera  che  a'  27  agosto  e'  dirigeva  alle  città  dell'  isola,  chie- 
dendo loro  se  stimassero  opportuno  di  assalire  immediatamente 
il  nemico,  o  se  meglio  convenisse  di  aspettare  l'inverno,  poi- 
ché su  tal  punto  i  pareri  del  suo  consiglio  eran  discordi  (2). 
La  città  di  Palermo  giudicò  preferibile  il  secondo  parere  (3) , 
che  fu  abbracciato,  poiché  pare  che  solo  nel  novembre  si  sia 
pensato  seriamente  a  combattere  gli  invasori. 

All'avvicinarsi  dell'inverno,  re  Pietro  bandiva  in  fatti  il  ser- 
vizio militare,  che  volea  si  apprestasse  pel  venti  novembre,  e 
raccoglieansi  due  mila  cavalli  e  fanti  in  gran  numero,  sotto  il 
comando  del  duca  Giovanni,  con  cui  erano  Blasco  Alagona,  i 
fratelli  Enrico  e  Federico  Ghiaramonte  e  il  Peralta  [summen- 
tovato.  Sotto  le  insegne  di  Pietro  II  raccoglievansi  sopratutto 


(1)  Traggo  questi  particolari  dai  documenti  inediti  N.  Vili  e  IX  che  pub- 
blico in  fine.  Il  primo  é  la  relazione  dello  stesso  Raimondo  Peralta:  Il 
secondo  la  bttera  del  re  Pietro  che  annunziava  alla  città  di  Palermo  que- 
gli avvenimenti,  comunicando  la  relazione  del  Peralta.  Colgo  questa  oc- 
casione per  ringraziare  il  Gav.  Pollaci  Nuccio  sopraintendente  dell'Archivio 
Comunale  e  il  Sac.  Gnoflfo  per  le  agevolezze  datemi  nelle  ricerche  in  quel- 
l'archivio. Ai  mutilati  in  questi  fatti  d'arme  assegnavano  poi  gli  Anjou 
una  pensione  vitalizia,  come  si  ritrae  da  parecchi  doc.  dell'  Arch.  ang.  ; 
ma  quelle  disposizioni  non  osservate,  furono  da  Giovanna  I  richiamate 
in  vigore  per  decreto  del  2  marzo  1345.  {Reg.  ang.  N.  344  f.  107  t.) 

(2)  V.  in  fine  il  doc.  N.  X  a). 

(3)  V.  doc.  N.  X  b). 


302  MISCELLANEA 


i  Messinesi,  che  realmente,  come  l'Antiochia  avea  detto  a  Ro- 
berto, aveano  le  loro  migliori  proprietà  nella  terra  di  Milazzo  (1). 
I  Siciliani  non  ardivano  di  assalire  i  nemici  nei  loro  ripari: 
costoro  non  ardivano  di  uscirne  e  sopravvenute  pioggie  im- 
petuose, i  primi  si  dispersero  e  tornarono  a'  luoghi  natii  (2). 
Nel  marzo  successivo  del  1342,  si  richiamarono  gli  uomini  alle 
armi  e  da  Messina  corsero  ad  assalire  gli  assedianti  nelle  trincee, 
ma  furon  respinti;  onde  attendatisi  anch'  essi  si  chiusero  tra 
la  città  e  il  loro  accampamento;  ma  quelli  riceveano  dalle 
galee  continui  soccorsi,  onde  l'assedio  durava  fra  continui  tatti 
d'arme,  ora  di  grave  or  di  lieve  momento.  In  uno  di  questi 
era  ucciso  Federico  d'Antiochia,  che  ebbe  dal  re  Pietro  onorata 
sepoltura  in  S.  Lucia  di  Milazzo.  Finalmente,  persistendo  gii 
Angioini  e  sopravvenendo  nuove  pioggie,  discioltosi  quell'eser- 
cito siciliano,  Milazzo  fu  ridotta  alle  sole  sue  forze.  Chiese  ar- 
mistizio di  un  mese  promettendo  di  arrendersi  se  infra  quel 
termine  non  avesse  ricevuti  i  soccorsi  necessarii,  quando  re 
Pietro  II  moriva  a'  15  di  agosto,  lasciando  il  regno  al  figlio- 
letto Lodovico  di  appena  cinque  anni,  e  confermando  vicario 
del  regno  il  fratello  Giovanni.  Milazzo  allora  si  arrendeva,  ma 
degli  abitanti  la  parte  maggiore  preferì  andare  in  altre  terre 
dell'isola. 

Poco  dopo,  nel  gennaio  del  1343  moriva  anche  Roberto 
d'Angiò,  amareggiato  da  quella  stessa  occupazione  di  Milazzo 
che  gli  era  parsa  una  fortuna,  sebbene  gli  fosse  costata  50,000 
onze  d'oro;  (3)  poiché,  nel  trambusto  di  intestine  discordie,  gli 
Angioini  di  Milazzo  furon  richiesti  di  aiuto  dalla  fazione  dei 
Palizzi,  che  allora  combatteva  il  duca  Giovanni,   Vicario  del 


(1)  <  Eratque  ibidem  maxima  militum  et  poditum  copia  Messanensium, 
prò  eo  qnod  avidi  orant  ipsi  precipue  i)lusqnam  cetori  dictam  terram 
haberc  ant  fimditus  evortore,  ratione  racultatum  eoriun  in  oius  pianitie 
existentium,  et  non  fideliUitis  amoro  concitati  ».  M.  da  Tiazza  I.  21. 

(2)  Anon.  i»  in.  Villani  XI.  127. 

(3)  Villani  XI.  127. 


U1S0ELLA.KEÀ  803 


Regno,  e  in  un  brutto  fatto  di  Messina  ne  furono  trecento  uc-"^ 
cisi  e  quasi  altrettanti  fatti  prigioni.  In  ogni  modo  la  gran- 
dezza della  Gasa  angioina  si  chiudeva  irreparabilmente  con  lui. 
In  quanto  alla  Sicilia,  né  la  sagacia  dei  politici  negoziati,  né 
le  tante  spedizioni  guerresche  le  aveano  fatto  guadagnare  ciò 
che  avea  sempre  desiderato;  e  se  negli  ultimi  anni  del  regno 
di  Pietro  qualche  piccola  fortuna  avea  potuto  formare  un'eccezio- 
ne alla  lunga  serie  di  infelici  successi,  fu  piuttosto  conseguenza 
dello  stato  miserando  in  cui  la  Sicilia  si  era  ridotta,  anziché 
pregio  delle  armi  o  degli  accorgimenti  di  lui.  Seguirono  i  ten- 
tativi angioini,  anche  dopo  la  sua  morte;  ma  il  regnq  di  Na- 
poli non  avea  più  il  credito  dei  suoi  tempi,  e  quando  d'altro 
canto,  la  secolare  questione  siciliana  potea  dirsi  sciolta,  i  figli 
degli  eroi  del  Vespro,  per  colpa  loro  sopratutto,  non  eran  più 
capaci  di  sentire  la  vergogna  di  umilianti  concessioni,  o  la  gioia 
della  intera  indipendenza  acquistata,  i  cui  frutti,  la  nuova  tri- 
stizia dei  tempi  non  consentiva  di  godere. 

Messina,  giugno  1890. 

G.   B.   SlRAQUSA. 


DOCUMENTI 


I. 


Pietro  II  a  Ludovico  Imperatore  narrandogli  i  particolari 

DEI  tradimenti  E  DELLE  RIBELLIONI  DEI  VeNTIMIGLIA  E  DEGLI 
ANTIOCHLA. 


1338. 
Domino  Imperatorj  Rex  Petr^us. 


Quoniam  ut  credimus  ad  audienciam  vestre  magestatis  cesaree  longe 
lateque  difusa  crebescens  fama  pertulerit  sediciones  et  scandala  machi- 
naciones  et  tumultus  que  post  obitum  recolende  memorie  dominj  Geni- 
toris  nostri  Regis  Friderici  per  totam  Sicilìam  ingruerunt  ne  futuro 
auditorio  imperialis  solij  rem  aliter  quam  gesta  est  ut  plerumque  solet 
contingere  ventilari,  Ecce  rem  ipsam  succinte  per  ordinem  explicamus, 
deus  judex  iustus  de  trono  cuius  pixjcedit  iusticiam  per  tempus  et  tem- 
pora suspendens  quocumque  judicium  qui  exaltat  humiles  et  conterit 
cornna  superborum  misericordiam  suam  fecit  cuni  siculis  ut  erueret  nos 
et  illos  de  laqueo  qnem  infelix  quondam  Franciscus  de  vintimilio  comes 
vicarij  centra  nos  et  lideles  nostros  immemor  et  ingratus  beneliciorum 
qaem  {kìc)  a  dicto  domino  gonitorj  nostro  et  nobis  inter  omnes  fldeles 
et  sabditos  nostros  signanter  acceperat  manifesta  prodicione  dampnabili 
preparavit ,  post  obitum  siquidem  jamdicti  genitoris  nostri  sicut  por 
obsequentia  signa  et  probacionos  accepimus  Comes  ipse  venjro  (.sic  unire?) 
se  hostibas  nostris  nos  et  regnum  nostram  eia  prò  viribus  prodere  machi- 
natas  est.  Et  primas  eiusdem  ftiit  nobis  indicluin  quia  vocatus  post  dicti 
dominj  nostri  genitoris  obitum  ut  facerot  nobis  sicut  ot  ceteri  tideles  no- 


MISCELLANEA  305 


stri  debitum  fldelitalis  et  homagium  venjre  ad  nos  frivolis  assumpsis 
(sic)  occasionibus  recusavit  qui  tandem  repetitis  bis  et  ter  nuncijs  simu- 
lavit  adventam.  Et  expectantibus  nobis  illum  in  Civitate  Gathanie  venit 
usque  paternionem  unde  lese  consciencie  arbiter  subito  retrocessit.  Ca- 
stra sua  fabricare  atque  munire  die  noctuque  non  cessans  gentes  insu- 
specta  conventicula  congregans  novas  unita tes  et  iuramenta  faciens  cum 
eisdem,  nos  autem  attendentes  hec  signa  ut  tolierem  (sic)  ei  materiam 
malignandi  processimus  njcosiam  quo  sibi  de  Gomitatu  suo  lacilior  esset 
accessus  unde  illum  per  varios  nuncios  et  licteraS  ad  nos  evocavimus. 
ipse  vero  quantum  potuit  venjre  renisus  est,  videns  ultimo  quod  centra 
illum  propterea  tendere  parabamus  quamvis  haberet  secum  nuncios  ho- 
stìs  nostri  cum  quibus  pacta  et  convenciones  per  committeude  prodicio- 
nis  munere  conflrmabat  nichilominus  quia  in  proximo  non  sperabat  ab 
hostibus  habere  subsidium  propinquiores  metuens  vires  nostras  postu- 
latis  et  habitis  securitatis  licteras  venit  ad  nos  fecitque  callide  nobis 
centra  sue  intencionis  propositum  maaibus  et  ore  homagium  ac  prestitit 
fldelitatis  debitum  juramentum  puritatem  cordis  nostri  sperans  per  cal- 
liditates  et  versucias  fallere  quod  dei  bonitas  non  permisit.  Et  ut  illam 
quam  pretendebat  timoris  causam  de  quibusdam  magnatibus  regni  nostri 
rancoris  materiam  sedaremus  Inter  illos  ex  flliis  tìliabus  atque  nepotibus 
que  solent  inter  discordes  pacem  componere  quedam  certa  conduximus 
firmari  conjugia  diemque  flrmacionis  huiusmodi  et  locum  ut  illustres 
Regine  domina  Genetrix  et  domina  consors  nostre  possent  comodius 
interesse  diem  natalis  domini  tunc  futurum  in  civitate  Gathanie  prò 
loco  et  tempore  designavimus,  ipse  vero  cnius  pacata  verba  longe  ab 
eo  quod  hostibus  nostris  spoponderat  dissonabant  eis  iterum  atque  ite- 
rum  per  convenciones  et  pacta  per  donaciones  et  promissiones  multi- 
plices  destiuatis  hinc  inde  mediatoribus  se  univìt  prout  et  per  illos  qui 
sibi  astricti  erant  et  per  quosdam  assistentibus  hosti  sacri  imperij  atque 
nostro  deo  volente  compertum  est,  nos  autem  omnia  dissinmlavimus 
usque  in  designatum  diem  tìnem  suorum  processuum  quam  pocius  exces- 
suum  expectautes  sed  ne  forte  infelix  ipse  solus  cojrueret  cum  qua 
gente  caderent  sciscitatus  est,  habuit  itaque  tante  facinorose  machinacio- 
nis  temeritatis  et  perfidie  complices  infelices  Fridericum  de  antiochia 
cuius  genitorem  licet  claris  ortum  natalibus  pauperem  nichilominus 
egenum  venientem  ab  exteris  dare  memorie  dictus  dominus  genitor 
noster  proprijs  laribus  educavit  atque  inter  ceteros  magnates  et  proceres 
Regni  nostri  signanter  evisceratis  opibus  edotavit,  ac  eciam  immensis 
dignitatibus  et  honoribus  insignivit  et  post  eius  obitum  Fridericum  cum 
officio  cancellarij  Regni  nostri  quam  nec  juvenilis  etas  nec  exigus  eius 
sensus  capere  poterat  et  Gomitatus   titulo   nuUis   precedeutibus    meritis 


806  MISCELLAKEA. 


decoravit.  Chiccum  etiam  et  Simonem  consobrinos  eiusdem  Fridericus 
(sic)  qnibus  nimirum  idem  dominus  genitor  noster  desteram  sue  muni- 
ficentie  aperuit  et  de  Thesauris  suis  plus  debite  sua  benignitate  difudit, 
cumque  appropinquassent  dies  expectacionis  eiusdem  adirne  queritans 
nos  suis  calliditatibus  fallere  noStrumque  sub  liac  nube  circumevenere 
consilium  franciscum  de  Vigintimilio  tìlium  suum  Franciscus  ipse  ne- 
quere  simulans  equitare  non  posse  transmisit,  nos  autem  habitis  jam  de 
machinatione  ipsius  non  solum  violentis  indieijs  quin  eciam  et  proba- 
cionibus  eumdem  Franciscum  detineri  mandavimus  credentes  venire 
propterea  genitorem.  ipse  vero  non  solum  ad  purgacionem  sue  contu- 
macie venire  contempsit  sed  vires  domini  contemptum  ulterius  non  oc- 
cnltans  Castrum  nostrum  Rayal-Johannis  hostiliter  per  suos  complices 
fecit  invadi  aliaque  Castra  et  loca  nostrorum  fidelium  a  fldelitate  nostra 
divertere  attemptavit.  Et  ut  clarius  pateret  ipsius  proditoris  nequitia 
Rimbaldus  rursus  (sic  russus)  de  Cephaludo  miles  magnus  et  antiqus 
consiliarius  suus  atque  domesticus  cuj  secreta  sua  din  commictere  con- 
snevit  qui  deo  volente  in  manus  nostras  incidit  sponte  machinacionis 
ipsius  processum  et  causam  per  ordinem  explicavit  ubi  quando  et  quocies 
licteras  cautelas  et  capitula  que  sibi  hostis  noster  transmiserat  Franci- 
scus ipse  suscepit,  responciones  bine  inde  convenciones  et  pacta  per  or- 
dinem reseravit  juramentum  et  homagium  que  dicti  Franciscus  et  Fri- 
dericus eisdem  nuncijs  hostis  nostri  fecerant  patefecit.  Itaque  cum  res 
ipsa  in  patulum  prodiisset  de  Consilio  magnatum  et  procerum  Regni 
nostri  qui  nobiscum  tunc  aderant  non  expectatis  aliis  cum  fuisset  in 
mora  periculum  movimus  contra  eum  felicia  signa  nostra.  Cumque  fuis- 
semus  nicosie  que  propinqua  est  flnibus  Comitatuum  eorundem  in  expu- 
gnabile  Castrum  sperlinge  collatis  paucis  nostrorum  viribus  occupatum 
est,  seqnenti  die  gangium  petralia  superior  et  inferior  comitatum  eidem 
sponte  ad  umbram  alarum  nostri  dominij  confugerunt.  Nos  autem  acten- 
dentes  nostrorum  fidelium  devocionem  et  tìdem  illieo  profecti  sumus 
contra  Gigacium  (sic  Giracium)  ubi  miser  et  infelix  ille  Franciscus  cum 
daobas  natis  et  Ruberto  Gephaludensi  Episcopo  qui  minister  fuerat  et 
persaasor  totius  scerelis  (sic)  rosidebat ,  passis  itaque  vexillis  nostro 
nostrorumqae  magnatnum  qui  nobiscum  aderant  in  conspoctu  populi  qui 
de  manibos  expectabant  factum 


Dal  Codice  Vallicelliano  D.  39.  f.  i87. 


MISCELLANEA  807 


II. 


Roberto  invita  i  giustizieri  a  riscuotere  i  tributi  dai  feuda- 
tarii  che  non  poteano  prendere  le  armi  per  la  spedi- 


ZIONE CONTRO  LA  Sicilia. 


10  gennaio  1338. 


Robertus  etc.  Insticiario  Terre  laboris  et  comitatus  Molisi)  fldelj  suo 
etc.  Ex  innata  benignitate  Regia  quantum  possumus  subditorum  nostrorum 
gravaminibus  compatimur  et  illis  concedimus  clementer  inducias  quas 
volumus.  Verum  cum  hodie  antiquo  hoste  nostro  domino  frederico  de 
Aragonia  sublato  de  medio  nunc  de  presenti  Insula  Sicula  commocione 
vacillet  ex  quibus  comites  et  Barones  nonnulli  cum  eorum  sequacibns 
erroris  fugata  caligine  vere  fidei  luce  perfusi  iam  patenter  nobis  inhe- 
rentur  maiestatis  nostre  Regie  titulo  invocato  in  eorum  suenrsum.  Ecce 
mictimus  Galeas  cum  militnm  balistrariorum  et  pavesariorum  exforsio 
in  numero  copioso  sed  quia  prò  eiusdem  hereditarie  insule  recuperacione 
votiva  non  pauca  expensarum  profluvia  requiruntur  quare  omnes  fldeles 
nostri  Regnicolo  esse  debent  providimus  adohamenta  carie  nostre  debita 
per  barones  et  feudatarios  Regni  tenentes  ab  eadem  curia  terras  casalia 
seu  fenda  valoris  annui  dimidij  servicij  militaris  et  infra  nec  non  Ecclesias 
viduas  pupillos  et  impotentes  ac  de  Regno  absentes  bona  feudalia  in  eodem 
regno  tenentes  a  nostra  Curia  supradicta  debere  in  pecunia  prò  presenti 
anno  sexte  indictionis  quo  sequitur  in  Camera  nostra  solvi.  Quapropter 
fldelitalj  tue  presencium  tenore  jubemus  quatenus  statini  presentibus 
habitis  omnibus  et  singulis  Baronibus  et  feudatarijs  tenentibus  a  Curia 
nostra  in  lurisdictione  tua  terras  casalia  seu  feuda  valoris  annuj  dimidij 
servicij  militaris  et  infra  nec  non  Ecclesijs  viduis  pupillis  impotentibus 
ac  de  Regno  absentibus  ab  eadem  Curia  nostra  in  dieta  decreta  tibi  pro- 
vincia feudalia  bona  tenentibus  sub  pena  destitutionis  bonorum  eorum 
feudalium  ex  parte  nostre  celsitudinis  iniungi  mandes  et  facias  quod  prò 
presentj  anno  sexte  Indictionis  adhoamenta  debita  prò  ejsdem  bonis  etc. 
feudalibus  de  feudis  scilicet  antiquis  duplum  et  de  novis  simplicem  per 
totum  octavum  diem  mensis  februarij  primo  futurj  ad  tardius  in  pecunia 
in  Camera  nostra  Thesaurarijs  nostris  solvant  a  quibus  inde  recipient 


308  idsOELLÀKEÀ 


solitas  apodixas  facture  fieri  de  piena  execncione  ad  formam  ipsam  publi- 
cam  consimilia  competencia  instramenta.  —  Datam  neapoli  in  curia  nostra 
anno  dominj  m.  ecc.  xxxviu  die  x  januarij  vj  Indictionis  Regnorum  no- 
strorum  anno  xxiiij". 

Eodem  die  similes  facte  sunt  etc. 

(Segue  r  elenco  dei  giustizieri  ai  quali  fu  spedita  la  presente  circolare). 

Dal  Reg.  ang.  N.  3U  f.  14. 


UI. 


Pietro  II  ai  Grandi  del  Regno  annunziando  la  morte  del  fra- 
tello Guglielmo,  e  invitandoli  a  prestare  e  a  far  prestare 
omaggio  all'altro  fratello  Giovanni  che  gli  succedeva. 


Maggio  1338. 


Immensus  dolor  qui  superest  cogit  nos  logubrem  (sic)  exarare  mate- 
riam  et  multaruni  efundere  copiam  lacrimarum.  Ecce  quideni  vobis  cum 
amaritudine  pandimus  quod  dilectissimus  frater  noster  Guillelmus  Infans 
ducatum  athenarum  et  Neopatrie  dux  qui  bona  pars  erat  nostri  regimi- 
ni8  in  panormitana  urbe  undecima  presenti»  mensis  may  diem  clausit 
extremum  quod  evenit  universis  nostris  fidelibus  et  snis  potissime  sub- 
ditis  ad  merorem.  Rerum  quare  nunc  habente  atque  divino  judicio  con- 
tigerunt,  cum  scimus  eciam  huiusmodi  casu  sermonem  perducere  mentis 
nostre  aciem  ad  ea  que  insistunt  guerrarum  negocia,  advertcntos  pro- 
pterea  quod  spectabilis  infans  Johannes  marchio  randagij  et  tocius  Val- 
li» Castilionis  et  Francaville  comes  minei  terrarum  trayno  montis  albani 
et  bntere  dominu»  ac  gubornator  Civitatis  messane  carissimus  frater 
no»ter  habet  illi  ex  testamento  gloriosi  principis  recolhMulo  memorie 
domini  genitoris  nostri  Rugis  in  ducatibus  ipsis  succedere  placidum  nobis 
est  et  niieiitati  vostre  mandamus  (itiateiius  ni»  iiiiivcrsitatibus  et  proce- 
libus  ducatum  oorundem  quibus  exindu  scribìmus    prò  parte  dicti  mar- 


MI80KLLANBA  309 


chionis  recipiatis  homagium  et  fldelitatis  debitum  jiiramentum.  Vos  au- 
tem  in  manibus  Guillelmi  de  podio  familiaris  et  fldelis  nostri  quem  serio 
mictimus  homagium  faciatis  et  inde  prestabatis  (sic)  fldelitatis  debitum 
juramentum. 

Dal  Cod.  Valliceli.  D.  39.  f.  189. 


IV. 


Pietro  II  al   Pontefice   narrandogli   oli    avvenimenti   della 
GUERRA  Angioina  specialmente  a  Termini,  e  giustificandosi 

PER  IL  fatto   dei   LEGATI   PAPALI   RESPINTI  DA  MESSINA. 


Fem^aio  ?  1339, 


Ne  forte  quis  beatissime  pater  et  domine  in  conspectu  et  auditorio 
sacre  sedis  de  processu  et  redditu  nunciorum  salva  reverenda  sedis 
eiusdem  et  vestra  vel  putatis  coloribus  vel  snppressa  veritate  casum 
aliter  quam  evenit  imponeret  per  quod  me  et  meos  astrueret  in  ea  parte 
culpabiles  beatitudini  vestre  succinto  brevique  sermone  casus  huius  ta- 
men  ut  revera  se  habuit  intimare  providi,  antiqus  enim  hostis  et  inquie- 
tator  fldelium  nostrorum  siculorum  cuius  animus  nec  senio  frangitur  nec 
adversitatibus  mitigatur  nec  eciam  sanguinis  amore  lenitur  olim  de 
mense  may  Siciliam  invadere  attentavit  centra  quam  numerosam  classem 
et  bellatorum  exercitum  in  solito  furore  transmisit,  quibus  ad  littora 
declinantibus  nonnulli  ex  alumpnis  atque  reliquis  infldelium  quondam 
Francisci  de  Vintimilio  et  Friderici  de  anthiochia  comitum  proditorum 
veneno  detestande  infldelitatis  infecti  quatuor  castra  contigua  subito 
et  prodicionaliter  tradiderunt  quibus  elatis  successibus  immitis  hostis 
ipse  licet  avunculus  qui  deberet  in  me  gerere  vices  patris  alium  atque 
alium  exercitum  centra  me  et  meos  iterum  [atque  iterum  destina- 
vit  qui  plurima  loca  fldelium  siculorum  nunc  imaginacione  nunc  ingenio 
nunc  viribns  attentarunt  in  quibus  dei  nutu  cedes  et  dampna  plurima 
protulerunt.  Gumque  non  eis  precibus  ultima  reprendissent  Gastrum  et 
terram  Thermarum  in  circuitu  mai  ino  terrestrique  exercitu  obsiderunt, 


310  UISCELLANEA 


ubi  quale  sit  ad  hostem  ipsum  odium  fidelium  sicolorum  quantaque  iì- 
des  ad  dominum  sine  ambiguitate  probatum  est,  nani  poptquam  innu- 
merabiles  torrentes  lapidea  missi  per  machinas  plures  ex  incolas  diete 
terre  cum  domiciliis  obruerunt  plures  eciam  sitis  arida  disicavit  usque 
adeo  preferentes  ut  aquas  maris  obiberent  quare  tandem  superfieri  peri- 
culis  quamquam  attentant  pollicitis  et  suasionibus  ut  cum  hostibus  resi- 
derent  preciosum  tamen  fidelitatis  debitum  et  antiqum  odium  inimican- 
tes  dulcem  patriam  terram  illis  inutilem  et  vacuam  relinquerunt.  Castro 
nichilominus  in  suo  fidelitatis  debito  viriliter  obsistentem  cumque  ce- 
pissent  hostes  ipsi  morbo  et  egestate  decrescere  fldeles  siculi  convene- 
runt  ut  cum  eis  bellum  in  dei  nomine  iniremus.  ipsi  vero  vel  propter 
importuosa  littora  quibus  erant  hyemali  iam  tempore  imminente  nau- 
fragium  metuentes  vel  in  certis  bellorum  eventibus  sese  commictere 
dubitantes  atque  insuper  attendentes  quod  nichil  sibi  ulterius  perficere 
poterant  Castra  eis  dedita  munientes  unde  venerant  redierunt.  Ego  qui- 
dem  cum  siculis  revertendum,  et  damnosum  nobis  omnibus  extimans 
quod  in  eisdem  castris  ad  veris  tempora  residerent  ad  obsidionem  Ga- 
strorum  ipsorum  manus  fidelium  siculorum  in  dei  nomine  provocavi 
eaque  ut  necessitas  exigebat  obsedi.  Rebus  itaque  sic  se  habentibus  no- 
bilis  M.  P.  (1)  de  Messana  Comes  mietere  ac  una  cum  sociis  magister  ra- 
cionalis  consiliarius  et  fldelis  meus  dilectus  qui  vices  meas  in  eadem 
Civitate  gerebat  michi  tunc  in  fronteriis  contra  obsessor  Castra  longe  a 
Civitate  messane  jam  posito  et  expugnacioni  castrorum  ipsorum  prò  vi- 
ribus  intendenti  per  suas  licteras  intimavit  quod  idem  nunciis  Regium 
venerant  unde  ad  eum  quatuor  fratres  de  ordine  beati  Francisci  cum 
licteris  ad  certos  barones  et  universitates  Siciliae  transmictebant  quibus 
responsum  dedit  quod  eos  non  reciperet  nisi  me  primitus  consultaret. 
Cum  itaque  scripsisset  michi  de  negocio  dictus  Comes  respondi  per  illam 
verborum  seriem  quam  sanctitati  vestre  mitto  presentibus  interclusam, 
ipsi  vero  nnncij  priusquam  responsum  meum  ab  eodem  comitem  rece- 
pissent  cum  tribns  Galois  gerentibus  vexilla  iamdicti  hostis  clam  ad 
litus  messanensinm  navigarnnt  ibique  se  hostiliter  ostenderunt  quibus 
portum  intrare  volentibus  qui  gerebat  nunc  vices  Comitis  memorati 
quum  dictas  Comes  non  procul  tunc  haberat  {sic)  respondit  eis  quod 
ezpectarent  paulnlum  advontum  ipsius  Comitis.  Cumque  omnino  expec- 
tarc  non  velient  sed  in  proposituni  intrandi  portum  ipsum  porsisterent 
qui  tunc  adorant  obstiterunt  statiuiquo  accersitus  dictus  Comes  qui  extra 
Civitate  a  casa  erat  ut  dictum  est  galeas  ipsas  adhuc  prope  lictus  exi- 
itent^is  vocibus  revucari  fecit  et  signa  mittens  eciam  quandam  barcellam 


(1)  lUilMoi  PaUcìiu. 


MISCELLÀNEA  311 

que  per  signum  revocabat  eosdem,  ipsi  vero  nichil  nlterins  expectantes 
Regium  reddierunt.  Et  cum  idem  Comes  snbsequenter  licteras  suas  et 
meas  inresponsales  misisset  ad  illos  eas  reperit  abijsse.  nunc  itaque  sanc- 
tissime  pater  et  domine  potestis  evidenter  attendere  in  hac  parte  me  et 
meos  culpabiles  non  fuisse  neque  enim  erit  dies  alla  domino  annuente 
que  ab  ipsius  matris  Ecclesie  vestraque  obediencia  reverencia  et  honore 
destraat  mentem  meam. 

Dal  Cod.  Valliceli,  cit.  f.  191.  t. 


V. 

Pietro  II  alla  repubblica  di  Genova  chiedendo  aiuti  di  navi 

PER  discacciare   GLI   ANGIOINI   INVASORI. 

Agosto  1339. 
Universitati  Janite  daminus  Rex  Peù'tis. 


Si  preteritornm  temporum  continuatos  actus  laudabiles  predecessorum 
nostrorum  presertim  recolende  memorie  domini  genitoris  nostri  Regis 
et  nos  ad  universitatem  et  singulos  civitatis  vestre  quis  velit  diligenti 
studio  recensore  luce  clarius  apparebit  quod  in  cunctis  necessiUtibus 
vestris  guerrarum  et  pacis  ubi  maior  necessitas  exigebat  in  verbo  et 
opere  sed  opere  tamen  magis  veros  hostendimus  (sic)  vos  amicos  et  ut 
alia  transeamus,  quia  Celebris  est  rei  geste  memoria  cum  comunis  tunc 
hostis  Robertus  Rex  usurpavit  eiusdem  Civitatis  dominium  queritans  illa 
proprio  atque  importabilis  servitutis  iugo  submittere,  in  subsidium  v&- 
strum  universa  Sicilia  evisceratis  opibus  leto  animo  vires  efudit.  Scitis 
eciam  quod  ex  convencionem  unitatis  et  societatis  inter  nos  diu  inite  et 
firmate  certum  numerum  Galearum  in  subsidium  nostrum  armare  de- 
betis,  cum  necessitas  immineret  Rerum  quia  jam.casus  convente  pactio- 
nis  evidenter  apparet  in  quo  vestro  subsidio  indigemus  cum  communes 
Uostes  qui  Regnum  nostrum  pridie  invaserunt  ceperunt  morbo  egestate 


312  MISCELLANEA 


pestilentia  pluribusque  malis  deficere  absque  ilio  quod  multi  ex  eis  co- 
tidie  (sic)  nostrorom  fidelium  manibns  vel  gladio  periernnt  vel  vincnlis 
captivantur  et  plures  ad  fidelitatis  nostre  sinum  confuginnt  providimns 
si  dilectio  vestra  ut  tenetur  et  debet  atque  indubie  credimus  et  spera- 
mus  ad  hoc  extendere  manns  snas  ad  qnod  eciam  presidia  serenissimi 
domini  Regis  aragonum  prout  Inter  eos  et  nos  conditum  est  expectamus 
classem  parare  pelligeram  (sic)  centra  illos  confractas  dampnis  et  adver- 
sitatibns  pluribus  pugnatori.  Itaque  dilectionem  vestram  requirimus  et 
rogamus  quatenus  actentis  dilecionis  et  amoris  insignijs  que  iamdicti 
predecessores  dominus  genitor  noster  et  nos  vobis  indesinenter  ostendi- 
mus  quociens  causa  necessitatis  se  obtulit  nolitis  nobis  et  vobis  in  hac 
parte  deficere  quum  auctore  domino  hic  erit  de  fugandis  hostibus  labor 
nltimus  Regni  nostri  et  nobis  et  vobis  eveniet  ad  quietem  nam  commune 
negocium  agitur  quia  communem  hostem.  Inter  alia  subiugandi  Sicilia 
in  defesso  studio  continuata  fuga  plicant  ut  partem  vestram  evellat  ra- 
dicitus  et  vos  terminet  a  flnibus  terre  vestre,  gratum  tamen  nobis  esset 
8i  classem  vestram  primo  septembris  proximo  futuro  vije  indictionis 
vel  ad  tardius  per  totam  primam  medietatem  ipsius  mensis  in  Sicilia 
haberemus.  Intencionem  vestram  super  hoc  quam  citius  si  poterit  rescri- 
bite  ut  abita  intencionem  vestram  et  ipsius  domini  regis  aragonum  sub 
eodem  tempore  valeamus  ut  expedit  convenire  et  ut  causa  ipsa  debitum 
sortiatur  eflfectum  tali  fldeli  nostro  quod  amicitiam  vestram  feliciter  no- 
bisqne  respondeat  duximus  commictendamJCl). 


Dal  Cod.  Valliceli,  cit.  f.  i89,  t. 


VI. 
Condizioni  della  resa  di  Lipari. 
f  febbraio  1340. 


Joanna  etc. — Tenore  presencinm  Notum  facimus  Universis  presentes 
lictcras  inspecturis.  Quod  prò  parto  Universitatis  hominum  Insule  et  Torre 
nostre  lipari  presentatum  ftìit  noviter  Coram  nobis  scriptum  avitum  Re- 


•  cderii  aiiPToliiiriila  qnnili  quattro  (loi'uiiioiiti    tono  trasciltti  nel  (Codice  tuli'  altro 
oaile  taUolta  il  •riiio  retta  uicuro.  In  iimr|{ine  di  cinitcuno  dei  (luallru,  di  altra 
tempo  é  leriUo  torriffAw. 


MISCELLANEA  313 


giura  continencie  subsequentis.  Robertus  Dei  gratia  Rex  Jerusalem  et  Si- 
cilie Ducatus  Apulie  et  Principatus  Capue  Provincie  et  Forcalqueiij  ac 
Pedimontis  Comes.  Tenore  presentium  notum  facimiis  universis  corani  se- 
rieni  inspecturis  tam  preseiitibus  quam  futuris  qiwd  infrascripto  Gapitulo 
tractato  concordato  et  condito  inter  nobiles  et  Magniflcos  viros  Frede- 
ricum  do  Antiochia  Gapieij  et  nunc  Regni  Sicilie  Marescalluni  ac  Gauffri- 
dum  de  Marzano  Squillacij  et  eiusdem  Regni  Ammiratum  Gomites  nec  non 
quondam  Giccum  de  Antiochia  tane  felicis  exercitus  nostri  Gapitaneos  no- 
strosque  consiliarios  et  fldeles  diioctos  ac  eiusdem  universitatis  Syndicos 
duximus  prout  coutinetur  inferius  approbanda.  Sperantes  quod  ex  sincere 
devotionis  et  fldei  meritis  potiori  uberioris  nostre  gratie  merebuntur. 
Chisti  su  li  pacti  li  quali  avi  fatti  la  universitate  de  Lipari  cu  li  capitanei 
de  loste  tanto  de  terra  quanto  de  mare  de  hi  signore  Re  Roberto.  In  pri- 
mis. Chi  si  per  tucti  xviij  Jorni  alumese  de  novembre  de  la  octava  Indi- 
etione  dom  Petru  lusignore  no  li  mande  snccurso  cum  Gocca  oy  cum  galei 
che  mietesse  ferragu  (?)  ala  terra  luquale  loste  non  lu  putisse  defendere 
oy  che  mandasse  si  grande  sforsu  che  ni  livassi  da  Campo  la  terra  et  la 
Castello  de  Lipari  incontinente  Anito  lu  dicto  tampu  sia  assignata  ala  pre- 
dicto  signore  remanendo  continuatamente  in  dymanio.  Et  por  parto  de  lu 
dicto  signore  Re  assignarano  la  dieta  possessioue  de  la  terra  et  de  lu  Ga- 
stellu  ali  Capitanei  de  In  prefato  Re  Roberto.  Item  li  dicti  Capitanei  de  lu 
signore  Re  Roberto  prumonteno  in  loro  fede  che  tucte  le  persane  et  tucte 
le  cose  loro  sarranno  salvate  integramente  et  si  nulla  cosa  sonde  perdesse 
li  dicti  Capitanei  lu  satisfarranno  ahi  dubbi  de  la  loro.  Item  promectono 
li  dicti  Capitanei  de  lu  signore  Re  Roberto  che  jammay  de  damayo  luquale 
ayano  facto  alacorte  de  lo  signore  Re  Roberto  oy  a  soy  vassallo  nonne 
Berranno  tenute  aliare  nulla  menda  nende  averrano  nullo  malemente. — 
De  eo  quod  spectat  ad  nos  concedimus  quod  petitur  et  etiam  de  hiis  que 
spectant  ad  speciales  personas  quantum  pertinetadjurisdictionem  nostram 
quamcunque.  De  hiis  autem  que  spectant  ad  spiritualem  vel  ecclesiasticam 
Gensuram  promictimus  de  a  orbo  Regio  procurare  prò  posse  et  apud  Do- 
minum  Summum  Pontihcem  et  alios  quoscumque,  —  Item  che  si  alcune 
homicidij  fussero  stati  commissi  per  lo  tempu  passatu  intra  loro  che  non 
sonde  poczano  essere  constricti  ne  faresende  nulla  vindicta  —  Propter  bo- 
num  puplicum  totius  regni  et  diete  universitatis  converse  ad  fidem  no- 
stram hoc  gratiose  concedimus  que  petuntur  —  Item  che  deianu  avere  ta- 
bule carbune  et  trabbe  de  chi  poczano  rifari  li  case  loro  e  li  dicti  trabbi 
poczano  pillare  ali  Boschi  di  lo  Conte  de  Squillaci  dovunca  loro  place  e 
averrano  per  la  dieta  reparacione  XL  Mastri  frabricaturi  e  XX  Mastri 
dassa  alle  spese  de  lo  dicto  signore  Re  Roberto  e  de  la  marina  sino  in 
Lipari  li  farà  lo  signor  Re  Roberto  portare  asoy  spisi  —  Concedimus  pre- 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XV.  21 


314  MISCELLANEA 


dieta  que  spectant  ad  reparationem  domorum  ipsornm  de  nomoribus  Co- 
mitis  Squillacij,  etc.  de  tabulis  auteni  et  trabibus  Curie  aliqua  iiitondimus 
in  armata  futura  contra  comuaes  hostes  que  si  locum  forsan  non  habe- 
rent  concedimus  similiter  que  petuntur  —  Item  Cha  averrano  graciosa- 
mente  da  lo  prefato  segnore  Re  Roberto  per  acconczamento  de  le  diete 
loro  case  unce  C.LXX.  de  gillati  —  Placet  quod  impleatur  promissa  per 
Capitaneos  nostros  vermutamen  quedam  reqniruntur  expense  prò  instan- 
tibus  negotijs  contra  hostes  predictos  propter  quorum  instantiam  neces- 
sario requiruntnr  promicti — Item  Che  areranno  di  zia  un  annu  una  salma 
di  frumentu  per  testa  non  contandu  li  criaturi  de  lacti— Ipsi  de  Liparo 
vidsntpenuriam  victualium  que  universaliter  Regnum  invasit  nihilominus 
qaod  promissa  impleantur  quanto  melius  impleri  poterunt  undecumque 
licet  dicatur  per  expertos  in  talibus  de  partibus  Calabrie  posse  habilius 
provideri  quod  commictimus  examinandum  et  agendum  Comitibus  Frede- 
rico  et  Squillacij,  Thome  Manselle  et  Jacobo  Cassano  aut  duobus  ex  ipsis 
in  absentia  aliorum  —  Item  che  tucti  li  rendite  de  la  Ecclesia  se  conver- 
tano come  se  soleno  convertire  per  lo  tempo  passato  zo  esti  in  repara- 
cione  de  le  mura  de  la  terra  e  de  la  Ecclesia  salvata  la  vita  de  li  mona- 
chi. —  De  convertendis  dictis  Redditibus  Ecclesie  quantum  liceret  gratum 
nobis  foret  et  placet  quod  dictus  Monachus  nominatus  percipiat  dictos 
redditus  usque  ad  provisionem  Apostolicam  et  illos  prout  honestius  et 
melius  viderit  convertat  de  reliquo  procurabimus  cum  domino  Summo 
Pontifica  quantum  cum  dicto  poterimus  iuxta  posse  et  de  absolutione  jam 
scripsimas  per  licteras  inculcatas  (i).  —  Item  che  si  lu  signore  Re  Roberto 
ze  voUa  tenere  alcune  gente  in  la  terra  de  Lipari  dezanu  essere  pagati  de 
loheri  de  le  case  loro  bene  e  integramente  e  tucti  l' altri  cose  che  a  loro 
facessero  besogno  per  loro  vita  che  lu  diganu  culi  dinari  loru  avere  e  ben 
pagati  che  sianu  li  vendituri  alavoluntate  de  li  patroni  de  li  case  — Pla- 
cet iuxla  voluntatem  corum  ordinatam  ad  quod  statuantur  cum  Capitaneis 
presentibus  et  futuri»  quod  id  extiment  rationabiliter  et  decenter  —  Item 
de  li  Instrnmenti  e  altro  carte  li  quale  annu  facto  li  notari  per  lu  tempu 
passata  che  sianu  firme.  E  lu  signor  Re  Roberto  li  dicti  notari  chilli  che 
80  facti  per  fino  mo  novellamente  li  rifarra  —  Placet  do  istrumentis  que 
continguut  homines  et  personas  diete  universitatis  Inter  se.  Si  aliqua  alia 
essent  in  quibus  tangeretur  Regia  Jurisdictio  sen  demanialia  jura  volue- 
rimas  illa  scire  et  de  notariis  conflrmandis  placet.  Item  chi  tucti  ligratie 


(I)  QdmU  |iro>hloae  non  tla  in  porfrla  riipondenza  alla  promeisa  domamla.  Forse  1' nni.-iiniciisfi 
che  IrueritM  il  doe.  nei  rcKiitro  dclh  eanectleria  angioina  tallo  qHalchn  passo  «love  si  p.it-Inva  di 
«4  frate  e'ic  dorea  ainnilniilrare  quei  Ihmi  ,  o  di  una  nsnolutionc  dm  era  cliictln,  se  pure  qui  per 
•M<M0M  aoB  TOflia  iatondeni  la  uniione  pontineia  alla  conversione  delle  remiite  ccclesiasUclie, 
alla  qial*  Robarto  par  la  ina  parte  aecoosenliva. 


MISCELLANEA  315 


franchizi  li  quali  aveano  da  Don  Petro  deiano  da  hi  signore  Re  Roberto 
avere  graciosamente  liquali  si  deianu  fare  privilegii  de  lu  signore  Re  Ro- 
berto per  tucto  lu  Riame  se  corno  aveano  in  Sicilia.— Placet  quod  serven- 
tur  diete  Inimunitates  habita  debita  Informatione  de  illis. — Item  che  per 
observare  tucti  li  dicti  cose  daranno  li  boni  homini  di  lipari  xij  stagi  ad 
electione  de  li  dicti  Capitanei  de  lu  predicto  signore  Re  Roberto.  Item 
che  placza  ali  boni  homini  de  la  terra  che  licose  mobili  di  li  fori  issiti 
de  la  terra  liquali  aianu  juratu  fldelitate  alu  signore  Re  Roberto  sianu 
salvi — Placet— Item  chi  poczanu  portari  liarme  per  tucto  lu  Riame  de  lu 
signore  Re  —  Placet — Item  che  ali  homini  darmi  liquali  su  allipari  lu  si- 
gnuri  Re  le  provecza  comu  la  maiestate  sua  ordinerra  e  placerra.  — Ordi- 
navimus  et  concessimus  aliquos  recipere  in  familiares  nostros  sicut  sciunt 
dicti  Comites  et  tam  ipsis  quam  aliis  intendimus  in  servitiis  nostris  ma- 
ris  et  terre  els  congruis  uti  successive  sicut  honori  nostro  et  eis  cogno- 
verimus  expedire  —  Item  li  dicti  Capitanei  promictinu  sor  la  fede  loro  che 
tucte  li  sopradicti  cose  farranno  observare  ala  Maiestate  de  lu  signore  Re 
Roberto. — Responsum  est  supra.  —  Item  che  si  iza  unu  vicariu  de  lu  si- 
gnore Re  Roberto  per  tucta  lisula  luquale  da  x  unce  in  su  auga  ipso  di 
li  X  unce  in  susu  chavia  lappellacione  lu  Capitaneu  generale  de  la  Ca- 
labria imperzoche  esti  pliu  impresso  cha  Napoli  —  Concedimus  tamquam 
rationabile— Item  promicteno  che  missere  Petru  Furmica  cum  sua  dompna 
et  cum  soi  filli ,  e  sua  familla  e  cum  tucti  loru  arnesi  dya  andare  diza 
ali  XV  jorni  de  novembre  cum  una  barca  in  Sicilia  e  cum  tucti  quelli  che 
stannu  alucastellu.  —  Preteritum  est. — Item  che  tucti  chilli  de  Liparo  che 
sonde  veleno  andare  piane  ali  Capitanei  e  specialmente  Guillelmo  lubardo 
mali  Capitaneo  serriano  pluy  contenti  che  tucti  li  boni  homini  de  Liparo 
remanissiro  alafldelitate  de  lu  signore  Re  Roberto  e  si  ipsi  volenu  an- 
dare placci  ali  Capitanei  de  leste  che  li  homini  de  la  terra  chende  vanno 
portano  loro  cose  mobile—  Preteritum  est— In  cuius  rei  testimonium  pre- 
sentes  licteras  exinde  fieri  et  pendenti  maiestatis  nostre  sigillo  iussimus 
communiri.  Datum  Neapoli  per  Johannem  Grillum  de  Salerno,  Juris  Ci- 
vilis  professorem  vice  protonotarium  Regni  Sicilie  anno  Domini  Millesimo 
Trecentesimo  quatrigesimo  die  primo  februarij  octave  indictionis  Regno- 
rum  nostrorum  anno  Trigesimo  primo — Predicta  capitula  secundum  ap- 
probaciones  et  declaraciones  avitas  Rogias  subsecutas  ad  illas  prout  su- 
perius  est  expressum  nostre  conflrmacionis  suffragio  ad  plenioris  cautele 
Robur  de  certa  scientia  harum  serie  roboramus.  In  cuius  rei  testimonium 
presentes  licteras  exinde  fieri  et  pendenti  sigillo  nostro  jussimus  commu- 
niri. Datum  neapoli  per  adenulfum  Cumanum  de  neapoli  etc.  anno  domini 
M.ccc.xLv,  die  XXV  may  xiij  Indictionis,  Regnorum  nostrorum  anno  iij. 


Dal  Registro  angioino  N.  347  /.  55 


316  MISCELLANEA 


VII. 


La  citta'  di  Palermo  a  Re  Pietro  II,  chiedendogli  di  aver  conse- 
gnati ALCUNI  prigionieri  ANGIOINI  DETENUTI  NELLE  REGIE  CAR- 
CERI,  PER  OTTENERE  LA  LIBERAZIONE  DEI  PALERMITANI  CADUTI  NEL- 
J.E  MANI   DEI   NEMICI   NEL  FATTO  DI  LIPARI. 


8  tnarzo  1341. 


Sacre  Regie  maiestati  Universitas  sue  felicis  urbis  panormi  manuum 
escala  et  debite  fldelitatis  ol)sequia  salubriter  quoque  disponitur  compago 
civis  quando  caput  menbris  et  menbra  capitj  oportuno  tempore  bine 
Inde  mutuo  animo  conrespondent,  cum  inter  cuuctas  virtutum  laudes  et 
merita  que  condiciones  et  vitas  hominum  bonorificant  et  extollunt  obser- 
vancia  lidei  subiectorum  ad"  dominum  et  domini  ad  subiectos  lumine  cla- 
riori  prefulget  et  inter  cetera  qui  maiestatem  Regnanti»,  et  principis  Im- 
peri um  conservant  et  augere,  et  ampliare  noscuntur  et  illa  precipue  ani- 
n:ad vertere  principem  observare  oportet  ut  glorioso  primitus  benelactorj 
et  summo  de  umfluencia  (sic)  beneflcij  gracias  referat  non  ignarus  et 
laudes  cum  creatura  non  habeat  aliud  quod  prò  meritis  respondeat  crea- 
tor.). Siquidem  omnis  potestas  a  domino  deo  est  et  in  manu  Dei  consi- 
stere nuUatenus  dubitatur  consequenter  ad  eos  sue  gubornacioni  commis- 
808,  et  prò  suo  conservando  Regimine  a  crudelissimis  hostibus  captos 
ammissionem  (xic)  tocius  proprie  substancie  passos  et  durissimis  carce- 
rum  vinculis  afllictos.  Regia  dominus  maiestas  et  oculos  sue  provisionis 
advoiiat,  ad  hoc  ut  universi  et  singuli  fldeles  Regij  cum  opus  Aierit  tì- 
ducialius  in  ipsorum  lldelissimo  proposito  salubrius  conlìrmentur.  Cum 
Igitor  nobile»  ninus  et  andreas  Tallavia  milites ,  Johannes  Tallavia ,  Jo- 
hannes pulcaro  nostri  concives  in  conflictu  infelici  liparensi  captos  tyrap- 
nitas  et  severitas  hoetes  antiqui  comunis  Indestinenter  oppresserint  et 
opprimere  jani  non  cossent  et  communi  Relaciono  percepimus  quosdam 
milites  seu  nobiles  hostos  predictos  nuper  per  galeas  vostre  maiestatis 
fldidium  captos  et  vestro  carceri  esse  d(;tentos  ])(>rmutai'i(>ne  sive  cambio 
quosdam  predictos  lideles  vestri  ninus  andreas  Tallavia  milites,  Johan- 
nes Tallavia  Johannes  pulcaro  nostrique  concives  vostra  solita  benigna 


MISCELLANEA 


317 


maiestate  concedente  possent  de  facili  ad  propria  Remeare  supplicai  Igi- 
tur  universitas  vestra  predicta  ut  vestre  sanctissime  et  piissimo  placeat 
maiestatj  predictos  captos  et  vestre  maiestatis  carceri  detentos  nobis  con- 
cedere ut  exinde  procurari  faciliter  possit  liberacio  predictorum  quod  prò 
summa  et  inestimabili  grada  merito  reputabit  vestra  universitas  supra- 
dicta. 

Dal  Registro  lettere  del  Comune  di  Palermo,  Ì341-42,  f.  2. 


Vili. 


Pietro  ii  alla  citta'  di  Palermo,  comunica  la  lettera  di  Rai- 
mondo Peralta  sui  fatti  dell'assedio  di  Milazzo. 

18  settembre  13  li 


Petrus  secundus  dei  gracia  Rex  Sicilie  Nobili  capitaneo  pretori  Judi- 
cibus  Juratis  et  Universis  liominibus  felicis  Urbis  panormi  fidelibus  suis 
graciam  suam  et  bonam  voluntatem,  quia  certum  est  nobis  vos  esse  plu- 
rimum  avidos  successuum  nostrorum  fldelium  existencium  intra  mila- 
cium  et  casus  nostrorum  hostium  existencium  in  obsidione  ipsius  ad  no- 
ticiam  vestram,  presencium  tenore  deferimiis  quod  die  veneris  proximo 
preterito  dum  tocies  liostes  predicti  confldontes  in  eorum  multitudine 
adliei'cn'iit  mcnibus  diete  terre  mila(;i.j  et  vnm  totis  coiiatibu.^  o])pugna- 
rent  onipotens  dominus  qui  sui  bonitate  causam  nostrani  et  omnium  si- 
culorum  nostrorum  fldelium  semper  extitit  prosecutus  et  cuius  manus  est 
super  omnes  sperantes  in  eo  taliter  docujt  nostrorum  fldelium  diete  terre 
manus  ad  prelium  et  diperitos  eorum  ad  bellum  quod  ipsi  hostes  nostri 
sunt  cum  magno  eorum  damno  et  ignominia  ad  tentoria  retrogressi  plu- 
ribus  eorum  incidentibus  in  foveam  quam  pararant  sicut  patet  per  for- 
mam  licterarum  nobilis  comitis  Raymundi  de  peralta  etc.  dilecti  consan- 
guinej  consiliari,  familiarj  et  fldelis  nostri,  quam  ad  Informacionem  ve- 
stram vobis  mittimus  prcsentibus  iaterclusam.  exultet  igitur  in  domino 
defeasore  et  protettore  nostro  una  uobiscam  omnium  nostrorum  fldeliunj 


818  MISCELLANEA 


concio  sìbique  prò  tanto  munere  imperetur  offerat  graciarum  uberes  ac- 
ciones  et  suppliciter  oret  assidue  quod  confortet  eos  viriliter  agere  nsque 
ad  finalem  exterminium  hostium  predictorum  datum  messane  anno  do- 
minice  Incarnationis  millesimo  tricentesimo  quatragesimo  primo  xviij" 
septembris  x  Indictionis. 

Bai  Ueg.  lettere  del  Comune  di  Palermo,  1341-42.  f.  6  t. 


IX. 


Raimondo  Peralta  al  ke  Pietro  II  dandogli  notizia  di  alcuni 

FATTI  SEGUITI  DURANTE  L'ASSEDIO   DI  MILAZZO. 
i5  settembre  1341. 


Sacre  Regie  mayestati  Raymundus  de  Peralta  dei  et  vestra  grada  Co- 
mes calatabillocte  etc.  devota  manuum  oscula  et  debite  fldelitatis  obse- 
qnia.  Pilla  vostra  alta  Riali  maiestati  faciu  asaviri  signuri  Pieri  lunardi 
mg»  presentis  mensis  septembris  li  Inimichi  pri  la  loru  malavintura 
cumbactern  la  terra  di  milazu  et  dnrau  la  battagla  da  li  matini  sina  ura 
passata  di  nona,  li  vostri  fidili  signuri  di  milazu  liminaru  et  ditìsiru  si 
beni  et  valurusamenti  ki  jammai  per  puctiri  ni  per  Ingegni  ki  avissiru 
non  pottiru  ala  muru  a  lu  castello  ki  havianu  factu  di  Ugnami  ni  appiru 
putiri  irgirinchi  una  scala  di  nmlti  kindavianu  factu.  Signuri  ki  arsirà 
subseqaenti  fu  prisn  una  homu  di  li  lora  susn  (1)  Incantu  lu  parcu  et 
minata  amia  et  cunctarimi  comu  tutti  killi  di  l'osti  si  facliianu  grandi 
moravigla  di  la  defi'usiuni  ki  killi  di  la  terra  havianu  laclu  ot  cunctaru 
ki  beni  da  CL  insuso  (2)  ki  erana  stati  morti  di  li  Inimichi  di  li  quali 
la  majuri  parti  Jachia  (3)  dintra  di  lu  fussatu  di  la  terra  senza  li  llruti 
di  ki  su  pluj  di  ce.»  appressa  signuri  ossondu  eu  ja  culcatu  Intra  lu  lectu 
la  prima  sira  vinniru  dig  homini  ki  Aigera  di  losti  luna  di  liquali  vinni 


(1)  sopra. 

(2)  ili  «opra. 
(8)  giaeea* 


MISOELLASEÀ  319 


alla  fidelitati  vostra  elautru  era  di  killi  nostri  di  kifalù,  persuni  conflr- 
maru  comu  dictum  est  da  supra  et  Junsiru  comu  li  capitanei  di  la  hosti 
lìchiru  parlari  affldanza  addimaudandu  ki  lu  nobili  berarduni  di  anglola 
loro  permictissi  prendiri  di  loru  ocisi  et  livari  di  lu  fussatu  non  pir  ki 
eranu  issi  supra  zo  di  fugirisindi,  sappiru  ki  risposta  ki  appiru.  ancora 
contaru  kisti  midemmi  signuri  comu  appressu  ki  la  battagla  fu  data  In- 
tra loru  di  la  hosti  midesimj  grandi  rimuri  et  grandi  divisiuni  cum  armi 
tracti  currendu  luni  supra  l'autri  si  kincliidi  appi  di  morti  et  di  flrutj 
ifia  non  sapiru  diri  cui  ni  pir  ki  accasiuni  fu  la  briga  ancora  cuntaru 
Signuri  kisti  ki  annoctandosì  anti  ki  ipsi  sindi  fugissiru  illiauderu  grandi 
rimuri  pir  la  liosti  gridandu  alarmj  alarmj  si  cursiru  ad  aiutari  et  di- 
fendiri  lu  castellu  di  la  Ugnami  ki  avianu  lassatu  in  killu  locu  midesimu 
undi  lavianu  minatu  et  li  nostri  di  milazu  Inchierannu  nissuti  et  misun- 
clii  focu  siki  audero  comu  kisti  lavianu  difìiso  et  astutatu  lu  focu  ki  nun 
fu  arsu  ma  ki  nun  li  nostri  anti  ki  ludictu  castellu  fussi  sicuru  lu  ap- 
piru  sbarracatu  certi  homini  ki  lu  guardavanu  e  anchi  sindi  tri  (?)  et 
tucti  li  antri  fugiti  gridandu  ayutu  aj'utu  et  non  per  tantu  ki  li  nostri 
si  taglaru  la  sarcia  tucta  cum  ki  lu  dictu  castello  siminava  et  sindi  la 
purtaru  dintra  sani  e  salvi  signuri  ki  li  vostri  fidili  stannu  et  perduranu 
fortimenti  et  valenti  comu  boni  et  fidili  vostri  ad  onuri  exaltacioni  di  la 
vostra  lliali  magistati  et  farrannu  sempri  may  cum  la  putenza  di  christu 
sempri  signuri  liumilmenti  miritari  cumandu  alipedi  di  la  vostra  gracia. 
Scriptum  in  Santa  lucia  de  plano  milacij  sub  anulo  etc;  xv"  septem- 
brij  x.«  Indictionis. 

Dal  lieg,  lettere  del  Comune  di  Palermo  1341-42-f.  7. 


a)  Pietro  II  alla  citta  di  Palpjrmo,  ciuedej^do  il  paukre  sulla 

CONVENIENZA   DI   ASSALIRE  SUBITO  I  NEMICI  ASSEDIANTI    MILAZZO, 
0  DI  ASPETTARE  L'INVERNO. 

h)  Parere  della  città  di  Palermo. 

27  agosto  i34i. 


a)  Petrus  secundus  dei  gracia  Rex  Sicilie  nobili  Capitaneo  pretori  lu- 
dicibus  et  Juratis  felicis  urbis  panormi-  fidelibus  suis  graciam  suam  et 
bonam  voluntatem.  Sicut  vestra  uoverit  fldelitas  hostilis  exercitus  ante 


320  MISCELLANEA 


terram  nostrani  melacij  a  mediatale  mensis  Junij  nuper  elapsi  citra  ter- 
ram  ipsam  tenet  obsessa  cum  pluribus  machinis  et  alijs  modis  quibus 
potest  continne  impugnando  quod  qnidem  diligentins  advertentes  licei 
terra  ipsa  et  gente  et  armis  et  alijs  Rebus  per  longi  temporls  Spacium 
sit  munita  et  fideles  nostri  in  eo  existentes  per  dei  graciam  et  virtutem 
sub  nostri  fidelitate  dominij  optime  se  confortcnt  prout  lam  nobis  pridem, 
nostris  extitit  licteris  intimatum  considerantes  tamen  quod  liostes  Ipsi 
in  eadem  obsidione  fossis  et  alijs  municionibns  se  fortiflcant  et  per  hu- 
iusmodi  municiones  qnas  faciunt  ibi  velie  hyemare  videntur  quodque  ex 
hoc  si  fieret  civitati  messanae  et  per  consequer.s  Regno  nostro  plura  quod 
deus  avertat  pericula  resultarent  ad  nostri  consilij  examen  deduximus  u- 
trum  sit  centra  hostes  ipsos  in  dai  nomine  procodendum  super  quo  quam- 
vis  consideratis  paucitate  et  condicione  dictorum  hostium  et  omnibus 
alijs  circa  hec  expedientibus  consilium  ipsum  conA^eniat  procedendum  fore 
viriliter  contra  hostes  ipsos  ut  do  predicta  obsidione  pellantnr,  tamen  in 
hoc  est  quedam  diversitas  quin  quidam  dicunt  ad  presens  bellum  contra 
eos  debere  pararj  alij  vero  laudani  fore  usque  tempus  hyemis  expectan- 
dum  quod  eorum  ratione  inducentes  quin  tunc  hostis  noster  succursum 
,  aliquem  suo  exercituj  ante  melacium  existentj  destinare  nequiret  quod 
nunc  de  facijj  propter  habilitatem  temporis  comperto  per  eum  quod  pa- 
raretur  eis  prelium  facere  posset.  Quia  igitnr  in  hijs  salus  et  periculum 
Regni  nostrj  consistit  vos  et  alios  nostros  lidelos  super  hijs  providimuscon- 
snltandos  fidelitati  vestra  mandantes  quatenus  vocatis  baronibus  militi- 
bus  et  ceteris  alijs  probis  viris  diete  urbis  quos  videbitis  evocandos  ac 
premissis  omnibus  diligenter  attentis  quid  in  hijs  videro  salubrius  per 
modum  consily  per  vestras  licteras  nostro  celsitudini  referetis  ad  m^o- 
rem  autem  exprcssitatem  negocijs  gilium  de  yuar  militem  provisorom 
castrorum  nostrorum  Sicilie  consiliarium  familiarcm  et  fldeleni  nostrum 
ad  vos  do  omnibus  super  hijs  oxpedientibus  instructum  plenarie  duximus 
transmictendum.  Ipsum  itaque  lldum  at'iuo  credibileni  admiotontes  re- 
sponsionem  vestram  in  scriptis  ut  supra  nostre  celsitudini  transmictere 
per  eamdem  datum  messane  xxvij»  augusti  xiiy"  Indictioni. 


24  settembre  i34i. 


b)  Qnibus  sacro  Colsitudinis  vestro  licteris  por  nos  ut  supra  Receptis 
earumquo  serio  plenarie  intollectls  statini  ex  parto  excellencie  vostre  ba- 
ronofl  milit«'H  et  wìtoros  nlio.s  probos  viros  diclo  Urbis  ({ui  convenerant 
vocandi  fucruut  sincere,  feclmas  ot  in  unum  congregatis  palam  dictia 


HISCELLANEA 


321 


serenitatis  vestre  licteris  et  capitolis  seriosius  patefactis  habitoqae  inter 
eos  et  nos  unanimi  Consilio  prout  decet  diligenti  veruni  inter  nos  extitit 
et  diversitas  aliqni  enini  in  presenciarum  laudabant  huiusmodi  preliuni 
non  peragendum  et  aliqui  scilicet  prò  malori  parte  foro  in  dei  nomine 
in  yeme  qua  propter  vestre  consulendo  ut  mandastis  Rescribimus  Celsi- 
tudini ut  huiusmodi  prelium  fiat  yemali  tempore  et  non  nunc  cum  pre- 
missorum  in  capitulis  ipsis  licterisque  Ipsis  consideracione  cum  yemale 
tempus  huiusmodi  hostes  equos  armaque  eorum  in  immensum  domabit 
et  vi  arcessat.  scriptum  panormi  xxiiij''  septembris  e.  Indictionis. 

Dal  lley,  leUere  del  Comune  di  Palermo,  1341-42,  f.  5-C. 


-o«Of€>->- 


PER   LA   AIARTORANA 

DOCUMENTO    GRECO    DELL'ANNO    1146 


La  Martorana,  che  è  quel  singolare  e  prezioso  monumento  palermi- 
tano degno  di  ogni  maraviglia  e  di  ogni  cui'a,  ha  trovato  ammiratori  in 
tutti  quei  che  amano  le  glorie  della  illustre  città,  e  nell'architetto  pro- 
fessore G.  Patricolo,  un  artista  erudito  che  ne  ha  studiato  amorosamente 
la  struttura  e  la  storia. 

Qualunque  cosa  a  questo  si  riferisca,  ed  ogni  replicato  studio  sul 
medesimo  riuscirà  al  certo  non  discaro  a  que'  sagaci  ingegni ,  che  vi 
spendono  attorno  tanti  studi  e  tante  premure  ;  perlochò  credemmo  non 
gittar  via  opera  e  tempo,  se  nel  secondare  gli  impulsi  datici  dal  eh.  pa- 
lermitano Mr.  Carini ,  veniamo  ad  esporre  qualche  nostra  osservazione 
sopra  una  membrana  che  per  più  ragioni  a  questo  grande  monumento 
appartiene. 

E  per  ora  limitandoci  a  dire  di  ciò  che  si  contiene  nel  documento 
legale  di  una  compra-vendita  che  fu  per  la  prima  accolta  su  quella 
grande  pergamena,  altro  non  diremo  se  non  che  dell'  opera  che  noi  ben 
volentieri  vi  spendemmo  per  averne  una  sicura  lettura  e  farne  una  esatta 
veraione ,  secondo  che  ci  si  era  dato  per  compito  dalla  gentilezza  del 
prelodato  amico. 

Questi  ci  die  in  mano  la  membrana  originale,  salvata  da  lui ,  men- 
tre andava  perduta  nel  pubblico  negoziato.  —  Noi  la  leggemmo  senza  a- 
vore  su  quel  monumento  palermitano  alcun  che  pregiudicato,  nò  precedente 
notizia  capace  ad  influire  nell'  emettere  un  parere  critico.  Dipoi  la  con- 
frontammo colla  pubblicazione  elio  no  fece  il  Cusa  nello  splendido  vo- 
lume dei  Diplomi  gruco-urabi  (pagina  7),  e  vi  notanimo  non  solo  delle 
varìotÀ,  ma  eziandio  vi  facemmo  sopra  qualche  osservazione/ 

In  appresso  avendo  avuto  l'agio  di  visitare  il  nobile  monumento  in 
compagnia  dei  ProiT.  Carini ,  Do  Giovanni ,  Crisafulli ,  Boglino  ,  ne  com- 
prendemmo sempre  più  l'importanza;  e  questa  ci  apparve  ancor  maggiore 
quando  ed  a  viva  voce  e  dagli  scritti  del  eh.  Salinas  vedemmo  come  questo 
documento  veniva  a  sparger  qualche  luce  storica  su  quello  splendidissimo 


HISOÈLLÀKEA  323 


tempio  che  fu  eretto  dalle  fondamenta  (come  dice  il  nostro  documento) 
dalla  pietà  dell'ammiraglio  Giorgio.  —  Questi  eziandio  ne  conservò  il  pa- 
tronato anche  dopo  affidatolo  ad  un  protopapa  e  clero  ,  come  si  rileva 
dal  documento  medesimo. 

Non  possiamo  non  accennare  un'osservazione  interessante  non  potutasi 
fare  finché  si  durò  nella  mala  lettura  della  sesta  firma  aXveiXo?  invece 
di  [xovxXo?  vstXo? ,  che  si  dichiara  esser  il  Ao^OTiaxpw; ,  famoso  tra  gli 
scrittori  del  suo  tempo.  Questa  firma  posta  di  sua  mano  nel  1146  ,  ne 
determina  chiaramente  l'età  e  la  dimora  che  allora  egli  avea  a  Palermo. 

Disputaron  di  lui  I'Allazio  ,  il  Cave  ,  il  Fabricio  ,  1'  Oudin  ed  altri 
diversi.  Ora  questo  nostro  documento  può  molto  servire  per  chiarire  e  de- 
cisamente determinare  un  tale  punto  di  storia  letteraria  non  aliena  a 
Palermo. 

Per  un  fatto  stranissimo  questa  stessa  pergamena  nella  parte  poste- 
riore conserva  molti  versi. 

Sono  gli  epitafi  scritti  per  quello  stesso  tempio,  od  altri  :  de'  quali 
parleremo  a  parte,  soltanto  qui  accenneremo  che  ci  sembrano  scritti  di 
mano  di  qu3l  prete  greco  Costantino  addetto  alla  stessa  chiesa,  il  quale 
scrisse  pure  il  presente  documento.  E  che  di  questo  pure  egli  stesso  fosse 
non  solo  lo  sciittore  ma  eziandio  l'autore,  ci  sembra  anche  assai  pro- 
babile; ma  di  ciò  altrove  (1). 

A  noi  per  ora  basti  dar  la  lettura  e  la  versione  ed  alcune  note,  che 
la  pochezza  nostra  ci  concesse  poter  fare  aftìn  di  obbedire  alle  gradite 
ed  amichevoli  premure  di  chi,  potendo  aggiungere  e  nella  sua  dottrina  pa- 
leografica far  molto  meglio,  ebbe  la  deferenza  di  voler  al  nostro  studio 
affidare  queste  membrane. 

Presentiamo  in  prima  il  testo  greco  del  documento  riferendolo  esat- 
tamente linea  per  linea,  con  le  omissioni  e  scambio  di  segni,  ed  appo- 
nendovi dipoi  speciali  annotazioni. 


(1)  Vedi  la  nostra  memoria  —  Delle  epigrafi  greche  di  Giorgio  ammiragh'o, 
deìla  madre  e  della  consorte,  1890;  Archivio  Storico  Siciliano,  anno  XV. 


824  MISCELLANEA 


t  o-Yvov  x«-?^S  VLxrjT..  (1)  o'jìì^'-^'J  v.-/.-jÀ..  (2)  f  aiyvov  x^-P^s  '.toàvvou  uSo-j  v.- 
xoX..  (3)  t  ci'P'ov  X^'-pòc  O'ecStópot)  uloù  vty.oX..  f  o^yv&v  x^tpós  vtxoXocou  uloii 
EÒYEvio..  xàv  afiTjp  (4)  t  oiyvov  x=-?^?  ^t-'vfjg  iìovxxt;?  O'jyaipò;  suysviou  xwv  a|i.. 
t  oiyvov  x^'P^?  OTS^avoo  (5J  (mcmlrana  lacera)....  (6)  x^'P^S  è^évirjg  G'JYaTpòg 
ytxoXctou.  t 


1  '^[isl^  ol  Sia  Twv  o'.y.citóv  uJioYpacptby  xal  ocYvtov  (7)  5>jXou{i6voi  tyjv  TtapoSoav 

ìYYP*?^''  '^^l  svu-ÓYpa'r'''^  ^^^tl  ^s^aiav  Tipàoiv  xt 

2  OénsOa  xal  -o'.où|i3v  éxousia  f^ficbv  x^  Tipoaipéasi  x^P^S  x:vòg    pCag  ì^  àvocyxrjs 

xoò  Jr,Xa)6rjOO|iévo'j  otxou  xaì  xoii 

3  uXi^otov  aùxoù  axa')Xoo  xè  xaì  èpsiTioxoneJou  (8),  xo5  xpiìP'C't^Co'^'cos  T^oxè    eìg 

o'.XTjiiaxa  Jievxs  Yvcopi^ofisva  xo  iièv  ev 

4  TO'J  jpaxopog*  xò  8'àXXov  xo5  YsXatlioù  xs{ijié|i(9)*xaìxò  àXXov  xoi5  Pa^ocXXo(lO)' 

xai  xò  àXXov  xoO  uioO  Pouxatpisg  (11)"  xai,  xò  àXXov  xoù  YsXacj;o3 

5  oé^a  xoò  louSaCou  ::pÒ5  -'iià?  xoùj  eùXa^eoxàioi);  xXTiptxoùj  xoO  GsScu  xal  oe- 

^aoiii'ju  vao5  xoò  sv  x^  7iavóp|i(i).  ov  ex  pàtì-pcov 
C  àvr,Yeipsv  d  ravujtépxipiog    àpxwv  xcbv  àpxóvxtóv  xal  à|i>]pà{   xSv    à|fy)polSa)v 

xOp  (12)  Y^tópYto;  6;i'  cvó|iaxi  xyjj  TiavotYvou  Osoiirjxopoc*  étieI  y^p  ouvsPkj 

7  xeuXeuxfJaai  Ccotjv  xtjv  3-oYaxépa  (13)  xoò  àrcotxojiévou  GsoSix  ("14) . . .  .u  uloO 

toO  (laxaplxou  xòp  (Ih)  eÙYSvlou  xoO  àiiyjp..  (16)  àTcatSa    xal  àdiccGexov 

8  ^Jpjiooe  8è  Tj  xauxrjs  StaJcxv]  xal  xXr^povonla  suol  xè  x'^  IJ.a|iIAiì  a'Jxfjg  vixKjxS 

xal  fjjuv  xòtg  Xì  rpòg  -axpòg  xal  [ir^xpò?  Gsloi; 

9  aÙTJJg  xal  Oalxig'  x5>  Itoivvr/  xtS  OsoStópw  xqi  oxscpdvw   xal  xO»  xùp    vixoXotto. 

ixt  8è  xf)  iXévTj  xal  x),  |icvax>)  àY^'^-  ^^'^^  ^ 

10  jUXXoiuv  2ixve{|iao0-ai  Tipo;  àXXr/Xouj    xrjv  oùoiav  èxslvr^g  ócnaoav  £ay]  xe  èv 

àxivT(XO'.;  xal  Sor;  àv  xtvrjxolj  xal  aùxoxtvi^xois 

11  x$Hòprixxi  (17)'lvx  xal  xi);  4«*X^C  èxelvrjc  cppovxlSa  Ttongawjiev  xal  xfflv  livrj- 

HooOvwv  StaxoOxo  xotvi)  yvó)|ì»)  xal  5iaoxét|>«i 

12  ttj  SiiJtpaoiv  xùv  oixTj;i(ix(i)v  èxeivyjj  xal  xo5  oxatiXou  xal  xoii..  oxonelou  (18) 

t4v  nXt]a(C'V  toQ  «poSyjXwO-ivxoc  Gtloo  vaoO  xfj?  6nep 
18  arflxi  8tox4xou   àjt«l5omv  xal  8t)  xotvoXoYilofll|i.«vot   6|ilv  tols   xX-ripixclj  xffl 

OioSwptt)    T(!)  vixoXdo)    xò)  xcovoiavxlvco  xal  xol;  XoitcoIc  x& 
14  nipl  xi)c  iS(i)vi^?«i){  xo'jxo)/  (b;  izXvjsiaaxal;.  sQpo|isv  (19)  0|Jiòif  npo0u|ioutiivou; 
i$(0Vi^3ao)H(i  txOtx  ix  t<ì>v  npooóSctfv  t<Sv  à-^iBp(od-ivxa>v 


MISCELLANEA  32t: 


15  àxiVTjTWV  toù  TOtoÓTOt)  0stot>  vaoy  Ttapà  Toii  {ivT]|ioveuO-évTog  xxrjxopoj.  Jtà 

toOto  xal  finsjiVT^oaxe  xà  Tispl  ty;^  ègcovy^oso)^  (20)  TOÓTtov  tc& 

16  xtT|iopi.  ó  5è.  sTtÉTps^'Sv  (21)  u|jitv  ày.coX'JTO)g  TtoiVjaaad'ai  xaùxa.  xal  èTtsL  7ie- 

ptéoTYj  ex  xotvY^g  àpsaxeJag  yj  rcaÓTi^  to"i  Tqiviiiaxos 

17  Twv  TTiitpaaxofiévojv  tbg  etpy/Ta'.    àxtvy^xoov    sìj    xapta    ypua...  (22)  x'^-^  '^^iS 

yapayy);  xoj  xpaxatoù  xaì  àYtou  ^Y/ycf.  i2oì>  xr^v  r.ap&Ooav 

18  syypx'^ay    npocaiv    èxxiGéneOa  Trpòj  unàg  xcù?  SriXwGévxas    xXr^pixoùj  xal    tC 

uufflv  Tipòg  xòv  Sr^XwO-évxa  (23)  vaóv.  5'.'  y,5  tii 

19  upocaxo|iev  xà  SvjXwO-évxa  olxYjiaxa  xYjg  àJioixojJtévr  5  xal  7:po8y,Xa)9slar,s  C****!? 

6Xa  èg  óXoxXy,pou  xa9-(bs  rsptopl^ovxai 

20  [lExà  udvxtóv  xwv  Scxaitov  aùx&v  (24)  xal  upovoulcav  xal  ò'^elXsi  Xo'.nòv  ir.ò 

XYjg  orjiiepov  Ssonó^siv  xfiv  TOtoiixoov  àxtvi^xwv 

21  ó  fiYj^eìg  Gslos  vaój.  ò:fslXoiasv  yàp  Je^svSeùeiv  aùxà..à  (25)  xyjv  xaOoXiXYjv  xoù 

vófiou  8e-f£volova  ànò  uavxòj  Tipoowuou 

22  ixxXnjaiaaxixo'j  àpxr^xixoù  xè  xal  tSioxixoù,  xal  à:i'  aùxoàxoà  (26j  toù  Btjixocìcu. 

8e8a)xaxs  8è  xal  •^jilv  nfioiv  xoij  itpocxais  (27) 

23  xò  TcpoYpa-^èv  xljiYjjxa  xà  x^^^*  "^^^  XP'^''^^  xapta.  "^|islg  tè   flc7i8S(óxa(isv    ujilv 

xolg  xXYjpixoìg  xal  xà  Sixa'.tóiiaxa 

24  ócuavxa  xcbv  Siazpafl'évxcov    oixYjjiccxwv  oOitoj...  'apsoO-svxs;  (28)  xyjv  xo'.a'JXY;v 

Tipio'.v  èxO-é|i£vot  Ò!felXo|iev 

25  oxépyeiv  xal  èii|iév£iv  aùx'^  iisxà  Ttavxtov  xù)V  xXyjp&v&nwv  xal  Zt.a.tóy^to'*  :^|i<6v 

xal  |iY]  8...  (29)  xs  Tipòg  àvaxpozyjv  xa-ix^jg 

26  x^pelv  lisptxùj  yJ  xaGóXou  (30)  ègolaaSi^    xtvo?    alxla?   jiY,xe  jiy-v  àvapywplav 

upopàXXeaO-ai.  sì  yàp  5yj  PouXyjS-cSusv  (31) 

27  xotoùxov  xl  Tioiy^oat.  où  iióvov  oùx  (32)  eioaxouoS-y^oójisGa.  dXX'  ex  '|tX^5  xal 

|ióvY]5  ènixsipì^aecog  OnonsooóneGa  (33)  8óaet  npooxlfiou  (34) 

28  èlenepwxY^osctìg  Tip&g  u|J.àg  xoùj  xXy;pixoù;  xaià  xòv  xaipcv  xoò  87]XoS'rjociiévo'j 

Gslou  vaoù  xal  xòv  vaòv.  y_p\>aoò 

29  xapltóv  Jiax^^'f*'^'  ^PÒS  5è  xò  paoiXtxòv  Peoxtdptov  (35)  xò  xplxov  xo6xo)v.  izpbi 

xw  xal  oOxog  èppcJaO-....  (36)  xy)v  Tiapoùoav  Trpiotv.  xal  (lévsiv  ^s 

30  Porlav  xal  èppa)|iévy(V  (37)*  xà  8s  Yvcop{o|iaxa  (38)  xwv  S'.ajrpa^évxwv  àx'.VY,x(i)v 

Ixooaiv  ouxtog.  xò  àvaxoXixòv  gcDg 

31  olxou    PouoéxeX   xou    tou8a(oi)  utoù  pouppl^x    (39)'  xò  iisoyìji^...  (40)  iiog  xoó 

xslxo'JC  toù  JtaXatoii  fioxeoog*  xò  Juxtxòv  Itog  clxou  xoù 

C2  moù  p&ù  oiXtvou  (41)*  xal  xò  àpxxùiov  iioj  xy,c  65o0  xyJs  {>....  «.yr^z-  (42)  xal 
ex  xatixYjs  (43)  al  sìooSoégoSot  aùxcbv.  èYpct(yY]  (44)  x^  TrpoxpoTiYj  xoù 
tsptoxoExou 

33  TiptOTonaTià  (45)  tióXecdj  navóp|aou  xòp  ffaatXstou  (46)*  x^^P^  xwvoxavxlvcu  eùxe- 

Xcùg  lepécog*  èv  n(...JE|JLPpi(p  (47)  IvStx.  I  xoO  ,5  xne'  èxoug  f* 

t  ó  sùxeXyjs  npwxonanac  TtóXetos  uavópiiot)  PaalXeto^  ÓJiéYpai^a  tóioxeipuc  (49). 


326  mSOELLAKEA 


t  Hoaìjy  et  xal  àvacgiog  ispsù?  T'^g  &fixz  àyid-riz  {lapxuj  (50)  OnéYpa(}»a  ìSioxsCpcos 

t  xtovjxavxlvog  sùieXTjs  Ispsò;  {lapT-jj  ÓTcéypa^a  f 

t  ìwarjq)  ulòg  vixoÀiou  toù  Xsvx"  '^51)  jiaptus  bizéfpa^oi,. 

t  TP''iYÓp'0?  si  xat  àvigto;  eÙTsXTjg  Ispsò;  (lipiug  uuéYPX^^a  itiox^ipax;- 

t  6  sùtsXtjs  [lovaxò;  (52)  velXog  6  Sogozdxpiog  xal  aùx(òg)  [ioìpius  ujiéypacl'a  f 

t  à3p3C-  Ji'.os  sì  xal  àvigios  ispsùg  xf^s  affa?  ^ap^oipas  jiccpTUs  ÓKéypoL'^x  itioielpoìz 

X 
t  6  sùxsXtjs  Xétóv  (53)  xat  Ispsù?  xoù  dv^ou  vtxoXiou  ^op...(54)  iioEpxug  ónéypa^^a 

ii'.oy^tipmz. 

t  tu  sì  xai  àvàj'.og  ispeùs  xoù  àyioo  8T;|i.rjXp:ou  [idcpxug  0::éYpa4'*' 

t  6  sùxsXtjs  lepsù;  vixYjcpópog  iicxpxug  ÒTiéYpacJ^a  f 

f  ó  xoò  àpxf(ovxos)  xtòv  àpxóvx(a)v)  ulòg  vtxóXaoc  [idpxus  5;:éYpa'4'a. 

8tx  ,     ^ 
t  xaYO)  6eo)       (55)  sùxsXyjs  Ispsùg  iiotpxuj  67réYpacj;a. 

X  t? 
t  àvSpéag  6  dp  ix  (56)  TióXswg  Tcavópiiou  fiapxuc  57iéYpa4»a  (57) 

La  pergamena  in  Lasso  è  ritagliata ,  quindi  mancano  alcune  sottoscrizioni, 
delle  quali  rimane  per  qualche  vestigio  di  estremità  superiori  di  lettere  o  segni. 

La  medesima  pergamena  nella  sua  parte  esterna  (1)  reca  alquante  indicazioni 
relative  a  questo  istrumonto.  Benché  siano  di  tarda  età  e  segnali  di  repertorio 
e  di  archivio  li  riproduciamo  in  nota ,  per  dar  tutto  quello  che  si  riferisce  al 
nostro  documento  prima  di  presentarne  la  seguente  versione ,  ed  alcune  anno- 
tazioni. 


(1)  Nella  retropagina  olirò  i  Tersi  altrove  riportati  loggiamo  in  caratteri  del  secolo 
XIV-XV.  In»ttiiment.,.  domorum  eccU^iariim. 

E  di  scrittura  più  roceut«  tì  st  le^ge  Anuataa..  e  pid  sotto  cp.  e.  2*  8. 

Kd  inultre  ancor  più  ree«ntein«nte :  Canonici  Deipare  Virginin  tiiinudam  domoa  in 
urb4  IhiHorml  tunrunt  «r  rtdditibua  iptiua  teeUaiaé. 

I>i  poi  yum.  76  Or.  vrnditio  quarumdam  domuum  faeta  Cleriein  Deipurae  Virginia 
de  Admirato,  qua»  domua  ip»i  Clerici  emerunt  ex  redditibua  ipaiua  Eccìeaiae.  an,  lli6. 


U1SCELLA.NEA  327 


t  Signiiin  manus  Nicetoae  uxcris  Nicolai. 

t  Signum  manus  Ioannis  filii  Nicolai. 

t  Signum  manus  Theodor i  filii  Nicolai. 

t  Signum  manus  Nicolai  filii  Eugenii  de  Amira.. 

t  Signum  manus  Agnetis  monialia  fiUae  Eugenii  de  Ami.. 

t  Signum  manus  Sfephani.. 

t  {Signum)  manus  Helenae  filiae  Nicolai  t 

Nos  qui  superius  declarati  sumus  per  subscriptioiivS  et  signa,  disponimus  et 
faci'mus  hanc  venditionem  scriptain  et  subscriptam  et  confirmatam  et  libera  no- 
stra voluntate  absque  violentia  vel  necessitate  de  doniu  inferius  descripta  cum 
proximo  stabulo  et  loco  demolitionum ,  qui  antca  repraesentabat  habitacula 
quinque  bene  cognita  et  distincfca,  quorum  alteruni  erat  Fatoris,  aliud  Gclapsi 
Temmen,  et  aliud  Bazallo,  aliud  filii  Buchairies,  et  aliud  Gelapsi  Seba  iudaei.  Et 
haec  venditio  facta  est  vobis  venerandissimis  clericis  divini  et  vencrabilis  tem- 
pli, quod  in  Panorino  extat,  quodque  e  fundamentis  excitavit  honorandissimus 
princeps  principum,  et  aniiras  amiradum  doinnus  Georgius  stib  titulo  purissimae 
Deiparae. 

Quoniam  itaque  contigit  absque  filiis  et  sine  testamento,  supreraum  obiisse 
diem  Zoem  filiara  defuncti  Theodic.  filii  iara  beati  vita  functi  Eugenii  de  Amirado, 
devenit  Zoes  haereditas  mibi  Nicetoae  aviae  illius,  et  nobis  ex  parte  vel  patria 
vel  niatris  avunculis  avunculabusque  eius ,  Ioanni  et  TLeodoro  et  Stephano  et 
domno  Nicolao,  et  insuper  Helenae  et  moniali  Agneti. 

Et  cum  divisuri  simus  omnem  substantiam  eius,  quse  in  bonis  sive  mobilibus 
sive  immobilibus ,  nec  non  sese  moventibus,  extat  ut  de  ipsius  anima  et  com- 
memorationibus  eiusdem  curam  babeamus,  ideo  communi  sententia  et  deliberatione 
convenimus  ad  venditionem  babitaculorum  eius  et  stabuli  et  dem(ditionum  loci, 
quae  omnia  sunt  apud  dictura  divinum  templum  sanctissimae  Deiparae.  Et  nunc 
vobiscum  convenientes  clericis  Theodoro,  Nicolao,  Constantino  caeterisque  circa 
cmptionem  horura  locorum,  ut  nobis  vicinis  ,  invenimus  vos  ad  emendum  esse 
paratos  ex  redditibus  bonorum  immobilium,  quae  praedictae  sacrae  ecclesiae  oblata 
sunt  a  supralaudato  fundatore.  Iccirco  et  de  hac  emptione  consultum  babuistis 
fundatorem,  qui  et  permisit  haec  vobis  agere  absque  ullo  impedimento. 

Quoniam  vero  placuit,  utraque  parte  consentiente,  statuere  quantitatcm  pretii 
circa  valorera  rerum  venumdatarum,  ut  dicitur,  immobilium  ad  tarenos  aureos 
mille,  referentes  excusam  notam  potentis  et  sacri  regis,  ecce  nunc  scriptam  ven- 
ditionem facimus  et  tradimus  vobis  praedictis  clericis  ,  et  per  vos  praedictae 
ecclesiae. 


328  MISCELLÀNEA 


Per  venditiouem  praesentem  vobis  venum  damus  pracdicta  habitr-ciila  iuris 
defunctae  et  praefatae  Zoes  omnia  et  ex  omni  parte  sicut  definitum  est ,  ciim 
ctnnibus  iuribus,  privilegiis  et  pertinentiis;  et  ab  hodierna  die  haec  immobilia 
possidere  debet  praofata  sacra  ecclesia.  Debemus  autem  ca  defendere  per  universa- 
lera  legis  defensionem  ab  omni  persona  ecclesia&tica  sive  in  dignitate  sive  non 
constituta,  atque  ab  ipsa  publica  auctoritate. 

A  vobis  insuper  iam  traditum  est  nobis  omnibus  vendentibus  praefatum 
pretium  naille  tarenorum  auri;  nos  vero  tradidimus  vobis  clericis  iura  quacque 
omnia  in  supradictis  aedibus. 

Hoc  pacto  et  comuni  beneplacito  peracta  hac  venditione.  debemus  eam  vali- 
dam  et  firraam  tenere  nos  omnes  ac  haeredes  et  successores  nostri  ;  nec  re- 
servamus  aliquid  sive  ex  integro  sive  ex  parte,  nec  ab  ea  resilire  ex  quacumque 
ratione ,  neque  egestatis  causa  et  praetextn.  Si  vero  aliquid  huiusmodi  agere 
praesumpserimus,  non  modo  volumus  non  oxaudiri;  sed  ex  solo  attentatu  in  eam 
poenam  incidemus,  ut  clerici  futuri  predictae  ecclesiae  et  ecclesia  ipsa  possint 
praetendcre  tarena  bismille,  et  regium  Vestiarium  partem  liorum  tertiam.  Hoc 
modo  corroborare  et  confirmare  volumus  liane  venditionem,  ut  talis  semper 
maneat. 

Confines  ^ero  cogniti  praedictarum  aediura  haec  sunt:  Ab  oriente  usque  ad 
domnm  Basechcl  iudaei  filii  Bourripch...  A  meridie  ad  moenia  antiquae  arcis. 
A  septemtrionibus  usque  ad  viam  r.  .  .  ages  :  et  in  hac  via  suut  introitus  et 
exitas. 

Scriptum  est  ex  commissione  sacratissimi  protopapae  urbis  Panormi  domini 
Basilii  manu  Constantini  Lumilis  sacerdotis  mense  (Nov)ombri,  Indictione  decima, 
anno  0055  (Ch.  1146). 

t  Humilis  protopapa  urbis  Panormi  manu  propria  Basilius  subscripsi. 

t  Io3sph,  etsi  indignus,  sacerdos  sanctao  Agathae  testis  subscripsi  manu 
propria. 

t  Constantinus  humilis  sacerdos  testis  subscripsi. 

t  loieph  filiu?  Nicolai  Lent  .  .  .  testis  subscripsi. 

t  Gregorius,  licet  indignus,  sacerdos  tostis  subscripsi  propria  manu. 

t  Humilis  monachas  Nilus  Doxopatrius  et  ipse  testis  subscripsi. 

t  Abraamius  sacerdos,  etsi  indignus,  sanctae  Barbarae ,  testis   subscripsi 
manu  propria. 

t  Humilis  Leo  et  sacerdos  sancti  Nicolai  Bore,    testis   subscripsi    manu 
propria 

t  Ioannes,  etsi  indignus,  sacerdos  sancti  Domotrii,  tostis  subscripsi. 

t  Humilis  sacerdos  Nicophorus  testis  subscripsi. 

t  Nicolaus  filius  archontiit  archontum  testis  subscripsi. 

t  Et  ego  Thoodic...  humilis  sacerdos  tostis  subscripsi. 

t  Andreas  Arcb  .  .  .  urbis  Panormi  testis  subscripsi. 


MISCELLANEA  329 


(1)  Le  prime  sei  firme  sono  alla  parte  superiore  della  pergamena,  di  cui  nella  prima 
VHcrx..  dal  Cusa  si  legge  vixyjtoo;  ma  essendo  questa  la  donna  moglie  di  Nicola,  devesi  leg- 
gere vtXYjTò)  Nicetoa,  come  vediamo  più  sotto  nel  corpo  del  diploma  (linea  8).  Questi  nomi 
così  formati  dal  consimile  maschile,  hanno  una  siffatta  desinenza  come  0eocpavó&  ed  altri. 

vX 

(2)  La  sigla  vt  viene  sciolta  bene  dal  Cusa  in  vixoXaoo,  che  è  il  consorte  della  pre- 
detta Nicetoa. 

(3)  Qui  pure  ricorro  la  stessa  sigla,  e  così  nella  seguente  firma. 

(4)  Il  Cusa  completa  la  parola  anT]poU(  ma  dal  contesto  e  da  ciò  che  si  legge  nel  corpo 
del  diploma,  credo  debbasi  leggere  todv  aiiirjpaJeov.  come  pure  nella  seguente  firma.  Ve- 
dremo ciò  confermarsi  nei  versi  degli  epitafi  per  Geòrgie  l'ammiraglio  dettati  dallo  stesso 
estensore  dal  presente  documento.  L'afirjpag  ttov  afXYjpaScov  è  comunissimo. 

(5)  Le  ultime  lettere  di  questa  firma  come  le  prime  della  sesta  seguente  mancano,  es- 
sendo lacera   la  membrana.  Nella   sesta   il   Cusa   aggiunse  in  principio  la  parola  o£yvov. 

(7)  Presso  il  Cusa  fu  scritto  oJyvo. 

(8)  Nell'originale  non  apparisce  il  segno  ortografico  dello  Q^sv  che  indica la-eonginnzione 
delle  due  parole  epeino  xoTtetou  in  una  sola  c'haun  solo  accento.  H  segno  che  sta  sotto 
appartiene  alla  linea  seguente,  ed  è  pel  nome  proprio. 

(9)  Qui  il  nome  proprio  Te[i|ié|i  specialmente  è  indicato  colla  lineola  soprapposta.  Così 
altrove ,  come  in  molte  scritture  antiche  si  soprappone  la  lineola  ad  indicare  il  nome 
proprio;  il  che  equivale  alla  nostra  iniziale  maiuscola. 

(10)  Noi  leggemmo  Pa^dXXo  ossia  vaagallo,  ma  secondo  le  figure  della  scrizione  può 
pure  leggersi  col  Cusa  po^otXXo,  come  anche  p«^dcXXo. 

(11)  Qui  non  possiam  convenire  colla  lettura  del  Cusa  iiauxafpsg.  Al  margine  nel  prin- 
cipio di  queste  prime  linee  si  vede  una  profonda  rasura,  donde  non  traspariscon  che  pochi 
vestigi  di  lettere. 

(12)  Il  Cusa  legge  queste  parole  afjiir)p  xwv  afiyjpwv  xupiog,  a  noi  sembrò  dover  leg- 
ger diversamente,  specialmente  nella  terza  parola,  ove  si  vede  il  8  soprapposto.  Dopo  ciò 
bisognò  leggere  precedentemente  a|i7]pa;  invece  di  a|iir)p.  Ciò  devesi  fare  anche  per  la  ra- 
gione etimologica  della  voce  nostrana  amirale,  ammiraglio  in  cui  fu  trasformato  la  voce 
emir  ed  amirà.  Del  resto  vedi  ciò  che  si  nota  al  n.  (4)  ed  in  altre  osservazioni  intomo  al 
nostro  Giorgio. 

(13)  Nel  Cusa  si  legge  8iÌY*fP*  *^^  P"^  ^'"'  regolarmente;  e  la  membrana  un  po' 
guasta  non  vi  si  oppone. 

(14)  Il  Cusa  scrive  così  questo  66o8lx,  nell'originale  però  non  vi  è  quell'accento,  ma 
bensì  la  lineola  ad  indicare  che  il  nome  è  di  persona.  La  stessa  mancanza  della  membrana 
non  ci  dà  che  un'ultima  lettera  di  questo  nome  personale,  seppure  questa  lettera  non  ap- 
partiene ad  altra  parola.  Nelle  firme  alla  fine  il  nome  è  abbreviato.  Può  essere  un  6eo8ixaiou 
0  simile. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XV.  22 


380  MISCELLANEA 


(15)  Presso  Cusa  fa  letto  jiaxapHOTiTOU  xópiog. 

(16Ì  Presso  il  Cusa  àfii^poi).  Di  questo  nome  fu  parlato  sopra. 

(17)  Accentuasi  xsGsopfjxai  presso  il  Cusa. 

(18)  La  membrana  è  lacera,  e  mancano  i  primi  cinque  elementi  della  parola  epeiTto- 
xcmsiou. 

(19)  Presso  il  Cusa  lo  spirito  si  se^a  per  tenue  eOpofiev. 

(20)  Si  scrive  non  atticamentre  presso  Cusa  èfoovi^oeog. 

(21)  Fu  scritto  presso  il  Cusa  è^iCxpe^^sv.  Nella  stessa  linea  l' originale  ha -^  TiooÓTtg. 

(22)  Si  completa  j^puooù  presso  il  Cusa,  come  è  scritto  in  appresco  (linea  23).  Mn 
forse  qui  la  mancanza  del  to3  vorrebbe  si  leggesse  x(i«aà. 

(23)  Si  scrive  SirjXo^évTa  presso  il  Cusa. 

(24)  Fu  scritto  presso  il  Cusa  aÙTOÙ. 

(25)  La  membrana  forata  non  lascia  vedere  altro  che  l'ultima  lettera.  La  parola  intiera 
presso  Cusa  fa  ben  completata  xaxà. 

(26)  Nell'originale  si  replica  xoò  leggendosi  aoxoù  xoS  toù. 

t' 

(27)  Il  Cusa  completa  Tipccxoi?  la  parola  scritta  upa 

(28)  Dopo  ooxtog  la  membrana  è  lacera;  ma  devesi  supplire  eù  in  principio  della  pa- 
rola eòapeoWvxec  non  completata  da  Cusa. 

(29)  Qui  la  membrana  è  un  po'  guasta  ;  e  secondo  gli  elementi  superstiti  e  qualche 
supplemento  ci  sembrò  poter  leggere  |it)  8wp,ev  xe,  od  altro  con  6(i)..  ev.,  ovvero  8óv..  ev 
mentre  il  Cusa  lesse  \]A\  8uvd[ie^  xe,  alla  qual  lezione  non  ci  sembra  poterci  conformare. 

(80)  Presso  Cusa  fu  scritto  xaG'fiXov. 

(81)  H  Cusa  scrisse  ^ouXi^O(i)|isv. 

(82)  Presso  il  Cusa  si  legge  oò  (ióvovoòx. 
(88)  Leggesi  finoueoóiieGa  presso  il  Cusa. 

(84)  n  Cusa  qui  lesse  8(òoeiv  npoox([XY]p,a.  Sebbene  nella  fine  della  parola  Swoei  possa 
sembrar  che  vi  sia  una  emendazione,  nell'altra  però  si  vedo  chiaro  il  dittongo  finale  ou 
della  parola,  che  non  può  esser  npoax(|Ji'y)|ia. 

(86)  Il  Cusa  lesse  peaxCov ,  ma  nel  nesso  delle  lettere  apparisce  che  vi  era  anche  la 
latterà   p ,   e  quindi  leggemmo  Peoxidpiov  ossia  la  camera  fiscale. 

(86)  Precso  il  Cusa  la  parola  è  completata  ippSod-ai. 

(87)  Fu  scritto  ippop,ivT)v  presso  il  Cusa. 

(88)  Ivi  ta  scritto  YVop{o|i.ata. 

(89)  A  questo  nome  non  è  soprapposta  la  lìneola  dei  nomi  personali. 

(40)  Il  Cosa  scrisse  ^ovj^pivov  ben  completato  in  fino,  ma  deficiente  di  un  |x  alla  se- 
conda sillaba  \itayi\i,^^ 

(41)  Nella  pergamena  gli  accenti  e  la  lineola  posta  alla  seconda  parto  persuadono  a 
Isfftre  ^00  oiXCvou. 

(42)  Il  Cusa  omette  i  pochi  elementi  p..  aytjC   «ho  sembrano  apparire  nella  guasta 
ibrMia. 


MIS0T5LLANEA  331 


(43)  Si  legge  èv  xatiTYji  presso  il  Ousa,  ma  la  pergamena  ha  ex  TaóxTjg. 

(44)  La  sigla  non  ha  il  doppio  yY  secondo  il  quale  fu  letto  SyYpanxai  dal  Cusa. 

TT  a  a 
(45   La  sigla  a,  iz  n  sì  deve  leggere  7tp(i)T07:anfi.  Questa   è   ripetuta  poi  nella  sotto. 

scrizione  senza  l'accento  sulla  sillaba  finale. 
(49)  Il  Cusa  completa  il  nome  in  PaotXiou. 

(47)  Presso  il  Cu=a  si  completa  |ir]vl . .  .  t]i^pio,  ci  semhrò  vedere  un  (o)  avanti  sjiPp.. 
e  quindi  si  accerterebbe  il  mese  di  novembre. 

Ancorché  non  si  voglia  ammetter  con  sicurezza  qui  indicato  il  mese  Novembre,  e  quindi 
si  possa  oscillare  tra  il  Settembre  e  il  Dicembre,  sempre  però  dovrà  ammettersi  che  sia 
uno  de'  quattro  ultimi  dell'anno  secondo  l'èra  volgare.  Or  bene  si  sa  che  la  indizione  co- 
stantinopolitana e  l'anno  relativo  comincia  al  primo  di  Settembre,  ed  inoltre  che  per  ridurre 
le  date  costantinopolitane  alle  nostre  convien  da  quelle  sottrarre  5508  se  trattasi  dei 
mesi  Gennaio-Agosto,  ma  se  trattasi  dei  mesi  Settemhre-Dicetnhre  devesi  sottrarre  5509.  Nel 
caso  nostro  questo  calcolo  ci  dà  sicuramente  6655  —  5509  =  1146. 

(48)  La  sigla  t  fu  dal  Cusa  interpretata  per  (C)^tv.v.Vfi.  Ora  ponendo  a  confronto  I'ìd- 
dizione  coiranno  6655  troviamo  che  l'indizione  dove  esserla  (?#r«ma.  Vedi  la  Paleographie 
grìechische  del  Ganlthausen,  e  quindi  il  novembre  od  altro  mese  con  quella  finale  corri- 
spondono al  1146  de'l'éra  volgare. 

(49)  Qui  e  di  sesmito  il  Cusa  accentua  iSioxetpSv»  ™*  nella  membrana  si  vede  1'  ac- 
cento acuto  nella  penultima. 

(60)  Qui  e  di  seguito  il  Cusa  scrive  fiipxup  invece  di  {lotpxoj. 

(51)  Invece  di  XevT,  come  apparisce  nella  membrana,  ta  dal  Cusa  scritto  Xéovrof. 

a 

(52)  n  Cusa  non  lesse  fiovaxò?  la  sigla  X  e  la  congiunse  al  nome  seguente  axvetXos, 
e  quindi,  come  avvertimmo,  non  appariva  bene  il  nome  del  celebre  Nilo  Doxopatrio. 

(53)  Presso  Cusa  si  legge  Xeov  invece  di  Xétov, 

(54)  Non  sapremmo  completar  questo  nome  che  eziandio  il  Cusa  leggo  Popx... 

(55)  Il  Cusa  completa  il  nome,  0sto8fxos,  che  potrebbesi  leggere  9-eoilv.aiOi.  Lo  spazio 
che  danno  le  lacune  nel  corpo  di  questo  documento  alla  linea  7  (not.  13),  ove  pare  che 
ricorra  lo  stesso  nome,  confermerebbero  una  siffatta  lettura. 

(56)  Questa  sottoscrizione  fu  letta  dal  Cusa  avSpsa;  papx..o  apx...  tyjc  no\.  Travopiioo. 

X      X     X  ti 

Nell'origi-file  non  apparisce  quel  Papx...  masi  vedo  f  avSpsa?  ó  àp  TCx  tto  Ttavop  Su  di 

ciò  chiederemo  spiega  ione  ai  dotti  conoscitori  delle  cose  palermitane. 

(57)  Sotto  la  prima  'onna  dello  firme  os'jìa  dopo  la  triunta  da  noi  riferita,  si  vedono 
spuntar  duo  e.",tremità  superiori  delle  croci  che  precedevano  il  nome,  laddove  la  pergamena 
fu  per  tutta  la  sua  lunghezza  tagliata  e ,  per  dir  così ,  rifilata ,  come  sopra  avvertimmo. 
Per  cui  almeno  ci  mancano  due  firme,  come  sopra  avvertimmo.  Chi  sa  che  in  antiche  copio 
del  diploma  non  fossero  state  riferite ,  come  ci  vien  riferito  quello  che  a  tergo  vi  si  leg- 
geva, ed  ora  non  si  ha  più,  ossendone  tagliata  la  membrana.  Di  ciò  diremo  parlando  di  a'cmi 
epitafi  metrici  posti  nella  retropagina  della  nostra  membrana. 


832  miscellàkea 


Esposte  queste  poche  osservazioni  che  ci  fornisce  la  pagina  della  per- 
gamena oltre  ciò  che  fu  detto  in  principio,  pensiamo  aver  compiuto  alla 
bella  meglio  il  nostro  piccolo  studio. 

Egli  è  vero  che  a  più  abili  studiosi  qui  si  presentano  non  poche  osser- 
vazioni a  fare  di  diverso  genere  come  le  storiche  sulla  ben  ampia  fa- 
miglia di  Giorgio  l'Ammiraglio,  sulle  monete  auree  coll'impronta  dal  re: 
e  sulle  giuridiche  riguardanti  le  successioni  di  persone  morte  senza  testa- 
mento, e  come  la  nonna  succedesse  alla  figlia  del  suo  figlio  e  con  lei 
altri  parenti:  come  si  applicassero  le  pene  comminate  e  se  ne  desse 
parte  alla  camera  (peorcàptov  o  vestiarion)  fiscale. — Non  vi  manca  ma- 
teria per  osservar  la  topografia  di  Palermo,  su  cui  sì  dotte  ricerche  fé'  il 
eh.  Prof.  Di  Giovanni,  ed  anche  la  dimora  ed  acquisti  dei  giudei  in  quella 
città ,  non  che  la  indicazione  di  alcune  chiese  di  cui  si  menzionano  i 
rettori.  Altri  altre  osservazioni  secondo  i  loro  studi  potran  ben  fare,  e 
noi  sarem  ben  lieti  di  aver  apprestata  almeno  la  materiale  lettura  del  docu- 
mento nel  modo  migliore  che  ci  fu  possibile. 

Roma  dalla  Biblioteca  Vaticana  9  novembre  1889. 


G.  CozzA-Luzi 


DI    UN   SINGOLARE    GIUDIZIO 
DA  UNA  PERGAMENA  GRECA  E  LATINA  DEL  IH? 


Alcuni  credettero  che  il  diploma  dell'anno  1117,  che  qui  riproduciamo, 
fosse  già  pubblicato  dal  Cusa  con  un  consimile  testo  latino  creduto  ver- 
sione del  greco  {Diploma  XVIII,  p.  416)  ;  ma  però  rivedendolo  qui,  e 
confrontandone  la  nostra,  qui  unita,  versione  dal  greco  con  l'altro  atto 
latino  che  si  legge  nella  pergamena  (atto  erroneamente  creduto  versione 
dell'  antecedente) ,  vedranno  qual  diversità  passi  tra  il  testo  ladino  e 
greco  e  come  dal  greco  non  fu  mai  pubblicata  una  vera  versione,  E 
dicendo  ciò  debbo  notare  che  il  Cusa  ha  pubblicato  i  soli  testi  greci. 
Le  traduzioni  furono  rimandate  ad  un  2°  voi.  che  non  si  è  poi  stam- 
pato. Tuttavia  dirò  che  ambedue  quei  documenti  non  furono  riprodotti  con 
quella  esattezza  che  si  potea  aspettare,  come  meglio  si  potrà  vedere  nelle 
note  che  si  aggiungeranno. 

Per  tali  motivi  credo  far  rilevare  che  non  si  potè  da  molti  ben  ap- 
prezzare l'importanza  del  singolare  documento  storico  presentatoci  dal 
testo  greco  ,  e  di  cui  non  si  fa  esatto  cenno  in  quello  'latino.  E  pure 
deve  esser  assai  caro  ai  cultori  delle  siculo  memorie. 

Come  ognuno  può  in  questo  vedere,  l'arcivescovo  di  Traina  e  Mes- 
sina, Guglielmo,  postosi  in  visita  ne'  luoghi  di  sua  giurisdizione  ebbe 
a  fare  questo  singolare  giudizio  riferito  ne'  nostri  diplomi  minutamente 
come  un  moderno  verbale. 

Gli  si  presentarono  alcuni  Acarensi  ricorrenti  contro  alcuni  monaci  di 
S.  Filippo  di  Demenna  (1)  come  sofferenti  da  costoro  vessazione  nel  racco- 
gliere il  fieno  in  alcuni  terreni.  L'arcivescovo  per  proceder  maturamente 
nell'esame  fece  radunare  i  notabili  del  luogo,  che  nel  medio  evo  erano 


(1)  Il  Silvestri  nel  suo  lavoro  intitolato:  Il  Tabularlo  di  S,  Filippo  e  di  S.  Maria 
de*  Maniaci....  pubblica  i  soli  diplomi  latini. 


334  uiscellàneà 


detti  i  probi  viri  o  come  qui  i  hoìii   homines  loci  ;   e   li    interrogò   sul 
fatto  e  sul  dritto  a  proposito  del  ricorso. 

Il  fatto  restò  stabilito,  che  que'  monaci  raccoglievano  il  fieno  od 
usavano  dell'erbe  di  que'  campi. 

Ma  riguardo  al  diritto  tutti  unanimi  quei  boni  homines  loci,  i  quali 
venivano  a  comporre  una  speciale  giuria  locale,  a  lui  fecero  questa  re- 
lazione ben  singolare.  Parlando  a  nome  comune  tutti  que'  personaggi 
ad  uno  ad  uno  nominati  dissero  al  vescovo  —  "0  santissimo  nostro  si- 
gnore, or  bene  sappi  tu  che  noi  dedicammo  quei  terreni  al  Monastero  di 
S.  Filippo  (di  Demenna  o  Fragalà),  perchè ,  essendo  stati  molti  dei  no- 
stri fratelli  o  conterranei  soprappresi  dal  maligno  spirito  ;  soltanto  ne 
restavano  subito  liberi  coloro  che  si  rendessero  monaci,  e  così  quei  piccoli 
di  età  che  promettesser  ciò  fare  in  appresso.  Laonde  per  amore  dei  nostri 
fratelli  e  figliuoli  noi  consecrammo  e  donammo  i  suddetti  terreni  al  Mo- 
nastero. 

Dopo  aver  narrato  quanto  ebbero  fatto  da  loro  parte ,  vengono 
a  dire  quel  che  facesse  il  monastero  per  gli  Acaresi.  Ma  qui  disgrazia 
tamente  vi  è  qualche  parola  poco  leggibile;  od  almeno  ne  è  poco  intelli- 
gibile il  c(jpcetto,  e  non  possiamo  perfettamente  accettar  la  lettura  del 
Cusa,  che  vi  les;se  l5o)xev  '^dibiO'V  quasi  dica  dedit  vitulum.  Si  sospetta 
che  fosse  quella  sigla  un  espressione  di  porjQ-tov  luogo  di  piccolo  rifugio 
od  aiuto,  oppure  un  jiovcScov  quasi  piccolo  ospizio  di  monaci;  ma  nulla 
possiam  dire  di  sicuro,  come  meglio  nelle  note.  Crediamo  che  volessero 
dir  presso  a  poco  così;  L'egumeno  (od  abate  del  monastero)  poi  dette  a 
noi  un  piccolo  locale  come  monastero,  e  il  monastero  è  nostro,  ed  ivi  a- 
hUano  i  nostri  fratelli;  potendosi  ciò  forse  meglio  che  ogni  altra  inter- 
pretazione arguire  dal  contesto  della  testimoniauza  prodotta  nel  nostro 
documento  originale. 

Per  un  giudizio  completo  non  si  contentò  Guglielmo  di  queste  una- 
nanimi  e  spontanee  confessioni;  ma  scrisse  una  lettera  all'abate  del  mo- 
nastero, e  chiamatolo  a  so  udì  confermarsi  esattamente  quanto  i  boni  ho- 
minei  Acarensi  gli  ebbero  riferito. 

Accertato  così  lo  stato  delie  cose,  fé'  scrivere  un  doppio  documento 
l'uno  greco  e  l'ai  Irò  latino  mostrando  di  aver  respinto  il  ricorso  indebito 
e  conformando  lu  donazione  delle  torre  ^  comminò  le  usate  pone  a  chi 
contravvenisse  ai  patti  od  alla  sua  sentenza,  lagliondo  anche  a  qualun- 
que  autorità  ooclusiastica  il  potere  ritornare  su  questo  giudicato.  E  nel 


UISOELLANEA  335 


documento  latino  dichiara  essersi  ciò  fatto  di  consenso  dal  capitolo  e 
clero  de'  suoi  arcivescovadi  di  Traina  e  Messina.  Pare  poi  a  conferma  vo- 
lesse che  varii  nomi  de'  principali  di  que'  cleri  vi  fossero  sottoscritti, 
tra  cui  è  un  Magnus  Precentor  o  gran  primo  Cantore,  un  arcidiacono  e 
due  camerlenghi. 

Su  quest'atto  richiamiamo  gli  studi  dei  dotti  cultori  della  storia  si- 
cula.  Vi  potranno  far  osservazioni  giuridiche^  storiche  :  rilevare  le  me- 
morie del  Guglielmo  di  Traina  e  della  estensione  di  sua  giurisdizione, 
e  notare  le  forme  semplici  e  rette  del  suo  giudicato.  Rintracceranno  chi 
fosse  l'egumeno  di  S.  Filippo  di  Demenna,  e  forse  taluno  de'  nominati 
in  arabo  i  documenti.  Potranno  aver  qualche  lume  sulle  cose  topografi- 
che di  Liraina,  Castro,  Storiano:  e  nella  loro  sagacia  trar  profitto  da 
una  nuova  pubblicazione  testuale  di  questi  scritti  fatta  con  la  maggior 
cura  che  ci  fu  possibile. 

Ogni  special  merito  di  ciò  debbono  darlo  al  loro  concittadino  onore 
di  Palermo  e  della  storia  siciliana  ,  il  carissimo  a  noi  Mr.  Carini ,  il 
quale  salvò  queste  pergamene  ite  fatalmente  sperdute  tra  vecchi  ciar- 
pami ed  esposte  a  pubblica  vendita,  in  pericolo  di  esser  usate  in  usi 
lacrimevoli  ;  e  mentre  ora  le  vuole  rimettere  a'  loro  luoghi  di  salvezza 
e  di  onore,  m'impegnò  nella  sua  amicizia  a  farvi  sopra  qualche  studio; 
ed  ora  il  presento. 

Noterò  che  nella  parte  esterna  della  membrana  si  legga: 
+  OYjYtXtov  xou  apxt67«ox(i)n(oo)  zf^  iieoy^vyjc. 

e  superiormente. 

lu  privilegiu  de  li  terri  de  lemina  a  la ra 

In  altra  parte: 

Ttepl  Tó5v  x.op*'?'''*^  "5^?  ^'fìV'-'^'^i  'tal  to3  ocdoxpou  xal  to5  oxoptavoii  ..xò  tic&j 
Soxepgev  auxa  o  apxYJSTiioxorto^  usoatvirj^  Sta  xijv  jiapxipTjav  xtov  ayaO'tov  avJpwv 
xo)v  acpiep(t)aavx(t)v  aùxà 

Più  recentemente: 

1117  Galielmus  archiepiscopus  Messan,  concedit  Man  S.  Ph . . .  Prag.  terrai 
Liminae,  Castri  et  Storioni. 


336  HISCELLANBA. 

Sotto  questa  è  un'altra  scrittura  in  gran  parte  perduta: 

limina 

e  di  lu 

filippo 

Fragola    .... 

e  al  di  sopra  di  questa  è  una  memoria  greca  di  cui  si  legge  soltanto 

+ z{oìì)  apxtsTttoxonou  fO}}X6ifi\i aiìfdXioi. 

e  segue  in  latino  un  altra  indicazione  così: 

li  ferri  de  limina  de {s)toriano 

Nell'interno  poi  si  leggo  il  documento  che  riportiamo  fedelmente  con 
tutti  i  suoi  errori  di  scrittura  ed  apponendovi  alcune  note. 

>J<  YouXiéX^og  évGso)  eXaCou  (1)  àpxisnCoxouog  Spai^vag  8à  xal  lAsaofvyje   (2)" 

TÒv    jiàpx'.ov    jiìfjv    (3)    et€    xàg    iri'^    xyjs  tvStin;.  v".  (4)  .  .  .  .,  (sxoug  ....?) 

igXS-aoiv   npóg  jis  ol  avS-pconoi   xùv    axotpcov  (5)    óvxco?    xajjLO'j    èxeìas.    npòg    xo 

:q81v    (6)  xYjv  è|i7]v    xtt>P*'''    ivaxaXoSvxa    o  vixóXag  o  PptyyiXoc   xaì  vtxi^xag  (7) 

xaXi(i)vci(  xaL  ^EÓdtopsg  utog  vixoXocou  xovSoyo'XocxYj-  6xi  oi  [iovaxoi  xoO  aytou  vt- 

xoXotcu  xal  x^Coìvac  C8)  éSrjpav  i^jiàc  (9)  8ia  xo  x^Pto^  sig  xo  xdcaxpov  xoOxo)  8è 

xd(ioù  àxoùoavxog*  èouvdS'pirjaa  dTiavxaj  xoùg  xaXoùg  àvO-pcÓTiouc  XYjg  èjifj^  x<*>P*C 

Xoipù)  (10)  otepetc    xat  (11)  xal    Xatxoòc  xov  npe^uxe  (12)  cpiXi:f:nov   xal  npépuxe 

paoiXccov  (13)  xal  uéxpov  ^uax(i>[iT]v  xal  XeónapSov  gepoi^ocvx^Tjv  (14)"  xat,    vixó- 

Xaov  pdxav  xal  d'eóSoapog  xaiivax..(15)  xai  oépyiv  tpejictx^^rjv  xal  Tiéxpov  tpojaap..  i,16) 

xat  vixóXaov  pov8..  (17)  "xal  vixóXaov  xovSoyaXàxTjv  xal   yeóp-fioy  voyaptx..   (18) 

xou  àvSpéav  XlgaX*  xal  xoùg  dXXou;  éxépouj  xaXoòg  avO-pwnoug    X'/^g   X<**P*C'   '**^ 

ipcbxTjaa  auxoùj*  8i«  nolov    upaynav  ércixpaxoOv  (19)  ot  [iovaxoc  xr)v  x^^P*'''  'i*' 

dntxpl6T]oav  d:;avx«c  Xéyovxsc.  iijJii^c  (20)  aytwxaxe  7]|id)v  auO'Svx..  (21)  acpvjepcoaanev 

ta  x.op<i<fiOi  «ig  XTQV  |i(>)VY]v  (22)  xoO  otyiou  cptXlunou.  Sicóxt  xyjvèg  xùiv  »]|i(bv  àSsXcpcbv 

òxi^PX^^^^  nvtujMXYjoiiévoc-  xai  napauxlxa  ó  zìi  '{i'^tzo  (23)  jjiovaxòc'  àOepaneÙEXo. 

xoU  oiXXoi   xa6o|ioXoY7]|iivoi  àn9|iixpó9..  (24)  Iva  yivovxai  fiovaxoi*  xal   8ia    xvjv 

aYanifjv  x(OV   T](uxépa)y   aStX^ibv  xal  xixvwv  a^Tjcpcooafisv    duxà  eig  xy)v   |ìovy]v. 

A 
xtu  ndXiv  0  v)YOU|itvoc  i8a>x«v  Y]|ilv  xlvoc  Poi.,  xivo;  dXoyov  (25)*  xai  xo  |xovaax>]piov 

T))iéxtpov  undpxti  xal  oi  aStXcpoi  v)|jiu)v  6nap(xouai)  ixsl*  xoùxu)  8c  xa|JioO  axouoavxo; 

dnoouXa   "(px'^^t  ti^  xov   fjyoui^ivov  (va  tXi>T]    npóg  |Jis.  xal   sXd-ùv    tntpobxTjaa 

cUnóv  xal  «Incv  |ioi  xov  aùxòv  Xóyov.  xof)xu>  8»  xa)jioù  axoòaavxoc  xal  I8(>)v  xo  Slxaiov 


MISCELLANEA 


337 


ÓTi  Sixaióv  eoxtv  £và  éxouv  aùxa  oi  jJtovaxol  (OC  xat  [lapTUpoOv  auxa  ot  xaXol  àv- 
■S-poTiot  Ttóv  axcipcov  xal  SoxepSa  auTcòv  Eva  éxouv  anavxa  xo?»?!.»'  t^c  Xtnvag  xat 
Tou  xctaxpoa*  xal  xou  oTopiavoù  ixP^  xepfiaxa atcòvwv  xall  ( 27) xtg  8  av  èrnoxouo^ 
1^  apxisTtCoxonos  "q  SouXoj  xtjc  èig  (28)  xy]v  apxieniaxo;r(7jv)  xtjc  jieooCvyjg  (29)  cpavYj 

evavxióvxa  xoùc  (lovaxoùg  xoù  àytou  cptXtuTrou  oxì^  xo  avocS-eixa  xcòv  x  t  Yj  àytitìv 
6socpópov  (30)  7taxépo)v  xat  é|j,oO  xoO  àjiapxioXoO  dpxtsTcìoxónou  YouXiéX|Jiou.  xoOxo 
8é  énoiTjo..  (^31)  xaxsvÓTiiov  Tiiaxwv  jiapxupov. 

Ecco  la  versione  letterale  di  questo  documento  qual'ò  realmente  nel 
testo  greco  diverso  dal  simile  in  lingua  latina  che  riporteremo. 

t  Gulielmus  miseratioue  divina  archiepiscopus  Drainas  et  Messinae. 

dio  XVllI  mensis  martii  Indictione  III.  (anno  ). 

Ad  me  venerunt  homines  Acharenses,  cum  apud  eos  essem  ut  regionem 
jneam  visitarem,  et  reclamaverunt  Nicolaus  Briggilos,  et  Nicetas  Callionas  et  The- 
odorus  filius  Nicolai  Condogalati  quod  monachi  sancti  Nicolai  et  Chazanas  vexa- 
bant  nos  ut  foenum  vel  herbas  facerent  apud  Oastrum.  Quod  cum  audissem,  con- 
gregavi omnes  bouos  homiues  loci  mei  Charò  presbyteros  et  laicos,  presbyte- 
rum  Philippum  et  presbyterum  Basilium,  et  Potrum  Viscomen,  et  Leopardum 
Zerotzanzin,  el  Nicolaum  Hacan,  et  Theodorum  Camnac  ...  et  Sergium  Psematzin, 
et  Petrum  Tromarchfum) ,  et  Nicolaum  Rond..  et  Nicolaum  Condogalate  ,  et 
Georgiuiu  Nogarit..  et  Andream  Lizal  et  alios  caeteros  bonos  homines  loci; 
eosque  interrogavi  qua  de  causa  monachi  in  loco  isto  dorainarentur.  Omnes 
vero  rosponderunt: — 0  sanctissime  domine  noster  nos  conseoravimus  campos 
monasterio  S.  Philipp!,  quia  fratium  nostrorum  quidam  correpti  fuerunt  a  ma- 
lignis  spiritibus  ;  et  cum  quis  fieret  monachus  statim  sanatus  erat ,  et  quidem 
alii  parvae  aetatis,  si  futures  se  monachos  promitterent.  Ideoque  ob  amorem 
fratrum  et  filioruni  nostrorum  illos  campos  dedicavimus  monasterio;  et  tunc  e 
eontra  rursus  hegumenus  dedit  nobis  (hospitioU  cuiusdatn  compenaationem)  et 
monasteriura  nostrum  est  et    ibi  manent  fratres  nostri. 

Quae  ego  quidem  cum  audissem  epistolam  misi  hegumeno  ut  ad  me  veniret. 
Is  cum  venisset,  eundom  interrogavi,  et  eadem  mihi  retulit. 

His  omnibus  a  me  auditis,  cum  vidissera  quod  et  quale  ius  asset,  et  quod 
iustum  est  eos  campos  a  monachi s  detineri,  ut  iidem  testati  sunt  boni  homines 
Acharenses,  idipsum  confirmavi,  ut  ipsi  omnes  retinerent  campos  Lininae,  et  Castri 
et  Storiani,  usque  in  perpetuum.  Et  si  quis  autem  episcopus  vel  archiepiscopus 
vel  administer  archiepiscopatus  Messanensis  videatur  adversari  monachos  sancti 
Philipp!,  haboat  anathema  cccxviu  sanctorum  divinorum  Patrum  et  mei  licet 
peccatoris  Guileimi  archiopiacoi  i.  Hoc  autem  feci  coram  fidelibus  testibus. 


338  MISCELLANEA 


(1)  Riferiamo  esattamente  in  questo  documento  la  cattiva  scrizione  della  pergamena 
originale  conservando  anche  gli  errori  degli  accenti  e  spiriti,  ed  avvertendo  le  varietà  dal- 
l'originale e  come  si  leggono  presso  il  Cusa,  il  quale,  secondo  dicemmo  a  suo  discarico,  non 
potò  vedere  gli  originali;  ma  si  dovette  avvalere  di  una  copia  erronea;  ed  egli  valente 
paleografo  vi  si  attenne  forse  molto  scrupolosamente  per  fedeltà.  E  qui  év9cli  sXaiou 
credo  che  debba  emendarsi  in  èvOéq)  èXést,  che  è  la  formola  divina  miseratione. 

(2)  Cosi  sono  scritti  i  nomi  invece  di  Tpatvyjg  e  Msaav^vvjj. 

(3)  D  Cnsa  scrisse  tiT]va. 

(4)  Dopo  il  numero  y'  dell'indizione  evvi  una  rasura  non  avvertita  nell'  edizione  del 
Cusa,  ove  dovea  esser  notato  l'anno,  che  concordando  colla  data  1117  dell'atto  consimile 
latino  seguente  deve  esser  al  mese  di  marzo  un  anno  bizantino  che  pur  corrisponda  all'anno 
volgare  1117,  indizione  III.  Ma  trascorrenlo  le  tavole  delle  date  convien  pensare  che 
questa  combinazione  non  può  aversi  coli'  indizione  bizantina  e  relativi  anni.  Gli  eruditi 
potranno  osservar  e  decidere  su  queste  date.  Crediamo  che  qualche  studioso  veggendo  tali 
difficoltà  abbia  tagliato  il  nodo  gordiano  col  facile  sistema  di  cancellare  i  numeri  dell'anno 
greco;  ma  con  ciò  venne  ad  imbarazzare  di  peggio  la  cosa  togliendo  al  calcolo  una  cifra 
già  segnata.  Forse  qui  l'imperito  scrittore  greco  scrisse  l'auno  latinamente 

(6)  Degli  Àchari  presso  Demenna  si  parla  anche  nel  diploma  di  Ruggero  (aprile  1099 
vedi  presso  il  Cusa),  il  quale  concesse  il  luogo  al  nuovo  arcivescovado  di  Traiaua  e  nella 
vita  dì  Saba  Sicula  che  in  breve  pubblicheremo. 

(6)  Nella  pergamena  ò  scritto  cosi  y)5Lv,  ma  deve  emendarsi  ìSeìv. 

(7)  Il  Cusa  scrive  vtxÓTag  aggiungendo  l'ultima  lettera. 

(8)  Presso  il  Cusa  è  scritto  )^agccvag. 

(9)  Il  Cusa  lesse  tutta  una  parola  sSifjpavójiag,  che  forse  si  potea  interpetrare  nel 
contesto  eSTjpav  vopiac  vaatabant  pascua;  ma  osservando  meglio  non  si  devo  aggiungere 
la  lettera  v,  ma  piuttosto  la  seguente  ò  un  yj  e  così  s8>)pav  Tjiiag,  ossia  vexabani  nos. 

(10)  Qui  la  pergamena  legge  x^P'''*  senza  la  a  precedente. 

(11)  Le  parole  scritto  oCepsi;  xai  si  leggano  oi  Ispeìs  xs,  che  pur  dovrebbero  correg- 
gersi in  Toùg  iepetc  xe,  oppure  (ojlspeig  soltanto. 

(18)  Cosi  nella  membrana  np«pux»  donde  poi  ymne  preute  e  foi  prate  por  Tcpsopuxepov, 
ma  il  Cusa  qui  ed  in  seguito   scrisse  npaóuxs. 

(13)  La  parola  jtxoi'^  scritta  con  accorciamento  nella  membrana,  fu  completata  dal  Cusa 
pw  ^aoiXiov,  e  non  [iaoiXtiov. 

(14)  Fretto  il  Cusa  gtpo|^avTY)v. 

(16)  Il  Cuta  completa  la  parola  in  xaiivdxoc. 

(10)  Coti  puro  egli  completa  xpo|i«pxov. 

(IT)  E  parimmiii  «gli  eomplota  questo  cognomo  povStov. 

(18)  KfM  poM  completa  qui  il  coyuomo  voYapixov. 


MISOBLLANEA  339 


(19)  Nella  membrana  è  émxpaxouv  che  è  regolare;  ma  il  Ciisa  scrisse  éTCìxpaxoùot. 

(20)  Nella  membrana  prima  fu  scritto  E|iTfjg,  di  poi  vi  è  un  emendazione  nella  prima 
lettera  che  sembra  trasformata  in  si  piuttosto  che  in  rj,  mentre  dovea  scriversi  v^fisic 
trasponendo  le  vocali  o  dittonghi. 

(21)  Giustamente  il  Ciisa  completò  la  parola  in  aùO'évxa. 
i2'2)  Il  Cusa  scrive  jioVTjv. 

(23)  Alla  parola  ysvsxo  va  aggiunta  una  prima  lettera  s,  che  si  vede  in  nesso,  ma  che 
sejibra  piuttosto  g  della  precedente;  per  cui  non  si  dee  creder  aver  il  Cusa  male  rilerite 
io  parole  o  xt  sysvsxo. 

(24)  La  parola  deve  leggersi  indubbiamente  aTtoiitxpotì-ev;  e  non  si  comprende  come 
presso  il  Cusa  si  scrivesse  an^iJilxpotì-Tjoav. 

(2ó)  Presso  il  Cusa  furon  trascritte  queste  parole  yjjuv  xtvog  Po'iScov  xivog  aXoyov. 
Ma   per  noi  non  vi  apparisce  un  couccito  soJdislacjute.  Non  sappiamo  in  prima  se   tale 

A  a 

debba  esserne  la  divisione  degli  clementi  ;  so  il  nesso  poi  o  meglio  jioi  debba  cosi  com- 
pletarsi per  jioiiS'.ov  o  por  iioiS:/  o  |iovt8t.v  . .  :  se  la  parola  aXoyov  debba  cosi  leggersi, 
mentre  apparisco  esser  stata  corretta  forse  più  d'  una  volta;  poteudovisi  leggere  aXXov 
e  poi  dalla  stessa  mano  aX  *  ov,  e  forse  qualche  altra  forma.  Sospettammo  che  pel  nesso 
logico  con  quel  che  seguo  et  monaaterium  nostrum  est  et  fratrea  nostri  ibi  manent  pò- 
tesser  questo  parole  alludere  ad  uu  piccolo  monastero  od  ospizio  per  quegli  Àcarensi  votati 
a  vita  monastica  ;  ma  la  questione  può  esser  meglio  definita  dai  dotti  siculi.  Noi  abbia- 
mo accennato  nella  versione  una  semplice  congettura  tra  parentesi.  Non  taceremo  in  questo 
luogo  la  giustissima  osservazione  dell'amico  paleografo  siciliano,  Mr.  Cariai,  che  la  parola 
&X0YOV  (irragionevole)  suole  nei  diplomi  attribuirsi  agli  animali.  Laonde  qui  potrebbe  dar 
peso  alla  lezione  di  ^olSiov  piccolo  bue.  ^a  sempre  è  da  osservare  che  quella  parola  non 
è  integra,  e  che  sofferse  alterazioni;  e  forse  queste  appunto  furon  fatte  da  chi  volendo 
raffermare  il  pol'Siov,  caugiò  la  parola  àXXov  in  SXo'^ow,  come  si  vede  nella  membrana. 

(26)  Senza  alterar  nulla,  la  parola  |iovaaxT]p  si  completa  |iOvtxaxT]piov,  ma  dal  Cusa 
fu  scritto  novaoxTjpiv. 

(27)  Così  si  scrive  t  invece  di  si. 

(28)  11  Cusa  legge  sx  xrjv  apxtSTH.oxoitr^v.  Di  questi  il  secondo  elemento  pare  piut- 
tosto doversi  interpretare  ex  0  meglio  ei  e  tutta  la  parola  eig,  e  cosi  concorderebbe  col 
■eguito. 

(29)  Presso  il  Cusa  si  scrive  |isooi^vr]g. 

(30)  Il  Cusa  legge  6eocpop(ov  correttamente,  ma  non  secondo  la  membrana. 

(31)  Completiamo  questa  parola  sTioiTjaa,  e  non  stioitjS-tj  come  presso  il  Cusa,  spe- 
cialmente a  motivo  dell'elemento  a  che  si  vede  soprapposto. 


340  MISOELLANEA 


Si  legge  nella  stessa  membrana,  come  dicemmo,  l'atto  in  latino  non 
già  qual  traduzione  dal  greco,  ma  come  atto  speciale,  sebbene  concordi 
nella  sostanza  col  greco.  Lo  riferiamo  come  l'altro  mantenendo  possibil- 
mente le  abbreviazioni  e  gli  errori. 

■hJiì^  •    In  nomine  dni  nri  ihu  (a)  xpi.  Ego  Willelmus  ecclee  ti  nensis   et  mes- 

■  sanensis  archiepiscopus  concedi  et  dedi ....  (6)  monachis  sci  philippi 

terras  quas  iste  (e)  privilegi'  dicit  per  testes  bonis  hominibus  {d)  terre  et  sine 

munere  et  ullo  malo  vicio  et  proppter  hoc  quod  ego  vidi  quia  mouachis  (e)  illas 
ante  me  tenebant  dimisi  illas  {f)  in  pace.  Et  ego  {g) . . . .  prò  amore  dei  et 
prò  (A)  anima  comitis  rogerii  et  comitissa  (t)  adelaida  et  prò  anima  illorum  (Q 

homimma  qui  terras  isti  (m)  ecclee  dederut.   Et    quod  ds  (n)  manu  tenuiset  (o) 

rex  rogerius   (j>)  sic  illis   annui    et  feci  (q)  eis  istud   privilegium.    Et  si  quis 

episcopus  aut  archi  episcopus  aut  cloctus  hiinc  nostrum  sigillum  violare  violare  (r) 

voluerit  sub  anatheniatc  di  et  nostra  (s)  sit.  fiat  fiat.  amen.  amen.  Et  hoc  annui 

et  dedi  per  capitulum  t{t)  cecie  trainesis   et  messanensis.  Et  ego    dcdi  terras 

de  limna  et  de  castra  et  de  storiarlo  (u).  huius  rei  testes  sunt  (r)  Magnus  pre- 

cector  Magistro  Guamerìo  (y).  Roberto    Crispino  («).  Rolandus  canonie'.  Gauf- 

fred'    archidiacon'  trainensis.   Quid'    Jordanus    camerariu'.    Sergi'    Bon'    bellus 

camerari'.  Anno  ad  incamacìoe  dni  nri  ibu  xpi  M.  C.  XVIl.  indicioo  ili". 

Nella  parte  inferiore  si  veggono  i  duo  fori  donde  pendeva  il  sigillo 
deirarcivescovo. 

Sopra  questo  testo  del  documento  di  atto  latino  consimile,  ma  molto 
più  compendioso  noteremo  lo  seguenti  cose,  e  specialmente  le  varietà  del 
testo  pubblicatone  dal  Cusa. 


MISCELLANEA  341 


(a)  Il  Cusa  scrive  iesu,  ma  nella  membrana  vi  è  la  abbreviazione  con  la  lettera  h 
così  ihu- 

(h)  Dopo  il  dedi  nella  membrana  sembra  foFse  scritto  qualche  altro  elemento  o  parola 
in  nesso,  che  incontrando  nella  piegatura  della  pergamena  non  potemmo  leggere. 

(e)  La  prima  mano  scrisse  iste,  ed  un  più  recente  correttore  fece  istud. 

(d)  Così  fa  leggere  una  correzione  non  moderna;  ma  di  prima  mano  pare  fosse  scritto 
meglio  homines. 

(e)  Dal  Cusa  fu  scritto  monachi. 

if)  Nella  membrana,  come  pure  presso  il  Cusa,  illan:  ma  sopra  l'ultima  vocale  apparisce 
la  rasura  di  un  diverga  elemento,  ed  inoltre  la  a  finale  sembra  aggiunta  da  non  moderna 
correzione. 

(g)  Il  Cusa  legge  ego  dedi  prò,  nella  mcn  brana  dopo  ego  ewi  una  piccola  rasura,  e 
sotto  vi  pare  scritto  dall'antica  mano  d'i  (dei)  piuttosto  che  dedi.  Quella  parola  vien 
poco  dopo;  e  il  nesso  logico  potrebbe  accomodarsi  togliendo  l'interpunzione  prima  della 
parole  et  ego. 

ih)  Presso  il  Cusa  si  omette  questa  parola  prò. 

(«■)  La  prima  mano  scrisse  così,  una  recente  con  rasura  ed  aggiunta  fece  eomitisaae. 

il)  Di  primp-  mano  fu  scritto  meorum,  e  di  poi  ilìorutn. 

im)  In  isti  apparisce  rasura  sopra  l'ultima  lettera. 

in)  Presso  il  Cusa  si  legge  domivi,  mentre  pare  debbasi  leggere  dictua  unendolo  col 
seguente  rex. 

io)  Di  prima  mano  sembra  scritto  tenuiset,  e  quindi  anticamente  corretto  tenuissef. 

(p)  Il  Cusa  omette  le  parole  rex  rogerìus,  le  quali  da  una  seconda  mano  furono  cam- 
biate in  regis  rogerii. 

(g)  Nel  feci  la  prima  lettera  ha  una  rasura  da  mano  antica. 

(r)  La  parola  violare  è  ripetuta  nella  membrana,  sebbene  nella  prima  volta  si  ve^'ga 
nna  qualche  emendazione  nei  primi  elementi. 

(s)  Presso  il  Cusa  si  legge  nostro. 

{t)  Si  vede  nella  membrana  questo  elemento  t  isolato.  Forse  voleasi  cominciare  a  scri- 
vere la  parola  trainenais,  e  di  poi  si  lasciò  quella  iniziale  senza  eliminarla, 

(m)  Il  Cusa  legge  storiano. 

{v)  Le  parole  huius  rei  testes  suttt  si  veggono  aggiunte  in  fuori  in  due  ordini,  ma 
dalla  stessa  mano  dell'originale. 

(y)  n  Cusa  Magistro  Guamerius,  nella  membrana  una  mano  recente  per  mezzo  di  o- 

beli  e  sigle  scrisse  magiatr  GuamerP. 

z)  La  stessa  mano  volle  si  leggesse  RoherV  Crispin\ 

Con  queste  nostre  trascrizioni,  confronti  ed  annotazioni  crediamo  aver 
in  qualche  modo  soddisfatto,  per  quanto  potemmo,  al  compito  datoci  dall'a- 
micizia, e  al  desiderio  di  presentare  così  un  tenue  contributo  agli  studi  della 
storia  sicula. 

Dalla  Biblioteca  Vaticana,  21  Novembre  1889. 

Gr.  GozzA-Luzi, 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 


Elogio  storico  di  Monsignor  Salvatore  Ventimiglia  vescovo  di 
Catania  con  documenti  inediti  e  note  illustrative  pel  canonico 
Pasquale  Gastorina  ec.  Catania,  tipografia  di  Giacomo  Pastore, 
1888.  —  Un  volume  in  S'\  di  pag.  I-LYI  -1—244. 

A  chi  non  è  affatto  digiuno  della  storia  letteraria  della  nostra 
Isola  non  arriva  certamente  nuovo  il  nome  di  Monsignor  Salvatore 
Ventimiglia,  dotto,  benefico  ed  esemplare  Prelato  che ,  svegliando 
gl'ingegni,  promosse  in  Catania  i  buoni  studi  e  le  utili  discipline. 

Nato  in  Palermo  nel  1721  da  una  delle  più  cospicue,  antiche  e 
ricche  famiglie  del  Regno,  addimostrò  sin  da  giovinetto  mente  per- 
spicace ,  tendenza  amorosa  agli  studi  e  fervente  pietà.  Giovane 
ancora  fu  eletto,  dall'Arcivescovo  di  Palermo  Mons.  Marcello  Pa- 
piniano  Gusani,  Vicario  generale  e  poscia  al  1757,  all'età  di  36  anni, 
promosso  a  Vescovo  di  Catania,  dove  ebbe  l'occasione  di  fare  ap- 
prezzare il  suo  ingegno,  la  sua  dottrina,  la  sua  instancabile  opero- 
sità e  la  sua  inesaurabile  beneficenza. 

GoQscìo  dell'alto  seggio  a  cui  era  stato  elevato  e  della  delicata 
missione  che  gli  si  era  affidata ,  ripieno  1'  animo  di  santo  zelo ,  le 
sue  premure  diresse  anzitutto  a  quel  Seminario  vescovile  ;  ne  in- 
grandì infatti  gli  edifizì,  ne  accrebbe  la  biblioteca,  vi  stabili  un 
metodo  di  studi  più  ordinato  e  più  adatto  a"  tempi,  vi  creò  nuove 
scuole,  affidandone  l' insegna'nento  ad  uomini  di  rinomanza  e  dì 
molto  sapere,  e  vi  fondò  una  tipografia,  fornita  anche  di  caratteri 
greci,  per  la  stampa  delle  opere  necessarie  alla  istruzione  dei  chie- 
rici. Sul  proposito  il  sommo  Scinà  nel  suo  Prospetto  della  storia 
letteraria  di  Sicilia  nel  secolo  XVllI  (voi.  2.  pag.  294)  scrive:  «il 


RASSEGNA   BIBLI06BAFICA  343 


Ventimiglia  richiamò  nel  Seminario  i  buoni  studii,  le  discipline 
ecclesiastiche  a  sodezza  ridusse,  e,  secondochè  alcuni  si  affermano, 
ammirazione  prendea  del  sapere  e  della  eleganz.'i  degli  scrittori  di 
Portoreale  e  pietà  delle  loro  traversie.  E  quindi  più  fortunate  furono 
la  diocesi  di  Catania  e  quella  di  Monreale,  ch'ebbero  in  quel  tempo 
per  dono  singolare  del  cielo  a  vescovi  l'uno  Salvatore  Ventimiglia 
e  l'altro  Francesco  Testa.  Ambidue  di  alto  consiglio,  di  gran  lette- 
ratura, di  penetrevole  intelletto,  ai  posti  più  eminenti  salirono,  e 
particolar  cura  pigliando  della  istruzione  del  clero  a  splendore 
recarono  le  scuole  dei  loro  Seminari».  E  conchiudendo  dice  «in- 
somma egli  è  certo  che  i  due  sommi  uomini  Testa  e  Ventimiglia 
a  grande  utilità  tornarono  della  Sicilia,  dirozzarono  coi  Seminarli 
non  che  le  diocesi  alla  loro  cura  affidate ,  ma  il  resto  dell'  isola , 
perchè  tutti  e  da  ogni  parte  a  quegli  studii  correa  no,  e  propagaron 
cosi  e  ravvivaron  tra  noi  il  gusto  e  le  buone  lettere  ». 

Il  Ventimiglia  educato  alla  più  sana  morale  cristiana ,  la  incul- 
cava agli  altri  con  lo  esempio  e  concedea  la  sua  speciale  protezione 
a  sacerdoti  di  alto  sapere  e  di  specchiata  condotta. 

La  benefica  influenza  del  suo  zelo  spiegato  per  la  istruzione  del 
Seminario,  fu  da  lui  ugualmente  apportata  alla  Università  degli  studi 
di  Catania,  allora  unica  nel  Regno,  e  della  quale ,  come  Vescovo, 
era  Gran  Cancelliere  di  diritto.  Egli  presiedeva  agli  esami  di  laurea 
e  non  permetteva  che  conseguissero  i  gradi  accademici  nelle  pro- 
fessioni scientifiche  coloro  che  n'erano  indegni. 

Monunento  imperituro  della  sua  carità  resta  in  Catania  la  fonda- 
zione dello  Albergo  de'  poveri  dispersi ,  a  cui  durante  vita  fece 
donazione  di  onze  401  annuali,  accresciute  dopo  morte  col  làscito 
di  altre  rendite. 

Donò  la  di  lui  biblioteca,  assieme  a  un  ricco  medagliere,  aìla 
Università  di  Catania ,  con  la  condizione  di  essere  separata  da 
quella  propria  della  Università  medesima. 

Dopo  quattordici  anni  di  una  vita  operosa ,  caritatevole ,  tanto 
utile  agli  studi  ed  alla  religione,  il  Ventimiglia,  per  ragione  che  qui 
non  fa  d'uopo  accennare,  rinunziò  al  vescovato  e  si  ritirò  in  Palermo, 
dove  mori  nell'aprile  del  1797  in  età  di  76  anni. 

Or  di  questo  dotto ,  benefico  ed  esemplare  Prelato  ha  voluto 
tessere  lo  elogio  il  canonico  Pasquale  Castorina  ,  amoroso  cultore 
degli  studi  storici  ed  autore  di  vari  pregiati  lavori  già  dati  alle 


344  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 


stampe  e  convergenti  tutti  ad  illustrare  la  di  lui  città  natale,  Ca- 
tania. Senza  dubbio  non  mancano  scrittori  che  hanno  parlato  del 
vescovo  Ventimiglia,  e  di  lui  scrissero  elogi  accademici  il  decano 
Sardo  e  il  can.  Strano,  di  lui  han  fatto  menzione  gli  storici  di  Ca- 
tania Ferrara,  Gordaro-Glarenza,  Duca  di  Carcaci  ecc.,  di  lui  infine 
han  tenuto  discorso  quanti  si  sono  occupati  del  movimento  letterario 
di  Sicilia  nella  seconda  metà  del  secolo  passato.  Però  il  canonico 
Castorina  non  ha  scritto  il  presente  elogio  con  la  mira  soltanto  di 
fare  un'opera  letteraria,  sibbene  anche  con  uno  scopo  morale,  sic- 
come più  sotto  riferirò. 

Come  opera  letteraria  l'Elogio  di  cui  si  tratta  ha  il  merito  di 
contenere  molti  documenti  inediti,  dal  Castorina  con  ogni  diligenza 
raccolti  rovistando  manoscritti ,  che  servono  a  completare  il  detto 
Elogio  storico  o  ad  illustrare  i  tempi,  in  cui  il  benemerito  Prelato 
governava  la  diocesi  di  Catania,  ovvero  gli  uomini  che  col  loro 
sapere  onoravano  allora  quella  città. 

L'Elogio  in  discorso  è  diviso  in  tre  parti  :  nella  prima  si  discorre 
della  nobiltà,  dello  ingegno  e  della  dottrina  del  Ventimiglia,  la 
seconda  tratta  della  sua  eroica  beneficenza,  e  nella  terza  si  parla 
della  santità  della  sua  vita  e  della  sua  morte.  Siegue  un'appendice 
dove  son  narrati  taluni  aneddoti  che  lo  riguardano.  Fan  seguito  al- 
l'elogio cinque  documenti,  tra  cui  due  inediti,  cioè  l'atto  di  donazione 
della  biblioteca  all'Ateneo  di  Catania  e  la  Historia  sui  temporis  del 
canonico  Vito  Coco.  Gli  altri  tre  editi  sono  :  il  testamento  pubblico 
di  mons.  Salvatore  Ventimiglia ,  la  donazione  di  tutti  i  suoi  beni 
allo  Albergo  de*  Poveri  di  Catania,  e  infine  il  Regolamento  di  am- 
ministrazione e  servizio  interno  dello  Albergo  medesimo. 

Le  note  illustrative  poi  che  sommano  al  N.  di  44,  e  dove  si 
trovano  anche  inseriti  taluni  documenti  inediti,  dimostrano  la  non 
poca  erudizione  del  can.  Castorina ,  il  quale ,  come  più  sopra  ho 
detto ,  ebbe  uno  scopo  elevato  nel  formare  questo  elogio ,  scopo 
ch'è  indicato  nel  manifesto  da  lui  pubblicato  a  1.  agosto  1883  e  che 
è  anche  riportato  in  principio  del  libro. 

Di  tale  manifesto  riporto  taluni  brani  : 

«  Monsignor  Salvatore  Ventimiglia  è  un  nome  celebralissimo  e 
benedetto  nella  storia  di  Sicilia ,  e ,  nella  serie  di  tutt'i  vescovi  di 
Catania,  una  vera  gloria. 

«  Mente  altissima,  cuore  magnanimo ,  prelato  esemplare ,  Egli , 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  345 


con  la  sua  dottrina ,  con  la  sua  beneficenza  e  con  la  santità  de' 
costumi,  fu  accetto  a  Dio  e  agli  uomini. , . ,  Epperò  se  tra  gli  altri 
insigni  vescovi  della  seconda  metà  del  passato  secolo  fu  una  vera 
illustrazione  della  Sicilia,  si  potrà  affermare  poi  senza  fallo  veruno 
che,  nella  vasta  diocesi  di  Catania,  addivenne  il  grande  benefattore, 
il  restauratore  della  disciplina  ecclesiastica,  il  promotore  della  più 
solida  istruzione  del  clero,  il  centro  degli  uomini  di  alto  merito, 
il  padre  de'  poveri  in  Catania:  il  suo  glorioso  nome  non  morrà 
giammai. 

«  Or  nel  prossimo  16  settembre  di  quest'anno  1883  cade  il  primo 
centenario  della  donazione  della  preziosa  e  ricca  biblioteca  fatta  da 
esso  alla  Università,  come  altresì  avrà  luogo  l'altro  primo  cente- 
nario nel  27  febbraio  1888  della  solenne  donazione  all'albergo  de' 
poveri  di  Catania  che  s'intitola  dal  suo  nome,  mi  è  cosa  oltremodo 
grata  rendere  di  pubblica  ragione  VElogio  storico  nel  quale  trovasi 
compendiosamente  raccolto  quel  che  riguarda  la  vita  e  le  gesta  di 
tanto  insigne  Prelato. 

«  Lo  scopo  morale  di  questa  mia  pubblicazione  è  abbastanza 
manifesto  :  richiamare  alla  mente  de'  miei  concittadini  in  occasione 
di  questi  due  primi  centenari  la  sacra  e  benemerita  persona  di 
monsignor  Salvatore  Ventimiglia,  per  averlo  d'esempio  e  beiiedirne 
la  grata  memoria  ;  lo  scopo,  ch'io  direi  materiale ,  è  stato  quello , 
secondo  il  mio  divisamento,  di  dare  l'iniziativa  alla  erezione  di  un 
monumento  in  questa  cattedrale  degno  e  meritevole  di  lui,  di  che 
vergognosamente  manca  tutt'ora;  al  quale  per  dovere  di  gratitudine 
dovrebbero  contribuire  anzi  tutto  il  clero  della  nostra  Archidiocesi, 
il  Municipio  e  lo  Stato.  A  me  basti  averne  promossa  fin  dal  gen- 
naio 1873  l'idea  ed  ora  destinando  gli  utili  di  questo  mio  lavoretto 
storico  per  siffatto  monumento». 

Ignoro  qual  esito  s'abbia  avuto  l'idea  del  canonico  Castorina; 
però  qualunque  ne  sia  stato  o  ne  sarà  l' esito  non  si  potrà  negare 
a  lui  il  merito  di  aver  avuto  una  nobile  idea  e  di  aver  fatto  una 
buona  azione  scrivendo  e  pubblicando  il  suo  erudito  lavoro. 

G.  Lodi. 


Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XV.  23 


346  RASSEGNA    BIBLIOGRAnOA 


La  Topografìa  antica  di  Palermo  dal  secolo  X  al  XV.  Memorie 
di  Vincenzo  Di  Giovanni,  Professore  nella  R.  Università  di 
Palermo,  M.  Corrispondente  dell'Istituto  di  Francia.  Palermo, 
Tip.  e  legat.  del  Boccone  del  Povero,  1889,  1890.  In  4°.  Voi.  I, 
di  pagg.  512,  con  10  tavole.  Voi.  II,  di  pagg.  470,  con  8  piante 
e  carte. 

Era  mio  intendimento  di  esaminar  quest'opera  monumentale, 
con  quella  larghezza  che  meritano  i  molti  nuovi  fatti  e  le  scoperte 
nuove  in  essa  accolti ,  le  correzioni  che  si  apportano  a  errori 
tradizionalmente  ripetuti  per  secoli ,  1'  utile  grande  che  alla  storia 
della  città  capitale  dell'Isola  n'è  venuta.  Ma  la  necessità  di  non 
ritardarne  più  oltre  l'annunzio  in  questo  Periodico,  ed  il  tempo 
che  mi  fa  difetto ,  mi  obbligano  a  dirne  solo  brevi  parole  ;  il  che 
non  sarà  un  gran  male ,  se  queste  brevi  parole  varranno  a  far 
cercare  direttamente  essa  opera,  si  che  il  lettore  possa  conoscerne 
per  esteso  i  pregi. 

Come  dal  titolo  traspare,  il  lavoro  risulta  da  una  seri©  di  memorie, 
che  successivamente  illustrano  particolari  luoghi  e  monumenti  e 
cose  varie  di  Palermo;  il  che,  se  dà  una  forma  slegata  (se  così 
vuoisi)  all'opera  e  obbliga  non  di  raro  a  qualche  ripetizione,  ne 
rende  nondimeno  piti  variata  la  lettura  e  meno  pesante;  perchè, 
volere  o  non  volere,  studj  di  simil  genere,  in  cui  si  debbon  discu- 
tere e  vagliare  opinioni,  date,  fatti  ecc.,  e  far  confutazioni  e  recar 
prove  minute,  apporta  stanchezza  alla  mente.  E  un'altra  ragione, 
poi,  obbliga  quasi  alla  forma  delle  monografie,  cioè  :  che  tali  studj 
s'intraprendono  e  portano  avanti  grado  a  grado ,  e  da  uno  si  ha 
l'occasione  di  passare  all'altro,  e  questo  conduce  a  nuove  ricerche, 
perchè  fa  intravedere  cose  non  sospettate  pria ,  o  perchè  pi-esenta 
ostacoli  che  obbligano  a  tentare  vie  novelle,  che  spesso  dimostrano 
nuovi  orizzonti  ove  è  dato  di  ottenere  risultati  fecondi  e  insperati. 
E  cosi  proprio  è  accaduto  al  Di  Giovanni,  che,  cominciando  a  illu- 
strare alcune  Porte  della  città  storicamente  famose,  è  venuto  suc- 
cessivamente a  darci  un'  illustrazione  estesa  e  pressoché  compiuta 
dalla  topografia  di  Palermo  dal  secolo  X  al  XV,  nulla  trascurando 
di  quanto  d'imi^ortanto  e  di  utile  gli  è  venuto  sottomano. 

Le  monografie  che  compongono  i  due  volumi  sono  le  seguenti  : 


RASSEGNA  BIBLIOOBAFICA  347 


Nel  volume  primo  :  Sopra  alcune  Porte  antiche  di  Palermo;  — 
Sopra  tre  Porte  di  Palermo  nominate  in  diplomi  dei  secoli  XIII 
e  XIV  ;—  La  Halisah  ed  il  Muaschar  dal  secolo  X  al  XV;  — 
Sulla  estensione  del  Porto  antico  di  Palermo  dinanzi  e  dopo  dei 
Normanni ,  e  sulla  Porta  di  m.are  del  1306  ;  —  Le  Mura ,  le 
Piazze  ed  i  Bagni  di  Palermo;  —  Contrade  e  Rughe  antiche, 
Shera  e  Sucac  di  Palermo,  esistenti  nei  secoli  XII,  XIII,  XIV, 
e  XV', — Il  Quartiere  degli  Schiavoni  nel  secolo  X,e  la  Loggia  dei 
Catalani;— U  Aula  Regia  o  la  Sala  Verde  nel  1340,  la  Chiesa 
della  Pinta,  la  Via  Coperta  ed  il  Teatro  nominato  nel  1435  ;  — 
La  Galga  dal  sec.  XI  al  sec.  XVI  ;  —  Divisione  etnografica  della 
popolazione  di  Palermi  nei  secoli  XI,  XII,  XIII. 

Noi  volume  secondo  :  Indicazioni  topografiche  della  città  di 
Palermo  estratte  dalle  pergamene  e  dalle  scritture  de'  secoli  XII, 
XIII,  XIV,  XV  ;  —  Alterazioni  e  mutazioni  d^  nomi  antichi  dal 
secolo  X  al  XIV;— Luoghi,  Strade,  Contrade  della  città  nel  1313;— 
Ordinamento  per  le  bettole  della  città  emesso  nel  1434  ;  —  La 
contrada  di  Porta  Babelaggerin  e  di  Porta  Vetere  nel  1207;  — 
SuW estensione  deWedifizio  della  Porta  e  della  Torre  di  Bustiemi 
distrutte  nel  1587  ;  —  Appunti  e  rettificazioni  riguardanti  la  di- 
struzione e  gli  avanzi  deWedifizio  di  Porta  Busuemi  ;  —  Le  an- 
tiche Cripte  e  la  Catacombe  cristiane  esistenti  dentro  la  città  e 
fuoH  le  mura  ;  —  La  Chiesa  di  S.   Cataldo  e  il  suo  fondatore  ; 

Appendice  :  La  Chiesa  delV  Ammiraglio  o  della  Martorana  ; 

La  Chiesa  di  S.  Maria  la  Pinta  ;  —  //  Monastero  del  SS.  Sal- 
vatore;—La  Cappella  di  S.  Maria  V  Incoronata  ;  — La  Chiesa 
della  Magione,  ed  oggetti  di  arte  in  essa  esistenti  ;  — Il  Mona- 
stero e  la  Chiesa  di  Santo  Spirito;  Appendice:  Sem  Giovanni 
degli  Eremiti  e  Santa  Maria  la  Speranza  ;  —  La  Croce  della 
Misericordia,  indi  detta  la  Croce  de'  Vespri  ;  —  La  Rahaba,  il 
Praetor  e  il  Praetorium  di  Palermo,  e  la  Colonnetta  araba  della 
Chiesa  di  S.  Francesco  ;  —  La  Fonte  della  Ninfa  nelVantica  con- 
trada della  Guidda  ;  —  La  Palude  del  Papireto  e  gli  antichi  corsi 
delle  acque  nella  città;— Le  nuove  fabbriche  del  Real  Palazzo 
di  Palermo  nel  secolo  XVI,  e  la  Manta  delle  Fortificazioni  della 
città  esistenti  nel  1571. 

Come  si  vede,  ricchissima  è  la  materia  illustrata ,  e ,  aggiungo 
subito ,  bene   illustrata.   L'  Autore  ha  sovratutto  attinto  a  fonti  e 


348  RASSEGNA   BIBLIOQRAFIGA 


testimonianze  irrecusabili  :  ai  Registri  notarili,  alle  Pergamene  ed 
ai  Diplomi  di  Archìvj  pubblici  e  privati ,  alle  Cronache  e  testimo- 
nianze di  coevi;  roba  inedita  la  massima  parte,  su  la  quale  egli  ha 
lavorato  con  indefessa  e  sapiente  cura  per  parecchi  anni  ;  ed  in 
tal  modo ,  «r  la  topografia  storica  della  città  ha  fondamento  saldis- 
simo, contro  cui  non  si  può  levare  la  opinione  degli  eruditi;  e  sono 
svaniti  certi  errori  e  certe  congetture  che  si  appoggiarono  o  a  false 
tradizioni  o  a  difetto  di  documenti  ancora  non  esplorati».  Senza 
dubbio,  in  tanto  e  sì  diverso  materiale  adoperato,  si  troverà  (sottil- 
mente frugando)  che  qualcheduno  non  ha  la  necessaria  saldezza, 
che  qualchedun  altro  potea  meglio  esser  collocato  o  lavorato ,  e 
che  taluno  forse  (  ma  assai  raro  )  poteva  ben  lasciarsi  da  banda. 
Ma  che  perciò  ?  Quando  un  architetto  vi  eleva  un  edificio  di  sana 
pianta,  e  solido,  e  ammirando  per  l'insieme  e  per  i  dettagli,  e  ricco 
e  ornato  per  quanto  si  può  desiderare ,  che  maraviglia  se  vi  si 
riscontrano  dei  difettuzzi ,  delle  piccole  stonature  o  ridondanze  in 
un  frontone  o  in  un  fregio  ?  Le  umane  opere  vanno  tutte  così ,  e 
^come  diceva  il  Boccacci)  «  niun  campo  fu  mai  sì  ben  cultivato , 
che  in  esso  o  urtica  o  triboli  o  alcun  pruno  non  si  trovasse  me- 
scolato tra  r  erbe  migliori  ».  Questo  è  certo  però,  che  trascorrendo 
i  due  gi-ossi  volumi  della  Topografìa  antica  di  Palermo,  noi  veg- 
giamo  inaspettatamente  risorgere  innanzi  a'  nostri  attoniti  occhi 
l'antica  città,  viva  e  parlante  co'  suoi  piti  insigni  ediflcj,  con  le  vie, 
co'  bastioni,  le  porte,  le  piazze,  i  quartieri,  il  porto,  i  giardini,  le 
necropoli,  la  popolazione  ne'  suoi  varj  componenti,  ed  insieme  le 
vicende  che  tutto  questo  accompagnano,  dal  secolo  decimo  al  deci- 
moquinto, ora  liete  ora  triste  ;  ma  più  triste  che  liete ,  perocché  il 
tempo  e  le  guerre  e  la  devastatrice  mano  de'  cittadini  più  di  tutto 
hanno  senza  interruzione  distrutto  l'antico,  che  oggi  il  Di  Giovanni 
va  con  gran  fatica  rintracciando,  ricostruendo  sugli  scarsi  vestigi  su- 
perstiti e  additando  perchè  non  se  ne  sperda  del  tutto  la  onorata 
memoria,  ma  si  conservi  anzi. 

Ho  detto  che  il  nostro  Autore  si  ferma  al  secolo  XV;  ed  egli 
non  ha  inteso  di  oltrepassare  quel  limite;  ma  nel  fatto,  per  molte 
parli  del  suo  lavoro  egli  largamente  s'  inoltra  nel  secolo  XVI  ed 
anche  ne'  successivi  ;  di  maniera  che  un  pfimo  e  importante  passo 
ha  egli  fatto,  che  ci  fa  sperare  una  continuazione  fino  ai  di  nostri, 
nei  quali  la  città,  seguitando  l'opera  di  trasformazione  radicale  ini- 
ziata nel  cinquecento,  si  è  completamente  mutata  d'aspetto  e  rinno- 


BASSEONA  BIBLIOaBAFIOA  349 


vata.  E  questa  continuazione  ci  attendiamo  dall'  illustre  Professore, 
e  lo  incitiamo  a  farla,  poich'egli  può  e  sa. 

Corredo  e  coiuplemento  importantissimo  della  Topografìa  antica 
sono  le  Tavole  che  l'accompagnano,  e  che  ci  presentano  le  porte , 
le  mura,  le  cripte  ecc.  ecc.  quali  oggi  si  vedono,  ritracciate  e  messe 
in  luce  dal  Di  Giovanni  in  massima  parte,  mentre  pe'  più  si  riteneano 
perdute  affatto.  Addito,  come  notevole  fra  tutte  e  veramente  utile,  la 
stupenda  tavola  cromo-litografica  che  ci  dà  la  «Carta  topografica  di 
Palermo  dal  secolo  X  al  XV ,  delineata  su  la  pianta  attuale  della 
città  »,  e  per  conseguenza  tale,  che  ci  mette  d'un  tratto  e  contem- 
poraneamente sotto  gli  occhi  l'antico  e  il  moderno,  con  quella  pre- 
cisione che  può  risultare  da  studj  accuratissimi  della  storia  e  della 
topografia. 

Ho  sfiorato  appena,  anzi  non  ho  che  accennato  di  volo  all'opera 
dell'infaticabile  Nostro;  che  ogni  singolo  capitolo  d'essa  meriterebbe 
particolare  studio  e  non  breve.  Ripeto,  quel  che  dissi  in  princi- 
pio ,  che  è  certo  opera  monumentale ,  e  la  città  di  Palermo  deve 
andare  orgogliosa  di  un  lavoro  storico  sì  notevole  che  la  riguarda, 
e  dovrebbe  agevolarne  e  procurarne  in  ogni  modo  la  continuazione 
e  il  completamento.  Il  risorgere  degli  studj  della  storia,  elevata 
ormai  al  grado  di  scienza,  fa  massimo  onore  al  tempo  nostro  ,  ed 
applaudo  di  gran  cuore  a  chi  li  coltiva  con  amore  e  con  frutto  ed 
a  chi  li  promuove  e  incoraggia.  E  se  mi  è  consentito ,  piacemi  di 
terminare  mandando  un  saluto  plaudente  alla  «  felice  »  città  di  Pa- 
lermo, che  la  nostra  Società  per  la  Storia  patria  ha  sempre  gene- 
rosamente sorretta,  ed  alla  «nobile»  città  di  Messina,  che,  quan- 
tunque dedita  sopratutto  a'  commerci ,  pure  ha  recentemente  mo- 
strato di  saper  onorare  e  premiare  dignitosamente  le  opere  del- 
l'ingegno che  mirano  alla  illustrazione  delle  patrie  memorie  (1). 


Salvatore  Salomone-Marino. 


(1)  A.IIudo  alla  deliberazione  (  che  addito  come  esempio  nobilissimo  da 
imitare)  del  Consiglio  Gotnunale  di  Messina,  del  17  aprile  1889,  con  la  quale 
esso  Consiglio  «  delibera  che  gli  Annali  di  Messina  dal  1745  al  1845  , 
scritti  dal  Prof.  Oliva  (Gaetano),  sien  messi  a  stampa  a  spese  della  Ammi- 
nistrazione, e  sia  largita  all'Autore  per  incoraggiamento  in  tre  esercizii  la 
somma  di  L.  15,000.  Egli  sarà  pure  incoraggiato  se  continuerà  gli  Annali 
sino  al  1860  ».  (Vedi  Politica  e  Commercio  di  Messina,  a.  XXXUI,  n.  167, 
20  luglio  1889). 


350  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 


G.  BusoLT,  Diodor' s  veì^hàltnis  zmn  stoicismus.  Neue  jahrbb. 
f.  class,  philol.  GXXXIX  (1889)  296-315. 

«È  un  errore  capitale  delle  nostre  ricerche  sulle  fonti,  dice 
l'a.  in  principio,  ch'esse  vengano  intraprese  senza  sufficiente  cogni- 
zione dello  scrittore  di  cui  si  vogliono  scoprire  le  fonti».  L'a.,  no- 
tando che  Diodoro,  nella  sua  introduzione  1 3,8  ha  avuto  senza  dubbio 
sott' occhi  Polibio  III  32,  è  inclinato  a  credere  ch'egli  abbia  tolta 
l'introduzione,  in  cui  abbondano  tanto  i  concetti  e  le  frasi  della  scuola 
stoica,  da  qualche  altro  scrittore,  —  per  es.  da  Posidonio.  Tuttavia, 
nei  libri  XI-XV  in  cui  sono  stati  sue  fonti  principali  —  fatta  natu- 
ralmente eccezione  di  brevi  tratti  riguardanti  la  storia  di  Roma  — 
Eforo  e  Timeo,  s' incontrano  pensieri  e  detti  appartenenti  alla  filo- 
sofia stoica,  i  quali,  non  potendo  derivare  dalle  sue  fonti,  provengono 
certamente  da  lui.  L' a.  cerca  quanta  parte  abbiano  nell'esposizione 
diodorea  le  stoiche  Tcpóvota,  xò^y],  ueTtpcoiiévif]  e  qual  sia  il  loro  con- 
cetto :  cfr.  XIII  21,  4,  112,  2;  XIV  67,  2;  XV  74;  v.  XVI  11,  1  ecc. 
Alla  dottrina  stoica  Diodoro  accoppiava  non  solo  il  principio  del- 
l' immortalità  dell'  anima  ammesso  dagli  stoici,  eccetto  Panezio,  ma 
anche,  poco  sistematicamente,  la  credenza  in  premi  e  pene  dati  in 
una  vita  posteriore  da  una  divinità  ch'egli  non  indica  che  in  modo 
indeterminato,  col  nome  ^eo^,  6  ■Q-eóg,  xò  ^eTov,  xò  8ai[ióv:ov.  Diodoro 
avea  lette  le  xuptoi  Só^ot  di  Epicuro  :  cfr.  XVX,  1  ;  contro  gU  epicurei 
egli  difende  il  principio  della  immortalità  dell'anima  (cfr.  XXXIV 
2,  47),  ma  accetta  anche  quella  parte  della  dottrina  epicurea  che  si 
può  conciliare  colla  stoica,  come  l' àxapa^fa.  Conformemente  a  que- 
st'ultima dottrina,  che  faceva  permesso,  anzi ,  in  date  circostanze,  ne- 
cessario il  suicidio,  approva  quello  di  Lucrezia,  v.  X  21  (cfr.  XVII 107, 
XIX  34).  L'a.  crede  che  Diodoro-,  nella  compilazione  della  sua 
biblioteca,  abbia  tenuta  presente  una  fonte  stoica,  e  questa  sarebbe 
r  opera  di  Posidonio ,  da  cui  egli  avrebbe  tolto ,  oltre  le  parti  già 
note  del  IV  e  del  V  libro,  anche  il  tratto  su  (Jaronda  e  su  Zaleuco 
Xil  12-22:  e  conchiude  che  Diodoro  «non  era  un  vero  filosofo, 
ma  un  pio  moralista  donimatico«,  e  che  la  sua  storia  universale, 
nonostante  lo  stoicismo  dell'  introduzione ,  non  ò  penetrata  e  con- 
dotta da  un  vero  concetto  filosofico. 

G.   M.  GOLUMBA. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ. 


SEDUTA  DEL  DÌ  13  LUGLIO  1890. 

Presidenza  del  sig.  comm.  prof.  Andrea  Guameri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  con  52  soci  si  riunisce  nella  sua  sede  in  s.  Dome- 
nico. Letto  e  approvato  il  verbale  della  tornata  precedente  sono 
eletti  soci  i  sigg.  Leonardo  Paterna,  avv.  Giuseppe  Robbo,  ing.  Giu- 
seppe Ottone,  Michele  Gutrera,  dott.  prof.  sac.  Gascavilla,  Francesco 
Forno  e  comm.  prof.  Emmanuele  Paterno,  senatore  del  Regno  e 
sindaco  di  Palermo. 

Il  Segretario  generale  comunica  l'elezione  a  soci  dei  sigg.  Mi- 
raglia  e  Portai,  come  pure  parla  di  vari  libri  ricevuti  in  dono  dal 
socio  Dottore  e  dal  Presidente  comm.  Guarneri. 

Si  presenta  il  conto  dell'esercizio  1889  e  vengono  eletti  Censori 
i  soci  cav.  Francesco  Varvaro-Pojero  e  rag.  Scavo. 

Il  Segretario  generale  riferisce  che  l'ing.  prof.  Patricolo,  incari- 
cato per  l'adattamento  del  locale,  ha  fatto  conoscere  che  al  totale 
compimento  del  primo  lato  è  mestieri  aggiungere  alle  precedenti 
somme  votate  dalla  Società  altre  Lire  ottomila  o  poco  più.  La  quale 
cifra,  unita  alla  precedente  che.resta  a  pagarsi,  forma  un  totale  di  de- 
bito in  Lire  sedicimila  e  più  di  netto.  Si  potrà  pagare  la  detta  somma 
in  cinque  esercizj  1890-1894.  La  Società  approva  la  suppletoria, 
dando  la  facoltà  alla  Presidenza  di  convenire-  col  Rutelli  nei  modi 
sopradetti  e  in  forma  definitiva. 


352  ATTI   DELLA   SOCIETÀ 


D  socio  prof.  can.  Vincenzo  Di  Giovanni  dà  alcuni  schiarimenti 
sopra  gli  studi  della  Commissione  municipale  per  la  topografia  di 
Palermo;  parla  della  Porta  di  Mazzara  e  propone  un  voto  da  ma- 
nifestarsi al  Municipio  per  accelerare  i  restauri  opportuni.  La  pro- 
posta è  approvata. 

n  socio  prof.  Giuseppe  Pitrè  legge  la  prima  parte  del  suo  lavoro  : 
sopra  Cola  Pesce. 

Il  Segretario  generale 
P.  Luigi  Di  Maggio 


SEDUTA  DEL  DÌ  10  AGOSTO  1890. 

Presidenza  del  prof,  cormn.  Andrea  GiMrneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

Riunitasi  la  Società  con  l' intervento  di  50  soci  nella  propria 
sede  in  s.  Domenico  e  aperta  la  seduta,  il  Segretario  generale  legge 
il  verbale  della  tornata  precedente,  che  è  approvato.  Comunica  poi 
l'adesione  a  soci  dei  sigg.  Paterno ,  Cascavilla,  Paterna.  Vengono 
eletti  soci  i  sigg.  Vincenzo  Buggeri  e  De  Spucches  Principe  di 
Galati. 

Il  socio  prof.  Golumba  legge  la  seguente  relazione: 
1 1  sottoscritti,  membri  della  commissione  nominata  dal  Consi- 
glio direttivo  della  Società  per  esaminare  i  titoli  in  base  a'  quali 
i  sigg.  dr.  Lodi  e  prof.  Sansone  hanno  proposto  la  nomina  del 
dr.  Georg  Busolt,  professore  all'università  di  Kiel,  a  socio  onorario, 
si  son  riuniti  nel  locale  della  società  il  28  giugno  u.  s.  alle  11  1|4  am. 
«  I  titoli  suddetti,  citati  da'  proponenti  nella  loro  istanza  del  3 
giugno,  sono  : 

«  1.  Bemerkungen  liber  die  Griindungsdata  d.  griech.  Colo- 
nieen  in  Sicilien  u.  JJnter  italien.  Rheinisches  Museum  f.  Philol. 
XXXIX  (1884)  466  sgg. 

«  2.  Zur SchlaclUbei Himera,  Hhein.Mus.  XL  (1885)  156 sgg. 

«  3.  Diodor  s  verhtìltnis  zum  stoicismus.  Neue  Jahrbb.  f. 
class,  philol.  CXXXIX  (1889)  297  sgg. 

•  4.  die  weslgriechùchen  Kolonieen  (nella  griechische  Ge- 
schichte  I  Gollia  18^5  p.  2^  sgg.);  die  Wcstgrieclien  im  Kàmpfe 
mit  den  KarUuigetm  u.  Elrmkern,  (ibd.  IL  Gotlui  1888,  218  sgg.). 


ATTI   DELLA   SOCIBtI  363 


*  La  commissione  si  è  fermata  specialmente  alle  tre  prime  pub- 
blicazioni, che  contengono  importanti  ricerche  originali.  La  prima 
dimostra  che  Tucidide ,  nelle  notizie  eh'  egli  dà  riguardo  alla 
data  di  fondazione  delle  colonie  greche  in  Sicilia  (VI  4  sgg.  )  non 
adopera  che  cifre  approssimative ,  o  cifre  tonde  terminanti  in  — 5 
0  in  decina.  I  risultati  di  questa  ricerca  sono  accettati  da  parecchi  fi- 
lologi di  Germania.  Più  importante  ancora  è  la  seconda,  in  cui  si 
prova  che  la  narrazione  più  vicina  al  vero  della  battaglia  d'Imera, 
è  quella  di  Erodoto  VII  165  sgg.;  molto  apprezzabile  è  pure  l'epi- 
sodio in  Polieno,  strateg.  I  28;  per  contro,  la  narrazione  di  Diodoro 
XI  21,  3-24,  derivante  da  Timeo,  generalmente  seguita,  ci  presenta 
la  tradizione  svisata  da  tendenze  lep:gendarie  e  poetico-retoriche. — 
La  terza  dimostra  in  quanta  parte  Diodoro  abbia ,  nel  corso  del- 
l'opera sua,  manifestati  giudizi  e  dati  apprezzamenti  secondo  i  prin- 
cipii  della  filosofìa  stoica ,  giudizi  ed  apprezzamenti  che  non  si 
possono  fare  risalire  alle  sue  fonti,  ma  derivano  da  lui  medesimo; 
in  parte  forse  dagli  scritti  di  Posidonio. 

«  L'ultima  opera  notata  è  un'  esposizione  della  storia  di  Sicilia 
(insieme  con  quella  degli  altri  Greci  di  occidente)  dal  periodo  più 
antico  sino  allo  stabilimento  di  mercenari  nel  territorio  di  Messana. 
Essa  fa  parte  d'una  storia  generale  de'  Greci  da'  tempi  più  antichi 
alla  battaglia  di  Gheronea.  Manca  ancora  il  terzo  volume,  che  deve 
comprendere,  per  la  Sicilia,  il  periodo  rimanente  sino  a  Timoleone. 
Conforme  al  concetto  con  cui  è  stata  compilata  tutta  l'opera,  nella 
parte  sopra  citata  sono  indicate  scrupolosamente  le  fonti,  e  messi 
a  profitto  tutti  gli  scritti  e  le  ricerche  più  recenti,  sicché,  da  que- 
sta parte,  essa  può  servire  di  complemento  all'opera  dello  Holm. 

«  La  commissione  perciò  dichiara  che  il  dr.  Georg  Busolt,  pro- 
fessore all'università  di  Kiel  (Holstein),  presenta  tutti  i  requisiti 
perchè  sia  eletto  dalla  nostra  Società  socio  onorario.  » 

Palermo,  6  luglio  1890. 

Pio  Carlo  Falletti. 

Can.  B.  Lagumina. 

G.  M.  CoLUMBA,  relatore. 

Compiuta  la  lettura  il  Presidente  invita  i  soci  per  la  votazione. 
Passato  lo  scrutinio  è  eletto  socio  onorario  il  dott.  prof.  Georg 
Busolt. 


354  ATTI  DELLA   SOOIEtI 


H  Socio  prof.  Giuseppe  Pitrè  legge  la  continuazione  del  suo  la- 
voro sulla  leggenda  di  Cola  Pesce. 

Il  Segretario  generale 
P.  Luigi  Di  Maggio 


SEDUTA  DEL  DÌ  14  SETTEMBRE  1890. 

Presidenza  del  prof.  comm.  Andrea  Guarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  con  40  soci  si  riunisce  nella  sua  sede  in  s.  Dome- 
nico. Letto  e  approvato  il  verbale  della  tornata  precedente ,  il  Se- 
gretario generale  partecipa  l'adesione  a  socio  ordinario  del  sig.  Rug- 
geri  e  a  socio  onorario  del  prof.  Busolt.  Legge  in  seguito  una  let- 
tera deirAccademia  Gioenia  di  Catania,  nella  quale  si  partecipa  la 
morte  dell'illustre  prof.  comm.  dott.  Orazio  Silvestri,  e  ricorda  una 
nuova  perdita  della  Società  nella  morte  immatura  del  socio  Paolo 
Leonardi,  il  quale  di  buon'animo  avea  accettato  il  laborioso  inca- 
rico di  Archivario ,  e  dato  avea  principio  allo  assestamento  delle 
carte  sociali,  che  non  potè  portare  a  compimento.  La  società  deli- 
bera un  voto  di  condoglianza  da  esprimersi  all'addolorata  famiglia. 

Sono  eletti  soci  i  sigg.  cav.  B^erdinando  Vargas,  Girolamo  F'i- 
gnon,  Costantino  Beuf,  Andrea  Guli,  Salvatore  Iudic;i,  prof.  Vin- 
cenzo Cervello,  Ernesto  Cianciolo. 

Il  socio  prof.  dott.  Pitrè  legge  la  continuazione  del  suo  studio 
sulla  leggenda  di  Cola  Pesce. 

Il  Segretario  geìierale 
P.  Luigi  Di  Maggio 


SEDUTA  DEL  DÌ  12  OTTOBRE   18!)(ì. 

PresUlenza  del  comm.  prof.  Salinas,  Direttore  della  .V»  Classe. 

La  Società  con  85  soci  si  riunisce  nella  sua  sede  in  s.  Dorae- 
nicd.  Si  legge  e  si  approva  il  verbale  della  tornata  prccodente. 
Il  Segretario  generale  comunica  l'adesione  a  soci   dei  signori 


ATTI   DELLA   SOCIEtI  355 


Principe  di  Galati ,  Corradi ,  Ottone  ;  presenta  alcuni  libri  donati 
dal  socio  avv.  Falcone  e  dal  Presidente  comm.  Guarneri,  e  annunzia 
come  la  commemorazione  in  onore  del  prof.  Amari  non  potrà  aver 
luogo  che  nel  gennaio  prossimo,  non  potendo  mons.  prof.  Carini, 
uno  dei  due  soci  incaricati  a  leggere,  per  ragioni  di  ufficio  recarsi  in 
Palermo  prima  di  quell'epoca.  La  Società  ne  prende  atto. 

Lo  stesso  Segretario  generale  legge  la  seguente  Relazione  intorno 
alle  due  tornate  dell'Istituto  storico  italiano,  spedita  dallo  stesso 
prof.  Carini,  Delegato  della  Società  : 


Ill.mi  Signori, 

«  Avrei  voluto  ragguagliar  prima  la  Società  delle  due  adunanze 
plenarie  deW Istituto  Storico,  3  e  4  Giugno  di  quest'anno,  alle  quali 
ebbi  l'onore  di  prender  parte  per  la  prima  volta,  come  Delegato. 
Però,  siccome  nulla  vi  si  trattò  di  attinente  alla  Sicilia,  ed  essen- 
domi, d'altronde,  trovato  occupatissimo  in  questo  primo  anno  della 
mia  Prefettura  alla  Biblioteca  Vaticana ,  ho  creduto ,  senza  grave 
inconveniente,  poter  ditìerire  sin  oggi  questa  mia  relazione.— Alle 
due  sedute  mancarono  il  Cantù ,  il  Capasso  ed  il  Lampertico ,  ed 
intervennero  con  me  il  Belgrano ,  il  Bertolini  supplente  del  Car- 
ducci, il  Calvi,  il  Carutti ,  il  Linati ,  il  Vischi.  De'  rappresentanti 
del  Governo,  oltre  il  Presidente  del  Consiglio  de'  Ministri,  mancava 
il  Villari;  ma  erano,  in  compenso,  presenti  il  Bonghi  ed  il  Ta- 
barrini. 

«  Avendo  l'illustre  Presidente  deWIstituto  dato  principio  all'  a- 
dunaiiza  del  giorno  3  con  leggere  una  sua  bella  commemorazione 
del  rimpianto  Michele  Amari,  io  mi  credetti  in  dovere,  a  nome 
della  Società  nostra  e  come  suo  delegato ,  di  ringraziare  il  Pre- 
sidente stesso  delle  nobiU  parole  pronunziate,  ed  anche  dell' aifet- 
tuoso  accenno  che  vi  fece  del  nostro  povero  La  Lumia.  Aggiunsi  • 
come  la  Sicilia  si  apprestasse  a  celebrar  degnamente  la  memoria 
dello  storico  del  Vespro  e  de'  Musulmani. 

«  Indi  il  prof.  Ernesto  Monaci  riferì  verbalmente  sui  lavori  già 
compiuti  di\ÌV Istituto,  che  sono  i  cinque  volumi  della  serie  «  Fonti  » 
recentemente  pubblicati ,  e  il  fascicolo  nono  del  Bullettino,  conte- 


356  ATTI  DELLA   SOCIETI 


nente  un  importante  studio  del  Monticelo  intorno  a  Giovanni  Dia- 
cono. Altri  ragguagli  aggiunse  sui  lavori  in  corso  di  stampa,  e  su 
quelli  in  preparazione. 

«  Avendo  in  sèguito  il  Presidente  deplorato ,  che  il  Ministero 
d' Istruzione  Pubblica  avesse  diminuito  d'un  terzo  Y  assegno  del- 
Vlsiituio,  tutti  abbiamo  naturalmente  approvato,  con  voto  unanime, 
che  si  insistesse  presso  il  Ministero  per  la  completa  reintegrazione 
dell'assegno. 

«  L'ab.  prof.  Vischi,  per  la  Deputazione  Modenese,  lesse  poscia 
un  suo  rapporto  sull'edizione  critica,  che  vorrebbe  farsi,  della  cro- 
naca di  Sicardo  ;  più ,  un  altro  del  sig.  Raselli  sull'  utilità  di 
stampare  il  codice  posseduto  dal  Municipio  di  Modena,  e  che  s'in- 
titola Respublica  Mutinensis.  Trattasi  degli  Statati  che  il  Comune 
si  die  nel  1306,  allorché  si  ricostituì  in  libero  governo,  cacciati  gli 
Estensi.  Essendosi  qui  impegnata  la  discussione  sull'opportunità,  o 
meno,  d'iniziare  tutta  una  serie  di  volumi  di  Statuti  Italiani,  feci 
notare  che ,  nel  caso  affermativo ,  non  si  perdesse  di  vista  la  co- 
spicua collezione  di  Statuti ,  stampati  e  manoscritti ,  d'  ogni  parte 
d'Italia  (  de'  quali  taluni  codici  unici  )  che  è  venuto  adunando  da 
vari  anni  il  libraio  Dario  Rossi.  Ma  il  Monaci  osservò  giustamente, 
che  per  adesso  troppo  ardua  impresa  sarebbe  imbarcarsi  nel  gran 
mare  degli  Statuti  Comunali,  e  che  converrà  da  principio  limitarsi 
a  quelli  delle  arti  ossia  ceti. 

«  Si  venne,  dopo  ciò,  a  trattare  della  ristampa  del  Chronicon 
Altinate,  e  del  Diario  di  Roma  di  Anton  Petri.  Venne  approvata 
la  pubblicazione,  proposta  dalla  R.  Deputazione  ]\Iil:iuese,  di  un  im- 
portante epistolario  relativo  alla  spedizione  militare  inviata  in 
Francia  in  ajuto  di  Re  Luigi  XI  (1465  e  66)  dal  Duca  Francesco 
Sforza.  Il  Carutti  interessò  per  la  celebre  Cronaca  della  Novalesa, 
e  ne  venne  consentita  una  riedizione,  con  corredo  di  facsimili  fo- 
tografici. Fu  sanzionato  il  contratto  colla  Gasa  Loescher  per  lo 
spaccio  delle  pubblicazioni  deWIstituto,  ma  si  volle  che  queste  per 
l'avvenire  non  si  accordassero  più  gratuitamente,  bensì  a  solo  ti- 
tolo di  scambio  o  di  recensione. 

«  Si  discorse  di  riordinare  la  Biblioteca  deW  Istituto  ;  e  poi  si 
passò  al  noto  poema  sulla  Conquista  delle  Isole  Balcari  ^  la  cui 
edizione  era  già  stata  proposta  dal  nostro  Amari ,   e  dall'  Istituto 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ  357 


affidata  al  Centofanti  di  Pisa,  per  la  parte  latina,  e,  per  l'arabica, 
all'Amari  stesso.  Il  Nostro,  colla  sua  solita  solerzia  ,  pare  abbia 
quasi  compiuta  la  propria  parte  di  lavoro.  Si  confermò  per  un  altro 
anno  il  dott.  De  Lollis  nell'ufficio  di  Segretario.  Indi,  per  l'ora  tarda, 
vennero  rinviati  i  rimanenti  oggetti  a  discutere,  per  una  successiva 
seduta  nel  giorno  appresso. 

«r  E  v'intervenni  anch'io,  il  giorno  4.  Il  Presidente  si  fece  a  ri- 
cordare come,  nell'ultimo  Congresso  Storico  di  Firenze,  la  Società 
Napoletana  avesse  espresso  qualche  desidèrio  sull'  andamento  del- 
Vlstìtuto  Storico,  nel  senso  di  rendere  più  strette  le  relazioni  fra 
Vlstituto  medesimo  e  le  varie  Società.  Il  Tabarrini  però  soggiunse, 
che  quanto  vi  era  di  attendibile  in  quei  voti  era  stato  già  attuato, 
e  che,  d'altronde,  i  detti  voti,  in  sèguito  alle  sue  spiegazioni  d'al- 
lora, erano  stati  ritirati,  nel  Congresso  medesimo,  da  chi  li  aveva 
espresso.  Qui  s' impegnò  una  discussione ,  a  cui  presero  parte  il 
Monaci,  il  Vischi,  il  Bonghi,  il  Carutti  e  il  vostro  Delegato.  Io  pro- 
posi, che  V  Istituto  si  rivolgesse  con  lettere  circolari  alle  diverse 
Società  e  Deputazioni ,  perchè  ciascuna  compilasse  un  completo 
elenco  delle  fonti  della  propria  storia  regionale ,  come  avea  prati- 
cato il  Capasso  per  la  regione  napoletana,  e  il  Cipolla  per  la  ve- 
neta. Così  r  opera  procederebbe  con  uniformità  ;  ed  attivandosi  i 
rapporti  fra  Società  ed  Istituto,  quest'ultimo,  in  certo  modo,  ver- 
rebbe ad  unificare  il  lavoro  di  tutta  Italia  per  reintegrare  il  pa- 
trimonio della  storia  nazionale.  La  mia  proposta  non  ebbe  però  il 
bene  di  venir  accettata,  essendo  prevalsa,  invece,  l'idea  che  Visti- 
tuta  si  dovesse  occupare  soltanto  di  quelle  intraprese  che  le  So- 
cietà singole  non  potessero  compiere,  ma  del  resto  null'altro  avesse 
a  vedere  con  loro.  Ciò  per  chiuder  l'adito  a  che  poi  si  pretendessero 
sussidi  à2i\V Istituto  medesimo. 

«  Finalmente,  dopo  essersi  chiariti  certi  malintesi  ch'erano  corsi 
fra  la  R.  Deputazione  Bolognese  e  Vlstituto,  si  venne  alla  nomina 
del  quarto  membro  della  Giunta  che  mancava  ;  e  nella  votazione 
ebbero  tre  voti  il  Villari,  uno  il  sottoscritto  e  sei  il  Carutti,  che 
rimase  eletto. 

<r  E  questo  l' esatto  resoconto  delle  due  plenarie  adunanze.  La 
nostra  Società  potrebbe,  nell'intervallo  fra  la  sessione  V*  e  la  pros- 
sima VI',  ponderare  il  modo  come  meglio ,  e  più  utilmente  far  i 


858  ATTI   DELLA   SOCIEtX 


giirare  la  Sicilia  nella  collezione  delle  Fonti  per  la  storia  italiana. 
Mi  occupo  anch'io  a  studiar  l'argomento,  e  mi  riserbo,  a  suo  tempo, 
presentar  qualche  proposta  concreta  alla  Società,  affinchè,  se  questa 
r  approvi,  possa  poi  sommetterla  alla  sanzione  suprema  dell  'Isti- 
tuto Storico. 

«  Roma  8  settembre  1890  ». 

Can.  Isidoro  Carin.i 

Delegato  della  Società  Siciliana 

di  Storia  Patria 

presso  V Istituto  Storico  in  Koma. 

Compita  la  lettura  si  delibera  un  voto  di  ringraziamento  per  il 
detto  prof.  Carini. 

Il  Vice-segretario  La  Via  legge  un  lavoro  del  socio  assente  Pie- 
tro M.  Rocca  sopra  un  antica  chiesa  di  Alcamo  (1). 

Il  Segretario  generale 
P.  Luigi  Di  Maggio 


SEDUTA  DEL  16  NOVEMBRE  1890. 

Presidenza  del  prof.  comm.  Andrea  Guarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

Riunitasi  la  Società  con  l'intervento  di  36  soci  e  aperta  la  se- 
duta, si  legge  il  verbale  della  tornata  precedente,  che  rimane 
approvato. 

Il  Segretario  generale  ricorda  con  rammarico  la  perdita  di  due 
distinti  soci,  del  venerando  prof.  comm.  Niccolò  Cervello  cultore 
indefesso  non  pure  della  scienza  salutare,  ma  eziandio  della  storia 
e  delle  lettere  amene,  e  del  prof.  can.  Giuseppe  Soldano,  il  quale 
da  molti  anni  leggeva  nell'Ateneo  arcivescovile  di  Morreale,  ove  le 
lettere  e  le  scienze,  e  più  d'ogni  altro  la  lingua  del  Lazio,  religio- 
samente coltivansi. 


(1)  QaeiU  lettoni  fa  parta  di  questi  Atti, 


ATTI    DELLA    SOCIEtX  85^ 


Si  presentano  vari  libri  ricevuti  in  dono  dai  soci  Siciliano  Na- 
poleone, Portai,  diil  Presidente  Guarneri  e  dal  Pi-esidente  onorario 
S.  E,  Grispi.  La  Società  delibera  uu  voto  di  ringraziamento  per  i 
donatori. 

Si  delibera  pure  di  incaricare  lo  stesso  Presidente  onorario 
S.  E.  Grispi  per  offrire  tre  esemplari  delle  Onoranze  rese  al  Tor- 
rearsa,  uno  a  S.  M.  il  Re,  uno  a  S.  M.  la  Regina  e  il  terzo  a  S.  A.  R. 
il  Principe  di  Napoli. 

Si  fa  il  sorteggio  per  due  Gonsiglieri  che  dovranno  lasciare  il 
posto,  e  risultano  uscenti  i  signori  ing.  prof.  Patricolo  e  prof.  V.  E. 
Orlando. 

Il  socio  prof.  G  M.  Golumba  legge  un  suo  studio:  Sulla  Con- 
figurazione e  la  situazione  della  Sicilia  secondo  gli  antichi. 

Il  Segretario  generale 
P.  Luigi  di  Magglo. 


SEDUTA  DEL  IO  DICEMBRE  1890 

Presidenza  del  comm.  prof.  Andrea  Guarnei'i, 

Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  con  38  soci  si  riunisce  nella  propria  sede  in  S.  Do- 
menico. 

Si  legge  e  si  approva  il  verbale  della  tornata  precedente.  Il  Se- 
gretario generale  partecipa  l' adesione  a  soci  dei  signori  Alagna 
e  Finazzi ,  come  pure  laumento  del  sussidio  per  azioni  da  parte 
del  Municipio  di  Palermo  da  L.  200  a  L.  500.  Il  Presidente  fa  os- 
servare che  questo  atto  del  Consiglio  municipale  spontaneo  ed  u- 
nanime  deve  rallegrare  i  soci,  non  tanto  per  la  parte  materiale 
quanto  por  la  parte  morale ,  essendo  ciò  una  prova  della  stima 
che  la  Società  gode  in  paese.  Propone  per  tanto  un  voto  di  rin- 
graziamento, che  è  approvato. 

Lo  stesso  Segretario  generale  ricorda  la  prossima  Esposizione 
nazionale  di  Palermo ,  dice  che  il  Consiglio  direttivo,  amando  che 
la  Società  vi  prenda  parte ,  deliberò  di  esporre,  stampe ,  giornali , 
documenti,  oggetti  e  tutto  che  possa  riguardare  la  parte  storica  del 


360  ATTI  DELLA   SOCIETÌ 


secolo  presente  ed  in  ispecie  l'epoche  1812,  1820,  1831, 1848, 1860. 
A  tal' uopo,  aggiunge,  si  sono  intavolate  le  pratiche  con  il  Gomi- 
tato esecutivo  della  Esposizione ,  e  quanto  prima  verrà  diramata 
una  circolare  a  stampa  diretta  ai  soci  non  solo,  ma  eziandio  a 
tutti  gli  amatori  delle  patrie  cose;  invitandoli  a  spedire  alla  Società 
quel  tanto  che  ciascuno  possiede  in  conformità  al  concetto  sopra 
indicato. 

Sono  nominati  soci  i  signori  Santi  Li  Volsi,  cav.  Ettore  Di 
Maria,  prof.  cav.  Damiano  Macaluso,  Rettore  della  Università  di 
Palermo,  aw.  Carlo  Monastra,  avv.  Giulio  Emmanuele  Rizzo, 
benef.  Ignazio  Trapani  e  Michele  Gortegiani. 

Si  legge  il  Bilancio  del  1891,  che  é  del  tenore  seguente: 

PARTE  PRIMA 


ATTIVITÀ 

TITOLO  PRIMO 

CAPITOLO  L 

CONTRIBUZIONI  SOCIALI 
SOCI 

Art.    1.  Per  N.  920  azioni  annuali   alla  ragione  dì  L.  5,  per  ogni 
azione L.    4600    » 

MINISTERI 

Art.    2.  Minist.  della  P.  L  per  N.  400  azioni  L.  2000    * 
Id.     di    Agricoltura , 
Industria  e  Comm.    »     5     »       »      25    * 


N.405     »      L.  2025    *  L.    2025    » 


Da  riportarsi  L.    G625    » 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


361 


Riporto  L.    6625    » 


PROVINCIE 

Art.    3.  Prov.  di  Palermo  per  N.   40  azioni  L.  200  * 

»         Catania  .    .    »   20     »  »  100  » 

»          Galtanissetta  j»    10     »  »  50  » 

»          Girgenti.    .    »     4     »  »  20  * 

»         Trapani .    .    »     2     »  »  10  » 


N.   76     *      L.    380    *  L.      380    * 


MUNIGIPII 

Art.    4.  Municipio  di  Palermo 

per  N.  100  azioni  L.    500    * 
»  Corleone  »     6     »        »      30    » 

*  Aragona   »     4     *        *      20    * 

»  Gastrogio- 


vanni  . 

j» 

4 

» 

» 

20 

» 

» 

Marineo 

» 

4 

» 

» 

20 

» 

» 

Marsala 

» 

4 

» 

» 

20 

a 

» 

Monte  San 

» 

Giuliane 

)  » 

4 

» 

» 

20 

» 

» 

Noto.    . 

» 

4 

i) 

» 

20 

» 

« 

Siracusa 

» 

4 

j» 

M 

20 

» 

» 

Termini 

I- 

raerese 

» 

4 

» 

» 

20 

» 

i> 

Girgenti 

» 

4 

> 

» 

20 

» 

J» 

Parco    . 

» 

4 

» 

» 

20 

» 

J» 

Nicosia . 

» 

4 

» 

» 

20 

» 

J» 

Partinico 

» 

4 

» 

J» 

20 

i> 

J» 

Sciacca 

» 

4 

» 

» 

20 

» 

» 

Alcamo. 

» 

2 

» 

J» 

10 

» 

» 

Acireale 

» 

2 

» 

» 

10 

» 

» 

Isnello  . 

» 

1 

» 

» 

5 

» 

» 

Licata  . 

» 

1 

» 

» 

5 

» 

» 

Salaparut 

;a*     1 

N.  165 

» 

» 

» 

L. 

Da  ri 

5 

» 

825 

»  L. 

825     » 

portarsi  L. 

7830    « 

".  Sic. 

N.  S.  anno 

XV. 

24 

•362  ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Riporto  L.    7830    » 

BIBLIOTECHE  ED   ALTRI  ENTI 


Art.  5.  Bibl.  Fardelliaiia  di  Trapani  per  N.  4  az.  L.  20 

»    Comunale    »  Vicenza     .    »  4  »  »  20 

»    Nazionale    »  Napoli .    .    »  4  »  »  20 

»    di  Brera      »  Milano.    .    »  4  »  »  20 

»    Universit.    »  Messina    .     »  4  »  »  20 

j»     Comunale    »  Verona.    .    »  2  »  »  10 
Commissariato  dei  Musei  e  Scavi 

per  la  Sicilia »  4  »  »  20 


N.  26  »  L.  130    »  L.      130    » 

CAPITOLO  II. 

Associazioni  al  Periodico  ed  ai  Documenti. 

Art.  6.  Minist.  dell'Interno  per  2  cop.  Per.  e Doc.L.  50  50 
*  degli  Aff.  Est.  »  1  »  »  »  »  25  25 
»  della  Guerra  »  l  »  »  » 
j»      di  Grazia,  Giusi 

e  dei  Culti     »  1    »      » 
Camera  dei  Deputati  »  1    »      »        » 
Bibl.  del  Presidio  Mili- 
tare di  Palermo  »  1    »      »        » 
»    Palatina  di  Par- 
ma   »  1    )>      »        » 

»    Labronica  di  Li- 
vorno .    .    .    »  1    »  Periodico 
»    Classenze  di  Ra- 
venna ...»  1    »      » 
•    Comunale  di  Cal- 

tanissetta .    .    »  1    »      » 
»    Comtinalo  di  Ca- 
stel vetrano   .    »  1    »      » 
»    di  Stnisburgo.    »  l    »      » 

Da  riportarsi  L.  248  75  L.    7960    * 


» 

25  25 

» 

12  » 

» 

25  25 

» 

25  25 

» 

25  25 

» 

12  » 

» 

12  » 

» 

12  » 

I) 

12  » 

» 

12  » 

ATTI   DELLA    SOCIEtI  363 

Riporto  L.  248  75  L.    7960    » 
Arch,  di  Stato  di  Pa- 
lermo   .    .    «  1  cop.Per.eDoc.  »    25  25 
»      di  Stato  di  Ve- 
nezia.   .    .    »  1    »    Periodico   »     12    » 
»      di  Stato  di  Fi- 
renze ....  1    »      »  j»     12    * 
»      di  Stato  di  Na- 
poli ...»  1    »      »               »    12    » 
Gabinetto  di  Lettura  di 
Messina  ....»1»      »               »12» 


L.  322    »  L.      322    » 


CAPITOLO  m. 
Introiti  eventuali. 

Art.  7.  Vendite  eventuali  del  Periodico  V  Archivio  Sto- 
rico Siciliano  e  dei  Documenti ..,..»      400 

Art.  8.  Interessi  sulle  somme  di  conto  della  Società  de- 
positate nella  Gassa  di  Risparmio   .    .    ,    .    »        50 


Totale  Rendita  Ordinaria  L.    8732    » 


TITOLO  SECONDO 

Art.    9.  Esistenza  in  Gassa  al  31  Dicembre  1890  .  .     »    2644  31 

Art.  10.  Resta  ad  esigere  al  31  Dicembre  1890  per  con- 
tribuzioni ordinarie  : 

Dai  Soci  residenti  in  Palermo  .    .  L.      »  » 

j»        »  »         fuori  Palermo.    »  12b  » 

Dalle  Provincie »    10  » 


Da  riportarsi  L.  135    »  L.    2644  31 


364  ATTI  della|80ciet1 

Riporto  L.  135  »  L.    2644  31 

Dai  Miinicipii    ,...,..,»  315  » 

Dalle  Biblioteche  ed  altri  enti  azionisti  »  40  » 

Dagli  Enti  associati »  48  » 

Da  diversi  per  vendite  event.  di  libri   »  »  » 

L.  538    »  L.      538    » 

Art.  11.  Resta  ad  esigere  al  31  Dicembre  1890  per  con- 
tribuzioni estraordinarie  : 

Dai  Soci L.  100    » 

Dagli  Enti  morali.    .,..,.»    55    » 

L.  155    »  L.      155    » 

Art.  12.  Valore  della  Carta  esistente  in  Magazzino  al  31 

Dicembre  1890    .    .    .    . »    2800    » 

Art.  13.  Valore  d<^i  libri  esistenti  in  Magazzino  al  31  Di- 
cembre 1890  in  Volumi  del  Periodico  V  Archi- 
vio Storico  Siciliano,  Docwnenii,  Fascicoli  di 
estratti  e  copie  del  Volume  del  Vespro  Sici- 
liano ....,....,    »  25000    » 

Art.  14.  Sussidii  estraordinai-ii »    2000    » 

Tolale  Rendita  Straordinaria  L.  33137  31 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


365 


PARTE  SECONDA 


PASSIVITÀ 


TITOLO  PRIMO 


CAPITOLO  IV. 

Gabella  e  Curazia  d'acqua. 

Art.  15.  Giibeila  e  curazia  di  penna  una  acqua  che   de- 

lluisce  nei  locali  della  Società *        85    * 

CAPITOLO  V. 

Spese  d'amministrazione. 

Art.  16.  Ragioniere , L.      100    » 

Art.  17.  Assistente  alla  Segreteria »      100    » 

Art.  18.  Barandiere  della  Società  ....,...»      100    * 
Art.  19.  Esattore-Indennità  d'  esazione  al  6  p.  \  dovuta 
sulle   contribuzioni  sociali  che  si  riscuotono  in 

Palermo »      211  50 

Art.  20.  Distributore-Indennità  fissa  per  la  distribuzione 
del  Periodico  Y Archivio  Storico  Siciliano  agli 
Associati  in  Palermo  e  per  la  spedizione    .    »        48    * 
Art.  21.  Fondo  per  generi  di  scritlojo ,  stampe ,  registri, 

circolari  ed  altro »      250    » 

Art.  22.  Fondo  per  ligatura  e  acquisto   di   libri  per  uso 

della  biblioteca  della  Società  .,....»      200    » 
Art.  23.  Fondo  per  le  spe^e  di  corrispondenza   e   spedi- 
zione del  Periodico  V  Archivio  Storico  Sicilia- 
no, Documenti  ed  altro »      400    » 


Da  riportarsi  L.    1494  50 


366  ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


Riporto  L.    1494  50 
CAPITOLO  VI. 

Fabbrica  e  ìnanutenzione. 

Art.  24.  Pondo  per  le  spese  di  compimento  ed  abbelli- 
mento dei  locali  della  Società,  entro  l'ex  Con- 
vanto dei  RR.  PP.  Domenicani,  ceduto  dal  Mi- 
nistero della  Pubblica  Istruzione »  2000    » 

CAPITOLO  VII. 

Monumenti  e  Pubblicazioni. 

Art  25.  Fondo  per  le  spese  d'incisioni  «d  altro  spettanti 

a  lavori  di  monumenti  artistici »      500    » 

Art.  26.  Fondo  per  la  provvista  di  carta  e  per  la  pub- 
blicazione del  Periodico  V  Archivio  Storico  Sici- 
tixino,  dei  Documenti  ed  altro »    4000    » 

CAPITOLO  Vili. 

Imprevedute. 

Art  27.  Fondo  per  tutte  le  spese  casuali,  imprevedute  ed 

altro,  nell'interesse  della  Società »      737  50 


Totale  Spesa  Ordinaria  L.    8732    » 


TITOLO  SECONDO 
SFES-A.  ESTi^A.OKi5insr^^ieiA. 

Art.  28.  Fondo  in  occasione  dell'Esposizione  Nazionale 

per  l'anno  1891 »     1000    » 

Art,  29.  Fondo  per  restauri  ed  abbellimenti  dei  locali 
delia  Società  entro  l'ex  Convento  dei  RH.  PP. 
Domenicani »    1500    * 


Da  riportarsi  L.    2500    » 


ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


S67 


Riporto  L.    2500    * 

Art.  30.  Fondo  per  far  fronte  alle  pubblicazioni  della  So- 

eietà  ed  altro ,    »    1337  31 

Art.  31.  Fondo  per  la  mobilia  e  gli  arredi  dei  locali  dePa  . 

Bociétrà   .    , *     1500    * 

Art.  32»  Fondo  in  corrispondenza  all'ammontare  dei  libri 
della  Società  esistenti  in  Magazzino  al  31  Di- 
cembre 1890   . j»  25000    '> 

Art.  33.  Fondo   in   corrispondenza  all'  ammontare   della  . 
carta    esistente    in   Magazzino    al    31    Dicem- 
bre 1890.    .,......,....»    2800    » 


Totale  Spesa  Eistraordinaria  L.  33137  31 

BILANCIO 

Rendita  ordinaria L.    8732    » 

Spesa  ordinaria »    8732    * 


Pareggio 


Rendita  straordinaria L.  33137  31 

Spesa  straordinaria.    , »  33137  31 


Pareggio 

Il  Ragioniere 
Sanfilippo. 

Compiuta  la  lettura  il  Presidente  apre  la  discussione  generale 
e  particolare  sul  detto  Bilancio,  il  quale  è  approvato  unanimamente 
senza  alcuna  modilìcazione. 

Prima  di  passarsi  all'elezione  dei  due  nuovi  Consiglieri,  il  Segre- 
tario generale  fa  osservare;  che  l'anno  scorso  si  ritenne  per  tutte 
le  cariche  la  parola  maggioranza  dello  Statuto,  come  maggioranza 
assoluta  e  non  già  relativa;  però  per  gli  ultimi  due  Consiglieri,  i 


S68  ATTI    DELLA    SOCIETÀ 


quali  non  ottennero  la  maggioranza  assoluta,  si  volle  dai  soci  pre- 
senti., benché  19  si  fossero  astenuti,  dare  l'interpetrazione  di  re- 
lativa^ e  vennero  i  due  proclamati.  A  me  pare,  egli  dice,  che  questa 
interpetnizione,  trattandosi  di  cariche,  non  sia  esatta,  prega  quindi 
la  Presidenza  a  sentire  nuovamente  ;che  ne  intendano  i  soci.  Il 
socio  Tosi  insieme  ad  altri  concorda  icol  Segretario  generale  e 
sostiene  che  in  tntte  le  leggi  e  in  tutti  i  regolamenti,  ove  la  parola 
maggioranza  non  va  unita  airagyiunto  relativa  debba  sempre  inten 
dersi  per  maggioranza  assoluta.  La  Società  unanimemente  delibera 
che  la  parola  maggiaranza  dell'articolo  19  dello  Statuto  dovrà 
intendersi  per  assoluta. 

Esaurito  l'incidente  si  passa  all'elezione  dei  due  Consiglieri  in 
rimpiazzo  degli  uscenti  prof.  Patricolo  e  prof.  Orlando.  Vengono 
eletti  11  prof.  comm.  Luigi  Sampolo  e  il  prof.  Giuseppe  Cosentino. 

11  sedo  prof.  comm.  Salinas,  il  quale  do vea  parlare  ^wW'à  Chie- 
sa di  X  il//  Maddalena  nel  quartiere  di  S.  Giacomo  in  Palermo, 
dichiara  che,  per  alcmie  difficoltà  amministrative  surte  in  ({uesti 
ultimi  giorni,  non  ha  potuto  completare  le  sue  notizie,  onde  è  co- 
stretto a  rimandai'e  ad  altra  tornata  la  sua  lettura.  Però  presenta 
una  grande  fotografia,  dalla  quale  rilevasi  lo  stato  di  quella  Chie- 
sa, quando  ebbero  principio  i  lavori  di  scrostamento  fatti  per  cura 
del  R.  Commissariato  di  antichità  e  belle  arti  in  Sicilia,  e  vedesi  la 
scoverta  fatta  delle  colonne  di  marmo  e  dei  capitelli  intagliati,  perchè 
erano  sepolti  in  grossi  pilastri  d'intonaco. 

Lo  slesso  prof.  Salinas  presenta  in  seguito  talune  grandi  foto- 
grafìe da  lui  eseguite  di  vari  monumenti,  i  quali  esistono  nella 
città  di  Nicosia;  come  la  Tribuna  di  Antonello  Gagini,  il  Campa- 
nile della  Chiesa  madre,  la  Sedia  intagliata,  lavoro  dei  primi  anni 
del  secolo  XVI,  nella  quale  sedette  l'imperatore  Carlo  V.  In  pro- 
posito della  Tribuna  nota  ,un  fatto,  che  torna  a  poco  onore  del 
Gagini,  il  quale  volendo  assumere  l'esecuzione  di  grandi  opere  e 
molteplici,  fa  mescolare  ai  lavori  suoi  pregevolissimi  quelli  di  sco- 
lari iii.'sti.'rti  o  itidogni  di  stare  in  compagnia  dell'insigne  maestro. 

//  Segretario  generale 
P.  Luigi  di  Maggio 


INDICE 

DELLE  MATERIE  CONTENUTE  IN  QUESTO  VOLUME 


Elenco  degli  ufficiali  e  soci  della  Società  per  l'anao    1890        .        .  Pag.     Ili 

MEMORIE  ORIGINALI 

G.  B.  Siracusa  —  La  Brevis  historìa  liberationis  Messanae,  secondo  un  ma- 
noscritto del  secolo  XYI  del  Barone  Arenaprìmo  di  Messina        .  Pag.      1 

Luigi  Boglino  —  L'ambasceria  di  Enrico  Chiaramonte  e  di  Fra  Paolo  dei 
Lapi  al  Re  Martino  ed  alla  Regina  Maria  per  la  sorainessione  alla  regia 
ubbidienza  delle  città  di  Palermo  e  Monreale       .        .        .         .         ,   169 

D.K  Liborio  Giuffkì;  —  L'epidemia  d'influenza  del  1557  in  Palermo  e  le 
proposte  per  il  risanamento  della  città  fatte  nel  1558  da  G.  F.  Ingrassia  ,   179 

Can.  G.  Millunzi  —  Il  mosaicista  mastro  Pietro  Oddo  ossia  restauri  e 
restauratori  del  Duomo  di  Monreale  nel  secolo  XVI     ....  195 

MISCELLANEA 

Giuseppe  Cozza-Luzi — Delle  epigrafi  greche  di  Giorgio  Ammiraglio,  della 

madre  e  della  consorte >     22 

Idem  —  Del  testamento  dell'abate  fondatore  di  Demena  .  .  .  »  35 
P.  M.  Rocca  —Fonditori  di  campane  in  Alcamo  .  .  .  .  „  40 
Sao.  B.  Laoumin a  —  Nota  sulla  iscrizione  quadrilingue  esistente  nel  Museo* 

Nazionale  di  Palermo ,  108 

MoNs.  Isidoro  Carini  —  Aneddoti  Siciliani — III  Serie  .  .  .  ,111 
Can.  Pasqualr  Castoeina — Una  lettera  di  Lodovico  Antonio  Muratori     ,  140 

G.  M.  Columba — Caverne  preistoriche ,  145 

Corrado  Avolio  —  Del   valore   fonetico    del    digramma    CH  nel    vecchio 

siciliano ,  252 

6.  B.  Siracusa  —Le  imprese  Angioine  in  Sicilia  negli  anni  1338-1341  „  283 
G.  CozzA-LuXi-  Per  la  Martorana,  doeoraento  greco  dell'anno  1146  ,  322 
jpBJi  _  \)\  un  singolare  giudizio  di  una  pergamena  greca  e  latina  del  1117  ,  833 


370  INDICB 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

S. — Nicola  Parisio  —  Due  documenti  inediti  della  Certosa  di  S.  Stefano  del 

Bosco  ora  per  la  prima  volta  illustrati  e  pubblicati     .         .        .  Pag.  147 

G.  Lodi  —  Elogio  Storico  di  Monsignor  Salvatore  Ventimiglia  vescovo  di 
Catania  con  documenti  inediti  e  note  illustrative  pel  canonico  Pasquale 
Castorina  ecc.         ...........  342 

Salvatore  Salomokb-Mabino — La  Topografia  antica  di  Palermo  dal  secolo  X 
al  XV,  Memorie  di    Vincenzo  Di  Giovanni  dell'Istituto  di  Francia.       „  346 

G.  M.  CoLUMBA  —  G.  Buaolt  —  Diodor's  verhàltuis  zuni  stoicismus  ,         ,  350 

Atti  della  Società ,  153-342 

Alfonso  Sansone  —  Appendice ,  I-CXCII 

N.  B.  (^xxQ&i' Appendice  fa  parte  del  lavoro  "  La  Sicilia  nel  (rentasette  ,  pub- 
blicato nei  fase.  HI  e  IV,  anno  XIV  di  questo  periodico  a  pag.  362  e  ss. 


APPENDICE 


■»»■<■ 


N.B.  (^u&BÌ' Appendice  fa  parto  del  lavoro  *  La  Sicilia  nel  trentasette ,  pub- 
blicato nei  Fase.  Ili  e  IV,  anno  XIV,  di  questo  periodico,  a  pag.  362  e  ss. 


DOCUMENTO  N.  I. 


Sentenza  della  Commissione  Militare  della  Valle  di  Palermo 


Ferdinando  I  per  la  grazia  di  Dio  Be  del  Regno  delle  due  Sicilie ,  di 
Gerusalemme  ec,  Infante  di  Spagna,  Duca  di  Parma,  Fiacenza,  Ca- 
stro ec.  ec,  Gran  Principe  Ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 


La  Commissione  Militare  nominata  sotto  il  13  Luglio  dell'  anno  1823 ,  dal 
Sig.  Colonnello  Duca  di  Vatticani,  per  la  Vallo  di  Palermo,  ed  incaricata  per 
ordine  di  S.  M.  (D.  G.)  del  10  Settembre  anno  stesso  a  procedere  nella  Causa 
del  Barone  di  Àvanella  e  Compagni 

Composta  dei  Signori  : 

Presidente  —  Cavaliere  D.  Eramanuele  Ribas  Colonnello  del  Reggimento  Re 
Artiglieria. 

Giudici  —  Cavaliere  D.  Pietro  Pellegrino  Capitano  del  Reggimento  anzidetto 
— D.  Bernardo  Conti  Capitano  del  Battaglione  do  Reali  Veterani — D.  Giuseppe 
Pistorio  Tenente  dello  stesso  Battaglione  —  D.  Gaetano  Do  Vicesvinci  Tenente 
del  2°  Battaglione  Granatieri  della  Guardia  —  D.  Carlo  Amich  Sotto  Tenente 
del  Reggimento  Fanteria  Principessa  —  Cavaliere  D.  Federico  D'  Aubert  Sotto 
Tenente  del  Battaglione  de'  Volontarj  Valle  Palermo. 

Relatore  da  pubblico  ministero  —  D.  Giovanni  Andrea  Maurigi  Capitano  del 
Reggimento  Re  Artiglieria. 

Coir  Intervento  del  Sig.  Dottor  D.  Domenico  Corvaja  Giudice  della  Gran  Corte 
Civile  di  Palermo  qual  Uomo  di  Legge 

Assistita  da  D.  Domenico  Raspa  Ajutante  al  seguito  dei  Reali  Veterani  qual 
Cancelliere.  Riunita  nella  sala  di  udienza  della  Corto  Suprema  di  Giustizia,  per 
giudicare  la  causa  a  carico  dei  nominati  : 

Girolamo  Dottor  Torrogrossa  figlio  di  Francesco  di  anni  ventitre  nato  in 
Palermo  di  condizione  Chirurgo,  domiciliato  nel  Vicolo  del  Beccamorto  N.  91. 


iv  APPENDICE 


Francesco  Mento  figlio  del  fu  Antonio  di  anni  ventisei,  nato  in  Palermo,  di 
condizione  adomista,  domiciliato  nel  vicolo  degli  Angioli  N.  5. 

Giuseppe  Sessa  figlio  di  Giacinto,  nato  in  Catania,  di  anni  ventinove,  di  con- 
dizione sarto,  domiciliato  in  Palermo  nella  Via  della  Terra  delle  Mosche. 

Francesco  Amato  figlio  di  Giuseppe  d'anni  trentuno  nato  in  Palermo,  di  con- 
dizione sarto,  domiciliato  Via  S.  Filippo  d'Argirò  all'Albergaria. 

Vincenzo  Errante  Baronello  d'Avanella  figlio  di  D.  Filippo,  d'anni  trentuno, 
del  Comune  di  Polizzi,  di  condiziono  Possidente ,  domiciliato  in  Palermo  nello 
stradone  che  dal  Piano  di  S.  Teresa  conduce  ai  Porrazzi. 

Giuseppe  Testa  figlio  del  fu  Rosario  di  anni  ventuno  di  Palermo,  di  condi- 
zione sarto,  domiciliato  nel  piano  delle  Vergini. 

Domenico  Balsamo  figlio  di  Gaetano,  d'anni  venticinque,  nato  in  Palermo, 
di  condizione  sarto,  domiciliato  nel  vicolo  di  Santa  Chiara. 

Vincenzo  Corso,  figlio  di  Salvadore,  di  anni  ventuno,  nato  in  Palermo,  di 
condizione  sarto,  domiciliato  nel  vicolo  di  Santo  Isidoro  all'Albergaria. 

Vincenzo  Reale,  figlio  di  Angiolo,  di  anni  venti,  nato  in  Palermo,  di  con- 
diz'onc  sarto,  domiciliato  al  Capo. 

Cosmo  Sanfilippo,  figlio  del  fu  Salvadore,  di  anni  quarantatre,  nato  in  Pa- 
lermo, di  condizione  sarto,  domiciliato  nello  stradone  che  dal  Piano  di  S.  Te- 
resa conduce  ai  Porrazzi. 

Imputati  di  associazione  settaria,  sotto  la  denominazione  di  Carbonari  di  Nuova 
Riforma ,  dopo  il  Real  Decreto  do'  28  Settembre  1822  o  fra  questi  Girolamo 
Torrpgrossa  qual  Reitiratore ,  e  colla  qualità  di  Capo  graduato  Gran  Cappel- 
lano, e  Francesco  Mento,  e  Giuseppe  Sessa  graduati  sotto  Cappellani  in  primo 
ed  in  secondo  con  avere  il  Mento,  l'Errante  e  S.  Filippo  permesso  lo  riunioni 
de  settarj  nelle  proprie  Case. 

Intesi  in  dibattimento  i  Prevenuti  ed  i  testimonj;  letti  e  discussi  i  documenti 
neeessarj; 

Inteso  il  Capitano  Relatore  da  Pubblico  Ministero,  il  quale  con  le  suo  con- 
clusioni scrìtte  ha  chiesto  di  dichiararsi  D.  Girolamo  Torregrossa ,  Francesco 
Mento,  Giuseppe  Sessa,  D.  Vincenzo  Errante  Barone  di  Avanella,  Vincenzo  Corso, 
Domenico  Balsamo,  Francesco  Amato,  Giuseppe  Testa,  Vincenzo  Reale  e  Cosmo 
Sanfilippo  rei  del  misfatto  di  aver  fatto  parte  della  vietata  setta  dei  Carbonari 
di  Nuova  Riforma,  e  fra  ossi  Torregrossa,  Monto  o  Sessa  graduati  della  ktessa, 
il  I"  Gran  Cappellano  ,  che  corrispondo  a  Gran  Maestro  doli'  antica  Carbo- 
nerìa,  «  Mento  e  Sossa  Sotto  Cappellani  in  primo,  od  in  secondo,  che  corri- 
spondono a  primo  e  secondo  assistente  di  quella ,  e  colla  qualificazione  per  ' 
Mento,  Krranto  e  Sanfilippo  d'aver  concesso  l'uso  della  propria  abitazione,  por 
la  unione  sottana  anzidetta: 

Dichiararsi  concorrere  in  maestro  Cosmo  Sanfilippo  lo  condizioni  proscritte 
dalla  Mini»»lfrìali'  di  S.  E.  il  Luogotonento  Generalo  do'  13  Giugno  1823,  per 
fodere  dvU'ioipumta  accordatagli,  o  quindi  ordinare  di  mettersi  in  libertà. 


AiPPENDIOB  V 

Di  condannarsi  in  conseguenza  li  detti  Torregrossa,  Mento  e  Sessa  alla  pena 
di  morte  col  laccio  sulle  Forche ,  ed  alla  multa  di  due.  duemila  per  ciasche» 
duno  di  essi  a  norma  del  prescritto  negli  Articoli  9  ed  11  del  detto  Real  De- 
creto de'  28  Settembre  1822  ;  ed  ai  termini  degli  stessi  Articoli  condannarsi 
D.  Vincenzo  Errante  Baronello  di  Avanclla  alla  pena  del  terzo  grado  dei  ferri 
escluso  il  minimo  del  tempo  ed  alla  multa  di  ducati  duemila. 

Di  condannarsi  similmente  ai  termini  degli  Articoli  sudetti  Vincenzo  Corso, 
Domenico  Balsamo ,  Francesco  Amato ,  Giuseppe  Testa  e  Vincenzo  Reale  alia 
pena  del  terzo  grado  dei  ferri,  ed  alla  multa  di  ducati  mille  per  ciascun  di  essi; 
e  per  ognuno  ciascun  degli  anzidett'individui  per  i  quali  va  applicata  la  pena 
de'  ferri  ordinare  che,  espiata  la  medesima,  restino  assoggettiti  alla  malleveria 
di  ducati  seicento  per  sicurtà  di  loro  buona  condotta,  per  lo  spazio  di  anni  cin- 
que ai  termini  degli  Articoli  31  e  31  delle  Leggi  Penali. 

Condannare  in  fine  tutti  li  rei  anzidetti  solidalmente  alle  spese  del  Giudizio 
in  favore  della  Real  Tesoreria,  giusta  1'  articolo  296  della  Procedura  Penalo. 

Per  ultimo  ha  domandato,  che,  atteso  che  la  Pubblica  discussione  nulla  ha 
aggiunto  ai  sospetti  di  renitenza  per  D.  Francesco  Gramignani,  stante  il  lungo 
esperimento  del  carcere  da  lui  sostenuto,  fosse  posto  in  libertà; 

Intesi  gì' impattiti  ed  i  loro  difensori  nei  rispettivi  mezzi  di  difesa; 

Inteso  il  Signor  D.  Dimienico  Corvaja  Giudice  della  Gran  Corte  Civile  di 
Palermo^  il  quale  da  uomo  di  leggo  ha  dato  il  suo  avviso  in  iscritto; 

Il  Signor  Presidente  ha  riassunto  1'  affare  e  la  Commissione  dall'  insieme 
della  'pubblica  discussione  e  dai  documenti  letti  e  discussi  nel  dibattimento  ha 
ritenuto  il  seguente 

PATTO 

Nel  Settembre  del  1822.  il  Baronello  di  Avanella  D.  Vincenzo  Errante  del 
Comune  di  Polizzi  domiciliato  in  questa  da  più  anni  acquistò  una  Casina  dietro 
il  Convento  di  Santa  Teresa  prossima  all'abitazione  di  Maestro  Cosimo  Sanfi- 
lippo;  ciò  diede  luogo  a  reciproca  conoscenza,  ed  alla  mutua  manifestazione  del 
loro  essere  di  Carbonari. 

Per  l'avvenuto  tromuoto  dei  5  Marzo  del  decorso  anno  1823 ,  il  Baronello 
di  Avanella  si  portò  ad  abitare  la  suddetta  Casina,  circostanza,  che  strinse  mag- 
giormente il  loro  legame  di  familiarità. 

Conoscea  il  Sanfilippo  altri  suoi  compagni  settarj,  o  fra  questi  si  distins-uea, 
per  esser  cognato  del  miserando  fu  Salvatore  Meccio,  iVancesco  Amato. 

L' Avanella  ammessolo  a  familiar  dimestichezza,  gli  diodo  di  se  conoscenza, 
ed  il  Francesco  Amato  propose  introdurvi  il  suo  amico  o  consocio  Francesco 
Mento  che  si  disse  versato  nella  conoscenza  dello  settario  macchinazioni. 

Estesa  la  combriccola  si  pensò  ad  organizzarla,  ma  poco  esperti  nella  sedi- 


▼I  APPENDICE 


ziosa  dottrina  degl'insensati  misteri,  all'uopo  necessaria,  l'andamento  dell'affare 
non  avea  quel  celere  progresso,  che  si  desiderava. 

Amato  progettò  incardinare  alla  loro  comitiva  D.  Girolamo  Torregrossa,  chi- 
rurgo ,  e  questi  bene  accolto  convenne  con  Avanclla  nelle  opinioni  ;  si  parlò 
dell'installazione  di  una  Vendita  Carbonica  di  Nuova  Riforma,  ma  si  osservò,  che 
scarso  sino  allora  era  il  numero  de'  consocj. 

In  conseguenza  si  passò  ad  arroUaro  nuovi  seguaci,  ed  in  casa  di  Sanfilippo, 
Domenico  Balsamo  fu  il  primo  a  meritare  di  appartenervi,  e  vi  fu  ricevuto  colle 
solite  formalità. 

In  questa  unione  intervennero  il  Baronello  di  Avanella  D.  Vincenzo  Errante, 
Cosimo  Sanfilippo,  Francesco  Mento,  Giuseppe  Sossa  o  Francesco  Amato. 

Proseguirono  le  adunanze  in  casa  di  Sanfilippo  ed  in  una  di  queste  il  Tor- 
regrossa, esternando  la  sua  connaturalo  perversità ,  manifestò  avere  a  sua  di- 
sposizione sufficiente  numero  di  facinorosi ,  da  poter  suscitare  ed  eseguire  a 
suo  piacere  la  rivoluzione. 

Tal  progotto  però  creduto  prematuro,  non  fu  allora  applaudito. 

Intanto  quella  combriccola  di  sediziosi,  proseguendo  i  loro  lavori,  ricevè  in 
casa  di  Francesco  Mento  per  compagno  Vincenzo  Corso,  ed  in  altra  combric- 
cola anibulatoria  tenutasi  nella  spiaggia  del  Lazzaretto  associasi  un  altro  Indi- 
vidjo,  il  di  cui  nome  non  si  è  potuto  con  cortezza  liquidare. 

Nella  prima  delle  due  anzidette  riunioni  intervennero  Cosimo  Sanfilippo,  Fran- 
cesco Mento,  Francesco  Amato,  Giuseppe  Sessa,  Girolamo  Torregrossa,  Giuseppe 
Testa  e  Vincenzo  Corso,  e  verso  il  fino  di  quella  funziono  sopravvenne  Dome- 
nico Balsamo;  e  nella  seconda  intervennero  Sanfilippo ,  Torregrossa ,  Balsamo, 
Mento,  Amato,  Testa  e  Corso. 

Nato  successivamente  il  pensiero  di  dare  nuove  forme  all'Associazione,  Tor- 
regrossa (sulla  di  cui  persona  è  da  osservarsi,  che  non  era  aucora  sciolto  dal- 
l'imputazione di  avor  appartenuto  ai  seguaci  di  Moccio)  nella  Casina  del  Prin- 
cipe di  Aci  all'Arcnelhi  istallò  la  Vendita  Carbonica  di  Nuova  Riforma;  stabilì, 
che  il  Gran  M:\estro  dovea  nominarsi  Gran  Cappellano  ,  e  gli  assistenti  sotto 
Cappellani ,  ed  egli  a  voti  unanimi  no  fu  ciotto  Gran  Cappellano  e  furono  no- 
tniiuti  duo  sotto  Cappellani,  uno  de'  quali  si  ò  liquidato  con  certezza  ossero  stato 
Oiiueppe  Seasa,  essendo  intervenuti  in  questa  seduta  Cosimo  Sanfilippo,  Fran- 
eaaoo  Amato,  Girolamo  Torregrossa,  Giuìoppo  Sessa,  Francesco  Monto  e  Giu- 
seppe Testa. 

Torregrossa  investito  del  carattere  anzidetto  corrispose  alla  fiducia  dei  Con- 
•ooj:  in  una  seconda  unione  tenuta  noUa  stessa  Casina  di  Aci  all'AronoUa,  in- 
torrenendo  Sanfilippo,  Torregrossa,  Amato ,  Monto  e  Testa  ;  Torregrossa  dottò 
•lavile  loggi ,  btaliili  Tributi ,  o  s'incaricò  di  faro  acquisto  dello  fedi  l'arooali, 
o)m  diate  dover  servire  ai  consiocj  in  vece  dei  diplomi  della  pa-isata  carbonaria. 

Qoi  è  da  oiMMirvarsi  chu  il  Uaronullo  di  Avanulla  D.  Vincenzo  Errante,  seb  • 


APPENDICK  Tn 


bene  non  avesse  intervenuto  in  tutte  le  anzidette  unioni,  era  minutamente  in- 
formato da  Torregrossa  di  tutte  le  successive  operazioni  carboniche.  In  effetto, 
fattasi  nella  prima  seduta  all'Arenella  l'elezione  del  Gran  Cappellano  e  dei  sotto 
Cappellani,  fu  destinata  per  il  Baronello  di  Avanella  la  carica  di  Deputato,  ed 
egli  l'indomani  direttosi  in  tono  ammirativo  a  maestro  Cosimo  Sanfilippo,  mani- 
festò che  gli  era  già  noto  d'essere  stato  dall'unione  anzidetta  eletto  Deputato. 

Non  sfuggirono  intanto  alla  vigilanza  della  Polizia  le  ree  intenzioni  di  que- 
sto miserabile  avanzo  di  sciagurati;  furono  prese  le  più  accurate  misure,  onde 
arrestare  il  male,  furono  ordinati  gli  arresti  di  taluni  di  costoro,  e  nella  visita 
domiciliare,  che  si  fece  in  casa  di  Torregrossa,  che  fu  tra  i  primi  ad  arrestarsi, 
furono  repertate  delle  fedi  Parocali,  sulle  quali  date  delle  perizie,  si  ò  ricono- 
sciuto non  essere  di  antica  edizione,  ed  inoltre  di  essere  state  alcune  impresse 
nella  stamperia  Reale,  e  le  altre  nella  stamperia  di  Gagliani. 

Mentre  la  Polizia  si  occupava  a  raccorrò  tutti  i  fili  di  queste  criminose  ope- 
razioni, maestro  Cosmo  Sanfilippo,  ch^ora  stato  già  assicurato  alla  giustizia,  pro- 
pose al  Sig.  Direttore  Generale  di  Polizia  di  manifestare  tutti  i  fatti,  e  gli  au- 
tori dei  medesimi,  somprcchè  gli  fosse  stata  accordata  l'impunità. 

Il  Sig.  Direttore  di  Polizia  fece  di  ciò  rapporto  al  Governo,  e  con  Ministe- 
riale de'  13  giugno  1828  fu  autorizzato  ad  accordarla;  beninteso  che  non  fosso 
il  Sanfilippo  dei  rei  principali,  e  che  tutti  manifestasse  i  fatti,  che  fossero  alla 
sua  conoscenza. 

Sotto  la  promossa  impunità,  chiamato  in  conseguenza  Sanfilippo  a  deporre, - 
dichiarò  minutamente  i  fatti,  che  sonosi  pocanzi  premessi,  e  sulla  guida  di  questa 
dichiarazione,  interrogati  successivamente  Sessa  e  Corso  deposero  uniformemente, 
contestando  il  primo  di  essere  stato  promosso  a  sotto  Cappellano  in  secondo 
nell'unione  tenuta  all'Arenella,  graduazione  corrispondente  al  secondo  assistente 
della  passata  Carboneria,  e  Corso  confessò  di  essere  stato  ricevuto  a  Carbonaro 
previe  le  solite  formalità  nella  seduta  tenuta  in  casa  di  Francesco  Mento. 

In  seguito  interrogato  D.  Vincenzo  Errante,  disse  di  essersi  da  taluni  degli 
imputati  proposto  di  formare  una  Vendita  Carbonica  ,  e  che  egli  fu  di  avviso 
di  non  esserne  sufficiente  il  numero.  Afferma  il  suo  intei  vento  nell'unione  te- 
nuta in  casa  di  Sanfilippo,  dove  con  le  consuete  formalità  fu  ricevuto  Balsamo 
a  Carbonaro,  e  dove  vide  che  Sanfilippo  all'oggetto  anzidetto  preparò  dei  Sim- 
boli Carbonici,  ed  aggiunse  eh'  essendo  stato  invitato  a  funzionare  da  capo  in 
tale  recezione,  si  negò. 

Nel  costituto  variò  in  gran  parte  i  suoi  detti,  e  nel  confermare  talune  cir- 
costanze da  lui  dichiarate  nell'interrogatorio  protestò  da  tutt'altro  carattere  eb- 
bero fuor  di  quello  di  reato. 

Nella  pubblica  discussione  non  si  riportò  perfettamente  a  fatti  da  lui  dichia- 
rati nel  costituto,  ma  si  riferì  in  parte  al  suo  interrogatorio. 

Interrogato  Torregrossa,  sebbene  a'  fatti  che  depose,  avesse  dato  un  carat- 


Vm  APPENDICE 


tere  di  seraplicità  e  d' indifferenza ,  pure  non  discorda  nelle  più  minute  circo- 
stanze dalla  dicbiarazione  di  Sanfilippo,  confermando  di  essere  stato  nel  diporto 
tenuto  all'Arenella  eletto  Gran  Cappellano,  di  avere  nominati  i  due  Sotto-cap- 
pellani, uno  de'  quali  Sessa,  di  avere  nella  seconda  unione  tenuta  all'Arenella, 
eh'  egli  presenta  ancora  in  aria  di  divertimento ,  fissata  una  tassa  testatica,  e 
di  essersi  designato  il  sotterraneo  incavato  nella  pietra,  di  cui  il  fu  Principe  di 
Aci  ai  serviva  per  consevare  i  vini ,  per  luogo  delle  future  unioni.  Dice  però 
che  i  compagni  lo  nominarono  Cappellano,  perchè  ei  solo  vedovasi  seduto  nel- 
l'unica sedia  colà  esistente,  ed  in  aria  pure  di  scherzo  furono  nominati  i  due 
Sotto-Cappellani.  Che  la  tassa  testatica  servir  dovea  per  i  futuri  sollazzi;  ed  in 
fine  dice  che  le  fedi  parrocali  rinvenutesi  in  di  lui  casa  furono  da  lui  compe- 
rate anni  addietro  come  carta  sporca. 

Nel  costituto  il  medesimo  Torregrossa  fu  negativo ,  ma  nella  pubblica  di- 
scussione recedendo  da  tal  negativa ,  confermò  in  parte  quel  tanto  che  disse 
nel  suo  interrogatorio.  Francesco  Amato,  interrogato,  si  chiama  presente  in  tutte 
le  riunioni,  si  dà  carico  dell'elezione  del  Gran  Cappellano,  e  de'  Sotto-Cappel- 
lani, sebbene  asserisce  di  non  saperne  la  cagione,  e  nel  di  piìi  de'  fatti  si  uni- 
forma al  coimputato  Torregrossa. 

Nel  costituto  fu  dell'intatto  negativo,  negativa  che  ha  sostenuto  nella  pub- 
blica discussione. 

Uniformemente  a  quest'ultimo  depose  l'imputato  Domenico  Balsamo  nel  suo 
interrogatorio,  e  finalmente  negativo  fu  nel  costituto,  e  nella  pubblica  discussione. 

Il  di  pili  pegl'  imputati  sono  stati  tutti  negativi ,  tanto  nell'  interrogatorio, 
che  nel  costituto,  e  nella  pubblica  discussione. 

Basati  a  tal  modo  i  fatti,  il  Sig.  Presidente  ha  elevato  gradatamente  le  se* 
guenti  questioni: 

PRIMA  QUISTIONE 

Coflia  che  Girolamo  Torregrossa,  Francesco  Mento,  Giuseppe  Sossa,  D.  Vin- 
cenzo Errante  BaroncUo  di  Avanolla,  Giuseppe  Tosta,  Vincenzo  Corso,  Dome- 
nico Balsamo,  Francesco  Amato,  Vincenzo  Reale  e  Cosmo  Sanfilippo  siano  col- 
pevoli del  misfatto  di  associazione  sottaria,  sotto  nomo  di  Carboniiri  di  Nuova 
Rifonna,  dopo  il  Real  Decreto  de'  28  Sottombre  1822? 

Considerando  in  rapporto  alla  pruova  generica  che  da  tutti  i  fatti ,  che  di 
Ù  tono  premessi,  risulta  senza  equivoco  alcuno  l'esistenza  di  un'associa- 
Mttarin  formatasi  dopo  il  Rcal  Decreto  do'  28  Suttembru  1822. 
Considerando  rolativamcnto  alla  pruova  specifica,  che  dai  detti  di  Sanfilippo, 
•  Corao  risulta  che  furono  tenuto  dagli  accusati  in  discorso  vario  unioni. 
Ob*  nella  prima  tenuta  in  casa  di  Sanfilippo,  nella  quale  fu  licovuto  collo 
foraulità  oarbonioho  Domenico  Balsamo,  intervennero  oltre  di  questo 


APPENDICE  IX 


e  di  Sanfìlippo,  Amato,  Sossa,  Mento  ed  Errante,  che  nella  seconda  unione  te- 
nuta in  casa  di  Monto,  dove  colle  stesse  formalità  fu  ricevuto  a  Carbonaro  Vin- 
cenzo Corso.  Intervennero  apparto  di  questi  e  di  Mento,  Sanfìlippo,  Amato,  Sessa, 
Torregrossa  e  Testa. 

Che  neir  unione  arabulatoria  tenuta  al  Cimiterio  Inglese  intervennero  San- 
fìlippo, Torregrossa,  B.ilsamo,  Mento,  Amato,  Corso  e  Testa. 

Considerando  che  nell'altra  unione  tenuta  all'Arenella  nella  Casina  del  Prin- 
cipe di  Aci  intervennero  Sanfìlippo,  Torregrossa,  Amato,  Sessa,  Mento  e  Testa. 

E  fìnahnente  che  nella  successiva  unione  tenuta  nello  stesso  locale  inter- 
vennero Sanfìlippo,  Torregrossa,  Amato,  Mento,  Testa  e  Corso. 

Considerando  che  in  tali  riunioni  oltre  d='lla  recezione  a  Carbonaro  di  Bal- 
samo 0  Corso,  circostanze  effìcacissimo  a  far  conoscere  che  le  indicate  unioni 
avevano  il  carattere  di  associazioni  settarie,  furono  inoltre  adottate  delle  riforme 
nella  nomenclatura  dello  dignità,  furono  fatte  dello  leggi  intorno  alla  recezione 
dei  Neofìti,  furono  fìssati  dei  tributi  per  lo  mantenimento  della  setta,  nominati 
i  dignitarj,  e  fu  stabilito  che  agli  antichi  Diplomi  di  Carboneria  ,  a  scanso  di 
ogni  sorpresa  della  Polizia,  dovevano  surrogarsi  delle  fedi  di  battesimo,  per  lo 
acquisto  delle  quali  ne  fu  da  Torregrossa  assunto  l'incarico,  e  che  per  ultinoo 
fu  stabilito  che  la  cantina  di  Aci  all'  Arenella  ,  luogo  inosservato  e  recondito, 
dovea  servire  per  locale  delle  future  riunioni;  cosicché  il  tutto  di  tali  circostanze 
non  lascia  dubbio  a  credere  che  le  associazioni  anzidette  sieno  state  veramente 
settarie. 

Considerando  che  D.  Vincenzo  Errante,  sebbene  negasse  d'avere  appartenuto 
a  quella  società,  puro  conferma  di  aver  avuto  le  unioni  degl'individui  qui  avanti 
nominati,  scopo  ed  oggetti  di  carboneria. 

Considerando  per  l'ultimo  che  Torregrossa,  Amato  e  Balsamo  mentre  danno 
a'  loro  detti  un'aria  d'indifferenza  e  di  semplicità  e  rimuovono  dalle  loro  unioni 
il  carattere  di  Reato,  pure  non  lasciano  di  accertare  la  verità  delle  riunioni  e 
delle  circostanze  deposte  da  Sessa,  Sanfìlippo  e  Corso. 

Considerando  che  da  dotti  del  testimonio  Giuseppe  Meli  risulta  che  per  in- 
carico di  Torregrossa  furono  stampato  delle  fedi  Parrocali  sotto  1'  intestazione 
del  Parroco  dei  Tartari  Beneficiale  Marini,  e  da  quelli  de'  testiraonj  Gaudiano 
e  Gagliani  risulta  che  furono  stampate  delle  fedi  di  battesimo  coll'intestazione 
del  Maestro  Cappellano  Tasca,  fedi  che  pure  furono  reperiate  in  casa  di  Tor- 
regrossa. 

Considerando  che  le  unioni  all'Arunella  restano  confirmato  dai  testimonj  Ca- 
ruso ed  Abate,  cooichè  i  detti  di  Sossa,  Sanfìlippo  e  Corso  risultano  verifìcati 
ed  amminicolati  in  tutte  le  loro  circostanze. 

Considerando  per  l'ultimo,  rispetto  a  Vincenzo  Reale,  che  da  niuno  dei  pre- 
venuti sudetti  viene  egli  indicato  perfettamente,  e  che  il  solo  Cosmo  Sanfìlippo 
lo  riconobbe  nell'atto  di  affronto,  locchè  non  ba.sta  a  fissare  il  criterio  morale 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  2 


APPENDICE 


della  Commissione  di  essere  stato  con  certezza  Vincenzo  Reale  fra  il  numero 
degli  associati  anzidetti. 

Considerando  che  1'  eccezione  dedotta  da'  difensori  dei  prevenuti  di  essere 
nulli  ed  inattendibili  gli  atti  compilati  dalla  Direzione  Generale  di  Polizia,  non 
è  per  nessun  modo  valutabile,  da  poiché  le  istruzioni  del  ventidue  Gennaio  mil- 
leottocento diecissette  autorizzano  gli  uffiziali  di  Polizia  ordinaria  ad  esercitare 
le  attribusioni  di  Polizia  Giudiziaria  nei  reati  di  alto  criminale,  e  tali  istruzioni 
d'altronde  legalmente  pubblicate,  furono  legge  per  questa  parte  de'  Reali  Do- 
minj  ,  allorché  piacque  alla  Maestà  Sua  d'  ordinare  a  questo  Governo  col  re- 
scritto del  primo  Luglio  1820  di  provvedere  onde  per  questo  ramo  di  servizio 
abbiano  esecuzione  le  istruzioni  anzidette  ;  ed  infatti  sin  d'  allora  ha  costante- 
mente la  Polizia  esercitate  tali  attribuzioni  sotto  gli  occhi  del  Governo,  e  colla 
sua  adesione,  ed  in  due  circostanze  nello  quali  fu  promosso  dubbio,  sopra  ciò 
il  Governo  ha  risoluto  uniformemente  di  essere  nelle  facoltà  della  Polizia  or- 
dinaria di  esercitare  le  indicate  attribuzioni  a'  termini  delle  citate  istruzioni  del 
22  Gennaio  1817. 

Considerando  che  neppur  valutabile  è  l'altra  obbiezione  fatta  dagli  stessi  di- 
fensori, di  dover  l'associazione  settaria  di  cui  ò  parola  contenore  un'  organiz- 
zione  completa,  dapoiché  è  chiaro  che  ai  termini  dell'articolo  nono  del  Real  De- 
creto de'  28  Settembre  1822  è  vietata  ogni  associazione  settaria  organizzata  in 
corpo,  0  comunque  altrimenti  formata,  qualunque  ne  fosso  1'  oggetto  ed  il  nu- 
mero de'  SQoi  componenti. 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

Per  tali  considerazioni  a  voti  uniformi  ha  dichiarato  e  dichiara: 

Costa  che  Girolamo  Torregrossa ,  Francesco  Amato ,  D.  Vincenzo  Errante 
barone  d'Avanella,  Vincenzo  Corso,  Domenico  Balsamo,  Giuseppe  Sessa  e  Co- 
simo Sanfilippo  sieno  colpevoli  del  misfatto  di  associazione  settaria  sotto  nome 
di  Carbonari  di  Nuova  Riforma  dopo  il  Real  decreto  de'  28  settembre  1822. 

A  maggioranza  di  sei  voti  sopra  uno. 

Cotta  che  Francesco  Mento  e  Giuseppe  Testa  sieno  colpevoli  dello  stesso 
•oxidetto  misfatto  di  associazione  sottaria. 

E  ad  onanimità  di  voti  ha  dichiarato,  e  dichiara 

Non  costa  abbastanza  che  Vincenzo  Reale  abbia  fatto  parto  dell'associazione 
Mttaria  anzidetta;  e  quindi  ordina  la  Commissiono  stessa,  che  rimanendo  l'an- 
xidetto  di.  Reale  in  carcero  per  il  tempo  stabilito  dalla  legge,  si  faccia  una  più 
ampia  iatnizione  de)  Capitano  Relatore,  versan<l<>si  in  liquidare  con  certezza  di 
arere  l'anzidetto  di  Realo  fatto  parto  dell'associazione  sottaria  di  cui  ò  parola, 
•d  ogn'altro  che  dallo  sviluppo  de'  fatti  potrà  sorgere  sul  conto  del  medesimo. 


APPENDCOB  XI 


SECONDA  QUISTIONE 

Costa  che  Girolamo  Torregrossa,  il  quale  come  qui  avanti  è  stato  dicLiarato 
colpevole  del  misfatto  di  associazione  settaria  sotto  nome  di  Carbonari  di  Nuova 
Riforma,  dopo  il  Real  decreto  de'  28  settembre  1822  sia  stato  capo  graduato 
Gran  Cappellano  dell'associazione  setfcaiia  anzidetta  ? 

Ritenuti  li  fatti  di  sopra  basati; 

Considerando  che  dalli  stessi  interrogatorj  di  Saniìlippo,  Sessa  o  Corso  risulta 
indubitato  che  nella  prima  seduta  tenuta  all'Arinella  nella  Casina  del  Principe 
di  Aci,  essendosi  convenuto  di  dovere  le  dignità  di  questa  nuova  Carboneria 
ricevere  nuova  e  differente  nomenclatura,  fu  stabilito  che  al  Gran  Maestro  del- 
l'antica Carboneria  doveva  surrogarsi  il  Gran  Cappellano  e  fa  a  pieni  voti  dalla 
combriccola  nominato  a  questa  carica  il  Torregrossa ,  o  nella  successiva  seduta 
tenuta  nello  stesso  locale,  esercitando  Torregrossa  questo  carattere,  dettò  rego- 
lamenti, fissò  tasse  e  propose  di  surrogarsi  le  fedi  parrocali  agli  antichi  diplomi 
di  Carboneria  a  scanzo  di  qualche  sorpresa  della  Polizia,  e  si  assunse  egli  me- 
desimo lo  incarico  di  farne  eseguire  la  stampa; 

Considerando  che  questo  stesso  fu  dal  Torregrossa  comunicato  al  barone 
Avanella,  che  lo  confessò  nel  suo  interrogatorio; 

Considerando  che  la  di  lui  graduazione  a  Gran  Cappellano,  come  sopra  viene 
anche  asserita  dal  medesimo  Torregrossa,  sebbene  dia  ai  suoi  detti  Taspetto  di 
scherzo; 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

A  maggioranza  di  sei  voti  sopra  uno  ha  dichiarato,  e  dichiara: 
Costa  che  Girolamo  Torregrossa  sia  stato    capo    graduato  Gran  Cappellano 
dell'associazione  settaria  anzidetta. 

TERZA  QUISTIONE 

Costa  che  Girolamo  Torregrossa  sia  colpevole  di  reiterazione  di  misfatto  a 
misfatto  ? 

Considerando  che  dalla  decisione  emessa  dalla  cessata  Corte  Marziale  estraor- 
dinaria, istituita  per  giudicare  della  cospirazione  tramata  in  gennaro  1822,  si  ri- 
leva che  sul  conto  di  Torregrossa  fu  deciso  di  non  costare  abbastanza  di  esser 
colpevole  del  misfatto  di  cui  fu  accusato ,  di  sortachè  manca  nel  momento  la 
certezza  morale  di  questo  primo  misfatto; 

Considerando,  che  sebbene  si  fosse  detto  nello  stesso  indicato  arresto  di  pro- 
cedersi sul  di  lui  conto  ad  una  più  ampia  istruzione  ,  ciò  non  importa  che  sia 
certo  tuttavia  il  reato,  potendo  altrimenti  risultare  da  tale  più  ampia  istruzione; 

Considerando  che  di  tali  atti  compilati,  colla  più  ampia  istruzione  ,  di  cui  è 
parola,  quando  anche  se  ne  fossero  raccolti,  o  nuovi  lumi ,  e  prove  si  fossero 
acquistate,  non  stu'ò  tenuto  alcun  conto  nella  presento  pubblica  discussione:  Per 
tali  considerazioni. 


Ili  APPENDICE 


LA  COMMISSIONE  MILITARE 

Ad  unanimità  di  voti  ha  dichiarato  e  dichiara: 

Non  costa  abbastanza  che  il  medesimo  Torregrossa  sia  reitcratorc  di  due 
misfatti. 

QUARTA  QUISTIONE 

CostA  che  Francesco  Mento  e  Giuseppe  Sessa,  dichiarati  colpevoli  come  so- 
pra di  associazione  settaria,  sotto  titolo  di  Carbonari  di  Nuova  Riforma,  dopo  il 
Real  decreto  de'  28  settembre  1822,  siano  stati  graduati  sotto  Cappellani  della 
stessa  anzidetta  settaria  unione? 

Qui  il  sig.  Presidente  ha  promosso  d'ufficio  la  seguente  quistione: 

La  qualità  di  sotto  Cappellano  è  una  graduazione  colpita  dall'articolo  nono 
del  Real  Decreto  de'  28  settembre  1822? 

Ritenuti  li  fatti  premessi 

Considerando  che  dai  detti  di  Sanfilippo ,  Corso  e  Sessa  risulta  che  conse- 
guenti ai  principi  di  riforma  da  loro  adottati ,  a  proposta  di  Torregrossa,  stabi- 
lirono che  le  dignità  di  questa  nuova  associazione  settaria  doveano  subire  nuove 
e  differenti  nomenclature ,  sostituendo  la  qualità  di  Gran  Cappellano  a  quella 
di  Gran  Maestro  della  passata  carboneria  e  quelle  di  sotto  Cappellani  in  primo, 
ed  in  secondo  alle  altre  di  primo,  e  secondo  Assistente; 

Considerando  che  non  è  dubbio  che  nella  passata  Carboneria  la  qualità  di 
primo  e  secondo  Assistente  costituiva  graduazione; 

Considerando  che  la  leggo  nel  parlar  di  graduazione  ha  inteso  riferirsi  a 
quello  che  nel  senso  degli  associati  sono  tali; 

Per  siffatte  considerazioni 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

A  maggioranza  di  cinque  voti  sopra  duo  ha  dichiarato,  e  dichiara: 

Conta  cho  la  qualità  di  sotto  Cappellano  è  una  graduazione  colpita  dall'  ar- 
ticolo nono  del  Real  decreto  de'  28  settembre  1822. 

Risoluta  in  tal  modo  la  quistione  anzidetta  il  medesimo  signor  Presidente 
ha  riproposta  la  superiore  questione  cioè: 

Se  costa  cho  Giuseppe  Sessa  e  Francesco  Mento  siano  stati  graduati  sotto 
Cappellani  della  stessa  anzidetta  associazione  settaria. 

Considerando  in  rapporto  a  Giuseppe  Sessa  che  1' essere  stato  promosso  a 
sotto  Cnppi'Ilano  nt'H'anzid.-tta  sottaria  a.s8ociaziono  vicn  contostato  dai  dotti  di 
M.ro  Cosmo  Sanfilippo; 

Considerando  cho  egli  stesso  l'ha  confessato  noi  suo  interrogatorio  ;  cho  lo 
contestano  i  dotti  doll'anzidutlo  di  Torregrossa  o  di  (Jiuseppo  Amato,  abboncliò 
qocsti  duo  ultimi  diano  a  qucst'oloziono  un  tono  di  scherzo; 

Considvrandu  r'iativamvnto  a  Franousco  Monto  che  lo  provo  ofTorte  dui  di- 


APPENDICE  Xni 


battimento  non  fissano  pienamente  la  convinzione   della  Commissione    per  sta- 
bilire in  lui,  con  certezza,  la  qualità  anzidetta  di  sotto  Cappellano; 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

A  maggioranza  di  cinque  voti  sopra  due  ha  dichiarato,  e  dichiara: 
Costa  che  Giuseppe  Sessa  sia  stato  graduato  sotto  Cappellano    della  stessa 
associazione. 

Non  costa  abbastanza  che  Francesco  Mento  vi  sia  stato  similmente  graduato. 

QUINTA  QUISTIONE 

Costa  che  Francesco  Mento  ,  D.  Vincenzo  Errante  e  Cosimo  Sanfilippo  ab- 
biano permesso  1'  uso  della  propria  abitazione  per  la  riunione  della  medesima 
settaria  associazione  ? 

Ritenuti  i  fatti  di  sopra  basati; 

Considerando  che  nel  proprio  interrogatorio  Cosimo  Sanfilippo  conferma  le 
riunioni  settarie  dei  prevenuti  nella  di  lui  casa; 

Considerando  che  il  medesimo  Sanfilippo  e  Giuseppe  Sessa  assicurano  che 
una  simile  adunanza  fu  tenuta  in  casa  di  Mento,  dove,  serbate  le  solite  forma- 
lità, fu  ricevuto  a  carbonaro  Vincenzo  Corso; 

Considerando  che  lo  stesso  Corso,  mentre  dichiara  la  propria  reità  di  essersi 
associato  alla  vietata  setta,  conferma  ossero  stato  ricevuto  in  casa  di   Mento; 

Considerando  relativamente  a  D.  Vincenzo  Errante,  che  il  solo  Cosimo  San- 
filippo dichiara  essersi  tenuta  una  riunione  in  casa  del  dotto  Errante  ,  talché 
la  Commissione  non  rimane  pienamente  convinta  d*  questa  circostauza; 

Per  tali  considerazioni 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

Ad  unanimità  di  voti  ha  dichiarato,  o  dichiara: 

Costa  che  Francesco  Mento  ,  e  Cosimo  Sanfilippo  abbiano  conceduto  Y  uso 
della  propria  abitazione  per  la  riunione  de'  settarii  sopradetti. 

Ed  a  maggioranza  di  sei  voti  sopra  uno  non  costa  abbastanza  di  avere  il 
D.  Vincenzo  Errante  conceduto  1'  uso  della  propria  abitazione  per  lo  riunioni 
anzidette. 

SESTA  QUISTIONE 

Concorrono  per  Cosimo  Sanfilippo  le  condizioni  volute  dalla  Ministeriale  di 
S.  E.  il  Luogotenente  Generale  datata  de'  13  giugno  1823,  onde  godere  dell'im- 
punità accordatagli? 

Ritenuti  i  fatti  come  sopra; 

Considerando  che  Cosmo  Sanfilippo  fin  dai  primi  momenti  che  fu  sottoposto 
all'interrogatorio  manifestò  interamente  i  fatti  ch'erano  alla  sua  conoscenza ,  e 
tali  fatti  in  tutta  l'esteusioac  sono  stati  confermati  da  due  coimputati  Sessa  e 
Corso; 


XIV  APPKiroiOB 


Considerando  che  tali  fatti  li  ha  uniformemente  ripetuti  nel  costituto  e  nella 
pubblica  discussione; 

Considera  ndo  che  nel  dibattimento  li  medesimi  fatti  non  sono  stati  variati, 
ne  smentiti,  anzi  intieramente  confermati  e  rassodati,  cosi  che  è  manifesto  che 
egli  ha  tutti  rapportati  i  fatti,  che  poteva  sapere,  e  tali  fatti  contengono  verità; 

Considerando  che  il  dibattimento  non  ha  per  nessun  modo  offerto  che  egli 
nell'associazione  settaria,  di  cui  si  parla,  abbia  avuto  la  qualità  di  capo  o  gra- 
duato della  stessa; 

Per  tali  considerazioni 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

Ha  dichiarato,  e  dichiara ,  a  voti  uniformi ,  concorrere  nel  nominato  Cosmo 
Sanfilippo  le  condizioni  volute  dalla  Ministeriale  di  S.  E.  il  Luogotenente  Ge- 
nerale de'  13  giugno  1823  per  godere  dell'impunità  accordatagli,  ed  ha  ordi- 
nato che  il  medesimo  sia  posto  in  libertà. 

SETTIMA  QUISTIONE 

Qual'c  la  pena  preveduta  dalla  legge  per  il  misfatto  di  cui  Girolamo   Tor- 
regrossa  e  Giuseppe  Sessa  sono  stati  rispettivamente  dichiarati  colpevoli? 
Visto  l'art.  9  del  Real  decreto  de'  28  settembre  1822  così    concepito: 
Art.  9.  *  Quante  volte  l'associazione  illecita  organizzata  in  corpo,  o  comun- 

*  qne  altrimenti  formata,  contenga  promessa,  o  vincolo  di  segreto,  costituendo 
"  qualsivoglia  specie  di  setta  (qualunque  ne  sia  la  denominazione,  l'oggetto  la 
"  forma,  ed  il  numero  dei  suoi  componenti,  comunque  venga  artatamente  combi- 
"  nata  per  comunicazione  ambulanti,  e  senza  determinazione  fissa  di  luoghi,  di 
■  giorni ,    0   di    persone  )  i    rispettivi    componenti    di    essa   saranno   pimiti  col 

*  terzo  grado  de'  ferri ,  e  con  una  multa   da    cinquecento    a   duo  mila    ducati. 

*  I  Capi,  Direttori,  Amministratori,  o  Graduati  della  stessa  saranno  puniti  con 
"  la  pena  di  morte  col  laccio  sulle  forche,  e  con  la  multa  da  mille  a  quattro 
'  mila  ducati. , 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

A  voti  unanimi  ha  condannato,  e  condanna  Girolamo  Torrogrossa  o  Giuseppe 
Bwm  alla  pena  di  morte  col  laccio  sullo  forche. 

Ed  alla  maggioranza  di  cinque  voti  sopra  due  ha  condannato  li  medesimi 
•Ila  multa  di  ducati  due  mila  per  ciascuno  di  essi. 

OTTAVA  QUISTIONE 

Qoal'è  !a  pena  preveduta  [dalla  legge  por  il  misfatto  di  cui  sono  stati  di- 
chiarati rìiip«ttÌTamonte  colpevoli  Francesco  Mento,  Francesco  Amato,  D.  Vin- 
tnao  Errante,  Giuseppe  Testa,  Domenico  Ualóaniu  e  Vincenzo  Corso  V 

RiUnuto  il  detto  art.  9  del  Ucal  decreto  do'  28  settembre  1822. 


APPENDICE  XV 


Visto  l'art.  11  dello  stesso  Real  decreto  non  che  gli  art.  31  e  34  delle  leggi 
penali,  e  l'art.  296  delle  leggi  di  procedura  nei  giudizj  penali,  così  concepiti: 

Art.  11.  "  Quelli  che  scientemente  avranno  conceduto  o  permesso  l'uso  della 
"  loro  casa ,  abitazione ,  o  di  altro  loro  locale  qualunque  per  la  riunione  della 
"  setta,  saranno,  por  questo  solo  fatto,  puniti  con  la  pena  del  primo  grado  de' 
"  ferri,  e  con  la  multa  di  cento  a  cinquecento  ducati.  Ove  essi  facciano  parte 
"  della  setta  se  saranno  semplici  membri  della  stessa  saranno  puniti  col  terzo 
"  grado  dei  ferri  escluso  il  minimum  del  tempo,  e  con  una  multa  da  mille  a 
"  tre  mila  ducati.  Se  saranno  Capi,  Direttori,  Amministratori,  o  Graduati  dalla 
"stessa  saranno  puniti  con  la  pena  di  morte  col  laccio  sulle  forche,  e  con  una 
"  multa  da  mille  cinquecento  a  sei  mila  ducati. 

Art.  31.  '  La  condanna  alla  malleveria  astringe  il  condannato  a  dar  sicurtà 

*  di  sua  buona  condotta  per  un  tempo  non  minore  di  tre  anni,  né  maggiore  di 
"  dieci. 

"  La  somma  ricercata  per  la  sicurtà  non  sarà  mai  minore  di  ducati  cento , 
"  né  maggiore  di  cinque  mila.  Questa  non  può  esigersi  che  in  caso  di  condanna 
"  per  misfatto,  o  delitto  commesso  nel  tempo  della  sottoposizione  alla  malleveria. 

"  Le  somme  riscossa  saranno  addette  in  preferenza  alle  restituzioni,  a  danni, 
"  ed  interessi  ed  alle  speso  cagionate  agli  offesi  dal  nuovo  misfatto,  o  delitto. 

*  Art.  34.  "  La  malleveria  sarà  aggiunta 

*  I.  Nelle  condanne  a  retlusioni  o  a'  ferri,  anche  se  questi  vengano  espiati 

*  nel  presidio. 

"  2.  In  tutte  le  condanne  per  misfatti,  o  delitti  contro  lo  stesso. 

Art.  296.  "  Pronunziandosi  la  condanna  dell'accusato  ,  dee  con  la  decisione 

*  stessa  pronunziarsi  la  sua  condanna  al  pagamento  delle  speso  del  giudizio,  sia 

*  in  favore  della  parte  civile  .  .  .  ,  . 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

Ad  unanimità  di  voti  ha  condannato,  e  condanna  Francesco  Mento  alla  pena 
de'  ferri  per  anni  ventiquattro,  ed  alla  multa  di  ducati  mille. 

Ed  alla  stessa  unanimità  di  voti  ha  condannato  D.  Vincenzo  Errante,  Fran- 
cesco Amato  ,  Giuseppe  Testa,  Domenico  Balsamo  e  Vincenzo  Corso  alla  pena 
de'  erri  per  anni  diciannove,  ed  alla  multa  di  ducati  cinquecento  per  ciascuno 
di  essi. 

Ha  condannato  parimenti  i  suddetti  Torregrossa,  Sessa,  Mento,  Amato,  Er- 
rante, Testa,  Balsamo  e  Corso  solidalmente  alle  spese  del  giudizio  in  favore  della 
R.  Tesoreria  .... 

Ed  i  suddetti  di  Errante,  Mento,  Amato,  Testa,  Balsamo  e  Corso  a  dare  inol- 
tre, espiata  la  pena  de'  ferri,  alla  quale  sono  stati  condannati ,  sicurtà  di  loro 
buona  condotta ,  per  lo  tempo  di  anni  cinque  ,  e  sotto  la  malleveria  di  ducati 
trecento. 


Xn  APPENDICE 


NONA  ED  ULTIMA  QUISTIONE 

Deve  farsi  diritto  in  rapporto  al  testimone  D.  Francesco  Graniignani  alla  do- 
manda del  Capitano  Relatore  da  Pubblico  Ministero  di  mettersi  in  libertà? 

Considerando  che  la  pubblica  discussione  non  ha  accresciuti  sul  suo  conto 
quei  sospetti  che  lo  fecero  sottoporre  all'esperimento  del  carcere. 

Considerando  che  un  tale  esperimento  lo  ha  sofferto  per  lo  corso  di  sei  mesi. 

Per  tali  considerazioni 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

Facendo  diritto  alla  dimanda  anzidetta  del  Capitano  Relatore  da  Pubblico 
Ministero 

A  voti  uniformi  ha  ordinato ,  ed  ordina  che  D.  Francesco  Clramignani  sia 
messo  in  libertà. 

Ha  ordinato  in  ultimo  che  della  presente  decisione  so  ne  imprimaiio  numero 
cinquecento  copie. 

Il  tutto  a  cura  e  diligenza  del  Capitano  Relatore  da  Pubblico  Ministero. 

Fatto  ,  giudicato  e  pubblicato  in  continuazione  dell'ultimo  atto  del  dibatti- 
mento 

Oggi  in  Palermo,  li  30  aprile  1824,  alle  ore  2  d'Italia. 

Colonnello  Emmanuele  Ribas  Presidente. 

Capitano  Pietro  Pellegrino  Giudice. 

Capitano  Bernardo  Conti  Giudice. 

Tenente  Giuseppe  Pistorio  Giudice. 

Tenente  Gaetano  de  Vicesvinci  Giudice. 

Sotto  Tenente  Carlo  Amidi  Giudice. 

Sotto  Tenente  Federico  Daubert  Giudice. 

Domenico  Corvaja  Giudice  della  Gran  Corte  C.  uomo  di  leggo. 

Àjutanto  Domenico  Raspa  Cancelliere. 

Visto 
Il  Capitano  Relatore  da  Pubblico  Ministero 
(fiovanni  Andrea  Maurigi. 
(K.  Arrbirio  di  Stato  io  Palenno). 

DOCUMENTO  N.  II. 

Lettera  del  Miniatro  Segretario  di  Stito  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  21  agosto  18133. 

ISeeeXteHBo, 

Dftl  Miniatoro  della  Polizia   Gonornlt)  in  data  di  oggi  stesso  mi  ù  stato  di- 
retto il  MgaMte  UfBoio  —  *  Sul  Pacchetto  Fruuceau  a  vaporo  arrivato  roconto- 


APPENDICE  XVII 


mente  qui,  vi  è  stato  un  passeggiero  a  nome  Nicola  Ruffo  di  Palermo,  negoziante. 

Egli  nel  passato  Maggio  partì  dalla  patria  per  la  direzione  di  Parigi ,  ma 
invece  recossi  in  Marsiglia  ,  donde  ora  è  di  ritorno,  ed  ha  intenzione  di  ripa- 
triarvi  al  piìi  presto. — È  un  giovane  assai  vivace,  e  nella  corrispondenza  avuta 
con  la  sua  famiglia  si  son  rimarcate  le  seguenti  proposizioni  che  gli  orano  in- 
dirizzate, cioè:  Speriamo  che  vi  avrete  accomodata  la  vostra  testa. 

Ho  stimato  quindi  opportuno  di  prevenir  V.  E.  sul  conto  del  suddetto  indi- 
viduo per  quelle  contemplazioni  che  la  sua  saggezza  crederà  convenienti  „.  Ed 
io  mi  do  la  premura  di  comunicarle  a  V.  E.  perchè  si  serva  farne  1'  uso  con- 
veniente. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia 

Aht.  Fsango. 

(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  III. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  18  settembre  1833. 
Eccellenza, 

È  partito  da  questa  parte  dei  Reali  Dominii  per  Messina  il  nominato  Ric- 
cardo Comi  della  Comune  di  Giulia  nella  provincia  di  Abruzzo  ulteriore  1*. 
Questo  signor  Ministro  della  Polizia  Generale  nel  parteciparmi  ciò  soggiunge 
che  il  Comi  è  un  individuo  marcato  in  linea  di  politica;  quindi  mi  do  la  pre- 
mura di  provenirne  la  E.  V.  per  quelle  disposizioni  di  vigilanza  sul  medesimo 
che  TE.  V.  voglia  creder  necessarie. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia 

Ant.  Fbanco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  IV. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  27  agosto  1834. 
Eccellenza, 

Questo  signor  Ministro  di  Polizia  Generale,  con  ufficio  dei  22  corrente  mi 
ha  partecipato  di  esser  da  Roma    pervenuto  in  questi  il  signor    Giovanni  Ul- 
Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  8 


XVin  APPENDICE 


tico  Ichr  di  S.  Gallo  in  Svizzera,  negoziante  munito  di  passaporto  rilasciatogli 
dal  Console  di  Commercio  della  Confederazione  Svizzera  in  Marsiglia  in  set- 
tembre ultimo,  e  vistato  dalla  Regia  Legazione  in  Roma,  di  essere  stato  qui 
accuratamente  vigilato;  e  nessuna  cosa  in  contrario  esserne  risultata  ;  o  final- 
mente di  essersi  l'enunciato  individuo  imbarcato  ai  16  del  corrente  mese  sopra 
legno  mercantile  alla  volta  di  Palermo. 

Mentrechè  ho  1'  onore  di  far  consapevole  1'  E.  V.  di  tutto  ciò  ,  la  prego  di 
volermi  in  seguito  far  conoscere  i  movimenti  dello  indicato  forestiero ,  quante 
volte  si  dirigesse  nuovamente  in  questa  parte  dei  Reali  Dominj  per  io  farne 
inteso  il  prelodato  Ministro  giusta  la  richiesta  da  lui  fattami. 

//  Ministro  Segretario  di  Stato 

per  gli  affari  di  Sicilia 

Aht.  Fkamco. 
(Archirio  dUto). 

DOCUMENTO  N.  V. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  20  dicembre  1834. 
Eccellenza, 

11  nostro  Ministro  degli  affari  Esteri  con  suo  ufficio  dei  17  corrente  mi  ha 
fatto  tenere  una  copia  di  lettera  diretta  a  questa  Nunziatura  Apostolica  in  Ro- 
ma ,  contenente  taluni  insegnamenti  sul  noto  settario  Luigi  Fabrizi  e  su  di  un 
tale  Felice  Rosignauo ,  il  quale  sotto  finto  nome  di  Monsieur  le  Comte  Jean 
Francois  Piccotti  si  trova  giìi  in  giro  dell'Italia  per  propagarvi  le  infernali  mas- 
sime rivoluzionarie ,  desiderandosi  dal  Governo  Pontificio  che  sia  loro  vietato 
l'ingrosso  nei  papali  dominj.  Por  averne  1'  E.  V.  la  dovuta  intelligenza  mi  do 
la  premura  di  accluderlo  un  consimile  dell'enunciata  lettera  o  farne  quell'  uso 
che  nella  sua  saggezza  crederà  conveniente. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 

per  gli  affari  di  Sicilia 

Ant.  Franco. 
(AreblTio  dUto). 


DOCUMENTO  N.  VI. 

liotna  —  Direzione  Generale  di  Polizia 
JtiHerpota  al  solo  Nunzio  apostolico  in  Napoli. 

Jll.mo  e  lieverenditisìmo  Signore, 

CoBOte«  i    Governo  di  Sua  Santitii  che  con  passaporto  rilasciato  in  origine 
U  4  oltokv  •ourso  p«r  ooatà  dal    prefetto  di  Marsiglia  certo   Luigi  Fabritii  di 


APPENDICE  XIX 


Modena ,  possidente  di  anni  21  ed  uno  dei  Capi  della  Federazione  della  Gio- 
vane Italia,  espulso  da  Marsiglia,  cerca  di  penetrare  in  Italia  e  nei  Dominj  della 
Santa  Sede,  per  agirvi  nel  senso  di  un  politico  rivolgimento.  Sa  pure  che  per 
Commissione  della  Propaganda  trovasi  in  giro  per  l'Italia,  sotto  il  nome  di  Mon- 
sieur  lo  Corate  Jean  Francois  Piccotti,  un  tal  Felice  di  Rosignano ,  pessimo 
soggetto,  che  molto  figurò  nell'Epoca  francese  come  njutante  di  campo  del  ge- 
nerale Berthier.  Questo  dicesi  alto  cinnuo  piedi  e  4  polliti;  di  corporatura  snella, 
di  viso  lungo  e  vivace  e  di  bella  idea.  -  Se  tali  soggetti  o  alcuni  di  loro  pe- 
netrassero costà  e  ricercassero  da  V.  S.  III. ma  e  Reverendissima  il  visto  nel 
proprio  passaporto  per  penetrare  nello  Stato  Pontificio,  è  niente  del  Governo 
che  gli  venga  denegato,  e  che  si  faccia  tener  dietro  ai  loro  passi  per  conoscere 
quale  direzione  siano  per  prendere. —  Partecipo  tutto  ciò  a  V.  S.  Ill.ma  e  Re- 
verendissima per  opportuna  norma,  ed  in  attesa  di  ragguaglio,  qualora  fosse  per 
avverarsi  alcuna  cosa  in  proposito,  ho  l'onore  ecc. 

Li  12  dicembre  1834. 

Firmato  :  L.  Ciaulsi  Governatore. 

(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  VII. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  24  dicembre  1835. 
Eccellenza, 

Un  tal  Pudon  nativo  livornese  cerca  portarsi  in  Roma  da  Torino,  traversando 
r  Italia  sotto  il  nome  di  Lobeun.  Egli ,  comunque  in  apparenza  comparisca  le 
gitti mista ,  pur  tutta  volta  ci  sono  dei  dati  a  crederlo  agente  e  spia  del  Go- 
verno francese.  Trovasi  munito  di  un  passaporto  rilasciatogli  a  Lisbona  da 
quel  Ministro  di  Francia  sotto  il  nome  di  Lebeun,  medico  chirurgo ,  e  vistati 
all'ambasciata  di  Francia  e  Torino  per  Roma.  Essendo  importante  che  siano 
spiati  i  suoi  passi,  qualora  giunga  di  furto  in  cotesta  parto  dei  Reali  Dominj, 
mi  do  la  premura  di  passarlo  alla  intelligenza  di  V.  E.  per  quell'uso  che  cre- 
derà conveniente. 

//  Ministro  Segretario  di  Stat 
per  gli  affari  di  Sicilia 
A  NT.  Franco. 
(Archivio  citato). 


jbt  APPENDiCÈ 


DOCUMENTO  N.  Vili. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  12  gennaro  1835. 
Eccellenza, 

Il  giorno  16  dello  scorso  dicembre  s' imbarcò  la  Malta  sulla  nave  di  Real 
Bandiera,  nominata  Leonforto,  comandata  da  patron  Antonio  Russo ,  per  Mes- 
sina il  forestiero  Felix  barone  LJrasky,  soggetto  pericoloso  in  linea  di  politica. 

Mi  do  la  premura  di  farne  parte  all'È.  V.  per  quell'uso  che  voglia  credere 

conveniente. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 

per  gli  affari  di  Sicilia 

Akt.  Franco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  IX. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo.  , 

Napoli,  21  gennaro  1885. 
Eccellenza, 

In  proseguimento  della  mia  del  17  corrente,  sul  forastiero  Felix  barone  Brasky, 
da  Malta  partito  per  cotcsta,  ho  1'  onore  di  parteciparle  che  questo  signor  Mi- 
nistro della  Polizia  Generale  mi  ha  richiesto  di  fargli  conoscere  ,  se  mai  da 
Messina  o  da  altro  punto  di  cotosta  isola  il  prefato  individuo  prendesse  direzione 
per  questa  parte  dei  Reali  Domioj.  Sono  perciò  a  pregare  l'È.  V.  di  voler  avere 
la  compiacenza  di  favorirmi  tale  notizia,  nel  caso  che  si  avverasse. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 

per  gli  affari  di  Sicilia 

Ant.  Fbanco. 

(Archivio  ciUto). 


DOCUMENTO  N.  X. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  21  febbraio  1835. 
Eccellenza, 

Il  Miniittro  della  Polizia  (Jonorale  con  riservatissimo  ufilcio  dei  20  dolio  an- 
dante mese  mi  ha  manifentato  chi<  hiiI  loglio  h  vapora,  il  quale  bniciossi  ulti- 


APPEHDiOE  Xìt 


inamente  in  questo  porto,  pervenne  in  Napoli,  in  compagnia  della  moglie,  il  conte 
Giambattista  Lusini  Passalacqua,  che  pei  suoi  principii  politici  e  contatti  avuti 
in  Milano  ,  eccitò  dei  sospetti  e  venne  colà  sottoposto  a  sorveglianza.  Ha  poi 
il  detto  Ministro  soggiunto  che  essendosi  qui  strettamente  indagati  e  seguiti 
gli  andamenti  del  Conte,  non  ha  dato  luogo  ad  osservazioni  attendibili,  giacché 
vedendo  egli  in  frequenza  e  fon  intimità  il  Console  Generale  del  Brasile,  si  è 
solo  occupato  di  divertimenti  e  del  teatro.  Or  siccome  tale  individuo,  notato  di 
svantaggiose  nozioni  che  richiamarono  1'  attenzione  particolare  della  Polizia  di 
Milano,  è  partito  per  cotesti  Keali  Dominj  il  giorno  3  di  questo  mese,  cos'i  mi 
do  tutta  la  premura  di  renderne  informata  V.  E.  perchè  si  serva  dare  quelle 
disposizioni  che  nella  sua  saggezza  stimerà  piii  opportune. 

Jl  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia 

Aht.  Fbanoo 
(Archivio  dtatoj. 


DOCUMENTO  N.  XI. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

La  lettre  transcrite  ci-après,  datée  de  Berne,  19  janvier,  assure  qu'un  mou- 
vement  popoulaire  était  pret  à  eclater  dans  le  Royaume  des  Deux  Siciles,  et 
si  attendait  plus  que  la  decisiou  de  la  Capitale.  Luviqu'on  (Sic)  ne  puisse  róvoquer 
au  doute  la  coutiiiuation  des  mcnèes  du  propagandisme  republicain,  le  Cernite 
centrai  de  la  Jcuno  Italie  a  cependant  assuyés  (Sic)  des  echocs  très  considerable 
dans  son  crédit  et  dans  res  ressources.  On  serait  donc  tenté  de  croire  que  les 
Auteurs  des  lettres  do  Naples,  dont  il  est  quéstion,  aient  suivi  la  tactique  tant 
de  fois  mise  en  usage  par  les  membres  de  la  secte  surmentionnée,  de  se  tenir 
mutuellement  en  halaine  par  des  Musions  (Sic)  et  des  vaines  promesses ,  pour 
soutenir  leur  courago  chancelant,  par  Tespoir  de  la  réussite  de  leurs  machina- 
tions  (1).  V 

(^Extrait  de  la  lettre  de  Berne). 

Le  lettere  che  vengono  dalla  Sicilia  agli  Amici  parlano  chiaro  e  dicono  che 
il  malcontento  è  generale,  e  che  la  mossa  popolare  è  pronta  quando  Napoli  si 
sarà  una  volta  decisa.  Una  di  queste  la  lessi  io  stesso ,  ed  ora  segnata  con 
queste  due  lettere. 

C.  B. 
^Archivio  citato). 


(1)  Questa  lettera,  non  priva  di  orrori,  ì>  del  tutto  conforme  all'origliiale. 


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DOCUMENTO  N.  XII. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  25  febbraio  1835. 
Eccellenza, 

Sul  proposito  dello  stabilimento  di  un  Comitato  rivoluzionario  francese  in 
Parigi  di  accordo  coi  Cupi  della  Giovino  Italia,  mi  affretto  di  far  tenere  a  V.  E. 
copia  di  articoli  di  due  lettere  scritte  da  Parigi  ad  un  rifuggiato  in  Marsiglia, 
onde  l'È.  V.  si  serva  farne  l'uso  che  nella  sua  saggezza  crederà  più  conveniente. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia 
Ant.  Franco. 
(Arcbivio  citato). 


*  Brano  di  lettera  inviata  a  Marsiglia. 

Parigi,  18  gennaio  1835. 

Sotto  le  tenebre  ed  il  silenzio  una  macchina  infernale  si  sta  travagliando. 
L'oggetto  non  è  ancora  perfettamente  conosciuto  chi  dai  collaboratori,  e  forse 
qualch'  uno  di  essi  non  conosce  tutta  la  estensione  della  intrapresa.  Si  fa  spe- 
rare che  a  diversi  degli  illuminati,  e  coraggiosi  dei  nostri  L.li  Ri glie 

ne  sarà  fatta  comunicazione.  Ciò  si  dice  che  sarà  pel  bene  e  per  por  fine  ai 
mali  che  opprimono  la  desolata  nostra  patria.  Basta;  apriamo  gli  occhi,  afilnchò 
non  venissimo  ad  essere  istrumcnto  dei  capricci  altrui ,  e  falso  promesso ,  sic- 
come a  noi  tutti  già  fu  noto. 


Brano  d'altra  lettera. 

Parigi,  !9  gennaio  1835. 

Un  Comitato  im])rovvÌ8o  si  è  installato  in  questa  Capitate,  ed  i  membri  ne 
sono  sino  a  questo  momento  quasi  incogniti.  Esso  si  vuole  che  sia  per  gli  af- 
fari d'Italia,  u  che  sia  a])poggiato  da  fortissimo  braccio.  Iddio  co  la  mandi  buona: 
diverse  riunioni  dicosi  cho  vi  siono  stato,  u  elio  abbiano  proso  dallo  buonissime 
misuro,  per  cui  speriamo  un  buonissimo  risultato.  Eccoti  segno  di  vita. 


APPENDICE  XXIIC 


DOCUMENTO  N.  XIH. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo, 

Napoli,  28  marzo  1835. 
Eccellenza, 

Uno  0  più  agenti  del  Comitato  rivoluzionario  di  Francia,  trovando  scoperte 
dalla  Polizia  di  Napoli  le  loro  manovre,  avvertiti  a  tempo,  sono  riusciti  a  pren- 
dere la  fuga.  Il  prefetto  di  Marsiglia ,  dicesi ,  ne  sarà  avvisato ,  come  ancora 
quei  giornalisti  liberali,  perchè  noi  rendere  pubblico  un  tale  incidente ,  avver- 
tissero del  pericolo  gli  ulteriori  Emissarii  che  dovranno  partire  alla  destinazione 
di  Napoli. 

Il  propagandista  Very,  di  cui  ho  già  tenuto  proposito  a  V.  £.,  sullo  stesso 
argomento  scrive  da  Lione  ai  suoi  correligionarii  di  Marsiglia  lettere  dello  stesso 
tenore,  che  confermano  tali  concepiti  timori.  Sino  al  momento  però  né  il  Pre- 
fetto ha  ricevuto  annunzio  di  ciò,  né  i  giornali  ne  han  fatto  parola. 

Io  mi  do  quindi  la  premura  di  partecipare  tutto  ciò  all'È.  V.  per  la  sua  in* 
telligenza,  e  per  quell'uso  che  giudicherà  conveniente. 

/{  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia 
A  NT.  Fbawco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XIV. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  15  aprile  1835. 
Eccellenza, 

Con  riservatissimo  uffizio  dei  28  marzo  ultimo  mi  diedi  la  premura  di  ren- 
dere informata  V.  E.  della  scoperta  fatta  dalla  Polizia  di  Napoli  di  taluni  agenti 
del  Comitato  rivoluzionario  di  Parigi.  Or  tali  agenti  sono  fuggiti  da  questa 
Capitalo  sul  punto  di  ossero  arrestati  ,  hanno  scritto  da  Livorno  ai  loro  amici 
in  Marsiglia,  ai  15  febbraio  ultimo,  avvisandoli  dell'  accaduto ,  ondo  avvertire 
gli  altri  Emissarii  loro  colleghi  di  sospendere  il  viaggio  d'Italia,  affine  di  non 
trovarsi  anch'essi  in  simili  imbarazzi:  di  maniera  che,  si  assicura,  che  sono  pel 
momento  sospesi  i  travagli  della  Propaganda  relativi  all'Italia,  ed  ai  Reali  Do- 
minj.  Con  tutto  ciò,  siccome  conviene  star  sempre  vigilanti,  e  temere  incessan- 


XXIV  APPENDICE 


temente  di  siffatta  genia,  io  sono  sollecito  di  partecipare  all'È.  V.  questa  nuova 
circostanza,  per  quell'uso  clic  nella  sua  saggezza  giudicherà  piìi  conveniente. 

//  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia 
Ant.  Fbanco. 
(ArdÙTio  citato). 

DOCUMENTO  N.  XV. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  15  aprile  1835. 
Eccellenza, 

Si  conferma  sempre  piìi  essersi  pel  momento  sospesi  ì  travagli  del  Comitato 
Rivoluzionario  francese  e  della  Giovine  Italia  sulla  penisola  italiana  e  sui  Reali 
Dominj,  giacché  i  rifuggiti  di  Francia,  siccome  essi  vanno  spacciando,  fondano 
su  di  una  vicina  amnistia  che  si  darà  dal  nuovo  Imperatore  d'Austria  ai  col- 
pevoli di  delitti  :  e  attendendo  questo  atto  che  di  molto  sorriderebbe  alle  loro 
mire  sovversive ,  si  mantengono  in  osservazione  ,  senza  nulla  per  ora  intra- 
prendere. 

n  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia 
Ant.  Fkanco. 
(ArchiTio  dUto). 


DOCUMENTO  N.  XVI. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stito  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  18  aprile  1835. 
Eccellenza, 

In  continuazione  del  mio  Uffizio  del  15  dell'andante  mese,  mi  do  la  pro- 
mura di  ronderò  informata  V.  K.  di  altre  circostanza  in  ordine  alle  macchina- 
zioni dei  settari  i 

•Si  Ha  che  negli  ultimi  giorni  di  marzo  giunsero  in  Marsiglia  ,  provenienti 
dall'  intento  della  Francia  ,  da  20  a  25  rifuggiti  italiani ,  il  di  cui  notamente 
mi  farà  prosaimamcnto  rimesso.  Costoro  orano  disposti  a  seguirò,  con  gli  altii 
reaidcnli  in  qui'lln  Città,  lo  diuponiziuni  ed  i  progetti  della  Cìioviiie  Italia,  e  du- 
ranta  la  notte,  sia  in  culfè,  sia  nollu  pubbliche  strade,  si  diedero  a  cantaro  un 


APPENDICE  XXV 


canto  rivoluzionario.  La  ii:soliiziono  però  presa  da  molti  di  essi  Ji  portar.-^i  in 
Ispagna,  e  le  loro  asserzioni  di  non  esservi  più  nulla  a  faro  in  Marsiglia,  con- 
fermano sempre  più  quanto  di  già  è  stato  (letto  sui  piani  della  propaganda  ri- 
voluzionaria relativamente  all'  Italia,  cioè  che  per  ora  serabran  sospeso  le  loro 
demagogiche  mire  sulla  stessa;  anche  perchè  sono  essi  in  attenzione  del  nolo 
decreto  di  amnistia  e  di  altre  clementi  disposizioni  che  sperano  dal  nuovo  Im- 
peratore d'Austria. 

Serva  tutto  ciò  d'intelligenza  all'K.  V.  per  quell'uso  che  nella  sua  saggezz.i 
stimerìi  conveniente. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 

pei-  (jìi  affari  di  Sicilia 

A  NT.  Franco. 

(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XVII. 

Lettera  ilei  Mhiisiro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  (h'uerali'  in   Palermo. 

Napoli,  27  giugno  1835. 
Krcellvma, 

Le  relazioni  pervenute  intimamente  nulla  offrono  d'interessante  intorno  allo 
criminoso  macchinazioni  dei  sottarj ,  ed  ai  loro  progressivi  andamenti  ;  solo  si 
raccoglie  dalle  dette  relazioni  il  movimento  di  taluni  propagandisti,  e  lo  stabi- 
limento in  Bastia  di  un  Comitato  composto  di  profughi  italiani,  di  cui  qui  ac- 
chiuso ho  l'onore  di  rimettere  a  V.  E.  il  notamonto.  Costoro  mirano  a  mettersi 
in  relazione  col  Comitato  francese  in  Parigi,  ma  in  seguito  di  arresti  occorsi 
nella  Toscana,  molti  soggetti  trovandosi  compromessi,  sono  fuggiti  senza  passa- 
porti, 0  con  passaporti  sotto  mentiti  nomi,  ricoverandosi  in  Marsiglia. 

Fra  di  essi  è  un  certo  Silvio  Solimani  di  Pisa,  giunto  in  Marsiglia  sotto  il 
nome  di  Oliva  nativo  dell'isola  d'  Pllba.  Degli  altri  non  si  conoscono  ancora  i 
nomi,  ad  eccezione  di  un  certo  chiamato  Leoni  di  Modena  ,  partito  per  Lione, 
e  di  un  tal  MnrrocchcUi  piemontese,  partito  per  le  Spagne. 

In  Marsiglia  poi,  che  è  la  fucina  delle  perverse  macchinazioni  dei  settari 
italiani,  le  cose  proparato  dal  partito  repubblicano  francese,  colla  coadiuvaziono 
della  setta  la  Giovine  Italia,  continuano  nello  stato  primiero ,  ed  attendesi  il 
segnale  che  dovrebbe  venir  da  Parigi  per  faro  scoppiare  il  proposto  nuovo  piano 
rivoluzionario.  A  tabi  oggetto  son  partiti  per  quella  Capitale  tre  famosi  repub- 
blicani marsigliesi  che  debbono  rappresentarvi  e  difendervi  gl'interessi  dei  loro 
mandanti.  Essi  chiamansi  Barthelemy,  Richai;d  e  Gennaiu. 

Ardi.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  4 


XXVI  .  •  APPENDICE 


Io  mi  do  la  premura  di  rendere  informata  TE.  V.  di  tutto  ciò,  in  continua- 
zione delle  mie  precedenti  comunicazioni  sul  proposito,  od  affinchè  si  serva  farne 
l'oso  che  nella  sua  saggezza  giudicherà  conveniente. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia 
Ant.  Fbanoo. 
(Archivio  citato). 


Notamento  degl'indivìdui  che  compongono  il  Comitato  rivoluzionario 

iti      Tin^iìn     (  f:nì*Q^/*n\ 


ili  Bastia  {Corsica) 


Laigi  Fabrizi  —  Modena. 
Avvocato  Borghini  —  Parma. 
Medico  Sterbini  —  Roma. 
Cesare  Giudici  —  Modena. 
Federico  Morselli  —  Modena. 
M.  Cucchi  —  Genovesato. 
Francesco  Ceroni  —  Romagna. 

Marsiglia,  9  giugno  1835. 


DOCUMENTO  N.  XVIH. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  18  novembre  1835. 
EcedUnza, 

Col  mio  risorvatissimo  uffìzio  del  27  gennaio  scorso  mi  diodi  la  promura, 
fra  le  altro  coso  relativo  allo  macchinazioni  dei  settarj  od  al  movimento  di 
taluni  propagandisti,  di  tenere  parola  a  V.  E.  di  un  certo  Richard,  famoso  re- 
pubblicano marsigliesn,  il  qua'o  in  unione  di  altri  suoi  duo  colleglli  per  nomo 
Barthelomy  e  Gcrmain,  doveva  recarsi  in  Parigi  noll'intercsso  della  Propaganda 
rivoluzionaria.  Or  è  accertato  da  sicura  sorgente  che  il  detto  Richard,  il  quale 
Ri  credo  figlio  del  maresciallo  DavouFt,  ò  stato  in  Palermo,  od  ha  colh  riunito 
intomo  a  hù  molta  giuvcnlìi,  mettendosi  in  contatto  cogli  amici  e  adorenti  della 
Giovine  Italia  che  lo  hanno  festeggiato.  Da  Palermo  lo  stesso  Richard  ò  ve- 
nuto poMoia  in  questa  capitalo ,  ove  si  giudica  che  sia  in  relaziono  con  tutti  i 
Mtt*rj,  e  si  propone  di  ritornare  in  l'arigi ,  seco  conducendo  il  letterato  regio 
suddito  a  nomo  Pierangelo  Fiorentino  di  Napoli. 


APPENDICE  XXVtt 


Io  sono  sollecito  di  partecipare  anche  ciò  all'È.  V.  in  coatinuazione  del  ci- 
tato mio  uffizio ,  affinchè  si  serva  farne  1'  uso  che  nella  sua  saggezza  crederà 
conveniente. 

Il  Ministro  Segretario  di  Staio 
per  gli  affari  di  Sicilia 
Ant.  Fbanco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XIX. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  13  novembre  1835. 

Eccellenza, 

Reputando  degno  della  conoscenza  di  V.  E.  quanto  è  contenuto  nella  copia 
di  un  sunto  di  lettera  di  Francia,  io  mi  do  la  promura  di  farlo  tenere  all'È.  V., 
nflinchè  si  serva  farne  l'uso  chfl  nella  sua  sag^ezzii  crederà  conveniente:  sog- 
giungendole che  secondo  le  assicurazioni  ricevute,  degli  omissarii  appartenenti 
alla  propaganda  rivoluzionaria  spagnuola  sono  partiti  per  l'Italia,  ed  anche  pel 
Regno,  ove  per  meglio  riuscire  nel  loro  intento  si  spacceranno  per  partigiani  di 
D.  Carlos. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 
pei'  gli  affari  di  Sicilia 
Ant.  Franco. 
(Archivio  citato). 


Copia 

Voici  ce  quo  me  ròpondent  Ics  personnes  anx  quelles  j'  ai  ócrit  à  Genere. 
Dans  la  Suisse  en  general  V  esprit  est  passablement  mauvais ,  particulieremen 
d'otre  mis  cn  premières  ligne ,  ensuite  dans  ceux  de  Baie,  Campagne,  de  Ge- 
nève et  tous  Ics  petits  Cantons  qui  avoisinent  Lausanne  et  Le  Mont  St.  Got- 
tard.  Les  réfugiés  Italiens,  Polonais,  AUemands  ec.  y  abondent  et  y  sont  souf- 
ferts ,  vi'is  avec  plaisir  et  méme  choyós  par  la  grande  majoritó  des  habi- 
tants  ecc.  ecc. 

Un  passeport  a  été  délivró  à  la  prefecture  le  14  du  courant  au  sieur  Car- 
melo Rotolo,  italion  réfugié,  uatif  de  Naples,  àgó  do  23  ans,  et  qui  ctait  tou- 
jours  restò  à  Marsi'illc  sou3  1j  noin  do  Gibaldi  pour  aller  à  Malto. 


XXVni  APPENDICE 


DOCUxMENTO  N.  XX. 

Decreto  contro  i  violatori  delle  leggi  sanitarie. 

Napoli  il  di  12  settembre  1836. 

Jter'iinando  II  per  la  grazia  di  Dio  li",  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec,  Infante  di  Spagna,  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Ca- 
flro  ec.  ec.  Gran  Principe  Ereditario  di    Toscana  ec.  ec.  ec. 

Veduto  il  Decreto  de'  5  agosto   1831  ,  intorno  alla  repressione  do'  misfatti 
sanitiirj,  di  cui  l'.irt.  1°  è  cosi  concepito  : 
'  Saran  puniti  colla  morto  i  misfatti  : 

*  1'  di  violazione  del  cordone  che  il  Insogno  farà  stabilire  sul/e  spiagge, 
"  coste,  o  altro  luogo  del  regno; 

*  2°  di  violazione  di  contumacie  diverso  stabilite  da'  regolamenti  sanitarj; 

*  3"  d'immissione  di  generi  di  controbbando  sanitario,  o  di  disbarco  furtivo, 
"  sia  di  generi,  sia  di  persone ,  di  cui  per  disposizioni  sanitarie  la  comunica- 
"  zione  è  interdetta,  o  sottoposta  ad  una  straordinaria  contumacia; 

"  4"  di  falsificazioni  di  patenti  sanitarie; 

*  ó"  di  complicità  in  alcuno  degli  enunciati  misfatti  del  pari  che  di  ricct- 
"  tazione  scientemente  o  volontarinmente    data  ad  oggetti  immossi    dall'estero 

•  con  iufraziono  di  leggi  e  regolamenti  sanitarj; 

"  G"  di  resistenza  commessa  con  armi  contro  i  deputati  e  le  guardie  sani- 
"  t«ric  per  oggetti  relativi  al  servizio; 

*  1"  di  diserzione  delle  guardie  sanitarie  o  di  nualunque  guardia  destinata 

•  alla  custodia  del  cordone  o  della  contumacia,  e  di  ogni  abbandono  del  proprio 
'  posto  ,  purché  la  diserzione  e  1'  abbandono  sieno  commossi  nel!'  atto  del  ser- 

•  vizio;  , 

Veduto  sulla  stowa  materia  il  Decreto  dui  4  agosto  183'). 

Volendo  Noi  aggingnere  agli  enunciati  Decreti  tuttavia  in  osrcrvanza  altre 
dÌ8p03Ìziooi  su'la  materia; 

Veduto  il  Rapporto  del  Consigliere  di  Stato  Ministro  Segretario  di  Stato 
Luogotoncnto  Oeneralc  nei  nostri  Reali  Doniinj  <>ltrc  il  Faro; 

Sulli  proposizione  del  Ministro  S.-gn-tario  di  Stato  per  gli  alluri  di  Sicilia 
prcMo  la  Nostra  Real  Persona; 

Udito  il  Nostro  Consiglio  Oidinario  di  Stato; 

Abbiamo  rÌMoluto  di  de  «.rotare,  o  decretiamo  quanto  segue: 

Art  1.  Nu'  giuJizj  du'  misfatti  sanitarj  ,  punibili  rolla  morte ,  in  vigor  del 
traMCritto  articolo  priuio  del  Decreto  du'  5  agosto  18'tl,  lìrocederanno  collo  formo 
dfl  giud:zio  subituneu  utubilitu  nel  Capitolo  IX,  titolo  II,  liliro  II,  dello  Statuto 
punalo  Militar^*,  i  Cm^figli  di  Guerra  di  Unarnigioiie  da  elevarsi  in  Comniis- 
•tono  militaro. 


▲^PENDICE  XXUt 


Ciascuno  di  essi  composto  di  otto  votanti,  deciderà  col  uuiuoro  di  sette,  a- 
stenendosi  dal  votare  il  Giiulice  di  minor  grado  ,  purché  altri  di  grado  mag- 
giore non  si  trovi  legalmente  impedito. 

Art.  2.  La  composiziono  de'  Consigli  di  Guerra  da  elevarsi  in  Commissione 
militare  ,  sarà  per  la  condizione  de'  giudicabili  regolata  dalle  norme  del  De- 
creto de'  10  gennaio  1827, 

Art.  3.  Gl'Intendenti  delle  Valli  tradurranno  gl'imputati  a'  Consigli  di  Guerra 
di  Guarnigione,  che,  secondo  il  bisogno,  saran  convocati  dagli  Intendenti  stessi 
ne'  luoghi  diversi  delle  Valli,  dove  sembrerà  loro  più  opportuno  per  l'esempio 
e  per  la  prontezza  del  giudizio. 

Art.  i.  Ne'  Consigli  di  Guerra  di  Guarnigione  elevati  in  Commissione  mi- 
litare esei citerà  le  funzioni  di  uomo  di  legge  il  Nostro  Frocurator  Gtueralo 
presso  la  Gran  Corte  Criminale  di-lla  Valle,  so  la  convocazione  do'  medesimi 
avvenga  nella  residenza  della  Gran  Corte.  Ove  poi  avvenga  ne'  Circondarii,  lo 
funzioni  medesime  saraimo  cserci'atc  dal  Giudice  del  Circondario. 

Art.  5.  I  giudicabili  per  misfatti  sanitarj  che  si  pn^sentino  spontaneamente 
in  prigione,  godranno  l'el  beneficio  conceduto  dali'  articolo  437  delle  Leggi  di 
procedura  penalo. 

Art.  6.  Il  Ministro  Segnatario  di  Siato  per  gli  affari  di  Sicilia  presso  la  No- 
stra Real  Persona,  ed  il  Consiy;lioie  di  Stato  Ministro  Segretario  di  Stato  Luo- 
gotenente Generale  no'  Nostri  llaali  Dominj  oltre  il  Faro,  sono  iucarioali  della 
esecuzione  del  presente  Decreto. 

Firmato  —  FERDINANDO. 
Il  Ministro  Segretario  di  Stato 
l'er  (/li  affari  di  Sicilia 
Firmato  —  Antonino  Fkanio. 

Il   Consiijliere  Ministro  di  Stato 

Presidente  Interino  del  Consiglio  dei  Ministri 

Firmato  —  Mauciiese  Ruffo. 

l'er  Certificato  Conforme 

Il  Consigliere  Ministro  di  Slato 

/'residente  "Interino  del  Con-i'glio  dei  Ministri 

Firmato  —  Marcues  ;  Ruffo. 

Per  Copia  Conforme 
Il  Ministro  Segretario  di  Stato 

Fer  gli  affari  di  Sicilia 
Firmato  —  Antonino  Franco. 

Per  Copia  Conforme 

/  Consigliere  di  Stato  Ministro  Segretario  di  Staio 

Luogotenente  Generale 

Principe  di  Campofbanco. 

(Archivio  citato). 


mCT  APPEKDtOE 


DOCUMENTO  N.  XXI. 
Sentenza  della  Commissione  militare  di  Palermo 

Ferdinando  II.  per  la  grazia  di  Dio  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ec.  ec.  Gran  Prin- 
cipe ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

\  Il  Consiglio  di  Guarnigione  della  Valle  di  Palermo,  elevato  in  Commissiono 
militare  procedendo  in  modo  subitaneo,  convocato  da  S.  E.  l'Intendente,  e  no- 
minato dal  signor  Generale  Cav.  D.  Pietro  Vial  Comandante  le  Armi  nella  Vallo 
sudetta,  composto  dei  signori  Maggiore  D.  Giacomo  Guttadauro  presidente,  Ca- 
pitano Cav.  D.  Giuseppe  Lepore  del  1"  Reggimento  della  Guardia  Granatieri;  Ca- 
pitano D.  Giosuè  Ritucci  del  4"  Battaglione  di  Gendarmeria,  1°  Tenente  D.  Giu- 
seppe Ferrajuolo  del  2°  Reggimento  di  linea  Regina,  P  Tenente  D.  Federico 
Morfino  del  10°  Reggimento  di  Linea  Abruzzo ,  2°  Tenente  D.  Giacomo  Kum- 
bely  del  V  Reggimento  di  Linea  Re,  2°  Sergf^ntc  Federico  Deluca  del  3"  Dra- 
goni Principe,  giudici;  Capitano  D.  Gesualdo  Patti  Commissario  del  Re,  coU'iii- 
l'intervento  del  signor  Consigliere  della  Suprema  Corte  di  Giustizia,  Regio  Pro- 
curatore Generale  del  Re  della  Gran  Corto  Criminale,  Dottor  D.  Salvatore  Ogni- 
bene  uomo  di  legge,  assistiti  dal  2"  Sergente  Francesco  D'Avella  Cancelliere, 

Riunito  nel  locale  delle  ordinario  seduto,  sito  nel  Convento  del  Carminello , 
piano  Bologni,  n.  6  per  giudicare: 

1"  Salvatore  Palazzolo,  figlio  d'Ippolito  da  Cinisi,  di  condizione  campagnuolo. 

T  Francesco  Tarantino  da  Palermo,  figlio  del  fu  Damiano,  guardia  al  servizio 
della  Deputazione  di  Salute; 

3°  Gaetano  Gennaro,  figlio  del  fu  Antonino  da  Palermo,  guardia  al  servizio 
della  Deputazione  di  Salute; 

Accusati .  il  primo  di  violazione  di  contumacia  e  i  detti  Tarantino  o  Gen- 
naro, guardie  sanitarie,  di  diserzione  e  abbandono  del  posto,  ove  la  sera  del  1" 
ottobre  f  tante  furono  destinati  a  prestar  servizio  al  Molo ,  per  la  custodia  dol 
Brigantino  in  contumacia  proveniente  da  Malta,  denominato  Giorgio,  Capitanato 
da  D.  Antonino  D'Anna,  da  dove  la  notte  dol  sudetto  giorno  fuggì  il  soprano- 
minato  Salvatore  Palazzolo,  che  sotto  il  mentito  nomo  di  Giuseppe  D'Agostino 
ivi  trovavasi  imbarcato;  reati  previsti  dal  Rcal  Decreto  del  5  agosto  1831,  ri- 
chiamato in  osservanza  da  quello  del  4  agosto  ultimu; 

Letti  gli  alti  e  i  documenti  di  loro  carico; 

lotMÌ  i  testimoni!; 

Udito  il  Capitano  Commissario  dol  Re  nello  conclusioni,  non  cho  gli  accu- 
mU  •  i  loro  riHpcUivi  difensori  mllc  nllegnzioni; 

Udito  Analmente  il  sitrnor  Consigliere  Procuratore  Generalo  dol  Ilo  uomo  di 
l«gg«  Del  sao  «TTÌao; 


APPENDICE  XXXI 


Ad  unanimità  di  voti  ha  dichiarato: 

1"  Consta  che  Salvatore  Falazzolo  da  Cinisi,  figlio  d'Ippolito,  è  colpevole  di 
violazione  di  contumacia; 

2"  Consta  non  essere  colpevoli  li  detti  Tarantino  e  Gennaro,  guardie  sani- 
tarie, di  diserzione  in  servizio; 

3°  Non  consta  abbastanza  di  essere  li  stessi  Tarantino  e  Gennaro  colpevoli  di 
abbandono  dal  posto  del  servizio,  e  quindi  ha  ordinato  che  nel  termino  di  tre 
mesi  il  Capitano  Commissario  del  Ro  proceda  a  nuove  informazioni ,  rilascian- 
doli intanto  in  libertà  provvisoria  sotto  la  vigilanza  della  Polizia. 

Alla  stessa  unanimità  di  voti  e  sull'appoggio  dell'  art.  1°  del  Real  Decreto 
del  5  agosto  1831,  richiamato  dall'altro  del  4  agosto  ultimo,  ha  condannato  e 
condanna  Salvatore  Palazzolo  da  Cinisi,  figlio  d'Ippolito,  alla  pena  di  morte  da 
eseguirsi  colla  fucilazione  nel  termine  di  oro  dodici.  Lo  ha  del  pari  condannato  alle 
spese  del  giudizio,  ed  ha  ordinato  che  della  presente  se  no  imprimano  duecento 
copie  per  la  pubblicazione  e  diramazione. 

L'esecuzione  a  cura  del  Capitano  Commissario  del  Re. 

Fatto  oggi  in  Palermo,  li  12  ottobre  1835,  alle  ore  9  p.  m. 


Giacomo  Guttadauro  Presidente. 
Giuseppe  Lepore  Capitano  Giudice. 
Giosuè  Ritucci  Capitano  Giudice. 
Giuseppe  Ferrajuolo  1°  Tenente  Giudice. 
Federico  Morfine  V  Tenente  Giudice. 
Giacomo  Kumbely  2"  Tenente  Giudice. 
Federico  Deluca  2°  Sergente  Giudice. 
Salvatore  Ognibene  Uomo  di  legge. 
Gesualdo  Patti  Capitano  Commissario  del  Re. 
Francesco  D'Avella  2°  Sergente  Cancelliere. 

^Arohivio  citato^. 


DOCUMENTO  N.  XXII. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  di  Sicilia 

al  Ministro  Segretario  di  Stalo  per  gli  affari  di  Sicilia 

presìo  S.  M.  R.  in  Napoli. 

Con  mio  sommo  cordoglio  ho  dovuto  annunziare  a  V.  E.  e  per  la  via  tele- 
grafica e  per  la  posta  d'oggi  stosso,  con  mio  ufficiale  rapporto,  il  dispiacevole 
avvenimento  della  morte  di  due  marinai,  seguita  ieri  nel  quartiere  della  Kalsa 
di  questa  Capitale  con  validi  sospetti  di  essere  stati  attaccati  di  cholera  asia- 


XXXn  APPENDICE 


tico.  Tatto  ciò  che  la  circostanza  esigeva ,  fu  tutto  con  prontezza  o  con  esat- 
tezza eseguito.  Il  mio  uftìcia'c  rapporto  no  dèi  a  V  E.  il  ragguaglio.  La  pub- 
blica quiete  non  è  stata  menomamente  turbala  ,  o  ciascuno  intende  tranquilla- 
mente ai  propri  affari  ed  alle  proprie  faccende  II  Magistrato  Supremo  di  Sa- 
lute e  la  Commissione  centrale  di  Sanità  sonosi  costituiti  in  seduta  permanente, 
ed  il  Governo  dal  suo  canto  non  lascerà,  conio  non  ha  lasciato  da  jeri  in  qua, 
di  occuparsi  incessantemente,  perchè  le  disposizioni  e  del  Magistrato  e  della 
Commissione  sortiscano  il  loro  effetto  con  la  debita  esattezza  e  senza  dar  luogo 
al  menomo  inconveniente.  Spero  nella  divina  misericordia  che  il  male  non  si 
propagasse,  ma  laddove,  Iddio  non  voglia,  lo  cose  andassi.ro  altrimenti,  io  posso 
assicurare  V.  E.  e  la  prego  assicurarne  anche  in  mio  nome  S.  M.  che  dal 
canto  mio  nulla  avrò  omesso  perchè  in  sì  spiacevole  congiuntura ,  mentre  da 
una  parte  a  tutto  si  occorrerà  onde  gli  infoimi ,  e  massime  quei  della  classe 
miserabile  ottenessero  tutti  i  possibili  soccorsi,  e  si  procurasse  di  attenuare  per 
quanto  possibile  le  conseguenze  del  male  micidiale,  si  prenderà  dall'  altra  co- 
stante cura  onde  la  quiete  pubblica  sia  sempre  conservata,  e  mai  mancassero 
nella  capitale  i  generi  di  vettovaglia  al  suo  odierno  consumo  necessari.  —  Pi- 
glierò  consiglio  dalle  circostanze,  ed  a  misura  delle  medesimo  darò  gli  oppor- 
tuni provvedimenti,  giovandomi  dell'epcra  dell'autorità,  e  dei  funzionari  rispet- 
tivi,  e  non  lascerò  di  tenero  periodicamente  V.  E.  all'  occorrente  di  tutto  ciò 
che  sarà  per  succedere  nell'ulteriore  sviluppo  del  male,  se  non  piacesse  a  Dio  per 
sua  santa  misericordia  di  farlo  arrestare.  Colmo  intanto  dei  sentimenti  della 
più  distinta  stima  e  pari  considerazione,  ho  l'onore  di  essere  di  V.  E. 

Palermo,  8  giugno  1837. 

Decotisshno  ohbligatiitsimo  servo 
Principe  di  Campofranco. 
(Archirio  eiUto). 


DOCUMENTO  N.  XXIII. 

Procetso  verbale  intorno  alla  sezione  cadaverica  dei  colerosi 
Mancino  e   lagliavia. 

T/anno  mille  ottocento  trentasotte  il  di  otto  del  mese  di  giugno  in  Palermo. 
Ordinatosi  dui  Magistrato  Supremo  di  Salute  colla  decisione  del  7  di  questo 
Illeso  il  trasporto  polla  via  di  mare  in  Lazzaretto  doi  cadaveri  di  Angelo  Ta- 
gliavia  0  Salvatore  Mancino ,  morti  Jori  nel  quartiere  della  Kalsa.  Noi  D.  An- 
tonino Hpiicchcs  Brancoli  Duca  di  Caccamo,  Deputato  del  Supremo  Magistrato 
di  Snliito,  guardiano  di  questo  porto,  assistito  «lai  nostro  ('ancolliore,  ci  siamo 
■Ile  o/v  olio  d'Italia  di  que-ìto  giorno  mudesiino  Irasrerili  in  dotto  stabilimento. 
KMgaitoai  di  fatti  il  connato   trasporto  di  ossi  cadaveri    sotto   la  sorveglianza 


APPENDICE  xxxirr 


del  Deputato  straordinario  del  Magistrato  Supremo  di  Salute  signor  Principe 
di  Valguarnera,  su  di  una  barca  con  quattro  facchini ,  ed  un  barcajuolo  a  ciò 
adibiti,  scortati  dalla  lancia  sanitaria,  ed  essendo  stati  a  noi  consegnati  i  detti 
cadaveri  in  dtio  casse  catramate  e  chiuse,  abbiamo  fatto  intrigare  il  modico 
settore  D.  P^'ilippo  Sidoti  per  eseguire  1'  autopsia  sui  medesimi.  Essa  ha  avuto 
effetto  sotto  la  Direzione  dei  Componenti  la  facoltà  medica  del  Supremo  Ma- 
gistrato di  Saluto  pubblica  e  dei  medici  addetti  alla  Commissione  centrale. 

I  medesimi,  do^o  le  osservazioni  fatte,  hanno  dato  la  seguente  fede:  "  Noi 
qui  sotfoscritti  Cumponcnti  la  facoltà  medica  del  Supremo  Magistrato  di  Saluto 
pubblica,  e  della  Conimi-ìsione  centrale,  riuniti  collegialmente  alle  ore  nove  d'I- 
talia nel  localo  del  Lazzaretto  con  intervento  del  signor  Duca  di  Caccamo,  uno 
dei  deputati  del  Magistrato  sudetto,  e  del  protomedico  consultore,  abbiamo  ve- 
duto eseguire  dal  signor  Filippo  Sidoti,  scelto  all'uopo  dalla  Commissione  cen- 
tralo sanitaria,  sugli  scogli  del  Lazzaretto,  con  tutte  le  debito  cautele  sanitarie, 
l'autopsia  cadaverica  dei  defunti  Salvatore  Mancino  od  Angolo  Tagliavia,  morti 
con  sospetto  di  cholera  asiatico,  ed  abbiamo  osservato  quanto  segue  : 

Autopsia  di  Salvatore  Mancino 

Abito  esteriore  del  corpo. 

Rigidi  gli  arti,  colorito  livido  in  diversi  punti  della  superficie  del  corpo,  or- 
gani genitali  nerastri,  occhi  incavati,  unghie  poco  livide. 

Addome 

Stomaco  vuoto  di  cibi,  contenente  una  materia  grigiastra  mucilaginosa  at- 
taccata allo  pareti  di  quest'organo:  membrana  mucosa  dello  stesso  iniettata  con 
molto  ecchimosi  e  suggellazioni  rossobrune.  Negli  intestini  una  materia  lattigi- 
nosa a  guisa  d'  acqua  di  riso  :  nella  cistifellea  molta  bile  nera  e  densa  :  nella 
vescica  poca  orina  lattiginosa:  il  peritoneo  che  vestiva  le  pareti  addominali  al- 
quanto denigrato.  Sangue  nero,  ed  un  po'  denso  nella  cavità  del  cuore. 

Autopsia  (li  Anfjeìo   Tayliavia 

Abito  esteriore  del  corpo 

Occhi  incavatissimi ,  arti  rigidi ,  il  colorito  un  po'  livido  in  diversi  punti 
della  polle. 

Addome 

Ventricolo  od  intestini  vuoti  di  cibi  e  i!i  fecce:  materia  biancastra  mucila- 
ginosa e  liquida,  tanto  noi  ventricolo,  quanto  negli  intestini:  la  membrana  mu- 
cosa in  vicinanza  della  piccola  corvatura  del  ventricolo  iniettata  in  rosso , 
e  con  piccole  elevazioni  e  macchie  rossastre  nello  stesso  sito  :  bile  nera- 
stra e  densa  in  guisa  di  pece  liquida  dentro  la  cistifellea.  Vescica  contratta 
Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  5 


XXXIV  APPENDICE 


e  contenente  poca  quantitì\  della  stessa  materia  biancastra  a  guisa  di  un  de- 
cotto di  riso.  Vasi  mesenterici  injcttatissimi.  Niente  di  rimarchevole  nelle  altre 
cavità,  meno  che  nel  cuore,  che  vi  si  trovò  sangue  nero,  ed  un  po'  denso. 

Dietro  gli  esposti  fatti  e  nell'  assenza  di  altri  fatti  che  completerebbero  la 
diagnosi  del  colera  asiatico,  le  riunite  facoltà  mediche  sono  concordemente  dì 
avviso  che  il  rapido  corso  della  malattia  che  estinse  i  due  connati  individui 
presenta  validi  sospetti  di  colera  morbus  asiatico. 

Fatto  oggi  in  Palermo,  li  8  giugno  1837,  in  doppio  originale. 

Domenico  Greco,  Rosario  Delisi,  Gioacchino  Cacioppo, 
Placido  Portai,  Leonardo  Barraco,  Salvatore  Roma- 
no, Pasquale  Panvini,  Salvatore  Patronaggio,  Gio- 
vanni Gorgone ,  Giovanni  Salemi,  Giovanni  Pruiti. 

Dopo  di  ciò  dai  facchini  intrigatisi  coi  medesimi  individui  si  è  fatto  ese- 
guire l'inumazione  dei  cadaveri  in  detto  Lazzaretto  ai  termini  del  Regolamento 
sanitario:  le  persone  intrigatevi,  cioè  i  quattro  facchini  nominati  Salvatore  Sil- 
vestro, Vincenzo  Pisciotta,  Vincenzo  Manuale,  Francesco  Bonomo,  il  barcaiuolo 
Francesco  Pennino  ed  il  settore  D.  Filippo  Sidoti  sono  stato  lasciate  in  contu- 
macia in  esso  Lazzaretto,  facendole  situare  in  una  caserma  di  legname  all'uopo 
eretta  e  molto  staccata  dal  fabbricato  di  detto  stabilimento.  E  quindi  si  è  da 
noi  redatto  il  presente  processo  verbale  nel  Lazzaretto  di  Palermo  il  giorno, 
mese  ed  anno  di  sopra. 

Antonino  De  Spucches  Duca  di  Caccamo,  deputato — 
Per  il  Cancelliere  impedito:  Felice  Giliberto,  1°  uf- 
ficiale. 
(ArehÌTÌo  citato). 


DOCUMENTO  N.  XXIV. 
Decisione  del  Magistrato  Supremo  di  Salute  in  Palermo. 

Il  Magistrato  Supremo  di  Salute  coll'intervento  di  S.  E.  il  Marchese  Àrcz::o 
Presidente ,  dell'  ufficialo  superiore  incaricato  del  servizio  della  marina  in  Pa- 
lermo, Prìncipe  di  Ganci,  o  dei  signori  deputati  Duca  di  Caccamo  .  Marchese 
Merlo,  Barone  Coniglio  e  principe  di  Valguarnera; 

Visto  il  rapporto  di  questo  deputato  dui  porto  in  data  d'oggi  od  il  vnrbalo 
AcchiuHo  circa  l'autopsia  cadaverica  fattasi  alla  presenza  doll'inliora  facoltà  mo- 
dica addetta  ul  Magistrato  Supremo  di  Saluto  dei  duo  individui  Angelo  Ta- 
gliavia  o  Salvatore  Mancino,  i  quali  cessarono  di  vivere  Jori  in  poche  ore.  Letto 
il  detto  Vfrbain  da  cui  risulta  che  i  cadaveri  dogli  anzidetti  inJividui  sezionati 
sugli  icogli  del  liazzaretto  presentavano  validi  sospetti  di  cholera  asiatico; 


APPENDICE  ZZZV 


Considerando  di  essere  un  obbligo  di  lealtà  dì  dare  esatto  ragguaglio  di 
questo  avvenimento,  tanto  agli  altri  paesi  della  Sicilia,  quanto  all'Estero; 

Considerando  che  bisogna  intanto  attivare  ogni  possibile  precauzione,  tanto 
per  circoscrivere  il  morbo,  laddove  con  effetto  fosse  il  cholera  quello  che  privò 
di  vita  i  due  individui  Tagliavia  e  Mancino,  quanto  per  mitigarne  i  progressi, 
qualora  si  diflondesse; 

Considerando  che  sulle  istruzioni  redatto  dal  Magistrato  ed  approvate  dal 
Governo  per  assicurare  il  servizio  interno  per  la  istallazione  degli  uffici  di  soc- 
corso e  degli  ospedali,  non  che  nelle  altre  por  difendere  la  Capitale  e  gli  altri 
Comuni  della  Sicilia  dal  colera ,  trovasi  preveduto ,  o  fissato  tutto  ciò  che  si 
deve  eseguire  in  simili  circostanze  ,  e  che  perciò  ora  non  si  deve  che  curarsi 
la  pili  stretta  e  celere  esecuzione; 

Considerando  essere  reclamato  dalla  giustizia  e  dalla  umanità  di  apprestarsi 
agl'individui  poveri,  i  quali  si  trovano  segregati  nel  quartiere  della  Kalsa,  tutti 
quei  soccorsi  che  sono  necessarii; 

Considerando  cho  l'attuale  segregazione  nel  modo  in  cui  è  formata  non  pre- 
senta tanta  sicurezza,  e  che  diviene  indispensabile  di  provvedersi  con  barricate 
di  tavole; 

Considerando  che,  per  arrivare  allo  scopo  d'impedire  la  diffusione  del  morbo, 
de  vosi  evitare  che  i  medici,  i  quali  sono  chiamati  ad  assistere  un  infermo  che 
riconoscono  esservi  sospetto  di  essere  attaccato  di  colera,  se  ne  allontanino  po- 
scia, e  si  mettano  in  comunicazione  pel  paese,  mentre  potrebbe  darsi  che  nei 
primi  casi  si  arrivasse  a  circoscrivere  la  malattia; 

Considerando  che,  apposta  già  la  dichiarazione  nelle  patenti  dei  legai  che 
partono  da  questo  porto  per  i  due  casi  sospetti  di  cholera  avvenuti,  all'arrivo 
degli  altri  punti  di  quest'  Isola,  dove  si  trovano  istallate  le  Deputazioni  Sani- 
tarie, debbono  essere  assoggettati  ad  un  periodo  contumaciale; 

Considerando  che  per  gli  individui  i  quali  partono  per  terra  da  questa  Ca- 
pitalo conviene  contestare  che  si  trovano  godendo  ottima  salute ,  onde  essere 
ricevuti  nei  comuni  nei  quali  si  recheranno ,  e  non  essere  impedite  le  interne 
comunicazioni; 

Ha  deciso  ad  unanimità  : 

Che  si  apponghi  nelle  patenti  sanitarie  che  si  spediscono  dalla  Deputazione 
del  porto  la  seguente  dichiarazione  :  «  Il  giorno  7  andante  sono  cessati  di  vi- 
vere in  poche  ore  in  questa  Capitale  due  individui  con  validi  sospetti  di  co- 
lera. „ 

Che  si  avvisino  con  dettagliata  ciicolaro  di  tutto  l'occorrente  1'  Estere  Ma- 
gistrature sanitarie,  aggiungendo  le  misure  di  segregazione  ed  altro  che  sinora 
si  sono  intraprese. 

Che  si  scriva  ai  diveisi  Inloudcnti  ed  a  quuata  Commissione  centrale,  onde 


3CXXVI  APPENDICE 


chiamarsi  alla  più  celere  e  rigorosa  osservanza  lo  istruzioni  redatto  dal  Magi- 
strato nel  1832  per  assicurare  il  servizio  interno  ;  lo  altre  dell*  anno  1835  per 
gli  uffici  di  soccorso,  e  per  gli  ospedali  succursali  e  finalmente  quelle  del  1836 
per  difendere  la  Capitale  e  gli  altri  Comuni  della  Sicilia  dai  colera. 

Che  si  interessi  la  Commissione  centrale  a  dare  sollecito  conto  dell'esecu- 
zione al  Magistrato. 

Che  incarichi  la  stessa  a  far  somministrare  agi'  individui  segregati  poveri 
nel  quartiere  della  Kalsa  degli  alimenti  sani  giornalieri  ed  i  soccorsi  neccssarii 
per  quanti  giorni  durerà  l'osservazione. 

Che  la  segregazione  si  faccia  seguire  dalla  Commissiono  con  barricate  di 
tavole,  onde  impedire  ogni  comunicazione. 

Che  la  Commissione  faccia  praticare  Io  espurgo  delle  case  dove  morirono  i 
due  individui,  essendone  uscite  le  famiglie,  con  fare  eseguire  anche  lo  brucia- 
mento della  roba  previo  reperto,  come  fu  deciso  jeri  dal  Magistrato. 

Che  si  purifichino  anche  col  cloruro  di  calce  le  case  e  gì'  individui  che  si 
trovano  cordonati. 

Che  la  Commissio)ie  faccia  arrivare  due  volto  al  giorno  rapporto  al  Magi- 
strato per  mezzo  di  S.  E.  il  signor  Soprintendente  Generale  sullo  stato  di  sa- 
lute degli  individui  segregati  in  atto  ,  e  di  quelli  che  potranno  esserlo  per  lo 
appresso. 

Che  la  Commissione  prescriva  ai  medici  della  seziono  e  di  rione  che  al  vi- 
sitare un  infermo,  avendo  sospetto  di  es?ere  attaccato  di  colora,  restassero  nella 
casa  dello  stesso  ammalato  in  contumacia,  e  mandassero  ad  avvisare  la  Com- 
missione, onde  cercare  nei  primi  casi  di  arrestare  la  propagazione  del  morbo. 
I  medici  trasgressori  saranno  giudicati  come  infrattori  delle  leggi  sanitarie. 

La  Commissione  Centrale  assegnerà  una  competente  diaria  al  medico  che 
resterà  in  contumacia. 

Che  i  legni  i  quali  partono  da  Palermo ,  arrivando  in  altri  punti  della  Si- 
cilia, siano  soggetti  a  giorni  quattordici  di  contumacia. 

Che  partendo  por  terra  un  individuo  da  Palermo,  e  dovendo  oltrepassare  i 
limiti  del  territorio  di  questa  Capitale,  dovrà  esser  munito  di  una  bolletta  sa- 
nitaria da  spedirsi  dai  sonatori  delle  diverso  sezioni  tanto  interne  che  estorno 
e  che  dovrk  indicare  cioè  :   *  Parte  di  questa  Capitale  dove  sono  avvenuti  duo 

*  casi  con  validi  sospetti  di  colera  asiatico  il  nominato la  di  cui 

*  filiazione  è  quella  in  margine.  11  detto  individuo  trovasi  in  ottima  salute,  o 
"  quindi  potrà  essere  ammesso  a  libera  pratica  ,;. 

Chi  non  sirà  munito  di  bolletta  vorrà  assoggettato  noi  comuni  dovo  arri- 
verà a  giorni  quattordici  di  contumacia  in  un  localo  che  verrà  preventivamente 
(lettiaaio  all'uopo. 


At>PENDICE  XXXVII 

I  sonatori  Jollo  sezioni  cureniiino  elio  lo  bollotte  venissero  rilasciate  gratis, 
od  in  modo  da  uou  portare  il  menomo  iiupeditnentu  agli  individui  che  debbono 
partire. 

//  Deputato  Segretario  Generale 
Mbrlo 

(Archivio  ciUito). 


DOCUMENTO  N.  XXV. 

Rapporto  al  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  15  giugno  1837. 
Ercellenza, 

In  iiii  del  mìo  rapporto  del  12  feci  un  cenno  della  morte  di  un  passeggiare 
a  bordo  del  legno  di  patron  buccellato  qui  in  contumacia.  Lo  sparo  del  cada- 
vere, che  si  fé',  pria  del  tramonto  il  giorno  stesso,  certificò  i  medici  del  Magi- 
strato Supremo  di  salute  che  quell'uomo  fosse  morto  di  apoplessia.  Ma  perchè 
sul  cadavere  alcuni  segni  esteriori  vedeansi  di  quei  che  il  colera  asiatico  suolo 
lasciare  ,  e  pensavano  i  professori  potere  il  colera  fulminante  cagionare  1'  apo- 
plessia, si  restò  in  qualche  dubbio,  come  potrii  meglio  conoscere  dalla  copia  con- 
forme della  relazione  fatta  dal  Collegio  medico.  Ondcch^  la  .«tessa  sera  del  12 
deliberava  il  Magistrato  si  mandasse  subito  il  legno  ad  un  estero  lazzaretto  da 
peste;  rimbarcarsi  le  merci  recate  da  quello  ricettate  già  nel  Lazzaretto  nottro, 
e  le  altre  riposte  negli  stessi  magazzini,  che  quelle,  si  mandasse  alla  stessa  sorte 
il  cerusico,  che  sparato  avea  il  cadavere,  e  le  persone  intrigate  in  quella  con- 
tumacia. Cosi  si  è  fatto;  il  legno  è  già  partito.  Un  altro  caso  anche  sul  legno 
in  contumacia  destò  sospetto.  A  bordo  del  legno  americano  di  capitan  Chase 
proveniente  da  Marsiglia  un  uomo  si  ammalò  ;  i  dottori  Cac'oppo  e  Panvini 
della  facoltà  medica  del  Magistrato  Supremo  di  Saluto  riferiscono  vedervi  i  segni 
più  caratteristici  del  colera  asiatico;  cosi  la  sera  del  12  quest'altro  timore  del 
Magistrato  si  ebbe.  Ond'esso  deliberò  si  facesse  partire  subito  il  legno  di  ca- 
pitan Chaso  per  un  Lazzarett  >  estero  da  pesta.  L' indomani  l'infermo  alquanto 
migliorava;  ma  con  tutto  ciò  la  deliberaz'one  mandavasi  ad  effetto  la  notte  se- 
guente; una  cannoniera  fu  incaricata  di  scortare  quel  bastimento  sino  a  Malta. 
Del  resto  qualunque  fosse  il  male,  poco  importavano  alla  città  questi  casi  se- 
guiti sui  legni  in  contumacia.  E  qui  godeasi  e  godesi  perfetta  salute  in  tutta 
la  città  non  solamente  e  nei  contorni  suoi  ,  ma  nelle  strade  della  Kalsa  sbar- 
rate comò  scrissi  a  V.  E.,  e  tra  la  gente  venuta  a  conkitto  coi  trapassati  Ta- 
gliavia  e  Mancino,  tra  quegli  ancora  che  i  cadaveri  maneggiarono  nello  sparo, 
trattenuti  i  primi  alla  Susta  Casi,  rigorosamente  custoditi;  i  secondi  chiusi  in 
Lazzaretto.  Sono  scorsi  otto  di  dai  funesti  due  casi ,  e  la  speranza  di  nou  ve- 


tXXVm  APPENDICE 


derne  alcun  altro  più  ne  rinfranca.  In  questo  mezzo  la  Commissiono  Centralo 
di  Sanità  e  con  lei  il  Magistrato  Supremo  di  Salute  riflettono  sulla  morto  di 
quell'uomo  seguita  in  poche  ore  sul  legno  di  Buccellato,  proveniente  da  Napoli, 
sulla  infermità  di  quell'altro  proveniente  da  Napoli,  sulla  infermità  ii  quell'altro 
nel  legno  americano,  pensò  che  qualche  furtiva  comunicazione  fosse  avvenuta 
tra  i  legni  in  contumacia  e  alcun  altro  avvenuto  da  Napoli  di  quei,  che  sotto 
rifiuto  dimorano  qualche  dì  nel  porto  or  per  dichiarazione  del  carico  ,  or  per 
altra  cagione.  Pensò  il  Magistrato  che  qualche  merce  non  espurgata  ancora,  e 
non  prima  maneggiata  avesse  potuto  il  fatai  germe  comunicare.  E  ritenendo 
per  sospetto  qualunque  bastimento  proveniente  da  Napoli,  e  intendendo  assicu- 
rare altresì  i  dubbiosi  animi  degli  abitanti  di  questa  Capitale,  la  Commissione 
Centrale  propose,  e  il  Magistrato  Sapremo  nell'adunanza  del  13  deliberò  che 
prestamente  tutti  i  legni,  tutte  le  persone,  tutte  le  merci  qui  pervenute  dai  Reali 
dominj  del  continente  si  mandassero  via  con  lo  guardie  intrigato  nelle  contu- 
macie loro;  noleggiando  i  legni  per  quelle  persone  o  merci  che  scese  in  Lazza- 
retto non  trovassero  piìi  i  bastimenti  sui  quali  fossero  venuti. 

Riferita  la  Deliberazione  della  Suprema  Commissione  di  Sanità,  che  por  tutto 
questo  presenti  faccende  adunavasi  jer  sera,  avvisò  di  devere  tale  deliberazione 
avere  la  sua  esecuzione;  e  così  io  ho  fatto,  provvedendo  che  le  speso  bisogne- 
voli per  questa  ultima  parte  si  fornissero  dalla  cassa  di  sanità.  Quanto  allo 
altre  cure  che  io  ho  creduto  necessarie  nel  presente  caso,  e  che  S.  M.  nel  di- 
spaccio telegrafico  degli  11  mi  comandava  espressamente,  posso  assicurare  a 
V.  E.  che  la  maggior  tranquillità  qui  regna ,  dissipandosi  già  a  poco  i  timori 
nati  per  quei  due  casi  del  7.  All'annona  io  ho  pensato  come  già  scrissi,  o  dai 
rapporti  giornalieri  del  Pretoro  o  della  polizia  ritraggo  esserci  quantità  suffi- 
ciunto  di  grano,  o  di  altro  derrate,  venirne  altri  carichi  ogni  dì,  ed  essere  già 
scemati  alquauto  i  prezzi  delle  vettovaglie.  Per  questa  parto  adunque  ?i  può 
riposare.  E  le  comunicazioni  tra  questa  Capitale  ed  il  resto  dell'Isola  non  sono 
punto  interrotte. 

Il  Luogotenente 
Principe  di  Campofkanco. 
(Archivio  clUto). 

DOCUMENTO  N.  XVI. 

Rapporto  del  Luogotenente  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  19  giugno  1835. 
Eccellenza, 

Munire  il  giorno  10  indiiizz  iva  io  a  V.  E.  il  rapporto  uaniturio  di  questa  citlii, 
là  voce  inci-rta  mi  pvrvuuuu  di  due  altri  tasi  iiosputti  di  colora;  ma  uou  uapeudu 


APPENDICE  XXXIX 


l'appunto  della  cosa,  nò  avendone  ricevuto  rapporto  d'ufficio  fino  al  punto  che 
spacciossi  la  posta,  non  mi  parve  da  scriverne  cosi  vagamente.  L'indomani  per 
avviso  telegrafico  ragguagliai  V.  E.  di  quelli,  e  di  due  altii  casi  nuovi,  dublij 
al  paro;  e  ne  avea  fatto  rapporto,  sperando  che  partisse  tantosto  un  paranzello 
per  cotesta  città.  Differita  la  mossa  di  questo,  ho  litirato  il  rapporto,  e  al  pre- 
sente fo  palese  all'  E.  V.  quanto  è  seguito  in  fino  a  questo  di.  La  notte  dun- 
que antecedente  al  quindici  un  giovane  medico  per  nome  D.  Lorenzo  Àngileri 
e  una  fante  sua  ammalavansi  con  alcuno  dei  segni  funesti:  fu  richiesta  l'auto- 
rità municipale:  molti  medici  accorsero:  la  casa  fu  guardata  con  un  tratto  della 
strada  :  tutti  gli  aiuti  dell'  arte  prodigaronsi  intanto  agli  infermi  ;  dei  quali  la 
fante  migliorò;  il  detto  Àngileri  trapassò  la  notte  appresso;  e  dallo  relazioni  dei 
medici  si  ritrasse  fondato  sospetto  che  il  cholera  asiatico  lo  avesse  ucciso.  Il 
16  un  vecchio  pescatore  fu  trovato  morto  in  un  magazzino  al  piano  di  S  Era- 
smo: una  donna  ammalossi  in  un  albergo  dentro  la  città  presso  a  S.  Sebastiano, 
la  quale  morì  nel  corso  dello  stesso  giorno:  ambo  con  sospetti  del  fatui  morbo. 
Un  altro  caso  somigliante  avvenne  in  persona  d'una  donna  nella  Via  dei  Cas- 
sari ,  ma  tra  i  medici  fu  disparere  sulla  natura  del  morbo.  Con  più  grave  so- 
spetto al  finir  di  quel  giorno  un'altra  donna  am:ralossi  al  quartiere  della  Kalsa. 
Ed  essa  al  far  del  dì,  jeri,  moriva:  tre  altri  individui  nello  stosso  quartiere  della 
Kalsa  infermavansi  con  sintomi  sospetti ,  e  uno  di  essi  moriva  in  poche  ore. 
Nel  tempo  stesso  continuando  in  cura  la  fante  dell'AngiKri,  la  madre  di  costei, 
il  padre  del  trapassato  medico ,  che  custoditi  erano  nella  casa  di  lui ,  furono 
presi  d'infermità  anche  con  sintomi  assai  sospetti,  morirono  amendue. 

In  altre  parti  della  città,  altri  casi  spiacevoli  avvennero  il  giorno  stesso:  un 
individuo  abitante  nella  via  di  S.  Sebastiano  a  Piedigrotta  morì  :  una  donna 
nella  via  Valverde  si  ammalò  ;  un  pescatore  al  Borgo  con  forti  dubbi  del  te- 
muto morbo  perì.  Sei  persone  per  tal  modo  perdettero  ieri  la  vita  fra  otto  per- 
sone colto  dal  male,  ed  una  rimasta  dal  giorno  precedente. 

Nò  ho  noverato  io  una  reclusa  del  Conservatorio  di  S.  Spirito,  nella  quale 
si  è  creduto  vedere  alcun  segno  di  colera;  ma  si  è  messo  in  forse  il  male,  nò 
gravissimo  è  stato.  Negli  accennati  casi  tutte  le  precauzioni  si  sono  adoperato 
che  si  erano  nei  precedenti,  tolto  l'abbarrare  la  strada:  ma  l'ingresso  nelle  caso 
e  l'uscita  si  è  vietata  con  guardie:  ai  medici  si  sono  prescritte  opportune  cau- 
tele: gli  abitanti  nelle  case  stesse  si  son  trasportati  ai  luoghi  d'  osservaz'one, 
le  case  si  sono  disinfettate  cogli  usati  suffumigi  e  i  cadaveri  seppelliti  con  le 
più  strette  cautele.  E  jeri  per  la  prima  volta  si  aprì  lo  spedale  di  colera  a  San 
Francesco  di  Paola,  e  due  vi  si  trasportarono  degli  ammalati  di  quel  dì,  peroc- 
ché gli  altri  due  non  pativano  il  trasporto.  E  in  questo  mezzo  le  persone  cho 
ebbero  contatto  con  Tagliavia  e  Mancino  o  coi  cadaveri  di  quelli,  e  sono  trat- 
tenute in  Lazzaretto,  ed  alla  Sosta  Casa  sono  state,  e  sono  sane  perfettamente. 
Gli  abitanti  dello  strade  sbarrate  alla  Ealsa  mautengonsi  nello  stato  medesimo 


XL  APPENDICE 


di  buona  salate.  E  secondo  i  rapporti  della  Accademia  modica  e  degli  spedali 
non  regnano  nella  città  malattie  perniciose  di  sorta.  Tale  è  a  tutto  jeri  lo  stato 
delle  cose.  Se  il  fatale  germe  è  penetrato,  e  serpe  già,  e  a  quando  a  quando  si 
mostra  per  divampare  più:  se  sospetti ,  e  non  iiltro  che  sospetti  son  questi,  o 
svaniranno  io  noi  so;  e  mal  forse  si  potrebbe  giudicare  infino  a  questo  momento: 
pende  pure  dalla  parte  men  lieta  il  giudizio.  Di  questo  giorno  non-  si  intende 
alcun  altro  caso.  Quanto  alle  altre  curo  a  cho  questo  frangente  no  richiama,  fo 
palese  in  primo  a  V.  E.  non  essere  punto  alterata  la  pubblica  tranquillità. — 
L'annona  non  dà  a  pensare  molto,  ritraendosi  dai  giornalieri  rapporti  della  po- 
lizia e  del  pretoro  che  sufficiente  copia  di  grani  e  d'altre  vettovaglio  vengono 
di  continuo  in  città. — La  deliberazione  del  Magistrato  Supremo,  per  la  quale  i 
legni  provenienti  da  cotesti  Reali  Dominj  e  le  persone  o  merci  sbarcate  in  Laz- 
zaretto furono  indistintamente  sfrattate,  si  ò  mandata  nella  più  parto  ad  effetto: 
e  molti  dei  legni  son  partiti  per  costi,  o  per  Malta;  altri  restano  tuttavia;  ma 
in  breve  scioglieranno.  Nel  rapporto  del  15  annunziai  a  V.  E.  la  risposta  data 
dal  Magistrato  Supremo  agli  Intendenti  di  Messina  e  di  Trapani,  che  con  le  ri- 
spettive Commissioni  di  sanità  aveano  proposto  dello  altre  misuro  per  le  pro- 
venienze da  Palermo.  Giungendo  da  Catania  una  proposta  simile  ;  e  volendosi 
dare  agli  Intendenti  tutti  una  confermazione  delle  disposizioni  prime  del  Magi- 
strato tendenti  a  non  impedire  le  interiori  comunicazioni,  il  Magistrato  Supremo 
per  altra  deliberazione  del  17  largamente  replicava,  e  1'  ottimo  stato  di  salute 
di  tutti  i  trattenuti  in  osservazione  e  la  sanità  del  resto  della  Capitale;  e  quei 
quattro  casi  annunziando,  di  cui  si  ebbe  sospetto  nei  giorni  15  e  16,  aggiunse 
cs-sere  segregate  le  famiglii',  tanto  che  per  le  cautele  usate,  o  pel  risultamento 
della  osservazione  dei  venuti  a  contatto  ,  potea  conchiudersi  non  essere  punto 
altcìato  lo  stato  della  città.  Così  il  Magistrato  Supremo  espressamente  conchiuse 
non  creder  nccessarii  altri  provvedimenti  per  la  cautela  dei  Comuni  dell'Isola 
che  quelle  dapprima  stabilite:  la  contumacia  cioè  di  14  giorni  poi  legni:  le  boi- 
letto  pei  viandanti.  In  sensi  poco  diversi  io  scrissi  lo  stesso  giorno  17  pei 
corrieri  del  Lotto,  replicando  agi'  Intendenti  tutti  che  correggessero  i  falsi  ru- 
mori, je  facilitassero  sempre  più  le  comunicazioni.  E  similmente  loro  scrivo  per 
la  posta  d'oggi.  Intanto,  posti  i  casi  di  jeri,  il  Magistrato  Supremo  si  sta  occu- 
pando di  esaminare  e  riscontrare  i  rapporti  dei  medici  tutti  per  venire  a  mi- 
glioro cognizione  dell'indole  del  morbo,  e  potere  in  seguito  prendere  le  altro  di- 
•  imposizioni  cho  si  credessero  apportare  pel  resto  dell'Isola.  Premurosamonto  a- 
h petto  io  in  questo  mezzo  lo  notizie  a  V.  E.  già  chiesto,  o  sollecitato  per  te- 
legrafo il  16  intorno  lo  cautelo  usato  nei  Reali  Dominj  di  Terraferma,  rispetto 
a  Napoli,  e  si  prega  V.  E.  di  affrettarsi  a  ragguagliarmene. 

Luogotenente  Generale 
PnmoirB  di  Campofkanoo 
(AnUTlo  dUto). 


APPENDICE  Xtl 


DOCUMENTO  N.  XXVII. 

Rapporto  del  Luogotenente  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
2>er  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  13  giugno  1837. 
Eccellenza, 

Sin  dal  momento  che  i  due  funesti  casi  seguirono  in  Palermo  della  morte 
dei  marinai  Tagliavia  o  Mancino,  la  Commissione  Centrale  Sanitaria  e  tutti  con 
essa  sospettammo  che  qualche  contrabando  avessero  essi  commesso,  pel  quale 
il  germe  fatale  si  fosse  ai  medesimi  primi  comunicato  del  micidiale  colera.  Que- 
sts  timore  nasceva  con  qualche  fondamento  dal  riflettere  che  i  due  primi  at- 
taccati ed  estinti  si  fossero  del  ceto  dei  barcaiuoli ,  e  che  il  Tagliavia  massi- 
mamente era  in  cattivissima  voce  per  contrabandi.  Suggeriva  quindi  la  Com- 
missione al  Governo  come  un  espediente  opportuno  d'investigare  ed  assicurarsi 
se  in  effetto  il  contrabando  siasi  commesso ,  perchè  ove  ciò  si  fosse ,  e  si  ve- 
niva a  capo  del  fatto,  potrebbe  con  maggiore  fiducia  a  ciò  provvedersi  che  si 
tolga  col  germe  infetto,  il  germe  pernicioso  del  morbo,  e  se  ne  arresti  la  diffu- 
sione. A  tal  uopo  proponeva  e  premi  agli  scopritori,  ed  impunità,  se  rei  e  com- 
plici ^ncor  essi. 

Lodevole  mi  è  parso  il  divisamento  della  Commissione,  ed  ho  per  una  parte 
incaricato  il  Direttore  Generale  di  Polizia  e  quello  dei  Dazi  indiretti  di  fare 
indagini  per  lo  scoprimento  del  vero.  Alla  parte  del  premio  ho  pur  provveduto 
commettendo  al  Direttore  Generale  di  Polizia  di  proporlo,  e  l'approverò  in  con- 
seguenza. Ma  oltre  al  premio,  la  speranza  della  impunità  può  indurre  a  rivelare 
il  mal  fatto,  ove  si  fosse  in  effetto  consumato.  A  questo  può  solo  la  sovrana  auto- 
rità provvedere,  ed  io  persuaso  dalle  ragioni  della  Commissione  Centrale  e  dal 
comune  desiderio,  nel  Consiglio  del  16  andante  ho  trattato  questo  affare  e  divi- 
sato di  farne  rapporto  a  S.  M.,  come  dal  n.  23  del  protocollo  si  rileva,  propo- 
nendo che  si  degni  la  M.  S.  promettere  nei  modi  regolari  a  colui  che  facesse 
scoprire  il  contrabaudo  od  il  luogo  ove  fosse  riposto  e  1'  autore  dello  stesso, 
la  impunità  della  pena  dalle  leggi  fulminata.  La  quale  proposizione  prego  Y.  E. 
di  rassegnare  a  S.  M.  e  comunicarmi  le  risoluzioni  che  la  Sovrana  Sapienza 
crederà  conveniente. 

Il  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Cakpofbanco. 

(Archivio  citato). 


Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XV. 


XLn  APPENDICE 


DOCUMENTO  N.  XXVIII. 

Sentenza  della  Commissione  militare  di  Palermo 

Ferdinando  II  per  la  grazia  di  Dio  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ec.  ec.  Gran  Prin- 
cipe ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

La  Commissione  militare  permanente  nella  Valle  di  Palermo  composta  de' 
qai  sottoscritti  membri; 

Signori  : 

Presidente:  Cav.  D.  Ludovico  Matina  di  Artiglieria; 

Giudici:  Capitano  D.  Giuseppe  Ferrari  del  1°  Granatieri — Capitano  D.  Giobbe 
Romanzi  del  1°  di  Linea  —Capitano  D.  Francesco  Valliso  del  2°  di  Linea — 1°  Te- 
nente D.  Antonio  Alberti  del  1°  Granatieri  —  1°  Tenente  D.  Giovanni  Forte 
del  9°  di  Linea; 

Belatore:  Capitano  D.  Domenico  Patierno,  aiutante  maggiore; 

CoU'intervento  da  uomo  di  Legge  del  Barone  D.  Giovanni  Ondes,  destinato 
alle  funzioni  di  sostituto  Procuratore  Generale  del  Re  presso  la  G.  C.  C.,"assi- 
Btiti  dal  2°  Sergente  Francesco  D'Avella  Cancelliere  del  1°  di  Linea  Re; 

Riunita  nel  locale  delle  sue  ordinarie  sedute  nel  forte  di  Castellammare  per 
giudicare  i  seguenti  individui  : 

1.°  Antonio  Di  Fatta  del  fu  Paolo  di  anni  35  da  Palermo  di  condizione 
Fornaio 

2."  Pietro  Milante  di  Giuseppe  da  Palermo  di  anni  26  Bettoliere 

Accusati  di  strage  commessa  con  omicidio  in  persona  di  Gioacchina  Renda, 
reato  avvenuto  la  sera  dei  10  p°  p°  luglio  nel  piano  di  S.  Cosmo,  previsto  dal- 
l'art. 130  LL.  PP. 

Letti  gli  atti  e  documenti  a  carico 

Intasi  i  testimoni 

Udito  il  Sig.  Capitano  Relatore  nelle  sue  conclusioni,  il  quale  confermando 
l'accusa  ha  domandato  al  Consiglio  di  condannarsi  i  suddetti  Di  Fatta  e  Mi- 
Unte  ai  termini  delle  medesime; 

Intesi  in  ultimo  luogo  gli  accusati,  ed  i  loro  difensori  nelle  allegazioni;  inteso 
l'aomo  di  legge  nel  suo  avviso  che  ha  domandato 

1.^  Dichiararsi  constaro  Antonino  Di  Fatta  essere  reo  di  omicidio  avvenuto 
in  persona  di  Gioacchina  Ronda,  constare  di  non  aver  commesso  strago  con 
tale  omicidio  ai  termini  dell'art.  130  dello  LL.  PP.  ma  bensì  essere  colpevole 
di  tentativo  del  reato  preveduto  dallo  stessi  art.  130  oche  l'omicidio  della  Ronda 
costituisca  principio  di  csocuziono  del  tentativo  medesimo,  ed  attese  lo  dispo- 
•iziuni  dell'art.  72  dolio  dotto  leggi,  il  qualo  prescrivo  che  nel  tentativo,  quando 
gli  atti  di  csocuziono  costituiscono  por  se  stessi  un  reato  consumato,  deve  farsi 
confronto  tra  la  pena  inflitta   al  reato  tentato,  e  quella  inflitta  al  reato  consumato, 


APPENDICE  XLtd 


ed  applicarsi  la  più  grave,  condannare  la  Commissione  il  Di  Fatta  alla  pena  del 
4°  grado  dei  ferri. 

2°.  Non  costare  abbastanza  che  Milante  sia  colpevole  del  reato  dell'omicidio 
della  Renda,  e  del  reato  attribuito  al  Di  Fatta,  e  che  rimanendo  nel  medesimo 
stato  di  arresto,  fosse  presa  una  più  amplia  istruzione  sul  di  lui  conto,  versan- 
dosi Tesarne  a  liquidare  : 

1"  quali  persone  erano  nella  bettola  allorché  avvenne  il  fatto. 
2*  Se  la  voce  d'essersi  versato  dalla  suddetta  Renda  il  veleno  nel  vino,  fu 
sparsa  da  Dima  o  .da  Milant%  e  quale  altre  'operazioni  abbia  fatto  Milante 
all'annunzio  di  questa  voce.  E  tutt'nltre  circostanze  che  si  crederanno  confacenti 
por  giungere  allo  scovrimento  della  venta- 
li signor  presidente  dietro,  il  riassunto  della  causa,  ha  proposto  alla  Com- 
missione la  seguente 

QUISTIONE  DI  FATTO 

Consta  che  Antonino  Di  Fatta,  e  Pietro  Milante  siano  colpevoli  di  strage 
con  omicidio  in  persona  di  Gioacchina  Renda? 

Considerando  che  dal  dibattimento  è  risultato  il  seguente 

FATTO 

La  sera  del  10  luglio  Gioacchina  Renda,  donna  di  età  avanzata,  entrò  nella 
bottega  di  Gaetano  Pirrello,  chiedendo  l'elemosina.  Stavano  a  desco  in  quella 
bettola  alquante  persone,  e  poiché  il  Pirrello  trovavasi  infermo  e  la  moglie  di 
lui  vicina  a  morire,  lasciato  avea  al  servizio  di  quel  luogo  tre  persone  da  lui 
stipendiate,  cioè: 

Dima  Zirillo,  Pietro  Milante  ed  un  certo  Salvatore,  di  cui  ignorasi  il  cogno- 
me. Mentre  stavasone  la  vecchierella  sulla  speranza  di  ottenere  l'elemosina, 
una  voce  si  desta,  che  annunzia  di  essere  la  Renda  apportatrice  di  veleno  e 
che  volea  cogliere^il  destro  per  gettarlo  entro  irvino.  Accadde'a  siflFatte  voci  un 
trambusto  nella  bettola,  e  presala  finalmente  colle  mani  il  Dima  Zirillo,  e  ur- 
tandola, e  spingendola  per  le  spalle  il  Milante,  entrambi  si  fecero  a  cacciarla 
fuori.  Se  ne  accorse  Luigi  Montaperto,  il  quale  trovandosi  per  avventura  a  passare 
per  quella  via,  fu  presente  agli  urti,  ed  ai  pugni  che  da  Milante,  e  dal  Dima  rice- 
vette nell'uscire  fuori  la  Renda,  e  si  affrettò  a  dar  parte  dell'occorso  alla  Polizia. 

Tratta  fuori  intanto  la  donna,  Milante  rientra  nella  bettola,  ed  all'incontro 
Dima  Zirillo,  trattenendo  la  Renda,  consegnoUa  ad  Antonino  Di  Fatta,  posses- 
sore di  altra  bettola  vicina  a  quella  di  Pirrello,  e  sì  l'uno  che  l'altro  cioè,  il 
Fatta  e  il  Dima^trascinan  seco  la  donna  sino  alla  cantonata  della  piazzetta  no- 
minata di  S.  Cosmo.  Da  li  a  poco  Giuseppe  di  Biase,  che  veduto  avea  prece- 
dentemente dal  Fatta  e  dal  Dima  portata  via  la  vecchierella,  la  trova  giacente 
a  terra,  straziata  o  moribonda  nella  connata  piazzetta    Accorre  intanto  l'ispettord 


tLTV  APPENDICE 


di  Polizia  signor  Gerbino,  e  colla  Forza  ordina  che  la  Renda  fosse  trasportata 
nell'ospedale.  Tornato  nella  bettola  di  Pirrello,  il  Dima  è  chiamato  dal  betto- 
liere  per  dar  nuove  dell'  accaduto  ,  giacché  inteso  avea  lo  strepito ,  alla  pre- 
senza di  Giuseppe  Martinella,  Lorenzo  Alicella  e  Crocifissa  Bilello,  schiettamente 
racconta  che  cacciata  fuori  della  bettola  la  Renda,  che  sospettavasi  di  essere 
stata  apportatrice  di  veleno,  trovò  il  Fatta,  ed  a  di  costui  inchiesta  gliela  con- 
segnò; che  il  Fatta  alla  presenza  del  Dima,  per  mezzo  del  lume  di  una  candela 
si  fece  a  conoscerla,  e  quindi  cominciò  a  percuoterla  sinché  l'ammazzò.  I  chi- 
rurgi ne  osservarono  le  ferite,  o  guari  non  passò  che  la  donna  ne  fu  tj;atta  a 
morte.  L'autopsia  cadaverica  rese  manifesto  che  la  causa  della  morte  avvenuta 
fu  per  una  delle  ferite  trovate  nel  parietale  destro. 

La  figlia  della  Renda  andando  in  cerca  della  madre  ebbe  dalla  voce  addi- 
tato il  Di  Fatta  qual  omicida  della  stessa. 

L'uguale  nuova  attinse  dalla  voce  pubblica  Giuseppe  Graziano,  e  la  Polizia 
la  domani  dell'avvenimento  ordina  e  fa  eseguire  l'arresto  del  Fatta.  II  compa- 
gno di  lui,  cioè  il  Dima  Zirlilo,  all'arresto  del  Fatta  scomparve. 

Dietro  il  costituto  il  Di  Fatta  cerca  con  delle  posizioni  a  discolpa  sostenere 
esservi  delle  persone  che  sapevano  pur  troppo  non  avere  egli  presa  parte  nel- 
Tomicidio  della  Renda,  ma  un  sol  testimone,  dal  numero  di  quelli  da  lui  indiziati, 
si  presentò  innanzi  la  commessionc,  ed  apertamente  annunziò  non  esser  vero 
che  a  lui  costassero  quelle  cose  asserite  dal  Fatta  per  formare  la  sua  discolpa. 

Interrogato  Milante  ,  che  venne  in  seguito  tradotto  nel  carcere,  asserì  che 
solo  si  cooperò  a  mandar  via  dalla  bettola  la  vecchicrella  Renda. 

RITENUTI  QUESTI  FATTI 

Considerando  in  ordino  alla  prova  generica  che  le  duo  perizie  date  dai  Chi- 
rurgi contcstan  pur  troppo,  e  le  ferite  riportate  dalla  Renda  e  che  la  morto  di  essa 
avvenne  per  una  delle  medesime. 

Considerando  in  quanto  alla  pruova  specifica  che  il  dibattimento  ha  fatto 
conoscere  : 

l."  Cho  Dima  Zirillo,  cacciata  fuori  dalla  bettola  la  Renda,  la  consegnò  ad 
Antonino  Di  Fatta.  Che  entrambi  la  trasser  fuori  verso  la  cantonata  della  vi- 
cina piazzetta  di  S.  Cosmo,  ove  da  ì\  a  poco  recatosi  con  la  forza  l' Ispettore 
di  Polizia  signor  Gerbino,  la  rinvenne  giacente  a  terra,  e  la  fo'  condurre  all'o- 
•pedale. 

2."  Che  dietro  di  essere  stata  silTattamcnte  straziata  la  sventurata  Renda, 
rapportò  il  Dima  Zirillo  al  bettoliero  Pirrello  che  lo  Antonino  Di  Fatta  si  fu 
colui  cho  in  SUA  presenza  l'ammazzò. 

8."  Che  la  voce  del  pubblico  indicò  alla  figlia  della  Ronda  lo  Antonino  Di 
Fittla  come  uccisoro  della  madre. 

i.'  Cbo  U  domani  del  reato  la  i'olizia  arrestò  il  Di  Fatta  por  segreto  ro- 


APPBNDICB  XLV 


lazioni  acquistate  sul  di  lui  conto,  come  scorgesi  da  un  officio  allegato  al  foglio 
1°  del  processo  di  cui  si  è  data  lettura. 

5."  Che  un  testimone  chiamato  dal  Di  Fatta  in  prova,  che  egli  non  prese 
parte  allo  avvenimento  a  danno  dello  Renda  ,  dichiarò  di  non  sapere  nulla  di 
ciò  che  il  Fatta  asseriva. 

6.°  Che  mentre  costui  si  appalesa  come  negativo  intorno  al  reato  imputa- 
togli, non  è  riuscito  a  provar  ciò  che  disse  nel  suo  costituto,  e  però  l'insieme 
dell'espressata  circostanza  rende  la  Commissione  Militare  convinta  che  Antonio 
Di  Fatta  sia  reo  dell'accaduto  omicidio. 

Considerando  in  dritto  che  non  è  punto  invocabile  l'articolo  130  dello  Leggi 
penali  per  la  caratteristica  di  un  tal  crimine. 

Che  siffatto  articolo  suppone  o  devastazione  o  saccheggio  o  strago  accaduta 
in  uno  0  più  comuni,  o  contro  una  classe  di  persone. 

Che  il  Capitano  Relatore  non  contrastando  che  saccheggio  o  devastazione 
non  sia  intervenuto  in  questa  città ,  anche  a  danno  ad  una  classo  di  persone, 
si  è  limitato  a  sostenere  che  il  Fatta  abbia  commesso  strage ,  ed  omicidio  a 
danno  di  Gioacchina  Renda. 

Che  la  parola  strage  offre  l'idea  di  un  eccidio  avvenuto  con  una  raoltiplicità 
di  omicidi. 

Che  classo  di  persone  si  appella  ciascuno  dei  ceti  da  cui  risulta  composta 
la  società,  come  quello  degli  ecclesiastici,  dei  nobili,  dei  proprietari  e  simili. 
Considerando  che  un  solo  omicidio  non  può  attirarsi  il  nome  di  strage,  uè 
ad  una  vecchia  competo  il  nome  di  classe. 

Che  l'articolo  che  fa  seguito  al  130  sparge  luce  sulla  intelligenza  della  pa- 
rola strage,  perocché  in  caso  di  strago  condanna  a  morto  coloro  che  prondon 
parte  negli  omicidi,  cosa  che  esclude  l'idea  che  un  solo  omicidio  possa  entrare 
nella  definizione  del  voluto  reato. 

Considerando  però,  che  per  quanto  1'  accusato  non  risulti  colpevole  del  mi- 
sfatto consumato  preveduto  dall'art.  130,  altrettanto  l'insieme  dei  fatti  già  nar- 
rati dimostra  che  nell'  avvenimento  a  danno  della  Renda  e  nel  calunnioso  mo- 
tivo di  sua  uccisione  sta  racchiuso  il  tentativo  di  uno  dei  reati  contemplati  nel 
medesimo  art.  130,  odi  vero  la  Commissione  è  convinta  che  alia  voce  sediziosa 
di  esser  la  donna  apportatrice  di  veleno ,  per  l' insieme  dei  fatti  già  espressi, 
manca  la  volontà  di  cercare  (onde  turbare,  e  sott'ombra  di  andare  in  appresso, 
man  mano  rintracciando  gli  autori  del  supposto  veleno)  penetrare  nelle  case, 
mettere  tutto  a  sacco  e  a  ruba  a  danno  della  classe  dei  proprietari. 

Che  sotto  tale  veduta  l'omicidio  della  Renda  è  da  considerarsi  come  inizio 
dell'  esecuzione  del  tentativo,  dietro  il  quale  succeder  doveano  gli  altri  atti  bi- 
sognevoli all'assoluta  consumazione  del  già  descritto  reato. 

Che  tali  atti  non  ebber  luogo  per  circostanze  fortuite,  e  indipendenti  dalla 
volontà  del  Di  Fatta,  avvegnaché  la  Polizia  accorse  colla  forza  sul  luogo  del* 


Xlvi  appendice 


l'avvenimento  appena  saputa  la  cosa,  e  dando  le  opportune  provvidenze,  fece  tra- 
sportare la  Renda  all'ospedale,  e  conservando  la  sua  energia,  pigliate  in  seguito 
le  indagini  sul  fatto,  arrestò  l'accusato. 

Considerando  in  ordine  al  Milante  che  la  pubblica  discussione  non  ha  fatto 
conoscere  che,  dietro  1'  aver  egli  scacciata  dalla  bettola  la  Renda,  abbia  spie- 
gato parte  attiva  in  tutto  ciò  che  ulteriormente  accadde  a  carico  della  medesima. 

Che  sebbene  vi  sia  un  testimone ,  che  a.«serisce  avere  il  Milante  dato  alla 
Renda  dei  pugni  dentro  la  bettola,  un  tal  detto  non  porta  a  dimostrazione  di 
avere  il  Milante  reità  nell'  omicidio,  giacche  lo  stesso  non  accadde,  secondo  il 
giudizio  dei  medici,  per  effetto  dei  pugni,  ma  per  una  grave  ferita  irrogata  sul 
parietale  destro  di  quella  donna ,  ferita  che  costei  ricevette  dopoché  andò  via 
dalla  bettola. 

Che  incerto  nello  stato  attuale  delle  cose  rimane,  se  la  voce  di  essere  Renda 
apportatrice  di  veleno,  fu  suscitata  appositamente  dal  Milante,  ovvero  da  altre  per- 
sone che  intertenevansi  in  quel  luogo. 

Che  pria  di  ordinarsi  la  di  lui  libertà,  giustizia  esige  di  praticarsi  indagini 
8ul  di  lui  conto,  per  liquidare  tutt'  altre  circostanze  influenti  allo  scovrimento 
del  reo. 

Per  siffatti  motivi  a  parità  i  voti  ha  dichiarato  e  dichiara  :  primo  constare 
non  essere  colpevole  Antonino  Di  Fatta  di  strage  contro  una  classe  di  persone 
nelTaver  commesso  omicidio  in  persona  di  Gioachina  Renda,  ma  bensì  constare 
essere  colpevole  il  Di  Fafta  di  tentativo  di  reati  preveduti  dall'art.  130,  o  che 
l'omicidio  da  lui  consumato  in  persona  di  Gioacchino  Renda  costituisca  atto  di 
esecuzione  del  tentativo. 

2."  Non  constaro  abbastanza  che  Pietro  Milante  sia  colpevole  di  strage  con 
omicidio  in  persona  di  Gioacchina  Renda  o  del  reato  attribuito  al  sudctto  Di 
Fatta,  ordinando  rimanere  in  carcere,  e  sia  presa  una  piìi  ampia  istruzione,  ver- 
sandosi lo  esame  a  liquidare: 

I.°  Quali  persone  erano  nella  bettola  allorché  avvenne  il  fatto;  2°  So  la  voce 
di  essersi  versato  dalla  suddetta  Renda  il  supposto  veleno  noi  vino,  fu  sparsa 
da  Dima,  già  profugo,  o  da  Milante,  e  quali  altre  operazioni  abbia  fatto  Milante 
all'annunzio  di  questa  voce;  i"  Tutt' altre  circostanze  che  si  eroderanno  influenti 
per  giungere  allo  scoprimento  della  verità. 

Risolute  in  tal  modo  le  questioni  di  fatto,  il  signor  Presidente  ha  elevata 
l'altra 

QUISTIONE  DI  DRITTO 

Qual  è  la  pena  d'  applicarsi  al  nominato  Antonio  Di  Fatta  per  lo  reato  dì 
eoi  è  stato  dichiarato  colpevole? 

Visti  su  di  ciò  gli  articoli  72,  130,  131,  132,  355,  34  e  31  dello  leggi  po- 
ndi, 296  di  prucudura  puuulo,  ud  il  U.  Ducrutu  dui  2ti  febbraio  1823. 


APPENDICE  XLVn 


Considerando  che  nei  reati  mancati,  o  tentati  in  modo  però  che  gli  atti  di 
esecuzione  costituiscono  per  se  stessi  un  reato  consumato,  dee  farsi  confronto 
tra  la  pena  del  reato  tentato,  ed  applicarsi  la  più  grave.  ' 

Considerando  che  nella  specie  l'atto  di  esecuzione  del  tentativo,  cioè  l'omi- 
cidio della  Renda,  costituisce  per  se  stesso  un  reato  consumato. 

Considerando  che  1'  omicidio  volontario  è  punito  col  quarto  grado  dei  ferri 
e  che  il  tentativo  in  generale  del  reato  contemplato  dall'art.  130  è  punito  col 
secondo  al  terzo  grado  dei  ferri. 

Considerando  che  ogni  omicida,  espiata  la  pena,  debba  stare  a  trenta  miglia 
dal  luogo  del  commesso  reato,  a  menochc  i  parenti  dell'  offeso  non  consentis- 
sero di  stare  o  nel  luogo  dell'omicidio,  o  ad  una  distanza  minore  di  trenta  miglia. 

Considerando  che  il  condannato  ai  ferri,  espiata  la  pena,  deve  dare  malie- 
varia  di  ben  condursi,  e  che  ogni  condannato  a  pena  qualunque  deve  rimbor- 
sare le  spese  del  giudizio  a  favore  del  R.  Tesoro. 

Per  siffatte  considerazioni 

La  Commissiono  militare  a  voti  uniformi  ha  condannato,  e  condanna  Anto- 
nio Di  Fatta  alia  pena  del  quarto  grado  dei  ferri  per  la  durata  di  anni  trenta, 
a  star  lontano  trenta  miglia  da  questo  capoluogo,  tostochè  avrà  espiata  la  pena, 
ed  alla  niallevaria  di  ben  condursi  per  anni  tre  sotto  pena  di  ducati  trecento, 
non  che  alle  spese  dui  giudizio  in  favore  del  R.  Tesoro;  ha  ordinato  in  fine  che 
della  presente  sentenza  se  ne  imprimano  duecento  copie  in  istampa  per  la  cor- 
rispondente pubblicazione  e  diramazione. 

L'esecuzione  a  cura  del  Capitano  Relatore. 

Fatto,  giudicato,  e  pubblicai)  oggi  in  continuazione  del  dibattimento  del  sud- 
detto Consiglio  in  Palermo,  li  undici  agosto  1837. 

//  Capitano  Relatore  II  Cancelliere 

Gaetano  Bellini  Fhancbsco  D'Avella,  2°  Sergente 

Il  Comandante  la   Valle 
Vial 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XXIX. 

Sentenza  della  Commissione  Militabe  della  Valle  di  Palei. mo 

Ferdinando  li  per  la  grazia  di  Dio,  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec,  Duca  di  Parma  ,  Piacenza ,  Castro  ec.  ec. ,  Gran 
Principe  Ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

La  Commessione  militare  permanente  della  Valle  di  Palermo,  nominata  con 
ordinanza  di  questo  Real  Governo  degli  11  luglio  corrente  anno,  e  composta 
dei  sottosoritti  membri: 


XLVni  APPENDICE 


Signori: 

Presidente:  Colonello  D.  Ludovico  Matina  di  Artigliera. 

Giudici:  Capitano  D.  Giuseppe  Ferrari  do]  1°  Granatieri  —  Capitano  D.  Giobbe 
Romanzi  del  1°  di  Linea—  Capitano  D.  Francesco  Valliso  del  2°  di  Linea — 1"  Te- 
nente D.  Antonio  Albertis  del  1°  Granatieri  —  1"  Tenente  D.  Gaetano  Prinzi- 
valli  del  10°  di  Linea. 

Relatore:  Capitano  D.  Domenico  Patierno,  aiutante  maggiore. 

Coll'intervento  del  signor  Giudice  della  Gran  Corte  Civile  cav.  D.  Gaetano 
Vanni,  uomo  di  legge.  Assistiti  dal  2°  sergente  Franct^sco  D'Avella,  cancelliere, 
riunita  nel  locale  delle  sue  sedute  nel  Real  Forte  di  Castellammare  per  giudi- 
care col  rito  subitaneo  i  seguenti  individui,  cioè: 

Vincenzo  Gattina  di  Palermo,  Pietro  e  Luca  Mirra  fratelli,  di  Trapani,  Gioac- 
chino Ferriera,  Salvatore  Spallina,  Gaetano  Trapani,  Ignazio  Giovenco,  Salva- 
tore Zito,  Giuseppe  Rosalia,  Giacomo  Vavila,  Angelo  Benvenuto,  Salvatore  Ma- 
ranzann,  Giovanni  Zimmardi  e  Francesco  Macaluso  da  Palermo. 

Accusati  il  primo  di  omicidio  in  persona  di  Francesco  Paolo  Prato,  ed  ec- 
citamento al  popolo  a  portare  la  strage  contro  una  classe  di  persone,  i  secondi 
due,  Pietro  e  Luca  Mirra,  d'aver  preso  parto  attiva  in  detto  reato;  ed  i  rima- 
nenti di  tentata  strage  sudetta  ;  reati  preveduti  dagli  articoli  130  ,  131  e  132, 
leggi  penali,  commessi  in  Palermo  gli  11  p.  p.  luglio. 

Letti  gli  atti  e  documenti  a  carico. 

Intesi  i  testimoni. 

Udito  il  capitano  relatore  nelle  sue  conclusioni ,  non  che  gli  accusati,  ed  i 
loro  rispettivi  difensori.  Ritiratasi  la  Commissione  in  camera  di  deliberazione, 
inteso  l'avviso  del  signor  Giudice  della  G.  Corte  civile,  cav.  D.  Gaetano  Vanni, 
nomo  di  legge.  Il  signor  presidente,  dietro  il  riassunto  della  causa,  propose  le 
Mguenti 

QUISTIONI  DI  FATTO 

l."  Consta  che  il  pagano  Gattina  sia  colpevole  di  omicidio  in  persona  di 
Francesco  Paolo  Prato,  e  di  eccitamento  al  popolo  a  commettere  la  strago  contro 
una  classe  di  persone? 

2."  Consta  che  i  fratelli  Pietro  o  Luca  Mirra  abbiano  prosa  parte  attiva  nei 
citati  reati? 

8."  Consta  che  i  rimanenti  Spallina,  Ferriera,  Trapani,  Giovenco,  Zito,  Ro- 
salia, Vavila,  Bonvenato.  Maranzano  ,  Zimmardi  u  Macaluso  sieno  colpevoli  di 
tentata  strage  summcntovataV 

Considerando  che  il  pubblico  esame  ha  apprestato  i  fatti  seguenti: 

I."  La  mattina  dogli  11  prossimo  scorso  luglio  in  questa  fu  ammazzato  nel 
cortile  della  Concoziono  al  Capo  il  nominato  Fiancosoo  Paolo  ['rato ,  perchè 
credalo  propinatoro  di  veleno;  il  primo  ad  assalirlo  fu  Vincenzo  Gattina;  i  fra- 


APPKNDIOB  XLIX 


telli  Pietro  e  Luca  Mirra  vi  presero  parte  attiva,  e  tutti  e  tre  eccitarono  il  po- 
polo ad  apportare  la  strage  verso  la  classe  di  persone,  fatta  credere  propagatrice 
di  veleno;  con  attaccare  per  i  piedi  e  trascinare  pubblicamente  per  più  strado 
il  cadavere  dello  interfetto  ,  proclamando  spesso  le  voci  di  Viva  S.  Rosalia, 
preceduti  puranco  da  Salvatore  Zito,  che  faceva  sventolare  un  fazzoletto;  affret- 
tandosi il  detto  Gattina  qual  facinoroso  al  disbiigo  di  quell'enorme  reato ,  an- 
nunziando che  dopo  di  quello  doveano  portarsi  alla  Direzione  di  Polizia  per 
fare  lo  stesso  in  persona  di  altro  soggetto,  che  diceva  essere  puranco  propaga- 
tore di  veleno. 

2."  Che  a  talo  strage  commisero  tentativo  gli  altri  summenzionati  Spallina, 
Ferriera,  Trapani,  Giovenco,  Zito,  Rosalia,  Vavila,  Benvenuto  e  Maranzano. 

3.°  Che  Zimmardi  fu  visto  nel  momento  di  quella  unione. 

Considerando  che  la  generica  dcH'omicidio  è  bene  basata  colla  relazione  del 
perito  sanitario;  Considerando  per  la  specifica  che  i  fatti  su  espressati  vengono 
da  bastanti  documenti  e  testimoni  contestati;  Considerando  che  il  vero  oggetto 
dei  malintenzionati  non  era  solo  di  uccidere  1'  uomo  che  erroneamente  crede- 
vano autore  di  avvelenamento,  ma  quello  sibbene  d'invitare  il  popolo  alla  strage 
d'individui  indeterminati,  che  volevano  far  credere  autori  di  tali  pretesi  reati,  e 
questo  all'oggetto  di  procedere  ad  ulteriori  ricerche  di  veleni  nello  case  de'  paci- 
fici cittadini,  come  aveano  detto  nel  volere  anche  uccidere  una  persona  esistente 
nella  Direzione  di  Polizia,  e  così  dar  di  mano  agli  assassini  ed  alle  ruberie; 

Considerando  che,  così  agendo  e  procurando  di  autorizzare  1'  assassinio  con 
l'invocazione  della  N.  S.  Padrona  per  mettere  un  suggello  alle  loro  false  asser- 
zioni, invitavano  il  popolo  ad  ulteriori  estermin!; 

Per  tali  motivi  la  Commissione  suddetta  unanimamonte  ha  dichiarato,  e 
dichiara 

1.°  Constare  d'  essere  i  sopracitati  Gattina ,  Pietro  e  Luca  Mirra  fratelli, 
Spallina,  Ferriera ,  Trapani,  Giovenco,  Zito,  Rosalia,  Vavila ,  Benvenuto  e  Ma- 
ranzano colpevoli  dei  reati  rispettivi  in  conseguenza  delle  quistioni. 

2."  Non  constare  abbastanza  d'  essere  Zimmardi  colpevole  del  reato  di  cui 
andava  prevenuto,  ordinando  farsi  un'ampia  istruzione  da  rimanere  in  carcere 
durante  la  medesima. 

3."  Constare  di  non  essere  1'  ultimo ,  cioè  Macaluso,  colpevole  del  reato  di 
cui  venne  accusato,  e  rimettersi  immantinente  in  libertà  assoluta. 

Infine,  dietro  la  quislione  di  dritto  proposta  dal  signor  Presidente,  è  venuta 
la  dianzi  citata  Commissiono  colla  stessa  uniformità  di  voti  a  condannare  i 
mentovati  individui  alla  seguente  classificazione  di  pene,  cioè: 

1."  Vincenzo  Gattina  alla  pena  di  morte  colla  fucilazione  e  col  2°  grado  di 
pubblico  esempio  giusta  l'art.  130  delle  leggi  penali. 

2.'^  Pietro  e  Luca  Mirra  fratelli  alla  pena  di  morte  colla  fucilazione  ai  ter- 
mini dell'art.  131  delle  dette  leggi. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  7 


APPENDICE 


3."  Salvatore  Spallina  al  3"  grado  dei  ferri  per  anni  ventiquattro,  ai  termini 
dell'art  132  delle  surriferito  leggi. 

4."  Salvatore  Zito  al  2°  grado  dei  ferri  per  anni  diciotto. 

5.°  Gioacchino  Ferrier.i ,  Gaetano  Trapani  ed  Ignazio  Giovenco  ai  ferri  per 
la  durata  di  anni  13. 

6.*  Giuseppe  Rosalia,  Giacomo  Vavila,  Angelo  Benvenuto  e  Salvatore  Ma- 
ranzano  alla  pena  della  reclusione  per  anni  sei,  essendo  di  età  minore. 

In  ultimo  ha  condannato  tutti  i  sopraddetti  individui  solidariamente  allo  spese 
del  giudizio  in  favore  del  Real  Tesoro. 

In  fine  ha  condannato  i  più  ripetuti  Spallina,  Zito,  Ferriera,  Trapani,  Gio- 
venco ,  Rosalia,  Vavila  ,  Benvenuto  e  Maranzano  alla  raalleveiua  per  tre  anni 
sotto  pena  di  ducati  300. 

Inoltre  ha  ordinato  eseguirsi  la  presente  sentenza  domattina  alle  7  a.m.,  o 
che  se  ne  imprimano  200  copie  in  istampa  per  la  corrispondente  pubblicazione 
e  diramazione. 

11  tutto  a  cura  e  diligenza  del  signor  Capitano  Relatore. 

Fatta,  letta  e  pubblicata  oggi  in  continuazione  del  dibattimento  in  Palermo, 
li  quattro  agosto  1887. 

Firmati  : 

Ludovico  Matina  colonnello  d'artiglieria  presidente. 

Giuseppe  Ferrara  capitano  del  primo  granatieri. 

Giobbe  Romanzi  capitano  del  1**  di  linea. 

Francesco  Yalliso  capitano  del  2°  di  linea. 

Antonio  Albertis  1°  tenente  del  1"  granatieri. 

Gaetano  Prinzivalli  1"  tenente  del  10°  di  linea. 

Domenico  Patiemo  capitano  relatore. 

Gaetano  Vanni  giudice  della  Gran  Corte  Civile,  uomo  di  legge. 

Francesco  D'Avella  2°  sergente  del  1"  di  linea  Re,  cancelliere. 

Visto 
Il  Capitano  Relatore 
Domenico  Patibrno,  aiutante  maggiore. 

(Archivio  citato). 


Àt>PENblCJE 


LI 


DOCUMENTO  N.  XXX. 

Cadaveri  dei  colerici 

sepolti  nel  Regio  Camposanto  di  S.  Orsola. 

1 

MUMEKO 

HUHERO 

NUMERO 

DATA 

DEI 

DATA               DEI 

DATA 

DEI 

CADAVERI 

CADAVERI 

ODAVERI 

1837 

Riporto  N.       334 
1837 

Kiporto 
1837 

N.    13584 

15  Giugno 

N.          1 

29  Giugno 

N.       135 

11  Luglio 

N.     1741 

17         , 

2 

30 

,       326 

12 

.     1758 

19         . 

6 

1  Luglio 

,       386 

13 

,     1535 

20         , 

7 

2 

,       603 

14 

.       684 

21 

13 

3 

,       980 

15 

.       976 

22 

15 

4 

.       931 

16 

.       631 

23        „ 

28 

,     1111 

17 

,       402 

24        „ 

l'J 

G 

„     1638 

18 

,       422 

25         , 

47 

t         „ 

,     1801 

19 

,       331 

2fi         , 

46 

8 

,     1746 

20 

.       222 

27         „ 

59 

9         „ 

,     1790 

Totale  ] 

N'.  22286 

28         . 
A  riportarsi 

„         91 
N.       334 

10         „ 

,     1803 

A  riportarsi 

N.  13584 

Cadareri  dei  colerici  trasportati  alla  Punta  dei  Rotai 

'. 

NUMERO 

NUMERO 

NUMERO 

DATA 

DEI 

DATA 

DEI 

PATA 

DKl 

CADAVERI 

CADAVERI 

CADAVERI 

1837 

Riporto  N.     1273 

Riporto  N.     1297 

1837 

1837 

21  Luglio 

N.         159 

14  Agosto 

N.          2 

7  Settembre 

N.               0 

22 

.       264 

15          . 

0 

8        „ 

2 

23 

„       186 

16         . 

0 

9 

0 

24 

,       123 

17         „ 

2 

10 

0 

25 

60 

18        „ 

2 

11 

2 

26 

58 

19 

4 

12 

1 

27 

89 

20         , 

1 

13 

2 

28 

75 

21         . 

1 

14 

0 

2) 

65 

22         , 

1 

15 

0 

30 

52 

23        „ 

1 

16 

2 

31 

38 

24         , 

1 

17 

0 

1  Agosto 

12 

25         . 

0 

18 

1 

2        „ 

17 

26         , 

0 

19 

1 

3 

13 

27         , 

1 

20 

2 

4 

18 

28         , 

0 

21 

2 

5 

11 

29 

0 

22 

1 

6 

13 

30 

2 

23 

2 

7 

7 

31 

2 

24 

1 

8 

4 

1  Settemlrt 

0 

25 

1 

9 

1 

2 

1 

26 

3 

10 

4 

3         . 

0 

27 

1 

11 

3 

4        „ 

1 

28 

0 

'2 

0 

5         , 

1 

29 

3 

13 
A  riportarsi 

1 
N.     1273 

6         , 

A  riportarsi 

1 

30 

„           1 

N.     1297 

Totale  Nri325"|| 

Sepolti  nel 

Camposanto  di  S.   Orsola  N.  22286  | 

Tot 

ale  complessivo 

N.  236 Jl  II 

Il  Cappellano  del  Regio  Camposanto,  incaricato  del  sotterro  dei  colerici 
(Archivio  citato).  Beneficiale  Michele  Melchiorbg. 


iil  ÀPPEKDIOÈ 

DOCUMENTO  N.  XXXI. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  11  luglio  1837. 
Eccellenza, 

Ieri  per  via  del  telegrafo  feci  conoscere  a  V.  E,  che  in  Bagheria  ed  in  qualche 
altro ,'vicino  Comune  l'ordine  pubblico  era  stato  turbato,  spargendosi  le  solite 
^  Toci  di  veleno  ,  e  quindi  rassegnavale  che  una  piccola  colonna  mobile  si  era 
spedita  alla  Bagheria,  dove  avea  rimesso  l'orJine,  e  si  sarebbe  questa  fatta  pas- 
sare per  Marineo  od  altro  Comune,  e  conchiusi  che  era  necessario  un  aumento 
della  forza  militare  per  mantenere  la  pubblica  tranquillità. 

Sino  a  ieri  sera  in  questa  Capitale,  quantunque  afflitta  disgraziatamente  dal 
male,  pure  si  spargevano  di  nuovo  delle  voci  di  veleno;  fu  d'uopo  che  la  Po- 
lizia e  la  truppa  stesse  tutta  la  notte  in  un  penoso  allarme ,  e  nulla  seguì  di 
sinistro. 

Non  così  succede  però  questa  mattina.  Un  branco  furibondo  di  popolo  ar- 
restò un  uomo  che  diceva  sospetto  ;  1'  uccise  e  lo  trascinò  per  lo  strade  della 
Città  ;  la  forza  della  Polizia  e  militare  giunse  a  togliere  dalle  mani  di  quegli 
scellerati  il  cadavere,  e  1'  ordino  pubblico  fu  rimesso.  Ma  in  questo  serio  rin- 
contro si  ò  osservato  di  quanta  poca  forza  possiamo  noi  disporre,  giacché  ò  di 
assoluta  necessità  che  si  tenga  riunita  per  imporre  sul  popolo. 

Il  Generale  dell'armi  ha  richiesto  un  aumento  di  forza  per  telegrafo;  un  altro 
avviso  telegrafico  ha  fatto  il  Direttore  Generale  ni  Polizia  Duca  di  Cumia;  mi 
è  sembrato  di  troppo  farne  un  terzo  io;  ma  partendo  un  paraiizcllo  per  costà, 
ho  creduto  fare  queste  poche  righe  a  V.  E.,  acciò  possa  far  conoscere  a  S.  M. 
lo  stato  delle  cose. 

Ogni  sforzo  da  me  si  farà,  acciò  la  tranquillità  e  l'ordine  pubblico  non  siano 
turbati;  ma  V.  E.  comprenderà  bene  coi  suoi  alti  lumi  che  non  è  possibile  con- 
tenero in  obbedienza  al  Governo  due  milioni  di  aomini  allarmati  ed  intimoriti 
da  un  fiero  morbo,  che  no  affliggo  una  porzione  e  ne  minaccia  un'altra,  senza 
che  effettivamente  esista  una  forza  fisica  che  faccia  aumentare  quella  morale, 
per  la  quale  il  Governo  è  ubbidito  e  rfspettato. 

Ad  istanza  del  Direttore  Generalo  di  Polizia  e  del  Generalo  delle  Armi  io 
ho  nominato  questa  mattina  una  Commissiono  Militarn;  questo  passo  speriamo 
che  scoraggi  i  malointonzionati  por  non  piìi  attentare  alla  proprietà  od  alla  vita 
(lei  cittadini;  tutto  insomma  sarà  messo  in  opera,  perchè  la  sicurezza  pubblica 
iiun  Hia  coni|iromo)sa. 

Ad  onta  della  mia  disgrazia  V.  1;^.  potrà  assicurare   S.  M.  che  starò  sempre 


AÌPPENDICÈ  Llll 


fermo  al  mio  posto ,  emanando  tutte  quelle  disposizioni  che  crederò  in  questa 
grave  circostanza  necessarie. 

Coi  sensi  intanto  della  massima  stima  ed  alta  considerazione,  mi  do  l'onore 
di  dirmi  di  V.  E. 

Il  Luogotenente  Generale 
Pbixcipe  di  Campofbanco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XXXII. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  12  luglio  1837. 
Eccellenza, 
Ieri  scrissi  a  V.  E.  con    un    paranzelle  che  da  qui  partiva.  Partendone  un 
altro  oggi,  le  soggiungo  che  dopo  1'  assassinio  avvisatole,  ve  ne  fu  un  secondo 
ad  ora  più  tarda  e  che  ancorti  dalia  forza  pubhlica  l'ordine  fu  mantenuto. 

La  notte  scorsa  nel  villaggio  di  Vilhabate,  villaggio  distante  da  qui  circa  4 
miglia,  gravi  disordini  ebbero  luogo.  L'Ispettore  di  Polizia  Dizo,  od  altre  per- 
sone furono  uccise.  Si  crede  in  questo  momento  che  molta  gente  siasi  armata 
e  riunita  nel  forte  del  Sacramento. 

È  statA  di  precisa  necessità  la  spedizione  di  una  Colonna  mobile,  comandata 
dal  generale  Statella;  con  ansietà  io  attendo  i  risultati,  che  farò  subito  cono- 
scero  a  V.  E. 

Per  telegrafo  ho  avvisato  S.  M.  di  quest'occorso,  soggiungendo  che  se  non 
arriva  prestamente  qui  un  forte  rinforzo  di  truppa,  il  disordino  potrebbe  ren- 
dersi irrimediabile. 

Il  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Campofranco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XXXIII. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  13  luglio  1837. 
Eccellenza, 
Dopo  acerba  strago  paro  che  il  morbo  abbia  rimesso  non  poco  della  orribile 
sua  forza,  come  V.  E.  potrà  scorgere  dallo  cifre  dei  casi  dei  morti.  Onde  non 
essendo  occorso  altro  provvedimento,  ma  badandosi  alla  esecuzione  dei  già  dati, 


i^  APPBNDÌCB 


per  quanto  rìgaarda  la  cara  degl'infermi,  trasporto  e  seppellimento  dei  cadaveri  o 
simili  dolorosi  e  necessarii  uffici!  ,  breve  sarebbe  questo  mio  rapporto  ,  e  lieto 
se  discorrer  non  dovessi  di  qualche  turbamento  d'  ordine  pubblico  nella  Capi- 
tale, di  qualche  disubbidienza  e  scompiglio  in  altri  Comuni. 

Delle  misure  deliberate  dalla  Commissione  provinciale  di  Sanità  in  Messina, 
ne  trattava  io  nei  rapporti  antecedenti.  Testé  mi  è  giunto  un  atto  non  dissi- 
mile di  quella  Deputazione  di  Salute  di  1'  Classe,  alla  quale,  comunicata  la  de- 
liberazione del  Magistrato  Supremo  di  Salute  dei  23  giugno,  preserivente  una 
contumacia  per  le  provenienze  da  Palermo ,  la  Deputazione  a  maggioranza  di 
voti  stabilì  dipendere  per  questa  parte  esclusivamente  dagli  oracoli  di  S.  M. 

Questo  pronunziava  la  Deputazione  di  Messina  a  5  luglio,  e  a  me  pare  che 
avendo  il  sovrano  Rescritto  del  4  annunziato  la  mente  del  Re,  dovrebbe  quella 
Deputazione  acquetarsi ,  ed  altro  provvedimento  non  dovrebbe  occorrere.  Ma 
perchè  non  ci  è  tempo  di  ritrarne  l'effetto,  io  ho  risposto  si  eseguissero  gli  or- 
dini generali  di  S.  M.  e  intanto  ho  voluto  espressamente  nel  presente  rapporto 
fame  parola.  La  Valle  di  Caltanisseita  si  era  per  lo  innanzi  docilmente  confor- 
mata alle  disposizioni  del  Magistrato  di  Salute  e  del  Governo.  Le  nuove  fune- 
stissime che  venivan  poi  da  Palermo,  e  sapendosi  non  v'  essere  forza  militare 
che  potesse  reprimere,  si  era  al  punto  di  respingere  col  fatto  le  persone  venute 
da  qui.  L'Intendente  perciò  prese  un  espediente  a  frenare  la  piena:  bandì  l'au- 
mento della  contumacia  da  14  a  40  giorni. 

Io  gli  ho  risposto  nello  stesso  modo  che  agii  altri  Intendenti,  non  cedendo, 
non  negando  apertamente  a  scanzo  di  far  un  divieto ,  che  sarebbe  trasgredito 
di  certo;  ho  raccomandato  la  esecuzione  degli  ordini  generali. 

Del  resto  io  ritraggo  che  in  Sambuca  dal  3  al  IG  molte  infermità  nrano  av- 
venute con  sospetti  forti  di  cholcra  e  da  12  persone  eran  morte  tutte  nello 
stesso  perìodo  e  coi  sintomi  stessi. 

L' Intendente  di  Girgenti  con  la  Commissione  provinciale  di  sanità  provvi- 
dero sabito  efficacemente,  secondo  le  istruzioni ,  mandando  medici ,  e  tutte  le 
altre  parti  ordinando  che  si  debbono  in  questi  casi. 

La  prima  cosa  fu  di  sospendere  la  pratica  alle  provenienze  di  Sambuca  e 
stabilire  una  contumacia  per  quo'  do'  contorni. 

Questa  disposizione  io  non  ho  approvato  espressamente ,  governandomi  nel 
modo  detto  di  sopra;  ma  ho  bene  autorizzato  lo  altre,  parendomi  tutto  acconco 
sd  opportune. 

Finalmente  fo  intendere  a  V.  E.  che  continuano  a  succedere  dei  casi  di  cho- 
lere  nei  comuni  della  Vallo  di  Palermo  più  vicini  alla  Capitale:  Morrealo,  Bor- 
gtftto,  iiflghcria,  Torretta ,  Termini ,  IJelmonto  ,  Pnrtinico  e  qualche  altro ,  nei 
quali  dove  piti,  dove  mene,  il  morbo  si  ò  manifestato  senza  fare  per  anco  molta 
strage.  Ma  m'Il'ordinc  pubblico  qualche  turltamcnto  ò  avvoniito.  Il  ritrarrà  V.  K. 
dal  rapporto  dui  Direttore  (junvralc  di   Polizia,  clic  ([ui  per  tenore  trascrivo. 


APPENDICE  LT 


Eccellenza, 

'  Come  V.  E.  ben  sa  pei  rapporti  che  io  ho  fatto  subito  oralmente,  vari  di- 
sordini sono  già  accaduti  nei  Comuni  prossimi  a  questa  Città,  per  le  voci  ma- 
lignamente suscitatevi  di  occulte  propinazioni  di  veleno,  cui  si  dà  cagione  della 
micidiale  malattia  che  tanto  ci  travaglia. 

Il  primo  moto  segui  in  Baghoria,  ove  divulgatosi  un  tal  sospetto,  insorsero 
i  malintenzionati  contro  l'autorità  pubblica,  mettendo  a  morto  il  figlio  del  far- 
macista Mancuso;  ed  altri  attentati  minacciando,  che  avrebbero  certo  commesso, 
se  non  si  fosse  colà  prontamente  spedita  una  colonna  mobile,  che,  dopo  qual- 
che gio)'no,  bisognò  rivolgersi  sul  Comune  di  Marineo ,  ove  le  autorità  grave- 
mente pericolavano  per  le  stesse  voci  sediziose ,  ne  potevano  sperare  risorsa 
della  forza  pubblica,  sedotta  anch'  essa  ed  ingannata  dall'idea  di  un  avvelena- 
mento. 

Quasi  contemporaneamente  due  individui  erano  uccisi  nel  villaggio  della  Gra- 
zia come  propinatori  di  sostanze  venefiche  ;  e  questi  scandali  inforzando  mag- 
giormente le  voci  di  veleno,  che  si  erano  anche  qui  ripristinate  sin  da'  giorni 
precedenti,  eran  cagiono  de'  misfatti,  che  furono  qui  commessi  nei  giorni  10  e 

11  all'ombra  di  questo  sospetto.  Nella  sera  del  10  fu  messa  a  morte  nel  largo  di 
S.  Cosimo  una  infelice  donna,  di  cui  non  si  è  potuto  sapere  ancora  il  nome:  nella 
mattina  susseguente  alcuni  malintenzionati  inveirono  contro  un  certo  Prato,  che 
dopo  di  essere  stato  ucciso,  fu  trascinato  da  molti  ragazzi  per  la  via  Toledo;  e 
verso  le  ore  diciassette  dello  stesso  giorno  venne  anche  totalmente  ferito  un 
altro  individuo,  che  fu  indi  tolto  dalla  forza  pubblica  dalle  mani  di  coloro,  che 
così  semivivo  si  erano  similmente  messi  a  trascinarlo  per  la  stessa  via. 

Le  disposizioni  che  furono  date  alla  forza,  gli  arresti  che  prontamente  si  o- 
perarono,  e  la  pubblicazione  di  un  manifesto  con  cui  creavasi  una  Commissiono 
Militare  per  la  immediata  punizione  di  tali  attentati,  rifecero  subito  la  calma; 
ma  non  si  era  appena  cessato  d:i  questi  disordini,  che  giunse  notizia  di  esserne 
stati  commessi  maggiori  nel  Comune  di  Villabate,  ove  nella  netto  degli  11  al 

12  irruppero  quei  malintenzionati  contro  le  autorità  e  la  forza  pubblica,  mettendo 
a  morte  sino  a  dieci  individui,  tra  i  quali  l'Ispettore  di  Polizia,  il  Giudice  sup- 
plente, lo  Eletto,  il  Caporonda,  e  qualche  altro  impiegato,  secondo  si  dice,  non 
essendosene  ricevuto  ancora  un  officiale  rapporto. 

Una  forza  militare  è  stata  egualmente  spedita  in  Villabate ,  e  quella  popo- 
lazione si  crede  certo  a  quest'ora  rimessa  in  quiete. 

Ma  i  disordini  continuano;  e,  secondo  i  rapporti  oggi  arrivati,  lo  spirito  di 
sconvolgimento  si  è  già  esteso  a  non  pochi  altri  Comuni. 

In  Cinisi  si  sparse  voce  che  la  classe  dei  civili  intendeva  ad  avvelenare 
le  acque  dei  fonti  pubblici;  e  subito  una  mano  di  facinorosi  si  riunì  jeri  in  una 
casa  posta  sull'estremità  del  Comune. 

Le  Autorità  e  i  possidenti,  prevedendo  il  pericolo,  si  ai-marono  e  tentarono 


LVI  APPENDICE 


di  dissipare  quest'attruppamento;  ma  colti  in  un'imboscata,  ebbero  gravemente 
feriti  tre  rondieri,  uno  dei  quali  morì  indi  a  poco,  e  bisognarono  quindi  retro- 
cedere. 

Secondo  scrive  il  Giudico  di  Carini  ,  anche  in  Torretta  vi  è  stato  qualche 
trambusto:  ma  sinora  se  ne  ignorano  i  particolari. 

In  Capaci  si  è  dato  il  sacco  a  non  poche  case  ,  vi  sono  stati  uccisi  circa 
nove  individui  del  ceto  civile,  e  più  bande  armate  percorrono  i  dintorni  di  quella 
comune,  che,  secondo  si  dice ,  hanno  levato  un  cannone  dalla  torre  dell'  Isola 
delle  femmine,  e  dirizzatolo  verso  la  barriera  di  Sferracavallo. 

Nel  comune  di  Ficarazzi  fu  ucciso  l'altro  giorno  un  certo  Salvatore  Abate; 
od  ora  si  sa  che  il  Sindaco  trovasi  chiuso  per  iscampare  dal  pericolo  nella  sa- 
grestia di  quella  Chiesa  Maggiore,  ed  è  quasi  assediato  dal  popolo,  che  gli  mi- 
naccia la  vita,  chiedendogli  conto  degl'incarichi  avuti  di  spargere  il  veleno. 

Il  Sindaco  di  Casteldaccia  finalmente  scrive  di  essere  sul  punto  di  abban- 
donare quel  Comune,  onde  sottrarsi  dalle  mani  di  quei  facinorosi  abitanti,  che 
gl'imputano  la  morte  di  coloro,  i  quali  sono  cessati  pel  cholera.  , 

Tale  è  sin  oggi  lo  stato  delle  cose;  ed  io  rassegnando  tutto  ciò  alla  V.  E., 
non  lascio  di  ripetere,  che  senza  il  soccorso  di  una  importante  forza  militare, 
non  è  sperabile  che  possa  farsi  fronte  a  cosiffatto  generale  sovvertimento. 

A  raffrenare  il  movimento  del  giorno  11  bastò  la  forza  della  Polizia. 

Ma  intanto  si  pensò  a  rimedt  che  troncassero  il  male  dalla  radice. 

Riunito  un  Consiglio  straordinario,  nel  quale  fu  presente,  oltre  al  Direttore 
Generale  di  Polizia,  il  Comandante  Generale  delle  Armi,  io,  facendo  uso  delle 
facoltà  estraordinarie  che  per  questi  straordinarii  casi  delegavami  S.  M.,  creai 
una  Commissione  militare,  che  giudicasse  immantenonte  i  rei  di  questi  attentati 
contro  l'ordine  pubblico,  le  proprietà  e  le  vite  dei  cittadini. 

Gli  ordinamenti  di  questa  Commissione  li  trarrà  Y.  E.  dalla  inclusa  copia 
dello  avviso  che  pubblicai  lo  stesso  giorno. 

Lo  stesso  giorno  un  altro  ne  emise  fuori  la  Polizia,  del  quale  è  qui  allegata 
una  copia  m  istampa,  ed  allo  effetto  medesimo  efficacemente  esso  intendeva. 

In  questo  stato  sono  le  cose. 

Stamattina  è  arrivata  una  forza,  il  vapore  Ferdinando  2'  sbarcandola  presso 
alla  nagheria. 

Il  Comandante  Generale  delle  armi  ha  ordinato  al  Comandante  di  quella 
gente  che  si  mettesse  in  comunicaziono  con  la  Colonna  mandata  già  nel  vicino 
villaggio  dell'Abate,  la  quale  avoa  represso  il  popolare  movimento. 

.Ma  con  ciò,  avuto  riguardo  alla  frequenza  dei  disordini  in  vari  punti,  io  non 
Umcìo  di  replicare  che  tuttavia  è  mestieri  altra  forzi  militare  per  assicurare 
dorovolmonte  la  paco  pubblica. 

Prego  dunquo  V.  K.  a  dar  conto  di  tutto  ciò  a  S.  M.  AU'i-fTetto  medesimo 
lo  traametto  i  duplicati  di  duo   doliborazioni  preso  dal  Magistrato  Supremo  di 


APPEKDIOE  ,  LVn 


Salute  il  10  luglio  per  la  contumacia  delle  isole  Eolie,  e  per  quella  dei  vari  punti 
del  Mediterraneo,  che  con  Napoli  comunicavano  più  o  meno  liberamente. 

Fra  i  votanti  di  queste  deliberazioni  manca  il  Soprintendente  Generale  Mar- 
chese Arezzo,  trapassato  la  notte  dal  9  al  10. 

E  in  ultimo  prego  V.  E.  che  si  piaccia  impetrare  la  Sovrana  autorizzazione 
di  un  provvedimento  per  la  somma  urgenza  da  me  consentita. 

Per  la  difficoltà  delle  comunicazioni  con  gli  altri  Comuni ,  si  teme  che  da 
un  di  all'altro  manchi  la  carne  bovina;  un  D.  Antonino  Puleo  si  presentò  al  Pre- 
tore, profferendo  di  far  venire  da  fuori  da  1500  capi  di  bestiame,  se  si  facesse 
una  eccezione  al  divieto  che  e'  è  ;  si  ha  intenzione  di  favorir  la  nostra  agri- 
coltura. 

Nel  Consiglio  stesso  dunque  degli  11,  considerato  l'estremo  bisogno,  promisi 
io  la  immissione  di  quella  quantità  di  bestiame,  e  prego  V.  E.  a  rappresentare 
a  S.  M.  questa  disposizione  per  l'approvazione  sua. 

n  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Ca.mpofbanco. 

(archivio  citato),  ■ 


DOCUMENTO  N.  XXXIV. 

Lettera  privata  del  Principe  di  Campofranco 
al  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  14  luglio  1837. 
Eccellenza, 

Se  nel  dolore  gradevoli  giungono  le  consolazioni  degli  amici,  sommamente 
mi  ha  confortato  la  cortese  lettera  di  V.  E.  che  tocca  la  domestica  sventura 
sopportata  da  me,  pur  mentre  piangea  e  in  quanto  per  me  poteasi,  riparava  le 
grandissime  calamità  di  questo  paese. 

Rendo  io  dunque  infinite  grazie  all'È.  V.  per  1'  amichevole  e  affettuoso  uf- 
fizio che  maggioro  rende  gli  obblighi  miei  verso  V.  E.  ;  piii  saldo  lo  attacca- 
mento mio. 

Degli  affari  pubblici  le  ho  scritto  coi  rapporti  d'ufficio;  ma  non  posso  rima- 
nermi che  non  replichi ,  anche  tra  questi  lutti  di  Palermo ,  il  giubilo  mio  al 
vedere  con  quanta  benignità  la  M.  S.  provveduto  abbia  al  soccorso  di  questo 
travagliato  popolo;  con  quanta  diligenza  e  prestezza  ed  amore  il  Ministro  del 
Re  sia  concorso  ad  impetrare  queste  grazie  sovrane. 

L'importanza  della  cosa  al  presente  è  il  mantenimento  della  tranquillità  pub- 
blica, minacciata  il  dì  11  di  questo  mese  in  Palermo,  turbata  in  fatto  e  gra- 
vemente nei  Comuni  vicini. 

La  colonna  mobile,  colla  quale  si  è  messa  in  corrispondenza  la  forza  venuta 

Arch.  Star,  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  8 


tVllI  APPEXDICE 


col  Ferdinando  2",  intendo  al  raffrenamento  di  questi  moti  sediziosi;  ma  voglia 
Iddio  elio  essa  basti  ! 

Pertanto  io  ho  fatto  d'  ufilcio  calde  istanze  per  ottenere  altra  forza ,  e  uso 
la  presente  occasione  a  replicarle. 

Vede  V.  E.  che  di  tanto  trambusto,  in  sì  pericoloso  frangente,  non  potrò  io 
senza  forza  assicurarmi  il  buon  servizio  di  S.  M. 

Pieno  di  estrema  gratitudine  e  di  alta  stima  e  considerazione,  io  ho  l'onore 
di  dirmi  di  Y.  E. 


Il  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Campofranco. 


(Archivio  ciUto). 


DOCUMENTO  N.  XXXV. 

Lettera  del  Luogoteneìite  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Sfato 
per  gli  affari  di  Sieilia  in  Napoli. 

Palermo,  14  luglio  1837. 
Eccellenza, 

Mando  a  V.  E.  col  vapore  un  duplicato  del  rapporto ,  che  per  la  posta  lo 
indirizzava  ieri  su  questo  flagello  tremendo  ,  che  ne  travaglia  ,  e  col  presente 
aggiungo  gli  ulteriori  avvisi.  Non  tristi  sono  rispetto  allo  stragi  doU'altra  set- 
timana i  ragguagli  dello  stato  del  morbo ,  come  V.  E.  vedrà  dal  numero  dei 
casi  e  dei  morti. 

Ma  ai  disordini,  che  le  annunziava,  di  parecchi  Comuni  vicini,  si  aggiunse 
la  scorsa  notte  una  sommossa  popolare  in  Misilmeri.  Varie  persone  furono  uc- 
cise, e  questo  solo  si  sa,  mancando  tuttavia  più  distinto  particolaritìi,  perchè  le 
Autorità  locali  non  ne  hanno  fatto  rapporto,  o  che  fossero  rimaste  vittima  della 
Bedizione,  o  che  nascoste  e  spaventato  avesser  trascurato  di  scrivere  i  dolenti 
ragguagli.  K  tutti  questi  disordini  portano  il  pretesto  che  già  all'È.  V.  annun- 
2Ìai  di  un  generale  avvelenamento. 

In  questa  Capitalo  par  non  siano  punto  progrediti,  e  le  indofesse  curo  ,  lo 
sollecitudini,  i  gagliardi  provvedimenti  del  vigilantissimo  ed  egregio  Direttore 
CSenerale  di  Polizia,  dell'ottimo  Comandante  Generalo  dello  armi  son  valso  a  man- 
tenero  la  pubblica  tranquillità.  Ricorro  domani  la  festa  di  S.  Rosalia;  e  sendovi 
luogo  n  temere  qualche  disordine  che  avosso  la  divozione  per  pretesto  ,  si  prò- 
«ero  dalle  Autorità,  con  rassentimento  mio,  tutte  lo  misuro  a  tenere  il  freno  in 
bocca  ai  maleintenzion.nti,  a  contenero  il  popolo ,  a  riassicurare  1'  ordino  pub- 
blico, la  paco,  la  proprietà. 

Sono  in  (|ucHto  Htato  lo  coso,  o  spore  bon  io  che  altri  mali  non  vengano  a 
piombare  nella  desolata  Ciitk. 


Af»PEl?t)lCE  tlJt 

Non  mi  rimango  per  questo  di  rappresentare  il  bisogno  di  forza  che  all'ef- 
fetto stesso  pili  sicuramente  servisse. 

Ho  avuto  i  due  Rescritti  del  dì  11,  pervenutimi  col  vapore  il  Ferdinando  2", 
l'uno  pel  carico  di  Polizia,  l'altro  per  quello  dell'  Interno.  K  rendo  grr.zie  infi- 
nite alla  Sovrana  benignità,  sì  per  lo  clementi  espressioni  citate  a  riguardo  di 
questo  Governo  pei  provvedimenti  che  si  eran  dati  in  questo  frangente  ,  e  si 
pei  soccorsi ,  che  con  amor  paternale  la  M.  S.  prestamoati)  ordinava,  di  forza, 
soccorsi  tutti  che  tanto  nella  presente  circostanza  si  desiderano.  Un'  altra  pre- 
ghiera mi  resta  ad  aggiungere. 

Questo  Comandante  Generale  delle  armi,  avuto  riguardo  al  presente  bisogno, 
ed  allo  stato  dello  truppe  di  qui  molestate,  anche  un  po'  fortemente,  dal  morbo, 
ha  domandato  sessanta  dragoni  smontati  con  certo  numero  di  artiglieri,  e  che 
un'altra  Compagnia  di  Gendarmi  a  pie' si  destini  ai  servigi  di  polizia.  Io  ne  co> 
nosco  il  bisogno  per  lo  manteniment)  dell'ordine  pubblico,  che  ò  al  presento 
l'oggetto  principale  delle  curo  mie,  tra  cotesti  turbamenti  dei  Comuni  vicini  a 
Prilermo. 

E  però  r.iccomando  a  V,  E.  che  nel  rassegnare  a  S.  M.  quanto  ho  scritto, 
I  articolarmente  la  preghi  a  consentire  questi  sussidi  di  forza  dal  Comandante 
Gcn.'ralu  delle  armi  richiesti.  Ai  medesimi  o  alle  truppe,  che  già  S.  M.  ha  man- 
data; col  Vapore,  e  disponevasi  a  mandare  con  la  fregata,  io  avviso  che  si  deb- 
bano aggiungere  dogli  altri  battaglioni  per  la  ripetuta  circostanza  della  molti- 
plici'à  dei  Comuni,  che  di  giorno  in  giorno  van  tumultuando,  i  quali,  se  non  sa- 
ranno incontanente  repressi ,  potrebbero  insorgere  in  un  generale  e  pericoloso 
movimento,  assai  diffìcile  poi  a  reprimersi. 

Trasmetto  a  V.  E.  infine  una  deliberazione  del  Magistrato  Supremo  di  Saluto 
presa  il  dì  12,  per  la  quale  si  è  stabilito  che  nelle  libere  comunicazioni  stabi- 
lite oramai  fra  Napoli  o  Palermo  fossero  tuttavia  rifiutati  il  canape,  il  lino,  gli 
stracci,  ecc. 

//  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Campofranco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XXXVI. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  dt  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo.  IG  luglio  1837. 
Eccellenza, 

In  Palermo  l'ordine  pubblico  si  mantiene  tuttavia  perfettamente  por  l'animo 
e  la  vigilanza  indefessa  del  Direttore  di  Polizia  e  per  l'opera  del  Comandante 


LX  APPENDICE 


Generale  delle  armi,  tanto  che  ieri,  festa  di  S.  Rosalia ,  tutto  passò  tranquilla- 
mente;  ed  oggi,  che  non  è  giorno  di  lavoro,  anche  nello  stato  si  continua. 
Ma  nen  così  nei  comuni  vicini. 

Nei  rapporti  del  13  e  del  14  mandati,  il  primo  per  la  posta,  e  per  duplicato, 
insieme  col  secondo,  pel  legno  di  capitano  Bona,  av  visai  V.  E.  dei  disordini  se- 
guiti e  del  sangue  versato  in  parecchi  Comuni. 

Oggi  non  è  migliore  lo  stato  di  quelle  popolazioni,  perocché,  quantunque  in 
Bagheria  e  in  Villabate  sia  stanziata  parte  della  truppa,  non  si  è  potuto  man- 
darne a  Misilmeri,  a  Capace,  e  ad  altri  Comuni,  essendo  piccola  la  forza  e  dal 
cholera  travagliata  anch'essa. 

Ma  scorsi  i  giorni  15  e  16,  nei  quali,  per  la  ricorrenza  della  festa,  si  temea 
per  la  Capitale,  spero  io  che  altro  colonne  mobili  possan  marciare,  se  verrà  di 
costi  altra  forza,  e  possano  adoperarsi  a  rassettar  quei  Comuni. 

Acciocché  fosse  più  gagliardo  l'effetto,  nel  Consiglio  di  ieri  io  approvai  una 
proposta  del  Direttore  Generale  di  Polizia  ,  per  la  quale,» entrate  lo  truppe  in 
ognuno  dei  Comuni  scompigliati,  deesi  far  di  accordo  con  le  autorità  pubbliche 
e  coi  pacifici  cittadini  il  disarmo,  e  deesi  giudicare  per  Consigli  di  guerra  su- 
bitanei gli  istigatori  primi  ai  commessi  misfatti,  e  i  capi  delle  sommosse. 

I  quali  Consigli  saranno  convocati  giusta  lo  Statuto  penale  militare,  a  somi- 
glianza di  Consigli  di  guerra  di  corpo;  e  immantinente  giudicheranno  e  imman- 
tinente eseguiranno  la  sentenza. 

Questo  salutare  provvedimento  io  non  ho  comunicato  per  anco ,  acciocché 
non  potesse  traspirarne  parola  prima  dell'arrivo  qui  delle  truppe  che  dovranno 
eseguirlo. 

Mosse  quelle  appena,  come  dissi  innanzi,  si  daranno  le  disposizioni  per  man- 
darlo ad  effetto. 

Gravissima  per  altro  mi  é  stata  una  nuova  per  telegrafo  pervenutami  da 
Messina.  Essa  è  del  tenore  seguente  : 

■  II  pubblico  clamorosamente  ha  chiesto  lo  sfratto  del  pachctto  S.  Antonio, 
proveniente  da  Napoli.  La  Casina  sanitaria  è  stata  distrutta,  con  qualche  posto 
doganale.  La  Deputazione   sanitaria  per  la  ragione  di  avere  il  detto   pachetto 
malati  a  bordo,  lo  ha  fatto  ripartire. 
'  Non  si  é  del  tutto  tranquilli. 

*  Il  Generale  Comandante  la  Valle  rapporta  lo  stesso  al  Comandante  Gene- 
rale lo  armi,  ed  aggiungo  che  la  truppa  è  stata  rispettata;  ma  non  6  sufficiente 
por  custodire  il  forte  con  ottocento  servi  di  pena  e  far  fronte  alla  popolazione.  „ 
Mootre  che  io  scrivo,  ho  un  altro  avviso  segnalato  anche  da  Messina ,  ma 
nu  ignoro  il  tenore. 

//  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Cahpofranoo. 
(ArcblTio  dUto). 


APPENDICE  LXl 


DOCUMENTO  N.  XXXVII. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  17  luglio  1837. 
Eccellenza, 

Foco  mi  rimane  d' aggiungere  al  rapporto  che  spacciai  ieri  col  vaporo 
S.  Wenefreede  ;  solamente  ho  fatto  scrivere  il  numero  dei  casi  e  dei  morti 
nei  dì  13,  14  e  15,  che  è  il  più  esatto  che  si  sia  potuto  avere;  quantunque  io 
creda  che  il  numero  dei  morti  sia  maggiore  per  quelli  dello  campagne  che  dif- 
ficilmente si  son  potuti  noverare  con  precisione.  Indi  vedo  V.  E.  la  diminuzione 
della  malattia,  che  maggioro  si  direbbe  per  la  sembianza  della  città  riscontrata 
con  quella  dei  giorni  ò  e  6.  E  veramente  più  popolate  sono  le  strade  ;  aperte 
la  più  parte  dello  botteghe;  cessata  quell'ansia,  quella  fretta  della  gente  che  le 
strade  deserte  e  squallido  valicava  ;  menomato  d'  assai  quel  continuo  trasporto 
di  fpretri,  quel  funesto  andare  di  carri  pieni  di  cadaveri.  Cosi  speriamo  che  la 
orribile  pestilenza  ogni  dì  più  che  l'altro  si  rattempri,  e  questa  Capitale  lasci 
al  fine  che  ha  desolato  abbastanza.  Nò  quanto  allo  stato  della  tranquillità  pub- 
blica altri  avvisi  aggiugner  posso  al  rapporto  di  ieri.  In  questa  Capitale,  mercè 
le  opportune  misure  prese,  nessun  altro  turbamento  è  avvenuto. 

Quei  dei  Comuni  vicini  durano  tuttavìa,  perocché  le  truppe  mandate  in  Ba- 
gheria  e  in  Yillabate,  essendo  poche,  e  diradate  dal  colera,  non  han  potuto  muo- 
vere più  innanzi  a  quietare  i  Comuni  sollevati  ad  oriente  di  questa  Capitale;  ne 
altra  mano  di  soldati  si  è  potuta  mandare  nei  Comuni  del  lato  di  ponente.  La 
ragione  di  questa  inoperosità,  io  lo  replico,  è  la  mancanza  di  forza;  il  rimedio, 
il  solo  rimedio  è  che  S.  M.  faccia  qui  venire,  e  tosto,  altri  soldati. 

Infatti  i  non  repressi  movimenti  ad  altri  Comuni  si  van  comunicando.  Molti 
tristi  uomini  di  Ficarazzi  prescntaronsi  al  sindaco,  domandando  sussidi,  e  al 
niego  di  lui ,  che  allegava  non  aver  punto  denari  il  Comune ,  ferocemente  ri- 
spondeano  aver  ben  lui  ricevuto  dallo  Intendente  buona  copia  di  veleno,  e  de- 
naro abbastanza.  Con  questo  gergo  si  apparecchiavano  forse  quegli  sciagurati 
a  maggiori  eccessi.  E  fin  qui  la  Vallo  di  Caltanissetta  ubbidia  senza  difficoltà 
agli  ordini  del  Magistrato  Supremo  del  Governo,  ora  incomincia  a  deviare  dal 
sentier  giusto.  L'Intendente  mi  ha  scritto  che  alle  funestissime  nuove  della  Ca- 
pitale ,  vari  Comuni  agitavansi ,  ond'  egli  era  obbligato  a  scanzo  di  mali  mag- 
giori ad  accrescer  la  contumacia  per  le  provenienze  di  Palermo. 

Né  ciò  quietava  le  alterato  genti  ;  voleano  usar  precauzioni  contro  il  Capo* 
valle,  perchè  comunicante  con  Palermo.  Le  Autorità  pubbliche  allora  si  restrinser 
tra  loro;  fermarono  di  adoperare  a  vicenda  il  rigore  e  la  prudenza;  avean  fatto 
qualche  cattura  ;  aveah  in  qualche  Comune    provveduto  a  togliere   gì'  impedi- 


tilt  AÌ»PÌSNÌ)tCÉ 

menti  alla  riscossione  delle  pubbliche  imposte,  che  già,  massime  quella  sul  ma- 
cino, non  si  potea  in  qualche  Comune  agevolmente  esigere. 

Conchiusero  le  dette  autorità  con  una  domanda  di  200  uomini  almeno,  per- 
chè non  ci  essendo  nella  Valle  che  pochi  gendarmi ,  nessun  freno  rimaneva. 
E  a  ciò  io  ho  dovuto  rispondere  all'  Intendente  essersi  chiesta  forza  a  S.  M.  : 
venuta  quella,  si  provvederebbe;  intanto  usassero  prudenza  per  non  turbare  la 
tranquillità  pubblica. 

Le  trascrissi  ieri  l'avviso  telegrafico  intorno  ai  disordini  di  Messina,  avve- 
nuti il  1*2.  Un  altro  del  13  mi  annunziò  essersi  alquanto  restituita  la  calma, 
poiché  l'Intendente,  stretto  dal  bisogno,  avea  fatto  girar  per  la  città  pattuglie 
di  civili  e  possidenti,  sendo  pochi  i  soldati,  e  bastanti  appena  a  munire  il  forte. 
Ora  per  la  posta  si  è  ritratto  che  prima  del  disordine  del  12  una  festa  reli- 
giosa, 0  direi  piuttosto  una  popolare  e  fervida  preghiera  a  Nostra  Donna  della 
Lettera  si  era  fatta  il  dì  8.  Tutti  gli  artigiani,  tutto  il  popolo  minuto,  raccolta 
una  certa  somma  di  denaro,  dette  quella  festa,  che  l'Intendente  e  il  Commi.- 
sario  di  Polizia  ,  non  potendo  vietare,  concessero.  Ci  furon  luminarie  e  fuochi 
di  artificio;  e  con  queste  dimostrazioni  fervide,  preci  popolari  e  atti  di  vera  di- 
vozione passò  tranquillamente  la  cosa,  ma  il  pericolo  che  i  malvagi  potesscrla 
volgere  a  danno,  il  pensiero  che  già  il  popolo  osasse  pensare,  cooperar  di  con- 
certo, spiaceano  alla  pubblica  autorità. 

Le  quali  cose  sendomi  rappresentato  dal  Direttore  Generale  di  Polizia,  e 
accorgendomi  che  lo  spirito  o  di  movimento  o  di  sedizione  si  estenda,  già  da 
tutti  i  lati,  per  certo  io  conchiudo  che  non  piccoli  stuoli  di  soldati,  ma  grossa 
forza  ci  vuole  in  Sicilia  ormai. 

Questi  turbamenti  delle  terre  vicino  a  P'alermo  non  si  son  potuti  reprimere 
per  anco;  che  si  farà  dolio  cittii  principali  della  Sicilia  ?  Pertanto  V.  E.  si  pia- 
cerà ragguagliare  minutamente  S.  M.  di  questi  umori,  e  dei  timori  mioi,  e  pre- 
garla di  una  sollecita  spedizione  di  truppa  di  ogni  arma  ,  bastante  a  riparar 
l'impetuosa  piena. 

Il  Luogotenente  Generale 
Pkincipk  di  Campofranco 
(ArcblTio  eiUto).   , 

DOCUMENTO  N.  XXXVIII. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  20  luglio  1837. 
Keeellenza, 

Principiando  il  r.ipporto  p(M-io.lic, )  dolia  nontr.i  presento  calamità,  piacomi 
di  potere  iiuaiRiziiiro  uom';  tiltUvult.i  il  eliolor.i  ciiiiiiniii  ni  >ii  ÌÌimo,  il  cli;>  potrà 
y.  £.  ritrarre  dalle  volite  cifre  inviatole. 


APPENDICE  LXIII 


E  la  sembianza  della  città  sempre  più  rischiariscc;  la  gente  ripiglia  gli  or- 
dinarli esercizi,  torna  alle  faccende ,  cessando  da  quei  luttuosi  affaticamenti 
delle  scorse  settimane;  succedono  le  usate  cure  a  quelle  funeste  di  morbi  spes- 
sissimì  e  di  morti. 

Ma  il  cholera  sempre  più  si  distende  ed  inacerbisce  negli  altri  Comuni  della 
Valle  di  Palermo.  Non  che  Morreale,  Bagberia,  Partinico  e  gli  altri  Comuni  già 
noverati  nei  rapporti  precedenti,  ma  Termini,  ma  Corleone  sono  già  aspramente 
travagliati  dal  morbo. 

Trapani  sin  dal  10  ne  ha  avuto  parecchi  casi  con  morte. 

Alcamo  ancora.  E  del  Val  di  Girgenti  scrissi  a  V.  E.  già  di  essere  stato 
assalito  il  Comune  di  Sambuca,  ma  non  ne  ho  avuto  altri  avvisi. 

Quanto  alla  tranquillità  pubblica,  essa  continua  a  mantenersi  in  questa  Ca- 
pitale. 

Non  so  che  sia  stata  turbata  nelle  altro  Valli,  se  non  se  ne  eccettui  Mes- 
sina. Ma  nel  Val  di  Palermo  è  perduta  del  tutto. 

La  più  parte  dei  Comuni  è  in  manifesta  sollevazione  ,  e  si  è  bruttata  di 
misfatti. 

E  veiamente  al  primo  sviluppo  di  alcun  caso  di  cholera,  e  spesso  senza  a- 
spettar  quello,  i  malvagi  gridano  avvelenamento,  spargon  il  sangue  degl'infelici, 
su  i  quali  cadono  gli  stolti  sospetti  loro,  e  l'odio  che  si  maschera  di  quelli  o 
tutto  empion  di  turbolenze  e  di  danni. 

A  questi  non  posson  le  Autorità  riparare  che  son  prive  di  forza  pubblica; 
non  può  nella  presento  condizione  delle  cose  ripararvi  il  Governo;  perocché  le 
truppe  di  qui,  io  il  replico  pur  sempre,  son  poche. 

Il  cholera  le  ha  sminuito  ancora;  ha  rapito  moltissimi  uffìziali,  talché  né  la 
città  può  lasciarsi  così  senza  questa  pure  piccola  forza,  né  può  mandarsene  al- 
cuna parte  a  contenere  i  Comuni. 

In  fatto  da  Corleone  il  Capitan  d'Arme  scrisse  testé  al  Direttore  Generalo 
di  Polizia,  mostrando  le  pessime  disposizioni  dei  malvagi  e  domandando  pre- 
stamente aiuto,  senza  il  quale  più  non  si  fidava  di  resistere  alla  piena. 

Ma  aiuto  non  si  potò  mandare  ,  o  fu  mestieri  invece  scriver  parole  che  ei 
riparasse,  provvedesse  alla  meglio. 

Nel  rapporto  del  16  io  trascrissi  l'avviso  telegrafico  di  Messina,  annunzia- 
toro  dei  disordini  del  12. 

Narrai  nel  rapporto  del  17  i  particolari  di  una  popolare  dimostrazione  di 
preghiere,  che  era  già  avvenuta  in  quella  città,  e  avca  incominciato  a  mostrare 
quello  spirito  che  proruppe  di  poi  il  dì  12. 

Or  prendo  a  raccontare  i  fatti  di  quel  giorno,  come  li  ritraggo  dall'  Inten- 
dente 0  dalle  pubbliche  Autorità. 

Approdato  appena  il  R.  Pachetto  S.  Antonio ,  che  portava  il  vestiario  dei 
soldati,  e  venendo  da  Napoli  doveva  essere  ammesso  alla  contumacia  medesima 


LXrV  APPENDICE 


prescritta  già  per  Palermo;  si  sollevava  tutta  la  plebe,  si  adunò  ad  alte  grida, 
domandando  lo  sfratto  del  S.  Antonio. 

Proruppe  nell'Ufficio  di  Sanità  e  dettevi  il  guasto,  distrusse  alcuni  posti  di 
guardie  doganali;  disarmò  i  doganieri;  e  con  le  poche  armi  di  quelli  continuò 
a  scorrere  per  la  città. 

A  far  posare  il  pericoloso  movimento,  si  prese  senza  perder  tempo  lo  espe- 
diente di  far  partire  il  S.  Antonio,  a  ciò  adoperandosi  i  Deputati  di  Sanità  che 
si  trovavano  presenti  e  il  comandante  quel  Dipartimento  della  R.  Marina,  e 
l'Intendente.  Il  quale  intanto  ristretto  col  Procuratore  Generale  e  col  Coman- 
dantti  la  Valle,  e  vedendo  non  esservi  forza  militare  che  girar  potesse  per  la 
città,  e  così  sgombrare  la  tumultuante  moltitudine ,  stretti  dal  bisogno,  deli- 
beravan  essi  lo  stesso  giorno  12  luglio  di  ordinare  una  guardia  di  civili  e  pos- 
sidenti, che  battendo  vari  punti  della  città,  si  adoperasse  a  rimettervi  la  calma. 

Promulgossi  all'  istante  un  acconcio  manifesto  :  la  guardia  dei  cittadini  fu 
posta  in  opera;  e  raffrenando  i  malvagi  che  volevano  forse  cogliere  l'occasione 
a  misfare,  ricomposero  a  pace  e  calma  l'alterata  città.  Varie  altre  disposizioni 
particolari,  che  per  brevità  tralascio,  davano  l'indomani  le  Autorità  pubbliche; 
come  lo  sgombramento  da  parte  dei  detenuti,  dai  quali  si  temeva  qualche  ten- 
tativo e  simili  cose.  In  questo  stato  era  la  città  di  Messina  infino  agli  ultimi 
avvisi  ritratti  da  me:  era  essa  affidata  al  tutto  alle  pattuglie  dei  civili  e  pos- 
sidenti, bastando  appena  la  truppa  a  custodire  le  fortezze.  Altri  disordini  da 
altri  punti  dell'Isola  io  non  intendo  infiiio  a  questo  momento;  ma  non  è  per 
questo  che  ubbidienza  regni  agli  ordini  del  Governo  e  tranquillità  e  quiete. 

La  Commissione  Provinciale  di  Salute  Pubblica  in  Catania,  in  seguito  alle 
deliberazioni  del  Magistrato  Supremo  di  Salute  e  del  Governo,  approvato  da  S.  M., 
ha  deliberato  lo  sfratto  alle  provenienze  da  questa  Città  e  si  è  avvisata  do- 
mandare direttamente  gli  ordini  sovrani ,  e  senza  aspettar  quelli  provvedere  a 
suo  modo;  al  quale  effetto  il  Dccurionato  anch'esso  ha  fatto,  e  non  per  mezzo 
mio,  indirizzi  a  S.  M.  e  deliberazioni. 

Tutto  ciò  io  ritraggo  e  taccio,  come  già  all'È  V.  scrissi,  mancandomi  mezzi 
efficaci  da  fare  ubbidire  tra  tanta  ccnfusiono  e  trambusto  gli  ordini  del  Governo. 

Ecco  dunque  in  quali  condizioni  è  la  Sicilia  al  presento. 

Desolata  dal  colera,  la  Capitale  sente  appena  nienoniaro  i  danni  immediati 
del  morbo,  appena  in  ossa  una  cura  vigilantissima  ha  potuto  mantenere  quanto 
turbav.i  1'  ordi.io  pabblico.  Ma  por  poco  che  si  esca  da  quosta  sì  travagliata 
Città,  s'incontrano  comuni  dal  colera  percossi,  o  laceri  da  in^iane  sommosse,  o 
pieni  di  turba/.i(ini  e  delitti.  Lo  provincie  in  fatto  di  sanità  non  ubbidiscono: 
MesHÌoa  ò  traw^orsa  dal  volere  al  fare,  e  al  faro  popolarmente,  e  a  modo  di 
sollevazione. 

Como  dunque  ripararsi  uno  scompìglio  sì  esteso ,  sì  profondo ,  senza  una 
groMa  forza  cho  atterrisca,  che  reprima  prepotentemunte  i  malvagi  ? 


APPENDICE  LXV 


Io  lo  replico  puro,  mi  duolo  acerbamente  che  a  tante  premure  mie  non  sia 
venuto  questo  desiderato  sussidio  di  truppa;  acerbamente  men  duole,  perchè  si 
dà  luogo  tuttavia  a  mille  misfatti,  e  perchè  il  disordine  non  riparato,  per  na- 
tura sua  si  accresce  ;  e  i  mezzi  di  frenarlo  dovranno  essere  sempre  maggiori, 
quanto  maggior  tempo  scorrerà. 

Pensi  V.  E.  inoltre  la  riscossione  delle  pubbliche  entrate  impossibile  in  questi 
Comuni  sciolti  così  da  ogni  freno  e  sollevati. 

E  se  il  denaro  pubblico  manclierà,  che  sarà  djllo  Stato  ? 

Grave,  gravissimo  è  il  caso:  il  rimedio  unico  è  la  spedizione  di  una  grossa 
forza  sollocitamouto. 

A  discaricare  la  mia  oosconza,  a  togliermi  d'ogni  responsabilità,  l'ho  scritto 
io  qui  nuovamente. 

E  prego  V.  E.  che  cos'i  il  rappresenti  a  S.  M.,  insieme  con  tutti  i  ragguagli 
contenuti  in  questo  rapporto. 

//  Luoijotenente  Generale 

PmNCIPE   DI    CAHrOFBANCO. 

(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XXXIX. 

Lettera  del  Luogoteneute  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  22  luglio  1837. 
Eccellenza, 

Non  lascio  fuggire  1'  occasione  di  scrivere  a  V.  E.  per  un  paranzelle  che 
Scioglie  oggi  per  costì. 

Por  prima  cosa  fo  intendere  all'È.  V.  che  ieri  giuusoro  qui  e  ancorarono  a 
poca  distanza  da  Baghcria  i  trasporti  e  i  legni  da  guerra  con  le  truppe  da  S.  M. 
mandate.  Al  momento  ristrettomi  col  Comandante  Generalo  delle  Armi  e  col 
Direttore  Generale  di  Polizia,  stabilironsi.  i  movimenti  cho  far  dovesse  questa 
forza  a  ridurre  alla  obbedienza  e  alla  calma  i  vari  Comuni  dei  dintorni  della 
Capitale,  stati  insino  a  qui  sollevati  o  sciolti  ai  misfatti. 

E  mi  prometto  bene  io  che  quest3  e  il  rimedio  dei  Consigli  di  Guerra  su- 
bitanei accennati  nel  rapporto  del  IG  N.  4827,  il  quale  è  tempo  ormai  d'usare, 
valgon  tosto  ad  ottenere  quell'intento;  quantunque  di  giorno  in  giorno  siasi  e- 
steso  il  sinistro  umore,  ondo  ho  inteso  io  le  nuovo  d'altri  Comuni  sollevati,  o  a 
mala  pena  contenuti  dall'influenza  delle  Autorità  e  dell'onesta  gente. 

Solo  mi  darebbero  a  pensare  le  altre  Provincie;  perchè  oltre  i  casi  di  Mes- 
sina, già  conosciuti  da  V.  E.,  mi  perviene  in  punto  un  rapporto  dell'Intendente 
di  Caltauissetta,  cho  non  annunzia  disordini  accaduti ,  ma  ne  fa  apprendere  il 

4rch.  Stor.  Sic.  N.  S,  Anno  %Y,  9 


LIVI  APPENDICE 


timore.  Egli  dico  che  le  contumacie  stabilite  por  le  provenienze  di  ralcriiìo, 
quantunque  da  lui  per  prudenza  prolungate,  mal  soddisfano  quegli  abitanti,  de- 
siderosi di  esterne  cautele  contro  il  male  che  per  fermo  tengono  contagioso. 

Conchiude  cosi  col  domandare  una  forza  delle  guarnigioni  di  Messina ,  Si- 
ragusa  ed  Agosta:  avvisando  che  se  si  mandasse  da  Palermo  infetta  dal  clio- 
lera,  sarebbe  il  danno  maggiore  del  bene  sulla  pubblica  opinione. 

Ma  in  questa  Capitale  la  calma  non  ò  stata  più  turbata  dopo  quei  fatti  nar- 
rati nel  rapporto  del  13,  e  il  miglioramento  dell'orribile  malattia  si  rendo  ogni 
di  piii  manifesto ,  ogni  dì  mcn  tristo  si  rende  la  sembianza  della  città ,  come 
nel  rapporto  del  20  per  la  posta  io  scriveva  a  V.  E. 

Solo  mi  spiace  che  nella  Valle  di  Palermo  il  cliolera  divampi  già  dove  piìi, 
dove  meno  aspramente  ;  che  nella  Valle  di  Trapani  e  segnatamente  nel  Capo 
Valle  siasi  appiccata;  che  in  Sambuca,  Vi.1  di  Girgenti,  faccia  già  molta  strage. 

Gli  Intendenti  hanno  provveduto:  od  io  li  esorto  senza  posa  a  badare  ad  or- 
dinare le  cose. 

Queste  sono  le  condizioni  presenti  del  paese,  che  V.  E.  sarà  contenta  rasse- 
gnare a  S.  M. 

Ma  io  la  prego  insieme  a  rendere  per  me  grazie  infinito  a  S.  M.  dell'  op- 
portuno soccorso  di  forza  spedita  a  raffrenare  nei  Comuni  il  crescente  spirito 
di  malignità,  di  disubbidienza  e  di  delitti. 

Così  tante  vittime  si  sottraggono  al  furor  della  plebe;  così  l'amministi aziono 
della  Giustizia;  così  la  riscossione  delle  entrate  pubbliche,  la  sicurezza  delle  pro- 
prietà che  in  forse  erano  tutte,  si  ristoreranno,  così  potrà  questo  R.  Governo 
servire  il  Re  e  l'onorevole  suo  mandato  compiere  in  quel  modo,  che  negli  scorsi 
giorni  non  concedca  la  pochissima  forza  e  la  veemenza  del  chole  a,  che  gli  Uf- 
fici pubblici  scompigliato  avea  come  irresistibile  tempesta. 

In  ultimo  io  fo  presento  a  V.  E.  che  per  questi  legni  apportatori  della  tiuppa 
nessun  dispaccio  sno  mi  è  pervenuto. 

E  la  prego  a  dirmi  se  abbia  ricapitato  il  rapporto  e  la  lettera  spacciatele  il 
14  pel  legno  di  P.  Filippo  Bona ,  poiché  il  vaporo  partì  in  quel  modo  che  a 
V.  E.  scrissi  allora,  e  replicai  coi. "rapporti  del  16  o  del  17. 

Il  Luogotenente  Generale 

PuiNCIPE   DI   CaMPOFUANCO. 

(ArchiTio  ciUto). 


ÀPtÈSDlCÉ  tXVit 


DOCUMENTO  N.  XL. 


Lettera  del  Luogotenente  Generale  ol  Ministro  Segretario  di  òtato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Pakrmo,  24  luglio  1837. 
Eccellcn:ra, 

Pochi  altri  ragguagli  mi  restano  a  dare  dopo  quelli  che  io  scrissi  ieri  e  ier 
l'altro  a  V.  E.,  con  duo  rapporti  mandati  per  vii  di  mare. 

Noto  la  cifra  dni  casi  e  dei  morti  nel  giorno  22,  intorno  al  numero  dei  quali 
è  da  replicarsi  l'osservazione  scritta  nel  rapporto  di  ieri,  cioè  che  alcuni  morti 
avvenuti  nei  giorni  antecedenti,  e  rivelati  poi,  ingrandiscono  la  cifra  nella  pre- 
sente declinazione  del  n\ale.  l'Isso  all'incontro  reca  inoltro  strage  in  Alcamo  e 
nei  Comuni  vicini  a  Palermo  ,  che  sono  stati  già  travagliati  dai  disordini ,  od 
ora  si  vanno  ricomponcn'lo  in  calma.  E  quanto  al  resto  della  Sicilia  ritraggo 
in  questo  momento  da  un  avviso  telegrafico  dell'  Intendente  di  Messina  che  il 
di  17  si  era  svilupputa  in  Siracusa  una  malattia  caratterizzata  pel  cholera  spo- 
radico; la  quale  io  temo  che  sia  il  fatai  morbo  che  qui  ci  ha  desolato. 

Ritraggo  inoltre  per  la  stessa  via  del  telegrafo  che  i  legni  della  Crociera  di 
Sanità  nel  Val  di  Siracusa  sono  stati  discacciati  da  una  sommos.sa  popolarn  e 
si  erano  ridotti  in  Riposto  ,  ma  ignoro  i  particolari  di  questo  spiacevole  avve- 
nimento. 

Si  compiaccia  V.  E.  dunque  rassegnare  a  S.  M.  queste  nuove  che  alle  già 
date  aggiungo.  Non  lascerò  di  farle  pervenire  le  successive  per  tutti  i  mozzi 
più  espliciti  che  mi  si  presentassero.  Non  lascerò  per  i  Comuni  assaliti  dal 
morbo  di  sopravogliare  ai  provvedimenti  degli  Intendenti,  e  di  dar  subito  quelli 
cho  dalla  parte  mia  occorresse  come  infìno  a  qui  ho  fatto ,  senza  discorrerli 
largamente  nei  rapporti  miei,  che  l'importanza  delle  cose  debbono  mostrare  a 
S.  M.  non  le  minute  particolarità,  e  le  particolari  disposizioni. 

Il  Luogotenente  Generale 
Pbincife  di  Campofkanco. 

(Archivio  citato). 

DOCUMENTO  N.  XLI. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  26  luglio  1837. 
EcceXlema, 

A  reprimere  senz'altro  riguardo  gli  eccessi  a  cui  proseguono  in  diversi  Co- 
muni di  cotesti  Reali   Dominj    sfrontutameuto   alcuni    malintenzionati  e  perfidi 


LXVIll  APPENDICE 


soggetti,  S.  M.  mi  ha  quest'oggi  ordinato  di  scrivere  nel  suo  real  nomo  a  V.  E.; 
ed  anche  al  Direttore  Generale  di  Polizia  che  si  formino  le  Commissioni  Mili- 
tari, si  diano  esempi  severi  e  solleciti,  e  si  esegua  un  perfetto  disarmo  paese 
per  paese. 

Nel  Real  nome  parlecipo  a  V.  E.  questi  sovrani  voleri,  come  anche  vengo 
di  fare  al  Direttore  Generalo  di  Polizia,  per  lo  esatto  adempimento  che  ne  ri- 
sulta di  sua  parte,  nell'iutelligenza  che  S.  M,  non  ignora  le  analoghe  disposizioni 
dato  da  V.  E.  sull'oggetto  che  cogli  attuali  ordini  ha  voluto  confermare  e  sot- 
tostare. 

Il  Ministro  Secretar  io  di  Slato 
per  gli  affari  di  Sicilia 
Antonino  Fbanco. 
(Arclùvio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XLII. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segi'etario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  27  luglio  1837. 
EcceUema, 

Continua  con  rapida  progressione  a  menomare  qui  il  morbo,  come  potrà  Y.  E. 
Bcocgero  dalle  cifre  segnate  nei  giorni  24  e  25  del  presente,  dalle  quali  pel  nu- 
mero dei  morti  si  deve  togliere  qualche  caso,  rilevandosi  oggi  allo  stato  civile 
alcuni  che  trapassavano  negli  andati  giorni  di  tanto  scompiglio  e  timore. 

Ma  del  resto  della  Sicilia  intendo  che  Trapani  sia  giiv  gravemente  trava- 
gliata dal  morbo  e  molti  morti  vi  accadono,  e  cosi  in  Alcamo;  e  qualche  caso 
in  Calatafìmi. 

Da  Siracusa  non  mi  ò  giunto  ueanco  il  corriere  per  parecchie  corse  di  posta, 
a  cagiono  certamente  degli  inciampi  o  dei  ritardi  che  con  tutti  gli  ordini  del 
Governo  si  hanno  tuttavia  nella  piìi  parte  della  Sicilia  ai  transiti  dogli  uomini 
0  delle  coso. 

Ma  quello  avviso  telegrafico  che  ebbi  dull'Iutondente  di  Messina,  intorno  allo 
sviluppo  di  una  malattia  in  Siracusa,  è  confermalo  da  un  rapporto  dell'  Inton- 
«leote  stesso  dato  il  17  luglio. 

Per  un  legno  della  Crociera  di  Sanitii  sapcasi  in  Messina  essere  morti  con 
qualche  sospetto  di  cholcra  H  persone  in  Siracusa  al  10  luglio  e  11  il  giorno  11. 

Tuttavia  la  Commissiono  provinciale  di  Sanilìv  in  Siracusa  avea  dichiarato 
questa  malattia  cholcra  sporadico,  o  nvca  pubblicato  in  questo  senso  un  avviso 
in  Utaropa,  del  quale  l'Intondcnto  di  Mossina  mi  ha  falto  pervenire  una  copia. 
Allo  spincovolo  annunzio  l' Intendente  stesso  sospeso  dai  porti  della  sua  Valle 


APPENDICE  LXIX 


la  pratica  alle  provenienze  di  Siracusa  e  domandò  all'Intendente  di  Catania  conae 
più  vicino  migliori  schiarimenti  che  io  non  ritraggo  peranco. 

Del  resto  nessun  sinistro  mi  è  stato  rapportato  sulla  salute  pubblica  della 
nominata  Valle  di  Messina,  di  Catania  e  di  quella  di  Caltanissctta.  Da  quella 
di  Girgenti  solamente  io  so  la  infezione  di  hsambuca. 

Quella  di  Palermo  come  ho  scritto  a  V.  E.  è  travagliata  la  piìi  parte  del- 
l'orribile morbo,  e  in  qualche  luogo  esso  mena  molta  strage. 

Tale  è  lo  stato  delle  cose,  e  con  circolare  d'  oggi  io  ho  raccomandato  con 
molta  efficacia  agl'Intondcnti  che  pei  comuni  salvi  tuttora  pongano  ogni  cura 
a  ricercare,  so  fossero  in  punto,  tutti  i  preparamenti  e  tutte  le  misuro  ordinate, 
perchè  nel  caso  dell'invasione  del  morbo  men  fatali  ne  fossero  le  conseguenze. 
La  tranquillità  pubblica  è  perfetta  in  Palermo,  e  ristorata  nei  Comuni  dove  sono 
andate  le  truppe  del  Re  a  questo  effetto,  ma  non  già  in  molti  altii. 

E  tanto  io  prego  V.  E.  che  sia  sollecita  di  rassegnare  a  S.  M.  per  la  sua 
superiore  intelligenza.  Ho  l'onore  di  mandare  a  V.  E.  1'  acchiusa  risposta  del- 
l' Intendente  di  Girgenti  alle  comunicazioni  del  rescritto  dei  4  luglio ,  fattagli 
da  lei. 

Il  Luogotenente  Generale 

Principe  di  Campofbanco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XLIII. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  29  luglio  1837. 
Eccellenza, 

In  continuazione  del  rapporto  del  22  cadente ,  un  altro  ne  ho  di  V.  E.  ri- 
cevuto quest'ogi;i  por  la  via  di  mare  col  Zefiro,  segnato  il  23,  in  cui  Ella  de- 
scrive lo  stato  di  positiva  decrescenza  della  malattia  nella  Capitale:  lo  sviluppo 
però  e  i  progressi  della  stessa  in  parecchi  Comuni  non  solo  della  Valle  di  Pa- 
lermo, ma  in  alcuni  altri  delle  Valli  di  Trapani  e  di  Girgenti,  la  punizione  già 
data  per  mozzo  della  truppa  ai  piìi  rei  dei  misfatti  accaduti  in  Misilmeri,  e  gli 
avvisi  che  ha  Ella  fatto  correre  ai  sotto  Intendenti,  informandoli  dell'accresciuta 
forza  militare,  ed  esortandoli  a  pigliar  vigore,  non  disgiunto  dalla  prudenza. 

Conchiude  che  coi  mezzi  già  da  S.  M.  forniti  con  tanta  prestezza,  V.  E.  ri- 
guarda già  come  riparato  qualunque  disordine  ,  e  promcttesi  ogni  buona  riu- 
scita dell'opera  sua,  diretta  al  richiamo  ed  al  mantenimento  dell'ordine  e  del- 
l'ubbidienza. 

Ringraziandola  dei  ragguagli  che  si  è  servita  di  dare,  ho  l'onore  di  dirle  che 


LXX  APPfiJCDICfi 


ho  tanta  fiducia  nel  notissimo  zelo  di  V.  E.  pel  buon  servizio  di  S.  M.  e  nel 
coraggio  che  l'arrivo  della  Truppa  farà  accrescere  alle  Autorità,  che  ornai  non 
dubito  di  dovere  al  più  presto  dividere  con  l'È.  V.  il  contento  di  vedere  il  tutto 
ritornato  all'ordine  e  raffermata  l'obbedienza. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 

2)er  gli  affari  di  Sicilia 

Antonino  Feanco. 

(Archìrio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XLIV. 

Lettera  del  Mitiistro  Segretario  di  Stato  per  <jU  affari  di  Sicilia  in  'Napoli 
al  Luogotenenle  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  2  agosto  1837. 
Eccellenza, 

Al  breve  cenno  che  V,  E.  vicn  di  fare  col  suo  rapporto  de'  2t  dell'or  ca- 
duto luglio,  Ripartimento  dello  Interno,  2"  carico,  n.  4950,  relativamente  allo 
stato  della  malattia  predominante  e  ai  provvedimenti  dati  e  che  non  cesserà  di 
dare  cot.°  R.  Governo  per  la  stessa,  aggiungcvasi  di  particolare  la  dispiacevole 
notizia  della  sommossa  popolare  in  Siracusa. 

Trovavasi  anche  di  questo  fatto  già  informato  S.  M.;  e  prese  ha  quelle  e- 
nergiche  misure  che  V.  E.  ormai  conosce  per  la  comunicazione  fattale  del  re- 
gai  decreto  portante  la  nomina  dell'alto  Commissari.)  con  Yalterejo. 

E  questa  dunque  la  risposta  che  io  potrei  rendere  al  rapporto  di  V.  E.  so- 
pra indicato. 

//  Ministro  Segretario  di  Stato 
2)er  gli  affari  di  Sicilia 
Antonino  Fbanco. 
(Arehlvio  dUto). 


DOCUMENTO  N.  XLV. 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  0  agosto  1S37. 
eccellenza, 

La  grndìtÌH!iiinA  coMlidcnzi.dp  di  V.  K.  del  ',\  dfl  corrente,  speditami  con  un 
Icuto,  sembra  prcci-iuinento  diretta  a  duo  osservazioni  :  1"  dio  col  legno  a  va- 
poro S.  Wonofreod  uon  lo  abbia  io  dato  ot'flcinlo  partecipazione  della  partenza 


APPENDICE  LXXl 


di  S.  E.  il  Generalo  Del  Carretto  Ministro  Segretario  di  Stato  della  Polizia  colla 
divisione  delle  reali  truppe  destinato  a  Siracusa;  2"  che  dei  diversi  rapporti  da 
lei  spediti  per  la  via  di  mare  nelle  attuali  cii costanze,  non  le  sia  stata  da  me 
accu3ata  la  ricezione. 

Rispondo  alla  prima  osservazione  che  quando  partì  il  S.  Wenefreed  nei  29 
luglio,  noii  ancora  era  stato  em3'i3o  il  rogai  decreto  dei  21  luglio  portante  la 
trasmissione  al  mentovato  signor  Ministro  dogli  alti  poteri  de'l'  Al'eiego  per 
lo  tre  Valli  di  Messina,  Catania  o  Siracusa,  Vero  è  che  S.  M.  col  S.  Wenefreed 
avvisò  la  spedizione  a  cotesto  Comandante  Generale  delle  armi;  ma  veda  Leno 
TE.  V.  che  non  può,  nò  deve  il  Ministro  comunicare  i  pensieri  del  Ke,  se  non 
quando  si  realizzino  in  modo  da  poter  essere  partecipati  come  sovrane  determi- 
nazioni già  emesse. 

Rispetto  alla  seconda  ossei  vazione,  assicurar  posso  V.  E.  che  non  havvi  parti- 
colarità alcuna  di  lei  rapportata  per  qualunqua  via  di  mare  e  di  terra,  ed  anche 
per  telegrafo,  dal  d'i  della  disgraziata  comparsa  del  cholera  fìn'oggi,  alla  quale 
non  abbia  io  riscontrato  per  lo  medesime  vie  con  ministeriali,  lettere  confiden- 
ziali, rescritti  o.l  avvisi  telegrafici,  niente  impoitando,  a  me  pare,  se  non  avessi 
t:\lora  indicato  il  modo  in  cui  mi  fosse  pervenuto  il  rapporto  o  la  lettera  a  cui 
io  rispondevo.  Del  resto,  a  maggiore  soddisfazione  di  V.  E.  e  mia,  ho  dati  gli 
ordini  perchè  si  formasse  un  elenco  cron  ologico  dei  rapporti  ed  offici  da  V,  E. 
spediti  col  cenno  in  ciascuno  del  riscontro  da  me  dato;  e  avrò  la  cura  di  far- 
glielo avere  al  più  presto. 

Profitto  di  questa  occasion  e  per  rinnovarle  lo  proteste  della  piìi  alta  stima 
e  pari  considerazione  con  cui   Lo  l'onore  di  essere  di  V.  E. 

Il  Ministro  Segretario  di  Stato 

per  gli  affari  di  Sicilia 

Antonino  Fbanco. 

(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XLVI. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  10  agosto  1837. 
Eccellenza, 

Sciogliendo  di  qui  un  lento  per  Napoli,  mi  è  parso  di  mandare  piuttosto  per 
questo  mezzo  i  rapporti  miei  intorno  agli  sconvolgimenti  che  avveniano  in  varie 
città  di  quest'Isola;  perchè  lo  precauzioni  sanitarie  adoperate  nel  Val  di  Mes- 
sina non  risparmian  la  posta,  né  a  me  piacea  che  quei  rapporti  potessero  leg- 
gersi da  altri  che  da  V.  E  ,  o  le  carte  accluseci  potessero  disperdersi, 


LXXII  APPENDICE 


Dopo  gli  avvisi  dati  a  V.  E.  poi  vapore  che  partì  il  1"  del  presente,  poco 
mi  resta  a  scrivere  a  V.  E.  sì  dello  stato  della  saluto  pubblica,  e  sì  di  quello 
della  tranquillità.  Perfetto  cìso  ò  in  Palermo:  i  Comuni  delia  Vallasi  quietano 
già  la  più  parto.  E  lo  stato  del  cliolera  neanche  è  funesto  in  questa  Capitalo, 
essendo  stati  l'altro  ieri  34  i  casi  e  12  i  morti ,  nò  pervenendomi  pivi  per  gli 
altri  Comuni  della  Vallo  quelle  nuove  spaventevoli  che  della  esistenza  del  morbo 
mi  si  recavano  nelle  settimane  scorse. 

Pel  vapore  S.  Wenefreed  non  mi  giunse  di  costì  alcuno  avviso  officialo 
intorno  alla  partenza  di  S.  E.  il  Generale  Del  Carretto,  Ministro  Segretario  di 
Stato  della  Polizia  colla  divisione  delle  Regie  Truppe  destinato  a  Siracusa. 

Nondimeno,  sapendo  ciò  da  questo  Comandante  Generale  delle  armi,  parvemi 
di  giusto  ufficio  scrivere  al  lodato  Ministro  ragguagliandolo  dello  stato  dello 
cose  in  questa  parte  dei  Reali  Dominj,  e  richiedendolo  d'  un  avviso  dei  prov- 
vedimenti che  ei  fosse  per  dare.  Il  che  io  feci  a  scanzo  di  raddoppiare  ordini 
a  tuttociò  che  potessi  fare  in  cooperaziono  della  E.  S.  per  lo  servizio  del  Re. 
Questa  lettera  spacciai  per  un  legno  della  Crociera  che  andasse  a  cercare  la  di- 
visione detta  e  curasse  il  ricapito  del  plico. 

Nò  altro  mi  resta  a  scrivere  a  V.  E.  se  non  i  sensi  dell'alta  stima  e  con- 
siderazione coi  quali  ho  l'onore  di  dirmi  di  V.  E. 

F.  S  —  Per  vari  leuti  e  legni  mercantili  ho  mandato  a  V.  E.  dei  rapporti, 
sì  per  maggior  speditezza,  e  sì  per  la  ragione  detta  di  sopra.  Non  avundo  ri- 
cevuto gli  avvisi  del  ricapito,  prego  V.  E.  a  significarmi  per  mia  serenità  quali 
rapporti  miei  lo  sian  pervenuti  per  via  dei  legni  suddetti. 

Il  Luogotenente  Generale 
PBiNCirE  DI  Campofranco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  XLVII. 

Lettfi'a  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  14  agosto  1837. 
Eccellenza, 

Per  la  posta  passala  non  indirizzai  a  V.  E.  il  solito  rapporto  di  .sanità,  per- 
dio era  partito  lo  Htesso  dì  il  Veloce  col  rapporto  mio  del  9  ,  nò  altro  lìii  rc- 
•Uv*  àà  ftggiangovo. 

Io  posso  diro  più  sicurnmcnto  esser  pressoché  al  tutto  spento  il  morbo  in 
qactU  Citta,  cssondoMi  giù  alcun  giorno  son7,a  casi,  alcuno  senza  morti,  gli  altri 
f9P  npo  0  dae, 


APPENDICE  LXXIII 


Dal  Val  di  Palermo  si  ritrae  tuttavia  diminuzione  del  morbo  nella  più  parte, 
ma  qualche  altro  Comune  è  stato  recentemente  attaccato. 

Dal  Val  di  Trapani  non  c'è  novità,  e  secondo  gli  ultimi  rapporti  di  quell'In- 
tendente, il  numero  dei  trapassati  di  colera  nel  Capovalle,  dal  10  luglio,  in  cui 
principiò  il  morbo  ,  fino  al  6  agosto,  sommava  a  1264.  La  mortalità  maggiore 
fu  di  91  il  di  28  luglio,  e  il  6  agosto  si  era  già  a  48,  Cos'i  in  Alcamo  dal  10 
al  30  luglio  ci  erano  dati  449  morti,  dei  quali  il  maggior  numero  fu  di  33  il 
di  25  e  al  30  luglio  si  era  venuto  a  sole  17.  Di  Favignana  e  Calatafirai  non 
8Ì  sono  avuti  gli  stati. 

In  Val  di  Girgenti  poi  Sambuca  ò  libera  quasi  dal  morbo  ,  che  uccise  528 
persone  dal  27  giugno  al  29  luglio ,  montando  la  mortalità  maggiore  a  72  il 
dì  12  luglio.  Sono  infetti  inoltre  dal  morbo  S.  Giovanni  di  Cammarata,  Sciacca, 
forse  anco  S.  Margherita  e  Montevago;  ma  l'Intendente  dubita  della  natura  del 
morbo  in  alcuno  dei  Comuni  detti,  e  così  non  si  sono  avuti  per  anco  gli  stati 
esatti.  In  Val  di  Caltanissetta  non  intendo  che  altri  Comuni  siano  stati  assaliti 
dal  morbo,  né  che  i  pochi  riferiti  a  V.  E.  soflfran  molta  strage. 

Son  questi  gli  avvisi  che  dar  posso  dello  slato  delia  salute  pubblica  di  Si- 
cilia, e  prego  V.  E.  di  portarli  alla  Sovrana  intelligenza. 

Il  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Campofranco. 
(Archivio  citato). 

DOCUMENTO  N.  XLVIII. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  17  agosto  1837. 
Eccellenza, 

In  seguito  al  rapporto  del  14,  significo  a  V.  E.  come  tuttavia  il  colera  si 
vada  di  qui  dileguando. 

E  per  passare  a  rassegna  il  resto  dell'  Isola,  dico  come  in  Val  di  Palermo 
ci  sian  tuttavia  molti  Comuni  infetti,  quantunque  declini  sempre  il  morbo  in 
quelli  che  appresso  della  Capitale  furon  primi  a  sopportare  la  fatale  pestilenza. 
Del  Val  di  Trapani  ritraggo  dagli  ultimi  rapporti  una  successiva  diminuzione 
del  morbo  nel  Capoluogo  e  in  Alcamo  ;  ma  di  Calatafimi  nulla  io  so  recente- 
mente, nò  di  Favignana,  e  solo  intendo  che  il  piccol  Comune  di  Citta  sia  stato 
colto  anche  dal  morbo. 

Nel  Comune  di  Caltanissetta  credo  si  dileguino  i  sospetti  nati  alcuni  giorni 
sono  per  qualche  caso,  ma  S.  Cataldo,  Vallelunga,  Delia  sono  ammorbati  senza 
però  molta  strage,  con  una  grande  sproporzione  anzi  dei  guariti  sopra  i  morti. 

4rch,  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV,  10 


LXXIV  APPENDICE 


E  somiglianti  avvisi  del  Val  di  Girgenti  mi  pervengono,  dove,  ad  eccezione  di 
Sambuca,  percossa  assai  pienamente,  ed  or  libera  quasi,  pochi  altri  Comuni  han 
pagato  il  fatai  tributo;  ma  senza  molta  strage ,  con  qualche  dubbio  anzi  sulla 
natura  del  morbo  che  1'  Intendente  e  la  Commissione  Provinciale  negano  di 
chiarir  colera.  Le  Valli  di  Messina  e  di  Catania  son  franche  dal  morbo,  a  quanto 
io  so  io  fino  ad  oggi. 

Di  Siracusa  non  saprei  dare  alcuna  novella,  non  essendomi  pervenuti  rap- 
porti da  molto  tempo. 

Son   questi  i  soliti   avvisi  di  Sanità    che   io    prego    V.  E.  di    rassegnare  a 

Sua  Maestà. 

Il  Luogotenente  Generale 

Principe  di  Campofkanco. 
(Archivio  citato).  

DOCUMENTO  N.  XLIX. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  21  agosto  1837. 
Eccellenza, 

Dal  16  al  19  del  presente  i  casi  e  i  morti  di  colera  in  questa  Capitale  fu- 
ron  pochi,  onde  si  vede  che  il  morbo  è  ridotto  a  tale  da  non  turbare  più  gli 
animi  degli  abitanti;  ma  non  è  peranco  del  tutto  spento.  Di  qui  passando  a  di- 
scorrere del  Val  di  Palermo,  debbo  dare  a  V.  E.  gli  avvisi  stessi  del  mio  rap- 
porto del  17,  cioè  che  molti  Comuni  ancora  si  trovino  travagliati  dal  colera,  o 
aggiungo  che  i  casi  notati  per  la  Capitale  sono  la  più  parte  di  persone  vegnenti 
da  Comuni  della  Valle. 

Il  Comune  di  S,  Ninfa  ò  stato  attaccato  in  Val  di  Trapani ,  oltre  a  quelli 
già  riferiti  a  V.  E.;  ma  in  Alcamo  od  in  Trapani  continua  la  progressiva  dimi- 
nuzione della  pestilenza.  La  quale  nel  Val  di  Caltanissetta  si  ò  appresa  anche 
al  Comune  di  Dalia;  non  continuando  per  altro  con  molta  ferocia  in  S.  Catal- 
do, in  Vallclunga  o  in  qualche  altro  Comune. 

Aragona,  Alessandria  ne  sono  stati  recentemente  assaliti  in  Val  di  Girgenti; 
si  ù  chiarito  colera  l'infermità  che  molestava  Canicatt'i;  ma  quel  che  più  monta, 
noi  Molo  di  Girgenti,  discosto  quattro  miglia  dal  Capoluogo,  si  ò  l'orribile  mo- 
ria por  molti  cosi,  e  por  non  dubbi  segni  manifestata. 

Lo  Valli  poi  di  Messina  o  di  Catania,  per  quanto  io  so,  sino  a  questo  mo- 
mento Boa  libero  sempre;  del  Val  di  Siracusa  non  ho  avuto  avvisi  riguardanti 
pubblica  salute. 

Questi  ragguagli  pertanto  li  potrà  V.  E.  rassegnare  a  S.  M. 

//  Luogotenente  Generale 

PuiMOH'K   UI   CaMPOVRANOO, 
(AreUrJo  ciUto).  ^________ 


Àt»PElTDlCE  tXJtV 


DOCUMENTO  N.  L. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  24  agosto  1837. 
Eccellenza, 

Lo  stato  della  saluto  pubblica  in  Palenno  è  tuttavia  racconsolante,  non  es- 
sendo seguiti  in  questi  ultimi  tre  giorni  che  un  caso  di  colera  con  morte  il  dì 
20:  un'altra  morte  il  21,  per  la  quale  tra  due  medici  si  contese  se  la  cagione 
fosse  stata  veramente  il  morbo  asiatico;  un'altra  infine  il  22,  di  una  donna,  clie 
il  20  era  venuta  dal  Comune  di  Piana,  fort3raente  travagliata  dal  morbo. 

Esso  continua  a  infestare,  come  ho  trascritto  replicatamente  a  V.  E.,  la  più 
parte  del  Val  di  Palermo.  Tralascio  io  qui  di  noverare  tutti  i  Comuni  infetti, 
perchè  ne  aspetto  dall'^ Intendente  un  quadro  fatto  collo  cifre  dei  casi  e  dei 
morti,  e  mi  propongo  di  rassegnarlo  per  mezzo  della  E.  V.  a  S.  M. 

Spero  finahnento  presentare  quanto  prima  gli  stati  dello  altre  tre  Valli  tra- 
vagliate dal  morbo;  e  intanto,  continuando  i  rapporti  miei  procedenti,  ne  do  qui 
appresso  un  breve  ragguaglio. 

In  Trapani  declina  il  morbo  sempre;  tanto  che  il  20  del  presente  sol  quattro 
persone  eran  morte  di  colera.  Cosi  era  in  Alcamo  ed  in  Calatafìmi,  Santa  Ninfa 
e  Paceco  non  avevan  sofferto  fino  agli  ultimi  avvisi  di  quell'Intendente  che  pochi 
accidenti  di  questa  pestilenza.  In  Citta  speravasi  ancora  vederla  sulla  declina- 
zione, perocché  i  morti,  saliti  il  dì  11  agosto  sino  al  numero  di  15,  erano  ridotti 
a  3  il  dì  20. 

Del  Val  di  Qirgenti  non  dissimili  ragguagli  mi  manda  l'Intendente,  dimina* 
zioue  cioè  in  Sambuca,  dove  dal  7  al  13  non  si  eran  contati  che  2  casi:  dimi- 
nuzione già  noi  Comune  di  Sciacca.  Ma  nel  Molo  di  Girgenti  si  vivea  in  molta 
ansietà  per  lo  sviluppo  del  morbo,  quantunque  non  avesse  fatto  strage  per  anco; 
e  si  età  esso  manifestato  in  Montcvago. 

Q'ianto  al  Val  di  Caltanissetta,  nulla  più  mi  scrive  l'Intendente  dui  sospetti 
che  nel  Capoluogo  si  eran  desti  per  qualche  casj  di  malattia.  Di  S.  Cataldo  mi 
avvisa  non  avvenire  che  intorno  a  4  casi  al  dì  ;  e  102  in  Vallelunga  ;  essere 
più  0  meno  infestate  Sommatine,  Villalba,  Acquaviva,  Serradifalco,  delle  quali 
nei  precedenti  miei  rapporti  non  ho  fatto  parola:  concepissi  già  qualche  sospetto 
in  Mussomeli. 

E  questi  sono  i  ragguagli  avuti  infino  ad  oggi:  non  ritraendo  alcun  sinistro 
dalle  Valli  di  Messina  e  di  Catania ,  nò  sapendo  se  in  Siracusa  il  colera  sia 
progredito  o  fermatosi. 

Io  prego  V.  E.  di  portarj  tutto  ciò  all'alta  intelligenza  della  M.  S. 

//  Luogotenente  Generale 
Pkincipk  di  Campofkanco. 

(Archivio  citato). 


LXXVI  APPENDICE 


DOCUMENTO  N.  LI. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  26  agosto  1837. 
Eccellenza, 

Trasmetto  a  V.  E.  col  R.  Brigantino  il  Calabrese  un  duplicato  del  mio  rap- 
porto sanitario  del  dì  24,  al  qualo  aggiungo  lo  spiacevole  avviso  dello  sviluppo 
del  cholera  in  Catania. 

Io  noi  so  pei  rapporti  officiali  di  quelle  autorità,  che  poco  o  nulla  scrivonmi 
al  presente:  ma  par  due  rapporti  dell'Intendente  di  Messina,  che  annunciavano 
una  circolare  data  in  Catania  il  19  ,  con  la  quale  la  Commissione  Provinciale 
di  salute  dichiarava  che  una  malattia  ivi  apparsa  fin  da  sei  giorni  dava  forti 
sospetti  del  colera  epidemico.  E  il  Comandante  del  Francesco  I,  venuto  ieri  da 
Catania  confermò  quella  spiacevole  nuova,  e  mi  disse  che  giii  morivano  in  Ca- 
tania 15  persone  per  ogni  giorno,  come  V.  E,  a  quest'ora  ha  potuto  sapere  dal 
Comandante  stesso. 

Questi  ragguagli  sarà  compiacente  l'È.  V.  di  rappresentare  a  S.  M. 

Il  Luogotenente  Generale 
Pkincipe  di  Campofranco. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LII. 


Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  btato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  31  agosto  1837. 
Eccellcma, 

Di  seguito  al  rapporto  che  spaccili  col  R.  Brigantino  il  Calabrese  a  d'i  26 
di  questo  mese,  rendo  avvoitito  V.  E.  dei  casi  e  dei  morti  di  colera  in  questa 
Capitalo  sino  all'altro  ieri,  noi  quale,  o  nel  giorno  antecedente,  nò  casi,  nò  morti 
di  questa  malattia  la  funestava.  Essa  continua  a  travagliar  i  Comuni  della 
Valle  di  Palermo,  Trapani,  Girgenti  e  Caltanissetta,  annunziati  già  nei  miei  rap- 
porti ,  0  spero  io  pel  R.  Pacchetto  il  Leone  mandare  la-  più  parte  degli  stati 
della  mortalità  in  quei  Comuni. 

Qai  aggiungo  essersi  già  manifestato  il  colera  nella  città  di  Caltanissetta  con 
cinque  o.asi  sospetti.  T/avviso  dolio  sviluppo  del  colora  in  C.itiinia  ò  conformato 
da  rapporti  di  officio;  ma  non  lio  avuto  lo  ^,tcs30  tristo  annunzio  d'altri  Comuni 
di  quella  Vallo.  Non  oo  ho  avuto  di  quella  di  Messina,  cho  ò  sana  tuttavia.  Nò 


APPENDICE  tXXVlI 


del  Val  di  Noto  mi  è  giunto  alcuno  avviso,  non  sapendo  neanche  se  Siracusa 
sia  sgombra  da  questa  pestilenza. 

Prego  V.  E.  che  sia  contenta  portare  ciò  alla  sovrana  intelligenza. 

Il  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Campofkanco. 

(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LUI. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  4  settembre  1837. 
Eccellenza, 

Proseguendo  a  rapportare  a  V.  E.  tutte  le  notizie  raccolte  intomo  alle  stragi 
recate  da  questa  atroce  pestilenza,  comincio  dal  notare  le  coso  qui  appresso  in- 
dicate. 

Quanto  al  novero  delle  vittime  di  Palermo ,  i  miei  rapporti  scritti  mentre 
fervea  orribilmente  la  tempesta,  portavan  solo  il  ritratto  degli  Stati  della  Mu« 
nicipalità;  i  quali,  e  alcuna  volta  il  notai,  erano  inesatti  e  monchi.  Perocché  in 
quel  grandinare  spessissimo  di  morti  gli  Uffici  dello  Sezioni  Comunali  non  avean 
tempo  a  rlcercaru  il  numero;  i  parenti  dei  trapassati  non  pensavano  a  denun- 
ziar i  morti,  i  cadaveri  frettolosamente  si  buttavano  così  nelle  carrette,  facen- 
doli spesso  raccorrò  la  polizia,  e  mandavansi  in  feretri  al  camposanto  e  lì  ri- 
cettavansi  senza  badare  a  bolletta  della  Sezione;  spesso  nelle  Sezioni  mancavan 
lo  braccia  che  compisser  tutte  lo  carte  dello  Stato  Civile,  perchè  degli  ufficiali, 
chi  s'  ammalava ,  chi  moria,  chi  dai  capi  dei  parenti  era  impedito.  Il  numero 
dunque  non  potendosi  ritrarre  con  esattezza  che  dal  camposanto,  io  ho  doman- 
dato per  mezzo  dell'  Intendente  la  lista  alla  Deputazione  della  Compagnia  di 
S.  Orsola,  e  secondo  quella  ho  fatto  compilare  l'incluso  Stato.  Esso  corre  sino 
al  31  agosto ,  ma  dacché  cessava  il  furore  del  morbo ,  cessando  ancora  lo  in- 
conveniente del  trascurarsi  i  notamenti  esatti  nelle  Sezioni ,  leggerà  V.  E.  gli 
stessi  Numeri ,  che  nei  miei  rapporti  ho  annunziato.  Sol  debbo  notare  pria  di 
lasciar  questo  punto,  che  nei  giorni  della  maggiore  strago  molti  cadaveri  dai 
Comuni  vicini  recavansi  al  Cimitero  di  Palermo,  e  che  dal  giorno  20  luglio  in 
poi  si  dovette  bruciare  i  cadaveii  per  esser  colme  le  fosse  del  Camposanto  e 
non  compito  per  anco  il  nuovo  cimitero  alla  Vergine  Maria,  che  questo  Governo 
approvò  nel  cominciar  di  luglio,  vedendone  già  l'estremo  bisogno. 

A  questo  lavoro  importantissimo  nella  nostra  calamità,  si  atteso  dunque  nei 
mesi  di  luglio  e  di  agosto,  e  un  giusto  numero  di  tombe  si  scavò.  Or  dal  co- 


tXXVni  APPENDICE 


minciar  di  settembre  si  è  cessato  il  bruciamento    che    una  dura    necessità  co- 
mandava, e  si  è  principiato  a  riporre  i  trapassati  in  quei  nuovi  sepolcri. 

Ma  per  non  tornare  a  quell'altro  doloroso  ufficio  di  descrivere  la  strage  del 
morbo  nel  rimenente  della  Valle  di  Palermo,  trasmetto  io  qui  incluso  un  quadro  ' 
compilato  su  quelli  che  a  gran  fatica  si  sono  avuti  dallo  Intendente  di  Palermo. 

Indi  scorgerà  V.  E.  mancar  per  molti  Comuni  in  tutto  o  in  parte  i  raggua- 
gli, sì  pei  disordini  passati,  sì  perchè  le  municipalità  o  nou  han  risposto  all'In- 
tendente ,  0  non  gli  han  dato  riscontri  soddisfacenti.  Ho  sollecitato  dunque  lo 
Intendente  a  compiere  i  ragguagli  a  tutto  agosti,  e  appena  avutili ,  non  man- 
cherò di  rappresentarli  a  V.  E. 

Ma  intanto  parmi  che  per  questa  Valle  due  certe  e  tristi  riflessioni  si  pre- 
sentino: che  tutti  i  Comuni,  tolti  quei  del  distretto  di  Cefalìi,  ma  non  il  Capo- 
luogo, ed  eccettuati  pochissimi  negli  altri  distretti,  sono  stati  v  sono  infetti  dal 
cholera  :  e  che  per  le  ragioni  testò  dette  il  numero  totale  dei  morti  passa  di 
gran  lunga  la  cifra  che  nello  incluso  quadro  si  vede. 

Trasmetto  anche  a  V.  E.  quei  delle  Valli  di  Trapani,  Girgeuti  e  Caltanis- 
sctta,  compilati  sui  rapporti  di  quelli  Intendenti.  E  se  qualche  interruzione  vi 
è,  se  qualche  notizia  manca,  sappia  V.  E.  ch'io  ne  scrivo  oggi  stesso  agli  In- 
tendenti ,  domandando  il  compimento  e  la  continuazione  delle  notizie ,  perchè 
possa  subito  ragguagliarne  V.  E. 

Da  questi  stati  e  da  rapporti  dell'Intendente  sembra  pur  vero  che  la  Vallo 
di  Trapani  sia  in  condizione  men  trista  delle  altre  tre  nominate  di  sopra ,  pe- 
rocché i  Comuni  già  travagliati  or  sono  sgombri  quasi  dal  morbo ,  e  quei  no- 
vellamente assaliti  noa  sono  stati  con  molta  ferocia,  nò  primeggiano  per  popo- 
lazione e  importanza. 

Ma  nella  Valle  di  Caltanissctta  spiacemi  forte  a  vedere  infetto  già  il  Capo- 
luogo con  altri  Comuni  non  pochi.  E  la  Vtille  di  Girgenti  anche  mi  afflige  ri- 
guardando allo  passate  stragi  di  Sambuca,  e  C.immarata  al  numero  dei  Comuni 
oovcllamcntc  infetti,  e  al  numero  dei  morti  segnati  entro  pochi  giorni  in  Ara- 
gona od  Alessandria.  —  V.  E.  troverà  qualclio  inesattezza  nello  cifre  di  questa 
Valle,  perchè  l'Intendonte  e  la  Commissione  provinciale  prima  di  venire  pe'  vari 
Comuni  alla  gravo  dichiarazione  del  morbo,  domandaron  molti  particolari  schia- 
rimenti, ondo  spesso  avvenne  che  per  parecchi  giorni  i  morti  di  colera  si  con- 
fondessero con  quei  d'altro  malattie. 

Quanto  a  Catania  io  non  ho  avuto,  ma  ho  diniandato  bone  pel  oorricro  del 
Lotto  che  partì  sabato,  i  soliti  ragguagli. 

Quoiriutondotito  mi  ha  solo  avvertito  del  gravo  sospetto  del  cholera  epido' 
mlco,  0  mi  ha  mandato  poi  una  circolare  fatta  per  tutta  I0  Valle,  dichinrnn<lo 
appunto  <|UCMtn  soipclLo  psr  la  rolnziono  di  vari  professori  a  ciò  ragunati. 

Quanto  a  Siracusa  0  a  tutta  la  Vallo  minoro  di  Noto,  i  disordini  passati  tol- 
sero cho  mi  porvcnisscro  gli  avvisi  dello  stato  del  cholera  gih  sviluppato  ccr- 


APPENDICE  LXXIX 


tamente  in  vaii  luoghi;  e  questi  ora  aspetto,  perchè  li  ho  domandati  testé  come 
per  Catania. 

E  finahiiente  pel  Val  di  Messina  mi  gode  1'  animo  a  poter  diro  cho  nessun 
funesto  avviso  mi  è  pervenuto  fin  qui. 

Tante  stragi  ha  fatto  la  pestilenza  in  questa  Isola  ;  così  continua  a  trava- 
gliarla, lasciando  alfine  le  città  già  scemate  per  numerosi  morti,  e  ad  altro  av- 
ventandosi. 

Gii  impedimenti  ai  Commcr  ci  ed  alle  comunicazioni  si  son  iti  dileguando  per 
virtù  degli  ordini  sovrani  da  questo  R.  Governo  ripetati  incessantemente,  e  per 
naturale  conseguenza  della  diffusione  del  morho.  I  disordini  che  quel  cagionava 
sono  posati;  e  resta  or  solo  a  implorar  dall'Onnipotente  che  ritiri  dal  travagliato 
paese  quel  tremendo  flagel  della  pestilenza,  e  dopo  tanti  mali  benignamente  ne 
risguardi. 

Sarà  contenta  V.  E.  di  rassegnare  all'alta  intelligenza  di  S.  M.  i  ragguagli, 
che  con  questo  rapporto  ho  presentato. 

Il  Luogotenente  Generale 
Phincipk  di  Campofbanco. 

(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LIV. 

Lettera  dd  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  6  settembre  1837. 
Eccellenza, 

Gli  ultimi  rapporti  di  V.  E.  sullo  stato  sanitario  sono  ben  consolanti  per  la 
Capitale,  e  mostrano  che  il  mal*)  sia  abbastanza  decrescente  nei  Comuni  delle 
Valli  di  Palermo,  Trapani  Girgenti  e  Caltanissotta. 

Ho  voluto  in  tale  occasione  riscontrare  tutti  gli  antecedenti  rapporti  sulla 
materia,  ed  ho  veduto  che,  secondo  essi,  i  casi  avvenuti  nella  Capitalo  dal  7 
giugno  fino  a  questi  ultimi  giorni  non  arriverebbero  che  a  poco  più  di  13,000 
0  lo  morti  a  10,430:  mentre  solamente  queste  ultime  son  portate  dalla  voce  pub- 
blica al  di  là  di  26,000,  e  quel  che  è  più  il  Giornale  officiale  La  Cerere  annun- 
ziava nel  giorno  26  luglio  la  mortalità  ascendente  quasi  a  23,000  individui,  donde 
son  nate  le  tante  dicerie  ed  esagerazioni  de'  giornali  esteri. 

Dovendo  io  renderne  conto  a  S.  M. ,  mi  troverei  imbarazzatissimo  in  cosi 
forte  contraddizione  tra  i  rapporti  officiali  di  V.  E.  ed  il  detto  Giornale  ancora 
officiale,  il  quale  accredita  la  voce  pubblica,  ed  appresta  i  dati  ai  giornali  esteri. 

Egli  è  perciò  ch'io  prego  V.  E.  che  preso  il  più  stretto  conto  dell'effettivo 
pumefo  di  casi  e  dei  iflorti  dal  primo  momento  della  comparsa  del  male  finoggi, 


LXXZ  APPENDICE 


si  compiaccia  farmelo  conoscere,  affinchè  sulla  verità  del  medesimo  si  possa  fer- 
mamente riposare  ed  io  con  tutta  sicurezza  possa  rassegnare  S.  M.  per  1'  alta 
sua  intelligenza. 

n  Ministro  Segretario  di  Stato 

per  gli  affari  di  Sicilia 

Antonino  Fiìanco. 

(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LV. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  8  settembre  1837. 
Eccellenza, 

Pel  R.  Pacchetto  Leone  partito  di  qui  la  notte  del  4,  mandava  a  V.  E.,  con 
rapporto  di  quel  giorno  N.  5887,  i  ragguagli  delle  stragi  del  colera  in  questa 
isola  ;  e  le  significava  i  casi  pochissimi  avven  uti  in  questa  Capitale  in  alcuno 
dei  giorni  antecedenti.  Continuando,  ho  l'onore  di  aggiungere  che  per  gli  altri 
Comuni  di  questa  Valle  e  del  resto  dell'Isola  infetti  anche  dal  morbo  continua 
qaello  a  un  dipresso  nello  stato  che  annunziai  nel  citato  ultimo  rapporto ,  av- 
venendo or  pochissimi  casi,  or  nessuno  nei  luoghi  che  furon  prima  attaccati,  e 
infierendo  tuttavia  negli  altri. 

Avuti  i  quadri  esatti  nel  modo  che  accennai  in  quel  rapporto,  io  mi  affret- 
terò a  presentarli  per  dare  a  S.  M.   un  ragguaglio  più  soddisfacente. 

E  intanto  prego    V.  E.  che  le  rassegni  gli  avvisi  del  presento  rapporto. 

Il  Luogotenente  Generale 

Pki.scipe  di  Campofkanco. 
(Ardiivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LVI. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
pir  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  11  settembre  1837. 
Eccellenza, 

Il  di  8  del  presento,  nel  quulo  indirizzai  a  V.  E.  l'ultimo  rapporto  sanitario 
telato  di  N.  6000,  furoq  rivelati  duo  altri  casi  i(i  polort^  succeduti  in  ^ucsti^ 


APPENDICE  LXXXI 


Capitale  il  dì  7,  pel  quale  avea  io  trascritto  in  margine  del  Rapporto  le  solito 
cifi'e.  Per  ciò  correggendole  e  aggiungendovi  quello  del  di  8  e  del  9,  ho  com- 
piuto il  mio  ragguaglio  quanto  alla  Capitale, 

Pel  Val  di  Palermo  nessun  altro  rapporto  mi  ha  informato  precisamente 
dello  stato  dei  Comuni  infetti,  onde  per  lo  scopo  aggiungere  agli  avvisi  prece, 
denti  che  in  generale  il  morbo  continua  a  travagliare  la  Valle,  menomando  per 
vero  sui  Comuni  che  da  prima  assalì,  ma  non  essendo  per  anco  in  molti  altri 
sgombrato.  Del  Val  di  Trapani  intendo  che  Salemi  e  Castellammare  siano  stati 
vocentemL^nte  investiti  dal  colera;  ma  che  nel  Capoluogo  esso  era  quasi  al  tutto 
spento;  e  così  sugli  altri  Comuni  che  furon  primi  a  soffrirlo  continua  il  morbo 
a  infestare  i  Comuni  del  Val  di  Caltanissetta,  nominati  già  nei  rapporti  prece- 
denti, ai  quali  è  da  aggiungere  il  Comune  di  Santa  Caterina.  L'Intendente  mi 
ha  testé  mandato  il  quadro  dei  casi  e  dei  morti  nel  Capoluogo,  che  dagli  11 
agosto  a  5  settembre  furono  76  i  primi  e  27  i  morti.  E  quanto  a  Girgenti, 
Burgic,  Cattolica ,  Casteltermini  sono  stati  assahti  dal  morbo ,  oltre  i  Comuni 
già  noverali.  Ma  esso  si  è  ormai  manifestamente  dichiarato  nel  Capoluogo. 

L' Intendente,  che  dapprima  avea  dissimulato  o  procacciato  di  prevenire  il 
più  che  potesse  lo  spavento  della  pestilenza,  ne  venne  a  dì  3  a  quella  dichia- 
razione, sì  perchè  molti  Comuni  della  Valle  erano  già  infetti,  e  gli  parea  meglio 
schiudere  le  comunicazioni  con  quelli,  e  sì  perchè  il  carattere  della  malattia  a- 
pertamento  si  pronunciava. 

Opportune  misuro  dettò  immantinente  la  Commissione  provinciale  di  sanità 
per  le  comunicazioni  coi  luoghi  infetti,  e  per  via  delle  stabilite  contumacie  coi 
luoghi  sani. 

Provvede  insieme  ad  aprire  gli  ospedali  e  fornirli  di  tutto,  e  al  sepellimento 
dei  cadaveri.  E  l'Intendente  mi  assicura  infine  che  l'effetto  delle  disposizioni  e 
degli  andamenti  suoi  antecedenti  è  stato  c'ae  in  Girgenti,  temendosi  poco  questo 
morbo,  gli  affari  pubblici  e  privati  non  si  erano  intermessi,  i  medici  assisteano 
gli  infermi  con  animo  e  diligenza,  così  faceano  i  ministri  della  religione;  si  era 
raccolta  una  giusta  somma  di  denaro  pei  soscrizioni  volontarie  affin  di  soccor- 
rere i  bisognosi ,  e  si  era  incominciata  da  una  apposita  Commissione  a  dispen- 
sare; si  continuavano  infine  i  commerci  cogli  altri  Comuni. 

Da  Catania  infine  un  rapporto  punto  piacevole  mi  è  stato  scritto  dall'Inten- 
dente. È  dato  il  4,  e  porta  che  fin  da  vari  giorni  morivan  in  quella  città  tra 
300  e  400  persone  al  dì,  essendo  pressoché  il  doppio  il  numero  dei  casi. 

L'Intendente,  per  disposizione  di  S.  E.  l'alto  Commissario  Ministro  Del  Car- 
retto, avea  rimosso  di  Ufficio  vari  impiegati  dell'  Intendenza  allontanatisi  in 
quel  frangente ,  aggiungendo  che  sarebbero  come  fautori  di  pubblici  disordini 
assoggettati  agli  altri  castighi  che  la  lodata  E.  S  in  un  apposito  regolamento 
avea  minacciato. 

Alcuni  funzionari,  ancora  aggiungea  l'Intendente,  si  erano  allontanati,  ed  e- 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  11 


LXXXII  APPENDICE 


rano  stati  ricondotti  colla  forza  in  Catania.  Supplica  l'Intendente  rimediare  alla 
maglio  alla  mancanza  d-ille  braccia  nell'Ufficio  suo,  e  nella  municipalità,  dove 
diversi  funzionari  e  impiegati  per  malattia  e  per  morte  mancavano.  E  scrivea  in- 
fine attender  lui  sempre  indefessamente  agli  affari  e  f?arel)be  per  continuare 
collo  stosso  zelo,  e  mi  pregava  di  rassegnarsi  questo  a  S.  M..  E  tanto  io  fo  in 
questa  lettera  ;  mentre  a  lui  ed  agli  altri  Intendenti  ho  risposto  conveniente- 
mente, esortandoli  a  badar  sempre  all'alto  ufficio  loro,  con  tanto  coraggio,  zelo 
e  premura,  quanto  più  grave  si  rendesse  il  bisogno;  e  a  loro,  nonché  all'Inten- 
dente di  questa  Valle,  ho  raccomandato  di  una  in  una  le  parti  del  servizio  pub- 
blico, alle  quali  con  maggior  cura  convien  che  si  attenda  in  questo  frangente. 
Dal  Val  di  Noto  non  mi  son  pervenuti  i  domandati  ragguagli,  talché  nulla  ag- 
giunger posso  sullo  stato  del  morbo.  Ne  è  esente,  a  quanto  io  so  sinora,  il  Val 
di  Messina.  E  son  questi  i  ragguagli  che  in  adempimento  dei  miei  doveri  io  do 
a  V.  E.  perchè  sia  contenta  rassegnarli  alla  sovrana  intelligenza. 


Il  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Campofranco. 


(Archìvio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LVII. 

Lettera  del  Luogotenente  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  18  settembre  1837. 
Eccellenza, 

Dallo  solite  cifre  vedrà  V.  E.  i  rari  casi  di  Colera  seguiti  in  questi  ultimi 
giorni  in  Palermo,  e  quasi  tutti,  io  aggiungo,  su  persone  venute  di  provincia. 
Quanto  al  numero  preciso  dei  trapassati  in  questa  Capitalo  per  la  sofferta  or- 
rìbile pestilenza,  io  rispondo  alla  pregevolissima  ministeriale  di  avere  già  an- 
nunziato nel  mio  rapporto  del  4  quello  dei  cadaveri  ricettati  al  Camposanto 
8Ìno  al  20  luglio  ,  e  bruciati  dipoi  ;>lla  punta  di  Rotoli,  e  in  quel  rapporto 
medesimo  io  notai  lo  cagioni  delle  inesattezze  degli  stati  della  Municipalità  , 
dai  quali  si  erano  sempre  ritratto  lo  cifre  dei  casi  o  dei  morti  scritte  nei  miei 
rapporti  periodici. 

NuH'altro  dunque  mi  resta  da  aggiungere,  so  non  che  il  novero  dato  dal 
cimitero  sumbra  più  appropriato  al  voio,  non  potendoci  esser  altro  errore  che 
dui  cadaveri  recativi  da  qualche  Comune  vicino  di  quei  trapassati  di  malattie 
ordinario  (rariasimo  d'altronde  sotto  il  prodominio  del  colera)  o  alcuna  altra 
piccola  differenza  da  non  calcolarsi  nel  numero  grandissimo  di  vite  che  la 
DMtilcnza  per  isventura  nostra    miotv.   Ciò  non  ostanto    iq    ho    commesi^o    a1 


AtrESDICE  LXxXm 

Pretore  di  trovar  modo  a  verificare  più  accurataraonte  il  fatale  novero,  e  rag- 
guagliare poi  V.  E.  dei  risultamenti. 

Ma  passando  agli  altri  Comuni  ,  dico,  come  fatto  il  solito  corso,  il  morbo 
lascia  già  diversi  comuni  dol  Val  di  Palermo  ;  come  in  Val  di  Caltauissetta 
dava  tuttavia  molestia,  senza  menar  però  molta  strage,  tanto  che  nel  Capoluogo 
dal  dì  11  agosto,  epoca  del  principio  del  morbo,  infine  al  13  settembre,  i  c^si 
erano  stati  in  tutto  194  o  i  morti  92,  essendo  stata  la  maggiore  mortalità 
di  11  il  1"  settembre.  Dalla  Città  di  Trapani  sembra  poi  allontanato  al  tutto 
0  da  altri  Comuni  della  Valle,  facendo  anche  poca  strage  nel  resto.  Dalla 
Città  di  Girgenti  ,  secondo  gli  ultimi  avvisi,  ritraggo  similmente  non  avcro 
spiegato  il  morbo  molta  ferocia,  e  nei  comuni  della  Valle  continua  dove  più , 
dove  meno,  non  potendo  io  dar  notizie  precise,  perchè  aspetto  gli  stati  già  do- 
mandati allo  Intendente.  Dal  Val  di  Noto  ritraggo  dal  funzionante  d'Inten- 
dente essere  infetti  Comiso ,  Vittoria,  Modica,  Chiaramente,  Spaccaforno,  Pa- 
chino e  Noto  stessa  ne  fu  infine  di  agosto  assalita,  quantunque  fino  al  5  set- 
tembre il  morbo  non  avesse  fatto  grandi  progressi. 

Di  Catania  infine  intendo  esser  morti  di  cbolera  dal  26  agosto  fino  al  10 
settembre  4309  persone;  e  declinar  già  il  morbo  che  il  30  agosto  avca  tolto 
n.  417  individui,  e  il  10  settembre,  dietro  una  progressiva  diminuiziune,  si 
era  giunto  a  soli  141.  Questi  sono  i  ragguagli  che  posso  dare  a  V.  E.  infino 
ad  ora,  pregandola  di  rassegnarli  a  S.  M.  Spero  io  quanto  prima  più  precisa- 
mente indicare  le  perdite  sofferte  ,  mandando  gli  stati  in  continuazione  a 
quelli  che  presentai  per  tutto  le  Valli  infette,  col  citato  r.ipporto  mio  del  4 
settembre. 

//  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Campofranco 

(Archivio  ciUtu), 


DOCUMENTO  N.  LVIII 

Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  <jli  affari  di  Sicilia  in  Napoli 
al  Luogotenente  Generale  in  Palermo. 

Napoli,  23  settembre  1837. 
Eccellenza, 

Passati  a  rassegna  tutti  i  rapporti  di  V.  E.  dal  7  giugno  al  26  agosto, 
contenenti  la  descrizione  del  giornaliero  numero  dei  morti  di  cholera  in  co- 
testa  Capitale,  io  non  aveva  potuto  raccoglierne  più  di  10,430,  mentre  la  voce 
pubblica  li  port.iva  al  di  là  di  2G,000  ,  ed  il  giornale  officialo  la  Cerere  nel 
giorno  25  luylio  li  annunziava  sino  a  23,000  circa,  donde  cirn  nate  lo  tante 
dicerie  ed  esagerazioni  dei  giornali  esteri. 


LXXXIV  APPENDICE 


Dovendo  renderne  conto  a  S.  M.,  mi  trovava  imbarazzato  in  così  forte  con- 
traddizione. Mi  determinili  perciò  a  pregare  V.  E.  con  ufficio  del  6  dello  an- 
dante, che,  preso  il  più  stretto  conto  dell'effettivo  numero  dei  morti,  si  fosse 
compiaciuta  di  farmelo  conoscere,  affinchè,  nella  verità  del  medesimo  perma- 
nente riposandosi,  si  fosso  da  me  potuto  con  tutta  sicurezza  rassegnarlo  a  Sua 
Mae&tà. 

Un  rapporto  ho  ricevuto  ora  di  V.  E.  il  quale,  sebbene  non  sia  di  risposta 
al  succennato  mi©  officio,  conio  non  poteva  infatti  esserlo,  riguardante  la  sua 
data  del  4,  pure  può  starne  in  luogo. 

Rimettendo  con  esso  V.  E.  gli  stati  dei  morti  di  cbolera  delle  Valli  di  Pa- 
lermo, Trapani,  Girgenti  e  Caltanissetta,  con  la  prevenzione  di  essere  inesatti, 
incompleti  e  meritevoli  di  rettificazione,  si  è  principalmente  occupata  in  render 
conto  della  verifica  che  ha  bisogno,  dicea,  fare  del  numero  dei  morti  della 
Capitale. 

Ha  quindi  manifestato  che  siccome  gli  stati  della  municipalitii,  donde  avea 
Ella  tratto  il  numero  successivamente  annunziato  nei  suoi  rapporti,  eransi 
bene  spesso  trovati  inesatti  e  monchi  ,  perchè  nel  più  folte  della  strage  le 
Sezioni  comunali  non  avoano  tempo  a  ricercare  il  numero  dei  trapassati,  i  pa- 
renti di  costoro  non  pensavano  a  denuaziarli,  e  i  cadaveri  buttandosi  alla  rin- 
fusa sullo  carrette,  ricevcvansi  al  camposanto  senza  andare  alle  bollette  della 
Sezione,  cosi  avca  l'È.  V.  creduto  che  se  ne  potesse  le  verità  con  esattezza 
ricavare  dal  Campo-santo;  ed  avendo  per  mezzo  dell'Intendente  domandato  la 
lista  alla  Deputazione  della  Compagnia  di  S.  Orsola,  ne  avca  sopra  la  stessa 
fatto  compilare  uno  stato,  donde  risulta  che  il  numero  dei  morti  dal  7  giugno 
al  31  di  agosto  era  stato  di  23,574.  Questo  stato  ha  l'È.  V.  accompagnato  con 
l'enuncialo  suo  rapporto  del  4,  non  lasciando  però  tra  le  altre  coso  di  avver- 
tire che  nei  giorni  della  maggiore  strage  molti  cadaveri  dei  Comuni  vicini  rc- 
cavansi  al  cimitero  di  Palermo. 

Avendo. io  tutto  ciò  rassegnato  a  S.  M.  nella  conferenza    avuta  il  17    cor- 
rente, ha  la  M.  S.  considerato  che  la    Deputazione  di  S.  Orsola    non    potè   in 
quelle  circostanze    essere    al  certo  più  diligente  della  Municipalità,  nò    davast 
sicuramento  la  pena  di  fare  di  partita  in    partila  la  numerazione  dei  cadaveii, 
che  stivati  nello  carrette  si  portavano  al  camposanto,  avendosi  di  ciò  una  pruova 
in  quello  stosso  che  ha  dotto  V.  E.,  cioè  cho  ricettavaiisi  i  cadaveri    al   Cam- 
posanto senza  badare  alle  bollette  della  Sezione.  AI  cho  si  aggiunge,  come  ha  Ella 
parimenti  avvertito,  che  pervenivano  anche    dei    cadaveri    dai    Comuni   vicini. 
Quindi  non  ha  potuto  la  M.  8.  cho    riguardare    come    egualiiionto   inosatto  il 
nomerò  dedotto  dalla  lista  della  sudctta  Deputazione;  od  ha  detto  cho  bisogna 
attenderò  ad  avere  migliori    ragguagli ,    se  pure  sarà  posnibilo,  dai  libri  dello 
•tato  civil<]. 

Non  ba  saputo  poi  S.  M.  voder  la  ragiono  per  cui  cotesto  R.  Governo  così 


Al>PENt>lCE  LXXXV 


in  quest'ultimo,  come  in  altri  suoi  precedenti  rapporti,  usando  un  linguaggio 
diverso  da  quello  di  tutta  l'Europa,  chiami  il  Colera  col  nomo  di  pestilenza. 
So  non  è  questo  un  fatto  degli  Uffiziali  redattori  dei  rapporti,  nato  dalla  manìa 
di  singolarizzarsi  nella  scelta  dei  vocaboli,  e  che  merita  di  essere  ripreso  e 
corretto,  S.  M.  vuole  che  sia  richiamata  V.  E.  a  riflettere  che  l'essersi  troppo 
accreditata  in  Sicilia,  sia  dai  medici  per  le  loro  particolari  vedute,  sia  da  altre 
persone  poco  avvedute  o  malintenzionato,  l'opinione,  che  rimane  ancor  dubbia 
presso  tutte  le  Nazioni,  di  essere  il  cholera  un  morbo  esclusivamente  conta- 
gioso, atterrito  avendo  gli  animi,  è  stata  la  causa  principale  del  maggior  nu- 
mero di  vittime,  e  di  quei  tanti  disordini,  eccessi  ,  ostilità  tra  Comuni  e  Co- 
muni, inutili  dispendi  o  dilapidazioni,  e  danni  al  commercio  con  l'estero;  e  che 
mentro ,  la  Dio  mercè  ,  il  morbo  e  già  spento  in  alcuni  luoghi  ed  in  taluni 
altri  va  già  declinando,  l'uso  di  quel  vocabolo,  improprio  altronde  da  per  se  stesso, 
non  servirebbe  che  a  mantenere  tuttavia  gli  animi  in  diffidenza  penosa  di  re- 
ciproco commercio  in  quei  Comuni  ove  il  cholera  è  già  terminato  o  prossimo 
a  finire,  ad  accrescere  lo  spavento  in  quegli  altri  ove  non  è  penetrato,  e  giova 
sperare  che  non  penetri  ,  ed  a  far  accrescere  all'estero  i  trattamenti  rigorosi 
alle  procedenze  dai  regali  domini.  Non  approvando  perciò  S.  M.  quella  espres- 
sione vuole  che  se  ne  desista. 

Ho  creduto  più  conveniente  di  comunicare  in  via  confidenziale  a  V.  E.  i 
Sopradetti  sentimenti  di  S.  M.  per  l'uso  che  ne  risulta;  o  e  )lgo  intanto  questa 
occasione  per  rinnovarle  le  assicurazioni  della  piìi  alta  stima  e  pari  conside- 
razione con  cui  ho  l'onore  di  essere  di  V.  E. 

Il  Ministro  Segretario  di  Sta'o 

per  gli  affari  di  Sicilia 

Antohino  Franco. 

(Arcliivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LIX. 

Lettera  del  Luogotenente  generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  25  settembre  1837. 

Eccellenza, 

I  casi  e  i  morti  di  colera  in  questa  capitale  dal  17  al  23  del  presente  sono 
stati  scarsissimi.  Nel  Val  di  Palermo  va  diradandosi  sempre  piìi,  quantunque 
abbia  assalito  qualche  picciol  comune,  risparmiato  dapprima.  Così  è  del  Val  di 
Trapani,  dove  il  Capoluogo  si  può  dir  già  scevro^del  tutto.  Nel  Val  di  Girgenti 
son  molti  i  Comuni  infetti,  ma  non  grave  la  mortalità,  e  picciolissima  nel  Ca- 


LXXXVl  APPENDICE 


poluogo.  Cos'i  ancora  del  Val  di  Caltanissctta,  ma  con  numero  minore  di  Co- 
muni ammorbati.  Nel  Val  di  Noto  co  n'  ha  nove  o  dicci ,  ma  i  ragguagli  dei 
morti  non  li  ho  avuto  paranco.  Nella  città  di  Catania  i  trapassati  di  Cholera 
erano  stati  il  di  15  57,  e  il  16  59. 

Così  rallegravasi  l'Intendente  nell'oltimo  suo  rapporto  del  rapido  scema - 
mento;  nò  di  altri  Comuni  infetti  mi  facea  parola. 

Altri  quadri  in  continuazione  di  quei  già  rappresentati  con  rapporto  del  4, 
mostreranno  il  numero  dei  morti  nei  diversi  comuni,  particolarcggiando  quanto 
ho  qui  detto  in  generale  per  non  tardare  gli  avvisi,  ne  mandar  lo  stato  per 
alcuni  Comuni  e  per  altri  no.  Prego  intanto  V.  E.  che  questi  avvisi  voglia 
rassegnare  a  S.  M. 

Il  Ltiojolenenle  Generale 
Principe  di  Campofranco 
(ÀTobivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LX. 


Lcltcra  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  2  ottobre  1837. 
Eccellenza, 

Un  piccolo  aumento  di  casi  di  cholera  seguiva  in  questa  Capitale  dal  21  set- 
tembre, come  V.  E.  ha  potuto  notare  dalle  cifro  trascritt3  al  margine  del  mio 
rapporto  del  25  settembre  N.  6411;  e  potrà  vedere  da  quelle  del  presente  rap- 
porto, quantunque  sembri  già  cessata  quella  alterazione  allo  stato  in  cui  è  du- 
rata la  città  fin  dal  tempo  che  il  cholera  morbo  lasciava  la  ferocia  sua. 

Manderei  a  V.  E.  i  promessi  quadri  riguardanti  le  altre  Valli,  se  tutti  mi 
fossero  pervenuti  ,  e  tutti  fossero  compilati  con  esattezza.  Ma  per  la  Valle  di 
Palermo ,  quantunque  il  quadro  generale  mi  sia  stato  presentato ,  ed  abbia  io 
ricevuto  le  notizie  che  per  alcuni  Comuni  mancavano  in  quello,  e  fui  necessitato 
a  ricercare;  io  ritraggo  che  l'Intendente  non  ha  avuto  ancora  lo  cifro  di  cinque 
o  Bei  altri  Comuni,  che  furono  travagliati  dal  morbo.  Aspettando  quello  dunque 
da  un  momento  all'altro,  o  sperando  di  cos"i  presentar  quanto  prima  il  quadro 
compiuto,  io  ho  il  piacerò  por  ora  di  annunziarli^  la  cessazione  del  cholera  nella 
piti  parte  dei  Comuni  della  Vallo. 

K  veramente  dagli  accennati  quadri  si  scorgo  potorsi  tener  corno  sgombri 
oramai  i  Comuni  di  Maglieria,  Il.tlustrato,  Uolnionte,  Borgeito,  Capaci,  Carini, 
Ciniti,  Fìcarazzi,  Giardinolli,  S.  Giusoppo,  Misilmcri,  O^liastro,  Scianto,  Terra- 
sini,  Torretta,  Termini,  Ustica,  Alia,  Altavilla,  Il.iucina  ,  Cirniiina,  Mczzoiuso, 
Montemaggiorc,  Uoccapalumba,  Sciara,  Vallcdolniu,  Curleono,  Canipoiiurito,  San 


APPENDICE  LXXXYII 


Carlo,  Giuliana,  Prizzi,  Cefalo.  Sono  stati  iramuui  dal  cholera  S.  Cristina,  AH- 
minuta,  Caccamo,  Caltaviitaro,  Villaura,  Alimena ,  Bonipietro  ,  Gangi ,  Ceraci, 
CoUesaao,  Gratteri ,  Isnello,  Lascari,  S.  Mauro,  Petralia  Soprana,  Polizzi,  Pol- 
lina, Scillato,  Sclafani,  Castelbuono. 

E  quanto  agli  altri  della  Valle,  di  pochissimi  non  si  sonj  avuti  recenti  no- 
tizie; negli  altri  continuano  dove  più,  dove  mono  rari  i  casi  di  cholera,  ma  in 
nessuno  ò  gagliardo  il  male  o  spavontovolo. 

Gli  stessi  ragguagli  a  un  di  presso  posso  io  dare  del  Val  di  Trapani,  dove 
il  Capoluogo  ò  stato  per  parecchi  giorni  libero  da  casi  novelli,  e  cosi  Alcamo, 
Monte  S.  Giuliano,  Calatafinii,  S.  Ninfa,  continuando  il  cholera  in  Salenii,  e  de- 
bolmente in  Paceco,  e  non  restandone  in  Partanna  il  sospetto  ,  perchè  cinque 
casi  eran  avvenuti,  che  si  crcdctter  di  cholera;  ma  per  due  settimane  da  nessun 
altro  eran  stati  seguiti. 

In  Girgenti  ini  21  settembre  non  eran  accaduti  altri  accidenti  di  cholera. 
Pel  resto  della  Valle,  mi  ha  mandato  l' Intendente  due  stati ,  che  corron  dal 
primo  al  14  settembre,  e  non  contengono  per  altro  tutti  i  Comuni  infetti,  man- 
cando al  tutto  le  notizie  dal  cominciamenlo  del  morbo  in  ciascuno  di  essi  infìno 
a  tutto  agosto 

Ho  domandato  dunque  i  supplimcnti  a  queste  mancanze  e  avutili,  presen- 
terò il  quadro  generale. 

Intanto  dir  posso  a  V.  E.  che  allo  infuori  di  Palma  e  di  pochi  altri  Comuni, 
gli  altri  della  Valle  di  Girgenti  non  sono  stati  travagliati  dal  cholera  assai  fie- 
ramente. Trentanovo  Comuni  in  tutto  sono  stati  infetti  di  questo  morbo  nel  Val 
di  Girgenti. 

Ma  di  quel  di  Caltanissetta,  non  essendomi  pervenuti  i  particolareggiati  rag- 
guagli ,  nulla  dir  posso  a  V.  E.  se  non  che  il  morbo  non  ha  spiegato  in  quei 
Comuni  quella  mortifera  influenza  che  in  tanti  altri  della  Sicilia  si  ò  pianto. 

Io  non  ho  omesso  di  solleciUtro  l'Intendente  a  mandarmi  il  quadro  generale. 

In  Catauia  il  cholera  declina  sempre  più,  e  dagli  ultimi  rapporti  dello  Inten- 
dente scorgo  che  dal  21  al  24  settembre  i  morti  eran  siati  o9,  32,  34, 17,  indi  ci 
si  rallegrava  della  continuata  diminuzione  del  morbo,  e  lo  stesso  notava  alcun 
professore  di  medicina  in  quella  Città,  scorgendo  già  nei  sintomi  e  negli  effetti 
del  cholera  i  sogni  che  dovunque  ha  dato ,  toccando  esso  al  suo  fine.  Quanto 
ad  altri  Comuni  delia  stessa  Valle  cho  fossero  assaliti  dal  cholera.  non  ho  ri- 
cevuto rapporti  dell'Intendente,  ma  qualcho  avviso  mi  è  pervenuto  d'altro  vie. 
No  ho  domandato  adunque  conto  all'Intendente,  e  avutolo,  sarò  sollecito  a  darne 
ragguaglio  a  S.  M.  " 

Pel  Val  di  Noto  infino  nessun  altro  dei  ricliiosti  ragguagli  mi  ha  presentato 
l'Intendente.  Del  Val  di  Messina  non  s'intende  alcun  sinistro  caso. 

Con  tutto  ciò  prego  V.  E.  che  sia  contenta  rassegnare  a  S.  M.,  notando  cho 
}o  non  ho  mandato  per  anco  i    quadri  anzidetti,  perchè  gli  Intendenti  o  non  li 


LXXXVin  APPENDICE 


han  presentato  affatto,  o  non  li  lian  mandato  compiuti;  nò  per  me  altro  si  è  po- 
tuto fare  che  incessantemente  sollecitarli,  o  commetter  loro  la  correzione  dello 
mancanze  che  nei  presentati  si  scorgcano. 

Il  Luof/olenente  Generale 
Principe  di  Campofbanco. 

(Arcliivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LXI. 

Lettera  del  Lìiogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli.  ■ 

Palermo,  5  ottobre  1837. 
Eccellenza, 

Rispondendo  alla  pregevolissima  sua  confidenziale  del  23  settembre,  in  prima 
cosa  io  rendo  grazie  a  V.  E.  della  cortesia  dell'  avere  usato  questo  modo  per 
significarmi  i  sentimenti  e  i  voleri  di  S.  M.  su  quei  due  punti  del  numero  dei 
trapassati  di  cholera  in  Palermo  e  della  voce  pestilenza  uìato  in  alcuni  miei 
rapporti. 

E  saviissinia  è  sulla  prima  parte  1'  osservazione  che  qualche  poco  di  cada- 
veii  dei  Comuni  più  vicini  alla  capitale  andò  compresa  in  quel  numero  dei  sep- 
pelliti nel  Camposanto  ;  e  che  quivi  non  si  potè  tener  conto  da  quale  sezione 
della  citta  fosser  mandati  i  morti.  Ma  io  debbo  rappresentare  a  V.  E  che  il 
numero  delle  persona  seppellite  ogni  dì  potea  tenersi  nel  Campo  Santo,  e  si  tenne 
perocché  le  sezioni  della  Municipalità  erravano  invero,  perchè  pochi  curavano 
in  quella  calamità  di  riveder  la  morte  dei  congiunti;  erravano  perchè  fu  forza 
nel  grandissimo  numero  che  la  polizia  facesse  raccogHcrc  i  cadaveri  in  molti 
luoghi.  Ma  tutti  pure  si  recavano  al  Camposanto;  si  posavan  sul  suolo,  recan- 
dosi poi  nelle  foss?,  e  riponendosi  in  quelle  si  contavano;  cosi  notavasi  esatta- 
mente in  ogni  dì  il  numero  dei  sepolti  nel  registro  che  tiene  il  cappellano  del 
Camposanto.  E  alla  esattezza  del  soppolliincnto ,  non  che  all'  osservanza  dolio 
prescritto  cautele  di  sanità,  invigilavano  alcuni  frati  Cappuccini  che  scambian- 
dosi ira  loro  a  richiesta  mia  ,  attendevano  a  quel  dolente  e  pericoloso  Ufficio 
con  molta  esattezza  e  pietà  ;  ne  invigilavano  ancora  agenti  di  polizia  mandati 
apposta  dal  Direttore  Generale.  Io  ponsò  adunque  elio  all'infuori  di  trovarvisi 
compresi  dei  cadaveri  di  qualche  Comune  vicino,  nessun  altro  errore  potea  cor- 
rerò in  queste  cifro  del  Camposanto,  notato  comò  numeravansi  i  cadaveri  nel 
ttoppellirli.  A  miglioro  schiarimento  io  mando  a  V.  E.  l'originale  statino  com- 
pilato nel  detto  registro  dal  Cappellano  stesso  del  Camposanto  infine  al  20  lu- 
glio, in  cui  finì,  perchè  cran  colmo  lo  fosse,  il  seppellimento  in  quel  luogo.  E 
T'aggiungo  un  altro  stato  fatto  compilare  da  mo,  che  riguarda  il  periodo  dal  21 


Al^PENDltìe  LXXXll 


luglio  in  poi,  nel  qual  tempo  declinando  già  grandemente  la  malattia ,  comin- 
ciarono a  divenire  esatte  le  cifre  della  Municipalità,  tanto  che  poi  si  sono  e- 
sclusivamente  seguiti  gli  stati  che  ebbe  la  Polizia  per  tutte  le  indicazioni  di 
mortalità.  Ma  alla  compiuta  rettificazione  del  numero ,  ho  io  già  provveduto, 
come  promisi  col  rapporto  del  18  settembre. 

Una  Commissione  composta  del  Senatore,  dei  Parrochi  (ciascuno  per  l'ambito 
della  sua  Parrocchia)  e  del  Commissario  di  Polizia  è  stata  -deputata  in  ogni 
Sezione  della  Città  a  compilar  le  liste  dei  morti  nei  giorni  in  cui  per  le  ridette 
cagioni  fu  intermessa  la  regolare  formazione  degli  atti  dello  Stato  Civile.  Que- 
ste Commissioni  non  solo  chiameranno  al  rivelo  le  famiglie,  ma  ancora  verifi- 
cheranno il  numero  dei  trapassati  in  ogni  casa. 

E  per  tal  modo  io  spero  che  se  una  esattezza  matematica  non  si  otterrà, 
avrassi  almeno  una  approssimazione  sufficiente  a  misurar  le  perdite  in  quel 
modo  che  basta  alla  statistica  medica  e  civile,  e  alle  vedute  del  Governo. 

Sulla  seconda  parto  io  posso  assicurare  V.  E,  che  nò  bizzarria  di  chi  sten- 
dea,  né  false  opinioni  di  chi  ordinava  lo  scritto  fecero  usare  talvolta  nei  miei 
rapporti  la  parola  pestilenza,  alludendo  al  Cholera. 

A  schivare  una  frequente  replica  si  scrisse  anche  indistintamente  malattia, 
morte,  moria  e  pestilenza;  e  con  quest'ultimo  vocabolo  s'intese  significare  una 
infermità  cho  al  tempo  stesso  colga  e  uccida  molte  persone,  ma  non  già  di  fi- 
nire il  modo  della  comunicazione  di  quella.  Nò  per  quanto  io  mi  ricordi  o  a 
ragion  veduta  siasi  potuta  scrivere ,  la  parola  Contagio  è  stata  adoperata  mai 
in  questo  Ministero  dopo  che  il  Cholera  divampava  per  la  Città.  Perocché  non 
ignorava  io  esser  dubbia  la  natura  di  questo  fatale  morbo,  e  sapea  le  spiace- 
volissime conseguenze  della  opinione  del  Contagio  che  si  sono  sperimentate  in 
Sicilia  non  solo,  ma  anche  in  cotesta  parte  dei  Reali  Dorainj,  come  si  scorge 
dal  R.  Recritto  del  20,  comunicatomi  il  giorno  23  settembre.  Su  questo  parti- 
colare io  ho  operato  sempre  nel  giusto  senso  accennatomi  dalla  supr>?ma  sa- 
viezza del  Re,  né  ho  alcuna  cosa  da  rimproverarmi.  Posso  anzi  assicurare  V.  E. 
che  questa  opinione  del  contagio  si  vada  sempre  più  qui  dileguando. 

Del  resto,  (ornando  alla  parola  pestilenza,  non  è  mestieri  aggiungere  che  il 
volere  di  S.  M.  è  legge,  e  che  quella  sarà  con  ogni  studio  evitata. 

Tanto  debbo  significare  a  V.  E.  in  risposta  alla  lettera  sua.  E  questa  oc- 
casione anche  colgo  per  manifestare  a  V.  E.  i  sensi  dell'alta  mia  stima  e  con- 
siderazione perfetta. 

//  Luogotenente  Generale 
Pbincipb  di  Campofbanco. 

(Archivio  citato). 


Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  12 


XC  APPENDICE 


DOCUMENTO  N.  LXII. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
jìcr  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  9  ottobre  1837. 
Eccellenza, 

Questo  crudele  morbo  che  ci  ha  straziato,  par  già  che  tocchi  il  suo  fine.  lu 
Palermo  i  casi  e  i  morti  dal  1"  al  ...  .  del  presente  non  sono  stati  che  po- 
cbissimi. 

Nella  Valle  pochi  son,  coni' io  scrissi  a  V.  E.,  i  Comuni  tuttavia  molestati 
dal  colera ,  e  questi  medesimi  assai  rimessamente.  In  Val  di  Trapani  nessun 
altro  caso  è  succeduto  nel  capoluogo;  e  similmente  infino  agli  ultimi  avvisi  ri- 
maneva qualche  caso  in  due  o  tre  Comuni. 

Libero  per  diversi  giorni  e  stato  anche,  secondo  gli  ultimi  avvisi,  il  Comuno 
di  Girgenti;  nel  resto  della  Valle  declina  oggi  il  morbo,  e  in  pochi  Comuni  in- 
fierisce, m  pochi  è  cessato  del  tutto;  facendo  per  altro  in  generale  poca  strage. 
Così  è  ancora  del  Val  di  Caltanissctta. 

Di  quel  di  Noto  non  mi  son  pervenuti  recenti  avvisi ,  non  ostante  le  mio 
sollecitazioni.  Ma  in  Catania  ne'  giorni  30  settembre  e  1°  ottobre  si  era  giunto 
a  7  e  5  morti  di  colera,  ondo  si  continuava  a  sperare  che  la  sua  influenza  tosto 
si  spegnesse. 

E  tanto  scrivo  io  a  V.  E.  perchè  si  piaccia  rassegnarlo  a  S.  M.,  sperando 
io  per  altro  che  avute  le  risposte,  alle  quali  feci  menzione  nel  rapporto  del  2 
del  presente ,  potrò  giustamente  rassegnare  JiUa  M.  S.  i  quadri  generali  dello 
Valli  di  Palermo,  Trapani,  Caltanissctta  e  Girgenti. 

Il  Luogolenentc  Generale 
Principe  di  Campofbanco. 
(Archivio  citato).  

DOCUMENTO  N.  LXIII. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  12  ottobre  1837. 
Eccellenza, 
Dal  mio  rapporto  del  9,  N.  6717,  V.  E.  ha  potuto  scorgere  corno  dal  dì  4 
al  7  non  erano  avvenuti  in  questa  Capitalo  altri  casi,  nò  altri  morti  di  Cholera. 
I  giorni  8,  9,  10  furono  liberi  ugualmente.  Perciò  mi  parve  cho  dopo  una 
Mcttimana  di  perfetta  Haluto  pubblica,  fosso  giti  tempo  di  roiulor  pubbliche  grazio 
airAUisMimo  della  liberazione  di  questa  Città  dallo  stragi  doirattoce  morbo. 


APPBNDICB  3CCI 


Ieri  dunque  solennemente  io  convocava  nella  CaHedralo  tutte  le  Autorità  ci- 
vili e  militari,  o  dopo  un  discorso  accomodato  al  caso,  che  pronunziava  il  pa- 
dre Ugo  Bassi,  scioglievansi  lo  voci  dei  ministri  dell'altare  al  canto  dell'  Inno 
Ambrosiano,  e  con  edificazione  molta  e  pietà,  la  lieta  cerimonia  si  compia. 

Mi  fo  un  dovere  oggi  di  ragguagliamo  V.  E.,  affinchè  si  piaccia  rassegnare 
alla  sovrana  intelligenza  questo  fatto,  che  gratissimo  giunge  al  certo  al  paterno 

animo  della  M.  S. 

Il  Luogotenente  Generale 

Peincipe  di  Campofbanco. 

(Archivio  citato). 

DOCUMENTO  N.  LXIV. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  Stato 
per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  19  ottobre  1837. 
Eccellenza, 

Continuando  il  mio  rapporto  del  12,  ho  il  piacere  di  significare  a  V.  E.  che 
dal  giorno  10  al  16,  fino  al  quale  ho  i  rapporti  delle  Municipalità,  non  sono 
avvenuti  in  questa  Capitalo  altri  casi,  né  altri  morti  di  colera.  Non  mando  a- 
desso  i  quadri  promessi  per  le  Valli  di  Palermo,  Girgenti,  Trapani  e  Caltanis- 
setta,  perocché  ci  sono  poche  altro  lacune  per  qualche  Comune  o  qualche  pe- 
riodo di  tempo,  e  aspetto  io  da  un  momento  all'altro  le  notizie  per  ripianarle, 
e  far  compilare  gli  stati  più  esattamente  che  si  possono.  Ma  ben  posso  assicurare 
V.  E.  che  nel  Val  di  Palermo  il  colera  sia  sparito  in  quasi  tutti  i  Comuni;  che 
in  quel  di  Trapani  pochissimi  altri  no  restino  ancora  molestati  da  qualche  caso; 
che  in  Caltauis  etta,  restando  liberi  sempre  i  Distretti  di  Piazza  e  Terranova, 
il  Distretto  del  Capovallo  era  sul  punto  di  potersi  dire  sgombro  dal  morbo  e 
nella  Città  di  Caltanissetta  pochi  altri  casi  soguiano.  Lo  stesso  è  della  Città 
di  Girgenti  e  della  Valle;  ancorché  questa  sia  stata  piìi  largamente  e  più  for- 
temente travagliata  che  quelle  altre.  Nella  città  di  Catania  pochissimi  erano  i 
casi,  secondo  gli  ultimi  avvenimenti;  ma  di  quella  Valle  e  della  Valle  di  Noto 
non  ho  avuto  particolari  ragguagli  sul  numero  dei  casi  e  dei  morti  di  ciascun 
Comune,  nò  anche  di  tutti  i  Comuni  attaccati. 

Non  si  manca  perciò  di  domandarne  conto  agli  Intendenti;  e  tostochè  le  no- 
tizie mi  perverranno,  ne  sarà  V.  E.  informata. 

Piacciasi  intanto  di  rassegnare  a  S.  M.  quelle  che  contengonsi  nel  presente 
rapporto. 

Il  Luogotenente  Generale 
Principe  di  Campofbanco. 
(Archivio  citato). 


XCn  APPENDICE 


DOCUMENTO  N.  LXV. 

Lettera  del  Luogotenente  Generale  al  Ministro  Segretario  di  òtato 
.per  gli  affari  di  Sicilia  in  Napoli. 

Palermo,  26  ottobre  1837. 
Eccellenza, 

La  salute  pubblica  in  questa  Capitalo  e  negli  altri  punti  dell'isola  continua 
nello  stato  esposto  negli  ultimi  miei  rapporti;  e  nuli'  altro  mi  occorrerebbe  di 
scrivere  a  V.  E ,  se  non  dovessi  rappresentare  gli  avvisi  pervenutimi  da 
Messina. 

A  dì  16  ottobre  quell'Intendente  mi  scrisse  essersi  veduti  pochi  casi  di  ma- 
lattie che  avean  desto  qualche  sospetto  di  colera,  e  mi  promise  subito  ragguagli 
più  precisi.  Ne  io  volli  farne  allora  rapporto,  aspettando  pur  quelli  con  la  po- 
sta successiva  e  trovando  l'annunzio  sì  vago,  che  non  mi  parve  poterne  formare 
alcun  giudizio.  Giunse  poi  la  posta  del  19,  e  mi  apportò  i  ragguagli  che  V.  E. 
scorgerà  dalle  incluse  copie  del  rapporto  dell'  Intendente,  il  quale  riferisce  in- 
torno allo  stato  delle  persone  sulle  quali  erano  caduti  i  sospetti.  Pochissime 
furon  esse  in  un  periodo  non  breve  di  tempo;  e  il  giudizio  della  Commissione 
provinciale  tende  a  dileguare  i  sospetti  del  fatai  morbo.  Perciò  voglio  io  augu- 
rarmi 0  che  si  dileguino  al  tutto  o  che  di  lievissimo  momento  sia  la  malattia 
in  Messina. 

E  tanto  prego  V.  E.  che  rassegni  a  S.  M.,  aggiungendo  che  dopo  le  ultime 
serrane  risoluzioni,  per  norma  generale  non  ho  trovato  luogo  ad  alcun  provve- 
dimcnto  di  Sanità  su  i  detti  avvisi  di  Messina,  qualunque  potesse  essere  la  ve- 
rità e  la  base  dei  medesimi. 

Il  Luogotenente  Generale 
Pkincipb  di  Campofranco. 

Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LXVI. 

Sentenza  della  Commissione  Militare  della  Valle  di  Palermo 

lerdinando  II  per  la  grazia  di  Dio  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ec,  ec.  Gran  Prin- 
cipe ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

La  Commissiono  Militare  permanente  della  Vallo  di  Palermo,  creata  con  or- 
dinanza di  qaosto  Real  Governo  degli  11  luglio  corrente  anno,  e  composta  dui 
•ignori  : 

Pre$idtnte\  Colonnello  cavalioro  D,  Lodovico  Mattina  di  Artiglieria; 


APPENDICE  xeni 


Giudici:  Capitano  cavaliere  D.  Giuseppe  Ferrara  del  1°  Granatieri.  —  Capi- 
tano cavaliere  D.  Giobbe  Romanzi  del  1°  di  Linea. — Capitano  cavaliere  D.  Fran- 
cesco Vallese  del  2"  di  Linea. — 1°  Tenente  D.  Antonio  Albertis  del  1°  Grana- 
tieri.— 1"  Tenente  D.  Giovanni  Forte  del  9"  di  Linea; 

Relatore:  Sostituto  capitano  D.  Gaetano  Bellini  del  Reggimeuto  Reali  Vete- 
rani, coll'intervento  del  signor  Procuratore  Generale  del  Re  sostituto  presso  la 
G.  C.  civile,  barone  D.  Giovanni  Ondes  uomo  di  legge; 

As3Ìstiti  dal  2°  sergente  Francesco  D'Avella  del  1°  di  Linea  Re,  cancelliere; 

Si  è  riunita  nel  localo  dello  sue  ordinarie  sedute  nel  real  forte  di  Castel- 
lammare, previo  ordine  del  signor  Commendatore  Generale  D.  Pietro  Vial,  Co- 
mandante le  armi  nella  Valle  e  Piazza,  per  giudicare  col  rito  subitaneo  i  se- 
guenti individui,  cioè  : 

1."  Francesco  Mcrcadante  del  fu  Antonio  di  anni  40,  nato  in  Palermo,  do- 
miciliato a  Malpasso,  contrada  della  Grazia,  bracciale. 

2."  Giovanni  Faraone  del  fu  Marco,  di  anni  24  di  Monreale,  domiciliato  alla 
Madonna  di  Ciambri  alla  Grazia,  bracciale. 

8.°  Giuseppe  Vecchio,  alias  il  Coniglioneso,  di  Corleone,  dA  fu  Vincenzo  Ji 
anni  28.  domiciliato  al  piano  di  Mollo  alla  Grazia,  bracciale. 

4."  Gioacchino  Martorana  del  fu  Liborio,  di  anni  49,  del  Parco,  domiciliato 
nelle  campagne  di  Monreale,  giardiniere. 

5.°  Liborio  Martorana  di  Gioacchino,  di  anni  25,  nato  in  Monreale,  domici- 
liato nelle  campagne  di  quel  comune,  giardiniere. 

6.°  Benedetto  Martorana  di  Gioacchino ,  di  anni  18  non  compiuti,  di  Mon- 
reale, domiciliato  in  quelle  campagne,  giardiniere. 

7.°  Giuseppe  Bruschetti  di  Luciano,  di  anni  20,  nato  e  domiciliato  nel  vil- 
laggio della  Grazia,  vetturale. 

8.°  Benedetto  Lo  Biundo,  alias  Scippavigne,  nato  e  domiciliato  nel  villaggio 
della  Grazia,  bracciale. 

9."  Giovanni  lo  Biundo,  alias  Scippavigne,  nato  e  domiciliato  nel  villaggio 
della  Grazia,  bracciale. 

ACCUSATI 

Di  avere  eccitata  la  guerra  civile,  levandosi  in  armi ,  e  portata  la  strage, 
uccidendo  e  dando  alle  fiamme  pria  di  morire  D.  Giuseppe  e  D.  Francesco  pa- 
dre 0  figlio  Minneci,  reati  commessi  nel  villaggio  della  Grazia  ne'  giorni  8,  9 
e  10  luglio  antiscorso,  preveduti  dagli  articoli  129  e  131  delle  leggi  penali. 

10."  Giovanni  Tusa  alias  Nico,  del  fu  Salvatore,  di  anni  58,  nato  e  domici- 
liato nella  contrada  di  Mollo  alla  Grazia,  giardiniere. 

11."  Angelo  Albano  di  Francesco,  di  anni  18  circa,  nativo  di  Monreale,  e  do- 
iniciliato  in  quella  campagna,  colono. 


XCIV  APPENDICE 


ACCUSATI 

Di  complicità  in  siffatti  reati  ai  termini  degli  articoli  74  e  75  delle  stesse 
leggi  penali. 

12."  Francesco  Troia  del  fu  Pietro,  di  anni  50,  nativo  di  Capaci,  domiciliato 
alla  Madonna  di  Ciambri  alla  Grazia,  giardiniere 

ACCUSATO 

Di  avere  profferito  discorsi  sediziosi ,  atti  a  spargere  il  malcontento  contro 
il  Governo,  reato  previsto  dallo  articolo  142  dolio  leggi  penali. 

Inteso  il  relatore  nel  suo  rapporto^ 

Letti  i  documenti  necessari, 

Intesi  in  pubblica  discussione  i  testimoni  a  carico. 

Udito  il  capitano  relatore  P.  M.  nelle  suo  orali  conclusioni,  non  che  gli  ac- 
cusati ed  i  loro  rispettivi  difensori, 

La  Commissione  militare  ritirata  nella  camera  delle  deliberazioni. 

Inteso  l'avviso  dell'uomo  di  legge,  il  Presidente  ha  elevate  lo  seguenti 

QUESTIONI  DI  PATTO 

ì.*  Consta  che  Francesco  Mei'cadante,  Giovanni  Faraone,  Giuseppe  Vecchio, 
Gioacchino  Martorana,  Liborio  Martorana,  Benedetto  Martorana,  Giuseppe  Bni- 
schctti ,  Benedetto  Lo  Biundo  e  Giovanni  Lo  Biundo  sieno  colpevoli  di  avere 
eccitata  la  guerra  civile,  levandosi  in  armi  e  portata  la  strage  con  aver  mas- 
sacrati e  dati  ancor  vivi  alle  fiamme  i  bennati  D.  Giuseppe  e  D.  Francesco 
padre  e  figlio  Minneci? 

2."  Consta  che  Giovanni  Tusa  ed  Angolo  Albano  sieno  colpevoli  di  compli- 
cità ne'  citati  reati  ? 

3,°  Consta  in  fine  che  Francesco  Troia  avesse  profiforito  discorsi  sediziosi 
atti  a  spargere  il  malcontento  contro  il  Governo  ? 

Considerando  che  il  pubblico  esame  ha  apprestato  i  seguenti 

FATTI 

1.*  Che  nel  giorno  5  dell' antiscorso  mese  di  luglio  D.  Giuseppe  Minneci, 
perduta  in  Palermo  l'unica  sua  figlia  per  attacco  letale  del  morbo  asiatico,  si 
deliberò  cangiar  di  domicilio  o  fuggirò  alla  campagna. 

2."  Insieme  a  duo  suoi  figli  D.  Giovanni  o  D.  Francesco  si  incamminarono 
alla  volta  del  Parco.  Arrivati  presso  il  villaggio  della  Grazia,  fu  il  misero  ga- 
lantuomo D.  Giuseppe  colpito  di  cholcra,  e  si  giacque  per  terra  inabilitato  di 
proseguirò  il  viaggio;  a  cura  del  figliuol  maggiore,  D.  Giovanni.'fu  accompagnato 
a  stento  sino  al  Convento  do'  minori  osservanti  di  S.  Francesco  in  quel  vil- 
laggio, 0  da  quei  religiosi   ottenne  la  chiavo  di  stanza  terrana  collatcralo  alla 


ÀfPÈXDICÉ  XCV 


porteria ,  destinata  po'  miseri  di  quelle  contrade  che  venissero  dal  morbo  at- 
taccati. 

3.°  Fu  quivi  assistito  dai  suoi  figliuoli  fino  al  giorno  8,  ma  sventura  volle 
che  attaccato  anche  il  primo  di  essi,  D.  Giovanni,  dallo  stesso  morbo  desola- 
tore,  in  costretto  ritornare  in  Palermo,  lusingato  potere  riedere  al  dimani. 

In  fatti  nel  citato  giorno  8  sabato  lasciò  presso  il  genitore  il  minore  fra- 
tello giovanetto  1).  Francesco  di  circa  16  anni,  e  cercò  stipendiare  una  persona 
per  accudire  lo  infermo  ed  il  fratello  durante  1'  assenza  sua,  e  mosse  per  Pa- 
lermo a  circa  21  ora  e  più. 

4.°  La  persona  procurata  dal  massaro  di  quella  attigua  chiesa  fu  un  tale 
Gaetano  Kiggio,  alias  Scippavigne,  liquidato  germano  uterino  degli  accusati  Be- 
nedetto e  Giovanni  Lo  Biundo,  alias  Scippavigne. 

5.°  Lo  assistente  Kiggio  si  prese  briga  di  dare  a  lavare  a  sua  moglie  taluni 
effetti  dello  infermo  D.  Giuseppe;  costai  si  fece  scrupolo  frugar  la  tasca  di  un 
calzone,  e  nel  trovarvi  un  cartoccio  di  poche  pillole  astringenti ,  e  due  cartel- 
line di  rabarbaro,  che  quell'infelice  seco  portava  per  le  occorrenze,  supponendo 
veleni  quei  medicinali,  proclamò  nel  vicinato  aver  trovato  il  veleno,  aver  disco- 
certi  i  traditori,  la  causa  della  desolazione  del  morbo,  che  infettava  allora  an- 
che quella  contrada. 

6.°  Que'  villici  malintenzionati  per  indole,  profittano  dell'anaunciata  scoperta 
vieppiù  inebriata  la  di  loro  alterata  fantasia  ,  tumultuarono ,  accorsero  in  nu- 
meroso stuolo  alle  ore  22  circa  di  quel  giorno  stesso,  8  luglio,  alla  stanza  ove 
lo  innocente  colerico  Minneci  lottava  con  lenta  morte. 

Gli  presentarono  quelle  pillole,  quel  rabarbaro,  e  lo  forzarono  tracannarle.  Il 
misero  aderisce  in  parto,  chiodo  tempo  un'ora  per  le  rimanenti,  quella  turba  fu- 
rente non  sente  pietà,  non  ragiono,  non  preci,  lo  forzano  ,  ed  egli  ubbidisco  o 
tutto  ingoia. 

La  moltitudine  si  allontana  quasi  paga  dell'operato,  ma  medita  vendetta,  e 
vendetta  crudele. 

Il  dimani  dunque,  giorno  di  Domenica,  que'  forsennati  malvagi  tornarono 
bnona  parte  in  armi,  alcuni  batton  furenti  la  porta  del  convento  con  minacce  di 
esterminio  a  que'  religiosi,  li  obbligarono  aprire  la  chiesa,  la  sepoltura  per  in- 
trodurvi gli  spenti  lor  parenti  corno  dicevano. 

Tre  di  essi,  Giuseppe  Bruschetti ,  Giovanni  e  Banedetto  fratelli  lo  Biundo 
furono  i  manigoldi  che  si  accinsero  a  solenne  sacrificio.  Entrano  nella  stanza 
delle  designate  vittime,  quel  serviente  Riggio  più  non  vi  era  dalla  sera,  si  danno 
a  pugnalare  l'innocente  creatura;  abbattuto  e  percosso  a  morte,  Giovanni  colla 
manca  mano  il  trascina  per  terra  e  con  lunga  arma  bianca,  che  imbrandiva  nel- 
l'altra, ripeteva  colpi  crudeli.  Il  depone  nuotante  nel  proprio  sangue  in  centro  allo 
allo  stradone,  Bruschetti  e  Benedetto  picchiano  il  convento,  aperto  da  fra  Fran- 
cesco da  Carini,  entran  furenti,  diriggonsi  alla  stalla,  si  carican  di  legna  e  pa- 


XCVI  APPENDICE 


glia,  sortono  ed  ammonticchiano  sulla  vittima,  Benedetto  rientra  nel  convento, 
prende  dalla  cucina  un  tizzo  acceso,  sorte;  Bruschetti  trae  da  sotto  i  preparati 
combustibili  il  ragazzo,  gli  vibra  a  man  rovescia  ultimo  colpo  ferale  di  traverso 
sul  viso  e  il  gitta  sul  rogo,  tosto  Benedetto  1'  accende,  e  fra  le  fiamme  divora- 
trici udiansi  i  gemiti  di  quella  creatura  innocente,  che  lo  spirito  esalava  in  varie 
morti.  Non  satolli  di  sangue,  Giovanni  torna  alla  stanza,  ne  strappa  il  canuto 
D.  Giuseppe,  lo  trascina  pe'  piedi,  lo  appressa  al  rogo  ;  Bruschetti  gli  vibra  a 
traverso  le  gambe  ultimo  colpo,  e  quindi  i  tre  scellerati,  sospeso  da  terra  il  lan- 
cian  sulle  fiamme,  e  così  quel  misero  fu  spento  di  Cholera,  di  ferro,  di  fuoco 
col  tenero  suo  figlio. 

D.  Giovanni  Minneci,  ritenuto  dal  morbo  in  Palermo  invia  il  germano  D.  Sal- 
vatore la  mattina  stessa  del  9;  questi  si  reca  alla  dimora  indicatagli,  e  vi  giunse 
verso  le  ore  16;  la  porta  chiusa  rinviene,  e  richiede  notizie  da'  conventuali,  ma 
non  è  soddisfatto,  di  là  ritorce  il  piede,  in  un  ragazzo  s'imbatte,  a  costui  fa  ri- 
cerca, quegli  addita  un  mucchio  di  brune  ceneri,  nelle  quali  osserva  duo  massi 
nerissimi  d'umane  forme,  da  questo  ode  esser  quelli  gli  avanzi  di  padre  e  figlio 
che  corcava  testé  massacrati  e  bruciali  :  concepisce  il  caso;  gli  si  abberra  il 
sangue.  Accorscr  quivi  pria  pochi,  poi  ebbra  numerosa  turba,  e  perchè  interesso 
mostrava  a  quo'  miseri  avanzi,  lo  assalgono,  il  percuotono,  di  sua  vita  deliberano, 
chi  come  i  primi  propone  la  fine,  chi  ad  albero  sospeso  moschettarlo  il  condanna. 
Ragunansi  a  quella  scena  curiose  le  donne,  impietosite  allo  aspetto  dello  infe- 
lice, noi  credono  di  veleni  propinatore,  a  non  sacrificarlo  consigliano,  coloro  ce- 
dono, ed  egli  tremante  si  allontana. 

Quello  scempio,  i  propinatori,  il  veleno,  fu  motto  di  guerra  civile,  scudo  a' 
sediziosi  che  disposti  attendevano. 

Come  in  quella  villa,  tumultuarono  nelle  vicine  campagne,  al  dimani  10  lu- 
glio levaronsi  in  armi,  taluni  eccitando,  altri  corrono  al  Parco  ad  associar  ri- 
baldi a  comun  causa;  guidava  altri  gli  ammutinati  armi  a  raccorrò ,  ne  otten- 
gono da'  pacifici  possidenti,  ondo  affrontare  la  regia  truppa,  che  ivi  recavasi  a 
dar  sacco  e  strage  come  spargevano. 

Fino  a  30  circa  i  sedotti,  fur  visti  con  armature  diverso,  anche  inermi  se- 
guivali  inebriata  turba. 

Mancangli  da'  Parchitani  soccorsi  seguaci,  al  sentir  l'ariivo  delle  tnijìpo  alla 
Grazia,  senza  forza  ad  opporsi  si  dissiparono,  e  cercando  rcampo  nellu  fuga  per 
le  dominanti  campagne. 

Nello  ore  p.  m.  del  giorno  10  accedo  coliv  il  giudice  e  la  forza  pubblica  , 
ai  ricerca,  s'investiga,  e  si  trovan  sepolto  le  reliquie  carbonizzate  di  quelle  vit- 
time, che  da  professori  nello  stato  in  cui  erano  ridotte,  giudicarono  a  stenti  os- 
sero umani  corpi ,  e  corpi  di  sosso  maschile  dalla  forma  dello  ossa,  mancando 
gli  arti  ed  ogni  membro,  e  per  conimendi'vold  zelo  di  questo  Magistrato  furono 
raccolto  lo  pronte  indagini  sugli  autori  del  misfatto. 


APPENDICE  XCVII 


Considerando  che  dall'uffizialo  della  polizia  giudiziaria  fu  ben  assodata  la 
pruova  della  esistenza  del  primo  reato,  colla  invenzione  delle  reliquie  de'  ca- 
daveri non  del  tutto  dallo  fiamme  divorati,  o  sebbene  ignoti  erano  alla  giusti- 
zia, pure  si  e  liquidato  esser  quelli  di  D.  Giuseppe  e  D.  Francesco,  padre  e  fi- 
glio Minncci,  quelli  stessi  che  fino  al  giorno  8  furono  veduti  nolla  stanza  at- 
tigua al  convento  della  Grazia,  e  che  più  non  esistono; 

Considerando  nella  specie  che  sotto  la  santità  del  giuramento  è  ad  evidenza 
provato  col  concorde  detto  ditre  religiosi  fra  Camillo  da  Palermo,  fra  Francesco 
da  Carini,  fra  Benedetto  da  Vicari  che  furono  spettatori  di  quell'empia  tragedia, 
e  dell'altro  Vito  Giorlando  serviente  del  convento,  che  gli  autori  del  misfatto 
furono  Giuseppe  Bruschetti  Benedetto  e  Giovanni  fratelli  Lo  Bianco  alias 
Scippavigne; 

Considerando  esser  contestata  la  causa  cui  spinse  que'  forsennati  a  delinquere, 
di  essere  state  quelle  vittime  proclamato  propinataci  di  veleno; 

Considerando  che  alcuno  de'  tre  accusati  Biuschetti,  o  Benedetto  e  Giovanni 
Lo  Biundo  fu  liquidato  e  da  alcuno  indicato  fra  loro  che  nel  di  successivo  al 
reato  si  levarono  in  ai  me,  promovendo,  ed  eccitando  sommossa  popolare,  né  al- 
cuno di  questi  ad  essi  consorti  nella  esecuzione  del  misfatto ,  talché  possa  a- 
versi  certezza  che  tali  reati  abbian  precisa  connessione  tra  loro; 

Considerando  che  dall'attentato  del  giorno  8  contro  D.  Giuseppe  o  D.  Fran- 
cesco Minneci,  e  1'  esecuzione  del  misfatto  al  di  seguente  è  evidente  pruova 
della  decisa  volontà  a  delinquere ,  e  che  il  reo  disegno  fu  a  sangue  freddo 
premeditato  dagli  accusati  ohe  lo  consumarono; 

Considerando  che  prestabilito  che  questo  enorme  misfatto  abbia  origino  dalla 
simulata  credenza,  che  i  massacrati  Minncci  fosser  di  veleni  propinatori  e  che 
sebbene  non  sia  provato  che  gli  autori  degli  eccidii  e  della  sollevazione  fosser  tra 
essi  in  rapporto,  pure  il  reato  commesso  da  Bruschetti  e  fratelli  Lo  Biundo  è  da 
ritenersi  di  assoluta  eccezione,  e  quelli  appunto  contemplati  nella  ordinanza  da 
questo  Real  Governo  emanala  gli  11  luglio  ultimo,  e  quindi  dell'assoluta  cogni- 
zione di  questa  Commissione  Militare; 

Considerando  che  i  tre  misfattori  furono  assicurati  alla  giustizia  lungi  da'  loro 
domicili  duo  al  Parco,  ed  un  terzo  sorpreso  in  aperta  campagna,  locchè  anche 
prova,  che  cercavano  sottrarsi  alla  vendetta  della  Legge; 

Considerando  che  in  ordine  alla  sviluppata  sedizions  armata  nella  campagna 
prossima  al  Villaggio  della  Grazia  a'  10  luglio,  che  i  fatti  precedenti,  e  conco- 
mitanti al  reato  sono  stati  con  documenti,  e  testimoni  validamente  contestati; 

Considerando  che  non  cade  dubbiezza  che  quei  tra'  sollevati  che  vennero  chia- 
ramente indicati  conosciuti,  e  liquidati  tra  gli  accusati  presenti  in  giudizio  fu- 
rono Francesco  Mercadante — Giovanni  Faraone— Giusoppe  Vecchio  alias  il  Co- 
niglionese — Gioacchino  Martorana, — Liborio  Martorana — Benedetto  Martorana  ed 
Angelo  Albano; 

Arch.  Stor.  Sic,  N.  S.  Anno  XV.  13 


XOVin  APPENDICE 


Considerando  che  ciascuno  di  essi  per  la  sna  parte  furono  eccitatori,  indu- 
cendo altri  ad  armarci,  e  distinti  tra'  sollevati,  che  con  minacce  di  incendiare 
le  messi  pretesero  ed  ottennero  un  fucile  da  D.  Castrense  Giainbruno  col  mezzo 
di  D.  Gaetano  Giunta  da  essi  stessi  obbligato; 

Considerando  che  costoro  nello  essersi  armati  e  sollevati  so  non  furono  con- 
tinuati i  loro  eccessi  e  verificati  i  minacciati  incendi,  la  strage,  e  si  sono  da  por 
loro  stessi  dispersi,  è  stato  il  solo  effetto  delle  circostanze  fortuito  ed  indipen- 
denti dalla  di  loro  volontà  per  mancare  di  mezzi  sufficienti  per  affrontar  la  forza 
accorsa  per  reprimerli; 

Considerando  che  in  particolare  Giuseppe  Vecchio  risultando  imputato  nelle 
fedi  di  perquisizione  di  gravi  reati,  e  che  nel  luogo  ove  domiciliava  al  momento 
del  suo  arresto  si  rinvenne  una  pistola,  un  cangiarro  e  delle  cartucce  a  palla,  è 
prova  indubitata  che  inveterato  nei  delitti  ne  avea  preparato  i  mezzi; 

Considerando  d'  altra  parte  che  sebbene  si  fosse  denunziato  che  Francesco 
Troia  avesse  pronunziato  discorsi  atti  a  spargere  malcontento  contro  il  Gover- 
no, e  false  voci  che  il  flagello  del  cholera  non  era  che  l'effetto  dei  veleni,  pure 
ciò  è  rimasto  assai  vagamente  contestato  nella  discussione  pubblica,  né  avva- 
lorato da  detto  di  verun  testimonio,  locchè  valutato  opportunamente  dai  Giu- 
dici non  è  stato  sufficiente  portar  nell'animo  loro  la  piena  convinzione  da  ren- 
derli moralmente  certi  della  sua  colpa; 

Considerando  infine  che  per  l'altro  accusato  Giovanni  Tusa  alias  Nico  anche 
denunziato  di  avere  gridato  alle  armi  senza  mischiarsi  a  sollevati,  tale  accusa 
non  ò  stata  sostenuta  dal  dcnunziante  sotto  la  santità  del  giuramento  avendo 
spiegato  che  dallo  interno  della  sua  stanza  intese  la  voce  alìe  anni  ma  non 
vide  da  chi  pronunziata,  e  che  intese  poi  per  voce  popolare  che  fosro  stata  lo 
indicato  Giovanni  Tusa ,  accusa  rimasta  limitata  ne'  semplici  detti  del  dcnun- 
ziante, ciocché  non  è  stato  bastevole  al  convincimento  della  sua  reità; 

PER  SIFFATTE  CONSIDERAZIONI 

La  Commissione  Militare 

Alla  unanimità  dei  voti  ha  dichiarato  e  dichiara  : 

1.°  Constare  d'essere  i  sopracitati  Giovanni  Bruschetti,  Benedetto  e  Giovanni 
liO  Biundo  fratoUi  colpevoli  dei  premeditati  omicidi  nello  persone  di  D.  Giu- 
seppe e  D.  Francesco  Minncci,  avendoli  pria  massacrati  e  poi  dati  semivivi  alle 
fiamme  sotto  protesto  di  propinatori  di  veleno. 

2."  Non  constare  che  gii  altri  Francesco  Mercadante,  Giovanni  Faraone,  Giu- 
seppe Vecchio  alias  il  Coniglionoso ,  (ìioncchino  Martorana ,  Benedetto  Marto- 
rana  od  Angelo  Albano  sicno  colpevoli  di  eccitamento  alla  guerra  civile ,  ma 
h^tuii  eonatart  di  essere  colpevoli  di  averla  tentato, 


ÀPPÉNblCÉ  XCIX 

S."  Non  constare  abbastanza  che  Francesco  Troia  o  Giovanni  Tusa  sicn  col- 
pevoli dei  rispettivi  reati  di  cui  vennero  accusati. 

Risoluti  in  tal  modo  lo  questioni  di  fatto,  il  signor  Presidente  ha  proposta 
l'altra 

QUESTIONE  DI  DRITTO 

Qual'è  la  pena  applicabile  per  legge  ai  misfatti  di  cui  i  nominati  Giuseppe 
Biuschetti,  Benedetto  Lo  Biuudo,  Giovanni  Lo  Biundo  e  Francesco  Mercadantc, 
Giovanni  Faraone,  Giuseppe  Vecchio,  Gioacchino  Martorana,  Benedetto  Marto- 
rana,  Liborio  Martorana  ed  Angelo  Albano  sono  stati  dichiarati  colpevoli  ? 

RACCOLTI  1  VOTI 

La  Commissione  Militare  : 

Considerando  che  la  pena  dovuta  ai  primi  colpevoli  Giuseppe  Bruschetti, 
Benedetto  e  Giovanni  Lo  Biundo  è  quella  fulminata  dagli  articoli  351  o  352 
delle  Leggi  Penali  cosi  espresse  : 

351.  La  premeditazione  consiste  nel  disegno  formato  prima  dell'azione  contro 
la  persona  di  un  individuo  determinato  o  anche  contro  la  persona  di  un  indi- 
viduo indeterminato,  che  sarà  trovato  o  incontrato,  quando  anche  se  ne  faccia 
dipenderò  la  esecuzione  dal  concorso  di  qualche  circostanza  o  condizione. 

352    Sarà  punito  colla  morte. 

4.°  L'omicidio  premeditato. 

5.**  L'omicidio  in  persona  di  chi  non  è  l'ofiFensoro  dell'omicida,  per  vendicare 
un'offesa  da  altri  ricevuta. 

G."  L'omicidio  che  abbia  per  oggetto  l'impunita  o  la  soppressione  della  pruova 
di  un  reato  o  la  facilitazione  di  un  altro  reato,  benché  l'oggetto  non  se  ne  sia 
ottenuto. 

1°  L'omicidio  per  altrui  manJato  sia  mercenario,  sia  gratuito. 

Considerando  per  gli  altri  colpevoli  Francesco  Mercadante,  Giovanni  Faraone, 
Oiusoppe  Vecchio,  Gioacchino  Martorana,  Liborio  Martorana,  Benedetto  Marto- 
rana ed  Angelo  Albano,  la  pona  da  iufliggorsi  è  quella  contemplata  negli  arti- 
coli 129  0  132  d^llo  stesso  Leggi  Penali  così  concepiti: 

129.  Chiunque  ecciterà  la  guerra  civile  tra  popolazione  e  popolazione  del 
Regno  e  tra  gli  abitanti  di  una  stessa  popolazione ,  armandogli  o  induceudogU 
ad  armarsi  gli  uni  contro  gli  altri  è  punito  colla  morte. 

132.  Ne'  casi  preveduti  nei  tre  precedenti  articoli  il  misfatto  mancato  è  pu- 
nito come  il  consumato:  il  tentativo,  la  cospirazione  o  l'attentato  sono  puniti  col 
secondo  al  terzo  grado  dei  ferri. 

Considerando  che  per  gli  ultimi  due  Benedetto  Martorana  ed  Angelo  Albano 
concorrendo  in  essi  la  età  minoro  di  anni  18  la  pena  lor  dovuta  diminuir 
deve  di  gradi  ai  sensi  dell'art.  66  delle  medesime  leggi; 


APPENDICE 


A  VOTI  UNIFORMI 
Ha  condannato  e  condanna 

Alla  pena  di  morte  : 

1.  Giuseppe  Bruschetti. 

2.  Benedetto  Lo  Biundo. 

3.  Giovanni  Lo  Biundo. 

Al  massimo  del  terzo  grado  de'  farri  per  anni  vcntiq[uattro  : 
4   Francesco  Mercadante. 

5.  Giovanni  Faraone. 

6.  Giuseppe  Vecchio. 

7.  Gioacchino  Martorana. 

Al  massimo  del  secondo  grado  dei  ferri  per  anni  diciotto  : 

8.  Liborio  Martorana. 

Ad  anni  10  di  reclusione  : 

9.  Benedetto  Martorana. 

10.  Angelo  Albano. 

E  dopo  espiata  la  pona  alla  malleveria  por  anni  tre  con  sicurtà  di  due.  300 
e  tutti  solidarjaraente  alle  spe.se  del  presente  giudizio,  liquidate  nella  somma  di 
due.  ...  e  da  liquidarsi  a  favor  della  Reale  Tesoreria,  a'  sensi  dell'  arti- 
colo 34  LL.  PP.  e  296  del  Codice  di  rito. 

ORDINA 

1.  Che  la  condanna  di  morte  pronunziata  contro  Giuseppe  Bruschetti,  Bene- 
detto e  Giovanni  fratelli  Lo  Biundo  debba  eseguirsi  colla  fucilazione  fra  il  ter- 
mine improrogabile  di  tre  ore. 

2.  Che  Francesco  Troia  sia  ritenuto  sotto  lo  stesso  modo  di  custodia  e  Gio- 
vanni Tusa  alias  Nico  sia  messo  in  liberta  provvisionale  e  si  proceda  ad  una 
più  ampia  istruzione  ai  leriniui  dell'articolo  273  dello  Statuto  Penalo  Militare, 
la  quale  dovri»  versare  por  quanto  è  possibile 

1.  Ad  ottenersi  altra  pruova  in  ispecio  che  convalidi  i  discorsi  criminosi  te- 
nuti da  Francesco  Troia  a  D.  Gaetano  Giunta  ,  cercando  di  ripeter  da  questi 
una  più  chiara  doflnizione  delle  parole  pronunziato. 

2.  Per  Tusa  a  procurare  di  liquidare  le  persone  che  intesero  gridare  alle 
armi  nello  oro  vespertino  del  10  dell'antiscorso  mese  di  luglio  e  che  poi  il  ri- 
ferirono al  dcnunziantc. 

8.  Ed  infino  a  cercare  ogni  mezzo  che  stimerìv  utile  allo  sviluppo  della  ve- 
rità a  norma  delllarticolo  297  o  seguenti  dello  statuto. 

4.  Ed  in  ultimo  che  della  presente  sentenza  no  siono  impressi  200  esemplari 
per  lo  •tanipo  da  pubblicarsi  o  diramarsi  allo  autorità  competenti. 


APPENDICE  01 

Il  tutto  a  cura  e  diligenza  del  signor  Capitano  Relatore  P.  M. 
Fatta,  letta  e  pubblicata  oggi  in  continuazione  del  dibattimento  nel  forte  di 
Castellammare  li  2  settembre  1837  allo  ore  tre  pomeridiane. 

Cav.  Ludovico  Matina  Colonnello  Presidente. 
Cav.  Giuseppe  Ferrara  Capitano  Giudice. 
Cav.  Giobbe  Romanzi  Capitano  Giudice. 
Cav.  Francesco  Vallese  Capitano  Giudice. 
Antonio  Albertis  P  Tenente  Giudice. 
Giovanni  Forte  1°  Tenente  Giudice. 
Gaetano  Bellini  Capitano  Relatore  P.  Ministero. 

Barone  Giovanni  Ondes  Procuratore  Generale  del  Re  Sostituto  presso  la  Gran 
Corte  Civile,  uomo  di  legge. 

2"  Sergente  Francesco  D'Avella  Cancelliere. 

Per  copia  couforme 
Il  Cancelliere 
Fbancesco  D'Avklla,  sergente. 
Visto 
Il  Capitano  Relatore  P.  M. 

Gaetano  Bellini. 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LXVII. 

Sentenza  della  Commissione  Militare  permanente 
DELLA  Valle  di  Palermo. 

Ferdinando  li  per  la  grazia  di  Dio,  R^  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 

Gerusalemme  ec,  Duca  di  Parma ,   Piacenza ,    Castro  ec.  ec. ,  Gran 
Principe  Ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

La  Commiìsiono  Militare  permanente  della  Valle  di  Palermo,  creata  con  ispe- 
cial  ordinanza  dell'll  luglio  da  S.  E.  il  Principe  di  Campofranco,  Luogotenente 
Generale  in  questa  parte  de'  Reali  domini,  composta  dai  signori: 

Presidente:  Colonnello  Cav.  D.  Ludovico  Matina  di  Artiglieria. 

Giudici:  Capitano  Cav.  D.  Giobbe  Romanzi  del  1''  di  Linea  Re.— Capitano 
Cav.  D,  Erancccco  Vallejo  del  2°  di  Linea  Regina.— Capitano  D.  Gennaro  De 
Castro  del  2"  di  Linea  Regina.— 1°  Tenente  D.  Antonio  Albertis  del  1°  Grana- 
tiere della  Guardia.— 2"  Tenente  D.  Emmanuele  Meleti  del  2"  di  Linea  Regina. 

Relatore:  Capitano  D.  Gaetano  Bellini  de'  Veterani. 

Coll'intervento  del  signor  Consigliere  Procuratore  Generale  del  Re  presso  la 
Gran  Corte  Civile  di  Palermo  D.  Paolino  Nicastro,  qual  uomo  di  legge. 


On  A1>PEND1CB 


Assistita  dal  2°  Sergente  Francesco  D'Avella  del  1°  di  Linea  Re,  Cancelliere. 
Riunita  nell'Aula  Criminale  della  Gran  Corte  per  espressa   disposiziono  del 
Governo  per  giudicare. 

1.  Giuseppe  Cottone  figlio  del  fu  Andrea,  di  anni  48 ,  nato  e  domiciliato  a 
Villa  Abate,  beccaio. 

2.  Gaetano  Scaduto  di  Giovanni,  di  anni  24,  nato  e  domiciliato  in  Villa  A- 
bate,  carrettiere. 

3.  Michele  Alajmo  alias  TaUarUo  di  Giacomo,  di  anni  25,  nato  e  domiciliato 
a  Villa  Abate,  tamburinaro. 

4.  Antonino  Lazzaro  del  fu  Pietro,  di  anni  25,  da  Villa  Abate,  domiciliato 
a'  Ficarazzi,  bocciere. 

5.  Stefano  Miano  alias  Chiuvillo  del  fu  Giuseppe,  di  anni  25,  nato  o  domi- 
ciliato in  Abate,  macellaio. 

6.  Isidoro  Cavarretta  del  fu  Giuseppe,  di  anni  32,  nato  e  domiciliato  in  A- 
bate,  bracciale. 

7.  Vincenzo  Lamio  di  Bartolomeo,  di  anni  28,  nato  e  domiciliato  in  Abate 
fornaro. 

8.  Salvatore  Russo  del  fu  Pietro,  di  anni  26,  da  Villa  Abate,  quivi  domici 
liato,  borgeso. 

9.  Girolamo  Alajmo  del  fu  Pietro,  di  anni  26,  nato  o  domiciliato  in  Abate 
bracciale. 

10.  Giuseppe  Morici  di  Vincenzo,  di  anni  25,  da  Villa  Abate,  ivi  domiciliato 
borgese, 

11.  Benedetto  d'Amico  di  Domenico,  di  anni  28,  nato  e  domiciliato  in  A 
bate,  villico. 

12.  Gaetano  Spina  di  Francesco,  di  anni  21,  nativo  delle  campagne  di  Pa- 
lermo, domiciliato  presso  Abate,  bracciale. 

13.  Emanuele  Figlia  di  Giovanni,  di  anni  17,  da  Villa  Abate,  ivi  domiciliato, 
carrettiere. 

14.  Antonio  Scibona  detto  di  Caìor/cro,  del  fu  Vincenzo,  di  anni  21,  nato  e 
domiciliato  a'  Ciaculli,  contrada  nelle  campagne  di  Palermo,  bracciale. 

15.  Giacomo  Ferriolo  del  fu  Filippo,  di  anni  21,  da  Palermo,  domiciliato 
alla  polveriera  presso  Villa  Abate,  villico. 

16.  Giuseppe  Pisciotta  del  fu  Francesco  Paolo,  di  anni  40  ,  nato  e  domici- 
liato in  Abate,  carrettiere. 

ACCUSATI 

Di  reali  contro  la  sicurezza  interna  dello  Stalo, 
predati  dagli  articoli  129,  ViO  e  131  Codice  parte  seconda. 

17.  Ignnzio  Visconti  del  fu  Pietro,  di  anni  38,  da  Villa  Abate,  ivi  domici- 
liato, barbiere. 


APPENDICB  CHI 


18.  Isidoro  Pravatà  del  fu  D.  Simone,  di  anni  23,  nato  e  domiciliato  a  Villa 
Abate,  calzolaio. 

19.  Antonino   Costa  del  fu  Nicola,  di  anni  36,  nato  e  domiciliato  in  Villa 
Abate,  bracciale. 

20.  Carmelo  Mansueto  del  fu  Vincenzo ,  di  anni  19 ,  nato  e  domiciliato  in 
Villa  Abate,  bracciale. 

21.  Nicolò  Colajanni  del  fu  Gaetano,  di  anni  29,  nato  e  domiciliato  in  Villa 
Abate,  bracciale, 

22.  Francesco  Nicolino  del  fu  Gaspare,  di  anni  49,  da  Villa  Abate,  ivi  do- 
miciliato, merciere. 

23.  Giovanni  Costantino  del  fu  Vincenzo,  di  anni  23,  da  Palermo,  domici- 
lialo in  Abate,  calzolaio. 

24.  Nicola  Squillaco  detto  Caravello  del  fu  Francesco,  dì  anni  37,  nato  in 
Villa  Abate,  domiciliato  in  Palermo,  sensale  di  paglia. 

23.  Ignazio  Scaduto  del  fu  Gaetano,  di  anni  27,  nato  o  domiciliato  in  Villa 
Abate,  proprietario. 

26.  Domenico  FasccUa  di  Felice,  di  anni  23,  da  Misilmcri ,  ivi  domiciliato, 
campagnuolo. 

27.  Gaetano  Priolo  di  Stefano,  di  anni  20,  nato  in  Misilmcri,  quivi  domici- 
liato, giardiniere. 

28.  Antonino  La  Licata  del  fu  Nicolò,  di  anni  36,  da  Marineo ,  domiciliato 
in  Villa  Abate,  di  condiziono  bottaro. 

29.  Matteo  Pandolfo  del  fu  Nicolò,  di  anni  38,  nato  a'  Colli,  domiciliato  a 
Viltà  Abate,  calzolaio. 

30.  Gaetano    Pitarreso  del  fu  Salvatore ,  di  anni    24 ,  nato  e  domiciliato  a 
Villa  Abate,  di  condiziono  villico. 

31.  Giuseppe  Mansueto  del  fu  Vincenzo,  di  anni  25,  nato  e  domiciliato  nel 
Villaggio  di  Alato,  bracciale. 

32.  Giovanni  Terrana  del  fu  Andrea,  di  anni  44,  da  Palermo,  domiciliato  a 
Villa  Abato,  tomaio. 

33.  Francesco  Marennino  del  fu  Giusto,  di  anni  23,  nato  in  Misilmeri,  do- 
miciliato in  Palermo,  bettoliere. 

34.  Angelo  Terranova  del  fu  Giuseppe,  di  anni  23,  da  Villa  Abate,  ivi  do- 
miciliato, bracciale. 

35.  Pietro  Falletta  del  fu  Francesco,  di  anni  42,  nato  e  domiciliato  in  Villa 
Abate,  villico. 

36.  Paolo  Alajmo  del  fu  Pietro,  di  anni  34,  nato  nel  Villaggio  di  Abate,  ivi 
X        domiciliato,  bracciale. 

37.  Francesco  Caronia  del  fu  Giuseppe,  di  anni  34,  da  Villa  Abate,  ivi  do- 
miciliato, di  condizione  villico. 

38-  Domenico  Alajmo  del  fu  Girolamo ,  di  anni    34 ,  nato  e  domiciliato  in 
Villa  Abate,  bracciale. 


CIV  APPENDICE 


39.  Francesco  Visconti  del  fu  Pietro,  di  anni  50,  nato  nel  villaggio  di  A- 
bate,  domiciliato  quivi,  barbiere. 

40.  Giuseppe  Lomonaco  del  fu  Paolino ,  di  anni  50 ,  nato  e  domiciliato  in 
Abate,  venditore. 

41.  Giuseppe  Tesauro  del  fu  Paolo,  di  anni  22,  da  Villa  Abate,  pastaio. 

42.  Filippo  Di  Pace  del  fu  Vincenzo,  di  anni  50,  nato  e  domiciliato  a  Villa 
Abate,  bcccajo. 

43.  Rosario  Dominici  del  fu  Francesco,  di  anni  40,  da  Palermo,  domiciliato 
in  Villa  Abate,  bottajo. 

44.  Simone  Figlia  del  fu  Gabriele,  di  anni  46 ,  nato  e  domiciliato  in  Villa 
Abate,  bottegaro. 

45.  Salvatore  Zuccardi  del  fu  Natale,  di  anni  35 ,  da  Girgenti ,  domiciliato 
in  Abate,  bracciale. 

46.  Ignazio  Castelli  di  Giuseppe,  di  anni  25,  nato  a  Villa  Abate,  domiciliato 
a'  Ficarazzi,  villico. 

47.  Giovanni  Enea  del  fu  Gaetano,  da  Patermo,  di  anni  40,  domiciliato  in 
Villa  Abate,  bottaro. 

48.  Giuseppe  Prestigiacomo  del  fu  Calogero ,  di  anni  22 ,  nato  iu  Villa  A- 
bate,  ivi  domiciliato,  bracciale. 

49.  Giovanni  Lanno  del  fu  Giuseppe  ,  da  Palermo ,  domiciliato  in  Villa  A- 
bale,  carrettiere. 

50.  Filippo  Alaimo  alias  Ttringrazìo  del  fu  Girolamo,  di  anni  53,  nato  e  do- 
miciliato in  Villa  Abate,  bracciale. 

51.  Andrea  Cottone  di  Giuseppe,  di  anni  25,  da  Villa  Abate,  domiciliato  a' 
Ficarazzi,  beccaio. 

52.  Antonino  Cottone  di  Giuseppe,  di  anni  9,  nato  e  domiciliato  in  Villa  A- 
bate,  beccaio. 

53.  Francesco  Gettono  di  Giuseppe,  di  anni  10,  nato  nel  villaggio  di  Abate, 
ivi  domiciliato,  beccaio. 

54.  Onofrio  Biliosi  del  fu  Simon^^  di  anni  27,  nato  e  domicilialo  a  Villa  A- 
bale,  carrettiere. 

55.  Giuseppe  Russo  alias  Pecorella  del  fu  Giovan  Battista,  di  anni  34,  nato 
e  domiciliato  in  Villa  Abate,  bracciale. 

56.  Alberto  Dominici  del  fu  Francesco,  di  anni  59,  da  Palermo.,  domiciliato 
in  Villa  Abate,  di  condiziono  bottaro. 

57.  Francesco  Cutrona  dui  fu  Bernardo,  di  anni  19,  da  Palermo,  domiciliato 
%  Roccella,  calzolaio. 

53.  Antonino  Scudcri  del  fu  Filippo,  di  anni  45  ,  nato  in  Palermo ,  domici- 
liaU)  alla  Koccella,  ca'znlaio. 

50.  Francesco  Mazzerbo  di  Alessandro,  di  anni  12,  nato  o  domiciliato  a  Villa 
Abaie,  bracciale. 


APPENDICE  CV 


60.  Nicolò  CilluflFo  alias  Paduano  di  Antonino,  di  anni  26,  da  Villa  Abate, 
ivi  domiciliato,  villico. 

61.  Carmelo  Notaro  del  fu  Giuseppe,  di  anni  30,  nato  nel  villaggio  di  A- 
bate,  ivi  domiciliato,  bracciale. 

62.  Francesca  Rilla,  figlia  di  Domenico  Pisciotla  ,  di  anni  25,  da  Villa  A- 
bate,  ivi  domiciliata. 

63.  Filippa  Colajanni,  moglie  di  Nicolò  Colajanni,  figlia  del  fu  Agostino  Coc- 
cbiara,  di  anni  25,  da  Villa  Abate,  ivi  domiciliata. 

64.  Nicoletta  Mansueto  del  fu  Gaetano  Colajanni,  di  anni  44,  nata  e  domi- 
ciliata in  Abate. 

65.  Lucrezia  Sa  varino  del  fu  Angelo,  di  anni  42,  da  Villa  Abate,  ivi  domi- 
ciliata. 

66.  Maria  Antonia  Vitale,  di  Ai.tonino  Guttadauro,  di  anni  29,  da  Villa  A* 
bate,  ivi  domiciliata. 

67.  Maria  Miano  del  fu  Stefano  Cottone,  di  anni  51,  nata  nel  Villaggio  di 
Abate,  ivi  domiciliata. 

68.  Agostino  Perlongo  di  Mariano,  di  anni  46,  nato  e  domiciliato  in  Abate, 
uomo  d'arme  o  guardiano 

PREVENUTI 

Di  complicità  negli  anzidetti  reati  contemplati  dagli  articoli  74,  75,  129,  130 
e  131  Codice  suddetto; 

Inteso  il  Relatore  nel  suo  rapporto; 

Letti  i  documenti  necessari; 

Intesi  in  pubblica  discussione  i  testimoni  tanto  a  carico  clic  a  discarico; 

Udito  il  Capitano  Relatore  nello  sue  orali  coni.lusion',  con  le  quali  confer- 
mando l'accusa  ha  chiesto  dichiararsi 

I. 

1.  Giuseppe  Cottone,  7.  Benedetto  d'Amico, 

2.  Gaetano  Scaduto,  8.  Gaetano  Spina, 

3.  Michele  Alajmo  alias  Tallarita,  9.  Antonino  Scibona    detto  di  Cult- 

4.  Antonino  Lazzaro,  gero, 

5.  Stefano  Miano  alias  Chiuvillo,  10.  Giacomo  Ferriolo, 

6.  Salvatore  Russo,  11.  Giuseppe  Pisciolta, 

colpevoli  de'  reati  contro  la  sicurezza  interna  dello  stato,  previsti  dagli  art.  130, 
131  Codice,  parte  2»,  e  condannati  alla  pena  di  morte  da  eseguirsi  colla  fuci- 
lazione in  Villa  Abate,  ovo  commisero  la  strage. 

Arch.  Slor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  14 


evi 


ArPENDICE 


U. 


Modificando  Vaccusa  per 


1.  Isidoro  Cavarrctta, 

2.  Girolamo  Àlaimo, 


5.  Ignazio  Visconti, 

6.  Antonino  Costa, 

7.  Giovanni  Costantino, 

8.  Ignazio  Scaduto, 

9.  Giuseppe  Mansueto, 


3.  Giiisoppe  Molici, 

4.  Kmanuelc  Figlia, 


Sostenendola  per 


10.  Giuseppe  Tcsauio, 

11.  Filippo  Di  Paco, 

12.  Filippo  Alajmo  alias  Tiringrazio, 

13.  Agostino  Perlongo, 


Ha  chiesto  dichiararsi  colpevoli  di  complicità  negli  anzidetti  reati  e  condan- 
narli ai  sensi  degli  articoli  74,  n.  3  e  4,  75,  31,  34,  leggi  penali,  alla  pena  di 
venticinque  anni  di  ferri,  tranne  l'Emanuele  Figlia,  che  essendo  minorenne,  ha 
chiesto  che  fosse  condannato  alla  pena  del  3"  grado  dei  ferri ,  applicata  nel 
minimo  del  tempo,  da  espiarla  nel  presidio;  e  dopo  espiata  la  pena  alla  malle- 
veria di  anni  3,  con  sicurtà  di  ducati  300,  e  tutti  solidalmente  alle  spese  del 
giudizio  per  l'art.  29G  Codice  di  rito  penale. 

III. 


Ritrattando  quindi  Vaccusa  per 


1. 

2. 

3. 

4. 

5. 

6. 

7. 

8. 

9. 
10. 
11. 
12. 
13. 
14. 
15. 


Vincenzo  Lamio,  IG. 

Isidoro  Pravatà,  17. 

Carmelo  Mansueto,  18. 

Nicolò  Colajanni,  19. 

Francesco  Nicolino,  20. 
Nicola  Squillaco  alias  Caravello,        21. 

Domenico  Fascclla,  22. 

Gaetano  Priolo,  23. 

Antonino  La  Licati,  24. 

Matteo  Pandolfo,  25. 

Gaetano  Pitarrose,  26. 

Giovanni  Tcrratia,  27. 

Francesco  Marcnnino,  28. 

Angelo  Terranova,  29. 

Pietro  FttlIctU,  30. 


Paolo  Alajmo, 
Domenico  Alajmo, 
Francesco  Caronia, 
Francesco  Visconti, 
Giuseppe  Lo  Monaco, 
Rosario  Dominici, 
Simone  Figlia, 
Salvatore  Zuccardi, 
Ignazio  Castelli, 
Giovanni  Enea, 
Giuseppe  rrestigiacomo, 
Giovanni  Lanno, 
Andrea  Coltone, 
Antonino  Cottone, 
Francesco  Cottone, 


APPENDICE  CVll 


31.  Onofrio  IBilIesi,  38,  Carmelo  Notare, 

32.  Giuseppe  Russo  alias  Fecorella,  39.  Francesca  Riilla, 

33.  Alberto  Dominici,  40.  Filippa  Colajanni, 

34.  Francesco  Cutrona,  41.  Nicoletta  Mansueto, 

35.  Antonino  Scuderi,  42.  Lucrezia  Savarinn, 
3G.  Francesco  Mazzerbo,  43.  Maria  Antonia  Vitale, 
37.  Nicolò  Cilluffo  alias  Paduano,  44.  Maria  Miano. 

Ha  chiesto  dichiararsi  constare  non  esser  colpevoli  por  il  24"  Ignazio  Ca- 
stelli 0  28"  Andrei  Cottone,  e  che  siono  rilasciati  in  libertà  por  precetto  dello 
art.  271  dello  Statuto  penale  militare. 

E  per  tutti  gli  altri  non  constare  abbastanza  la  di  loro  colpabilità ,  e  or- 
dinarsi 

1."  Che  il  1*  Vincenzo  Lamio,  3"  Carmelo  Mansueto,  2Ì°  Rosario  Dominici, 
22"  Simone  Figlia  e  23'  Salvatore  Zuccardi  sieno  riteiiuti  in  carcero  per  una 
più  ampia  istruzione. 

2."  Che  il  27"  Giovanni  Lanno,  32°  Giuseppe  Russo,  34"  Francesco  Cutro- 
na, 35"  Antonino  Scuderi  e  36"  Francesco  Mazzerbo  essendo,  imputati  di  reati 
comuni,  sieno  passati  sotto  lo  stesso  modo  di  custodia  a  disposizione  del  potere 
ordinario. 

3."  Che  la  39"  Francesca  Riilla  sia  messa  a  disposiziono  della  Polizia  Ge- 
neralo per  lo  vociferazioni  di  propinaziono  di  veleni. 

4."  In  fine  cho  gli  altri  siono  prùvvisoriamjntc  abilitati  o  mossi  alla  sorve- 
glianza della  Polizia. 

Intesi  i  difensori  degli  accusati  nelle  loro  allegazioni; 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

Ritirata  in  camera  deliberativa 

Inteso  l'uomo  di  logge  nel  suo  avnso,  il  quale  ha  opinato  dichiararsi 

L 

1.  Gaetano  Scaduto,  ò.  Salvatore  Russo, 

2.  Michele  Alajmo,  G.  Benedetto  D'Amico, 

3.  Antonino  Lazzaro,  7.  Gaetano  Spina, 

4.  Stefano  Miano,  8.  Giuseppe  Pisciotta, 

colpevoli  di  reati  contro  la  sicurezza  intorna  dello  stato,  contemplati  dagli  ar- 
ticoli loO  e  lol  Codice,  parte  2*,  e  condannati  alla  pena  di  morte  da  eseguirsi 
con  la  fucilaz'ouo  nel  liorgt»  di  Abate,  ove  commisero  la  strage. 


CVIII  APPENDICE 


II. 

Dichiararsi  constare  essere  colpevoli  di  complicità  non  necessaria  negli  an- 
zidetti reati 

1.  Giuseppe  Cottone.  4.  Antonio  Costa, 

2.  Isidoro  Cavarretta,  5.  Emanuele  Figlia, 

3.  Filippo  Alajmo  alias  Tìringvazìo, 

e  condannarsi  alla  pena  di  ferri,  4°  grado,  per  gli  anzicitati  articoli  130  e  131 
e  74,  n.  '^  e  4  del  Codice  stesso; 

Cioè  : 

Al  massimo  della  pena  per  anni  30  : 
Giuseppe  Cottone. 

Al  minimo  del  grado  per  25  anni  : 

Isidoro  Cavarretta, 

Filippo  Alajmo, 

Antonino  Costa. 

Emanuele  Figlia  per  la  sua  minore  età  ,  al  3"  grado  di  ferri  jìcr  anni  19, 
da  espiarli  nel  presidio  a'  sensi  dell'art.  6G  del  succitato  Codice. 

E  alla  malleveria  per  anni  3,  con  sicurtà  di  ducati  300,  e  tutti  solidalmente 
alle  sjìcse  del  giudicato  a  favore  del  K.  Tesoro. 

III. 

Non  constare  abbastanza  d'essere  colpevoli  della  complicità  di  cui  vennero 
accusati 

1.  Vincenzo  Lamio,  12.  Simone  Figlia, 

2.  Girolamo  Alajmo,  13.  Salvatore  Zuccardi, 

3.  Giuseppe  Morici,  14.  Francesco  Riilla, 

4.  Antonino  Scibona,  L'i.  Ignazio  Scaduto, 

5.  Giacomo  Firriolo,  IG.  Giuseppe  Tcsauro, 

6.  Ignazio  Visconti,  17.  Filippo  Di  Pace, 

7.  Carmelo  Mansueto,  18.  Ago^ino  IVrlongo, 

8.  Giovanni  Costantino,  19.  M.  Antonio  Vitale, 

9.  Rosario  Dominici,  20.  Antonino  Scuderi, 

10.  Isidoro  Pravnth,  21.  Giuseppe  Mansueto; 

11.  Nicolò  Colajanni, 


APPENDICE  CIX 


Con  ordinarsi 

1.  Che  il  1"  Lamio ,  2"  Aìajmo ,  A."  Scibona ,  S"*  Firriolo ,  8°  Costantino  , 
15"  Scaduto,  16°  Tesauro,  17"  Di  Pace,  18"  Perlongo  e  21  Mansueto  sieno  ri- 
tenuti in  carcere  per  una  piìi  ampia  istruzione; 

2.  Che  il  19°  Scuderi  rinviato  sotto  lo  stesso  modo  di  custodia  ai  tribunali 
competenti  pe'  reati  comuni, 

3.  E  yli  altri  abilitati  provvisoriamente  e  messi  alla  vigilanza  della  Polizia. 

IV. 

Constare  non  ossero  colpevoli  de'  reati  loro  accusati  tutti  i  rimanenti,  o  or- 
dinarsi la  Ji  loro  immediata  libertà,  eccetto  Giovanni  Lanno,  Giuseppe  Russo, 
Francesco  Cutrona  e  Francesco  Mazzeri)-)  da  ritenersi  in  carcere  a  disposizione 
dell'autorità  competente  pe'  reati  comuui  di  cui  si  trovano  imputati. 

II  Presidente  ha  messo  alle  voci  le  seguenti 

QUISTIONI  DI  FATTO 

I. 

Consta  che  Giuseppe  Cottone,  Gaetano  Scadute,  Mtthele  Àlajuio  alias  Tal- 
larila,  Antonino  Lazzaro,  Stefano  Miano  alias  Chiuvillo,  Salvatore  Rus.so,  Beno- 
detto  D'Amico,  Gac'ano  Spina,  Antonino  Scibona  detto  di  Cnkgero ,  Giacomo 
Ferriolo  e  Giuseppe  Pisciotta  ,  sieno  colpevoli  di  reati  contro  la  sicurezza  in- 
terna dello  Stato,  contemplati  dagli  articoli  130  e  131  Codice  parte  2*? 

11. 

Consta  che  Isidoro  Cavarretla,  Girolamo  Alajmo,  Giuseppe  Molici,  Emanuele 
Figlia,  Ignazio  Visconti,  Antonino  Costa,  Giovanni  Costantino,  Ignazio  Scaduto, 
Giuseppe  Mansueto,  Cìiuseppe  Tesanro ,  Filippo  Di  Pace,  Filippo  Alajmo  alias 
Tiringrazio  ,  Agostino  Perlongo  ,  Vincenzo  Lamio ,  Isidoro  Pravatà  ,  Carmelo 
Mansueto,  Nicolò  Colajanni,  Francesco  Niellino,  Nicola  Squii lace  alias  Caratello, 
Domenico  Fascclla,  Gaetano  Priolo,  Antonino  La  Licata,  Matteo  Pandolfo,  Gae- 
tano Pitairese,  Giovanni  Tcrrana,  Francesco  Maronnino,  Angelo  Terranova,  Pie- 
tro Palletta,  Paolo  Alajmo,  Domenico  Alaimo,  Francesco  Caronia,  Francesco  Vi- 
sconti, Giuseppe  Lo  Monaco,  Rosario  Dominici,  Simone  Figlia,  Salvatore  Zuc- 
cardi,  Ignazio  Castelli,  Giovanni  Enea,  Giuseppe  Prestigiacomo,  Giovanni  Lan- 
no, Andrea  Cottone,  Antonino  Cottone,  Francesco  Cottone,  Onofrio  Biliosi,  Giu- 
seppe Russo  alias  Pecorella,  Alberto  Dominici,  Francesco  Cutrona,  Antonino 
Scuderi,  Francesco  Mazzcrbo  ,  Nicolò  CillufTo  alias  Paduano  ,  Cannolo  Notaro, 
Francesca  Riilla ,  Filippa  Colajanni ,  Nicoletta  Mansueto,  Lucrezia  Savarino, 
Maria  Antonia  Vitale  ,  Maria  Miano  siano  colpevoli  di  complicità  ne'  sudetti 
reati  ? 


ex  ArrEKDICE 

Considerando  essere  risultato  dalla  pubblica  discussione  i  seguenti 

FATTI 

Allorché  sventura  volle  che  il  pestilenziale  morbo  dallo  Indiano  regioni 
venisse  ad  infrangere  le  nostre  dighe ,  spezzate  le  barriere ,  accanito  portò 
spavento,  desolazione ,  strage  in  questa  amena  Palermo.  Memoranda  sventura 
segnerà  la  storia  sicula ,  degl'  impenetrabili  misteri  del  male  e  degli  effetti 
sfrenati. 

Non  lasc'ò  qui  di  allignare  il  germe  fantastico  ,  che  in  aHre  capitaK  più 
vaste  e  non  men  culto  d'  Europa ,  ha  reca'.o  dauni  maggiori ,  dando  corpo  al- 
l' idea  diffusa  che  ii  flagollo  fosso  effetto  della  umana  perfidia ,  propinando 
velen'. 

Invase  le  monti  degl'ignoranti;  aizzato  il  delirio  da  male  intenzionati,  compre 
pronti  a  trar  profitto  dalle  pubbliche  calamità,  alimentav.ino  la  volgare  creden- 
za, ed  in  vari  punti  dell'Isola,  ove  il  potere  non  giunse  a  contenerli,  ed  ove  più 
l'ignoranza  imperava  le  passioni ,  gli  odi  privati  divamparono  in  sedizioni ,  ed 
al  flagello,  strage  si  aggiunse. 

Le  ree  intenzioni  ad  isfogare  fur  dirette  alle  autorità  ed  alla  classe  de'  gen- 
tiluomini e  possidenti,  e  le  serpeggianti  voci  ed  il  morbo  non  istetter  guari  a 
dilatarsi  nel  ridente  borgo  di  Abate. 

Colà  il  morbo  scoppiò  ne'  primi  dì  dell'ultimo  luglio,  e  fino  al  quinto  giorno 
i  popolani  preci  a  Dio  in  olocausto  offrivano. 

Intanto  i  malvagi  macchinavano,  ed  agi'  idioli ,  allo  femino  insinuavano  il 
sospetto  che  i  commestibili ,  le  frutta  ,  le  droghe  fosser  di  venefiche  sostanze 
asperse.  Sulle  vie  aggruppavansi,  nella  casa  di  Salvatore  Russo  congregavansi, 
e  quivi  meditavano  i  loro  criminosi  progetti. 

V  agitazione  degli  animi  crescendo  coi  giorni,  richiamò  1'  attenzione  dell'  I- 
tpctloie  localo  di  Polizia,  cho  non  sperando  soccorso  dalla  Capitala  in  tale  fran- 
gente, si  deliberò  consultare  il  Parroco  del  Villaggio  sui  mezzi  d'assicurare  l'or- 
dino pubblico. 

Kra  nota  la  massima  influenza  sulla  plebe  di  un  tal  Giovanni  Pitarreso , 
chiamato  volgarmente  Napoleone,  di  condizione  borgeso  e  possidente,  per  man- 
tenere la  pubblica  tranquillitii  si  pensò  aiottorlo  al  comando  della  forza,  cho  a 
sua  proposiziono  fu  scolta  ed  armata. 

Questo  che  «i  credeva  piudonto  consiglio,  ibbo  un  esito  funesto,  porche  egli 
ed  i  uttoi  compagni  furono  gli  autori  do*  disordini  o  della  strage. 

La  popolare  agitazione  si  accresceva  da  un  istante  all'altro,  i!  delirio  era  al  suo 

colmo,  iulchò  folla,  donno,  fanciulli  ed  uomini  armali  corsero  in  cerca  di  coloro 

che  si  credevano  propagatori  did  veleno.  Al  sorger  del  d\  11  il  furor  popolani 

Don  ebbe  piii  freno,  ed  ul  cader  del  giorno  stesso  si  dio'  nuuio  alia  strage. 

J).  Giuseppe  Rodano,  uomo  d'integerrima  giustizia,  giudico  del  regio  del  Cir- 


APPENDICE  CXI 


condaiio  Orto  Botanico,  tornandone  a  Palermo  dal  villaggio  di  Abate,  ove  erasi 
recato,  fu  por  via  assai  to  ed  ucciso. 

Fu  questo  il  sognale  della  strage,  che  poi  in  quella  sera  si  sparse  orrenda- 
mente. 

Pietro  Arcabasso,  speziale  del  villaggio,  assalito  da  Michele  Aìnjmo,  Antonino 
Lazzaro,  Stefano  Mia  no,  Gaetano  Spina  ed  altri,  pugnalato,  inseguito,  cercò 
salvarsi  nella  spcziaria,  uno  stuolo  di  popolo  con  voci  e  con  armi  circondarono 
la  casa. 

Vedendo  sfuggire  la  vittima  ,  prosa  da  furore  la  folla  del  popolo,  circondò 
Ìjl  casa  del  passato  eletto  D.  Antonino  Montaparto,  ed  a  colpi  di  sassi  ne  rup- 
pero i  vetri,  ma  alla  notizia  clic  il  Montapeito  non  ora  in  casa,  si  avviarono  verso 
la  casa  comunale,  ove  crebbe  la  :r.oltitudine. 

Ritornati  alla  speziarla  dello  Arcabasso  per  gioja  gridando:  viva  S.  Rosalia, 
viva  la  miseri  ordia  di  Dio,  taluni  pensarono  scalare  una  bassa  finestra  per  i in- 
tracciarlo. L'accusato  Giuseppe  Visclotta  procurò  una  scala,  vi  montò  il  primo, 
0  fu  da  altri  seguito,  che  discassarono  la  imposta  a  colpi  di  legno. 

L'infelice,  feiito  com'era,  si  fece  alla  finestra  chiedendo  pietà;  ma  n' ebbo 
in  risposta  fucilate,  dalle  quali  colpito  cadde  al  di  dentro.  Più  svolti  rimontan 
tosto  Stffano  Miuno,  Antonino  Lazzuìo,  lo  stesso  Fisciotta  ed  altri,  con  molti 
colpi  trafitto  il  precipitano  dalla  finestra,  o  poiché  tuttavia  semivivo ,  Stefano 
Miano,  inteso  Chiuvillo,  macellajo,  gli  immerse  un  coltello  nella  gola,  o  fu  l'ul- 
timo colpo. 

Furibondi  ritornano  alla  casa  di  D.  Antonino  Montaperto,  ovo  trovarono  at- 
territi i  di  lui  figli  che  chiedevano  pietà ,  Stefano  Miano  consigliava  di  ucci- 
derli, ma  la  pietà  prevalse,  e  furono  salvi. 

Informati,  chi  sa  corno,  che  il  Montaperto  potesse  trovarsi  in  casa  del  Prin- 
cipe di  Baucina,  s'incaminano  a  quella  volta  ,  alcuni  pel  portone ,  altri  scaval- 
cando le  basso  mura  della  Flora  al  dorso  del  palazzo,  s'introducono,  e  nel  cor- 
tile rinvengono  lo  sventurato,  il  circondano;  Gaetano  Scaduto  il  conduce  fuori, 
evviva,  etviva,  eccolo...  eccolo,  giidan  tutti  festosi,  vedendolo,  il  conducono,  gli  do- 
mandan  contezza  de'  veleni,  l'infelice  ripete  la  sua  innocenza,  chiede  a  Giovanni 
Pitarrese  pietà,  protezione  da  Agostino  Alajmo,  fugli  risposto  celle  moschettato, 
0  spinto  a  morte. 

Quella  turba  diretta  dal  Pitarrese  e  dall'altro  FiU])po  Alajmo,  detto  Vaddan- 
nato.  che  investitura  avea  presodi  Generale ,  si  divide  in  drappelli,  alcuni  si  re- 
cano in  casa  di  Antonina  Mazzerbo,  che  credeano  stipendiata  dallo  Eletto  a  pro- 
pagare veleni.  Era  a  lifocillarsi  col  cadente  genitore  di  meschino  alimento , 
quando  dal  buco  della  chiave  si  scaglia  loro  un  colpo  di  schioppo,  che  senza  fe- 
rirli, li  foce  tremare  di  paura.  Abbattono  la  porta.  Ella  nnnicchiat.".  Benedetto 
D'Amico  25  colpi  di  canciarro  le  vibra ,  e  ne  rimane  esangue,  e  sullo  spirante 
corpo  al  suolo  disteso,  altro  ancor  piìi  malvagli)  scaricò  il  fucile. 


CXII  APPENDICE 


Da  più  numerosa ,  non  men  feroce  torma  di  volgo  fu  assalita  la  casia  di 
D.  Salvatore  Filippone,  furiosamente  rompendo  ogni  cosa  che  trovavano.  Quel 
misero  giovane  fu  trovato  in  remota  stanza  genuflesso,  chiedendo  la  vita ,  ma 
ca-ide  vittima  del  loro  cieco  furore. 

Altra  banda  di  popolo  tumultuava  nella  casa  dell'  Ispettore  Diez,  e  barbara- 
mente l'uccideva,  e  dopo  lui,  fatto  strazio  della  uccisa  Anna  Giardina,  sua  con- 
giunta, a  cui  taglian  le  poppe,  di  che  fama  corse  in  quella  notte  di  orrore,  co- 
me rilavasi  da  un  discorso  tenuto  dal  noto  duce  Pitarrese  ad  altro  suo  com- 
pagno, e  rivelato  da  qualche  testimonio. 

Francesco  D'Angelo  Capo-Ronda  fu  l'ottavo  vittima  immolata  da  altra  banda 
sott'altro  duce;  ed  eccone  il  barbaro  modo.  Entrano  nella  di  lui  casa,  fra'  primi 
Agostino  Alajmo,  ^giio  del  famigerato  Filippo  detto  il  Generale,  Saltatore  lùtsso, 
Napoleone  Pitarrese  ed  altri  dalla  superstite  consorte  chiaramente  riconosciuti, 
chiedendogli  contezza  de'  veleni,  a  vicenda  lo  percuotono  con  ferri  ,  e  ci'eden- 
dolo  morto  lo  lasciano  a  terra  tramortito.  Allora  la  moglie  lo  soccorre,  lo  con- 
forta, ma  ritornati  i  manigoldi,  Stefano  Miano,  ch'era  tra  essi,  lo  trascina  pe'  piedi, 
e  sul  carro  cogli  altri  martiri  lo  gittano  ed  esalò  cosi  gli  ultimi  respiri  più  cru- 
delmente degli  altri. 

Filippo  Caravelle  ebbe  la  stessa  infelice  sorte,  e  fu  trovato  il  suo  cadavere 
presso  le  mura  del  giardino  del  detto  Filippone,  in  preda  do'  cani  ,  ignoran- 
dosi gli  autori  della  sua  morte. 

Non  .satolli  di  sangue,  ma  stanchi,  alle  nove  vittime  accennate  si  arresta- 
rono per  quella  notte  tremenda  ,  rimettendo  alla  vegnente  la  continuazione 
della  strage,  per  estinguere  la  classe,  così  detta  dei  Cappedduzzi,  nome  dato 
alle  civili  persone  credute  propagatrici  dei  veleni,  poiché  le  autorità  erano 
state  uccise. 

Guidate  sempre  le  turbe  da'  duci,  Cicvanni  Pitarrese  il  Napoleone  e  Fi- 
lippo Alajino  il  Generale,  essendo  sfuggito  alln  ricerche  loro  D.  Pietro  Billit- 
iieri,  a  cui  non  men  trista  sorte  era  preparata,  si  rivolsero  a  rintracciare  dello 
armi,  ed  a  rifocillarsi. 

Si  diressero  al  Casino  del  possidente  Filippo  Lojacono  sulla  strada  censo- 
solare  che  traversa  il  villaggio,  e  di  ordine  del  Generale  fu  loro  somminiatrato 
pane,  formaggio  e  vino. 

Poi  ebri  e  festanti,  il  GeneraU  fatto  montare  un  carro,  ritornarono  ai  luo- 
ghi dove  giacevano  i  cadaveri  dogli  estinti,  e  presili  sul, carro,  li  portarono  in 
campagna,  gettandoli  iu  un  diseccato  pozzo. 

Di  poi  ritornati  al  villaggio,  riuniti  nella  piazza,  raccontavansi  lo  bravure, 
il  dimostrato  valore,  od  in  pompa  maggioro  la  ferocia  loro. 

Al  far  del  giorno  12  a  rintracciar  si  accingono  lo  sostanze  velenose,  o  riu- 
nito dolio  zucchero,  do'  farmaci,  pasta  dì  mandorle,  nitro  e  coso  simili  nelle  abita- 
Uzioni  degli  estinti  ,    e  farmacia  .\rcabas8o,    giii  posta  a  sacco  od  infranto  lo 


APPENDICE  CXIII 


8lovif/lie  e  i  cristalli,  por  le  strade  proclamavano  con  gioja  avere  rintracciato 
i  veleni,  ed  averne  tolto  lo  radici,  alludendo  alla  strage  seguita,  e  che  ognun 
potesse  mangiar  ogni  cibo  con  sicurezza.  Con  fina  malizia  questi  materiali 
rinchiusi  in  una  cassetta  deposero  nella  cappella  nel  centro  della  piazziU 

Lo  intraprendente  Generale  Alatnio  pensò  spedire  nella  notte  cinque  officj 
a'  suoi  amici  dei  vicini  comuni  di  Bagheria  ,  Misilmeri,  Marinoo,  Parco  o 
Mezzagno  per  pubblicare  le  vittorie  di  Abbate,  loro  dicendo  di  aver  trovati  i 
veleni,  uccisi  i  propagatori,  si  tenessero  in  guardia,  o  spedissero  gente  in  loro 
aiuto  :  ciò  che  l'indomani  fu  da  lui  detto  a  D.  Filippo  Lojacono  e  D.  Giuseppe 
D'Alessandro,  che  lo  hanno  rivelato  alla  giustizia,  senza  potersi  sapere  i  nomi 
di  coloro  cui  fur  dirette  le  lettere. 

Quei  condottieri  Pitarrese  ed  Alaimo,  disposero  delle  incursioni  nelle  cam- 
pagne a  cercare  armi  e  munizioni. 

Ne  tolsero  infatti  a  un  Veterano,  che  era  alla  custodia  della  battei ia  della 
Acqua  de'  Corsari,  il  quale  riconobbe  fra  gli  assalitori  Giovanni  Costantino,  e 
ne  tolsero  in  altri  luoghi. 

Altre  perquisizioni  negli  adjacenti  casini  praticarono  in  suddivise  guer- 
riglie ,  quindi  faticati  e  lassi,  in  drappelli  ripiegarono  sul  quartiere  generale 
di  Abbate. 

Intanto  la  nuova  si  diffonde  in  Palermo  di  tanto  avvenimento  ,  ed  il  13  i 
Capi  del  Governo  Civile  e  Militare  senza  indugio  spedirono  forra  militare ,  lo 
apparir  della  quale  bastò  a  sparpagliare  i  ribaldi,  e  si  diedero  a  precipitosa 
fuga  pelle  colline. 

La  forza  osservò  la  notte  le  mosse  de'  sediziosi,  e  al  di  seguente  accampò 
in  Abbate. 

Il  Comandante  Militare  rianimò  la  fiducia  degli  spaventati  pacifici  abitanti, 
e  li  animò  a  rientrare  nei  proprii  focolari. 

Per  le  notizie  avute  da  qualcuno  ch'ebbe  parte  ai  disordini  processe  allo 
arresto  di  quattro  accusati,  che  nelle  forze  spontaneamente  denunziarono  molti 
paiticolari,  e  varii  attorci  della  strage. 

Pervenute  quindi  dagli  offesi  altre  denunzie,  si  dispose  il  procedimento,  e 
successivamente  mano  mano  vennero  assicurati  alla  giustizia  tutti  gli  accusati 
di  cui  forma  oggetto  il  presente  giudizio, 

I  capi  della  sedizione  e  della  strage  sono  profunghi  tuttora,  pei  quali  a 
proposizione  del  Relatore  P.  M.  e  del  Direttore  di  Polizia,  il  Governo  ha  pro- 
messo di  premj  per  assicurarli  alla  giustizia. 

Per  lo  esterminio  avvenuto  delle  autorità  locali,  non  fu  possibile  assica- 
rare  il  corpo  del  delitto  ,  e  a  stabilire  la  legale  generica  delle  vittime  im- 
molate. 

Vi  fu  però  supplito  al  miglior  modo  possibile  in  momenti  veramente  tristi, 
in  cui  il  morbo  funesto  desolava  Palermo. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  15 


CXIV 


APPENDICE 


LA  COMMISSIONE  MILITARE 
Ritenuti  i  fatti  di  sopra  consacrati,  ha  dichiarato  e  dichiara  : 

1.  Constare  che  i  nominati  Gaetano  Scaduto,  Michele  Alajmo,  Antonino  Laz- 
zaro, Stefano  Miano ,  Salvatore  Russo ,  Benedetto  D'  Amico ,  Gaetano  Spina  o 
Giuseppe  Pisciotta  sieno  colpevoli  di  aver  portata  la  strage  contro  una  classe 
di  persone  e  di  aver  preso  parte  attiva  negli  omicidi. 

2.  Non  constare  abbastanza  che  i  nominati  Giuseppe  Cottone  e  Giacomo  Fir- 
riolo  sieno  rei  principali. 

Consta  bensì  esser  colpevoli  di  complicità  non  necessaria  negli  anzidetti 
reati. 

3.  2fon  constare  abbastanza  che  Antonino  Scibona  sia  colpevole  nò  nella 
qnalità  di  reo  principale,  ne  di  correo.    • 

Alla  stessa  unanimità 

Ha  dichiarato  e  dichiara  constare  essere  colpevoli  di  complicità  non  neces- 
saria i  precitati  Isidoro  Cavarretta,  Emanuele  Figlia,  Antonino  Costa,  Giovanni 
Costantino  e  Filippo  Alajmo. 

In  riguardo  poi  a 


1.  Francesco  Nicolino, 

2.  Nicolò  Squillacc, 

3.  Domenico  Fascella, 

4.  Gaetano  Priolo, 

5.  Antonino  La  Licata, 

6.  Matteo  Pandolfo, 

7.  Gaetano  Pitarrese, 

8.  Giovanni  Terrana, 

9.  Francesco  Marennino, 

10.  Angelo  Terranova, 

11.  Pietro  Palletta, 

12.  Paolo  Alajmo, 

13.  Domenico  Alajmo, 

14.  Francesco  Caronia, 

15.  Francesco  Visconti, 

16.  Giuseppe  Lo  Monaco, 

17.  Ignazio  Castelli, 


18.  Giovanni  Enea, 

19.  Giuseppe  Prestigiacomo, 

20.  Giovanni  Lanno, 

21.  Andrea  Cottone, 

22.  Antonino  Cottone, 

23.  Francesco  Cottone, 

24.  Onofrio  Biliosi, 

25.  Giuseppe  Russo  alias  Pecorella, 

26.  Alberto  Dominici, 

27.  Francesco  Cutrona, 

28.  Francesco  Mazzerbo, 

29.  Nicolò  Cilluffo  alias  Paduano, 

30.  Carmelo  Notare, 

31.  Filippa  Colajanni, 

32.  Nicoletta  Mansueto, 

33.  Lucrezia  Savarino, 

34.  Maria  Miano, 


Attesoché  i  pochi  elementi  di  pruova  che  il  processo  scritto  presentava  con- 
tro taluni,  sono  stati  pienamente  dileguati  dal  dibattimento:  che  taluni  nitri  ven- 
nero  arretUU  per  vaghi  indizi  e  per  semplici   sospetti ,  anche  senza  ordine  o 


APPENDICE  OXV 


mandato;  od  altri  in  fine  por  errore  di  connotati,  è  quindi  chiara  la  di  loro  in- 
nocenza; 

AlV  unanimità 

Ha  dichiarato  e  dichiara  : 

Constare  non  esser  colpevoli,  ed  ha  ordinato  cho  il  20°  Giovanni  Lanno,  il 
25°  Giuseppe  Russo,  il  27°  Francesco  Cutrona  e  il  28°  Francesco  Mazzerbo,  es- 
sendo imputati  di  reati  comuni^  come  emerge  dallo  tavole  processuali,  sieno  ri- 
tenuti in  carcere,  e  passati  a  disposizione  della  competente  autorità. 

E  tutti  gli  altri  essendo  assoluti,  sieno  imraantineuti  liberati. 

Per 

1.  Vincenzo  Lamio,  10.  Isidoro  Travata, 

2.  Girolamo  Alajmo,  11.  Carmelo  Mansueto, 

3.  Giuseppe  Morici,  12.  Nicolò  Colajanni, 

4.  Ignazio  Visconti,  13.  Rosario  Dominici, 

5.  Ignazio  Scaduto,  14.  Simone  Figlia, 

6.  Giuseppe  Mansueto,  15.  Salvatore  Zuccardi, 

7.  Giuseppe  Tesa  uro,  16.  Antonino  Scuderi, 

8.  Filippo  Di  Pace,  17.  Francesca  Riilla, 

9.  Agostino  Perlongo,  18.  Maria  Antonia  Vitale, 

Considerando  che,  sebbene  esistano  contro  di  loro  delle  presunzioni  di  reità 
nascenti  dal  complesso  dell'istruttoria  o  dal  dibattimento,  tuttavia  valutate  e  a- 
nalizzate  opportunamente  da'  Giudici,  non  sono  state  valevoli  a  portare  nell'a- 
nimo loro  quella  pienezza  di  convinzione  da  rendergli  moralmente  certi  e  sicuri 
della  loro  colpa; 

Alla  stessa  unanimità 

Ha  dichiarato  o  dichiara  : 

Non  consta  abbastanza  che  i  suddenotati  sieno  colpevoli  della  complicità  di 
cui  vennero  accusati. 

Ha  ordinato  ed  ordina. 

1.  Cho  il  1°  Lamio,  2°  Alajmo,  5°  Scaduto ,  6°  Mansueto  Giuseppe,  7°  Te- 
sauro,  8°  Di  Pace,  9'^  Perlongo,  come  si  è  disposto  per  Antonino  Scibona  ,  ri- 
mangano in  carcere  per  procedersi  nel  termine  piìi  breve  alia  piìi  ampia  istru- 
zione. 

2.  Cho  il  16°  Antonino  Scuderi,  risnltunào  dagli  atti  imputato  di  altri  reati, 
della  cognizione  di  tutt'altro  giudice,  sotto  lo  stesso  modo  di  custodia,  sia  messo 
a  disposiziono  del  potere  ordinario. 

3.  Che  gli  altri  poi  Morici,  Visconti,  Provata,  Mansueto  Carmelo,  Colajanni, 


CXVI  APPENDICE 


Dominici,  Figlia,  Zuccardi,  Riìlla  e  Vitale  siono  rilasciati  in  libertà  provvisio- 
nale, ma  sotto  la  vigilanza  della  Polizia,  tranne  Riìlla  e   Vitale. 

QUESTIONI  DI  DRITTO 

I. 

Qual'è  la  pena  applicabile  per  legge  al  misfatto  di  cui  i  nominati  Gaetano 
Scaduto,  Michele  Alajmo ,  Antonino  Lazzaro,  Stefano  Miaiw,  Salvatore  Busso, 
Benedetto  D'Amico,  Gaetano  Spina,  Giuseppe  Pisciotta  sono  stati  dichiarati  col- 
pevoli ? 

Raccolti  i  voti 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

Considerando  che  la  pena  dovuta  ai  suddetti  colpevoli  ò  quella  fulminata 
dagli  articoli  130  e  131  del  Codice,  parto  2»,  così  concepiti  : 

Art.  130.  Chiunque  porti  la  devastazione  ,  la  strage  o  il  saccheggio  in  i  no 
0  più  Comuni,  o  contro  una  classe  di  persone ,  è  punito  colla  morte  o  col  se- 
condo grado  di  pubblico  esempio. 

Art.  131.  Chiunque  nel  caso  de'  due  precedenti  articoli  prenda  parte  attiva 
negli  omicidi,  nelle  devastazioni  o  nei  saccheggi,  è  punito  colla  morte. 

Alla  unanimità 

Ha  condannato  e  condanna  Gaetano  Scaduto,  Michele  Alajmo,  Antonino  Laz- 
zaro, Stefano  Miano ,  Salvatore  Russo ,  Benedetto  D'  Amico ,  Gaetano  Sjyina  e 
Giuseppe  Pisciotta  alla  peno  di  morta. 

IL 

Quarè  poi  la  pena  da  infliggersi  a  Giuseppe  Cottone,  Giacomo  Firn'olo,  Isi- 
doro Cavarret'a,  Emmanuele  Fiylia,  Antonino  Costa,  Giovanni  Costantino  e  Fi- 
lippo Alajmo  pel  misfatto  di  cui  sono  stati  dichiarati  colpevoli  ? 

Raccolti  i  voti 

Visti  gli  articoli  sopracitati,  e  74  u.  3  e  4,  75,  G6,  34,  31  del  Codice  penale 
e  29G  del  rito  penale; 

LA  COMMISSIONE  MILITARE 

Ha  condannato  o  condanna  : 

Giuseppe  Cottone  alla  pena  di  anni  trenta  di  ferri. 

Alla  pena  di  anni  voDticinqiio  di  fiMri  : 
Giacomo  Firriolo, 
Isidoro  Cavarrettai 


APPENDICE  CXVn 


Antonino  Costa, 

Giovanni  Costantino, 

Filippo  Alajmo, 

Emraanuele  Figlia  minore  ad  anni  19  di  ferri,  da  espiarli  nel  presidio. 

Tutti  i  predetti  condannati  a  pone  temporanee  ,  dopo  espiata  la  pena  ,  alla 
malleveria  di  anni  tre  con  sicurtà  di  ducati  300. 

E  tutti  solidalmente  alle  spese  del  giudizio  da  liquidarsi  a  favore  della  Real 
Tesoreria. 

ORDINA  FINALMENTE 

Che  la  condanna  di  morte  pronunziata  contro  Gaetano  Scaduto,  Michele  A- 
lajmo,  Antonino  Lazzaro,  Stefano  Miano,  Salvatore  liusso.  Benedetto  D'Amico, 
Gaetano  Spina  e  Giuseppe  Pisciotta  si  esegua  tra  il  termine  improrogabile  di 
ore  ventiquattro  nel  Villaggio  di  Abate,  ove  commisero  li  misfatti;  e  che  della 
presento  no  siano  impresse  300  copie  per  le  stampe  por  la  dovuta  pubblicazione. 
Il  tutto  a  cura  e  diligenza  del  signor  Capitano  Relatore  P.  M, 
Fatto,  giudicato  e  pubblicato  oggi  li  20  ottobre  1837,  allo  ore  undici  pomeri* 
diane  in  continuazione  della  pubblica  dÌ3CU.osioae. 

Firmati  : 

Ludovico  Matina  Colonnello  Presidente. 
Giobbe  Romanzi  Capitano  Giudice. 
Francesco  Vallejo  Capitano  Giudice. 
Gennaro  De  Castro  Capitano  Giudice. 
Antonio  Albcrtis  P  Teneote  Giudice. 
Emmanuelo  Meleti  2°  Tenente  Giudice. 

Paolino  Nicastri  Consigliere  Procuratore  Generale  del  Re  della  Gran  Corte 
Civile,  uomo  di  legge. 

Gaetano  Bellini  Capitano  Relatore  P.  Ministero. 
Francesco  D'Avella  2"  Sergente,  Cancelliere. 

Per  copia  conforme 
Il  Cancelliere 
Francesco  D'  Avella,  2"  sorgente. 
Visto 
Il  Capitano  Relatore  F.  M. 
Gaetano  Bellini. 

Eseguita  in  Abate  il  21  ottobre  1837  alle  ore  11  a.m. 

Francesco  D'Avella,  2"  Sergente — Cancelliere. 
(Archivio  citato). 


CXVIlI  APPENDICE 


DOCUMENTO  N.  LXVIII. 

Sentenze  della  Commissione  Militare  di  Bagheria 
I. 

Ferdinando  II  per  la  grazia  di  Dio,  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec.,  Duca  di  Panna ,  Piacenza ,  Castro  ce.  ec. ,  Gran 
Principe  Ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

Il  Consiglio  di  Guerra  di  Corpo  del  9°  di  Linea,  Puglia,  elevato  in  modo  su- 
bitaneo in  virtù  di  Ministei-iale  del  18  decorso  mese,  comunicata  al  signor  Co- 
lonnello Cav.  D.  Andrea  Maringli  per  mezzo  del  signor  Generale  Comandante 
la  Colonna  Mobile,  Cav.  D.  Roberto  De  Sauget,  che  autorizza  a  giudicare  i  capi 
principali  e  gl'istigatori  degli  avvenimenti  seguiti  in  questa  Comune  di  Baghe- 
ria li  12  suddetto  mese,  composto  dei  signori  : 

Presidente:  D.  Gaetano  Franchini  Maggiore. 

Giudici:  D.  Giovanni  Battista  Cardini  Capitano. — D.  Nicpla  Hayer  Capitano. 
—  Cav.  D.  Pietro  Virgilio  Capitano.  —  D.  Giovan  Battista  Mori  1"  Tenente. — 
D.  Domenico  Zecca  1°  Tenente. —  D.  Luigi  Tipaldi  2"  Tenente.  —  D.  Giovanni 
Cortada  2°  Tenente, 

D.  Demetrio  Andruzzi  Alfiere,  Commissario  del  R.  Tesoro, 

Cancelliere:  Ladislao  Luisi  2°  Sergente, 

Si  è  riunito  nel  locale  di  questo  Regio  Giudicato  Circondariale  por  giudi- 
care gl'imputati  Giuseppe  La  Corte,  Ciro  Spanò,  Antonino  Palladino,  Leonardo 
Maggiore,  Pietro  Tripoli,  Gioacchino  Morreale,  Girolamo  Cangelosi  e  Salvatore 
Scisi,  accusati  di  aver  portata  la  devastazione,  la  strage,  il  saccheggio  in  questa 
Comune  e  di  aver  presa  parte  attiva  negli  omicidi ,  devastazioni  e  saccheggi 
anzidetti. 

Inteso  il  rapporto  del  Commissario  del  R.  Tesoro  dell'informazione  presa  a 
carico  dei  detti  accusati, 

Veduti  gli  estratti  di  morte  sul  conto  di  Giorgio  e  Luigi  Caltagirone  ,  An- 
tonio Lo  Gallo,  Cosimo  Incalsela,  Bartolomeo  La  Corte,  Carmelo  Ficano  d*  0- 
nofrio,  Antonio  Lo  Modico,  Leonardo  Montano,  inteso  Fontana,  rei  liquidati  in 
processo  dei  misfatti  summentovati. 

Attesoché  i  medesimi  sono  morti  di  cholcra  durante  la  rapida  istruzione 
compilata  dal  Giudico  Regio  Supplente  di  questo  Circondario  a  richiesta  del  Ge- 
nerale D.  liobcrto  Do  Sauget,  Comandante  summontovato, 

Il  Consiglio  dichiara  proliminarmonto  di  non  trovar  luogo  a  deliberare  su 
di  loro  conto. 

Inteso  quindi  il  modosimo  Comniiusariu  del  li.  Tesoro  nello  orali  conclusioni 
contro  i  roi  prosenti  in  giudizio,  non  che  gli  accusati  ed  i  loro  difensori; 


APPENDICE  CXIX 


Il  Presidente,  dietro  il  riassunto  della  causa,  La  proposto  distintamente  la 
quistiono  di  reitii  contro  ciascuno  degli  accusati. 

IL  CONSIGLIO  DI  GUERRA 

Considerando  essere  risultati  dalla  pubblica  discussione  i  seguenti  fatti: 

1.  Che  sviluppatosi  in  Palermo  il  morbo  asiatico,  il  quale  da  lungo  tempo 
desolato  avoa  gran  parte  dulia  bolla  Italia,  non  tardò  il  malo  d*invad<^.re  la  flo- 
rida Comune  di  Bagberia  con  casi  ancor  crescenti.  Si  sparsero  ivi  quindi,  comò 
altrove,  lo  false  o  ridicolo  dicerio  di  propinazione  di  veleno  da  parte  dei  gentiluo- 
mini, apecialmeute  contro  il  popolo,  e  la  tremenda  verità  di  tanti  morti  di  ogni 
classe  ebbe  forza  a  distruggere  idee  tanto  basso,  aliznentato  da  pochissimi  mali 
intenzionati.  Corse  in  seguito  voce  che  ordinavausi  trame  da  persone  di  plebe 
per  assassinare  i  detti  galantuomini.  Difatti  nel  dopopranzo  del  12  del  sudetto 
mese  una  banda  di  mali  intenzionati  si  riunì  nel  vigneto  di  Furnari ,  avendo 
per  mezzo  di  alcuni  di  loro  compagni  indotto  artifiziosamente  il  popolo  ad  u- 
scire  le  immagini  dei  Santi  in  processione  per  la  comune,  e  con  suono  di  cam- 
pane a  stormo,  acciocché  vi  fosse  gran  concorso  od  attirar  facilmente  gran  nu- 
mero di  compagni,  che  secondati  li  avessero  nel  di  loro  abominevole  disegno. 
Entrata  poscia  quella  calca  di  gente,  die'  principio  agli  assassini  con  trucidare 
il  chirurgo  D.  Carlo  Scavotto  e  i  di  lui  fratelli  D.  Francesco  e  D.  Vincenzo 
ed  Onofrio  Ventimiglia  che  li  accompagnava  nell'atto  che  si  allontanavano  per 
giusto  concepito  timore.  Indi  con  altri  due  omicidi  commessi  nelle  persone  di 
Cosmo  Gattuso  e  Salvatore  Madonia  sparsero  un  generalo  allarme. 

Il  disordine ,  la  confusione  e  lo  spavento  ben  tosto  subentrarono  nel  po- 
polo, che  abbandonate  le  sacre  immagini  andò  a  chiudersi  nella  rispettivo  case. 
Fatto  già  notte  assalirono  i  malfattori  la  caserma  doUa  Gendarmeria  Reale, 
che  disarmarono,  sforzarono  le  prigioni  e  liberarono  i  detenuti,  atterrarono  porte, 
danneggiarono  farmacie,  ruppero  lastre  di  molte  case  a  colpi  d'  arma  a  fuoco, 
frugarono  mercerie  per  trovarne  polvere  e  palle,  disarmarono  fin  nelle  di  loro 
caso  varie  persone,  ricercarono  gentiluomini  per  ucciderli  e  dati  finalmente  alle 
fiamme  gli  atti  degli  archivi  dei  notari  D.  Andrea  Castronovo  e  D.  Giuseppe 
Mancuso,  verso  le  ore  sei  so  ne  fuggirono  insultando  gli  abitanti  di  codardi  e 
vili  per  non  avelli  voluto  seguire. 

2.  Che  tra  tali  individui  che  si  armarono  e  commisero  eccessi  furono  rico- 
nosciuti i  suddetti  Giuseppe  Autonino  La  Corto,  Ciro  Spanò,  Antonino  Paladino, 
tra  coloro  che  assistirono  scieniemonte  i  nominati  Pietro  Tripoli  e  Leonardo 
Maggiore. 

3.  Non  restò  chiarito  se  Gioacchino  Morreale  e  Girolamo  Cangelosi  presero 
parte  attiva  in  detti  misfatti. 

4.  Che  fatti  preponderanti  non  potoronj  stabilire  di  avere   Salvatore   Scirò 


CXX  APPENDICE 


istigato  con  segni  il  popolo  alla  strage,  che  all'incontro  furono  interpretati  come 
innocenti  e  naturali  i  segui  anzidetti 

A  voti  uniformi  ha  dichiaralo 

Constare  che  Giuseppe  Antonino  La  Corte,  Ciro  Spanò  e  Antonino  Paladino 
sieno  colpevoli  di  aver  portato  la  devastazione,  la  strage,  il  saccheggio  contro 
una  classe  di  persone  in  Bagheria  loro  patria ,  il  dopopranzo  sera  e  notte  del 
12  al  13  luglio  1837,  prendendo  parte  attiva  in  detti  misfatti. 

Constare  che  Leonardo  Maggiore  e  Pietro  Tripoli  sieno  colpevoli  di  aver 
assistito  scientemente  le  suddette  ed  altre  persone  nei  suddetti  reati  e  di  avere 
istigati  gli  altri  agli  eccessi. 

Non  constare  abbastaza  che  Gioachino  Morrcalc  e  Girolamo  Cangolosi  ab- 
biano preso  parte  attiva  sui  detti  reati. 

Constare  che  Salvatore  Scirè  non  sia  reo  di  avere  istigato  il  popolo  alla 
strage. 

Fatte  le  dichiarazioni  suddette,  il  presidente  ha  interpellato  il  Consiglio  sulla 
sorte  dei  suddetti  prevenuti. 

IL  CONSIGLIO  DI  GUERRA 

Veduti  gli  articoli  130,  131,  74 ,  184  e  75  del  Codice  Penale  ,  29G  e  297 
della  Procedura  delle  dotte  leggi,  20G  dello  S.  P.  M ,  adottando  i  medesimi  con 
l'uniformità  di  sopra,  condanna  Giuseppe  La  Coite,  Ciro  Spanò  ed  Antonino  Pa- 
ladino alhi  pena  di  morte  ai  termini  dei  dotti  articoli  130  e  131  del  Codice  Pe- 
nale del  Regno  da  eseguirsi  nel  corso  di  cinque  ore  alla  fucilazione. 

Condanna  inoltre  Leonardo  Maggiore  e  Pietro  Tripoli  al  massimo  del  terzo 
grado  dei  ferri  in  anni  ventiquattro  per  ciascheduno  e  tutti  solidariamentc  allo 
speso  del  giudizio  da  liquidarsi. 

Ordina  una  più  ampia  istruzione  sommaria  a  carico  di  Gioachino  Morroalo 
e  Girolamo  Cangolosi  por  provaro  la  di  loro  parte  sui  mentovati  misfatti ,  ri- 
manendo sotto  custodia  in  carcere. 

Finalmente  ordina  che  Salvatore  Scirè  sia  posto  in  istato  di  libertà  assoluta. 

Riserba  i  dritti  alle  parti  leso  per  consecuzione  dei  danni  ed  interessi  in- 
nanti  chi  e  corno  di  ragiono,  o  l'aziona  al  Commissario  del  Ilo  di  tradurrò  in 
giudizio  gli  altri  autori  ed  istigatori  dei  misfatti  summontovati'. 

Fatto  e  deciso  in  continuazione  del  dibattimento,  oggi  li  G  agosto  1837,  alle 
ore  sci  italiane. 

//  Commissario  del  Ji«  Il  Cancelliere 

Demetrio  Amobuzzi,  AlGero.  Ladislao  Luise,  2°  Sorgente. 

Visto  Visto 

//  Brigadiere  Comandante  la  Valle  II  Presidente  del  Consiglio 

ViAL.  Gaetano  Franchini,  Maggioro. 


APPENDICE  CXXI 


Fevdincntdo  II  2^er  la  grazia  di  Dio  lìe  del  Regno  delie  due  Sicilie,  dì 
Gerumlemme  ec.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ec.  ec.  Gran  l'i  in- 
cide ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ce. 

Il  Consiglio  di  tìuerra  di  Corpo  del  9°  Reggimento  di  Linea,  Puglia,  elevato 
in  modo  subitaneo  in  virtù  di  Ministeriale  del  16  luglio  ultimo,  comunicata  dal 
signor  Cav.  Colonnello  D.  Andrea  Maringli,  per  mezzo  del  signor  Generalo  Co- 
mandante la  Colonna  Mobile  Cav.  D.  Roberto  De  Sauget,  che  autorizza  a  giu- 
dicare i  capi  principali  ed  istigatori  primi  dogli  avvenimenti  seguiti  in  questa 
Comune  di  Bagheria,  composto  dri  signori  : 

Frcsidente  :  D.  Gaetano  Franchini  Maggiore 

Giudici:  D.  Giovanni  Battista  Cardini  Capitino.  —  D.  Nicola  Hayer  Capi- 
tano.—Cav.  D.  Pietro  Virgilio  Capitano.— D.  Giovan  Battista  Mori  1"  Tenente. 
—  D.  Domenico  Zecca  1"  Tenente. — D.  Luigi  Tipaldi  2"  Tenente.— D.  Giovanni 
Cortada  2"  Tenente; 

D.  Demetrio  Andruzzi  Alfiere,  Commissario  del  Re, 

Canceìlieve:  Ladislao  Luisi  2"  Sergente, 

Riunito  nel  locale  di  questo  Regio  Giudicato  Circondariale  per  giudicare  gli 
imputati  Andrea  Blando,  Antonino  Tripoli,  Francesco  Sciortino,  Emmanuele  Tri- 
poli, Michelangelo  Todaro,  Giovanni  Di  Salvo,  Carlo  Tinirello,  Ignazio  Basilo, 
Francesco  Giammanchi,  Aurelio  D'Amico,  Pasquale  Albanese.  Gasparo  Passa- 
rello.  Giovambattista  Biancorosso,  Antonino  Giamuìarcsi  ed  Antonino  D'Amico 
arrestati  quali  colpevoli  degli  avvenimenti  anzidetti. 

Esaminata  l'Istruzione  giudiziaria  raccolta  dal  supplente  Giudice  Circonda- 
riale di  questa,  non  che  l'informazione  sommaria  presa  dal  Consiglio  nei  giorni 
9  e  10  corrente; 

Inteso  il  rapporto  del  Commissario  del  Re,  col  quale  ha  accusato  i  nominati 
Giovan  Battista  Biancorosso,  figlio  del  fu  Giuseppe  da  Bagheria,  di  anni  28,  cal- 
zolaio ivi  domiciliato; 

Antonino  Giammaresi  di  Carlo,  pure  da  Bagheria,  di  anni  23,  carapagnuolo 
ivi  domiciliato; 

Antonino  D'Amico  di  Diego,  anche  da  Bagheria,  di  anni  24 ,  campagnuolo 
ivi  domiciliato  ;  cioò  i  primi  due  come  autori  ed  istigatori  primi ,  di  sediziosi 
avvenimenti  del  d^tto  giorno  12  decorso  mese,  previsti  gli  articoli  130  o  131 
Codice  Penalo  del  Regno  ;  ed  esso  di  Giammarresi  inoltre  di  aver  pure  presa 
parte  attiva  nei  disordini  riprodotti  il  dì  16  di  esso  mese,  come  misfatti  man- 
cati nel  senso  di  mentovati  articoli,  e  dell'articolo  132  Codice  citato.  Il  3"  cioè 
Antonio  D'Amico  corno  istigatore  primo  di  detti  mancanti  misfatti,  giusta  il  ci- 
tato articolo  132,  ed  articolo  74  N.  2"  dello  stesso  codice,  chiedendo  che  su 
di  loro  conto  proceda  come  di  dritto,  a  mento  delle  sue  attribuzioni  e  che  per 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  10 


CXXII  APPENDICE 


gli  altri  individui  Andrea  Blando,  Antonino  Tripoli,  Emanuele  Tripoli,  France- 
sco Sciortino,  Michelangelo  Todaro,  Giovanni  Di  Salvo,  Carlo  Tinnirello,  Igna- 
zio Basile,  Francesco  Giammarresi,  Aurelio  D'Amico,  Pasquale  Albanese,  Ga- 
spare Passarelli,  apparendo  dagli  atti  anz/detti  di  non  poter  risultare  né  Capi. 
De  istigatori  primi  della  rivolta,  dichiarare  preliminarmente  l'incompetenza  del 
Consiglio,  ed  inviarli  ai  termini  della  Ministeriale  10  agosto  corrente  innanzi 
la  Commissione  militare  di  Palermo; 

•       IL  CONSIGLIO 

Veduta  la  dotta  Ministeriale  a  lui  prodotta  per  organo  del  Presidente,  adot- 
tando la  requisitoria,  ritiene  la  competenza  riguardo  a'  summentovati  Giovanni 
Battista  Biancorosso,  Antonino  Giaramaresi  ed  Antonino  D'  Amico;  rinvia  gli 
altri  imputati  Andrea  Blando,  Antonino  Tripoli ,  Emanuele  Tripoli ,  Francesco 
Sciortino ,  Michelangelo  Todaro,  Giovanni  Di  Salvo ,  Carlo  Tinnirello ,  Ignazio 
Basile,  Francesco  GiammaresI,  Aurelio  D'Amico,  Pasquale  Albanesi  e  Gasparo 
Fassarello  innanti  la  Commissione  Militare  di  Palermo  per  esservi  giudicati 
come  di  regola. 

Il  Consiglio  di  Guerra ,  in  seguito  discussa  la  causa  a  carico  do'  mentovati 
Biancorosso,  Giammarresi  e  D'  Amico,  intesi  i  testimoni  colle  forme  di  rito  e 
letti  i  documenti  necessari; 

Inteso  il  mentovato  Commissario  del  Re  nello  sue  orali  conclusioni ,  collo 
quali  ha  sostenuto  di  essere  convinti  i  suddetti  Biancorosso,  Giammarosi ,  cioè 
il  primo  di  avere  istigato  il  popolo  alla  rivolta,  nella  quale  ebbero  luogo  omi- 
cidi, incendi!  e  saccheggi,  ed  il  2"  di  essere  tra  i  capi  della  niodcsinia  o  di  a- 
vcrla  parimente  provocata  e  punirsi  quindi  con  le  pene  segnate  negli  art.  130, 
131;  132,  74  N.  2°,  75  delle  Leggi  Penali,  ed  allo  spese  di  giudizio  e  di  non 
Costare  Agostino  D'Amico  essere  colpevole  do'  mentovati  reati  e  rimettersi  alla 
detta  Commissione; 

Inteso  in  ultimo  luogo  il  difensore  degli  imputati  ne'  mezzi  di  difesa; 

II  Presidente,  dietro  il  riassunto  della  causa,  ha  proposta  la  quistione:  Sono 
eglino  colpevoli  gl'imputati  anzidetti,  Giovanni  Battista  Biancorosso  ed  Antonino 
Giammaresi  dei  reati  summentovati  a  danno  dell'  ordino  pubblico  o  di  diversi 
eittadini  ? 

Consta  che  il  suddetto  Antonino  D'  Amico  non  sia  colpevole  de'  reati  mc- 
deaiini? 

IL  CONSIGLIO  DI  GUERRA 

A  maggioranza  dì  voti  dichiara  costare  che  Giovan  Battista  Biancorosso  abbia 
•MÌstito  e  facilitato  recontomcnto  gli  autori  dogli  incendi ,  saccheggi  avvenuti 
in  liaghuriu  li  12  luglio  1837. 

^)on  conataro  abbastanza  che  Antonino    Giampiiiresi    sia   colncvolo  di  avcf 


apfeadice  cxxm 

provocato  i  detti  reati,  e  presavi  parto  attiva,  constaro  che  Antonino  D'Amico 
non  sia  colpevole  di  avere  provocato  il  popolo  a  commetterò  i  suddetti  misfatti 
mancati  nella  mattina  del  IO  suddetto  mese  di  lilglio. 

Constare  però  di  avere  esso  con  voci  e  conclamazioni  violato  1'  ordino  di 
polizia  del  25  giugno  decorso. 

Risoluta  in  tal  modo  la  quistione  di  fatto  sulla  reità  del  suddetto  Giovanni 
Battista  Biancorosso,  il  presidente  ha  interpellato  il  Consiglio  con  qual  pena 
debha  esso  punirsi  o  qual  debba  essere  il  destino  di  Antonino  Giammarrosi  e  di 
Antonino  D'Amico? 

Il  Cmsiglio  di  Guerra  veduti  gli  articoli  130,  131,  132,  74,  75,  55  della 
legge  penale; 

A  voti  uniformi  condanna  Giovanni  Battista  Biancorosso  alla  pena  del  maxi- 
mum del  3^  grado  di  ferri  con  anni  ventiquattro  ed  allo  spese  di  giudizio  da 
liquidarsi. 

A  maggioranza  di  voti  ordina  che  si  prenda  una  piìi  ampia  informazione  a 
carico  di  Antonino  Giammarrosi,  rimindato  in  carcere  od  incarica  il  Commissaiio 
del  Re  di  mettere  in  opera  i  mezzi  di  investigazioni,  onde  provare  l'insussistenza 
della  coartata  addotta  da  costui  e  tutt'altre  prove  per  meglio  chiarire  la  verità. 

Ordina  finalmente  con  l'uniformità  di  sopra  che  Antonino  D'Amico  pei  mi- 
sfatti anzidetti  si.v  posto  in  libertà  assoluta,  rimettendosi  però  alla  polizia  per 
le  contravvenzioni  dell'adunanza  del  25  giugno  ultimo. 

Fatto,  deciso  e  pubblicato  all'udicnzi  in  continuazione  del  dibattimento  pre- 
sente il  Commissario  del  Re,  il  condannato  e  gli  altri  congiudicati,  oggi  li  12 
agosto  1837,  alle  ore  22  italiane. 

Visto 
//  Cancelliere  II  Commissario  del  Re 

Ladislao  Luist,  2°  Sergculo  Demetrio  Andruzzi  AlQere 

Visto 
//  Brigadiere  Comandante  la   Valle  e  Piazza 

VlAL. 


III. 

Ferdinando  II  per  la  grazia  di  Dio  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme,  ec.  Duca  di  Panna,  Piacenza,  Castro  ec.  ec.  Gran  Prin- 
cipe ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

Il  Consiglio  di  Guerra  del  9°  di  Linea,  Puglia,  elevato  in  modo  subitaneo, 
composto  dei  signori  : 

Presidente.  D.  Gaetano  Tranchina  Maggiore. 

Giudici:  D.  Giovanni  Battista  Cardini  Capitano.— D.  Nicola  Hayer  Capitano. 


CXXIV  APPESfitCE 


—  D.  Pietro  Virgilio  Capitano. — D.  Giovanni  Battista  Mon  l"'  Sorgente— D.  Do- 
menico Lecca  P  Sergente. — D.  Luigi  Tipaldi  2"  Tenente. — D.  Giovanni  Costada 
2»  Tenente. 

D.  Demetrio  Andruzzi  Alfiere,  Commissario  del  Re. 

Cani'.elliere:  Ladislao  Luisi  2°  Sergente. 

Riuniti  noi  Giudicato  Regio  circondariale  del  Comune  di  Baghoria  por  giu- 
dicare Pietro  Campagna,  Carmelo  Tripoli,  Stefano  Provenzano,  Ferdinando  Sca- 
duto, Francesco  Paolo  Gargano,  Silvestre  Caltagirone,  Serafino  Albanese,  Orazio 
Foresta  ,  Pietro  Lo  Dico ,  Francesco  Lo  Chiello ,  Giuseppe  Lavoro ,  Francoìco 
Restivo,  Gioacchino  D'Amaro,  Giuseppe  Sciortino,  Carmelo  Gambino,  Salvatore 
Belvedere ,  Michele  Sciortino  ,  Giuseppe  Antonio  Caltagirone  e  Domenico  La 
Bianca,  imputati,  cioè  i  primi  cinque,  Piotro  Campagna,  Carmelo  Tripoli,  Ste- 
fano Provenzino,  Ferdinando  Scaduto  e  Francesco  Paolo  Gargano,  di  aver  presa 
parte  attiva  negli  avvenimenti  dei  giorni  dodici  e  sedici  dolio  scorso  mese  di 
luglio,  Silvestre  Caltagirone  di  aver  fatta  visita  domiciliare  per  ricercare  veleno, 
Serafino  Albanese  di  aver  invocata  vendetta  dall'Altissimo  contro  i  creduti  av- 
velenatori, Orazio  Foresta,  Francesco  Chiello  e  Pietro  Lo  Dico  d'aver  insultato 
D.  Paoli  Scavotto ,  fratelli  degli  uccisi  Scavotto  Don  Carlo,  D.  Francesco  e 
D.  "Vincenzo;  Giuseppe  Lavoro  qual  detentore  di  una  nota  di  supposti  avvele- 
natori, che  dalla  plebe  dovevano  uccidersi,  Gioachino  D'Amaro,  Giuseppe  Scior- 
tino, Carmelo  Gambino,  Salvatore  Belvedere,  Michele  Scioltine ,  Giuseppe  An- 
tonio Caltagirone  e  Domenico  La  Bianca  sospetti  di  aver  prosa  parto  negli  av- 
venimenti citati,  non  che  gli  altri  trenta  individui  d'  arrestarsi  giusto  il  nota- 
mciito  da  noi  al  signor  Generale  ufficialmente  trasmesso; 

Inteso  il  Commissario  del  He  nella  sua  requisitoria  e  visti  gli  atti  ammaniti 
dal  Giudice  Regio,  supplente  di  questo  circondario,  non  che  l'informaziono  som- 
maria raccolta  dal  Consiglio,  gl'interrogatori  e  costituti  fatti  agi'  imputati  giu- 
dicati e  da  giudicarsi,  come  ancora  le  prove  consaciate  nei  due  processi  ver- 
bali di  dibattimento  dei  giorni  sei  e  dodici  corrente  mes^'; 

Veduta  la  Ministeriale  del  dieci  corrente  ,  colla  quale  delucidando  quella 
comunicata  al  signor  Presidente  in  data  dei  quattro  andante  cho  il  Real 
Governo  dichiara  giurisdizione  dei  Consigli  di  Guerra  subitanei,  essa  ò  circo- 
scritta a  punire  soltanto  i  capi  ed  istigatori  primi  delle  rivolte,  ai  termini  degìi 
articoli  130,  131  e  132  dello  leggi  penali  e  tutti  gli  altri  imputati  rimettersi 
debbonsi  alla  Commissiono  Militare  di  Palermo; 

Atteso  cho  dagli  atti  ribulta  che  i  nominati  Carmelo  Tripoli ,  Stefano  Pro- 
venzano, Fcrdinanc*o  Scaduto,  Francesco  Paolo  Gargano  hanno  presa  parto  at- 
tiva ai  Biiccheggi,  devastazioni  avvenuti  il  dopo  pranzo,  sera  e  notte  dui  dodici 
u  l'ultimo  in  consimili  avvenimenti  del  giorno  siedici  luglio  ora  scorso; 

Riguardo  a  ^'ietro  Canipugua ,  ributtando  d'avere  assistito  allo  uscito  dello 
baro  dei  Pianti ,  fatto  cho   porterebbe  alla  complicitìi  dei   reati   avvenuti  nella 


ArPE>;DlCK  CJtXV 


giornata  dei  dodici,  essendosi  con  tal  mezzo  eccitata  la  rivolta  là  dove  venga 
a  provarsi  d'aver  egli  agito  con  dolo; 

In  quanto  ai  nominati  Francesco  Rostivo,  Orazio  Foresta  e  Francesco  Chielto 
risultando  le  loro  imputazioni  da  una  mera  assertiva  di  D.  Paolo  Scavotto, 
parte  ofTesa,  espressa  nella  dichiarazione  di  lai  ,  la  quale  nel  corpo  delle  pub- 
bliche discussioni  è  stata  riconosciuta  in  parte  non  corrispondente  al  vero,  che 
inoltre  pei  medesimi,  non  trattandosi  di  altro  che  di  avere  minacciato  lo  Sca- 
votto,  sempre  da  lui  solo  assistito  qual  uno  dei  supposti  avvelenatori,  fatto  che 
non  cade  sotto  la  sanziona  degli  art.  130,  131,  132  codice  citato; 

Per  Giuseppe  Lavore,  risultando  parimenti  la  sua  imputazione  da  una  consi- 
mile questione  di  Notar  Castronovo,  parte  querelante,  per  udito  diro  di  maestro 
Antonino  Di  Carlo; 

Che  quindi  riguardo  a  Serafino  Albanese  ,  risultando  altresì  da  una  asser- 
tiva di  detto  Nctar  Castronovo  di  aver  esso  solamente  invocata  vendetta  dal- 
l'Altissimo contro  i  pretesi  avvelenatori,  assertiva  spogliata  da  qualunque  ap- 
poggio di  testimoni!; 

Che  riguardo  a  Silvestre  Caltagirone,  apparendo  solamente  di  aver  assistito 
ad  una  visita  domiciliare  per  ricerca  di  veleno  fatta  sulla  casa  di  Giuseppe 
Manfrè  ,  fatto  che  non  incontra  le  dispos'zioni  degli  art.  anzidetti  130,  131  , 
dello  leggi  penali; 

In  riguardo  a  Gioacchino  D'Amaro,  Carmelo  Garabino  ,  Giuseppe  Sciortino, 
Giuseppe  Antonio  Caltagirone  e  Do;!'.enÌ4o  La  Bianca  non  risultano  colpiti  di 
ninna  prova,  argomento  o  iud.zio  al  di  loro  conto,  non  ostante  essorsi  inter- 
pellato il  giudico  supplente  del  circondario; 

Inteso  il  citato  commissario  dol  Re; 

11  Consiglio  di  guerra,  dietro  le  questioni  proposte  dal  Presidente,  ha  di- 
chiarato la  propria  incompetenza  sul  conto  dei  nominati  Pietro  Campagna, 
Carmelo  Tripoli,  Stefano  Provenzauo,  Ferdinando  Scaduto  e  Francesca  Paolo 
Gargano,  od  ha  disposto  che  fossero  inviati  alla  Commissione  Militare  di  Pa- 
lermo per  procedere  contro  di  esìi  a  mente  delle  suo  attribuzioni. 

Rinvia  parimenti  il  nominato  Silvestre  Caltagirone  alla  polizia  di  Palermo 
per  aver  violata  l'ordinanza  di  polizia  emanata  nel  20  giugno  corrente. 

Rimette  alla  polizia  locale  Serafino  Albanese  per  liquidare  la  violazione 
dell'ordinanza  suddetta. 

Essendo  risultato  a  parità  di  voti  che  Giuseppe  Lavore  rimettersi  dovca 
alla  Commissione  Militare  di  Palermo,  o  a  libertà  assoluta,  gli  si  è  applicata  la 
più  mito,  giusta  la  prescrizione  della  legge  penale  e  dolio  Statuto  Militare. 

Paronienti  ha  deciso  che  Francesco  Restivo,  Orazio  Foresta,  Pietro  Lo  Dico 
e  Francesco  Chiollo  siono  posti  in  libertà  assoluta  per  difetto  di  prove. 

Inteso  il  ripetuto  Commissario  del  Ro ,  che  non  ha  trovato  luogo  a  proce- 
dimento per    conto  dei  nominali  Gioacchino  D'Amaro,  Carmelo  Gambino,  Giù- 


seppe  Sciortino,  Salvatore  Belvedere,  Michele  Sciortino,  Giuseppe  Antonia  Cdl- 
tagironc  e  Donicuico  La  Bianca. 

IL  CONSIGLIO  di  GUERRA 

Ha  deciso  che  fossero  messi  ia  libertà  assoluta. 

Fatto  e  chiuso  il  giorno  21  agosto  1837  allo  oro  IG  italiane. 

Ter  copia  conforme  Visto 

Il  Cancelliere  II  Commissario  del  He 

Ladislao  Luisi,  2°  sergente.  Demetrio  Andbuzzi,  Alfiere. 

Visto 
Il  Brigadiere  Comandatile  la    Wille 

ViAL   (1). 
(Archivio  ciUtf). 


DOCUMENTO  N.  LXIX. 

Sentenze  dpxla  Commissione  Militare  di  Carini. 

Ferdinando  II  per  la  grazia  di  Dio  Ite  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ce.  ec.  Gran  Prin- 
cipe Ereditario  di  Toscana  ec.  ce.  ec. 

Il  Consiglio  di  Guerra  di  Corpo  dell'S"  di  Linea,  Reggimento  Calabria,  com- 
posto, per  ordino  del  sigiior  Cav.  D.  Orazio  Atramblò,  Colonnello  Comandante  il 
suddetto  Reggimento  e  la  colonna  mobilo  di  Carini,  dei  signori  D.  Gennaro  Sa- 
lemi  Presidente,  Capitani  D.  Salvatore  Pucci,  D.  Sigismondo  Spedicati  e  Don 
IlaiTaelc  Saatorelli ,  Don  Nicola  Carini  e  Don  Filippo  Palomba  giudici ,  primi 
Tenenti  Don  Leandro  Curioni  o  D.  Egidio  Pucci,  secondi  Tenenti  Don  Luigi 
Ponza  do  Leon,  Commissario  del  Ke,  assistiti  dal  caporale  Giovanni  Torrenteros, 
Cancelliere,  convocato  per  procedere  in  modo  subitaneo  a  carico  degl'imputati 
assenti  e  presenti,  secondo  il  notamente  qui  appresso,  che  commisero  ribelLoni, 
omicidi,  saccheggi  ed  incendi,  non  che  il  criminoso  impiego  dello  armi  di  S.  M. 
(D.  G.)  ad  alcuni  di  essi  affidato,  reati  avvenuti  il  giorno  dodici  dell'ora  scorso 
luglio  nel  Comune  di  Capace  e  sue  dipendenze. 

PRESENTI 

1.  Vincenzo  Cardinale  del  fu  Gioacchino  da  Capace.— 2.  Antonino  Bruno  di 
Bernardo,  id.— 8.  Benedetto  Bruno  dol  fu  Antoni.-o,  id.  —  4.  Benedetto  Bruno 


(1)  Seguono  altro  Mntonzo  cbo  {Hirtano  riHjiottivaincnto  In  diU  del  2,  7  o  2S  utUciubro,  7,  10 
•  17  «Uobr*;  wnH/UU»  elio  non  pubblichiamo  pur  amor  <li  brvviU. 


APPENDICE  CXXVII 


di  Benedetto,  id.  —  5,  Pietro  Romeo  di  Gaspare,  Isola  dello  femine,  id.  — 
6.  Erasmo  Cardinale  del  fu  Vincenzo,  id. — 7.  Francesco  Bruno  di  Antonio,  id. 
— 8.  Giuseppe  di  Mercurio  del  fu  Bernardo,  id. — 9.  Erasmo  Bologna  del  fu  Ste- 
fano da  Capace.  —  10.  Francesco  Cardinale,  alias  Ciccio  Bianco  di  Salvatore, 
id. — 11.  Francesco  Cardinale,  alias  deW  Occhio,  del  fu  Erasmo,  id.  — 12.  Giu- 
seppe Rappa  di  Erasmo,  id. — 14.  Erasmo  Troia  di  Pietro,  iJ.  —  15.  Bartolomeo 
Battaglia  di  Bernardo,  id. — 16.  Fr.\ncesco  Rizzo  di  Francesco,  id.  —  17.  Mario 
Bruno  di  Antonino,  id.  —  17.  Pietro  Armanni  di  Erasmo,  Isola  delle  Fo- 
mine, —  19.  Antonino  Vassallo  di  Benedetto,  da  C.ipace.  —  20.  Barto'omeo  Ca- 
taldo di  Erasmo,  id. — 21.  Paolo  Billeci  di  Giuseppe,  id. — 22.  Bartolo  Siine  del 
fu  Salvatore,  id. — 23.  Giusejipe  Siino  del  fu  Piitro,  id. — 24.  Pietro  Siine  di  Giu- 
seppe, id. — 25.  Rosa  Enea,  alias  Pecora,  del  fu  Rocco,  id. — 26.  Francesco  Enea 
del  fu  Pietro,  id. — 27.  Francesco  Siino  di  Erasmo,  id.  —  28.  Erasmo  Puccio  di 
Giuseppe,  id — 29.  Pietro  Rizzo  del  fu  Salvatore,  id. —  30.  Girolamo  Scalia  del 
fu  Antonino,  id. — 31.  Girolamo  L-attaglia  di  Rosario,  id.  —  32.  Vincenzo  Intra- 
vaja  di  Giuseppe,  id.  —  33.  Rosario  Cos*anzo  dui  fu  Angelo,  id.  —  34.  Erasmo 
Longo  di  Vincenzo,  id. — 35.  Vincenzo  Troja  di  Nereo,  id.  —  36.  Andrea  Troja 
di  Erasmo,  id. — 37.  Erasmo  Riccobuono  di  Antonino,  id. —  38.  Giuseppe  Troja 
del  fu  Antonio,  id.  —  39.  Bornardo  Cataldo  del  fu  Bernardo,  id. — 40.  Stefano 
Provenza  del  fu  Autonio,  id. — 41.  Francesco  Troja  di  Andrea,  id. — 42.  Antonino 
Troja  di  Pietro,  id. — 43.  Vincenzo  Longo  di  Erasmo,  iJ. — 44.  Francesco  Croco 
di  Giuseppe,  id. — 45.  Michele  Giaunono  di  Giuseppe,  id.  —  46.  Giuseppe  Gian- 
nono  di  Michele,  id. — 47.  Michele  Intravaia  di  Giuseppe,  id. — 48.  Pietro  Troja 
di  Giuseppe,  id. — 49.  Erasmo  Enea  di  Pietro,  id. — 50.  Francesco  Billeci  di  An- 
tonino, id. — 51.  Sebastiano  Siino  del  fu  Giuseppe,  id. — 52.  Gioachino  Troja  di 
M.  Giuseppe,  id. — 53.  Simone  Cardinale  di  Giuseppe,  id. —  54.  Nunzio  La  Fata 
di  Battista,  da  Carini. — 55.  Gaetano  Anneto  di  Vincenzo,  id. —  56.  Pietro  Fer- 
ranti di  Croce,  id. — 57.  Vito  Passalacqua  del  fu  Vincenza,  id.  —  58.  Girolamo 
Scalici  di  Pietro,  da  Capace. — 59.  Antonino  Riccobuono  di  Antonino. — 60-  Fran- 
cesco Anello  del  fu  Antonino ,  da  Carini.  —  61.  Erasmo  Giannone  Totaro  di 
Rocco,  da  Capace. — G2.  Erasmo  Troja  di  Angelo,  id. — 63.  Pietro  Cataldo  di  Be- 
nedetto, id. — 64.  Giuseppe  Cataldo  di  Pietro,  id.  —  65.  Vincenzo  Battaglia  del 
fu  Giuseppe,  id. — 66.  Pasquale  Noto  del  fu  Salvatore,  da  Paleirao. —  67.  Gia- 
como Guglia  del  fu  Giovan  Battista,  id.  —  68.  Giovanni  Mancuso  del  fu  Giu- 
seppe, id. —  69.  Domenico  Briganglia  del  fu  Giuseppe,  id.  —  70.  Agostino  San- 
sone di  Filippo,  id. — 71.  Salvatore  Milano  del  fa  Gaetano,  id. — 72.  Giovan  Bat- 
tista Di  Marco  del  fu  Filippo,  id. — 73.  Sebastiano  Siino  di  Erasmo,  da  Capace. 
— 74.  Erasmo  Siino  di  Sebastiano,  id.  —  75.  Erasmo  Di  Majo  di  Filippo,  id. — 
76.  Filippo  Di  Majo  di  Erasmo,  id. —  77.  Giuseppe  Macaluso  di  Francesco,  id. 
—  78.  Giovanni  Mancuso,  alias  Mozzo  del  Cento,  di  Giovanni,  da  Palermo.  — 
79.  I]rasn(}o  Riccobuono,  alias  Zaccagini,  del  fu  Antonino,  da  Capace. — 80,  Ma^ 


CXXVIII  APPENDICE 


stro  Antonio  Troja  di  M.  rietj'o,  di  Capace. — 81.  Erasmo  Rizzo  di  Francesco,  id. — 
82.  Salvatore  Cicce  del  fu  Giuseppe,  id. — 83.  Giuseppe  Siino  di  Sebastiano,  id. 
—84.  Pietro  Siino  di  Sebastiano,  id. — 85.  Paolo  Di  Mercurio  di  Domenico,  id. 

ASSENTI 

1.  Eramo  Ferranti  Podicchio.  —  2.  Antonino  Crivelli.  —  3.  Antonio  Crivelli 
inteso  Mayìiiareìll,  di  Cesare.  —  4.  Erasmo  RiccoLuono  Nuddo  —  5.  Pasquale 
Strazzeri  //  Trapani. — G.  Pietro  Cardinale. — 7.  Francesco  De  Maio  3/«;i»?crt. — 
8.  Francesco  Fcrr.inti  di  Cesare. — 9.  Pietro  De  Majo  del  fu  Salvatore. — I  .  E- 
rasmo  Crivelli  di  Giuseppe. — 11.  Domenico  De  Mercurio  di  Erasmo. — 12.  Sal- 
vatore Cardinale  Albandla  di  Vincenzo. — 13.  Antonino  di  Mercurio. — 14.  Gio- 
vanni  Dominici.  —  15.  Giuseppe  Rice. buono  Nuddo.  — IG.  Fiancesco  Rizzo.  — 
17.  Rizzo  Giuseppe,  inteso  ForcelUizzo,  di  Erasmo.  —  18.  Franco  Macaluso.  — 
19.  Giovanni  Riccobuoco  Chiuihiorul  di  P^ra.smo. — 20.  .intonino  Intravaja  Bui- 
lotloìa.  —  21.  Francesco  Costanz).  — 22.  Angelo  Costanzo,  intoso  Testazza. — 
23.  Erasmo  Rappa  Carluso  del  fu  Giuseppe.  —  24.  Salvatore  Gianiinona. — 25, 
Pietro  Giammona. — 26.  Vincenzo  Giaramona  Totaro. — 27.  Francoscn  Enea  re.ora 
28.  Erasmo  Fontana. — 29.  Giovanni  Costa  lìnrano. — 30.  Ciro  Ginmmona  Imhuc- 
capalU  del  fu  Pittro. — 31.  Erasmo  T.ongo  di  Giusto  e  di  M.  La  Petra. — 32.  An- 
tonino Intravaia  Ballotfohi.  —  33.  Francesco  Rizzo  Chicchiaro  di  Rosario. — 34. 
Vincenzo  Siino  di  Erasmo. —  35.  Giuseppe  Parterino  Chniiinò. — 30.  Francesco 
De  Mercurio  Verrhìn. — 37.  Giuseppe  Enea  del  fu  Rocco. — 38.  Antonino  Franco 
di  Antonio.  —  39.  Domenico  Taorinina  dil  fu  Rosario.  —  40  Erasmo  Cataldo 
Jìusso.  —  41.  Antonino  Riccobuono.  —  42.  Erasmo  Giammona  del  fu  Pietro. — 
43.  Angelo  Russo.  —  44.  Francoaco  Russo  di  .'angelo.  —  45.  Ciro  Giammona 
riscitello. — 4G.  Giuseppe  Rappa  del  fu  Salvatore. — 47.  Pietro  Do  Majo  Manuzza. 
—48.  Francesco  Riccobuono  del  fu  Erasmo. — 49.  Erasmo  Riccobuono  di  Fran- 
cesco.— 50.  Rosario  Gianr.nonii,  da  Termini.  —  51.  Francesco  Giammona  di  lio- 
sario.  —  52.  Francesco  Rizzo  Penalità  del  fu  Glusoeppe.  —  53.  Giusej)pe  Giam- 
mossa  II  Macelhi. 

Inteso  il  Commissario  del  Re  nello  suo  conclusioni,  non  che  particolurmento 
gli  accusati  od  i  loro  difensori; 

Il  precidente,  dietro  il  riassunto  d.'lla  cama,  li:i  proposto  lo  quistioni. 

QUISTIONE  di  FATTO 

Vra  ì  nominati  individui  presenti  sono  colpevoli  di  reati  di  ribellioni ,  o- 
micidii,  sncclieggi,  incendi!,  non  elio  di  criminoso  impiego  dello  armi  di  S.  M  , 
(D.  G.)  ad  alcuni  di  essi  affidate,  corno  ha  pn;po3to  il  Commissario  dui  Ro 
nello  suo  conclusiuni,  cioè  che  nove  di  ossi  siano  rei  priocipali,  o  per  venti- 
quattro non  costa  abbastanza  In  complicità,  cuni!<id.>r.indo  canore  risultato  dalla 
ttubblicM  discusH'uno  il  sogucnl? 


APPENDICE  OXXnC 


FATTO 

Il  giorno  dodici  luglio  1800  trentasette  un  numero  di  facinorosi  dell'Isola 
delle  Femmine  e  di  Capaci,  parte  armati  di  fucili  e  sciabole,  si  portarono  alla 
Tonnara  ed  uniti  ai  marinai  del  Lento  in  crocerà,  N-  87,  montarono  a  viva 
forza  sul  bordo,  tolsero  il  cannone,  fucili,  sciabole,  munizioni  ed  attrezzi  ne- 
cessarii  al  servizio  del  pezzo,  e  levati  in  massa  si  condussero  a  portare  lo  spa- 
vento, la  strage,  il  saccheggio,  l'incendio  nel  Comune  di  Capaci  suddetto  :  ivi 
fucilarono  tre  della  famiglia  Enea,  blanda  nel  modo  di  vivere  ed  esatta  nell'os- 
servanza delle  leggi  ;  gl'impieghi  Regi  e  Comunali  erano  in  parte  affidati  ai 
componenti  di  ossa.  Uccisero,  seviziandone  i  cadaveri,  gl'infelici  Cracolici,  sac- 
cheggiarono, incendiarono  e  devastarono  quanto  nella  casa  di  essi  esisteva ,  fo' 
rendo  anche  un  innocente  fanciullo,  o  calpestando  i  principii  e  della  religione 
e  della  umanità,  portarono  le  sacrileghe  mani  sul  ministro  degli  altari,  bene- 
ficiale Don  Vincenzo  Cracolici.  Due  vittime  della  famiglia  Puccio,  Ufficiali  sani- 
tarii  che  davano  le  loro  assidue  cure  per  la  salute  del  proprio  paese,  caddero 
sotto  i  colpi  di  queir  orda  assassina  ;  la  stessa  sorte  ebbero  D.  Giovanni  Ma- 
caluso  e  Giuseppe  Rizzo,  infine  tutti  i  mezzi  per  suscitare  completa  una  rivo- 
luzione, furono  praticati,  e  le  armi  del  Re,  (N.  S.)  rivolte  ad  uso  criminoso,  si 
fecero  servire  da  garanti  in  quella  orrorosa  tragica  scena. 

Sazii  finalmente  degli  orrori  commessi,  gli  ammutinati  si  dileguarono,  e  la 
mattina  seguente,  ma  ben  tardi,  il  cannone  e  i  suoi  attrezzi  furono  ricondotti 
al  lento,  donde  erano  stati  presi  ed  i  marinai  rivoltosi  restituironsi  al  loro  posto. 
Considerando  che  i  latitanti,  piìi  che  i  rimanenti,  davano  argomento  di 
reità,  che  viene  confessata  dalle  deposizioni  dei  testimonii  e  dagli  interroga- 
torii  degli  imputati  medesimi  ; 

Considerando  che  omicidii,  incendii,  saccheggi  o  ribellioni  hanno  portato 
la  desolazione  in  un  Comune,  e  contro  la  classe  delle  persone  civili ,  quindi 
portata  la  guerra  civile  tra  gli  abitanti  di  una  stessa  popolazione; 

Considerando  che  i  rivoltosi,  dopo  aver  proditoriamente  ed  in  complotto  di- 
sarmato il  lento  Numero  87,  impiegando  le  armi  Reali  ad  uso  criminoso,  sino 
a  portare  la  rivolta  in  Capaci,  ove  vollero  cambiare  le  Autorità  Comunali,  e 
quindi  sconvolgere  nelle  stesse  sciagure  i  Comuni  vicini; 

Il  Consiglio  di  Guerra,  dietro  la  quistione  proposta  dal  presidente,  ad  una- 
nimità di  voti  ed  uniformandosi  alle  conclusioni  del  P.  M.,  dichiara  che  costa 
essere  i  nominati  Erasmo  Cardinale  del  fu  Vincenzo,  Francesco  Rizzo  di  Fran- 
cesco, Giovanni  Battista  Di  Marco  del  fu  Filippo,  Salvatore  Milano  del  fu  Gae- 
tano, Giacomo  Guglia  del  fu  Giuseppe,  Antonino  Riccobono  di  Antonino,  Giuseppe 
Macaluso  del  fu  Francesco,  Erasmo  Riccobono  del  fu  Antonino,  ed  Erasmo 
Giammona  di  Rocco  per  agnome  Totaro,  colpevoli  del  reato  di  devastazione, 
strage,  saccheggi  ed  impiego  criminoso  dell'armi  di  S.  M.  il  Re  (N.  S.) 

Arch,  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  17 


CXXX  APPENDICE 


Ha  parimenti  il  consiglio  deciso  aUa  stessa  unanimità  che  non  costa  abba- 
stanza che  siano  colpevoli  dei  suddetti  reati  Francesco  Bruno  di  Antonino,  Giusep- 
pe Di  Mercurio  del  fu  Bernardo,  Erasmo  Bologna  del  fu  Alfano,  Francesco  Car- 
dinale di  Salvatore,  alias  Bianco,  Francesco  Cardinale  del  fu  Erasmo,  alias  del 
Cecchio,  Antonino  Rappa  di  Erasmo,  Marco  Bruno  di  Antonino,  Pietro  Ar- 
manni  di  Erasmo,  Rosa  Enea  Pecora  di  Rocco,  Vincenzo  Intravaja  di  Giuseppe, 
Pasquale  Noto  del  fu  Sebastiano,  Giovanni  Mancuso  del  fu  Giuseppe,  Dome- 
nico Brigaglia  del  fu  Girolamo,  Agostino  Sansone  di  Filippo,  Sebastiano  Siino 
di  Erasmo,  Erasmo  Siino  di  Sebastiano,  Paolo  Di  Mercurio  di  Domenico,  Antonino 
Bruno  di  Benedetto,  Benedetto  Bruno  di  Benedetto,  M.stro  Erasmo  Troja  di 
Pietro,  Antonino  Vassallo  di  Benedetto,  Bartolomeo  Siino  di  Sebastiano,  Erasmo 
Rizzo  di  Francesco  e  Benedetto  del  fu  Antonino.  Colla  stessa  unanimità  e  con- 
formemente alle  conclusioni  del  Commissario  del  Re  costa  che  ne  siano  col- 
pevoli. 

1.  Vincenzo  Cardinale  del  fu  Giuseppe,  da  Capaci.  —  2.  Pietro  Romeo  di 
Giuseppe  id.  —  3.  Giuseppe  Rappa  di  Erasmo,  id.  —  4.  Bartolo  Battaglia  di 
Rocco,  id.  —  5.  Bartolomeo  Cataldo  di  Erasmo,  id-  —  6,  Paolo  Billeci  di  Giu- 
»»eppe,  id.  —  7.  Giuseppe  Siino  del  fu  Paolo,  id.  —  8.  Pietro  Siino  di  Giuseppe, 
id.  —  9.  Francesco  Enea  del  fu  Pietro,  id.  —  10.  Francesco  Siino  di  Erasmo, 
id.  — 11.  Erasmo  Puccio  di  Giuseppe,  id.  —  12.  Pietro  Rizzo  del  fu  Salvatore, 
id.  —  13.  Girolamo  Scalici  del  fu  Antonino,  id.  —  14.  Girolamo  Battaglia  di  Ro- 
sario, id. —  15.  Michele  Intravaja  di  Giuseppe,  id. — 16.  Rosario  Costanzo  del 
fu  Angelo,  id.  —  17.  Erasmo  Longo  del  fu  Vincenzo,  id.  —  18.  Vincenzo  Troja 
di  Nereo,  id.  —  19.  Andrea  Troja  del  fu  Erasmo,  id.  —  20.  Erasmo  Riccobono 
di  Antonino,  id.  —  21  Giuseppe  Troja  del  fu  Antonino,  id.  —  22.  Bernardo  Ca- 
taldo del  fu  Bernardo,  id.  —  23.  Stefano  Provenza  di  Antonino,  id.  —  24.  Fran- 
cesco Troja  di  Andrea,  id.  —  25.  Antonino  Troja  di  Pietro,  id.  —  27.  Vincenzo 
Longo  di  Erasmo,  id.  —  27.  Francesco  Croce  di  Giuseppe,  id.  —  28.  Michele 
Giammona  di  Giuseppe,  id.  —  29.  Giuseppe  Giammooa  di  Matteo,  id.  —  30.  Pie- 
tro Troja  di  Giuseppe,  id.  —  31.  Erasmo  Enea  di  Pietro,  id.  —  3.2.  Francesco 
Billeci  di  Antonino,  id.  —  33.  Sebastiano  Siino  del  fu  Ciro,  id.  —  34.  Gioacchino 
Troja  di  M.  Giuseppe,  id.  —  35.  Simone  Cardinale  di  Giovanni,  id.  —  3G.  Nun- 
zio La  Fata  di  Battista  da  Carini  —  37.  Gaetano  Amato  di  Vincenzo,  id.  —  38. 
Pietro  Ferranti  di  Croce,  id.  —  39.  Vito  Passalacqua  del  fu  Vincenzo,  id.  — 
40.  Girolamo  Scalici  di  Pietro,  id. —  41.  Francesco  Anello  del  fu  Antonino,  da 
C«pac«.  —  42.  Erasmo  Troja  di  Angelo.  Id.  —  43.  Pietro  Cataldo  di  licrnardo, 
id.  —  4i.  Giuseppe  Cataldo  di  Pietro,  id.  —  45.  Vincenzo  Battaglia  del  fu  Vin- 
cenzo, id.  —  46.  Erasmo  Do  Majo  di  Filippo,  id.  —  47.  Filippo  Di  Majo  di  E- 
ranno,  id.  —  48.  Giovanni  Macaluso,  Mozzo  del  Leuto,  id.  —  49.  Maestro  Anto- 
nino Troja  di  Maestro  Pietro,  id.  ■—  50.  Salvatore  Croco  di  Girolamo,  id.  —  5L 
Giu«epp«  Siino  di  Sobastiano,  id.  —  52.  Pietro  Siino  di  Sebastiano. 


APPENDICE  CXXXl 


II  Consiglio  meilesiino,  uniformandosi  alle  conclusioni  del  Commissario  del 
Re ,  ed  alla  stessa  unanimità ,  ha  dichiarato  che  costa  che  siano  colpevoli  di 
reati  di  cui  s'imputano  tutti  gli  individui  as::enti  appresi  nel  succitato  notamento. 

Fatta  la  dichiarazione  di  reità,  il  presidente  ha  interpellato  il  Consiglio  colla 
seguente 

QUISTIONE  DI  DRITTO 

È  applicabile  per  nove  colpevoli  presenti,  e  ciìiquantatre  assenti  la  pena  ca- 
pitale proposta  dal  Commissario  del  Re  nelle  sue  conclusioni? 

Visti  gli  articoli  129,  130  e  131  LL.  PP.; 

Considerando  che  gl'indicati  assenti  hanno  tutti  preso  parto  attiva  nella  de- 
vastazione, omicidi,  incendi  o  saccheggi  avvenuti  in  Capaci  il  giorno  dodici  lu- 
glio 1837; 

Considerando  che  sono  risultati  rei  degli  stessi  misfatti  i  nove  individui  pre- 
senti al  giudizio; 

Considerando  che  al  di  più  dei  sudetti  reati  si  sono  macchiati  anche  di  quello 
di  rivoluziono  ad  uso  criminoso,  usando  il  cannone  e  le  altre  armi  Regio  d«-I 
Leuto  N.  87  in  crociera; 

Il  Consiglio  di  Guerra  alla  unanimità  di  voti  e  conformemente  alla  requi- 
sitoria del  Commissario  del  Re ,  ha  dichiarato  doversi  applicare  la  pena  dello 
stosso  P.  M.,  quindi  ha  condannato  e  condanna  Erasmo  Cardinale  del  fu  Vin- 
cenzo dell'Isola  delle  Femmine,  Francesco  Rizzo  di  Francesco  da  Capaci,  Gio- 
van  Battista  Di  Marco  del  fu  Filippo  da  Palermo,  Salvatore  Milano  del  fu  Gae- 
tano da  Palermo ,  Giacomo  Guglia  del  fu  Giovan  Battista  da  Palermo ,  Anto- 
nino Riccobono  di  Antonino  da  Capaci ,  Giuseppe  Macaluso  di  Francesco  da 
Capaci,  Erasmo  Riccobono  di  Antonino ,  alias  Nasca ,  da  Capaci  ed  Erasmo 
Giammona  di  Rocco,  alias  Totnro,  da  Capaci ,  alla  pena  di  morte  da  espiarsi 
colla  fucilazione  intra  il  termine  di  tre  ore  dopo  lotta  ai  condannati  la  presente 
sentenza. 

Ha  parimenti  condannato  alla  pena  capitalo  da  vcrifìcarsi  nello  stesso  modo 
i  colpevoli 

ASSENTI 

1.  Erasmo  Ferrante  Forticchio  di  Cesare.  —  2.  Antonino  Crivelli.  —  3.  An- 
tonio Crivelli,  alias  Marinarelli.—i.  Erasmo  Riccobuono  Naddo. —  5.  Pasquale 
Strarzera  Tntpanise.—6.  Pietro  Cardinale. — 7.  Francesco  Di  Majo  Maiitizza.— 
8.  Francesco  Ferranti  di  Cesare  — 9.  Pietro  Di  Majo  del  fu  Salvatore. — 10.  K- 
rasmo  Crivelli  di  Giuseppe. — li.  Domenico  Di  Mercurio  di  Erasmo. — 12.  Sal- 
vatore Cardinale  Ahanella  di  Vincenzo. — 13.  Antonino  Di'  Mercurio. —  14.  Gio- 
vanni Dominici.  —  15.  Oiujeppc  Riccobono  Nudilo,  —  IG.  Francesco  Rizzo. — 
17.  Giuseppe  Rizzo,  alias  rorcelluzso,  di  Erasmo.  —  18.  Franco    Macaluso.— 


P.TTTTT  APPENDICE 


19.  Giovanni  Riccobono  Chianchiarelli  di  Erasmo.  —  20.  Antonino  Intravaja 
Ballottola. — 21.  Francesco  Costanzo.  —  22.  Angelo  Costanzo,  alias  Testazza.  — 
23.  Erasmo  Rappa  Cartaso  del  fu  Giuseppe. — 24.  Salvatore  Giaramona  Tataro. 
— 25.  Pietro  Giaramona  Tataro.  —  26.  Vincenzo  Giammona.  —  27.  Francesco 
Enea  Pecora. — 28.  Erasmo  Fontana.  —  29.  Giovanni  Costa  Bavano.  —  30.  Ciro 
Giammona  Untacapala  del  fu  Pietro. — 31.  Erasmo  Longo  di  Giuseppe  e  M.  La 
Pietra.  —  32.  Antonino  Intravaja  Ballottola.  —  33.  Francesco  Rizzo  Chiachiaro 
di  Rosario. — 34.  Vincenzo  Siino  di  Erasmo. — 35.  Giuseppe  Partonico  Climmo. — 
36.  Francesco  Di  Mercurio  Verrina. — 37.  Giuseppe  Enea  del  fu  Rocco. — 38.  An- 
tonino Tramo  di  Antonino. — 39.  Domenico  Taormina  del  fu  Rosario. — 40.  Era- 
smo Cataldo  Russo. — 41.  Antonino  Riccobono.  —  42.  Erasmo  Giammona  del  fu 
Pietro. — 43.  Angelo  Russo. — 44.  Francesco  Russo. —  45.  Ciro  Giammona  Pisci- 
tello.  —  46.  Giuseppe  Rappa  di  Salvatore.  —  47.  Pietro  Di  Majo  Manuzza.  — 
48.  Francesco  Riccobono  di  Erasmo.  —  49.  Erasmo  Riccobono  di  Francesco.— 
50.  Rosario  Giammona. — 51.  Francesco  Giammona  di  Rosario.  —  52.  Francesco 
Rizzo  del  fu  Giuseppe  Penanch. — 53.  Giuseppe  Giammona  II  macul. 

Alla  stessa  unanimità  di  voti  ed  uniformemente  alle  conclusioni  del  Rela- 
tore, ha  dichiarato  che  non  costa  abbastanza  che  i  seguenti  individui  sinno  col- 
pevoli di  reati  che  gli  s'imputano  e  quindi  ha  ordinato  che 

1.  Francesco  Bruno  di  Antonino,  da  Capaci. — 2.  Giuseppe  di  Mercurio  del  fu 
Ucn'^detto,  id. — 3.  Erasmo  Bologna  del  fu  Stefano,  id. — 4.  Francesco  Cardinale 
Ciuco  Bianco  di  Salvatore,  id. — 5.  Francesco  Cardinale  dell' Occhio  del  fu  Era- 
smo, id. — 6.  Antonino  Rappa  di  Erasmo,  id. — 7.  Marco  Bruno  di  Antonino,  id. 
—  8.  Pietro  Murania  di  Erasmo,  id.  —  9.  Rosa  Enea  Pecora  di  Rocco,  id.  — 
10.  Vincenzo  Intravaja  di  Giuseppe,  id. — 11.  Pasquale  Noto  del  fu  Stefano,  da 
Palermo. —  12.  Giovanni  Mancuso  del  fu  Giuseppe,  id. —  13.  Domenico  Briga- 
lisi  del  fu  Girolamo,  id. — 14.  Agostino  Sansone  di  Filippo,  id. — 15.  Sebastiano 
Siino  di  Erasmo,  da  Capaci. — 16.  Erasmo  Siino  di  Sebastiano,  id. — 17.  Paolo  Di 
Mercurio  di  Domenico,  id. — 18.  Antonino  Bruno  di  Bernardo,  id.— 19.  Benedetto 
Bruno  di  Benedetto,  id. — 20.  Benedetto  Bruno  del  fu  Antonino,  id. —  21.  Mae- 
stro P>asmo  Troja  di  Pietro,  id. — 22.  Antonino  Vassallo  di  Benedetto,  id. — 23. 
Bartolo  Siino  di  Sebastiano,  id.— 24.  Erasmo  Rizzo  di  Francesco,  id. 

Siano  rimessi  al  tribunale  ordinario  per  esservi  regolarmente  giudicati ,  o 
poiché  per  i  rimanenti  imputati  è  risultato  non  esservi  luogo  a  procedimento 
penale,  il  Consiglio  alla  stessa  unanimitìi  di  voti  e  conformemente  alla  requisi- 
toria del  Commissario  del  Re,  ha  ordinato  che  siano  subito  messi  in  libertà. 
Le  speso  del  giudizio  da  liquidarsi  in  favore  del  Regio  Erario. 
Fatta  e  pubblicata  in  continuazione  del  dibattimento  dal  suddetto  Consiglio 
di  Ouerra  oggi  li  duo  agobtu  1837  ,  allo  oro  10  pomeridiano  nel  Coniunu  di 
Carini. 

Firmato:  Gennaro  Salenti  Maggiore,  Presidonto— Salvatore  Pucci  Capitano, 


APPENDICE  oirsin 


Giudice — Sigismondo  Spedicati  Capitano,  Giudice — Raffaele  Santorelli  Capitano, 
Giudice— Leandro  Curione  1°  Tenente,  Giudice — Egidio  Pucci  1"  Tenente,  Giu- 
dice— Nicola  Carris  2"  Tenente,  Giudice— Filippo  Palomba,  2°  Tenente.  Giudice 
— Luigi  Ponz  De  Leon  1"  Tenente,  Commissario  del  Re — Giovanni  Torrenteros 
Caporale,  Cancelliere. 

//  Commissario  del  R»  Il  Cancelliere 

Luigi  Ponz  De  Leon,  1°  Tenente  Giovanni  Torrenteros,  Caporale 

Visto 
Il  Brigadiere  Comandante  la  Valle 

VlAL. 


IL 

Ferdinando  II  ^>er  la  grazia  di  Dio,  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec,  Duca  di  Parma ,  Piacenza ,  Castro  ec.  ec. ,  Gran 
Principe  Ereditario  di  Toscana  ec,  ec.  ec. 

Il  Consiglio  di  Guerra  di  corpo  dell' 8"  di  Linea,  Reggimento  di  Calabria, 
composto,  per  ordine  del  signor  Colonnello  Cavaliere  Don  Orazio  Atramblò,  Co- 
mandante il  suddetto  Reggimento ,  e  la  colonna  mobile  di  Carini,  dei  signori 
Cavaliere  Don  Gaetano  lovane,  Maggiore  Presidente,  Capitani  D.  Pietro  Milon, 
Don  Salvatore  Pucci  e  Don  Raffaele  Renna,  1"  Tenente  D.  Arcangelo  Di  Mar- 
tino, secondi  Tenenti  Don  Raffaele  De  Majo  e  Don  Giovanni  D'Argemonti,  Al- 
fiere D.  Vincenzo  De  Vico,  Giudice  Commissario  del  Re,  1"  Tenente  Don  Luigi 
Ponz  De  Leon  ff.  da  P.  M. ,  assistiti  dal  2°  Sergente  Angelo  Danneo  Cancel- 
liere, convocato  per  procedere  in  modo  subitaneo  a  carico  di  Pietro  Rìzjk)  Pe- 
nanca  di  Giuseppe  ,  Rosalia  Giammone  in  Bruno  ,  Francesco  Enea  del  fu  Be- 
nedetto, Giuseppe  Battaglia  del  fu  Francesco ,  Erasmo  Longo  del  fu  Giusto, 
Simone  Cardinale  di  Giacomo  ,  Giulio  Cardinale  di  Giacomo ,  Maria  Puccio  in 
Mutolo,  Vito  Guastella  del  fu  Nicola,  Francesco  Croce  di  Mastro  Giuseppe, 
Pietro  De  Majo  del  fu  Salvatore,  Bartolomeo  Troja  del  fu  Antonino  alias  Riun, 
ed  Antonio  Crivelli  del  fu  Antonino,  imputati  di  ribellioni ,  omicidi,  incendi  e 
saccheggi,  reati  avvenuti  i  giorni  dodici  e  tredici  luglio  1837  in  Capaci. 

Inteso  il  Cammissario  del  Re  nelle  sue  orali  conclusioni,  non  che  gli  accu- 
sati ed  i  loro  difensori  in  tutti  i  mezzi  di  difesa  addotti  per  estendere  la  col- 
pabilità; 

II  Presidente,  dietro  il  riassunto  della  causa,  ha  proposto  la  seguente 

QUISTIONE  DI  FATTO 

Costa  i  nominati  Pietro  De  Majo  fu  Salvatore,  Antonino  Crivelli  del  fu  An- 
tonino ,  Giulio  Cardinale  di  Giacomo ,  Francesco   Enea  fu  Benedetto  ,  Erasmo 


CXXXIV  APPBNDIOB 


Longo  fu  Giusto,  Simone  Cardinale  di  Giacomo,  Vito  Guastella  del  fu  Nicola, 
Maria  Puccio  in  Mutolo,  Bartolomeo  Troja  del  fu  Antonino,  Giuseppe  Battaglia 
del  fu  Francesco,  Francesco  Croce  di  Maestro  Giuseppe,  Rosalia  Giammone  in 
Bruno  e  Pietro  Rizzo  Penanca  di  Giuseppe  sieno  colpevoli  di  misfatti,  di  ribel- 
lioni, omicidi,  incendii  e  saccheggi  avvenuti  il  giorno  dodici  luglio  in  Capaci? 

1.  Considerando  che  le  ribellioni ,  omicidi ,  saccheggi  ed  incendi  suddetti 
hanno  portato  la  desolazione  in  un  Comune  contro  la  classe  delle  persone  ci- 
vili, e  quindi  eccitata  la  Guerra  Civile  contro  gli  abitanti  di  una  stossa  popo- 
lazione; 

2.  Considerando  che  Pietro  De  Majo  del  fu  Salvatore  figurò  da  capo  ecci- 
tatore la  rivolta  nel  disarmo  ed  incendi  suindicati,  ov'egli  particolarmente  si  di- 
stinse per  la  credultà  e  la  rapina; 

3.  Considerando  che  Antonio  Crivelli  del  fu  Antonino,  armato  di  fucile,  fu 
uno  dei  primi  ad  unirsi  coi  capi  rivoluzionari,  figurò  costantemente  in  tutti  i 
criminosi  avvenimenti  di  quel  giorno,  e  che  pertossi  alla  testa  di  altri  ammu- 
tinati in  casa  dell'Arciprete  dello  stesso  Comune,  obbligandolo  colla  forza  a  fir- 
mare la  dichiarazione  di  essersi  rinvenuto  il  veleno  nelle  famiglie  civili,  già  sac- 
cheggiate, incendiate  e  distrutte; 

4.  Considerando  che  Giulio  Cardinale  di  Giacomo ,  Francesco  Enea  fu  Be- 
nedetto, Erasmo  Longo  fu  Giusto ,  Simone  Cardinale  di  Giacomo  e  Vito  Gua- 
stella fu  Nicola,  imputati  dei  reati  medesimi,  per  la  brevità  del  tempo,  e  forma 
di  giustizia  non  si  sono  potuti  approfondire  o  fissare  particolari  gradi  di  col- 
pabilità; 

5.  Considerando  che  por  Maria  Puccio  in  Mutolo,  Bartolomeo  Troja  del  fu 
Antonio,  Giuseppe  Battaglia  del  fu  Francesco,  Francesco  Croce  di  Maestro  Giu- 
seppe, Rosalia  Giammona  in  Bruno  e  Pietro  Rizzo  Penanca  di  Giuseppe,  in  tutto 
il  corso  del  dibattimento  non  si  è  trovato  a  carico  loro  colpabilità  veruna; 

Il  Consiglio  di  Guerra  por  le  suddette  considerazioni  dichiara  ad  unanimità 
di  voti  colpevoli  dei  reati  su  espressi  Pietro  De  Majo  fu  Salvatore  ed  Antonio 
Crivelli  del  fu  Antonino  alla  maggioranza  di  voti  di  sei  sopra  duo ,  colpevoli 
dei  medesimi  misfatti; 

Dichiara  per  Giulio  Cardinale  di  Giacomo,  Francesco  Enea  fa  Benedetto,  K- 
rasmo  Longo  fu  Giusto,  Simone  Cardinale  di  Giacomo  o  Vito  Guastella  fu  Ni- 
cola non  costn  abbastanza  la  di  loro  colpabilità; 

K  che  per  Maria  Puccio  in  Mutolo,  Bartolomeo  Troja  del  fu  Antonio,  Giu- 
seppe Battaglia  del  fu  Francesco ,  Francesco  Croce  di  Maestro  Giuseppe ,  Ro- 
salia Giammona  in  Bruno  e  Pietro  Rizzo  Penanca  di  (ìiuseppo  costa  che  non 
BÌsno  colpevoli. 

Fatta  la  dichiarazione  di  reità,  il  Presidente  ha  interpellato  il  Consiglio  colla 
pruttentu  quÌHtiune  di  dritto: 

È  spplicahilo  por  Pietro  Do  Majo  fu  Salvatore,  Antonio  Crivelli  del  fu  An- 
tonino la  pena  di  morie  proposta  dal  Commissario  del  Re  nello  sue  conclusioni? 


APPENDICE  OXZZV 


Per  Giallo  Cardinale  di  Giacomo ,  Francesco  Enea  fu  Benedetto ,  Erasmo 
Longo  fu  Giusto ,  Simone  Cardinale  di  Giacomo  e  Vito  Guastella  fu  Nicola, 
debbono,  giusta  la  conclusione  del  Pubblico  Ministero,  essere  rimessi  al  Tribu^ 
naie  competente  por  più  ampia  istruzione,  e  finalmente  pei  rimanenti  Maria  Puc- 
cio in  Mutolo,  Bartolomeo  Troja  del  fu  Antonio,  Giuseppe  Battaglia  del  fu  Fran- 
cesco, Francesco  Croce  di  Mastro  Giuseppe,  Rosalia  Giammona  in  Bruno  e  Pietro 
Rizzo  Penanca  del  fu  Giuseppe,  per  i  quali  costa  che  non  siano  colpevoli,  deb- 
bono uniformemente  alle  conclusioni  del  Commissario  del  Re  essere  posti  in  li- 
bertà? 

Visti  gli  articoli  129,  130  e  131  Leggi  Penali: 

Il  Consiglio  di  Guerra  ad  unanimità  di  voti  ha  condannato  e  condanna  Pie- 
tro De  Majo  del  fu  Salvatore  e  Antonio  Crivelli  del  fu  Antonino  alias  Naso 
alla  pena  di  morte  da  espiarsi  colla  fucilazione  nel  Comune  di  Capaci,  ove  ac- 
caddero i  misfatti  suddetti; 

Ha  ordinato  che  Giulio  Cardinale  di  Giacomo,  Francesco  Enea  fu  Benedetto, 
Erasmo  Longo  fu  Giusto  ,  Simone  Cardinale  di  Giacomo  e  Vito  Guastella  fu 
Nicola  sieno  rimessi  alla  Commissione  Militare  di  Palermo  per  essere  piìi  esat- 
tamente approfondite  le  imputazioni  di  cui  sono  gravati; 

Ed  alla  stessa  unanimità  di  voti  e  conformi^mente  alle  conclusioni  del  Pub- 
blico Ministero  ha  ordinato  che  Maria  Puccio  in  Mutolo,  Bartolomeo  Troja  del 
fu  Antonio,  Giuseppe  Battaglia  del  fu  Francesco ,  Francesco  Cioco  di  Maestro 
Giuseppe,  Rosalia  (ìiammona  in  Bruno,  Pietro  Rizzo  Penanca  di  Giuseppe  siano 
subito  messi  in  liberti\. 

Le  spese  del  giudizio  a  carico  dei  condannati  debbono  liquidarsi  in  favore 
della  Reale  Tesoreria. 

Fatto,  chiuso  e  pubblicato  in  continuazione  del  dibattimento  del  suddetto 
Consiglio  di  Guerra  subitaneo,  oggi  il  l"  settembre  1837,  alle  ore  nove  pomeri- 
diane nel  Comune  di  Carini. — Seguono  le  firme. 

Gaetano  levane  Maggioro  Presidente  —  Pietro  Milon  Capitano  —  Salvatore 
Pucci  Capitano— Raffaele  Renna  Capitano — Arcangelo  Do  Martino  1°  Tenente 
— Raffaele  De  Majo  2"  Tenente— Giovanni  D'Argemonti  2°  Tenente — Vincenzo 
De  Vico  Alfiere  —  Luigi  Ponz  De  Leon  1°  Tenente,  Commissario  del  Re,  sotto 
ff.  di  P.  M. — Angelo  Danneo  2"  Sergente,  Cancelliere. 

Per  copia  conforme  all'originale  Visto 

//  Cancelliere  II  Commissario  del  Re 

Angelo  Danneo,  2"  Sergente.  Luigi  Ponz  db  Leon,  1»  Tenente. 

Visto 
^^  Il  Brigadiere  Comandante  la  Valle 

VlAL. 


CXXXVI  APPENDICE 


III 

Ferdinando  li  per  la  grazia  di  Dio  Re  del  Regno  delle  de  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ecc.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ecc.  Gran  Prin- 
cipe ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

Il  Consiglio  di  Guerra  di  Corpo  dell'  8°  di  linea,  Reggimento  Calabria, 
composto  per  ordine  del  signor  Colonnello  Cav.  Don  Orazio  Atramblè,  Coman- 
dante il  sudetto  corpo,  e  la  colonna  mobile  di  Carini,  dei  signori  Cav.  D.  Gae- 
tano levane  Maggiore  Presidente — capitani  D.  Pietro  Milon,  D.  Segismondo 
Spedicati  e  D.  Giuseppe  Musso, — primi  Tenenti  D.  Egidio  Pucci  e  D.  France- 
sco Presti,  secondo  Tenente  D.  Antonino  Rinaldi;  alfiere  ,  D.  Giuseppe  Fusco 
giudici,  commessario  del  Re  capitano  D.  Luigi  Ponz  de  Leon  colle  funzioni 
di  P.  M.,  assistiti  dal  2°  sergente  Angelo  Danneo  cancelliere,  convocato  per 
procedere  in  modo  subitaneo  a  carico  degli  imputati  presenti  Francesco  Taor- 
mina Lupo  di  Vincenzo  ,  Francesco  Cataldo  alias  Rucchidda  del  fu  Giuseppe, 
Giuseppe  Gagliotta  fu  Gerolamo,  Vincenzo  Marciano  di  Carlo,  Salvatore  Mar- 
ciano di  Carlo,  Leonardo  Minni  fu  Antonino,  Vincenzo  Lo  Cascio  alias  Lesi- 
neUa  del  fu  Pietro,  Giuseppe  Musso  fu  Ambrogio.  Angelo  Mannino  alias  Rao-' 
chiddu  del  fu  Giovanni,  Pietro  Cataldo  Rucchiddu  di  Vincenzo,  Vincenzo  Taormina 
Lupo  fu  Francesco,  Pietro  Bozzetta  fra  diavolo  fu  Pietro,  Salvatore  Arusa,  A- 
gostino  Arusa  figli  di  Gervaso,  Giovan  Battista  Chianti  di  Antonio,  Francesco 
Cucuzza  di  Domenico,  Domenico  Giambanco  Turco  fu  Francesco  ,  Croco  Maz- 
zamuto  fu  Gaspare,  Antonio  Marciano  di  Carlo,  Benedetto  Leto  fu  Francesco, 
Vincenzo  Randazzo  alias  Budorone  di  Rosario,  Gaspare  Merentino  di  Pietro, 
Antonino  Aglio  Ferrante  alias  Passulidda  fu  Vincenzo  ,  Girolamo  fu  Giovanni 
e  Giovanni  Finazza  fu  Carlo,  ed  assenti  Salvatore  Cataldo  alias  Rucahiddu  di 
Vincenzo,  Stefano  Fileccia  Ceruglione,  Pieti-o  Iacono  Morso  e  Giovanni  Arusa 
di  GcTvatfo,  imputati  come  capi  ed  istigatori  della  rivolta  avvenuta  il  giorno 
16  luglio  1837  in  Carini. 

inteso  il  commessario  del  Re  nelle  sue  orali  conclusioni,  nonchò  gli  accu- 
sati ed  i  loro  difensori  in  tutti  i  mezzi  di  difesa  addotti  per  escludere  la  col- 
pabilità; 

n  presidente  dietro  il  riassunto  della  causa,  ha  proposto  le  seguenti 

QUISTIONl  DI  FATTO 

Costa  che  i  nominati  Francesco  Taormina  Lupo  di  Vincenzo  ,  Salvatore 
Cataldo  Rucchiddu  di  Vincenzo,  Vincenzo  Citaldo  Rucchiddu  fu  Giuseppe, 
Ginseppe  Cagliotta  fu  Girolamo,  Vincenzo  Marciano  di  Carlo,  Salvatore  Mar- 
ciano di  Carlo,  Leonardo  Menni  di  fu  Antonio,  Vincenzo  Lo  Cascio  alias  Ren- 
ndta  del  fu  Pietro,   Giuseppe  Muso  fu  Ambrogio,    Angelo  Mannino  alias  Ruc- 


APPENDICE  CXXXVII 


chiddu  fu  Giovanni,  Pietro  Cataldo  Rucchiddu  di  Vincenzo,  Vincenzo  Taor- 
mina Lupo  fu  Francesco  ,  Pietro  Bozzstta  t\'a  diavolo  fu  Pietro,  Salvatore 
Arusa,  Agostino  Arusa  di  Gervaso  e  Stefano  Plescii  Cicigliono,  Giovanni  Bat- 
tista Glandi  di  Antonio,  Francesco  Cucujza  di  Domenico ,  Domenico  Giani- 
banco  Turco  fu  Francesco  ,  Croco  Mazzanento  fu  Gaspare,  Salvatore  Marciano  di 
Carlo,  Pietro  Iacono  Morso,  Benedetto  Leto  fu  Francesco,  Vincenzo  Randazzo 
di  Rosario,  Gaspare  Merendino  di  Pietro,  Giovanni  Anisa  di  Gervaso,  Antonio 
Aglio  Fenandi  alias  Passulidda  fu  Vincenzo,  Girolamo  Finazza  fu  Giovanni, 
Giovanni  Finazza  fu  Carlo  siano  colpevoli  di  capi  ed  istigatori  alla  rivolta  16 
luglio  avvenuta  in  Carini  ? 

1°  Considerando  che  Salvatore  Cataldo  cdlas  lìucchiddu  fu  uno  dei  capi  che 
si  armò  o  induceva  gli  altri  ad  armarsi  per  eccitare  la  guerra  civile  tra  gli  abi- 
tanti di  una  stessa  popolazione; 

2°  Considerando  che  istigatore  primo,  unito  a  Giuseppe  Giambanco  aliaa 
Comito,  cospirò  contro  1'  ordine  pubblico,  vita  e  sostanza  di  una  classe  di  pei- 
sone; 

3"  Considerando  che  diede  con  effetto  esecuzione  ai  suoi  criminosi  progotti 
che  per  la  fermezza  della  forza  pubblica  rimase  misfatto  mancato; 

Il  Consiglio  di  Guerra  uniformemento  alla  requisitoria  del  P.  M.  dichiara 
che  sia  Salvatore  Cataldo  alias  Rucchiddu,  assente,  roo  di  capo  ed  istigatore  alla 
rivolta. 

Considerando  che  Francesco  Taormina  Lupo  di  Vincenzo,  Salvatore  Mar- 
ciano di  Carlo  ,  Vincenzo  Marciano  di  Carlo  ,  Gaspare  Merendino  di  Pietro, 
Francesco  Cucuzza  di  Domenico,  Pietro  Cataldo  Rucchiddu  di  Vincenzo,  Leo- 
nardo Minni  del  fu  Antonio,  Angelo  Mannino  Rucchiddu  fu  Giovanni  e  Gio- 
vanni Battista  Chianti  di  Antonio,  imputati  dei  reati  medesimi,  per  la  brevità 
del  tempo  e  forma  di  giudizio  ,  non  si  sono  potuti  approfondire  e  fissare  i 
particolari  gradi  di  colpabilità; 

Considerando  che  Vincenzo  Cataldo  Rucchiddu  di  fu  Giuseppe,  Gagliotta 
fu  Girolamo,  Vincenzo  lo  Cascio  Rcsinella  fu  Pietro,  Vincenzo  Taormina  Lupo 
fu  Francesco,  Pietro  Bozzetta  Fra  diavolo  fu  Pietro,  Salvatore  Arusa,  Agostino 
Arusa  e  Giovanni  Arusa  figli  di  Gervaso,  Stefano  Filcccia  Ciciglione ,  Pietio 
Iacono  Morso ,  Benedetto  Leto  fu  Francesco,  Vincenzo  Randazzo  Budorone  di 
Rosario,  Antonino  Aglio  Ferrante  alias  passuliddu  fu  Vincenzo,  Girolamo  Fi- 
nazza fu  Giovanni,  Giovanni  Finazza  fu  Carlo,  Croce  Mazzamuto  fu  Gaspare, 
Giuseppe  Musso  fu  Ambrogio,  Domenico  Giambruno  Turco  fu  Francesco  e  An- 
tonino Marciano  di  Carlo  in  tutto  il  corso  del  dibattimento  non  si  è  trovato  a 
loro  carico  colpabilità  veruna; 

11  Consiglio  di  Guerra  dichiara  alla  maggioranza  di  voti  cinque  sopra  tre 
pei  sunnominati  Francesco  Taormina  Lupo  di  Vincenzo,  Salvatore  Marciano  di 
Carlo,  Vincenzo  di  Marciano  di  Carlo,  Gasparo  Merendino  di  Pietro,  Francesco  Cu- 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Aimo  XV,  \^ 


cxxxviii  Arrc^JDicE 

cnzzn  di  Domenico,  Pietro  Cataldo  lìncch'aldu  di  Vincenzo,  Leonardo  Minni  del 
fu  Antonio,  Angelo  Mannino  lìacchkìdu  fu  Giovanni  e  Giovan  Battista  Chianti 
di  Antonio,  non  costa  abbastanza  che  siano  colpevoli; 

Dichiara  inoltre  che  per  i  rimanenti  costa  che  non  siano  colpevoli. 

Fatta  la  dichiarazione  di  reità  ,  il  Presidente  ha  interpellato  il  consiglio 
colla  seguente 

QUISTIONE  DI  DRITTO 

È  applicabile  per  Salvatore  Cataldo  alias  Rucchiddu  di  Vincenzo  la  pena 
di  morte  proposta  dal  Commissario  del  Re  nelle  sue  conclusioni  ? 

Francesco  Taormina  Lupo  di  Vincenzo  ,  Salvatore  Marciano  di  Carlo, 
Vincenzo  Marciano  di  Cai  io,  Gasparo  Merendino  di  Pietro,  Francesco  Cucuzza 
di  Domenico,  Pietro  Cataldo  lìucchiddn  di  Vincenzo  ,  Leonardo  Minili  del  fu 
Antonio,  Angelo  Mannino  Rucchiddu  fu  Giovanni  e  Giovan  Battista  Chianti 
fu  Antonio  debbono  giustii  le  conclusioni  del  P.  M  essere  rimessi  alla  com- 
missione militare  per  più  amplia  istruzione? 

E  finalmente  i  rimanenti  per  i  quali  costa  che  non  sieno  colpevoli  debbono 
uniformemente  allo  conclusioni  del  Commissario  del  Re  essere  posti  in  li- 
bertà ? 

Visti  gli  articoli  129,  130  e  131  LL.  PP. 

Il  Consiglio  di  Guerra  all'unanimità  di  voti  ha  condannato  e  condanna  Sal- 
vatore Cataldo  alias  lìucchiddu  di  Vincenzo  ,  assente,  alla  pena  di  morte  da 
espiarsi  colla  fucilazione. 

Ed  alla  maggioranza  di  cinque  voti  sopra  tre  ha  ordinato  che  Francesco 
Taoi-mina  Lupo  di  Vincenzo,  Salvatore  Marciano  di  Carlo,  Vincenzo  Marciano 
di  Carlo,  Gasparo  Merendino  di  Pietro,  Francesco  Cucuzza  di  Domenico,  Pietro 
Cataldo  Rucchiddu  di  Vincenzo,  Leonardo  Minni  fu  Antonio,  Angelo  Mannino 
Rucchiddu  fu  Giovanni  e  Giovan  Battista  Chianti  di  Antonio,  sieno  rimessi 
alla  commissiono  militare  in  Palermo,  perdio  pronunzi  sul  grado  di  colpabilità 
ad  essi  imputabile. 

All'unanimità  di  voti  e  conformemente  alla  conclusione  del  P.  M.  ha  ordi- 
nato che  Vincenzo  Cataldo  Rucchiddu  fu  Giuseppe,  Giuseppe  Gagliotta  fu  Gi- 
rolamo, Vincenzo  Lo  Cascio  Resinella  del  fu  Pietro,  Vincenzo  Taormina  Lupo 
fu  Francesco,  Pietro  Bazzotta  Ffa  diavolo  fu  Pietro,  Salvatore  Arusa,  Agostino 
Arusa  o  Giovanni  Arusa  figli  di  Gervaso,  Stefano  Filoccia  Cicigliono,  Pietro 
Iacono  Morso,  Benedetto  Leto  fu  Francesco.  Vincenzo  Randazzo  Budorono  di 
Koaarìo,  Antonio  Aglio  Ferrante  alias  Vassnliddu  fu  Vincenzo  ,  Girolamo  Fi- 
nazza  fu  Giovanni,  Giovanni  Finazza  fu  Carlo,  Croco  Mazzamuto  fu  Gaspare, 
Giuseppe  Musso  fu  Ambrogio,  Domenico  Giambanco  Turco  fu  Francesco  od 
Antonio  Marciano  di  Carlo  sieno  subito  mossi  in  libertà. 

|iO  anoso  del  prcoooto  giudizio  da  liquidarsi  in  favore  della  Rea]  '^osorepa, 


AH'EÌfblÒfi  CiJXXlJt 


Fatto,  chiuso  o  pubblicato  in  continuazione  del  dibattimento  del  suddetto 
Consiglio  di  Guerra  subitaneo,  og;^i  li  15  settembre  1837  alle  ore  duo  pomeri- 
diane—Seguono lo  fumo:  Gaetano  lovene  Mag.  Presidente — Pietro  Milon  Ca- 
pitano Giudice — Sigismondo  Spedicati  Capitano  Giudice — Giuseppe  Musso  Ca- 
pitano Giudice — l'Egidio  Pucci  primo  Tenente  Giudice — Francesco  Presti  primo 
Tenente  Giudice  —  Giuseppe  Fusco  Alfiere  Giudice  —  Luigi  Ponz  do  Leon  Ca- 
pitano Commissario  del  ile  coìlc  iì.  di  P.  M. —  Angolo  Daunco  2"  Sergente  Can- 
celliere. 

Per  copia  conformo  nll'originalc  Visto 

Il  Cancelliere  II  Cominessario  del  Re 

Angelo  Danneo,  'i'  Sergente  Luigi  Ponz  de  Leon 

Visto 
li  Brigadiere  di  campo  Comandante  la   Valle 

ViAL 
(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LXX. 

Sentenza  della  Commissione  Militaiìe  di  Misilmeki 

Ferdinando  11  per  la  grazia  di  Dio  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ce.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ce.  ec.  Gran  Piin- 
cipe  ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

TI  Consiglio  di  Guerra  di  Corpo  del  7"  Reggimento  di  Linea  Napoli,  elevato 
in  modo  subitaneo  dietro  superiore  autorizzazione,  convocato  dal  signor  Cav.  D. 
Raffaele  Del  Giudice,  Colonnello  Comandante  il  Reggimento  e  la  Colonna  Mo- 
bile, composto  dei  signori  : 

l'residente  :  Maggioro  D.  Domenico  Do  Zolada. 

Giudici:  Capitano  D.  Agostino  Del  Carte.— Capitano  D.  Casimiro  Drago.— 
1»  Tenente  D.  Francesco  Nunziante.  —  2"  Tenente  D.  Francesco  Plunghot.  — 
2»  Sergente  Vincenzo  Lomellin.— Soldato  Raflaele  Rotondo.  —Soldato  Vittorio 
Amodeo. 

Relatore:  Cav.  D.  Cesare  Schettini,  Tenente  Commissario  del  Re. 

Cancelliere:  Antonio  Sciarrone,  Sergente. 

Si  è  riunito  nel  localo  detto  la  Casina  Cortegiani,  sita  nel  largo  della  piazza 
per  giudicare  i  nominati  : 

1.  Paolo  Badalameuti,  figlio  di  Giovanni  e  di  Rosa  Normanno,  di  anni  25  da 
Palermo,  domiciliato  iu  Misilmcri,  zagarellaro. 


CXL  APPENDICE 


2.  Giovan    Battista    Buonoiiio,  figlio   del    fu  Pietro  e  di  Rachela  Frornli  di 
anni  45,  di  Misiiracri,  possidente. 

3.  Gaetano  Perrone  figlio  del  fu  Mariano  e  di  Anna  Scliitnmonti  di  anni  20 
di  Misilmeri,  campagnuolo. 

4.  Natale  Bocchiaro  figlio  del  fu  Filippo  e  di  Maria  Dai  di  anni  25  di  Mi- 
silmeri, facchino. 

5.  Francesco  Benantc  figlio  del  fu  Onofrio  e  di  Maria  Laponaia  di  anni  25 
di  Marineo,  domiciliato  in  Misilmeri,  trafficante. 

6.  Giuseppe  Giusto  Giordano  figlio  del  fu  Domenico  e  di  Lucia  Merentino 
di  anni  3S  di  Misilmeri,  campagnuolo. 

7.  Francesco  Corrente  figlio  del  fu  Gaspare  e  della  fu  Rosalia  Misciratti 
di  anni  40  di  Misilmeri,  carrettiere. 

8.  Pietro  Sciarabba  figlio  di  Gasparo  e  di  Anna  di  Palermo,  di  anni  34  di 
Misilmeri,  piccolo  possidente. 

9-  Isidoro  Araodeo  Maggiore,  figlio  del  fu  Angelo  e  di  Anna  Pirrella  di  anni  32 
di  Misilmeri,  bracciale. 

10.  Giuseppe  De  Dado  figlio  del  fu  Giovanni  e  fu  Lconarda  Orlando  di 
anni  20  di  Misilmeri,  bracciale. 

11.  Francesco  Lo  Bove  figlio  di  Gaetano  e  di  Vincenza  Mojola  di  anni  17 
di  Misilmeri,  macellaio. 

12.  Giuseppe  Terranova  figlio  di  Giuseppe  e  della  fu  Rosalia  Sciarrino  di 
anni  20  di  Misilmeri,  carrettiere. 

13.  Paolino  Sindana  figlio  del  fu  Vincenzo  e  di  Giuseppa  Lara  di  anni  20 
di  Misilmeri,  spadalaro. 

14.  Antonio  Lepanto  figlio  di  Placido  o  della  fu  Rosa  Fiduci  di  anni  19  di 
Misilmeri,  maniscalco. 

15.  Francesco  Raffa  figlio  del  fu  Alvaro  o  fu  Agata  Romeo  di  anni  25  di 
Misilmeri,  possidente. 

16.  Filippa  La  Rosa  di  Vincenzo  di  Pisa  di  anni  29  di  Misilmeri,  mendica. 

IMPUTATI 

Di  aperta  ribellione,  di  omicidi,  saccheggi,  devastazioni,  incendi  e  sevizie  ed 
altri  reati  commessi  in  Misilmeri  a  danno  dello  autoritìv  comunali  o  molti  pa- 
cifici cittadini,  avvenuti  nei  dì  13,  14  e  15  luglio  corrente. 

Letti  gli  atti  creduti  necessari  in  dibattimento;  discusse  le  pruovc  tanto  a 
carico  che  a  discarico; 

Inteso  il  Commissario  del  Re,  relatore,  elio  ha  chiesto  dichiararsi  colpevoli 
i  nominati  Paolo  Hadalamcnti  o  Pietro  Sciarabba  per  avere  preso  parto  attiva 
con  i  capi  rivoltosi  nei  mihfatti  e  delitti  sopra  espressi ,  e  che  in  forza  dogli 
articoli  di  giii  rubricati  129,  130  o  131  LL.  PP.  siono  condannati  alla  pena  di 
morte  da  csi'guirtti  colla  fucilazione; 


APPENDICE  OLXI 


Che  si  dichiarino  colpevoli  di  complicità  non  necessaria  i  nominati  Natale 
Bocchiaro ,  Isidoro  Aniodeo  Maggioro  e  Battista  Bonomo,  e  che  sieao  condan- 
nati ai  quarto  grado  dei  ferri  in  forza  dell'art.  75,  nel  terzo  e  quarto  caso  del- 
l'art. 74  delle  stesse  leggi; 

Che  si  dichiarino  colpevoli  di  complicità  di  minor  grado  i  nominati  Giuseppe 
Di  Dado  ,  Francesco  Lo  Bovo  e  Francesco  Raffa ,  e  che  siono  puniti  in  forza 
dell'art.  132  al  2°  grado  dei  ferri; 

Che  si  considerino  colpevoli  di  modici  furti  commessi  in  simili  circostanze 
i  nominati  Giuseppe  Giusto  Giordano  e  Antonio  Lepanto  da  rimettersi  al  giu- 
dico ordinario  per  essere  giudicati; 

Infine  da  considerarsi  non  colpevoli  i  nominati  Gaetano  Perrone,  Francesco 
Corrente,  Giuseppe  Terranova ,  Paolino  Sindona  e  Filippa  La  Rosa  ,  moglie  di 
Vincenzo  Di  Pisa,  non  essendovi  pruovc  a  di  loro  carico; 

Rimanendo  aperto  il  giudizio  pel  nominato  Francesco  Benante  por  ossero 
stato  colpito,  pendente  il  presente  gi  udizio,  dal  colera  morbus,  e  i  condannati  alle 
spose  del  giudizio  a  favore  del  Regio  Erario; 

Intesi  i  difensori,  e  gl'imputati  che  in  ultimo  haimo  avuto  la  parola; 

Il  Presidente,  dopo  riassunta  la  causa  o  ridottala  a  stretti  punti,  ha  proposto 
ed  elevato  le  seguenti  quistioai  : 

PRIMA  QUISTIONE  DI  FATTO 

Consta  che  i  nominati  Paolo  Badalamenti  o  Pietro  Sciarabba  siano  essi  col- 
pevoli di  aver  presa  parte  attiva,  eoa  i  capi  rivoltosi  di  Misilmori,  negli  omi- 
cidi ,  saccheggi ,  devastazioBi  ed  incendi  commessi  a  danno  di  molte  autorità 
comunali  e  pacifici  cittadini;  come  ha  chiesto  il  Commissario  del  Re  pubblico 
ministero  nelle  sue  orali  conclusioni  .^ 

SECONDA  QUISTIONE 

Consta  che  i  nominali  Natale  Bocchiaro  ,  Isidoro  Amedeo  Maggiore,  Bat- 
tista Bonanno,  Giuseppe  De  Dado,  Francesco  Lo  Bove  e  Francesco  Raffa  sieno 
colpevoli  di  complicità  nei  misfatti  ia  questione,  e  i  nominati  Giuseppe  Giusto 
Giordano  ed  Antonio  Lepanto,  colpevoli  di  modici  furti,  come  li  ha  classificati 
il  Commissario  del  Re  Relatore  ? 

TERZA  QUISTIONE 

Debbansi  considerare  non  colpevoli  i  nominati  Gaetano  Perrone,  Francesco 
Corrente ,  Giuseppe  Terranuova ,  Paolino  Sindona  e  Filippa  La  Rosa  di  Pisa; 
giusto  quanto  ha  chiesto  il  pubblico  ministero  ? 

Il  Consiglio  di  Guerra,  considerando  che  dagli  atti  raccolti  e  discussi  in  di- 
battimento sono  derivati  i  seiiueuti 


ClLtI  Ai'PES*  fateti 


FATTI 

Non  fu  elio  la  sera  del  13  luglio  corronto  clic  scoppiò  ha  tcrribilo  e  ::icdi- 
tata  congiura  clic  erasi  ordita  dalla  feccia  del  popolo  di  Misilm  ri  contro  lo 
aut-orita  comuiali,  gontiluomiiii  o  proprist^Kii  del  comune. 

L'indagamo  l'origino  non  è  difficile.  Lo  opinioni  erano  due,  l'una  della  gente 
credula  e  dabbene,  era  quella  dol  supposto  veleno  e  disarmo  che  davasi  a  ero- 
dere: l'altra  dei  bricconi  e  malintenzionati  di  ucciderò  tutte  le  autorità  che  li  te- 
nevano a  freno  o  di  appropiiarsi  dello  costoro  sostanze,  corno  infatti  successo. 

La  calca  sediziosa  entrata  sull'imbrunire  della  sera  di  quel  dì,  diveniva  ad 
ogni  istante  più  numerosa. 

L'allarme  fu  generale:  la  piccola  forza  urbana,  tre  gendarmi  e  pochi  buoni 
cittadini  furono  sopraffatti  nei  primi  scontri. 

Un  messo  spedito  dal  Rogio  Giudico  in  Vilhxbate  ,  ondo  chiedere  soccorso, 
venne  ucciso  dai  sediziosi,  divenuti  vieppiù  audaci  per  aver  superato  il  primo 
affronto,  assalgono  la  casa  del  barone  Furitano:  ivi  erano  riparati  il  Regio  Giu- 
dice e  famiglia,  pochi  urbani,  tre  gendarmi  o,  col  Baroncino  Furitano,  capo  ur- 
bano, opposero  valida  resistenza  ed  i  sediziosi  furono  respinti. 

Inaspriti  di  non  esser  riusciti  in  questa  pugna,  attaccane  da  ogni  parto  il 
paese,  uccidono  la  moglie  di  D.  Antoniuo  Torchiani  e  la  casa  messa  a  sacco 
ed  incendio:  lo  stesso  avvenne  a  quella  di  Bollitticri,  Mosca  e  di  Mariuno  Leone. 

Aggiornò  il  funesto  d"i  14,  replicano  l'assalto  alla  casa  del  barone  Furitano, 
uccidono  il  regio  Giadice  o  moglie,  D.  Vincenza  Liura,  D.  Domenico  Moralda, 
Francesco  Dell'Orto  e  moglie,  ed  un  gendarme:  infine  saccheggiano  ed  incen- 
diano interamente  quel  vasto  e  ricco  edificio. 

Fu  in  questo  crudele  macello  che  il  bavonello  Furitano  si  troncò  la  vita 
con  un  colpo  di  pistola  per  non  cadere  nelle  mani  dei  rivoltosi:  il  Itaronc  Pa- 
dre, per  miracolo,  scampò  da  quoH'cccidio. 

Non  sazii  ancora  di  tanto  innocente  sangue  sparso  si  dio  morte  all'usciere 
Lo  Carufo  e  la  casa  messa  a  ruba,  fu  ucciso  il  percettore  Caracciolo  e  suo  fi* 
glio,  la  casa  bensì  saccheggiata,  le  teste  reciso  di  questi  disgraziati  furono  por- 
tate in  trionfo  e  i  corpi  bruciati  in  pubblica  piazza. 

Si  die' morto  a  D.  Stefano  Caraffa  ed  il  cadavoro  fu  bruciato  o  la  casa  messa 
a  sacco;  del  pari  quella  di  Rositani,  Cagliura,  Vasselli,  Santoro  e  del  Comune. 

Abbenchè  un  certo  buon  ordino  si  fos^e  ristabilito  nel  14  ,  pur  tuttavia  &i 
dibumò  il  cadavere  di  un  corto  Scozzari,  morto  di  colera  da  4  giorni ,  cho  in- 
fettò il  Comune  e  por  questo  ai  dio' morte  al  medico  Carlolti,  incolpandolo  au- 
tore di  avvelenamento  nella  sua  professione. 

Il  giorno  15  alla  fine  si  compi  la  crudele  carneficina,  dando  la  morte  all'u- 
Bcicro  Hellitticri. 

A  »\  onormi  misfatti,  delitti  e  sevizie,  in  sì  barbaro  modo  conaumati,  prese 
parte  tutto  il  popolaccio,  necondatu  d'altri  consimili  dei  vicini  paesi. 


APPENDICE  CXLIII 


Tali  disordini  incominciarono  a  cessare  al  primo  annunzio  di  vicina  forza, 
al  di  cu!  arrivo  tutti  i  principali  autori  o  complici  si  diedero  alla  fuga,  rima- 
nendo latitanti  sulle  vicino  campagne ,  dondo  merei!  le  vigili  curo  del  capo 
della  colonna  moljile,  vengono  di  tratto  in  tratto  assicurati  allii  giustizia. 

Fra  i  molti  arrestati  sulle  prime  dal  Consiglio  di  Guerra  del  fi"  Cacciatori, 
duo  furono  condannati  a  morte,  e  duo  altri  all'amplia  istruiiono:  i  presenti  ar- 
restati di  poi  sono  stati  sottoposti  a!  presento  giudizio. 

SULLA  PRIMA 

Considerando  che  dalle  dcpcsizioni  dei  testimoni  esaminati  in  pubblico  di- 
battimento, affrancati  dal  detto  dei  danneggiati,  si  è  venuto  in  chiaro  che  Paolo 
Badalamcnti  0  Pietro  Sciarabba  prosaru  parto  attivissima  nei  misfatti  0  delitti 
di  sopra  trascritti,  od  in  particolare*  concorsa  ognuno  per  la  sua  parto  nell'ec- 
cidio òommesso  in  casa  del  barone  Puritano,  ed  alla  morte  di  D.  Stefano  Carac- 
ciolo e  figlio,  assicurazioni,  che  non  hanno  dato  dubbio  alcuno,  al  conviucimcnto 
dei  giudicali; 

PER  TALK  RIFLESSO 

Il  Consiglio  di  Guerra  a  pluralità  di  voti,  di  duo  meno  (dichiarando  di  non 
constaro  abbastanza)  ha  deciso  di  dichiararsi  colpevoli  i  sunnominati  Paol.»  iia- 
dalamcnti  0  Pietro  Sciarabba ,  analogamente  allo  conclusioni  del  Commissario 
Re,  Relatore. 

SULLA  SECONDA 

Considerando  che  solo  Natale  Bocchiaro,  Isidoro  Amodco  in  simili  misf;itti 
concorsero  da  complici  non  necessari,  come  del  pari  Giuseppe  Do  Dato  ed  An- 
tonio Lepanto,  con  circostanze  meno  aggravanti; 

PER  TALE  RIFLESSO 

TI  Consìglio  di  Guerra  all'istossa  pluralità  Ji  voti,  di  duo  mono ,  decise  di- 
chiararsi colpevoli  i  su  nominati  prevenuti,  facondo  in  parto  dritto  alle  conclu- 
sioni del  Relatore. 

Fatta  la  dichiarazione  di  reitii  per  Paolo  Badalamenti  0  Pietro  Sciarabba 
ed  altri; 

Il  Presidenti)  ha  intorpollato  il  Consiglio  so  credo  doversi  applicare  la  pena 
proposta  dal  Commissario  del  Re  nelle  sue  conclusioni  ai  dichiarati  colpevoli 
Paolo  Dadalanonti  0  Pietro  Sciarabba,  ai  termini  degli  articoli  129,  130  e  131 
Leggi  Penali. 

Visti  gli  articoli  129,  133,  181  delle  Leggi  Penali  in  vigore; 

Attesoché  Paolo  Badalamenti  e  Pietro  Sciarabba  vengono  colpiti  dal  previsto 
dei  succitati  aiticoli; 


CXLIV  APPENDICE 


11  Consiglio  (li  Guerra,  a  maggioranza  di  voti,  ha  deciso  doversi  applicare 
la  pena  proposta  dal  Commissario  del  Re  ,  e  quindi  ha  condannato  Paolo  Ba- 
dalamenti  e  Pietro  Sciarabba  alla  pena  di  morte  colla  fucilazione. 

Attesoché  Natale  Bocchiaro  e  Isidoro  Amodeo,  risultati  complici  non  neces- 
sari, vengono  colpiti  dal  p.  4"  di  snpra  trascritto; 

Il  Consiglio  di  Gu?rra  ha  deciso  ad  unanimità  di  voti  doversi  applicare  la 
pena,  proposta  dal  Commissario  del  Re  Relatore ,  e  perciò  ha  condannato  Na- 
tale Bocchiaro  e  Isidoio  Amedeo  alla  pena  del  mìniiuìtm  del  quarto  grado  di 
ferri  nel  Presidio,  giusta  il  prescritto  dell'articolo  9  LL.  PP. 

Attesoché  i  nominati  Giuseppe  De  Dado  ed  Antonio  Lepanto,  dichiarati  col- 
pevoli di  complicità,  ma  con  circostanze  meno  aggravanti  dei  due  primi; 

Il  Consiglio  è  divenuto  alla  discussiva  dei  gradi  di  pena,  e  ad  unanimità  di 
voti  li  ha  condannati  al  mininmin  della  pena  del  secondo  grado  dei  ferri  nel 
presidio,  cioè  di  anni  tredici. 

Il  Consiglio  di  Guerra  ha  quindi  deciso  ad  uniformità  di  voti  che  Giuseppe 
Giusto  Giordano,  Battista  Bonanno,  Francesco  Lo  Bovo  e  Francesco  Raffa,  non 
essendovi  concorse  pruove  sufficienti,  por  ora,  onde  considerarli  realmente  col- 
pevoli: all'islessa  uniformità  di  voti  ha  deciso  che  gl'imputati  suddetti  riman- 
gano sotto  custodia.  Ila  quindi  disposto  che  nel  termine  di  pochi  giorni  il  Con- 
siglio medesimo  adempia  al  prescritto  del  capo  5",  articoli  1"  e  2"  del  S.  P.  M. 

SULL'  ULTIMA 

Considerando  infine  che  la  pubblica  discussione  ha  presentate  pruovo  chiaro 
per  l'innocenza  degl'imputati  Gaetano  Perrono  ,  Francesco  Corrente ,  Giuseppe 
Terranova,  Paolino  Sindona  o  Filippa  La  Rosa  di  Pisa; 

Visto  l'art.  271  detto  S.  P.  M.; 

In  forza  quindi  del  succitato  articolo; 

Il  Consiglio  di  Guerra  mette  in  libartà  assoluta  i  sunnominali  Gaetano  Pcr- 
rone,  Francesco  Correnti,  Giuseppe  Terranova,  Paolino  Sindona  e  Filippa  La 
Rosa  di  Pisa  ,  riserbandosi  qualunque  azione  elio  potesse  competergli  contro 
ch'unque  ai  termini  del  dritto  da  sperimentarsi    jiresso  il   giudice    conipotonte. 

Rimanendo  aperto  il  giudizio  poi  nominato  Francesco  Bonante ,  colpito  dal 
colora,  pondcnto  il  presente  giudizio; 

In  forza  del  prescritto  dell'art.  292  d.'lla  Procedura  penalo,  li  condanna  pa- 
rimenti allo  spese  del  prosente  giudizio  a  favore  del  Regio  Erario. 

Rimanendo  il  tutto  a  cura  e  diligenza  del  Commissario  del  Re,  Relatore,  da 
aseguirai  la  pena  della  fucilazione  infra  il  termine  di  tre  oro  o  della  piosoiilo 
sentenza  so  no  diramino  000  copi»  in  estratto. 

Fatta,  giudicata  o  pubblicata  in  continuazione  del  dibattimento,  oggi  in  Mi- 
i)ilinori,  li  26  Inglio  1837,  allo  oro  duo  dono  la  mo;;zanott(}. 


APPENDICB  OXtV 


I  MEMBRI  DEL  CONSIGLIO 

Domenico  De  Zelada  Maggiore  Presidente — Agostino  Del  Carte  Capitano  Giu- 
dice— Casimiro  Drago  Capitano  Giudice — Francerco  Nunziante  1"  Tenente  Giu- 
dice— Francesco  Plunghet  2'  Tenente  Giudice — Vincenzo  La  Mattina  2°  Sorgento 
Giudice — Raffaele  Rotondo  soldato,  Giudice — Vittorio  Amedeo  soldato,  Giudice. 
— Commissario  del  Ro,  Relatore,  D.  Cesare  Schettini  Tenente  — Antonio  Sciar- 
rone  2''  Sergente,  Cancelliere.     • 

ATTO  1». 

Certifico  io  qui  sottoscritto  Cancelliere  di  aver  dato  lettura  della  presento 
Sentenza  ai  condannati  in  presenza  del  Commissario  del  Re  e  della  Guardia 
riunita  sotto  lo  armi,  e  si  è  rosa  esecutiva  por  la  fucilazione  dopo  tre  ore  fis- 
sate dal  Consiglio  di  Guerra  per  Paolo  Badalamenti  e  Pietro  Sciarrabba.  —  Il 
Cancelliere  Antonio  Sciarrone,  2"  Sergsmte. 

ATTO  2\ 

Certifico  che  Francesco  Benante  colpito  dal  colera  morbus,  è  morto  il  dì  28 
luglio  1837. — Antonio  Sciarrone  2"  Sergente,  Cancelliere. 

Visto 
Jl  Brigadiere  Comandante  la   Valle 

ViAL   (1). 
(ArcJiivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LXXI. 

Sentenza  della  Commissione  Militare  di  Marineo. 

Ferdinando  II  per  la  grazia  di  Dio  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ec.  ec.  Gran  Prin- 
cipe Ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

Il  Consiglio  di  Guerra  di  Corpo  del  7"  di  Linea  Napoli,  convocato  in  modo 
subitaneo  dal  signor  Colonnello  Cav.  Don  Raffaele  Del  Giudice ,  Comandante 
la  Colonna  mobile 

Composto  dei  Signori  : 

Presidente:  Maggiore  Cav.  D.  Domenico  Do  Zelada. 

Giudici:  Capitano  D.  Giuseppe  Bianchi.  —  Capitano  D.  Gennaro  Barilla.  — 


(1)  Seguono  altre  aontenze,  che  portano  rispettivamente  la  data  del  7,  8  a  11  agosto,  6,  7  e  30 
settembre,  13  e  24  ottobre. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  19 


CXLTl  APPENDICE 


1°  Tenente  D.  Francesco  Alfano. — 2"  Tenente  D.  Placido  Scardamaglia. — 2°  Ser- 
gente Vincenzo  Lomellin.  —  Soldato  RaflFaele  Rotondo.  —  Soldato  Vittorio  A- 
modeo. 

Relatore:  Commissario  del  Re  Cav.  D.  Cesare  Schettini,  Tenente. 

Cancelliere:  Pasquale  Rizzo,  '2"  Sergente. 

Si  è  riunito  nel  locale  dello  sue  ordinarie  sedute ,  dopo  ascoltata  la  messa 
dello  Spirito  Santo,  per  giudicare  i  nominati  : 

1.  Ciro  di  Fina  di  Giovanni  e  di  Giuseppa  Lauricella  di  anni  18  di  Mari- 
neo,  negoziante  di  panni. 

2.  Ciro  Cutrone  del  fu    Michelangelo  e  di  Giovanna   Spadaro    di    Marineo, 
zappatore. 

3.  Ignazio  Calderone  di  Ciro  Maria  e  di  Maria  Perrone  di  anni  21  di  Ma- 
rineo, di  condizione  massaro. 

4.  Mastro  Mario  Maccarono  del  fu  Santo  e  di  Gira  Cutrone  di  anni  35  di 
Marineo,  calzolaio. 

5.  Giacomo  Spinella    del  fu  Giuseppe  e  di  Maria    Taormina  di  anni  31  di 
Mari  neo,  campagnuolo. 

6.  Giuseppe  Daidone  del  fu  Ciro  e  di  Rosaria  Rocco  di  anni  27  di  Marineo, 
lappatore. 

7.  Salvatore  D'Amato  di  Antonino  e  di  Maria  Catarinella,  di  anni  16  circa, 
di  Marineo,  zappatore. 

8.  Antonino  di  Peri  del  fu  Simone  e  della  fu  Gaetana  Chirca ,  di  anni  51 
di  Marineo,  zappatore. 

9.  Carmelo  Renante  del  fu  Francesco  e  d'Anna  Maria  Cutrone,  di  anni  42, 
di  Marineo,  campagnuolo. 

10.  Giovanna  Lo  Piccolo  del  fu  Francesco  o  di  Carmela  La  Fischia,  di  an- 
ni 48  di  Marineo,  contadina. 

11.  Cira  Marsala  di  Giuseppe,  moglie  di  Giuseppe  D'Aversa,  d'anni  30,  di 
Marineo,  contadina. 

PREVENUTI 

Di  sommossa  popolare ,  cagionando  uccisioni ,  saccheggi ,  incendi  a  danno 
delle  autorità  ecclesiastiche  comunali  e  pacifici  cittadini  di  Marineo,  avvenuti 
nei  giorni  H,  15  e  16  luglio  ultimo. 

Discusso  le  pruovo  tanto  a  carico  cho  a  discarico  dei  prevenuti; 

Inteso  il  Commissario  del  Re,  che  ha  conchiuso,  sostenendo  il  suo  atto  di 
accusa  o  rubrica  del  processo; 

Intesi  i  difensori  e  gl'imputati  tutti,  cho  in  ultimo  hanno  avuto  la  parola; 

Il  Presidente,  avendo  riassunta  la  cau.sa,  ha  proposto  ed  elevato  lo  seguenti 
quistiuni: 


APPENDICE  OXLttl 


PRIMA  QUISTIONE  DI  FATTO 

Consta  che  Mario  Maccarono,  Giuseppe  Daiilone,  Ignazio  Calderone,  Giaco- 
mo Spint'lla  e  Antonino  di  Pori  siono  os-ji  colpevoli  di  misf.àtti  ed  incendi  av- 
venuti in  Marineo,  concorrendovi  in  qualità  di  autori  principali  nei  suddetti  uii- 
sfjitti  0  delitti,  come  li  ha  dichiarati  il  Coinmissaiio  di^l  Re  nelle  suo  orali  con- 
clusioni ? 

SECONDA  QUISTIONE  DI  FATTO 

Consta  che  le  due  donne  Cira  Marsala  e  Giovanna  Lo  Piccolo  siono  state 
istigatrict  nell'avvcnuta  sommossa? 

TERZA  QUISTIONE  DI  FATTO 

Consta  che  i  nominali  Salvatore  D'  Amato,  Carmelo  Donante,  Ciro  Cutrone 
o  Ciro  Di  Fina  non  abbiano  in  alcun  modo  concorso  negli  avvenimenti  suddetti, 
come  li  ha  rubricati  il  Commissario  del  Re  ? 

Considerando  che  dagli  Atti  niccolti  o  discussi  in  dibattimento  sono  risul- 
tati i  seguenti 

FATTI 

Non  fu  che  nei  dì  14 ,  15  e  16  luglio  che  avvenne  in  Marineo  una  som- 
mossa popolare,  derivata  da  segrete  istigazioni ,  colorandosi  sotto  1'  aspetto  di 
somministrazione  di  veleno  al  popolo. 

Questo  indispettito  o  in  tal  modo  acceso  di  fantasia  commise  mille  eccessi, 
saccheggi,  incendi  ed  altro. 

La  generica  raccolta  dagli  uccisi  monta  fmo  a  33 ,  fra  i  quali  i  più  degni 
l'arciprete,  il  Regio  Giudice  e  Sindaco,  e  circa  una  ventina  di  abitazioni  deva- 
state, saccheggiate  e  parte  incendiate,  fra  cui  gli  Archivi  Comunali. 

I  presenti  giudicabili,  ognuno  per  la  sua  parte ,  chi  più,  chi  meno,  concor- 
sero alla  consumazione  degli  stessi:  dopo  tanti  misfatti  consumati,  molti  si  die- 
dero alla  fuga  e  di  tratto  in  tratto  furono  assicurati  alla  Giustizia,  o  molti  di 
questi  fecero  resistenza  alla  forza  pubblica  armata  mano,  ed  uniti  ad  altri  do- 
tonuti  sono  stati  sottoposti  al  prosestc  Consiglio  di  Guerra  subitaneo. 

SULLA  PRIMA 

Considerando  che  Mario  Macoarrone,  Giuseppe  Dai  dono,  Ignazio  Calderone, 
Giacomo  Spinella  ed  Antonino  Di  Peri  in  tali  avvenimenti  presero  parte  corno 
autori  principali  nelle  uccisioni  del  Reverendo  Arciprete  Don  Ignazio  Valente, 
D.  Giuseppe  Valente,  D.  Vincenzo  Granatolli,  D.  Domenico  Caramanna  Sindaco 
e  D.  Onofrio  di  Marco,  Giudico  suijplunte  ,  non  che  ai  diversi  incendi  e  sac- 
cheggi dati  alle  di  costoro  abiUuioui,  consuuian  io  tali  misfatti  alla  testa  del 
popolo  rivoltoso  in  Marineo; 


OXLVIII  APPENDICE 


Considerando  che  Mario  Maccarrone,  Giuseppe  Daidone  ed  altri  di  loro  com- 
pagni, dopo  di  aver  preso  parte  attivissima  nei  misfatti  di  sopra  citati,  latitanti 
percorrevano  la  campagna ,  armata  mano  ,  e  sorpresi  dalla  forza  pubblica  ,  in 
conflitto  restò  ucciso  un  altro  di  loro  compagno  di  nome  Cutrone; 

PER  TALI  RIFLESSI 

Il  Consiglio  di  Guerra  ad  unanimità  di  voti  ha  dichiarato  colpevoli  Ignazio 
Calderone,  Mario  Maccaronc,  Giuseppe  Daidone,  Giacomo  Spinella  ed  Antonino 
Di  Peri. 

SULLA  SECONDA 

Considerando  che  le  nominate  Cira  Marsala  e  Giovanna  La  Piccola  ,  lungi 
da  considerarsi  in  qualità  di  prime  istigatrici  noli'  avvenuta  sommossa,  i  loro 
garruli  modi  non  cagionarono  alcun  serio  avvenimento  nei  fatti  avvenuti,  anzi 
i  di  loro  sediziosi  discorsi  ebbero  luogo  molti  giorni  prima  dell'avvenuta  som- 
mossa, e  che  i  loro  detti  erano  figli  di  una  credenza  certa  di  veleno  che  si  som- 
ministrasse dalle  autorità  alla  plebe,  e  che  in  niun  modo  influirono  agli  avve- 
nuti successi; 

PER  TALE  RIFLESSO 

H  Consiglio  di  Guerra  ad  uniformità  di  voti  ha  dichiarato  non  essere  col- 
pevoli le  sunnominate  Cira  Marsala  e  Giovanna  La  Piccola  di  prime  istigatrici 
nei  fatti  in  quistiono. 

SULLA  TERZA 

Considerando  che  i  nominati  Salvatore  D'Amato,  Carmelo  Benante,  Ciro  Cu- 
tMoe  e  Ciro  Di  Fina  in  niun  modo  concorsero  negli  avvenimenti  suddetti,  anzi 
l'arrosto  por  Di  Fina  fu  eseguito  dai  rivoltosi  stossi  pria  di  scoppiare  la  rivolta, 
e  Ciro  Cutrono  per  equivoco  di  nomo,  Carmelo  Benante  arrestò  1'  uccisione  di 
Ciro  Di  Fina ,  cho  voleva  farsi  dai  rivoltosi ,  il  giovinetto  Salvatore  D'  Amato 
per  semplice  combinazione  fu  rinvenuto  in  mozzo  all'arresto  di  Ignazio  Calde- 
rone ,  Mario  Maccaronc  ed  altri  colpevoli  ,  senza  che  ninna  parte  ebbero  agli 
avvenimenti  suddetti; 

PER  TALE  RIFLESSO 

Il  Consiglio  di  Guerra  a  pieni  voti  ha  dichiarato  ossero  non  colpevoli  i  so- 
prannominati quattro  individui. 

Fatta  la  dichiarazione  di  reità  pei  nominati  Caldt-ronc,  Mnccaroiio,  Daidone, 
Spinelli  e  Di  Peri; 

Il  Prc«id«»nto  ha  intorpelluto  il  Consiglio  so  eroda  doversi  npplicare  ai  sudi- 
chiuraii  co'pcvoli  la  pena  chiesta  dal  Commissario  del  Ilo  nelle  suo  conclusioni. 


iPP&NDiOÉ  OXLDt 

Tenuto  presenti  le  Ministeriali  dei  16  luglio  o  2  agosto  corrente  ,  riguardanti 
le  attribuzioni  dei  Consigli  di  Guerra  subitanei  in  questi  Reali  Dominii; 

Visti  gli  articoli  129,  130  e  131  dello  Leggi  penali  in  vigore; 

Il  Consiglio  di  Guerra  alla  stessa  uniformità  e  pluralità  di  voti  ba  deciso 
di  applicarsi  la  pena  di  morte  ai  suddetti  individui. 

Perciò  ha  condannato  e  condanna  Ignazio  Calderone,  Mario  Maccarrone,  Giu- 
seppe Daidone,  Giacomo  Spinelli  e  Antonino  Di  Peri  alla  pena  di  morte  da  e- 
seguirsi  colla  fucilazione  fra  lo  spazio  di  poche  ore  in  Marineo,  luogo  dei  con- 
sumati misfatti. 

Ha  deciso  che  Gira  Marsala  e  Giovanna  La  Piccola  sieno  rimesse  alla  Com- 
missione Militare  in  Palermo  per  subire  un  novello  giudizio. 

Ha  deciso  in  ultimo 

Che  Salvatore  D'Amato,  Carmelo  Benante,  Ciro  Cutrone  e  Ciro  Di  Fina  sieno 
rimessi  in  Palermo  in  forza  della  Ministeriale  del  12  agosto  corrente. 

Il  tutto  a  cura  e  diligenza  del  Commissario  del  Re  e  la  presente  sentenza 
da  pubblicarsene  le  corrispondenti  copio  cstratte. 

Fatto,  giudicato  e  pubblicato  in  continuazione  del  dibattimento. 

Oggi  in  Misilmeri,  16  agosto  1837. 

I  Membri  del  Consiglio  : 

Domenico  De  Zelada  Maggiore  Presidente. 
Giuseppe  Bianchi  Capitano  Giudice. 
Gennaro  Barillà  Capitano  Giudice. 
Francesco  Alfano  1°  Tenente  Giudice. 
Placido  ScarJamaglia  2°  Tenente  Giudice. 
Vincenzo  Lomellin  2"  Sergente  Giudice. 
Vittorio  Amedeo  Soldato  Giudice. 
Cesare  Schettini  Tenente  Commissario  del  Ke. 
Pasquale  Rizzo  2"  Sergente,  Cancelliere. 

Certifico  io  qui  sottoscritto  Cancelliere  di  aver  data  lettura  della  presente 
sentenza  ai  dietroscritti  individui  in  presenza  del  Commissario  del  Re ,  ed  i 
cinque  condannali  sono  stati  avvertiti  che  fra  poche  ore  dovrà  eseguirsi  la  loro 
condanna  della  fucilazione  in  Marineo  od  i  rimanenti  dovranno  essere  rimessi 
in  Palermo. 

Il  Cancelliere 
Pasquale  Rizzo,  2"  Sergente  (1). 
(Archivio  citato). 


(1)  Seguono  altre  sentenze,  aventi  la  data  del  31  agosto,  12,  14  e  20  settembre  ed  8  ottobre. 


OL  APPENDICE 


DOCUMENTO  N.  LXXTL 

Sentenza  della  Commissione  Militare  di  Corleone. 

Ferdinando  II  per  la  grazia  di  Dio  Re  del  Regno  delle  due  Sicilie.,  di 
Gerusalemme,  ec.  Buca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ec.  ec.  Gran  Prin- 
cipe ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

11  Consiglio  di  Guerra  subitaneo,  convocato  in  forza  della  Ministeriale  della 
R.  Segreteria  di  Stato  in  questi  reali  domini,  sotto  la  data  d«l  IG  luglio  ora 
scorso,  carico  di  Polizia,  e  comunicata  dal  Comandante  delle  Armi  li  18  del 
detto  mese,  3»  Sezione,  N.  1441,  riunito  nel  Palazzo  Comunale  in  Corleone, 
composto  dei  signori  Cav.  D.  Gioacchino  Nini,  Tenente  Colonnello,  Comandante 
il  3°  Battaglione  Cacciatori  di  Linea  e  della  colonna  Mobile,  Pri>8Ìdente  —  Ca- 
pitani D.  Giuosuò  Guida — D.  Gaetano  Criscuoli — primi  Tenenti,  D.  Luigi  Pic- 
cinicci  —  D.  Giacinto  Ritucci — 1"  Tenente  D.  Luigi  Minervini  —  2°  Tenente 
P.  Gaetano  Guccione  —  Alfiere  D.  Raffaele  De  Boffe  —  Giudici  —  1°  Tenonto 
D.  Pietro  Dalmasi,  commissario  del  Re  —  1"  Sergente  Raffale  Salinas,  can- 
celliere. 

Per  giudicare  : 

Giuseppe  Catinotto  Moscagliono,  figlio  di  Salvatole,  d'anni  35  di  Corleono, 
bordonaro,  Liborio  Perricone,  figlio  do!  fu  Nicola,  di  anni  27,  di  Corleo- 
ne, bracciale,  Leoluca  Milone,  figlio  di  Nicolang.^lo,  di  anni  23,  di  Corleone, 
bracciale,  Simone  Maione,  figlio  di  Battista,  di  anni  24,  di  Corleone,  bracciale, 
Benedetto  Glorietti,  {aìiaa  Dimitri),  figlio  di  Biagio,  di  anni  35,  di  Monreale, 
domiciliato  in  Corleone,  bracciale,  Antonio  Ceraulo,  figlio  Giuseppe,  di  anni  31, 
di  Corleone,  garzone,  Biagio  Listi  Fiattaglionc,  figlio  di  Antoni»»,  di  anni  19, 
di  Corleone,  bracciale,  Antonino  Milone,  figlio  di  Michelangelo,  di  anni  25,  di 
Corleone,  bracciale,  Giuseppe  Ferrara,  figlio  di  Antonino,  di  anni  28,  di  Castro- 
nuovo,  domiciliato  in  Corleou?,  custode  del  Regio  Macino.  Bernardo  D'Antoni, 
figlio  di  Girolamo,  di  anni  31,  di  Corhonc.  bracciale,  Vincenzo  Goonusa,  figlio 
del  fu  Martino,  di  anni  33,  di  Corleone,  giardiniere,  imputati  d'istigatori  primi. 
di  commessi  misfatti  e  di  capi  di  sommossa  nelle  ulliino  emergenze  avvenute  in 
qaesto  capo  distretto  il  21  e  23  dell'ora  scorso  luglio. 

Inteso  il  commissario  del  Re  nello  suo  conclusioni,  nonché  gli  accusali  ed 
i  loro  difensori. 

Il  presidente,  dietro  il  riassunto  della  causa,  ha  proposto  lo  quistioni  :  Co.sta 
che  Giuseppe  Catinotto  Moscagliono — Liborio  Perricone — Leoluca  Milone  — 
Simone  Maiuno  —  Benedetto  (llorietti  (>diiti»  Dimitri)  —  Antonio  Ceratilo  —  Bia- 
gio LiUì  Frattnglioun  di  Antonio  --  Antonio  Milouo  —  (iiuHeppu  Ferrata —  Bei- 
nvdo   D'Antoni  e  Vincenzo  Gennusa   sieuo  colpevoii  dei  leuti  d'istigatori  pri- 


APrE.fDIOE  OLI 


mi  dei  commeBsi  misfatti,  e  d'ossero  capi  delle  sommosse  nei  giorni  sopra  in- 
dicati ? 

Considerando  essere  risultati  dalla  pubblica  discussione  i  seguenti 

FATTI 

Il  giorno  21  del  passato  luglio,  esistendo  in  questo  Comune  il  morbo  do- 
minante, sotto  il  falso  protesto  di  veleno,  furono  presi  da  un  attruppamento  po- 
polare Leone  Lo  Bue,  Gaetano  Governali  ed  il  figlio  Giuseppe,  e  Ciro  Bonarolli, 
trascinati  al  luogo  detto  ponte  del  Gatto,  furono  in  prima  barbaramente  per- 
cossi, e  di  poi  uccisi  a  colpi  di  fucile,  e  siccome  tra  questi  furiosi  primeggia- 
vano Catiuotto  Moscaglione  —  Perricone  —  Milone  Leoluca  —  Majone  e  Glorietti 
(aliai  Dimitt'i),  furono  costoro  ch'eccitarono  gli  attruppati  a  dare  negli  eccessi 
sopraddetti.  Gli  stessi  nei  giorni  seguenti,  facendosi  capi  di  bande  tumultuose, 
assalirono  a  mano  armata  le  caso  di  campagna  di  melti  notabili  del  Paese,  ri- 
cattando dello  Armi,  ed  anche  danaro.  Ceraulu  fu  quello  che  alla  testa  di  al- 
tri il  dì  21  stesso  assalì  il  proprio  padrone,  nominato  Antonio  di  Puma  Lasa- 
gna, e  dopo  averlo  replicai  amente  ferito,  l'uccise  con  un  colpo  di  fucile,  e  fc- 
cesi  in  seguito  anche  veder  capo  delle  bande  che  scorrevano  i  sopraddetti  ca- 
sini; Listi  Frattagliono  di  Antonio  fu  quello  che  seviziò  in  maniera  atroce  le  tre 
donne  uccise,  anche  sotto  la  falsa  accusa  di  veleuo,  cioè,  Maria  Pomilla  in  l^o 
Bue,  Carmela  Billera,  Angola  Collctta  Insiuzittella,  e  fu  pure  esecutore  dell'o- 
micidio mancato  in  persona  di  Pietra  Maucuso  che  rattrovasi  tutt'ora  all'ospe- 
dale gravcmcnto  ferita,  od  alla  testa  della  ciurmaglia  giunse  all'eccesso,  prima 
di  ucciderle  di  propria  mano  a  colpi  di  fucile,  le  martirizzò  col  fuoco,  nel  luogo 
detto  Croce,  ed  ebbe  per  energico  compagno  Majone,  uno  dei  capi  delle  atro- 
cità del  21  al  Ponte  del  Gatto-  Tal  successo  eblc  luogo  il  23  detto  mese. 

Milone  Antonio  fu  anche  nell'attruppamento  dol  21  al  ponte  de'  Gatto,  com- 
mise degli  eccessi,  ma  non  fu  ne  istigatore,  né  capo. 

Riguardo  poi  agl'imputati  Ferrara  o  D'Antoni  non  essere  per  ora  pronta  la 
loro  reità,  ed  essere  chiarita  l'innocenza  di  Gonnusa. 

1.'  Considerando  che  i  primi  cinque,  cioè  Giuseppe  Catinotto  Moscaghone  — 
Liborio  Perricone  —  Leoluca  Milone  —  Simone  Majone  e  Benedetto  Glorietti 
{alias  Dimitri),  essere  istigatori  primi,  e  capi  delle  sommosse  successe  il  21 
luglio  ultimo  ; 

2.°  Considerando  essere  Biagio  Listi  Frattaglione  uno  degl'istigatori  primi, 
e  capo  della  sommossa  del  giorno  23  ed  autore  degli  omicidi  delle  tre  donne 
e  dell'omicidio  mancato  dell'altra  Mancuso  ; 

3."  Considerando  che  Antonino  Ceraulo  fu  anche  istigatore  primo,  ed  uno 
dei  capi  di  sommosse  del  giorno  stesso,  ed  omicida  di  Antonino  di  Puma  La- 
sagna, e  capo  di  altri  ammutinamenti  nei  giorni  seguenti  : 

4."  Considerando  che  Antonino  Milone,  benché  avesse  fatto  parte  dei  solle- 
vati, nou  fu  nò  istigatore,  né  capo  ; 


CLII  APPENDICE 


5.°  Considerando  che  Giuseppe  Ferrara  e  Bernardo  D'Antoni  non  sono  restati 
pienamente  convinti  di  reità  ; 

6."  Considerando  che  Vincenzo  Gennusa  è  risultato  nella  pubblica  discus- 
sione del  tutto  innocente; 

Il  Consiglio  di  Guerra  subitaneo,  dietro  le  quistioni  proposte  dal  Presidente, 
dichiara  costare  essere  colpevoli  dei  suddetti  reati: 

Giuseppe  Catinotto  Moscaglione  —  Liborio  Perricone  —  Leoluca  Milone  — 
Simone  Majone  —  Benedetto  Glorietti  (alias  Dimitri) — Antonino  Geranio  — 
Biagio  Listi  Frattaglione.  Dichiara  in  pari  tempo  che  Antonino  Milone  ò  col- 
pevole, ma  non  di  sommosse  o  istigatore  primo.  Dichiara  di  non  constare  abba- 
stanza che  Giuseppe  Ferrara  e  Bernardo  D'  Antoni  siano  rei  dei  misfatti  im- 
putatigli. Dichiara  constare  non  essere  colpevole  Vincenzo  Gennusa. 

Fatta  la  dichiarazione  di  reità,  il  Prosidento  ha  interpellato  il  Consiglio  so 
crede  condannare  i  colpevoli  Giuseppe  Catinotto  Moscìiglione,  Liborio  Perricone, 
Leoluca  Milone,  Simone  Majone,  Benedetto  Glorietti  (^alias  Dimitri'),  Antonino 
Geranio,  Biagio  Listi  Frattaglione  alla  pena  di  morte  prevista  nel!'  articolo  2° 
della  Ministeriale  della  Real  Segreteria  di  Stato  in  questi  reali  domini,  carico 
di  Polizia; 

Che  nei  Comuni  stessi  un  Consiglio  di  Guerra  subitaneo  convocato ,  giusta 
lo  statuto  Penale  Militare ,  ed  a  somiglianza  di  consigli  di  Guerra  di  Corpo , 
giudichi  immediatamente  gl'istigatori  primi  di  commessi  misfatti,  ed  i  Capi  dello 
sommosse,  e  senza  mettere  tempo  in  mezzo    mandi  ad  esecuzione  la  sentenza. 

Ad  Antonio  Milone  il  massimo  del  2"  grado  di  ferri. 

A  Giuseppe  Ferrara  e  Bernardo  D'Antoni  rimetterli  a  più  ampia  istruzione. 

A  Vincenzo  Gennusa  la  libertà  assoluta. 

Il  Consiglio  suddetto  ad  unanimità  ha  deciso  applicarsi  la  pena  di  morte  a 
Giuseppe  Catinotto  Moscaglione ,  Liborio  Perricone  ,  Simone  Majone  ,  Antonio 
Ceraulo,  Bagio  Listi  Frattaglione  di  Antonio. 

A  maggioranza  di  voti  ha  condannato  alla  stossa  pena  Leoluca  Milone  ,  Be* 
Dedotto  Glorietti  (Alias  Dimitri). 

Con  la  stessa  maggioranza  ha  condannalo  al  massimo  del  secondo  grado  di 
ferri  Antonio  Milone. 

Ad  unanimità  a  più  ampia  istruzione  Giuseppe  Ferrara,  Bernardo  D'  Antoni. 

Colla  stessa  unanimitii  ha  posto  in  piena  libertà  Vincenzo  Gennusa. 

Ha  quindi  ordinato  che  siano  accordato  ai  condannati  alla  pena  capitalo  ore 
quattro,  ondo  ricevere  i  soccorsi  della  Ituligione  od  indi  cho  sia  posta  in  piena 
esecuzione  la  prosento  deciìiiono. 

In  pari  tempo  il  Consiglio  ordina  che  so  ne  formino  Io  corrispondenti  copie, 
onde  rìroettorlu  alle  autorìth  dei  diversi  circondari  di  questo  distretto  per  ren- 
dersi pubbliche. 

Fatto,  giudicato  o  pubblicato  in  continuazione  del  dibattimento  del  Consi- 
glio di  Otterrà  subitaoeo,  oggi  il  primo  del  mese  di  Agosto,  anno  1837. 


APPENDICE  CLIir 


Gioacchino  Nini,  Tenente  Colonnello  presidente  —  Giosuè  Guida  Capitano 
Giudico — Gaetano  Ciiscuolo  Capitano  Giudice — Luigi  Piccinicci  1"  Tenente  da 
capitano  Giudice — Giacinto  Ritucci  P  Tenente  da  Capitano  Giudico — Luigi  Mi- 
nervini  1°  Tenente  Giudice — Gaetano  Gucciono  2°  Tenente  Giudice — Raffaele  Lo 
Buffe  Giudice — Pietro  Dalmasi  1**  Tenente  Commissario  del  Re — Raffaele  Salina» 
1°  Sergente  Cancelliere. 

Certifico  io  qui  sottoscritto  Commissario  del  Re  del  Consiglio  di  Guerra  su- 
bitaneo aver  dato  lettura  della  presente  sentenza  ai  condannati  ad  ore  sei  della 
notte,  ed  essondo  quelli  destinati  alla  morte,  passati  all'  istante  in  cappella,  si 
è  data  esecuzione  alla  medesima  sentenza  alle  ore  undici  d' Italia  nella  Piazza 
del  Borgo  il  due  di  Agosto  anno  1837. 

//  Comandante  delle  Colonne  Mobili  II  Commissario  del  Re 

Gioacchino  Nini'  Pietro  Dalmasi  1»  Tenente 

Visto 
//  generale  Comandante  la   Valle 
VlAL.  (1). 
{Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LXXIII. 

Sentenza  della  Coumissione  Militare  di  Frizzi 

Ferdinando  li  per  la  grazia  di  Dio  He  del  liegno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ecc.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ecc.  Gran  Prin- 
cipe ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

11  Consiglio  di  guerra  subitaneo,  convocato  in  forza  della  Ministeriale  della 
Real  Segreteria  di  Stato  in  questi  Reali  dominii,  della  data  dei  16  luglio,  ul- 
timo, carico  di  Polizia  e  comunicata  da  questo  Comandante  Generale  delle 
Armi  li  18  detto  mese,  3»  Sezione  N;  1141,  riunito  nel  palazzo  della  Real  Com- 
menda in  Prizzi,  composto  dei  signori  Cavaliere  D.  Gioacchino  Nini  Tenente 
Colonnello  Comandante  del  o"  Battaglione  Cacciatori,  e  della  Colonna  Mo- 
bile, Presidente— Capitano  Aiutante  Maggiore  Cavaliere  D.  Francesco  Finck— 
Capitani  Cavaliere  D.  Nicola  Andruzzi— D.  Pietro  Paolo  Mauro— D.  Gaetano 
Criscuolo— 1"  Tenente  D.  Ciro  Faglia— 2°  Tenente  D.  Pietro  Martinelli— Al- 
fiere D.  Raffaele  Le  Beffe  Giudici— 1»  Tenente  D.  Pietro  Dalmasi  Commissario 
del  Re— 1»  Sergente  Raffaele  Salinas,  Cancelliere  per  giudicare 

1"  Giorgio  Raimondo  La  Gira,  del  fu  Matteo,  di  anni  52,  di  Prizzi.  cam- 
pagnuolo. 


(1)  Seguono  altre  quattro  sentenie,  portanti  la  data  del  4  e  18  agosto,  7  e  9  settembre. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  20 


CLIV  APPENDICE 


2°  Giuseppe  Marrctta  del  fu  Agostino,  di   anni  32,  di  Frizzi,  bracciale. 
3°  Silvestro  Accomando  del  fu  Luciano,  di  anni  80.  di  Frizzi,  bracciale. 
4"  Giorgio  Accomando  del  fu  Luciano,  di  anni  34,  di  Frizzi,  bracciale 
5"    Giuseppe    Sparacio    Pignatelli    del    fu    Filippo,  di  anni  29,    di  Frizzi, 
bracciale. 

6°  Giuseppe  Santo  Raimondo  La  Gira  di  Giorgio,    di  anni  22,    di    Frizzi  , 
calzolaio. 

7"  Giorgio  Macaluso  di  Mario,  di  anni  34,  di  Frizzi,  calzolaio. 
8°  Michele  Nicoletta  del  fu  Nunzio  di  anni  28,  di  Frizzi,  bracciale. 
9"  Michele  Fecoraro  del  fu  Santo  di  anni  30,  di  Frizzi,  bracciale. 
10**  Vincenzo  Accomando  del  fu  Luciano  di  anni  40,  di  Frizzi,  bracciale. 
11°  Calogero  Accomando  del  fu  Antonino  di  anni  24,  di  Frizzi,  bracciale. 
12°   Antonino  Ferrala  del  fu  fu  Vincenzo    di  anni  35,  di  Frizzi,  bracciale. 
13°  Giorgio  Vicari  del  fu  Francesco  di  anni  33,  di  Frizzi,  bracciale. 
14°  Giorgio  Sparacio  di  Faolo  di  anni  21,  di  Frizzi,  bracciale. 
15°  Matteo  Fetralia  di  Nicolò  di  anni  21,  di  Frizzi,  bracciale. 
Imputati    d'  istigatori  primi  dei    commessi  misfatti   e  di  capi  di  sommosse 
nelle  ultime  emergenze  avvenute  in  questo  Capo  Circondario  in  luglio  ultimo. 
Inteso  il  Commissario  del  Re  nelle  sue  conclusioni,    non  che    gli    accusati 
ed  i  loro  difensori; 

Il  Fresidente,  dietro  il  riassunto  della  causa,  ha  proposto  le  quistioni  : 
Consta  che    Giorgio  Raimondo  La  Cira  e  gli   altri    imputati  sopra    descritti 
siano  colpevoli  dei  reati  d'istigatori  primi   nei  misfatti  commessi  e  di  capi  di 
sommosse  successe  nei  giorni  23  e  24  ultimo  luglio  ? 

Considerando  essere  risultati  dalla  pubblica  discussione  i  seguenti 

FATTI 

K  risaltato  nella  pubblica  discussione  medesima  che  Giorgio  Raimondo  La 
Cira  fa  uno  dei  capi  principali  di  sommosse  ,  animando  la  moltitudine  all'ec- 
cidio, tagliando  di  propria  mano  con  una  falce  la  testa  alla  donna  Ferniciaro, 
avendo  anche  tentato  di  far  lo  stesso  a  I)  Vincenzo  Falsone,  il  quale  ferì  con 
replicati  colpi  della  falco  medesima.  Dippiù  brutalmente  si  è  lanciato  a  com- 
mettere dello  sevizie  su  dei  cadaveri  dello  vittime  del  furore  popolare. 

Vincenzo  Marretta  fu  anche  uno  dei  capì  od  istigatore  primo  di  sommosse. 
È  stato  veduto  con  un'asta  di  ferro  in  mano  invitando  il  popolo  agli  eccidi  ed 
alla  rivolta  con  gridi  sediziosi  od  allarmanti.  Giuseppe  Sparacio  Fignatelli  ò 
stato  paro  ano  dei  principali  istigatori  del  tumulto  o  dei  massacri,  avendo 
unito,  airistignziono  dello  jìarole,  l'opoia  d^i  fatti,  poiché  armato  di  caraltina 
tirò  vari  colpi  sullo  vittime.  Costui  dopo  l'avvenuta  rivolta  è  stato  profugo,  ed 
il  giorno  II  del  p.  p.  mese  dì  agosto  venne  arrestato  dai  sorvegliatori  (dietro 
zelanti  vd  operoso    cure    del  Hogio  Giudice  ,    il  quale  ha  influito  alla  cattura 


APPSHDIOE  OLV 


tanto  di  costui  che  di  altri  latitanti  giudicati  da  questo  Consiglio)  i  quali,  nel 
luogo  donde  lo  stesso  si  diede  a  fuggire,  rinvennero  sopra  uno  scapolare,  una 
carabina  che  nella  pubblica  discussione  è  stata  riconosciuta  per  quella  stessa, 
della  quale  il  Pignatelli  ora  armato  fra  i  tumultuosi. 

Ha  constatato  che  Silvestro  Accomando  e  Santo  Raimondo  La  Gira  ab- 
biano solo  fatto  parre  in  modo  entusiaste  nelle  sommosse  popolari  avve- 
nute nel  paese  nel  passato  luglio,  non  essendosi  mostrati  né  capi,  nò  istigatori 
primi. 

Non  ò  sufficientemente  chiarita  nella  ridetta  pubblica  discussione  la  colpa- 
bilità di  Giorgio  Accomando,  Giorgio  Macaluso,  Calogero  Accomando  e  Giorgio 
Sparacio. 

Infine  sono  risultati  innocenti  gl'incolpati  Michele  Nicoletta,  Michele  Pe- 
coraro, Vincenzo  Accomando,  Antonino  Ferrara  ,  Giorgio  Vicari  e  Matteo  Pe- 
tra Ha. 

Considerando  emergere  tanto  nel  procosso  scritto,  quanto  nella  pubblica  di- 
scussione che  Giorgio  Raimondo  La  Cira,  Giuseppe  Marretta  e  Giuseppe  Spa- 
racio Pignatelli  sono  colpevoli  di  reati  d*  istigatori  e  capi  di  sommosse  e  di 
aver  avuta  parte  attiva  negli  omicidii  avvenuti  in  conseguenza  delle  sommosse 
btcsac; 

2"  Considerando  che  la  colpabilità  di  .""ilvestro  Accomando  e  Santo  Rai- 
mondo La  Cira  consiste  solo  nell'aver  partecipato  da  entusiasti  nelle  som- 
mosse, ma  non  come  capi  ed  istigatori  primi; 

3°  Considerando  che  le  pruove  della  reità  di  Giorgio  Macaluso ,  Calogero 
Accomando  e  Giorgio  Sparacio  non  sono  abbastanza  chiarite; 

4"  Considerando  essersi  provata  l'innocenza  di  Michele  Nicoletta ,  Michele 
Pecoraro,  Vincenzo  Accomando,  Antonino  Ferrara,  Giorgio  Vicari  e  Matteo 
Pctralia; 

11  Consiglio  di  Guerra,  dietro  le  quistioni  proposte  dal  presidente,  dichiara 
colpevoli  ad  unanimità  Giorgio  Raimondo  La  Cira,  Giuseppe  Marretta,  Giu- 
seppe Sparacio  Pignatelli. 

E  li  condanna  alla  pena  di  morte  prescritta  nella  Ministeriale  della  R.  Se- 
greteria di  Stato  in  questi  Reali  dominj,  carico  di  Polizia,  art."  2  «  Che  nei 
Comuni  stessi  un  Consiglio  di  Guerra  subitaneo  convocato  giusta  lo  Statuto 
penale  Militare,  ed  a  somiglianza  dei  Consigli  di  Guerra  di  Corpo  immedia- 
tamente giudichi  gì'  istigatori  primi  dei  commossi  misfatti  ,  ed  i  capi 
delle  sommosse  è  senza  mettere  tempo  in  mezzo  mandi  ad  esecuzione  la  Sen- 
tenza ,. 

Il  Consiglio  suddetto  colla  stessa  unanimità  condanna— Silvestro  Accomando 
e  Santo  Raimondo  La  Cira  alla  pena  del  massimo  del  2"  grado  dei  ferri  pre- 
vista negli  art.  129,  130,  131  e  132  del  Codice  penalo  del  Regno. 

11  Consiglio  mcdebi::io  aucho  ad  unanimità  dichiara  non  constare  abbastanza 


ciVi  appeK-oioì 

l'imputazione  addossata  ai  nominati  Giorgio    Accomando  ,    Giorgio    Macaluso , 
Calogero  Accomando  e  Giorgio  Sparacio 

E  perciò  ha  deciso  inviarli  a  più  ampia  istruzione. 

Il  Consiglio  ripetuto  parimenti  ad  unaaimità  dichiara  non  constare  la  reità 
dei  Michele  Nicoletta,  Michele  Pecoraro,  Antonino  Ferrara,  Giorgio  Vicari  e 
e  Matteo  Tetralia 

E  li  pone  a  libertà  assoluta. 

Ha  ordinato  il  Consiglio  che  nel  termine  di  sci  oro  accordate  a  quei  con- 
dauuati  alla  pena  di  morte,  per  ricevere  i  soccorsi  della  nostra  Santa  Religione, 
sia  posta  in  piena  esecuzione  la  presente  Sentenza. 

Vuole  il  Consiglio  del  pari  che  se  ne  formino  le  corrispondenti  copie,  per 
inviarle  alle  Autorità  Distrettuali,  onde  rendersi  pubblica. 

Fatto,  giudicato  e  pubblicato  in  continuazione  del  Dibattimento  del  predetto 
Consiglio  di  Guerra  subitaneo.  Oggi  in  Frizzi  il  primo  del  mese  di  settembre, 
anno  1837. 

Firmato  Gioacchino  Nini  Tenente  Colonnello  Presidente — Francesco  Finck 
Capitano  Aiutante  Maggiore  Giudice — Nicola  Andruzzi  Capitano  Giudice — Pietro 
Paolo  Mauro  Capitano  Giudice — Ciro  Foglia  primo  Tenente  Giudice — Pietro 
Martinelli  secondo  Giudice  —  liafìaele  Le  Beffo  Alfiere  Giudice  —  Pietio  Dal- 
masi  primo  Tenente  Commissario  del  Re  — Raffaele  Salinas  primo  Sergente 
Cancelliere — Certifico  io  qui  fcottoscritto  Commissario  del  Re  del  Consiglio  di 
Guerra  subitaneo  aver  dato  lettura  dulia  presente  Sentenza  ai  condannati  alle 
ore  quat'ro  di  notte,  ed  essendo  quelli  destinati  alla  morte,  passati  all'instante 
in  Cappella,  si  è  data  esecuzione  alla  medesima  alle  oro  II  d'Italia  del  2  del 
mese  di  settembre,  anno  1837,  nel  luogo  detto  Santo  Calogero— 11  Commissario 
del  Ile  firmato — Pietro  Dalmasi  1"  Tenente. 

Per  copia  conformo  all'originalo  Visto 

Il  Tenente  Colonnello  Presidente  II  Commissuvio  del  Re 

GioACcuiNo  Nini  Pibtho  Dalmasi  1"  Tenente 

Visto 
Il  Brigadiere  di  campo  Coinandantf  la    V<dle 

ViAL    (1) 
\ArcliWio  riUto). 


(1)  8tfM  nn'altni  Mntcnu,  avente  In  ilntu  il<'l  4  MctU>iiilir<-  18U7. 


APPENDICE  CtVn 


DOCUMENTO  N.  LXXIV. 

Sentenza  della  Commissione  Militare  di  Termini 

Ferdinando  II  per  la  f/razia  di  Dio  He  del  Regno  delle  due  SiciVe,  di 
Gerusalemme  ec.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ec.  ec.  Gran  Fi  in- 
cipe  ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

Il  Consiglio  di  Guerra  del  6"  battaglione  Cacciatori,  elevato  in  modo  subi- 
taneo per  disposizione  del  signor  Generalo  Uo  Sanget,  comandante  lo  truppe 
in  colonna  mobile,  composto  dei  signori  Maggiori  D.  Antonino  Danesi ,  presi- 
dente, D.  Giovanni  Marinelli,  D.  Gennaro  Idastia,  capitani;  D.  Giuseppe  Pe- 
trilli, 1"  Tenente,  D.  Domenico  Ciampa  e  D.  Ercob;  Bochè  2"  tenenti ,  D. 
Francesco  Coscaiella  alfiere,  giudici,  D.  Dionisio  Rocchi  1°  tenente  commissario 
del  Re,  Ferdinando  De  Filippis  1"  sorgente  foriere,  cancelliere  ,  per  giudicare 
Antonino  Marfisi  di  Giuseppe,  d'anni  20,  di  Termini,  ivi  domiciliato,  di  condi- 
zione campagnuolo  ,  Gaetano  Marcellino  di  Mariano,  d'  anni  23  circa,  di  Ter- 
mini, ivi  domiciliato,  di  professione  pastaro.  Savorio  Bisesi  di  Giuseppe,  d'anni 
23  circa,  di  Termini,  ivi  domiciliato,  di  professione  pastaro,  Vincenzo  Raffo  del 
fu  Diego,  d'anni  26  circa,  di  Termini,  ivi  domiciliato,  di  condizione  campa- 
gnuolo, Agatino  Marcellino  del  fu  Gaetano,  d'anni  54,  di  Termini  ,  ivi  domi- 
ciliato, di  condiziono  rondiero,  Gaetano  Marcellino  di  Agostino,  di  anni  30  circa 
di  Termini,  ivi  domiciliato,  di  condizione  conciapelle,  Mariano  Marcellino  del 
fu  Gaetano  ,  d'  anni  35  ,  di  Termini,  ivi  domiciliato,  di  condizione  conciapelle, 
Giuseppe  Pirrone  del  fu  Filippo  ,  d'anni  26  circa,  di  Termini,  ivi  domiciliato, 
di  condizione  campagnuolo,  Pietro  Provenzale  del  fu  Antonino,  d'anni  41  ,  di 
Termini,  ivi  domiciato,  di  condizione  bottaio,  Carmelo  Basilo  del  fu  Ignazio, 
d'anni  21,  da  Termini,  ivi  domiciliato,  di  condizione  ferrare,  Francesco  Teresi 
del  fu  Carlo,  di  anni  25,  di  Termini,  ivi  domiciliato,  di  condizione  ferraro,  Ro- 
sario Vittorio  del  fu  Antonio,  di  anni  37,  di  Termini,  ivi  domiciliato  ,  di  pro- 
fessione fabbricatore.  Giuseppe  Gucciardo  del  fu  Antonio,  di  anni  35.  di  Ter- 
mini, ivi  domiciliato,  di  condizione  pescatore,  Giuseppe  Gullo  di  Paolo,  di  anni 
31,  di  Termini,  ivi  domiciliato,  di  condizione  carrettiere,  Saveria  di  Paola,  di 
Antonino  Baiamone,  di  anni  40  circa,  di  Termini,  ivi  domiciliata,  Pietro  Ar- 
rigo del  fu  Salvatore,  d'anni  26  circa,  di  condizione  campagnuolo,  di  Termini, 
ivi  domiciliato,  imputati  di  lilìuliione,  incendi,  devastazioni,  saccheggi  e  ferite. 
Inteso  il  Commissario  del  Re  nelle  sue  conclusioni,  e  le  parti  querelanti,  non 
che  gli  accu.sati  ed  i  loro  difensori; 

Il  presidente,  dietro  il  riassunto  della  causa,  ha  proposto  la  quistione  : 
Sono  colpevoli  gl'imputati  qui  sopra  descritti  del  reato  di  rivolta,    devasta- 
zion»,  saccheggi,  incendi,  omicidi  e  ferite  a  danno    dell'ordine    pubblico    e   di 
diversi  cittadini  di  questo  comune  nei  giorni  23,  24  e  25  luglio  corrente  ? 


OLVni  APPENDICE 


Considerando  essere  risultati  dalla  pubblica  discussione  i  seguenti  fatti  : 

1°  Il  giorno  del  23  detto  fu  assalito  ed  inseguito  da  diversi  faziosi  D.  An- 
tonino Gargotta,  il  quale  trovò  scampo  nella  casa  di  D.  Giuseppe  Ruffino,  ove 
i  sediziosi  ingrossando,  accorrevano ,  e  col  pretesto  che  il  Gargotta  avesse 
sparso  dei  veleni,  volevano  massacrarlo,,  e  pretendevano  dal  detto  signor  Ruf- 
fino la  consegna  di  esso  Gargotta;  fu  pure  minacciato  di  morte  ,  perquisita 
nel!'  istessa  sera  la  di  lui  casa  per  trovarvi  Gargotta;  prese  le  di  lui  armi,  e 
molte  robe,  e  dopo  di  essere  stato  in  ostaggio  coll'intiera  famiglia,  ebbe  modo 
di  fuggirsene. 

Nell'istesso  giorno  vennero  uccisi  due  individui  per  nome  Giuseppe  De  Luca 
ed  Ignazio  Lo  Coco,  sull'idea  d'aver  essi  sparso  veleni.  Il  di  24  i  torbidi  po- 
polari croscerono  e  la  farmacia  e  casa  del  detto  Ruffino  vennero  devastate, 
saccheggiate  e  gran  parte  de'  mobili  incendiata.  Furono  parimenti  messi  a 
morte  D.  Filippo  De  Luca,  Giusepppe  d'Angelo  alias  Cartuccio  e  Gioacchino 
Catalano.  Furono  parimenti  scassinate,  devastate  e  rubate  le  farmacie  e  lo 
case  di  D.  Ignazio  De  Luca  e  di  D.  Giuseppe  Caracciolo;  tolto  per  forza  lo  armi 
a  diversi  onesti  cittadini,  colle  quali  si  armarono  i  principali  facinorosi.  11  2!) 
fu  assalita  Vincenza  Speciale,  e  sotto  il  pretesto  consueto  di  avere  ella  sparso 
veleni,  venne  bastonata,  ferita  e  messa  quasi  a  morte,  se  la  gendarmeria  reale 
non  fosse  accorsa  a  liberarla. 

2"  Considerando  che  la  pubblica  discussione  ha  offerto  chiarissime  pruovc  che 
gli  accusati  Carmelo  Ba^ih  ,  Gaetano  Marcellino  di  Agatino,  Mariano  Mar- 
cellino di  Gaetano,  Carmelo  Teresi,  Pietro  Provenzale,  Pietro  d'Arrigo  abbiano 
fatto  parte  della  rivolta  all'ordine  pubblico  nei  giorni  23,  24  e  25  luglio  stante; 
che  ebbero  principale  influenza  in  tutti  gli  eccessi  di  sopra  narrati,  dietro  di 
essersi  armati  con  dei  fucili  tolti  per  fjrza  dagli  onesti  cittadini; 

3"  Considerando  che  tutti  hanno  avuto  una  parte  attiva  negli  omicidii,  fe- 
rito, devastazioni  ed  incendi  sudetti; 

4°  Considerando  che  por  Agatino  Marcellino  del  fu  Gaetano,  Gaetano  Mar- 
cellino di  Mariano,  Francesco  Teresi,  Saverio  Hisosi,  Giuseppe  Pirrone  ed  An- 
tonino Marfìsi,  non  è  nitidamente  provato  aver  avuto  parto  attiva  in  tutti  i 
fatti  criminosi,  o  particolarmente  nella  somnfiossa  che  sturbò  l'ordino  pubblico 
di  questo  paese  ,  e  però,  giu.stizia  eeigo  che  una  piìi  ampia  istruziono  abbia 
luogo  a  loro  carico,  onde  svilupparsi  meglio  i  fatti  addebitati; 

5»  Considerando  che  per  Vincenzo  Rdlfo,  Giuseppe  Gullo,  Saveria  Do  Paola, 
Giasoppo  Gucciardo  u  Rosario  Vittorio  non  vi  è  stata  ragion  fondata  por  es- 
sere Boltuposti  all'  attuale  giudizio,  nientro  non  vi  ha  alcun  atto  di  ilaganza 
che  li  indizi  come  rei,  nò  tampoco  vi  ha  alcun  jirincipio  benché  menomo  di 
prova,  su  cui  avesse  potuto  basarsi  il  procedimento  a  di  loro  carico,,  e  però  ragion 
vuole  chi)  vongan'i  sciolti  dall'imputazione  a  cui  sono  stati  assoggottAti.  Non 
«Muodo  puro  il  Consiglio  in  istato  di  poter  oonoscuru  so  graviti  a  di  loro   ca- 


APPENDICE  CLIX 


rico  qualche  altro  delitto  ordinario,  perciò'  ragion  prudenziale  consiglia  di  ri- 
metterli alla  disposizione  dei  magistrati  ordinarii ,  lasciandoli  sotto  lo  stesso 
modo,  di  custodia,  a  cui  trovansi  assoggettati. 

Il  Consiglio  di  Guerra,  dietro  le  quistioni  proposte  dal  presidente  ,  dichiara 
constare  per  Carmelo  Basile,  Gaetano  Marcellino  di  Agatino,  Mariano  Marcel- 
lino di  Gaetano,  Carmelo  Teresi,  Pietro  Provenzale,  Pietro  Arrigo. 

Non  costare  abbastanza  por  Agatino  Marcellino  del  fu  Gaetano,  Gaetano 
Marcellino  di  Mariano,  Francesco  Teresi,  Saverio  Bisesi,  Giuseppe  Pirrone,  An- 
tonino Marfìsi.  E  constare  che  non  sono  colpevoli  Vincenzo  Raffo,  Giuseppe , 
Gullo,  Saveria  De  Paola,  Giuseppe  Gucciardo  e  Rosario  Vittorio. 

Fatta  la  dichiarazione  di  reità,  il  presidente  ha  interpellato  il  Consiglio  se 
crede  applicare  ai  colpevoli  la  pena  di  morte  prevista  dagli  articoli  129,  130, 
131  del  codice  penale  del  regno,  proposta  dal  Commissario  del  Re  nelle  suo 
conclusioni. 

Il  Consiglio  ha  deciso  ad  unanimità  di  doversi  applicare  la  pena  proposta 
dal  Commissario  del  Re,  e  quindi  ha  condannato  Canr.elo  Basile,  Gaetano  Mar- 
cellino di  Agatino,  Mariano  Marcellino  di  Gaetano,  Carmelo  Teresi,  Pietro  Pro- 
venzale, Pietro  Arrigo  alla  pena  di  morte  col  secondo  grado  di  pubblico 
esempio  da  espiarsi  colla  fucilazione  nel  tonnine  di  sei  ore,  come  altres't  li 
condanna  alle  spese  del  presente  giudizio.  Parimenti  ha  ordinato  all'  istessa 
unanimità  che  si  istruisca  più  ampliamento  il  procosso  a  carico  di  Agatino 
Marcellino  del  fu  Gaetano,  Gaetano  Marcellino  di  Mariano,  Francesco  Teresi, 
Saverio  Bisesi,  Giuseppe  Pirrone,  Antonino  Marfìsi,  procedendo  a  nuova  infor- 
mazione. 

lu  quanto  a  Vincenzo  Raffa,  Giuseppe  Gullo,  Saveria  Di  Paola  ,  Giuseppe 
Gucciardi,  Rosario  Vittorio  il  Consiglio  ha  ordinato  che  restino  assoluti  per 
l'imputazione  sudetta,  e  che  restino  a  disposizione  dei  magistrati  ordinari,  sotto 
ristesso  modo  di  custodia  a  cui  sono  assoggettati.  Fatto  e  chiuso  oggi  iu  Ter- 
mini, in  continuazione  del  dibattimento  del  predetto  Consiglio  di  Guerra  subi- 
taneo, li  29  luglio  1837,  ad  ore  11  antemeridiane. 

Firmato  Antonio  Danese,  maggiore  presidente,  D.  Giovanni  Marinelli,  capi- 
tano Giudice,  D.  Gennaro  Idastia,  capitano  ,  D.  Giuseppe  Petrilli  ,  1°  tenente 
giudice,  Domenico  Ciampa,  2°  tenente  giudice,  Ercole  Bouchè,  2*  tenento  giu- 
dice, Francesco  Coscarella,  alfiere  giudice,  Dionisio  Rocchi,  1"  tenent»?  com- 
missario del  Re,  Ferdinando  De  Filippi»,  1°  sergente  furiere,  cancelliere. 

Per  copia  conforme  all'originale 

Commissario  del  Re  sostituto  Ferdinando  De  Filippis 

Dionisio  Rocchi  1"  Tenente  1»  Sergente  Cancelliere  (1) 

(Archivio  citato).  


(1)  Seguono  ftltr«  due    sentenze,  aventi  la  data  del  5  e  14  agosto. 


CLX 


APPENDICE 


DOCUMENTO  N.  LXXV. 
Acoiso  delia  Direzione  Generale  di  Polizia. 

Essondo  importantissimo  l'arresto  dei  colpevoli  delle  sommosse  popolari  av- 
venuto in  vari  Comuni  di  questa  Valle  nel  passato  luglio,  il  Direttore  Cene- 
raio di  Polizia,  in  occasione  di  .sovrani  ordini,  ha  stabilito,  di  accordo  coi  Co- 
mandanti la  Colonne  mobili,  i  preraj  da  promettersi  a  coloro  che  utilmente  si 
adoperassero  per  la  esecuzione  di  siffatti  arresti;  e  previa  supcriore  autorizza- 
zione \!cno  ora  a  pubblicare  i  prenij  medesimi,  secondo  il  notaraento  che  segue 
qui  appresso. 

Previene  pertanto  il  pubblico  che  la  somma  del  piemie  non  sarà  pagata  se 
non  dopo  di  essere  eseguito  l'arresto  dell'individuo  pel  quale  si  domanda. 

Imputati  per  la  sommossa  di  Villabate. 


1.  Giovanni  Miano 

2.  Ignazio  Calderone . 

3.  Giuseppe  Pisciotta 


Due. 


60 
80 
SO 


4.  Giuseppe  Messina  .     .     .  Due.  30 

5.  Biagio  D'Agati.     .    .    .    „      30 


Imputati  per  la  sommossa  di  Capaci. 


6.  Erasmo  Ferrante  . 

7.  Pasquale  Strazzera 

8.  Francesco  Costanzo 

9.  Angelo  Costanzo   . 

10.  Erasmo  Crivelli     . 

11.  Erasmo  Giammona 

12.  Francesco  Rizzo 

13.  Gius  ppc  Rizzo.     . 


Due 

80 

14. 

Fraacesco  Ferrante    .     .  Due.  30 

« 

80 

15. 

Antonino  Intravaja     .     . 

.       30 

» 

80 

16. 

Erasmo  Rappa  .     .     .     .     , 

,       30 

n 

80 

17. 

Salvatore  Giammona .     . 

.       30 

9 

80 

18. 

Pietro  Giammona .     .     . 

30 

„ 

60 

19. 

Francesco  Enea  Pecora. 

.       30 

n 

60 
60 

20. 

Erasmo  Riccobouo     .     . 

.       30 

Imputati  per  la  sommossa  di  Termini. 


21.  FrancLidco  Pusatori 

22.  Antonino  Russo 

23.  (Jiuscppc  l'olito 

24.  Filippo  Polito   .     . 

25.  Saverio  Mantia.     . 
20.  (Jiusoppo  Di  .Maria 

27.  Antonino  Salerno  . 

28.  Giaa^ppo  PuBateri. 

29.  Agottino  Ijo  Bello. 


Due. 

9J 

80. 

Salvatore  (ìr;  ziano     . 

.  Due 

80 

„ 

60 

31. 

Giuseppe  Coniglio.     . 

.     „ 

80 

9 

60 

82. 

Andrea  Coniglio     .     . 

■ 

80 

, 

60 

38. 

Tommaso  Rocca    .     . 

„ 

30 

, 

60 

84. 

Vincenzo  Salvatore    . 

» 

30 

„ 

60 

35. 

Matteo  D'Angelo  .     . 

n 

30 

„ 

60 

36. 

Salvatore  Palumbo     . 

> 

80 

, 

80 

37. 

Antonino  Aragona.     . 

» 

80 

n 

80 

38. 

Ignazio  Raimondo.     . 

a 

80 

APPENDICE 

CLXI 

39. 

Mariano  Fiore  .     .     . 

Due 

,   30 

44.  Francesco  Basile  .     . 

.  Due.  30 

40. 

Antonino  Ruffino  .     . 

„ 

30 

45.  Giovanni  Palumbo     . 

.     „       30 

41. 

Vincenzo  Federico. 

n 

20 

46.  Biagio  Dispensa     .     . 

.     ,       30 

42. 

Antonino  Milone    .     . 

r 

30 

47.  Agostino  Graziano.     . 

.      r        30 

43. 

Giuseppe  Milone    .     . 

, 

30 

Imputati  pei'  la  sommossa  di  Bagheria. 


48. 

Frane.  Paolo  Scardina 

.  Due 

CO 

56. 

Nicolò  Tripoli   .     .     . 

.  Due. 

30 

49. 

Salvatore  Pecoraro     . 

„ 

00 

57. 

Mariano  Giammai  osi . 

.     n 

30 

50. 

Giuseppe  Galioto  .     . 

TI 

60 

58. 

Calogero  Scardina.     . 

.     , 

30 

51. 

Giovanni  Roberti  .     . 

» 

60 

59. 

Pietro  Scaduto .     .     . 

, 

30 

52. 

Giacomo  Longo.     .     . 

^ 

30 

60. 

Michele  Ducato.     .     . 

» 

30 

53. 

Giuseppe  Di  Piazza  . 

„ 

30 

61. 

Domenico  Lo  Galbo  . 

n 

30 

54. 

G.  Battista  Scardina . 

n 

30 

62. 

Girolamo  Leto  .     .     . 

•       r 

30 

55. 

Carmelo  Mineo.     .     . 

,       ^ 

30 

Imputati  per  la  sommessa  di  Misìlmeri. 


63. 

Giuseppe  Amato    .     . 

Due. 

30 

86. 

64. 

Pietro  Affronti.     .     . 

„ 

30 

87. 

65. 

Filippo  Aflionti.     .     . 

„ 

30 

88. 

66. 

Natale  Ardizzone  .     . 

, 

30 

89. 

67. 

Antoni  detto  Sponzono 

, 

30 

90. 

68. 

Santo  di  Palermo  .     . 

„ 

30 

91. 

69. 

Giuseppe  di  Palermo. 

„ 

30 

92. 

70. 

Francesco  Ferraro.     . 

„ 

30 

93. 

71. 

Angelo  Ferraro.     .     . 

7t 

30 

94. 

72. 

M."  Giuseppe  Guccione 

„ 

30 

95. 

73. 

Cosmo  Lo  Dico.     .     . 

, 

30 

96. 

74. 

Domenico  Provenzano 

„ 

30 

97. 

75. 

Gaetano  Pagliardo.     . 

„ 

30 

98. 

76. 

Pietro  Scopavo  di  Vito 

„ 

30 

99. 

77. 

Antonino  Sirena    .     . 

„ 

30 

100. 

78. 

Calcedonio  Scafidi.     . 

„ 

30 

101. 

79. 

Frane.  Salemi  Scarmagl 

a  , 

30 

102. 

80. 

Stefano  Salemi .     .     . 

„ 

30 

103. 

81. 

Pietro  Raffa.     .     .     . 

TI 

30 

104. 

82. 

Calcedonio  Raffa   .     . 

!l 

30 

105. 

83. 

Salvatore  Raffa.     .     . 

, 

30 

106. 

84. 

Crispino  Vicari.     .     . 

r, 

30 

107. 

85. 

Giovanni  Salerno  .     . 

„ 

30 

108. 

ArcJi.  Stor.  Sic.  N.  S. 

Anno 

XV 

, 

Pietro  Agnello .  .  . 
Filippo  Agnello.  .  . 
Pasquale  Cimò .  .  , 
Rosario  Cimò  .  .  , 
Gir.seppo  Conte.  .  . 
Girolamo  Conte.  .  . 
Leonardo  Bocchiaro  , 
Domenico  Finocchio  . 
Antonino  Finocchio  . 
Giuseppe  Finocchio  , 
Giovanni  Ferraro  Pioppo 
Giusto  Gerso  .  .  . 
Francesco  Lombardo  . 
Pasquale  Mangoja.  . 
Pietro  Oliveri  Tripone 
Giovanni  Oliveri  .  . 
Giuseppe  Pirajno  .  . 
Giusto  Pavone  .  .  . 
Giuseppe  Patti  .  .  . 
G.  Battista  Pantanella 
Giuseppe  Pellegrino  . 
Giovanni  Rio  Cricchiaro 
Carmelo  Scardillo .     .    . 


Due. 


30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 


21 


APPENDICE 


109.  Filippo  Sagnibeue . 

110.  Salvatore  Sagnibene 

111.  Angelo  Sagnibene. 

112.  Francesco  Salerno. 

113.  Domenico  Salerno. 

114.  Giuseppe  Scoparo  . 

115.  Giovanni  Sucato    . 

116.  Stefano  Salerai.     . 

117.  Antonino  Ribaudo. 

118.  Giuseppe  Romano. 

119.  Ciro  Amore  ,     .     . 

120.  Gioacchino  Cannata 

121.  Collaii  Giuseppe    . 

122.  Collari  padre  del  detto 


Due.  30  123. 

,  30  124. 

..  30  125. 

,  30  126. 

,  30  127. 

,  30  128. 

,  30  129. 

,  30  1 30. 

,  30  131. 

„  30  132. 

,  30  133. 

,  30  134. 

,  30  135. 

,  30  13G. 


Francesco  Cangialosi .     .  Due. 

Salvatore  Calderone  .     .  , 

Giuseppe  D'Aversa     .     .  „ 
Angelo  Lommino  Pantano  „ 

Lo  Piccolo  figlio  di  Pietro  „ 

Giuseppe  D'Aversa    .     .  ^ 

Jlariano  Milazzo     .     .     .  , 

Santo  Mastropaolo  di  Aiit.  „ 

Nunzio  Martorana .     .     .  „ 

Nunzio  Mastopelìo.     .     .  „ 

Giuseppe  Pirajno  .     .     .  „ 

Leonardo  Romeo   .     .     .  „ 

Salvatóre  Spataro  .     .     .  , 

Ciro  Scarpello   .     .     .     .  „ 


30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 
30 


Imputali  jfer  la  sommossa  di  Corlcone  e  Frizzi. 


137. 

Salvatore  Benigno.     . 

.  Due. 

50 

138. 

Pietro  Marsala .     .     . 

B 

60 

139. 

Salvatore  Siracusa.     . 

, 

90 

140. 

Giovanni  Siracusa.     . 

^ 

90 

141. 

Pietro  Blanda   .     .     . 

H 

60 

142. 

Francesco  Milazzo.     . 

, 

00 

143. 

Giuseppe  Vallone  .     . 

n 

60 

144.  Antonino  Campagna 

145.  Salvatore  Canale   . 

146.  Vincenzo  Canale    . 

147.  Vincenzo  Pecoraro. 

148.  Girolamo  Blanda   . 

149.  Giorgio  Lupo     .     . 


Due.  60 

,  60 

.  60 

.  60 

,  30 

,  30 


//  Segretario  Generale 
Stefano  Maria  Tahaio. 


Il  Direttore  Generale 
Duca  Cumia. 


(Arcbivio  citato). 


APPENDICE 


CLXIlI 


DOCUMENTO  N.  LXXVL 

Paesi  della  Valle  minore  di  Palermo  la  cui  mortalità 
superò  il  cimine  per  cento. 


COMUNI 


Popolazione 

Mosti 

Rappokto 

17G,7Ò2 

24,014 

13  5 

i;5,.j7:; 

1,839 

13  5 

1,425 

174 

12  2 

8,880 

1,055 

11  9 

2,047 

22s 

11  1 

4,160 

415 

9  9 

19,431 

1,823 

9  3 

r.,0ó2 

465 

9  2 

n,338 

568 

8  9 

6,83.] 

600 

8  7 

2,754 

240 

8  7 

3,981 

342 

8  5 

5,255 

423 

8  0 

3,205 

257 

8  0 

13,778 

1,064 

7  7 

9,258 

705 

7  5 

3,976 

281 

7 

8,338 

570 

6  8 

8,749 

556 

6  3 

6,386 

400 

6  2 

3,088 

204 

6  6  . 

994 

61 

tj  1 

4,151 

250 

6  0 

3,908 

242 

6  1 

256 

15 

5  8 

12,988 

752 

5  7 

5,967 

335 

5  6 

1,907 

103 

5  4 

2.208 

123 

5  4 

2,909 

158 

'  5  4 

6,129 

332 

5  4 

Palermo  .  .  . 
Corleone  .  .  . 
Ficarazzi  .  .  . 
Carini  .... 
Cerda  .... 
Castronovo  .  . 
Termini  .  .  . 
Borgetto  .  .  . 
Marineo  . 
Bagheria  .  .  . 
Montolepro  .  . 
Solanto  .  .  . 
Palazzo  Adriuiu) 
Giuliano  .  .  . 
Partinico  .  .  . 
Cefalìx .... 

Alia 

Bisacquino  .  . 
Prizzi  .... 
Chiusa.  .  .  . 
Contessa  .  .  . 
Campofiorito.  . 
Valleilohno  .  . 
Vicari  .... 
San  Carlo  .  . 
Monreale .  .  . 
Lercara  .  .  . 
Villafrati .  .  . 
Torretta  .  .  . 
Terrasini  .  .  . 
Piana  .     .     .     . 

(Archivio  citato). 


CLXrV  APPENEIOE 


DOCUMENTO  N.  LXXVII. 

Rapporto  del  Procuratort  Generale  del  Re  presso  la  Gran  Corte  Civile 
di  Messina  al  Principe  di  Campofranco,  Luogotenente  Generale  in 
Sicilia. 

Messina,  lo  luglio  1837. 
Eccellenza, 

Ieri  mattina  approdò  in  questo  porto  il  Real  Paclietto  S.  Antonio ,  prove- 
niente da  Napoli. 

La  notizia  già  percorsa  che  quel  legno  recava  il  vestiario  della  truppa  qui 
stanziata  avea  mosso  il  timore  di  una  facile  infezione  negli  animi  di  questi  a- 
bitanti,  che  trovavansi  agitati  dalla  presenza  di  una  Speronara  Messinese,  che 
proceduta  da  Palermo ,  dopo  lo  sviluppo  della  malattia  dominante ,  era  stata 
messa  in  contumacia  per  le  disposizioni  sanitarie  di  cotesto  Magistrato  Supremo. 
In  un  tratto  si  udì  che  il  popolo  sboccava  da  tutte  le  strade  nella  Marina  e 
presentavasi  alla  Deputazione  di  salute ,  dimandando  minacciosamente  che  il 
Pachetto  ripartisse  tostamente. 

11  movimento  si  comunicò  in  tutti  i  punti  della  Città,  e  si  rese  in  breve  ora 
generale.  A  malgrado  che  i  Deputati  promettessero  di  ordinare  la  partenza  o 
che  uno  Scooner  che  stava  all'ancora  nell'Arsenale  facesse  segni  con  colpi  di 
cannone  e  con  bandiera  che  il  Pachetto  si  fosse  rimesso  alla  vela,  la  officina 
della  Deputazione  e  quella  contigua  della  Polizia  Marittima  furono  occupato  da 
taluni  del  popolo,  infranti  i  mobili ,  devastate  lo  porte,  lacerati  i  registri  e  lo 
carte. 

In  questo  trambusto  alcuni  posti  di  guardie  doganali  alla  marina  furono 
disarmate. 

Intanto  il  Pachetto  ripartì. 

Nondimeno  la  moltitudine  non  si  dileguava  e  si  faceva  a  dimandare  che  la 
speronara  Messinese  ammessa  da  più  giorni  in  contumacia  fosso  sfrattata. 

Si  diedero  le  disposizioni  per  farla  partire.  Nel  movimento  della  mattina  i 
posti  di  guardia  militare  rimasero  nella  inazione  e  furono  rispettati:  nessuna 
Autorità  offesa,  tranne  un  Ispettore  di  Polizia  che  fu  malmenato  da  alcuni  insolenti: 
il  popolo  levava  gridi  di  devozione  alla  Madonna,  padrona  della  Città  ed  al  Re; 
od  una  bandiera  che  era  stata  tolta  dall'Officina  Sanitaria,  fu  appesa  alla  porta 
della  Chiesa  Maggiore  della  Città,  con  dimostrazioni  di  religioso  rispetto:  quando 
nel  maggior  furmeuto  fu  rotta  da  alcuni  la  lapido,  cho  ricordava  lo  ingrandi - 
meato  della  Casina  sanitaria;  costoro  fattisi  accorti  cho  a  quella  lapido  sormon- 
tava la  SMcra  corona  del  Ilo  impressero  a  quella  corona  dei  baci  riverenti  ;  e 
ripetuto  voci  di  viva  il  Ho  fecero  plauso  a  quell'atto  di  riverenza-  Verso  tardi 
il  maggior  numero  della  popolazione  ora  ritornata  alle  suo  caso:  ma  correvano 


APPENDICE  CLXV 


per  le  strade  drappelli  di  ragazzi,  seguiti  da  plebei  armati  delle  sciabole  e  dei 
fucili  tolti  ai  doganieri;  abbandonati  a  loro  stessi,  perchè  i  pochi  buoni  che  la  mat- 
tina eransi  fraramischiati  al  popolo  per  impedirne  gli  eccessi,  si  erano  ritirati, 
dovea  temersi  che  fosse  trascorso  in  maggiori  violenze.  Io  e  l' Intendente  ci 
siamo  riuniti  nella  Casa  del  Comandante  della  Valle  per  deliberare  quelle  mi- 
suro necessarie  a  comprimerli.  Avendoci  dichiarato  quel  Comandante  che  la 
quantità  numerica  della  truppa  era  appena  sufficiente  a  custodire  la  Cittadella, 
i  bagni  e  le  prigioni ,  si  presentì  la  necessità  di  attivare  una  forza  pubblica, 
composta  di  possidenti  e  di  civili. 

Con  la  prontezza  che  poteasi  maggiore  abbiamo  divisa  la  Città  ed  i  sob- 
borghi in  quartieri:  abbiamo  nominati  i  Capi  e  le  guardie  di  ciascun  quartiere; 
ed  abbiamo  invitato  il  Principe  della  Mola  ad  assumere  la  direzione  del  servizio. 

Un  manifesto  pubblicossi  per  le  stampe  ,  onde  far  nota  l'attivazione  di  que- 
sta forza  pubblica ,  e  comandare  lo  scioglimento  dello  unioni  e  la  restituzione 
delle  armi.  Nello  stesso  tempo  furono  aumentate  le  guardie  militari  alle  pri- 
gioni, alla  Tavola  ed  alla  Gran  Guardia.  Prima  di  sera,  quando  si  temeano  no- 
velle riunioni  di  malintenzionati,  le  pattuglie  armate  di  possidenti  giravano  per 
tutti  i  punti  della  Città ,  e  la  di  loro  presenza  restituì  la  sicurezza  e  la  tran- 
quillità pubblica.  Questa  mattina  ebbe  luogj  un  falso  allarme,  ma  la  prontezza 
con  cui  convennero  tutto  le  pattuglie  nel  luogo  di  unione,  valse  a  dimostrare 
la  utilità  della  formazione  di  questa  forza  pubblica.  Per  una  notizia  pervenu- 
tami dalle  carceri,  che  alcuni  dei  detenuti  p<insavano  questa  notte  di  evadere; 
io  ne  feci  avvertito  l' Intendente  e  scrissi  al  Comandante  della  Valle ,  solleci- 
tandolo ad  ordinare  alla  Gendarmeria  il  pronto  trasporto,  e  la  ricezione  nella 
Cittadella  di  quei  tra  i  detenuti ,  il  di  cui  carattere  ispira  maggior  allarme, 
ler  sera  ne  furono  difatti  traspo itati  sossantanove  nei  forti  del  Salvadore  e  della 
Cittadella.  Il  mio  primo  dovere  sarebbe  stato  di  ordinare  la  istruzione  di  pro- 
cessi e  lo  arresto  degl'imputati:  ma  avendo  conferito  coU'Inlcndentc,  questi  mi 
mostrò  il  pericolo ,  cui  andrebbe  nuovamente  esposta  la  tranquillità  pubblica, 
86  tutti  coloro,  ch'ebbero  parto  ai  disordini,  concepissero  il  timore  di  essere  ar- 
restati. Nella  presente  condizione  della  città,  la  sicurezza  pubblica  dipende  in- 
teramente da  questa  forza  pubblica  or  ora  attivata,  poiché  i  ronJieri  e  la  Gen- 
darmeria sono  in  piccolissimo  numero ,  e  sappiamo  non  potere  attendere  dalla 
Truppa  alcuna  assistenza  efficace  a  prevenire  ed  a  comprimere  alcun  altro  moto 
popolare. 

Tostochò  mi  sarà  permesso  di  spiegare  lo  funzioni  del  mio  ministero,  sarà 
mia  premura  di  adempierne  i  doveri. 

Il  Consigliere  Procuratore  Generale 
Giovanni  Cassisi. 
Archivio  citato). 


CLXVI  APPENDICE 


DOCUMENTO  N.  LXXVIII. 

Sentenza  della  Commissione  Militare  di  Val  di  Noto. 

Ferdinando  II  per  la  grazia  di  Dio,  R-i  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec. ,  Duca  di  Parma ,  Piacenza ,  Castro  ec.  ec.  Gran 
Principe  Ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ce. 

La  Commissione  militare  del  Vallo  di  Noto,  nominata  il  dì  15  dello  stante 
mese  da  S.  E.  l'Alto  Commissario  di  S.  M.  (d.  g.)  coi  poteri  dell'  Alter-Ego, 
signor  Maresciallo  di  Campo  Marchese  Delcarretto,  composta  del  Maggiore  Gar- 
zia  Presidente,  del  Capitano  Sartiani,  del  Tenente  Rodriquez,  del  Tenente  La- 
strucci.  Alfiere  Briglia,  Alfiere  Veneti,  Giudici  ;  del  Capitano  Ricceri  Commis- 
sario Relatore,  e  del  secondo  Sergente  Nicastro  del  Reggimento  Principessa, 
Cancelliere.  L'uomo  della  legge  il  Giudice  Istrut.   sig.  Mistretta. 

Si  è  riunita  in  seduta  permanente  per  giudicare  Mario  Adorno,  Carmelo  A- 
dorno,  Concetto  Lanza,  Padre  Vincenzo  Zacco  ed  Andrea  Corpaci,  accusati  di 
atti  rivoltosi,  di  voci  di  sedizione,  e  tentativi  rovescianti  l'ordine  preesistente, 
e  che  portarono  la  devastazione  e  la  strage  in  questa  Comune,  nonché  omicidii, 
ed  altro,  avvenuti  in  Siracusa  dal  18  luglio  in  poi ,  giusta  le  conclusioni  del 
Capitano  Relatore. 

Inteso  il  suddetto  Capitano  Relatore,  nonché  gli  accusati  ed  i  loro  difensori; 

Inteso  nel  suo  avviso  il  Giudice  Istruttore  signor  Mistretta  ,  qual  Uomo  di 
Legge; 

11  Presidente,  dopo  il  riassunto  della  causa ,  ha  proposto  le  seguenti  que- 
stioni di  fatto: 

I. 

Consta  che  Mario  Adorno  e  figlio  Carmelo  siano  colpevoli  di  atti  rivoltosi, 
voci  sediziose,  tentativi  rovescianti  l'ordine  preesistente,  e  che  portarono  la  de- 
vastazione e  la  strago  in  questa  Comune,  inducendo  ad  armarsi  gli  ahitanti  gli 
uni  contro  gli  altri  ? 

Considerando  essere  risultati  dalla  puhhlica  discussione  i  seguenti 

FATTI 

liO.  mattina  dei  10  luglio  1837  per  concepiti  timori  di  pubblici  disordini, 
riunivansi  lo  Autorità  in  sala  comunale,  o  do'  buoni  cittadini  per  lo  mantcni- 
monto  dell'ordino  pubblico  minacciato.  Mario  Adorno  in  tal  circostanza  in  istrada 
pubblica  proferì  voci  sedizioso,  tendenti  a  manometterò  la  persona  dell'  Inten- 
dente, di  altro  Autorith  amministrativo,  degli  impiegati  dell'intendenza,  e  fino 
,...,•1...  ,\,.\  rondifri.   '  ■   ^"v:'   '!"!     ■ì-cm"   ì^Lw^,,  iccuvasi   in  «'iniiiiiigiia.   La    niat- 


APPENDICE  OLXVII 


tiiia  poi  ile]  18  insorgendo  il  popolo  fu  messo  a  morte  l'Ispettore  Commissario 
Vico,  altri  quattro  cittadini  innocenti,  e  la  sera  a  furia  di  popolo  1'  L.tendente 
funzionante  D.  Andrea  Vaccaro,  o  la  dimani  mattina  l'Ispettore  Greci,  e  suo 
figlio  il  Percettore  comunale.  La  sera  istessa  i  giudicabili  Adorno  tornavano  in 
paese  chiamativi  dal  popolo.  Il  di  21,  Adorno  padre,  dava  fuori  per  le  stampe 
un  proclama  a  nome  de'  Siracusani  ai  confratelli  siciliani,  ove  si  dava  conto 
del  sognato  spargimento  dei  veleni,  delle  uccisioni  di  quelle  autorità,  e  li  spin- 
geva a  determinarsi  alla  difesa  della  pubblica  salute.  Il  signor  Adorno  figlio, 
che  affiancava  sempre  il  padre  in  queste  ed  altre  susseguenti  operazioni,  solle- 
citava la  impressione  del  manifesto,  e  ne  traeva  le  prime  copie  come  tiravansi; 
0  furon  tutte  diffuse.  Indi  lo  Adorno  padre  prese  il  comando  illegittimo  di  squa- 
driglie dette  di  sicurezza,  lo  quali  commettendo  atti  arbitrarj,  non  impedirono, 
ma  protessero  la  strage  di  molti  rinchiusi  nello  prigioni  li  sera  del  5  agosio, 
e  di  altri  noi  sei  e  sette  detto  mese. 

La  Commissione  militare  ad  unanimitii  ha  dichiarato:  Consta  che  Mario 
Adorno  e  figlio  Carmelo  siano  colpevoli  di  atti  rivoltosi ,  voci  sediziose,  tenta- 
tivi rovescianti  l'ordine  preesistente,  e  che  portarono  la  devastazione  e  la 
strage  in  quésta  Comune,  iuduccndo  ad  armarsi  gli  abitanti  gti  uni  contro  gli 
altri. 

IL 

Consta  che  Concetto  Lanza  sia  colpevole  di  atti  rivoltosi,  voci  sediziose, 
tentativi  rovescianti  l' ordine  preesistente ,  e  di  omicidio  il  giorno  18  luglio 
scorso  ?  * 

Considerando  risultare  dal  dibattimento  che  il  Lanza  la  mattina  del  18  fu 
uno  dei  primi  che  aggredì  la  casa  del  Cosmorama  Giuseppe  Schwentzer,  fran- 
cese :  che  vi  rubò  un  fucile,  colla  quale  arma  poi  tirò  un  colpo  contro  l'Ispet- 
tore Commissario  Vico,  legato  ad  una  delle  colonne  del  piano  della  Cattedrale 
Chiesa,  colpo  che  lo  tolse  immantinente  di  vita:  che  tutto  ciò  risulta,  e  per  de- 
posizione di  pili  testimonj  e  per  propria  confessione; 

La  Commissione  militare  ad  unanimità  ha  dichiarato  constare  che  Concetto 
Lanza  sia  colpevole  di  atti  rivoltosi,  voci  sediziose,  tentativi  rovescianti  l'ordiue 
preesistente,  e  di  omicidio  il  giorno  18  luglio  scorso. 

IIL 

Consta  che  il  Padre  Vincenzo  Zacco  sia  colpevole  di  atti  rivolto.si,  voci  se- 
diziose, e  tentativi  rovescianti  l'ordine  preesistente? 

Considerando  che  i  discorsi  da  lui  tenuti  agli  arrestati  dal  popolo  tendevano 
a  voler  sapere  i  complici  degli  avvelenatori  nella  falsa  credenza  in  cui  era  dei 
veleni; 


CLXVIU  APPENDICE 


Che  nulla  mostra  di  aver  egli  eccitato  direttamente  il  popolo  a  far  strage 
contro  coloro,  o  elio  in  altro  modo  ne  sia  state  complice; 

Che  al  più  sì  ravvisa  la  mira  di  spargere  un  mal  contento,  credendo  ai  ve- 
leni, contro  le  ordinanze  emesse  dal  Governo,  e  dalla  polizia; 

La  Commissione  militare  ad  unanimità  ha  dichiarato  non  constare  che  il 
Padre  Vincenzo  Zacco  sia  colpevole  di  atti  rivoltosi,  voci  sediziose  e  tentativi 
rovescianti  1'  ordine  preesistente,  ma  alla  stessa  unanimità  dichiara  constare 
bensì  che  sia  colpevole  di  discorsi  pubblici,  coi  quali  ebbe  soltanto  in  mira  di 
spargere  il  malcontento  contro  il  Governo. 

IV. 

Cousta  che  Don  Andrea  Corpaci  sia  colpevole  di  atti  rivoltosi,  voci  sedi- 
ziose, e  ttntativi  rovescianti  l'ordine  preesistente  ? 

Considerando  che  se  il  concorso  di  talune  circostanze  dà  al  Corpaci  l'appa- 
renza del  reato  di  aver  cooperato  alla  formazione  del  manifesto  suindicato,  pure 
non  son  sufficienti  abbastanza  a  stabilire  la  di  lui  colpabilità,  e  contrarie  pre- 
sunzioni par  che  la  escludano  ; 

Che  interessa  conoscere  quali  si  fossero  stati  i  di  lui  rapporti  coli'  Adorno, 
quali  i  di  lui  principj  e  la  passata  condotta,  e  s'è  vero  che  sino  al  20  luglio  ul- 
timo si  teneva  in  campagna,  e  se  dopo  il  ventuno  immediatamente  "ne  parti,  ri- 
coverandosi su  di  una  barca  noi  sito  detto  la  Maddalena  per  timore  della  plebe, 
che  credeva  un  suo  fratello  aromatario  spargitor  di  veleni; 

La  Commissione  militare  ad  unanimità  dichiara  di  non  constare  abbastanza 
che  sia  colpevole;  quindi,  secondo  l'art.  273  dello  Statuto  penale  militare,  sarà 
ristretto  iu  Castello  pollo  spazio  di  un  mese,  in  cui  il  Capitano  Kelatoro  dovrà 
procedere  a  nuova  informazione  a  norma  del  capitolo  5°  del  detto  Statuto. 

Fatta  la  dichiarazióne  di  reità,  il  Presidente  ha  interpellato  la  Commissiono 
con  qual  pena  debbano  punirsi  i  reati  suddetti. 

La  Commissione,  veduti  gli  art.  129,  loO,  131  e  142  delle  leggi  penali  del 
Regno,  così  concepiti  : 

129.  Chiunque  ecciterà  la  guerra  civile  tra  popolazione  e  popolazione  del 
Regno,  o  fra  gli  abitanti  di  una  stessa  popolazione,  armandogli  o  induccndogli 
ad  armarsi  gli  uni  contro  gli  altri,  é  punito  colla  morte. 

130.  Chinquo  porti  la  dcvfl.stazione,  la  strage  o  11  saccheggio  in  uno  o  più 
Comuni,  0  contro  una  classe  di  persone,  è  punito  colla  morte  e  col  secondo 
grado  di  pubblico  esempio. 

181.  Chiunque  nel  caso  do'  due  precedenti  articoli  prende  parto  attiva  negli 
omìcidj,  nollp  devastiiziont  o  ne'  saccheggi,  ò  punito  colla  morte. 

142.  Ogni  altro  discorso,  o  scritto,  o  fatto  pubblico  non  compreso  negli  ar- 
ticoli precedenti,  o  non  accompagnato   dal  reo  fìno  in    questi  espresso,  quando 


▲PPEÌTDIOK  OUUJt: 

con  essi  si  abbia  soltauto  avuto  in  mira  di  spargere  il  malcontento  contro  il 
Governo,  sarà  punito  col  secondo  al  terzo  grado  di  prigionia. 

La  stessa  pena  saia  applicata  agli  ecclesiastici,  i  quali  per  occasione  del- 
l'esercizio delle  funzioni  del  loro  ministero  faranno  la  c;ilica  di  una  legge,  di 
un  decreto,  o  di  un  atto  qualunque  della  pubblica  autorità. 

Ha  condannati  ad  unanimità  Mario  Adorno,  Carmelo  Adorno  o  Concetto 
Lanza  alla  pena  di  inerte  da  eseguirsi  infra  il  tei  mine  di  ore  dicci  con  la  fu- 
cilazione. 

Ha  conJannato  del  pari  all'istessa  unanimità  il  Padre  Vincenzo  Zacco  alla 
prigionia  per  anni  cinque. 

Ha  del  pari  deciso  all'istessa  unanimità  di  estrarsenc  della  presente  sen- 
tenza num.  400  copio  in  istampa  per  diramarsi  alle  autorità  competenti. 

Le  spese  del  giudizio  a  carico  de'  suddetti  condanniiti. 

L'esecuzione  n  cura  del  CapitiUio  Relatore. 

Fatto,  deciso  e  pubblicato  in  seduta  prrmanentc-  oggi  13  agosto  1837  in  Si- 
racusa. 

La  Commissione  Militare  : 

Maggiore  Michele  Garzia,  Presidente. 

Pietro  Sartiani,  Capitano  Giudice. 

Giovanni  Kodriguez,  P  Tenente  Giudice. 

Francesco  Lastrucci,  2°  Tenente  Giudico. 

Aurelio  Briglia  Altiero  Giudice. 

Francesco  Antonio  Veneti  Alfiere  Giudice. 

Francesco  Mistretta,  Giudice  Istruttore,  uomo  di  legge. 

Cancelliere  Giovanni  Nicastro,  2"  Sergente. 

Visto 
Il  Capitano  Commess.  Relatore 
Rosario  Ricceri  (1). 
(Artliivio  l'itatu). 


DOCUMENTO  N.  LXXIX. 

Sentenza  della  Commissione  Militare  del  Vallo  di  Noto 

■Ferdinando  II  per  la  grazia  di  Dio  He  del  Ileyno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme,  ec.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ec.  ec.  Gran  Prin- 
cipe ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

La  Commissione  militare  del  Vallo  di  Noto,  nominata  il  di  15  del    passato 
meso  di  agosto    da  S.  E.  1'  alto  Commissaiio  di  S.  M.  (D.  G.)  coi  poteri  del- 


(1)  Soguuiio  altro  sciitcnzo,  avuuU  dascuua  la  data  del  19,  24  ij  J8  agosto  e  1°  settembre  18d7 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XV.  22 


falJÌX  APPENDioM 

l'Alter-Ego  signor  Maresciallo  di  Campo  Marchese  Delcaretto  .  composta  dal 
Maggiore  fiarzia  Presidente,  dal  Capitano  Sartiani.  dal  Tenente  Uodriguez,  dal 
Tenente  Lastrucci.  AlBere  Hriglia,  Alfiere  Veneti,  Giudici;  dal  Capitano  Ric- 
ceri  Commissario  Relatore,  e  dal  primo  Sergente  Trani  del  Reggimento  Prin- 
cipessa Cancelliere.  L'nomo  della  leggo  il  Giudice  Istruttore  signor  Mistretta. 

Proseguendo  in  sedata  permanente  per  giudicare  Salvatore  Bonajuto  ,  Lu- 
ciano Pantano,  Giuseppe  Covato,  Santo  Pantano,  Andrea  Ricupero,  Paolo  For- 
mica, Salvatore  Ricupero,  Santo  La  Rocca,  Santo  Ricupero  ,  Santo  Perrotta  , 
Paolo  Randazzo,  Francesca  Ricupero,  ed  Antonino  Amenta,  accusati  di  atti  ri- 
voltosi, voci  di  sedizione,  di  tentativi  rovescianti  l'ordine  pubblico,  e  di  aver 
eccitata  la  guerra  civile  tra  gli  abitanti  della  Comune  di  Canicattini  del  5  a- 
gosto  or  caduto,  in  poi. 

Inteso  il  sndetto  Capitano  Relatore  nelle  sue  conclusioni: 

Intesi  gli  accusati,  ed  i  loro  difensori  no'  mezzi  di  difesa; 

Inteso  lo  avviso  dell'uomo  di  Leggo  Giudice  Istruttore  Signor  Mistrett^a; 

Ritiratasi  nella  camera  di  consiglio  il  signor  Presidente  ha  elevato  lo  se- 
guenti 

1°  QUISTIONE  DI  FATTO 

Consta  che  Salvatore  Uonaiuto  ,  Giusepe'Covato,  Andrea  Ricupero,  Luciano 
Pantano,  Salvatore  Ricupero  ,  Santo  Pantano,  e  Sauto  Ricupero  sian  coli)evoli 
di  atti  rivoltosi  tendenti  a  rovesciare  1'  ordino  preesistente,  e  di  «ver  eccitata 
la  guerri  civile  tra  gli  abitanti  della  stessa  popohizione,  armandosi,  o  inducendo 
i  cittadini  ad  armarsi  gli  uni  coi'tro  gli  altr.  ? 

Considerando  essere  risultati  nella  pubblica  discussione  i  seguenti 

FATTI 

Dopo  la  fiera  in.sorgenza,  o  le  crudeli  stragi  commesso  in  Fluridiii,  perfide 
dicerie  di  avvelenamento  nella  contermine  Canicattini  susurravano;  e  contro  i 
pubblici  impiegati,  e  la  classe  dei  civile  udivansi  parole  acerbe ,  o  maligne.  11 
dopo  pranzo  del  G  agosto  Salvadoro  iJoniijuto,  che  mali  umori  covava  contro 
il  Cancelliire  Comunale,  trovandosi  al  posto  fuori  la  Comune  gliene  impediva 
lo  ingresso,  voci  sedizioso  profferendo  tendenti  a  manomettere  la  di  lui  per- 
sona. Al  che  riunitasi  una  turba  lo  minacciavan  di  percosso,  e  di  offese;  quindi 
lo  triducevano  in  carcere  poi  lo  allontanavano;  e  fuvvi  chi  gridò,  o  die'  con- 
siglio, perchè  si  trucidasse.  Fu  questo  il  segno  a  più  apeita  insurrezione:  poi- 
ché la  sera  del  7  il  lJ^)naiuto  medosinio  ,  Antonino  e  Siint)  GiofTrido  ivan  per 
lo  blrade  gridando,  che  ad  una  volta  sette  cran  periti  di  veleno,  molti  vieni 
a  morire ,  Ittli  in  pericolo  :  e  Giu-ieppo  Covalo ,  Luciano  o  Santo  Pant^itiu 
se,.,uiti  da  altri  corrovan  d.il  Sindaco,  perchò  lo  peisono  sospetto  per   propoya- 


APPENDICE  CLXXr 


zione  di  veleno  arrestusseisi.  Quindi,  non  valendo  lo  insinuazioni  di  quel  fun- 
zionante ,  ne  lo  intervento  della  pubblica  forza  ad  arrestare  il  disordine  ;  poi- 
ché accrescevasi  sempreppiii  la  turba  degl'insorti,  armati  chi  di  bastoni,  eli» 
di  fucili,  chi  di  scuri,  o  di  altre  armi,  licenziosamente  per  le  strado  correndo, 
ventiquattro  cittadini,  o  impiegati,  o  civili  con  offese  sulle  persone,  con  aspri 
modi,  e  con  minacce  di  morte  arbitrariamente  arrestarono.  L'iudimani  voleansi 
mettere  a  morto  ,  e  perchè  i  parenti  dogli  arrestati  minacciavano,  ed  oppone- 
vansi,  molti,  alla  cui  testa  Covato,  odi  fratelli  Pantano,  movevano  per  Floridia 
per  venire  affiancati  dai  facinorosi  di  quella  Comune.  Ne  furono  però  richia- 
mati, e  distolti,  ;  e  la  sera  fatto  correr  voce,  che  tutti  erano  innocenti,  p?r  o- 
pera  di  alcuno,  essendo  gl'insorti  o  stanchi,  o  incerti  di  ciò  che  far  si  dovesse, 
furon  tutti  escarcerati.  La  domani  mattina  alzossi  un  partito  di  reaziono  ;  e  la 
forza  pubblica,  riproso  vigore,  arrestò  parte  dei  rivoltosi,  parte  furono  messi  in 
fusra  ;  l'ordine  pubblico  turbato  restituissi. 

Considerando  che  tanti  eccessi  ivi  avvenuti  rovesciarono,  sebbene  per  soli 
due  giorni,  l'ordine  preesistente  ;  trassero  lo  scioglimento  delle  Auk>ritìi  e  del 
Governo  in  quel  luogo,  turbarono  la  sicurezza,  che  il  potere  politico  garcntisce 
ai  cittadini  ;  e  nella  generalitt^  di  essi,  precisamente  nella  classe  degl'impiegati, 
0  dei  civili,  sparsero  lo  spavento,  e  lo  allarme; 

Che  comunque  non  sieno  seguiti  nò  saccheggio,  nò  strage,  nò  devastazione, 
non  è  tuttavia  men  vero,  che  guerra  civile,  sedizione,  ribellione  fu  eccitata  fra 
individui  della  stessa  popolazione,  armandosi  molti,  o  inducendo  altri  ad  armarsi 
gli  uni  contro  gli  altri  :  nò  mancò  certo  per  gli  insorgenti,  che  in  gravi  scia- 
gure quel  paese  spinto  si  fosse  :  il  che  è  tanto  più  criminoso,  quanto  l'atto  So- 
vrano del  31  luglio  avea  avuto  ivi  pubblicazione; 

Dacché  la  mancata  strage,  o  il  non  seguito  saccheggio  non  rendono  mono 
gravo  la  imputabililìi  dei  giudicabili  'in  casi  si  gravi,  nei  quali  la  legge,  di 
giusto  rigore  armandosi,  agguaglia  al  consumato  il  mancato  misfatto,  e  con  e- 
gnale  sanziono  il  punisce; 

Considerando  risultare  evidentemente  che  Salvatore  Bonajuto,  Giuseppe  Co- 
vato, Luciano  e  Santo  Pantano  ne  furono  gli  eccitatori; 

Che  Salvatore  ed  Andrea  Ricupero,  comunque  fra  la  turba  si  distinguessero, 
e  iìgurasser  sempre  nei  due  giorni  dei,  disordini,  puro  non  possono  a  giusta 
ragione  riguardarsi  come  capi,  o  provocatori  della  rivolta  ;  ma  più  presto  col- 
pevoli di  arresti  arbitrarli,  con  offese  sulle  persone,  e  minacce  di  morte,  accom- 
pagnate puro  da  pubblica  violenza; 

Che  per  quanto  riguarda  Sanie  Ricupero,  gl'indizii  di  sua  colpabilitiv  anzi 
che  accrescersi,  o  confermarsi  alla  discussione  dello  pruove,  senesi  di  molto 
attenuati  ;  sicché  fa  d'uopo  che  sian  'meglio  chiariti  con  jpiù  ampia  infor- 
mazione; 


CLXXII  APPENDICE 


La  Commissione  ha  dichiarato 


Consta  che  Salvatore  Bonajuto,  Giuseppe  Covato,  Luciano  Pantano  e  Santo 
Prtutano  sian  colpevoli  di  atti  rivoltosi,  voci  di  sedizione,  di  opere  rovescianti 
l'ordine  preesistente,  e  di  avere  eccitata  la  guerra  civile  fra  abitanti  di  una 
stessa  popolazione,  inducendoli  arn:arsi  gli  uni  contro  gli  altri. 

Consta  che  Salvatore  ed  Andrea  Ricupero  sian  colpevoli  di  arresti  arbitrarj 
di  più  cittadini,  con  offese  sulle  persone,  e  minacce  di  morto,  accompagnate 
pure  da  pubblica  violenza. 

Non  consta  abbastanza  che  Santo  Ricupero  ne  sia  egualmente  colpevole. 

E  visti  gli  articcli  273  e  2S1  dello  Statuto  penale  militare 

ORDINA 

Che  rimanga  in  carcere,  e  che  si  prendano  sul  di  lui  conto  piìi  ampie  in- 
formazioni nel  termine  di  mesi  sei,  a  cura  del  Capitano  Relatore. 

2.°  QUISTIONE  DI  FATTO 

Consta  che  Santo  La  Rocca,  Paolo  Randazzo,  Paolo  Formica  o  Santo  Por- 
rotta  sian  colpevoli  di  tentativi  di  misfatti,  e  che  Francesca  Ricupero  sia  com- 
plice non  necessaria,  secondo  le  conclusioni  del  Capitano  Relatore  ? 

Ovvero  secondo  l'avviso  dell'Uomo  di  legge 

Consta  che  i  primi  quattro  sien  colpevoli  di  arresti  arbitrarj,  con  offeso 
sulle  persone,  e  minacce  di  morte  accompagnate  pure  da  pubblica  violenza  :  e 
per  Francesca  Ricupero  di  solo  tentativo  ? 

Considerando  che  costoro  comunque  nìeno  agitati,  e  violenti  dei  fratelli  Ri- 
cupero, tuttavia  sono  pur  essi  convinti  degli  stessi  reati,  avendo  anche  eglino 
arrestato  piìi  cittadini,  e  con  animo  ostile  preso  parto  nella  civile  dissenzione; 

Considerando  cbe  la  Ricupero,  favorendo  i  disegni  dei  fratelli,  o  chiamando 
il  popolo  a  suon  di  campane,  allorché  chiamavasi  il  rinfoi-zo  degli  anarchici 
florìdiani,  tentò  anche  essa  di  eccitare  nuovi  disordini,  o  almeno  di  accrescere 
i  primi  tumulti 

La  Commissione  ha  dichiarato 

t 

Confata  che  Santo  La  Rocca,  Paolo  Formica,  Paolo  Randazzo  e  Santo  Por- 
rotta  sien  colpevoli  di  arresti  arbitrarj  con  offese  sulle  persone,  minacce  di 
morto  ed  accompagnato  pure  da  pubblica  violenza. 

Consta  che  Francenca  Ricupero  sia  colpevole  di  tentativo  nei  sensi  dell'ar- 
ticolo 132  dello  leggi  penali. 


APPENDICE  CLXXin 


3."  QUiSTIONE  DI  FATTO 

Consta  che  Antonino  Anienta  sia  colpevole,  oppure  nò  dei  misfatti  impu- 
tatigli ? 

Dacché  nessun  indizio  oflriva  a  di  lui  carico  il  processo  scritto  ;  né  la  pub- 
blica discussione  ha  presentato  il  benché  meno  sospetto  di  sua  reità 

La   Commissione  ha  dichiarato 

Consta  che  Antonino  Amenta  non  è  colpevole. 
E  visto  l'articolo  271  dolio  Statuto  suddetto 

ORDINA 

Che  sia  messo  in  libertà  assoluta. 

Fatta  la  dichiarazione  di  reità,  il  Presidente  ha  interpellato  la  Commissiono 
con  qual  pena  debbano  punirsi  i  reati,  di  che  sono  stati  rispettivamente  dichia- 
rati colpevoli  ? 

La  Commissione 

Visti  gli  articoli  5  o  129  delle  leggi  penali; 

Veduti  gli  articoli  70,  132,  149,  e  170  delle  leggi  suddette; 

Ha  Condannato 

Santo  Pantano,  Luciano  Pantano,  Salvatore  Bonajuto,  e  Giuseppe  Cavato 
alla  pena  di  morte  da  eseguirsi  con  la  fucilazione,  domattina  alle  ore  12  i- 
taliane. 

Andrea  Ricupero  e  Salvatore  Ricupero  al  4  grado  di  ferri  al  presidio  por 
anni  30. 

Paolo  Formica,  Santo  U  Rocca,  Santo  Perrotta  e  Paolo  Randazzo  ull'egual 
grado  nel  presidio  per  anni  26. 

Francesca  Ricupero  al  3  grado  di  ferri  anche  nel  presidio  per  anni  24. 

Ha  del  pari  deciso  di  estrarscne  della  presente  sentenza  num.  450  copie  in 
istarapa  per  diramarsi  alle  autorità  competenti. 

Le  spese  del  giudizio  a  carico  de'  suddetti  condannati. 

L'esecuzione  a  cura  del  Capitano  Relatore. 

Fatto,  deciso  e  pubblicato  in  sodata  permanente,  oggi  1  settembre  1837  in 
Siracusa. 

La  Commissione  Militare 

Maggiore  Michele  Garzia,  Presidente. 

Capitano  Pietro  Sartiani,  Giudice. 

1°  Tenente  Giovanni  Rodriguez,  Giudice. 


CLXXnr  APPENDICE 


2"  Tenent.»  Francesco  I^astrucci,  Giudice. 

Alfiere  Aurelio  Briglia,  Giudice. 

Alfiere  Francesco  Antonio  Veneti,  Giudico. 

Francesco  Mistretta,  Giudice  Istruttore,  uomo  di  leggo. 

1"  Sorgente  Cancelliere  Vincenzo  Trani. 

Visto 
//  Capitano  Commissario  Relatot'e 
Rosario  Ricceri.  (1) 

(Archivio  citato). 


DOCUMENTO  N.  LXXX. 

SkKTBNZA    DEtLA    COMMISSIONE   MILITARE    DEL    VaLLO    DI    CATANIA 

Ferd'mamlo  II  per  la  (/razia  di  Dio  Ite  del  Regno  delle  due  Sicilie,  di 
Gerusalemme  ec.  Duca  di  Parma,  Piacenza,  Castro  ec.  ec.  Gran  Prin- 
cipe Ereditario  di  Toscana  ec.  ec.  ec. 

La  Commissione  Militare  del  Valle  di  Catania,  nominata  il  dì  20  agosto  da 
S.  E.  l'Alto  Commissario  di  S.  M.  (D.  G.)  coi  poteri  doW Alter  Ego,  signor  Ma- 
resciallo di  Campo  Marchese  Del  Carretto,  composta  dei  signori: 

D.  Giorgio  Feti  Maggiore  del  3"  di  linea  Principe,  Presidente; 

Cav.  D.  Giovan  Battista  Quandel  Capitano  di  Gendarmeria,  Giudice; 

Cav.  D.  Massimiliano  Licastro  Capitano  doi  Pionieri,  Giudice; 

Cav.  D.  Carlo  Espin  Capitano  del  1"  Cacciatori,  Giudice; 

D.  Luigi  Rossi  1"  Tenente  del  V  Cacciatori,  Giudice; 

D.  Beato  Schuoller  1"  Tenente  dei  Pionieri,  Giudice; 

D.  Giuseppe  D'Attellis  Capitano  del  4"  di  linea  Principessa,  Relatore; 

Biagio  Amirante  2°  Sergente  dei  Pionieri,  Cancelliere. 

L'uomo  della  legge  Barone  D.  Francesco  Buonaccorsi  (xiudico  della  G.  Corto 
si  è  riunita  in  seduta  permanente  nel  locale  del  Collegio  Cutelli  in  Catania  li 
6  settembre  corrente  anno  per  giudicare  i  nominati: 

1.  D.  (Jiovan  Battista  Ponsabeno  del  fu  D.  Salvatore  di  anni  32,  nato  o  do- 
miciliato in  questa,  civile. 

2.  D.  Giacinto  GuUi  Ponnetti  del  fu  I).  Giuseppe  di  anni  28,  nato  e  domi- 
ciliato in  questa,  civile. 

3.  D.  Giuseppe  Caudullo  Fetusa  del  fu  Nunzio  ili  anni  45 ,  nato  e  domici- 
liato in  quofita,  civilo. 

4.  D.  Angelo  Sgroi  del  fu  Santo  di  anni  44 ,  n:ito  o  domiciliato  in  questa, 
Mppolliero. 


(1)  8«|i>oito  altrt  do*  MntonM  dal  91  •  26  lottMabr*. 


APtMNDICE  OLlxV 


5.  Sebastiano  Sciuto  del  fu  l'enedetto  di  anni  50,  nato  e  domiciliato  in  que- 
sta, sensale. 

6.  D.  Antonino  Faro  di  D.  Alfio  di  anni  29,  nato  o  domiciliato  in  questa, 
civile. 

7.  D.  Litterio  Ardizzonu  del  fu  D.  Tommaso  di  anni  43,  nato  e  domiciliato 
in  questa,  possidente. 

8.  Sebastiano  Finocchiaro  del  fu  Nicolò  di  anni  24  ,  nato  e  domiciliato  in 
questa,  ogliolajo. 

9.  Salvatore  Finocchiaro  del  fu  Nicolò  di  anni  37  ,  nato  e  domiciliato  in 
questa,  ogliolajo. 

10.  Giacomo  Filetti  di  Francesco  di  anni  30,  nato  e  Jomiciliato  in  questa, 
tagliapietre. 

11.  Giuseppe  Indelicato  del  fu  Fiancesco  di  anni  21  di  Aci  Catena,  domici- 
liato in  questa,  tagliapietre. 

12.  Paolo  Indaco  Tarallo  del  fu  Mario  di  anni  27  ,  nato  e  domiciliato  iu 
questa,  tagliapietre. 

13.  Salvatore  Indaco  Tarallo  ivi  fu  Mario  di  anni  22  nato  e  domiciliato  in 
questa,  tagliapietre. 

14.  D.  Antonino  Provenzale  di  Luigi  di  anni  40,  nato  in  Nizza  di  Provenza 
del  Piemonte,  al  presente  in  questa  domiciliato,  negoziante  .di  seta- 
Provenuti  i  primi  quattro,  cioè  Pensabcne,  Gulli  Pennetti,  Caudullo  Fetusa 

e  Sgroi 

1"  Di  avere  cospirato  contro  il  Governo  all'oggetto  di  cambiarlo; 

2"  Di  avere  eccitato  i  sudditi  ad  armarsi  contro  l'autorità  reale,  dando  ad 
essi  ad  intendere  che  con  venefiche  propinazioni  si  attentasse  dai  mandat^trj  di 
questa  autorità  alla  loro  vita  sotto  l'apparenza  del  colera  indiano; 

S**  Di  avere  preso  parte  attiva  nella  rivolta  a  mano  armata  con  che  fu  di- 
strutto l'ordine  legittimo  preesietente,  facendola  da  capi  di  bande  ed  aécettando 
ed  eseguendo  speciali  incarichi,  che  li  caratterizzano  promotori  della  sedizione; 

4"  Inoltro  di  avere  non  solo  per  disprezzo,  ma  per  viemaggiormcnto  susci- 
tare coll'esenipio  l'odio  contro  il  Governo  infranto  e  distrutto  il  marmoreo  si- 
mulacro di  S.  M.  Francesco  I  di  gloriosa  memoria  ed  incendiato  i  Reali  ritratti 
esistenti  nel  Palazzo  di  (ìiustizia,  e  gli  stemmi  reali  di  cui  erano  fregiate  le 
pubbliche  officine. 

Il  Gulli,  Caudullo  e  Sgroi  di  avere  aggredito  il  Monistero  dei  P.  Benedettini, 
traendovi  colà  la  plebe  con  la  calunniosa  voce  che  vi  si  fosse  asilato  il  Mag- 
giore Simoneschi,  che  si  segnalava  come  propagatore  di  veleni,  ma  con  l'inten- 
dimonto  di  determinarli  per  quel  verso  alla  ribellione. 

11  Peusabene,  il  Gulli  ed  il  Caudullo  di  avere  con  minacce  e  con  altri  ar- 
tificj  obbligata  la  guarnigione  a  consegnare  lo  sue  armi ,  quali  poi  si  fecero 
passare  presso  i  rivoltosi  che  furono  organizzati  in  bande  armate ,  ed  il  Gulli 


OLXXVI  APPENDICE 


e  Caudullo  di  avere  anche  con  minacce  e  violenze  ed  a  mano  armata  tratte  allo 
stesso  oggetto  dalle  Cancellerie  e  dal  Commissariato  di  Polizia  le  altre  armi 
che  quivi  esistevano  in  deposito; 

Il  Galli,  Caudullo  e  Sgroi  di  avere  arbitrariamente  con  altri  faziosi  arrestato 
il  Regio  Visitatore  signor  D.  Filippo  Benintende,  e  Sgroi  e  Caudullo  di  avere 
sequestrato  le  persone  del  Consigliere  Procurator  Generalo  della  G.  C,  dell'In- 
tendente e  del  Comandante  la  Gendarmeria.  Il  Pensabene  ed  il  Giilli  di  avere 
con  violenze  e  minacce  imposto  la  stampa  dol  rivoluzionario  manifesto  pubbli- 
cato in  Catania  li  30  luglio  corrente  anno,  del  quale  ne  procurarono  la  pubbli- 
caziooc  e  la  diffusione,  onde  muovere  il  popolo  alla  rivolta. 

Il  quinto,  cioè  Scinto.  1.  Di  avere  assistito  gli  autori  della  rivolta,  essendosi 
mostrato  in  loro  compagnia,  armato. —  2.  Di  avere  preso  parte  attiva  ne'  fatti 
che  prepararono  ed  accompagnarono  il  cambiamento  del  Governo. — 3.  Di  aver 
dato  opera  per  fornire  di  armi  i  faziosi. — 4.  Di  aver  proso  parte  attiva  nel  di- 
sarmamento  del  posto  di  Polizia.  Ed  in  fine  il  Ponsabeno,  il  Gulli,  il  Caudullo,  lo 
Sgroi  e  Scinto  di  reiterazione  di  più  di  due  misfatti,  reati  contemplati  dagli  ar- 
ticoli 123,  133,  178,  179,  181,  182,  74  e  64  leggi  penali. 

11  sesto  cioè  Faro.  1.  Di  avere  con  minacce,  violenze  ed  artificj  obbligata 
la  Guarnigione  a  consegnare  le  suo  armi,  quali  si  fecero  poi  passare  ai  rivol- 
tosi per  organizzarli  in  bande. — 2.  Di  avere  scientemcnto  assistito  gli  organiz- 
zatori di  queste  bande. — 3.  Di  essere  andato  in  Messina  eon  altri  all'oggetto  di 
diffondervi  il  sedizioso  manifesto  di  Siracusa  del  21  luglio  ultimo,  onde  eccitare 
quegli  abitanti  all'odio  del  Governo  e  quindi  alla  rivolta.  —  4.  Di  avere  accet- 
tato l'impiego  nella  cosi  detta  Giunta  di  Guerra ,  scopo  della  quale  si  era  di 
armare  le  bande,  e  di  fornire  ad  osse  le  munizioni  per  sostenere  la  rivolta. — 
5.  Di  reiterazione  di  piìi  di  due  misfatti:  reati  contemitlati  dagli  articoli  123, 
140,  133  e  74  delle  medesime  leggi. 

Il  settimo  cioè  Ardizzone.  1.  Di  avcir  preso  parte  attiva  nella  forza  armata 
dei  rivoltosi  per  distruggere  e  cambiare  il  Governo.  —  2.  Di  avere  assistito  il 
Caudullo  onde  eccitare  la  plebe  alla  rivolta.—  3.  Di  avere  assistito  il  Ponnetti 
per  la  stampa  del  manifesto  che  si  pu))blicò  in  Catania  li  30  luglio  ultimo.  — 
4.  Di  avere  scientemente  assistito  alla  cosi  dotta  Giuuta  di  guerra.  —  5.  Di  a- 
vcrc  arbitrariamente  con  altri  fazio.^i  arrestato  il  Regio  Visitatore  Ueuintende. 
—6.  Di  reitcr.izione  di  piii  di  due  misfatti  reati  contemplati  dagli  articoli  123, 
133,  140  e  seguenti,  e  74  dello  stosse  leggi. 

I/ottavo  e  nono,  cioè  i  fratelli  Sebastiano  e  Salvatore  Finocchiaro.  l.Di  a- 
vere  preso  servizio  nelle  bande  armate  ,  ondo  sostenere  con  la  violenza  la  ri- 
volta.— 2.  Di  avere  concorso  a  spogliare  alcuno  chiese  dalle  loro  campano,  onde 
formarne  dal  bronzo  di  esso  d'i  cannoni.— 3.  Di  reiterazione  di  misfatto:  reati 
contemplati  dagli  articcli  133,   135  e  74  delle  suindicate  leggi. 

il  decimo,  l'unducimo,  dodicuuimo  u  Irodicouunu,  (ioc  Giacomo  Filetti,  Giù- 


APPENDICE  CLXXVII 


geppo  Indelicato  e  fratelli  Paolo  e  Salvatore  Indaco  Tarallo  di  avere  concorso 
con  la  loro  opera  alla  distruzione  del  Simulacro  marmoreo  di  S.  M.  Fiancesco  I, 
reato  preveduto  dall'art.  141  dello  Leggi  penali. 

Il  quattordicesimo,  cioè  il  Provenzale:  1,  Di  avere  con  minacce,  violenze, 
artificj  obbligata  la  Guarnigione  a  consegnare  le  armi,  quali  si  fecero  poi  pas- 
sare ai  rivoltosi  per  organizzarli  in  bande.—- 2.  Di  avere  scientemente  assistito 
gli  organizzatori  di  queste  bande. — 3.  Di  reiterazione  di  misfatto,  reati  contem- 
piati  dallo  articolo  133  delle  predette  leggi. 

Inteso  il  suddetto  Capitano  Relatore,  non  che  gli  accusali  e  loro  difensori; 

Inteso  nel  suo  avviso  il  Giudice  della  G.  Corte  Barone  D.  Francesco  Buo- 
naccorsi,  qual  uomo  di  legge; 

Il  Presidente,  dietro  il  riassunto  della  causa ,  ha  proposto  le  seguenti  qui- 
stionì  : 

Consta  che  i  nominati  Giovan  Battista  Ponsabene,  Giacinto  GuUi  Pennetti, 
Giuseppe  Caudullo  Fetusa,  Angelo  Sgroi,  Sebastian©  Sciuto,  Antonino  Faro,  Let. 
torio  Ardizzone,  Sebastiano  e  Salvatore  Finocchiaro,  Giacomo  Filetti,  Giuseppe 
Indelicato,  i  fratelli  Paolo  e  Salvatore  Indaco  Tarallo  ed  Antonino  Provenzale 
siano  colpevoli  dei  misfatti  di  cui  sono  stati  rispettivamente  accusati  ai  termini 
della  rispettiva  rubrica  ? 

Considerando  che  dalla  pubblica  discussione  e  dai  documenti  esistenti  in  pro> 
cesso  risulta  il  seguente 

PATTO 

Nel  giorno  18  luglio  ultimo  si  fece  correre  artifiziosamente  voce  per  Cata- 
nia, che  il  signor  Maggiore  Simonoschi  di  Gendarmeria,  qui  venuto,  avea  preso 
asilo  nel  Monistero  dei  RR.  PP.  Benedettini,  e  che  lo  stesso  era  uno  dei  prò- 
pinatori  delle  sostanze  venefiche  che  avevano  desolato  Napoli  e  Palermo  :  a 
questo  D.  Giacinto  Gulli  Pennetti,  D.  Giuseppe  Caudulle  Fetusa,  D.  Angelo  Sgroi 
ed  altri,  mentre  conoscevano  essere  ciò  una  falsità ,  come  cospiratori  però  (a 
qual  classe  apparteneva  pure  D.  Giov.  Battista  Pensabene  ed  altri),  per  muo- 
vere il  popolo  alla  rivolta  ed  armarsi  contro  il  legittimo  Governo ,  vociferando 
spargimento  di  veleni,  e  seguiti  da  una  moltitudine  di  gente,  aggredirono  detto 
Monistero  per  ricercarlo,  ma  tutto  fu  vano.  Nel  giorno  24  luglio  suddetto  Don 
Giacinto  Gulli  Pennetti,  D.  Giuseppe  Caudullo  Fetusa,  Sebastiano  Sciuto  e  altri 
rivoltosi  assalirono  la  Polizia  ed  altre  pubbliche  officine,  onde  impossessarsi  delle 
armi  quivi  riposte ,  per  aumentare  la  forza  rivoluzionaria.  Nello  stesso  giorno 
essendo  qui  pervenuto  da  Siracusa  un  sedizioso  manifesto  con  la  data  del  21 
del  ripetuto  luglio,  fu  qui  ristampato  ,  affìsso  in  diversi  cantoni  ,  e  mandato  a 
Messina  per  eccitarvi  la  rivolta.  La  notte  del  24  furono  arrestati  i  signori  Pro- 
curatore Generale  del  Re,  Intendente  e  Comandante  la  Gendarmeria,  come  so- 
spetti della  propinazioue  delle  sostanze  venefiche  suindicate  e  tradotti  nella  «a- 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  8.  Anno  XV.  23 


CLXXVIIl  •  APPENDICE 


8ina  del  signor  Duca  di  Carcaci,  come  in  luogo  di  deposito,  ove  furono  custo- 
diti da  Caudullo,  Sgroi  ed  altri. 

Nel  gioì  no  30  poi  i  rivol  osi  inalberarono  il  vessillo  giallo  dell'indipendenza 
siciliana,  che  D.  Giusep[  e  CaiuUillo  Fetusa  presentò  alla  Giunta  detta  di  sicu- 
rezza, quale  venne  al  momento  obbligata  ad  elevarsi  in  Giunta  provvisoria  di 
Governo,  e  nel  tempo  stesso  D.  Giacinto  Galli  Pennetti  inalberò  pari  bandiera 
sul  Bastione  del  forte  S.  Agata,  dietro  i  proparameuti  fatti  con  D.  Giovan  Bat- 
tista Pen3al)ene,  Sebastiano  Scinto  ed  altri,  i  quali  al  ritorno  in  città  si  traspor- 
tarono due  cannoni,  situandoli  nella  piazza  del  Duomo. 

Inoltre  si  diede  alle  stampe  per  cura  di  D.  Giovan  Battista  Pensabeno,  Don 
Giacinto  Gulli  Pennetti  ed  altii  un  rivoluzionario  manifesto,  in  detto  giorno  pub- 
blicato e  disseminato  in  <[uesta  città.  Dopo  il  mezzogiorno  del  30  ridetto  mese 
il  Pensabene,  il  Gulli,  il  Caudullo,  il  Faro  ed  altri  con  violenza  ed  artifizi  ob- 
bligarono la  guarnigione  a  consegnare  le  armi,  essendovi  pure  comparso  il  Pro- 
venzale, come  mediatore. 

Nella  notte  poi  del  31  D.  Giovan  Battista  Pensabene,  D.  Giaciuto  Gulli  Pen- 
netti, D.  Angelo  Sgroi,  D.  Giuseppe  Cìiudullo  Fetusa  ed  altri,  con  l'aiuto  dei 
maestri  tagliapietre  Giacomo  Filetti  ,  Giuseppe  Indelicato  e  Salvatore  e  Paolo 
Indaco  Tarallo,  abbatterono  nella  piazza  degli  Studj  la  statua  in  marmo  di  Sua 
Maestà  Francesco  I,  di  felice  ricordanza,  e  distrussero  i  ritratti  della  Reale  Fa- 
miglia ,  che  trovarono  nel  palazzo  di  giustizia  ,  non  che  gli  stemmi  reali  delle 
vario  officine;  e  nel  ciò  faro  profferivano  voci  ingiuriose  e  di  rivoluzione  ;  Don 
Giacinto  Gulli  Pennetti  intanto  piantò  sul  piedistallo  della  battuta  Statua  la 
bandiera  livoluzionaria.  In  prosieguo  i  rivoltesi,  dopo  essersi  armati,  avendo  alla 
testa  D.  Giuseppe  Caudullo  Fetusa,  si  organizzarono  in  bande  armate,  eliggendo 
per  capitani  tra  gli  altri  D.  Giovan  Battista  Pensabene  e  Don  Giacinto  Gulli 
Pennetti. 

Una  Giunta  di  guerra  fu  stabilita,  alla  (juale  D.  Antonino  Faro  apparteneva 
e  D.  Antonino  Provenzale,  Sebastiano  Scinto  e  Letterio  Ardizzone  assistevano, 
la  quale  Giunta  avea  per  oggetto  di  organizzare,  provvedere  di  armi,  munizioni 
0  tutt'altro  lo  dette  bande,  dello  quali  fecero  parte  i  fratelli  Sebastiano  e  Sal- 
vatore Finocchiaro,  Angelo  S^roi  ,  Sebastiano  Scinto ,  D.  Litterio  Ardizzone  ed 
altri,  D.  Qiacinto  Gulli  Pennetti  e  D.  Giovan  Battista  Pensabene  erano  tra  gli 
altri  coloro  che  proponevano  alla  Giunta  di  guerra  i  diversi  piani. 

Nel  giorno  2  di  agosto  ultimo  merco  la  coopcrazione  di  D.  Giuseppo  Cau- 
dullo Fetusa,  di  Sebastiano  e  Salvatore  Finocchiaro  si  abbassarono  le  campano 
di  vario  cIiìcho,  elio  seivir  dovevano  per  fondersi  dei  cannoni  onde  usarli  in 
loro  difesa.  Nella  notte  del  giorno  medesimo  fìnalmt'nte  il  Caudullo,  il  Gulli,  lo 
Sgroi,  l'Ardizzone  eoo  altri  arrestarono  arbitrariamente  il  Regio  Visitatore  Bo- 
nintendcnte. 

Consideraodo  che  dai  fatti  di  sopra  esposti  risulta  pienamonto  convinto  l'a- 


APPENDICE  CLXXIX 


niino  della  Coinniisaioae,  elio  i  nomiaati  IVnsab'.Mie  ,  (jìulli  ,  Caudullo,  Sgroi  e 
Sciuto  siansi  rondati  colpevoli  dei  misfatti  di  cui  sono  stati  rispettivamonte  ac- 
cusati. Che  questa  convinzione  è  elementatd  dagli  stessi  Icro  intcrrogatorj,  dalle 
'  confessioni  di  alcuni  di  essi,  dal  contesto  asì(?rto  di  piìi  tostinionj  e  dai  fatti 
permanenti  assicurati  dalle  generiche. 

Considerando  però  che  la  stessa  pubblica  discussione  ,  e  gli  elementi  testò 
segnalati  hanno  dimostrato  che  la  parto  presa  dj  Faro,  Ardizzoue  e  fratelli  Fi- 
nocchiaro  nei  reati  rispettivamontc  ad  essi  addebitati,  non  fu  tale  che  senza  di 
essa  i  realS  non  s-irebbero  stati  commessi  ,  tilchò  conviene  a  costoro  più  la 
caratteristica  di  complici  che  di  correi; 

Considerando  che  il  mi.-fat!o  che  si  addebita  a  Filetti,  Indelicato  e  fratelli 
Indaco  Tarallo,  quantunque  sia  costante,  pure  in  riguardo  alla  loro  imputabi- 
lità emerge  il  gravo  dubbio  »o  eglino  volontariamente  o  pure  obbligati  da  forza 
maggiore  abbiano  prestato  la  loro  opera  alla  domolizion'j  della  Statua  ;  dubbio 
sostenuto  dalle  confessioni  degli  autori  principali  di  questo  attentato,  ed  elc- 
mcutato  dalla  ultronea  presentazione  in  carcere  dei  sudetti  imputati; 

Considerando  per  ultimo  che  per  quanto  risguarda  l'accusato  Provenzale,  il 
dibattimento  non  ha  offerto  pruove  bastovoli  por  convincerò  l'animo  della  Cora- 
missione  ch'egli  abbia  coagito  nei  fatti  delittuosi  che  ad  essi  s'imputano,  piut- 
tosto nel  senso  di  facilitare  e  di  assistere  i  rivoltosi,  che  d'interporsi  e  preve- 
nire maggiori  eccessi;  che  esistendo  questo  dubbio  giustizia  non  consente  che 
allo  stato  si  ritenga  l'opinione  che  ir.ona  alla  sua  non  colpabilità; 

PER  gUESTI  MOTIVI 

La  Commissione  ad  unanimità  di  voti  dichiara  constare:  primo  che  Qiovan 
Battista  Pousabeno,  Giacinto  (luUi  Pennctti,  Giuseppe  Caudullo  Fetusa  ed  An- 
gelo Sgroi  abbiano  commessi  i  seguenti  misfatti  : 

1.  Di  avere  cospirato  contro  il  Governo  all'oggetto  di  cambiarlo. 

2.  Di  avere  eccitato  i  su  Iditi  ad  armarsi  contro  l'Autorità  Reale,  dando  ad 
essi  ad  intendere  che  con  venefiche  propiuazioni  si  attentasse  dai  mandatarj  di 
quest'Autorità  alla  loro  vita  sotto  l'apparenza  del  colera  indiano. 

3.  Di  avere  preso  parte  attiva  nella  rivolta  a  mano  armata,  con  che  fu  di- 
strutto l'ordine  legittimo  preesistente,  facendone  da  capi  di  banda,  ed  accettando 
ed  eseguendo  speciali  incarichi  che  li  caratterizzano  promotori  della  sedizione. 

4.  Di  avere  non  solo  per  disprezzo,  ma  per  viemaggiormentc  suscitixre  col- 
l'esempio  l'odio  contro  il  Governo  ,  infranto  e  distrutto  il  marmoreo  Simulacro 
di  S.  M.  Francesco  I,  di  gloriosa  memoria ,  ed  incendiato  i  Reali  Ritratti  esi- 
stenti nel  palazzo  di  giustizia  e  gli  Stemmi  R^ali  di  cui  erano  fregiate  lo  pulì- 
bliche  fucine. 

5.  Il  Gulli,  il  Caudullo  e  Sj^roi  di  avoro  ag^rvdito  il  Monistoro  dei  PP.  Be- 
nodiftini,  traondovi  colà  la  plebe  cm  l.i  caluonijsa  voce  che  vi  si  fosse  asilato 
il  maggiore  Simonoschi,  che  si  segnalava  come  propagatore  di  veleni,  ma  con 
l'intendimento  di  determinarla  per  quel  verso  alla  ribellione. 


CtXXX  APPENBICÉ 


6.  Il  Pensabene,  il  GuUi,  il  Caudullo,  di  avere  con  minacce  e  con  altri  ar- 
tifici obbligata  la  guarnigione  a  consegnale  le  suo  armi,  quali  poi  si  fecero  pas- 
sare presso  i  rivoltosi,  che  furono  organizzati  in  bande  armate  ,  ed  il  Gulli  e 
Caudullo  di  avere  anche  con  minacce  e  violenze  ed  a  mano  annata  tratte  allo 
stesso  oggetto  dalle  Cancellerie  e  dal  Commissariato  di  Polizia  le  altre  armi  che 
quivi  esistevano  in  deposito. 

7.  Il  Gulli,  il  Caudnlio,  lo  Sgroi  di  avere  arbitrariamente  arrestato  il  Regio 
Visitatore  signor  Don  Filippo  Benintende,  Sgroi  e  Caudullo  di  avere  sequestrato 
le  persouf  del  Consigliere  Procurator  Generalo  della  G.  C. ,  dell'  Intendente  e 
del  Comandante  la  Gendarmeria. 

8.  11  Pensabene  ed  il  Gulli  di  avere  con  violenze  e  minacce  imposto  la  stampa 
del  rivoluzionario  manifesto  pubblicato  in  Catania  li  30  luglio  corrente  anno, 
del  quale  ne  procurarono  la  pubblicazione  e  la  diflfusione,  onde  muovere  il  po- 
polo alla  rivolta. 

Secondo  constare  che  Sebastiano  Scinto  abbia  commessi  i  seguenti  misfatti. 

1.  Di  avere  assistito  gli  autori  della  rivolta,  essendosi  mostrato  in  loro  com- 
pagnia armato. 

2.  Di  avere  preso  parte  attiva  nei  fatti  che  prepararono  ed  accompagnarono 
il  cambiamento  del  governo. 

3.  Di  avere  dato  opera  pur  fornirò  di  armi  i  faziosi. 

4.  Di  avere"preso  parte  attiva  nel  disiirmamcnto  della  Polizia. 

Terzo  constare  che  tutti  cinque  gli  accusati  suddetti  siano  colpevoli  di  rei- 
terazione di  più  di  due  misfatti. 

Quarto  non  constare  che  Antonino  Faro  abbia  commesso  i  misfatti  a  lui  di 
sopra  addebitati:  constare  però  che  il  medesimo  Faro  sia  complico  nei  reali  se- 
guenti, secondo  i  numeri  3  e  4  dell'art.  74  leggi  penali  in  guisa  che  la  sua  o- 
pcrazione  non  fu  tale  che  sonzii  di  essa  i  reati  suddetti  non  sarebbero  stali  couì- 
messi,  cioè  di  avere: 

1.  Con  minacce  ed  arlifìzj  obbligata  la  guarnigione  a  consegnare  lo  sue  arnìi 
quali  8Ì  fecero  poi  passare  ai  rivoltosi  por  org;inizzarli  in  bando. 

2.  Di  avere  Bcientcmente  assistilo  gii  organizzatori  di  questo  bando. 

3.  Di  a/erc  accettato  un  impiego  nella  cosi  detta  Giunta  di  guerra,  scopo 
della  quale  si  era  Tarmare  delle  bando  ed  il  fornire  ad  esse  le  munìz.oni  por 
Bostcnorc  l.i  rivolta. 

Quinto  non  constaro  che  Letterio  Ard  zzono  abbia  commosso  i  misfatti  a  Ini 
di  Ropra  addebitati,  constare  però  eh  ;  lo  stosso  Ardizzone  sia  complico  nei  se- 
guenti misfatti,  secondo  i  nuni.  3  e  4  doll'articolo  summcntovuto,  cioè; 

1.  Di  avere  preso  parte  attiva  nella  fiirzii  annata  dei  rivoltosi  per  distrug- 
grru  0  cambiare  il  Governo. 

2.  Di  avere  asniitito  il  CaUtUiHo  onde  cceitari;  la  plol-o  alla   rivolta. 

3.  Di  avere  asitalitu  Gulli  PtiineUi  per  la  stampa  dui  nianifeato  che  ai  pub- 
blicò in  Catania  li  30  luglio  ultimo. 


ÀPPBNDieB  GLXXtt 


4.  Di  avere  scientemente  assistito  alla  Giunta  di  guerra. 

5.  Di  avere  arbitrariamente  con  altri  faziosi  arrestato  il  Regio  Visitatore  Bo- 
nintende. 

Sesto  non  constare  che  i  fratelli  Salvatore  e  Sebastiano  Finocchiaro  abbiano 
commessi  i  seguenti  misfatti  : 

1.  Di  avere  preso  servizio  nello  bande  armate  onde  sostenere  eoa  violenza 
la  rivolta. 

2.  Di  avere  concorso  a  spogliare  alcune  chiese  delle  loro  campane  onde  for- 
marne del  bronzo  di  esse  dei  cannoni. 

Constare  bensì  che  essi  fratelli  Finocchiaro  siano  complici  nei  misfatti  so- 
pracennati  secondo  i  numeri  3  e  4  dell'art.  74  di  sopra  espresso. 

Settimo  non  constaro  abbastanza  della  colpabilità  degli  altri  accusati  Gia- 
como Filetti,  Giuseppe  Indelicato,  Paolo  e  Salvatore  Indaco  Tarallo  od  Antonino 
Provenzale. 

Risoluta  in  questo  modo  la  quistione  di  fatto ,  il  Presidente  ha  elevate  le 
seguenti  quistioni  di  dritto  : 

I. 

Quale  è  la  pena  d'applicarsi  agli  accusati  pei  reati  di  cui  sono  stati  dichia- 
rati colpevoli? 

II. 

Che  debbn  ordinarsi  sul  conto  degli  altri  pei  quali  si  è  dichiarato  non  con- 
stare abbastanza  della  loro  reità  ? 

SULLA  PRIMA 

Considerando  quanto  ai  prevenuti  Pensabene,  Gulli,  Caudullo,  Sgroi  e  Sciuto 
eh'  essendo  stati  dichiarati  colpevoli  dei  misfatti  contemplati  dagli  artico'i  123 
e  133  delle  leggi  pcaali  la  pena  che  a  tal  misfatto  corrisponde  è  quella  della 
morte  col  3"  grado  di  pubblico  esempio; 

Considerando  che  per  legge  la  pena  del  reato  piìi  gravo  assorbisce  quella 
di  tutti  gli  altri  reati ,  di  cui  possa  essere  dichiarato  colpevole  lo  stesso  indi- 
viduo; 

Considerando  che  per  Io  articolo  369  dello  Statuto  penale  militare  la  pena 
di  morte  si  eseguo  con  la  fucilazione; 

Considerando  quanto  ai  provenuti  Faro,  Ardizzone  e  fratelli  Finocchiaro  che 
essendo  stati  dichiarati  colpevoli  di  complicità  di  secondo  grado  del  sudetto  mi- 
sfatto contemplato  dagli  articoli  123  e  133  delle  leggi  penali,  la  pena  che  dee  ad 
essi  applicarsi  è  quella  propria  del  misfatto  diminuita  di  uno  a  due  gradi; 

Considerando  che  messa  a  oalcolo  la  maggiore  perversità  dimostrata  dal 
Faro  ed  Ardizzone  in  confronto  dei  fratelli  Finocchiaro,  giustizia  esige  che  la 


OLXXXII  APPENDICE 


dis<:eDsione    proceder   debba   pei  due  primi  di  un  grado  e  per  gli  altri  due  di 
due  gradi. 

SULLA  SECONDA 

Considerando  che  gì'  imputati  fratelli  Indaco  Tarallo ,  Filetti  ed  Indelicato 
non  essendo  risultati  allo  stato  convinti  dol  reato  di  cui  furono  accusati,  deb- 
bono essere  rilasciati  sotto  lo  stosso  modo  di  custodia,  finche  tra  due  mesi  non 
sopraggiungano  nuove  prove  a  loro  carico,  e  ciò  a'  termini  dell'articolo  273  dello 
Statuto  penale  militare; 

Considerando  quanto  all'altro  imputato  Provensale  che  non  essendo  risultato 
allo  stato,  convinto  dti  reati,  di  cui  fu  accusato,  debba  egualmente  procedersi 
a  suo  carico  ad  una  più  ampia  istruzione  della  durata  non  maggiore  di  due 
mesi,  e  che  avuto  riguardo  alla  poco  solidità  delle  pruove  che  lo  colpiscono, 
equità  consiglia  ad  abilitarlo  alla  libertà  provvisoria  sotto  la  stretta  sorveglianza 
della  polizia. 

Considerando  che  i  condannati  per  uno  stesso  reato  esser  donno  per  lo  ar- 
ticolo 51  leggi  penali  condannati  solidalmente  alle  spese; 

PER  QUESTI  MOTIVI 

Visti  gli  articoli  123  e  133  Ipggi  penali; 

Visti  gli  articoli  74  e  75  delle  medesime  leggi; 

Visto  l'articolo  369  dello  Statuto  penale  militare; 

Visto  l'articolo  51  delle  leggi  penali; 

Veduto  l'articolo  273  Statuto  penale  militare; 

La  Commissiono  militare  ad  unanimità  di  voti  uniformemente  in  parte  alle 
conclusioni  del  Relatore  e  conforme  all'avviso  dell'  Uomo  di  legge; 

Condanna  i  nominati  Giovan  Battista  Pensabene  ,  Giacinto  Gulli  Pennelti, 
Giuseppe  Caudullo  Feluca,  Angelo  Sgroj  e  Sebastiano  Scinto  alla  pen.v  di  mort  ; 
da  eseguirsi  con  la  fucilazione  e  col  terzo  grado  di  pubblico  esempio. 

Condanna  Antonino  Faro  e  Littorio  ArJizzone  alla  pena  dell'ergastolo. 

Condanna  i  fratelli  Salvatore  e  Sebastiano  Finocchiaro  alla  pena  dei  ferri 
per  anni  25  ed  alla  malleveria  per  tre  anni  con  pena  di  ducati  300  per  cia- 
scheduno. 

Condanna  i  suddetti  Pensabene,  i'ennotti,  Caudullo,  Sgroi,  Scinto,  Faro,  Ar- 
dizzonc  e  fiatelli  Finocchiaro  solidalmente  a!Ie  spese  del  giudizio  in  benefìcio 
del  Real  Tesoro. 

Ordina  che  i  fratelli  liid.ico  Tarallo,  Giu.seppe  Indelicato  e  Giacomi  Filetti 
restino  Botto  lo  stesso  modo  di  custodia  finche  il  Capitano  Relatore,  entro  duo 
mesi,  non  nrqninti  nuovo  pruove  a  loro  carico,  e  che  l'imputaio  Frovenzale  sia 
messo  in  libertà  provvisoria  sotto  sorvi-glian/.i  iierò  della  Poliz'a,  lincile  entro 
il  ter:ai'JO  di  duo  musi  non  si)prag'jiu:i,';.ino  a  su)  carico  d<'lle  altro  prove. 


APPENDICE 


CLXXXIII 


Ed  ordina  in  fine  che  della  presente  sentenza  se  no  estraggano  400  copie 
in  istampa  per  la  solita  pubblicazione. 

La  esecuzione  a  cura  del  Relatore  fra  le  ore  24. 

Fatto,  deciso  e  pubblicato  in  seduta  permanente,  oggi  li  8  settembre  1837, 
alle  ore  4  a.m.  in  Catania. 

Firmati  : 

Maggiore  Giorgio  Feti,  Presidente. 

Capitano  Giovan  Battista  Quandel,  Giudice. 

Capitene  Maasimiliano  Licastro,  Giudice. 

Capitano  Carlo  Espin,  Giudice. 

1"  Tenente  Luigi  Rossi,  Giudico. 

1°  Tenente  Beato  SchuoUer,  Giudice. 

Barone  Francesco  Buonaccorsi  Giudice  della  0.  C,  Uomo  di  legge. 

Capitano  Giuseppe  d'Attellis,  Relatore. 

2*  Sergente  Biagio  Amiranto,  Cancelliere. 


Per  copia  conforme 

Il  Cancelliere 

Biagio  A  mirante,  2°  Sergente 

(Archivio  citato). 


Visto 

//  Capitano  Relatore 

Giuseppe  D'Attellis  (1). 


DOCUMENTO  N.  LXXXI. 
Persone  arrestate  in  Catania  (fai  S  al  16  agosto  1837. 

3  Agosto  1837  —  Giovan  Battista  Tomabene,  Letterio  Ardizzone,  Tommaso 
Ardizzone,  Angelo  Sgroi,  Gaetano  Ponzio  Balsamo.  Gaetano  Lanza,  morto  il  19 
dotto,  Giuseppe  D'Avola,  Bernardino  Teletti,  Luciano  Mazzaglia,  Luigi  Arena. 

4  detto  —  Michele  Raffagnino  ,  Vito  Consoli,  Giuseppe  Landino,  Francesco 
Maugeri,  Antonino  Caslorina,  Luca  Strano,  Domenico  Bucalo. 

5  detto  —  Antonino  C'aliò,  Giuseppe  Calanzone ,  Gaetano  Bonaccorso,  Fran- 
cesco Caponnctto,  Pasquale  Perone,  Pasquale  Santoro,  Sebastiano  Sciato. 

6  detto  —  Nicolò  Ardizzone,  Guglielmo  Gagliano,  Pietro  Marano,  Francesco 
Pappalardo,  Giuseppe  Mancino. 

7  detto— Ignazio  Testaj,  Giuseppe  Caudullo  Guerrera,  Luigi  Distefano,  Paolo 
Manara,  Giuseppe  Toscano  Pulvirenti. 

8  detto — Girolamo  Distefano  Platania,  Francesco  Distefano  Platania,  Carlo 
Riccioli,  Nicolò  Consoli. 


(1)  Segue  altra  sentenza  del  16  settembre. 


CLXXXIV  APPENDICE 


9  Agosto  —  Santo  Sgroj  Giacomo  Condorelli  Ferina ,  Paolo  Indaco  Tarallo, 
Giacomo  Filetti,   Giuseppe  Indelicato. 

10  detto  —  Giuseppe  CauduUo  Fetusa. 

1 1  detto  —  Antonino  Faro,  Antonio  Provensalc,  Filadclfo  Atanasio. 

\2  detto  —  Sacerdote  Santo  Rapisarda,  Giuseppe  Distefano  Mammana,  Car- 
melo Mon tesano,  Ignazio  Clarenza. 

13  detto  —  Salvatore  Finocchiaro,  Sebastiano  Finocchiaro. 

15  detto  —  Salvatore  Amato  da  Palermo,  Salvatore  Amato  da  Catania,  Luigi 
Condorelli  Perina ,  Enrico  Condorelli  Perina  Rossi ,  Giovanni  Rallo ,  Raffaele 
Minnitti. 

16  detto  —  Antonio  Paladino,  Giuseppe  Belfiore,  Girolamo  Distefano  Barba- 
gallo,  Giuseppe  Clarenza  Tempio,  Giacomo  Scardino,  Vincenzo  Catanzaro,  An- 
tonino Bragonia. 

17  detliO  —  Gaspare  Scinto. 

18  detto  —  Lorenzo  Scafile,  Vincenzo  Cordaro,  Michele  Pastura. 

19  detto  —  Gioachino  Oliveri,  Carmelo  Laudani,  Giacinto  Gulli  Pennetti. 

20  detto  —  Gaetano  Mazzaglia,  Mario  Nicotra. 
(Archivio  dtato). 


DOCUMENTO  N.  LXXXII. 

Supplica  delle  vedove  e  degli  orfani  Adorno  a  Ruggiero  Settimo 
Presidente  del  Potere  esecutivo  nell'anno  1848. 

Eccellenza, 

Non  v'ha  persona  a  cui  nuovo  giunga  il  nome  del  Siracusano  Eroe  del  1837 
di  cai  tutti  i  fogli  nazionali  ed  esteri  ne  han  reso  immortale  la  memoria,  di 
Mario  Adorno  che  per  la  siciliana  rigenerazione  fu  vittima  del  dispotico  e  van- 
dalico governo  già  gloriosamente  distrutto  dall'inclito  ed  invitto  popolo  di  Pa- 
lermo; di  queir  infame  governo  dell'  iniquo  bombardatore,  che  per  mantenersi 
saldo  su  l'abborrito  trono  intriso  dui  sangue  di  tanti  sventurati,  permetteva  agli 
orapt  satolliti  dell'eiferatii  tirannide  le  più  atroci  barbarie,  o.orae  quella  crudis- 
sima d'  aversi  destinato  il  dotto  Mario  Adorno  ad  essere  spettatore  della  fuci- 
lazione dell'infelice  proprio  figlio  Cannolo;  dopo  di  cui  si  foce  subire  al  padre 
lo  stesso  8U|)plizio  n<'l  piano  della  Cattedrale,  affincbò  le  moschettato  di  morto 
si  sentissero  dagli  altri  due  figli  Gaetano  e  Giuseppe  i  quali  noi  fondo  d'  un 
duro  carcero  del  vicino  Castello  in  aspri  ceppi  languivano  e  vi  si  tennero  un- 
dici mesi  dopo  che  furono,  ahi  trista  scena!  noi  centro  disila  notte  barbaramente 
divisi  dall'adorato  genitore  o  dall'amato  fratello  al  termine  della  lettura  dell'i- 
niqua sentenza,  che  segnava  l'ora  tremenda  dell'ultimo  respiro  di  quegl'infelici 
Durtiri  della  libertà. 


APPENDICE  CLXXXV 


Per  tali  avvenute  disgrazie  due  vedove  afflitte  e  quattordici  orfani  sventu- 
rati, undici  dei  quali  allora  minori,  rimasero  in  balia  delia  desolazione,  ed  av- 
viliti, vilipesi  e  maltrattati  dagl'infami  sostenitori  del  rovesciato  tirannico  go- 
verno han  durato  finora  amarissima  e  trista  vita  per  mancanza  di  tutti  i  mezzi 
di  sussistenza  che  gli  vennero  meno  per  la  morte  dei  capi  delle  fam  glie  d' o- 
norata  e  distinta  condizione,  e  per  gl'immensi  dispendi  fatti  per  liberare  i  sun- 
nominati due  figli  Gaetano  e  Giusefipe  languenti  in  prigione,  dalla  stessa  pena 
di  morte,  dagli  ergastoli,  dalle  trentine  d'itnni  di  ferri,  e  d'altre  gravi  condanne 
che  a  franca  mano  e  senza  nessun  rimorso  s'inflìggevano  agli  infelici  da  tante 
afTamate  jene  che  componevano  la  militare  Commissiono  istituita  dal  turpe  car- 
nefice Del  Carretto. 

Intanto  la  Sicilia  ha  infranto  il  duro  giogo  del  dispotismo  del  piìi  malvagio 
Re;  giìi  si  è  liberata  dalla  schiavitù  che  l'oppi imea,  od  i  magnaninti  suoi  figli 
respirano  da  per  tutto  l'aria  della  tanto  desiata  libortii  col  sangue  redenta. 

Le  sconsolate  vedove  però,  per  lo  stato  della  piìi  disperata  indigenza  in  cui 
si  trovano,  sentono  tuttavia  le  triste  eonst-guenze  del  distrutto  infame  governo 
il  quale  con  fiero  orrore  il  nome  d'Adirno  udiva,  perihò  Adorno  fu  quello  che 
scopri  la  macchina  infernale  di  cui  gli  empì  tiranni  seivivansi  per  flagello  dei 
popoli,  il  Cholera. 

Quindi  umilmente  supplicano  la  giustizia  e  filantropia  di  V.  E.  per  beni- 
gnarsi assegnare  una  pensione  ad  osse  vedove  di  distinta  condizione  pel  loro 
mantenimento,  un'altra  pensione  alle  due  figlie  di  Mario  Adorno,  cioè  Francesca 
prima  vedova,  e  Francesca  seconda  nubile  di  anni  28. —  Far  mantenere  in  un 
monastero  qualunque  della  Sicilia  o  in  un  decente  stabilimento  di  educazione 
le  tfe  orfanelle  di  Carmelo,  cioè  Fmncescn  di  anni  15,  Antonina  di  1-3  o  Cri- 
stina di  li,  assegnando  a  ciascuna  una  pensiono  da  goderne  qualora  usciranno 
per  prender  marito,  o  per  mantenersi  in  casa  materna,  e  far  entrare  a  piazza 
franca  in  un  collegio  di  questa  Capitalo  il  figlio  postumo  di  Carmelo,  che  ne 
porta  lo  stesso  no".ie,  per  premloro  educazione  convenienti!  ai  suoi  nitali. 

Finalmente  implorano  lo  vedove  darsi  loro  pronUmiente  una  somma  per  ve- 
stirsi, e  coprirsi  coi  sopramimìnali  figli  le  carni,  mentre  dopo  undici  anni  circa 
di  lagrime,  d'  amarezze  e  di  pene  trovansi  sprovveduti  di  tutto  ,  di  unita  agli 
altri  otto  figli  maschi  di  cui  qui  non  si  è  parlato,  e  si  raccomand.  no  all'È.  V. 
per  tenersi  presenti  nella  distribuzione  degl'impieghi  civili  e  militari  perchè  no 
offrono  i  requisiti. 

Questo  sono  le  grazie  che  s'augurano,  e  sperano  che  le  saranno  largite  dalla 
magnanimitìi  di  V.  E.  in  compenso  del  sangue  dei  martiii  Adorno  sparso  per 
la  sic  liana  redenzione. 

Palermo  a  .  .  .  .  Aprile  1848. 

(Segreteria  di  Stato,  Interno,  carico  2",  anno  1848,  filza  2417). 
(Archivi©  citato). 


Arch,  Stor.  Sic,  N.  S.  Anno  XV.  24 


CLXXXVI  AttENDlCE 

DOCUMENTO  N.  LXXXIII. 


PER  LA  MORTE  DI  DOMENICO  SCINA 

ODE 

Prodi  giovani,  il  campo  de'  morti 
Vi  ridesti  a  novella  virtnde  : 
Quanto  sacre  reliquie  racchiude  I 
Qui  l'amor  sta  sepolto,  Toner. 
Qui  Scinà  !  venerate  la  polve 
Pi  costui  che  col  forte  pensiero 
Fé'  palese  al  superbo  straniero 
Che  Siam  fi^li  degli  Klleni  ancor. 
Lui  ftì'  plauso  l'Ausonio  paese, 
Lui  sorrisero  i  regi  dal  soglio, 
Pur  del  vii  non  l'illuse  l'orgoglio, 
Sol  del  vero  la  luce  li  beo. 
Nò  dagli  anni  fu  domo  il  vegliardo, 
Lui  d'  oltr'  Alpe  ancor  plauso  venia 
Quando  ahi  cadde  !■..  Non  pianto  il  seguia, 
Non  preghiera  il  gran  spirto  evocò. 
Una  lue  dall'estremo  oriente 
Venne  a  orbar  queste  afflitte  contrade, 
Chi  dirà  del  morir  la  pìetade 
Chi  le  morti  infinite  dirà  ':* 
Cadder  mille  e  poi  mille  in  un  giorno. 
Agli  estinti  niancnron  gli  avelli, 
I  parenti  perdemmo,  i  fratelli 
Ed  i  forti,  od  i  Sofi  e  Scinà. 
Del  sovrano  intelletto  la  polve 
Fu  commista  ad  infami,  ad  oscuri; 
Corcheranno  una  i>ictra  i  futuri, 
Solo  un  campo,  una  croce  vedran. 
Fatai  campo  con  nero  colore 
Ti  disegna  a'  nopoti  Pistoria... 
Pur  da  qui  sorse  un  giorno  una  gloria 
Che  nei  secoli  estinta  non  han! 
Oh  da  qui  nuova  gloria  risorga 
Dalla  polve  do'  Soli,  de'  forti, 
Sorga  UD  tiouio  che  i  danni  conforti, 
Cb«  rtdoati  la  mente,  il  valor. 


APPENDICE  CLXXXVII 


Su  la  polve  dogli  Elioni  antichi 
S'ispirarono  i  figli  do'  fi^li, 
Indi  sorsero  svovi  consigli, 
Indi  sorse  di  Procida  il  oor. 


Fbanco  ÌCACCAGKoyp  Principe  di  Granatelli, 


DOCUMENTO  N.  LXXXIV, 


IN  MORTE  DI  DOMENICO  SCINÀ 


ODE 

Qual  labbro  profferso  1'  iniqua  menzogna  'i 
Chi  fu  che  coprirne  tentò  di  vergogna 
Y.  vili  ci  disso  d'  affanno  ne'  dì  ? 

In  faccia  alle  genti  con  volto  sicuro, 
Al  Ciel  che  ne  ascolta,  lo  grido,  lo  giuro: 
Noi  vili  non  fummo,  chi  il  disse,  menti! 

Sull'onda  che  indarno  parti  questa  terra, 
Dal  lido  che  opposto  ver  Norte  la  serra 
Il  morbo  fatale  qui  giunse,  scoppiò. 

Oppressa,  distrutta  da  nuova  ruina. 
Cadeva  a  migliaia  la  gente  tapina; 
Mancate  le  tombe,  sui  roghi  bruciò. 

Ahi  doglia!  Vedemmo  cader  fulminati 
Le  madri,  1  fratelli,  le  spose  co'  nati, 
liC  vite  più  care  d'un  soffio  cessar. 

E  setto  l'incarco  de'  corpi  giacenti 
Di  funebri  carri  le  ruote  stridenti 
Sentimmo  di  notte  l'orrore  addoppiar. 

E  in  tanto  di  morto  crescente  periglio 
Tremar  per  la  vita  del  padre,  del  figlio, 
Di  chi  quasi  un  Cielo  la  vita  ci  fa; 

E  attender  sommessi  l'estrema  chiamata, 
0  al  danno  sottrarsi  di  tabe  imprecata. 
Il  segno  fu  questo  di  nostra  viltà  i* 

E  quando  col  fiato  venefico  impuro 
L'arcano  contagio  fo'  strazio  sì  duro 
In  qual  più  di  questa  dannata  tribù? 


CLXXXVII  Ari  ENDICE 


Ahi!  quaota  di  morte  noi  campo  foralo 
Confusa  non  ebbe  né  pietra  nò  Tale 
Celeste  beUaJe,  superna  virtù! 
E  tu  pur  cadesti,  sovrano  intelletto, 
■   Tu  sommo  fra"  primi  del  numero  eletto, 
Del  siculo  senno  deccro  immortai: 

Nò  valser  le  cure  di  amata  famiglia 
A  torcer  del  morbo,  cui  nullo  somiglia, 
Dal  capo  dilotto  la  possa  virai. 
Cadesti  !  quel  raggio  di  vivida  luce 
Che  a'  studi  severi  tua  mente  ebbe  duce, 
Quel  raggio  superno  si  spense  con  te. 

Chi  i  fasti  dischiuse  de'  tempi  lontani, 
Che  a'  (ìreci  maestri  rivali  a'  Romani 
Sicilia  fér  donna,  colui  più  non  è. 
Te  chiaro  faranno  tue  pagine  ognora; 

Di  lui  che  Archimede,  eh'  Empedocle  onora 
Tra  i  posteri  sacra  la  gloria  vivrà. 

Ahi  I  quando  gli  avanzi  del  lustro  primiero 
Tra  noi  rintracciando  verrà  lo  straniero. 
Indarno  l'aTello  di  te  cercherà! 
De'  teneri  alunni  te  piange  il  drappello 
Che  sorger  tu  festi  per  ordin  novello. 
Che  il  padre,  l'amico,  la  guida  perde. 

Audace  chi  usurpa  quel  merto,  quel  lume, 
Che  r  orme  sublimi  calcarne  or  presume  : 
Quel  pianto  innocente  mentita  gli  die. 
Ben  nostra  ventura  lassù  iu  decisa, 
So  a  questa  contrada  dolente,  divisa 
I  pochi  che  sanno  son  tolti  così. 

Kterni  cousigli,  chi  mai  vi  comprendo  '< 
Perchè  de'  ribaldi  lo  stuol  non  offende 
La  piaga  del  Gange  che  i  buoni  rapìV 
Ahi!  quando  l'immago  di  strage  si  rea, 
Di  lur  che  perdemmo  la  lugubre  idea 
Bitoma  alla  mente  che  palpita  ancor; 

Uran  Dio,  tu  perdona  se  implorano  i  vinti 
Su'  tristi  V'indetta  pe'  miseri  estinti 
Ne'  giorni  immortali  del  divo  furor! 
Rammontan  crucciosi  lo  notti  vegliate. 
Oli  Hiiesi  tesori  dell'egra  cittate, 
K  l'ansia  che  indarno  salvarli  tentiN. 

Por  duro  retaggio  di  pianto  o  d'  affanno 
Do'  padri  la  toma  lor  diodo  l'inganno, 
Nò  un  giorno  ancor  lieto  por  oasi  spuntò. 


APPeNDICE  0LZXX1X 


Almeno  di  speme  la  nostra  sventura 
Ai  nostri  figliuoli  sia  fonte  sicura, 
So  a  noi  non  fia  data  speranza  dal  Ciel. 

£  quando  verranno  sul  campo  ferale 
Implorino  paco  piangendo  sul  frale 
Di  tanti  mietuti  dal  morbo  crudol. 

E  pensin  dolenti  che  umana  grandezza 
Con  vece  perenne  si  adora,  si  sprezza, 
E  un  popolo  or  cade  che  già  trionfò! 

Che  il  campo  ove  han  tomba  quo'  miseri  amati 
Un  giorno  allo  squillo  do'  bronzi  sacrati 
Pi  sangue  Francese  sul  vespro  fumò  !  !  ! 


Gaitàito  Daita  (1). 


^fJ^i 


(1)  Questa  poesia,  tìncr:\  i^.i-ditu,  mi  è  stata  favorita  dal  dott.  Lodi. 


INDICE 


APPENDICE Pag.  1 

Documento  K.  I.— ^entonsa  della  Corom.  Militare  della  Vallo  di  Palermo        ,  ui 

a            ,  II. — Lettera  del  Ministro  Segretario  di  Stato  per  gli  affari  di 

Sicilia  al  Liif>gotciieut«  generale    .         .         .         .         ,  xvi 

,            „                III.—               Idem ,  xvu 

IV.-               Idem ,  iTi 

,            ,                 V. —               Idem ,  xvm 

„           „                VI.— Lettera  della  polizia  romana ,  ivi 

,            ,  VII.— lettera  del  Ministro  per  gli  affari  di  Sicilia  al  Laogotenente  ,  xix 

Vili.—               Idem XX 

IX.-               Idem ,  Ivi 

„            „                  X.—                Idem ,  ivi 

,            ,               XI.—               Idem ,  XXI 

,            ,              XII.—               Idem ,  XXII 

„           ,             XIII.—               Idem                   ,  xxiii 

,            ,             XIV.-                Idem ,  ivi 

„           ,              XV.—               Idem ,  xxiv 

,           ,             XVI  —               Idem ,  ivi 

,           ,          XVII.-               Idem ,  xxv 

,           ,         XVIII.-              Idem ,  xxvi 

,            ,            XIX.—               Idem ,  xxvn 

,           „  XX.— Decreto  roiitru  i  violatori  dei  cordoni  sanitari                      ,  xxvni 

„            ,  XXI.— Sentenza  della  Commissione  militare  di  Palermo.                 ,  xxx 

„            ,  XXII, — Lettera  del  Luogotenente  generale         .         .         .         .         ,  xxxi 

,            ,  XXIII.— Processo  verbale  della  facoltà  medica  di  Palermo        .        ,  xxxii 

,            ,  XXIV.— Decisione  del  Magistrato  superiore  di  Salute                .        «  xxxiv 

,           ,           XXV.— Rapporto  del  Laogotcncnte ,  xxxvii 

,            ,         XXVI.—               Idem                   ,  xxxviii 

,            ,         XXVII.-               Idem xu 

,           .  XXVIII.— Sentenza  della  Commissione  militare  di  Palermo         ,        ,  xtn 

,           ,         XXIX.—              Idem ,  xLvn 

,            ,  XXX.— Quadro  dei  morti  nel  colera  di  Palermo       ...        «  Li 

,            ,  XXXI.— Lettera  del  Luogotenente  generale         .....  lu 

,           „        XXXII.—               Idem ,  LUI 

,            ,       XXXIII.-                Idem ivi 

,           ,       XXXIV.-               Idem Lvn 

,           ,        XXXV. -              Idem ,  Lvm 

,           ,       XXXVI.-               Idem ,  htx 

„           „     XXXVn.-              Idem lxi 

.   XXXVUI.-              Idem un 


cxcu 


APPENDICE 


Docoatirro  N.     XXXIX.— Lettera  del  luogotonontc  generale Pag. 

,  XL.—  Idem , 

,  XLI. — Lettera  del  Ministro  per  gli  affari  di  Sicilia  al  Luogotenente   , 

„  XLII.— Lettera  del  Luogotenente  generale        .        .        .        ,        „ 

,  XLIII.— Lettera  del  Ministro  per  gli  affari  di  Sicilia  al  Luogotenente    ^ 

XLIV.-  Idem 

,  XLV.—  Idem „ 

,  XLVI. — Lettera  del  Luogotenente  generale         ,        .        .        .        „ 

,         XLVII.-  Idem 

„       XLVIII.-  Idem , 

,  XLIX.-  Idem 

,  L.—  Idem ,. 

,  LI.—  Idem „ 

,  LII.—  Idem « 

,  LITI.—  Idem 

,  LIV.-  Idem 

,  LV.—  Idem „ 

,  LVI.-  Idem 

LVII.—  Idem 

,  LVin.—  Idem 

,  LIX.-  Idem 

,  LX.—  Idem , 

,  LXI.—  Idem 

LXII.  -  Idem , 

LXIII.-  Idem 

LXIV.-  Idem 

,  LXV.-  Idem 

a  LXVI.— Sentenza  della  Commissione  militare  di  Palermo  , 

LXVIl.—  Idem , 

„  LX  Vili,— Sentenza  della  Commissione  militare  di  Bagheria  .  „ 
,  LXIX.— Sentenza  della  Commissione  militare  di  Carini     .         .         , 

,  LXX.— Sentenza  della  Commissione  militare  di  Misilmeri        .        , 

,  LXXI.— Sentenza  della  Conimi.-isione  militare  di  Marinoo.        .         „ 

,  LX XII.— Sentenza  delia  Commissione  militare  di  Corlcone         .         , 

„  LXXIII  —Sentenza  della  CommisKioiic  militare  di  Frizzi  .  .  „ 
„        LXXIV.— Sentenza  della  Commissione  militare  di  Termini.  , 

,  F^XXV.— Avviso  della  Direzione  generale  di  Polizia  .  .  .  , 
,  LXXVI— Prospetto  dei  morti  di  colera  nella  valle  di  Palermo  .  „ 
,  LXXVII,  —  Kapporto  del  procuratore  generale  Cassisi  .  .  .  , 
,     LXXVIH.  -Sentenza  della  Commissione  militare  di  Val  di  Noto  .         , 

,        LXXIX.-  Idem  .  •     .  

,  LX XX.— Sentenza  della  Commissione  militare  di  Catania  .         .         , 

,  LXXXI.— Prospetto  dello  persone  arrestato  in  Catania  .  .  , 
,      LXXXII  —Supplica  dello  ve<lovo  Adorno  a  Kuggiero  Settimo      .         , 

,    LXXXIII.-I'oesia  del  principe  di  UranaU-lli , 

.    LXXXIV  -Poesia  di  0«otane>  Uaita , 


LXV 
LXVU 

ivi 

LXVIII 
LXIX 
LXX 

ivi 

LXXI 
LXXII 
LXXIII 
LXXIV 
LXXV 
LXXVI 

ivi 

LXXVII 
LXXIX 
LXXX 

ivi 

LXXXII 

LXXXIII 

LXXXV 

LXXXVI 

LXXXVIIl 

XC 

ivi 

XCI 

xon 
ivi 

CI 
CXVIII 

ex  XVI 
rxxxix 

CXLV 

CI. 

CLIII 

CLVII 

n.x 
cLxm 

CLXIV 
CLXVI 
iLXtX 

»i.xxiv 

C'LX.TXIII 

n.x.xxiv 

CLXXXVI 
CLXXXVIt 


XXVI   GENNAIO   MDCCCXC 


ONORANZE 


1 S.  E,  ICEiZO  llfMli  MtEESE  PI  lOiEARSl 


PER   CURA 


DELLA  SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 


PALERMO 

TIPOGRAFIA   DELLO    "  STATUTO 
1890 


SOCIETÀ  SICILIANA'  PER  LA  STORIA  PATRIA 


Besoconto  della  solenne  tornata  M  26  punalo  1890. 


Presidenza  del  prof.  comm.  Andrea  Guarnerl, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  si  riunisce  nella  sala  municipale  delle  La- 
pidi per  onorare  la  memoria  dell'  estinto  suo  Presidente 
S.  E.  Vincenzo  Fardella  Marchese  di  Torrearsa.  Al  posto 
della  Presidenza,  su  di  un  piedistallo  ornato  di  velluto  cre- 
misi, è  collocato  il  mezzo  busto  in  marmo  del  Torrearsa, 
opera  del  socio  scultore  cav.  Mario  Rutelli. 

Essendo  presenti  moltissimi  soci,  le  primarie  autorità 
del  paese,  fra  le  quali  le  LL.  EE.  il  Presidente  e  il  Procu- 
ratore generale  della  Cassazione,  il  Primo  Presidente  della 
Corte  di  Appello,  il  Prefetto  della  Provincia,  il  Sindaco  di 
Palermo^  il  Sopraintendente  agli  Archivi  siciliani,  il  Prov- 
veditore agli  Studi,  non  pochi  Senatori  e  Deputati,  molti 
professori  dell'Università  e  di  vari  Istituti ,  non  che  un 
buon  numero  di  Consiglieri  provinciali  e  comunali ,  di 
notabili  cittadini  e  di  egregie  signore  ,  all'ora  1  */^  poni, 
il  Presidente  apre  la  seduta  indicandone  lo  scopo  e  pro- 
nunziando sentite  parole   sul  Ton'earsa. 


Indi  il  Segretario  generale  p.  Luigi  Di  Maggio  fa  una 
breve  relazione  sopra  i  13  anni  della  Presidenza  tenuta 
dall'estinto,  e  ne  fa  rilevare  gl'immensi  vantaggi  venuti 
alla  Società. 

Infine  il  socio  dottor  Giuseppe  Pitrè  legge  un  discorso  nel 
quale  per  sommi  capi  è  dipinta  la  vita  eminente  deirillustre 
personaggio  (1). 

Le  parole  del  Presidente  come  la  lettura  del  Segretario 
generale  e  quella  del  Pitrè  sono  vivamente  applaudite. 


(1)  I  tre  discorsi  suddetti  fun  seguito  al  prceetite  resoconto. 


PAROLE 

DI 

ANDREA  GUARNERI,  SENATORE  DEL  REGNO 

PRESIDENTE 


Si 


'S 


non 


Onoriamo  quest'  oggi  la  memoria  del  nostro  illustre 
Presidente  Marchese  di  Torrearsa^  tanto  come  colui  che  pose 
le  solide  basi  di  questo  Istituto  di  Storia  patria,  quanto 
come  illustre  uomo  politico. 

Parlerà  di  lui  come  nostro  Presidente  l'esimio  nostro 
Segretario  P.  Di  Maggio,  che  fu  suo  strenuo  collaboratore 
nell'opera  di  costituzione  di  questo  Sodalizio.  Dirà  di  lui 
come  grande  uomo  di  Stato  1'  egregio  nostro  collega 
signor  Pitrè,  che  fu  a  lui  legato  con  tanti  vincoli  di  ami- 
cizia e  di  simpatia. 

E  certo  come  uomo  di  Stato  la  figura  del  Torrearsa 
spicca  eminente  nel  doppio  periodo  del  1848  e  del  1860. 

Nel  1848  egli,  unitamente  all'altro  egregio  Statista  Ma- 
riano Stabile,  die  l' indirizzo  al  moto  rivoluzionario  del 
12  gennaio;  indirizzo  d'indipendenza  e,  precorrendo  i  tempi, 
anco  d'Italianità. 

Ed  io  non  obllerò  giammai  la  celebre  notte  del  13 
aprile  1848  ,  quando  egli  ritto  in  piedi,  nel  suo  seggio 
di  Presidente  della  Camera  dei  Deputati  ,  proclamava  la 
decadenza  della  Dinastia  Borbonica;  e  mi  suonano  ancora 


8  PAROLE  DI 


airoreccliio  le  sue  storiche  parole.  "  La  dinastia  dei  Bor- 
boni è  per  sempre  decaduta.  Il  trono  di  Sicilia  è  va- 
cante „. 

E  nel  1860   era  tanto  il  prestigio  del  suo  nome  e  della 
sua  autorità,  che,  appena  ritornato  dall'esilio,  io  ebbi  l'onore 
di  averlo  a  compagno  non  solo,  ma  a  Presidente  del  primo 
Ministero  del  Dittatore  Garibaldi;  d'onde  si  ritrasse  bentosto, 
dietro  il  rifiuto  del  Grenerale  di   assentire  alla   immediata 
annessione     di   questlsola  al  Regno    d'  Italia.    Ed  è   de- 
gna di  ricordo  storico  la  memorabile  seduta  del  Consiglio, 
nella    quale    il    Torrearsa    insisteva   vivamente    per   una 
pronta  annessione,  nella  tema  che  il  ritardo  potesse  com- 
promettere l'ordine  pubblico  e  l'indirizzo  politico  di  questa 
Isola;  ed  il  Dittatore  energicamente  rifiutavasi ,  allegando 
da  un  lato  esser  sua  ferma  volontà,  che  la  Sicilia  entrasse 
nella  grande  famiglia  Italiana:  soggiungendo  ch'egli  lo  avea 
proclamato  al  mondo  intiero  col  suo  proclama  di  Salemi,  col 
quale  avea  adottato  come  bandiera  di  Sicilia  lo  stemma  di 
Casa  Savoia;  ch'egli  avea  diggià  abolite  tutte  le  barriere  tra 
l'Isola  ed  il  continente,  ed  anco  emanata  una  legge  per  re- 
golare i  Comizi  elettorali  per  l'annessione;  ma    allegando 
dall'altra,  che  l'ora  non  era  arrivata,  giacche    egli    avea 
tuttavia  qualche  altra  cosa  a  compiere  nella  sua  opera  del- 
l'tFnità  di  Italia,  cioè    la  conquista  del  Regno  di  Napoli; 
e  che  avea  perciò  d'uopo  di  una  assoluta  libertà  d'aziono  e 
dei  mezzi  pronti  ed  efficaci;  ed  intendeva  dippiìi  assumere 
sul  suo  capo  l'intiera  responsabilità  della  ardita  intrapresa, 
sgravandone  la  Corbe  di  Torino,  pur  troppo  compromessa 
dinanzi  alle  vecchio  Monarchie  d' Europa.    Però    il    Tor- 
roarsa  stiè  fermo  nel  suo  avviso,  e  si  ritirò. 


ANDREA  GUARNERI  SENATORE  DEL  REGNO 


E  poscia  dal  1871  al  1874  egli  tenne  Talto  officio  di  Pre- 
sidente del  Senato,  ove  per  la  tranquillità  del  suo  spirito, 
per  la  moderazione  e  l'equanimità  del  suo  carattere  e 
per  la  dignità  delle  sue  forme,  realizzò  il  tipo  del  primo 
Magistrato  di  quell'augusta  assemblea;  ed  i  miei  vecchi 
Colleghi  ricordano  tuttora  con  riverenza  il  suo  nome  ,  e 
vari  sono  gli  aneddoti  che  ne  raccontano  per  illustrarne 
la  memoria. 

E  narrano,  come  un  giorno  ad  un  Ministro,  il  quale 
avea  tardato  a  recarsi  al  Senato  per  rispondere  ad  un'in- 
terpellanza, e  ne  allegava  per  iscusa  i  suoi  affari ,  egli 
ebbe  a  rispondere:  comprendere  bene  che  un  Ministro  do- 
vesse aver  degli  affari;  ma  che  sapeva  che  il  primo  affare 
di  un  Ministro  era  quello  di  adempiere  ai  suoi  doveri 
verso  il  Senato. 

E  la  sua  indipendenza  di  carattere  non  piegò  neanco 
dinanzi  al  prestigio  della  Corona  ed  al  suo  profondo  at- 
taccamento al  Sovrano  ;  ed  un  giorno  al  gran  Re  ,  che 
avea  creata  l'Italia,  egli  osò  rispondere  ,  che  nutriva 
profondo  il  suo  rispetto  e  la  sua  devozione  al  Sovrano, 
ma  che  non  poteva  obliare  i  suoi  doveri  verso  la  nazione, 
e  verso  la  dinastia,  e  si  niegò. 

Io  mi  taccio  Signori,  lasciando  ad  altri  di  me  più 
competente  la  parola.  Ma  cercherò  di  riassumere  in  una 
frase  tutta  la  storica  figura  del  Marchese  di  Torrearsa. 
Egli  in  tutte,  le  grandi  funzioni  che  assunse  nella  sua 
vita,  non  fu  mai  secondo,  fu  sempre  primo,  fu  un  uomo 
tipo.  E  voglio  augurarmi,  che  questa  Società  di  Storia 
Patria  viva  tanto,  quanto  durerà  nella  nostra  istoria  la 
memoria  dell'illustre  Marchese  di  Torrearsa. 


RELAZIONE 

DEL 

P.   LUIGI    DI    MAGGIO 

SEGRETARIO    GENERALE 


Onorandissimi  Signori 


Egregi  Colleghi, 

Vi  hanno  personaggi  cosi  eminenti,  la  ,cui  impronta  par- 
mi  che  r  artefice  supremo  dopo  di  averla  formato  la  rompa, 
perchè  di  rado  si  veggano  nel  vasto  teatro  dell'universo,  at- 
tirando come  l'ari  luminosi  lo  sguardo  contemplatore  non  pure 
dei  contemporanei,  ma  eziandio  dei  più  tardi  nepoti.  E  uno 
di  essi,  il  quale  racchiudeva  in  belle  forme  esterne  e  digni- 
tose l'armonia  della  mente  e  del  cuore,  era  il  non  abbastanza 
compianto  S.  E.  Vincenzo  Fardella ,  marchese  di  Torrearsa, 
della  nostra  Società  impareggiabile  Presidente. 

A  me,  ammiratore  sino  dalla  giovinezza  delle  sue  luminose 
virtù,  e  che  per  cinque  lustri  l'ebbi  a  padre  ed  amico,  d'una 
amicizia  fedele  e  costante,  nata  nella  Città  dei  fiori  quando 
egli  da  Prefetto  reggeva  quella  Provincia  ed  io  adempiva  il 
mio  ministero  di  sacro  oratore  in  S.  Maria  Novella,  che  Mi- 
chelangelo per  la  purezza  di  architettura  chiamava  la  sua  sposa; 
a  me,  che  sino  agli  estremi  momenti  di  sua  esistenza  fui  tanto  a- 
mato  da  lui  da  mettermi  a  parte  degli  intimi  suoi  pensieri,  da 
aprirmi  intiera  l'anima  sua;  a  me  non  è  dato  in  questa  solenne 
adunanza  tessere  il  suo  elogio ,  narrarvi  la  sua  vita.  Né 
punto  il  potrei  :  scrittore  forbito  e  gentile,  amico  anch'esso 
di  lui,  il  quale  ne  udì  le  ultime  parole  e  ne  raccolse  l'estremo 
sospiro,  saprà  meglio  di  ogni  altro  parlarvi  dell'illustre  uomo 
che  non  è  più.  A  me  quindi  non  resta  fuorché  d'ufficio,  quale 
Segretario  generale,  narrarvi  in  breve  e  per  sommi    capi  ciò 


14  RELAZIONE     DEL 


che  egli  operò  nei  tredici  anni  della  sua  Presidenza,  dal  6  feb- 
braio 1870  al  12  gennaio  1889.  Il  tema  è  arido;  vi  manche- 
ranno i  fiori  dell'eloquenza,  le  grazie  della  poesia;  ma  è  nar- 
razione sincera  e  fedele  di  fatti ,  che  servirà  ad  ornare  di 
qualche  fronda  di  più  la  corona  del  merito  dell'illustre  Pre- 
sidente. 

Un  occhio  alla  nostra  Società,  pria  che  il  Torrearsa  assu- 
messe la  Presidenza.  Guardimi  il  cielo  che  intenda  muovere 
rimprovero  o  lamento  di  sorta  a  coloro  che  prima  di  Lui  ne 
reggessero  le  sorti;  uomini  cospicui  vi  furono,  e  se  poco  fe- 
cero pel  nostro  Istituto  non  fu  loro  colpa ,  si  perchè  la  So- 
cietà era  in  sul  nascere  ,  e  i  primordi  di  ogni  nuova  isti- 
tuzione sono  sempre  incerti ,  aspri ,  difficili.  Voi  ben  lo 
sapete  come  un'  associazione  di  cultori  per  gli  studi  sto- 
rici ,  nata  da  più  di  un  secolo  fra  noi ,  morta  più  volte 
e  più  volte  risorta ,  nel  1873  per  impulso  del  Ministero  di 
Pubblica  Istruzione  e  colla  cooperazione  efficace  del  nostro 
Municipio,  a  vita  novella  rinasceva;  prendendo  il  nome  di  So- 
cietà Siciliana  per  la  Storia  Patria.  Però  si  chiudeva  il  1875,  cioè 
il  terzo  anno  della  vita  sociale,  con  un  numero  assai  sparuto  di 
soci  azionisti,  fra  i  quali  12  corpi  morali  e  in  essi  compresi 
il  Ministero  di  Pubblica  Istruzione  e  il  Municipio  di  Palermo. 
Il  preventivo  del  Bilancio  per  l'anno  187G,  parte  ordinaria  e 
parte  straordinaria,  segnava  L,  GG21;  cifra  apparente  e  non 
reale,  perchè  vi  figuravano  lire  sei  mila,  cioè  L.  2000  annua- 
lità, e  L.  4000  di  resto  dovute  dal  Ministero  di  Pub])lica  Istru- 
zione; il  quale  riflutavasi  a  pagare  sostenendo  che  l'impegno 
ora  per  L.  2000  una  sola  volta ,  e  già  soddisfatte ,  e  non  di 
L.  2000  annue.  D'altro  canto  le  Classi  non  funzionavano,  raris- 
sime le  tornate  generali  dei  soci;  donde  la  deficienza  di  memo- 
rie originali,  per  il  che  in  tre  anni  non  si  videro  pubblicali 
e  divisi  ciie  due  piccoli  fascicoli,  estratti  dal  periodico  Ar- 
chivio Storico,  antica  serie. 

In  tal  modo  era  divenuto  assai  scoraggiante  lo  stato  della 
Società:  nata  da  ieri  sembrava  al  tramonto,  gli  amatori,  i  cuKoii 


P.    LUIGI   DI   MAGGIO  15 


delle  patrie  cose  mancavano  di  fede  nell'avvenire,  e  le  dimissioni 
si  avvicendavano  di  soci  e  di  consiglieri  La  rinunzia  del  Se- 
gretario generale  trasse  a  sé  quella  del  Vice-Segretario.  Quando 
poi  si  reputava  finita  la  bufera  e  l'arco  baleno  faceva  spe- 
rare la  serenità  e  la  calma,  scoppiò  come  fulmine  inatteso 
la  rinunzia  del  Presidente,  personaggio  abbastanza  noto  nella 
repubblica  letteraria,  al  quale  deve  la  Sicilia,  per  quei  grandi 
vantaggi  che  le  apportò  nel  breve  tempo  in  cui  fece  parte 
del  Consiglio  della  Corona,  gratitudine  sincera,  benemerenza 
perenne.  Così  essendo  le  cose  il  nome  del  Torrearsa  fu  cre- 
duto unico  porto  di  salvezza  per  la  Societcà,  e  il  6  febbraio  1876 
in  questo  Palazzo  di  Città,  presenti  il  comm.  Gerra,  socio  no- 
stro e  Prefetto  di  Palermo,  un  numero  considerevole  di  nostri 
colleglli  e  di  notabili  cittadini,  egli ,  il  Torrearsa ,  prendeva 
possesso  della  Presidenza  e  pronunziava  quelle  brevi  e  dignitose 
parole  registrate  nei  nostri  Aiti,  che  furono  ispiratrici  di  un'era 
novella. 

,  Rammento  quel  giorno,  e  rammento  che  leggendo  egli  tre- 
mava. Ne  fui  sorpreso,  pensando  che  dinanzi  a  noi  tremava 
chi  non  tremò  mai  da  Presidente  della  Camera  dei  Comuni 
nel  1818,  nò  da  Presidente  del  Senato  dopo  il  1860;  e  usando  di 
quella  familiarità  con  cui  mi  onorava  gli  dissi:  Donde  questo  ti- 
more in  Lei  adusato  a  parlare  coraggiosamente  in  pubblico, 
e  a  reggere  assemblee  anche  turbolenti  ?  Ed  egli,  umile  sem- 
pre e  modesto,  a  sua  volta  risposemi:  Tremo  è  vero,  perchè 
trovomi  in  un  terreno  nuovo;  è  tutt'altro  per  me  una  società 
politica  che  una  società  letteraria  e  scientifica,  digiuno  come 
sono  degli  studi  storici  (e  in  verità  tale  non  era)  mi  arrossi- 
sco nel  presiedere  un'adunanza  di  cultori  egregi,  anzi  maestri 
nelle  patrie  memorie. 

11  nome  e  l'autorità  del  Torrearsa  rialzarono  di  repente  il 
nostro  Istituto.  Nel  discorso  da  lui  pronunziato  1'  anno  dopo 
si  lodava  del  nobile  incremento.  Il  1876  si  chiudeva  con  200 
soci  :  le  L.  2000  che  il  Ministero  di  Pubblica  Istruzione  dava 
per  una  sola  volta  vennero  stabilite  annuali,  le  Classi  si  riuni-" 


16  ~  RELAZIONE  DEL 


vano  spesso  adempiendo  il  loro  compito,  le  tornate  della  So- 
cietà mese  per  mese  con  memorie  originali,  indi  pubblicate  per 
intiero  o  per  transunto.  I  proprietari,  che  aveano  la  direzione 
del  periodico  V Archivio  Storico,  generosamente  tutto  cedettero  a 
noi,  e  tosto  si  ebbe  un  periodico  proprio,  migliorandone  il  for- 
mato, la  carta,  i  caratteri,  pur  conservandone  il  titolo  primitivo 
coU'aggiungervi — Nuova  Serie. —  Né  soltanto  il  periodico,  ma 
egli  spinse  a  tutt'uomo  la  stampa  dei  documenti  originali  i- 
nediti,  che  sono  le  vere  fondamenta  della  storia  sincera  e  non 
partigiana.  Cooperò  acciò  venissero  divisi  e  coordinati  in  quat- 
tro, e  poi  meglio  in  tre  serie:  la  prima  spettante  alla  diplomatica, 
della  quale  già  si  sono  pubblicati  12  volumi,  alcuni  completi,  altri 
in  corso  di  compimento;  la  seconda  riguardante  le  fonti  del  di- 
ritto siculo,  di  cui  si  sono  di  già  pubblicati  tre  volumi  e  la 
terza  la  epigrafia,  della  quale  venne  in  luce  il  P  volume,  e  del 
secondo  il  P  fascicolo,  parte  terza;  restando  in  corso  di  stampa 
l'ultimo  per  la  morte  dell'  autore ,  il  nostro  Presidente  o- 
norario  prof.  Michele  Amari,  il  cui  solo  nome  è  un  elogio,  e 
la  cui  perdita  è  stata  più  che  un  lutto  nazionale  ,  un  lutto 
mondiale. 

Le  nostre  pubblicazioni  divennero  frequenti:  a  me  non  spetta 
elogiarle;  è  indubitato  però  che  sono  state  encomiato  dalla 
stampa  cittadina  ed  estranea,  dalle  Società  congeneri,  da  va- 
rie Accademie  dentro  e  fuori  d'Italia.  In  una  seduta  della  So- 
cietà Archeologica  di  Tarn-et-Garonne  in  Francia,  uno  di  quei 
soci ,  cui  fu  dato  l' incarico  di  un  rendiconto  di  un  volume 
del  nostro  periodico ,  in  una  solenne  tornata  dio  un  giudizio 
a8.sai  lusinghiero  per  noi,  chiamò  i  lavori  nostri  di  grande 
importanza  e  i  nostri  scrittori  nomini  eminenti  e  di  profonda 
erudizione. 

Non  6  possibile  narrarvi  per  filo  e  por  segno  quel  che  il 
Torrcarsa  fece  per  il  pi'ogresso  e  la  prosp(M'iià  del  nostro 
iHtituto.  A  lui  dobbiamo  quella  circolaro  diretta  ai  Municipi 
doirisola,  si  per  prender  parte  alla  nostra  Società,  come  ixi' in- 
viarci Statuti  e  documenti  originali  a  (ìikmIì  stndiaiii,  trascc- 


P.    LIIGI    DI   MAGGIO  17 

glierli  e  pubblicare  ciò  che  fosse  mestieri.  Il  numero  di  non 
pochi  Municipi  azionisti,  i  Capitoli  delle  città  di  Alcamo,  gli 
Statuti  delle  città  di  Castronovo  e  di  Polizzi.  le  Assisi  e  le  Consue- 
tudini della  terra  di  Corleone,  non  clie  gli  Statuti  delle  maestranze 
delle  città  di  Sicilia  e  in  particolar  modo  di  Salemi  e  di  Palernio, 
con  tanto  amore  e  tanta  accuratezza  dalla  nostra  Società 
già  edite,  ne  furono  l'effetto.  A  Lui  la  nomina  d'una  Commis- 
sione incaricata  per  lo  studio  delle  licenze  e  dei  bandi  di  popola- 
re, onde  meglio  si  possa  conoscere  la  vita  dei  Municipi  durante  il 
regime  feudale,  la  potestà  delle  terre  baronali,  che  metteva  argine 
alla  prepotenza  del  feudatario ,  per  sapersi  cosi  sino  a  fondo 
l'indole  del  feudalismo  siciliano,  diverso,  c(jme  egli  diceva,  da 
quello  che  dominò  nella  maggior  parte  di  Europa.  A  Lui  quel- 
l'altra Commissione  eletta  per  la  conservazione  delle  ceneri 
degli  uomini  illustri  e  per  invigilare  sui  monumenti  artistici 
e  storici  dell'  isola;  e  alle  cure  di  essa  hanno  attinenza  le  re- 
plicate istanze  fritte  presso  i  Municipi,  le  Provincie,  il  Governo 
perchè  non  andassero  in  deperimento  dipinti,  sculture,  edifici; 
istanze  ripetute  più  volte  e  con  insistenza  per  S.  Giovanni 
degli  Eremiti,  pel  chiostro  di  s.  Domenico,  per  gli  ornati  del 
Castello  della  Cuba,  per  i  dii)inti  nella  scuderia  del  palazzo 
reale.  Lo  Statuto  nostro,  per  il  quale  recentemente  si  è  occupata 
la  Società  dietro  uno  studio  accurato  d'una  eletta  Commissione, 
mancava  di  molti  punti  necessari.  Non  vi  si  parlava  né  di 
Biblioteca,  nò  di  Bibliotecario,  ne  di  discussione  del  Bilancio, 
né  erano  ben  sicure  le  norme  per  la  elezione  dei  soci  corri- 
spondenti, il  cui  titolo  è  esclusivamente  il  merito  storico  nelle 
cose  di  Sicilia,  e  la  mente  del  Torrearsa  indirizzò  la  Società 
affinchè  a  tutto  fosse  ben  provveduto. 

Vennero  promossi  i  Congressi  storici  fra  le  Società  e  le  De- 
putazioni storiche  d'Italia,  e  suo  pensiero  fu  quello  di  esser  noi 
bene  rappresentati  da  un  canto,  e  dall'altro  di  presentare  temi 
e  proposte  degni  del  nobile  Congresso.  Noi  avemmo  la  gloria 
di  vedere  il  nostro  delegato  scelto  a  presiedere  il  Congresso 
in  Milano,  accettata  una  delle  nostre  proposte,  di  essere  cioè 

Ai'ch,  Stor.  Sic.  N.  S.  fase,  stiaordinario  2 


18  1^Kr,A/IONK    !>Kr. 

le  L.  2000  annue,  date  dal  Ministro  di  Pubblica  Istruzione  come 
sussidio  eventuale  alle  diverse  Società,  stanziate  in  Bilancio; 
proposta  che  fu  dal  Con<zresso  caldeirgiata  fortemente  presso 
il  (ioverno,  il  quale  le  fece  buon  viso:  donde  il  sussidio  stra- 
ordinario, che  poteva  venir  meno,  fu  stabilito  come  assegno 
annuale  nel  Bilancio  del  Ministero  di  Pubblica  Istruzione. 

Costituito  ristiluto  Storico  Italiano  e  invitati  a  prendervi 
parte  e  a  nominare  il  nostro  Delegato,  e  poco  dopo  il  supplente 
al  Delegato,  il  Torrearsa  fece  opera  perchè  due  soci  di  merito 
e  di  nome  fossero  gli  eletti,  e  i  professori  Amari  e  Carini  una- 
nimaraente  vennero  prescelti  per  rappresentarci. 

Si  mancava  d'una  Biblioteca  nò  si  aveano  fondi  per  acqui- 
sto di  libri;  fu  allora  che  T illustre  estinto  c'incoraggiò  ad 
estendere  le  nostre  relazioni  non  pure  in  Italia  ma  fuori:  esse 
furono  estese,  e  per  mezzo  di  libri  in  dono,  di  scambi  con  pe- 
riodici seri  e  di  polso,  e  più  di  tutto  con  le  pubblicazioni  delle 
Società  storiche,  delle  Accademie,  degli  Istituti  non  solo  d'Italia, 
ma  del  Portogallo,  della  Spagna,  della  Francia,  della  Grecia, 
dell'  Austria  ,  della  Germania ,  dell'  Inghilterra ,  dell'  Ameri- 
ca, in  breve  tempo  si  è  formata  una  discreta  Biblioteca,  la 
quale  si  comincia  ad  ammirare  nel  locale  destinato  a  nostra 
sede. 

Se  non  dv'  le  finanze  erano  la  sua  preoccupazione.  Tua 
istituzione,  il  cui  scopo  è  pubblicare  tutto  ciò  che  d'inedito 
spetta  alla  storia  dell'isola,  mancando  di  mezzi  pecuniari  non 
può  avere  più  vita.  Le  finanze  a  ragione  doveano  essere  l'og- 
getto dei  suoi  pensieri;  e  curò  che  fossero  diminuite  le  spese,  au- 
mentato l'entrat*'. 

La  carta  per  la  stampa,  la  quale  ci  costava  in  Palermo  lire 
:\0  la  risma,  venno  ritirata  dalle  più  accreditate  fabbriche  nazio- 
nali con  la  diminuzione  di  un  terzo  e  più  di  spesa.  ProlUtò  del 
inorilo  delle  nostro  pubblicazioni  per  pronnioverne  la  conoscenza 
■'])accio,  ed  ove  nei  primi  anni  non  si  introitava  un  cente- 
hiuio  per  vendita  delle  nostre  opere,  negli  ultimi  del  suo  governo 
_wj  ,,].],(,  ;,,  .1  ,  •,:.n,  i-(  rT'  'I  l'i  lifc  i]-('  niil.'».  B  miuKM'o  d-'i  soci  dt.d 


1\    LVUil   DI   MAGO  II  >  1^ 


pni'i  crclibe  annualmente,  e  nel  <li  della  sua  morte  se  ne  contavano, 
400,  oltre  a  21  Municipi,  a  cinque  Provincie,  a  15  Biblioteche,  a 
quasi  tutti  gli  Archivi  di  Stato  italiani,  alla  Camera  dei  Depu- 
tati, ai  Ministeri  di  Pubblica  Istruzione,  degli  Esteri,  della  Giu- 
stizia e  dei  Culti,  della  (iuerra,  delTInterno,  dei  Lavori  Pubblici, 
dell'  Agricoltura ,  Industria  e  del  Commercio  tutti  associati  o 
azionisti. 

Taccio  delle  sue  sollecitudini,  perchè  riuscisse  con  decoro  la 
solenne  tornata  del  30  marzo  1882,  quando  venne  presentato  il 
bel  volume  Rian-dl  e  Docimìenti  del  ]'cspro  Siciliano,  che  fu 
reputata  la  più  seria  e  importante  pubblicazione  in  quel  cente- 
nario ;  donde  i  più  larghi  encomi  avuti  dalla  stampa ,  e  pel 
contenuto  e  per  l'edizione,  e  il  diploma  e  la  medaglia  dalla  So- 
cietà del  Comitato  Popolare  promotore  del  sesto  centenario  del 
Vespro.  Taccio  delle  sue  reiterate  istanze ,  utiiciali  ed  amiche- 
voli, perchè  la  Società  tosse  elevata  ad  ente  morale,  e  se  non  potò 
vedere  l'opera  compita,  ne  preparò  il  terreno  per  l'avvenire.  Tac- 
ciò dei  suoi  sforzi  presso  il  Governo,  perchè  si  desse  esecuzione 
a  quel  decreto  prodittatoriale  del  1800  col  quale  si  commutava 
lo  stipendio  destinato  pel  regio  istoriografo  in  un  premio  quin- 
quennale a  favore  di  colui,  che  presenterebbe  il  migliore  lavoro 
sopra  un  brano  di  Storia  Italiana  e  particolarmente  della  Sicilia: 
insistendo  che  il  detto  premio  fosse  attidato  alla  nostra  Società 
come  a  giudice  competente.  Lungo  fu  il  carteggio,  si  metteva 
in  dubbio  il  diritto  del  premio  dopo  la  vita  della  Società  nostra 
per  l'assegno  delle  L.  2000  annue,  assegno  non  fatto  a  noi  soli 
ma  a  tutte  le  Società  congeneri;  però  tanto  si  scrisse,  tanto  si  in- 
sistette presso  il  Ministero  di  Pubblica  Istruzione,  che  la  giustizia 
della  dimanda  venne  riconosciuta,  benché  non  vi  si  fosse  prov- 
veduto; scrivendo  il  detto  Ministero,  che  la  ristrettezza  del  Bilan- 
cio non  permetteva  parlarne  per  allora,  restando  in  tal  modo,  il 
che  non  è  poco,  un  addentellato  per  l'avvenire.  Taccio  di  tanti 
altri  servizi  resi  alla  nostra  Società,  alla  cui  vita,  al  cui  incre- 
mento sempre  più  si  dedicava.  Però  non  posso  tacermi  di  una 


20  RELAZIONE   DEL 


opera  tutta  di  lui,  che  pone  il  suggello  alla  sua  gloria  e  metterà 
stabile  fondamento  al  nostro  Istituto. 

La  vita  dello  zingaro  non  può  essere  quella  d' un  corpo  mo- 
rale; senza  una  sede  e  un  tetto  proprio  non  è  possibile  lo  svi- 
luppo intiero  di  qualsiasi  istituzione.  Di  questa  idea  era  cosi  pene- 
trato il  nostro  Presidente  da  ripetermi  spesso:  E  duopo  cercarci 
una  casa.  E  si  pensò,  che  ad  una  Società  storica  conveniva  un 
locale  anche  storico.  La  parte  più  antica  del  convento  di  s.  Do- 
menico, attigua  al  chiostro  artistico  medioevale,  le  cui  prime  pie- 
tre furono  gettate  nei  primordi  del  1300,  là  ove  nel  XV  secolo  era 
il  pubblico  Ateneo,  e  vi  leggevano  con  decreto  regio  i  più  in- 
signi scienziati  e  i  domenicani  più  illustri,-ove  in  seguito  si  ra- 
dunavano le  Accademie  degli  Accesi  e  dei  Riaccesi,  e  in  tempi  a 
noi  vicini  erano  ancora  pubbliche  scuole,  ed  io  stesso  adolescente 
appresi  filosofìa  dall'insigne  maestro  Paolo  p]miliani  Giudice , 
essa  sembrò  all'estinto  la  località  la  più  adatta  per  sede  della 
Societii.  Ma  come  ottenerne  la  cessione,  come  adattarla,  richie- 
dendosi una  ingente  spesa  e  non  possedendo  la  Società  elio  poche 
migliaia  di  lire  e  L.  2Z^ì  di  rendita  annua?  Queste  ditlicoltà  ca- 
paci a  scoraggiare  non  pu  re  i  pusilli,  magli  animosi  eziandio  , 
punto  non  entravano  nella  vasta  mente  d<d  Torrearsa.  (Quan- 
tunque nei  tardi  aniìi  di  sua  vita  pure  fu  visto  salire  le  scale 
municij)ali.  pregare  il  supremo  Magistrato,  perchè  chiedesse  al 
Governo  la  cessione  di  quel  fabljricato  per  retrocederlo  alla  So- 
cieUi.  Né  scoraggiossi  quando  la  dimanda  del  Municipio  venne 
respinta.  Che  anzi  fu  allorn,  elio  egli  spiegò  tutta  la  sua  forza 
e  presso  il  Ministero  delle  fìnan/e  e  presso  quello  della  jìubblica 
istruzione,  salendo  o  scendendo  più  volte  le  scale  delf  Inien- 
denza,cgli  Cavaliere  deirordine  supremo  della  SS.  A^inun/.iata!  E 
quel  fabbricato  por  lui,  ve  lo  assicuro,  per  lui  si  ebbe.  Ma  i  mezzi 
a  ripararlo,  ad  adattarlo  per  la  Società  ?  Non  monta,  i  mezzi  si 
creano;  e  li  creò.  L'na  circolare  a  stampa  col  suo  nome  ottenne 
niri8lant(;  lire  10  mila  dal  Municipio  di  Palermo  e  lire  1  mila 
«lalla  nostra  Provincia.  Il  Governo,  gli  Istituti  morali,  i  noiabili, 
i  boci  hanno  contribuito  e  contribuiscono  ancora,  sicché  abbiamo 


r.   IJIOI  DI  MAGGIO  21 

assicurato  sino  adesso  per  sole  contribuzioni  la  cifra  di  lire 
circa  trentamila. 

Egli  te'  tutto  perchè  la  Societ^ì  si  avesse  una  sede,  vide  i 
lavori  iniziati,  li  vide  progrediti,  ma  non  potò  avere  la  con- 
solazione di  dire  a  noi:  Ecco  la  vostra  casa,  rendetela  grande 
e  gloriosa  coi  vostri  studi  e  le  stupende  vostre  pubblicazioni. 

Io  non  la  finirei  se  volessi  narrarvi  le  cure  studiose,  Tanriore 
costante  per  tutto  ciò  che  riguardava  la  nostra  Società,  la  sua 
calma,  la  rettitudine,  il  senso  pratico  nel  reggere  le  sedute ,  nel 
sap(?re  con  gentilezza  troncare  le  inutili  discussioni,  mettere  le 
quistioni  al  vero  posto,  lasciare  tutti  soddisfatti  e  contenti.  Vi 
dico  soltanto,  egregi  colleghi,  voi  atlidaste  al  Torrearsa  nel 
giorno  in  cui  egli  assumeva  la  Presidenza  una  Società  appena 
abbozzata,  incerta  dello  avvenire  e  in  momenti  diflìcilissimi,  nei 
quali  per  fino  dubitavasi  della  sua  futura  esistenza:  ma  egli 
ve  la  lasciò  vegeta,  adulta,  prosperosa.  Trovolla  con  una  ses- 
santina di  soci  effettivi  e  con  T^  corpi  morali  azionisti,  e  nel  dì 
in  cui  egli  moriva  la  trovaste  voi  con  400  soci  e  53  corpi  morali. 
Il  Bilancio  reale  non  ammontava  che  a  L.  621  mentre  l'ultimo  da 
lui  presentato  vi  dava  in  totale  la  somma  di  L.  34500 ,  com- 
presi i  compensi.  Non  avea  né  libri,  né  relazioni,  né  nome  e  vo 
la  lasciò  con  una  Biblioteca  importante,  con  relazioni  estese,  con 
un  nome  glorioso. 

Stupor  quindi  non  sia  se  la  sua  morte  fu  stimata  per  noi  un 
danno  irreparabile.  Le  affettuose  e  sentite  lettere  di  condoglianza 
dirette  alla  nostra  Società  da  soci  cospicui  fra'  quali  il  Bohmer,  lo 
Amari,  il  Gregorovius,  da  Archivi  di  Stato,  da  nobili  Provincie  e 
illustri  Municipi ,  dalle  Società  e  Deputazioni  di  Storia  Patria, 
dalle  più  rmomate  accademie  italiane  e  straniere,  dalle  autorità 
locali  e  centrali  e  più  di  tutto  da  S.  A.  li.  il  Duca  di  Genova  e 
dalla  nostra  socia  e  Patrona  S.  M.  la  Regina  se  vanno  a  lenire  la 
piaga  non  vanno  a  risanarla,  «lo  mi  associo,  ci  scrivea  il  17  feb- 
braio scorso  da  Monaco  Tillustre  nostro  socio  prof.  Gregoro- 
vius ,  tutto  dolente,  al  lutto  di  cotesta  Società,  confortandomi 
nello  stesso  tempo  colla  convinzione    che  la  morte  avendoci 


22  RELAZIONE   DEL 


tolto  ciò  che  era  mortale  non  vale  mai  a  rapirci  né  riiidelebile 
memoria,  ne  il  grande  (esempio  di  una  vita  operosa  e  ricca  di 
virtù,  quale  fu  quella  del  nostro  compianto  Presidente.  »  Que- 
ste belle  parole  ci  sono  di  conforto  è  vero ,  ma  il  vedere  a 
quel  posto  la  figura  e  non  la  persona  del  Torrearsa  ci  è  penoso 
ed  amaro. 

Fu  detto  il  dì  in  cui  ci  si  annunziò  la  dolorosa  dipartita:  Voi 
potrete  scegliere  altri  degno  di  assumere  l'onorevole  officio  di 
vostro  Presidente,  ma  il  suo  posto  resterà  moralmente  vuoto 
finché  durerà  viva  la  sua  memoria  Ira  noi.  Per  il  bene  del  no- 
stro Istituto  vorrei  che  (jueste  parole?  incisive,  franche,  leali  non 
avessero  effetto.  Fu  ripetuto:  la  morte  deirillustre  Presidente 
è  l'ecatombe  dalla  Società;  anche  queste  frasi,  le  quali  sono 
di  sommo  elogio  pel  Torrearsa .  spero  che  non  si  avvere- 
ranno. Volge  l'anno  dalla  fatale  perdita  e  i  fatti  ci  mostrano 
con  evidenza  che  la  Società  nostra  non  [>ure  vive,  ma  si  a- 
vanza;  aumentando  il  numero  dei  soci  e  dilatando  le  relazioni 
e  il  nome. 

Guai  a  quella  istituzione  fondata  sopra  un  uomo  e  non  già 
sopra  sé  stessa.  Gli  individui  spariscono,  ma  le  istituzioni  do- 
vranno eternarsi.  Benché  grande  il  merito  del  Torrearsa,  nu- 
merosi e  splendidi  i  servizi  prestati  alla  nostra  Società,  pure, 
vi  ripeto,  ho  fede  che  il  nostro  Istituto  non  indietreggerà 
fpammai.  L'e.sempio  di  lui  sarà  pungolo  per  tutti  noi.  Noi  non 
siamo  una  assemblea  politica,  in  cui  le  ire  di  parte  scindono 
gli  animi  e  si  guarda  più  al  colore  che  al  merito:  siamo  una 
riunione  concorde  ed  amica  di  gente  studiosa  e  non  abbiamo  al- 
tro di  mira  che  la  verità  e  la   storia. 

Dinanzi  alla  verità,  dinanzi  alla  storia  le  gare  cittadine  do- 
vranno sparire,  le  ire  di  parte  annientarsi.  Napoleone  1*  scenden- 
do in  Italia  e  pas.sando  per  Modena  si  recò  col  suo  Stato  Maggiore 
a  vi.sitarc  il  celebi-e  archet>logo  Tab.  Cavcdoni,  un  prete.  Adii 
ne  fece  le  meraviglie  disse:  La  scienza  non  ha  colore,  appar- 
tiene a  tutti  i  partiti,  è  gloria  della  nazione.  Sta  a  voi  quindi, 
onorandissimi  soci  e  colleghi,  mantenere  viva  la  Società  nostra, 


P.    LUI'il    DI    MAGGIO  23 

accrescere  la  sua  gl(jria,  rendere  iuiiuortale  il  suo  noiLC.  Se  un 
vero  oriiaji:gioe  perenne  vogliamo  rendere  a  queiranima  eccelsa, 
che  tenne  in  cima  ai  suoi  pensieri  il  bene  del  nostro  Istituto  , 
più  che  le  vane  parole,  più  che  gli  encomi  meritati,  calchiamo 
le  sue  orme,  rendiamo  sempre  più  grande  e  gloriosa  la  Società 
Siciliana  di  Storia  Patria,  come  grande  e  gloriosa  ce  la  lasciò 
rine.stinial)ile  Presidente  S.  E.  il  marchese  di  Torrearsa. 


ELOGIO 

DI 

VINCENZO  FARDKLLA  MARCHESE  DI  TORREARSA 

PER 

GIUSEPPE    PITRÈ 


Quando  la  bcnij^nità  vostra,  o  Sif^nori,  mi  affidò  per  mezzo 
del  Consiglio  Direttivo  il  pietoso  iifllcio  di  coiiimcmorare  il 
compianto  nostro  President<',  io  non  esitai  gran  fatto  a  decli- 
narlo ,  non  per  velleità  che  avessi  di  sottrarmi  a  un  compito 
che  nobile  è  per  se,  ed  onorifico  per  chi  lo  disimpegni;  ma 
percliè  ne  vedevo  bene  la  gravità  ,  a  sostenere  la  quale  mal 
giungono  1<}  mie  deboli  forze.  Declinai  senza  discorrerne  il  fine, 
sicuro  che  il  savio  discernimento  dello  illustre  sodalizio  non 
avrebbe  indugiato  a  trovare  chi  con  autorità  di  nome  e  fa- 
coltà d"  ingegno  potesse  degnamente  rispond<'r('  alla  vo- 
stra aspettazione  ed  all'  insigne  personaggio  di  cui  tutti  de- 
ploriamo la  perdita.  La  benevolenza  vostra  i)erò  ebbe  ([ual- 
cosa  a  ridire  sulla  mia  risoluzione ,  e  licusando  di  tornare 
sul  suo  voto,  me  tuttavia  perplesso  incorava  affettuosamente. 

Di  fronte  a  si  autorevole  volontà  io  m'inchinai  ossequente; 
e  pensai,  che  se  grande  era  stata  la  degnazione  del  beneme- 
rito Consiglio  della  Società  di  Storia  Patria,  maggiore  dovea 
essere  la  sua  indulgenza  per  chi ,  non  adusato  a  cosiffatta 
maniera  di  studi  e  alieno  dalla  pubblica  cosa,  sarebbesi  un 
dì  presentato  a  tesser  le  lodi  di  un  Grande,  che  visse  di  vita 
pubblica  e,  nelle  virtù  pubbliche  e  private,  eccelse. 

Oggi ,  che   tutti  siani   qui   conveiuiti  a  compiere  il  mesiq 


23  ELOGIO 

ufficio ,  io  sento  più  che  mai  la  trepidanza  dei  miei  passati 
raccoglimenti,  e  senza  affettata  modestia,  spesso  malcelato  in- 
dizio di  orgoglio,  confesso  schiettamente  che  rare  volte  nella 
mia  carriera  intellettiva  provai  la  eguale.  —  La  figura  del 
Marchese  di  Torrearsa  non  è  di  quelle,  cui  ogni  mediocre  ora- 
tore, 0  mezzano  biografo  possa  agevolmente  delineare  e  ri- 
trarre. Un  uomo  che  per  oltre  mezzo  secolo,  nella  sua  terra 
natale  e  nella  terra  di  esilio,  con  la  mente  e  col  cuore  visse 
ed  operò  per  la  patria  e  per  la  indipendenza  e  libertcà  di  essa, 
un  uomo  che  nel  rumore  della  vita  pubblica  e  nel  silenzio 
delle  pareti  domestiche  fu  sempre  modello  di  virtù  civili,  non 
va  giudicato  da  chicchessia  ne  alla  stregua  comune.  Dell'au- 
torità che  gli  ultimi  venuti  s'  arrogano  di  sentenziare  sul 
passato  di  grandi  e  di  piccoli,  di  preclari  e  di  oscuri,  metten- 
doli spesso  in  combutta  ed  esaltandoli  o  deprimendoli  secondo 
particolari  preconcetti,  troppo  s'  è  abusato  e  si  abusa  perchè, 
sdegnoso  di  siffatte  esorbitanze,  ardisca  io  a  parlare  del  Mar- 
chese di  Torrearsa. 

Se  non  che,  mi  conforta  il  pensiero  che  se  nessun  titolo 
è  in  me  per  dir  come  si  conviene  del  nostro  Presidente, 
questo  solo  mi  possa  valer  di  titolo  a  farlo:  la  benevolenza 
ond'Egli  mi  degnò,  e  la  fiducia  che  mi  ebbe  fino  agli  estremi 
suoi  istanti;  i  quali  io  non  dimenticherò  giammai,  perocché  in 
essi,  meglio  che  in  qualunque  altro  della  sua  nubile  esistenza, 
mi  fu  dato  ammirare  la  sua  tempra  elevata,  non  ismentita 
neanche  all'ultima  ora.  E  questo  mi  è  cagione  a  sperale  nella 
indulgenza  delle  animo  gentili  che  con  la  loro  presenza  lian 
voluto  accrescere  la  mesta  solennità  di   questa  adunanza. 

Dirò  pertanto  del  patriotta,  deiruomo  di  Stato  e  del  citta- 
dino, poiché  del  Presidente  della  nostra  Società  ha  detto,  con 
quella  competenza  ed  elevatezza  che  ò  daini,  il  jìiù  intinio, 
il  più  caro  dei  suoi  amici ,  il  nostro  benemerito  Segretario 
(generale. 


ELOGIO  29 

La  vita  di  Vincenzo  Fardella,  marchese  di  Torrearsa,  da 
Trapani ,  è  nota  a  tutti ,  notissima  a  voi  ,  o  Signori ,  che 
per  13  anni  il  vedeste  sempre  a  dirigere  questo  sodalizio;  il 
quale,  grazie  alla  sua  sapiente  operosità  ed  alla  amorosa  co- 
operazione vostra,  conta  tra' primi  della  penisola.  Egli  stesso 
non  è  guari,  sentenziosi  «  avanti  negli  anni  e  da  qualche  tempo 
lontano  da  ogni  faccenda  pubblica ,  ed  anco  dal  conversare 
con  alcuno  di  quelli  che  si  agitano  febbrilmente  nell'azione 
dei  partiti  politici,  »  ne  serbava  durevoli  ricordi  in  un  libro 
che  è  com(?  il  suo  teslaniento  politico  e  civile.  (1)  Nato  il  10  Lu- 
glio del  1808  da  Antonino  e  da  Teresa  Omodei  dei  Baroni 
di  Roda,  primogenito  di  quattro  fratelli  e  di  una  sorella,  che, 
con  ruliimo  di  quelli,  gli  sopravvive,  egli  si  ebbe  in  patria 
la  educazione  che  si  poteva  migliore  in  una  piccola  città 
dell'isola  in  sul  principiare  del  secolo:  e  fu  suo  istitutore  Ni- 
cola Fiorentino,  primo  ullìziale  della  Secrezia  di  Trapani,  in- 
gegno pronto  e  versatile  e,  come  ascritto  alla  carboneria,  di 
sentimenti  liberali  a  quei  giorni. 

In  fjimiglia,  il  giovinetto  senti  di  buon'  ora  l' influsso  del 
padre.  Secreto  di  Trapani,  e  di  due  suoi  zii:  il  Duca  di  Curala 
Direttore  della  Polizia  in  Sicilia,  ed  il  Tenente  Generale  G.  B. 
Fardella,  ministro  per  la  guerra  e  la  marina  in  Napoli,  en- 
trambi al  governo  d' allora  devoti  non  men  per  convin- 
zione cho  per  gratitudine.  Ma  questo  stesso  fatto  dell'  am- 
biente nel  (piale  tutto  spirava  fedeltà  pel  governo  dovea  esser 
la  ragione  precipua  per  cui  il  giovane  patrizio  ne  divenisse 
schifo.  Perocché  l'uno,  il  Cumia,  istrutto  delle  passate  vicende  po- 
litiche, vedeva  la  debolezza  del  presente;  e  l'altro,  il  Fardella,  che 
«  in  mezzo  a  tanta  viltade  cortigianesca  e  corruzione ,  seppe 
serbare  scrupolosa  integrità,  onoratezza  illibata  e  franca  e  ve- 
ridica parola  (2)  »  vedeva  sfavorevolmente  l'esercito,  e  vi  sen- 


(1)  Ricordi  su  la  Wi-oluzionc  siciliana  degli  anni  IHIS  e  1810  del 
Maiu-hkse  ViNcKxzo  FAUDKLf.A  DI  ToKnKAUSA ,  Cavalicì'C  della  SS.  An- 
nunziata. Palermo,  Tipo^^raQi  dello  «  Statuto  »  1887.  la  8",  pp.  Vili— 8iU, 

(2)  Ricordi,  p.  59. 


30  ELOGIO 

ti  va,  com'  egli  diceva,  irli  alili  puzzolenti  d'un  cadavere  putre- 
fatto. 

Mortogli  il  padre,  cui  egli  avca  accompagnato  a  Napoli , 
il  potente  ex-ministro  volle  presentarlo  a  Re  Francesco  I,  e 
lo  fece  con  le  severe  parole  :  «  Sire,  vi  presento  mio  nipote, 
che  viene  di  perdere  il  padre ,  ciie  per  tanti  anni  vi  servi 
fedelmente.  Questi  sono  i  giovani  da  impiegare  ,  e  non  già  i 
birbanti  che  proteggete  e  che  vi  mette  avanti  la  vostra  came- 
rilla.  »  Da  qui  venne,  per  reazione,  lo  sdegno  del  Torrearsa  per 
qualunque  arbitrio  ,  1'  amore  del  giusto  e  dell'onesto,  e  quel 
senso  di  rettitudine  che  animò  sempre  ogni  pensiero .  ogni 
atto  di  lui. 

Salito  sul  trono  Ferdinando  11,  parve  volersi  restaurare  un 
governo  di  giustizia  e  di  equità.  Tutti  salutarono  con  gioia, 
tutti  con  simpatia  ansiosa  guardarono  il  giovine  principe,  che 
iniziava  il  regno  suo  con  riforme  ond'  era  ad  argomentare 
prosperitii  pei  popoli,  rispetto  pel  diritto. 

Il  marchese  di  Torrearsa  veniva  nominato  (183G)  Agente 
principale  della  R.  Dogana,  promosso,  in  capo  a  due  anni.  Di- 
rettore dei  dazi  indiretti  nella  città  e  nella  provincia  di  Trapani, 
e  più  in  là,  Direttore  dei  dazi  di  Palermo,  Ispettore  generale 
delle  Dogane  del  Regno  e  membro  dell'Amministrazione  dei 
dazi  indiretti.  In  silTalte  cariche  egli  ebbe  agio  di  rafforzarsi 
negli  studi  economici  e  commerciali ,  e  di  acquistare  quella 
coltura  che  poi,  in  uflici  ben  più  alti,  dovea  riuscire  di  grande 
vantaggio  a  lui  ed  alla  cosa  pubblica. 

La  prima  infezione  colerica  e  gì'  inconsulti  provvedimenti 
ministeriali  contro  la  Sicilia  e  sovrammodo  contro  Siracusa, 
non  ulti/uo  tra'  (piali  la  lamosa  legge  della  promLscuifcK  l'u  il 
primo  punto  nero  nell'  orizzont»}  politico  dell'  isola  ;  «  perdio 
d'allora  in  poi  —  ebbe  a  scrìvere,  il  Torrearsa  dal — 1837,  si 
può  dire  cominciò  queir  assiduo  ed  eJl'icac(;  lavorio  morale  che 
operò  poi  urA  181S,  cnon  per  organamento  di  sètte  e  di  comi- 
tati, ma  per  quell'esame  freddo  e  ponderato  ciie  ognuno  fa- 
ceva degli  atti  del  Governo,  o  della  insipienza  dei  suoi  più 


ELOGIO  31 

(^levati  rappresentanti  (1).  »  Qual  punto  nero  s'allargò,  crebbe 
in  .ui'ossa  nube,  che  tutto  abbuiò  il  nostro  cielo  e  scoppiò  in 
urajifano  nella  memoranda   giornata  del  12  Gennaio   1848. 

Due  giorni  dopo  il  marchese  di  Torrearsa,  che  era  stato 
dei  più  caldi  l'autori  delle  franchigie  siciliane,  fu  chiamato  a 
far  parte  del  Comitato  provvisorio  ,  ed  eletto  Presidente  del 
Comitato  per  le  Finanze.  Il  IO  giungeva  in  Palermo,  con  po- 
teri di  Luogotenente,  scortato  da  7000  uomini,  il  Conte  d'A- 
quila ,  fratello  do\  Re  e  grande  ammiraglio  del  regno. 
Queir  apparato  di  forza  gettò  il  panico  nella  popolazione  ; 
molti,  scrtrati,  cercarono  scampo  nei  legni  stranieri  ancorati 
nella  nostra  rada;  e  non  mancarono  le  defezioni;  ma  il  coraggio 
e  la  fermezza  di  Riiggiero  Settimo,  del  Pi-incipe  di  Pantelleria, 
e  di  altri  arditi  trionfò  dello  scompiglio. 

Convocato  pel  15  Marz<j  il  Parlamento  siciliano  in  Palermo, 
il  Re  di  Napoli,  mediatore  Lord  Minto,  con  decreto  del  6  Marzo 
nominava  il  Settimo  suo  Luogotenente  generale  in  Sicilia  ed 
il  Torrearsa,  Mariano  Stabile,  il  Principe  di  Scordio,  Pasquale 
Calvi,  suoi  ministri.  Nessuno  ignora  come  venisse  accolta  dagli 
eletti  la  regia  nomina;  ma  non  tutti  sanno  come  il  marchese 
di  Torrearsa  non  avesse  voluto  mai,  nò  allora  né  poi,  aprire 
il  regio  decreto  che  lo  riguardava,  e  che  ora,  dopo  meglio 
che  40  anni,  rimane,  tra  le  carte  del  compianto  uomo,  tut- 
tavia chiuso  e  suggellato:  documento  di  tierezza  e  di  alta  di- 
gnità  d'animo. 

Sarebbe  opera  superflua  il  venir  raccontando  a  cultori  delle 
patrie  storie  gli  avvenimenti  di  queir  anno  memorabile. 
Molti  di  quanti  per  avventura  mi  ascoltano  ne  furon  testimo- 
ni, qualcuno  attore  e  non  ultimo  né  inglorioso.  11  marchese  di 
Torrearsa ,  mandato  dalla  sua  città  natale  alla  Camera  dei 
Comuni,  venne  da  questa  eletto  Presidente  dopo  di  aver  ras- 
segnato il  potere  di  membro  del  Comitato  generale,  e  rifiu- 


(1)  incordi,  \).  01. 


32  ELOGIO 

tato  il  portafoglio  di  ministro  offertogli  dal  Settimo  ,  a  cui 
furon  votati  diritti  e  prerogative  regie.  Lui  presidente,  vennero 
compiuti  gli  atti  più  importanti  di  quel  tempo:  primo  tra  tutti 
la  proclamazione  del  Duca  di  Genova  a  Re  di  Sicilia  (10  Luglio). 
Le  dimissioni  volontarie  del  Ministero  Stabile  il  di  13  A- 
gosto  r  obbligarono  ad  assumere  il  portafoglio  degli  Esteri 
nelle  condizioni  più  deplorevoli  per  il  governo  ;  e  fu  solenne 
sagrifìcio  il  suo,  di  mettere  a  pericolo,  pel  bene  della  patria, 
una  popolarità  che  le  buone  opere  del  cittadino  e  del  pub- 
blico funzionario  gli  aveano  acquistata,  e  che,  caso  rarissimo, 
la  condotta  del  Presidente  dei  deputati  non  gli  avca  fatta 
perdere.  Nella  terra  del  gcnus  aculum  ac  susplcioswii  di  Ci- 
cerone ,  dove  le  passioni  erompono  in  iscatti  improvvisi;  in 
un'assemblea  giovane  e  non  educata  peranco  alle  discussioni 
politiche,  con  un  governo  malfermo ,  che  tutto  avea  da  per- 
dere e  che  lottava  con  le  strettezze  dell'erario  e  con  la  man- 
canza d'un  esercito  provvisto  di  armi,  esperto  e  disciplinato; 
con  la  indifferenza  di  alcuni  stati,  con  i  tentennamenti  di  altri, 
e  con  la  impassibilità  della  diplomazia,  il  compito  del  novello 
ministro  non  poteva  essere  più  arduo,  né  più  doloroso.  Lettere 
private  di  lui  e  lettere  utfìciali,  testé  pubblicate,  del  Duca  di 
Serradifalco,  Presidente  della  Commissione  recatasi  a  Torino 
per  presentare  al  Duca  di  Genova  la  sua  elezione  e  lo  Sta- 
tuto del  Regno  (1),  mostrano  le  difficoltà  nelle  quali  moveasi 
il  Torrearsa,  alla  cui  perspicacia  tutta  si  facea  manifesta  la 
realtà  penosa  della  situazione.  Ma  ben  fu  sorretto  dalla 
sua  provata  devozione  alla  patria.  Due  volte,  e  non  per  le 
solite  lustre,  dimissionario,  fu  due  volte  pregato  dal  Settimo, 
dalle  Camere,  dai  comuni  dell'Isola,  con  un  vero  plebiscito,  di 
rimanere  e  riprendere  il  portafoglio,  unico  espediente  per  sal- 
vare da  sicura  rovina  il  paese.  Se  non  che,  un  indirizzo  di 
cose   non  del  tutto  rispondente  alle  sue  vedute;  onde  notevoli 


(1)  JiicorJi,  p.  7UU  Ci  spg. 


ELOGIO  33 

discrepanze  tra  le  due  Camere  ed  il  Ministro,  e  l'intemperante 
agitarsi  delle  fazioni  e  nell'aula  dei  Comuni  e  nelle  colonne 
dei  giornali,  lo  resero  irremovibile.  Di  siffatta  irremovibi- 
lità  gli  si  fece  colpa ,  e  non  si  considerò  la  ragione  della 
malferma  salute  di  lui,  né  gli  si  tenne  conto  della  sua  leale 
dichiarazione  alla  Camera  il  dì  14  Marzo  1849  :  «  Io  so  come 
si  deve  servire  il  paese;  e  benché  mi  creda  al  di  sotto  delle 
mie  forze,  so  che  questa  mia  capacità,  qualunque  essa  siasi, 
non  posso  adoperarla  tutta....  Io  starò  qui  con  voi,  e  vi  starò 
finché  uscirà  l'ultimo  di  voi,  se  mai  le  sorti  della  patria  non 
saran  vittoriose....  »  A  persone  di  volgar  pensamento  non  può 
farsi  chiaro  che  quando  un'anima  onesta  ha  provato  le  ama- 
rezze del  potere,  così  invidiabile  agli  occhi  di  chi  non  ne  sia 
investito,  non  può  non  adoperarsi  a  lasciarlo,  per  tornare  alla 
sospirata  pace   domestica. 

Un  ministero  Stabile-Butera  seguì  al  ministero  Torrearsa. 
Si  sperò;  ma  invano,  che  l'onestà  d' intenti  degli  egregi  uo- 
mini venne  frustrata  dal  precipitarsi  degli  eventi  non  pur  di 
Sicilia  ma  altresì  e  più  d'Italia  e  di  Europa  tutta.  Il  disastro 
di  Novara  e  l'abdicazione  di  Carlo  Alberto,  la  caduta  di  Ca- 
tania e  i  fatti  d'arme  di  Taormina  affrettarono  la  catastrofe 
del  gran  dramma  di  Palermo.  La  rivoluzione  fu  vinta. 

Il  Torrearsa  con  l'animo  profondamente  conquiso,  ma  calmo 
e  dignitoso,  insieme  col  Settimo,  con  lo  Stabile,  col  Principe 
di  Butera,  con  l'Amari ,  seguito  poco  dopo  da  altri  patriotti, 
prendeva  il  cammino  dell'esilio;  e  per  la  via  di  Marsiglia  ri- 
parava in  Piemonte,  le  cui  fresche  aure  di  libertà  potevano 
temperare  il  dolore  della  recente  perdita  e  confortare  lo  spi- 
rito abbattuto  dalle  brutture  dei  tempi  e  dalla  tristezza  degli 
uomini. 

Qui  comincia  il  lavoro  di  raccoglimento  che  dovea  un 
giorno  tradursi  in  gagliarda  e  fortunata  attività.  In  Torino 
dapprima,  in  Genova  dipoi,  e  da  ultimo  in  Nizza,  ove  la  mi- 
tezza del  clima  e  la  ridente  guardatura  del  cielo  gli  rispec- 

A)'ch.  Stor.  Sic.  N.  S.  fase,  straordinario  3 


34  ELOGIO 

chiava  la  terra  natale,  il  marchese  di  Torrearsa  tutto  in  se 
si  raccolse,  studiando  e  meditando  per  essa.  Gli  errori,  che 
erano  stati  principio  e  cagione  della  fallita  riscossa,  gli  si 
fecero  più  che  mai  evidenti  con  tutti  i  particolari  più  minuti, 
e  furon  per  lui  lezione  cotidiana  ed  insegnamento  continuo. 
E  questo  stesso  di  saper  trovare  nelle  passate  sventure  ar- 
gomento di  esperienza,  unito  alla  sua  naturai  ponderatezza, 
fece  di  lui  uno  dei  rappresentanti  più  autorevoli  e  stimati  del- 
l'isola e  come  il  centro  della  emigrazione  siciliana,  della  quale 
era  capo  morale  il  venerando  Ruggiero  Settimo. 

Tra  le  carte  del  Marchese  una  ve  n'  ha  di  grave  im- 
portanza per  la  vita  di  lui  e  per  la  storia  di  Sicilia:  la  re- 
lazione autografa  d'  un  colloquio  confidenziale  da  lui  e  dal 
Principe  di  Butera  avuto  in  Genova  il  22  Febbraio  del  1854  con 
V.  Emanuele,  per  mediazione  del  Conte  di  Cavour,  allora  Mini- 
stro. «  Il  Re — racconta  il  Massari  —  li  accolse  con  affettuosa  be- 
nevolenza. Il  Butera  ed  il  Torrearsa  lo  pregarono  a  gradire 
le  espressioni  della  più  schietta  gratitudine  per  1'  ospitalitcà 
che  con  tanta  generosità  era  conceduta  nel  regno  subalpino 
a  tutti  coloro,  che  per  devozione  alla  causa  patria  avevano 
dovuto  abbandonare  la  terra  nativa.  V.  E.  gradi  non  poco 
quella  manifestazione  di  sincera  riconoscenza,  e  poi  sollevando 
il  capo  in  quel  modo  nobile  e  dignitoso  che  gli  era  così  na- 
turale disse  :  «  Siate  sicuri,  o  signori,  che  la  ospitalità  della 
quale  avete  voluto  ringraziarmi  non  vi  verrà  mai  meno.  Non 
ho  mai  abbassato  i  miei  occhi  dinanzi  a  nessuno ,  e  spero 
che  non  avrò  mai  ad  abbassarli  per  fatto  proprio.  »  I  due 
esuli  illustri  si  ritirarono  con  l'animo  compreso  da  gratitudine 
maggiore ,  e  dalla  più  viva  ammii'azione  verso  un  sovrano , 
che  con  l'affabilità  dei  suoi  modi  affascinava,  e  con  l'atteggia- 
mento dignitosamente  fiero  svelava  la  fermezza  dei  suoi  leali 
propositi.  (1)  » 

(1)  O.  M\8SAut,  La  vita  ed  il  regno  di  Vittorio  Emanuele  II  di  Sa- 
voia, primo  re  d: Italia,  v.  I,  p.  236.  Milano,  Trovo»,  1878. 

Dopo  la  lettura  del  presento   discorso ,  il  Prof.  G.  Taormina   pubblicò 


ELOGIO  35 

Laonde  non  è  a  meravigliare  se  con  lui  carteggiassero  quanti, 
dalla  Sicilia  lontani ,  per  la  povera  Sicilia  assiduamente  si 
travagliavano.  E  con  lui  tenevan  segreta  corrispondenza  da 
Malta  Matteo  Raeli,  da  Nizza  Mariano  Stabile  (1856),  Michele 
Amari,  Giacinto  Carini  da  Parigi,  Mario  Rizzari  da  Livorno, 
Emerico  Amari  da  Genova  ed  altri  assai ,  cooperando  tutti , 
ciascuno  con  le  proprie  facoltà,  talora  con  espedienti  diversi 
e  con  concetti  in  apparenza  alieni  l'uno  dall'altro,  per  la  Si- 
cilia. Lui  invitavano  alla  pubblicazione  dei  documenti  relativi 
ai  rivolgimenti  degli  anni  1818-49,  la  quale  si  ammanniva  in 
Isvizzera;  a  lui  si  rivolgeano  i  suoi  consorti,  sicuri  di  non  ri- 
volgerglisi  invano,  sempre  che  vi  fosse  una  grande  opera  da 
iniziare,  una  buona  azione  da  compiere,  una  giusta  causa  da 
perorare,  un  esule  da  soccorrere.  Lo  scelto  e  voluminoso  car- 
teggio del  Marchese  è  lì  ad  attestare  il  fatto ,  che  è  pure 
nelle  convinzioni  di  quanti  non  ignorano  le  ultime  vicende 
del  nostro  paese.  11  giorno  in  cui  al  futuro  biografo  del  no- 
stro Statista  0  allo  storico  dei  nostri  rivolgimenti  sarà  dato 
di  trarne  profitto ,  ne  verranno  fuori  documenti  ammirandi 
di  patria  carità.  Quante  opere  pietose  compiute  in  una  silen- 
ziosa casetta  ,  fors'  anco  in  un'  oscura  e  disagiata  soffitta  ! 
Quanto  nobili  aspirazioni  soffocate  nella  impotenza  dello  esi- 
lio !  Quante  lacrime  bevute  da  coloro  stessi  che  le  versarono 
lontani  dalle  madri,  dalle  sorelle,  dai  Agli,  dagli  esseri  più 
caramente  diletti  !  —  Quando  io  ripenso  ad  una  lettera  dal  6 
Dicembre  1856,  nella  quale  Mariano  Stabile  scrivea  al  Tor- 
rearsa,  iniziatore  di  una  contribuzione  patriottica,  non  poter 
per  essa  erogare  altro  che  cento  lire  da  lui  risparmiate  per 
ristorare  in  Nizza  la  sua  malandata  salute,  io  provo,  o  Signori, 


nel  Giornale  di  Sicilia  del  23  Febbraio    1890  la  relazione    originale    del 
Torrearsa,  col  titolo  :   Vittorio  Emanuele  e  il  Marchese  di  Torrearsa. 


36  ELOGIO 


un  sentimento  di  orgoglio,  e  con  gli  occhi  della  mente  vedo  que- 
sti eroi  del  patriottismo,  e 


Io  di  vederli  in  me  stesso  m'  esalto  ! 

Più  tardi,  quando  la  teatralità  tutte  pervadea  e  rivestiva* 
le  occupazioni  della  vita  pubblica  e  privata,  le  contribuzioni 
doveano  strombettarsi  ai  quattro  venti,  la  beneficenza  doven- 
tava  sfogo  di  vanità  per  alcuni,  passatempo  di  morbosa  cu- 
riosità per  altri,  le  aspirazioni  più  sante  si  profanavano  im- 
modestamente, e  perfino  il  dolore  dei  cari  estinti ,  come  il 
lutto  delle  persone  ignote,  si  ostentava  sulle  porte  dei  palazzi, 
sugli  usci  degli  abituri  e  sulle  tabelle  dei  fondachi  e  delle 
])otteghe. 

E  qui  non  vuoisi  tacere  come  singoiar  ventura  fosse  pel 
compianto  Marchese  l'amore  di  quella  illustre  donna  che  fu 
la  Duchessa  Giulia  di  Serradifalco;  la  quale,  proscritta  anche 
lei  col  padre ,  dividendo  col  Torrearsa  i  dolori  dell'  esilio  , 
glieli  addolci  con  l'affetto;  e  con  la  sua  non  comune  intelli- 
genza li  sollevò  alla  sublimità  del  sagrificio  per  una  causa 
compromessa  ma  non  perduta.  Allorché  nel  1858  il  genitore  di 
lei,  accasciato  dagli  anni,  fu  in  pericolo  di  vita,  la  tenera  fi- 
gliuola chiese  ed  ottenne  un  salvacondotto  per  venirgli  a  chiu- 
dere gli  occhi.  Cosa  ignota  generalmente,  nota  solo  ad  alcuni 
fidi,  la  nobil  donna,  nei  pochi  dì  concessile  di  vegliare  al  ca- 
pezzale paterno,  ebbe  tante  lettere  poi  Marchese  suo  marito 
e  per  altri  esuli,  che,  ad  eludere  la  vigilanza  della  polizia  , 
dovette  ricorrere  allo  stratagemma  ingegnoso  di  cucirsele  torno 
torno  ai  lembi  delle  vesti. 


Cosi  per  lavoro  lungo,  assiduo,  insistente  di  patriotti  non 

meno  che  di  diplomatici  si  preparavano  gli  avvenimenti  del  1860. 

La  storia  antica  è  tutta  intessuta  di  favole;  la  critica  sto- 


ELOGIO  37 

rica  moderna  lo  dispetta  e  si  affatica,  forse  troppo,  a  sfron- 
dare quanto  havvi  o  possa  avervi  di  leggendario  nella  vita 
degli  uomini  e  nelle  vicende  dei  popoli.  Parlando  ad  una 
Società  storica  io  non  mi  permetterò  di  richiamare  gli  scrittori 
che  narrarono  quali  le  gesto  dei  giovani  volontari ,  quali  il 
lavoro  paziente  e  pertinace  dei  vecchi  proscritti  e  quale  le 
intese  e  gli  accordi  dei  diplomatici.  Sou  cose  abbastanza  note 
queste,  perchè  io  non  debba  venirle  a  ripetere  oggi.  Ma  da 
cosiffatte  narrazioni  messe  insieme  non  è  difficile  a  indovinare 
e  seguire  la  tela  del  dramma  che,  storia  vera  e  reale,  tra- 
sformavasi  in  leggenda  pel  popolo,  e  doventava  epopea  nella 
fantasia  degli  Italiani. 

Tra  quei  proscritti,  1'  abbiamo  già  veduto,  il  marchese  di 
Torrearsa  ebbe  un  posto  eminente  e  va  specialmente  ricor- 
dato. Il  quale ,  non  appena  rimesso  il  piede  nella  sua  ben 
amata  Palermo,  era  chiamato  a  presiedere  (e  la  presidenza  ve- 
niva appositamente  creata  per  lui  )  il  Consiglio  di  Luogote- 
nenza col  Marchese  Montezemolo,  e  da  lì  a  non  mollo,  con 
voto  quasi  unanime  dei  suoi  concittadini,  eletto  deputato  del 
Collegio  di  Trapani,  pel  quale  optava,  e  del  secondo  Collegio 
di  Palermo.  Al  primo  Parlamento  italiano  fu  dei  più  bene- 
volmente accetti,  e  lo  si  vide  da  Vice-Presidente  godere  del- 
l' autorità  che  il  suo  patriottismo  e  la  sua  moderazione  gli 
avean  data  sempre  incontrastata:  e  sarebbe  entrato  nel  primo 
Ministero  (giacché  al  convocarsi  del  Parlamento  d'Italia  il  Mi- 
nistero sardo  avea  presentate  le  dimissioni)  se  la  sua  invin- 
cibile modestia  non  l'avesse  deciso  al  rifiuto  d'un  portafoglio 
offertogli  dal  Conte  di  Cavour,  suo  non  recente  amico,  che  in 
ciò  interpretava  il  voto  favorevole  della  maggioranza.  E  solo 
per  far  cosa  gradita  al  sommo  Statista  egli,  così  avverso  alle 
pompe  come  schifo  di  onori ,  si  risolveva  ad  andare  a  parte- 
cipare ,  capo  d'apposita  Ambasciata,  la  costituzione  del  nuovo 
Regno  alle  Corti  di  Svezia  e  Norvegia  e  di  Danimarca. 

La  scelta  non  poteva  riuscire  più  degna  e  per  chi  la  f^i- 


38  ELOGIO 

ceva  e  pel  personaggio  su  cui  veniva  fatta  e  per  gli  stati  ai 
quali  doveva  indirizzarsi. 

Preceduto  dalla  più  bella  fama  di  patrizio  illustre,  d' in- 
temerato patriotta,  di  abile  uomo  di  Stato,  l' inviato  di  V.  E. 
ebbe  dappertutto  onori  quasi  sovrani.  Ricevuto  ad  Amburgo  so- 
pra un  vascello  da  guerra  svedese,  il  2  Luglio  1801  sbarcò 
nel  porto  di  Stoccolma,  donde  fino  alla  reggia,  entro  una  vet- 
tura di  Corte,  ebbe  un  vero  trionfo.  Due  giorni  dopo  fu  so- 
lennemente ammesso  alla  presenza  di  Re  Carlo  XV,  che  gli  fu 
squisitamente  gentile  e  gli  espresse  nella  più  schietta,  nella 
più  amabile  maniera  la  sua  personale  simpatia  e  gli  confermò 
quella,  fino  allora  sentita,  per  la  causa  d'Italia.  Forse  qual- 
cuno di  voi,  0  Signori,  ricorderà  i  diari  del  tempo,  che  rag- 
guagliavano delle  cordiali  dimostrazioni  ricevute  al  nostro  con- 
cittadino. A  me  restò  sempre  viva  alla  memoria, — cosa  che  al- 
lora mi  fece  provare  un  non  so  che  di  quell'orgoglio  che  noi 
isolani  siamo  in  fama  di  sentire  con  esagerazione, — un  brindisi 
a  lui  rivolto  dal  presidente  d'un  grande  banchetto  che  ogni 
ordine  di  cittadini  svedesi  gli  tenne  nella  capitale  il  di  11 
Luglio:  brindisi  che  efficacemente  incarnava  i  voti  di  quel  forte 
e  industrioso  popolo  per  la  prosperità  d'Italia  e  del  suo  rap- 
presentante. A  Copenaghen,  dove  giunse  il  27  dello  stesso  mese, 
non  fu  men  fortunato  di  accoglienze  oneste  e  liete.  Re  Fede- 
rico VII,  nel  suo  castello  di  Sunderburg,  gli  dimostrò  effica- 
cemente l'interesse  che  sposava  per  la  costituzione  del  novello 
stato;  di  che  un  contrassegno  gli  porgeva  offrendogli  con  })cl- 
l'autografo  il  ritratto  proprio  non  che  quello  della  regina,  e  de- 
corandolo del  Gran  Cordone  dell'ordine  di  Dannebrog,  come 
il  re  di  Svezia  l'avea  decorato,  giorni  innanzi,  della  Commenda 
dell'ordine  della  Stella  Polare. 

Più  delicati  uffici  lo  attendevano  tra  noi.  Nell'opera  di  uni- 
ficazione spinta  ed  accentuata  in  Italia  dal  Barone  Ricasoli, 
succeduto  al  Conto  di  Cavour,  benemerite  città,  quali  Palermo, 
Napoli,  Firenze,  venivano  a  perdere  prerogative  secolari  per 
esso.  Potevano  esse  rassegnarsi  alle  gravi  perdite,  ma  non  esserne 


ELOGIO  39 

contente  :  e  solo  per  carità  di  patria  si  acconciarono  a  doven- 
tar  capi-provincie  dove  prima  erano  state  Città  capitali,  se  non 
felici,  al  certo  rispettabili.  La  tattica  del  governo  fu  giudi- 
ziosa nella  scelta  dell'  uomo  che  dovea  inaugurare  il  nuovo 
ordinamento  amministrativo  e  politico  della  provincia  di  Fi- 
renze: e  così  lo  fosse  stato  per  la  nostra  povera  provincia  !.... 
11  marchese  di  Torrearsa  ebbe  la  fortuna  di  capire  i  bisogni, 
di  rispettare  le  esigenze,  di  compiere  nei  limiti  delle  sue  attri- 
buzioni i  voti  della  bella  e  gentile  città  :  e  con  la  sua  condotta 
saggia,  previdente  e  benevola  raccolse  suffragio  di  simpatie 
m  tutta  la  provincia  e  in  ogni  comune  di  essa.  La  cittadinanza 
decretatagli  dal  Municipio  di  Firenze  e  partecipata  a  lui  con  un 
artistico  diploma,  che  fu  sempre  uno  dei  più  bei  vanti  della 
sua  vita,  è  splendido  documento  dell'opera  paterna  di  lui  in 
quella  prefettura  (1). 

Ma  certi  fatti  alla  conoscenza  di  tutti  valgon  sempre  a  di- 
mostrare com'egli  in  circostanze  compromettenti  riuscisse  a  sal- 
vare il  prestigio  del  governo  e  la  sicurezza  dei  cittadini. 

Si  usciva  da  poco  dalla  rivoluzione:  gli  animi  eran  tutt'altro 
che  tranquilli  perchè  potessero  sottrarsi  all'ambiente  in  cui 
vivevano.  Le  passioni  smodate;  le  intemperanze  eccessive;  per 
un  nonnulla  si  scendeva  in  piazza  a  dimostrare.  Un  giorno 
un  diario  cittadino  si  accanisce  contro  il  giovane  eser- 
cito. Firenze,  che  mai  non  si  muove  se  tutta  non  si  duole,  è  in 
grande  eccitamento  contro  quel  diario:  da  un  istante  all'altro 
essa  è  per  trascendere  in  eccessi:  ed  ecco  un  bell'uomo,  farsi 
innanzi  impavido  tra  la  folla,  e  parlar  calmo  e  con  opportune 
parole  persuaderla  a  desistere  da  qualunque  proposito  manesco. 
L'ira  è  sbollita,  un  grido  sonoro  ed  unanime  di  «  Viva  1'  I- 
talia  !  Viva  il  Prefetto  !  »  corona  P  arringa  del  buon  Mar- 
cliese. 


CI)  Vedi  la  biografia  del   Torrearsa   scritta  dal  Marchese    Ruggiero    di 
Castel  Maurigi  nella  Galleria  nazionale  del  Pomba.  Torino  1802. 


40  ELOGIO 

Alle  prime  notizie  della  catastrofe  di  Aspromonte  ,  altra 
,  imponente  dimostrazione  minaccia  la  tranquillità  della  città. 
Il  Prefetto,  nell'alto  sentimento  del  suo  dovere  di  tutelar  l'or- 
dine e  la  libertà  per  tutti,  chiama  il  Comandante  la  Cavalleria 
e  lo  avverte  che  se  per  necessità  imperiosa  di  eventi  egli  sarà 
costretto  a  caricare  il  popolo  tumultuante,  si  guardi  bene  dal 
farlo  davvero.  «  Io  (gli  dice  severamente)  la  terrò  responsa- 
bile del  benché  menomo  male  che  ne  seguirà  a  chicchessia...  » 
Il  Comandante  si  allontana  con  un  inchino,  ed  egli  lo  richiama 
e  gli  rinnova  lo  avvertimento,  raccomandandogli  daccapo  il  po- 
polo; e  poiché  quegli  è  andato  via,  giù  per  le  scale  lo  raggiunge, 
e  per  la  terza  volta  gli  ripete  :  «  Si  guardi  dal  far  male  a 
nessuno  !....  »  tremante  sempre  che  una  goccia  di  sangue  possa, 
per  malinteso  rigore  o  per  eccessivo  zelo  degli  ufficiali  per  la 
sicurezza  pubblica  ,  versarsi  in  una  città  dov'  egli  è  ad  am- 
ministrare. 

Cosi  l'uomo  di  cuore,  senza  prender  la  mano  al  pubblico  fun- 
zionario, sapeva  ad  un  tempo  e  ottenere  ossequenza  alle  leggi 
e  serbarsi,  qual  era  sempre  stato,  umano. 


Già  Senatore  fin  dai  primordii  del  nuovo  regno ,  lasciata 
dopo  tre  anni  di  prefettura  1'  antica  capitale  della  Toscana  , 
rifiutando  la  Legazione  dapprima  di  Costantinopoli  e  poi  del 
Portogallo,  si  ridusse  a  Torino  a  prender  parte  attiva  ai  la- 
vori della  Camera  vitalizia.  Quivi  non  parlò  se  non  per  gravi 
occasioni  ascoltato  sempre  con  segni  manifesti  di  viva  sim- 
patia. La  sua  parola  era  calma  e  sicura,  espressione  fedele 
della  serenità  della  mente  e  della  penetrazione  dell'ingegno; 
imperciocché  avea  quel  che  si  dice  «  colpo  d'occhio,  »  e  questa 
sua  facoltà  il  rendea  pronto  a  comprendere  gli  umori  del  Senato  e 
accorto  nel  bilanciare  le  ragioni  prò  e  contro,  e  nella  scolta  della 
via  da  s(»guire.  Il  che  si  parve  specialmente  negli  anni  1871-74 
tenendo  la  presidenza  dell'alto  Consesso,  nella  quale,  se  mai 
uno  ve  u'obbe  che  lo  iigguagliò,  nessuno  prima  e  poi  supe- 


ELOGIO  41 

rollo  per  imparzialità  nel  dirigere  le  discussioni,  per  facilità 
nel  cogliere  e  sintetizzare  i  concetti  dei  vari  oratori  e  l'ar- 
gomento di  che  era  discorso.  Vittorio  Emanuele,  sagace  esti- 
matore degli  uomini ,  indovinò  il  Torrearsa,  e  conferendogli, 
nell'occasione  delle  fauste  nozze  del  Principe  Umberto  con  la 
Principessa  Margherita  (1868),  la  più  alta  onorificenza,  quella 
di  Cavaliere  della  SS.  Annunziata ,  gli  volle  attestare  la  sua 
paticolare  stima.  E  nei  giorni  più  difficili  pel  suo  governo  , 
vuoi  per  inopportune  interpellanze  alle  Camere,  vuoi  per  in- 
aspettate sorprese  delle  urne,  vuoi  per  lunghe  crisi  ministeriali, 
0  vuoi  ancora  per  improvviso  svolgersi  di  eventi  nella  politica 
estera,  il  richiese  di  consigli  e  di  suggerimenti. 

La  illimitata  devo^one  del  Torrearsa  al  Re  non  l'ebbe  a  ren- 
der mai,  per  umani  riguardi,  timido  amico  del  vero:  né  dalla 
sua  bocca  usci  mai  consiglio  che  non  fosse  pel  bene  della 
patria,  dovesse  anche  non  riuscire  accetto.  E  poiché  sulle  calde 
ceneri  del  più  virtuoso  tra'  principi  piangono  da  una  settimana 
quanti  hanno  intelletto  d'amore,  permettete,  o  Signori,  che  io 
riveli  —  cosa  non  detta  fin  qui  da  nessuno  —  che  allorquando 
nel  1870  la  corona  di  Spagna  venne  offerta  al  Duca  Amedeo 
di  Savoia ,  e  molti  uomini  politici  videro  di  buon  occhio  la 
offerta,  solo  il  marchese  di  Torrearsa ,  interrogato  da  V.  E., 
si  dichiarò  con  gravi  ragioni  contrario.  Amedeo  a  malincuore 
impugnò  il  glorioso  scettro  di  Carlo  V,  ma  quando  per  male- 
voglienza  di  tristi  e  per  ire  di  parti  cozzantisi  fremebonde 
tra  loro  vide  di  non  poterlo  costituzionalmente  serbare,  preferi 
deporlo  immacolato  piuttosto  che  tenerlo  grondante  di  lacrime 
e  di  sangue. 

Agli  occhi  del  Torrearsa  nessuna  cosa  attingeva  a  ideali 
più  perfetti  della  prosperità  d'Italia  e  della  devozione  al  Re; 
e  fu  visto  a  siffatti  ideali  posporre,  ma  che  dico  io  posporre  ! 
sagriflcare  se  stesso  non  sempre  sano  né  libero  di  acciacchi 
e  di  preoccupazioni.  E  quando  per  essi  non  potè  più,  come 
una  volta,  giovare  personalmente  di  consigli,  nella  sua  patria 
di  elezione,  in  questa  nostra  Palermo,  era  in  ispirito  al  Se- 


42  ELOGIO 

nato  e  alla  Reggia,  dove  la  maschia  figura  di  un  re  gli  sor- 
ridea  benignamente. 


Questi  ricordi  d' un  passato,  che  per  la  sua  intimità  non 
avrà  forse  mai  uno  storico,  lo  accompagnavano  ed  assorbivano 
del  continuo  nella  sua  cara  stanzetta  del  palazzo  di  Via  Rug- 
gero Settimo.  Quivi,  al  levarsi  da  letto,  egli  passava  le  mi- 
gliori ore  del  giorno  tra  le  memorie  più  dolci  della  sua  vita 
ed  i  libri  suoi  più  favoriti.  Quivi  accogliea  i  pochi  amici, 
intrattenendosi  con  loro  in  conversari  ameni  e  lieti  :  e  gli 
eran  cari  i  vecchi,  coi  quali  riandava  sulle  passate  vicende, 
e  gli  riuscivan  simpatici  i  giovani,  dai  quali  gli  era  consolante 
il  sapersi  amato  parendogli  di  viver  lungamente  vivendo  nel 
loro  affetto.  Quivi  pendevano  dalle  pareti^  ed  il  venerando 
vecchio  additava  teneramente,  un  gran  medaglione  di  squisita 
fottura,  che  re  Umberto  avea  fatto  staccare  dal  capezzale  mor- 
tuario dell'Augusto  Genitore  e  gli  avea  mandato  in  ricordo. 
Quivi  le  immagini  degli  uomini  a  lui  più  altamente  stimabili: 
del  Cavour ,  del  Ricasoli ,  del  D'  Azeglio ,  del  Mamiani , 
del  Settimo,  del  La  Marmora,  del  Minghetti,  tutte  offerte 
personali;  quivi  la  pergamena  della  cittadinanza  di  Firenze , 
e  una  grande  fotografia  di  Palazzo  Vecchio.  E  lì  ,  in 
fondo  alla  cameretta  :  studio  ,  biblioteca  ,  salotto  per  lui , 
chiuso  in  una  dozzina  di  cassetti,  il  tesoro  della  sua  cor- 
rispondenza privata  di  oltre  mezzo  secolo  con  gli  uomini  più 
eminenti  d'Inghilterra,  quali  Lord  Palmerston,  Lord  Minto,  sir 
Gladstone,  Vold  grand  men  proverbiale,  e  d'Italia,  dove  gli  spi- 
riti del  Gioberti,  del  Cavour,  del  D'Azeglio ,  del  Manin,  del 
Principe  di  Carigiiano,  del  Boncompagni,  del  Brofferio  alitano 
e  confondono  lo  loro  aspirazioni  con  quelle  di  Ruggiero  Set- 
timo, di  Domenico  Pietrasanta,  di  Matteo  Raeli,  di  Pietro  Lanza 
di  Scordia,  di  Mariano  Stabile,  di  Filippo  Cordova,  di  Michele 
ed  Emerico  Amari,  ultimo  avanzo  d'una  generazione  di  forti  ! 

Delle    iiK'niorie  di  tanti  illustri  e  del  passato   onde  polca 


ELOGIO  43 

vantarsi  gran  parte  egli  vivea  in  questi  anni  ultimi,  e  nello 
evocarle  s'accendea  nel  volto  e  lacrime  di  commozione  gli  spun- 
tavan  furtive  sulle  ciglia.  Di  che,  bene  avvisandosi  coloro  tra' 
suoi  amici  che  più  di  frequente  il  vedevano,  ebbero  iterata- 
mente  a  pregarlo  di  voler  serbare  a  durevole  monumento  quelle 
sue  memorie  in  un  libro  che  tutto  notasse  e  descrivesse  quel 
che  egli  vide,  seppe,  operò  nella  sua  lunga  carriera  politica. 
Ed  il  Torrearsa  lo  fece  con  un  libro  di  Ricordi  che  avrebbero 
dovuto  giungere  ai  dì  nostri,  ma  che,  per  sopravvenutegli  sven- 
ture e  per  nuovi  patemi  corporali,  dovette  alla  restaurazione 
del  1849  troncare.  Quel  libro  vide  la  luce  più  che  per  volontà 
per  ossequenza  di  lui  al  desiderio  dei  suoi  fidi:  e  son  preziosa 
contribuzione  alla  storia  politica  e  civile  del  nostro  secolo  in 
Sicilia  ed  ammaestramento  solenne  a  coloro 

Che  questo  tempo  chiameranno  antico. 

Come  uomo  che  non  ha  più  illusioni,  l'autore  rivede  e  giu- 
dica uomini  e  fatti  «  in  modo,  egli  dice,  alquanto  diverso  di 
allorquando  le  illusioni,  la  poca  esperienza,  ed  in  certi  periodi 
un  po'  d'ingerenza  negli  avvenimenti  non  contribuivano  certo 
a  rendere  imparziale,  calmo  e  retto  il  mio  giudizio.  Ora  è  ben 
altro  lo  stato  dell'animo  mio.  Farmi  che  non  lo  turbino  né  l'amor 
proprio,  nò  altro  sentimento  non  conforme  all'età  mia.  Farmi 
di  potere  tranquillamente  volgere  lo  sguardo  negli  anni  di 
già  lontani,  senza  tema  di  venire  offuscato  d'  alcun  riguardo 
a  me  personale,  ritenendomi  a  sufficienza  ragionevole  per  ri- 
cercare il  vero  e  non  la  mia  e  l'altrui  convenienza;  e  ciò  mi 
conforta  a  consegnare  in  queste  carte  le  mie  reminiscenze  , 
sapendo  bene  che  non  compete  a  me  scrivere  la  storia  di 
quei  tempi  e  di  tante  svariate  vicende,  e  che  può  quindi  esser 
vana  l'opera  mia.  Fero  io  scrivo  solo  per  qualche  diligente  stu- 
dioso, che  sa  non  essere  caso  raro  trovare  alcuna  nuova  ed 
utile  notizia  anche  nei  fogli  più  inservibili  ed  insignificanti.... 
Prometto  a  me  stesso  sincerità  massima,   scrupolosa  ed  im- 


44  ELOGIO 

parzialità  e  giudizio  per  quanto    mi  sia  possibile ,    franco    e 
retto.  » 

E  chiude  la  sua  narrazione  con  queste  sincere  parole  : 
«  Poso  la  penna  e  sento  di  farlo  colla  soddisfazione  di  non 
avere  in  nulla  volontariamente  mentito,  o  nascosto  il  vero.  » 

Molto  piacevasi  della  vita  aneddotica  degli  illustri  perso- 
naggi da  lui  conosciuti ,  e  di  citar  sentenze  di  statisti  e  di 
poeti  nostrani  e  forestieri  :  e  così  larga  e  scelta  erudizione 
possedeva  delle  loro  opere,  che,  non  che  diletto,  recava  mera- 
viglia a  quanti  l'udivano.  Chi  avea  con  lui  consuetudine  e  ne 
seguiva  le  occupazioni  giornaliere  sa  com'egli  tenesse  dietro  al 
movimento  scientifico  e  letterario  italiano  e  straniero,  del  quale 
per  naturale  inclinazione  prediligeva  quello  della  Gran  Bret- 
tagna, e  di  esso  i  politici  e  gli  storici  più  famosi.  E  la  ra- 
gione parmi  da  ricercare  nella  tradizione  politica  prevalsa 
nella  prima  metà  del  nostro  secolo  fra  i  patriotti  siciliani,  e 
nell'elevato  concetto  che  essi  ebbero  della  sapienza  delle  isti- 
tuzioni di  quella  grande  nazione  non  meno  che  nella  vita 
pratica  del  popolo  inglese. 

In  ordine  a  religione  io  non  ripeterò,  o  Signori,  la  frase  fatta 
e  sciupata:  «  Egli  fu  credente  senza  superstizione.  »  Dirò  solo 
che  il  Torrcarsa  volle  sempre  rimanere,  .con  coscienza  di  filo- 
sofo e  pietà  di  cristiano ,  devoto  alla  religione  nella  quale 
nacque,  e  nella  quale  crebbe  e  fu  educato.  Dico  sempre,  e  ne 
dico  il  perchè.  A  12  anni,  quando  lo  spirito  non  è  ancora  so- 
fisticato dal  vero,  per  servirmi  d'una  felice  espressione  di  Mi- 
chele di  Montaigne,  egli,  sotto  l'influsso  degli  enciclopedisti,  una 
sera  di  estate,  seduto  nella  paterna  terrazza  di  Misiligiàfari  su 
quel  di  Paccco,  guardando  alla  immensità  del  cielo  con  le 
sue  miriadi  di  stelle,  ed  alla  luna  bella,  che  malinconicamente 
illuminava  le  circostanti  campagne  e  i  monti  lontani  e  la  tre- 
mola marina;  levandosi  a  contemplazioni  superiori  all'età  sua, 
esclamava  commosso  :  «  Oh  come  può  essere  opera  del  caso 
tutto  questo  ?»  E  alla  domanda,  che  poi  in  vita  sua,  ad  affer- 
mare l'I  SI  l'I  credenza,  ripeteva  sempre,  costantemente  ris])on- 


ELOGIO  45 

deva  alzando  gli  occhi  al  cielo  e  piegando  riverentemente  il 
capo  come  chi  senta,  riconosca  ed  ammiri 

La  gloria  di  Colui  che  tutto  muove, 

e  l'Essere  Supremo, 

Ov'ogiii  ben  si  termina  e  s'iiii/Ja. 

In  armonia  a  cosiffatti  principii  procedevano  i  sentimenti 
tutti,  l'indole,  il  carattere  dell'  uomo;  il  quale  più  si  avea  agio 
e  modo  di  conoscerlo,  e  più  amabile  e  grande  si  vedeva  provando 
una  volta  di  più  che  non  sempre  minuit  praesentia  famam.  Le 
sue  virtù  di  cittadino  e  di  uomo  erano  infinitamente  maggiori 
di  quello  che  apparivano:  essendo  in  lui  naturale  l'abitudine  di 
nascondere  di  se  a  se  stesso  la  parte  più  bella.  Coloro  che 
ne  godettero  la  benevolenza  possono  attestare  che  copia  di 
affetti  offrisse  quell'anima  illibata,  cui  natura  stessa  favori  della 
più  splendida  prestanza  di  aspetto,  dove  1'  esercizio  del  bene 
avea  impresso  quel  non  so  che  di  nobile  e  di  elevato  che  si 
traduceva  in  modi  signorilmente  squisiti  ed  in  parole  carez- 
zevoli e  soavi. 


Per  lungo  volger  d'  anni,  ogni  giorno  al  tocco,  una  bella 
figura  di  vecchio  dai  Quattro  Canti  di  Campagna,  per  la  via 
Macqueda  si  vedova  a  piedi  recarsi  in  Piazza  Bologni,  e  li  al 
Casino  de'  Buoni  Amici  riposarsi  un  tratto  attendendo  che  i 
fidi  domestici  venissero  a  rilevarlo  con  la  sua  vettura.  Chi  lo 
incontrava  per  via  e  noi  conosceva  altrimenti,  fermavasi  a 
riguardare  quella  bella  ed  aitante  figura  dai  capelli  d'argento, 
dalla  fronte  ampia,  dai  grandi  occhi  cerulei,  dalla  bocca  aperta 
a  benigno  sorriso,  e  sentiva  come  un  fascino  per  esso.  Quanti 
sapevano  dell'esser  suo,  si  scoprivano  il  capo  inchinandosi  ri- 
spettosi; ai  quali  egli  graziosamente  rispondeva  o  scoprendosi 


46  ELOGIO 

del  pari,  o  salutando  con  le  mani,  o  la  destra  porgendo  con 
affettuoso  compiacimento.  Un  giorno  il  bel  vecchio  non  si 
vide  più  a  piedi ,  che  multiformi  manifestazioni  dell'  antico 
male  che  lo  travagliava  lo  assalirono  violenti  ed  insidiose.  Gli 
acciacchi  crebbero  minandone  la  esistenza,  con  tormenti  indi- 
cibili di  corpo  e  di  spirito.  Il  12  Gennaio  del  1889,  nel  me- 
desimo dì  e  nella  medesima  ora  che  quarantun  anno  prima 
avea  provveduto  alla  salute  della  patria^  il  marchese  di  Tor- 
rearsa  spirava  placidamente  tra  le  braccia  dell'amato  nipote 
e  dell'oscuro  scrittore  di  queste  disadorne  pagine. 

La  triste  nuova  fu  lutto  pubblico  e  lutto  privato  della  no- 
stra città,  dell'Isola  nostra  tutta;  l'eco  ne  giunse  dolorosa  alla 
Reggia,  dove  il  Figlio  di  V.  E.  sentì  di  aver  perduto  un  amico 
schietto  e  devoto.  Nella  grande,  immensa,  straordinaria  folla 
che  seguì  riverente  il  feretro  dalla  casa  mortuaria  nell'  Oli- 
vuzza  alla  Stazione  Centrale,  tutti  vedemmo  la  coscienza  della 
sventura  ond'era  stata  colpita  la  patria;  poiché  col  marchese 
di  Torrearsa  si  spegneva  la  più  elevata  personificazione  delle 
aspirazioni  siciliane  nel  1848,  il  tipo  del  patriotta  nel  senso 
più  nobile  della  parola ,  il  perfetto  gentiluomo ,  il  cavaliere 
senza  macchia  e  senza  paura;  si  spegneva  lo  splendore  del 
patriziato  siciliano,  il  genio  tutelare  della  nostra  Società,  l'uomo 
il  cui  nome  era  guarentigia  di  libertà  con  ordine ,  signacolo 
di  moderazione  senza  bassezza,  modello  di  rettitudine  senzd 
orpello. 

Quanti  tesori  sono  racchiusi  in  una  tomba  ! 

Signori,  in  un  tempo  in  cui  il  correr  vertiginoso  della  so- 
cietà fremente  di  odii,  il  rapido  succedersi  degli  uomini  allo 
pubbliche  rappresentanze,  il  moltiplicarsi  incessante  delle  ma- 
nifestazioni del  jìonsiero  indocile  di  freno  ed  irrequieto,  spin- 
gono disordinatamente  jìcrsono  e  cose;  ed  uno  scetticismo  d(^- 
solante,  e  smodate  ambizioni  minacciano  di  travolgere  ogni 
nostro  ideale,  fermiamoci  qualche  volta  a  riandare  alle  memorie 
del  nostri  Grandi.  Forse  la  marea  c'investe  e  c'incalza,  forse 
il  tiii'hiriio    delle   passibili  f'involve  ed  .'(]»l)iii.'i,  forse»  j);u'V(Mize 


ELOGIO  47 

di  bene  ci  attraggono  a  loro;  ma  la  coscienza  della  virtù  ci 
conforti  di  fronte  a  insidie  paurose  o  lusinghiere.  Nella 
storia  del  nostro  passato,  nelle  memorie  dei  nostri  Grandi  noi 
ritempreremo  il  nostro  carattere,  e  dall'esempio  delle  loro  virtù 
trarremo  auspicii  pel  nostro  avvenire.  Quando  poi  ci  volgiamo 
a  contemplare  quella  nobile  figura,  oh  lasciate  che  io  lo  dica, 
0  Signori  :  noi  ci  sentiamo  migliori  di  noi  stessi  ! 


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