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University of Toronto
http://www.archive.org/details/nsarchiviostoric15soci
HI
A
AECHIYIO
STORICO SICILIANO
PUBBLICAZIONE PERIODICA
DELLA
SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
NUOVA SERIE, ANNO XV.
PALERMO
TIPOGRAFIA DELLO « STATUTO »
1890
+. 7. s-er
ELENCO
DEGLI UFFICIALI E SOCI DELLA SOCIETÀ PER L' ANNO 1890
Socia e Patrona
SUA MAESTÀ LA REGINA MARGHERITA DI SAVOIA
UFFICIALI
PRESIDENTE
Comm. Prof. ANDREA GUAMERI Senatore del Re^^no.
PRESIDENTE ONORARIO
Sua Eccellenza
L'Avv. Francesco Crispi
Cavaliere delV Ordine Supì^emo della SS. Annunziata,
Presidente del Consiglio dei Ministri e Ministro delF Interno.
VICE-PRESIDENTI
Cav. Gr. Uff. Francesco Lanza Principe di Scalea
Senatore del Regno.
Can. Prof. Cav. Vincenzo Di Giovanni
Socio corrispondente deW Istituto di Francia.
IV ELENCO DEI SOCI
SEGRETARIO GENERALE
P. Luigi Di Maggio.
VICE-SEGRETARI
Cav. A\"v. Carlo Crispo Moncada.
Aw. Mariano La Via-Bonelli.
DIRETTORI DELLE CLASSI
Cav. Prof. Pio Carlo Folletti-Fossati
Or. Uff. Prof. Salvatore Cusa.
CoMM. Prof. Antonino Salinas
Socio corrispondente dell'Istituto di Francia.
CONSIGLIERI
MoNS. CoMM. Gioacchino Di Marzo, Capo Bibliotecario della
Comunale di Palermo.
Cav. Uff. Dott. Prof. Giuseppe Pitrè.
Bar. Doti. Cav. Raffaele Starrabba.
Prof. Cav. Giuseppe Meli.
Cav. Uff. Prof. Giuseppe Patricolo.
Prof. V. Emmanuele Orlando.
TESORIERE
Cav. Napoleone Siciliano.
BIBLIOTECARIO
Dott. Cav. Giuseppe Lodi.
ELENCO DEI soci
CORPI MORALI CHE HANNO PRESO DELLE AZIONI
Ministero doli' Istruzione Pubblica per 400 azioni.
Ministero d'Af,a'icoUura, Industria e Goniuiercio per 5 azioni.
Provincia di Palermo per 40 azioni.
Provincia di Catania per 20 azioni.
Provincia di Caltanissetta por 10 azioni.
Provincia di Girgenti per 4 azioni.
Provincia di Trapani per 2 azioni.
Municipio di Palermo por 40 azioni.
Municipio di Corloone per G azioni.
Municipio d'Aragona por 4 azioni.
Municipio di Castrogiovanni per 4 azioni.
Municipio di Girgenti per 4 azioni.
Municipio di Marineo per 4 azioni.
Municipio di Marsala per 4 azioni.
Municipio di Monte S. Giuliano per 4 azioni.
Municipio di Noto per 4 azioni.
Municipio di Parco per 4 azioni.
Municipio di Partinico per 4 azioni.
Municipio di Sciacca per 4 azioni.
Municipio di Siracusa per 4 azioni.
Municipio di Termini-Imerese per 4 azioni.
Municipio di Nicosia per 4 azioni.
Municipio di Alcamo per 2 azij^ni.
Municipio di Acireale por 1 azione.
Municipio d' Isnello per I azione.
Municipio di Licata per 1 azione.
Municipio di Salaparuta por 1 azione.
Biblioteca FardoUiana di Trapani per 4 azioni.
Biblioteca Comunale di Vicenza por 4 azioni.
Biblioteca Nazionale di Napoli per 4 azioni.
Biblioteca Nazionale di Brera per 4 azioni.
Biblioteca Universitaria di Messina per 4 azioni.
VI ELENCO DÈI SOCI
Biblioteca Comunale di Verona per 2 azioni.
Commissariato dei Musei e degli Scavi di Sicilia per 4 azioni.
D'Orleans Enrico (S. A. R.) Duca D'AUxMale per 50 azioni.
CORPI MORALI ASSOCIATI ALLE PUBBLICAZIONI
DELLA SOCIETÀ
Ministero dell'Interno per 2 copie di ciascuna pubblicazione.
Ministero degli Affari Esteri per 1 copia idem
Ministero della Guerra idem idem
Ministero di Grazia e Giustizia e dei Culti per 1 copia di alcune
pubblicazioni.
Camera dei Deputati per 1 copia di ciascuna pubblicazione.
Biblioteca Militare del Presidio di Palermo idem idem
Biblioteca Palatina di Parma idem idem
Archivio di Stato di Palermo idem idem
Archivio di Stato di Venezia per 1 copia del periodico.
Archivio di Stato di Firenze idem idem
Archivio di Stato di Napoli idem idem
Biblioteca Labronica di Livorno idem idem
Biblioteca Classense di Ravenna idem idem
Biblioteca Alessandrina di Roma idem idem
Biblioteca Comunale di Caltanissetta idem idem
Biblioteca Comunale di Castclvetrano idem idem
Gabinetto di lettura in Messina idem idem
Biblioteca di Strasburgo idem idem
ELfiKco t>Èi sotìi vn
PRIMA CLASSE
DIRETTORE
Cav. Prof. Pio Carlo Falletti-Fossati.
SEGRETARIO
Lanza Pietro Principino di Scai-ea.
SOCI
Accardi Avv. Gioacchino — Palermo.
Accardi Arciprete Mariano — Santa Ninfa.
Aglialoro-Di Blasi Salvatore — Palermo.
Aj,niello Cav. Prof. Angelo — Palermo.
Alagona-Adorno Gaetano — Siracusa.
Alberti-Iàcona Avv. Antonino — Palermo.
AUiata Cav. Giovanni Principe di Monterealo, Consigliere alla
Corte di Appello — Palermo.
Amato-Pqjero Comm. Michele, Deputato al Parlamento — Pa-
lermo.
Ardizzone Cav. Girolamo — Palermo.
Ardizzone Prof. Matteo — Palermo.
Arenaprimo Giuseppe Barone di Montechiaro — Messina.
Armò Cav. Gr. l'ff. Giacomo (S. E.) Proc. Gen. alla Corte di
Cassazione — Torino.
Atanasio Barone Francesco Paolo — Palermo.
Averna Niccolò Duca di Gualtieri — Palermo.
Avcllone Avv. Salvatore — Palermo.
Baral)bino Raffaele — Palermo.
Battaglia Cav. Avv. Aristide — Palermo.
Battaglia Dott. Antonio — Terraini-Imeresc.
Beccaria Benef. Cav. Giuseppe, Ufflziale neirArchivio di Stato
— Palermo.
Vm ELENCO DEI SOCI
Bellorao Sac. Giovanni — Palermo.
Bertone Can. Ercole — Palermo.
Bonelli Avv. Raffaele — Nicosia.
Bonfiglio Prof. Parroco Simone — Palermo.
Bottalla Avv. Pietro Vice-Cancelliere alla Cassazione — Palermo.
Bova Sac. Gaspare — Palermo.
Bozzo Can. Salvatore — Palermo.
Briuccia Mons. Gaetano — Palermo.
Cajazzo dei Conti Comm. Francesco Saverio, Procuratore Ge-
nerale alla Corte di Appello — Aquila.
Calenda Di Tavani Cav. Gr. Cr. Nob. Andrea, Prefetto — Palermo.
Cali Parroco Andrea — Palermo.
Calvino-Calvini Giuseppe — Palermo.
Calvino Comra. Angelo — Roma.
Caraarda Sac. Bernardo — Palermo.
Cannizzaro Tommaso — Messina.
Caprini P. Vincenzo dei Pred. — Palermo.
Cardullo Sac. Prof. Simone — Palermo.
Castellano Ambrogio — Palermo.
Castronovo Dott. P. Giuseppe dei Pred. — Monte S. Giuliano.
Celesia (Sua Emin.) Cardinale D. Miclielangelo dei Marchesi di
S. Antonino, Arcivescovo — Palermo.
Cerami P. Gaetano — Palermo.
Cervello Dott. Comm. Nicolò, Prof emerito nella 11. Università
— Palermo.
Chiaraniontc Dott. Socrate — Palermo.
Ciaccio Sac. Prof. Vincenzo — Palermo.
Cian Prof. Vittorio — Palermo.
Cigliutti Prof. Comm. Valentino, Preside del U. Liceo E. Qui-
rino Visconti — Roma.
(>iniino Cav. Giuseppe, Ingegnere capo del genio civile —Palermo.
Ciofalo Avv. Francesco — Palermo.
Cio(ti-<^;r.'i880 Dott Pietro — Palermo.
Cipolla Dott. Pasquale — Palermo.
Civilctti Sac. Prof. Michelangelo — Palermo,
ELENCO DEI SOCI i±
Clausen Carlo — Palermo.
Golumba Dott. Gaetano Mario — Palermo.
Collotti-Galbo Avv. Enrico — Palermo.
Comella Bernardo — Caltavuturo.
Cordova Comm. Bar. Vincenzo, Senatore del Regno — Aidone.
Costantini Avv. Costantino — Palermo.
Cottù-Marziani Lorenzo, Marchese di Roccaforte, Senatore del
Regno — Palermo.
Crescimanno Can. Ginseppe Maria — Corleone.
CrisafuUi Comm. Ab. Vincenzo — Palermo.
CrisatuUi Cav. Avv. Salvatore, Consigliere alla Corte di Ap-
pello— Palermo.
CrisafuUi-Tedeschi Guglielmo — Palermo.
Crispi (S. E.) Avv. Francesco, Cav. dell'Ordine Supremo della
SS. Annunziata, Ministro dell'Interno e Presidente del Con-
siglio dei Ministri — Roma.
Cristoadoro Avv. Antonino — Catania.
Cuccia Prof. Avv. Comm. Simone, Deputato al Parlamento —
Palermo.
Curti Cav. Avv. Achille— Cagliari.
Cusumano Cav. Uff. Prof. Vito — Palermo.
Daddi Mons. Giacomo (S. E.) Vescovo di Ginopoli e Ausiliare
dell'Arcivescovo — Palermo.
D' Aietti Arciprete Giovanni— Pantelleria.
D'Alessandro Mons. Gaetano (S. E.) Vescovo — Cefalù.
Davin Can. V. — Versailles..
D'Aguanno Avv. Giuseppe — Palermo.
De Bonedictis Cav. Emanuele, Archivario provinciale — Siracusa.
Dell'Agli Antonio — Giarratana.
De Lorenzo Mons. Antonio Maria (S. E.) Vescovo —Mileto.
Deodato Cav. Pietro— Villarosa.
De Stefani-Ficani Calogero, R. Ispettore degli Scavi e Monu-
menti di Sciacca— Sciacca.
Di Bartolo Can. Dott. Salvatore— Palermo.
ELENCO DÈI soci
Di Blasi Avv. Agostino, Barone della Salina — Palermo.
Di Blasi Prof. Andrea — Palermo.
Di Blasi Francesco dei M. 0., Commissario di Terrasanta — Pa-
lermo.
Di Giovanni Comm. Gaetano — Palermo.
Di Giovanni Prof.. Leonardo — Palermo.
Di Giovanni Gan. Prof. Cav. Vincenzo, Socio corrispondente
dell'Istituto di Francia — Palermo.
Di Girolamo Avv. Andrea — Marsala.
Di Gregorio Pasquale, Perito Agrimensore — Palermo.
Di Maggio P. Luigi dei Pred. — Palermo.
Di Marzo Ben. Domenico — Palermo.
Di Menza Comm. Giuseppe Presidente di Sezione alla Corte
di Appello — Palermo.
Di Pietro Sac. Salvatore — Palermo.
Dominici-Morillo Sac. Dott. Prof. Luigi, Bibliotecario — Polizzi-
Generosa.
Dottore Rosario — Palermo.
Drago-Calandra Dott. Avv. Giuseppe— Palermo.
Dubolino Benef. Salvatore — Palermo.
Errante-Parrino Parroco Giovanni — Castel votrano.
Falcone Avv. Giuseppe— Palermo.
Falletti-Fossati Cav. Prof. Pio Carlo— Palermo.
Ferrara Dott. Gaetano— Palermo.
Ferrara P. Gaetano Maria — Palermo.
Fignon Sac. (Giuseppe— Palermo.
Fiorenza Prof. Can. Parroco Giuseppe— Morreale.
Fiorenza Prof. Can. Pietro— Morreale.
Fiorino Sac. Isidoro— Isnello.
Focrstcr Prof. Wendelin — Bonn. (Prussia).
Franco Prof, Girolamo — Palermo.
Gabrieli S;ic. Prof, (ractano— Palermo.
(ialluppi Comm. Giuseppe, Barone di Pancaldo—Messina.
Galvagno Dotf. Vincenzo — Palermo.
Garofalo Avv. Filippo— Uagusa.
Garofalo Prof. Francesco Paolo — Catania
tóLÈNCO^DEI soci XÌ
Gaudino Sac. Antonio — Palermo.
Gennaro Sac. Prof. Giuseppe — Lanciano.
Gentile Antonino, Barone di Marocco — Nicosia.
Genzardi Bernardo — Palermo.
Gerbino Mons. Saverio (S. E.) Vescovo — Caltagirone.
Giambruno Avv. Cav. Salvatore, Sotto-Archivista di Stato —
Palermo.
Giardina Can. Nicolò — Patti.
Gioeni D'Angiò Cav. Francesco — Palermo.
Gioja Cav. Avv. Vincenzo, Consigliere alla Corte di Appello —
Palermo.
Giordano Can. Prof. Nicolò — Morreale.
Giuffrida Prof. Cav. Santi — Catania.
Gorgone-Caruso Lorenzo, Proc. Leg. — Palermo.
Gramignani Avv. Pietro— Palermo.
Greppi (S. E.) Conto Giusei)])e. già Ambasciatore d'Italia— Mi-
lano.
Guarneri Avv. Prof. Comm. Andrea^ Senatore del Regno — Pa-
lermo.
Guarneri Eugenio — Palermo.
Guli Prof. Sac. Giovanni — Palermo.
Indelicato Sac. Prof. Luigi — Palermo.
La Colla Avv. Prof. Francesco — Palermo.
La Manna Avv. Biagio — Palermo.
La Mantia Avv. Francesco Giuseppe — Palermo.
La Mantia Cav. Uff. Vito, Consigliere di Cassazione — Palermo.
Lancia di Brolo (S. E.) Mons. D. Domenico Gaspare, Cassinese,
Arcivescovo — Morreale.
Lancia di Brolo Marchese (iiuseppe — Palermo.
Lanza di Trabia Manfredi, Marchese di Misuraca — Palermo.
Lanza Dott. Pietro, Principino di Scalea — Palermo.
Lanza Ignazio Conte di S. Marco — Palermo.
La Rocca-Impellizzeri Cav. Paolo— Ragusa-Inferiore.
Lauria Cav. Filippo — Palermo.
La Vecchia Avv. Gioacchino — Palermo.
Leonardi Avv. Comm. Giovanni — Catania.
iii ELÈNCO DEI SOCI
Leonardi-D'Amico Paolo — Palermo.
Libertini-Gravina Cav. Gesualdo — Palermo.
Licata Cav. Uff. Dottor Giuseppe— Sciacca,
Li Greci Prof. Giuseppe — Palermo.
Lino-Tedeschi Dott. Domenico— Palermo.
Lo Cicero Carmelo — Palermo.
Lombardo Avv. Gaetano— Palermo.
Longo Dott. Prof. Antonio — Palermo.
Longo-Dominici Avv. Francesco —Termini-lmerese.
Lo Presti Can. Felice, Parroco-Priore — Ravanusa.
Lo Tauro Sac. Prof. Sebastiano — Militello (Catania).
Lo Vecchio Can. Gaetano— Palermo.
Lumbroso Prof. Cav. Giacomo — Roma.
Maggiore-Perni Avv. Prof. Cav. Francesco— Palermo,
Mangano Sac. Salvatore — Palermo.
Mangano Vincenzo — Palermo.
Mangiameli Dott. Salvatore, Sotto-Archivista di Stato — Palermo.
Mango Prof. Francesco— Palermo.
Marchetti Prof. Cav. Sac. Giovanni, Preside del Liceo V. E. —
Palermo.
Marinaro Ab. Salvatore — Caronia.
Marino Can. Giuseppe— Lercara-F riddi.
Marinuzzi Avv. Antonio— Palermo.
Mastroandrea Rampolla Sac. Sabatini — Palermo.
Mastropaolo Cav. Alfio — Palermo.
Mellina Lorenzo, Ufflziale Commissario di Marina— Spezia.
Messina P. Serafino dei Min. Riformati— Palermo.
Mestica Prof. Coram. Giovanni — Roma.
Mirabella Francesco Maria — Palermo.
Morelli Dottor Paolo — Gibellina.
Morrione Avv. Lionardo- Menfi.
Morvillo Avv. Antonino -Palermo.
Musoni Prof. Dott. Francesco— Palermo.
Musso Avv, Giuseppe— Ccfalù
Musso Prof. Matteo— Palermo.
ELENCO DEI SOCI Xlll
Naselli-Gela Comm. Giulio— Palermo.
Natoli Prof. Luigi— Palermo.
Nobile Avv. Salvatore — Palermo.
Oberty Cav. Dott. Enrico, Consigliere alla Corte di Appello —
Palermo.
Orlando Sac. Giuseppe della Compagnia di Gesù — Palermo.
Orlando Prof. Dott. Francesco— Palermo.
Orlando Francesco— Palermo.
Orlando Prof. V. Emmanuele — Palermo.
Pace Prof. Salvatore — Palermo.
Pagano Prof. Avv. Giacomo — Napoli.
Palazzolo-Drago Avv. Francesco— Palermo.
Palizzolo Comm. Raffaele, Deputato al Parlamento — Palermo.
Palizzolo-Gravina Cav. Gr. Cr. Vincenzo, Bar. di Ramione — Pa-
lermo.
Palomes P. Luigi dei Conventuali — Palermo.
Panciera Prof. Domenico — Palermo,
Pandolflni-Cultrera Francesco — Palermo.
Parri Ettore — Palermo.
Passarello Alfonso — Palermo.
Patera Dott. Paolo — Partanna.
Patiri Giuseppe — Termini-lmerese.
Patricolo Corrado — Palermo.
Pecorella Matteo — Palermo.
Pelaez Avv. Cav. Emanuele — Palermo.
Perez Prof. Giovanni — Palermo.
Perricone Francesco — Palermo.
Pilo Girolamo dei Conti di Capace, Capitano di fanteria — Pa-
lermo.
Pincitore Dott. Alberico — Palermo.
Pinzolo Prof. Pietro — Palermo.
Pizzillo Dott. Niccolò — Palermo.
Pizzoli Parroco Domenico — Palermo.
PoUaci-Testa Fedele, Commissario nelle RR. Dogane —Palermo.
Pulci Sac. Prof. Francesco — Caltanissetta.
XrV ELENCO DEI SOCI
Quattrocchi Dott. Enrico — Palermo.
Ragusa-Moleti Prof. Girolamo, Direttore della Scuola Tecnica
Scinà — Palermo.
Raimondi Sac. Pietro — Palermo.
Rametta Sac. Prof. Paolo — Avola.
Ramondetta-Fileti Concettina — Palermo.
Riolo Domenico — Naro.
Rocche di Leoluca Sac. Giovanni — Corleone.
Romano Prof. Salvatore, Ufficiale d'Accademia di Francia —
Palermo.
Rossi Avv. Enrico — Palermo.
Rosso Sac. Giuseppe — Caccamo.
Russo Dott. Angelo, Uflìc. nell'Archivio di Stato — Palermo.
Russo-Giliberto Dott. Prof. Antonino — Palermo.
Russo Sac. Prof. Benef. Giuseppe — Girgenti.
Russo-Onesto Cav. Avv. Michele — Palermo.
Salemi-Battaglia Benef Emanuele — Palermo.
Salerai Dott. Vincenzo — Palermo.
Salomone-Marino Notar Pietro — Borgetto.
Salomone Prof. Sebastiano, Ispettore Scolastico Municipale —
Acireale.
Salvioli Prof. Giuseppe — Palermo.
Salvo Benigno — Novara (Sicilia).
Sampolo Comm. Prof. Luigi — Palermo.
Sanfllippo Cav. Avv. Giacomo — Palermo.
Sainte Agathe (de) Avv. Giuseppe— Chatcau de Chevigno (Francna).
Sanesi Dott. Prof. Giuseppe — Senigallia.
Sangiorgi Avv. Salvatore— Palermo.
Sansone Prof. Alfonso — Palermo.
Savagnoue Avv. Francesco — Palermo.
Santangelo-Spoto Avv. Dott. Ippolito, Prof. nell'Istituto Tecnico
— Teramo.
Santoraauro Sac. Giuseppe Maria— Vi llafrati.
StMino Can. Prof. Corrado — Noto.
Scavo Sac. Parroco Agostino — Palermo.
ELENCO DEI SOCI XV
Scelsi Avv. Cav. Gr. Cr. Giacinto, Prefetto — Bologna,
Schirò Can. Atanasio — Contessa Entellina.
Scialabba Can. Prof. Cav. Giuseppe- Palermo.
Scialabba Pietro — Palermo.
Settimo Girolamo Principe di Fitalia — Palermo.
Siragusa Prof. Giambattista — Messina.
Soldano Can. Prof. Parroco Giuseppe — Morreale.
Somma Cav. Carlo — Palermo.
Sparti Not. Vincenzo Enrico — Misilmeri.
Spina Dott. Adolfo Umberto — Palermo.
Spina Avv. Comm. Gaetano — Palermo.
Stranieri Prof. Cav. Niccolò, Preside del Liceo Spallanzani-
Reggio di Emilia.
Tamburello Prof. Giuseppe — Collesano.
Terrasi Sac. Giovanni— Palermo.
Tirrito Ing. Rosario — Palermo.
Torricelli Avv. Raffaele — Girgenti.
Tosi Cav. Gaetano Cancelliere alla Cassazione — Palermo.
Traina Diac. Giuseppe — Palermo.
Varvaro Pojero Cav. Francesco— Palermo.
Vasi Sac. Prof. Luigi— Palermo.
Vetri. Avv. Paolo— Castrogiovanni.
Vivona Francesco— Palermo.
Zucco Cav. Giuseppe — Butera.
Ziino Prof. Giuseppe— Messina.
Zucchero Mons. Can. Ignazio, Segretario di S. Em. il Card. Ar-
civescovo— Palermo.
XVl ELENCO DEI SOCI
SECONDA CLASSE
DIRETTORE
CusA Gr. Uff. Prof. Salvatore.
SEGRETARIO
Travali Cav. Dott. Giuseppe.
SOCI
Avelie Prof. Corrado — Noto.
Beccadelli-Acton Paolo, Principe di Camporeale , Deputato al
Parlamento — Palermo.
Bellio Prof. Vittorio— Pavia.
Billone-Montaperto Luigi— Nicosia.
Boglino Ben. Luigi — Palermo.
Bona Ignazio, Uffiziale nell'Archivio di Stato — Palermo.
Briquet Carlo Mosè — Ginevra.
Carini Can. Mons. Prof. Isidoro, Prefetto della Biblioteca Va*
ticana — Roma.
Gasano Sac. Ferdinando — Palermo.
Cianciolo Avv. Carlo — Palermo.
Coglitore Can. Gaetano— Palermo.
Cosentino Prof. Giuseppe, Sotto-Archivista di Stato— Palermo.
Costantini Cav. Costantino Maria , Maggiore di Artiglieria —
Pavia.
Gozzucli Sac. Giambattista- - Palermo.
Crispo-Moncada Avv. Cav. Carlo — Palermo.
C'usa Gr. rff. Prof. Salvatore— Palermo.
Do Gregorio Marchese Giacomo — Palermo.
Dichiara Dott. Francesco— Palermo.
ELENCO DEI SOCI X\TI
Di Marzo Mons. Comin. Gioacchino, Capo Bibl. della Comunale —
Palermo.
Errante Dott. Francesco Umberto — Palermo.
Paraci Parroco Giuseppe Euiraanuele — Palermo.
Filipponi Prof. Gaetano — Palermo.
Flandina Cav. Antonino, Sotto-Archivista di Stato — Palermo.
Giorgi Cav. Prof. Ignazio, Prefetto della Biblioteca Nazionale —
Palermo.
Gnoffo Sac. Domenico — Palermo.
Guastella Avv. Ernesto, Sotto-Bibliotecario della Nazionale — Pa-
lermo.
Inghilleri Sac. Giuseppe — Palermo.
Lagumina Sac. Giuseppe — Palermo.
La Mantia Dott. Giuseppe, Uff. nell'Archivio di Stato — Palermo.
La Via-Bonelli Mariano, Rapp. il Municipio di Nicosia — Palermo.
Lionti Dott. Ferdinando, Sotto-Archivista di Stato — Palermo.
Lodi Dottor Cav. Giuseppe, Archivista di Stato — Palermo.
Manasia Sac. Calogero, Capo Bibliotecario — Caltanissetta.
Mantia Dott. Pasquale — Palermo.
Marino Dott. Giuseppe — Borgetto.
Masi Mons. Giuseppe, (S. E.) Vescovo di Tempe — Palermo.
Milazzo-Cervello Luigi — Palermo.
Mondello Can. Fortunato, Bibliotecario alla Fardelliana— Trapani.
Montalbano Can. Prof. Giuseppe — Palermo.
Montalbano Can. Saverio, Sotto-Bibliotecario alla Nazionale —
Palermo.
Palmeri di Villalba Nob. Cav. Niccolò, Maggiore d'Artiglieria —
Capua.
Parlato Avv. Liborio — Palermo.
Pellegrino Prof. Astorre, Preside del Liceo Umberto I— Palermo.
Pennino Can. Prof. Antonino— Palermo.
Pipitone-Federico Dott. Giuseppe, già Sotto-Archivista di Stato
— Palermo.
Pitrè Dott. Prof. Cav. Giuseppe — Palermo.
Pizzuto Prof. Pasquale — Modica.
XVm ELENCO DEI SOCI
Randacio Dott. Coram. Prof. Francesco — Palermo.
Russo Cav. Filadelfìo — Palermo.
Salomone-Mari no Dott. Cav. Prof. Salvatore — Messina.
Salvo-Cozzo Cav. Giuseppe, Scrittore alla Vaticana — Roma.
Sapio Prof. Cav. Giuseppe — Palermo.
Savona Ben. Dott. Giuseppe — Palermo.
Scalia Gr. Uff. Alfonso, Maggior Generale al riposo — Palermo.
Schirò Sac. Vincenzo — Palermo.
Serio Simone — Palermo.
Silvestri Comm. Giuseppe , Soprintendente agli Archivi Sici-
liani — Palermo.
Starrabba Dott. Cav. Raffaele, Bar. di S. Gennaro, già Archivista
di Stato — Palermo.
Tasca-Lanza Cav. Giuseppe — Palermo.
Travali Cav. Dott. Giuseppe, Sotto- Archivista distato— Palermo.
Vitrano Giuseppe Filippo — Palermo.
Vullo-GUzzardella Dott. Gaetano — Polizzi Generosa.
ELENCO DEI SOCI XIX
TERZA CLASSE
DIRETTORE
Salinas Prof. Comm. Antonino
•Socio corrispondente deW htitiUo di Francia.
SEGRETARIO
Lagumina Can. Prof. Bartolomeo.
SOCI
Aldenhoven Dott. Carlo— Gotha (Germania).
Allegra Francesco Paolo— Palermo.
Allegra Giovanni — Palermo.
Allegra Rocco — Palermo.
Alliala Giuseppe, Principe il'Ucria— Palermo.
AUiata-Cardillo Filippo Maria - Palermo.
Alma Salvatore, Perito Agrimensore— Niscemi.
Arezzo-Trefìletti Cav. Carmelo —Ragusa.
Barba Luigi— Palermo.
Barresi Camillo, Uff. nell'Archivio di Stato— Palermo.
Basile Comm. Prof. G. B. Filippo— Palermo.
Beloch Prof. Giulio - Roma.
Breselau Prof. Ludovico— Palermo.
Busacca Carlo, Marchese di Gallidoro— Palermo.
XX ELENCO DEI SOCI
Calderone Sac. Giuseppe — Marineo.
Cantone Ing. Salvatore — Palermo.
Castorina Can. Pasquale — Catania.
Cicchetti Prof. Eduardo — Palermo.
Ciofalo Prof. Saverio, Bibliotecario — Termini-Imerese.
Cirino Mons. Giovanni (S. E.) Arciv. d' Ancira e Vicario Gè -
nerale — Palermo.
Civiletti Prof. Comm. Benedetto, Socio corrispondente dell'Isti-
tuto di Francia — Palermo.
Coglitore Prof. Innocenzo— Potenza.
Coppola Ing. Angelo — Palermo.
Costa Proc. Leg. Giuseppe — Palermo.
Crocco-Paterna Giovanni — Palermo.
De Luca Avv. Comm. Atanasio, Economo generale dei bene-
fìci vacanti in Sicilia — Palermo.
Damma Ing. Raffaele — Palermo.
D'Antoni Salvatore, Duca di Feria — Palermo.
Destefano Ing. Salvatore — Palermo.
Dichiara Cav. Ing. Tommaso — Palermo.
Emiliani Dott. Antonio — Montegiorgio (Marche).
Favaloro Prof. Giuseppe — Palermo.-
Favara- Verderame Comm. Vito— Mazzara del Vallo.
Fazio Giuseppe, Custode del Museo Nazionale — Palermo.
Ferraro Prof. Ing. Corrado — Palermo.
Fichera Ing. Marcantonio — Palermo.
Focault nobile dei Conti del Daugnon — Milano.
Genovese-Ruffo Salvatore — Palermo.
Giarrizzo Prof. Carmelo— Palermo.
Giarrizzo Prof. Michelangelo — Catania.
Grazia Sac. Pas(|iialr-, 1{. Is])(>(ior(^ dei MoniuiKMili di Alc.-inio-—
Calatallmi.
Hernandez di Carrera Conte Francesco, R. Ispettore dei Mo-
numenti di Trapani — Trapani.
Ligutuina Can. Prof. Bartolomeo -Palermo.
Lanza Gr. Uff. Francesco, Principe di Scalea, Senatore dui
Ket'no— Palermo.
ELENCO DEI SOCI XXI
Latino Comm, Prof. Emraanuele — Palermo.
Lentini Sac. Gioacchino — Castelvetrano.
Lentini Prof, Rocco — Palermo.
Lucifera Avv. Giovanni — Palermo.
Majorca Luigi, Conte di Francavilla — Palermo.
Mantegna Benedetto, Principe di Gangi — Palermo.
Marvuglia Cav. Arch. Domenico — Palermo.
Matranga Cesare — Palermo.
Mauceri Cav. Ing. Luigi , Segretario della Direzione generale
per le ferrovie sicule — Palermo.
Mauro Prof. Antonino — Palermo.
Meli Cav. Prof. Giuseppe, Vice-Direttore del Museo Nazionale —
Palermo.
Millunzi Prof. Can. Gaetano — Morreale.
Mirabella Emanuele — Palermo.
Monteforte Dott. Cav. Gaetano — Roma.
Naselli-Notarbartolo Cav. Leopoldo — Palermo.
Natoli Marchese Giuseppe — Palermo.
Paino Nobile Giulia — Palermo.
Pappalardo Ing. Luigi — Trapani.
Parenti Ing. Vincenzo — Caltanissetta.
Parisi Sac. Prof. Giuseppe — Cefalù.
Parisotti Prof. Alberto — Palermo.
Patricolo Achille — Palermo.
Patricolo Prof. Cav. Uff. Giuseppe — Palermo.
Pennavaria Cav. Dott. Filippo — Ragusa.
Pepoli Agostino, Barone di Culcasi — Trapani:
Perdichizzi Antonio — Palermo.
Portai Ing. Emanuele — Palermo.
Pugliesi Vincenzo — Alcamo.
Raia Bernardo — Palermo.
Rao Ing. Giuseppe — Palermo.
Renzi Cav. Ing. Salvatore — Palermo.
Rindello Cav. Niccolò — Palermo.
Rivas Prof. Arch. Francesco Paolo — Palermo.
Rocca Cav. Pietro Maria— Alcamo.
XXn ELÈNCO DEI soci
Romano Prof. Ing. Pietro — Palermo.
Rutelli Prof. Cav. Mario — Palermo.
Salemi Ing. Enrico — Palermo.
Salinas Comm. Prof. Antonino, Socio corrispondente dell'Isti-
tuto di Francia, Direttore del Museo Nazionale — Palermo.
Salinas Eramanuele — Palermo.
Salvo di Pietraganzili Cav. Rosario , Consigliere Delegato —
Trapani.
Scavo Rag. Vincenzo — Palermo.
Sciangula Prof. Agostino — Palermo.
Sciuto-Patti Prof. Carmelo, R. Ispettore dei Monumenti — Ca-
tania.
Siciliano Cav. Michelangelo — Palermo.
Siciliano Cav. Napoleone — Palermo.
Spata Cav. Dott. Giuseppe, Conservatore dell' Archivio Notarile
del Distretto — Palermo.
Tasca d' Almerita Conte Lucio, Senatore del Regno - Palermo.
Ugdulena Giovanni — Palermo.
Valenti Scult. Giuseppe — Palermo.
Volpes Giuseppe — Palermo.
Vetri Prof. Paolo — Palermo.
SOCI NON ADDETTI ALLE CLASSI.
Belgrano Comm. Luigi Tommaso, Segretario generale della So-
cietà Ligure, Professore ordinario di Storia nella R. Univer-
sità di Genova — Genova.
Benso Comm. Giulio, Duca della Verdura, Senatore del Regno—
Palermo.
lilandini Mons. Giovanni (S. E.) Vescovo — Noto.
BOhmcr Prof. Eduardo — Lichtenthal bei Daden (Germania).
Cliiofalo Can. Dott. Giuseppe — Partanna.
Ciotti Cav. Pietro — Palermo.
Crirai-Lo (Wudice Prof. Gioacchino — Naso,
ELENCO DEI SOCI XX11Ì
Crispo Can. Francesco — Palermo.
Daddi Avv. Francesco — Palermo.
De Benedetto Carlo, Conte del Casato — Palermo.
De Benedetto Giovanni, Contino del Casato — Palermo.
De Leonardi Gaetano, Rappresentante il Municipio di Parco —
Parco.
De Micheli-Maniscalco Barone Domenico — Palermo.
De Spucches-Franco Giovanni, Marchese di Schissò — Palermo.
D'Orleans Enrico (S. A. R.) Duca d'Aumale — Palermo.
Errante Cav. Gr. Ufi'. Vincenzo, Presidente di Sezione al Consi-
glio di Stato e Senatore del Regno — Roma.
Finocchiaro ■ Aprile Comm. Avv. Camillo, Deputato al Parla-
mento — Palermo.
Galletti Nicolò, Principe di San Cataldo e Fiume^alato, Sena-
tore del Regno — Palermo.
Giuffré Prof. Dott. Liborio — Palermo.
Gramaglia Gaetano — Palermo.
Guarnaschelli-Mustica Avv. Domenico — Palermo.
GuUotti Sac. Domenico — Ucria.
La Lumia Cav. Francesco, Ispettore Demaniale — Palermo.
La Manna Comm. Achille, Primo Presidente della Corte d'Ap-
pello — Bologna.
Lancia di Brolo Marchese Corrado — Palermo.
Lanza di Trabia Cav. Ernesto — Palermo.
La Vaccara-Giusti Avv. Benedetto, Rappresentante la Provin-
cia di Caltanissetta — Caltanissetta.
Miraglia Sac. Prof. Paolo — Palermo.
Monroy Ascenso Alonso Alberto , Principe di Maletto - - Pa-
lermo.
Napoli Cav. Enrico — Palermo.
Notarbartolo di S. Giovanni Cav. Gr. Cord. Emanuele — Palermo.
Perniciaro Costantino — Palermo.
Picciotto Antonio, Prefetto del Museo comunale — Messina.
Romano Can. Leopoldo — Palermo.
Salamene Rosario — Aragona.
Schiavo Ben. Achille — Palermo.
XXIV ELENCO DEI SOCI
Schininà di S. Elia Marchese Giuseppe — Ragusa.
Spoto Mons. Can. Pompeo - Girgenti.
Struppa Salvatore. R. Ispettore dèi Monumenti, Rappresentante
il Municipio di Marsala — Marsala.
Taibbi Francesco — Palermo.
Thomas Dott. Wilson — Palermo.
Triolo Cav. Prof. Vincenzo — Palermo.
Venuti Arciprete Mauro — Cinisi.
Venuti Sac. Saverio — Cinisi.
SOCI ONORARI
Bamberg. Dott. Felice — Germania.
Benndort' Prof. Ottone — 1. R. Università di Vienna.
Bertolotti Cav. Ufi". Antonio, Dir. delF Archivio di Stato — Man-
tova.
Cantù Gr. Uff. Cesare, Soprintendente agli Archivi Lombardi-
Milano.
Corradi Prof. Comm. Alfonso — R. Università di Pavia.
Cozza-Luzi Abb. D. Giuseppe, Vice Bibliotecario della Vati-
cana — Roma.
De Bofarull Cav. Uff. D. Manuel, Dirett. dell'Archivio di Stato
— Barcellona (Spagna).
Dennis G., Console di S. M. Britannica — Smirne.
Do Puymaigre Conte Th. — Francia.
Engel Arthur — Parigi — Cabinet des Médailles.
Gregorovius Dott. Connn. Ferdinando — Monaco.
Holm Dott. Prof. Adolfo — Napoli.
Licbrecht Prof. Felice.
Marchese P. Vincenzo dei Predicatori — Genova.
Paris Prof. Gastone — Parigi.
Pcrreau Cav. Uff. Pietro, Bibliotecario — Parma.
Pflugk-Iiarttung Prof. Giulio — Università di Gottinga.
Watkiss Lloyd. W. Inghilterra.
Winkhehuann Dott. Prof. Eduardo— Università di Heidelborga.
MEMORIE ORIGINALI
K
LA
BREVIS HISTORIA LIBERATIONIS MESSANAE
SECONDO UN MANOSCRITTO DEL SECOLO XVI
DEL
BARONE ARENAPRIMODI MESSINA (1).
Nel sesto volume delle Miscellanee storiche del Baluzio, stam-
pato a Parigi nel 1715, vide la luce per la prima volta una
Brevis Jmtoria liherationis Messance, ecc., la quale era cavata dai
manoscritti di Andrea Duchesne. L' editore non dice altro sulla
origine di questa cronaca, o meglio, monografia storica, sebbene
la copia, di mano dello stesso Duchesne, si trovi fra i Mss. della
Biblioteca Imperiale di Parigi, segnata : Baluze, armoire 2, pa-
quel 5, N. 2, f. 428 e seg.j con 1' annotazione seguente : Ex co-
dice Ms. perantiquo Bihliothecae Senatuiì Messanmsis, summa fide
transcripta (2). Fa specie intanto che il Duchesne non 1' abbia
compresa nella raccolta di cose normanne e che il Baluzio non
abbia citata la provenienza giusta 1' annotazione del Duchesne.
In ogni modo, però, non essendo stato mai quest'ultimo in Mes-
sina, è certo che avea dovuto trascrivere da una copia, senza ve-
dere il codice antichissimo cui accenna. L' autore si chiama con-
temporaneo ; ma parecchi segni non dubbi, non esclusa la forma
(sebbene il Muratori (3) trovi che: multam vetustatem sapit), ac-
cusano r uomo , anzi , vorrei soggiungere , il Messinese del se-
colo XVI.
Il racconto può riassumersi così : Essendo la Sicilia sotto i
(1) Lettura fatta nella seduta sociale del 12 gennaro 1890.
(2) Amari, Mus. Ili, 56.
(3) Il Muratori riprodusse questa cronaca dal B&luzio nel tomo VI del-
le H. I. S. p. 612.
BREVIS HISTORIA LIBERATIONIS MESSANiE
Mori e spartita fra cinque capi, dei quali il principale avea no-
me Raxis ed avea sode in Messina, venne in mente a tre nobili
messinesi , Ansaldo di Patti, Nicolò Camuglia e Iacopo Saccano,
di liberarla dal giogo degl'Infedeli, comunque in Messina i Cri-
stiani godessero maggiori privilegi che nelle altre città dell' i-
sola. Si adunano nell'isola di S. Giacinto, come allora chiama-
vasi il Braccio detto poi del Salvatore o di S. Raineri , e fer-
mano di andare al Conte Ruggiero, di cui era lor nota la pietà
e che sapeano trovarsi in Mileto col duca Roberto e col Papa, e
di offrirgli l' isola, che desideravano di veder libera per quel
mezzo dai Saraceni. Còlta la opportunità d' una festa in cui i
Mori soleano chiudersi nelle case per dodici giorni, s' imbarcano,
giungono a Mileto, e, ricevuti dal Papa, ricusano di aprirgli l'a-
nimo loro, che aprono invece a Ruggiero , incitandolo alla im-
presa coir offrirgli il gonfalone della bianca croce in campo rosso,
concesso ai Messinesi da Arcadie imperatore , in memoria del
loro valore a Tessalonica.
Ruggiero si consiglia col Papa e con sei cardinali che erano
in Mileto ; il Papa aderisce, imponendo che della futura conquista
si facciano tre parti: 1' una por il Clero, l'altra per i cavalieri
e la terza per il Conte. Questi giura di recarsi in Messina fra
una settimana e di ubbidire ai voleri del Pontefice in quanto
alla partizione. Va infatti con mille e settecento uomini a Palmi
0 di là a Reggio, dove s'imbarca col fratello Goffredo, cui lascia
in custodia lo navi, sbarcato che ò a tre miglia dalla città. Nel-
r isola di S. Giacinto vedo penzolare i cadaveri di dodici Cristiani
impiccati per sospetto della congiura. All' assalto di Ruggiero
risponde la sommossa dei Cristiani di dentro, cho aprono le porte
e coi Normanni si danno a faro strage dei Musulmani. Entra
Ruggiero in città: ripone nella chie.sa di S. Nicolò il gonfalone
di Arcadio, e, sciolto il voto, tripartisce, giusta il volere del Papa,
la conquista.
Co8*i finisce la cronaca , la quale nelle edizioni del Baluzio
0 del Muratori ò seguita da duo concessioni: l'una di Ruggiero II
del 1129 e l'altra di Guglielmo I del 1100: concessioni nelle
BREVIS HISTORIA LIBERATIONIS MESSANE
quali, fra interpolazioni di favole, per cui è detta Messina capi-
tale dell' isola sotto Romani, Greci e Saraceni, si leggono le vere
franchigie municipali di quella città. È dunque palese il propo-
sito di predicar Messina capitale della Sicilia, ed è questo ap-
punto, come scrive 1' Amari , il gran campo di battaglia ove si
travagliarono gli eruditi siciliani, dal XV al XVIII secolo, con ira
e con malefede da ambo le parti, e a furia di paradossi e di falsi
documenti. Ciò non ostante può credersi che un fondo di verità
vi sia, 0 che la scrittura di cui parlo tramandi una genuina tra-
dizione, alterata e guasta col correre degli anni e col crescere
dell' ambizione di Messina, poiché concorda con altre fonti coeve
la circostanza del comando della flotta affidata a Goffredo , la
divisione della Sicilia fra parecchi regoli musulmani discordi , i
quali, se eran due, tre, quattro o più , poco importa, ne è dif-
ficile che la tradizione oralo sbagli esagerando. La stessa data
del 6 agosto , assegnata come principio della congiura dei Cri-
stiani, si accorda bene con le date del Malaterra, ecc.
All'Amari è parso, e pare anche a me , di poter accettare
della tradizione primitiva i nomi dei tre congiurati, il fatto della
congiura, il viaggio a Milcto e le pratiche con Ruggiero Resta
a vedere se la tradizione primitiva sia stata ridotta in scrittura
nel secolo XVI o prima, e se la redazione del ras. del Duchesne
sia la più antica che si conosca.
A Messina ebbi notizia di un ms. della Brevìs historia, pos-
seduto dal signor Barone Arenaprimo di Montechiaro , giovane
colto e delle memorie patrie amantissimo, e lo ebbi cortesemente
in prestito per trascriverlo e studiarlo con tutto il comodo , di
che gli rendo grazie vivissime. Questo è un quinterno cartaceo
di dodici fogli in quarto e scritto tutto di una mano del secolo
XVI, mediocremente conservato e di cui il primo foglio è in pa-
recchi punti corroso. Contiene:
1. La Brevis historia, che qui è intitolata: Historia de Recu-
peratioìie Sicilice regali, ecc., dal f. 1 al f. 8 verso ;
2. La Genealogia dominorum Regum Aragonice et Sicilice sino
al 1549, dal f. 9 recto al f. 10 recto.
BREVIS HISTORIA LIBERÀTIONIS MESSAN-«;
3. Uno Scriptum privilegij de lihertate omnium ecdesianim Si-
cilice, dal f. 1 1 recto al verso.
È bianco tutto il fol. 12 e il verso del fol. 10, al cui piede
sono alcune annotazioni del tempo, ma insignificanti ed estranee
agli argomenti contenuti nel ms.
Lascio stare le due scritture che seguono alla Historia, e mi
fermo a questa, la quale, sebbene nel suo insieme poco discordi
da quella pubblicata, ha nondimeno differenze notevoli e di so-
stanza e di forma. Le prime sono per lo più errori storici gros-
solani e anacronismi, che non si trovano nello edizioni del Ba-
luzio e del Muratori : le altre rivelano una latinità assai più scor-
retta , sicché pare che nell' originale da cui fu tratta la copia
del Duchesne, una mano più esperta abbia cercato di migliorare
la forma e di togliere gli errori più gravi : 1' una e gli altri ,
però, dicono chiaramente che il primo getto fu questo del ms.
messinese, compilato da persona indotta e che altri più saputo
cercò poi di migliorare con molte raddrizzature, poiché non parmi
ammissibile il supposto inverso, che l'originale sia il più corretto
e che poi un trascrittore 1' abbia guastato nella forma e detur-
pato di errori grossolani.
Per dare un' idea della differenza nelle due compilazioni ,
pongo a riscontro il principio dello scritto secondo le due forme.
Secondo il ms. messinese Secondo la edizione del Baluzio, ec.
Adamantino scribenda ossent stylo Adamantino scribenda essent stylo,
smaraldinis atque in tabulis aurois smaragdis atquo in tabulis aureis
qiie per nobiiissimos tres messaaon- quc per nobiles trcs Mossaiienses
fceu equitcs nostra tempestate gesta nostra tempestato gesta fiicrc, quo-
fuerc. Quorum «t cnuitato nostrum rum stionuitato ac ?agncitalo in-
Bicilia) rcgnum tot annia subjuga- genio alquo viribus duco Kogerio
tum: eorum sagacitatc ingenio atquo Cernito recuperata extitisse liquct.
viribuB duce Kogerio coroìto recu-
peratum extitit.
Per tali differenze sarebbe opera lunga , noiosa e in gran
parto inutile quella di andar notando tutto le vt^rianti, le quali
BKEVIS IIISTORIA LIBEEATIONIS MESSANE
sovente, più che nella parola, sono nei costrutti. Noterò sola-
mente quelle che riguardano la sostanza : come il nome di re-
gno dato all' isola e di regnicoli agli isolani ; 1' anno dell' im-
presa sbagliato; la descrizione del vessillo musulmano, che manca
nelle edizioni ; l' isola di S. Giacinto chiamata braccio di S. Rai-
nieri ; Roberto, detto re di Piccardia ; nominato erroneamente il
papa Sergio ; chiamati i legati messinesi a Ruggiero Cristiani
greci; detto Ruggiero di ventitré anni, mentre nelle edizioni si
dice che era di ventinove anni, ecc.; cose tutte le quali confermano
r idea che la fattura sia posteriore e di molto ai tempi degli av-
venimenti, e che r originale vero sia questo del ms. messinese, ne
mi pare opportuno d'indugiarmi a dimostrare questo assunto chia-
rissimo per sé stesso. Basterebbe il confronto del breve tratto no-
tato dianzi, dove è evidente che, volendosi correggere le parole :
— nostrum Siciliae regnum recuperatum extitit — che sareb-
bero un anacronismo in uno scrittore del secolo XI, si dà luogo
ad una forma strana, che rende oscuro il concetto. (I).
In fine della cronaca, nel ms. messinese è il nome di un Onofrio
Nerio, che si dice scriptor e che io credo autore e non copista,
perchè le altre due scritture del piccolo codice, essendo della
stessa mano, parmi che se l' amanuense avesse voluto perpetuare il
suo nome, 1' avrebbe fatto in principio o in fine del quinterno.
Quanto al valore della cronaca, mi resta a dire che l' esistenza
della tradizione di cui è argomento, si cava in generale dal carat-
tere di essa e dal fatto che completa con parecchi particolari ciò
che risulta dalle altre fonti coeve ; ma non contraddice ad esse,
come notai in altro luogo. D'altra parte è da notare che il Mauro-
lieo e il Fazzello, entrambi del secolo XVI, la conobbero; ma il pri-
mo non pare vi abbia prestato piena fede, perchè porta il racconto
tanto secondo la tradizione di cui discorro, quanto secondo il Mala-
(1) A prescindere dagli anacronismi e dagli errori che tutti possono notare,
osservo elio ninno avrebbe potuto , scrivendo al sec. XI , chiamare Braccio di
S Rainieri l' isola di S. Giacinto , che chiude il porto di Messina , quando la
pia leggenda dice morto S. Rainieri nel 1161.
BREVIS HISTORIA LtBERATlONIS MESSANiE
terra, senza lasciare intendere quale gli sembri vero o almeno più
verosimile (1); il secondo, che pure conobbe Messina, i suoi archivii
e le sue biblioteche, pare si riferii^ca a tradizione orale (2), intrec-
ciando la tradizione della congiura al racconto del Malaterra. Fi-
nalmente è da notare che una cronaca siciliana riportata dal
Gallo nel 2° voi. degli Annali di Messina, di cui non ho potuto sa-
pere dove sia esistita e se esista tuttavia, ma che si dice tradotta
dal greco da un esemplare antichissimo e in gran parte roso dal
tempo, da un Onofrio Abatellis, monaco basiliano, si esprime così:
• comu poi in versu 1' annu MLVIII e MLIX di Mes-
sina, comu mei {sic sei ?) cristiani andaru ammucchiuni (3) a lu
conti Rueri chi era a militu cu lu papa si cu 1' auto di Missina
vinni lu conti a conquistar! la isula di Sichilia, li omini chi andaru
undi lu conti e foru biniditti di lu papa cu tutta la Missina An
saldu di Patti, Nicola Camullu, lacubeddu Saccanu
di pizzinga comu puru di unu di la grandi famighia porziu di
grandi valuri „ (4).
Il fondamento è senza dubbio nella stessa tradizione ; ma qui
gli eroi son cinque, se pure nella lacuna non sia stato compreso un
sesto nome. Del resto, che i nomi dei tre congiurati sieno, o al-
meno possano essere veri, si ricava dal fatto che le loro famiglie
esistevano in Messina nel M^dio evo e non molto dopo i f.itti di
cui discorro. Un Pietro Camuglia, milite e senatore di Messina , è
rammentato nel 1229 (5) ; un Cataldo de Camulia è tra gli esiliati
(1) lirriDii Sicuiiicarum compendi iim , Lib. IH. — Prima dà il racconto se-
condo la trudiziono dulia congiura , conformo alla Breeis historia , poi segue :
alibi lego, e riferisce quello dot Malaterra.
(2) De rebus sicuUa, deca il, Lib. VII, cap. I, Dice la narrazione della con-
giara: ducta pur manus fama.
(A) Dì Da«cost< .
(4) Kr qundam chronica chat'dcterihu» in parie fosis ex grcBCO translata a
ntt Onufriu Abatellin S. Baailii Ordini.'* indit/no famulo in nostra versa locela
(loquela).
(6) V. Cronologia dei sonatori di Mowtiua. Galluppi, Nobiliario,
BBEVIS HISTORIA LIBERATIONIS MESSANE '
da Arrigo VI nel 1194 (1); un Angelo Saccano = decanus et no-
bilis civis Messanensis = fu vescovo di Catania nel 1331 (2), ne
mi par di aggiungere altro relativamente ai Patti, famiglia an-
tica e notissima anche nel periodo della Guerra del Vespro. Le
tre famiglie sono d' origine greca, almeno per ciò che ne dicono
i nomi e le tradizioni nobiliari , e però non è strano che i tre
congiurati si sieno annunziati a Ruggiero come cristiani greci ,
secondo una variante del ms. messinese.
Dagli elementi che ci rimangono pare indubitato che la tra-
dizione non sia stata scritta avanti il secolo XVI. Della Jlistoria
de recwperatione ecc. , questo parmi abbastanza dimostrato, e sarà
meglio confermato da ciò che segue ; il codice perantiquo del Se-
nato di Messina citato nell' annotazione della copia del Duchesne,
era probabilmente un esemplare genuino della Historia de recu-
peratione corretto poi e accomodato alla meglio o alla meno peg-
gio, e in ogni modo, non potea, per le ragioni dette, essere pe-
rantiquo. Resta il frammento di cronaca greca pubblicato dal
Gallo, nella versione siciliana di Onofrio Abatellis.
Intorno a questa debbo dire che, sebbene il Gallo non citi la
provenienza , non parmi sia da supporre una vera falsificazione,
perchè in parecchi luoghi un esperto paleografo scorgerebbe la
cattiva lezione di un ms. del sec. XV o XVI, e perchè le fonne
del dialetto in cui la cronaca si dice tradotta, mi paiono simili
a quelle di altre scritture di quei secoli ; ma ciò vuol dire che
la versione sarà forse del sec. XVI o anche degli ultimi del XV;
ma non che sia antico l' originale, della cui esistenza non abbia-
mo prova veruna. È però notevole che la Brevis historia si dica
trascritta da un codice peràntiquo, che il ms. che io pubblico vo-
glia esser copia di codice vetustissimo ; che la versione dell' Aba-
tellis si riferisca a un originale antico, charaderibus in parte rosis,
sicché pare che tutti quegli autori, o copisti, o traduttori sentis-
sero il bisogno di vantare 1' antichità degli originali, dei quali,
però, non accennano mai ne al proprietario, né al luogo di con-
ci ) V. Diploma del 28 febbraio 1194.
(2) Rocco PiRKi, Sicilia sacra. I, 537.
8 BRBVIS HISTORIA LIBEBATIONIS MESSANE
servazione, nò a ciò che potea mettere gli studiosi sulle tracce degli
originali medesimi. Sembrano, insomma, manifestazioni diverse di
queir affaccendarsi di eruditi intorno alla gran questione della
capitale del' isola, che era cosi viva ed ardente nel secolo XVI
in Messina e in Palermo, e per la quale, mentre nella prima si
fabbricavano decreti dei consoli romani Appio Claudio e Quinto
Fabio, e di Arcadi© imperatore, e s'interpolavano diplomi di pri-
vilegii dei principi normanni ; nell' altra si fabbricava un' epi-
grafe che rammentava Lucio Cecilie Metello console. Misere e
dolorose gare, delle quali oggi ridono di cuore e Palermitani e
Messinesi di senno.
Non ostante questi dubbii , sarebbe utile di ritrovare il co-
dice perantiquo del Senato Messinese. Una speranza si può con-
cepire, forse, scorrendo il lavoro del mio dotto amico Monsignor
Isidoro Carini sugli Archivii e le Biblioteche di Spagna, poiché
colà fu rinvenuto un prezioso avanzo di quella iniqua spoliazione
che , per opera del Conte di Santo Stefano , soffrì Messina nel
1679, dopo la memoranda insurrezione contro la dominazione spa-
gnuola (1). Dubito, per le ragioni dette, che il Codice conte-
nente la narrazione di cui mi occupo , possa essere anteriore al
secolo XVI ; giova però di ricordare una circostanza di sif-
fatta spoliazione. In una rarissima stampa che fa parte del Co-
dice Qq. E. 18 della Biblioteca Comunale di Palermo, trovasi il
processo verbale per cui il Consultore D. Rodrigo Antonio de
Quintana, per ordine del Conte di Santo Stefano, procedette ad
ore 22 del giorno 9 gennaio, dell'anno summentovato, al seque-
stro di tutti i manoscritti che allora si conservavano nella torre
(1) 11 Cabimi rinvenne nella biblioteca dell' Accado.ria di Storia di Madrid
un m*gniflco codice iu foglio, inenil)ranncco, legato in pollo, del secolo XV, in-
titolato : Colecion de Documenios y Jùales (Jedulas pertenecientes ó Mesina , di
871 pagine, oltre l'indice, con iniziali in oro od azzurro, cho contiene quasi
cento atti imperiali o re.ili dal 407 ni 1405, o lo erodo proveniente dalla spo-
liazione del 107y. — V. Oli Archivii e le liiblioteche di S/xit/iia, p. IH).
BBEVIS HISTORIA L1BERATI0NI8 MES8ANJE
0 campanile del duomo (1) e fra le altre cose e documenti, nella
cassetta dal titolo : Normanni li., si trovò " un privileggio con
Y istoria della Ricuperazione di Sicilia „, il quale è senza dubbio
un esemplare simile e forse contemporaneo a questo che pub-
blico ; tanto piìi che il ms. messinese è intitolato : Historia de
recuperatloie Sicilice ree/ ni, ecc., e non Brevis historia liberatioììis
Messance (come nelle edizioni).
Riassumendo ora ciò che ho esposto sin qui, mi pare si possa
venire alle seguenti conclusioni :
1° La motoria liberationis Messana;, o Historia de Recupera-
tione, ecc, ha il suo fondamento in una tradizione genuina mes-
sinese, alterata e guasta col tempo, e ridotta in scrittura forse
non prima del sec. XVI ;
2" Di questa sono accettabili i nomi dei congiurati e la
congiura, la gita a Mileto e le pratiche con Ruggiero ;
3" L' originale è questo che ha per titolo Historia de recupe-
ratione Sicilice, ecc. conforme forse a quello che serbavasi in Mes-
sina negli Archivii del Senato, che poi fu portato in Spagna nel
1679, e che perciò è degno di essere pubblicato, non ostante i
suoi errori;
4" La copia del Duchesne, pubblicata dal Baluzio e dal Mu-
ratori, è una trascrizione posteriore, fatta da chi sapeva qualche
po' di storia, e che scriveva in latino, come si scriveva nel se-
colo XVI , ma meno peggio del vero autore della Cronaca
stessa.
Ed ora, ecco il testo fedelmente trascritto secondo il ms. del
Barone Arenaprimo di Montechiaro, nel quale, come dissi, noterò
le sole varianti che riguardano la sostanza, essendo impossibile e
inutile seguire tutte le differenze di costrutti e di parole che non
mutano il senso del testo già pubblicato.
G, B. SlBAGUSA.
(IJ Testimonio del deapojo de Ics privilegios de Mecina que se hizo por Don
Boàri ,0 de Quintana siendo consultar de Sicilia en IX de enero MDCLXXIX.
— Fu pubblicato dal Di Makzo, Bibl. Storica Letteraria, voi. VI, p. 377.
HISTORIA DE RECUPERATIONE SICILIA (1)
SECONDO IL M.S. DEL SEGOLO XVI
DEL BARONE ARENAPRIMO DI MESSINA
Historia de Recuperatione Sicilie regni quod industria trium praestantis-
simorum civium messanensium scilicet Ansaldi de pactis ; Nicolaj ca-
niogli; et Jacobinj Saccani ; in manus rogerij comitis devenit. Que
quidem historia ex quodam vetustissimo exemplarj quasi ex niniia an-
tiquitate aboltto fuit fideliter exstracta tener cuius hic est.
Adamantino scribenda essent stylo, smaraldinis atque in tabulis aureis:
que per nobilissinios tres messanenses cquites nostra tempestate gesta
fuere: Quorum strenuitate [nostrum Sicilie regnum tot anni» ab infide-
libus subjugatum; eorum (2)] sagacitate ingenio atque viribus duce ro-
gerio comite recuperatum extitit: quin ymo orthodosia Christiana fides
per du^entos et triginta fere annos, jam mortua suscitata tloret libertas,
bonaque cunta, atque honor Siculis concessa sunt: quamquam messanenses
(liberiate sola privatj) cunta eorum bona in pace possidebant : quod ad-
versa fortuna omnibus [regnicolis (3)] denegabatur cumquo siculorum re-
spectu tam leve jugum dm tollerare non potuissont: mirifica ausi sunt hec
a^^re quamobrem ad eorum egregiam, prae excellentcnque momoriam scriptis
(1) Nella presento edizione lo parentesi rette chiudono lo parole o lo frasi
che offrono lo varianti cho sono ri])ortato in nota ; lo parentesi tonde sono nel
man. scritto, le parole corroso sono compiotato o sostituito in corsivo.
(2) Manca nelle edizioni.
(3) Sicolu.
HISTOEIA DE RECUPERATIONE SICILIA 11
non quidem, sed aureis statuis memorandi et decorandi sunt. Quia sicutj
tres ipsi soli tantorum beneficiorum tocius trinacriae auctores fuere : Ita
decens est ut in quolibet ipsius [regni (1)] angulo eorum unusquisque aurea
statua benemerito erigendus et extollendus sit : ut perpetuo vivant ad
eorum perpetuandam famara: honorem posteritatis et gloriara prosapiae.
Dominantibus mauris per ducentos et triginta fere annos et subditam
detinentibus Siciliam: licet ante dictum terapus christiani eam tenuissent:
Ante quos etiam maurorura floruisset imperiura: Et ante ipsos christianj
dominatj fuissent: et per denos satis annos etiam alij barbar] et Infideles
eam possidissent: eorum imperijs titubantibus, et vicissim variantibus per
multa teraporum curricula, usque ad dictum tempus ut deo placuit Sexto
mensis augusti a Virgineo partu [M"^XX° (2)] {sic). Existente [regno (3)] sub
dominio quinque maurorum, quorum principalis Raxis nominabatur : Mes-
sanae [regni capitj (4)] residebat: qui atauromenio usque tindaridura suum
possidebat imperium. Atauromenio Syracusas usque alius regebat: Et
alter a syracusis usque drepanum: Adrepano vero ad panhormum unus alter;
et apanliormo ad pactas alius: licet hj quatuor Raxio praeditto velutj
eorum sumpmo obsequia praestabant.
Nec tacebo inprimis quod tempore quo [regnum(5)] fuit expuynatuin prout
vetusta pandit historia: sola mamertina civitas omnium postrema fuit sub
conditione capta; nara cum acriter diu resistendo pugnasset: et orco
quamquam plurimos misisset mauros: tandem cum praenimia i\sHÌduaque pu-
gna die noctuque virts deficerent: Aguoscensque in cassuvi diu posse resi-
stere: Quippe quia totum regnum iam sub iugo detinebatur: alla neque
spes orat; a quo piura subsidium expectare posse. Sub hoc enim foedere
deditam se fecit, Primo quod vexillum civitatis: quod aurea c:ux in rubeo
campo depitta cernebatur suis alocis non amoveretur; quin ymo ut singuli
eorum bona in pace possiderent: Nani firmissime decreverant potius rar>r-
tem subire: quam vexillum Sancte crucis amitterent et quod tanti ante-
(1) Insulae.
(2) millesimo sexagesirao,
(3) Sicilia.
(4j Manca nelle edizioni.
(5) Sicilia.
12 HISTORIA DE RECUrERATIONE SICILIA
cessomra sanguinis effusione acquisiverant; posteritas ipsa ignominiose
niortis terrore perdidisset : quam induratam pertinatiam cum perspixissent
maurj': his assentire pocius voluoro: quam ambiguam de mamertinis ox-
pectare victoriam: Tali itaque firmato foedero civitatem obtinuere, et
alijs in locis eorum extollentes vexillum; [quod erat in viridi campo quod-
dam nigrum castrum: (l)] Pacifico ex ilio tunc subditam totani insulam
detinuerunt, tyrannidem exercentes; hanc cum et messane exercero vo-
luissent ; praedicti nobiles mamertinj : Ansaldus, Nicolaus, et Jacobinus;
cura haec in animo volutarent, et mutujs suspirijs haoc secum loquerentur;
ut gecretius de hijs melior loquendi daretur facultas: Ditto enini die augu-
sti ad brachiuir. sancti [raynerij (2)] portus civiintis se contulerurit: cuu-
que de civitatis et eorum statu mutuo diversa discurrerent, et tluctuantis
animi procellas fugandi gratia, non sine lacrymarum profluxu plurima
soliloquia facerent; versis oculis ad ipsam civitatem et patriam nobilissi-
mam, considerantes atque in quanta infortunia ipsa civitas erai devoluta
amaris singultibus conquerebantur : Insuper et crudelissimas siculorum
erumnas iugiter memorabant et miscrabantur sed raiserabilitor mamertinae
patriae gloriam, et ipsius tot amplissima privilegia, que multimoda san-
guynis effusione acquisita fuerant amare deplorabant ; cum autem quip-
piam medicaminis tam erumnosao calamitatj minime adhuc excogitare
possent.
Nicolaus cimogla divino suadente spiritu in haec verba primus pro-
ruinpit : Ansaldo de pactis et Jacobine saccano, ea quae modo excogitavi
et referam [ad eo {■))] certe sunt : quia nuncquam in mentcm venissent: Lae-
taminj id circo laetaminj quia jam nobis aperta via est, ad has fugandas
erumnas, pluit super nos gracia divina: Laetamini quia hodie ex inspe-
rato et in merito misertus est nobis et patriao omnipotcns deus; et nostras
intellexit voces, lamontacionos: atque proces exaudivit: Non no audivi-
mus comitem rogorium normandiao ducem Kubertumque [piccardiao (4)]
regem cum sunctissimo papa [scrgio (5)] (sic) niilotum calabriae oppidum
(1) Manca.
(2) jacinti.
(8) Kx Doo.
(4) Apuliac.
(b) Manca.
HI8T0RIA DE RECUPERATIONE SICILIA 13
adventasse ipsuraque comitem strenuissimutn principem esse, etate juve-
nern sed prudentia ac regimine satis maturnm senom, ac super omnia
pijssimum, et ad omne dej servitium promptissimura se semper offerj :
Qui inpresentiarura in ipso mileti oppido ecclesiam mire pulcritudinis ipsi
trinitati dicatam fabricare facit : secure illuc ad cura ambulemus eidemque
animose totani (s/c)trinacriae [regnum (1)J tradamus; hoc onus fideliter hu-
meris nostris inpoiiamus: prò fide primitus Christiana; prò patria; prò
tocius [regni (2)] liberiate assequenda, et prò honore perpetuo mortem
spernamus; et prò tanti negocij expeditione nuUis parcamus laboribus :
et que in mando tenemus cum caris filijs igni exponamus: quid de hoc
sentitis enunciate raihi: et vestras aperite mentes; et quicquid melius con-
sultum erit, et expedierit agendum, et per vos mihi impositum erit: expo-
natis et mandatis; quia quod mandabitis totum exequondum arae fore
lirmiter polliceor.
Quo verba avide saccanus et pactis percipientes. Agnoscentesque
vere esse omnia : et quod rem aggredientes assequi posse finein ; Et quod
opus erat animo: Subito ambo ad coUum se ne nicolaj camoght f.rohi-
cientes^ amplexati et de osculati cum millies fuero : Summo cura gaudio
lacrimis profusis concorditer sic responderunt:
Prater Amantissime istud consilium quod modo aperuisti, vere cogno-
scimus quod a deo ortura est: Id circo deo prius gratias agimus, et tibì
frater quia sic affatim nobis rem tam grandera brevibus conclusisti: tuum-
que santum consilium approbamus et laudamus: et tecum omnes laetanter
prò patria fido libertatequo communi capescenda morj peroptamus; Et
vicissim multoque spacio super hanc rem verba volutantes, viam modum-
que totum subtiliter exquirentes per totum vagati sunt dicm. Demum
civitatem ingressi in secreto amicis sanioris consilij, ac consanguineis
convocatis, omnia uti per eos raciocinata firmataque fuerant ad aperiunt:
Et demum altero quodam die omnes in angulo secretissirae domus seque-
stratj, tanti negocij amplitudinem acutissime pensitantes; ipsis praefatis
de pactis camogla et saccano, ut tanti negocij auctoribus omnium rerum
curam de comuni consensu conmictere decrevere his itaque conclusis :
(1) insulam.
(2) Sioiliae.
14 HISTORIA DE RECUPERATIONE StCILLaE
Sollomnitatem quamdam praestolabantur: quam mauri singulis annjs do-
mibus xij™ tliebus inclusi celebrant: Adveniente autem sollemnitate prae-
ditta; Nobiles viri proprijs vestibus exuti sub simulato indumento, dre-
panum versus ire siraulantes, scaphara quamdam ascenderunt, nocturno-
que tempore calabriae lictus attigerunt inde iter inceptum secundo for-
tunae flatu molientes miletura se contulfirunt: Palacium introgressi ubi
pontifex erat : cuius pedes postquam fuerunt osculati, eos papa qui nam
foreut, cuiusve causa venissent per contatus est: Cuj Ansaldus de pactis
ita respondit: Christiani [greci (1)] siculi sumus ex messana urbe ad co-
mitera Rogeriura legati raissi suraus : Ad haec papa quid nam cura rogorio
vellent diligeuter perquirens : Tale a Nicolao camogla responsum accepit.
Beatissime Pater nosjurojurando ea quorum causa huc iter direximus
explicare nequimus: unum per (s/c) modo sciat: Sanctitas vestra nos prò
augumento christianae fidej huc venisse: Tuae id circo placeat sanctitatj
ut nos comitem rogerium huius rej causa conveniamus, mox tantj negocij
causa te non latebit. Tunc Papa aditum omnem eis liberum patere per-
misit : Illj vero aulam comitis ingressi : Comitem genibus flexis coram
beata virgine orantera invenerunt: quos cum illj pijs .ntueretur oculis,
adventus causain perquirens, et ad verba faciles intontus praebuit aurcs :
Tunc generosi mamertinj verbum priusquam exprimere possent unum ex
nimia cordis abundantia ad multa propalanda continere so non potucrunt,
quin lacrimas per abunde funderent, assiduoque ploratu in tantum comitis
viscera ad pietatem commoverunt, quot his placidissiiuis vei-bis comes sic
eos est allocutus:
Quicumque istis boni virj ac fratres vestris conpulsus lacrimis, ne-
gare non po.ssum, quin vobis non compaciar, et prò quacumque vestra
leticia, quoque remedia praestare promitto atque offero: vetras retinete
lacrimas, et vobis ipsis iam parcite, et ad singultus tempus ne perdatis
amplius, causam et omnia quae vos huc impulit; Socuro enudate. Dato
itaque silentio somotisque lacrimis; lacobinus saccanus ut erat vir prao-
stantia et eloquentia specialis, atque facundus talom oxplicuit legationom.
Nobilts Comes legati sumus mamortinao urbis siciliro ad tuam dostinatj
presentiara, et do tua niirum id modum conli.sa virtute messana civitas
[regnj (2)] siciliao caput; et vetustissima ut cani adjuvaro digneris satis
ri) Manca.
(2) Insulac.
HISTORIA DE KECUPEBATXONE SICILIA 15
orat; nara ut cuntis noturc est per mauros cum [toto regno (1)] subdita
est. Et quod crudelius per ducentos et triginta lere annos christi fides
per [totura regnum (2)] mortua quasi jacet tyrannide impioruni mauro-
rum: Sub cuius in manj imperio tot erumpnis, calamitatibus et doloribus
affrigimur; quae si singulatim rememorare vellemus in satis fanda nostra
esset oratio: satisque longa, tibi molesta, atque tediosa. Praesta auxilium
justa petenLibus; quia hac de causa ad te venimus: Messana te vocat;
Messana te in [regem (3) ] eligit; Messana prò sua nunc libertate, tua-
que corona morj desiderat; ut te victore fides christi exaltetur; Surge
ad adjuvandum; Surge surge christianissime comes, Surge et arma capesse:
[Accelera quia magna cum gaudio Senatus Populusque Messanensis expe-
ctat; ac te videre cupit (4) ] Quia te duce ab impio servitutis jugo se
exonerabit: [Et regnum totum ab inde firmiter recuperabis (5) ] quia in
sola messana tota vis est: Scias et reliquum quod prò tua Victoria et
[ regni (6) latitudine ] primo et prò dej servitio proque christi fido au-
genda sanguinem cura ipsa vita omnes messanenses effundere alacriter
se offerunt, Et jure jurando se obligando promittunt, vires [regias (7) ]
exercere et ut [rex (8)] Messanae occurras; quia ab hodie et perpetuo
Messanenses se deditos obnoxios et mancipatos tibi pollicentur: Ante pe-
des tuos so subiiciunt, per nos ipsos possessionem cape de tua messana:
[et ea mediante tociusregnj sceptrum firmiter et feliciss'ine possidebis, (9) ]
et Signum in [realis (10)] possessionis tuos deosculamur pedes, Et genibus
flexis omnes ante comitis procunibentes pedes cum vellent effective deo-
scularj, rogerius non permisit, Sed manus deosculati eo sunt invito, Et
ad suam redditus orationem, Saccanus ait: Et si prò messana et [regnj
amplitudine, (11)] tua dignitas non curabit: et tot nostris afflictionibus non
( 1) tota Sicilia.
( 2) totam insulam.
( 3) dominum.
( 4) Le edizioni dicono: — Accelera, quia videre te cupit alacriter Mamertina
civitas, summoque gaudio to populus Messanensis expectat.
( 5) totiusque deinde Siciliae potieris.
( 6) Manca nelle edizioni. La forma di tutta la orazione è molto diversa.
( 7) Manca.
( 8) dominus.
( 9) qua mediante totius Trinaciiae insulae victor eris.
fio) cuius verae.
(11) Siciliae libertate.
16 HISTORIA DE RECUPERÀTIONE SICILI-j;
corapatieris; vincat cor tuum ista sancta crux: commoveantur viscera tua
prò sua liberatione et exaltatione: et epectore vexillo sanctae crucis e-
vulso ad haec verba prorupit, hoc signum sanctae crucis est quo tocius
huraani generis redemptio fuit: ea mediante confractis viribus infernj pa-
radisi januae christianis reseratae sunt: In hac pependit ille qui mundum
salvum feciL- in qua et per quam est salus vita et resurrectio nostra:
haec enim sancta crux tuae messanae vexillum est. Et in toto mundo
singulare quod a sacro Archadio costantinopolitano Imperatore eorum
meritis eum obsessum [cefalonha (1)] a suis proditoribus cum liberarunt
messanenses obtinere meruerunt, per crucem liane sanctam quam quo-
tidie pie adoras, conjurat te tua messana ut ad eam in locis sanctis
exaltandani celeriter occurras. Accelera in eius adjutorium: fides christi
fac ut te duco reviviscat et resurgat: his cura lacriniis dictis finem fecit:
Cuj legacionj Rogerius ita brevj loquio respondit : Sit vester adventus
felix legationes vestras cordialj affectu intelleximus: raiserias, erumnas,
atquo calamitates omnes totius insulae moltociens audiviraus, et diu est:
quod nostra penetrarunt viscera; Si adeo haec sunt; deus nobiscura erit,
Et nobis atque vobis aperiet intellectum ad suam sanctam exercendum
{sic) volumtatem; vires atque tribuet victrices ad ianimicuni suao sanctae
fidej expuguandum^ Et penitus asuis sacris locis viriliter fugandum, qua
resp«nsione facta, et singulis legatorum nominibus annotatis, ne aloco
diicederent monuit: Aulam summj pontifìcis ingressus, legatìonem ut ac-
ceperat suae sanctitatj Inpresentia zex cardinalium seriatim rcserat: quin
ymo suam aperit voluntatem qualiter siciliam versus copias classemque
erat dirccturus: prò Christiana fide; et recuperatione trinacriao a mani-
bus maurorum: Praccedentibus prius Consilio, auxilio et suae sanctitatis
largha benedictionc: Quibus sanctissimis verbis per pijssimum pontificom
ita responsus est: Rogori coraes fili benedicte tecum sit deus tuumquo
illuminare dignetur corpus et animani, illaquo(.s'/c)sua divina benedictione be-
nedicat atque sanctiHcet, quantum jocunditatis hac liora susceperim: ut dux
invictissiraus efficiaris ad hanc inimicorum catholice fidej sccptam ox-
pellondam: uc ipsum [sicilisB regnum (2)] ab ipsis immanissimis infìdeli<
bus tot annis sub jugo conculcatum te duco libcrctur: oxplicaro ncqueo:
A me enim prò tanto bono consequondo, quicquid pocioris indubitanter
(1) TessAlonicn.
(2) TrìnaorìAm invulam.
HISTOBIA DE REOUPERATJONB SICILIA 17
consequeris: Et pater onnipotens sit in tuo adjutorio. Et omnis potestas
mihi desuper concessa, super te cadat, cum benedictione patris filij et
spiritus sanctj: hoc unum a te summopere peto: Et quod proniitta.9 in
dej servitio mando: Post |uam divina permittente gratia victoriam fueris
consecutus: insuleque dominatura acceperis dee te obtemperantera exhi-
beas: quod suum est: eidera libenter irapartias; de tota Victoria trinam
portionem efficias: Partem unam in exstruendis ecclesijs, conventibus, ho-
spitalibus, abbatijs; nec non praelatijs ad honorem cultumque divinum
exhibeas: Secundo (stc) militibus tuisqui tecum in hac expeditione praelia-
buntur munificenter impartiatur: Terciam vero tue necessitatj subministra:
et deus erit tecum et in omnibus vijs tuis seraper in tua protectione cora-
morabitur. Ad haec autem Rogerius laelanter motuque proprio jure ju-
rando omnia utj summus pontifex decreverat: confirmavit. Laetus ex bis
pontifex eum benedictionibus replevit: inde impetrata venia discedens.
Ad legatos in aula conimorantes revertitur quibus que cum summo pon-
tifico firmata fuerant pandit. lUj vero hilari vulto omnia pfrcipientes
summopere rogerio congratulabantur: Mox quicquid Erat providendura
seenni deliberant: qua in re latissime ratiocinando vagantur: Tura de modo
tenondj bellandique qua via ordine: Tum et qua comitiva; quibus omni-
bus ad plenum per quam diligenter discussis et examinatis^ legatis sic
est rogerius alloqutus: fratres carissimi finuiter tenete [ hinc ad diem
xv™ (1)] cum divino adjutorio trinachriam versus me iter facturum fl-
denter spero; quinam esset collecta uavigiorum multìtudinem secundum
temporis exigentiam quomodo praestolatur; Comparatoque navali exercitu
prius sub parmis oppido totam classem traijciam: funes ibique solvam :
Vos :nterim ab ipso pontifico acepta benedictione iter capescite; ottoque
dierum spacio consumpto, socios vestros convenite, eisque omnia quae
nobiscum per acta et firmala sunt secretissime exponite, semperque meam
fidem timore fingite; et interim domibus vestris signum crucis affigite
quo tuti esse possitis ab in cursu bellatorum in ingressa civitatis, Sta-
tuto enira die vos aperte interiorj summa vi convixi: nosque ab exteriorj
bellicis instrumentis praeliantes facile victoriam consiquemur bis conclu-
sis ad summum pontificem iveiunt, et accepta laetissime benedictione ad
comitem reversi sunt, ad quera Ansaldus de pactis dixit Rogavimus do
mine: iterumque rogamus ut super omnia advertas ne alatere tuo vexil-
(1) hinc ad paucas dios.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV
18 HISTORIA DE RECUPERATIONE SICILIA
luna sanctae crucis semoveas quousque messanam deo maxime permittente
pervenias; Ibidemque victoriam adeptus nobis illud manibusque proprijs
feliciter in civitate reddas. Accepta itaque promissione, atque licentia co-
mitis impetrata; laeti discedentes rheglum pervenerunt, a quo pyscatoria
cimba tramsvecti messanam applicuerunt.et in domibus occulte quiescentes,
cum amicis omnibus consangyneis et secretissimis viris quae cura gene-
rosissimo comite rogerio fuerant conclusa singulatim aperiunt, modum-
que victoriae consequendae machinantur: Dura haec inter ipsos legatos
et reliquos, civitatis proceres bene examinantur, et discutiuntur: octavus
dies transsigitur: Ecce comitis adventus ubique circumsonat [Papae (1)]
et Rogerij numerosum agmen ad capescendam insulam venturum publice
audiebatur: qua de re ex nimio pavere perteritos satis simulabant ma-
mertinj (uti comes istruxerat) Mauri vero cum animadverterent christia-
nos pertimescere: lubricosas montiura vias atque valliuni ut tutius fuge-
rent quaeritabant, Rogeriua interini per totam calabriam edicto mandare
precepit ut omnes se rhegium usque concoraitarentur; nec mora octo die-
rum spacio Mille et septigentj virj ex inproviso praesto fuerunt; Tunc
Rogerius comes vestem novani cum karactere sanctissime crucis se lae-
tanter induit: Et praecedente vexillo crucis civitatis messanae a legatis
comendato [prius Asummo pontifice, et tocius sanctae romanae ecclesiae
consistorio benedictione accepta, ac omnium suorum peccatorum plenaria
remissione: (2) ] Cum magna omnium jocundìtate favore atque tripudio,
satis ilaris cuntis videntibus ventis vela dedit, Parmam versus iter te-
nens, cuius ad littora cum applicuisset datis anchoris equos circiter du-
centos, quos eo convenire mandaverat, navigijs transvexit: Ac intribus die-
bu8 rhegium venit quo diebus fere xV" commoratus ; quotidie milites
equitesque suos blandiloquio de mulcebat atque exercitabatur: Quibus cum
plurìmum de futura Victoria loqueretur, Tandem mano satis ante dilucu-
lum cum triremibus tribus longo amessana miliarijs se contulit. Dumque
primum a triremis exiliens siculara tollureni voluit primo pedibus apprehen-
derd (sic); raox cohacervatum ceterj milites eum sequntur: ipso tum ro'
gerius vcxillura sanctae crucis civitatis mcssauae manibus stricto tonons
ita suos affatur milites. (Oratio).
(1) Manca
(2) Mancano le paroU ehiutc fra parentm.
HI8T0KIA DE RBCUPERATIONK SICILIA 19
Viri strenuj et spettate fidej vestrura si quis est qui rogerij noraen
amore prosequitur: strenuae {sic) bellaturum hodie se obstendatin manu est
Victoria: quia deus uobiscum est! justam quia fovemns causam : christi
milites sumus, et prò suo servicio huc bellaturj nos venimus • Ecce Sancta
Crux, sola ipsa dux omnium est: ipsam prosequimini et firmiter in ea
sperate; quia cum ipsa vera nostra salus et Victoria, et oculis in celum
sublevatis coram omnibus Reverenter genibus flexis sic oravit.
Pijssime domine jesu cbriste mundi redemptor, qui non spemis paupe-
rum preces : Suscipe queso in digiii famuli tui preces et concede ut fidej
tuae victoriam ad eptus : hoc vexillum Sanctissiniae crucis tuae inqua prò
humani generis redemptione suspendi ac morj dignatus os quam manibus
tcneo in urbe messanae in alciori fastigio domus tuae figere valoam; ut
noraen tuum ubique gentiuni dominetur hjs dictis [jofredum (1)] tocius
exercitus strenuura ducem accersirj jubet mandatque, ut cum classe por-
tum ingrediatur et ipsius civitatis portas atque menia diruat, quia semitas
terrestres occupabit ipse: Cuj jofredus sic respondit: Mi domine invictis-
sime, Conducibilius mihi videtur ut me pedestrem exercitura ducente:
Armata classe festinanter ipsum portum velit tua dignitas occupare; quia
congruum est ut itineris labor Ame suscipiatur praesentia tua enira classis
magis decorabitur magisque omnes perterritj fient: et facilius capienturi
Sic ut nunquam commodiua praeliabimur, quibus voi bis comes rogerius
assentiens triremibus versus portum navigat; jofredus ordinatis aciebus
et militibus equestribus celeriter suum iter peragit, Cum autem ro^ s
[brachium Sanctj raynerij] (2) portus civitatis attigissot: Ita enim vocatur
promontorium illud, havalem exercitum foras eduxit: Ibidemque pedestrem
apparatum aperiens : mamertinae urbis: amenitate nimia laeticia allecta-
batur: In eo enim loco fons uberimus erat aquae: prope quem quaedam
erant furce, in quibub xij™ christiani ob subspectionem proditionis suspensi
videbantur: quod spectaculum rogerius sufferre non potuit; tanta fuit mi-
seratione commotus quin lacrimas emitteret: et suspensorum strage per-
specta, deo vovit, eodem et in loco ad honorem salvatoris suj sanctj
nominis templum edificaturum: Dum haec se in animo volutaret; jofredus
pedestris pugnae dux strenuus advenit, quo adventu viso, subito datis
(1) Goffredura fratrera suum.
(2) insulara Sancti jacinti.
20 HISTORIA DE RECUPERATIONE SICILIA
signis buccinisque pulsis, Momento enim uno marj terraque bellum viriliter
inceptum est : Iiitus messanenses ut rabidi loones quoscunqu'3 maurorum
inveniunt partim trucidant; partimque vero vulneribus affettos orcho aniit-
tunt:(l) Patescunt undique janue maxima fìt ubique strages, ac praoda,
nec cessatur, nec aliquis fuge mauris salvationj locus coucedebatur, in
truculentissimam caedem mamertinj vendicantur : totusque et in hoc exer-
citus maris ac terre crudeliter grassatur. Rogerius vero victoriam tuta in
aspiciens , ut erat natura in afflictis pius atque clemens, miseratione
motus ne ultcrius pevirent quia sat erat in bello in crudelitam; plandis-
sima iraperavit ut vivos caperent, et prò servis quisquam mauros detìneret,
quin etiam per praeconem mandavit ut qui ex illis christiani fieri vellent
vitae ac servitutis impunitatem acquireret, Qua re audita con plures ex
illis aqua baptismatis abluti christiani sunt effetti et duaruni horarum
spacio tota civitas infidelibus spoliata in christì fide ac libertate coru-
scavit dictusque exeroitus ad episcopatus ecclesiam se contulerunt non
sine ingentj totius civitatis tripudio, summaque laeticia deo summo gra-
tias primitus agentes, Postmodum comes tres praedictos equites legatos
ad se accersirj jussit, quos laetanter sic alFatur.
Animosi equites, et onini laude digni quorum causa haec civitas pa-
tria vestra libertatera obtinuit et concedente domino [ totum et siciliae
regnum (2)] a maurorum saevo dominatu liberabitur: Ecce sacrum vexil-
lura Sanctae crucis huius civitatis felicissima insignia; quod mihi in mi-
leto commcndastis; Proprijs manibus huc attui' ut promisi: ipsum vestris
manibus accipite prò arbitrio judicioque vestro ubi vultis collocate, ad
dei summj honorem et huius perennem civitatis landem atque famam.
Qui prefati legatj cum tota messanensium aciae (sic) praenjmia laetitia
collacrimantcs; Deo summo ac rogerio quj eos emanibus impijs liberaverant
gratias ingentes egero et magna omnium cum jubilacione vexillum in
campanili majoris eeclesiae sanctj nicolaj ipsius episcopatus extulere: Inde
vero ad comitcm redeuntes multis plandisquo vcrbis vicissim ultro ci-
troque habiti» non parum temperie transigere; et ex ilio tum mamertinj
rogoriuni ut (regom (3)J aempcr habuerunt: tunc comes rogerius ipsos
(1) In quento luogo ì^ evidente lo «poslamento delle parole — orcbo amittunt —
che è corretto nelle edizioni.
(2) tota insula Siciliae.
(8) dominuin.
HISTORIA DE KECUPERATlONfi SlClLIiG 21
praefatos equites mamertinos plurimis muneribus munificenter donavit,
ceterisque militibus suis et civitati esse parem munifìcentìam ostendit:
Mox pacato civitatis statu; Rebusque omnibus compositis auxiliantibus
copijs et messanensium comitiva [totum regnum (1)] paulatim in suam
redegit potestatem: et ubique pace conposita quod cura summo Pontifice
de tripacienda (sic) Victoria, una ecclesijs, militibus altera, et sibi tercia
juxta votum quod promiserat humanissime adinplevit hanc felicissiraam
victoriam obtinuit Comes cura annorura esset [viginti triura (2)]
deo duce
[Nerius honofrius scriptor Sit deraonum vittor (3)]
aquilonius
Amen.
(1) totam insulam
(2) XXIX.
(3) Manca tutta la sottoscrizione.
MISCELLANEA
DELLE EPIGRAFI GRECHE
DI
GIORGIO AMMIRAGLIO
DELLA MADKE E DELLA CONSORTE
Nella storia della paleografia egli è un caso ben strano e da se-
gnalarsi quello di trovare non solo gli autori di alcune epigrafi scolpite
in marmo od in altra solida materia; ma benanche le minute o bozze
che ne preparò il compositore. E questo caso singolare ora ci si pre-
senta in talune epigrafi della celebre chiesa della Martorana di Paler-
mo.— Che più ? Mentre le iscrizioni marmoree andaron perdute, ed appena
qualche brano ci fu licuperato dal Prof. Salinas e ricoverato nel Museo,
abbiamo invece integre le bozze che servirono di testo all'incisione.
Di queste minute, diremole così , delle epigrafi ora ci occuperemo ,
rilevandone l'importanza, il testo, l'autore, e il confronto co' frammenti
lapidei. Non ci occuperemo della parte storica delle medesimo; giacché
n"ìt ~olo di questa trattarono valenti scrittori siculi, ma di tali docu-
menti ci attendiamo con ragione un' ampia e precisa trattazione dalla
perizia del eh. Salinas.
Per quel che riguarda il nostro compito possiamo anche aggiungere
ch'egli ci darà a fac-simile eziandio i frammenti che raccolse delle epi-
grafi marmoree; e così non ci distenderemo a dir nulla della lorj de-
scrizione, e ragione di scrittura, e disposizione, bm contenti di solo ri-
portarne gli elementi alfabetici a confronto del testo dallo nostre mi-
nute. £ ciò facciamo molto più volentieri perchè, mentre i versi dello
bozze sono scritti sulla pergamena a due a duo nella stessa linea quasi
doppi senarii, quelli dello tavolo marmoree poi son scritti tutti di seguito
diutingueadosi i versi con solo alcuni punti, come si potrà veder ne' fuc-
simili.
Por una pur strana coincidenza troviamo che la monibnma , su cui
il poeta foco la sua composizionu, altro non ò che la retro-pagina della
membrana ove Costantino prete greco scrisse e sottoscrisse anch' egli
l'atto di compra di alcuno case prossimo alla Martorana modcsima , o
MISCELLANEA 23
del quale abbiamrao scritto qualche cosa a parte. Or bene Costantino
nel contratto dice averlo egli stesso scritto èypx^ri v^ upoxpoTT^ xo^
Upwxàxoi» upioTOTiàTia uéXew; Xlavópiiou xup BaocXeiou Xeipl xwvoxav-
Ttvou eòxeXoOg fepéws. Scriptum est iussu domini BasiUi sacratis.simi
protopapae urbis Panarmi manu Constantini humilis sacerdotis; e quindi
egli stesso si sottoscrive f xwvoxavtTvo; eùisXTjS Jepeù? [iàpxu^ ÓTceypa-
<\)cc. Constantimis humilis sacerdos testis subscripsi. L'identità della cal-
ligrafia anche ne' versi della retropagina^ ci persuade ch'egli ne sia l'au-
tore, giacché dal comando stesso avuto dal suo protopapa od arciprete,
di stender l'atto, che non ha le troppo frequenti sgrammaticature pro-
prie di siffatti documenti, ci apparisce come la persona più colta e let-
terata di quel clero, alla quale si deferiva come questa così altre com-
missioni di scriver le cose che doveano esser di pubblica ragione e do-
vean servire per la posterità.
Che lo scrittore di quei versi non fosse un copiatore dalle già esi-
stenti epigrafi marmoree , cel persuade il modo di scriverli a linea di
versi; e di più le correzioni, cancellature e pentimenti: e (dirò di più)
anche gli errori di iotacismi specialmente scorsi dalla penna di un ve-
lociter scribentis, il quale non avea altro in mira che fermar colla scrit-
tura il concetto e il verbo che gli fluiva nella composizione, riserban-
dosi poi, come pur fece, ad emendare e ripulire la sua scrittura prima
di consegnarla al quadratario , il quale dovea inciderla sulla pietra , e
pel quale forse preparò un migliore esemplare calligrafico.
Benché tutto ciò sia bastante a provarci che Costantino scrisse
quelle bozze di epigrafi^ pure sottilmente investigando troviamo altri ar-
gomenti sulla medesima membrana. Ed infatti nella parte della retro-pa-
gina non occupata dai sudetti versi senarii, ci rimangono le vestigia di
prova di un sonarlo, il quale sembra appartenere ad altro soggetto che
non è delle nostre epigrafi leggendovisi:
xwv Yp*|JL[i.a'cwà)V (xXÉOi;) àvSpwv xXso?
ove la prima volta xXéog fu cancellato con obolo. Ci venne alla mente,
ma senza altro fondamento , che potesse esser stato fatto per qualche
letterato, come era allora Nilo Doxopatrio : quel medesimo che si vede
sottoscritto con Costantino al documento della stessa pergamena. E qui
sostituendo il nome velXoi; alla cancellata parola xXéog avrebbe avuto
Costantino il suo verso senario dodecasillabo.
24 MISCELLANEA
Per la formazione di siffatti versi, con istranissiraa coincidenza lo stesso
Costantino scrisse i suoi canoni prosodiaci nel rovescio di questa mede-
sima membrana, il qual rovescio sembra essergli allora servito per tavola
di appunti.
Queste regole prosodiache dettate pur elle in versi formeranno og-
getto di speciale curiosità agli eruditi, e lo saranno anche di maravi-
glia per trovarsi in questa pergamena, divenuta così inisperata miniera
di tante varietà letterarie.
Li riproduciamo subito con lettura sciolta da nessi e con le debite
norme ortografiche. JNella prima colonna si ha:
IIpfiiTOv jAàv ouv xal xpciov r] 7c£(itct(ìv nòta. (1)
Taii^ov ri oTùovSaìov eOipÉTit^é 7:01 (2)
Xotuòv GXoiXi^B, xal aiiXcug bloug (3) ypà^e (4)
Nell'altro poi vediamo
...Ss'jxepov (5) xal Tixaptov à^cws (6) uàXcv
ta[i^ov àTrXoOv (7) sìacpépwv àTtapitaet? (8)
IxTog S'tà[iP(p xépTiexai xóa|iov ^épwv
xal TiuppuXt'w xoO xà(XXous xon)tj;Gu (9) cpépei.
(1) Gli accenti acuti hanno forma di accenti gravi in queste due ultime pa-
role ed in altre nel seguito.
(2) L'accento acuto sulla penultima sillaba eùxpéni^é mostra che il noi sia
enclitica. Alla seconda sillaba di sùxpsni^é non apparisce l'accento.
(3) Non potremo accertare la lettura di questa parola scritta in nesso , e
molto svanita. Poti ebbe sembrare oXonz ovvero aXXoug od altro.
(4) Un'ultima lettera 0 poteva essere aggiunta per congettura, ma non apparisce.
Anche senza questa il "((•i'is dà moglior ser so; come esige l'acci-ntnazione.
(5) Qui un ià in nesso sembra cancellato dalla stessa mano ; ma ciò nella
revisione, avendo pur cancellato x6v prima di Seùxspov per ridurre il verso do-
decasillabo. Si può credere che quando furon posti gli anzidetti monosillabi, il
verso non avesse l'ultima parola nacXiv. Tutto ciò indurrebbe a credere che lo
•teMO Costantino fosse non pur lo scrittore, ma l'autore di queste regole pro-
■odÌAche.
(6) Ci sembrò cosi doversi leggero questa parola scritta col nesso 0 col cir-
oooflewc sul fino, anche per riguardo al dodecasillabo.
(7) Non apparisco lo spirito aspro in anXoOv.
(6) Sembra Hcritto dnapTr^oi;.
(9) Mettemmo tra parentesi lo lotterò elio fiinm piuttosto congetturato cho
lette.
MISCELLANEA 25
Così potrebbe rendersi latinamente secondo alcune congetture che ci par-
vero plausibili, ma che posson modificarsi con una più accertata lettura;
Bene quidem igitur comjwnas pedem primum et terfium et quintum ex
jamho v^ spondaeo: hoc fere modo praeterea versus et scribas {omnes) —
Perfectiores autetn parahis rum rursiis attendas apponere simplices iambos
in secando et quarto pede—Sextus vero gaudet iamho, etiarn cuni pyrrichio
adducens adducit ornamentum elegantis venustatis —
Dopo le esposte cose veniamo a trattar parti tamente dei tre cpitafi
del prete Costantino, il quale sembra potersi rivendicare un posto non
ignobile tra gli scrittori del suo tempo. Questi epitatì ora li daremo
quali ci vengono conservati nella feconda nostra membrana originale, ap-
ponendovi quelle osservazioni e varietà che ci danno i frammenti e le
precedenti edizioni.
E per cominciar da quello che si presenta pel primo nella membrana
abbiamo a bella prima da notare che ne manca nella pergamena il titolo
ed i primi due versi andati perduti dal ritaglio fatto di quella estre-
mità che cominciando capovolta riguardo al documento della compra ,
tolse a questo almeno due firme di cui rimase appena qualche estremi-
tà (1); come qui pure attentamente osservando si vede qualche estremità
di tratti di penna di una scrittura tagliata colla membrana. Questi due
versi esistevano quando il Buscemi lesse la nostra membrana, e furon
riportati nell'edizione del 1839. Appendix ad Tahularium Reg. ac. Imper.
Cappeìlae D. Fetri in regio Palatio Panhonnitano curis Nicolai Buscemi.
Da questa li togliamo e li riportiamo al suo luogo, ma chiusi tra
parentesi come quelli che più non sono nella nostra pergamena, aggiun-
gendovi gli accenti e spiriti, mancanti nella stampa:
1 (T7]V sOxuXwi; isxoOaav àvopa y^vvàSa)
(rswpYtov upwxcoTov àpXóvitov 5X(i)v)
o£[iv)jv (lovaXV e^'^s^'j ^£o5o'jXt]v
6 lid-OQ ouzoq aJYXoXuTcxet X(Tj xàcpti)
(1) Vedi ciò che avvertiamo nel parlare delle firme del documento che sopra
la retro-pagina ha scritto il nostro Costantino.
26 MISCELLANEA
5 •8'avoOaav èv '{iipai tw ^aO-uiàTfo,
6 5' ^avouàptos (1) eiX^v f^ixlpav
T^v èoXàrrjv xe xal xeXeutai'av [ìóvyjv
JvSixTiwv (2) 5' ÓTif^pXev •i^ Tp:xY] xóxs
liou; 5iV;:7t£'jovTO^ à-vcpt^saiàxco;
10 Tiapaopajiouawv X^X-^tSwv (3) é^àSwv,
xal xwv (4) aùv aOxali; é^axoacwv 6X(i)v
X£aaapaxoax((J[)v) abv èySoàSt TcàXcv.
xal Xo'j; |i£V aOxrjv (5) èvO-àSe xpuTixsL xà^o^
TTjV 5à ?{>uX>]V «^Épouoiv àyYÉXwv X£-p£S
15 v'j(A(frjv à|ia)|xov à^iav xw SeaTcóxTTj
Tw vu(i^a(Ya))Y(ì) xal xaO-apto vu[xcpc(()'
xal vùv X(i>pe'J£tv (7) vu[jicp:x(JÌ)i; èaxaXfxévY)
xal xtòv (8) O-sl'xòJv àxxivwv 7i;£7tXir)a[xévr]
20 xal xoXq xaXols (9) fiTiaatv (i)pat,o|xÉV7j
à> S'fiÒTCpóotxo; Tiplap:^ uTièp xwv xéxvwv
Xcxàg TtpoaàyEt X(p 0£(T) uappr^atav (10).
" Questa pietra ricuopre nel sepolcro colei che felicemente fu madre
• al forte Giorgio, veneranda solitaria, pia Teodula trapassata in gra-
• vissima età. E ciò fu il dì tiltimo di gennaio alla terza indizione es-
• sendo passate sei migliaia e sei centinaia di anni intieri e di più anni
" quarantotto. Qui il sepolcro nasconde le sue ceneri; ma le mani degli
■ angeli portano in alto colei che fu sposa immacolata al Signore, duce
(1) Buscemi ha malamente 8e lavouapio; accresceudo una sillaba al verso.
(2) Nella ediz. del Buscemi male IvSixtiov.
(3) Nota il BuHcemi che presso il Gualtero non fu bone rifoiito il verso
(4) Male nella stunipa siid-Jctta excov invoco di vai twv o poi ouv auxoig.
(ft) Uusccmi nota che il Gualtero scrisse x^^g |iev a'mrjj.
(6) Male nella membrana \\)\i'fayib.
(7) Buscemi nota chu il Gualtero ha x<^Pbuo>ic*
(8) Nella stampa del Buscemi malo xov.
(9) Nella stampa xaXXoic.
(IO) Il Buscemi nappTjaKoc, il Gualtero nappvjoia.
MISCELLANEA 27
" delle spose, ed egli stesso purissimo sposo. Ed ora fu intromessa a fé-
'asteggiare nelle eterne nozze, tutta adorna del manto delle virtù ed ir-
' radiata dai fulgori divini e decorata di ogni bellezza. — 0 tu ben ac-
" celta interceditrice, va a porgere coti fiducia le tue preghiere a Dio per
" i figli- y,
Noteremo che dicendosi [lova/j^v sembra che nella vedovanza la vec-
chia madre di Giorgio si fosse consacrata a Dio , e che il suo nome
fosse Teodula, o serva di Dio : nome che può aver preso dopo questa
consecrazione; come il suo sposo fu detto Cristodulo-, mentre alcuni vo-
gliono che fosse detta Nimfa (1). Egli è pur vero che il nostro poeta
secondo l'andazzo dei tempi giuoca su questo nome nei versi 15, 16, 17.
La data della morte di lei è fissata al 31 gennaio doli' anno 6648
del mondo, che corrisponderebbe al 1140 dell'era volgare.
Finalmente osserviamo che ancora si conserva un piccolissimo brano
di quel marmo che copriva il sepolcro ed è nel Museo Nazionale di Palermo
al numero 394 ove se ne vedon le lettere qui poste in caratteri maiuscoli :
(1) Sarà pur bene riferirò quanto scrisse in proposito il tìuscemi nell'opera
citata , pag. 12 , dopo parlato del diploma. " A tergo huius diplomatis legero
" mihi contigit epitaphia celeberrimi Georgii ammirati, eius matris Nyinphae et
* uxoris Irenes. Propter litteraruni evanescentiam et scripturae rationem pluri-
" mum iusudavi antequaui ad rectam epigrammatum e.xpositioneni devenirem.
" Viri docti qui ante me hanc monibranara vel exscribere vel edere aggressi
" sunt , difficultatibus deterriti aut incaeptum opus ad umbelicura perducere
" spem omneni reicierunt, aut rem numquam tentarimt. Forma litterarura sae-
" culi XII, et liturae quae non semel occurruut , demonstrant, ni fallor, aucto-
" reni ipsum couscripsisso primura in membrana nostra tria illa epitaphia. Nos
* ordine, quo in autographo sunt, exponemus. Primum obtinet locum illud Nym-
" phae, olim in ecclesia S. Philippi , quae extabat ubi nane domus Professa
* Soc. Jesu est, marmoro conscriptum, et e schedis Alphonsi Roisii a Gualthero
' editum. Innumcris erroribus castigatis, et aliquando integris versibus restitu-
" tis, in mcliorem formam nunc prodit cum nova versione. Secundo occurrit
" Georgii epitaphiura, quod e schedis meis claris : Dux Serradifaico nuper in
" luccm emisit, a me italico ad verbum redditum; nunc vero in latinam linguara
" versum publici iuris facimus. Tertio venit epigramma sepulchro Nymphae
" (leggi correggendo Ikene) inipositum cuius pars edidit idem Gualtherus ex
* mannore olim in Maturanensis templi pavimento condito ; nunc integrius
" prodit, multis erroribus , quibus editi versus scatebant, emendati» et noviter
" addita latina interpretatione = Così il Busceini.,
28 MISCELLANEA
7r£7iÀrja[ji£NH : KAt ioti;...
Tipeo^S ur.£p TQNTEKNQN : AITa^ Tcpoaay...
E questi frammenti , come si vede corrispondono ai versi 19, 20,
21, 22.
Del resto appena sembra necessario accennare alcuno correzioni or-
tografiche od anche variazioni fatte dallo stesso scrittore nella sua mi-
nuta. Così al verso 5 fu fatta un' emendazione in yr^^oiC, ove forse prima
fu scritto yrjpaxt. Al v. 8 prima fu scritto tixcpXsv. Al v. b oirinK. Ai
vv. 10 e 11 lo spirito tenue non fu corretto in è^a5 ed l^ax. Al v. 15
vu|JL!ftv e SeaTtóf., Al v. 13 pare corretto Xo^<^, "^* sembra migliore la
prima dicitura Xo^v. Al v. 16 non fu emendato voji9a(Ya))Yw che pure
era necessario pel numero delle sillabe. Il v. 20 è interamente aggiunto
dalla stessa mano, dopo scritti i versi seguenti. Al v. 20 prima fu scritto
TTpéapr^;. Al v. 22 prima Tz^ooa.-(ri e dipoi upoGayet. Infine è scritto
chiaramente zappyjacav.
Compiute le osservazioni suU'epitafio della madre di Giorgio, venia-
mo a quello di Giorgio stesso che segue nella membrana col titolo.
"Etepov àc, TÒv xxcpov xoO àjjurjpà FewpYw'ou. Un altro pel sepolcro del-
l'ammiraglio Giorgio, e quindi i versi
1 Kal v.g xoaoDxov oxX'r]p6xaxos xy]V rpóoiv
7C£pt«|;i)Xpàv (1) xà OTcXàyXva XaXxEuaaj cpXo-^l
a); \iìri (2) Xt^àSai; èxx£va)oi(j Saxpówv
èv x^ xoaauxY) ouiJKfopà? 7i£piaxàa£c;
5 6 TcavuTCpaÉ^aaxos ex xf^^ à^i(xq
b xaYixatàpXTj? '(f^Q 6 Xafxupòs cpwo^ópoi;
xò czTZzby è|X'fux£i){ia (3) xfj? AvxióXou,
xò XEpTCvòv àyXàl'aiia xwv éaTC£p{a)v,
Yetópyto; xò Oa'j|ia xfjg oJxouiiévYj*;,
(1) Btucemi legge ntpi (f^XP^^ ^^ ÌQ fico del verso (pXofa.
(2) Bascemi (ilv elio non dà senso.
(8) Bascemi •vfUTtuixa.
MISCELLANEA 29
10 9waT)]p (1) 6 Xà|jn|>as Xp^'^^avwv ko y^vei,
TtpTjaxYjp ó cpXé^ai; ^appàpojv T^Xsfaxa? TióXecg,
yf^; xal OaXàaTyjg èYxatàaXwv xò xpàxog
waTiep xspauvòs èxxécppwv èv àvopsia
Xt(xrjV óxor/05 xwv 7i;£ptaxaxou[Ji£V(i)v
15 5txa'.aoauvir]? àpp£7i:r]5 ^uy^'^^''^»
uàatv u TràpX^v à^O-ovo^ Xop^lTÉ'cri;,
PaatXéws 6 XòyyoQ ii ^u(xrj5''a (2)
6 xtjxto; jxàpYapti; (3) aOxoO xoO axicpou;
xaX'j7:x£xat (ffiO Xàpvaxt vOv XtO-£'//ir].
20 xal vEXp^^s, oT|X|iot, «fàvexat (4) Tcap' iXTiiSa.
àXX'w Ppoxwv awxetpa, p'/XTjp xoO Xóyou,
SÉXow xóvoE Tipo; [iovà? oOpavtou;
tì-avóvxa xal xatpÉvxa 7:pò; xoj ao) Sójxw.
lEXtXwaxoO upo7iap£X6óvxoi; Xpóvou
25 Taotg S' ixaxovxiatv TjpiO-jiTrjjjiévo'j
xal abv Slxa Tievxàot (5) Ivvàoc iióvr).
TéXo;
" Chi evvi di natura cotanto gelida e che alVardore faccia divenir di
* bronzo le viscere, il quale non versi rivi di lacrime in questa contin-
* gema di tanta acerbità ? Colui eh! è per dignità Panipersebasta (in
" tutto più che Cesare) principe dell' esercito , e splendido lucifero della
* terra, il venerando germe della città di Antioco, la dolce delizia degli
" occidimtali, la maraviglia del mondo , Giorgio , luminare che irraggia
* il cristianesimo , fulmine che incendia tante città dei barbari , e come
" folgore le incenerisce nella sua forza, che tutto tiene in mano il potere
" della terra e del mare. Colui che è quasi il porto per i travagliati, e
(1) Buscemi 9(05 TjpoXaiitJ'as malamente e che traduce Lux amtce-splendens.
(2) Buscemi ..Xuxvog jiev r/0't5ta e traduce., lucerna equidem at privatim contro
la scrittura originale.
(3) Buscemi leggo male fiapyapos ou toutou ^o-^o'ìz e traduce unto non unius
obscUritatis; tutto ciò è anche contro la chiara scrittura originale, che si dà nel
testo.
(4) Buscemi nota con asterisco *9evsxat, ma l'originale ha cpdveTai.
(5) Buscemi xai ouv 8sxa Jisvxeoi evvaSi (iovt) e tradusse : Et eum decem qui-
nariis nona unitate.
30 MISCELLANEA
• della giusUzii quasi Vequilibre stadera, ed a tutti il distrihutor di beni
• senza invidia. Colui che è il luminare e la gioia del principe, e la jyre-
" ziosa gemma dello stesso diadema di lui, ahimè ! ora è nascosto entro
• un' urna marmorea. Oh Dio ! ci apparisce cadavere contro ogni spe-
' rama. 0 tu madre del Verbo, che sei la salute dei mortali, tu lo ac-
" cogli nelle celesti mansioni essendo morto e sepolto presso la tua casa
• d pò compiuto Vanno sei millesimo e quello di eguali centinaia seicen-
• tesimo insieme congiunto con dieci cinquine ad un novenario {6659). „
Veniamo ora ad accennare alcune osservazioni sul nostro testo preso
dalla pergamena, ove lo stesso titolo che sembra un verso senario, mostra
la serie dei lavori dell'autore. Ivi leggesi piuttosto ajiTjpà che a|jirjpou.
Al V. 1 si vede superiormente aggiunto un èartv che non fa parte
del verso stesso, in cui è sottinteso. Ivi prima fu scritto xòao'jx e poi
cancellato il primo accento. Al v. 3 prima étc. {il e dipoi w? |X7] e così
£Xxev(i)oet di seconda cura. V. 4 sv xi xoaauxr] senza emendazione. V. 5
nella parola TiàvuTispaépaaxo; lo stesso scrittore cancellò il primo ac-
cento e lo spirito. Di questo nome di dignità bizantina parla anche il
Geor. Codinus, come di titolo senza speciale attribuzione. V. 7 prima si vede
scritto xo) o£7t;xw. Al v. 9 prima xw e poi xò. V. 10 prima ò (4), poi 6
V. 11 Tcptaxip e quindi TiX'.axai; e poi emendato. Al v. 13 si scrivo
avopta senza emendazione. V. 14 Xcjxcv senza emendazione. V. 16 fu
cancellato UTiapXwv e sopraposto (paveig che senz'altro non sarebbe suf-
ficiente pel dodecasillabo. In fine del verso non bene Xwpiylxc?. V. 17
prima i poi 6, Non così in r^. E la seguente parola 0c{jit5ca non ha lo
debite correzioni. V. 18 è senza emendazione — quindi il nome servile
di bassa lega liapyapt; invece di [iapyapóxtc;. V. 19 xaXtKxexs fu poi
emendato; ed infine pure X^jO-tvir) — V. 21 owxt'pa fu emendato. — V. 22
così scritto oupavocoui;. Al v. 25 5' ex senza emendazione. — Riguardo
alla data si veggan gli storici del tempo (Amari St. dei Musulmani).
A queste osservazioni dobbiamo aggiungere che questa dicitura som
bra tuttaffatto della stossa mano che scri.sso la proghiera in giambi se-
pari posta nel mosaico ancora conservato alla Martorana, nel quale viene
effigiato il nostro Giorgio appio della Vergine, mentre questa lo racco-
manda al Cristo che vodesi in alto od a cui essa fa questa proghiera....
A06X0U ^irpii oou rewpyfou (xoO) àjirjfpà)
Preghiera del tuo servo Giorgio l'ammiraglio
MISCELLANEA 31
e nello scritto in mano della Vergine
-J- TÒv èx pxO-pwv oeijjtavxa tóvSs |ìòv 5Ó|jlov
ytóì^^io"/ Tcpo'niaxov àpXóviwv SXwv
xéxvov (fuXXàxToi; TcavyEvel Tiàorjs pXà§r^;
véfioci; xe x^v Xuxpwatv ànapxTjixàxwv
-|- 0 Figlio e Verbo, custodisci in offrii guisa da ogni danno Gior-
gio il principalissimo dei principi il quale dai fondamenti eresse questo
mio tempio; e concedi la remissione dei peccati, giacché tu solo come Dio
hai il potere.
Nel titolo che è posto al disotto in nero sopra fondo d'oro del mo-
saico, corrispondente sulla figura di Giorgio le ultime lettere sono al-
quanto guaste ; ma dai residui pare si possa leggere à|Jirjpà ovvero
à[iY]pà5os.
La Vergine che fa a proprio nome la bella preghiera sostiene colla
sinistra il pittacio a forma di carta bianca con lettere nere.
La scrittura è correttissima anche nelle sigle , negli spiriti e negli
accenti. Osserviamo la trattina obliqua sul nome di Giorgio , indicante
nome proprio. La parola TtavYevet non è scritta zoyyev ed infine
l'accento sembra sia circonflesso e non grave, come dovrebbe esser più
ordinariamente.
Il terzo epitafio porta questo titolo Sxspov eì; xòv (1) xà'^ov xf^j yu-
vatxòi; aùxoO xup''ag Epif^vr;;. Altro pel sepolcro della consorte dì lui
donna Irene e prosegue :
1 xal X''; xoaoOxov xpaxepò; (2) xr]V xapSiav
(hi xoOxsv Xi9ov ÌTZiÒf^ |i^ 5axp6aag (3);
T^v Ttdtvxtjiov yàp Ix pfou xal xoO y^voug
xwv Y^vatxwv Tiavaó^wv ya\itxG)c, 5X(i)v
(1) Il Buscemi lascia il tòv nel titolo.
(2) Buscemi xapTepo^.
(3) Buscemi scrive ws x.. TtapsXd-... 0;. nev 8apxuoa{. Ma però meglio leg-
gendo la pergamena, e coU'aiuto dei frammenti marmorei possiamo restituirlo
integro e meglio. Lo stesso è a dire del verso 4.
32 MISCELLANEA
5 XajjLTrpàv e:pT^,vrjv (1) auS^uyov Ye(ji)pY''oi),
xo'j rajiaócpo'j àpXovio;, àpXóvxwv 5Xa)V
xò a£|jLvòv f^O-o?, xòv 7ioXóx:|iov Xi9ov
[iixpòs Xi%'OQ i^sO ODYxaXuTcxec xw xàcpw
àX)và t{>i)XV' cplpouatv àyYsXtóv X^^ps?
1(1 . (ó; àpexwv eaoTixpov, w^ •9-sTov xuttov,
xal XoOv [lèv aòxòv (2) laXev èuxeX^ji; xàcpo;
y.al Xo'J? |Jt^v aòx^(;, (3) ó)c, 6pàs, IXet xàcpov
irf^rtfìioq (4) 5p7iuca XaXsTóoO (5) tzòz\ìo\)
àwpov àqjTjpTtx^ev w oetvoù (6), tzóiBqc;
15 xal Xo'J5 |X£V auxfj<; xpuTixexai v5v xw xàcp^
x'èvxauBa auv£xpi)(]jev ós vl^^og Xc'Gog
xòv èv Y^va:qlv Xa[X7rpòv aXXov cpwacpópov
xrjv [làXXov àaxpà'-jjaaav (7) àvO'paxoXi'Qou
XTjV xaxàxoanov àpexwv xaìi; lòica^,
20 xòv eÙYevoOg 5p7:r;xa SsvSpou xal xXàSov
eìpr^vtxòv ^r^aaaav eipTjVYjv ^tov
ii)v Y^^tAsxyjv saXrjXEv uaii^aeaxàxyjv
Y^^^pyto^ cppóvYjat^ (8) àxpa xal yipoQ
àpXoyuYMy ^nocxoq 5pX(ov xoYjiàxwv,
25 ^ (9) upalwv wxrjoev y^i^ 0)5 etpYjvrj
àel Xwp£'JO)v Tipòi; (xovài; oOpavioji;
Tilog
• ^ c/«' eptt tanto duro di cuore che miri senza lacrime questo mar-
■ ma ? Giacché una piccola pietra, ahimè ! ricuopre nel sepolcro colei che
(1) Buscemi Hpr^vrjv.
(2) Buscemi auir^c contro l'originale.
(3) Buscemi auxv)v contro l'orìginulo.
(4j Buscemi coll'orig. non emondato ai:pvYjòt()jg, 0 cosi apTiua..
(5) Buscemi •/i'xXtK-^ contro l'uriginiile.
(6j Buscemi (oStivou unendo due parole.
(7) Buscemi aoxpa-faoav per errore.
(8) Buscomi 9p(0VT]atc.
(9) Buscemi xac contro l'originato.
MISCELLÀNEA 33
* per venerandi costumi fu più che preziosa gemma, tutta veneranda per
" stirpe e per vita, tra tutte le donne e le consorti sapientemente illustre:
" Irene, moglie di Giorgio, il saggio principe di tutti i principi. Ed ora
" mentre le ceneri di lei son racchiude nella tomba, le mani degli angeli
" ne trasportano l' anima divenuta specchio di ogni virtù e quale tipo
'^divino. Un'umile tomba racchiude la sua salma, e il cadavere abita
" questo tumulo che vedi, dopoché un morbo, ahimè! terribile come improv-
" visa arpia, rapì queW immatura con troppo crudel sorte. E il marmo
" come una nube qui ci coverse costei, che sembrava quasi la stella matutina
* in tra le donne, e che splendeva più che ira le gemme V antracio, es-
" sendo adorna di ogni specie di virtù : che fu un albero nobile per radice
" e per rami. Irene, che menava pacificamente la vita fu illustrissima
* consorte a quel Giorgio, alta dignità ed alfa incute, duce dei capitani,
" principe dell' esercito. Cei tamente come Irene (pac ) egli andò ad a-
* bitar la terra dei pacifici sempre esultando nelle celesti mansioni.
I piccoli frammenti dell'antica scrittura di questa epigrafe marmorea
conservati nel museo di Palermo giovaron non poco ad assicurare varie
lezioni , e così potemmo dare un testo miglior dì quello dato dal Bu-
scemi. Al verso 1 abbiam la finale lAN — ^ Al 3 sulla fine KAl TOV
YevOu? -Al v. 4 nANCOOQS - Al 7 SEMNON H0OS TON IIOAuxi
MON AI0O — Ivi nella pergamena prima si scrisse f^G... Al 9 la per-
gamena xptTttex.. senza emend. — Al v. 8 IITEI TQ TAOQ ;
Pel 9 KAI XOYi: e poi MEN AYTHS-Al v. 10 aAAA ^YXtjv $E-
POYIjI... Al v. 11 nella perg. apetwv ebbe emendazione. In fine eutsX
HS TAcpO(; — Al v. 12 la perg. ecpvr^Sicos 5p7ii)a invece di a{cpvY,5tO(;
(XpTcuia con quattro varietà — Al v. 16 ouvexpuWEN... e poi veOEI —
Al V. 17 cpQSOJOPON — Del 18 è la fine XtOOY : Del 19 il principio
TIIN KAxaxoaiJi.. La perg. ha correzioni in ..X(OV zcac, et... Del 20 ..eY-
rENOYIl^ "OPTirjxa — Nel 21 la perg. prima scrisse £iprjvr]7.. ed etptvr].
Il marmo ZH2:A2:AN - Del 27 uajjicpaESTATHS i Del v. 2:3 la perg.
in fine scrive y^poS per "^i^ccc, come emendò anche Buscemi — Del 24
il marmo ci dà "YIIATOS APXwv — Nel 25 la prima lettera è chiara-
mente 7) particella. Dipoi si vede yf^v emendato da y^v - Al v 26 Xw-
peuwv è ben chiaro nella pergamena; laonde i due ultimi versi debbono,
a cagione di quel participio maschile, attribuirsi soltanto a Giorgio.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV 3
34 MISCELLANEA
Ecco COSÌ prodotte le osservazioni e le reintegrazioni di questi tre
epitafi col nuovo sussidio di frammenti marmorei, di qualcuno de' quali
altro non restò che l'impressione lasciata dalle lettere sulla calce alla quale
era stato murato il frammento marmoreo stesso. Quell'impressione rovescia
fu accuratamente e saggiamente fatta riprodurre in gesso dal eh. Prof. Sa-
linas, e così ci venne a rendere l'epigrafe del marmo che pure andò
perduto. Speriamo che di tutti questi resti egli ci darà belle riprodu-
zioni nell'aspettato suo lavoro sulla Martorana. Intanto non sera inutile
l'aver noi studiate le minute dell'autore di quell'epigrafi, che sembra esser
il prete Costantino. Che anzi portiamo opinione ch'egli pure sia l'autore
delle altre epigrafi nobilissime che furon poste a suo tempo ad adornare
il magnifico Tempio della Martorana, e forse di altre più dell'epoca. Ma su
di ciò attendiamo il più autorevole giudizio dei dotti scrittori siculi, cui
invitiamo a ricercar altri frammenti di tali epigrafi, e se fosse possibile
l'epitafio del dotto Nilo Doxopatrio , di cui sopra demmo un cenno , e
così procureranno un manipolo di scritti da attribuirsi con sicurezza al no-
stro Costantino prete greco della Martorana.
Roma dalla Biblioteca Vaticana 20 Novembre 1889.
Giuseppe Cozza-Luzi
DEL TESTAMENTO
DELL'ABATE FONDATORE DT DEMENNA
Gregorio abate e fondatore dell'abazia basiliana di S. Filippo di Fra-
galà ci lasciò due bei monumenti storici nelle due redazioni del suo te-
stamento. La pergamena originale della prima e più prolissa si conserva
nell'Archivio di Stato a Palermo, e fu più volte pubblicata in parte o
integralmente e riscontrata anche dal eh. Prof. Salinas che ne parla
nella terza delle sue Escursioni Archeologiche sotto il titolo : Il Mona-
siero di S. Filippo di Frugala ; ma ivi dell' altra lamenta che essendo
perduto V originale bisogna ricorrere alle stampe che già ne feceiv *q
parte il Buscemi ed il Crispi, e per intero lo Spata ed il Cusa.
Ma per le cure del eh. Mons. Carini fu recuparato alla storia que-
st'originale che andava perduto tra le anticaglie poste a pubblico mer-
cato ; r con altre carte si compiacque presentarmelo per istudio. E
dopoché l'ebbi letto e tradotto, egli stesso mi confortò a comunicarne la
copia, la versione e qualche osservazione a cotesta Società storica; come
ora intendo fare indotto da una tale autorità che, se è grande in ogni
cosa paleografica , certamente non è a niun'altra seconda per le sicule
illustri memorie»
E venendo senz'altro al documento, noterò in prima che all'esterno
della pergamena furono in varii tempi e diversamente scritte alcune indi-
cazioni così: In un monocondilo assai difficile per esser la scrittura sva-
nita e ricoperta da altra posteriore possiamo leggere e supplire ....
Tip ixavsuXaOsJoTixfp to5 ày'"'-* ^i^^Jt^t^ou ó èvSogó-cafxog) xùp' aù{)'(évT'rì5) Pwxé-
p»]? %ai xó|i.'.g al .. . reverendissimo di San Filippo il gloriosissimo si-
gnore principe Rocerio e Conte . . . Forse innanzi oravi il nome di Grego-
rio e il suo titolo d'Igumeno o simile.
Sopra questo monocondilo fu scritto più recentemente = 1105 Testa-
mentum factum ah abate Mon{asterii) S. Philippi Fragalaiis.
Un altro monocondilo antico legge f Aiad'i^xrj toO naxapicoTàxou xal
36 MISCELLANEA
TiavaYLCtìiiTO'j xai xaOyjYO'JHévo-j loO àYitoxàxo'J xal jJLsyàXou *iX£7t;:ou f Testa-
metUo del beatissimo e tutto santissimo e categitmeno del santissimo e
grande Filippo.
Finalmente da altra mano si legge: lu privilegili di li ecclesii (che) su
Sìigetti a lu monastero de santo phil{ippo).
Lasciando che i dotti studiosi siculi faccian sopra tal documento
de' migliori studi proponiamo loro da nostra parte due osservazioni a
fare.
In prima che la data del 1105 che vediamo accettata da quei che
ne scrissero, e fu pur segnata da recente mano nella pergamena, debba
ritenersi, e non già cambiarsi in quella del 1106. L'anno segnato nel
documento è il 6613 nel calcolo costantinopolitano , cominciato al 1
settembre del corrispondente anno volgare 1104, e quindi nel maggio, ossia
nove mesi appresso, correva bensì l'anno costantinopolitano 6613, ma
però corrispondeva all'anno volgare 1105 cominciato al gennaio. Lo stesso
viene confermato dalla in«.lizione costantinopolitana XIII, segnata appiè
del documento la quale cominciata col settembre dell' anno volgare 1104
si chiudeva nell'agosto 1105, (1) e quindi il maggio precedente appar-
teneva a questo medesimo anno.
L'altro studio che vorremmo fosse meglio chiarito è quello sopra il
vescovo Luca estensore del documento, come ivi da se stesso dice nel
fine.
Su questo personaggio che sì gran parte ebbe nella storia sicula e
calabra de' suoi tempi , si desidera qualche esatta monogratia. Le notizie
che sinora potei vedere non appagano totalmente. Inoltre quel suo titolo
èTOOXÓTroi» àauXwv lascia dello incertezze. Interrogatane persona molto
esperta ed intelligente mi rispose che potesse indicar (JViel vescovo che
estendeva le sue cure a quei luoghi che nell' irruzione ed occupazione
saracenica eran riservati ai cristiani; quasi che aouXwv ci dicesse degli
Asili. Forse a confermar ciò conferirebbero il ricordare i titoli generali
di vescovo di (Jalahria e di Sicilia.
Il P. Filippo Matranga (2) nelle sue noto ai preziosi manoscritti
(1) Oabdthavsbn, Grieehiaehe paleoffraphie 1879, p. 458.
(2) Si parla molto di questo S. Luca dallo stesso Matranga in una sua
dittMcrtnziono lotta il 12 Luglio 1887 alla K. Accademia Tnloiitana in Messina,
ed ivi pubblicata pei tipi dol Do Domenico.
MISCELLÀNEA.
37
Basiliano-messinesi (Cod. 29; fol. 245) ove si ha la vita di quel s.Luca,
non dubita di indicarci la sede àaóXtov in Isola di Calabria. Avendo
scorsa quella vita trovai scritto che Luca fu fatto vescovo èv Bpóvw
xfjs [AEYaXTji; exxXyjatai; àauXwv nella sede della grande chiesa degli Asili.
Se questo non è un modo rettorico abbastanza fuor dell' ordinario,
la frase indicherebbe una sede reale in qualche città. Ed inoltre nei ca-
taloghi delle sedi vescovili di Calabria più volte ricorre pur questa di
AauXwv. E per questa come sede di Luca propendeva anche il sagace
ricercatore delle memorie greco-medievali della magna Grecia, il eh. Ba-
tiffol. Tutto questo potrebbe esser meglio posto in luce pubblicandosi
l'interessante storia di quel vescovo.
Ma su di ciò speriamo aver delle più esatte notizie dai dotti Siculi
e Calabri; e da chi si applica ad illustrare il luogo nativo di Luca che
fu Melicoccà in Calabria (1). •
Avendo espresso tali voti, e nel desiderio di vederli in breve com-
piti, presento il testo greco riscontrato suU' originale con quella cura
maggiore che mi fu dato poter fare, accompagnandolo con una nuova
versione latina.
t AtaS-T^XYj èppwjiévTj èxxsGeloa «api
YpvjYOpfow xaOirjYOliévou xo3 &'{i.o^ tfi-
Eycoys 6 TtpoprjO-elc ypti-fópioi, 6 sv
T(j) ùcpet TtpoTOc^*? tòv t{jiiov oxaupòv,
xò ToO Gavàxou zéXoi cpojoónevoc |ni
TTWg dSiàO'STÓv \ie xaxaX^iQ, xa'. zoig
èxsios ànonéii'\isi xevòv xal à^oJtaaxov,
0)5 noXXolz noXXdx'.; auvé^yj xal è-^éws-
xo SO-ev TZfió ys Ttavxwv èxxtOyjiii uspl
xoO fiovaaxYjpiou xoO àyloo -^iXinnoo xai
x(5)v |isx(3x'<«>'') aùxoO, wv otxo5ó|JLOg èyi-
vón»]v èyó} ó d{iapx(i)Xò(, ^oi^d'eiav s^wv
xal o'jvspyòv xòv iiéyav èxelvov pwxé-
ptov xóntxa xal xyjv ouI^uyov aùxoù xal
t Testamentam confirmatorium fa-
ctum a Gregorio abate sancti Philippi
in Demenna.
Ego praedictus Gregorius , qui su-
perius apposui venerandum Crucis si-
gnum , timens ne raortis dies extrema
absque testamento me deprehendat, et
ad ea quao ulteriora sunt me vacuum
et viatici expertem hinc dimitfcat, sicut
pluribus accidit ac saepe factum est,
ideo prae caeteris de iis quae ad Mo-
nasterium S. Philippi et Metochia illius
pertinent quaeque ego fundavi dispono.
Ego quidem licet peccator , adiuvante
atque cooperante magno ilio Rocerio
(1) Mandalaei Giannantonio nel suo opuscolo Barlaamo calabrese mae-
stro del Petrarca. Roma 1888.
38
MISCELLANEA.
aùGévT.v xai xupiav àSsXocaiav, ri xig
èjisivsv ÒTiioo) TOà [Jiaxaplou xóp.ixos |jls-
Tà Toù uioù aùxfjg Toà vsou xóp.'.xog aù-
^évTou oi>|i6(ovìou , xal xoO nixpoù ^co-
xsplou TOÙ aùxaSéXcpou aòxoO, oxéTiov-
Tss xal -sp'.cppoypoùvxss xyjv no£|jivr]V
jiexà xwv (isxoxfcav aùxrjg xaGò)^ ó [la-
xipioj xófiyjg 6 IJLSYac* xà 8è |Jisxóxta toù
àycoo '^iklTZKOìì sìal xaùxa. upwxov ó ày^^S
àpxiyYsXoC ó TiXT]otov,xal ó óc^tog vtxóXa-
05, xal ó fiytog Tiéxpog, xal 6 jiccpxug S-aX-
XéXato;, xal ó ànóoxoXog {lapxoj , xal
•^ Geoxóxo? TOÙ (laviocxou , xal Ixspos
&f'.oz Tiixpoz, xal ol fiYtcì cp'.XocSsXcpoi .
oì xivsg, óg elKO\ d)xoSo|n^8-y]oav è£ à-
vaXcDndxcov oìxslwv xoù ^laxaplou xó|it-
T05, xal xffZ xuptag àSsXaoiag, xal xcòv
téxvwv aùxtòv, xal xoù xùp vtxoXaou xoù
jiuoxoXéxxou xoù fiaxaptoo xó|itxog xal
xoù uioù aòxou xal véou aùv)-évxou ai-
(lecovlou, o5 Ttvog "^ PoT^*eia àvxl xoìi
Tiaxpòs aòxoù O-otpxs'- slg xàg xoiauxaj
ixxXrjolac fisxi x/jg oìxeiag (Ji>jtpóg .
òv x'.vttìv ri eòx'fl òcTiauoxog ÓTtapxei àx
xcòv xo'.ouxctìv èxxXr,o'.(òv, xal zccvxiuv xù)v
àpX<5vxa)V xcòv à^tsptooctvxwv 6ig xàg
}iovàg xaóxag . 80ev xal 5tax(0-o|i.ai ó-
liclwg xa9d)g xal elg xtjv éxépav fisyà-
Xt]v 8ta9^^xr^v , Eva (bot xà nposipvjpiéva
)i8xóxia, àoiXeuxa ex xfjg [leYocX'yjs p-o-
vfjf .. dYlo'j cptXlnnou, xal xòv riyoù-
(jKvov 3v èOéjiifiV àvxl èjioù xaOtb; xal
<J aùWvng (lexi xoD oloù aùxi^g xo5
véoo xóntxog (iptoev . el 8é xtg eòpsGelr)
èjiJióJiov Tiotòiv tli xà jiexóxta xoù ^y)
ttvot tic t^v (icY^^^v (lovijv, dXXà xal
ti Ti{ dnÓTcaootv itoti^oaixo toù hy] bB-
Xto^ot xoO naxaplou xótAixog xal xfjc
xupiac dStXaolac xocl xfiiv uU&v aòxfìg xal
xoO xùp vixoXioo, xal «dvxtov xfflv dY»-
«o)vxwv xà; xo'.a'ixac èxxXujolac, èxixo)
comite et uxore illius principe et do-
mina Adelasia , quae successit beato
illi corniti una cum filio suo, novo co-
mite principe ^imeonio et parvo Roce-
rio fratre huius germano , una simul
protegimus atque ex omni parte coni-
munimus hanc sacram gregem cum
Metochiis eius sicut fecerat beatus Co-
mes magnus. Metochia vero Sancii Phi-
lippi haec sunt : Primum Sanctus Ar-
changelus quod prope est (monasterio)
et Sanctus Nicolaus , et Sanctus Pe-
trus , et martyr Thallelaeas , et Dei-
para Maniacis, et aliud Sanctus Petrus,
etsanctifratres diIccti(Cosme etDamian).
Quae Metochia, ut dixi, aedifìcata sunt
suis exponsis a beato Comite et do-
mina Adelasia et filiis eorum nec non a
Nicolao mystolecta (cappellano?) beati
coraitis et ipso principe Siraeonio fi-
lio eius, qui eadem utitur prò patre prò-
tectione una cum matr.* sua erga prae-
dictas ecclesias. Pro his intermissa vi-
get precatio in dictis ecclesiis , et prò
omnibus dominis qui oblationes fece-
runt eisdem sacris aedi bus praedictis.
Quapropter testamentaria ratione di-
spone, sicut iam in alio malori testa-
mento disposui, ut: haec praedicta Me-
tochia firmiter pertineant ad magnum
Monasterium Sancti Pliilippi atque ad
abatem, quem loco mei elegi, sicut et
dccrevit domina et princeps cum fìlio
suo novo comite.
Si quis vero reperiatur qui impe-
diat quominus haec Metochia prae-
dicto magno sint Monasterio ; et insu-
per si quis ccssaverit procationes fa-
cere prò magno Comite et Adelasia do-
mina et filiis eius et prò donino Nico-
lao et prò omnibus , diligcntibus ista
MISCELLANEA
39
TÌQV àpàv 7:apà ràv àytiov naiépojv, "xal
uap' è|Jio'j xo'j à|Jiapx(i)Xo'j ÈTri-ct jaiov .
àXX' l^(x. E5x.a)vxa'. aùioì^ iwg ai ày-y-Xr; -
o(at 07i:dpx.oua'.v, oxc o^xot àvsaxTjaav xàg
èxxX7jo£ag xaóxxs Sii eù^ì^v xè xal s-
mxux^*'' '^wv àyatì-fòv èxeivwv , o-jj x6-
piog ó Gsòj èXsYjasi xai óSTjyi'jasi , xal
(bg s|ià ■f\'{<ÌTirflOL^ iva xaì xòv àvxl è|io5
àyaTiYjCJwaiv ó aòS'évxrjS ó |i'//pò; xai
xó|iYjg xai Yj liYjXYjp aùxo'i fi xupta , Xé-
yo) 5y] xòv yjyouiJLevov dv àcpfo) eìg xàg
èxxXyjocag, xal |j,yj àcpYjatóa'.v sig èyxa-
xaXsi^i'tv xàj xoiauxaj àxxXYjoiaj.
Eypticprj y\ xoiaùxYj hi%^i\v..r\ Tiagtò.
Xouxà èTicaxóTio'j àoùXcov hyjvì iialu)
Ivòtxx: ly' èxoug li'X^y t
monasteria: is habeat maledictionem a
Sanctis (318) Patrihus et reprebensio-
nem a me peccatore. Veruntamen ile-
precontur omncs prò iis, quousque ec-
clesiae praodictac manebunt : ipsi enim
illas excitarunt ut preces haberent et
bona consequerentur,quae e precibus ve-
niunt; Horum Dominus Deus miserebi-
tur, et eos bene diriget; et siciit dile-
xei-unt me, et dominus parvus et novus
Comes et domina mater eius, diligant
successorem meum , videlicet abatem
quem in bis ecclesiis relinquo , nequc
unquam deserant ecclesias praedictas.
Scriptum est boc testamentum a
Luca episcopo Asylano mense maio,
ludictione XIII anno VIM DC XIII
(6613=a. Ch. 1106).
La scrittura del documento è di buona ortografìa, e non richiede molte os-
servazioni. Alla lin. 3 la abbreviazione del nome sv 8 n con le lettere soprap-
poste manifesta cliiararaont) la località ev Se|ievvY], di cui molti trattarono.
È appena da notare il pcoxspiov per ptoysp'.ov, e qualche iotacismo in scriver
ora xo|jLix.. ed ora xojiyjx.. Alla lin. 8 regolarmente dovrebbesi scrivere anoTieii'lYj.
Riguardo al iiuaxoXéxxYjj che può dirsi cappellano ci Rogerio si vcggan le
memorie; qui si conferma che fosse prete greco essendo pure indicato un figlio.
Troppo è nota la maledizione invocata da 318 padri del Concilio Niceno
contro i violatori delle cose sacre
In fine notiamo l' importanza del documento anche per essere intieramente
autografo del vescovo Asikno Luca nel maggio 1106.
Giuseppe Cozza-Luzi
FONDITORI DI CAMPANE
IN ALCAMO
Scorrendo tempo addietro le vecchie carte di taluni arcliivì di
questa città ini venne fatto di raccogliere un bel manipolo di do-
cumenti relativi a diversi fonditori di campane, che lavorarono in Al-
camo a cominciare dal secolo XVI sino al nostro. Dato di ciò co-
noscenza airillustre mio amico prof. Giuseppe Meli, Vice Direttore
del Museo Nazionale di Palermo, e' mi rispose che nell'interesse
della storia artistica della Sicilia avrei fatto bene a compilare un lavo-
retto ove riunire le varie notizie in essi documenti contenute, aggiun-
gendovi possibilmente le iscrizioni che per avventura si trovassero
uelle campane delle chiese alcamesi. A sì autorevole invito io non
potevo che assentire, ed eccomi qui all'opera.
Di Tortorici (cittadetta oggi di qualche importanza nella provin-
cia di Messina) il Fazello nella 1" delle sue Deche (De rebus si-
cuUsJ, lib. 10, pag. 212, scrive cosi: « Est postea ad p. m. 4 in
valle profunda... opifìcibus variis , sed in primis fabris ferrariis et
campanariis clarum quorum opera tota Sicilia diffunduntur. » Que-
sta valentia dei tortoretani nel costruir campane , rammentata dal
celebre storico domenicano, riceve piena conferma dai succennati
documenti. Imperocché de' campanari che vi si trovano nominati
una buona parte, come pure i più antichi, appartengono alla terra
di Tortorici. E perchè meglio ciò apparisca , pria di passar oltre,
piacemi di presentare al lettore un elenco di lutti codesti artetìci,
diviui per patria e con a fianco l'anno de' loro rispettivi documenti.
CAMPANARI TORTOKETANI.
i. Oiorgw San/ìlippo . . . , . an. 1532.
2. Nicolò Tirenni » 1543.
MISCELLANEA
41
3. Gian Domenico Sanfilippo, il maggiore, an. 1556-58.
4. Paolo Sanfilippo » »
5. Natale Garbato * 158-1-92.
6. Antonino Garbato » »
7. Michele Garbato » 1585.
8. Gian Domeìiico Garbato ... * 1612.
9. Andrea Garbato » 1617-19.
10. Giovan Filippo Garbato . . . *• 1619.
11. Francesco Sanfilippo .... » 1629.
12. Gian Domenico Sanfilippo, il minore . » 1 659.
13. Vincenzo Cali mede ....»»
14. Giuseppe Ferraù * 1668.
15. Giacomo Marotta * 1681.
GAMPANAHI PALERMITANI.
16. Desiderio Sciar rubba .
17. Giuseppe Del Bono o del Bolo
18. Nunzio Del Bono .
19. Bartolomeo Zumbo
20. Francesco Moro .
21. Claudo U Oca.
22. Paolo Greco (nativo di Catania)
23. Francesco Di Marco .
24. Cesare Medici
25. Giuseppe Milazzo .
» i591.
» »
» 1592.
* 1631.
- 1697.
» 1747.
» »
» »
» u
» 1786.
CAMPANARO SALEMITANO.
26. Vincenzo Vera » 1607.
CAMPANARO ENNESE.
27. Mariano Russo » 1626.
CAMPANARI CASTEL VETRANESI.
28. Angelo Pantano » 1661-62.
42
MISCELLANEA.
29. Leonardo Pantano .
30. Baldassarre Pantano
31. Ghiseppe Nicotra .
CAMPAXAKI TRAPANESI.
an. 1661-62
» 1664.
)> 1662.
32. Giovanni Grandi
33. Angelo Grandi
1673.
1681.
CAMPANARI DI SCONOSCIUTO PAESE.
34. Giovanni Di Fisco.
35. Giuseppe Vaisco .
» 1737.
CAMPANARI BUllGITANI.
36. Xicoln Baiamenti .
37. Vito Ardiri .
38. Nicolò Arcuri.
39. Antonio Arcieri
40. Francesco Virgadamo
» 1710.
» 1741.
» 1856.
Dirò ora parti tamente e succintamente dei lavori che dai rinve-
nuti documenti risulta di essere stati fatti o assunti a fare da cia-
scuno dei sunnominati fonditori. E per conservare l'ordine che ho
tenuto nel formare il superiore elenco, comincio dai campanari
di Tortorici, tra i quali pel primo figura
Giorgio Sanfilippo. Intorno a costui lio solamente rinvenuto un
contratto in not. Pieti-o Scannariato con data del 15 dicembre 1532,
In virtù del quale obbligavasi a costruire una campana da quattro
in cintine cantara per il campanile delia chiesa della Madonna del
SoccortiO « prò pretto ad rationem une. unius... prò quolibet canta-
reo * e a patto di dovergli i committenti apprestare tutto il neces-
sario per la fusione e « lectum unum et stantiam prò dormiendo » (1).
Probabile pei'ò che, trovandosi egli allora in Alcamo, avesse altresì
rifuso il campanoue di questa Cliiesa Madre, il (|uale fu appunto,
(1) V. fra* Documenti nnm. I.
MISCELLANEA 43
giusta afferma il De Blasi, rifonduto nel 153:2, previo contratto del
29 settembre, detto anno, in not. Stefano Torneri (1); contratto che
or più non si trova. Dell'altro campanaro di Tortorici.
Nicolò Tirenni, abbiamo in not. Pietro Scannariato un atto addì
15 gennaro 1" ind. 1543, per il quale obligossi a fare ad un certo
Filippo Lo Liccia, farmacistn, un mortaio di bronzo del peso da 30
a 32 rotoli (2); e in not. Pietro Antonio Balduccio un'apoca in cui
si dichiara aver egli ricevuto once due e tari quattro per manifat-
tura di una campana della Confraternita di Maria SS.ma del Soc-
corso (3).
Gian Domenico, il maggiore, e Paolo Sanfilippo , fratelli, figli
forse del su nominato Giorgio, rifusero nel 1557 la campana mag-
giore di detta Chiesa Madre, che, rottasi dopo (jualche mese « men-
tre sonava a tocco » essi stessi tornarono a colare, dietro stipulato
nuovo atto di obbligazione verso i giurati alcamesi a' 18 giugno, 15'
ind., anno predetto, in not. Pietro Antonio Balduccio (4). Fatta la
qual colatura obbligaronsi a fondere, prima, due campane per la
chiesa della Madonna del Canneto, di cui una del peso di sei can-
tara e l'altra d'un cantaro, e, poscia, per la chiesa della Madonna
del Soccorso una campana di cantara dieci (5).
Natale Garbato, « oriundus terre Turturicii et habitator urbis
felicis Panormi», prese obbligo nel 1584-85 per atto in not. Gio-
van Vincenzo De Mulis, di rifare la su ridetta campana maggiore
della Chiesa Madre, portandola da quattordici a sedici cantara. e
l'altra della stessa chiesa, nominata La Liotta (G). Indi, nel 1586, di
colare due campane per Castellammare del Golfo , delle quali una
del peso di un cantaro in cii'ca ed una di rotoli venti , pure in
circa (7); e finalmente nel 1592 di costruirne un'altra per la chiesa
del convento di S. Maria di Gesù «* illius foggio, bonequalitatis et
(1) V. nel Discorso storico dell'opulenta cittìi di Alcamo ecc. ms. pos-
seduto dalla Biblioteca Comunale di Alcamo.
(2) V. fra" Documenti num. III.
(3) V. fra' Documenti num. II.
(4) V. fra' Documenti numm. IV, V, VI e VII.
(5) V. fra' Documenti numm. VIII, IX, X e XI.
(6) V. fra' Documenti num. XII.
(7) V. fra' Documenti num. XIII.
44 HISCULLANEA
campi quot quantitas metalli infrascritti debbite requirit, ad sum-
mam cantariorum quinque in sex » (1).
Un rògito del 23 dicembre 14* ind. 1585 in not. Pietro Paraci (2)
ci fa sapere come il prefato Natale avesse avuto a collaboratore in
Alcamo un suo fratello per nome Antonino, di cui ho pure rinve-
nuto nel bastardello 15 ind. 15S7 di not. Lorenzo Lombardo questo
semplice accenno : « Die XXVI maji XV ind. — Sequitur attus cam-
panaruin prò Gonfraternitate S. Marie de lu Succursu centra ma-
gistnim Antoninum Galbato » (2).
Ho tra i miei appunti che il tortoretano Michele Garbato per atto
del 2 settembre 1585 in not. Pietro Faraci vendette a un Vincenzo
Mancuso, rettore della Confraternita del Ss. Crocifisso, una campana
di rotoli 41. Tornato intanto in questi giorni a riscontrare quest'atto
per farmene un esemplare ho trovato il relativo volume mancante
del quinterno in cui era il documento.
Di Gian Domenico Garbato abbiamo nel bastardello X" ind. 1612
di not. Lorenzo Lombardo, addi 3 gennaro: « Hic intrat obligatio
campane conlìciende prò ven. Monastero SS. Salvatoris centra magi-
strum Io. Dominicum Garbato, prout in minutis » (minute che più
non esistono) e a' 4 dello stesso mese un altro strumento, pel quale
egli obbligavasi a costruire una campana di un cantaro e 50 rotoli
circa per la chiesa del Monastero di S. Francesco di Paola (3).
Ho inoltre rinvenuto nello stesso not. Lombardo due apoche, in
data una del 18 aprile 15" ind. 1617, e l'altra del 1° settembre, l' ind.,
detto anno, dalle quali è chiaro avere il campanaro Andrea Garbalo
ricevuto once 16 e tari 9 per la fusione di una campana della chiesa
del convento di S. Domenico (4); e in not. Rocco CioIH altr' apoca
a' 16 settembre 3' ind. 1619, in cui il di lui figlio Giovan Filippo
confessa di avere avuto dal priore del convento di S. Maiia del-
l' Uria once 4 « prò confectione campane per dictum de Garbato
facte et consignalo in dicto conventu. iuxta fiu-mam accordi iiiter
eum et (lichmi prinriMii » fó). Ed è poi in not. Antonino Vaccaro
(1) V. fhi' Documenti nam. XIV.
(2) V. fra' Documenti num. XV.
(3) V. fra' Documenti uuni. XVI.
(4) V. fra' Documenti nomm. XVII e XVIII.
(5) V. ft'a' Documenti num. XIX.
MISCELLÀNEA 45
uno strumento addì 4 settembre 3' ind. 1619, in virtù del quale i
prefati Andrea e Giovan Filippo obbligavansi in solido al procura-
tore delle maramme della Maggior Chiesa, certo D. Vincenzo De
Lazio, a rifondere la campana di esso Duomo, chiamata Iai Liotta,
« de ea magnitudine, seu pondero ut est ad presens, et de la forma
et modello, che è la campana mezzana di detta ecclesia... prò ma-
gisterio ad rationem une. unius et tarenorum viginti quatuor prò
cantareo , ledo prò dormiendo , cum domo , et une. unam prò
esu » ecc. (1).
Nel libro dei conti, titolato Marartime, esistente neir archivio
di questo Duomo, a fog. 98, trovo la seguente nota di pagamento,
danteci notizia del campanaro Francesco Sanfilippo : « E a primo
di giugno (16;29) onze 8 e tari 15 pagate a m.'" Francesco Sanfi-
lippo di Turturici per mastria, mancamento ed altra spisa per haver
rifatto la campana Liotta di peso di rot. 190. »
Gian Domenico Sanfilippo, il minore, e Vincenzo Caliìnede,
giusta quanto leggesi in un rogito di not. Baldassare La Perna,
rifusero nel 1659 una campana del convento di S. Francesco di
Paola, portandola da rotoli 86 ad un cantaro e più, e ricevendone
« tam prò eorum magìsterio, quam prò pretio rami, brunzi, stagni,
lignaminis et aliis » once undici e tari quattro (2).
Giuseppe Fei^aù, come detegesi da due atti in notar Giu-
seppe Lombardo, rifuse nel 1668 la sopradetta Liotta della Madre
Chiesa ed un'altra campana pella chiesa del convento dell'Itria, es-
sendosi costituito « in lìdeiussorem et principalem funditorem et
insolidum obligatum cum dicto m." Joseph » per la rifusione della
prima, un « magister Sebastianus Pintacero, caldararius, civis Pa-
normi, » e, per quella della seconda, un « magister Franciscus De
Asaro, civis oriundus huius civitatis Alcami» (3). Chi sa se costoro
non fossero stati pure fonditori di campane?
Giacomo Marotta nel 1681 rifece la campana mezzana e la così
detta Liotta della Maggiore Chiesa, aumentando questa di due can-
tara e quindici rotoli, e quella di rotoli 49 soltanto; e fuse per la
(1) V. fra' Documenti num. XX.
(2) V. fra' Documenti num. XXI.
(3) V. fra' Documenti numm. XXII e XXIII.
46 MISCELLANEA
stessa chiesa una nuova campana del peso di un cantaro, alla quale
venne posto il nome di quarta campana (1).
Questi i lavori dei campanari di Tortorici. L'ordine propostomi
mi porta ora a parlare de' lavori eseguiti dai campanari paler-
mitani.
Ai due fonditori Giuseppe del Bono e Desiderio Sciarrubba nel
marzo del 1592 veniva commessa la ricolatura di due campane, una
delle quali per la chiesa del convento di S. Maria di Gesù e l'altra
per la chiesa del convento di S. Maria della Stella, sotto titolo di
S. Domenico. Quest'ultima, intanto, chi sa per qual motivo non fu
più da loro eseguita, e per contratto del 16 maggio, detto anno, in
net. Lorenzo Lombardo obbligossi a rifonderla l'altro campanaro
palermitano Nunzio del Bono , probabilmente fratello del prefato
Giuseppe del Bono (2).
A Bartolomeo Zumbo venne allogata nel 1631 per atto in no-
tare Giacomo Adragna la costruzione d'una campana di mezzo can-
taro per la chiesa della Madonna del Soccorso, la quale campana es-
ser dovea della medesima forma di un' altra che - lo stesso artefice
erasi obbligato a fare « virtude alterius contractus in actis noi Ja-
cinti Bucca. » Del not. Bucca , intanto , manca il volume degli atti
dell'anno 1630-31, e però non ho potuto rilevare a quale delle chiese
di Alcamo fosse appartenuta quest'altra campana del Nostro (3).
Del di lui concittadino Francesco Moro si ha contezza di aver
fonduto nel 1697: 1° due campane per il Santuario di Maria SS.ma
de' Miracoli (delle quali una del peso di quattro cantara e mezzo, e
l'altra di rotoli 96); 2" una campana di rotoli 75 per l'oratorio della
Congregazione de' Chierici, e 3° una campana di un cantaro e ro-
toli .'59 per la chiesa della Madonna del Soccorso (4).
E degli altri quattro campanari di Palermo, Paolo Greco, ('laudo
D'Oca, Francesco Di Marco, e Cesare Medici rilevasi dall'archi-
vio di questa Madre Chiesa che ncH' anno 1747 fu ai primi tre al-
logata dall'arciprete Erasmo Cremona la rifusione del canipanonc di
(1) V. tn' Documenti num. XXIV.
(2) V. fra' Documenti numm. XXV, XXVI o XXVII.
(3) V. fra' Documenti num. XXVIII.
(4) V. fra' Documenti numm. XXIX, XXX e XXXI.
MISCELLANEA 47
essa chiesa, non ostante certe pretensioni in contrario de' giurati
alcamesi d'allora, e che, non essendo tal rifusione ben riuscita la
prima volta, fu poscia dagli stessi Greco, D' Oca e di Marco fatta
eseguire dal fonditore Cesare Medici. In uno dei relativi documenti
leggesi fra altro che il peso di esso campanone fu verificato dal
pesatore Onofrio La Graverà di Palermo quintali 17 e rotoli 90 (1).
Finalmente il palermitano Giuseppe Milazzo rifuse nel 1786
il testé detto campanone del Duomo e quello della parrocchiale
chiesa di S. Paolo e S. Bartolomeo, entrambi aumentandoli di vo-
lume (2).
Venendo ora ai lavori de' quattro campanari che ci appresta la
terra di Castelvetrano, abbiamo in not. Vincenzo Bruno che il primo
di essi artefici, cioè Angelo Pantano, addì 29 gennaio 1661 obbli-
gossi ad un certo p. Giuseppe Manno rettore del Collegio dei Ge-
suiti in Alcamo « a culari fundiri e fari una campana per detto
ven. Collegio di piso di cantara tri in circn.... prò magisterio ad
rationem tareni unius sirgulo rotolo, alla scarsa di tutti cosi «; quale
campana dovea egli consegnare al coimuittente infra il termine di
otto giorni a contare dalla data del contratto obbligatorio, ed aifi-
darne la buona riuscita per tre anni consecutivi a partii'e dal dì
della consegna, apprestando come principale fonditore e facitore di
detta campana il di lui fratello Leonardo Pantano (8).
Oltre di questo lavoro il prefato Angelo fece nel 1662 una cam-
pana per la chiesa del convento di S. Francesco dì Paola, e un'alti-a
ne rifuse \)ev la chiesa della Madonna dell'Alto nel 1653, d'una al
fonditóre Giuseppe Nicotra (4).
11 quarto de' soprannominati campanari di Castelvetrano , Bal-
dasmre Pantaìw, prese obbligo nel 1664, per due atti in not. Bal-
dassare Perna di rifondere: 1. la campana mezzana della chiesa della
Madonna del Soccorso, e 2. una campana dell'or detta chiesa della
Madonna dell'Alto; quella del peso di un cantaro e rotoli venti circa,
questa di un cantaro e rotoli cinquanta, pure circa (ò).
(1) V. fra' Documenti namm. XXXII, XXXIII e XXXIV.
(2) V. fra' Documenti numm. XXXV e XXXVI.
(3) V. fra' Documenti num. XXXVII.
(4) V. fra' Documenti numm. XXXVIII e XXXIX.
(5) V. fra' Docuìnenii numm XL e XLI.
48 MISCELLANEA
Intorno al salernitano Vmcenzo Vera ho solamente rinvenuto
nel bastarde] Io 5 ind. 1606-7 di not. Antonino Vaccaro nn rògito
con data del 26 febbraio, pel quale egli vendeva a un m/' Giovanni
La Sala, procuratore della chiesa di S. Antonio in Castellammare
del Golfo una campanotta del peso di rotoli 18 pel prezzo di oncie
tre (1). Senonchè da una delle iscrizioni qui appresso trascritte,
sorge chiaro avere egli in quell'anno rifuso altresì la campana grossa
di questa chiesa di S. Oliva.
L'ennese Mariano Rtisso, giusta un contratto del 31 marzo 1626
in not. Rocco Ciofìì, costruì in detto anno una campana per la chiesa
del convento di S. Francesco di Paola ; e siccome « li manichi
nello fnndiri di detta campana non venniro alla prima cotta, seu
fusa, e fu bisogno fari seu fundiri detti manichi di novo supra detta
campana, » il Russo in virtù del connato atto di obbligazione di-
chiaravasi tenuto a rifarli gratuitamente, qualora nello spazio di
anni due, cursuri dal giorno testé registrato, si fossero spezzati (2).
Dei campanari trapanesi Angelo e Giovanni Grandi l'uno tro-
vasi mentovato nel contratto obbligatorio stipulatosi in not. Fran-
cesco Jemma li 7 giugno 1681 tra il sac. Floreno e il campanaro Ma-
rotta di Tortorici, sopra ricordato, ove: « Pro quo quidem de Ma-
rotta presente et volente eiusque precibus et complacentia erga dic-
tum de Floreno... de ei adimplendo omnia et singula prcmissa et
infrascripta ac in presenti expressata et declarata, et eis modo,
forma, loco et tempore, quibus et prout est obligatus dictus de Ma-
rotta virtute presentis actus, ad quem etc. mag.' Angelus Grandi
civitatis Drepani et ad presens hic Alcami repertus... sponte lideius-
sit seque fideiussorem, principalem debitorem, solutorem, adimple-
torem et insolidum cum dicto Marolta se obbligatum consliluit, re-
nunciando etc. »; il secondo, cioè, Giovanni Grandi per atto in no-
tare Baldassare Pema de' 24 settembre 1678 obbligossi al priore
del convento di S. Maria dell'Itria a ricolare una campana di essa
chiesa, del peso presso a poco di un cantaro e rotoli tre, a condi-
zione di consegnarla linita fra otto giorni numcrandi dal dì dell'as-
ci) V. fra' DontinieiUi nnm. XML
(2) V. fra' Documenti nuin. XI-III.
MISCELLÀNEA 49
sunta obbligazione ed affidando die si fosse conservata integra per
anni due, cursuri dal giorno della consegna (1).
Riguardo a' due campanari Di Fisco e Vaisco ho solo incon-
trato nel libro 3° di conti nell'Archivio della Maggiore Chiesa una
nota di pagamento, da cui si ricava aver essi colato nel 1737 la
campana Guardia del campanile di essa chiesa (2).
Chiudo il mio breve ragguaglio coi campanari burgitani, Vito
e Nicolò Ardiri, Nicolò Baiamente, Antonio Arcuri e Francesco
Virgadamo. Di essi i primi tre rifusero nel 1710 la campana mez-
zana e le così dette Gi'ardia ed Aliotta della Madrice Chiesa (L'); il
quarto nel 1741, 1^ '•«nipana grossa della chiesa di Maria SS* de' Mi-
racoli; e l'ultimo nel 1356: 1. la campana maggiore della parrocchiale
chiesa de' santi apostoli Paolo e Bartolomeo , 2. due campane della
chiesa del convento di S. Maria di Gesù, e 3. un'altra della chiesa
del convento de' Minimi di S. Francesco di Paola (4).
Le iscrizioni che ho potuto trascrivere dalle campane delle chiese
di Alcamo son queste:
Dal campanone della Madre Chiesa : M. I. AG. DEIPARAE IN
COELUM ASSUMPTAE-EGCLESIAE EXPExNSlS REFUSA ET
AUCTA 1786— D. O. M. (5).
(1) V. fra' Documenti nuin. XLIV.
(2) V. fra' Documenti nnm. XLV.
(3) V. fra' Documenti numm. XLVI, XLVII e XLVIII.
(4) V. per la prima fra' Documenti num. XLIX. Delle altre due ne fan
fede alcuni del paese, che se ne ricordano.
(o) Quantunque in quest'iscrizione non si trovi il nome dell'autore,
tuttavia dall'anno che vi é segnato, gli è certo di esser questo il campanone
della Madrice Chiesa che nel 1786 fu rifonduto dal soprannominato Giuseppe
Milazzo di Palermo. Prima di tal rifusione l'iscrizione in esso campanone
era cosi espressa: S. DEUS S. FORTIS S. IMMORTALIS MISERERE NO-
BIS— UNIVERSITAS ALGAMI— MAJORIS ECCLESIAE RECTORE ERASMO
CREMONA 1747 LIBR. 4475— OPUS CAESARIS MEDICI (V. De Blasi, Di-
scorso Stoìuco, ecc. pag. 334). E prima ancora : SANCTUS DEUS SANCTUS
FORTIS SANCTUS ET IMMORTALIS MISERERE NOBIS— MENTEM SANC-
TAM SPONTANEAM HONOREM DEO ET PATRIAE LIBERATIONEM— AVE
MARIA UNIVERSITAS TERRE ALCAMl— IK)G OPUS FECIT HIERONYMUS
GARBATO MCGCCCLXXXV (V. De Blasi, op. cit. pag. 334, come pure in
A)-ch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 4
50 MISCELLANEA
Dalla campana mezzana di detta chiesa: M. A. SUMPTIBUS
EGGLESIAE-SUB TUUM PRESIDIUM CONFUGIMUS SS. MA-
TER— ANNO 1710 SECUNDO RENOVABAR (1).
Dalla campana Aliotta di detta chiesa: MARIA VIRGO NOS
PROTEGE ALIOTTAE NON IMMEMOR DIVOTIONIS-ALIOT-
TAM ECCLESIA QUARTO SUIS FUDIT IMPENSIS... GCI (2), ,
Dalla campana La Guardia di detta chiesa: DEIPARAE VIR-
GINI IN GOELUM ABSUNTAE 1737 (3).
nn antico ms. recentemente trovato dal mio egregio amico prof. F. M.
^Mirabella, e clie per certo altro non é se non un breve frammento dei
mss. dello Zappanti e del Gossentino sì spesso dal De Blasi citati nella pre-
detta sna opera).
(1) Nel 1710 fu questa campana rifusa dai campanari burgitani Nicolò
Bajamenti Vito e Nicolò Arcuri. L'iscrizione che portava prima del 1710
era: SUB TUUM PRAESIDIUM CONFUGIMUS SS. MATER— 1500 FUNDE-
B.\R ANNO 1681 SUMPTIBUS EGGLESIAE RENOVABAR— OPUS JAGOBI
MAROTTA E TORTORIGIO— AES POPULI FUDIT, EGGLESIA REFUDIT ET
AUXIT. (V. De Blasi, op. cit., pag. 335 e nel cit. frammento dei mss.
dello Zappanti e del Gossentino). E prima del 1G81 : JESUS GHRISTUS—
AVE MARIA GRATIA PLENA D.NUS TEGUM— IMPENSE POPULI DEO GRA-
TIA— MGCGGG MAGISTRl JOANNES ET GEORGIUS SANGTO PHILIPPO DE
TORTORIGHIO ME FEGERUNT (V. tram. cit.).
(2) Le iscrizioni , che giusta il De Blasi, il Gossentino e il Zappanti,
anticamente essa s'avea erano: 1. ALIOTTA DEIPARAE ASSUMPTAE AL-
GAMI TUTELARI DIGATA FUNDEBAR ANNO D.NI 1029 AERE :\IAJORIS
EGGLESIAE-FRANGISGI SAN PHILIPPI OPERA; 2. ALIOTTA DEIPARAE
ASSUMPTAE ALGAMI TUTELARI DIGATA FUNDEBAR ANNO D.NI 1G29
AERE MA.IORIS EGGLESIAE RENOVABAR 1008 JOSEPH FERRAU OPERA
— TESTANTUR AGTA NOT. JOSEPH LOMBARDO DIE 22 MARTIJ; 3. MA-
RIA VIRGO TEMPLUM DOMINI TEMPLUM HOG TUO SS. NOMINI DIGA-
TUM PROTEGE ALIOTTAE NON IMMEMOR DEVOTIONIS. ALIOTTAM EG-
CLKXSIA TERTIO SUIS FUDIT IMPENSIS AMPLIFIGAT ET EXAUGET
MDCLXXXI OPUS JAGOBI MAROTTA.
(3) 1 fonditori di questa canii)ana furono i sopradetti Di Fisco e Vaisco,
e le iscrizioni che essa portiiva anticamente sono lo seguenti : MARIA
PR0T1<X:TRIX nostra SIGUT in SIGNUM GUSTODIAE me SUIS SUMPTI-
BUS EXTRUXIT EGGLESIA UT TURRIS FORTITUDINIS CUSTODE GIVI-
TATKM ISTAM ANNO MDGLXXXI OPUS MAROTTA (V. frani, cit.); MARIA
PliOCTEGTRIX NOSTRA SIGUT IN SIGNUM GUSTODIAE ME RENOVAVIT
CUSTODI CIVITATEM ISTAM — ANNO 1709 (V. Do Blasi, op. cit., e nel
frammonto 8U citato).
MISCELLANEA 51
Dalle due campane dell'orologio di detta chiesa: UNIVERSITAS
GIVITATIS ALGAMl VIGILA ET ORA QUIA NESGIS DIEM
NEQUE HORAM— 1668 REFECIT M. JOSEPH FERRAU GIVI-
TATIS TORTORETI; MARIA VIRGO NOS PROTEGE ALIOT-
TAE NON IMMEMOR DEVOTIONIS — ALIOTTAM EGGLESIA
QUARTO SUIS FUDIT IMPENSIS.
Dal campanone della chiesa parrocchiale di S. Paolo e S. Bar-
tolomeo: ANNO 1856 DENUO FUSA EST PRO PAROECHIA
SS. APOST. PAOLI ET RAliTHOL. CURA R.MI GAN. ARGI-
LESI PAR.
Dalla campana grossa della chiesa di Maria SS. de' Miracoli :
VIRGINIS AD OBSEQUIA UT OLIM SPONTE SUA SE DEVO-
VERE GAUTE AD EJUSDEM PLAUSUM ALIA NON DESUNT
EXPROMERE-HANG GURAVERUNT D. STEPHANUS MON-
TELEONE D. ANTONINUS ALFANO D. ANTONINUS GU-
LOTTA REGTORES MDGGXLT.
Dalla campana mezzana della stessa chiesa : ORA PRO NOBIS
BEATA VIRGO MARIA MDGLXXXXVIL
Dalla campana terza della stessa: DONO FATTO DA MA-
RIANNINA PANZERA A MARIA SS. DELLI MIRAGOLI DI
ALG AMO -MANDATA AD ALGAMO A' VENTI GIUGNO 1886
—PALERMO (1).
Dalla campana grossa della chiesa di S. Francesco di Assisi :
UT PHENIX MULTIPLIGA130 DIES MEOS SUB AUSPIGRS
VIRGINIS INTEMERATAE. 1760.
Dal campanone della chiesa dell'ex Gollegio de' Gesuiti: A. M.
D. G. ANNO DOMINI 1720.
Dalla campana grossa della chiesa di S. Oliva: MENTEM SANG-
TAM SPONTANEAM HONOREM DEO ET PATRIAE LIBE-
RATIONEM — VINGENTIUS VERA GIVITATIS SALEM REFI-
GIEBAT ANNO DOMINI MGGGGGGVIl.
Dalla campana gi ossa della chiesa di S. Domenico : FUSA NEL
GOVERNO DEL PADRE PRIORE GIAN TOMMASO PONTE.
Dalla campana mezzana di detta chiesa: JESUS GHRISTUS REX
(1) Questa campana sarà stata fatta dal vivente campanaro Panzera di
Palermo, padre della donatrice.
52 MISCELLANEA.
GLORIAE VENIT IN PACE— DEUS HOMO FAGTUS EST-ET
VERBUM CARO FACTUM EST,-MDCXLIV.
Dal campanone della chiesa dell'ex convento de' Minori Osser-
vanti di S. Francesco di Assisi: JESUS MARIA FRANGISCUS —
MACtISTER ANTONIUS COCZO me FECIT 1627 (1).
Dalla campana piccola di detta chiesa: CON ELEMOSINA DEI
BENEFATTORI DI S. MARIA DI GESÙ— PER CURA DEL
REV. ANTONINO MISTRETTA GUARI3. 1856 (2).
Dalla campana mezzana della chiesa del Monastero di S. Chiara:
JESUS MARIA FRANGISCUS JOSEPH GOSMAS ET DAMIA-
NUS MDCXXV.
Dalla campana grossa della chiesa del Monastero di S. Fran-
cesco di Paola: S. MARIA DEI MIRACOLI-D.'' ANTONIA MA-
RIA LEONARDA BIUNDO ABB.SA 1764.
Alcamo, aprile 1889.
P. M. Rocca.
d) ni questo fonditore non mi è i-inscito trovare iiefrli atti notarili di
quell'anno neppure il contratto relativo alla campana in parola.
(2) Queste dne campane della chiesa dell'ex convento de' Minori Ossor-
servanti, nome pui-e quella mezzana, trovandosi da «lualche tempo rotte,
furon ora, quando f^iu il presente scritto era sotto i torchi, ejrrejj:ia mente
ricolate da due bravi campanari del Bnrgio, certi Luca e Francesco Vir-
gadamo, cuf^ini, Aglio l'uno di Michele od Anna Oaglio, l'alti'o di Fran-
cesco e l.iboria liacino. Iai nuova iscrizione posta -Min cam])ana ^n'ossa
é la seguente: SALVATOR UKNENATI AERK SUO CONOIDIT AD USUM
CONVENTUS FRATRUM MINORUM OBSERVATIUM -LUGAS VIRHADAMO
FECIT MDCCGLXXXIX.
MISCELLANEA 53
DOCUMENTI
Die XV deceinbris vj itici. 1532.
Mag.r geoi'gius de sancto philippo de terra tnrturiclii ut dixit alcami
ad presens existons presens coram nobis sponte se obligavit et obligat
nob. petro russo petro corno hon. blasio valditaro et bartholonieo cata-
lano rectoribus confraternitatis sancte marie de succurso de dieta terra
alcami presentibus et stipulautibus (facere et costruere) campanam unani
bonam laboratam reciptibilem et boni soni ponderis cantariorum quatuor
in quinque vel circa ad electionem ipsorum rectorum qui rectores teneantur
dare dicto mag.ro georgio stipulanti omnes et singulas res necessarias prò
dieta campana quam campanam prelatus mag.r georgius dare promisit
dictis rectoribus stipulantibus lue alcami prò pretio ad rationem
une. unius p. g. in pecunia numerata prò quolibet cautareo ad omnes et
singulas expensas ipsorum rectorum quod quidem pretium prefati nob.
nomine quo supra dare et solvere promittunt prefato mag.ro georgio pre-
senti et stipulanti statim et incontinenti qnod dieta campana erit consi-
gnata dictis nob. rectoribus in ijace etc. et ultra pretium predictam pre-
fati nob. rectores dare promittunt prefato mag.ro pbilippo stipulanti ta-
renos xviij p. g. prò eius victu cui mag.ro georgio stipulanti prefati
nob. rectores teneantur dare lectum unum et stantiam prò dormiendo et
quando prefati nob. rectores non darent attractum dicto mag.ro georgio
teneantur lacere expensas prò victu ad que servitia prefatus mag.r geor-
gius accedere promisit ad primam requisitionem ipsorum rectorum eaque
bene agere et continuare usque ad ultimum. Alias etc.
Testes mag.cus jo: paulus montesa mag.r vincentius de capu et mag.r
modicus de capu.
(Dal reg.o 6 iud. 1532-33 di not. Pietro Scannariato, pag. 231).
54 MISCELLÀNEA
n.
Eodeni (die ccccnj fehì'uarij pe incl. 1543).
Mag.r Nicolaus Tirenni de terra Turturichi et civis Panormi presens
corani nobis sponte dixit et confessns est habuisse et recepisse a m.ro An-
tonino Perfetto de terra Alcami presente et stipulante tanquaui procura-
tore ven. confraternitatis S. Marie de Snccurso diete terre Alcami uncias
duas, tarenos quatuor p. g. in pecunia prò manifactura unius campane
diete confraternitatis a dicto m.ro Antonino consignate. Ren. exceptioni etc.
quam campanam ut dicitur sonandu cum la corda ipse m.r Nicolaus af-
fidavit seu assecuravit per annnm unum ab hodie in antea numerandum
non se frangere. Alias teneatur incontinenti illam ad ejus expensas refl-
cere. Pro quo m.ro Nicolao de iterum et de novo fieri faciendo ipsam
campanam succedente casu predicto modo quo supra m.r Jacobus De
Terranova corani nobis sponte tìdejussit etc. Ren. do juri de primo etc.
Qua omnia etc.
Testes nob. Petrus Tabuni et nob. Salvator De Silvestro.
(Dal bastardello l.a ind. 1542-43 di not. P. A. Balduccio, pag. 444).
in.
Die ocv januarij prime ind. 1543.
Mag.r Nicolaus Tirenni de terra Turtureti et civis Panormi presens
coram nobis sponte se obligavit et obligat facere et magistribiliter agere
nob. Phillppo Lu Lidia aromatario presenti et stipulanti mortarium unum
mitalli rotulorum triginUi in 32 bonum magistribiliter ad altins pertotum
carnis privium anni presontis. Pro pretio ad rationem tt. 2etgr. 10 prò
qaolibet rotalo do quo protio dixit et confessus fuit et est habuisse et
re<;epi880 a dicto nobili stipulante tt. tres. Restans vero dictus nob. dare
promisit d.o m.ro Nicolao stipulanti delato dicto mortario in hac terra.
De quo pretio teneatur dictus m.r Nicolaus rolaxaro tt. 3 et gr. 15.
Ren. etc. Cuni pacto quod ipso m.r Nicolaus tenciitur rociporo totani
MlSCELLAKEA 55
illam quantitatem mitalli quam habet ipse nob. prò pretio ad rationem
tt. unius et gr. decem prò quolibet rotulo; quod pretium ipse m.r Nico-
laus teneatur defalcare de pretio dicti mortarij; cum pacto chi si non chi
talentassi lu mortaro a lo ditto nob. Philippo chi lo poza relaxari.
Testes nob. Petrus Paulus Mompileri et Io. Paulns Oroflno.
(Dal bastardelle 7. a ind. 1542-43 di not. Pietro Scannariato , fog.
39.J, retro).
IV.
Die xxvj novembris xv ind 1556.
Mag.ri joannes dominicus et paulus sainphilippo fratres de terra tur-
turichi presentes corani nobis sponte promittuut et se solemniter obliga-
verunt et obligant in solidum m.cis joanni aloysio de terminis joanni
antonio crastuni vincentio vasco et francisco mompileri juratis terre al-
cami presentis anni presentibus et stipulantibus nomine universitatis dit-
te terre ad omnes expensas diete universitatis reflcere campanam ma-
gnani ad presens existentem l'uctam in campanile Majoris eclesie terre
alcanii magistribiliter di bon sonu et di lu modellu seu forma di la cam-
pana menzana existens in dicto campanaro et habita licencia Ill.mi et
Rev.nii d.ni don hieronymi de terminis mazariensis episcopi cum certis
conditionibus incipere a primo mensis januarii proxime futuri in antea
et continuare donec expedient dictani campanam alias teneantur in soli-
dum ad omnia damna interesse et expensas et liceat dictis m.cis juratis
dictam campanam Aeri lacere ab aliis ad interesse ipsorumobligatorum prout
iuvenire poterunt et si dieta campana non erit facta qualitatis predicte sem-
per teneantur ipsi niagistri ad eorum expensas quilla refari seu tornari
a culari ex pacto. et hoc prò mercede ad rationem tareiiorum viginti
quatuor p. g. singulo cantareo quam mercedem ipsi mag.cijurati nomi-
ne universitatis predicte dare et solvere promittunt dictis obligatis sti-
pulantibus incontinenti expedita expleta et niisa in tripodu chi poza so-
nari dieta campana in pecunia numerata hic alcami sine aliqua exceptio-
ne cum li pacti et conditioni infrascripti et primo chi ipsi m.ci jurati
nomine diete universitatis haiiino a denari a li dicti magistri lo metallo
et altri cosi necessari per fari dieta campana et stancii el manchari et bi-
viri et lectu a dormiri ma si in lu cunitractn di la campana chi fichi loru
56 MISCBLLA.VEA.
patri nun chi fnssi chi duvissi haviri manchari et biviri et letta a dor-
miri tali casu ipsi niag.ci non teneantur. Iteni chi ipsi magistri haiano
a veniri za in alcamo di za a jorni xv per intendiri si dicti mag.ci jurati
hanno potuto opteniri quillo chi pretendino da mons.ri Rev.mo. Item chi
non li dando ipsi mag.ci jurati lu attractu per fari dieta campana te-
neantur nomine universitatis ad omnia dapna interesse et expensas.
Que omnia.
Testes mag.cus vincentius de adragna q. dam iacobi et mag.cus petrus
de terminis et nob. not bernardinus de aversa.
V.
Die xviij junii xv ind. instantis 1557.
Quia prefati m.ri joannes dominicus et paulus sanfilipu fratres ut di-
citur cularu la campana et apisa a la finestra di lu campanaro sonando
a tocco per disgrazia quilla si ruppi et infrascripti m.ci jurati pretende-
bant quilla iterum refari et culari ad omnes expensas ipsorum magistro-
rum et sine mercede et dicti magistri pretendebant non teneri ideo hodie
die pretit.o mag. Julius inveges vincentius bazicalupo et petrus fumo alii
ex mag.cis juratis terre alcami presentis anni et dicti mag.ri joannes do-
minicus et paulus nolentes super his litigare corani nobis sponte deve-
nerant et deveniunt ad infrascriptam convencionem et accordium videli-
cet quod dicti mag.ri ioannes dominicus et paulus se obligaverunt et
obligant in soUdum dictis uiag.cis juratis stipulantibus iterum et de novo
dieta campana ructa calari et refari magistribiliter di bon sonu di lo
modu et forma chi erano tenuti in lo proximo contrattu ad altius infra
termino di un misi di ogi innanti da contari prò mercede ad rationem
tt. 24 singulo cantareo solvenda incontanenti culata et consignata chi sar-
ra prout supra liberanduli ipsi mag.ri ad ipsi mag.ci jurati di la merci
di la prima culatura et ipsi mag.ci jurati haiano a donari nomine uni-
versitatis a li ditti mag.ri tutto lo attracto et farichi la dispisa prout
tenebantnr mag.ci jurati in proximo contractu et non alitor nec alio modo
et ultra ipsi mag.ri fidano dieta campana chi hair < culari non si rum-
piri prò uno anno da contari di lo jorno chi dieta campana sarra misa
81 ^ io campanaro innanti sonandusi tanto allougo (juanto a tocco seu
aliarmi altranienti siano tenuti in solidum un altra volta culari et rofari
MISCELLANEA 57
senza pagamento alcuno ma sulamenti (lieti mag.ci jnrati li alano a do-
nar! lu attracto et la dispisa.
Que omnia.
Testes lion. petrus piranio et mag.r antoninus de virde.
VI.
Bie xviiij ejusdetn mensis junii.
Prefati m.ri jo: dominicus et paulus de sampliilippo fatentur liabuisse
a prefatis m.cis julio inveges vinco bazicalupo petro fumo et vinco vasco ju-
ratis terre alcami presentis anni presentibus et stipulantibus uncias qua-
tuor pon. gen. in peca infra solutionem mercedis campane reflciende
Ren. etc et juraverunt etc unde etc
Testes m. franciscus mompileri et philippus buxiglio.
VII.
Die iij. augusti xv ind. 1557.
Prefati m.ci Julius inveges vincentius bazicalupo et vincentius vasco
jurati et prefati m.ri Jo: dominicus et paulus samphilippu corani nobis
sponte fatentur liabuisse et recepisse videlicet: ipsi m.ci jurati a dietis
m.ris stipulantibus campanam factam et dicti m.ri liabuisse a dietis m.cis
juratis stipulantibus uncias duodecim ad complimentum eorum mercedis
diete campane Ren etc et juraverunt etc unde etc
Testes nobilis petrus russo bernardinus aversa et nob. bartolus de
labita.
(Dal bastardelle 15 ind. 1556-57 di not. Pietro Antonio Balduccio
e. 708 e seg.)
MISCELLANEA
Vili.
Die xxviiij julii xv ind. 1557.
Mag.ri joannes dominicus et paulus de sanctophilippo fratres de terra
turturichi presentes coram nobis sponte promittunt et se solemniter obli-
gaverunt et ohligant in solidum maLT.co petro fatarcha et mag.co marco
antonino de adorisi aliis ex rectoribns ven. confraternitatis sancte marie
annunciate terre alcami presentibus et stipulantibus ut dicitur fari dui
campani videlicet una di sei cantara et una di un cantaro magistribiliter
et di bon sonu et incipere a primo mensis octobris proxime futuri in
antea et continuare donec expediantur alias teneantur in solidun ad omnia
dapna interesse et expensas et liceat dictis rectoribus dictas campanas
fieri facere ab aliis ad interesse ipsorum magistrorum de sanctophilippo
prout invenire poterint ex pacto et hoc prò mercede videlicet la pichula
nncie unius et tarenorum decem et octo et la grandi ad rationem
tarenorum viginti quatuor p. g. singulo cantareo prò qua causa et
prò arra dicti obligati fatentur habuisse et recepisse a dictis rectoribus
stipulantibus uncias duas p. g. per manus antonini sanctoro economi et
procuratoris diete confraternitatis, Renunciantes exceptioni. etrestans quod
erit ipsi rectores dare et solvere promittunt nomine diete confraternita-
tis dictis fratribus stipulantibus incontinenti ftictis dictis campanis in pe-
cunia numerata hic alcami sine aliqua exceptione ac etiam ipsi rectores
teneantur et ita se obligant dicto nomine ponere totum actractum neces-
sarium ad faciendum dictas campanas et dum operant dictas campanas
dare dictis magistris expensas esus et potus prout solverunt mag.ci ju-
rati terre alcami prò campana universitatis item dicti mag.ri adìdant di-
ctas campanas per annum unum nunierandum a dio quo erunt posile in
campanili in antea ut dicitur non si rumpiri alias teneantur iterum et
de novo ut dicitar culari et farili prout supra sino solutione eorum nui-
gisterii ex pacto.
Qae omnia.
Tostes mag.cus Hicronimus de aversa hon. ioannes factinnanti et
mag.r untoninus de virdc
MISCELLANEA 59
IX.
Die 1 februarii i iiid, 1357.
Mag.ci hieronymus de aversa innocentius blanchines et hon, joannes
factinnanti alii ex rectoribus ven. confrateniitatis sancte m.e annunciate
presentis anni et prefatus magr. joannes dominicns de sanctophilippo in
proximo contractu nominati presens corani nobis sponte dixerunt et
confessi fuerunt videlicet : ipsi mag.ci rectores habuisse et in eorum pos-
se recepisse a prelato mag.ro joanne dominico stipulante dictam campa-
nam magistriliter et di bon sonoetdictus mag.r joannes dominicus esse
solutum et satisfactum a dictis rectoribus stipulantibus de mercede di-
ctai'um campanarnm et esus et potus. Renunciantes ad invicem exce-
ptioni etc. Et juraverunt. Unde etc.
Testes mag. salvat()r de Silvestro et joaiinos panliis de lazio quondam
laurencii.
Die iij februarii p« incl. 1557.
Mag.r joannes dominicus de sanctopliilippo de terra turturichi pre-
sens corani nobis sponte promisit convenit et se solemniter obligavit et
obligat nob. julio inveges nob. vincentio de ginea nob, petro piranio et
francisco de vizini rectoribus ven. confraternitatis sancte m. de succur-
so terre alcami presentibus et stipulantibus ut dicitur fari una campana
di deelii cantara magistribiliter et di bon sono et incipere a primo men-
sis maji proximo futuri in antea et continuare donec expediat alias te-
neatur ad omnia dapna interesse et expensas et liceat ipsis rectoribus
dictam campanam fieri lacere ab aliis ad interesse ipsius mag.ri ioanni do-
minici prout invenire poterunt ex pacto.
Pro mercede ad rationeni tarenoruni viginti quatuor prò quulibet can-
tareo quam mercedem solvere promittunt ipsi mag.ci rectoi'es nomine
diete confraternitatis dicto mag.ro joanni dominico stipulanti incontinenti
facta et consignata dieta campana modo quo supra in pecunia numerata
hic alcami sine aliqua exceptione etc. et ipsi mag.ci rectores teneantur
60 MISCELLANEA
dare et consignare dicto mag.ro joanni dominico stipulanti totum metal-
Inm et totum attractnm necessarinm diete campane cum incipiet facere
dictam campanam in dicto mense maji et dare esum et potum et lectu
a dormiri tam dicto mag.ro joanni dominico qnam mag.ro paulo sancto-
philippo eius fratri et ad uno garzuni che venirano ad aintari a fari di-
eta campana affldandu ipsu mag.ro joanni dominico dieta campana facta
chi sarra prò uno anno non si rumpiri altramenti sia tenuto insuper et
de novo quilla culari et fari prout supra senza pagamento di so magi-
sterio ma tantum darili ipsi mag.ci recturi mancbari et biviri et lectu a
dormiri, ex pacto.
Que omnia etc.
Testes nob. marianus lupresti et mag. vitus tabuni.
XI.
Die ocvìj angusti p. iiul. i558.
Prefati nob. vincentius de ginea nob. petrus piranio et franciscus de
vizini rectores et mag.r joannes dominicus de sanctoj)hilippo in proximo
contractu nominati presentes corani nobis sponte dixerunt et confessi
faerunt videlicet : ipsi rectores habuisse et in eorum posse recepisse a
dicto mag.ro joanne dominico stipulante dictam campanam prò bona visa
placita et attalentata et prò tali qualis est et prefatus mag.r joannes do-
minicus esse integre solutum et satisfactum a dictis nob. rectoribus sti-
l)nlantibns de magisterio diete campano renunciantes ad invicem exce-
ptioni etc. Et juravernnt. unde. etc.
Testes nob. dominicus valditaro et mag.r vitus tabuni.
XII.
Die xxj octobris xiij ind. i584.
Patoat qualiter hon. mag.r natalis garbato oriundus terrò turturicii et
habitator urbis folicis panormi ut dixit lue alcami ad prescns so roporiens
in no8trorum prcsentia prusontialiter constitutus bene coguitus i)er me
MISCELLANEA
61
notarium infrascriptum sponto promisit et promittit seqne solemniter oMi-
gavit et obligat mag.cis dominis iacobo sanieli joanni vincentio de trapani
innocentio blanchines tribus ex juratis hujus predicte terre alcami sedis
presentis nec non et mag.cis dominis blasio valditaro et joanni baptiste
mollica u. j. d, eidem mag.co de blanchines deputatis per consilium factum
conclusum et congregatum per mag.cos d.nos jui'atos sedis preterite pre-
decessores eorumdem dictorum jiiratorum in hac predicta terra alcami ad
infrascriptum et alium effectnm die xxviij julii xij ind.is proxinie preterite
1584 ad quod habeatur relatio etiam bene cognitis per me notarium infra-
scriptum etc. presentibus et dictis nominibus stipulantibus fundere fabri-
care facere et compiere campanas duas nominatas videlicet unam la cam-
pana grandi cantareorum sedecim alteram vero la liotta cantareorum
duorum et rotolorum triginta incirca ad omnes expensas labores risicum
periculum et fortunam ipsius lion. mag.ri natalis videlicet campanam ma-
gnani fundere de proprio metallo ipsius campane ruote que est canta-
reorum quatuordecim incirca et prout reperiri contigerit et ponderabitur
plus vel minus quod metullum diete campane magne ructe dictus mag.r
sibi cepit et capit prò consignato. Ipse mag.r teneatur et sic promisit
eisdem dominis juratis et dominis et nobilibus deputatis dictis nominibus
stipulantibus ponere totani illam quantitatem mixture ad rationeni roto-
lorum sex prò qnolibet cantareo aeris et stagni di liandra prò dieta cam-
pana adeo et in tantum quod reflnetur dictum metallum diete campane
ructe ex pacto et similiter dictani alteram campanam nominatam la liotta
promisit fundere fabricare et compiere de toto metallo diete campane no-
minate la liotta ructe cum additione mixturè aeris et stagni di fiandra
prout supra ita quod dieta ligatura sit bene et magistribiliter facta prò
dieta campana adeo et in tantum quod reflnetur. Et hoc infra terminuni
mensium trium a die quo ipse hon. mag.r natalis fuerit requisitus ut infra
ab hodie in antea numerandum et cursurum que campane esse debent
videlicet: dieta campana maior cantareorum sexdecim incirca altera vero
la liotta cantareorum duorum et rotolorum triginta incirca quas campanas
modo predicto fundendas fabricandas et complendas dictus hon. mag.r
natalis dare et consignare promisit eisdem dominis juratis et dominis et
nob. deputatis dictis nominibus stipulantibus completas bonas utiles re-
ceptibiles sono condictione et fortitudine competentibus solitis et consuetis
et cum magisterio solito operis huiusmodi cum descriptionibus imaginibus
armis universitatis predicte terre alcami et designis designatis et existen-
tibus ad presons in dieta campana malore ructa et in dieta liotta in hac
prefata terra alcami ibidemque justo pondero ponderatas et sic expeditas
et ponderatas consigliare ut supra infra terminum mensium trium a die
quo fuerit requisitus ut infra in antea numerandorum et cursurorum in
hac prefata terra aicanii ex pacto in pace etc.
62 MISCELLANEA
Veruni quod dicti domini jurati et domini et nobiles deputati dictis
nominibus teneantur et sic promittunt ipsi niafj.ro stipulanti absquo aliqua
soluctione et diffalcatione procurare et commodare locuni actum prò la-
ciendo et fabricando furnum ad expensas omnes ipsius lion. mag.ri natalis
et cum toto eius attractu prò fundendis et complendis ipsis campanis et
faciendis formis et cammisiis eorum cum attractu necessario ipsius majj.ri
prò quibus expensis omnibus et attractu necessariis ponondis par ipsum
hon. mag.rum natalem ipsi d.ni jurati et d.ni et nob. deputati teneantur
solvere ipsi mag.ro stipulanti une. viginti septem p. g. tantum ad eflectum
predictum et prò lignis et alio attractu et prò victu ipsius hon. mag.ri
natalis successive serviendo solvendo et illud quod remanebit incontinenti
consignatis campanis ex pacto ac etiam domum prò liabitactione ipsius
mag.ri et lectum prò dormiendo dum dictus nìag.r vacabit in opere pre-
dicto gratis absque aliqua soluctione et diflfalcatione etiam ex pacto etc.
Itaque si diete campane semel bis ter et pluries funderentur et non ve-
nirent bene et utiles et cum condictionibus bonitatis et qualitatis predicta-
rum et non erunt fabricate ut supra quod utique iterum refundi debeant
toties qnoties hoc evenerit ad damna perditam interesse risicum periculum
fortunam et expensas dicti hon. mag.ri natalis usqne quo utiles bene re-
ceptibiles modo quo supra evenerint et fundentur et casu quo essent di-
scordes revideri debeant et cognosci per communem expertum labrum
similis operis communiter eligendum etiam ex pacto etc. Itaque etiam ex
pacto quod casu quo dicti d.ni jurati et d.ni et nob. deputati seu persona
prò eis seu maior pars ipsorum ligitima per actum publicum per totum
mensem decembris proximo venturi presentis anni non requisivorint ip-
sum hon. mag.rum natalem ad dieta servitia inohohandum et incipien-
dum et ad dictas campanas fundendum et complendum ut supra tunc
et eo casu non (acta refjuisitione predicta per totum dictnm mensem de-
cembris proxime venturi presentis anni prò modo ut supra presens con-
traetns intelligatur et sit cassus irritus et nullus tamquam si minime
factn.s foret et quisque eorum stet prout ante presentiMU contraotum ex
pacto etc.
Itom in omni casa quo dictus hon. mag.r natalis modo predicto in d\o\a
opere deliceret vel dictas campanas in ipso termino non pei'flcerit voi
perJIcero neglexerit e^tsciiie modo ju-edicto Iniulere non curavei-it aut re-
tardavorit tunc et oo casa ipso mag.r natalis teneatur et teneri voluit in
casu corilranvfntionis ])remissoruni aut premissorum aliquo ad omnia et
singula (himua ititeresse et expensas et liceat ipsis d.nis juratis (^t d.nis
et nob. deputatis dictis nominibus stipuiantibus alium similem mag.rum
coridiicf'rc l't dictas campanas fiindi et e.\j)ediri (accre ad oinniii t't singiila
damna iiitereMHe ut expensas ipsius mag.ri natalis (|ue omnia inteliigantui'
MISCELLANEA 63
et sint contra ipsum mag.rum natalem et eius bona ex nunc prò tane et
e converso protestata et non sit opus ulterius aliqua alia protestatione
nec reqiiisitione necessaria ex pacto etc.
Et hoc prò solido magisterio et mercede ad rationem unciarium trium
p. g. prò quolibet cantareo qiiod solidum magisterium et mercedom dicti
d.ni jiirati et d.ni et noh. deputati dictis nominibus videlicet nomine uni-
versitatis et deputactionis liuius predicte terre Alcami tantum dare et sol-
vere promittunt ipsi hon. mag.ro natali stipulanti hic alcami in pecunia
numerata incontinenti consignatis et completis dictis campanis et ut di-
citur misi in tripodu et sonatis dictis campanis in pace etc.
Et ultra pretium aeris et stagni di fiandra ponendi prò mixtura prò
modo ut supra prò mancamento ad rationem tarenorum quatuor et gra-
norum decem p. g. prò quolibet rotolo quod pretium dicti d.ni jurati et
d.ni et nob. deputati dictis nominibus ut supra dare et solvere promittunt
ipsi mag.ro natali stipulanti etiam lue alcami in pecunia numerata incon-
tinenti consignatis et pulsatis dictis campanis et positis in tripodo ut supra
etiam ex pacto.
Cum pacto quod de «re et stagno di fiandra ponendo per ipsum mag.rum
prò mixtura predicta prò modo ut supra dicti d.ni jurati et d.ni et nob.
deputati teneantur compensare et bonos facere ipsi mag.ro stipulanti ad
rationem rotulorum sex prò quolibet cantareo prò mancamento ex pacto.
Cum pacto che quanto metallo ci sarra consignato per ditti s.ri giurati
et s.ri et nob.i deputati tanto ipso hon. m.ro natali ni habbia a consignari
laborato ut supra perflna a ditta summa contenuta di sopra et mancando
li habbia a consignari tanto metallo di lo propio metallo che restira ructo
et quillo avanzira di ditti cantara sidici di ditta campana grandi et di ditti
cantara dui et rotula trenta di la liotta pagarli ad raggione di unzi dici-
dotto lo cantaro incontinenti consignati ditti campani misi in tripodu et
sonati ex pacto etc. In pace etc.
Que omnia etc. (1).
(Dalle minute 13 ind. 1584-85 di not. Giov. Vincenzo De Mulis.)
(.1) Sogailano in coda al contralto diverse apoche.
64 HISCBLLÀMEA
XIII.
Die XV ottobris xv incl. 1586.
Nob. Natalis Garbato civis felicis urbis Panormi in hac terra Alcami
conimorans cognitus coram nobis sponte vendiclit et consignare promisit
spett. (Uno don Vincontio de Maestro Andrea ejusdem terre Alcami etiam
mihi notarlo cognito pi'esenti stipulanti et ab eo ementi nomine et prò
parte nob. Angeli de Obiso Sebastiani de Leocta Mattei de Messina ma-
ioris et Ludovici Perrone quatuor juratorum terre Castri ad mare de
gulpho absentinm a quibus ad infrascripta omnia et singula dixit habe-
re ordinem et speciale mandatum et quibus suo proprio nomine princi-
paliter se obligando de ratho promisit quod infra terminum dierum qua-
tuor de cetero numerandum predicti nob. de Obiso Liocta Messina et
Perrone jurati ut supra presentem contractnm omniaque et singula in
eo contenta singula singulis referendo proprio et juratorio nomine, in-
solidum, renuntiando bcneflctio novarum constitutionum etc, ratificabunt
laudabunt et pienissime conflrmabunt et expresse se obligavit predicto et
infrascripto nob. venditori tam ad soluctionem prectii infrascriptarum
campanarum quam ad omnia et singula inferius expressanda; et hoc per
actum publicum in inmargine presentis actus vel extra cum inserto tenore
presentis, copiamcuius autenticam etc. juxta formam ritus magne regie cu-
rie. Sub hypoteca etc. Alias etc. Ita quod facta predicta ratilìcatione per
modum ut supra quandocumque, ipse dominus de Majstro Andrea a forma
presentis actus intelligatur et sit exoneratus penitus et liberatus ex punto
sic intor eos habito et juramento firmato et non aliter nec alio modo ,
duas campanas mitalli boni justi ponderis, videlicet unam cantarij unius in
circa et alteram rotulorum vigintl similiter in circa, bonas proporciona-
tas mercantil)ilitor et recoptibilitor, et non aliter etc.
Quas quidem dtuis campanas superius venditas bonas magistribiliter
factas predictus venditor promisit et convenit soquo soliemnitcr obligavit
et obligat pred.o d.no quo s,a nom.o emptori stipulanti ad altiiis per to-
tum mensem octobris proxime futuri presentis anni in ore fumi exlsten-
ti8 intUH dovotum hospitale Sancti Spiritus ojusdem torre Aleaini Alias
teneatiir ipsf? vtMiditoi' et tenori voluit prcMlicto d.no quo sopi'a nom.e
c'inptori Htiptilaiiti ad omnia et singula da mna inteiesse et ex])ensas et
quod liceat prtMl.o d.no, pred.o nom.no emptori stipulanti cmere vel ab
aiiiK lleri facore prò co malori magisterio et pi'ectio nielius inveniendo
MISCELLANEA 65
((Las campanas) ad omnia et singula damna interesse et expensas pred.i
venditoi'is presentis et audientis. Que qnidom damna etc. Itaque etc. Et
hoc prò prectio ad ractionem unciarum decem et octo p. g. prò singulo
cantareo p. g. mitalli preditti modo quo sapra laborati; de quo prectio
predictus venditor fatetur habuisse et recepisse a pred.o d.no emptore
quo saprà nom.e stipulante cantarium unum et rotulos septuagintatres
cum dimidio mitalli ut dicitur ruptami ratiocinati ad ractionem une. de-
cem p. g. prò cantarlo mitalli cum deductione de mitallo et ruptamine
predicta ad ractionem rotulorum sex mitalli prò cantario ut dicitar pri
lo mancamento de prectio pred.o, et non aliter etc. Ren. etc.
Et totum restans ad complimentum prectii campanarum predictarum
predictus d.nus emptor, nom.e jam dicto, dare et solvere promisit pred.o
venditori stipulanti, seu persone legitime prò eo , in pecunia numerata
Ilio Alcami liinc per totum mensem maij proxime futuri predicti presen-
tis anni sine aliqua exceptione juris vel facti. In pace etc.
'Cum pacto quod ipse nob. venditor teneatur in locis solitis ubi po-
nuntur insignia similibus campanis ponere predictis duabus campanis
insignia infrascripta, videlicet : ex uno latere flguram et imaginem glo-
riosissime S.te Marie Hydrie et ex alio latere arma seu verius flguram
scuti ili. mi et excell.mi d.ni Ducis Bisbone Comitis Galatavillocte et D.ni
terre predicte Castri ad mare. Quam flguram senti pred.i ipse dopnus
emptor quo s.a nom.e ad eius expensas predicto venditori stipulanti ad
omnem primam requisictionem hic Alcami consignare teneatur ; et non
aliter nec alio modo.
Que omnia etc.
Testes nob. Simon Raflb et Julianus Girami. (1)
(Dalle minute di not. Pietro Raffo).
XIV.
Die iìj januarii vj. ind.nis i592.
Natal Garbato de urbe lei. panhormi alcami ad presens repertus mihi
not. cogn. p.ns. coram nobis sponte se obligavit et obligat josepho lo Uccia
(K) Siegne nell'originale l'atto di rellifica dei giurati di Castellammare del Golfo, ed una nota di
pagamento con data de' 4 febb. 15.a ind. 158G.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 5
66 MISCELLANEA.
diete terre alcami mihi etiam cognito p.nti stipulanti et illum conducenti
dictonom. et procuratorio noni. ven.Iisconventus s.tem. hiesus diete terre
sibi bene et magistribiliter fundere et costruere campanam dicti conven-
tus illius foggie bonequalitatis et campi quot quantitas metalli infrascripti
debbite requirit ad summam cantariorum quinque in sex de fermo dum-
modo quod non excedat ultra summam rotulorum quinquaginta manu-
facture cum omnibus et singolis illis scolturis licteris impressionibus et
aliis que in presentiarum reperiuntur et sunt in campana majore diete
ecl. cum metallo mistura lignamine ac omni attractu necessario et op-
portuno ad fundendara et eonstruendam campanam ipsam dicti conventus
seu dicti procuratoris procuratorio dicto noni, ex pacto consignandum
totum dietum actractum et precise metalluui et misturam predictam in
loco fabrice ad summam eantareorum sex euni eius mancamento de
sex rotalis prò cantarlo ad omnein ipsius de garbato simplicem requi-
sitionem.
Quam quidem campanam cum predictis omnibus costruendam ipsede
Garbato dare et consignare promisit dicto de lo Uccia dicto noni, stipulanti
bene et magistribiliter constructam fusam et fabricatam sanam puram et
mundani ab omni defectu et imperitia ut dicitur in bucca di fumo intus
dietum conventum in prima die s.te quatragesinie proxinie future anni
p.ntis in pace et deplano. Alias ipse de garbato teneatur et teneri voluit
ad omnia et singula damna interesse et expensas et lieeat et licitum sit
ipsi de lo Uccia dicto noni. e stipulanti vel eius successori in officio pro-
curationis alium fabricatorem conducere ad damna et interesse ipsius
obb.tis prò e mercede per euni melius invenienda que omnia et singula damna
interesse et expense intelligantur et sint ex nune prò tune et e converso
centra ipsum de garbato pre.tem et audientem eiusque heredes et bona
protestata et requisita ita quod non sit opus aliqua alia protestaetione et
requisitione necessaria nisi presente contraetu.
Pro magisterio et manufaetura une. deeem et ceto p. g. hoc est di can-
tara einco in sei tantum et si nia,joris ponderis erit usque ad summam
rotulorum quinquaginta ut dicitur di pio illud plus scilieet dimidium can-
tarium ipse de lo Uccia cum casus requisierit solvere promisit dicto do
garbato stipulanti ad rationem une. doeem et octo singulo cantarlo et si
ultra dictam summam (Umidii cantarli erit illud plus ipso do garbato ex
none protunc et e converso seu jus eius manufacture gratiose relaxavit
et relaxat <Ucto ven.li conventui me not. et dicto procuratore prò eo sti-
pulante ex pacto etc. nee non esum et potum ae loetum prò dorinioudo ne-
oessariis prcstandis por ipsum conductorom procuratorio dieto noni, diclo
de garbato et eius coa4Jutoribus in ipsa fabriea tempore fabrice diete
campane uiiqae ad eiua conMignationem ox pacto.
MISCSLLANEA 67
Quod quidem magisterium seu meiTedem diete manufatture ipse de
lo liccia et ponpeus perfetto diete terre miiii etiam cognitus presens corani
nobis quislibet eorum proprio eorum nom.e et ipse de lo liccia procuratorio
dicto nom.e prò rathis eorum infrasciptis solvere promittunt dicto de gar-
bato stipulanti scilicet ipse de perfetto une. septeni et tt. f[uindecini p. g.
cum primum ipse de lo liccia procuratorio dicto nom.e ceperit realem pos-
sessionem loci Androo et diane coppula jugalium existentis in centrata
dello valluni di nuceio servatis servandis una cum expensis tunc causatis
prò dieta possessione capienda causatis et illuni post incontinenti consi-
gnatuni titnlo venditionis ipsi de perfetto per actum publicuni reliquas
vero une. decem et tt. quindecini p. g. ad coniplimentum dictaruni une.
deceni et octo ipse de lo liccia proprio suo et procuratorio nom.e predicto
et in solidum solvere promisit dicto de garbato stipulanti pertotum men-
sem maji proxime futuri dicti anni presentis hic alcami in pecunia in
pace.
Sub hac tamen condictione sub qua ipse de lo liccia proprio suo tan-
tum nom.e intelligatur et sitobligatus et non aliter nec alio modo hoc est
si mag.r nuncius bolo e. p. se obligabit per actum publicum solvere dicto
conventui seu eius commissionato per ipsuni de bolo debbitas dicto con-
ventui prò causa oxprimenda in contractu suo die celebrando vel cele-
brato alias ipse de lo liccia proprio suo nom.e intelligatur et sit di sobli-
gatus ab honere solvendi tantum dictas une, sex ex pacto.
Et si forte erit solvendo j US manifacture dictorum rotulorum quinqua-
ginta ipse de lo liccia procuratorio dicto nom.e cessit et cedit ex nunc prò
tunc dicto de garbato stipulanti et ex nunc prò tunc et e converso reci-
pienti omnia et singula jura omnesque actiones que et quas liabuit ha-
bebat et habet in jure predicto forte solvendo ad rationem une 18 sin-
gulo cantarlo superius declaratarum centra et adversus mag.rum antoni-
nuni la rotunda conductorem clausure dicti conventus sibi dicto nom.e
debbilo ex majore summa juris gabelle clausure predicte vigore con-
tractus ingabellationis celebrate suo die vel aliorum quorumvis con-
tractuuni.
Quam quidem juriumcessionem ipse dicto nom.e promisit dicto cessio-
nario stipulanti facere veram et bonani ac leg.nie defendere.
Cum pacto lege et condictione infrascriptis sub quibus fuit ad presentem
deventiim quod ipse de garbato teneatur et sic promisit et se obligavit et
obligat dicto de lo licciu stipulanti nom.e dicti ven.lis monasterii affidare et
ex mmc et prò tunc sibi dicto nom.e et affldat campanam predictam post eius
fusionem et costructionein faetam eo tempore modo et forma ac cum et
sub omnibus et singulis illis aliis pactis clausulis cautelis et aliis con-
tenti» et expressis in contractu obligationis campane majoris diete majoris
68 MISCELLANEA
ecl. in actis pubblicis celebrato ad quem in omnibus et prò omnia piena
liabeatur relatio et non aliter nec alio modo ex pacto.
Que omnia etc.
Testes benedictus de avuto vincentius de trapani et thomas maltisius.
XV.
Die xxiij tnensis decembris xiiij ind.tiis 1585.
Facto computo et ratione Anali ultimo veridico et legale et non erroneo
inter mag.rum natalem galbato civem panormi et mag.rum antoninum gal-
bato eius fratrem de terra turturici de onmibus negotiis inter eos costi-
tutis in hac terra alcami super efl'usionem et facturam quarumvis cam-
paruni in predicta terra alcami per eos effusas per totum presentem dieni
remansit debitor et reliquatur predictus mag. natalis predicto mag. anto-
nino in une. septem p. g. et non in pluri ncque minori summa. Ren.
Quas une septem predictus mag. natalis promisit solvere predicto mag.
antonino obligato stipulanti ad omnem primam requisitionem eiusdem
mag. antonini in pecunia numerata in urbe panormi in pace.
Declarantes omnes debitos ex arte hic alcami debendos prò campanis
spectare ad ipsum mag.rum natalem solum. Ren.
Que omnia.
Testes mag. Joseph de muli et mag. philippus mcrcadanti.
(Dal bastardelle 14 Ind. 1585-86 di net. Pietro Farad, fog. 565 retro).
XVI.
Die iiij januarii x ind. iG12.
Mag.rjo: dominicus garbato do terra turturicis alcami ropcrtus mihi
not.o cog.tus ooram nol)is sponte promisit et so obligavit et obligat sor.
marte marie de ballis abb.o Ven. Mon.rii s.ti fran.sci do paula intervo-
nienH prius d.a abb.a cuni interventu consonsu et expressa voluntate in-
fraticriptaniiii iiKiuialium et odicialium d.i mon.rii scilicet : sor. Tranci-
MISCELLANEA 69
sce buttaresi priore sor. celidonie ciminata et sor. benedicte buttaresi
deconaruni et sor. angelice puglisi cellararie nec non et cani interventu
et consensu francisci morfine protectoris et alfonsi erastojoanni procura-
toris d.i Yen. Mon.rii s.ti fran.ci de paula eiusdem terre alcami mihi
not. etiam cognite presenti stip.ti et d.o noni. e conducenti sibi l'undere
fabricare et compiere unani campanam metalli bonam utilem receptibilem
sono condictione et fortitudine competentibus solitis et consuetis et mag.rio
solito huius d.i operis cuni iinaginibus s.ti francisci de paula marie vir-
ginia et s.ti benedicti et aliis subscriptionibus et iniaginibus d.e abb.e
d.o nom.e benevisis et placibilibus ponderis cantarei unius et rot. quin-
quaginta incirca et plus si plus ponderabit ad onines labores risicum pe-
riculuni et fortunam ipsius obligati et ad onines expensas d.e abb.e d.o
nom.e stipulantis et non aliter.
Quod metallum d.e campane d.a abb.a d.o nom.e consignare teneatur d.o
obligato stipulanti ut dicitur a piso cum illa quantitate mixture ad ra-
tionem rot. decem prò cantareo di mancamento itaque tl.a mixtura sit
stagni et rami rubli et non aliter.
Quani campanam bonitatis et condictionis pred.e d.us mag.r jo : domi-
nicus obligatus dare et consignare promisit d.e abb.e d.o nom.e stip.ti
expeditani et juxto pondero ponderatam inft-a dies vigintiquinque de ce-
tero nunierandos et cursuros. Alias etc.
De quibus etc,
Pro solido et magisterio ad rationem une. quatuor p. g. singulo can-
tareo quod solidum d.a abb.a d.o nom.e cum consensu pred.o dare et sol-
vere promisit et se obligavit et obligat d.o de garbato stip.ti statini et
incontinenti consignata et ponderata campana pred.a qualitatis et bonita-
tis jani diete hic alcami in pec.a num.a.
In pace etc.
Cum pacto quod in casa disoordie Inter d.os contrahentes in consigna-
tione campane pred.e ut supra flende tali casu ipsa campana revidi de-
beat per expertos eomuniter eligendos quibus judicio et parere .stare de-
bent ex pacto.
Guni pacto ([uod dictus obligatus teneatur prout vi presentis promisit
et se obligavit et obligat d.e abb.e d.o nom.e stip.ti campanam pred.am
conrtciendam ut supra affidare ut dicitur che non si specza sonando prò
anno uno numerando et cursuro a die consignationis pred.e campane et
casu ([uo d.a campana in tempore anni unius rumperetur ut dicitur so-
nando tali casu d.us obligatus teneatur prout vi presentis promisit et se
obligavit et obligat d.e abb.e d.o nom.e stip.ti Ulani retìcere ad omnes
expensas d.o abb.e d.o nom.e stip.is absque soluptione magisterii et solidi
tantum d.o obligato ex pacto etc.
70 MISCELLANEA
Cum alio etiam pacto qaod sitin eleptionem d.e abb.e d.o nom.e stip.tis
speduta che sarà d.a campana tutta quilla quantità di metallo avanzerà
di detta campana d.us obligatus teneatur sibi capere si d.e abb.e sic pla-
cuerit et ei solvere ad rationem tt. 4 p. g. pretium cuius metalli d.us
obligatus detinere debeat in compotum d.i solidi et magisterii si vero prò
se detinere eligerit sit ad eiusdem abb.e eleptionem ex pacto.
Que omnia etc.
Testes vincentius giacalone et artis et medicine doctor petrus policzi.
XVII.
Die xviìj aprilis vx ind. 1617.
Mag.r Andreas garbato de turturici alcami repertus cognitus sponte
fatetur se habuisse et recepisse a p.re fr. petro servo procuratore ven.
conventus s.ti dominici huius terre alcami etiam cognito stipulante une.
quinque et tt. quinque p. g. in pecunia do contanti. Ren.
Et sunt in compotum une. sexdecim et tt. 9 sibi debitorum tam prò
magisterio quam prò pretio metalli et juncti alla campana sibi facta et
qaam facere debebat virtute contractus in actis meis not. infrascripti die
ad quem.
Et juraverunt. Unde.
Testes u. j, d. virgineus valditaro et don vincentius puglisi.
XVIII.
Bili 1 7.bris i.a ind. 1G17.
Prefatus mag.r Andreas garbato fatetur habuisse a f.rc francisco vi-
gintimilia procuratore conventus s.ti dominici stipulante une. undecim et
tt. 4 p. g. ad complimontum une. 10. l) in proxinio contractu declarata-
rum comprecnsis une. 5. h. in proximo contractu solutis.
Testes salvator puglisi et don vincentius puglisi.
UlSCCLLAttEA ?1
XIX.
Die xvj septembris iij ind. Ì5i9.
Ioannes Philippus Garbata terre Turturici repertus uti campanarius
hic Alcami ad eflfectum infrascriptum vi presentis contracttis sponte cli-
xit et fatetur se habuisse et recepisse a S. T. D. fratre Hiacinto de Paetis,
priore oonventus S. M. Urie delli Scalsi cognito et stipulante une. quatuor
p. g. in pec. de contanti Ren. etc.
Et sunt prò confectione campane per dictum de Garbatu facte et con-
signate in dicto Conventa juxta formam accordj Inter euni et dictum
priorem. Ren. etc.
Testes D. Nicolaus Graffeo et Jo. Nicolaus de Agata.
(Dal bastardelle 3. ind. 1619-20 di not. Rocco Cioffl, fog. 81 retro).
XX.
Eodem (die iiy septembris iij. e ind. Ì6i9).
Magister Andreas Garbato et Joannes Philippus ejus fllius terre Tur-
turici Alcami reperti cogniti insolidum. etc. Ren. etc. promittunt don
Vincentio de Latio procuratori Maragmatum majoris ecclesie Alcami d.o
nom.e stipulanti et conducenti fundare unam campanam nominatam de
La Leotta de ea magnitudine seu pendere ut est ad presens et de la l'or-
ma et modello eh e la campana mezza (sic^ di d.a ecclesia si di corpo come
di l'aura bene et magistribiliter de bono sono revista per dui experti co-
munamenti da eligersi et in casu discordie per tertium neutri parti su-
spectum ad omnes expensas ecclesie si di mitallo come di ligna di Turno
terra et rasti videlicet: sivo rot.a duij eira rot.o mezzo rasti sei carrichi
madoni num. 50 lo m.ro per situari lo fumo et fari li fossi crita et acqua
una bisazza di gisso cantara quattro di carboni et ligna per cociri ditta
campana expedisse fundere per XX. um presentis mensis. Alias etc.
Pro magisterio ad rationem une. unius et tt. viginti quatuor prò canta-
re© lecto prò dormiendo cum domo et une. unam prò esu de quo ha-
72 uisckllànea
buerunt a d.o conductore stipulante une. unam de contanti. Et restans
successive etc.
Gum pacto quod essendo ditta campana pio di quello eh e al presen-
te quello pio d.o de Latio d.o nom.e sia tenuto pagarlo a tt. sex per rot.o
insino a la soma di rot. deci et quello che serra pio di rot. deci ad ra-
tionem tt. 3 prò rotulo ex pacto etc.
Gum pacto quod ditti de Garbato teneantur insolidum allidare d.o de
Latio d.o nom.e stipulanti ditta campana che non si rumpa per anni doi
a die consignationis. Alias rumpendosi teneantur eam iterum et de novo
fundere ad expensas ipsius ecclesie iterum quo ad eorum magisterium
quod sit gratis ex pacto etc.
Gum pacto casu quo dopo che serra facta ditta campana non ci pla-
cissi a lo infrascripto archipreti che in tali caso d.i obligati siano tenuti
quella iterum et de novo fundere ex pacto etc.
Gum pacto quod dicti obligati insolidum teneantur ditta campana do-
po che serra funduta limpiarla et polirla ex pacto etc.
Presente ad hec S. T. D.re D. Thomasio Guarnotta Archipresb itero
Alcami et de omnibus in presente contractu contenctis se contentante.
Que omnia etc.
Testes don Petrus De Gapo et Petrus Valloni.
(Dal bastardello 3» ind. 1619-20 di not. Antonio Xaccaro).
XXI.
Die undeeimo novembris xiij ind. i659.
Mag. Dominicus Sanphilippo et Mag.r Vincentius Galiraedi civ.tis Tur-
tnricis hic Alcami ad p.ns reperti mila not. cog. corani nobis sponte di-
xerunt et fatentur habuisso et recepisse a Patre Joseph Abbate ab Alca-
mo ordinis minimorum s.ti fr.sci do paula mihi not. etiam cog: pr.nte
et uti Vicario ven. Gonventus s.ti fr.sci do paula huius civ.tis slip. te une.
andecim et tt. quatuor p. g. in pecunia de con. ti Ren. etc.
Et «unt lam prò eorum magisterio quam prò pretio rami brunzi sta-
gni lignaminis ot aliis per bavere crisciuto la campana di d.o Gonvento
novamento per d.i confitenti fonduta li giorni passati quale cainjìana e
di piso di cantaro Uno e r.o Uno o la campana Vecchia quale si squa-
HISOEIiLANEA
gliao era di piso r.a 86 stante casu fuisset ponderata per mag.rum Vi-
tum Grasso niag.oriun plateariini hujus civ.tis Alcami ut dixeruiit.
Ren. etc.
Et stante predicta confessione d.i Gontitentes in soliduni et obligando
re.ndo etc. proniiserunt eosque in soiidum ut supra obligaverunt et obli-
gant d.o Patri Vicario stip.ti d.am canipanani superius declaratam assi-
curare prout eam vi pr.ntis et omni alio nieiiori modo assicuraverunt
et assicurant conservandam sanain prò anno Uno integro et completo ab
hodie in antea numerando et cursuro et casu quo (quod absit) d.a cam-
pana frangeretur in d.o anno tali casu d.i mag.ri teneanlur et sint obli-
gati prò ut eos in soiidum ut supra obligant illam iterum ut dicitur fun-
dare hic Alcami ad omnes expensas d.i Yen. Gonventus e la mastria d.i
Mastri in soiidum ut supra siano obligati larcila gratis ben vero che d.o
Convento ci liabbia di dari li calvacaturi per l'accesso et recesso di Pa-
lermo in Alcamo et la spesa di mangiare gratis di jiacto. Ren. etc.
Que omnia.
Testes Franciscus Sottile et Roccus Calandra.
(Dal bastardello 13.a ind. 1059-60, fog. 240 retro, di not. lialdas-
sare La Perna).
XXII.
Die vigesitno secundo niartìj sextce ind. millesimo sexcentesimo
sexag.mo octavo.
Mag.r loseph Ferrau civitatis Tortoreti et hic Alcami ad presens re-
pertus mihi notarlo cognitus corani nobis sponte promisit et se obliga-
vit et obligat sacerdoti don Oratio Tunno mihi notiirio etiam cognito pre-
senti et veluti procuratori maragmatum ven. maioris ecclesiio huius ci-
vitatis Alcami virtute procurationis celebrati» in actis not. Ioannis Petri
Lombardo die etc. ad (fuam etc. d.o noni. e stipulanti et conducenti fundere
unam campanam dictie maioris ecclesiae nominatam la Liotta ad presens
ructam bene et magistribiliter eiusdem ponderis prout est et ut dicitur
deci rotula più o meno di quello che é detta campana incipiendo a die
primo maij prox. futuri in anthea et continuatis diebus continuare et
perseverare usque ad ttnem et ad altius per totum vigesimum diem mensis
maij darla spedita alias etc.
74 MISCELLANEA.
De quibus etc.
Pro magisterio ad rationem granorum sedecim singulo rotalo illius
ut dicitar che piserà detta campana ruota et per lo sopra più vi habia
di pagare il prezo di detto metallo ad rationem tt. sex p, g. singulo ro-
tule absque magisterio ex pacto etc. Et ultra dictum magisterium solvere
teneatur d.o magistro obligato stipulanti alias une. duas et tt. decem p. g.
in pecunia prò omnibus expensis necessariis faciendis prò fundendo dictam
campanam quod quidem magisterium dictus de Tunno procurator d.o nom.e
dare et solvere promisit et se obligavit et obligat dicto magistro obligato
stipulanti statini et incontinenti quod erit facta et fundita ditta campana
et illa consignata et quo ad dictas une. 2, 10 prò dictis expensis succes-
sive serviendo solvendo hic Alcami in pecunia. In pace etc.
Sub pactis infrascriptis , videlicet:
Et primo che d.o de Tunno d.o nom. vi habia di dare et consignare il
metallo di detta campana ructa et lo sopra più di detto metallo per fun-
dere decta campana vi 1' habia da mettere il detto mastro obligato ita
che d.o metallo sia buono e di buona qualità e condictione ben visto a d.o
de Tunno procuratore d." nom. stipulante il quale di Tunno d.° nom. vi
habia di fare buono il mancamento di d.° metallo a ragione di rotula sei
per ogni cantaro per quello che piserà decta campana da fundersi et per
lo sopra più di quello sarrà decta campana ructa di quello che sarrà decta
campana da fundersi vi 1' abia di pagare a ragione di tt. sei per ogni ro-
talo senza mastria statim et incontanenti consignata decta campana ex
pacto, etc.
Item che d.o di Tunno d.o nom. vi habia di accomodare la stantia dove
ha da fundere decta campana gratis ex pacto etc.
Item etiam dictus mag.r obligatus vi presentis lìdavit et fidàt ditto
de Tunno d.o n. stipulanti dictam campanam per eum faciendam et fnn-
dendam casu che si rumpesse infra anni tre da contarsi dal giorno della
consigna innante illam iternm et de novo fundere et retlcere oiusdem
ponderis toties quoties infra dictos annos tres si rumpisse. In pace etc.
Itaquod dictus de Tunno d.o nom. solvere habeat et debeat at teneatur et
ita promittit et se obligat d.o m.ro obligato stipulanti une. duas et tare-
no.s viginti p. g. in pec. prò expensis faciendis per dictum magistrum
obbligatuni prò fundenda dictam campanam et circa lo mancamento si
l'emettino conforme allo contratto della campana con il Collegio della
Compagnia di (ìesù di questa città di Alcamo facto nelli acti di not. Vin-
cenzo Hruno die. etc. ad quem etc. et non aliter etc. ex pacto etc.
Pro quo quidom magistro obligato prosente et volente eiiisque preci-
boM ut complacentia erga dictum de Tunno d.o nom. stipulantem deAui-
dendo dictam campanam prò prima vice et casa che si rumpesse fra d.i
MISCEILANEA 75
anni tre toties quoties prout tenetur et obligatus est dictus mag.r loseph
obligatus ut supra et per moduin ut supra mag.r Sebastianus Piutacero
caldararius civis Panormi et hic Alcami ad presens repertus mihi not.
etiam cognitus coram nobis sponte iideiussit seque tìdeiussorem principa-
lem et iusolidum obligatum cura d." mag.ro loseph obligato se constituit
et fecit renuntiaiulo Juri de prius et principali couveniendo etc.
Que omnia etc.
Testes mag.r loseph Caruso et Loonardus Passavanti. (1)
(Dal voi. minute G. ind. 1607-68 di not. Giuseppe Lombardo, fo-
glio 322 e segg.)
XXIII.
Die nono jùnij sexlo ind. millesimo sexc.mo sexay.mo octavo.
Mag.r loseph Ferrau mag.r campanarius civitatis Tortoreti et hic Al-
cami ad presens repertus mihi not. cognitus coram nobis sponte promi-
sit et se obbligavit et obligat patri fratri Ascentio a Mazaria Tertis Or-
dinis S.ti Francisci mihi etiam cognito presenti et tamquam subpriori et
presidenti ven. conventus S.tne Maria; Itrite dicti Ordinis huius civitatis
Alcami d.o noni, stipulanti et conducenti fundere campanam d.i ven. con-
ventus ad presens ut dicitur ructa bene et magistribiliter eiusdem pon-
deris prout est et ut dicitur di un cantaro in circa abaxio ; incipiendo ab
hodie in anthea et continuatis diebus continuare et perseverare usque et
ad altius darla spedita et funduta per totum presentem mensem junij ;
alias etc.
De quibus etc.
Pro magisterio ad rationem granorum quindecim p. g. siugulo rotulo
ut dicitur di quello piserà decta campana ructa et per lo sopra più vi
(1) Sicilie neU' originale con ilaU ilei i. giiii;uo 1668 un' apoca di once nove a complcmcuto di
once undici e tari dieci, delle ([iKili «une. 5, 9, 4, per maitria della ca:npana.... (slati) consignala
di peso era dui e rot. dodici, et une. i, 19, 10 per lo prezo di rot. odo di melali j di sopra più di
quello che... era stalo consignalo et une. 2, 1, C, per rol. dudici di mancato a ragione di rot. sei
per cantaro... et une. 2, iO, per altrellaiUi .. spesi e pagati per tigna, gisso, terra ciaramite, raaduni,
zinimatura ed altre cose necessarie per attratto per fundere la decta campana ».
76 MISOELLANBA
r habia di pagare il prezo di d.o metallo ad rationem tt. sex p. g. singulo
rotalo absque magisterio ex pacto etc. Quod quidem magisterium dictus
pater Ascentius d.o nom. dare et solvere promisit et se obligavit et obli-
gat d.o mag.ro oblig." stipulanti in primos settembris prox. futuri anni se-
quentis 7se. ind., in pec., hic Alcami. In pace etc.
Et ultra dictum magisterium dictus m.r obblìgatus dixit et fatctur se
liabuisse et recepisse a d.o patre Asceutio d.o nom. stipulante une. unam
p. g. in pec. de contanti per manus sacerdotis don Guglielmi Lombardo
dictse civitatis Alcami mihi not. etiam cogniti presentis et solvere decla-
rantis de suis propris pecuniis prò elemosina prò Deo et eius anima tam-
quam devoti dicti ven. conventus. Ren. etc. prò expensis necessariis fa-
ciendis per dictum mag.rum obbligatum per fundere et l'are d.a campana
ex pacto et accordio inter eos sic habito. Unde etc.
Pro quo quidem patre Ascentio d.o nom. presente et volente et eius
precibus et complacentia erga dictum mag.rum obligatum stipulantem de
sibi solvendo dictum magisterium dictae campanile ad rationem granorum
quindecim singulo rotule ut supra per un cantaro inclusive tantum sic
ex accordio inter eos eis modo forma loco et tempore quibus supra dictus
don Guglielmus Lombardo sponte fidejussit seque fldejussorem principa-
lem solutorem et debitorem dicti magisterij et insolidnm obbligatum cum
d.o patre Ascentio d.o nom. se constituit et fecit renuntiando juri de prius
et principali conveniendo, etc.
Sub partis infrascriptis, videlicet :
Et primo che d.o patre Ascentio d.o nom. vi habia di dare et consignaro
il metallo di d.a campana ructa et il sopra più di d.o metallo per fundere
decta campana vi 1' abia da mettere il d.o m.ro obligato; ita che d.o me-
tallo sia buono e di buona qualitii et conditione benvista al d.o padre A-
scentio d.o nom. stipulanti; il quale patre Ascentio d.o nom. vi habia di
fare buono a d.o m.ro obligato stipulanti il mancamento di d.o metallo a
ragione di rotula sei per ogni cantaro jier quello che piserà detta cam-
pana da fondersi et per lo sopra più sarrà detta campana ructa di quello
che sarrà detta campana da fiimlersi vi 1' habia da pagare a ragione di
tt. sei por ogni rollilo senza nrastria statini et incontinenti consignata
detta campana ex pacto etc.
Item etiam dictus m.r obligatus vi presentis tldavit et fldat d.o patri
Ascentio dicto nom. stii)ulanti dictam canipanam per eum faciendam et
fundoiidam per aiì^os tres numerandos et cursuros a die consignationis
faoienda; por dictum magistruiu obligatum dictum campana; nova; casu quo
dieta campana infra dictos annos ti'cs si rumpisse illam iterum et de
novo fondere et reticoro teneatur et sic promisit et se obligavit et obli-
gat d.o patri Ascentio d.o nom. stipulanti ad omnes expensas dicti m.ri
MISCELLANEA 77
obligati eiusdeni pondei'is prout erit dieta campana nova fiindenda semel
et pluries ac toties quoties si rumpisse infra dictos annos tres. In pace
etc. Ita qnod dictus pater Ascentius d.o noni, solvere liabeat et debeat ac
teiieatur et ita promisit et se obligat d.o m.ro obligato stipulanti une. unam
p. g. in pecunia et li ligna necessarij per fundere decta campana prò ex-
pensis laeiendis per d.um mag.rum obligatum prò fundendo dictam cam-
panani et per ogni volta che si rumpirà et si deverà di novo fundere
duranti detti anni tre di fida, nec non et la stantia dove si ha da fun-
dere decta campana. In pace etc. Et circa lo mancamento si rimectino allo
contracto della campana con il collegio della Compagnia di Gesù di que-
sta città di Alcamo facto nell' acti di not. Vincenzo Bruno die etc. et juxta
eius formam ad quem etc. et non aliter etc. ex pacto etc.
Geterum dictus mag.r obligatus piomisit et se obligavit et obligat diete
patri Ascentio d.o nom.e stipulanti sibi prestare et dare in tldejussoreni et
insolidum obligat-um de fundendo dictam campanam prò prima via et casu
quo si rumpisse infra dicti anni tre toties quoties si rumpisse modo forma
loco et tempore quibu» supra et prout et quemadmodum teneatur et obli-
gatus est dictus m.r loseph obligatus ut supra mag.rum Franciscum de
Asaro civeni oriundum huius civitatis Alcami absentem per totum pre-
sentem diem per actum publicum in margine presentis contractus vel
extra cum inserto tenore ipsius cum illis debitis clausnlis cauthelis obli-
gationibus et aliis necessariis ut convenit et in similibus requisiti» et prò
quo absente dictus m.r loseph de ratho promisit et promictit juxta formam
rithus M. 11. G. Alias etc. Sub ypoteca etc.
Quse omnia etc.
Testes sacerdotes don lacobus Ragona don Garolus Morana et don An-
toninus Daidone et Angelus Gutrino. (1).
XXIV.
Die septimo jnnii quartae ind.is
mill.o sexcent.mo octuag.mo primo.
Mag.r Jacobus Marotta eiv.tis Tortoricis fiindator campanarum et ad
presens hic Al.mi repertus m. n. e. e. n. sponte dixit et fatetur habuisse
(1) NeU' originale contratto U'^';,'onsi a margine e l'atto di fideiussione prestitn da Francesco A-
saro ed una apoca in cui dichiaraci di essere stila consegnata dal Ferraù la sopradetti campana
nuova.
78 MISCELLANEA
et recspisse a Rev.do S.te D. Vincentio Lo Serro V. F, huius pr.teciv.is
liti Tlies.o maragmatuni matricis Ecce d.e civ.is ab.nte me not.o prò eo
d.o noni. e stip.te une. qninquaginta novem tt.nos vigintinovem et granos
deeem et septem p. g. in pec.a de con.ti ad complementnm une. centum
viginti et tt.orum viginti quatuor coniprehensis in eis et factis bonis une.
sexaginta et tt.nis viginti quatuor et granis tribus per dictum de Marotta
habitis et receptis a d.o de Lo Serro ab.nte me not.o prò eo d.o nom.e stip.te
diversimode et in diversis vicibus soluptionibus et partitis ut dixlt. Ren. etc.
Et sunt d.e une. centum viginti et tt.ni viginti quatuor superius con-
fesse et habite scilicet une. 35 ut dicitur prò sua mastria di fundiri tre
campane nove dette la mezzana la liotta e la nova detta la quarta cossi
d'accordio, onze 10 per scendere e mettere d.e campane al campanile di
d.a mag.e chiesa atti a sonare cosi di patto e onze 75 24 per lo prezzo
di cantara tre e sessantaquattro di metallo per esso consignato di più
stante la campana mezzana essere stata cantara sei e r?a novanta e per
esso consignata di can.ra novi e rotula cinque, la liotta essere stata era
dui e r.a sei e per esso consignata c.a dui e r.a cinquantacinque, e laltra
nova detta la quarta era uno a rag.e cioè era dui e r.a sessantaquattro
di onze vinti lo cantaro e cantaro uno di d.a campana detta la quarta
di onze ventitre cossi d'accordio tra di loro ut dixerunt. Ren, etc.
Cum pacto tamen cautela et condictione sub quibus et eis preceden-
tibus fuit per infrascriptos contrahentes ad pr.ntem actum deventum et
non alitar etc. che il d.o di marotta sia obligato conforme in virtù del
pr.nte s'obliga al Rev.ndo Sac.te D. Gioseppe Floreno come procuratore e
marammeri delle d.e maramme di q.a pred.ta città come appare in virtù
di procura stip.ta per l'atti del q.dam not. D. Hiacintho Cinqueruglii e con-
tìrma per l'atti della (1. C. vescovile di mazzara diebus etc. ad quos etc.
ut asseritur pres.te et d.o nom.e stip.te le sud.o tre campane di s.a espres-
sate e declarate farle boni e quello assecurare per lo tempo di anni tre
nnmerandi e cui'suri dal p.mo del pr.nte mese di Giugno; e nel caso
(qnod absit) d.o campane seu alcuna di quelle si rumpesse per qualsivo-
glia accidente di sonare, in tal caso il d.o di marotta ex nunc pi'o tunc
et e converso sia obligato conforme in vii'tù del pr.nte si obbliga al d.o
di Florono d.o nom.e atip.to quelle sou alcuna di esse che sarà rutta ((|uo(l
absit) rlfere magistribilmente con mettere la sua mastria gratis tantum,
e che siano atti o vero alta a sonare o tutto lo resto della sjìesa che vi
sarà di bisogno per farsi d.o campane, o alcuna di ([nelle nel caso sud.o
s'habia di fare a speso delle d.e maramme, con questo però che il sud.o
di Floreno d.o nom.e sia obligato nel caso sud.o avisare al d.o di marotta
Mtip.to ad elTotto di venire in questa sud.a Città e che habii tenij») di poter
venire fra termino di mese uno cursuro dal giorno che sarà avisato per
MISCELLÀNEA 79
fare di novo d.e campane seu alcuna di quelle che sarà rutta come s'ha
detto di sopra (quod absit) cossi di patto et accordio tra di loro. Alias etc.
Pro quo quidem de marotta pr.nte et volente eiusque precibus et com-
placentia erga d.um de Floreno d.o nom.e stip.tem de ei adimplendo omnia
etsingula premissa et in fra scripta ac in pres. ti expressata et declarata eteis
modo forma loco et tempore quibus et prout est obligatus d.us de marotta
virtute pr.ntis actus ad quem etc. Mag.r Angelus Grandi civ.is Drepani et ad
pr.ns hic Al. mi repertus m. n. et e. e. n. sponte fldejussit soqne lìdcjus-
sorem principalem debitorem solutorem adimpletorem et in solidum cum
d.o de marotta se obligatuin constituit renunciando juri de primo et prin-
cipali conveniendo etc.
Que omnia etc.
Testes Mag.r Vitus de Simone m.r Vincentius Milazzo et m.r Bal-
thassar d'Asaro.
(Dalle minute 4. a ind.ne 1680-81 di not. Francesco Jemma).
XXV.
Die vi) nutria v ind.is 1592.
Mag.r desiderius xharrubba et mag.r ioseph de bono de urbe felice
panormi in hac terra alcami ad presens se reperientes mihi not. cogniti
presentes corani nobis in solidum renuntiantes beneficio novarum consti-
tutionum sponte promiserunt et se obligaverunt et obligant jacobo luliccia
eiusdem terre alcami mihi not. etiani cognito presenti stipulanti et tam-
quam ac veluti procuratori ven. et devoti conventus s.te m.ejesu huius
torre alcami tenore actus procurationis facte manu publica die etc. nec
non et rev. patri fratri bernardino de xacca eiusdem ordinis veluti custodi
vallis mazarie et fratri aurelio de xacca guardiano ad presens dicti con-
ventus existentibus prius et intervenientibus cum auctoritiitibus interven-
tibus consensibus et expressis voluntatibus infrascriptorum rev. rum pa-
trum et fratrum eiusdem conventus inferius declarandorum etc. dictis
nominibus eis nomine dicti conventus construere facere et fabricare quam-
dam campanam dicti conventus di quanto sarra di peso quanto la prima.
Et hoc prò magisterio ad rationem unciarum duarum p. g. prò quolibet
cantareo prò quo quidem magisterio prefati conductores in solidum ut
80 MISCELLANEA
snpra nomine elicti conventus sponte cesserunt et cedunt eisdem obligatis
presentibus stipulantibus et recipientibus omnia et sinfjulajura omnesque
actioues rationes et causas reales et personale» utiles directas mixtas ta-
citas et expressas perentorias et civiles et alias quascumque nec non speni
et exercitium ipsornm jurinm et actionum que et qnas habnernnt habebunt
et habent ac possunt et sperant habere dicto nomine in infrascriptis pe-
cuniarum summis dictis cedentibus nomine eiusdem conventus debitis et
solvendis per infrascriptas personas prò rathis et snmniis infrascriptis
scilicet: une. decem delli m.ri andrii solvendis per totum mensem julii
proximi futuri presentis anni une. 5 per detemptorem et procuratorem
loci dicti conventus et une. 2 per ....
Et hoc virtute et juxta formam publicorum coutractuum et actorum
ut asseritur manibus publicis celebratorum et factorum diebus etc. ad
qnos in omnibus et per omnia piena relatio habeatur et hoc contra et
ad versus tam dictas presentiatas personas et qnamlibet earum respective
quam alias quasvis personas quomodolibet obligatas sive obligandas ab-
sentes eorumque honorum heredes et in futurum successores vigore et
auctoritate qnorumvis contractuum actorum et sententiarum publicorum
privatorum et sine aut alio quomodolibet quomodocumque et qualitercum-
que constitnentes eorum procuratores in rem eorum dicto nomine et po-
nentes eos in locum eorum proprinm in hac parte et amodo.
Et sunt diete pecunie prò modo ut supra cesse scilicet: une. 15 prò
magisterio diete campane superius declarate et une. 2 prò mancamento
mitalli diete campane quod delicere solet quoniam restans eiusdem man-
camenti dicti obligati in solidum ut supra eisdem cedentibus quo supra
nomine stipulantibus gratiose dimiserunt et dimittunt ac relaxaverunt et
relaxant renunciantes exceptioni etc.
Promittentes dicti cedentes quo supra nomine in solidum ut supra sci-
licet : dictus loliccia procuratorio quo supra nomine dictique vero custo-
dens et guardianus nomine dicti conventus eisdem cessionariis in solidum
ut supra presentibus et stipulantibus dieta jnra superius cessa semper et
omni futuro tempore legitime defendere.
Item hac ex causa prefati obligati in solidum ut supra sponte promit-
tunt et se obligaverunt et obligant dictis conductoribns in solidum ut supra
presentibus ot quo supra nomine stipulantibus in dictis servitiis incipero
a nono instantis mensis martii et in ois continuare ot perseverare usquo
ad expeditionem et non doJlcere neciue contraveniro eauKiue teneantur
prout in vim presentis se obligaverunt et obligant expediro et compiere
(•inique expedidisse et complevisse eisque dicto nomine et nomine dicti
conventus darcila por spedata cotta ))ona magistribilitor ut docet ot con-
venit per totum 5 diem nioisis .-iprilis im-oxìiuì l'ntiiri prcscufis .-mni.
MISCELLANEA 81
Ita(jue (lieti conducturcs dicto nomine et nomine dicti conventus te-
neantur et se obligaverunt et obligaat dictis obligatis in solidum ut supra
presentibus et stipulantibus solummodo eis dare nisi ut dicitur lo fumo
et li litania et restans totum et integrum teneantur ponere dicti obligati in
solidum ut supra.
Alias detìcientes et contravenientes ipsi obligati in solidum ut supi'a
in premissis teneantur prout in vini presentis teneri voluerunt seque so-
lemniter obligaverunt et obligant eisdeni conductoribus dicto nomine et
nomino dicti conventus in solidum ut supra stipulantibus ad omnia et
singula damna interesse et expensas et in dicto casu liceat licitumque sit
dictis conductoribus quo supra nomine in solidum ut supra stipulantibus
alios mag.ros obligatos conducere ad servitia predicta eaque complenda
et prò effectu predicto prò ea mercede et salario per eos melius inveniendo
ad omnia et singula damna interesse et expensas ipsorum obligatorum in
solidum ut supra presentium et stipulantium et audientium. Que omnia.
Itaque etc.
Processit ex pacto quod durante dicto servitio dicti conductores in so-
lidum ut supra dicto nomine et nomine dicti conventus teneantur prout
se obligaverunt et obligant eisdem obligatis in solidum ut supra presen-
tibus et stipulantibus eis dare prò eorum liabitatione unam cameram dicti
conventus nec non et darci di mangiari ex pacto.
Cum pacto quod dicti obligati in solidum ut supra teneantur prout in
vim presentis se obligaverunt et obligant dictis conductoribus in solidum
ut supra quo supra nomine presentibus et stipulantibus completa et adim-
pleta quod erit dieta campana eam teneantur eis quo supra nomine atfldare
per annum unum et menses duos numerandos et cursuros a die quo fuerit
per eos eis consignata dieta campana ut dicitur spedata et bona ex pacto.
Presentibus ad hec omnia et singula predicta et infrascripta Rev.dis
patribus l'ratribus dicti conventus capitulariter congregatis et convocatis
ad sonum campanelle ut moris est scilicet: f.re Antonino di girgenti f.re
bona ventura do rachalmuto predicatore f.re felice lo f.re iosepho
dello castro f.re arcliangelo de xacca f.re jìaulo cammarata tre angustino
de xacca f.ré francisco de xacca patribus et fratribus dicti conventus una-
nimiter presentibus audientibus et de premissis omnibus superius decla-
ratis et expressatis se contentantibus eisque acquiescentibus et non aliter
nec alio modo etc.
Que omnia ecc.
Testes antoninus de mirabili et jo: vincentius de trapani (1).
(Dal bastardelle 5 ind.ne 1591-92 di not. Guglielmo Monteleone, pag. 701,
retro, e segg.).
(1) Evvi in margine dell'originale un'apoca con data dell6 maggio 5.a ind.ne 1592.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. ' 6
82 MISCELLANEA
XXVI.
Die viiij MarfìJ (v ind. io9i).
Mag.i'i Joseph de Bolo et Desiderius Xharrubba cives Panormi Alcami
ad presens reperti mihi notarlo colmiti presentes corani nobis sponte in-
solidum renuntiantes beneticio novarum constitutionum etc. eoruni sum-
ptibus expensis et omni attractu, preter metallum et misturam ad infra-
scriptum niagisterium necessarium et opportunum dandum et exhibendum
per infrascriptum venerabilem vicarium sub pactis et conditionibus inl'ra-
scrittis se obligaverunt et obligant ven.li p. fratri Johanni Baptiste Laudato
vicario in capite loco prioris ven.lis conventus s.te Marie de Stella sub titolo
s.ti Dominici huius terre Alcami, diete felicis urbis Panormi Alcami et in
dicto conventu noni. e predicto residenti mihi etiam cognito presenti sti-
pulanti et illos insolidum cuni interventu consensu et expressa voluntate
infrascriptorum venerabilium l'ratrum et patruum ejusdem conventus ad
sonum campanelle more solito vocatorum et congregatorum intus refecto-
riuni eiusdem conventus, scilicet p. fratris Joannis Baptiste Brignali, fra-
tris Francisci De Sinioni, fratris Raymundi De Abella et fratris Mariani
Bonafidi presentium mihi etiam cognitorum volentium consentientium et
neniine ipsorum discrepante, conducenti sibi dicto nomine fundere et fa-
bricare canipanani dicti conventus cantariorum duoruni de fermo quali-
tatis et foggie in qna ipsa campana ad presens est, magistribiliter cuni
«cripturis circnni circa sculturis et caracteris imprimendis, in qua ad
presens sunt et millesimo currente et non aliter nec alio modo, omni con-
tradictione cessante.
Quam quideni canipanam qualitatis et quantitatis predicte et cuni om-
nibus infrascriptis declaratis, dicti niag.ri obligati teneantur et sic teneri
voluerunt et volunt ac solemniter et insolidum ut supra eos obligaverunt
et obligant ipsi ven.li vicario conductori stipulanti nomine dicti conventus
et ejus successori in ollìcio vicariatus ciusdcni conventus me notario prò
eo stipulante magistribiliter fnndatam et factani puram et mundam ab
omni defectu et imperitia consignarc et consignavisse in eodcm loco et
tempore quibus ipsi jnagistri obligati sunt consignaro campanam ven.lis
conventus Sancte Marie de iesu diete terre Alcami et non aliter nec alio
modo alias ipsi (d)ligati teneantur et insolidum teneri voluerunt et eos
obligaveiiint ad oninia et singula damj)na interesse et expensas licita et
a jure pennissa et liceat et licitum sit ipsi ven.li cond.ri dicto nom.e et
ciuH Haccossori in vicariati olllcio dicti conventus alios similes conducere
niagistrus perito» ad dictani campanam fundendam ut supra prò oa mor-
MISCELLANEA 8S
cede et magisterio melius invenienda ad damna et interesse ipsorum obli-
gatorum insolidum; que omnia ex nunc intelligantur protestata et requi-
sita itaquod non sit opus aliqua alia protestatione nec requisitione neces-
saria nisi presente contractu.
Pro magisterio et mercede une. decem pon. gen. tantnmmodo et dam-
taxat absque aliqua re danda ac solvenda nec compensatione facienda; sed
ut dicitur a la scarsa, ex pacto. Ita tamen metallum et mestura consignanda
sint dictis mag.ris per dictum ven.lem conductorem dicto nom.e seu eias
successorem sulficientem ad dittam campanam fundendam ut supra dictum
est; quam quidem mercedem et magisterium dictus ven.lis vicarius dicto
nom.e et nomine conventns predicti solvere promisit dictis obligatis in-
solidum stipulantibus in duabus equalibus soluptionibus et partitis, vide-
licet: medietatem per totum mensem septembris anni vj ind. proxime
future, alteruni vero et ad complimentum per totum mensem septembris
anni vij ind. inde proxime future hic Alcami, in pecunia. In pace etc.
super qua ipsi mag.ri insolidum ut supra sibi reservaverunt et reservant
manus
Promittentes propterea prefati obligati insolidum ut supra dicto ven.li
cond.ri dicto nom.e stipulanti et ejus successori in officio ejusdem con-
ventus dictam campanam fundendam ut supra affidare eamque ex nunc
prò tunc illam allldaverunt prò sana integra pura et munda ac omni de-
fectu et imperitia carente infra terminum mensium sex a die consigna-
tionis predicte in antea numerandorum ; alias ipsi obligati insolidum te-
neantur et sic promiserunt et promictunt dicto ven.li cond.ri dicto nom.e
stipulanti et eius successori in officio eiusdem conventus illam relicere
refundere et fabricare ut supra dictum est eorum sumptibus et expensis
absque magisterio et mercede solvendo sed gratis, et hoc toties qnoties
necessitas urgeret et casus requisiverit tempore predictorum mensium
sex currente, ex pacto etc.
Sub pactis infrascriptis sub quibus et eis precedentibus ac solemni sti-
pulatione et juramento tìrmatis fuit ad presentem deventum. Et primo
quod dieta campana fundenda sit et esse debeat cantareorum duorum pon.
gen. de fermo et si plus erit illud plus solvendum sit per dictum ven.lem
vicarium dicto nom.e seu eius successorem in dicto officio eiusdem con-
ventus dictis mag.ris insolidum ad rationeni une. viginti singulo cantarlo
et si minus illud minus retinendum sit per eumdem ven.lem Vicarium
et cond.rem dicto nom.e seu eius successorem ut supra super magisterio
modo predicto solvendo ad rationem predictam une. decem et hoc auto-
ritate propria et de facto ex pacto etc.
Item quod sit et esse debeat in libera electione facultate ipsius ven.lis
Vicarij dicto nom.e seu verius eius successoris ut supra dicti officij sol-
84 MISCELLANEA
vere dictis obligatìs dictnm plus in pecunia ad rationem predictam une. vi-
jrinti, vel in tanto mitallo ramo od altra sorti di niestura ut dicitur a
dupplo incontinenti dieta campana ponderata et consignata ut supra.
Rem etiam ex pacto quod ipse ven.lis conductor dicto nomine teneatur
dare et consignare dictis magistris insolidum cui consignabit misturam
seu mitallum diete campane ultra pondus cantareorum duorum predicto-
rum metalli seu misture predicte consignandorum alios rotulos seu libras
decem cuiuscumque misture ut dicitur per raggioni di mancamento et
non ultra ex pacto.
Que omnia etc.
Testes Hieronimus Lo Zizo et Antonius Masius Lo Cathalano.
(Dal bastardello 5 ind. 1590-91 di not. Filippo Mercadante, pag. 385
e seg.).
xxvn.
Die xvj madii v ind. 1592.
Mag.r nuntius di bono de urbe felici pan.mi hic alcami ad presens re-
pertus mihi not.o cognitus presens coram nobis sponte promisit et se
obligavit et obligat R.do l'r. io: baptiste laudato vicario eonventus s.ti
dominici sub nomine s.te m.e della stilla diete terre milii not.o etiam cog.to
pr.ti et dicto nom.e stipulanti et conducenti sub dicto noni. e lacere et
costruere illam propriam acmet (sic) eampanam eiusdem eonventus quam
erant obligati lacere et costruere mag. desiderius xharruba et mag. Joseph
bono tenore ut asseritus eontractus obligationis predicte lacti et stipulati
in actis not.i filippi mercatanti die etc. quem eontraetum prefate partes
in vim presentis voluerunt l'ore et esse cassum ut dicitur di dui eantara
quam cami)anam dictus mag.r nuntius teneatur faeere in urbe felice pan.mi
eamque bone et magistribiliter ut deeet et convenit spoduta et bona te-
neatur prout in vim presontis se obligavit et obligat dicto R.do vicario
quo sopra nom.e Htij)ulanti assignare in hac terra alcami in dicto conventu
per totum mensem jtinii proximi futuri presentis anni. Alias delieiens et
contraveniens in cousignatione predieta seu in eostructione predicta te-
neatur jjrout in vini presentis teneri voluit et vult seque solemnitcr obli-
gavit ut obligat d.o R.do vicario quo supra nom.e stipulanti ad omnia et
MISCELLANEA 85
gingilla damna interesse et expensas et in tali casa liceat et licitum sit
d.o R.do vicario (1.0 noni. e stipulanti canipanam predictam fieri tacere per
alios mag.os ad omnia et singula damna interesse et expensas ipsius obli-
gati et prò ea mercede et magisterio per euni melius inveniendis.
Que omnia. Itaque ete.
Pro magisterio ad rationem une. quinque p. g. prò quolibet eantareo
quod quidem magisterium ad rationem predictam dictus vicarius noni. e
predicto dare et solvere promisit seque soleinniter obligavit et obligat d.o
obligato presenti et stipulanti hoc modo videlicet: unaiii medietatem per
totum mensem septembris anni sequentis vj.e ind.nis proxime futui*e et
aliam medietatem ad complimentum per totum mensem septembris anni
exinde sequentis vij.e ind.is proxime future in dieta urbe l'elice panliormi
in pecunia numerata sine aliqua exceptione. In pace etc.
Insuper dictus ac prefatus li.dus vicarius promisit et se obligavit et
obligat dicto obligato presenti et stipulanti et ex accordio Inter eos sic
habito presentem contractum omniaque et singula in eo contenta et de-
clarata ratiflcari et confi rniari et cum eo inserendo etc. se obligari dicto
obligato stipulanti tam ad solutionem pecuniarum per ipsum R.dum vi-
carium nom.edicticonventusdebitarum et solvendarum prò pretio et ma-
gisterio diete campane superius deelarate quani ad omnia alia et singula
in ipso contractii contenta et declarata per magistros Joseph et autoninum
laudato eius fratres et leonardum pinnisi eius sororium per actum pu-
blicuni in imargine vel extra cum inserto tenore presentis contractus cum
illis debitis clausulis et opportunis cautelis necessariis ut decet et eonvenit
prò quibus et quolibet eorum de rato promisit et promittit infra dies
quindecim de proximo cursuros juxta forniam ritus m. r. e. sub hipoteca.
Declarando prout in vini presentis idem niag. nuntius declaravit et
declarat ad istantiam dicti R.di vicarii quo supra noni. e stipulantis con-
tentus de tota illa summa mitallorum per fratres dicti conventus consi-
gnata dictis de xharrubba et bono prò fabricatione et magisterio diete
campane fuisse et esse ac esse de mancamento et detìcere rotulorum vi-
giliti diiorum prout dixit et non aliter.
Processit ex pacto quod dictus R.dus vicarius quo supra noni. e et noni. e
dicti conventus teneatur prout in vini presentis se obligavit et obligat
dicto mag.ro nuntio presenti et stipulanti totani illam suinmam et quan-
titatem mitalli necessariam prò costructione et fabbricatione campane pre-
dicte illam teneatur darcila in palermo et ipse mag.r nuntius teneatur
prout etiani se obligavit et obligat dicto R.do vicario dicto noni. e stipulanti
campanam predictam darcila in questa terra et in dicto convento superius
declarato diftalcando la spisa di ditta cita in questa terra quam campanam
teneatur ipse obligatus (lieto R.dovie.u-in dicto noni. e ^stipulanti darcila in
S6 ItlSOELLAKCiA
hac terra bona et secura quam quidem campanam superius declaratam et
exinde completam et per ipsum obligatum consignandam bene et magi-
stribiliter ut decet et convenit mag.r desiderius xhamibba tantum et dum-
taxat teneatur prout in vini presentis se obligavit et obligat diete R.do
vicario diete noni. e stipulanti affidare per menses sex numerandos et cur-
suros a die consignationis eiusdem campane superius deelarate ex pacto.
Que omnia etc.
Testes franciscus rachalmuto et gregorius de onetto.
XXVIII.
Die v.o Januarij xiiij.e incl. 1631.
Mag.r Bartholomeus Zumbo campanarius felicis urbis Panhormi hic
ad presens commorans mihi cognifus corani nobis sponte se obligavit et
obligat Vito Cortixiano Paulo Scannariato et Petro Lo Liali tribus ex
quatuor rettoribus ven. confraternitatis S.te Marie de Succursu huius ci-
vitatis Alcami etiam mihi cognitis presentibus et d.o nom.e prò ditta
confrateruitate stipulantibus eis fundere facere et construere unam cam-
panam metalli cantarei dimidij ponderis bonani et boni soni resonanteni
magistribiliter et secundum artem vulgariter dittum da appendirsi ad
un tripode fatta et completa che sarra et da sonarsi et essere a gusto et
talento delli populi di questa città d'Alcamo. Et hoc insignis et armis et
alijs sculturis juxta formam alterius similis campane fundende et fa-
ciende per dittum de Zumbo virtute alterius contrattus in attis not. Ja-
cinti Bucca fatti die etc. ut asseritur ad quem sit relatio. Et hoc cum
metallo campano rutto ditte confraternitatis cantarei dimidij in circa.
Quam campanam ruttam ditti rettores d.o nom.e traddere et consignare
teneantur prout se obligant d.o de Zumbo stipulanti hic Alcami per to-
tum cra.stinum diem, et ultra ditti rettores d.o nom.e se obligant consignare
d.o de Zumbo stipulanti cantarea sex lignorum ad omnem eius requisi-
tionem etiam hic Alcami. In paco etc. Quam campanom novam funditam
et fabricatam et finita ut supra, dittus de Zumbo se obligavit traddere
et consignare dittis rettoribus d.o nom.e stipulantibus etiam hic Alcami ad
omnea alioH attrattus et espensas necessaria» ipsius do Zumbo ad altius
per totuui presetiiem mensem Januarij. In \yAcv et de plano etc.
Alias cuntravcnions dittus de Zumbo in fabrìcatione et consignationo
MISCELLANEA 87
d.e campane bone ut supra teneatur et teneri voluit ad omnia et singnla
danna interesse et expensas et dittam simileni canipanam fieri facere al)
aliis ad danna interesse et expensas ditti de Zumbu stipulantis et aii-
dientis. De quibus omnibus ditti rettores d.o noni. e protestati fuerunt et
sunt contra dittum de Zumbo stipulantem cujuscumquealius protestatio-
nis et requisitionis necessitate exclusa, etc.
Pro magisterio, labore et expensis ac attrattibus predittis ponen-
dis pi*r dittum de Zumbo ad rationem tt. dnorum et gr. decem p.
g. prò quolibet rotulo ditte campane nove lundite et costrutte et labri-
cate ut supra prò pondere quod consignabunt ditti rettores predittam
campanam ruttam prout supra; ex pacto, etc. Quod quidem magisterium
ad rationem predittam Bernardinus De Marcanza gubernator et l'etrus
Marcanza assistens ven. congregationis sub titulo SS.me Trinitatis t'un-
date in ecclesia ditte conlraternitatis S.te Maria de Succurso etiam mihi
cogniti coram nobis et ditti rettores d.o nom.e prò eorum rathis infra-
scriptis dare et solvere promittunt et obligant d.o de Zumbo stipulanti
hic Alcami in pec.a num.a et pond.ta , scilicet : dittus De Mareanza d.o
nom.e et dittus Petrus etiam proprio suo nom.e se obligando insnlidum ,
renuntiando etc. uncias quatuor prò eorum rata videlicet une. duas sta-
tim consignata ditta campana nova fabricanda et alias une. duas in ul-
timo JuliJ proxime venturi.
Et totum restans ad complimentum ditti niagisterij preditti rettores
in ditto ultimo julij proxime venturi. In pace etc.
Et ultra dittus de Zumbo vi presentis affidavit et alfldat dittos retto-
res d.o nom.e stipulautes quod ditta campana nova, ut supra consignanda,
per annum unum proxime venturum vulgariter dittum non si rumpa ;
alias teneatur prout se obligat dittus de Zumbo dittam campanam iterum
et de novo fundere cum eius mastria tiuitum gratis et ad omiies alias
expensas dittorum rettorum d.o nom.e stipulantium, ad eorum requisitio-
nem; ex pacto etc.
Processit ex pacto solenni stipulatione et jurameutu vallato et lirmato
Inter dittos rettores ditto nomine ex una et pi'edittos gubernatorem et
assistentem ditte congregationis parte ex altera ad invicem stipulantes
quod ex qwo ditta congregatio solvet prout solvere promisit dittas une. 4
de magisterio et attrattu predittis ditte campane , ideo dum d.a congre-
gatio erit et permanebit in ditta ecclesia d.e dive Marie de Succursu im-
perpetuum uti possit d.a campana prò usu et servitio d.e congregationis
et casu quo d.a congregatio discedet et vulgariter dittum si parlerà da
ditta ecclesia utique et in ditto casu detta campana nova remaneat lil)ei*a
prò ditta confratern itale S. Marie Succursus tantum, ex pacto ut s.a.
Que omnia ole.
88 MISCELLAKEA
Testes Sebastianus La Varvera et m.r Joseph Celesti (1).
(Dalle minute di not. Giacomo Adragna, voi. 14 ind. 1630-31, pag. IGl
e segg.).
XXIX.
A 25 giugno 7 ind. 1097, a m.ro Francesco Moro di Palermo per lia-
ver fatto una campana nuova di peso rot. 75 per la Congregazione dei
Chierici nell'oratorio nuovo accanto la Madrice Chiesa, a ragione di tari
6 lo rotolo con abbonarla per lo spazio di anni 8, come per mandato ed
apoca in d.o notaro (not. G. Pietro Lombardo) onz. 15.
(Da un libro di Conti nell'archivio della cosi detta Esposizione.
XXX.
Stefano Lombardo thesoriere per conto corrente bavere a 7 luglio
(1697) onze Iridici e tt. quattordici per altri tanti pagati a m.ro France-
sco Lo Moro fonditore di campane da Giovanni Alberti nella cittii di
Palermo a compimento di onze 1G.8. e sono per bavere d.o Lo Moro
fondilo due campane di Nostra Signora al presente ridotte una grande
cant. 4.50. l'altra rot. 96. a raggione di onze 3 lo cantaro e tt. 15 per
ligna ; e dette campane consignate rotte di peso cantara 5,94 , ridotte
cant. 5. 4. 2 a raggione di rot. 5 per cantaro , e rot. 22 si pagò da d.o
Lo Moro a tt. 4 lo rot.o che somma onze 3.9. per d.o compimento di
onze 16. 8 , come per apoca oggi in not. Leonardo Maggio di Palermo
nella somma di onze 17, e, non obstante d.a somma , che la verità è
(1) A margine dell' uriginule lug^unsi duo nolo di pagmneiilo , uiiu delti' i|iiiili
eon data d«>l 20 gen.o 1631 e i'allru del 7 ut'lt.u d.u uiiiiu.
MISCELLANEA 89
onze 13. 14; e d.o Lo Moro obligatosi fundire d.e campane per l'atti di
d.o notaro sotto li 22 maggio p. p. con li patti e condizioni nel con-
tratto obligatorio d.o giorno, per mandato fatto buono oggi
onze 13, 14.
(Dal libro 3" di Conti della chiesa della Madonna de' Miracoli, esi-
stente nell'archivio della Congrega di Carità, fog. 122).
XXXI.
A 31 Agosto 1G97, onze otto tt. 22. 5. 3. pagali, cioè : onze 8. 13. 10
a m.ro Francesco Lo Moro l'unditore di campane , cioè : onze 2. 7. 10
per metà di mastria di haver fundito la campana piccola di peso di
cant.ro 1.8. cossi di patto; a compimento di onze 4. 15. che onze 2.7.10
si pagano dalla Congregazione dell' Oratorio, giusta 1' agg.ne; onze G. 6
per prezzo di rot. 31 di metallo aggiunto a d.a campana, a tt. G. lo ro-
tolo, spettante pagarsi alla Confraternita, restando d.a campana cant. 1.39;
e tt. 15. 3. a don Sebastiano Montana procuratore per metà di spese
minute per d.a campana , che l'altra metà si pagò da d.a Cong.ne, per
mandato con lista dietro a 16 giugno p. p., apoca oggi in not. Stefano
di Blasi.
(Dal libro 5" di conti della Congrega di Maria SS.ma del Soccorso,
fog. 177).
XXXII.
Die decimonono Marlij decimm inditionis Mill.o sept.mo quadrag.mo
septimo,
Pateat qualiter m.r Franciscus de Marco et m.r Glaudius de Oca fel.
urb. Panormi, et m.r Paulus Greco civitatis Catanae habitator dicta^ urbis
Panorini et ad presons in hac civitate Alcami reporti mihi notarlo co-
90 MISCELLANEA
gniti coram nobis nna simul presentialiter et insolidum sese obligantes
etc. Reii.tes etc. sponte vigore pi'esentis se obligaverunt et obligarit ad-
modum Rev. Sac. S. T. et U. I. Doctori ac Protonotario Apostolico D. Era-
smo Cremona Archipresbitero hiiius predictiB civitatis et tamqnam Rec-
tori maragniatum ven. Matricis Ecclesia? luiius civitatis predici» mihi
notarlo etiam cognito presenti et d.o noni. e stipulanti ut dicitur fare e
fundere la campana grande di d.a ven. Magiore Chiesa con farci la de-
scrizione che gli designerà d.o Sig.re Arciprete e la impronta della Ver-
gine SS.ma dell'Assunta, buona merde e recettibile e di buon tono, ben-
vista ed a piacere tanto del d.o Molto Rev. do Arciprete quanto del clero
e Popolo di questa sud.a città d'Alcamo; quam nolani dicti de Marco de
Oca et Greco insolidum ut supra facere et fundere promiserunt et pro-
mittunt et se obligaverunt et obligat d.o Rev.do Adm. Archipresbitero
d.o noni.e stipulanti ad omneni ipsius Adm. Rev. Archipresbiteri stipu-
lantis primam et simplicem requisitionem et continuare usque ad funda-
tionem nolie predict» eamque consignare subtus turrim ubi tintinnabula
suspensa nianent et ut dicitur sotto ed innante il campanile di d.a ven.
Maggiore Chiesa atta a ponerci l'armiggio per potersi tirare nel campa-
nile sud.o ponderata prius noia predicta. In pace etc. Alias etc. Con che
non essendo d.a campana di buon tuono benvisto come sopra ed a pia-
cere di d.o Molto Rev. Arcip.e Clero e Popolo di questa sud.a Città in
questo caso detti di Marco Oca e Greco insolidum e. s. siano tenuti, con-
forme in virtù del presente promettono e si obligano a d.o Molto Rev.
Arcip.e d.o noni.e stipulanti statini rifarla e refunderla a p.ioprie spesa
di buon tuono ed a piacere del Molto Rev.do Arcip.e Clero e Popolo di
questa sud.a città ce s.a si dichiara. Ex pacto etc. In pace etc. Alias etc.
De quibus etc.
Quod... etc.
Et hoc prò magisterio ad rationem une. duarum et tt. viginti quatuor
singiilo cantareo icris sive metalli nohe predictio prout et quemadmodum
fuit liberata una cum dictis et intrascriptis obligationibus in bandiis et
proclamationibus Rosary Lo Salato publici preconis et Guriae servientis
milii notarlo etiam cogniti prcsentis et cum juramento referentis dictam
nolani pluries at(iue plurics Ijandiss»^ et subastasse per loca publica so-
lita ot consueta h. e. predicta; : ut si quis eam facere et fundere voluis-
set suam oblationcm facturus , et tiindcni libi'rass(^ dictis de Marco , de
Oca et (ìrt'co ins<diilum ut supra tanuniam unicis ol)latoribus modo quo
8upra et infra doclaratur, et cum juramento dixit quod quidem niagiste-
rium noia; proilicta' ad diclam rationem uno. 2 . 2'i singulo cantareo prout
supra diclu» adnioduin de (-rcuiona d.o noni. e dare reaiitcr et ad ell'ec-
tnm promislt et pronilttit et se obligavit ot obligat dictis do Marco , de
MISCELLANEA 91
Oca et Greco stipulantibus vel personse prò eis legitime liic Alcami in
pec. num. de contanti, et extra Tab. Pan.mi statim facta et consignata
modo predicto dieta noia. In pace etc.
Sub infrascriptis tamen pactis :
E primo che d.o molto rev.do Arciprete per causa della mancanza
farà il metallo per fundere d.a campana si deve regolare a ragione di
rotula quattro per cantaro, e del prezzo a ragione di once venti per can-
taro ; quale mancanza alla ragiono «ud.a d.o molto rev.di Cremona d.o nome
sia tenuto ed obligato conforme per il presente promette e si obliga a
d.i di Marco, di Oca e Greco stipulanti statim consignata d.a campana
del modo sud. In pace etc. Item cum paeto che quello metallo che forse
vi sarà di augumento del peso della campana grande di d.a Madrice
Chiesa al presente rotta sia tenuto d.o molto rev.do Arciprete d.o n.e pa-
garlo a detti di Marco, di Oca e Greco stipulanti a ragione di tt, 5 e gr. 10
per rotulo di quello vi sarà di vantaggio ce s.a; e questo statim consi-
gnata d.a campana del modo detto di sopra, e che sono obbligati qui in
Alcamo. In pace etc.
Item che d.i di Marco, di Oca e Greco siano tenuti aggiungere quello
metallo, che si deve aggiungere, in ramo e stagno di liga nuova, e non
con metallo di cannoni o di altre campane. In pace etc.
Item che tutto l'astratto necessario per fundere d.a campana lo devono
mettere d.i di Oca Marco e Greco , ed a loro proprie spese ; e solo d.o
molto rev.do Arciprete d.o n.e deve darci legna e fumo franchi^ di patto etc.
Item che d.a campana da fundersi deve essere e devono farla dell'i-
stesso peso e dell'istessa forma della d.a campana rotta; di patto etc.
Ceterum detti di Marco, Oca e Greco insolidum ut supra promiserunt
et promittunt et se obligaverunt et obligant d.o adniodum rev.do de Cre-
mona d.o n.e stipulanti ut dicitur bonitìcare d.a campana per anni venti
integri da correre e da numerarsi dal giorno che sarà consegnata la
campana sud.a e rompendosi (quod absit) in d.o tempo di anni venti de-
vono d.i obligati di novo rifondere d.a campana statim che succederà il
caso predetto, a proprie spese, e di buon tuono placito a d.i molto rev.do
Arciprete Clero e Popolo di questa sud.a citta , dello stesso peso e della
stessa forma della d.a campana allora rotta , con che d.o molto rev.do
Arciprete d.o n.e deve darci venendo il caso sud.o legna e fumo fran-
chi; di patto etc.
Pro quibus quidem de Marco, de Oca et Greco presentibus et volen-
tibus eorumque prìecibus et complacentia erga dictum admodum rev. de
Cremona d.o nom.e stipulantem de adimplendo omne id totuni quidquid
et quantum obligati ut supra fuerunt et sunt ipsimet de Marco , Oca et
Greco et prout melius desuper declaratur m.r Balthassar la Perna h. p. e.
92 MISCELLANEA
Alcami m. n. etiam e. e. n. precedente infrascripta conditione sponte fl-
dejussit seque tìdejussorem et principaleni adimplitorem et insolidum obli-
gatum cum dictis de Marco, Oca et Greco se constituit et fecit , ac pre-
cedente infrascripta conditione se obligavit et obligat d.o adm. rev. de
Cremona d.o nom.e stipulanti prò modo ut supra declaratur; renuntiando
Jori de primo et principali conv.do omnique alio juris etlegum auxilio eie.
Conditio de qua superius luit facta mentio et per dictum de Perna
fuit ad fldejussionem predictam deventum est infrascripta, videlicet che
succedendo il caso (quod absit) di rompersi d.a campana da fondersi pria
di d.i anni venti come sopra si dichiara , per qual tempo d.i di Marco,
Oca e Greco sono obligati come sopra alla refazione seu a rifundere di
nuovo d.a campana , e dalli medesimi di Greco , Oca e Marco in tempo
che si rompeva d.a campana (quod absit) non vi sarà nessuno viventi di
essi, in questo caso d.o di Perna non sia obligato cosa veruna ed allora
s'intenda obligato a rifare e rifundere d.a campana quando saranno detti
di Oca, Marco e Greco ad minus uno di essi viventi; di patto etc.
Quse omnia etc.
Sub hypoteca etc.
Testes D. Carolus Agate et Galogerus Chiappisi.
Ex actis not.rii quondam Joseph De Blasi Alcami extratta est presens
copia per me not. Joseph M.am De Blasi eius nepotem stante licentia
mihi attrib.a ob absentiam not. D. Stephani De Blasi mei genitoris dicti-
qne quondam not. Joseph filli , dictorum actorum particularis ac regii
generalis conservatoris. Collectione salva.
(Dal voi. e Scritture diverse della Chiesa Madrice d'Alcamo ecc. fog....)
XXXIII.
Nos D. Alontins M.a do Monroy Princeps Marchio Frassiliani et Re-
gni Depatatus ac Vicarius Generalis in hoc Sicilht^ Regno degons in hac
cifitate Salem.
Spett. Reg. tld. dil. salutem. Siamo stati supplicati del tenor che sie-
gue, cioè: ICcc.mu Signore, L'Arciprete della città d'Alcamo D. Erasmo
Cremona, llottore della Madrice Chiesa di d.a umilmento espone a V. E.
qualmente doveiido.si rifondere la campana grande di d.a (^.hiesa Madrice,
che ultimamente 8i ruppe, a speso dei Giurati di d.a Alcamo, come per
il passato han pratticato o si legge per tro obligazioni stipulate per atto
di pubblica) notaro ncH'anni ir)'v<2, irCìOe 15^4, li quali non solamente non
anno (Mii-ato la relusione della medesima a sue spese, ma prelendoiK» per-
MI8CELLANBA 93
turbare d.o Arciprete con volersi arrogare il predominio nella d.a refu-
slone, quale spetta a d.o Oratore, il quale fu astretto ricorrere alla G. G.
Vescovile di Mazzara con ottenere licenza di soggiogare onc. sei annuali
per il capitale implicarlo alla refusione sud.a , come infatti si vede sti-
pulato il contratto di d.a refusione con m.ro Claudio d'Oca e consorti per
l'atti di not. Giuseppe di Blasi a 10 marzo 1747, per non restar la sud.a
Chiesa Madrice priva di d.a campana, ed avendosi dai sud.i Giurati im-
pedita la refusione sud.a per le loro vane pretenzioni, per tanto l'espo-
nente umilmente supplica V. E. come Vicario Generale d.o Regno de-
gente in questa città di Salemi a dar le previdenze opportune e deter-
minare quanto stimerà di giustizia , specialmente che li snd.i maestri
fanno vive l'istanze per disbrigare la refusione sud.a et ita supplica. In
dorso del quale provviddimo : Sp.lis de Cortese prov.ti, vocatis et audi-
tis partibus. Salem 28 Aprilis 1747. Coli, salva.
Per tanto siamo ad ordinarvi che a vista della presente vogliate inti-
mare a cotesti Giurati che fra il termine di giorni 4 abbiano da compa-
rire o far comparire persona per loro legitima innanti Noi e della Corte
Nostra Vicariale per farsi complemento di giustizia a tener dell'esposto,
intese prima lo ragioni d'ambe le parti in contrad.o giudizio.
Tanto eseguirete, e non altrimente. Dat. Salem, vigesirao octavo men-
sis Aprilis 1747.
Il Marchese di Frassilliano V. G.
V.t Cortese Cons.r
D. Antonius Tomaselli M. Not.
Allo spett. Capitano della città di Salemi degente in Alcamo che ese-
guisca quanto di sopra se l'impone.
(Dal rollo n. 5 dell'Archivio della Maggiore Chiesa di Alcanko, n. 422).
XXXIV.
Die decima quinta Junij X.e ind. i717.
Pateat qualiter m.r Claudius de Oca et m.r Franciscus de Marco ur-
bis Panormi et m.r Paalus Greco civitatis Catanse habitator urbis pre-
dictae Panormi et modo in hac civitate Alcami reperti, m.r Pascalis Ca-
sanop.r Laurentius Mirabile m.r Balthassar et m.r Vitus Perna et don Ca-
rolus Agate huias predictw civitatis Alcami mihi notarlo cogniti corani
94 MISCELLANEA
nobis sponto vigore presentis prò infrascriptis ratis et causis dixernnt
et fatentur habuisse et recepisse a rev. sac. S. T. D. Joseph Pastore, ab-
sente , me notario prò eo stipulante et per manus rev. sac. D. Mariani
Fraccia et Caraffa depositarli infrascriptarani pecnniarum prout infra
expressabitnr mihi notario etiam cogniti presentis et dicto nom.e sol-
ventis uncias centam viginti in pecunia ponderis generalis de contanti,
nempe : dicti de Oca, Marco et Greco uncias centnm tres et tarenos S9x-
decim, dictus de Gasano uncias quatuor et tarenos quindecim, dictus de
Mirabile uncias quatuor et tarenos decem et granos decem, dicti de Perna
uncias duas et dictus de Agate uncias quinque et tarenos decem et octo
et granos decem in pecunia de contanti ut supra. Renuntiantes etc.
Et sunt dict» uncise 120 prò ratis predictis solutae tanto per prezzo di
metallo e mastria della campana grande di questa Matrice Chiesa in tutto
di peso di cantara diecisette e rotola novanta, seu di lib. 4475 per quanto
fu pesata da Onofrio la Caverà, pesatore regio della città di Palermo, no-
vamente fundita da Cesare Medici funditore Palermitano come chiaramente
si vede nella consegna di detta campana fatta al molto rev. do Arciprete
di questa D.r D. Erasmo Cremona, come rettore delli marammi di questa
venerabile Madrice Chiesa per gli atti miei stipulata sotto li 5 del presente
giugno a tenore della obbligazione fatta da detti Oca Marco e Greco per
doveri fondere la campana pred.a anche in detti atti miei infrascritto no-
taro sotto li 19 marzo p. p. del presente anno X ind. 1747 alli quali si
abbia relazione, quanto per altro in che erano obligati detti murammi di
questa Magiore Chiesa nel d.o contratto obligatorio di d.a campana ed
anche per il nuovo edificio fatto nel campanile di d.a Magiore Chiesa per
penerei si detta campana grande come l'altre campane di d.a Magiore
Chiesa, per lo palo, battaglio ed altri ordigni di d.a campana grande nuo-
vamente ^ndita e per calare la campana grande per disgrazia rotta, come
per montare e salire la nuova campana grande al presente collocata al
suo nuovo posto e altro e per le cause infrascritte, cioè:
A detti di Oca, Marco e Greco onc. 103, 16 prezzo di metallo e masti'ia
di detta campana grande, cioè per prezzo di rot. 62 metallo a rot. quattro
per cento per causa di mancament') del metallo della campana rotta pesata
come sopra <la detto Qivera iti tutto di peso cantara quindici e rotula cin-
quanta consignata a detti di Oca, Marco e Greco, come per atto di con-
Kcgna nelli atti miei sotto li 30 marzo p. p. (bell'anno presento X ind. 17'i7,
che valutati a tt. 6 rotulo giusta la convenziono nel contratto obligatorio
di detlii campana di sopra calondato in tutto importano onc. 12 12 —
Fer mastria di cantara 14, IS remasti di netto delli canta-
ra 15, .tO prezzo della campana vecchia e rotta poicht) rot. 62
di metallo corno sopra si scornano o furono pagati per causa
MISCELLANEA. 95
di mancamento che ragionata detta mastria ad onc. 2, 24 can-
taro giusta la convenzione in contratto fanno la somma di onc. 41 19 —
E più per prezzo di cantara 2, 40 metallo consignato di
vantaggio dal peso della campana rotta a quello della campana
nuova per essere cantara 17, 90 come sopra ad onc. 18, 10
cantaro che viene a tari 5, 10 rot. importano . . onc. 44
E più per ragioni di pesatore regio onc. una per tal somma
concordata con detti d'Oca, Marco, e Greco . . onc. 1
E più onc. quattro e tari 15 per saldo e complemento di
tutto quello e quanto pretendevano detti mastri per causa
di aver fundito due volte d.a campana e per complemento di
tutti interessi e spese da loro patiti per la causa sud.a, giusta
la determinazione dell'illustre marchese di Frassigliano Vica-
rio Generale di questa valle onc. 4 lo —
Sommano onc. 103 16 —
A d.o di Gasano a buon conto della l'abrica fatta per di
sola mastria in d.o campanile prezzo di pietra e per calare
la campana rotta e salire la nuova come anche per l'ordigni
in pisarla onc. 4. 15. Dico onc. 4 i'> —
A d.o di Mirabile d.e once 4. 10 per complemento di onc. 5
e tt, 10 prezzo di sai. 16 calcina a tt. 10 sai., consignati» a
dette Maramme per l'aggionta e fortilìcazione della fabrica in
d.o campanile, stante li restanti tt. 29 e gr. 10 essersi pagati
da d.e Maramme di d.a Maggiore Ghiesa. Dico . . onc. 4 10 10
A d.i di Perna onc. due a complemento di aver rifatto il
palo e battaglio di d.a campana grande nuova e per ritorci
e cardini di ferro per inferrare detta campana col miolo onc. 2
Ed a d.o Agate d.e onc. cinque, tt. diciotto e gr. dieci per
altrettanti da esso spese e pagate alle infrascritte persone per
causa di aver fondilo d.a campana grande e metterla a suo
luogo e per le cause infrascritte, cioè : once 2. 18 pagati a Ga-
spare di Sciacca per prezzo di legni di olivi servirono per
squagliare il metallo e d.a campana rotta; onc. 1. 8 per giorni
9 li2 di m.ro Vincenzo e m.ro Gaspare C^susceli ed altri m.ri
perriatoi'i per cavare il fosso che si trovò di pietra ove si pose
la furma di d.a campana nuova tt. 4 lo giorno; tt. 24 per n. 600
pantofali per lo fumo ove si squagliò d.o metallo a tt. 4 lo 100;
tt. 3 per taio per riiare d.o fumo in parte; tt. 1, 10 per n. mal-
96 MISCELLANEA
toni grandi posti in d.o fumo; tt. 6 per sai. 1 gisso per mu-
rare d.o fumo; tt. 10 a m.ro Salvatore Appennino scarpellino
per fare due gattoni di pietra forte di Gammara , sopra de'
quali si è riposta la campana nuova e murati in d.o campa-
nile; tt. otto a m.ro Baldassare Vallone fallegname per mettere
il miolo di d.a campana grande nuova con inferrarlo al cam-
panile ed assodarla al suo luogo dove al presente si è posta per
complemento di sua maestria in tutto. . . . onc. 5 18 10
Sommano in tutto onc. 120
Quas quidem une. 120 superius solutas ecc. ecc.
Testes clericus D. Andreas de Blasi et rev. D. Vincentius Terruso.
Ex actis mei not. Joseph De Blasi Alcami.
Goll.e Salva.
(Dal rollo 3.o di contratti, esistente nell' archivio della Madre Chiesa
di Alcamo, fog. 215 e segg.).
XXXV.
A 22 luglio 1787 onzc centosessanta , tt. ventiquattro, grana dodici e
pie. li 4 al rev. sac. 1). Lorenzo M.a Agati , nostro procuratore, per al-
trettanti da esso pagati a m.ro Giuseppe Milazzo campanaro per mastria
e prezzo di metallo sopragiunto in aver fonduto e rifonduto la campana
grande di nostra chiesa , che fecesi più grande di quella esisteva , per
averla scesa e quindi salita al campanile due volte, e per loero di capo,
capetti , taglie e corde fatti venire da Palermo , come distintamente si
legge neir apoca a favore di d.o rev. do Agate in not. I). ras(iualo Ro-
tonda li l'J maggio 178G; incluse in d.e onze 100. 24. 12. 4 onzi venti-
cinque pagati dal rev.mo sig. Arciprete, in virtù di due apocho V una
di onze 20 in not. D. Gasparo I.a Colla l'i '.Vi diceml)re 1785 ed altra di
onzo cinque in d.o not.o Rotunda 11 15 gen.ro 178(} , ed a])0(a di d.o
onze IW. 24. 12. 4 oggi in not. |». |';is{in;il(' Ixotunda, per lìiaiidalo dclli
4 luglio corr.e.
A d.o: onze trettonto, tt. tredici e gr. sedici al rev. I). Lorenzo Agati,
MISCELLANEA 97
procuratore di nostra chiesa, per li medesimi da esso spesi e pagati in
occasione d'aversi fonduto e rifonduto la campana grande di nostra chie-
sa, per prezzo di legna , carbone , trasporto tle' maestri campanari da
Palermo, di capi, di corde, per fattura di ferramenti diversi e delli bat-
tagli della campana grande e della seconda , colle rispettive molle di
ferro, per acconciare il carretto servi per delatura della campana, più
per aversi fatto li ponti per la salita e discesa della campana e per ac-
conciarsi il campanile due volte, essendosi demolito il muretto della co-
rona e la balaustrata dinanzi la campana seconda, e l'arco sopra la cam-
pana grande per la facile discesa e salita di d.a campana, e per regalia
per l'assistenza da lui prestata in cento ed undici giorni che s'impiega-
rono in fondere d.a campana per ben tre volte, non essendo riuscita nò
la prima nò la seconda refusione; e per tutt' altro che si legge distinta-
mente nella retrolista al mandato di d.a somma, apoca in d.o giorno 22
luglio 1785, 4. a ind. in not. D. Pasquale Rotunda.
(Dal libro Conti dell'archivio della Madre Chiesa di Alcamo, fl'. 1 e 2).
XXXVI.
A 7 maggio 4 ind. (1786) onzo ventisei tt. li. 8. 3. a d.o te-
soriere (rev.do D. Paolino Galvaruso) cioè onze 18. 25. 8. 3. a m.ro Giu-
seppe Milazzo campanaro a buon conto delle onze 25. 8. 3. prezzo della
campana grande nuovamente fatta di peso di cantara 8. 22. delle quali
ne ricevette cant.a 5. 98; cioè, cant. 3 rot. 74. 6. l'antica campana grande
rotta, e cantara 2. 23. 6. la campana mezzana squagliata, llestò in cre-
dito il d.o :Milazzo in cant.a 2. 24, che, raggionati ad onze 18 il cantaro,
importano onze 4. 9. 12 sopra li cantara 0 a rot.li quattro per cantaro
sono rotoli 24; a tari 4. 10 rot. importano onze 3. 18. Magistero di can-
tara 5. 98. ad onze 2 cantaro importa onze 11. 27. 16. 3; per scendere,
trasportare le campane vecchie e nuova, e salire la d.a campana nuova,
onze 4., restando in credito il d.o Milazzo in onze 41., che gli si devono
pagare, cioè : onze 5 nel mese di sett.e 5.a ind. 1786; onze 12 nel mese
di sett.e 6.a ind. 1787; onze dodici nel mese di sett.e 7.a ind. 1788, ed
onze dnodeci nel mese di sett.e 8.a ind. 1789 ». ecc. ecc.
(Dal Libro 3.o CoìUi Chiesa Parrocchiale e Cappella del S.mo Croci-
fisso 1760 al 1817, log. 160).
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV 7
98 MISCELLANEA
XVII.
Jesus Maria Hyeronimus
Die vigesimo nono januari decime
quarte ind.nis millesimo sexcentesimo
sexsagesimo primo.
Mag.r Angelus Pantano eivitatis Castri veterani liic alcami ad presens
repertus mihi not. cognitus coram nobis sponte promisi! et se obligavit
et obligat Patri Joseph Manno rectori Yen. CoUegii societatis Jesu h. e. a.
mihi not.o etiam cognito pi'esenti stipulanti et dicto noni. e et prò dicto
Colleggio et eius dicto noni. e in dicto Colleggio
conducenti ei dicto noni. e servire vulgariter loquendo a culari fnndiri e
fare una campana per ditto Yen. Colleggio di piso di cantara tri incirca
bene mercantibili receptibili e magistribilmente fatta a tutto attratto e
spisa dello d.o Yen. Colleggio cioè spisa di ligna grossi e minuti per fare
lo fumo et altra spisa nec.ria et anco d.o Yen. Colleggio metterci e darci
lo mitallo per fari d.a campana.
Quam quidem campanam bene ut supra dictus mag.r Angelus trad-
dere et consignare promisit et se obligavit et obligat d.o patri rectori
d.o nom.e stip.ti infra dies octo ab hodie in antea numerandos et cursuros
intus d.um Yen. Colleggium in pace .\lias.
Pro niagisterio ad rationom tareni uiiius singulo rotule alla scarsa di
tutti cosi di patto. In compotum d.i magisterii d.us de pantano dixit et
fatetur se Imbuisse et recepisse a d.o p.re rectore d.o nom.e stip.te une. 4 in
pecunia de contanti. Ren. etc.
VX restans ad coniplimentum d.i magisterii d.us p.r rector d.o nom.e
dare et solvere promisit et se obligavit et obligat d.o de pantano stip.ti
statini et incontinenti facta d.a consigna di d.a campana liic alcami in
pecunia numerata et pondi (?) In pace etc.
Con patto che detta campana allhura che sarrà fatta d.o padre rettore
d.o nome e d.o de pantano 1' habijiano da fare pesare per una persona
pratica ben vista a d.e contraparti e ad ognuno di loro presenti.
(kin patto che caso chi d.a campana si rumpissi o spezzassi infra anni
tri da contarsi da quello che d.a campana sarra tinuta e fatta innanti in
tale ca80 d.o mag.ro Angelo pantiino sia tenuto corno per virtù della pre-
M)iito aliavo obbligato et obliga a d.o padie rectore d.o nome stip.ti d.a
campana di novo culaila funderla o farla a tutto attraete e spisi dello
d.o Colloggio e darci e metterci d.o rectore d.o nome lo mitallo per fìire
MISCELLANEA 99
d.a campana ut supra e farci d.o padre rectore d.o nome tntta laltra spisa
nec.ria ecceptuata la persuna e mastria di d.o m.ro Angelo quali persuna
e mastria d.o m.ro Angelo sia tenuto et obligato mettercila e ponercila
gratis Ita che d.o Golleggio non sia tenuto ne obligato pagare a d.o de
pantano stip.ti la d.a sua persona e mastria ut supra di patto. Alias te-
neatur de pantano ad omnia et singula damna interesse et expensas et eo
casu liceat d.o p.ri rectori d.o nome stip.ti conducere alium operarium
seu magistrum et prò ilio magisterio per eum d.o nom.e melius inveniendo
ad omnia et singula damna interesse et expensas d.i de pantano stip.tis
et liec omnia et singula intelligantur et sint protestata rathiflcata et no-
tilìcata contra d.um de pantano pr.tem et audientem cujuscunìque alte-
rius protestationis rathiflcationis et notificationis necessitate esclusa.
Geterum d.us mag.r Angelus promisit d.o p.ri rectori d.o
nom.e stip.ti in lidejussoremet principalem funditorem et factorem cam-
pane predicte in casu quo ut dicitur d.a campana si rumpissi e spezzassi
ut supra Leonardum pantano ejus fratrem abs.tem prò quo de rato pro-
misit et promittit juxta Ibrmam ritus M. R. C. per totuni crastinum diem
per actum publicum in margine p.ntis vel extra p.ntem sol-
lemnibus juribus ut convenit. Alias sub ypoteca ex pacto.
Con patto che mentre d.o m.ro Angelo fundira colera e l'arra d.a cam-
pana d.o padre rettore d.o nome sia tenuto et obligato dare a mangiare
et a biviri a d.o m.ro Angelo stip.ti gratis di pacto.
Con pacto che d.o maestro Angelo non possa ne voglia fundiri culari
ne fare altre campane daltre persone
non farà culera e fundera d.a campana di d.o colleggio di pacto.
Que omnia etc.
Testes Sacerdos don Joseph surriano q.dam Tibberii don vincentius de
noto et m.r pinus de simoue.
(Dalle minute 14 ind.ne 1660-61 di not. Vincenzo Bruno).
XXXVIII.
Die vigesimo maji xv incl. i662.
Mag.r Angelus Pantano castri veterani hic alcami ad pr.ns repertus
mihi not. cogn. corani nobis sponte promisit et promittit ac se obligavit
et obligat Ven. Conventui S.ti Fr.sci de Paula huius predicte G.tis eius-
que R.ndo p.ri Correctori pr.nti et quo prò tempore erit me not.o prò
100 MISCELLANEA
eo stip.te assicurare et bonam facere prout vi pr.ntis et omni alio me-
liori modo assicuravit et assicurat ac bonam fecit et facit illaniet campa-
nam per d.um ile pantano noviter constrnctam et fnmlitam eidem Yen.
Conventui ab omni et (piacun(]ue ructura succedenda eidem campane et
bo(? prò tempore annornm trium ab liodie in antea numerandorum et
cur-surorum qno termino perdurante casa quo d.a campana franjreretur
teneatur et sit obli^'atus prout promisit et se obli^avit et obli^rat d.o Yen.
Conventui me not. prò eo stip.te dictam campanam iterum et de novo
fnndere ad omnes et singulas expensas il.i Conventus cum lioc tamen
qnod d.us de pantano teneatur ponere eius magisterium prò eflecto pre-
dicto absque aliqua soluptione et non aliter ex pacto.
Qne omnia etc.
Testes Don Joseph Ingravera et Petrus Ganepa.
(Dal bastardelle xv.a imi. ne 1661-62 l'og. 513 di not. Baldassare
La Perna).
XXXIX.
A 28 detto (gen. 6.a ind. 1663) a m.ro Angelo Pantano e Gioseppe Ni-
cotra per rifare la campana rutta onze 11 e tt. 3, come appare per man-
dato e ricevuta in not. Huldassare La Perna . . .
(Dal libro Lo d'introiti ed esiti della Congregazione della Madonna
«lell'Alto, esistente nell'archivio tlella Congrega di Carità).
XL.
Die viij nprilis (j hid.tiis iOO'J.
Mag. Itolthas8ar Pantano castriveteran. hic ad ])r.ns repertus sponte
pruntiMit ot se obligat Patri Francisco Cappello Preposito Congregationis
s.ti Philipp! Neri et Yincentio riiainniai'iiiaro YlnciMitio Lo Nobile et Ro-
cho Itoctoribus \m\. (^MiiiitliM iiitatis s.te M.e Succui'si cognitis
eis ut dicitur l'undori la campana mun/.ana al prui^entu ructa di ossa chie-
ihsCELLAÌTÈÀ lìòl
sa qnali sit et debia essere di peso di cantaro uno e^ r.i vinti incirca et
hoc bene et magistribiliter quam consijrnare et expedire promisit Ine Al-
cami per totum mensem aprili^; in pace etc. Alias, etc.
Pro magisterio une. septeni p. <r, ex pacto et essendo d.a campana di
peso di r.i quattro più seu meno seu essendo la campana vechia più di
ci. 20 si Ihabbiano di pajfare tari cinque prò r.o di pacto qnod magiste-
rium d.i Rectores solvere promittunt d.o m.ro scilicet medietatem prò
computo d.e Gonlraternitatis et aliam medietatem prò computo d.e Con-
jjregationis hoc modo videlicet une. quiiKfue successive operando succu-
rendo et une. duas per totum junium anni pr.tis in pace.
Quam intef^ram medietatem
ex nunc compensai de summa salarli
anni pr.ntis 2.e ind
Cum pacto che d.o m.ro sia obligatocome si oblijjha d.a campana Ji-
darla per anni ([uattro dal {?iorno di la consiorna in antea et caso ciie .si
spizzassi in d.o tempo d.o m.ro labbia di lundere di novo cioè d.a Con-
fraternita e Conjrrejrazione ci habbiano di ponere la spesa necessaria e
d.o m.ro la sua mastria di pacto etc.
Testes D. Joseph Ingravera et Vincentius Fulco.
(Dal Veni-mecum 2. a ind. ne ICM di not. Bald.re I^ Perna).
XLl.
J)(e r.j'i.r Aj>y'ilis tjjiHLnis 1661.
Mag.r Balthassar Pantano castri veteran. hic Alcami ad pr.ns i-epertns
sponte promisit et se obli-rat Hernardino .Marcan/.a Gub.'et D. Joseph Flo-
renso assistenti Yen. CongrcKationis s.te Marie de alto Muntis Honilacii
pres.bus et stip.bus eis operare et l'undere unam campanam pond.is cant.i
uuius et r.orum qain({uaginta incirca et hoc de Ixmo sono bene et ma;.nstri-
biliter secundum artem i)ro (pio elVectu d.i officiali consigliare promit-
tunt d.o de pantano campanam diructam d.e Congregationis pond.is cant.i
unius et r. triginta quam consignare promittunt hic Alcami ad altius per
totum presenleiu men.soin. Alias etc.
Ì02 MISCELLANEA
Pro mafristerio une. decem p. p. ex pacto et essendo d.a campana no-
va più 0 meno di e. 1.50 illud plus seu minus compensare debeant ad ra-
tionem tt. quinqne prò singulo rotulo ex pacto quod solvere promittunt
scilicet une. octo tune lacta d.a campana et une. duas in die 11 junii an-
ni presentis. In pace etc.
Cam pacto che d.o m.ro sia obbligato d.a campana fidarla per anni
quattro da d.o giorno di consigna e caso che si spezzasse sia obligato d.o
m.ro luuderla di novo ita che la spesa necessaria ci Ihabbia diponere d.a
congregatione et d.o m.ro la sua mastria di pacto.
Testes D. Saverius "\illanova et m.r Franciscus Corso.
(Dal Veni-mecum 2.a ind.ne 1664 di not. Bald.rr La-Perna).
XLII.
Eoclem (die xxvi feb, r." incl. i607),
Vincentius Vera civitatis Salem, Alcami repertus etc. , cognitus etc.,
vendidit m.ro Ioanni La Sala cognito etc. , procuratori ecclesie s. An-
tonii terra; Castri ad mare de gulpho stipulanti et ementi unam cam-
panottam rotulorum decem et octo et une. trium ponderis, quam habuit
prò bona ete. Ren. etc.
Pro pretio une. trium , quas dictus venditor habuit a diete emptore
.«tipnlante in pecunia do contanti, computatis tt. 8. 10. habitis in pretio
unins campanotte rotulorum trium rutte. Ren. ete.
Promittens etc.
Qae omnia etc.
Testes ven.lis don Gregorius Sarturi et don Sebastianus de Latio con-
(lam Vincentij.
(Dal bastardello f). ind. 1006-7 di not. Antonino Vaccaro, fo-
glio 390).
MISCELLÀNEA 1Ó3
XLIII.
Die xxxj.o el uUitno Martij ir iiid. 10'2(i. »
Mag.r Marianus Russo ral)ei' campane civitatis Castri Joaiinis hic Al-
cami repei'tus milii not.o cofrnitus corani nol)is sponte dixit et l'atetur
se habuisse et recepisse a patre fiate Joaniie de l'anliormo ordiiiis S. Fraii-
cisci de Pania quoque «lihi cognito presente et stipulante veluti procu-
ratore ven. conventus eiusdem ordinis S. Francisei de l'aula Airtute pro-
curationis in attis predittis die etc, uncias tres et tt. quindecim in pec.a
ponderata de contanti. Ren. etc.
Et sunt prò ma<,nsterio seu manilactura unius campane eiusdem con-
ventus facte per dittuin mafr.rum Marianuni et per dittum procurato-
rem et fratres ditti Conventi habite prò bona etc. et prout ad presons est
in ditto conventu. Ren. etc.
Quam quidem campanam dittus ni.r Marianus vigore presenti» attus
et Olimi alio meliori modo aflldavit et allldat ut vulgo dicitur che non
si rompiranno li manichi di detta campana per annos duos integros con-
tinuos et complondos ab liodie in antea numerandos, ex eo quia ut di-
citur li detti maniclii nello fundiri di dotta campana non venniro alla
prima cotta seu fusa, perciò fu bisogno fari sou fundiri detti manichi
di novo supra detta campana già fatta. Itachi li detti manichi si rum-
pissero mentre detta campana sona die in tal caso detto m.ro sia tenuto
et obligato, sicomo in virtù del presente atto si obligao et obliga a d.o
procuratore, quelli rilare seu refundiri gratis, et hoc durante dittis an-
nis duobus quibus elapsis ad nichilum teneatur; ex pacto etc. .\lias con-
tranveniens dittus m.r Marianus et non volendo quelli rifare seu rifun-
diri gratis possit et libere A'aleat dittus conventus seu dittus procurator
quelli far rifare et rifundiri ad danna interesse et expensas ipsius m.ri
Mariani. Kx pacto etc. Et liceat etc. Ita quod etc. Que omnia etc.
Testes m.r Dominicns De Leo et Augustinus Gian Marco.
(Dal bastardello '.) ind. 1(325-26 di not. Rocco Giolfi, pag. 706).
104 MISCELLANEA
XLIV.
Die vig.o quarto septembris ccij.e ind. i673.
Mag.r Joannes Grandi drepanite et ad presens hic Alcami repertus
hojus civitatis Alcami (sic) milii not.o cognitus corani nobis sponte se
obligavit patri Joanni Baptiste Bonfanti Tertij Ordinis S.ti Francisci As-
siso niihi etiam cognito, presenti et tanqnam Priori ac priorio nomine
ven. Conventus S.te Marie Itrie hniiis civitatis Alcami dicto noni. e stipu-
lanti et conducenti sibi ut dicitur fundere noviter unam campanaiii dicti
ven. Conventus ponderis cantari unius et rot. trium in circa bene ma-
gistribiliter factam secundum artem; quam campanam dictus de Grandi
expedire promisit et se obligat rev.do patri Priori d.o noni.e stipulanti
infra dies otto ab hodie in anthea numerandos et curcuros. In pace etc.
Pro prettio une. quatnor et tt. viginti p. g. ex patto; de quo quidam
prettio dictus do Grandi dixit et fatetur habuisse et recepisse a ditto
rev.do patre Priore stipulante tt. viginti in pecunia de contanti. Ren. etc.
Et restans ad complimentum pretij preditti dittus rev.dus pater Prìor
d.o noni. e dare et solvere promisit et se obligat d.o de Grandi stipulanti
l'atta consignatione preditte campane noviter fatte Ine Alcami in pec.a
num.a et pond.a. In pace etc.
Cum patto che lo brunzo che si ci consegnerà a d.o ni.ro Giovanne
della campana vecchia si habbia da pisarc per lo mastro della chiazza e
similmente nella consignia della campana nova si habbia da pisaro
come sopra e di quello che mancherà del bronzo che li sarà consignato
d.o m.ro Gioanne habbia da pagare a d.o convento a ragione di tt. 4
lo rotolo; e se avanzerà, d.o convento 1' habbia da pagare a d.o m.ro a
ragione di tt. 0 lo rotulo, di patto, etc.
Item che d.o mastro Giovanne sia oldigato conforme si obliga, a d.o
patre Priore d.o noni. e stipulante allidare e fare bona d.a campana da
restar nana per anni dui dal giorno della consignia innante, e caso che
tra d,o termino d.a campana si rompesse, tale caso d.o mastro sia obli-
gaio di funderla di novo, cioè che d.o mastro ci habbia di ponere la sua
maKtria gratis con havero d.o convento a pagarli une. una tantum per
ragione di accesso recesso mangiare bevere et altri spesi che forse si ci
doves-sero e l'altri spesi che ci vorranno <'.i Thabbia da poncrc d.o con-
vento, di patto utc.
MISOILLÀNKA
m
Que omnia etc.
Testes Vitus Ricchello et m.r Vincentius S.to Angello.
(Dal bastardelle 12 ind. 1673-74 di not. Bald. Perna, fog. 94).
XLV.
A 13 maggio l.a ind. (1738) .... onze 4. 27. 5 a m.ro Giovanni di
Fisco e m.ro Giuseppe Vai.sco m.ri campanari per aver fondito la cam-
pana nominata la Guardia, de' (juali onze 27, 5 ne appare apoca in not.
Giuseppe di Blasi sotto li 10 B.bro 1737; apoca oggi , mandato con nota
dietro a 2 maggio 1738.
(Dal libro 3.o di conti dell'archivio della Madre Chiesa, fog. 94).
XLVl.
A 25 d.o (marzo 1710) onze sedici tt. 27; cioè: onze 13. 18. l2. a m.ro
Nicolò Baiamenti e m.ro Vito Arcuri, maestri di lundiri campane; cioè:
onze 12. 15. 12. per loro mastria di lundiri due campane Aliotta e Guar-
dia, consignati rutti cant.a 3. 71, inclusi rot. 5 di moneta falsa, stagno
e metallo e da detti consignati nuovi cant.a 3. 57. 9; cioè : AliottJi, cant.a
2. 52. 3; Guardia , cant.o 1. 5. fì. a ragione di onze 3. 15 il cantaro,
onze 1. 3. per discapito di rot. 5. 0. di metallo vecchio ridotto in nuo-
vo ecc.
(Dal libro 2.'^ dei conti nell'archivio della Madre Chiesa, pag. 222).
XLVII,
A 3() maggio (3.a lud. 17lU) onze venticinque e tari sei, cioè: onze 19,10.
a m.ro Vito e m.ro Nicolo Arcuri funditori di campane a compimento
106 MlSCELLAÌ?EÀ
di onze 20, per fnndire la campana mezzana consignata rotta cant.a 8.10,
e riconsignata nova cant.a 7. 60. clie onze 6. 20. se ci compensano per
lo discapito di rot.i 50 di metallo consignato meno, a tt. 4 lo rot.o, giu-
sta il contratto obligatorio per gli atti di not. Terruso li 24 Aprile pro-
ximo trascorso.
(Dal d.o libro, pag. 222).
XLVIII.
A 20 feb. (4.a ind. 1741) onze v infuna tt. 17. 2. 3. da spese diverse
pagati a M. Antonio Arcuri fonditore di campane cioè, onze 14 per sua
mastria di patto in aver Ibndito la campana grande di n.ra C4hiesa come
per il contratto obligatorio in not. Benedetto di Blasi 15 marzo 3.a ind. 1740
quale era di peso e. 4. 20; onze 6.14.12.3 per rot. 40.9 di rame comprato
cioè rot. 18. 3 a tt. 4. 10 lo rot. e rot. 22. 6 a tt. 5 lo rot. La campana
nova riuscì di peso cantara 4. 40 si compensorno (sic) cioè e. 4. 20 per
lo rame della campana vecchia r. 20 della somma di d.i r. 40. 9 di rame
novo comprato poiché r. 20. 9 si compensò per raggioni di squaglio o
consumo, ed onze 1. 2. 10. per legni di oliva e rinfreschi come per man-
dato et apoca oggi in d.o not. onze 21. 17. 2. 3.
(Dal Libro 3.o di Conti della Giiiesa di M.a SS.n dei iMiracoli, fog. 342,
conservato neirarchivio della Congrega di Carità).
XLIX.
Dal Rev.nio sig. Paroco della veneral)ile chiesa di San Paolo o Barto-
lomeo, Don Sebastiano Arcilesi e dal sig. Barone I). Alfonzo Veles , Sin-
daco di qnesta Cornane di Alcamo, sono stato adebbito io infrascritto Capo
Maestro Comunale di Alcamo Giuseppo Mannina all'oggetto di verillcarc
e certificare la nuova campana di sud. a venerabile chiesa, fatta dal sig.
Francesco Virgadamo del Burgio, non che la discesa della vecchia cam-
pana e salita dilla nuova campana noi campanile, ed acconciatina del fer-
ramento e nìijuio della stessa.
MISCELLANEA
Ì07
In adempimento del snd.o venerato incarico mi sono portato in sud. a
venerabile cliiesa,.e fatto tutte le oculari e pratticlie osservazioni, vengo
in riferire quanto appresso.
Dettaglio
Art. 1. Avendosi fatto la discesa della vecchia campana ed avendosi
alla presenza del sud.o sijr. Paroco e Sindaco e dell'appaltatore ni.ro Gae-
tano Gassarà, ed avendola pesato risultò il peso della sud.a campana vec-
chia quintali nove e rotoli novantasette ... il quale al prezzo convenuto
{giusta la relazione preventiva redatta dal maestro fonditore D. Francesco
Panzera del fu Nunzio della Comune di Palermo raggionato ad onze 0.35
rot. importa onze 348. 95.
Art. 2. Fattosi la nuova campana, la quale é stata eseguita mastribil-
mente ed asseconda dall'arte si richiede , ed avendosi alla presenza del
sud.o Paroco e Sindaco e dell'appaltatore Gassarà pesato la nuova cam-
pana risultò il peso quintali dieci e rotoli diecissette , che al prezzo di
onze 0. 70 il rot. giusta la relazione preventiva redatta sotto li 2 ottobbre
1855 dal sud.o Di Panzera importa onze 711. 00.
Dalle quali onze 711. 90 si deducono onze 348. 95. prezzo del metallo
della vecchia campana, restano onze 362. 95.
Art. 3. Per la discesa della vecchia campana e salita della nuova ed
acconciatina del mijolo battaglio e ferramento , il quale é stato eseguito
mastribilmente ed asseconda richiedo l'arte, che giusta la relazione pre-
ventiva importa onze 45.
In uno somma l'importare onze 407. 95. li quali pari ad onze 135.29.10.
Per cui ne ho redatto il presente certificato di conzegna che si pos-
sono pagare al sud.o appaltatore maestro Gaetano Gassarà la detta somma
di onze 407.95.
Redatto il presente per l'uso conveniente oggi in Alcamo li. . . 1856.
Il Capo Maestro Comunale
Giuseppe Ma tutina.
L'Appaltiitore
in.ro GaeliiHo Cassarci
Il Paroco
Sebastiano AìtiIcsì
Il Sindaco
(Da un foglio volante esistente iielP archivio della Chiesa Parrocchiale
di S. Paolo e S. Bartolomeo).
NOTA SULIA ISCRIZIONE QUADRILINGUE
ESISTENTE
nel Museo Nazionale di Palermo
(Vedi Tavola)
—y\nJ\/\/\f\r. —
Fra i più pregevoli monumenti medioevali che si conservano nel Mu-
seo nazionale di Palermo dee certo novoi-arsi la lapide con iscrizioni in
lettere ebraiche greche arabe e latine, proveniente dalla chiesa di S. Mi-
chele Arcangelo, la quale fu pubblicata , prima dal Morso, Spiegazione
di due lapidi esistenti nella Chiesa di S. Michele Arcangelo, Palermo, 1813,
e Palermo antico, 2" ed. pag. 114 e segg. Palermo 1827; e poi da Mi-
chele Amari nell'opera: Le Epigrafi arabiche di Sicilia, Palermo 1879 ,
parte seconda N. XXVII, pag. 80 e scgg.
Se non che l'Amari per conto suo studiò la epigrafe in lingua e let-
tere arabiche, e ricorse alla dottrina del suo dotto amico Gregorio Ug-
dulena per le altre in greco ed in ebraico.
Passato un monumento per siffatte mani non ò a dire se sia stato
convenientemento illustrato. Due parole però meritano ancora di essere
studiate nella iscrizione arabica in lettere ebraiche: l'ultima del primo
rigo , 0 la prima del rigo secondo ; quella cioè che da Morso e da
Ugdulena fu Iella » Guglielmo » ; e l'altra che il primo battezzò addi-
rittura per ebraica e tradusse « dominus » e che 1' Ugdulena trascrisse
alla maniera del Morso, ma prudentemente vi aggiunse un punto inter-
rogativo, facendo esser varo, che, data la esistenza della voce, essa po-
trebbe egualmente spiegarsi col dizionario arabico. Su queste due parole
ho dunque fermata l'attonzionC; e se io posso affermare di essere riuscito
a cavare la giusta lezione loro, dove attribuirsi alla circostanza che es-
sendo io impiegato del Museo di Palermo , ho sposso sott'occhio la la-
pide originale, e por conseguenza l'agio di studiarla molto più comoda-
mente che non i prelodati nostri orientalisti, il Morso o TUgdulena.
Il Morso adunque tradusse così il primo rigo della epigrafe in esame:
Obiil Anna mafer Clerici Chrinantl , Clerici linjis Augusti Gulie{\m\)
MISCELLANEA 109
A quest'ultima parola Gulie (Imi), nel Palermo antico pag. 118, aggiunse
la nota seguente: « È troppo corroso nella lapiJe il nome del Re; ma ap-
« parendo chiaramente la prima lettera aiii, ben chiaro Valeph, e X'aleph-
« lained come si r.ipporta nell'alfabeto ebraico della grammatica di Ma-
« schlef/ ed appresso un corto vestigio di un altro lamed, non si può
a dubitare che debbasi aggiungere allo spazio che resta voto la lettera
« miin finale e comporre interamente la voce Galahni, cioè Gulielmi ».
Per ovviare poi alla grossa difficoltà come mai Grisando nel 1149,
al quale anno ci rimanda il documento, possa nominarsi chierico di ro
Guglielmo, quando regnava ancora Ruggiero padre di lui, il Morso nella
prima delle ricordate sue opere , impiega molte pagine ; ma molto più
succintamente dice nel Palermo antico: « la lapide non fu eretta nel 1149
« ma dopo il 1151, regnando Guglielmo, il quale fu assunto in quell'an-
« no al trono di suo padre». Se la lapide portasse per davvero il nome
di re Guglielmo, non c'è che dire, non potrebbe darsi migliore soluzione
di questa; la quale perciò fu fatta buona anche dall'Amari.
Ma il nomo di re Guglielmo è precisamente quel che non si trova,
come starò a dimostrare, nella epigrafe arabo-ebraica; corno del resto
non si trova nella epigrafe latina, greca ed araba della medesima la-
pide.
Tralasciando l'osservazione che la forma araba del nome Guglielmo,
come la dà il Morso e l'accetta l'Ugdulena. sarebbe affatto diversa della for-
ma usata nei di plomi e nelle monete arabe siciliane, esaminiamo gli ele-
menti costitutivi della voce che è stata trascritta '^Kt? e creduta ab-
breviazione del nome Guglielmo. La prima lettera non èV ('a in)
ma evidentemente un i' (zadé); la seconda lettera di accordo è k (^l^O;
la terza lettera che è stflta trascritta '~' (lanicd) addirittura non esiste
nella lapide; come non esistono tracce di altre lettere che il Morso cre-
dette appartenere alla terminazione del nome Guglielmo.
Se non mi sbaglio , il nostro orientalista non si accorse che quel
primo rigo termina con una crocetta, opperò prese le linee di questa per
tracce di lettere, e ne composo la fine del nome Guglielmo. Nel primo
rigo adunque della epigrafe in esame, le ultime due lettere dovranno leg-
gersi H:t e trascriversi in caratteri arabi uo (sa).
Passiamo alla prima parte del rigo secondo. Essa fu letta pn . 'lib-
ili modo assoluto da Morso, in modo dubitativo da Ugdulena, e tradotta
da tutti e due « dominus, signore »; non perchè la parola significasse così
veramente, ma perchè, come bene osserva Ugdulena, « il senso richiede
qualche oosa che significhi re, o signore >.
110 MISCELLANEA
Dalla parte mia fo notare che il primo elemento del secondo rigo è
sicuramente n (chèt), come trascrisse Morso; il secondo elemento è cor-
roso nella lapide; ma le tracce che ne rimangano non sono punto di p
(qóf) ma di 2 (béth) , sicché invece di pn abbiamo ::n , le quali tra-
scritte in lettere arabiche danno v_*j>. Dopo questo processo è evidente
che le ultime due lettere del primo rigo della nostra epigrafe e le pri-
me due lettere del secondo rigo non sono due parole distinte, ma deb-
bono riunirsi in una sola e comporre la voce prettamente arabica ,.^c>uo
s à h ì b « signore, padrone » e perciò i primi due righi della detta epigrafe
dovranno essere tradotti nel modo seguente:
1. Morì Anna madre del prete Grisanto prete del gran Be , signo-
2. re d'Italia, Lombardia, Calabria, Sicilia ed Affrica, a vespro ecc.
Resta adunque assicurato che nella epigrafe arabo-ebraica della lapide
quadrilingue del Museo Nazionale di Palermo non esiste il nomo di re
Guglielmo, per giustificare il quale tante pagine impiegò il Morso, e che
non vi esisto tampoco alcuna parola la quale debba spiegarsi coll'aiuto
del dizionario ebraico.
Palermo, 14 luglio 1889.
Sao. B. Lagumina
ANEDDOTI SICILIANI
ITI SERIE
EPIGRAFE ONORARIA DI UN COBUETTOUG DI SICILIA
RINVENUTA IN ROMA.
Fra la Chiesa di S. Andrea al Quirinale ed il Monastero delle Cap-
puccine in Roma, sterrandosi nell' area già occupata dal Noviziato dei
PP. Gesuiti, si è teste rinvenuto un grande basamento di marmo , con
cornice e zoccolo sagomato, che nel piano superiore conserva i fori im-
piombati per l'impernatura di una statua. Nella fronte vi è incisa un'i-
scrizione greca di 16 righe, il cui testo può leggersi pubblicato dal
eh. Giuseppe Gatti nel Bullettino della Commissione Archeologica Co-
munale di Roma, serie terza, anno XVI, pag. 391, an. 1888. La detta
iscrizione è dedicata a Betitio Perpetuo Arziqio, del quale si encomia
la saggia e benefica amministrazione tenuta nella provincia di Sicilia.
Le città da lui governate gli offeriscono in attestato di gratitudine una
statua onoraria, dopo due anni della sua amministrazione; e per com-
piere siffatta missione inviano a Roma due legati , Rodino e Giuliano.
Costoro sono indicati come illustrissimi decemprimi (Stxdnpcj-coi) titolo
che davasi ai personaggi più distinti fra i decurioni municipali, e in-
contrasi in altre due lapidi latine della Sicilia (C. I. L. X , 7211,
7236).
Il prof. Gatti (da un articolo del quale tolgo queste notizie) ricorda,
che il Betitio PERPErjo, cui il monumento è dedicato , fu governatore
112 MISOKLLANEA
dell'Isola nostra durante l'Impero di Costantino Magno, come risulta da
ultra epigrafe onoraria a quell'Augusto, da Betitio posta nella città di
Mazara (C. I. L. X, 7204) nella quale epigrafe si nomina Betitius Per-
pefuiis v{ir) c{larissiinus) corr{ec!o)') j^roo^inciae) Sicil(iae).
È quindi manifesto, che all' età costantiniana dee riferirsi anche il
monumento testé discoperto, che menziona il medesimo governo tenuto
da Betitio nella provincia di Sicilia. Essendosi poi dedicata la statua
privatamente, e senza che sì ricordino magistrati romani i quali ne a-
vesser curato la dedicazione, dee conchiudersi, che fu eretta nella pri-
vata abitazione del Correttore; e così avveniva di tutte le statue ono-
rarie poste a cospicui personaggi per iniziativa privata e non per pub-
blica autorità. Per tal modo impariamo pure, che l'abitazione dei Betitii
fu sul Quirinale, circa il luogo modernamente occupato dal Noviziato
dei Gesuiti.
Un'altra base di statua coaoscesi dedicata in Roma dai Tusci e da-
gli Umbri Betitio Perpetuo Arzygio viro clarissimo consiliari Tusciae
et Umbria^ (C. I. L. VI, 1702), che il Borghesi, seguendo 1' opinione
del Muratori, aveva attribuito all'età di Costantino Magno , ravvisando
inoltre nel personaggio onorato quel medesimo Arzi/gius al quale Pela-
gonio dedicò il libro De Re Veterinaria (Borohesi, (Etwres, VI, p. 305,
343, 344). Il MoMMSEN però ha notato, che nel nuovo ordinamento dato
da Diocleziano allo regioni italiche , i presidi di queste ebber nomo di
Correctores , e che tal denominazione fu appresso mutata in quella di
Conmlares (C. I. L. X, p. 714).
Nell'Isola Correctores chiamaronsi solamente nei primi docennii del
secolo quarto; Consiilares cominciarono a dirsi fin dall' ultimo decennio
in circa dell'Impero di Costantino medesimo (v. C. I. L. VI, 1717). Per
conseguenza il Betitio Perpetuo, al quale fu dedicata la base onoraria te-
sté rinvenuta, essendo chiamato Corrector, ebbe il governo di Sicilia prima
di quel tempo. Così pure il Zoiliis Corredar provinciae Siciliae , ricor-
dato nella iscrizione sepolcrale d'una fanciulla, che dicesi pagana nata,
fidelis facta, o spettante all'età costantiniana (v. De Rossi, Bull, d' Ar-
cheoL Crist. 1868, p. 75). Diremo tuttavia col De Rossi {Le Prime
Raccolte d'Antiche lacrizioni, p. 165) non ohe col Mommsen, coH'Henzen
e col Gatti, non potersi identificare il Betitio Perpetuo Corrector Si-
ciliae coll'omonimo Consuluris TuHciae et Umhrine , perché troppa e
poco vorobimilo sarebbe la distanza tra le due magistrature.
MISCEILANEA 113
n.
MEMORIE INEDITE DEL P. SALVATORE DI BLA8I.
Il Prof. Francesco Saverio Quaranta, napolitano (1799-1830), fratello
del dotto archeologo Bernardo, e professore di Diplomatica nella R. Uni-
versità di Napoli, ebbe incarico dal Re nel 1829, quando |era già Capo
in secondo in quel Grande Archivio, di recarsi al Monastero della
SS. Trinità di Cava a fin di riscontrare e trascrivere i documenti, che
doveano illustrare le Memorie Inedite del nostro dotto P. D. Salvatore
Di Blasi, relative ad argomenti storici, da pubblicarsi per conto della
Real Biblioteca Borbonica.
III.
I DOMENICANI DI SICILIA SULLA FINE DEL SECOLO XIII.
Il trevigiano Niccolò Boccasino (1240-1304) che fu Papa meno di
nove mesi fra Bonifacio Vili e Clemente V (Ott. 1303 — Luglio 1304),
governò l'Ordine de' Predicatori prima di salire la cattedra di S. Pietro,
e fu il nono Generale dopo la fondazione. La sua elezione ebbe luogo
a Strasburgo il 12 Maggio 1296. Resse i Frati per due anni e mezzo.
Nel Capitolo Generale che lo nominò, e ch'egli poi presiedette , fu dif-
finitivamente ratificata la divisione della Provincia Romana in due cir-
coscrizioni, comprendenti l'una l'Italia centrale, l'altra l'Italia meridio-
nale colla Sicilia. Il numero delle provincio dell' Ordine si trovò così
portato a tredici (1).
IV.
DUE frati minori SICILIANI RICORDATI DA FRANCO SACCHETTI.
Noi 1365 andò a Firenze un certo Fra Niccolò di Sicilia, dell'Or-
dine Francescano. Questi, che da Franco Sacchetti ò appellato valen-
(1) Maktène, Thesaurus, t. IV, e. 1851—1852. La soluzione di quest'affare
preparato da Celestino V (Potthast, nnni. 23954 e 23959) e da Bonifacio Vili
{ibid. nuni. 24034 o 24158) avea formato oggetto di lunghi negoziati fra que-
sti due Papi e il Ro di Napoli, Carlo II. Fontana , Monumenta Dominicana,
p. 142.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 8
114 MISCELLANEA
tissimo maestro in Teologia, aveva avuto piati nell'Isola con un Inquisi-
tore; e la faccenda non dovea esser di poco momento, perciocché la si
dovea deferire dinanzi al Papa. Era quel tempo, come nota Sacchetti,
in " che i Fiorentini ebbero guerra co' Pastori della Chiesa. Senten-
• dosi per Firenze (continua il novellista) la profonda scienza di Mae-
" stro Niccola, fecionlo pregare dovesse predicare qualche dì ; ed egli
" predicò tre foste, l'una dello Spirito Santo , 1' altra della Trinità , la
" terza del Corpo di Cristo, tutte altissime materie e da non meno va-
" lente uomo che fusse egli. Essendo una di queste feste in pergamo il
" dì dopo desinare, ed essendovi moltissima gente, fra l'altre cose, giun-
• gendo in una parte , volendo dare ad intendere 1' essenza del nostro
* Jesu Cristo, dice : Come è fatta la faccia di Cristo ? E furioso si volge
" verso il Volto Santo, dicendo : non è fatta come la faccia del Volto
* Santo che è colà, che ben ci vengo a crepare se Cristo fu così fatto.
* E detto questo si ritornò a quello che aveva a dire. La predica (in-
" tendi l'udienza) comincia a ridere, e ridi e ridi tanto, che per buona
• pezza né il detto maestro potea dire, ne altri ascoltare. „ Così Franco
Sacchetti che si trovò a cotesta predica di Fra Niccolò. " Ed ecco
(scrive il mio dotto amico Can. D. Almerico Guerra) la prima lancia
spezzata contro il Volto Santo ! Un frate in questione coli' Inquisitore,
che predicando dopo desinare (supponiamo non il desinare del refet-
torio de' Frati, ma di qualche suo ammiratore Ferentino che volle far-
gli onore) gitta un motto indecente contro un veneratissimo Simulacro !
Ma Franco Sacchetti fa la coda al suo racconto, e dice che Fra Nic-
colò con un altro Fra Ruggieri, anch'esso di Cicilia e di certo compa-
gno di Fra Niccolò, vollero mostrare e mostravano a chi andavatio alle
loro camere che del nostro Signore aveano figure assai, senza cercare di
cose nuove ecc. Quasi che il nostro Simulacro fosse cosa nuova e non
anzi, secondo la tradizione, il più antico Simulacro del Crocifìsso che
si conosca. Ancora poi lo stesso Sacchetti ne dice : Acciocché questa
novella mostri il suo fondamento , è da sapere che questi ralenti Frati
minori, che sono siati e ancora che sono in Cicilia , giammai non sof-
fersero, dove abbiano possalo, che il Volto Santo ai dipinga in alcun
luogo loro, e sono stati nvdvoglic.nti di chi mai n'ha fatto dipingere al-
cuno. Se sia vero ciò che il novelliere racconta di cotesti Frati sici-
liani, poco preme il bapore. Quello che è certo si ò, che in più Chiese
appunto da' Frati minori noi ritrovammo onorato il Volto Santo di
Lucca, come in quelle di Vienna in Austria e di Valenza in Ispagna.
MISCELLANEA 115
Anzi, SO una cosa risulta corta dallo eleganti ciancio del Sacchetti, ò
questa : che molto onorato in tutta l'Italia dovett'essore il nostro Simu-
lacro nel secolo XIV, se così brigavano a fargli contro que' due po-
veri Frati siciliani. E che il culto del Volto Santo fosse infatti gran-
demente diifuso lo dimostrammo con migliori argomenti che non lo
chiacchiere del lurido novelliere. Non meritava certo la pena di tratte-
nerci così a parlare di quest'inezia, se un valentissimo critico, qual fu
Lodovico Muratoui, quando gli saltò il ticchio di pigliarsela contro il
Volto Santo, non si fosso appoggiato appunto all' autorità di Fra Nic-
colò e del Sacchetti, raccogliendo il motto indecente del primo , o ci-
tando la novella del secondo. , P^in qui il dotto lucchese Mons.
Guerra , al quale io fornii , parecchi anni or sono, le notizie sul
culto del Volto Santo in Palermo. V. Storia del Volto Santo di
Lucca, Lucca, 1881, a pag. 474. Il passo poi del Sacchetti è
nella Prima Parte delle sue Novelle, Novella 73, pag. 119 dell'edizione
fiorentina del 1725. Lo stesso scrittore toma a parlare del Volto Santo
in una sua Lettera a Giacomo di Conte da Perugia, e dice fra le altro
cose " del Nostro Signore che fu il più bello e proporzionato corpo che
mai fosse, e non ebbe gli occhi travolti ne spaventati; perchè io mi sia
assicurato a dir questo non è maraviglia, perocché al Maestro Niccola
e al Maestro Ruggieri, Frati Minori e gran teologhi ciciliani , già udì
dire a piena voce contro a chi questa figura tenea per le Chiese divino
ecc. ,
PER LA STORIA DKLL EBRAISMO .
Una lettera di Leone X al Governatore di Cesena (numero 8853 del-
l'opera Leonis X... Regesta, colleyit et edidit Ioseph *S'. 7?. E. Card. Her-
oenroether) dico, tra le altre cose, che, atteso le smodate usure e i dannosi
incrementi degli Ebrei in quella città, sien essi obbligati a portare, come
segno distintivo, il berretto giallo (hiretum). È questa un' altra notizia
da aggiungere a quello che accennai già al num. VII. ( serie II ) per
servire alla storia del giudaismo siciliano. Del resto, sull'abito estemo
dei medesimi Ebrei, molti sono i decreti de' Concili: fra gli altri,
di quel di Basilea (Sess. XIX). Ved. Mansi, Conc. toro. XXIX, p. 98
e segg.
116 MISCELLANEA
VI.
LETTERE INEDITE D ILLUSTRI SICILIANI.
Dall'amicizia del Cav. Giuseppe Salvo-Cozzo mi ho avuto lo seguenti
lettere inedite indirizzate al Mazzucchelli :
Ill.mo Sig. mio P.ne. CoU.mo
Per corrispondere al dover mio verso la riverita persona di V. S.
IH.""* ed adempiere noi passo stesso la mia promessa, mi trovo aver ri-
messo al signor D. Domenico Schiavo in Palermo una Cassetta conti-
nente le notate produzioni naturali Siciliane, od avendone dal detto Si-
gnor Schiavo avuto riscontro del già seguito ricapito nelle di lui mani,
ne avanzo a V. S. W\J°^^ la notizia, acciò le sia nota la mia attenzione,
e degnarmi del di lei gi*adimento nell'accottare le riferite naturali pro-
duzioni in contrasegno di quella vera attenzione che li protesto e com-
pensarmi col bramato onore dei suoi comandamenti per potermi maggior-
mente mostrare
Di V. S. Ill.m»
Catania il 9 del 1761.
Dev.mo Ohh. servid. vero
Il Principe di Biscari.
Hl.mo Sig. Conte MazzuchelU
Brescia.
Eccellenza
A voluto l'È. V. accrescere lo mio obbligazioni col farmi arrivare
per via del signor D. Domenico Schiavo lo tre opero parto del suo sa-
pere, cioè le vite degli uomini illustri fiorentini, la Vita di Pietro Are-
tino, e le notizie intorno ad Isotta da Kiraini più accresciute colle di
lei erudito annotazioni. Io siccome con sommo piacere le ho letto, cosi
mi couiusuo nel dovere del più vivo rendimento di grazie, come prattico
MlSCÈLLANBA ll7
colla presente colla quale pretendo procacciarmi l'onore di alcun suo ri-
verito comando, per poterli addimostrare colle opere quella vera stima
che pel di lei merito conservo.
Per strada del sudetto signor D. Domenico Schiavo mi presi la li-
bertà inviarli alcune produzioni naturali di questo Regno, bravierei sa-
pere se siano state confacenti al suo intento ; ed altresì riceverà per via
* del medesimo un piccolo scatoline con un carneo copiato sul medaglione
favoritomi, che lo riceverà in attestato del mio obbligato rispetto. A pro-
posito del di lei medaglione favoritomi debbo pregarla di una notizia, ed
è che essendomi capitato un altro medaglione dell'anzi detto più grande
col nome del Conte G. M.' Mazuchelli e scorgendolo di diversa fisonomìa
sembrandomi il retratto di quest'ultimo di età più avanzata da quello del
medaglione favoritomi, la prego avvisarmi so ancho questo sia suo o di
alcuno dei suoi. La prego non solo compatirmi di quanto li sono nojoso,
ma altresì a compartirmi l'onore di suoi comandamenti per mostrarli che
veramente sono quale mi soscrivo
Di V. E.
Catania 11 Xbre 1761.
Dev.mo Ohh.mo scrvid,
che la riverisce
Il Principe di Iìiscabi
Brescia.
S. E. Si(j. Conte Gio. J/." Mazzuchelli
Eccellenza
Mi dimostra V E. V. il suo gradimento per le naturali produzioni di
quest'Isola, locchò da altro divenire non puote che dalla generosità del
suo animo in accogliere con gentil maniera le picciolo cose, come spero
che sarà ancor per succedere in arrivarli una picciola raccolta di pietre
dure fatte seriamente lavorare per 1' E. V. e che di già il Signor D. Do-
menico Schiavo teneva pronte aspettando 1' opportunità della rimessa.
Col più vivo del mio spirito la ringrazio de libri fattimi capitare, e
principalmente ho ammirato le primizie dello spirito del signor Conte
Il8
MISCELLANEA
Filippo SUO tìglio che fauno sperare che sarà per rcnderbi eguale al Pa-
dre. Le protesto la mia più viva osservanza , e sollecitandomi 1' onore
dei suoi comandamenti, mi confermo
Di V. E.
Catania 4 giugno 1762.
Dev.mo Ohh.mo servid. «
che la riverisce
Il Principe di Biscari
Brescia.
S. E. Conte Mazzuchelli
Eccellenza,
Spero che siano arrivate felicemente in Eoma col P. Carlo di Go-
glione le produzioni naturali di codesto Paese, con quanto la generosità
dell' E. V. ha voluto che accresca il mio Museo non solo , ma ancora
le mie obbligazioni ; io altro non posso che ringraziarla con vivo spirito
di quanto ha voluto favorirmi per le produzioni sudetto, medaglie e
stampe rappresentanti la vita dell'E,™" Quirini, che stimatissime per me
più d'ogni altro saranno, avendo formato non picciola raccolta di simili
opere di autori celebri. Il detto Rev.'"° P.*'" Goglioni arrivato in Roma
potrà favorire far capitare la cassetta al P.*"" Proc.'*^ Gen.''^di Crociferi alla
Maddalena P. Gio. Batt. Scammacca, che avrà la cura di spedirla da
colà per questa con primo imbarco.
Nel carneo fattoli incidere altro non pretesi che prestarli il più vero
contrasegno di stima, procurando di stabilire la di lei memoria per quanto
ò permesso alle umane cose ; ma fui avvisato ultimamente dal Signor
D. Domenico Schiavo, che questi era perito in mare, ondo por riparare
tal perdita, ho fatto incidere il secondo, il quale però non è riuscito
come il primo nella somiglianza, tuttavia però vedendo li due suoi meda-
glioni diversi fra loro di fisonomia, od .ivondomi avvisato V. E. che no l'uno
no l'altro corrispondo all'originalo, fo conto che (^uosto mio entrerà per
torzo, ma (|aalutique sia non mancherà dì essere un vero contrascgiio del
mio rispetto ; o lo riceverà in unione dello studiolo di dijipsi ed agate di
questo paese, quale già avoa'disegnuto presentarli prima che arrivata fosse
MISCELLANEA 119
la di lei commissione, al ricapito di questa altro non ho operato che
assicurarmi che avrei con questo incontrato il suo genio e gradimento,
e perciò nel caso nostro non vagliono le leggi delle commissioni, non
potendosi questa riputarsi tale per l'anzidetta ragione.
Prego infine 1' E. V. a tenermi esercitato con i di lei riveriti co-
mandi, e presentare i miei ossequi al Signor Filippo suo figlio e pieno
di vera stima mi confermo
Di V. E.
Catania 26 agosto 1762.
Di V. E.
Dev.mo Obb.mo vero servid.
Il Pkincipe di Biscaki.
S. E. Suj. Conte Giani. Mazzuchelli.
Eccellenza,
Per via di Palermo ricevo i libri che la generosità doU'E. V. si è degnata
favorirmi, e sono li due tomi del Bonfadio, la vita del P. B. Barione Rancati,
ed opuscoli del Canonico Gagliardi. Vorrei essere più di quello che sono
a solo oggetto di poter ringraziarla doverosamente, ma lei, che per la
sua bontà si contenta di tutto, riceverà i miei ringraziamenti, e li consi-
dererà se non condegni, almeno provenienti da sincerissirao animo. Vorrei
si che r Eccellenza vostra mi addimostrasse 1' aggradimento di questo
atto, con farmi degno di suoi ulteriori comandi, per poterli mostrare quel-
l'ossequio, che mi fa essere perpetuamente
Di V. E.
Catania 2 agosto 1763.
Di V. E.
Dev.mo Obb.mo vero servid.
Il Principe di Biscari.
Brescia
S. E. Si<j. Conte Mazzuchelli
(Cod. Vat. lat. lOOOi' fog. 013-19)
120 MISCELLANEA
Eccellenaz,
Le virtù egregie che adornano la distinta persona dell'E. V. e che
a noi ella ha manifestate co i suoi dotti volumi dati alle stampe vivamente mi
spingono a venerarla e à riguardar con ossequio il di lei gran merito.
Tengo perciò ambizione di stringere seco lei servitù ed amicizia, per cui
la priego darmi l'onore di comandarmi in tutte le occasioni di suo servigio
e a gradire per questa volta la primiera mia attenzione che le protesto
con farle dono della mia debole opera della mia [Sicilia nobile e di un'al-
tra mia operetta intorno alle memorie storiche degli antichi Uffizii di
Sicilia, per la rimessa delle quali avrà la bontà l'È. V. designarmi qua
la Persona a cui le flette opere si debbano consegnare. Mentre riveren-
dola divotamente me le rassegno
Di V. E.
Palermo 16 marzo 1764.
Div. Obblig. servid. che la riverisce
Francesco Emanuele M.se di Villabianca.
S. E. Si(j. Conte Gian Maria MazzucchelU.
Brescia.
Eccellenza,
Ringraziandola infinitamente della gentilissima sua carta capitatami
con quest'ordinario e già por ossa tonutissimo seco lei confessandomi
lo confosso d'aver io posto in esercizio l'onoro che m'arrogai di presen-
tarlo tutti i corpi della debolissima mia Sicilia, quale ò fatto giugnere
a mani do! nostro P.ro Schiavo unitamente colla sua lettera che l'È. V.
difesso al dotto l'.ro Abbate. Il signor Uuron Forno capitò la sua;
ed ioattond«ndo i novelli onori di potere ammirare sempre con novelli
argomenti la bua virtù in quello suo degno opere che con tanta genero*
MISCELLANEA 121
sita mi promette farmi arrivare e gli altri de' suoi comandi, mi pregio
essere
Di V. E.
Pai." 18 maggio 64.
Div. Obb.mo serviti, vero
Francesco M. Emanuele
Brescia
S. E. Sig. Conte Mazzuchelli
(Cod. Vat. lat. 10006 fol. 55-56)
Ecc.tno Sig.re P.ne Col.mo
Il sistema tenuto da V. E. nell' Opera sua degli Elogj dei Scrittori
d'Italia ò stato universalmonto applaudito. Or siccome io vò pensando
che le sia già pervenuta a notizia l'opera della Sicilia Nobile mercè gli
Estratti del Valvassense e del Padre Zaccaria, cosi reputo che non le
sarà discaro aver un ragguaglio o sia un ristretto della Vita dell'Au-
tore por farne 1' Elogio nell' opera sua. A tal fine mi son mosso io a
stenderlo colla maggior brevità ; e quinci ho preso l'ardire di farlo qui
acchiuso capitare all' E. V. a cui, quantunque non habbia finora avuta
seco vicendevole corrispondenza e servitù, la offerisco d'ora innanzi, pre-
gandola nel tempo istesso a prenderne il possesso col comandarmi. Men-
tre con pieno rispetto ho l'onore di protestarmi eternamente
Di V. E.
Palermo, 16 marzo 1764.
Divotis.'^ Ohhlig.^^ serv.
Barone Agostino Forno.
(S. E. Sig. Conte And." Mazzucchelli
Brescia.
(Cod. Vat. lat. 10006, fol. 152)
N. B. — Qui è sbagliato il nome del Mozzuochelli.
122 mìsoellansa
VII.
I MIGLIARESI IN SICILIA.
MiQLiAKESE (iniltarensìs) è parola di moneta già in uso ai tempi del-
l'Imperatore Costantino, e si crede derivata dacché mille di quei pezzi
avessero il valore di una libbra d'oro. Il nome continuò sotto l'Impero
Romano e giunse al medio evo. Dal secolo XII in poi, troviamo i mi-
gliaresi specialmente al Garbo o Maghreb, cioè nell'Affrica Occidentale
e nella Spagna Musulmana; a Bugia, Tunisi, Murcia, Maiorca, all'isola
di Gerbe, a Costantinopoli dove nacquero, a Marsiglia , a Montpellier ,
Napoli, Pisa, Rimini, molto più a Genova in grazia del suo vivo com-
mercio coll'Affrica. In Sicilia pji, li abbiamo già nel 1104 e 1133; e,
segnatamente, a Messina nel 1257, dove si ripetono nel 1278.
vm
LETTERE IN VOLGARE SICILIANO.
Due importanti lettere in volgare siciliano (dico importanti per la
sostanza e per la lingua) furono scritte nel 1369 (8 e 17 Dicembre) a
frate Angelo Senisio, abate conosciutissimo del Monastero di S. Martino
delle Scale presso Palermo, da alcuni monaci di S. Nicolò 1' Arena in
Catania, che, per volere di Urbano V, si erano trasferiti, al pari di al-
tri monaci farfensi, a Monte Cassino. Le pubblicò, primo sugli originali,
il eh. p. ab. D. Luioi TosTr, attualmente Vice-Archivista di Santa Chiesa,
Storia della Badia di Monte Cassino, Napoli, 1843, voi. Ili, pp. 100-103,
nelle Note e Docnm. al VII libro (doc. M). Cfr. il medesimo voi. III. a
p. 58. Sfuggirono le detto lettere alla diligenza di Francesco zamijrini.
Recentemente poi le ha ristampato e. frati nel Propugnatore, Nuova
Serie, voi. I, fase. 4, pagg. 51-56.
IX.
PER LA FILOLOGIA SICILIANA.
Ne) libretto rarissimo, intitolato // Lauro, Scherzo giovenile del aig. Ber'
nardino Baldi da Urbino. Ifora Abbate di Guastalla, Accademico Affi'
Miscellanea 123
dato, l'Hileo (In Pavia, per li Bartoli, MDC) precisamente alla fine del
volume, leggesi una Dichiaratione cV alcune parole più diffìcili ne le
Rime Siciliane : e le parole spiegate sono settantotto. Segno questa no-
tizia^ perchè non venga dimenticata da' cultori di filologia siciliana.
X.
CODICI GKEOl DEL SS. SALVATORE DI MESSINA.
Nel fascicolo di Maggio 1888 de' Mélanges d' Archeologie et d' Hi-
stoire, che pubblica 1' École Fram^aise di Roma, da pag. 309 a pag. 322
leggesi un pregevole articolo del signor caklo diehl, intitolato Notice
sur deux mani(i<crits à miniutiircs de la Bibliothèqne de V Unicer»ité de
Messine, e mi par bene riassumerlo per comodo de' lettori del nostro
Archivio.
Tra i Monasteri Greci dell'Italia meridionale, quello del SS. Salva-
tore di Messina fu, nel medio- evo, fra i più ragguardevoli e famosi.
Fondato, fra il 1060 e il 1065, dal gran Conte Ruggiero, ricostruito e
riccamente dotato da Ruggiero primo Re, diventò il centro di una vera
congregazione monastica; anzi per real privilegio del 1130, l'Abbate del
Salvatore venne inalzato alla dignità Archimandritale ed investito di
larga giurisdizione su 44 Monasteri di Calabria e Sicilia. Fino al XVI
e al XVII secolo conservò l'Archimandrita le sue prerogative, benché
in persona dei noti Abbati Commendatari, grandi dignitari della Chiesa
ed anche grandi signori laici. Oggi, della celebre Badia nuli' altro ri-
mane che le nude fabbriche e alcuni avanzi della ricca biblioteca di un
tempo. LUCA, primo Archimandrita, succeduto nel 1131 all'Abbate bak-
tolomeo, spese'utilmohte i 45 anni del suo governo (1 131-1175). Difatti nella
Prefazione ad un Tipico del Monastero (1132) ci narra il detto Egu-
meno, che ha riunito nel cenobio un gran numero di monaci , e chia-
matovi, per istruirli, grammatici, teologi ed altri professori in arti;
sopratutto, che ha raccolto per uso loro una ricca biblioteca, ed in essa
le opere dei Padri, libri storici, letterari ecc. A giudicarne da quanto ne so-
pravanza, l'Antico e il Nuovo Testamento vi si veggono rappresentati
da più manoscritti; 20 volumi sono di 8. Basilio ; 20 del Crisostomo;
altri dei duo Gregorì, di S. Giovanni Damasceno, S. Teodoro Studita e
S. Giovanni Climaco. Non mancano le Omilie di S. Nicola e di 8. Gre-
gorio Agrigentino : poi vi sono Panegirici, Agiografie, Menologì, Octoi-
1 24 klSOBLLANEÀ
chon, Triodon, Eucologì; libri corali, un Tipicon , un Nomocanone im-
portante, le Liturgie di S. Giacomo, di S. Marco e di S. Basilio, due vo-
lumi di commentari sulla Rettorica di Ermogene, un ms. della cronaca
di Simeon Magister, un Galeno del X secolo ed una Visita Archiman-
dritale dei primi anni del XFV, che sarebbe degnissima di venir pubbli-
cata. In tutto sono 175 volumi, oggi della Biblioteca Universitaria di
Messina. Parecchi codici son palinsesti, e conservano; sotto la scrittura
del XII o XIII secolo, più vetusti frammenti. Uno è stato riscritto fino a
tre volte. Sotto la scrittura del XII appajono caratteri del IX, ed an-
che un'onciale del V o del VI, Opere di data più recente sono final-
mente scritte su diplomi greci del tempo di Federico II, Manfredi e
Carlo d'Angiò !
n fondo del SS. Salvatore, conosciuto dal montfaucon {Bihl. Bihlio-
thecar. I, 198 e segg.) dall' assemani, dal possevino, contiene due soli
mss. miniati, e sono quelli più specialmente dichiarati dal diehl.
L'uno è un Octoichon dell'XI secolo, che contiene otto miniature ;
fra le quali :
II Salvatore circondato d'una gloria, ed a ciascun lato due santi
monaci, cioè S. Giovanni Damasceno, S. Cosma, S. Romano il Melode
e S. Giuseppe Innografo.
La Madonna col Bambino nelle braccia; più, S. Giovanni Damasceno
fra un gruppo di monici.
Cristo di singolare bellezza , senza il nimbo crucigero , con lunga
barba, e grandi capelli neri; sotto, un monte semiaperto, con porte e
serrature spezzate, rappresentazione dell'inferno di cui Cristo ha trion-
fato; sopra, la croce greca piantata in segno di vittoria; a dritta, S. Gio-
vanni Damasceno col viso magro , ascetico, terminato da una lunga
barba grigia, molto espressivo ; in faccia a lui, gruppo di monaci ai
quali mostra colla destra il Cristo vincitore, colla manca l'inferno.
Discesa di Cristo all'inferno: soggetto conosciutissimo nell' iconogra-
fia bizantina, col nome di 'Avccaxaoic. Il Salvatore, ritto, premo ai piedi
lo porte dell'inferno. Colla sinistra leva il sìmbolo redentore; colla de-
etra rialza Adamo ed Eva inginocchiati. A dritta, David e Salomone
in costumo d'Imperatori Bizantini, e un terzo personaggio, eho il diehl
erodo 8. Giovan Battista. Poi, il Damasceno e S. Cosma cho uniscono
lo mani in sogno di adorazione. .Notisi, cho sullo porte di bronzo di
Trani; liavullo, Monreale, e ne' musaici di Torcello, il Cristo è altresì
raffigurato in piedi sopra un monto, sollevando con una mano i proto-
MISCELLANEA 125
parenti, coll'altra alzando il segno della salute; a dritta, due re bizantini
che rappresentano David e Salomone, accompagnati dal S. Precursore.
Stima il DiEHL, che le miniature del codice messinese sieno poverissime,
è vero, d'invenzione, però fatte sopra buoni modelli, e questi modelli ri-
prodotti bene. Del restO; non si cerchino proporzioni esatte, bensì na-
turalezza, grazia, espressione.
Il secondo dei due manoscritti è una raccolta di Vite dei Santi, riferi-
bile airXI secolo. In capo ad ogni biografìa figura l'immagine del Santo,
e se ne contano fino a venti; tra cui S. Teodoro t oxpaxTjXaT>ic, S. Gio-
vanni ó npeopóxepo?, i 42 Martiri , i 40 Martiri, S. Teodoro 6 trjpóvog in
costume militare, S. Basilio Amasiota , S. Maria Egiziaca , S, Zosimo ,
S. Arsenio ecc.
XI.
I REGISTRI DELLA CANCELLERIA SICILIANA.
I Registri della Cancelleria del Regno di Sicilia, com'è noto, sono li-
bri autentici , noi quali trascrivevansi dagli scribi lo lettere archetipo ,
che per le varie destinazioni andavano spedite. Godevano pertanto i dotti
Registri l' autorità medesima , che gli originali , ossia le spedizioni.
Ora nasce il dubbio : la registrazione degli atti faceasi sulle lettere
autentiche, ovvero sulle minute ? Pare a me che sulle lettere autetUiche.
Ho trovato infatti nell'Archivio Vaticano (vedi p. es. armadio C, fasci-
colo 38, n. G-8) lettere originali della Cancelleria nostra, nel sec. XIV,
colla piegatura solita, ed in ossa scritte le parole : Regestrata in Can'
celiarla .
xn.
PER LA STORIA GEOGRAFICA DELLA SICILIA.
In una Notizia delle provincie della Cristianità, evidentemente del
sec. IX incipiente, che leggesi in un vecchio Pontificale della Cattedrale
di Aosta (1), si enumerano in Italia quindici provincie; e la Sicilia vi
(1) V. Docìiments sur V Histoire EccUsiastique da moyen-àge publiés par
Mgr Joseph ArcusTE Due Évéque d'Aoste, Turin, 1885.
126 MISCELLANEA
figura dopo la Campania, la Tuscia coll'Umbria, l'Emilia, il Piceno, la
Liguria, Venezia coll'Istria, le Alpi Cozie, il Sannio, la Puglia colla Ca-
labria, il Bruzio colla Lucania, la Rezia Prima, la Rezia Seconda, e
prima della Sardegna e della Corsica.
Nò altrimenti nella Notizia pubblicata dal Prof. G. Waitz su d'un
manoscritto di Baraberga dell'XI secolo (vedi GroROio Pertz, in Archiv.
d. Gesellsch. fili' altere deutsche Geschicht.tom.TK, pag. 627) che presenta
la stessa nomenclatura.
N'olia Notitia Provinciarutn (ossia delle Provincie di Cristianità) data
dal Papa Adriano I all'Imperatore Carlo Magno , durante il viaggio di
quest'ultimo a Roma nel 774, Notitia edita da Schelstrate, distinguesì
la Puglia dalla Calabria ed omettesi la Liguria.
1\ Provinciale d'Albino, chierico romano del XII secolo, documento stam-
pato da Gaetano Cenni {Monumenta Dominaiionis Pontificiae) enumera
invece diciassette provincie, perchè vi aggiunge le Alpi Pennino e le
Alpi Graje.
XIII.
AGRIGENTO SOTTO I ROMANI,
Agrigento ebbe la cittadinanza romana, come sembra, insieme a tutte
le altre città della Sicilia , mediante una legge postuma del Dittatore
Cesare (Cic. ad Att. 14, 12, 1. Cf. Diod, Sic. 13, 35). Fu retta da Dito-
viri, noti per le monete (Ecbhel, Doctrina Nummoriim, I, p. 191 segg.
Cf. Coins in the lìritish Mim. Sicily, pag. 22). Delle due lapidi latine
che vi si riferiscono, in una (Corpus Inscr. Lat. X, 6316) è il popidns
AgriijentinuH che dedica qualcosa a M. Favonio M. f. legato ; in un'al-
tra (7192) si logge: Concordiae Ayrigentinonim sacnim, Res puhlica Li-
Igbitanorum, dedicantibus (seguono i nomi del Proconsolo e del Questore
della Sicilia). Le due greche {Corpus Inscr. Graec. 5491, 5492 add. p.
1248) accennano a decreti di Tipogtvta emanati dagli Agrigentini; e uno
di ossi (5491) probabihnente si riferisco al tempo, in cui legati dei Sì-
culi vennero in Roma, immediatamente prima dell'occupazione di Agri-
gento. V. MoMNSEN, Corpus Inscr. Lat. p. 737.
MISCELLANEA 127
XIV.
PER l'epistolario DEL P. VENTURA E DI MICHELE AMARI.
Per chi volesse un giorno occuparsi di compiere le Opere del famoso
Teatino colla raccolta delle sue Lettere, noto in queste pagine, che nei
Miei Ricordi di Marco Minghetti, voi. I, Roma, Roux e C. editori, 1888,
due no son pubblicate, dirette al medesimo Minghetti, in data dei 18 Di-
cembre 1847 e 9 Marzo 1848. Leggonsi apag. 315 e 396 del menzionato
volume.
Un'altra di Michele Amari, 31 Dicembre 1847, è pubblicata a pa-
gina 325.
XV.
CODICE GRECO COMPRATO A MESSINA NEL 1385.
Del passaggio di Papa Urbano VI per Messina nell'anno 1385 rimane
memoria in un codice groco della Laurenziana, 11, 9, contenente 0-
mille di S. Giovan Crisostomo. (V. Collezione Fiorentina di Vitelli e
Paoli, tav. XXXVII de' fac- simili greci). Il codice sarebbe stato scritto
nell'anno del mondo 6529, corrispondente all'anno di Cristo 1021, indizione
IV, ciclo lunare XII, ciclo solare V, dal monaco Luca, per conto del prete
Isidoro, Abbate del Monastero di S. Giovanni Apiro. Il monaco Luca
potrebb'easere il medesimo che copiò nel 1013 un Evangeliario ora con-
servato nella Biblioteca dell'Escuriale, se anche quegli era un monaco
basiliano dell'Italia meridionale.
La postilla, che c'interessa, leggesi nel margine superiore di carte 198, e
dice che il manoscritto fu compi'ato per tredici tari da frate Ambrogio di
Reggio di Calabria, nell' epoca in cui il Papa Urbano VI andò a Mes-
sina, nel mese di Agosto dell'anno 6893, corrispondente al 1385 di
Cristo.
128 MISCELLANEA
XVI.
CHIESA DI S. LUCIA PRESSO FOLIGNO — PER LA STORIA DEL CULTO DELLA SANTA.
La Chiesa di S. Lucia in quel di Foligno sorgeva presso il ponte
dello stesso nome, nella Parrocchia del Castel di Pale, in un poggetto
sulla sinistra del fiume Menotre vicino ad un villaggio di poche famiglie,
che si chiama tuttora Ponte di Santa Lucia. Venne eretta circa l'anno
970 per opera di un Conte Monaldo, ricco signore di Foligno, che pos-
sedea molte rocche e castelli del territorio. Poco appresso tale erezione
la Chiesa doveva avere qualche importanza, poiché la strada che con-
duce a Scopoli nell'anno 1083 è chiamata strada di S. Lucia, ed il
ponte che traversa il Menotre è detto nel 1087 ponte di S. Lucia. La
Chiesa dunque dava nome ad una strada, ad un ponte e ad un villaggio.
Nel Luglio del 1087, un nepote o pronepote di Monaldo , Monaldo
egli pure, donò un podere alla Chiesa ; la quale in breve divenne Par-
rocchia, fu retta da un Priore, fatta Collegiata, e per lo spazio di circa
tre secoli ebbe il suo Capìtolo composto di un Priore e di quattro Ca-
nonici. Però possedendosi dal Monastero di Sassovivo case e poderi nelle
pertinenze del ponte di S. Lucia, insorsero frequenti quistioni per ra-
gion di confini fra i Priori di S. Lucia e gli Abati di Sassovivo. Verso
la fine del secolo XIII, e, precisamente, nell'anno 1281, la Chiesa della
nostra Santa, stata già sotto la giurisdizione dell'Ordinario di Foligno,
venne dal Vescovo Fra Paparone Romano ceduta all'Abbadia di Sassovi-
vo: cessione che, nel 1301, trovasi approvata da Bonifacio Vili, e, nel
1421, da Martino V.
Soleasi tenere in quei secoli presso il ponte menzionato, sito com'era
in posto centrale, la Fiera di Santa Lucia, ricca di affari e frequentata
assai da tutti gli agricoltori, mercanti, artigiani del Comune di Foligno,
e dei vicini castelli del (^amerinose. La Piera fu celebrata la prima volta
nel 1429, per bando di Corrado Trinci signoro di Foligno, e solca du-
rare tre giorni. Gli accorrenti poteano libGrament(i vendere e com-
prare lor merci senza pagar dazio alcuno. Si continuò così fino ni
tempi nostri.
Nel 1486, la Chiesa dedicata alla santa martire siracusana, da par-
rocchiale che era e residenza anche di alcuni monaci, videsi privata di
tutti i dritti, ed unita alla Cura di Pale, il cui Parroco da quel tempo
MISCELLANEA 129
fu anche Rettore di S. Lucia. Siffatta innovazione sogna il principio della
decadenza. Su' primordi del presente secolo comineiò a minacciare ro-
vina, 0 venne infino demolita nel 1878. Se non che, in surrogato so no
iniziò, l'anno appresso, una nuova per opera del P. Nazareno Casali, Cap-
puccino di Foligno, Arciprete di Pale. — Venne però compiuta soltanto
nel 1885 a cura del benemerito e dotto amico mio, Can. Don Michele
Faloci Pulignani, allora economo spirituale di detta Parrocchia. Il mi-
glior ornamento deMa chiesuola ò la venerata immagine della santa ti-
tolare, colorita in tela dal signor Carlo Botti pitton, fulginate, e chiusa
in ricca cornice. Il prospetto ha una porta con una lunetta sovrastante,
od ivi una mozza figura della santa martire di Siracusa.
Ho cavato queste notizie dall' opuscolo. La Chiesa di Santa Ladri
del Ponte, presso il Castello di Pal<i, Cenno Istorico di D. Michele Fa-
loci PoLiGNANi, Foligno, 1885.
XVII.
I BAnniERI INTRODOTTI IN KOMA DALLA SICILIA.
Richiamo l'attenzione su questo passo, che incontro nel De L'è Rustica
di Vakuone, oche si riferisco ad un'antichissima iscrizione ardoatina con-
cernento la Sicilia. Dico il dottissimo fra i Romani : Tonsoves in Jlaliatn
priiniim ex Sicilia retiissc post Jìouiain conditain anno CCCCLlllI, ut
soiptum in 2>iddico Ardeae in litteris extat. (II, 11, 10). Dunque l'uso
di radersi la barba sarebbe stato introdotto dalla Sicilia in questa me-
tropoli nell'anno di Roma 454.
XVIII.
PEH LA STORIA DELLA FILOSOFIA IN SICILIA.
L'Ab. Domenico Gravina sostenne in un suo opuscolo Dell' Origine
dell'Anima Umana^ che quos.a venisse per traduce dai parenii contro
l'opinione generale, che la vuole creata da Dio volta per volta poi sin-
goli ed infusa nel corpo loro. Il libro fu denunziato alla Sacra Congre-
gazione dell'Indice; però il P. Trullet, Minore Conventuale, Consultore
dell'Indice stesso, credette difenderlo e così stornò la condanna. Il voto
del P. Trullet a favore del nostro Gravina porta la data del 2 Marzo
Arch. Star. Sic. N. S. Anno XV 9
130 MISCEIJ.ANEA
1875, ed è stato pubblicato , insieme coli' altro del medesimo a favore
del Rosmini (18 Marzo 1854) col seguente titolo : Parere intorno alle
dottrine e alle opere di Antonio Rosmini Serbali e sugli scritti del
P. Domenico Gravina Abate Cassinese, circa l'origine dell'anima umana,
del P. Angelo Tritllet, Minore Conventuale, Constdtore della S, Congre-
gazione dell'Indice, Modena, coi tipi di G. F. Vincenzi, 1882, .in 8°. Si
sa, che l'opinione del celebro Roveietano, specialmente espressa ucW'An-
tropologin, ò. più o meno, la stessa, cioè che l'anima umana si molli-
plichi per generazione : proposizione che è fra le quaranta oggi con-
dannate dal Sant'Uffizio. Gli editori dei Voti sopradetti (che erano se-
creti e vennero, non si sa come, divulgati) li fecero seguire da talune
Aggiunte sull'Origine delVanima umana, in'appendice ai medesimi, dalla
pag. 419 alla 486.
XIX.
S. LUCIA E DANTE,
È nota la divozione di Dante per la Vergine Madre di Dio e per
la nostra S. Lucia. Dell'una scrissi lungamente in altro mio lavoro (1).
Della seconda dirò due parole adesso. '
Or bene ! L'Aliohieui, nella Commedia, si appella fedele della Mar-
tire illustre di Siracusa, e la scaglie a simboleggiare la grazia divina
od illuminante.
Nel Canto II AeW Inferno Beatrice gli parla prima della Donna gen-
tile; poi continua :
" Questa chioso Lucia in suo dimando,
' K disse : or abbisogna il tuo fedele
" Di te, ed io a tt^ lo raccomando.
' Lucia, nimica di ciuscun crudele,
' Si mosso, 0 venne al loco, dov'io ora,
" Cho mi scdea con l'antica Rachele
* E disse etc. (2)
(1) La lientd Vergine nella Poesia Italiana, Napoli, 1887.
(2) Versi 97-102.
MISCELLANEA 101
Nel IX dol Purgatorio la Santa ò adombrata dall' aquila con ptiuno
d'oro, che il Poeta vede in sogno mentre sta per entrare in quel regno
d'espia/.ione. Svegliatosi, Virgilio così gli dico :
" Tu so' ornai al Purgatorio giunto :
" Vedi là il balza dio '1 chiudo dintorno :
* Vedi l'entrata là 've par disgiunto.
" Dianzi, nell'alba che procedo al giorno,
* Quando l'anima tua dentro dormia,
" Sopra li fiori onde laggiù è adonio,
" Venne una donna e disse : i' son Lucia :
* Lasciatemi pigliar costui clic dorme,
" Si l'agevolerò per la sua via.
* Sordel rimase, e l'altro gentil forme :
" Ella ti tolse, e come '1 dì fu chiaro,
" Sen venne suso, ed io per le sue orme.
' Qui ti posò; e pria mi dimostrare
* (Ili occhi suoi belli quell'entrata aperta;
" Poi olla e '1 sonno ad una se n'andare (1).
Quanta bellezza in questo tocco di magistrale pennello, in cui dicosi
che Lucia, senza parlare, accennò cogli occhi all'entrata, cioè alla porta
del Purgatorio !
Finalmonto nel XXXII del Paradiso, dimostrando San Bernardo al
Poeta i seggi do' Santi sì del Veccliio come del Nuovo Testamento, con-
tinua in tal guisa :
* E contro al maggior Padre di famiglia
* Siede Lucia, che mosso la tua Donna
" Quando chinavi a minar le ciglia. (2)
Noi Convito da ultimo ci fa sapere che , so egli avesse da imporre
nome a dua città, una intitolerebbe Maria, l'altra Lucia... luimaginiamo
adunque... sin una Citlà , e abbia nome Maria E tjui immaginiamo
(l) Versi 49-63.
(•2) Versi 13G-138.
132 MI'^rEM.ANRA
un'altra Città, che abbia nome Lucia sicché li cittadini di Maria ten-
dono le piante contro le piante di quei di Lucia „ etc. Si aggiungano
siffatte testimonianze tlaiilio.scho :i quello di ogni sorta, ch'io vo' racco -
glieodo sul culto dell'eroina celeberrima, che illustrò la Sicilia sugli inizi
del seool quarto.
XX.
MEMORIA DI S AGATA A FOLIGNO.
Sulla porta della Chiosa di S. Tommaso alli Cipischi in Foligno- vo-
desi un'epigrafe, che. ia una facciata del secolo XVIII, ricorda epoche
assai più antiche. È in caratteri gotici e versi leonini. Dice cosi :
Fost aniiùs mille, posUjuam nutns fiiit ille
Qui Hos 2^li<>!tnavit, qui verbo cuncta creavit,
Lapao crnleno, cnrrena tane noniiqup (jenus
Edem fundapit ipsam Doininoqiie sacrarli
Fulginei Presul Ansehnùs et hit Nuceriniis
Prudens et sapiens, pollens et in ordine primus;
Ut sìt onor patri Thoine, sit gloria mairi
Agate dìgne, sanele justeqne benigne.
Mtirtir, Kume precea, Thomas, et snscipe laudes,
Qiias referns Domino, cam quo perpetuo gaxidcs.
La quale iscrizione tradotta in italiano suona così :
" Correndo l'anno novantesimo dopo il mille e cento (1190) dacckò
nacque Colui che con una parola plasmò noi e creò tutte lo cose , An-
selmo Vescovo di Foligno e di Nocora , uomo prudente cs saggio , che
tenne il primo luogo fra i colleglli, fondò (piesto tempio e lo consacrò
al Signore in onore di San Tommaso e a gloria di sant' Agata , degna
santa e giusta. 0 martire Tommaso , accetta lo preghiere o lo lodi e
presentale al Signore col quale ti bei perpetuamente. ,
Adunque la Chiesa venne fondata nel 1190 da Anselmo Vescovo di
Foligno e di Nbcera, il (juale dodicolla a S. Tommaso Apostolo ed alla
nostra S. Agata. L'iscrizione fu già pubblicata 'rxeW Italia Sacra doH'U-
«iiiKi.i.i (Venezia, 1717, voi. I, col. (597), poi dal mio dotto amico fui-
ginate Don Miciillb Faloci ì'ulio.nani noW Archivio Storico per le Mar-
cile e per V Umbria (vedi del medesimo Iscrizioni Medioevali di Foligno ,
voi. I, Foligno, 1884, p. 27; e finalmente dal Phof. Ernesto Monaci^
che la considera bel documento per la storia della poesia e della rima
in Italia. Anch' io ho da lungo tempo intrapreso, come contributo alla
storia della rima nell' età ine/zanu , una laccoUa d' iscrizioni metriche
leonine che spero non tarderà a venir fuori.
Ho cavato le notizie per ora date da un articolo del medesimo be •
nemerito PALocr , pubblicato nella Gazzetta di FoUyiio del 22 Dicem-
bre 1888.
X.XI.
NOTIZIE SICULE DEL SECOLO XVIll.
Da un codice del nuovo fondo vaticano (numero 10193) che il mio
amico Cav. Giuseppe Salvo Cozzo sta catalogando; codice che s'intitola
Avvenimenti sotto il pontt'fìciito ili Pio VI ihill'Knno 1775 al 1800 rac-
colti (la Francesco FoKru.\ATi ; tolgo i seguenti brani comunicatimi dal
medesimo Salvo.
" A dì M luglio 178G. Mori il Cardinal Antonio Colonna Branciforto
del titolo di S. Maria in Via. Vescovo di Girgenti, nato in Palermo 28.
Gennaro 1711. creato Cardinale da Clemente XLll. Rezzonico li 2G. 17GG.
di Settembre e sepolto in quella Cattedrale , — car. 77.
" A dì -U luglio 1788. In casa del Cardinale Gio. Francesco Albani
ed alla sua presenza come a quella di alcuni testimoni e del >iotaro
medesimo fu aperta una lettela scritta li 31 luglio 178G. dal Cardinale
Antonio Colonna Branciforte prima dolla sua morte, diretta al suddetto
Cardinale Albani con la proibizione sotto sigillo di confessione che non si
fosse aperta che dopo compiti li due anni. La suddetta lettera avoa messo
in curiosità il Pontefice, li Cardinali e molte altre persone, e tutto il con-
tenuto della medesima consisteva che lassava scudi 20 mensualmente al
suo Segretario e scudi 20 al maestro di casa loro vita durante , ed il
resto della sua miserabile eredità lassò tutto all'Ospedale di S. Spirito;
ma per pagare il sud. mensuale assegnamento di scudi 40 , non vi
era altro che una misera vigna ben deserta , che il frutto di essa non
bastava neppure a pagare lo speso della lavorazione. Il suddetto Car-
dinale avea spregato moltissimo in tempo di sua vita, avendo dato di
mano perfino alli capitali della Prelatura , (car. 07).
ìài
MlrfCELLAJNEA
■ A dì 28 tlecembro 1789. Per ordine pontificio fu arrestato e con-
dotto in Castel S. Angelo Giiisoppo Balzamo Palermitano , facendosi
chiamare il Conte Cajostro, mandato in Roma per stabilire una Loggia
di Framasoni. Era il medesimo uno dei capi di quella setta, avendo
già presso di se qui in Roma molti seguaci che fuggirono nell'atto del
suo arresto Fra questi vi era ancora il Marchese Vivaldi. Gli furono
trovati al suddetto Cajostro molti danari , gioje ed argenti che il tutto
fu descritto e messo in luogo deposito a favore della moglie; gli furono
trovate ancora molte carte, libretti ed altri attrezzi che gli servivano
per quella falsa Religione , ed il tutto fu abbrugiato per le mani del
Boja sulla Piazza della Minerva li -1 maggio 1791. Il Tribunale del Go-
verno fabbricò il processo contro il Cajostro e li suoi seguaci e la Con-
gregazione dei Cardinali del 8. Oflizio condannò a morire abbrugiato il
Conto Cajostro con tutti li suoi scritti come si è parlato di sopra !
ma mediante la clemenza di Pio VI gli premutò la pena condannandolo
in perpetuo nella fortezza di S. Leo ove dopo qualche anno mori im-
penitente. Lo scoprimento di questo scellerato e capo di quella iniqua
setta, avvenne che Margarita sua moglie e nostra Romana, avendola il
detto Cajostro sposata iu altro tempo che era in Roma , che subito la
condusse in diverse parti del Mondo, la quale in tutto il tempo del suo
maritaggio era stata sempre racchiusa nella sua abitazione, non facen-
dola trattare con veruno a motivo che la medesima non volle mai u-
nirsc alle sue scellcragine; finalmente alia suddetta Margarita le se detto
la favorevole combinazione che dalla parte dei cortili, ove abitava, gli
venne fatto che da una feritora, potò discorrere con una vicina, racco-
manàandosi alla medesima che iu quel medesimo luogo vi avessero fatto
venire un confessore dovendogli ostornaro un affare premurosissimo , e
difatti pochi momenti dopo 'si presentò il richiesto Confessore nell'indi-
cato sito, al quale la medesima svelò tutto l'affare, dandoglie la facoltà
di palesare con segretezza il tutto a chi si doveva , acciò potesse una
volta liborarse da quella tirannia, e riprendere il corso della S. Religione
che gli era stalo proibito di fare. Di fatti il Confessore con sollecitu-
dine oprò il tutto ed in detto giorno eseguì la carcerazione del Conto
Cajostro, conduccndo la sua moglie per sua maggior sicurezza nel Mo-
nUtoro di H. Apollonia o poi in quello di S. Uufiiia di dove uon vuoilo
])iù sortirò , (car. 107).
Miscellanea l35
XXII.
CENSO DEL REGNO DI SICILIA ALLA CORTE ROMANA
Abbiamo due bolle di Niccolò IV (conservate in originali agli Archivi
del Vaticano, Arni. C, fase. XIII, i\'\ 2, e Ann. XIII, caps. XV, n* 14)
che sono relativa alla riscossione del censo dovuto alla Sede Apostolica
in Francia e nel Kegno di Sicilia. In generale, quelli che pagavano i
censi in Corte di Roma formavano un'eccezione. I l'api erano obbligati a
deputare appositi percettori. Cf. la bolla degli 11 Settembre 1212 (roT-
THAST, n" 4591).
XXIIl.
LA VISITA ad Umina te' vescovi siciliani nel sec. xiii.
L'uso, in generale, dtdla visita '/'/ limina ajjoslolonon è antichissimo
pe' Vescovi, e diventò ben presto regola goiieiale.(Cf. Thomassin, Aucieuve
et Nouvelle Discipline de V É(f1ÌM\ tom. II. col. 1515). Lasciando per ora
i secoli antichi, avverto che fin dalla prima metà del XIII si notano di-
ligentemente, noi così dotti irovinciuìi, gli obblighi a cui son tenuti,
su di ciò, i Vescovi de' vari paesi. Il ms 4998 della Biblioteca Nazionale
di Parigi contiene, al fol. 65, un Frotùnciaìe dc\ 1230, in cui si legge: Isti
dehent visitare eccìesiaìii liomanam singulis hienniis : T/teutonic.i, llnugari,
Gallici, Provinciulcs, siculi. Anglici, Ilijspaxi. Dunque l'obbligo pe' Ve-
scovi Siciliani era otjni duo anni.
XXIV.
* S. MARIA DELLA CATTOLICA.
Il privilegio, che davasi alle più importanti fra lo CìiìesG non Catte-
drali, di possedere, cioè, un battistero, valeva loro, fra i Greci, il nome
di Kiitholiki. Da qui la denominazione della nostra S. Maria della Cat-
tolica.
136 MISCELLANEA
XXV.
S. METODIO SIRACUSANO.
S. METODIO siRACUSAXO tenne il Patriarcato di Costantinopoli dall'an-
no 842 al 14 Giugno 840. Il Fabricio gli attribuisce una compilazione
storica in greco, che pare al Ferrai quella medesima che in traduzione
conobbe ed usò, nell'XI secolo, mariano scoto (1). Il titolo dell'opera,
che all'età del fabricio conservavasi manoscritta dall' hottinger , è il
seguente : Toò àyioD MsGoSiou HaTpiapxo'J J^spl xòiv o'jox'jtstog xóonou aujji^àvxcov
xal T(òv r.sXXóvxtóv ouii^aivc-v ùj xb igr^g (Cf. io. alb. fabric. BibUoth.Grae-
ca, V, p. 260, che cita 1' hottinger, Biblìothecariinn Qxadripartituw,
pp. 98, 99, ed afferma il Chroiìiron Methodri, citato da mariano scoto,
esser opera del Patriarca Costantinopolitano).
Tutti gli scritti di questo s. mrtodio , confessore e perciò diverso
dal martire che pati sotto Diocleziano (Cf. Ada Sanctor. Boll. 18 Sett.
§. II, Antuerpiae, 1755) si diffusero in Occidente in traduzioni latine:
per es. quella sulla passione di S. Dionigi {De Passione S. Dionysii
a METHouio coKSTANTiNOPOLiTANo (ji'aece dictata, et ah Anastasio latine
scripta. Vedi pure De JJiomjsio Areopagit» Petri Francisci Ciiifleth
Dissertano, Parisiis, 1676, in 8°, Un'altra traduzione, più recente, tro-
vasi nel volume intitolato Opera S. Dionysii cura Petri Lansleii, Parisiis,
1615, in fol.). Di poco posteriore al nostro S. metodio è il traduttore più
antico, cioè quell'Anastasio Bibliotecario che avrebbe anche volto in la-
tino le cronografie di Nicoforo, di Giorgio Sincello, di Teofane ed altre
opere di letteratura ecclesiastica bizantina. L'Urlioiis infine ci ha fatto
sapere, che non pochi scritti di un Metodio (e pare sia il nostro) con-
scrvansi nel ma. della Vaticana lieg. n. 219 (vedi Codex Urbis Romae
Topographkus, Wircenburgi, 1871, p. 113).
(I) V. IJiinu d' AÌeamndria e i Cronisti Milanesi drt atc. XIV, in ÙuUeit,
dell' Iitituto Htorico Italiano, nuin. 7, pogg. 1 17-120.
ktSCELLANliA IS?
XXVI.
QUADRO DI FRANCESCO MARINO A ROMA.
Nella Basilica dei SS. XII Apostoli in Koma, nella prima Cappella
del lato sinistro, dedicata alla B, Vergine della Pietà, di gius patronato
della nobilissima Casa Muti-Bapazzurri , il quadro dell' altare è opera
di Francesco Marino pittore siciliano, e rappresenta la Deposizione
dalla Croce. Viene reputato per lavoro di pregio.
XXVII.
RISCONTRO Dt UNA CANTILENA FANCIULLLSCA.
Un riscontro colla nota cantilena siciliana del Re hefè (riscontro che
non sarà certo sfuggito al nostro dotto e infaticabile Doti. Pitrì:) trovo,
quanto alla forma metrica, in quest' altra cantilena fanciullesca di Fi-
renze :
Vecchia bifecchia
biribissi in vecchia o filumecchia
mi faresti una torta bitorta "?
biribissi in torta e filmnorta ec:.
ed in questialtra:
Una volta c'ora una donetta
ninetta buffetta precetta o cornetta,
che aveva unti gallina
piccina buff'ina precetta o comina ecc.
(V. A. Straccali e S. Feuraui, Ninne-nanne, Cantilene e Giuochi Fan-
ciullenchi uditi in Firenze. Firenze, Carnesecchi, 188G, pp. 13-4).
Ì38 MiscellaS^èà
XXVIII.
OPERE CHE CONCERNONO LA SICILIA.
Fischer, Beitraege zar physisclien Geographie der MiUelmecrlamler
hesonders Sicilien. Lipsia, Ivos, 1877.
Il Dott. FiscHEU era libero docente, quando scrisse queste sue os-
servazioni sul mare di Sicilia. Adesso (1888) è professore di Geografia
nell'Università di Marburg.
WiNKELMANN, SiciUsche und Paepstliche Kamlei ordnungev des 13 la/ir-
hunderls. Innsbruck, 1880. Mit cinem Facsimile.
AuGUSTUs MuELLER, l)e Scriiìtonbii'i rerum a M. Claudio Marcello in
Sicilia gestarum. Halis Saxonum, 188J. E un diligente studio sulle fonti
della seconda guerra punica in Sicilia.
De Stesìchori et Ibi/ri. DUihcto et copia vrìjondn. Dissertatio quain...
publice defendet auctor Robertls Hoiste.x Ponieranm. Gryphiswaldiae
(Altenburgi, typ. officinae aulicao Piererianae) 1881, 8". p" pp. 78
Faloci Pulkìnasi, La Chiesi di Santa Lucia del Ponte presso il Ca'
stello di Pale. Foligno, Sgariglia, 1885, in 4". di pagg. 16.
Lo s tosso. Triduo di preghiere in preparazione dtlla festa di S Lucia.
Foligno, Tomasini, 1886, in 16', di pag. 16.
Carlo Meukkl, Manfredi I e Manfredi II Lancia. Contributo alla
storti politica e letto-aria itulinna tteW epoca Socva. Torino, 1886.
Pasolini P. D. I Realidi Saooja in Sicilia. 1713. Imola, Galeati, 1888.
XXIX.
FONTI TER LA STORIA DELLA CASA VENTIMIQLIA.
Ludovico de Vauzelles, Vie de Jacques Comte de Vintiniille, Orléans,
Ilorluison, 1805; Marc de VìntiniiUe ou les Cheoaliers de lìhodij, Orléans,
•Jacob, 1800; Discours de Vh'Uor et généalogi" des Comtes de VintinììUe,
Lyon, Impr, Ayme — Vingtlriniòro.
Francesco Z.\iìzeka, De Funiil. illastr. itul. iìful. de Comitibus Vin-
timilii.
QiorrREDO, Storia delie Alpi Marittime.
Miscellanea 139
Robert Dominique, llistoirc genmlogique de la Maison de Vintimille,
Villefranche, 1681.
Conte E. Cai.s di Pieklas, / Conti di Vmtiiniglia, Torino, 1884.
Lanteri, Indice Cronologico manoscritto di documenti riguardanti i
Conti di VentiinigUa.
Rossi Gikolamo, Storia della Città di Vektimigi.ia, Oneglia, Ghilini,
1888, tutto il Capitolo Quarto , più, <la pag. 85 a pag. 87.
Vincenzo Palizzolo Gravina, La Nobiltà Siciliana, Palermo, Tambu-
rello, 1876, pag. 10.
Vedi anche Notizie della Famiglia Ventimiglia, passata da ì'alermo
nella città di Benevento, di Domenico Schiavo palermitano, inserita ne-
gli Opuscoli di Autori Siciliani, tom. I, pag, 245, anno 1758.
Sulle monete di Giovanni Reiiuescnz, Conte di Ventimiglia, Marchese
di Geraci , privilegiato dall'Imperatore Carlo VI (7 Settembre 1723) del
diritto di aprire zecca, in cui vennero coniate monete d'oro e d'argento,
vedi Vincenzo Phomis, Tavole Sinottiche delle Monete Italiane, Torino,
1869, pag. 247, e Cokdeko m S. Quintino, Dhtcorsi sopra argomenti
spettanti a monete coniate in Italia, Torino, 1846.
H Conte Enrico II Ventimiglia, venuto coi fratelli Ottone, Umberto
e Manfredo a militare sotto lo insegne di Re Manfredi, è lo stipite d«l-
l'omonima casa, che si stabili in Sicilia, ma che e oriunda dalla Liguria.
Tra noi salì in grado poco meno che sovrano.
XXX.
FILIPPO li e l'abate MAUBOLICO.
Filippo II, Re di Spagna, bramando di arricchire la Libreria dell'E-
scuriale, da lui fondata, di rari ed eleganti codici, mandò per. ogni parte
persone che ad ogni prezzo ne facessero acquisto. Il nostro Ab MAyuoLico
fu scelto a tale ufficio, ed all'uopo venne pure a Bologna, ove persuase
i Canonici Regolari del Monastero di 8. Salvatore di cedergli alcuni li
bri che il Re bramava per la sua biblioteca. Di che qualità essi fossero
non ò rimasta notizia certa. Il P. Tiìombelli crede, che fossero venduti
principalmente codici con miniature ed ornati in oro, non però de' più
antichi.
MoNs. IsiuoKo Carini
(continua)
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UNA LETTERA DI LODOVICO ANTONIO MURATORI
All'Esimio Cavaliere Dottor Giuseppe Pitrè
Amabilissimo Sig. Cavaliere,
Nobile (livisamento ò stato quello del Sig. Alessandro Spinèlli bi-
bliotecario del Ministero di pubblica Istruzione , il voler imprendere la
raccolta delle lettere edite ed inedite del Muratori , onde potersi avere
conio monumento di letteratura storica, il Mo(jriin)i Kpistohìrixm di (luel
celebre Prevosto Modenese
Essondo un.o dei socii di cotesto onorevole Sodalizio ed amico del-
l' illustre or defunto Michele Amari di cui conservo parecchie lettere ,
io, appena venni a conoscenza di tale raccolta, era disposto di manda-
re direttamente allo Spinelli copia di una bellissima lettera del Mura-
tori, tanto per l'importanza dell" argom jnto, quanto per la persona cui
vunne scritta. Ma ho pensato meglio di trasmetterla alla S. V. come
mio amabilissimo amico, quale argomento della min alta stima che sem-
pre ho avuto il bene di professarle.
Mi permetta ch'io le dichiari, pria che scenda a descriverle questa
preziosa Ricoperta da me fatta l'anno 1888, che, sono stato sempre sol-
lecito di raccogliere opuscoli e manoscritti antichi di aigomento sici-
liano. E in questo Archivio Municipale ebbi la ventura di rinvenire la Cro-
nica siciliana: Lii Iie1n>Unmenln di Sicliilia a mie spose pubblicata ; e
dalla Hibliotcca Benedettina estrassi 1' inficia c(ij)ia delle Cosliiuzioiii
siciUatìP pure a mio speso già di ragion pulddica ; e nello Ijiblintecho
Universitaria e Ventimiliana non pochi preziosi cimelii paleografici ebbi
la ventura di trovare inoditi , che io infierii in alcuni opuscoli da me
stampati, cioè : Cafani.i e Dniitc Aliijhicri, la lìiogiafto (ìcll'Ah. Antico
ed ultimamente V IClogio Sforilo ili Mnns. Ven'liìitijlia. Epperò fui anche
«oUocito di ricercare altrove autografi e scritturo «li autori antichi in
attinenza con i biciliani scrittori dei passati secoli.
Ma ohimè I quante preziosità letterario vanno a penlerbi ogni dì,
MlSCr.LT.ANEA 141
ròse dalla tignuola o a marcire iiolla polvere, por un aVtbancìono qui qua-
si generale delle storiche discipline patrie! Io poi mi dichiaio quale uno
di quegli uomini sventurati a cui il nobile volere vion contraddetto dal
crudele non potere; o quel poco che ho fatto, o potrei faro , è figlio di
una indomabile volontà. H. rza altro lo dico, che anche in qualche casa
patrizia ho linvenuto preziosi documenti storici ; e questa lettera del
Muratori trovasi in un volume, come dirò meglio, trascritta dall' origi-
njile dal Can. Francesco Zappala , oggi posseduto detto volume nella
sua libreria dall'ottimo cittadino catanese, il nobile Cav. Giuseppe Zap-
pala Finocchiaro. Questa lettera, che non venne mai pubblicata, riguarda
un argomento molto importante noi passato secolo, e calorosamente di-
scusso in contrario senso da alcuni dotti palermitani e catanesi ; cioè
se 8. Agata Volgine e MartUe ebbe i natali in l'alermo o puro in
Catania.
Ella ben sa che tale quistione ebbe cominciamento nel IGOl; veden-
dosi per più di un secolo accapigliarsi uomini serii ed eruditi, con quel
Metafraste alle mani, tirandolo di qua e di là per proprio conto; mentre
era cosa più utile e decorosa non pubblicarlo e rimetterlo no* vecchi
scaffali de' codici greci di greca fede! Ma questa quislione tra Palermo
e Catania fu riprodotta da Giacinto Paterno Bonajuto, il quale nel 1747
pubblicò in Catania nella stamperia di G. Pulejo in f. L' anleiiza e te-
nacità ddV impegno di Palermo nel fontendere a Catanin la gloria di
aver dato alla luce la regina delle vergini e martiri siciliane S. Agata,
dimostrante dell'in tutto vane, ed insussistenti in vigor degli stessi prin-
cipii e dottrine de' Palermitani scrittori. A costui rispose il Torreraozza
con osservazioni critiche ecc. E poi 1' Ab. Amico volse la quistione in
una ricorca geografica; e nel 1760 il sudetto Bonajuto con altra opera,
in f., ritornò sul medesimo argomento in difesa di Catania, a cui si mosse
contro Francesco Serio nel 1761 con altro volume in foglio.
Miseri tempi ! Le gare municipali fra le città primarie della Sicilia,
fomentate da passati governi or più non esistono, nò esse avran:.<i più
ragione di esistere. I Palermitani od i Catanesi cattolici di menti' e di
cuore , amano le proprie glorie religioso senza disputarsele né ru-
barsele !
E però questa lettera del Muratori è la prima, ch'egli avesse man-
dato in ringraziamento al Bonajuto , da Modena nel 31 luglio 1748,
dopo aver ricevuto in dono e di aver letto l'opera di costui, pubblicata
nell'anno precedouLe.
l42 MISCELLANEA
Non mi ò noto so «ontinnato ave^setx» la corrispondenza su ài
tale argomento. Ma dal conteste 3Ì vede chiaro che il Muratori non
aveva ancor letto l'opera dell' Ab. Amico cioè la Catana Illustrala,
ignorando pure il nome di lui. Or nella quarta parto dell'opera di que-
sto dottissimo scrutatore delle patrio glorie si parla della patria di S. Aga-
ta; quindi il Bonajuto ebl)o nell'aLb. Amico tuo strenuo compagno non
mono erudito e dialettico di lui; e la quibtione doveva finirò sotto ìlou-
signore Salvatore Vcntimiglia se fosse coi Sinuato nel Vescovato di Ca-
tania pria di ritirarsi nella sua patria Palermo. Ho voluto ricordar que-
ste coso notissime por l'inteliigonza di quanto accenna il Muratori nella
lettera da me rinvenuta ed ora offerta alla S. V. per parteciparla , se
vorrà, t^V Archivio Storico Siciliano.
Non è autografa, ma scritta dal dottissimo e troppo modesto Cano-
nico l'rancesco Zappala , autore di varie opere di archeologia restato
manoscritte presso i di lui successori Cav. Raffaele o Cav. Giuseppe
Zappala Finocchiaro.
Fatto diligente raffronto dell'ortografia, tale ietterà fu esemplata nel
medesimo anno che venne spedita dal Muratori al Bonajuto. In essa
si ammira la gentilezza e la prudenza del Muratori , il quale non
volle entrar giudice tra i palermitani ed i catanesi in quella quistione.
ammirando egli in generale gl'ingegni siciliani, che partecipano del fuoco
dell'Etna nelle polemiche, ma sposando , dice egli, con la verità le fa-
vole , senza spogliarsi di alcuni pregiudizio Una bella verità poi disse
il Muratori, degna di venir ricordata a' detrattori della Sicilia: " Essa
r feconda miniera di antichità, e questa non si può credere esausta. »
Il Bonajuto, forse spinto dal consiglio del Muratori, scelse un altro
argomento per esercitare il suo versatile ingegno nelle ricerche storiche
ed archeologiche. Pubblicò infatti nel 1790 in f, non bonza lodo Una
trascorsiva dissertazione intorno il Ginnasio ed Anfiteatro di Catania,
Egli ora principe dell'Accademia de' Gioviali, molto versato nell'eloquenza
0 uoUa poesia; nato in Catania nel 1704 vi morì nel 1783, (Del Ho-
Iiajuto fa cenno l'Ab, Scinà ne! Prospetto ecc.)
Por conchiudero: questa lettera trascritta dall'originalo, ch'io ignoro
dove andò perduto, per mano del Can. F. Zappala, si trova nella carta
di rìsguardo dell'esemplare dell'opera del Bonajuto, oggi posboduta dal
Cav. Giuseppe Zappala Finocchiaro, mio vonoratissimo amico.
Il medesimo Can. Zappala scrìsse o fece trascrivere in parto nelle
•Uro carte lasciate bianche del medesimo volume: 1. Una relazione v«-
MTRCKI.T.AXEA
143
nula in quest'anno 114'J di Firenze (ìulli leiierati ù'Ifalid, in cui donano
maggio di tutti i Hhri in detto anno usciti alla luce, ed in jtarticolare
del presente libro e cosi scrivono. (Catania pag. 606 ecc.). Sicgiie il
giudizio dell'oper.1 sudetta, ch'io mi dispenso trascriverò — 2. Una let-
tera mandata da Roma il 27 novembre 1748 da fra Michele di S. Giu-
seppC; Generalo de' Trinitarj Secchi al detto Bonajato, di ri' gra/.iamento
per ave e ricevuto un ese-nplaro doll'opora; dove si rilevano apprezza-
menti fatti alla stessa da parto del Vontefice benedetto XIV. — 3. Let-
tera di questo Pontefice all'autore Bonajuto da Koma nel luglio 1748,
nella quale si trova cennato che il Papa aveva ricevuto la Dissertazione
sopra S. Agata con lettera del 2'J marzo 1748, e che leggerà « Subito
che fra le apostoliche cure, che per ogni lato ci circondano, potrttno rin-
venire un poco di tempo libero — 4. Una lettera di Giovanni Lami da
Firenze 9 settembre 1749 diretta a Michele Bonajuto fratello del sudetto
Giacinto, ringraziandolo dell'esemplare ricevuto e congratulandobi per
l'erudizione e delle buone raggioni (sic) contro i signori Palermitani che
affidati sull'infelice autorità del Metapìtraste pretendono S. Agata essere
stata lor Concittadina » e così poi si profonde in ringraziamenti per aver
ricevuto la putente di Accademico Etneo, " onore a cui non acrei mai
di aspirare, ecc. , Dopo viene la lettera del Muratori, ch'io lo trascrivo
come essa trovasi, con qualche nesso, sciolto, secondo l'ortografìa di
allora; facendosi un confronto esatto con la consueta forma di scrivere
del Muratori, si potrà conoscere se il Can. Zappala fu fedele o pur no
nel trascriverla.
Catania, Febb. 1890.
Can. Pasquale Castorina.
Ecco la lettera :
Ill.mo Sig. Sig. P.ne Coll.mo
Singolare è stata la Bontà di V. S. I. in volermi favorire doll.i sua
forte Apologia della Patria di S. Agata ; è tanto Maggiori cono.-co le
obligazioni mio a che niun merito anco presso di Lei. Però vengono i
miei più devoti e i più affettuòsi ringraziamenti a tanta gentilezza; e
Maggiorm.te poi le mie congratulazioni per questa sua uobil fatica.
Tanta bontà hanno per me i Sig.i Palermitani ch'io la priego di di-
spensarmi dall'entrar Giudice tra V, S. 111. e loro. Ma dirò ben franca-
1 44 MISCELLANEA
mente che dopo aver lotta l'opera sua ho coiichiuso che s'ella non è di
professione certameate ha tutto il Talento e i requisiti per essere un
Insigne Avvocato. Molta ò l'erudizione sua, grande la forza del suo Ar-
gomento è leggiadra ò spiritosa la «uà eloquenza ò stile. Tutti questi
pregi radunati nella sua Apologia, ò la finezza della sua Critica mi han
fatto pienamente ravvisare, il di lei impegno è sapere singolare. E però
rallegrandomi con lei intendo di rallegrarmi ancora con codesta assem-
blea, è colla sua Patria stessa per aver un soggetto di tutto merito. Io
non ho veduta la Catania Illustrata, ò ne pure ne so l'Autore. Ma parmi
ben di conoscere, che se a lei fosse stata appoggiata quell'impresa; pro-
babilmeutc avrebbe ella saputo Magiormente illustrarla; giache in Lei
si trova sì buon fondo di erudizione, tanto amore del Vero ò abilità per
separarla dalle favole, è vane opinioni. Sarebbe perciò da desiderare che
non si fermasse qui la carriera di V. S. 111. è che scegliendo qualche
più vasto Argomento, quivi ella continuasse ad impiegare la felice sua
penna. La Sicilia è una feconda Miniera di Antichità ò questa non si
può credere esausta. Laonde potrebbe venir à lei fatto di trovar Iella
Materia da trattare per accrescere il Capitale dalla sua glaria.
Gran Concetto ho io delli Ingegni Siciliani. Quel Vostro Moucibello
va del fuoco, e la sua parte ne ha toccata à lei. Ma quel che più stimo
accompagnata del buon gusto. Perchè di questo Molti ;Sono mancanti in
cotcstc parti, però mai non sanno deporre j preggiudizij , ò senza di-
stinzione spo.sano tanto le favole, che lo verità; ora giacche ella mi ha
fatto degno del suo amore, la priego di continuarmelo, o di comandarmi
con sicurezza, che in me non verrà meno il desiderio di ubidirla ; e di
comprovarle co' fatti la Vera stima, ed ossequio con cui mi protesto
Di V. S. IH.
Modena 31 luglio 1748.
tu. Siff. D. Giacinto M' PalPruò Bonajnto
Cataniii,
Dio.mo Ohlig." Scvp.
Lon. Antonio Muratori.
N.B. L'AHBomblea di cui fa conno il Muratori ora quella do' Paston
Etnei
Il nomo arcadico del Bonajuto era tii Atjateo Ninfanio, Pastore Etneo
• Custode.
CAVERNE PREISTORICHE.
In Randacina, territorio di Lentini , nel luogo detto Vallone di li-
dèca, proprietà delia casa Emanuel di Catania, è stata, buon tempo ad-
dietro, scoperta per caso una caverna preistorica. Essa ha la sua bocca
nella parete di un piccolo avvallamento, a circa 26 metri dal ndo dolfo
medesimo, ed è volta a mezzodì. S'interna direttamente per 10 o 12 me-
tri, allargandosi molto a destra, ove il punto più lontano dalla apertura
ne discosta forse 16 o 18 metri. Le pareti son coperte a questo punto
di uno strato stalagmitico considerevole. Il suolo è ingombro di massi
e macerie, le quali dimostrano che la grotta crollò; ed in parecchi punti
essa minaccia rovina di nuovo. L'altezza presento della grotta varia da'
m. 1, 20 a m. 2, 50 circa.
Questa grotta è stata molto visitata da' contadini del luogo e dei
dintorni, i quali vi sono attirati dalla speranza di trovarvi de' tesori
che vi credono nascosti. Secondo lo notizie che ho potuto avere, non vi
sono state trovate delle ossa che di animali, nella parte anteriore della
grotta. Gli oggetti sinora rinvenuti consistono unicamente in lavori di
ceramica. Pare che so ne siano trovati in gran numero; ma sono andati
tutti dispersi. Si diceva sul luogo che una parte di essi fosse stata ven-
duta ad un ex-deputato di Lentini; ho potuto accertarmi che ciò non è
vero. Essi erano situati nella parte più interna della grotta, in prossi-
mità alla parete stalagmitica : forse la famiglia che vi abitava, presentì
la rovina, e si poso in salvo abbandonando la sua povera suppellettile.
Da' frammenti che ho potuto raccogliere, si rileva che il materiale ce-
ramico contenuto in quella grotta non dovea essere effetti varaen te senza
importanza. Alcuni vasi che, dallo spessore e dalla forma de' frammenti, è
lecito credere tra i più grandi, dovoano di essere un lavoro semplice e rozzo.
Il materiale adoperato ò un'argilla bianca; alcuni frammenti son coperti
di un rivestimento stalagmitico di alcuni millimetri. Per la fabbricazione
Arch, Stor. Sic, N. S. Anno XV. 10
146 MISCELLANEA.
di alcuni di questi vasi è adoperata un'argilla nera di origine vulcanica
che si rinviene anche nelle vicinanze. Altri vasi, meno grossolani, erano
fabbricati con argilla bianca o rossa; essi portano disegni geometrici in
nero tendente più o meno al cohr di ferra. Solo un frammento mostra,
su argilla bianca, un principio ornamentalo in rosso : una parte del vaso
era però tinta interamente in rosso , sia che questa ne fosse la parte
più visibile , sia che il disegnatore non fosse rimasto contento del suo
disegno in rosso , e avesse perciò deciso di tingerlo per intero , riser-
vandosi poi di farne la parte ornamentale in nero. In questo caso,
bisogna ammettere la contemporaneità delle due forme : fondo bianco
dell'argilla con disegni rossi : fondo rosso con disegni neri. Molti fram-
menti presentano effettivamente fondo rosso con disegui geometrici in
nero. Solo in un frammento di piccolo vaso sembra che si sia cercato
di tingere in nero il fondo, lasciando gli ornamenti in rosso. Alcuni fram-
menti che doveano appartenere a vasi o piccoli o con bocca molto lar-
ga, son disegnati dalle due parti.
Non discosto da questa caverna ne esiste un'altra, la cui apertura,
volta a levante, è quasi sul ciglio di una ripida costiera. L'apertura è
molto angusta, e bisogna entrarvi strisciando: ed anche dentro, essendo
la grotta molto bassa, è necessario star carponi. Si addentra circa quanto
la prima: è ingombra di stalattiti, alcune delle quali molto bollo. Anche
questa grotta è stata molto visitata da' contadini. Vi si trovano fram-
menti di lavori di ceramica dello stesso genere della prima. Non si trova
traccia di lavori di ferro o di selce: però ho potuto accertarmi che sono
state trovate in vicinanza armi di selce, tra le quali un coltello che, alla
descrizione che me ne fu data, sembra essere stato di una finezza me-
ravigliosa.
G. M. COLUMBA.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Nicola Parisio — Due documenti inediti della Certosa di S. Stefano del
Bosco ora per la prima volta illustrati e pubblicati. — Napoli, presso
Enrico Detkcn, Piazza del Plebiscito, 1889,
Il signor N. Parisio , esperto cultore di studi paleografici e storici,
ha pubblicato testò due pergamene greche dell'archivio dell' eremo cer-
tosino di S. Stefano del Bosco di Calabria. La prima di esse, ossia la
carta di donazione del Casale di Mutari fatta da Ruggiero, figlio di Bono,
gran giudice di Calabria a favore del monastero hopra ricordato , reca
la data di gennaro III ind. 6624 dell'era costantinopolitana, che è il 1116
della Volgare. Soscrisse questa carta come testimone tra gli altri Mal-
gerio de Altavilla. A questa è annessa altra pergamena d'epoca poste-
riore, recante una traduzione della prima , che si allontana talvolta di
troppo dall'originale.
Il secondo documento è altra carta di donazione fatta da Malgorio
de Altavilla tìgliuolo di Ruso o Rufo in favore dello stesso cenobio, la
quale abbraccia la chiesa di S. Nicolò della Torre e i fondi della stessa.
Fu scritta l'anno 6664, che risponde al 1156 dell'E V. Anche di questa
si ha la traduzione d'epoca posteriore, ma inserita nella parte della per-
gamena stessa rimasta vuota tra la data e la soscrizione del Xotaro. La
prima si conserva nella collezione di diplomi, adunati dalla Società Na-
poletana di Storia Patria, mentre la seconda si trova nell'archivio pri-
vato del signor Marchese di Transo.
Questi due pregevoli documenti richiamarono l'attenzione del Parisio
per varii motivi, e gli diedero agio a far delle chioso Bennate ed eru-
dite , in cui noi lo seguiremo brevemente , non senza notare talvolta i
punti in cui per avventura ci trovassimo da lui discordi.
Anzitutto le due pergamene, come è naturale, appartennero un dì
all'archivio del cenobio di S. Stefano, eh' è quanto diro a quell'archivio
che, forse non sempre a torto, fu riputato un'officina di falsari. Giusta-
lliente dunque l'A. presentando al pubblico questi due documenti sente
148 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
il bisogno di difenAorne l'autenticità, ch'io non porrò in dubbio. E ciò,
tanto più che altro studioso nell* Archicio Storico Apììa lo data Società
Napoletana di Storia patria, (anno Vili, 1883, pag. IGO in nota) dando
un sunto della versione latina del prima tra i due documenti, ebbe a
manifestar dei dubbi sulla sincerità di esso, non del tutto, anzi per niente
giustificati, come vedremo. L'A. così di volo accenna all' Esame crìtico
delle carte di S. Stefano fatto nel secolo scorso dal Vargas Macciucca,
avvocato fiscale, che nell'interesse del fisco le rifiutò quasi tutte passan-
dole ad una trutina, che mai forse non si è vista più rigida; così che
in molti luoghi si lasciò trasportare dalla passione, e s'indusse a rigettar
come falsi dei documenti basando le sue ragioni sopra semplici errori
di copisti. Ciò, sebbene coll'A. sia da deplorarsi, nonpertanto è da riget-
tarsi tutto il lavoro del critico fiscale, nò tanto mono ò a dirsi che sieno
tutte autentiche le scritture uscite dal rinomato Archivio certosino. Se
al Parisio riuscì trovar due pergamene che presentano ad evidenza i se-
gni della loro autenticità, ad altri è riuscito di provar di molti diplomi
la supposizione, ovvero la interpolazione.
Certamente poro il critico àdW Arclùvio Storico Napoletano fu un po'
precoce nell' addurre per argomenti di falsità contro il diploma di cui
parliamo, in primo luogo, il titolo di Magni lustitiarii affibbiato a Bono
nella versione latina che trovasi attaccata alla greca pergamena. Avrebbe
dovuto esaminare il testo greco, e vedere che al titolo sudetto risponde
il ^fiXo'i Kpito'j Ttjg KaXa^pia?; cosa ben diversa dal Magnus Institìarius.
Nò meno infermo è 1' altro argomento , fornitogli dalla soscrizione di
Malgerio de Altavilla che vi si trova corno soi)ra notammo. Egli così
ragionò : * Le cronache e i documenti fanno memoria di un solo Mal-
gerio appartenente a quella stirpe degli Altavilla, che dominò sull'Italia
meridionale, investito intorno al 1050 dal fratello Umfredo come Conte
di alcune torre di Capitanata (Malaterra I, 51); ed è impossibile che lo
stesso Malgerio nel 1116 potesse trovarsi a sottoscrivere un diploma
in Calabria. A mono che non voglia credersi identico a quel Malgerio
preteso figlio di Ruggiero Conte di Calabria e di Sicilia ricordato in
altra carta spuria recata dal Tromhv, pag. 558 , (1).
(1) Riferii tostunlmonte lo parole dolio scrittore della citata nota: avverto
perù che io esso trovansi duo orrori cortamcnto imputiibili al tipografo, montro
là ove ti logge intomo al 1050 devo leggersi 1052; e il capo del Malatorra a
^i ili appella l'A. ò il 15, non il 51 che non esisto.
tlÀSSEGNA BIBLIOGRAFICA 140
Questo dilemma in verità è troppo reciso ; nò certamente il critico
lodato l'avrebbe mai posto, ove si fosse fatto a riflettere , che qualche
altro Malgerio esistette, e figura in documenti non spurii; come il Mal-
gerio figlio del Conte di Sicilia non figura solo in una carta spuria, ma
pure in altre molte, benché non men della prima di origine a dir poco
sospetta.
Il nostro P.irisio fornisce ottimamente il suo compito, segnalando
all' attenzione del suo a così diro avversario che altro Malgorio Alta-
villa, oltre i noti a lui, esistette in quel tempo stosso, e fu appunto il
figliuolo di Ugone Ruso o Rufo, il cui nome torna nel secondo docu-
mento greco, di cui appresso ci occuperemo. Vorrebbe egli altresì pro-
vare che esistesse il secondo Malgerio, ma a noi non sembra che ci riesca
gran fatto; senza dire che egli tenta di farlo coi documenti della stessa
certosa di S. Stefano, che dal Vargas, dal Di Meo e da altri sono stati
relegati tra gli apocrifi ; né egli per altro combatte gli argomenti per
cui questi li rigettarono.
Però poiché il Pirri (1) per il primo, so non erro, asserì l'esistenza
del Malgerio figlio al Gran Conte, in base sempre ai ricordati documenti,
non mi sembra fuor di luogo stendermi alquanto a dimostrar ch'egli mai
non esistette, e quindi per corollario che son falsi i diplomi portanti il
nome di lui, i quali per altro non hanno questo solo contrassegno por
esicre ritenuti apocrifi.
Infatti Malgerio non potè essere che figlio o naturale, o legittimo, o
luiulterino del gran Conte. Le due prime ipotesi sono escluse senza esi-
tazione da Goffredo Malaterra. Egli infatti nel lib. IV cap. XVUI nar-
rando la morte di Giordano, il quale seguì nel sepolcro Goffredo altro
figlio di iviiggiero , scrisse che i siciliani lo amavano molto sì pel va-
lore, sì ancora (sono le sue parole) quia Comitis heredeni fiUiirum stc-
(\) PxRui. Chronolojia regum Skiliae. (Sicilia Sacra l, pag. XI). Il grande
storico di Noto , vcvso cui come ò naturale professiamo grande venerazione,
molti errori commiso tessendo la genealogia della reale famiglia Normanna;
cosicché in questa parte al certo la sua cronologia è manchevolissima. Per ci-
tarne qualcuno, che più da vicino riguardi quanto si è sopra discorso, egli sposa
Goffredo figlio dol conte Ruggiero a una Regalia, e gli dà più figli. Ma il Ma-
laterra a[iertament6 dico che Uotfredo morì antequam nubiles annoi attijiìset
(lib. IV', cap. XIV) ; piuttosto che a Regalia, lo asserisco sposo alla sorella di
Adekìiia; ed aftarma infine ch'egli morì prima che si fosser celebrate le nozze.
150 RASSEGNA BlBLIOaRAFlCA
spicàbantur , nam ncque alium masculum hahebat. Or si noti che Gof-
fredo Malaterra in questa narrazione parla di Giordano figlio naturale
di Ruggiero [ex concubina Malat. cap. Ili, lib. XXXVI) (1) e Goffredo
figlio legittimo dello stesso : che morto il secondo, cui per diritto spet-
tava la successione patema, e non essendovi altri figli legittimi succe-
deva giusta la comune credenza, il figlio naturale Giordano; che morto
costui nel 1093 Ruggiero neque alium ìiiasculum hahebat (2), nessun ma-
schio cioè uè legittimo come Goffredo, né naturale come Giordano. Ri-
sulta pertanto ad evidenza dal sopra esposto, che Ruggiero non potè a-
vere un figlio di nome Malgerio nò legittimo, né naturale.
Rimane pertanto ch'egli jiotesse esser nato da adulterio. Ma in que-
sto caso io non saprei in verun modo intendere che Malgerio si asso-
ciasse al padre in atti tanto solenni quanto son quelli cui accennerò e
in presenza dei figli legittimi non solo, ma della stessa Contessa sua mo-
glie. Ne credo che altri saprà intenderlo, o che simile consuetudine si
trovi nelle storie di quei tempi.
Se a questo si aggiunga i molti motivi di falsità che il Vargas e il
Di Meo notarono nei diplomi segnati dal nome di questo Malgerio, come
quelli in cui si narra la leggenda del tradimento di Sergio e del mira-
colo di S. Brunone , del 1098 , la carta di fondazione della Chiesa di
Squillace, eh' è del 1096, e dove interviene a confermare le donazioni
pateme Simone, nato allora appena da due anni etc, si avranno a mio
credere sufficienti ragioni per negare assolutamente l'esistenza di Mal-
gerio, e per ritener per apocrifi i documenti medesimi.
(1) Quando Goffredo Malaterra scrive che (jriordauo nacque ex ehncubina
dice implicitamente , che fu naliiralc. l'oichò dalla sua stessa storia si scopro
che egli sin dal 1075 cominciò u dar iiio'strn di so nell'esercito norraunno; in-
fiatti Ugone de Gircea, a cai Rn^'gioro lasciò le redini del governo in quell'au-
Do, spinto do ardor giovanile a tentare un'impresa scabrosa , in cui lasciò poi
la vita, a lui ricorso por aiuto, e furono amendue a fianco nel conibattiniouto.
Or se Giordano nel 1075 preso parto ad un tal fatto d' armi , e so dall' altro
canto Ruggiero sposò Giuditta o Delicia che si voglia, nua prima mo|?lie, non
prima del lt62, è impo.sHibilo ritenere che Oiordano sia nato dal primo matri-
raonio di Uuggioro.
(2) Il Di Ulasi, Storia 11, 100 accennò » questo passo del Malaterra, ma
non ne ricavò tutte le conseguenze; che anzi laddove a pag. 70 atVorma " l'in-
fSunità della nascits di Giordano „ noi luogo or oit^ito, lo dice legittimo o col Pirri
regaU » Goffredo quei figli che non ebbe.
lUSSECXA lilBLIOGRAFICA 151
Tornando al lavoro del Nostro, dopo aver risposto alle obbiezioni di cui
abbiamo discorso, egli ricorda che la donazione di Mutari fu confermata da
Federico II nel 1212 con diploma dato da Palermo; di questa conferii a-
ziono che il Parisio ritiene originariamente scritta in greco, si ha una
vecchia traduzione in latino nell'Archivio di Stato di Napoli , la quale
era già stata pubblicata dal Tromby e combattuta acremente dal Var-
gas, prima, e poi anche da IIuillard-Bréholles. Il Vargas rigettò il di-
ploma , perchè Federigo , che da Sicilia si recava nel marzo 1212 in
Gaeta, giusta la cronaca cavense o Riccardo di S. Germano) non avrebbe
potuto spedire in Palermo e nell'aprile di quell'anno quel diploma. Ma
il Vargas non pose niente, osserva argutamente l'Autore, che il diploma
non porta per lo più la data della sua celebrazione (actiim) , sibbone
della spedizione (datum). Nel caso il diploma potò benissimo celebrarsi
in marzo prima della partenza dell' Imperatore, e pubblicarsi poi io a-
prile, lui assente.
L'altro argomento, il ritrovarsi cioò il nome di Tancredi accoppiato
al titolo di Re, cui Federigo mai non gli attribuì, non è nemmeno serio.
Noi non abbiamo sott'occhio, dice l'A., che una traduzione, e quell'ag-
giunta inopportuna è certamente del traduttore; infatti enumerandosi in
seguito nello stesso diploma gli antecessori di Federigo, a tutti è dato il
titolo di re, mentre è omesso quando si giunge a Tancredi.
Il terzo argomento , che è quello aggiunto da Huillard-Bróholles ò
fornito da Gualtiero de Palearia, Vescovo di Catania e Cancelliere del
Regno di cui si vede il nome nella data del diploma. Or costui non era
più Cancelliere del Regno sin dal 1210, quando Innocenzo III scrivendo
a Federigo lo rimproverava per aver allontanato Gualterio dalla sua Corte.
Come va dunque ch'egli nel 1212 torna a figurare come Cancelliere del
Regno r
Ed è per questo allontanamento , aggiunge lo storico di Federico,
che dal 1210 in poi il nome di Gualtiero non ai trova più nei diplomi
emanati dalla Cancelleria del Regno.
Il Parisio per contrario nota che nel 1213 Costanza juniore con di-
ploma dato in Messina donò a Gualtiero Vescovo di Catania cui chiama
tuttavia Cancelliere del Regrto il Casale di Calatabiano. Nò sembra che
egli si fosse allontanato dal suo ufficio prima che Federico fosse ritor-
nato in Sicilia; infatti nel 1221 è chiamato ancora da Federico col nome
di Cancelliere.
Per altro qual meraviglia che Gualtiero, il quale nel 1203 rimosso
152 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
dal suo ufficio per ordine del Pontefice, continuò ad esercitarne le fun-
zioni, in presenza ancora di chi fu inviato a sostituirlo , avesse conti-
nuato a chiamarsi Cancelliere del Regno e a spedire diplomi , anche
quando cadd : in disgrazia del suo principe , egli protetto dal papa e
dalla imperatrice medesima ?
Né senza ragione l'A. si dilunga a provare l'autenticità della confer-
mazione dello svevo monarca, attesoché questa oltre a convalidare la prima
donazione, convalida anche la seconda, poiché vi si trova pure la con-
"fermazione della donazione della chiesa di S. Nicolò della Torre , e vi
si accenna alla carta di Alalgerio di Altavilla; sicché l'una prova l'au-
tenticità dell'altra, e le due insieme quella della terza confermano.
Siegue dopo ciò il testo del secondo diploma greco, e le traduzioni
latina ed italiana. La versione latina concorda con quella ricavata dal
Tromby da un antico registro della Certosa di S. Stefano. Chi la tra-
scrisse anche in questa volle mettere qualcosa di suo ; giacché vi ag-
giunse la soscrizione di un pretoso cappellano di Malgorio di Altavilla
tiglio di Ituso, il quale cappellano testifica di aver egli scritto hoc la'
Unum pnciletjhitn, che del resto fu scritto originariamente in greco.
Ecco tutto quanto si contiene in questo breve opuscolo del signor
Parisio, a cui dobbiamo esser grati per aver egli così accresciuto il nostro
patrimonio diplomatico non solo, ma ancora per la buona critica di cui
dà mostra illustrando questi due diplomi. Un po' più di metodo forse
avrebbe cresciuto pregio al lavoro; ma tale quale é dimoatra certamonto
quanto amore il Parisio abbi.\ por gli studii storici, e quanto buon senso
nel coltivarli.
ATTI DELLA SOCIETÀ
SEDUTA DEL 12 GENNAIO 1890
Presidenza del Prof. Cav. Can. Vincenzo Di (liovanni
Vice-Presidente
La Società con 40 soci si riunisce nella propria sede in s. Domenico.
Letto e approvato il verbale della tornata precedente, il socio Fal-
cono dico che essendo i soci riuniti por la prima volta nella propria
Sode, ò bene manifestare la loro riconoscenza a quanti hanno cooperato
per la cessione e l'adattamento del locale, onde egli presenta il seguente
ordino del giorno :
« La Società Siciliana di Storia Patria, riunita oggi 12 gennaio 1890
per la prima volta nel locale cedutole dal Governo, ricorda con mesta
riverenza S. E. il Marchese di Torrearsa, suo venerando Presidente, cui
oggi ricorre il primo anniversario della morte, e delibera incaricare il
Consiglio Direttivo a manifestare, in quella maniera che crederà più
opportuna, la gratitudine dei soci al Segretario generale p. Luigi Di
Maggio, alla Commissione esecutiva e al prof. Giuseppe Patricolo per
l'opera assidua, amorevole e diligente prestata per adattare il detto lo-
cale alle esigenze sociali. Delibera ancora incaricare il suo Presidente
por informare a viva voce, in occasione della sua andata a Roma, S. E.
il Presidente del Consiglio dei Ministri e il Ministro della Pubblica Istru-
zione dell'avvenuto, rassegnando ai medo'^imi il vivo desiderio che l'o-
pera loro non venga meno in tutti gli aiuti morali e materiali, di che
eziandio è duopo per completare lo adattamento di tutta la località ».
Messo ai voti questo ordine del giorno è approvato ad unanimità
Il Segretario generale commemora la perdita del socio cav. Vincenzo
Merlo e si delibera un voto di condoglianza da parteciparsi ai parenti
dell'estinto.
Si legge il Bilancio 1890 presentato dalla nuova amministrazione,
il quale è del tenore seguente ;
154 A-TTl DELLA. SOCIETÀ
PARTE PIUMA
ATTIVITÀ
TITOLO PRIMO
CAPITOLO I.
CONTllIBUZIONI SOCIALI
SOCI
Art. 1. Per N. 900 azioni annuali alla ragiono di L. 5 per ogni
aziono . . . . , L. 4,500 „
MINISTEKI
Art. 2. Minibtero della pubblica istruzione por N. 400
azioni , 2,000 „
Art, 3. Ministero di Agricoltura , industria e commercio per
N, 5 azioni , 25 ,
ruovixciE
Art. 4. Provincia di Palermo pur N. 40 azioni, di Catania per
N. 20 azioni , di Caltani-sbctta por N. 10 azioni , di
Girgenti per N. 4 azioni , o di Trapani por N. 2
azioni 380 ,
MUNICIPI
Art, '». Municipio di Palermo por N. 40 azioni ; «li Corloone
per N. G azioni ; di Aragona , di Castrogiovnnni ,
Da riportarsi L. ti, 005 »
ATTI DELLA SOCIETÀ 15'
Riporto L. 6,905 »
di Marinoo , di Marsala , di Monte S. Giuliano ,
di Noto, di Siracusa , di Termini Imerese , di Gir-
genti , di Parco , di Nicosia , di Partinico, di Sciac-
ca por N. 4 azioni ; di Alcanlo per N. 2 azioni ; di
Acireale , d' Isnello , di Licata e di Salaparuta por
un'azione' „ 520 ,
BIBLIOTECHE ED ALTRI ENTI
Art. G. Biblioteca Fardelliana di Trapani , Comunale di Vi-
cenza, Nazionale di Napoli, Brera di Milano, Univer-
sitaria di Messina e Commissariato di Musei e Scavi
por la Sicilia por N 4 azioni e Biblioteca di Verona
per due azioni « 130 ,
CAPITOLO IL
ASSOCIAZIONI, VENDITE ED ALTRO
Art. 7. Ministero dell'Interno per due copie di ciascuna pub-
blicazione della Società; Ministero dogli affari esteri,
della Guerra , di Grazia e Giustizia e dei Culti ,
Camera dei Deputati , e Biblioteaa Militare del Pre-
sidio di Palermo per una copia cadauno. . . . , 175 ,
Art. 8. Diversi associati al periodico Y Archivio Storico Sici-
liano e Docuvienti » 150 ,
Art. 9. Fondo presunto per le vendite eventuali del Perio-
dico suddetto » 'W ,
CAPITOLO III.
INTERESSI SULLE SOMME DEPOSITATE
Art. 10. Fondo presunto per inteiessi sulle somme di con-
Da r'portursi L. 8,580 »
156 ATtl DELtA SOCIETÀ
Riporto L. 8,580 »
te della Società depositate nella Cassa di lli-
sparmio , 50 ,
Totale rendita ordinaria L. 8,630
TITOLO SECONDO
Art. 11, Rimanenza in Cassa a tutto Dicembre 1889. . L. 3,082 03
Art. 12. Resta ad esigere a tuUo Dicembre 1889 per contri-
buzioni ordinarie :
Soci L. 720 „
Enti morali . . . , 630 60 „ 1,350 50
Art. 13. Idem per contribuzioni straordinarie :
Etiti morali. . . L. 305 ,
Soci - 100 , - 465
Art. 14. Carta esistente in magazzino a tutto Dicembro 1889 ,, 3,057 91
Art. 15. Libri esistenti in magazzino a tutto Dicembre 1889
in volumi del Periodico 1' ' rchivio Storico Siciliano
e Documenti, fascicoli di estratti, e copie del volume
del Vespro Siciliano „ 13,000 „
Art, 16. Sussidi estraordinari por la faljbrica , 5,000 „
Totale Rendita estraordinaria L. 25,955 44
ATTI DELLA SOCIEtX 157
PARTE SECONDA
PASSIVITÀ
TITOLO PRIMO
CAPITOLO IV.
GABELLA E CURAZIA D* ACQUA
Alt. 17. Fondo per gabolla e curazia d'acqua (penna una) da
servire poi localo della Società L. 100 *
CAPITOLO V.
SPESE d'amministrazione
Art. 18. Ragioniere » 100 *
Art. 19. Assistente alla Segreteria » 100 *
Art. 20. Barandiere della Società » 100 »
Art. 21. Esattore — Indennità d'esazione al 0 p. 0[0 dovula sulle
contribuzioni sociali di Palermo * 195 »
Art. 22. Distributore — Indennità fissa per la distribuzione del
periodico V Archivio Storico Siciliano agli associati in
Palermo e per la spedizione » 48 »
Art. 2). Fondo presunto per generi di scrittoio, stampe, re-
gistri, circolari ed altro » 200 *
Art. 24. Fondo per ligatura di libri per uso della biblioteca
della Società a. 200 »
Art. 25. Fondo presunto por francobolli per la corrispondenza
Pa riportarsi L. 1043 *
158 ATTI DELLA SOCIETÀ
Riporto L. 1043 »
0 spedizione del periodico V Archivio Storico Siciliano,
de' Documenti ed altro » 350 »
CAPITOLO VI.
FABBRICA E MANUTENZIONE
Art. 26. Pondo per ispese por compimento ed abbellimento del
locale della Società , entro l'ex Convento de' RR. PP.
Domenicani, ceduto dal Ministero della Pubblica Istru-
zione » 2000 »
CAPITOLO VII.
MONUMENTI E PUBBLICAZIONI
Art 27. Fondo per incisioni ed altro spettanti a lavori di mo-
numenti artistici . . . . , » 500 »
Art. 28. Fondo per provvista di carta e per la pubblicazione
del periodico VArchioio Storico Siciliano, do' Documenti
ed altro » 4000 »
CAPITOLO Vili.
IMPREVEDUTE
Art. 29. Fondo por tutto lo sposo casuali, iraprevodute od altro
nell'interesse della Società •» 737 »
Totale Spesa Ordinaria L. 8G30 *
ATTI DELLA SOCIETÀ 159
TITOLO SECOlfDO
Art. 30, Fondo destinato per restauri ed abbellimenti nel locale
della Società entro l'ex Convento dei RR. PP. Dome-
nicani L. 6000 *
Art. 31. Fondo destinato per far fronte alle pubblicazioni della
Società ed altro » 3455 44
Art. 32. Fondo in corrispondenza all'ammontare dei libri della
Società esistenti in Magazzino a tutto Dicembre 1889 » 13000 *
Art. 33. Fondo per mobilia ed arredi per il locale della So-
cietà u 3500 *
Totale Spesa Straordinaria L. 25955 44
BILANCIO
Rendita ordinaria L. 8G30 u
Sposa •> j» 8G30 »
Pareggio
Rendita straordinaria . . . . L. 25955 44
Spesa » ;, 25955 44
Pareggio
La Società, dopo di averlo di.scusso, unanimemente l'approva.
Il Vice-Segretario generale Mariano La Via leggo un lavoro del
socio prof. G. K. Siracusa sopra un Ms. del secolo XVI, intorno la
Brevis Historia Liberation Is Messanae (1).
Il Vice-Presidente prof. Di Giovanni comunica una lettera del sacer-
dote Gaetani, nella quale sì parla di una scoverta nel territorio di Ca-
steltermini.
(1) Questa lettura fa parte di questi Atti.
160 ATTI DELLA SOCIETÀ
Si delibera infine una seduta straordinaria pel 26 corrente in onore
dell'estinto Presidente S. E. il Marchese di Torrearsa.
// Segretario generale
P. Luigi Di Maggio
SEDUTA DEL DI 9 FEBBRAIO 1890
Fresidenza del prof. comm. Andrea Gnarneri,
Senatore del Regno, Presidente
Riunitasi la Società nella sua sede in s. Domenico ed essendo pre-
senti 38 soci, il Presidente apre la seduta. Letto ed approvato il ver-
bale della tornata precedente, il Segretario generale partecipa il dono
che il Presidente ha voluto faro alla Società del mezzo busto del Mar-
chese di Torrearsa acquistandolo dal socio prof. Mario Rutelli che re
fu lo scultore. Propone pertanto un voto di ringraziamento, che è ac-
colto ad unanimità. Partecipa pure che il socio cav. dott. Lodi ha ma-
nifestato il generoso pensiero di voler regalare alla Società la Biblio-
teca sua particolare, che non ò indifferente ; e di già vi ha dato co-
minciamento.
Il socio mons. Di Marzo propone che oltre al voto di ringrazia-
mento già emesso per il Presidente , un altro se ne emotta pel socio
Lodi. Propone pure che si scriva una lettera di rallegramenti al socio
prof. Rutelli per il mezzo busto, il quale ritrae al vivo la persona del
Torrearsa. Le due proposte sono accettate.
Il Segretario generale comunica un telegramma avuto da S. M. il
Re in risposta a quello spedito dalla Presidenza in occasione della
morto del Principe Amedeo; come pure varie lettere di autorità civili
0 militari, deputati e notabili, nonché dei parenti dell'estinto Marchese
di Torrearsa por non essere intervenuti nella solenne commomoraziono
in onoro del venerando Presidente.
Si presentano alcuni candidati, la cui proposta, a fumi di due soci,
fu presentata al Consiglio Direttivo e approvata. La Società no prendo
atto.
\\ Presidente invita i soci |)er la elezione del supplente al Delegato
ATTI DELLA SOCIETÀ 16 1
presso r Istituto Storico, o viene eletto il socio professore Giulio
Belock.
Il socio mons. Luigi Boglino parla sopra Due Documeiìtl intorno
l'ambasceria mandata da Enrico Ciiiaramonte al Re Martino e alla Re-
gina Maria per la sommissione delle città di Palermo e Monreale alla
Regia ubbidienza (1).
Il socio dott. Liborio Giuffrè legge: Sulla epidemia d'Influenza del
1557 e la proposta pel risanamento della città fatta del celebre G. F. In-
grassia (2).
Compita la lettura il socio dott. Mangano parla del Fedele, il quale
venne calunniato come plagiario dell'Ingrassia, e lo difendo , dicendo ,
che è doloroso vedere il solo dottor Markus prenderne la difesa.
Il socio dottor Lodi fa osservare che al Markus rispose il professore
Algeri rivendicando l'onore dell' Ingrassia. Il socio prof. Di Giovanni
ricorda che oltre il Markus parlò puro in elogio del Fedele il Do Renzi.
// Segretario generale
P. Luigi Di Maguio
SEDUTA DEL DI 9 MARZO 1890
Presidenza del Coinm. Prof. Andrea Guarneri,
Senatore del Regno, Precidente
La Società si riunisce nella propria sede in s. Domenico. Essendo
nresenti 38 soci, si apre la seduta. Letto e approvato il verbale della
tornata precedente, il Segretario generale partecipa alcuni doni di libri
per la Biblioteca sociale fatti dal signor Presidente e dal socio profes-
sore Meli.
Si legge la seguente proposta per essere la Società elevata ad onte
morale :
« Considerando che la nostra Società oramai ha avuto un grande
(1) Questa lettura fa parte di questi Atti.
(2) Questa lettura fa parte di questi Atti.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 11
162 ATTI DELLA SOCIETÀ
sviluppo ed un nobile incremento, raccogliendo più di 500 soci azionisti
individui ed enti morali, con un Bilancio presuntivo di entrata ordinaria
in L. 8630 e straordinaria, compresi i compensi, in L. 26,320,90 :
Considerando che essa Società ha oggi un locale suo proprio, pel
quale si sono erogate sino ad oggi L. 56000, giusta le varie relazioni
del prof. ing. Giuseppe Patricolo :
Considerando che essa possiede una importante Biblioteca, mobili ed
arredi corrispondenti alla vastità del locaie non che più di 20 mila fa-
scicoli delle proprie pubblicazioni, i quali di giorno in giorno si au-
mentano e vengono ricercati per lo spaccio da librai italiani e stra-
nieri :
Considerando che oltre alle varie entrate dei soci azionisti, delle ven-
dite dei libri, riscuotonsi Lire 2000 annue assegnate nel Bilancio del
Ministero di Pubblica Istruzione :
Considerando in fine che taluni soci e mecenati, cultori ed amatori
delle patrie cose hanno manifestato il pensiero dì fare doni alla Società
Siciliana di Storia Patria, i quali legalmente non possono accettarsi,
mancando l'entità giuridica :
La Società delibera : Far dimanda a S. E. il Ministro di Pubblica
Istruzione perchè venga elevata al posto giuridico di Ente morale.
Questa proposta ad unanimità è approvata, incaricando la Presidenza
per le pratiche opportune.
Il Segretario generale annunzia che il Municipio di Palermo ha do-
nato generosamente alla Società Lire tre mila per cooperare all'acqui-
sto di quel mobile che sarà necessario per il nuovo locale. La Società
no prende atto con un voto di ringraziamento. Si delibera pure un rin-
graziamento ai membri della Commissione, la quale fu incaricata della
riforma dello Statuto. Si annunzia lo scambio delle pubblicazioni con
la Biblioteca Vaticana. ^
Sono nominati soci i sigg. prof. Ruggiero Mascari, cav. Gaetano Tosi,
cancelliere olla Cassazione di Palermo, Salvatore Aglialoro, Luigi Mi-
lazzo—Corvello, avv. Enrico Collotti — Galbo, Luigi Siciliano, cav. Leo-
poldo Koselli-Notorburlolo, cav. prof. Ignazio Giorgi, Prefetto della Bi-
blioteca nazionale di Palermo, prof. con. Gaspare Storiano, prof. Musoni,
prof, dott, Vittorio Crian, prof dott. Alberto Parisotti, Francesco Or-
lando, Raffaele Barabino, Cesare Matranga, Emmanuele Paolo Morello,
Giuseppe Traina e la nobile Giulia Paino.
À*TI bELlA SOClEtÀ l63
Si legge un elenco di candidati proposti dai soci e approvati dal
Consiglio Direttivo per essere votati nella prossima seduta.
Il socio prof. can. Bartolomeo La Gumina parla Sulle monete con leg-
genda arala coniate in Sicilia sotto i re Xonnanni.
Il socio prof. G. M. Columba leggo una parte del suo lavoro inti-
tolato : Contributi alla Storia dell'elemento Calcidico di Occidente. Ar-
cheologia di Leontinoi.
Il Segretario generale
P. Luigi Di Maggio.
SEDUTA DEL DÌ 20 APRILE 1890.
Presidenza del Conim. Prof. Andrea Guurneri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società con 37 soci si riunisco nella sua sedo in S. Domenico.
Letto e approvato il verbale della tornata piecodentc, il Segretario ge-
nerale annunzia che la Cassa di Kisparmio V. Eminanuelo ha largito
un secondo sussidio di L. 500 in favore della Società, e propone un
voto di ringraziamento, che è unanimemente approvato.
Il Presidente annunzia che nella Biblioteca Vaticana si è trovato
l'originale dello cronache sicule-saraceniche per opera del socio cor-
rispondente ab. Cozza-Luzi ; egli era in trattative per la stampa
col periodico della Società Romana di Storia patria : però, avendogli fatto
conoscere il desiderio di pubblicarsi dalla nostra Società, l'egregio abate
spedì di già il Ms. e il Consiglio si sta occupando per la pubblica-
zione.
Sono eletti soci i seguenti individui presentati dallo stesso Consiglio
nella seduta precedente : Ing. cav. Salvatore Renzi, Achille Martinez,
prof. Leonardo Di Giovanni, prof. Giuseppe Corradi, proc. leg. Giuseppe
Costa, Antonio Marinuzzi, Ferdinando Miraglia-Termini, comm. Michele
Amato Pojero Deputato al Parlamento, dott. Niccolò Pizzillo, sac. Ber-
nardo Camarda, avv. Camillo Orlando, prof. Agostino Sciangula.
Il Segretario generale comunica l'adesione a soci dei signori Tosi,
Aglìaloro, Milazzo, Collotti, Siciliano Luigi, Naselli, Giorgi, Storiano, Mu-
Ì64
ATTI DELLA SOCIETÀ
soni, Ciiau Parisotti, Orlando Francesco, Barabbino, Matranga, Traina,
Paino.
L'avv. Falcone in proposito della nomina dei soci dice : che essendo
i candidati da due soci prosentati al Consiglio, e avendoli il Consiglio
approvati per presentarli alla Società, lungi di votarsi in altra seduta
si potrebbero votare nella stessa; a tale scopo egli leggo il seguente or-
dine del giorno :
La Società giusta l'art. 4 dello Statuto voterà nella stessa seduta
per quei candidati che il Consiglio reputerà degni di essere eletti soci,
eccetto il caso in cui si vorrà dalla maggioranza rimandata la vota-
zione.
Quest'ordine del giorno è approvato.
II socio avv. Pincitore desidera conoscere, dalla Commissione sociale
incaricata per la conservazione dei Monumenti, so esista il proposito di
distruggere il castello arabo della Favara, come hanno annunziato i
giornali cittadini, e nel caso affermativo se ess;i abbia agito in modo
da tutelare la conservarzione dei Monumenti.
Chiede poi che la Società faccia voti, porcile i Municipi dell'isola
vogliano istituire commissioni archeologiche per la tutela dei monumenti
e delle opere di arte.
Il Segretario generale fa osservare che le due dimando del socio
rincitore si dovranno passare al Consiglio, il quale si rivolgerà alla
Commissiono per riferirne alla Società. L'incidente è chiuso.
Il socio prof. can. Bartolomeo Laguniina logge la continuazione del
8U0 lavoro sulle Monete con lecjijenda araba conlate in Sicilia tiotto i He
2i ormami i (1).
Il socio prof. Gaetano M, Cohmiba continua pure la sua lettura : Con-
tributi alla storia dello elemento calc.idico in occidente. Archeologia di
Leontinoi (2).
Il Segretario generale
P. Lnicii Di Maooio.
(i) QuesU lettura fa pari»» di questi Aiti.
{2) Anche qiif»«ta l.tiin.t f,i y,}}t- »li .iM'-^ti Aiti.
ÀtTi deLla società 165
SEDUTA DEL DÌ 11 MAGGIO 1890.
Presidenza del Prof. Comm. Andrea Guarneri,
Senatore del Pegno, Presidente.
Riunitasi la Società nella sua seiìe in S. Domenico ed essendo pie
senti 32 soci, si apro la seduta. Data lettura del verbale precedente, che
è approvato, il Segretario generale comunica l'adesione a soci dei sigg :
Renzi, Dì Giovanni, Costa, Marinuzzi, Amato, Pizzillo, Camarda, Scian-
gula. Partecipa pure che vennero donati alla Società vari libri dai soci
Guarneri, Di Marzo, Salinas e dal Comm. G. B. Do Rossi. La Società
ne prende atto ringraziando. Comunica in fine una lettera del professore
dott. Ferdinando Gregorovius nella (juale cortesemente encomia le pub-
blicazioni sociali 0 particolarmente il lavoro che tratta delle relazioni
marittime tra la Grecia e la Sicilia nella antichità.
Sono nominati soci i signori prof. Luigi Natoli, ingegnere Gaspare
Finazzi, Giuseppe Paterno 1 ar. del Cugno, sac. Pietro Raimondi, Avar-
na Niccolò Duca di Gualtieri.
Il socio cav. A. Flandina legge una sua Illustrazione sopra un ini-
portante codice in pergamena, che si conserva nell'Archivio del signor
Conte di S. Marco Principe di Mirto, riguardante privilegi della città
di Palermo (1).
// Segretario generale
P. Luigi Di Magqio
SEDUTA DEL DÌ 8 GIUGNO 1890.
Presidenza del Comm. prof. Andrea Guarneri,
Senatore del Regno Presidente.
La Società si riunisce nella sua sede in S. Domenico con 38 soci.
Aperta la seduta, si legge e si approva il verbale della tornata prece-
dente.
(1) Questa lettura fa parte di <][uesti Atti,
l66 àttì della bociÈ'rÀ
Il Segretario generale annunzia che il Banco di Sicilia largì alla So-
cietà un secondo sussidio di L. 2500; partecipa pure l'adesione a soci dei
signori Raimondi, Natoli, Duca di Gualtieri, Alberti, non che diversi libri
donati alla Biblioteca sociale dal prof. Meli e tutte le sue pubblicazioni
dal prof. Falietti. La Società delibera un voto di ringraziamento pel
R. Commissario del Banco di Sicilia e per i donatori dei libri.
Lo stesso Segretario generale annunzia che il Consiglio Direttivo
nominò una Direzione per Io pubblicazioni sociali, composta dai soci: ba-
rone Starrabba presidente, collaboratori prof. Columba, avv. Falcone e
avv. Mangano; e una Commissione per istudiare e riferire che cosa pos-
sa la Società presentare nella Esposizione nazionale di Palermo: i com-
ponenti la detta Commissione sono i soci dott. Lodi, mons. Di Marzo e
prof. Sansone. Narra poi che sulle duo proposte del socio Pincitore, l'una
sul Castello di Favara e l'altra perchè si eniotla un voto dalla Società
per muovere i Municipi a costituire in ogni Comune una Commissione
archeologica per la conservazione dei monumenti, la Commissione sociale
rifei'i al Consiglio, e il Consiglio approvò che pel Castello di Favara nes-
suna novilà esterna è stata fatta da recente, quali sieno le intenzioni del
proprietario per l'avvenire non spetta alla Commissiono interpetrarli, può
soltanto la Società raccomandare al Municipio di Palermo che, in con-
formità al Regolamento edilizio omologato dal ministero dei Lavori Pub-
blici il 15 luglio 1889, sorvegli il detto Castello monumentale. Per un
voto affinchè i Municipi dell' isola nominino Commibsioni permanenti
archeologiche, non si reputa competenza della Società: altro è rivolgersi
ai Municipi per custodire le opere di arti, altro imporne il modo. Può
quindi la Società raccomandare solamente la vigilanza per la conserva-
zione dei monumenti. La Società prende atto di queste dichiarazioni e lo
approva.
Sono eletti soci il prof. Giuseppe Schirò e l'ingegnere Emmanuel©
Portai.
II socio sac. Giuseppe Lagumina legge un suo studio sopra Knrìrn
Chiuramontt in rulermo dal 1303 al 13V7 ricacato da dncinnenti inedi-
ti (1).
Il Sffjrefat'io generate
V. LiMoi Di Maggio
(1) Qae«t« lettura fa parte di qucdli Atti.
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03
MEMORIE ORIGINALI
L'IiilBASCERIA DI EMICO [ÌIIAR.UIONTE E DI FRI PA^LO DE' LAP!
AL RE MARTINO ED ALLA REGINA MARIA
per la sommersione alla regia ubbidienza
delle città di Palermo e Monreale (1).
A niuiio tra i cultori della storia civile di Sicilia è ignoto
quel lustro turbolento ed infelice che per l'Isola corse dal 1392
al 1397, epoca che segna la venuta dei Martini tra noi, le lotte
estreme dei Baroni del Regno, la sonniiessione totale di esso
al nuovo dominio.
Quel periodo fu, per come meglio poteasi, illustrato ed espo-
sto dal compianto comm.Isidoro La Lumia neWe sue Storie Sicilia-
7^^, precisamente nel capitolo secondo del pregevole scritto / ^/zert/-
tro Vicari i (2). Pure, se si considera la ristrettezza di questo
scritto inteso a metter luce in un periodo che, per quanto breve,
altrettanto fu fecondo di avvenimenti, ben si scorge come più
lungo ed esteso sviluppo meritasse quel punto della nostra sto-
ria, mentre i fatti allora avvenuti restano tuttora intralciati e con-
fusi. Sebbene poi il La Lumia, primo a scrivere egregiamente su
queir oscuro periodo , si fosse avvalso dello studio dei docu-
menti ritrovati e nella nostra comunale Biblioteca e negli ar-
cliivii dell'Isola, molta dovizia tuttora ne resta sconosciuta, ines-
plorata, onde gran luce potrebbe a quel periodo tornare.
Or per caso mi è avvenuto di avere avuto presentate per
decifrarle dallo egregio mio amico e nostro socio il chia-
rissimo canonico Gaetano Millunzi da Monreale talune vecchie
carte slegate, appartenenti agli atti di Notar Manfredo La Muta,
rinvenute recentemente per avventura nella sistemazione dello
(l) Lettura fatta nella seduta sociale del 19 Febbraio 1890.
(2j La Lumia {Storie Siciliane) I quattro Vicarii, Voi. II. pag. 337.
Arcìu Stor. Sic. N. S. anno XV. 12
170 l'ambasceria di Enrico chiaramonte ecc.
archivio di una parrocchia di quella città. E studiandole , ho
potuto rilevare com'esse contengano due pregevoli documenti,
che riguardano appunto il cadere di quel periodo.
I Martini, venuti colla regina Maria a prendere il reale pos-
sesso del Regno, non poca opposizione e resistenza trovarono
da parte dei baroni e delle popolazioni, resistenza cagionata
non pure da interessi materiali, ma anco da interessi religiosi;
perchè i Martini, seguaci com'erano dell'antipapa di quei tem-
pi, non potevano andare a sangue ai Siciliani, ch'erano sotto la
ubbidienza del legittimo papa. Pure sottomessa la Capitalo, e
giustiziato il Chiaramente, restarono cosi terrorizzate le altre
città, che mano mano cominciarono a sottomettersi alla ubbe-
dienza reale , adescate dalle promesse che vennero fatte da
parte dei Martini di abbandonare, cioè, l'antipapa, e di entra-
re nella ubbidienza del legittimo pontefice.
Ma non durò molto questa sommessione ; e la colpa della
rivolta l'ebbero i Martini, perchè lungi d' usare una politica
prudente in fatto di economia amministrativa, lungi di adem-
pire le promesse date che aveano rasserenato le popolazioni nel
sentimento religioso, diversamente operando, spinsero un'altra
volta baroni e popoli ad innalzare lo stendardo della rivolta per
rompere il giogo e riacquistare la libertà. L'ultima spinta, per
dir cosi, alla sollevazione par che fosse stata data da Enrico
di Chiaramente (parente , o come qualche storico vuole , fra-
tello del morto conte di Modica) col suo ritorno in Sicilia.
Poco prima ch'entrassero nell'Isola i Martini, Enrico era u-
scito da Sicilia per domandar soccorso dal re Ladislao di Na-
poli contro il giogo catalano. Non appena fatto ritorno, saputa
la sorte toccata al suo parente, volle trarre profitto dagli ani-
mi esacerbati dall'inconsulto procedere dei Martini nella dispen-
sazione fatta delle cariche e dei feudi con troppo eccesso ai
Catalani, e nella persecuzione dei prolati del Regno, come a
nemici perchè fermi nella ubbidienza di papa Bonifacio; e ardi-
tamente riusci a capitanare la rivolta dei Palermitani. Né tar-
dò molto a scoppiare il malcontento dei baroni e delle altre
l'ambasceria di ENRICO CHIARAMONTE ECC. 171
città. Ribellaronsi quasi al tempo stesso Guglielmo conte di Cal-
tabellotta, Antonio Ventimiglia conte di Collcsano, Enrico Ven-
timiglia conte di Ceraci , Antonio Sclafani conte di Adernò ,
Bartolomeo Gioeni gran cancelliere del Regno, Manfredi Ala-
gona e molti altri della più alta nobiltà.
L'esempio dei baroni seguirono quasi tutte le città del Re-
gno, le quali rivoltaronsi contro re Martino, unendosi al mal-
contento dei baroni; siccliò non restarono in pocliissimo tempo
cbe pochi centri dell'Isola nella ubbidienza del re e della re-
gina. Ma nel rivoltoso e subitaneo movimento mancava un serio
indirizzo. Faceano difetto anco i mezzi opportuni a sostenere
la rivoluzione. Gli aiuti promessi dal re Ladislao di Napoli e
dal papa Bonifacio IX, cotanto sospirati, giammai pervennero;
onde la Sicilia die' di se per alquanti anni allora lacrimevole
spettacolo di guerriglie tra le fazioni indigene e le catalane,
senza che fosse riuscita mai a sopraffare del tutto le straniere e
vincerle. Da ultimo gli aiuti apportati da nuova gente d'armi,
venuta da Aragona a rafforzare l'esercito catalano dei Marti-
ni, fecero del tutto cadere gli animi già spossati dal lungo
guerreggiare, e mano mano sottomettere città e baroni al re,
questa volta per non più insorgere.
La città di Palermo, che si era mostrata forte ad insorge-
re, vacillò anch'essa quando vide la rivoluzione declinare per
tutto nell'Isola. L'Università, vista l'insufficienza a resistere al-
l'esercito catalano operante nel Val di Mazzara, determinò con-
chiudersi una tregua tra Enrico Chiaramente suo rappresen-
tante e Raimondo di Bages , nuovo maresciallo del Regno e
comandante il corpo di quell'esercito. Una ambasceria fu spe-
dita poco innanzi, a nome di Enrico e del Comune di Palermo
e dell'altro di Monreale che avea pienamente aderito ai Paler-
mitani, al re ed alla regina in Catania per avvisare ai modi
migliori della sommessione alla regia autorità delle due ri-
belli città.
Ora appunto gli atti della elezione di questa ambasceria
per parte della città di Palermo e di Enrico, e per parte del
172 l'ambasceria di Enrico chiaramonte ecc.
Comune di Monreale e di fra Paolo dei Lapi contengono i duo
documenti pervenutimi alle mani dalle carte di notar La Mu-
ta. Ognun vede da ciò quanto sia utile renderli di pubblica
ragione.
Il primo adunque è la procura fatta dal nobile Enrico di
Chiaramonte il 13 febbraio 1397 a Gilforte Riccobono, arcive-
scovo di Palermo, Odino di Pampara, Giovanni di Chabica, Mat-
teo Carestoni, Nicolò di Bologna per farla d' ambasciadori in
nome di lui e di tutti i suoi adepti presso il re Martino e la
regina Maria; per presentare e sottomettere alla approvazione
regia taluni capitoli proposti da parte sua e della intera Uni-
versità : quali capitoli diconsi, a nome di Enrico e dell'Univer-
sità, consegnati ai detti ambasciatori, siccome quelli che con-
tengono le condizioni clie si vorrebbero accettate per la totale
somraessione e ricognizione della regia ubbidienza. Colla me-
desima procura vengono autorizzate gli ambasciatori a chie-
dere in nome di lui e dell'Università la remissione delle col-
pe e delle offese fatte alle reali persone, non meno che ad im-
plorare le grazie, le immunità e le libertà indicate nei pre-
sentati capitoli.
Il secondo documento che porta pure la data del 13 feb-
braio 1397, contiene la procura fatta al medesimo scopo ed alle
stesse persone insieme ad altre per parte dell'arcivescovo di Mon-
reale fra Paolo dei Lapi e di quella Università che si trovava
nelle identiche condizioni della città di Palermo di fronte ai
Reali.
Nel chiudere questi brevissimi schiarimenti giova fare os-
servare che i nostri Storici , facendo menzione di questa de-
putazione inviata in Catania a nome delle città di Palermo e
Monreale, riportano i nomi delle persone ricordati nei due at-
ti, tranne quello di Giovanni di Chabica , il quale ò anco ta-
ciuto dal La Lumia in quel che fa parola dell'ambasceria di cui
trattano i documenti che vedono ora per la prima volta la luce (1).
(1) Op. oit., id., pag. 46Cb
l'ambasceria di ENRICO CHIARAMONTE ICC, 173
PROGURATORIUM PRO NOBILI HENRIGO DE GLAR^VMONTE
In nomine «lomin! nostri Jcsu Cin'isU Amen. Aimo a nalivitulc ojusdem
domini millesimo treeentcsimo LXXXXVII" mense fcbruarii die XIII" ejus-
dem mensis quinctc indicionis.
Rcj^nanlibus sercnissimis dominis nostris dominis Rege Martino et Regina
Maria dei gratia illustribus Rege et Regina Sicilie ac ducatuum athenarum
et neopatrie duce et ducissa, Regni vero dicti domini regis anno quincto et
diete domine regine anno XX" feliciter amen.
Nos Jacobus de Salomonibiis de orta judex felicis urbis Panormi, Maii-
fredus de la muta imperiali anclorilatc ubique et archiepiscopali tam in
terris et locis majoris panormitane ecclesie, (|uam mentis Regalis ecclesie
ipsarumqiie jurisdicioni subiectis Index ordinanus atijue notarius pnblicus,
et tcs'es subscripti ad hoc vocali specialìter et logati presenti scripto pu-
blico notum facimus et testamur quoJ nobilis et egrcgius henricns de Cla-
ro^ionte etc. faciens nos in ejusdem presencia accersiri nobis coram eo in
prcsencia infrascriptorum testium cxistentibus, confìsus de lìde indubia pru-
dericia experla et legulilate i)rol)ata ac reverenda paternitate Reverendi in
Cln'islo patris et domini domini gilfortis dei et apostolic le sedis gratia Ar-
chiepiscopi Panormitaiii, ac sanctissimi in Ghristo patris et domini domini
Ronifiicii divina providentia pape noni cubiciilarii, et ejnsdem sedis in regno
Irinaclie generalis collectoris, et nuncii apostolici specialiter deputati, et no-
bilium virorum odini de pampara, Johannis de chabica, domini Mathei de
Bonarnio, Mathei de Garaslono et Nicholai de Bononia sponte fecit, consti-
tuit et soleniiiter ordinavil eosdem revcrendum dominum archiepiscopum,
nobiles odinuni lohainicm, dominum Matheum , Matheum de Garastono el
Nicholaum de Bononia ])resentes et onus infitiscripte syndicaric et
ainbaxiarie in eos voluntarie suscipienles, suos veros et legitimos syndices
ambaxiatores et nuncios speciales ad conferenlum se pcrsonalitcr ad illuslres
el serenissimus principcs dominos nostros regem Martiimm et Reginani Ma-
riam predictos,et ibidem cum eisdem illustribus dominis rege et Regina confo-
l'endum proponcndum explicandum, Remissionem et gratiam impenetrandam,
presentandam et declaraiidam ambaxiatam et capilula constiluentis ejusdem,
(jne videlicet per ipsum constiluentem una cum universitate diete urbis dictis
syndicis et ambaxiatoribus suis et diete universitatis jam citatis constitutis
et ordinatis assignata erunt ; et per eosdem syndices et ambaxiatores trac-
landa, culliganda, itn[»etranda et allirmanda {sint), et cum serenissimis rege
et regina predictis eorumdemque capitulorura prcsentandorum et commis-
sorum acceptationem et oonlìrmacionem petendam, obtinendara et accep-
174 l'ambasceria di enricd chiaramonte ecc.
UiiiJiini; ime iiou iid sapplieaiuUim, tracUiuduiu et lirmaiKluin noiiiine ci prò
parie consliliiciiU.s jam ilicli cuiii duniinis i>nncipibus supradiclis de et sui)er
pclicioue, supplicaciouc et requisieione tam comitatuuin , terraruni, castro-
rum, pheudorum, boiioruni burgeiisaticnaiiii, nenioruin, nioleudinorum, ter-
raruni et locorum alioruin ac oiliciorum exisleutium in dicto Koguo Irina-
clie, quam gratiarum immuuitatuuiu libertatuuai et romissionum potitorutu
petitarum et declaratoruiii et declaratarum iu capitulis supradictis; ac de et
super coulirmacioue et acceptacione capitulorum ipsorurn , et remissioiieiu
omnium et singularum otlensarum culparum et ncgligcnciarum commis-
sarum atque perpctratarum per eumdem constitueiitem et suos sequaces et
coadhcrenles erga dominos principcs supradictos et in crimine lese maje-
stalis et ctiam in prÌ4uo capile; ac eciam privi legiorum et graciariiin con-
cessorum et coucessarum antiquis imporaloribus v^t regibus , et olììcioriun
debilorum civibus urbis jam diete conlirniacioneui et coucessionL'ui peleudi
et obtinendi, lidem manus et oris, homagiuin raciciidum promicteudum pre-
slandum servandum et obliganduin de legalitalc perpetua scrvanda serenis-
simis dominis rcge et regina predictis eorum liLM-cdibus et subcessoribus iu
perpeluuni: ipsamque pelendani et recipiendam nomine et prò parie douìini
conslilucntis suorum coadlierencium et se({uacium ab eisdem doti inis prin-
cipibus, omnem(|ue acceptacioncm remissionem conlirmacionem et graciam
per diclus don)inos regem ci rcginatn iacicndam circa prciiictum et (|uod libct
prediclorum nomine et prò parte conslilucntis predicli, suorum ooudìiercn-
liiiuni et scipiaciuni acceptandam et recipiendam et Iacicndam gencraliter
ad omnia et singula suj)radicla congrcssa et dependoncia ab eisdem in certis
capilulis coìitenta et dcclarala , lanlum dumluxat proni et sicut (|uilibet
veri, et Icgilinii syndici alquc umbaxiatores lacere possunt atque debcnl, et
(juc diclus conslilncns faccrc possit si sua sjionlc ()ersonaliler intcressctj
dans et concedens dominus conslilucns tam suo nomine quam dictorum
coadhfrentium et scquacium suorum cjsdem syndicis et ambaxiatoribus
xuprr premi-ssis et quolibet prenussorum prescri]itoruni congrcssis et de-
(NMideiilibus ab isdem in diclis tamlum capilulis coidenlis et declaralis,
plenum liccncium f-t libcram potestalcin cum libera et generali administra-
cionc ac speciali mandalo faciendi et excqucndi, eciam si t diter essent quod
lu'indalum exigercnt speciale, suljstanlia dictorum capiiulorum nimine
prclermi»sa; et volcns diclus conslituens cosdem suos syndicos et amba-
xulore» «upr.» prcmissis omnibus et (juolibct premissorum relcvare ab omni
onere salisfacicndi Jideijubcndi [)ro eis personis tam suo nomine i)roprio quam
diclorutn suorunt scquacium et coadhercncium milii nolario pulilico ut per-
MOiii publitiu in ollicio meo publico i)ro parte ci nomine omnium quorum
Interest HCU inlercrit legitimc slipulaide de suiirascriptis omnibus et singulis
uditnpl"ndin uUcndendis r:dis luibcndis et obscrvandis inviolabililer in paco
l'ambasceria di ENRICO CHIARAMONTE ECC. 176
et de plano bene et legaliter si ne fraude et in nullo contrafacere vel venire
nec contravcnienli consentire de jure vel de facto in pace de plano sub ypo-
theca et obligacione fìdelitatis legalitatis et honoris constituentis jamdieli
proprio suo nomine ae reflcionc dapnorum interesse et espensarum lilis et
extra, dictumque presens mandatum amljaxariam et syndicariam jaindictas
nullo modo revocare, ipsacjue omnia siugula attendere et adimplcre in pace
ut supra: diclus constituens in manibus mei predicti notarii Manfredi de la-
muta stipulante nomine ])rincipum prediclorum corporaliter lacto libro de-
bito ad sancta Dei evangelia prestitit juramcntum sub pena unciarum auri
duarum millium ad opus regie curie et partis (servicii) a me nolano pu-
blico ut persona publica prò parte diete curie soUemniter stipulante et a
dicto conslitueiile sponle promissa sub dieta vero pena commissa soluta
exacta vel non aut gratis remissa omnia et singula supradicla in corum ro-
bore proprio perseverent, sub ypotliec.i et obligacione omnium honorum
suorum iiajjitorum et habendorum ac relìcione da|inorum interesse et cxpcn-
sarum lilis et extra , me notarlo publico ut persona publica prò parie et
nomine serenissimorum principum supradictorum abscntium cilicio meo
publico soUemiiitcr stipulante, in omnibus et singulis supradiclis et quo-
libet prediclorum per dicium constiluenlem promissis et slipulatis. In cuius
rei testimotiium et ut do premissis omnibus et singulis ajìud serenissimos
princi|)es supradictos et generaliter ubique loconmi liabealur piena lides ac
omnes quorum interest ani inlereril caulelam , factum est ex bis presens
publicum instrumentum per manus mei predicti notarii Manfredi de lamuta
meoque solilo sigillo signatum nomine quo supra judicis et notarii et sub-
scriplorum leslium suljscriptioiiibus et testimonio roboralum. Aduni Pa-
normi in hos[)icio consliluentis predicti, anno mense die et indicione su[»ra-
scrijjtis.
Tesles Dominus ilodericus de Palmerio miles; Dominus Franciscus de
aserio miles ; reverendus frater Paulus Archiepiscopus Montes Uegalis ec-
clesie ; Fraler Antonius de Glaromonle Abbas monasterii Sancii Spirilus,
Frater Nicolaus Domini Sari abbas monasterii Sancte Marie de allo fonti
nominati de parco, index Perinus de Florencia in jure civili licencialus lie-
nedictus de Palmerio; Dominus Antonius Francus juris canonici et civilis
professor, Berlinus de Imperatore, Dominus Aulonius de Maniscalco cano-
nicus panormilanus, Aloysius hicobi, Antonius lacobi nolarius, Ioannes de
ludici facto et nolarius Melohiorus de Lippo.
176 L*AMB\SCERIA DI ENRICO CHIARAMONTE ECC.
PROGURATORILM PRO REVERENDO ARCHIEPISCOPO MOXTIS
REGAUS ECCLESIE ET UXIVERSITATIS CIVITATIS IPSIUS.
In nomine Domini nostri Icsu Chrisli amen. Anno a iiativitate ejusdem
M"'CCC°LXXXXVII'' mense februarii die XIIl" cjusdom monsls quiutae in-
dictionis, re-j'uanlibus sercnissimis domini» nostris Uogc ^Martino et Regina
Maria dei gracia illustribus rege et regina Sicilie ae ducatuum allicnarum
et ncopatrie duce et ducissa, Regni vero dicti domini rcgis anno quinto et
domine regine diete anno XX" felieiter amen.
Nos lacobus de S;ilomonibus de orla legum doctor Index lelicis urbis
panormi, Maiifredus de lanuila impellali aucloritate nbique et arcliiepisoopali
lam in lg"ns et locis inajoris panormilaiie ecclesie quam monlis regalis ec-
clesie ipsarunijuc jurisdiclioni subieclis judex orilinarius atque notarius pu-
blicus, et lestcs subscripti ad lioc vocali specialiler et rogali presenti scriplo
p":blico noUun l-icimus et tcstamur quod Reverendus in Ciu'isto pater et
(luminus fraler Paulus Dei et apostolice sedis gralia archioprscopus montis
llegsdis ecclesie, facicns nos in ejus presencia evocari noltis coram eo exi-
stenlil)us in [ìresencia infrascri[)torum teslium, coniìsus de tìde indul)ia pru-
dencia ci legalilale probatis ae veneranda palernitate reverendi in Chrislo
palris et domini domini gilforlis dei et apostolice sedis gmtia panormitani
arclncpiscopi ac sanclissimi in Chrislo palris et domini nosti'i domini Ro-
nif.icii divina providcntia rajìe noni, cubicularii et ejnstlem sedis in regno
triiiaclic gencralis coUectoris et nuntii apostolici specialiler deputati, et no-
bilium virorum odini de pampara Joamns do ciiabica, domini Malliaei do
Ronanno, Matlhei de Careslono allerius judicum ydoitarnm diete url)is et
Nicolai de Bononia allerius cx-juralis urbis i])sius civium diete urbis sponte
lam prò te, suequc ecclesie prodicte, cleri, capiluli, granchiarum, benelìcia-
lium, abbacianim et monacorum, quam universilalis hominum eivitatis Mon-
lin Rcgilis ecclesie predicte fecit, consliluil et solepniter ordinavit eosdem
revcrcnduni dominum nrchicpiscopum, odinum, lohannem , dominum Ma-
thetiin, .Mallljcum de Careslono et Nicolaum de Rononia pivsentes et omis
infraHcriple «yndiearicet aml)axarie in eos voUnilarie et spont.niee suscipieu-
tc« ffUOK et diclorum cleri, capiluli, granchiarum, benellcìalium, abbaciarum
mon:iC«>nim «'d universilalis bomimmi eivilalis Montis Regalis veros et le-
t^liiiioi syndico?» und»a\ialorcs et ninicios speciales ad conlerendum se per-
winnliter ud iUuHlrisslmos et 8Ci*cnl8.simos dominos dominos noslros regem
marlinuin ot reginam mariani snpradiclos, et ibidem cum ejsdem illustril)us
dduitnii ffge et regina conferiMnlum, proi»onendiim, cxplicandnm, remissio-
nrm ri griicinin im|N!lniiid»m , prcsonUindum ci declurandam nmbaxiutam
ri r.ipitulu ijundem domini coUMlituentis qtie videlieet per i|isum constiluen-
tcm noinlnlbns ({uibuD supradiclis syndicis et uml)a.\aturibu3 assignula erunl,
l'ambascerìa di ENRICO CHIARAMONTE ECC. 177
decretata et dcscripta iiitcr capitula taiii univcrsitatis felicis urbis panormi,
(luam nobilis et egregii Henrici de claromouti, et per eosdem syndicos et
anibaxatores tractanda, colligaiida, impelranda et aifirraanda, de et ciim se-
rcnissimis rege et regina i)rcdiclis eorumdcmque capitulorum presentando-
min et promissorum ex parte constituentis ipsius quibus supra nominibus
aceeptacionem et contìrmacionem i)clcndam oblinendam ed acccptandam;
nec non ad supplicandiim tractandum et confirmandiim norainibns quibus
supra cuni screnissimis principibus supradictis de et super peticione snppli-
cacionc et rccjuisicioncgratiarum iramunitatuum libertatuum et remissionum
in dictis capitulis contentarum et declaralarum, ac contìrmacionem et accep-
tacionem capitulorum jamdictorum. atque remissionem omnium et singula-
rum olTensionum culparuin et negligentiarum commissarum ac perpetrata-
rum olim per constituentem (>umdem diclamque universitatem Mentis He-
galis et suos clerum et alios subditos diete sue ecclesie superdictos erga se-
renissimos prineipes supradictos, et in ci'iminc lese maiestatis et eciam in
primo cnpitulo privilegiorumque et graciarum concessorum Indultorum seu
concessarum anliquis imperatoribus et regibus prelalis diete ecclesie prede-
cessoribus suis, eidemque sue ecclesie monacis et conventui ac universitatis
civitatis Mentis Regalis predicte,et ollìciorum dcbitorumet concessorum cuil-
libet diete civitatis Montis Regalis contìrmacionem et concessionem peten-
dam et oblinendam lìdem manns et oris homagium faciendum presentan-
dum [)reslandum servandum et obligandum dclegalitate et lìde perpetua scr-
vanda sprenissiuiis principibus supradictis eorumque heredibus et subcesso-
ribus in perpetuum, ipsamque petendamet recipiendam nomine et prò parte
constituentis predicti quibus supra nominibus ab eisdcm dominis rege et re-
gina, omnemque acccptacioncMn et remissionem cc^nfirmacionem et graciam
[ler dielos dominos prineipes iaciendam circa predida et quodliljet predic-
torum nomine et prò parte dicti constituentis quibus supra nominibus ac-
ceptandam et recipiendam, et faciendam generaliter ad omnia et singula su-
pradicla congnes!>a et dependencia ab eisdcm in dictis capitulis contenta et
deolcimta, tantum dumtaxat prout et sicut quilibet veri et legitimi syndici
atque ambaxiatores lacere possunt atque dcbent, et quo dictus constituens
quibus supra nominibus tacere jìosset si (sua) sponte personali ter interesset:
dans et ooncedens dictus constituens quibus supra nominibus eisdcm syndicis
et ambaxatoribus suis super predictis et quolibet predictorum congnessis et
dcpendentibus ab cisdem in dictis tantum capitulis contentis et declaratis ple-
nam licenciam et liberam itotestatem cum libera et generali adminislracione
ac speciali mandato liiciendi et contractandi eciam si talia essent quo man-
datum exigcrent si)cciale, substancia dictorum capitulorum nemine praeter-
missa; et volens dictus constituens quibus supra nominibus eosdem svndicos
et ambaxatores jamdictos super predictis omnibus et quolibet predictorum
Ì78 l'ambasceria di BNIÌICO càlARAliONTE ECC.
relevare ab onini onere salisfandi et fiJeijubendi prò cis personis quibiis sii-
pra noniiiiibus mihi notario publico ut persona publica officio meo publico prò
parte et nomine omninm quorum interest seu intererit legaliter stipulanti; ile
premissis omnibus et singulis adimplendis , attendendis , ratis habendis et
inviolabiliter observandis in pace de plano bene et legaliter sine fraude et
in nullo contrafacere vel venire contravcnienti consentire de jure vel de
facto in pace (ul) supra sub ypotheca et obligacionc fidplitatis legalitatis et
honoris constituentis supradicti quiltus supra norainibus ac rcficionc dapno-
rum Interesse et expensarum litis et extra, dictumque presens mandatum am-
baxarìam et syndicariam jaradictas nullo modo revocare, ipsaque omnia et
singola attendere et adimploi-e in paco ut supra: dictus constituens quibus
supra nominibus in ejus conscienciam juravit sub pena urdarum auri quin-
gcntarum ad opus regie curie a me notario pubilco ut persona publica prò
parie diete curie solenniter stipulante ed a dicto constituenti quibns supra
nominibus sponte promissa; sub pena vero jani dieta commissa soluta vel
non aut gratis remissa predicta omnia et singula in eorum robore remaneant
sub ypotheca et obligacione omnium honorum siiorum dicteque sue eccle-
sie et diete universitatis Montis Rogalis habitorum et habendorum ac rcfi-
cionc dapnorum interesse et expensarum litis et extra me notario publico ut
IKjrsona publica prò parte et nomine serenissimorum principum prcdiclorum
ubscncium, ollìcio meo publico solcmnitcr stipulante in omnibus et singulis
Hupradictis et quolibct eonimdem per dictum constituentem quibus supra no-
minibus promissis et stipulatis. In cujus rei toslimoniuni et utdesujirascriptis
premissis omnibus et singulis apud doininos i)rincipes supradictos et gcncra-
liter apud omnes ubiquc locorum habeatur piena fides ac omncs quorum
interest seu intererit cautelam, factum est ex ois presens publicuni instnnnon-
tuni per nianus mei pre'dicli nolarii Manfredi de Lamula, meoquc solilo si-
gillo signatnm nomine ([uo supra ludicis et notarii et subscriptonin) leslium
sub.tcripcionibus et testimonio rol)oi*atum: aduni Panormi in'hospicio dicti no-
bilis et egregii Henrici de Clarainonle anno mense die et indicione siipra-
seriptis.
Testcs... ut supra.
Palermo dalla Biblioteca Comunale, 2 febbraio 1890.
Luigi Boglino.
I/EPIDEMLV D'INFLUENZA DEL 1557 IN PALERMO
E LE PROPOSTE PEIl IL RISANAMENTO DELLA CITTA'
FATTE KEL 1558
DA G. F. INGRASSIA (1)
Nel 1557 la città di Palermo era visitata, forse la prima in
Italia, da un' epidemia d' Influenza, che è tra le prime nieglio
accertate, e un anno dopo da un' altra di Meningite cerebro-
spinale, e quindi a breve distanza o forse nello stesso tempo
da febbri malariche (2). Per.tanto il Senato della città, preoc-
cupato del succedersi di tante malattie epidetniall e popolari,
si rivolgeva a Gian Filippo Ingrassia, che esso nel 1553 a-
veva chiamato da Napoli a Palermo come lettore di ìnedi-
cina (3), per sapere di che mali propriamente si trattasse , e
quali pubblici provvedimenti fossero da adottare contro di essi.
« Illustre signor Pretore , et voi spettabili signori Giurati ,
cosi si esprimeva I'Ingrasslv, le Signorie vostre ne fecero
questa proposta, cioè che le dicessimo in che stato si trova
hoggi la Città, circa le inlirmità che corrono. Secondariamente
qual sia la causa primiera, cioè donde proceda et habbia ori-
gine cotal mortalità di gente et concorso d' inflrmitadi, quali
regnano in questa città. Terzo che essito pensiamo che deg-
giano bavere, cioè quando s' haveranno à Unire. Et ultimo che
le volessimo dichiarare se ci è qualche rimedio , co '1 quale
(1) Nota lotta alla Soc. di St. patria, nella seduta del 9 Febbraio 1890.
(3) V. gli Annali delle epidemie occorse in Italia del Corradi, Bologna
18(35; e la mia monogralia sulla Meningite cerebro-spiìiale in Sicilia, Pa-
lermo, 1885.
(3) V. Salomone-Marino, Documenti su G. F. Ingrassia, nell'Archivio
Stor. Sic, N. S. 1887,
180 l'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo
potesseno sue Signorie al male presente occorrere, come quelli
che hoggi hanno la cura di questa Città ».
L'Ingrassia rispondeva cosi ai 18 di settembre del 1558
con una relazione verbale, o forse, come meglio diremmo oggi,
con una pubblica conferenza, cioè con un Ragionamento, fatto
alia presenza del Magistrato sopra le infìrmità epidemiaU e
popolari successe ìielFanno 1558. Questo Ragionamento veniva
poi pubblicato nel 1500 assieme al Trattato assai bello et id ile
di dm mostri, ecc. (trattato, che è una delle prime pubblica-
zioni più importanti, che si conoscano di teratologia (1)); e
questa pubblicazione costituisce una vera rarità bibliografica,
non conoscendosene oggi che appena quattro esemplari , cioè
uno nella Biblioteca Mazzarina di Parigi, due nelle due biblio-
teche pubbliche di Palermo, ed una incompleta presso di me (2).
Forse questa rarità, oltre alla fretta, con cui oggi si va nelle
pubblicazioni mediche , à fatto si che quel Ragionamento sia
restato poco raen che sconosciuto, anche da chi cita pur I'In-
GRASsiA, e r Informatìone del pestifero et contagioso morbo ctc.
del 1575 ; nella quale il nostro autore torna pure a parlare di
questa epidemia del 1557 , come anche di altre ad essa po-
steriori.
Pertanto ò creduto opera non del tutto inutile farne oggi
parola; anche perchè, a prescindere dall'interesse odierno de-
stato dalla curiosità, sarà grato e forse anclie utile, e non solo
ai cultori della medicina, ma benanco ai cultori delle patrie
memorìe, conoscere le idee, che regnavano appo noi nel 500
intorno alle epidemie ed alle misure di jiiibblica prolìlassi, tanto
più che r Inguassia svolge un vero e proprio progetto, come
oggi diremmo, di risanamento della città. Ed infine ò pensato
(1) Roccntcmciilc ù slulu ripulihliculi) nella Storia dciln teratologia doì
prof. C. Tanini, lJ<)lo{,'nit, U. Tipoyralia 18H1-8G, v. 8".
(2) Al IHiri, f|uan(lo iii^flHunu copia ce n'uru nelle nii)liolcclic di Pulcniio,
qiicfllo opiwcolo fu rlcMcrillu (lui (Ioukadi (/. e); puro I'Evola al 1878 (S(o-
ria lipogniticolnttcniria *W\ kccuIo XVI iu Sicilia) lo dice: « rarissimo, nò
mai detorilto dai notlri bibitugratl >.
l'epidemia d'influenza del 1557 in palekmo 181
che non sia discaro alla Società siciliana per la Storia patria,
la quale comincia ora a tenore le sue sedute in questo chiostro
di S. Domenico, il rievocare una delle più belle figure dei let-
tori di quello Studio, che qui oljbo sede nei secoli XV e XVI:
ed assieme al nome dell' insig-ue anatorao, gloria della Sicilia,
già corre per la bocca di voi tutti quello, non meno glorioso,
del padre della storia siciliana, che qui leggeva fllosofla e teo-
logia nello stesso tempo che I'Ingrassia medicina; e compiva
la pubblicazione delle due decadi de Rèbus Siculls proprio nello
stesso anno (1560), che quegli metteva fuori quel Jrattato dei
mostri, e quel modesto Ragionamentj, di cui ora è parola.
Tornando al quale, dirò che l' Ingrassia comincia col dare
una idea sommaria delle febbri pestilenziali, delle ([urVi iVisiìn-
gue sette specie; e quindi viene a descrivere così T epidemia
d'Influenza del' 57: Nel giorno di Santa Cristina (1) venne
nelle campagne di Palermo « crudelissima resina la quale
ammorbò tutti li arbori et fermenti et orzi, et si raccoglieva
sopra di quelli una rugiada rossa viscosa, come una velenosa
forruggine, la quale non fu senza influsso et alteratione venula
dal cielo, et quella a poco a poco si moltiplicò ancora nelli
corpi humani, et però non passarono troppo giorni, che pigliò
per tutti con un modo contagioso, di sorta che universalmente
per tutto il Regno et più oltre fu quel catarro con gravezza
et dolor di testa, ros.^ezza di fronte et d' occhi , con che tutti
lo esperimentammo ; et si vid(! chiarissimamente, che fu cosa
epidemiale, cioè universale a tutto il popolo Et non fu
tale alteratione in quel tempo mortalo, non liavondo troppo
(1) La festa di Siulti Cristina si celebrava (e si eie! ira) «lue volici al-
l' anno, nella [)riina domenica di ^ilaijgio per la lrasla:tOiìC, ed ai 2ì di lii-
j>;lio per la morte: nel maggio si teneva la fiera i^m- 1 1 dtiral;) di 1"> gioi-ni,
dalla prima alla terza domenica (V, Mongjtore, Lu traile lf:ilr di P.il. i-ìhd,
Ms. della Comunale di Palermo, segn. Q([, E. 3, p. 87). Peitanto qui j»er
giorno di Santa Crislina è da intendere il 2 maggio { prima domenica di
maggio 1537), e non il 24 luglio, come ritenne il Corradi (Z. c), poco ba-
dando che con tale data mal combina quanto dice 1' Ingrassia.
182 l'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo
furia ne gran potenza. Ben è vero che lasciò li corpi assai
maltrattati et massimamente quanto alla testa, nella quale fu
grande afflittione».
Questa è la descrizione lasciataci dall' Ingrassi a dell' In-
fluenza del 1557, e, per quanto breve, essa è abbastanza pre-
cisa, in modo da essersi potuta identificare senza alcuna difìi-
coltà dagli epidemiologi , tanto più che con ossa , e con gli
altri particolari, lasciatici pure dallo stesso autore noli' /;z/br-
malione del 1575, concordano perfettamente le notizie, che in-
torno a queir epidemia, diffusasi poi a tutta Europa od anche
air America, ne lasciarono Andrea Bacci, Gabriele Falloppio ,
il Mercati, il Rivedo, il Vallediola, ed altri. (Cfr. Corradi, l. e,
ZfiLZER, Influenza, Schweissfriesel, etc. neWIIanclbitch del von
Ziemssen Bd. II.)
Questo quanto al quadro sintomatico del morbo; quanto alle
cause è notevole , che il nostro siciliano , allontanandosi non
poco dalle credenze astrologiche, allora dominanti, si limita
semplicemente ad accennare ad un influsso et. alleratlone del
cielo, e più giù (a proposito delle febbri dell'estate 1558) al-
V entrata del sol: in Leone con conglonilone di Marte) e lascia
interamente agli astrologi « la dichiara tiene particolare degli
influssi, secondo le varie congiontioni » : e questo si noti in un
tempo, quando da tutti, anche dai medici e dagli uomini più
reputati per dottrina (e valga per tutti Girolamo Cardano) non
si faceva altro che almanaccare e stillarsi il cervello per {spie-
gare tutti gli avvenimenti , e non di epidemie soltanto , colle
congiunzioni e costellazioni dei pianeti ; né più né meno come
il Don Ferrante di Alessandro Manzoni (1). Il nostro se la sbriga
(i) Cosi il modico Scba»liano Papirella a spicjjaro un' opiduniia occoi'sa
nel 1-V>4, pure prohnbilmc'nli^ «r hilliujnza, tira iti campo Saturno, Mari» o
Venere: •Situruu.'» ciput (Miniti rcplet ; Mars aulom suo cxcJodMiti cnloro
llbm illuwlvil et {\wrc facit, ctc. ctc. ». Ed il IJorillijlio di Messina delia pe-
«to *lfl l.'>75 credeva • cmsim'i; Viipon; maligno conoroato por maligna costol-
laziono «lei Huncli, nemico ulVallo allo spirito vitale dell' lìuonio ecc. ». (Cl'r.
U CoRitADi, op. cU.). E cotfl tanti uUri, cliu si potrel^bcro citare n centinaia.
l'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo . 183
con queir accenno ; ed invece afferma recisamente il contagio,
pur facendolo consistere in quella ferruggine raccoltasi sopra
le piante ; ed ancora più esplicitamente più innanzi a proposito
delle altre infermità, che successero all' Influenza, (e che, se-
condo è dimostrato nel mio succitato lavoro, sareb])ero fel3])ri
malariche, e meningite cerebro-spinale), aggiunge : «parte per
lo gran calore , parte per lo malo influsso de' cieli , in quel
tempo cominciarono a disseminarsi per l'aria alcuni atomi chia-
mati principi seminari di malignità »; e questi atomi
« si sogliono ritenere nell'aria per molti tempi, et infettare po-
scia gli huomini , li quali ispirano con lo hanelito queir aria.
Egli è ben vero, che non tutti, ma quelli che sono disposti più
de gli altri, et hanno con tali principii seminali simboleità (per
così dire) et conformità ; quelli solo s'infettano, etc ».
Come si vede, basta sostituire la parola w/cro^/ alla parola
atomi, 0 principi seminari,, o sperma, come pur dice più oltre,
e variare qualche altra espressione, perchè quelle idee intorno
ai contagi ed alla ricettività individuale, emesse più di tre se-
coli addietro, in nulla diff*eriscano da quelle, che oggi sempre
meglio si vanno dimostrando per vere : e ciò senza la pretesa
di gabellare I'Ingrassia per uno d(n precursori delle moderne
dottrino.
Ma pur non discostandosi gran fatto dalle dottrine dei suoi
tempi, egli si avvicinava di molto alle moderne, anche nell'ul-
tima parte del Ragionamento, in cui tratta dei rimedi; e «non
de gli nostri rimedii, avvertiva egli ai Rettori della città, come
medici alli particolari, perchè quelli havemo da provedere noi, et
si potrà disputare altra \olta; ma quanto a quello, che le Signo-
rie V. ricercano da noi, cioè che possano esse provvedere all'u-
niversale ». E qui si noti il retto criterio di quel nostro antico, il
quale, parlando a persone estranee alla scienza medica, si guarda
bene dall' indicare questo o queir altro rimedio, questo o quel-
r altro metodo curativo, ben sapendo come da ciò possano na-
scere equivoci deplorevoli; esempio questo degno di essere
imitato anche ora dai molti, che recentemente anno divulgato
184 l'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo
su pei giornali delle ricette per l' Influenza, raccomandando il
salicilato di sodio, l' antipirina, o che so io. Dei rimedi però
parla nella Informatione del 1575, dopo avere accennato al
decorso della malattia ; a proposito del quale dice , che tutti
i sintomi assieme alla lebbre non duravano più di quattro
giorni, e che sebbene a principio minacciassero gran pericolo,
pure tutti eratio salubri: « Non vi era bisogno di syroppi, nò
di medicina purgativa, se non di cavar sangue, et di confet-
tioni con bever acqua Ma quei che aveano qualche rot-
torio {cauterio)^ il primo giorno solamente a pena per 12 bore
haveano i predetti syntomi in testa. Et subito poi si lìormu-
tava il male tutto al luogo del rettorie , diventando (piello
rosso e al secondo giorno si ritrovavano
guariti ». (op. e, parie L cap. V.)
Venendo ora alle misure , che proponeva V Ingrassia al
Magistrato per ovviare a quei mali (che erano, come si è detto,
venuti dopo dell'Influenza); prima di tutto egli per gli antichi
esempi dei Greci e dei Romani e della Sacra Scrittura, consi-
gliava d' implorare la misericordia divina con orazioni, proces-
sioni , e fipec lai mente colle elemosine : « se quelli che erano
Gentili , servi più tosto del diavolo che di Dio , con orationi ,
elimosine et sacrificii placavano /'/;•« D/o (!?), quanto più
noi doverao farlo essendo Christiani ?
Seguano dunque le Signorie V. con processioni quali hanno
cominciato, et di più facciansi elimosine, massime in soccorso
di tanti poveri, che si muoiono nello lor case, per non bavere
alcuna speranza di aiuto, né di comprarsi pane, sendo infermi
loro con tutti li figlij, et ve ne son di quelli che sono morti,
né hanno avuto il modo di poterli sotterrare, et tenutigli fe-
tentissimi insino h tanto che alcuno se ne sia mosso a com-
passione. Con orationi dun(|ue, processioni et sopra tutto con
liraosine si placcherà V ira di Dio, la quale muove o permette
muoversi le seconde cause. Et questo è lo primo rimedio uni-
versale quale tocca alle Signorie Vostro illustrissime et spot-
l'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo 185
tabili ». E questo rimedio vediamo tuttora eseguirsi dalle no-
stre autorità in tempo di epidemie, se non colle orazioni e pro-
cessioni, coir istituzione delle cucine economiche, colla sommi-
nistrazione di boni per coperte, per alimenti e simili ai poveri
curati dalla condotta medica.
«Secondo conviene, seguiva 1' Ingrassia, purificarsi l'aria
della città, con levar tutte le cause, che le inducono humidità,
et accrescono putrefattione : così prima si levino le stazzoni (1)
del ponte dell' Armiraglio donde avviene che per la
vicinità di quel luoco ogni anno sono più ammalati nella
Chalza che in qualsivoglia altra parte à tanto per tanto ». E
consiglia di trasferire quelle stazzoni alle Ficarazze, e di le-
vare anche l'altra che si trovava dentro la città «infra la porta
di Termini et la porta di Sant' Agata » (2) ; ecc.
« Terzo le Signorie V. avvertiscano di levare l'acque morte,
le quali sono intorno alle mura, che corrompono 1' aria della
Città, et perchè non se ne facciano più, è bene che li fossati
habbiano la sua dipendenza (pendenza), et essito al mare dall'un
lato et dall'altro della città (3), massime quella che muore intorno
al Palazzo, ove bave d' habitar sua Eccellentia tanto dalla parte
ove il muro si ruppe (4), quanto dalla parte di quella fonte
(1) Sic. Fabbrica e forno di mattoni, tegole e simili.
(2) D. Vincenzo Di Giovanni (il quale scriveva nei primi del secolo XVII)
accenna ancora a questo stazzane nella strada che da porla di Vicari Ca-
perla nel 1600) andava a porla di Termini , seguendo le mura della città.
(V. Palermo ristorato nella Biblioteca storica e letteraria del Di Marzo
V. X p. 212). Ora n'è rimasta memoria nel nome dell'attuale via Stazzane.
(3) Per conseguire questo scopo , ancora al 1622 si ordinava che « la
pietra rotta per servizio delle fabbriche private » si dovesse prendere dalle
fosse attorno la Città, e più precisamente vicino porta Mazzara. (V. Capi-
toli del Conte di Castro, cap. CXXXV a f. 164 dei Capitoli^ ordinazioni ecc.
ediz. del 1745).
(4) Questo muro si ruppe press'a poco nel luogo ove poi al 1620 fu
costrutta la porla di Castro , cioè dalla parte ove allora esisteva l'antica
chiesa di S. Maria d'Uria, come si legge nel Diario di Niccolò Palmeriuo
(v. la cit. Bibliot. del Di Marzo v. I, p. 19), e quelle altre di S. Giorgio e
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XV. 13
186 l' EPIDEMIA d'influenza DEL 1557 IN PALERMO
chiamata da me Aretusa (come appare in quel motto in lettre
marmoree scritto, ne i tempi della academia approbatome ispe-
cialmente dal generoso et humanissimo Don Mariano De Bo-
logna allhora nostro Prencipe) sotto la porta Nova, (1) et così
al Pepirito (2).
Quarto si provega à levarsi queir acqua che muore vicino
alla Panneria, sotto Santo Spirito (3), che quella si vede hoggi
verde et fetente, et è causa di corrottissima evaporatione.
di S. Mercurio, secondo lo Zamparrone {ihid. v. I p. 234) , ed il La Rosa
{ibid» V. U p. 189), nell'occasione dell'alluvione del 27 settembre 1557, cioè
del Diluvio, cui più innanzi accenna il nostro A., alluvione, la cui memo-
ria restò per lungo tempo tradizionale, intendendosi volgarmente sotto il
nome la china (piena d'acqua). Infatti a causa di eccessive piogge ingros-
sarono talmente le acque del torrente Cannizzaro (Ain-nazr), detto ancora
di Maltempo, o più anticamente di Kemonia. che rompendo in quel punto
le mura della città, dilagarono dentro, producendo morte e rovina, special-
mente a Ballarò , alla Ruga nova, alla porta dei Patitelli e più olire alla
Bocceria vecchia e alla Loggia. Secondo il Fazzello le case rovinate fu-
rono circa duemila, infinite secondo il Palmerino : questi calcola i morti a
circa seicento, quegli li fa salire a tremila.
(1) Questa fonte à dato molto da dire e da fare e da un pezzo ai nostri
eruditi. Essa è l'Averinga o Gamberlingo, chiusa nel 1553 dal pretore Ce-
sare Lanza, e chiamata Aretusa, come oia apprendiamo, dall'Ingrassia, in
una sua iscrizione, riportata anche dal Di Marzo (op. e. v. I p. 274 in nota),
il quale però cogli altri l'attribuisce a Paolo Gaggio, segretario della Città,
fondatore dell'Accademia dei Solitari. Quest'Accademia, cui accenna il no-
stro A., visse dal 1549 sin verso al 1554 (V. Narbone, Bibliografia sic.
sittem. V. n p. 101).
(2) V. appresso.
(3) Notava il Di Giovanni (/. e. p. 204) : l' edificio della Panneria (co-
struito nel 1550) « aveva un fiume innante per lo suo esercizio : ma oggi
non serve più per panni, ed il fiume è coperto. Aveva una fonte, che span-
deva (juaiitilà di acque; ma ora ne versa assai poca, essendosi dimesso l'e-
sercizio dei panni >. Infatti al posto di questo edificio della Panneria sor-
geva nel 1591 il Monte di Pietà, (cfr. Palermo, Guida di Palermo 1858
ffUtm. IV p. 564).
Santo Spirito era una gancia od ospizio dei Cassinosi di S. Martino delle
Scale.
l'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo 187
Quinto si provegga di coprirsi il fiume della Conceria (1), per-
chè vi gettan dentro tutti gii strafizarij {macellai) della Bu-
(1) Le acque provenienti dalla palude del Papireto, e dalle tante sorgive
esistenti ivi e più giù, formavano ancora ai tempi dell' Ingrassia un vero
fiume, ciie scorrendo per la Guilla, la Panneria, la Bocceria nova, la Gon-
cevia, la Bocceria veccliia, il piano di S. Giacomo, si scaricava quivi presso
nel porto antico, ossia nella cosiddetta Gala; dividendo così , anello a quei
tempi ((juando la città andava rapidamente tnisformandosi ed assumendo
l'aspetto che a ora) la parte antica, Kasr, Cassaro, dai nuovi quurlicii, Trans-
papiroto 0 Seralcadi, Gonceria e Loggia. Esso fu chiamato comunemente
lìumc del Papireto, od anche fiume della Gonceria, perchè passava per il
quartiere e la piazza della Gonceria (trasformata questa al 1833 nell'odierna
Piazza nuova), e servì per mollo tempo e per gran tratto del suo decorso
all'industria dei conciatori di pelli: però il tratto presso la Panneria ri-
tenne, come abbiam visto, j)iù propriamente il nome di fiume della Pan-
neria, come prima aveva ritenuto quello di fiume del inolino dal molino di Bo-
nagina, ecc.
È natumle che le acque di questo fiume fosser-) continuamente conta-
minate da ogni sorta di sporcizia, proveniente dal Macello, dalla Gonceria
e dalle case private; e pertanto sin dal 1300 si fecero delle severe ordinanze
a riparare a tale sconcio , principalmente perchè non si ostruisse il porlo
(V. cap. di Re Federico del 1330 ap. De Vio, e cap. GXXXIX del Gonte di Gastro
del 16321. e). Pare che sia stato primo l'Ingrassiaa consigliare che si provve-
desse anche a scopo d'igiene, proponendo che fosse coperto il fiume dalMacello
alla Gonceria : il che nonpertanto avvenne , a quanto pare , non prima di
qualche secolo dopo; che noi siamo ben lungi dall'ammettere col Prof. Vin-
cenzo Di Giovanni, che ciò avvenisse solo due anni dopo della proposta
dell'lngrassia, nel 1560, quando un cei'to Vincenzo Scaletta , secondo ci ri-
ferisce il Villabianca {Palermo cT oggigiorno , nella Bibl. del Di Marzo,
V. XVI p. 35), otteneva di coprire con volta reale il fiume della Gonceria,
« a comodo (si noti col Villabianca) d'una casa che quivi tenea di sua abita-
zione »; la quale circostanza deve farci ritenere non che il fiume fosse s-tato
interamente coperto, come ammette il Di (ìiovanni {Topografia antica di
Palermo v. Il p. 374, 379; cfr. v. I p. 18), ma coperto soltanto per una
breve estensione quanta poteva interessare per il comodo d'una abitazione
privata. Del resto dal vecchio D. Vincenzo Di Giovanni, che scriveva come
si è detto nei primi del 1600, dal quale abbiamo saputo che ai suoi tempi
fu coperto il fiume della Panneria (v. nota preced.), sappiamo altresì, clic
esso alla Bocceria nova {Buchieria del nostro A., l'attuale piazza dei Gal-
domai, ed adiacenze) era tuttavia scoperto : « quinci passava , come passa
188 l'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo
chieria, (1) et cosi restano discoverti, et feteno graA'issimamente,
et si levano tante bruttezze, che sono in quella Buchieria nova,
dove stanno tante corna, et piedi, et altra membra correte, che
per lo feto [fetore) non vi si può passare.
Sesto le Signorie V. elevino gli Mastri di Mundizza (2) che ci
sono, perche non s'interpongono all' immonditia della città, che
tutta la veggo ordinariamente piena di cani morti , gatti , et
altri animali, et per molte strade si getta in pubblico la lor-
dezza (3), et in questo modo si purificherà l'aria, prima levando
il fiume ancora, che era innante la Panneria » (Z. e. p. 205). Ed infine dal
Bando delti Maestri di Mondezza sappiamo che ancora al 1745 era fatta
zevera proibizione ai conciatori « di gettare mortillazzo, sommacco, carnazzo,
né altra immondezza dentro il fiume, » e di « scarnare, lavare, né ammaz-
are nel fiume della Gonzaria , né innante la beveratura per insino alla
Guilla, ma solamente quelli possano lavare nel fiume del Papireto > (t. e.
p. 544, B. Ili § 35) : il che per lo meno significa che il fiume nel 1745 era
in molte parti ancora scoperto, finché poi alla fine dello stesso secolo no-
tava il Villabianca, che solo in due punti le acque di esso si palesavano
esternamente • nella sua sorgente e poi all' opposto nella sua foce »; e no-
tava altresì, che esse « scai'icandosi nel mar della Gala vi corrono torbide o
limacciose, essendo a zeppo lorde delle sozzure della città, {l. e. p. 213,
258-59).
(1) Questa, come si è detto, era press' a poco nell' attuale Piazzetta dei
Galdomai, e confinava col piano della Conceria, col quale poi , quando nei
primi del 1600 fu sistemata la via Macqueda , comunicava per un arco o
passaggio a volta, praticato sotto la strada (V. il Pai ristorato del di Gio-
vanni /. e. p. 205, 251 e l'annotazione ivi del Di Marzo).
(2) Questi maestri erano sei, e dovevano cumre « che non si buttino lor-
dure, né sterrature per le strade e piazze ecc. » (v. Gapitoli del Conte di
Cnalro , Gap. GXXX a f. IGl dell' edizione gii\ citata del 1745). Furono
istituiti, a quanto pare, da re Federico nel 1J330 : « item chi ciascheunu
quarieri digianu (i giurati) ordinari unu homu, chi sìa mastro de la mun-
dizza, et chi la dieta mundiza si digia gictari in li mura de la Citati > (ap.
do Vie, Priviteyia etc. MI3GGVI, pag. 112). Per le diverse incombenze di
cmì V. il citato Dando delti Maestri di Mondezza del 1745.
(8) Questo costume di gettare dalle case private in pubblico la lordezza,
ed i oani morti ecc., durò per buona ])ezza ancora dopo i tempi dclPIn-
griMla. (V. U succitato Bando del 1745 §§. 1, 6, 42).
L*BPIDEHIA d'influenza DEL 1557 IN PALERMO 189
le cause di tal fetore, et poi se non seguitano queste pioggie
grandi, si potranno far gli profumi e fuochi grandi per tutta
la città al modo che conviene, di legno laudabili.
Settimo si levi tutta quella terra, la quale è nel luogo dove
passò il fiume al tempo del diluvio, massime intorno al con-
dutto di mal tempo (1) , et d' intorno alla Misericordia (2) :
perchè quella è terra impastata di tutta quella mistura viscosa
di cose putrefatte »
Esamina quindi le cause di umidità della città, a cui non
si può rimediare, come la evaporazione del mare, T evapora-
zione per r inafflamento dei giardini {vapori di acquai et terra
stercorata), per le fonti, ed i flumi, e soggiunge:
« Lascio stare che in Palermo è una cosa non buona, che
ognuno tiene in casa la billachia (3) , et la latrina , le quali
tutte premono abasso, et per le caverne della terra facilmente
si avvicinano, e forse communicano con gli pozzi ; onde l' ac-
que non ponno fare che non partecipano qualche mala qua-
lità, oltre lo feto che hanno in casa, et li zampaglioni (4)
che si generano di quella putredine, non è cosi in Napoli, per-
che con ordine tutti gli condutti rispondono in alcuni grandi,
et tutti vanno à mare. 11 che si potria ancora facilmente fare
in questa città, facendo gli acquedotti coperti per tutte le strade.
(1) Questo condutto di maltempo doveva essere dentro la città, proba-
bilmente nella Piazza poi detta di Gasa Professa; e quindi diverso dell'ac-
quidoUo di Maltempo, il quale, secondo il Prof; V. Di Giovanni « fu fatto
fare del Senato dopo la inondazione del 1557 presso la cosiddetta Fossa della
Garofala, e girava sotto le mura meridionali della Città andando verso il
mare » {Op. e. v. II. p. ^21). Del resto pare che dentro citlà non uno ci fosse
ma diversi condotti di mal tempo. (V. il giù citato Bando del 1745 § 1., e
Villabianca op. e. III. pag. 117).
(2) Cioè nell'attuale Piazza S. Anna. L'antica cliiesa di S. Maria della
Misericordia occupava il poslo, dove poi fu costruita l'odierna chiesa
della Compagnia di S. Maria di Gesù (V. il Pai. rist. di V. Di Giovanni
/. e. p. 231).
(3j 0 Biddaca, sic, fognuolo, chiavica.
(4) Sic. zanzare.
190 l'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo
che rispondeno al mare, et ognuno da la sua casa portarli alla
via publica dinanzi la sua porta , et di là al suo acquedotto
principale, così come ho detto che sono à Napoli ».
Dopo ciò raccomanda, che il Magistrato sorvegli a che il
pane sia di buona qualità, e non fatto con frumento bagnato e
guasto; e di più che il mercato sia ben provvisto di buona
carne, avvertendo, che « queste doe cose, cioè bon pane et buona
carne (perche lo vino già l' abbiamo) assai importano à met-
tere buoni humori, onde si hanno à cavar li cattivi». E sog-
giunge : « Resta di ricordarle un' altra cosa assai importante
per la vita nostra, et salute degli ammalati, se non si offende
qualche padroni di Trapeti, li quali mi perdonino; che si di-
vieti, che nel far de' zuccari non vi si metta calce, massime
facendosi tutte le cose da speciali per gli ammalati di zuccaro.
Et se questo non si fa, almeno si provegga; che grande man-
camento è bene, essendo Palermo madre de gli zuccari, à non
trovarsi un pane di buon zuccaro, perche tutti vanno fuora;
che si pigli la città quello ch'e di bisogno, et quello si prohi-
bisca uscir di fuora, cosi come forse saria bene delle tonnine,
et ova di tonni, et mussumà (1), ed altre cose che si fanno in
questa città, ma lasciando stare 1' altre cose , specialmente il
zuccaro cosa tanto necessaria alla salute nostra, et facendosi
in Palermo, si deve prohibere, et tenersi il bisogno, pagandosi
pero alli padroni quanto il vendono fuori, et non saria male,
che la città facesse un magazino atto a questo , et di là si
desse agli speciali, et confettieri ». Ed a questo proposito in-
fine ricorda che « nelle botteghe degli speciali homai vi è poca
robba, et poca ne vien buona di Levante » : pertanto « si pro-
vegga per navi che vengono d' Alessandria, di buoni simplici
et quelli venendo in dogana non si vendano, che non gli vegga
la città se sono vendibili, altrimenti si gettino in mare ».
{i) O Mmaiumà. Sorta di snlumc fatto dalla parti; intercostale, o sia il
Hlcllo del lontio, l«rjulo iti Hiiiipn'Hsn jm'i- ulcuiii yionii lincilo sia bcjio asso-
Uulo (MuiiTILLAIiO).
l'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo 191
Ò voluto riferire cosi per esteso tutte le proposte dell'lNGRAS-
siA, per mostrare come realmente in esse si contengano i principi
fondamentali, che informano anche oggi la Igiene pubblica, e
la Polizia sanitaria. Cosi troviamo richiamata la pubblica au-
torità non solo all' assistenza degl' infermi poveri, ed alla sor-
veglianza dei comestibili e dei medicinali , a che fossero di
buona qualità , ma anche alla rimozione di tutte le cause di
malsania, che troviamo indicate con tutta precisione, come la
sporcizia delle strade, l'esistenza dentro l'abitato di fornaci,
e d'impaludamenti e pantani, la mancanza di canali per le ac-
que sporche, e simili. Ed è degno di nota, come non fosse sfug-
gito al sagace osservatore l' inquinamento, diciamo oggi, delle
acque dei pozzi per la vicinanza delle latrine. Pertanto non è
arrischiato il concluderne, che sin dal secolo XVI si è agitato
il problema del risanamento della nostra città, che tuttora si
agita, e quasi colle stesse idee, e cogli stessi obbiettivi, acqua
e fognatura ; di modo che è da credere , che continuando di
questo passo i nostri nepoti non saranno gran tatto più fortu-
nati dei nostri avi del 500. Ad onore dei quali è da dire, che,
fatto il dovuto conto del cammino della civiltà, essi furono ben
più solleciti, che non è la presente generazione, a seguire i
dettami della scienza; e noi dobbiamo al consiglio del nostro
Ingrassia, per testimonianza del Mongitore (1), il prosciuga-
mento della palude tanto micidiale del Papireto (2), e forse an-
(1) Mungitore^ Biblictheca sicula, v. I, p. 3(30.
(2) È notevole come dui tempo degli Arabi sino agli Aragonesi nessuna
notizia abbiamo clic la palude del Papireto rendesse l' aria malsana. Però
dalla fine del sec. XV in poi {ibbondano di ciò documenti, e testimonianze
il'ogni genere : così ai 20 Maggio 1491 fu provvisto « che lo nobili jacobo
di Silva cilatinu di la cita predicta havissi da far siccari l'acqua de lo pi-
piritu diiilra la cita predicta per livari lo ayro mali si causa in quilla per
respectu de lo dicto pipiritu per la sanitati de li chilatini habitaturi di quilla»
(v. la Palude del Pnjyireto in V. Di Giovanni op. cit. v. II p. 876); e D. Vin-
cenzo Di Giovanni (Pai. rist. v. I p. 198j ci narra che i mariti , i quali
volevano sbarazzarsi delle mogli, le portavano ad abitare vicino al Papireto,
ecc. Pertanto sin dal ItóU si pensò dal Magistrato a far disseccare quella
192 l'epidemia d'influenza del 1557 in paleìimo
che la rimozione delle mattonaie e fornaci dall'abitato, ed al-
tri provvedimenti atti a migliorare l' igiene e la pulitezza
della città. Ben è vero che ancora al 1593, non ostante l'av-
venuto risanamento del Papireto , Marcello Capra , uno degli
allievi deiriNGRASSiA , credeva che nessuna città della Sicilia
fosse quanto Palermo disposta alla putredine ed alle febbri pe-
stilenziali, si per la sua posizione, che per le corrotte esala-
zioni delle acque di lento corso, e delle molte immondezze nelle
strade e nelle case raccolte (1).
E questo basti al nostro assunto : concludiamo col ripetere,
che le idee del nostro illustre Protomedico , esposte in quel
modesto Ragionamento, e neW am^pm In formaUone succitata, se-
gnano il livello più alto, che in fatto di epidemiologia e di
medicina pubblica si raggiunse nella seconda metà del 500 ; e
che egli in questo campo si distinse certo non meno che in
quello anatomico, nel quale per le sue importanti scoperte, ri-
valeggiando con Vesalio, Eustachio, Falloppio, Colombo, tanto
contribuì al progresso della scienza.
D.R Lmomo Giuffrè.
^sJ^i
palude con un Bando, rinvenuto dal Prof. Di Giovanni nei voi. di Atti,
bandi e provviste; e poi l'opera fu continuata con maggiore o minore ala-
crità e Ruccesso da (juusi tutti i pretori sino ad Andrea Salazar, che ebbe
Il vanto di compierla al lótH, giusta alla testimonianza dei nostri storici
e cronisti, e della iscrizione del Veneziano , riferita da Francesco Barone,
De Afaiestatc panormitana f. 16.
(1) Uc morbi pandemici qui miserrime Siciliani depopulalialur A. C. S.
MDXCI, itidcnu|ueMI)XCII Caussis, Symptomatibus, et Curalionc, Marcello
C.ipra siculo uuthon;, ~ Mcssanae MDXCIM, p. ll.'J.
Del resto basta dare un' occliialn a tutti i capitoli , e bandi p;ià citali
ehe si fecero pei maeatri di mondezza e simili sino al 17U0.
All'Illustre Commendatore
PROF. ANTONINO SALINAS
Socio CorrÌBpondente dell'Istituto di Francia.
Dopo tanti lavori pubblicati pareva che poco o nulla , per
quel che riguarda la storia, restasse a dire sulle modificazioni
che in epoche diverse ha subito il Duomo Normanno di Mon-
reale. Pure dallo studio di parecchi documenti, che ho potuto
così per fortuna ripescare qua e là, mi son dovuto convincere
che qualcosa poteva aggiungersi e qualch' altra correggersi ,
specialmente trattandosi delle opere eseguite in tutto il se-
colo XVI.
Ecco, signor Professore, donde nacque la prima idea di pub-
blicare le poche memorie che avevo raccolte su questo argo-
mento. L' ho fatto poi con maggior piacere e direi quasi con
un certo orgoglio, perchè in quest'occasione posso illustrare il
nome di una famiglia di artisti Monrealesi (la famiglia Odo ,
Dodo, Oddo) tanto celebre nei tempi antichi, quanto dimenti-
cata nei moderni.
Ella mi sarà cortese di accogliere questo mio lavoruccio sotto
la protezione del suo nome : e nutro fiducia che vorrà farlo
di buon animo avuto riguardo se non altro al magnifico Duomo,
di cui si tratta, e che a V. S. sta massimamente a cuore. Cosi
mentre il suo nome notissimo ai cultori degli studi archeolo-
gici scuserà il difetto del mio povero nome; io Monrealese sa-
rò contento di avere addimostrato la mia gratitudine a chi con
perfetti intendimenti e sollecitudine amorosa cooperando al mi-
glioramento di questo Duomo si ò reso benemerito e delle arti
e della Sicilia e specialmente della città di Monreale.
Con perfetta osservanza mi dichiaro
Monreale, 8 settembre 1889.
Dev.mo
Can. G. Millunzi.
«sa
IL MOSAICISTA MASTRO PIETRO ODDO
OSSIA
RESTAUllI E RESTAURATORI
DEL DUOMO DI MONREALE NEL SEGOLO XVL
SOMMARIO. — I. Importanza storica del Duomo di Monreale — II. Deva-
stazioni e ri'sluuri del Duomo e del Monastero nel secolo XIV — III. II
Card. Gio. Borgia e mastro Masi Oddo — IV. Il clero secolare nel Duo-
mo e la nuova sacrestia — V. Di un'antica porta e della nuova cappel-
letla del pan.; eucaristico — VI. Opere di mastro Masi e sue beneme-
renze — VII. Sua vita civile — Vili. Mastro Pietro suo tiglio lavora
di mosaico in Palermo — IX. II Cardinale Gardona e i lavori di ma-
stro Pietro in Monreale. — X. Descrizione d'un suo mosaico — XI. Vi-
cende e guai di mastro Pielr o — XII. Sua mclinazione poetica e il Gar-
dona in Monreale — XIll. Un commovente episodio in casa il Governa-
tore — XIV. Sua liberazione e sua morte — XV. Un gruppo in plasti-
ca del Gagini e i restauri del Card. Colonna — XVI. Restauri sotto Ip-
polito dei Medici, e Carlo V in Monreale — XVII. Princìpio dell'Arcive-
scovado di A. Farnesi ed opere eseguile — XVIIl. 11 U. Visitatore Fr.
Vento e il portico minor» — XIX. Il portico maggiore — XX. Il chio-
stro e le sue vicende — XXI. Ultimo ordine di Mona. Vento e sospen-
sione dei lavori — XXII. Il K. Visitatore Arneilo, nuovi mosaici e puli-
tura dei mosaici — XXUl. Uicostruzione del portico minore e altari del
portico — XXIV. Generosità del Farnesi e una lettera inedita di Anni-
bai Caro — XXV. I pavimenti del Duomo , i venti altari e la cappella
di S. Benedetto — XXVI. Riforme del Torres e conclusione.
n Duomo di Monreale, come quello che presso di noi rap-
presenta il supremo progresso dell'arte architettonica e musai-
ca impiegata al servizio della Religione nell' esuberanza della
I.
Importanza storica
del Duomo di
Monreale,
196
RESTAURI E RESTAURATORI
II.
Deraslaziont e re-
stauri del Duo-
mo e del Mona-
•tf ro nel secolo
XIV.
ricchezza delle opere colossali create nel medio evo, ebbe sem-
pre a godere la simpatia di Pontefici, di Imperatori e di Re.
Questo fatto e poi la ricchezza e il dominio esteso per cui que-
sta Metropolitana esercitava la sua giurisdizione non solo so-
pra Siracusa e Catania, ma anche sopra qualche Chiesa non
indifferente di Palermo e Messina, le attribuirono, direi quasi,
il diritto di avere a capo uomini di altissimo grado.
E noi a tutta ragione possiamo andar superbi di avere a-
vuto un numero di Padri Porporati superiore sin oggi a quello
che può vantare ogni altra Chiesa Siciliana; e di numerare tra
i nostri Arcivescovi e figli di Re e nipoti di Pontefici e viceré
di Regni, e in generale uomini che ebbero parte ai più scrii
avvenimenti della politica europea. La qual cosa non solo ha
dato nella storia un nome illustre alla città di Monreale, ma
possiamo ancor dire che ha formato la sua vera fortuna, men-
tre, specialmente nel secolo XVI , all' onnipotenza e alla ric-
chezza di tali signori deve solamente attribuirsi la conserva-
zione del Duomo Normanno.
Il primo che aveva rivolto un pensiero al restauro urgen-
tissimo per la conservazione del Duomo e dell'annesso Mona-
stero fu l'Arcivescovo Fra Paolo Romano in sul cadere del se-
colo XIV. Erano appena corsi due secoli dalla edificazione di cosi
grandi monumenti e tuttavia questi aveano gicà sofl'erto pur trop-
po sì per l'opera distruggitrice del tempo, sì a cagione delle
scorrerie saracinesche e delle vicende funestissime alla Sicilia,
come finalmente per la rapacilA del poco pietoso Arcivescovo
Guglielmo Catalano , che ridusse in perfetto abbandono e il
Monastero e il Duomo.
In una sua Bolla del 1371 Gregorio XI dice che allora il
monastero si comumava dalla vecchiezza e non riparandosi
se ne temeva la rovina : o in un'altra del 1376 aggiunge che
glA per dirersi sinisfri arridcnfi erano venuti meno gli edifizii
del Monastero. K poi abbiamo finalmente Urbano VI che in una
sua del l.'WJJ inculcando a Fra Paolo una più equa distribu-
zione dei beni della Mensa Arcivescovile, ne assegna una parte
DEL DUOMO DI MONREALE 197
prò reparatione et conservatione ejusdem ecclesiae : e riguardo
al Monastero, accennando le parti di recente rovinate, precisa-
mente fa menzione del gran dormitorio e della infermeria. Que-
sta Bolla Pontifìcia fu un forte stimolo per cui V arcivescovo
Fra Paolo , con quella potenza acquistata nei maneggi tra i
Chiaramonti e Martino V, impegnò il Senato Palermitano per
chiedere al Re dei sussidii in favore della sua Chiesa. E nel
1398 Martino V faceva un primo asségno per il Restauro; po-
scia nel 1399 concedeva il denaro dei malablati; e finalmente
nei 1402 decretava più larghi e più stabili assegni. In quest'ulti-
mo decreto è notevole uno dei primi periodi dove Re Martino
dichiara che la cagione prossima della rovina parziale del Mo-
nastero deve attribuirsi al furore della guerra. E così più chia-
ramente si viene a conoscere quali fossero stati i sinistri ac-
cidenti, di cui fa menzione Gregorio XI. « Attendentes igitur
dignissimum monasterium Mentis Regalis ejusque Regni nostri
jam ruinae fore propinquum niartis furore dudum instigante^
ne tanti raonasterii merita fama, cujus nomen totura terrarum
orbem jam repleverat... postergatione nostra proximo praecipi-
tio temporibus nostris evanescat, soloque adae ]uetur, imo re-
formetur in melius... statuimus et ordinamus... etc. etc. (Reg.
Cancelleria Panormi, 25 Nov., XI Ind., anno 1402.
In tal modo l'Arcivescovo Fra Paolo si trovò in condizione
di eseguire dei restauri : ma niente altro sappiamo di preciso
che egli abbia veramente fatto , se non quel poco che riferi-
sce il Lello a proposito del Chiostro del Monastero e una sem-
plice congettura del Gravina in riguardo dei tetti della Chiesa.
Anche dell'Arcivescovo Giovanni Ventimiglia sappiamo che
pose mano al restauro della Chiesa e ne riparò i tetti; rifece
la metà del Chiostro , e rinnovò molte parti di quello e fab-
bricò il Palazzo per abitazione degli Arcivescovi : ma sinora
niente possiam dire più distintamente di altre opere eseguite
e dei maestri esecutori.
198 RESTAURI E RESTAUKATORI
in. Però un po' di luce comincia a farsi allo spuntare dell' au-
n Cardinale Gio- pora del secolo XVI, quando il Card. Giovanni Borgia dalla
Tanni Borgia e * . ,. .
mastro Sfasi Od- Corte di Alessandro VI, suo zio, mandò i suoi ordmi per un
più largo restauro del Duomo. Aveva speso molto in pochi anni
e pure quel tanto non bastava a lar fronte almeno ai bisogni
più urgenti. Allora Ferdinando di Aragona spingeva ancor più
le cose e con lettere viceregie gli faceva imporre di preleva-
re dalla mensa Arcivescovile mille fiorini d'oro per la restau-
razione delle fabbriche e dei mosaici. Di questa nuova dispo-
sizione non restò contentissimo il Cardinale, che pure era stato
il primo all'iniziativa; e dal Palazzo Apostolico cosi scriveva
il 18 marzo 1500 al maestro Notare Nicolò Altavilla.
« Egregie vir dilecte nobis salutem.
« Di quanto scrivete della maramma et che dicete per tutto
« questo anno sarà finita, benché il sacristano dica per tutto
« il maggio prossimo, dicemove che non manchiate di soUeci-
« tudine a ciò si venga a fine et perchè nui abbiamo molto
€ volentiere amore Dei et ejus genitricis Mariae et decorem
« et ornamentura {sic) ecclesiae contribuito ogni anno alle spe-
« se della maramma, quando sarà fornita ne parerà honesto
« che il Signor Viceré non ne abbi più per lo avvenire ag-
€ gravare. Poiché in ciò non siamo mai mancato alla ripara-
« cioDe della dieta maramma, et de li mille fiorini, delli quali
« si era fatto pacto al Signor Viceré, che si avessero a spen-
« derc, similiter parne honesto che in futurum non abbiamo
€ tale spesa attento che nui siamo gravati di altre diverse spe-
« se et gravi. Et propterea potrete essere col Signor Viceré
€ et provvedere che siamo exonerati di tali spese in futurum.
€ Del fatto dell'organo vi rispondiamo che più necessario è
« attendere a quello che fa più di l)isogiio al presente et quan-
« do sarà expedi to faremo quello che ne parirà.»
Or bene mettiamo punto allo lamentazioni del Borgia e tor-
niamo più da vicino al nostro argomento. Chi sarà stato il Di-
rf'iUìrii di n-stauri cosi impoilanli? Chi fu il mosaicista? Non
DEL DUOMO DI MONREALE 199
fa mestieri il cercarlo al di là della Sicilia, né chiamarlo da
Palermo, né crearlo in un giorno.
11 Viceré e il Cardinale in questo sono di accordo e i la-
vori del Duomo vengono affidati al gentiluomo monrealese Ma-
stro Masi de Oddo. Or questo fatto di trovarsi al bisogno un
bravo artista che lavora di mosaico, darebbe occasione di con-
getturare che una scuola di mosaicisti era già da qualche tem-
po formata in Monreale: chi sa che i maestri adibiti da Fra
Paolo e dal Ventimiglia non siano stati o tutti o in parte Mon-
realesi! Ma lasciamo da parte le congetture: per ora importa
far notare che mastro Masi de Oddo è un buon mosaicista,
che con lui cresce una bella scuola di artisti in Monreale, e
che le riforme apportate dal Borgia nel Duomo sono tutte e-
seguite sotto la sua direzione,
A sinistra della porta della Cappella di S. Placido avvi una IV.
apertura che immette in un vano, il quale serve ad uso di ^neÌTuomo^è^a
magazzino. Dopo lo scrostaraento fatto di recente nelle pareti nuova sacrestia,
interne della sopradetta Cappella si son trovate anche delle
traccio che indicano l'esistenza d'un altro antico adito per il
quale si passava in quello stesso vano. Ora sappiamo per do-
cumenti sincroni che sino al cadere del secolo XV questo va-
no formava l'unica sagrestia del Duomo nella quale i monaci
di S. Benedetto potevano entrare dal loro antico Capitolo , il
S. Placido di oggi. Per venire in Chiesa da questa antica sa-
grestia si passava per un breve spiazzo di terra, allora tutto
scoverto ed ora coverto in parte, che sino alla metà del se-
colo XVI servi esclusivamente come cimitero dei monaci e
dei terziarii Benedettini
Però dopo essere stato abolito l'uso del diaconico , anche
ai monaci portava incomodo l'uso di questa sacrestia così stac-
cata dalla Chiesa, e peggio ai preti, i quali se non altro nel
cadere della prima metà del secolo XV cominciavano ad ave-
re larga parte nelle funzioni ecclesiastiche (1).
(1) Si è tenuto generalmente che i j.rcti secolari abbiano per la prima
volta pigliato pai-te alle funzioni ecclesiastiche della Metropolitana in qua-
fiOO RESTAURI E RESTAURATORI
Non lieve incomodo per tutti era poi quello che per cele-
brar messa dovevano pigliare volta per volta i sacri paramen-
ti dalla sacrestia e portarli al posto del diaconico ; e allo
stesso modo dopo la messa restituirli in sacrestia, siccome ap-
lità di Canonici nel 1529, dietro le Costituzioni del C:irdinale Gardona. Pelò
nei capitoli del 1450 pubblicati in corso di S. Visita da Martino di Soto
Maggiore, Vicario del Coevasruuias si logge « Iloin chi mentre si dichi l'uffi-
ziu nessun monacu seu canonacu dija passiari pri la ecclesia.» — Enei capito-
li del 1454 si ha: « In primis chi li venniri di quadragesima li Signuri Ca-
nonaci et Benefiziati dijanu fari prochissioni generali, li quali dijano andari
alli ecclesii infrascritti videlicct: la prima a hi Salvaturi; lu secunda ad Sanctu
Casini; la terza ad S. Antonio, la quarta ad S. Vitu; la quinta ad S. Silvc-
slru; la scxta ad S. Domenica.» Quello che poi meglio determina la natura
di questi canonicati precedenti il 1529 è un atto di elezione fatto nel 1514
in questi termini. « Ilenricus de Cardona Dei et sedia Apostolicae gratìa etc.
Nos Joannes Ant. de Bigio canonacus Panhormitaiius et praefati ili. mi
ci Bev.nii Domini Archiepiscopi ejusdem civitatis Montis Regalis vicarius gc-
neralis venerabili Dopno.Francisco De Cuncumo de Civitate praedicta Montis
Regalia preshytero salutem in Domino sempiternam.
Yitae et morum honestas etc. Nos proplerca auctoritate qua fungimur
in hac parte Te pruefatum D. Franciscum canonacum ejusdem ecclesiae ci-
vitatis Montis Begalis cura omnibus singulis juribus, praeeminentiis, prae-
rogativis, dignitatibus, lionoribus, et oncribus quae ad dictam canonacatus
dignitatem perlinenl et spectant, faciraus, constituimus, creamus, deputamus
el ordinamus ac cum plenitudine juris canonici auctoritate nostra per impo-
sitioDcm birctti capili tuo tibi corani nobis existenti et caputei, conferimus
et aisignamus, ut ceteris, induinenta et ca[)uteum, quae ad quemlibct cano-
naeam spcclant ed pertinent, portare et vestire possis et valeas.
Quo circa universis et singulis ofiicialibus nostris spirilualibus et tempo-
nilibuR ac cunctis occlcsiusticis et saecularibus personis nostraejurisdiclioni
•ubjeclia dicimus, committimus et mandamus sub pocna excomunicutionis
«•l nliit nostro arl)itrio reserlìulia de celerò te D. Franciscum in canonacum
cjtudem ecclesiae et inler ceteros presbylcros et canonacos ipsius ecclesiae ad-
niiUant faciunt el defendant. In quorum iidem etc— Datum in civitate Mon-
ti* Ragalii die Ili Julii anni, II Ind. 1514.
Joannes Ant. Do Bigio qui supra Vicarius gcneralis.
DEL DUOMO 91 MONREALE
201
pare da un decreto fatto nel 1450 da Martino di Soto Mag-
giore Vicario dell'arcivescovo Cuevasruuias.
Per evitare dunque questo sconcio nel 1492 fu dato inca-
rico al capo maestro della maramma mastro Masi de Oddo di
formare una nuova sacrestia più comoda e più decente del-
l'antica. Egli prese a questo fine una stanza dell'antica torre
del Vicario, l'uni con la Chiesa per mezzo di una nuova stan-
za fabbricata sopra una volta reale e apri quella porta che an-
che oggi si vede li presso il diaconico, ora altare della Madon-
na del popolo. Il 1494 la nuova sacrestia era bella e compita
e maestro Giuseppe Giuffrè la decorava d'uno stemma del Bor-
gia, bellamente lavorato in tavola, come tutt'ora lo vediamo. E
l'Oddo sull'apertura della nuova sacrestia lavorò a mosaico le
armi di Alessandro VI, quelle dei Re Normanni e quelle del-
l'Arcivescovo Cardinale Giovanni Borgia.
Il vedere praticata questa nuova apertura nel diaconico fece
ad altri pensare che ciò fosse stato a ragione di ordine, suppo-
nendone in antico un'altra simile nella parte opposta, cioè nella
protasi: ma questa supposizione è poco verosimile. Vero è che
proprio ai tempi del Borgia fu demolita quella porzione del vec-
chio palazzo reale (oggi Seminario e Municipio) che attac-
cava col Duomo, e ciò non solo perchè la fabbrica era caden-
te, ma anche nell'intento di formare una nuova via (la via della
Tribuna), che dalla piazza della città portasse alle acque di tre
canali e ai circostanti giardini. SarA vero che i re norn^anni dal
loro palazzo passavano in Chiesa per un adito intorno. Ma non si
trova alcun indizio che quest' adito sia stato jircsso la protasi;
come non si trova vestigio alcuno d' una vedetta sovrastante
a quest'adito, il quale metteva in comunicazione il palazzo con
la Chiesa. Si osservi che nel fabbricare la sacrestia e gli ap-
partamenti superiori, destinati al Vicario, era nf^cessario chiu-
dere una fenestra che dà noi diaconico: oppure mastro Oddo
non la chiuse, ma la conservò come vedetta di quesiti apparta-
menti, oggi Convitto dei Rossi.
V.
Di un'antica porta
e della nuova
cappelletta per
il SS. Corpo di
Cristo.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XV.
14
202 RESTAURI E RESTAURATORI
Con quale criterio poi nella protasi avrebbe chiusa la ve-
detta reale, che nel diroccamento del palazzo acquistava luce,
epperò poteva restar tanto bene come fenestra, conservando
così egregiamente le armoniche corrispondenze colla parte op-
posta? Quanto all'adito nessuna difficoltà che sia esistito, ma
può meglio imaginarsi che sia stato a quel punto dove oggi
nella parte esteriore del Duomo si trova quella ruvida cappel-
letta della Madonna degli Angioli, che tuttora conserva traccio
assai chiare di una porta sufficiente. Tanto più inclino a so-
stenere quest'opinione, perchè sulla direzione di questa porta
probabilmente esistita, e proprio di fronte, si trova sino ab an-
tico un'altra porta a sesto acuto che immette nello spiazzo da-
vanti il S. Placido , e che anticamente solevano chiamare la
porta della carnata o del chimhiterio dei monachi. E di più ,
perchè trovo che nel 1508, giusto quando si era chiuso di fre-
sco l'adito reale al punto da me assegnato, il monaco Girolamo
Susinno scelse la parte interiore del nuovo muro, non ancora in-
crostato di marmi e di mosaico, per apporvi l'altare di S. Geroni-
mo (1). Messo dunque che presso la protasi non sia preceden-
temente esistito alcun adito, fu mastro Masi che per ragion di
simmetria ve ne volle aprire uno di proposito per fare ordine
con quello della nuova sacrestia. E questo fu anche un bel prov-
vedimento per dare un posto decente al Pane Eucaristico , e
insieme un luogo più acconcio dove i sei parroci , canonica-
mente istituiti in questa medesima epoca , potessero ammini-
strare con maggior comodo i sacramenti. Mastro Masi dunque
disegnò ed esegui insieme ad altri maestri , per la maggior
parte suoi parenti, questa cappelletta incavata nel muro, a cui
faceva cornice un bel lavoro di marmo adorno di mosaici. In
fondo sopra un piccolo altare stava il ciborio, assai importante
(1) Quest'altare fu in seguito decoralo di un basso rilievo di Antonio Ga-
gini, ohe loflH dei deturpamenti nell'incendio del 1811; e sin ora non ha avuto
la fortuna di euere restaurato e cuUocuto dcoentemcnte.
DEL DUOMO DI MONREALE 203
nemerenze.
per un marmoreo frontispizio della scuola di Antonio Gagini,
mirabile per varie figure ed arabeschi a mezzo rilievo.
Oggi, dopo essere stata distrutta la cappelletta (1690), tutti
questi lavori attaccati alla superficie della parete formano l'in-
tiero frontispizio del sacrario delle SS. Reliquie (1).
Il Gravina osserva che la più antica ricordanza che si trova VI.
dell'uso della maiolica tramezzata allo smalto dei nostri mo- ^Esi e' buÌ^ be-
saici è appunto in questi lavori dei tempi del Borgia. Ora a
noi è lecito di potere affermare che cotesto uso di sostituire le
terre cotte al vetro e alle pietre dure (uso se degno di lode o
di biasimo lo giudichino i mosaicisti) fu introdotto in Monreale
da un Monrealese. Epperò da Mastro ' Masi sono lavorate le
armi del Borgia e quelle proprie del Duomo nel frontispizio
della sopradetta cappella destinata alla conservazione del Pane
Eucaristico; e da lui pure le fascie di mosaico rotato nel quale
all'oro in ismalto con bell'effetto si vede intramezzata la ter-
raglia a vernice verde.
Peccato che non ci è rimasta più dettagliata memoria di
quante e quali altre opere egli abbia eseguite nel nostro Duo-
mo, mentre del resto sappiamo che negli anni seguenti, che
(1) Questa cappelletta ebbe varie vicende : quando nel 1534 il Pane Eu-
caristico fu trasportalo sopm l'altare della protasi, essa restò in potere dei
parroci come unico locale dove potevano conservare i sacri paramenti , e
ciò sino a tanto cheLud. Torres nel 1590 la destinò a custodia delle SS. Re-
liquie. Il Lello — Descrizione del Real Tempio pag. 6 — ne dà ampia notizia.
Però riguardo al frontispizio marmoreo mi piace aggiungere quanto il me-
desimo Lello scrive ad un Prelato Romano il 2 agosto 1590. « Dal principio
che Monsignore Arcivescovo venne in questa Chiesa ebbe animo di trasfe-
rire le reliquie dalla sacrestia alla cappella dove anticamente si conservava
il SS. Sacramento.... Fece riportare in detta cappella l'ornamento antico di
marmo, che vi soleva stare, et era nella Chiesa delle monache. Et avendo
fatto riporre nel muro una cassa di legno foderata di drappo di seta rossa,
vi collocò dinanzi detto ornamento , avendovi aperto porta maggiore et
postovi due lamine di ferro dorate et dipinte dal canto di fuori et di den-
tro tinte di rosso, et servono per porte. Di sotto fece intagliare queste pa-
role : Custodii Dominus omnia ossa eorum unum ex his non conterelur.»
204 RESTAURI E RESTAURATORI
furono dal 1495 a tutto il 1503, si occupò senza posa in un
largo restauro dei mosaici delle pareti, nel rifacimeiito delle
fenestre della nave maggiore e nel rimettere a nuovo alcune
travi del tetto del Chiostro. Quanto al materiale del mosaico,
il vetro lo cuoceva in Monreale , parte della pietra la faceva
venire da Palermo e parte da Sciacca: e poi per fermare i
pezzi sulle pareti usava della calce e del gesso impastato con
olio di lino. Mosaicisti e fabbricatori che lavorarono in questo
tempo con mastro Masi furono i suoi figli Pietro ed Angelo,
suo fratello Giaimo, i suoi nipoti Giovan Battista ed Angelo
figli di Marino Oddo, domiciliato in Alcamo, e suo genero Cri-
stoforo Nicolosi. Si deve avvertire intanto che in questo tempo
tutti i mosaicisti sono anche fabbricatori, ma non tutti i fab-
bricatori sono mosaicisti.
Egli stesso diresse il disegno di tutta la parte esteriore
dell'organo, la quale allora come era volontà del Viceré , fu
rifatta e abbellita con dipinti, dorature e intagli. E qui mi
piace notare che meglio del Lello si appone il Gravina, il quale
commentando le antiche iscrizioni apposte all'organo, desume
che esso non fu fatto intieramente nuovo ai tempi del Borgia,
ma riformato sopra quello che preesisteva. È vero questo, ma
è più vero ancora che l'organo restò lo stesso quanto alla
parte strumentale sum quod eram; e fu rifatto nella sola
parte esteriore: nec eram quod sum: ed allora con un gio-
chetto di parole si potè dire, esser quello un organo e nuovo
e vecchio : modo dicor utrumque.
Mastro Masi prestò veramente un ottimo servizio al nostro
Duomo e i suoi restauri si poterono dire riuscitissimi. Il mae-
stro Notare Altavilla e il Governatore Sanchez gliene sape-
vano altissimo grado , e però a mastro « Thomasi de Oddo ,
«mastro di nuisia et di la tnajuri ecclesia di Morriali per es-
«sere pirsuna tanto virtuusa idonea et sufficienti et etiam af-
« iettato sorvituri di ipsa m.-yuri ecclesia di Morriali per li
€ lune magnifici gubernaturi et procuraturi di ipsa mgjuri ec-
< desia et citati di Morriali li fu conchesso una turri di li
DEL DUOMO DI MONRBALl
« turri circum circa ecclesiam prò sua abitacione , in la quali
« ipso quondam mastro Thomasi fichi multi riparamenti et stetti
« usque ad ejus mortem (1).» Cosi scrive suo figlio Angelo addi
24 ottobre 1532.
Mastro Masi oltre di essere stato un ottimo maestro, fu Vii.
anche uno dei più cospicui cittadini del suo tempo. Nulla sap-
piamo dei suoi antenati, ma nel 1461 quando venne in Mon-
reale il Card. Arcivescovo Ausias Spuig si trovò tra gli altri
monaci dell' Abadia di S. Benedetto un suo zio di nome fra
Mauro, che fu poi Visitatore Generale dei PP. Benedettini in Si-
cilia. Per quel che riguarda poi la sua persona, noi lo troviamo
a far parte della commissione riunitasi in Monreale a 20 febbraro
1493 per discutere un disegno di legge ed eseguire una prò vi-
sione viceregia data in Messina a 3 gennaro 1493, che impo-
neva una nuova tassa sopra i giardini. NeUmedesimo anno a
29 giugno, quando il timore della peste invadeva già Monrea-
le, il governatore D. Aloisio Sanchez chiamava attorno a sé il
consiglio per provvedere, e i ventiquattro consiglieri presenti
nomine eorum discrepante eleggono una commissione di otto
persone delle principali del paese, tra le quali figura anche
il nostro Oddo. Quando nel 1494 Alfonso II d' Aragona dopo
essere stato parecchi mesi in Mazzara, Palermo e Messina ,
venne a ritirarsi nel monastero di Monreale, si trovò an-
che mastro Masi nel numero dei trenta consiglieri che cor-
sero a nome del paese a presentare gli omaggi al sovrano.
Nel maggio 1509 dal pretore e dai giurati ebbe l'incarico
(1) Che la torre concessa a Mastro Oddo sia quella che attaccando ad
un angolo del Monastero sorge di fronte alla porta maggiore del Duomo,
e che oggi chiamano la vetriera, si desume dalla seguente ingiunzione fatta
dalla G. Corte Arcivescovile nel 1521 « Facta est missio de mandato Guriae
virtù te supradictae executionis ad petitionem et instantiam ejusdem iconomi
et procuratoris dicti monasterii de et super quadam domo existente in civl-
tate Mentis Regalis intus cortile dicti quondam magistri Thomae de Oddo
secus viriduriiun di la curti et secus turrim monasterii et baglium majoris
ecclesiae dictae civitatis ». Un'altra casa di proprietà di mastro Masi era di
fronte al Monastero di S. Gastrcnze.
206
RESTÀUBI E RESTAURATORI
vin.
IfMtro Pietro sao
figlio lavora di
niOMieo a Pa.
lerroo.
di disegnare nel mezzo del paese una buona strada, adatta
alle corse , della quale oggi rimane un sol tratto , che il
popolo chiama varanui, cioè via grande. Finalmente dal 1514
in poi lavorò sempre nel dirigere la costruzione di moltissime
case che allora cominciarono a fabbricarsi nel giardino della
corte, oggi quartiere del Carmine, che fu in quel tempo dai
PP. Benedettini concesso per caseggiamento (1). La morte di
mastro Oddo fu negli ultimi del 1523 : ma nel novembre 1521
aveva già fatto il suo testamento presso il Notaio Gian Luigi
Altavilla.
Or dopo la sua morte non si estinse la scuola dei mosaicisti
monrealesi , poiché restarono già formati altri bravi maestri,
i quali anzi vivente lui stesso esercitarono con molto nome
l'arte di eternare con lo smalto i fugaci colori del pennello. Po-
co o nulla pare che siasi fatto nel Duomo durante l'Arcivesco-
vato di Alfonso II di Arag'ona, che pure con le sue leggi fece
tanto bene alla morale e alla civiltà del paese; e con la sua
generosità si rese benemerito dell' unico, ma povero asilo, che
sotto il titolo di S. Castrense allora di recente era sorto a tutela
delle nostre vergini.
In questo tempo, che fu dal 1505 al 1512, il vecchio mastro
Masi aveva avuto la grande consolazione di vedere che la città
di Palermo nei suoi più importanti lavori di mosaico ricorreva al-
la piccola Monreale e precisamente a Pietro suo figlio. Dobbiamo
sapere grado e grazie a quell'illustre ricercatore di documenti
artistici siciliani , Monsignor Gioacchino Di Marzo, per aver
pubblicati due strumenti inediti i quali ci attestano la ve-
rità del fatto. Nel primo strumento rogato in Palermo presso
il Notar Gerardo La Rocca (anno 1511-1512, foglio (57 re-
tro) Mastro Pietro Oddo, civis Panhormi, (2) promette al ma-
(1) Vedi documento primo.
(2) Oltre al ciois pan/iormi, la nitri conlrutti di epoca diversa vieii cliia-
mnlo cioù (Ucamerms, o ciò non In riguunlo alla sua nascita, ma [lor solo
riguardo ut «uo più proHnimu domicilio in (jucslo o in quell'altre) paoso, co-
me clii.iniiij.iiir .". litiiujjtrulo ntd Muo processo criminale del \j:ì3.
DEL DUOMO DI MONREALE
20f
gnifico Giovanni del Rio, segretario del Viceré, di restaurare
un tratto di mosaico esistente sopra la fontana della Zisa con
questi patti. « In primis facere unu frixu, secundo è fatto di
« suso lu panno, et di lu dicto frixu in suso conxari et reno-
« vari tuttu lu pannu, dundi sunno tri roti, in li quali roti su
« pinti, videlicet, a l'una di menczu dui homini et uno arboru
« et in li altri dui roti sunno pinti certi pagi. Et hoc prò sti-
« pendio unciarum novem etc. promittens dictus obligatus hu-
«jusmodi opus sive magisterium facere bene et diligenter et
« sequi dictura opus prout in praesenciarum est, incipiendo a
« primo sequentis raensis octobris et continuare usque ad lìnem
« etc. Die XXVI Septerabris, XV Ind., 1511.
Nel secondo strumento rogato (XIIIl febbruarii prime ind.
1512 ) presso il notare Giovanni Catania in Palermo , mastro
Pietro si obbliga al rev.'*'^ D. Giovanni Sanchez, canonico cian-
tro della Cappella Palatina « facere et costruere cannam unam
« musie in dieta ecclesia in pariete pinnate ipsius ecclesie, ex
« parte foris videlicet continuare prout incepit in dicto loco et
« compiere bene et magistraliter etc. » Dal quale contratto si
deve anche argomentare che egli aveva antecedentemente ese-
guiti altri mosaici nel medesimo luogo, e dovevano essere ben
riusciti, mentre il Canonico ciantro Giov. Sanchez lo adibisce
un'altra volta per il seguito. Siamo dolenti di non potere più
ammirare questi lavori eseguiti da mastro Pietro, mentre gli
antichi quadroni a mosaico del portico della Palatina , come
ben dice Gaetano Riolo, furono barbaramente devastati per
sovrapporvi gli odierni quadri a mosaico, poveri di merito ar-
tistico e raffazzonati di ogni fantastica stranezza di baroc-
chismo.
Ma già il 23 gennaro 1512 era venuto alla sede di Mon-
reale il Cardona, uomo di mente e di cuore : e il 15 ottobre
del medesimo anno il Governatore della città per disposizione
del nuovo Arcivescovo dava ordine che si ripigliassero i re-
stauri necessarii per il Duomo.
IX.
H Card. Cardona
e i lavori di Ma-
stro Pietro in
Monr^;,lll^
2Ò8 RESTA.UBI E RESTAURATORI
E cosi scriveva al maestro Notaro Gian Francesco Bellis-
simo :
« Perchè in la ecclesia è bisogno di molta maramma et al
« presente eu non chi pozzu intendire, dichiti da parti mia a
« presti Antonio et a presti Joanni et a li nostri chi tennu la
« maramma chi obediscano a lu magnifico messere Antonio de
« Rinaldo in quanto li comandirà ovvero quando comandassi
« cosa che non chi piacissi beni, la consultano cum mia, per-
« che eu aggiu pagatu a lu dicto magnifico messere Antonio
« de Rinaldo per serviziu di Deu et di lu Archiepiscupu meu
« Signuri voglia pigliari quista fatiga sino a tanto che si facza
« altra provisione : et legiti quista a li mastri et di poi guar-
« dati multo beni quista littra, perchè quando lussi bisognu ,
€ si pocza mustrari.
« In Palermo, die XV di ottubru, P Ind. 1512.
« Vostro
« Gabriel Cantpo. »
Addì 16 ottobre il maestro Notaro, chiamati a sé i due preti
Antonio de Aversa e Giovanni Di Matina amministratori della
maramma insieme ai maestri Pietro ed Angelo Oddo, cosi pub-
blicamente lesse il documento sopra riportato, e si pigliarono
gli accordi per i lavori da eseguirsi. Fu allora ristorato qua
e là nelle pareti del Duomo il mosaico più cadente e furono
eseguiti il mezzo busto del Noè e le armi del Gardena nell'in-
terna superficie dell'arco della solca. Consunto dal tempo era
già crollato l'antico portico del Paradiso, e perchè non rovi-
nassero del tutto i mosaici delle pareti di quel portico espo-
ste all' umidità e alla pioggia , si era cominciato ad accomo-
darvi alla meglio una tettoia di travi e tegoli, della quale par-
leremo più appresso. Allo stesso tempo si era cominciato il
pavimento a mosaico dell'ala sinistra del presbiterio, ])ropria-
jiiente nel pianerottolo davanti la protasi. Intanto nel lo 10 vy-
DEL DUOMO DI MONKEALE 209
niva in Monreale il Regio Visitatore Pujades , che approvava
le opere compite ed ordinava che si portassero presto a com-
pimento quelle già cominciate, cioè la grande tettoia del por-
tico del Paradiso, e il resto dell'intiero pavimento dell'ala si-
nistra del presbiterio. Dava altri ordini ancora, ma non è qui
il momento che io ne parli (1).
Però prima che avessero potuto avere effetto le ordinazioni
del Pujades sorgeva nel 1516 uno di quegli anni malaugurati
in cui lo scompiglio delle cose civili non lascia per niente pro-
sperare le arti della pace. 11 malumore del popolo contro il
Viceré D. Ugo Moncada e la sollevazione per cacciarlo da Pa-
lermo si era allargata per tutta l'isola. Monreale fremeva per
le angarie dei suoi ufficiali civili , e sarebbe degno di storia
il tocco notturno della campana del Duomo che nel marzo 1517
invitava i cittadini ad una generale sollevazione. In questo
frattempo fu ricoperto di tegoli il resto del portico del Para-
diso, che giusto allora diventava un'altra volta assolutamente
necessario per la ripristinata consuetudine di ritenervi durante
il giorno i carcerati per debiti non soddisfatti (2). E poi nel
1518 secondo gli ordini del Pujades, mastro Pietro Oddo co-
(1) Vedi documento secondo.
(2) Nella suppliche e n^i capitoli dell'Università di Monreale stipolati iu
Palermo a 2(5 aprile, IIII Ind., 1516 presso il Not. Antonio Lo Vecchio, al-
l'ottavo capilulu si legge : « Item perchè era observancia pri debiti chi vili
non si poliaiio li di-bituri carcemri in li carceri pubhci, ma stavano carce-
rati in lu baglo di la majori ecclesia di Monreali et intra lo Paradiso cum
pligiiia de retinendo dictum locum prò carcere et la notti dormiano a la
loro casa et la matiua tornavano in dicto locu sub eademfidejussione etper
esseri la prixunia di li capitanei et gabelloti et per quilli extorquiri et gua-
dagnari mettino li debituri prixuni centra la dieta observancia, si supplica
placza servari Li dieta consuetudini a li chitadini burgisi di Monreali.
Ad octavum placet Domino Gnòematori ad ejtis beneplaeitum et ejics
beneplacito perdurante, quod beneplaeitum possit revocare etiam simplici
ejus voluntate et absque aliqua causae cognitione, exeeptuatis juribus ar-
chiepiscopatus.
210 RESTAURI E RESTAURATORI
mincia il largo pavimento a mosaico dell'ala sinistra del pre-
sbiterio. Sino ai tempi del Lello (1596) in mezzo a questo pa-
vimento si vedevano minutissimamente lavorate pur di mosaico
in largo formato le armi del Cardona e quelle del Re Gu-
glielmo in più luoghi, ma in forma più piccola e con le let-
tere Rex W. ( Willelmus ). Attorno alle armi del Cardona in
una festina che le faceva cartoccio si leggeva « Maestro Pie-
tro de Oddo. »
X- I mosaici di questo pavimento dovevano essere veramente
suo mosaico. qualche cosa ili bello, mentre si attirarono l' attenzione di tutti
coloro che nel secolo XVI scrissero delle cose nostre. Così tro-
viamo che di essi, oltre il Lello, parlarono gli scrittori delle
cronache monrealesi, e il Leandro Alberti nella « Descrizione
delle isole appartenenti aWItalia.» Il quale ultimo, sebbene at-
tribuisca all'intiero pavimento del Duomo ciò che doveva sola-
mente attribuire a quello rifatto dall'Oddo, pure merita di es-
sere riferito perchè dà molto lume al fatto nostro. Cosi egli
scrive. « 11 pavimento si vede di pietre preziose di diversi co-
« lori composto a simiglianza di ligure di uomini e di diversi
« animali, uccelli, alberi, foglie et altre cose molto nobilmente
« lavorate. Et essendo gli anni passati (l'autore scrive nell'an-
« no 1588) parte di questo pavimento guasto dalle pioggie che
« scendevano perula rovina del tetto, di nuovo 1' Arcivescovo
« che vi era spagnuolo, uomo religioso , da singolari maestri
« fece, non senza sua gran^spesa, ristorare come si vede. »
Di questo squisito lavoro del monrealese restano tuttavia
certi piccoli brani simili a un Unissimo ricamo e in una parte
di esso si vede ancora la lettera R, reliquia del Rex W : e in
un'altra lo stemma normanno in piccolo, ma guasto. Ci sono in-
tieri quattro conigli ch-j s'inseguono l'uu l'altro in giro; ci so-
no stelle bellissime con largo fondo di rosso siciliano, più pro-
priamente detto di Montecuccio, e in mezzo ad una di esse llo-
rìsce un rosone di lavoro cosi delicato e minutissimo che è un
peccata) a vederlo calpest/ire dal profano piede del rulyo.
In generale il mosaico doU'Oddo non corrisponde al tipo e
DfeL DUOMO DI MONREALB 21 ì
allo stile dei mosaici Normanni del Duomo; anzi è un chiaro
documento dell'esagerato nell'arte, a cui si era largamente pie-
gata la Sicilia sin dal principio del secolo XVI : ma è un bello
e prezioso documento. E saremo contenti di poterne mostrare
agli artisti e agli stranieri un saggio più largo, quando , se-
condo il progetto della commissione del restauro , levati di
mezzo quegli sconci gradini che sono all'altare di S. Ludovi-
co IX , ne ricomparirà intatto un bel pezzo , che per ora sta
sepolto. Allora forse sarà il caso di fare dei paragoni tra i
mosaici dell'Oddo e quelli che si ammirano negli scavi di Pom-
pei ; e più propriamente coi mosaici Veneziani del secolo XV.
E qui mette bene che il lettore sappia che mastro Pietro nel
1507 fu a Venezia e lavorò di mosaico con maestri Veneziani,
come abbiamo ricavato da alcuni atti criminali riguardanti
la sua persona.
Nei mosaici di questo pavimento lavorarono anche come
maestri di second'ordine Angelo Oddo e mastro Pietro Nico-
losi. Anzi bisogna dire che a loro toccò poi nel cadere del 1524
di condurre a fine questo mosaico, che mentre fa tanto onore
a mastro Pietro , d' altra parte per lui fu vera causa di una
lunga iliade di guai.
Veramente narrare i guai di mastro Pietro non appartiene xi.
alla storia dell'arte ; ma son cose che riguardano la vita d'un Vicende e guai di
eccellente artista e mi piace il trattenermici un pochino.
D'ingegno svelto e d'indole vivace, ma bisbetico abbastan-
za e intollerante di soprusi mastro Pietro si e' era mostrato
sempre. Nel 1501 in una contesa si trovò in pericolo di per-
dere la vita ; a 23 novembre 1512 fu obbligato dagli amici a
giurare davanti ai pubblico notaio di non volere mai più per
l'avvenire inquietare suo cognato, maestro Cristoforo Nicolosi e
i suoi figli : nel maggio 1517 sapendo che una cattiva donna
era venuta ad abitare nel cortile che pigliava nome da mae-
stro Masi, suo padre, la fece sgombrare in due giorni.
Era mai possibile che un uomo d'indole cosi ardente avesse
potuto durare a lungo d'amore e d'accordo con il Governatore
mastro Pietro.
212 RESTAURI E RESTATJRATORÌ
di Monreale, allora Gaspare della Terra, giovane d'età e un po'
dispotico la parte sua? E però prima che si fosse intieramente
compito il pavimento, nel 1520 erano alle prese per la somma
di venticinque onze. Mastro Pietro insìste per avere il denaro, ma
non potendolo ottenere, lascia interrotta l'opera del mosaico e
va a lavorare da fabbricatore in Chiusa. Ad un certo punto però
vende alcune case che possiede in Monreale e si dirige alla
volta di Roma, dove personalmente ricorre all'Arcivescovo En-
rico Cardona. E costui conscio del merito e commosso dall'e-
loquenza del ricorrente, ordina che gli si dia non solo la som-
ma delle onze venticinque, ma di più l'uliìcio di Capitano della
Città, che voleva dir qualche cosa. Questo provvedimento sep-
pe davvero ostico al signor Governatore , e come può imagi-
narsi, cercava tutti i mezzi per sfogare la sua bile contro ma-
stro Pietro. Egli intanto col pretesto di alcune fabbriche che
dirigeva in Alcamo , credette bene ritirarsi da Monreale con
tutta la famiglia. Ma era appena entrato l'agosto del 1523,
quando venuto un giorno in Monreale per far valere le ra-
gioni del suo credito, fu preso furio3amente, come egli dice,
e buttato in una fossa sotterranea delle carceri, dove giacque
parecchi mesi ammalato.
In questo tempo subì la tortura e gli furono confi-
Saa incUnazione scati i beni , che egli aveva acquistato col sudore della sua
Sonam Monrea- fronte. In uu fascetto di carte clic trattano di questi soprusi
**• ho ritrovato un foglio, in molta parte distrutto dall'umidità e
dal tarlo, dove stanno scritte cinque ottave siciliane. Virgilio
Marone, quando altri si aveva ingiustamente attribuito Un suo
distico latino, scrisse i cinque notissimi versi :
Ho8 e<fo versiculos feci, tulit alter honorem;
Sic V08 non vobis nidificalis aves,
Sic V08 non vobis mellificatis apes,
Sic vos non vobis veliera ferlis oves,
Sic voH non vobis feilis anitra boves.
DEL DUOMO DI MONREALE 213
Or le cinque ottave siciliane dell'Oddo sono una parafrasi
di questi versi virgiliani, che egli forse nella prigione compose
a sollazzo dell'animo suo e a rimprovero della rapacità del
Governatore. Trascrivo qui la prima e l'ultima perchè da esse
bellamente si riflette parte dell'animo di mastro Pietro e una
tendenza agli studi classici , che appresso ci occorrerà di no-
tare anche più chiaramente.
Auchelli machinandu pensu in vui
Chi tantu fatigati a far li nidi,
Et l'annu et la natura di dui in dui
A procreari figli vi providi :
Da poi non vi canuxinu mai chui,
O perduta spiranza, incerta fidi !
Cussi sugn'eu chi faczu beni a cui
Di poi non mi canuxi ne mi vidi.
Pecuri et api comu vui purtati
Li vostri iani et meli non per vui :
Auchelli comu li nida lassati
Li figli vostri non trovati chui :
Et vui chi in collo li juga portati
Lu jornu senza sapiri pir cui :
Cussi per mi li beni mei acquistati
Non l'acquistai per mi, ma per altrui.
Più tardi trasferito nel castello di Palermo ebbe agio di
ricorrere al Viceré : ma nemmeno questo ricorso gli approdò
a nulla di bene.
Fa veramente meraviglia e dispetto sentire che un povero
artista abbia dovuto soffrir tanto per il solo torto di richie-
dere la sua mercede. Però è a sapere che tutt' altre ragioni
ed accuse si accampavano nel pubblico giudizio contro mastro
Pietro. Si diceva che egli di notte aveva raccolto gente presso
214
RESTAURI E RESTAURATORI
il castello di Alcamo e l'aveva invitato a correre armata in
Monreale per fare strage del Governatore e della sua famiglia.
Si diceva che a quella gente semplice e rozza aveva anche
fatto credere che bisognava venire in Monreale con bestie da
soma, con fiaccole e con bisaccie , perché in una di quelle
montagne doveva scavarsi di notte tempo un tesoro incantato.
Si accusò finalmente come fautore dei francesi.
Ma erano veraci queste accuse ? Chi lo sa... Questo solo
possiamo dire che egli si difendeva energicamente negando
tutto e tutto attribuendo alla malignità di alcuni suoi ne-
mici, a cui dà il nome di testimonii mendaci e comprati. In-
tanto il 22 giugno 1524 veniva per la prima volta in Mon-
reale il Gardena: quel giorno fu una vera festa, un vero
trionfo : mastro Pietro non lascia sfuggirsi questa felice oc-
casione per ricorrere al suo generoso benefattore.
È bella ed animata la supplica; più bello un aureo epi-
gramma latino col quale conchiude, dicendogli : il nostro Re-
dentore nel giorno della sua glorificazione portò seco nella
gloria le anime che giacevano nel limbo : ora è conveniente
che nel giorno dell'entrata trionfale nella tua città esulti con
teco l'afflittissimo tuo servo che dal fondo della prigione ha
affrettato questo giorno coi suoi voti.
Quidquid ab aetheria veniens prius arce Redemptor
Edocuit, nostrae jus pietatis habet.
Ule quidem vinctos ascendens culmina coeli
Abstnlit et secnm duxit in astra reos.
Hoc generoso uovum tii)i pi-nosul do<Tma suasit :
Ne renuas : Ghristi tu modo ad instar idem.
Sint licet immunes a poena quaque triuniphum
Qui desiderio jaui coluore tuuni.
Hoc decet in«igneni, sapieutuin sorte moneri :
Sed modo largir! quid suus optet honos.
Il quale epigramma dell'Oddo d oggi una vera scoperta ,
perchè se non altro fa pensare , come non al cadere , ma
DEL DUOMO DI MONREALE 2l5
più veramente al sorgere del secolo XVI , si pregiava e
si coltivava già felicemente in Monreale la poesia classica
latina.
Questa supplica di mastro Pietro se non in tutto, giovò al-
meno in parte: poiché il Cardona ordinò che gli si pagasse
la somma da lui richiesta; quanto all' accusa criminale però
volle che si aspettasse la sentenza dei giudici. In fatti il primo
agosto si apri un processo regolare; agli undici mastro Pietro
dichiara sospetti e giudici e testimonii e illegittimo il modo
di procedere, e domanda il gratuito patrocinio.
Cosi andavano le cose per le lunghe, quando sul meglio veniva XIII.
a morte il Governatore Gaspare della Terra, ad istanza del ^episoTò'ircasa
quale si faceva il processo. Fu questo un bel momento per '^ Governatore.
il nostro povero mosaicista, un momento prezioso che gli fece
ottenere il perdono dal morente Governatore. E il tenerissimo
episodio così vien raccontato, il 31 ottobre 1524, dal magni-
fico dottore Simone de Marcanza, uno dei giudici della città
di Monreale.
« Unu 0 dui jorni innanti la morti di lu quondam magni-
«fìcu Gaspar Terrae, gubernaturi di Murriali, andandu ipsu
« magniflcu relaturi a visitari a lu dictu quondam malatu in
« casa dell' illustrissima dopna Maria di Toccu , la dieta si-
« gnura dopna Maria incombenzau a pregari a dictu quondam
« magniflcu, chi per lu amuri di Deu et so , avissi volutu re-
« mictiri' et perdunari a mastru Petru di Oddo. Et dictu quon- .
« dam non velia reniictirilu per multu clii dieta signura dopna
« Maria lu pregassi. Et in (juistu , ipsu magniflcu relaturi ri-
«pigliau li pareli dichenduli «Signurì eu per lu amuri di Deu
« vìndi a prigarvi chi per l'amuri di Deu lu vugliati fari ». Et
« dictu quondam li dichia, chi rimictia lu rancuri ; et ipsu ma-
« gniflcu dichia, chi non potia remictiri la rancuri, chi non chi
« avissi rimasu qualchi odio. Et tandu la dieta signura dopna
« Maria si inginucchiau pregandulu strictamenti per la passioni
« di Cristu, chi lu avissi pirdunatu. Tandem dictu magniflcu Gu-
«bernaturi fichi signu cum la testa, fachendu signu di sì: et
216 RESTAURI E RESTAURATORI
« dichenduli dieta signura dopna Maria et ipsu magniflcu re-
« laturi chi chi fachissi la cruchi et dictu magniflcu Guberna-
« turi li fichi la cruchi in signu di remissione ».
Questo perdono fu l'unica risorsa per mastro Pietro : il 22
ottobre 1524 si ricevettero nella curia di Monreale i testimonii
che dovevano dire in suo favore: mastro Pietro fu riconosciuto
innocente.
XIV. Le testimonianze riuscirono onorevolissime per lui : mae-
^aàa.^t^TXe. stro Vincenzo di Capua della Terra di Alcamo afferma che
« mastru Petro di Odu fu et est homo multo virtuoso, di abeni
« et ottimo mastro in la sua arti, tanto ipso, quanto lu quon-
« dam mastro Masi so' patri persuni virtuosissimi, di bonissima
« coscienza, vita et costumi, capi mastri in la majuri ecclesia
« di Morriali in l'arti di la musia, tantu pir tali lu dicto ma-
« stro Petro et lu quondam so patri su stati stimati et repu-
« tati tanto da Signuri et Cavaleri, quantu da populani... Grandi
€ spindituri et grandi guadagnaturi ». E Giovan Battista di Ru-
giero, prete Alcamese aggiunge che per anni trenta lo ha co-
nosciuto « homo da beni, virtusissimo, speciali mastro di mosia
«et di morari, che quasi cridi ipso testimonio sia sulu in lu
« regno di la sua arti ».
Così finalmente il 13 dicembre vien firmato dal Gardena il
sospirato decreto dell'escarcerazione.
Il povero Oddo fu il primo illustre Monrealese che vera-
mente nella celebrità della fama e nell'avversità della fortuna
precedette i due grandi suoi concittadini, il poeta Veneziano,
che doveva poscia morire bruciato nel castello di Palermo; e
quell'ardente amatore della patria libertà, lo storico Baronie,
che finiva miseramente i suoi giorni nel Castello di Gaeta !
Dopo quest'epoca non si sa aver fatto il nostro Oddo altra
opera in Monreale ; in Palermo però fu chiamato a lavorare
nel Palazzo del Marchese Terranova.
La sua morte poi pare 'clic non^sia avvenuta in Monreale
mentre non se ne fa menzione nei registri della nostra Parroc-]]!
chia. L'ultima data che c*è riuscito di conoscere intorno a lui
DEL DUOMO DI MONREALE
217
è dell'ottobre 15:35 per la poco felice occasione di un forte di-
verbio con la moglie Antonella, figlia di Matteo Lu Vochiaru.
Tutti i suoi beni mobili ed immobili l'aveva già donato alla sua
unica figlia Angelicchia per atto del 14 maggio 1517.
Dopo il mosaico del pavimento non si foce altra opera ai
tempi del Gardena, se non si vuol parlare di alcuni nuovi al-
tari i quali furono aggiunti ad altri molti che stavano non solo
attorno alle pareti delle navatine, ma anche appoggiati alle co-
lonne.
Fra questi altari però ve ne fu uno notevolissimo perchè
dedicato alla Madonna di Porto Salvo, eccellente lavoro in pla-
stica eseguito da maestro Antonio Gagini nel 1528 per inca-
rico di un certo Antonio Demma. È questo un gruppo formato
da una Madonna sedente col divin figlioletto in grembo, S. Giu-
seppe a destra in atto di porgergli un uccellino, e S. Francesco
di Paola a sinistra con sembiante assai venerando in atto di
raccoglimento. Son esse figure (scrive il Di Marzo) che co-
munque in vero ben lungi dal potere andar comprese nel nu-
mero delle più segnalate opere dell'insigne scultore, han pure
evidente il carattere del suo stile, nella bellezza, nell'ingenuità
e nella vita del sentimento e dell'espressione ed insieme nella
notabile bravura del comporre e del modellare (1).
Al Cardona successe il Card. Pompeo Colonna, e anche egli ap-
portò dei buoni miglioramenti nel Duomo: ordinò dei restauri nei
tetti e, secondo che era stato disposto dal Pujades, fece appoggiare
nella gran nave alla sesta colonna a sinistra una bella pila di mar-
mo bianco per l'acqua benedetta , dove anche oggi si vedono
scolpite le sue armi. Ma i pochi n)esi del suo Episcopato — dal 15
XV.
Un gruppo in pia-
slica del Gagini
e i restauri dfi
Card. Colonna.
(1) Questo gruppo dopo essere stato nel 1568 trasferito alla Collegiata e
collocato aopra un altare, fa in seguito buttato in un ripostiglio e pur troppo
guasto. Fu il Di Marzo che lo fece conoscere e pregiare merilamentc; ed ora
por opera del ]Munici[)io, restaurato dall'egregio Prof. Gius. Valenti fa bel-
lissiuiM li^ura n- ll'aula del Palazzo di città. — Vedi DiMaiìzu —1 Gagini e la
Soullura in Sicilia.— Vul. 1, p. 365.
Anii, Ì3t<ji\ ò'ic. K. fcJ. auuu XV, 15
218
RESTAURI E RESTAURATORI
XM.
Restauri sotto Ip-
polito de' Medici
e Carlo V in
Monreale.
dicembre 1530 al 28 giugno 1532 — furono assai brevi per ri-
volgere un pensiero al restauro del mosaico che pur ne aveva
tanto bisogno.
Riguardo ai lavori di mosaico, il Gravina da quelli eseguiti
da mastro Pietro Oddo passa immediatamente a parlare degli
altri eseguiti ai tempi dell'Arcivescovo Los Cameros, 1058-1608:
la qual cosa farebbe credere che con mastro Masi de Oddo e
con Pietro suo figlio si fosse del tutto estinta la scuola dei
mosaicisti monrealesi, e niente più si fosse fatto per miglio-
rare le condizioni dei preziosi mosaici del Duomo.
Ma giusto non è così. Poiché venuto al potere della sede
Monrealese il giovane Card. Ippolito dei Medici, per tradizione
di Simiglia protettore delle belle arti, die facoltcà al Governa-
tore Bernardo Spina d'imprendere l'opera d'un largo restauro.
Tra i mosaicisti di questo tempo non comparisce più il
nome di mastro Pietro Oddo, quantunque non era ancor morto:
ma gli artisti sono mastro Angelo suo fratello , e poi mastro
Geronimo di Bartolomeo e mastro Vincenzo e mastro Pietro
Antonio Nicolosi, discepoli di mastro Masi e amici di mastro
Pietro Oddo. Questi lavori cominciano nel 1533 e vengono con
brevissime interruzioni continuati sino alla morte del Medici.
In antico il basso delle pareti delle duo navatino non era
incrostato di tavole di marmo con lavoro di mosaico nelle
giunture , come vediamo oggi : solamente le due ali del
presbiterio e l'abside erano state sin allora cosi bellamente
decorate. — Lello pag. 7- Or quest'antico lavoro di mosaico delle
giunture dei marmi era già al tempo del Medici quasi tutto
rovinato; e però il quasi totale rifacimento di queste giunture
fu l'opera prima delle altre eseguita per ordine del Governa-
tore Spina. In seguito anche il monumento di S. Ludovico IX
re di Francia, allora collocato presso la porta della sacrestia
del Borgia, viene adorno di nuovi marmi e di eleganti mu-
saici, che furono guasti più tardi per le successive transla-
zioni subite da quel monumento.
!' "^-I'"1ici è veraiuenle uno dogli Ai-civcscovi jiiù hoiiciuc-
DEL DUOMO DI MONREALE 219
riti del nostro Duomo. Oltre alle opere di mosaico si deve
anche a lui l'avere continuato il rinnovamento dei tetti per
impedire l'umidità che rovinava il mosaico dello pareti, ed a
lui l'avere decorato con ornamenti in oro la tavola di marmo
dell'antica protasi, allora (Febbraro 1534) ridotta a forma di
altare per il Sacramento. Allora per la prima volta il coro
del Duomo ebbe, siccome conveniva, un leggio di legno artisti-
camente intagliato da mastro Geronimo Vaglica monrealese e
un grande antifonario in pergamena miniato da mastro Pietro
Nicolosi.
Si disse che fu disposizione del Medici (disposizione non
bella certamente) quella di ridurre a forma di campanile la parte
superiore dell'una delle due torri che fiancheggiano la porta
maggiore. Però si sarebbe dovuto piuttosto dire che egli so-
lamente curò che fosse data maggior sodità e decenza alla
postura delle campane, gicà antecedentemente collocate in quel
sito. Cosi procedevano le opere ordinate dalla generosità del
Medici, ed altre ancora se ne progettavano, quand' egli inopi-
natamente moriva in Napoli il 10 Agosto del 1535.
La città fu in lutto, ma pochi giorni di poi, verso la metà del
settembre, al lutto successe l'esultanza per l'aspettazione dell'Im-
peratore Carlo V, reduce da Tunisi dove aveva sbaragliato le
armate turchesche (1). E infatti fu accolto trionfalmente, e co-
me vero trionfatore trovò inghirlandate di alloro le vie della
città e le stanze dell' Episcopio dove abitò. E mentre ap-
pena tre giorni si era trattenuto in Trapani , qui presso
(l) Pcrchò moglio si e inescano gli antichi costumi del nostro paese mi
piace riportare il scguento bando t Bindo et comandamento da parti di
li signuri ollijiali preluri et jiirati di quista chitali di Monreali che non sia
porsiiiia alcuna di quali si voglia statu gradii et conditioni si sia che digia
né presuma vendiri gallini, galluzzi, pullastrì, picchiuni, capuni, né nixuna
specie di pullanii nò ova, nò a frusteri né a cliitatini senza licentia di li
dilli sik'nuri oilioiali, né ([uilli noxciri di la ditta chitati senza loru licontia,
ucciuccljé si pocza provi-liri per la vinuta di sua GesarcM et Real Magestali
aupl.i [iena ciò. Di^ XXllII augusti, Vili Ind. 1535.»
220
RESTAURI E RESTAURATORI
XVII.
Principio dell'Ar-
civescovato di
A. Farnesi ed o-
pere eseguite.
di noi volle fermarsi per ben otto giorni meravigliato del
nostro Duomo e contento degli artisti Monrealesi , parecchi
dei quali nei giorni della maggior trepidazione avevano saputo
lasciare gli strumenti del disegno per impugnare le armi della
difesa contro i nemici della patria (1).
Da questo tempo non si lavora più nel Duomo fino a tanto
che ne diviene Signore il nipote di Paolo III, Alessandro Far-
nesi, l'uomo celebre per il Gesù di Roma e per il Palazzo della
Caprarola. Costui era eletto Arcivescovo di Monreale il 15 mag-
gio del 1536 e nell'Agosto del 1537 aveva già speso una grossa
somma per rifare tutto di nuovo il tetto dell'ala di Santa Ca-
terina e per farlo dipingere. Questa ed altre opere di fabbrica
generosamente ordinate impedirono per qualche tempo che si
pensasse ai mosaici che solo sappiamo essere stati ripigliati nel
mese di luglio 1540. Gli artisti sono mastro Pietro Antonio Nico-
losi, e mastro Vincenzo Nicolosi con Biagio e Pietro suoi figli. Ri-
parano parecchi tratti di mosaico sul fondo d'oro nelle pareti
della nave maggiore e nella conca dell'abside: rifanno il mo-
saico che a cagione dell'umidità si era guasto nell'interno di
alcune finestre sopra il presbiterio, compiono le strisce ve-
nute meno in quella parte del coro, dove era l'ambone dell'e-
pistola e formano tutto intiero un angelo in grande, che di-
graziatamente non si dice qual sia.
Cosi venivano ogui giorno più gagliardamente riparati i
danni dell'antico mosaico, e intanto si dava opera per levar-
ne del tutto la causa, che era l'umidità proveniente dai tetti
e dalle finestre] già ridotte in pessimo stato. E però si mette
a nuovo una gran parte del tetto della navata maggiore; de-
gli antichi e grandi travi , nitri son troncati a mezzo e poi
(1) Tra quesli van notali : Miistro Pietro Anioni Nicolosi — con spala,
bruchcrl, una picca et chi si accapta una balcslra.
MuHtro Vincenzo NìcoIohì — con unascu|)oUrt ot li spala.
Mnslro Gio. Anioni NìcoIohì — con una Ijaii'Slrii (M uii;i spilla.
Mastro Geronimo Vuglica — con una li.ilc.slri Ci unii archibu.\u,
DEL DUOMO DI MONREALE 221
allungati con supplemento di nuovo legno e con legature di
ferro; altri se ne aggiungono del tutto nuovi. Per calarne dal
tetto uno degli antichi oltre ai maestri bisognò chiamare in
aiuto altri cinquantacinque uomini. Intanto mastro Vincenzo
Nicolosi coi suoi figli cessano per poco dal lavoro dei musai-
ci per dar mano al piombo che si cola e si riduce in lamine
e poi vien traforato a disegno per uso delle finestre, special-
mente di quelle del presbiterio. Nel medesimo tempo (agosto
1541) non si sa per disposizione di chi, ma si sa certo, che
maestro Geronimo di Bartolomeo lavora nel chiostro per mu-
rare ad eccezione della porta, tutte le altre aperture e gli
archetti già guasti dal tempo che erano intagliati sul fron-
tespizio del capitolo vecchio (1). E qui bisogna notarsi che Lu-
dovico II Torres , quando converti questo Capitolo nella Cap-
pella di S. Placido, non fece altro che riaprire l'antica porta
e le finestre sporgenti nel chiostro , guastandone però le an-
tiche forme e le proporzioni,
Dal 1542 in seguito, nel Duomo si fecero altri lavori^ ma
di poco rilievo. In questo tempo si pensò piuttosto ad altre
fabbriche dipendenti dall'Arcivescovato, come ad esempio alle
case della corte, alle torri, al monastero di S. Castrense, alle
d) Questi archetti per disposizione delln Commissione delle Belle Arti
sono stati ora di recente scoperti e restaurati in parte. In continuazione
degli archetti e sulla superlìcie del medesimo muro si trovano praticate
delle antiche aperture dimeni non si sa trovare ragione sufàciente. Probabil-
mente anche a queste aperture sarà fatto accenno nel contratto d'accordo
che i monaci Benedettini e il (Governatore rogarono presso Not. Vincenzo
Goxia a dì 13 marzo 1530, dove si dice « promittentes... refìcere omnia ma-
racpnata sede vacante dirupta per monacos vel alios de eorum mandato
et ordinaUone tam in hahitatione praedicti Arcluepiscopaius quam in
dieta monasterio ac ctiam in prislinam formam reducere portas obtura-
tas et pavimenta ipsius Archiepiscopatus et monasterii dirupta,destructa,
et devastata et quaecumque omnia alia et singula reducere ad eumdem
modnm et formam, quibus erant tempore vitae quondam lll.mi et Revmi
Card. De Cardona.»
222
RESTAURI E RESTAURATORI
case tlol Balletto, al gran Fondaco di Fiume Lato (che era giu-
sto dove oggi è la nuovT. chiesetta di Fiume Lato) e al Castello
di Calatrasi.
XVIII. Nel novembre del 1542 veniva in Monreale il Regio Visi-
^* vvnio"p'*^? Dor^ tatore Mons. Francesco Amento, il quale con le sue disposizioni
lieo minore. riguardanti le fabbriche del Duomo e del Monastero non ap-
portò in sostanza tanto miglioramento ai nostri restauri, quanto
apportò luce alla storia di essi (1). Il Gravina ignorò, il no-
me di questo R, A^isitatore e le suo disposizioni e ciò diede
occasione a parecchie inesattezze, incorse nel suo lavoro, special-
mente riguardo i due portici che sono, l'uno alla porta mag-
giore e l'altro alla porta minore del Duomo. Egli scrive cosi :
« Il Rev. D. Giacomo de Arnedo, Visitatore Generale del Regno
. di Sicilia, visitava il Duomo di Monreale nel 1552 ed ordinava
di coprirsi il tetto del portico della porta che guarda la piazza
maggiore della citta: cosi è chiaro che la costruzione del portico,
il quale fu fatto dal Farnesi, sia stata eseguita tra il 1552 al
157:3, anno in cui costui rinunziò l'Arcivescovato di Monreale.
È questo il monumento più antico che abbiamo nel quale si Cic-
cia menzione della porta minore. Nella stessa visita si ordinava
di buttarsi a terra il ]ìortico della porta maggiore, il quale mi-
nacciava ruina. Prima di Arnedo, Piotro Puyades nel 1515 aveva
anche egli nell' atto della visita ordinato che fosse termi-
nato il portico maggiore, le quali parole importano che già
aveva sofferto e che in atto si ricostruiva : e finalmente nel
1770 cadeva in parte, e 1' Arcivescovo Testa pria lo riattava
e poscia lo demoliva intieramente e ricostruiva di altra forma.»
Perchè possano più chiaramente apparire le inesattezze del
Gravina, divido in due parti la sua asserzione. E prima, ri-
guardo il portico minore fatto dal Farnesi non c'ò da mettere
in dubbio la data, mentre possiamo conoscerla con tutta cer-
tezza, come appresso vedremo. Tanto meno poi ò a dirsi che
(1) Vedi Documciilo III.
DEL DUOMO DI MONREALE G23
il primo documento che abbiamo della porta minore del Duomo
sia proprio la visita dell'Arnedo. Nei libretti di celleraria del
monastero, e in quelli del quattro cento e in quelli dei primi
anni del cinquecento, si dice che alcune persone pagarono i loro
censi sotto la pinnata minore della chiesa. Il Cardona poi addi
14 maggio 1529 concede ai Rev.mi Can. e Parroci la facoltà
di costruirsi una sepoltura sotto il portico della porta minore,
e addi 7 giugno dello stesso anno concede licenza alla congre-
gazione dei fabbricatori di poter costruire in fondo al medesimo
portico una cappella in onore dei Santi Quattro Coronati. Addi
21 luglio 153:3 il Vicario Generale del Card, dei Medici ordina
con pubblico bando che a nessuno sia lecito giocare alle bocce
sotto nessuna delle pinnale del Duomo. Cosi è chiaro che anche
prima del 1552 esisteva non solo la porta minore, ma anche un
portico — pinnata — davanti ad essa. Come va dunque che l'Ar-
nedo ordina ut staiim cooperiatur porticus seu antrum illius
januae qiiae resplcit maiorem plateam ipsius civitatis ?
Il nodo viene sciolto dall'articolo terzo della Visita di Mons.
Vento, il quale nel 1542 afferma che c'è un portico (suppongo
quello dei primitivi tempi del Duomo) ma esso minaccia rovina
ed è indecente a guardarsi, e perciò bisogna mandarsi giù e
rifarsene un altro nuovo e degno del tempio. — Ante ianiiam
quae est ad latus elicti templi respiciens ad plateam magnam
dictae civitatis est aliiid atrium cuius tectiim oh vetustatem
ruinam minatur et ad videnditm indecens extitit tempio huius-
niodi; propterea opus esset reparatione et costructioiie digniori
et congruentiori et /Ieri, prout vulgo dicitur, alaniia. Di fatti se-
condo lo sue ordinazioni vien subito abbattuto l'antico portico
(che non era alarnia, cioè a volta reale, opperò probabilmente
doveva essere di legno come gli antichissimi tetti del Chiostro);
ma non era ancor sorto il nuovo sino a quando nel 1552 ven-
ne r Arnedo. In seguito vedremo quand' esso veramente ri-
sorge.
Ed ora parliamo del portico maggiore. È vero che l'Ar- ^X.
Il portico
maggiore.
224 RESTAURI i; rn^TAL-RATORI
neJo oì'dina nel 1552 (1) che si demoMsca il por;ico della porta
maggiore del quale nel 1515 il Pujados colle parole expcdiatur
pinnacuhun aveva ordinato che si portasse presto a compi-
mento. Ma come si spiega che un portico costruito nel 1515 mi-
naccia rovina nel 1552, dopo la hrevissima esistenza di soli tren-
tasette anni ? in che modo era stato costruito ?
Ecco come il secondo articolo della Regia Visita di Mons.
Vento scioglie l'enigma.
Ivi si legge che davanti la porta maggiore esisto un atrio
coperto di tegoli, cosa veramente mostruosa avuto riguardo
alla maestcà del tempio: e però si ordina che se ne faccia un
altro di fabbrica decente. An/emaiorsut ianuam e.d airlinn co-
pertili n teguUa, res monstruosa tempio sic eximlo et in toto orbe
dignissimo; et propterea opus esiict fieri fahrica et aedi fido con-
gruenti loco et dignitati eie. Ora è facile spiegare come una
tettoia (quella del 1517) fatta cosi alla peggio, dopo trenta sette
anni minacci rovina. Però è curioso quello che aggiunge
il Gravina, dicendo che il portico, il quale nel 1552 iani inm
rninatur ì'uinam venne lìnalmente a crollare nel 1770, dopo
la bellezza di 218 anni ! A rettificare questa inesattezza biso-
gna aggiungere che l'ordine dolT Arnedo non fu veramente
eseguito subito, tanto che il Regio Visitatore del Pozzo nel
ÌÓS'A riconoscendo che era impossibile per allora costi'uire in
fabbrica quel portico a cagione della grave spesa, si contentò
di ordinare « ut reficiatur porticus portae maioris tabulis et
tecto ut vulgo dlcitur morto.
La qual cosa fu poi Analmente eseguita dall' Arcivescovo
Ludovico li Torres nel 159G, come costui di propria mano no-
tava in margine alla Regia Visita di Mons. Francesco del Poz-
zo (2). Ma è questo il tetto del portico maggiore, che crollò
la notte del iNatale del 1770 ? Nò certamente.
Nel lO.'Jl questo portico si rifece un'altra volta, ma di fah-
(1) Vedi Docunicnto IV.
(2) Vedi Documento V.
DKL DUOMO DI MONREALE 225
brica; però il 2 luglio per inabilità dei maestri crollò tutto di
un tratto cagionando non pochi danni all'antico mosaico delle
pareti dell'atrio e insieme alla vita di alcuni lavoranti (1).
Ma nello stesso mese si ripigliarono i lavori di ricostru-
zione sotto la direzione del P. D. Paolo Catania, monaco cas-
sinese nativo di Monreale, autore di eccellenti versi siciliani
e di una cronaca del nostro Monastero, che si conserva ine-
dita nel tabulano del Duomo. Nel 1633 il portico era già por-
tato a compimento, e Paolo D'Ansilio e Domenico Rivalora mon-
realesi, deputati della fabbrica del Duomo, presso Not. Leo-
nardo Corrado a di 5 giugno incaricavano il pittore Pietro No-
velli per ornarlo di aft'reschi (2). Or dunque quest'ultimo portico
è propriamente quello che crollò la notte del 24 dicembre 1770;
e che in seguito fu rifatto intieramente dall'Arcivescovo Testa
sopra il disegno del sacerdote Monrealese Antonio Romano.
(IJ In un rodisi ro della Tesoreria del Duomo ili Monreale, anno 1G31, si legge:
» 3 luglio lii.'U — M lUro Gsrjnim » Rcniin pissò dis^razialimonte da
« questa a miglior vita nella cascala del Dammuso della porta del Paradiso,
« mentre stava slbr;n:inlo lo detto Dammuso, per poca accortezza di mastri,
« che sformaro mentre era fatto fresco e ci aveva piovuto tre tjiorni conti-
« nui. Fu sepolto al Carmine con li campana dell'ore: non se li fece pa-
« gare canqjana. Bastiano Camilla similmente passò da questa vita schiacciato
€ dal m;ded.no damrnaso, bea vero ch3 campò dieci giorni senza parola
« e senza intendimento. Non se li fece pagare niente.
(3j Nel sopracitato contratto si legge « Petrus Novello oriundus civis
hujus civitalls Montis llegalis et habitator Panormi ad paesens hic Monte
Regali rcpertus se obligavit et obligat di pingiri nello sculo seu ovato di
monzo lo dammuso novamentc fatto sopra la porta maggiore di detta chiesa
cattedrale, cliiamato dello Paradiso, l'armi della f. m. del serenissimo Re
Guglielmo secondo, cliiamato il buono, circondato di angeli secondo il di-
segno, e dalla parti di man dritta l'armi dell'Eccmo Cardinale Cosmo de
Torres eletto di Monreale, e della parte sinistra l'armi della città di Mon-
reale di pittura in frisou con lo suo recinto a torno et ogni cosa fare
bene , magistrevolmcnte come conviene, vista et revista per persone experti,
incipere a 15 praesentis mensis Julii et finire ad altius per totum mensena
Julii prox. venturi.»
226 RESTAURI E RESTAURATORI
^^- Importante ancora e la visita di Mons. Vento per il suo
Il Chiostro e le sue .. , i , t • i i i , • t •
vicende. articolo quarto ds fabrwis dove parlando del chiostro dei PP.
Benedettini ci fa sapere che per la sua antichità si trova
guasto e ditformato tanto nei pavimenti quanto nei tetti , i
quali minacciavano rovina. Il Pujades sul medesimo tenore
aveva anche lui ordinato: Expediatur pavimentum in claustris
dlctae Eccles'iae et fìat tectmn dicli claustrl, ubi deficit, ad ar-
hitrium architcctonis, quod quidem tectum depingatur prout est
ala dicti claustrl versus orientem, et muri dicti claustrl deal-
hentur circum circa. Ma quest'ordine non si recò per allora
ad effetto. Perciò dunque Mons. Vento ritorna ad ordinare che
si ammattoni il pavimento e si rifabbrichino i tetti, come vol-
garmente dicesi akunia, messo che non ne soffrano detrimento
gli archetti del medesimo chiostro. Item claustrum magnum
praedicti monasteril oh antiquitatem devasf attlni et deformatimi
tam in pavimentls qiiam in tectis ruinam tninantibus, et indi-
geret reparatione et reformatione prò qua esset necessaria swn-
ma unciarum sexcentarum tam prò pavimento praedicto in-
tessellando, sioe ut vulgo dicitur , ammadunando , quam prò
tectis fahricandiSy ut vulgo dicitur alamia^ si et quominusar-
cus dictorum claustrorum paterentur iudicante et testificante
praedicto magistro Vincentio De Nicolosio.
I tetti del chiostro prossimi a rovinare , di cui parla il
Pujades e il Vento, non sono quelli primitivi dell'epoca nor-
manna, che secondo scrive il Lello — Descrizione del Real
tempio ecc. pag. 37 — erano di legno; ma sono quelli a vol-
tine reali fabbricati per una metà dall'Arcivescovo Fra Paolo
Romano e per l'altra metà dal Ventimiglia, dei quali parla
il medesimo Lello — Vite degli Arcivescovi pag. 07 e pag. 72
— e dei (piali oggi dopo lo scrostamonto fatto allo pareti
del detto chiostro si vedono chiare le traccio. Le ordina-
zioni del Visitatore Mons. Vento vengono eseguite dal 1541
al 1554, facendosi prima i tetti in legno e poi l'ammattonato:
dei tetti però, a cagion di risparmio , solamente si fecero quelli
DEL DUOMO DI MOKRBALV 227
che erano crollati , secon lo il consiglio del Pujades : « fìat
tectum uhi deficit.
L'Arnedo nel 1552 raccomandò di seguire i lavori del chio-
stro, e poco più tardi con lettere Viceregie del 1553 veniva
ordinato che presto si desse riparo alle colonnette e al tetto
della corsia settentriona'e, perchà minacciavano rovina.
E così abbiamo che al tempo del Lello alcuni tetti erano
di legno, ma altri ancora ne restavano a voltine reali. La qua!
cosa non bisogna dimenticarsi , perchè diversamente non si
saprà più spiegare come il sopradetto Lello in un passo af-
ferma che al suo tempo vi erano tetti di legno, mentre in un
altro parla di una volta reale dove si vedeva intagliata una co-
rona di spine. — « Le loggie del chiostro furono anticamente
« coperte di tetti di legno, i quali essendo andati in rovina ,
« vi furono tirate sopra le volto, le quali coprirono le fenestre
« che vi erano con le colonnette, et essendo quelle ancora in
« buona p%rte cadute, vi si è di nuovo fatta l'opera di legno.
« — Descrizione del reni Tempio pag. 37. — E poi — Vite degli
« Arcivescovi pag. 07. — nel mezzo di wm volta del chiostro
« del monasterio di questa chiesa, che fu senza dubbio rifatto
« a tempo di questo Arcivescovo (Fra Paolo) per esservi scol-
« pita l'arme sua, si vede intagliata una corona di spine. »
Però anche questi tetti, di cui abbiamo parlato, non dura-
rono sino ai nostri giorni: sono levati una prima volta nel
1634 e allora si pensò di sostituirvi delle soffitte che vennero
eseguite dal fallegname maestro Vincenzo di Ganci e dal capo
maestro muratore, Antonino Polizzi : e queste poi minacciando
di rovinare una seconda volta, vengono ricostruite nel 1785-178G
sullo stesso sistema secondo il parere dei Rev.mi Padri cas-
sinosi D. Antonio Spatafora e D. Benedetto di Cordova, ai quali
con decreto del 18 gennaro 1772 ne aveva già affidato l'inca-
rico il Rev.mo P. l). Timoteo Botto presidente della Congrega-
zione Benedettina cassinese. In quest'occasione furono demoliti
tre palmi della fabbrica che sta attorno sopra gli archetti.
228
RESTAURI E RESTAURATORI
XXI.
Ullimo ordine di
Mons. Vento e
sospensione dei
lavori.
XXII.
Il ViniUtore Arne-
do: nuovi moaai-
ci e piilitara dei
mosaici.
Un altro ordino, anzi il primo, che fece scrivere Mons. Vento
neirarticolo de fabricis, fu di sostituire una grande trave alla
seconda che era sopra la porta maggiore del Duomo , e che
minacciava imminente rovina. Quest'ordine fu eseguito il 20
maggio 1544: si comprò in Palermo un grosso albero di una
gran nave; si lavorò più giorni alla marina per tirarlo fuori
porto; e poi per trasportarlo in Monreale fu mestieri che un
buon gruppo di maestri accompagnassero i carri dei buoi per
provvedere all'insufflcienza dell'antica strada, che per l'inegua-
glianza del suolo poco si prestava al bisogno.
Da quest'anno sino alla venuta del Regio Visitatore D. Gia-
como Arnedo nessun'altra opera di rilievo si era fatta nel Duo-
mo. Ristorata abbastanza la sua Chiesa nella parte materiale,
il Card. Farnesi rivolse tutto il suo pensiero alla restaurazione
morale di cui tanto abbisognava la sua città e la diocesi. Nel
1545 mandava suo Visitatore Mons. Pompeo Zambeccari con
pieni poteri nello spirituale e nel temporale; e poi nel 1549
il P. Giacomo Laynez, uomo nell'Europa ugualmente celebre
per santità e per dottrina. E in questo tempo non fu poca la
spesa fatta per nuovi assegni ai poveri, alle orfane, all'ospe-
dale, ai nuovi canonici secolari , e quella spesa ingente fatta
per la casa, per le scuole e per l'antica Chiesa del Gesù, che
esistette dove oggi è la nuova, fabbricata nel 1G33. Aggiungi
poi, che gli anni 1550-1552 furono burrascosissimi per il Farnesi:
le gelosie politiche tra i Francesi e gli Spagnuoli gli frutta-
rono lo sdegno di Carlo V, ed egli privato dell'amministrazione
deirArcivescovato di Monreale non si vergognò di chiamarsi
povero.
Però i lavori del Duomo si ripigliano un'altra volta ener-
gicamente dopo la venuta del Regio Visitatore Arnedo (1).
Nel primo articolo della sua visita del 1552 egli aveva or-
dinato ut figurae ex labore musaico depictae statim munden-
(1) Vedi Documento IV.
DEL DUOMO DI MONREALE 229
tur, nam oh pulverem vix duudlcarl valenti et veficlantur in
pariibus qidbiis aliqico modo deformiia'i faerlnt. E nell'caprile
155G il capo maestro Vincenzo Nicolosi con suo figlio Cristo-
faro e con maestro Cosimo La Piana e Giuseppe De Lapi di-
spongono alcuni scomodissimi ponti di tavola e lavorano nel-
l'alto della cappella del Corpo di Cristo per restaurare il mo-
saico che ivi era largamente danneggiato. Per appiccicare le
pietre musaiche alle pareti tanno un preparato di calce e di
sabbia finissima e sopra di esso lo stesso maestro Vincenzo di-
pinge a colore rosso il disegno che deve poscia eseguire. Sullo
stesso tenore e dagli stessi maestri monroalesi si lavora a brevi
riprese sino alla metà del 1558 e specialmente attorno attorno
le pareti più alte del presbiterio, sopra la porta maggiore, e
nell'interno della cappella di S. Giovanni, allora esistente sotto
l'ambone nell'atrio del coro e poi distrutta dal Los Cameros.
Trovo qui da osservare che mentre in alcune parti, immedia-
tamente sotto le pietre del mosaico aggiungono olio di lino ,
in altre poi usano morga ed ocria (1) e nei soli mosaici della
cappella di S. Paolo, appena terminati, vi passano sopra della
vernice, cosa che non avrebbe certamente fatto né mastro Masi
nò mastro Pietro Oddo !
Nelle pareti dove manca qualche lastretta di marmo, la sup-
pliscono; e in questo caso usano sempre del gesso e delle pic-
cole trattenute di ferro o di rame. Nel medesimo tempo il Duo-
(1) Kcgistro di spese di Mamma — 14 maggio 1558 — once 2, 15, 5 —
sonno per iorna 17 che lia fatto mastro Vincenzo Nicolosi con due suoi fi-
gli in questa settimana, cioè lo ditto mastro Vincenzo et uno suo figlio in
la ditta raosia intro ditta ecclesia supra la porta maggiori et l'altro suo fi-
glio in lo servizio che fa in annettare le marmerà et colonne et consare le
scalone de marmerà delia cappella de S. Joanne intro ditta ecclesia et con-
xure de mosia alcuni frixi clic stanno in' orno ditta cappella, et iorna 11 di
due manoala per portare aqua et seligiri mosia al ditto mastro Vincenzo
et l'altro per portari a(ina a mastro Blasi et aiutari a nettale ditta cappella
et pir uoria et murga per mettere supta la raosia etc. ctc.
i30
RESTAUnl E RESTAURATORI
XXIII.
riirnslruzioue del
portico minore
ed altari del por-
tico.
mo vieii tutto mondato dalla gran quantità di polvere di cui
si erano ricoperti i mosaici noi tempo della ricostruzione dei
tetti. Anzi in gran parte, dove si credette più urgente il biso-
gno, si adibi lina larga lavatura, ora con acqua sempli<'e ed
ora con acqua e sapone strofinatovi sopra largamente con una
spazzola di finissime setole, nel modo istesso come oggi lode-
volmente si va facendo per disposizione della Commissione del
Restauro. Ma per i marmi e per le colonne di porfido si adi-
biva una spazzola che invece di setole era formata di sotti-
lissime fila di rame.
Oltre ai mosaici e alla quasi generale riparazione dei tetti
si fecero nel Duomo altre opere di molto rilievo e sempre se-
condo le disposizioni dell' Arnedo. Però molti dei bravi maestri
monrealesi erano gicà troppo inoltrati negli anni o morti, e pa-
recchi senza successione nella linea maschile : da ciò avviene
che ai monrealesi cominciano a sottentrare altri maestri stra-
nieri. Cosi la ricostruzione del portico minore, quello stesso
che oggi vediamo, viene affidata quasi intieramente a maestri
palermitani. Gli undici archi e tutto il frontespizio sono lavo-
rati dai due fratelli Giovanni e Fazio Gagini , come si vede
agli atti del Not. Antonino Aiuto di Palermo il 20 febbraro
1547. E maestro Vincenzo Gagini lavorò lo stemma del Farnesi
adorno di una bolla festina di fronde e di frutta, che è quello
che sta tutt'ora sull'archetto centrale del portico ; e maestro
Gian Antonio Nicolosi lo adornò di colori e di oro. Le voltine
poi furono eseguite dai due fratelli Francesco e Pasqualino
Scalone palermitani anch'essi"! E nulla diciamo delle colonne
e dei capitelli pcrchò questi non sono che un'ultima reliquia
dcU'antichissimo porticato che esistette attorno attorno la piaz-
zetta della porta del Paradiso, a cui accenna il Lello (1). L'in-
tiero portico ò di buon gusto, sebbene non corrisponch^ all'ar-
cliitcttura del Duomo. — Quei buoni maestri por impedire che
(I; Vedi Lello ■ If.sa'ùiunc del nat Tonjiio e MuiìasU'n>, \kì'^. 'Z\,
DEL DUOMO DI MONBEALB 231
l'umidità danneggiasse questa nuova fabbrica, credettero far
bene usando nella terrazza di sopra il portico un intonaco di
calce finissima mista a sabbia che di proposito facevano ve-
nire dalle isole di Lipari.
Il Catania nella sua Cronaca del Monastero dice che que-
sto portico fu cominciato nel 1569 per disposizione del Cardinale
Farnesi, venuto in quest'anno in Monreale. La data, come già
si è veduto, è poco esatta, ed il Farnesi venne in Monreale
nel 1568 quando già il portico era bello e compito sin
dal 1562.
Sino a questo tempo troviamo esservi stati eretti tre alta-
ri: uno ai SS. Quattro Coronati; e due altri più antichi col loro
nicchio incavato nel muro stavano a sinistra della porta mino-
re. Il primo di questi due non si sa a qual santo era dedica-
to, ma il secondo era certamente dedicato a S. Venera, come
appare da un atto di concessione del 6 giugno 1529 ed anche
dall'antico Cerimoniale della Metropolitana di Monreale. Nel
contratto del 1529 rogato presso il Notaro Gio. Francesco Bel-
lissimo abbiamo, che il Card. Cardona concede alla Confrater-
nita dei muratori : « qaemdara locmn intus pumataìn maiorls
Montls l'i'galU Eccleslae ex parte altaris vocali di S. Vanirà
di una colonna all'altra ad opus faciendi cappellani sub tltulo
quatuor Coronatorum cum uno incanchillato et tecto mortuo.
E poi nel Cerimoniale della Metropolitana di Monreale (Domi-
nica in Ramis palmanim) si dice che la processione delle
palme partendosi dal coro deve uscire dalla porta maggiore
e di là venire all'altare di S. Venera, dove si compie il resto
della funzione. Appena terminato il portico Farnesiano, fu il Vi-
cario Mons. Fasside che pensò di fabbricarvi un terzo altare con
sua cappelletta dedicata a S. Anna, di fronte a quello dei Quat-
tro Coronati, e poi egli stesso lo dotò di un'annua rendita e di
sacri arredi con atto rogato il 1° marzo 1563 presso il Not.
Marco Antonio Peroxino.
Queste due cappelletto, dei Quattro Coronati e di S. Anna,
ora non sono più nella forma primitiva, perchè furono adden-
trate nel muro per decreto del Card. Torres 1596.
232
RESTAURI E RESTAURATORI
XXIV.
Generosità del
Farnesi e uria
lettera inedita
del Caro.
XXV.
J pavimenti d«'l
Diomo, 1 venti
ili >n H la &«|f
pi,. «Il a. b.'
C^mc può imaginarsi, furono ingenti le spese per il bel
portico, di cui abbiamo parlato: ma il Farnesi non se ne im-
pensieriva. Anzi mentre TArnedo aveva stabilito per i restauri
del Duomo e del Monastero la somma di once trecento an-
nue, egli l'accresce ancora sino a cinquecento. E come de-
sidera che questa somma sia impiegata nel Duomo con sapienza
e discernimento , meglio che io il dica , può vedersi dagli
ordini da lui partecipati a Mons. Fasside, suo Suffraganco, per
una lettera, tuttavia inedita, scritta dal celebre Annibal Caro,
suo segretario, che mi piace qui riferire per quella parte che
ci giova. « Ci siamo etiamdio contentati di concorrere alla spe-
« sa della reparacione del refettorio dei monaci per quella
« rata che sarta declarata da noi. Oltre a ciò volemo che le
« oncie 500 assegnate per noi alla fabrica et reparacione della
« Chiesa et del Monastero non si possano convertire in altro
« uso : et per osservacione di questo ordine nostro volemo che
« non si possa fare opera alcuna per la detta fabrica per pic-
« cola che sia senza il consenso vostro come sufFraganeo et
« del priore del dicto monastero et del gubernatore et del no-
« stro locotenente arcidiacono. Et in questo medesimo modo
« s' abbiano a rivedere i conti di dieta fabrica, cioè per ma-
« no del sulTraganeo et del priore et del gubernatore et arci-
« diacono che si troveranno prò tempore: et appresso si ion-
« ga inventario di tutto quello che entra et esce dal raagazeno,
« cioè corde, legname, et ferramenti et simili cose ordinando
€ espressamente che detti utensili non si debbano imprestare
« ad alcuno, et non possano servire ad altro uso, ma che sem-
« pre siano esposti al servizio della detta fLibrica. Et contra-
« facendosi a questi ordini nostri , volemo che queste nostre
« concessioni s'intendono ipso fatto essere revocate. — Da Uo-
« ma a X di giugno MDLXIII. »
Iminediatiimentc dopo queste generose disposizioni del Far-
nesi si cominciò a lastricare di marmi a diversi colori il gran
pavimento della nave maggiore, che sino allora con indecenza,
veramente indegna del Duomo, era formato di uno strato di
DEL DUOMO DI MONBEALE 233
lastrico poverissimo. Anche questa fu un'opera necessaria e
magnifica: affidata sin dal 1561 al marmoraio palermitano Bal-
dassare Massa, fu sospesa in sul bel principio e poi, presente
il Card. Farnesi, fu ripigliata una seconda volta nel maggio
del 15G8, come si vede agli atti del Not. Antonino D'Agra (1).
Il disegno non è originale, ma un semplice e ben riuscito in
grandimento di quello dell'antico mosaico (2), che forma il pa-
vimento dinanzi l'ingresso al S. Placido ed al S. Benedetto.
11 Duomo, come abbiamo detto, sino a questo tempo era in-
gombro di moltissimi altari appoggiati non solo alle pareti ma
spesso anche alle colonne (3) : ora nel rifarsi il pavimento molti
(1) Vedi documento VI,
(2) Questo mosaico fu egregiamente restaurato nel 1883 dal sig. Alfonso
Riuso: tuttavia anche dopo i ristauri si osservano cliiarissiuie Iraccie del-
l'antico.
(3) Gli altari, oltre al maggiore, sino a questo tempo erano in numero
di venti cioè:
1. Altare di S. Gio. Battista nella sua cappella sotto l'ambone.
2. Altare di S. Maria del Pensiero presso la tomba di Guglielmo Primo.
3. Altare della SS. Trinità.
4. Altare di S. Crispino.
5. Altare del Crocifisso.
6. Altare della Madonna Bruna.
7. Altare della Pietà sotto l'organo.
8. Altare di S. Sebastiano.
9. Altare di S. Maria del Soccorso.
10. Altare di S. Benedetto fondato da Luigi di Giacomo palermitano
nel 1409.
11. Altare di S. Geronimo fondato dal monaco Geronimo Susinno 1508.
12. Altare del Sacramento fondato nel 1534.
13. Altare della Madonna di Porto Salvo fondato da Antonio Demma 1528.
14. Altare di S. Giacomo Apostolo fondato dalla famiglia Bulzò 1508.
15. Altare di S. Barbara fondato da Barbara D'Evola 1508.
16. Altare di S. Maria della Catena fondato dalla famiglia Li Fonti.
17. Altare di S. Marta e Maddalena.
18. Altare di S. Caterina edilìcato nel 1518 presso la cappella del Sacra-
mento.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XV. 16
234 RESTAURI E RESTAURATORI
di essi vengono aboliti o trasferiti in altre chiose della cittA.
Uno però, quello di S. Benedetto, trovò miglior fortuna avendo
ottenuto il primo posto nell'antica Cappella di S. Cataldo, che
quindi innanzi si chiamò di S. Benedetto. Ma questa cappella,
come oggi la vediamo, nulla ha di antico, mentre nel 1007 fu
messa a nuovo e ornata di un quadrone e di molti affreschi
di maestro Pietro Antonio Novelli (1). I quali affreschi furono
distrutti nel 1728 quando Giovanni Marino vi sostituiva la rap-
presentazione in marmo della vita di S. Benedetto: e il qua-
drone fu levato dall'altare quando il Marabitti formava il ma-
gnifico medaglione a grande rilievo che tuttora vediamo (2).
Fu poi il Cardinale Torres che volle compire di marmo
l'intiero pavimento del Duomo, facendo eseguire sul disegno del
Farnesiano i due pavimenti laterali delle navatine minori e quel
breve spazio davanti il coro e vicino al fonte battesimale che
sin allora chiamavano locus cathecuminorum. Il lavoro fu ese-
guito da maestro Pietro Bacchiotta Fiorentino e da maestro
Marco Antonio D'Aprile palermitano a cominciare dal 1590 in
seguito (3).
19. Altare dell'Assunzione.
20. Altare del simulacro della B. Vergine, ora del Popolo, dietro l'altare
maggiore.
(1) In un registro della maramma del Duomo troviamo queste note di
pagamenti:
1607 — per slucchiare e dorare la cappella di S. Benedetto on. 3G: per
far il (^aalro del P. S. Benedetto e pingere tutta la suddetta cappella a
mastro Pietro Ant. Novello on. 50: per mastria di palio d'altare e pavimento
di delta cappella a pietre intarsiate on. 150.
(2) Vedi Documento VII.
(3) Tra i patti stipolati presso il notaio Pietro Vienna si dice che i detti
maestri dovevano • facere bene, diligonter et magistrabililer totam illam quan-
tilatcm pavimenti lujjidum de Sammarco nnxlarum seu niiscuarum marmo-
rum de Carrara et la]jidum nigrorum de Genua bene factarum et polita-
rum neo non modo proodicto et de lapidibus praedictis ut dicitur scacchiato
doero pavimentum suiTecturum prò compiendo spatium existcns intus majo-
DEL DUOMO DI MONREALE
231
XXVI
Questo Cardinale apportò altre belle riforme nel Duomo ; Riforme dei Tor-
rifece a mosaico il pavimento dell'atrio del coro sotto l'organo,
e dalle navatine^ minori tolse l' ingombro di parecchi altari,
che vi stavano mal collocati , come quello dedicato alla Ma-
donna della Catena (1) , quello di S. Giacomo e l'altro di Santa
Barbara. Siccome nel 1534 la protasi era stata mutata in altare
del Sacramento, cosi egli nel 1589 al posto del diaconico formò
l'altare della B. Vergine detta del Popolo. Tanto il Giudici (2)
quanto il Gravina (3) senza alcun fondamento storico hanno
imaginato che questo caro simulacro in tempi antichissimi ab-
bia avuto posto nel chiostro del monastero e poi , quando il
Cardona ripose la Santa Eucaristia nella Protasi, esso sia stato
collocato nel diaconico. Non è mio compito parlare e dell'epoca
del simulacro e del suo posto in tempi antichissimi ; ma nel
cinquecento esso aveva certamente il suo altare alla tribuna
maggiore dietro l'altare maggiore, che allora era un poco più
in fuori di quel che non è oggi.
rem ecclosiam, vocaliim locum cathecuminorum. » In un altro corilmUo
presso lo'stesso Notaro in data del 6 seUembre 159Ó, lo stesso maestro Pie-
tro Bacchiotta florentinus oriundus, de urbe felici Panormi si obliga al
Vicario Tinti di J:irc tutte le opere di marmo, pavimento, balaustrata, al-
tare, scalini etc. che bisognano per la cappella di'S. Castrense.
(1) L'altare della Madonna della Catena fu eretto dalla famiglia Li Fonti
in sul principio del secolo XVI. Nei manoscritti del Gaetani si legge « So-
pra la pennata di detta Chiesa (il Duomo di Monreale) in un nicchio vi è
una statua di marmo della Vergine con il figlio nudo in braccio, quale si
chiama la Madonna della Catena. Questa , prima era in Chiesa in un an-
golo della cappella sinistra di detta Chiesa verso la sacrestia, quale fu in
questo luogo con gmndissima solennità e devozione trasferita dalla f. m. di
Ludovico II Torres.» Questa statua che nel 1535 già esisteva pare lavoro
della scuola del Gagini e nelle movenze e nello zoccolo somiglia molto alla
Madonna di S. Domenico della città di Caccamo fatta dallo stesso artista.
Dopo essere stata esposta lunga pezza all'intemperie del tempo, ora sta de-
positata nel S. Placido.
(2) Giudici — Descrizione del reale Tempio, pag. 77.
(3) Gravina — // Duomo di Monreale, pag. 13,
rea e conci usJo«
ne.
236 BESTA.UKI E RESTAURATORI
Xel cerimoniale della Metropolitana di Monreale compilato
da Mons. Fasside nel 1559 se ne parla in più luoghi. Nella ru-
brica del sabato santo si dice: « Nota quod propter devotlonem
popuU in hac solemnitate lampades ante sacramentum , ante
B. Virgìnem retro altare majus, et B. Virginem Nigram (1)
ìton evtinguuntur finitis resperis.» Altre memorie se ne trovano
nei manoscritti raccolti dal P. Gaetani nel principio del sei-
cento.
Ma chiaramente poi il fatto della traslazione viene raccon-
tato dal Lello, segretario del Torres, in una lettera del 2 ago-
sto 1590 dove si dice « nella prima visita che 1' Arcivescovo
fece tre mesi dopo l'arrivo suo qui , levò , trasferi e fece di
nuovo molti altari della Metropolitana, i quali tutti consacrò,
trasferi l'imagine della Madonna, dopo averla benedetta, dal
luogo dietro l'altare maggiore alla cappella sinistra collatera-
le, che nella destra è 1' altare del SS. Sacramento : si fece a
questo effetto una solenne processione nel giorno dell' ottava
dell'Assunzione...» Tralascio qui di notare parecchie altre ri-
forme fatte dal Torres, si perchè ne scrive a sufficienza il Lello,
o meglio lui stesso sotto il nome del Lello, come pure perchè
(1) Dal sapersi che il Taormitano D. Francesco Raineri, arcidiacono di
Monreale restaurò l'aliare di questa Madonna e lo dotò di un annuo bene-
fizio, l'Ab. Giudici — Descrizione del real Tempio pag. 63 — argomentò che
anche il quadro fosse stato dipinto per ordine suo, mentre per ordine suo
fu solo restaurato. La Madonna poi ha somiglianza veramente con un'altra
della città di Taormina, come asserisce il Giudici; però ha pure somiglianza con
quella a mosaico che è sopra la porta maggiore del nostro Duomo, con quella
ohe si venera nella Chiesa di S. Marìa del Popolo in Roma e ohi sa con
quante altre. Né si può dire che il Giudici (1702) vicinissimo ai tempi del
Raineri poteva ben sapere la cosa; mentre più vicino, anzi proprio contem-
poraneo del Raineri era chi da Monreale scriveva al Gaetani t Nell'ala de-
stra dell'entrare la porta maggiore vi ò un quadro in tavola antichissimo
della Madonna della Negra, col Cristo al braccio destro tutto coperto della
propria veste, il quale tiene una carta serrata avvolta nella mano , quale
dicono essere quella tenuta dal Conte Ruggiero... »
DEL DUOMO DI MONREALE 237
non poche di esse risentono assai del decadimento del secolo
che già si avanzava. Questo però mi giova notare , che egli
in tutte le sue riforme intendeva soprattutto al culto, all'ordi-
ne, al rito; e che nessun'opera imprendeva senza averne prima
consultati i migliori artisti o siciliani o stranieri. E poi l'arti-
sta ordinario del Duomo al suo tempo era maestro Pietro An-
tonio Novello , pittore e mosaicista , che è 1' ultimo di-
scepolo della scuola degli Oddo e dei Nicolosi e che fu il
genitore fortunato del gran Pietro Novelli, il Raffaello sici-
liano (1).
La fama del tiglio nocque al padre, di cui troppo poco si
è parlato nelle storie degli artisti siciliani; e pure un vero me-
rito lo ha, come può vedersi dai quadroni che di lui ci restano,
la Madonna del Carmine e il S. Antonio nelle Chiese omonime,
e la Madonna del Popolo in quella di S. Castrense.
Di mosaico non fece opera intiera ovvero originale, ma dal
suo testamento e dalle visite del Torres sappiamo, che egli la-
vorò in questo genere, sebbene sempre in restauri (2). Anzi
qualche volta per far presto e levare, se non altro, lo sconcio
apparente dei guasti, fu dallo stesso Torres invitato a supplire
in colore ciò che mancava di mosaico.
E nella Visita del 1G06 si dice « si faccia patto con mae-
stro Pietro Antonio Novello di compire tutte le musie, tutti li
fregi; et quelle eh e mancano con stucco e pittura. » Ciò serva
(1) La famiglia Novello propriamente è originaria di Caslrogiovanni.
Il primo Novello venuto in Monreale si chiama Antonio (vedi not. Gian
Aloisio Altavilla 30 ottobre 1510) ohe in qualità di cavallaro presta operas
et servitia suae personae magistro Petro de Guhno hujus cioitatis Mon-
tis Regalis.
Costui sposò una certa Angiola monrealese e tra gli altri figli ebbe u
certo Vincenzo, che sposò Eumilia BonGglio nel 156G e fu padre di M. Pietro
Antonio; costui sposò Angelina D.ilsano e tra gli altri figli il 2 marzo 1603
ebbe il celebre Pietro. Maestro Pietro Antonio mori di peste il 6 maggio
1635.
(2) Vedi documento Vili.
2o8 feESTAtJRl E KÈSTAtTBATOEI
a spiegare come nel!' alto delle pareti del Duomo , con dise-
gnetto simile al mosaico, si trovino dipinte le torri, che sono
lo stemma del sopradetto Cardinale.
Ma il Gravina è troppo facile nel biasimare il Torres e
per farlo più acconciamente ha voluto troppo aggiustar fede
alle parole di Leandro Alberti, dove anche il Giudici l'aveva
corretto. E però proprio per dir male ha voluto sostenere che
nella Cappella di S. Giovanni suWaMsire wì fosse stata mi' ima-
gine di marmo da ottimo statuario formata. Or nella Biblio-
teca del Seminario" esiste un esemplare dell'Alberti, dove il Tor-
res contemporaneo di lui, ha di sua stessa mano rettificato
non solo il fatto dell'imagine di S. Gio. Battista dicendo che
è di mosaico: ma anche ha corretto altri errori. Così dove que-
gli afferma che in antico il tetto era ricco e nobile , egli vi
soggiunge ; non fuit ita : e similmente dove l'Alberti dice che
sugli altari del diaconico e della protasi sono le imagini di
S. Pietro e Paolo di marmo l'ima e Valtra, egli corregge : son di
mosaico.
Non possono tutte lodarsi le opere del Torres; ma nemmeno
si può credere a tutte le affermazioni del Gravina.
Ciò non di meno non parrà esagerazione il dirsi die l'epoca
più fortunata per il Duomo Normanno fu quella che corse
dal Borgia al Farnesi; esso non era comparso mai così bello e
completo nei tempi precedenti, né si potè dire migliorato pei re-
stauri e le modificazioni del secolo seguente (1). Ogni nuova
opera è un nuovo guasto, che risente tutta la corruzione di un
gusto depravato che non seppe perdonarla nemmanco ai mo-
numenti più sacri della veneranda antichità, come parmi do-
vevano essefe la cappelletta di S. Giovanni, l'ambone, e quel
suboscuro solenne, infinito, che pioveva dalle fenestre di piom-
bo traforato a lavoro , e che completava l' idea estetica nor-
manna.
(1^ Se fo««c mio compilo itarluii; di (Hiaiilo si <• rilUllo in (|iU'sl'iillimo
«ffColo, IrovnrH molto da lodum iicilu open; sugjiorilc dal guaio aili.stico o
dalla critica inl'illigcuto diillu Dopuliiziniicdcl llcslaiu'l, olio si onora di avere
R membro l'insigne archeologo Comm. Ani. Salinus.
DEL DUOMO DI MONREALB 239
DOCUMENTO I.
Licentia Capituli Generalis
prò domtbus coslruendis in viridario Curice
loannes liumilis pruesidcns Congregationis Gassinensis alias Sanctae lusti-
nac de Padua de observantia Sancii Benedicti cacterique diflìnitores Ca-
pituli Generalis ejusdem Congregationis universis et singulis etc. salutera in
Domino scmpiternam.
Exposuerunt nobis prior et Gonventus monastcrii nostri Montis Regali»
se habcre certam terra m sitam in loco prope monasterium, qui locus vul-
gariter dicilur, lardino della Corte ^ et instanter a nobis petierunt quate-
nus cisdem licentiam dandi dictum petium tcrrae prò domibus costruendis
in enphiteusim sive ad livelum vel ad incensum perpetuum concedere di-
gnaremur ; eoderaque modo et forma petitur dandam quandam domum
sitam in civitate Montis Uegalis Francisco Pulcesi abitatori ejusdem ci-
vitatis.
Nos igitur qui auditorum nostrorum ad spiritualia deputatorum quibus
hujusmodi licentias examinandas committere et super bis conscientias suas
onerare consuevimus veridica relatione certificati omnia supradicta in evi-
dentem dicli monasterii utilitatera cedere, apostolica auctoritate muniti, prae-
santium tenore eisdem licentiam dandi dictam termm in enphiteusim, ut su-
pra pelitur, scrvatis tamen servandis conccdimus et impertimus. In quorum
lìdem et testimonium pruesenles lied et registrari jussimus noslroque si-
gillo, quo in siniilibus utimur muniminc roborari.
Datum in Monastcrio S. Benedicti de Padolcrone dio^cesis Mantuanm
residente ibidem Capitulo nostro Generali,
Die 25 Maji 1514.
DOCUMENTO II.
Regia Visita del Duomo di Monreale
fatta da Mons. D, Pietro Pujades
Die 2 Augusti, 3 Ind., 1515.
Visitatio et memoriale ccclesiae cathedralis Montis Regalis cum suo Ar-
Chieniscoputu et oflìcinis ordinalum per Ucv. D. Pctruni Pujades ubalem
240 RESTAURI E RESTAURATORI
Sanctae Mariae de Noharia visitatorem ecclesiarum cathedralium, archiepi-
scopatuum, Abaliarum, Prioratuimi feliois Regni Siciliae cominissam magni-
fico D. Blasco Lanceae U. I. D. Regio cousiliario, et Rev. D. Ludovico de
Noharia Dcc.no dictae majoris ecclesiae et nobili Bartholomaeo Scorso de-
putatis ad hanc causam.
In primis visa custodia s.mi coiporis X.pi D.ni Nostri quae in prae-
sentiarum eél quidem parva, quae non convcniret simplici ecclesiae non ha-
bent i aliquos redditus, fiat altera pretio unciarum 25.
Item expediafur dormitorium inceptum prout est designatum cum ejus
refectorio, lecto, scala, januis et fene.stris ligneis et dealbetur ut decet, quod
dormitorium est cannorum duodecim cum dimidio cum dormitorio veteri
cannorum XXXIl.
Item expediatur pavimentum prout est inceptum, et similiter pavimen-
tum sub organo intra chorum existens et navem ipsius ecclesiae; pavimen-
tum navis ipsius ecclesiae fiat marmoreum cuui suis alis.
Item expediatur pavimentum inclaustri dictae ecclesiae et fiat tectum di-
cti claustri, ubi deficit, ad arbitrium archi teclonis, qui quidem tectus depin-
gatur prout est ala dicti claustri versus oricntem et muri dicti claustri deal-
bentur circum circa.
Item fiat capitulum cum suis tecto et scannis et dealbetur.
Item vidcatur per cxpcrtos tectus dictae ecclesiae de lignis et cooperiatur.
Ilcm expediatur pinnaculum porlae magnae.
Item expediatur locus infermcriae in capite dormitorii versus meridiem
cum tectis, quae est valde necessaria monachis.
Ilcm fiant Ires januae ligneae ornalae, ut convcnit dictae ecclesiae » qua-
rum una sit prò choro et aliae duo akirum ipsius ecclesiae, quae sunt
valde necessariae centra impedientes cultum divinum et ut chorus maneat
clausus et aperiatur horis debitis, ut licet.
Item fiat fons marmoreus aquac benedictae.
Item bisolelur vestibulum ante lanuam Paradisi.
Item cooperiatur cappella Sancti Gataldi, quae habet aditum ad dictam
ccclesiam et cUiustrum prò scrvilio monachorum , qui quidem aditus est
valde neoessurius ut praclibati monachi cooperto vadant ad dictam ec-
clcsiam.
Ilcm fiat tectus seu cooperiantur omncs ofiìciuac quae in praesenliarum
Runl diflcoopcrtac cxistcnlcs propo palartium Archiepiscopale cum suis muris
ubi deficiurit, scalis, fcnestris, solariis iicccssariis ad dictas officinas ut possint
hnbiturt ci dealbari.
Ilcm cooperiatur dormitorium mhgnum antiquum,toto orbe famosis'
fiinium cum fcncstris, cum solario, et muri dcalbonlur et expediatur inle-
^pralilcr.
DEL DUOMO DI MONREALE 24Ì
Fiat denovo pinnaculum ante januam introitus offìcinarum (lieti archie-
piscopatus.
Item praelibata capitula iucipiantui- prias, et liniaTitur ad arbitriiim de-
pulatorum.
{Ex libro Kegiae Visilae Revmi D. Petri Pujadcs).
DOCUMENTO III.
Regia Visita del Duomo di Monreale fatta da Moìis. D. Francesco
Vento, nel novembre 1542.
{De fabricis Ecclesia et Monasterii)
Visis fabricis tam tle maiori ecclesia quam de loto monaaterio cimi pi-ae-
sentia spectabilis Domini Gubernatoris et Rev.di Abatis et Maraninierii at-
que aliquorum de magistratu dictae civitatis tum spirilualium quam tem-
poralium , et consideratis considerandis , ea quae videnlur indigi-re repara-
tione et decoratione iudicavimus infrascripta vidclicet :
In primis de tecto majoris Ecclesiuc super majori janua secundus trabes
magnus ob antiquitatem minatur ruinam; et indiget mutatione alterius tra-
bis, prò qua esset necessaria summa une. 100, magistro Vincentio De Ni-
colosio delato sibi juramento lesliiicante et judicante.
Item ante raajorem januam dictae Ecclesiae est atrium coopertum tegu-
lis, res monslruosa tempio sic eximio et in loto orbe dignissimo ; et pro-
plerca opus esset fieri fabrica et aedificio congruenti loco et dignitati , prò
quo opus esset summa une. tricentarum judicanle et testificante praedicto
M.ro Vincentio De Nicolosio.
Item ante januam quae est ad latus dicti templi respicieus ad plateam
magnam dictae civitiitis est aliud atrium cuius tecfum ob vetustatem rui-
nam minatur et ad vidcndum indecens extitit tempio hujusmodi; et pro-
pterca opus esset reparalione et costructione digniori et congruentiori et
fieri prout vulgo dicitur alamia, prò qua opus esset summa une. quadri-
centarum testante et judicante praedicto M.ro Vincentio De Nicolosio.
Iteiu clauslrum raaguum praedicti Monasterii ob antiquitatem devasta-
tum et deibrmatum tam in pavimentis quam in tectis ruinam minantibus
et indigoret reparutionc et reformatione prò qua esset nect^ssaria summa
utic. sexcoiilarum tam i)ro pavimento praivlicto intessellando, sive ut vulgo
dicitur ammadunando, quam prj tectis fabricundis, ut vulgo dicitur ala-
^2 RESTAURI E RBSTAURATORt
mia, si et quominus arcus dictorum claustrorum paterentur, testificante et
judicante praedicto M.ro Vincentio De Nicolosio.
(Ex libro Regiae Visitae Rev.mi D. Francisci Vento)
DOCUMENTO IV.
Regia Visita del Duomo di Monreale fatta da Mons. D. Giacomo Ar-
nedo 1552 e postillata dal Card. Liid. II. Torres.
{De fabricis seu oedificiis ipsius Ecclesiaì)
Aedillcium Ecclesiae miriim in modam pulcherrimum est, et cum sit
templum loto orbe terrarum cclebcrrimum, indigct continua et assidua re-
paratione ad cujus effeetum judicavimus infrascripta esse valde necessaria,
quare orJinavimus.
Primo ut figurae ex labore musaico depictae statim mundentur, nam
ob pulverem vix djiudicari valent, ac reficiantur in partibus, quibus aliquo
modo deformatae fuerint.
Item ut rcficiatur pavimentum magnum ipsius Ecclesiae.
Fecimus Farnesitts et ego.
Itcm ut omni mora poslposita dcstrnnlur lectum mnjoris januae ipsius
ecclesiae qui jam jam minatur ruinam et aliud novuni costruulur juxta
qualitalcm Ecclesiae.
Feci ego
Ilem ut coopcriatur porlicus scu antrum illius januae quac rcspicil ma-
jorcm platcam ipsius civitatis.
Fecit Farnesius.
Ilcni ut reficiantur duo tecta quae sunt super damusis cappellaruni
8S. corjioris Domini Icxu tJlu'isti et S. Pctri ([uac jam ji\m corruont non
«ine maximo damno ipsius Ecclesiae.
Fecit Farnesius.
Itcm ut costruantur duo Iccta ut possit restaurari tectum ipsius sacri-
uliac quod Valdo- judicavimus esse ncccssarium.
Fecit Farnesius.
liem In monaslcrio monucorutn ordinavimus terminari claustra infe-
riura ifisiuR moiiafflcrii.
reci ego.
DEL DUOMO Di MONREALE 243
Ilem ut cooperiatLir capituiuni autii|uum quod est sine tecto , nec aliati
habont monaci ut possint suas facere congregati ones et ornetur ut con-
venit. l
Feci ego.
Item ut fiat infermeria in capite dormitorii versus meritliem prope vi-
ridarium cura suo tecto , et aliis necessariis, quod valde neccssarium judi-
cavimus.
Fecùnus Farnesius et ego prò majori parte.
Item cooperiantur omnes olTicinae quae in praesentiarum sunt discoopertae
existentes prope palatium Archiepiscopale cuni aliis necessariis ad usura rao-
naoorum.
F'ecit praedecessor naHcr.
Item cooperiatur dormitorium magnum, anliquum valde faraosum. (1)
Quae omnia supradicta judicavimus in praesentiarum valde necessaria.
Et quia clapsis temporibus ordinatum l'uit tum per regem Ferdinandura
Gatholicum, tum et per Garolum Imperatorera, Regem nostrum, ut singulis
annis despensarentur unciae ducentum in fabricis Ecelesiae ipsius Archie-
piscopatus et monasterii de redditibus raensae archiepiscopalis quae multo-
ties applicantur aliis aedificiis ipsius Archiepiscopatus , puta molcndinis ,
horreis, domibus, castellis etc. non sine maximo detrimento ipsius majoris
ecclesiae et monasterii: propterea ordinavinius quod nullo modo nisi in ne-
cessariis ipsi Ecclesiae, seu monasterio , praedictae unciae ducentum deinde
possint disiìensari.
Imo ordinavinius ut in quolibet anno nitri praediclas uncias ducentas
aliae untiae centum in fabricis ipsius Ecclesiae dispensari debeant: Itaque
untiae ducentum destinatae sint' ad fabricas ipsius majoris Ecclesiae tan-
tum , aliae vero centum ad fabricas ipsius monasterii. N'ara tempore quo
fueruntad praedictum usura destinatae untiae ducentae reddilus ipsius Arciiic-
piscoi)atus nonerant sullìcicntes nunc autem cura ultra dimidiam parlem pin-
guiores factae sunt aeciuissime untiae trescentum ad fabricas ipsius Eccle-
siae et monasterii anno quolibet taxantur.
{Eoo libro Regiae Visitae liev.mi Jacobi de Arnedo).
(1) Quasi lutti i R. Visitatori espressero il desiderio di vedere restaurato questo gran Dormilorio.
Di fatti il restauro si era cominciato nel 1630, e ne fa tuttora testimonianza un ;;ran pezzo di vol-
lone, die non fu compito per una lite sorta allora tra i monaci e l'Are. Cosmo Torres. Ciò sia dello
per levare la base alle tante conjjetlure, che si sou fatte a proposito del supradelto voUone I
244 RESTAUARI E BESTÀÙRAtORI
DOGU^IENTO V.
Regia Visita del Duomo di Monreale fatta da D. Francesco del Pozzo
1583 e po^illata dal Card. Ludovico 11 Torres.
{De fabricis ecclesiae)
Templum hujus Ecclesiae est pulcherrimum et celeberrimum tabulis
marmoreis et porfidinis et labore mosaico ornatissimum ; inspectis autetn
omnibus quae sunt in eo reparanda D.mus Visitator providit et ordinavit
quod de redditibus ejusdem mensae Archiepiscopalis fiant infrascripta.
In primis quod figurae ex labore mosaico de parte mundentur ac refi-
ciantur in partibus quibus aliquo modo deformatae sunt.
Item quod reficiatur pavimentum utriusque alae navis Ecclesiae.
Feci ego.
Item quod reficiatur pavimentum Ecclesiae quod est sub organis.
Feci ego.
Item reficiantur et reparentur illae Ecclesiae fenestrae, quae sunt clausae
plumbo, quura in multis partibus fractae sunt.
Feci ego.
Item reficiantur et reparentur sex trabes tedi alae sinistrae Ecclesiae
(juae rospicit monasterium contiguum.
Feci ego.
Item reficiantur pannelli lecti et quaedam trabs navis, quae minatur
ruinam.
Feci Ego.
Itera reficiatur dimidia pars tecti cappellae S. Potri quae est supra se-
pulcrum Hegis Guillelmi.
Feci Ego. '
Item reficiatur porticus portac majoris Ecclesiae tabulis et tccto (ut vul-
go dicilur) morto.
De fabricis monasterii
Montutcriiim islud in quo vivebnnt atitiquitus, ut tradunt, ccntum mona-
ci , est magni acditicii , et cum hoc tempore quo in co vivunt non plurcs
viginti monaci, mutalo num(»ro monacorum mutata est indigentia fabrica-
nim i'i numeri domicilioniin, mult:i(ì fabricac in toto ambilu monaslorii rc-
flcienJite cssciit, qu m lum rcficl non oporlerol ud rainistrorum ncccssilatem
DEL DUOMO DI MONREALE 241!
sive ad decorerà monasterii tam illustris Ecclesiae, atque etiam ne fabrieae
quae tot ac tantis laboribus expensisque erectae fuerant, funditus collabantur:
ideo reparari deberent annue tura in bis quae magis reparari oportcret quo
usque ad integram fabricarum reparationem perveniretur vel relictis domi-
ciliis et officinis tantum monacorum necessitati et commoditati sufficientibus,
reliquum fabricarum averti de quo Rev.mus Archiepiscopus agere poterit :
quod Rev.mi Arciiiepiscopi providentiae relinquitur.
Quae refìcienda suntpro praesenti monacorum necessitate et commoditate
sunt sequentia :
In primis reficiatur infirmaria, quara monaci oh necessitatem istantissime
petierunt, quae constet ex tribus cellis prò infirmis, cappelhila prò missa
audienda, repostorium sive dispensa et coquina.
Feci Ego,
Item reficiatur monasterium mrnacorum in quibus oportet.
Item dormitorium monacorum in quod aqua pluvialis jam intrat et pau-
latim posset omnia, nisi remedium adhiljeatur, corrumpere.
Item reficiantur duae cellae prò liospitibus monacis.
Item coquina et dispensa dilatentur et reformentur in commodiores.
Item cellae et aliquae ofììcinae quibus nane monaci utuntur, in quibus
oportet, rdìciantur.
Et haec omnia lìant ex reddifibus ejusdem mensae Archiepiscopalis.
{Ex libro Regine Visilae Rev.mi D. Francisci del Pozzo)
DOCUMENTO VL
Die 11 Maji, 11 Ind. 1568.
Cura hon. Mr. Baldassar Massa Marmorarius de Panormo promisit se-
que solemniter obligavit Mg.co Hieronymo La Manna maragmerio majoris
ecclesiae civitatis Monlis Regalis lune stipulanti, facere totum pavimentum
Navis et ambarum alarum majoris ecclesiae praediclae civitatis, bene dili-
genter et magistraliler, ut decet prò mercede, et cu m et sub omnibus et sin-
gulis illis pactis, legibus , conditionibus, clausulis, et cautelis dittusius ex-
pressis in quodam contractu obligationis servicii praedicti facti in actis nob.
Not. Marci Antoni! Peruxino die 17 septembris 6 Ind. 1561 ad quem sit
relatio.
246 RESTAURI E RESTAURATORI
Hinc est quod hodie praetitulato die, havendo lo Ill.rao et Rev.dmo
Sig. Cardinale Farnesio Ai'chi vescovo di Monrcali pi'esenti, visto personal-
mente et presentialmente il ditto pavimento, et di più trovato che a giudi-
ciò di piriti pratici, et electi per una parti et l'altra, clie il sopradetto con-
tratto è stato fatto curn multa lesioni di ditta majuri ecclesia et di sua Si-
gnorìa IlLma et Rev.nìa et non è stato obstM-vato, né adimplulo cuni pre-
judicio di chista maragma et di li pacti fatti, volendo resjindiri il dicto con-
tratto come de jure si poteva et dare il ditto servicio di pavimento ad al-
tri maistri secundo li videsmi patti et condicioni apposti in dicto contraete
a prigherii di dicto m. Baldassaro il quale offerendo li videsmi condicioni,
che da altri maistri di l'arti marmoria si trovano. Sua Signoria IH. ma et
Rev.ma si è contentalo rcconchedire dicto servicio di pavimento a dicto
m. Baldassaro cum li pacti et coridictioni infrascritti, ad quae quidcm pacta
leges et condiciones infrascriptus praedictus Ill.mus et Rev.mus Dominus
Gardinalis et Archiepiscopus ex una parte et dictus ra. Batdassar Massa
marmorarius parte ex altera mihi infro Not. cogniti tdler alteri et e converso
mutuo et ad invicem stipulantes sese obligaveruntet obliguiit ac tenori vo-
luerunt et volunt subnotato et infrascripto modo videlicct:
In primis che il ditto m Baldassaro sequiti dicto servicio di pavimento
di la navi di imnìenzo di ditta majori ecclesia a ragione et mercede di unzi
dudichi et tt. quindichi la canna di quatro di palmi sessanta quatro minuti
che a la grossa sunno palmi octo di canna di quilla longliizza, larghizza,
grossizza et altezza espressi in dicto contraclo di marmora di carrara bianco
et nigro et di petra di Tavormina secundo la forma di ditto contratto allo
quale in questa parte si haljl)ia relazioui^ cum li linei ben tirati , jurati, et
bencomodati secondo la forma del designo di ditto pavimento incomen-
ciato etc. ctc.
(Ex actis Not. Antonini De Agra)
DOCUMENTO VII.
Die vigesimo Uiftio oclobris none indilionis millesimo seplìngentcsimo
scxagcsimo 17(10.
I). Ignalius Marabilti Panormo et modo hic Monte Regali repcrtus mihi
Notario cogriilus, coram nobis vigore prescntis sponle promisi!, et promittit
•ecjuc sollcmniter obllgavit et obligat illustrissimo patri priori cassinensi
D. l'ietru Antonio (jajelani ordinis sunctissimi patris Bencdicti predictae con-
grcgatiunis mihi Notario quoque cognito coram nobis persona stipulante,
videlicct, fare il (|uadrono del padre S. Benedetto per servizio dello altare
DEL DUOMO DI MONREALE 247
di dello sanlo nella vcnierabile cai)pella del cennato santo esistente dentro
la maggiore metropolitana cattedrale chiesa di questa città , di marmo di
Carrara, e tutta l'architettura di pietre commesse, e di colore secondo ri-
cerca il resto della cappella, a tenore del disegno trascritto per detto Rev.do
padre priore rimasto in potere del Marabitti , oltre il che deve parimente
fare l'altri due mezzi pilastri per attaccare a queUi che trovunsi nel dise-
gno, e lo scalino dell'altare secondo ricerca l'arte dell'architettura, e secondo
scorgesi nel disegno, e questo bene, e magistribilmentc secondo richiede l'arte
d'incominciare da oggi innanzi e cosi di anno in anno travagliando secondo
le sommi in denari ci saranno somministrate per insino che perfezionerà
detta opci'o, quale perfezionata detto di Maraljitti in vigore ilei presente si
ha obbligato, e obbUga al detto Rev.dmo patre priore stipolante atto a po-
tersi collocare e di tutto punto bene, e magistribilmentc perfezionata con-
segnarcela nello studio in Palermo dove sarà lavorata delta opera in pace
et alias etc.
Pro mercede in tolum prò actrattibus et magisteriis uiiciarum quatuor-
ccnlum quatraginla duarum peso generale in pecunia ex pacto etc. qua»
dictus reverendissimus pater prior de pecuniis per eum reservalis anno quo-
libet prò eius vitalilio, amore devotioneque motus erga dictum Sanctum
vigore presenlis si)onle dare, et cum effectu solvere promisit et promittit,
seque sollemniter obligavil et obligat dicto de Marabitti stipulanti aut per-
sone prò eo legitime hic Monte Regali in pecunia numerata et ponderata
de quontanti ad rationem unciarum quinquaginta quoUbet anno in pecunia
solvendarum per tolum mensem octobris cuiuslibet anni incipiendo solvere
et primam solutionem facere prò prima annualitate per totum mensem oc-
tobiis anni 17G1, et sic de anno in annum usque ad extinctioncm continuare
solvere, et perseverare in pace etc. — et in compotum prime annualitatis et
solutionis dictus de Marabitti sponte dicit et fatetur habuisse , et recepisse
a dicto Reverendissimo Patre Priore stipulanti uncias decem peso generale
in pecunia de quontanti ut dicit recipere et etc. Cum et sub infrascriptis
pactis convcnientibus inter dictos contrahentes ad invlcem stipulantes iura-
mento firmalis ; videlicct : che nella situazione di detta opera di Marabitti
sia obligato come per il presente si obbliga al dello padre priore stipolante,
dare la sua assistenza apparlinente a scultura , e scarpeUino non essendo
obhgalo a spesa di trasporto, gaffe, gesso, piombo, ed altro per collocarsi
di patto eie. quae omnia etc.
Testes liev.dics Seccrdos Don. Antonius Romano et D. Joseph Cian-
cimino.
{Ex actis Notarli Alberti Segii)
248 REÌ5TAURI E RRSTAURATORI
DOCUMENTO Vili.
Testamento di Maestro Pietro Antoìiio Novelli.
In Dei nomine Amen. A.nno a Xativita'e Domini millesimo sexceatesirao
vigesimo quinto mense lunii die vero 13', 8 Ind. regnante serenissimo et
invictissimo ac Gatliolico D.no Nostro D'no Pliilippo quarto de Austria Dei
gratia semper Augusto rege Gastellae Aragonum utriusquc Siciliae Ilyeru-
sulem eie. feliciter Amen.
Nos Marcus Marnili judcx Ideotarum Curiae hujus civitatis IMontis Re-
galis anni praesentis, Leonardus Corrado hujus praedictae civitatis Montis
Regalis regia auctoritate per totam vallem Mazariae hujus Siciliae regni
ludex ordinarius, atque notarius publicus et testes subscripti ad haec vocati
specialiter atque rogati praesenti scripto publico notum facimus et testamur,
quod hoc est quoddam transumptum sive cxemplum publicum per me
praedictum et infrascriptum Not. bene fidchter atque legahter transumpta-
tum et exemplatum ad petitionem ed instantiam Petri Novello oriundi hu-
jus praedictae civitatis, et civis Panormi per duclionem uxoris, ex quadam
originali ultima dispositione seu testamento quondam Petti Antonii Novello
Palris praedicli Pel ri, facta per manus Patris fralris Andreae de Termini
sacerdotis Cappuccini cappellani Lazarctti intus hospitale praèdicti Lazaretti
hujus praedictae civitatis sul- die 4 maji proximi praeteriti 1625 in carta co-
muni scripta in folio cum dimidio scripta et subscripta manu propria dicti
patris fratris Andreae cappellani dicti hospitali et persistentis in dicto hospi-
tale ac ctiam curn subscriptione, et testimonio Mutici Pregadio medici chi-
rurgici dicti hospitalis subscribentis se prò se et prò parte M.ri lacobi Russo
barbitonsorisejusdem hospitalis, ut constai ex relationenobis facta cum jura-
mento dictam originalem dispositioncm , seu testamcntum factum per di-
ctum quondam Petrum Antonium Novello fuisse, et esse scriptum, llrmatum
propria manu dicti fratris Andreae, ac etiam subscriptum manu pradicti
Mattaci Pregadio, per spectabilem l*aulum De Ausilio, et U. I. D. lulium Cae-
sarcm Cusauri, lurutos hujus Civitatis Montis Regalis pracsentes, et rctulentes
cura juramentu ad sacrosanta Dei (juatuor Evangelia taclis corporaliler scrip-
luriu pencs me praedictum Notariutn in praesencia Francisci liarba et CI.
Hycronirai Jiurbu testium vocatorum, et rogatorum, dictam originalem di-
sposilionem seu testamcntum per signa, littcras, carattercs, et fìguras fuisse
ci c««o 8cri|)lam, et subscriptain i)ropria manu dicti fratris Andreae ctiam
jjubscrlplam propria manu praedicli Mallhaei Pregadio, et de propriis eo-
rum liltcriH, signis, Iractis, caratlcribus et figuris quod scirc dicunt de causa
DEL DUOMO DI MONREALE 249
scientiae lamquam practici cura dictis patro fratre Andrea et Matthaeo Pre-
gadio. et qui cos pluries atquc pluries scribere et subscribere viderunt in
quara pluribus apodixiis, lilteris et scripturis per eos factis diversi» perso-
nis, et praecise in bis temporibus mali contagiosi in hac civilate. Quam qui-
dem originalem dispositionem seu tesfamentum vidiraus, inspeximus, legi-
mus et bene considcravimus, earaque inveniinus fuisse et esse non obrasara
non abolitara nec in aliqua sui parte suspectam, sed omni prorsus vitio su-
spectionis carentem, nil per nos in ca addito, diminuto ctc. et e. cujus tenor
talis est, videlicet.
lesus, Maria, Franciscus.
Essendo con il morbo nel Lazaretto della città di Monreale Pietro Anto-
nio Novello fece chiamare a me fratre Andrea di Termini sacerdote cap-
puccino per disponerc la roba sua.
In primis lascia una casa assolarala alla strada grandi (1) la quali la la-
scia a suo figlio Pietro Novello, e dato caso che suo tìglio, fratello Vincenzo
Novello della Congregazione del nome di Gesù, uscisse dalla religione, vuole
il detto testatore, che di questa casa e di altri beni, e robi*, che lascia, ci
ne sia data la parte, non ci essendo nessun vantaggio dall'uno all'altro,
con carrico però di pagar l'incensi come apparino per atti.
Itera una quantità di quadri non tutti spediti , che summiranno più o
manco unzi deci; diversi libri alla summa di cento p^zzi intra grandi e pic-
cioli, li quali li lascia alli ditti suoi figli.
llein un paviglione con suo cappello intagliato, un cortinaggio con sua
trabacca, ed altri robbi fi^rmafi dentro ditta cascia, le quali li lascia a detti
suoi figli.
Item lascia unzi deci pei" tanti messe applicate per l'anima di sua mo-
glie Leonora Novella come appare nelli atti di notar Vincenzo Santoro e li
detti deci unzi vuole ch'i si piglino sopm della sua robba e beni.
Item unzi deci per tante messe applicate per l'anima del detto testatore,
cioè cinque alla Madonna del Carmine, e cinque alla congregazione del
S. Purgatorio, due onn che ne facciano dire messe per l'anime del detto
Purgatorio, e tre per l'anima del detto testatore e in particolare ci diranno
le messe di S. Gregorio, e li detti dinari vuole che si piglino dalli suoi beni.
Item deci unzi alli p idri cir)puccini della città di Monreale ad effetto
di farsene un tabernacolo del Santissimo Sacramento, e si piglino li ditti
dinari dalli suoi beni.
(1) Questa era la cisa che egli abitava quando il 2 maggio 1C23 fu colpito dalla peste. Come si
ha noi rc^iitri del lazarelto in quel medesimo giorno ;;li fa importo, pena la vita, di non uscire da
essa casa e di farne inchiovare U porta che corrisponde nello cortijlij chiamato delli Santori.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XV. 17
250 RESTÀURI E RESTAURATORI
Itein unzi tri alla congi'egazione del S. Purgatorio ad effetto di pi-
gliarsi ogni anno una Bolla p;?r l'aninaa sua, e si piglierann o dalli suoi beni.
Item unzi deci al Lazaretto della città di Monreale ad effetto di com-
prarsene tante galline , confectione ed altri cosi simili, e si piglino dalli
suoi beni.
Item unzi quattro alla cascia del malablato e si piglino dalli suoi beni.
Item lascia un quadro di S. Gioseffo con il Signorello alle mani al
8ig. Grasto Santangelo.
Item lascia una Madonna di ramo tonda finita a Francisco Pai'isi Speciali.
Item lascia un quadro grandi di S. Teresia che è dentro la cappella, e
una Madonna del Pensiero che è di arreri la porta, al sig. Matteo Prega-
dio, medico del Lazaretto della città di Monreale.
Item lascia onzi tri e tari sei a Bartolomeo Cruci fornaro per tanto pane
pigliatoci, e si piglino dalli suoi beni.
Item lascia una cascia di petra di Mosaico alla Chiesa Maggiore di Monreale.
Item lancia on. 66 di bavere di Marco GoUega per tanta sita vendutaci
come appare per atti fatti in Palermo.
Item lascia unzi venti o più o meno di bavere da Silvestro Falcuni per
tanto lino, come appare per atti fatti.
Item unzi cento dalla heredità di Potrò Antonio Coppola come appari per atti.
Item lascia tari quindici di rendita sopra una casa di Andrea Pizzenti,
e vuole che Francisco Parisi ne dia unzi dui al S. Rosario per la sepol-
tura data a sua moglie, e onzi tre al detto Francisco Parisi dovendoci dare.
Item lascia al detto Francisco Parisi dui Virgini, cioè S. Marta e S. Mar-
gherita.
Item dice, che bave un quadro della Nunciata il quale è di D. Geronimo
Santo havendocilo imprestato.
Item lascia l'armi del Cardinal torres in marmora li quali sono in Pa-
lermo affaccio il collegio del cassaro, e vuole che si diano a D. Francisco
Sala, e dove piace a lui si metteranno.
Item lascia unzi tri alla congregazione del c3. Purgatorio ad effetto di pi-
gliarsene ogni anno una Bolla per l'anima di Angelina Novello sua moglie
e vuole, che si piglino delU suoi beni.
Item deve dare a Mr.o Francisco Rinardo tari sei e gr. sei in conto di
farci un disigno del S. Crocifisso havendone anco la tavola.
Item lascia unzi cinque a suo fratello Giovan Battista Novello e si pi-
glino dell! suoi beni.
Item deve bavere di Andrea Pagino per tanta mastria di quadri scuti
24, e oonfetsa havemc havuto setti scuti e m zzo, oonie appare por polise.
Item deve bavere per tanto locri di casa sotto la sua dove morso la Rap-
pa tre annate come appare per atto, e confossa havorne havuto tari quindici.
DEL DUOMO DI MONREALE 251
Item deve bavere di Blasi e Lisabetta lo Sigreto unzi sidici, dudici per
tanto loeri di casa, e quattro per tanta fatiga l'atta per una sua lite, come
appari nelli atti di Not. Leonardo Gorrao.
Item deve bavere dalla compagnia del Carmine onzi quattro per tanto loeri
di Oratorio come appare per atto, e vuole cbe delli detti dinari ci ni dicano
tante messe per l'anima sua.
Item deve bavere da Francisco Scarda scudi sei per due annate di loeri
di casa, alleandosi la casa scudi quattro e tari sei, havendone avuti scudi tri.
Item lascia a suo fratello Gio. Battista Novello tutti i petri di imbornire e
tlrramenti che appartengono ad indorare e tutti i pomi di paviglioni.
Item dice ha ver dato alla congregazione del Carmine certi insigni, il
detto Testatore ci ni fa la benedizione, purché ogni fratello ci dica una co-
rona alla Madonna per l'anima sua e cosi s'intenda casso l'atto.
Item dice baver preggiato ad Antoni Buonfiglio suo fratello, sua madre,
e sono alla summa di onze cinque e mezzo, come appare nelli atti di not.
Donia, e questi cinque onzi li ha pagato Agostino Bonfiglio, per tanto lo
ditto Agostino li possa domandare non ci li pagando li suoi figli.
Itera confessa haver havuto un cafiso di oglio e che il nome lo sapirà
BLisi lo Segreto per farci una Madonna della Grazia.
Item deve bavere da D. Petro Antoni e da Benedetto Balsano suo fra-
tello insolito unzi dudici per un quadro fattoci sopra una balata, come ap-
pare neUi atti di Not. Vincenzo Santoro.
Item deve bavere da NoL Vincenzo La Manna unzi deci per tanti im-
prontatici come appare in un atto mandatario alla tavola alli atti di Not.
Baldassiro Mih.
Itciii dice bavere un quadro dell'Ecce Homo sopra ramo con li cornici
et è di un Padre del Colleggio bavendocilo dato per consare.
Item confessa bavere pagato tutti l'incensi cbe toccavano per sua par-
te a Cola Madranga come apparino per polise e contratti e procuratore suo.
Item deve dare tari otto ad Antonino Galeri per tanto loeri di cavallo.
Item confessa bavere bavuto da Not. Vincenzo Santoro unza una in di-
versi volte senza polise per tanto loeri di casa, e tutte le copie che mostrerà
ditto Not. Vincenzo Santoro ci siano pagati. E vuole e questa è la sua vo-
lontà che delli detti suoi beni e robbi pagandosi a cui si deve e ha lasciato
per testamento, il remanente si li piglino li suoi figli.
Fatto nel ditto lazareUo alli 4 di Maggio 1625. Io fratre Andrea da Ter-
mine sacerdote cappuccino fece il ditto testamento,
Testea Matteo Pregadio confirmo ut supra etc. etc.
Ex actis Not. Leonardi Corrado hujits civìtatis Montis Regalis.
MISCELLANEA
DEL VALORE FONETICO DEL DIGRAMMA CU
NEL VECCHIO SICILIANO.
I.
Fin dalla prima volta che mi capitò tra mano una scrit-
tura del vecchio siciliano, anche deiriiltimo periodo, che ab-
braccia quasi tutto il secolo XVII, fui impressionato dal fatto,
che con cha che chi cho chu si trascrivevano suoni che oggi
corrispondono a ca ce H co cu, o a ca ce ci co cu, continua-
tori di ce ci latini (come in checu - caecus, cheìla - cella, chi-
chini - cicer, fachi - fticies), e a kja hje hji kjo hju nei riflessi
di ci il pi ecc. (come in chamari - kjamari da clamare , ve-
chu~veckju da vetulus, chumhu - kjumymt ^'a. ^ìxmihwm, ecc.).
A giudicare dallo stato presente della fonetica siciliana, il
fenomeno può spiegarsi in due modi; 1°: il vecchio dialetto
si serviva del medesimo nesso grafico per figurare due suoni
diversi ; e adoperava il eh tanto pel e di HHru e pel e di
fac'r'ì, quanto pel hj di hjummu, veckju ecc.; 2": nel vecchio si-
ciliano il eh si pronunziava gutturale, cosi in cliamarl (kja-
mari ', come in chlchiru (kikiru); o del tutto linguale o pala-
tino, in ambo i casi : in chichiru (cit^iru), fachi (facH) , e in
chfimari (camari), vechic (veccu).
In quanto alla prima proposizione, non sarebbe fuori del-
Tordinario il fatto d'una lingua bambina che, facendo le pri-
me prove letterarie, figurasse con un solo segno grafico due
suoni affini, se anche oggi il siciliano rende con ci la dentale
momentanea re la linguale continua e : facci, luci, c'ippu, cima,
c'unii, rumi (fluraen); e una lingua adulta, com'è l'italiana, non di-
stinguo nella scrittura il chi di becchi tocchi dal chi di vec-
chi (veckj), torchi (torlg) ecc. Ma, oltre che nel caso nostro
UlSCBLLAKEA 253
manca l'affinità tra i suoni consonantici li, co e, il vecchio
dialetto fin dalle più antiche carte ci mostra ch'esso avea il k
per la gutturale sorda esplosiva, e scrivea hi (qui, quae, quod),
ha (qua, quia); e per la doppia iacea cP.: lochi ecc.
In quanto alla seconda, cioè all'ipotesi che il eh equivalesse
a e 0 a e, andrebbe a capello colla fonetica odierna del noti-
giano, che pronunzia caniari vecc'u; ma non con la risoluzione
dominante e pressoché generale del siciliano, che fa kjammi
rechju ecc. Non è poi credibile che un piccolo distretto dia-
lettale, qual è il notigiano, imponesse alla letteratura dell'isola
la sua grafìa e la sua fonetica.
La tesi di — h avrebbe per avventura in favor suo argo-
menti di maggior evidenza. Troviamo ochi rimato con lochi in
una poesia sicil. del sec. XV ((^^uaedam profetia) ; hinlinaru,
rckipcndu in s;.ritture sicil. del sec. XIV; e si riscontra qual-
che incertezza nello stesso Scobar (sec. XVI) : flachicza, e fla-
chicza, aff ranchivi ^ infranchiri. Ma è molto inverosimile che
si scrivesse chlchirii, rcchu per rendere hihiru, vechju, quando
il dialetto avea nel suo alfabeto il k, come abbiamo detto po-
canzi, e l'adoperava tutte le volte che gli occorreva di figu-
rare opportunamente questa gutturale.
Neil' « Introduzione allo studio del dialetto siciliano » m'in-
gegnai di provare che il eh delle più antiche scritture sici-
liane rappresentava due spiranti sorde, una gutturale, l'altra
palatina. Nei continuatori di ce ci latini, poiché chiehiru fa-
chi fanno oggi cicirii facci, quel eh avea il germe della pala-
tina e; e in ehamarl vechu, che oggi si pronunziano hjamari
vechju, si sentiva la gutturale h. Allargato ora il campo delle
osservazioni nel vecchio dialetto e nell'odierno, ho trovato molti
altri argomenti che rafforzano questa mia opinione; sicché, mo-
dificandola in qualche particolare, la riprendo, con la speranza
di riuscire a vincere ogni dubbio.
Dallo schema Ascoliano delle trascrizioni romanze (Arch.
glottol. Voi. I , pag. XLVIII) prendo il segno /i, eh' è uguale
al X del greco moderno, per rappresentare il suono '7ii di
254 MISCELLANEA
diavi vechu , che si trascriverebbero perciò liavi veìiu , con
un'/ inerente al li ; poiché, per intelligenza della mia opinione,
aggiungo subito che al suono gutturale aspirato li è come fuso,
in questo caso, un'/.
Le scrizioni nostre liavi veliti corrispondono a ^hiavi vé'hiu,
così come cavi, vec'cu a ^ciavi, vecciu. Senonchè non possia-
mo servirci dello stesso segno li per figurare la sorda gut-
turale aspirata che non è seguita da / dinanzi ad altra
vocale, cioè per rendere graficamente il suono del e toscano
fra due vocali : podio, la diarne ecc. Vedremo che qui il ri-
flesso siciliano non è e, e o kj, ma è f; così, per dire d'un e-
sempio, il vsic. diavi fa nell'odierno siciliano liavi, cavi, kjavi;
m*a il vsic. Chalmedica , sost. locale, oggi si pronunzia Far-
mèdica. In questo caso noi figureremo con kh questa aspirata
gutturale non jotizzata: Khalmedica.
II.
Nella trattazione di questa tesi, alcuni argomenti possono
servire così ai riflessi à\ l o j implicati, come ai continuatori
di ce ci latini. Conviene tuttavia parlarne separatamente, e
diamo senz'altro la precedenza ai primi.
Gli sviluppi del siciliano moderno, quando il L sussegue a
una consonante sorda (CL, PL, TL, FL), sono i seguenti:
In formola iniziale:
\. h: liavi (clavis) , lianu (planum), liumi (flumen). Questi e-
semj)j d' aspirata gutturale son tratti dal pregevole « Voca-
bolario sicil. del Traina, Torino 1877», dove sono scritti,
insieme con altri, hiaìn, hianu, hiumi. Il Traina ci fa sapere
ch'è «un'aspirata d'alcuni sottodialetti, simile alla X greca».
Aggiunge che in alcuni paesi essa è pronunziata più forte, e
propone di scrivere quest'altro suono più vibrato con jki. Se-
condo la nostra grafia, la prima sarebbe un /i, la seconda un
Mi. Io ho udito il h nelle voci llumi, Uamma, liatu (fl=/0; e
il hh in huhliari (sufflare) e in ahUari (aflflare), in bocca d'a-
hiscellàseà 255
bitanti di Girgenti, Cianciana, Frizzi, Castronovo, Campofranco,
Casteltermini, Alessandria della Rocca, Cattolica. Il ciancianese
ha pure il hU, in qualche esemplare di j romano in form. in-
terna: bahlioccu (bajocco), MaJiìiorca (Majorca, varietà di grano
delle isole Baleari) (1).
2. kj : kjavi, kjanu, forma dominante e letteraria.
3. e: cavi, carni, cumi.
4. i, sporadicamente: iiidiri (eludere), iamari (clamare), m-
mazzu (plumacium), iaga (plaga), icari (plicare).
In formola interna, o in form. iniziale, dopo una parola che
ha virtù raddoppiativa, o in voce che possegga per sé stessa
questa virtù:
1. clij : ochju (oculus) , cuchja (copula), veckju (vetulus); —
tri chjavi (tre chiavi) ; - chjù (plus) , esempio di raddoppia-
mento spontaneo. Sono forme dominanti e letterarie.
2. ce: occ'u, ciu'ca, vectu; — tri c'c'avi; — ccu; forme del noti-
giano, il quale rafforza pure il e in e dopo il ti: cwmnu-
fyc'ummari, cavi-i'icavari, dui cumi -ufi cumi.
3. ò", pel solo fli: cusari (sufflare), asa>-i (afflare); forme dom.
e lett.
Quelle parlate dell'Ennese occidentale che pronunziano liavi,
lianu, liatu, in questo caso fanno akjanari (ad - planare, salire),
tri kjavi, UHkjaiu-in^aius; ma anche tri lihumi, ahhari, rosi
e hliuri (rose e fiori).
L che sussegue ad una consonante sonora (GL, BL) :
\. j : jiru (gììvem), jancu (vha. blanch),Jas^w2rt (blasphemia);
ff. dom. e lett.
2. ghj e gghj: ghjara (gÌRrea.), sugghju (insubulum); fl*. dom.
e lett.
(I) Il eh. prof. S. A. Guastella, intelligente illustratore della letteratura
popolare del Modicano, m'assicura, in una lettera, che a Monterosso il hj di
kjovu kjaru ecc. ha un suono greco spiccatissimo (x); ma a me non è av-
venuto di costatarlo.
256 MISCELLANEA
J dopo una consonante sorda (PJ, TJ, FJ, SJ) :
1. /[ : Msca (fiscus^, llunnari (flndere).
2. hj: iiìkj (vulpis), nhjatrarl (impietrare).
3. ckj : Click} Il [cu^^idns), assìdachjari (solatiare).
4. e : cuculiari (pipilare), cisca (flsciis), pcicenzia, par racla (ua^-
§aa:a), acu (asium) : fi', dom. e letter.
5. e: cibhia o cibhedda (tibia), curcu (curtius), sicca (sepia).
J dopo una consonante sonora (BJ, DJ, VJ, LJ).
1. j : voju (voleo), fìju (fìlius), jornu, pojit (podium), aju (ha-
beo), jita (beta), caja (cavea).
2. ghj : voghjic, fighju. ■ Questo suono , che ad alcuni è parso
anche un hj (vokju , fikiu) , appartiene al linguaglossese ; ma
in form. iniziale si riscontra qua e là in qualche parlata : ghjad-
duni (vallonem), ghjta (beta).
3. gghj : vogghju , fìgghiu , agghialoni (hordeololus), àgghiu
(habeo), nigghju (railvus), forma dom. e letter., tranne àgghju.
4. (j : gita (beta), rvagga (rabies), segga (sedia), (jiujgana (plu-
viana), lejgu (levis); ff. dom. e letter.
Il y, dopo una parola che lia virtù raddoppiativa, fa ghj :
jornu, a ghjurìmta ; du^ jlta , tri ghjta ; iancu , chjà ghjancu
(più bianco); tu jasiimi, si ghjasthnl (se bestemmii).
Da questi spogli fonetici emerge principalmente :
1. Dalle basi latine, aventi l o j implicati con una consonante
sorda, si riscontrano nel siciliano riflessi con sorda-aspirata
(/i), sorda-palatale [hj] e sorda-palatina sibilante (e), o sorda-
palatina esplosiva (c-'j.
2. Dalle basi latine aventi j ol implicati con consonante so-
nora, si ottengono riflessi con sonora-aspirata fj), sonora-pa-
latale {ghj)^ o sonora-palatina {g).
Il fenomeno si estende parallelamente alle fricative labio-
dentali; onde la sorda f die precede / o jf, dà /t, A/, e e, e, è\
e la sonora della stessa specie, ?;, ha la sua risposta in ghj
MISCELLANEA 257
Così per le continue dentali s e /; la prima, ch'è una sorda,
dà ugualmente la sorda e; e la seconda, ch'è una sonora, dà
ghi 0 y.
3. Il kj è rafforzamento di /i, il ghj di J.
Teoricamente, la spiegazione di queste alterazioni fonetiche,
che del resto si riscontrano con qualche variazione in tutte
le lingue neolatine, è questa: U e j', suoni di lor natura in-
vadenti, come li chiama l'Ascoli, si svolsero dalle consonanti
sorde o sonore precedenti il Z o il ./ ; successero ad esse , e,
come un parassita distrugge 1' autossita, vi restarono in vece
loro.
In quanto alla fisiologia , per pronunziare la sorda o tenue
li, bisogna disporre la bocca in modo che il flato, uscito dal la-
ringe con mossa pneumatica secca {spirilus asper), attraverso
i margini del glottide a rima largamente aperta, passi tra
l'istmo formato dal dorso della lingua contratta, e il principio
del palato duro al dinanzi dell' ugola. Nella pronunzia del j',
la mossa è meno forte {spiritiis lenis) ; la lingua è più con-
tratta, e l'aria urta sulla faccia anteriore dell'ugola. Abolendo
ogni aspirazione, si ha una disposizione orale con la quale
si possono avere vari contatti , per ottenere suoni più de-
terminati, 0 come si voglia chiamarli esplosivi o momentanei.
Facendo il contatto colla punta della lingua sul palato duro
(non sul molle o pendolo, dove si conseguirebbe il suono gut-
turale tenue Ài), si ottengono al proscioglimento i suoni kj e
ghj ; battendo poi i bordi dell' estremità linguale , la quale
così allungata ha modo d'affilarsi, sulla base degli alveoli, si
hanno le palatine e e g. Quando questo contatto si fa più leg-
giero, in modo che il flato strisci tra palato alveolare e i bordi
anteriori della lingua , si hanno le sibilanti t^ = V, (che è il
e toscano di pece), e y = V% (^^^ è il ^r toscano di collegio).
Quest'ultimo suono manca al siciliano.
La spinta alla palatinizzazione di li e j è dovuta all'i ine-
rente a questi suoni; poiché l'i, vocale in cui l'elevazione del
palato molle è massima, trae la gutturale aspirata a flssarsi
258 MISCELLANEA
sul palato duro. Prevale il k, quando la chiusa si fa con pie-
nezza di contatto dai margini anteriori della lingua sopra quella
parte dell'arcata palatale che sta su' processi alveolari, ed il
li , allegeritosi dell'aspirazione, fa hj. Ma quando il contatto è
leggiero, e l'aria esce strisciando per l'apertura che fanno col
palato alveolare i margini dell' estremità linguale , il lì perde
ogni sentore di gutturale, e si ha necessariamente e. Lo stesso
avviene pel j , che passa , secondo che l'aspirata sopraffa la
gutturale o è da questa sopraffatta, a ghj o a g. Un ulteriore
rafTorzamento farà passare il kj e il ghj a ckj e a gglij, e vol-
gere il e a e, 0 a 5.
L'accurata osservazione d'un gran numero d'affezioni fone-
tiche c'insegna che, quanto è naturale il rafforzamento o svi-
luppo d'un suono, o il passaggio dalla sorda alla sonora omor-
ganica, o viceversa, altrettanto illegittimo è il salto da un suono
all'altro. Sviluppo conforme a natura è , per esempio , quello
che fa una consonante passando per intacchi successivi dal
retrobocca alla bocca, mediante chiuse o strette orali dal velo
pendolo ai denti, avanzando sul palato come s'avanza pronun-
ziando le vocali a e i 0 u, dall'a, che si forma nel retrobocca,
all'M, che vien resa sull'ostie labiale.
Di guisa che, le serie evolutive U-kj-ckj, o 1i-c-c;j-
gf^J-'OO^^Jy ^J~y-(j> quand'anche non ci fossero additate chiara-
mente dall'odierna fonetica siciliana, sarebbero fisiologicamente
naturali. Ma, in modo evidente, alcuni dei riflessi siciliani di pi
ci il, e di bl, gì ecc dimostrano che il kj e il glij sono un raf-
forzameto di li e di j. Ecco; quando una consonante sussegue al n
(che è il w velare, non il palatino di nonno), acquista nella pro-
nunzia una consistenza maggiore, di quel che avvenga quan-
d'essa non si trova in questa posizione. Il fenomeno è molto
sensibile per le consonanti li, <j, a, e r secondario da d {renti-
dente), o da gr {riddu - grillo) : esse passano al suono omor-
ganico ch'è immediatamente più forte. Il '/i si condensa e fa
g: u ''haddu (il ^iiUo)- luì gaddu, simili-- cufisimili, dui cumi-'
Ufi dumi (due (lumi -un fiume), circu ^ ticivcari (cerchio - ii>-
MISCELLÀNEA
259
cerchiare), u venti -wì denti (il dente -un dente), u riddu-
un griddu o un rriddu; e il ^ passa a e; giustizia - ncv^tizia,
gileppu-miUppari. Or bene, nello stesso modo, il li delle parlate
siciliane che posseggono questo suono, passa a kj: du' liurni-ujì
kjumi (due fiumi -un fiume), Uamma - nkj ammari (fiamma -
infiammare) , Uatu - unìvatu (fiato - gonfiato) , liuiri - nkjudìH
(chiudere - inchiudere).
Quando però il Ti non è spinto dal n a impostarsi nel pa-
lato, esso in caso di rafforzamento, trovandosi in principio di
voce dopo una parola che ha virtù raddoppiativa, o in posizione
mediana , diventa hll : du' ìiumi - tri hliumi (due fiumi - tre
fiumi); Tiatu - liuhllatu (fiato - soffiato) ecc. E qui cade in accon-
cio fare osservare, cosi per incidenza, che VaJihari dell'Ennese
occidentale (prov. di Girgenti) fa cadere qualunque congettura
sull'etimo del sicil. asari (trovare) , la quale sia diversa da
quella che ne diede il Diez (Gramm. I, 195) e dalla bella di-
mostrazione che ne ha fatto l'Ascoli (Studj crit. pag. 32). La
sola base da cui venga il hU, è ffl; e i siciliani ahhari, asari
vengono indubbiamente da afflare (V. aflare, in Lex. Du Gan-
ge), come cusari e liulihari vengono da sufffare. In quanto al
passaggio ideologico, per cui da afflare « soflfìare addosso » si
andò al senso di raggiungere, rinvenire, fo notare l'altro verbo
siciliano allasari che ha lo stesso senso d^asari; ma esso viene
dal basso latino adkissare (cfr. vasw- basso) pel quale il Du
Gange porta due passi della Legge salica , col significato di
« raggiungere la selvaggina stancandola (lassare) ».
Gome il kj dei riflessi siciliani dalle basi lat. ci, pi, ti ecc.
è un raff"orzamento di li, e fu prodotto dalla condensazione di
questa aspirata, nello stesso modo il ghj vien da j', di cui è
un rafforzamento, non solo nei casi ove questa aspirata sonora
deriva dalle basi latine implicate con consonante sonora : du'
jita - tri ghjta (due dita - tre dita) jancu - chjù ghjancu (bianco
- più bianco), ma anche dove esso è originario : du' jenki - tri
ghjenki (juvencus), o derivato : /mia (genia) -jjipi ghjnia (per
razza). Dopo il n, il j fa n : u nencu (un giovenco) ecc. Il j è
260 MISCELLANEA
ancor vivo nell'Ennese occidentale, e si sente nelle voci j7r/,
Juncii, justu,jugu,jlnia, che quegli abitanti ora scrivono J/«W,
jhustu, ora ghit% ghiustu o chiustu. Rsc. Traina, Vocab.; e Gai:!.
Di Giovanni. Cinquanta Canti e Novelline, Palermo; 1889,
Troviaino nel tempo il progressivo indurimento del j. Le
voci dello Scohar joniìJiaì'H (gloraerer.i', caja (cavea), due secoli
dopo sono scritte ghiomaìii caglila ; oggi gghiòmmmm , cag-
ghia (V. per queste voci il Traina, op. cit). Dal modo com'è
scritto il ghj nel sec. XVII e anche nel XVIII , e' non v' ha
dubbio che venisse pronunziato men forte di come si pronun-
zia ora; mugluri e mughierl (Poesia catanese anonima del 1G42
e Proverbi del Del Giudice, pag. 133), megliu e meghiu, fighhi,
ciuizighlu dovevano avere la consistenza che ha il ghj nelle
stesse voci del linguaglossese, dove il ghj di fìghju ecc. è un
ghj scempjo, quando in tutto il resto dell'isola, là dove il lat. Ij
non fa nò II né y, è un ggìij, cioè un ghj doppio (1).
Ora ci resta una questione da risolvere, ed è l'estesa va-
rietà notigiana e in form. iniz. e ce in form. interna : cummu-
plumbum, feca^ - vetulus , ecc. È fisiologicamente impossibile
che questa e o e si sia sviluppato da hj: esso, a mio giudizio,
s'è prodotto naturalmente dall'aspirata /i, e, con molta proba-
bilità, per ragioni etniche (mogilalie nazionali) come avvenne
noi di;ile<(i gallo-il.-iìi''-.
(1) Pel suono poco vigoroso che avcM il (jìij nel siciliano dol periodo
prece-ionio iill'odierno, valgmio qiicsli o:50t{)|)j. In un provcrJjio di Del Giu-
dice vói. Vili. p.jg. 30. nusumighiu (r.is-iomiylio) ò rimato con vìju (vi-
deo): Comu li viju, Ti rassumighiu. In uni poesia catanese di F. Meli, ri-
stampata a Palermo (C,>ppoI.j, IC'tj), .si lo;,'gc vochiu (voglio i, clie oggi si
pronunzia xxxj'jìàu. Gli sI.msì .sjriltori pcn'> scrivevano vecchiu, occhiu; sic-
ché est! non Ignoravano il modo di rendere graQcamcnte la gutturale Torte,
e Bcrivcvano fìrjhu mughcri, o fighiu mughìcri, perchè il ghj si proIlVriva
con debolo conLillu; ond? s'argom/iili clic l'indurimonto dcU'uspirata sonora
fu mollo pii'i tariivo di quello ddl'aspirata sorda. Nell'insieme, questi suoni
0 l loro «ucci'Hslv» IngroHsauK'nli lian tuli analogie e paralcUisnii, clic s'illu-
«trano a vi(5"ndti , e gli uni scrv:)n > a dare evidenza agli altri. Natiiral-
iiieriU*, oonforuii «viluppi produweru conlormi alterazioni , e .piindi eUelti
ooniimlli.
MISCELLANEA 261
Troviamo neg"li sviluppi di /? fj latini una conferma della
nostra opinione.
Come s'è visto negli spogli fonetici presentati in principio
di questo capitolo, anche accanto al f avvenne l'adesione del
Ti. Il D'Ovidio, in Ardi. stor. napol. anno VII, fascicolo 13", dice
che in un documento greco dell'Italia meridionale , del prin-
cipio del secolo XIII, si legge Jt.i'o^t (florem), XwupTrjXa; (floritae),
Xo^ipev (florae); il che ci assicura che quest'alterazione di ^ /)' in
Xc era già consumata sul principio del sec. XIII. Gli espedienti
grafici del siciliano fin al sec. XVIlì ci provano che, espunto
il f, rimase il li in tutta l'isola; poiché gli scrittori si servirono, per
renderlo graficamente, dei segni y, hy^ xy, xh x e eh. Tuttora,
in quasi tutto l'Ennese (che rispetto agli altri sottodialetti del-
l'isola è in ritardo in quanto a svolgimento fonetico, e si av-
vicina perciò di molto al vecchio dialetto) si dice liumi liuh-
ìlari ecc.; ma nel resto dell'isola la risposta generale è e. Co-
sicché il palermitano die fa kjarl kjummu ecc., dice poi hi-
mi, ccitu : esso, dalla disposizione orale dell' aspirata li da /f,
non passò al contatto palatale hj, ma a quello spirante pa-
latino e. E siccome nessuna differenza acustica c'è tra il e di
etimi e il e notigiano di cavi ciimmiiy non par dubbio che la
varietà notigiana r, da / oj implicati, venga dallo stesso U che
produsse il e riflesso da j o l implicati con f.
Or se quel maggior numero di siciliani che pronunzia kjaiH
kjwmmn, coincide poi colla fonetica notigiana in himi catu,
non è al certo per ragionamento etimologico, ma perchè nel
U di liiuni liatn dovea esservi la causa efficiente della devia-
zione fonetica; e questa causa risiede nell'aderenza del /", che agi
sul li come un altro 7i, onde si rese il Ti più aspirato, o si de-
terminò la spinta al contatto palatino fricativo (e), e esplosivo
{e). È superfluo dichiarare con esempj tolti dalle lingue ro-
manze il passaggio del f a //; qui ci preme far notare che l'e-
voluzione fi- pi- Mi ci spiega come pi ci ti divennero nel no-
tigiano e e, nel resto dell'isola hj. E ragioniamo così : se il
palermitano ottenne e dà fi a. causa d'un raff'orzamento d' a-
262 Mise S LASEA
t*
spirata, nello stesso modo il notìgiano dovea pronunziare il li
da ci pi ecc. come un Vi, il quale lo condusse a fare il con-
tatto palatino {^havi - cavi, ^liumbu - ctimmu); e il palermitano
nel K da ci pi ecc. dovea far sentire la gutturale k, onde fu
spinto a fissare il kj (^liam-kjam, ^Jimnniu - kjummu).
I riflessi siciliani del X greco, i quali fan là /y, qui e e e,
come in pan'ockja-parrocc'a (uapóxta) Mik] eli -Aliceli, mònacu-
rnórmcu, trackj- tracci (xpaXeca), kèiri-c'eiri (Xecpòw; Sua-Xspatvw,
aborrire; cfr. il notig. malucèriri, e pel sost. 5uo-xlpsia, il notig.
cirenza) ci additano che il li delle basi lat. ci tipi o tj pj avea
lo stesso valore fonetico del X greco , poiché da questo si eb-
bero riflessi uguali a quelli delle basi suddette. Ma le voci spa-
gnuole sicilianizzate clcara (jicara), cileccu (jileco), cucucciata
(cogujada), maniccola (manojo - manipulus) ricòciri, nella frase
ì'icuHrisi lu filli - ritirarsi da un'impresa (recoger), stranc'eru
(strangero), comuni a tutta l'isola come il e da ff, ci insegnano
che il grado d' intensità che avea l'aspirata '7i dalla quale il
siciliano passò al e da fj, è perfettamente uguale a. j e gè gi
spagnuoli, che sono difatti aspirate gutturali più forti del X
greco e del eli tedesco (Diez, Gramm I, 345). La conseguenza
di questa dimostrazione, è che il li dapj, tj ecc. dovea suonare
in bocca dei notigiani come un hota (j ) o un he (gè, gi) spa-
gnuoli; in bocca dei palermitani come un X greco o */i. Anzi,
senza andare a cercare fuori dell'isola il suono vivo corrispon-
dente a quel li dal quale presero le mosse i suoni palatini del
siciliano, poiché l'ennese o siculo centrale passa col raff'orza-
mento da ?i a hj , sarà permesso asserire che l'aspirata del
vsic. la quale da clj, plj portò nel palermitano a kj, dovea suo-
nare come il h ennese, eh' è un'aspirata più consistente del j
spaglinolo, e uguale o molto vicina al X greco.
MISCELLANEA 263
Messa per base della serie alterativa l'aspirata li, la figura
tachigrafica che rappresenta le due evoluzioni è questa :
ol, pi, ti, pj, tj, sj
h
fc/i = X greco */i = j spagnuolo
kj e
I f
ckj e 0 8
avvertendo, che siccome abbiamo figurato con hK la forte a-
spirata dell'Ennese, la quale ha nel resto dell'isola la sua cor-
rispondenza per s (fewMari-sufflare) , il h preceduto da un
mezzo h è la rappresentazione grafica più confacente per l'aspi-
rata più leggiera che ha dato il e.
Sicché, pel dialetto notigiano, che comprende venti comuni
dei circondar] di Noto e Modica, le alterazioni fonetiche di /
0 j implicati con consonante sorda, e, per tutta l'isola, le al-
terazioni di / 0 ^' implicati con /"sono indicate da questa scala:
ft - *ft - e - e 0 s'j pel resto dell'isola la successione fonetica da
1 0 j preceduti da consonante sorda è indicata da quest' al-
tra: li-^1i~kj-chj.
III.
Il moderno siciliano riflette adunque iW o j, implicati con
consonante sorda, per li hU e e s kj chj. Dalle scritture pare
che il vecchio dialetto possedesse un solo suono, che raffigu-
rava con eh. A quale dei suoni che ha al presente il siciliano
corrispondeva quel eh ì Quale fase fonetica di quelle segnate
pocanzi attraversava il dialetto siciliano , quando figurò con
eh i riflessi di ci pi ti ecc. ?
Il grammatico Arezzo , che nelle sue « Osservanti! di la
264 MISCELLANEA
lingua siciliana » {Messina, 1543) si sforzò di modellare la gra-
fia siciliana sulla toscana, ci fa intendere che questo eh ai suoi
tempi avea un suono uguale a quello che in italiano si rende
con chi. Egli al cap. XV dice : « Quilli vocaboli li quali per
noi sonno scritti comunimenti di modo, per la interposition di
la littera h, chi non si ponno rettamenti esprirairi, io, adattan-
doli, adiuncta la vocali z, scriviria in quisto modo: chiamo et
non chamOy chiavi et non chavi, chiudo et non cìmdo, chiaro
et non charo. »
Se il eh in queste voci avesse avuto « quillo accento grasso
con lo quali 1^ fiorentini dicino lo ce comò ceh concessi et si-
mili » , egli lo avrebbe detto , come nello stesso capitolo di-
chiara per Sichilia facldmo; e avrebbe proposto senz'altro di
scriverlo ce ci, come nel toscano, e come egli stesso adopera
e raccomanda.
Ma l'Arezzo, dovendo tener di conto la più estesa maniera
siciliana ti pi ci = kj, la quale era anche quella di Siracusa
sua patria, potè trascurare la varietà notigìana /?pZ c? = c o e;
egli, coir aggiunta d'un'^, aggiustò toscanamente la vecchia
grafia siciliana, e tolse la confusione ingenerata dall'uso d'un
nesso ch'era già, come dire , un fossile , e serviva a figurare
due suoni, il e di Sicilia celie (Sichilia chelu), e il hj di kjnu
hjamari (china chamari).
Se non che, il fatto stesso dell'uso d' un nesso che rende
due suoni tanto diversi, il a e il kJ, fa giustamente sospettare
che nel secolo XII o nel XIII, quando si cominciò ad adope-
rarlo, il dialetto non era nelle condizioni fonetiche in cui si
trovava ai tempi dell'Arezzo: il eh di Sichilia e ì\ch di chimi
(plenus) dovevano suonare in un modo tanto affine, da bastare
il medesimo sogno per esprimerli entrambi.
Al laringe dei siciliani , che parlavano il greco nei primi
secoli della dominazione romana e che in seguito furono u-
n*altra volta grecizzati dalla signoria bizantina, non potea es-
sere estraneo il h, eh' è foneticamente lo stesso di X- K non
parliamo dell'influenza della pronunzia degli arabi, che ave-
MISCELLANEA 265
vano nel loro alfabeto una mezza dozzina d'aspirate con varie
gradazioni d'intensità. Quando i siciliani fecero il primo ten-
tativo di scrivere il loro dialetto, avrebbero trovato agevol-
mente nell'alfabeto greco un elemento monografico per figu-
rare la loro tenue gutturale aspirata, adottando il X. Ma do-
vendo servirsi dell'alfabeto latino, essi presero il k per la te-
nue gutturale esplosiva; e per le aspirate ^h e ''/ì non pote-
vano trovare migliore espediente di quello che adottarono ,
cioè di far seguire il e dal h.
Molto probabilmente potè anche darsi che , trovato il di-
gramma eh nelle scritture normanne, lo prendessero da quelle.
Alla venuta dei Normanni in Sicilia (prima metà del se-
colo XI) la popolazione dell'isola era composta di tre elementi:
latina o indigena, greco-bizantina ed araba. La scarsa coltura
letteraria era patrimonio dei greci, i quali ufflziavano la mag-
gior parte delle chiese ed erano stati per quattro secoli i do-
minatori dell'isola; e degli arabi, i quali continuarono anche
sotto i normanni a far prevalere le loro arti e le loro scienze.
I due Ruggieri e i due Guglielmi non solo trasformarono al
culto cristiano le numerose moschee, non solo ridussero al
rito latino le chiese greche, ch'erano le più ricche, e le cat-
tedrali, che avevano tutte vescovi consacrati a Costantinopoli
e dipendenti da quel Patriarca, ma ricondussero in onore la
lingua latina. Sotto il loro regno si cominciò a scrivere il par-
lare romanzo ch'era in bocca dei latini, poiché prima di quel-
l'epoca non v'ha traccia di scrittura dialettale; e non sarebbe
perciò un'ipotesi arrischiata l'ammettere che per rendere gra-
ficamente un suono, il quale, dopo tutto, non era neanche e-
straneo alla scrittura latina, come avremo occasione di dire
in seguito, si prendesse ad imprestito il eh dell'alfabeto nor-
manno, cioè della lingua d'o)7, la prima fra le neolatine ad a-
vere una letteratura volgare.
Or che valore avea il eh nel vecchio francese?
La questione è abbastanza dibattuta, (1) e non è mio corn-
ei) V. Ascoli, Corsi di gloUol. § 38.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XV. 18
266 MISCELLANEA
pito esporre qui le varie opinioni sostenute con traito valore
da insigni filologi. Il Diez però, quantunque posteriormente ab-
bia accennato a cangiar d'avviso, sostenne che avea un suono
aspirato (Graram. 1 , 230). L' ipotesi del grande alemanno sa-
rebbe confermata, a mio avviso, da questo eh siciliano; poiché
è notevole questo fatto : il eh del francese moderno, nelle voci
neologiche siciliane, fa regolarmente s: &>'/o.y«- brioche, o-a-
t'O-ya - cravache, (?«foJa - galoche, cr?^v6' - crochet, f^/^vcs'srt - du-
chesse, 6^a/a^6«-char-à-banc, ,v//*^;?i^/ - chiffonière ; ma, in quelle
che il siciliano trasse dal vecchio francese, fa e; <■«»//'« -chan-
tre, c«raw?efWa-chalumelle, c«r//irtri - charmer, cav.hmi o cava-
nmi-che\roTìycaureddu o cavareddu-chcyroì ecc.; far, preci-
samente come nelle voci prese dal-castigliano nello quali c'è l'a-
spirata J {cileeeu - jileco, vieara - jicara). Cosi in formola interna
il eh del vfr. nel siciliano fa ce: aìmnuc'c'aì'l -ysìc. amuchari-
vfr. muchier, broccia -ysìc. brocha-vfr. broche , par«miwa -
vsic. parchimina-vfr. parchemine; e non diversamente fa il ^*
spagnuolo in (7«cw«'rtto-cogujada.
Se poi si riflette che il eh del vfr. ha , nel siciliano tutto
quanto, esiti uguali a quelli che ha il notigiano per le basi
pi ci ti in form. iniz. (notig. camarl - vsic. charaari - clamare,
ca?m- vsic. chanu - planum) e in form. interna (notig. accor'
nari - vsic. achanari - adplanare, veccii - vsic. vocìi u - vetulus ,
torc'u - vsic. torchu - torculum, oppure oa-u - vsic. ochu - oculus),
possiamo anche argomentare il grado d'intensitcà dell'aspirata,
al quale corrispondeva il eh del vecchio francese : esso dovea
essere più forte del X greco, e uguale al j e al x spagnuoli,
al */i dei riflessi siciliani dalla base /f, e al Vi dei riflessi no-
tigiani da ogni base implicata.
Noi diciamo in conclusione che il suono parassitario li, nei
riflessi d'ogni l o j implicati, avea diversa intensità nel noti-
giano e nel palermitano, come l'avoa nelle varie favelle ro-
manze, e la rivela tuttavia negli ulteriori sviluppi. A tacere dei-
Pennese, che conserva l'aspirata a somiglianza delh^ spagnuolo,
questi sviluppi in gran parte dell'isola corrispondono a quelli
MISCELLANEA 267
dell'Italia latina e del rumeno, cioè kj ; nel notigiano a quelli
dei dialetti gallo-italici, cioè e o e. A nostro modo di vedere
il ìt dovea essere poco aspirato nel glottide degl'italiani del
centro, del mezzogiorno e di gran parte della Sicilia, e potè
volgere a kj : esso dovea suonare come un ''li. Nel laringe dei
notigiani e dei gallo-italici l'aspirazione era più vibrata, e fu-
rono perciò favorite la sibilante e o la dentale esplosiva d:
qui il U dovea equivalere a un ''U.
Il digramma eh del vecchio siciliano nei riflessi di l o j
implicati, anziché rappresentare il '7/, limitato alla piccola zona
dialettale notigiana, rendeva, a nostro avviso, il % e chami,
a mo' d'esempio, si leggeva ^Hami, come si sente a Firenze
in questa frase: Come Hi ^Uamiì Esso andò via via spoglian-
dosi dell'aspirata, e, molto prima che l'Arezzo raccomandasse
di rettificare l'ortografia siciliana, suonava già, in molta parte
dell'isola, affatto gutturo-palatale, cioè /y", Qu^'^^unque si con-
tinuasse a scriverlo, come vedremo in seguito.
IV.
Prima di cominciare a svolgere la seconda parte del no-
stro tema, gioverà indagare se il segno alfabetico /i, il quale
ha tanta parte nel digramma eh , aveva nel vecchio siciliano
valore fonetico, o era un segno puramente ottico, come lo è
in italiano per ho, hai, ha, hanno.
Nella trascrizione del siciliano odierno il h non si riscon-
tra mai, tolti i casi in cui esso, come nel toscano , serve in-
sieme col e a rendere la gutturale sorda esplosiva di sacchi,
0 lo stesso suono un po' schiacciato di vecchj. Ma sarebbe i-
nesatto il dire che il siciliano sia alieno da questa spirante,
solo perchè essa non figura nelle scritture.
Oltre alle voci in cui alcune parlate dell' Ennese pronun-
ziano il h seguito da un'i più un'altra vocale, come nei ri-
flessi Ai j 0 l implicati {Hanu - planum, Itavi - clavis, humi - flu-
men, che il Traina trascrive Manu, hiavi, Munii}, il h si sente
268 MISCELLANEA
chiaramente al posto del e o del g dileguati , sia in formola
iniziale : harniha - camilja , liatta - gatta , hamma - g:auiba ,
ìuiddii-gSiXìo, hànganiK - ^(i.f(o^\iov, harzuni-gsivzone, Haspànu-
Gaspare ecc.; sia in forni, interna : giahanU - gigante, lihutui-
legume, ecc.
Diremo da qui a poco della natura di quest'aspirata.
Il Gioeni (Saggio d'etimol. sicil.) segna alla letlcu'a H tre
voci con aspirazione : hama, mota di fiume fgr. Xa|ia{), hiniari
(liinnire), ìiu (gufo). Ma l'aspirazione più intensa ch'io abbia
udita in bocca dei siciliani, è quell'imperativo tuhlir! co\ (jualo
i contadini del notigiano dan segno di fermarsi alle bestie da
soma. E un fortissimo suono aspirato gutturale, ciresplode dalla
gola, come quello che accompagna un vigoroso colpo di scure
a due mani.
Il Traina nel suo pregevole Vocal). sicil. scrive giahanfì ;
ma quando si tratta del suono aspirato iniziale, mette innanzi
il segno dello spirito lene: (' = '/i) 'addu (gallo\ 'cinga (gan-
ga) ecc.
Il fenomeno è più avvertito nelle sillabe iniziali con ii, vo-
cale labiale che richiede maggiore sforzo muscolare delle al-
tre ; ond'è, per compenso, giustificata l' elisione non solo delle
consonanti gutturali, che si formano in un posto molto lon-
tano dalle labbra: 'hiigghiaia-gugìiaia^ 'hula-goìa, 'hùmina-go-
mena, 'hunnedda-gonneWa; ma anche delle dentali: 'hunca-dm\-
que, 'indiala - dottata, (fico), 'luimuìcella - limoncello; e segnata-
mente della labiale v, primitiva, o secondaria da h: 7i«;7)i-volpe,
Vi MCCtt - bocca, *huci -voce, 'htigghj ri -hoWìrc ecc.
Quest'aspirata del siciliano i) indubbiamente di natura so-
nora, come le consonanti alle quali si sostituisce; e sta alla
sorda 'h (spirito aspro) come il g al e, il d al /, il b al p, il
V al f. Ad alcimi potrebbe anche parere trascurabile nella scrit-
tura. Ma farò notare un fatto, che prova l'irrefragabile esistenza
di quest'alito e la sua indole di consonante.
Il siciliano odierno adopera l'articolo /' in ambo i generi
dei sostantivi cominciauti per vocale: Varma, V crva^ Visca,
MISCELLANEA 269
Vomu, Vara; ed usa gli articoli a, u dinanzi a quelli che por-
tano all'iniziale una consonante : u cani, a capra, u letiu ecc.
Or bene non si dice Vurp'i, Faddu; ma, a 'urpi, u 'addii, per-
chè quell'aspirata è per se stessa una consonante, che non tol-
lera dinanzi a sé l'art. /', e richiede un trattamento uguale a
quello che si usa per tutti gli altri suoni consonantici.
Nella Sicilia orientale, invece dell'aspirata sonora li, si ado-
pera l'aspirata sonora jotizzataj, in tutti i casi di dileguo di con-
sonante gutturale dinanzi ad a;^V/^to-gatta, JrtfW«-gallo; e questo è
anch' esso un suono consistente semi-consonantico , come in
jocu , jornu ecc.; il quale, non solo non soffre l'articolo T, e
vuole le forme articolari a, ii, ma ci porge un fenomeno che
dimostra la sua vera natura. Ed è questo. Come quell'aspi-
rata, che ha preso il posto del ^, del v o del b, torna dopo una
voce che ha virtù raddoppiativa, al suono primitivo (tui liun-
nedda-trl gunneddi, diC liucl-trl vucl o iribuci); come si
dice na parti e tri pparti ecc., cosi abbiamo di jornu e a
glijornu , jaiti e ccani e cani e ghjatti , na janitna e tri
ghjammi; nel palermitano: na liatta-tri galli ecc. (1;.
Nelle scritture del vecchio dialetto troviamo habitari, ha-
viri, hasta, liorlu, hiimitri ecc. , dove il h può essere etimo-
logico, un latinismo grafico, un segno che non dovea servire
per la pronunzia. Ma non si può dire lo stesso di han-uba,
ha>ja (cavea), hannaca (arabo khan n a (] a, collana), che oggi si
pronunziano Carrubba, caia^ C(7;i/ifl(?/. Un altro documento della
vigoria che av^va il li nel vsic. s'avrebbe nel cognome Pricuni,
che in un atto del 1535 è scritto Dj Priluml; così il cognome
originario De Haro avrebbe dato il nome a tre casati apparen-
temente diversi: Dedro, De Caro, Di Faro. Quest'ultima alte-
razione, h del vsic. che dà /"nel nuovo, trova anche riscontro
(1) Il sejuetite verso di canto popolare nel notigiano fa:
Ccii glijadJu e senza jaddu D.liu fu ghjornu.
nel palermitano :
Cu gadJu G senza 'ha Idu Ddlii fa ghjornu.
^70 klSCELLASÈA
in ci fila, gomma drag'ante, ar. q i t h i r a , vsic. tihira; e in fln-
niri, nitrire , lat. hinnire , vsic. hinniri o hinnixiri.
Nel vecchio siciliano adunque il h era in alcuni casi, anche
escludendo quelle voci in cui si vuol ritenere etimologico, una
aspirata sorda (spiritus asper), flata^ seconda la bella distin-
zione di R. von Raumer, che chiama halatae le sonore. E ce
lo dimostra il fatto che quelle voci le quali nel vsic. avevano
questo Vi, nel nuovo han preso una consonante sorda: hanna-
ca-cannaca, ^i/iira- citila; al contrario del Vi (spiritus lenis),
che essendo lialata^ prende costantemente il posto delle so-
nore dileguate {'ktila-gida, 'liwpi-vurpl ecc.), e torna sempre
ad esse nelle condizioni favorevoli di rafforzamento : a gula
aperta, tri vutyi.
V.
Il vsic. , oltre al k = lat. qu , e ad altre conformità orto-
grafiche con le scritture d'ogni vecchio dialetto italico, avea
comuni col vtosc. gli espedienti grafici per rendere alcuni
suoni romanzi jotizzati che mancavano al latino. Il n, (sp. n,
prov. «/i, fr. in) era ugualmente figurato con gn; il ì (sp. Il ,
prov. Ih, fr. il), con gì: vigna, fìglo.
Nei digrammi gn gì è inerente un'/, che nella vecchia scrit-
tura dei volgari italici non figura; e pel solo gn non figura nem-
meno nella moderna: si scrive vigna, non vignia. Ma pel <;/ il
toscano cominciò di buonora a scriverlo gli, mentre il siciliano
lo conservò fin al secolo XVII (1).
(1) N-ji codice Gorunlino del sec. XIII, pubblicalo da Cesare Paoli nella
Aliscclluiica Gaix-Cancllo, pag. 92, un sosl. locale è scrilto Aglana {Colonia
Alliana dui gentilizio italico Allius). Nelle sentenze di Dionisio Gato tra-
dotte in vecchio-veneziano (TouLKn , Die allvenezianische iil)ersetzung der
Sprftche de» Di:.nÌ8ÌU9 Cute, Herlin 1883, p. 15) leggiamo figloU, mogler, uo-
(jlo ecc. I/i «tessa trascrizione si riscontra in una canzone di Maestro An-
t(Miio Hecluiri da Ferrara ilei ISA publjlicala e coniincntala da Pio Ilnjiia
(Uiora. slor. delia lyHler. ilul. u, XIIIJ : oolglo, malgla, biUagla, scrimagla,
MISCELLANEA. 271
In quanto al suono romanzo e, mancante anch'esso nel la-
tino, il toscano ci offre la soluzione più naturale del problema
che si presentava ai primi scrittori di volgare, quando occorse
loro di figurarlo con un segno alfabetico : esso adottò il e se-
guito da e 0 i, che per altro veniva designato da alcune pa-
role dov'è etimologico: /ac76'.s' - faccia, cicer -cece, così come
il fjji di piifjnm dUjìius suggerì l'ortografìa gn per n.
Or perchè qui il siciliano diverge dal toscano? perchè esso
scrisse fachl, diicldru, non facci, ciclru? Non certo per in-
flusso dello spagnuolo, dove por coincidenza fortuita il e vien
figurato con cìi : ci voleano ancora parecchi secoli prima che
i Castigliani avessero dominio nell'isola, e prima di loro ven-
nero i Catalani che rendono il e con tx.
Si può al più, trattandosi d'imprestito, pensare al vecchio
francese; ma forse non è del tutto necessario, se si tien conto
della scrizione latina eh adoperata nella età repubblicana e
imperiale tanto innanzi ad e ed /, quanto innanzi ad altre vo-
cali ed a consonanti , come si desume da iscrizioni : Achilio
per Acillo, trachia per Opaxta, chentiwiones , schenicos, pache,
Prlschae ecc.
Espresse testimonianze assicurano che questo eh nel blat.
pronunziavasi aspirato. Il toscano, nelle più antiche scritture,
conservò inalterato questo digramma, là dove esso non è pa-
latinizzato, dove cioè non è seguito da un'/. Gli esempj sono co-
munissimi. Dal citato Codice fiorentino d(d Paoli traggo: cIìoììI"
perato, boscho, Chavalcha, cliostó, charta, chasallno; dal Teso-
retto di sor Brunetto Latini: amlclio, cìionoscl, fuocho, chosa,
chappello, alchun, incliolpi, clionforto; dalla citata Canzone di
A. Bechari : cercliar, alchun, chnntcw, hdclio ecc., e anche gio-
gito e Cxìialeocto.
Non altrimenti faceva il siciliano in quelle voci ch'esso pro-
nunzif^va col kh, o come si vuol dire col e aspirato e non jo-
tizzato. Se non che, a differenza del toscano, che conserva an-
cora l'aspirazione, quando il e gutturale è fra due vocali (e do-
vrebbe couliuuarg la più corretta grafia dell'antico, e scrivere
272 MISCELLANEA
amicìio, foclió) il siciliano non ha più questo suono aspirato,
ed or l'ha fatto e, or f.
L'alterazione eh -f non lascia alcun dubbio sulla pronun-
zia aspirata che aveva il eh nel vecchio siciliano. Nei registri
notarili e nelle earte del Libro rosso di Noto i feudi ch'oggi
si chiamano : Frammrdica, Bufalcfì, Bufi'du, NafalhiK, Bufa-
lìnu, sono scritti Chalmedica, Buclialefì, Buchutu, Nachcdlnn,
Buehalinn. Così Maehomeito, Monaehò ([xovaxói;), cognomi, Ra-
chal Ali, sost. locale, oggi si pronunciano Maffumettu, Munafò,
Raffadali. L'arabo makhaluq (Ornitogalo o Latte di gallina)
nel medicano fa hafalucu, nel notig. macalucu. Lu Chomisii o
Jhomisu, Il Comiso o Comiso, in qualche parlata fa 'UFòmmisu.
La forte aspirata araba => (hha) della parola ;3>; (casale)
nei numerosi toponomastici composti con essa, s'è condensata
in e 0 m ^, 0 s'è anche dileguata: Raeahmdu, Ragcdbidu, Ram-
macoa ecc. Né gran fatto diversi sono i riflessi dell'altra a-
spirata più debole ^ (ai'n) nelle non meno numerose voci lo-
cali composte con c)'^ (fonte): Canieattì , 'Annieaitìni, Gaini-
ti ecc.; se non che questa ci offre qualche caso di jotizzazione
nella serie delle fricative: Janniniàuru, ^Cianniearàu , Leto-
jcmni, ecc.
La cennata conformità di sogni grafici, pei suoni romanzi,
nel siciliano e nel toscano , porge un argomento importante
dilla filologia, per indagare i rapporti letterari di questi due
dialetti italiani nelle loro origini. Io non sono in grado, con
tanta ristrettezza di mezzi, di scoprire quale delle due lette-
rature, per ciò che si riferisce alla grafia, influisse sull'altra.
La tesi è al certo superiore alle mie forze; non è però arri-
schiata la induzione che se il siciliano avesse posseduto il e
palatino, l'avrebbe reso nello stesso modo come fece il toscano,
col (pialo avea comuni i digrammi gn por n, gì por U eli per
////. Ma poiché esso con ee ei rappresentò il z (bollici , gra-
ciiisu, siancin, servici u, niacccri), o anche il z dolce (se dob-
biamo arH:onion(aro dall'odierna pronunzia di arriciptarl ' ri»
zitta i , specUdi-aphiali), e poiché esso si servi del eh per
MISCELLANEA 273
rendere il li non palatinizzato di ChalmecUca ecc. e il li pala-
tinizzato dei riflessi di l o j implicati i^li), mi par chiaro che
a questo di il quale sta al posto di ce ci lat., si attribuisse pure
una pronunzia aspirata.
È mestiere però ammettere che quest'aspirata, per volgere
a e 0 e, come si pronunzia ora in tutta Pisola, dovea essere
molto chiara e strisciante sul palato anteriore: un ^U che andò
spogliandosi della aspirazione, rendendosi sempre più palatino
ed esplosivo : si andò a chìia da ^ìlima (lat. cima) come a ci-
sca da ^'liisca (fiscus).
Notiamo intanto, cosi alla sfuggita, che il e prettamente pa-
latino è inteso in tutta l'isola quando è doppio : cacca, sacc%
ccippu ecc. Ma quando è scempio, solo l'Ennese lo pronunzia
palatino : cela, fìcl, paci ecc., come fanno gl'italiani del setten-
trione; nel resto dell'isola, anche parlando la lingua naziona-
le, si adopera la linguale continua: celu, fm, paU,, come fanno
i toscani. Quei di Mineo canzonano i loro vicini di Grammi-
chele che pronunziano cipudda, cicoria, acitu.
Il fenomeno d'alcuni casi sporadici, nei quali si nota il k
continuatore di ce ci lat., è forse, più che una continuazione
diretta della pronunzia gutturale latina, un deviamento del /i,
una testimonianza di questa fase fonetica ; come , a nio' d' e-
sempio, in un altro campo, lo voci iuveddu (clavellus), iikliri
(eludere), /»^^iajj?« (plumacium) ecc., sparso qua e là nell'isola in
mezzo alle l'orme prevalenti e normalmente alterate hjaveddu,
kjudiri, kjumazzu, sono testimoni della fase fonetica ci, pl=hy
donde si passò, per ^U o ^h, or ad un suono toccante il palato
(/y 0 e), or per accidia muscolare ad una lieve strisciante
U o e).
Spiego con qualche esempio il mio pensiero. Le forme
kjrcu e circK, nkjmiddari, nghjmari e cimedda (cima), fram-
ckja e vicr'a (fabavicia), kjosu e c'éiisu, dcùni e agghjru, ghjsta
e cista sarel)bero figun^ divergenti da forme di fase anteriore
col 11 : liircu , lama , viìlia , dUirii, llista. Invece di ratt'orzare
l'aspirata /t, volgendo al contatto palato-alveolare (k-^li-c o e),
2/4 lilSCELLÀNEA
espunta Taspirazione, si condensò il suono sul palato superiore,
ora per la spinta del n/m /ikji'ca, nhhnlddai'l ecc., cosi come
TEnnese fa iihjammari da liamma, ora per rafforzamento spon-
taneo, in kircu ecc. (1).
Nel vsic. le varietà grafiche onde si rendevano i latini ce
ci , argomentando da alcune trascrizioni da me colte in que-
sto e in quel codice, erano di, Ji, k, j, specie nel primo periodo.
In un Ms. del 1320, pubblicato nell'Arch. Stor. Sic. a. IX, N.
S. p. 378, si trova hintimiru (centenarium) , rekipendu (reci-
pendo), accanto a chintlnarii, perchlputu. Nel « Rebellamentu
di Sichilia », al § XL , e' è un dUilti che in altri posti dello
stesso componimento è scritto dlchitl. In un Ms. di Scicli un
cognome che oggi si pronunzia Mlccìkè , è scritto or Mikike
ora Mlchlhe. Più tardi lo Scobar registra nel suo vocabolario
sicil. -latino auckcllu e auchello. Un nome di luogo, ch'è lungo il
corso superiore del fiume Cassibile, in un registro di notajo noti-
giano del sec. XVI, è scritto or Macliesl ed or MaghesL E, come lo
Scobar rimanda da hyumi, hijuri^ ecc. a lumi, lari, cosi il ci-
tato Rebellamentu di Sichilia qui porta chascimu , là paschi-'
dumi (nelle « Costitucioni benedictine » , chasquidimu ; nella
«Vita di lu beatu Corradu » , chaskidimu ; cfr. chascun del
vvenez. nella op. cit. del Tobler). Un notajo notigiano, nel 1555,
scrivea or cnppnjo ed or cappitcìio (Registro del not. Girol.
Palminteri, f. 207). Gli « Atti del Parlamento siciliano di Taor-
mina, a. 1411 » pubblicati da G. Beccaria, hanno la scrizione
rackiini (ragione); un codice del 1320 nell'Arch. stor. sicil.,
(1) Il fliocnl (Ardi. Slor. sicil. Appcml. p. 10, a. X) assicura clic * in
quel ili Terranova (provincia di CalliinissetUi) non altiimcnli tlicoiio ohe
dudichi, chircu, luchi,\ìQT dudici^ circu, /mcj, e simili». Sarebbe senza ihil)-
hlo un fallo imi)ortanle p(;r la sui estensione, il (juale farebbe riscontro
ooU'ullrj uj^ualrncntc notevole del notigiano gìij per gi: tnaggìijstri - miX'
gislcr, leggfjri- Videro ecc. Ma so io sono in grado di poter l)ene assicu-
rare r c<(i>4tcnza di «(ucHt' ultimo fenomeno in una non piccola zona dialet-
tale, non ho avuto modo di costatare l'asserzione del compianto Giocai, e
Ufi aun liritilalo, [kv operar ouu coscienza, a;,'li ujumpi bporudici.
klSCELLAÌSEA 275
a. 1884, p. 380, reca a§caiuni (a cagione), più comunemente
scritti caxuni, raxuni.
Tanta incertezza di trascrizione ci addita il valore fonetico
che nel vsic. era attribuito al eh corrispondente a ce ci la-
tini : esso, rendendosi anche per i e scambiandosi per x, non
potea rappresentare i suoni é o k; e poiché 1' / e il x erano
pure adoperati per Iitj (anche nel vecchio spagnuolo il x si
usava spesso in vece del /iota), mi pare evidente che gli si
attribuisse un suono aspirato. L' uso poi del j per eh, come
in jasckichmu, eappujo, in un secolo nel quale l'ortografia si-
ciliana prese dalla spagnuola molti altri segni, non lascia alcun
dubbio che quel eh suonava aspirato come un j castigliano.
Né ho bisogno di valermi d'un esempio a prima vista spe-
cioso, ma, a chi ben guarda, poco concludente. L' Ardi. stor.
sicil. a. XU, pp. 354-355, riporta un atto notarile del 1398, il
quale è firmato con caratteri greci da un Roberto Mercuri ,
giudice del casale Mirto: ppou^pxu [itpxoupt y'°'^S^5Ctj 5t Xou y.a-
eaXt 5e (Acpxo. Il X di '(ioóòc/ji avrebbe valore dimostrativo , se
l'alfabeto greco possedesse un segno per figurare il suono e.
In difetto di questo, il Mercuri fece una trascrizione appros-
simativa. Leggasi in proposito quel che dice acutamente il
D'Ovidio in un caso analogo (Arch. stor. napol., a. Vili, fase. 3).
Gli esempi citati pocanzi dimostrano inoltre che lo scrit-
tore pronunziando Niin/incwu , rc'^liipendu , dNiUl , ''liaseuntt ,
MlHiiké , cappiiHw , nell'incertezza della scelta del segno per
esprimere il suono aspirato, quand'egli si scostava dal segno
convenzionale eli, ricorreva ora al k, ora al h, bì j o all' 2.
Così oggi s'oscilla, nella scrittura dell'odierno sicil., tra jinni,
hiuml e eliiumi (Rsc. il Vocab. del Traina; e i Proverbj sicil.
del Pitrè, III, 172).
Nel vsic. questo fenomeno non sarebbe isolato. Quando si
dovea rendere Vù tonico (un'o così chiuso che può dirsi un u
largo), or si scrivea iurnu, viitu, leeiiinì, jiieu, disurdini, eu-
ri, anciira ecc.; ed ora lomu , votu, Iccloni, iocu, disordini,
corif ancora. Analogamente per Ve: (un'c che partecipa molto
276 MISCELLANEA
dell'») trinta e trenta , pidu e pectu , planita e pianeta, cU-
chimbrii e dichemhru, cuntlntu e cuntentu, c'uilu e ventu, viru
e veru, vinu e t'ew^f, tunpUta e timpe.ì'a.
E non fanno altrimenti gli scrittori in vernacolo dell' En-
nese orientale, dove si sentono ancora Vù e Ve. Un maestro e-
lementare di S. Caterina , invitato da me a trascrivere fedel-
mente le voci della sua parlata . non sapea se dovesse scri-
vere slgnuri o signori, libru o lebru^ misi o mesi (mensis), pia-
sta 0 piesta (pasta», poiché là, come a Sortino e altrove , v' è
anche Va, ma un po' addolcito dall'/.
Lo stesso Remigio lloccella, autore d'un utile Vocabolario
della lingua parlata di Piazza Armerina (a. 1873), nel quale
adottò il segno o per rendere Vii di questa parlata, quando
ebbe mandato al Vigo un manipolo di componimenti popolari
di quel comune, i quali tigurano nella «Raccolta amplissima di
Canti pop. sicil. » (a. 1870-1874), cadde anche lui in questa in-
certezza, e scrisse con, coiir (N. 5318), carusgi (5319); e altro-
ve, aiììurosi (5339), amor (5340) ecc., i quali sono poi regi-
strati nel suo Vocabolario co (quelli), cor (core), carós (ra-
gazzo), amurOs (amorosi), auìor (amore); cosicché, in difetto
d'un segno speciale per Vù, or si servì dell' ze, or dell'o, e or
deWoii.
VI.
Non é facile determinare in qual secolo il suono ''li, da ce
ci lat., diventò del tutto palatino o linguale fricativo negli or-
gani vocali del siciliano. La trasformazione dovette avvenire
lentamente e insensibilmente, come in tutte le evoluzioni or-
gtiniche; e non ugualmente in tutta l'isola, poiché le altera-
zioni dei suoni né si compiono in un anno, nò si manifestano
colla stessa intensità nelle varie parlate d' una regione dia-
lettale.
Nel secolo XVI V intacco dovea essere già consumato, in
buona parte dell'isola, segnatamente nelle jj^osso città mant-»
MISCELLANEA 27?
time; e il eh delle scritture veniva letto e, come esplicitamente
dichiara l'Arezzo (op. cit.), il quale, al cap. XV, dice: «Udendo
alcuni sillabi in li quali si interponi la littera li , di noi pro-
nuntiati con quillo accento grasso con lo quali li fiorentini di-
cino lo ce di celo concepì et simili, di poi di aviri sopra quisto
considerato, mi parsi risolvirirai chi resti lo accento dil modo
sta, ot si levi in tutto la littera It; di quisto modo celo et non
chelo, ceco et non checo , Sicilia et non Sichilia, Francisco et
non Franchisco, diclino, faclmo et cussi tutti altri in li quali
tal littera si interponi. »
Il valentuomo , entusiasta di Dante e di Petrarca a segno
da giustificare o condannare una voce del dialetto siciliano
cogli esempj tolti dalla Commedia, dai Trionfi e dal Canzo-
niere, osserva in tutto il suo scritto la nuova grafia modellata
sulla toscana; comechè qualche volta cada lui stesso nel'a
vecchia maniera, involontariamente, per abitudine inveterata. È
curioso poi che nello stesso capitolo egli faccia una riserva
per quelle voci che hanno il ci neirultima sillaba: «Resta una
dubitationi quanto ali ultimi sillabi , la risolution di la quali
lasso in arbitrio di li scrittori, si li parirà scriviri plachi o piaci,
levata la littera h, vachi o rad, dulchi o dulci, tachl o taci, pa-
chi 0 ])aci. »
L'esempio e il ])recetto non furono da tutti seguiti, almeno
in quel secolo; e solo più tardi, in sul principio del sec. XVII,
si cominciò a scrivere con qualche estensione ce, ci, per che,
chi, e che, chi, per che, chi. (1).
(1) Fino alla prima metà del sec. XV >i soris e ke hi. Notai questo fatto
ielle due lolterc filologi;^'he a Michele Amari (La Guerra del Vespro sici-
liano, 0* edizione, Firenze 188(3, Voi. ili). Or comechè la scrizione eh per
h non fosse adottata contempomneamentc da tulli gli scrittori dell'isola,
onde avviene di riscontrare qualche volta poichi, che nella prima metà d(^l
15" secolo, e qualche hishi hilln anche nella seconda, tuttavia ogni nuovo
codice che vien pubblicandosi, ci conferma sempre più ncU'opinionc chela
i)r -senza del eh o del h costituisce da sé sola un argomento paleografico di
non ispregevole importanza per la determinazione del secolo in cui esso fu
scritto.
278 mSOELLANEA
Traggo dal «Libro rosso della città di Noto» alcuni esempj
di che chi per ce ci dopo il 1550. La numerazione delle pa-
gine non corrisponde alla cronologia, perchè questo volume
di diplomatica comunale è uno zibaldone di vari decreti di
privilegi riguardanti l'Università di Noto.
A. 1556, pag. 309: che cliindi era (che ce n'era); a. 1559,
p. 422 : siicchedissi, dichimo; a. 1563, p. 55 : che (ci è) ; chi
(ci, pronome); a. 1566, p. 418: ìwn chi e (non c'è), rechipiri,
dechi; a. 1569, p. 74: chira (cera); a. 1571, p. 77: dechi, un^
dichi, cileni li; a. 1595, p. 394: pachi, fichi; a. 1597, p. 297:
quimlichi.
Un documento del 1568, p. 66, copiato da mano più gio-
vane il 1569, p. 68, ci offre qualche indizio della nuova gra-
fia : quello scrive spaccio, instancia, consiglo, conduchi; questo,
spcitio, instaniia, consiglio, conduci.
Avviene spesso che lo stesso scrittore il quale ha adottato
la maniera toscana scrivendo ce ci in vece di che chi, allor-
quando usa il clic, congiunzione o relativo, o il chi, relativo di
persona, scriva che chi, evidentemente per evitare anfibologie.
L' esempio della nuova grafia veniva dall' alto. La lingua
delle cancellerie della capitale era toscana, qua e là frammi-
sta a sicilianismi grafici e grammaticali. Insieme alle nuove
maniere ne lo per in In, e cong. per ef, tt per ci (fatto-facto),
del e de li per dilu e dili , glia glie glio glia per già gle glo
giù (ttglio-figlo), insieme all'uso, pria ignorato, degli accenti e
degli apostrofi, si scorge ce ci per che chi.
Il ck del secondo periodo del vsic. ('• stilo da (lualcuno copiato eh, con
grande danno della ciiiarezza e della sloi-ia litologica del dialetto; poicliò il
cht an digramma che, come abbiamo veduto, aveva altro ufllcio, venne usato
Invece del eh nello scorcio del s(!0. XVI, e cjininciò a divenire d'uso }j;cne-
ralc nel |»rinci|>j del secolo successivo. Per la lìlologia roniaii/u non è ujai
abljosianKa lodala la scrupolosa fedeltà nella copi ilura dei codici; e in quo-
»l'occa4Ìonc è giusto tributar lodi allWrchivio di Stato di Palermo e alla
Scuola di Pulcograiia antii>ss.i a ({uell' Istituto, per la quale ito ammirato,
iiell'Aroh. «lor. tic, oo<lici riportati con grande diligenza.
MISCELLANEA 271^
Così cadeva, rinnovai. dosi, la vecchia e non ingloriosa lin-
gua letteraria siciliana, nella quale erano stati scritti gli atti
pubblici e i componimenti d'ogni genere in poesia e in prosa;
quella lingua che re svevi e angioini , catalani , aragonesi e
castigliani avevano parlato ne' loro rapporti utiìciali ai sici-
liani, e questi avevano costantemente usata con quelli.
Chi studia nei codici del vecchio siciliano, anche della se-
conda metà del sec. XVI, osserva con ammirazione una note-
vole uniformità ortografica e grammaticale, meno qualche in-
certezza, di cui ahbiamo indagata la causa, e meno alcune leg-
gere differenze da un secolo all'altro, le quali permettono di
dividere la letteratura dell'isola in periodi spiccati. Sembra che
tutti obbedissero alle stesse norme , a qualche testo da noi
ignorato per scrivere bene. Chi legge le Ohsercantn dell' A-
rezzo, da noi parecchie volte citate, s'accorge con meraviglia
della cura che i siciliani si prendevano del loro eloquio, onde
si può dire di loro ciò che il Carducci ha detto degl'italiani:
essi si guardavano spesso la lingua.
Cadeva con la lingua ufTiciale anche l'ortografia, ormai lon-
tana, anch'essa, dal Unguaggio parlato.
Anche nel principio del successivo secolo XVII gli scrit-
tori appalesano una grande esitanza nella trascrizione, e on-
deggiano tra il vecchio e il nuovo, per irresolutezza o per ir-
riflessione.
In una copia di lettera viceregia del 1632 trovo scritto
hrachio, ramo del Parlamento siciliano ; ma è evidentemente
un latinismo o una fossilizzazione grafica d' una voce d' alto
uso politico e cancelleresco. Cosi pure in un decreto di Vit-
torio Amedeo del novembre 1713 (Libro giallo della città di
Noto, p. 401) si legge: / tre Bracchii del Parlamento, Eccle-
siastico, militare e demaniale.
In una poesia di Ludovico Sarvaggio, stampata a Palermo
il 1611^ si legge cachi per coci (cuoce). In un'altra di Gaspare
Midulla (Pai. G. B. Maringo , 1618) v' è un chi per ci. Ed è
notevole un componimento in versi napoUtani stampato nel
280 UlSOELLANBA
1611 a Palermo, e intitolato «Opera nuova et ridicolosa da
intendere. D' un trattato napolitano d' Amori e di Martiello.
Composto dal Cieco di Potenza». Vi si leggono affacchiarl ,
auchiello , lacchio , disfacchio , cacdiiarl , bracchi (braccia),
chierlo, dulchi, ecc.
Domanda pure la nostra attenzione una lettera viceregia
del 1615 (p. 204 del citato Libro rosso). Essa è in toscano
tutta quanta, tranne qualche accenno all'ortografia e alla gram-
matica siciliana, come consigleri, stancii, havessero stato, ar-
civario, hanno venuto. Ma a poca distanza da questo diploma
originale, il Libro rosso ce ne offre una copia fatta da un a-
manuense dell'Universitcà di Noto, il quale, nel trascrivere, mo-
difica l'ortografia, tenendosi all'antico. Questo confronto torna,
credo, istruttivo; e, nelFesporlo, segno con P lo scrittore di
Palermo, con N quello di Noto : P. consegnerà, N. conslgnirà;
P. provederà, N. providlrà; P. Vlieredi, N. U heredi; P. slianno,
N. si hamn; P. consiglio, N. conseglo; P. Università, N. Tini"
rirsita; P. città, N. citta; P. spatio, N. spacio; P. forza, N. forcza;
P. antichhisiyna, N. antichissima; P. che, N. che.
Decisamente il copista notigiano rifuggiva dal fare entrare
la sua ortografia in questo movimento toscaneggiante , e non
si rassegnava alle novità che venivano da Palermo; egli con-
fermava ciò che del resto è abbastanza provato per altre ra-
gioni, cioè che i più ostinati conservatori sono in provincia.
Come si vede, quantunque da un pezzo il suono e facesse
parte dei mezzi fonetici del siciliano, quantunque l'ammirazione
per la letteratura italiana fosse vivissima nell'isola Un dal se-
colo XVI, e gli scrittori, i poeti principalmente, si sforzassero
a imitare con entusiasmo i modelli toscani (si veda in propo-
sito la cit. op. dell'Arezzo), tuttavia il eh oppose una valida
resistenza; ed io credo che questa dinicoltA a famigliarizzarsi
colle scrizioni ce ci, a a porre iu dissucMudino Wch, debba at-
tribuirsi alla coincidenza della grafia spagnuola che rende il
e con eh. Sicché, (luando il eh di fachi (facies), non si pro-
nunziava più con suono spirante, ma come un'esplosiva den-
MISCELLANEA 281
tale, si continuò a figurarlo col digramma eh, per amore al-
l'antico e per influenza dello spagnuolo, influenza che del re-
sto si osserva qua e là nelle scritture del secondo periodo del
vsic. anche per altri argomenti , come a dire il que per che,
Vel per lu o lo, Ven per in, Vy per j o i.
Né deve parerci strano che i siciliani dei sec. XVI e XVII
scrivessero chelu per pronunziare c'elu: basta riflettere che la
stessa meraviglia fa lo spagnuolo dell'italiano gn per n e del
gì per ì; poiché nessun sentore di g gutturale o palatale v'è
in ogni, figlio. E se, dietro l'esempio dei migliori scrittori no-
stri, si volesse abbandonare l'ortografìa empirica che ha la
lingua italiana pei suoni h e f, e si stabilisse d'adottare que-
sti segni suggeriti da una convenzione più ragionevole, molti
al certo si manterrebbero fedeli all'antica e tradizionale orto-
grafia italiana, e forse un secolo non basterebbe a vincere
l'ostinazione dei più riottosi.
Riassumendo, il digramma eh fu additato ai primi scrittori
di siciliano dall'ortografìa latina, che rendeva con eh V aspi-
rata gutturale. Povero però di elementi alfabetici, come tutte
le lingue letterarie bambine, il siciliano l' adoperò tanto per
hh {li non palati nizzato), quanto per *^ e *?i {U diversamente e
in vario grado palatinizzato).
Il segno dell'aspirata gutturale latina eh fu adottato pure
dal toscano, dal provenzale, dal francese, dal valacco e dallo
spagnuolo. In alcuni di questi idiomi ha oggi suono palatino;
in altri, gutturale; nel francese, palatino-sibilante. Se ne to-
gliamo il vecchio-francese, il vecchio-toscano e il vecchio si-
ciliano, pei quali ci sono argomenti che fan congetturare con
qualche fondamento la pronunzia aspirata del eh, nelle altre
vecchie lingue romanze esso rappresentava qui il /t, là il e;
ma nulla esclude che per nuove e più accurate indagini si
possa provare che anche in queste, come nel francese, toscano
e siciliano, esso rappresentava un suono aspirato.
La grande somiglianza ortografica del vecchio toscano e
del vecchio siciliano, specialmente pel eh = kh, e la sola di-
Arch. Stor. Sic, N. S. armo XV. 19
282 HISCELLANSA
vergenza per il ch = ^Ji, fanno inclinare a credere che il vfr.
dei conquistatori normanni, che assistevano ai primi esperi-
menti scritti del siciliano, influisse a suggerire l'adozione del
digramma latino ch^ il quale nella lingua d'oil avea pure suono
aspirato palatino, e ad usare dall'altro canto ce ci per z e z
dolce.
In seguito, per interno svolgimento fonetico, il ^ìi si modi-
ficò in bocca degl'isolani, alleggerendosi dell'aspirata e pala-
tinizzandosi del tutto, cosi come il Vi da fi fece ugualmente e,
e *'7i da ci pi ecc. volse a kj. Ma la scrittura , nella quale in
principio poteva giustificarsi 1' uso del eh per rappresentare
due suoni molto affini a causa della stessa aspirata diversa-
mente palatinizzata, restò immobile e come fossilizzata in mezzo
a un dialetto che si alterava in bocca di coloro che lo scrive-
vano. La stessa sorte toccò ai suoni II nd h per molto tempo
quantunque si dicesse, parlando, cavaddu, quannu, fighju , si
continuò a scrivere cavallo , quando , fìglo. L' equivoco durò
finché il siciliano fu adoperato come lingua letteraria in tutti
gli atti pubblici. Adottato poi l'italiano nella lingua ufficiale,
nei primi anni dei sec. XVII, fu messa in disuso, scrivendo in
dialetto, la vecchia ortografia, ormai troppo lontana dalla pro-
nunzia e rispondente ad una convenzione che avea la sua ra-
gione d'essere nelle condizioni arcaiche della fonetica siciliana;
e furon presi, spesso con qualche riguardo all'antico, i segni
toscani, rendendo così alla scrittura la giusta corrispondenza
coi suoni nuovi, secondo una convenzione più conforme all' or-
tografia della lingua nazionale.
Diciamo in fine ch'è cosa agevole il dimostrare le modi-
ficazioni sintattiche e il rinnovamento morfologico d'una lin-
gua, con lo studio degli antichi testi; ma è altrettanto diffi-
cile il costatare la fonetica ch'essa avea tre o quattro secoli
addietro. Sarebbe però contrario ad ogni principio di critica
l'araraettere le evoluzioni lessicali e di costruzione, e condan-
nare i suoni all'immobilità.
Noto, marzo 1890.
Corrado Avolio.
LE IMPRESE ANGIOINE IN SICILIA
NEGLI ANNI 1338-1341,
Durante il lungo regno di Roberto d'Angiò (1309-1343), la
guerra contro la Sicilia segui quasi sempre con un continuo
avvicendarsi di incursioni a volte inutili e a volte dannose, e
di trattative inefficaci e spesso anche strane. Di una parte di
questo periodo, sino alla morte di Federico II aragonese (1337),
si occupò con amore e con pazienza singolarmente lodevoli
il compianto Stefano Vittorio Bozzo, così immaturamente ra-
pito agli studi (1); ma a lui faceva difetto la conoscenza degli
archivii estranei alla Sicilia, e specialmente di quello di Na-
poli ricchissimo, per il quale si giovò di alcune notizie, non
sempre esatte, del Minieri-Riccio (2). Il periodo che seguì alla
(1) Note storiche siciliane del sec. XIV.
(2) Camillo Minieri-Riccio fu uomo certamente benemerito degli
studi della storia napoletana ; ma la sua grandissima operosità non fu
pari all' ingegno e alla coltura , che a mio giudizio ebbe assai scarsa.
Pubblicò molti lavori, fra i quali più utili per gli studiosi quelli sui Fa-
scicoli e sui registri angioini, sulV Itinerario di Carlo I, sui Grandi Uf-
ficiali del Regno di Sicilia ecc. ìiìqW Archivio St. Nap. si stampò, in gran
parte dopo la sua morte , una Genealogia di Carlo II, che io più pro-
priamente chiamerei Cronologia, e che comprende anche una serie di no-
tizie sul Regno di Roberto. In tutti questi lavori l' autore si giovava
tanto dei registri angioini esistenti, quanto dei perduti, per ciò che restò
nei cataloghi di Carlo De Lellis. Non parlando dei primi lavori, dove la ma-
teria abbondante e pregevolissima è distribuita sovente senza ordine e
senza criterio, nell'ultimo, che potrebbe essere di molto giovamento, e
che io giudico migliore dei precedenti, sono errori e anacronismi, qual-
che volta assai gravi. Così, per citare un esempio che riguarda il pe-
284 HISCELLANILA.
morte di Federico non è meno importante del precedente , e
sopratutto perchè le discordie intestine si faceano peggiori; le
gelosie e gli odii reciproci dei magnati più accaniti, e il mo-
narca, di tanto inferiore al padre, mostravasi inetto a reggere
il timone dello Stato nelle frequenti burrasche dei tempi suoi.
Alla morte di Federico, Nicolò Speciale scrivea, quasi pre-
sago dei futuri disastri : « Cantate il cantico delle tenebre, che
i giorni della mestizia, dei lamenti, delle amarezze, dei dolori
dei Siciliani si appressano. Ecco è infranto lo scudo della vostra
difesa; ecco abbandonata alla tempesta la navicella che non ha più
il suo nocchiere; ecco il vostro sole ecclissato e la terra vostra
coperta dalla caligine delle tenebre.» E i giorni che seguirono
furon tristi davvero, in gran parte per colpa dello stesso Fe-
derico.
Certo non fti sua colpa se lasciò il paese nella miseria dopo
una guerra di quaranta anni , se il figlio fu tanto a lui infe-
riore per virtù politiche e militari ; ma fu sua colpa V accre-
scersi estraordinario della potenza baronale; le gelosie e le
riodo di cui è argomento lo scritto presente , il Minieri mette nel 1323
un documento in cui si parla della morte di Guglielmo fratello di Pie-
tro Il (fase. Ili, an. VII, p. 484), della occupazione di Collesano, Gratteri ecc.
per opera di Carlo d'Artois, mentre quei fatti seguirono nel 1338, e il doc.
é del 18 maggio 1338. Altrove, scambiando la indizione per l'anno, in un
doc. di uno dei fascicoli angioini , mette al 1312 la elezione di Giacomo
d'Aragona a vessillifero della Chiesa (fase. II , an. VII , p. 227) , mentre
il fatto e il doc. si riferiscono al 1299. L'essere corsi questi ed altri er-
rori 008^ madornali , senza una parola di chiarimento , dimostrano che
l'egregio prof. De niasiis non mise occhio su quella pubblicazione. A pa-
recchi errori di cronologia, e quindi a parecchi erronei giudizii, il Bozzo
fb indotto da notizie inesatte attinte al Minieri, il quale avrebbe dovuto
adoperare una critica più sagace , conoscendo il modo onde sono ordi-
nati por vizio antico i documenti dell'arch. angioino: critica che adope-
rano egregiamente il Capasso, il De Blasiis, il Del Giudice, il Barone, il
Faraglia, il Dino ed altri valentuomini, che per ragiono d'ulllcio o di stu-
dio lavorano sa quei documenti , e alla maggior parte dei quali rendo
pobbliche grazie delle agevolezze datomi nelle mie ricerche.
MISCELLANEA 285
lotte civili che negli ultimi anni del suo regno eransi manife-
state asprissime e che turbarono la Sicilia sotto il regno di
Pietro II, quando la questione angioina non era ancora risolta
e il continuarsi nella guerra non trovava più quella concordia
degli animi che alle tristi condizioni dei tempi sarebbe stata
indispensabile.
A queste interne discordie si legano gli avvenimenti della
guerra angioina in Sicilia, e singolarmente degli anni che cor-
sero dal 1338 al 1341, che con lo scritto presente mi propongo
d'illustrare, sulla scorta di documenti inediti e, per quanto io
ne sappia, sconosciuti. E poiché non è possibile di avere chiara
intelligenza di questi fatti senza un ricordo sommario di alcu-
ne vicende principalissime che aveano contristato gli ultimi anni
di Federico, cercherò, rifacendomi alquanto indietro, di ripi-
gliare rapidamente le fila che mi gioveranno a tessere il
racconto.
U.
Allorché Lodovico il Bavaro imperatore nella sua calata
in Italia del 1327 s' era fermato a Pisa , avea visto venirgli
innanzi e offrirgli i suoi servizii, senza che alcun obbligo feu-
dale ve lo stringesse, il siciliano Giovanni Ghiaramonte, Gonte
di Modica (l). Per intenderne la cagione occorre ricordare al-
cuni precedenti. Francesco Ventimiglia, Gonte di Geraci, avea
ripudiata la moglie Gostanza, sorella del Ghiaramonte, per spo-
sare una Margherita Gonsolo, zia dell'altra omonima moglie di
Federico d' Antiochia e alla quale era forse prima legato da
illecita tresca. Il Pontefice Giovanni XXII, che il Ventimiglia
avea conosciuto personalmente quando era andato ambascia-
(1) V. la bolla di scomunica contro il Ghiaramonte , pubblicata dal
Bozzo. Arch. SL Sic. N. S. a. III. p. 130. Della presenza di lui nelle file
del Bavaro a Pisa é cenno nei doc. dell' Arch. fior. Reg. Litter. I.
f. iZ e 14.
286 mSCELLAKEA
dorè del suo re in Avignone , consentì al divorzio e al legit-
timare dei figliuoli avuti dalla druda, ignorando forse che costei
fosse sposa di altro uomo. Fra le due famiglie dei Chiaramonte
e dei Ventimiglia divampò odio flerissimo , ma non trascese
pel momento ad atti di violenza. 11 Chiaramonte lasciava la
Sicilia e cercava di afforzarsi dell' appoggio imperiale , matu-
rando più tarda, ma più feroce vendetta. Lodovico, sul punto
di stringere allora alleanza con la Sicilia, per combattere i
Guelfi d' Italia e Roberto che ne era il capo , si giovava di
quella fortunata occasione, e il Chiaramonte era adoperato, se-
gnalandosi per valore e per prudenza singolarissime.
La fine dell'impresa del Bavaro è nota abbastanza, né oc-
corre che io la ricordi. 11 Chiaramonte allora fé' ritorno in
Palermo con una masnada di Tedeschi assoldati, e Federico
tentò di riconciliarlo col cognato , ma indarno , che anzi in-
contratisi un giorno per le vie di Palermo , si azzuffarono e
il Ventimiglia, cui toccò la peggio, presentossi pallido e san-
guinante al monarca chiedendogli soddisfazione della nuova
offesa. Citato a comparire innanzi alla Gran Corte, il Chiara-
monte disubbidiva e ritiravasi nelle terre sue; condannalo in
contumacia al bando, armavasi a difesa, e già pareva immi-
nente la guerra civile , allorché cedendo a più miti consigli ,
che gli venivano persino dalla regina, partivasi per ritornare
al Bavaro, il quale da Spira aveagli scritto manifestandogli il
disegno di ritornare in Italia (1). Il superbo imperatore di-
chiarò che dovesse andare a lui chiunque avesse a querelarsi del
Chiaramonte, del quale , come principe dell' Impero ( avea ri-
cevute parecchie investiture, tra le quali di Marsico, di Trica-
rico , di San Severino nel regno di Roberto ) spettava a lui
solo di giudicare. Poi lo designò come procuratore del suo se-
condogenito Stefano per isposare e condurre in Germania Isa-
bella , figliuola di Federico ; ma questi ricusò di riconoscerlo
(1) Per tali fatti Cfr. Sfrcialb VII! , 6 ; e Anon, 102, che riporta la
lettera dello Imperatore al Ghiaratnonto.
MISCELLANILA. 287
come procuratore del futuro genero e gli vietò di rimetter
piede in Sicilia. Scornato, tornò al Bavaro; poi andò allo Sca-
ligero , ma tardandogli di vendicarsi a ogni modo del Venti-
miglia e del re che lo proteggeva, recavasi a Roberto offren-
dogli i suoi servigli, non arrestandosi neppure davanti all'idea
di apparire traditore della patria. Avea confermata dall' An-
gioino la contea di Modica; otteneva il titolo di vicario gene-
rale in Sicilia, la rendita di mille onze all' anno e la signoria
delle prime terre che avesse conquistate , purché non fossero
Messina, Palermo o le città di regio demanio, e Analmente la
facoltà di appropriarsi i possessi del Ventimiglia , se non si
sottoponesse anch' egli a Roberto (1). Comandò la spedizione
angioina contro la Sicilia insieme a Ruggiero di Sangineto ,
ma fu impresa poco notevole e che si limitò aUe consuete de-
predazioni. Tornato a Napoli , trovò in collera Roberto e per
la riuscita dell'impresa e per la notizia corsa che quattordici
galee aragonesi sotto D. Raimondo Peralta avessero aiutata la
Sicilia, e forse sospettato di tradimento , tornava al Bavaro e
poco dopo allo Scaligero.
Alla morte di Federico però mutava a un tratto la scena.
Il Ghiaramonte era stato compagno di fanciullezza di Pietro II;
la regina madre Eleonora era stata per lui protettrice anche
nei giorni più tristi, e i Palizzi, che alla corte di Pietro loca-
vansi al di sopra di tutti, erano dalla sua parte; onde un regio
diploma del 30 dicembre 1337 , lo dichiarava assolto da ogni
colpa e lo rimetteva in possesso dei beni , comunque avesse
militato ai servigi del nemico (2). Al vedere la nuova fortuna
del rivale, il Ventimiglia si ritraeva nelle sue terre, e l'esem-
pio seguivano i signori della famiglia Antiochia, che sempre
a lui erano stati aderenti. Chiamato il Ventimiglia al Parlamento
(1) Doc. dell' Arch. ang. Reg. N. 309 f. 38, pubblicato dal Testa, De
Vita Frid. N. LIV e dal Bozzo N. XXXIII.
(2) « absolvimus eumdem coraitem Joannem non fuisse pro-
ditorem regium, nec commississecrimen prefatum, quautumcumque cum
hostibus se adheserit » Il doc. é riportato da Michele da Piazza I. e.
288 MISCELLANEA
che dovea adunarsi in Catania, si apprestava ad andarvi, ma
avuto avviso di trame che si ordivano contro di lui, ristette a
Motta S.a Anastasia , e tornò in Geraci. Scriveva al re pale-
sando i sospetti e gli avvertimenti ricevuti e ne avea risposta
rassicurante; ma non si mosse per questo, onde crebbe la regia
collera, nella quale i Palizzi abilmente soffiavano.
Finalmente si decise a mandare in sua vece il figlio Fran-
ceschello; ma questi, non ostante la età innocente, veniva trat-
to prigione, e la sua gente torturata perchè palesasse le ri-
poste cagioni della contumacia del conte. Non resistendo ai
tormenti, un Ribaldo Rosso, segretario e maggiordomo, parlò
di ribellione del Ventimiglia e degli Antiochia, e di secreti
rapporti che fra essi e Roberto d'Angiò eransi stabihti. (1) Il
Ventimiglia al colmo dell'ira e del dolore rompeva ad aperta
ribellione, e lui imitavano gli Antiochia, onde in breve ora
ventitre fra città e castelli si sollevavano, mentre Pietro si ri-
duceva in Nicosia , prossima ai luoghi che eran teatro della
guerra civile. Pubblicavansi in quelle città le sentenze per cui
il Ventimiglia era condannato a morte e gli Antiochia dichia-
rati traditori, ribelli e privati del diritto di successione, riser-
bando all'arbitrio del re il disporre della loro vita. In queste
sentenze, oltre al delitto evidente di ribellione, era notato l'al-
tro dell'accordo con gli Angioini nemici , anzi in quella degli
Antiochia era detto che avessero accettato concessioni e pri-
vilegii da Roberto e che gli avessero prestato omaggio (2). Si
trovavano dunque a cosi breve distanza nelle condizioni stesse
in cui s' era trovato poco avanti il Chiaramonte. Pietro II si
sfogava col Bavaro, a cui scriveva i particolari di questi tra-
ci) Cfr. Michele da Piazza I. 5. Anon 1», 102. Anon 2°, 2. Villani, XI. 70
Chiamo anonimo 2° quello in volgare stampato per la prima volta dal
Orboorjo, Bib. Scriplh. aragon. II. 274, da un Cud. della fiib. Settimiana
di Palermo.
(2) V. Le due sentenze riportate da M. da Piazza VI e Vili , date lu
•tetto giorno (30 dicembre) di quella di remissione del Chiaramonte.
MISCELLANEA 289
dimenti dei Ventimigiia e degli Antiochia (1); ma tacendo delle
vere cause della discordia, narrava come alla morte del re Fe-
derico, il Ventimigiia avesse ricusato pria con frivoli pretesti
di prestargli il debito omaggio, comunque insistentemente chia-
mato; che frattanto munisse i suoi castelli, tenesse di e notte
secreti convegni , avendo seco i legati dei regii nemici an-
gioini. Tuttavia, non sperando da costoro prossimi aiuti, dice-
va di essersi indotto finalmente a fargli omaggio con la bocca
e con le mani, non con l'animo, sperando di ingannare la sua
buona fede: egli frattanto si adoperava a fermare tra figli e
nipoti dei magnati discordi alcuni maritaggi per comporre tra
essi la pace; ma il Ventimigiia cercava di porre ostacoli all'at-
tuarsi di quelle buone disposizioni. Della sua perfidia, soggiun-
geva, ebbe complice Federico di Antiochia, del quale il re faceva
a suo modo una breve biografia. Lo diceva nato da padre illu-
stre, ma povero e dal re Federico altamente arricchito e ono-
rato al di sopra dei suoi meriti, che parimente da lui era stato
tenuto in alta considerazione, ma che nondimeno aderiva ai
suoi nemici. Tornando a narrare del Ventimigiia, parlava del-
l'arresto del Franceschello e delle confessioni del Rosso, che
diceva spontanee e precise, avendo rivelate circostanze , luo-
ghi, tempi, modi, carteggio, giuramenti, relativi agli accordi
(1) Qaesta lettera esiste nel cod. della Bib. Vallicelliana, D. 39, f. 187,
ma é incompleta. L'amanuense si proponeva di trascriverne il resto per-
ché tra la tine di questa e il principio del documento seguente e lasciato
molto spazio vuoto. Questo Codice ha un frontespizio della fine del secolo
passato o dei principii del presente che dice così : Cassiodori epistolae
variae in Xlllibros distributae, ecc.— Petri Regis Siciliae ad diversos.—Co-
deoo XY saeculi.— Quanto all'età, io lo giudicherei piuttosto della fine del
XIV secolo, anziché del principio del XV; quanto alle lettere di Pietro re
di Sicilia, dirò che i documenti che seguono alle epistole di Cassiodoro
sono siciliani, ma non tutti son di Pietro II e dei suoi tempi. Di questi
mi occuperò in altra occasione. Questa lettera é simile pel contenuto a
quella diretta alle città siciliane e dimostra ancora dippiù come i rapporti
tra la Sicilia e l'Impero germanico si serbassero costanti. Io la pubblico
noU'app. N. L
290 MISOELLAKEA
con gli Anjou. Soggiungeva dell'insorgere in armi del Venti-
miglia e del reagire di lui, e delle sue prime vittorie ripor-
tate su parecchie città, ed altro soggiungeva certamente, ma il
documento é incompleto nel codice da cui lo trascrivo.
III.
Nella guerra che era a sostenere contro i ribelli, il popolo
seguiva volentieri il monarca, e giungevano le forze da parec-
chi comuni, il cui zelo era eccitato dalle notizie di un'alleanza
segreta fra i ribelli e gli Anjou. Quando il re, domate parec-
chie città insorte, si appressava a Geraci, il Conte non sicuro
dei suoi, che agli evviva al re già tentennavano, spronò il ca-
vallo per fuggire e precipitò in un profondo burrone, ove fu
trovato cadavere e orribilmente squartato dai suoi nemici (1).
I fatti svoltisi in seguito ; i favori goduti dagh Antiochia a
Corte di Roberto , giustificano i sospetti, che contro di loro
si concepirono allora, e pare che quel messinese Campolo,
vescovo di Cefalù, che si fé' al Ventimiglia istigatore di resi-
stenza, sia stato un emissario angioino o pontificio ; però né
le voci corse, né la espressa dichiarazione delle due sentenze
farebbero prova sicura, come quelle che venivano dettate dal-
l'odio di parte, e poteva anche la calunnia rivestirsi delle for-
me severe d'una regia sentenza.
Alla Corte angioina la nuova di tali discordie siciliane era
accolta con gioia , e con gioia erano accolti gli esuli siciliani
e grandi e piccoli, che venivano poveri e raminghi, ma che
portavano speranze e promesse gradite a Roberto. A Federico
d'Antiochia che giungea quasi nudo, (2) era dato il maggior
(1) « . . . .scissas (le membro in membnim sicut vitnlus in macello »
M. DA Piazza I. 9. Cfv. pure Anon 1». L. e.
(2) Noll'arch. angioino sono parecchi dociunonti clie riguardano Fede-
rico d'Anti<x;hia, <mI altri ve n(j orano nei registri poi-duti. hi uno del
reg. 1338-39. E. f. 58. ó dotto Maresciallo del Regno: in uno a 1'. 150 t.
MISOBLLANBA 2U1
Giustizierato nell'isola di Sicilia, ed era eletto Maresciallo del
Regno angioino con la provisione di trecento onze all' anno :
poi capitano di Aversa e regio consigliere; poi giustiziere dello
Abruzzo ulteriore.
Gli esuli siciliani furono adoperati subito per la nuova in-
cursione, la quale fu affrettata per mettere a profitto le discor-
die che si erano manifestate in Sicilia (1). Ebbe il comando
Carlo d'Artois, figliuolo naturale di Roberto, e lo seguirono
Federico d'Antiochia e Alduino figlio del Conte Ventimiglia.
Prendevano Collesano dopo gagliarda resistenza, Gratteri per
opera del Ventimiglia, e poi Brucato e Monte S. Angelo. Po-
neano quindi a Termini un assedio, virilmente sostenuto per due
mesi e nove giorni, dopo i quali, mancati gli aiuti del re Pie-
tro II, la città si arrendeva, salva a tutti la vita e libera l'u-
scita (2).
dello stesso reg. Capitano di Aversa e Regio Consigliere. In due a f, 161
e 179. Giustiziere di Abruzzo ultra: Uno del reg. N. 348, f. 6, t. parla
della moglie di lui Margherita d'Ascoli, dalla quale ebbe sei figli, meno
uno (Petracco) femine tutte. Più notevole é però un doc. del citato reg.
1338-39. E. por il quale si pagano 300 onze « nobili atque egregio Fr©-
derico de Antiochia, Capicii Gomiti qui a Siciliae insula prò fldei nostre
amore cum uxore et familia, quam patria elegerat, exulat destitutus om-
nibus bonis, et inde quasi nudus egressus, quem constituimus Maiorem
lustitiarium in Insula nostra Siciliae et Marescallum citra Farum prò
solutione eius. an. provisio...»
V. MiNiERi-Riccio. SL storici sopra 62 registri: Il reg. 1338-39 E e fra
i perduti.
(1) Lo dice chiaramente lo stesso Roberto, rallegrandosi della conver-
sione di alcuni feudatarii «...De presenti Insula Sicula belli intestini com-
mocione vacillet, ex quibus Comites et Barones nonnulli... » Reg. ang.
N. 311 f. 14. V. doc. N. II.
(2) Questi fatti narrano I'Anon. 1°, 106; Anon. 2°, 4, 5, 6; M. da Piaz-
za, I, 15, 16. e lo stesso re Pietro in una epistola a Lodovico Imp. {Cod.
Valliceli. D. 39, f. 190J. In questa Pietro chiama Robarto: «Gommunisho-
stis cuius animus nec senio frangitur nec quiescit ab odiis.» Questa let-
tera fu pubblicata da Ficher. Urkunden zur Geschivhte cles Roemerzuges
Kaiser Ludwig des Baiern ecc. p. 168. I particolari della resistenza di
292 MISCKLLAKEÀ
E Roberto esultava e voleva che tutti i sudditi esultassero
con lui, uou solo della occupazione delle terre siciliane , ma
anche della morte di Guglielmo fratello del re Pietro 11 , se-
guita agli 11 di maggio (1). Nondimeno la resistenza contro i ne-
mici angioini, ritardata per le intestine discordie e per l'opera
letale dei Palizzi, fu ripresa gagiiai\lamente, onde in breve l'i-
sola ridivenne libera da ogni occupazione (2).
Nella lunga guerra che segui al Vespro Siciliano, vediamo
ad ogni fatto d'arme alternarsi una trattativa inutile di accordo.
E giusto allora , una di queste fu iniziata , che i cronisti si-
ciliani dicono introdotta da Roberto (3), ma che altre fonti e
documenti mostrano domandata da Pietro li. Il La Lumia con-
fessando questa umiliazione, se ne sdegna, come di vergogna
cui la Sicilia non avrebbe dovuto sottoporsi, e la attribuisce
ai consigli dei Palizzi invidiosi della gloria che gli altri baroni
acquistavano sui campi (4); ma in realtà, se la forma può pa-
rere umiliante, la sostanza in nulla differisce dalle trattative e
dalle offerte fatte altre volte durante quella lunga guerra.
A Nicolò Loria e ad Andrea Joffo commetteva Pietro II di
offrire al Pontefice il suo omaggio feudale per l'isola, e il censo
corrispondente , che Bonifazio Vili nella ratifica del patto
Tennini Pietro II scriveva al Papa per la lettera che trovasi nello stesso
Cod. Valliceli, e che pubblico fra i documenti N. IV.
(1) Partecipava con sua circolare la occupazione dei castelli di Bru-
cato, Gollesano e Gratteri e soggiungeva: « Dominus Guillehnus Irater do-
mini l'etri de Aragonia, heri luerunt dies octo obiit de quibus successi-
bus laetentur omnes» Archivio ang. Arcfie, 1338, 18 maggio. La morte.
di Guglielmo fu da Pietro II annunziata ai grandi del Regno per la let-
tera che pubblico fra i doc. N. Ili, dal cod. citato.
(2) Forse al breve periodo che segui a tali riconquiste dei Siciliani
deve riferirsi la breve lettera di Pietro li a Ludovico il Havaro , nella
quale lo assicura del benessere del suo regno: « Scitote...... quod cuncta
bona procedunt. prospore vivimus et felicitei' gubernamur.» Cod, Valli-
celi, cit. f. 11)3. Pubblicata dal Fikar l. e.
(3) Anon l", 107 Anon 2'. 10.
(4) Là Lumia, MaUeo Palizzi, cap. U.
MISCELLANEA 293
di Caltabellotta avea preteso e che di fatto più d'una volta era
stato pagato (1). Chiedeva altresì il re siciliano a quel d'Ara-
gona d'interporsi anch'egli, onde questi mandava in Avignone
il figliuolo Raimondo (2), mentre la regina madre Eleonora
spediva i due frati Guido di Santa del Convento di Catania e
Matteo di Marsala di quello di Noto per lo stesso oggetto (3).
Ma fu anche questa una missione fallita , poiché il Papa re-
spinse le proposte, che i suoi predecessori aveano tante volte
respinto, e si giovò della occasione per dar fuori una di quel-
le bolle che ripestavano 1' affare dei patti violati con tutto il
resto, che dimostrava a suo modo la legittimità degli Anjou e
la ribellione dei Siciliani e degli Aragonesi ecc., e proclamava
i sudditi di questi sciolti dall'obligo di ubbidienza ai loro re,
e la corona devoluta a Roberto per dritto antico e per volon-
tà attuale di lui (4). Nel tempo stesso scrivea a Roberto inci-
tandolo alla guerra e promettendo indulgenze a coloro che
pigliassero le armi in suo favore; né dimenticava il re d'Ara-
gona e i Veneziani; intimando al primo, pena la scomunica, di
non favorire Pietro II, pregando i secondi, allora in discordia
con l'Angioino, di non distrarre Roberto con altre preoccupa-
zioni (5). Finalmente nominava legati in Sicilia il Patriarca di
Costantinopoli e il vescovo di Besanzone per voltare gli animi
dei Siciliani alla causa di Roberto (6).
Su tre galee venivano quei legati a Messina; ma il popolo,
che vide sventolare sulle antenne le insegne angioine , trasse
al lido e colle armi e col lanciare dei sassi impedì che scendes-
(1) Diploma di Pietro II riportato dai Rai/nald, 1338. Nell'Archivio se-
creto Vaticano ho viste nei registri di Giovanni XXII parecchie quietanze
per pagamenti fatti da Federico.
(2) SuRiTA VII, 44.
(3) Ivi.
(4) Bolla in Raynald 1. e. La lettera papale é diretta ai Palermitani, ai
Messinesi ed agli Agrigentini.
(5) Raynald 1. e.
^6) Anon 1»^ 107 Anon 2\ 10,
294 MISCELLANEA
sero a terra, e re Pietro II scriveva allora al Papa narrando-
gli i fatti recenti della guerra e giustificandosi per il fatto dei
legati seguito a Messina (1). Costoro però, mentre non erano
ancora pei Siciliani ricuperate Brucato, CoUesano e Gratteri,
voleano che immantinenti si sospendesse la guerra. Non ubbidi-
ti, ne andarono a Terracina , invitando re Pietro a mandare
suoi nunzii per dare conto della accoglienza dei Messinesi ; ma
poiché costoro (furono Berengario Sordo e Bartolomeo Nini)
ritardarono per venti contrarli, fulminarono l'interdetto alla Si-
cilia (2). Inasprito il Papa, anche contro il re d' Aragona, ne-
gavagli la proroga richiesta per 1' omaggio della Sardegna e
della Corsica , e in onta al re di Sicilia, negava di concedere
la dispensa pel matrimonio tra l'Infante Raimondo e una figliuola
di Pietro II (3).
IV.
Nel giugno dell'anno 1339, Roberto, seguendo gl'incitamenti
del Papa e quelli di Federico d'Antiochia, armava venticinque
galee, le quali sotto il comando di Goff'redo da Marzano conte
di Squillaci, di Federico e di Francesco d'Antiochia , vennero
ad aggredire l'isola di Lipari. Saputasi la notizia in Palermo,
si allestirono quindici galee e sei legni sottili, che mettevano
insieme Palermo, Messina e Trapani, e si requisivano pei tra-
sporti alcune navi mercantili dei Genovesi e dei Catalani (4).
Della flotta era eletto comandante Giovanni Ghiaramonte , ma
(1) V. il doc. N. IV, in fine.
(2) I/Anonimo 2", narra che gli ambasciadori papali < videndn chi non
erano stati riceputi in la ripa di lu portu gittaru certi littri papali, per
li qaali l'Insula iteram fti interdicta. » La bolla ò del 7 aprile 1339.
(3) SuRiTA VII, 43.
(4) V. l due Anon. 1. e. e Surita VII, 49, M. »a Piazza tace del tutto
dei fatti di Lipari. Il Boccaccio, De Claris Mulierìbus, cap. Camiola, esa-
gera rentusiasmo dei Siciliani per questa guerra, ma questo ora pur troppo
•bollito.
mSOELLAllEA 295
più con la missione di vettovagliare l'isola, anziché con quella
di combattere il nemico. Toccata Vulcano, si appressò al tea-
tro delle gesta angioine, avendo con lui l'Infante Giovanni, ul-
timo dei fratelli del re, Miliado e Orlando Agli naturali, il pri-
mo di re Pietro e l'altro di Federico. Vi erano altresì, i fra-
telli Nino, Andrea e Giovanni Tagliavia, dei quali il secondo
Vice-Ammiraglio delle galee palermitane, e Iacopo Muscaro pro-
tontino (1). Il re tentennava. Non avea saputo risolversi a
dare ordini precisi, quando erasi saputo in Sicilia che la mira
degli Angioini fosse Lipari. Prima s' era lasciato persuadere
da coloro che opinavano doversi vettovagliare bene l'isola e
fortificarla in guisa da renderla idonea a difendersi, o almeno
a sostenere un lungo assedio; poi avea piegato verso gli altri,
i quali giudicavano fosse megl io d'affrontare risolutamente sul
mare le forze nemiche (2). Oltre ai consueti armamenti e agli
aiuti chiesti all'Aragona, chiedeva una flotta ai Genovesi ghi-
bellini, rammentando loro l'antica amicizia e i favori altra volta
loro concessi, la tirannide che il comune nemico, Roberto, sulla
loro repubblica avea tentato di imporre e i patti di alleanza con
la Sicilia precedentemente fermati; e, rappresentando le tristi
condizioni in cui l' isola, per la presente invasione angioina,
versava, descrivea, a non scoraggiarli, lo sfacelo delle schiere
nemiche per la moria che in esse serpeggiava, per le scon-
fìtte che aveano sofferte e per le continue diserzioni, e li invi-
tava a spedire una flotta verso i primi del settembre di quel
l'anno, nel tempo stesso in cui altri aiuti aragonesi sarebbero
giunti. Questo ci attesta il documento che pubblico in fine, (3)
non pare però che la ligure repubblica abbia appagati i desi-
derii del monarca siciliano.
CI) Anon. 1°. 108.
(2) Tutto questo risulta dalla lettera apologetica di Pietro II, indiriz-
zata alle città di Sicilia dopo la battaglia. È riportata dall' Anonimo !•>,
loc. cit.
(3) V. doc. N. V,
296 HISCELLAIOÌÀ
Giunte le navi siciliane, non videro il nemico, che con astuzia
guerresca s'era concentrato e quasi nascosto a un' estremità
della baia, ma videro le insegne patrie sventolare sulle torri.
Scesi gli uomini a terra deposero le vettovaglie, ma i Liparoti
dicevano di non aver bisogno di viveri né di armi ; ma si
che fosse tolto l'assedio.
Dal documento che pubblico sotto il N. VI si rileva che gli
assediati avessero già patteggiata la resa e che la avessero
promessa, se sino al 18 del novembre non avessero ricevuti i
soccorsi: ciò che vien confermato dalla risposta data al Chia-
ramonte che offriva le vettovaglie (1). In ogni modo, la battaglia
fu combattuta a' 17 di novembre. La squadra angioina prese
prima il largo, e poi con abile mossa chiuse in mezzo la Si-
ciliana, che fu battuta (2). Delle navi, meno otto, che favorite
dai marosi furono separate dalle altre e poterono salvarsi, le
altre caddero in potere dei nemici. Lipari allora si arrese e i
patti, prestabiliti coi capitani dell'oste angioina, furono mandati
a Napoli per avere la sanzione del Re.
Il documento succennato porta le condizioni seguenti poste
dai Liparoti, accettate dai capitani di Roberto (il Marzano e i
due Antiochia), e le provvisioni date dal monarca. Furono dun-
que i patti: Che Lipari si rendesse, salva la vita e gli averi
a tutti gli abitanti e con indennizzo al doppio del valore per
le cose che a cagion della guerra andassero perdute; perdono
generale per gli omicidii commessi; licenza di prender tavole,
carbone e travi dai boschi di Squillaci e promessa di avere qua-
ranta murifabri e venti falegnami a spese di Roberto per ri-
fabbricare le case distrutte; promessa di pagarsi dalla teso-
reria angioina 270 gigliati per riparazione delle case crollanti;
donativo da farsi da Roberto di una salma di grano a persona
(1) € ....... qaod si dictum snccnrsum statim non haberent, darent se
hostibus ipsis.» Anon 1% 1. e.
(2) La descriziuno di qnesta battaglia navale fatta dell' Anonimo i", è
^oaii conforme a quella vivacissima del Buccaccio 1. e,
MISCELLANEA 297
infra un anno; esclusi dal computo i poppanti; che i beni della
chiesa di Lipari si convertissero giusta la consuetudine per ri-
parare le mura della città e della Chiesa, tolto il necessario al
bisogno dei frati; che gli isolani non fossero tenuti a dare gra-
tuitamente alloggio 0 vitto al presidio che Roberto avesse vo-
luto tenere nell'isola; che fossero confermati gli strumenti pub-
blici rogati sotto la dominazione aragonese e confermati i notai
allora viventi; che tutti i privilegii fossero confermati ; che tósse
lecito di portare armi; che gli appelli per le cause eccedenti il
valore di dieci once si portassero al capitano di Calabria e non
a quello di Napoli, essendo il primo più vicino; che fosse per-
messo a un Pietro Formica e ai suoi di recarsi in Sicilia infra
il quindici di novembre; e che Analmente coloro i quali voles-
sero andare ai capitani dell'oste potessero portare i loro beni
mobili (1).
Nelle sue provvisioni Roberto fece alcune riserve, special-
mente per ciò che riguardava spese, o per cui occorreva il
consenso della Chiesa ; ma avea la scaltrezza di nulla negare
apertamente, e laddove i bisogni reali del suo erario o l'ava-
rizia, di cui lo accusavano i contemporanei, gli vietarono un
esplicito assentimento , trovò una frase vaga e indeterminata
che potesse tenere, come difatti tenne, lungamente sospese le
analoghe risoluzioni. Per i Liparoti le condizioni erano tutt'al-
tro che umilianti: possiamo anzi giudicarle vantaggiose, e ta-
luna, come quella che riguardava la distribuzione del grano
ai cittadini, ha quasi carattere di premio per la sottomissione.
I capitani angioini erano stati larghissimi nel promettere, spe-
(1) Questo documento che io trascrissi dall' Arc/i. angioino, Reg. N. 347
f. 55, é compreso in un diploma di Giovanna I, la quale a' 25 maggio 1345
confermava i patti coi Liparoti e le provvisioni di Roberto , riportando
testualmente gli uni e le altre. Ho veduto dopo che il Minieri-Riccio lo
avea pubblicato in gran parte {Are. St. nap. a Vili, fase. I, p, 217, nota 3»;)
ma la edizione é scorrettissima, tanto da svisare in alcun luogo il senso.
Lo pubblico intero, e mi auguro, con migliore lezione — V. nei docu-
menti N. VI.
4rch, Stor. Sic. N. S. anuo XV, 30
298 MISCELLANEA
rando forse di attirare coli' esempio le altre città di Sicilia, e
Roberto, non contraddicendo a quelle promesse, lasciava aperti
gli animi a desiderii, a speranze che mai furono appagati.
Gli uomini che non si salvarono sulle otto navi che po-
terono scampare, o che non perirono nel combattimento , fu-
rono tratti prigionieri, riscattati più tardi in parte, quali dal
re, quali dalle città, e fra questi Nino, Andrea e Giovanni Ta-
gliavia e Giovanni Pulcaro palermitani, ad opera di Palermo,
la quale stremata di mezzi, chiese, e giova credere abbia ot-
tenuto da Pietro II la consegna di alcuni prigionieri angioini
per trattare direttamente il cambio coi nemici (1). Si narrò
che il riscatto negato da Pietro per Orlando, alla cui intempe-
ranza attribuiva la sconfitta, fosse pagato da una vedova Ca-
miola Turingia, nobile senese dimorante a Messina, che one-
stamente lo amava e che poi fu ricambiata di ingratitudine e
di abbandono (2).
Pietro II scrivea scagionandosi del triste successo e confes-
sando che all'impresa sconsigliata era stato costretto da insi-
stenti premure (3). A Roberto non mancarono le congratula-
zioni del Papa a cui la piccola vittoria di Lipari parve presagio
di maggiori trionfi (4). E passò poco meno di un anno in certa
quiete che fu preludio a maggiore impresa. Ai lontani incita-
menti del Papa, il monarca angioino sentiva unirsi i più vicini
di Federico d'Antiochia, il quale sull'argomento teneva con lui
frequenti colloquii. Diceva che i Siciliani non erano poi gli in-
vincibili che si credeva, e il fatto di Lipari lo avea dimostrato:
trovarsi già stanca per tante cagioni la Sicilia: doversi dunque
procedere a nuova impresa che egli consigliava dovesse co-
(1) V. il documento VII in fine.
(2) Boccaccio l. e. Il Maurolico. Rer. Sic. comp. lib. V. riforito que-
sto fatto, soggiunge : «Hoc Boccacius in libro de illustribus uiulieribus
scribit. CaiuB faeminao cadaver, marmoreo sepulchro tumulatum Mes-
Muae in aedo Divi Francisci nos saepe vidimus. »
(3) V. la lettera regia citata. ylNON 1° 108.
(4) Raynalu 1330.— Ut lettera pontifìcia ò del 2 dicembre,
MISCELLANEA 299
minciare da Milazzo , caduta la quale, diceva , sarebbe caduta
anche Messina che dal piano di Milazzo trae ogni vivere ; e
per rendere più valido il suo argomento , adoperava anche il
sofisma e il bisticcio, efficacissimi nell'animo del re filosofo, cui
diceva, fra le altre, che Milazzo, o latinamente Milaccio, signi-
fica laccio di Messina, quasi a voler dire che Messina la tiene
avvinta a se come il capestro il somaro (1). Buon seme in buon
terreno. Roberto prestava alle parole del traditore facile orec-
chio e preparava rimpresa che dovea essere T ultima del suo
lungo regno.
V.
Dopo il fatto di Lipari, un tentativo arditissimo seguiva però
ad opera di Raimondo Peralta, il quale con sole sei galee, ten-
tava di aggredire improvviso il porto di Napoli. Come l' im-
presa sia andata ignoriamo, perchè il documento che ne parla (2)
(1) Anon 1° 1. e.
(2) Stimo utile di riportare la prima parte di questo documento che
trascrissi dal Reg. Ang. N. 321, f. 216 t. « Robertus etc. lusticiario Terre
laboris et Comitatns Molisij fldeli nostro etc. quorumcumque subiectorum
nostroruni indigentiis intimo et paterno compaciamur aflfectu non tam
dominico sed paterno urget tamen agitque dominum nostrum instantis
armato articulis quo tam utiliter quam salubriter cogimur recnperacioni
insule nostre Sicilie soUicitius providere. Actendentes quanta ex eius oc-
cupacione noticia abhactenus processerunt residuo corpori regni nostra
presertim cum redncta sit deo principaliter operante et nostri providentia
Regia cohoperante ad prompte satis et facilis recuperacionis terminos ex
cuius prosecucionis interpolacione resumptis viribus durins duriusque
possent contra iusticie nostre stimulum calcitrare quo satis probavit tam
detemptorum quam ipsorum rebellium temeritas excessiva, Nam cum
nobis pridem circa liparum Victoria celiter ministrata preter insignes
personas numerosas marenariorum catervas ad carceres nostros adiun-
xerint armandarum per eos galearum vires vix minime veniam servunt.
Nobilis vir Raymundus de Peranta (sic) cum sex galeis portum nostrum
neapolis presumpsit agredi ex arrupto et aperte qui patratam iniusticiam
multiplicem et irrogatam iniuram multimodam, a suis parentibus et preces-
^oribus contraxerunt ut tam de premissorum capite quam corpore dici
300 HISOELLAKEA
non ci dà altra notizia; ma devesi probabilmente riferire a que-
sto fatto il cenno dell'altro documento siciliano riguardante quei
prigionieri angioini che i Palermitani chiedevano per riscattare
i loro concittadini presi nella battaglia di Lipari, i quali pri-
gionieri angioini, dice il documento, erano stati testé catturati
dalle regie navi; onde parrebbe che il conato del Peralta abbia
avuta qualche conseguenza. Roberto ordinava l'armamento delle
navi, delle quali, trenta eran provenzali, e imponeva ai sudditi
il donativo per le spese della guerra che si apprestava a com-
battere.
L'armata di più di quaranta galee e altri legni da carico,
fu messa sotto il comando di Federico d'Antiochia e recava più
di ottocento cavalieri e fanti in gran numero (1). Partì da Na-
poli agli 11 e giunse a' 16 di giugno in Sicilia (2). Sbarcarono
gli armati a S. Nicolò della Piana di Milazzo, mentre le navi
rasentavano la costa , e si avviarono verso Milazzo presso le
cui mura posero gli accampamenti, fortificandosi con trincee
di legnami, pietra e cementi; non risparmiando con frequenti
scorrerie le vicine campagne.
A difesa della città stette Raimondo Peralta, tornato appena
dalla audace spedizione al golfo di Napoli, e che poneasi in
Santa Lucia, mentre gli invasori tormentavano di continuo le
mura della città. Non mancarono in quell'assedio prove di grande
valore. Uno degli assalti, dato a' 14 settembre, fu dopo parec-
chie ore di combattimento respinto, né poterono gli assalitori
appressare alle mura la grande macchina di legname che aveano
costruita, né appoggiare almeno una delle molte scale che a-
veano. Si ritrassero perdendo centocinquanta uomini, oltre a
possit quodpropheta.... Hijs igitur adente et alijs circa hec que digna sunt
principe circa integracionem Regni, et quietnm statum nostrornm fldelium
cogitantefl providerimus armatam nostrani actingoro indilate cuius pars
triginta videlicot galearum arinacio in provincia destinatur ».
(1) Cfr. i due Anonimi 1" III. e 2» 12; M. da Piazza, 20 e Villani XI 127.
(2) Villani, 1. e. e Anon 1» 1. e. Lo date confrontano nei duo scrittori.
MISCELLANEA 301
duecento feriti, i quali giacquero nel fossato che circondava la
città. Segui poi una zuffa nel campo angioino, non si seppe per-
chè, e vi furono morti e feriti in buon numero, come sovente
era accaduto negli eserciti angioini per il difetto di ogni di-
sciplina. Un'altra notte tentarono gli assediati di metter fuoco
alla grande macchina nemica; e spento, profittarono del panico
degli angioini, e tagliate le corde, la portarono in città. (1).
Non ostante gli sforzi del Peralta, re Pietro tentennava fra
varii e opposti consigli: né sapeva scegliere una via per la quale
mettersi risolutamente. Una prova di tali incertezze ricavo dalla
lettera che a' 27 agosto e' dirigeva alle città dell' isola, chie-
dendo loro se stimassero opportuno di assalire immediatamente
il nemico, o se meglio convenisse di aspettare l'inverno, poi-
ché su tal punto i pareri del suo consiglio eran discordi (2).
La città di Palermo giudicò preferibile il secondo parere (3) ,
che fu abbracciato, poiché pare che solo nel novembre si sia
pensato seriamente a combattere gli invasori.
All'avvicinarsi dell'inverno, re Pietro bandiva in fatti il ser-
vizio militare, che volea si apprestasse pel venti novembre, e
raccoglieansi due mila cavalli e fanti in gran numero, sotto il
comando del duca Giovanni, con cui erano Blasco Alagona, i
fratelli Enrico e Federico Ghiaramonte e il Peralta [summen-
tovato. Sotto le insegne di Pietro II raccoglievansi sopratutto
(1) Traggo questi particolari dai documenti inediti N. Vili e IX che pub-
blico in fine. Il primo é la relazione dello stesso Raimondo Peralta: Il
secondo la bttera del re Pietro che annunziava alla città di Palermo que-
gli avvenimenti, comunicando la relazione del Peralta. Colgo questa oc-
casione per ringraziare il Gav. Pollaci Nuccio sopraintendente dell'Archivio
Comunale e il Sac. Gnoflfo per le agevolezze datemi nelle ricerche in quel-
l'archivio. Ai mutilati in questi fatti d'arme assegnavano poi gli Anjou
una pensione vitalizia, come si ritrae da parecchi doc. dell' Arch. ang. ;
ma quelle disposizioni non osservate, furono da Giovanna I richiamate
in vigore per decreto del 2 marzo 1345. {Reg. ang. N. 344 f. 107 t.)
(2) V. in fine il doc. N. X a).
(3) V. doc. N. X b).
302 MISCELLANEA
i Messinesi, che realmente, come l'Antiochia avea detto a Ro-
berto, aveano le loro migliori proprietà nella terra di Milazzo (1).
I Siciliani non ardivano di assalire i nemici nei loro ripari:
costoro non ardivano di uscirne e sopravvenute pioggie im-
petuose, i primi si dispersero e tornarono a' luoghi natii (2).
Nel marzo successivo del 1342, si richiamarono gli uomini alle
armi e da Messina corsero ad assalire gli assedianti nelle trincee,
ma furon respinti; onde attendatisi anch' essi si chiusero tra
la città e il loro accampamento; ma quelli riceveano dalle
galee continui soccorsi, onde l'assedio durava fra continui tatti
d'arme, ora di grave or di lieve momento. In uno di questi
era ucciso Federico d'Antiochia, che ebbe dal re Pietro onorata
sepoltura in S. Lucia di Milazzo. Finalmente, persistendo gii
Angioini e sopravvenendo nuove pioggie, discioltosi quell'eser-
cito siciliano, Milazzo fu ridotta alle sole sue forze. Chiese ar-
mistizio di un mese promettendo di arrendersi se infra quel
termine non avesse ricevuti i soccorsi necessarii, quando re
Pietro II moriva a' 15 di agosto, lasciando il regno al figlio-
letto Lodovico di appena cinque anni, e confermando vicario
del regno il fratello Giovanni. Milazzo allora si arrendeva, ma
degli abitanti la parte maggiore preferì andare in altre terre
dell'isola.
Poco dopo, nel gennaio del 1343 moriva anche Roberto
d'Angiò, amareggiato da quella stessa occupazione di Milazzo
che gli era parsa una fortuna, sebbene gli fosse costata 50,000
onze d'oro; (3) poiché, nel trambusto di intestine discordie, gli
Angioini di Milazzo furon richiesti di aiuto dalla fazione dei
Palizzi, che allora combatteva il duca Giovanni, Vicario del
(1) < Eratque ibidem maxima militum et poditum copia Messanensium,
prò eo qnod avidi orant ipsi precipue i)lusqnam cetori dictam terram
haberc ant fimditus evortore, ratione racultatum eoriun in oius pianitie
existentium, et non fideliUitis amoro concitati ». M. da Tiazza I. 21.
(2) Anon. i» in. Villani XI. 127.
(3) Villani XI. 127.
U1S0ELLA.KEÀ 803
Regno, e in un brutto fatto di Messina ne furono trecento uc-"^
cisi e quasi altrettanti fatti prigioni. In ogni modo la gran-
dezza della Gasa angioina si chiudeva irreparabilmente con lui.
In quanto alla Sicilia, né la sagacia dei politici negoziati, né
le tante spedizioni guerresche le aveano fatto guadagnare ciò
che avea sempre desiderato; e se negli ultimi anni del regno
di Pietro qualche piccola fortuna avea potuto formare un'eccezio-
ne alla lunga serie di infelici successi, fu piuttosto conseguenza
dello stato miserando in cui la Sicilia si era ridotta, anziché
pregio delle armi o degli accorgimenti di lui. Seguirono i ten-
tativi angioini, anche dopo la sua morte; ma il regnq di Na-
poli non avea più il credito dei suoi tempi, e quando d'altro
canto, la secolare questione siciliana potea dirsi sciolta, i figli
degli eroi del Vespro, per colpa loro sopratutto, non eran più
capaci di sentire la vergogna di umilianti concessioni, o la gioia
della intera indipendenza acquistata, i cui frutti, la nuova tri-
stizia dei tempi non consentiva di godere.
Messina, giugno 1890.
G. B. SlRAQUSA.
DOCUMENTI
I.
Pietro II a Ludovico Imperatore narrandogli i particolari
DEI tradimenti E DELLE RIBELLIONI DEI VeNTIMIGLIA E DEGLI
ANTIOCHLA.
1338.
Domino Imperatorj Rex Petr^us.
Quoniam ut credimus ad audienciam vestre magestatis cesaree longe
lateque difusa crebescens fama pertulerit sediciones et scandala machi-
naciones et tumultus que post obitum recolende memorie dominj Geni-
toris nostri Regis Friderici per totam Sicilìam ingruerunt ne futuro
auditorio imperialis solij rem aliter quam gesta est ut plerumque solet
contingere ventilari, Ecce rem ipsam succinte per ordinem explicamus,
deus judex iustus de trono cuius pixjcedit iusticiam per tempus et tem-
pora suspendens quocumque judicium qui exaltat humiles et conterit
cornna superborum misericordiam suam fecit cuni siculis ut erueret nos
et illos de laqueo qnem infelix quondam Franciscus de vintimilio comes
vicarij centra nos et lideles nostros immemor et ingratus beneliciorum
qaem {kìc) a dicto domino gonitorj nostro et nobis inter omnes fldeles
et sabditos nostros signanter acceperat manifesta prodicione dampnabili
preparavit , post obitum siquidem jamdicti genitoris nostri sicut por
obsequentia signa et probacionos accepimus Comes ipse venjro (.sic unire?)
se hostibas nostris nos et regnum nostram eia prò viribus prodere machi-
natas est. Et primas eiusdem ftiit nobis indicluin quia vocatus post dicti
dominj nostri genitoris obitum ut facerot nobis sicut ot ceteri tideles no-
MISCELLANEA 305
stri debitum fldelitalis et homagium venjre ad nos frivolis assumpsis
(sic) occasionibus recusavit qui tandem repetitis bis et ter nuncijs simu-
lavit adventam. Et expectantibus nobis illum in Civitate Gathanie venit
usque paternionem unde lese consciencie arbiter subito retrocessit. Ca-
stra sua fabricare atque munire die noctuque non cessans gentes insu-
specta conventicula congregans novas unita tes et iuramenta faciens cum
eisdem, nos autem attendentes hec signa ut tolierem (sic) ei materiam
malignandi processimus njcosiam quo sibi de Gomitatu suo lacilior esset
accessus unde illum per varios nuncios et licteraS ad nos evocavimus.
ipse vero quantum potuit venjre renisus est, videns ultimo quod centra
illum propterea tendere parabamus quamvis haberet secum nuncios ho-
stìs nostri cum quibus pacta et convenciones per committeude prodicio-
nis munere conflrmabat nichilominus quia in proximo non sperabat ab
hostibus habere subsidium propinquiores metuens vires nostras postu-
latis et habitis securitatis licteras venit ad nos fecitque callide nobis
centra sue intencionis propositum maaibus et ore homagium ac prestitit
fldelitatis debitum juramentum puritatem cordis nostri sperans per cal-
liditates et versucias fallere quod dei bonitas non permisit. Et ut illam
quam pretendebat timoris causam de quibusdam magnatibus regni nostri
rancoris materiam sedaremus Inter illos ex flliis tìliabus atque nepotibus
que solent inter discordes pacem componere quedam certa conduximus
firmari conjugia diemque flrmacionis huiusmodi et locum ut illustres
Regine domina Genetrix et domina consors nostre possent comodius
interesse diem natalis domini tunc futurum in civitate Gathanie prò
loco et tempore designavimus, ipse vero cnius pacata verba longe ab
eo quod hostibus nostris spoponderat dissonabant eis iterum atque ite-
rum per convenciones et pacta per donaciones et promissiones multi-
plices destiuatis hinc inde mediatoribus se univìt prout et per illos qui
sibi astricti erant et per quosdam assistentibus hosti sacri imperij atque
nostro deo volente compertum est, nos autem omnia dissinmlavimus
usque in designatum diem tìnem suorum processuum quam pocius exces-
suum expectautes sed ne forte infelix ipse solus cojrueret cum qua
gente caderent sciscitatus est, habuit itaque tante facinorose machinacio-
nis temeritatis et perfidie complices infelices Fridericum de antiochia
cuius genitorem licet claris ortum natalibus pauperem nichilominus
egenum venientem ab exteris dare memorie dictus dominus genitor
noster proprijs laribus educavit atque inter ceteros magnates et proceres
Regni nostri signanter evisceratis opibus edotavit, ac eciam immensis
dignitatibus et honoribus insignivit et post eius obitum Fridericum cum
officio cancellarij Regni nostri quam nec juvenilis etas nec exigus eius
sensus capere poterat et Gomitatus titulo nuUis precedeutibus meritis
806 MISCELLAKEA.
decoravit. Chiccum etiam et Simonem consobrinos eiusdem Fridericus
(sic) qnibus nimirum idem dominus genitor noster desteram sue muni-
ficentie aperuit et de Thesauris suis plus debite sua benignitate difudit,
cumque appropinquassent dies expectacionis eiusdem adirne queritans
nos suis calliditatibus fallere noStrumque sub liac nube circumevenere
consilium franciscum de Vigintimilio tìlium suum Franciscus ipse ne-
quere simulans equitare non posse transmisit, nos autem habitis jam de
machinatione ipsius non solum violentis indieijs quin eciam et proba-
cionibus eumdem Franciscum detineri mandavimus credentes venire
propterea genitorem. ipse vero non solum ad purgacionem sue contu-
macie venire contempsit sed vires domini contemptum ulterius non oc-
cnltans Castrum nostrum Rayal-Johannis hostiliter per suos complices
fecit invadi aliaque Castra et loca nostrorum fidelium a fldelitate nostra
divertere attemptavit. Et ut clarius pateret ipsius proditoris nequitia
Rimbaldus rursus (sic russus) de Cephaludo miles magnus et antiqus
consiliarius suus atque domesticus cuj secreta sua din commictere con-
snevit qui deo volente in manus nostras incidit sponte machinacionis
ipsius processum et causam per ordinem explicavit ubi quando et quocies
licteras cautelas et capitula que sibi hostis noster transmiserat Franci-
scus ipse suscepit, responciones bine inde convenciones et pacta per or-
dinem reseravit juramentum et homagium que dicti Franciscus et Fri-
dericus eisdem nuncijs hostis nostri fecerant patefecit. Itaque cum res
ipsa in patulum prodiisset de Consilio magnatum et procerum Regni
nostri qui nobiscum tunc aderant non expectatis aliis cum fuisset in
mora periculum movimus contra eum felicia signa nostra. Cumque fuis-
semus nicosie que propinqua est flnibus Comitatuum eorundem in expu-
gnabile Castrum sperlinge collatis paucis nostrorum viribus occupatum
est, seqnenti die gangium petralia superior et inferior comitatum eidem
sponte ad umbram alarum nostri dominij confugerunt. Nos autem acten-
dentes nostrorum fidelium devocionem et tìdem illieo profecti sumus
contra Gigacium (sic Giracium) ubi miser et infelix ille Franciscus cum
daobas natis et Ruberto Gephaludensi Episcopo qui minister fuerat et
persaasor totius scerelis (sic) rosidebat , passis itaque vexillis nostro
nostrorumqae magnatnum qui nobiscum aderant in conspoctu populi qui
de manibos expectabant factum
Dal Codice Vallicelliano D. 39. f. i87.
MISCELLANEA 807
II.
Roberto invita i giustizieri a riscuotere i tributi dai feuda-
tarii che non poteano prendere le armi per la spedi-
ZIONE CONTRO LA Sicilia.
10 gennaio 1338.
Robertus etc. Insticiario Terre laboris et comitatus Molisi) fldelj suo
etc. Ex innata benignitate Regia quantum possumus subditorum nostrorum
gravaminibus compatimur et illis concedimus clementer inducias quas
volumus. Verum cum hodie antiquo hoste nostro domino frederico de
Aragonia sublato de medio nunc de presenti Insula Sicula commocione
vacillet ex quibus comites et Barones nonnulli cum eorum sequacibns
erroris fugata caligine vere fidei luce perfusi iam patenter nobis inhe-
rentur maiestatis nostre Regie titulo invocato in eorum suenrsum. Ecce
mictimus Galeas cum militnm balistrariorum et pavesariorum exforsio
in numero copioso sed quia prò eiusdem hereditarie insule recuperacione
votiva non pauca expensarum profluvia requiruntur quare omnes fldeles
nostri Regnicolo esse debent providimus adohamenta carie nostre debita
per barones et feudatarios Regni tenentes ab eadem curia terras casalia
seu fenda valoris annui dimidij servicij militaris et infra nec non Ecclesias
viduas pupillos et impotentes ac de Regno absentes bona feudalia in eodem
regno tenentes a nostra Curia supradicta debere in pecunia prò presenti
anno sexte indictionis quo sequitur in Camera nostra solvi. Quapropter
fldelitalj tue presencium tenore jubemus quatenus statini presentibus
habitis omnibus et singulis Baronibus et feudatarijs tenentibus a Curia
nostra in lurisdictione tua terras casalia seu feuda valoris annuj dimidij
servicij militaris et infra nec non Ecclesijs viduis pupillis impotentibus
ac de Regno absentibus ab eadem Curia nostra in dieta decreta tibi pro-
vincia feudalia bona tenentibus sub pena destitutionis bonorum eorum
feudalium ex parte nostre celsitudinis iniungi mandes et facias quod prò
presentj anno sexte Indictionis adhoamenta debita prò ejsdem bonis etc.
feudalibus de feudis scilicet antiquis duplum et de novis simplicem per
totum octavum diem mensis februarij primo futurj ad tardius in pecunia
in Camera nostra Thesaurarijs nostris solvant a quibus inde recipient
308 idsOELLÀKEÀ
solitas apodixas facture fieri de piena execncione ad formam ipsam publi-
cam consimilia competencia instramenta. — Datam neapoli in curia nostra
anno dominj m. ecc. xxxviu die x januarij vj Indictionis Regnorum no-
strorum anno xxiiij".
Eodem die similes facte sunt etc.
(Segue r elenco dei giustizieri ai quali fu spedita la presente circolare).
Dal Reg. ang. N. 3U f. 14.
UI.
Pietro II ai Grandi del Regno annunziando la morte del fra-
tello Guglielmo, e invitandoli a prestare e a far prestare
omaggio all'altro fratello Giovanni che gli succedeva.
Maggio 1338.
Immensus dolor qui superest cogit nos logubrem (sic) exarare mate-
riam et multaruni efundere copiam lacrimarum. Ecce quideni vobis cum
amaritudine pandimus quod dilectissimus frater noster Guillelmus Infans
ducatum athenarum et Neopatrie dux qui bona pars erat nostri regimi-
ni8 in panormitana urbe undecima presenti» mensis may diem clausit
extremum quod evenit universis nostris fidelibus et snis potissime sub-
ditis ad merorem. Rerum quare nunc habente atque divino judicio con-
tigerunt, cum scimus eciam huiusmodi casu sermonem perducere mentis
nostre aciem ad ea que insistunt guerrarum negocia, advertcntos pro-
pterea quod spectabilis infans Johannes marchio randagij et tocius Val-
li» Castilionis et Francaville comes minei terrarum trayno montis albani
et bntere dominu» ac gubornator Civitatis messane carissimus frater
no»ter habet illi ex testamento gloriosi principis recolhMulo memorie
domini genitoris nostri Rugis in ducatibus ipsis succedere placidum nobis
est et niieiitati vostre mandamus (itiateiius ni» iiiiivcrsitatibus et proce-
libus ducatum oorundem quibus exindu scribìmus prò parte dicti mar-
MI80KLLANBA 309
chionis recipiatis homagium et fldelitatis debitum jiiramentum. Vos au-
tem in manibus Guillelmi de podio familiaris et fldelis nostri quem serio
mictimus homagium faciatis et inde prestabatis (sic) fldelitatis debitum
juramentum.
Dal Cod. Valliceli. D. 39. f. 189.
IV.
Pietro II al Pontefice narrandogli oli avvenimenti della
GUERRA Angioina specialmente a Termini, e giustificandosi
PER IL fatto dei LEGATI PAPALI RESPINTI DA MESSINA.
Fem^aio ? 1339,
Ne forte quis beatissime pater et domine in conspectu et auditorio
sacre sedis de processu et redditu nunciorum salva reverenda sedis
eiusdem et vestra vel putatis coloribus vel snppressa veritate casum
aliter quam evenit imponeret per quod me et meos astrueret in ea parte
culpabiles beatitudini vestre succinto brevique sermone casus huius ta-
men ut revera se habuit intimare providi, antiqus enim hostis et inquie-
tator fldelium nostrorum siculorum cuius animus nec senio frangitur nec
adversitatibus mitigatur nec eciam sanguinis amore lenitur olim de
mense may Siciliam invadere attentavit centra quam numerosam classem
et bellatorum exercitum in solito furore transmisit, quibus ad littora
declinantibus nonnulli ex alumpnis atque reliquis infldelium quondam
Francisci de Vintimilio et Friderici de anthiochia comitum proditorum
veneno detestande infldelitatis infecti quatuor castra contigua subito
et prodicionaliter tradiderunt quibus elatis successibus immitis hostis
ipse licet avunculus qui deberet in me gerere vices patris alium atque
alium exercitum centra me et meos iterum [atque iterum destina-
vit qui plurima loca fldelium siculorum nunc imaginacione nunc ingenio
nunc viribns attentarunt in quibus dei nutu cedes et dampna plurima
protulerunt. Gumque non eis precibus ultima reprendissent Gastrum et
terram Thermarum in circuitu mai ino terrestrique exercitu obsiderunt,
310 UISCELLANEA
ubi quale sit ad hostem ipsum odium fidelium sicolorum quantaque iì-
des ad dominum sine ambiguitate probatum est, nani poptquam innu-
merabiles torrentes lapidea missi per machinas plures ex incolas diete
terre cum domiciliis obruerunt plures eciam sitis arida disicavit usque
adeo preferentes ut aquas maris obiberent quare tandem superfieri peri-
culis quamquam attentant pollicitis et suasionibus ut cum hostibus resi-
derent preciosum tamen fidelitatis debitum et antiqum odium inimican-
tes dulcem patriam terram illis inutilem et vacuam relinquerunt. Castro
nichilominus in suo fidelitatis debito viriliter obsistentem cumque ce-
pissent hostes ipsi morbo et egestate decrescere fldeles siculi convene-
runt ut cum eis bellum in dei nomine iniremus. ipsi vero vel propter
importuosa littora quibus erant hyemali iam tempore imminente nau-
fragium metuentes vel in certis bellorum eventibus sese commictere
dubitantes atque insuper attendentes quod nichil sibi ulterius perficere
poterant Castra eis dedita munientes unde venerant redierunt. Ego qui-
dem cum siculis revertendum, et damnosum nobis omnibus extimans
quod in eisdem castris ad veris tempora residerent ad obsidionem Ga-
strorum ipsorum manus fidelium siculorum in dei nomine provocavi
eaque ut necessitas exigebat obsedi. Rebus itaque sic se habentibus no-
bilis M. P. (1) de Messana Comes mietere ac una cum sociis magister ra-
cionalis consiliarius et fldelis meus dilectus qui vices meas in eadem
Civitate gerebat michi tunc in fronteriis contra obsessor Castra longe a
Civitate messane jam posito et expugnacioni castrorum ipsorum prò vi-
ribus intendenti per suas licteras intimavit quod idem nunciis Regium
venerant unde ad eum quatuor fratres de ordine beati Francisci cum
licteris ad certos barones et universitates Siciliae transmictebant quibus
responsum dedit quod eos non reciperet nisi me primitus consultaret.
Cum itaque scripsisset michi de negocio dictus Comes respondi per illam
verborum seriem quam sanctitati vestre mitto presentibus interclusam,
ipsi vero nnncij priusquam responsum meum ab eodem comitem rece-
pissent cum tribns Galois gerentibus vexilla iamdicti hostis clam ad
litus messanensinm navigarnnt ibique se hostiliter ostenderunt quibus
portum intrare volentibus qui gerebat nunc vices Comitis memorati
quum dictas Comes non procul tunc haberat {sic) respondit eis quod
ezpectarent paulnlum advontum ipsius Comitis. Cumque omnino expec-
tarc non velient sed in proposituni intrandi portum ipsum porsisterent
qui tunc adorant obstiterunt statiuiquo accersitus dictus Comes qui extra
Civitate a casa erat ut dictum est galeas ipsas adhuc prope lictus exi-
itent^is vocibus revucari fecit et signa mittens eciam quandam barcellam
(1) lUilMoi PaUcìiu.
MISCELLÀNEA 311
que per signum revocabat eosdem, ipsi vero nichil nlterins expectantes
Regium reddierunt. Et cum idem Comes snbsequenter licteras suas et
meas inresponsales misisset ad illos eas reperit abijsse. nunc itaque sanc-
tissime pater et domine potestis evidenter attendere in hac parte me et
meos culpabiles non fuisse neque enim erit dies alla domino annuente
que ab ipsius matris Ecclesie vestraque obediencia reverencia et honore
destraat mentem meam.
Dal Cod. Valliceli, cit. f. 191. t.
V.
Pietro II alla repubblica di Genova chiedendo aiuti di navi
PER discacciare GLI ANGIOINI INVASORI.
Agosto 1339.
Universitati Janite daminus Rex Peù'tis.
Si preteritornm temporum continuatos actus laudabiles predecessorum
nostrorum presertim recolende memorie domini genitoris nostri Regis
et nos ad universitatem et singulos civitatis vestre quis velit diligenti
studio recensore luce clarius apparebit quod in cunctis necessiUtibus
vestris guerrarum et pacis ubi maior necessitas exigebat in verbo et
opere sed opere tamen magis veros hostendimus (sic) vos amicos et ut
alia transeamus, quia Celebris est rei geste memoria cum comunis tunc
hostis Robertus Rex usurpavit eiusdem Civitatis dominium queritans illa
proprio atque importabilis servitutis iugo submittere, in subsidium v&-
strum universa Sicilia evisceratis opibus leto animo vires efudit. Scitis
eciam quod ex convencionem unitatis et societatis inter nos diu inite et
firmate certum numerum Galearum in subsidium nostrum armare de-
betis, cum necessitas immineret Rerum quia jam.casus convente pactio-
nis evidenter apparet in quo vestro subsidio indigemus cum communes
Uostes qui Regnum nostrum pridie invaserunt ceperunt morbo egestate
312 MISCELLANEA
pestilentia pluribusque malis deficere absque ilio quod multi ex eis co-
tidie (sic) nostrorom fidelium manibns vel gladio periernnt vel vincnlis
captivantur et plures ad fidelitatis nostre sinum confuginnt providimns
si dilectio vestra ut tenetur et debet atque indubie credimus et spera-
mus ad hoc extendere manns snas ad qnod eciam presidia serenissimi
domini Regis aragonum prout Inter eos et nos conditum est expectamus
classem parare pelligeram (sic) centra illos confractas dampnis et adver-
sitatibns pluribus pugnatori. Itaque dilectionem vestram requirimus et
rogamus quatenus actentis dilecionis et amoris insignijs que iamdicti
predecessores dominus genitor noster et nos vobis indesinenter ostendi-
mus quociens causa necessitatis se obtulit nolitis nobis et vobis in hac
parte deficere quum auctore domino hic erit de fugandis hostibus labor
nltimus Regni nostri et nobis et vobis eveniet ad quietem nam commune
negocium agitur quia communem hostem. Inter alia subiugandi Sicilia
in defesso studio continuata fuga plicant ut partem vestram evellat ra-
dicitus et vos terminet a flnibus terre vestre, gratum tamen nobis esset
8i classem vestram primo septembris proximo futuro vije indictionis
vel ad tardius per totam primam medietatem ipsius mensis in Sicilia
haberemus. Intencionem vestram super hoc quam citius si poterit rescri-
bite ut abita intencionem vestram et ipsius domini regis aragonum sub
eodem tempore valeamus ut expedit convenire et ut causa ipsa debitum
sortiatur eflfectum tali fldeli nostro quod amicitiam vestram feliciter no-
bisqne respondeat duximus commictendamJCl).
Dal Cod. Valliceli, cit. f. i89, t.
VI.
Condizioni della resa di Lipari.
f febbraio 1340.
Joanna etc. — Tenore presencinm Notum facimus Universis presentes
lictcras inspecturis. Quod prò parto Universitatis hominum Insule et Torre
nostre lipari presentatum ftìit noviter Coram nobis scriptum avitum Re-
• cderii aiiPToliiiriila qnnili quattro (loi'uiiioiiti tono trasciltti nel (Codice tuli' altro
oaile taUolta il •riiio retta uicuro. In iimr|{ine di cinitcuno dei (luallru, di altra
tempo é leriUo torriffAw.
MISCELLANEA 313
giura continencie subsequentis. Robertus Dei gratia Rex Jerusalem et Si-
cilie Ducatus Apulie et Principatus Capue Provincie et Forcalqueiij ac
Pedimontis Comes. Tenore presentium notum facimiis universis corani se-
rieni inspecturis tam preseiitibus quam futuris qiwd infrascripto Gapitulo
tractato concordato et condito inter nobiles et Magniflcos viros Frede-
ricum do Antiochia Gapieij et nunc Regni Sicilie Marescalluni ac Gauffri-
dum de Marzano Squillacij et eiusdem Regni Ammiratum Gomites nec non
quondam Giccum de Antiochia tane felicis exercitus nostri Gapitaneos no-
strosque consiliarios et fldeles diioctos ac eiusdem universitatis Syndicos
duximus prout coutinetur inferius approbanda. Sperantes quod ex sincere
devotionis et fldei meritis potiori uberioris nostre gratie merebuntur.
Chisti su li pacti li quali avi fatti la universitate de Lipari cu li capitanei
de loste tanto de terra quanto de mare de hi signore Re Roberto. In pri-
mis. Chi si per tucti xviij Jorni alumese de novembre de la octava Indi-
etione dom Petru lusignore no li mande snccurso cum Gocca oy cum galei
che mietesse ferragu (?) ala terra luquale loste non lu putisse defendere
oy che mandasse si grande sforsu che ni livassi da Campo la terra et la
Castello de Lipari incontinente Anito lu dicto tampu sia assignata ala pre-
dicto signore remanendo continuatamente in dymanio. Et por parto de lu
dicto signore Re assignarano la dieta possessioue de la terra et de lu Ga-
stellu ali Capitanei de In prefato Re Roberto. Item li dicti Capitanei de lu
signore Re Roberto prumonteno in loro fede che tucte le persane et tucte
le cose loro sarranno salvate integramente et si nulla cosa sonde perdesse
li dicti Capitanei lu satisfarranno ahi dubbi de la loro. Item promectono
li dicti Capitanei de lu signore Re Roberto che jammay de damayo luquale
ayano facto alacorte de lo signore Re Roberto oy a soy vassallo nonne
Berranno tenute aliare nulla menda nende averrano nullo malemente. —
De eo quod spectat ad nos concedimus quod petitur et etiam de hiis que
spectant ad speciales personas quantum pertinetadjurisdictionem nostram
quamcunque. De hiis autem que spectant ad spiritualem vel ecclesiasticam
Gensuram promictimus de a orbo Regio procurare prò posse et apud Do-
minum Summum Pontihcem et alios quoscumque, — Item che si alcune
homicidij fussero stati commissi per lo tempu passatu intra loro che non
sonde poczano essere constricti ne faresende nulla vindicta — Propter bo-
num puplicum totius regni et diete universitatis converse ad fidem no-
stram hoc gratiose concedimus que petuntur — Item che deianu avere ta-
bule carbune et trabbe de chi poczano rifari li case loro e li dicti trabbi
poczano pillare ali Boschi di lo Conte de Squillaci dovunca loro place e
averrano per la dieta reparacione XL Mastri frabricaturi e XX Mastri
dassa alle spese de lo dicto signore Re Roberto e de la marina sino in
Lipari li farà lo signor Re Roberto portare asoy spisi — Concedimus pre-
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XV. 21
314 MISCELLANEA
dieta que spectant ad reparationem domorum ipsornm de nomoribus Co-
mitis Squillacij, etc. de tabulis auteni et trabibus Curie aliqua iiitondimus
in armata futura contra comuaes hostes que si locum forsan non habe-
rent concedimus similiter que petuntur — Item Cha averrano graciosa-
mente da lo prefato segnore Re Roberto per acconczamento de le diete
loro case unce C.LXX. de gillati — Placet quod impleatur promissa per
Capitaneos nostros vermutamen quedam reqniruntur expense prò instan-
tibus negotijs contra hostes predictos propter quorum instantiam neces-
sario requiruntnr promicti — Item Che areranno di zia un annu una salma
di frumentu per testa non contandu li criaturi de lacti— Ipsi de Liparo
vidsntpenuriam victualium que universaliter Regnum invasit nihilominus
qaod promissa impleantur quanto melius impleri poterunt undecumque
licet dicatur per expertos in talibus de partibus Calabrie posse habilius
provideri quod commictimus examinandum et agendum Comitibus Frede-
rico et Squillacij, Thome Manselle et Jacobo Cassano aut duobus ex ipsis
in absentia aliorum — Item che tucti li rendite de la Ecclesia se conver-
tano come se soleno convertire per lo tempo passato zo esti in repara-
cione de le mura de la terra e de la Ecclesia salvata la vita de li mona-
chi. — De convertendis dictis Redditibus Ecclesie quantum liceret gratum
nobis foret et placet quod dictus Monachus nominatus percipiat dictos
redditus usque ad provisionem Apostolicam et illos prout honestius et
melius viderit convertat de reliquo procurabimus cum domino Summo
Pontifica quantum cum dicto poterimus iuxta posse et de absolutione jam
scripsimas per licteras inculcatas (i). — Item che si lu signore Re Roberto
ze voUa tenere alcune gente in la terra de Lipari dezanu essere pagati de
loheri de le case loro bene e integramente e tucti l' altri cose che a loro
facessero besogno per loro vita che lu diganu culi dinari loru avere e ben
pagati che sianu li vendituri alavoluntate de li patroni de li case — Pla-
cet iuxla voluntatem corum ordinatam ad quod statuantur cum Capitaneis
presentibus et futuri» quod id extiment rationabiliter et decenter — Item
de li Instrnmenti e altro carte li quale annu facto li notari per lu tempu
passata che sianu firme. E lu signor Re Roberto li dicti notari chilli che
80 facti per fino mo novellamente li rifarra — Placet do istrumentis que
continguut homines et personas diete universitatis Inter se. Si aliqua alia
essent in quibus tangeretur Regia Jurisdictio sen demanialia jura volue-
rimas illa scire et de notariis conflrmandis placet. Item chi tucti ligratie
(I) QdmU |iro>hloae non tla in porfrla riipondenza alla promeisa domamla. Forse 1' nni.-iiniciisfi
che IrueritM il doe. nei rcKiitro dclh eanectleria angioina tallo qHalchn passo «love si p.it-Inva di
«4 frate e'ic dorea ainnilniilrare quei Ihmi , o di una nsnolutionc dm era cliictln, se pure qui per
•M<M0M aoB TOflia iatondeni la uniione pontineia alla conversione delle remiite ccclesiasUclie,
alla qial* Robarto par la ina parte aecoosenliva.
MISCELLANEA 315
franchizi li quali aveano da Don Petro deiano da hi signore Re Roberto
avere graciosamente liquali si deianu fare privilegii de lu signore Re Ro-
berto per tucto lu Riame se corno aveano in Sicilia.— Placet quod serven-
tur diete Inimunitates habita debita Informatione de illis. — Item che per
observare tucti li dicti cose daranno li boni homini di lipari xij stagi ad
electione de li dicti Capitanei de lu predicto signore Re Roberto. Item
che placza ali boni homini de la terra che licose mobili di li fori issiti
de la terra liquali aianu juratu fldelitate alu signore Re Roberto sianu
salvi — Placet— Item chi poczanu portari liarme per tucto lu Riame de lu
signore Re — Placet — Item che ali homini darmi liquali su allipari lu si-
gnuri Re le provecza comu la maiestate sua ordinerra e placerra. — Ordi-
navimus et concessimus aliquos recipere in familiares nostros sicut sciunt
dicti Comites et tam ipsis quam aliis intendimus in servitiis nostris ma-
ris et terre els congruis uti successive sicut honori nostro et eis cogno-
verimus expedire — Item li dicti Capitanei promictinu sor la fede loro che
tucte li sopradicti cose farranno observare ala Maiestate de lu signore Re
Roberto. — Responsum est supra. — Item che si iza unu vicariu de lu si-
gnore Re Roberto per tucta lisula luquale da x unce in su auga ipso di
li X unce in susu chavia lappellacione lu Capitaneu generale de la Ca-
labria imperzoche esti pliu impresso cha Napoli — Concedimus tamquam
rationabile— Item promicteno che missere Petru Furmica cum sua dompna
et cum soi filli , e sua familla e cum tucti loru arnesi dya andare diza
ali XV jorni de novembre cum una barca in Sicilia e cum tucti quelli che
stannu alucastellu. — Preteritum est. — Item che tucti chilli de Liparo che
sonde veleno andare piane ali Capitanei e specialmente Guillelmo lubardo
mali Capitaneo serriano pluy contenti che tucti li boni homini de Liparo
remanissiro alafldelitate de lu signore Re Roberto e si ipsi volenu an-
dare placci ali Capitanei de leste che li homini de la terra chende vanno
portano loro cose mobile— Preteritum est— In cuius rei testimonium pre-
sentes licteras exinde fieri et pendenti maiestatis nostre sigillo iussimus
communiri. Datum Neapoli per Johannem Grillum de Salerno, Juris Ci-
vilis professorem vice protonotarium Regni Sicilie anno Domini Millesimo
Trecentesimo quatrigesimo die primo februarij octave indictionis Regno-
rum nostrorum anno Trigesimo primo — Predicta capitula secundum ap-
probaciones et declaraciones avitas Rogias subsecutas ad illas prout su-
perius est expressum nostre conflrmacionis suffragio ad plenioris cautele
Robur de certa scientia harum serie roboramus. In cuius rei testimonium
presentes licteras exinde fieri et pendenti sigillo nostro jussimus commu-
niri. Datum neapoli per adenulfum Cumanum de neapoli etc. anno domini
M.ccc.xLv, die XXV may xiij Indictionis, Regnorum nostrorum anno iij.
Dal Registro angioino N. 347 /. 55
316 MISCELLANEA
VII.
La citta' di Palermo a Re Pietro II, chiedendogli di aver conse-
gnati ALCUNI prigionieri ANGIOINI DETENUTI NELLE REGIE CAR-
CERI, PER OTTENERE LA LIBERAZIONE DEI PALERMITANI CADUTI NEL-
J.E MANI DEI NEMICI NEL FATTO DI LIPARI.
8 tnarzo 1341.
Sacre Regie maiestati Universitas sue felicis urbis panormi manuum
escala et debite fldelitatis ol)sequia salubriter quoque disponitur compago
civis quando caput menbris et menbra capitj oportuno tempore bine
Inde mutuo animo conrespondent, cum inter cuuctas virtutum laudes et
merita que condiciones et vitas hominum bonorificant et extollunt obser-
vancia lidei subiectorum ad" dominum et domini ad subiectos lumine cla-
riori prefulget et inter cetera qui maiestatem Regnanti», et principis Im-
peri um conservant et augere, et ampliare noscuntur et illa precipue ani-
n:ad vertere principem observare oportet ut glorioso primitus benelactorj
et summo de umfluencia (sic) beneflcij gracias referat non ignarus et
laudes cum creatura non habeat aliud quod prò meritis respondeat crea-
tor.). Siquidem omnis potestas a domino deo est et in manu Dei consi-
stere nuUatenus dubitatur consequenter ad eos sue gubornacioni commis-
808, et prò suo conservando Regimine a crudelissimis hostibus captos
ammissionem (xic) tocius proprie substancie passos et durissimis carce-
rum vinculis afllictos. Regia dominus maiestas et oculos sue provisionis
advoiiat, ad hoc ut universi et singuli fldeles Regij cum opus Aierit tì-
ducialius in ipsorum lldelissimo proposito salubrius conlìrmentur. Cum
Igitor nobile» ninus et andreas Tallavia milites , Johannes Tallavia , Jo-
hannes pulcaro nostri concives in conflictu infelici liparensi captos tyrap-
nitas et severitas hoetes antiqui comunis Indestinenter oppresserint et
opprimere jani non cossent et communi Relaciono percepimus quosdam
milites seu nobiles hostos predictos nuper per galeas vostre maiestatis
fldidium captos et vestro carceri esse d(;tentos ])(>rmutai'i(>ne sive cambio
quosdam predictos lideles vestri ninus andreas Tallavia milites, Johan-
nes Tallavia Johannes pulcaro nostrique concives vostra solita benigna
MISCELLANEA
317
maiestate concedente possent de facili ad propria Remeare supplicai Igi-
tur universitas vestra predicta ut vestre sanctissime et piissimo placeat
maiestatj predictos captos et vestre maiestatis carceri detentos nobis con-
cedere ut exinde procurari faciliter possit liberacio predictorum quod prò
summa et inestimabili grada merito reputabit vestra universitas supra-
dicta.
Dal Registro lettere del Comune di Palermo, Ì341-42, f. 2.
Vili.
Pietro ii alla citta' di Palermo, comunica la lettera di Rai-
mondo Peralta sui fatti dell'assedio di Milazzo.
18 settembre 13 li
Petrus secundus dei gracia Rex Sicilie Nobili capitaneo pretori Judi-
cibus Juratis et Universis liominibus felicis Urbis panormi fidelibus suis
graciam suam et bonam voluntatem, quia certum est nobis vos esse plu-
rimum avidos successuum nostrorum fldelium existencium intra mila-
cium et casus nostrorum hostium existencium in obsidione ipsius ad no-
ticiam vestram, presencium tenore deferimiis quod die veneris proximo
preterito dum tocies liostes predicti confldontes in eorum multitudine
adliei'cn'iit mcnibus diete terre mila(;i.j et vnm totis coiiatibu.^ o])pugna-
rent onipotens dominus qui sui bonitate causam nostrani et omnium si-
culorum nostrorum fldelium semper extitit prosecutus et cuius manus est
super omnes sperantes in eo taliter docujt nostrorum fldelium diete terre
manus ad prelium et diperitos eorum ad bellum quod ipsi hostes nostri
sunt cum magno eorum damno et ignominia ad tentoria retrogressi plu-
ribus eorum incidentibus in foveam quam pararant sicut patet per for-
mam licterarum nobilis comitis Raymundi de peralta etc. dilecti consan-
guinej consiliari, familiarj et fldelis nostri, quam ad Informacionem ve-
stram vobis mittimus prcsentibus iaterclusam. exultet igitur in domino
defeasore et protettore nostro una uobiscam omnium nostrorum fldeliunj
818 MISCELLANEA
concio sìbique prò tanto munere imperetur offerat graciarum uberes ac-
ciones et suppliciter oret assidue quod confortet eos viriliter agere nsque
ad finalem exterminium hostium predictorum datum messane anno do-
minice Incarnationis millesimo tricentesimo quatragesimo primo xviij"
septembris x Indictionis.
Bai Ueg. lettere del Comune di Palermo, 1341-42. f. 6 t.
IX.
Raimondo Peralta al ke Pietro II dandogli notizia di alcuni
FATTI SEGUITI DURANTE L'ASSEDIO DI MILAZZO.
i5 settembre 1341.
Sacre Regie mayestati Raymundus de Peralta dei et vestra grada Co-
mes calatabillocte etc. devota manuum oscula et debite fldelitatis obse-
qnia. Pilla vostra alta Riali maiestati faciu asaviri signuri Pieri lunardi
mg» presentis mensis septembris li Inimichi pri la loru malavintura
cumbactern la terra di milazu et dnrau la battagla da li matini sina ura
passata di nona, li vostri fidili signuri di milazu liminaru et ditìsiru si
beni et valurusamenti ki jammai per puctiri ni per Ingegni ki avissiru
non pottiru ala muru a lu castello ki havianu factu di Ugnami ni appiru
putiri irgirinchi una scala di nmlti kindavianu factu. Signuri ki arsirà
subseqaenti fu prisn una homu di li lora susn (1) Incantu lu parcu et
minata amia et cunctarimi comu tutti killi di l'osti si facliianu grandi
moravigla di la defi'usiuni ki killi di la terra havianu laclu ot cunctaru
ki beni da CL insuso (2) ki erana stati morti di li Inimichi di li quali
la majuri parti Jachia (3) dintra di lu fussatu di la terra senza li llruti
di ki su pluj di ce.» appressa signuri ossondu eu ja culcatu Intra lu lectu
la prima sira vinniru dig homini ki Aigera di losti luna di liquali vinni
(1) sopra.
(2) ili «opra.
(8) giaeea*
MISOELLASEÀ 319
alla fidelitati vostra elautru era di killi nostri di kifalù, persuni conflr-
maru comu dictum est da supra et Junsiru comu li capitanei di la hosti
lìchiru parlari affldanza addimaudandu ki lu nobili berarduni di anglola
loro permictissi prendiri di loru ocisi et livari di lu fussatu non pir ki
eranu issi supra zo di fugirisindi, sappiru ki risposta ki appiru. ancora
contaru kisti midemmi signuri comu appressu ki la battagla fu data In-
tra loru di la hosti midesimj grandi rimuri et grandi divisiuni cum armi
tracti currendu luni supra l'autri si kincliidi appi di morti et di flrutj
ifia non sapiru diri cui ni pir ki accasiuni fu la briga ancora cuntaru
Signuri kisti ki annoctandosì anti ki ipsi sindi fugissiru illiauderu grandi
rimuri pir la liosti gridandu alarmj alarmj si cursiru ad aiutari et di-
fendiri lu castellu di la Ugnami ki avianu lassatu in killu locu midesimu
undi lavianu minatu et li nostri di milazu Inchierannu nissuti et misun-
clii focu siki audero comu kisti lavianu difìiso et astutatu lu focu ki nun
fu arsu ma ki nun li nostri anti ki ludictu castellu fussi sicuru lu ap-
piru sbarracatu certi homini ki lu guardavanu e anchi sindi tri (?) et
tucti li antri fugiti gridandu ayutu aj'utu et non per tantu ki li nostri
si taglaru la sarcia tucta cum ki lu dictu castello siminava et sindi la
purtaru dintra sani e salvi signuri ki li vostri fidili stannu et perduranu
fortimenti et valenti comu boni et fidili vostri ad onuri exaltacioni di la
vostra lliali magistati et farrannu sempri may cum la putenza di christu
sempri signuri liumilmenti miritari cumandu alipedi di la vostra gracia.
Scriptum in Santa lucia de plano milacij sub anulo etc; xv" septem-
brij x.« Indictionis.
Dal lieg, lettere del Comune di Palermo 1341-42-f. 7.
a) Pietro II alla citta di Palpjrmo, ciuedej^do il paukre sulla
CONVENIENZA DI ASSALIRE SUBITO I NEMICI ASSEDIANTI MILAZZO,
0 DI ASPETTARE L'INVERNO.
h) Parere della città di Palermo.
27 agosto i34i.
a) Petrus secundus dei gracia Rex Sicilie nobili Capitaneo pretori lu-
dicibus et Juratis felicis urbis panormi- fidelibus suis graciam suam et
bonam voluntatem. Sicut vestra uoverit fldelitas hostilis exercitus ante
320 MISCELLANEA
terram nostrani melacij a mediatale mensis Junij nuper elapsi citra ter-
ram ipsam tenet obsessa cum pluribus machinis et alijs modis quibus
potest continne impugnando quod qnidem diligentins advertentes licei
terra ipsa et gente et armis et alijs Rebus per longi temporls Spacium
sit munita et fideles nostri in eo existentes per dei graciam et virtutem
sub nostri fidelitate dominij optime se confortcnt prout lam nobis pridem,
nostris extitit licteris intimatum considerantes tamen quod liostes Ipsi
in eadem obsidione fossis et alijs municionibns se fortiflcant et per hu-
iusmodi municiones qnas faciunt ibi velie hyemare videntur quodque ex
hoc si fieret civitati messanae et per consequer.s Regno nostro plura quod
deus avertat pericula resultarent ad nostri consilij examen deduximus u-
trum sit centra hostes ipsos in dai nomine procodendum super quo quam-
vis consideratis paucitate et condicione dictorum hostium et omnibus
alijs circa hec expedientibus consilium ipsum conA^eniat procedendum fore
viriliter contra hostes ipsos ut do predicta obsidione pellantnr, tamen in
hoc est quedam diversitas quin quidam dicunt ad presens bellum contra
eos debere pararj alij vero laudani fore usque tempus hyemis expectan-
dum quod eorum ratione inducentes quin tunc hostis noster succursum
, aliquem suo exercituj ante melacium existentj destinare nequiret quod
nunc de facijj propter habilitatem temporis comperto per eum quod pa-
raretur eis prelium facere posset. Quia igitnr in hijs salus et periculum
Regni nostrj consistit vos et alios nostros lidelos super hijs providimuscon-
snltandos fidelitati vestra mandantes quatenus vocatis baronibus militi-
bus et ceteris alijs probis viris diete urbis quos videbitis evocandos ac
premissis omnibus diligenter attentis quid in hijs videro salubrius per
modum consily per vestras licteras nostro celsitudini referetis ad m^o-
rem autem exprcssitatem negocijs gilium de yuar militem provisorom
castrorum nostrorum Sicilie consiliarium familiarcm et fldeleni nostrum
ad vos do omnibus super hijs oxpedientibus instructum plenarie duximus
transmictendum. Ipsum itaque lldum at'iuo credibileni admiotontes re-
sponsionem vestram in scriptis ut supra nostre celsitudini transmictere
per eamdem datum messane xxvij» augusti xiiy" Indictioni.
24 settembre i34i.
b) Qnibus sacro Colsitudinis vestro licteris por nos ut supra Receptis
earumquo serio plenarie intollectls statini ex parto excellencie vostre ba-
ronofl milit«'H et wìtoros nlio.s probos viros diclo Urbis ({ui convenerant
vocandi fucruut sincere, feclmas ot in unum congregatis palam dictia
HISCELLANEA
321
serenitatis vestre licteris et capitolis seriosius patefactis habitoqae inter
eos et nos unanimi Consilio prout decet diligenti veruni inter nos extitit
et diversitas aliqni enini in presenciarum laudabant huiusmodi preliuni
non peragendum et aliqui scilicet prò malori parte foro in dei nomine
in yeme qua propter vestre consulendo ut mandastis Rescribimus Celsi-
tudini ut huiusmodi prelium fiat yemali tempore et non nunc cum pre-
missorum in capitulis ipsis licterisque Ipsis consideracione cum yemale
tempus huiusmodi hostes equos armaque eorum in immensum domabit
et vi arcessat. scriptum panormi xxiiij'' septembris e. Indictionis.
Dal lley, leUere del Comune di Palermo, 1341-42, f. 5-C.
-o«Of€>->-
PER LA AIARTORANA
DOCUMENTO GRECO DELL'ANNO 1146
La Martorana, che è quel singolare e prezioso monumento palermi-
tano degno di ogni maraviglia e di ogni cui'a, ha trovato ammiratori in
tutti quei che amano le glorie della illustre città, e nell'architetto pro-
fessore G. Patricolo, un artista erudito che ne ha studiato amorosamente
la struttura e la storia.
Qualunque cosa a questo si riferisca, ed ogni replicato studio sul
medesimo riuscirà al certo non discaro a que' sagaci ingegni , che vi
spendono attorno tanti studi e tante premure ; perlochò credemmo non
gittar via opera e tempo, se nel secondare gli impulsi datici dal eh. pa-
lermitano Mr. Carini , veniamo ad esporre qualche nostra osservazione
sopra una membrana che per più ragioni a questo grande monumento
appartiene.
E per ora limitandoci a dire di ciò che si contiene nel documento
legale di una compra-vendita che fu per la prima accolta su quella
grande pergamena, altro non diremo se non che dell' opera che noi ben
volentieri vi spendemmo per averne una sicura lettura e farne una esatta
veraione , secondo che ci si era dato per compito dalla gentilezza del
prelodato amico.
Questi ci die in mano la membrana originale, salvata da lui , men-
tre andava perduta nel pubblico negoziato. — Noi la leggemmo senza a-
vore su quel monumento palermitano alcun che pregiudicato, nò precedente
notizia capace ad influire nell' emettere un parere critico. Dipoi la con-
frontammo colla pubblicazione elio no fece il Cusa nello splendido vo-
lume dei Diplomi gruco-urabi (pagina 7), e vi notanimo non solo delle
varìotÀ, ma eziandio vi facemmo sopra qualche osservazione/
In appresso avendo avuto l'agio di visitare il nobile monumento in
compagnia dei ProiT. Carini , Do Giovanni , Crisafulli , Boglino , ne com-
prendemmo sempre più l'importanza; e questa ci apparve ancor maggiore
quando ed a viva voce e dagli scritti del eh. Salinas vedemmo come questo
documento veniva a sparger qualche luce storica su quello splendidissimo
HISOÈLLÀKEA 323
tempio che fu eretto dalle fondamenta (come dice il nostro documento)
dalla pietà dell'ammiraglio Giorgio. — Questi eziandio ne conservò il pa-
tronato anche dopo affidatolo ad un protopapa e clero , come si rileva
dal documento medesimo.
Non possiamo non accennare un'osservazione interessante non potutasi
fare finché si durò nella mala lettura della sesta firma aXveiXo? invece
di [xovxXo? vstXo? , che si dichiara esser il Ao^OTiaxpw; , famoso tra gli
scrittori del suo tempo. Questa firma posta di sua mano nel 1146 , ne
determina chiaramente l'età e la dimora che allora egli avea a Palermo.
Disputaron di lui I'Allazio , il Cave , il Fabricio , 1' Oudin ed altri
diversi. Ora questo nostro documento può molto servire per chiarire e de-
cisamente determinare un tale punto di storia letteraria non aliena a
Palermo.
Per un fatto stranissimo questa stessa pergamena nella parte poste-
riore conserva molti versi.
Sono gli epitafi scritti per quello stesso tempio, od altri : de' quali
parleremo a parte, soltanto qui accenneremo che ci sembrano scritti di
mano di qu3l prete greco Costantino addetto alla stessa chiesa, il quale
scrisse pure il presente documento. E che di questo pure egli stesso fosse
non solo lo sciittore ma eziandio l'autore, ci sembra anche assai pro-
babile; ma di ciò altrove (1).
A noi per ora basti dar la lettura e la versione ed alcune note, che
la pochezza nostra ci concesse poter fare aftìn di obbedire alle gradite
ed amichevoli premure di chi, potendo aggiungere e nella sua dottrina pa-
leografica far molto meglio, ebbe la deferenza di voler al nostro studio
affidare queste membrane.
Presentiamo in prima il testo greco del documento riferendolo esat-
tamente linea per linea, con le omissioni e scambio di segni, ed appo-
nendovi dipoi speciali annotazioni.
(1) Vedi la nostra memoria — Delle epigrafi greche di Giorgio ammiragh'o,
deìla madre e della consorte, 1890; Archivio Storico Siciliano, anno XV.
824 MISCELLANEA
t o-Yvov x«-?^S VLxrjT.. (1) o'jìì^'-^'J v.-/.-jÀ.. (2) f aiyvov x^-P^s '.toàvvou uSo-j v.-
xoX.. (3) t ci'P'ov X^'-pòc O'ecStópot) uloù vty.oX.. f o^yv&v x^tpós vtxoXocou uloii
EÒYEvio.. xàv afiTjp (4) t oiyvov x=-?^? ^t-'vfjg iìovxxt;? O'jyaipò; suysviou xwv a|i..
t oiyvov x^'P^? OTS^avoo (5J (mcmlrana lacera).... (6) x^'P^S è^évirjg G'JYaTpòg
ytxoXctou. t
1 '^[isl^ ol Sia Twv o'.y.citóv uJioYpacptby xal ocYvtov (7) 5>jXou{i6voi tyjv TtapoSoav
ìYYP*?^'' '^^l svu-ÓYpa'r'''^ ^^^tl ^s^aiav Tipàoiv xt
2 OénsOa xal -o'.où|i3v éxousia f^ficbv x^ Tipoaipéasi x^P^S x:vòg pCag ì^ àvocyxrjs
xoò Jr,Xa)6rjOO|iévo'j otxou xaì xoii
3 uXi^otov aùxoù axa')Xoo xè xaì èpsiTioxoneJou (8), xo5 xpiìP'C't^Co'^'cos T^oxè eìg
o'.XTjiiaxa Jievxs Yvcopi^ofisva xo iièv ev
4 TO'J jpaxopog* xò 8'àXXov xo5 YsXatlioù xs{ijié|i(9)*xaìxò àXXov xoi5 Pa^ocXXo(lO)'
xai xò àXXov xoO uioO Pouxatpisg (11)" xai, xò àXXov xoù YsXacj;o3
5 oé^a xoò louSaCou ::pÒ5 -'iià? xoùj eùXa^eoxàioi); xXTiptxoùj xoO GsScu xal oe-
^aoiii'ju vao5 xoò sv x^ 7iavóp|i(i). ov ex pàtì-pcov
C àvr,Yeipsv d ravujtépxipiog àpxwv xcbv àpxóvxtóv xal à|i>]pà{ xSv à|fy)polSa)v
xOp (12) Y^tópYto; 6;i' cvó|iaxi xyjj TiavotYvou Osoiirjxopoc* étieI y^p ouvsPkj
7 xeuXeuxfJaai Ccotjv xtjv 3-oYaxépa (13) xoò àrcotxojiévou GsoSix ("14) . . . .u uloO
toO (laxaplxou xòp (Ih) eÙYSvlou xoO àiiyjp.. (16) àTcatSa xal àdiccGexov
8 ^Jpjiooe 8è Tj xauxrjs StaJcxv] xal xXr^povonla suol xè x'^ IJ.a|iIAiì a'Jxfjg vixKjxS
xal fjjuv xòtg Xì rpòg -axpòg xal [ir^xpò? Gsloi;
9 aÙTJJg xal Oalxig' x5> Itoivvr/ xtS OsoStópw xqi oxscpdvw xal xO» xùp vixoXotto.
ixt 8è xf) iXévTj xal x), |icvax>) àY^'^- ^^'^^ ^
10 jUXXoiuv 2ixve{|iao0-ai Tipo; àXXr/Xouj xrjv oùoiav èxslvr^g ócnaoav £ay] xe èv
àxivT(XO'.; xal Sor; àv xtvrjxolj xal aùxoxtvi^xois
11 x$Hòprixxi (17)'lvx xal xi); 4«*X^C èxelvrjc cppovxlSa Ttongawjiev xal xfflv livrj-
HooOvwv StaxoOxo xotvi) yvó)|ì») xal 5iaoxét|>«i
12 ttj SiiJtpaoiv xùv oixTj;i(ix(i)v èxeivyjj xal xo5 oxatiXou xal xoii.. oxonelou (18)
t4v nXt]a(C'V toQ «poSyjXwO-ivxoc Gtloo vaoO xfj? 6nep
18 arflxi 8tox4xou àjt«l5omv xal 8t) xotvoXoYilofll|i.«vot 6|ilv tols xX-ripixclj xffl
OioSwptt) T(!) vixoXdo) xò) xcovoiavxlvco xal xol; XoitcoIc x&
14 nipl xi)c iS(i)vi^?«i){ xo'jxo)/ (b; izXvjsiaaxal;. sQpo|isv (19) 0|Jiòif npo0u|ioutiivou;
i$(0Vi^3ao)H(i txOtx ix t<ì>v npooóSctfv t<Sv à-^iBp(od-ivxa>v
MISCELLANEA 32t:
15 àxiVTjTWV toù TOtoÓTOt) 0stot> vaoy Ttapà Toii {ivT]|ioveuO-évTog xxrjxopoj. Jtà
toOto xal finsjiVT^oaxe xà Tispl ty;^ ègcovy^oso)^ (20) TOÓTtov tc&
16 xtT|iopi. ó 5è. sTtÉTps^'Sv (21) u|jitv ày.coX'JTO)g TtoiVjaaad'ai xaùxa. xal èTtsL 7ie-
ptéoTYj ex xotvY^g àpsaxeJag yj rcaÓTi^ to"i Tqiviiiaxos
17 Twv TTiitpaaxofiévojv tbg etpy/Ta'. àxtvy^xoov sìj xapta ypua... (22) x'^-^ '^^iS
yapayy); xoj xpaxatoù xaì àYtou ^Y/ycf. i2oì> xr^v r.ap&Ooav
18 syypx'^ay npocaiv èxxiGéneOa Trpòj unàg xcù? SriXwGévxas xXr^pixoùj xal tC
uufflv Tipòg xòv Sr^XwO-évxa (23) vaóv. 5'.' y,5 tii
19 upocaxo|iev xà SvjXwO-évxa olxYjiaxa xYjg àJioixojJtévr 5 xal 7:po8y,Xa)9slar,s C****!?
6Xa èg óXoxXy,pou xa9-(bs rsptopl^ovxai
20 [lExà udvxtóv xwv Scxaitov aùx&v (24) xal upovoulcav xal ò'^elXsi Xo'.nòv ir.ò
XYjg orjiiepov Ssonó^siv xfiv TOtoiixoov àxtvi^xwv
21 ó fiYj^eìg Gslos vaój. ò:fslXoiasv yàp Je^svSeùeiv aùxà..à (25) xyjv xaOoXiXYjv xoù
vófiou 8e-f£volova ànò uavxòj Tipoowuou
22 ixxXnjaiaaxixo'j àpxr^xixoù xè xal tSioxixoù, xal à:i' aùxoàxoà (26j toù Btjixocìcu.
8e8a)xaxs 8è xal •^jilv nfioiv xoij itpocxais (27)
23 xò TcpoYpa-^èv xljiYjjxa xà x^^^* "^^^ XP'^''^^ xapta. "^|islg tè flc7i8S(óxa(isv ujilv
xolg xXYjpixoìg xal xà Sixa'.tóiiaxa
24 ócuavxa xcbv Siazpafl'évxcov oixYjjiccxwv oOitoj... 'apsoO-svxs; (28) xyjv xo'.a'JXY;v
Tipio'.v èxO-é|i£vot Ò!felXo|iev
25 oxépyeiv xal èii|iév£iv aùx'^ iisxà Ttavxtov xù)V xXyjp&v&nwv xal Zt.a.tóy^to'* :^|i<6v
xal |iY] 8... (29) xs Tipòg àvaxpozyjv xa-ix^jg
26 x^pelv lisptxùj yJ xaGóXou (30) ègolaaSi^ xtvo? alxla? jiY,xe jiy-v àvapywplav
upopàXXeaO-ai. sì yàp 5yj PouXyjS-cSusv (31)
27 xotoùxov xl Tioiy^oat. où iióvov oùx (32) eioaxouoS-y^oójisGa. dXX' ex '|tX^5 xal
|ióvY]5 ènixsipì^aecog OnonsooóneGa (33) 8óaet npooxlfiou (34)
28 èlenepwxY^osctìg Tip&g u|J.àg xoùj xXy;pixoù; xaià xòv xaipcv xoò 87]XoS'rjociiévo'j
Gslou vaoù xal xòv vaòv. y_p\>aoò
29 xapltóv Jiax^^'f*'^' ^PÒS 5è xò paoiXtxòv Peoxtdptov (35) xò xplxov xo6xo)v. izpbi
xw xal oOxog èppcJaO-.... (36) xy)v Tiapoùoav Trpiotv. xal (lévsiv ^s
30 Porlav xal èppa)|iévy(V (37)* xà 8s Yvcop{o|iaxa (38) xwv S'.ajrpa^évxwv àx'.VY,x(i)v
Ixooaiv ouxtog. xò àvaxoXixòv gcDg
31 olxou PouoéxeX xou tou8a(oi) utoù pouppl^x (39)' xò iisoyìji^... (40) iiog xoó
xslxo'JC toù JtaXatoii fioxeoog* xò Juxtxòv Itog clxou xoù
C2 moù p&ù oiXtvou (41)* xal xò àpxxùiov iioj xy,c 65o0 xyJs {>.... «.yr^z- (42) xal
ex xatixYjs (43) al sìooSoégoSot aùxcbv. èYpct(yY] (44) x^ TrpoxpoTiYj xoù
tsptoxoExou
33 TiptOTonaTià (45) tióXecdj navóp|aou xòp ffaatXstou (46)* x^^P^ xwvoxavxlvcu eùxe-
Xcùg lepécog* èv n(...JE|JLPpi(p (47) IvStx. I xoO ,5 xne' èxoug f*
t ó sùxeXyjs npwxonanac TtóXetos uavópiiot) PaalXeto^ ÓJiéYpai^a tóioxeipuc (49).
326 mSOELLAKEA
t Hoaìjy et xal àvacgiog ispsù? T'^g &fixz àyid-riz {lapxuj (50) OnéYpa(}»a ìSioxsCpcos
t xtovjxavxlvog sùieXTjs Ispsò; {lapT-jj ÓTcéypa^a f
t ìwarjq) ulòg vixoÀiou toù Xsvx" '^51) jiaptus bizéfpa^oi,.
t TP''iYÓp'0? si xat àvigto; eÙTsXTjg Ispsò; (lipiug uuéYPX^^a itiox^ipax;-
t 6 sùtsXtjs [lovaxò; (52) velXog 6 Sogozdxpiog xal aùx(òg) [ioìpius ujiéypacl'a f
t à3p3C- Ji'.os sì xal àvigios ispsùg xf^s affa? ^ap^oipas jiccpTUs ÓKéypoL'^x itioielpoìz
X
t 6 sùxsXtjs Xétóv (53) xat Ispsù? xoù dv^ou vtxoXiou ^op...(54) iioEpxug ónéypa^^a
ii'.oy^tipmz.
t tu sì xai àvàj'.og ispeùs xoù àyioo 8T;|i.rjXp:ou [idcpxug 0::éYpa4'*'
t 6 sùxsXtjs lepsù; vixYjcpópog iicxpxug ÒTiéYpacJ^a f
f ó xoò àpxf(ovxos) xtòv àpxóvx(a)v) ulòg vtxóXaoc [idpxus 5;:éYpa'4'a.
8tx , ^
t xaYO) 6eo) (55) sùxsXyjs Ispsùg iiotpxuj 67réYpacj;a.
X t?
t àvSpéag 6 dp ix (56) TióXswg Tcavópiiou fiapxuc 57iéYpa4»a (57)
La pergamena in Lasso è ritagliata , quindi mancano alcune sottoscrizioni,
delle quali rimane per qualche vestigio di estremità superiori di lettere o segni.
La medesima pergamena nella sua parte esterna (1) reca alquante indicazioni
relative a questo istrumonto. Benché siano di tarda età e segnali di repertorio
e di archivio li riproduciamo in nota , per dar tutto quello che si riferisce al
nostro documento prima di presentarne la seguente versione , ed alcune anno-
tazioni.
(1) Nella retropagina olirò i Tersi altrove riportati loggiamo in caratteri del secolo
XIV-XV. In»ttiiment.,. domorum eccU^iariim.
E di scrittura più roceut« tì st le^ge Anuataa.. e pid sotto cp. e. 2* 8.
Kd inultre ancor più ree«ntein«nte : Canonici Deipare Virginin tiiinudam domoa in
urb4 IhiHorml tunrunt «r rtdditibua iptiua teeUaiaé.
I>i poi yum. 76 Or. vrnditio quarumdam domuum faeta Cleriein Deipurae Virginia
de Admirato, qua» domua ip»i Clerici emerunt ex redditibua ipaiua Eccìeaiae. an, lli6.
U1SCELLA.NEA 327
t Signiiin manus Nicetoae uxcris Nicolai.
t Signum manus Ioannis filii Nicolai.
t Signum manus Theodor i filii Nicolai.
t Signum manus Nicolai filii Eugenii de Amira..
t Signum manus Agnetis monialia fiUae Eugenii de Ami..
t Signum manus Sfephani..
t {Signum) manus Helenae filiae Nicolai t
Nos qui superius declarati sumus per subscriptioiivS et signa, disponimus et
faci'mus hanc venditionem scriptain et subscriptam et confirmatam et libera no-
stra voluntate absque violentia vel necessitate de doniu inferius descripta cum
proximo stabulo et loco demolitionum , qui antca repraesentabat habitacula
quinque bene cognita et distincfca, quorum alteruni erat Fatoris, aliud Gclapsi
Temmen, et aliud Bazallo, aliud filii Buchairies, et aliud Gelapsi Seba iudaei. Et
haec venditio facta est vobis venerandissimis clericis divini et vencrabilis tem-
pli, quod in Panorino extat, quodque e fundamentis excitavit honorandissimus
princeps principum, et aniiras amiradum doinnus Georgius stib titulo purissimae
Deiparae.
Quoniam itaque contigit absque filiis et sine testamento, supreraum obiisse
diem Zoem filiara defuncti Theodic. filii iara beati vita functi Eugenii de Amirado,
devenit Zoes haereditas mibi Nicetoae aviae illius, et nobis ex parte vel patria
vel niatris avunculis avunculabusque eius , Ioanni et TLeodoro et Stephano et
domno Nicolao, et insuper Helenae et moniali Agneti.
Et cum divisuri simus omnem substantiam eius, quse in bonis sive mobilibus
sive immobilibus , nec non sese moventibus, extat ut de ipsius anima et com-
memorationibus eiusdem curam babeamus, ideo communi sententia et deliberatione
convenimus ad venditionem babitaculorum eius et stabuli et dem(ditionum loci,
quae omnia sunt apud dictura divinum templum sanctissimae Deiparae. Et nunc
vobiscum convenientes clericis Theodoro, Nicolao, Constantino caeterisque circa
cmptionem horura locorum, ut nobis vicinis , invenimus vos ad emendum esse
paratos ex redditibus bonorum immobilium, quae praedictae sacrae ecclesiae oblata
sunt a supralaudato fundatore. Iccirco et de hac emptione consultum babuistis
fundatorem, qui et permisit haec vobis agere absque ullo impedimento.
Quoniam vero placuit, utraque parte consentiente, statuere quantitatcm pretii
circa valorera rerum venumdatarum, ut dicitur, immobilium ad tarenos aureos
mille, referentes excusam notam potentis et sacri regis, ecce nunc scriptam ven-
ditionem facimus et tradimus vobis praedictis clericis , et per vos praedictae
ecclesiae.
328 MISCELLÀNEA
Per venditiouem praesentem vobis venum damus pracdicta habitr-ciila iuris
defunctae et praefatae Zoes omnia et ex omni parte sicut definitum est , ciim
ctnnibus iuribus, privilegiis et pertinentiis; et ab hodierna die haec immobilia
possidere debet praofata sacra ecclesia. Debemus autem ca defendere per universa-
lera legis defensionem ab omni persona ecclesia&tica sive in dignitate sive non
constituta, atque ab ipsa publica auctoritate.
A vobis insuper iam traditum est nobis omnibus vendentibus praefatum
pretium naille tarenorum auri; nos vero tradidimus vobis clericis iura quacque
omnia in supradictis aedibus.
Hoc pacto et comuni beneplacito peracta hac venditione. debemus eam vali-
dam et firraam tenere nos omnes ac haeredes et successores nostri ; nec re-
servamus aliquid sive ex integro sive ex parte, nec ab ea resilire ex quacumque
ratione , neque egestatis causa et praetextn. Si vero aliquid huiusmodi agere
praesumpserimus, non modo volumus non oxaudiri; sed ex solo attentatu in eam
poenam incidemus, ut clerici futuri predictae ecclesiae et ecclesia ipsa possint
praetendcre tarena bismille, et regium Vestiarium partem liorum tertiam. Hoc
modo corroborare et confirmare volumus liane venditionem, ut talis semper
maneat.
Confines ^ero cogniti praedictarum aediura haec sunt: Ab oriente usque ad
domnm Basechcl iudaei filii Bourripch... A meridie ad moenia antiquae arcis.
A septemtrionibus usque ad viam r. . . ages : et in hac via suut introitus et
exitas.
Scriptum est ex commissione sacratissimi protopapae urbis Panormi domini
Basilii manu Constantini Lumilis sacerdotis mense (Nov)ombri, Indictione decima,
anno 0055 (Ch. 1146).
t Humilis protopapa urbis Panormi manu propria Basilius subscripsi.
t Io3sph, etsi indignus, sacerdos sanctao Agathae testis subscripsi manu
propria.
t Constantinus humilis sacerdos testis subscripsi.
t loieph filiu? Nicolai Lent . . . testis subscripsi.
t Gregorius, licet indignus, sacerdos tostis subscripsi propria manu.
t Humilis monachas Nilus Doxopatrius et ipse testis subscripsi.
t Abraamius sacerdos, etsi indignus, sanctae Barbarae , testis subscripsi
manu propria.
t Humilis Leo et sacerdos sancti Nicolai Bore, testis subscripsi manu
propria
t Ioannes, etsi indignus, sacerdos sancti Domotrii, tostis subscripsi.
t Humilis sacerdos Nicophorus testis subscripsi.
t Nicolaus filius archontiit archontum testis subscripsi.
t Et ego Thoodic... humilis sacerdos tostis subscripsi.
t Andreas Arcb . . . urbis Panormi testis subscripsi.
MISCELLANEA 329
(1) Le prime sei firme sono alla parte superiore della pergamena, di cui nella prima
VHcrx.. dal Cusa si legge vixyjtoo; ma essendo questa la donna moglie di Nicola, devesi leg-
gere vtXYjTò) Nicetoa, come vediamo più sotto nel corpo del diploma (linea 8). Questi nomi
così formati dal consimile maschile, hanno una siffatta desinenza come 0eocpavó& ed altri.
vX
(2) La sigla vt viene sciolta bene dal Cusa in vixoXaoo, che è il consorte della pre-
detta Nicetoa.
(3) Qui pure ricorro la stessa sigla, e così nella seguente firma.
(4) Il Cusa completa la parola anT]poU( ma dal contesto e da ciò che si legge nel corpo
del diploma, credo debbasi leggere todv aiiirjpaJeov. come pure nella seguente firma. Ve-
dremo ciò confermarsi nei versi degli epitafi per Geòrgie l'ammiraglio dettati dallo stesso
estensore dal presente documento. L'afirjpag ttov afXYjpaScov è comunissimo.
(5) Le ultime lettere di questa firma come le prime della sesta seguente mancano, es-
sendo lacera la membrana. Nella sesta il Cusa aggiunse in principio la parola o£yvov.
(7) Presso il Cusa fu scritto oJyvo.
(8) Nell'originale non apparisce il segno ortografico dello Q^sv che indica la-eonginnzione
delle due parole epeino xoTtetou in una sola c'haun solo accento. H segno che sta sotto
appartiene alla linea seguente, ed è pel nome proprio.
(9) Qui il nome proprio Te[i|ié|i specialmente è indicato colla lineola soprapposta. Così
altrove , come in molte scritture antiche si soprappone la lineola ad indicare il nome
proprio; il che equivale alla nostra iniziale maiuscola.
(10) Noi leggemmo Pa^dXXo ossia vaagallo, ma secondo le figure della scrizione può
pure leggersi col Cusa po^otXXo, come anche p«^dcXXo.
(11) Qui non possiam convenire colla lettura del Cusa iiauxafpsg. Al margine nel prin-
cipio di queste prime linee si vede una profonda rasura, donde non traspariscon che pochi
vestigi di lettere.
(12) Il Cusa legge queste parole afjiir)p xwv afiyjpwv xupiog, a noi sembrò dover leg-
ger diversamente, specialmente nella terza parola, ove si vede il 8 soprapposto. Dopo ciò
bisognò leggere precedentemente a|i7]pa; invece di a|iir)p. Ciò devesi fare anche per la ra-
gione etimologica della voce nostrana amirale, ammiraglio in cui fu trasformato la voce
emir ed amirà. Del resto vedi ciò che si nota al n. (4) ed in altre osservazioni intomo al
nostro Giorgio.
(13) Nel Cusa si legge 8iÌY*fP* *^^ P"^ ^'"' regolarmente; e la membrana un po'
guasta non vi si oppone.
(14) Il Cusa scrive così questo 66o8lx, nell'originale però non vi è quell'accento, ma
bensì la lineola ad indicare che il nome è di persona. La stessa mancanza della membrana
non ci dà che un'ultima lettera di questo nome personale, seppure questa lettera non ap-
partiene ad altra parola. Nelle firme alla fine il nome è abbreviato. Può essere un 6eo8ixaiou
0 simile.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XV. 22
380 MISCELLANEA
(15) Presso Cusa fa letto jiaxapHOTiTOU xópiog.
(16Ì Presso il Cusa àfii^poi). Di questo nome fu parlato sopra.
(17) Accentuasi xsGsopfjxai presso il Cusa.
(18) La membrana è lacera, e mancano i primi cinque elementi della parola epeiTto-
xcmsiou.
(19) Presso il Cusa lo spirito si se^a per tenue eOpofiev.
(20) Si scrive non atticamentre presso Cusa èfoovi^oeog.
(21) Fu scritto presso il Cusa è^iCxpe^^sv. Nella stessa linea l' originale ha -^ TiooÓTtg.
(22) Si completa j^puooù presso il Cusa, come è scritto in appresco (linea 23). Mn
forse qui la mancanza del to3 vorrebbe si leggesse x(i«aà.
(23) Si scrive SirjXo^évTa presso il Cusa.
(24) Fu scritto presso il Cusa aÙTOÙ.
(25) La membrana forata non lascia vedere altro che l'ultima lettera. La parola intiera
presso Cusa fa ben completata xaxà.
(26) Nell'originale si replica xoò leggendosi aoxoù xoS toù.
t'
(27) Il Cusa completa Tipccxoi? la parola scritta upa
(28) Dopo ooxtog la membrana è lacera; ma devesi supplire eù in principio della pa-
rola eòapeoWvxec non completata da Cusa.
(29) Qui la membrana è un po' guasta ; e secondo gli elementi superstiti e qualche
supplemento ci sembrò poter leggere |it) 8wp,ev xe, od altro con 6(i).. ev., ovvero 8óv.. ev
mentre il Cusa lesse \]A\ 8uvd[ie^ xe, alla qual lezione non ci sembra poterci conformare.
(80) Presso Cusa fu scritto xaG'fiXov.
(81) H Cusa scrisse ^ouXi^O(i)|isv.
(82) Presso il Cusa si legge oò (ióvovoòx.
(88) Leggesi finoueoóiieGa presso il Cusa.
(84) n Cusa qui lesse 8(òoeiv npoox([XY]p,a. Sebbene nella fine della parola Swoei possa
sembrar che vi sia una emendazione, nell'altra però si vedo chiaro il dittongo finale ou
della parola, che non può esser npoax(|Ji'y)|ia.
(86) Il Cusa lesse peaxCov , ma nel nesso delle lettere apparisce che vi era anche la
latterà p , e quindi leggemmo Peoxidpiov ossia la camera fiscale.
(86) Precso il Cusa la parola è completata ippSod-ai.
(87) Fu scritto ippop,ivT)v presso il Cusa.
(88) Ivi ta scritto YVop{o|i.ata.
(89) A questo nome non è soprapposta la lìneola dei nomi personali.
(40) Il Cosa scrisse ^ovj^pivov ben completato in fino, ma deficiente di un |x alla se-
conda sillaba \itayi\i,^^
(41) Nella pergamena gli accenti e la lineola posta alla seconda parto persuadono a
Isfftre ^00 oiXCvou.
(42) Il Cusa omette i pochi elementi p.. aytjC «ho sembrano apparire nella guasta
ibrMia.
MIS0T5LLANEA 331
(43) Si legge èv xatiTYji presso il Ousa, ma la pergamena ha ex TaóxTjg.
(44) La sigla non ha il doppio yY secondo il quale fu letto SyYpanxai dal Cusa.
TT a a
(45 La sigla a, iz n sì deve leggere 7tp(i)T07:anfi. Questa è ripetuta poi nella sotto.
scrizione senza l'accento sulla sillaba finale.
(49) Il Cusa completa il nome in PaotXiou.
(47) Presso il Cu=a si completa |ir]vl . . . t]i^pio, ci semhrò vedere un (o) avanti sjiPp..
e quindi si accerterebbe il mese di novembre.
Ancorché non si voglia ammetter con sicurezza qui indicato il mese Novembre, e quindi
si possa oscillare tra il Settembre e il Dicembre, sempre però dovrà ammettersi che sia
uno de' quattro ultimi dell'anno secondo l'èra volgare. Or bene si sa che la indizione co-
stantinopolitana e l'anno relativo comincia al primo di Settembre, ed inoltre che per ridurre
le date costantinopolitane alle nostre convien da quelle sottrarre 5508 se trattasi dei
mesi Gennaio-Agosto, ma se trattasi dei mesi Settemhre-Dicetnhre devesi sottrarre 5509. Nel
caso nostro questo calcolo ci dà sicuramente 6655 — 5509 = 1146.
(48) La sigla t fu dal Cusa interpretata per (C)^tv.v.Vfi. Ora ponendo a confronto I'ìd-
dizione coiranno 6655 troviamo che l'indizione dove esserla (?#r«ma. Vedi la Paleographie
grìechische del Ganlthausen, e quindi il novembre od altro mese con quella finale corri-
spondono al 1146 de'l'éra volgare.
(49) Qui e di sesmito il Cusa accentua iSioxetpSv» ™* nella membrana si vede 1' ac-
cento acuto nella penultima.
(60) Qui e di seguito il Cusa scrive fiipxup invece di {lotpxoj.
(51) Invece di XevT, come apparisce nella membrana, ta dal Cusa scritto Xéovrof.
a
(52) n Cusa non lesse fiovaxò? la sigla X e la congiunse al nome seguente axvetXos,
e quindi, come avvertimmo, non appariva bene il nome del celebre Nilo Doxopatrio.
(53) Presso Cusa si legge Xeov invece di Xétov,
(54) Non sapremmo completar questo nome che eziandio il Cusa leggo Popx...
(55) Il Cusa completa il nome, 0sto8fxos, che potrebbesi leggere 9-eoilv.aiOi. Lo spazio
che danno le lacune nel corpo di questo documento alla linea 7 (not. 13), ove pare che
ricorra lo stesso nome, confermerebbero una siffatta lettura.
(56) Questa sottoscrizione fu letta dal Cusa avSpsa; papx..o apx... tyjc no\. Travopiioo.
X X X ti
Nell'origi-file non apparisce quel Papx... masi vedo f avSpsa? ó àp TCx tto Ttavop Su di
ciò chiederemo spiega ione ai dotti conoscitori delle cose palermitane.
(57) Sotto la prima 'onna dello firme os'jìa dopo la triunta da noi riferita, si vedono
spuntar duo e.",tremità superiori delle croci che precedevano il nome, laddove la pergamena
fu per tutta la sua lunghezza tagliata e , per dir così , rifilata , come sopra avvertimmo.
Per cui almeno ci mancano due firme, come sopra avvertimmo. Chi sa che in antiche copio
del diploma non fossero state riferite , come ci vien riferito quello che a tergo vi si leg-
geva, ed ora non si ha più, ossendone tagliata la membrana. Di ciò diremo parlando di a'cmi
epitafi metrici posti nella retropagina della nostra membrana.
832 miscellàkea
Esposte queste poche osservazioni che ci fornisce la pagina della per-
gamena oltre ciò che fu detto in principio, pensiamo aver compiuto alla
bella meglio il nostro piccolo studio.
Egli è vero che a più abili studiosi qui si presentano non poche osser-
vazioni a fare di diverso genere come le storiche sulla ben ampia fa-
miglia di Giorgio l'Ammiraglio, sulle monete auree coll'impronta dal re:
e sulle giuridiche riguardanti le successioni di persone morte senza testa-
mento, e come la nonna succedesse alla figlia del suo figlio e con lei
altri parenti: come si applicassero le pene comminate e se ne desse
parte alla camera (peorcàptov o vestiarion) fiscale. — Non vi manca ma-
teria per osservar la topografia di Palermo, su cui sì dotte ricerche fé' il
eh. Prof. Di Giovanni, ed anche la dimora ed acquisti dei giudei in quella
città , non che la indicazione di alcune chiese di cui si menzionano i
rettori. Altri altre osservazioni secondo i loro studi potran ben fare, e
noi sarem ben lieti di aver apprestata almeno la materiale lettura del docu-
mento nel modo migliore che ci fu possibile.
Roma dalla Biblioteca Vaticana 9 novembre 1889.
G. CozzA-Luzi
DI UN SINGOLARE GIUDIZIO
DA UNA PERGAMENA GRECA E LATINA DEL IH?
Alcuni credettero che il diploma dell'anno 1117, che qui riproduciamo,
fosse già pubblicato dal Cusa con un consimile testo latino creduto ver-
sione del greco {Diploma XVIII, p. 416) ; ma però rivedendolo qui, e
confrontandone la nostra, qui unita, versione dal greco con l'altro atto
latino che si legge nella pergamena (atto erroneamente creduto versione
dell' antecedente) , vedranno qual diversità passi tra il testo ladino e
greco e come dal greco non fu mai pubblicata una vera versione, E
dicendo ciò debbo notare che il Cusa ha pubblicato i soli testi greci.
Le traduzioni furono rimandate ad un 2° voi. che non si è poi stam-
pato. Tuttavia dirò che ambedue quei documenti non furono riprodotti con
quella esattezza che si potea aspettare, come meglio si potrà vedere nelle
note che si aggiungeranno.
Per tali motivi credo far rilevare che non si potè da molti ben ap-
prezzare l'importanza del singolare documento storico presentatoci dal
testo greco , e di cui non si fa esatto cenno in quello 'latino. E pure
deve esser assai caro ai cultori delle siculo memorie.
Come ognuno può in questo vedere, l'arcivescovo di Traina e Mes-
sina, Guglielmo, postosi in visita ne' luoghi di sua giurisdizione ebbe
a fare questo singolare giudizio riferito ne' nostri diplomi minutamente
come un moderno verbale.
Gli si presentarono alcuni Acarensi ricorrenti contro alcuni monaci di
S. Filippo di Demenna (1) come sofferenti da costoro vessazione nel racco-
gliere il fieno in alcuni terreni. L'arcivescovo per proceder maturamente
nell'esame fece radunare i notabili del luogo, che nel medio evo erano
(1) Il Silvestri nel suo lavoro intitolato: Il Tabularlo di S, Filippo e di S. Maria
de* Maniaci.... pubblica i soli diplomi latini.
334 uiscellàneà
detti i probi viri o come qui i hoìii homines loci ; e li interrogò sul
fatto e sul dritto a proposito del ricorso.
Il fatto restò stabilito, che que' monaci raccoglievano il fieno od
usavano dell'erbe di que' campi.
Ma riguardo al diritto tutti unanimi quei boni homines loci, i quali
venivano a comporre una speciale giuria locale, a lui fecero questa re-
lazione ben singolare. Parlando a nome comune tutti que' personaggi
ad uno ad uno nominati dissero al vescovo — "0 santissimo nostro si-
gnore, or bene sappi tu che noi dedicammo quei terreni al Monastero di
S. Filippo (di Demenna o Fragalà), perchè , essendo stati molti dei no-
stri fratelli o conterranei soprappresi dal maligno spirito ; soltanto ne
restavano subito liberi coloro che si rendessero monaci, e così quei piccoli
di età che promettesser ciò fare in appresso. Laonde per amore dei nostri
fratelli e figliuoli noi consecrammo e donammo i suddetti terreni al Mo-
nastero.
Dopo aver narrato quanto ebbero fatto da loro parte , vengono
a dire quel che facesse il monastero per gli Acaresi. Ma qui disgrazia
tamente vi è qualche parola poco leggibile; od almeno ne è poco intelli-
gibile il c(jpcetto, e non possiamo perfettamente accettar la lettura del
Cusa, che vi les;se l5o)xev '^dibiO'V quasi dica dedit vitulum. Si sospetta
che fosse quella sigla un espressione di porjQ-tov luogo di piccolo rifugio
od aiuto, oppure un jiovcScov quasi piccolo ospizio di monaci; ma nulla
possiam dire di sicuro, come meglio nelle note. Crediamo che volessero
dir presso a poco così; L'egumeno (od abate del monastero) poi dette a
noi un piccolo locale come monastero, e il monastero è nostro, ed ivi a-
hUano i nostri fratelli; potendosi ciò forse meglio che ogni altra inter-
pretazione arguire dal contesto della testimoniauza prodotta nel nostro
documento originale.
Per un giudizio completo non si contentò Guglielmo di queste una-
nanimi e spontanee confessioni; ma scrisse una lettera all'abate del mo-
nastero, e chiamatolo a so udì confermarsi esattamente quanto i boni ho-
minei Acarensi gli ebbero riferito.
Accertato così lo stato delie cose, fé' scrivere un doppio documento
l'uno greco e l'ai Irò latino mostrando di aver respinto il ricorso indebito
e conformando lu donazione delle torre ^ comminò le usate pone a chi
contravvenisse ai patti od alla sua sentenza, lagliondo anche a qualun-
que autorità ooclusiastica il potere ritornare su questo giudicato. E nel
UISOELLANEA 335
documento latino dichiara essersi ciò fatto di consenso dal capitolo e
clero de' suoi arcivescovadi di Traina e Messina. Pare poi a conferma vo-
lesse che varii nomi de' principali di que' cleri vi fossero sottoscritti,
tra cui è un Magnus Precentor o gran primo Cantore, un arcidiacono e
due camerlenghi.
Su quest'atto richiamiamo gli studi dei dotti cultori della storia si-
cula. Vi potranno far osservazioni giuridiche^ storiche : rilevare le me-
morie del Guglielmo di Traina e della estensione di sua giurisdizione,
e notare le forme semplici e rette del suo giudicato. Rintracceranno chi
fosse l'egumeno di S. Filippo di Demenna, e forse taluno de' nominati
in arabo i documenti. Potranno aver qualche lume sulle cose topografi-
che di Liraina, Castro, Storiano: e nella loro sagacia trar profitto da
una nuova pubblicazione testuale di questi scritti fatta con la maggior
cura che ci fu possibile.
Ogni special merito di ciò debbono darlo al loro concittadino onore
di Palermo e della storia siciliana , il carissimo a noi Mr. Carini , il
quale salvò queste pergamene ite fatalmente sperdute tra vecchi ciar-
pami ed esposte a pubblica vendita, in pericolo di esser usate in usi
lacrimevoli ; e mentre ora le vuole rimettere a' loro luoghi di salvezza
e di onore, m'impegnò nella sua amicizia a farvi sopra qualche studio;
ed ora il presento.
Noterò che nella parte esterna della membrana si legga:
+ OYjYtXtov xou apxt67«ox(i)n(oo) zf^ iieoy^vyjc.
e superiormente.
lu privilegiu de li terri de lemina a la ra
In altra parte:
Ttepl Tó5v x.op*'?'''*^ "5^? ^'fìV'-'^'^i 'tal to3 ocdoxpou xal to5 oxoptavoii ..xò tic&j
Soxepgev auxa o apxYJSTiioxorto^ usoatvirj^ Sta xijv jiapxipTjav xtov ayaO'tov avJpwv
xo)v acpiep(t)aavx(t)v aùxà
Più recentemente:
1117 Galielmus archiepiscopus Messan, concedit Man S. Ph . . . Prag. terrai
Liminae, Castri et Storioni.
336 HISCELLANBA.
Sotto questa è un'altra scrittura in gran parte perduta:
limina
e di lu
filippo
Fragola ....
e al di sopra di questa è una memoria greca di cui si legge soltanto
+ z{oìì) apxtsTttoxonou fO}}X6ifi\i aiìfdXioi.
e segue in latino un altra indicazione così:
li ferri de limina de {s)toriano
Nell'interno poi si leggo il documento che riportiamo fedelmente con
tutti i suoi errori di scrittura ed apponendovi alcune note.
>J< YouXiéX^og évGso) eXaCou (1) àpxisnCoxouog Spai^vag 8à xal lAsaofvyje (2)"
TÒv jiàpx'.ov jiìfjv (3) et€ xàg iri'^ xyjs tvStin;. v". (4) . . . ., (sxoug ....?)
igXS-aoiv npóg jis ol avS-pconoi xùv axotpcov (5) óvxco? xajjLO'j èxeìas. npòg xo
:q81v (6) xYjv è|i7]v xtt>P*''' ivaxaXoSvxa o vixóXag o PptyyiXoc xaì vtxi^xag (7)
xaXi(i)vci( xaL ^EÓdtopsg utog vixoXocou xovSoyo'XocxYj- 6xi oi [iovaxoi xoO aytou vt-
xoXotcu xal x^Coìvac C8) éSrjpav i^jiàc (9) 8ia xo x^Pto^ sig xo xdcaxpov xoOxo) 8è
xd(ioù àxoùoavxog* èouvdS'pirjaa dTiavxaj xoùg xaXoùg àvO-pcÓTiouc XYjg èjifj^ x<*>P*C
Xoipù) (10) otepetc xat (11) xal Xatxoòc xov npe^uxe (12) cpiXi:f:nov xal npépuxe
paoiXccov (13) xal uéxpov ^uax(i>[iT]v xal XeónapSov gepoi^ocvx^Tjv (14)" xat, vixó-
Xaov pdxav xal d'eóSoapog xaiivax..(15) xai oépyiv tpejictx^^rjv xal Tiéxpov tpojaap.. i,16)
xat vixóXaov pov8.. (17) "xal vixóXaov xovSoyaXàxTjv xal yeóp-fioy voyaptx.. (18)
xou àvSpéav XlgaX* xal xoùg dXXou; éxépouj xaXoòg avO-pwnoug X'/^g X<**P*C' '**^
ipcbxTjaa auxoùj* 8i« nolov upaynav ércixpaxoOv (19) ot [iovaxoc xr)v x^^P*''' 'i*'
dntxpl6T]oav d:;avx«c Xéyovxsc. iijJii^c (20) aytwxaxe 7]|id)v auO'Svx.. (21) acpvjepcoaanev
ta x.op<i<fiOi «ig XTQV |i(>)VY]v (22) xoO otyiou cptXlunou. Sicóxt xyjvèg xùiv »]|i(bv àSsXcpcbv
òxi^PX^^^^ nvtujMXYjoiiévoc- xai napauxlxa ó zìi '{i'^tzo (23) jjiovaxòc' àOepaneÙEXo.
xoU oiXXoi xa6o|ioXoY7]|iivoi àn9|iixpó9.. (24) Iva yivovxai fiovaxoi* xal 8ia xvjv
aYanifjv x(OV T](uxépa)y aStX^ibv xal xixvwv a^Tjcpcooafisv duxà eig xy)v |ìovy]v.
A
xtu ndXiv 0 v)YOU|itvoc i8a>x«v Y]|ilv xlvoc Poi., xivo; dXoyov (25)* xai xo |xovaax>]piov
T))iéxtpov undpxti xal oi aStXcpoi v)|jiu)v 6nap(xouai) ixsl* xoùxu) 8c xa|JioO axouoavxo;
dnoouXa "(px'^^t ti^ xov fjyoui^ivov (va tXi>T] npóg |Jis. xal sXd-ùv tntpobxTjaa
cUnóv xal «Incv |ioi xov aùxòv Xóyov. xof)xu> 8» xa)jioù axoòaavxoc xal I8(>)v xo Slxaiov
MISCELLANEA
337
ÓTi Sixaióv eoxtv £và éxouv aùxa oi jJtovaxol (OC xat [lapTUpoOv auxa ot xaXol àv-
■S-poTiot Ttóv axcipcov xal SoxepSa auTcòv Eva éxouv anavxa xo?»?!.»' t^c Xtnvag xat
Tou xctaxpoa* xal xou oTopiavoù ixP^ xepfiaxa atcòvwv xall ( 27) xtg 8 av èrnoxouo^
1^ apxisTtCoxonos "q SouXoj xtjc èig (28) xy]v apxieniaxo;r(7jv) xtjc jieooCvyjg (29) cpavYj
evavxióvxa xoùc (lovaxoùg xoù àytou cptXtuTrou oxì^ xo avocS-eixa xcòv x t Yj àytitìv
6socpópov (30) 7taxépo)v xat é|j,oO xoO àjiapxioXoO dpxtsTcìoxónou YouXiéX|Jiou. xoOxo
8é énoiTjo.. (^31) xaxsvÓTiiov Tiiaxwv jiapxupov.
Ecco la versione letterale di questo documento qual'ò realmente nel
testo greco diverso dal simile in lingua latina che riporteremo.
t Gulielmus miseratioue divina archiepiscopus Drainas et Messinae.
dio XVllI mensis martii Indictione III. (anno ).
Ad me venerunt homines Acharenses, cum apud eos essem ut regionem
jneam visitarem, et reclamaverunt Nicolaus Briggilos, et Nicetas Callionas et The-
odorus filius Nicolai Condogalati quod monachi sancti Nicolai et Chazanas vexa-
bant nos ut foenum vel herbas facerent apud Oastrum. Quod cum audissem, con-
gregavi omnes bouos homiues loci mei Charò presbyteros et laicos, presbyte-
rum Philippum et presbyterum Basilium, et Potrum Viscomen, et Leopardum
Zerotzanzin, el Nicolaum Hacan, et Theodorum Camnac ... et Sergium Psematzin,
et Petrum Tromarchfum) , et Nicolaum Rond.. et Nicolaum Condogalate , et
Georgiuiu Nogarit.. et Andream Lizal et alios caeteros bonos homines loci;
eosque interrogavi qua de causa monachi in loco isto dorainarentur. Omnes
vero rosponderunt: — 0 sanctissime domine noster nos conseoravimus campos
monasterio S. Philipp!, quia fratium nostrorum quidam correpti fuerunt a ma-
lignis spiritibus ; et cum quis fieret monachus statim sanatus erat , et quidem
alii parvae aetatis, si futures se monachos promitterent. Ideoque ob amorem
fratrum et filioruni nostrorum illos campos dedicavimus monasterio; et tunc e
eontra rursus hegumenus dedit nobis (hospitioU cuiusdatn compenaationem) et
monasteriura nostrum est et ibi manent fratres nostri.
Quae ego quidem cum audissem epistolam misi hegumeno ut ad me veniret.
Is cum venisset, eundom interrogavi, et eadem mihi retulit.
His omnibus a me auditis, cum vidissera quod et quale ius asset, et quod
iustum est eos campos a monachi s detineri, ut iidem testati sunt boni homines
Acharenses, idipsum confirmavi, ut ipsi omnes retinerent campos Lininae, et Castri
et Storiani, usque in perpetuum. Et si quis autem episcopus vel archiepiscopus
vel administer archiepiscopatus Messanensis videatur adversari monachos sancti
Philipp!, haboat anathema cccxviu sanctorum divinorum Patrum et mei licet
peccatoris Guileimi archiopiacoi i. Hoc autem feci coram fidelibus testibus.
338 MISCELLANEA
(1) Riferiamo esattamente in questo documento la cattiva scrizione della pergamena
originale conservando anche gli errori degli accenti e spiriti, ed avvertendo le varietà dal-
l'originale e come si leggono presso il Cusa, il quale, secondo dicemmo a suo discarico, non
potò vedere gli originali; ma si dovette avvalere di una copia erronea; ed egli valente
paleografo vi si attenne forse molto scrupolosamente per fedeltà. E qui év9cli sXaiou
credo che debba emendarsi in èvOéq) èXést, che è la formola divina miseratione.
(2) Cosi sono scritti i nomi invece di Tpatvyjg e Msaav^vvjj.
(3) D Cnsa scrisse tiT]va.
(4) Dopo il numero y' dell'indizione evvi una rasura non avvertita nell' edizione del
Cusa, ove dovea esser notato l'anno, che concordando colla data 1117 dell'atto consimile
latino seguente deve esser al mese di marzo un anno bizantino che pur corrisponda all'anno
volgare 1117, indizione III. Ma trascorrenlo le tavole delle date convien pensare che
questa combinazione non può aversi coli' indizione bizantina e relativi anni. Gli eruditi
potranno osservar e decidere su queste date. Crediamo che qualche studioso veggendo tali
difficoltà abbia tagliato il nodo gordiano col facile sistema di cancellare i numeri dell'anno
greco; ma con ciò venne ad imbarazzare di peggio la cosa togliendo al calcolo una cifra
già segnata. Forse qui l'imperito scrittore greco scrisse l'auno latinamente
(6) Degli Àchari presso Demenna si parla anche nel diploma di Ruggero (aprile 1099
vedi presso il Cusa), il quale concesse il luogo al nuovo arcivescovado di Traiaua e nella
vita dì Saba Sicula che in breve pubblicheremo.
(6) Nella pergamena ò scritto cosi y)5Lv, ma deve emendarsi ìSeìv.
(7) Il Cusa scrive vtxÓTag aggiungendo l'ultima lettera.
(8) Presso il Cusa è scritto )^agccvag.
(9) Il Cusa lesse tutta una parola sSifjpavójiag, che forse si potea interpetrare nel
contesto eSTjpav vopiac vaatabant pascua; ma osservando meglio non si devo aggiungere
la lettera v, ma piuttosto la seguente ò un yj e così s8>)pav Tjiiag, ossia vexabani nos.
(10) Qui la pergamena legge x^P'''* senza la a precedente.
(11) Le parole scritto oCepsi; xai si leggano oi Ispeìs xs, che pur dovrebbero correg-
gersi in Toùg iepetc xe, oppure (ojlspeig soltanto.
(18) Cosi nella membrana np«pux» donde poi ymne preute e foi prate por Tcpsopuxepov,
ma il Cusa qui ed in seguito scrisse npaóuxs.
(13) La parola jtxoi'^ scritta con accorciamento nella membrana, fu completata dal Cusa
pw ^aoiXiov, e non [iaoiXtiov.
(14) Fretto il Cusa gtpo|^avTY)v.
(16) Il Cuta completa la parola in xaiivdxoc.
(10) Coti puro egli completa xpo|i«pxov.
(IT) E parimmiii «gli eomplota questo cognomo povStov.
(18) KfM poM completa qui il coyuomo voYapixov.
MISOBLLANEA 339
(19) Nella membrana è émxpaxouv che è regolare; ma il Ciisa scrisse éTCìxpaxoùot.
(20) Nella membrana prima fu scritto E|iTfjg, di poi vi è un emendazione nella prima
lettera che sembra trasformata in si piuttosto che in rj, mentre dovea scriversi v^fisic
trasponendo le vocali o dittonghi.
(21) Giustamente il Ciisa completò la parola in aùO'évxa.
i2'2) Il Cusa scrive jioVTjv.
(23) Alla parola ysvsxo va aggiunta una prima lettera s, che si vede in nesso, ma che
sejibra piuttosto g della precedente; per cui non si dee creder aver il Cusa male rilerite
io parole o xt sysvsxo.
(24) La parola deve leggersi indubbiamente aTtoiitxpotì-ev; e non si comprende come
presso il Cusa si scrivesse an^iJilxpotì-Tjoav.
(2ó) Presso il Cusa furon trascritte queste parole yjjuv xtvog Po'iScov xivog aXoyov.
Ma per noi non vi apparisce un couccito soJdislacjute. Non sappiamo in prima se tale
A a
debba esserne la divisione degli clementi ; so il nesso poi o meglio jioi debba cosi com-
pletarsi per jioiiS'.ov o por iioiS:/ o |iovt8t.v . . : se la parola aXoyov debba cosi leggersi,
mentre apparisco esser stata corretta forse più d' una volta; poteudovisi leggere aXXov
e poi dalla stessa mano aX * ov, e forse qualche altra forma. Sospettammo che pel nesso
logico con quel che seguo et monaaterium nostrum est et fratrea nostri ibi manent pò-
tesser questo parole alludere ad uu piccolo monastero od ospizio per quegli Àcarensi votati
a vita monastica ; ma la questione può esser meglio definita dai dotti siculi. Noi abbia-
mo accennato nella versione una semplice congettura tra parentesi. Non taceremo in questo
luogo la giustissima osservazione dell'amico paleografo siciliano, Mr. Cariai, che la parola
&X0YOV (irragionevole) suole nei diplomi attribuirsi agli animali. Laonde qui potrebbe dar
peso alla lezione di ^olSiov piccolo bue. ^a sempre è da osservare che quella parola non
è integra, e che sofferse alterazioni; e forse queste appunto furon fatte da chi volendo
raffermare il pol'Siov, caugiò la parola àXXov in SXo'^ow, come si vede nella membrana.
(26) Senza alterar nulla, la parola |iovaaxT]p si completa |iOvtxaxT]piov, ma dal Cusa
fu scritto novaoxTjpiv.
(27) Così si scrive t invece di si.
(28) 11 Cusa legge sx xrjv apxtSTH.oxoitr^v. Di questi il secondo elemento pare piut-
tosto doversi interpretare ex 0 meglio ei e tutta la parola eig, e cosi concorderebbe col
■eguito.
(29) Presso il Cusa si scrive |isooi^vr]g.
(30) Il Cusa legge 6eocpop(ov correttamente, ma non secondo la membrana.
(31) Completiamo questa parola sTioiTjaa, e non stioitjS-tj come presso il Cusa, spe-
cialmente a motivo dell'elemento a che si vede soprapposto.
340 MISOELLANEA
Si legge nella stessa membrana, come dicemmo, l'atto in latino non
già qual traduzione dal greco, ma come atto speciale, sebbene concordi
nella sostanza col greco. Lo riferiamo come l'altro mantenendo possibil-
mente le abbreviazioni e gli errori.
■hJiì^ • In nomine dni nri ihu (a) xpi. Ego Willelmus ecclee ti nensis et mes-
■ sanensis archiepiscopus concedi et dedi .... (6) monachis sci philippi
terras quas iste (e) privilegi' dicit per testes bonis hominibus {d) terre et sine
munere et ullo malo vicio et proppter hoc quod ego vidi quia mouachis (e) illas
ante me tenebant dimisi illas {f) in pace. Et ego {g) . . . . prò amore dei et
prò (A) anima comitis rogerii et comitissa (t) adelaida et prò anima illorum (Q
homimma qui terras isti (m) ecclee dederut. Et quod ds (n) manu tenuiset (o)
rex rogerius (j>) sic illis annui et feci (q) eis istud privilegium. Et si quis
episcopus aut archi episcopus aut cloctus hiinc nostrum sigillum violare violare (r)
voluerit sub anatheniatc di et nostra (s) sit. fiat fiat. amen. amen. Et hoc annui
et dedi per capitulum t{t) cecie trainesis et messanensis. Et ego dcdi terras
de limna et de castra et de storiarlo (u). huius rei testes sunt (r) Magnus pre-
cector Magistro Guamerìo (y). Roberto Crispino («). Rolandus canonie'. Gauf-
fred' archidiacon' trainensis. Quid' Jordanus camerariu'. Sergi' Bon' bellus
camerari'. Anno ad incamacìoe dni nri ibu xpi M. C. XVIl. indicioo ili".
Nella parte inferiore si veggono i duo fori donde pendeva il sigillo
deirarcivescovo.
Sopra questo testo del documento di atto latino consimile, ma molto
più compendioso noteremo lo seguenti cose, e specialmente le varietà del
testo pubblicatone dal Cusa.
MISCELLANEA 341
(a) Il Cusa scrive iesu, ma nella membrana vi è la abbreviazione con la lettera h
così ihu-
(h) Dopo il dedi nella membrana sembra foFse scritto qualche altro elemento o parola
in nesso, che incontrando nella piegatura della pergamena non potemmo leggere.
(e) La prima mano scrisse iste, ed un più recente correttore fece istud.
(d) Così fa leggere una correzione non moderna; ma di prima mano pare fosse scritto
meglio homines.
(e) Dal Cusa fu scritto monachi.
if) Nella membrana, come pure presso il Cusa, illan: ma sopra l'ultima vocale apparisce
la rasura di un diverga elemento, ed inoltre la a finale sembra aggiunta da non moderna
correzione.
(g) Il Cusa legge ego dedi prò, nella mcn brana dopo ego ewi una piccola rasura, e
sotto vi pare scritto dall'antica mano d'i (dei) piuttosto che dedi. Quella parola vien
poco dopo; e il nesso logico potrebbe accomodarsi togliendo l'interpunzione prima della
parole et ego.
ih) Presso il Cusa si omette questa parola prò.
(«■) La prima mano scrisse così, una recente con rasura ed aggiunta fece eomitisaae.
il) Di primp- mano fu scritto meorum, e di poi ilìorutn.
im) In isti apparisce rasura sopra l'ultima lettera.
in) Presso il Cusa si legge domivi, mentre pare debbasi leggere dictua unendolo col
seguente rex.
io) Di prima mano sembra scritto tenuiset, e quindi anticamente corretto tenuissef.
(p) Il Cusa omette le parole rex rogerìus, le quali da una seconda mano furono cam-
biate in regis rogerii.
(g) Nel feci la prima lettera ha una rasura da mano antica.
(r) La parola violare è ripetuta nella membrana, sebbene nella prima volta si ve^'ga
nna qualche emendazione nei primi elementi.
(s) Presso il Cusa si legge nostro.
{t) Si vede nella membrana questo elemento t isolato. Forse voleasi cominciare a scri-
vere la parola trainenais, e di poi si lasciò quella iniziale senza eliminarla,
(m) Il Cusa legge storiano.
{v) Le parole huius rei testes suttt si veggono aggiunte in fuori in due ordini, ma
dalla stessa mano dell'originale.
(y) n Cusa Magistro Guamerius, nella membrana una mano recente per mezzo di o-
beli e sigle scrisse magiatr GuamerP.
z) La stessa mano volle si leggesse RoherV Crispin\
Con queste nostre trascrizioni, confronti ed annotazioni crediamo aver
in qualche modo soddisfatto, per quanto potemmo, al compito datoci dall'a-
micizia, e al desiderio di presentare così un tenue contributo agli studi della
storia sicula.
Dalla Biblioteca Vaticana, 21 Novembre 1889.
Gr. GozzA-Luzi,
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Elogio storico di Monsignor Salvatore Ventimiglia vescovo di
Catania con documenti inediti e note illustrative pel canonico
Pasquale Gastorina ec. Catania, tipografia di Giacomo Pastore,
1888. — Un volume in S'\ di pag. I-LYI -1—244.
A chi non è affatto digiuno della storia letteraria della nostra
Isola non arriva certamente nuovo il nome di Monsignor Salvatore
Ventimiglia, dotto, benefico ed esemplare Prelato che , svegliando
gl'ingegni, promosse in Catania i buoni studi e le utili discipline.
Nato in Palermo nel 1721 da una delle più cospicue, antiche e
ricche famiglie del Regno, addimostrò sin da giovinetto mente per-
spicace , tendenza amorosa agli studi e fervente pietà. Giovane
ancora fu eletto, dall'Arcivescovo di Palermo Mons. Marcello Pa-
piniano Gusani, Vicario generale e poscia al 1757, all'età di 36 anni,
promosso a Vescovo di Catania, dove ebbe l'occasione di fare ap-
prezzare il suo ingegno, la sua dottrina, la sua instancabile opero-
sità e la sua inesaurabile beneficenza.
GoQscìo dell'alto seggio a cui era stato elevato e della delicata
missione che gli si era affidata , ripieno 1' animo di santo zelo , le
sue premure diresse anzitutto a quel Seminario vescovile ; ne in-
grandì infatti gli edifizì, ne accrebbe la biblioteca, vi stabili un
metodo di studi più ordinato e più adatto a" tempi, vi creò nuove
scuole, affidandone l' insegna'nento ad uomini di rinomanza e dì
molto sapere, e vi fondò una tipografia, fornita anche di caratteri
greci, per la stampa delle opere necessarie alla istruzione dei chie-
rici. Sul proposito il sommo Scinà nel suo Prospetto della storia
letteraria di Sicilia nel secolo XVllI (voi. 2. pag. 294) scrive: «il
RASSEGNA BIBLI06BAFICA 343
Ventimiglia richiamò nel Seminario i buoni studii, le discipline
ecclesiastiche a sodezza ridusse, e, secondochè alcuni si affermano,
ammirazione prendea del sapere e della eleganz.'i degli scrittori di
Portoreale e pietà delle loro traversie. E quindi più fortunate furono
la diocesi di Catania e quella di Monreale, ch'ebbero in quel tempo
per dono singolare del cielo a vescovi l'uno Salvatore Ventimiglia
e l'altro Francesco Testa. Ambidue di alto consiglio, di gran lette-
ratura, di penetrevole intelletto, ai posti più eminenti salirono, e
particolar cura pigliando della istruzione del clero a splendore
recarono le scuole dei loro Seminari». E conchiudendo dice «in-
somma egli è certo che i due sommi uomini Testa e Ventimiglia
a grande utilità tornarono della Sicilia, dirozzarono coi Seminarli
non che le diocesi alla loro cura affidate , ma il resto dell' isola ,
perchè tutti e da ogni parte a quegli studii correa no, e propagaron
cosi e ravvivaron tra noi il gusto e le buone lettere ».
Il Ventimiglia educato alla più sana morale cristiana , la incul-
cava agli altri con lo esempio e concedea la sua speciale protezione
a sacerdoti di alto sapere e di specchiata condotta.
La benefica influenza del suo zelo spiegato per la istruzione del
Seminario, fu da lui ugualmente apportata alla Università degli studi
di Catania, allora unica nel Regno, e della quale , come Vescovo,
era Gran Cancelliere di diritto. Egli presiedeva agli esami di laurea
e non permetteva che conseguissero i gradi accademici nelle pro-
fessioni scientifiche coloro che n'erano indegni.
Monunento imperituro della sua carità resta in Catania la fonda-
zione dello Albergo de' poveri dispersi , a cui durante vita fece
donazione di onze 401 annuali, accresciute dopo morte col làscito
di altre rendite.
Donò la di lui biblioteca, assieme a un ricco medagliere, aìla
Università di Catania , con la condizione di essere separata da
quella propria della Università medesima.
Dopo quattordici anni di una vita operosa , caritatevole , tanto
utile agli studi ed alla religione, il Ventimiglia, per ragione che qui
non fa d'uopo accennare, rinunziò al vescovato e si ritirò in Palermo,
dove mori nell'aprile del 1797 in età di 76 anni.
Or di questo dotto , benefico ed esemplare Prelato ha voluto
tessere lo elogio il canonico Pasquale Castorina , amoroso cultore
degli studi storici ed autore di vari pregiati lavori già dati alle
344 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
stampe e convergenti tutti ad illustrare la di lui città natale, Ca-
tania. Senza dubbio non mancano scrittori che hanno parlato del
vescovo Ventimiglia, e di lui scrissero elogi accademici il decano
Sardo e il can. Strano, di lui han fatto menzione gli storici di Ca-
tania Ferrara, Gordaro-Glarenza, Duca di Carcaci ecc., di lui infine
han tenuto discorso quanti si sono occupati del movimento letterario
di Sicilia nella seconda metà del secolo passato. Però il canonico
Castorina non ha scritto il presente elogio con la mira soltanto di
fare un'opera letteraria, sibbene anche con uno scopo morale, sic-
come più sotto riferirò.
Come opera letteraria l'Elogio di cui si tratta ha il merito di
contenere molti documenti inediti, dal Castorina con ogni diligenza
raccolti rovistando manoscritti , che servono a completare il detto
Elogio storico o ad illustrare i tempi, in cui il benemerito Prelato
governava la diocesi di Catania, ovvero gli uomini che col loro
sapere onoravano allora quella città.
L'Elogio in discorso è diviso in tre parti : nella prima si discorre
della nobiltà, dello ingegno e della dottrina del Ventimiglia, la
seconda tratta della sua eroica beneficenza, e nella terza si parla
della santità della sua vita e della sua morte. Siegue un'appendice
dove son narrati taluni aneddoti che lo riguardano. Fan seguito al-
l'elogio cinque documenti, tra cui due inediti, cioè l'atto di donazione
della biblioteca all'Ateneo di Catania e la Historia sui temporis del
canonico Vito Coco. Gli altri tre editi sono : il testamento pubblico
di mons. Salvatore Ventimiglia , la donazione di tutti i suoi beni
allo Albergo de* Poveri di Catania, e infine il Regolamento di am-
ministrazione e servizio interno dello Albergo medesimo.
Le note illustrative poi che sommano al N. di 44, e dove si
trovano anche inseriti taluni documenti inediti, dimostrano la non
poca erudizione del can. Castorina , il quale , come più sopra ho
detto , ebbe uno scopo elevato nel formare questo elogio , scopo
ch'è indicato nel manifesto da lui pubblicato a 1. agosto 1883 e che
è anche riportato in principio del libro.
Di tale manifesto riporto taluni brani :
« Monsignor Salvatore Ventimiglia è un nome celebralissimo e
benedetto nella storia di Sicilia , e , nella serie di tutt'i vescovi di
Catania, una vera gloria.
« Mente altissima, cuore magnanimo , prelato esemplare , Egli ,
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 345
con la sua dottrina , con la sua beneficenza e con la santità de'
costumi, fu accetto a Dio e agli uomini. , . , Epperò se tra gli altri
insigni vescovi della seconda metà del passato secolo fu una vera
illustrazione della Sicilia, si potrà affermare poi senza fallo veruno
che, nella vasta diocesi di Catania, addivenne il grande benefattore,
il restauratore della disciplina ecclesiastica, il promotore della più
solida istruzione del clero, il centro degli uomini di alto merito,
il padre de' poveri in Catania: il suo glorioso nome non morrà
giammai.
« Or nel prossimo 16 settembre di quest'anno 1883 cade il primo
centenario della donazione della preziosa e ricca biblioteca fatta da
esso alla Università, come altresì avrà luogo l'altro primo cente-
nario nel 27 febbraio 1888 della solenne donazione all'albergo de'
poveri di Catania che s'intitola dal suo nome, mi è cosa oltremodo
grata rendere di pubblica ragione VElogio storico nel quale trovasi
compendiosamente raccolto quel che riguarda la vita e le gesta di
tanto insigne Prelato.
« Lo scopo morale di questa mia pubblicazione è abbastanza
manifesto : richiamare alla mente de' miei concittadini in occasione
di questi due primi centenari la sacra e benemerita persona di
monsignor Salvatore Ventimiglia, per averlo d'esempio e beiiedirne
la grata memoria ; lo scopo, ch'io direi materiale , è stato quello ,
secondo il mio divisamento, di dare l'iniziativa alla erezione di un
monumento in questa cattedrale degno e meritevole di lui, di che
vergognosamente manca tutt'ora; al quale per dovere di gratitudine
dovrebbero contribuire anzi tutto il clero della nostra Archidiocesi,
il Municipio e lo Stato. A me basti averne promossa fin dal gen-
naio 1873 l'idea ed ora destinando gli utili di questo mio lavoretto
storico per siffatto monumento».
Ignoro qual esito s'abbia avuto l'idea del canonico Castorina;
però qualunque ne sia stato o ne sarà l' esito non si potrà negare
a lui il merito di aver avuto una nobile idea e di aver fatto una
buona azione scrivendo e pubblicando il suo erudito lavoro.
G. Lodi.
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XV. 23
346 RASSEGNA BIBLIOGRAnOA
La Topografìa antica di Palermo dal secolo X al XV. Memorie
di Vincenzo Di Giovanni, Professore nella R. Università di
Palermo, M. Corrispondente dell'Istituto di Francia. Palermo,
Tip. e legat. del Boccone del Povero, 1889, 1890. In 4°. Voi. I,
di pagg. 512, con 10 tavole. Voi. II, di pagg. 470, con 8 piante
e carte.
Era mio intendimento di esaminar quest'opera monumentale,
con quella larghezza che meritano i molti nuovi fatti e le scoperte
nuove in essa accolti , le correzioni che si apportano a errori
tradizionalmente ripetuti per secoli , 1' utile grande che alla storia
della città capitale dell'Isola n'è venuta. Ma la necessità di non
ritardarne più oltre l'annunzio in questo Periodico, ed il tempo
che mi fa difetto , mi obbligano a dirne solo brevi parole ; il che
non sarà un gran male , se queste brevi parole varranno a far
cercare direttamente essa opera, si che il lettore possa conoscerne
per esteso i pregi.
Come dal titolo traspare, il lavoro risulta da una seri© di memorie,
che successivamente illustrano particolari luoghi e monumenti e
cose varie di Palermo; il che, se dà una forma slegata (se così
vuoisi) all'opera e obbliga non di raro a qualche ripetizione, ne
rende nondimeno piti variata la lettura e meno pesante; perchè,
volere o non volere, studj di simil genere, in cui si debbon discu-
tere e vagliare opinioni, date, fatti ecc., e far confutazioni e recar
prove minute, apporta stanchezza alla mente. E un'altra ragione,
poi, obbliga quasi alla forma delle monografie, cioè : che tali studj
s'intraprendono e portano avanti grado a grado , e da uno si ha
l'occasione di passare all'altro, e questo conduce a nuove ricerche,
perchè fa intravedere cose non sospettate pria , o perchè pi-esenta
ostacoli che obbligano a tentare vie novelle, che spesso dimostrano
nuovi orizzonti ove è dato di ottenere risultati fecondi e insperati.
E cosi proprio è accaduto al Di Giovanni, che, cominciando a illu-
strare alcune Porte della città storicamente famose, è venuto suc-
cessivamente a darci un' illustrazione estesa e pressoché compiuta
dalla topografia di Palermo dal secolo X al XV, nulla trascurando
di quanto d'imi^ortanto e di utile gli è venuto sottomano.
Le monografie che compongono i due volumi sono le seguenti :
RASSEGNA BIBLIOOBAFICA 347
Nel volume primo : Sopra alcune Porte antiche di Palermo; —
Sopra tre Porte di Palermo nominate in diplomi dei secoli XIII
e XIV ;— La Halisah ed il Muaschar dal secolo X al XV; —
Sulla estensione del Porto antico di Palermo dinanzi e dopo dei
Normanni , e sulla Porta di m.are del 1306 ; — Le Mura , le
Piazze ed i Bagni di Palermo; — Contrade e Rughe antiche,
Shera e Sucac di Palermo, esistenti nei secoli XII, XIII, XIV,
e XV', — Il Quartiere degli Schiavoni nel secolo X,e la Loggia dei
Catalani;— U Aula Regia o la Sala Verde nel 1340, la Chiesa
della Pinta, la Via Coperta ed il Teatro nominato nel 1435 ; —
La Galga dal sec. XI al sec. XVI ; — Divisione etnografica della
popolazione di Palermi nei secoli XI, XII, XIII.
Noi volume secondo : Indicazioni topografiche della città di
Palermo estratte dalle pergamene e dalle scritture de' secoli XII,
XIII, XIV, XV ; — Alterazioni e mutazioni d^ nomi antichi dal
secolo X al XIV;— Luoghi, Strade, Contrade della città nel 1313;—
Ordinamento per le bettole della città emesso nel 1434 ; — La
contrada di Porta Babelaggerin e di Porta Vetere nel 1207; —
SuW estensione deWedifizio della Porta e della Torre di Bustiemi
distrutte nel 1587 ; — Appunti e rettificazioni riguardanti la di-
struzione e gli avanzi deWedifizio di Porta Busuemi ; — Le an-
tiche Cripte e la Catacombe cristiane esistenti dentro la città e
fuoH le mura ; — La Chiesa di S. Cataldo e il suo fondatore ;
Appendice : La Chiesa delV Ammiraglio o della Martorana ;
La Chiesa di S. Maria la Pinta ; — // Monastero del SS. Sal-
vatore;—La Cappella di S. Maria V Incoronata ; — La Chiesa
della Magione, ed oggetti di arte in essa esistenti ; — Il Mona-
stero e la Chiesa di Santo Spirito; Appendice: Sem Giovanni
degli Eremiti e Santa Maria la Speranza ; — La Croce della
Misericordia, indi detta la Croce de' Vespri ; — La Rahaba, il
Praetor e il Praetorium di Palermo, e la Colonnetta araba della
Chiesa di S. Francesco ; — La Fonte della Ninfa nelVantica con-
trada della Guidda ; — La Palude del Papireto e gli antichi corsi
delle acque nella città;— Le nuove fabbriche del Real Palazzo
di Palermo nel secolo XVI, e la Manta delle Fortificazioni della
città esistenti nel 1571.
Come si vede, ricchissima è la materia illustrata , e , aggiungo
subito , bene illustrata. L' Autore ha sovratutto attinto a fonti e
348 RASSEGNA BIBLIOQRAFIGA
testimonianze irrecusabili : ai Registri notarili, alle Pergamene ed
ai Diplomi di Archìvj pubblici e privati , alle Cronache e testimo-
nianze di coevi; roba inedita la massima parte, su la quale egli ha
lavorato con indefessa e sapiente cura per parecchi anni ; ed in
tal modo , «r la topografia storica della città ha fondamento saldis-
simo, contro cui non si può levare la opinione degli eruditi; e sono
svaniti certi errori e certe congetture che si appoggiarono o a false
tradizioni o a difetto di documenti ancora non esplorati». Senza
dubbio, in tanto e sì diverso materiale adoperato, si troverà (sottil-
mente frugando) che qualcheduno non ha la necessaria saldezza,
che qualchedun altro potea meglio esser collocato o lavorato , e
che taluno forse ( ma assai raro ) poteva ben lasciarsi da banda.
Ma che perciò ? Quando un architetto vi eleva un edificio di sana
pianta, e solido, e ammirando per l'insieme e per i dettagli, e ricco
e ornato per quanto si può desiderare , che maraviglia se vi si
riscontrano dei difettuzzi , delle piccole stonature o ridondanze in
un frontone o in un fregio ? Le umane opere vanno tutte così , e
^come diceva il Boccacci) « niun campo fu mai sì ben cultivato ,
che in esso o urtica o triboli o alcun pruno non si trovasse me-
scolato tra r erbe migliori ». Questo è certo però, che trascorrendo
i due gi-ossi volumi della Topografìa antica di Palermo, noi veg-
giamo inaspettatamente risorgere innanzi a' nostri attoniti occhi
l'antica città, viva e parlante co' suoi piti insigni ediflcj, con le vie,
co' bastioni, le porte, le piazze, i quartieri, il porto, i giardini, le
necropoli, la popolazione ne' suoi varj componenti, ed insieme le
vicende che tutto questo accompagnano, dal secolo decimo al deci-
moquinto, ora liete ora triste ; ma più triste che liete , perocché il
tempo e le guerre e la devastatrice mano de' cittadini più di tutto
hanno senza interruzione distrutto l'antico, che oggi il Di Giovanni
va con gran fatica rintracciando, ricostruendo sugli scarsi vestigi su-
perstiti e additando perchè non se ne sperda del tutto la onorata
memoria, ma si conservi anzi.
Ho detto che il nostro Autore si ferma al secolo XV; ed egli
non ha inteso di oltrepassare quel limite; ma nel fatto, per molte
parli del suo lavoro egli largamente s' inoltra nel secolo XVI ed
anche ne' successivi ; di maniera che un pfimo e importante passo
ha egli fatto, che ci fa sperare una continuazione fino ai di nostri,
nei quali la città, seguitando l'opera di trasformazione radicale ini-
ziata nel cinquecento, si è completamente mutata d'aspetto e rinno-
BASSEONA BIBLIOaBAFIOA 349
vata. E questa continuazione ci attendiamo dall' illustre Professore,
e lo incitiamo a farla, poich'egli può e sa.
Corredo e coiuplemento importantissimo della Topografìa antica
sono le Tavole che l'accompagnano, e che ci presentano le porte ,
le mura, le cripte ecc. ecc. quali oggi si vedono, ritracciate e messe
in luce dal Di Giovanni in massima parte, mentre pe' più si riteneano
perdute affatto. Addito, come notevole fra tutte e veramente utile, la
stupenda tavola cromo-litografica che ci dà la «Carta topografica di
Palermo dal secolo X al XV , delineata su la pianta attuale della
città », e per conseguenza tale, che ci mette d'un tratto e contem-
poraneamente sotto gli occhi l'antico e il moderno, con quella pre-
cisione che può risultare da studj accuratissimi della storia e della
topografia.
Ho sfiorato appena, anzi non ho che accennato di volo all'opera
dell'infaticabile Nostro; che ogni singolo capitolo d'essa meriterebbe
particolare studio e non breve. Ripeto, quel che dissi in princi-
pio , che è certo opera monumentale , e la città di Palermo deve
andare orgogliosa di un lavoro storico sì notevole che la riguarda,
e dovrebbe agevolarne e procurarne in ogni modo la continuazione
e il completamento. Il risorgere degli studj della storia, elevata
ormai al grado di scienza, fa massimo onore al tempo nostro , ed
applaudo di gran cuore a chi li coltiva con amore e con frutto ed
a chi li promuove e incoraggia. E se mi è consentito , piacemi di
terminare mandando un saluto plaudente alla « felice » città di Pa-
lermo, che la nostra Società per la Storia patria ha sempre gene-
rosamente sorretta, ed alla «nobile» città di Messina, che, quan-
tunque dedita sopratutto a' commerci , pure ha recentemente mo-
strato di saper onorare e premiare dignitosamente le opere del-
l'ingegno che mirano alla illustrazione delle patrie memorie (1).
Salvatore Salomone-Marino.
(1) A.IIudo alla deliberazione ( che addito come esempio nobilissimo da
imitare) del Consiglio Gotnunale di Messina, del 17 aprile 1889, con la quale
esso Consiglio « delibera che gli Annali di Messina dal 1745 al 1845 ,
scritti dal Prof. Oliva (Gaetano), sien messi a stampa a spese della Ammi-
nistrazione, e sia largita all'Autore per incoraggiamento in tre esercizii la
somma di L. 15,000. Egli sarà pure incoraggiato se continuerà gli Annali
sino al 1860 ». (Vedi Politica e Commercio di Messina, a. XXXUI, n. 167,
20 luglio 1889).
350 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
G. BusoLT, Diodor' s veì^hàltnis zmn stoicismus. Neue jahrbb.
f. class, philol. GXXXIX (1889) 296-315.
«È un errore capitale delle nostre ricerche sulle fonti, dice
l'a. in principio, ch'esse vengano intraprese senza sufficiente cogni-
zione dello scrittore di cui si vogliono scoprire le fonti». L'a., no-
tando che Diodoro, nella sua introduzione 1 3,8 ha avuto senza dubbio
sott' occhi Polibio III 32, è inclinato a credere ch'egli abbia tolta
l'introduzione, in cui abbondano tanto i concetti e le frasi della scuola
stoica, da qualche altro scrittore, — per es. da Posidonio. Tuttavia,
nei libri XI-XV in cui sono stati sue fonti principali — fatta natu-
ralmente eccezione di brevi tratti riguardanti la storia di Roma —
Eforo e Timeo, s' incontrano pensieri e detti appartenenti alla filo-
sofia stoica, i quali, non potendo derivare dalle sue fonti, provengono
certamente da lui. L' a. cerca quanta parte abbiano nell'esposizione
diodorea le stoiche Tcpóvota, xò^y], ueTtpcoiiévif] e qual sia il loro con-
cetto : cfr. XIII 21, 4, 112, 2; XIV 67, 2; XV 74; v. XVI 11, 1 ecc.
Alla dottrina stoica Diodoro accoppiava non solo il principio del-
l' immortalità dell' anima ammesso dagli stoici, eccetto Panezio, ma
anche, poco sistematicamente, la credenza in premi e pene dati in
una vita posteriore da una divinità ch'egli non indica che in modo
indeterminato, col nome ^eo^, 6 ■Q-eóg, xò ^eTov, xò 8ai[ióv:ov. Diodoro
avea lette le xuptoi Só^ot di Epicuro : cfr. XVX, 1 ; contro gU epicurei
egli difende il principio della immortalità dell'anima (cfr. XXXIV
2, 47), ma accetta anche quella parte della dottrina epicurea che si
può conciliare colla stoica, come l' àxapa^fa. Conformemente a que-
st'ultima dottrina, che faceva permesso, anzi , in date circostanze, ne-
cessario il suicidio, approva quello di Lucrezia, v. X 21 (cfr. XVII 107,
XIX 34). L'a. crede che Diodoro-, nella compilazione della sua
biblioteca, abbia tenuta presente una fonte stoica, e questa sarebbe
r opera di Posidonio , da cui egli avrebbe tolto , oltre le parti già
note del IV e del V libro, anche il tratto su (Jaronda e su Zaleuco
Xil 12-22: e conchiude che Diodoro «non era un vero filosofo,
ma un pio moralista donimatico«, e che la sua storia universale,
nonostante lo stoicismo dell' introduzione , non ò penetrata e con-
dotta da un vero concetto filosofico.
G. M. GOLUMBA.
ATTI DELLA SOCIETÀ.
SEDUTA DEL DÌ 13 LUGLIO 1890.
Presidenza del sig. comm. prof. Andrea Guameri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società con 52 soci si riunisce nella sua sede in s. Dome-
nico. Letto e approvato il verbale della tornata precedente sono
eletti soci i sigg. Leonardo Paterna, avv. Giuseppe Robbo, ing. Giu-
seppe Ottone, Michele Gutrera, dott. prof. sac. Gascavilla, Francesco
Forno e comm. prof. Emmanuele Paterno, senatore del Regno e
sindaco di Palermo.
Il Segretario generale comunica l'elezione a soci dei sigg. Mi-
raglia e Portai, come pure parla di vari libri ricevuti in dono dal
socio Dottore e dal Presidente comm. Guarneri.
Si presenta il conto dell'esercizio 1889 e vengono eletti Censori
i soci cav. Francesco Varvaro-Pojero e rag. Scavo.
Il Segretario generale riferisce che l'ing. prof. Patricolo, incari-
cato per l'adattamento del locale, ha fatto conoscere che al totale
compimento del primo lato è mestieri aggiungere alle precedenti
somme votate dalla Società altre Lire ottomila o poco più. La quale
cifra, unita alla precedente che.resta a pagarsi, forma un totale di de-
bito in Lire sedicimila e più di netto. Si potrà pagare la detta somma
in cinque esercizj 1890-1894. La Società approva la suppletoria,
dando la facoltà alla Presidenza di convenire- col Rutelli nei modi
sopradetti e in forma definitiva.
352 ATTI DELLA SOCIETÀ
D socio prof. can. Vincenzo Di Giovanni dà alcuni schiarimenti
sopra gli studi della Commissione municipale per la topografia di
Palermo; parla della Porta di Mazzara e propone un voto da ma-
nifestarsi al Municipio per accelerare i restauri opportuni. La pro-
posta è approvata.
n socio prof. Giuseppe Pitrè legge la prima parte del suo lavoro :
sopra Cola Pesce.
Il Segretario generale
P. Luigi Di Maggio
SEDUTA DEL DÌ 10 AGOSTO 1890.
Presidenza del prof, cormn. Andrea GiMrneri,
Senatore del Regno, Presidente.
Riunitasi la Società con l' intervento di 50 soci nella propria
sede in s. Domenico e aperta la seduta, il Segretario generale legge
il verbale della tornata precedente, che è approvato. Comunica poi
l'adesione a soci dei sigg. Paterno , Cascavilla, Paterna. Vengono
eletti soci i sigg. Vincenzo Buggeri e De Spucches Principe di
Galati.
Il socio prof. Golumba legge la seguente relazione:
1 1 sottoscritti, membri della commissione nominata dal Consi-
glio direttivo della Società per esaminare i titoli in base a' quali
i sigg. dr. Lodi e prof. Sansone hanno proposto la nomina del
dr. Georg Busolt, professore all'università di Kiel, a socio onorario,
si son riuniti nel locale della società il 28 giugno u. s. alle 11 1|4 am.
« I titoli suddetti, citati da' proponenti nella loro istanza del 3
giugno, sono :
« 1. Bemerkungen liber die Griindungsdata d. griech. Colo-
nieen in Sicilien u. JJnter italien. Rheinisches Museum f. Philol.
XXXIX (1884) 466 sgg.
« 2. Zur SchlaclUbei Himera, Hhein.Mus. XL (1885) 156 sgg.
« 3. Diodor s verhtìltnis zum stoicismus. Neue Jahrbb. f.
class, philol. CXXXIX (1889) 297 sgg.
• 4. die weslgriechùchen Kolonieen (nella griechische Ge-
schichte I Gollia 18^5 p. 2^ sgg.); die Wcstgrieclien im Kàmpfe
mit den KarUuigetm u. Elrmkern, (ibd. IL Gotlui 1888, 218 sgg.).
ATTI DELLA SOCIBtI 363
* La commissione si è fermata specialmente alle tre prime pub-
blicazioni, che contengono importanti ricerche originali. La prima
dimostra che Tucidide , nelle notizie eh' egli dà riguardo alla
data di fondazione delle colonie greche in Sicilia (VI 4 sgg. ) non
adopera che cifre approssimative , o cifre tonde terminanti in — 5
0 in decina. I risultati di questa ricerca sono accettati da parecchi fi-
lologi di Germania. Più importante ancora è la seconda, in cui si
prova che la narrazione più vicina al vero della battaglia d'Imera,
è quella di Erodoto VII 165 sgg.; molto apprezzabile è pure l'epi-
sodio in Polieno, strateg. I 28; per contro, la narrazione di Diodoro
XI 21, 3-24, derivante da Timeo, generalmente seguita, ci presenta
la tradizione svisata da tendenze lep:gendarie e poetico-retoriche. —
La terza dimostra in quanta parte Diodoro abbia , nel corso del-
l'opera sua, manifestati giudizi e dati apprezzamenti secondo i prin-
cipii della filosofìa stoica , giudizi ed apprezzamenti che non si
possono fare risalire alle sue fonti, ma derivano da lui medesimo;
in parte forse dagli scritti di Posidonio.
« L'ultima opera notata è un' esposizione della storia di Sicilia
(insieme con quella degli altri Greci di occidente) dal periodo più
antico sino allo stabilimento di mercenari nel territorio di Messana.
Essa fa parte d'una storia generale de' Greci da' tempi più antichi
alla battaglia di Gheronea. Manca ancora il terzo volume, che deve
comprendere, per la Sicilia, il periodo rimanente sino a Timoleone.
Conforme al concetto con cui è stata compilata tutta l'opera, nella
parte sopra citata sono indicate scrupolosamente le fonti, e messi
a profitto tutti gli scritti e le ricerche più recenti, sicché, da que-
sta parte, essa può servire di complemento all'opera dello Holm.
« La commissione perciò dichiara che il dr. Georg Busolt, pro-
fessore all'università di Kiel (Holstein), presenta tutti i requisiti
perchè sia eletto dalla nostra Società socio onorario. »
Palermo, 6 luglio 1890.
Pio Carlo Falletti.
Can. B. Lagumina.
G. M. CoLUMBA, relatore.
Compiuta la lettura il Presidente invita i soci per la votazione.
Passato lo scrutinio è eletto socio onorario il dott. prof. Georg
Busolt.
354 ATTI DELLA SOOIEtI
H Socio prof. Giuseppe Pitrè legge la continuazione del suo la-
voro sulla leggenda di Cola Pesce.
Il Segretario generale
P. Luigi Di Maggio
SEDUTA DEL DÌ 14 SETTEMBRE 1890.
Presidenza del prof. comm. Andrea Guarneri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società con 40 soci si riunisce nella sua sede in s. Dome-
nico. Letto e approvato il verbale della tornata precedente , il Se-
gretario generale partecipa l'adesione a socio ordinario del sig. Rug-
geri e a socio onorario del prof. Busolt. Legge in seguito una let-
tera deirAccademia Gioenia di Catania, nella quale si partecipa la
morte dell'illustre prof. comm. dott. Orazio Silvestri, e ricorda una
nuova perdita della Società nella morte immatura del socio Paolo
Leonardi, il quale di buon'animo avea accettato il laborioso inca-
rico di Archivario , e dato avea principio allo assestamento delle
carte sociali, che non potè portare a compimento. La società deli-
bera un voto di condoglianza da esprimersi all'addolorata famiglia.
Sono eletti soci i sigg. cav. B^erdinando Vargas, Girolamo F'i-
gnon, Costantino Beuf, Andrea Guli, Salvatore Iudic;i, prof. Vin-
cenzo Cervello, Ernesto Cianciolo.
Il socio prof. dott. Pitrè legge la continuazione del suo studio
sulla leggenda di Cola Pesce.
Il Segretario geìierale
P. Luigi Di Maggio
SEDUTA DEL DÌ 12 OTTOBRE 18!)(ì.
PresUlenza del comm. prof. Salinas, Direttore della .V» Classe.
La Società con 85 soci si riunisce nella sua sede in s. Dorae-
nicd. Si legge e si approva il verbale della tornata prccodente.
Il Segretario generale comunica l'adesione a soci dei signori
ATTI DELLA SOCIEtI 355
Principe di Galati , Corradi , Ottone ; presenta alcuni libri donati
dal socio avv. Falcone e dal Presidente comm. Guarneri, e annunzia
come la commemorazione in onore del prof. Amari non potrà aver
luogo che nel gennaio prossimo, non potendo mons. prof. Carini,
uno dei due soci incaricati a leggere, per ragioni di ufficio recarsi in
Palermo prima di quell'epoca. La Società ne prende atto.
Lo stesso Segretario generale legge la seguente Relazione intorno
alle due tornate dell'Istituto storico italiano, spedita dallo stesso
prof. Carini, Delegato della Società :
Ill.mi Signori,
« Avrei voluto ragguagliar prima la Società delle due adunanze
plenarie deW Istituto Storico, 3 e 4 Giugno di quest'anno, alle quali
ebbi l'onore di prender parte per la prima volta, come Delegato.
Però, siccome nulla vi si trattò di attinente alla Sicilia, ed essen-
domi, d'altronde, trovato occupatissimo in questo primo anno della
mia Prefettura alla Biblioteca Vaticana , ho creduto , senza grave
inconveniente, poter ditìerire sin oggi questa mia relazione.— Alle
due sedute mancarono il Cantù , il Capasso ed il Lampertico , ed
intervennero con me il Belgrano , il Bertolini supplente del Car-
ducci, il Calvi, il Carutti , il Linati , il Vischi. De' rappresentanti
del Governo, oltre il Presidente del Consiglio de' Ministri, mancava
il Villari; ma erano, in compenso, presenti il Bonghi ed il Ta-
barrini.
« Avendo l'illustre Presidente deWIstituto dato principio all' a-
dunaiiza del giorno 3 con leggere una sua bella commemorazione
del rimpianto Michele Amari, io mi credetti in dovere, a nome
della Società nostra e come suo delegato , di ringraziare il Pre-
sidente stesso delle nobiU parole pronunziate, ed anche dell' aifet-
tuoso accenno che vi fece del nostro povero La Lumia. Aggiunsi •
come la Sicilia si apprestasse a celebrar degnamente la memoria
dello storico del Vespro e de' Musulmani.
« Indi il prof. Ernesto Monaci riferì verbalmente sui lavori già
compiuti di\ÌV Istituto, che sono i cinque volumi della serie « Fonti »
recentemente pubblicati , e il fascicolo nono del Bullettino, conte-
356 ATTI DELLA SOCIETI
nente un importante studio del Monticelo intorno a Giovanni Dia-
cono. Altri ragguagli aggiunse sui lavori in corso di stampa, e su
quelli in preparazione.
« Avendo in sèguito il Presidente deplorato , che il Ministero
d' Istruzione Pubblica avesse diminuito d'un terzo Y assegno del-
Vlsiituio, tutti abbiamo naturalmente approvato, con voto unanime,
che si insistesse presso il Ministero per la completa reintegrazione
dell'assegno.
« L'ab. prof. Vischi, per la Deputazione Modenese, lesse poscia
un suo rapporto sull'edizione critica, che vorrebbe farsi, della cro-
naca di Sicardo ; più , un altro del sig. Raselli sull' utilità di
stampare il codice posseduto dal Municipio di Modena, e che s'in-
titola Respublica Mutinensis. Trattasi degli Statati che il Comune
si die nel 1306, allorché si ricostituì in libero governo, cacciati gli
Estensi. Essendosi qui impegnata la discussione sull'opportunità, o
meno, d'iniziare tutta una serie di volumi di Statuti Italiani, feci
notare che , nel caso affermativo , non si perdesse di vista la co-
spicua collezione di Statuti , stampati e manoscritti , d' ogni parte
d'Italia ( de' quali taluni codici unici ) che è venuto adunando da
vari anni il libraio Dario Rossi. Ma il Monaci osservò giustamente,
che per adesso troppo ardua impresa sarebbe imbarcarsi nel gran
mare degli Statuti Comunali, e che converrà da principio limitarsi
a quelli delle arti ossia ceti.
« Si venne, dopo ciò, a trattare della ristampa del Chronicon
Altinate, e del Diario di Roma di Anton Petri. Venne approvata
la pubblicazione, proposta dalla R. Deputazione ]\Iil:iuese, di un im-
portante epistolario relativo alla spedizione militare inviata in
Francia in ajuto di Re Luigi XI (1465 e 66) dal Duca Francesco
Sforza. Il Carutti interessò per la celebre Cronaca della Novalesa,
e ne venne consentita una riedizione, con corredo di facsimili fo-
tografici. Fu sanzionato il contratto colla Gasa Loescher per lo
spaccio delle pubblicazioni deWIstituto, ma si volle che queste per
l'avvenire non si accordassero più gratuitamente, bensì a solo ti-
tolo di scambio o di recensione.
« Si discorse di riordinare la Biblioteca deW Istituto ; e poi si
passò al noto poema sulla Conquista delle Isole Balcari ^ la cui
edizione era già stata proposta dal nostro Amari , e dall' Istituto
ATTI DELLA SOCIETÀ 357
affidata al Centofanti di Pisa, per la parte latina, e, per l'arabica,
all'Amari stesso. Il Nostro, colla sua solita solerzia , pare abbia
quasi compiuta la propria parte di lavoro. Si confermò per un altro
anno il dott. De Lollis nell'ufficio di Segretario. Indi, per l'ora tarda,
vennero rinviati i rimanenti oggetti a discutere, per una successiva
seduta nel giorno appresso.
«r E v'intervenni anch'io, il giorno 4. Il Presidente si fece a ri-
cordare come, nell'ultimo Congresso Storico di Firenze, la Società
Napoletana avesse espresso qualche desidèrio sull' andamento del-
Vlstìtuto Storico, nel senso di rendere più strette le relazioni fra
Vlstituto medesimo e le varie Società. Il Tabarrini però soggiunse,
che quanto vi era di attendibile in quei voti era stato già attuato,
e che, d'altronde, i detti voti, in sèguito alle sue spiegazioni d'al-
lora, erano stati ritirati, nel Congresso medesimo, da chi li aveva
espresso. Qui s' impegnò una discussione , a cui presero parte il
Monaci, il Vischi, il Bonghi, il Carutti e il vostro Delegato. Io pro-
posi, che V Istituto si rivolgesse con lettere circolari alle diverse
Società e Deputazioni , perchè ciascuna compilasse un completo
elenco delle fonti della propria storia regionale , come avea prati-
cato il Capasso per la regione napoletana, e il Cipolla per la ve-
neta. Così r opera procederebbe con uniformità ; ed attivandosi i
rapporti fra Società ed Istituto, quest'ultimo, in certo modo, ver-
rebbe ad unificare il lavoro di tutta Italia per reintegrare il pa-
trimonio della storia nazionale. La mia proposta non ebbe però il
bene di venir accettata, essendo prevalsa, invece, l'idea che Visti-
tuta si dovesse occupare soltanto di quelle intraprese che le So-
cietà singole non potessero compiere, ma del resto null'altro avesse
a vedere con loro. Ciò per chiuder l'adito a che poi si pretendessero
sussidi à2i\V Istituto medesimo.
« Finalmente, dopo essersi chiariti certi malintesi ch'erano corsi
fra la R. Deputazione Bolognese e Vlstituto, si venne alla nomina
del quarto membro della Giunta che mancava ; e nella votazione
ebbero tre voti il Villari, uno il sottoscritto e sei il Carutti, che
rimase eletto.
<r E questo l' esatto resoconto delle due plenarie adunanze. La
nostra Società potrebbe, nell'intervallo fra la sessione V* e la pros-
sima VI', ponderare il modo come meglio , e più utilmente far i
858 ATTI DELLA SOCIEtX
giirare la Sicilia nella collezione delle Fonti per la storia italiana.
Mi occupo anch'io a studiar l'argomento, e mi riserbo, a suo tempo,
presentar qualche proposta concreta alla Società, affinchè, se questa
r approvi, possa poi sommetterla alla sanzione suprema dell 'Isti-
tuto Storico.
« Roma 8 settembre 1890 ».
Can. Isidoro Carin.i
Delegato della Società Siciliana
di Storia Patria
presso V Istituto Storico in Koma.
Compita la lettura si delibera un voto di ringraziamento per il
detto prof. Carini.
Il Vice-segretario La Via legge un lavoro del socio assente Pie-
tro M. Rocca sopra un antica chiesa di Alcamo (1).
Il Segretario generale
P. Luigi Di Maggio
SEDUTA DEL 16 NOVEMBRE 1890.
Presidenza del prof. comm. Andrea Guarneri,
Senatore del Regno, Presidente.
Riunitasi la Società con l'intervento di 36 soci e aperta la se-
duta, si legge il verbale della tornata precedente, che rimane
approvato.
Il Segretario generale ricorda con rammarico la perdita di due
distinti soci, del venerando prof. comm. Niccolò Cervello cultore
indefesso non pure della scienza salutare, ma eziandio della storia
e delle lettere amene, e del prof. can. Giuseppe Soldano, il quale
da molti anni leggeva nell'Ateneo arcivescovile di Morreale, ove le
lettere e le scienze, e più d'ogni altro la lingua del Lazio, religio-
samente coltivansi.
(1) QaeiU lettoni fa parta di questi Atti,
ATTI DELLA SOCIEtX 85^
Si presentano vari libri ricevuti in dono dai soci Siciliano Na-
poleone, Portai, diil Presidente Guarneri e dal Pi-esidente onorario
S. E, Grispi. La Società delibera uu voto di ringraziamento per i
donatori.
Si delibera pure di incaricare lo stesso Presidente onorario
S. E. Grispi per offrire tre esemplari delle Onoranze rese al Tor-
rearsa, uno a S. M. il Re, uno a S. M. la Regina e il terzo a S. A. R.
il Principe di Napoli.
Si fa il sorteggio per due Gonsiglieri che dovranno lasciare il
posto, e risultano uscenti i signori ing. prof. Patricolo e prof. V. E.
Orlando.
Il socio prof. G M. Golumba legge un suo studio: Sulla Con-
figurazione e la situazione della Sicilia secondo gli antichi.
Il Segretario generale
P. Luigi di Magglo.
SEDUTA DEL IO DICEMBRE 1890
Presidenza del comm. prof. Andrea Guarnei'i,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società con 38 soci si riunisce nella propria sede in S. Do-
menico.
Si legge e si approva il verbale della tornata precedente. Il Se-
gretario generale partecipa l' adesione a soci dei signori Alagna
e Finazzi , come pure laumento del sussidio per azioni da parte
del Municipio di Palermo da L. 200 a L. 500. Il Presidente fa os-
servare che questo atto del Consiglio municipale spontaneo ed u-
nanime deve rallegrare i soci, non tanto per la parte materiale
quanto por la parte morale , essendo ciò una prova della stima
che la Società gode in paese. Propone per tanto un voto di rin-
graziamento, che è approvato.
Lo stesso Segretario generale ricorda la prossima Esposizione
nazionale di Palermo , dice che il Consiglio direttivo, amando che
la Società vi prenda parte , deliberò di esporre, stampe , giornali ,
documenti, oggetti e tutto che possa riguardare la parte storica del
360 ATTI DELLA SOCIETÌ
secolo presente ed in ispecie l'epoche 1812, 1820, 1831, 1848, 1860.
A tal' uopo, aggiunge, si sono intavolate le pratiche con il Gomi-
tato esecutivo della Esposizione , e quanto prima verrà diramata
una circolare a stampa diretta ai soci non solo, ma eziandio a
tutti gli amatori delle patrie cose; invitandoli a spedire alla Società
quel tanto che ciascuno possiede in conformità al concetto sopra
indicato.
Sono nominati soci i signori Santi Li Volsi, cav. Ettore Di
Maria, prof. cav. Damiano Macaluso, Rettore della Università di
Palermo, aw. Carlo Monastra, avv. Giulio Emmanuele Rizzo,
benef. Ignazio Trapani e Michele Gortegiani.
Si legge il Bilancio del 1891, che é del tenore seguente:
PARTE PRIMA
ATTIVITÀ
TITOLO PRIMO
CAPITOLO L
CONTRIBUZIONI SOCIALI
SOCI
Art. 1. Per N. 920 azioni annuali alla ragione dì L. 5, per ogni
azione L. 4600 »
MINISTERI
Art. 2. Minist. della P. L per N. 400 azioni L. 2000 *
Id. di Agricoltura ,
Industria e Comm. » 5 » » 25 *
N.405 » L. 2025 * L. 2025 »
Da riportarsi L. G625 »
ATTI DELLA SOCIETÀ
361
Riporto L. 6625 »
PROVINCIE
Art. 3. Prov. di Palermo per N. 40 azioni L. 200 *
» Catania . . » 20 » » 100 »
» Galtanissetta j» 10 » » 50 »
» Girgenti. . » 4 » » 20 *
» Trapani . . » 2 » » 10 »
N. 76 * L. 380 * L. 380 *
MUNIGIPII
Art. 4. Municipio di Palermo
per N. 100 azioni L. 500 *
» Corleone » 6 » » 30 »
* Aragona » 4 * * 20 *
» Gastrogio-
vanni .
j»
4
»
»
20
»
»
Marineo
»
4
»
»
20
»
»
Marsala
»
4
»
»
20
a
»
Monte San
»
Giuliane
) »
4
»
»
20
»
»
Noto. .
»
4
i)
»
20
»
«
Siracusa
»
4
j»
M
20
»
»
Termini
I-
raerese
»
4
»
»
20
»
i>
Girgenti
»
4
>
»
20
»
J»
Parco .
»
4
»
»
20
»
J»
Nicosia .
»
4
»
»
20
»
J»
Partinico
»
4
»
J»
20
i>
J»
Sciacca
»
4
»
»
20
»
»
Alcamo.
»
2
»
J»
10
»
»
Acireale
»
2
»
»
10
»
»
Isnello .
»
1
»
»
5
»
»
Licata .
»
1
»
»
5
»
»
Salaparut
;a* 1
N. 165
»
»
»
L.
Da ri
5
»
825
» L.
825 »
portarsi L.
7830 «
". Sic.
N. S. anno
XV.
24
•362 ATTI DELLA SOCIETÀ
Riporto L. 7830 »
BIBLIOTECHE ED ALTRI ENTI
Art. 5. Bibl. Fardelliaiia di Trapani per N. 4 az. L. 20
» Comunale » Vicenza . » 4 » » 20
» Nazionale » Napoli . . » 4 » » 20
» di Brera » Milano. . » 4 » » 20
» Universit. » Messina . » 4 » » 20
j» Comunale » Verona. . » 2 » » 10
Commissariato dei Musei e Scavi
per la Sicilia » 4 » » 20
N. 26 » L. 130 » L. 130 »
CAPITOLO II.
Associazioni al Periodico ed ai Documenti.
Art. 6. Minist. dell'Interno per 2 cop. Per. e Doc.L. 50 50
* degli Aff. Est. » 1 » » » » 25 25
» della Guerra » l » » »
j» di Grazia, Giusi
e dei Culti » 1 » »
Camera dei Deputati » 1 » » »
Bibl. del Presidio Mili-
tare di Palermo » 1 » » »
» Palatina di Par-
ma » 1 )> » »
» Labronica di Li-
vorno . . . » 1 » Periodico
» Classenze di Ra-
venna ...» 1 » »
• Comunale di Cal-
tanissetta . . » 1 » »
» Comtinalo di Ca-
stel vetrano . » 1 » »
» di Stnisburgo. » l » »
Da riportarsi L. 248 75 L. 7960 *
»
25 25
»
12 »
»
25 25
»
25 25
»
25 25
»
12 »
»
12 »
»
12 »
I)
12 »
»
12 »
ATTI DELLA SOCIEtI 363
Riporto L. 248 75 L. 7960 »
Arch, di Stato di Pa-
lermo . . « 1 cop.Per.eDoc. » 25 25
» di Stato di Ve-
nezia. . . » 1 » Periodico » 12 »
» di Stato di Fi-
renze .... 1 » » j» 12 *
» di Stato di Na-
poli ...» 1 » » » 12 »
Gabinetto di Lettura di
Messina ....»1» » »12»
L. 322 » L. 322 »
CAPITOLO m.
Introiti eventuali.
Art. 7. Vendite eventuali del Periodico V Archivio Sto-
rico Siciliano e dei Documenti ..,..» 400
Art. 8. Interessi sulle somme di conto della Società de-
positate nella Gassa di Risparmio . . , . » 50
Totale Rendita Ordinaria L. 8732 »
TITOLO SECONDO
Art. 9. Esistenza in Gassa al 31 Dicembre 1890 . . » 2644 31
Art. 10. Resta ad esigere al 31 Dicembre 1890 per con-
tribuzioni ordinarie :
Dai Soci residenti in Palermo . . L. » »
j» » » fuori Palermo. » 12b »
Dalle Provincie » 10 »
Da riportarsi L. 135 » L. 2644 31
364 ATTI della|80ciet1
Riporto L. 135 » L. 2644 31
Dai Miinicipii ,...,..,» 315 »
Dalle Biblioteche ed altri enti azionisti » 40 »
Dagli Enti associati » 48 »
Da diversi per vendite event. di libri » » »
L. 538 » L. 538 »
Art. 11. Resta ad esigere al 31 Dicembre 1890 per con-
tribuzioni estraordinarie :
Dai Soci L. 100 »
Dagli Enti morali. .,..,.» 55 »
L. 155 » L. 155 »
Art. 12. Valore della Carta esistente in Magazzino al 31
Dicembre 1890 . . . . » 2800 »
Art. 13. Valore d<^i libri esistenti in Magazzino al 31 Di-
cembre 1890 in Volumi del Periodico V Archi-
vio Storico Siciliano, Docwnenii, Fascicoli di
estratti e copie del Volume del Vespro Sici-
liano ....,...., » 25000 »
Art. 14. Sussidii estraordinai-ii » 2000 »
Tolale Rendita Straordinaria L. 33137 31
ATTI DELLA SOCIETÀ
365
PARTE SECONDA
PASSIVITÀ
TITOLO PRIMO
CAPITOLO IV.
Gabella e Curazia d'acqua.
Art. 15. Giibeila e curazia di penna una acqua che de-
lluisce nei locali della Società * 85 *
CAPITOLO V.
Spese d'amministrazione.
Art. 16. Ragioniere , L. 100 »
Art. 17. Assistente alla Segreteria » 100 »
Art. 18. Barandiere della Società ....,...» 100 *
Art. 19. Esattore-Indennità d' esazione al 6 p. \ dovuta
sulle contribuzioni sociali che si riscuotono in
Palermo » 211 50
Art. 20. Distributore-Indennità fissa per la distribuzione
del Periodico Y Archivio Storico Siciliano agli
Associati in Palermo e per la spedizione . » 48 *
Art. 21. Fondo per generi di scritlojo , stampe , registri,
circolari ed altro » 250 »
Art. 22. Fondo per ligatura e acquisto di libri per uso
della biblioteca della Società .,....» 200 »
Art. 23. Fondo per le spe^e di corrispondenza e spedi-
zione del Periodico V Archivio Storico Sicilia-
no, Documenti ed altro » 400 »
Da riportarsi L. 1494 50
366 ATTI DELLA SOCIETÀ
Riporto L. 1494 50
CAPITOLO VI.
Fabbrica e ìnanutenzione.
Art. 24. Pondo per le spese di compimento ed abbelli-
mento dei locali della Società, entro l'ex Con-
vanto dei RR. PP. Domenicani, ceduto dal Mi-
nistero della Pubblica Istruzione » 2000 »
CAPITOLO VII.
Monumenti e Pubblicazioni.
Art 25. Fondo per le spese d'incisioni «d altro spettanti
a lavori di monumenti artistici » 500 »
Art. 26. Fondo per la provvista di carta e per la pub-
blicazione del Periodico V Archivio Storico Sici-
tixino, dei Documenti ed altro » 4000 »
CAPITOLO Vili.
Imprevedute.
Art 27. Fondo per tutte le spese casuali, imprevedute ed
altro, nell'interesse della Società » 737 50
Totale Spesa Ordinaria L. 8732 »
TITOLO SECONDO
SFES-A. ESTi^A.OKi5insr^^ieiA.
Art. 28. Fondo in occasione dell'Esposizione Nazionale
per l'anno 1891 » 1000 »
Art, 29. Fondo per restauri ed abbellimenti dei locali
delia Società entro l'ex Convento dei RH. PP.
Domenicani » 1500 *
Da riportarsi L. 2500 »
ATTI DELLA SOCIETÀ
S67
Riporto L. 2500 *
Art. 30. Fondo per far fronte alle pubblicazioni della So-
eietà ed altro , » 1337 31
Art. 31. Fondo per la mobilia e gli arredi dei locali dePa .
Bociétrà . , * 1500 *
Art. 32» Fondo in corrispondenza all'ammontare dei libri
della Società esistenti in Magazzino al 31 Di-
cembre 1890 . j» 25000 '>
Art. 33. Fondo in corrispondenza all' ammontare della .
carta esistente in Magazzino al 31 Dicem-
bre 1890. .,......,....» 2800 »
Totale Spesa Eistraordinaria L. 33137 31
BILANCIO
Rendita ordinaria L. 8732 »
Spesa ordinaria » 8732 *
Pareggio
Rendita straordinaria L. 33137 31
Spesa straordinaria. , » 33137 31
Pareggio
Il Ragioniere
Sanfilippo.
Compiuta la lettura il Presidente apre la discussione generale
e particolare sul detto Bilancio, il quale è approvato unanimamente
senza alcuna modilìcazione.
Prima di passarsi all'elezione dei due nuovi Consiglieri, il Segre-
tario generale fa osservare; che l'anno scorso si ritenne per tutte
le cariche la parola maggioranza dello Statuto, come maggioranza
assoluta e non già relativa; però per gli ultimi due Consiglieri, i
S68 ATTI DELLA SOCIETÀ
quali non ottennero la maggioranza assoluta, si volle dai soci pre-
senti., benché 19 si fossero astenuti, dare l'interpetrazione di re-
lativa^ e vennero i due proclamati. A me pare, egli dice, che questa
interpetnizione, trattandosi di cariche, non sia esatta, prega quindi
la Presidenza a sentire nuovamente ;che ne intendano i soci. Il
socio Tosi insieme ad altri concorda icol Segretario generale e
sostiene che in tntte le leggi e in tutti i regolamenti, ove la parola
maggioranza non va unita airagyiunto relativa debba sempre inten
dersi per maggioranza assoluta. La Società unanimemente delibera
che la parola maggiaranza dell'articolo 19 dello Statuto dovrà
intendersi per assoluta.
Esaurito l'incidente si passa all'elezione dei due Consiglieri in
rimpiazzo degli uscenti prof. Patricolo e prof. Orlando. Vengono
eletti 11 prof. comm. Luigi Sampolo e il prof. Giuseppe Cosentino.
11 sedo prof. comm. Salinas, il quale do vea parlare ^wW'à Chie-
sa di X il// Maddalena nel quartiere di S. Giacomo in Palermo,
dichiara che, per alcmie difficoltà amministrative surte in ({uesti
ultimi giorni, non ha potuto completare le sue notizie, onde è co-
stretto a rimandai'e ad altra tornata la sua lettura. Però presenta
una grande fotografia, dalla quale rilevasi lo stato di quella Chie-
sa, quando ebbero principio i lavori di scrostamento fatti per cura
del R. Commissariato di antichità e belle arti in Sicilia, e vedesi la
scoverta fatta delle colonne di marmo e dei capitelli intagliati, perchè
erano sepolti in grossi pilastri d'intonaco.
Lo slesso prof. Salinas presenta in seguito talune grandi foto-
grafìe da lui eseguite di vari monumenti, i quali esistono nella
città di Nicosia; come la Tribuna di Antonello Gagini, il Campa-
nile della Chiesa madre, la Sedia intagliata, lavoro dei primi anni
del secolo XVI, nella quale sedette l'imperatore Carlo V. In pro-
posito della Tribuna nota ,un fatto, che torna a poco onore del
Gagini, il quale volendo assumere l'esecuzione di grandi opere e
molteplici, fa mescolare ai lavori suoi pregevolissimi quelli di sco-
lari iii.'sti.'rti o itidogni di stare in compagnia dell'insigne maestro.
// Segretario generale
P. Luigi di Maggio
INDICE
DELLE MATERIE CONTENUTE IN QUESTO VOLUME
Elenco degli ufficiali e soci della Società per l'anao 1890 . . Pag. Ili
MEMORIE ORIGINALI
G. B. Siracusa — La Brevis historìa liberationis Messanae, secondo un ma-
noscritto del secolo XYI del Barone Arenaprìmo di Messina . Pag. 1
Luigi Boglino — L'ambasceria di Enrico Chiaramonte e di Fra Paolo dei
Lapi al Re Martino ed alla Regina Maria per la sorainessione alla regia
ubbidienza delle città di Palermo e Monreale . . . . , 169
D.K Liborio Giuffkì; — L'epidemia d'influenza del 1557 in Palermo e le
proposte per il risanamento della città fatte nel 1558 da G. F. Ingrassia , 179
Can. G. Millunzi — Il mosaicista mastro Pietro Oddo ossia restauri e
restauratori del Duomo di Monreale nel secolo XVI .... 195
MISCELLANEA
Giuseppe Cozza-Luzi — Delle epigrafi greche di Giorgio Ammiraglio, della
madre e della consorte > 22
Idem — Del testamento dell'abate fondatore di Demena . . . » 35
P. M. Rocca —Fonditori di campane in Alcamo . . . . „ 40
Sao. B. Laoumin a — Nota sulla iscrizione quadrilingue esistente nel Museo*
Nazionale di Palermo , 108
MoNs. Isidoro Carini — Aneddoti Siciliani — III Serie . . . ,111
Can. Pasqualr Castoeina — Una lettera di Lodovico Antonio Muratori , 140
G. M. Columba — Caverne preistoriche , 145
Corrado Avolio — Del valore fonetico del digramma CH nel vecchio
siciliano , 252
6. B. Siracusa —Le imprese Angioine in Sicilia negli anni 1338-1341 „ 283
G. CozzA-LuXi- Per la Martorana, doeoraento greco dell'anno 1146 , 322
jpBJi _ \)\ un singolare giudizio di una pergamena greca e latina del 1117 , 833
370 INDICB
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
S. — Nicola Parisio — Due documenti inediti della Certosa di S. Stefano del
Bosco ora per la prima volta illustrati e pubblicati . . . Pag. 147
G. Lodi — Elogio Storico di Monsignor Salvatore Ventimiglia vescovo di
Catania con documenti inediti e note illustrative pel canonico Pasquale
Castorina ecc. ........... 342
Salvatore Salomokb-Mabino — La Topografia antica di Palermo dal secolo X
al XV, Memorie di Vincenzo Di Giovanni dell'Istituto di Francia. „ 346
G. M. CoLUMBA — G. Buaolt — Diodor's verhàltuis zuni stoicismus , , 350
Atti della Società , 153-342
Alfonso Sansone — Appendice , I-CXCII
N. B. (^xxQ&i' Appendice fa parte del lavoro " La Sicilia nel (rentasette , pub-
blicato nei fase. HI e IV, anno XIV di questo periodico a pag. 362 e ss.
APPENDICE
■»»■<■
N.B. (^u&BÌ' Appendice fa parto del lavoro * La Sicilia nel trentasette , pub-
blicato nei Fase. Ili e IV, anno XIV, di questo periodico, a pag. 362 e ss.
DOCUMENTO N. I.
Sentenza della Commissione Militare della Valle di Palermo
Ferdinando I per la grazia di Dio Be del Regno delle due Sicilie , di
Gerusalemme ec, Infante di Spagna, Duca di Parma, Fiacenza, Ca-
stro ec. ec, Gran Principe Ereditario di Toscana ec. ec. ec.
La Commissione Militare nominata sotto il 13 Luglio dell' anno 1823 , dal
Sig. Colonnello Duca di Vatticani, per la Vallo di Palermo, ed incaricata per
ordine di S. M. (D. G.) del 10 Settembre anno stesso a procedere nella Causa
del Barone di Àvanella e Compagni
Composta dei Signori :
Presidente — Cavaliere D. Eramanuele Ribas Colonnello del Reggimento Re
Artiglieria.
Giudici — Cavaliere D. Pietro Pellegrino Capitano del Reggimento anzidetto
— D. Bernardo Conti Capitano del Battaglione do Reali Veterani — D. Giuseppe
Pistorio Tenente dello stesso Battaglione — D. Gaetano Do Vicesvinci Tenente
del 2° Battaglione Granatieri della Guardia — D. Carlo Amich Sotto Tenente
del Reggimento Fanteria Principessa — Cavaliere D. Federico D' Aubert Sotto
Tenente del Battaglione de' Volontarj Valle Palermo.
Relatore da pubblico ministero — D. Giovanni Andrea Maurigi Capitano del
Reggimento Re Artiglieria.
Coir Intervento del Sig. Dottor D. Domenico Corvaja Giudice della Gran Corte
Civile di Palermo qual Uomo di Legge
Assistita da D. Domenico Raspa Ajutante al seguito dei Reali Veterani qual
Cancelliere. Riunita nella sala di udienza della Corto Suprema di Giustizia, per
giudicare la causa a carico dei nominati :
Girolamo Dottor Torrogrossa figlio di Francesco di anni ventitre nato in
Palermo di condizione Chirurgo, domiciliato nel Vicolo del Beccamorto N. 91.
iv APPENDICE
Francesco Mento figlio del fu Antonio di anni ventisei, nato in Palermo, di
condizione adomista, domiciliato nel vicolo degli Angioli N. 5.
Giuseppe Sessa figlio di Giacinto, nato in Catania, di anni ventinove, di con-
dizione sarto, domiciliato in Palermo nella Via della Terra delle Mosche.
Francesco Amato figlio di Giuseppe d'anni trentuno nato in Palermo, di con-
dizione sarto, domiciliato Via S. Filippo d'Argirò all'Albergaria.
Vincenzo Errante Baronello d'Avanella figlio di D. Filippo, d'anni trentuno,
del Comune di Polizzi, di condiziono Possidente , domiciliato in Palermo nello
stradone che dal Piano di S. Teresa conduce ai Porrazzi.
Giuseppe Testa figlio del fu Rosario di anni ventuno di Palermo, di condi-
zione sarto, domiciliato nel piano delle Vergini.
Domenico Balsamo figlio di Gaetano, d'anni venticinque, nato in Palermo,
di condizione sarto, domiciliato nel vicolo di Santa Chiara.
Vincenzo Corso, figlio di Salvadore, di anni ventuno, nato in Palermo, di
condizione sarto, domiciliato nel vicolo di Santo Isidoro all'Albergaria.
Vincenzo Reale, figlio di Angiolo, di anni venti, nato in Palermo, di con-
diz'onc sarto, domiciliato al Capo.
Cosmo Sanfilippo, figlio del fu Salvadore, di anni quarantatre, nato in Pa-
lermo, di condizione sarto, domiciliato nello stradone che dal Piano di S. Te-
resa conduce ai Porrazzi.
Imputati di associazione settaria, sotto la denominazione di Carbonari di Nuova
Riforma , dopo il Real Decreto do' 28 Settembre 1822 o fra questi Girolamo
Torrpgrossa qual Reitiratore , e colla qualità di Capo graduato Gran Cappel-
lano, e Francesco Mento, e Giuseppe Sessa graduati sotto Cappellani in primo
ed in secondo con avere il Mento, l'Errante e S. Filippo permesso lo riunioni
de settarj nelle proprie Case.
Intesi in dibattimento i Prevenuti ed i testimonj; letti e discussi i documenti
neeessarj;
Inteso il Capitano Relatore da Pubblico Ministero, il quale con le suo con-
clusioni scrìtte ha chiesto di dichiararsi D. Girolamo Torregrossa , Francesco
Mento, Giuseppe Sessa, D. Vincenzo Errante Barone di Avanella, Vincenzo Corso,
Domenico Balsamo, Francesco Amato, Giuseppe Testa, Vincenzo Reale e Cosmo
Sanfilippo rei del misfatto di aver fatto parte della vietata setta dei Carbonari
di Nuova Riforma, e fra ossi Torregrossa, Monto o Sessa graduati della ktessa,
il I" Gran Cappellano , che corrispondo a Gran Maestro doli' antica Carbo-
nerìa, « Mento e Sossa Sotto Cappellani in primo, od in secondo, che corri-
spondono a primo e secondo assistente di quella , e colla qualificazione per '
Mento, Krranto e Sanfilippo d'aver concesso l'uso della propria abitazione, por
la unione sottana anzidetta:
Dichiararsi concorrere in maestro Cosmo Sanfilippo lo condizioni proscritte
dalla Mini»»lfrìali' di S. E. il Luogotonento Generalo do' 13 Giugno 1823, per
fodere dvU'ioipumta accordatagli, o quindi ordinare di mettersi in libertà.
AiPPENDIOB V
Di condannarsi in conseguenza li detti Torregrossa, Mento e Sessa alla pena
di morte col laccio sulle Forche , ed alla multa di due. duemila per ciasche»
duno di essi a norma del prescritto negli Articoli 9 ed 11 del detto Real De-
creto de' 28 Settembre 1822 ; ed ai termini degli stessi Articoli condannarsi
D. Vincenzo Errante Baronello di Avanclla alla pena del terzo grado dei ferri
escluso il minimo del tempo ed alla multa di ducati duemila.
Di condannarsi similmente ai termini degli Articoli sudetti Vincenzo Corso,
Domenico Balsamo , Francesco Amato , Giuseppe Testa e Vincenzo Reale alia
pena del terzo grado dei ferri, ed alla multa di ducati mille per ciascun di essi;
e per ognuno ciascun degli anzidett'individui per i quali va applicata la pena
de' ferri ordinare che, espiata la medesima, restino assoggettiti alla malleveria
di ducati seicento per sicurtà di loro buona condotta, per lo spazio di anni cin-
que ai termini degli Articoli 31 e 31 delle Leggi Penali.
Condannare in fine tutti li rei anzidetti solidalmente alle spese del Giudizio
in favore della Real Tesoreria, giusta 1' articolo 296 della Procedura Penalo.
Per ultimo ha domandato, che, atteso che la Pubblica discussione nulla ha
aggiunto ai sospetti di renitenza per D. Francesco Gramignani, stante il lungo
esperimento del carcere da lui sostenuto, fosse posto in libertà;
Intesi gì' impattiti ed i loro difensori nei rispettivi mezzi di difesa;
Inteso il Signor D. Dimienico Corvaja Giudice della Gran Corte Civile di
Palermo^ il quale da uomo di leggo ha dato il suo avviso in iscritto;
Il Signor Presidente ha riassunto 1' affare e la Commissione dall' insieme
della 'pubblica discussione e dai documenti letti e discussi nel dibattimento ha
ritenuto il seguente
PATTO
Nel Settembre del 1822. il Baronello di Avanella D. Vincenzo Errante del
Comune di Polizzi domiciliato in questa da più anni acquistò una Casina dietro
il Convento di Santa Teresa prossima all'abitazione di Maestro Cosimo Sanfi-
lippo; ciò diede luogo a reciproca conoscenza, ed alla mutua manifestazione del
loro essere di Carbonari.
Per l'avvenuto tromuoto dei 5 Marzo del decorso anno 1823 , il Baronello
di Avanella si portò ad abitare la suddetta Casina, circostanza, che strinse mag-
giormente il loro legame di familiarità.
Conoscea il Sanfilippo altri suoi compagni settarj, o fra questi si distins-uea,
per esser cognato del miserando fu Salvatore Meccio, iVancesco Amato.
L' Avanella ammessolo a familiar dimestichezza, gli diodo di se conoscenza,
ed il Francesco Amato propose introdurvi il suo amico o consocio Francesco
Mento che si disse versato nella conoscenza dello settario macchinazioni.
Estesa la combriccola si pensò ad organizzarla, ma poco esperti nella sedi-
▼I APPENDICE
ziosa dottrina degl'insensati misteri, all'uopo necessaria, l'andamento dell'affare
non avea quel celere progresso, che si desiderava.
Amato progettò incardinare alla loro comitiva D. Girolamo Torregrossa, chi-
rurgo , e questi bene accolto convenne con Avanclla nelle opinioni ; si parlò
dell'installazione di una Vendita Carbonica di Nuova Riforma, ma si osservò, che
scarso sino allora era il numero de' consocj.
In conseguenza si passò ad arroUaro nuovi seguaci, ed in casa di Sanfilippo,
Domenico Balsamo fu il primo a meritare di appartenervi, e vi fu ricevuto colle
solite formalità.
In questa unione intervennero il Baronello di Avanella D. Vincenzo Errante,
Cosimo Sanfilippo, Francesco Mento, Giuseppe Sossa o Francesco Amato.
Proseguirono le adunanze in casa di Sanfilippo ed in una di queste il Tor-
regrossa, esternando la sua connaturalo perversità , manifestò avere a sua di-
sposizione sufficiente numero di facinorosi , da poter suscitare ed eseguire a
suo piacere la rivoluzione.
Tal progotto però creduto prematuro, non fu allora applaudito.
Intanto quella combriccola di sediziosi, proseguendo i loro lavori, ricevè in
casa di Francesco Mento per compagno Vincenzo Corso, ed in altra combric-
cola anibulatoria tenutasi nella spiaggia del Lazzaretto associasi un altro Indi-
vidjo, il di cui nome non si è potuto con cortezza liquidare.
Nella prima delle due anzidette riunioni intervennero Cosimo Sanfilippo, Fran-
cesco Mento, Francesco Amato, Giuseppe Sessa, Girolamo Torregrossa, Giuseppe
Testa e Vincenzo Corso, e verso il fino di quella funziono sopravvenne Dome-
nico Balsamo; e nella seconda intervennero Sanfilippo , Torregrossa , Balsamo,
Mento, Amato, Testa e Corso.
Nato successivamente il pensiero di dare nuove forme all'Associazione, Tor-
regrossa (sulla di cui persona è da osservarsi, che non era aucora sciolto dal-
l'imputazione di avor appartenuto ai seguaci di Moccio) nella Casina del Prin-
cipe di Aci all'Arcnelhi istallò la Vendita Carbonica di Nuova Riforma; stabilì,
che il Gran M:\estro dovea nominarsi Gran Cappellano , e gli assistenti sotto
Cappellani , ed egli a voti unanimi no fu ciotto Gran Cappellano e furono no-
tniiuti duo sotto Cappellani, uno de' quali si ò liquidato con certezza ossero stato
Oiiueppe Seasa, essendo intervenuti in questa seduta Cosimo Sanfilippo, Fran-
eaaoo Amato, Girolamo Torregrossa, Giuìoppo Sessa, Francesco Monto e Giu-
seppe Testa.
Torregrossa investito del carattere anzidetto corrispose alla fiducia dei Con-
•ooj: in una seconda unione tenuta noUa stessa Casina di Aci all'AronoUa, in-
torrenendo Sanfilippo, Torregrossa, Amato , Monto e Testa ; Torregrossa dottò
•lavile loggi , btaliili Tributi , o s'incaricò di faro acquisto dello fedi l'arooali,
o)m diate dover servire ai consiocj in vece dei diplomi della pa-isata carbonaria.
Qoi è da oiMMirvarsi chu il Uaronullo di Avanulla D. Vincenzo Errante, seb •
APPENDICK Tn
bene non avesse intervenuto in tutte le anzidette unioni, era minutamente in-
formato da Torregrossa di tutte le successive operazioni carboniche. In effetto,
fattasi nella prima seduta all'Arenella l'elezione del Gran Cappellano e dei sotto
Cappellani, fu destinata per il Baronello di Avanella la carica di Deputato, ed
egli l'indomani direttosi in tono ammirativo a maestro Cosimo Sanfilippo, mani-
festò che gli era già noto d'essere stato dall'unione anzidetta eletto Deputato.
Non sfuggirono intanto alla vigilanza della Polizia le ree intenzioni di que-
sto miserabile avanzo di sciagurati; furono prese le più accurate misure, onde
arrestare il male, furono ordinati gli arresti di taluni di costoro, e nella visita
domiciliare, che si fece in casa di Torregrossa, che fu tra i primi ad arrestarsi,
furono repertate delle fedi Parocali, sulle quali date delle perizie, si ò ricono-
sciuto non essere di antica edizione, ed inoltre di essere state alcune impresse
nella stamperia Reale, e le altre nella stamperia di Gagliani.
Mentre la Polizia si occupava a raccorrò tutti i fili di queste criminose ope-
razioni, maestro Cosmo Sanfilippo, ch^ora stato già assicurato alla giustizia, pro-
pose al Sig. Direttore Generale di Polizia di manifestare tutti i fatti, e gli au-
tori dei medesimi, somprcchè gli fosse stata accordata l'impunità.
Il Sig. Direttore di Polizia fece di ciò rapporto al Governo, e con Ministe-
riale de' 13 giugno 1828 fu autorizzato ad accordarla; beninteso che non fosso
il Sanfilippo dei rei principali, e che tutti manifestasse i fatti, che fossero alla
sua conoscenza.
Sotto la promossa impunità, chiamato in conseguenza Sanfilippo a deporre, -
dichiarò minutamente i fatti, che sonosi pocanzi premessi, e sulla guida di questa
dichiarazione, interrogati successivamente Sessa e Corso deposero uniformemente,
contestando il primo di essere stato promosso a sotto Cappellano in secondo
nell'unione tenuta all'Arenella, graduazione corrispondente al secondo assistente
della passata Carboneria, e Corso confessò di essere stato ricevuto a Carbonaro
previe le solite formalità nella seduta tenuta in casa di Francesco Mento.
In seguito interrogato D. Vincenzo Errante, disse di essersi da taluni degli
imputati proposto di formare una Vendita Carbonica , e che egli fu di avviso
di non esserne sufficiente il numero. Afferma il suo intei vento nell'unione te-
nuta in casa di Sanfilippo, dove con le consuete formalità fu ricevuto Balsamo
a Carbonaro, e dove vide che Sanfilippo all'oggetto anzidetto preparò dei Sim-
boli Carbonici, ed aggiunse eh' essendo stato invitato a funzionare da capo in
tale recezione, si negò.
Nel costituto variò in gran parte i suoi detti, e nel confermare talune cir-
costanze da lui dichiarate nell'interrogatorio protestò da tutt'altro carattere eb-
bero fuor di quello di reato.
Nella pubblica discussione non si riportò perfettamente a fatti da lui dichia-
rati nel costituto, ma si riferì in parte al suo interrogatorio.
Interrogato Torregrossa, sebbene a' fatti che depose, avesse dato un carat-
Vm APPENDICE
tere di seraplicità e d' indifferenza , pure non discorda nelle più minute circo-
stanze dalla dicbiarazione di Sanfilippo, confermando di essere stato nel diporto
tenuto all'Arenella eletto Gran Cappellano, di avere nominati i due Sotto-cap-
pellani, uno de' quali Sessa, di avere nella seconda unione tenuta all'Arenella,
eh' egli presenta ancora in aria di divertimento , fissata una tassa testatica, e
di essersi designato il sotterraneo incavato nella pietra, di cui il fu Principe di
Aci ai serviva per consevare i vini , per luogo delle future unioni. Dice però
che i compagni lo nominarono Cappellano, perchè ei solo vedovasi seduto nel-
l'unica sedia colà esistente, ed in aria pure di scherzo furono nominati i due
Sotto-Cappellani. Che la tassa testatica servir dovea per i futuri sollazzi; ed in
fine dice che le fedi parrocali rinvenutesi in di lui casa furono da lui compe-
rate anni addietro come carta sporca.
Nel costituto il medesimo Torregrossa fu negativo , ma nella pubblica di-
scussione recedendo da tal negativa , confermò in parte quel tanto che disse
nel suo interrogatorio. Francesco Amato, interrogato, si chiama presente in tutte
le riunioni, si dà carico dell'elezione del Gran Cappellano, e de' Sotto-Cappel-
lani, sebbene asserisce di non saperne la cagione, e nel di piìi de' fatti si uni-
forma al coimputato Torregrossa.
Nel costituto fu dell'intatto negativo, negativa che ha sostenuto nella pub-
blica discussione.
Uniformemente a quest'ultimo depose l'imputato Domenico Balsamo nel suo
interrogatorio, e finalmente negativo fu nel costituto, e nella pubblica discussione.
Il di pili pegl' imputati sono stati tutti negativi , tanto nell' interrogatorio,
che nel costituto, e nella pubblica discussione.
Basati a tal modo i fatti, il Sig. Presidente ha elevato gradatamente le se*
guenti questioni:
PRIMA QUISTIONE
Coflia che Girolamo Torregrossa, Francesco Mento, Giuseppe Sossa, D. Vin-
cenzo Errante BaroncUo di Avanolla, Giuseppe Tosta, Vincenzo Corso, Dome-
nico Balsamo, Francesco Amato, Vincenzo Reale e Cosmo Sanfilippo siano col-
pevoli del misfatto di associazione sottaria, sotto nomo di Carboniiri di Nuova
Rifonna, dopo il Real Decreto de' 28 Sottombre 1822?
Considerando in rapporto alla pruova generica che da tutti i fatti , che di
Ù tono premessi, risulta senza equivoco alcuno l'esistenza di un'associa-
Mttarin formatasi dopo il Rcal Decreto do' 28 Suttembru 1822.
Considerando rolativamcnto alla pruova specifica, che dai detti di Sanfilippo,
• Corao risulta che furono tenuto dagli accusati in discorso vario unioni.
Ob* nella prima tenuta in casa di Sanfilippo, nella quale fu licovuto collo
foraulità oarbonioho Domenico Balsamo, intervennero oltre di questo
APPENDICE IX
e di Sanfìlippo, Amato, Sossa, Mento ed Errante, che nella seconda unione te-
nuta in casa di Monto, dove colle stesse formalità fu ricevuto a Carbonaro Vin-
cenzo Corso. Intervennero apparto di questi e di Mento, Sanfìlippo, Amato, Sessa,
Torregrossa e Testa.
Che neir unione arabulatoria tenuta al Cimiterio Inglese intervennero San-
fìlippo, Torregrossa, B.ilsamo, Mento, Amato, Corso e Testa.
Considerando che nell'altra unione tenuta all'Arenella nella Casina del Prin-
cipe di Aci intervennero Sanfìlippo, Torregrossa, Amato, Sessa, Mento e Testa.
E fìnahnente che nella successiva unione tenuta nello stesso locale inter-
vennero Sanfìlippo, Torregrossa, Amato, Mento, Testa e Corso.
Considerando che in tali riunioni oltre d='lla recezione a Carbonaro di Bal-
samo 0 Corso, circostanze effìcacissimo a far conoscere che le indicate unioni
avevano il carattere di associazioni settarie, furono inoltre adottate delle riforme
nella nomenclatura dello dignità, furono fatte dello leggi intorno alla recezione
dei Neofìti, furono fìssati dei tributi per lo mantenimento della setta, nominati
i dignitarj, e fu stabilito che agli antichi Diplomi di Carboneria , a scanso di
ogni sorpresa della Polizia, dovevano surrogarsi delle fedi di battesimo, per lo
acquisto delle quali ne fu da Torregrossa assunto l'incarico, e che per ultinoo
fu stabilito che la cantina di Aci all' Arenella , luogo inosservato e recondito,
dovea servire per locale delle future riunioni; cosicché il tutto di tali circostanze
non lascia dubbio a credere che le associazioni anzidette sieno state veramente
settarie.
Considerando che D. Vincenzo Errante, sebbene negasse d'avere appartenuto
a quella società, puro conferma di aver avuto le unioni degl'individui qui avanti
nominati, scopo ed oggetti di carboneria.
Considerando per l'ultimo che Torregrossa, Amato e Balsamo mentre danno
a' loro detti un'aria d'indifferenza e di semplicità e rimuovono dalle loro unioni
il carattere di Reato, pure non lasciano di accertare la verità delle riunioni e
delle circostanze deposte da Sessa, Sanfìlippo e Corso.
Considerando che da dotti del testimonio Giuseppe Meli risulta che per in-
carico di Torregrossa furono stampato delle fedi Parrocali sotto 1' intestazione
del Parroco dei Tartari Beneficiale Marini, e da quelli de' testiraonj Gaudiano
e Gagliani risulta che furono stampate delle fedi di battesimo coll'intestazione
del Maestro Cappellano Tasca, fedi che pure furono reperiate in casa di Tor-
regrossa.
Considerando che le unioni all'Arunella restano confirmato dai testimonj Ca-
ruso ed Abate, cooichè i detti di Sossa, Sanfìlippo e Corso risultano verifìcati
ed amminicolati in tutte le loro circostanze.
Considerando per l'ultimo, rispetto a Vincenzo Reale, che da niuno dei pre-
venuti sudetti viene egli indicato perfettamente, e che il solo Cosmo Sanfìlippo
lo riconobbe nell'atto di affronto, locchè non ba.sta a fissare il criterio morale
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 2
APPENDICE
della Commissione di essere stato con certezza Vincenzo Reale fra il numero
degli associati anzidetti.
Considerando che 1' eccezione dedotta da' difensori dei prevenuti di essere
nulli ed inattendibili gli atti compilati dalla Direzione Generale di Polizia, non
è per nessun modo valutabile, da poiché le istruzioni del ventidue Gennaio mil-
leottocento diecissette autorizzano gli uffiziali di Polizia ordinaria ad esercitare
le attribusioni di Polizia Giudiziaria nei reati di alto criminale, e tali istruzioni
d'altronde legalmente pubblicate, furono legge per questa parte de' Reali Do-
minj , allorché piacque alla Maestà Sua d' ordinare a questo Governo col re-
scritto del primo Luglio 1820 di provvedere onde per questo ramo di servizio
abbiano esecuzione le istruzioni anzidette ; ed infatti sin d' allora ha costante-
mente la Polizia esercitate tali attribuzioni sotto gli occhi del Governo, e colla
sua adesione, ed in due circostanze nello quali fu promosso dubbio, sopra ciò
il Governo ha risoluto uniformemente di essere nelle facoltà della Polizia or-
dinaria di esercitare le indicate attribuzioni a' termini delle citate istruzioni del
22 Gennaio 1817.
Considerando che neppur valutabile è l'altra obbiezione fatta dagli stessi di-
fensori, di dover l'associazione settaria di cui ò parola contenore un' organiz-
zione completa, dapoiché è chiaro che ai termini dell'articolo nono del Real De-
creto de' 28 Settembre 1822 è vietata ogni associazione settaria organizzata in
corpo, 0 comunque altrimenti formata, qualunque ne fosso 1' oggetto ed il nu-
mero de' SQoi componenti.
LA COMMISSIONE MILITARE
Per tali considerazioni a voti uniformi ha dichiarato e dichiara:
Costa che Girolamo Torregrossa , Francesco Amato , D. Vincenzo Errante
barone d'Avanella, Vincenzo Corso, Domenico Balsamo, Giuseppe Sessa e Co-
simo Sanfilippo sieno colpevoli del misfatto di associazione settaria sotto nome
di Carbonari di Nuova Riforma dopo il Real decreto de' 28 settembre 1822.
A maggioranza di sei voti sopra uno.
Cotta che Francesco Mento e Giuseppe Testa sieno colpevoli dello stesso
•oxidetto misfatto di associazione sottaria.
E ad onanimità di voti ha dichiarato, e dichiara
Non costa abbastanza che Vincenzo Reale abbia fatto parto dell'associazione
Mttaria anzidetta; e quindi ordina la Commissiono stessa, che rimanendo l'an-
xidetto di. Reale in carcero per il tempo stabilito dalla legge, si faccia una più
ampia iatnizione de) Capitano Relatore, versan<l<>si in liquidare con certezza di
arere l'anzidetto di Realo fatto parto dell'associazione sottaria di cui ò parola,
•d ogn'altro che dallo sviluppo de' fatti potrà sorgere sul conto del medesimo.
APPENDCOB XI
SECONDA QUISTIONE
Costa che Girolamo Torregrossa, il quale come qui avanti è stato dicLiarato
colpevole del misfatto di associazione settaria sotto nome di Carbonari di Nuova
Riforma, dopo il Real decreto de' 28 settembre 1822 sia stato capo graduato
Gran Cappellano dell'associazione setfcaiia anzidetta ?
Ritenuti li fatti di sopra basati;
Considerando che dalli stessi interrogatorj di Saniìlippo, Sessa o Corso risulta
indubitato che nella prima seduta tenuta all'Arinella nella Casina del Principe
di Aci, essendosi convenuto di dovere le dignità di questa nuova Carboneria
ricevere nuova e differente nomenclatura, fu stabilito che al Gran Maestro del-
l'antica Carboneria doveva surrogarsi il Gran Cappellano e fa a pieni voti dalla
combriccola nominato a questa carica il Torregrossa , o nella successiva seduta
tenuta nello stesso locale, esercitando Torregrossa questo carattere, dettò rego-
lamenti, fissò tasse e propose di surrogarsi le fedi parrocali agli antichi diplomi
di Carboneria a scanzo di qualche sorpresa della Polizia, e si assunse egli me-
desimo lo incarico di farne eseguire la stampa;
Considerando che questo stesso fu dal Torregrossa comunicato al barone
Avanella, che lo confessò nel suo interrogatorio;
Considerando che la di lui graduazione a Gran Cappellano, come sopra viene
anche asserita dal medesimo Torregrossa, sebbene dia ai suoi detti Taspetto di
scherzo;
LA COMMISSIONE MILITARE
A maggioranza di sei voti sopra uno ha dichiarato, e dichiara:
Costa che Girolamo Torregrossa sia stato capo graduato Gran Cappellano
dell'associazione settaria anzidetta.
TERZA QUISTIONE
Costa che Girolamo Torregrossa sia colpevole di reiterazione di misfatto a
misfatto ?
Considerando che dalla decisione emessa dalla cessata Corte Marziale estraor-
dinaria, istituita per giudicare della cospirazione tramata in gennaro 1822, si ri-
leva che sul conto di Torregrossa fu deciso di non costare abbastanza di esser
colpevole del misfatto di cui fu accusato , di sortachè manca nel momento la
certezza morale di questo primo misfatto;
Considerando, che sebbene si fosse detto nello stesso indicato arresto di pro-
cedersi sul di lui conto ad una più ampia istruzione , ciò non importa che sia
certo tuttavia il reato, potendo altrimenti risultare da tale più ampia istruzione;
Considerando che di tali atti compilati, colla più ampia istruzione , di cui è
parola, quando anche se ne fossero raccolti, o nuovi lumi , e prove si fossero
acquistate, non stu'ò tenuto alcun conto nella presento pubblica discussione: Per
tali considerazioni.
Ili APPENDICE
LA COMMISSIONE MILITARE
Ad unanimità di voti ha dichiarato e dichiara:
Non costa abbastanza che il medesimo Torregrossa sia reitcratorc di due
misfatti.
QUARTA QUISTIONE
CostA che Francesco Mento e Giuseppe Sessa, dichiarati colpevoli come so-
pra di associazione settaria, sotto titolo di Carbonari di Nuova Riforma, dopo il
Real decreto de' 28 settembre 1822, siano stati graduati sotto Cappellani della
stessa anzidetta settaria unione?
Qui il sig. Presidente ha promosso d'ufficio la seguente quistione:
La qualità di sotto Cappellano è una graduazione colpita dall'articolo nono
del Real Decreto de' 28 settembre 1822?
Ritenuti li fatti premessi
Considerando che dai detti di Sanfilippo , Corso e Sessa risulta che conse-
guenti ai principi di riforma da loro adottati , a proposta di Torregrossa, stabi-
lirono che le dignità di questa nuova associazione settaria doveano subire nuove
e differenti nomenclature , sostituendo la qualità di Gran Cappellano a quella
di Gran Maestro della passata carboneria e quelle di sotto Cappellani in primo,
ed in secondo alle altre di primo, e secondo Assistente;
Considerando che non è dubbio che nella passata Carboneria la qualità di
primo e secondo Assistente costituiva graduazione;
Considerando che la leggo nel parlar di graduazione ha inteso riferirsi a
quello che nel senso degli associati sono tali;
Per siffatte considerazioni
LA COMMISSIONE MILITARE
A maggioranza di cinque voti sopra duo ha dichiarato, e dichiara:
Conta cho la qualità di sotto Cappellano è una graduazione colpita dall' ar-
ticolo nono del Real decreto de' 28 settembre 1822.
Risoluta in tal modo la quistione anzidetta il medesimo signor Presidente
ha riproposta la superiore questione cioè:
Se costa cho Giuseppe Sessa e Francesco Mento siano stati graduati sotto
Cappellani della stessa anzidetta associazione settaria.
Considerando in rapporto a Giuseppe Sessa che 1' essere stato promosso a
sotto Cnppi'Ilano nt'H'anzid.-tta sottaria a.s8ociaziono vicn contostato dai dotti di
M.ro Cosmo Sanfilippo;
Considerando cho egli stesso l'ha confessato noi suo interrogatorio ; cho lo
contestano i dotti doll'anzidutlo di Torregrossa o di (Jiuseppo Amato, abboncliò
qocsti duo ultimi diano a qucst'oloziono un tono di scherzo;
Considvrandu r'iativamvnto a Franousco Monto che lo provo ofTorte dui di-
APPENDICE Xni
battimento non fissano pienamente la convinzione della Commissione per sta-
bilire in lui, con certezza, la qualità anzidetta di sotto Cappellano;
LA COMMISSIONE MILITARE
A maggioranza di cinque voti sopra due ha dichiarato, e dichiara:
Costa che Giuseppe Sessa sia stato graduato sotto Cappellano della stessa
associazione.
Non costa abbastanza che Francesco Mento vi sia stato similmente graduato.
QUINTA QUISTIONE
Costa che Francesco Mento , D. Vincenzo Errante e Cosimo Sanfilippo ab-
biano permesso 1' uso della propria abitazione per la riunione della medesima
settaria associazione ?
Ritenuti i fatti di sopra basati;
Considerando che nel proprio interrogatorio Cosimo Sanfilippo conferma le
riunioni settarie dei prevenuti nella di lui casa;
Considerando che il medesimo Sanfilippo e Giuseppe Sessa assicurano che
una simile adunanza fu tenuta in casa di Mento, dove, serbate le solite forma-
lità, fu ricevuto a carbonaro Vincenzo Corso;
Considerando che lo stesso Corso, mentre dichiara la propria reità di essersi
associato alla vietata setta, conferma ossero stato ricevuto in casa di Mento;
Considerando relativamente a D. Vincenzo Errante, che il solo Cosimo San-
filippo dichiara essersi tenuta una riunione in casa del dotto Errante , talché
la Commissione non rimane pienamente convinta d* questa circostauza;
Per tali considerazioni
LA COMMISSIONE MILITARE
Ad unanimità di voti ha dichiarato, o dichiara:
Costa che Francesco Mento , e Cosimo Sanfilippo abbiano conceduto Y uso
della propria abitazione per la riunione de' settarii sopradetti.
Ed a maggioranza di sei voti sopra uno non costa abbastanza di avere il
D. Vincenzo Errante conceduto 1' uso della propria abitazione per lo riunioni
anzidette.
SESTA QUISTIONE
Concorrono per Cosimo Sanfilippo le condizioni volute dalla Ministeriale di
S. E. il Luogotenente Generale datata de' 13 giugno 1823, onde godere dell'im-
punità accordatagli?
Ritenuti i fatti come sopra;
Considerando che Cosmo Sanfilippo fin dai primi momenti che fu sottoposto
all'interrogatorio manifestò interamente i fatti ch'erano alla sua conoscenza , e
tali fatti in tutta l'esteusioac sono stati confermati da due coimputati Sessa e
Corso;
XIV APPKiroiOB
Considerando che tali fatti li ha uniformemente ripetuti nel costituto e nella
pubblica discussione;
Considera ndo che nel dibattimento li medesimi fatti non sono stati variati,
ne smentiti, anzi intieramente confermati e rassodati, cosi che è manifesto che
egli ha tutti rapportati i fatti, che poteva sapere, e tali fatti contengono verità;
Considerando che il dibattimento non ha per nessun modo offerto che egli
nell'associazione settaria, di cui si parla, abbia avuto la qualità di capo o gra-
duato della stessa;
Per tali considerazioni
LA COMMISSIONE MILITARE
Ha dichiarato, e dichiara , a voti uniformi , concorrere nel nominato Cosmo
Sanfilippo le condizioni volute dalla Ministeriale di S. E. il Luogotenente Ge-
nerale de' 13 giugno 1823 per godere dell'impunità accordatagli, ed ha ordi-
nato che il medesimo sia posto in libertà.
SETTIMA QUISTIONE
Qual'c la pena preveduta dalla legge per il misfatto di cui Girolamo Tor-
regrossa e Giuseppe Sessa sono stati rispettivamente dichiarati colpevoli?
Visto l'art. 9 del Real decreto de' 28 settembre 1822 così concepito:
Art. 9. * Quante volte l'associazione illecita organizzata in corpo, o comun-
* qne altrimenti formata, contenga promessa, o vincolo di segreto, costituendo
" qualsivoglia specie di setta (qualunque ne sia la denominazione, l'oggetto la
" forma, ed il numero dei suoi componenti, comunque venga artatamente combi-
" nata per comunicazione ambulanti, e senza determinazione fissa di luoghi, di
■ giorni , 0 di persone ) i rispettivi componenti di essa saranno pimiti col
* terzo grado de' ferri , e con una multa da cinquecento a duo mila ducati.
* I Capi, Direttori, Amministratori, o Graduati della stessa saranno puniti con
" la pena di morte col laccio sulle forche, e con la multa da mille a quattro
' mila ducati. ,
LA COMMISSIONE MILITARE
A voti unanimi ha condannato, e condanna Girolamo Torrogrossa o Giuseppe
Bwm alla pena di morte col laccio sullo forche.
Ed alla maggioranza di cinque voti sopra due ha condannato li medesimi
•Ila multa di ducati due mila per ciascuno di essi.
OTTAVA QUISTIONE
Qoal'è !a pena preveduta [dalla legge por il misfatto di cui sono stati di-
chiarati rìiip«ttÌTamonte colpevoli Francesco Mento, Francesco Amato, D. Vin-
tnao Errante, Giuseppe Testa, Domenico Ualóaniu e Vincenzo Corso V
RiUnuto il detto art. 9 del Ucal decreto do' 28 settembre 1822.
APPENDICE XV
Visto l'art. 11 dello stesso Real decreto non che gli art. 31 e 34 delle leggi
penali, e l'art. 296 delle leggi di procedura nei giudizj penali, così concepiti:
Art. 11. " Quelli che scientemente avranno conceduto o permesso l'uso della
" loro casa , abitazione , o di altro loro locale qualunque per la riunione della
" setta, saranno, por questo solo fatto, puniti con la pena del primo grado de'
" ferri, e con la multa di cento a cinquecento ducati. Ove essi facciano parte
" della setta se saranno semplici membri della stessa saranno puniti col terzo
" grado dei ferri escluso il minimum del tempo, e con una multa da mille a
" tre mila ducati. Se saranno Capi, Direttori, Amministratori, o Graduati dalla
"stessa saranno puniti con la pena di morte col laccio sulle forche, e con una
" multa da mille cinquecento a sei mila ducati.
Art. 31. ' La condanna alla malleveria astringe il condannato a dar sicurtà
* di sua buona condotta per un tempo non minore di tre anni, né maggiore di
" dieci.
" La somma ricercata per la sicurtà non sarà mai minore di ducati cento ,
" né maggiore di cinque mila. Questa non può esigersi che in caso di condanna
" per misfatto, o delitto commesso nel tempo della sottoposizione alla malleveria.
" Le somme riscossa saranno addette in preferenza alle restituzioni, a danni,
" ed interessi ed alle speso cagionate agli offesi dal nuovo misfatto, o delitto.
* Art. 34. " La malleveria sarà aggiunta
* I. Nelle condanne a retlusioni o a' ferri, anche se questi vengano espiati
* nel presidio.
" 2. In tutte le condanne per misfatti, o delitti contro lo stesso.
Art. 296. " Pronunziandosi la condanna dell'accusato , dee con la decisione
* stessa pronunziarsi la sua condanna al pagamento delle speso del giudizio, sia
* in favore della parte civile . . . , .
LA COMMISSIONE MILITARE
Ad unanimità di voti ha condannato, e condanna Francesco Mento alla pena
de' ferri per anni ventiquattro, ed alla multa di ducati mille.
Ed alla stessa unanimità di voti ha condannato D. Vincenzo Errante, Fran-
cesco Amato , Giuseppe Testa, Domenico Balsamo e Vincenzo Corso alla pena
de' erri per anni diciannove, ed alla multa di ducati cinquecento per ciascuno
di essi.
Ha condannato parimenti i suddetti Torregrossa, Sessa, Mento, Amato, Er-
rante, Testa, Balsamo e Corso solidalmente alle spese del giudizio in favore della
R. Tesoreria ....
Ed i suddetti di Errante, Mento, Amato, Testa, Balsamo e Corso a dare inol-
tre, espiata la pena de' ferri, alla quale sono stati condannati , sicurtà di loro
buona condotta , per lo tempo di anni cinque , e sotto la malleveria di ducati
trecento.
Xn APPENDICE
NONA ED ULTIMA QUISTIONE
Deve farsi diritto in rapporto al testimone D. Francesco Graniignani alla do-
manda del Capitano Relatore da Pubblico Ministero di mettersi in libertà?
Considerando che la pubblica discussione non ha accresciuti sul suo conto
quei sospetti che lo fecero sottoporre all'esperimento del carcere.
Considerando che un tale esperimento lo ha sofferto per lo corso di sei mesi.
Per tali considerazioni
LA COMMISSIONE MILITARE
Facendo diritto alla dimanda anzidetta del Capitano Relatore da Pubblico
Ministero
A voti uniformi ha ordinato , ed ordina che D. Francesco Clramignani sia
messo in libertà.
Ha ordinato in ultimo che della presente decisione so ne imprimaiio numero
cinquecento copie.
Il tutto a cura e diligenza del Capitano Relatore da Pubblico Ministero.
Fatto , giudicato e pubblicato in continuazione dell'ultimo atto del dibatti-
mento
Oggi in Palermo, li 30 aprile 1824, alle ore 2 d'Italia.
Colonnello Emmanuele Ribas Presidente.
Capitano Pietro Pellegrino Giudice.
Capitano Bernardo Conti Giudice.
Tenente Giuseppe Pistorio Giudice.
Tenente Gaetano de Vicesvinci Giudice.
Sotto Tenente Carlo Amidi Giudice.
Sotto Tenente Federico Daubert Giudice.
Domenico Corvaja Giudice della Gran Corte C. uomo di leggo.
Àjutanto Domenico Raspa Cancelliere.
Visto
Il Capitano Relatore da Pubblico Ministero
(fiovanni Andrea Maurigi.
(K. Arrbirio di Stato io Palenno).
DOCUMENTO N. II.
Lettera del Miniatro Segretario di Stito per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 21 agosto 18133.
ISeeeXteHBo,
Dftl Miniatoro della Polizia Gonornlt) in data di oggi stesso mi ù stato di-
retto il MgaMte UfBoio — * Sul Pacchetto Fruuceau a vaporo arrivato roconto-
APPENDICE XVII
mente qui, vi è stato un passeggiero a nome Nicola Ruffo di Palermo, negoziante.
Egli nel passato Maggio partì dalla patria per la direzione di Parigi , ma
invece recossi in Marsiglia , donde ora è di ritorno, ed ha intenzione di ripa-
triarvi al piìi presto. — È un giovane assai vivace, e nella corrispondenza avuta
con la sua famiglia si son rimarcate le seguenti proposizioni che gli orano in-
dirizzate, cioè: Speriamo che vi avrete accomodata la vostra testa.
Ho stimato quindi opportuno di prevenir V. E. sul conto del suddetto indi-
viduo per quelle contemplazioni che la sua saggezza crederà convenienti „. Ed
io mi do la premura di comunicarle a V. E. perchè si serva farne 1' uso con-
veniente.
Il Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Aht. Fsango.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. III.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 18 settembre 1833.
Eccellenza,
È partito da questa parte dei Reali Dominii per Messina il nominato Ric-
cardo Comi della Comune di Giulia nella provincia di Abruzzo ulteriore 1*.
Questo signor Ministro della Polizia Generale nel parteciparmi ciò soggiunge
che il Comi è un individuo marcato in linea di politica; quindi mi do la pre-
mura di provenirne la E. V. per quelle disposizioni di vigilanza sul medesimo
che TE. V. voglia creder necessarie.
Il Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Ant. Fbanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. IV.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 27 agosto 1834.
Eccellenza,
Questo signor Ministro di Polizia Generale, con ufficio dei 22 corrente mi
ha partecipato di esser da Roma pervenuto in questi il signor Giovanni Ul-
Arch. Star. Sic. N. S. Anno XV. 8
XVin APPENDICE
tico Ichr di S. Gallo in Svizzera, negoziante munito di passaporto rilasciatogli
dal Console di Commercio della Confederazione Svizzera in Marsiglia in set-
tembre ultimo, e vistato dalla Regia Legazione in Roma, di essere stato qui
accuratamente vigilato; e nessuna cosa in contrario esserne risultata ; o final-
mente di essersi l'enunciato individuo imbarcato ai 16 del corrente mese sopra
legno mercantile alla volta di Palermo.
Mentrechè ho 1' onore di far consapevole 1' E. V. di tutto ciò , la prego di
volermi in seguito far conoscere i movimenti dello indicato forestiero , quante
volte si dirigesse nuovamente in questa parte dei Reali Dominj per io farne
inteso il prelodato Ministro giusta la richiesta da lui fattami.
// Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Aht. Fkamco.
(Archirio dUto).
DOCUMENTO N. V.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 20 dicembre 1834.
Eccellenza,
11 nostro Ministro degli affari Esteri con suo ufficio dei 17 corrente mi ha
fatto tenere una copia di lettera diretta a questa Nunziatura Apostolica in Ro-
ma , contenente taluni insegnamenti sul noto settario Luigi Fabrizi e su di un
tale Felice Rosignauo , il quale sotto finto nome di Monsieur le Comte Jean
Francois Piccotti si trova giìi in giro dell'Italia per propagarvi le infernali mas-
sime rivoluzionarie , desiderandosi dal Governo Pontificio che sia loro vietato
l'ingrosso nei papali dominj. Por averne 1' E. V. la dovuta intelligenza mi do
la premura di accluderlo un consimile dell'enunciata lettera o farne quell' uso
che nella sua saggezza crederà conveniente.
Il Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Ant. Franco.
(AreblTio dUto).
DOCUMENTO N. VI.
liotna — Direzione Generale di Polizia
JtiHerpota al solo Nunzio apostolico in Napoli.
Jll.mo e lieverenditisìmo Signore,
CoBOte« i Governo di Sua Santitii che con passaporto rilasciato in origine
U 4 oltokv •ourso p«r ooatà dal prefetto di Marsiglia certo Luigi Fabritii di
APPENDICE XIX
Modena , possidente di anni 21 ed uno dei Capi della Federazione della Gio-
vane Italia, espulso da Marsiglia, cerca di penetrare in Italia e nei Dominj della
Santa Sede, per agirvi nel senso di un politico rivolgimento. Sa pure che per
Commissione della Propaganda trovasi in giro per l'Italia, sotto il nome di Mon-
sieur lo Corate Jean Francois Piccotti, un tal Felice di Rosignano , pessimo
soggetto, che molto figurò nell'Epoca francese come njutante di campo del ge-
nerale Berthier. Questo dicesi alto cinnuo piedi e 4 polliti; di corporatura snella,
di viso lungo e vivace e di bella idea. - Se tali soggetti o alcuni di loro pe-
netrassero costà e ricercassero da V. S. III. ma e Reverendissima il visto nel
proprio passaporto per penetrare nello Stato Pontificio, è niente del Governo
che gli venga denegato, e che si faccia tener dietro ai loro passi per conoscere
quale direzione siano per prendere. — Partecipo tutto ciò a V. S. Ill.ma e Re-
verendissima per opportuna norma, ed in attesa di ragguaglio, qualora fosse per
avverarsi alcuna cosa in proposito, ho l'onore ecc.
Li 12 dicembre 1834.
Firmato : L. Ciaulsi Governatore.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. VII.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 24 dicembre 1835.
Eccellenza,
Un tal Pudon nativo livornese cerca portarsi in Roma da Torino, traversando
r Italia sotto il nome di Lobeun. Egli , comunque in apparenza comparisca le
gitti mista , pur tutta volta ci sono dei dati a crederlo agente e spia del Go-
verno francese. Trovasi munito di un passaporto rilasciatogli a Lisbona da
quel Ministro di Francia sotto il nome di Lebeun, medico chirurgo , e vistati
all'ambasciata di Francia e Torino per Roma. Essendo importante che siano
spiati i suoi passi, qualora giunga di furto in cotesta parto dei Reali Dominj,
mi do la premura di passarlo alla intelligenza di V. E. per quell'uso che cre-
derà conveniente.
// Ministro Segretario di Stat
per gli affari di Sicilia
A NT. Franco.
(Archivio citato).
jbt APPENDiCÈ
DOCUMENTO N. Vili.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 12 gennaro 1835.
Eccellenza,
Il giorno 16 dello scorso dicembre s' imbarcò la Malta sulla nave di Real
Bandiera, nominata Leonforto, comandata da patron Antonio Russo , per Mes-
sina il forestiero Felix barone LJrasky, soggetto pericoloso in linea di politica.
Mi do la premura di farne parte all'È. V. per quell'uso che voglia credere
conveniente.
Il Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Akt. Franco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. IX.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo. ,
Napoli, 21 gennaro 1885.
Eccellenza,
In proseguimento della mia del 17 corrente, sul forastiero Felix barone Brasky,
da Malta partito per cotcsta, ho 1' onore di parteciparle che questo signor Mi-
nistro della Polizia Generale mi ha richiesto di fargli conoscere , se mai da
Messina o da altro punto di cotosta isola il prefato individuo prendesse direzione
per questa parte dei Reali Domioj. Sono perciò a pregare l'È. V. di voler avere
la compiacenza di favorirmi tale notizia, nel caso che si avverasse.
Il Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Ant. Fbanco.
(Archivio ciUto).
DOCUMENTO N. X.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 21 febbraio 1835.
Eccellenza,
Il Miniittro della Polizia (Jonorale con riservatissimo ufilcio dei 20 dolio an-
dante mese mi ha manifentato chi< hiiI loglio h vapora, il quale bniciossi ulti-
APPEHDiOE Xìt
inamente in questo porto, pervenne in Napoli, in compagnia della moglie, il conte
Giambattista Lusini Passalacqua, che pei suoi principii politici e contatti avuti
in Milano , eccitò dei sospetti e venne colà sottoposto a sorveglianza. Ha poi
il detto Ministro soggiunto che essendosi qui strettamente indagati e seguiti
gli andamenti del Conte, non ha dato luogo ad osservazioni attendibili, giacché
vedendo egli in frequenza e fon intimità il Console Generale del Brasile, si è
solo occupato di divertimenti e del teatro. Or siccome tale individuo, notato di
svantaggiose nozioni che richiamarono 1' attenzione particolare della Polizia di
Milano, è partito per cotesti Keali Dominj il giorno 3 di questo mese, cos'i mi
do tutta la premura di renderne informata V. E. perchè si serva dare quelle
disposizioni che nella sua saggezza stimerà piii opportune.
Jl Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Aht. Fbanoo
(Archivio dtatoj.
DOCUMENTO N. XI.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
La lettre transcrite ci-après, datée de Berne, 19 janvier, assure qu'un mou-
vement popoulaire était pret à eclater dans le Royaume des Deux Siciles, et
si attendait plus que la decisiou de la Capitale. Luviqu'on (Sic) ne puisse róvoquer
au doute la coutiiiuation des mcnèes du propagandisme republicain, le Cernite
centrai de la Jcuno Italie a cependant assuyés (Sic) des echocs très considerable
dans son crédit et dans res ressources. On serait donc tenté de croire que les
Auteurs des lettres do Naples, dont il est quéstion, aient suivi la tactique tant
de fois mise en usage par les membres de la secte surmentionnée, de se tenir
mutuellement en halaine par des Musions (Sic) et des vaines promesses , pour
soutenir leur courago chancelant, par Tespoir de la réussite de leurs machina-
tions (1). V
(^Extrait de la lettre de Berne).
Le lettere che vengono dalla Sicilia agli Amici parlano chiaro e dicono che
il malcontento è generale, e che la mossa popolare è pronta quando Napoli si
sarà una volta decisa. Una di queste la lessi io stesso , ed ora segnata con
queste due lettere.
C. B.
^Archivio citato).
(1) Questa lettera, non priva di orrori, ì> del tutto conforme all'origliiale.
kxn ItPBNDtOB
DOCUMENTO N. XII.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 25 febbraio 1835.
Eccellenza,
Sul proposito dello stabilimento di un Comitato rivoluzionario francese in
Parigi di accordo coi Cupi della Giovino Italia, mi affretto di far tenere a V. E.
copia di articoli di due lettere scritte da Parigi ad un rifuggiato in Marsiglia,
onde l'È. V. si serva farne l'uso che nella sua saggezza crederà più conveniente.
Il Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Ant. Franco.
(Arcbivio citato).
* Brano di lettera inviata a Marsiglia.
Parigi, 18 gennaio 1835.
Sotto le tenebre ed il silenzio una macchina infernale si sta travagliando.
L'oggetto non è ancora perfettamente conosciuto chi dai collaboratori, e forse
qualch' uno di essi non conosce tutta la estensione della intrapresa. Si fa spe-
rare che a diversi degli illuminati, e coraggiosi dei nostri L.li Ri glie
ne sarà fatta comunicazione. Ciò si dice che sarà pel bene e per por fine ai
mali che opprimono la desolata nostra patria. Basta; apriamo gli occhi, afilnchò
non venissimo ad essere istrumcnto dei capricci altrui , e falso promesso , sic-
come a noi tutti già fu noto.
Brano d'altra lettera.
Parigi, !9 gennaio 1835.
Un Comitato im])rovvÌ8o si è installato in questa Capitate, ed i membri ne
sono sino a questo momento quasi incogniti. Esso si vuole che sia per gli af-
fari d'Italia, u che sia a])poggiato da fortissimo braccio. Iddio co la mandi buona:
diverse riunioni dicosi cho vi siono stato, u elio abbiano proso dallo buonissime
misuro, per cui speriamo un buonissimo risultato. Eccoti segno di vita.
APPENDICE XXIIC
DOCUMENTO N. XIH.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo,
Napoli, 28 marzo 1835.
Eccellenza,
Uno 0 più agenti del Comitato rivoluzionario di Francia, trovando scoperte
dalla Polizia di Napoli le loro manovre, avvertiti a tempo, sono riusciti a pren-
dere la fuga. Il prefetto di Marsiglia , dicesi , ne sarà avvisato , come ancora
quei giornalisti liberali, perchè noi rendere pubblico un tale incidente , avver-
tissero del pericolo gli ulteriori Emissarii che dovranno partire alla destinazione
di Napoli.
Il propagandista Very, di cui ho già tenuto proposito a V. £., sullo stesso
argomento scrive da Lione ai suoi correligionarii di Marsiglia lettere dello stesso
tenore, che confermano tali concepiti timori. Sino al momento però né il Pre-
fetto ha ricevuto annunzio di ciò, né i giornali ne han fatto parola.
Io mi do quindi la premura di partecipare tutto ciò all'È. V. per la sua in*
telligenza, e per quell'uso che giudicherà conveniente.
/{ Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
A NT. Fbawco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XIV.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 15 aprile 1835.
Eccellenza,
Con riservatissimo uffizio dei 28 marzo ultimo mi diedi la premura di ren-
dere informata V. E. della scoperta fatta dalla Polizia di Napoli di taluni agenti
del Comitato rivoluzionario di Parigi. Or tali agenti sono fuggiti da questa
Capitalo sul punto di ossero arrestati , hanno scritto da Livorno ai loro amici
in Marsiglia, ai 15 febbraio ultimo, avvisandoli dell' accaduto , ondo avvertire
gli altri Emissarii loro colleghi di sospendere il viaggio d'Italia, affine di non
trovarsi anch'essi in simili imbarazzi: di maniera che, si assicura, che sono pel
momento sospesi i travagli della Propaganda relativi all'Italia, ed ai Reali Do-
minj. Con tutto ciò, siccome conviene star sempre vigilanti, e temere incessan-
XXIV APPENDICE
temente di siffatta genia, io sono sollecito di partecipare all'È. V. questa nuova
circostanza, per quell'uso clic nella sua saggezza giudicherà piìi conveniente.
// Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Ant. Fbanco.
(ArdÙTio citato).
DOCUMENTO N. XV.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 15 aprile 1835.
Eccellenza,
Si conferma sempre piìi essersi pel momento sospesi ì travagli del Comitato
Rivoluzionario francese e della Giovine Italia sulla penisola italiana e sui Reali
Dominj, giacché i rifuggiti di Francia, siccome essi vanno spacciando, fondano
su di una vicina amnistia che si darà dal nuovo Imperatore d'Austria ai col-
pevoli di delitti : e attendendo questo atto che di molto sorriderebbe alle loro
mire sovversive , si mantengono in osservazione , senza nulla per ora intra-
prendere.
n Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Ant. Fkanco.
(ArchiTio dUto).
DOCUMENTO N. XVI.
Lettera del Ministro Segretario di Stito per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 18 aprile 1835.
Eccellenza,
In continuazione del mio Uffizio del 15 dell'andante mese, mi do la pro-
mura di ronderò informata V. K. di altre circostanza in ordine alle macchina-
zioni dei settari i
•Si Ha che negli ultimi giorni di marzo giunsero in Marsiglia , provenienti
dall' intento della Francia , da 20 a 25 rifuggiti italiani , il di cui notamente
mi farà prosaimamcnto rimesso. Costoro orano disposti a seguirò, con gli altii
reaidcnli in qui'lln Città, lo diuponiziuni ed i progetti della Cìioviiie Italia, e du-
ranta la notte, sia in culfè, sia nollu pubbliche strade, si diedero a cantaro un
APPENDICE XXV
canto rivoluzionario. La ii:soliiziono però presa da molti di essi Ji portar.-^i in
Ispagna, e le loro asserzioni di non esservi più nulla a faro in Marsiglia, con-
fermano sempre più quanto di già è stato (letto sui piani della propaganda ri-
voluzionaria relativamente all' Italia, cioè che per ora serabran sospeso le loro
demagogiche mire sulla stessa; anche perchè sono essi in attenzione del nolo
decreto di amnistia e di altre clementi disposizioni che sperano dal nuovo Im-
peratore d'Austria.
Serva tutto ciò d'intelligenza all'K. V. per quell'uso che nella sua saggezz.i
stimerìi conveniente.
Il Ministro Segretario di Stato
pei- (jìi affari di Sicilia
A NT. Franco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XVII.
Lettera ilei Mhiisiro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente (h'uerali' in Palermo.
Napoli, 27 giugno 1835.
Krcellvma,
Le relazioni pervenute intimamente nulla offrono d'interessante intorno allo
criminoso macchinazioni dei sottarj , ed ai loro progressivi andamenti ; solo si
raccoglie dalle dette relazioni il movimento di taluni propagandisti, e lo stabi-
limento in Bastia di un Comitato composto di profughi italiani, di cui qui ac-
chiuso ho l'onore di rimettere a V. E. il notamonto. Costoro mirano a mettersi
in relazione col Comitato francese in Parigi, ma in seguito di arresti occorsi
nella Toscana, molti soggetti trovandosi compromessi, sono fuggiti senza passa-
porti, 0 con passaporti sotto mentiti nomi, ricoverandosi in Marsiglia.
Fra di essi è un certo Silvio Solimani di Pisa, giunto in Marsiglia sotto il
nome di Oliva nativo dell'isola d' Pllba. Degli altri non si conoscono ancora i
nomi, ad eccezione di un certo chiamato Leoni di Modena , partito per Lione,
e di un tal MnrrocchcUi piemontese, partito per le Spagne.
In Marsiglia poi, che è la fucina delle perverse macchinazioni dei settari
italiani, le cose proparato dal partito repubblicano francese, colla coadiuvaziono
della setta la Giovine Italia, continuano nello stato primiero , ed attendesi il
segnale che dovrebbe venir da Parigi per faro scoppiare il proposto nuovo piano
rivoluzionario. A tabi oggetto son partiti per quella Capitale tre famosi repub-
blicani marsigliesi che debbono rappresentarvi e difendervi gl'interessi dei loro
mandanti. Essi chiamansi Barthelemy, Richai;d e Gennaiu.
Ardi. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 4
XXVI . • APPENDICE
Io mi do la premura di rendere informata TE. V. di tutto ciò, in continua-
zione delle mie precedenti comunicazioni sul proposito, od affinchè si serva farne
l'oso che nella sua saggezza giudicherà conveniente.
Il Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Ant. Fbanoo.
(Archivio citato).
Notamento degl'indivìdui che compongono il Comitato rivoluzionario
iti Tin^iìn ( f:nì*Q^/*n\
ili Bastia {Corsica)
Laigi Fabrizi — Modena.
Avvocato Borghini — Parma.
Medico Sterbini — Roma.
Cesare Giudici — Modena.
Federico Morselli — Modena.
M. Cucchi — Genovesato.
Francesco Ceroni — Romagna.
Marsiglia, 9 giugno 1835.
DOCUMENTO N. XVIH.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 18 novembre 1835.
EcedUnza,
Col mio risorvatissimo uffìzio del 27 gennaio scorso mi diodi la promura,
fra le altro coso relativo allo macchinazioni dei settarj od al movimento di
taluni propagandisti, di tenere parola a V. E. di un certo Richard, famoso re-
pubblicano marsigliesn, il qua'o in unione di altri suoi duo colleglli per nomo
Barthelomy e Gcrmain, doveva recarsi in Parigi noll'intercsso della Propaganda
rivoluzionaria. Or è accertato da sicura sorgente che il detto Richard, il quale
Ri credo figlio del maresciallo DavouFt, ò stato in Palermo, od ha colh riunito
intomo a hù molta giuvcnlìi, mettendosi in contatto cogli amici e adorenti della
Giovine Italia che lo hanno festeggiato. Da Palermo lo stesso Richard ò ve-
nuto poMoia in questa capitalo , ove si giudica che sia in relaziono con tutti i
Mtt*rj, e si propone di ritornare in l'arigi , seco conducendo il letterato regio
suddito a nomo Pierangelo Fiorentino di Napoli.
APPENDICE XXVtt
Io sono sollecito di partecipare anche ciò all'È. V. in coatinuazione del ci-
tato mio uffizio , affinchè si serva farne 1' uso che nella sua saggezza crederà
conveniente.
Il Ministro Segretario di Staio
per gli affari di Sicilia
Ant. Fbanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XIX.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 13 novembre 1835.
Eccellenza,
Reputando degno della conoscenza di V. E. quanto è contenuto nella copia
di un sunto di lettera di Francia, io mi do la promura di farlo tenere all'È. V.,
nflinchè si serva farne l'uso chfl nella sua sag^ezzii crederà conveniente: sog-
giungendole che secondo le assicurazioni ricevute, degli omissarii appartenenti
alla propaganda rivoluzionaria spagnuola sono partiti per l'Italia, ed anche pel
Regno, ove per meglio riuscire nel loro intento si spacceranno per partigiani di
D. Carlos.
Il Ministro Segretario di Stato
pei' gli affari di Sicilia
Ant. Franco.
(Archivio citato).
Copia
Voici ce quo me ròpondent Ics personnes anx quelles j' ai ócrit à Genere.
Dans la Suisse en general V esprit est passablement mauvais , particulieremen
d'otre mis cn premières ligne , ensuite dans ceux de Baie, Campagne, de Ge-
nève et tous Ics petits Cantons qui avoisinent Lausanne et Le Mont St. Got-
tard. Les réfugiés Italiens, Polonais, AUemands ec. y abondent et y sont souf-
ferts , vi'is avec plaisir et méme choyós par la grande majoritó des habi-
tants ecc. ecc.
Un passeport a été délivró à la prefecture le 14 du courant au sieur Car-
melo Rotolo, italion réfugié, uatif de Naples, àgó do 23 ans, et qui ctait tou-
jours restò à Marsi'illc sou3 1j noin do Gibaldi pour aller à Malto.
XXVni APPENDICE
DOCUxMENTO N. XX.
Decreto contro i violatori delle leggi sanitarie.
Napoli il di 12 settembre 1836.
Jter'iinando II per la grazia di Dio li", del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec, Infante di Spagna, Duca di Parma, Piacenza, Ca-
flro ec. ec. Gran Principe Ereditario di Toscana ec. ec. ec.
Veduto il Decreto de' 5 agosto 1831 , intorno alla repressione do' misfatti
sanitiirj, di cui l'.irt. 1° è cosi concepito :
' Saran puniti colla morto i misfatti :
* 1' di violazione del cordone che il Insogno farà stabilire sul/e spiagge,
" coste, o altro luogo del regno;
* 2° di violazione di contumacie diverso stabilite da' regolamenti sanitarj;
* 3" d'immissione di generi di controbbando sanitario, o di disbarco furtivo,
" sia di generi, sia di persone , di cui per disposizioni sanitarie la comunica-
" zione è interdetta, o sottoposta ad una straordinaria contumacia;
" 4" di falsificazioni di patenti sanitarie;
* ó" di complicità in alcuno degli enunciati misfatti del pari che di ricct-
" tazione scientemente o volontarinmente data ad oggetti immossi dall'estero
• con iufraziono di leggi e regolamenti sanitarj;
" G" di resistenza commessa con armi contro i deputati e le guardie sani-
" t«ric per oggetti relativi al servizio;
* 1" di diserzione delle guardie sanitarie o di nualunque guardia destinata
• alla custodia del cordone o della contumacia, e di ogni abbandono del proprio
' posto , purché la diserzione e 1' abbandono sieno commossi nel!' atto del ser-
• vizio; ,
Veduto sulla stowa materia il Decreto dui 4 agosto 183').
Volendo Noi aggingnere agli enunciati Decreti tuttavia in osrcrvanza altre
dÌ8p03Ìziooi su'la materia;
Veduto il Rapporto del Consigliere di Stato Ministro Segretario di Stato
Luogotoncnto Oeneralc nei nostri Reali Doniinj <>ltrc il Faro;
Sulli proposizione del Ministro S.-gn-tario di Stato per gli alluri di Sicilia
prcMo la Nostra Real Persona;
Udito il Nostro Consiglio Oidinario di Stato;
Abbiamo rÌMoluto di de «.rotare, o decretiamo quanto segue:
Art 1. Nu' giuJizj du' misfatti sanitarj , punibili rolla morte , in vigor del
traMCritto articolo priuio del Decreto du' 5 agosto 18'tl, lìrocederanno collo formo
dfl giud:zio subituneu utubilitu nel Capitolo IX, titolo II, liliro II, dello Statuto
punalo Militar^*, i Cm^figli di Guerra di Unarnigioiie da elevarsi in Comniis-
•tono militaro.
▲^PENDICE XXUt
Ciascuno di essi composto di otto votanti, deciderà col uuiuoro di sette, a-
stenendosi dal votare il Giiulice di minor grado , purché altri di grado mag-
giore non si trovi legalmente impedito.
Art. 2. La composiziono de' Consigli di Guerra da elevarsi in Commissione
militare , sarà per la condizione de' giudicabili regolata dalle norme del De-
creto de' 10 gennaio 1827,
Art. 3. Gl'Intendenti delle Valli tradurranno gl'imputati a' Consigli di Guerra
di Guarnigione, che, secondo il bisogno, saran convocati dagli Intendenti stessi
ne' luoghi diversi delle Valli, dove sembrerà loro più opportuno per l'esempio
e per la prontezza del giudizio.
Art. i. Ne' Consigli di Guerra di Guarnigione elevati in Commissione mi-
litare esei citerà le funzioni di uomo di legge il Nostro Frocurator Gtueralo
presso la Gran Corte Criminale di-lla Valle, so la convocazione do' medesimi
avvenga nella residenza della Gran Corte. Ove poi avvenga ne' Circondarii, lo
funzioni medesime saraimo cserci'atc dal Giudice del Circondario.
Art. 5. I giudicabili per misfatti sanitarj che si pn^sentino spontaneamente
in prigione, godranno l'el beneficio conceduto dali' articolo 437 delle Leggi di
procedura penalo.
Art. 6. Il Ministro Segnatario di Siato per gli affari di Sicilia presso la No-
stra Real Persona, ed il Consiy;lioie di Stato Ministro Segretario di Stato Luo-
gotenente Generale no' Nostri llaali Dominj oltre il Faro, sono iucarioali della
esecuzione del presente Decreto.
Firmato — FERDINANDO.
Il Ministro Segretario di Stato
l'er (/li affari di Sicilia
Firmato — Antonino Fkanio.
Il Consiijliere Ministro di Stato
Presidente Interino del Consiglio dei Ministri
Firmato — Mauciiese Ruffo.
l'er Certificato Conforme
Il Consigliere Ministro di Slato
/'residente "Interino del Con-i'glio dei Ministri
Firmato — Marcues ; Ruffo.
Per Copia Conforme
Il Ministro Segretario di Stato
Fer gli affari di Sicilia
Firmato — Antonino Franco.
Per Copia Conforme
/ Consigliere di Stato Ministro Segretario di Staio
Luogotenente Generale
Principe di Campofbanco.
(Archivio citato).
mCT APPEKDtOE
DOCUMENTO N. XXI.
Sentenza della Commissione militare di Palermo
Ferdinando II. per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec. Gran Prin-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
\ Il Consiglio di Guarnigione della Valle di Palermo, elevato in Commissiono
militare procedendo in modo subitaneo, convocato da S. E. l'Intendente, e no-
minato dal signor Generale Cav. D. Pietro Vial Comandante le Armi nella Vallo
sudetta, composto dei signori Maggiore D. Giacomo Guttadauro presidente, Ca-
pitano Cav. D. Giuseppe Lepore del 1" Reggimento della Guardia Granatieri; Ca-
pitano D. Giosuè Ritucci del 4" Battaglione di Gendarmeria, 1° Tenente D. Giu-
seppe Ferrajuolo del 2° Reggimento di linea Regina, P Tenente D. Federico
Morfino del 10° Reggimento di Linea Abruzzo , 2° Tenente D. Giacomo Kum-
bely del V Reggimento di Linea Re, 2° Sergf^ntc Federico Deluca del 3" Dra-
goni Principe, giudici; Capitano D. Gesualdo Patti Commissario del Re, coU'iii-
l'intervento del signor Consigliere della Suprema Corte di Giustizia, Regio Pro-
curatore Generale del Re della Gran Corto Criminale, Dottor D. Salvatore Ogni-
bene uomo di legge, assistiti dal 2" Sergente Francesco D'Avella Cancelliere,
Riunito nel locale delle ordinario seduto, sito nel Convento del Carminello ,
piano Bologni, n. 6 per giudicare:
1" Salvatore Palazzolo, figlio d'Ippolito da Cinisi, di condizione campagnuolo.
T Francesco Tarantino da Palermo, figlio del fu Damiano, guardia al servizio
della Deputazione di Salute;
3° Gaetano Gennaro, figlio del fu Antonino da Palermo, guardia al servizio
della Deputazione di Salute;
Accusati . il primo di violazione di contumacia e i detti Tarantino o Gen-
naro, guardie sanitarie, di diserzione e abbandono del posto, ove la sera del 1"
ottobre f tante furono destinati a prestar servizio al Molo , per la custodia dol
Brigantino in contumacia proveniente da Malta, denominato Giorgio, Capitanato
da D. Antonino D'Anna, da dove la notte dol sudetto giorno fuggì il soprano-
minato Salvatore Palazzolo, che sotto il mentito nomo di Giuseppe D'Agostino
ivi trovavasi imbarcato; reati previsti dal Rcal Decreto del 5 agosto 1831, ri-
chiamato in osservanza da quello del 4 agosto ultimu;
Letti gli alti e i documenti di loro carico;
lotMÌ i testimoni!;
Udito il Capitano Commissario dol Re nello conclusioni, non cho gli accu-
mU • i loro riHpcUivi difensori mllc nllegnzioni;
Udito Analmente il sitrnor Consigliere Procuratore Generalo dol Ilo uomo di
l«gg« Del sao «TTÌao;
APPENDICE XXXI
Ad unanimità di voti ha dichiarato:
1" Consta che Salvatore Falazzolo da Cinisi, figlio d'Ippolito, è colpevole di
violazione di contumacia;
2" Consta non essere colpevoli li detti Tarantino e Gennaro, guardie sani-
tarie, di diserzione in servizio;
3° Non consta abbastanza di essere li stessi Tarantino e Gennaro colpevoli di
abbandono dal posto del servizio, e quindi ha ordinato che nel termino di tre
mesi il Capitano Commissario del Ro proceda a nuove informazioni , rilascian-
doli intanto in libertà provvisoria sotto la vigilanza della Polizia.
Alla stessa unanimità di voti e sull'appoggio dell' art. 1° del Real Decreto
del 5 agosto 1831, richiamato dall'altro del 4 agosto ultimo, ha condannato e
condanna Salvatore Palazzolo da Cinisi, figlio d'Ippolito, alla pena di morte da
eseguirsi colla fucilazione nel termine di oro dodici. Lo ha del pari condannato alle
spese del giudizio, ed ha ordinato che della presente se no imprimano duecento
copie per la pubblicazione e diramazione.
L'esecuzione a cura del Capitano Commissario del Re.
Fatto oggi in Palermo, li 12 ottobre 1835, alle ore 9 p. m.
Giacomo Guttadauro Presidente.
Giuseppe Lepore Capitano Giudice.
Giosuè Ritucci Capitano Giudice.
Giuseppe Ferrajuolo 1° Tenente Giudice.
Federico Morfine V Tenente Giudice.
Giacomo Kumbely 2" Tenente Giudice.
Federico Deluca 2° Sergente Giudice.
Salvatore Ognibene Uomo di legge.
Gesualdo Patti Capitano Commissario del Re.
Francesco D'Avella 2° Sergente Cancelliere.
^Arohivio citato^.
DOCUMENTO N. XXII.
Lettera del Luogotenente Generale di Sicilia
al Ministro Segretario di Stalo per gli affari di Sicilia
presìo S. M. R. in Napoli.
Con mio sommo cordoglio ho dovuto annunziare a V. E. e per la via tele-
grafica e per la posta d'oggi stosso, con mio ufficiale rapporto, il dispiacevole
avvenimento della morte di due marinai, seguita ieri nel quartiere della Kalsa
di questa Capitale con validi sospetti di essere stati attaccati di cholera asia-
XXXn APPENDICE
tico. Tatto ciò che la circostanza esigeva , fu tutto con prontezza o con esat-
tezza eseguito. Il mio uftìcia'c rapporto no dèi a V E. il ragguaglio. La pub-
blica quiete non è stata menomamente turbala , o ciascuno intende tranquilla-
mente ai propri affari ed alle proprie faccende II Magistrato Supremo di Sa-
lute e la Commissione centrale di Sanità sonosi costituiti in seduta permanente,
ed il Governo dal suo canto non lascerà, conio non ha lasciato da jeri in qua,
di occuparsi incessantemente, perchè le disposizioni e del Magistrato e della
Commissione sortiscano il loro effetto con la debita esattezza e senza dar luogo
al menomo inconveniente. Spero nella divina misericordia che il male non si
propagasse, ma laddove, Iddio non voglia, lo cose andassi.ro altrimenti, io posso
assicurare V. E. e la prego assicurarne anche in mio nome S. M. che dal
canto mio nulla avrò omesso perchè in sì spiacevole congiuntura , mentre da
una parte a tutto si occorrerà onde gli infoimi , e massime quei della classe
miserabile ottenessero tutti i possibili soccorsi, e si procurasse di attenuare per
quanto possibile le conseguenze del male micidiale, si prenderà dall' altra co-
stante cura onde la quiete pubblica sia sempre conservata, e mai mancassero
nella capitale i generi di vettovaglia al suo odierno consumo necessari. — Pi-
glierò consiglio dalle circostanze, ed a misura delle medesimo darò gli oppor-
tuni provvedimenti, giovandomi dell'epcra dell'autorità, e dei funzionari rispet-
tivi, e non lascerò di tenero periodicamente V. E. all' occorrente di tutto ciò
che sarà per succedere nell'ulteriore sviluppo del male, se non piacesse a Dio per
sua santa misericordia di farlo arrestare. Colmo intanto dei sentimenti della
più distinta stima e pari considerazione, ho l'onore di essere di V. E.
Palermo, 8 giugno 1837.
Decotisshno ohbligatiitsimo servo
Principe di Campofranco.
(Archirio eiUto).
DOCUMENTO N. XXIII.
Procetso verbale intorno alla sezione cadaverica dei colerosi
Mancino e lagliavia.
T/anno mille ottocento trentasotte il di otto del mese di giugno in Palermo.
Ordinatosi dui Magistrato Supremo di Salute colla decisione del 7 di questo
Illeso il trasporto polla via di mare in Lazzaretto doi cadaveri di Angelo Ta-
gliavia 0 Salvatore Mancino , morti Jori nel quartiere della Kalsa. Noi D. An-
tonino Hpiicchcs Brancoli Duca di Caccamo, Deputato del Supremo Magistrato
di Snliito, guardiano di questo porto, assistito «lai nostro ('ancolliore, ci siamo
■Ile o/v olio d'Italia di que-ìto giorno mudesiino Irasrerili in dotto stabilimento.
KMgaitoai di fatti il connato trasporto di ossi cadaveri sotto la sorveglianza
APPENDICE xxxirr
del Deputato straordinario del Magistrato Supremo di Salute signor Principe
di Valguarnera, su di una barca con quattro facchini , ed un barcajuolo a ciò
adibiti, scortati dalla lancia sanitaria, ed essendo stati a noi consegnati i detti
cadaveri in dtio casse catramate e chiuse, abbiamo fatto intrigare il modico
settore D. P^'ilippo Sidoti per eseguire 1' autopsia sui medesimi. Essa ha avuto
effetto sotto la Direzione dei Componenti la facoltà medica del Supremo Ma-
gistrato di Saluto pubblica e dei medici addetti alla Commissione centrale.
I medesimi, do^o le osservazioni fatte, hanno dato la seguente fede: " Noi
qui sotfoscritti Cumponcnti la facoltà medica del Supremo Magistrato di Saluto
pubblica, e della Conimi-ìsione centrale, riuniti collegialmente alle ore nove d'I-
talia nel localo del Lazzaretto con intervento del signor Duca di Caccamo, uno
dei deputati del Magistrato sudetto, e del protomedico consultore, abbiamo ve-
duto eseguire dal signor Filippo Sidoti, scelto all'uopo dalla Commissione cen-
tralo sanitaria, sugli scogli del Lazzaretto, con tutte le debito cautele sanitarie,
l'autopsia cadaverica dei defunti Salvatore Mancino od Angolo Tagliavia, morti
con sospetto di cholera asiatico, ed abbiamo osservato quanto segue :
Autopsia di Salvatore Mancino
Abito esteriore del corpo.
Rigidi gli arti, colorito livido in diversi punti della superficie del corpo, or-
gani genitali nerastri, occhi incavati, unghie poco livide.
Addome
Stomaco vuoto di cibi, contenente una materia grigiastra mucilaginosa at-
taccata allo pareti di quest'organo: membrana mucosa dello stesso iniettata con
molto ecchimosi e suggellazioni rossobrune. Negli intestini una materia lattigi-
nosa a guisa d' acqua di riso : nella cistifellea molta bile nera e densa : nella
vescica poca orina lattiginosa: il peritoneo che vestiva le pareti addominali al-
quanto denigrato. Sangue nero, ed un po' denso nella cavità del cuore.
Autopsia (li Anfjeìo Tayliavia
Abito esteriore del corpo
Occhi incavatissimi , arti rigidi , il colorito un po' livido in diversi punti
della polle.
Addome
Ventricolo od intestini vuoti di cibi e i!i fecce: materia biancastra mucila-
ginosa e liquida, tanto noi ventricolo, quanto negli intestini: la membrana mu-
cosa in vicinanza della piccola corvatura del ventricolo iniettata in rosso ,
e con piccole elevazioni e macchie rossastre nello stesso sito : bile nera-
stra e densa in guisa di pece liquida dentro la cistifellea. Vescica contratta
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 5
XXXIV APPENDICE
e contenente poca quantitì\ della stessa materia biancastra a guisa di un de-
cotto di riso. Vasi mesenterici injcttatissimi. Niente di rimarchevole nelle altre
cavità, meno che nel cuore, che vi si trovò sangue nero, ed un po' denso.
Dietro gli esposti fatti e nell' assenza di altri fatti che completerebbero la
diagnosi del colera asiatico, le riunite facoltà mediche sono concordemente dì
avviso che il rapido corso della malattia che estinse i due connati individui
presenta validi sospetti di colera morbus asiatico.
Fatto oggi in Palermo, li 8 giugno 1837, in doppio originale.
Domenico Greco, Rosario Delisi, Gioacchino Cacioppo,
Placido Portai, Leonardo Barraco, Salvatore Roma-
no, Pasquale Panvini, Salvatore Patronaggio, Gio-
vanni Gorgone , Giovanni Salemi, Giovanni Pruiti.
Dopo di ciò dai facchini intrigatisi coi medesimi individui si è fatto ese-
guire l'inumazione dei cadaveri in detto Lazzaretto ai termini del Regolamento
sanitario: le persone intrigatevi, cioè i quattro facchini nominati Salvatore Sil-
vestro, Vincenzo Pisciotta, Vincenzo Manuale, Francesco Bonomo, il barcaiuolo
Francesco Pennino ed il settore D. Filippo Sidoti sono stato lasciate in contu-
macia in esso Lazzaretto, facendole situare in una caserma di legname all'uopo
eretta e molto staccata dal fabbricato di detto stabilimento. E quindi si è da
noi redatto il presente processo verbale nel Lazzaretto di Palermo il giorno,
mese ed anno di sopra.
Antonino De Spucches Duca di Caccamo, deputato —
Per il Cancelliere impedito: Felice Giliberto, 1° uf-
ficiale.
(ArehÌTÌo citato).
DOCUMENTO N. XXIV.
Decisione del Magistrato Supremo di Salute in Palermo.
Il Magistrato Supremo di Salute coll'intervento di S. E. il Marchese Àrcz::o
Presidente , dell' ufficialo superiore incaricato del servizio della marina in Pa-
lermo, Prìncipe di Ganci, o dei signori deputati Duca di Caccamo . Marchese
Merlo, Barone Coniglio e principe di Valguarnera;
Visto il rapporto di questo deputato dui porto in data d'oggi od il vnrbalo
AcchiuHo circa l'autopsia cadaverica fattasi alla presenza doll'inliora facoltà mo-
dica addetta ul Magistrato Supremo di Saluto dei duo individui Angelo Ta-
gliavia o Salvatore Mancino, i quali cessarono di vivere Jori in poche ore. Letto
il detto Vfrbain da cui risulta che i cadaveri dogli anzidetti inJividui sezionati
sugli icogli del liazzaretto presentavano validi sospetti di cholera asiatico;
APPENDICE ZZZV
Considerando di essere un obbligo di lealtà dì dare esatto ragguaglio di
questo avvenimento, tanto agli altri paesi della Sicilia, quanto all'Estero;
Considerando che bisogna intanto attivare ogni possibile precauzione, tanto
per circoscrivere il morbo, laddove con effetto fosse il cholera quello che privò
di vita i due individui Tagliavia e Mancino, quanto per mitigarne i progressi,
qualora si diflondesse;
Considerando che sulle istruzioni redatto dal Magistrato ed approvate dal
Governo per assicurare il servizio interno per la istallazione degli uffici di soc-
corso e degli ospedali, non che nelle altre por difendere la Capitale e gli altri
Comuni della Sicilia dal colera , trovasi preveduto , o fissato tutto ciò che si
deve eseguire in simili circostanze , e che perciò ora non si deve che curarsi
la pili stretta e celere esecuzione;
Considerando essere reclamato dalla giustizia e dalla umanità di apprestarsi
agl'individui poveri, i quali si trovano segregati nel quartiere della Kalsa, tutti
quei soccorsi che sono necessarii;
Considerando cho l'attuale segregazione nel modo in cui è formata non pre-
senta tanta sicurezza, e che diviene indispensabile di provvedersi con barricate
di tavole;
Considerando che, per arrivare allo scopo d'impedire la diffusione del morbo,
de vosi evitare che i medici, i quali sono chiamati ad assistere un infermo che
riconoscono esservi sospetto di essere attaccato di colera, se ne allontanino po-
scia, e si mettano in comunicazione pel paese, mentre potrebbe darsi che nei
primi casi si arrivasse a circoscrivere la malattia;
Considerando che, apposta già la dichiarazione nelle patenti dei legai che
partono da questo porto per i due casi sospetti di cholera avvenuti, all'arrivo
degli altri punti di quest' Isola, dove si trovano istallate le Deputazioni Sani-
tarie, debbono essere assoggettati ad un periodo contumaciale;
Considerando che per gli individui i quali partono per terra da questa Ca-
pitalo conviene contestare che si trovano godendo ottima salute , onde essere
ricevuti nei comuni nei quali si recheranno , e non essere impedite le interne
comunicazioni;
Ha deciso ad unanimità :
Che si apponghi nelle patenti sanitarie che si spediscono dalla Deputazione
del porto la seguente dichiarazione : « Il giorno 7 andante sono cessati di vi-
vere in poche ore in questa Capitale due individui con validi sospetti di co-
lera. „
Che si avvisino con dettagliata ciicolaro di tutto l'occorrente 1' Estere Ma-
gistrature sanitarie, aggiungendo le misure di segregazione ed altro che sinora
si sono intraprese.
Che si scriva ai diveisi Inloudcnti ed a quuata Commissione centrale, onde
3CXXVI APPENDICE
chiamarsi alla più celere e rigorosa osservanza lo istruzioni redatto dal Magi-
strato nel 1832 per assicurare il servizio interno ; lo altre dell* anno 1835 per
gli uffici di soccorso, e per gli ospedali succursali e finalmente quelle del 1836
per difendere la Capitale e gli altri Comuni della Sicilia dai colera.
Che si interessi la Commissione centrale a dare sollecito conto dell'esecu-
zione al Magistrato.
Che incarichi la stessa a far somministrare agi' individui segregati poveri
nel quartiere della Kalsa degli alimenti sani giornalieri ed i soccorsi neccssarii
per quanti giorni durerà l'osservazione.
Che la segregazione si faccia seguire dalla Commissiono con barricate di
tavole, onde impedire ogni comunicazione.
Che la Commissione faccia praticare Io espurgo delle case dove morirono i
due individui, essendone uscite le famiglie, con fare eseguire anche lo brucia-
mento della roba previo reperto, come fu deciso jeri dal Magistrato.
Che si purifichino anche col cloruro di calce le case e gì' individui che si
trovano cordonati.
Che la Commissio)ie faccia arrivare due volto al giorno rapporto al Magi-
strato per mezzo di S. E. il signor Soprintendente Generale sullo stato di sa-
lute degli individui segregati in atto , e di quelli che potranno esserlo per lo
appresso.
Che la Commissione prescriva ai medici della seziono e di rione che al vi-
sitare un infermo, avendo sospetto di es?ere attaccato di colora, restassero nella
casa dello stesso ammalato in contumacia, e mandassero ad avvisare la Com-
missione, onde cercare nei primi casi di arrestare la propagazione del morbo.
I medici trasgressori saranno giudicati come infrattori delle leggi sanitarie.
La Commissione Centrale assegnerà una competente diaria al medico che
resterà in contumacia.
Che i legni i quali partono da Palermo , arrivando in altri punti della Si-
cilia, siano soggetti a giorni quattordici di contumacia.
Che partendo por terra un individuo da Palermo, e dovendo oltrepassare i
limiti del territorio di questa Capitale, dovrà esser munito di una bolletta sa-
nitaria da spedirsi dai sonatori delle diverso sezioni tanto interne che estorno
e che dovrk indicare cioè : * Parte di questa Capitale dove sono avvenuti duo
* casi con validi sospetti di colera asiatico il nominato la di cui
* filiazione è quella in margine. 11 detto individuo trovasi in ottima salute, o
" quindi potrà essere ammesso a libera pratica ,;.
Chi non sirà munito di bolletta vorrà assoggettato noi comuni dovo arri-
verà a giorni quattordici di contumacia in un localo che verrà preventivamente
(lettiaaio all'uopo.
At>PENDICE XXXVII
I sonatori Jollo sezioni cureniiino elio lo bollotte venissero rilasciate gratis,
od in modo da uou portare il menomo iiupeditnentu agli individui che debbono
partire.
// Deputato Segretario Generale
Mbrlo
(Archivio ciUito).
DOCUMENTO N. XXV.
Rapporto al Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 15 giugno 1837.
Ercellenza,
In iiii del mìo rapporto del 12 feci un cenno della morte di un passeggiare
a bordo del legno di patron buccellato qui in contumacia. Lo sparo del cada-
vere, che si fé', pria del tramonto il giorno stesso, certificò i medici del Magi-
strato Supremo di salute che quell'uomo fosse morto di apoplessia. Ma perchè
sul cadavere alcuni segni esteriori vedeansi di quei che il colera asiatico suolo
lasciare , e pensavano i professori potere il colera fulminante cagionare 1' apo-
plessia, si restò in qualche dubbio, come potrii meglio conoscere dalla copia con-
forme della relazione fatta dal Collegio medico. Ondcch^ la .«tessa sera del 12
deliberava il Magistrato si mandasse subito il legno ad un estero lazzaretto da
peste; rimbarcarsi le merci recate da quello ricettate già nel Lazzaretto nottro,
e le altre riposte negli stessi magazzini, che quelle, si mandasse alla stessa sorte
il cerusico, che sparato avea il cadavere, e le persone intrigate in quella con-
tumacia. Cosi si è fatto; il legno è già partito. Un altro caso anche sul legno
in contumacia destò sospetto. A bordo del legno americano di capitan Chase
proveniente da Marsiglia un uomo si ammalò ; i dottori Cac'oppo e Panvini
della facoltà medica del Magistrato Supremo di Saluto riferiscono vedervi i segni
più caratteristici del colera asiatico; cosi la sera del 12 quest'altro timore del
Magistrato si ebbe. Ond'esso deliberò si facesse partire subito il legno di ca-
pitan Chaso per un Lazzarett > estero da pesta. L' indomani l'infermo alquanto
migliorava; ma con tutto ciò la deliberaz'one mandavasi ad effetto la notte se-
guente; una cannoniera fu incaricata di scortare quel bastimento sino a Malta.
Del resto qualunque fosse il male, poco importavano alla città questi casi se-
guiti sui legni in contumacia. E qui godeasi e godesi perfetta salute in tutta
la città non solamente e nei contorni suoi , ma nelle strade della Kalsa sbar-
rate comò scrissi a V. E., e tra la gente venuta a conkitto coi trapassati Ta-
gliavia e Mancino, tra quegli ancora che i cadaveri maneggiarono nello sparo,
trattenuti i primi alla Susta Casi, rigorosamente custoditi; i secondi chiusi in
Lazzaretto. Sono scorsi otto di dai funesti due casi , e la speranza di nou ve-
tXXVm APPENDICE
derne alcun altro più ne rinfranca. In questo mezzo la Commissiono Centralo
di Sanità e con lei il Magistrato Supremo di Salute riflettono sulla morto di
quell'uomo seguita in poche ore sul legno di Buccellato, proveniente da Napoli,
sulla infermità di quell'altro proveniente da Napoli, sulla infermità ii quell'altro
nel legno americano, pensò che qualche furtiva comunicazione fosse avvenuta
tra i legni in contumacia e alcun altro avvenuto da Napoli di quei, che sotto
rifiuto dimorano qualche dì nel porto or per dichiarazione del carico , or per
altra cagione. Pensò il Magistrato che qualche merce non espurgata ancora, e
non prima maneggiata avesse potuto il fatai germe comunicare. E ritenendo
per sospetto qualunque bastimento proveniente da Napoli, e intendendo assicu-
rare altresì i dubbiosi animi degli abitanti di questa Capitale, la Commissione
Centrale propose, e il Magistrato Sapremo nell'adunanza del 13 deliberò che
prestamente tutti i legni, tutte le persone, tutte le merci qui pervenute dai Reali
dominj del continente si mandassero via con lo guardie intrigato nelle contu-
macie loro; noleggiando i legni per quelle persone o merci che scese in Lazza-
retto non trovassero piìi i bastimenti sui quali fossero venuti.
Riferita la Deliberazione della Suprema Commissione di Sanità, che por tutto
questo presenti faccende adunavasi jer sera, avvisò di devere tale deliberazione
avere la sua esecuzione; e così io ho fatto, provvedendo che le speso bisogne-
voli per questa ultima parte si fornissero dalla cassa di sanità. Quanto allo
altre cure che io ho creduto necessarie nel presente caso, e che S. M. nel di-
spaccio telegrafico degli 11 mi comandava espressamente, posso assicurare a
V. E. che la maggior tranquillità qui regna , dissipandosi già a poco i timori
nati per quei due casi del 7. All'annona io ho pensato come già scrissi, o dai
rapporti giornalieri del Pretoro o della polizia ritraggo esserci quantità suffi-
ciunto di grano, o di altro derrate, venirne altri carichi ogni dì, ed essere già
scemati alquauto i prezzi delle vettovaglie. Per questa parto adunque ?i può
riposare. E le comunicazioni tra questa Capitale ed il resto dell'Isola non sono
punto interrotte.
Il Luogotenente
Principe di Campofkanco.
(Archivio clUto).
DOCUMENTO N. XVI.
Rapporto del Luogotenente al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 19 giugno 1835.
Eccellenza,
Munire il giorno 10 indiiizz iva io a V. E. il rapporto uaniturio di questa citlii,
là voce inci-rta mi pvrvuuuu di due altri tasi iiosputti di colora; ma uou uapeudu
APPENDICE XXXIX
l'appunto della cosa, nò avendone ricevuto rapporto d'ufficio fino al punto che
spacciossi la posta, non mi parve da scriverne cosi vagamente. L'indomani per
avviso telegrafico ragguagliai V. E. di quelli, e di due altii casi nuovi, dublij
al paro; e ne avea fatto rapporto, sperando che partisse tantosto un paranzello
per cotesta città. Differita la mossa di questo, ho litirato il rapporto, e al pre-
sente fo palese all' E. V. quanto è seguito in fino a questo di. La notte dun-
que antecedente al quindici un giovane medico per nome D. Lorenzo Àngileri
e una fante sua ammalavansi con alcuno dei segni funesti: fu richiesta l'auto-
rità municipale: molti medici accorsero: la casa fu guardata con un tratto della
strada : tutti gli aiuti dell' arte prodigaronsi intanto agli infermi ; dei quali la
fante migliorò; il detto Àngileri trapassò la notte appresso; e dallo relazioni dei
medici si ritrasse fondato sospetto che il cholera asiatico lo avesse ucciso. Il
16 un vecchio pescatore fu trovato morto in un magazzino al piano di S Era-
smo: una donna ammalossi in un albergo dentro la città presso a S. Sebastiano,
la quale morì nel corso dello stesso giorno: ambo con sospetti del fatui morbo.
Un altro caso somigliante avvenne in persona d'una donna nella Via dei Cas-
sari , ma tra i medici fu disparere sulla natura del morbo. Con più grave so-
spetto al finir di quel giorno un'altra donna am:ralossi al quartiere della Kalsa.
Ed essa al far del dì, jeri, moriva: tre altri individui nello stosso quartiere della
Kalsa infermavansi con sintomi sospetti , e uno di essi moriva in poche ore.
Nel tempo stesso continuando in cura la fante dell'AngiKri, la madre di costei,
il padre del trapassato medico , che custoditi erano nella casa di lui , furono
presi d'infermità anche con sintomi assai sospetti, morirono amendue.
In altre parti della città, altri casi spiacevoli avvennero il giorno stesso: un
individuo abitante nella via di S. Sebastiano a Piedigrotta morì : una donna
nella via Valverde si ammalò ; un pescatore al Borgo con forti dubbi del te-
muto morbo perì. Sei persone per tal modo perdettero ieri la vita fra otto per-
sone colto dal male, ed una rimasta dal giorno precedente.
Nò ho noverato io una reclusa del Conservatorio di S. Spirito, nella quale
si è creduto vedere alcun segno di colera; ma si è messo in forse il male, nò
gravissimo è stato. Negli accennati casi tutte le precauzioni si sono adoperato
che si erano nei precedenti, tolto l'abbarrare la strada: ma l'ingresso nelle caso
e l'uscita si è vietata con guardie: ai medici si sono prescritte opportune cau-
tele: gli abitanti nelle case stesse si son trasportati ai luoghi d' osservaz'one,
le case si sono disinfettate cogli usati suffumigi e i cadaveri seppelliti con le
più strette cautele. E jeri per la prima volta si aprì lo spedale di colera a San
Francesco di Paola, e due vi si trasportarono degli ammalati di quel dì, peroc-
ché gli altri due non pativano il trasporto. E in questo mezzo le persone cho
ebbero contatto con Tagliavia e Mancino o coi cadaveri di quelli, e sono trat-
tenute in Lazzaretto, ed alla Sosta Casa sono state, e sono sane perfettamente.
Gli abitanti dello strade sbarrate alla Ealsa mautengonsi nello stato medesimo
XL APPENDICE
di buona salate. E secondo i rapporti della Accademia modica e degli spedali
non regnano nella città malattie perniciose di sorta. Tale è a tutto jeri lo stato
delle cose. Se il fatale germe è penetrato, e serpe già, e a quando a quando si
mostra per divampare più: se sospetti , e non iiltro che sospetti son questi, o
svaniranno io noi so; e mal forse si potrebbe giudicare infino a questo momento:
pende pure dalla parte men lieta il giudizio. Di questo giorno non- si intende
alcun altro caso. Quanto alle altre curo a cho questo frangente no richiama, fo
palese in primo a V. E. non essere punto alterata la pubblica tranquillità. —
L'annona non dà a pensare molto, ritraendosi dai giornalieri rapporti della po-
lizia e del pretoro che sufficiente copia di grani e d'altre vettovaglio vengono
di continuo in città. — La deliberazione del Magistrato Supremo, per la quale i
legni provenienti da cotesti Reali Dominj e le persone o merci sbarcate in Laz-
zaretto furono indistintamente sfrattate, si ò mandata nella più parto ad effetto:
e molti dei legni son partiti per costi, o per Malta; altri restano tuttavia; ma
in breve scioglieranno. Nel rapporto del 15 annunziai a V. E. la risposta data
dal Magistrato Supremo agli Intendenti di Messina e di Trapani, che con le ri-
spettive Commissioni di sanità aveano proposto dello altre misuro per le pro-
venienze da Palermo. Giungendo da Catania una proposta simile ; e volendosi
dare agli Intendenti tutti una confermazione delle disposizioni prime del Magi-
strato tendenti a non impedire le interiori comunicazioni, il Magistrato Supremo
per altra deliberazione del 17 largamente replicava, e 1' ottimo stato di salute
di tutti i trattenuti in osservazione e la sanità del resto della Capitale; e quei
quattro casi annunziando, di cui si ebbe sospetto nei giorni 15 e 16, aggiunse
cs-sere segregate le famiglii', tanto che per le cautele usate, o pel risultamento
della osservazione dei venuti a contatto , potea conchiudersi non essere punto
altcìato lo stato della città. Così il Magistrato Supremo espressamente conchiuse
non creder nccessarii altri provvedimenti per la cautela dei Comuni dell'Isola
che quelle dapprima stabilite: la contumacia cioè di 14 giorni poi legni: le boi-
letto pei viandanti. In sensi poco diversi io scrissi lo stesso giorno 17 pei
corrieri del Lotto, replicando agi' Intendenti tutti che correggessero i falsi ru-
mori, je facilitassero sempre più le comunicazioni. E similmente loro scrivo per
la posta d'oggi. Intanto, posti i casi di jeri, il Magistrato Supremo si sta occu-
pando di esaminare e riscontrare i rapporti dei medici tutti per venire a mi-
glioro cognizione dell'indole del morbo, e potere in seguito prendere le altro di-
• imposizioni cho si credessero apportare pel resto dell'Isola. Premurosamonto a-
h petto io in questo mezzo lo notizie a V. E. già chiesto, o sollecitato per te-
legrafo il 16 intorno lo cautelo usato nei Reali Dominj di Terraferma, rispetto
a Napoli, e si prega V. E. di affrettarsi a ragguagliarmene.
Luogotenente Generale
PnmoirB di Campofkanoo
(AnUTlo dUto).
APPENDICE Xtl
DOCUMENTO N. XXVII.
Rapporto del Luogotenente al Ministro Segretario di Stato
2>er gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 13 giugno 1837.
Eccellenza,
Sin dal momento che i due funesti casi seguirono in Palermo della morte
dei marinai Tagliavia o Mancino, la Commissione Centrale Sanitaria e tutti con
essa sospettammo che qualche contrabando avessero essi commesso, pel quale
il germe fatale si fosse ai medesimi primi comunicato del micidiale colera. Que-
sts timore nasceva con qualche fondamento dal riflettere che i due primi at-
taccati ed estinti si fossero del ceto dei barcaiuoli , e che il Tagliavia massi-
mamente era in cattivissima voce per contrabandi. Suggeriva quindi la Com-
missione al Governo come un espediente opportuno d'investigare ed assicurarsi
se in effetto il contrabando siasi commesso , perchè ove ciò si fosse , e si ve-
niva a capo del fatto, potrebbe con maggiore fiducia a ciò provvedersi che si
tolga col germe infetto, il germe pernicioso del morbo, e se ne arresti la diffu-
sione. A tal uopo proponeva e premi agli scopritori, ed impunità, se rei e com-
plici ^ncor essi.
Lodevole mi è parso il divisamento della Commissione, ed ho per una parte
incaricato il Direttore Generale di Polizia e quello dei Dazi indiretti di fare
indagini per lo scoprimento del vero. Alla parte del premio ho pur provveduto
commettendo al Direttore Generale di Polizia di proporlo, e l'approverò in con-
seguenza. Ma oltre al premio, la speranza della impunità può indurre a rivelare
il mal fatto, ove si fosse in effetto consumato. A questo può solo la sovrana auto-
rità provvedere, ed io persuaso dalle ragioni della Commissione Centrale e dal
comune desiderio, nel Consiglio del 16 andante ho trattato questo affare e divi-
sato di farne rapporto a S. M., come dal n. 23 del protocollo si rileva, propo-
nendo che si degni la M. S. promettere nei modi regolari a colui che facesse
scoprire il contrabaudo od il luogo ove fosse riposto e 1' autore dello stesso,
la impunità della pena dalle leggi fulminata. La quale proposizione prego Y. E.
di rassegnare a S. M. e comunicarmi le risoluzioni che la Sovrana Sapienza
crederà conveniente.
Il Luogotenente Generale
Principe di Cakpofbanco.
(Archivio citato).
Arch. Star. Sic. N. S. Anno XV.
XLn APPENDICE
DOCUMENTO N. XXVIII.
Sentenza della Commissione militare di Palermo
Ferdinando II per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec. Gran Prin-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
La Commissione militare permanente nella Valle di Palermo composta de'
qai sottoscritti membri;
Signori :
Presidente: Cav. D. Ludovico Matina di Artiglieria;
Giudici: Capitano D. Giuseppe Ferrari del 1° Granatieri — Capitano D. Giobbe
Romanzi del 1° di Linea —Capitano D. Francesco Valliso del 2° di Linea — 1° Te-
nente D. Antonio Alberti del 1° Granatieri — 1° Tenente D. Giovanni Forte
del 9° di Linea;
Belatore: Capitano D. Domenico Patierno, aiutante maggiore;
CoU'intervento da uomo di Legge del Barone D. Giovanni Ondes, destinato
alle funzioni di sostituto Procuratore Generale del Re presso la G. C. C.,"assi-
Btiti dal 2° Sergente Francesco D'Avella Cancelliere del 1° di Linea Re;
Riunita nel locale delle sue ordinarie sedute nel forte di Castellammare per
giudicare i seguenti individui :
1.° Antonio Di Fatta del fu Paolo di anni 35 da Palermo di condizione
Fornaio
2." Pietro Milante di Giuseppe da Palermo di anni 26 Bettoliere
Accusati di strage commessa con omicidio in persona di Gioacchina Renda,
reato avvenuto la sera dei 10 p° p° luglio nel piano di S. Cosmo, previsto dal-
l'art. 130 LL. PP.
Letti gli atti e documenti a carico
Intasi i testimoni
Udito il Sig. Capitano Relatore nelle sue conclusioni, il quale confermando
l'accusa ha domandato al Consiglio di condannarsi i suddetti Di Fatta e Mi-
Unte ai termini delle medesime;
Intesi in ultimo luogo gli accusati, ed i loro difensori nelle allegazioni; inteso
l'aomo di legge nel suo avviso che ha domandato
1.^ Dichiararsi constaro Antonino Di Fatta essere reo di omicidio avvenuto
in persona di Gioacchina Ronda, constare di non aver commesso strago con
tale omicidio ai termini dell'art. 130 dello LL. PP. ma bensì essere colpevole
di tentativo del reato preveduto dallo stessi art. 130 oche l'omicidio della Ronda
costituisca principio di csocuziono del tentativo medesimo, ed attese lo dispo-
•iziuni dell'art. 72 dolio dotto leggi, il qualo prescrivo che nel tentativo, quando
gli atti di csocuziono costituiscono por se stessi un reato consumato, deve farsi
confronto tra la pena inflitta al reato tentato, e quella inflitta al reato consumato,
APPENDICE XLtd
ed applicarsi la più grave, condannare la Commissione il Di Fatta alla pena del
4° grado dei ferri.
2°. Non costare abbastanza che Milante sia colpevole del reato dell'omicidio
della Renda, e del reato attribuito al Di Fatta, e che rimanendo nel medesimo
stato di arresto, fosse presa una più amplia istruzione sul di lui conto, versan-
dosi Tesarne a liquidare :
1" quali persone erano nella bettola allorché avvenne il fatto.
2* Se la voce d'essersi versato dalla suddetta Renda il veleno nel vino, fu
sparsa da Dima o .da Milant% e quale altre 'operazioni abbia fatto Milante
all'annunzio di questa voce. E tutt'nltre circostanze che si crederanno confacenti
por giungere allo scovrimento della venta-
li signor presidente dietro, il riassunto della causa, ha proposto alla Com-
missione la seguente
QUISTIONE DI FATTO
Consta che Antonino Di Fatta, e Pietro Milante siano colpevoli di strage
con omicidio in persona di Gioacchina Renda?
Considerando che dal dibattimento è risultato il seguente
FATTO
La sera del 10 luglio Gioacchina Renda, donna di età avanzata, entrò nella
bottega di Gaetano Pirrello, chiedendo l'elemosina. Stavano a desco in quella
bettola alquante persone, e poiché il Pirrello trovavasi infermo e la moglie di
lui vicina a morire, lasciato avea al servizio di quel luogo tre persone da lui
stipendiate, cioè:
Dima Zirillo, Pietro Milante ed un certo Salvatore, di cui ignorasi il cogno-
me. Mentre stavasone la vecchierella sulla speranza di ottenere l'elemosina,
una voce si desta, che annunzia di essere la Renda apportatrice di veleno e
che volea cogliere^il destro per gettarlo entro irvino. Accadde'a siflFatte voci un
trambusto nella bettola, e presala finalmente colle mani il Dima Zirillo, e ur-
tandola, e spingendola per le spalle il Milante, entrambi si fecero a cacciarla
fuori. Se ne accorse Luigi Montaperto, il quale trovandosi per avventura a passare
per quella via, fu presente agli urti, ed ai pugni che da Milante, e dal Dima rice-
vette nell'uscire fuori la Renda, e si affrettò a dar parte dell'occorso alla Polizia.
Tratta fuori intanto la donna, Milante rientra nella bettola, ed all'incontro
Dima Zirillo, trattenendo la Renda, consegnoUa ad Antonino Di Fatta, posses-
sore di altra bettola vicina a quella di Pirrello, e sì l'uno che l'altro cioè, il
Fatta e il Dima^trascinan seco la donna sino alla cantonata della piazzetta no-
minata di S. Cosmo. Da li a poco Giuseppe di Biase, che veduto avea prece-
dentemente dal Fatta e dal Dima portata via la vecchierella, la trova giacente
a terra, straziata o moribonda nella connata piazzetta Accorre intanto l'ispettord
tLTV APPENDICE
di Polizia signor Gerbino, e colla Forza ordina che la Renda fosse trasportata
nell'ospedale. Tornato nella bettola di Pirrello, il Dima è chiamato dal betto-
liere per dar nuove dell' accaduto , giacché inteso avea lo strepito , alla pre-
senza di Giuseppe Martinella, Lorenzo Alicella e Crocifissa Bilello, schiettamente
racconta che cacciata fuori della bettola la Renda, che sospettavasi di essere
stata apportatrice di veleno, trovò il Fatta, ed a di costui inchiesta gliela con-
segnò; che il Fatta alla presenza del Dima, per mezzo del lume di una candela
si fece a conoscerla, e quindi cominciò a percuoterla sinché l'ammazzò. I chi-
rurgi ne osservarono le ferite, o guari non passò che la donna ne fu tj;atta a
morte. L'autopsia cadaverica rese manifesto che la causa della morte avvenuta
fu per una delle ferite trovate nel parietale destro.
La figlia della Renda andando in cerca della madre ebbe dalla voce addi-
tato il Di Fatta qual omicida della stessa.
L'uguale nuova attinse dalla voce pubblica Giuseppe Graziano, e la Polizia
la domani dell'avvenimento ordina e fa eseguire l'arresto del Fatta. II compa-
gno di lui, cioè il Dima Zirlilo, all'arresto del Fatta scomparve.
Dietro il costituto il Di Fatta cerca con delle posizioni a discolpa sostenere
esservi delle persone che sapevano pur troppo non avere egli presa parte nel-
Tomicidio della Renda, ma un sol testimone, dal numero di quelli da lui indiziati,
si presentò innanzi la commessionc, ed apertamente annunziò non esser vero
che a lui costassero quelle cose asserite dal Fatta per formare la sua discolpa.
Interrogato Milante , che venne in seguito tradotto nel carcere, asserì che
solo si cooperò a mandar via dalla bettola la vecchicrella Renda.
RITENUTI QUESTI FATTI
Considerando in ordino alla prova generica che le duo perizie date dai Chi-
rurgi contcstan pur troppo, e le ferite riportate dalla Renda e che la morto di essa
avvenne per una delle medesime.
Considerando in quanto alla pruova specifica che il dibattimento ha fatto
conoscere :
l." Cho Dima Zirillo, cacciata fuori dalla bettola la Renda, la consegnò ad
Antonino Di Fatta. Che entrambi la trasser fuori verso la cantonata della vi-
cina piazzetta di S. Cosmo, ove da ì\ a poco recatosi con la forza l' Ispettore
di Polizia signor Gerbino, la rinvenne giacente a terra, e la fo' condurre all'o-
•pedale.
2." Che dietro di essere stata silTattamcnte straziata la sventurata Renda,
rapportò il Dima Zirillo al bettoliero Pirrello che lo Antonino Di Fatta si fu
colui cho in SUA presenza l'ammazzò.
8." Che la voce del pubblico indicò alla figlia della Ronda lo Antonino Di
Fittla come uccisoro della madre.
i.' Cbo U domani del reato la i'olizia arrestò il Di Fatta por segreto ro-
APPBNDICB XLV
lazioni acquistate sul di lui conto, come scorgesi da un officio allegato al foglio
1° del processo di cui si è data lettura.
5." Che un testimone chiamato dal Di Fatta in prova, che egli non prese
parte allo avvenimento a danno dello Renda , dichiarò di non sapere nulla di
ciò che il Fatta asseriva.
6.° Che mentre costui si appalesa come negativo intorno al reato imputa-
togli, non è riuscito a provar ciò che disse nel suo costituto, e però l'insieme
dell'espressata circostanza rende la Commissione Militare convinta che Antonio
Di Fatta sia reo dell'accaduto omicidio.
Considerando in dritto che non è punto invocabile l'articolo 130 dello Leggi
penali per la caratteristica di un tal crimine.
Che siffatto articolo suppone o devastazione o saccheggio o strago accaduta
in uno 0 più comuni, o contro una classe di persone.
Che il Capitano Relatore non contrastando che saccheggio o devastazione
non sia intervenuto in questa città , anche a danno ad una classo di persone,
si è limitato a sostenere che il Fatta abbia commesso strage , ed omicidio a
danno di Gioacchina Renda.
Che la parola strage offre l'idea di un eccidio avvenuto con una raoltiplicità
di omicidi.
Che classo di persone si appella ciascuno dei ceti da cui risulta composta
la società, come quello degli ecclesiastici, dei nobili, dei proprietari e simili.
Considerando che un solo omicidio non può attirarsi il nome di strage, uè
ad una vecchia competo il nome di classe.
Che l'articolo che fa seguito al 130 sparge luce sulla intelligenza della pa-
rola strage, perocché in caso di strago condanna a morto coloro che prondon
parte negli omicidi, cosa che esclude l'idea che un solo omicidio possa entrare
nella definizione del voluto reato.
Considerando però, che per quanto 1' accusato non risulti colpevole del mi-
sfatto consumato preveduto dall'art. 130, altrettanto l'insieme dei fatti già nar-
rati dimostra che nell' avvenimento a danno della Renda e nel calunnioso mo-
tivo di sua uccisione sta racchiuso il tentativo di uno dei reati contemplati nel
medesimo art. 130, odi vero la Commissione è convinta che alia voce sediziosa
di esser la donna apportatrice di veleno , per l' insieme dei fatti già espressi,
manca la volontà di cercare (onde turbare, e sott'ombra di andare in appresso,
man mano rintracciando gli autori del supposto veleno) penetrare nelle case,
mettere tutto a sacco e a ruba a danno della classe dei proprietari.
Che sotto tale veduta l'omicidio della Renda è da considerarsi come inizio
dell' esecuzione del tentativo, dietro il quale succeder doveano gli altri atti bi-
sognevoli all'assoluta consumazione del già descritto reato.
Che tali atti non ebber luogo per circostanze fortuite, e indipendenti dalla
volontà del Di Fatta, avvegnaché la Polizia accorse colla forza sul luogo del*
Xlvi appendice
l'avvenimento appena saputa la cosa, e dando le opportune provvidenze, fece tra-
sportare la Renda all'ospedale, e conservando la sua energia, pigliate in seguito
le indagini sul fatto, arrestò l'accusato.
Considerando in ordine al Milante che la pubblica discussione non ha fatto
conoscere che, dietro 1' aver egli scacciata dalla bettola la Renda, abbia spie-
gato parte attiva in tutto ciò che ulteriormente accadde a carico della medesima.
Che sebbene vi sia un testimone , che a.«serisce avere il Milante dato alla
Renda dei pugni dentro la bettola, un tal detto non porta a dimostrazione di
avere il Milante reità nell' omicidio, giacche lo stesso non accadde, secondo il
giudizio dei medici, per effetto dei pugni, ma per una grave ferita irrogata sul
parietale destro di quella donna , ferita che costei ricevette dopoché andò via
dalla bettola.
Che incerto nello stato attuale delle cose rimane, se la voce di essere Renda
apportatrice di veleno, fu suscitata appositamente dal Milante, ovvero da altre per-
sone che intertenevansi in quel luogo.
Che pria di ordinarsi la di lui libertà, giustizia esige di praticarsi indagini
8ul di lui conto, per liquidare tutt' altre circostanze influenti allo scovrimento
del reo.
Per siffatti motivi a parità i voti ha dichiarato e dichiara : primo constare
non essere colpevole Antonino Di Fatta di strage contro una classe di persone
nelTaver commesso omicidio in persona di Gioachina Renda, ma bensì constare
essere colpevole il Di Fafta di tentativo di reati preveduti dall'art. 130, o che
l'omicidio da lui consumato in persona di Gioacchino Renda costituisca atto di
esecuzione del tentativo.
2." Non constaro abbastanza che Pietro Milante sia colpevole di strage con
omicidio in persona di Gioacchina Renda o del reato attribuito al sudctto Di
Fatta, ordinando rimanere in carcere, e sia presa una piìi ampia istruzione, ver-
sandosi lo esame a liquidare:
I.° Quali persone erano nella bettola allorché avvenne il fatto; 2° So la voce
di essersi versato dalla suddetta Renda il supposto veleno noi vino, fu sparsa
da Dima, già profugo, o da Milante, e quali altre operazioni abbia fatto Milante
all'annunzio di questa voce; i" Tutt' altre circostanze che si eroderanno influenti
per giungere allo scoprimento della verità.
Risolute in tal modo le questioni di fatto, il signor Presidente ha elevata
l'altra
QUISTIONE DI DRITTO
Qual è la pena d' applicarsi al nominato Antonio Di Fatta per lo reato dì
eoi è stato dichiarato colpevole?
Visti su di ciò gli articoli 72, 130, 131, 132, 355, 34 e 31 dello leggi po-
ndi, 296 di prucudura puuulo, ud il U. Ducrutu dui 2ti febbraio 1823.
APPENDICE XLVn
Considerando che nei reati mancati, o tentati in modo però che gli atti di
esecuzione costituiscono per se stessi un reato consumato, dee farsi confronto
tra la pena del reato tentato, ed applicarsi la più grave. '
Considerando che nella specie l'atto di esecuzione del tentativo, cioè l'omi-
cidio della Renda, costituisce per se stesso un reato consumato.
Considerando che 1' omicidio volontario è punito col quarto grado dei ferri
e che il tentativo in generale del reato contemplato dall'art. 130 è punito col
secondo al terzo grado dei ferri.
Considerando che ogni omicida, espiata la pena, debba stare a trenta miglia
dal luogo del commesso reato, a menochc i parenti dell' offeso non consentis-
sero di stare o nel luogo dell'omicidio, o ad una distanza minore di trenta miglia.
Considerando che il condannato ai ferri, espiata la pena, deve dare malie-
varia di ben condursi, e che ogni condannato a pena qualunque deve rimbor-
sare le spese del giudizio a favore del R. Tesoro.
Per siffatte considerazioni
La Commissiono militare a voti uniformi ha condannato, e condanna Anto-
nio Di Fatta alia pena del quarto grado dei ferri per la durata di anni trenta,
a star lontano trenta miglia da questo capoluogo, tostochè avrà espiata la pena,
ed alla niallevaria di ben condursi per anni tre sotto pena di ducati trecento,
non che alle spese dui giudizio in favore del R. Tesoro; ha ordinato in fine che
della presente sentenza se ne imprimano duecento copie in istampa per la cor-
rispondente pubblicazione e diramazione.
L'esecuzione a cura del Capitano Relatore.
Fatto, giudicato, e pubblicai) oggi in continuazione del dibattimento del sud-
detto Consiglio in Palermo, li undici agosto 1837.
// Capitano Relatore II Cancelliere
Gaetano Bellini Fhancbsco D'Avella, 2° Sergente
Il Comandante la Valle
Vial
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XXIX.
Sentenza della Commissione Militabe della Valle di Palei. mo
Ferdinando li per la grazia di Dio, Re del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec, Duca di Parma , Piacenza , Castro ec. ec. , Gran
Principe Ereditario di Toscana ec. ec. ec.
La Commessione militare permanente della Valle di Palermo, nominata con
ordinanza di questo Real Governo degli 11 luglio corrente anno, e composta
dei sottosoritti membri:
XLVni APPENDICE
Signori:
Presidente: Colonello D. Ludovico Matina di Artigliera.
Giudici: Capitano D. Giuseppe Ferrari do] 1° Granatieri — Capitano D. Giobbe
Romanzi del 1° di Linea— Capitano D. Francesco Valliso del 2° di Linea — 1" Te-
nente D. Antonio Albertis del 1° Granatieri — 1" Tenente D. Gaetano Prinzi-
valli del 10° di Linea.
Relatore: Capitano D. Domenico Patierno, aiutante maggiore.
Coll'intervento del signor Giudice della Gran Corte Civile cav. D. Gaetano
Vanni, uomo di legge. Assistiti dal 2° sergente Franct^sco D'Avella, cancelliere,
riunita nel locale delle sue sedute nel Real Forte di Castellammare per giudi-
care col rito subitaneo i seguenti individui, cioè:
Vincenzo Gattina di Palermo, Pietro e Luca Mirra fratelli, di Trapani, Gioac-
chino Ferriera, Salvatore Spallina, Gaetano Trapani, Ignazio Giovenco, Salva-
tore Zito, Giuseppe Rosalia, Giacomo Vavila, Angelo Benvenuto, Salvatore Ma-
ranzann, Giovanni Zimmardi e Francesco Macaluso da Palermo.
Accusati il primo di omicidio in persona di Francesco Paolo Prato, ed ec-
citamento al popolo a portare la strage contro una classe di persone, i secondi
due, Pietro e Luca Mirra, d'aver preso parto attiva in detto reato; ed i rima-
nenti di tentata strage sudetta ; reati preveduti dagli articoli 130 , 131 e 132,
leggi penali, commessi in Palermo gli 11 p. p. luglio.
Letti gli atti e documenti a carico.
Intesi i testimoni.
Udito il capitano relatore nelle sue conclusioni , non che gli accusati, ed i
loro rispettivi difensori. Ritiratasi la Commissione in camera di deliberazione,
inteso l'avviso del signor Giudice della G. Corte civile, cav. D. Gaetano Vanni,
nomo di legge. Il signor presidente, dietro il riassunto della causa, propose le
Mguenti
QUISTIONI DI FATTO
l." Consta che il pagano Gattina sia colpevole di omicidio in persona di
Francesco Paolo Prato, e di eccitamento al popolo a commettere la strago contro
una classe di persone?
2." Consta che i fratelli Pietro o Luca Mirra abbiano prosa parte attiva nei
citati reati?
8." Consta che i rimanenti Spallina, Ferriera, Trapani, Giovenco, Zito, Ro-
salia, Vavila, Bonvenato. Maranzano , Zimmardi u Macaluso sieno colpevoli di
tentata strage summcntovataV
Considerando che il pubblico esame ha apprestato i fatti seguenti:
I." La mattina dogli 11 prossimo scorso luglio in questa fu ammazzato nel
cortile della Concoziono al Capo il nominato Fiancosoo Paolo ['rato , perchè
credalo propinatoro di veleno; il primo ad assalirlo fu Vincenzo Gattina; i fra-
APPKNDIOB XLIX
telli Pietro e Luca Mirra vi presero parte attiva, e tutti e tre eccitarono il po-
polo ad apportare la strage verso la classe di persone, fatta credere propagatrice
di veleno; con attaccare per i piedi e trascinare pubblicamente per più strado
il cadavere dello interfetto , proclamando spesso le voci di Viva S. Rosalia,
preceduti puranco da Salvatore Zito, che faceva sventolare un fazzoletto; affret-
tandosi il detto Gattina qual facinoroso al disbiigo di quell'enorme reato , an-
nunziando che dopo di quello doveano portarsi alla Direzione di Polizia per
fare lo stesso in persona di altro soggetto, che diceva essere puranco propaga-
tore di veleno.
2." Che a talo strage commisero tentativo gli altri summenzionati Spallina,
Ferriera, Trapani, Giovenco, Zito, Rosalia, Vavila, Benvenuto e Maranzano.
3.° Che Zimmardi fu visto nel momento di quella unione.
Considerando che la generica dcH'omicidio è bene basata colla relazione del
perito sanitario; Considerando per la specifica che i fatti su espressati vengono
da bastanti documenti e testimoni contestati; Considerando che il vero oggetto
dei malintenzionati non era solo di uccidere 1' uomo che erroneamente crede-
vano autore di avvelenamento, ma quello sibbene d'invitare il popolo alla strage
d'individui indeterminati, che volevano far credere autori di tali pretesi reati, e
questo all'oggetto di procedere ad ulteriori ricerche di veleni nello case de' paci-
fici cittadini, come aveano detto nel volere anche uccidere una persona esistente
nella Direzione di Polizia, e così dar di mano agli assassini ed alle ruberie;
Considerando che, così agendo e procurando di autorizzare 1' assassinio con
l'invocazione della N. S. Padrona per mettere un suggello alle loro false asser-
zioni, invitavano il popolo ad ulteriori estermin!;
Per tali motivi la Commissione suddetta unanimamonte ha dichiarato, e
dichiara
1.° Constare d' essere i sopracitati Gattina , Pietro e Luca Mirra fratelli,
Spallina, Ferriera , Trapani, Giovenco, Zito, Rosalia, Vavila , Benvenuto e Ma-
ranzano colpevoli dei reati rispettivi in conseguenza delle quistioni.
2." Non constare abbastanza d' essere Zimmardi colpevole del reato di cui
andava prevenuto, ordinando farsi un'ampia istruzione da rimanere in carcere
durante la medesima.
3." Constare di non essere 1' ultimo , cioè Macaluso, colpevole del reato di
cui venne accusato, e rimettersi immantinente in libertà assoluta.
Infine, dietro la quislione di dritto proposta dal signor Presidente, è venuta
la dianzi citata Commissiono colla stessa uniformità di voti a condannare i
mentovati individui alla seguente classificazione di pene, cioè:
1." Vincenzo Gattina alla pena di morte colla fucilazione e col 2° grado di
pubblico esempio giusta l'art. 130 delle leggi penali.
2.'^ Pietro e Luca Mirra fratelli alla pena di morte colla fucilazione ai ter-
mini dell'art. 131 delle dette leggi.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 7
APPENDICE
3." Salvatore Spallina al 3" grado dei ferri per anni ventiquattro, ai termini
dell'art 132 delle surriferito leggi.
4." Salvatore Zito al 2° grado dei ferri per anni diciotto.
5.° Gioacchino Ferrier.i , Gaetano Trapani ed Ignazio Giovenco ai ferri per
la durata di anni 13.
6.* Giuseppe Rosalia, Giacomo Vavila, Angelo Benvenuto e Salvatore Ma-
ranzano alla pena della reclusione per anni sei, essendo di età minore.
In ultimo ha condannato tutti i sopraddetti individui solidariamente allo spese
del giudizio in favore del Real Tesoro.
In fine ha condannato i più ripetuti Spallina, Zito, Ferriera, Trapani, Gio-
venco , Rosalia, Vavila , Benvenuto e Maranzano alla raalleveiua per tre anni
sotto pena di ducati 300.
Inoltre ha ordinato eseguirsi la presente sentenza domattina alle 7 a.m., o
che se ne imprimano 200 copie in istampa per la corrispondente pubblicazione
e diramazione.
11 tutto a cura e diligenza del signor Capitano Relatore.
Fatta, letta e pubblicata oggi in continuazione del dibattimento in Palermo,
li quattro agosto 1887.
Firmati :
Ludovico Matina colonnello d'artiglieria presidente.
Giuseppe Ferrara capitano del primo granatieri.
Giobbe Romanzi capitano del 1** di linea.
Francesco Yalliso capitano del 2° di linea.
Antonio Albertis 1° tenente del 1" granatieri.
Gaetano Prinzivalli 1" tenente del 10° di linea.
Domenico Patiemo capitano relatore.
Gaetano Vanni giudice della Gran Corte Civile, uomo di legge.
Francesco D'Avella 2° sergente del 1" di linea Re, cancelliere.
Visto
Il Capitano Relatore
Domenico Patibrno, aiutante maggiore.
(Archivio citato).
Àt>PENblCJE
LI
DOCUMENTO N. XXX.
Cadaveri dei colerici
sepolti nel Regio Camposanto di S. Orsola.
1
MUMEKO
HUHERO
NUMERO
DATA
DEI
DATA DEI
DATA
DEI
CADAVERI
CADAVERI
ODAVERI
1837
Riporto N. 334
1837
Kiporto
1837
N. 13584
15 Giugno
N. 1
29 Giugno
N. 135
11 Luglio
N. 1741
17 ,
2
30
, 326
12
. 1758
19 .
6
1 Luglio
, 386
13
, 1535
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2
, 603
14
. 684
21
13
3
, 980
15
. 976
22
15
4
. 931
16
. 631
23 „
28
, 1111
17
, 402
24 „
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18
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25 ,
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, 1801
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46
8
, 1746
20
. 222
27 „
59
9 „
, 1790
Totale ]
N'. 22286
28 .
A riportarsi
„ 91
N. 334
10 „
, 1803
A riportarsi
N. 13584
Cadareri dei colerici trasportati alla Punta dei Rotai
'.
NUMERO
NUMERO
NUMERO
DATA
DEI
DATA
DEI
PATA
DKl
CADAVERI
CADAVERI
CADAVERI
1837
Riporto N. 1273
Riporto N. 1297
1837
1837
21 Luglio
N. 159
14 Agosto
N. 2
7 Settembre
N. 0
22
. 264
15 .
0
8 „
2
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„ 186
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A riportarsi
1
N. 1273
6 ,
A riportarsi
1
30
„ 1
N. 1297
Totale Nri325"||
Sepolti nel
Camposanto di S. Orsola N. 22286 |
Tot
ale complessivo
N. 236 Jl II
Il Cappellano del Regio Camposanto, incaricato del sotterro dei colerici
(Archivio citato). Beneficiale Michele Melchiorbg.
iil ÀPPEKDIOÈ
DOCUMENTO N. XXXI.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 11 luglio 1837.
Eccellenza,
Ieri per via del telegrafo feci conoscere a V. E, che in Bagheria ed in qualche
altro ,'vicino Comune l'ordine pubblico era stato turbato, spargendosi le solite
^ Toci di veleno , e quindi rassegnavale che una piccola colonna mobile si era
spedita alla Bagheria, dove avea rimesso l'orJine, e si sarebbe questa fatta pas-
sare per Marineo od altro Comune, e conchiusi che era necessario un aumento
della forza militare per mantenere la pubblica tranquillità.
Sino a ieri sera in questa Capitale, quantunque afflitta disgraziatamente dal
male, pure si spargevano di nuovo delle voci di veleno; fu d'uopo che la Po-
lizia e la truppa stesse tutta la notte in un penoso allarme , e nulla seguì di
sinistro.
Non così succede però questa mattina. Un branco furibondo di popolo ar-
restò un uomo che diceva sospetto ; 1' uccise e lo trascinò per lo strade della
Città ; la forza della Polizia e militare giunse a togliere dalle mani di quegli
scellerati il cadavere, e 1' ordino pubblico fu rimesso. Ma in questo serio rin-
contro si ò osservato di quanta poca forza possiamo noi disporre, giacché ò di
assoluta necessità che si tenga riunita per imporre sul popolo.
Il Generale dell'armi ha richiesto un aumento di forza per telegrafo; un altro
avviso telegrafico ha fatto il Direttore Generale ni Polizia Duca di Cumia; mi
è sembrato di troppo farne un terzo io; ma partendo un paraiizcllo per costà,
ho creduto fare queste poche righe a V. E., acciò possa far conoscere a S. M.
lo stato delle cose.
Ogni sforzo da me si farà, acciò la tranquillità e l'ordine pubblico non siano
turbati; ma V. E. comprenderà bene coi suoi alti lumi che non è possibile con-
tenero in obbedienza al Governo due milioni di aomini allarmati ed intimoriti
da un fiero morbo, che no affliggo una porzione e ne minaccia un'altra, senza
che effettivamente esista una forza fisica che faccia aumentare quella morale,
per la quale il Governo è ubbidito e rfspettato.
Ad istanza del Direttore Generalo di Polizia e del Generalo delle Armi io
ho nominato questa mattina una Commissiono Militarn; questo passo speriamo
che scoraggi i malointonzionati por non piìi attentare alla proprietà od alla vita
(lei cittadini; tutto insomma sarà messo in opera, perchè la sicurezza pubblica
iiun Hia coni|iromo)sa.
Ad onta della mia disgrazia V. 1;^. potrà assicurare S. M. che starò sempre
AÌPPENDICÈ Llll
fermo al mio posto , emanando tutte quelle disposizioni che crederò in questa
grave circostanza necessarie.
Coi sensi intanto della massima stima ed alta considerazione, mi do l'onore
di dirmi di V. E.
Il Luogotenente Generale
Pbixcipe di Campofbanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XXXII.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 12 luglio 1837.
Eccellenza,
Ieri scrissi a V. E. con un paranzelle che da qui partiva. Partendone un
altro oggi, le soggiungo che dopo 1' assassinio avvisatole, ve ne fu un secondo
ad ora più tarda e che ancorti dalia forza pubhlica l'ordine fu mantenuto.
La notte scorsa nel villaggio di Vilhabate, villaggio distante da qui circa 4
miglia, gravi disordini ebbero luogo. L'Ispettore di Polizia Dizo, od altre per-
sone furono uccise. Si crede in questo momento che molta gente siasi armata
e riunita nel forte del Sacramento.
È statA di precisa necessità la spedizione di una Colonna mobile, comandata
dal generale Statella; con ansietà io attendo i risultati, che farò subito cono-
scero a V. E.
Per telegrafo ho avvisato S. M. di quest'occorso, soggiungendo che se non
arriva prestamente qui un forte rinforzo di truppa, il disordino potrebbe ren-
dersi irrimediabile.
Il Luogotenente Generale
Principe di Campofranco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XXXIII.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 13 luglio 1837.
Eccellenza,
Dopo acerba strago paro che il morbo abbia rimesso non poco della orribile
sua forza, come V. E. potrà scorgere dallo cifre dei casi dei morti. Onde non
essendo occorso altro provvedimento, ma badandosi alla esecuzione dei già dati,
i^ APPBNDÌCB
per quanto rìgaarda la cara degl'infermi, trasporto e seppellimento dei cadaveri o
simili dolorosi e necessarii uffici! , breve sarebbe questo mio rapporto , e lieto
se discorrer non dovessi di qualche turbamento d' ordine pubblico nella Capi-
tale, di qualche disubbidienza e scompiglio in altri Comuni.
Delle misure deliberate dalla Commissione provinciale di Sanità in Messina,
ne trattava io nei rapporti antecedenti. Testé mi è giunto un atto non dissi-
mile di quella Deputazione di Salute di 1' Classe, alla quale, comunicata la de-
liberazione del Magistrato Supremo di Salute dei 23 giugno, preserivente una
contumacia per le provenienze da Palermo , la Deputazione a maggioranza di
voti stabilì dipendere per questa parte esclusivamente dagli oracoli di S. M.
Questo pronunziava la Deputazione di Messina a 5 luglio, e a me pare che
avendo il sovrano Rescritto del 4 annunziato la mente del Re, dovrebbe quella
Deputazione acquetarsi , ed altro provvedimento non dovrebbe occorrere. Ma
perchè non ci è tempo di ritrarne l'effetto, io ho risposto si eseguissero gli or-
dini generali di S. M. e intanto ho voluto espressamente nel presente rapporto
fame parola. La Valle di Caltanisseita si era per lo innanzi docilmente confor-
mata alle disposizioni del Magistrato di Salute e del Governo. Le nuove fune-
stissime che venivan poi da Palermo, e sapendosi non v' essere forza militare
che potesse reprimere, si era al punto di respingere col fatto le persone venute
da qui. L'Intendente perciò prese un espediente a frenare la piena: bandì l'au-
mento della contumacia da 14 a 40 giorni.
Io gli ho risposto nello stesso modo che agii altri Intendenti, non cedendo,
non negando apertamente a scanzo di far un divieto , che sarebbe trasgredito
di certo; ho raccomandato la esecuzione degli ordini generali.
Del resto io ritraggo che in Sambuca dal 3 al IG molte infermità nrano av-
venute con sospetti forti di cholcra e da 12 persone eran morte tutte nello
stesso perìodo e coi sintomi stessi.
L' Intendente di Girgenti con la Commissione provinciale di sanità provvi-
dero sabito efficacemente, secondo le istruzioni , mandando medici , e tutte le
altre parti ordinando che si debbono in questi casi.
La prima cosa fu di sospendere la pratica alle provenienze di Sambuca e
stabilire una contumacia per quo' do' contorni.
Questa disposizione io non ho approvato espressamente , governandomi nel
modo detto di sopra; ma ho bene autorizzato lo altre, parendomi tutto acconco
sd opportune.
Finalmente fo intendere a V. E. che continuano a succedere dei casi di cho-
lere nei comuni della Vallo di Palermo più vicini alla Capitale: Morrealo, Bor-
gtftto, iiflghcria, Torretta , Termini , IJelmonto , Pnrtinico e qualche altro , nei
quali dove piti, dove mene, il morbo si ò manifestato senza fare per anco molta
strage. Ma m'Il'ordinc pubblico qualche turltamcnto ò avvoniito. Il ritrarrà V. K.
dal rapporto dui Direttore (junvralc di Polizia, clic ([ui per tenore trascrivo.
APPENDICE LT
Eccellenza,
' Come V. E. ben sa pei rapporti che io ho fatto subito oralmente, vari di-
sordini sono già accaduti nei Comuni prossimi a questa Città, per le voci ma-
lignamente suscitatevi di occulte propinazioni di veleno, cui si dà cagione della
micidiale malattia che tanto ci travaglia.
Il primo moto segui in Baghoria, ove divulgatosi un tal sospetto, insorsero
i malintenzionati contro l'autorità pubblica, mettendo a morto il figlio del far-
macista Mancuso; ed altri attentati minacciando, che avrebbero certo commesso,
se non si fosse colà prontamente spedita una colonna mobile, che, dopo qual-
che gio)'no, bisognò rivolgersi sul Comune di Marineo , ove le autorità grave-
mente pericolavano per le stesse voci sediziose , ne potevano sperare risorsa
della forza pubblica, sedotta anch' essa ed ingannata dall'idea di un avvelena-
mento.
Quasi contemporaneamente due individui erano uccisi nel villaggio della Gra-
zia come propinatori di sostanze venefiche ; e questi scandali inforzando mag-
giormente le voci di veleno, che si erano anche qui ripristinate sin da' giorni
precedenti, eran cagiono de' misfatti, che furono qui commessi nei giorni 10 e
11 all'ombra di questo sospetto. Nella sera del 10 fu messa a morte nel largo di
S. Cosimo una infelice donna, di cui non si è potuto sapere ancora il nome: nella
mattina susseguente alcuni malintenzionati inveirono contro un certo Prato, che
dopo di essere stato ucciso, fu trascinato da molti ragazzi per la via Toledo; e
verso le ore diciassette dello stesso giorno venne anche totalmente ferito un
altro individuo, che fu indi tolto dalla forza pubblica dalle mani di coloro, che
così semivivo si erano similmente messi a trascinarlo per la stessa via.
Le disposizioni che furono date alla forza, gli arresti che prontamente si o-
perarono, e la pubblicazione di un manifesto con cui creavasi una Commissiono
Militare per la immediata punizione di tali attentati, rifecero subito la calma;
ma non si era appena cessato d:i questi disordini, che giunse notizia di esserne
stati commessi maggiori nel Comune di Villabate, ove nella netto degli 11 al
12 irruppero quei malintenzionati contro le autorità e la forza pubblica, mettendo
a morte sino a dieci individui, tra i quali l'Ispettore di Polizia, il Giudice sup-
plente, lo Eletto, il Caporonda, e qualche altro impiegato, secondo si dice, non
essendosene ricevuto ancora un officiale rapporto.
Una forza militare è stata egualmente spedita in Villabate , e quella popo-
lazione si crede certo a quest'ora rimessa in quiete.
Ma i disordini continuano; e, secondo i rapporti oggi arrivati, lo spirito di
sconvolgimento si è già esteso a non pochi altri Comuni.
In Cinisi si sparse voce che la classe dei civili intendeva ad avvelenare
le acque dei fonti pubblici; e subito una mano di facinorosi si riunì jeri in una
casa posta sull'estremità del Comune.
Le Autorità e i possidenti, prevedendo il pericolo, si ai-marono e tentarono
LVI APPENDICE
di dissipare quest'attruppamento; ma colti in un'imboscata, ebbero gravemente
feriti tre rondieri, uno dei quali morì indi a poco, e bisognarono quindi retro-
cedere.
Secondo scrive il Giudico di Carini , anche in Torretta vi è stato qualche
trambusto: ma sinora se ne ignorano i particolari.
In Capaci si è dato il sacco a non poche case , vi sono stati uccisi circa
nove individui del ceto civile, e più bande armate percorrono i dintorni di quella
comune, che, secondo si dice , hanno levato un cannone dalla torre dell' Isola
delle femmine, e dirizzatolo verso la barriera di Sferracavallo.
Nel comune di Ficarazzi fu ucciso l'altro giorno un certo Salvatore Abate;
od ora si sa che il Sindaco trovasi chiuso per iscampare dal pericolo nella sa-
grestia di quella Chiesa Maggiore, ed è quasi assediato dal popolo, che gli mi-
naccia la vita, chiedendogli conto degl'incarichi avuti di spargere il veleno.
Il Sindaco di Casteldaccia finalmente scrive di essere sul punto di abban-
donare quel Comune, onde sottrarsi dalle mani di quei facinorosi abitanti, che
gl'imputano la morte di coloro, i quali sono cessati pel cholera. ,
Tale è sin oggi lo stato delle cose; ed io rassegnando tutto ciò alla V. E.,
non lascio di ripetere, che senza il soccorso di una importante forza militare,
non è sperabile che possa farsi fronte a cosiffatto generale sovvertimento.
A raffrenare il movimento del giorno 11 bastò la forza della Polizia.
Ma intanto si pensò a rimedt che troncassero il male dalla radice.
Riunito un Consiglio straordinario, nel quale fu presente, oltre al Direttore
Generale di Polizia, il Comandante Generale delle Armi, io, facendo uso delle
facoltà estraordinarie che per questi straordinarii casi delegavami S. M., creai
una Commissione militare, che giudicasse immantenonte i rei di questi attentati
contro l'ordine pubblico, le proprietà e le vite dei cittadini.
Gli ordinamenti di questa Commissione li trarrà Y. E. dalla inclusa copia
dello avviso che pubblicai lo stesso giorno.
Lo stesso giorno un altro ne emise fuori la Polizia, del quale è qui allegata
una copia m istampa, ed allo effetto medesimo efficacemente esso intendeva.
In questo stato sono le cose.
Stamattina è arrivata una forza, il vapore Ferdinando 2' sbarcandola presso
alla nagheria.
Il Comandante Generale delle armi ha ordinato al Comandante di quella
gente che si mettesse in comunicaziono con la Colonna mandata già nel vicino
villaggio dell'Abate, la quale avoa represso il popolare movimento.
.Ma con ciò, avuto riguardo alla frequenza dei disordini in vari punti, io non
Umcìo di replicare che tuttavia è mestieri altra forzi militare per assicurare
dorovolmonte la paco pubblica.
Prego dunquo V. K. a dar conto di tutto ciò a S. M. AU'i-fTetto medesimo
lo traametto i duplicati di duo doliborazioni preso dal Magistrato Supremo di
APPEKDIOE , LVn
Salute il 10 luglio per la contumacia delle isole Eolie, e per quella dei vari punti
del Mediterraneo, che con Napoli comunicavano più o meno liberamente.
Fra i votanti di queste deliberazioni manca il Soprintendente Generale Mar-
chese Arezzo, trapassato la notte dal 9 al 10.
E in ultimo prego V. E. che si piaccia impetrare la Sovrana autorizzazione
di un provvedimento per la somma urgenza da me consentita.
Per la difficoltà delle comunicazioni con gli altri Comuni , si teme che da
un di all'altro manchi la carne bovina; un D. Antonino Puleo si presentò al Pre-
tore, profferendo di far venire da fuori da 1500 capi di bestiame, se si facesse
una eccezione al divieto che e' è ; si ha intenzione di favorir la nostra agri-
coltura.
Nel Consiglio stesso dunque degli 11, considerato l'estremo bisogno, promisi
io la immissione di quella quantità di bestiame, e prego V. E. a rappresentare
a S. M. questa disposizione per l'approvazione sua.
n Luogotenente Generale
Principe di Ca.mpofbanco.
(archivio citato), ■
DOCUMENTO N. XXXIV.
Lettera privata del Principe di Campofranco
al Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 14 luglio 1837.
Eccellenza,
Se nel dolore gradevoli giungono le consolazioni degli amici, sommamente
mi ha confortato la cortese lettera di V. E. che tocca la domestica sventura
sopportata da me, pur mentre piangea e in quanto per me poteasi, riparava le
grandissime calamità di questo paese.
Rendo io dunque infinite grazie all'È. V. per 1' amichevole e affettuoso uf-
fizio che maggioro rende gli obblighi miei verso V. E. ; piii saldo lo attacca-
mento mio.
Degli affari pubblici le ho scritto coi rapporti d'ufficio; ma non posso rima-
nermi che non replichi , anche tra questi lutti di Palermo , il giubilo mio al
vedere con quanta benignità la M. S. provveduto abbia al soccorso di questo
travagliato popolo; con quanta diligenza e prestezza ed amore il Ministro del
Re sia concorso ad impetrare queste grazie sovrane.
L'importanza della cosa al presente è il mantenimento della tranquillità pub-
blica, minacciata il dì 11 di questo mese in Palermo, turbata in fatto e gra-
vemente nei Comuni vicini.
La colonna mobile, colla quale si è messa in corrispondenza la forza venuta
Arch. Star, Sic. N. S. Anno XV. 8
tVllI APPEXDICE
col Ferdinando 2", intendo al raffrenamento di questi moti sediziosi; ma voglia
Iddio elio essa basti !
Pertanto io ho fatto d' ufilcio calde istanze per ottenere altra forza , e uso
la presente occasione a replicarle.
Vede V. E. che di tanto trambusto, in sì pericoloso frangente, non potrò io
senza forza assicurarmi il buon servizio di S. M.
Pieno di estrema gratitudine e di alta stima e considerazione, io ho l'onore
di dirmi di Y. E.
Il Luogotenente Generale
Principe di Campofranco.
(Archivio ciUto).
DOCUMENTO N. XXXV.
Lettera del Luogoteneìite Generale al Ministro Segretario di Sfato
per gli affari di Sieilia in Napoli.
Palermo, 14 luglio 1837.
Eccellenza,
Mando a V. E. col vapore un duplicato del rapporto , che per la posta lo
indirizzava ieri su questo flagello tremendo , che ne travaglia , e col presente
aggiungo gli ulteriori avvisi. Non tristi sono rispetto allo stragi doU'altra set-
timana i ragguagli dello stato del morbo , come V. E. vedrà dal numero dei
casi e dei morti.
Ma ai disordini, che le annunziava, di parecchi Comuni vicini, si aggiunse
la scorsa notte una sommossa popolare in Misilmeri. Varie persone furono uc-
cise, e questo solo si sa, mancando tuttavia più distinto particolaritìi, perchè le
Autorità locali non ne hanno fatto rapporto, o che fossero rimaste vittima della
Bedizione, o che nascoste e spaventato avesser trascurato di scrivere i dolenti
ragguagli. K tutti questi disordini portano il pretesto che già all'È. V. annun-
2Ìai di un generale avvelenamento.
In questa Capitalo par non siano punto progrediti, e le indofesse curo , lo
sollecitudini, i gagliardi provvedimenti del vigilantissimo ed egregio Direttore
CSenerale di Polizia, dell'ottimo Comandante Generalo dello armi son valso a man-
tenero la pubblica tranquillità. Ricorro domani la festa di S. Rosalia; e sendovi
luogo n temere qualche disordine che avosso la divozione per pretesto , si prò-
«ero dalle Autorità, con rassentimento mio, tutte lo misuro a tenere il freno in
bocca ai maleintenzion.nti, a contenero il popolo , a riassicurare 1' ordino pub-
blico, la paco, la proprietà.
Sono in (|ucHto Htato lo coso, o spore bon io che altri mali non vengano a
piombare nella desolata Ciitk.
Af»PEl?t)lCE tlJt
Non mi rimango per questo di rappresentare il bisogno di forza che all'ef-
fetto stesso pili sicuramente servisse.
Ho avuto i due Rescritti del dì 11, pervenutimi col vapore il Ferdinando 2",
l'uno pel carico di Polizia, l'altro per quello dell' Interno. K rendo grr.zie infi-
nite alla Sovrana benignità, sì per lo clementi espressioni citate a riguardo di
questo Governo pei provvedimenti che si eran dati in questo frangente , e si
pei soccorsi , che con amor paternale la M. S. prestamoati) ordinava, di forza,
soccorsi tutti che tanto nella presente circostanza si desiderano. Un' altra pre-
ghiera mi resta ad aggiungere.
Questo Comandante Generale delle armi, avuto riguardo al presente bisogno,
ed allo stato dello truppe di qui molestate, anche un po' fortemente, dal morbo,
ha domandato sessanta dragoni smontati con certo numero di artiglieri, e che
un'altra Compagnia di Gendarmi a pie' si destini ai servigi di polizia. Io ne co>
nosco il bisogno per lo manteniment) dell'ordine pubblico, che ò al presento
l'oggetto principale delle curo mie, tra cotesti turbamenti dei Comuni vicini a
Prilermo.
E però r.iccomando a V, E. che nel rassegnare a S. M. quanto ho scritto,
I articolarmente la preghi a consentire questi sussidi di forza dal Comandante
Gcn.'ralu delle armi richiesti. Ai medesimi o alle truppe, che già S. M. ha man-
data; col Vapore, e disponevasi a mandare con la fregata, io avviso che si deb-
bano aggiungere dogli altri battaglioni per la ripetuta circostanza della molti-
plici'à dei Comuni, che di giorno in giorno van tumultuando, i quali, se non sa-
ranno incontanente repressi , potrebbero insorgere in un generale e pericoloso
movimento, assai diffìcile poi a reprimersi.
Trasmetto a V. E. infine una deliberazione del Magistrato Supremo di Saluto
presa il dì 12, per la quale si è stabilito che nelle libere comunicazioni stabi-
lite oramai fra Napoli o Palermo fossero tuttavia rifiutati il canape, il lino, gli
stracci, ecc.
// Luogotenente Generale
Principe di Campofranco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XXXVI.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario dt Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo. IG luglio 1837.
Eccellenza,
In Palermo l'ordine pubblico si mantiene tuttavia perfettamente por l'animo
e la vigilanza indefessa del Direttore di Polizia e per l'opera del Comandante
LX APPENDICE
Generale delle armi, tanto che ieri, festa di S. Rosalia , tutto passò tranquilla-
mente; ed oggi, che non è giorno di lavoro, anche nello stato si continua.
Ma nen così nei comuni vicini.
Nei rapporti del 13 e del 14 mandati, il primo per la posta, e per duplicato,
insieme col secondo, pel legno di capitano Bona, av visai V. E. dei disordini se-
guiti e del sangue versato in parecchi Comuni.
Oggi non è migliore lo stato di quelle popolazioni, perocché, quantunque in
Bagheria e in Villabate sia stanziata parte della truppa, non si è potuto man-
darne a Misilmeri, a Capace, e ad altri Comuni, essendo piccola la forza e dal
cholera travagliata anch'essa.
Ma scorsi i giorni 15 e 16, nei quali, per la ricorrenza della festa, si temea
per la Capitale, spero io che altro colonne mobili possan marciare, se verrà di
costi altra forza, e possano adoperarsi a rassettar quei Comuni.
Acciocché fosse più gagliardo l'effetto, nel Consiglio di ieri io approvai una
proposta del Direttore Generale di Polizia , per la quale,» entrate lo truppe in
ognuno dei Comuni scompigliati, deesi far di accordo con le autorità pubbliche
e coi pacifici cittadini il disarmo, e deesi giudicare per Consigli di guerra su-
bitanei gli istigatori primi ai commessi misfatti, e i capi delle sommosse.
I quali Consigli saranno convocati giusta lo Statuto penale militare, a somi-
glianza di Consigli di guerra di corpo; e immantinente giudicheranno e imman-
tinente eseguiranno la sentenza.
Questo salutare provvedimento io non ho comunicato per anco , acciocché
non potesse traspirarne parola prima dell'arrivo qui delle truppe che dovranno
eseguirlo.
Mosse quelle appena, come dissi innanzi, si daranno le disposizioni per man-
darlo ad effetto.
Gravissima per altro mi é stata una nuova per telegrafo pervenutami da
Messina. Essa è del tenore seguente :
■ II pubblico clamorosamente ha chiesto lo sfratto del pachctto S. Antonio,
proveniente da Napoli. La Casina sanitaria è stata distrutta, con qualche posto
doganale. La Deputazione sanitaria per la ragione di avere il detto pachetto
malati a bordo, lo ha fatto ripartire.
' Non si é del tutto tranquilli.
* Il Generale Comandante la Valle rapporta lo stesso al Comandante Gene-
rale lo armi, ed aggiungo che la truppa è stata rispettata; ma non 6 sufficiente
por custodire il forte con ottocento servi di pena e far fronte alla popolazione. „
Mootre che io scrivo, ho un altro avviso segnalato anche da Messina , ma
nu ignoro il tenore.
// Luogotenente Generale
Principe di Cahpofranoo.
(ArcblTio dUto).
APPENDICE LXl
DOCUMENTO N. XXXVII.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 17 luglio 1837.
Eccellenza,
Foco mi rimane d' aggiungere al rapporto che spacciai ieri col vaporo
S. Wenefreede ; solamente ho fatto scrivere il numero dei casi e dei morti
nei dì 13, 14 e 15, che è il più esatto che si sia potuto avere; quantunque io
creda che il numero dei morti sia maggiore per quelli dello campagne che dif-
ficilmente si son potuti noverare con precisione. Indi vedo V. E. la diminuzione
della malattia, che maggioro si direbbe per la sembianza della città riscontrata
con quella dei giorni ò e 6. E veramente più popolate sono le strade ; aperte
la più parte dello botteghe; cessata quell'ansia, quella fretta della gente che le
strade deserte e squallido valicava ; menomato d' assai quel continuo trasporto
di fpretri, quel funesto andare di carri pieni di cadaveri. Cosi speriamo che la
orribile pestilenza ogni dì più che l'altro si rattempri, e questa Capitale lasci
al fine che ha desolato abbastanza. Nò quanto allo stato della tranquillità pub-
blica altri avvisi aggiugner posso al rapporto di ieri. In questa Capitale, mercè
le opportune misure prese, nessun altro turbamento è avvenuto.
Quei dei Comuni vicini durano tuttavìa, perocché le truppe mandate in Ba-
gheria e in Yillabate, essendo poche, e diradate dal colera, non han potuto muo-
vere più innanzi a quietare i Comuni sollevati ad oriente di questa Capitale; ne
altra mano di soldati si è potuta mandare nei Comuni del lato di ponente. La
ragione di questa inoperosità, io lo replico, è la mancanza di forza; il rimedio,
il solo rimedio è che S. M. faccia qui venire, e tosto, altri soldati.
Infatti i non repressi movimenti ad altri Comuni si van comunicando. Molti
tristi uomini di Ficarazzi prescntaronsi al sindaco, domandando sussidi, e al
niego di lui , che allegava non aver punto denari il Comune , ferocemente ri-
spondeano aver ben lui ricevuto dallo Intendente buona copia di veleno, e de-
naro abbastanza. Con questo gergo si apparecchiavano forse quegli sciagurati
a maggiori eccessi. E fin qui la Vallo di Caltanissetta ubbidia senza difficoltà
agli ordini del Magistrato Supremo del Governo, ora incomincia a deviare dal
sentier giusto. L'Intendente mi ha scritto che alle funestissime nuove della Ca-
pitale , vari Comuni agitavansi , ond' egli era obbligato a scanzo di mali mag-
giori ad accrescer la contumacia per le provenienze di Palermo.
Né ciò quietava le alterato genti ; voleano usar precauzioni contro il Capo*
valle, perchè comunicante con Palermo. Le Autorità pubbliche allora si restrinser
tra loro; fermarono di adoperare a vicenda il rigore e la prudenza; avean fatto
qualche cattura ; aveah in qualche Comune provveduto a togliere gì' impedi-
tilt AÌ»PÌSNÌ)tCÉ
menti alla riscossione delle pubbliche imposte, che già, massime quella sul ma-
cino, non si potea in qualche Comune agevolmente esigere.
Conchiusero le dette autorità con una domanda di 200 uomini almeno, per-
chè non ci essendo nella Valle che pochi gendarmi , nessun freno rimaneva.
E a ciò io ho dovuto rispondere all' Intendente essersi chiesta forza a S. M. :
venuta quella, si provvederebbe; intanto usassero prudenza per non turbare la
tranquillità pubblica.
Le trascrissi ieri l'avviso telegrafico intorno ai disordini di Messina, avve-
nuti il 1*2. Un altro del 13 mi annunziò essersi alquanto restituita la calma,
poiché l'Intendente, stretto dal bisogno, avea fatto girar per la città pattuglie
di civili e possidenti, sendo pochi i soldati, e bastanti appena a munire il forte.
Ora per la posta si è ritratto che prima del disordine del 12 una festa reli-
giosa, 0 direi piuttosto una popolare e fervida preghiera a Nostra Donna della
Lettera si era fatta il dì 8. Tutti gli artigiani, tutto il popolo minuto, raccolta
una certa somma di denaro, dette quella festa, che l'Intendente e il Commi.-
sario di Polizia , non potendo vietare, concessero. Ci furon luminarie e fuochi
di artificio; e con queste dimostrazioni fervide, preci popolari e atti di vera di-
vozione passò tranquillamente la cosa, ma il pericolo che i malvagi potesscrla
volgere a danno, il pensiero che già il popolo osasse pensare, cooperar di con-
certo, spiaceano alla pubblica autorità.
Le quali cose sendomi rappresentato dal Direttore Generale di Polizia, e
accorgendomi che lo spirito o di movimento o di sedizione si estenda, già da
tutti i lati, per certo io conchiudo che non piccoli stuoli di soldati, ma grossa
forza ci vuole in Sicilia ormai.
Questi turbamenti delle terre vicino a P'alermo non si son potuti reprimere
per anco; che si farà dolio cittii principali della Sicilia ? Pertanto V. E. si pia-
cerà ragguagliare minutamente S. M. di questi umori, e dei timori mioi, e pre-
garla di una sollecita spedizione di truppa di ogni arma , bastante a riparar
l'impetuosa piena.
Il Luogotenente Generale
Pkincipk di Campofranco
(ArcblTio eiUto). ,
DOCUMENTO N. XXXVIII.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 20 luglio 1837.
Keeellenza,
Principiando il r.ipporto p(M-io.lic, ) dolia nontr.i presento calamità, piacomi
di potere iiuaiRiziiiro uom'; tiltUvult.i il eliolor.i ciiiiiiniii ni >ii ÌÌimo, il cli;> potrà
y. £. ritrarre dalle volite cifre inviatole.
APPENDICE LXIII
E la sembianza della città sempre più rischiariscc; la gente ripiglia gli or-
dinarli esercizi, torna alle faccende , cessando da quei luttuosi affaticamenti
delle scorse settimane; succedono le usate cure a quelle funeste di morbi spes-
sissimì e di morti.
Ma il cholera sempre più si distende ed inacerbisce negli altri Comuni della
Valle di Palermo. Non che Morreale, Bagberia, Partinico e gli altri Comuni già
noverati nei rapporti precedenti, ma Termini, ma Corleone sono già aspramente
travagliati dal morbo.
Trapani sin dal 10 ne ha avuto parecchi casi con morte.
Alcamo ancora. E del Val di Girgenti scrissi a V. E. già di essere stato
assalito il Comune di Sambuca, ma non ne ho avuto altri avvisi.
Quanto alla tranquillità pubblica, essa continua a mantenersi in questa Ca-
pitale.
Non so che sia stata turbata nelle altro Valli, se non se ne eccettui Mes-
sina. Ma nel Val di Palermo è perduta del tutto.
La più parte dei Comuni è in manifesta sollevazione , e si è bruttata di
misfatti.
E veiamente al primo sviluppo di alcun caso di cholera, e spesso senza a-
spettar quello, i malvagi gridano avvelenamento, spargon il sangue degl'infelici,
su i quali cadono gli stolti sospetti loro, e l'odio che si maschera di quelli o
tutto empion di turbolenze e di danni.
A questi non posson le Autorità riparare che son prive di forza pubblica;
non può nella presento condizione delle cose ripararvi il Governo; perocché le
truppe di qui, io il replico pur sempre, son poche.
Il cholera le ha sminuito ancora; ha rapito moltissimi uffìziali, talché né la
città può lasciarsi così senza questa pure piccola forza, né può mandarsene al-
cuna parte a contenere i Comuni.
In fatto da Corleone il Capitan d'Arme scrisse testé al Direttore Generalo
di Polizia, mostrando le pessime disposizioni dei malvagi e domandando pre-
stamente aiuto, senza il quale più non si fidava di resistere alla piena.
Ma aiuto non si potò mandare , o fu mestieri invece scriver parole che ei
riparasse, provvedesse alla meglio.
Nel rapporto del 16 io trascrissi l'avviso telegrafico di Messina, annunzia-
toro dei disordini del 12.
Narrai nel rapporto del 17 i particolari di una popolare dimostrazione di
preghiere, che era già avvenuta in quella città, e avca incominciato a mostrare
quello spirito che proruppe di poi il dì 12.
Or prendo a raccontare i fatti di quel giorno, come li ritraggo dall' Inten-
dente 0 dalle pubbliche Autorità.
Approdato appena il R. Pachetto S. Antonio , che portava il vestiario dei
soldati, e venendo da Napoli doveva essere ammesso alla contumacia medesima
LXrV APPENDICE
prescritta già per Palermo; si sollevava tutta la plebe, si adunò ad alte grida,
domandando lo sfratto del S. Antonio.
Proruppe nell'Ufficio di Sanità e dettevi il guasto, distrusse alcuni posti di
guardie doganali; disarmò i doganieri; e con le poche armi di quelli continuò
a scorrere per la città.
A far posare il pericoloso movimento, si prese senza perder tempo lo espe-
diente di far partire il S. Antonio, a ciò adoperandosi i Deputati di Sanità che
si trovavano presenti e il comandante quel Dipartimento della R. Marina, e
l'Intendente. Il quale intanto ristretto col Procuratore Generale e col Coman-
dantti la Valle, e vedendo non esservi forza militare che girar potesse per la
città, e così sgombrare la tumultuante moltitudine , stretti dal bisogno, deli-
beravan essi lo stesso giorno 12 luglio di ordinare una guardia di civili e pos-
sidenti, che battendo vari punti della città, si adoperasse a rimettervi la calma.
Promulgossi all' istante un acconcio manifesto : la guardia dei cittadini fu
posta in opera; e raffrenando i malvagi che volevano forse cogliere l'occasione
a misfare, ricomposero a pace e calma l'alterata città. Varie altre disposizioni
particolari, che per brevità tralascio, davano l'indomani le Autorità pubbliche;
come lo sgombramento da parte dei detenuti, dai quali si temeva qualche ten-
tativo e simili cose. In questo stato era la città di Messina infino agli ultimi
avvisi ritratti da me: era essa affidata al tutto alle pattuglie dei civili e pos-
sidenti, bastando appena la truppa a custodire le fortezze. Altri disordini da
altri punti dell'Isola io non intendo infiiio a questo momento; ma non è per
questo che ubbidienza regni agli ordini del Governo e tranquillità e quiete.
La Commissione Provinciale di Salute Pubblica in Catania, in seguito alle
deliberazioni del Magistrato Supremo di Salute e del Governo, approvato da S. M.,
ha deliberato lo sfratto alle provenienze da questa Città e si è avvisata do-
mandare direttamente gli ordini sovrani , e senza aspettar quelli provvedere a
suo modo; al quale effetto il Dccurionato anch'esso ha fatto, e non per mezzo
mio, indirizzi a S. M. e deliberazioni.
Tutto ciò io ritraggo e taccio, come già all'È V. scrissi, mancandomi mezzi
efficaci da fare ubbidire tra tanta ccnfusiono e trambusto gli ordini del Governo.
Ecco dunque in quali condizioni è la Sicilia al presento.
Desolata dal colera, la Capitale sente appena nienoniaro i danni immediati
del morbo, appena in ossa una cura vigilantissima ha potuto mantenere quanto
turbav.i 1' ordi.io pabblico. Ma por poco che si esca da quosta sì travagliata
Città, s'incontrano comuni dal colera percossi, o laceri da in^iane sommosse, o
pieni di turba/.i(ini e delitti. Lo provincie in fatto di sanità non ubbidiscono:
MesHÌoa ò traw^orsa dal volere al fare, e al faro popolarmente, e a modo di
sollevazione.
Como dunque ripararsi uno scompìglio sì esteso , sì profondo , senza una
groMa forza cho atterrisca, che reprima prepotentemunte i malvagi ?
APPENDICE LXV
Io lo replico puro, mi duolo acerbamente che a tante premure mie non sia
venuto questo desiderato sussidio di truppa; acerbamente men duole, perchè si
dà luogo tuttavia a mille misfatti, e perchè il disordine non riparato, per na-
tura sua si accresce ; e i mezzi di frenarlo dovranno essere sempre maggiori,
quanto maggior tempo scorrerà.
Pensi V. E. inoltre la riscossione delle pubbliche entrate impossibile in questi
Comuni sciolti così da ogni freno e sollevati.
E se il denaro pubblico manclierà, che sarà djllo Stato ?
Grave, gravissimo è il caso: il rimedio unico è la spedizione di una grossa
forza sollocitamouto.
A discaricare la mia oosconza, a togliermi d'ogni responsabilità, l'ho scritto
io qui nuovamente.
E prego V. E. che cos'i il rappresenti a S. M., insieme con tutti i ragguagli
contenuti in questo rapporto.
// Luoijotenente Generale
PmNCIPE DI CAHrOFBANCO.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XXXIX.
Lettera del Luogoteneute Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 22 luglio 1837.
Eccellenza,
Non lascio fuggire 1' occasione di scrivere a V. E. per un paranzelle che
Scioglie oggi per costì.
Por prima cosa fo intendere all'È. V. che ieri giuusoro qui e ancorarono a
poca distanza da Baghcria i trasporti e i legni da guerra con le truppe da S. M.
mandate. Al momento ristrettomi col Comandante Generalo delle Armi e col
Direttore Generale di Polizia, stabilironsi. i movimenti cho far dovesse questa
forza a ridurre alla obbedienza e alla calma i vari Comuni dei dintorni della
Capitale, stati insino a qui sollevati o sciolti ai misfatti.
E mi prometto bene io che quest3 e il rimedio dei Consigli di Guerra su-
bitanei accennati nel rapporto del IG N. 4827, il quale è tempo ormai d'usare,
valgon tosto ad ottenere quell'intento; quantunque di giorno in giorno siasi e-
steso il sinistro umore, ondo ho inteso io le nuovo d'altri Comuni sollevati, o a
mala pena contenuti dall'influenza delle Autorità e dell'onesta gente.
Solo mi darebbero a pensare le altre Provincie; perchè oltre i casi di Mes-
sina, già conosciuti da V. E., mi perviene in punto un rapporto dell'Intendente
di Caltauissetta, cho non annunzia disordini accaduti , ma ne fa apprendere il
4rch. Stor. Sic. N. S, Anno %Y, 9
LIVI APPENDICE
timore. Egli dico che le contumacie stabilite por le provenienze di ralcriiìo,
quantunque da lui per prudenza prolungate, mal soddisfano quegli abitanti, de-
siderosi di esterne cautele contro il male che per fermo tengono contagioso.
Conchiude cosi col domandare una forza delle guarnigioni di Messina , Si-
ragusa ed Agosta: avvisando che se si mandasse da Palermo infetta dal clio-
lera, sarebbe il danno maggiore del bene sulla pubblica opinione.
Ma in questa Capitale la calma non ò stata più turbata dopo quei fatti nar-
rati nel rapporto del 13, e il miglioramento dell'orribile malattia si rendo ogni
di piii manifesto , ogni dì mcn tristo si rende la sembianza della città , come
nel rapporto del 20 per la posta io scriveva a V. E.
Solo mi spiace che nella Valle di Palermo il cliolera divampi già dove piìi,
dove meno aspramente ; che nella Valle di Trapani e segnatamente nel Capo
Valle siasi appiccata; che in Sambuca, Vi.1 di Girgenti, faccia già molta strage.
Gli Intendenti hanno provveduto: od io li esorto senza posa a badare ad or-
dinare le cose.
Queste sono le condizioni presenti del paese, che V. E. sarà contenta rasse-
gnare a S. M.
Ma io la prego insieme a rendere per me grazie infinito a S. M. dell' op-
portuno soccorso di forza spedita a raffrenare nei Comuni il crescente spirito
di malignità, di disubbidienza e di delitti.
Così tante vittime si sottraggono al furor della plebe; così l'amministi aziono
della Giustizia; così la riscossione delle entrate pubbliche, la sicurezza delle pro-
prietà che in forse erano tutte, si ristoreranno, così potrà questo R. Governo
servire il Re e l'onorevole suo mandato compiere in quel modo, che negli scorsi
giorni non concedca la pochissima forza e la veemenza del chole a, che gli Uf-
fici pubblici scompigliato avea come irresistibile tempesta.
In ultimo io fo presento a V. E. che per questi legni apportatori della tiuppa
nessun dispaccio sno mi è pervenuto.
E la prego a dirmi se abbia ricapitato il rapporto e la lettera spacciatele il
14 pel legno di P. Filippo Bona , poiché il vaporo partì in quel modo che a
V. E. scrissi allora, e replicai coi. "rapporti del 16 o del 17.
Il Luogotenente Generale
PuiNCIPE DI CaMPOFUANCO.
(ArchiTio ciUto).
ÀPtÈSDlCÉ tXVit
DOCUMENTO N. XL.
Lettera del Luogotenente Generale ol Ministro Segretario di òtato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Pakrmo, 24 luglio 1837.
Eccellcn:ra,
Pochi altri ragguagli mi restano a dare dopo quelli che io scrissi ieri e ier
l'altro a V. E., con duo rapporti mandati per vii di mare.
Noto la cifra dni casi e dei morti nel giorno 22, intorno al numero dei quali
è da replicarsi l'osservazione scritta nel rapporto di ieri, cioè che alcuni morti
avvenuti nei giorni antecedenti, e rivelati poi, ingrandiscono la cifra nella pre-
sente declinazione del n\ale. l'Isso all'incontro reca inoltro strage in Alcamo e
nei Comuni vicini a Palermo , che sono stati già travagliati dai disordini , od
ora si vanno ricomponcn'lo in calma. E quanto al resto della Sicilia ritraggo
in questo momento da un avviso telegrafico dell' Intendente di Messina che il
di 17 si era svilupputa in Siracusa una malattia caratterizzata pel cholera spo-
radico; la quale io temo che sia il fatai morbo che qui ci ha desolato.
Ritraggo inoltre per la stessa via del telegrafo che i legni della Crociera di
Sanità nel Val di Siracusa sono stati discacciati da una sommos.sa popolarn e
si erano ridotti in Riposto , ma ignoro i particolari di questo spiacevole avve-
nimento.
Si compiaccia V. E. dunque rassegnare a S. M. queste nuove che alle già
date aggiungo. Non lascerò di farle pervenire le successive per tutti i mozzi
più espliciti che mi si presentassero. Non lascerò per i Comuni assaliti dal
morbo di sopravogliare ai provvedimenti degli Intendenti, e di dar subito quelli
cho dalla parte mia occorresse come infìno a qui ho fatto , senza discorrerli
largamente nei rapporti miei, che l'importanza delle cose debbono mostrare a
S. M. non le minute particolarità, e le particolari disposizioni.
Il Luogotenente Generale
Pbincife di Campofkanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XLI.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 26 luglio 1837.
EcceXlema,
A reprimere senz'altro riguardo gli eccessi a cui proseguono in diversi Co-
muni di cotesti Reali Dominj sfrontutameuto alcuni malintenzionati e perfidi
LXVIll APPENDICE
soggetti, S. M. mi ha quest'oggi ordinato di scrivere nel suo real nomo a V. E.;
ed anche al Direttore Generale di Polizia che si formino le Commissioni Mili-
tari, si diano esempi severi e solleciti, e si esegua un perfetto disarmo paese
per paese.
Nel Real nome parlecipo a V. E. questi sovrani voleri, come anche vengo
di fare al Direttore Generalo di Polizia, per lo esatto adempimento che ne ri-
sulta di sua parte, nell'iutelligenza che S. M, non ignora le analoghe disposizioni
dato da V. E. sull'oggetto che cogli attuali ordini ha voluto confermare e sot-
tostare.
Il Ministro Secretar io di Slato
per gli affari di Sicilia
Antonino Fbanco.
(Arclùvio citato).
DOCUMENTO N. XLII.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segi'etario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 27 luglio 1837.
EcceUema,
Continua con rapida progressione a menomare qui il morbo, come potrà Y. E.
Bcocgero dalle cifre segnate nei giorni 24 e 25 del presente, dalle quali pel nu-
mero dei morti si deve togliere qualche caso, rilevandosi oggi allo stato civile
alcuni che trapassavano negli andati giorni di tanto scompiglio e timore.
Ma del resto della Sicilia intendo che Trapani sia giiv gravemente trava-
gliata dal morbo e molti morti vi accadono, e cosi in Alcamo; e qualche caso
in Calatafìmi.
Da Siracusa non mi ò giunto ueanco il corriere per parecchie corse di posta,
a cagiono certamente degli inciampi o dei ritardi che con tutti gli ordini del
Governo si hanno tuttavia nella piìi parte della Sicilia ai transiti dogli uomini
0 delle coso.
Ma quello avviso telegrafico che ebbi dull'Iutondente di Messina, intorno allo
sviluppo di una malattia in Siracusa, è confermalo da un rapporto dell' Inton-
«leote stesso dato il 17 luglio.
Per un legno della Crociera di Sanitii sapcasi in Messina essere morti con
qualche sospetto di cholcra H persone in Siracusa al 10 luglio e 11 il giorno 11.
Tuttavia la Commissiono provinciale di Sanilìv in Siracusa avea dichiarato
questa malattia cholcra sporadico, o nvca pubblicato in questo senso un avviso
in Utaropa, del quale l'Intondcnto di Mossina mi ha falto pervenire una copia.
Allo spincovolo annunzio l' Intendente stesso sospeso dai porti della sua Valle
APPENDICE LXIX
la pratica alle provenienze di Siracusa e domandò all'Intendente di Catania conae
più vicino migliori schiarimenti che io non ritraggo peranco.
Del resto nessun sinistro mi è stato rapportato sulla salute pubblica della
nominata Valle di Messina, di Catania e di quella di Caltanissctta. Da quella
di Girgenti solamente io so la infezione di hsambuca.
Quella di Palermo come ho scritto a V. E. è travagliata la piìi parte del-
l'orribile morbo, e in qualche luogo esso mena molta strage.
Tale è lo stato delle cose, e con circolare d' oggi io ho raccomandato con
molta efficacia agl'Intondcnti che pei comuni salvi tuttora pongano ogni cura
a ricercare, so fossero in punto, tutti i preparamenti e tutte le misuro ordinate,
perchè nel caso dell'invasione del morbo men fatali ne fossero le conseguenze.
La tranquillità pubblica è perfetta in Palermo, e ristorata nei Comuni dove sono
andate le truppe del Re a questo effetto, ma non già in molti altii.
E tanto io prego V. E. che sia sollecita di rassegnare a S. M. per la sua
superiore intelligenza. Ho l'onore di mandare a V. E. 1' acchiusa risposta del-
l' Intendente di Girgenti alle comunicazioni del rescritto dei 4 luglio , fattagli
da lei.
Il Luogotenente Generale
Principe di Campofbanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XLIII.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 29 luglio 1837.
Eccellenza,
In continuazione del rapporto del 22 cadente , un altro ne ho di V. E. ri-
cevuto quest'ogi;i por la via di mare col Zefiro, segnato il 23, in cui Ella de-
scrive lo stato di positiva decrescenza della malattia nella Capitale: lo sviluppo
però e i progressi della stessa in parecchi Comuni non solo della Valle di Pa-
lermo, ma in alcuni altri delle Valli di Trapani e di Girgenti, la punizione già
data per mozzo della truppa ai piìi rei dei misfatti accaduti in Misilmeri, e gli
avvisi che ha Ella fatto correre ai sotto Intendenti, informandoli dell'accresciuta
forza militare, ed esortandoli a pigliar vigore, non disgiunto dalla prudenza.
Conchiude che coi mezzi già da S. M. forniti con tanta prestezza, V. E. ri-
guarda già come riparato qualunque disordine , e promcttesi ogni buona riu-
scita dell'opera sua, diretta al richiamo ed al mantenimento dell'ordine e del-
l'ubbidienza.
Ringraziandola dei ragguagli che si è servita di dare, ho l'onore di dirle che
LXX APPfiJCDICfi
ho tanta fiducia nel notissimo zelo di V. E. pel buon servizio di S. M. e nel
coraggio che l'arrivo della Truppa farà accrescere alle Autorità, che ornai non
dubito di dovere al più presto dividere con l'È. V. il contento di vedere il tutto
ritornato all'ordine e raffermata l'obbedienza.
Il Ministro Segretario di Stato
2)er gli affari di Sicilia
Antonino Feanco.
(Archìrio citato).
DOCUMENTO N. XLIV.
Lettera del Mitiistro Segretario di Stato per <jU affari di Sicilia in 'Napoli
al Luogotenenle Generale in Palermo.
Napoli, 2 agosto 1837.
Eccellenza,
Al breve cenno che V, E. vicn di fare col suo rapporto de' 2t dell'or ca-
duto luglio, Ripartimento dello Interno, 2" carico, n. 4950, relativamente allo
stato della malattia predominante e ai provvedimenti dati e che non cesserà di
dare cot.° R. Governo per la stessa, aggiungcvasi di particolare la dispiacevole
notizia della sommossa popolare in Siracusa.
Trovavasi anche di questo fatto già informato S. M.; e prese ha quelle e-
nergiche misure che V. E. ormai conosce per la comunicazione fattale del re-
gai decreto portante la nomina dell'alto Commissari.) con Yalterejo.
E questa dunque la risposta che io potrei rendere al rapporto di V. E. so-
pra indicato.
// Ministro Segretario di Stato
2)er gli affari di Sicilia
Antonino Fbanco.
(Arehlvio dUto).
DOCUMENTO N. XLV.
Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 0 agosto 1S37.
eccellenza,
La grndìtÌH!iiinA coMlidcnzi.dp di V. K. del ',\ dfl corrente, speditami con un
Icuto, sembra prcci-iuinento diretta a duo osservazioni : 1" dio col legno a va-
poro S. Wonofreod uon lo abbia io dato ot'flcinlo partecipazione della partenza
APPENDICE LXXl
di S. E. il Generalo Del Carretto Ministro Segretario di Stato della Polizia colla
divisione delle reali truppe destinato a Siracusa; 2" che dei diversi rapporti da
lei spediti per la via di mare nelle attuali cii costanze, non le sia stata da me
accu3ata la ricezione.
Rispondo alla prima osservazione che quando partì il S. Wenefreed nei 29
luglio, noii ancora era stato em3'i3o il rogai decreto dei 21 luglio portante la
trasmissione al mentovato signor Ministro dogli alti poteri de'l' Al'eiego per
lo tre Valli di Messina, Catania o Siracusa, Vero è che S. M. col S. Wenefreed
avvisò la spedizione a cotesto Comandante Generale delle armi; ma veda Leno
TE. V. che non può, nò deve il Ministro comunicare i pensieri del Ke, se non
quando si realizzino in modo da poter essere partecipati come sovrane determi-
nazioni già emesse.
Rispetto alla seconda ossei vazione, assicurar posso V. E. che non havvi parti-
colarità alcuna di lei rapportata per qualunqua via di mare e di terra, ed anche
per telegrafo, dal d'i della disgraziata comparsa del cholera fìn'oggi, alla quale
non abbia io riscontrato per lo medesime vie con ministeriali, lettere confiden-
ziali, rescritti o.l avvisi telegrafici, niente impoitando, a me pare, se non avessi
t:\lora indicato il modo in cui mi fosse pervenuto il rapporto o la lettera a cui
io rispondevo. Del resto, a maggiore soddisfazione di V. E. e mia, ho dati gli
ordini perchè si formasse un elenco cron ologico dei rapporti ed offici da V, E.
spediti col cenno in ciascuno del riscontro da me dato; e avrò la cura di far-
glielo avere al più presto.
Profitto di questa occasion e per rinnovarle lo proteste della piìi alta stima
e pari considerazione con cui Lo l'onore di essere di V. E.
Il Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Antonino Fbanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XLVI.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 10 agosto 1837.
Eccellenza,
Sciogliendo di qui un lento per Napoli, mi è parso di mandare piuttosto per
questo mezzo i rapporti miei intorno agli sconvolgimenti che avveniano in varie
città di quest'Isola; perchè lo precauzioni sanitarie adoperate nel Val di Mes-
sina non risparmian la posta, né a me piacea che quei rapporti potessero leg-
gersi da altri che da V. E , o le carte accluseci potessero disperdersi,
LXXII APPENDICE
Dopo gli avvisi dati a V. E. poi vapore che partì il 1" del presente, poco
mi resta a scrivere a V. E. sì dello stato della saluto pubblica, e sì di quello
della tranquillità. Perfetto cìso ò in Palermo: i Comuni delia Vallasi quietano
già la più parto. E lo stato del cliolera neanche è funesto in questa Capitalo,
essendo stati l'altro ieri 34 i casi e 12 i morti , nò pervenendomi pivi per gli
altri Comuni della Vallo quelle nuove spaventevoli che della esistenza del morbo
mi si recavano nelle settimane scorse.
Pel vapore S. Wenefreed non mi giunse di costì alcuno avviso officialo
intorno alla partenza di S. E. il Generale Del Carretto, Ministro Segretario di
Stato della Polizia colla divisione delle Regie Truppe destinato a Siracusa.
Nondimeno, sapendo ciò da questo Comandante Generale delle armi, parvemi
di giusto ufficio scrivere al lodato Ministro ragguagliandolo dello stato dello
cose in questa parte dei Reali Dominj, e richiedendolo d' un avviso dei prov-
vedimenti che ei fosse per dare. Il che io feci a scanzo di raddoppiare ordini
a tuttociò che potessi fare in cooperaziono della E. S. per lo servizio del Re.
Questa lettera spacciai per un legno della Crociera che andasse a cercare la di-
visione detta e curasse il ricapito del plico.
Nò altro mi resta a scrivere a V. E. se non i sensi dell'alta stima e con-
siderazione coi quali ho l'onore di dirmi di V. E.
F. S — Per vari leuti e legni mercantili ho mandato a V. E. dei rapporti,
sì per maggior speditezza, e sì per la ragione detta di sopra. Non avundo ri-
cevuto gli avvisi del ricapito, prego V. E. a significarmi per mia serenità quali
rapporti miei lo sian pervenuti per via dei legni suddetti.
Il Luogotenente Generale
PBiNCirE DI Campofranco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XLVII.
Lettfi'a del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 14 agosto 1837.
Eccellenza,
Per la posta passala non indirizzai a V. E. il solito rapporto di .sanità, per-
dio era partito lo Htesso dì il Veloce col rapporto mio del 9 , nò altro lìii rc-
•Uv* àà ftggiangovo.
Io posso diro più sicurnmcnto esser pressoché al tutto spento il morbo in
qactU Citta, cssondoMi giù alcun giorno son7,a casi, alcuno senza morti, gli altri
f9P npo 0 dae,
APPENDICE LXXIII
Dal Val di Palermo si ritrae tuttavia diminuzione del morbo nella più parte,
ma qualche altro Comune è stato recentemente attaccato.
Dal Val di Trapani non c'è novità, e secondo gli ultimi rapporti di quell'In-
tendente, il numero dei trapassati di colera nel Capovalle, dal 10 luglio, in cui
principiò il morbo , fino al 6 agosto, sommava a 1264. La mortalità maggiore
fu di 91 il di 28 luglio, e il 6 agosto si era già a 48, Cos'i in Alcamo dal 10
al 30 luglio ci erano dati 449 morti, dei quali il maggior numero fu di 33 il
di 25 e al 30 luglio si era venuto a sole 17. Di Favignana e Calatafirai non
8Ì sono avuti gli stati.
In Val di Girgenti poi Sambuca ò libera quasi dal morbo , che uccise 528
persone dal 27 giugno al 29 luglio , montando la mortalità maggiore a 72 il
dì 12 luglio. Sono infetti inoltre dal morbo S. Giovanni di Cammarata, Sciacca,
forse anco S. Margherita e Montevago; ma l'Intendente dubita della natura del
morbo in alcuno dei Comuni detti, e così non si sono avuti per anco gli stati
esatti. In Val di Caltanissetta non intendo che altri Comuni siano stati assaliti
dal morbo, né che i pochi riferiti a V. E. soflfran molta strage.
Son questi gli avvisi che dar posso dello slato delia salute pubblica di Si-
cilia, e prego V. E. di portarli alla Sovrana intelligenza.
Il Luogotenente Generale
Principe di Campofranco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XLVIII.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 17 agosto 1837.
Eccellenza,
In seguito al rapporto del 14, significo a V. E. come tuttavia il colera si
vada di qui dileguando.
E per passare a rassegna il resto dell' Isola, dico come in Val di Palermo
ci sian tuttavia molti Comuni infetti, quantunque declini sempre il morbo in
quelli che appresso della Capitale furon primi a sopportare la fatale pestilenza.
Del Val di Trapani ritraggo dagli ultimi rapporti una successiva diminuzione
del morbo nel Capoluogo e in Alcamo ; ma di Calatafimi nulla io so recente-
mente, nò di Favignana, e solo intendo che il piccol Comune di Citta sia stato
colto anche dal morbo.
Nel Comune di Caltanissetta credo si dileguino i sospetti nati alcuni giorni
sono per qualche caso, ma S. Cataldo, Vallelunga, Delia sono ammorbati senza
però molta strage, con una grande sproporzione anzi dei guariti sopra i morti.
4rch, Stor. Sic. N. S. Anno XV, 10
LXXIV APPENDICE
E somiglianti avvisi del Val di Girgenti mi pervengono, dove, ad eccezione di
Sambuca, percossa assai pienamente, ed or libera quasi, pochi altri Comuni han
pagato il fatai tributo; ma senza molta strage , con qualche dubbio anzi sulla
natura del morbo che 1' Intendente e la Commissione Provinciale negano di
chiarir colera. Le Valli di Messina e di Catania son franche dal morbo, a quanto
io so io fino ad oggi.
Di Siracusa non saprei dare alcuna novella, non essendomi pervenuti rap-
porti da molto tempo.
Son questi i soliti avvisi di Sanità che io prego V. E. di rassegnare a
Sua Maestà.
Il Luogotenente Generale
Principe di Campofkanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. XLIX.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 21 agosto 1837.
Eccellenza,
Dal 16 al 19 del presente i casi e i morti di colera in questa Capitale fu-
ron pochi, onde si vede che il morbo è ridotto a tale da non turbare più gli
animi degli abitanti; ma non è peranco del tutto spento. Di qui passando a di-
scorrere del Val di Palermo, debbo dare a V. E. gli avvisi stessi del mio rap-
porto del 17, cioè che molti Comuni ancora si trovino travagliati dal colera, o
aggiungo che i casi notati per la Capitale sono la più parte di persone vegnenti
da Comuni della Valle.
Il Comune di S, Ninfa ò stato attaccato in Val di Trapani , oltre a quelli
già riferiti a V. E.; ma in Alcamo od in Trapani continua la progressiva dimi-
nuzione della pestilenza. La quale nel Val di Caltanissetta si ò appresa anche
al Comune di Dalia; non continuando per altro con molta ferocia in S. Catal-
do, in Vallclunga o in qualche altro Comune.
Aragona, Alessandria ne sono stati recentemente assaliti in Val di Girgenti;
si ù chiarito colera l'infermità che molestava Canicatt'i; ma quel che più monta,
noi Molo di Girgenti, discosto quattro miglia dal Capoluogo, si ò l'orribile mo-
ria por molti cosi, e por non dubbi segni manifestata.
Lo Valli poi di Messina o di Catania, per quanto io so, sino a questo mo-
mento Boa libero sempre; del Val di Siracusa non ho avuto avvisi riguardanti
pubblica salute.
Questi ragguagli pertanto li potrà V. E. rassegnare a S. M.
// Luogotenente Generale
PuiMOH'K UI CaMPOVRANOO,
(AreUrJo ciUto). ^________
Àt»PElTDlCE tXJtV
DOCUMENTO N. L.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 24 agosto 1837.
Eccellenza,
Lo stato della saluto pubblica in Palenno è tuttavia racconsolante, non es-
sendo seguiti in questi ultimi tre giorni che un caso di colera con morte il dì
20: un'altra morte il 21, per la quale tra due medici si contese se la cagione
fosse stata veramente il morbo asiatico; un'altra infine il 22, di una donna, clie
il 20 era venuta dal Comune di Piana, fort3raente travagliata dal morbo.
Esso continua a infestare, come ho trascritto replicatamente a V. E., la più
parte del Val di Palermo. Tralascio io qui di noverare tutti i Comuni infetti,
perchè ne aspetto dall'^ Intendente un quadro fatto collo cifre dei casi e dei
morti, e mi propongo di rassegnarlo per mezzo della E. V. a S. M.
Spero finahnento presentare quanto prima gli stati dello altre tre Valli tra-
vagliate dal morbo; e intanto, continuando i rapporti miei procedenti, ne do qui
appresso un breve ragguaglio.
In Trapani declina il morbo sempre; tanto che il 20 del presente sol quattro
persone eran morte di colera. Cosi era in Alcamo ed in Calatafìmi, Santa Ninfa
e Paceco non avevan sofferto fino agli ultimi avvisi di quell'Intendente che pochi
accidenti di questa pestilenza. In Citta speravasi ancora vederla sulla declina-
zione, perocché i morti, saliti il dì 11 agosto sino al numero di 15, erano ridotti
a 3 il dì 20.
Del Val di Qirgenti non dissimili ragguagli mi manda l'Intendente, dimina*
zioue cioè in Sambuca, dove dal 7 al 13 non si eran contati che 2 casi: dimi-
nuzione già noi Comune di Sciacca. Ma nel Molo di Girgenti si vivea in molta
ansietà per lo sviluppo del morbo, quantunque non avesse fatto strage per anco;
e si età esso manifestato in Montcvago.
Q'ianto al Val di Caltanissetta, nulla più mi scrive l'Intendente dui sospetti
che nel Capoluogo si eran desti per qualche casj di malattia. Di S. Cataldo mi
avvisa non avvenire che intorno a 4 casi al dì ; e 102 in Vallelunga ; essere
più 0 meno infestate Sommatine, Villalba, Acquaviva, Serradifalco, delle quali
nei precedenti miei rapporti non ho fatto parola: concepissi già qualche sospetto
in Mussomeli.
E questi sono i ragguagli avuti infino ad oggi: non ritraendo alcun sinistro
dalle Valli di Messina e di Catania , nò sapendo se in Siracusa il colera sia
progredito o fermatosi.
Io prego V. E. di portarj tutto ciò all'alta intelligenza della M. S.
// Luogotenente Generale
Pkincipk di Campofkanco.
(Archivio citato).
LXXVI APPENDICE
DOCUMENTO N. LI.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 26 agosto 1837.
Eccellenza,
Trasmetto a V. E. col R. Brigantino il Calabrese un duplicato del mio rap-
porto sanitario del dì 24, al qualo aggiungo lo spiacevole avviso dello sviluppo
del cholera in Catania.
Io noi so pei rapporti officiali di quelle autorità, che poco o nulla scrivonmi
al presente: ma par due rapporti dell'Intendente di Messina, che annunciavano
una circolare data in Catania il 19 , con la quale la Commissione Provinciale
di salute dichiarava che una malattia ivi apparsa fin da sei giorni dava forti
sospetti del colera epidemico. E il Comandante del Francesco I, venuto ieri da
Catania confermò quella spiacevole nuova, e mi disse che giii morivano in Ca-
tania 15 persone per ogni giorno, come V. E, a quest'ora ha potuto sapere dal
Comandante stesso.
Questi ragguagli sarà compiacente l'È. V. di rappresentare a S. M.
Il Luogotenente Generale
Pkincipe di Campofranco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. LII.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di btato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 31 agosto 1837.
Eccellcma,
Di seguito al rapporto che spaccili col R. Brigantino il Calabrese a d'i 26
di questo mese, rendo avvoitito V. E. dei casi e dei morti di colera in questa
Capitalo sino all'altro ieri, noi quale, o nel giorno antecedente, nò casi, nò morti
di questa malattia la funestava. Essa continua a travagliar i Comuni della
Valle di Palermo, Trapani, Girgenti e Caltanissetta, annunziati già nei miei rap-
porti , 0 spero io pel R. Pacchetto il Leone mandare la- più parte degli stati
della mortalità in quei Comuni.
Qai aggiungo essersi già manifestato il colera nella città di Caltanissetta con
cinque o.asi sospetti. T/avviso dolio sviluppo del colora in C.itiinia ò conformato
da rapporti di officio; ma non lio avuto lo ^,tcs30 tristo annunzio d'altri Comuni
di quella Vallo. Non oo ho avuto di quella di Messina, cho ò sana tuttavia. Nò
APPENDICE tXXVlI
del Val di Noto mi è giunto alcuno avviso, non sapendo neanche se Siracusa
sia sgombra da questa pestilenza.
Prego V. E. che sia contenta portare ciò alla sovrana intelligenza.
Il Luogotenente Generale
Principe di Campofkanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. LUI.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 4 settembre 1837.
Eccellenza,
Proseguendo a rapportare a V. E. tutte le notizie raccolte intomo alle stragi
recate da questa atroce pestilenza, comincio dal notare le coso qui appresso in-
dicate.
Quanto al novero delle vittime di Palermo , i miei rapporti scritti mentre
fervea orribilmente la tempesta, portavan solo il ritratto degli Stati della Mu«
nicipalità; i quali, e alcuna volta il notai, erano inesatti e monchi. Perocché in
quel grandinare spessissimo di morti gli Uffici dello Sezioni Comunali non avean
tempo a rlcercaru il numero; i parenti dei trapassati non pensavano a denun-
ziar i morti, i cadaveri frettolosamente si buttavano così nelle carrette, facen-
doli spesso raccorrò la polizia, e mandavansi in feretri al camposanto e lì ri-
cettavansi senza badare a bolletta della Sezione; spesso nelle Sezioni mancavan
lo braccia che compisser tutte lo carte dello Stato Civile, perchè degli ufficiali,
chi s' ammalava , chi moria, chi dai capi dei parenti era impedito. Il numero
dunque non potendosi ritrarre con esattezza che dal camposanto, io ho doman-
dato per mezzo dell' Intendente la lista alla Deputazione della Compagnia di
S. Orsola, e secondo quella ho fatto compilare l'incluso Stato. Esso corre sino
al 31 agosto , ma dacché cessava il furore del morbo , cessando ancora lo in-
conveniente del trascurarsi i notamenti esatti nelle Sezioni , leggerà V. E. gli
stessi Numeri , che nei miei rapporti ho annunziato. Sol debbo notare pria di
lasciar questo punto, che nei giorni della maggiore strago molti cadaveri dai
Comuni vicini recavansi al Cimitero di Palermo, e che dal giorno 20 luglio in
poi si dovette bruciare i cadaveii per esser colme le fosse del Camposanto e
non compito per anco il nuovo cimitero alla Vergine Maria, che questo Governo
approvò nel cominciar di luglio, vedendone già l'estremo bisogno.
A questo lavoro importantissimo nella nostra calamità, si atteso dunque nei
mesi di luglio e di agosto, e un giusto numero di tombe si scavò. Or dal co-
tXXVni APPENDICE
minciar di settembre si è cessato il bruciamento che una dura necessità co-
mandava, e si è principiato a riporre i trapassati in quei nuovi sepolcri.
Ma per non tornare a quell'altro doloroso ufficio di descrivere la strage del
morbo nel rimenente della Valle di Palermo, trasmetto io qui incluso un quadro '
compilato su quelli che a gran fatica si sono avuti dallo Intendente di Palermo.
Indi scorgerà V. E. mancar per molti Comuni in tutto o in parte i raggua-
gli, sì pei disordini passati, sì perchè le municipalità o nou han risposto all'In-
tendente , 0 non gli han dato riscontri soddisfacenti. Ho sollecitato dunque lo
Intendente a compiere i ragguagli a tutto agosti, e appena avutili , non man-
cherò di rappresentarli a V. E.
Ma intanto parmi che per questa Valle due certe e tristi riflessioni si pre-
sentino: che tutti i Comuni, tolti quei del distretto di Cefalìi, ma non il Capo-
luogo, ed eccettuati pochissimi negli altri distretti, sono stati v sono infetti dal
cholera : e che per le ragioni testò dette il numero totale dei morti passa di
gran lunga la cifra che nello incluso quadro si vede.
Trasmetto anche a V. E. quei delle Valli di Trapani, Girgeuti e Caltanis-
sctta, compilati sui rapporti di quelli Intendenti. E se qualche interruzione vi
è, se qualche notizia manca, sappia V. E. ch'io ne scrivo oggi stesso agli In-
tendenti , domandando il compimento e la continuazione delle notizie , perchè
possa subito ragguagliarne V. E.
Da questi stati e da rapporti dell'Intendente sembra pur vero che la Vallo
di Trapani sia in condizione men trista delle altre tre nominate di sopra , pe-
rocché i Comuni già travagliati or sono sgombri quasi dal morbo , e quei no-
vellamente assaliti noa sono stati con molta ferocia, nò primeggiano per popo-
lazione e importanza.
Ma nella Valle di Caltanissctta spiacemi forte a vedere infetto già il Capo-
luogo con altri Comuni non pochi. E la Vtille di Girgenti anche mi afflige ri-
guardando allo passate stragi di Sambuca, e C.immarata al numero dei Comuni
oovcllamcntc infetti, e al numero dei morti segnati entro pochi giorni in Ara-
gona od Alessandria. — V. E. troverà qualclio inesattezza nello cifre di questa
Valle, perchè l'Intendonte e la Commissione provinciale prima di venire pe' vari
Comuni alla gravo dichiarazione del morbo, domandaron molti particolari schia-
rimenti, ondo spesso avvenne che per parecchi giorni i morti di colera si con-
fondessero con quei d'altro malattie.
Quanto a Catania io non ho avuto, ma ho diniandato bone pel oorricro del
Lotto che partì sabato, i soliti ragguagli.
Quoiriutondotito mi ha solo avvertito del gravo sospetto del cholera epido'
mlco, 0 mi ha mandato poi una circolare fatta per tutta I0 Valle, dichinrnn<lo
appunto <|UCMtn soipclLo psr la rolnziono di vari professori a ciò ragunati.
Quanto a Siracusa 0 a tutta la Vallo minoro di Noto, i disordini passati tol-
sero cho mi porvcnisscro gli avvisi dello stato del cholera gih sviluppato ccr-
APPENDICE LXXIX
tamente in vaii luoghi; e questi ora aspetto, perchè li ho domandati testé come
per Catania.
E finahiiente pel Val di Messina mi gode 1' animo a poter diro cho nessun
funesto avviso mi è pervenuto fin qui.
Tante stragi ha fatto la pestilenza in questa Isola ; così continua a trava-
gliarla, lasciando alfine le città già scemate per numerosi morti, e ad altro av-
ventandosi.
Gii impedimenti ai Commcr ci ed alle comunicazioni si son iti dileguando per
virtù degli ordini sovrani da questo R. Governo ripetati incessantemente, e per
naturale conseguenza della diffusione del morho. I disordini che quel cagionava
sono posati; e resta or solo a implorar dall'Onnipotente che ritiri dal travagliato
paese quel tremendo flagel della pestilenza, e dopo tanti mali benignamente ne
risguardi.
Sarà contenta V. E. di rassegnare all'alta intelligenza di S. M. i ragguagli,
che con questo rapporto ho presentato.
Il Luogotenente Generale
Phincipk di Campofbanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. LIV.
Lettera dd Ministro Segretario di Stato per gli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 6 settembre 1837.
Eccellenza,
Gli ultimi rapporti di V. E. sullo stato sanitario sono ben consolanti per la
Capitale, e mostrano che il mal*) sia abbastanza decrescente nei Comuni delle
Valli di Palermo, Trapani Girgenti e Caltanissotta.
Ho voluto in tale occasione riscontrare tutti gli antecedenti rapporti sulla
materia, ed ho veduto che, secondo essi, i casi avvenuti nella Capitalo dal 7
giugno fino a questi ultimi giorni non arriverebbero che a poco più di 13,000
0 lo morti a 10,430: mentre solamente queste ultime son portate dalla voce pub-
blica al di là di 26,000, e quel che è più il Giornale officiale La Cerere annun-
ziava nel giorno 26 luglio la mortalità ascendente quasi a 23,000 individui, donde
son nate le tante dicerie ed esagerazioni de' giornali esteri.
Dovendo io renderne conto a S. M. , mi troverei imbarazzatissimo in cosi
forte contraddizione tra i rapporti officiali di V. E. ed il detto Giornale ancora
officiale, il quale accredita la voce pubblica, ed appresta i dati ai giornali esteri.
Egli è perciò ch'io prego V. E. che preso il più stretto conto dell'effettivo
pumefo di casi e dei iflorti dal primo momento della comparsa del male finoggi,
LXXZ APPENDICE
si compiaccia farmelo conoscere, affinchè sulla verità del medesimo si possa fer-
mamente riposare ed io con tutta sicurezza possa rassegnare S. M. per 1' alta
sua intelligenza.
n Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia
Antonino Fiìanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. LV.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 8 settembre 1837.
Eccellenza,
Pel R. Pacchetto Leone partito di qui la notte del 4, mandava a V. E., con
rapporto di quel giorno N. 5887, i ragguagli delle stragi del colera in questa
isola ; e le significava i casi pochissimi avven uti in questa Capitale in alcuno
dei giorni antecedenti. Continuando, ho l'onore di aggiungere che per gli altri
Comuni di questa Valle e del resto dell'Isola infetti anche dal morbo continua
qaello a un dipresso nello stato che annunziai nel citato ultimo rapporto , av-
venendo or pochissimi casi, or nessuno nei luoghi che furon prima attaccati, e
infierendo tuttavia negli altri.
Avuti i quadri esatti nel modo che accennai in quel rapporto, io mi affret-
terò a presentarli per dare a S. M. un ragguaglio più soddisfacente.
E intanto prego V. E. che le rassegni gli avvisi del presento rapporto.
Il Luogotenente Generale
Pki.scipe di Campofkanco.
(Ardiivio citato).
DOCUMENTO N. LVI.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
pir gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 11 settembre 1837.
Eccellenza,
Il di 8 del presento, nel quulo indirizzai a V. E. l'ultimo rapporto sanitario
telato di N. 6000, furoq rivelati duo altri casi i(i polort^ succeduti in ^ucsti^
APPENDICE LXXXI
Capitale il dì 7, pel quale avea io trascritto in margine del Rapporto le solito
cifi'e. Per ciò correggendole e aggiungendovi quello del di 8 e del 9, ho com-
piuto il mio ragguaglio quanto alla Capitale,
Pel Val di Palermo nessun altro rapporto mi ha informato precisamente
dello stato dei Comuni infetti, onde per lo scopo aggiungere agli avvisi prece,
denti che in generale il morbo continua a travagliare la Valle, menomando per
vero sui Comuni che da prima assalì, ma non essendo per anco in molti altri
sgombrato. Del Val di Trapani intendo che Salemi e Castellammare siano stati
vocentemL^nte investiti dal colera; ma che nel Capoluogo esso era quasi al tutto
spento; e così sugli altri Comuni che furon primi a soffrirlo continua il morbo
a infestare i Comuni del Val di Caltanissetta, nominati già nei rapporti prece-
denti, ai quali è da aggiungere il Comune di Santa Caterina. L'Intendente mi
ha testé mandato il quadro dei casi e dei morti nel Capoluogo, che dagli 11
agosto a 5 settembre furono 76 i primi e 27 i morti. E quanto a Girgenti,
Burgic, Cattolica , Casteltermini sono stati assahti dal morbo , oltre i Comuni
già noverali. Ma esso si è ormai manifestamente dichiarato nel Capoluogo.
L' Intendente, che dapprima avea dissimulato o procacciato di prevenire il
più che potesse lo spavento della pestilenza, ne venne a dì 3 a quella dichia-
razione, sì perchè molti Comuni della Valle erano già infetti, e gli parea meglio
schiudere le comunicazioni con quelli, e sì perchè il carattere della malattia a-
pertamento si pronunciava.
Opportune misuro dettò immantinente la Commissione provinciale di sanità
per le comunicazioni coi luoghi infetti, e per via delle stabilite contumacie coi
luoghi sani.
Provvede insieme ad aprire gli ospedali e fornirli di tutto, e al sepellimento
dei cadaveri. E l'Intendente mi assicura infine che l'effetto delle disposizioni e
degli andamenti suoi antecedenti è stato c'ae in Girgenti, temendosi poco questo
morbo, gli affari pubblici e privati non si erano intermessi, i medici assisteano
gli infermi con animo e diligenza, così faceano i ministri della religione; si era
raccolta una giusta somma di denaro pei soscrizioni volontarie affin di soccor-
rere i bisognosi , e si era incominciata da una apposita Commissione a dispen-
sare; si continuavano infine i commerci cogli altri Comuni.
Da Catania infine un rapporto punto piacevole mi è stato scritto dall'Inten-
dente. È dato il 4, e porta che fin da vari giorni morivan in quella città tra
300 e 400 persone al dì, essendo pressoché il doppio il numero dei casi.
L'Intendente, per disposizione di S. E. l'alto Commissario Ministro Del Car-
retto, avea rimosso di Ufficio vari impiegati dell' Intendenza allontanatisi in
quel frangente , aggiungendo che sarebbero come fautori di pubblici disordini
assoggettati agli altri castighi che la lodata E. S in un apposito regolamento
avea minacciato.
Alcuni funzionari, ancora aggiungea l'Intendente, si erano allontanati, ed e-
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 11
LXXXII APPENDICE
rano stati ricondotti colla forza in Catania. Supplica l'Intendente rimediare alla
maglio alla mancanza d-ille braccia nell'Ufficio suo, e nella municipalità, dove
diversi funzionari e impiegati per malattia e per morte mancavano. E scrivea in-
fine attender lui sempre indefessamente agli affari e f?arel)be per continuare
collo stosso zelo, e mi pregava di rassegnarsi questo a S. M.. E tanto io fo in
questa lettera ; mentre a lui ed agli altri Intendenti ho risposto conveniente-
mente, esortandoli a badar sempre all'alto ufficio loro, con tanto coraggio, zelo
e premura, quanto più grave si rendesse il bisogno; e a loro, nonché all'Inten-
dente di questa Valle, ho raccomandato di una in una le parti del servizio pub-
blico, alle quali con maggior cura convien che si attenda in questo frangente.
Dal Val di Noto non mi son pervenuti i domandati ragguagli, talché nulla ag-
giunger posso sullo stato del morbo. Ne è esente, a quanto io so sinora, il Val
di Messina. E son questi i ragguagli che in adempimento dei miei doveri io do
a V. E. perchè sia contenta rassegnarli alla sovrana intelligenza.
Il Luogotenente Generale
Principe di Campofranco.
(Archìvio citato).
DOCUMENTO N. LVII.
Lettera del Luogotenente al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 18 settembre 1837.
Eccellenza,
Dallo solite cifre vedrà V. E. i rari casi di Colera seguiti in questi ultimi
giorni in Palermo, e quasi tutti, io aggiungo, su persone venute di provincia.
Quanto al numero preciso dei trapassati in questa Capitalo per la sofferta or-
rìbile pestilenza, io rispondo alla pregevolissima ministeriale di avere già an-
nunziato nel mio rapporto del 4 quello dei cadaveri ricettati al Camposanto
8Ìno al 20 luglio , e bruciati dipoi ;>lla punta di Rotoli, e in quel rapporto
medesimo io notai lo cagioni delle inesattezze degli stati della Municipalità ,
dai quali si erano sempre ritratto lo cifre dei casi o dei morti scritte nei miei
rapporti periodici.
NuH'altro dunque mi resta da aggiungere, so non che il novero dato dal
cimitero sumbra più appropriato al voio, non potendoci esser altro errore che
dui cadaveri recativi da qualche Comune vicino di quei trapassati di malattie
ordinario (rariasimo d'altronde sotto il prodominio del colera) o alcuna altra
piccola differenza da non calcolarsi nel numero grandissimo di vite che la
DMtilcnza per isventura nostra miotv. Ciò non ostanto iq ho commesi^o a1
AtrESDICE LXxXm
Pretore di trovar modo a verificare più accurataraonte il fatale novero, e rag-
guagliare poi V. E. dei risultamenti.
Ma passando agli altri Comuni , dico, come fatto il solito corso, il morbo
lascia già diversi comuni dol Val di Palermo ; come in Val di Caltauissetta
dava tuttavia molestia, senza menar però molta strage, tanto che nel Capoluogo
dal dì 11 agosto, epoca del principio del morbo, infine al 13 settembre, i c^si
erano stati in tutto 194 o i morti 92, essendo stata la maggiore mortalità
di 11 il 1" settembre. Dalla Città di Trapani sembra poi allontanato al tutto
0 da altri Comuni della Valle, facendo anche poca strage nel resto. Dalla
Città di Girgenti , secondo gli ultimi avvisi, ritraggo similmente non avcro
spiegato il morbo molta ferocia, e nei comuni della Valle continua dove più ,
dove meno, non potendo io dar notizie precise, perchè aspetto gli stati già do-
mandati allo Intendente. Dal Val di Noto ritraggo dal funzionante d'Inten-
dente essere infetti Comiso , Vittoria, Modica, Chiaramente, Spaccaforno, Pa-
chino e Noto stessa ne fu infine di agosto assalita, quantunque fino al 5 set-
tembre il morbo non avesse fatto grandi progressi.
Di Catania infine intendo esser morti di cbolera dal 26 agosto fino al 10
settembre 4309 persone; e declinar già il morbo che il 30 agosto avca tolto
n. 417 individui, e il 10 settembre, dietro una progressiva diminuiziune, si
era giunto a soli 141. Questi sono i ragguagli che posso dare a V. E. infino
ad ora, pregandola di rassegnarli a S. M. Spero io quanto prima più precisa-
mente indicare le perdite sofferte , mandando gli stati in continuazione a
quelli che presentai per tutto le Valli infette, col citato r.ipporto mio del 4
settembre.
// Luogotenente Generale
Principe di Campofranco
(Archivio ciUtu),
DOCUMENTO N. LVIII
Lettera del Ministro Segretario di Stato per <jli affari di Sicilia in Napoli
al Luogotenente Generale in Palermo.
Napoli, 23 settembre 1837.
Eccellenza,
Passati a rassegna tutti i rapporti di V. E. dal 7 giugno al 26 agosto,
contenenti la descrizione del giornaliero numero dei morti di cholera in co-
testa Capitale, io non aveva potuto raccoglierne più di 10,430, mentre la voce
pubblica li port.iva al di là di 2G,000 , ed il giornale officialo la Cerere nel
giorno 25 luylio li annunziava sino a 23,000 circa, donde cirn nate lo tante
dicerie ed esagerazioni dei giornali esteri.
LXXXIV APPENDICE
Dovendo renderne conto a S. M., mi trovava imbarazzato in così forte con-
traddizione. Mi determinili perciò a pregare V. E. con ufficio del 6 dello an-
dante, che, preso il più stretto conto dell'effettivo numero dei morti, si fosse
compiaciuta di farmelo conoscere, affinchè, nella verità del medesimo perma-
nente riposandosi, si fosso da me potuto con tutta sicurezza rassegnarlo a Sua
Mae&tà.
Un rapporto ho ricevuto ora di V. E. il quale, sebbene non sia di risposta
al succennato mi© officio, conio non poteva infatti esserlo, riguardante la sua
data del 4, pure può starne in luogo.
Rimettendo con esso V. E. gli stati dei morti di cbolera delle Valli di Pa-
lermo, Trapani, Girgenti e Caltanissetta, con la prevenzione di essere inesatti,
incompleti e meritevoli di rettificazione, si è principalmente occupata in render
conto della verifica che ha bisogno, dicea, fare del numero dei morti della
Capitale.
Ha quindi manifestato che siccome gli stati della municipalitii, donde avea
Ella tratto il numero successivamente annunziato nei suoi rapporti, eransi
bene spesso trovati inesatti e monchi , perchè nel più folte della strage le
Sezioni comunali non avoano tempo a ricercare il numero dei trapassati, i pa-
renti di costoro non pensavano a denuaziarli, e i cadaveri buttandosi alla rin-
fusa sullo carrette, ricevcvansi al camposanto senza andare alle bollette della
Sezione, cosi avca l'È. V. creduto che se ne potesse le verità con esattezza
ricavare dal Campo-santo; ed avendo per mezzo dell'Intendente domandato la
lista alla Deputazione della Compagnia di S. Orsola, ne avca sopra la stessa
fatto compilare uno stato, donde risulta che il numero dei morti dal 7 giugno
al 31 di agosto era stato di 23,574. Questo stato ha l'È. V. accompagnato con
l'enuncialo suo rapporto del 4, non lasciando però tra le altre coso di avver-
tire che nei giorni della maggiore strage molti cadaveri dei Comuni vicini rc-
cavansi al cimitero di Palermo.
Avendo. io tutto ciò rassegnato a S. M. nella conferenza avuta il 17 cor-
rente, ha la M. S. considerato che la Deputazione di S. Orsola non potè in
quelle circostanze essere al certo più diligente della Municipalità, nò davast
sicuramento la pena di fare di partita in partila la numerazione dei cadaveii,
che stivati nello carrette si portavano al camposanto, avendosi di ciò una pruova
in quello stosso che ha dotto V. E., cioè cho ricettavaiisi i cadaveri al Cam-
posanto senza badare alle bollette della Sezione. AI cho si aggiunge, come ha Ella
parimenti avvertito, che pervenivano anche dei cadaveri dai Comuni vicini.
Quindi non ha potuto la M. 8. cho riguardare come egualiiionto inosatto il
nomerò dedotto dalla lista della sudctta Deputazione; od ha detto cho bisogna
attenderò ad avere migliori ragguagli , se pure sarà posnibilo, dai libri dello
•tato civil<].
Non ba saputo poi S. M. voder la ragiono per cui cotesto R. Governo così
Al>PENt>lCE LXXXV
in quest'ultimo, come in altri suoi precedenti rapporti, usando un linguaggio
diverso da quello di tutta l'Europa, chiami il Colera col nomo di pestilenza.
So non è questo un fatto degli Uffiziali redattori dei rapporti, nato dalla manìa
di singolarizzarsi nella scelta dei vocaboli, e che merita di essere ripreso e
corretto, S. M. vuole che sia richiamata V. E. a riflettere che l'essersi troppo
accreditata in Sicilia, sia dai medici per le loro particolari vedute, sia da altre
persone poco avvedute o malintenzionato, l'opinione, che rimane ancor dubbia
presso tutte le Nazioni, di essere il cholera un morbo esclusivamente conta-
gioso, atterrito avendo gli animi, è stata la causa principale del maggior nu-
mero di vittime, e di quei tanti disordini, eccessi , ostilità tra Comuni e Co-
muni, inutili dispendi o dilapidazioni, e danni al commercio con l'estero; e che
mentro , la Dio mercè , il morbo e già spento in alcuni luoghi ed in taluni
altri va già declinando, l'uso di quel vocabolo, improprio altronde da per se stesso,
non servirebbe che a mantenere tuttavia gli animi in diffidenza penosa di re-
ciproco commercio in quei Comuni ove il cholera è già terminato o prossimo
a finire, ad accrescere lo spavento in quegli altri ove non è penetrato, e giova
sperare che non penetri , ed a far accrescere all'estero i trattamenti rigorosi
alle procedenze dai regali domini. Non approvando perciò S. M. quella espres-
sione vuole che se ne desista.
Ho creduto più conveniente di comunicare in via confidenziale a V. E. i
Sopradetti sentimenti di S. M. per l'uso che ne risulta; o e )lgo intanto questa
occasione per rinnovarle le assicurazioni della piìi alta stima e pari conside-
razione con cui ho l'onore di essere di V. E.
Il Ministro Segretario di Sta'o
per gli affari di Sicilia
Antohino Franco.
(Arcliivio citato).
DOCUMENTO N. LIX.
Lettera del Luogotenente generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 25 settembre 1837.
Eccellenza,
I casi e i morti di colera in questa capitale dal 17 al 23 del presente sono
stati scarsissimi. Nel Val di Palermo va diradandosi sempre piìi, quantunque
abbia assalito qualche picciol comune, risparmiato dapprima. Così è del Val di
Trapani, dove il Capoluogo si può dir già scevro^del tutto. Nel Val di Girgenti
son molti i Comuni infetti, ma non grave la mortalità, e picciolissima nel Ca-
LXXXVl APPENDICE
poluogo. Cos'i ancora del Val di Caltanissctta, ma con numero minore di Co-
muni ammorbati. Nel Val di Noto co n' ha nove o dicci , ma i ragguagli dei
morti non li ho avuto paranco. Nella città di Catania i trapassati di Cholera
erano stati il di 15 57, e il 16 59.
Così rallegravasi l'Intendente nell'oltimo suo rapporto del rapido scema -
mento; nò di altri Comuni infetti mi facea parola.
Altri quadri in continuazione di quei già rappresentati con rapporto del 4,
mostreranno il numero dei morti nei diversi comuni, particolarcggiando quanto
ho qui detto in generale per non tardare gli avvisi, ne mandar lo stato per
alcuni Comuni e per altri no. Prego intanto V. E. che questi avvisi voglia
rassegnare a S. M.
Il Ltiojolenenle Generale
Principe di Campofranco
(ÀTobivio citato).
DOCUMENTO N. LX.
Lcltcra del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 2 ottobre 1837.
Eccellenza,
Un piccolo aumento di casi di cholera seguiva in questa Capitale dal 21 set-
tembre, come V. E. ha potuto notare dalle cifro trascritt3 al margine del mio
rapporto del 25 settembre N. 6411; e potrà vedere da quelle del presente rap-
porto, quantunque sembri già cessata quella alterazione allo stato in cui è du-
rata la città fin dal tempo che il cholera morbo lasciava la ferocia sua.
Manderei a V. E. i promessi quadri riguardanti le altre Valli, se tutti mi
fossero pervenuti , e tutti fossero compilati con esattezza. Ma per la Valle di
Palermo , quantunque il quadro generale mi sia stato presentato , ed abbia io
ricevuto le notizie che per alcuni Comuni mancavano in quello, e fui necessitato
a ricercare; io ritraggo che l'Intendente non ha avuto ancora lo cifro di cinque
o Bei altri Comuni, che furono travagliati dal morbo. Aspettando quello dunque
da un momento all'altro, o sperando di cos"i presentar quanto prima il quadro
compiuto, io ho il piacerò por ora di annunziarli^ la cessazione del cholera nella
piti parte dei Comuni della Vallo.
K veramente dagli accennati quadri si scorgo potorsi tener corno sgombri
oramai i Comuni di Maglieria, Il.tlustrato, Uolnionte, Borgeito, Capaci, Carini,
Ciniti, Fìcarazzi, Giardinolli, S. Giusoppo, Misilmcri, O^liastro, Scianto, Terra-
sini, Torretta, Termini, Ustica, Alia, Altavilla, Il.iucina , Cirniiina, Mczzoiuso,
Montemaggiorc, Uoccapalumba, Sciara, Vallcdolniu, Curleono, Canipoiiurito, San
APPENDICE LXXXYII
Carlo, Giuliana, Prizzi, Cefalo. Sono stati iramuui dal cholera S. Cristina, AH-
minuta, Caccamo, Caltaviitaro, Villaura, Alimena , Bonipietro , Gangi , Ceraci,
CoUesaao, Gratteri , Isnello, Lascari, S. Mauro, Petralia Soprana, Polizzi, Pol-
lina, Scillato, Sclafani, Castelbuono.
E quanto agli altri della Valle, di pochissimi non si sonj avuti recenti no-
tizie; negli altri continuano dove più, dove mono rari i casi di cholera, ma in
nessuno ò gagliardo il male o spavontovolo.
Gli stessi ragguagli a un di presso posso io dare del Val di Trapani, dove
il Capoluogo ò stato per parecchi giorni libero da casi novelli, e cosi Alcamo,
Monte S. Giuliano, Calatafinii, S. Ninfa, continuando il cholera in Salenii, e de-
bolmente in Paceco, e non restandone in Partanna il sospetto , perchè cinque
casi eran avvenuti, che si crcdctter di cholera; ma per due settimane da nessun
altro eran stati seguiti.
In Girgenti ini 21 settembre non eran accaduti altri accidenti di cholera.
Pel resto della Valle, mi ha mandato l' Intendente due stati , che corron dal
primo al 14 settembre, e non contengono per altro tutti i Comuni infetti, man-
cando al tutto le notizie dal cominciamenlo del morbo in ciascuno di essi infìno
a tutto agosto
Ho domandato dunque i supplimcnti a queste mancanze e avutili, presen-
terò il quadro generale.
Intanto dir posso a V. E. che allo infuori di Palma e di pochi altri Comuni,
gli altri della Valle di Girgenti non sono stati travagliati dal cholera assai fie-
ramente. Trentanovo Comuni in tutto sono stati infetti di questo morbo nel Val
di Girgenti.
Ma di quel di Caltanissetta, non essendomi pervenuti i particolareggiati rag-
guagli , nulla dir posso a V. E. se non che il morbo non ha spiegato in quei
Comuni quella mortifera influenza che in tanti altri della Sicilia si ò pianto.
Io non ho omesso di solleciUtro l'Intendente a mandarmi il quadro generale.
In Catauia il cholera declina sempre più, e dagli ultimi rapporti dello Inten-
dente scorgo che dal 21 al 24 settembre i morti eran siati o9, 32, 34, 17, indi ci
si rallegrava della continuata diminuzione del morbo, e lo stesso notava alcun
professore di medicina in quella Città, scorgendo già nei sintomi e negli effetti
del cholera i sogni che dovunque ha dato , toccando esso al suo fine. Quanto
ad altri Comuni delia stessa Valle cho fossero assaliti dal cholera. non ho ri-
cevuto rapporti dell'Intendente, ma qualcho avviso mi è pervenuto d'altro vie.
No ho domandato adunque conto all'Intendente, e avutolo, sarò sollecito a darne
ragguaglio a S. M. "
Pel Val di Noto infino nessun altro dei ricliiosti ragguagli mi ha presentato
l'Intendente. Del Val di Messina non s'intende alcun sinistro caso.
Con tutto ciò prego V. E. che sia contenta rassegnare a S. M., notando cho
}o non ho mandato per anco i quadri anzidetti, perchè gli Intendenti o non li
LXXXVin APPENDICE
han presentato affatto, o non li lian mandato compiuti; nò per me altro si è po-
tuto fare che incessantemente sollecitarli, o commetter loro la correzione dello
mancanze che nei presentati si scorgcano.
Il Luof/olenente Generale
Principe di Campofbanco.
(Arcliivio citato).
DOCUMENTO N. LXI.
Lettera del Lìiogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli. ■
Palermo, 5 ottobre 1837.
Eccellenza,
Rispondendo alla pregevolissima sua confidenziale del 23 settembre, in prima
cosa io rendo grazie a V. E. della cortesia dell' avere usato questo modo per
significarmi i sentimenti e i voleri di S. M. su quei due punti del numero dei
trapassati di cholera in Palermo e della voce pestilenza uìato in alcuni miei
rapporti.
E saviissinia è sulla prima parte 1' osservazione che qualche poco di cada-
veii dei Comuni più vicini alla capitale andò compresa in quel numero dei sep-
pelliti nel Camposanto ; e che quivi non si potè tener conto da quale sezione
della citta fosser mandati i morti. Ma io debbo rappresentare a V. E che il
numero delle persona seppellite ogni dì potea tenersi nel Campo Santo, e si tenne
perocché le sezioni della Municipalità erravano invero, perchè pochi curavano
in quella calamità di riveder la morte dei congiunti; erravano perchè fu forza
nel grandissimo numero che la polizia facesse raccogHcrc i cadaveri in molti
luoghi. Ma tutti pure si recavano al Camposanto; si posavan sul suolo, recan-
dosi poi nelle foss?, e riponendosi in quelle si contavano; cosi notavasi esatta-
mente in ogni dì il numero dei sepolti nel registro che tiene il cappellano del
Camposanto. E alla esattezza del soppolliincnto , non che all' osservanza dolio
prescritto cautele di sanità, invigilavano alcuni frati Cappuccini che scambian-
dosi ira loro a richiesta mia , attendevano a quel dolente e pericoloso Ufficio
con molta esattezza e pietà ; ne invigilavano ancora agenti di polizia mandati
apposta dal Direttore Generale. Io ponsò adunque elio all'infuori di trovarvisi
compresi dei cadaveri di qualche Comune vicino, nessun altro errore potea cor-
rerò in queste cifro del Camposanto, notato comò numeravansi i cadaveri nel
ttoppellirli. A miglioro schiarimento io mando a V. E. l'originale statino com-
pilato nel detto registro dal Cappellano stesso del Camposanto infine al 20 lu-
glio, in cui finì, perchè cran colmo lo fosse, il seppellimento in quel luogo. E
T'aggiungo un altro stato fatto compilare da mo, che riguarda il periodo dal 21
Al^PENDltìe LXXXll
luglio in poi, nel qual tempo declinando già grandemente la malattia , comin-
ciarono a divenire esatte le cifre della Municipalità, tanto che poi si sono e-
sclusivamente seguiti gli stati che ebbe la Polizia per tutte le indicazioni di
mortalità. Ma alla compiuta rettificazione del numero , ho io già provveduto,
come promisi col rapporto del 18 settembre.
Una Commissione composta del Senatore, dei Parrochi (ciascuno per l'ambito
della sua Parrocchia) e del Commissario di Polizia è stata -deputata in ogni
Sezione della Città a compilar le liste dei morti nei giorni in cui per le ridette
cagioni fu intermessa la regolare formazione degli atti dello Stato Civile. Que-
ste Commissioni non solo chiameranno al rivelo le famiglie, ma ancora verifi-
cheranno il numero dei trapassati in ogni casa.
E per tal modo io spero che se una esattezza matematica non si otterrà,
avrassi almeno una approssimazione sufficiente a misurar le perdite in quel
modo che basta alla statistica medica e civile, e alle vedute del Governo.
Sulla seconda parto io posso assicurare V. E, che nò bizzarria di chi sten-
dea, né false opinioni di chi ordinava lo scritto fecero usare talvolta nei miei
rapporti la parola pestilenza, alludendo al Cholera.
A schivare una frequente replica si scrisse anche indistintamente malattia,
morte, moria e pestilenza; e con quest'ultimo vocabolo s'intese significare una
infermità cho al tempo stesso colga e uccida molte persone, ma non già di fi-
nire il modo della comunicazione di quella. Nò per quanto io mi ricordi o a
ragion veduta siasi potuta scrivere , la parola Contagio è stata adoperata mai
in questo Ministero dopo che il Cholera divampava per la Città. Perocché non
ignorava io esser dubbia la natura di questo fatale morbo, e sapea le spiace-
volissime conseguenze della opinione del Contagio che si sono sperimentate in
Sicilia non solo, ma anche in cotesta parte dei Reali Dorainj, come si scorge
dal R. Recritto del 20, comunicatomi il giorno 23 settembre. Su questo parti-
colare io ho operato sempre nel giusto senso accennatomi dalla supr>?ma sa-
viezza del Re, né ho alcuna cosa da rimproverarmi. Posso anzi assicurare V. E.
che questa opinione del contagio si vada sempre più qui dileguando.
Del resto, (ornando alla parola pestilenza, non è mestieri aggiungere che il
volere di S. M. è legge, e che quella sarà con ogni studio evitata.
Tanto debbo significare a V. E. in risposta alla lettera sua. E questa oc-
casione anche colgo per manifestare a V. E. i sensi dell'alta mia stima e con-
siderazione perfetta.
// Luogotenente Generale
Pbincipb di Campofbanco.
(Archivio citato).
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 12
XC APPENDICE
DOCUMENTO N. LXII.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
jìcr gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 9 ottobre 1837.
Eccellenza,
Questo crudele morbo che ci ha straziato, par già che tocchi il suo fine. lu
Palermo i casi e i morti dal 1" al ... . del presente non sono stati che po-
cbissimi.
Nella Valle pochi son, coni' io scrissi a V. E., i Comuni tuttavia molestati
dal colera , e questi medesimi assai rimessamente. In Val di Trapani nessun
altro caso è succeduto nel capoluogo; e similmente infino agli ultimi avvisi ri-
maneva qualche caso in due o tre Comuni.
Libero per diversi giorni e stato anche, secondo gli ultimi avvisi, il Comuno
di Girgenti; nel resto della Valle declina oggi il morbo, e in pochi Comuni in-
fierisce, m pochi è cessato del tutto; facendo per altro in generale poca strage.
Così è ancora del Val di Caltanissctta.
Di quel di Noto non mi son pervenuti recenti avvisi , non ostante le mio
sollecitazioni. Ma in Catania ne' giorni 30 settembre e 1° ottobre si era giunto
a 7 e 5 morti di colera, ondo si continuava a sperare che la sua influenza tosto
si spegnesse.
E tanto scrivo io a V. E. perchè si piaccia rassegnarlo a S. M., sperando
io per altro che avute le risposte, alle quali feci menzione nel rapporto del 2
del presente , potrò giustamente rassegnare JiUa M. S. i quadri generali dello
Valli di Palermo, Trapani, Caltanissctta e Girgenti.
Il Luogolenentc Generale
Principe di Campofbanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. LXIII.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 12 ottobre 1837.
Eccellenza,
Dal mio rapporto del 9, N. 6717, V. E. ha potuto scorgere corno dal dì 4
al 7 non erano avvenuti in questa Capitalo altri casi, nò altri morti di Cholera.
I giorni 8, 9, 10 furono liberi ugualmente. Perciò mi parve cho dopo una
Mcttimana di perfetta Haluto pubblica, fosso giti tempo di roiulor pubbliche grazio
airAUisMimo della liberazione di questa Città dallo stragi doirattoce morbo.
APPBNDICB 3CCI
Ieri dunque solennemente io convocava nella CaHedralo tutte le Autorità ci-
vili e militari, o dopo un discorso accomodato al caso, che pronunziava il pa-
dre Ugo Bassi, scioglievansi lo voci dei ministri dell'altare al canto dell' Inno
Ambrosiano, e con edificazione molta e pietà, la lieta cerimonia si compia.
Mi fo un dovere oggi di ragguagliamo V. E., affinchè si piaccia rassegnare
alla sovrana intelligenza questo fatto, che gratissimo giunge al certo al paterno
animo della M. S.
Il Luogotenente Generale
Peincipe di Campofbanco.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. LXIV.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di Stato
per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 19 ottobre 1837.
Eccellenza,
Continuando il mio rapporto del 12, ho il piacere di significare a V. E. che
dal giorno 10 al 16, fino al quale ho i rapporti delle Municipalità, non sono
avvenuti in questa Capitalo altri casi, né altri morti di colera. Non mando a-
desso i quadri promessi per le Valli di Palermo, Girgenti, Trapani e Caltanis-
setta, perocché ci sono poche altro lacune per qualche Comune o qualche pe-
riodo di tempo, e aspetto io da un momento all'altro le notizie per ripianarle,
e far compilare gli stati più esattamente che si possono. Ma ben posso assicurare
V. E. che nel Val di Palermo il colera sia sparito in quasi tutti i Comuni; che
in quel di Trapani pochissimi altri no restino ancora molestati da qualche caso;
che in Caltauis etta, restando liberi sempre i Distretti di Piazza e Terranova,
il Distretto del Capovallo era sul punto di potersi dire sgombro dal morbo e
nella Città di Caltanissetta pochi altri casi soguiano. Lo stesso è della Città
di Girgenti e della Valle; ancorché questa sia stata piìi largamente e più for-
temente travagliata che quelle altre. Nella città di Catania pochissimi erano i
casi, secondo gli ultimi avvenimenti; ma di quella Valle e della Valle di Noto
non ho avuto particolari ragguagli sul numero dei casi e dei morti di ciascun
Comune, nò anche di tutti i Comuni attaccati.
Non si manca perciò di domandarne conto agli Intendenti; e tostochè le no-
tizie mi perverranno, ne sarà V. E. informata.
Piacciasi intanto di rassegnare a S. M. quelle che contengonsi nel presente
rapporto.
Il Luogotenente Generale
Principe di Campofbanco.
(Archivio citato).
XCn APPENDICE
DOCUMENTO N. LXV.
Lettera del Luogotenente Generale al Ministro Segretario di òtato
.per gli affari di Sicilia in Napoli.
Palermo, 26 ottobre 1837.
Eccellenza,
La salute pubblica in questa Capitalo e negli altri punti dell'isola continua
nello stato esposto negli ultimi miei rapporti; e nuli' altro mi occorrerebbe di
scrivere a V. E , se non dovessi rappresentare gli avvisi pervenutimi da
Messina.
A dì 16 ottobre quell'Intendente mi scrisse essersi veduti pochi casi di ma-
lattie che avean desto qualche sospetto di colera, e mi promise subito ragguagli
più precisi. Ne io volli farne allora rapporto, aspettando pur quelli con la po-
sta successiva e trovando l'annunzio sì vago, che non mi parve poterne formare
alcun giudizio. Giunse poi la posta del 19, e mi apportò i ragguagli che V. E.
scorgerà dalle incluse copie del rapporto dell' Intendente, il quale riferisce in-
torno allo stato delle persone sulle quali erano caduti i sospetti. Pochissime
furon esse in un periodo non breve di tempo; e il giudizio della Commissione
provinciale tende a dileguare i sospetti del fatai morbo. Perciò voglio io augu-
rarmi 0 che si dileguino al tutto o che di lievissimo momento sia la malattia
in Messina.
E tanto prego V. E. che rassegni a S. M., aggiungendo che dopo le ultime
serrane risoluzioni, per norma generale non ho trovato luogo ad alcun provve-
dimcnto di Sanità su i detti avvisi di Messina, qualunque potesse essere la ve-
rità e la base dei medesimi.
Il Luogotenente Generale
Pkincipb di Campofranco.
Archivio citato).
DOCUMENTO N. LXVI.
Sentenza della Commissione Militare della Valle di Palermo
lerdinando II per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ec, ec. Gran Prin-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
La Commissiono Militare permanente della Vallo di Palermo, creata con or-
dinanza di qaosto Real Governo degli 11 luglio corrente anno, e composta dui
•ignori :
Pre$idtnte\ Colonnello cavalioro D, Lodovico Mattina di Artiglieria;
APPENDICE xeni
Giudici: Capitano cavaliere D. Giuseppe Ferrara del 1° Granatieri. — Capi-
tano cavaliere D. Giobbe Romanzi del 1° di Linea. — Capitano cavaliere D. Fran-
cesco Vallese del 2" di Linea. — 1° Tenente D. Antonio Albertis del 1° Grana-
tieri.— 1" Tenente D. Giovanni Forte del 9" di Linea;
Relatore: Sostituto capitano D. Gaetano Bellini del Reggimeuto Reali Vete-
rani, coll'intervento del signor Procuratore Generale del Re sostituto presso la
G. C. civile, barone D. Giovanni Ondes uomo di legge;
As3Ìstiti dal 2° sergente Francesco D'Avella del 1° di Linea Re, cancelliere;
Si è riunita nel localo dello sue ordinarie sedute nel real forte di Castel-
lammare, previo ordine del signor Commendatore Generale D. Pietro Vial, Co-
mandante le armi nella Valle e Piazza, per giudicare col rito subitaneo i se-
guenti individui, cioè :
1." Francesco Mcrcadante del fu Antonio di anni 40, nato in Palermo, do-
miciliato a Malpasso, contrada della Grazia, bracciale.
2." Giovanni Faraone del fu Marco, di anni 24 di Monreale, domiciliato alla
Madonna di Ciambri alla Grazia, bracciale.
8.° Giuseppe Vecchio, alias il Coniglioneso, di Corleone, dA fu Vincenzo Ji
anni 28. domiciliato al piano di Mollo alla Grazia, bracciale.
4." Gioacchino Martorana del fu Liborio, di anni 49, del Parco, domiciliato
nelle campagne di Monreale, giardiniere.
5.° Liborio Martorana di Gioacchino, di anni 25, nato in Monreale, domici-
liato nelle campagne di quel comune, giardiniere.
6.° Benedetto Martorana di Gioacchino , di anni 18 non compiuti, di Mon-
reale, domiciliato in quelle campagne, giardiniere.
7.° Giuseppe Bruschetti di Luciano, di anni 20, nato e domiciliato nel vil-
laggio della Grazia, vetturale.
8.° Benedetto Lo Biundo, alias Scippavigne, nato e domiciliato nel villaggio
della Grazia, bracciale.
9." Giovanni lo Biundo, alias Scippavigne, nato e domiciliato nel villaggio
della Grazia, bracciale.
ACCUSATI
Di avere eccitata la guerra civile, levandosi in armi , e portata la strage,
uccidendo e dando alle fiamme pria di morire D. Giuseppe e D. Francesco pa-
dre 0 figlio Minneci, reati commessi nel villaggio della Grazia ne' giorni 8, 9
e 10 luglio antiscorso, preveduti dagli articoli 129 e 131 delle leggi penali.
10." Giovanni Tusa alias Nico, del fu Salvatore, di anni 58, nato e domici-
liato nella contrada di Mollo alla Grazia, giardiniere.
11." Angelo Albano di Francesco, di anni 18 circa, nativo di Monreale, e do-
iniciliato in quella campagna, colono.
XCIV APPENDICE
ACCUSATI
Di complicità in siffatti reati ai termini degli articoli 74 e 75 delle stesse
leggi penali.
12." Francesco Troia del fu Pietro, di anni 50, nativo di Capaci, domiciliato
alla Madonna di Ciambri alla Grazia, giardiniere
ACCUSATO
Di avere profferito discorsi sediziosi , atti a spargere il malcontento contro
il Governo, reato previsto dallo articolo 142 dolio leggi penali.
Inteso il relatore nel suo rapporto^
Letti i documenti necessari,
Intesi in pubblica discussione i testimoni a carico.
Udito il capitano relatore P. M. nelle suo orali conclusioni, non che gli ac-
cusati ed i loro rispettivi difensori,
La Commissione militare ritirata nella camera delle deliberazioni.
Inteso l'avviso dell'uomo di legge, il Presidente ha elevate lo seguenti
QUESTIONI DI PATTO
ì.* Consta che Francesco Mei'cadante, Giovanni Faraone, Giuseppe Vecchio,
Gioacchino Martorana, Liborio Martorana, Benedetto Martorana, Giuseppe Bni-
schctti , Benedetto Lo Biundo e Giovanni Lo Biundo sieno colpevoli di avere
eccitata la guerra civile, levandosi in armi e portata la strage con aver mas-
sacrati e dati ancor vivi alle fiamme i bennati D. Giuseppe e D. Francesco
padre e figlio Minneci?
2." Consta che Giovanni Tusa ed Angolo Albano sieno colpevoli di compli-
cità ne' citati reati ?
3,° Consta in fine che Francesco Troia avesse profiforito discorsi sediziosi
atti a spargere il malcontento contro il Governo ?
Considerando che il pubblico esame ha apprestato i seguenti
FATTI
1.* Che nel giorno 5 dell' antiscorso mese di luglio D. Giuseppe Minneci,
perduta in Palermo l'unica sua figlia per attacco letale del morbo asiatico, si
deliberò cangiar di domicilio o fuggirò alla campagna.
2." Insieme a duo suoi figli D. Giovanni o D. Francesco si incamminarono
alla volta del Parco. Arrivati presso il villaggio della Grazia, fu il misero ga-
lantuomo D. Giuseppe colpito di cholcra, e si giacque per terra inabilitato di
proseguirò il viaggio; a cura del figliuol maggiore, D. Giovanni.'fu accompagnato
a stento sino al Convento do' minori osservanti di S. Francesco in quel vil-
laggio, 0 da quei religiosi ottenne la chiavo di stanza terrana collatcralo alla
ÀfPÈXDICÉ XCV
porteria , destinata po' miseri di quelle contrade che venissero dal morbo at-
taccati.
3.° Fu quivi assistito dai suoi figliuoli fino al giorno 8, ma sventura volle
che attaccato anche il primo di essi, D. Giovanni, dallo stesso morbo desola-
tore, in costretto ritornare in Palermo, lusingato potere riedere al dimani.
In fatti nel citato giorno 8 sabato lasciò presso il genitore il minore fra-
tello giovanetto 1). Francesco di circa 16 anni, e cercò stipendiare una persona
per accudire lo infermo ed il fratello durante 1' assenza sua, e mosse per Pa-
lermo a circa 21 ora e più.
4.° La persona procurata dal massaro di quella attigua chiesa fu un tale
Gaetano Kiggio, alias Scippavigne, liquidato germano uterino degli accusati Be-
nedetto e Giovanni Lo Biundo, alias Scippavigne.
5.° Lo assistente Kiggio si prese briga di dare a lavare a sua moglie taluni
effetti dello infermo D. Giuseppe; costai si fece scrupolo frugar la tasca di un
calzone, e nel trovarvi un cartoccio di poche pillole astringenti , e due cartel-
line di rabarbaro, che quell'infelice seco portava per le occorrenze, supponendo
veleni quei medicinali, proclamò nel vicinato aver trovato il veleno, aver disco-
certi i traditori, la causa della desolazione del morbo, che infettava allora an-
che quella contrada.
6.° Que' villici malintenzionati per indole, profittano dell'anaunciata scoperta
vieppiù inebriata la di loro alterata fantasia , tumultuarono , accorsero in nu-
meroso stuolo alle ore 22 circa di quel giorno stesso, 8 luglio, alla stanza ove
lo innocente colerico Minneci lottava con lenta morte.
Gli presentarono quelle pillole, quel rabarbaro, e lo forzarono tracannarle. Il
misero aderisce in parto, chiodo tempo un'ora per le rimanenti, quella turba fu-
rente non sente pietà, non ragiono, non preci, lo forzano , ed egli ubbidisco o
tutto ingoia.
La moltitudine si allontana quasi paga dell'operato, ma medita vendetta, e
vendetta crudele.
Il dimani dunque, giorno di Domenica, que' forsennati malvagi tornarono
bnona parte in armi, alcuni batton furenti la porta del convento con minacce di
esterminio a que' religiosi, li obbligarono aprire la chiesa, la sepoltura per in-
trodurvi gli spenti lor parenti corno dicevano.
Tre di essi, Giuseppe Bruschetti , Giovanni e Banedetto fratelli lo Biundo
furono i manigoldi che si accinsero a solenne sacrificio. Entrano nella stanza
delle designate vittime, quel serviente Riggio più non vi era dalla sera, si danno
a pugnalare l'innocente creatura; abbattuto e percosso a morte, Giovanni colla
manca mano il trascina per terra e con lunga arma bianca, che imbrandiva nel-
l'altra, ripeteva colpi crudeli. Il depone nuotante nel proprio sangue in centro allo
allo stradone, Bruschetti e Benedetto picchiano il convento, aperto da fra Fran-
cesco da Carini, entran furenti, diriggonsi alla stalla, si carican di legna e pa-
XCVI APPENDICE
glia, sortono ed ammonticchiano sulla vittima, Benedetto rientra nel convento,
prende dalla cucina un tizzo acceso, sorte; Bruschetti trae da sotto i preparati
combustibili il ragazzo, gli vibra a man rovescia ultimo colpo ferale di traverso
sul viso e il gitta sul rogo, tosto Benedetto 1' accende, e fra le fiamme divora-
trici udiansi i gemiti di quella creatura innocente, che lo spirito esalava in varie
morti. Non satolli di sangue, Giovanni torna alla stanza, ne strappa il canuto
D. Giuseppe, lo trascina pe' piedi, lo appressa al rogo ; Bruschetti gli vibra a
traverso le gambe ultimo colpo, e quindi i tre scellerati, sospeso da terra il lan-
cian sulle fiamme, e così quel misero fu spento di Cholera, di ferro, di fuoco
col tenero suo figlio.
D. Giovanni Minneci, ritenuto dal morbo in Palermo invia il germano D. Sal-
vatore la mattina stessa del 9; questi si reca alla dimora indicatagli, e vi giunse
verso le ore 16; la porta chiusa rinviene, e richiede notizie da' conventuali, ma
non è soddisfatto, di là ritorce il piede, in un ragazzo s'imbatte, a costui fa ri-
cerca, quegli addita un mucchio di brune ceneri, nelle quali osserva duo massi
nerissimi d'umane forme, da questo ode esser quelli gli avanzi di padre e figlio
che corcava testé massacrati e bruciali : concepisce il caso; gli si abberra il
sangue. Accorscr quivi pria pochi, poi ebbra numerosa turba, e perchè interesso
mostrava a quo' miseri avanzi, lo assalgono, il percuotono, di sua vita deliberano,
chi come i primi propone la fine, chi ad albero sospeso moschettarlo il condanna.
Ragunansi a quella scena curiose le donne, impietosite allo aspetto dello infe-
lice, noi credono di veleni propinatore, a non sacrificarlo consigliano, coloro ce-
dono, ed egli tremante si allontana.
Quello scempio, i propinatori, il veleno, fu motto di guerra civile, scudo a'
sediziosi che disposti attendevano.
Come in quella villa, tumultuarono nelle vicine campagne, al dimani 10 lu-
glio levaronsi in armi, taluni eccitando, altri corrono al Parco ad associar ri-
baldi a comun causa; guidava altri gli ammutinati armi a raccorrò , ne otten-
gono da' pacifici possidenti, ondo affrontare la regia truppa, che ivi recavasi a
dar sacco e strage come spargevano.
Fino a 30 circa i sedotti, fur visti con armature diverso, anche inermi se-
guivali inebriata turba.
Mancangli da' Parchitani soccorsi seguaci, al sentir l'ariivo delle tnijìpo alla
Grazia, senza forza ad opporsi si dissiparono, e cercando rcampo nellu fuga per
le dominanti campagne.
Nello ore p. m. del giorno 10 accedo coliv il giudice e la forza pubblica ,
ai ricerca, s'investiga, e si trovan sepolto le reliquie carbonizzate di quelle vit-
time, che da professori nello stato in cui erano ridotte, giudicarono a stenti os-
sero umani corpi , e corpi di sosso maschile dalla forma dello ossa, mancando
gli arti ed ogni membro, e per conimendi'vold zelo di questo Magistrato furono
raccolto lo pronte indagini sugli autori del misfatto.
APPENDICE XCVII
Considerando che dall'uffizialo della polizia giudiziaria fu ben assodata la
pruova della esistenza del primo reato, colla invenzione delle reliquie de' ca-
daveri non del tutto dallo fiamme divorati, o sebbene ignoti erano alla giusti-
zia, pure si e liquidato esser quelli di D. Giuseppe e D. Francesco, padre e fi-
glio Minncci, quelli stessi che fino al giorno 8 furono veduti nolla stanza at-
tigua al convento della Grazia, e che più non esistono;
Considerando nella specie che sotto la santità del giuramento è ad evidenza
provato col concorde detto ditre religiosi fra Camillo da Palermo, fra Francesco
da Carini, fra Benedetto da Vicari che furono spettatori di quell'empia tragedia,
e dell'altro Vito Giorlando serviente del convento, che gli autori del misfatto
furono Giuseppe Bruschetti Benedetto e Giovanni fratelli Lo Bianco alias
Scippavigne;
Considerando esser contestata la causa cui spinse que' forsennati a delinquere,
di essere state quelle vittime proclamato propinataci di veleno;
Considerando che alcuno de' tre accusati Biuschetti, o Benedetto e Giovanni
Lo Biundo fu liquidato e da alcuno indicato fra loro che nel di successivo al
reato si levarono in ai me, promovendo, ed eccitando sommossa popolare, né al-
cuno di questi ad essi consorti nella esecuzione del misfatto , talché possa a-
versi certezza che tali reati abbian precisa connessione tra loro;
Considerando che dall'attentato del giorno 8 contro D. Giuseppe o D. Fran-
cesco Minneci, e 1' esecuzione del misfatto al di seguente è evidente pruova
della decisa volontà a delinquere , e che il reo disegno fu a sangue freddo
premeditato dagli accusati ohe lo consumarono;
Considerando che prestabilito che questo enorme misfatto abbia origino dalla
simulata credenza, che i massacrati Minncci fosser di veleni propinatori e che
sebbene non sia provato che gli autori degli eccidii e della sollevazione fosser tra
essi in rapporto, pure il reato commesso da Bruschetti e fratelli Lo Biundo è da
ritenersi di assoluta eccezione, e quelli appunto contemplati nella ordinanza da
questo Real Governo emanala gli 11 luglio ultimo, e quindi dell'assoluta cogni-
zione di questa Commissione Militare;
Considerando che i tre misfattori furono assicurati alla giustizia lungi da' loro
domicili duo al Parco, ed un terzo sorpreso in aperta campagna, locchè anche
prova, che cercavano sottrarsi alla vendetta della Legge;
Considerando che in ordine alla sviluppata sedizions armata nella campagna
prossima al Villaggio della Grazia a' 10 luglio, che i fatti precedenti, e conco-
mitanti al reato sono stati con documenti, e testimoni validamente contestati;
Considerando che non cade dubbiezza che quei tra' sollevati che vennero chia-
ramente indicati conosciuti, e liquidati tra gli accusati presenti in giudizio fu-
rono Francesco Mercadante — Giovanni Faraone— Giusoppe Vecchio alias il Co-
niglionese — Gioacchino Martorana, — Liborio Martorana — Benedetto Martorana ed
Angelo Albano;
Arch. Stor. Sic, N. S. Anno XV. 13
XOVin APPENDICE
Considerando che ciascuno di essi per la sna parte furono eccitatori, indu-
cendo altri ad armarci, e distinti tra' sollevati, che con minacce di incendiare
le messi pretesero ed ottennero un fucile da D. Castrense Giainbruno col mezzo
di D. Gaetano Giunta da essi stessi obbligato;
Considerando che costoro nello essersi armati e sollevati so non furono con-
tinuati i loro eccessi e verificati i minacciati incendi, la strage, e si sono da por
loro stessi dispersi, è stato il solo effetto delle circostanze fortuito ed indipen-
denti dalla di loro volontà per mancare di mezzi sufficienti per affrontar la forza
accorsa per reprimerli;
Considerando che in particolare Giuseppe Vecchio risultando imputato nelle
fedi di perquisizione di gravi reati, e che nel luogo ove domiciliava al momento
del suo arresto si rinvenne una pistola, un cangiarro e delle cartucce a palla, è
prova indubitata che inveterato nei delitti ne avea preparato i mezzi;
Considerando d' altra parte che sebbene si fosse denunziato che Francesco
Troia avesse pronunziato discorsi atti a spargere malcontento contro il Gover-
no, e false voci che il flagello del cholera non era che l'effetto dei veleni, pure
ciò è rimasto assai vagamente contestato nella discussione pubblica, né avva-
lorato da detto di verun testimonio, locchè valutato opportunamente dai Giu-
dici non è stato sufficiente portar nell'animo loro la piena convinzione da ren-
derli moralmente certi della sua colpa;
Considerando infine che per l'altro accusato Giovanni Tusa alias Nico anche
denunziato di avere gridato alle armi senza mischiarsi a sollevati, tale accusa
non ò stata sostenuta dal dcnunziante sotto la santità del giuramento avendo
spiegato che dallo interno della sua stanza intese la voce alìe anni ma non
vide da chi pronunziata, e che intese poi per voce popolare che fosro stata lo
indicato Giovanni Tusa , accusa rimasta limitata ne' semplici detti del dcnun-
ziante, ciocché non è stato bastevole al convincimento della sua reità;
PER SIFFATTE CONSIDERAZIONI
La Commissione Militare
Alla unanimità dei voti ha dichiarato e dichiara :
1.° Constare d'essere i sopracitati Giovanni Bruschetti, Benedetto e Giovanni
liO Biundo fratoUi colpevoli dei premeditati omicidi nello persone di D. Giu-
seppe e D. Francesco Minncci, avendoli pria massacrati e poi dati semivivi alle
fiamme sotto protesto di propinatori di veleno.
2." Non constare che gii altri Francesco Mercadante, Giovanni Faraone, Giu-
seppe Vecchio alias il Coniglionoso , (ìioncchino Martorana , Benedetto Marto-
rana od Angelo Albano sicno colpevoli di eccitamento alla guerra civile , ma
h^tuii eonatart di essere colpevoli di averla tentato,
ÀPPÉNblCÉ XCIX
S." Non constare abbastanza che Francesco Troia o Giovanni Tusa sicn col-
pevoli dei rispettivi reati di cui vennero accusati.
Risoluti in tal modo lo questioni di fatto, il signor Presidente ha proposta
l'altra
QUESTIONE DI DRITTO
Qual'è la pena applicabile per legge ai misfatti di cui i nominati Giuseppe
Biuschetti, Benedetto Lo Biuudo, Giovanni Lo Biundo e Francesco Mercadantc,
Giovanni Faraone, Giuseppe Vecchio, Gioacchino Martorana, Benedetto Marto-
rana, Liborio Martorana ed Angelo Albano sono stati dichiarati colpevoli ?
RACCOLTI 1 VOTI
La Commissione Militare :
Considerando che la pena dovuta ai primi colpevoli Giuseppe Bruschetti,
Benedetto e Giovanni Lo Biundo è quella fulminata dagli articoli 351 o 352
delle Leggi Penali cosi espresse :
351. La premeditazione consiste nel disegno formato prima dell'azione contro
la persona di un individuo determinato o anche contro la persona di un indi-
viduo indeterminato, che sarà trovato o incontrato, quando anche se ne faccia
dipenderò la esecuzione dal concorso di qualche circostanza o condizione.
352 Sarà punito colla morte.
4.° L'omicidio premeditato.
5.** L'omicidio in persona di chi non è l'ofiFensoro dell'omicida, per vendicare
un'offesa da altri ricevuta.
G." L'omicidio che abbia per oggetto l'impunita o la soppressione della pruova
di un reato o la facilitazione di un altro reato, benché l'oggetto non se ne sia
ottenuto.
1° L'omicidio per altrui manJato sia mercenario, sia gratuito.
Considerando per gli altri colpevoli Francesco Mercadante, Giovanni Faraone,
Oiusoppe Vecchio, Gioacchino Martorana, Liborio Martorana, Benedetto Marto-
rana ed Angelo Albano, la pona da iufliggorsi è quella contemplata negli arti-
coli 129 0 132 d^llo stesso Leggi Penali così concepiti:
129. Chiunque ecciterà la guerra civile tra popolazione e popolazione del
Regno e tra gli abitanti di una stessa popolazione , armandogli o induceudogU
ad armarsi gli uni contro gli altri è punito colla morte.
132. Ne' casi preveduti nei tre precedenti articoli il misfatto mancato è pu-
nito come il consumato: il tentativo, la cospirazione o l'attentato sono puniti col
secondo al terzo grado dei ferri.
Considerando che per gli ultimi due Benedetto Martorana ed Angelo Albano
concorrendo in essi la età minoro di anni 18 la pena lor dovuta diminuir
deve di gradi ai sensi dell'art. 66 delle medesime leggi;
APPENDICE
A VOTI UNIFORMI
Ha condannato e condanna
Alla pena di morte :
1. Giuseppe Bruschetti.
2. Benedetto Lo Biundo.
3. Giovanni Lo Biundo.
Al massimo del terzo grado de' farri per anni vcntiq[uattro :
4 Francesco Mercadante.
5. Giovanni Faraone.
6. Giuseppe Vecchio.
7. Gioacchino Martorana.
Al massimo del secondo grado dei ferri per anni diciotto :
8. Liborio Martorana.
Ad anni 10 di reclusione :
9. Benedetto Martorana.
10. Angelo Albano.
E dopo espiata la pona alla malleveria por anni tre con sicurtà di due. 300
e tutti solidarjaraente alle spe.se del presente giudizio, liquidate nella somma di
due. ... e da liquidarsi a favor della Reale Tesoreria, a' sensi dell' arti-
colo 34 LL. PP. e 296 del Codice di rito.
ORDINA
1. Che la condanna di morte pronunziata contro Giuseppe Bruschetti, Bene-
detto e Giovanni fratelli Lo Biundo debba eseguirsi colla fucilazione fra il ter-
mine improrogabile di tre ore.
2. Che Francesco Troia sia ritenuto sotto lo stesso modo di custodia e Gio-
vanni Tusa alias Nico sia messo in liberta provvisionale e si proceda ad una
più ampia istruzione ai leriniui dell'articolo 273 dello Statuto Penalo Militare,
la quale dovri» versare por quanto è possibile
1. Ad ottenersi altra pruova in ispecio che convalidi i discorsi criminosi te-
nuti da Francesco Troia a D. Gaetano Giunta , cercando di ripeter da questi
una più chiara doflnizione delle parole pronunziato.
2. Per Tusa a procurare di liquidare le persone che intesero gridare alle
armi nello oro vespertino del 10 dell'antiscorso mese di luglio e che poi il ri-
ferirono al dcnunziantc.
8. Ed infino a cercare ogni mezzo che stimerìv utile allo sviluppo della ve-
rità a norma delllarticolo 297 o seguenti dello statuto.
4. Ed in ultimo che della presente sentenza no siono impressi 200 esemplari
per lo •tanipo da pubblicarsi o diramarsi allo autorità competenti.
APPENDICE 01
Il tutto a cura e diligenza del signor Capitano Relatore P. M.
Fatta, letta e pubblicata oggi in continuazione del dibattimento nel forte di
Castellammare li 2 settembre 1837 allo ore tre pomeridiane.
Cav. Ludovico Matina Colonnello Presidente.
Cav. Giuseppe Ferrara Capitano Giudice.
Cav. Giobbe Romanzi Capitano Giudice.
Cav. Francesco Vallese Capitano Giudice.
Antonio Albertis P Tenente Giudice.
Giovanni Forte 1° Tenente Giudice.
Gaetano Bellini Capitano Relatore P. Ministero.
Barone Giovanni Ondes Procuratore Generale del Re Sostituto presso la Gran
Corte Civile, uomo di legge.
2" Sergente Francesco D'Avella Cancelliere.
Per copia couforme
Il Cancelliere
Fbancesco D'Avklla, sergente.
Visto
Il Capitano Relatore P. M.
Gaetano Bellini.
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. LXVII.
Sentenza della Commissione Militare permanente
DELLA Valle di Palermo.
Ferdinando li per la grazia di Dio, R^ del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec, Duca di Parma , Piacenza , Castro ec. ec. , Gran
Principe Ereditario di Toscana ec. ec. ec.
La Commiìsiono Militare permanente della Valle di Palermo, creata con ispe-
cial ordinanza dell'll luglio da S. E. il Principe di Campofranco, Luogotenente
Generale in questa parte de' Reali domini, composta dai signori:
Presidente: Colonnello Cav. D. Ludovico Matina di Artiglieria.
Giudici: Capitano Cav. D. Giobbe Romanzi del 1'' di Linea Re.— Capitano
Cav. D, Erancccco Vallejo del 2° di Linea Regina.— Capitano D. Gennaro De
Castro del 2" di Linea Regina.— 1° Tenente D. Antonio Albertis del 1° Grana-
tiere della Guardia.— 2" Tenente D. Emmanuele Meleti del 2" di Linea Regina.
Relatore: Capitano D. Gaetano Bellini de' Veterani.
Coll'intervento del signor Consigliere Procuratore Generale del Re presso la
Gran Corte Civile di Palermo D. Paolino Nicastro, qual uomo di legge.
On A1>PEND1CB
Assistita dal 2° Sergente Francesco D'Avella del 1° di Linea Re, Cancelliere.
Riunita nell'Aula Criminale della Gran Corte per espressa disposiziono del
Governo per giudicare.
1. Giuseppe Cottone figlio del fu Andrea, di anni 48 , nato e domiciliato a
Villa Abate, beccaio.
2. Gaetano Scaduto di Giovanni, di anni 24, nato e domiciliato in Villa A-
bate, carrettiere.
3. Michele Alajmo alias TaUarUo di Giacomo, di anni 25, nato e domiciliato
a Villa Abate, tamburinaro.
4. Antonino Lazzaro del fu Pietro, di anni 25, da Villa Abate, domiciliato
a' Ficarazzi, bocciere.
5. Stefano Miano alias Chiuvillo del fu Giuseppe, di anni 25, nato o domi-
ciliato in Abate, macellaio.
6. Isidoro Cavarretta del fu Giuseppe, di anni 32, nato e domiciliato in A-
bate, bracciale.
7. Vincenzo Lamio di Bartolomeo, di anni 28, nato e domiciliato in Abate
fornaro.
8. Salvatore Russo del fu Pietro, di anni 26, da Villa Abate, quivi domici
liato, borgeso.
9. Girolamo Alajmo del fu Pietro, di anni 26, nato o domiciliato in Abate
bracciale.
10. Giuseppe Morici di Vincenzo, di anni 25, da Villa Abate, ivi domiciliato
borgese,
11. Benedetto d'Amico di Domenico, di anni 28, nato e domiciliato in A
bate, villico.
12. Gaetano Spina di Francesco, di anni 21, nativo delle campagne di Pa-
lermo, domiciliato presso Abate, bracciale.
13. Emanuele Figlia di Giovanni, di anni 17, da Villa Abate, ivi domiciliato,
carrettiere.
14. Antonio Scibona detto di Caìor/cro, del fu Vincenzo, di anni 21, nato e
domiciliato a' Ciaculli, contrada nelle campagne di Palermo, bracciale.
15. Giacomo Ferriolo del fu Filippo, di anni 21, da Palermo, domiciliato
alla polveriera presso Villa Abate, villico.
16. Giuseppe Pisciotta del fu Francesco Paolo, di anni 40 , nato e domici-
liato in Abate, carrettiere.
ACCUSATI
Di reali contro la sicurezza interna dello Stalo,
predati dagli articoli 129, ViO e 131 Codice parte seconda.
17. Ignnzio Visconti del fu Pietro, di anni 38, da Villa Abate, ivi domici-
liato, barbiere.
APPENDICB CHI
18. Isidoro Pravatà del fu D. Simone, di anni 23, nato e domiciliato a Villa
Abate, calzolaio.
19. Antonino Costa del fu Nicola, di anni 36, nato e domiciliato in Villa
Abate, bracciale.
20. Carmelo Mansueto del fu Vincenzo , di anni 19 , nato e domiciliato in
Villa Abate, bracciale.
21. Nicolò Colajanni del fu Gaetano, di anni 29, nato e domiciliato in Villa
Abate, bracciale,
22. Francesco Nicolino del fu Gaspare, di anni 49, da Villa Abate, ivi do-
miciliato, merciere.
23. Giovanni Costantino del fu Vincenzo, di anni 23, da Palermo, domici-
lialo in Abate, calzolaio.
24. Nicola Squillaco detto Caravello del fu Francesco, dì anni 37, nato in
Villa Abate, domiciliato in Palermo, sensale di paglia.
23. Ignazio Scaduto del fu Gaetano, di anni 27, nato o domiciliato in Villa
Abate, proprietario.
26. Domenico FasccUa di Felice, di anni 23, da Misilmcri , ivi domiciliato,
campagnuolo.
27. Gaetano Priolo di Stefano, di anni 20, nato in Misilmcri, quivi domici-
liato, giardiniere.
28. Antonino La Licata del fu Nicolò, di anni 36, da Marineo , domiciliato
in Villa Abate, di condiziono bottaro.
29. Matteo Pandolfo del fu Nicolò, di anni 38, nato a' Colli, domiciliato a
Viltà Abate, calzolaio.
30. Gaetano Pitarreso del fu Salvatore , di anni 24 , nato e domiciliato a
Villa Abate, di condiziono villico.
31. Giuseppe Mansueto del fu Vincenzo, di anni 25, nato e domiciliato nel
Villaggio di Alato, bracciale.
32. Giovanni Terrana del fu Andrea, di anni 44, da Palermo, domiciliato a
Villa Abato, tomaio.
33. Francesco Marennino del fu Giusto, di anni 23, nato in Misilmeri, do-
miciliato in Palermo, bettoliere.
34. Angelo Terranova del fu Giuseppe, di anni 23, da Villa Abate, ivi do-
miciliato, bracciale.
35. Pietro Falletta del fu Francesco, di anni 42, nato e domiciliato in Villa
Abate, villico.
36. Paolo Alajmo del fu Pietro, di anni 34, nato nel Villaggio di Abate, ivi
X domiciliato, bracciale.
37. Francesco Caronia del fu Giuseppe, di anni 34, da Villa Abate, ivi do-
miciliato, di condizione villico.
38- Domenico Alajmo del fu Girolamo , di anni 34 , nato e domiciliato in
Villa Abate, bracciale.
CIV APPENDICE
39. Francesco Visconti del fu Pietro, di anni 50, nato nel villaggio di A-
bate, domiciliato quivi, barbiere.
40. Giuseppe Lomonaco del fu Paolino , di anni 50 , nato e domiciliato in
Abate, venditore.
41. Giuseppe Tesauro del fu Paolo, di anni 22, da Villa Abate, pastaio.
42. Filippo Di Pace del fu Vincenzo, di anni 50, nato e domiciliato a Villa
Abate, bcccajo.
43. Rosario Dominici del fu Francesco, di anni 40, da Palermo, domiciliato
in Villa Abate, bottajo.
44. Simone Figlia del fu Gabriele, di anni 46 , nato e domiciliato in Villa
Abate, bottegaro.
45. Salvatore Zuccardi del fu Natale, di anni 35 , da Girgenti , domiciliato
in Abate, bracciale.
46. Ignazio Castelli di Giuseppe, di anni 25, nato a Villa Abate, domiciliato
a' Ficarazzi, villico.
47. Giovanni Enea del fu Gaetano, da Patermo, di anni 40, domiciliato in
Villa Abate, bottaro.
48. Giuseppe Prestigiacomo del fu Calogero , di anni 22 , nato iu Villa A-
bate, ivi domiciliato, bracciale.
49. Giovanni Lanno del fu Giuseppe , da Palermo , domiciliato in Villa A-
bale, carrettiere.
50. Filippo Alaimo alias Ttringrazìo del fu Girolamo, di anni 53, nato e do-
miciliato in Villa Abate, bracciale.
51. Andrea Cottone di Giuseppe, di anni 25, da Villa Abate, domiciliato a'
Ficarazzi, beccaio.
52. Antonino Cottone di Giuseppe, di anni 9, nato e domiciliato in Villa A-
bate, beccaio.
53. Francesco Gettono di Giuseppe, di anni 10, nato nel villaggio di Abate,
ivi domiciliato, beccaio.
54. Onofrio Biliosi del fu Simon^^ di anni 27, nato e domicilialo a Villa A-
bale, carrettiere.
55. Giuseppe Russo alias Pecorella del fu Giovan Battista, di anni 34, nato
e domiciliato in Villa Abate, bracciale.
56. Alberto Dominici del fu Francesco, di anni 59, da Palermo., domiciliato
in Villa Abate, di condiziono bottaro.
57. Francesco Cutrona dui fu Bernardo, di anni 19, da Palermo, domiciliato
% Roccella, calzolaio.
53. Antonino Scudcri del fu Filippo, di anni 45 , nato in Palermo , domici-
liaU) alla Koccella, ca'znlaio.
50. Francesco Mazzerbo di Alessandro, di anni 12, nato o domiciliato a Villa
Abaie, bracciale.
APPENDICE CV
60. Nicolò CilluflFo alias Paduano di Antonino, di anni 26, da Villa Abate,
ivi domiciliato, villico.
61. Carmelo Notaro del fu Giuseppe, di anni 30, nato nel villaggio di A-
bate, ivi domiciliato, bracciale.
62. Francesca Rilla, figlia di Domenico Pisciotla , di anni 25, da Villa A-
bate, ivi domiciliata.
63. Filippa Colajanni, moglie di Nicolò Colajanni, figlia del fu Agostino Coc-
cbiara, di anni 25, da Villa Abate, ivi domiciliata.
64. Nicoletta Mansueto del fu Gaetano Colajanni, di anni 44, nata e domi-
ciliata in Abate.
65. Lucrezia Sa varino del fu Angelo, di anni 42, da Villa Abate, ivi domi-
ciliata.
66. Maria Antonia Vitale, di Ai.tonino Guttadauro, di anni 29, da Villa A*
bate, ivi domiciliata.
67. Maria Miano del fu Stefano Cottone, di anni 51, nata nel Villaggio di
Abate, ivi domiciliata.
68. Agostino Perlongo di Mariano, di anni 46, nato e domiciliato in Abate,
uomo d'arme o guardiano
PREVENUTI
Di complicità negli anzidetti reati contemplati dagli articoli 74, 75, 129, 130
e 131 Codice suddetto;
Inteso il Relatore nel suo rapporto;
Letti i documenti necessari;
Intesi in pubblica discussione i testimoni tanto a carico clic a discarico;
Udito il Capitano Relatore nello sue orali coni.lusion', con le quali confer-
mando l'accusa ha chiesto dichiararsi
I.
1. Giuseppe Cottone, 7. Benedetto d'Amico,
2. Gaetano Scaduto, 8. Gaetano Spina,
3. Michele Alajmo alias Tallarita, 9. Antonino Scibona detto di Cult-
4. Antonino Lazzaro, gero,
5. Stefano Miano alias Chiuvillo, 10. Giacomo Ferriolo,
6. Salvatore Russo, 11. Giuseppe Pisciolta,
colpevoli de' reati contro la sicurezza interna dello stato, previsti dagli art. 130,
131 Codice, parte 2», e condannati alla pena di morte da eseguirsi colla fuci-
lazione in Villa Abate, ovo commisero la strage.
Arch. Slor. Sic. N. S. Anno XV. 14
evi
ArPENDICE
U.
Modificando Vaccusa per
1. Isidoro Cavarrctta,
2. Girolamo Àlaimo,
5. Ignazio Visconti,
6. Antonino Costa,
7. Giovanni Costantino,
8. Ignazio Scaduto,
9. Giuseppe Mansueto,
3. Giiisoppe Molici,
4. Kmanuelc Figlia,
Sostenendola per
10. Giuseppe Tcsauio,
11. Filippo Di Paco,
12. Filippo Alajmo alias Tiringrazio,
13. Agostino Perlongo,
Ha chiesto dichiararsi colpevoli di complicità negli anzidetti reati e condan-
narli ai sensi degli articoli 74, n. 3 e 4, 75, 31, 34, leggi penali, alla pena di
venticinque anni di ferri, tranne l'Emanuele Figlia, che essendo minorenne, ha
chiesto che fosse condannato alla pena del 3" grado dei ferri , applicata nel
minimo del tempo, da espiarla nel presidio; e dopo espiata la pena alla malle-
veria di anni 3, con sicurtà di ducati 300, e tutti solidalmente alle spese del
giudizio per l'art. 29G Codice di rito penale.
III.
Ritrattando quindi Vaccusa per
1.
2.
3.
4.
5.
6.
7.
8.
9.
10.
11.
12.
13.
14.
15.
Vincenzo Lamio, IG.
Isidoro Pravatà, 17.
Carmelo Mansueto, 18.
Nicolò Colajanni, 19.
Francesco Nicolino, 20.
Nicola Squillaco alias Caravello, 21.
Domenico Fascclla, 22.
Gaetano Priolo, 23.
Antonino La Licati, 24.
Matteo Pandolfo, 25.
Gaetano Pitarrose, 26.
Giovanni Tcrratia, 27.
Francesco Marcnnino, 28.
Angelo Terranova, 29.
Pietro FttlIctU, 30.
Paolo Alajmo,
Domenico Alajmo,
Francesco Caronia,
Francesco Visconti,
Giuseppe Lo Monaco,
Rosario Dominici,
Simone Figlia,
Salvatore Zuccardi,
Ignazio Castelli,
Giovanni Enea,
Giuseppe rrestigiacomo,
Giovanni Lanno,
Andrea Coltone,
Antonino Cottone,
Francesco Cottone,
APPENDICE CVll
31. Onofrio IBilIesi, 38, Carmelo Notare,
32. Giuseppe Russo alias Fecorella, 39. Francesca Riilla,
33. Alberto Dominici, 40. Filippa Colajanni,
34. Francesco Cutrona, 41. Nicoletta Mansueto,
35. Antonino Scuderi, 42. Lucrezia Savarinn,
3G. Francesco Mazzerbo, 43. Maria Antonia Vitale,
37. Nicolò Cilluffo alias Paduano, 44. Maria Miano.
Ha chiesto dichiararsi constare non esser colpevoli por il 24" Ignazio Ca-
stelli 0 28" Andrei Cottone, e che siono rilasciati in libertà por precetto dello
art. 271 dello Statuto penale militare.
E per tutti gli altri non constare abbastanza la di loro colpabilità , e or-
dinarsi
1." Che il 1* Vincenzo Lamio, 3" Carmelo Mansueto, 2Ì° Rosario Dominici,
22" Simone Figlia e 23' Salvatore Zuccardi sieno riteiiuti in carcero per una
più ampia istruzione.
2." Che il 27" Giovanni Lanno, 32° Giuseppe Russo, 34" Francesco Cutro-
na, 35" Antonino Scuderi e 36" Francesco Mazzerbo essendo, imputati di reati
comuni, sieno passati sotto lo stesso modo di custodia a disposizione del potere
ordinario.
3." Che la 39" Francesca Riilla sia messa a disposiziono della Polizia Ge-
neralo per lo vociferazioni di propinaziono di veleni.
4." In fine cho gli altri siono prùvvisoriamjntc abilitati o mossi alla sorve-
glianza della Polizia.
Intesi i difensori degli accusati nelle loro allegazioni;
LA COMMISSIONE MILITARE
Ritirata in camera deliberativa
Inteso l'uomo di logge nel suo avnso, il quale ha opinato dichiararsi
L
1. Gaetano Scaduto, ò. Salvatore Russo,
2. Michele Alajmo, G. Benedetto D'Amico,
3. Antonino Lazzaro, 7. Gaetano Spina,
4. Stefano Miano, 8. Giuseppe Pisciotta,
colpevoli di reati contro la sicurezza intorna dello stato, contemplati dagli ar-
ticoli loO e lol Codice, parte 2*, e condannati alla pena di morte da eseguirsi
con la fucilaz'ouo nel liorgt» di Abate, ove commisero la strage.
CVIII APPENDICE
II.
Dichiararsi constare essere colpevoli di complicità non necessaria negli an-
zidetti reati
1. Giuseppe Cottone. 4. Antonio Costa,
2. Isidoro Cavarretta, 5. Emanuele Figlia,
3. Filippo Alajmo alias Tìringvazìo,
e condannarsi alla pena di ferri, 4° grado, per gli anzicitati articoli 130 e 131
e 74, n. '^ e 4 del Codice stesso;
Cioè :
Al massimo della pena per anni 30 :
Giuseppe Cottone.
Al minimo del grado per 25 anni :
Isidoro Cavarretta,
Filippo Alajmo,
Antonino Costa.
Emanuele Figlia per la sua minore età , al 3" grado di ferri jìcr anni 19,
da espiarli nel presidio a' sensi dell'art. 6G del succitato Codice.
E alla malleveria per anni 3, con sicurtà di ducati 300, e tutti solidalmente
alle sjìcse del giudicato a favore del K. Tesoro.
III.
Non constare abbastanza d'essere colpevoli della complicità di cui vennero
accusati
1. Vincenzo Lamio, 12. Simone Figlia,
2. Girolamo Alajmo, 13. Salvatore Zuccardi,
3. Giuseppe Morici, 14. Francesco Riilla,
4. Antonino Scibona, L'i. Ignazio Scaduto,
5. Giacomo Firriolo, IG. Giuseppe Tcsauro,
6. Ignazio Visconti, 17. Filippo Di Pace,
7. Carmelo Mansueto, 18. Ago^ino IVrlongo,
8. Giovanni Costantino, 19. M. Antonio Vitale,
9. Rosario Dominici, 20. Antonino Scuderi,
10. Isidoro Pravnth, 21. Giuseppe Mansueto;
11. Nicolò Colajanni,
APPENDICE CIX
Con ordinarsi
1. Che il 1" Lamio , 2" Aìajmo , A." Scibona , S"* Firriolo , 8° Costantino ,
15" Scaduto, 16° Tesauro, 17" Di Pace, 18" Perlongo e 21 Mansueto sieno ri-
tenuti in carcere per una piìi ampia istruzione;
2. Che il 19° Scuderi rinviato sotto lo stesso modo di custodia ai tribunali
competenti pe' reati comuni,
3. E yli altri abilitati provvisoriamente e messi alla vigilanza della Polizia.
IV.
Constare non ossero colpevoli de' reati loro accusati tutti i rimanenti, o or-
dinarsi la Ji loro immediata libertà, eccetto Giovanni Lanno, Giuseppe Russo,
Francesco Cutrona e Francesco Mazzeri)-) da ritenersi in carcere a disposizione
dell'autorità competente pe' reati comuui di cui si trovano imputati.
II Presidente ha messo alle voci le seguenti
QUISTIONI DI FATTO
I.
Consta che Giuseppe Cottone, Gaetano Scadute, Mtthele Àlajuio alias Tal-
larila, Antonino Lazzaro, Stefano Miano alias Chiuvillo, Salvatore Rus.so, Beno-
detto D'Amico, Gac'ano Spina, Antonino Scibona detto di Cnkgero , Giacomo
Ferriolo e Giuseppe Pisciotta , sieno colpevoli di reati contro la sicurezza in-
terna dello Stato, contemplati dagli articoli 130 e 131 Codice parte 2*?
11.
Consta che Isidoro Cavarretla, Girolamo Alajmo, Giuseppe Molici, Emanuele
Figlia, Ignazio Visconti, Antonino Costa, Giovanni Costantino, Ignazio Scaduto,
Giuseppe Mansueto, Cìiuseppe Tesanro , Filippo Di Pace, Filippo Alajmo alias
Tiringrazio , Agostino Perlongo , Vincenzo Lamio , Isidoro Pravatà , Carmelo
Mansueto, Nicolò Colajanni, Francesco Niellino, Nicola Squii lace alias Caratello,
Domenico Fascclla, Gaetano Priolo, Antonino La Licata, Matteo Pandolfo, Gae-
tano Pitairese, Giovanni Tcrrana, Francesco Maronnino, Angelo Terranova, Pie-
tro Palletta, Paolo Alajmo, Domenico Alaimo, Francesco Caronia, Francesco Vi-
sconti, Giuseppe Lo Monaco, Rosario Dominici, Simone Figlia, Salvatore Zuc-
cardi, Ignazio Castelli, Giovanni Enea, Giuseppe Prestigiacomo, Giovanni Lan-
no, Andrea Cottone, Antonino Cottone, Francesco Cottone, Onofrio Biliosi, Giu-
seppe Russo alias Pecorella, Alberto Dominici, Francesco Cutrona, Antonino
Scuderi, Francesco Mazzcrbo , Nicolò CillufTo alias Paduano , Cannolo Notaro,
Francesca Riilla , Filippa Colajanni , Nicoletta Mansueto, Lucrezia Savarino,
Maria Antonia Vitale , Maria Miano siano colpevoli di complicità ne' sudetti
reati ?
ex ArrEKDICE
Considerando essere risultato dalla pubblica discussione i seguenti
FATTI
Allorché sventura volle che il pestilenziale morbo dallo Indiano regioni
venisse ad infrangere le nostre dighe , spezzate le barriere , accanito portò
spavento, desolazione , strage in questa amena Palermo. Memoranda sventura
segnerà la storia sicula , degl' impenetrabili misteri del male e degli effetti
sfrenati.
Non lasc'ò qui di allignare il germe fantastico , che in aHre capitaK più
vaste e non men culto d' Europa , ha reca'.o dauni maggiori , dando corpo al-
l' idea diffusa che ii flagollo fosso effetto della umana perfidia , propinando
velen'.
Invase le monti degl'ignoranti; aizzato il delirio da male intenzionati, compre
pronti a trar profitto dalle pubbliche calamità, alimentav.ino la volgare creden-
za, ed in vari punti dell'Isola, ove il potere non giunse a contenerli, ed ove più
l'ignoranza imperava le passioni , gli odi privati divamparono in sedizioni , ed
al flagello, strage si aggiunse.
Le ree intenzioni ad isfogare fur dirette alle autorità ed alla classe de' gen-
tiluomini e possidenti, e le serpeggianti voci ed il morbo non istetter guari a
dilatarsi nel ridente borgo di Abate.
Colà il morbo scoppiò ne' primi dì dell'ultimo luglio, e fino al quinto giorno
i popolani preci a Dio in olocausto offrivano.
Intanto i malvagi macchinavano, ed agi' idioli , allo femino insinuavano il
sospetto che i commestibili , le frutta , le droghe fosser di venefiche sostanze
asperse. Sulle vie aggruppavansi, nella casa di Salvatore Russo congregavansi,
e quivi meditavano i loro criminosi progetti.
V agitazione degli animi crescendo coi giorni, richiamò 1' attenzione dell' I-
tpctloie localo di Polizia, cho non sperando soccorso dalla Capitala in tale fran-
gente, si deliberò consultare il Parroco del Villaggio sui mezzi d'assicurare l'or-
dino pubblico.
Kra nota la massima influenza sulla plebe di un tal Giovanni Pitarreso ,
chiamato volgarmente Napoleone, di condizione borgeso e possidente, per man-
tenere la pubblica tranquillitii si pensò aiottorlo al comando della forza, cho a
sua proposiziono fu scolta ed armata.
Questo che «i credeva piudonto consiglio, ibbo un esito funesto, porche egli
ed i uttoi compagni furono gli autori do* disordini o della strage.
La popolare agitazione si accresceva da un istante all'altro, i! delirio era al suo
colmo, iulchò folla, donno, fanciulli ed uomini armali corsero in cerca di coloro
che si credevano propagatori did veleno. Al sorger del d\ 11 il furor popolani
Don ebbe piii freno, ed ul cader del giorno stesso si dio' nuuio alia strage.
J). Giuseppe Rodano, uomo d'integerrima giustizia, giudico del regio del Cir-
APPENDICE CXI
condaiio Orto Botanico, tornandone a Palermo dal villaggio di Abate, ove erasi
recato, fu por via assai to ed ucciso.
Fu questo il sognale della strage, che poi in quella sera si sparse orrenda-
mente.
Pietro Arcabasso, speziale del villaggio, assalito da Michele Aìnjmo, Antonino
Lazzaro, Stefano Mia no, Gaetano Spina ed altri, pugnalato, inseguito, cercò
salvarsi nella spcziaria, uno stuolo di popolo con voci e con armi circondarono
la casa.
Vedendo sfuggire la vittima , prosa da furore la folla del popolo, circondò
Ìjl casa del passato eletto D. Antonino Montaparto, ed a colpi di sassi ne rup-
pero i vetri, ma alla notizia clic il Montapeito non ora in casa, si avviarono verso
la casa comunale, ove crebbe la :r.oltitudine.
Ritornati alla speziarla dello Arcabasso per gioja gridando: viva S. Rosalia,
viva la miseri ordia di Dio, taluni pensarono scalare una bassa finestra per i in-
tracciarlo. L'accusato Giuseppe Visclotta procurò una scala, vi montò il primo,
0 fu da altri seguito, che discassarono la imposta a colpi di legno.
L'infelice, feiito com'era, si fece alla finestra chiedendo pietà; ma n' ebbo
in risposta fucilate, dalle quali colpito cadde al di dentro. Più svolti rimontan
tosto Stffano Miuno, Antonino Lazzuìo, lo stesso Fisciotta ed altri, con molti
colpi trafitto il precipitano dalla finestra, o poiché tuttavia semivivo , Stefano
Miano, inteso Chiuvillo, macellajo, gli immerse un coltello nella gola, o fu l'ul-
timo colpo.
Furibondi ritornano alla casa di D. Antonino Montaperto, ovo trovarono at-
territi i di lui figli che chiedevano pietà , Stefano Miano consigliava di ucci-
derli, ma la pietà prevalse, e furono salvi.
Informati, chi sa corno, che il Montaperto potesse trovarsi in casa del Prin-
cipe di Baucina, s'incaminano a quella volta , alcuni pel portone , altri scaval-
cando le basso mura della Flora al dorso del palazzo, s'introducono, e nel cor-
tile rinvengono lo sventurato, il circondano; Gaetano Scaduto il conduce fuori,
evviva, etviva, eccolo... eccolo, giidan tutti festosi, vedendolo, il conducono, gli do-
mandan contezza de' veleni, l'infelice ripete la sua innocenza, chiede a Giovanni
Pitarrese pietà, protezione da Agostino Alajmo, fugli risposto celle moschettato,
0 spinto a morte.
Quella turba diretta dal Pitarrese e dall'altro FiU])po Alajmo, detto Vaddan-
nato. che investitura avea presodi Generale , si divide in drappelli, alcuni si re-
cano in casa di Antonina Mazzerbo, che credeano stipendiata dallo Eletto a pro-
pagare veleni. Era a lifocillarsi col cadente genitore di meschino alimento ,
quando dal buco della chiave si scaglia loro un colpo di schioppo, che senza fe-
rirli, li foce tremare di paura. Abbattono la porta. Ella nnnicchiat.". Benedetto
D'Amico 25 colpi di canciarro le vibra , e ne rimane esangue, e sullo spirante
corpo al suolo disteso, altro ancor piìi malvagli) scaricò il fucile.
CXII APPENDICE
Da più numerosa , non men feroce torma di volgo fu assalita la casia di
D. Salvatore Filippone, furiosamente rompendo ogni cosa che trovavano. Quel
misero giovane fu trovato in remota stanza genuflesso, chiedendo la vita , ma
ca-ide vittima del loro cieco furore.
Altra banda di popolo tumultuava nella casa dell' Ispettore Diez, e barbara-
mente l'uccideva, e dopo lui, fatto strazio della uccisa Anna Giardina, sua con-
giunta, a cui taglian le poppe, di che fama corse in quella notte di orrore, co-
me rilavasi da un discorso tenuto dal noto duce Pitarrese ad altro suo com-
pagno, e rivelato da qualche testimonio.
Francesco D'Angelo Capo-Ronda fu l'ottavo vittima immolata da altra banda
sott'altro duce; ed eccone il barbaro modo. Entrano nella di lui casa, fra' primi
Agostino Alajmo, ^giio del famigerato Filippo detto il Generale, Saltatore lùtsso,
Napoleone Pitarrese ed altri dalla superstite consorte chiaramente riconosciuti,
chiedendogli contezza de' veleni, a vicenda lo percuotono con ferri , e ci'eden-
dolo morto lo lasciano a terra tramortito. Allora la moglie lo soccorre, lo con-
forta, ma ritornati i manigoldi, Stefano Miano, ch'era tra essi, lo trascina pe' piedi,
e sul carro cogli altri martiri lo gittano ed esalò cosi gli ultimi respiri più cru-
delmente degli altri.
Filippo Caravelle ebbe la stessa infelice sorte, e fu trovato il suo cadavere
presso le mura del giardino del detto Filippone, in preda do' cani , ignoran-
dosi gli autori della sua morte.
Non .satolli di sangue, ma stanchi, alle nove vittime accennate si arresta-
rono per quella notte tremenda , rimettendo alla vegnente la continuazione
della strage, per estinguere la classe, così detta dei Cappedduzzi, nome dato
alle civili persone credute propagatrici dei veleni, poiché le autorità erano
state uccise.
Guidate sempre le turbe da' duci, Cicvanni Pitarrese il Napoleone e Fi-
lippo Alajino il Generale, essendo sfuggito alln ricerche loro D. Pietro Billit-
iieri, a cui non men trista sorte era preparata, si rivolsero a rintracciare dello
armi, ed a rifocillarsi.
Si diressero al Casino del possidente Filippo Lojacono sulla strada censo-
solare che traversa il villaggio, e di ordine del Generale fu loro somminiatrato
pane, formaggio e vino.
Poi ebri e festanti, il GeneraU fatto montare un carro, ritornarono ai luo-
ghi dove giacevano i cadaveri dogli estinti, e presili sul, carro, li portarono in
campagna, gettandoli iu un diseccato pozzo.
Di poi ritornati al villaggio, riuniti nella piazza, raccontavansi lo bravure,
il dimostrato valore, od in pompa maggioro la ferocia loro.
Al far del giorno 12 a rintracciar si accingono lo sostanze velenose, o riu-
nito dolio zucchero, do' farmaci, pasta dì mandorle, nitro e coso simili nelle abita-
Uzioni degli estinti , e farmacia .\rcabas8o, giii posta a sacco od infranto lo
APPENDICE CXIII
8lovif/lie e i cristalli, por le strade proclamavano con gioja avere rintracciato
i veleni, ed averne tolto lo radici, alludendo alla strage seguita, e che ognun
potesse mangiar ogni cibo con sicurezza. Con fina malizia questi materiali
rinchiusi in una cassetta deposero nella cappella nel centro della piazziU
Lo intraprendente Generale Alatnio pensò spedire nella notte cinque officj
a' suoi amici dei vicini comuni di Bagheria , Misilmeri, Marinoo, Parco o
Mezzagno per pubblicare le vittorie di Abbate, loro dicendo di aver trovati i
veleni, uccisi i propagatori, si tenessero in guardia, o spedissero gente in loro
aiuto : ciò che l'indomani fu da lui detto a D. Filippo Lojacono e D. Giuseppe
D'Alessandro, che lo hanno rivelato alla giustizia, senza potersi sapere i nomi
di coloro cui fur dirette le lettere.
Quei condottieri Pitarrese ed Alaimo, disposero delle incursioni nelle cam-
pagne a cercare armi e munizioni.
Ne tolsero infatti a un Veterano, che era alla custodia della battei ia della
Acqua de' Corsari, il quale riconobbe fra gli assalitori Giovanni Costantino, e
ne tolsero in altri luoghi.
Altre perquisizioni negli adjacenti casini praticarono in suddivise guer-
riglie , quindi faticati e lassi, in drappelli ripiegarono sul quartiere generale
di Abbate.
Intanto la nuova si diffonde in Palermo di tanto avvenimento , ed il 13 i
Capi del Governo Civile e Militare senza indugio spedirono forra militare , lo
apparir della quale bastò a sparpagliare i ribaldi, e si diedero a precipitosa
fuga pelle colline.
La forza osservò la notte le mosse de' sediziosi, e al di seguente accampò
in Abbate.
Il Comandante Militare rianimò la fiducia degli spaventati pacifici abitanti,
e li animò a rientrare nei proprii focolari.
Per le notizie avute da qualcuno ch'ebbe parte ai disordini processe allo
arresto di quattro accusati, che nelle forze spontaneamente denunziarono molti
paiticolari, e varii attorci della strage.
Pervenute quindi dagli offesi altre denunzie, si dispose il procedimento, e
successivamente mano mano vennero assicurati alla giustizia tutti gli accusati
di cui forma oggetto il presente giudizio,
I capi della sedizione e della strage sono profunghi tuttora, pei quali a
proposizione del Relatore P. M. e del Direttore di Polizia, il Governo ha pro-
messo di premj per assicurarli alla giustizia.
Per lo esterminio avvenuto delle autorità locali, non fu possibile assica-
rare il corpo del delitto , e a stabilire la legale generica delle vittime im-
molate.
Vi fu però supplito al miglior modo possibile in momenti veramente tristi,
in cui il morbo funesto desolava Palermo.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 15
CXIV
APPENDICE
LA COMMISSIONE MILITARE
Ritenuti i fatti di sopra consacrati, ha dichiarato e dichiara :
1. Constare che i nominati Gaetano Scaduto, Michele Alajmo, Antonino Laz-
zaro, Stefano Miano , Salvatore Russo , Benedetto D' Amico , Gaetano Spina o
Giuseppe Pisciotta sieno colpevoli di aver portata la strage contro una classe
di persone e di aver preso parte attiva negli omicidi.
2. Non constare abbastanza che i nominati Giuseppe Cottone e Giacomo Fir-
riolo sieno rei principali.
Consta bensì esser colpevoli di complicità non necessaria negli anzidetti
reati.
3. 2fon constare abbastanza che Antonino Scibona sia colpevole nò nella
qnalità di reo principale, ne di correo. •
Alla stessa unanimità
Ha dichiarato e dichiara constare essere colpevoli di complicità non neces-
saria i precitati Isidoro Cavarretta, Emanuele Figlia, Antonino Costa, Giovanni
Costantino e Filippo Alajmo.
In riguardo poi a
1. Francesco Nicolino,
2. Nicolò Squillacc,
3. Domenico Fascella,
4. Gaetano Priolo,
5. Antonino La Licata,
6. Matteo Pandolfo,
7. Gaetano Pitarrese,
8. Giovanni Terrana,
9. Francesco Marennino,
10. Angelo Terranova,
11. Pietro Palletta,
12. Paolo Alajmo,
13. Domenico Alajmo,
14. Francesco Caronia,
15. Francesco Visconti,
16. Giuseppe Lo Monaco,
17. Ignazio Castelli,
18. Giovanni Enea,
19. Giuseppe Prestigiacomo,
20. Giovanni Lanno,
21. Andrea Cottone,
22. Antonino Cottone,
23. Francesco Cottone,
24. Onofrio Biliosi,
25. Giuseppe Russo alias Pecorella,
26. Alberto Dominici,
27. Francesco Cutrona,
28. Francesco Mazzerbo,
29. Nicolò Cilluffo alias Paduano,
30. Carmelo Notare,
31. Filippa Colajanni,
32. Nicoletta Mansueto,
33. Lucrezia Savarino,
34. Maria Miano,
Attesoché i pochi elementi di pruova che il processo scritto presentava con-
tro taluni, sono stati pienamente dileguati dal dibattimento: che taluni nitri ven-
nero arretUU per vaghi indizi e per semplici sospetti , anche senza ordine o
APPENDICE OXV
mandato; od altri in fine por errore di connotati, è quindi chiara la di loro in-
nocenza;
AlV unanimità
Ha dichiarato e dichiara :
Constare non esser colpevoli, ed ha ordinato cho il 20° Giovanni Lanno, il
25° Giuseppe Russo, il 27° Francesco Cutrona e il 28° Francesco Mazzerbo, es-
sendo imputati di reati comuni^ come emerge dallo tavole processuali, sieno ri-
tenuti in carcere, e passati a disposizione della competente autorità.
E tutti gli altri essendo assoluti, sieno imraantineuti liberati.
Per
1. Vincenzo Lamio, 10. Isidoro Travata,
2. Girolamo Alajmo, 11. Carmelo Mansueto,
3. Giuseppe Morici, 12. Nicolò Colajanni,
4. Ignazio Visconti, 13. Rosario Dominici,
5. Ignazio Scaduto, 14. Simone Figlia,
6. Giuseppe Mansueto, 15. Salvatore Zuccardi,
7. Giuseppe Tesa uro, 16. Antonino Scuderi,
8. Filippo Di Pace, 17. Francesca Riilla,
9. Agostino Perlongo, 18. Maria Antonia Vitale,
Considerando che, sebbene esistano contro di loro delle presunzioni di reità
nascenti dal complesso dell'istruttoria o dal dibattimento, tuttavia valutate e a-
nalizzate opportunamente da' Giudici, non sono state valevoli a portare nell'a-
nimo loro quella pienezza di convinzione da rendergli moralmente certi e sicuri
della loro colpa;
Alla stessa unanimità
Ha dichiarato o dichiara :
Non consta abbastanza che i suddenotati sieno colpevoli della complicità di
cui vennero accusati.
Ha ordinato ed ordina.
1. Cho il 1° Lamio, 2° Alajmo, 5° Scaduto , 6° Mansueto Giuseppe, 7° Te-
sauro, 8° Di Pace, 9'^ Perlongo, come si è disposto per Antonino Scibona , ri-
mangano in carcere per procedersi nel termine piìi breve alia piìi ampia istru-
zione.
2. Cho il 16° Antonino Scuderi, risnltunào dagli atti imputato di altri reati,
della cognizione di tutt'altro giudice, sotto lo stesso modo di custodia, sia messo
a disposiziono del potere ordinario.
3. Che gli altri poi Morici, Visconti, Provata, Mansueto Carmelo, Colajanni,
CXVI APPENDICE
Dominici, Figlia, Zuccardi, Riìlla e Vitale siono rilasciati in libertà provvisio-
nale, ma sotto la vigilanza della Polizia, tranne Riìlla e Vitale.
QUESTIONI DI DRITTO
I.
Qual'è la pena applicabile per legge al misfatto di cui i nominati Gaetano
Scaduto, Michele Alajmo , Antonino Lazzaro, Stefano Miaiw, Salvatore Busso,
Benedetto D'Amico, Gaetano Spina, Giuseppe Pisciotta sono stati dichiarati col-
pevoli ?
Raccolti i voti
LA COMMISSIONE MILITARE
Considerando che la pena dovuta ai suddetti colpevoli ò quella fulminata
dagli articoli 130 e 131 del Codice, parto 2», così concepiti :
Art. 130. Chiunque porti la devastazione , la strage o il saccheggio in i no
0 più Comuni, o contro una classe di persone , è punito colla morte o col se-
condo grado di pubblico esempio.
Art. 131. Chiunque nel caso de' due precedenti articoli prenda parte attiva
negli omicidi, nelle devastazioni o nei saccheggi, è punito colla morte.
Alla unanimità
Ha condannato e condanna Gaetano Scaduto, Michele Alajmo, Antonino Laz-
zaro, Stefano Miano , Salvatore Russo , Benedetto D' Amico , Gaetano Sjyina e
Giuseppe Pisciotta alla peno di morta.
IL
Quarè poi la pena da infliggersi a Giuseppe Cottone, Giacomo Firn'olo, Isi-
doro Cavarret'a, Emmanuele Fiylia, Antonino Costa, Giovanni Costantino e Fi-
lippo Alajmo pel misfatto di cui sono stati dichiarati colpevoli ?
Raccolti i voti
Visti gli articoli sopracitati, e 74 u. 3 e 4, 75, G6, 34, 31 del Codice penale
e 29G del rito penale;
LA COMMISSIONE MILITARE
Ha condannato o condanna :
Giuseppe Cottone alla pena di anni trenta di ferri.
Alla pena di anni voDticinqiio di fiMri :
Giacomo Firriolo,
Isidoro Cavarrettai
APPENDICE CXVn
Antonino Costa,
Giovanni Costantino,
Filippo Alajmo,
Emraanuele Figlia minore ad anni 19 di ferri, da espiarli nel presidio.
Tutti i predetti condannati a pone temporanee , dopo espiata la pena , alla
malleveria di anni tre con sicurtà di ducati 300.
E tutti solidalmente alle spese del giudizio da liquidarsi a favore della Real
Tesoreria.
ORDINA FINALMENTE
Che la condanna di morte pronunziata contro Gaetano Scaduto, Michele A-
lajmo, Antonino Lazzaro, Stefano Miano, Salvatore liusso. Benedetto D'Amico,
Gaetano Spina e Giuseppe Pisciotta si esegua tra il termine improrogabile di
ore ventiquattro nel Villaggio di Abate, ove commisero li misfatti; e che della
presento no siano impresse 300 copie per le stampe por la dovuta pubblicazione.
Il tutto a cura e diligenza del signor Capitano Relatore P. M,
Fatto, giudicato e pubblicato oggi li 20 ottobre 1837, allo ore undici pomeri*
diane in continuazione della pubblica dÌ3CU.osioae.
Firmati :
Ludovico Matina Colonnello Presidente.
Giobbe Romanzi Capitano Giudice.
Francesco Vallejo Capitano Giudice.
Gennaro De Castro Capitano Giudice.
Antonio Albcrtis P Teneote Giudice.
Emmanuelo Meleti 2° Tenente Giudice.
Paolino Nicastri Consigliere Procuratore Generale del Re della Gran Corte
Civile, uomo di legge.
Gaetano Bellini Capitano Relatore P. Ministero.
Francesco D'Avella 2" Sergente, Cancelliere.
Per copia conforme
Il Cancelliere
Francesco D' Avella, 2" sorgente.
Visto
Il Capitano Relatore F. M.
Gaetano Bellini.
Eseguita in Abate il 21 ottobre 1837 alle ore 11 a.m.
Francesco D'Avella, 2" Sergente — Cancelliere.
(Archivio citato).
CXVIlI APPENDICE
DOCUMENTO N. LXVIII.
Sentenze della Commissione Militare di Bagheria
I.
Ferdinando II per la grazia di Dio, Re del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec., Duca di Panna , Piacenza , Castro ce. ec. , Gran
Principe Ereditario di Toscana ec. ec. ec.
Il Consiglio di Guerra di Corpo del 9° di Linea, Puglia, elevato in modo su-
bitaneo in virtù di Ministei-iale del 18 decorso mese, comunicata al signor Co-
lonnello Cav. D. Andrea Maringli per mezzo del signor Generale Comandante
la Colonna Mobile, Cav. D. Roberto De Sauget, che autorizza a giudicare i capi
principali e gl'istigatori degli avvenimenti seguiti in questa Comune di Baghe-
ria li 12 suddetto mese, composto dei signori :
Presidente: D. Gaetano Franchini Maggiore.
Giudici: D. Giovanni Battista Cardini Capitano. — D. Nicpla Hayer Capitano.
— Cav. D. Pietro Virgilio Capitano. — D. Giovan Battista Mori 1" Tenente. —
D. Domenico Zecca 1° Tenente. — D. Luigi Tipaldi 2" Tenente. — D. Giovanni
Cortada 2° Tenente,
D. Demetrio Andruzzi Alfiere, Commissario del R. Tesoro,
Cancelliere: Ladislao Luisi 2° Sergente,
Si è riunito nel locale di questo Regio Giudicato Circondariale por giudi-
care gl'imputati Giuseppe La Corte, Ciro Spanò, Antonino Palladino, Leonardo
Maggiore, Pietro Tripoli, Gioacchino Morreale, Girolamo Cangelosi e Salvatore
Scisi, accusati di aver portata la devastazione, la strage, il saccheggio in questa
Comune e di aver presa parte attiva negli omicidi , devastazioni e saccheggi
anzidetti.
Inteso il rapporto del Commissario del R. Tesoro dell'informazione presa a
carico dei detti accusati,
Veduti gli estratti di morte sul conto di Giorgio e Luigi Caltagirone , An-
tonio Lo Gallo, Cosimo Incalsela, Bartolomeo La Corte, Carmelo Ficano d* 0-
nofrio, Antonio Lo Modico, Leonardo Montano, inteso Fontana, rei liquidati in
processo dei misfatti summentovati.
Attesoché i medesimi sono morti di cholcra durante la rapida istruzione
compilata dal Giudico Regio Supplente di questo Circondario a richiesta del Ge-
nerale D. liobcrto Do Sauget, Comandante summontovato,
Il Consiglio dichiara proliminarmonto di non trovar luogo a deliberare su
di loro conto.
Inteso quindi il modosimo Comniiusariu del li. Tesoro nello orali conclusioni
contro i roi prosenti in giudizio, non che gli accusati ed i loro difensori;
APPENDICE CXIX
Il Presidente, dietro il riassunto della causa, La proposto distintamente la
quistiono di reitii contro ciascuno degli accusati.
IL CONSIGLIO DI GUERRA
Considerando essere risultati dalla pubblica discussione i seguenti fatti:
1. Che sviluppatosi in Palermo il morbo asiatico, il quale da lungo tempo
desolato avoa gran parte dulia bolla Italia, non tardò il malo d*invad<^.re la flo-
rida Comune di Bagberia con casi ancor crescenti. Si sparsero ivi quindi, comò
altrove, lo false o ridicolo dicerio di propinazione di veleno da parte dei gentiluo-
mini, apecialmeute contro il popolo, e la tremenda verità di tanti morti di ogni
classe ebbe forza a distruggere idee tanto basso, aliznentato da pochissimi mali
intenzionati. Corse in seguito voce che ordinavausi trame da persone di plebe
per assassinare i detti galantuomini. Difatti nel dopopranzo del 12 del sudetto
mese una banda di mali intenzionati si riunì nel vigneto di Furnari , avendo
per mezzo di alcuni di loro compagni indotto artifiziosamente il popolo ad u-
scire le immagini dei Santi in processione per la comune, e con suono di cam-
pane a stormo, acciocché vi fosse gran concorso od attirar facilmente gran nu-
mero di compagni, che secondati li avessero nel di loro abominevole disegno.
Entrata poscia quella calca di gente, die' principio agli assassini con trucidare
il chirurgo D. Carlo Scavotto e i di lui fratelli D. Francesco e D. Vincenzo
ed Onofrio Ventimiglia che li accompagnava nell'atto che si allontanavano per
giusto concepito timore. Indi con altri due omicidi commessi nelle persone di
Cosmo Gattuso e Salvatore Madonia sparsero un generalo allarme.
Il disordine , la confusione e lo spavento ben tosto subentrarono nel po-
polo, che abbandonate le sacre immagini andò a chiudersi nella rispettivo case.
Fatto già notte assalirono i malfattori la caserma doUa Gendarmeria Reale,
che disarmarono, sforzarono le prigioni e liberarono i detenuti, atterrarono porte,
danneggiarono farmacie, ruppero lastre di molte case a colpi d' arma a fuoco,
frugarono mercerie per trovarne polvere e palle, disarmarono fin nelle di loro
caso varie persone, ricercarono gentiluomini per ucciderli e dati finalmente alle
fiamme gli atti degli archivi dei notari D. Andrea Castronovo e D. Giuseppe
Mancuso, verso le ore sei so ne fuggirono insultando gli abitanti di codardi e
vili per non avelli voluto seguire.
2. Che tra tali individui che si armarono e commisero eccessi furono rico-
nosciuti i suddetti Giuseppe Autonino La Corto, Ciro Spanò, Antonino Paladino,
tra coloro che assistirono scieniemonte i nominati Pietro Tripoli e Leonardo
Maggiore.
3. Non restò chiarito se Gioacchino Morreale e Girolamo Cangelosi presero
parte attiva in detti misfatti.
4. Che fatti preponderanti non potoronj stabilire di avere Salvatore Scirò
CXX APPENDICE
istigato con segni il popolo alla strage, che all'incontro furono interpretati come
innocenti e naturali i segui anzidetti
A voti uniformi ha dichiaralo
Constare che Giuseppe Antonino La Corte, Ciro Spanò e Antonino Paladino
sieno colpevoli di aver portato la devastazione, la strage, il saccheggio contro
una classe di persone in Bagheria loro patria , il dopopranzo sera e notte del
12 al 13 luglio 1837, prendendo parte attiva in detti misfatti.
Constare che Leonardo Maggiore e Pietro Tripoli sieno colpevoli di aver
assistito scientemente le suddette ed altre persone nei suddetti reati e di avere
istigati gli altri agli eccessi.
Non constare abbastaza che Gioachino Morrcalc e Girolamo Cangolosi ab-
biano preso parte attiva sui detti reati.
Constare che Salvatore Scirè non sia reo di avere istigato il popolo alla
strage.
Fatte le dichiarazioni suddette, il presidente ha interpellato il Consiglio sulla
sorte dei suddetti prevenuti.
IL CONSIGLIO DI GUERRA
Veduti gli articoli 130, 131, 74 , 184 e 75 del Codice Penale , 29G e 297
della Procedura delle dotte leggi, 20G dello S. P. M , adottando i medesimi con
l'uniformità di sopra, condanna Giuseppe La Coite, Ciro Spanò ed Antonino Pa-
ladino alhi pena di morte ai termini dei dotti articoli 130 e 131 del Codice Pe-
nale del Regno da eseguirsi nel corso di cinque ore alla fucilazione.
Condanna inoltre Leonardo Maggiore e Pietro Tripoli al massimo del terzo
grado dei ferri in anni ventiquattro per ciascheduno e tutti solidariamentc allo
speso del giudizio da liquidarsi.
Ordina una più ampia istruzione sommaria a carico di Gioachino Morroalo
e Girolamo Cangolosi por provaro la di loro parte sui mentovati misfatti , ri-
manendo sotto custodia in carcere.
Finalmente ordina che Salvatore Scirè sia posto in istato di libertà assoluta.
Riserba i dritti alle parti leso per consecuzione dei danni ed interessi in-
nanti chi e corno di ragiono, o l'aziona al Commissario del Ilo di tradurrò in
giudizio gli altri autori ed istigatori dei misfatti summontovati'.
Fatto e deciso in continuazione del dibattimento, oggi li G agosto 1837, alle
ore sci italiane.
// Commissario del Ji« Il Cancelliere
Demetrio Amobuzzi, AlGero. Ladislao Luise, 2° Sorgente.
Visto Visto
// Brigadiere Comandante la Valle II Presidente del Consiglio
ViAL. Gaetano Franchini, Maggioro.
APPENDICE CXXI
Fevdincntdo II 2^er la grazia di Dio lìe del Regno delie due Sicilie, dì
Gerumlemme ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec. Gran l'i in-
cide ereditario di Toscana ec. ec. ce.
Il Consiglio di tìuerra di Corpo del 9° Reggimento di Linea, Puglia, elevato
in modo subitaneo in virtù di Ministeriale del 16 luglio ultimo, comunicata dal
signor Cav. Colonnello D. Andrea Maringli, per mezzo del signor Generalo Co-
mandante la Colonna Mobile Cav. D. Roberto De Sauget, che autorizza a giu-
dicare i capi principali ed istigatori primi dogli avvenimenti seguiti in questa
Comune di Bagheria, composto dri signori :
Frcsidente : D. Gaetano Franchini Maggiore
Giudici: D. Giovanni Battista Cardini Capitino. — D. Nicola Hayer Capi-
tano.—Cav. D. Pietro Virgilio Capitano.— D. Giovan Battista Mori 1" Tenente.
— D. Domenico Zecca 1" Tenente. — D. Luigi Tipaldi 2" Tenente.— D. Giovanni
Cortada 2" Tenente;
D. Demetrio Andruzzi Alfiere, Commissario del Re,
Canceìlieve: Ladislao Luisi 2" Sergente,
Riunito nel locale di questo Regio Giudicato Circondariale per giudicare gli
imputati Andrea Blando, Antonino Tripoli, Francesco Sciortino, Emmanuele Tri-
poli, Michelangelo Todaro, Giovanni Di Salvo, Carlo Tinirello, Ignazio Basilo,
Francesco Giammanchi, Aurelio D'Amico, Pasquale Albanese. Gasparo Passa-
rello. Giovambattista Biancorosso, Antonino Giamuìarcsi ed Antonino D'Amico
arrestati quali colpevoli degli avvenimenti anzidetti.
Esaminata l'Istruzione giudiziaria raccolta dal supplente Giudice Circonda-
riale di questa, non che l'informazione sommaria presa dal Consiglio nei giorni
9 e 10 corrente;
Inteso il rapporto del Commissario del Re, col quale ha accusato i nominati
Giovan Battista Biancorosso, figlio del fu Giuseppe da Bagheria, di anni 28, cal-
zolaio ivi domiciliato;
Antonino Giammaresi di Carlo, pure da Bagheria, di anni 23, carapagnuolo
ivi domiciliato;
Antonino D'Amico di Diego, anche da Bagheria, di anni 24 , campagnuolo
ivi domiciliato ; cioò i primi due come autori ed istigatori primi , di sediziosi
avvenimenti del d^tto giorno 12 decorso mese, previsti gli articoli 130 o 131
Codice Penalo del Regno ; ed esso di Giammarresi inoltre di aver pure presa
parte attiva nei disordini riprodotti il dì 16 di esso mese, come misfatti man-
cati nel senso di mentovati articoli, e dell'articolo 132 Codice citato. Il 3" cioè
Antonio D'Amico corno istigatore primo di detti mancanti misfatti, giusta il ci-
tato articolo 132, ed articolo 74 N. 2" dello stesso codice, chiedendo che su
di loro conto proceda come di dritto, a mento delle sue attribuzioni e che per
Arch. Star. Sic. N. S. Anno XV. 10
CXXII APPENDICE
gli altri individui Andrea Blando, Antonino Tripoli, Emanuele Tripoli, France-
sco Sciortino, Michelangelo Todaro, Giovanni Di Salvo, Carlo Tinnirello, Igna-
zio Basile, Francesco Giammarresi, Aurelio D'Amico, Pasquale Albanese, Ga-
spare Passarelli, apparendo dagli atti anz/detti di non poter risultare né Capi.
De istigatori primi della rivolta, dichiarare preliminarmente l'incompetenza del
Consiglio, ed inviarli ai termini della Ministeriale 10 agosto corrente innanzi
la Commissione militare di Palermo;
• IL CONSIGLIO
Veduta la dotta Ministeriale a lui prodotta per organo del Presidente, adot-
tando la requisitoria, ritiene la competenza riguardo a' summentovati Giovanni
Battista Biancorosso, Antonino Giaramaresi ed Antonino D' Amico; rinvia gli
altri imputati Andrea Blando, Antonino Tripoli , Emanuele Tripoli , Francesco
Sciortino , Michelangelo Todaro, Giovanni Di Salvo , Carlo Tinnirello , Ignazio
Basile, Francesco GiammaresI, Aurelio D'Amico, Pasquale Albanesi e Gasparo
Fassarello innanti la Commissione Militare di Palermo per esservi giudicati
come di regola.
Il Consiglio di Guerra , in seguito discussa la causa a carico do' mentovati
Biancorosso, Giammarresi e D' Amico, intesi i testimoni colle forme di rito e
letti i documenti necessari;
Inteso il mentovato Commissario del Re nello sue orali conclusioni , collo
quali ha sostenuto di essere convinti i suddetti Biancorosso, Giammarosi , cioè
il primo di avere istigato il popolo alla rivolta, nella quale ebbero luogo omi-
cidi, incendi! e saccheggi, ed il 2" di essere tra i capi della niodcsinia o di a-
vcrla parimente provocata e punirsi quindi con le pene segnate negli art. 130,
131; 132, 74 N. 2°, 75 delle Leggi Penali, ed allo spese di giudizio e di non
Costare Agostino D'Amico essere colpevole do' mentovati reati e rimettersi alla
detta Commissione;
Inteso in ultimo luogo il difensore degli imputati ne' mezzi di difesa;
II Presidente, dietro il riassunto della causa, ha proposta la quistione: Sono
eglino colpevoli gl'imputati anzidetti, Giovanni Battista Biancorosso ed Antonino
Giammaresi dei reati summentovati a danno dell' ordino pubblico o di diversi
eittadini ?
Consta che il suddetto Antonino D' Amico non sia colpevole de' reati mc-
deaiini?
IL CONSIGLIO DI GUERRA
A maggioranza dì voti dichiara costare che Giovan Battista Biancorosso abbia
•MÌstito e facilitato recontomcnto gli autori dogli incendi , saccheggi avvenuti
in liaghuriu li 12 luglio 1837.
^)on conataro abbastanza che Antonino Giampiiiresi sia colncvolo di avcf
apfeadice cxxm
provocato i detti reati, e presavi parto attiva, constaro che Antonino D'Amico
non sia colpevole di avere provocato il popolo a commetterò i suddetti misfatti
mancati nella mattina del IO suddetto mese di lilglio.
Constare però di avere esso con voci e conclamazioni violato 1' ordino di
polizia del 25 giugno decorso.
Risoluta in tal modo la quistione di fatto sulla reità del suddetto Giovanni
Battista Biancorosso, il presidente ha interpellato il Consiglio con qual pena
debha esso punirsi o qual debba essere il destino di Antonino Giammarrosi e di
Antonino D'Amico?
Il Cmsiglio di Guerra veduti gli articoli 130, 131, 132, 74, 75, 55 della
legge penale;
A voti uniformi condanna Giovanni Battista Biancorosso alla pena del maxi-
mum del 3^ grado di ferri con anni ventiquattro ed allo spese di giudizio da
liquidarsi.
A maggioranza di voti ordina che si prenda una piìi ampia informazione a
carico di Antonino Giammarrosi, rimindato in carcere od incarica il Commissaiio
del Re di mettere in opera i mezzi di investigazioni, onde provare l'insussistenza
della coartata addotta da costui e tutt'altre prove per meglio chiarire la verità.
Ordina finalmente con l'uniformità di sopra che Antonino D'Amico pei mi-
sfatti anzidetti si.v posto in libertà assoluta, rimettendosi però alla polizia per
le contravvenzioni dell'adunanza del 25 giugno ultimo.
Fatto, deciso e pubblicato all'udicnzi in continuazione del dibattimento pre-
sente il Commissario del Re, il condannato e gli altri congiudicati, oggi li 12
agosto 1837, alle ore 22 italiane.
Visto
// Cancelliere II Commissario del Re
Ladislao Luist, 2° Sergculo Demetrio Andruzzi AlQere
Visto
// Brigadiere Comandante la Valle e Piazza
VlAL.
III.
Ferdinando II per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme, ec. Duca di Panna, Piacenza, Castro ec. ec. Gran Prin-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
Il Consiglio di Guerra del 9° di Linea, Puglia, elevato in modo subitaneo,
composto dei signori :
Presidente. D. Gaetano Tranchina Maggiore.
Giudici: D. Giovanni Battista Cardini Capitano.— D. Nicola Hayer Capitano.
CXXIV APPESfitCE
— D. Pietro Virgilio Capitano. — D. Giovanni Battista Mon l"' Sorgente— D. Do-
menico Lecca P Sergente. — D. Luigi Tipaldi 2" Tenente. — D. Giovanni Costada
2» Tenente.
D. Demetrio Andruzzi Alfiere, Commissario del Re.
Cani'.elliere: Ladislao Luisi 2° Sergente.
Riuniti noi Giudicato Regio circondariale del Comune di Baghoria por giu-
dicare Pietro Campagna, Carmelo Tripoli, Stefano Provenzano, Ferdinando Sca-
duto, Francesco Paolo Gargano, Silvestre Caltagirone, Serafino Albanese, Orazio
Foresta , Pietro Lo Dico , Francesco Lo Chiello , Giuseppe Lavoro , Francoìco
Restivo, Gioacchino D'Amaro, Giuseppe Sciortino, Carmelo Gambino, Salvatore
Belvedere , Michele Sciortino , Giuseppe Antonio Caltagirone e Domenico La
Bianca, imputati, cioè i primi cinque, Piotro Campagna, Carmelo Tripoli, Ste-
fano Provenzino, Ferdinando Scaduto e Francesco Paolo Gargano, di aver presa
parte attiva negli avvenimenti dei giorni dodici e sedici dolio scorso mese di
luglio, Silvestre Caltagirone di aver fatta visita domiciliare per ricercare veleno,
Serafino Albanese di aver invocata vendetta dall'Altissimo contro i creduti av-
velenatori, Orazio Foresta, Francesco Chiello e Pietro Lo Dico d'aver insultato
D. Paoli Scavotto , fratelli degli uccisi Scavotto Don Carlo, D. Francesco e
D. "Vincenzo; Giuseppe Lavoro qual detentore di una nota di supposti avvele-
natori, che dalla plebe dovevano uccidersi, Gioachino D'Amaro, Giuseppe Scior-
tino, Carmelo Gambino, Salvatore Belvedere, Michele Scioltine , Giuseppe An-
tonio Caltagirone e Domenico La Bianca sospetti di aver prosa parto negli av-
venimenti citati, non che gli altri trenta individui d' arrestarsi giusto il nota-
mciito da noi al signor Generale ufficialmente trasmesso;
Inteso il Commissario del He nella sua requisitoria e visti gli atti ammaniti
dal Giudice Regio, supplente di questo circondario, non che l'informaziono som-
maria raccolta dal Consiglio, gl'interrogatori e costituti fatti agi' imputati giu-
dicati e da giudicarsi, come ancora le prove consaciate nei due processi ver-
bali di dibattimento dei giorni sei e dodici corrente mes^';
Veduta la Ministeriale del dieci corrente , colla quale delucidando quella
comunicata al signor Presidente in data dei quattro andante cho il Real
Governo dichiara giurisdizione dei Consigli di Guerra subitanei, essa ò circo-
scritta a punire soltanto i capi ed istigatori primi delle rivolte, ai termini degìi
articoli 130, 131 e 132 dello leggi penali e tutti gli altri imputati rimettersi
debbonsi alla Commissiono Militare di Palermo;
Atteso cho dagli atti ribulta che i nominati Carmelo Tripoli , Stefano Pro-
venzano, Fcrdinanc*o Scaduto, Francesco Paolo Gargano hanno presa parto at-
tiva ai Biiccheggi, devastazioni avvenuti il dopo pranzo, sera e notte dui dodici
u l'ultimo in consimili avvenimenti del giorno siedici luglio ora scorso;
Riguardo a ^'ietro Canipugua , ributtando d'avere assistito allo uscito dello
baro dei Pianti , fatto cho porterebbe alla complicitìi dei reati avvenuti nella
ArPE>;DlCK CJtXV
giornata dei dodici, essendosi con tal mezzo eccitata la rivolta là dove venga
a provarsi d'aver egli agito con dolo;
In quanto ai nominati Francesco Rostivo, Orazio Foresta e Francesco Chielto
risultando le loro imputazioni da una mera assertiva di D. Paolo Scavotto,
parte ofTesa, espressa nella dichiarazione di lai , la quale nel corpo delle pub-
bliche discussioni è stata riconosciuta in parte non corrispondente al vero, che
inoltre pei medesimi, non trattandosi di altro che di avere minacciato lo Sca-
votto, sempre da lui solo assistito qual uno dei supposti avvelenatori, fatto che
non cade sotto la sanziona degli art. 130, 131, 132 codice citato;
Per Giuseppe Lavore, risultando parimenti la sua imputazione da una consi-
mile questione di Notar Castronovo, parte querelante, per udito diro di maestro
Antonino Di Carlo;
Che quindi riguardo a Serafino Albanese , risultando altresì da una asser-
tiva di detto Nctar Castronovo di aver esso solamente invocata vendetta dal-
l'Altissimo contro i pretesi avvelenatori, assertiva spogliata da qualunque ap-
poggio di testimoni!;
Che riguardo a Silvestre Caltagirone, apparendo solamente di aver assistito
ad una visita domiciliare per ricerca di veleno fatta sulla casa di Giuseppe
Manfrè , fatto che non incontra le dispos'zioni degli art. anzidetti 130, 131 ,
dello leggi penali;
In riguardo a Gioacchino D'Amaro, Carmelo Garabino , Giuseppe Sciortino,
Giuseppe Antonio Caltagirone e Do;!'.enÌ4o La Bianca non risultano colpiti di
ninna prova, argomento o iud.zio al di loro conto, non ostante essorsi inter-
pellato il giudico supplente del circondario;
Inteso il citato commissario dol Re;
11 Consiglio di guerra, dietro le questioni proposte dal Presidente, ha di-
chiarato la propria incompetenza sul conto dei nominati Pietro Campagna,
Carmelo Tripoli, Stefano Provenzauo, Ferdinando Scaduto e Francesca Paolo
Gargano, od ha disposto che fossero inviati alla Commissione Militare di Pa-
lermo per procedere contro di esìi a mente delle suo attribuzioni.
Rinvia parimenti il nominato Silvestre Caltagirone alla polizia di Palermo
per aver violata l'ordinanza di polizia emanata nel 20 giugno corrente.
Rimette alla polizia locale Serafino Albanese per liquidare la violazione
dell'ordinanza suddetta.
Essendo risultato a parità di voti che Giuseppe Lavore rimettersi dovca
alla Commissione Militare di Palermo, o a libertà assoluta, gli si è applicata la
più mito, giusta la prescrizione della legge penale e dolio Statuto Militare.
Paronienti ha deciso che Francesco Restivo, Orazio Foresta, Pietro Lo Dico
e Francesco Chiollo siono posti in libertà assoluta per difetto di prove.
Inteso il ripetuto Commissario del Ro , che non ha trovato luogo a proce-
dimento per conto dei nominali Gioacchino D'Amaro, Carmelo Gambino, Giù-
seppe Sciortino, Salvatore Belvedere, Michele Sciortino, Giuseppe Antonia Cdl-
tagironc e Donicuico La Bianca.
IL CONSIGLIO di GUERRA
Ha deciso che fossero messi ia libertà assoluta.
Fatto e chiuso il giorno 21 agosto 1837 allo oro IG italiane.
Ter copia conforme Visto
Il Cancelliere II Commissario del He
Ladislao Luisi, 2° sergente. Demetrio Andbuzzi, Alfiere.
Visto
Il Brigadiere Comandatile la Wille
ViAL (1).
(Archivio ciUtf).
DOCUMENTO N. LXIX.
Sentenze dpxla Commissione Militare di Carini.
Ferdinando II per la grazia di Dio Ite del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ce. ec. Gran Prin-
cipe Ereditario di Toscana ec. ce. ec.
Il Consiglio di Guerra di Corpo dell'S" di Linea, Reggimento Calabria, com-
posto, per ordino del sigiior Cav. D. Orazio Atramblò, Colonnello Comandante il
suddetto Reggimento e la colonna mobilo di Carini, dei signori D. Gennaro Sa-
lemi Presidente, Capitani D. Salvatore Pucci, D. Sigismondo Spedicati e Don
IlaiTaelc Saatorelli , Don Nicola Carini e Don Filippo Palomba giudici , primi
Tenenti Don Leandro Curioni o D. Egidio Pucci, secondi Tenenti Don Luigi
Ponza do Leon, Commissario del Ke, assistiti dal caporale Giovanni Torrenteros,
Cancelliere, convocato per procedere in modo subitaneo a carico degl'imputati
assenti e presenti, secondo il notamente qui appresso, che commisero ribelLoni,
omicidi, saccheggi ed incendi, non che il criminoso impiego dello armi di S. M.
(D. G.) ad alcuni di essi affidato, reati avvenuti il giorno dodici dell'ora scorso
luglio nel Comune di Capace e sue dipendenze.
PRESENTI
1. Vincenzo Cardinale del fu Gioacchino da Capace.— 2. Antonino Bruno di
Bernardo, id.— 8. Benedetto Bruno dol fu Antoni.-o, id. — 4. Benedetto Bruno
(1) Seguono altro Mntonzo cbo {Hirtano riHjiottivaincnto In diU del 2, 7 o 2S utUciubro, 7, 10
• 17 «Uobr*; wnH/UU» elio non pubblichiamo pur amor <li brvviU.
APPENDICE CXXVII
di Benedetto, id. — 5, Pietro Romeo di Gaspare, Isola dello femine, id. —
6. Erasmo Cardinale del fu Vincenzo, id. — 7. Francesco Bruno di Antonio, id.
— 8. Giuseppe di Mercurio del fu Bernardo, id. — 9. Erasmo Bologna del fu Ste-
fano da Capace. — 10. Francesco Cardinale, alias Ciccio Bianco di Salvatore,
id. — 11. Francesco Cardinale, alias deW Occhio, del fu Erasmo, id. — 12. Giu-
seppe Rappa di Erasmo, id. — 14. Erasmo Troia di Pietro, iJ. — 15. Bartolomeo
Battaglia di Bernardo, id. — 16. Fr.\ncesco Rizzo di Francesco, id. — 17. Mario
Bruno di Antonino, id. — 17. Pietro Armanni di Erasmo, Isola delle Fo-
mine, — 19. Antonino Vassallo di Benedetto, da C.ipace. — 20. Barto'omeo Ca-
taldo di Erasmo, id. — 21. Paolo Billeci di Giuseppe, id. — 22. Bartolo Siine del
fu Salvatore, id. — 23. Giusejipe Siino del fu Piitro, id. — 24. Pietro Siine di Giu-
seppe, id. — 25. Rosa Enea, alias Pecora, del fu Rocco, id. — 26. Francesco Enea
del fu Pietro, id. — 27. Francesco Siino di Erasmo, id. — 28. Erasmo Puccio di
Giuseppe, id — 29. Pietro Rizzo del fu Salvatore, id. — 30. Girolamo Scalia del
fu Antonino, id. — 31. Girolamo L-attaglia di Rosario, id. — 32. Vincenzo Intra-
vaja di Giuseppe, id. — 33. Rosario Cos*anzo dui fu Angelo, id. — 34. Erasmo
Longo di Vincenzo, id. — 35. Vincenzo Troja di Nereo, id. — 36. Andrea Troja
di Erasmo, id. — 37. Erasmo Riccobuono di Antonino, id. — 38. Giuseppe Troja
del fu Antonio, id. — 39. Bornardo Cataldo del fu Bernardo, id. — 40. Stefano
Provenza del fu Autonio, id. — 41. Francesco Troja di Andrea, id. — 42. Antonino
Troja di Pietro, id. — 43. Vincenzo Longo di Erasmo, iJ. — 44. Francesco Croco
di Giuseppe, id. — 45. Michele Giaunono di Giuseppe, id. — 46. Giuseppe Gian-
nono di Michele, id. — 47. Michele Intravaia di Giuseppe, id. — 48. Pietro Troja
di Giuseppe, id. — 49. Erasmo Enea di Pietro, id. — 50. Francesco Billeci di An-
tonino, id. — 51. Sebastiano Siino del fu Giuseppe, id. — 52. Gioachino Troja di
M. Giuseppe, id. — 53. Simone Cardinale di Giuseppe, id. — 54. Nunzio La Fata
di Battista, da Carini. — 55. Gaetano Anneto di Vincenzo, id. — 56. Pietro Fer-
ranti di Croce, id. — 57. Vito Passalacqua del fu Vincenza, id. — 58. Girolamo
Scalici di Pietro, da Capace. — 59. Antonino Riccobuono di Antonino. — 60- Fran-
cesco Anello del fu Antonino , da Carini. — 61. Erasmo Giannone Totaro di
Rocco, da Capace. — G2. Erasmo Troja di Angelo, id. — 63. Pietro Cataldo di Be-
nedetto, id. — 64. Giuseppe Cataldo di Pietro, id. — 65. Vincenzo Battaglia del
fu Giuseppe, id. — 66. Pasquale Noto del fu Salvatore, da Paleirao. — 67. Gia-
como Guglia del fu Giovan Battista, id. — 68. Giovanni Mancuso del fu Giu-
seppe, id. — 69. Domenico Briganglia del fu Giuseppe, id. — 70. Agostino San-
sone di Filippo, id. — 71. Salvatore Milano del fa Gaetano, id. — 72. Giovan Bat-
tista Di Marco del fu Filippo, id. — 73. Sebastiano Siino di Erasmo, da Capace.
— 74. Erasmo Siino di Sebastiano, id. — 75. Erasmo Di Majo di Filippo, id. —
76. Filippo Di Majo di Erasmo, id. — 77. Giuseppe Macaluso di Francesco, id.
— 78. Giovanni Mancuso, alias Mozzo del Cento, di Giovanni, da Palermo. —
79. I]rasn(}o Riccobuono, alias Zaccagini, del fu Antonino, da Capace. — 80, Ma^
CXXVIII APPENDICE
stro Antonio Troja di M. rietj'o, di Capace. — 81. Erasmo Rizzo di Francesco, id. —
82. Salvatore Cicce del fu Giuseppe, id. — 83. Giuseppe Siino di Sebastiano, id.
—84. Pietro Siino di Sebastiano, id. — 85. Paolo Di Mercurio di Domenico, id.
ASSENTI
1. Eramo Ferranti Podicchio. — 2. Antonino Crivelli. — 3. Antonio Crivelli
inteso Mayìiiareìll, di Cesare. — 4. Erasmo RiccoLuono Nuddo — 5. Pasquale
Strazzeri // Trapani. — G. Pietro Cardinale. — 7. Francesco De Maio 3/«;i»?crt. —
8. Francesco Fcrr.inti di Cesare. — 9. Pietro De Majo del fu Salvatore. — I . E-
rasmo Crivelli di Giuseppe. — 11. Domenico De Mercurio di Erasmo. — 12. Sal-
vatore Cardinale Albandla di Vincenzo. — 13. Antonino di Mercurio. — 14. Gio-
vanni Dominici. — 15. Giuseppe Rice. buono Nuddo. — IG. Fiancesco Rizzo. —
17. Rizzo Giuseppe, inteso ForcelUizzo, di Erasmo. — 18. Franco Macaluso. —
19. Giovanni Riccobuoco Chiuihiorul di P^ra.smo. — 20. .intonino Intravaja Bui-
lotloìa. — 21. Francesco Costanz). — 22. Angelo Costanzo, intoso Testazza. —
23. Erasmo Rappa Carluso del fu Giuseppe. — 24. Salvatore Gianiinona. — 25,
Pietro Giammona. — 26. Vincenzo Giaramona Totaro. — 27. Francoscn Enea re.ora
28. Erasmo Fontana. — 29. Giovanni Costa lìnrano. — 30. Ciro Ginmmona Imhuc-
capalU del fu Pittro. — 31. Erasmo T.ongo di Giusto e di M. La Petra. — 32. An-
tonino Intravaia Ballotfohi. — 33. Francesco Rizzo Chicchiaro di Rosario. — 34.
Vincenzo Siino di Erasmo. — 35. Giuseppe Parterino Chniiinò. — 30. Francesco
De Mercurio Verrhìn. — 37. Giuseppe Enea del fu Rocco. — 38. Antonino Franco
di Antonio. — 39. Domenico Taorinina dil fu Rosario. — 40 Erasmo Cataldo
Jìusso. — 41. Antonino Riccobuono. — 42. Erasmo Giammona del fu Pietro. —
43. Angelo Russo. — 44. Francoaco Russo di .'angelo. — 45. Ciro Giammona
riscitello. — 4G. Giuseppe Rappa del fu Salvatore. — 47. Pietro Do Majo Manuzza.
—48. Francesco Riccobuono del fu Erasmo. — 49. Erasmo Riccobuono di Fran-
cesco.— 50. Rosario Gianr.nonii, da Termini. — 51. Francesco Giammona di lio-
sario. — 52. Francesco Rizzo Penalità del fu Glusoeppe. — 53. Giusej)pe Giam-
mossa II Macelhi.
Inteso il Commissario del Re nello suo conclusioni, non che particolurmento
gli accusati od i loro difensori;
Il precidente, dietro il riassunto d.'lla cama, li:i proposto lo quistioni.
QUISTIONE di FATTO
Vra ì nominati individui presenti sono colpevoli di reati di ribellioni , o-
micidii, sncclieggi, incendi!, non elio di criminoso impiego dello armi di S. M ,
(D. G.) ad alcuni di essi affidate, corno ha pn;po3to il Commissario dui Ro
nello suo conclusiuni, cioè che nove di ossi siano rei priocipali, o per venti-
quattro non costa abbastanza In complicità, cuni!<id.>r.indo canore risultato dalla
ttubblicM discusH'uno il sogucnl?
APPENDICE OXXnC
FATTO
Il giorno dodici luglio 1800 trentasette un numero di facinorosi dell'Isola
delle Femmine e di Capaci, parte armati di fucili e sciabole, si portarono alla
Tonnara ed uniti ai marinai del Lento in crocerà, N- 87, montarono a viva
forza sul bordo, tolsero il cannone, fucili, sciabole, munizioni ed attrezzi ne-
cessarii al servizio del pezzo, e levati in massa si condussero a portare lo spa-
vento, la strage, il saccheggio, l'incendio nel Comune di Capaci suddetto : ivi
fucilarono tre della famiglia Enea, blanda nel modo di vivere ed esatta nell'os-
servanza delle leggi ; gl'impieghi Regi e Comunali erano in parte affidati ai
componenti di ossa. Uccisero, seviziandone i cadaveri, gl'infelici Cracolici, sac-
cheggiarono, incendiarono e devastarono quanto nella casa di essi esisteva , fo'
rendo anche un innocente fanciullo, o calpestando i principii e della religione
e della umanità, portarono le sacrileghe mani sul ministro degli altari, bene-
ficiale Don Vincenzo Cracolici. Due vittime della famiglia Puccio, Ufficiali sani-
tarii che davano le loro assidue cure per la salute del proprio paese, caddero
sotto i colpi di queir orda assassina ; la stessa sorte ebbero D. Giovanni Ma-
caluso e Giuseppe Rizzo, infine tutti i mezzi per suscitare completa una rivo-
luzione, furono praticati, e le armi del Re, (N. S.) rivolte ad uso criminoso, si
fecero servire da garanti in quella orrorosa tragica scena.
Sazii finalmente degli orrori commessi, gli ammutinati si dileguarono, e la
mattina seguente, ma ben tardi, il cannone e i suoi attrezzi furono ricondotti
al lento, donde erano stati presi ed i marinai rivoltosi restituironsi al loro posto.
Considerando che i latitanti, piìi che i rimanenti, davano argomento di
reità, che viene confessata dalle deposizioni dei testimonii e dagli interroga-
torii degli imputati medesimi ;
Considerando che omicidii, incendii, saccheggi o ribellioni hanno portato
la desolazione in un Comune, e contro la classe delle persone civili , quindi
portata la guerra civile tra gli abitanti di una stessa popolazione;
Considerando che i rivoltosi, dopo aver proditoriamente ed in complotto di-
sarmato il lento Numero 87, impiegando le armi Reali ad uso criminoso, sino
a portare la rivolta in Capaci, ove vollero cambiare le Autorità Comunali, e
quindi sconvolgere nelle stesse sciagure i Comuni vicini;
Il Consiglio di Guerra, dietro la quistione proposta dal presidente, ad una-
nimità di voti ed uniformandosi alle conclusioni del P. M., dichiara che costa
essere i nominati Erasmo Cardinale del fu Vincenzo, Francesco Rizzo di Fran-
cesco, Giovanni Battista Di Marco del fu Filippo, Salvatore Milano del fu Gae-
tano, Giacomo Guglia del fu Giuseppe, Antonino Riccobono di Antonino, Giuseppe
Macaluso del fu Francesco, Erasmo Riccobono del fu Antonino, ed Erasmo
Giammona di Rocco per agnome Totaro, colpevoli del reato di devastazione,
strage, saccheggi ed impiego criminoso dell'armi di S. M. il Re (N. S.)
Arch, Stor. Sic. N. S. Anno XV. 17
CXXX APPENDICE
Ha parimenti il consiglio deciso aUa stessa unanimità che non costa abba-
stanza che siano colpevoli dei suddetti reati Francesco Bruno di Antonino, Giusep-
pe Di Mercurio del fu Bernardo, Erasmo Bologna del fu Alfano, Francesco Car-
dinale di Salvatore, alias Bianco, Francesco Cardinale del fu Erasmo, alias del
Cecchio, Antonino Rappa di Erasmo, Marco Bruno di Antonino, Pietro Ar-
manni di Erasmo, Rosa Enea Pecora di Rocco, Vincenzo Intravaja di Giuseppe,
Pasquale Noto del fu Sebastiano, Giovanni Mancuso del fu Giuseppe, Dome-
nico Brigaglia del fu Girolamo, Agostino Sansone di Filippo, Sebastiano Siino
di Erasmo, Erasmo Siino di Sebastiano, Paolo Di Mercurio di Domenico, Antonino
Bruno di Benedetto, Benedetto Bruno di Benedetto, M.stro Erasmo Troja di
Pietro, Antonino Vassallo di Benedetto, Bartolomeo Siino di Sebastiano, Erasmo
Rizzo di Francesco e Benedetto del fu Antonino. Colla stessa unanimità e con-
formemente alle conclusioni del Commissario del Re costa che ne siano col-
pevoli.
1. Vincenzo Cardinale del fu Giuseppe, da Capaci. — 2. Pietro Romeo di
Giuseppe id. — 3. Giuseppe Rappa di Erasmo, id. — 4. Bartolo Battaglia di
Rocco, id. — 5. Bartolomeo Cataldo di Erasmo, id- — 6, Paolo Billeci di Giu-
»»eppe, id. — 7. Giuseppe Siino del fu Paolo, id. — 8. Pietro Siino di Giuseppe,
id. — 9. Francesco Enea del fu Pietro, id. — 10. Francesco Siino di Erasmo,
id. — 11. Erasmo Puccio di Giuseppe, id. — 12. Pietro Rizzo del fu Salvatore,
id. — 13. Girolamo Scalici del fu Antonino, id. — 14. Girolamo Battaglia di Ro-
sario, id. — 15. Michele Intravaja di Giuseppe, id. — 16. Rosario Costanzo del
fu Angelo, id. — 17. Erasmo Longo del fu Vincenzo, id. — 18. Vincenzo Troja
di Nereo, id. — 19. Andrea Troja del fu Erasmo, id. — 20. Erasmo Riccobono
di Antonino, id. — 21 Giuseppe Troja del fu Antonino, id. — 22. Bernardo Ca-
taldo del fu Bernardo, id. — 23. Stefano Provenza di Antonino, id. — 24. Fran-
cesco Troja di Andrea, id. — 25. Antonino Troja di Pietro, id. — 27. Vincenzo
Longo di Erasmo, id. — 27. Francesco Croce di Giuseppe, id. — 28. Michele
Giammona di Giuseppe, id. — 29. Giuseppe Giammooa di Matteo, id. — 30. Pie-
tro Troja di Giuseppe, id. — 31. Erasmo Enea di Pietro, id. — 3.2. Francesco
Billeci di Antonino, id. — 33. Sebastiano Siino del fu Ciro, id. — 34. Gioacchino
Troja di M. Giuseppe, id. — 35. Simone Cardinale di Giovanni, id. — 3G. Nun-
zio La Fata di Battista da Carini — 37. Gaetano Amato di Vincenzo, id. — 38.
Pietro Ferranti di Croce, id. — 39. Vito Passalacqua del fu Vincenzo, id. —
40. Girolamo Scalici di Pietro, id. — 41. Francesco Anello del fu Antonino, da
C«pac«. — 42. Erasmo Troja di Angelo. Id. — 43. Pietro Cataldo di licrnardo,
id. — 4i. Giuseppe Cataldo di Pietro, id. — 45. Vincenzo Battaglia del fu Vin-
cenzo, id. — 46. Erasmo Do Majo di Filippo, id. — 47. Filippo Di Majo di E-
ranno, id. — 48. Giovanni Macaluso, Mozzo del Leuto, id. — 49. Maestro Anto-
nino Troja di Maestro Pietro, id. ■— 50. Salvatore Croco di Girolamo, id. — 5L
Giu«epp« Siino di Sobastiano, id. — 52. Pietro Siino di Sebastiano.
APPENDICE CXXXl
II Consiglio meilesiino, uniformandosi alle conclusioni del Commissario del
Re , ed alla stessa unanimità , ha dichiarato che costa che siano colpevoli di
reati di cui s'imputano tutti gli individui as::enti appresi nel succitato notamento.
Fatta la dichiarazione di reità, il presidente ha interpellato il Consiglio colla
seguente
QUISTIONE DI DRITTO
È applicabile per nove colpevoli presenti, e ciìiquantatre assenti la pena ca-
pitale proposta dal Commissario del Re nelle sue conclusioni?
Visti gli articoli 129, 130 e 131 LL. PP.;
Considerando che gl'indicati assenti hanno tutti preso parto attiva nella de-
vastazione, omicidi, incendi o saccheggi avvenuti in Capaci il giorno dodici lu-
glio 1837;
Considerando che sono risultati rei degli stessi misfatti i nove individui pre-
senti al giudizio;
Considerando che al di più dei sudetti reati si sono macchiati anche di quello
di rivoluziono ad uso criminoso, usando il cannone e le altre armi Regio d«-I
Leuto N. 87 in crociera;
Il Consiglio di Guerra alla unanimità di voti e conformemente alla requi-
sitoria del Commissario del Re , ha dichiarato doversi applicare la pena dello
stosso P. M., quindi ha condannato e condanna Erasmo Cardinale del fu Vin-
cenzo dell'Isola delle Femmine, Francesco Rizzo di Francesco da Capaci, Gio-
van Battista Di Marco del fu Filippo da Palermo, Salvatore Milano del fu Gae-
tano da Palermo , Giacomo Guglia del fu Giovan Battista da Palermo , Anto-
nino Riccobono di Antonino da Capaci , Giuseppe Macaluso di Francesco da
Capaci, Erasmo Riccobono di Antonino , alias Nasca , da Capaci ed Erasmo
Giammona di Rocco, alias Totnro, da Capaci , alla pena di morte da espiarsi
colla fucilazione intra il termine di tre ore dopo lotta ai condannati la presente
sentenza.
Ha parimenti condannato alla pena capitalo da vcrifìcarsi nello stesso modo
i colpevoli
ASSENTI
1. Erasmo Ferrante Forticchio di Cesare. — 2. Antonino Crivelli. — 3. An-
tonio Crivelli, alias Marinarelli.—i. Erasmo Riccobuono Naddo. — 5. Pasquale
Strarzera Tntpanise.—6. Pietro Cardinale. — 7. Francesco Di Majo Maiitizza.—
8. Francesco Ferranti di Cesare — 9. Pietro Di Majo del fu Salvatore. — 10. K-
rasmo Crivelli di Giuseppe. — li. Domenico Di Mercurio di Erasmo. — 12. Sal-
vatore Cardinale Ahanella di Vincenzo. — 13. Antonino Di' Mercurio. — 14. Gio-
vanni Dominici. — 15. Oiujeppc Riccobono Nudilo, — IG. Francesco Rizzo. —
17. Giuseppe Rizzo, alias rorcelluzso, di Erasmo. — 18. Franco Macaluso.—
P.TTTTT APPENDICE
19. Giovanni Riccobono Chianchiarelli di Erasmo. — 20. Antonino Intravaja
Ballottola. — 21. Francesco Costanzo. — 22. Angelo Costanzo, alias Testazza. —
23. Erasmo Rappa Cartaso del fu Giuseppe. — 24. Salvatore Giaramona Tataro.
— 25. Pietro Giaramona Tataro. — 26. Vincenzo Giammona. — 27. Francesco
Enea Pecora. — 28. Erasmo Fontana. — 29. Giovanni Costa Bavano. — 30. Ciro
Giammona Untacapala del fu Pietro. — 31. Erasmo Longo di Giuseppe e M. La
Pietra. — 32. Antonino Intravaja Ballottola. — 33. Francesco Rizzo Chiachiaro
di Rosario. — 34. Vincenzo Siino di Erasmo. — 35. Giuseppe Partonico Climmo. —
36. Francesco Di Mercurio Verrina. — 37. Giuseppe Enea del fu Rocco. — 38. An-
tonino Tramo di Antonino. — 39. Domenico Taormina del fu Rosario. — 40. Era-
smo Cataldo Russo. — 41. Antonino Riccobono. — 42. Erasmo Giammona del fu
Pietro. — 43. Angelo Russo. — 44. Francesco Russo. — 45. Ciro Giammona Pisci-
tello. — 46. Giuseppe Rappa di Salvatore. — 47. Pietro Di Majo Manuzza. —
48. Francesco Riccobono di Erasmo. — 49. Erasmo Riccobono di Francesco.—
50. Rosario Giammona. — 51. Francesco Giammona di Rosario. — 52. Francesco
Rizzo del fu Giuseppe Penanch. — 53. Giuseppe Giammona II macul.
Alla stessa unanimità di voti ed uniformemente alle conclusioni del Rela-
tore, ha dichiarato che non costa abbastanza che i seguenti individui sinno col-
pevoli di reati che gli s'imputano e quindi ha ordinato che
1. Francesco Bruno di Antonino, da Capaci. — 2. Giuseppe di Mercurio del fu
Ucn'^detto, id. — 3. Erasmo Bologna del fu Stefano, id. — 4. Francesco Cardinale
Ciuco Bianco di Salvatore, id. — 5. Francesco Cardinale dell' Occhio del fu Era-
smo, id. — 6. Antonino Rappa di Erasmo, id. — 7. Marco Bruno di Antonino, id.
— 8. Pietro Murania di Erasmo, id. — 9. Rosa Enea Pecora di Rocco, id. —
10. Vincenzo Intravaja di Giuseppe, id. — 11. Pasquale Noto del fu Stefano, da
Palermo. — 12. Giovanni Mancuso del fu Giuseppe, id. — 13. Domenico Briga-
lisi del fu Girolamo, id. — 14. Agostino Sansone di Filippo, id. — 15. Sebastiano
Siino di Erasmo, da Capaci. — 16. Erasmo Siino di Sebastiano, id. — 17. Paolo Di
Mercurio di Domenico, id. — 18. Antonino Bruno di Bernardo, id.— 19. Benedetto
Bruno di Benedetto, id. — 20. Benedetto Bruno del fu Antonino, id. — 21. Mae-
stro P>asmo Troja di Pietro, id. — 22. Antonino Vassallo di Benedetto, id. — 23.
Bartolo Siino di Sebastiano, id.— 24. Erasmo Rizzo di Francesco, id.
Siano rimessi al tribunale ordinario per esservi regolarmente giudicati , o
poiché per i rimanenti imputati è risultato non esservi luogo a procedimento
penale, il Consiglio alla stessa unanimitìi di voti e conformemente alla requisi-
toria del Commissario del Re, ha ordinato che siano subito messi in libertà.
Le speso del giudizio da liquidarsi in favore del Regio Erario.
Fatta e pubblicata in continuazione del dibattimento dal suddetto Consiglio
di Ouerra oggi li duo agobtu 1837 , allo oro 10 pomeridiano nel Coniunu di
Carini.
Firmato: Gennaro Salenti Maggiore, Presidonto— Salvatore Pucci Capitano,
APPENDICE oirsin
Giudice — Sigismondo Spedicati Capitano, Giudice — Raffaele Santorelli Capitano,
Giudice— Leandro Curione 1° Tenente, Giudice — Egidio Pucci 1" Tenente, Giu-
dice— Nicola Carris 2" Tenente, Giudice— Filippo Palomba, 2° Tenente. Giudice
— Luigi Ponz De Leon 1" Tenente, Commissario del Re — Giovanni Torrenteros
Caporale, Cancelliere.
// Commissario del R» Il Cancelliere
Luigi Ponz De Leon, 1° Tenente Giovanni Torrenteros, Caporale
Visto
Il Brigadiere Comandante la Valle
VlAL.
IL
Ferdinando II ^>er la grazia di Dio, Re del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec, Duca di Parma , Piacenza , Castro ec. ec. , Gran
Principe Ereditario di Toscana ec, ec. ec.
Il Consiglio di Guerra di corpo dell' 8" di Linea, Reggimento di Calabria,
composto, per ordine del signor Colonnello Cavaliere Don Orazio Atramblò, Co-
mandante il suddetto Reggimento , e la colonna mobile di Carini, dei signori
Cavaliere Don Gaetano lovane, Maggiore Presidente, Capitani D. Pietro Milon,
Don Salvatore Pucci e Don Raffaele Renna, 1" Tenente D. Arcangelo Di Mar-
tino, secondi Tenenti Don Raffaele De Majo e Don Giovanni D'Argemonti, Al-
fiere D. Vincenzo De Vico, Giudice Commissario del Re, 1" Tenente Don Luigi
Ponz De Leon ff. da P. M. , assistiti dal 2° Sergente Angelo Danneo Cancel-
liere, convocato per procedere in modo subitaneo a carico di Pietro Rìzjk) Pe-
nanca di Giuseppe , Rosalia Giammone in Bruno , Francesco Enea del fu Be-
nedetto, Giuseppe Battaglia del fu Francesco , Erasmo Longo del fu Giusto,
Simone Cardinale di Giacomo , Giulio Cardinale di Giacomo , Maria Puccio in
Mutolo, Vito Guastella del fu Nicola, Francesco Croce di Mastro Giuseppe,
Pietro De Majo del fu Salvatore, Bartolomeo Troja del fu Antonino alias Riun,
ed Antonio Crivelli del fu Antonino, imputati di ribellioni , omicidi, incendi e
saccheggi, reati avvenuti i giorni dodici e tredici luglio 1837 in Capaci.
Inteso il Cammissario del Re nelle sue orali conclusioni, non che gli accu-
sati ed i loro difensori in tutti i mezzi di difesa addotti per estendere la col-
pabilità;
II Presidente, dietro il riassunto della causa, ha proposto la seguente
QUISTIONE DI FATTO
Costa i nominati Pietro De Majo fu Salvatore, Antonino Crivelli del fu An-
tonino , Giulio Cardinale di Giacomo , Francesco Enea fu Benedetto , Erasmo
CXXXIV APPBNDIOB
Longo fu Giusto, Simone Cardinale di Giacomo, Vito Guastella del fu Nicola,
Maria Puccio in Mutolo, Bartolomeo Troja del fu Antonino, Giuseppe Battaglia
del fu Francesco, Francesco Croce di Maestro Giuseppe, Rosalia Giammone in
Bruno e Pietro Rizzo Penanca di Giuseppe sieno colpevoli di misfatti, di ribel-
lioni, omicidi, incendii e saccheggi avvenuti il giorno dodici luglio in Capaci?
1. Considerando che le ribellioni , omicidi , saccheggi ed incendi suddetti
hanno portato la desolazione in un Comune contro la classe delle persone ci-
vili, e quindi eccitata la Guerra Civile contro gli abitanti di una stossa popo-
lazione;
2. Considerando che Pietro De Majo del fu Salvatore figurò da capo ecci-
tatore la rivolta nel disarmo ed incendi suindicati, ov'egli particolarmente si di-
stinse per la credultà e la rapina;
3. Considerando che Antonio Crivelli del fu Antonino, armato di fucile, fu
uno dei primi ad unirsi coi capi rivoluzionari, figurò costantemente in tutti i
criminosi avvenimenti di quel giorno, e che pertossi alla testa di altri ammu-
tinati in casa dell'Arciprete dello stesso Comune, obbligandolo colla forza a fir-
mare la dichiarazione di essersi rinvenuto il veleno nelle famiglie civili, già sac-
cheggiate, incendiate e distrutte;
4. Considerando che Giulio Cardinale di Giacomo , Francesco Enea fu Be-
nedetto, Erasmo Longo fu Giusto , Simone Cardinale di Giacomo e Vito Gua-
stella fu Nicola, imputati dei reati medesimi, per la brevità del tempo, e forma
di giustizia non si sono potuti approfondire o fissare particolari gradi di col-
pabilità;
5. Considerando che por Maria Puccio in Mutolo, Bartolomeo Troja del fu
Antonio, Giuseppe Battaglia del fu Francesco, Francesco Croce di Maestro Giu-
seppe, Rosalia Giammona in Bruno e Pietro Rizzo Penanca di Giuseppe, in tutto
il corso del dibattimento non si è trovato a carico loro colpabilità veruna;
Il Consiglio di Guerra por le suddette considerazioni dichiara ad unanimità
di voti colpevoli dei reati su espressi Pietro De Majo fu Salvatore ed Antonio
Crivelli del fu Antonino alla maggioranza di voti di sei sopra duo , colpevoli
dei medesimi misfatti;
Dichiara per Giulio Cardinale di Giacomo, Francesco Enea fa Benedetto, K-
rasmo Longo fu Giusto, Simone Cardinale di Giacomo o Vito Guastella fu Ni-
cola non costn abbastanza la di loro colpabilità;
K che per Maria Puccio in Mutolo, Bartolomeo Troja del fu Antonio, Giu-
seppe Battaglia del fu Francesco , Francesco Croce di Maestro Giuseppe , Ro-
salia Giammona in Bruno e Pietro Rizzo Penanca di (ìiuseppo costa che non
BÌsno colpevoli.
Fatta la dichiarazione di reità, il Presidente ha interpellato il Consiglio colla
pruttentu quÌHtiune di dritto:
È spplicahilo por Pietro Do Majo fu Salvatore, Antonio Crivelli del fu An-
tonino la pena di morie proposta dal Commissario del Re nello sue conclusioni?
APPENDICE OXZZV
Per Giallo Cardinale di Giacomo , Francesco Enea fu Benedetto , Erasmo
Longo fu Giusto , Simone Cardinale di Giacomo e Vito Guastella fu Nicola,
debbono, giusta la conclusione del Pubblico Ministero, essere rimessi al Tribu^
naie competente por più ampia istruzione, e finalmente pei rimanenti Maria Puc-
cio in Mutolo, Bartolomeo Troja del fu Antonio, Giuseppe Battaglia del fu Fran-
cesco, Francesco Croce di Mastro Giuseppe, Rosalia Giammona in Bruno e Pietro
Rizzo Penanca del fu Giuseppe, per i quali costa che non siano colpevoli, deb-
bono uniformemente alle conclusioni del Commissario del Re essere posti in li-
bertà?
Visti gli articoli 129, 130 e 131 Leggi Penali:
Il Consiglio di Guerra ad unanimità di voti ha condannato e condanna Pie-
tro De Majo del fu Salvatore e Antonio Crivelli del fu Antonino alias Naso
alla pena di morte da espiarsi colla fucilazione nel Comune di Capaci, ove ac-
caddero i misfatti suddetti;
Ha ordinato che Giulio Cardinale di Giacomo, Francesco Enea fu Benedetto,
Erasmo Longo fu Giusto , Simone Cardinale di Giacomo e Vito Guastella fu
Nicola sieno rimessi alla Commissione Militare di Palermo per essere piìi esat-
tamente approfondite le imputazioni di cui sono gravati;
Ed alla stessa unanimità di voti e conformi^mente alle conclusioni del Pub-
blico Ministero ha ordinato che Maria Puccio in Mutolo, Bartolomeo Troja del
fu Antonio, Giuseppe Battaglia del fu Francesco , Francesco Cioco di Maestro
Giuseppe, Rosalia (ìiammona in Bruno, Pietro Rizzo Penanca di Giuseppe siano
subito messi in liberti\.
Le spese del giudizio a carico dei condannati debbono liquidarsi in favore
della Reale Tesoreria.
Fatto, chiuso e pubblicato in continuazione del dibattimento del suddetto
Consiglio di Guerra subitaneo, oggi il l" settembre 1837, alle ore nove pomeri-
diane nel Comune di Carini. — Seguono le firme.
Gaetano levane Maggioro Presidente — Pietro Milon Capitano — Salvatore
Pucci Capitano— Raffaele Renna Capitano — Arcangelo Do Martino 1° Tenente
— Raffaele De Majo 2" Tenente— Giovanni D'Argemonti 2° Tenente — Vincenzo
De Vico Alfiere — Luigi Ponz De Leon 1° Tenente, Commissario del Re, sotto
ff. di P. M. — Angelo Danneo 2" Sergente, Cancelliere.
Per copia conforme all'originale Visto
// Cancelliere II Commissario del Re
Angelo Danneo, 2" Sergente. Luigi Ponz db Leon, 1» Tenente.
Visto
^^ Il Brigadiere Comandante la Valle
VlAL.
CXXXVI APPENDICE
III
Ferdinando li per la grazia di Dio Re del Regno delle de Sicilie, di
Gerusalemme ecc. Duca di Parma, Piacenza, Castro ecc. Gran Prin-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
Il Consiglio di Guerra di Corpo dell' 8° di linea, Reggimento Calabria,
composto per ordine del signor Colonnello Cav. Don Orazio Atramblè, Coman-
dante il sudetto corpo, e la colonna mobile di Carini, dei signori Cav. D. Gae-
tano levane Maggiore Presidente — capitani D. Pietro Milon, D. Segismondo
Spedicati e D. Giuseppe Musso, — primi Tenenti D. Egidio Pucci e D. France-
sco Presti, secondo Tenente D. Antonino Rinaldi; alfiere , D. Giuseppe Fusco
giudici, commessario del Re capitano D. Luigi Ponz de Leon colle funzioni
di P. M., assistiti dal 2° sergente Angelo Danneo cancelliere, convocato per
procedere in modo subitaneo a carico degli imputati presenti Francesco Taor-
mina Lupo di Vincenzo , Francesco Cataldo alias Rucchidda del fu Giuseppe,
Giuseppe Gagliotta fu Gerolamo, Vincenzo Marciano di Carlo, Salvatore Mar-
ciano di Carlo, Leonardo Minni fu Antonino, Vincenzo Lo Cascio alias Lesi-
neUa del fu Pietro, Giuseppe Musso fu Ambrogio. Angelo Mannino alias Rao-'
chiddu del fu Giovanni, Pietro Cataldo Rucchiddu di Vincenzo, Vincenzo Taormina
Lupo fu Francesco, Pietro Bozzetta fra diavolo fu Pietro, Salvatore Arusa, A-
gostino Arusa figli di Gervaso, Giovan Battista Chianti di Antonio, Francesco
Cucuzza di Domenico, Domenico Giambanco Turco fu Francesco , Croco Maz-
zamuto fu Gaspare, Antonio Marciano di Carlo, Benedetto Leto fu Francesco,
Vincenzo Randazzo alias Budorone di Rosario, Gaspare Merentino di Pietro,
Antonino Aglio Ferrante alias Passulidda fu Vincenzo , Girolamo fu Giovanni
e Giovanni Finazza fu Carlo, ed assenti Salvatore Cataldo alias Rucahiddu di
Vincenzo, Stefano Fileccia Ceruglione, Pieti-o Iacono Morso e Giovanni Arusa
di GcTvatfo, imputati come capi ed istigatori della rivolta avvenuta il giorno
16 luglio 1837 in Carini.
inteso il commessario del Re nelle sue orali conclusioni, nonchò gli accu-
sati ed i loro difensori in tutti i mezzi di difesa addotti per escludere la col-
pabilità;
n presidente dietro il riassunto della causa, ha proposto le seguenti
QUISTIONl DI FATTO
Costa che i nominati Francesco Taormina Lupo di Vincenzo , Salvatore
Cataldo Rucchiddu di Vincenzo, Vincenzo Citaldo Rucchiddu fu Giuseppe,
Ginseppe Cagliotta fu Girolamo, Vincenzo Marciano di Carlo, Salvatore Mar-
ciano di Carlo, Leonardo Menni di fu Antonio, Vincenzo Lo Cascio alias Ren-
ndta del fu Pietro, Giuseppe Muso fu Ambrogio, Angelo Mannino alias Ruc-
APPENDICE CXXXVII
chiddu fu Giovanni, Pietro Cataldo Rucchiddu di Vincenzo, Vincenzo Taor-
mina Lupo fu Francesco , Pietro Bozzstta t\'a diavolo fu Pietro, Salvatore
Arusa, Agostino Arusa di Gervaso e Stefano Plescii Cicigliono, Giovanni Bat-
tista Glandi di Antonio, Francesco Cucujza di Domenico , Domenico Giani-
banco Turco fu Francesco , Croco Mazzanento fu Gaspare, Salvatore Marciano di
Carlo, Pietro Iacono Morso, Benedetto Leto fu Francesco, Vincenzo Randazzo
di Rosario, Gaspare Merendino di Pietro, Giovanni Anisa di Gervaso, Antonio
Aglio Fenandi alias Passulidda fu Vincenzo, Girolamo Finazza fu Giovanni,
Giovanni Finazza fu Carlo siano colpevoli di capi ed istigatori alla rivolta 16
luglio avvenuta in Carini ?
1° Considerando che Salvatore Cataldo cdlas lìucchiddu fu uno dei capi che
si armò o induceva gli altri ad armarsi per eccitare la guerra civile tra gli abi-
tanti di una stessa popolazione;
2° Considerando che istigatore primo, unito a Giuseppe Giambanco aliaa
Comito, cospirò contro 1' ordine pubblico, vita e sostanza di una classe di pei-
sone;
3" Considerando che diede con effetto esecuzione ai suoi criminosi progotti
che per la fermezza della forza pubblica rimase misfatto mancato;
Il Consiglio di Guerra uniformemento alla requisitoria del P. M. dichiara
che sia Salvatore Cataldo alias Rucchiddu, assente, roo di capo ed istigatore alla
rivolta.
Considerando che Francesco Taormina Lupo di Vincenzo, Salvatore Mar-
ciano di Carlo , Vincenzo Marciano di Carlo , Gaspare Merendino di Pietro,
Francesco Cucuzza di Domenico, Pietro Cataldo Rucchiddu di Vincenzo, Leo-
nardo Minni del fu Antonio, Angelo Mannino Rucchiddu fu Giovanni e Gio-
vanni Battista Chianti di Antonio, imputati dei reati medesimi, per la brevità
del tempo e forma di giudizio , non si sono potuti approfondire e fissare i
particolari gradi di colpabilità;
Considerando che Vincenzo Cataldo Rucchiddu di fu Giuseppe, Gagliotta
fu Girolamo, Vincenzo lo Cascio Rcsinella fu Pietro, Vincenzo Taormina Lupo
fu Francesco, Pietro Bozzetta Fra diavolo fu Pietro, Salvatore Arusa, Agostino
Arusa e Giovanni Arusa figli di Gervaso, Stefano Filcccia Ciciglione , Pietio
Iacono Morso , Benedetto Leto fu Francesco, Vincenzo Randazzo Budorone di
Rosario, Antonino Aglio Ferrante alias passuliddu fu Vincenzo, Girolamo Fi-
nazza fu Giovanni, Giovanni Finazza fu Carlo, Croce Mazzamuto fu Gaspare,
Giuseppe Musso fu Ambrogio, Domenico Giambruno Turco fu Francesco e An-
tonino Marciano di Carlo in tutto il corso del dibattimento non si è trovato a
loro carico colpabilità veruna;
11 Consiglio di Guerra dichiara alla maggioranza di voti cinque sopra tre
pei sunnominati Francesco Taormina Lupo di Vincenzo, Salvatore Marciano di
Carlo, Vincenzo di Marciano di Carlo, Gasparo Merendino di Pietro, Francesco Cu-
Arch. Stor. Sic. N. S. Aimo XV, \^
cxxxviii Arrc^JDicE
cnzzn di Domenico, Pietro Cataldo lìncch'aldu di Vincenzo, Leonardo Minni del
fu Antonio, Angelo Mannino lìacchkìdu fu Giovanni e Giovan Battista Chianti
di Antonio, non costa abbastanza che siano colpevoli;
Dichiara inoltre che per i rimanenti costa che non siano colpevoli.
Fatta la dichiarazione di reità , il Presidente ha interpellato il consiglio
colla seguente
QUISTIONE DI DRITTO
È applicabile per Salvatore Cataldo alias Rucchiddu di Vincenzo la pena
di morte proposta dal Commissario del Re nelle sue conclusioni ?
Francesco Taormina Lupo di Vincenzo , Salvatore Marciano di Carlo,
Vincenzo Marciano di Cai io, Gasparo Merendino di Pietro, Francesco Cucuzza
di Domenico, Pietro Cataldo lìucchiddn di Vincenzo , Leonardo Minili del fu
Antonio, Angelo Mannino Rucchiddu fu Giovanni e Giovan Battista Chianti
fu Antonio debbono giustii le conclusioni del P. M essere rimessi alla com-
missione militare per più amplia istruzione?
E finalmente i rimanenti per i quali costa che non sieno colpevoli debbono
uniformemente allo conclusioni del Commissario del Re essere posti in li-
bertà ?
Visti gli articoli 129, 130 e 131 LL. PP.
Il Consiglio di Guerra all'unanimità di voti ha condannato e condanna Sal-
vatore Cataldo alias lìucchiddu di Vincenzo , assente, alla pena di morte da
espiarsi colla fucilazione.
Ed alla maggioranza di cinque voti sopra tre ha ordinato che Francesco
Taoi-mina Lupo di Vincenzo, Salvatore Marciano di Carlo, Vincenzo Marciano
di Carlo, Gasparo Merendino di Pietro, Francesco Cucuzza di Domenico, Pietro
Cataldo Rucchiddu di Vincenzo, Leonardo Minni fu Antonio, Angelo Mannino
Rucchiddu fu Giovanni e Giovan Battista Chianti di Antonio, sieno rimessi
alla commissiono militare in Palermo, perdio pronunzi sul grado di colpabilità
ad essi imputabile.
All'unanimità di voti e conformemente alla conclusione del P. M. ha ordi-
nato che Vincenzo Cataldo Rucchiddu fu Giuseppe, Giuseppe Gagliotta fu Gi-
rolamo, Vincenzo Lo Cascio Resinella del fu Pietro, Vincenzo Taormina Lupo
fu Francesco, Pietro Bazzotta Ffa diavolo fu Pietro, Salvatore Arusa, Agostino
Arusa o Giovanni Arusa figli di Gervaso, Stefano Filoccia Cicigliono, Pietro
Iacono Morso, Benedetto Leto fu Francesco. Vincenzo Randazzo Budorono di
Koaarìo, Antonio Aglio Ferrante alias Vassnliddu fu Vincenzo , Girolamo Fi-
nazza fu Giovanni, Giovanni Finazza fu Carlo, Croco Mazzamuto fu Gaspare,
Giuseppe Musso fu Ambrogio, Domenico Giambanco Turco fu Francesco od
Antonio Marciano di Carlo sieno subito mossi in libertà.
|iO anoso del prcoooto giudizio da liquidarsi in favore della Rea] '^osorepa,
AH'EÌfblÒfi CiJXXlJt
Fatto, chiuso o pubblicato in continuazione del dibattimento del suddetto
Consiglio di Guerra subitaneo, og;^i li 15 settembre 1837 alle ore duo pomeri-
diane—Seguono lo fumo: Gaetano lovene Mag. Presidente — Pietro Milon Ca-
pitano Giudice — Sigismondo Spedicati Capitano Giudice — Giuseppe Musso Ca-
pitano Giudice — l'Egidio Pucci primo Tenente Giudice — Francesco Presti primo
Tenente Giudice — Giuseppe Fusco Alfiere Giudice — Luigi Ponz do Leon Ca-
pitano Commissario del ile coìlc iì. di P. M. — Angolo Daunco 2" Sergente Can-
celliere.
Per copia conformo nll'originalc Visto
Il Cancelliere II Cominessario del Re
Angelo Danneo, 'i' Sergente Luigi Ponz de Leon
Visto
li Brigadiere di campo Comandante la Valle
ViAL
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. LXX.
Sentenza della Commissione Militaiìe di Misilmeki
Ferdinando 11 per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ce. Duca di Parma, Piacenza, Castro ce. ec. Gran Piin-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
TI Consiglio di Guerra di Corpo del 7" Reggimento di Linea Napoli, elevato
in modo subitaneo dietro superiore autorizzazione, convocato dal signor Cav. D.
Raffaele Del Giudice, Colonnello Comandante il Reggimento e la Colonna Mo-
bile, composto dei signori :
l'residente : Maggioro D. Domenico Do Zolada.
Giudici: Capitano D. Agostino Del Carte.— Capitano D. Casimiro Drago.—
1» Tenente D. Francesco Nunziante. — 2" Tenente D. Francesco Plunghot. —
2» Sergente Vincenzo Lomellin.— Soldato Raflaele Rotondo. —Soldato Vittorio
Amodeo.
Relatore: Cav. D. Cesare Schettini, Tenente Commissario del Re.
Cancelliere: Antonio Sciarrone, Sergente.
Si è riunito nel localo detto la Casina Cortegiani, sita nel largo della piazza
per giudicare i nominati :
1. Paolo Badalameuti, figlio di Giovanni e di Rosa Normanno, di anni 25 da
Palermo, domiciliato iu Misilmcri, zagarellaro.
CXL APPENDICE
2. Giovan Battista Buonoiiio, figlio del fu Pietro e di Rachela Frornli di
anni 45, di Misiiracri, possidente.
3. Gaetano Perrone figlio del fu Mariano e di Anna Scliitnmonti di anni 20
di Misilmeri, campagnuolo.
4. Natale Bocchiaro figlio del fu Filippo e di Maria Dai di anni 25 di Mi-
silmeri, facchino.
5. Francesco Benantc figlio del fu Onofrio e di Maria Laponaia di anni 25
di Marineo, domiciliato in Misilmeri, trafficante.
6. Giuseppe Giusto Giordano figlio del fu Domenico e di Lucia Merentino
di anni 3S di Misilmeri, campagnuolo.
7. Francesco Corrente figlio del fu Gaspare e della fu Rosalia Misciratti
di anni 40 di Misilmeri, carrettiere.
8. Pietro Sciarabba figlio di Gasparo e di Anna di Palermo, di anni 34 di
Misilmeri, piccolo possidente.
9- Isidoro Araodeo Maggiore, figlio del fu Angelo e di Anna Pirrella di anni 32
di Misilmeri, bracciale.
10. Giuseppe De Dado figlio del fu Giovanni e fu Lconarda Orlando di
anni 20 di Misilmeri, bracciale.
11. Francesco Lo Bove figlio di Gaetano e di Vincenza Mojola di anni 17
di Misilmeri, macellaio.
12. Giuseppe Terranova figlio di Giuseppe e della fu Rosalia Sciarrino di
anni 20 di Misilmeri, carrettiere.
13. Paolino Sindana figlio del fu Vincenzo e di Giuseppa Lara di anni 20
di Misilmeri, spadalaro.
14. Antonio Lepanto figlio di Placido o della fu Rosa Fiduci di anni 19 di
Misilmeri, maniscalco.
15. Francesco Raffa figlio del fu Alvaro o fu Agata Romeo di anni 25 di
Misilmeri, possidente.
16. Filippa La Rosa di Vincenzo di Pisa di anni 29 di Misilmeri, mendica.
IMPUTATI
Di aperta ribellione, di omicidi, saccheggi, devastazioni, incendi e sevizie ed
altri reati commessi in Misilmeri a danno dello autoritìv comunali o molti pa-
cifici cittadini, avvenuti nei dì 13, 14 e 15 luglio corrente.
Letti gli atti creduti necessari in dibattimento; discusse le pruovc tanto a
carico che a discarico;
Inteso il Commissario del Re, relatore, elio ha chiesto dichiararsi colpevoli
i nominati Paolo Hadalamcnti o Pietro Sciarabba per avere preso parto attiva
con i capi rivoltosi nei mihfatti e delitti sopra espressi , e che in forza dogli
articoli di giii rubricati 129, 130 o 131 LL. PP. siono condannati alla pena di
morte da csi'guirtti colla fucilazione;
APPENDICE OLXI
Che si dichiarino colpevoli di complicità non necessaria i nominati Natale
Bocchiaro , Isidoro Aniodeo Maggioro e Battista Bonomo, e che sieao condan-
nati ai quarto grado dei ferri in forza dell'art. 75, nel terzo e quarto caso del-
l'art. 74 delle stesse leggi;
Che si dichiarino colpevoli di complicità di minor grado i nominati Giuseppe
Di Dado , Francesco Lo Bovo e Francesco Raffa , e che siono puniti in forza
dell'art. 132 al 2° grado dei ferri;
Che si considerino colpevoli di modici furti commessi in simili circostanze
i nominati Giuseppe Giusto Giordano e Antonio Lepanto da rimettersi al giu-
dico ordinario per essere giudicati;
Infine da considerarsi non colpevoli i nominati Gaetano Perrone, Francesco
Corrente, Giuseppe Terranova , Paolino Sindona e Filippa La Rosa , moglie di
Vincenzo Di Pisa, non essendovi pruovc a di loro carico;
Rimanendo aperto il giudizio pel nominato Francesco Benante por ossero
stato colpito, pendente il presente gi udizio, dal colera morbus, e i condannati alle
spose del giudizio a favore del Regio Erario;
Intesi i difensori, e gl'imputati che in ultimo haimo avuto la parola;
Il Presidente, dopo riassunta la causa o ridottala a stretti punti, ha proposto
ed elevato le seguenti quistioai :
PRIMA QUISTIONE DI FATTO
Consta che i nominati Paolo Badalamenti o Pietro Sciarabba siano essi col-
pevoli di aver presa parte attiva, eoa i capi rivoltosi di Misilmori, negli omi-
cidi , saccheggi , devastazioBi ed incendi commessi a danno di molte autorità
comunali e pacifici cittadini; come ha chiesto il Commissario del Re pubblico
ministero nelle sue orali conclusioni .^
SECONDA QUISTIONE
Consta che i nominali Natale Bocchiaro , Isidoro Amedeo Maggiore, Bat-
tista Bonanno, Giuseppe De Dado, Francesco Lo Bove e Francesco Raffa sieno
colpevoli di complicità nei misfatti ia questione, e i nominati Giuseppe Giusto
Giordano ed Antonio Lepanto, colpevoli di modici furti, come li ha classificati
il Commissario del Re Relatore ?
TERZA QUISTIONE
Debbansi considerare non colpevoli i nominati Gaetano Perrone, Francesco
Corrente , Giuseppe Terranuova , Paolino Sindona e Filippa La Rosa di Pisa;
giusto quanto ha chiesto il pubblico ministero ?
Il Consiglio di Guerra, considerando che dagli atti raccolti e discussi in di-
battimento sono derivati i seiiueuti
ClLtI Ai'PES* fateti
FATTI
Non fu elio la sera del 13 luglio corronto clic scoppiò ha tcrribilo e ::icdi-
tata congiura clic erasi ordita dalla feccia del popolo di Misilm ri contro lo
aut-orita comuiali, gontiluomiiii o proprist^Kii del comune.
L'indagamo l'origino non è difficile. Lo opinioni erano due, l'una della gente
credula e dabbene, era quella dol supposto veleno e disarmo che davasi a ero-
dere: l'altra dei bricconi e malintenzionati di ucciderò tutte le autorità che li te-
nevano a freno o di appropiiarsi dello costoro sostanze, corno infatti successo.
La calca sediziosa entrata sull'imbrunire della sera di quel dì, diveniva ad
ogni istante più numerosa.
L'allarme fu generale: la piccola forza urbana, tre gendarmi e pochi buoni
cittadini furono sopraffatti nei primi scontri.
Un messo spedito dal Rogio Giudico in Vilhxbate , ondo chiedere soccorso,
venne ucciso dai sediziosi, divenuti vieppiù audaci per aver superato il primo
affronto, assalgono la casa del barone Furitano: ivi erano riparati il Regio Giu-
dice e famiglia, pochi urbani, tre gendarmi o, col Baroncino Furitano, capo ur-
bano, opposero valida resistenza ed i sediziosi furono respinti.
Inaspriti di non esser riusciti in questa pugna, attaccane da ogni parto il
paese, uccidono la moglie di D. Antoniuo Torchiani e la casa messa a sacco
ed incendio: lo stesso avvenne a quella di Bollitticri, Mosca e di Mariuno Leone.
Aggiornò il funesto d"i 14, replicano l'assalto alla casa del barone Furitano,
uccidono il regio Giadice o moglie, D. Vincenza Liura, D. Domenico Moralda,
Francesco Dell'Orto e moglie, ed un gendarme: infine saccheggiano ed incen-
diano interamente quel vasto e ricco edificio.
Fu in questo crudele macello che il bavonello Furitano si troncò la vita
con un colpo di pistola per non cadere nelle mani dei rivoltosi: il Itaronc Pa-
dre, per miracolo, scampò da quoH'cccidio.
Non sazii ancora di tanto innocente sangue sparso si dio morte all'usciere
Lo Carufo e la casa messa a ruba, fu ucciso il percettore Caracciolo e suo fi*
glio, la casa bensì saccheggiata, le teste reciso di questi disgraziati furono por-
tate in trionfo e i corpi bruciati in pubblica piazza.
Si die' morto a D. Stefano Caraffa ed il cadavoro fu bruciato o la casa messa
a sacco; del pari quella di Rositani, Cagliura, Vasselli, Santoro e del Comune.
Abbenchè un certo buon ordino si fos^e ristabilito nel 14 , pur tuttavia &i
dibumò il cadavere di un corto Scozzari, morto di colera da 4 giorni , cho in-
fettò il Comune e por questo ai dio' morte al medico Carlolti, incolpandolo au-
tore di avvelenamento nella sua professione.
Il giorno 15 alla fine si compi la crudele carneficina, dando la morte all'u-
Bcicro Hellitticri.
A »\ onormi misfatti, delitti e sevizie, in sì barbaro modo conaumati, prese
parte tutto il popolaccio, necondatu d'altri consimili dei vicini paesi.
APPENDICE CXLIII
Tali disordini incominciarono a cessare al primo annunzio di vicina forza,
al di cu! arrivo tutti i principali autori o complici si diedero alla fuga, rima-
nendo latitanti sulle vicino campagne , dondo merei! le vigili curo del capo
della colonna moljile, vengono di tratto in tratto assicurati allii giustizia.
Fra i molti arrestati sulle prime dal Consiglio di Guerra del fi" Cacciatori,
duo furono condannati a morte, e duo altri all'amplia istruiiono: i presenti ar-
restati di poi sono stati sottoposti a! presento giudizio.
SULLA PRIMA
Considerando che dalle dcpcsizioni dei testimoni esaminati in pubblico di-
battimento, affrancati dal detto dei danneggiati, si è venuto in chiaro che Paolo
Badalamcnti 0 Pietro Sciarabba prosaru parto attivissima nei misfatti 0 delitti
di sopra trascritti, od in particolare* concorsa ognuno per la sua parto nell'ec-
cidio òommesso in casa del barone Puritano, ed alla morte di D. Stefano Carac-
ciolo e figlio, assicurazioni, che non hanno dato dubbio alcuno, al conviucimcnto
dei giudicali;
PER TALK RIFLESSO
Il Consiglio di Guerra a pluralità di voti, di duo meno (dichiarando di non
constaro abbastanza) ha deciso di dichiararsi colpevoli i sunnominati Paol.» iia-
dalamcnti 0 Pietro Sciarabba , analogamente allo conclusioni del Commissario
Re, Relatore.
SULLA SECONDA
Considerando che solo Natale Bocchiaro, Isidoro Amodco in simili misf;itti
concorsero da complici non necessari, come del pari Giuseppe Do Dato ed An-
tonio Lepanto, con circostanze meno aggravanti;
PER TALE RIFLESSO
TI Consìglio di Guerra all'istossa pluralità Ji voti, di duo mono , decise di-
chiararsi colpevoli i su nominati prevenuti, facondo in parto dritto alle conclu-
sioni del Relatore.
Fatta la dichiarazione di reitii per Paolo Badalamenti 0 Pietro Sciarabba
ed altri;
Il Presidenti) ha intorpollato il Consiglio so credo doversi applicare la pena
proposta dal Commissario del Re nelle sue conclusioni ai dichiarati colpevoli
Paolo Dadalanonti 0 Pietro Sciarabba, ai termini degli articoli 129, 130 e 131
Leggi Penali.
Visti gli articoli 129, 133, 181 delle Leggi Penali in vigore;
Attesoché Paolo Badalamenti e Pietro Sciarabba vengono colpiti dal previsto
dei succitati aiticoli;
CXLIV APPENDICE
11 Consiglio (li Guerra, a maggioranza di voti, ha deciso doversi applicare
la pena proposta dal Commissario del Re , e quindi ha condannato Paolo Ba-
dalamenti e Pietro Sciarabba alla pena di morte colla fucilazione.
Attesoché Natale Bocchiaro e Isidoro Amodeo, risultati complici non neces-
sari, vengono colpiti dal p. 4" di snpra trascritto;
Il Consiglio di Gu?rra ha deciso ad unanimità di voti doversi applicare la
pena, proposta dal Commissario del Re Relatore , e perciò ha condannato Na-
tale Bocchiaro e Isidoio Amedeo alla pena del mìniiuìtm del quarto grado di
ferri nel Presidio, giusta il prescritto dell'articolo 9 LL. PP.
Attesoché i nominati Giuseppe De Dado ed Antonio Lepanto, dichiarati col-
pevoli di complicità, ma con circostanze meno aggravanti dei due primi;
Il Consiglio è divenuto alla discussiva dei gradi di pena, e ad unanimità di
voti li ha condannati al mininmin della pena del secondo grado dei ferri nel
presidio, cioè di anni tredici.
Il Consiglio di Guerra ha quindi deciso ad uniformità di voti che Giuseppe
Giusto Giordano, Battista Bonanno, Francesco Lo Bovo e Francesco Raffa, non
essendovi concorse pruove sufficienti, por ora, onde considerarli realmente col-
pevoli: all'islessa uniformità di voti ha deciso che gl'imputati suddetti riman-
gano sotto custodia. Ila quindi disposto che nel termine di pochi giorni il Con-
siglio medesimo adempia al prescritto del capo 5", articoli 1" e 2" del S. P. M.
SULL' ULTIMA
Considerando infine che la pubblica discussione ha presentate pruovo chiaro
per l'innocenza degl'imputati Gaetano Perrono , Francesco Corrente , Giuseppe
Terranova, Paolino Sindona o Filippa La Rosa di Pisa;
Visto l'art. 271 detto S. P. M.;
In forza quindi del succitato articolo;
Il Consiglio di Guerra mette in libartà assoluta i sunnominali Gaetano Pcr-
rone, Francesco Correnti, Giuseppe Terranova, Paolino Sindona e Filippa La
Rosa di Pisa , riserbandosi qualunque azione elio potesse competergli contro
ch'unque ai termini del dritto da sperimentarsi jiresso il giudice conipotonte.
Rimanendo aperto il giudizio poi nominato Francesco Bonante , colpito dal
colora, pondcnto il presente giudizio;
In forza del prescritto dell'art. 292 d.'lla Procedura penalo, li condanna pa-
rimenti allo spese del prosente giudizio a favore del Regio Erario.
Rimanendo il tutto a cura e diligenza del Commissario del Re, Relatore, da
aseguirai la pena della fucilazione infra il termine di tre oro o della piosoiilo
sentenza so no diramino 000 copi» in estratto.
Fatta, giudicata o pubblicata in continuazione del dibattimento, oggi in Mi-
i)ilinori, li 26 Inglio 1837, allo oro duo dono la mo;;zanott(}.
APPENDICB OXtV
I MEMBRI DEL CONSIGLIO
Domenico De Zelada Maggiore Presidente — Agostino Del Carte Capitano Giu-
dice— Casimiro Drago Capitano Giudice — Francerco Nunziante 1" Tenente Giu-
dice— Francesco Plunghet 2' Tenente Giudice — Vincenzo La Mattina 2° Sorgento
Giudice — Raffaele Rotondo soldato, Giudice — Vittorio Amedeo soldato, Giudice.
— Commissario del Ro, Relatore, D. Cesare Schettini Tenente — Antonio Sciar-
rone 2'' Sergente, Cancelliere. •
ATTO 1».
Certifico io qui sottoscritto Cancelliere di aver dato lettura della presento
Sentenza ai condannati in presenza del Commissario del Re e della Guardia
riunita sotto lo armi, e si è rosa esecutiva por la fucilazione dopo tre ore fis-
sate dal Consiglio di Guerra per Paolo Badalamenti e Pietro Sciarrabba. — Il
Cancelliere Antonio Sciarrone, 2" Sergsmte.
ATTO 2\
Certifico che Francesco Benante colpito dal colera morbus, è morto il dì 28
luglio 1837. — Antonio Sciarrone 2" Sergente, Cancelliere.
Visto
Jl Brigadiere Comandante la Valle
ViAL (1).
(ArcJiivio citato).
DOCUMENTO N. LXXI.
Sentenza della Commissione Militare di Marineo.
Ferdinando II per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec. Gran Prin-
cipe Ereditario di Toscana ec. ec. ec.
Il Consiglio di Guerra di Corpo del 7" di Linea Napoli, convocato in modo
subitaneo dal signor Colonnello Cav. Don Raffaele Del Giudice , Comandante
la Colonna mobile
Composto dei Signori :
Presidente: Maggiore Cav. D. Domenico Do Zelada.
Giudici: Capitano D. Giuseppe Bianchi. — Capitano D. Gennaro Barilla. —
(1) Seguono altre aontenze, che portano rispettivamente la data del 7, 8 a 11 agosto, 6, 7 e 30
settembre, 13 e 24 ottobre.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 19
CXLTl APPENDICE
1° Tenente D. Francesco Alfano. — 2" Tenente D. Placido Scardamaglia. — 2° Ser-
gente Vincenzo Lomellin. — Soldato RaflFaele Rotondo. — Soldato Vittorio A-
modeo.
Relatore: Commissario del Re Cav. D. Cesare Schettini, Tenente.
Cancelliere: Pasquale Rizzo, '2" Sergente.
Si è riunito nel locale dello sue ordinarie sedute , dopo ascoltata la messa
dello Spirito Santo, per giudicare i nominati :
1. Ciro di Fina di Giovanni e di Giuseppa Lauricella di anni 18 di Mari-
neo, negoziante di panni.
2. Ciro Cutrone del fu Michelangelo e di Giovanna Spadaro di Marineo,
zappatore.
3. Ignazio Calderone di Ciro Maria e di Maria Perrone di anni 21 di Ma-
rineo, di condizione massaro.
4. Mastro Mario Maccarono del fu Santo e di Gira Cutrone di anni 35 di
Marineo, calzolaio.
5. Giacomo Spinella del fu Giuseppe e di Maria Taormina di anni 31 di
Mari neo, campagnuolo.
6. Giuseppe Daidone del fu Ciro e di Rosaria Rocco di anni 27 di Marineo,
lappatore.
7. Salvatore D'Amato di Antonino e di Maria Catarinella, di anni 16 circa,
di Marineo, zappatore.
8. Antonino di Peri del fu Simone e della fu Gaetana Chirca , di anni 51
di Marineo, zappatore.
9. Carmelo Renante del fu Francesco e d'Anna Maria Cutrone, di anni 42,
di Marineo, campagnuolo.
10. Giovanna Lo Piccolo del fu Francesco o di Carmela La Fischia, di an-
ni 48 di Marineo, contadina.
11. Cira Marsala di Giuseppe, moglie di Giuseppe D'Aversa, d'anni 30, di
Marineo, contadina.
PREVENUTI
Di sommossa popolare , cagionando uccisioni , saccheggi , incendi a danno
delle autorità ecclesiastiche comunali e pacifici cittadini di Marineo, avvenuti
nei giorni H, 15 e 16 luglio ultimo.
Discusso le pruovo tanto a carico cho a discarico dei prevenuti;
Inteso il Commissario del Re, che ha conchiuso, sostenendo il suo atto di
accusa o rubrica del processo;
Intesi i difensori e gl'imputati tutti, cho in ultimo hanno avuto la parola;
Il Presidente, avendo riassunta la cau.sa, ha proposto ed elevato lo seguenti
quistiuni:
APPENDICE OXLttl
PRIMA QUISTIONE DI FATTO
Consta che Mario Maccarono, Giuseppe Daiilone, Ignazio Calderone, Giaco-
mo Spint'lla e Antonino di Pori siono os-ji colpevoli di misf.àtti ed incendi av-
venuti in Marineo, concorrendovi in qualità di autori principali nei suddetti uii-
sfjitti 0 delitti, come li ha dichiarati il Coinmissaiio di^l Re nelle suo orali con-
clusioni ?
SECONDA QUISTIONE DI FATTO
Consta che le due donne Cira Marsala e Giovanna Lo Piccolo siono state
istigatrict nell'avvcnuta sommossa?
TERZA QUISTIONE DI FATTO
Consta che i nominali Salvatore D' Amato, Carmelo Donante, Ciro Cutrone
o Ciro Di Fina non abbiano in alcun modo concorso negli avvenimenti suddetti,
come li ha rubricati il Commissario del Re ?
Considerando che dagli Atti niccolti o discussi in dibattimento sono risul-
tati i seguenti
FATTI
Non fu che nei dì 14 , 15 e 16 luglio che avvenne in Marineo una som-
mossa popolare, derivata da segrete istigazioni , colorandosi sotto 1' aspetto di
somministrazione di veleno al popolo.
Questo indispettito o in tal modo acceso di fantasia commise mille eccessi,
saccheggi, incendi ed altro.
La generica raccolta dagli uccisi monta fmo a 33 , fra i quali i più degni
l'arciprete, il Regio Giudice e Sindaco, e circa una ventina di abitazioni deva-
state, saccheggiate e parte incendiate, fra cui gli Archivi Comunali.
I presenti giudicabili, ognuno per la sua parte , chi più, chi meno, concor-
sero alla consumazione degli stessi: dopo tanti misfatti consumati, molti si die-
dero alla fuga e di tratto in tratto furono assicurati alla Giustizia, o molti di
questi fecero resistenza alla forza pubblica armata mano, ed uniti ad altri do-
tonuti sono stati sottoposti al prosestc Consiglio di Guerra subitaneo.
SULLA PRIMA
Considerando che Mario Macoarrone, Giuseppe Dai dono, Ignazio Calderone,
Giacomo Spinella ed Antonino Di Peri in tali avvenimenti presero parte corno
autori principali nelle uccisioni del Reverendo Arciprete Don Ignazio Valente,
D. Giuseppe Valente, D. Vincenzo Granatolli, D. Domenico Caramanna Sindaco
e D. Onofrio di Marco, Giudico suijplunte , non che ai diversi incendi e sac-
cheggi dati alle di costoro abiUuioui, consuuian io tali misfatti alla testa del
popolo rivoltoso in Marineo;
OXLVIII APPENDICE
Considerando che Mario Maccarrone, Giuseppe Daidone ed altri di loro com-
pagni, dopo di aver preso parte attivissima nei misfatti di sopra citati, latitanti
percorrevano la campagna , armata mano , e sorpresi dalla forza pubblica , in
conflitto restò ucciso un altro di loro compagno di nome Cutrone;
PER TALI RIFLESSI
Il Consiglio di Guerra ad unanimità di voti ha dichiarato colpevoli Ignazio
Calderone, Mario Maccaronc, Giuseppe Daidone, Giacomo Spinella ed Antonino
Di Peri.
SULLA SECONDA
Considerando che le nominate Cira Marsala e Giovanna La Piccola , lungi
da considerarsi in qualità di prime istigatrici noli' avvenuta sommossa, i loro
garruli modi non cagionarono alcun serio avvenimento nei fatti avvenuti, anzi
i di loro sediziosi discorsi ebbero luogo molti giorni prima dell'avvenuta som-
mossa, e che i loro detti erano figli di una credenza certa di veleno che si som-
ministrasse dalle autorità alla plebe, e che in niun modo influirono agli avve-
nuti successi;
PER TALE RIFLESSO
H Consiglio di Guerra ad uniformità di voti ha dichiarato non essere col-
pevoli le sunnominate Cira Marsala e Giovanna La Piccola di prime istigatrici
nei fatti in quistiono.
SULLA TERZA
Considerando che i nominati Salvatore D'Amato, Carmelo Benante, Ciro Cu-
tMoe e Ciro Di Fina in niun modo concorsero negli avvenimenti suddetti, anzi
l'arrosto por Di Fina fu eseguito dai rivoltosi stossi pria di scoppiare la rivolta,
e Ciro Cutrono per equivoco di nomo, Carmelo Benante arrestò 1' uccisione di
Ciro Di Fina , cho voleva farsi dai rivoltosi , il giovinetto Salvatore D' Amato
per semplice combinazione fu rinvenuto in mozzo all'arresto di Ignazio Calde-
rone , Mario Maccaronc ed altri colpevoli , senza che ninna parte ebbero agli
avvenimenti suddetti;
PER TALE RIFLESSO
Il Consiglio di Guerra a pieni voti ha dichiarato ossero non colpevoli i so-
prannominati quattro individui.
Fatta la dichiarazione di reità pei nominati Caldt-ronc, Mnccaroiio, Daidone,
Spinelli e Di Peri;
Il Prc«id«»nto ha intorpelluto il Consiglio so eroda doversi npplicare ai sudi-
chiuraii co'pcvoli la pena chiesta dal Commissario del Ilo nelle suo conclusioni.
iPP&NDiOÉ OXLDt
Tenuto presenti le Ministeriali dei 16 luglio o 2 agosto corrente , riguardanti
le attribuzioni dei Consigli di Guerra subitanei in questi Reali Dominii;
Visti gli articoli 129, 130 e 131 dello Leggi penali in vigore;
Il Consiglio di Guerra alla stessa uniformità e pluralità di voti ba deciso
di applicarsi la pena di morte ai suddetti individui.
Perciò ha condannato e condanna Ignazio Calderone, Mario Maccarrone, Giu-
seppe Daidone, Giacomo Spinelli e Antonino Di Peri alla pena di morte da e-
seguirsi colla fucilazione fra lo spazio di poche ore in Marineo, luogo dei con-
sumati misfatti.
Ha deciso che Gira Marsala e Giovanna La Piccola sieno rimesse alla Com-
missione Militare in Palermo per subire un novello giudizio.
Ha deciso in ultimo
Che Salvatore D'Amato, Carmelo Benante, Ciro Cutrone e Ciro Di Fina sieno
rimessi in Palermo in forza della Ministeriale del 12 agosto corrente.
Il tutto a cura e diligenza del Commissario del Re e la presente sentenza
da pubblicarsene le corrispondenti copio cstratte.
Fatto, giudicato e pubblicato in continuazione del dibattimento.
Oggi in Misilmeri, 16 agosto 1837.
I Membri del Consiglio :
Domenico De Zelada Maggiore Presidente.
Giuseppe Bianchi Capitano Giudice.
Gennaro Barillà Capitano Giudice.
Francesco Alfano 1° Tenente Giudice.
Placido ScarJamaglia 2° Tenente Giudice.
Vincenzo Lomellin 2" Sergente Giudice.
Vittorio Amedeo Soldato Giudice.
Cesare Schettini Tenente Commissario del Ke.
Pasquale Rizzo 2" Sergente, Cancelliere.
Certifico io qui sottoscritto Cancelliere di aver data lettura della presente
sentenza ai dietroscritti individui in presenza del Commissario del Re , ed i
cinque condannali sono stati avvertiti che fra poche ore dovrà eseguirsi la loro
condanna della fucilazione in Marineo od i rimanenti dovranno essere rimessi
in Palermo.
Il Cancelliere
Pasquale Rizzo, 2" Sergente (1).
(Archivio citato).
(1) Seguono altre sentenze, aventi la data del 31 agosto, 12, 14 e 20 settembre ed 8 ottobre.
OL APPENDICE
DOCUMENTO N. LXXTL
Sentenza della Commissione Militare di Corleone.
Ferdinando II per la grazia di Dio Re del Regno delle due Sicilie., di
Gerusalemme, ec. Buca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec. Gran Prin-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
11 Consiglio di Guerra subitaneo, convocato in forza della Ministeriale della
R. Segreteria di Stato in questi reali domini, sotto la data d«l IG luglio ora
scorso, carico di Polizia, e comunicata dal Comandante delle Armi li 18 del
detto mese, 3» Sezione, N. 1441, riunito nel Palazzo Comunale in Corleone,
composto dei signori Cav. D. Gioacchino Nini, Tenente Colonnello, Comandante
il 3° Battaglione Cacciatori di Linea e della colonna Mobile, Pri>8Ìdente — Ca-
pitani D. Giuosuò Guida — D. Gaetano Criscuoli — primi Tenenti, D. Luigi Pic-
cinicci — D. Giacinto Ritucci — 1" Tenente D. Luigi Minervini — 2° Tenente
P. Gaetano Guccione — Alfiere D. Raffaele De Boffe — Giudici — 1° Tenonto
D. Pietro Dalmasi, commissario del Re — 1" Sergente Raffale Salinas, can-
celliere.
Per giudicare :
Giuseppe Catinotto Moscagliono, figlio di Salvatole, d'anni 35 di Corleono,
bordonaro, Liborio Perricone, figlio do! fu Nicola, di anni 27, di Corleo-
ne, bracciale, Leoluca Milone, figlio di Nicolang.^lo, di anni 23, di Corleone,
bracciale, Simone Maione, figlio di Battista, di anni 24, di Corleone, bracciale,
Benedetto Glorietti, {aìiaa Dimitri), figlio di Biagio, di anni 35, di Monreale,
domiciliato in Corleone, bracciale, Antonio Ceraulo, figlio Giuseppe, di anni 31,
di Corleone, garzone, Biagio Listi Fiattaglionc, figlio di Antoni»», di anni 19,
di Corleone, bracciale, Antonino Milone, figlio di Michelangelo, di anni 25, di
Corleone, bracciale, Giuseppe Ferrara, figlio di Antonino, di anni 28, di Castro-
nuovo, domiciliato in Corleou?, custode del Regio Macino. Bernardo D'Antoni,
figlio di Girolamo, di anni 31, di Corhonc. bracciale, Vincenzo Goonusa, figlio
del fu Martino, di anni 33, di Corleone, giardiniere, imputati d'istigatori primi.
di commessi misfatti e di capi di sommossa nelle ulliino emergenze avvenute in
qaesto capo distretto il 21 e 23 dell'ora scorso luglio.
Inteso il commissario del Re nello suo conclusioni, nonché gli accusali ed
i loro difensori.
Il presidente, dietro il riassunto della causa, ha proposto lo quistioni : Co.sta
che Giuseppe Catinotto Moscagliono — Liborio Perricone — Leoluca Milone —
Simone Maiuno — Benedetto (llorietti (>diiti» Dimitri) — Antonio Ceratilo — Bia-
gio LiUì Frattnglioun di Antonio -- Antonio Milouo — (iiuHeppu Ferrata — Bei-
nvdo D'Antoni e Vincenzo Gennusa sieuo colpevoii dei leuti d'istigatori pri-
APrE.fDIOE OLI
mi dei commeBsi misfatti, e d'ossero capi delle sommosse nei giorni sopra in-
dicati ?
Considerando essere risultati dalla pubblica discussione i seguenti
FATTI
Il giorno 21 del passato luglio, esistendo in questo Comune il morbo do-
minante, sotto il falso protesto di veleno, furono presi da un attruppamento po-
polare Leone Lo Bue, Gaetano Governali ed il figlio Giuseppe, e Ciro Bonarolli,
trascinati al luogo detto ponte del Gatto, furono in prima barbaramente per-
cossi, e di poi uccisi a colpi di fucile, e siccome tra questi furiosi primeggia-
vano Catiuotto Moscaglione — Perricone — Milone Leoluca — Majone e Glorietti
(aliai Dimitt'i), furono costoro ch'eccitarono gli attruppati a dare negli eccessi
sopraddetti. Gli stessi nei giorni seguenti, facendosi capi di bande tumultuose,
assalirono a mano armata le caso di campagna di melti notabili del Paese, ri-
cattando dello Armi, ed anche danaro. Ceraulu fu quello che alla testa di al-
tri il dì 21 stesso assalì il proprio padrone, nominato Antonio di Puma Lasa-
gna, e dopo averlo replicai amente ferito, l'uccise con un colpo di fucile, e fc-
cesi in seguito anche veder capo delle bande che scorrevano i sopraddetti ca-
sini; Listi Frattagliono di Antonio fu quello che seviziò in maniera atroce le tre
donne uccise, anche sotto la falsa accusa di veleuo, cioè, Maria Pomilla in l^o
Bue, Carmela Billera, Angola Collctta Insiuzittella, e fu pure esecutore dell'o-
micidio mancato in persona di Pietra Maucuso che rattrovasi tutt'ora all'ospe-
dale gravcmcnto ferita, od alla testa della ciurmaglia giunse all'eccesso, prima
di ucciderle di propria mano a colpi di fucile, le martirizzò col fuoco, nel luogo
detto Croce, ed ebbe per energico compagno Majone, uno dei capi delle atro-
cità del 21 al Ponte del Gatto- Tal successo eblc luogo il 23 detto mese.
Milone Antonio fu anche nell'attruppamento dol 21 al ponte de' Gatto, com-
mise degli eccessi, ma non fu ne istigatore, né capo.
Riguardo poi agl'imputati Ferrara o D'Antoni non essere per ora pronta la
loro reità, ed essere chiarita l'innocenza di Gonnusa.
1.' Considerando che i primi cinque, cioè Giuseppe Catinotto Moscaghone —
Liborio Perricone — Leoluca Milone — Simone Majone e Benedetto Glorietti
{alias Dimitri), essere istigatori primi, e capi delle sommosse successe il 21
luglio ultimo ;
2.° Considerando essere Biagio Listi Frattaglione uno degl'istigatori primi,
e capo della sommossa del giorno 23 ed autore degli omicidi delle tre donne
e dell'omicidio mancato dell'altra Mancuso ;
3." Considerando che Antonino Ceraulo fu anche istigatore primo, ed uno
dei capi di sommosse del giorno stesso, ed omicida di Antonino di Puma La-
sagna, e capo di altri ammutinamenti nei giorni seguenti :
4." Considerando che Antonino Milone, benché avesse fatto parte dei solle-
vati, nou fu nò istigatore, né capo ;
CLII APPENDICE
5.° Considerando che Giuseppe Ferrara e Bernardo D'Antoni non sono restati
pienamente convinti di reità ;
6." Considerando che Vincenzo Gennusa è risultato nella pubblica discus-
sione del tutto innocente;
Il Consiglio di Guerra subitaneo, dietro le quistioni proposte dal Presidente,
dichiara costare essere colpevoli dei suddetti reati:
Giuseppe Catinotto Moscaglione — Liborio Perricone — Leoluca Milone —
Simone Majone — Benedetto Glorietti (alias Dimitri) — Antonino Geranio —
Biagio Listi Frattaglione. Dichiara in pari tempo che Antonino Milone ò col-
pevole, ma non di sommosse o istigatore primo. Dichiara di non constare abba-
stanza che Giuseppe Ferrara e Bernardo D' Antoni siano rei dei misfatti im-
putatigli. Dichiara constare non essere colpevole Vincenzo Gennusa.
Fatta la dichiarazione di reità, il Prosidento ha interpellato il Consiglio so
crede condannare i colpevoli Giuseppe Catinotto Moscìiglione, Liborio Perricone,
Leoluca Milone, Simone Majone, Benedetto Glorietti (^alias Dimitri'), Antonino
Geranio, Biagio Listi Frattaglione alla pena di morte prevista nel!' articolo 2°
della Ministeriale della Real Segreteria di Stato in questi reali domini, carico
di Polizia;
Che nei Comuni stessi un Consiglio di Guerra subitaneo convocato , giusta
lo statuto Penale Militare , ed a somiglianza di consigli di Guerra di Corpo ,
giudichi immediatamente gl'istigatori primi di commessi misfatti, ed i Capi dello
sommosse, e senza mettere tempo in mezzo mandi ad esecuzione la sentenza.
Ad Antonio Milone il massimo del 2" grado di ferri.
A Giuseppe Ferrara e Bernardo D'Antoni rimetterli a più ampia istruzione.
A Vincenzo Gennusa la libertà assoluta.
Il Consiglio suddetto ad unanimità ha deciso applicarsi la pena di morte a
Giuseppe Catinotto Moscaglione , Liborio Perricone , Simone Majone , Antonio
Ceraulo, Bagio Listi Frattaglione di Antonio.
A maggioranza di voti ha condannato alla stossa pena Leoluca Milone , Be*
Dedotto Glorietti (Alias Dimitri).
Con la stessa maggioranza ha condannalo al massimo del secondo grado di
ferri Antonio Milone.
Ad unanimità a più ampia istruzione Giuseppe Ferrara, Bernardo D' Antoni.
Colla stessa unanimitii ha posto in piena libertà Vincenzo Gennusa.
Ha quindi ordinato che siano accordato ai condannati alla pena capitalo ore
quattro, ondo ricevere i soccorsi della Ituligione od indi cho sia posta in piena
esecuzione la prosento deciìiiono.
In pari tempo il Consiglio ordina che so ne formino Io corrispondenti copie,
onde rìroettorlu alle autorìth dei diversi circondari di questo distretto per ren-
dersi pubbliche.
Fatto, giudicato o pubblicato in continuazione del dibattimento del Consi-
glio di Otterrà subitaoeo, oggi il primo del mese di Agosto, anno 1837.
APPENDICE CLIir
Gioacchino Nini, Tenente Colonnello presidente — Giosuè Guida Capitano
Giudico — Gaetano Ciiscuolo Capitano Giudice — Luigi Piccinicci 1" Tenente da
capitano Giudice — Giacinto Ritucci P Tenente da Capitano Giudico — Luigi Mi-
nervini 1° Tenente Giudice — Gaetano Gucciono 2° Tenente Giudice — Raffaele Lo
Buffe Giudice — Pietro Dalmasi 1** Tenente Commissario del Re — Raffaele Salina»
1° Sergente Cancelliere.
Certifico io qui sottoscritto Commissario del Re del Consiglio di Guerra su-
bitaneo aver dato lettura della presente sentenza ai condannati ad ore sei della
notte, ed essondo quelli destinati alla morte, passati all' istante in cappella, si
è data esecuzione alla medesima sentenza alle ore undici d' Italia nella Piazza
del Borgo il due di Agosto anno 1837.
// Comandante delle Colonne Mobili II Commissario del Re
Gioacchino Nini' Pietro Dalmasi 1» Tenente
Visto
// generale Comandante la Valle
VlAL. (1).
{Archivio citato).
DOCUMENTO N. LXXIII.
Sentenza della Coumissione Militare di Frizzi
Ferdinando li per la grazia di Dio He del liegno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ecc. Duca di Parma, Piacenza, Castro ecc. Gran Prin-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
11 Consiglio di guerra subitaneo, convocato in forza della Ministeriale della
Real Segreteria di Stato in questi Reali dominii, della data dei 16 luglio, ul-
timo, carico di Polizia e comunicata da questo Comandante Generale delle
Armi li 18 detto mese, 3» Sezione N; 1141, riunito nel palazzo della Real Com-
menda in Prizzi, composto dei signori Cavaliere D. Gioacchino Nini Tenente
Colonnello Comandante del o" Battaglione Cacciatori, e della Colonna Mo-
bile, Presidente— Capitano Aiutante Maggiore Cavaliere D. Francesco Finck—
Capitani Cavaliere D. Nicola Andruzzi— D. Pietro Paolo Mauro— D. Gaetano
Criscuolo— 1" Tenente D. Ciro Faglia— 2° Tenente D. Pietro Martinelli— Al-
fiere D. Raffaele Le Beffe Giudici— 1» Tenente D. Pietro Dalmasi Commissario
del Re— 1» Sergente Raffaele Salinas, Cancelliere per giudicare
1" Giorgio Raimondo La Gira, del fu Matteo, di anni 52, di Prizzi. cam-
pagnuolo.
(1) Seguono altre quattro sentenie, portanti la data del 4 e 18 agosto, 7 e 9 settembre.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XV. 20
CLIV APPENDICE
2° Giuseppe Marrctta del fu Agostino, di anni 32, di Frizzi, bracciale.
3° Silvestro Accomando del fu Luciano, di anni 80. di Frizzi, bracciale.
4" Giorgio Accomando del fu Luciano, di anni 34, di Frizzi, bracciale
5" Giuseppe Sparacio Pignatelli del fu Filippo, di anni 29, di Frizzi,
bracciale.
6° Giuseppe Santo Raimondo La Gira di Giorgio, di anni 22, di Frizzi ,
calzolaio.
7" Giorgio Macaluso di Mario, di anni 34, di Frizzi, calzolaio.
8° Michele Nicoletta del fu Nunzio di anni 28, di Frizzi, bracciale.
9" Michele Fecoraro del fu Santo di anni 30, di Frizzi, bracciale.
10** Vincenzo Accomando del fu Luciano di anni 40, di Frizzi, bracciale.
11° Calogero Accomando del fu Antonino di anni 24, di Frizzi, bracciale.
12° Antonino Ferrala del fu fu Vincenzo di anni 35, di Frizzi, bracciale.
13° Giorgio Vicari del fu Francesco di anni 33, di Frizzi, bracciale.
14° Giorgio Sparacio di Faolo di anni 21, di Frizzi, bracciale.
15° Matteo Fetralia di Nicolò di anni 21, di Frizzi, bracciale.
Imputati d' istigatori primi dei commessi misfatti e di capi di sommosse
nelle ultime emergenze avvenute in questo Capo Circondario in luglio ultimo.
Inteso il Commissario del Re nelle sue conclusioni, non che gli accusati
ed i loro difensori;
Il Fresidente, dietro il riassunto della causa, ha proposto le quistioni :
Consta che Giorgio Raimondo La Cira e gli altri imputati sopra descritti
siano colpevoli dei reati d'istigatori primi nei misfatti commessi e di capi di
sommosse successe nei giorni 23 e 24 ultimo luglio ?
Considerando essere risultati dalla pubblica discussione i seguenti
FATTI
K risaltato nella pubblica discussione medesima che Giorgio Raimondo La
Cira fa uno dei capi principali di sommosse , animando la moltitudine all'ec-
cidio, tagliando di propria mano con una falce la testa alla donna Ferniciaro,
avendo anche tentato di far lo stesso a I) Vincenzo Falsone, il quale ferì con
replicati colpi della falco medesima. Dippiù brutalmente si è lanciato a com-
mettere dello sevizie su dei cadaveri dello vittime del furore popolare.
Vincenzo Marretta fu anche uno dei capì od istigatore primo di sommosse.
È stato veduto con un'asta di ferro in mano invitando il popolo agli eccidi ed
alla rivolta con gridi sediziosi od allarmanti. Giuseppe Sparacio Fignatelli ò
stato paro ano dei principali istigatori del tumulto o dei massacri, avendo
unito, airistignziono dello jìarole, l'opoia d^i fatti, poiché armato di caraltina
tirò vari colpi sullo vittime. Costui dopo l'avvenuta rivolta è stato profugo, ed
il giorno II del p. p. mese dì agosto venne arrestato dai sorvegliatori (dietro
zelanti vd operoso cure del Hogio Giudice , il quale ha influito alla cattura
APPSHDIOE OLV
tanto di costui che di altri latitanti giudicati da questo Consiglio) i quali, nel
luogo donde lo stesso si diede a fuggire, rinvennero sopra uno scapolare, una
carabina che nella pubblica discussione è stata riconosciuta per quella stessa,
della quale il Pignatelli ora armato fra i tumultuosi.
Ha constatato che Silvestro Accomando e Santo Raimondo La Gira ab-
biano solo fatto parre in modo entusiaste nelle sommosse popolari avve-
nute nel paese nel passato luglio, non essendosi mostrati né capi, nò istigatori
primi.
Non ò sufficientemente chiarita nella ridetta pubblica discussione la colpa-
bilità di Giorgio Accomando, Giorgio Macaluso, Calogero Accomando e Giorgio
Sparacio.
Infine sono risultati innocenti gl'incolpati Michele Nicoletta, Michele Pe-
coraro, Vincenzo Accomando, Antonino Ferrara , Giorgio Vicari e Matteo Pe-
tra Ha.
Considerando emergere tanto nel procosso scritto, quanto nella pubblica di-
scussione che Giorgio Raimondo La Cira, Giuseppe Marretta e Giuseppe Spa-
racio Pignatelli sono colpevoli di reati d* istigatori e capi di sommosse e di
aver avuta parte attiva negli omicidii avvenuti in conseguenza delle sommosse
btcsac;
2" Considerando che la colpabilità di .""ilvestro Accomando e Santo Rai-
mondo La Cira consiste solo nell'aver partecipato da entusiasti nelle som-
mosse, ma non come capi ed istigatori primi;
3° Considerando che le pruove della reità di Giorgio Macaluso , Calogero
Accomando e Giorgio Sparacio non sono abbastanza chiarite;
4" Considerando essersi provata l'innocenza di Michele Nicoletta , Michele
Pecoraro, Vincenzo Accomando, Antonino Ferrara, Giorgio Vicari e Matteo
Pctralia;
11 Consiglio di Guerra, dietro le quistioni proposte dal presidente, dichiara
colpevoli ad unanimità Giorgio Raimondo La Cira, Giuseppe Marretta, Giu-
seppe Sparacio Pignatelli.
E li condanna alla pena di morte prescritta nella Ministeriale della R. Se-
greteria di Stato in questi Reali dominj, carico di Polizia, art." 2 « Che nei
Comuni stessi un Consiglio di Guerra subitaneo convocato giusta lo Statuto
penale Militare, ed a somiglianza dei Consigli di Guerra di Corpo immedia-
tamente giudichi gì' istigatori primi dei commossi misfatti , ed i capi
delle sommosse è senza mettere tempo in mezzo mandi ad esecuzione la Sen-
tenza ,.
Il Consiglio suddetto colla stessa unanimità condanna— Silvestro Accomando
e Santo Raimondo La Cira alla pena del massimo del 2" grado dei ferri pre-
vista negli art. 129, 130, 131 e 132 del Codice penalo del Regno.
11 Consiglio mcdebi::io aucho ad unanimità dichiara non constare abbastanza
ciVi appeK-oioì
l'imputazione addossata ai nominati Giorgio Accomando , Giorgio Macaluso ,
Calogero Accomando e Giorgio Sparacio
E perciò ha deciso inviarli a più ampia istruzione.
Il Consiglio ripetuto parimenti ad unaaimità dichiara non constare la reità
dei Michele Nicoletta, Michele Pecoraro, Antonino Ferrara, Giorgio Vicari e
e Matteo Tetralia
E li pone a libertà assoluta.
Ha ordinato il Consiglio che nel termine di sci oro accordate a quei con-
dauuati alla pena di morte, per ricevere i soccorsi della nostra Santa Religione,
sia posta in piena esecuzione la presente Sentenza.
Vuole il Consiglio del pari che se ne formino le corrispondenti copie, per
inviarle alle Autorità Distrettuali, onde rendersi pubblica.
Fatto, giudicato e pubblicato in continuazione del Dibattimento del predetto
Consiglio di Guerra subitaneo. Oggi in Frizzi il primo del mese di settembre,
anno 1837.
Firmato Gioacchino Nini Tenente Colonnello Presidente — Francesco Finck
Capitano Aiutante Maggiore Giudice — Nicola Andruzzi Capitano Giudice — Pietro
Paolo Mauro Capitano Giudice — Ciro Foglia primo Tenente Giudice — Pietro
Martinelli secondo Giudice — liafìaele Le Beffo Alfiere Giudice — Pietio Dal-
masi primo Tenente Commissario del Re — Raffaele Salinas primo Sergente
Cancelliere — Certifico io qui fcottoscritto Commissario del Re del Consiglio di
Guerra subitaneo aver dato lettura dulia presente Sentenza ai condannati alle
ore quat'ro di notte, ed essendo quelli destinati alla morte, passati all'instante
in Cappella, si è data esecuzione alla medesima alle oro II d'Italia del 2 del
mese di settembre, anno 1837, nel luogo detto Santo Calogero— 11 Commissario
del Ile firmato — Pietro Dalmasi 1" Tenente.
Per copia conformo all'originalo Visto
Il Tenente Colonnello Presidente II Commissuvio del Re
GioACcuiNo Nini Pibtho Dalmasi 1" Tenente
Visto
Il Brigadiere di campo Coinandantf la V<dle
ViAL (1)
\ArcliWio riUto).
(1) 8tfM nn'altni Mntcnu, avente In ilntu il<'l 4 MctU>iiilir<- 18U7.
APPENDICE CtVn
DOCUMENTO N. LXXIV.
Sentenza della Commissione Militare di Termini
Ferdinando II per la f/razia di Dio He del Regno delle due SiciVe, di
Gerusalemme ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec. Gran Fi in-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
Il Consiglio di Guerra del 6" battaglione Cacciatori, elevato in modo subi-
taneo per disposizione del signor Generalo Uo Sanget, comandante lo truppe
in colonna mobile, composto dei signori Maggiori D. Antonino Danesi , presi-
dente, D. Giovanni Marinelli, D. Gennaro Idastia, capitani; D. Giuseppe Pe-
trilli, 1" Tenente, D. Domenico Ciampa e D. Ercob; Bochè 2" tenenti , D.
Francesco Coscaiella alfiere, giudici, D. Dionisio Rocchi 1° tenente commissario
del Re, Ferdinando De Filippis 1" sorgente foriere, cancelliere , per giudicare
Antonino Marfisi di Giuseppe, d'anni 20, di Termini, ivi domiciliato, di condi-
zione campagnuolo , Gaetano Marcellino di Mariano, d' anni 23 circa, di Ter-
mini, ivi domiciliato, di professione pastaro. Savorio Bisesi di Giuseppe, d'anni
23 circa, di Termini, ivi domiciliato, di professione pastaro, Vincenzo Raffo del
fu Diego, d'anni 26 circa, di Termini, ivi domiciliato, di condizione campa-
gnuolo, Agatino Marcellino del fu Gaetano, d'anni 54, di Termini , ivi domi-
ciliato, di condiziono rondiero, Gaetano Marcellino di Agostino, di anni 30 circa
di Termini, ivi domiciliato, di condizione conciapelle, Mariano Marcellino del
fu Gaetano , d' anni 35 , di Termini, ivi domiciliato, di condizione conciapelle,
Giuseppe Pirrone del fu Filippo , d'anni 26 circa, di Termini, ivi domiciliato,
di condizione campagnuolo, Pietro Provenzale del fu Antonino, d'anni 41 , di
Termini, ivi domiciato, di condizione bottaio, Carmelo Basilo del fu Ignazio,
d'anni 21, da Termini, ivi domiciliato, di condizione ferrare, Francesco Teresi
del fu Carlo, di anni 25, di Termini, ivi domiciliato, di condizione ferraro, Ro-
sario Vittorio del fu Antonio, di anni 37, di Termini, ivi domiciliato , di pro-
fessione fabbricatore. Giuseppe Gucciardo del fu Antonio, di anni 35. di Ter-
mini, ivi domiciliato, di condizione pescatore, Giuseppe Gullo di Paolo, di anni
31, di Termini, ivi domiciliato, di condizione carrettiere, Saveria di Paola, di
Antonino Baiamone, di anni 40 circa, di Termini, ivi domiciliata, Pietro Ar-
rigo del fu Salvatore, d'anni 26 circa, di condizione campagnuolo, di Termini,
ivi domiciliato, imputati di lilìuliione, incendi, devastazioni, saccheggi e ferite.
Inteso il Commissario del Re nelle sue conclusioni, e le parti querelanti, non
che gli accu.sati ed i loro difensori;
Il presidente, dietro il riassunto della causa, ha proposto la quistione :
Sono colpevoli gl'imputati qui sopra descritti del reato di rivolta, devasta-
zion», saccheggi, incendi, omicidi e ferite a danno dell'ordine pubblico e di
diversi cittadini di questo comune nei giorni 23, 24 e 25 luglio corrente ?
OLVni APPENDICE
Considerando essere risultati dalla pubblica discussione i seguenti fatti :
1° Il giorno del 23 detto fu assalito ed inseguito da diversi faziosi D. An-
tonino Gargotta, il quale trovò scampo nella casa di D. Giuseppe Ruffino, ove
i sediziosi ingrossando, accorrevano , e col pretesto che il Gargotta avesse
sparso dei veleni, volevano massacrarlo,, e pretendevano dal detto signor Ruf-
fino la consegna di esso Gargotta; fu pure minacciato di morte , perquisita
nel!' istessa sera la di lui casa per trovarvi Gargotta; prese le di lui armi, e
molte robe, e dopo di essere stato in ostaggio coll'intiera famiglia, ebbe modo
di fuggirsene.
Nell'istesso giorno vennero uccisi due individui per nome Giuseppe De Luca
ed Ignazio Lo Coco, sull'idea d'aver essi sparso veleni. Il di 24 i torbidi po-
polari croscerono e la farmacia e casa del detto Ruffino vennero devastate,
saccheggiate e gran parte de' mobili incendiata. Furono parimenti messi a
morte D. Filippo De Luca, Giusepppe d'Angelo alias Cartuccio e Gioacchino
Catalano. Furono parimenti scassinate, devastate e rubate le farmacie e lo
case di D. Ignazio De Luca e di D. Giuseppe Caracciolo; tolto per forza lo armi
a diversi onesti cittadini, colle quali si armarono i principali facinorosi. 11 2!)
fu assalita Vincenza Speciale, e sotto il pretesto consueto di avere ella sparso
veleni, venne bastonata, ferita e messa quasi a morte, se la gendarmeria reale
non fosse accorsa a liberarla.
2" Considerando che la pubblica discussione ha offerto chiarissime pruovc che
gli accusati Carmelo Ba^ih , Gaetano Marcellino di Agatino, Mariano Mar-
cellino di Gaetano, Carmelo Teresi, Pietro Provenzale, Pietro d'Arrigo abbiano
fatto parte della rivolta all'ordine pubblico nei giorni 23, 24 e 25 luglio stante;
che ebbero principale influenza in tutti gli eccessi di sopra narrati, dietro di
essersi armati con dei fucili tolti per fjrza dagli onesti cittadini;
3" Considerando che tutti hanno avuto una parte attiva negli omicidii, fe-
rito, devastazioni ed incendi sudetti;
4° Considerando che por Agatino Marcellino del fu Gaetano, Gaetano Mar-
cellino di Mariano, Francesco Teresi, Saverio Hisosi, Giuseppe Pirrone ed An-
tonino Marfìsi, non è nitidamente provato aver avuto parto attiva in tutti i
fatti criminosi, o particolarmente nella somnfiossa che sturbò l'ordino pubblico
di questo paese , e però, giu.stizia eeigo che una piìi ampia istruziono abbia
luogo a loro carico, onde svilupparsi meglio i fatti addebitati;
5» Considerando che per Vincenzo Rdlfo, Giuseppe Gullo, Saveria Do Paola,
Giasoppo Gucciardo u Rosario Vittorio non vi è stata ragion fondata por es-
sere Boltuposti all' attuale giudizio, nientro non vi ha alcun atto di ilaganza
che li indizi come rei, nò tampoco vi ha alcun jirincipio benché menomo di
prova, su cui avesse potuto basarsi il procedimento a di loro carico,, e però ragion
vuole chi) vongan'i sciolti dall'imputazione a cui sono stati assoggottAti. Non
«Muodo puro il Consiglio in istato di poter oonoscuru so graviti a di loro ca-
APPENDICE CLIX
rico qualche altro delitto ordinario, perciò' ragion prudenziale consiglia di ri-
metterli alla disposizione dei magistrati ordinarii , lasciandoli sotto lo stesso
modo, di custodia, a cui trovansi assoggettati.
Il Consiglio di Guerra, dietro le quistioni proposte dal presidente , dichiara
constare per Carmelo Basile, Gaetano Marcellino di Agatino, Mariano Marcel-
lino di Gaetano, Carmelo Teresi, Pietro Provenzale, Pietro Arrigo.
Non costare abbastanza por Agatino Marcellino del fu Gaetano, Gaetano
Marcellino di Mariano, Francesco Teresi, Saverio Bisesi, Giuseppe Pirrone, An-
tonino Marfìsi. E constare che non sono colpevoli Vincenzo Raffo, Giuseppe ,
Gullo, Saveria De Paola, Giuseppe Gucciardo e Rosario Vittorio.
Fatta la dichiarazione di reità, il presidente ha interpellato il Consiglio se
crede applicare ai colpevoli la pena di morte prevista dagli articoli 129, 130,
131 del codice penale del regno, proposta dal Commissario del Re nelle suo
conclusioni.
Il Consiglio ha deciso ad unanimità di doversi applicare la pena proposta
dal Commissario del Re, e quindi ha condannato Canr.elo Basile, Gaetano Mar-
cellino di Agatino, Mariano Marcellino di Gaetano, Carmelo Teresi, Pietro Pro-
venzale, Pietro Arrigo alla pena di morte col secondo grado di pubblico
esempio da espiarsi colla fucilazione nel tonnine di sei ore, come altres't li
condanna alle spese del presente giudizio. Parimenti ha ordinato all' istessa
unanimità che si istruisca più ampliamento il procosso a carico di Agatino
Marcellino del fu Gaetano, Gaetano Marcellino di Mariano, Francesco Teresi,
Saverio Bisesi, Giuseppe Pirrone, Antonino Marfìsi, procedendo a nuova infor-
mazione.
lu quanto a Vincenzo Raffa, Giuseppe Gullo, Saveria Di Paola , Giuseppe
Gucciardi, Rosario Vittorio il Consiglio ha ordinato che restino assoluti per
l'imputazione sudetta, e che restino a disposizione dei magistrati ordinari, sotto
ristesso modo di custodia a cui sono assoggettati. Fatto e chiuso oggi iu Ter-
mini, in continuazione del dibattimento del predetto Consiglio di Guerra subi-
taneo, li 29 luglio 1837, ad ore 11 antemeridiane.
Firmato Antonio Danese, maggiore presidente, D. Giovanni Marinelli, capi-
tano Giudice, D. Gennaro Idastia, capitano , D. Giuseppe Petrilli , 1° tenente
giudice, Domenico Ciampa, 2° tenente giudice, Ercole Bouchè, 2* tenento giu-
dice, Francesco Coscarella, alfiere giudice, Dionisio Rocchi, 1" tenent»? com-
missario del Re, Ferdinando De Filippi», 1° sergente furiere, cancelliere.
Per copia conforme all'originale
Commissario del Re sostituto Ferdinando De Filippis
Dionisio Rocchi 1" Tenente 1» Sergente Cancelliere (1)
(Archivio citato).
(1) Seguono ftltr« due sentenze, aventi la data del 5 e 14 agosto.
CLX
APPENDICE
DOCUMENTO N. LXXV.
Acoiso delia Direzione Generale di Polizia.
Essondo importantissimo l'arresto dei colpevoli delle sommosse popolari av-
venuto in vari Comuni di questa Valle nel passato luglio, il Direttore Cene-
raio di Polizia, in occasione di .sovrani ordini, ha stabilito, di accordo coi Co-
mandanti la Colonne mobili, i preraj da promettersi a coloro che utilmente si
adoperassero per la esecuzione di siffatti arresti; e previa supcriore autorizza-
zione \!cno ora a pubblicare i prenij medesimi, secondo il notaraento che segue
qui appresso.
Previene pertanto il pubblico che la somma del piemie non sarà pagata se
non dopo di essere eseguito l'arresto dell'individuo pel quale si domanda.
Imputati per la sommossa di Villabate.
1. Giovanni Miano
2. Ignazio Calderone .
3. Giuseppe Pisciotta
Due.
60
80
SO
4. Giuseppe Messina . . . Due. 30
5. Biagio D'Agati. . . . „ 30
Imputati per la sommossa di Capaci.
6. Erasmo Ferrante .
7. Pasquale Strazzera
8. Francesco Costanzo
9. Angelo Costanzo .
10. Erasmo Crivelli .
11. Erasmo Giammona
12. Francesco Rizzo
13. Gius ppc Rizzo. .
Due
80
14.
Fraacesco Ferrante . . Due. 30
«
80
15.
Antonino Intravaja . .
. 30
»
80
16.
Erasmo Rappa . . . . ,
, 30
n
80
17.
Salvatore Giammona . .
. 30
9
80
18.
Pietro Giammona . . .
30
„
60
19.
Francesco Enea Pecora.
. 30
n
60
60
20.
Erasmo Riccobouo . .
. 30
Imputati per la sommossa di Termini.
21. FrancLidco Pusatori
22. Antonino Russo
23. (Jiuscppc l'olito
24. Filippo Polito . .
25. Saverio Mantia. .
20. (Jiusoppo Di .Maria
27. Antonino Salerno .
28. Giaa^ppo PuBateri.
29. Agottino Ijo Bello.
Due.
9J
80.
Salvatore (ìr; ziano .
. Due
80
„
60
31.
Giuseppe Coniglio. .
. „
80
9
60
82.
Andrea Coniglio . .
■
80
,
60
38.
Tommaso Rocca . .
„
30
,
60
84.
Vincenzo Salvatore .
»
30
„
60
35.
Matteo D'Angelo . .
n
30
„
60
36.
Salvatore Palumbo .
>
80
,
80
37.
Antonino Aragona. .
»
80
n
80
38.
Ignazio Raimondo. .
a
80
APPENDICE
CLXI
39.
Mariano Fiore . . .
Due
, 30
44. Francesco Basile . .
. Due. 30
40.
Antonino Ruffino . .
„
30
45. Giovanni Palumbo .
. „ 30
41.
Vincenzo Federico.
n
20
46. Biagio Dispensa . .
. , 30
42.
Antonino Milone . .
r
30
47. Agostino Graziano. .
. r 30
43.
Giuseppe Milone . .
,
30
Imputati pei' la sommossa di Bagheria.
48.
Frane. Paolo Scardina
. Due
CO
56.
Nicolò Tripoli . . .
. Due.
30
49.
Salvatore Pecoraro .
„
00
57.
Mariano Giammai osi .
. n
30
50.
Giuseppe Galioto . .
TI
60
58.
Calogero Scardina. .
. ,
30
51.
Giovanni Roberti . .
»
60
59.
Pietro Scaduto . . .
,
30
52.
Giacomo Longo. . .
^
30
60.
Michele Ducato. . .
»
30
53.
Giuseppe Di Piazza .
„
30
61.
Domenico Lo Galbo .
n
30
54.
G. Battista Scardina .
n
30
62.
Girolamo Leto . . .
• r
30
55.
Carmelo Mineo. . .
, ^
30
Imputati per la sommessa di Misìlmeri.
63.
Giuseppe Amato . .
Due.
30
86.
64.
Pietro Affronti. . .
„
30
87.
65.
Filippo Aflionti. . .
„
30
88.
66.
Natale Ardizzone . .
,
30
89.
67.
Antoni detto Sponzono
,
30
90.
68.
Santo di Palermo . .
„
30
91.
69.
Giuseppe di Palermo.
„
30
92.
70.
Francesco Ferraro. .
„
30
93.
71.
Angelo Ferraro. . .
7t
30
94.
72.
M." Giuseppe Guccione
„
30
95.
73.
Cosmo Lo Dico. . .
,
30
96.
74.
Domenico Provenzano
„
30
97.
75.
Gaetano Pagliardo. .
„
30
98.
76.
Pietro Scopavo di Vito
„
30
99.
77.
Antonino Sirena . .
„
30
100.
78.
Calcedonio Scafidi. .
„
30
101.
79.
Frane. Salemi Scarmagl
a ,
30
102.
80.
Stefano Salemi . . .
„
30
103.
81.
Pietro Raffa. . . .
TI
30
104.
82.
Calcedonio Raffa . .
!l
30
105.
83.
Salvatore Raffa. . .
,
30
106.
84.
Crispino Vicari. . .
r,
30
107.
85.
Giovanni Salerno . .
„
30
108.
ArcJi. Stor. Sic. N. S.
Anno
XV
,
Pietro Agnello . . .
Filippo Agnello. . .
Pasquale Cimò . . ,
Rosario Cimò . . ,
Gir.seppo Conte. . .
Girolamo Conte. . .
Leonardo Bocchiaro ,
Domenico Finocchio .
Antonino Finocchio .
Giuseppe Finocchio ,
Giovanni Ferraro Pioppo
Giusto Gerso . . .
Francesco Lombardo .
Pasquale Mangoja. .
Pietro Oliveri Tripone
Giovanni Oliveri . .
Giuseppe Pirajno . .
Giusto Pavone . . .
Giuseppe Patti . . .
G. Battista Pantanella
Giuseppe Pellegrino .
Giovanni Rio Cricchiaro
Carmelo Scardillo . . .
Due.
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
21
APPENDICE
109. Filippo Sagnibeue .
110. Salvatore Sagnibene
111. Angelo Sagnibene.
112. Francesco Salerno.
113. Domenico Salerno.
114. Giuseppe Scoparo .
115. Giovanni Sucato .
116. Stefano Salerai. .
117. Antonino Ribaudo.
118. Giuseppe Romano.
119. Ciro Amore , . .
120. Gioacchino Cannata
121. Collaii Giuseppe .
122. Collari padre del detto
Due. 30 123.
, 30 124.
.. 30 125.
, 30 126.
, 30 127.
, 30 128.
, 30 129.
, 30 1 30.
, 30 131.
„ 30 132.
, 30 133.
, 30 134.
, 30 135.
, 30 13G.
Francesco Cangialosi . . Due.
Salvatore Calderone . . ,
Giuseppe D'Aversa . . „
Angelo Lommino Pantano „
Lo Piccolo figlio di Pietro „
Giuseppe D'Aversa . . ^
Jlariano Milazzo . . . ,
Santo Mastropaolo di Aiit. „
Nunzio Martorana . . . „
Nunzio Mastopelìo. . . „
Giuseppe Pirajno . . . „
Leonardo Romeo . . . „
Salvatóre Spataro . . . ,
Ciro Scarpello . . . . „
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
30
Imputali jfer la sommossa di Corlcone e Frizzi.
137.
Salvatore Benigno. .
. Due.
50
138.
Pietro Marsala . . .
B
60
139.
Salvatore Siracusa. .
,
90
140.
Giovanni Siracusa. .
^
90
141.
Pietro Blanda . . .
H
60
142.
Francesco Milazzo. .
,
00
143.
Giuseppe Vallone . .
n
60
144. Antonino Campagna
145. Salvatore Canale .
146. Vincenzo Canale .
147. Vincenzo Pecoraro.
148. Girolamo Blanda .
149. Giorgio Lupo . .
Due. 60
, 60
. 60
. 60
, 30
, 30
// Segretario Generale
Stefano Maria Tahaio.
Il Direttore Generale
Duca Cumia.
(Arcbivio citato).
APPENDICE
CLXIlI
DOCUMENTO N. LXXVL
Paesi della Valle minore di Palermo la cui mortalità
superò il cimine per cento.
COMUNI
Popolazione
Mosti
Rappokto
17G,7Ò2
24,014
13 5
i;5,.j7:;
1,839
13 5
1,425
174
12 2
8,880
1,055
11 9
2,047
22s
11 1
4,160
415
9 9
19,431
1,823
9 3
r.,0ó2
465
9 2
n,338
568
8 9
6,83.]
600
8 7
2,754
240
8 7
3,981
342
8 5
5,255
423
8 0
3,205
257
8 0
13,778
1,064
7 7
9,258
705
7 5
3,976
281
7
8,338
570
6 8
8,749
556
6 3
6,386
400
6 2
3,088
204
6 6 .
994
61
tj 1
4,151
250
6 0
3,908
242
6 1
256
15
5 8
12,988
752
5 7
5,967
335
5 6
1,907
103
5 4
2.208
123
5 4
2,909
158
' 5 4
6,129
332
5 4
Palermo . . .
Corleone . . .
Ficarazzi . . .
Carini ....
Cerda ....
Castronovo . .
Termini . . .
Borgetto . . .
Marineo .
Bagheria . . .
Montolepro . .
Solanto . . .
Palazzo Adriuiu)
Giuliano . . .
Partinico . . .
Cefalìx ....
Alia
Bisacquino . .
Prizzi ....
Chiusa. . . .
Contessa . . .
Campofiorito. .
Valleilohno . .
Vicari ....
San Carlo . .
Monreale . . .
Lercara . . .
Villafrati . . .
Torretta . . .
Terrasini . . .
Piana . . . .
(Archivio citato).
CLXrV APPENEIOE
DOCUMENTO N. LXXVII.
Rapporto del Procuratort Generale del Re presso la Gran Corte Civile
di Messina al Principe di Campofranco, Luogotenente Generale in
Sicilia.
Messina, lo luglio 1837.
Eccellenza,
Ieri mattina approdò in questo porto il Real Paclietto S. Antonio , prove-
niente da Napoli.
La notizia già percorsa che quel legno recava il vestiario della truppa qui
stanziata avea mosso il timore di una facile infezione negli animi di questi a-
bitanti, che trovavansi agitati dalla presenza di una Speronara Messinese, che
proceduta da Palermo , dopo lo sviluppo della malattia dominante , era stata
messa in contumacia per le disposizioni sanitarie di cotesto Magistrato Supremo.
In un tratto si udì che il popolo sboccava da tutte le strade nella Marina e
presentavasi alla Deputazione di salute , dimandando minacciosamente che il
Pachetto ripartisse tostamente.
11 movimento si comunicò in tutti i punti della Città, e si rese in breve ora
generale. A malgrado che i Deputati promettessero di ordinare la partenza o
che uno Scooner che stava all'ancora nell'Arsenale facesse segni con colpi di
cannone e con bandiera che il Pachetto si fosse rimesso alla vela, la officina
della Deputazione e quella contigua della Polizia Marittima furono occupato da
taluni del popolo, infranti i mobili , devastate lo porte, lacerati i registri e lo
carte.
In questo trambusto alcuni posti di guardie doganali alla marina furono
disarmate.
Intanto il Pachetto ripartì.
Nondimeno la moltitudine non si dileguava e si faceva a dimandare che la
speronara Messinese ammessa da più giorni in contumacia fosso sfrattata.
Si diedero le disposizioni per farla partire. Nel movimento della mattina i
posti di guardia militare rimasero nella inazione e furono rispettati: nessuna
Autorità offesa, tranne un Ispettore di Polizia che fu malmenato da alcuni insolenti:
il popolo levava gridi di devozione alla Madonna, padrona della Città ed al Re;
od una bandiera che era stata tolta dall'Officina Sanitaria, fu appesa alla porta
della Chiesa Maggiore della Città, con dimostrazioni di religioso rispetto: quando
nel maggior furmeuto fu rotta da alcuni la lapido, cho ricordava lo ingrandi -
meato della Casina sanitaria; costoro fattisi accorti cho a quella lapido sormon-
tava la SMcra corona del Ilo impressero a quella corona dei baci riverenti ; e
ripetuto voci di viva il Ho fecero plauso a quell'atto di riverenza- Verso tardi
il maggior numero della popolazione ora ritornata alle suo caso: ma correvano
APPENDICE CLXV
per le strade drappelli di ragazzi, seguiti da plebei armati delle sciabole e dei
fucili tolti ai doganieri; abbandonati a loro stessi, perchè i pochi buoni che la mat-
tina eransi fraramischiati al popolo per impedirne gli eccessi, si erano ritirati,
dovea temersi che fosse trascorso in maggiori violenze. Io e l' Intendente ci
siamo riuniti nella Casa del Comandante della Valle per deliberare quelle mi-
suro necessarie a comprimerli. Avendoci dichiarato quel Comandante che la
quantità numerica della truppa era appena sufficiente a custodire la Cittadella,
i bagni e le prigioni , si presentì la necessità di attivare una forza pubblica,
composta di possidenti e di civili.
Con la prontezza che poteasi maggiore abbiamo divisa la Città ed i sob-
borghi in quartieri: abbiamo nominati i Capi e le guardie di ciascun quartiere;
ed abbiamo invitato il Principe della Mola ad assumere la direzione del servizio.
Un manifesto pubblicossi per le stampe , onde far nota l'attivazione di que-
sta forza pubblica , e comandare lo scioglimento dello unioni e la restituzione
delle armi. Nello stesso tempo furono aumentate le guardie militari alle pri-
gioni, alla Tavola ed alla Gran Guardia. Prima di sera, quando si temeano no-
velle riunioni di malintenzionati, le pattuglie armate di possidenti giravano per
tutti i punti della Città , e la di loro presenza restituì la sicurezza e la tran-
quillità pubblica. Questa mattina ebbe luogj un falso allarme, ma la prontezza
con cui convennero tutto le pattuglie nel luogo di unione, valse a dimostrare
la utilità della formazione di questa forza pubblica. Per una notizia pervenu-
tami dalle carceri, che alcuni dei detenuti p<insavano questa notte di evadere;
io ne feci avvertito l' Intendente e scrissi al Comandante della Valle , solleci-
tandolo ad ordinare alla Gendarmeria il pronto trasporto, e la ricezione nella
Cittadella di quei tra i detenuti , il di cui carattere ispira maggior allarme,
ler sera ne furono difatti traspo itati sossantanove nei forti del Salvadore e della
Cittadella. Il mio primo dovere sarebbe stato di ordinare la istruzione di pro-
cessi e lo arresto degl'imputati: ma avendo conferito coU'Inlcndentc, questi mi
mostrò il pericolo , cui andrebbe nuovamente esposta la tranquillità pubblica,
86 tutti coloro, ch'ebbero parto ai disordini, concepissero il timore di essere ar-
restati. Nella presente condizione della città, la sicurezza pubblica dipende in-
teramente da questa forza pubblica or ora attivata, poiché i ronJieri e la Gen-
darmeria sono in piccolissimo numero , e sappiamo non potere attendere dalla
Truppa alcuna assistenza efficace a prevenire ed a comprimere alcun altro moto
popolare.
Tostochò mi sarà permesso di spiegare lo funzioni del mio ministero, sarà
mia premura di adempierne i doveri.
Il Consigliere Procuratore Generale
Giovanni Cassisi.
Archivio citato).
CLXVI APPENDICE
DOCUMENTO N. LXXVIII.
Sentenza della Commissione Militare di Val di Noto.
Ferdinando II per la grazia di Dio, R-i del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec. , Duca di Parma , Piacenza , Castro ec. ec. Gran
Principe Ereditario di Toscana ec. ec. ce.
La Commissione militare del Vallo di Noto, nominata il dì 15 dello stante
mese da S. E. l'Alto Commissario di S. M. (d. g.) coi poteri dell' Alter-Ego,
signor Maresciallo di Campo Marchese Delcarretto, composta del Maggiore Gar-
zia Presidente, del Capitano Sartiani, del Tenente Rodriquez, del Tenente La-
strucci. Alfiere Briglia, Alfiere Veneti, Giudici ; del Capitano Ricceri Commis-
sario Relatore, e del secondo Sergente Nicastro del Reggimento Principessa,
Cancelliere. L'uomo della legge il Giudice Istrut. sig. Mistretta.
Si è riunita in seduta permanente per giudicare Mario Adorno, Carmelo A-
dorno, Concetto Lanza, Padre Vincenzo Zacco ed Andrea Corpaci, accusati di
atti rivoltosi, di voci di sedizione, e tentativi rovescianti l'ordine preesistente,
e che portarono la devastazione e la strage in questa Comune, nonché omicidii,
ed altro, avvenuti in Siracusa dal 18 luglio in poi , giusta le conclusioni del
Capitano Relatore.
Inteso il suddetto Capitano Relatore, nonché gli accusati ed i loro difensori;
Inteso nel suo avviso il Giudice Istruttore signor Mistretta , qual Uomo di
Legge;
11 Presidente, dopo il riassunto della causa , ha proposto le seguenti que-
stioni di fatto:
I.
Consta che Mario Adorno e figlio Carmelo siano colpevoli di atti rivoltosi,
voci sediziose, tentativi rovescianti l'ordine preesistente, e che portarono la de-
vastazione e la strago in questa Comune, inducendo ad armarsi gli ahitanti gli
uni contro gli altri ?
Considerando essere risultati dalla puhhlica discussione i seguenti
FATTI
liO. mattina dei 10 luglio 1837 per concepiti timori di pubblici disordini,
riunivansi lo Autorità in sala comunale, o do' buoni cittadini per lo mantcni-
monto dell'ordino pubblico minacciato. Mario Adorno in tal circostanza in istrada
pubblica proferì voci sedizioso, tendenti a manometterò la persona dell' Inten-
dente, di altro Autorith amministrativo, degli impiegati dell'intendenza, e fino
,...,•1... ,\,.\ rondifri. ' ■ ^"v:' '!"! ■ì-cm" ì^Lw^,, iccuvasi in «'iniiiiiigiia. La niat-
APPENDICE OLXVII
tiiia poi ile] 18 insorgendo il popolo fu messo a morte l'Ispettore Commissario
Vico, altri quattro cittadini innocenti, e la sera a furia di popolo 1' L.tendente
funzionante D. Andrea Vaccaro, o la dimani mattina l'Ispettore Greci, e suo
figlio il Percettore comunale. La sera istessa i giudicabili Adorno tornavano in
paese chiamativi dal popolo. Il di 21, Adorno padre, dava fuori per le stampe
un proclama a nome de' Siracusani ai confratelli siciliani, ove si dava conto
del sognato spargimento dei veleni, delle uccisioni di quelle autorità, e li spin-
geva a determinarsi alla difesa della pubblica salute. Il signor Adorno figlio,
che affiancava sempre il padre in queste ed altre susseguenti operazioni, solle-
citava la impressione del manifesto, e ne traeva le prime copie come tiravansi;
0 furon tutte diffuse. Indi lo Adorno padre prese il comando illegittimo di squa-
driglie dette di sicurezza, lo quali commettendo atti arbitrarj, non impedirono,
ma protessero la strage di molti rinchiusi nello prigioni li sera del 5 agosio,
e di altri noi sei e sette detto mese.
La Commissione militare ad unanimitii ha dichiarato: Consta che Mario
Adorno e figlio Carmelo siano colpevoli di atti rivoltosi , voci sediziose, tenta-
tivi rovescianti l'ordine preesistente, e che portarono la devastazione e la
strage in quésta Comune, iuduccndo ad armarsi gli abitanti gti uni contro gli
altri.
IL
Consta che Concetto Lanza sia colpevole di atti rivoltosi, voci sediziose,
tentativi rovescianti l' ordine preesistente , e di omicidio il giorno 18 luglio
scorso ? *
Considerando risultare dal dibattimento che il Lanza la mattina del 18 fu
uno dei primi che aggredì la casa del Cosmorama Giuseppe Schwentzer, fran-
cese : che vi rubò un fucile, colla quale arma poi tirò un colpo contro l'Ispet-
tore Commissario Vico, legato ad una delle colonne del piano della Cattedrale
Chiesa, colpo che lo tolse immantinente di vita: che tutto ciò risulta, e per de-
posizione di pili testimonj e per propria confessione;
La Commissione militare ad unanimità ha dichiarato constare che Concetto
Lanza sia colpevole di atti rivoltosi, voci sediziose, tentativi rovescianti l'ordiue
preesistente, e di omicidio il giorno 18 luglio scorso.
IIL
Consta che il Padre Vincenzo Zacco sia colpevole di atti rivolto.si, voci se-
diziose, e tentativi rovescianti l'ordine preesistente?
Considerando che i discorsi da lui tenuti agli arrestati dal popolo tendevano
a voler sapere i complici degli avvelenatori nella falsa credenza in cui era dei
veleni;
CLXVIU APPENDICE
Che nulla mostra di aver egli eccitato direttamente il popolo a far strage
contro coloro, o elio in altro modo ne sia state complice;
Che al più sì ravvisa la mira di spargere un mal contento, credendo ai ve-
leni, contro le ordinanze emesse dal Governo, e dalla polizia;
La Commissione militare ad unanimità ha dichiarato non constare che il
Padre Vincenzo Zacco sia colpevole di atti rivoltosi, voci sediziose e tentativi
rovescianti 1' ordine preesistente, ma alla stessa unanimità dichiara constare
bensì che sia colpevole di discorsi pubblici, coi quali ebbe soltanto in mira di
spargere il malcontento contro il Governo.
IV.
Cousta che Don Andrea Corpaci sia colpevole di atti rivoltosi, voci sedi-
ziose, e ttntativi rovescianti l'ordine preesistente ?
Considerando che se il concorso di talune circostanze dà al Corpaci l'appa-
renza del reato di aver cooperato alla formazione del manifesto suindicato, pure
non son sufficienti abbastanza a stabilire la di lui colpabilità, e contrarie pre-
sunzioni par che la escludano ;
Che interessa conoscere quali si fossero stati i di lui rapporti coli' Adorno,
quali i di lui principj e la passata condotta, e s'è vero che sino al 20 luglio ul-
timo si teneva in campagna, e se dopo il ventuno immediatamente "ne parti, ri-
coverandosi su di una barca noi sito detto la Maddalena per timore della plebe,
che credeva un suo fratello aromatario spargitor di veleni;
La Commissione militare ad unanimità dichiara di non constare abbastanza
che sia colpevole; quindi, secondo l'art. 273 dello Statuto penale militare, sarà
ristretto iu Castello pollo spazio di un mese, in cui il Capitano Kelatoro dovrà
procedere a nuova informazione a norma del capitolo 5° del detto Statuto.
Fatta la dichiarazióne di reità, il Presidente ha interpellato la Commissiono
con qual pena debbano punirsi i reati suddetti.
La Commissione, veduti gli art. 129, loO, 131 e 142 delle leggi penali del
Regno, così concepiti :
129. Chiunque ecciterà la guerra civile tra popolazione e popolazione del
Regno, o fra gli abitanti di una stessa popolazione, armandogli o induccndogli
ad armarsi gli uni contro gli altri, é punito colla morte.
130. Chinquo porti la dcvfl.stazione, la strage o 11 saccheggio in uno o più
Comuni, 0 contro una classe di persone, è punito colla morte e col secondo
grado di pubblico esempio.
181. Chiunque nel caso do' due precedenti articoli prende parto attiva negli
omìcidj, nollp devastiiziont o ne' saccheggi, ò punito colla morte.
142. Ogni altro discorso, o scritto, o fatto pubblico non compreso negli ar-
ticoli precedenti, o non accompagnato dal reo fìno in questi espresso, quando
▲PPEÌTDIOK OUUJt:
con essi si abbia soltauto avuto in mira di spargere il malcontento contro il
Governo, sarà punito col secondo al terzo grado di prigionia.
La stessa pena saia applicata agli ecclesiastici, i quali per occasione del-
l'esercizio delle funzioni del loro ministero faranno la c;ilica di una legge, di
un decreto, o di un atto qualunque della pubblica autorità.
Ha condannati ad unanimità Mario Adorno, Carmelo Adorno o Concetto
Lanza alla pena di inerte da eseguirsi infra il tei mine di ore dicci con la fu-
cilazione.
Ha conJannato del pari all'istessa unanimità il Padre Vincenzo Zacco alla
prigionia per anni cinque.
Ha del pari deciso all'istessa unanimità di estrarsenc della presente sen-
tenza num. 400 copio in istampa per diramarsi alle autorità competenti.
Le spese del giudizio a carico de' suddetti condanniiti.
L'esecuzione n cura del CapitiUio Relatore.
Fatto, deciso e pubblicato in seduta prrmanentc- oggi 13 agosto 1837 in Si-
racusa.
La Commissione Militare :
Maggiore Michele Garzia, Presidente.
Pietro Sartiani, Capitano Giudice.
Giovanni Kodriguez, P Tenente Giudice.
Francesco Lastrucci, 2° Tenente Giudico.
Aurelio Briglia Altiero Giudice.
Francesco Antonio Veneti Alfiere Giudice.
Francesco Mistretta, Giudice Istruttore, uomo di legge.
Cancelliere Giovanni Nicastro, 2" Sergente.
Visto
Il Capitano Commess. Relatore
Rosario Ricceri (1).
(Artliivio l'itatu).
DOCUMENTO N. LXXIX.
Sentenza della Commissione Militare del Vallo di Noto
■Ferdinando II per la grazia di Dio He del Ileyno delle due Sicilie, di
Gerusalemme, ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec. Gran Prin-
cipe ereditario di Toscana ec. ec. ec.
La Commissione militare del Vallo di Noto, nominata il di 15 del passato
meso di agosto da S. E. 1' alto Commissaiio di S. M. (D. G.) coi poteri del-
(1) Soguuiio altro sciitcnzo, avuuU dascuua la data del 19, 24 ij J8 agosto e 1° settembre 18d7
Arch. Star. Sic. N. S. Anno XV. 22
falJÌX APPENDioM
l'Alter-Ego signor Maresciallo di Campo Marchese Delcaretto . composta dal
Maggiore fiarzia Presidente, dal Capitano Sartiani. dal Tenente Uodriguez, dal
Tenente Lastrucci. AlBere Hriglia, Alfiere Veneti, Giudici; dal Capitano Ric-
ceri Commissario Relatore, e dal primo Sergente Trani del Reggimento Prin-
cipessa Cancelliere. L'nomo della leggo il Giudice Istruttore signor Mistretta.
Proseguendo in sedata permanente per giudicare Salvatore Bonajuto , Lu-
ciano Pantano, Giuseppe Covato, Santo Pantano, Andrea Ricupero, Paolo For-
mica, Salvatore Ricupero, Santo La Rocca, Santo Ricupero , Santo Perrotta ,
Paolo Randazzo, Francesca Ricupero, ed Antonino Amenta, accusati di atti ri-
voltosi, voci di sedizione, di tentativi rovescianti l'ordine pubblico, e di aver
eccitata la guerra civile tra gli abitanti della Comune di Canicattini del 5 a-
gosto or caduto, in poi.
Inteso il sndetto Capitano Relatore nelle sue conclusioni:
Intesi gli accusati, ed i loro difensori no' mezzi di difesa;
Inteso lo avviso dell'uomo di Leggo Giudice Istruttore Signor Mistrett^a;
Ritiratasi nella camera di consiglio il signor Presidente ha elevato lo se-
guenti
1° QUISTIONE DI FATTO
Consta che Salvatore Uonaiuto , Giusepe'Covato, Andrea Ricupero, Luciano
Pantano, Salvatore Ricupero , Santo Pantano, e Sauto Ricupero sian coli)evoli
di atti rivoltosi tendenti a rovesciare 1' ordino preesistente, e di «ver eccitata
la guerri civile tra gli abitanti della stessa popohizione, armandosi, o inducendo
i cittadini ad armarsi gli uni coi'tro gli altr. ?
Considerando essere risultati nella pubblica discussione i seguenti
FATTI
Dopo la fiera in.sorgenza, o le crudeli stragi commesso in Fluridiii, perfide
dicerie di avvelenamento nella contermine Canicattini susurravano; e contro i
pubblici impiegati, e la classe dei civile udivansi parole acerbe , o maligne. 11
dopo pranzo del G agosto Salvadoro iJoniijuto, che mali umori covava contro
il Cancelliire Comunale, trovandosi al posto fuori la Comune gliene impediva
lo ingresso, voci sedizioso profferendo tendenti a manomettere la di lui per-
sona. Al che riunitasi una turba lo minacciavan di percosso, e di offese; quindi
lo triducevano in carcere poi lo allontanavano; e fuvvi chi gridò, o die' con-
siglio, perchè si trucidasse. Fu questo il segno a più apeita insurrezione: poi-
ché la sera del 7 il lJ^)naiuto medosinio , Antonino e Siint) GiofTrido ivan per
lo blrade gridando, che ad una volta sette cran periti di veleno, molti vieni
a morire , Ittli in pericolo : e Giu-ieppo Covalo , Luciano o Santo Pant^itiu
se,.,uiti da altri corrovan d.il Sindaco, perchò lo peisono sospetto per propoya-
APPENDICE CLXXr
zione di veleno arrestusseisi. Quindi, non valendo lo insinuazioni di quel fun-
zionante , ne lo intervento della pubblica forza ad arrestare il disordine ; poi-
ché accrescevasi sempreppiii la turba degl'insorti, armati chi di bastoni, eli»
di fucili, chi di scuri, o di altre armi, licenziosamente per le strado correndo,
ventiquattro cittadini, o impiegati, o civili con offese sulle persone, con aspri
modi, e con minacce di morte arbitrariamente arrestarono. L'iudimani voleansi
mettere a morto , e perchè i parenti dogli arrestati minacciavano, ed oppone-
vansi, molti, alla cui testa Covato, odi fratelli Pantano, movevano per Floridia
per venire affiancati dai facinorosi di quella Comune. Ne furono però richia-
mati, e distolti, ; e la sera fatto correr voce, che tutti erano innocenti, p?r o-
pera di alcuno, essendo gl'insorti o stanchi, o incerti di ciò che far si dovesse,
furon tutti escarcerati. La domani mattina alzossi un partito di reaziono ; e la
forza pubblica, riproso vigore, arrestò parte dei rivoltosi, parte furono messi in
fusra ; l'ordine pubblico turbato restituissi.
Considerando che tanti eccessi ivi avvenuti rovesciarono, sebbene per soli
due giorni, l'ordine preesistente ; trassero lo scioglimento delle Auk>ritìi e del
Governo in quel luogo, turbarono la sicurezza, che il potere politico garcntisce
ai cittadini ; e nella generalitt^ di essi, precisamente nella classe degl'impiegati,
0 dei civili, sparsero lo spavento, e lo allarme;
Che comunque non sieno seguiti nò saccheggio, nò strage, nò devastazione,
non è tuttavia men vero, che guerra civile, sedizione, ribellione fu eccitata fra
individui della stessa popolazione, armandosi molti, o inducendo altri ad armarsi
gli uni contro gli altri : nò mancò certo per gli insorgenti, che in gravi scia-
gure quel paese spinto si fosse : il che è tanto più criminoso, quanto l'atto So-
vrano del 31 luglio avea avuto ivi pubblicazione;
Dacché la mancata strage, o il non seguito saccheggio non rendono mono
gravo la imputabililìi dei giudicabili 'in casi si gravi, nei quali la legge, di
giusto rigore armandosi, agguaglia al consumato il mancato misfatto, e con e-
gnale sanziono il punisce;
Considerando risultare evidentemente che Salvatore Bonajuto, Giuseppe Co-
vato, Luciano e Santo Pantano ne furono gli eccitatori;
Che Salvatore ed Andrea Ricupero, comunque fra la turba si distinguessero,
e iìgurasser sempre nei due giorni dei, disordini, puro non possono a giusta
ragione riguardarsi come capi, o provocatori della rivolta ; ma più presto col-
pevoli di arresti arbitrarli, con offese sulle persone, e minacce di morte, accom-
pagnate puro da pubblica violenza;
Che per quanto riguarda Sanie Ricupero, gl'indizii di sua colpabilitiv anzi
che accrescersi, o confermarsi alla discussione dello pruove, senesi di molto
attenuati ; sicché fa d'uopo che sian 'meglio chiariti con jpiù ampia infor-
mazione;
CLXXII APPENDICE
La Commissione ha dichiarato
Consta che Salvatore Bonajuto, Giuseppe Covato, Luciano Pantano e Santo
Prtutano sian colpevoli di atti rivoltosi, voci di sedizione, di opere rovescianti
l'ordine preesistente, e di avere eccitata la guerra civile fra abitanti di una
stessa popolazione, inducendoli arn:arsi gli uni contro gli altri.
Consta che Salvatore ed Andrea Ricupero sian colpevoli di arresti arbitrarj
di più cittadini, con offese sulle persone, e minacce di morto, accompagnate
pure da pubblica violenza.
Non consta abbastanza che Santo Ricupero ne sia egualmente colpevole.
E visti gli articcli 273 e 2S1 dello Statuto penale militare
ORDINA
Che rimanga in carcere, e che si prendano sul di lui conto piìi ampie in-
formazioni nel termine di mesi sei, a cura del Capitano Relatore.
2.° QUISTIONE DI FATTO
Consta che Santo La Rocca, Paolo Randazzo, Paolo Formica o Santo Por-
rotta sian colpevoli di tentativi di misfatti, e che Francesca Ricupero sia com-
plice non necessaria, secondo le conclusioni del Capitano Relatore ?
Ovvero secondo l'avviso dell'Uomo di legge
Consta che i primi quattro sien colpevoli di arresti arbitrarj, con offeso
sulle persone, e minacce di morte accompagnate pure da pubblica violenza : e
per Francesca Ricupero di solo tentativo ?
Considerando che costoro comunque nìeno agitati, e violenti dei fratelli Ri-
cupero, tuttavia sono pur essi convinti degli stessi reati, avendo anche eglino
arrestato piìi cittadini, e con animo ostile preso parto nella civile dissenzione;
Considerando cbe la Ricupero, favorendo i disegni dei fratelli, o chiamando
il popolo a suon di campane, allorché chiamavasi il rinfoi-zo degli anarchici
florìdiani, tentò anche essa di eccitare nuovi disordini, o almeno di accrescere
i primi tumulti
La Commissione ha dichiarato
t
Confata che Santo La Rocca, Paolo Formica, Paolo Randazzo e Santo Por-
rotta sien colpevoli di arresti arbitrarj con offese sulle persone, minacce di
morto ed accompagnato pure da pubblica violenza.
Consta che Francenca Ricupero sia colpevole di tentativo nei sensi dell'ar-
ticolo 132 dello leggi penali.
APPENDICE CLXXin
3." QUiSTIONE DI FATTO
Consta che Antonino Anienta sia colpevole, oppure nò dei misfatti impu-
tatigli ?
Dacché nessun indizio oflriva a di lui carico il processo scritto ; né la pub-
blica discussione ha presentato il benché meno sospetto di sua reità
La Commissione ha dichiarato
Consta che Antonino Amenta non è colpevole.
E visto l'articolo 271 dolio Statuto suddetto
ORDINA
Che sia messo in libertà assoluta.
Fatta la dichiarazione di reità, il Presidente ha interpellato la Commissiono
con qual pena debbano punirsi i reati, di che sono stati rispettivamente dichia-
rati colpevoli ?
La Commissione
Visti gli articoli 5 o 129 delle leggi penali;
Veduti gli articoli 70, 132, 149, e 170 delle leggi suddette;
Ha Condannato
Santo Pantano, Luciano Pantano, Salvatore Bonajuto, e Giuseppe Cavato
alla pena di morte da eseguirsi con la fucilazione, domattina alle ore 12 i-
taliane.
Andrea Ricupero e Salvatore Ricupero al 4 grado di ferri al presidio por
anni 30.
Paolo Formica, Santo U Rocca, Santo Perrotta e Paolo Randazzo ull'egual
grado nel presidio per anni 26.
Francesca Ricupero al 3 grado di ferri anche nel presidio per anni 24.
Ha del pari deciso di estrarscne della presente sentenza num. 450 copie in
istarapa per diramarsi alle autorità competenti.
Le spese del giudizio a carico de' suddetti condannati.
L'esecuzione a cura del Capitano Relatore.
Fatto, deciso e pubblicato in sodata permanente, oggi 1 settembre 1837 in
Siracusa.
La Commissione Militare
Maggiore Michele Garzia, Presidente.
Capitano Pietro Sartiani, Giudice.
1° Tenente Giovanni Rodriguez, Giudice.
CLXXnr APPENDICE
2" Tenent.» Francesco I^astrucci, Giudice.
Alfiere Aurelio Briglia, Giudice.
Alfiere Francesco Antonio Veneti, Giudico.
Francesco Mistretta, Giudice Istruttore, uomo di leggo.
1" Sorgente Cancelliere Vincenzo Trani.
Visto
// Capitano Commissario Relatot'e
Rosario Ricceri. (1)
(Archivio citato).
DOCUMENTO N. LXXX.
SkKTBNZA DEtLA COMMISSIONE MILITARE DEL VaLLO DI CATANIA
Ferd'mamlo II per la (/razia di Dio Ite del Regno delle due Sicilie, di
Gerusalemme ec. Duca di Parma, Piacenza, Castro ec. ec. Gran Prin-
cipe Ereditario di Toscana ec. ec. ec.
La Commissione Militare del Valle di Catania, nominata il dì 20 agosto da
S. E. l'Alto Commissario di S. M. (D. G.) coi poteri doW Alter Ego, signor Ma-
resciallo di Campo Marchese Del Carretto, composta dei signori:
D. Giorgio Feti Maggiore del 3" di linea Principe, Presidente;
Cav. D. Giovan Battista Quandel Capitano di Gendarmeria, Giudice;
Cav. D. Massimiliano Licastro Capitano doi Pionieri, Giudice;
Cav. D. Carlo Espin Capitano del 1" Cacciatori, Giudice;
D. Luigi Rossi 1" Tenente del V Cacciatori, Giudice;
D. Beato Schuoller 1" Tenente dei Pionieri, Giudice;
D. Giuseppe D'Attellis Capitano del 4" di linea Principessa, Relatore;
Biagio Amirante 2° Sergente dei Pionieri, Cancelliere.
L'uomo della legge Barone D. Francesco Buonaccorsi (xiudico della G. Corto
si è riunita in seduta permanente nel locale del Collegio Cutelli in Catania li
6 settembre corrente anno per giudicare i nominati:
1. D. (Jiovan Battista Ponsabeno del fu D. Salvatore di anni 32, nato o do-
miciliato in questa, civile.
2. D. Giacinto GuUi Ponnetti del fu I). Giuseppe di anni 28, nato e domi-
ciliato in questa, civile.
3. D. Giuseppe Caudullo Fetusa del fu Nunzio ili anni 45 , nato e domici-
liato in quofita, civilo.
4. D. Angelo Sgroi del fu Santo di anni 44 , n:ito o domiciliato in questa,
Mppolliero.
(1) 8«|i>oito altrt do* MntonM dal 91 • 26 lottMabr*.
APtMNDICE OLlxV
5. Sebastiano Sciuto del fu l'enedetto di anni 50, nato e domiciliato in que-
sta, sensale.
6. D. Antonino Faro di D. Alfio di anni 29, nato o domiciliato in questa,
civile.
7. D. Litterio Ardizzonu del fu D. Tommaso di anni 43, nato e domiciliato
in questa, possidente.
8. Sebastiano Finocchiaro del fu Nicolò di anni 24 , nato e domiciliato in
questa, ogliolajo.
9. Salvatore Finocchiaro del fu Nicolò di anni 37 , nato e domiciliato in
questa, ogliolajo.
10. Giacomo Filetti di Francesco di anni 30, nato e Jomiciliato in questa,
tagliapietre.
11. Giuseppe Indelicato del fu Fiancesco di anni 21 di Aci Catena, domici-
liato in questa, tagliapietre.
12. Paolo Indaco Tarallo del fu Mario di anni 27 , nato e domiciliato iu
questa, tagliapietre.
13. Salvatore Indaco Tarallo ivi fu Mario di anni 22 nato e domiciliato in
questa, tagliapietre.
14. D. Antonino Provenzale di Luigi di anni 40, nato in Nizza di Provenza
del Piemonte, al presente in questa domiciliato, negoziante .di seta-
Provenuti i primi quattro, cioè Pensabcne, Gulli Pennetti, Caudullo Fetusa
e Sgroi
1" Di avere cospirato contro il Governo all'oggetto di cambiarlo;
2" Di avere eccitato i sudditi ad armarsi contro l'autorità reale, dando ad
essi ad intendere che con venefiche propinazioni si attentasse dai mandat^trj di
questa autorità alla loro vita sotto l'apparenza del colera indiano;
S** Di avere preso parte attiva nella rivolta a mano armata con che fu di-
strutto l'ordine legittimo preesietente, facendola da capi di bande ed aécettando
ed eseguendo speciali incarichi, che li caratterizzano promotori della sedizione;
4" Inoltro di avere non solo per disprezzo, ma per viemaggiormcnto susci-
tare coll'esenipio l'odio contro il Governo infranto e distrutto il marmoreo si-
mulacro di S. M. Francesco I di gloriosa memoria ed incendiato i Reali ritratti
esistenti nel Palazzo di (ìiustizia, e gli stemmi reali di cui erano fregiate le
pubbliche officine.
Il Gulli, Caudullo e Sgroi di avere aggredito il Monistero dei P. Benedettini,
traendovi colà la plebe con la calunniosa voce che vi si fosse asilato il Mag-
giore Simoneschi, che si segnalava come propagatore di veleni, ma con l'inten-
dimonto di determinarli per quel verso alla ribellione.
11 Peusabene, il Gulli ed il Caudullo di avere con minacce e con altri ar-
tificj obbligata la guarnigione a consegnare lo sue armi , quali poi si fecero
passare presso i rivoltosi che furono organizzati in bande armate , ed il Gulli
OLXXVI APPENDICE
e Caudullo di avere anche con minacce e violenze ed a mano armata tratte allo
stesso oggetto dalle Cancellerie e dal Commissariato di Polizia le altre armi
che quivi esistevano in deposito;
Il Galli, Caudullo e Sgroi di avere arbitrariamente con altri faziosi arrestato
il Regio Visitatore signor D. Filippo Benintende, e Sgroi e Caudullo di avere
sequestrato le persone del Consigliere Procurator Generalo della G. C, dell'In-
tendente e del Comandante la Gendarmeria. Il Pensabene ed il Giilli di avere
con violenze e minacce imposto la stampa dol rivoluzionario manifesto pubbli-
cato in Catania li 30 luglio corrente anno, del quale ne procurarono la pubbli-
caziooc e la diffusione, onde muovere il popolo alla rivolta.
Il quinto, cioè Scinto. 1. Di avere assistito gli autori della rivolta, essendosi
mostrato in loro compagnia, armato. — 2. Di avere preso parte attiva ne' fatti
che prepararono ed accompagnarono il cambiamento del Governo. — 3. Di aver
dato opera per fornire di armi i faziosi. — 4. Di aver proso parte attiva nel di-
sarmamento del posto di Polizia. Ed in fine il Ponsabeno, il Gulli, il Caudullo, lo
Sgroi e Scinto di reiterazione di più di due misfatti, reati contemplati dagli ar-
ticoli 123, 133, 178, 179, 181, 182, 74 e 64 leggi penali.
11 sesto cioè Faro. 1. Di avere con minacce, violenze ed artificj obbligata
la Guarnigione a consegnare le suo armi, quali si fecero poi passare ai rivol-
tosi per organizzarli in bande. — 2. Di avere scientemcnto assistito gli organiz-
zatori di queste bande. — 3. Di essere andato in Messina eon altri all'oggetto di
diffondervi il sedizioso manifesto di Siracusa del 21 luglio ultimo, onde eccitare
quegli abitanti all'odio del Governo e quindi alla rivolta. — 4. Di avere accet-
tato l'impiego nella cosi detta Giunta di Guerra , scopo della quale si era di
armare le bande, e di fornire ad osse le munizioni per sostenere la rivolta. —
5. Di reiterazione di piìi di due misfatti: reati contemitlati dagli articoli 123,
140, 133 e 74 delle medesime leggi.
Il settimo cioè Ardizzone. 1. Di avcir preso parte attiva nella forza armata
dei rivoltosi per distruggere e cambiare il Governo. — 2. Di avere assistito il
Caudullo onde eccitare la plebe alla rivolta.— 3. Di avere assistito il Ponnetti
per la stampa del manifesto che si pu))blicò in Catania li 30 luglio ultimo. —
4. Di avere scientemente assistito alla cosi dotta Giuuta di guerra. — 5. Di a-
vcrc arbitrariamente con altri fazio.^i arrestato il Regio Visitatore Ueuintende.
—6. Di reitcr.izione di piii di due misfatti reati contemplati dagli articoli 123,
133, 140 e seguenti, e 74 dello stosse leggi.
I/ottavo e nono, cioè i fratelli Sebastiano e Salvatore Finocchiaro. l.Di a-
vere preso servizio nelle bande armate , ondo sostenere con la violenza la ri-
volta.— 2. Di avere concorso a spogliare alcuno chiese dalle loro campano, onde
formarne dal bronzo di esso d'i cannoni.— 3. Di reiterazione di misfatto: reati
contemplati dagli articcli 133, 135 e 74 delle suindicate leggi.
il decimo, l'unducimo, dodicuuimo u Irodicouunu, (ioc Giacomo Filetti, Giù-
APPENDICE CLXXVII
geppo Indelicato e fratelli Paolo e Salvatore Indaco Tarallo di avere concorso
con la loro opera alla distruzione del Simulacro marmoreo di S. M. Fiancesco I,
reato preveduto dall'art. 141 dello Leggi penali.
Il quattordicesimo, cioè il Provenzale: 1, Di avere con minacce, violenze,
artificj obbligata la Guarnigione a consegnare le armi, quali si fecero poi pas-
sare ai rivoltosi per organizzarli in bande.—- 2. Di avere scientemente assistito
gli organizzatori di queste bande. — 3. Di reiterazione di misfatto, reati contem-
piati dallo articolo 133 delle predette leggi.
Inteso il suddetto Capitano Relatore, non che gli accusali e loro difensori;
Inteso nel suo avviso il Giudice della G. Corte Barone D. Francesco Buo-
naccorsi, qual uomo di legge;
Il Presidente, dietro il riassunto della causa , ha proposto le seguenti qui-
stionì :
Consta che i nominati Giovan Battista Ponsabene, Giacinto GuUi Pennetti,
Giuseppe Caudullo Fetusa, Angelo Sgroi, Sebastian© Sciuto, Antonino Faro, Let.
torio Ardizzone, Sebastiano e Salvatore Finocchiaro, Giacomo Filetti, Giuseppe
Indelicato, i fratelli Paolo e Salvatore Indaco Tarallo ed Antonino Provenzale
siano colpevoli dei misfatti di cui sono stati rispettivamente accusati ai termini
della rispettiva rubrica ?
Considerando che dalla pubblica discussione e dai documenti esistenti in pro>
cesso risulta il seguente
PATTO
Nel giorno 18 luglio ultimo si fece correre artifiziosamente voce per Cata-
nia, che il signor Maggiore Simonoschi di Gendarmeria, qui venuto, avea preso
asilo nel Monistero dei RR. PP. Benedettini, e che lo stesso era uno dei prò-
pinatori delle sostanze venefiche che avevano desolato Napoli e Palermo : a
questo D. Giacinto Gulli Pennetti, D. Giuseppe Caudulle Fetusa, D. Angelo Sgroi
ed altri, mentre conoscevano essere ciò una falsità , come cospiratori però (a
qual classe apparteneva pure D. Giov. Battista Pensabene ed altri), per muo-
vere il popolo alla rivolta ed armarsi contro il legittimo Governo , vociferando
spargimento di veleni, e seguiti da una moltitudine di gente, aggredirono detto
Monistero per ricercarlo, ma tutto fu vano. Nel giorno 24 luglio suddetto Don
Giacinto Gulli Pennetti, D. Giuseppe Caudullo Fetusa, Sebastiano Sciuto e altri
rivoltosi assalirono la Polizia ed altre pubbliche officine, onde impossessarsi delle
armi quivi riposte , per aumentare la forza rivoluzionaria. Nello stesso giorno
essendo qui pervenuto da Siracusa un sedizioso manifesto con la data del 21
del ripetuto luglio, fu qui ristampato , affìsso in diversi cantoni , e mandato a
Messina per eccitarvi la rivolta. La notte del 24 furono arrestati i signori Pro-
curatore Generale del Re, Intendente e Comandante la Gendarmeria, come so-
spetti della propinazioue delle sostanze venefiche suindicate e tradotti nella «a-
Arch. Stor. Sic. N. 8. Anno XV. 23
CLXXVIIl • APPENDICE
8ina del signor Duca di Carcaci, come in luogo di deposito, ove furono custo-
diti da Caudullo, Sgroi ed altri.
Nel gioì no 30 poi i rivol osi inalberarono il vessillo giallo dell'indipendenza
siciliana, che D. Giusep[ e CaiuUillo Fetusa presentò alla Giunta detta di sicu-
rezza, quale venne al momento obbligata ad elevarsi in Giunta provvisoria di
Governo, e nel tempo stesso D. Giacinto Galli Pennetti inalberò pari bandiera
sul Bastione del forte S. Agata, dietro i proparameuti fatti con D. Giovan Bat-
tista Pen3al)ene, Sebastiano Scinto ed altri, i quali al ritorno in città si traspor-
tarono due cannoni, situandoli nella piazza del Duomo.
Inoltre si diede alle stampe per cura di D. Giovan Battista Pensabeno, Don
Giacinto Gulli Pennetti ed altii un rivoluzionario manifesto, in detto giorno pub-
blicato e disseminato in <[uesta città. Dopo il mezzogiorno del 30 ridetto mese
il Pensabene, il Gulli, il Caudullo, il Faro ed altri con violenza ed artifizi ob-
bligarono la guarnigione a consegnare le armi, essendovi pure comparso il Pro-
venzale, come mediatore.
Nella notte poi del 31 D. Giovan Battista Pensabene, D. Giaciuto Gulli Pen-
netti, D. Angelo Sgroi, D. Giuseppe Cìiudullo Fetusa ed altri, con l'aiuto dei
maestri tagliapietre Giacomo Filetti , Giuseppe Indelicato e Salvatore e Paolo
Indaco Tarallo, abbatterono nella piazza degli Studj la statua in marmo di Sua
Maestà Francesco I, di felice ricordanza, e distrussero i ritratti della Reale Fa-
miglia , che trovarono nel palazzo di giustizia , non che gli stemmi reali delle
vario officine; e nel ciò faro profferivano voci ingiuriose e di rivoluzione ; Don
Giacinto Gulli Pennetti intanto piantò sul piedistallo della battuta Statua la
bandiera livoluzionaria. In prosieguo i rivoltesi, dopo essersi armati, avendo alla
testa D. Giuseppe Caudullo Fetusa, si organizzarono in bande armate, eliggendo
per capitani tra gli altri D. Giovan Battista Pensabene e Don Giacinto Gulli
Pennetti.
Una Giunta di guerra fu stabilita, alla (juale D. Antonino Faro apparteneva
e D. Antonino Provenzale, Sebastiano Scinto e Letterio Ardizzone assistevano,
la quale Giunta avea per oggetto di organizzare, provvedere di armi, munizioni
0 tutt'altro lo dette bande, dello quali fecero parte i fratelli Sebastiano e Sal-
vatore Finocchiaro, Angelo S^roi , Sebastiano Scinto , D. Litterio Ardizzone ed
altri, D. Qiacinto Gulli Pennetti e D. Giovan Battista Pensabene erano tra gli
altri coloro che proponevano alla Giunta di guerra i diversi piani.
Nel giorno 2 di agosto ultimo merco la coopcrazione di D. Giuseppo Cau-
dullo Fetusa, di Sebastiano e Salvatore Finocchiaro si abbassarono le campano
di vario cIiìcho, elio seivir dovevano per fondersi dei cannoni onde usarli in
loro difesa. Nella notte del giorno medesimo fìnalmt'nte il Caudullo, il Gulli, lo
Sgroi, l'Ardizzone eoo altri arrestarono arbitrariamente il Regio Visitatore Bo-
nintendcnte.
Consideraodo che dai fatti di sopra esposti risulta pienamonto convinto l'a-
APPENDICE CLXXIX
niino della Coinniisaioae, elio i nomiaati IVnsab'.Mie , (jìulli , Caudullo, Sgroi e
Sciuto siansi rondati colpevoli dei misfatti di cui sono stati rispettivamonte ac-
cusati. Che questa convinzione è elementatd dagli stessi Icro intcrrogatorj, dalle
' confessioni di alcuni di essi, dal contesto asì(?rto di piìi tostinionj e dai fatti
permanenti assicurati dalle generiche.
Considerando però che la stessa pubblica discussione , e gli elementi testò
segnalati hanno dimostrato che la parto presa dj Faro, Ardizzoue e fratelli Fi-
nocchiaro nei reati rispettivamontc ad essi addebitati, non fu tale che senza di
essa i realS non s-irebbero stati commessi , tilchò conviene a costoro più la
caratteristica di complici che di correi;
Considerando che il mi.-fat!o che si addebita a Filetti, Indelicato e fratelli
Indaco Tarallo, quantunque sia costante, pure in riguardo alla loro imputabi-
lità emerge il gravo dubbio »o eglino volontariamente o pure obbligati da forza
maggiore abbiano prestato la loro opera alla domolizion'j della Statua ; dubbio
sostenuto dalle confessioni degli autori principali di questo attentato, ed elc-
mcutato dalla ultronea presentazione in carcere dei sudetti imputati;
Considerando per ultimo che per quanto risguarda l'accusato Provenzale, il
dibattimento non ha offerto pruove bastovoli por convincerò l'animo della Cora-
missione ch'egli abbia coagito nei fatti delittuosi che ad essi s'imputano, piut-
tosto nel senso di facilitare e di assistere i rivoltosi, che d'interporsi e preve-
nire maggiori eccessi; che esistendo questo dubbio giustizia non consente che
allo stato si ritenga l'opinione che ir.ona alla sua non colpabilità;
PER gUESTI MOTIVI
La Commissione ad unanimità di voti dichiara constare: primo che Qiovan
Battista Pousabeno, Giacinto (luUi Pennctti, Giuseppe Caudullo Fetusa ed An-
gelo Sgroi abbiano commessi i seguenti misfatti :
1. Di avere cospirato contro il Governo all'oggetto di cambiarlo.
2. Di avere eccitato i su Iditi ad armarsi contro l'Autorità Reale, dando ad
essi ad intendere che con venefiche propiuazioni si attentasse dai mandatarj di
quest'Autorità alla loro vita sotto l'apparenza del colera indiano.
3. Di avere preso parte attiva nella rivolta a mano armata, con che fu di-
strutto l'ordine legittimo preesistente, facendone da capi di banda, ed accettando
ed eseguendo speciali incarichi che li caratterizzano promotori della sedizione.
4. Di avere non solo per disprezzo, ma per viemaggiormentc suscitixre col-
l'esempio l'odio contro il Governo , infranto e distrutto il marmoreo Simulacro
di S. M. Francesco I, di gloriosa memoria , ed incendiato i Reali Ritratti esi-
stenti nel palazzo di giustizia e gli Stemmi R^ali di cui erano fregiate lo pulì-
bliche fucine.
5. Il Gulli, il Caudullo e Sj^roi di avoro ag^rvdito il Monistoro dei PP. Be-
nodiftini, traondovi colà la plebe cm l.i caluonijsa voce che vi si fosse asilato
il maggiore Simonoschi, che si segnalava come propagatore di veleni, ma con
l'intendimento di determinarla per quel verso alla ribellione.
CtXXX APPENBICÉ
6. Il Pensabene, il GuUi, il Caudullo, di avere con minacce e con altri ar-
tifici obbligata la guarnigione a consegnale le suo armi, quali poi si fecero pas-
sare presso i rivoltosi, che furono organizzati in bande armate , ed il Gulli e
Caudullo di avere anche con minacce e violenze ed a mano annata tratte allo
stesso oggetto dalle Cancellerie e dal Commissariato di Polizia le altre armi che
quivi esistevano in deposito.
7. Il Gulli, il Caudnlio, lo Sgroi di avere arbitrariamente arrestato il Regio
Visitatore signor Don Filippo Benintende, Sgroi e Caudullo di avere sequestrato
le persouf del Consigliere Procurator Generalo della G. C. , dell' Intendente e
del Comandante la Gendarmeria.
8. 11 Pensabene ed il Gulli di avere con violenze e minacce imposto la stampa
del rivoluzionario manifesto pubblicato in Catania li 30 luglio corrente anno,
del quale ne procurarono la pubblicazione e la diflfusione, onde muovere il po-
polo alla rivolta.
Secondo constare che Sebastiano Scinto abbia commessi i seguenti misfatti.
1. Di avere assistito gli autori della rivolta, essendosi mostrato in loro com-
pagnia armato.
2. Di avere preso parte attiva nei fatti che prepararono ed accompagnarono
il cambiamento del governo.
3. Di avere dato opera pur fornirò di armi i faziosi.
4. Di avere"preso parte attiva nel disiirmamcnto della Polizia.
Terzo constare che tutti cinque gli accusati suddetti siano colpevoli di rei-
terazione di più di due misfatti.
Quarto non constare che Antonino Faro abbia commesso i misfatti a lui di
sopra addebitati: constare però che il medesimo Faro sia complico nei reali se-
guenti, secondo i numeri 3 e 4 dell'art. 74 leggi penali in guisa che la sua o-
pcrazione non fu tale che sonzii di essa i reati suddetti non sarebbero stali couì-
messi, cioè di avere:
1. Con minacce ed arlifìzj obbligata la guarnigione a consegnare lo sue arnìi
quali 8Ì fecero poi passare ai rivoltosi por org;inizzarli in bando.
2. Di avere Bcientcmente assistilo gii organizzatori di questo bando.
3. Di a/erc accettato un impiego nella cosi detta Giunta di guerra, scopo
della quale si era Tarmare delle bando ed il fornire ad esse le munìz.oni por
Bostcnorc l.i rivolta.
Quinto non constaro che Letterio Ard zzono abbia commosso i misfatti a Ini
di Ropra addebitati, constare però eh ; lo stosso Ardizzone sia complico nei se-
guenti misfatti, secondo i nuni. 3 e 4 doll'articolo summcntovuto, cioè;
1. Di avere preso parte attiva nella fiirzii annata dei rivoltosi per distrug-
grru 0 cambiare il Governo.
2. Di avere asniitito il CaUtUiHo onde cceitari; la plol-o alla rivolta.
3. Di avere asitalitu Gulli PtiineUi per la stampa dui nianifeato che ai pub-
blicò in Catania li 30 luglio ultimo.
ÀPPBNDieB GLXXtt
4. Di avere scientemente assistito alla Giunta di guerra.
5. Di avere arbitrariamente con altri faziosi arrestato il Regio Visitatore Bo-
nintende.
Sesto non constare che i fratelli Salvatore e Sebastiano Finocchiaro abbiano
commessi i seguenti misfatti :
1. Di avere preso servizio nello bande armate onde sostenere eoa violenza
la rivolta.
2. Di avere concorso a spogliare alcune chiese delle loro campane onde for-
marne del bronzo di esse dei cannoni.
Constare bensì che essi fratelli Finocchiaro siano complici nei misfatti so-
pracennati secondo i numeri 3 e 4 dell'art. 74 di sopra espresso.
Settimo non constaro abbastanza della colpabilità degli altri accusati Gia-
como Filetti, Giuseppe Indelicato, Paolo e Salvatore Indaco Tarallo od Antonino
Provenzale.
Risoluta in questo modo la quistione di fatto , il Presidente ha elevate le
seguenti quistioni di dritto :
I.
Quale è la pena d'applicarsi agli accusati pei reati di cui sono stati dichia-
rati colpevoli?
II.
Che debbn ordinarsi sul conto degli altri pei quali si è dichiarato non con-
stare abbastanza della loro reità ?
SULLA PRIMA
Considerando quanto ai prevenuti Pensabene, Gulli, Caudullo, Sgroi e Sciuto
eh' essendo stati dichiarati colpevoli dei misfatti contemplati dagli artico'i 123
e 133 delle leggi pcaali la pena che a tal misfatto corrisponde è quella della
morte col 3" grado di pubblico esempio;
Considerando che per legge la pena del reato piìi gravo assorbisce quella
di tutti gli altri reati , di cui possa essere dichiarato colpevole lo stesso indi-
viduo;
Considerando che per Io articolo 369 dello Statuto penale militare la pena
di morte si eseguo con la fucilazione;
Considerando quanto ai provenuti Faro, Ardizzone e fratelli Finocchiaro che
essendo stati dichiarati colpevoli di complicità di secondo grado del sudetto mi-
sfatto contemplato dagli articoli 123 e 133 delle leggi penali, la pena che dee ad
essi applicarsi è quella propria del misfatto diminuita di uno a due gradi;
Considerando che messa a oalcolo la maggiore perversità dimostrata dal
Faro ed Ardizzone in confronto dei fratelli Finocchiaro, giustizia esige che la
OLXXXII APPENDICE
dis<:eDsione proceder debba pei due primi di un grado e per gli altri due di
due gradi.
SULLA SECONDA
Considerando che gì' imputati fratelli Indaco Tarallo , Filetti ed Indelicato
non essendo risultati allo stato convinti dol reato di cui furono accusati, deb-
bono essere rilasciati sotto lo stosso modo di custodia, finche tra due mesi non
sopraggiungano nuove prove a loro carico, e ciò a' termini dell'articolo 273 dello
Statuto penale militare;
Considerando quanto all'altro imputato Provensale che non essendo risultato
allo stato, convinto dti reati, di cui fu accusato, debba egualmente procedersi
a suo carico ad una più ampia istruzione della durata non maggiore di due
mesi, e che avuto riguardo alla poco solidità delle pruove che lo colpiscono,
equità consiglia ad abilitarlo alla libertà provvisoria sotto la stretta sorveglianza
della polizia.
Considerando che i condannati per uno stesso reato esser donno per lo ar-
ticolo 51 leggi penali condannati solidalmente alle spese;
PER QUESTI MOTIVI
Visti gli articoli 123 e 133 Ipggi penali;
Visti gli articoli 74 e 75 delle medesime leggi;
Visto l'articolo 369 dello Statuto penale militare;
Visto l'articolo 51 delle leggi penali;
Veduto l'articolo 273 Statuto penale militare;
La Commissiono militare ad unanimità di voti uniformemente in parte alle
conclusioni del Relatore e conforme all'avviso dell' Uomo di legge;
Condanna i nominati Giovan Battista Pensabene , Giacinto Gulli Pennelti,
Giuseppe Caudullo Feluca, Angelo Sgroj e Sebastiano Scinto alla pen.v di mort ;
da eseguirsi con la fucilazione e col terzo grado di pubblico esempio.
Condanna Antonino Faro e Littorio ArJizzone alla pena dell'ergastolo.
Condanna i fratelli Salvatore e Sebastiano Finocchiaro alla pena dei ferri
per anni 25 ed alla malleveria per tre anni con pena di ducati 300 per cia-
scheduno.
Condanna i suddetti Pensabene, i'ennotti, Caudullo, Sgroi, Scinto, Faro, Ar-
dizzonc e fiatelli Finocchiaro solidalmente a!Ie spese del giudizio in benefìcio
del Real Tesoro.
Ordina che i fratelli liid.ico Tarallo, Giu.seppe Indelicato e Giacomi Filetti
restino Botto lo stesso modo di custodia finche il Capitano Relatore, entro duo
mesi, non nrqninti nuovo pruove a loro carico, e che l'imputaio Frovenzale sia
messo in libertà provvisoria sotto sorvi-glian/.i iierò della Poliz'a, lincile entro
il ter:ai'JO di duo musi non si)prag'jiu:i,';.ino a su) carico d<'lle altro prove.
APPENDICE
CLXXXIII
Ed ordina in fine che della presente sentenza se no estraggano 400 copie
in istampa per la solita pubblicazione.
La esecuzione a cura del Relatore fra le ore 24.
Fatto, deciso e pubblicato in seduta permanente, oggi li 8 settembre 1837,
alle ore 4 a.m. in Catania.
Firmati :
Maggiore Giorgio Feti, Presidente.
Capitano Giovan Battista Quandel, Giudice.
Capitene Maasimiliano Licastro, Giudice.
Capitano Carlo Espin, Giudice.
1" Tenente Luigi Rossi, Giudico.
1° Tenente Beato SchuoUer, Giudice.
Barone Francesco Buonaccorsi Giudice della 0. C, Uomo di legge.
Capitano Giuseppe d'Attellis, Relatore.
2* Sergente Biagio Amiranto, Cancelliere.
Per copia conforme
Il Cancelliere
Biagio A mirante, 2° Sergente
(Archivio citato).
Visto
// Capitano Relatore
Giuseppe D'Attellis (1).
DOCUMENTO N. LXXXI.
Persone arrestate in Catania (fai S al 16 agosto 1837.
3 Agosto 1837 — Giovan Battista Tomabene, Letterio Ardizzone, Tommaso
Ardizzone, Angelo Sgroi, Gaetano Ponzio Balsamo. Gaetano Lanza, morto il 19
dotto, Giuseppe D'Avola, Bernardino Teletti, Luciano Mazzaglia, Luigi Arena.
4 detto — Michele Raffagnino , Vito Consoli, Giuseppe Landino, Francesco
Maugeri, Antonino Caslorina, Luca Strano, Domenico Bucalo.
5 detto — Antonino C'aliò, Giuseppe Calanzone , Gaetano Bonaccorso, Fran-
cesco Caponnctto, Pasquale Perone, Pasquale Santoro, Sebastiano Sciato.
6 detto — Nicolò Ardizzone, Guglielmo Gagliano, Pietro Marano, Francesco
Pappalardo, Giuseppe Mancino.
7 detto— Ignazio Testaj, Giuseppe Caudullo Guerrera, Luigi Distefano, Paolo
Manara, Giuseppe Toscano Pulvirenti.
8 detto — Girolamo Distefano Platania, Francesco Distefano Platania, Carlo
Riccioli, Nicolò Consoli.
(1) Segue altra sentenza del 16 settembre.
CLXXXIV APPENDICE
9 Agosto — Santo Sgroj Giacomo Condorelli Ferina , Paolo Indaco Tarallo,
Giacomo Filetti, Giuseppe Indelicato.
10 detto — Giuseppe CauduUo Fetusa.
1 1 detto — Antonino Faro, Antonio Provensalc, Filadclfo Atanasio.
\2 detto — Sacerdote Santo Rapisarda, Giuseppe Distefano Mammana, Car-
melo Mon tesano, Ignazio Clarenza.
13 detto — Salvatore Finocchiaro, Sebastiano Finocchiaro.
15 detto — Salvatore Amato da Palermo, Salvatore Amato da Catania, Luigi
Condorelli Perina , Enrico Condorelli Perina Rossi , Giovanni Rallo , Raffaele
Minnitti.
16 detto — Antonio Paladino, Giuseppe Belfiore, Girolamo Distefano Barba-
gallo, Giuseppe Clarenza Tempio, Giacomo Scardino, Vincenzo Catanzaro, An-
tonino Bragonia.
17 detliO — Gaspare Scinto.
18 detto — Lorenzo Scafile, Vincenzo Cordaro, Michele Pastura.
19 detto — Gioachino Oliveri, Carmelo Laudani, Giacinto Gulli Pennetti.
20 detto — Gaetano Mazzaglia, Mario Nicotra.
(Archivio dtato).
DOCUMENTO N. LXXXII.
Supplica delle vedove e degli orfani Adorno a Ruggiero Settimo
Presidente del Potere esecutivo nell'anno 1848.
Eccellenza,
Non v'ha persona a cui nuovo giunga il nome del Siracusano Eroe del 1837
di cai tutti i fogli nazionali ed esteri ne han reso immortale la memoria, di
Mario Adorno che per la siciliana rigenerazione fu vittima del dispotico e van-
dalico governo già gloriosamente distrutto dall'inclito ed invitto popolo di Pa-
lermo; di queir infame governo dell' iniquo bombardatore, che per mantenersi
saldo su l'abborrito trono intriso dui sangue di tanti sventurati, permetteva agli
orapt satolliti dell'eiferatii tirannide le più atroci barbarie, o.orae quella crudis-
sima d' aversi destinato il dotto Mario Adorno ad essere spettatore della fuci-
lazione dell'infelice proprio figlio Cannolo; dopo di cui si foce subire al padre
lo stesso 8U|)plizio n<'l piano della Cattedrale, affincbò le moschettato di morto
si sentissero dagli altri due figli Gaetano e Giuseppe i quali noi fondo d' un
duro carcero del vicino Castello in aspri ceppi languivano e vi si tennero un-
dici mesi dopo che furono, ahi trista scena! noi centro disila notte barbaramente
divisi dall'adorato genitore o dall'amato fratello al termine della lettura dell'i-
niqua sentenza, che segnava l'ora tremenda dell'ultimo respiro di quegl'infelici
Durtiri della libertà.
APPENDICE CLXXXV
Per tali avvenute disgrazie due vedove afflitte e quattordici orfani sventu-
rati, undici dei quali allora minori, rimasero in balia delia desolazione, ed av-
viliti, vilipesi e maltrattati dagl'infami sostenitori del rovesciato tirannico go-
verno han durato finora amarissima e trista vita per mancanza di tutti i mezzi
di sussistenza che gli vennero meno per la morte dei capi delle fam glie d' o-
norata e distinta condizione, e per gl'immensi dispendi fatti per liberare i sun-
nominati due figli Gaetano e Giusefipe languenti in prigione, dalla stessa pena
di morte, dagli ergastoli, dalle trentine d'itnni di ferri, e d'altre gravi condanne
che a franca mano e senza nessun rimorso s'inflìggevano agli infelici da tante
afTamate jene che componevano la militare Commissiono istituita dal turpe car-
nefice Del Carretto.
Intanto la Sicilia ha infranto il duro giogo del dispotismo del piìi malvagio
Re; giìi si è liberata dalla schiavitù che l'oppi imea, od i magnaninti suoi figli
respirano da per tutto l'aria della tanto desiata libortii col sangue redenta.
Le sconsolate vedove però, per lo stato della piìi disperata indigenza in cui
si trovano, sentono tuttavia le triste eonst-guenze del distrutto infame governo
il quale con fiero orrore il nome d'Adirno udiva, perihò Adorno fu quello che
scopri la macchina infernale di cui gli empì tiranni seivivansi per flagello dei
popoli, il Cholera.
Quindi umilmente supplicano la giustizia e filantropia di V. E. per beni-
gnarsi assegnare una pensione ad osse vedove di distinta condizione pel loro
mantenimento, un'altra pensione alle due figlie di Mario Adorno, cioè Francesca
prima vedova, e Francesca seconda nubile di anni 28. — Far mantenere in un
monastero qualunque della Sicilia o in un decente stabilimento di educazione
le tfe orfanelle di Carmelo, cioè Fmncescn di anni 15, Antonina di 1-3 o Cri-
stina di li, assegnando a ciascuna una pensiono da goderne qualora usciranno
per prender marito, o per mantenersi in casa materna, e far entrare a piazza
franca in un collegio di questa Capitalo il figlio postumo di Carmelo, che ne
porta lo stesso no".ie, per premloro educazione convenienti! ai suoi nitali.
Finalmente implorano lo vedove darsi loro pronUmiente una somma per ve-
stirsi, e coprirsi coi sopramimìnali figli le carni, mentre dopo undici anni circa
di lagrime, d' amarezze e di pene trovansi sprovveduti di tutto , di unita agli
altri otto figli maschi di cui qui non si è parlato, e si raccomand. no all'È. V.
per tenersi presenti nella distribuzione degl'impieghi civili e militari perchè no
offrono i requisiti.
Questo sono le grazie che s'augurano, e sperano che le saranno largite dalla
magnanimitìi di V. E. in compenso del sangue dei martiii Adorno sparso per
la sic liana redenzione.
Palermo a . . . . Aprile 1848.
(Segreteria di Stato, Interno, carico 2", anno 1848, filza 2417).
(Archivi© citato).
Arch, Stor. Sic, N. S. Anno XV. 24
CLXXXVI AttENDlCE
DOCUMENTO N. LXXXIII.
PER LA MORTE DI DOMENICO SCINA
ODE
Prodi giovani, il campo de' morti
Vi ridesti a novella virtnde :
Quanto sacre reliquie racchiude I
Qui l'amor sta sepolto, Toner.
Qui Scinà ! venerate la polve
Pi costui che col forte pensiero
Fé' palese al superbo straniero
Che Siam fi^li degli Klleni ancor.
Lui ftì' plauso l'Ausonio paese,
Lui sorrisero i regi dal soglio,
Pur del vii non l'illuse l'orgoglio,
Sol del vero la luce li beo.
Nò dagli anni fu domo il vegliardo,
Lui d' oltr' Alpe ancor plauso venia
Quando ahi cadde !■.. Non pianto il seguia,
Non preghiera il gran spirto evocò.
Una lue dall'estremo oriente
Venne a orbar queste afflitte contrade,
Chi dirà del morir la pìetade
Chi le morti infinite dirà ':*
Cadder mille e poi mille in un giorno.
Agli estinti niancnron gli avelli,
I parenti perdemmo, i fratelli
Ed i forti, od i Sofi e Scinà.
Del sovrano intelletto la polve
Fu commista ad infami, ad oscuri;
Corcheranno una i>ictra i futuri,
Solo un campo, una croce vedran.
Fatai campo con nero colore
Ti disegna a' nopoti Pistoria...
Pur da qui sorse un giorno una gloria
Che nei secoli estinta non han!
Oh da qui nuova gloria risorga
Dalla polve do' Soli, de' forti,
Sorga UD tiouio che i danni conforti,
Cb« rtdoati la mente, il valor.
APPENDICE CLXXXVII
Su la polve dogli Elioni antichi
S'ispirarono i figli do' fi^li,
Indi sorsero svovi consigli,
Indi sorse di Procida il oor.
Fbanco ÌCACCAGKoyp Principe di Granatelli,
DOCUMENTO N. LXXXIV,
IN MORTE DI DOMENICO SCINÀ
ODE
Qual labbro profferso 1' iniqua menzogna 'i
Chi fu che coprirne tentò di vergogna
Y. vili ci disso d' affanno ne' dì ?
In faccia alle genti con volto sicuro,
Al Ciel che ne ascolta, lo grido, lo giuro:
Noi vili non fummo, chi il disse, menti!
Sull'onda che indarno parti questa terra,
Dal lido che opposto ver Norte la serra
Il morbo fatale qui giunse, scoppiò.
Oppressa, distrutta da nuova ruina.
Cadeva a migliaia la gente tapina;
Mancate le tombe, sui roghi bruciò.
Ahi doglia! Vedemmo cader fulminati
Le madri, 1 fratelli, le spose co' nati,
liC vite più care d'un soffio cessar.
E setto l'incarco de' corpi giacenti
Di funebri carri le ruote stridenti
Sentimmo di notte l'orrore addoppiar.
E in tanto di morto crescente periglio
Tremar per la vita del padre, del figlio,
Di chi quasi un Cielo la vita ci fa;
E attender sommessi l'estrema chiamata,
0 al danno sottrarsi di tabe imprecata.
Il segno fu questo di nostra viltà i*
E quando col fiato venefico impuro
L'arcano contagio fo' strazio sì duro
In qual più di questa dannata tribù?
CLXXXVII Ari ENDICE
Ahi! quaota di morte noi campo foralo
Confusa non ebbe né pietra nò Tale
Celeste beUaJe, superna virtù!
E tu pur cadesti, sovrano intelletto,
■ Tu sommo fra" primi del numero eletto,
Del siculo senno deccro immortai:
Nò valser le cure di amata famiglia
A torcer del morbo, cui nullo somiglia,
Dal capo dilotto la possa virai.
Cadesti ! quel raggio di vivida luce
Che a' studi severi tua mente ebbe duce,
Quel raggio superno si spense con te.
Chi i fasti dischiuse de' tempi lontani,
Che a' (ìreci maestri rivali a' Romani
Sicilia fér donna, colui più non è.
Te chiaro faranno tue pagine ognora;
Di lui che Archimede, eh' Empedocle onora
Tra i posteri sacra la gloria vivrà.
Ahi I quando gli avanzi del lustro primiero
Tra noi rintracciando verrà lo straniero.
Indarno l'aTello di te cercherà!
De' teneri alunni te piange il drappello
Che sorger tu festi per ordin novello.
Che il padre, l'amico, la guida perde.
Audace chi usurpa quel merto, quel lume,
Che r orme sublimi calcarne or presume :
Quel pianto innocente mentita gli die.
Ben nostra ventura lassù iu decisa,
So a questa contrada dolente, divisa
I pochi che sanno son tolti così.
Kterni cousigli, chi mai vi comprendo '<
Perchè de' ribaldi lo stuol non offende
La piaga del Gange che i buoni rapìV
Ahi! quando l'immago di strage si rea,
Di lur che perdemmo la lugubre idea
Bitoma alla mente che palpita ancor;
Uran Dio, tu perdona se implorano i vinti
Su' tristi V'indetta pe' miseri estinti
Ne' giorni immortali del divo furor!
Rammontan crucciosi lo notti vegliate.
Oli Hiiesi tesori dell'egra cittate,
K l'ansia che indarno salvarli tentiN.
Por duro retaggio di pianto o d' affanno
Do' padri la toma lor diodo l'inganno,
Nò un giorno ancor lieto por oasi spuntò.
APPeNDICE 0LZXX1X
Almeno di speme la nostra sventura
Ai nostri figliuoli sia fonte sicura,
So a noi non fia data speranza dal Ciel.
£ quando verranno sul campo ferale
Implorino paco piangendo sul frale
Di tanti mietuti dal morbo crudol.
E pensin dolenti che umana grandezza
Con vece perenne si adora, si sprezza,
E un popolo or cade che già trionfò!
Che il campo ove han tomba quo' miseri amati
Un giorno allo squillo do' bronzi sacrati
Pi sangue Francese sul vespro fumò ! ! !
Gaitàito Daita (1).
^fJ^i
(1) Questa poesia, tìncr:\ i^.i-ditu, mi è stata favorita dal dott. Lodi.
INDICE
APPENDICE Pag. 1
Documento K. I.— ^entonsa della Corom. Militare della Vallo di Palermo , ui
a , II. — Lettera del Ministro Segretario di Stato per gli affari di
Sicilia al Liif>gotciieut« generale . . . . , xvi
, „ III.— Idem , xvu
IV.- Idem , iTi
, , V. — Idem , xvm
„ „ VI.— Lettera della polizia romana , ivi
, , VII.— lettera del Ministro per gli affari di Sicilia al Laogotenente , xix
Vili.— Idem XX
IX.- Idem , Ivi
„ „ X.— Idem , ivi
, , XI.— Idem , XXI
, , XII.— Idem , XXII
„ , XIII.— Idem , xxiii
, , XIV.- Idem , ivi
„ , XV.— Idem , xxiv
, , XVI — Idem , ivi
, , XVII.- Idem , xxv
, , XVIII.- Idem , xxvi
, , XIX.— Idem , xxvn
, „ XX.— Decreto roiitru i violatori dei cordoni sanitari , xxvni
„ , XXI.— Sentenza della Commissione militare di Palermo. , xxx
„ , XXII, — Lettera del Luogotenente generale . . . . , xxxi
, , XXIII.— Processo verbale della facoltà medica di Palermo . , xxxii
, , XXIV.— Decisione del Magistrato superiore di Salute . « xxxiv
, , XXV.— Rapporto del Laogotcncnte , xxxvii
, , XXVI.— Idem , xxxviii
, , XXVII.- Idem xu
, . XXVIII.— Sentenza della Commissione militare di Palermo , , xtn
, , XXIX.— Idem , xLvn
, , XXX.— Quadro dei morti nel colera di Palermo ... « Li
, , XXXI.— Lettera del Luogotenente generale ..... lu
, „ XXXII.— Idem , LUI
, , XXXIII.- Idem ivi
, , XXXIV.- Idem Lvn
, , XXXV. - Idem , Lvm
, , XXXVI.- Idem , htx
„ „ XXXVn.- Idem lxi
. XXXVUI.- Idem un
cxcu
APPENDICE
Docoatirro N. XXXIX.— Lettera del luogotonontc generale Pag.
, XL.— Idem ,
, XLI. — Lettera del Ministro per gli affari di Sicilia al Luogotenente ,
„ XLII.— Lettera del Luogotenente generale . . . , „
, XLIII.— Lettera del Ministro per gli affari di Sicilia al Luogotenente ^
XLIV.- Idem
, XLV.— Idem „
, XLVI. — Lettera del Luogotenente generale , . . . „
, XLVII.- Idem
„ XLVIII.- Idem ,
, XLIX.- Idem
, L.— Idem ,.
, LI.— Idem „
, LII.— Idem «
, LITI.— Idem
, LIV.- Idem
, LV.— Idem „
, LVI.- Idem
LVII.— Idem
, LVin.— Idem
, LIX.- Idem
, LX.— Idem ,
, LXI.— Idem
LXII. - Idem ,
LXIII.- Idem
LXIV.- Idem
, LXV.- Idem
a LXVI.— Sentenza della Commissione militare di Palermo ,
LXVIl.— Idem ,
„ LX Vili,— Sentenza della Commissione militare di Bagheria . „
, LXIX.— Sentenza della Commissione militare di Carini . . ,
, LXX.— Sentenza della Commissione militare di Misilmeri . ,
, LXXI.— Sentenza della Conimi.-isione militare di Marinoo. . „
, LX XII.— Sentenza delia Commissione militare di Corlcone . ,
„ LXXIII —Sentenza della CommisKioiic militare di Frizzi . . „
„ LXXIV.— Sentenza della Commissione militare di Termini. ,
, F^XXV.— Avviso della Direzione generale di Polizia . . . ,
, LXXVI— Prospetto dei morti di colera nella valle di Palermo . „
, LXXVII, — Kapporto del procuratore generale Cassisi . . . ,
, LXXVIH. -Sentenza della Commissione militare di Val di Noto . ,
, LXXIX.- Idem . • .
, LX XX.— Sentenza della Commissione militare di Catania . . ,
, LXXXI.— Prospetto dello persone arrestato in Catania . . ,
, LXXXII —Supplica dello ve<lovo Adorno a Kuggiero Settimo . ,
, LXXXIII.-I'oesia del principe di UranaU-lli ,
. LXXXIV -Poesia di 0«otane> Uaita ,
LXV
LXVU
ivi
LXVIII
LXIX
LXX
ivi
LXXI
LXXII
LXXIII
LXXIV
LXXV
LXXVI
ivi
LXXVII
LXXIX
LXXX
ivi
LXXXII
LXXXIII
LXXXV
LXXXVI
LXXXVIIl
XC
ivi
XCI
xon
ivi
CI
CXVIII
ex XVI
rxxxix
CXLV
CI.
CLIII
CLVII
n.x
cLxm
CLXIV
CLXVI
iLXtX
»i.xxiv
C'LX.TXIII
n.x.xxiv
CLXXXVI
CLXXXVIt
XXVI GENNAIO MDCCCXC
ONORANZE
1 S. E, ICEiZO llfMli MtEESE PI lOiEARSl
PER CURA
DELLA SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
PALERMO
TIPOGRAFIA DELLO " STATUTO
1890
SOCIETÀ SICILIANA' PER LA STORIA PATRIA
Besoconto della solenne tornata M 26 punalo 1890.
Presidenza del prof. comm. Andrea Guarnerl,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società si riunisce nella sala municipale delle La-
pidi per onorare la memoria dell' estinto suo Presidente
S. E. Vincenzo Fardella Marchese di Torrearsa. Al posto
della Presidenza, su di un piedistallo ornato di velluto cre-
misi, è collocato il mezzo busto in marmo del Torrearsa,
opera del socio scultore cav. Mario Rutelli.
Essendo presenti moltissimi soci, le primarie autorità
del paese, fra le quali le LL. EE. il Presidente e il Procu-
ratore generale della Cassazione, il Primo Presidente della
Corte di Appello, il Prefetto della Provincia, il Sindaco di
Palermo^ il Sopraintendente agli Archivi siciliani, il Prov-
veditore agli Studi, non pochi Senatori e Deputati, molti
professori dell'Università e di vari Istituti , non che un
buon numero di Consiglieri provinciali e comunali , di
notabili cittadini e di egregie signore , all'ora 1 */^ poni,
il Presidente apre la seduta indicandone lo scopo e pro-
nunziando sentite parole sul Ton'earsa.
Indi il Segretario generale p. Luigi Di Maggio fa una
breve relazione sopra i 13 anni della Presidenza tenuta
dall'estinto, e ne fa rilevare gl'immensi vantaggi venuti
alla Società.
Infine il socio dottor Giuseppe Pitrè legge un discorso nel
quale per sommi capi è dipinta la vita eminente deirillustre
personaggio (1).
Le parole del Presidente come la lettura del Segretario
generale e quella del Pitrè sono vivamente applaudite.
(1) I tre discorsi suddetti fun seguito al prceetite resoconto.
PAROLE
DI
ANDREA GUARNERI, SENATORE DEL REGNO
PRESIDENTE
Si
'S
non
Onoriamo quest' oggi la memoria del nostro illustre
Presidente Marchese di Torrearsa^ tanto come colui che pose
le solide basi di questo Istituto di Storia patria, quanto
come illustre uomo politico.
Parlerà di lui come nostro Presidente l'esimio nostro
Segretario P. Di Maggio, che fu suo strenuo collaboratore
nell'opera di costituzione di questo Sodalizio. Dirà di lui
come grande uomo di Stato 1' egregio nostro collega
signor Pitrè, che fu a lui legato con tanti vincoli di ami-
cizia e di simpatia.
E certo come uomo di Stato la figura del Torrearsa
spicca eminente nel doppio periodo del 1848 e del 1860.
Nel 1848 egli, unitamente all'altro egregio Statista Ma-
riano Stabile, die l' indirizzo al moto rivoluzionario del
12 gennaio; indirizzo d'indipendenza e, precorrendo i tempi,
anco d'Italianità.
Ed io non obllerò giammai la celebre notte del 13
aprile 1848 , quando egli ritto in piedi, nel suo seggio
di Presidente della Camera dei Deputati , proclamava la
decadenza della Dinastia Borbonica; e mi suonano ancora
8 PAROLE DI
airoreccliio le sue storiche parole. " La dinastia dei Bor-
boni è per sempre decaduta. Il trono di Sicilia è va-
cante „.
E nel 1860 era tanto il prestigio del suo nome e della
sua autorità, che, appena ritornato dall'esilio, io ebbi l'onore
di averlo a compagno non solo, ma a Presidente del primo
Ministero del Dittatore Garibaldi; d'onde si ritrasse bentosto,
dietro il rifiuto del Grenerale di assentire alla immediata
annessione di questlsola al Regno d' Italia. Ed è de-
gna di ricordo storico la memorabile seduta del Consiglio,
nella quale il Torrearsa insisteva vivamente per una
pronta annessione, nella tema che il ritardo potesse com-
promettere l'ordine pubblico e l'indirizzo politico di questa
Isola; ed il Dittatore energicamente rifiutavasi , allegando
da un lato esser sua ferma volontà, che la Sicilia entrasse
nella grande famiglia Italiana: soggiungendo ch'egli lo avea
proclamato al mondo intiero col suo proclama di Salemi, col
quale avea adottato come bandiera di Sicilia lo stemma di
Casa Savoia; ch'egli avea diggià abolite tutte le barriere tra
l'Isola ed il continente, ed anco emanata una legge per re-
golare i Comizi elettorali per l'annessione; ma allegando
dall'altra, che l'ora non era arrivata, giacche egli avea
tuttavia qualche altra cosa a compiere nella sua opera del-
l'tFnità di Italia, cioè la conquista del Regno di Napoli;
e che avea perciò d'uopo di una assoluta libertà d'aziono e
dei mezzi pronti ed efficaci; ed intendeva dippiìi assumere
sul suo capo l'intiera responsabilità della ardita intrapresa,
sgravandone la Corbe di Torino, pur troppo compromessa
dinanzi alle vecchio Monarchie d' Europa. Però il Tor-
roarsa stiè fermo nel suo avviso, e si ritirò.
ANDREA GUARNERI SENATORE DEL REGNO
E poscia dal 1871 al 1874 egli tenne Talto officio di Pre-
sidente del Senato, ove per la tranquillità del suo spirito,
per la moderazione e l'equanimità del suo carattere e
per la dignità delle sue forme, realizzò il tipo del primo
Magistrato di quell'augusta assemblea; ed i miei vecchi
Colleghi ricordano tuttora con riverenza il suo nome , e
vari sono gli aneddoti che ne raccontano per illustrarne
la memoria.
E narrano, come un giorno ad un Ministro, il quale
avea tardato a recarsi al Senato per rispondere ad un'in-
terpellanza, e ne allegava per iscusa i suoi affari , egli
ebbe a rispondere: comprendere bene che un Ministro do-
vesse aver degli affari; ma che sapeva che il primo affare
di un Ministro era quello di adempiere ai suoi doveri
verso il Senato.
E la sua indipendenza di carattere non piegò neanco
dinanzi al prestigio della Corona ed al suo profondo at-
taccamento al Sovrano ; ed un giorno al gran Re , che
avea creata l'Italia, egli osò rispondere , che nutriva
profondo il suo rispetto e la sua devozione al Sovrano,
ma che non poteva obliare i suoi doveri verso la nazione,
e verso la dinastia, e si niegò.
Io mi taccio Signori, lasciando ad altri di me più
competente la parola. Ma cercherò di riassumere in una
frase tutta la storica figura del Marchese di Torrearsa.
Egli in tutte, le grandi funzioni che assunse nella sua
vita, non fu mai secondo, fu sempre primo, fu un uomo
tipo. E voglio augurarmi, che questa Società di Storia
Patria viva tanto, quanto durerà nella nostra istoria la
memoria dell'illustre Marchese di Torrearsa.
RELAZIONE
DEL
P. LUIGI DI MAGGIO
SEGRETARIO GENERALE
Onorandissimi Signori
Egregi Colleghi,
Vi hanno personaggi cosi eminenti, la ,cui impronta par-
mi che r artefice supremo dopo di averla formato la rompa,
perchè di rado si veggano nel vasto teatro dell'universo, at-
tirando come l'ari luminosi lo sguardo contemplatore non pure
dei contemporanei, ma eziandio dei più tardi nepoti. E uno
di essi, il quale racchiudeva in belle forme esterne e digni-
tose l'armonia della mente e del cuore, era il non abbastanza
compianto S. E. Vincenzo Fardella , marchese di Torrearsa,
della nostra Società impareggiabile Presidente.
A me, ammiratore sino dalla giovinezza delle sue luminose
virtù, e che per cinque lustri l'ebbi a padre ed amico, d'una
amicizia fedele e costante, nata nella Città dei fiori quando
egli da Prefetto reggeva quella Provincia ed io adempiva il
mio ministero di sacro oratore in S. Maria Novella, che Mi-
chelangelo per la purezza di architettura chiamava la sua sposa;
a me, che sino agli estremi momenti di sua esistenza fui tanto a-
mato da lui da mettermi a parte degli intimi suoi pensieri, da
aprirmi intiera l'anima sua; a me non è dato in questa solenne
adunanza tessere il suo elogio , narrarvi la sua vita. Né
punto il potrei : scrittore forbito e gentile, amico anch'esso
di lui, il quale ne udì le ultime parole e ne raccolse l'estremo
sospiro, saprà meglio di ogni altro parlarvi dell'illustre uomo
che non è più. A me quindi non resta fuorché d'ufficio, quale
Segretario generale, narrarvi in breve e per sommi capi ciò
14 RELAZIONE DEL
che egli operò nei tredici anni della sua Presidenza, dal 6 feb-
braio 1870 al 12 gennaio 1889. Il tema è arido; vi manche-
ranno i fiori dell'eloquenza, le grazie della poesia; ma è nar-
razione sincera e fedele di fatti , che servirà ad ornare di
qualche fronda di più la corona del merito dell'illustre Pre-
sidente.
Un occhio alla nostra Società, pria che il Torrearsa assu-
messe la Presidenza. Guardimi il cielo che intenda muovere
rimprovero o lamento di sorta a coloro che prima di Lui ne
reggessero le sorti; uomini cospicui vi furono, e se poco fe-
cero pel nostro Istituto non fu loro colpa , si perchè la So-
cietà era in sul nascere , e i primordi di ogni nuova isti-
tuzione sono sempre incerti , aspri , difficili. Voi ben lo
sapete come un' associazione di cultori per gli studi sto-
rici , nata da più di un secolo fra noi , morta più volte
e più volte risorta , nel 1873 per impulso del Ministero di
Pubblica Istruzione e colla cooperazione efficace del nostro
Municipio, a vita novella rinasceva; prendendo il nome di So-
cietà Siciliana per la Storia Patria. Però si chiudeva il 1875, cioè
il terzo anno della vita sociale, con un numero assai sparuto di
soci azionisti, fra i quali 12 corpi morali e in essi compresi
il Ministero di Pubblica Istruzione e il Municipio di Palermo.
Il preventivo del Bilancio per l'anno 187G, parte ordinaria e
parte straordinaria, segnava L, GG21; cifra apparente e non
reale, perchè vi figuravano lire sei mila, cioè L. 2000 annua-
lità, e L. 4000 di resto dovute dal Ministero di Pub])lica Istru-
zione; il quale riflutavasi a pagare sostenendo che l'impegno
ora per L. 2000 una sola volta , e già soddisfatte , e non di
L. 2000 annue. D'altro canto le Classi non funzionavano, raris-
sime le tornate generali dei soci; donde la deficienza di memo-
rie originali, per il che in tre anni non si videro pubblicali
e divisi ciie due piccoli fascicoli, estratti dal periodico Ar-
chivio Storico, antica serie.
In tal modo era divenuto assai scoraggiante lo stato della
Società: nata da ieri sembrava al tramonto, gli amatori, i cuKoii
P. LUIGI DI MAGGIO 15
delle patrie cose mancavano di fede nell'avvenire, e le dimissioni
si avvicendavano di soci e di consiglieri La rinunzia del Se-
gretario generale trasse a sé quella del Vice-Segretario. Quando
poi si reputava finita la bufera e l'arco baleno faceva spe-
rare la serenità e la calma, scoppiò come fulmine inatteso
la rinunzia del Presidente, personaggio abbastanza noto nella
repubblica letteraria, al quale deve la Sicilia, per quei grandi
vantaggi che le apportò nel breve tempo in cui fece parte
del Consiglio della Corona, gratitudine sincera, benemerenza
perenne. Così essendo le cose il nome del Torrearsa fu cre-
duto unico porto di salvezza per la Societcà, e il 6 febbraio 1876
in questo Palazzo di Città, presenti il comm. Gerra, socio no-
stro e Prefetto di Palermo, un numero considerevole di nostri
colleglli e di notabili cittadini, egli , il Torrearsa , prendeva
possesso della Presidenza e pronunziava quelle brevi e dignitose
parole registrate nei nostri Aiti, che furono ispiratrici di un'era
novella.
, Rammento quel giorno, e rammento che leggendo egli tre-
mava. Ne fui sorpreso, pensando che dinanzi a noi tremava
chi non tremò mai da Presidente della Camera dei Comuni
nel 1818, nò da Presidente del Senato dopo il 1860; e usando di
quella familiarità con cui mi onorava gli dissi: Donde questo ti-
more in Lei adusato a parlare coraggiosamente in pubblico,
e a reggere assemblee anche turbolenti ? Ed egli, umile sem-
pre e modesto, a sua volta risposemi: Tremo è vero, perchè
trovomi in un terreno nuovo; è tutt'altro per me una società
politica che una società letteraria e scientifica, digiuno come
sono degli studi storici (e in verità tale non era) mi arrossi-
sco nel presiedere un'adunanza di cultori egregi, anzi maestri
nelle patrie memorie.
11 nome e l'autorità del Torrearsa rialzarono di repente il
nostro Istituto. Nel discorso da lui pronunziato 1' anno dopo
si lodava del nobile incremento. Il 1876 si chiudeva con 200
soci : le L. 2000 che il Ministero di Pubblica Istruzione dava
per una sola volta vennero stabilite annuali, le Classi si riuni-"
16 ~ RELAZIONE DEL
vano spesso adempiendo il loro compito, le tornate della So-
cietà mese per mese con memorie originali, indi pubblicate per
intiero o per transunto. I proprietari, che aveano la direzione
del periodico V Archivio Storico, generosamente tutto cedettero a
noi, e tosto si ebbe un periodico proprio, migliorandone il for-
mato, la carta, i caratteri, pur conservandone il titolo primitivo
coU'aggiungervi — Nuova Serie. — Né soltanto il periodico, ma
egli spinse a tutt'uomo la stampa dei documenti originali i-
nediti, che sono le vere fondamenta della storia sincera e non
partigiana. Cooperò acciò venissero divisi e coordinati in quat-
tro, e poi meglio in tre serie: la prima spettante alla diplomatica,
della quale già si sono pubblicati 12 volumi, alcuni completi, altri
in corso di compimento; la seconda riguardante le fonti del di-
ritto siculo, di cui si sono di già pubblicati tre volumi e la
terza la epigrafia, della quale venne in luce il P volume, e del
secondo il P fascicolo, parte terza; restando in corso di stampa
l'ultimo per la morte dell' autore , il nostro Presidente o-
norario prof. Michele Amari, il cui solo nome è un elogio, e
la cui perdita è stata più che un lutto nazionale , un lutto
mondiale.
Le nostre pubblicazioni divennero frequenti: a me non spetta
elogiarle; è indubitato però che sono state encomiato dalla
stampa cittadina ed estranea, dalle Società congeneri, da va-
rie Accademie dentro e fuori d'Italia. In una seduta della So-
cietà Archeologica di Tarn-et-Garonne in Francia, uno di quei
soci , cui fu dato l' incarico di un rendiconto di un volume
del nostro periodico , in una solenne tornata dio un giudizio
a8.sai lusinghiero per noi, chiamò i lavori nostri di grande
importanza e i nostri scrittori nomini eminenti e di profonda
erudizione.
Non 6 possibile narrarvi per filo e por segno quel che il
Torrcarsa fece per il pi'ogresso e la prosp(M'iià del nostro
iHtituto. A lui dobbiamo quella circolaro diretta ai Municipi
doirisola, si per prender parte alla nostra Società, come ixi' in-
viarci Statuti e documenti originali a (ìikmIì stndiaiii, trascc-
P. LIIGI DI MAGGIO 17
glierli e pubblicare ciò che fosse mestieri. Il numero di non
pochi Municipi azionisti, i Capitoli delle città di Alcamo, gli
Statuti delle città di Castronovo e di Polizzi. le Assisi e le Consue-
tudini della terra di Corleone, non clie gli Statuti delle maestranze
delle città di Sicilia e in particolar modo di Salemi e di Palernio,
con tanto amore e tanta accuratezza dalla nostra Società
già edite, ne furono l'effetto. A Lui la nomina d'una Commis-
sione incaricata per lo studio delle licenze e dei bandi di popola-
re, onde meglio si possa conoscere la vita dei Municipi durante il
regime feudale, la potestà delle terre baronali, che metteva argine
alla prepotenza del feudatario , per sapersi cosi sino a fondo
l'indole del feudalismo siciliano, diverso, c(jme egli diceva, da
quello che dominò nella maggior parte di Europa. A Lui quel-
l'altra Commissione eletta per la conservazione delle ceneri
degli uomini illustri e per invigilare sui monumenti artistici
e storici dell' isola; e alle cure di essa hanno attinenza le re-
plicate istanze fritte presso i Municipi, le Provincie, il Governo
perchè non andassero in deperimento dipinti, sculture, edifici;
istanze ripetute più volte e con insistenza per S. Giovanni
degli Eremiti, pel chiostro di s. Domenico, per gli ornati del
Castello della Cuba, per i dii)inti nella scuderia del palazzo
reale. Lo Statuto nostro, per il quale recentemente si è occupata
la Società dietro uno studio accurato d'una eletta Commissione,
mancava di molti punti necessari. Non vi si parlava né di
Biblioteca, nò di Bibliotecario, ne di discussione del Bilancio,
né erano ben sicure le norme per la elezione dei soci corri-
spondenti, il cui titolo è esclusivamente il merito storico nelle
cose di Sicilia, e la mente del Torrearsa indirizzò la Società
affinchè a tutto fosse ben provveduto.
Vennero promossi i Congressi storici fra le Società e le De-
putazioni storiche d'Italia, e suo pensiero fu quello di esser noi
bene rappresentati da un canto, e dall'altro di presentare temi
e proposte degni del nobile Congresso. Noi avemmo la gloria
di vedere il nostro delegato scelto a presiedere il Congresso
in Milano, accettata una delle nostre proposte, di essere cioè
Ai'ch, Stor. Sic. N. S. fase, stiaordinario 2
18 1^Kr,A/IONK !>Kr.
le L. 2000 annue, date dal Ministro di Pubblica Istruzione come
sussidio eventuale alle diverse Società, stanziate in Bilancio;
proposta che fu dal Con<zresso caldeirgiata fortemente presso
il (ioverno, il quale le fece buon viso: donde il sussidio stra-
ordinario, che poteva venir meno, fu stabilito come assegno
annuale nel Bilancio del Ministero di Pubblica Istruzione.
Costituito ristiluto Storico Italiano e invitati a prendervi
parte e a nominare il nostro Delegato, e poco dopo il supplente
al Delegato, il Torrearsa fece opera perchè due soci di merito
e di nome fossero gli eletti, e i professori Amari e Carini una-
nimaraente vennero prescelti per rappresentarci.
Si mancava d'una Biblioteca nò si aveano fondi per acqui-
sto di libri; fu allora che T illustre estinto c'incoraggiò ad
estendere le nostre relazioni non pure in Italia ma fuori: esse
furono estese, e per mezzo di libri in dono, di scambi con pe-
riodici seri e di polso, e più di tutto con le pubblicazioni delle
Società storiche, delle Accademie, degli Istituti non solo d'Italia,
ma del Portogallo, della Spagna, della Francia, della Grecia,
dell' Austria , della Germania , dell' Inghilterra , dell' Ameri-
ca, in breve tempo si è formata una discreta Biblioteca, la
quale si comincia ad ammirare nel locale destinato a nostra
sede.
Se non dv' le finanze erano la sua preoccupazione. Tua
istituzione, il cui scopo è pubblicare tutto ciò che d'inedito
spetta alla storia dell'isola, mancando di mezzi pecuniari non
può avere più vita. Le finanze a ragione doveano essere l'og-
getto dei suoi pensieri; e curò che fossero diminuite le spese, au-
mentato l'entrat*'.
La carta per la stampa, la quale ci costava in Palermo lire
:\0 la risma, venno ritirata dalle più accreditate fabbriche nazio-
nali con la diminuzione di un terzo e più di spesa. ProlUtò del
inorilo delle nostro pubblicazioni per pronnioverne la conoscenza
■'])accio, ed ove nei primi anni non si introitava un cente-
hiuio per vendita delle nostre opere, negli ultimi del suo governo
_wj ,,].],(, ;,, .1 , •,:.n, i-( rT' 'I l'i lifc i]-(' niil.'». B miuKM'o d-'i soci dt.d
1\ LVUil DI MAGO II > 1^
pni'i crclibe annualmente, e nel <li della sua morte se ne contavano,
400, oltre a 21 Municipi, a cinque Provincie, a 15 Biblioteche, a
quasi tutti gli Archivi di Stato italiani, alla Camera dei Depu-
tati, ai Ministeri di Pubblica Istruzione, degli Esteri, della Giu-
stizia e dei Culti, della (iuerra, delTInterno, dei Lavori Pubblici,
dell' Agricoltura , Industria e del Commercio tutti associati o
azionisti.
Taccio delle sue sollecitudini, perchè riuscisse con decoro la
solenne tornata del 30 marzo 1882, quando venne presentato il
bel volume Rian-dl e Docimìenti del ]'cspro Siciliano, che fu
reputata la più seria e importante pubblicazione in quel cente-
nario ; donde i più larghi encomi avuti dalla stampa , e pel
contenuto e per l'edizione, e il diploma e la medaglia dalla So-
cietà del Comitato Popolare promotore del sesto centenario del
Vespro. Taccio delle sue reiterate istanze , utiiciali ed amiche-
voli, perchè la Società tosse elevata ad ente morale, e se non potò
vedere l'opera compita, ne preparò il terreno per l'avvenire. Tac-
ciò dei suoi sforzi presso il Governo, perchè si desse esecuzione
a quel decreto prodittatoriale del 1800 col quale si commutava
lo stipendio destinato pel regio istoriografo in un premio quin-
quennale a favore di colui, che presenterebbe il migliore lavoro
sopra un brano di Storia Italiana e particolarmente della Sicilia:
insistendo che il detto premio fosse attidato alla nostra Società
come a giudice competente. Lungo fu il carteggio, si metteva
in dubbio il diritto del premio dopo la vita della Società nostra
per l'assegno delle L. 2000 annue, assegno non fatto a noi soli
ma a tutte le Società congeneri; però tanto si scrisse, tanto si in-
sistette presso il Ministero di Pubblica Istruzione, che la giustizia
della dimanda venne riconosciuta, benché non vi si fosse prov-
veduto; scrivendo il detto Ministero, che la ristrettezza del Bilan-
cio non permetteva parlarne per allora, restando in tal modo, il
che non è poco, un addentellato per l'avvenire. Taccio di tanti
altri servizi resi alla nostra Società, alla cui vita, al cui incre-
mento sempre più si dedicava. Però non posso tacermi di una
20 RELAZIONE DEL
opera tutta di lui, che pone il suggello alla sua gloria e metterà
stabile fondamento al nostro Istituto.
La vita dello zingaro non può essere quella d' un corpo mo-
rale; senza una sede e un tetto proprio non è possibile lo svi-
luppo intiero di qualsiasi istituzione. Di questa idea era cosi pene-
trato il nostro Presidente da ripetermi spesso: E duopo cercarci
una casa. E si pensò, che ad una Società storica conveniva un
locale anche storico. La parte più antica del convento di s. Do-
menico, attigua al chiostro artistico medioevale, le cui prime pie-
tre furono gettate nei primordi del 1300, là ove nel XV secolo era
il pubblico Ateneo, e vi leggevano con decreto regio i più in-
signi scienziati e i domenicani più illustri,-ove in seguito si ra-
dunavano le Accademie degli Accesi e dei Riaccesi, e in tempi a
noi vicini erano ancora pubbliche scuole, ed io stesso adolescente
appresi filosofìa dall'insigne maestro Paolo p]miliani Giudice ,
essa sembrò all'estinto la località la più adatta per sede della
Societii. Ma come ottenerne la cessione, come adattarla, richie-
dendosi una ingente spesa e non possedendo la Società elio poche
migliaia di lire e L. 2Z^ì di rendita annua? Queste ditlicoltà ca-
paci a scoraggiare non pu re i pusilli, magli animosi eziandio ,
punto non entravano nella vasta mente d<d Torrearsa. (Quan-
tunque nei tardi aniìi di sua vita pure fu visto salire le scale
municij)ali. pregare il supremo Magistrato, perchè chiedesse al
Governo la cessione di quel fabljricato per retrocederlo alla So-
cieUi. Né scoraggiossi quando la dimanda del Municipio venne
respinta. Che anzi fu allorn, elio egli spiegò tutta la sua forza
e presso il Ministero delle fìnan/e e presso quello della jìubblica
istruzione, salendo o scendendo più volte le scale delf Inien-
denza,cgli Cavaliere deirordine supremo della SS. A^inun/.iata! E
quel fabbricato por lui, ve lo assicuro, per lui si ebbe. Ma i mezzi
a ripararlo, ad adattarlo per la Società ? Non monta, i mezzi si
creano; e li creò. L'na circolare a stampa col suo nome ottenne
niri8lant(; lire 10 mila dal Municipio di Palermo e lire 1 mila
«lalla nostra Provincia. Il Governo, gli Istituti morali, i noiabili,
i boci hanno contribuito e contribuiscono ancora, sicché abbiamo
r. IJIOI DI MAGGIO 21
assicurato sino adesso per sole contribuzioni la cifra di lire
circa trentamila.
Egli te' tutto perchè la Societ^ì si avesse una sede, vide i
lavori iniziati, li vide progrediti, ma non potò avere la con-
solazione di dire a noi: Ecco la vostra casa, rendetela grande
e gloriosa coi vostri studi e le stupende vostre pubblicazioni.
Io non la finirei se volessi narrarvi le cure studiose, Tanriore
costante per tutto ciò che riguardava la nostra Società, la sua
calma, la rettitudine, il senso pratico nel reggere le sedute , nel
sap(?re con gentilezza troncare le inutili discussioni, mettere le
quistioni al vero posto, lasciare tutti soddisfatti e contenti. Vi
dico soltanto, egregi colleghi, voi atlidaste al Torrearsa nel
giorno in cui egli assumeva la Presidenza una Società appena
abbozzata, incerta dello avvenire e in momenti diflìcilissimi, nei
quali per fino dubitavasi della sua futura esistenza: ma egli
ve la lasciò vegeta, adulta, prosperosa. Trovolla con una ses-
santina di soci effettivi e con T^ corpi morali azionisti, e nel dì
in cui egli moriva la trovaste voi con 400 soci e 53 corpi morali.
Il Bilancio reale non ammontava che a L. 621 mentre l'ultimo da
lui presentato vi dava in totale la somma di L. 34500 , com-
presi i compensi. Non avea né libri, né relazioni, né nome e vo
la lasciò con una Biblioteca importante, con relazioni estese, con
un nome glorioso.
Stupor quindi non sia se la sua morte fu stimata per noi un
danno irreparabile. Le affettuose e sentite lettere di condoglianza
dirette alla nostra Società da soci cospicui fra' quali il Bohmer, lo
Amari, il Gregorovius, da Archivi di Stato, da nobili Provincie e
illustri Municipi , dalle Società e Deputazioni di Storia Patria,
dalle più rmomate accademie italiane e straniere, dalle autorità
locali e centrali e più di tutto da S. A. li. il Duca di Genova e
dalla nostra socia e Patrona S. M. la Regina se vanno a lenire la
piaga non vanno a risanarla, «lo mi associo, ci scrivea il 17 feb-
braio scorso da Monaco Tillustre nostro socio prof. Gregoro-
vius , tutto dolente, al lutto di cotesta Società, confortandomi
nello stesso tempo colla convinzione che la morte avendoci
22 RELAZIONE DEL
tolto ciò che era mortale non vale mai a rapirci né riiidelebile
memoria, ne il grande (esempio di una vita operosa e ricca di
virtù, quale fu quella del nostro compianto Presidente. » Que-
ste belle parole ci sono di conforto è vero , ma il vedere a
quel posto la figura e non la persona del Torrearsa ci è penoso
ed amaro.
Fu detto il dì in cui ci si annunziò la dolorosa dipartita: Voi
potrete scegliere altri degno di assumere l'onorevole officio di
vostro Presidente, ma il suo posto resterà moralmente vuoto
finché durerà viva la sua memoria Ira noi. Per il bene del no-
stro Istituto vorrei che (jueste parole? incisive, franche, leali non
avessero effetto. Fu ripetuto: la morte deirillustre Presidente
è l'ecatombe dalla Società; anche queste frasi, le quali sono
di sommo elogio pel Torrearsa . spero che non si avvere-
ranno. Volge l'anno dalla fatale perdita e i fatti ci mostrano
con evidenza che la Società nostra non [>ure vive, ma si a-
vanza; aumentando il numero dei soci e dilatando le relazioni
e il nome.
Guai a quella istituzione fondata sopra un uomo e non già
sopra sé stessa. Gli individui spariscono, ma le istituzioni do-
vranno eternarsi. Benché grande il merito del Torrearsa, nu-
merosi e splendidi i servizi prestati alla nostra Società, pure,
vi ripeto, ho fede che il nostro Istituto non indietreggerà
fpammai. L'e.sempio di lui sarà pungolo per tutti noi. Noi non
siamo una assemblea politica, in cui le ire di parte scindono
gli animi e si guarda più al colore che al merito: siamo una
riunione concorde ed amica di gente studiosa e non abbiamo al-
tro di mira che la verità e la storia.
Dinanzi alla verità, dinanzi alla storia le gare cittadine do-
vranno sparire, le ire di parte annientarsi. Napoleone 1* scenden-
do in Italia e pas.sando per Modena si recò col suo Stato Maggiore
a vi.sitarc il celebi-e archet>logo Tab. Cavcdoni, un prete. Adii
ne fece le meraviglie disse: La scienza non ha colore, appar-
tiene a tutti i partiti, è gloria della nazione. Sta a voi quindi,
onorandissimi soci e colleghi, mantenere viva la Società nostra,
P. LUI'il DI MAGGIO 23
accrescere la sua gl(jria, rendere iuiiuortale il suo noiLC. Se un
vero oriiaji:gioe perenne vogliamo rendere a queiranima eccelsa,
che tenne in cima ai suoi pensieri il bene del nostro Istituto ,
più che le vane parole, più che gli encomi meritati, calchiamo
le sue orme, rendiamo sempre più grande e gloriosa la Società
Siciliana di Storia Patria, come grande e gloriosa ce la lasciò
rine.stinial)ile Presidente S. E. il marchese di Torrearsa.
ELOGIO
DI
VINCENZO FARDKLLA MARCHESE DI TORREARSA
PER
GIUSEPPE PITRÈ
Quando la bcnij^nità vostra, o Sif^nori, mi affidò per mezzo
del Consiglio Direttivo il pietoso iifllcio di coiiimcmorare il
compianto nostro President<', io non esitai gran fatto a decli-
narlo , non per velleità che avessi di sottrarmi a un compito
che nobile è per se, ed onorifico per chi lo disimpegni; ma
percliè ne vedevo bene la gravità , a sostenere la quale mal
giungono 1<} mie deboli forze. Declinai senza discorrerne il fine,
sicuro che il savio discernimento dello illustre sodalizio non
avrebbe indugiato a trovare chi con autorità di nome e fa-
coltà d" ingegno potesse degnamente rispond<'r(' alla vo-
stra aspettazione ed all' insigne personaggio di cui tutti de-
ploriamo la perdita. La benevolenza vostra i)erò ebbe ([ual-
cosa a ridire sulla mia risoluzione , e licusando di tornare
sul suo voto, me tuttavia perplesso incorava affettuosamente.
Di fronte a si autorevole volontà io m'inchinai ossequente;
e pensai, che se grande era stata la degnazione del beneme-
rito Consiglio della Società di Storia Patria, maggiore dovea
essere la sua indulgenza per chi , non adusato a cosiffatta
maniera di studi e alieno dalla pubblica cosa, sarebbesi un
dì presentato a tesser le lodi di un Grande, che visse di vita
pubblica e, nelle virtù pubbliche e private, eccelse.
Oggi , che tutti siani qui conveiuiti a compiere il mesiq
23 ELOGIO
ufficio , io sento più che mai la trepidanza dei miei passati
raccoglimenti, e senza affettata modestia, spesso malcelato in-
dizio di orgoglio, confesso schiettamente che rare volte nella
mia carriera intellettiva provai la eguale. — La figura del
Marchese di Torrearsa non è di quelle, cui ogni mediocre ora-
tore, 0 mezzano biografo possa agevolmente delineare e ri-
trarre. Un uomo che per oltre mezzo secolo, nella sua terra
natale e nella terra di esilio, con la mente e col cuore visse
ed operò per la patria e per la indipendenza e libertcà di essa,
un uomo che nel rumore della vita pubblica e nel silenzio
delle pareti domestiche fu sempre modello di virtù civili, non
va giudicato da chicchessia ne alla stregua comune. Dell'au-
torità che gli ultimi venuti s' arrogano di sentenziare sul
passato di grandi e di piccoli, di preclari e di oscuri, metten-
doli spesso in combutta ed esaltandoli o deprimendoli secondo
particolari preconcetti, troppo s' è abusato e si abusa perchè,
sdegnoso di siffatte esorbitanze, ardisca io a parlare del Mar-
chese di Torrearsa.
Se non che, mi conforta il pensiero che se nessun titolo
è in me per dir come si conviene del nostro Presidente,
questo solo mi possa valer di titolo a farlo: la benevolenza
ond'Egli mi degnò, e la fiducia che mi ebbe fino agli estremi
suoi istanti; i quali io non dimenticherò giammai, perocché in
essi, meglio che in qualunque altro della sua nubile esistenza,
mi fu dato ammirare la sua tempra elevata, non ismentita
neanche all'ultima ora. E questo mi è cagione a sperale nella
indulgenza delle animo gentili che con la loro presenza lian
voluto accrescere la mesta solennità di questa adunanza.
Dirò pertanto del patriotta, deiruomo di Stato e del citta-
dino, poiché del Presidente della nostra Società ha detto, con
quella competenza ed elevatezza che ò daini, il jìiù intinio,
il più caro dei suoi amici , il nostro benemerito Segretario
(generale.
ELOGIO 29
La vita di Vincenzo Fardella, marchese di Torrearsa, da
Trapani , è nota a tutti , notissima a voi , o Signori , che
per 13 anni il vedeste sempre a dirigere questo sodalizio; il
quale, grazie alla sua sapiente operosità ed alla amorosa co-
operazione vostra, conta tra' primi della penisola. Egli stesso
non è guari, sentenziosi « avanti negli anni e da qualche tempo
lontano da ogni faccenda pubblica , ed anco dal conversare
con alcuno di quelli che si agitano febbrilmente nell'azione
dei partiti politici, » ne serbava durevoli ricordi in un libro
che è com(? il suo teslaniento politico e civile. (1) Nato il 10 Lu-
glio del 1808 da Antonino e da Teresa Omodei dei Baroni
di Roda, primogenito di quattro fratelli e di una sorella, che,
con ruliimo di quelli, gli sopravvive, egli si ebbe in patria
la educazione che si poteva migliore in una piccola città
dell'isola in sul principiare del secolo: e fu suo istitutore Ni-
cola Fiorentino, primo ullìziale della Secrezia di Trapani, in-
gegno pronto e versatile e, come ascritto alla carboneria, di
sentimenti liberali a quei giorni.
In fjimiglia, il giovinetto senti di buon' ora l' influsso del
padre. Secreto di Trapani, e di due suoi zii: il Duca di Curala
Direttore della Polizia in Sicilia, ed il Tenente Generale G. B.
Fardella, ministro per la guerra e la marina in Napoli, en-
trambi al governo d' allora devoti non men per convin-
zione cho per gratitudine. Ma questo stesso fatto dell' am-
biente nel (piale tutto spirava fedeltà pel governo dovea esser
la ragione precipua per cui il giovane patrizio ne divenisse
schifo. Perocché l'uno, il Cumia, istrutto delle passate vicende po-
litiche, vedeva la debolezza del presente; e l'altro, il Fardella, che
« in mezzo a tanta viltade cortigianesca e corruzione , seppe
serbare scrupolosa integrità, onoratezza illibata e franca e ve-
ridica parola (2) » vedeva sfavorevolmente l'esercito, e vi sen-
(1) Ricordi su la Wi-oluzionc siciliana degli anni IHIS e 1810 del
Maiu-hkse ViNcKxzo FAUDKLf.A DI ToKnKAUSA , Cavalicì'C della SS. An-
nunziata. Palermo, Tipo^^raQi dello « Statuto » 1887. la 8", pp. Vili— 8iU,
(2) Ricordi, p. 59.
30 ELOGIO
ti va, com' egli diceva, irli alili puzzolenti d'un cadavere putre-
fatto.
Mortogli il padre, cui egli avca accompagnato a Napoli ,
il potente ex-ministro volle presentarlo a Re Francesco I, e
lo fece con le severe parole : « Sire, vi presento mio nipote,
che viene di perdere il padre , ciie per tanti anni vi servi
fedelmente. Questi sono i giovani da impiegare , e non già i
birbanti che proteggete e che vi mette avanti la vostra came-
rilla. » Da qui venne, per reazione, lo sdegno del Torrearsa per
qualunque arbitrio , 1' amore del giusto e dell'onesto, e quel
senso di rettitudine che animò sempre ogni pensiero . ogni
atto di lui.
Salito sul trono Ferdinando 11, parve volersi restaurare un
governo di giustizia e di equità. Tutti salutarono con gioia,
tutti con simpatia ansiosa guardarono il giovine principe, che
iniziava il regno suo con riforme ond' era ad argomentare
prosperitii pei popoli, rispetto pel diritto.
Il marchese di Torrearsa veniva nominato (183G) Agente
principale della R. Dogana, promosso, in capo a due anni. Di-
rettore dei dazi indiretti nella città e nella provincia di Trapani,
e più in là, Direttore dei dazi di Palermo, Ispettore generale
delle Dogane del Regno e membro dell'Amministrazione dei
dazi indiretti. In silTalte cariche egli ebbe agio di rafforzarsi
negli studi economici e commerciali , e di acquistare quella
coltura che poi, in uflici ben più alti, dovea riuscire di grande
vantaggio a lui ed alla cosa pubblica.
La prima infezione colerica e gì' inconsulti provvedimenti
ministeriali contro la Sicilia e sovrammodo contro Siracusa,
non ulti/uo tra' (piali la lamosa legge della promLscuifcK l'u il
primo punto nero nell' orizzont»} politico dell' isola ; « perdio
d'allora in poi — ebbe a scrìvere, il Torrearsa dal — 1837, si
può dire cominciò queir assiduo ed eJl'icac(; lavorio morale che
operò poi urA 181S, cnon per organamento di sètte e di comi-
tati, ma per quell'esame freddo e ponderato ciie ognuno fa-
ceva degli atti del Governo, o della insipienza dei suoi più
ELOGIO 31
(^levati rappresentanti (1). » Qual punto nero s'allargò, crebbe
in .ui'ossa nube, che tutto abbuiò il nostro cielo e scoppiò in
urajifano nella memoranda giornata del 12 Gennaio 1848.
Due giorni dopo il marchese di Torrearsa, che era stato
dei più caldi l'autori delle franchigie siciliane, fu chiamato a
far parte del Comitato provvisorio , ed eletto Presidente del
Comitato per le Finanze. Il IO giungeva in Palermo, con po-
teri di Luogotenente, scortato da 7000 uomini, il Conte d'A-
quila , fratello do\ Re e grande ammiraglio del regno.
Queir apparato di forza gettò il panico nella popolazione ;
molti, scrtrati, cercarono scampo nei legni stranieri ancorati
nella nostra rada; e non mancarono le defezioni; ma il coraggio
e la fermezza di Riiggiero Settimo, del Pi-incipe di Pantelleria,
e di altri arditi trionfò dello scompiglio.
Convocato pel 15 Marz<j il Parlamento siciliano in Palermo,
il Re di Napoli, mediatore Lord Minto, con decreto del 6 Marzo
nominava il Settimo suo Luogotenente generale in Sicilia ed
il Torrearsa, Mariano Stabile, il Principe di Scordio, Pasquale
Calvi, suoi ministri. Nessuno ignora come venisse accolta dagli
eletti la regia nomina; ma non tutti sanno come il marchese
di Torrearsa non avesse voluto mai, nò allora né poi, aprire
il regio decreto che lo riguardava, e che ora, dopo meglio
che 40 anni, rimane, tra le carte del compianto uomo, tut-
tavia chiuso e suggellato: documento di tierezza e di alta di-
gnità d'animo.
Sarebbe opera superflua il venir raccontando a cultori delle
patrie storie gli avvenimenti di queir anno memorabile.
Molti di quanti per avventura mi ascoltano ne furon testimo-
ni, qualcuno attore e non ultimo né inglorioso. 11 marchese di
Torrearsa , mandato dalla sua città natale alla Camera dei
Comuni, venne da questa eletto Presidente dopo di aver ras-
segnato il potere di membro del Comitato generale, e rifiu-
(1) incordi, \). 01.
32 ELOGIO
tato il portafoglio di ministro offertogli dal Settimo , a cui
furon votati diritti e prerogative regie. Lui presidente, vennero
compiuti gli atti più importanti di quel tempo: primo tra tutti
la proclamazione del Duca di Genova a Re di Sicilia (10 Luglio).
Le dimissioni volontarie del Ministero Stabile il di 13 A-
gosto r obbligarono ad assumere il portafoglio degli Esteri
nelle condizioni più deplorevoli per il governo ; e fu solenne
sagrifìcio il suo, di mettere a pericolo, pel bene della patria,
una popolarità che le buone opere del cittadino e del pub-
blico funzionario gli aveano acquistata, e che, caso rarissimo,
la condotta del Presidente dei deputati non gli avca fatta
perdere. Nella terra del gcnus aculum ac susplcioswii di Ci-
cerone , dove le passioni erompono in iscatti improvvisi; in
un'assemblea giovane e non educata peranco alle discussioni
politiche, con un governo malfermo , che tutto avea da per-
dere e che lottava con le strettezze dell'erario e con la man-
canza d'un esercito provvisto di armi, esperto e disciplinato;
con la indifferenza di alcuni stati, con i tentennamenti di altri,
e con la impassibilità della diplomazia, il compito del novello
ministro non poteva essere più arduo, né più doloroso. Lettere
private di lui e lettere utfìciali, testé pubblicate, del Duca di
Serradifalco, Presidente della Commissione recatasi a Torino
per presentare al Duca di Genova la sua elezione e lo Sta-
tuto del Regno (1), mostrano le difficoltà nelle quali moveasi
il Torrearsa, alla cui perspicacia tutta si facea manifesta la
realtà penosa della situazione. Ma ben fu sorretto dalla
sua provata devozione alla patria. Due volte, e non per le
solite lustre, dimissionario, fu due volte pregato dal Settimo,
dalle Camere, dai comuni dell'Isola, con un vero plebiscito, di
rimanere e riprendere il portafoglio, unico espediente per sal-
vare da sicura rovina il paese. Se non che, un indirizzo di
cose non del tutto rispondente alle sue vedute; onde notevoli
(1) JiicorJi, p. 7UU Ci spg.
ELOGIO 33
discrepanze tra le due Camere ed il Ministro, e l'intemperante
agitarsi delle fazioni e nell'aula dei Comuni e nelle colonne
dei giornali, lo resero irremovibile. Di siffatta irremovibi-
lità gli si fece colpa , e non si considerò la ragione della
malferma salute di lui, né gli si tenne conto della sua leale
dichiarazione alla Camera il dì 14 Marzo 1849 : « Io so come
si deve servire il paese; e benché mi creda al di sotto delle
mie forze, so che questa mia capacità, qualunque essa siasi,
non posso adoperarla tutta.... Io starò qui con voi, e vi starò
finché uscirà l'ultimo di voi, se mai le sorti della patria non
saran vittoriose.... » A persone di volgar pensamento non può
farsi chiaro che quando un'anima onesta ha provato le ama-
rezze del potere, così invidiabile agli occhi di chi non ne sia
investito, non può non adoperarsi a lasciarlo, per tornare alla
sospirata pace domestica.
Un ministero Stabile-Butera seguì al ministero Torrearsa.
Si sperò; ma invano, che l'onestà d' intenti degli egregi uo-
mini venne frustrata dal precipitarsi degli eventi non pur di
Sicilia ma altresì e più d'Italia e di Europa tutta. Il disastro
di Novara e l'abdicazione di Carlo Alberto, la caduta di Ca-
tania e i fatti d'arme di Taormina affrettarono la catastrofe
del gran dramma di Palermo. La rivoluzione fu vinta.
Il Torrearsa con l'animo profondamente conquiso, ma calmo
e dignitoso, insieme col Settimo, con lo Stabile, col Principe
di Butera, con l'Amari , seguito poco dopo da altri patriotti,
prendeva il cammino dell'esilio; e per la via di Marsiglia ri-
parava in Piemonte, le cui fresche aure di libertà potevano
temperare il dolore della recente perdita e confortare lo spi-
rito abbattuto dalle brutture dei tempi e dalla tristezza degli
uomini.
Qui comincia il lavoro di raccoglimento che dovea un
giorno tradursi in gagliarda e fortunata attività. In Torino
dapprima, in Genova dipoi, e da ultimo in Nizza, ove la mi-
tezza del clima e la ridente guardatura del cielo gli rispec-
A)'ch. Stor. Sic. N. S. fase, straordinario 3
34 ELOGIO
chiava la terra natale, il marchese di Torrearsa tutto in se
si raccolse, studiando e meditando per essa. Gli errori, che
erano stati principio e cagione della fallita riscossa, gli si
fecero più che mai evidenti con tutti i particolari più minuti,
e furon per lui lezione cotidiana ed insegnamento continuo.
E questo stesso di saper trovare nelle passate sventure ar-
gomento di esperienza, unito alla sua naturai ponderatezza,
fece di lui uno dei rappresentanti più autorevoli e stimati del-
l'isola e come il centro della emigrazione siciliana, della quale
era capo morale il venerando Ruggiero Settimo.
Tra le carte del Marchese una ve n' ha di grave im-
portanza per la vita di lui e per la storia di Sicilia: la re-
lazione autografa d' un colloquio confidenziale da lui e dal
Principe di Butera avuto in Genova il 22 Febbraio del 1854 con
V. Emanuele, per mediazione del Conte di Cavour, allora Mini-
stro. « Il Re — racconta il Massari — li accolse con affettuosa be-
nevolenza. Il Butera ed il Torrearsa lo pregarono a gradire
le espressioni della più schietta gratitudine per 1' ospitalitcà
che con tanta generosità era conceduta nel regno subalpino
a tutti coloro, che per devozione alla causa patria avevano
dovuto abbandonare la terra nativa. V. E. gradi non poco
quella manifestazione di sincera riconoscenza, e poi sollevando
il capo in quel modo nobile e dignitoso che gli era così na-
turale disse : « Siate sicuri, o signori, che la ospitalità della
quale avete voluto ringraziarmi non vi verrà mai meno. Non
ho mai abbassato i miei occhi dinanzi a nessuno , e spero
che non avrò mai ad abbassarli per fatto proprio. » I due
esuli illustri si ritirarono con l'animo compreso da gratitudine
maggiore , e dalla più viva ammii'azione verso un sovrano ,
che con l'affabilità dei suoi modi affascinava, e con l'atteggia-
mento dignitosamente fiero svelava la fermezza dei suoi leali
propositi. (1) »
(1) O. M\8SAut, La vita ed il regno di Vittorio Emanuele II di Sa-
voia, primo re d: Italia, v. I, p. 236. Milano, Trovo», 1878.
Dopo la lettura del presento discorso , il Prof. G. Taormina pubblicò
ELOGIO 35
Laonde non è a meravigliare se con lui carteggiassero quanti,
dalla Sicilia lontani , per la povera Sicilia assiduamente si
travagliavano. E con lui tenevan segreta corrispondenza da
Malta Matteo Raeli, da Nizza Mariano Stabile (1856), Michele
Amari, Giacinto Carini da Parigi, Mario Rizzari da Livorno,
Emerico Amari da Genova ed altri assai , cooperando tutti ,
ciascuno con le proprie facoltà, talora con espedienti diversi
e con concetti in apparenza alieni l'uno dall'altro, per la Si-
cilia. Lui invitavano alla pubblicazione dei documenti relativi
ai rivolgimenti degli anni 1818-49, la quale si ammanniva in
Isvizzera; a lui si rivolgeano i suoi consorti, sicuri di non ri-
volgerglisi invano, sempre che vi fosse una grande opera da
iniziare, una buona azione da compiere, una giusta causa da
perorare, un esule da soccorrere. Lo scelto e voluminoso car-
teggio del Marchese è lì ad attestare il fatto , che è pure
nelle convinzioni di quanti non ignorano le ultime vicende
del nostro paese. 11 giorno in cui al futuro biografo del no-
stro Statista 0 allo storico dei nostri rivolgimenti sarà dato
di trarne profitto , ne verranno fuori documenti ammirandi
di patria carità. Quante opere pietose compiute in una silen-
ziosa casetta , fors' anco in un' oscura e disagiata soffitta !
Quanto nobili aspirazioni soffocate nella impotenza dello esi-
lio ! Quante lacrime bevute da coloro stessi che le versarono
lontani dalle madri, dalle sorelle, dai Agli, dagli esseri più
caramente diletti ! — Quando io ripenso ad una lettera dal 6
Dicembre 1856, nella quale Mariano Stabile scrivea al Tor-
rearsa, iniziatore di una contribuzione patriottica, non poter
per essa erogare altro che cento lire da lui risparmiate per
ristorare in Nizza la sua malandata salute, io provo, o Signori,
nel Giornale di Sicilia del 23 Febbraio 1890 la relazione originale del
Torrearsa, col titolo : Vittorio Emanuele e il Marchese di Torrearsa.
36 ELOGIO
un sentimento di orgoglio, e con gli occhi della mente vedo que-
sti eroi del patriottismo, e
Io di vederli in me stesso m' esalto !
Più tardi, quando la teatralità tutte pervadea e rivestiva*
le occupazioni della vita pubblica e privata, le contribuzioni
doveano strombettarsi ai quattro venti, la beneficenza doven-
tava sfogo di vanità per alcuni, passatempo di morbosa cu-
riosità per altri, le aspirazioni più sante si profanavano im-
modestamente, e perfino il dolore dei cari estinti , come il
lutto delle persone ignote, si ostentava sulle porte dei palazzi,
sugli usci degli abituri e sulle tabelle dei fondachi e delle
])otteghe.
E qui non vuoisi tacere come singoiar ventura fosse pel
compianto Marchese l'amore di quella illustre donna che fu
la Duchessa Giulia di Serradifalco; la quale, proscritta anche
lei col padre , dividendo col Torrearsa i dolori dell' esilio ,
glieli addolci con l'affetto; e con la sua non comune intelli-
genza li sollevò alla sublimità del sagrificio per una causa
compromessa ma non perduta. Allorché nel 1858 il genitore di
lei, accasciato dagli anni, fu in pericolo di vita, la tenera fi-
gliuola chiese ed ottenne un salvacondotto per venirgli a chiu-
dere gli occhi. Cosa ignota generalmente, nota solo ad alcuni
fidi, la nobil donna, nei pochi dì concessile di vegliare al ca-
pezzale paterno, ebbe tante lettere poi Marchese suo marito
e per altri esuli, che, ad eludere la vigilanza della polizia ,
dovette ricorrere allo stratagemma ingegnoso di cucirsele torno
torno ai lembi delle vesti.
Cosi per lavoro lungo, assiduo, insistente di patriotti non
meno che di diplomatici si preparavano gli avvenimenti del 1860.
La storia antica è tutta intessuta di favole; la critica sto-
ELOGIO 37
rica moderna lo dispetta e si affatica, forse troppo, a sfron-
dare quanto havvi o possa avervi di leggendario nella vita
degli uomini e nelle vicende dei popoli. Parlando ad una
Società storica io non mi permetterò di richiamare gli scrittori
che narrarono quali le gesto dei giovani volontari , quali il
lavoro paziente e pertinace dei vecchi proscritti e quale le
intese e gli accordi dei diplomatici. Sou cose abbastanza note
queste, perchè io non debba venirle a ripetere oggi. Ma da
cosiffatte narrazioni messe insieme non è difficile a indovinare
e seguire la tela del dramma che, storia vera e reale, tra-
sformavasi in leggenda pel popolo, e doventava epopea nella
fantasia degli Italiani.
Tra quei proscritti, 1' abbiamo già veduto, il marchese di
Torrearsa ebbe un posto eminente e va specialmente ricor-
dato. Il quale , non appena rimesso il piede nella sua ben
amata Palermo, era chiamato a presiedere (e la presidenza ve-
niva appositamente creata per lui ) il Consiglio di Luogote-
nenza col Marchese Montezemolo, e da lì a non mollo, con
voto quasi unanime dei suoi concittadini, eletto deputato del
Collegio di Trapani, pel quale optava, e del secondo Collegio
di Palermo. Al primo Parlamento italiano fu dei più bene-
volmente accetti, e lo si vide da Vice-Presidente godere del-
l' autorità che il suo patriottismo e la sua moderazione gli
avean data sempre incontrastata: e sarebbe entrato nel primo
Ministero (giacché al convocarsi del Parlamento d'Italia il Mi-
nistero sardo avea presentate le dimissioni) se la sua invin-
cibile modestia non l'avesse deciso al rifiuto d'un portafoglio
offertogli dal Conte di Cavour, suo non recente amico, che in
ciò interpretava il voto favorevole della maggioranza. E solo
per far cosa gradita al sommo Statista egli, così avverso alle
pompe come schifo di onori , si risolveva ad andare a parte-
cipare , capo d'apposita Ambasciata, la costituzione del nuovo
Regno alle Corti di Svezia e Norvegia e di Danimarca.
La scelta non poteva riuscire più degna e per chi la f^i-
38 ELOGIO
ceva e pel personaggio su cui veniva fatta e per gli stati ai
quali doveva indirizzarsi.
Preceduto dalla più bella fama di patrizio illustre, d' in-
temerato patriotta, di abile uomo di Stato, l' inviato di V. E.
ebbe dappertutto onori quasi sovrani. Ricevuto ad Amburgo so-
pra un vascello da guerra svedese, il 2 Luglio 1801 sbarcò
nel porto di Stoccolma, donde fino alla reggia, entro una vet-
tura di Corte, ebbe un vero trionfo. Due giorni dopo fu so-
lennemente ammesso alla presenza di Re Carlo XV, che gli fu
squisitamente gentile e gli espresse nella più schietta, nella
più amabile maniera la sua personale simpatia e gli confermò
quella, fino allora sentita, per la causa d'Italia. Forse qual-
cuno di voi, 0 Signori, ricorderà i diari del tempo, che rag-
guagliavano delle cordiali dimostrazioni ricevute al nostro con-
cittadino. A me restò sempre viva alla memoria, — cosa che al-
lora mi fece provare un non so che di quell'orgoglio che noi
isolani siamo in fama di sentire con esagerazione, — un brindisi
a lui rivolto dal presidente d'un grande banchetto che ogni
ordine di cittadini svedesi gli tenne nella capitale il di 11
Luglio: brindisi che efficacemente incarnava i voti di quel forte
e industrioso popolo per la prosperità d'Italia e del suo rap-
presentante. A Copenaghen, dove giunse il 27 dello stesso mese,
non fu men fortunato di accoglienze oneste e liete. Re Fede-
rico VII, nel suo castello di Sunderburg, gli dimostrò effica-
cemente l'interesse che sposava per la costituzione del novello
stato; di che un contrassegno gli porgeva offrendogli con })cl-
l'autografo il ritratto proprio non che quello della regina, e de-
corandolo del Gran Cordone dell'ordine di Dannebrog, come
il re di Svezia l'avea decorato, giorni innanzi, della Commenda
dell'ordine della Stella Polare.
Più delicati uffici lo attendevano tra noi. Nell'opera di uni-
ficazione spinta ed accentuata in Italia dal Barone Ricasoli,
succeduto al Conto di Cavour, benemerite città, quali Palermo,
Napoli, Firenze, venivano a perdere prerogative secolari per
esso. Potevano esse rassegnarsi alle gravi perdite, ma non esserne
ELOGIO 39
contente : e solo per carità di patria si acconciarono a doven-
tar capi-provincie dove prima erano state Città capitali, se non
felici, al certo rispettabili. La tattica del governo fu giudi-
ziosa nella scelta dell' uomo che dovea inaugurare il nuovo
ordinamento amministrativo e politico della provincia di Fi-
renze: e così lo fosse stato per la nostra povera provincia !....
11 marchese di Torrearsa ebbe la fortuna di capire i bisogni,
di rispettare le esigenze, di compiere nei limiti delle sue attri-
buzioni i voti della bella e gentile città : e con la sua condotta
saggia, previdente e benevola raccolse suffragio di simpatie
m tutta la provincia e in ogni comune di essa. La cittadinanza
decretatagli dal Municipio di Firenze e partecipata a lui con un
artistico diploma, che fu sempre uno dei più bei vanti della
sua vita, è splendido documento dell'opera paterna di lui in
quella prefettura (1).
Ma certi fatti alla conoscenza di tutti valgon sempre a di-
mostrare com'egli in circostanze compromettenti riuscisse a sal-
vare il prestigio del governo e la sicurezza dei cittadini.
Si usciva da poco dalla rivoluzione: gli animi eran tutt'altro
che tranquilli perchè potessero sottrarsi all'ambiente in cui
vivevano. Le passioni smodate; le intemperanze eccessive; per
un nonnulla si scendeva in piazza a dimostrare. Un giorno
un diario cittadino si accanisce contro il giovane eser-
cito. Firenze, che mai non si muove se tutta non si duole, è in
grande eccitamento contro quel diario: da un istante all'altro
essa è per trascendere in eccessi: ed ecco un bell'uomo, farsi
innanzi impavido tra la folla, e parlar calmo e con opportune
parole persuaderla a desistere da qualunque proposito manesco.
L'ira è sbollita, un grido sonoro ed unanime di « Viva 1' I-
talia ! Viva il Prefetto ! » corona P arringa del buon Mar-
cliese.
CI) Vedi la biografia del Torrearsa scritta dal Marchese Ruggiero di
Castel Maurigi nella Galleria nazionale del Pomba. Torino 1802.
40 ELOGIO
Alle prime notizie della catastrofe di Aspromonte , altra
, imponente dimostrazione minaccia la tranquillità della città.
Il Prefetto, nell'alto sentimento del suo dovere di tutelar l'or-
dine e la libertà per tutti, chiama il Comandante la Cavalleria
e lo avverte che se per necessità imperiosa di eventi egli sarà
costretto a caricare il popolo tumultuante, si guardi bene dal
farlo davvero. « Io (gli dice severamente) la terrò responsa-
bile del benché menomo male che ne seguirà a chicchessia... »
Il Comandante si allontana con un inchino, ed egli lo richiama
e gli rinnova lo avvertimento, raccomandandogli daccapo il po-
polo; e poiché quegli è andato via, giù per le scale lo raggiunge,
e per la terza volta gli ripete : « Si guardi dal far male a
nessuno !.... » tremante sempre che una goccia di sangue possa,
per malinteso rigore o per eccessivo zelo degli ufficiali per la
sicurezza pubblica , versarsi in una città dov' egli è ad am-
ministrare.
Cosi l'uomo di cuore, senza prender la mano al pubblico fun-
zionario, sapeva ad un tempo e ottenere ossequenza alle leggi
e serbarsi, qual era sempre stato, umano.
Già Senatore fin dai primordii del nuovo regno , lasciata
dopo tre anni di prefettura 1' antica capitale della Toscana ,
rifiutando la Legazione dapprima di Costantinopoli e poi del
Portogallo, si ridusse a Torino a prender parte attiva ai la-
vori della Camera vitalizia. Quivi non parlò se non per gravi
occasioni ascoltato sempre con segni manifesti di viva sim-
patia. La sua parola era calma e sicura, espressione fedele
della serenità della mente e della penetrazione dell'ingegno;
imperciocché avea quel che si dice « colpo d'occhio, » e questa
sua facoltà il rendea pronto a comprendere gli umori del Senato e
accorto nel bilanciare le ragioni prò e contro, e nella scolta della
via da s(»guire. Il che si parve specialmente negli anni 1871-74
tenendo la presidenza dell'alto Consesso, nella quale, se mai
uno ve u'obbe che lo iigguagliò, nessuno prima e poi supe-
ELOGIO 41
rollo per imparzialità nel dirigere le discussioni, per facilità
nel cogliere e sintetizzare i concetti dei vari oratori e l'ar-
gomento di che era discorso. Vittorio Emanuele, sagace esti-
matore degli uomini , indovinò il Torrearsa, e conferendogli,
nell'occasione delle fauste nozze del Principe Umberto con la
Principessa Margherita (1868), la più alta onorificenza, quella
di Cavaliere della SS. Annunziata , gli volle attestare la sua
paticolare stima. E nei giorni più difficili pel suo governo ,
vuoi per inopportune interpellanze alle Camere, vuoi per in-
aspettate sorprese delle urne, vuoi per lunghe crisi ministeriali,
0 vuoi ancora per improvviso svolgersi di eventi nella politica
estera, il richiese di consigli e di suggerimenti.
La illimitata devo^one del Torrearsa al Re non l'ebbe a ren-
der mai, per umani riguardi, timido amico del vero: né dalla
sua bocca usci mai consiglio che non fosse pel bene della
patria, dovesse anche non riuscire accetto. E poiché sulle calde
ceneri del più virtuoso tra' principi piangono da una settimana
quanti hanno intelletto d'amore, permettete, o Signori, che io
riveli — cosa non detta fin qui da nessuno — che allorquando
nel 1870 la corona di Spagna venne offerta al Duca Amedeo
di Savoia , e molti uomini politici videro di buon occhio la
offerta, solo il marchese di Torrearsa , interrogato da V. E.,
si dichiarò con gravi ragioni contrario. Amedeo a malincuore
impugnò il glorioso scettro di Carlo V, ma quando per male-
voglienza di tristi e per ire di parti cozzantisi fremebonde
tra loro vide di non poterlo costituzionalmente serbare, preferi
deporlo immacolato piuttosto che tenerlo grondante di lacrime
e di sangue.
Agli occhi del Torrearsa nessuna cosa attingeva a ideali
più perfetti della prosperità d'Italia e della devozione al Re;
e fu visto a siffatti ideali posporre, ma che dico io posporre !
sagriflcare se stesso non sempre sano né libero di acciacchi
e di preoccupazioni. E quando per essi non potè più, come
una volta, giovare personalmente di consigli, nella sua patria
di elezione, in questa nostra Palermo, era in ispirito al Se-
42 ELOGIO
nato e alla Reggia, dove la maschia figura di un re gli sor-
ridea benignamente.
Questi ricordi d' un passato, che per la sua intimità non
avrà forse mai uno storico, lo accompagnavano ed assorbivano
del continuo nella sua cara stanzetta del palazzo di Via Rug-
gero Settimo. Quivi, al levarsi da letto, egli passava le mi-
gliori ore del giorno tra le memorie più dolci della sua vita
ed i libri suoi più favoriti. Quivi accogliea i pochi amici,
intrattenendosi con loro in conversari ameni e lieti : e gli
eran cari i vecchi, coi quali riandava sulle passate vicende,
e gli riuscivan simpatici i giovani, dai quali gli era consolante
il sapersi amato parendogli di viver lungamente vivendo nel
loro affetto. Quivi pendevano dalle pareti^ ed il venerando
vecchio additava teneramente, un gran medaglione di squisita
fottura, che re Umberto avea fatto staccare dal capezzale mor-
tuario dell'Augusto Genitore e gli avea mandato in ricordo.
Quivi le immagini degli uomini a lui più altamente stimabili:
del Cavour , del Ricasoli , del D' Azeglio , del Mamiani ,
del Settimo, del La Marmora, del Minghetti, tutte offerte
personali; quivi la pergamena della cittadinanza di Firenze ,
e una grande fotografia di Palazzo Vecchio. E lì , in
fondo alla cameretta : studio , biblioteca , salotto per lui ,
chiuso in una dozzina di cassetti, il tesoro della sua cor-
rispondenza privata di oltre mezzo secolo con gli uomini più
eminenti d'Inghilterra, quali Lord Palmerston, Lord Minto, sir
Gladstone, Vold grand men proverbiale, e d'Italia, dove gli spi-
riti del Gioberti, del Cavour, del D'Azeglio , del Manin, del
Principe di Carigiiano, del Boncompagni, del Brofferio alitano
e confondono lo loro aspirazioni con quelle di Ruggiero Set-
timo, di Domenico Pietrasanta, di Matteo Raeli, di Pietro Lanza
di Scordia, di Mariano Stabile, di Filippo Cordova, di Michele
ed Emerico Amari, ultimo avanzo d'una generazione di forti !
Delle iiK'niorie di tanti illustri e del passato onde polca
ELOGIO 43
vantarsi gran parte egli vivea in questi anni ultimi, e nello
evocarle s'accendea nel volto e lacrime di commozione gli spun-
tavan furtive sulle ciglia. Di che, bene avvisandosi coloro tra'
suoi amici che più di frequente il vedevano, ebbero iterata-
mente a pregarlo di voler serbare a durevole monumento quelle
sue memorie in un libro che tutto notasse e descrivesse quel
che egli vide, seppe, operò nella sua lunga carriera politica.
Ed il Torrearsa lo fece con un libro di Ricordi che avrebbero
dovuto giungere ai dì nostri, ma che, per sopravvenutegli sven-
ture e per nuovi patemi corporali, dovette alla restaurazione
del 1849 troncare. Quel libro vide la luce più che per volontà
per ossequenza di lui al desiderio dei suoi fidi: e son preziosa
contribuzione alla storia politica e civile del nostro secolo in
Sicilia ed ammaestramento solenne a coloro
Che questo tempo chiameranno antico.
Come uomo che non ha più illusioni, l'autore rivede e giu-
dica uomini e fatti « in modo, egli dice, alquanto diverso di
allorquando le illusioni, la poca esperienza, ed in certi periodi
un po' d'ingerenza negli avvenimenti non contribuivano certo
a rendere imparziale, calmo e retto il mio giudizio. Ora è ben
altro lo stato dell'animo mio. Farmi che non lo turbino né l'amor
proprio, nò altro sentimento non conforme all'età mia. Farmi
di potere tranquillamente volgere lo sguardo negli anni di
già lontani, senza tema di venire offuscato d' alcun riguardo
a me personale, ritenendomi a sufficienza ragionevole per ri-
cercare il vero e non la mia e l'altrui convenienza; e ciò mi
conforta a consegnare in queste carte le mie reminiscenze ,
sapendo bene che non compete a me scrivere la storia di
quei tempi e di tante svariate vicende, e che può quindi esser
vana l'opera mia. Fero io scrivo solo per qualche diligente stu-
dioso, che sa non essere caso raro trovare alcuna nuova ed
utile notizia anche nei fogli più inservibili ed insignificanti....
Prometto a me stesso sincerità massima, scrupolosa ed im-
44 ELOGIO
parzialità e giudizio per quanto mi sia possibile , franco e
retto. »
E chiude la sua narrazione con queste sincere parole :
« Poso la penna e sento di farlo colla soddisfazione di non
avere in nulla volontariamente mentito, o nascosto il vero. »
Molto piacevasi della vita aneddotica degli illustri perso-
naggi da lui conosciuti , e di citar sentenze di statisti e di
poeti nostrani e forestieri : e così larga e scelta erudizione
possedeva delle loro opere, che, non che diletto, recava mera-
viglia a quanti l'udivano. Chi avea con lui consuetudine e ne
seguiva le occupazioni giornaliere sa com'egli tenesse dietro al
movimento scientifico e letterario italiano e straniero, del quale
per naturale inclinazione prediligeva quello della Gran Bret-
tagna, e di esso i politici e gli storici più famosi. E la ra-
gione parmi da ricercare nella tradizione politica prevalsa
nella prima metà del nostro secolo fra i patriotti siciliani, e
nell'elevato concetto che essi ebbero della sapienza delle isti-
tuzioni di quella grande nazione non meno che nella vita
pratica del popolo inglese.
In ordine a religione io non ripeterò, o Signori, la frase fatta
e sciupata: « Egli fu credente senza superstizione. » Dirò solo
che il Torrcarsa volle sempre rimanere, .con coscienza di filo-
sofo e pietà di cristiano , devoto alla religione nella quale
nacque, e nella quale crebbe e fu educato. Dico sempre, e ne
dico il perchè. A 12 anni, quando lo spirito non è ancora so-
fisticato dal vero, per servirmi d'una felice espressione di Mi-
chele di Montaigne, egli, sotto l'influsso degli enciclopedisti, una
sera di estate, seduto nella paterna terrazza di Misiligiàfari su
quel di Paccco, guardando alla immensità del cielo con le
sue miriadi di stelle, ed alla luna bella, che malinconicamente
illuminava le circostanti campagne e i monti lontani e la tre-
mola marina; levandosi a contemplazioni superiori all'età sua,
esclamava commosso : « Oh come può essere opera del caso
tutto questo ?» E alla domanda, che poi in vita sua, ad affer-
mare l'I SI l'I credenza, ripeteva sempre, costantemente ris])on-
ELOGIO 45
deva alzando gli occhi al cielo e piegando riverentemente il
capo come chi senta, riconosca ed ammiri
La gloria di Colui che tutto muove,
e l'Essere Supremo,
Ov'ogiii ben si termina e s'iiii/Ja.
In armonia a cosiffatti principii procedevano i sentimenti
tutti, l'indole, il carattere dell' uomo; il quale più si avea agio
e modo di conoscerlo, e più amabile e grande si vedeva provando
una volta di più che non sempre minuit praesentia famam. Le
sue virtù di cittadino e di uomo erano infinitamente maggiori
di quello che apparivano: essendo in lui naturale l'abitudine di
nascondere di se a se stesso la parte più bella. Coloro che
ne godettero la benevolenza possono attestare che copia di
affetti offrisse quell'anima illibata, cui natura stessa favori della
più splendida prestanza di aspetto, dove 1' esercizio del bene
avea impresso quel non so che di nobile e di elevato che si
traduceva in modi signorilmente squisiti ed in parole carez-
zevoli e soavi.
Per lungo volger d' anni, ogni giorno al tocco, una bella
figura di vecchio dai Quattro Canti di Campagna, per la via
Macqueda si vedova a piedi recarsi in Piazza Bologni, e li al
Casino de' Buoni Amici riposarsi un tratto attendendo che i
fidi domestici venissero a rilevarlo con la sua vettura. Chi lo
incontrava per via e noi conosceva altrimenti, fermavasi a
riguardare quella bella ed aitante figura dai capelli d'argento,
dalla fronte ampia, dai grandi occhi cerulei, dalla bocca aperta
a benigno sorriso, e sentiva come un fascino per esso. Quanti
sapevano dell'esser suo, si scoprivano il capo inchinandosi ri-
spettosi; ai quali egli graziosamente rispondeva o scoprendosi
46 ELOGIO
del pari, o salutando con le mani, o la destra porgendo con
affettuoso compiacimento. Un giorno il bel vecchio non si
vide più a piedi , che multiformi manifestazioni dell' antico
male che lo travagliava lo assalirono violenti ed insidiose. Gli
acciacchi crebbero minandone la esistenza, con tormenti indi-
cibili di corpo e di spirito. Il 12 Gennaio del 1889, nel me-
desimo dì e nella medesima ora che quarantun anno prima
avea provveduto alla salute della patria^ il marchese di Tor-
rearsa spirava placidamente tra le braccia dell'amato nipote
e dell'oscuro scrittore di queste disadorne pagine.
La triste nuova fu lutto pubblico e lutto privato della no-
stra città, dell'Isola nostra tutta; l'eco ne giunse dolorosa alla
Reggia, dove il Figlio di V. E. sentì di aver perduto un amico
schietto e devoto. Nella grande, immensa, straordinaria folla
che seguì riverente il feretro dalla casa mortuaria nell' Oli-
vuzza alla Stazione Centrale, tutti vedemmo la coscienza della
sventura ond'era stata colpita la patria; poiché col marchese
di Torrearsa si spegneva la più elevata personificazione delle
aspirazioni siciliane nel 1848, il tipo del patriotta nel senso
più nobile della parola , il perfetto gentiluomo , il cavaliere
senza macchia e senza paura; si spegneva lo splendore del
patriziato siciliano, il genio tutelare della nostra Società, l'uomo
il cui nome era guarentigia di libertà con ordine , signacolo
di moderazione senza bassezza, modello di rettitudine senzd
orpello.
Quanti tesori sono racchiusi in una tomba !
Signori, in un tempo in cui il correr vertiginoso della so-
cietà fremente di odii, il rapido succedersi degli uomini allo
pubbliche rappresentanze, il moltiplicarsi incessante delle ma-
nifestazioni del jìonsiero indocile di freno ed irrequieto, spin-
gono disordinatamente jìcrsono e cose; ed uno scetticismo d(^-
solante, e smodate ambizioni minacciano di travolgere ogni
nostro ideale, fermiamoci qualche volta a riandare alle memorie
del nostri Grandi. Forse la marea c'investe e c'incalza, forse
il tiii'hiriio delle passibili f'involve ed .'(]»l)iii.'i, forse» j);u'V(Mize
ELOGIO 47
di bene ci attraggono a loro; ma la coscienza della virtù ci
conforti di fronte a insidie paurose o lusinghiere. Nella
storia del nostro passato, nelle memorie dei nostri Grandi noi
ritempreremo il nostro carattere, e dall'esempio delle loro virtù
trarremo auspicii pel nostro avvenire. Quando poi ci volgiamo
a contemplare quella nobile figura, oh lasciate che io lo dica,
0 Signori : noi ci sentiamo migliori di noi stessi !
0
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LOWE-MARTIN CO. UMUED