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Full text of "Archivio Storico Siciliano"

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Digitized  by  the  Internet  Archive 

in  2009  with  funding  from 

University  of  Toronto 


http://www.archive.org/details/nsarchiviostoric30soci 


A 

ARCHIVIO 

STORICO  SICILIANO 


PUBBLICAZIONE   PEEIODICA 


DELLA 

SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 


NUOVA  SERIE,  ANNO  XXX. 


PALERMO 

SCUOLA   TIP.    "  BOCCONE  DEL   POVERO  „ 
1905 


612037 

t.7.  s-v 


ELENCO 

DEGLI 

UFFICIALI  E  SOCII  DELLA  SOCIETÀ 

PER   L'ANNO    1905 


SUA  MAESTÀ  MARGHERITA  DI  SAVOJA  REGINA  MADRE 


UFFICIALI 


PRESIDENTE 

Prof.  Cav.  Gr.  Uff.  Avv.  ANDREA  GUARNERI 

Settatore  del  Regno. 


VICEPRESIDENTI 

DoTT.  CoMM.  Giuseppe  Pitrè 
Membro  della  Commissione  Araldica  Siciliana. 

DoTT.  CoMM.  Raffaele  Starrabba 

Barone  di  Ralbìato 

Sopraintendente  Direttore  dalV Archivio  di  Stato 

Vice- Presidente  della  Commissione  Araldica  Siciliana. 


SEGRETARIO  GENERALE 

DoTT.  Cav.  Giuseppe  Lodi 
Primo  Archivista  di  Stato. 


IV  ELENCO  DEI  SOCI 


VICE  -  SEGEETARII 

Aw.  Cav.  Giuseppe  Falcone. 
Membro  della  Cammissione  Araldica  Siciliana. 

Aw.  Cav.  Uff.  Cablo  Crispo-Moncada. 

DIEETTORI  DELLE  CLASSI 

Prof.  Giuseppe  Paoluoci. 
(1'  Classe). 

Prof.  Cav.  Giuseppe  Cosentino 

Archivista  di  Stato 
(2"  Classe). 

Prof.  Comm.  Antonino  Salina» 

Socio  corrispondente  dell'Istituto  di  Francia, 
Delegato  presso  Vlstituto  Storico  Italiano, 
Membro  della  Consulta  Araldica  e  della  Commissione  Araldica 

Siciliana, 
(3'   Classe). 

CONSIGLIERI 

Prof.  Cav.  Salvatore  Romano. 

Prof.  Cav.  Alfonso  Sansone. 

DoTT.  Cav.  Socrate  Chiaramonte. 

DoTT.  Prof.  Cav.  Salvatore  Salomone-marino. 

Comm.  Francesco  Varvaro  Pojero. 

DoTT.  Cav.  Uff.  Giuseppe  Tra  vali. 

TESORIERE 
Cav.  Pietro  Spadaro. 

BIBLIOTECARIO 

DoTT.  Giuseppe  La  Mantia 
Ai»i$tente  nelV Archivio  di  Stato. 


ELENCO  DEI   SOCI 


CORPI  MORALI  CHE  HANNO  PRESO  DELLE  AZIONI 

Ministero  dell'Istruzione  Pubblica  per  400  azioni. 
Ministero  d'Agricoltura,  Industria  e  Commercio  per  5  azioni. 
Provincia  di  Palermo  per  20  azioni. 
Provincia  di  Catania  per  20  azioni. 
Provincia  di  Caltanissetta  per  10  azioni. 
Municipio  di  Messina  per  10  azioni. 
Municipio  di  Acireale  per  4  azioni. 
Municipio  di  Castrogio vanni  per  4  azioni. 
Municipio  di  Marsala  per  4  azioni. 
Municipio  di  Monte  S.  Giuliano  per  4  azioni. 
Municipio  di  Nicosia  per  4  azioni. 
Municipio  di  Noto  per  4  azioni. 
Municipio  di  Parco  per  4  azioni. 
Municipio  di  Siracusa  per  4  azioni. 
Municipio  di  Termini-Imerese  per  4  azioni. 
Municipio  di  Alcamo  per  2  azioni. 
Municipio  di  Salaparuta  per  1  azione. 
Biblioteca  Pardelliana  di  Trapani  per  4  azioni. 
Biblioteca  Comunale  di  Vicenza  per  4  azioni. 
Biblioteca  Nazionale  di  Napoli  per  4  azioni. 
Biblioteca  Nazionale  Braidense  di  Milano  per  4  azioni. 
Biblioteca  Comunale  di  Caltanissetta  per  4  azioni. 
Biblioteca  Universitaria  di  Messina  per  4  azioni. 
Biblioteca  Nazionale  di  S.  Marco  in  Venezia  per  2  azioni. 
Biblioteca  Comunale  di  Verona  per  2  azioni. 
Circolo  del  Gabinetto  di  lettura  in  Messina  per  4  azioni. 
Circolo  Artistico  di  Palermo  per  4  azioni. 
Compagnia  dei  Bianclii  in  Palermo  per  2  azioni. 
Circolo  Bellini  in  Palermo  per  4  azioni. 
Nuovo  Casino  di  Palermo  per  4  azioni. 
Ufficio  Regionale  per  la  Conservazione  dei  Monumenti  della 
Sicilia  per  4  azioni. 


TI  ELENCO  DEI  SOCI 


CORPI  MORALI  ASSOCIATI  ALLE  PUBBLICAZIONI 
DELLA  SOCIETÀ 

MinLstero  dell'Int€rno  per  1  copia  di  ciascuna  pubblicazione. 
Ministero  della  Guerra  idem    idem 

Camera  dei  Deputati  idem    idem 

Biblioteca  Palatina  di  Parma  idem    idem 

Archivio  di  Stato  in  Palermo  idem    idem 

Ai*chivio  di  Stato  in  Firenze  per  1  copia  del  periodico. 
Archivio  di  Stato  in  Napoli  idem    idem 

Archivio  di  Stato  in  Cagliari  idem     idem 

Archivio  di  Stato  in  Venezia  idem     idem 

Biblioteca  Labronica  di  Livorno  idem    idem 

Biblioteca  Comunale  di  Castelvetrano  idem     idem 


ELENCO  DEI  SOCI  VU 


PRIMA    CLASSE 


DIRETTOEE. 

Paolucci  Prof.  Giuseppe 
predetto. 

SEGRETARIO 
Garufi  Dott.  Prof.  Carlo  Alberto. 

SOCI 

Abbadessa  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Accardi  Cav.  Uft*.  Gioacchino  —  Palermo. 

Agnello  Prof.  Cav.  Angelo  —  Palermo. 

Alagona  Gaetano  —  Palermo. 

Albanese  Cav.  Carlo  —  Palermo. 

Arenaprimo  Cav.  Giuseppe,  Barone  di  Montechiaro,  Mem- 
bro della  Cimimìssione  Araldica  Siciliaiia  —  Messina. 

Arezzo  Nob.  dei  Marchesi  Pietro  —  Palermo. 

Armò  Avv.  Cav.  Gr.  Cord.  Giacomo ,  Primo  Presidente  di 
Corte  di  Cassazione  a  riposo,  Seìuitare  del  Regno — Palermo. 

Atanasio  Barone  Francesco  Paolo  —  Palermo. 

Avarna  Cav.  Nicolò,  Duca  di  Gualtieri  —  Palermo. 

Avellone  Avv.  Cav.  Salvatore ,  Deputato  al  Parlamento  — 
Palermo. 

Avellone  Avv.  Ruggiero  —  Palermo. 

Barcellona  Prof.  Pietro  —  Carini. 

Barba  Avv.  Cav.  Stefano  —  Palermo. 

Battaglia  Dott.  Antonio  —  Termini-Imerese. 

Battaglia  Anton  Giuseppe  —  Termini-Imerese. 


Vin  ELENCO  DEI  SOCI 


Beccaria  Mons.  Oomm.  Giuseppe,    Cappellano   Maggiore  di 

S.  M.  il  Re  —  Eoma 
Besta  Prof.  Enrico  dell 'Udì  ver  sita  di  Palermo. 
Bianco  Prof.  Giuseppe  —  Partanna. 
BonSglio  Prof.  Parroco  Simone  —  Palermo. 
Bordiga  Erminia ,  Direttrice  del   Reale  Educatorio  «  Maria 

Adelaide  »  —  Palermo. 
Borzì  Prof.  Cav.  Antonino,  Direttore  delV  Orto  Botanico  — 

Palermo. 
Bottalla  Xw.  Cav.  Pietro,  Segretario  alla  Procura  Generale 

del  Re  presso  la  Corte  di  Cassazione  —  Palermo. 
Bova  (S.  E.)  Mons.  Gaspare,  Vescovo  di  Samaria  e  Avsiliare 

dell*  Arcivescovo  —  Palermo. 
Burrascano  Can.  Arciprete  Mario  —  Castroreale. 
Cali  Parroco  Andrea  —  Palermo. 
Calvino  Comm.  Angelo  —  Palermo. 
Canzone  Prof.  Salvatore  —  Palermo. 

Capasso  Prof.  Dott.  Gaetano  —  Preside  dsl  R.  Liceo  «  Man- 
zoni »  —  Milano. 
Caronna  Can.  Nunzio,  Arciprete  —  Poggioreale. 
Cascavilla  Prof.  Can.  Michele  —  Palermo. 
Ga8sarà  Avv.  Giuseppe  —  Palermo. 
Oastellana  Ambrogio  —  Palermo. 
Catalano  Vittorio  Emanuele  —  Palermo. 
Cataliotti-Caramazza  Parroco  Bernardo  —  Palermo. 
Cataliotti  -  Valdina  Dott.   Barone   Ferdinando  ,  Signore  di 

Chiapi)arìa  —  Saint   Martin    en   Bresse  (Sàone  et  Loire) 

Francia. 
Cervello  Dott.  Prof.  Corani.  Vincenzo  —  Palermo. 
Oe«u«o  Prof.  Giovanni  Alfredo  —  Palermo. 
Chiaramonte  Dott.  Cav.  Socmte,  predetto  —  Palermo. 
Giofalo  Avv.  Comm.  Francesco  —  Palermo. 
Ciotti  -  GraMHo  Avv.  ('omm.  Pietro  —  Palermo. 
Oolocci  Marchf^^  Comm.  Adriano  —  Catania. 
Coluniha  I*rof.  Cav.  (Jaetano  Mario  —  Palermo. 
Conforti  ('av.  Uff.  Luigi,   Economo  generale  dei  Benefica  va^ 

canti  né  Ih  Provincie  Napolitane  —  Na])oli. 


ELENCO  DEI  SOCI  IX 

Conte  Prof.  Anacleto  —  Palermo. 

Coppoler  Prof.  Odoardo  —  Palermo. 

Corradi  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Corso  Prof.  Cosimo  —  Termini- Imerese. 

Cosimano  Dott.  Giovanni  —  Patti  (Marina). 

Cremona  Avv.  Giuseppe  —  Vittoria  (Malta). 

Cusumano  Prof.  Cav.  Uff.  Vito  —  Palermo. 

Cutrera  Cav.  Antonio  —  Montemaggiore  Belsito. 

D'Alessandro  (S.  E.)  Mone.  Gaetano,  Vescavo  —  Cefalù. 

De  Ciccio  Can.  Giuseppe  —  Palermo. 

Dell'Agli  Antonio  —  Giari*atana. 

Deodato  Cav.  Pietro  —  Villarosa. 

De  Seta  Marchese  Cav.  Gr.  Cord.  Francesco ,  Senatore  del 
Regno,  Prefetto  della  Provincia  di  Palermo. 

De  Stefani- Picani  Cav.  (^alogero,  H.  Ispettore  degli  Scavi, 
e  Monumenti  —  Sciacca. 

Di  liartolo  Can.  Dott.  Salvatore  —  Palermo. 

Di  Giovanni  Prof.  Leonardo  —  Palermo. 

Di  Girolamo  Avv.  Cav.  Andrea  —  Marsala. 

Di  Gregorio  Pasquale,  Perito  Agrimensore  —  Palermo. 

Di  Lorenzo  Dott.  Cav.  Niccolò  —  Palermo 

Di  Pietro  Dott.  Sac.  Salvatore  —  Palermo. 

Di  Puma  Sac.  Pietro  —  Girgenti. 

Dominici  -  Morillo  Dott.  Prof.  Ab.  Luigi,  Bibliotecario  —  Po- 
lizzi -Generosa. 

Donatuti  Ing.  Cav.  Lorenzo  —  Palermo. 

D'Oudes-Cottù  Cav.  Francesco  —  Palermo. 

Drago-Calandra  Dott.  Giuseppe,  Giudice  di  Trio. —  Palermo. 

Epifanio  Prof.  Vincenzo  —  Monreale. 

Falcone  Avv.  Cav.  Giuse])i)e,  predetto  —  Palermo. 

Ferrara  Dott.  Gaetano  —  Palermo. 

Ferrara  Prof.  Don  Gaet-ano  Maria ,  Direttore  spirituale  nei 
Convitti  Nazionali  —  Palermo. 

Ferrigno  G.  Battista  —  Castehetrano. 

Fignon  Can.  Giuseppe  —  Palermo. 

Filiti  Sac.  Gaetano  —  Palermo. 


ELENCO  DEI  SOCI 


Fiorenza  (S.  E.)  Mons.  Giuseppe,  Arcivescovo  —  Siracusa. 

Fucile  Comm.  Luigi  —  Paleruio. 

Grarofalo  Avv.  Filippo  —  Ragusa. 

Gaiiifi  Dott.  Prof.  Carlo  Alberto,  predetto  —  Palermo, 

Gennardi  Avv.  Luigi — Palermo. 

Giambruiio  Aw.  Cav.  Salvatore,  Archivista  di  Stato  —  Pa- 
lermo. 

Giauformaggio  Giovanni —  Grammichele. 

Giordano  P.  Francesco  —  Palermo. 

Gramignani  Luigi  Filippo  —  Palermo. 

Guardione  Prof.  Av^.  Francesco  —  Palermo. 

Guarneri  Avv.  Prof.  Gr.  Uff.  Andrea,  Senatore  del  Regno, 
predetto  —  Palermo. 

Guarneri  Avv.  Eugenio  —  Palermo. 

Guarneri  Comm.  Giovanni ,  Colonnello  in  posizione  ausilia- 
ria —  Palermo. 

Guccia  Cav.  Nob.  Giov.  Battista  de'  Marchesi  di  Ganzarla, 
Prof.  ord.  nella  R.  Università  di  Palermo,  Direttore  dei 
«  Rendicùnti  del  Circolo  Matematico  di  Palermo  ». 

Guli  Prof.  Sac.  Giovanni  —  Palermo. 

Gurgone  Prof.  Sac.  Antonio  —  Nicosia. 

Ingroja  Prof.  Cav.  Biagio  —  Calataflmi. 

Labate  Prof.  Dott.  Valentino  —  R.  Liceo  di  Messina. 

La  Colla  Avv.  Prof.  Cav.  Uff.  Francesco  —  Palermo. 

La  Corte  Prof.  Giorgio  —  Maddaloni. 

La  Manna  Avv.  Comm.  Biagio  —  Palermo. 

La  Maiitia  Dott.  Francesco  Giuseppe,  Giudice  di  Tribunale— 
Palermo. 

Lancia  (S.  E.)  Mons.  Nob.  dei  Marchesi  D.  Domenico  (Ga- 
spare, Cassinese,  Arcivescovo  di  Monreale. 

Lancia  Nob.  dei  Marchesi  Giuseppe  —  Palermo. 

Lanza  Nob.  Giulia ,  Principessa  di  Trabia  e  di  fiuterà  — 
I^alermo. 

Lanza  Ignazio,  Conte  di  S.  Marco  —  Palermo. 

Lanza  di  Scalea  Dott.  Cav.  Nob.  Pietro,  Deputato  al  Par- 
lamento —  Palermo. 


ELENCO  DEI  SOCI  II 


Lanza-Mantegna  Conte  Giuseppe,  Nobile  dei  Conti  di  Maz- 
zarino —  Palermo. 

La  Bocca- Impellizzeri  Cav.  Paolo  —  Ragusa  Inferiore. 

La  Vecchia  Avv.  Gioacchino  —  Palermo. 

Leanti  Dott.  Prof.  Giuseppe  —  Modica 

Le  Moli  Comm.  Avv.  Gaetano  —  Caltauissetta. 

Leone  Avv.  Giovanni  —  Palermo. 

Leto  Can.  Prof.  Giovan  Battista  —  Monreale. 

Lombardo  Avv.  Gaetano  —  Palermo. 

Lombardo  P.  Maestro  Vincenzo  Ghme])]ye  dei  Predicatori  — 
Palermo. 

Longo  Dott.  Prof.  Cav.  Antonio  —  Palermo. 

Lorico  Avv.  Filippo  —  Palermo. 

Lumbroso  Prof.  Cav.  Giacomo  —  Frascati  (Roma). 

Macai  uso  Prof.  Comm.  Damiano  —  Palermo. 

Maggiore-Perni  Avv.  Prof.  Cav.  Francesco  —  Palermo. 

Majelli  Cav.  Gr.  Cr.  Giuseppe,  Primo  Presidente  della  Corte 
di  Cassazione  a  riposo,  Senatore  del  Regno  —  Palermo. 

Majorca-Mortillaro  signorina  Rosalia  —  Palermo. 

Mangiameli  Dott.  Salvatore,  Archivista  di  Stato  —  Palermo. 

Marino  Prof.  Nicolò  —  Palermo. 

Marinuzzi  Avv.  Comm.  Antonio,  Deputato  al  Parlamento  — 
Palermo. 

Marraffa  Avv.  Eduardo,  Criudice  di  Tribunale  —  Palermo. 

Martini  Prof.  Raffaele  —  Reggio  di  Calabria. 

Mastropaolo  Nob.  Altìo  —  Palermo. 

Mazziotta  Cav.  Francesco  —  Messina. 

Mellina  Lorenzo,   Uffiziale  Commissario  di  Marina — Roma. 

Messina  Can.  Vito  —  Catania. 

Minutilla  Dott.  Cav.  Salvatore  —  Palermo. 

Mirabella  Prof.  Francesco  Maria,  Direttore  Didattico  —  Al- 
camo. 

Mon<lini  Raffaele,  Maggiore  di  fanteria  —  Palermo. 

Montalbano  Comm.  Placido,  Consigliere  di  Cassazione  in  ri- 
poso —  Palermo. 

Mora  Sac.  Bernardo  —  Palermo. 


Xn  ELENCO  DEI   SOCI 


Morisani  P.  Lett.  Fr.  Agostino  de'  Predicatori  —  Palermo. 

Mille  Prof.  Francesco  Paolo  —  Palermo. 

Mulè-Bertòlo  Cav.  Giovanni,  Segretario  Capo  delV Ammini- 
strazione Provinciale  di  Caltanissetta. 

Natoli-La  Bosa  Avv.  Antonino  —  Lipari. 

Niceforo  Cav.  Uff.  Nicola,  Consigliere  di  Corte  di  Appello  — 
Palermo. 

Notarbartolo  di  Castelreale  Nob.  Francesco  —  Palermo. 

Notarbartolo  -  Merlo  Cav.  Leopoldo,  Capitano  di  corvetta  — 
Boma. 

Oberty  Dott.  Cav.  Enrico,  Consigliere  di  Corte  di  Appello  — 
Napoli. 

Olivotti-Tramontini  signorina  Maritzka  —  Palermo. 

Orlando  Francesco  —  Palermo. 

Orlando  Prof.  Comm.  Vittorio  Bmmannele,  Deputato  al 
Parlamento  —  Eoma. 

Ottone  Ing.  Giuseppe  —  Palermo. 

Pace  Prof.  AVr.  Salvatore  —  Palermo. 

Pajno  Giuseppe,  Barone  di  Luccoveni  —  Palermo. 

Palizzolo-Gravina  Cav.  Cr.  Gr.  Nob.  Cav.  Vincenzo,  Barone 
di  Ramione ,  Membro  della  Commissione  Araldica  Sici- 
liana —  Palermo. 

Palomes  P.  Luigi  dsi  Conventuali  —  Palermo. 

Pandolfini  P.  Antonio  dei  PP.  Crociferi  —  Palermo. 

PandoHiiii  Cultrera  Fmncesco  —  Palermo. 

Pantaleo  Cav.  Uff.  Vincenzo  —  Palermo. 

Paoliicci  Prof.  Giuseppe,  i)redetto  —  Palermo. 

Panli  I^rof.  (Jinseppe  —  Ferrara. 

Parisi  Ben.  Francesco  Paolo  —  Palermo. 

Pasta  Marzullo  Benef.  Mariano  —  Palermo. 

Patera  Dott.  Paolo  —  Partaiina. 

Paterno  Prof.  Cav.  Gr.  ('r.  Kmnuinuele,  Cavaliere  dell*  Or- 
dine  ff'f  \f trito  Civile  di  Savqja  ,  Senatore  del  liegno  — 
koiii;i. 

Patiri  (iiiiseppe  —  Termini-  Imerese. 

Patricolo  Dott.  (Corrado  —  Palermo. 


ELENCO  DEI  SOCI  XIII 


Patti  di  Sorrentino  Suor  Maria  Teresa,  Superiora  dell'Isti- 
tuto di  educazione  «  S.  A  nna  »  —  Palermo. 

Pecorella  Dott.  Camillo,  Sotto  -  Bibliocario  alla  Nazionale  — 
Palermo. 

Pelaez  Avv.  Cav.  Bmmanuele  —Palermo. 

Pensabene-Perez  Avv.  Marchese  Giuseppe  —  Palermo. 

Perricone  Francesco  —  Palermo. 

Perroni  -  Grande  Prof.  Dott.  Ludovico  —  Messina. 

Piazza  Prof.  Salvatore  —  Palermo. 

Pignone  del  Carretto  Nob.  Carlo  —  Palermo. 

Pincitore  Dott.  Alberico  —  Palermo. 

Pizzillo  Dott.  Nicolò  —  Bologna. 

Pizzoli  Mons.  Parroco  Domenico  —  Palermo. 

Pulci  Prof.  Can.  Francesco  —  Caltanissetta. 

Punture  Prof.  Cav.  Biagio  —  Caltanissetta. 

Eaciti  Romeo  Prof.  Can.  Vincenzo  —  Acireale. 

Raccuglia  Prof.  Salvatore,  B.  Ispettore  Scolastico  —  Pa- 
lermo. 

Raimondi  Sac.  Giuseppe  Maria  de'  Minori  Osservanti  — 
Palermo. 

Ranfaldi  Dott.  Antonio  —  Aidone. 

Reber  Alberto  —  Palermo. 

Ricca  Salerno  Prof.  Comin.  Giuseppe  —  Palermo. 

Ricciardi  Dott.  Leonardo ,  Rettore  del  Convitto  Nazionale 
«  Vittorio  Emmanuele  »  —  Napoli. 

Riservato  Avv.  Giuseppe  —  Palermo. 

Rivarola  Nob.  Eduardo  de'  Principi  di  Roccella ,  Rappre- 
sentante la  R.  e  Nobile  Compagnia  de'  Bianchi  —  Pa- 
lermo. 

Rìvoire  Prof.  Pietro  —  Palermo. 

Robbo  Cav.  Giuseppe  —  Palermo. 

Romano  Prof.  Cav.  Salvatore ,  Ufficiale  dell'  Accademia  di 
Francia  —  Palermo. 

Romano  -  Catania  Dott.  Cav.  (Tiuseppe ,  Tenente  Colonnello 
Medico  nella  riserva  —  Palermo. 

Rossi  Avv.  Comm.  Enrico,  Deputato  al  Parlamento — Palermo. 


XIV  ELENCO  DEI  SOCI 


Bossi  Prof.  Vittorio  —  Pavia. 

Busso  Can.  Prof.  Giuseppe  —  Girgenti. 

Russo-Giliberti  Dott.  Prof.  Antonio  —  Palermo. 

Busso-Riggio  Can.  Prof.  Luigi  —  Butera. 

Ryolo  Comm.  Domenico  —  Naro. 

Salemi-Battaglia  Can.  Emanuele  —  Paleruio. 

Salvioli  Prof.  Cav.  Giuseppe  —  Napoli. 

Salvo  Benigno,  Magazziniere  delle  privative— ^oYata  (Sicilia) 

Sanfilippo  Avv.  Comm.  Giacomo  —  Palermo. 

Sainte  Agathe  (de)  Conte  Giuseppe  —  Besangon  (Francia), 

Sansone  Prof.  Cav.  Alfonso  —  Palermo. 

Santangelo-Spoto  Avv.  Enrico  —  Palermo. 

Savagnone  Dott.  Prof.  Francesco  Guglielmo,  Archivista  capo 

all'Archivio  Comunale  di  Palermo. 
Sciacca  Avv.  Giovan  Crisostomo  —  Reggio  di  Calabria. 
Scio  Leonardo  —  Palermo. 
Settimo  Cav.  Uff.  Girolamo,  Principe  di  Fitalia,  Gentiluomo 

di   Corte   di  S.    M.  la  Regina   Margherita   di   Savoja  — 

Palermo. 
Siciliano  Giuseppe  —  Palermo. 
Simiani  P.  Don  Pier  Giuseppe  dei  Benedettini   Olivetani  — 

Roma. 
Sorge  Dott.  Comm.  Giuseppe,  Prefetto  di  Girgenti. 
Sortino  Schininà  Cav.  Eugenio  —  Ragusa  Inferiore. 
Terrasi  Sac.  Giovanni  —  Palermo. 

Testasecca  Conte  Ignazio,  Deput.  al  Parlam. — Caltanissetta. 
Tirrito  Ing.  Rosario  —  Palermo. 
Tommasi  Comm.  Oreste,  Senatore  del  Regno,  Cav.  delVOr- 

dine  civile  di  Savoja^  Presidente  della  Società  Romana  di 

storia  Patria  —  Roma. 
Tosi  Cav.    Ufi".   Gaetano,    Cancelliere   della  Corte  di   Cassa- 
zione —  Palermo. 
Varvaro-I*ojero  Comm.  Francesco  —  Palermo. 
Varvaro  Gaetano  —  Palermo. 
Varvaro  Pietro  —  Palermo. 


ELENCO  DEI  SOCI  IV 


Vento  Giuseppe  —  Palermo. 

Venuti  Giuseppe  —  Oastelvetrano. 

Vitale  Prof.  Vito  —  Begio  Liceo  di  Trani. 

Zenatti  Prof.  Albino,  Ispettore   centrale  al  Ministero    della 

Pubblica  Istruzione  —  Eoma. 
Ziino  Prof.  Comm.  Giuseppe  --  Messina. 
Zuccaro  (S   E.)  Mons.  Ignazio,  Vescovo  di  Caltanissetta. 


XVI  ELENCO  DEI   SOCI 


SECONDA  CLASSE 


DIRETTOBE 

Cosentino  Prof.  Cav.  Giuseppe 
Archivista  di  Stato. 

SEGRETARIO 

Tra  VALI  Cav.  Uff.  Dott.  Giuseppe 
Archivista  di  Stato 
Segretario  della  Commissione  Araldica  Siciliaìm 
predetto. 

SOCII 

Anelli  Aw.  Giuseppe  —  Palermo. 

Barrilà-Vasari  Proc.  leg.  Ignazio,  Sotto-Archivista  di  Stato  — 
Palermo. 

Beccadelli-  Acton  Gr.  Uft'.  Paolo,  Principe  di  Oamporeale, 
Senatore  dal  Regno  ,  Memhro  della  Consulta  Araldica  e 
della  Commissione-  Araldica  Siciliana  —  Palermo. 

Boglino  Mons.  Caii.  Luigi  —  Palermo. 

Bona  Ignazio,  Assistente  neU' Archivio  di  Stato  —  Palermo. 

Bottino  Ing.  Prof.  Francesco  —  Palermo. 

Briquet  Carlo  Mosè  —  Ginevra. 

Calvaniso  Gin8ei)ì)e  Maria  —  Palermo. 

Cavarretta  Avv.  (Jiovan  Batti.st^i  —  Palermo. 

Chalandon  Ferdinando,  Archivista  palrografOy-  Parigi. 

Gbianello  Di  Maria  Zappino  ('av.  llflf.  Giovan  Battist^i,  Ba- 
rone di  BoHcognmde  —  Palermo. 

Cianciolo  Avv.  ('arlo — Palermo. 

CoHentiuo  Prof.  Cav.  Oiuwq)pe,  |»r(Hletto  —  Palermo. 


ELENCO  DEI  SOCI  XVH 


Cozzucli  Prof.  Can.  Giambattista  —  Palermo. 

Crispo-Moucada  Avv.  Cav.  Uff.  Carlo,  predetto  —  Sotto-Bi- 
hliotecario  alla  Nazionale  —  Palermo. 

De  (iregorio  Marchese  Cav.  Prof.  Giacomo  —  Palermo. 

Dichiara  Dott.   Francesco  —  Palermo. 

Di  Marzo  Mons.  (/Omm.  Gioacc^hiiio,  Capo-Bibliotecario  della 
Comunale,  Membro  della  Commission-e  Araldica  Sicilia na  — 
Palermo. 

Di  Matteo  Sac.  Ignazio  —  Palermo. 

Faraci  Parroco  Ginseppe  Emanuele  —  Palermo. 

Ferrante  Sac.  Prof.  Giusep])e,  R.  G-ìmiaHÌo — Termiui-Imerese. 

Giorgi  Dott.  Prof.  (Ja.w  Ignazic»,  Bibliotecario  della  Casana- 
ten.se  —  Itonia. 

Gnoffo  8ac.  Domenico  —  Palermo. 

(luarnera  Dottoressa  Elvii-a  —  Palermo. 

(ìnastella  ('av.  Avv.  Ernesto,  Sotto  -  Bibliotecario  alla  Nazio- 
nale —  Palermo. 

Inghilleri-Di  Bella  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Lagumina  Prof,  Can.  Giuseppe  —  Palermo. 

La  Mantia  Dott.  Giuseppe,  predetto  —  Palermo. 

La  Via-Bonelli  Avv.  Cav.  Mariano  —  Nicosia. 

Liouti  Dott.  Ferdinando,  Archivista  di  Stato  —  Palermo. 

Lodi  Dott.  Cav.  Giusepiie,  Primo  Archivista  di  Stato.,  pre- 
detto —  Palermo. 

Manasia  8ac.  Cav.  Calogero,  Capo  Bibliotecario — Caltanissetta. 

Mantia  Avv.  Cav.  Pasquale  —  Palermo. 

Manzone  Cav.  Gaspare,  Sotto  AsnistentedelV Archivio  di  Sta- 
to —  Palermo. 

Marano  Dott.  Giuseppe  —  Borgetto. 

Martines  Ing.  Amilciirè  —  Palermo. 

Milazzo-Cervello  Dott.  Luigi  —  Palermo. 

Palmeri  di  Villalba  Nob.  Cav.  Nicolò,  Colonnello  in  posiziona 
ausilio/ria  —  Palermo. 

Parlato  Avv.  Liborio  —  Palermo. 

Pennino  Mons.  Prof.  Antonio  —  Palermo. 

Piaggia  dei  Baroni  di  Santa  Marina  Nob.  Domenico,  Sotto 
Assistente  dell'Archivio  di  Stato  —  Palermo. 


XVrn  ELENCO   DEI   SOCI 


Pipitone-Federico  Cav.  Dott.  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Pitrè  Dott.  Prof.  Coinm.  Giuseppe,  predetto  —  Palermo. 

Kusso  Cav.  Filadelfio  —  Capizzi. 

Salomone-Marino  Dott.  Prof.  Cav.  Salvatore  ,  predetto  — 
Palermo. 

Salvo-Cozzo  di  Pietragauzili  Nob.  Cav.  Ufi".  Giuseppe,  Bi- 
bliotecario della  NasionaU  —  Palermo. 

Savona  Can.  Dott.  Giuseppe  —  Palermo. 

Starrabba  Dott.  Comm.  Raffaele,  Barone  di  Ralbiato ,  pre- 
detto— Palermo. 

StrazzuUa  Dott.  Prof.  Vincenzo  —  Messina. 

Ta8(%L-Lauza  Gr.  lift'.  Giuseppe,  Nobile  dei  Conti  di  Alme- 
nta,  iSeìuitore  del  Regno  —  Palermo. 

Travali  Dott.  Cav.  Ufi'.  Giuseppe,  predetto — Palermo. 

V^itrano  Giuseppe  Filippo  —  Palermo. 

Ziugareili  Prof.  Nicola  —  Palermo. 


ELENCO  DEI   SOCI  XIX 


TERZA  CLASSE 


DIRETTORE 

8ALIN1.S  Prof.  Comm.  Antonino 

predetto. 

SEGRETARIO 
PORTAL   COMM.   InG.   EmANUELH 

800I1 

Agnese-Pomar  Oav.  Iguazio—  Palermo. 

Allegra  Francesco  Paolo  —  Palermo. 

Alagua  Ing.  Vincenzo  —  Palermo. 

AUiata  Nob.  dei  Marchesi  Filippo  Maria  —  Palermo. 

Andò  Avv.  Tommaso — Palermo. 

Armò  Comm.  Ing.  Ernesto,  Prof.  jHiregyiato  di  Architettura 

nella  B.  Scuola  di  Applicazione  di  Palermo. 
Atanasio  Bar.  Ginsepi)e  —  Palermo. 
Basile  Ing.  Prof.  Comm.  Ernesto  —  Palermo. 
Bel  traili  Cav.  Vito  —  Palermo. 
Beiif  Rag.  Costantino  —  Palermo. 
Biondolillo  Ing.  Giovanni — Palermo. 
Boscarin i-Trigona  di  Villa  Orlando  Cav.  Lorenzo  —  Piazza 

Armerina. 
Busacca  Carlo,  Marchese  di  Gallidoro  —  Palermo. 
Cantone  Ing.  Salvatore  —  Palermo. 
Chiaramonte-Bordonaro  Cav.  Gabriele,  Senatore  del  Regno 

Palermo. 
Cicchetti  Prof.  Edoardo  —  Palermo. 
Ciofalo  Prof.  Saverio,  Bibliotecario  —  Termini-Imerese. 
Coppola  Ing.  Angelo  —  Palermo. 
Cottone  Ing.  Vincenzo  —  Palermo. 


XX  ELENCO  DEI  SOCI 


Crescimanno  Dott.  Cav.  Sebastiano  —  Melilli  (Siracusa). 

Crino  Prof.  Dott.  Sebastiano  —  Gir^enti. 

D* Antoni  Salvatore  —  Palermo. 

De-Spuches  Cav.  Antonino,  Princi])e  di  (jalati  —  Palermo. 

Dentaria  Parroco  Salvatore  —  Acitrezz.'i  (C'ataiiia). 

Dest^fano  Ing.  Salvatore  —  Palermo. 

Douati-Scibona  Ing.  Cav.  Francesco  —  Palermo. 

Fazio  Giuseppe,  già  Conservatore  (d  Museo  Nazionale  —  Pa- 
lermo. 

Ferraro  Prof.  Ing.  C'orrado  —  Palermo. 

Genovese-Ruffo  Salvatore  —  Palermo. 

Gentile  Prof.  Stefano  —  C'asa  Reale  Palermo. 

Grazia  Sac.  Pasquale,  B.  Isiìettore  dei  .Monumenti  —  Cala- 
tatìmi. 

Greco  Ing.  Comm.  Ignazio  —  Palermo. 

Lagumina  (S.  E.)  Mons,  Bartolonieo,   Vescovo  di  Girgenti. 

Lanzii  <li  Scalea  Gr.  Uff.  Nob.  Francesco,  Senatore  del  Re- 
gno —  Palermo. 

La  Scola  Avv.  Virgilio  —  Palermo. 

Lucifora  Avv.  Comm.  Giovanni  —  Palermo. 

Mach!  Salvatore  —  Palermo. 

Majorca  Dott.  Luigi,  Msconte  <U  Francuvilla  —  Palermo. 

Maltese  Notar  Faustino  —  Rosolini. 

Mangano  Avv.  Giuseppe  —  Palermo. 

Mangano  Avv,   Vincenzo  —  Palermo. 

Mantegna   Benedetto,  Princi])e  di  (rjingi  —  Palermo. 

Marvuglia  Ardì.  ('av.  Dohmmiìco — Palermo. 

Matranga  Dott.  ('estire  —  Palermo. 

Mattei  Ing.  Salvatore— Palermo. 

MaiKuM'i   Dott.  Enrico  —  Siragusa. 

Mauci'ri  Ing.  (jomm.  liUÌgi,  Vie* -Itirrfttire  i/enerah-  jK-r  (e  fer- 
rovie Hwule  —  Palermo. 

Melfi  Corrado,  Barone  di  Santa  Maria  —  (Miiaramonte  Guliì. 

Millnnzi   Prof.  Can.  ParnuM»  (Jaetano       Monreale. 

Moncaiia   Piolro,   Principe  di   Paterno — Palermo. 

Mura  Rag.  Eugenio — Palermo. 


ELENCO   DEI   SOCI  XXI 


Mora  C'an.  Mneenzo  —  Palermo. 

Naselli-  Notarbartolo  Cav.  L(>oi)ol(lo  -  Palermo. 

Natoli  Marchese  C'av.  (liiiseppe — Palermo. 

Orsi  Prof.  (Jav.  Paolo,  Direttore  del  Museo  —  Siracusa. 

Pajiio  (lei  Barimi  di  Luccoveui  Nob.  (liulia — Palermo. 

Palazzotto  I  u^-.   h'rancesco  —  Palermo. 

Palmeri  Nob.  Ruggero  dei  Marchesi  di  \Hlalba  —  Pailermo. 

Parisi  Cali.  Prof.  Giuseppe  —  Palermo. 

Patricolo  Ing.  Achille  —  Palermo. 

Pepoli  Agostino  —  Trapani. 

Perdichizzi  .Vntonio  —  Palermo. 

Petronio-Kusso  !Sac.  Salvatore — Prevosto  e  Vicario  foraneo 
di  Aderiiò. 

Piutacuda  Ing.  ('omm.  Vavìo,  Cavaliere  dslP Ordine  *  Al  Me- 
rito del  Lavoro  »  —  Palermo. 

Piraiiio-De  Corrado  Ing.  Antonio  —  Palermo. 

Pitrè  Salvatore  (liuseppe  —  Palermo. 

Portai  Comiii.  Ing.  Kmmaniiele,  Uffiziale  dell* Accademia  di 
Francia,  Membro  della  Commissione  Araldica  Siciliaìia  , 
predetto  —  Palermo. 

Pugliesi  Vincenzo  —  Alcamo. 

Ragusa  Prof.  Vincenzo—  Palermo. 

Rao  Ing.  (xinse})i)e — l'aleriiio. 

Rap  (jiuseppe  fu  Edoardo — Palermo. 

Renzi  Ing.  Comm.  Salvatore  —  Palermo. 

Rocca  Cav.  Pietro  Maria,  R.  Ispettore  dei  Monumenti  —  Al- 
camo. 

Rutelli  Prof.  Comm.  Mario  —  Palermo. 

Rateili  Cav.  Utt".  Nicolò  déir Accademia  di  ò'.  Ferdinando  di 
Madrid  —  Palermo. 

Rutelli  Teresita  —  Palermo. 

Untelli  Vitina   Maria  —  Palermo. 

Salemi-Pace  ing.  Prof.  Comm.  (ìiovanni  —  Palermo. 

Salinas  Prof.  Comm.  Antonino,  predetto  —  Palermo. 

Salinas  Dott.  E  ni  man  nel  e  —  Palermo. 

Sanfllippo-Musso  Michele  —  Palermo. 


XXn  ELENCO  DEI  SOCI 


Sciaiigfiila  Prof.  Agostino  —  Palermo. 

Scìaino  Invidiate  Cav.  Paolo  —  Geraci  Sicilia. 

Siciliano  Cav.  Michelangelo  —  Palermo. 

Sinatra  Raja  In.i» .  Agr.  (TÌnsepi)e  —  Lercara-Fuiddì. 

Sortino  Nicastro  Cav.  Dott.  Aiitonu»  —  Ragusa  Inferiore. 

Spadaro  Cav.  Pietro,  (Jaiisole  del  Paraguay^  predetto  —  Pa- 
lermo. 

Trigona  Gr.  Utt".  Conte  Domenico,  Principe  di  S.  Elia,  Duca 
di  Gela,  Seìuitare  del  Regno y  PreiiUìente  della  Commissione 
Araldica  Siciliana  —  Palermo. 

Tnrrisi  Floridia  Manro,  Princii)e  <li  Partanna  —  Palermo. 

Ugdnlena  Giovanni  —  P.ilermo. 

Wiiitaker  Connn.  Giuseppe  —  Palermo. 

Wbitaker  Tina  —  Palermo. 

SOCI!  NON  ADDETTI  ALLE  CLASSI 

Blandinì  (S.  E.)  Mons.  Giovanni,  T^escovo  —  Noto. 

Bonanno  Cav.  Eduardo  —  Palermo. 

Caruso  Corrado  —  Palermo. 

Churchill  Sidney  I.  A.,  Console  di  S.  M.  Britannica  —  Pa- 
lermo. 

Ciotti  Cav.  Pietro  —  Palermo. 

De  Leonardis  (ìaetano,  Ha ppr esentante  il  Municipio  di  Parco. 

De  8puche.s  Franco  (iiovanni,  Nobile  dei  Priucipi  di  Galati 
—  Palermo. 

Feclele  8ac.  Giusei)pe  Maria  —  Monreale. 

Fignon-Prost  Rag.  (ìirolamo  —  Palermo. 

Florio  Gr.  Uff".  Ignazio  —  Palermo. 

GiiiffVè  Prof.  Dott.  Liborio  —  Palermo. 

Grainagliu  Gaetano  —  Palermo. 

liuntna  Marchese  (^)rrado.  Senatore  del  Regno  —  Roma. 

ÌMìì/jì  Coinm.  Pietro,  Principe  di  Tnibia  e  di  iintera, /Vy>f(- 
tatu  al  Rarlanonto  —  Pah'rnio. 

Monroy- AKceuHo  AlouHo  Alberta),  Principe  di  Maletto  — 
Paicrino. 

Oliver!  Gr.  Uff.  J.u^rum,  ótitatorc  del  Regno  —  l^aìermo. 


ELENCO  DEI   SOCI  IIIXX 


Pigliateli i  AragouH  Diego,  Principe  del  Sacro  Romano  Im- 
pero —  ]Xapoli. 

Salomone  A  vv.  Rosario  —  Aragona  (Sicilia). 

Scliininà  Cav.  Ginseppe,  Marchese  di  S.  Elia,  Senatore  del 
Regno  —  Ragusa. 

Sortino  —  Nicastro  Cav.  J)ott.  Antonio  —  Ragusa  Inferiore. 

Taibbi  Francesco  —  Palermo. 

Varvaro  Comm.  Eduardo  —  Palermo. 

Venuti  Arciprete  Mauro  —  Cinisi. 

Venuti  Sac.  Saverio  —  Cinisi. 

SOCI  ONORA UH 

S.  A.  I.  e  R.  l'Arciduca  d'Austria  Luigi  Salvatore. 

Benndorf  Prof.  Ottone  —  I.  R.  Università  di  Vienna. 

Busolt.  Dott.  Prof.  Georg  —  Università  di  Gottinga. 

De  Puymaigre  Conte  Th.  —  Francia. 

Engel  Arthur  —  Cabinet  de  Médailles  —  Parigi. 

Liebrecht  Prof.  Felice  —  Germania. 

Perreau  Cav.  Uff.  Pietro,  Bibliotecario  —  Parma. 

Pflugk-Harttung  Prof.  Giulio  —  German  "a. 

Watkiss  Lloyd.  W.  —  Inghilterra. 


MEMORIE  ORIGINALI 


UN   POETA   BIZZARRO  DEL  '500 

(Mariano  Bonincontro  da  Palermo) 


§  1.  —  Notizie  varie. 

—  Quando ,  nella  sì)lendida  sala  del  palazzo  Ginori  in 
Firenze,  una  colta  scliiera  di  signore  e  di  studiosi  applaudì 
alla  simpatica  ed  erudita  conferenza  del  jirof.  Guido  Maz- 
zoni su  :  «  La  Lirica  del  '500  »  (1),  ognuno  dovette  doman- 
darsi chi  fosse  mai  quel  Mariano  Bonincontro  da  Palermo, 
novello  Cameade,  che  il  Mazzoni  aveva  celebrato  come  «  ca- 
ricaturista emerito  della  poesia  del  suo  tempo  ». 

D'altra  parte ,  d'  onde  e  come  aveva  egli  pescato  quel 
nome  di  poeta  e  quelle  notizie  attinenti  all'  arte  sua  f  A 
queste  domande  c'industrieremo  di  rispondere,  come  meglio 
si  può,  sui  documenti  e  sulle  notizie  tutte  ancora  esistenti 
sul  conto  del  Bonincontro ,  e  con  ciò  la  figura  dell'  arguto 
siciliano  artisticamente  abbozzata  dal  Mazzoni,  acquisterà 
maggiore  e  più  sicura  luce. 

Degli  antichi  trattatisti  di  letteratura  italiana  si  occu- 
pano del  Bonincontro  solo  il  Mazzucchelli  (2)  e  il  Crescim- 


(1)  La  vita  italiana  nel  Cinquecento.  Letteratura.  Milano,  Treves  1898. 

(2)  Voi.  II,  parte  IV,  pp.  2396-2397. 

Arc%.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  1 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500 


beni  (1)  ma  ci  (lamio  notizie  evidentemente  attinte  dalle 
fonti  più  importanti  che  noi  abbiamo  sul  Bonincontro,  cioè 
il  Giraldi  ed  il  Mongitore. 

Giambattista  Giraldi  Cintio  nel  suo  «  Discorso  sul  com- 
porre dei  Komanzi,  delle  Tragedie  e  delle  Commedie  »  (2), 
dopo  aver  criticato  l'uso  invalso  ai  suoi  tempi ,  di  farneti- 
cale sopra  le  altrui  opere,  dice  : 

«  lo  per  me  credo  che  non  sia  così  sciocca  scrittura  nel 
mondo,  sopra  la  quale  non  si  potessero  fare  cosiffatti  sogni, 
qualunque  volta  uomo  dotto  ed  ingegnoso  vi  volesse  perder 
tempo  invano. 

Abbiamo  conosciuto  voi  ed  io  (3)  messer  Mariano  Bo- 
nincontro da  Palermo  di  acuto  e  di  vivace  ingegno,  il  quale, 
a  pochi  anni ,  si  fé'  qui  in  Ferrara  molto  onorevolmente 
Dottore  in  legge.  Questi  per  jìigliarsi  spasso  di  simili  in- 
gegni, faceva,  come  sapete,  i  più  belli  sonetti  del  mondo, 
quanto  alle  voci  ed  alle  rime,  i  quali  non  dicevano  cosa  al- 
cuna ed  erano  senza  sentimento;  poi  gli  lasciava  uscire  sotto 
il  nome  di  qualche  vai ent' uomo ,  ed  egli  stesso  si  frap])o- 
neva  fra  gli  altri,  e  mostrava  di  volervi  far  sopra  discorsi, 
dicendo  che  era  maraviglioso  il  senso  loro. 

Laonde  induceva  ognuno  a  farvi  sopra  fantasie  ed  opi- 
nioni. E  tra  gli  altri  ne  lasciò  uscir  uno  che  pareva  com- 
posto nella  morte  dell'illustrissima  signora  duchessa  di  Ur- 
bino, il  quale  è  questo  : 

I  più  lievi  che  tigre  pensier  miei 
Scorgendo  il  cor,  che  tra  dai  petti  intiero 
Tiene  un  pensier,  poiché  gl'ingombra  il  nero 
E  folle  error,  fuggono  i  casi  rei. 


(1)  làtoria  della  voìgar  poesia,  libro  V,  p.  240,  n.  157  e  Comentari  alla 
Istoria  della  voUjar  poesia,  libro  VI,  cap.  4,  p.  361. 

(2)  ìtihlioteia  rara.  Miliiiio,  DiU'lIi  IHfU,  pp.  89-90. 

(8)  Il  <lÌM('orHo  Riil  «•oiiiporn^  dri  Roinunzi  In  iiuliiizziito  dal  Giraldi  al 
Muo  diHcepolo  G.  K.  Pi^na  della  t;ni  laurea  tu  promotore  nello  Studio  di 
fVrrara  il  12  «ìukiio  l.'4fi  (Cfr.  in  proposito  G.  Pakdi  :  Tiioli  doltorali 
con/eriti  dallo  Studio  di  Ferrara  nei  see.  XV  e  XVI.  Lucca  1901. 


UN   POETA  BIZZARRO   DEL   '600 


E  benché  degli  antichi  Semidei 
Biasmato  fosse  ovunque  ogni  altro  è  fiero 
Monte  d'orgogli  :  ahi  lassa  io  già  non  spero 
Gioir  in  quel  desir  c'haver  vorrei. 

Onde  dal  crudo  suon  stancata  l'alma 
Germoglia  in  me  l'ardir,  poiché  s'agghiaccia 
E  scalda  hor  quinci  hor  quindi  il  caldo  gelo. 

Et  io  del  verde  fior  perdo  la  traccia, 
Me  l'ascende  lo  sdegno  in  picciol  velo, 
Tolta  dai  tronchi  error  la  grave  salma. 

Benché  chi  tien  la  palma 
Degli  inganni  mortai,  brami  con  forza 
Condurre  all'empio  fin  l'amara  scorza. 

dicendo  ch'era  composizione  d'un  pelleo^rino  ingegno. 

E  mandando  sopra  esso  qualche  suo  parer,  tanto  fé'  che 
indusse  un  Sanese  ben  dotto  veramente,  ma  i>oco  giudicioso, 
a  farvi  sopra  un  commento  diviso  in  4  libri,  il  quale  ancor 
si  legge. 

E  così  a  cosa  che  nulla  significava  e  nulla  diceva,  tirò 
costui  ciò  che  egli  aveva  mai  letto  in  tutta  la  sua  vita.  E 
non  mi  sarà  grave  di  aggiungere  a  quello  che  (come  ho 
detto)  è  nelle  mani  degli  uomini  con  così  eccellente  com- 
mentazione,  quell'altro  che  diede  tanto  che  fare  e  dà  ancora 
a  chi  voi  sapete;  al  quale,  quantunque  sia  stato  detto  l'in- 
ganno, egli  per  non  si  voler  mostrare  di  essere  stato  di  poco 
sentimento  in  aver  creduto  che  si  chiudano  in  lui  sensi  ma- 
ravigliosì ,  segue  pure  i  suoi  farnetichi ,  e  vuol  dare  a  ve- 
dere ad  ognuno  che  molto  dice  quello  che  fu  fatto  per  dir 
nulla;  ed  è  entrato  nella  selva  del  lauro  di  Apolline  e  del 
cinto  di  Venere  e  nella  fucina  del  Vulcano  con  le  più  belle 
immaginazioni  che  venissero  mai  nella  mente  ad  uomo  che 
sognasse. 

Il  sonetto  è  questo  : 

Da  chi  fé  indovinar  già  le  sibille 
Venne  il  sospetto,  e  la  temenza  ch'ora 
Affligge  il  core  a  chi  s'inchina  e  adora 
Per  poter  un  di  aver  ore  tranquille. 


UN   POETA   BIZZARRO   DEL   '500 


E  se  gli  manda  faci  a  mille  a  mille 
La  crudeltà,  che  vuol  ch'amando  mora, 
Chi  vive  in  foco  ed  è  di  vita  fiiore 
Che  gli  giova  pregar  che  non  si  stille? 

Ahi  !  giustizia  divina  come  puoi. 
Non  far  quel  che  far  dei  ?  Qual  fiero  spirto 
Fu  quel  che  indusse  questa  peste  al  mondo  ? 

Deh  !  foss'io  stato  allor  posto  nel  fondo 
Dell'Acheronte,  che  fui  giunto  al  Mirto  • 
Ch'ombra  mortai  mi  fa  coi  rami  suoi  ! 

Con  questo  sonetto  G.  B.  Giraldi  termina  il  suo  breve 
accenno  a  Mariano  Bonincontro ,  dopo  averci  dato  alcuni 
tratti  caratteristici  della  sua  flgura  di  poeta  e  della  sua  vi- 
vacità di  spirito. 

* 
*  * 

Non  minore  importanza  delle  giraldiane,  hanno  le  no- 
tizie del  Mongitore,  specialmente  per  a  parte  bibliografica. 

Ecco  le  sue  parole  :  (1) 

«  Marianus  Bonincontrus  nobilis  panormitanus  iuriscon- 
sultus  Celebris.  Doctorali  donatns  laurea  in  Ferrariensi  Aca- 
demia  a  doctrina  celebratus,  Inter  i)raestantìores  Siciliae 
advocatos  adnumeratus  est.  Ingenii  emineutissimi  aciem 
Poesia  tum  Latinae  et  Etruscae ,  tum  vernaculae ,  egregie 
a<ldixit,  et  in  utrafiue  mirnm  in  modiim  claruit.  Linguas 
calhiit  Latinam,  Germanicam,  Gallicam,  Hispanam;  et  Fer- 
rariensis  ducis  fuit  a  secretis. 

Io  :  Baptista  Gyrjildus  Cinthius ,  in  libro  :  Discorsi  di 
varie  considerazioni  di  poesia  pag".  78,  Mariani  ingenium 
aciitum  vividnmqne  Inndat;  additqne  (|uod  dnm  Ferrariae 
dc^eret  a<l  animi  oì)hM'tam(Mitiini  nliiiiuis  ('jiiitiones  concin- 
nabat  qiias  Sonetti  Italie*^  (U<'iinus  :  (^)n}unni    cnriniiia  ryt- 


(1)    lUbliollura   niellili.    I';il«i ITOS.    tomi)   II.    p.   H, 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500 


inicji  egregio  sono  recte  respondebant,  verboriimqiie  cultu 
enniiebant,  secl  signifìcatioue  peuitns  mania  nihìl  dicebant, 
inde  velnti  clarorum  virornni  factus  evulgabat  innuebatque 
(piod  exiiositionem  nieditabatur;  in  iis  eiiini  adniiranda  ac- 
cludi lìngebat,  qua  siinnlacione,  aliorum  ingenia  excitabat 
ut  varias  in  easdem  opinione»  elicerent. 

Inter  alias  cantiones ,  unam  edidit  quam  mortem  ducis 
IJrbinatis  deplorare  videbatur  ;  eanique  Gyraldus  addiixit 
loc.  cit. ,  ac  aliquot  in  ipsani  ponderationes  emisit;  (juibiis 
vir  quidam  ajjpriine  doctus  et  laudatus  luculeutum  in  ipsam 
comineritariuin  scripsit  in  quatuor  libros  distributuin,  quod 
tum,  legebatur  :  ac  ex  nnlliiis  argunieuti  re  ea  extorsit,  quae 
Marianus  uumquam  vel  legerat  vel  excogitaverat  :  de  hac 
re  etiani  Leo  Allatius  in  P]pistola  ad  leetoreni  poetaruni  an- 
tiquorum ])ag.  17  (1) ,  Amoenissimo  ingenio  munitus  ludi- 
cram  Poesim  coluit,  multaque  lepidissima  mirabiliter  scrip- 
sit. Claruit  anno  1580.  Ipsum  emeritis  laudi])us  extollunt: 
losephus  Galeaiius  in  Musis  siculis  pars  I ,  pag.  195  (2), 
Vincentins  de  loanne  in  Panhormo  triumpliante  libro  XII, 
pag.  124  (3) ,  Leonardus  Orlandinus  in  Disc.  Siciliae  (4) 
pag.  83,  Matthaeus  Donia  in  Polysticlion  pag.  26,  Frane. 
Placcomius  in  Sicelide  Sectio  III,  pag.  38,  et  clarissimus 

Io  :  Marius  de  Cvesciiììbeiiis  in  FTistoria  Poesis  vnlgaris 
lib.  IV,  pag.  282. 

Huius  extant  materna  lingua  : 


Canzoni  siciliane.  In  Musis  Siculis  p.  1. 


(1)  Eaceolta  di  poeti  antichi.  Napoli  1661. 

(2)  Il  titolo  dell'  opera  è  il  seguente  :  Le  Mtiite  siciìiane  ovvero  sceltn 
di  tutte  le  cansoni  della  Sicilia  raccolte  da  Piek  Giuseppe  Sanclemente 
(cioò  Giuseppe  Galeano).  Se  ne  conoscono  varie  edizioni. 

(3)  Palermo  MDC. 

(4)  Breve  discorso  del  Castagno  di  Mongibello  e  delle  lodi  della  Si- 
cilia, nell'opera  :  La  descrittione  latina  del  sito  di  Mongibello  di  Antonio 
FiLOTEO  degli  Homodei  tradotta  dal  R.  Dot.  D.  Leonardo  Orlandino.  Pa- 
lermo MDCXI. 


6  tJN  t»OEtA  BIZZARRO  DEL   '500 

Pauhormi  apud  Biiem  et  Portanovain  1645  in  12*  et  ite- 
rum  apud  loseplium  Bisaguium  16G2  iu  12". 

Canzoni  Siciliane  burlesche  in  Musis  Siculis  p.  Ili,  Pa- 
nhormi  apud  Bisagnium  1651  in  12». 

Multa  etiam  scripsit  quae  rass.  vagantur.  Solummodo 
vidi  Italice  : 

1.  Capitolo  iu  lode  della  Torta. 

2.  Pastorale  in  cui  riprova  la  conversazione  delle  città. 

3.  Epistola  per  la  peste  di  Palermo  del  1575  —  ludrica 
ms.  apud  me. 

4.  Epistole  due  del  1568  e  del  1571  ad  Antonio  Faraone 
Vescovo  di  Cefalù  —  ludrico  etiam  stylo  mss.  apud  me  ». 

*  * 

Le  notizie  del  Mougitore,  il  quale  possedette  alcuni  ma- 
noscritti del  Bon incontro ,  additano  delle  fonti ,  che  però 
risultano  di  scarso  valore. 

Infatti  Leone  Allacci  riporta  le  parole  del  Giraldi,  Leo- 
nardo Orlandini  rileva  le  lodi  che  questi  gli  tributò,  il  Do- 
nia  ed  il  Flaccomio  nelle  relative  opere,  come  si  rileva  an- 
che dal  titolo,  scrissero  pochi  versi  in  lode  del  Bonincontro. 

Vincenzo  di  Giovanni  nella  sua  opera,  (1)  passando  iu 
rassegna  gli  uomini  illustri  del  tempo ,  tesse  le  lodi  del 
Bonincontro  nella  stanza  seguente: 

Vedete  quel  ch'è  d'ogni  argutia  il  fonte 
Coi  grati  suoi  ))en8ieri  e  bel  trattare, 
A  gran  ra^gion  (nic)  quel  ha  la  laurea  in  fronte. 
Quando  ci  fa  d'Aganippe  un  largo  mare 
non  ha  i)ifi  di  costui  famoso  il  monte, 
né  penna  de  de  l'opre  sue  i)iù  rare, 
a  chi  Hi  fan  tutte  le  muse  incontro, 
qnest'è  il  buon  Mariano  Boiuiscontro. 


(1)  Il  Palermo  Trionfante,  Pal»rnio  MDC. 


UN   POETA  BIZZARRO   DEL   '500 


Oltre  a  questi  autori,  presso  a  poco  contemporanei  del 
Bonincontro,  ai  quali  accenna  il  Mongitore,  altri  si  occu- 
parono di  lui,  come  risulta  dalle  diligenti  ricerche  da  noi 
fatte  in  proposito. 

Nelle  «  Rime  degli  Accademici  Accesi  di  Palermo  »  (1) 
ci  è  conservato  un  sonetto  di  Leonardo  Orlandini  diretto 
a  «  Mariano  Bonoscontro  »  ,  ma  di  questi  non  e'  è  che  il 
nome  e  null'altro  che  lo  riguardi. 

Filippo  Paruta,  che  primeggiò  fra  i  poeti  siciliani  dello 
scorcio  del  '5()0  e  del  principio  del  '600 ,  rivolse  anch'  egli 
al  Bonincontro  il  seguente  sonetto,  conservatoci  manoscritto 
nella  Biblioteca  comunale  di  Palermo  (2). 

A  Mariano  Bonincontro. 

Versi  i  suoi  bei  cristalli  in  vivi  huuiori 
Il  fiume  più  che  mai  limpido  e  chiaro  : 
E  cinto  il  crin  d'inargentati  fiori 
Corra  di  Sorga  e  del  gran  Mincio  a  i)aro. 

La  fronte,  il  collo  s'orni  e  il  sen  s'infiori 
Di  rose  e  gigli  o  d'altro  fior  più  caro; 
E  coronato  d'immortali  allori 
S'erga  più  ch'altri  mai  pregiato  e  raro; 

Poiché  concede  loro  amico  fato 
Poter  la  notte  e  il  giorno  avere  appresso 
Un  pastor  sì  adorno  e  saggio,  {sic) 

Così  dicendo  Aminta  sotto  un  faggio 
L'uno  e  l'altro  gridò  :  Chi  ha  il  bel  permesso 
Lodilo  a  te  di  lui  dir  non  è  dato  (sic) 

Lo  stesso  Paruta  poi,  in  occasione  della  morte  del  Bo- 


(1)  Raccolta  di  G.  B.  Caruso.  In  Palermo  ed  in  Venezia  MDCCXXVI, 
p.  121. 

(2)  Ms.  2  Qq.,  e.  21,  p.  44. 


UN  POÈTA  BIZZARRO  DEL   '500 


Dincontro,  scrisse  un  epigrauima  iu  suo  ouore,  che  trovasi 
manoscritto  fra  gii  «  Elogia  Siculorum  illustrium  suo  tem- 
pore defunctorum  »  (1) 


Dum  joca,  duin  salibus  iristi,  Mariane,  lepores 
Dum  fluit  in  gyrum  sive  soluta  eharis, 
Ibit  honos  per  saecla  tuus  :  te  mentis  acumen, 
Te  fert,  sublimi  vertice,  dexteritas. 

Altro  accenno  al  Bon incontro  si  ha  nel  «  Palermo  risto- 
rato »  di  Vincenzo  di  Giovanni  (1)  in  due  luoghi. 

In  uno  si  dice  :  (p.  381)  e  nota  3)  «  Mariano  Bonincontro 
fu  buon  dottore,  fece  gran  denaro,  fu  faceto  e  poeta  sotti- 
lissimo ». 

In  altro  luogo  :  (p.  409)  Mariano  Bonincontro  fu  dottore 
e  poeta  di  argutissimo  ed  eleganti  pensieri.  Compose  bel- 
lissime canzoni  in  lingua  siciliana  e  molte  composizioni  in 
capitoli  e  e  sonetti  gracili  (graziosi  ?)  e  gravi.  Fu  uomo  as 
sai  arguto  e  faceto,  le  cui  opere  per  meraviglia  si  leggono, 
intantochè  Gerardo  Ointio,  uomo  iu  Italia  di  somma  dot- 
trina per  le  sue  opere  lo  loda  e  lo  celebra  eccelsamente  ». 

Finalmente,  a  chiudere  la  serie  di  notizie  riguardanti  il 
Bonincontro,  ecco  quando  ne  dice  il  Galea  ni  nelle  «  Muse 
Siciliane»  prima  di  riportare  le  poesie  di  lui  (Parte  I.  p.  195) 
«Non  è  poco  per  nobiltà  riguardevole  la  famiglia  dei  Bo- 
uincoutri  di  cui  fu  rampollo  il  nostro  Mariano,  il  quale  e- 
sercitò  con  somma  lode  la  professione  delle  leggi.  Ebbe 
genio  i)articolare  al  ridicolo,  [)erciò  pochissime  Canzoni  com- 
pose di  stile  serio.  In  ogni  modo  scorgendosi  in  esse  la  vi- 
vavjMjità  dell'ingegno  del  loro  autore  non  ho  voluto  di  sì 
preziosa  lettera  impoverire  i  lettori  ». 


(1)  Bibil.  Coni,  di  Palermo,  Mh.  2  Qq.  e.  21,  p.  93,  n.  XII.  Fu  publi- 
cato  iMjr  Itt  priiim  volUi  «la  M.u  ViNC.  Di  Giovanni  in;  «  Studii  di  filo- 
logia e  UUeratura  Siciliana.  Palermo,  Vena  188!). 

(2)  Itiblioteea  nlorica  e  letteraria  di  Sirilia ,  pxiblioata  da  G.  Di  Marzo, 
Serie  II,    Volume  I.   Palermo,  Pedone  187U. 


UN  POETA  BIZZARRO   DEL   '500 


*  * 


Dai  giudizi  che  i  contemporanei  espressero  sul  Bonin- 
contro,  si  ricava  che  egli  al  suo  tempo  fu  tenuto  in  gran 
conto,  specialmente  per  l'ingegno  b^'illante  ed  acuto,  non- 
ché pel  suo  carattere  allegro  e  spensierato.  Però  per  dare 
di  lui  un  giudizio  esatto ,  occorrerà  mettere  in  raffronto 
queste  notizie  con  altre  che  possano  dare  luce  alla  biogra- 
fia del  poeta  ed  al  suo  valore  essenziale,  e  per  questo  ri- 
guardo sarà  utilissimo  fare  una  breve  disamina  di  ([uella 
parte  delle  sue  opere  che  è  giunta  tino  a  noi. 

§   2. —  SCRITTI    DRIi   BONINCOXTKO. 

• 

Secondo  l'atte rm azione  di  alcuni  fra  gli  scrittori  che  si 
occuparono  del  Bon incontro,  ((ualche  poesia  di  questi  fu 
pubblicata  nella  :  «  liaccolta  di  rime  di  diversi  belli  spiriti 
della  città  di  Palermo  in  morte  di  Laura  Serra  e  Frias».  (1) 
e  non  è  diiiìeile  che  (pialche  altra  se  ne  trovasse  anche 
nelle  «  llime  di  varii  in  onore  di  Francesco  Potenzano  con 
le  sue  risposte  »  (2);  però  le  due  opere  sono  irreperibili. 
Ad  ogni  modo  non  si  conosce  alcuna  poesia  edita  del  Bo- 
nincontro  prima  del  sec.  XVII,  in  quantochè  nelle  «  Rime 
della  Accademia  degli  Accesi  di  Palermo  »  stami)ata  in  Pa- 
lermo i)er  Giovan  Mattheo  Mayda  nel  1571,  non  è  compreso 
alcun  componimento  del  nostro  i)oeta,  sebbene  fosse  uno 
degli  accademici. 

La  raccolta  dove  per  la  prima  volta  vediamo  apparire 
poesie  del  Bon  incontro  è  (jnella  intitolata  :  «  Le  Muse  si- 
ciliane o  Scelta  di  tutte  le  Canzoni  della  Sicilia  raccolte 
da  Pier  Giuseppe  San  clemente  ». 


(1)  Palermo  1572. 

(2)  Napoli  1582. 


10  TJN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

Questa  Eaccolta  è  divisa  in  quattro  parti  di  cui  le  due 
prime  comprendono  poesie  amorose  e  laudative,  la  terza 
poesie  burlesche,  la  quarta  poesie  sacre. 

Le  poesie  del  Bonincontro  si  trovano  nella  prima  e  nella 
t^rza  parte  : 

Xella  prima  parte  (1)  abbiamo  :  8  ottave  siciliane  del 
Bonincontro  precedute  dai  cenni  biografici  su  riferiti  e 
nella  3"  parte  (2)  in  due  luoghi  diversi  21  ottava  d'indole 
burlesca  con  i  titoli  relativi. 

Tra  le  «  Rime  degli  Accademici  Accesi  di  Palermo  (3) 
si  trovano  20  ottave  del  Bonincontro  già  j^ubblicate  nelle 
«  Muse  Siciliane  »  meno  la  penultima  che  è  inedita.  Vi  è 
poi  l'ottava  : 

La  burla  è  burla  e  pr'un  pocu  s'agghiutti  etc. 

messa  tra  quella  di  vari  ed  incerti  autori,  e  l'ottava  : 

L'abbati  Calvu  quannu  lu  uiaruso  etc. 

messa  tra  quelle  di  Carlo  Ficalora,  mentre  nei  manoscritti 
sono  attribuite  al  Bonincontro. 

*  * 

Se  pochi  sono  i  versi  editi  del  Bonincontro,  sono  molti 
però  quelli  manoscritti,  i  quali  insieme  ad  alcune  lettere 
ci  danno  un  pò  di  luce  sulla  vita  di  lui  e  sul  valore  delle 
sue  opere. 

I  manoscritti  che  contengono  le  opere  del  Bonincontro 
sono  i  seguenti  : 

1.  Cod.  ms.  II  D  4  della  Biblioteca  Nazionale  di  Palermo. 
Miscellaneo  del  sec.  XVIII  in  8.  senza  nomi  d'autore  con 
lettere  o  segni  convenzionali  in  margine,  dai  quali  nulla  si 
può  capire. 


(1)  Edizione  1662,  pp.  192-198. 

(2)  Edizione  1651,  pp.  266  186,  pp.  266-270,  nuinori  32-40. 
(8)  RuccoUa  di  0.  H.  Cakuso.  Palermo  1726. 


UN   tOETA  BIZZARRO   DEL   '500  11 

Confuse  con  poesie  del  Veneziano,  del  Paruta,  del  Giuf- 
fredi  e  di  altri,  se  ne  trovano  anche  alcune  del  Bonincontro. 

2.  Cod.  ms.  2  Qq.  b.  23  della  Biblioteca  Comunale  di 
Palermo  in  8.  grande  del  sec.  XYII,  miscellaneo,  col  titolo: 
«  Canzuni  siciliani  di  li  poeti  chiù  celebri  ». 

Contiene  poesie  siciliane  del  Veneziano ,  del  Giutt'redi, 
del  Paruta,  del  Potenzano  ed  ai  ff.  08-70,  10  ottave  siciliane 
di  «  Mariano  Bonincontru  »  (5  inedite). 

3.  Cod.  nis.  2  Qq.  d.  75  miscellaneo  della  fine  del  seco- 
lo XVII  in  8.  Contiene  poesie  di  vari  dei  secoli  XVI  e  XVII 
tra  i  quali  :  La  Donzella,  Bau,  Potenzano,  Galeano  etc. 

Dal  f.  545  al  551  vi  sono  24  ottase  siciliane  di  «  Ma- 
riano Bonascontro  »  (17  inedite). 

4.  Cod.  ms.  2  Qq.  a.  30  in  32.  miscellaneo  della  fine  del 
sec.  XVII.  Da  p.  441  a  p.  443  si  trovano  3  ott-ave  siciliane 
di  «  Mariano  Bonincontro  »  (2  inedite). 

5.  Cod.  ms.  2  Qq.  e.  34  in  8.  miscellaneo  della  fine  del 
sec.  XVI,  col  titolo  :  «  Canzoni  et  altre  opere  siciliane  di 
Ant.  Veneziano  e  d'altri  Autori  raccolti  per  (lerolamo  Bo- 
naccolti  gentilhuomo  Palermitano  ». 

Tra  i  nomi  degli  Autori  figurano  quelli  del  Paruta,  del 
Sirillo ,  del  Giuffredi ,  del  Ficalora ,  del  Bonincontro  e  di 
altri. 

Al  principio  della  raccolta  vi  è  una  «  Lettera  di  Ger. 
Bonaccolti  alli  signori  curiosi  »  con  la  data  3  dicembre, 
4.  indizione  1581,  e  da  questa  si  trae  con  sicurezza  l'epoca 
in  cui  fu  scritto  il  codice,  per  la  parte  che  riguarda  la  Rac- 
colta, la  quale  ne  occupa  i  due  terzi. 

Le  pagine  mancano  di  numerazione;  a  p.  14-16  vi  è  una 
«  Barcelletta  del  Bonascontro  ad  Antonino  di  Monteleone  » 
di  29  sestine  con  ritornello. 

Dopo  qualche  pagina  seguono  tre  lettere  del  Bonincon- 
tro dirette  :  La  prima ,  all'  illustrissimo  Rev.  Mons.  oss.mo 
vescovo  di  Cefalù  di  famiglia  Faragone  »  :  «  Di  Palermo  a 
primo  di  gennaio  1568  »;  la  seconda  a  D.  Cesare  Lanza  con 
la  data  :  «  Palermo  a  X  di  dicembre    1571  »  ;   la  terza  allo 


12  UN  POETA   BIZZARRO   DEL  '500 

stesso  «  D.  Cesare  Lanza  Conte  di  Mnssomeli  con  la  data  : 
«In  Palermo  il  dì  8  di  agosto  1575».  La  tirnia  nelle  tre 
lettere  è  «  Mariano  Boiiascontro  » . 

Nel  codice,  frammiste  ad  alcune  di  altri  autori,  seguono 
poi  65  ottave  del  Boninoontro  la  più  parte  inedite  e  non 
esistenti  in  altri  codici. 

In  sostanza  tra  i  codici  contenenti  opere  del  Bonincon- 
tro  questo  è  il  più  antico  e  contiene  maggior  numero  di 
])oesie. 

6.  Cod.  ms.  Qq.  e.  15  miscellaneo  in  8.  col  titolo  «  Fa- 
scio delle  cose  <li  Palermo  Eaccolte  da  ,'ilcuni  autori  con 
altri  oi)uscoli  del  Dott.  Don  Vincenzo  Auria  Palermitano, 
tomo  secondo  ex  dono  eiusdem  D.  Vincenzi  Auriae,  D.  An- 
tonii  (sic)  Mongitore  ». 

Le  scritture  contenute  nel  Codice  sono  in  parte  del  se- 
colo XVI  e  in  parte  del  sec.  XVII. 

Sono  notevoli  in  esso  specialmente  una  Orazione  di  Bar- 
tolo Sirillo  recitata  a  i)  di  settembre  1593  e  una  Lettera 
scritta  da  Pfiolo  Caggio  all'ill.mo  signor  Vincenzo  del  Bosco 
del  13  settembre  1554,  per  esortarlo  a  far  risorgere  l'Acca- 
demia dei  Solitari. 

A  pp.  223-252  si  trovano  tre  lettere  di  Mariano  Bonin- 
contro  in  quinternetti  staccati,  le  quali  sembrano  copie  di 
«pielle  del  cod.  2  Q(i.  e.  34,  le  due  prime  di  carattere  del- 
l'A  uria,  la  terza  del  Mongitore. 

7.  Cod.  ms.  2  Qq.  e.  18  miscellaneo  in  8.  Contiene  nia- 
noscritii  e  stampe  di  qualità  diverse,  di  epoca  variabile  tra 
il  sec.  XVI  ed  il  sec.  XVll. 

A  pp.  128-143  vi  è  un  quaternione  dove  sono  trascritte: 
«  Canzoni  siciliani  di  Mariauu  Bonincontru  supra  varii  sug- 
getti  »  cioè  10  ottave;  poi  altre  12  ottave  col  titolo  :  «  Veo- 
cliiu  innamuratu  di  lu  stissn  M.  B.  »,  e  infine  una  :  «  Bar- 
zelletta <ti  Mariano  Iionasc<»ntro  contro  Antonino  Monti- 
li uni  Culubrisi  ». 

Pare  che  le  poesie  di  (piesto  quat<ernione  siano  state 
tratte  da  una  sk  >s.i  fonte  che  servì  anche  al  Cod.  2  Qq. 
e.  24. 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500  13 


A  pp.  144-159  si  trova  un  altro  quaternione  di  formato 
piò  piccolo  del  precedente  die  contiene  :  a)  «  Pastorale  di 
Mariano  Bonincontro  (Palermitano)  reprobando  la  conver- 
satione  delle  città  »  la  quale  risulta  di  10  ottave  in  lingua 
italiana  ;  h)  2  ottave  in  lingua  italiana  intitolate  :  «  Di  Ma- 
riano Bonincontro  sopra  un  pastizzone  di  Daino  nelle  nozze 
del  signor  Marchese  di  leraci  »;  e)  2  ottave  «  al  signor  Ot- 
tavio lo  Bosco  »  e  5  alla  signora  «  Aldoanza  Liarcà  per 
parte  del  signor  Giovanili  di  Letto  »  ;  tutte  esistenti  nel 
Ood.  2.  Qq.  e  34,  eccetto  le  tre  ultime,  e  scritte  in  dialetto 
siciliano;  d)  un  sonetto  siciliano  del  Bonincontio  «al  sig.  Duca 
di  Terranova  per  la  morti  di  lu  8.   Ferranti  so'  flggliiu  ». 

A  pp.  lGO-171  vi  è  un  ternione  più  piccolo  contenente: 
«  Apothemi  del  Dottor  di  legge  Mariano  Bonincontro  »  , 
cioè  18  ottave  siciliane,  corrispondenti  quasi  tutte  ed  altre 
dei  Oodd.  2  Qq.  d.  75  e  2  Qq.  e.  34. 

Finalmente  in  un  manoscritto  seguente  di  9  fogli  con 
X)agine  bianche,  in  (piella  che  porta  il  numero  174  si  trova 
il  titolo  : 

«  Opere  del  Dottor  Mariano  Bonincontro  (Palermitano) 
cioè  Capitoli,  Sonetti,  Stanze  in  lingua  italiana  e  Canzoni 
siciliane  e  Lettere  ». 

Viceversa  il  manoscritto  contiene  solo  il  Capitolo  in  lode 
della  Torta  che  comincia  a  pag.  17G  col  titolo  :  «  Di  Mariano 
Bonoscontro (Palermitano)  detto  ilSevero  Accademico  gioioso 
capitolo  in  lode  della  Torta  al  Molto  sp.  signor  Gerardo 
Spada  gentil' il  uomo  lucchese  iu  resj)osta  d'un  altro.  (1) 


(1)  Nel  1.  volume  delle  Rime  degli  Accesi  (1571)  l'Alfano  (p.  6)  e  il 
GiulfrtHli  (p.  47)  rivolgono  due  sonetti  a  Gerardo  Spada  governatore  di 
Monreale,  membro  dtjgli  Accesi.  Di  questo  vi  e  la  rispost^i  al  Giuffredi, 
e  senza  dubbio  è  lo  stosso  al  qnale  il  Bonincontro  rivolge  il  suo  Capitolo. 

Verso  il  1570  intanto  esisteva  a  Messina  fra  le  altre,  una  casa  per  la 
esportazione  delle  sete  intitolata  a  Gherardo  o  Girardo  Spada  ed  a  Mar- 
tin del  Nobile.  Cfr.  Arenaprimo  G. — Il  i-itoruo  e  la  dimora  a  Messina  di 
Don  Giovaimi  d'Austria  e  della  fiotta  cristiana  dopo  la  battaglia  di  Le- 
panto in  Ardi.  stor.  sic.  N.  S.  Anno  XXVIII  fase,  l»  e  2"  p.  8o.  Però 
lo  Spada  di  Messina  doveva  essere  un  altro. 


14  UN  POETA  BIZZARRO  DEL  '600 

Questo  Capitolo  d' indole  bernesca  consta  di  571  versi  ed 
ha  grande  importanza  per  la  biografìa  del  poeta. 

8.  Cod.  ms.  88  della  Biblioteca  universitaria  di  Catania, 
miscellaneo  del  sec.  XVI  o  XVII. 

Tra  le  altre  cose  contiene  due  lettere  del  Bon incontro; 
la  prima  è  diretta  al  Vescovo  di  Cefalù  in  data  del  1.  gen- 
naro  15G8  e  la  seconda  al  Conte  di  Mussumeli  in  data  del 
19  Agosto  1575.  L'uua  e  l'altra  corrispondono  a  quelle  di 
pari  data  che  ci  sono  negli  altri  codici. 

* 

Negli  otto  Codici  passati  in  rassegna,  come  si  vede,  vi 
è  sì  una  certa  messe  di  opere  del  Bonincontro,  ma  non  l'in- 
sieme di  tutte;  uè  alcun  manoscritto  autografo,  ne  alcuna 
raccolta  completa. 

Ad  ogni  modo  appare  che  tutta  l'attività  del  poeta  si 
volse  al  verseggiare  in  siciliano  nella  forma  allora  in  uso, 
cioè  la  ottava,  e  dai  suoi  componimenti  in  generale  si  pos- 
sono trarre  notizie  della  sua  vita  (5  delle  qualità  del  suo 
ingegno. 

Volendo  poi  riassumere  il  numero  e  la  qualità  delle 
poesie  scritte  da  lui,  possiamo  presentare  un  quadro  sinot- 
tico di  esse. 

Opere  di  Mariano  Bonincontro 

Ottave  siciliane  diverse  109  —  Ottave  italiane  2 
Sonetto  siciliano  1  —  Sonetti  italiani  2 

Barzelletta  1  —  Capitolo  l 

Pastorale  1  —  Lettere  3 


^  3.  —  Cenni  biogbafigi. 

Quanto  è  ditHcile  il  i>recÌRare  l'attività  letteraria  del 
Bonincontro  nelle  varie  sue  manifest^izioni  e  nei  diversi 
momenti  d(»llji  sua  vita,  così  lo  è  il  pi'(>('isaro  lo   note   co- 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL  '500  15 


stituitive  della  sua  biografia.  Ad  ogni  modo  le  sparse  no- 
tizie biografiche  e  gli  scritti  che  del  Boniucontro  ci  riman- 
gono, messi  in  corrispondenza,  ci  daranno  le  note  salienti 
della  sua  vita  e  della  sua  attività  intellettuale. 

Il  cognome  del  poeta  ci  è  dato  nelle  stampe  e  nei  Co- 
dici in  varie  forine. 

Egli  è  detto  Bonascontro  nella  maggior  parte  dei  Co- 
dici, cioè  in  2  Qq.  b.  23  2  Qq.  d.  75,  2  Q(i.  e.  34.  2  Qq.  e. 
18,  e  nel  «Palermo  trionfante»  del  Di  Giovanni. 

«  Bonoscontro  è  detto  nel  Sonetto  direttogli  dall'Orlan- 
dino, nelle  «  Rime  degli  Accesi  »  ed  a  pag.  225  del  Cod.  2 
Qq.  e.  15. 

Buonincontro  lo  chiamano  il  Giraldi,  il  Mazzucchelli,  il 
Crescimbeni,  e  la  fonte  di  questa  dizione  e  natumlmente  il 
Giraldi. 

Finalmente  la  forma  Bonincontro  da  noi  fin  qui  adot- 
tata si  riscontra  nei  Codd.  2  Qq.  a  30,  2  Qq.  e.  18,  2  Qq. 
e.  15,  negli  <  Atti  bandi  e  proNviste  del  Senato  palermi- 
tano »,  (1)  nel  Diploma  dottorale,  nel  «Palermo  ristorato» 
del  Di  Giovanni,  nella  «  Bibliotheca  sicula  »  del  Mongitore, 
ne  «  Le  Muse  Siciliane  »,  nelle  «  Rime  degli  Accesi  »,  nel- 
l'Epigramma e  nel  Sonetto  direttigli  dal  Paruta,  (2)  e  nel 
«  Brieve  discorso  del  Castagno  di  Mongibello  e  delle  lodi 
della  Sicilia  »  dell'Orlandini. 

Il  numero  e  la  qualità  delle  testimonianze,  tra  cui  ta- 
luna di  carattere  utìiciale,  inducono  ad  accettare  il  cogno- 
me Bonincontro  che  si  prestò  a  diverse  variazioni,  cioè  in 
Ferrara  potè  divenire  Buonincontro,  in  Sicilia  Bonoscontro 
e  Bonascontro. 


* 
*  * 


L'accertamento  del  cognome  del  poeta ,  tanto  più  con- 
validato dalla  esistenza  di  famiglie  che  in  Sicilia  e  nel  Con- 


(1)  Alino  1561  Indizioue  V. 

(2)  BiU.  Com.  di  Palermo  cod.  ms.  2  Qq.  e.  21  f.  43. 


16  UN   POETA   BIZZARRO   DEL    '500 

tÌDente  italiano  lo  portavano  e  lo  portano  nella  forma  da 
noi  accettata,  non  presenta  dunque  dubbio  o  diitìcoltà;  non 
è  così  però  riguardo  ai  termini  di  tempo  entro  cui  si  svolse 
la  vita  del  nostro  poeta. 

Gli  scarsi  registri  di  nascita  del  sec.  XVI  che  si  trovano 
negli  Archivii  parrocchiali  di  Palermo,  anzi  in  taluno  di  essi, 
non  ci  danno  la  data  di  nascita  del  Bonincoutro,  quindi 
questa  non  può  stabilirsi  che  su  calcoli,  in  modo  approssi- 
mativo. 

Questa  deplorevole  mancanza  di  notizie  sul  conto  dei 
Siciliani,  deve  attribuirsi  certamente  alla  incuria  di  coloro 
che  furono  preposti  nei  tempi  andati  alla  conservazione  dei 
documenti  che  potessero  illustrare  la  vita  del  popolo  sici- 
liano nella  vicenda  dei  tempi. 

Qualche  luce  sulla  data  di  nascita  del  Bonincoutro  può 
darcela  la  sua  laurea  dottorale,  la  cui  pubblicazione  si  deve 
alla  diligenza  del  Pardi  (1). 

A  pp.  144-145  della  sua  opera  si  legge  che  Mariano  Bo- 
nincoutro fu  laureato  «  in  ius  canonicum  et  civile  »  il  27 
Luglio  1547. 

Dal  Capitolo  in  lode  della  Torta  però,  si  rileva  che  egli 
prima  di  recarsi  a  Ferrara  visse  a  Genova,  ed  era  allora 
sui  (|uindici  anni,  vv.  22-23. 

Perch'io  l'ho  tutte  ne  la  mente  fisse. 
Ch'in  Genna  ne  mangiai  trecento  a  un  mese. 
Si  come  già  la  penna  vostra  scrisse. 

Onde  creder  ai  dee,  ch'a  me  palese 
Di  quelle  sia  qualunque  altro  secreto. 
Poscia  che  l'ho  imparato  a  le  mie  spese. 

K  forse  (th'eia  io  in  (jucl  tenq»»  vieto, 
A  ))unto  ò  fu  nel  qiiindicesim'anno 
Nel  fior  della  mia  etA  |)in  venie  e  lieio, 

(^uan<1o  senza  fatica  e  senza  affanno 
8'impriinon  le  virtù  nei  nostri  petti, 
Dove  si  come  in  marmo  oternt^  staiuio. 


(1)  Titoli  (lotlorali  couforiti  ilullo  Stiulio  di     Ffrriuii   noi   8<><'.   XV    o 
XVI  Luccu  1901. 


UN   POETA   BIZZARRO   DEL   '500  17 

E  più  oltre:  vv.  400-474. 

E  voi,  Spada  gentil,  che  posto  havete 
Me  sopra  il  ciel,  come  lo  Scali  il  Berna, 
Più  di  lui  degno  di  corona  siete, 

Come  io  8on  degno  di  memoria  eterna 
Piti  dello  Scali,  che  del  fe^tto  mio 
Feci  in  Genua  stupire  ogni  taverna. 

Anzi  adorato  come  un  Semidio 
Era  da  tutti,  e  mi  tenner  da  tanto 
Ohe  di  farmi  lor  duce  hebber  desio. 

Ma  io,  ch'all'hora  non  conobbi  quanto 
M'offerivano  i  Cieli,  rifiutai 
La  bella  ocasione  del  ducal  manto, 

E  la  superba  Genua  lasciai, 
E  a  gustar  altre  biete,  altre  ricotte, 
Ratto  alla  volta  di  Ferrara  andai. 

*  * 

Altri  indizii  sulla  data  di  nascita  del  Bonincontro  si 
possono  trarre  dalla  lettera  di  questi  all'Ili. mo  Sig.  Don 
Cesare  Lanza  conte  di  Mussouieli,  la  quale  porta  la  data 
8  agosto  1575.  Verso  la  fine  di  essa  dice  :  «  Io  non  sto 
troppo  bene,  e  quantunque  mi  sia  alquanto  scemato  il  do- 
lor della  podagra  nondimeno  una  febre  lenta  e  tacita  non 
mi  lascia,  e  s'io  non  morrò  prima  d'otto  giorni,  mi  voglio 
purgare  un'altra  volta  ». 

Poco  prima  nella  stessa  lettera  aveva  detto  :  « per- 

lochè  non  occorre  ch'io  ne  vada  ora  imbrattando  questo 
foglio  con  la  tremante  mano » 

Da  queste  espressioni  si  rileva  chiaramente  che  nel  1575 
il  Bonincontro  era  già  vecchio,  forse  non  molto,  ma  per  lo 
meno  sulla  cinquantina,  dal  momento  che  la  sua  mano  già 
era  tremante,  e  la  podagra  lo  tormentava. 

La  data  della  sua  nascita  dunque  va  posta  probabil- 
mente verso  1520,  la  sua  permanenza  a  Genova  dovette  co- 
minciare verso  1535,  quella  a  Ferrara  qualche  anno  dopo. 
Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  2 


18  UN   POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

A  quest'epoca  appiiuto  era  Duca  di  Ferrara  Ercole  li  di 
Este,  sposo  di  quella  Eenata  di  Francia  che  seguì  le  idee 
di  Calvino,  l'ospitò  in  Ferrara  nel  1535,  e  fu  quindi  in 
lungo  dissidio  col  marito  (1). 

Non  sappiamo  se  la  prigionia  subita  dal  Bonincontro 
nelle  Carceri  della  Inquisizione  a  Palermo  avesse  relazione 
con  un  possibile  aderire  di  lui  alle  idee  calviniste,  date  le 
circostanze  di  ambiente  in  cui  per  qualche  tempo  egli  si 
trovò. 

É  certo  però  che  Ferrara  fu  uno  dei  centri  italiani,  anzi 
quello,  dove  la  riforma  fece  maggiore  progresso,  special- 
mente in  mezzo  ai  letterati  ed  alle  persone  della  corte  di 
Renata. 

Sulla  permanenza  del  Bonincontro  a  Ferrara ,  oltre  ai 
fuggevoli  accenni  che  si  trovano  nel  Capitolo  in  lode  della 
Torta,,  altri  più  precisi  se  ne  trovano  nella  lettera  dello 
stesso  Bonincontro  a  M.r  Antonio  Faraone  Vescovo  di  Oe- 
falìi,  scritta  il  1.  gennaio  1568  in  Palermo. 

Il  nostro  poeta  enumerando  al  Vescovo  le  sue  molteplici 
attitudini,  dice  fra  le  altre  cose  :  «  Et  in  primis  nonne  ego 
essem  tibi  bonus  in  secretis  ?  havendo  io  servito  in  cotale 
ufficio  ai  Duchi  di  Ferrarla » 

Anche  il  Mongitore  dice  che  il  Bonincontro  fu  tra  i 
Segretari  del  duca  di  Ferrara,  ma  forse  attinse  la  notizia 
dalla  lettera  stessa  da  noi  citata. 

Però  le  ricerche  fatte  eseguire  nell'Archivio  Estense  di 
Modena  e  nelle  Carte  Estensi  della  Biblioteca  comunale  di 
Ferrara  (2),  nonché  le  pubblicazioni  de  Solerti,  del  Luzio, 
del  Renier  e  di  altri,  non  danno  il  nome  del  Bonincontro 
tra  i  Segretari  di  Casa  d'Este. 


(1)  Cfr.  Fontaim-Renafa  di  F'rancia-Roina-Foizani  18H9-5)3,  voi.  I,  p. 
125.  V.  puro  I.  BoniKft  in  Revue  Chretiennc  ISTf). 

(2)  Kciiitd  vivo  (niizi*'  1»!  ('av.  M.  C.  Caputo  della  KslcnBe  di  Modeua 
o  MiH>cinIni»ntc  al  CliiarÌKHÌmo  Si^.  G.  A;jnolli  Hildiotecario  della  Coinu- 
ual«  di  Forrara  por  l'iuU'roKHo  proKo  allo  mio  ricorrilo. 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500  19 


Riportata  la  laurea  dottorale,  il  Bonincontro  non  do- 
vette fermarsi  a  lungo  a  Ferrara,  giacché  il  Giraldi,  che 
scriveva  il  suo  discorso  nel  1541),  parla  di  lui  come  se  già 
fosse  assente  di  qualche  tempo. 

Forse  da  Ferrara  il  Bonincontro  tornò  a  Palermo  ad 
esercitarvi  la  professione  di  avvocato  come  altri  del  suo 
stesso  cognome  facevano  con  qualche  onore. 

Infatti  dagli  «  Atti  bandi  (^  provviste  del  Senato  paler- 
mitano »  risulta  che  un  Blasi  Bonincontro  fu  incaricato  nel 
1543  di  riformare  le  Pandette  insieme  ad  altri. 

Questo  Blasi  Bonincontro  fu  padre  di  Giovau  Guglielmo 
che  si  laureò  in  Ferrara  nel  1545  in  «  ius  canomicum  et  ci- 
vile »  (9  Luglio)  e  del  quale  si  conserva  una  breve  scrittura 
giuridica  iu  un  manoscritto  della  Comunale  di  Palermo  (1) 

Altri  Bonincontro  si  distinsero,  e  tra  questi  meritano 
menzione:  Giuseppe,  che  nel  1544  ebbe  il  privilegio  di 
Maestro  N^otaro  dei  Giurati  e  nel  15tìO  fu  nominato  «  ad 
vocatus  urbis  »;  Vincenzo  che  fu  Vescovo  di  Girgenti  nel 
1007,  autore  dell'opera  «  Constitutiones  diocesanae  et  8y- 
nodi  »;  Mariano  nell'Ordine  dei  Cappuccini  autore  di  opere 
ascetiche  che  visse  nel  sec.  XVII  e  fu  forse  nipote  del  no- 
stro ])oeta;  Giacomo  autore  di  un  Sermone  per  le  esequie 
di  Filippo  III  recitato  nell'Oratorio  dei  Bianchi  a  Palermo 
il  18  agosto  1621,  ed  altri  ancora. 

Anche  sul  Boninccmtro  del  quale  ci  occupiamo  vi  è  una 
notizia  negli  «  Atti,  bandi  e  provviste  del  Senato  palermi- 
tano». 


(1)  Qq.  F.  55,  f.  155.  Su  questa  famiglia  ho  raccolto  alcuni  dati  nel- 
l'Archivio parrocchiale  di  S.  Antonio  e  risulta  che  Blasi  morì  nel  1599 
e  che  nna  figlia,  Dorotea,  gli  nacque  nel  1537. 

Un  suo  figliuolo,  Vincenzo,  andò  sposo  nel  1537  e  ne  ebbe  nel  1599 
un  figlio  di  nome  Blasi  come  il  nonno.  ' 


20  UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

«  Die  primo  marcii  Y  inditionis  1561  ofììtiales  infrascripti 
ceperinit  possessi  oiiem  eornm  officiorum,  et  per  merises  sex 
exercuerunt  officium  preteriti  anni  lY  inditionis  Praetor 
Sp.  I).  Ottavio  del  Bosco  baro  brucati.  lurati  :  Antoninus 
de  Castrono,  Milius  de  Imperatore  (cassaro),  Bartholomaens 
de  Marchisio  (Albergaria),  Joseph  Eosiguano  (Oivalcari)  A- 
loysins  Eiggio  (Xhalcia),  Autonius  Yentimiliis  (conciaria). 

Indices  cnriae  praeturae  :  Marianus  Bonoincontro ,  Mo- 
destus  Gambacurta.  Capitanens  urbis  : 

Anno  vr  inditionis  1562  Capitanens  et  lusticiarius  ]S"ico- 
laus  de  Monte  Aperto  baro  Rafadalis.  Praetor  et  lurati 
non  fuerunt  mutati,  stante  que  don  Fabio  de  Bononia  non 
potuit  coucurrere  ut  patet  in  primo  folio». 

* 
*  * 

Da  questo  documento  appare  provato  che  il  Bonincontro 
era  con  sicurezza  a  Palermo  nel  1561,  ma  per  essere  eletto 
ad  una  carica  pubblica  doveva  aver  meritato  notorietà  e  tì- 
ducia  con  una  permanenza  piuttosto  lunga. 

Intanto  dal  Capitolo  del  Bonincontro  in  lode  della  Torta, 
appare  in  modo  irrefutabile  che  egli  fu  perseguitato  dalla 
Inquisizione,  e  sarebbe  importante  accertare  se  ciò  avvenne 
poco  o  molto  tempo  dopo  il  suo  arrivo  a  Palermo. 

Tutto  induce  a  credere  che  l' imprigionamento  del  Bo- 
nincontro avvenisse  poco  dopo  il  suo  arrivo  a  Palermo. 

Infatti  una  persona  proveniente  da  una  città  infetta  di 
Calvinismo,  da  una  Corte  dove  era  grave  scandalo  religioso, 
non  poteva  restare  indisturbata  a  Palermo  dove  un  Bezerra 
era  zelantissimo  Inquisitore  (1). 

Oltre  a  ciò  il  «  Capitolo  di  lode  della  Tortii  »  evoca  me- 


(1)  Il  H«'zerra  Ahiito  tlolla  Magione  fu  sospeso  dalla  nirioa  dopo  una 
relaziono  uvvortui  del  ttucro  viuitjiiorc  Giovanni  Cinttiglia  nel  ir>72.  Cl'r. 
La  Manti 4,  Origini  e  vicende  delV  Inqnmzione  in  Siciìia ,  Torino,  Boc- 
Cftl886. 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL  '500  21 

morie  che  non  dovevano  esrere  molto  lontane  dalla  mente 
del  poeta ,  ed  è  risposta  di  un  altro  Capitolo  di  Gerardo 
Spada  gentiluomo  lucchese  nel  quale  veniva  lodato  il  Bo- 
nincontro  per  la  sua  voracità. 

8ul  proposito  delle  persecuzioni  subite  dal  Bonincontro 
da  parte  dell'Inquisizione,  non  è  inutile  riportare  alcuni  ac- 
cenni che  dà  il  Di  Giovanni  nel  «  Palermo  ristorato  »  sul 
conto  di  Giovan  Guglielmo  Bonincontro. 

A  pag.  389  troviamo  questa  notizia  : 

«  Giovan  Guglielmo  Bonincontro  fu  gran  dottore  e  fu 
prosecuto  per  il  Santo  Ufficio  ». 

Ed  a  p.  93  dopo  accenno  al  villaggio  Serro  di  Malopera 
(moderno  S.  Lorenzo)  si  trova  : 

«  Quivi  il  dottor  G.  Guglielmo  Bonincontro  si  fece  un 
luogo  pastorale  con  capanne,  tuguri,  un  boschetto  ed  altri 
luoghi  silvestri. 

Era  di  umor  filosofico,  si  vestiva  da  pastore  e  da  ninfa 
faceva  vestir  sua  moglie,  si  prendeva  diletto  e  sjjasso,  cosa 
non  solamente  di  gusto  a  lui,  ma  di  sommo  piacere  a  chi 
lo  vedea  e  sentiva  ». 

Queste  notizie  sul  Giov.  Guglielmo  Bonincontro  si  adat- 
terebbero tanto  a  Mariano  da  far  supporre  che  il  Di  Gio- 
vanni avesse  preso  equivoco  sul  nome,  il  che,  data  la  dili- 
genza di  questo  autore,  ditlicilmente  potè  avvenire. 

Ad  ogni  modo  rileviamo  che  i  due  dello  stesso  cognome 
studiarono  a  Ferrara,  a  distanza  di  pochi  anni,  riportarono 
colà  la  laurea  dottorale,  dovettero  ritornare  a  Palermo  alla 
stessa  epoca,  furono  ambedue  perseguitati  dalla  Inquisizione. 

Eiguardo  alla  vita  pastorale  che  Gian  Guglielmo  con- 
dusse per  qualche  tempo,  troviamo  anche  una  corrispon- 
denza nella  vita  che  per  un  certo  tempo  condusse  Mariano. 

Infatti  possediamo  una  Pastorale  di  questi  in  lingua  ita- 
liana ,  col  titolo  :  «  Pastorale  di  Mariano  Bonincontro  (Pa- 
lermitano) reprobando  la  conversatione  delle  Città  ». 

In  questa  Pastorale  che  noi  trascriviamo  in  appendice, 
contenuta  nel  cod.  2  Qq.,  e.  18,  si  fa  invito  alle  donne  per- 


22  XiN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

che  tengano  compagnia  al  poeta  ed  agli  altri  della  comi- 
tiva, nella  vita  boschereccia. 

Date  le  corrispondenze  tra  i  due  Bonincontro ,  per  al- 
cuni casi  della  loro  vita ,  appare  probabile  che  tra  loro  ci 
fossero  anche  relazioni  di  parentela. 

Essi  giunti  a  Palermo  furono  forse  sorvegliati  dai  Messi 
della  Inquisizione,  perchè  provenienti  da  una  città  infetta 
di  calvinismo  e  il  loro  genere  di  vita  potè  fornire  pretesto 
per  l'imprigionamento,  il  quale  poi  non  fu  di  breve  durata, 
come  si  rileva  dalla  seguente  terzina  del  Capitolo  in  lode 
della  Torta  di  Mariano  Bonincontro  : 

Son  cinque  mesi  già,  ch'io  sto  sotterra 
Sepolto  vivo,  e  tempo  fora  hormai 
Di  metter  qualche  pace  a  tanta  guerra. 

Era  allora  inquisitore,  come  abbiamo  detto,  il  Bezerra, 
noto  per  la  severità,  ma  il  Bonincontro  nella  lettera  del 
4  genneio  1567  a  M.  Faraone  mostra  di  essere  in  relazione 
d'amicizia  con  lui  ed  a  proposito  di  30  onze  dovutegli  da 
D.  Carlo  Ventimiglia  dice: 

«  Intanto  che  etiam  atque  etiam  dubito,  ne  te,  Bezerra 
et  me  velit  pascere  verbis.  E  tanto  più  che  ultimamente  i)ar- 
tendosi  di  qua  promisit  duplicù  in  i)arte  a  esso  M.  Bezerra 
che  appulsus  che  fosse  nel  buon  castello ,  illieo  statim  et 
immantinenti  omni  mora  posposita  e  senza  chiederli  altri- 
menti etc.  » 

Poi  soggiunge  : 

«  A  me  duole  grandemente  che  al  ricuvrar  di  sì  poca  som- 
ma io  abbia  mosso  due  cosi  gran  nuichine  come  è  V.  S. 
Bev.ma  ed  il  signor  Inciuisitore,  il  valore  dei  quali  doveva 
io  riserbarmi  quando  per  avventura  fosse  condeunato  alle 
forche  ». 

I  tormenti  inflitti  ai  prigionieri  di  quello  che  ipocrita- 
mente veniva  detto  Santo  Ufficio,  sono  descritti  dal  Bonin- 
contro in  alcuni  versi  efficacissimi  del  suo  Capitolo  dove  si 


UN  fOETA  BIZZARRO   DEL   '500  23 

trova  auche  im  accenno  un  pò  oscuro  all'epoca  del  suo  im- 
prigionamento. 

Egli  (lice  (vv.  34-39  )  che  dava  un  bel  principio  ai  suoi 
concetti  e  che  apriva  allora  le  porte  alla  seconda  Musa, 
quando  fu  imprigionato. 

Quindi  egli  era  giovane  e  la  «  seconda  Musa  »  potrebbe 
essere  la  siciliana,  perchè  aj)pare  ])robabile  che ,  venuto  il 
Bonincontro  in  Sicilia,  smettesse  poco  alla  volta  il  poe- 
tare in  lingua  italiana  e  si  dedicasse  alla  poesia  siciliana. 

Infatti  i  codd.  ci  danno  di  lui  quasi  esclusivamente  poe- 
sie siciliane,  e  noi  crediamo  che  le  poche  italiane  debbano 
attribuirsi  alla  sua  giovinezza;  ma  potrebbe  anche  darsi  che 
con  «  seconda  Musa  »  il  poeta  alludesse  ad  un  altro  genere 
di  poesia  che  egli  si  diede  a  coltivare  dopo  la  lirica  ;  cioè 
la  iiastorale  o  la  bernesca. 

Tutto  sommato  dunque  non  è  im]ìrobabile  che  egli  fosse 
imprigionato  dalla  Inquisizione  non  molto  tempo  do}»)  il 
suo  ritorno  a  Palermo,  cioè  tra  il  1548  ed  il  1558. 

»  * 

Quando  il  Bonincontro  trovavasi  nelle  carceri  delP  In- 
quizioiu?,  pare  che  non  ave*e  ancora  preso  moglie  giacché 
dice:  vv.  304.3GG 

Io  credo  ch'egli  la  sua  moglie  adora 
E  s'io  ne  ritrovassi  un'altra  tale 
Al  corpo  mio  prenderei  moglie  hor  bora 

Invece  nella  lettera  a  M.  Faraone  del  1  gennaro  1568 
afferma  di  essere  sposato  :  «  Quarto  potrei  anco  servir  Vo- 
stra S.  Rev.  per  cappellano,  dir  la  messa,  aiutarla  a  dir  la 
Messa,  aiutarla  a  dir  l'affizio,  et  aliquando  audire  confessio- 
nem  peccatorum  ;  praesui)positis  tamen  terminis  habilibus- 
que  ;  idest  si  uxorem  non  haberem  omnium  infortuniorum 
nieorum  potissimam  cagionem  ». 

Quindi  si  può  affermare  che  il  Bonincontro  prese  moglie 
dopo  la  sua  liberazione  e  prima  del  1568. 


24  UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

A  qiiest'  ultima  epoca  il  poeta  doveva  essere  in  istret- 
tezze  finanziarie,  come  si  deduce  dal  contesto  della  lettera 
citata,  e  nepjìure  in  seguito  dovette  godere  di  una  vera  a- 
giatezza  come  si  deduce  dalla  lettera  del  1575  all'  111.  Sig. 
Don  Cesare  Lanza  conte  di  Mussomeli. 

Fino  a  quest'  epoca  è  certo  cho  il  Bonincontro  viveva, 
ma  gli  accenni  ripetuti  ai  suoi  malanni  mostrano  che  non 
dovette  esserne  molto  lontana  la  morte. 

Se  la  rovina  della  punta  del  molo  a  cui  accenna  il  Bo- 
nincontro in  una  ottava  satirica  all'Abbate  Calvo  è  quella 
avvenuta  il  28  dicembre  1583  riferitaci  dagli  storici  dell'e- 
poca, il  poeta  visse  ancora  parecchi  anni  dopo  il  1575. 

L'epigramma  del  Paruta  in  onore  del  Bonincontro  si  trova 
tra  quello  del  Veneziano  e  quello  del  Giuflredi ,  quindi  è 
facile  che  il  nostro  poeta  morisse  nella  stessa  epoca  cioè 
verso  il  1592  (1). 

Ciò  supporto  è  lecito  mettere  la  vita  del  Bonincontro 
tra  il  1515  ed  il  1592,  ed  è  quindi  errato  l'asserto  del  JVIon- 
gitore  il  quale- dice  di  lui:  «  Clami t  anno  1580»  giacche  a 
tal  epoca,  se  pure  era  vivo,  era  già  vecchio.  Del  resto  man- 
cano ragioni  e  dati  i)recisi  che  ci  autorizzino  ad  affermare 
positivamente  che  il  Bonincontro  vivesse  ])roprio  fino  al  1592. 

^  4.  —  Giudizio  sull'epoca  del  Bonincontro. 

Non  è  certamente  agevole  il  valutare  1'  opera  letteraria 
del  Bonincontro ,  dal  momento  che  non  si  conosce  questa 
completamente,  tanto  più,  se  è  vero  quanco  dice  il  Mongi- 
tore,  cioè,  che  il  Bonincontro  scrivesse  anche  in  latino. 


(1)  Sul  proposito  (Iella  muncnizione  degli  epigraninii  del  Paruta ,  per 
incidente  è  giunto  osservare  die  essa  nel  luauoseritto  autografo  è  doppia, 
in  numeri  romani  ed  in  numeri  arabici ,  ma  i  primi  sono  i  numeri  defi- 
nitivi che  il  Parutii  aveva  scelto ,  come  si  vede  col  raffronto  ,  ma  senza 
curare  la  cronologia. 


UN   POETA  BIZZARRO  DEL   '500  25 

Senza  dubbio  il  soggiorno  di  Ferrara  dovette  essere  di 
gran  giovamento  e  di  sprone  al  nostro  autore,  studente  in 
uno  Studio  tanto  rinomato  da  attirare  oltre  a  molti  siciliani, 
anche  stranieri  dimoranti  molto  lungi. 

Se  molti  erano  i  siciliani  che  studiavano  a  Ferrara,  non 
tutti  però  trovavano  modo  di  eccellere,  o  per  difetto  natu- 
rale d'ingegno,  o  per  manco  di  sorte. 

Però  il  Bonincontro  j>are  che  durante  la  sua  permanenza 
a  Ferrara  si  acquistasse  la  simpatia  e  la  stima  di  tutti,  del 
che  ci  danno  prova  le  parole  di  G.  B.  (liraldi  Cintio  uomo 
in  queir  epoca  autorevolissimo ,  Professore  nello  Studio  di 
Ferrara  e  Secretarlo  degli  Estensi. 

Questa  carica  fu  anche  tenutii  dal  Bonincontro  per  un 
certo  tempo,  ma  sarebbe  difficile  il  precisarne  le  mansioni 
e  la  durata. 

Fu  certamente  in  quell'epoca  di  permanenza  a  Ferrara 
e  durante  la  carica,  che  il  Bonincontro  potè  istruii'si  nella 
conoscenza  di  alcune  lingue,  conoscenza  della  quale  si  vanta 
nella  lettera  a  M.  Faraone  del  1.  genfiaio  1568: 

«  Ego  calleo  iinguam  Latinam,  Germanicam ,  Gallicam, 
Hispanam,  lanuensem,  Venetam  ,  Bergamascam ,  Florenti- 
nam,  Keapolitanam,  Siculam  et  Bergariotam  »  (1). 

* 

Oltre  al  coltivare  gli  studi  di  diritto  ed  i  linguistici,  il 
Bonincontro  coltivò  anche  gli  studi  poetici,  ai  quali  veniva 
tratto  dalle  qualità  del  suo  ingegno. 

In  quel  tempo  a  Ferrara,  come  alrove,  il  petrarchismo 
dominava  senza  contrasti  e  tutti  facevano  a  gara  per  imi- 
tare il  cantore  di  Laura  esagerandone  i  lievi  diffetti  e  ca- 
dendo nel  manierismo  il  più  ridicolo  e  il  più  grottesco. 

Ancora  l'Ariosto  non  si  era  imposto  col  suo  stile  disin- 
volto e  brillante,  ammirevole  per  classiche  bellezze   e   per 


(1)  Bergaiiotani  equivale  a  Palermitana.  Bergaria  o  Bergheria  oggi  Al- 
bergheria era  ed  è  il  rione  caratteristico  di  più  Palermo. 


26  UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

nuovi  ardimenti,  specchio  fedele  dell'animo  di  artista  fine 
ed  arguto  che  l'aveva  concepito. 

I  grossolani  imitatori  del  Petrarca  frattanto  si  esauri- 
vano in  vuote  accadenjie,  in  retoriche  declamazioni,  in  canti 
composti  a  stento  sulla  falsariga  di  quelli  del  loro  maestro, 
imitandone  le  rime,  le  cadenze,  e,  più  specialmente,  i  giri 
di  frasi  misteriose,  Nociate,  e  perfino  oscure,  dei  quali  tal- 
volta si  serviva  il  sommo  poeta,  obbedendo  alle  leggi  este- 
tiche del  suo  t^mpo,  che  volevano  il  simbolismo  e  l'astra- 
zione, piuttosto  che  l'espressi<ìne  spontanea  e  viva  dei  sen- 
timenti. 

Senonchè,  mentre  il  Petrarca,  spinto  dal  suo  ingegno , 
tratto  tratto  sfuggiva  da  quelli  strettoie ,  e  lasciava  sgor- 
gare libera  e  fresca  la  vena  di  poesia  ch'empi  vagli  il  petto, 
i  i>etrarchisti  che  al  cadere  del  XV  e  per  tutto  il  XYI  se- 
colo si  diedero  a  verseggiare  sul  suo  modello ,  si  sforza- 
rono di  sottomettersi,  e  lo  fecero  con  grande  ostentazione, 
a  quella  legge  estetica  che  p'ih  non  era  nel  dominio  del 
tempo. 

Come  il  Giraldi  colle  sue  originali  e  geniali  composizioni 
drammatiche  e  coll'insegnamento  si  ribellò  al  convenziona- 
lismo ed  alla  esagerata  imitazione  classica  nella  poesia  dram- 
matica, così  il  Bonincoutro  tentò  di  mostrare  ai  petrarchi- 
sti del  suo  tempo,  che  avevan  seguita  una  via  falsa  nell'arte 
del  poetare. 

Però  non  permettendogli  le  forze  del  suo  ingegno  di 
farsi  iniziatore  di  una  nuova  maniera  di  poetare  che  me- 
glio della  seguita  servisse  alla  espressione  efficace  dei  più 
teneri  sentimenti  dell'  animo ,  si  volse  piuttosto  a  mettere 
in  ritlicolo  gli  esagerati  imitatori  del  Petrarca,  non  senza 
qualche  effetto. 

Nessuno  meglio  del  (liraldi  poteva  approvare  le  inten- 
zioni del  Bonincoutro  ,  ma  ci  volea  ben  altra  autorità  in 
fatto  di  iK)e8Ìa  per  vincere  quella  forte  corrente  petranchesca 
che  aveva  traHcinato  nel  suo  corso  i  migliori  ingegni  del 
necolo. 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL  '500  ^7 


* 

*  * 


Allontanatosi  poi  il  Bonincontro  da  Ferrara  dove  la  sua 
voce  poteva  avere  una  maggiore  efficacia ,  e  ritornato  in 
patria,  dove  il  petrarchismo  dominava  senza  ostacoli  e  della 
poesia  face  vasi  un  passatempo  oggetto  di  Accademie  e  di 
frivole  conversazioni,  si  volse  ad  altro  genere  di  poesia  che 
forse  giovanetto  aveva  coltivato. 

E  nella  materna  favella  fin  d'allora,  salvo  qualche  rara 
volta,  scrisse  le  sue  poesie,  che,  non  sono  frutto  di  studio 
e  di  lavorìo  intellettuale ,  ma  di  sentimenti  spontanei  e- 
spressi  in  forma  modesta  e  piana. 

Il  suo  umorismo  però  faceva  sempre  capolino  in  quasi 
tutte  le  poesie,  i>erfino  nelle  amorose  e  in  (juel  lungo  Ca- 
pitolo in  lode  della  Torta  che  egli  scrìssi*  mentre  giaceva 
nelle  terribili  carceri  inquisìtoriali. 

Questo  è  il  più  esteso  dei  suoi  scritti  |)oetici,  spesso  e- 
legante,  nella  forma,  sempre  efficace  nella  espressione  dei 
sentimenti,  pieno  di  brio,  ma  talvolta  improntato  a  mesti- 
zia ed  a  disperazione.  Fn  scritto  in  due  giorni  e  1'  ultima 
parte  di  notte  come  rilevansi  dai  versi  seguenti. 


*  * 


St.  159-lGO. 


Ma  perchè  veggio  homai  fuggir  la  notte 
E  la  lucerna  ha  consumato  l'oglio 
E  '1  dì  m'invita  a  le  coutinue  lotte, 

ìj  forza  di  dar  fine  (ond'io  mi  doglio) 
Al  dolce  ragionar  della  mia  Torta, 
Ma  lasciatemi  prima  empire  il  foglio  etc. 

E  piti  oltre  : 

St.  169. 

Hor  su  mancar  mi  sento  quel  divino 
Furor  di  poesia,  con  cui  m'ha  fatto 
Parlar  con  voi  due  giorni  il  mio  destino 


28  TTS   POETA  BIZZARRO   DEL    '500 


*  * 


I  versi  citati  lumeggiano  il  carattere  del  Bonincontro 
vivace  e  spiritoso,  inchinato  a  farsi  giuoco  di  tutto  e  i)er- 
fino  dei  suoi  tormenti. 

Pungente  e  mordace  con  tutti,  critico  degli  uomini  e 
delle  cose  dei  suoi  tempi,  non  è  difficile  che  si  creasse  ap- 
pena giunto  a  Palermo,  dei  nemici  che  poterono  influire 
al  suo  imprigionamento. 

Era  poi  uomo  abilissimo  conoscitore  di  mille  arti  e  pro- 
fessioni, quale  egli  stesso  si  dichiara  nella  lettera  del  1  gen- 
naio 1568  a  M.  Faraone. 

« Oltrecchè  (et    liceat    mihi  aliquantum    proiactari) 

mi  basterebbe  l'animo  di  poter  e  saper  fare   io   solo   quel 
che  a  pena  potrebbero  e  saprebbero  fare  sette  persone  ». 

Qui  comincia  la  sfilata  dei  suoi  meriti. 

iSi  vanta  buon  segretario,  e  rammenta  di  esserlo  stato 
presso  i  Duchi  di  Ferrara,  buon  cantore  e  conoscitore  della 
scienza  armonica ,  suonatore  x)rovetto  di  Organo ,  Pesto , 
Viola  ed  Arco,  adatto  a  far  da  cappellano  e  da  confessore, 
qualora  non  avesse  moglie,  principale  causa  di  tutti  i  suoi 
infortunii,  adatto  come  conoscitore  di  dritto  civile  e  cano- 
nico a  far  da  Vicario  nella  diocesi  cefaludense ,  provetto 
poeta  latino  e  toscano,  capace  di  difendere  il  protettore 
colle  armi,  e  infine  conoscitore  di  parecchie  lingue,  come 
sopra  si  è  rilevato. 

Ma  il  massimo  dei  suoi  meriti,  come  egli  argutamente 
rileva,  era  il  saper  trattai'e  con  ogni  (pialità  di  persone  e 
8I)eciahuente  cogli  Hpaguuoli, 

« saprei  come  vecchio  corteggiano  che  sono,  conver- 
sare con  Ispaguuoli;  cosa  veramente  ditticile  assai  più  che 
andar  i>er  via  ordinaria;  perchè  ci  vuol  altro  che  baie  a 
voler  staro  con  la  misura,  co  '1  compasso  co  '1  peso  e  co  '1 
lidio  lapMe  in  mano  tutte  le  boro,  i)er  misurare,  compas- 
sare; pesare  e  HC|iiMfrMn'  le  loìigltndiiii  ,  lo  ÌJititiuliiii ,  e    le 


UN   POETA   BIZZARRO  DEL   '500  20 

profondità  dei  meriti  di  ciascheduno  d'essi,  et  bavere  ogni 
momento  l'hostia  in  bocca  per  tema  di  non  commettere  al- 
cuni errori  con  i  fasti  loro  e  considerare  a  cui  tocca  seggia 
di  velluto  e  a  cui  di  cuoio,  e  qui  viene  un'altra  maledetta 
distinzione,  cioè  a  cui  la  Imperiale  a  cui  la  Regale  et  a 
cui  la  bastarda.  Item  a  cui  tocca  la  broccbetta,  a  cui  tocca 
la  sottocoppa  et  a  cui  no.  Item  a  cui  s'ha  da  parlare  di 
V.  S.  a  cui  di  V.  M.,  a  cui  di  vos  et  a  cui  di  tu,  col  ma- 
l'anno  e  la  mala  pasqua  che  Dio  dia  loro  et  a  chi  tanti  ne 
porta  a  questi  nostri  paesi  ». 

Una  critica  piii  arguta  degli  Spagnuoli  è  certo  che  non 
poteva  farsi  in  quell'epoca  di  servaggio,  ed  il  Bonincontro 
mostra  con  ciò,  insieme  ed  un  fine  spirito  satirico ,  una 
grande  indipendenza  di  carattere  che  neppure  la  fiera  pri- 
gionia del  Sant'Uffìzio  aveva  saputo  domare. 

Di  simili  tratti  satirici  son  i)iene  le  tre  lettere  conser- 
vateci, ed  a  buon  dritto  pare  che  i  contemporanei  lo  tenes- 
sero in  gran  conto  come  poeta  burlesco. 

Il  nome  che  meglio  lo  caratterizza  è  quello  che  lo  con- 
traddistingueva nella  Accademia  degli  Accesi ,  alla  quale 
apparteneva  insieme  ai  poeti  piii  cospicui  del  tempo.  Egli 
era  detto  ivi  «  11  severo  accademico  gioioso  ^^  perchè,  osten- 
tando serietà  e  gravità  era  maestro  nel  pigliarsi  giuoco  di 
cose  e  persone  dei  suoi  tempi,  come  ci  è  dato  vedere  dalle 
molte  poesie  che  si  conservano  manoscritte. 

*  * 

L'Accademia  degli  Accesi,  alla  quale  egli  appartenne , 
nacque  sulle  rovine  di  cpiella  dei  Solitari  che,  fondata  da 
Paolo  Caggio  nel  1549,  ben  presto  si  sciolse.  Essa  sorse  nel 
1568  sotto  gli  auspici  di  Ferdinando  D'Avalos  Marchese  di 
Pescara  viceré  di  Sicilia  (1).  Luogo  di  riunione  era  il  con- 
vento di  S.  Domenico  e  specialmente  una  cappella  del  Chio- 


(1)  CtV.  MoNGiTORE,  Accademie   di   Sicilia,    Bibl.    Coui.   di   Palermo, 
Ms.  Qq.  29,  e.  32. 


30  UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

stro  dedicata  a  S.  Barbara  che  gli  Accademici  elessero  co- 
me protettrice  (1). 

Impresa  dell'accademia  fu  la  luna  col  motto  virgiliano: 
«  Eevertens  colligit  iguem  »  (Georgiche  I,  127)  ;  poi  mutò 
impresa  ed  assunse  un  bambino  sul  fuoco  col  motto  :  «  Vir- 
tutes  elicit  arte  »  (2). 

Da  un  Atto  del  Senato  del  24  aprile  1579  si  rileva  che 
l'Accademia  in  tale  anno  trasferì  la  sua  sede  nel  Palazzo 
Aiutamicristo. 

Primo  Principe  ne  fu  Argisto  Giuffredi,  noto  petrarchi- 
sta di  quello  scorcio  di  secolo,  autore  di  bei  sonetti  e  di 
canzoni  troppo  servilmente  imitate  dal  Petrarca. 

Spesso  gli  accademici  facevano  tra  loro  delle  tenzoni 
poetiche  come  si  rileva  dai  loro  scritti.  Del  Bonincontro 
pare  che  si  riferiscano  a  tenzoni  l'ottava  all'Abate  Calvo  e 
diverse  poesie  ad  Ottavio  del  Bosco  Conte  di  Vicari,  al 
Giuffredi  a  Giacomo  di  Carlo  etc. 

La  poesia  del  Bonincontro  :  «  Sopra  un  Pastizzone  di 
Daino  nelle  nozze  del  signor  Marchese  di  Jeraci  »  in  lift- 
gna  toscana,  dovette  essere  scritta  nel  1574,  anno  in  cui 
avvennero  le  nozze  di  D.  Giovanni  Ventimiglia  Marchese 
di  Genici  con  Anna  d'Aragona. 

Una  delle  miglior  poesie  del  Bonincontro  è  quella  di 
genere  pastorale,  che  ancor  oggi,  presenta  una  specie  di 
freschezza  e  sembra  un  liore  anticipato  del  giardino  arca- 
dico. È  un  gentile  invito  alle  ilonne,  i)erchè  vogliamo  tener 
comitagnia  al  poetii  e  ad  altri  dedicatisi  alla  vita  pastorale 
e  contiene  la  descrizione  delle  bellezze  campestri  e  della 
dolcezza  che  si  gode  fra  esse  e  nell'esercizio  di  lavori  i)a- 
storali  e  ì)oschertH',ci. 

Non  è  chiara  la  <latH  di  (pu*sto  leggiadro  componimento, 
ma  i)robabilmentv.  si   rif(»rÌHce   alla   gioventù   del    poeta   e 

(1)  Canniz/jiro.  De  roligione  Pjvnhormi.  Palermo  IWìt). 

(2)  Qiuwt4i  motto  fu  iiu'HMo  dii  K'ìlippo  l'anita  siiirArco  Irioiit'ulc  (n-utto 
ad  EmuiMitielt^  KìIìIhiiUi  di  Shvoìh. 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL  '500  31 

quiudi  ai  primi  anni  della  sua  permanenza  a  Palermo;  anzi 
noi  già  elevammo  il  dubbio  che  il  genere  di  vita  a  cui  il 
poeta  allude  nella  poesia  pastorale,  gli  fosse  comune  con 
Guglielmo  Bon incontro,  come  comune  può  darsi  che  fosse 
la  causa  del  loro  imprigionamento. 

Di  molte  altre  i)oesie  è  facile  rilevare  la  data  di  com- 
posizione, perchè  scritte  per  determinati  avvenimenti  del- 
l'epoca, vuoi  i)er  l'elezione  del  Pretore  e  dei  giurati,  vuoi 
per  la  Peste,  vuoi  per  qualche  gherminella  fatta  ad  amici, 
vuoi  per  disposizioni  prese  dal  Viceré  o  dal  Senato  eie. 

In  somma  il  Bon  incontro  da  tutto  traeva  argomento  <li 
verseggiare,  ma  senza  pretese  di  sorta,  con  semplicità  e  njo- 
destia,  sempre  con  eminente  spirito  satirico,  tanto  più  ap- 
prezzato quanto  raro,  a  quell'epoca  di  scoloriti  petrarchisti 
e  di  poeti  adulatori  e  pieni  di  ostentazioni. 

Nella  <lescrizione  della  peste  del  1575  indirizzata  al  Conte 
di  Mussomeli,  nonostante  la  podagra  e  la  febbre,  mostra  il 
solito  spirito  nel  criticare  i  difetti  altrui;  nota  la  paura  del 
contagio  in  Masi  di  Ballo,  ride  della  morte  di  Monsignor 
Lo  Mellino,  gran  beone  e  gastromane  e  per  di  pìii  line  cor- 
tigiano, parla  lutine  della  sua  miseria  e  si  raccomanda  al 
Conte  di  Mussomeli. 

Oltre  alla  descrizione  della  Peste  sono  notevoli  le  ottave 
intitolate  «  Vecchiu  innamuratu  »  ,  nelle  quali  deride  se 
stesso  e  le  sue  debolezze  senili  mostrando  con  ciò  di  veder 
chiaro  non  solo  nei  difetti  altrui,  ma  anche  nei  propri. 

Egli  in  sostanza  era  un  uomo  d'ingegno  elevato  ed  ar- 
guto, di  un  carattere  annibile  e  forte,  spensierato  ed  alle- 
gro, di  una  coltura  varia,  ma  non  profonda.  Inoltre  ci  si 
mostra  buon  patriotta,  abborrente  dal  giogo  spagnuolo,  del 
(piale  riconosceva  tutti  i  mali  ed  i  danni  economici  e  mo- 
rali, nonché  sprezzante  di  quei  costumi  goffi  e  ridicoli  che 
influirono  tanto  sugli  italiani  del  tempo.  Eppure  egli  più 
che  vero  poeta,  fu  un  dilettante  scribacchiatore  di  versi , 
senza  ideali  artistici,  senza  quelle  doti  fantastiche  e  geniali 
che  fanno  del  poeta  il  rappresentante  delle  energie    Intel- 


32  UN  POETA  BIZZABRO  DEL   '500 

lettuali  d'iuia  razza  e  di  una  epoca  o  di  un  momento  sto- 
rico d'eccezionale  importanza.  Ciò  malgrado  fu  dotato  di 
quel  riso  interiore,  di  quella  coscienza  umoristica  che  ebbe 
la  sua  più  alta  espressione  nei  sommi  dell'arte;  ma,  limitan- 
dosi a  criticare,  nulla  creò  di  nuovo  e  rimarchevole.  A  que- 
sto suo  spirito  arguto  ed  a  queste  sue  critiche  umoristiche 
dovette  in  gran  parte  la  sua  fama  e  le  lodi  esagerate  dei 
contemporanei;  nondimeno  non  merita  la  (]ualifica  di  anti- 
l)etrarchista,  perchè  a  Palermo  avrebbe  potuto  sostenere 
belle  lotte  contro  il  Gaggio,  il  Veneziano,  il  Giuffredi ,  il 
Paruta,  l'Orlandini  ed  altri  molti,  eppure  fu  in  costanti 
rapporti  letterari  con  costoro ,  e  fors'  anche  ne  ammirò  i 
versi  petrarcheggianti. 

Cosicché  il  Bonincontro,  spoglio  della  aureola  poetica 
che  non  gli  spetta,  spoglio  del  merito  di  innovatore  e  di 
caposcuola,  resta  sempre  un  ingegno  bizzarro  ed  arguto , 
un  fine  umorista,  critico  spregiudicato  dei  tempi  suoi  i 
quali  già  prenunziavano  la  decadenza  politica ,  morale  ed 
artisticii  del  sec.  XVII. 


Odoardo  Coppoler  Orlando 


UN  POETA  BIZZARRO   DEL   '500  33 


APPENDICE 


POESIE    INEDITE    (1). 

a)  Italiane 

I. 

Pastorale  di  Mariano  Bonineontro  (Palermitano)  reprobando 
la  conversatione  delle  Città. 

Si  come  vaghi  ed  amorosi  havete, 
Donne,  i  begl' occhi  e  di  dolcezza  pieni, 
Così  dell'altrui  mal  pietose  siete 
Dentro  del  cor  nei  delicati  seni; 
L'alta  cagion  benignamente  udrete 
Che  dinanzi  di  voi  ne  sgorga  e  meni, 
E  speriam  poi,  quando  l'havrete  intesa, 
Che  la  mercè  non  ne  sarà  contesa. 

Siam  lungamente  stati  et  ancor  siamo 
Di  questi  monti  prossimi  pastori; 
Le  care  mandre  e  '1  ricco  gregge  habbiamò 
Nei  gioghi  nostri  e  la  campagna  fuori. 
Ivi  contenti  in  pace  ci  godiamo 
La  vita  celebrata  in  tanti  honori, 
Felici  apieno  e  fortunati  in  tutto, 
S'una  sol  cosa  non  sturbasse  il  tutto, 

Siam  quasi  senza  voi,  come  la  vite 
Senza  il  suo  pai  che  dritta  in  pie  la  tiene, 
E  voi  che  '1  piacer  nostro  non  sentite, 
Non  i)otete  gustar  perfetto  bene. 
Deh  !  venite  con  noi,  donne,  venite 
Se  desìo  di  diletto  al  cor  vi  viene. 
Ch'oltre  che  sempre  goderete  voi, 
Farete  il  vostro  ben  perfetto  in  noi. 


(1)  Dal  cod.  2.  Qq.  e.  18,  della  Comunale  di  Palermo. 
Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX, 


\ 


34  l^N   POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

È  perchè  forse  vi  dorrà  lassare 
Per  abitar  tra  i  monti,  una  cittate 
Sì  vaga  e  sì  gentil,  che  non  ha  pare 
Tra  le  più  degne  al  mondo  hoggi  lodate; 
E  vi  parrà  che  ne  le  selve  stare 
ì^^on  si  convenga  a  vostra  alma  beltate  : 
Ma  se  una  volta  ci  verrete  mai 
Ne  sarete  ogni  di  più  vaghe  assai. 

Che  ancor  che  fatti  sien  semplicemente 
Gli  alberghi  nostri  e  senza  alcun  lavoro. 
Vi  starete  non  men  commodamente 
Che  ne'  vostri  palagi  ornati  d'oro. 
Quando  pur  siete  alle  ricchezze  intente, 
Vi  farem  a  vedere  c'habbiam  thesoro 
Di  perle  e  pietre  ed  oro,  onde  possiate 
Farvi  ogni  giorno  in  uova  guisa  ornate. 

Oltre  che  mille  e  mille  spassi  havremo 
Di  che  vi  farem  star  sempre  copiose. 
Sul  matin  frescho  a  la  campagna  andremo 
Scherzando  fra  l'herbette  rugiadose. 
Indi  in  man  l' instrumenti  pigliaremo 
Che  rendon  vaghe  voci  dilettose, 
E  vi  empirem'  d'una  dolcezza  il  core 
Che  d'ogni  dolce  vi  parrà  migliore. 

Hor  sotto  un  faggio  lior  sotto  un  vago  abete 
Passando  all'ombra  i  caldi  tempi  estivi. 
Sempre  in  danze  con  noi  ve  ne  starete 
Al  mormorar  de'  dilettosi  rivi. 
E  voi  stesse  tal  'hor  l'aque  aprirete 
De'  vicin  fonti  e  dei  ruscelli  vidi, 
Abbeverando  con  diletto  i  prati, 
Perchè  vi  sien  di  vaghi  fior  più  grati. 

Vedrete  il  nostro  ingegno  naturale 
Sempre  nette  tener  con  somma  cura 
Tutto  l'erbette,  e  pieno  il  bel  canale, 
Cli'entni  in  mezzo  de'  paschi  alla  verdura. 
E  vederete,  o  belle  donne,  (puile 
E  quanta  sia  potenza  di  natura. 
Che,  sotto  ingravidando  il  terren  tutto. 
Produce  infln  con  la  vaghezza  il  frutto. 


UN   POETA  BIZZARRO   DEL   '500  35 

Vedrete  voi  tosto  che  inanzi  giorno  • 

La  bella  Aurora  l'alte  cime  scopre, 
Porsi  cantando  al  caro  gregge  intorno 
Con  varii  ingegni  dati  a  divers'opre, 
Parte  intenti  a  legar  corno  con  corno 
I  buoi  nel  giogo,  acciò  il  bifolco  adopre. 
Altri  a  munger  le  capre,  altri  a  lattarle 
E  secondo  il  costume  il  maschio  darle. 

l^on  ne  lasciate  andar.  Donne  amorose, 
Cosi  soli  da  voi,  così  scontenti; 
Fate  almeu  una  di  queste  due  cose 
Qual  meglio  par  di  lor  che  vi  contenti  : 
O  venite  con  noi  a  le  piagge  ombrose 
Ove  l'asciati  habbiam  gli  nostri  armenti, 
O  se  venir  non  vi  degnate  nosco, 
Siate  contente  almen  ch'habitiam  vosco. 


II. 


Di  Mariano  Bonoscontro  (palermitano)  detto  il  Severo  Acca- 
demico Giojoso  capitolo  in  lode  della  Torta  al  Molto  sp.  sig. 
Gerardo  Spada  gentiVhuomo  Luachese  in  Resposta  d' un 
altro  del  medesimo  suggetto. 

Sovviemmi  della  vostra  rima  accorta 
(Signor  Spada  gentil)  la  qual  m'aperse 
Un'ampia  strada  a  celebrar  la  Torta. 

Di  cui  son  sì  profonde  e  sì  diverse 
L'alme  virtù,  ch'il  ragionar  di  quella 
Il  mio  debile  ingegno  non  sofferse. 

Perciò  che  a  cosa  sì  celeste  e  bella 
Eecato  havria  il  mio  stil  quel  lume  a  punto, 
Ch'arreca  al  sol  la  men  lucente  stella. 

Pur  d'ardente  desir,  da  gloria  punto, 
Ma  acceso  più  dal  vostro  chiaro  lume. 
Di  venir  dietro  a  voi  presi  l'assunto. 

Che  voi,  quasi  del  ciel  possente  Nume, 
In  me  destaste  i  neghittosi  spirti 
E  deste  a  l'ali  mie  novelle  piume, 


36  UN  POETA  BIZZARRO   DEL   '500 

Oud'hebbi  ardir  d'entrar  fra  lauri  e  mirti, 
Di  lasciar  le  spelonche  e  gli  antri  bui, 
E  i  perigliosi  dumi  orridi  et  irti. 

E  a  dire  incominciai  spinto  da  vui 
Più  lodi  de  la  Torta  che  non  disse 
Il  Molza  già,  ch'io  ne  so  piìi  di  lui. 

Perch'io  l'ho  tutte  ne  la  mente  fisse, 
Ch'in  Genua  ne  mangiai  trecento  a  un  mese, 
Si  come  già  la  penna  vostra  scrisse. 

Onde  creder  si  dee,  ch'a  me  palese 
Di  quelle  sia  qualunque  altro  secreto. 
Poscia  che  l'ho  imparato  a  le  mie  spese. 

E  forse  ch'era  io  in  quel  tempo  vieto. 
Appunto  e'  fu  nel  quindicesim'anno. 
Nel  fior  de  la  mia  età  piti  verde  e  lieto. 

Quando  senza  fatica  e  senza  affanno 
S'imprimon  le  virtù  nei  nostri  petti. 
Dove  si  come  in  marmo  eterne  stanno. 

Dico  dunque  ch'io  dava  a  miei  concetti 
Un  bel  principio  ;  però  l'empia  sorte 
Me  l'ha  rotti  nel  mezo,  et  interdetti; 

Che  non  si  tosto  spalancai  le  porte 
A  la  seconda  Musa,  ch'assalito 
Fui  da  questa  tremenda  horribil  Morte. 

Che  morto  dir  mi  posso,   poi  ch'uscito 
Sono  da'  veri  vivi,  e  '1  mio  ricetto 
È  un  luogo  aspro  di  tenebre  vestito. 

Ove  a  pianger  dì  e  notte  son  costretto 
L'altrui,  non  le  mie  colpe,  essend'io  in  tutto 
D'ogni  empia  opinion  sincero,  e  schietto. 

Hor  vedete  (Signore)  a  che  condutto 
M'ha  la  fortuna,  e  come  il  bel  disegno 
Da  le  radici  m'ha  svelto  e  distrutto. 

E  per  mio  maggior  diiol,  quel  poco  ingegno 
Gh'io  haver  solca,  me  l'ha  tuffato  e  immerso 
Dentro  un  mar  di  timor,  d'ira  e  di  sdegno, 

Acciò  non  i^ssa  pur  formare  un  verso, 
Quando  tal'lior  mi  spinge  il  ìx?!  desìo 
Che  ])uote  in  me  più  che  il  mio  stato  aversoj 


tTN  POETA  BIZZARRO  DEL  'SOO  37 

Quantunqne  infatti  egli  oggi  sia  il  più  rio 
Il  più  malvagio,  e  '1  più  fiero  supplitio 
Che  contro  un  peccator  permetta  Dio. 

Di  cui  per  darne  a  voi  verace  inditio 
Basterà  ch'io  vel  dica  in  due  parole: 
Ei  mi  tien  carcerato  il  Sant'offitio. 

Or  come  potrà  mai  si  come  suole 
Formar  la  voce  mia  detti  soavi, 
Se  quando  gioir  dee  s'aflBge  e  dole  ? 

Ch'un  strepito  crudel  di  ferri  e  chiavi, 
Di  cepi)i  di  catene,  un  stranno  horrore 
Aggiunge  a  miei  pensier  noiosi  e  gravi  ; 

Che  meraviglia  è  come  non  si  muore 
In  tanti  affanni,  e  come  un'huom  sopporta 
Si  gran  flagello  e  non  gli  manca  il  core. 

Pur  il  divin  soggetto  de  la  Torta 
Ha  sì  gran  forza,  ch'a  pensarvi  solo 
Ogni  spirto  vital  si  riconforta. 

Indi  è  ch'io,  posti  a  tergo  il  pianto  e  il  duolo, 
Son  forzato  a  pigliar  la  cetra  in  mano 
Et  a  levarmi  con  la  Torta  a  volo  ; 

Né  so  dire  in  qual  guisa  a  mano  a  mano 
Io  mi  senta  cambiato  hora  in  me  stesso: 
O  valor  della  Torta  sopra  humano  ! 

Cedano  pure  a  te  l'arrosto  e  '1  lesso. 
Gli  intingoli,  e  guazzetti^  e  ogni  potaggio, 
E  qualunque  sapor  liquido  e  spesso. 

A  te  si  volge  il  mio  stanco  coraggio, 
E  da  te  sol  chiede  soccorso  e  aita, 
Ne  l'alta  impresa  ch'ora  a  seguir'haggio. 

Tu  sei  colei  che  fai  leccar  le  dita 
Del  tuo  dolce  liquor  tutte  le  genti. 
Più  che  in  Spagna  non  fa  l'oglia  podrita; 

Da  te  prendon  vigor  l'humane  menti 
Siccome  i  corpi,  ond'oggi  Genua  avanza 
L'altra  cittati  d'huomiui  prudenti. 

Perciò  che  quivi  ha  tu  fatto  la  stanza. 
Come  in  Cipri  la  Dea  del  terzo  Cielo, 
Onde  Genua  in  te  post'ha  ogni  speranza, 


38  UN  POETA  BIZZARRO   DEL   '500 

Ed  a  te  crede  al  pari  del  Vangelo, 
Come  Margntte,  e  post'ha  il  sommo  bene 
In  te  sola  con  puro  e  ardente  zelo. 

Del  gusto  suo  si  nutre  e  si  sostiene 
O  sia  sano  o  sia  infermo,  un  genovese, 
E  te  per  manna  e  medicina  tiene, 

E  vuol  che  di  te  tutto  il  suo  paese 
Ne  mangi  almen  tre  volte  la  stomana, 
E  ne  sian  sempre  le  fornaci  accese. 

Né  questa  opinion  mi  par  lontana 
Dal  diritto  sentier  del  buon  governo. 
Per  mantener  la  gente  e  saggia  e  sana  ; 

Anzi  Consiste  qui  (s'io  ben  discerno) 
Tutta  la  gloria  di  quel  gran  senato^ 
Onde  sia  il  regno  suo  perpetuo  e  eterno. 

O  tre  volte  felice  al  mondo  nato. 
Chi  a  così  ben  fondata  legge 
Viver  consente  il  suo  benigno  fato  ! 

Qual  Republica  al  mondo  resse  o  regge 
Si  bene  i  suoi  vassalli,  come  hor  face. 
L'avveduta  Liguria  e  il  suo  bel  gregge  ? 

Forse  ch'ella  ha  mestier  d'esser  fallace 
Come  fu  Numa  ?  o  di  piantar  carotte 
Al  popol  suo  perch'egli  viva  in  pace! 

Dieci  mazzi  di  biete  e  due  ricotte 
(Che  chiaman  presensuole)  oglio  e  farina 
E  tutte  in  forma  circolar  ridotte, 

Fan  l'antidoto  altier,  la  medicina. 
La  qual  giammai  non  seppero  i  Romani, 
Che  i  cor  selvaggi  al  ben  oprar  inclina. 

Le  leggi  sue  Licurgo  agli  Spartani 
Diede,  e  a  gli  Ateniesi  il  gran  Solone, 
Pompilio  a  Roma  e  Zanni  a'  Venetiani, 

Renelle  fossero  in  fatti  e  belle  e  buone  ; 
Pur  con  la  gran  virtù  che  si  contiene 
Nella  torta,  non  stanno  al  paragone. 

Poiché,  venga  minactùa  o  gravi  pene. 
Boi  mangiando  di  quelle,  le  brigate 
Fuggono  il  male,  e  van  seguendo  il  bene. 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500  39 

Queste  son  certe  gratie  gratis  date 
De'  cieli  al  mio  miracoloso  ordigno, 
Che  fa  le  gente  divenir  beate. 

Che  credete  che  indusse  il  bianco  cigno, 
Già  Re  della  Liguria,  a  pianger  tanto 
Il  cader  di  Fetonte  empio  e  maligno, 

Salvo  che  l'haver  visto  d'ogni  canto 
Arse  le  biete,  onde  cader  dovea 
Tosto  del  regno  suo  la  gloria  e  '1  vanto? 

Perchè  senz'esse  far  non  si  potea 
La  Torta,  che  la  gente  alpestre  e  fiera 
In  tranquilla  union  chiusa  tenea. 

Lasso  di  dir  de  la  sua  forma  altiera. 
Più  bella  assai  di  tutte  l'altre  forme; 
Come  tra  le  stagioni  Primavera. 

Perciò  che  in  questo  voglio  seguir  l'orme 
Vostre;  perchè  n'havete  dottamente 
Parlato,  et  io  con  voi  son  conforme. 

Né  meno  penso  hor  io  unitamente 
Dir  de  la  Torta  quanto  si  potria, 
Ch'il  mio  picciolo  ingegno  noi  consente 

Ma  solo  il  mio  pensier  brama  e  desia; 
De  la  Torta  ir  toccando  alcun  bel  detto. 
Il  qual  non  fosse  nato  o  tocco  pria, 

Come  sarebbe  a  dir  del  suo  concetto. 
Dove  l'origin  debbe  e  come  s'usa  : 
E  qui  bisogna  alzar  b<m  l'intelletto. 

Perchè  questa  materia  sta  inchiusa 
Nel  profondo  lALMV  dei  cabbalisti 
E  di  bassi  pensieri  è  in  tutto  esclusa. 

Indi  è  che  agli  huomin  scelerati  e  tristi 
Vietato  è  il  penetrar  sì  grand 'arcano, 
Perciò  ch'hanno  gli  humor  di  terra  misti. 

Onde  io  da  voi  ;  senz'alcun  dubbio,  insano 
Riputato  sarò,  che  non  pavento 
Poggiar  al  Ciel  con  stil  rozzo  e  profano. 

Ma  che  colpa  e  la  mia,  s'io  pur  mi  sento, 
Spronar  d'occulta  forza  e  sollevarmi 
Verso  le  stelle,  benché  pigro  e  lento! 


40  UN   POETA  BIZZARRO   DEL   '500 


Tal  ch'io  potrò  con  voi  sempre  scusarmi 
Che  non  parl'io  ma  altri,  e  che  mi  detta 
Le  rime,  e  che  mi  porge  iu  bocca  i  carmi. 

Dico  dunque  che  questa  benedetta 
Opra  di  Dio  pria  ch'ei  facesse  il  Mondo 
Era  in  seno  d'amor  nel  chaos  ristretta; 

E  del  mirabil  suo  cerchio  profondo 
Fondossi  questo,  e  quell'altro  emispero, 
E  la  machina,  ch'oggi  gira  a  tondo. 

Hor  mirate,  di  gratia,  quant' altera 
Hebbe  il  principio,  e  s'a  Platone  accolto 
Fu  questo  eccelso  e  peregrin  pensiero, 

Il  qual,  non  penetrando  a  dentro  molto, 
Disse  che  solo  Amor  tenne  la  cura 
De  la  gran  mole,  sendo  in  quella  involto. 

Io  non  nego  ch'Amor  la  legatura 
Fosse  del  Chaos,  ma  dico  che  la  Torta 
Dava  al  legame  suo  forma  e  misura; 

Perchè  sendo  il  gran  Chaos  materia  morta, 
Havea  mestieri  di  maggior  ritegno 
Di  quel  d'Amore:  è  questo  è  quel  ch'importa. 

Poi  che  da  se  non  saria  stato  a  segno 
Un  picciol  Dio  nel  grembo  a  la  gran  mole. 
Ma  il  cerchio  di  ch'io  parlo  era  il  sostegno. 

Fu  la  materia  ancor,  parli  chi  vuole. 
Fu  la  forma  la  Torta,  hor  s'è  ino.  degna 
Ogn'un  il  sa  senza  dir  più  parole. 

Dunque  chi  di  sapere  il  ver  s'ingegna. 
La  forma  in  mezo  al  chaos  vedrà  celarsi, 
Benché  paia  che  'l  chaos  forma  non  tegna. 

Ohe  poi  visibilmente  palesarsi 
Doveva  al  Mondo,  quando  col  suo  esempio 
Hebbero  tutti  i  cieli  a  lubricarsi. 

E  questa  fu  la  Torta,  e  non  quell'empio 
Pancini,  si  che  convien  cli'a  la  Torta  erga 
Ognun  nel  mezo  del  suo  ventre  un  tempio, 

Poi  ch'in  lei  sola  l'universo  alberga  ; 
Onde  forz'è  che  da  si  bel  soggetto 
Alzato  parli,  e  che  più  carta  verga. 


UN   POETA  BIZZARRO  DEL   '500  41 

Quest'è  l'ambrosia,  quest'è  il  benedetto 
Nettare,  che  nel  ciel  ministra  a  Giove 
Il  Ganimede  suo  caro  e  diletto. 

Questa  la  Manna  fu,  ch'hor  più  non  piove 
Al  popol  cieco  e  pien  di  scortesia. 
Che  ancor  cercando  va  segnali  e  prove. 

Questa  fu  la  buccella,  ch'ad  Elia 
Diede  già  la  Sidonia  vedovella, 
A  cui  scampò  il  figliuol  da  morte  ria. 

Questa  mostrò  al  Colombo  nova  stella 
E  novo  mondo,  onde  a  maggior  potenza 
Alzò  i  gran  Regi  Hernando  ed  Isabella. 

Perch'egli  sol  da  la  circunferenza 
De  la  Torta  squadrò  c'hun  mondo  v'era, 
Non  pria  venuto  al  Mondo  in  conoscenza. 

E  così  acceso  a  l'alta  imi)resa  e  fiera 
Del  Perù  penetrò,  nel  bel  paese. 
Più  grande  assai  di  tutta  l'Asia  intera, 

Mercè  della  sua  patria  genovese 
Ch'alletta  e  tira  tutta  la  sua  gente 
Col  mezzo  della  Torta  a  l'alte  imi^rese. 

Con  un  quarto  di  Torta  solamente 
Misura  un  Geometra  in  un  istante 
Il  mondo  da  l'Oceano  a  l'oriente. 

La  Torta  è  la  malia  tanto  importante 
De  la  Gianna  fornaia,  che  facea 
In  Bologna  impallare  ogni  suo  amante. 

La  qual  se  fatto  havesse  al  grande  Enea 
Ne  la  spelonca  la  Regina  Dido, 
Né  la  vita  né  lui  forse  perdea, 

Il  quale  avendo  udito  il  suono  a  '1  grido 
De  l'Italiche  Torte,  havea  il  pensiero 
Tutto  rivolto  al  bel  Lavinio  lido, 

E  non  temendo  il  mar  turbato  e  fiero 
Venne  in  Italia,  e  l'aureo  ramo  prese 
Ne  i  laghi  averni,  e  poi  fondò  il  suo  impero. 

Né  per  quel  ramo  d'or  Virgilio  intese 
Altro  (secondo  ch'ivi  Servio  espone) 
Ch'un  manico  di  pala  genovese, 


42  Xm  POETA  BIZZARRO   DEL   '500 

Come  a  dire  ch'Enea  prese  il  guidone 
E  lo  scettro  del  Mondo,  figurato 
In  quel  misterioso  e  gran  bastone. 

La  Torta  è  il  magno  Empiastro  il  nitridato 
Di  tutti  i  morbi,  il  qual  se  ben  noi  fanno 
I  medici  gustare  a  ogn'ammalato, 

(Sappiate  ch'essi  il  celan  con  inganno, 
Perchè  se  si  scoprisse  un  tal  secreto, 
Havriam  la  mala  pasqua  col  malanno. 

Che  non  andrebbon  lor  correndo  dietro 
Gli  infermi,  ond'essi  ne  van  tanto  alteri. 
Perchè  %'ivrebbe  ogn'un  gagliardo  e  lieto. 

Anzi  per  ischernirla  i  masnadieri 
Gli  hanno  mutato  il  nome  e  la  figura 
E  de  le  Torte  n'han  fatto  cristieri. 

Onde  veggiam  che  pongon  ne  la  cura 
Quelle  biete,  quell'olio,  e  quelle  cose 
Che  fan  le  Torte  (o  nostra  gran  sciagura  !) 

Le  quai  per  farle  ancor  vituperose, 
Le  caccian  dietro  e  l'infelice  infermo 
Xelle  parti  inhoneste  e  vergognose 

Ma  un  medico  so  io,  che,  per  far  scherno 
A  tante  infermità  ch'a  poco  a  poco 
Sarebbon  per  condurci  morti  a  l'Ermo, 

Post' ha  la  casa  sua  nel  piti  bel  loco 
De    a  città,  dove  si  vede  intorno 
Ciascun  buon  tavemier,  ciascun  buon  cuoco 

Né  si  sente  altro  quivi  e  notte  giorno 
Ch'odor  di  Torte,  ch'è  possente  tanto, 
Ch'a  la  peste  può  far  vergogna  e  scorno. 

Questo  medico  sì,  si  può  dar  vanto 
D'essere  un  Esculapio  e  l'età  nostra, 
Ch'à  venti  forni  ha  la  sua  casa  accanto, 

Dove  si  vede  una  continua  giostra 
Che  fanno  i  Tavemier  con  le  lor  pale, 
De'  quai  l'albergo  suo  s'imperla  e  inostra. 

Talché  chi  viene  a  lui  con  r<u-inalt^ 
Fiutando  il  grado  o<lor,  da  lui  si  parte 
Colmo  di  Hunità  scarso  di  male; 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500  43 

Kè  a  lui  fa  mestier  di  voltar  carte 
D'Hipocrate  e  Galeno,  e  d'altro  autore 
Che  de  la  Medicina  insegni  l'arte. 

Perchè  gli  basta  a  lui  d'aver  l'odore 
J3e  le  Torte,  che  intorno  se  gli  stiva 
Quando  ch'egli  esce  del  suo  albergo  fuore. 

Di  cui  ben  profumato  ovunque  arriva. 
Spira  non  solo  a'  languidi  salute, 
Ma  i  morti  ancora  suscita  ed  avviva, 

E  con  certe  parole  pronte  e  argute 
Dà  a  veder  a  ciascun  che  ciò  proviene 
Da  la  individuai  sua  gran  virtude. 

Onde  in  si  gran  concetto  il  mondo  il  tiene 
Ch'altri  non  è,  eh 'a  cotal  segno  aggiunga. 
Perciò  che  da  lui  sol  par  ch'esca  il  bene. 

Ma  s'egli  per  astuzie  vuol  far  lunga 
La  cura,  ei  nella  cappa  si  rinchiude 
E  da  l'infermo  il  più  che  può  si  slunga. 

È  si  come  i  registri  hor  apre,  hor  chiude. 
De  la  torre  del  foco  un  alchimista, 
E  fa  le  fiamme  hor  nutritive  hor  crude, 

O  pur  si  come  muta  l'organista 
Co'  registri  de  l'organo  la  voce, 
E  falla  hor  pian,  hor  forte,  hor  lieta,  hor  trista, 

Così  costui  a  l'infermo  hor  giova,  hor  noce, 
Hor  gli  nega  l'odore,  hor  gli  concede, 
Hor  l'uccide,  hor  il  salva  a  un  far  di  croce. 

Dunque  de'  corpi  la  salute  siede 
Nella  Torta  fatai,  però  negletta 
Da  li  Medici  ingordi  hoggi  si  vede. 

Pure  malgrado  d'essi  ella  diletta 
Tanto,  ch'ogni  città,  di  Geuua  a  gara 
Far  la  Torta  miglior,  la  gloria  aspetta. 

Ecco  Bologna,  Modena  e  Ferrara 
Lodi,  Parma,  Piacenza  e  '1  gran  Milano 
Con  la  sua  Lombardia  tanto  preclara, 

Et  ecco  la  Toscana  e  '1  Potigiiano, 
Dove  una  voi  già  ne  mangiaste  a  sorte. 
Che  vi  fece  leccar  tre  dì  la  mano. 


44  tJN  POETA  BIZZARRO   DEL   '500 

Tutte  belle  le  fanno  e  in  varia  sorte, 
2fe  contar  le  potria  l'abaco  tutte; 
Ma  vuol  ciascun  l'honor  de  le  sue  Torte. 

Chi  morbide  le  fa,  chi  le  fa  asciutte. 
Chi  gi'osse  e  chi  sottil,  hor  fredde,  hor  calde, 
Le  dà  e  chi  innanzi,  e  chi  dopo  le  frutta. 

Ne  fanno  in  Yilla  ancora  le  Castalde 
D'orzo  e  di  miglio  da'altre  cose  buone, 
E  verdi  e  rosse  e  pavonazze  e  gialle. 

Se  ne  fan  brave  ne  la  Eeligione 
Benedettina,  et  anco  i  Certosini 
V'han  perso  entro  le  chiavi  col  bastone. 

Xe  fan  le  monachette  a'  lor  pretini 
D'uova  e  di  latte,  é  ne  fan  corpacciate 
Benché  con  gran  cautela  i  Fratoppini. 

Ne  trangugia  ogni  prete  et  ogni  frate. 
Ne  beccano  g'Iberi  a  corpo  pieno. 
Novellamente  in  questa  nostra  etate, 

Francia,  Fiandra,  Alemagna,  ogni  terreno, 
Usano  herbe,  oglio,  grano,  vacche  e  buoi  : 
Forz'è  ch'habbian  la  torta  in  mezo  al  seno. 

Se  ne  fan  mediocri  hoggi  fra  noi 
Sicilian,  non  è  ver  che  i  maccheroni 
Manterran  sempre  i  privilegi  suoi. 

Et  anco  a  par  di  tutte  le  nationi 
Se  ne  fan  belle  e  buone  nel  Lucchese, 
Ma  quel  ser  Pier  non  vuol,  che  Dio  il  perdoni  ! 

Perciò  l'amico  vostro  del  paese, 
Poi  d'haver  preso  n)oglie,  dir  solca  : 
Faccio  vita  da  Principe  e  Marchese 

Perch'ella  a  tutto  paste  gli  facea 
Mangiar  la  Torta,  e  la  gustava  anch'ella 
Più  d'una  lepre  acconcia  in  frcgassea. 

Che  benedetta  sia  <lonna  «ì  bella 
Che  fa  la  Torta  e  poi  la  guata  ancora, 
E  maledetta  sìa  chi  n'é  rubclhi  ! 

Io  credo  ch'egli  la  sua  moglie  adora, 
E  s'io  no  ritrovassi  un'altra  tale, 
Al  coT\Hì  mio  iirenderei  moglie  hor  hora. 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL    '500  45 

Poi  piangon  che  il  marito  le  vuol  male  : 
Chi  diavolo  amasse  una  mogliera, 
Che  non  sa  far  la  Torta  il  carnovale  ? 

De'  quai  ne  veggio  un'infinita  schiera, 
Ch'altro  non  sanno  far  che  pane  in  brodo, 
E  non  san  che  sia  Torta  né  Tortiera, 

10  per  me  tutto  mi  rallegro  e  godo, 
Se,  d'una  saggia  e  di  fattezze  conte 
Che  sappia  far  la  Torta,  intendo  et  odo. 

Però  poniam  (juesta  materia  a  monte, 
E  risolviamo  un  dubbio  che  ne  importa. 
Pria  che  mi  venga  a  conturbar  Caronte; 

Che  le  cittati  nel  condir  la  Torta 
Varian,  chi  l'olio  adopera,  e  chi  il  butiro  : 
Hor  vediam  noi  qual  sia  di  lor  piìi  accorta. 

Genua  conchiude  all'olio,  e  s'io  ben  miro. 
Vinse  con  le  mggion  ch'io  già  imparai 
Da  un  Genovese  un  di,  sendo  in  San  Siro. 

Dicea  così  :  Tu  che  la  Torta  fai 
Sol  di  butir  senz'olio,  non  sai  niente. 
Perchè  solo  il  butir  vi  gusterai. 

11  quale,  oltre  dell'olio,  è  virtualmente 
Ne  le  mie  Torte  in  quelle  tume  impresso. 
Quantunque  ei  non  vi  sia  visibilmente. 

Cosi  Genua,  ch'ha  l'olio  in  actu  expresso 
E  in  potenza  il  butir,  nell'olio  avanza 
L'altre  città,  che  sol  butir  v'han  messo. 

Tien  d'argomento  topico  sembianza 
La  sudetta  ragione,  e  a  me  par  viva, 
E  di  gran  fondamento,  e  di  sostanza. 

Perchè  non  riman  già  di  butir  priva. 
Se  ben  dell'olio  fa  maggior  la  dosa, 
La  Torta  Genovese  unica  e  diva. 

Anz'ella  in  sé  contien  ciascuna  cosa, 
E  l'altre  Torte  mancan  di  quell'una. 
Ch'in  cielo  e  in  terra  è  la  piìi  gloriosa. 

Ch'ogn'un  sa,  che  non  é  sotto  la  luna 
Licor,  ch'ali 'olio  pretioso  e  degno 
S'agguaglia,  in  cui  ogni  virtìi  s'aduna; 


46  UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

Che  non  si  possa  incoronar  d'un  Eegno 
Un  Re,  se  d'olio  pria  non  si  vede  unto  : 
Samuele  e  David  ne  mostran  segno. 

Né  ch'ir  senz'olio  in  ciel  possa  un  defunto, 

0  battezzarsi  im'huoiuo,  il  sa  ciascuno, 
Che  con  le  membra  de  la  Chiesa  è  giunto. 

Ma  che  vò  raccogliendo  ad  uno  ad  uno 
Gli  alti  misteri  ch'entro  all'olio  stanno, 
S'unto  Cristo  vuol  dir  ?  Basta  quest'uno. 

Né  se  dell'olio  io  ne  contassi  un  anno 
E  facessi  ogni  dì  mille  terzetti. 
Verrei  de  le  sue  lodi  al  terzo  scanno; 

Che  di  lui  nella  bibbia  io  sol  n'ho  letti 
Luoghi  infiniti  e  belli,  on'ho  compresi 

1  suoi  celesti  doni  e  benedetti. 

Ben  seppero  trovar  li  Genovesi 
Il  metodo  e  la  strada  a  farsi  eterni 
Senza  leggi  cercar  d'altri  paesi. 

Né  di  statuti  empir  libri  o  quaderni, 
Che  son  dal  popol  poi  mal  osservati, 
Siano  pur  quanto  voi  vecchi,  o    moderni  ; 

Né  da  Platon  pigliar  gli  ordini  dati, 
Come  saria  lo  stato  popolare, 
O  vero  il  Principato  e  gli  Ottimati; 

Cose  da  fare  un  santo  sbattezzare 
Perchè  son  tutte  strane  fantasie. 
Brutte  in  aspetto,  e  in  esistenzia  amare. 

Mi  fa  recere  a  udir  le  monarchie 
O  le  aristocnitie  piene  di  fraudi. 
Et  anco  quelle  sue  democratie. 

Toccano  tutte  a  te,  tutte  le  laudi, 
Genua  gentil,  né  Dio  i)erinetta  mai. 
Ch'io  alcun  do'  tuoi  inerti  ne  defraudi, 

Che  quanto  io  deggia  al  tuo  valor,  tu  sai, 
Che  posto  m'hai  tra  gli  huomini  immortali, 
J)u  l'hora  che  trecento  io  ne  mangiai; 

Tal  ch'oggi  cede  a  me  Lorenzo  Scali 
Ohe  trent'otto  ricotte  a  una  nuM-euda 
Mangiò,  cui  il  Bernia  iK>8e  tra  gli  annali. 


UN   POETA  BIZZARRO   DEL   '500  47 

Che  se  ben  quella  parve  gran  facenda 
Pur  la  mia  fu  maggior  trenta  per  cento, 
Se  v'è  chi  ben  la  mia  raggione  intenda. 

Perchè  in  un  dì  non  mangerà  un  Convento 
De'  frati  diece  Torte  Genovese, 
Come  all'hora  fec'io  senza  alcun  stento, 

Che  vengon  diece  il  di,  trecento  il  mese. 
Hor  queste  diece  Torte  han  più  ripieno 
Di  trentotto  ricotte  del  paese 

Di  Calci,  e  de  le  quai  n'entrano  almeno 
Quattro  per  Torta.  Hor  dieci  fan  quaranta: 
Tante  ogni  dì  me  ne  cacciava  in  seno. 

Giungeteci  poi  l'olio  e  l'herba  santa 
E  l'altre  circostanze,  e  trovarete. 
Che  nessun  pivi  di  me  si  gloria  e  vanta. 

E  voi,  Spada  gentil,  che  posto  havete 
Me  sopra  il  ciel,  come  lo  Scali  il  Berna, 
Più  di  lui  degno  di  corona  siete. 

Come  io  son  degno  di  memoria  eterna 
Più  dello  Scali,  che  del  fatto  mio 
Feci  in  Genua  stux>iie  ogni  taverna. 

Anzi  adorato  come  un  Semidio 
Era  da  tutti,  e  mi  tenner  da  tanto. 
Che  di  farmi  lor  duce  hebber  disio. 

Ma  io  ch'all'hora  non  conobbi  quanto 
M'offerivano  i  Cieli,  rifiutai 
La  bella  occasion  del  ducal  manto, 

E  la  superba  Genua  lasciai, 
E  a  gustar  altre  biete,  altre  ricotte, 
Eatto  alla  volta  di  Ferrara  andai. 

Ma  perchè  veggio  homai  fuggir  la  notte 
E  la  lucerna  ha  consumato  l'oglio 
E  '1  dì  m'invita  a  le  continue  lotte, 

È  forza  di  dar  fine  (ond'io  mi  doglio) 
Al  dolce  ragionar  de  la  mia  Torta: 
Ma  lasciatemi  prima  empire  il  foglio. 

Ch'a  trattar  la  materia  anco  m'è  sorta 
Dove  si  cuoce  meglio,  o  dentro  il  forno, 
()  con  il  testo,  e  qual  è  via  più  corta- 


48  UN   POETA  BIZZARRO  DEL   '500 

Dico  senza  troppo  'ir  col  capo  attorno, 
Ch'il  forno  è  assai  miglior  che  non  è  '1  testo, 
Poiché  ne  cuoce  un  sol  trecento  il  giorno. 

Ei  dà  il  fuoco  più  egual,  fa  bene  e  presto, 
Travaglia  men  la  fante,  a  cui  sol  basta 
Di  far  la  Torta,  ch'il  fornar  fa  il  resto. 

De  le  quattro  tre  volte  mi  s'è  guasta 
La  Torta  in  casa,  quando  la  massara 
Hor  con  la  teglia,  hor  còl  carbon  contrasta. 

Il  forno  infatti  è  una  cosa  rara, 
Si  risparmia  le  legna,  e  la  fatica 
Ch'in  casa  ti  verrebbe  troppo  cara, 

Oltre  che  quest'usanza  è  molto  antica, 
E  del  gittar  de  le  finestre  il  lardo 
Sappiam  che  fu  l'antichità  nemica. 

La  qua!  con  un  giudici©  lento  e  tardo 
Attese  a  crivellar  tutte  le  cose, 
E  fisso  all'util  nostro  hebbe  lo  sguardo. 

Ella  ci  discoprì  mill'altre  ascose 

Incette,  onde  l'uom  spende  il  suo  quatrino 

Con  parsimonia  in  opre  gloriose. 

Hor  su  mancar  mi  sento  quel  divino 
Furor  di  poesia,  con  cui  m'ha  fatto 

Parlar  con  voi  due  giorni  il  mio  destino. 

Dunque  voglio  finir,  però  con  patto 
Che  men  mandiate  una  calda  calda. 
Perchè  mi  sento  hormai  vinto  e  disfatto; 

E  fate  ch'ella  sia  grossetta  e  calda. 
Come  fu  quella  che  già  mi  mandasti 
Nel  tempo  che  vivea  la  mia  Castalda. 

Fate  anco  che  sia  grande,  e  che  mi  basti 
A  Batiar,  ch'io  ne  son  desioso, 
Ohe  non  s'usan  qui  dentro  cotai  pasti. 

Dicemi  il  carceriere,  a  cui  già  roso 
Ho  il  cervello  gridando  Torta  a  ogni  bora  : 
«No  damoH  a  giù  pasto  tan  sobroso». 

O  fate  almeno,  che  la  mia  signora 
Mi  posila  mandiu-  qua  de  le  sue  Torte 
Bei  non  volale  che  per  Torta  io  inoraj 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500  40 

Che  a  voi  non  saran  già  chiuse  le  porte, 
Per  impetrar  del  mio  signor  Bezerra 
Che  quelle  calde  il  carcerier  m'apporte. 

Son  cinque  mesi  già,  ch'io  sto  sottera 
Sepolto  vivo  e  tempo  fora  hormai 
Di  metter  qualche  pace  a  tanta  guerra. 

Ch'all'ora  io  cesserò  di  tragger  guai 
Et  havrà  refrigerio  il  mio  lamento. 
Quando  vedrò  de  la  mia  Torta  i  rai; 

E  spero  all'hor  con  più  dolce  concento 
Cantar  l'alte  virtù,  c'hor  dir  di  questa 
Materia,  non  mi  lascia  il  mio  tormento. 

Che  più  di  quel  c'ho  fatto  a  far  mi  resta. 
Questa  sia  la  vigilia,  ch'ai  suo  honore 
Io  spero  all'hor  di  celebrar  la  festa. 

E  voglio  dir  di  lei,  che  '1  gran  Motore, 
Pria  che  facesse  l'huom,  fé  nascer  l'herba, 
E  n'ebbero  le  biete  il  primo  honore; 

Indi  è  che,  sia  pur  la  stagione  acerba, 
La  bieta  è  verde,  perch'ancor  natura 
Quel  suo  forte  natio  vigor  la  serba. 

E  parimente  de  la  Gattafura 
Dirò  coste  stupende,  e  del  butiro. 
Materia  infatti  a  molti  ingegni  oscura. 

E  mostrerò  che  quel  grande  elexiro. 
Che  pietra  di  filosofi  si  dice, 
È  l'olio,  d'onde  tante  opere  uscirò  ; 

ì*j  non  è  minerai  herba  o  radice 
Né  propolio,  o  antimonio,  in  cui  sol  spera 
Ogni  sciocco  alchimista  esser  felice; 

E  ch'egli  sia  la  quint'essenza  vera. 
L'anima  mundi,  e  che  sia  in  ogni  parte 
Terr'aria,  foco  et  acqua  e  ogni  altra  spera, 

Luna,  Mercurio,  Sol,  Venere  e  Marte 
Giove,  Saturno,  e  ch'egli  sia  ogni  cosa, 
Che  sia  l'uccel  d'Hermet  e  tutta  l'arte. 

Ch'in  lui  si  trova  quella. pietosa 
Virtù,  ch'in  oro  il  Mar  può  congelare. 
Che  Gebbero  e  Baccon  tennero  ascosa; 
Arch.  8tor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  4 


50  UN  POETA  BIZZARRO  DEL  '500 

Ch'ei  sia  l'auro  potabile,  e  sanare 
Con  lui  si  possa  ogni  mortai  ferita  : 
Tutte  materie  gravi,  alte  e  preclare. 

Ma  attendo  pria  da  voi  soccorso  aita, 
Da  voi,  Spada  gentil,  perciò  c'havete 
L'anima  cinta  di  vìrth  infinita, 

Et  a  giovar  altrui  so  che  tenete 
Volto  il  pensier,  onde  sperar  mi  lice, 
Che  col  vostro  valor  voi  mi  farete 
Gustar  la  Torta,  e  diventar  felice. 

in. 

Di  Mariano  Bonoscontro  sopra  un  Pastizzone  di  Daino  nelle 
nozze  del  signor  Marchese  di  leraoi. 

Son  io  Atteon  già  figlio  d'Aristeo, 
Ch'hebbi  troppo  in  amar  le  voglie  immerse, 
Talché  da'  cani  divorar  mi  feo 
Diana,  poich'in  cervo  mi  converse. 
Ma  in  ben  mutar  (!)  hoggi  il  mio  fato  reo 
Mi  fé'  l'istesso  cervo  e  a  voi  m'offerse, 
Onde  s'io  pasto  fui  di  cani  e  fiere, 
Hor  sarò  cibo  d'alme  illusti  a  altiere. 

Mi  ha  del  vostro  Camil  l'ingegno  e  l'arte 
Di  color  vaghi  e  di  bei  freggi  ornato, 
A  ciò,  principe  eccelso,  in  ogni  parte 
Risoni  il  vostro  nome  alto  e  pregiato. 
Voi  questa  carne  mia  divisa  in  parte 
Lieto  porgete  a  chi  vi  siede  allato. 
Che  le  viscere,  l'ossa,  i  corni  e  '1  nerbo 
Sol  per  Masi  di  Reggio  gli  riserbo. 

b)  Siciliane 

I. 

Apotemi  del  Dottare  di  legge  Mariano  Bonineontro  Palermitano 

Peusunu  alcuni  d'assiri  migliuri 
Di  tutti  l'autri  di  lu  so  paisi 


UN  POETA   BIZZARRO  DEL  '500  51 

Per  diri  chi  sti  nobili,  e  signuri 
O  mastri  in  Theologia  dotti  e  parlisi. 
Va,  ca  piglianu  tutti  un  grossu  erruri 
(Sibben  fussiru  principi  e  marchisi). 
Perch'a  stu  mundu  a  meritari  honuri, 
Si  vol'essiri  flghiu  di  burgisi 

Cui  è  fighiu  di  burgisi  nun  pò  fari 
Chi  n'haya  acutu  e  pellegrinu  ingegnu, 
E  chi  dignu  non  sia  di  guvernari 
Ogni  provincia  grandi,  ogni  gran  Eegnu 
Perchè  cui  sa  li  bestii  guardari, 
Chi  n'hannu  né  discursu  né  ritegnu. 
Ben  sapirà  cu  l'homini  trattari 
C'hannu  già  la  rasciuni  per  sustegnu. 

Chista  è  la  causa  chi  mastru  NicDla 
Gu verna  beni  sta  sua  monarchia, 
Perch\  so  patri,  chi  lu  misi  a  scola, 
Fu  di  li  boni  di  la  Brigarla 
E  fu  burgisi  di  burritta  azola 
Chi  tinia  mandra  e  siminava  urlia, 
E  fina  intantu  ch'illu  happi  la  stola 
Lu  paxxiu  sempri  di  tumi  e  cuccia 


II. 


Mariano  Bonincontro  a  lu  Signuri  Duca  di  Terranova 
per  la  morti  di  lu  Signuri  D,  Ferranti  so  Fighiu. 

Sta  su  la  prova  ndi  ristava  a  fari 
A  la  cuppella  di  lu  vostru  argentu, 
E  sarrà  chistu  l'ultimu  cimentu 
Chi  Poru  vostro  vinni  ad  afflnari. 

Nun  basta  lu  sapiri  guvirnari 
Un  regnu  in  paci,  in  guerra  ogni  moraentu 
E  senz'ha  viri  un'ura  mai  d'abbentu, 
Mentri  chi  l'antri  dorminu,  vigghiari. 

Né  dari  a  lu  so  Be  sanu  cunsighiu 
In  l'occurrentij  soi  stupendi  e  immensi, 
Ch'attirririanu  un  Pirru  e  un  Scipiuci, 


62  UN  POETA  BIZZARRO  DEL  '500 

Ma  è  necessariu  d'essiri  patruui, 
Comu  sarreti  vui,  di  vostri  sensi, 
Tollerandu  la  morti  d'un  tal  fighiu. 

in. 

Vecchiu  innamuratu. 

Amurì  ingratu,  Amuri  scanuscenti, 
Chi  ti  pasci  di  sangu  e  chiantu  humanu, 
Audi  li  giusti  mei  novi  lamenti, 
Lu  tortu  chi  mi  fai  crudili  e  stranu  : 
Ch'undi  yu  cridia  nexxiri  di  stenti 
Per  essiri  attimpatu  et  anzianu, 
Com'hora  mi  naxxissiru  li  denti. 
M'hai  misu  in  tantu  focu  atu  e  supranu 

Tu  sai  chi  mentri  iu  fui  giuvini  forti, 
Mai  di  lu  regnu  tò  m'appartai  un'hura, 
Undi  pativi  tant'aggravii  è  torti 
Ch'a  pinzarici  tremu  di  paura. 
Sarria  giust'hora  ch'in  cangiassi  sorti, 
C'haiu  già  un  pedi  'ntra  la  sepultura, 
E  lu  pinzeri  miu  fussi  di  morti 
E  no  di  bedda  angelica  figura. 

Non  è  la  mia  persuna  ne  l 'etati 
Conformi  all'arti  chi  m'hai  datu  a  fari; 
'         Diun'essiri  beddi  e  aggraziati 

L'amanti,  e  ricchi  di  forza  e  dinari, 
Poviru  yu  sii  cu  middi  infirmitati, 
Stnixxatu  e  chinu  di  lassami  stari 
(Jhi  sulamenti  st'occhi  scarcaghiati 
Fannu  li  lupi  e  li  babai  spagnari. 

Tu  divivi  a  lu  mancu  in  chista  imprisa 
Fari  nun  quali  di  sti  dui  partiti  : 
O  ad  idda  laida  coniu  la  zia  di  Lisa, 
O  a  mia  garzuni  cu  li  membri  arditi. 
Chi  cHHendu  intrambu  cunigli  di  disa 
Oveni  su  rei  fraciti  e  purriti 
Videnduridi  viBtuti  a  una  divisa 
BtarriHmu  iu  santa  pace  e  senza  liti. 


UN  POETA  BIZZARRO  DEL   '500  53 

E  s'iu  per  sorti  tegnu  li  suspira 
Per  ci  fari  mal  xchiauni  (sic) 
Lu  ventu  pr'unii  pocu  si  ritira 
Poi  nexxi  per  la  via  di  hi  thesauru. 
E,  azzò  non  s'inchia  la  mia  donna  d'ira 
Nun  trovii  autru  rimedili  né  ristaiiru, 
Chi  scruxxiri  la  seggia  o  la  gassina 
E  fari  und'iu  mi  trovii  ardiri  allauru. 

Un  jorim  tantu  flici  ch'in  ritinni 
Iju  xhiatu  intra  lu  ventri  a  min  dispettu, 
Ventu  lu  jetta  a  mari,  e  chi  m'abbinni  ! 
Mi  fu  bisogni!  stari  un  misi  a  lettu. 
Ma  tanti  mindi  detti  intra  li  minni 
Chi  iu  flci  cu  sanu  intellettu 
Ad  ogni  ventu  d'irgiri  l'antinni 
E  farici  la  burda  e  lu  trinchetto. 

lu  sugnu  risulutu,  vegna  via 
Lu  ventu  puru,  e  sia  ventu  libici, 
Di  darici  passaggiu,  ch'è  fullia 
Teniri  ventu  anzatu  intra  bilici 
Ch'in  ndi  voghiu  a  stu  casu  chiù  per  mia 
Chi  per  nudd'autra,  e  sia  l'imperatrici. 
E  si  la  mia  signura  si  nichia 
Fazzu  cuntu  ch'è  ruttu  di  radici. 

Quandu  iu  chiangiu,  idda  ridi  e  dici  a  tutti 
Chi  li  lagrimi  mei  nun  sii  liali 
Ma  sii  materia  d'humuri  corrutti 
Calati  di  la  testa  per  canali. 
Accussì  amuri  paxxi  di  sti  frutti 
Li  soi  snidati  vecchi  e  capurali, 
E  macari  cun  diu  quandu  sii  rutti, 
La  benda  c'impristassi  per  bracali. 

Ma  si  tu  si  potenti  e  giustu  Diu, 
Mostra  l'eftetti  di  li  toi  attributi  : 
Fa  chistu  feru  e  lajdu  aspettu  min 
Chi  para  beddu  e  chiìi  nun  mi  rifiuti. 
Poi  fa  ch'illa  ami  tantu  quantu  amu  iu 
E  li  prigheri  mei  benigna  ascuti; 
Chi  si  chistu  nun  fai  si  ingiustu  e  riu 
E  indignu  d'holocausti  e  di  tributi 


54  UN   POETI.   BIZZARRO   DEL    '500 

Chi  si  CU  la  bilanza  e  la  lingnella 
In  mezzu,  la  giustizia  si  pinci, 
N'è  giustu  ch'iu  sia  laidu  e  illa  bella 
D'und'è  la  causa  chi  tantu  Finfinci; 
Chi  si  fussi  com'iu  vicchiazza  e  fella, 
Sii  certa  ch'a  hi  frijri  li  sfinci 
Nun  dirria  lu  trippodu  a  la  padella 
Tira  fatti  in  dalla  va  ca  nii  tinci. 


MISCELLANEA 


DUE  LUOGHI  CONTROVERSI 

NELLA  GEOGRAFIA  DI  SICILIA  DELL' EDRISI 


I. 

I 

Alla  ricerca  del  Castello  di  AltChazan  (•). 

In  un  punto  della  descrizione  che  il  geografo  àrabo  Edrisi  fa 
della  Sicilia,  si  parla  di  un  castello,  Al  •  Ohazàn,  posto  «  in  cima 
d'un  monte  :  una  delle  più  belle  rocche  [che  mai  siano,  alla  quale 
appartiene]  una  delle  più  ubertose  pianure  :  prospero  paese,  con 
poderi  e  casali  ».  «  Scaturisce  di  qui  —  continua  l'Edrisi  —  il  fiu- 
me detto  Wàdì  -  al  ■  Amir  («  fiume  dell'emir  »  oggi  di  Misilmeri), 
il  quale,  scendendo  da  Al  -  Hazàn  lungo  i  fossi,  trova  le  acque 

di  Qugànah  e  lascia  a  tramontana  questa  terra  ;  tra  la  quale  e 

Óaflah  (comune  di  Cefalà)  [corrono]  nove  miglia.  Le  acque  [di 

Al  -  Hazàn  e  di  Qugànah]  si  congiungono  sotto  Mirnàw  (comune 

di  Marineo)  ;  lasciata  a  diritta  la  qual  terra,  che  si  discosta  un 

miglio  e  mezzo  da  Qugànah,  arriva  [il  fiume]  sotto  Misilmeri,  e 
lascia  questa  a  tramontana  alla  distanza  d'  un  miglio.  Da    Ma- 


(*)  Pubblicando,  or  sono  parecchi  anni,  alcune  osservazioni  sulla  Cro- 
naca arabo-sicula  di  .Cambridge ,  edita  dal  benemerito  Cozza-Luzi ,  pro- 
mettevo di  dire  qualche  cosa  sul  castello  di  Al  -  Chazàn ,  che ,  per  inci- 
denza, m'era  toccato  di  accennare  (v.  Arch.  star,  sic.,  1897,  pag.  196); 
quello  scritto  io  lo  davo  per  «prossimo»,  ma  ohimè!  son  passati  tanti 
anni  che  molti,  se  non  i  più,  tra  i  cultori  delle  nostre  memorie,  avran- 
no forse  dimenticato  quella  noticina  promettente  o...  compromettente  che 
si  voglia  dire.  Non  però  ho  io  dimenticato;  e  se  il  «  prossimo  »  si  è  mu- 
tato in  «lontano»,  è  da  attribuirsi  alle  vicende  imprevedibili  della  vita. 


56  MISCELLANEA 


rineo  a  Misilmeri  sono  sei  miglia  e  da  Misilmeri  al  mare  un  miglio 
grande.  Da  Al  -  Hazàn  a  Cefalà  mezza  giornata,  o  vogliam  dire 

a  un  di  presso  dieci  miglia,  ed  altrettante  da  Misilmeri  [a  Cefalà] 
sì    che    fa    una   giornata    [da   Al  -  Hazàn   a   Misilmeri]  ».    «  Da 

Al-Hazàn  a  Bikii  (comune  di  Vicari)  quindici  miglia».  «  Da  Al- 

Hazàn  a  Gatu  (Iato)  quindici  miglia  a  un  dipresso»  (1). 

In  base  a  queste  indicazioni  ed  al  fatto  che  il  fiume  di  Mi- 
silmeri nel  tratto  di  parecchie  miglia,  sì  a  monte  che  a  valle  di 
Marinèo,  è  oggidì  detto  Scanzano ,  l' Amari  annotava  che  il  ca- 
stello di  Al  -  Chazàn  dovesse  ricercarsi  presso  la  Ficuzza.  Però,  se 
da  Misilmeri  a  Marinilo  dice  V  Edrisi  che  sono  sei  miglia  ,  da 
Misilmeri  alla  Ficuzza  (Al  -  Chazàn)  ,  che  è  a  mezzodì  di  Mari- 
nèo, è  ragionevole  che  la  distanza  sia  più  di  sei  miglia  ;  onde 
1'  Amari  pensò  che  per  Misilmeri  —  Al  -  Chazàn  si  dovesse  dire 
sedici  o  forse  ventisei,  o  pure  che  qui  si  trattasse  di  miglia  fran- 
che ossia  leghe  (2). 

Questa  correzione  proposta  dall'  Amari  ha  bisogno  di  alcuni 
schiarimenti.  Il  Libro  di  Ruggiero ,  come  dal  grande  Normanno 
gli  eruditi  àrabi  chiamarono  l'opera  dell'Edrisi,  di  difetti  ne  ha 
molti,  nella  parte  matematica,  —  ])er  quanto  la  descrizione  sia  ri- 
cavata, come  pare,  da  relazioni  ufficiali.  Le  distanze  fra  le  varie 
località  si  danno  in  miglia  arabiche  ,  e  qualche  volta  franche  ; 
bene  spesso  però  vanno  notate  in  giornate  o ,  vogliam  dire  ,  se- 
condo il  tempo  impiegato  nel  percorrerle.  Ma,  sembra  strano,  la 
giornata  non  è  sempre  considerata  allo  stesso  modo  ;  così  ad  e- 
sempio  ,  e  restringendo  i  nostri  appunti  alla  Sicilia  ,  essa  si  fa 
taluna  volta  uguale  a  18  miglia  (Kahal  Maràh-Partinico),  talal- 
tra  a  20  (Al-Chazàn-Cefalà-Misilmeri) ,  or  a  23  (Kagusa-Butera , 
Marsala-Tràpani),  or  a  25  (Butera-Licata-Girgenti,  Girgenti-Sciac- 
ca) ,  or  a  30  (Canimarata-Castel  di  Plàtani) ,  e  fin  a  30  (Sutera- 
Oirgenti).  E  questo  senza  contare  la  distinzione  tra  giornate  leg- 


(1)  Biblioteca  arabo  -  nicula  di  Michele  Amari,  Torino-Ronm,  E.  Loe- 
■cher,  1880,  voi.  I,  83  sgg. 

(2)  II  miglio  fruuco  torna  al  triplo  dell'  arabico  ,  il  quale  v  uguale  a 
m.  1481,  digerendo  per  tal  modo  pochisBimo  dal  miglio  siciliano,  lu.  1487, 
unificato  il  1809. 


MISCELLANEA  57 


giere  e  giornate  (fraudi  ;  per  cui  una  giornata  leggiera ,  che  è  di 
18  miglia,  può  arrivare,  a  furia  d'ingrandirsi,  fino  a  30  miglia  , 
(;ioè  al  doppio.  E  non  sempre  è  detto  se  s'ha  da  prendere  la  mi- 
sura leggiera  o...  la  pesante. 

Dal  che  nasce  che  per  i  nomi  di  luogo— e  son  veramente  po- 
chissimi, e  intendiamo  sempre  riferirci  all'  opera  dell'Edrisi — di 
cui  o  non  si  conservò  presso  gli  Àrabi  il  primiero,  se  preesistenti 
al  periodo  saraceno  ,  o  non  si  ha  notizia  che  siano  in  appresso 
altrimenti  esistiti,  riesce  difficile  la  ricerca,  quando,  in  ispecie, 
la  menzione  che  ne  troviamo  fatta  ci  oftie  incompleti  o  vaghi  i 
dati  pei  quali  si  possa  con  sicurezza  determinarne  il  sito.  Onde 
ben  a  ragione  l'Amari,  pur  riconoscendo  che,  «  secondo  tutte  le 
indicazioni  di  Edrisi  »,  il  castello  di  Al-Chazan  doveva  essere  e- 
sistito  nei  pressi  della  Ficuzza,  avvertiva  che  si  dovesse  correg- 
gere la  distanza  da  JMisilmeri,  perchè  di  certo  erronea,  o  sosti- 
tuire il  miglio  franco  al  miglio  arabico  ,  il  che  varrebbe  tripli- 
care questo  (1).  Però  questa  soluzione  non  è  stolta  accettata  da  tutti. 

II  compianto  prof.  Vincenzo  J)i  Giovanni,  prendendo  in  esame  e 
illustrando,  in  un  lavoro  che,  al  punto  in  cui  siamo  in  questo  ge- 
nere di  studii,  è  quanto  di  meglio  si  possa  desiderare,  —  illustran- 
do, dicevo,  il  diploma  di  Ke  Guglielmo  del  1182  alla  Chiesa  di 
Monreale,  credette  di  riconoscere  Al-Chazan  in  un  casale  Huzen, 
allora  in  rovina,  esistente  nelle  terre  assegnate  al  Monastero  di 
San  Nicolò  del  Chìircuro  (2).  Bove  sia  sorto  detto  Monastero , 
che  in  seguito,  nel  1200,  ebbe  da  Federico  II  la  concessione  di 
costruirsi  un  mulino  sul  fiume  Greto ,  sulla  via  che  portava  al 
parco  ,  nei  pressi  del  quale  aveva  dei  possedimenti ,  veramente 


(1)  11  ragguaglio  si  ricava  da  due  esempi  dell'Edrisi  stesso  (pagg.  87 
e  90  della  Bibl.  dell' Amaui)  :  «Tra  Corleoiie  a  Qal  'at  Tariq,  (=« rocca 
della  via  » ,  oggi  Tarueco  località  in  territorio  di  Corleone)  per  traniou- 
tana  [corrono]  nove  miglia  arabiche,  ossia  tre  miglia  franche  »;  «  da  Calta- 
bellotta  a  Sciacca  quattro  miglia  franche  ossia  dodici  miglia  [nostrali]  ». 

(2)  I  Casali  esistenti  nel  sec.  XII  nel  territorio  della  Chiesa  di  Monreale, 
in  Arch.  star.  Sic.,  voi.  XII,  1892,  pag.  450.  Notiamo  di  passata  che  la 
donazione  del  1182  non  è,  a  (pianto  pare,  che  una  conferma  di  altri  due 
diplomi ,  del  1149  e  del  1154 ,  che  si  riferiscono  alle  medesime  terre.  I 
tre  docc.  si  leggono  nella  raccolta  di  I>iplomi  greci  ed  Arabi  di  Sicilia  del 
CusA,  Palernjo,  1868,  pagg.  28,  34,  179. 


58  MISCELLANEA 


non  sappiamo,  per  quanto  il  Pirri  (1)  lo  confonda  con  8.  Maria 
delle  Grazie,  presso  il  Parco,  chiesa  edificata  di  pianta  nel  se- 
colo XVI.  Ma  ciò  non  importa  al  caso  nostro.  Vediamo  piutto- 
sto se  ci  riesce  di  determinare  con  sufficiente  chiarezza  i  confi- 
ni delle  terre  donate  ai  monaci  di  S.  Nicolò. 

Le  quali  terre  —  quattro  parecchiate,  cioè  120  salme  —  si  tro- 
vavano «  in  tenimento  Iati  »,  ed  avevano  questo  confine  :  comin- 
ciava esso  da  un  monticello  ;  seguiva  il  corso  di  un  ruscello  che 
scaturiva  da  esso;  andava  fino  ad  una  mandra  di  vacche  che  e- 
sisteva  sulle  sponde  del  fiume  Felu  («  que  cognoscitur  esse  in 
flumine  Felu  »),  il  quale  segnava  il  confine  sino  alla  sua  con- 
fluenza col  fiume  Huzen  («  quousque  iungitur  cum  flumine  Huzen»), 
saliva  fin  sotto  alle  rovine  di  Huzen  vecchio  («  subtus  diruta  e- 
dificia  Huzen  vetcris  »);  saliva  ancora  fino  ad  una  biforcazione 
di  vie,  fino  a  Mòdica,  e  di  là  a  certe  alture,  «  ad  cristam  »,  che 
ne  formavano  il  confine  orientale.  In  queste  terre  erano  il  casale 
Huzen  e,  come  s'è  visto,  le  rovine  di  un  castello  omonimo,  og- 
getto di  questa  nostre  investigazioni. 

Importa  ora  sapere  a  qual  parte  dell'antico  tenimento  di  Iato 
corrispondano  le  terre  in  tal  modo  designate.  Dei  fiumi  Felu  ed 
Huzen  se  ne  i)arla  come  confine  di  altre  terre  —  divise ,  così 
dette  nel  diploma  di  Guglielmo  —  il  cui  nome,  giunto  fino  a  noi, 
ma  inevitabilmente  storpiato  o  travisato,  ci  permette  tuttavia  di 
riconoscerle  con  grande  agevolezza.  Così  la  dirim  Benbarc  ha 
tra  i  confini  il  punto  «  quo  iunguntur  duo  flumina,  tìumen  Felu 
et  flumen  Huzen  »;  la  divisa  Desise  ha  ad  oriente  il  fiume  Felu  fino 
al  punto  in  cui  questo  si  unisce  col  fiume  che  scende  da  latina; 
la  dirifia  latini  poi  ha  tra  i  confini,  ad  occidente ,  il  fiume  Felu. 
Or  1m  Varca  (Benbarc)  e  JHsisa  (Desisa)  son  luoghi  ben  noti  , 
a<l  occidente  di  S.  Giuseppe  Iato  ;  ed  il  fiume  Felu  dovette  es- 
sere (|uello  che  oggi  è  detto  fiume  Disisa  nel  suo  corso  medio  e 
che,  i-accjolte  le  acque  a  mezzodì  e  ad  occidente  di  8.  Giuseppe 
Iato ,  prende  il  nome  di  Gianquadara  nel  suo  corso  inferiore  e 
va  fino  a  Balestrate  nei  cui  pressi  sbocca  nel  mare. 

Per  tanto  le  terre  assegnate  ai  monaci  del  Monastero  di  S. 
Nicolò  del  Chiircuro  furono,  come,  se  non  m'inganno,  ai)parisce 


(1)  Sicilia  $acra,  ed.  del  1733,  pagg.  129  e  160. 


MISCELLANEA  59 


da  quel  che  s'è  detto,  ad  oriente  delle  divise  La  Varca  e  Disisa 
e  propriamente  quelle  che  oggi  son  chiamate  contrada  Feddamò- 
nica  e  Guastedda,  e  che  si  trovano  sulla  via  dell'altra  contrada 
detta  Mòdica,  andando  verso  Alcamo  (1).  Il  fiume  Huzen  è  il 
corso  inferiore  dell'  Iato  (!he  unendosi  al  Felu  (Disisa)  segnava 
il  punto  di  confine  tra  La  Varca  e  San  Nicolò!  Pare.  Il  nome 
Felu  ci  è  stato  conservato  in  Feddamònica,  italianamente  Fella - 
mònica  !  Forse.  Ma  qui  s'entra  nella  via  delle  ipotesi,  e  l'etimo- 
logia quando  non  è  confortata  da  buone  ragioni  può  far  prendere 
dei  grossi  abbagli.  E  però  torniamo  al  castello  Huzen. 

Il  qual  castello,  se  fosse  l'Al-Chazàn,  ci  sorprenderebbe  di 
saperlo  rovinato  nel  1182 ,  quando  si  pensi  che  ancora  nel  1154 
(l' opera  dell'  Edrisi  fu  i)ubblicata  nella  prima  metà  del  gennaio 
1154)  era  valido  e  poderoso  da  esser  detto  una  delle  più  belle 
rocche  allora  esistenti;  ma  basterà  rammentare  la  descrizione  che 
l'Edrisi  fa  del  fiume  Misilmeri  e  la  distanza  del  castello  da  Iato 
per  concludere  che  Huzen  non  è  Al  -  Chazàn. 

Ancora  una  proposta.  lì  sac.  G.  Calderone  nelle  sue  Memorie 
storiche  (feografiche  di  Mnrineo  e  suoi  dintorni  (1),  pigliando  in  e- 
same  il  passo  dell'Edrisi,  non  dubita  che  Al-Ohazan  sia  esistito 
sul  Pizzo  Parrino ,  ultimo  della  serie  di  monti  che  corre  fino  a 
S.  Giuseppe  Iato  verso  occidente  e  che  si  eleva  di  fronte  alla 
Montagnola  di  Marinèo  ;  e  se  della  bontà  di  una  causa  facesse 
fede  il  calore  e  il  convincimento  che  si  portano  nel  propugnarla, 
nessuno  esiterebbe  a  dargliela  per  vinta.  Solamente  egli  vorrebbe 
che  in  luogo  di  leggere  che  il  Wàdì  -  al  -  Amìr  «  scaturisce  »  da 
Al-Chazàn,  si  leggesse  «  sbocca  »  —  contro  l'opinione  del  Jaubert, 
dello  Schiaparelli  e  dell'  Amari  (3).  E  invero  il  fiume  Scanzano, 


(1)  Cfr.  i  due  miei  scrittarelli  pubblicati  in  questo  Archivio  :  Iato  e 
latina  (Anno  1899 ,  pag.  310  sgg.)  e  Appunti  di  toponomastica ,  ecc. 
(anno  1903,  pag.  336  sgg.). 

(2)  Palermo,  Clausen,  1892,  voi.  I,  p.  I,  pag.  13,  sgg. 

(3)  E  dire  che  anche  nella  raftazzonatiira  ricavata  dall'opera  edrisiana 
e  che  va  sotto  il  nome  di  Geoyraphia  Nubiensis,  pubblicata  dal  Gregorio 
in  Ber.  arab.  (1790),  si  legge  «scaturisce».  Ma  già,  l'Edrisi  e  il  raffoz- 
zonatore  della  Nnbiensis  lavorarono  ognuno  per  conto  proprio,  cosìj  anzi 
par  che  l'Edrisi  non  abbia  fatto  che  ampliare  1'  opera  del  suo  predeces- 
sore, che  tale  fu,  e  il  quale  chiamò  Al-Chazàn  e  Bìcù  (Vicari)  Al-Horàz 


60  MISCELLANEA 


dop<»  aver  raccolto  le  acque  che  sceudono  dal  Busàmmara ,  dal 
Capidderi,  da  Canna vata  ,  Rossella  e  Buceci ,  s' incassa  in  un 
orrido  burrone  ,  fra  il  Parrino  e  la  Montagnola,  che  scendendo 
da  (luella  parte  a  perpendicolo  par  vogliano  sbarrargli  la  via  ; 
finché  ,  libei-atosi  da  quella  stretta  ,  «  sbocca  »  nella  valle.  Dal 
che  consegne ,  logica  conseguenza ,  che  Al  -  Chazàn  sorgeva  sul 
Parrino. 

Ma ,  e  la  distanza  in  dieci  miglia  da  Celala  ?  Si  fa  presto  a 
trovarla,  prendendo  la  vìn  che,  scendendo  dal  monte  per  mezzo- 
giorno, gira  intorno  al  bosco  Cappidderi,  allungandola  così  quasi 
del  doppio  di  quello  che  veramente  sarebbe  se  si  seguisse  la  via 
diritta  e  più  praticabile  a  mezzodì  di  Marinèo.  —  E  la  equidi- 
stanza da  Vicari  e  da  Iato!  Eh  !  basta  un  po'  di  buona  volon- 
tà!...—  E  posto  che  le  acque  di  Qugiànah  siano  il  lìumicello  di 
Parco  Vecchio  e  il  «fiume  dell'Emiro»  il  fiume  Scanzano,  come  in 
fondo  in  fondo  aveva  opinato  anche  l'Amari,  Al-(.'hazAu  non  de- 
ve ricercarsi  verso  la  sorgente  dello  Scanzano,  «  che  scendendo 
da  Al-Chazàn  lungo  i  fossi  trova  le  acque  di  Qugiànah  »  f  E  allora 
non  bisogna  ritornare  sullo  Scanzano  ? 

Tutto  sommato,  una  grande  disparità  di  [)areri  ;  sarebbe  i)ro- 
prio  il  caso  di  dire  che  ognuno  tira  l'acqua  al  suo...  Al-Chazàn. 
E  anch'io,  confesso,  avrei  voluto  dire  la  mia;  anzi  avevo  pensato 
a  lungo  da    qual    parte   convenisse    meglio  tirare    il  fu  castello 


e  N'icos,  nomi  che  dicono  molto,  significando  il  primo  «  alpestre  »  —  che 
iiou  i>otè  esuere  altro  clie  il  Parrino  —  e  il  secondo  «vittorioso», 
dalo  prima  a  Vicari,  che  ad  ogni  luogo,  tirando  or  da  una  parte  or  dal- 
Paltra  l'etimologia,  si  può  benissimo  appiccicare  vm  nome  greco.  Donde 
Al-Chazan  T  È  il  nome  di  colui  clic  dovette  jjossedere  quel  castello.  E 
NicosT  Si  sarà  combattuta  qualche  battaglia  in  quei  pressi,  e  qualcuno 
deve  aver  vinto,  —  è  indiscutibile.  Pur  tuttavia  l'A,  non  è  alieno  dal  con- 
cedere che  la  Geo(/r.  Nuh.  sia  stata  ricavatji  dall'Edrisi;  solo,  concessio- 
ne [H-T  concessione,  si  deve  ammetUn-e...  l'opera  di  uu'ailtra  ujaiu). 

Ma  la  preoccupazione  dell'  A.  è  nuinifestn  :  egli  vuol  dimostrare  che 
Marinèo  esisteva  allora  stilla  Montagnola.  Il  llunic  dell'Emiro  (così  ragio- 
na) è  il  tiumc  .Scanzano;  le  actiuc  di  Qugianiih  sono  il  iiumiccllo  del  Parco 
Vecchio  che  reèta  a  sinistra  dello  Scanzano;  e  ))oichò  lo  sbocco  di  Parco 
Vecchio  avviene  sotto  la  Montagnola  che  resta  chiusa  tra  le  due  aerine, 
è  evidente  che  MarimVi  esisteva  allora  sulla  Montagnola.  È  evidente?... 


MISCELLANEA  61 


di  Al-ChaziiD.  E  mi  ero  provato  peilìno  a  capovolgere  la  carta 
della  Sicilia,  seguendo  l'abitudine  dei  geografi  àrabi,  che,  avvez- 
zi alle  carte  disegnate  col  mezzogiorno  in  alto  ,  potevano  facil- 
mente cadere  nelP  errore  di  scambiare  tra  loro  i  punti  cardi- 
nali (1).  Avrei  trovato  facilmente  un  qualche  monte  su  cui 
collocare  il  turrito  castello  saraceno  ;  ma,  francamente,  il  rimedio 
m'è  parso  peggiore  del  male. 


Ora  esaminiamo  serenamente  e  per  sommi  capi  la  notizia  del- 
l'Edrisi,  e  «preudiamo — anche  noi  —  le  mosse  uscendo  dalla  ca- 
pitale», com'egli  comincia,  nel  suo  enfatico  linguaggio,  l'itinerario 
alla  volta  di  Castrogiovanni.  E  perchè  l'esame  riesca  più  ])rotì- 
cuo,  segno  qui  i  luoghi,  giù  noti,  dei  quali  è  menzione. 

Nota  l'Edrisi  :  da  Paleriuo  a  Misilmeri  sono  6  miglia;  da  Mi- 
silmeri  ad  Al  -  Chazàn  6  miglia  ;  da  Qugiànah  a  Cefalà  9  miglia; 
da  Marinèo  a  Qugiànah  1  miglio  e  mozzo  ;  da  Marinèo  a  Misil- 
meri 6  miglia;  da  Al-Chazan  a  Cefalà  mezza  giornata,  cioè  circa 
10  miglia;  ed  altrettante  da  Misilmeri  a  Cefalà;  quindi  una  gior- 
nata (20  miglia)  da  Misilmeri  ad  Al -Chazàn;  da  Al -Chazàn  a 
Vicari  15  miglia  ;  da  Al-Chazàn  a  Iato  15  miglia. 

Invero  non  si  potrebbe  pretendere  maggior  lusso  d'indica- 
zioni. Ma  è  appunto  questo  lusso  che  nuoce  alla  ricerca  ;  perchè 
la  deficienza  come  1'  eccedenza  non  sono  fattori  di  buon  ordine  : 
se  l'Edrisi  si  fosse  limitato  appena  ad  una  o  due  indicazioni,  ac- 
compagnate magari  dai  soliti  inni  alle  «  pianure  ubertose  »  ,  ai 
«  prosperi  paesi  »,  alla  «  copia  delle  acque  »  (o  Sicilia,  terra  bea- 
ta !),  —  se  ciò  fosse  stato  ,  dico,  la  descrizione  ,  spoglia  di  tutta 
quella  grazia  di  Dio  di  distanze,  sarebbe  riuscita  meno  confusa. 
Ma  noi  possiamo  bensì  fare  il  processo  al  passato,  non  possiamo 
però  pretendere  che  esso  dica  quello  che  ha  taciuto  o,  peggio, 
taccia  quello  che  ha  detto.  E  nel  nostro  caso  1'  Edrisi  ha  detto 
troppo:  bastava  meno  per...  metterci  in  imbarazzo! 


(1)  L'Edrisi,  infatti,  segua  la  distanza  tra  l'Elba  e  l'isola  di  Pianosa 
«  tra  settentrione  e  levante  »  ;  mette  Cagliari  «  a  capo  dello  stretto  che 
divide  hi  Sardegna  dalla  Corsica»;  e,  per  la  Sicilia,  atì'erma  che  Misil- 
meri resta  «a  tramontana»  <lel  tiume  dello  stesso  nome  mentre  vera- 
mente resta  ad  ovest,  e  simili. 


62 


MISCELLANEA 


Un  primo  intoppo  sorge  nella  distanza  tra  il  fiume  di  Misil- 
meri  (nessun  dubbio  che  si  tratta  di  esso)  e  l'abitato:  distanza 
che  è  detta  di  uu  miglio ,  e  sta  bene  ;  ma  è  poi  un  miglio ,  sia 
pure  «grande»  ,  la  distanza  da  Misilmeri  al  mare  ?  E  Misilmeri 
resta  proprio  «  a  tramontana  »  del  fiume  ?  L'  Edrisi  qui  non  è 
molto  forte  nelle  misure  e  nell'orientazione  ;  ma  andiamo  avanti. 


Palermo 


Misiiraeri 


Jato 


Marinèo 


Cefalà 


Vicari 


Scala  1  :  400000. 

5  10 


15 


Cliiloinetri 


I  Inoghi  coi  quali  è  messo  in  relazione  il  ctistello  di  Al-Cha- 
zAn,  son  tutti  notissimi,  meno  uno,  che  richiede  (lualche  spiega- 
zione, k  Qugiànah.  Questa  terra  manda  le  sue  acque  al  fiume 
detto  di  Misilmeri,  <lel  quale  resta  a  tramontana  ;  e  la  congiun- 
zione avviene  sotto  Marinèo,  che  dista  un  miglio  e  mezzo  da  Qn- 
gìààìah.  Quale  è  la  terni  di  QugiAnah  f  Le  tlue  acque,  di  Al-Cha- 
s&n  e  di  QugiAnah,  si  congiungono  «  sotti»  Marinèo  ».  <londe,  «  la- 
sciata a  diritta»  (|ueKt4i  terra,  procedono  oltre  vers»»  Misilmeri 
e  il  mare  :  dunque  (^)ngiànah  è  da  ricercare  prima  che  il  fiume 
giunga  sotto  Marine»»,  ne  molto  lungi  da  Marinèo,  —  «un  miglio 
e  mesfo»,  simmjìHcu  l' Edrisi. 


MISCELLANEA  63 


Noi  sappiamo  già  qual  conto  relativo  si  deve  tenere  di  questa 
scrupolosità  nelle  misure  itinerarie  edrisiane;  tuttavia  il  trovare 
oggi  a  un  tre  chilometri  a  sud  di  Marinèo  un  cozzo,  o  raonticel- 
lo ,  Guncemi  è  indizio  certo  che  siamo  sulla  buona  strada.  Ora 
si  noti  che  in  un  diploma  del  1095  (Pibro^  op.  cit.,  p.  76),  per 
cui  il  Conte  Ruggiero  donava  alla  Chiesa  di  Palermo  certe  terre 
nei  dintorni  di  «  Magnunnche  »  (  =  Malanuci),  è  detto  che  il  con- 
fine ad  un  certo  punto  va  «  ad  tiumen,  ad  Casale  de  Cochena  ». 
Tenendo  presente  che  tali  terre,  secondo  la  descrizione  che  se  ne 
fa,  dovevano  trovarsi  a  sud-est  della  montagna  di  Malanuci,  cioè 
sul  versante  meridionale  di  quella  serie  di  monti  che  si  spinge 
fino  a  S.  Giuseppe  Iato  ,  nessun  dubbio  che  il  «  flumen  »  sia  lo 
Scanzano  e  che  il  «  Casale  de  Cochena  »  sia  esistito  in  quei  pres- 
si :  onde  non  mi  sembra  troppa  presunzione  il  riconoscere ,  col- 
1'  Amari,  la  Qugiànah  dell'  Edrisi  nella  Cochena  del  1095  e  nel 
Cuncemi  di  oggi.  E  P  identificazione  risponde ,  come  s' è  detto, 
alla  distanza,  un  miglio  e  mezzo  da  Marinèo,  assegnata  dalPE- 
drisi,  e  quasi  esattamente  anche  a  quella  da  Celala,  sol  che  non 
si  voglia  prendere  troppo  alla  lettera  il  testo  del  geografo  àrabo. 

Perchè  non  si  ripeterà  mai  abbastanza  che  a  voler  rintracciare 
i  luoghi  col  compasso  alla  mano,  i  conti  non  tornano  mai.  E  noi 
ci  troviamo  proprio  in  questo  caso,  di  non  sapere  cioè,  arrivati 
a  questo  punto ,  da  che  parte  rivolgerci ,  se  non  ci  soccorresse 
la  ragione. 

È  chiaro  che  le  acque  di  Qugiànah  affluiscono  verso  il  «fiume 
di  Misilmeri»,  che  è  il  corso  principale;  ed  è  chiaro  che  risalendo 
il  corso  di  questo  fiume  si  doveva  giungere  al  monte  sulla  cui 
cima  sorgeva  il  castello  di  Al  -  Chazàn.  «  Questo  è  castello  in 
cima  d'  un  monte  »  —  assicura  V  Edrisi  —  ;  «  scaturisce  di  qui  il 
fiume  detto  Wàdì-al-Amir,  il  quale,  scendendo  da  Al-Chazàn  lungo 
i  fossi ,  trova  le  acque  di  Qugiànah  ».  Dove  ha  le  sue  sorgenti 
il  fiume  di  Misilmeri  ?  A  tale  domanda  1'  Amari ,  pur  facendo 
qualche  riserva,  non  esitò  a  rivolgersi  verso  la  Ficuzza;  qualche 
altro  invece,  meno  dubbioso,  affermò  recisamente  che  bisognava 
fermarsi  nella  vallèa  a  sud  di  Marinèo,  anzi  sul  Pizzo  Parrino, 
confortando  il  suo  dire  con  un  piano  concettoso  di  misure  e  di 
sorgenti,  di  toponomastica  e  di  idrologia,  di  rievocazioni  pagane 
e  di  leggende  cristiane  :  —  tutto  un  mirabile  apparato  di  critica 
storica  e  filologica  che  in  fatto  dimostra  nell'  espositore  una  per- 


64  MISCELLANEA 


fetta  conoscenza  dei  luoghi,  ma  in  effetto  lascia  nel  lettore  nua 
grande  perplessità.  E  nel  dubbio...  non  si  assolve. 

Tra  le  gravi  ragioni  addotte  da  quelli  che  dissentono  dall'o- 
pinione dell'Amari,  e  che  1'  Amari  stesso  non  nascose  ,  sono  la 
distanza  da  Misilmeri  e  la  mancanza  di  ogni  traccia  di  nome  a 
cui  appigliarci.  Ma  è  fuor  di  contesa  che  il  fiume  di  Misilmeri 
trae  le  sue  più  lontane  origini  dai  declivii  della  regione  Ficuzza, 
giù  giù  di  colle  in  colle,  di  pendice  in  pendice  fin  presso  a  Ma- 
rinèo,  dove  prende,  in  fondo  alla  valle,  forma  e  movenze  di  fiu- 
me. L'Edrisi  può  benissimo  aver  errato  nel  darci  la  distanza  da 
Misilmeri,  che  in  fondo  è  quella  che  oppone  maggiori  difficoltà: 
errori  simili  non  sono  inammissibili  ;  e  quanto  al  nome  del  ca- 
stello dobbiamo  rassegnarci,  .se  morto,  o,  se  ancor  vivo,  atten- 
dere che  ulteriori  indagini  ce  lo  discoprano ,  —  sebbene  non  mi 
sembri  tropix)  azzardata  la  credenza  che  esso  possa  vivere  tuttora 
sotto  una  veste  difforme  da  quella  d'una  volta. 

È  noto  quanto  cammino  fan  le  parole  nel  tempo  e  come  esse 
segnano  le  grandi  leggi  dell'evoluzione,  sì  che  non  è  raro  il  caso 
di  poterle  riconoscere  attraverso  il  velo  del  presènte.  A  chi, 
ignaro  delle  leggi  naturali  che  governano  il  linguaggio,  si  met- 
tesse a  considerare  delle  parole,  riuscirebbe  incomprensibile  come 
la  loro  sorte  sia  venuta  modificandosi  col  modificarsi  delle  abitudi- 
ni dell'uomo;  ma  se  queste  parole  noi  le  dilucidiamo  con  opportuni 
riscontri  etnografici,  se  le  mettiamo  in  rap])orto  con  tutta  una  se- 
rie di  cause  e  di  circostanze  che  le  precedettero,  se  pensiamo  che 
il  suono  —  che  è  il  primo  apparire  del  pensiero  e  la  figurazione 
astratta  della  jiarola  —  giunge  al  nostro  orecchio  i)rima  ancora 
della  percezi(Mie  del  significato ,  dobbiamo  ajiiiiu'ttere  che  la 
sorte  di  queste  parole  non  dipende  da  un  capriccio  del  i>oj>olo 
nò  ha  caratteri  saltuarii.  (^osì  avviene  clu^  molte  voci  straniere 
noi  le  accettiamo,  ma  sfigurate,  deformate  o  ,  i)iù  precisamente, 
adattate  alla  nostra  coscienza  linguistica;  così  è  che  ad  una  i)a- 
rola  mliema  si  deve  far  precedere  tutta  una  serie  di  forme  ,  a 
partire  da  quella  ])in  remota  ,  che  ne  costituiscano  come  a  dirt^ 
la  genealogia. 

In  base  a  che  si  addiviene  ad  una  tale  metamorfosi  (Ielle  pa 
role  T  II  t'Httiì  di  un  popolo  rlM>  cambia  la  sua  lingua  luui  è  una 
mera  i|MiteHÌ  :  e  a('cadut<»  rcalmeiit<'!  e«l  accadi^  ogni  giorno;  ita  è 
così  lenta,  così  graduale,  così  costante  <|uesta  evoluzione  che  par 


MISCELLANEA.  66 


insensibile  ,  ed  è  tutta  fondata  sull'affinità  fisiologica  di  suoni, 
che  rende  possibili  e  realmente  documentate  le  mutazioni  degli 
elementi  materiali  delle  parole.  Ma  io  vado  ripetendo  cose  già 
note. 

Or  è  possibile,  come  dicevo,  che  il  nome  del  castello  di  cui 
ci  siamo  occuj>ati  sia  morto;  ma  è  ancor  più  probabile  che  viva 
tuttora  sotto  una  veste  simile  alla  primitiva.  AlChazàn  non  è 
esso  II  Casale,  la  montagna  poderosa  che  impende  coi  suoi  larghi 
fianchi  e  le  sue  cime  merlate  sulla  regione  Ficuzza ,  e  domina 
tutt'intorno  la  pianura  circostante,  «  prospero  paese — una  volta — 
con  poderi  e  casali  »;  or  ricca  soltanto  di  acque  e  di  pascoli  !  Lo 
schizzo  che  segue  illustrerà^  meglio  che  la  parola,  la  nostra  do- 
manda, e  sarà  la  i)iù  logica  conclusione  al  lungo  dibattito. 


Misilmeri 


Jato 


■  Marinèo 

■  Cuncemi    ■ 

Cefalà 

Regione  Ficuzza 

M.  del  Casale 

■  Vicari 

Scala  1 :  400000 

0 

5                  10                 15 

1 

1                   1                   1 
Chilometri 

Rintracciare  l'origine  dei  nomi  è  cosa  non  facile;  facilissimo 
tuttavia  sarebbe  qui  addurre  l' ipotetica  esistenza  di  un  casale 
se  la  natura  dei  luoghi  non  lo  escludesse  recisamente  :  —  il  ca- 
sale suppone  un  agglomerato  purchessia  di  case  di  campagna , 
con  un  territorio  prossimo  atto  alla  cultura  ;  suppone  la  vita  a- 
gricola  che  dalla  casa  si  espande  nei  campi  e  da  questi  converge 
nella  casa;  suppone  la  comunione  tra  l'uomo  e  la  terra.  Ma  sulla 
Montagna  del  Casale  un  casale  non  fu.  A  che  dunque  tal  nome  ? 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  5 


66  MISCELLANEA 


La  lunga  familiarità  con  un  argomento  può  talvolta  far  velo  alla 
esatta  nozione  delle  cose  :  nulla  di  strano  quindi  ch'io  possa  in- 
gannarmi. Tuttavia  non  temo  di  far  appello  alla  filologia  invano, 
se  in  quel  Casale  io  vedo  il  Chazdn  dell'Edrisi. 

Corruzione  di  nome  agevole  a  comprendersi,  data  la  tendenza 
popolare  ad  assimilarsi  le  voci  che  suonino  strane,  ad  avvicinare 
a  sé  quello  che  è  lontano  dal  suo  modo  di  sentire  e  di  pensare. 
È  una  specie  di  nazionalità  linguistica  che  il  popolo  suole  accor- 
dare insieme  colla  sua  impronta;  e  quando  non  riesce  a  conser- 
vare la  sostanza,  salva  almeno  la  forma.  In  Mezzuiusu  (Mezzoiu- 
so) — per  dirne  una — ha  deformato  ben  poco:  facile  è  riconoscervi 
il  Menzil-  Yiisuf  (  m  casale  di  Giuseppe)  degli  Àrabi;  lontana  trac- 
cia dell'arabo  Menzil-al-anitr  resta  in  Musulumeri  (Misilmeri);  com- 
pletamente sfigurato  è  Menzil  -  Abdella  (regione  in  territorio  di 
Monreale)  in  Misilahedda.  Il  nome  Chazàn  nulla  disse  che  il  po- 
polo potesse  intendere;  e  il  popolo  lo  ribattezzò  in  suo  linguag- 
gio, ammettendolo  con  una  leggera  attenuazione  di  suoni  nel  suo 
vocabolario,  e  dandogli  un  significato  accessibile  all'intelligenza 
comune. 

Ben  s'intende  che  questa  mia  escursione  nel  campo  filologico 
non  ha  grandi  pretese;  ma  se,  come  ho  dimostrato  che  il  castello 
di  Al-Chazàn  non  può  essere  esistito  che  nei  pressi  della  Ficuz- 
za ,  sarò  riuscite  anche  a  dimostrare  che  II  Cabale  è  il  riflesso 
di  Al  -  Chazàn^  avrò  raggiunto  interamente  il  mio  scopo. 


II. 

ClMINNA   E  IL  SITO  DI  OhASU 

Fu  l'Amari,  che,  illustrando  l'opera  dell'Edrisi,  assegnò  a  Ci- 

minna  il  sito  di  Chasù.  Scriveva  l'Edrisi:  «Tra  Gaflah  e  Hasft  due 

miglia  franche  ed  altre  due  simili  da  Ilasù  a  Bikù  »  (1).  Giaflah 

e  Hlkù  sono  Cefalà  e  Vicari;  per  «Chasft»  l'Amari  intese  Ciminna, 
la  quale  resta  come  al  vertice  di  un  angolo,  i  cui  lati  ci  son  dati 


(1)  Amari  Bibl.  eoo.,  pag.  89. 


MISCELLANEA  67 


dalle  distanze  Ciminna-Cefalà  a  sinistra  e  Ciminna- Vicari  a  de- 
stra e  che  misurano  ciascuno  due  miglia  franche,  cioè  quasi  sei 
miglia  siciliane,  essendo,  come  risulta  da  parecchi  passi  del  geo- 
grafo àrabo ,  il  miglio  franco  il  triplo  dell'  arabico,  e  questo  di 
poco  superiore  al  siciliano.  Ma  la  fede  dell'Amari  non  essendo 
sorretta  da  i)rove  sicure  ,  all'infuori  della  corrispondenza  delle 
distanze,  ne  venne  ch'egli,  con  prudente  accorgimento,  modificas- 
se in  seguito  la  sua  prima  aftermazione ,  dicendo  che  Ciminna 
sorse  nel  sito  di  Chasù  «  o  poco  lungi  »  (1). 

Fu  obbiettato  all'Amari  che  egli  avea  dato  Ciminna  come  esi- 
stente nel  1123  (2)  ;  quindi  facile  giuoco  ebbe  chi  volle  cogliere 
in  fallo  lo  storico  dei  Musulmani  di  Sicilia,  essendo  l'opera  del- 
l'Edrisi  di  poco  posteriore  a  (luell'anno.  Però  non  fu  altrettanto 
felice  la  proposta'  di  vedere  Ciminna  in  un  «  Chemino  »  o  «  Elche- 
mino  »,  a  quanto  sembra  una  rupe  («  caput  Elchemini  »)  che  se- 
gnava il  confine  di  certe  terre  tra  Giuliana  e  S.  Margherita  Be- 
lice  (3)  :  troppo  lungi  per  tanto  dai  luoghi  di  cui  qui  è  parola. 
Eppure  l'indicazione  dell'Edrisi  è  esplicita:  Chasù  era  equidistante 
da  Cefalà  e  da  Vicari;  nessuna  traccia,  nessun  indizio  ne  addita 
il  sito  del  morto  casale  f 

Nel  diploma  àrabo-latino  del  1182,  per  cui  Guglielmo  II  do- 
nava alla  Chiesa  di  Monreale  gli  estesissimi  territorii  che  la  fa- 
cevano una  delle  diocesi  più  ricche  di  Sicilia,  si  trova  un'indi- 
cazione che  getta  un  raggio  di  luce  sulla  questione.  Siamo  sul 
confine  della  magna  divisa  di  Corleotie  —  così  eran  detti  i  territorii 
più  vasti  —  verso  oriente ,  cioè  dove  il  confine  cessando  d'esser 
comune  colla  divisa  di  Prizzi,  tocca  il  monte  Zurara;  «et  mons 
Zurara  —  continua  il  diploma  —  ex  australi  parte  et  occidentali 
pertinet  ad  Chasum;  et  vadit  per  summitatem  montis  et  descen- 
dit  ad  Kalabusamara  ;  et  ipsa    Kala  est  in    divisis  Corilionis  ». 


(1)  Storia  dei  Musulmani,  Firenze,  Le  Monnier,  1854,  voi.  Ili,  p.  776  n. 

(2)  Storia  ecc.,  Ili,  284.  Si  tratta  del  diploma  greco  che  il  Cusa 
comprese  nella  sua  Raccolta,  a  pag.  471,  dove  Ciminna  e  detta  Ktaóvva. 

(3)  Vedi  I  Casali  ecc.,  cit.,  in  Arch.  Star,  sic,  1892,  pag.  451;  e  cfr. 
Appunti  di  toponomastica  sul  territorio  della  Chiesa  di  Monreale,  in  Arch. 
medesimo,  1903,  pag.  344. 


6S  MISCELLÀNEA 


Se  il  monte  Ziirara  fu  1'  altipiano  boscoso  del  Cappidderi  dove 
dai  «ghidran»  (=«  paludi»)  venne  il  nome  al  Comune  di  Godrano 
e  deve  termina  digradando  la  mole  inponente  della  Montagna 
del  Casale,  e  poiché  il  Busàmmara,  da  cui  prendeva  nome  il  ca- 
stello (Kalat)  è  quel  tratto  della  montagna  medesima  che  scende 
a  precipizii  e  burroni  dal  lato  che  guarda  mezzogiorno,  la  ricerca 
di  «  Chasfi  »  «  Chasum  »  non  i)resenta  piìi  delle  grandi  difficoltà. 
Anzi  nessuna  difficoltà ,  se  si  considera  la  seguente  notizia 
che  ricaviamo  dall'Archivio  Capitolare  di  Girgenti ,  di  cui  sono 
stati  di  recente  pubblicati  parecchi  importantissimi  documenti 
del  periodo  normanno  —  svevo  (1).  Si  tratta,  per  il  caso  nostro, 
del  LiheUus  de  sìwcessioìw  pontijicum  Agrigcnti  et  de  Institutione 
prebendarum  et  almrum  eccUsiarum  dyocesis  di  cui  gli  scrittori,  a  co- 
minciare da  Rocco  Pirri ,  avevano  avuto  ,  qual  più  qual  meno , 
conoscenza.  Ed  ecco  che  cosa  vi  leggiamo  a  proposito  delle  pre- 
bende istituite  in  favore  della  Chiesa  agrigentina  ,  quando  nel 
1093  il  Conte  Ruggiero,  restituita  alla  cristianità  la  Sicilia ,  la 
popolava  di  chiese  e  di  monasteri:  «Tercia  prebenda  fuit  de 
Monte  Hasu  cum  tenimento  suo  scilicet  Casali  Fictalie  Cuteme 
et  Mizil  lusufu  ».  Dove  siano  esistiti  i  Casali  di  Fictalia ,  Cu- 
tema  e  Mizil  lusufu  ce  lo  dicono  i  nomi  che  oggi  sopravvivono 
alle  vicende  del  tempo  :  Fictalia,  che  è  la  4>iTàXY],  <^iTàXta  delle 
carte  greche  di  allora ,  è  la  regione  FitaUa ,  che  si  adagia 
sui  versanti  delle  montagne  omonime ,  breve  diramazione  del 
monte  Casale  che  volge  a  sud-est  e  che  raggiunge  col  Pizzo  della 
Mezzaluna  circa  mille  metri:  —  una  modesta  borgata,  Campofelice 
di  Fitalia,  nelle  pendici  settentrionali  delle  montagne  di  Fitalia, 
raccolse  l'eredità  dell'antico  casale  ;  Cutema ,  che  si  scrisse  an- 
che Cutemi^  è  l'altra  regione ,  Ouddemi ,  che  continua  in  piano , 
verso  sud-ovest,  le  terre  di  Fitalia:  del  suo  casale  e  del  castello, 
ancora  in  piedi  nel  sec.  XVIII ,  non  resta  più  che  il  ricordo  ; 
Mizil  lusufu,  più  avventurato  dei  tre,  da  umil  «Casale  di  Giu- 
8epi>e»  che  era,  come  suona  correttamente  nelP  Edrisi  questo 
nome  (Menzil  Yùsuf),  divenne  il  popoloso  Comune  di  Mezzoiuso, 
a  nord  di  Fitalia. 


(1)  L^  ArehMo  Capitolare  di  Oirgenti,  ecc.  in  Arch.  stor.  «/e,   1903, 
pftg.  128  »gg. 


MISCELLANEA  69 


O  il  monte  Hasu  ?  —  Rocco  Pirri,  che  trasse  da  quel  «  Libel- 
lus  »  parecchie  note  ,  trascrisse  anche  ,  sebbene  scorrettamente, 
per  intero  la  notizia  da  noi  riferita  provandosi  ad  illustrarla.  E 
cominciò  col  trasformare  in  monte  «  Hazu  »  quel  che  nel  testo 
aveva  detto  monte  «  Hasu  »;  e  terminò  ,  doi)o  una  critica  molto 
superficiale  e  difettosa  ,  affermando  che  questo  monte  è  «  forte 
potius  »  il  «  letum  »  di  Plinio.  Ma  né  dalla  penna  di  Plinio  uscì 
mai  la  parola  «  letum  »  ,  sì  quella  di  «  letenses  »  ;  né  il  monte 
Hasu  ha  nulla  che  vedere  col  monte  su  cui  sorse  la  città  di 
lete  o  Iato,  distrutta  nel  1246  da  Federico  II  imperatore,  nella 
caccia  agli  ultimi  Musulmani  di  Sicilia  (1).  Ben  altra,  per  tanto, 
è  la  via  da  tenere. 

La  Montagna  del  Casale  che  simile  a  poderosa  barriera  si  leva 
di  tra  il  verde  dei  boschi  dalle  valli  di  Corleone  e  della  Ficuzza, 
procede  compatta  da  occidente  ad  oriente  per  una  lunghezza  di 
circa  dieci  chilometri;  qui  piega  a  sud  -  est  per  pochi  chilometri 
ancora,  allargando  la  sua  base,  perdendo  quell'asprezza  e  quella 
nudità  uniforme  che  le  è  caratteristica ,  finché  le  sue  linee  di- 
ventan  meno  rigide,  le  sue  pieghe  più  abbondanti;  e  dalla  Por- 


(1)  Contrariamente  a  (juanto  è  stato  asserito  da  altri,  a  me  non  pare 
che  il  Pirri  abbia  avuto  una  «notizia  vaga»  del  lAhellns  anzidetto,  poi- 
ché egli  dichiara  (pag.  1122  dei  2**  volume  ,  ed.  del  1733)  di  ricavare 
quella  notizia  da  un  codice  a  cui,  con  qualche  svarione,  assegna  la  nota 
intitolazione,  avvertendo  che  esso  si  conservava  nei  Registri  della  Can- 
celleria ,  a  fog.  130  ;  ma  non  dice  di  quale  anno.  La  serie  dei  Registri 
della  R.  C.  nell'Archivio  di  Stato  di  Palermo  è  incompleta,  cominciando 
coiranno  1343. 

Comunque  l' errore  suo  di  aver  portato  una  grande  confusione  nel 
passo  ch'egli  volle  illustrare,  è  evidente;  e  non  vai  la  pena  rilevare  la 
descrizione  ch'egli  fa  del  monte  altissimo,  scosceso  da  ogni  parte,  natn- 
ralmente  fortitìcata,  sparsa  la  cima  dei  ruderi  di  una  grande  città,  detto 
Monte  di  Oazo  (anche  questa  !)  verso  oriente,  da  una  Grotta  di  Gazo  dal 
greco  fàioL,  ricchezze,  ecc.;  —  non  Val  la  pena,  ripeto,  rilevare  tutto  ciò 
se  non  in  quanto  che  certi  compilatori  di  notizie  geografiche  non  fecero 
altro  che  saccheggiare  il  Pirri  :  basta  dare  un'  occhiata  a  La  Sicilia  in 
prospettiva  di  G.  A.  Massa  (In  Palermo  M.DCCIX.  Nella  Stamparla  di 
Francesco  Ciche),  dove,  alla  voce  Iato,  fu  portato  di  peso  quanto  aveva 
il  Pirri  ammannito  su  Gazo  e  Iato. 


70  MISCELLANEA 


tella  del  Vento  ,  ch'è  il  valico  più  facile  tra  i  due  versanti, 
scende  a  grado  a  grado  per  le  convalli  dell'Amendola,  che  corre 
ad  alimentare  il  fiume  Vicari,  mentre  a  settentrione  si  disgrega 
in  una  successione  di  colline  ammantate  di  larici  e  di  querce , 
che  si  spingono  sino  a  Godrano,  sino  a  Mezzoiuso.  Or  dalla  Por- 
tella  del  Vento ,  in  cui  viene  a  strozzarsi  il  dorso  immane  del 
Casale,  si  diparte  uno  sperone  che  per  due  vette  spia  sulle  pia- 
nure circostanti  e  sulla  prossima  catena  di  Fitalia.  Le  due  vette 
sono  di  facile  accesso;  e  l'una,  la  più  eccelsa,  ha  nome  Pizzo  di 
Maràbitu,  l'altra,  che  di  qualche  centinaio  supera  i  mille  metri, 
è  detta  Pizzo  di  Casa. 


Cefalà 


Cini  lima 

■ 

Mezzoinso 

■ 

M.  del  Casale 

%    \  P-  di 

Casa 

/>*         \ 

■  Vicari 

A 

•fe 

\ 

Scala  1 :  4U0000 

0 

5                 10                15 

1 

1                   1                   1 
Chilometri 

Non  io  andò  rintracciando  ruderi  che  più  non  sono,  o  facendo 
disquisizioni  filologiche  che  annebbiano  la  mente  ;  ma  il  sapere 
Pizzo  di  Casa  nei  pressi  di  Fitalia  ,  il  vederlo  incuneato  fra  le 
terre  di  Guddemi,  F'italia  e  Mezzoiuso,  il  trovarlo  ad  ugual  di- 
stanca— circa  sei  miglia  — da  Cefali\  e  Vicari,  ad  uno  dei  vertici 
del  quadrangolo  Pizzo  di  Casa— Cefalà— Ciminna— Vicari,  ci  au- 
torizza a  concludere  :  (juesto  fu  «  monte  Hasu  »  e  qui  fu  «  Chasft  » 
o  «  Ohasuu)  ». 


MISCELLANEA  71 


È  dunque  da  escludere  che  Ciminna  sia  sorta  sul  sito  di 
Ohasù  o  poco  lungi ,  restandone  essa  ben  lontana.  Ne  è  da  far 
colpa  al  popolo  se  esso,  ragionando  come  può  e  sa  sul  significato 
delle  voci  che  per  innato  spirito  di  conservazione  ci  tramanda , 
adatta  all'indole  sua  e  al  suo  linguaggio  quella  spiegazione  che 
gli  è  familiare;  e  di  «  Ohasù  »  fece  «  Casa  ». 


Giorgio  La  Corte 


DELLA  MEMBRANA  GABELLARUM 

E  DE'  CAPITOLI  DELLA  NADARIA  E  DELLA  CAMPERIA 
DELLA  TERRA  DI  ALCAMO 


La  Membrana  gabellarum  terrae  Alcami  anni  praesentis  VII 
indkt.  MCCCLX  VII  sub  regia  dictione  (1)  ed  i  Capìtoli  della  Nada- 
ria  e  della  Camperia  del  1588  furono,  come  il  lettore  ben  sa,  pub- 
blicati dal  Di  Giovanni  in  coda  alle  sue  Notizie  Storiche  della 
città  di  Alcamo,  unitamente  a  diverse  altre  «  cose  Alcamesi  ine- 
dite » ,  quali  i  Capitoli  del  1398,  una  lettera  del  re  Martino  dello 
stesso  anno,  i  Privilegi  del  1551  e  1564,  il  Sommario  dei  privilegi 
grajsie,  immunità,  franchigie  ed  altro,  concessi  alla  città  di  Alcamo 
e  Degli  Oiudei  in  Akamo.  I  Capitoli  del  1398  e  la  lettera  del  re 
Martino  furono  dall'  illustre  editore  estratti  da  un  volume  della 
Regia  Monarchia,  conservato  nel  Grande  Archivio  di  Palermo  ; 
i  Privilegi  del  1564  da  una  copia  autentica  ch'è  nella  Biblioteca 
Comunale  Palermitana;  la  Membrana,  i  Privilegi  del  1551,  i  Ca- 
pitoli del  1588,  il  Sommario  e  Degli  Giudei  dal  noto  manoscritto 
del  D.r  Ignazio  De  Blasi  :  il  Discorso  Storico  dell'opulenta  città 
di  Alcaiìw. 

Il  De  Blasi  credette  che  le  tasse  di  cui  parlasi  nella  il/e?/t&rana 
gabellarum  e  nei  Capitoli  della  Camperia  e  della  Nadaria  fossero 
state  comunali  ,  e  perciò  trascrivendo  1'  una  e  gli  altri  nel  suo 
JHscorso  Storico  formonne  un  capitolo  così  intitolato  :  «  Stato  an- 
tichissimo del  patrimonio  dell'Università  di  Alcamo  »,  e  vi  pre- 


(1)  Nel  Db  Blasi  l'intestAtura  di  questa  gabelle  è  scritta  così  :  Mem- 
bra GabelUirutn  terme  Alcami  anni  pres.^^*  ?.••  ind.  1367  iuhBegUi  Dictione. 

11  Di  Oiovannì  ,  come  vedesi  ,  stimò  conveniente  di  recarvi  alcuno 
mtMlitlciizioiii  )(mtlclic  ;  e  ciò  non  solo  in  essa  intestatura,  ma  pure  in 
non  ptK'he  parole  del  contimto  (Cfr.  sul  propo»4Ìto  il  mio  scritto  :  Delle 
Muraglie  e  l'or  te  della  città  di  Alcamo). 


MISCELLANEA  73 


mise  le  seguenti  formali  parole  :  «  Siccome  di  sopra  si  è  data  no- 
«  tizia  dello  stato  presente  del  patrimonio  di  questa  Università 
«  d'  Alcamo  ;  così  ora  si  dà  cognizione  dello  stato  antichissimo 
«  dell'istesso  patrimonio,  i  di  cui  introiti  erano  provenienti  dal- 
«  l'infrascritte  Gabelle,  come  si  detegge  da  un  manoscritto  anti- 
«  chissimo  del  tenor  seguente  ». 

Basato,  forse,  su  tali  parole  e  su  tale  intitolazione  il  Di  Gio- 
vanni a  pagg.  36-39  delle  precitate  sue  Kotizie,  commentando  la 
suddetta  Membrana  e  i  suddetti  Capitoli,  scrive  quanto  appresso  : 

«  La  Membrana  Gahellarum  del  1367  prescrive  poi  gli  ufflcii  e 
«  i  diritti  del  Baglio  e  della  sua  Corte  a  cui  era  commessa  la 
«  polizia  urbana  e  rurale  ;  e  dalle  prescrizioni  rispetto  ai  campi 
«  chiusi  e  aperti  di  vigne,  e  al  pascolo  della  bestiame ,  si  ri- 
«  leva  che  così  com'oggi  dovettero  essere  abbondanti  i  vigneti 
«  in  Alcamo  in  quel  secolo  XIV.  Nelle  strade  e  nelle  piazze  era 
«  proibito  con  pene  pecuniarie,  il  gettar  paglia,  erbe,  immondez- 
«  ze  ,  e  vi  era  un  gabelloto  della  momUzza  in  favore  di  cui  era 
«  applicata  la  pena.  La  caxia  per  gabella  di  posseasìone  riguarda 
«  le  vendite  e  le  compre  e  le  donazioni,  le  quali  portavano  una 
«  tassa;  anzi  le  gabelle,  o  le  vendite  con  diritto  di  ricompera  ac- 
«  quistavano  certi  diritti  ,  che  entrano  in  materia  civile.  La 
«  doana  della  terra  e  la  doana  di  mari  contengono  tutti  i  pro- 
«  venti  della  Università  per  fiere,  mercanzie,  estrazioni,  commer- 
«  ci  di  fuori  regno;  ed  è  da  notare  che  per  i  legni  che  andavano 
«  a  caricare  «  in  lo  carricaturi  di  lu  Valium  »  ci  era  franchezza 
«  di  doana  e  di  schifatu  i)er  pane,  biscotto,  formaggio,  carne,  ca- 
«  ciocavallo,  vino  ed  altre  vettovaglie  che  o  uscivano  dal  legno 
«  0  se  ne  provvedeva  il  legno.  La  iScannatura  o  il  macello  porta 
«  eziandio  le  sue  tasse  ,  e  solo  ne  era  esente  la  selvaggina  ;  e 
«  nella  Gabella  dello  pilo  la  vendita  e  comi^ra  degli  animali  ca- 
«  vallini  pagava  tari  uno  a  testa;  e  tino  ci  6  una  tassa  di  Bar- 
«  daria,  la  quale  dava  il  decimo  della  rendita  al  gabelloto.  Al- 
«  tre  gabelle,  come  quella  dello  fumo  delli  giaramidi ,  cioè  delle 
«  fornaci  di  mattoni  per  murare,  detti  pantofali  o  pianelle,  della 
«  tintura  di  tela  e  di  panno,  dell'arco  dello  cottuni,  cioè  del  nego- 
«  zio  di  cotone,  davano  all'Università  il  decimo;  e  le  gabelle  del 
«  vino,  carne,  salame,  olio,  formaggio,  davano  non  poco  reddito  in 
«  una  città  tutta  agricola  e  che  molto  consumava  di  siffatte  cose, 
«  tanto  da  lasciare  ai  borgesi  singolari  privilegi  nello  smercio  0 
«  nella  compra  specialmente  del  vino. 


74  MISCELLANEA 


«  Gli  Statuti  poi  o  Capitoli  della  Nadaria  del  1588,  riguardano 
«  le  sanserie  e  i  pesi  e  le  misure,  e  la  vendita  delle  carni;  come 
«  quelli  della  Camperìa  i  danni  che  poteva  fare  nelle  campagne 
«  il  bestiame,  le  multe  e  le  pene  corrispondenti. 

«  Si  sa  bene  come  ai  giurati  delle  terre,  sia  demaniali  sia  feu- 
«  dali  istituiti  da  Federico  Imperatore  e  meglio  ordinati  da  Fer- 
«  derico  Aragonese  quanto  alla  loro  relazione  col  bajulo  e  agli 
«  uffici  appartenuti  agli  uni  e  all'altro,  apparteneva  l'amministra- 
«  zione  delle  rendite  e  del  patrimonio  delle  Università ,  la  cura 
*  dell'annona  e  la  sopraintendeuza  dei  pesi  e  delle  misure  e  dei 
«  mercati,  oltre  a  quella  delle  fabbriche,  delle  strade  ,  della  cu- 
«  stodia  notturna,  o  della  pulizia  urbana  come  oggi  si  dice.  Ma 
«  non  potendo  a  nulla  provvedere  furono  separati  gli  uffici,  e  però 
«  nacquero  i  maestri  di  piazza,  detti  acatapani ,  i  maestri  della 
«  mondezza  per  la  nettezza  delle  strade  e  delle  piazze,  i  maestri 
«  delle  guardie  notturne  detti  xiurte  o  xiurteri  (magister  excu- 
«  biarum),  e  i  campieri  o  guardie  dei  campi  pei  danni  del  bestia- 
le me  o  a  cagione  delle  cacce;  alla  cui  giurisdizione  dava  sanzione 
«  il  bajulo ,  il  capitano  o  il  maestro  giustiziero;  e  per  compenso 
<c  era  a  favore  del  bajulo  la  multa  a  cui  era  sottoposto  chi  con- 
«  travveniva  agli  ordinamenti  della  Università ,  ovvero  nei  casi 
«  speciali,  andava  spesso  a  favore  di  chi  aveva  presa  a  suo  conto 
«  la  gabella  del  Comune. 

«  Cosi  in  questi  Capitoli  della  Università  di  Alcamo  pur  tro- 
«  viamo  bajulo,  giurati,  consiglieri,  giudici,  capitano,  maestro  di 
«  sciurta ,  campiere ,  e  tutti  gli  altri  ufficiali  che  formavano  la 
«  corporazione  municipale  e  rappresentavano  la  Università ,  ol- 
«  tre  al  Vicario  rappresentante  del  Barone.  Ma  è  da  notare  che 
«  Tacatapano  di  Messina,  di  Palermo  e  di  altri  luoghi,  è  in  Al- 
«  camo  chiamato  nadaro  e  quanto  entra  nella  sua  giurisdizione  è 
«  detto  Nadaria ,  materia  di  una  delle  gabelle  del  Comune.  Le 
«  gabelle  fiscali,  salvi  i  i)rivilegi,  erano  per  tutto  le  stesse  ;  ma 
«  le  gabelle  comunali  variavano  nelle  Università  diverse.  Intanto 
«  come  nel  secolo  XIV  troviamo  in  Palermo  fra  le  altre  le  ga- 
«  belle  dfllu  dohanarnniìuìn,  la  ffabeìla  hardariaruvi,  ingabella  fumi 
€  e  gabella  Jiyulorum,  hi  tintoria,  Va  gabella  arem  euetonis ,  dohaiM, 
«  oateif  yranuM  ohi,  le  stesse  gabelle  abbiamo  in  Alcamo:  e  se  basta- 
«  va  in  PaleriiKi  hi  ;4;il)(llii  della  ca^MÌa  soprai  servi  e  le  serve,  e 
«  l'altra  del  «;arlM)ut'  u  sodilisrare  il  salario  del  bajolo  e  dei  giua 


MISCELLANEA  75 


«  dici,  nei  capitoli  di  Alcamo  il  baglio  ritrae  i  suoi  proventi  da 
«  una  speciale  gabella  bajnlationw  nvh  grosso  pondere  ,  detta  al- 
«  trove  Baylìa,  la  quale  si  estende  non  solo  al  diritto  della  cassUi 
«  di  Palermo,  bensì  ai  lìermessi  e  alle  multe  per  l'andata  di  notte 
«  senza  lume,  alle  pene  per  danneggiamento  di  campagna,  e  per 
«  mancanza  di  bollo  nelle  cuoia,  e  alla  licenza  di  poterle  vendere, 
«  alla  tenuta  di  corte  a  minuto^  alle  multe  per  immondezza  get- 
«  tata  nelle  strade  e  nelle  piazze;  e  solo  non  entra  nella  Gabella 
«  o  Cassia  di  possessioni  ,  che  riguardava  la  tassa  sopra  le  com- 
«  pre  vendite  di  beni  stabili,  nella  dohana  della  terra  e  doana  di 
«  mari^  e  nelle  gabelle  sopra  notate,  le  stesse  che  in  Palermo,  e  già 
«  esistenti,  secondo  avvisava  il  Gregorio,  fin  da  tempi  normanni. 
«  La  (fabella  bucceriarum  di  Palermo  del  1336  è  in  Alcamo  la 
«  scaimatura,  e  quella  che  fu  la  cassia  della  guerra,  e  quindi  col- 
«  letta  del  Eegno,  fu  così  come  in  Girgenti  fatta  gabella  in  Al- 
«  caino  col  titolo  di  Cassia  di  possessioni  e  di  doana  di  terra  e 
«  doana  di  mari.  Né  è  da  tacere  sul  proposito  di  queste  gabelle 
«  del 'Università  di  Alcamo,  che  il  comune  faceva  quello  che  al- 
«  trove  facevano  i  baroni  ,  cioè  le  gabelle  fiscali  o  le  collette  si 
«  facevano  gabelle  oomunali,  siccome  in  questa  doana  di  terra  e 
«  doana  di  mare ,  che  era  la  cassia  per  la  guerra  di  re  Federico, 
«  poi  detta  gabella  nuova ^  in  cui  era  compresa  la  Cassia  o  assisia 
«  anche  detta  Gabella  di  possessioni  già  notata  di  sojìra  ». 

Sono  intanto  nella  stessa  Membrana  gabellarum  alcuni  parti- 
colari i  quali  dan  luogo  a  sospettare  di  potere  essere  tali  tasse, 
anziché  del  Comune,  imposizioni  del  feudatario.  Però  il  Di  Gio- 
vanni in  quei  capitoli  della  Membrana  ,  ove  appariscono  siffatti 
particolari,  se  n'esce  subito  con  mettervi  sotto  una  noterella  in  cui 
dichiarali  aggiunta  posteriore  e  del  tempo  in  cui  Alcamo  era  terra 
feudale.  Così,  il  capitolo  ove  sta  scritto  :  «  Item,  volsi  et  ordinao 
«  lo  sigmui  D.  Giajmo  di  Prado  dominando  in  questa  terra,  chi  li 
«  vigni  e  chiusi  chi  sono  alli  frunteri  di  la  terra,  et  di  fora  di  l'altri 
«  vigni  alli  frunteri  confinanti  con  jardini  e  tirreni  della  Univer- 
«  sita ,  siano  così  ben  chiusi  che  non  ci  possa  entrare  bestiame 
«  impasturata,  altrimente  non  si  intenda  incusa,  ma  che  lo  danni- 
«  ficato  po'  fare  prezare  lo  danno  propter  mandatum  di  lo  nobili 
«  secreto,  e  divilo  essere  rifatto  per  lo  patruni  di  la  bestiami  lo 
«  dannu,  e  lo  Bagliu  ni  seguita  l'accusa  come  fa  la  Camperia  ut 
«  supra  scriptum  est,  cioè  boi  e  cavallini  grana  cinque  per  testa 


76  MISCELLANEA 


«  e  vacchi  grana  dui  e  mezzo  per  testa  »,  dal  Di  Giovanni  è  cosi 
annotato  :  «  Questo  capitolo  ,  e  la  nota  del  capitolo  che  segue  , 
«  sono  una  giunta  iwsteriore,  o  degli  ultimi  anni  del  secolo  XIV, 
«  o  dei  primi  del  XV,  quando  Alcamo  fu  altra  volta  conceduta, 
«  e  1'  ebbe  questo  Giaimo  di  Prades  ,  couwsanguineo  del  re  Mar- 
«  tino,  fino  al  1423  ».  Il  capitolo  :  «  Item,  Burgisi,  ne  tavirnaro, 
«  ne  forastieri  ausa  intrari  vino  ne  musto  stranio  in  questa  ter- 
«  ra  per  vindiri  a  minuto,  ne  in  grosso,  ne  si  damentri  chi  alla 
«  terra  vi  è  vino  bono  et  utile  di  vindiri  in  piazza ,  et  che  li 
«  piazzi  siano  fornuti  di  boni  vini ,  ut  predicitur  sub  pena  di 
«  onze  4  :  d'  applicarsi  cioè  la  terza  parti  allo  denuntiatore  ,  la 
«  terza  parti  allo  Mastro  Erario  di  sua  Signoria  Ill.ma  ,  e  V  al- 
«  tra  terza  parti  allo  gabelloto,  e  di  perdere  lo  vino  d'applicarsi 
«  prò  ut  supra,  e  chi  l'accatta  senza  rivelarlo  allo  ditto  gabelloto 
«  sia  nella  medesima  pena  »,  dal  Di  Giovanni  è  annotato  :  «  Que- 
«  sto  articojo  è  giunta  posteriore,  cioè  del  tempo  che  Alcamo  era 
«  sotto  signore  feudale  »  (1). 

A  mio  giudizio,  pria  di  dar  come  certo  che  le  tasse  ond'è  parola 
nella  Membrana  e  nei  Capitoli  fossero  andate  a  benelìcio  del  Co- 
mune, occorreva  vedere  se  mai  nel  1367  e  nel  1588,  date  di  essa 
Membrana  e  di  essi  Capitoli,  la  terra  di  Alcamo  fosse  stato  de- 
maniale, ovvero  feudale;  e,  qualora  si  fosse  trovata  sotto  il  do- 
minio di  un  feudatario ,  appurare  quali  le  appartenenze  di  lui 
nella  Comunità  che  gli  era  soggetta. 

Or,  che  Alcamo  in  quel  tempo  fosse  stata  sotto  dominazione 
feudataria  pare  non  vi  sia  dubbio  di  sorta.  L' Amico  nel  suo 
Learicon  topoyraphieum ,  il  De  Blasi  nel  suo  Discorso  storico  e  il 
Bembina   nella   sua   Storin  ragionata  son  concordi  in  affennarla 


(1)  Un  altro  capitolo  è  così  espresso  :  «  Itera,  (lualchi  Borgisi  che  vole 
«  entrare  vino  in  la  ditta  Terra  d'  altra  Terra  \w.y  iiho  piopiio,  e  di  sua 
«  famiglia  Io  pozza  trasiri  senza  pagar!  la  gabella  grossa  di  tari  deci  per 
«  liutti  come  se  fussi  straneri ,  e  che  ditto  Borgisi  tanto  privilegiato, 
«  quanto  non  privilegiato  vorrìi  trasiri  vino  prò  ut  supra  habbia  da  rive- 
€  larlo  al  Gabelloto,  iiub  pena  di  vnse  -/,  tV applicarsi  cioè  la  tersa  parti 
Hallo  denunciiitore,  la  tersa  parti  allo  Erario  di  ma  lll.ma  Sif/noria  e  la 
♦  ter»a  parti  al  Gabelloto  ».  Senonchò  nella  edizione  della  Membrana^ 
fatta  dal  Di  («iovanni  le  superiori  parole  da  me  sottolineate  furono  omesse, 
e  [lerciù  il  rapiiMlo  non  ebbe  bisogno  di  essere  annotato. 


MISCELLANEA  77 


come  tale.  Lo  stesso  Di  Giovanni  a  pagg.  16-17  delle  sue  Notizie 
storiche  pubblica  un  brano  di  Luca  Barberi,  recante  alcuni  tratti 
di  un  privilegio  del  re  Pietro  II,  dato  in  Messina  addì  23  agosto 
Vili  ind.  1340 ,  in  virtìi  del  quale  privilegio  il  detto  re  Pietro 
concesse  in  feudo,  o  baronia  ,  al  Conte  Raimondo  Peralta  e  ai 
di  lui  eredi  e  successori  imperpetuum  la  terra  di  Alcamo  ed  il 
castello  di  Bonifato  (1).  Dopo  il  Peralta  e  regnando  Federico  III 
(1355-77) ,  fu  Alcamo  signoreggiato  da  Guarnerio  Ventimiglia  e, 
dopo  di  costui ,  da  Enrico  Ventimiglia ,  che  ebbelo  nel  1391  da 
Martino  Duca  di  Montalbo.  Difatti  in  un  diploma  del  detto  anno, 
riferito  dal  De  Blasi  e  dal  Benbina,  leggesi  ciò  che  segue  :  «  lllu- 
«  strissime  Princeps  et  Domine  ,  Domine  Martine  de  Aragona 
«  dux  Montis  Albi  etc.  Lu  vostru  fidili  sirvituri  Herrigu  di  Ven- 
«  timiglia  si  accumanda  a  la  vostra  Regali  Magistati.  Item  lu 
«  dittu  Herrigu  supplica  a  la  vostra  Magestati  chi  vi  plaza  di 
«  cunflrmare  assi  et  assoi  Redi  la  Terra  e  lu  Castellu  di  Alca- 
«  mu,  et  a  li  eredi  suoi,  la  quali  terra  appi  lu  patri  di  Arrigu 
«  di  la  santa  anima  di  lu  Signuri  re  Fidiricu,  la  quali  terra  rendi 
«  unzi  ducentucinquanta,  et  Arrigu  a  vostru  onuri  teni  per  ser- 
«  vimentu  di  la  vostra  Magestati  bacinetti  cinquanta.  Placet 
«  Dominis  Regi,  Regiuae  et  Duci  ».  Il  dominio  in  Alcamo  dei  sud- 
detti Peralta  e  Ventimiglia  vien  pure  attestato  dai  precitati  Ca- 
pitoli del  1398,  nei  quali  gli  Alcaraesi  domandavano  al  re  Mar- 
tino, il  Giovane,  oltre  a  varie  altre  cose,  di  conceder  loro  «  Ki  la 
«  dieta  terra  d'Alcamu,  la  quali  a  sui  principio  et  pri  longu  tempu 
«  fu  et  era  di  lu  demani u  »,  fosse  ridotta  e  restituita  «  a  lu  sou 

«  statu  pristinu  », ed 

aggregata  «  a  lu  numeru  et  lu  consortiu  di  li  altri  terri  regali  »; 
di  «  annullari  irritari  et  anichilari  ogni  donacioni ,  concessioni , 
«  quoque  alieuacionis  titulo  si  alcuni  sii,  tantu  pri  li  Serenissimi 
«  principi  bone  memorie  predecessuri  di  la  predicta  Reali  Mae- 


(1)  Il  Di  Giovanni  addusse  quel  brano  di  Luca  Barberi  a  fine  di  pro- 
vare la  coesistenza  delle  terre  di  Alcamo  e  Bonifato  nel  secolo  XIV.  Però, 
siccome  ho  mostrato  nello  scritto:  I}i  alcuni  antichi  edifizii  di  Alcamo, 
inserito  parte  nel  Granellino  e  parte  nella  Valigia  (giornaletti  <iuindici- 
nali  che  l'anno  scorso  pubblicavausi  in  questa  città),  dal  detto  brano  non 
rilevasi  affatto  ciò  ch'egli  ha  voluto  desumerne. 


78  MISCELLANEA 


«  Stati,  quantu  pri  In  Serenissimi  Princbipi  Re  d'Aragonia,  etiam 
«  quanta  pri  la  praedieta  Regali  Majestati  facti,  tantu  a  lu  Ma- 
«  gnificu  qdm  Conti  Raimundu  de  Perdita ,  quantu  ad  qdm 
«  Guarneri  de  Yentimilio,  quantu  etiam  ad  Enricu  de  Ventimi- 
«  già,  lu  quali  s'intitulava  Conti  di  Alcamu  »,  ed  allora  era  no- 
toriamente «  rubelli  a  la  ditta  Majestati  ». 

Re  martino  accolse  benignamente  la  domanda  degli  alcamesi 
e  con  un  Regie  Maje^ntati  placet  posto  sotto  alla  stessa  domanda 
e  per  decisione  del  parlamento  generale  da  lui  convocato  in  Si- 
racusa il  3  ottobre  1398,  Alcamo  venne  liberata  dal  dominio  feu- 
dale ed  incorporata  al  R.  Demanio.  Ma  questo  incorporamento  non 
durò  che  sino  al  1407.  In  esso  anno ,  in  virtìi  d'  un  così  detto 
alberano,  Martino  concedeva  Alcamo  ,  unitamente  a  Calatafimi, 
al  cugino  Giaimo  De  Prades,  il  quale  nel  1408  la  lasciava  in  re- 
taggio alla  figlia  Violanta,  che  poi,  nel  1414,  recolla  in  dote  a 
Don  Bernardo  Giovanni  Caprera.  Il  Caprera  e  la  Violanta  nel 
1457  la  vendettero  a  Pietro  Speciale,  col  patto  di  potersela  rilui- 
re;  come  di  fatti  fu  riluita  nel  1484  da  D."  Anna  Caprera  e  Xi- 
nienes  De  Foux,  nipote  dei  suddetti  coniugi  Caprera  e  De  Pra- 
des e  moglie  di  Federico  Enriquez  De  Aragona.  Da  costei  nel 
1534  passò  in  retaggio  al  nipote  Luigi  Enriquez  e  nel  1565  ad 
un  secondo  Luigi  Enriquez  e  nel  1596  ad  un  terzo  Luigi  Enri- 
quez, che  fu  signore  di  Alcamo  sino  al  1600. 

E  ciò  mi  pare  sia  più  che  bastevole  per  vedere  chiaramente 
come  negli  anni  in  cui  fu  fatta  la  Membrana  e  furon  fatti  i  Ca- 
pitoli Alcamo  fosse  stata  soggetta  al  dominio  feudale  e  non  al 
R.  Demanio. 

Andiamo  ora  all'altra  ricerca,  all'appuramento  cioè  delle  ap- 
partenenze di  esso  feudatario  nella  terra  a  lui  soggetta. 

Lasciò  scritto  il  De  Blasi  nel  suo  Discorso  storico  che  tra  le 
varie  domande  di  grazie  e  privilegi,  presentate  nel  1396  dal  sun- 
nominato Enrico  Venti  mi  glia  al  re  Martino,  vi  sia  stata  la  se- 
guente :  «  Item  supplica  lu  dictu  Erricu  di  Vintimilia  chi  plaza 
«  alli  Sirinissimi  Signuri  di  darli  e  de  novo  fari  donazioni  e  con- 
«  formazioni  di  lu  Castellu  e  terra  di  Alcamu,  renditi  gabelli,  e 
«  territori  (1),  colta  e  saiigu.  Item  et  de  novo  donationi  <^  confir- 


(1)  Ia  {Nirolii  tcrriiorj  fu  qui ,  a  mio  avviso  ,    auloperatii  \wv  teria(j<ji 
(terrstici).  Difatti  ne'  Capitoli  ìM  1398,  presentati  dagli  Alcamesi  hI   re 


MISCEI.LANEA  79 


«  mationi  di  uuo  Castellu  nomine  Bonifato  ,  lu  quali  nun  rendi 
«  nenti,  et  est  di  lu  territoriu  di  la  terra  di  Alcamu  ». 

Da  ciò,  se  mal  non  mi  appongo  ,  puossi  benissimo  argomen- 
tare che  nel  tempo  in  cui  Alcamo  era  feudale  il  Barone  avesse 
avuto  il  dritto  di  percepire  dai  suoi  vassalli  anche  delle  gabelle, 
e  perfino  la  colta,  la  quale  gii  alcamesi  per  privilegio  del  re  Fe- 
derico IT  erano  stati  esentati  di  pagare.  Quali  fossero  state  que- 
ste gabelle  nella  supplica  del  Ventimiglia  non  s'espressa,  ma  ri- 
levasi dai  Capitoli  deWUnivermtà  della  terra  di  Alcamo  del  1398, 
inserti,  come  si  è  detto,  nelle  Notizie  storiche  del  Prof.  Vincenzo 
Di  Giovanni.  Tra  que'  Capitoli  èvvene  uno  formulato  così  :  «  I- 
«  tem,  di  conchediri  ki  li  gabelli  li  quali  foru  et  essiri  divinu  di 
«  la  ditta  Universitati,  zoè  vinu,  carni  et  salumi,  sianu  liberi  et 
«  expediti,  sine  contraditione  alicuius  cuiuscumque  sit  auctoritatis 
«  vel  dignitatis,  di  la  ditta  Universitati,  li  quali  poza  libere  au- 
«  gumentari  et  crixiri,  et  mancari  in  totum,  livari  quandocumque 
«  iusta  arbitrium  diete  Universitatis  ,  oy  di  li  ufficiali  soy  ,  li 
«  quali  prò  eo  temix)re  fuerint  ». 

Giacche  gli  alcamesi,  ritornando  sotto  il  regio  dominio  prega- 
vano il  re  Martino  a  conceder  loro  che  le  gabelle  del  vinu,  della 
carni  e  della  salsumi ,  fossero  un'  altra  volta  venute  in  potere 
dell'  Università  è  segno  che  tali  gabelle  comprese  nella  Membra- 
na, quando  Alcamo  era  soggetto  al  feudatario  fossero  state  di  ap- 
partenenza di  costui.  Ne  queste  gabelle  soltanto,  dapi>oichè  negli 
stessi  Capitoli  sì  ha  :  «  Item,  di  livari  et  annullari  ogni  gabella, 
«  et  ogni  gravicza  la  quali  pri  li  tempi  passati  fussi  statu  impo- 
«  sta  a  la  ditta  Universitati  per  li  baruni  tiranni  et  in  li  tempi 
«  loru.  Item,  ki  li  herbaggi,  tiraggi  et  mandraggi  di  lu  territoriu 
«  di  la  predicta  terra  digianu  essiri  di  la  Università  predicta, 
«  la  quali  li  digia  usari  secundu  li  modi  et  consuetudini  antiqui, 
«  et  specialiter  in  lu  tempu  di  lu  re  Fridericu  bone  memorie  lu 
«  anticu  ».  Dal  che  desumesi  come  anche  la  Gabella  baiulationi» 


Martino,  leggeai  fra  altro  :  «  Item  ki  li  herbaggi,  terraggi  et  mandraggi 
«  di  la  territoriu  di  la  predicta  terra  digianu  essiri  di  la  Universitati 
«  predicta,  la  quali  li  digia  usari  secundu  li  modi  et  consuetudini  anti- 
«  qui,  et  specialiter  in  hi  tempu  di  lu  re  Fridericu  bone  memorie  lu  an- 
«  ticu  ». 


80  MISCELLANEA 


sub  grosso  pondere  e  la  Gabella  di  possessione ,  di  cui  tratta  la 
Membrana  fossero  state  pure  di  appartenenza  del  feudatario.  E 
noti  il  lettore  quest'altra  particolarità  :  Martino  alla  prima  delle 
tre  surriferite  domande  degli  alcamesi  risponde  così  :  «  Quia  Ee- 
«  già  Majestas  Deo  duce  erit  in  valle  Mazarie,  et  tunc  informa- 
«  bitur  de  ventate,  et  ministrabitur  Universitati  Justitie  compli- 
«  mentum  ;  alla  seconda  :  «  Quia  de  presenti  gabelle  diete  terre 
«  vix  sufficiuut  ad  custodiam  castrorum  ,  Kegia.  Majestas  nil  de 
«  presenti  innovat,  sed  deo  duce  quando  erit  in  valle  Mazarie 
«  taliter  providebitur  quod  rationabiliter  ipsa  Universitas  conten- 
«  tabitur,  interim  dictarum  Gabellarum  redditus  aplicentur  prò 
«  custodia  Castrorum  predictorum;  alla  terza  :  Placet  Kegie  Maie- 
«  stati,  juribus  curie  et  aliorum  semper  sai  vis  ».  Le  quali  risposte 
fan  sospettare  che,  anche  quand' Alcamo  fu  terra  demaniale,  quelle 
tasse  non  fossero  appartenute  al  Comune,  ma  al  Ee. 

E  vi  ha  di  più.  Nel  capitolo  27°  del  Discorso  storico  del  ]3e 
Blasi,  ove  parlasi  della  signoria  in  Alcamo  dei  predetti  coniugi 
Federico  Enriquez  ed  Anna  1"  Caprera  sta  scritto  fra  altro  :  «  In- 
«  di  questi  Signori  colla  loro  pietà  e  munificenza  oltre  di  quelle  chie- 
«  se  erette  e  benefizi  chiesiastici  fondati  in  Modica,  Caccamo  ed 
«  altre  terre  dei  loro  stati,  anche  in  Alcamo  eressero  la  chiesa 
«  di  S.  Maria  della  Grazia,  oggi  detta  della  Stella^  con  dote  d'onze 
«  quattro  annuali  e  la  nuova  ingrandita  chiesa  del  Convento  sotto 
«  titolo  di  S.  Maria  di  Gesù  de'  P.P.  dei  Minori  Osservanti,  dei  qua- 
«  li  ne  fan  fede  le  tavole  marmoree  scolpite  in  esse  chiese,  la  prima 
«  fabbricata  nel  1486,  come  sin'oggi  leggesi  l'anno  nel  basso  della 
«  figura  di  detta  Nostra  Signora  della  Stella  dipinta  a  muro  ;  e 
«  la  seconda  riformata  nel  1507  con  quella  iscrizione  appunto,  che 
<c  da  noi  si  trascrive  nel  discorso  di  esso  Convento,  Cap.  42  delle 
«  chiese  e  part.  8  :  e  similmente  fecero  donazione  al  Ven.  Mo- 
«  nastero  <lel  SS.  Salvadore  di  questa  città  sotto  titolo  della  ]}a- 
«  dia  Grande  dell'Uffizio  delli  due  Maestri  di  piazza,  detti  Ca- 
«  tapanie,  e  loro  introiti,  lucri  ed  enioluiiienti  perpetui,  per  pri- 
«  vilegio  da  essi  dato  e  sottoscrito  nel  Castello  di  Alcamo  a  15 
«maggio,  4  ind.,  148(};  |)resentato  nella  ijovtv  giuratoria,  e  del 
«  (Capitano  a  17  luglio  indi  transontato  negli  atti  del  nob.  notar 
«  Francesco  Stinr4i  di  Alcamo  nel  di  11  ottobre,  X  ind.,  1401; 
«e  do|M»  c«)iitVnnato  dalli  stessi  Signori  Almirante  e  Conti  con 
«  loro  lettere  date  in  Medina  de  Eioseceo  a  5  giugni»  1502;  e  di 
«  bel  nuovo  con  altre  lettere  a  5  dicembre  del  1529  ». 


MISCELLANEA  81 


ìJaGatapano,  come  nota  lo  stesso  Di  Giovanni,  era  in  Alcamo 
(•'•.viiiato  Nadnro;  e  quanto  entrava  nella  sua  giurisdizione,  Xa- 
daria.  Epperò  bisogna  convenire  che  P  Uffizio  delli  due  Maestri 
di  Piazza.,  clonato  dai  sigg,  Enriquez  e  Caprera  al  Monastero  del 
SS.  Salvatore  fosse  istato  quello  stesso  di  cui  si  occupano  i  Ca- 
pitoli della  Xadaria  del  1588.  E  poiché  nemo  dat  qnod  non  ha- 
het,  le  gabelle  di  essa  Xadaria  erano  di  appartenenza  del  feuda- 
tario e  non  mai  dell'Università  alcamese. 

Le  gabelle  menzionate  nei  Capitoli  della  Camperia  eran  pure 
cosa  del  feudatario,  giacché  altrimenti  non  si  saprebbe  come  spie- 
gare la  presenza  della  seguente  istanza  ne'  Privilegi  confermati 
all'UniverHità  della  terra  di  Alcamo  nel  1664:  «La  montagna  di 
«  Bonifato  territorio  di  questa  Università  per  lo  passato  era  co- 
«  muni ,  et  li  ebitatini  et  habitaturi  de  la  dieta  terra  undi  po- 
«  tiano  portari  et  teniri  loro  bestii  ;  et  di  poco  tempo  cza  si  è 
«  restritta  chi  non  chi  ponno  andari  si  non  cavalli  et  muli  ma- 
«  sculi ,  et  non  chi  i)onno  andari  boy  subta  la  pena  di  onze  4 
«  applicandi  a  lo  magnifico  procuraturi  fiscali  di  V.  S.  Ill.ma  ; 
«lo  chi  è  multo  dapno  a  li  vassalli  di  V.  S.  Ill.ma:  supplica 
«  pertanto  la  dieta  terra  di  Alcamo  resti  servita  providiri  et  co- 
«  mandari  chi  de  cetero  andando  alcuni  boy  in  la  dieta  monta- 
«  gna  di  Bonifato  non  sia  in  pena  excepto  di  tari  uno  per  boy 
«  per  ogni  volta  chi  fussi  trovato  ,  applicati  a  lo  guardiano  de 
«  dieta  montagna  ,  et  (juando  alcuno  portassi  boy  in  dieta  mon- 
«  tagna  et  chi  li  tenissi  videlicet  a  guardia  facta,  sia  quillo  tali 
«  in  pena  di  tari  15  per  ogni  volta  chi  serra  trovato  ;  da  essiri 
«  applicati  a  lo  fisco  et  camera  di  V.  S.  Ill.ma  ».  Né  se  la  ga- 
bella del  Baglio  fosse  appartenuta  al  Comune  avrebber  fatto  gli 
Alcamesi  in  seno  agli  stessi  Privilegi  quest'altro  esposto:  «Item, 
«  in  la  gabella  di  la  Baglia  de  quista  terra  di  Alcamo  sonno 
«  alcuni  membri  multo  dapnusi  a  li  poveri  genti  de  quista  terra 
«  di  Alcamo ,  comò  sunno  la  contumacia,  la  accusa  di  obbliga- 
«  zioni  e  li  negativi,  li  quali  essendo  come  di  supra  é  dicto  tanto 
«  dapnu  et  cussi  abusivi,  supplica  dieta  terra  di  Alcamo  V.  E. 
«  resti  servita  providiri  et  comandari  chi  si  leva  de  dieta  ga- 
«  bella  de  la  Baglia  dicti  membri  oi  si  mitigano  ;  et  per  non  an- 
«  dari  interessato  lo  i)atrimonio  di  Vostra  S.  Illustrissima,  la  di- 
«  età  terra  di  Alcamo   per  cambio  di  quillo  si    levassi  de  dieta 

Arvh.  ISior.  Sic.  N.  S.  Aimo  XXX.  6 


82  MISCELLANEA 


«  gabella  si  obbliga  douaii  altra  gabella  oi  imponiri  siipra  dieta 
«  gabella,  di  modo  tali  ehi  lo  patriiuonio  di  V.  E.  non  andirà  in- 
«  teressato  in  cosa  alcuna  ». 

Oltre  ai  surriferiti  documenti  ,  i  quali  son  tutti  di  pubblica 
ragione,  avvene  altri  tuttora  inediti,  che  giovano  maggiormente 
alla  bisogna  e  che  perciò  vengon  da  me  alligati  al  presente  la- 
voruccio. 

Quest'altri  documenti  sono  due  atti  d'arrendamento  di  tutte 
le  proprietà  e  giurisdizioni  che  il  sunnominato  Luigi  II  Enri- 
quez, quale  Signore  di  Alcamo  e  di  Calatafimi,  si  avea  in  esse 
terre.  lino  di  tali  due  atti  (tutt'e  due  giacenti  nell'Archivio  dei 
Xotari  Defunti  Alcamesi)  fu  stipulato  a  26  giugno  XI  ind.  1583 
in  notar  Pietro  Rafifo,  l'altro  a  16  ottobre  IV  ind.  1590  in  notar 
Giov.  Vincenzo  De  Mulis.  Le  dette  proprietà  e  le  dette  giurisdizioni 
con  l'atto  del  1583  vennero  affittate  al  Sig.  Fabrizio  Valguarnera 
di  Palermo,  barone  del  Godrano;  con  quello  del  1590  al  Sig.  An- 
nibale Valguarnera,  figlio  di  esso  Fabrizio  (1).  Questi  due  atti  con- 


(1)  L'affitto  a  Fabrizio  Valguarnera  venne  fotto  per  la  durata  di  anni 
nove  a  cominciare  dal  1  Settembre  XIV  ind.  1585  e  per  l'annuo  prezzo 
(li  onze  2600  ;  ad  Annibale  Valguarnera  per  ugual  durata  a  cominciare 
dal  1  settembre  Vili  ind.  1593  e  per  l'annuo  prezzo  di  onze  2800.  Oltre 
le  onze  2600,  il  Fabrizio  era  pure  tenuto  a  p.ngare  ogni  anno  onze  40 , 
di  cui  onze  10  a  questo  Monastero  di  S.  Chiara,  onze  l  al  cappellano  di 
<pie8ta  Chiesji  della  Madonna  della  Grazia  o  della  Stella,  onza  1  al  Ma- 
stronotaro  del  patrimonio  di  Alcauio  ed  onze  25  al  Castellaino  della  stessa 
terra,  la  cui  elezione  doveva  durante  l'arrendamento  esser  fatta  dai  con- 
iugi Enriquez.  Dal  primo  dei  snccennati  due  strumenti  rilevasi  eziandio 
che  un  certo  Cristoforo  Riva  avesse  nel  1573  pi-eso  in  affitto  per  altrui 
conto  dai  succenuati  coniugi  la  contea  di  Modica  e  le  baronie  di  Cac- 
camo,  Alcamo  e  Calatafimi  ,  per  la  (lurida  di  anni  12  ;  e  che  poscia, 
nel  1578,  lo  sf4>Hso  Riva  avesse  subartittato  .\lcamo  e  Calatafimi  al  sig. 
Fabrizio  Valguarnera  per  anni  7  v  per  1'  aiuiuale  prezzo  di  onze  26(X). 
8icclI^  dai  Huddef  ti  documenti  deteggesi  avere  la  nobile  famiglia  Valguar- 
nera di  Palermo  tenuto  in  galailla  le  baronie  di  Alcamo  e  Calatafimi 
dal  1578  ul  ]6U:{,  per  lo  spazio,  ('i(u*,  di  anni  25. 

I)a  un  atto  \Hm',uv  del  26  gennaio  XI  ind.  1613  in  not.  Sebastiano 
Cinqueru^bi  risulta  dio  il  Dottor  Giovali  Andrea  De  Rallis  di  Alcamo 
•i  Umn-  trovato  in  detto  anno  arrcndatore  della  terra  di  Alcamo  por 
•nbafitto  fattogliene  dal  prefuto  Atiiiibale  Valguarnera  ;  e  però  bisogna 


MISCELLANEA  83 


tengono  molti  particolari  interessanti  alla  storia  del  dritto  civile 
e  feudale  di  quei  tempi,  o  perciò  meritevoli  di  esser  posti  in  ri- 
lievo; ma  io  mi  limito  a  far  soltanto  menzione  di  quelle  cose  ivi 
contenute  ,  che  concernono  1'  appuramento  di  cui  ci  occupiamo. 
In  virtù  dunque  degli  or  cennati  due  strumenti  tanto  al  Signor 
Fabrizio  quanto  al  Signor  Annibale  vennero  dati  in  arrenda- 
mento  «  terras  Alcami  et  (Jalataflmi  cum  eoruui  castris  et  cum 
«  intrascriptis  eorum  feudis,  gabellis  et  redditibus  inferius  expres- 
«  sandis,  videlicet  :  Imprimis,  quoad  terram  Alcami ,  la  gabella 
«  di  la  baglia,  la  gabella  di  la  dohana,  la  gabella  di  lu  vinu,  la 
«  gabella  di  la  salsumi ,  la  gabella  di  la  carni  ,  la  gabella  di  la 
«  scannatura,  la  gabella  di  li  possessioni,  la  gabella  di  lo  raastro- 
«  notariato  di  la  curti  capitali,  la  gabella  di  lu  fumu,  la  gabella  di 
«  lu  pilu,  la  gabella  di  la  mun<lizza,  et  li  censi  pri  unci  dui  e  tari 
«  quindici.  Et  quoad  terram  Cfilataflmi  Inprimis  lo  fego  di  ancibe- 
«  ni,  lo  fego  di  bigotia,  lu  boscu  di  la  foresta,  lo  fego  di  lo  sasi,  lu 
«  fegu  di  condicidelsi,  lu  fegu  di  scorciagattu,  lu  fegu  di  domingu, 
«  lu  fegu  di  falanga  et  fastarà,  lu  fegu  di  runcinni,  jaucaldara  et 
«  tutti  li  gabelli  di  la  terra,  li  suvari  di  lo  bosco,  li  restuci  di  li 
«  comuni,  li  censi,  lu  fegu  di  safila,  lu  fegu  di  risignuolu,  li  affidi 
«  di  li  comuni  et  li  marcati  di  li  comuni.  Ac  etiam  cum  omnibus 
«  et  singulis  aliis  earum  et  cuiuslibet  ipsarum,  feudis,  gabellis,  in- 
«  troitibus,  fruttibus  et  proventibus  et  aliis  earum  universis  iu- 
«  ribus  et  presertim  cum  omnimoda  jusriditione  civili  et  criminale 
«  alta  et  bassa  prout  et  quemadmodum  ipse  illustrissimus  et 
«  excellentissimus  dominus  dux  et  comes  habet,  tenet  et  possidet 
«  virtute  suorum  i)rivilegiorum  dittarum  terrarum  Alcami  et  Ca- 
«  latafluii  et  quorumvis  aliorum  attoruui  contrattuum  et  provisio- 
«  num  guberno,  administratione  justitie,  nec  non  et  cum  potestate 
«  creandi  et  nominandi  gubernatorem  unum  seu  plures.  judices 
«  caj)itaneos,  juratos,  vice  castellanos,  carcerarios  et  alios  quosvis 


ritenere  di  essere  stato  :<  costui  dop«»  il  16()3  rinnovsito  per  altri  nove 
tjnni  l'arreudanieuto  di  Alcamo  e  Calatafimi,  e  di  essere  stati  32,  e  non  25, 
gli  anni  in  cui  la  famiglia  Valguaruera  signoreggi  »  esse  terre.  Questo 
lungo  dominio  dei  Valguarnera  in  Alcamo  dovette,  a  mio  avviso,  essere 
la.  cagione  principale  delle  amiclievoli  relazioni  cbe  con  essi  si  ebbe  il  fa- 
moso poeta  alcamese  Sebastiano  Bagolino,  il  quale  celebrolli  in  un  buon 
numero  de'  suoi  epigrammi  latini. 


S4 


MISCELLANEA 


«  oftìciales  terrarum  predittaruui  et  cuiuslibet  ipsarum,  illis  modo 
«  et  forma  proiit  tacere  potest  et  huc  usque  potiiit  et  poterit  in 
«  futurum  ipse  illustrissimus  et  excelleiitissimus  dominus  diix  et 
«  Comes  et  sui  successores  vigore  privilegiorum  dittarum  terra- 
«  rum  et  non  aliter  nec  alio  modo  ». 

Come  il  lettore  potrà  vedere  nel  seguente  prospetto,  le  gabelle 
che  in  riguardo  ad  Alcamo  furono  affittate  ai  sigg.  Valguarnera 
son  quasi  tutte  le  stesse  di  quelle  che  sono  nominate  nella  Mem- 
brana : 


Gabelle  nominate  nella  Membrana 
Gabella  bajulationis  sub  grosso  pon- 

dere 
Mondizza 
La  Cascia  sen  Gabella  di  possessione 

La  Doana  della  terra 
La  Doana  di  mari  e  la  cantarata 
e  caxà 

La  Scannatura 
La  Gabella  dello  Pilo 
La  Bardarla 

La  Gabella    dello   fumo    delli    Gia- 
ramidi 

»         »         della  Tintura 

»         »         dell'Arco  dello  Cottuni 

»        »         dello  Vino 

»         »         della  Carne 

»         »  »    Sausumi 


Gabelle  date  in  affitto  ai  Valguarnera 
La   gabella   della   Baglia 

»         »         di  la  mundizza 
»         »         di  li  possessioni 

La   Gabella   tU   la   Dohana 


» 

» 

» 

Scannatura 

» 

» 

» 

lu  pilli 

» 

» 

» 

lu  fumu 

»         »  »      lu  vinu 
»         »  »      la  carni 
»         »  »      la  salsumi 
»         »  »      lu  mastrono  taria- 
te di  la  Curti  Capitali. 


Nelle  gabelle  affittate  ai  sigg.  Valguarnera  mancan  soltanto 
<l('lla  Membrana  quelle  della  Bardarla,  della  Tintoria  e  dell'-4.rco 
dello  (luttìini  ;  e  vi  h.  in  di  più  la  (tabella  di  lu  Mastro  Notariato 
di  la  C'urti  Capitali. 

Ne'  tre  membri  onde  costa  La  Oabella  d^lVArco  dello  Cottuni 
sta  scritto:  «Ogni  persona  chi  vindi  (H)ttuni  sfilato  di  rotoli  25 
€  npendino,  paga  la  decima  di  zocco  vin«li  senza  altia  doana;  e 
«  di  rotoli  XXV  a  muutata  in  seuimula  paga  la  doana  senza  altra 
«  paga  ili  decima,  e  si  i)oi  si  vi  udissi  a  minutu,  si  ve  a  rotule, 
«  paga  la  decima. 


MISCELLANEA  85 


«  Item  cottuni  bianco  filato  paga  tantum  doana. 

«  La  gabella  dell'arco  dello  cottuni  deve  pagare  così  allo 
«  tempo  di  la  fera  come  si  paga  ad  altri  tempi  ».  Epperò  se  tale 
gabella  non  fu  dichiarata  nelle  gabelle  date  in  affitto,  ciò  potè 
esser  fatto  perchè  compresa  nella  così  detta  Gabella  di  la  dohana. 
Non  abbiamo  elementi  per  potere  supporre  lo  stesso  intorno  alle 
gabelle  della  fìardarla  e  della  Tintura;  ma  quel  «  cum  omnibus 
et  singulis  earum  aliis...  gabellis  »  dei  veduti  due  arrendamenti 
esclude  la  possibilità  di  essere  state  quest'  altre  due  gabelle  di 
appartenenza  del  Comune.  Del  resto,  dal  1367,  data  della  Mem- 
brana, al  1583-90,  data  dei  due  atti  di  arrendamento,  è  una  di- 
stanza di  due  secoli  e  più,  e  lungo  quel  j^eriodo  di  tempo  qualche 
piccola  modificazione  nelle  tasse  della  Membrana  non  è  difficile 
che  si  fosse  avverata. 

Pria  di  metter  fine  a  questo  scritto  credo  utile  eliminare  due 
difficoltà,  che,  come  sulle  prime  presentaronsi  alla  mia  mente, 
potrebbero  anche  presentarsi  a  quella  del  lettore  e  tenerlo  av- 
vinto nelle  affannanti  spire  del  dubbio. 

La  prima  delle  due  difficoltà  sono  le  parole  nub  regia  dictione 
poste  in  coda  al  titolo  :  Membrana  Qabellarum  ecc.  La  seconda 
le  parole  ordinati  e  corretti  per  l'officiali  e  buoni  Uomini  della  ter- 
ra ,  le  quali  ricorrono  in  seguito  all'intestazione  :  Capitoli  della 
Nadaria  della  terra  di  Alcamo. 

Se  quelle  tasse  erano  imposizione  del  feudatario  e  proventi 
dello  stesso,  perchè  il  aub  regia  dictione  della  Membrana  e  l'or- 
dinati e  corretti  ecc.  dei  Capitoli  della  badarla  ? 

Il  dico  senza  esitanza  :  il  sub  regia  dictione  parve  a  me  una 
difficoltà  di  grandissimo  peso  ,  tanto  d'  avermi  fatto  inclinare  a 
credere  di  essere  stata  Alcamo  all'  epoca  della  Membrana  terra 
demaniale  e  non  feudale.  Bramoso  però  di  puntellar  meglio  quella 
credenza  un  giorno  del  1887  scrissi  al  mio  carissimo  e  chiaris- 
simo amico  prof.  Giuseppe  Meli,  allora  Vice  Direttore  del  Museo 
Nazionale  di  Palermo  ed  oggi  nel  numero  de'  più,  pregandolo  a 
voler  sottoporre  la  quistione  al  giudizio  di  persone  competenti 
e  conosciutissime  ed  a  comunicarmi  la  loro  soluzione.  La  risposta 
che  n'ebbi  e  che  tutt'ora  conservo,  è  ne'  seguenti  termini  :  «  Ho  " 
«  indugiato  a  rispondere  alla  sua  pregiatissima  del  17  Marzo, 
«  perchè,  essendo  il  quesito  sub  regia  dictione  molto  difficile,  ho 
«  voluto  sentire  non  solo  gli  amici  da  lei  nominati ,   ma  ancora 


86  MISCELLANEA 


«  molti  degli  impiegati  dell'Archivio  di  Stato;  e  da  questi  mi  ò 
«  stato  assicurato  che  nessuna  spiegazione  fondata  su  documenti 
«  hanno  potuto  rinvenire  nelle  carte  dell'Archivio.  Che  Alcamo 
«  nel  MCCCLXVII  non  fosse  città  demaniale  si  legge  chiara- 
«  mente  nel!'  art.  Alcamo  del  Dizionario  dell'  Amico  ,  per  cui  la 
«  spiegazione  non  può  essere  quella  che  sospetta  ;  però  alcuni 
«  amici,  versati  molto  nella  storia  nostra,  credono  che  il  Governo 
«regio  in  que'  tempi  nel  concedere  o  vendere  una  città,  o  una 
«  terra  qualunc^ue ,  si  riserbasse  il  dritto  di  riscuotere  talune 
«  gabelle  ». 

Questa  soluzione  non  è  del  tutto  soddisfacente  :  1"  perchè  dai 
surriferiti  documenti  risulta  chiaro  di  essere  state  quelle  gabelle 
riscosse  per  conto  del  feudatario  e  non  del  governo  regio;  2°  per- 
chè essendo  stato  sempre  il  territorio  alcamese  di  proprietà  del 
Comune ,  qualora  le  gabelle  fossero  appartenute  al  re  ,  il  feuda- 
tario dal  suo  feudo  non  avrebbe  ricavato  alcun  frutto. 

Secondo  me  per  potere  sciogliere  il  quesito  bisogna  anzitutto 
vedere  (juale  sia  il  significato  della  frase  snh  regia  dictione  al 
posto  ov'è  collocata. 

Nei  lessici  di  lingua  latina  vi  è  segnato  (lietio ,  onìs  e  vi  è 
pure  segnato  ditio  &hìs.  Dictio,  onìs  significa  parola,  voce,  voca- 
bolo, dizione,  oracolo;  ditio,  onis,  giurisdizione,  imperio,  dominio, 
signoria.  Se  nel  De  Blasi  invece  <li  .sub  regia  dictione  stesse  scritto 
mib  regia  ditione ,  questa  frase  avrebbe  il  significato  di  sotto  re- 
gio dominio;  ma  poiché  vi  è  scritto  Kuh  regia  dictione  queste  tre 
voci  non  possono  altrimenti  spiegarsi  che  sotto  parola  del  re,  e 
potrebbero  intendersi  nel  senso  che  le  gabelle  della  Membrana 
fossero  state  sanzionate  dal  capo  dello  Stato.  Or  ,  io  domando  : 
Sarebbe  forse  strano  che,  dominando  il  feudatario,  quelle  tasse 
avessero  avuta  la  reale  approvazione  f...  Se  la  semi)]i(!e  investi- 
tura fosse  bastata  a  potere  il  feudatario  imporre  ai  suoi  vassalli 
le  tasse  che  gli  sarebbero  [)ia<'iute  non  avrebbe  Enrico  Venti- 
miglia  nella  surri portata  domanda  del  130G  supplicato  il  re  Mar- 
tino perchè  gli  avesse  fatto  «  donationi  e  conftrmationi  »  non 
solo  «di  In  castella  e  terra  di  Alcamo»,  ma  ancora  delle  «rendi- 
ti »  dei  «  territorj  »  della  «colta»  e  delle  «  gabelli  »;  uè  Federico 
Enriquez  per  poter  dare  in  arrendainento  le  terre  <li  Alcamo  e 
di  (Jalataflmi  avrebbe  avuto  bisogno  del  sovrano  assentimento  (1). 


(1)  L^atto  di  iirr«ndAm»Dto  del  25  KÌ"Kn"  ^I  ìd<1-  ^^^^   ti>   il    ^    ^'^^- 


MISCELLANEA  87 


Bisogna  pur  notare  che  la  terra  di  Alcamo  «  sin  da  principio 
e  pri  lungi!  tempii  fu  et  era  di  lu  demaniu  »,  e  che  perciò  mal 
softi'iva  il  tirannico  gioco  del  feudalismo.  Che  dire  i)oi  se  le  tasse 
che  doveva  pagare  al  feudatario  fossero  state  a  libito  di  costui? 
se  quelle  specialmente  sulla  carne ,  sul  vino  e  sul  salame ,  ap- 
partenute all'  Università  mentre  Alcamo  era  demaniale ,  fossero 
state  esatte  dal  feudatario  senza  un  espresso  comando  del  ref... 
Il  sub  regia  dictione  dunque  non  prova  affatto  che  le  gabelle  della 
Membrana  fossero  appartenute  al  Governo  Regio  e  molto  meno 
che  desse  fossero  state  comunali. 

La  difficoltà  concernente  le  parole  ordinati  e  corretti  per  l'of- 
Jiciali  e  buoni  Uomini  della  terra  non  ha  per  me  alcun  valore. 

Il  De  Blasi,  come  abbiamo  più  sopra  veduto,  parlando  della 
donazione  fatta  nel  1486  dal  feudatario  di  quel  tempo  al  Mona- 
stero del  SS.  Salvatore  dell'ufficio  dei  due  Maestri  di  Piazza  detti 
Oatapanie,  documenta  talmente  la  sua  asserzione  da  non  lasciare 
su  di  essa  il  benché  miniuio  dubbio  (1).  Niente  di  difficile  intanto 


tembre  XIII  ind.  1585  ratificato  dai  couiugi  Luigi  e  Maria.  Enriquez  de 
Caprera  iu  Madrid,  presso  il  notaio  Antonio  Frasca  di  quella  città;  ed 
il  28  agosto  dello  stesso  anno  fu,  con  tiile  ratificazione  ,  ripetuto  negli 
atti  di  not.  Giov.  Vincenzo  De  Mulis  di  Alcamo  e  nuovamente  appro- 
vato da  Fabrizio  Valguarnera  e  dal  di  cx>8tui  figlio  Annibale.  Or ,  tra  i 
nuovi  patti  posti  nella  ratificazione  presso  il  not.  Frasca  leggesi  quanto 
segue  :  «  Item  processit  ex  patto  quod  lU.mus  et  Excell.mus  dominus 
«  dux  et  Comes  teneatur  ad  eius  expensas  tradere  copiam  preseutis  ra- 
«  titìcactionis  autentliicam  et  fidem  undique  fecientem  dicto  illustri  baroni 

«  avreudataiio ad  ettectum  illam  micteudi  dicto  baroni Item  etiam 

«  processit  ex  pacto  quod  idem  excell.mus  dominus  dux  et  comes  teneatur 
«  obtinere  a  sua  Ucyia  majestate  consenitnm  rer/ium  super  prnemissis  neces- 
«  sarium  et  opportunnm  ». 

(1)  I  documenti  che  il  De  filasi  cita  sul  proposito  più  non  si  trovano: 
però  il  seguente  rogito,  esistente  ne'  bastardelli  di  not.  Pietro  Antonio 
Balduccio,  sovviene  in  parte  al  loro  difetto  :  «  Eodem  (die)  Villi  mayj 
«  X  ind.  1567.  —  Rev.da  domna  margarita  de  montesa  abatissa  ven. 
«abacie  sancti  salvatoris  terre  alcami  ordinis  sancti  benedicti  ,  coram 
«  nobis,  sponte  ingabellavit  et  ingabellat  ant.no  Sanctoro  de  dieta  terra, 
«  mihi  notarlo  cognito  presenti  et  stipulanti,  oflìcium  ut  dicitur  di  ma- 
«  stro  di  chaza  prò  anno  XI  ind.  proxime  future  cum  omnibus  juribus, 
«  obvencionibus,  emolumentis  honoribus  et  oneribus  ad  dictum  ofticiuin 


88  MISCELLANEA 


che,  divenute  le  monache  proprietarie  del  detto  ufficio  e  dovendo 
queste  per  la  percezione  della  gabella  ricorrere  all'aiuto  di  per- 
sone mercenarie  o  darla  in  affitto,  si  fossero  coll'andar  del  tempo 
verificati  abusi  e  vessazioni  tali  da  richiedere  un  riparo  dalle 
autorità  locali.  Qual  meraviglia  perciò  se  a  porre  un  freno  a  sif- 
fatti inconvenienti  si  fosse  convocato  nel  1588  un  pubblico  con- 
siglio, composto,  secondo  il  solito,  degli  oficiall  e,  de'  buoni  huo- 
mini  della  terra  (1)  al  fine  d'ordinar  meglio  e  correggere  i  Capitoli 


«  spectantibiiR  et  pertinontibus  ,  prò  ingabellacione  nnciarum  decera  et 
«  octo  ponderis  generalis;  de  quibus  dieta  reverenda  fatetur  liabixisse  et 
«  recepisse  a  dieto  antonino  stipulante  uncias  septeiu  et  tarenos  decem 
«  et  octo  ponderis  generalis;  hoc  modo,  videlicet  :  une.  3  tt.  18  in  salmis 
«  sex  frumenti  et  une.  4  ipse  parte»  conipensì^verunt  et  conipensant  prò 
«  exatione  reddituuin  presentis  |uini  diete  abbacie  facienda  per  ipsum 
«  Antoninum  a  primo  septembris  dieti  anni  XI  ind.  poxime  future  in 
«  ant«a.  Ren.  exceptioni  etc.  Et  prò  reliquis  une.  decem  et  tarenis  duo- 
«  deeim  dictiis  antoninus  vendidit  et  eonsignare  proniisit  diete  reverende, 
«  quo  supra  nomine  stipulanti,  saluias  sex  frumenti  boni  etc.  recollitionis 
«  proxinie  future  presentis  anni,  hie  aleami,  ad  altius  per  totum  menseni 
«julii  proxime  futuri  presentis  anni;  et  vegetes  tres  niusti  boni  etc.  pro- 
«  veniendi  ex  eius  vinca  existenti  in  contrata  di  hi  montagna  vindemie 
«  proxime  future  in  dieta  vinea  in  XX  die  mensis  septembris  proxime 
«futuri;  alias  teneatur  ad  omnia  dapna,  interesse  et  expensas  et  ad  ma- 
«jus  precium  ipsorum  frumentorum  et  dieti  musti  quanti  phirimi  vi\- 
«  Inerint  a  tempore  more  in  antea. 

«  Pro  pretio  prout  ponetur  meta  frnmentis  in  anno  presenti,  et  mu- 
«  8ti  in  dicto  anno  XI  ind.  ;  et  positis  metis  frumenti  et  niusti  ;  quis 
«  eornm  refecturus  erit  alteri  reflcere  teneatur,  videlicet  :  dieta  reverenda 
«  incontinenti  et  dicttis  antoninus  p<'r  totum  mensem  augusti  dieti  anni 
«XI  ind.  proxime  futuri  ,  in  pecunia  numerata,  hie  aleatui,  sinc  aliqu-i 
€  exceptioni  etc. 

«  Promittens  ipsii  reverenda,  (|uo  supra  nomine,  dicto  antonino  stipu- 
«  lunti  dietum  ofiìcium  magistri  placcie  durante  tempore  diete  ingabel- 
«  lutionis  legitimu  defendere  ipsumque  non  auferre  nec  auferri  facere  usu 
«  proprio  mayori  ingabellatione,  nec  prò  cpiavis  causa.  Que  omnia  etc. 

«  Testt^H  vitUH  la'Jorlanda  et  antoninus  «'aiandrino  ». 

(1)  Tra  le  «ose  dette  dal  Di  Giovanni  nelUi  precitate  Notizie  Storiche 
affine  di  provare  cJie  il  primiero  sito  della  città  di  Alcamo  sia  (luello 
ov'esua  trovjwi  al  prew'utii,  e  non  il  monte  Bonifato,   vi  è  (piestu  : 

«  Né  intanto  vai  meno  a  Hostenere  PoMisteazu  di  Alcamo  auterionnente 


MISCELLANEA 


della  Kadaria  ?  —  Ma  perchè  ordinarli  e  correggerli  gli  officiali 
ed  i  huoni  hnomìnt  della  terra  se  la  gabella  non  spettava  al  Co- 
mune ? —  Le  adunanze  dei  Consigli  di  Alcamo  in  quel  tempo, 
come  ne  fan  fede  un  buon  numero  di  atti  giacenti  nell'Archivio 
de'  Xotari  Defunti  della  <;ittà,  eran  sempre  presiedute  da  un  rap- 
presentante del  feudatario,  che  i)er  lo  più  era  il  Governatore,  o 
il  Capitano.  Questo  rapi)resentante  ,  riunito  che  si  era  il  Consi- 
glio e  lettasi  la  pratica  posta  all'ordine  del  giorno,  pigliava  su- 
bito la  parola  ed  esprimeva  sulla  i)ratica  il  proprio  j)arere.  Doj)o 
il  rappresentante  parlava  colui  che  gli  stava  più  vicino,  appro- 
vando pienamente  il  parere  del  rappresentante;  indi  un  altro  vi- 
cino all'approvante,  che  diceva  ut  jn-oximiis,  e  così  tutti  gli  altri 
di  seguito  dicevano  ut  proximutt.  Di  guisa  che  il  risultato  della 
votazione  era  sempre  1'  api)rovazione  del  parere  del  rappresen- 
tante del  feudatario.  E  dunque  1'  espressione  ordinati  e  corretti 
per  l'officiali  e  buoni  homi  ni  della  terra  equivale  ad  ordinati  e  cor- 
retti dal  rappresentante  del  feiulatario,  o  meglio  ordinati  e  corretti 
dal  ieudatario. 


P.  M.  Rocca 


«al  secolo  XIV,  oltre  il  «privilegili  regali  anticu  factn  oliui  anno  do- 
«  niiuiie  lucaruat.  MCCC  mense  febr.  etc.  »  citato  in  questi  Capitoli,  la 
«  domanda  che  potesse  essere  di  nuovo  rifabbricato  «  hi  piami  ki  esti 
«  davanti  In  castellu  in  lu  quali  piami  a  suo  principio  erauu  casi  di  boni 
«  huomini  di  Alcamo,  li  quali  Ouarneri  di  vingintimiliali  dirrupau,  pri  fari 
<<  una  chitatella  et  ora  esti  in  tuttu  disfactii  ».  Que'  buoni  huomini  che 
«  avevano  lor  case  intomo  al  castello,  accennano  pel  loro  nome  ai  tempi 
«  normanni;  e  nella  Membrana  difatti  delie  Gabelle  parlandosi  dei  privi- 
«  legi  dei  boni  hoinini,  si  dice  in  tempo  antico,  e  per  quelle  case  che  più 
«  non  si  rifecero  sino  ai  nostri  tempi,  è  ben  fatto  sapere  che  di  là  era  la 
«  i)arte  della  città  antica  »  (Donde  abbia  il  Dì  Giovanni  attinto  cotesta 
«  peregrina  notizia  non  son  buono  a  trovarlo),  «  senza  la  quale  pur  Al- 
«  caino  già  era  in  sulla  tìne  del  secolo  XIV  terra  considerevole  ,  tanto 
«  da  voler  essere  nei  privilegi  uguagliata  a  Palermo  e  a  Corleone  ».  I 
boni  homi  ni ,  dumiue  ,  che  nel  1588  ordinarono  e  corressero  i  Capitoli 
della  Nadaria  eran  pure  de'  tempi  normanni  ? 


90  MISCELLANEA 


DOCUMENTI 


I. 


Arrendamento  delle  terre  di  Alcamo  e  Calatafimì^  fatto  a  Fabrizio    Val- 
fi  uà  mera  : 

Die  XXV  jnnij  xj  indictionis  1583. 

(In  terra  alcami,  intus  doinnm  spett.lis  et  exeell.tis  domini  Autoiij  de 
BaIlÌ8  judicis  superiori»  terraruui  alcami  et  calatafimi) 

Cum  annis  preteriti»  domimis  christoferus  riva  certis  iiominibiis  in  ar- 
rendamentum  ceperit  et  habuerit  ab  Ill.mo  et  ex.mo  domino  don  lodovi- 
co  enriques  de  Caprera  ma^o  admirato  castelle  duce  medine  de  riosecco 
et  cernite  comitatns  modice  domino  terrarum  aloami  caccabi  et  calatafimi 
HtAtum  et  coraitatum  predittum  uiodice  et  dictas  terras  alcami  caccabi  et 
calatafimi  cum  omnibus  et  singulis  snis  juribus  et  hoc  per  tempus  annornm 
duodecim  qui  inciperint  currere  a  ])rimo  die  mensis  settembri»  anni  1573 
et  durant  per  totum  mensem  augusti  anni  1585  et  prout  in  iustrumento 
dicti  arrendamenti  latius  continetur  in  lingua  hispana  die  23  raartis  an- 
no a  nativntate  Domini  nostri  lesu  Cliristi  1575  verso  postea  traducto  et 
trunslato  ex  lingua  hispana  in  latinain  per  mag.cum  jacobum  gratianum 
notsirium  et  scribain  regium  ratifìcatoque  et  approbato  per  lU.mum  do- 
niìnum  da  melgar  fìlium  primogenitum  et  indubitatnm  snccessorent  do- 
mini IH. mi  et  ex. mi  domini  dncis  et  comitis  et  regia  confirmatione  cor- 
roborato postea  verum  ad  dictum  dominum  de  riva  dictum  arrendamen- 
tuni  fnerit  renuntiatum  et  relaxatnm  per  (juoddam  instrniiKMitnm  jìnhli- 
cum  factum  in  civitate  Lisbone  in  attis  mag.ci  nielchionis  de  monte  al- 
vo die  v^  niensÌR  aprile  1576  tradductum  in  lingua  latina  ex  lusitana 
p<T  eundem  mag.cum  de  gratìano  die  xvij  augusti  eiusdom  anni  <'t  ul- 
timo loco  traiiKuntatiiiii  in  attis  mag.ci  notar!  antonini  huara  imnormi 
die  xxviii.j  january  1577  vg  indictionis.  Kt  rebus  sic  stantibus  fuerit 
pcir  dictum  de  riva  fiittum  arrendamentum  de  terris  alcami  et  calatatl- 
nii  cum  omiiibiiK  eorum  ftMidis  et  Juribus  eorum  universis  Illustri  do- 
mino Fabritio  Vnlguaraera  baroni  gudurani  prò  gabella  unciarum  dua- 
ruinmilb-    cf    si-xcentarum    prò    anno    cum    aditu    une.    700   in    favorem 


MISCELLANEA  91 


(lieti  domini  baronis  de  residui»  maturatis  pertineutibiis  ad  dictam 
de  riva  eo  modo  et  forma  prout  contiuetur  in  attu  diete  subingabella- 
tiouis  in  attis  dieti  de  iazara  fatti  die  iij.  februarij  vij.  ind.  1578  cum 
assensu  vieeregio  prò  anni»  settem  de  (juibus  sunt  uiatiirandi  et  eursuri 
anni  duo  et  menses.  Et  durante  tempore  predieto  subingabellaetiouis 
eum  fuisset  destinatus  ab  excellentia  dieti  IH. mi  domini  dueis  et  eomitis 
in  lioe  Regno  sieilie  Ill.is  et  reverendus  pater  frat^r  franeiscus  reeio  or- 
dinis  observantie  sancti  francisci  ad  visitandum  eomitatum  et  terras  pre- 
dietas  et  habendum  a  posse  dieti  domini  de  riva  eomitatum  predictum 
et  cum  commissione  liabendi  ad  cambium  vel  quoeumque  alio  modo  pro- 
curaudi  scutos  viginti  millia  prò  aliquibus  negotiis  peragendis  et  dicto 
Ill.mo  et  ex.mo  domino  ducis  et  corniti  necessariis  et  existeute  dicto  Ill.e 
et  rev.do  patre  fratre  francisco  in  hac  terra  Alcanù  prò  causi»  predictis 
et  visitando  tara  terram  predietam  Alcami  quam  calatafìmi  invenerit  ter- 
ras predictas  et  vaesallos  sue  III. me  domimitionis  adeo  et  taliter  conten- 
tos  de  guberno  et  administractione  justitie  dieti  lll.i  domini  Baronis  quod 
instanter  et  instantissime  predieti  vassalli  simul  jnneti  cum  mag.cis  do- 
mini s  juratis  supplica verunt  ipsum  illustrem  et  reverendum  quod  omni- 
no  vellet  supplicare  predicte  excellentie  111. mi  domini  dneis  et  eomitis 
quod  de  cetero  sua  IH. ma  dominatio  remaneret  contenta  quod  ipse  Ill.is 
dominus  Baro  eos  gubernaret  et  videns  hoc  dietus  Ill.is  et  Rev.dus  ex- 
titit  multum  c<mtentus  considerando  quod  excellentia  dieti  III. mi  domini 
dueis  et  eomitis  remanebit  disgravatus  de  conscieutia  prò  dieta  bona  ad- 
ministratione  justitie  facta  et  facienda  dictis  suis  vassallis  et  tanto  magia 
quod  dietus  Ill.is  dominus  baro  prò  accommodandis  negotiis  predicte  ex- 
cellentie dieti  111. mi  domini  ducis  et  eomitis  se  obtulit  prontus  accommo- 
dare  scutos  decem  millia  gratis  absque  interesse  prò  annis  quatuor  nu- 
meraudis  a  die  eonsignationis  presentis  contractus  ratifleationis  per  to- 
tum  annum  XV  ind.  proxime  future  <iuod  videns  dietus  Ill.is  et  Rev.dus 
ad  nomen  dieti  111. mi  et  exc.mi  domini  ducis  et  eomitis  acceptavit  obla- 
tionem  predietam  et  voluit  dictis  vassallis  compiacere  et  requisiverit  di- 
ctum  illustrem  dominum  baronem  quod  remaneret  contentus  per  alios 
annos  novem  numerandos  a  «lie  finiti  termini  subingabellaetionis  predicte 
continuare  in  arrendamento  predieto  et  in  administnatione  justitie  dieta- 
rum*  terrarum  Alcami  et  Calatafimi  tjvm  jjro  exoneratione  conscientie 
dieti  III. mi  et  exc.mi  domini  ducis  et  eomitis  quam  prò  contento  civium 
dictarum  terrarum  et  re<iuisiverit  ipse  Ill.is  et  Rev.dus  ipsum  dominum 
Baronem  quod  vellet  ingabellare  dictas  terras  ad  rationem  unciarum  dua- 
runi  milUesexeentarum  prò  anno  prout  enint  sibi  ingabellate  a  dicto  de 
riva  et  recusante  ijiso  Ill.e  domino  barone  ex  quo  ingabellatio  predieta, 
erat  i)ro  dictis  untiis  duabus  mille  sexcentis  cum  beneficio  ipsius  ill.is 
domini  baronis  une.  700  prò  tantis  residuis  sibi  cessi»  tenore  dieti  inga- 


92  MISCELLANEA 


bellationis  et  tandem  discusso  negotio  Inter  eos  extitit  contentus  dictus 
dominns  Baro  sibi  dietimi  arrendanientum  prò  dictis  untiis  duabiis  mille- 
sexcentis  capere  et  ex  quo  a  dicfco  domino  de  riva  habuit  ipse  lU.is  do- 
minns baro  dictiis  uncias  700  contentatur  tantum  liabere  untias  400  quo- 
niam  alias  untias  tricentas  gratiose  relaxavit  et  remisit  dicto  lU.mo  et 
exc.mo  domino  duci  et  corniti  et  lioc  ut  possit  durantibus  dictis  annis 
novem  sibi  reinburzare  dictos  scutos  decem  millia  et  ideo  discusso  et 
tractato  negotio  predicto  inter  dictum  Ill.em  Dominuui  baronem  et  di- 
ctum  Ill.em  et  Rev.dum  patrem  franciscum  ambo  extiterunt  contenti  et 
devenerunt  ad  infrascriptum  ingabellationis  actum  arrendamenti  predicti 
nt  infra  : 

Propterea  hodie  pretitulato  die  prefatus  Ill.is  et  Rev.dus  pater  frater 
l'ranciscus  Recio  uti  procurator  dicti  III. mi  et  exc.mi  domini  Don  lugdo- 
vici  Enriquez  de  Caprera  ducis  et  comitis  ut  supra  ac  domini  predictarum 
terramm  alcami  caccabi  et  calatbatimi  virtute  procurationis  facte  in  actis 
mag.ci  notarii  Antonij  frasca  Madrid  die  xxiij  octobris  xj  ind.nis  instan- 
tis  transumptate  in  urbe  felici  Panhormi  in  attis  mag.ci  notarii  Joseph 
thoscano  die  etc.  a  quo  Ill.mo  et  exc.mo  dcmiino  duce  et  comite  etiam 
dixit  habere  speciale  mandatum  et  omni  alio  meliori  nomine  et  modo  etc. 
prò  quo  Ill.mo  et  exc.mo  domino  duce  et  comite  ac  IH. ma  et  exc.ma  domina 
Donna  Anna  de  Caprera  ducissa  et  comitissa  dicti  coiuitatus  et  domina  di- 
ctarum  terrarum  ejus  uxore  nec  non  et  prò  Ill.mo  domino  Don  lugdovico 
Enriques  de  Caprera  comite  de  melgar  eoruni  tìlio  Primogenito  et  indu- 
bitato successore  dicti  comitatus  et  dictarum  terrarum  emancipato  ut  pa- 
tet  tenore  actus  emancipationis  in  actis  egregij  notarii  Petri  de  castiglio 
in  villa  medine  de  Rioseco  die  xv  novembris  1580  Ipse  ill.is  et  rev.dus 
de  ratlio  promisit  et  promittit  Juxta  formam  rithus  magne  regie  curie 
hi^jus  regni  Sicilie  presentem  contractum  omniaque  et  singula  in  contenta 
cum  auctoritAte  ipsa  IH. ma  domina  et  exc.ma  ducissa  et  comitissa  dicti 
111. mi  et  exc.mi  ducis  et  comitis  ac  jndicis  literati  presentem  contractum 
omniaque  et  singula  in  eo  contenta  infra  terminum  mensium  sex  ab  hodie 
numerando  ratliiflcabunt  acceptabunt  laudabunt  et  pienissime  contìruia- 
bunt  cum  inserto  tenore  presentis  contractus  et  se  contentabunt  prò  eis 
et  eorutn  successoribus  infrascriptum  arrendanientum  fuisse  et  esse  inga- 
Itellatuin  dicto  et  infrascripto  domino  bai'(mi  et  de  omnibus  in  presenti 
contra<-tu  coutentis  et  de  soIution(>,  tiemla  predictoruui  et  iufrascript<n'um 
Hcntoruin  decem  millium  exbnrzandoruni  per  dictum  dominum  baronem 
»nti(;ipat4;  dicto  Ill.ni<»  et  exc.mo  domino  duci  et  comiti  soli  et  insolidum 
renuntiando  juri  de  primo  et  principali  conveniendo  prò  eis  et  suis  suc- 
ceHHorìbns  se  obligabuut  dicto  et  infrascripto  domino  baroni  ad  eoruin 
Kohictionem  et  ad  omnia  et  siugula  in  presenti  «'oiitractti  contenta  et  ex- 
preMHuta  ningula  hinguli»  refen-ndo  copiaui  cuius  nitittcactionis  rum  con- 


MISCELLANEA  93 


sensii  licentia  dispensactione  ac  conti rraactione  regia  presentis  contractus 
aiithenticain  cnin  fide  et  sigillo  loci  ubi  ipsa  ratificatio  fieri  et  infra  dictiim 
tenipus  ad  expensas  dicti  IH. mi  et  exc.mi  domini  ducis  et  comitis  traddere 
et  consign.are  dicto  et  infrascripto  lU.i  domino  baroni  et  in  suis  propriis  ma- 
nibiis  alias  eo  termino  elasno  et  non  consegnata  ratificatione  predicta  prò 
modo  ut  supra  dictum  est  cum  licentia  dispenstictione  ac  coutìrmactione 
regia  presentis  contractus  sit  et  esse  debeat  in  electione  et  voluntate  ac 
arbitrio  dicti  Ill.i  domini  baronis  si  vellet  stare  presenti  ingabellationi  aut 
ab  ea  se  desistere  ex  pacto  etc.  sponte  dictis  nominibus  et  cum  alio  me- 
liori  nomine  etc.  et  cum  dieta  rathi  promissione  mihi  prius  notario  co- 
gnitus  ingabellavit  et  arrendavit  ac  ingabellat  et  arrendat  titoloque  et 
causa  liujusmodi  arrendamenti  et  ingabellactionis  habere  licere  c«mce8sit 
et  concedit  ac  voluit  et  vult  prò  dictis  Ill.mis  et  exc.nns  domiuis  duce  et 
comite  ducissa  et  comitissa  et  eorum  successoribus  ac  IH. mo  domino  Co- 
mite  de  melgar  pretato  Ill.i  domino  fol)ritio  valguarnera  Baroni  gudemni 
civi  Panhormi  mihi  etiam  cognito  presenti  stipulanti  et  ab  eo  dictis  no- 
minibus prò  se  et  suis  successoribus  et  jus  et  causam  habentibus  vel  ha- 
bituris  ingabellanti  et  conducenti  terras  Alcami  et  Calathafimi  cum  eorum 
castris  et  cum  infrascriptis  eoruui  pheudis  gabelli»  et  redditibus  inferius 
espressandis  videi  icet  : 

In  primis  quo  ad  terram  Alcami 

la  gabella  di  la  baglia 

la  gabella  di  la  dohana 

la  gabella  di  lu  vinu 

la  gabella  di  la  salsnmi 

la  gabella  di  la  carni 

la  gabella  di  la  scannatura 

la  gabella  di  li  possessioni 

la  gabella  di  lo  m.ro  notariato  di  la  curti  (capitali 

la  gabella  di  lu  fumu 

la  gabella  di  lu  pilu 

la  gabella  di  la  mundiza 

Et  li  censi  pri  unci  dui  e  tt.  quindici 

Et  (pio  ad  tei-ram  Calathafimi 

In  primis  lo  fego  di  ancibeni 

lu  fego  di  bigotia 

lu  boscu  di  la  furesta 

lu  fego  di  lo  sasi 

lu  fegu  di  condicidelsi 

lu  fegu  di  scorciagattu 

lu  fegu  di  domingu 

lu  fegu  di  falanga  et  fastarà 


94  MISCELLANEA 


hi  fegn  ili  runciuni 

lancaldara  et  tutti  li  «jabelli  di  la  terra 

li  stivari  ili  lo  bosco 

li  restiici  di  li  connini 

li  ceusi 

in  fegu  di  satìla 

la  fegii  di  risignolu 

li  affidi  di  li  comuni 

Et  li  marcati  di  li  comuui 

Ac  etiam  cum  omnibus  et  siugulis  aliis  earuiu  et  cuiuslibet  ipsaruni 
fendis  gabellis  introitibus  fructibus  et  proventibns  et  aliis  earum  univer- 
8Ìs  juribus  et  prosertim  onuimoda  Jurisditione  civili  et  criminale  alta  et 
ba.ssa  prout  et  quemadmodum  ipse  Ill.mus  et  exc.mus  dux  et  comes  lia- 
bet  tenet  et  possidet  virtute  suornm  privilegiorum  dictarum  terrarum  Ri- 
cami et  calathafimi  et  (luorumvis  aliorum  attorum  contractnum.et  provi- 
sionum  guberno  administractione  jnstitie  nec  non  et  cum  potestate  creandi 
et  nominandi  gubematorem  unum  seu  pluries  judices  capitaueos  juratos 
vicecastellanos  carcerarios  et  alios  quosvis  offìciales  terrarum  predictarum 
et  cuiuslibet  ipsaruu:  illis  modo  et  forma  prout  tacere  potest  et  bue  n- 
sque  potnìt  et  poterit  iu  ftitunim  ipse  Ill.mus  et  exc.mus  dominus  dux 
et  Comes  et  sui  successores  vigore  privilegiorum  dictarum  terrarum  et 
non  aliter  nec  alio  modo. 

Et  hoc  prò  annis  novem  continuis  et  completi»  videlicet  :  xiiij  xv 
p.  ij  iij  iiij  V  vj  et  vij  ind.  proxime  futurarum 

Totas  diftas  terra»  alcami  et  calathatìmi  ut  supra  arrendatas  integras 
cum  snpmdictls  et  aliis  quibuscumqiie  earum  et  cnÌTislibet  ipsarum  pheu- 
«lis  gabellis  fructibiis  Juiibus  introytibus  et  proventibus  seoretia  fundacis 
stantii»  castris  ipsarum  terrarum  prout  inferius  molendinis  a(]uis  aciuaruui 
decursibus  et  molendinorum  saltibns  si  qui  sunt  stantiis  speluncis  mon- 
tibus  vallibus  foveis  tuguriis  fontibus  terragiìs  lierbagiis  mandragiis  et 
cum  omnibus  et  singulis  terris  cultis  et  incultis  marcatis  nvboribus  do- 
mestìcis  et  silvestribus  nemoribus  censualibus  gabellis  dotianis  arrantariis 
caniperiis  liayulactionibus  censibus  et  prestactionibus  consensuum  penis 
spn'tis  penis  viis  itineribus  passagiis  introitibus  proventibus  et  obven- 
tionibuH  ipsarum  et  guberno  predicto  et  jurisdictionibus  |»rodi<'tis  civili 
et  criminali  modo  ut  supra  et  cum  potestate  capiendi  residentiani  sive  sin- 
dac^ihim  onicìaliuiii  dictarum  t<>rrarum  eo  nu>do  et  forma  prout  potuit  e 
pt>t<'Ht  ipse  lll.muH  et  exc.mus  dominus  dux  et  comes  et  cum  potestate 
creandi  et  nominandi  gubermit^>res  unum  sj'.u  plures  et  alios  «dlìciavles  ter- 
rarum predictarum  et  cum  aliis  Juribus  et  pertinentiis  diclaruui  terrarum 
Alcami  el  Caliitalimi  earum(|ue  int<>gro  et  indiminuto  statu  eis  modo  et 
fo?-iM!i   proni   il   ■|iiiim:i<ImiimIiiiii   ipMc  jll.iiins  el    excel. iims  dimiiinis  dux  et 


MISCELLANEA  95 


Comes  terras  predictas  cura  predictis  omnibus  ut  supra  arrendatis  habet 
tenet  et  possidet  nec  non  et  dictas  jurisdictiones  et  potestates  creandi 
et  nominandi  gubernatore  et  sofficiales  cum  omnibus  juribus  et  prehemi- 
nentiis  prout  habet  tenet  et  possidet  in  quibus  tenere  et  possidere  potest 
justa  formam  predictorura  suorum  privilegiorum  uil  escluso  nec  reservato 
prò  dieto  ill.mo  et  excel. mo  domino  duce  et  comite  sed  omnibus  translatis 
in  ipsum  illustrem  dominum  baronem  arrendatarium  presentem  et  stipu- 
lautem  i>ro  se  et  successoribus  suis  seu  jus  et  cansaui  liabentibus  vel  ha- 
bituris  ab  eo  modo  et  forma  supradictis  et  non  aliter  nec  alio  modo. 

Inclusas  et  strasactatas  t^rras  predictas  Alcami  et  Calatafimi  seu  ve- 
vius  earum  pheuda  ad  omnem  et  «luemcunque  usura  tam  massiirie  quam 
herbagii  qnornmcumque  anim^lium  ad  electioneni  et  voluntatem  dicti  ilu- 
stris  d<miiiii  baronis  stipulantis  et  aliorum  ab  eo  jus  et  ciiusam  habentium 
vel  habiturorum  et  non  aliter  nec  alio  modo. 

Reservatsi  si  et  quantus  opus  est  et  de  jure  requiritur  et  non  aliter 
nec  alio  modo  licentia  Regia  quo  a*!  jurisditiones  predictas  et  non  a- 
liter  nec  alio  modo  ad  quam  impetrandam  t«neatur  dictus  ill.mus  et 
excell.mus  dominus  dux  et  comes  ad  eius  expeusas  modo  et  formam  ut 
supra  dictum  est  in  rathi  promisione. 

Constituens  se  prefatus  illustris  et  reverendus  nominibus  predictis  prò 
eis  et  suis  tei-ras  predictas  Alcami  et  Calatafimi  eiusque  gabellas  pheuda 
et  jura  supradicta  et  ipsarum  pheudoru<n  herbagia  ter  ragia  et  universa  de- 
super arrendata  et  ingabellata  cum  eorum  dependentibus  eraergentibus  et 
connesis  et  cum  jurisditionibus  predictis  et  potestate  creandi  et  nominandi 
gubernatores  et  offlciales  prout  supra  et  cum  eorum  toto  integro  statu  ter- 
rarum  predictarum  a  primo  die  mensis  septembris  anni  XIV  ind.  proxi- 
me  future  1585  in  antea  et  ex  nunc  prò  tunc  et  e  converso  nomine  et  prò 
parte  dicti  illustris  domini  arrendatarj  stipulantis  et  ab  eo  juset  causam 
habentium  vel  habiturorum  per  coiistitutum  tenere  et  possidere  a  dicto 
die  primo  mensis  sept«mbris  anni  XIV  ind.  1585  proxime  future  donec  et 
quousijue  de  predictis  omnibus  dictus  illustris  dominus  arrendatarius  ce- 
perit  iutraverit  et  habuerit  corporalem  vacuain  et  expeditiim  ac  naturalem 
possessionem  quam  iutrandi  capiendi  et  habendi  propria  auctoritJite  et  de 
facto  absque  iussu  ourie  et  magistratus  decreto  prefatus  illustris  et  reve- 
rendus arrendator  dictis  nominibus  illustri  domino  arrrendatario  stipulane 
et  recipienti  prò  se  et  suis  successoribus  et  ab  eo  jus  et  causam  haben- 
tibus  et  habituris  auctorita.tem  liceutiam  et  liberam  tribuit  et  concessit 
potestatem    ac    de  jure  contulit  pariter  et  de  fatto. 

Ad  habendum  per  ipsum  illustrem  dominum  arrendatarium  stipulantem 
et  alios  ab  eo  jus  et  causam  habentes  vel  habituros  me  notario  prò  eis  sti- 
pulante predictas  tt'rras  Alcami  et  Calatatìmi  cum  suj)ra  dictis  omnibus  et 
singulis  desuper  arrendatas  et  arrendata  a  dicto  die  primo  mensis  septem- 


MISCELLANEA 


bris  anni  predicti  XIV  imi.  proxime  future  in  antea  prò  annis  novelli  inte- 
gris  continuis  et  conipletis  a  «lieto  die  primo  mensis  septembris  XIV  ind. 
predicte  ennmerandis  et  eui-siiris  per  totum  dictuin  mensem  augusti  dicti 
anni  VII  ind.  inde  sequentis  tenendura  possidenduiu  uti  truendum  gau- 
dendum  frnctus  et  introitns  percipiendnm  ipsasque  terra»  gubernandnni 
jurisditionibiis  jireditis  utendum  aliisque  illas  in  totum  vel  in  partein  ri'- 
nuutiandum  sublocanduiu  subarrendum  aut  alium  vel  alios  in  participes 
reoolligenduni  duminodo  quoti  non  pt>88Ìnt  sub  arrendare  nec  ingabellare 
euin  jurisditione  eivile  et  eriiuinale  et  omnia  alia  et  singula  ei  et  aliis 
ab  eo  jus  et  eausaiu  habeutibus  et  habituris  beuevisa  faciendum  prout 
et  quenia<linodum  ipse  illustrissimus  et  excellentissiiuus  doiniuus  dux  et 
eonies  omnia  predieta  tacere  posset  virtut*  suorum  pri\  ilegiornni  et  quo- 
cumque  alio  jure  ei  iiielius  competente  et  competituro  et  non  aliter  nec 
alio  modo. 

Cedens  et  trsinsferens  ideo  pretatus  illustris  et  reverendus  nominibus 
predictis  illustrissimi  et  excellentissimi  domini  ducis  et  dueisse  et  comitis 
et  eoram  successorum  eidem  illustri  domino  baroni  arrendatario  stipulanti 
prò  se  et  aliis  ab  eo  jus  et  caiisiim  liabentibus  vel  habituris  et  ab  eo  reci- 
pienti omnia  et  singula  Jura  omnesque  actiones  rationes  et  causas  reales 
et  personale»  utiles  directas  mixtas  tacitas  et  exprexas  pretorias  et  civiles 
et  alias  quascumque  ac  spem  et  exercitium  ipsorum  jurium  et  actionum 
«luem  et  quas  et  quod  liabuit  habebat  et  habet  nominibus  iam  dictis  ac 
potest  et  sperat  habere  et  que  sibi  dictis  nominibus  competunt  compe- 
tebant  aut  competere  possunt  quoomolibet  durante  termino  dicti  arren- 
damenti  in  omnibus  et  singulis  predictis  desuper  arreudatis  et  in  eoruni 
<lefenctione  et  in  jureexpellendi  et  revocandi  vicecastellanos  dictsirnin  ter- 
rarum  in  annuali  exatione  et  consecutione  introituiim  jurium  et  prò vven- 
tuuni  dictarum  terrarum  et  aliorum  pheudoruin  gebellarum  et  aliorum 
universorum  jurium  ipsoruraqne  pheudoruin  jurium  et  gabellarum  nec 
non  et  in  gabellis  pheudoruin  et  gabellarum  de  pertinentiis  dictarum  ter- 
rarum contra  et  adversus  (luascumque  porsonas  ecclesiasticas  vel  seculares 
virtute  et  auctoritate  (luorumcunuiue  contrattuum  et  (piarumvis  scriptuia- 
runi  pnblicarum,  privatariim  et  sine  «iuoeum«nu'  et  «lualitercuinque.  Consti- 
tiiens  cuiidem  iiltistrem  dominum  baronem  stipuhintem  et  jus  et  eausam 
ab  eo  habentes  vel  habituros  me  notjirio  prò  eis  stipulante  ])rocuratores 
irre  vocabiles  in  rem  dicti  illustrissimi  et  exellentissimi  domini  ducis 
et  comitis  et  suorum  et  ponens  eos  in  locum  suum  in  iiac  parte  ut  a 
modo  eU:. 

Et  hoc  prò  gaUtlla  et  arreiidaiiuMito  prò  oiiinibus  [uedictis  lerris  Al- 
cami  et  Culatallmi  et  eonim  pheiidis  galndlis  juribus  proventibus  juris- 
ditioiiilitiK  deHiiper  nrreiidatiH  ad  ratioiiem  uutiarum  duaruiii  mille  sex- 
centiiriiiii  |KMidurÌH  generalis  moneti'    liuius   legiii    Sicilie    qiioiibet   anno 


MISCELLANEA  97 


ipsorum  annoruiu  noveiu  franchi  a  (lieto  ili, ino  et  excel. nio  duca  et  conte 
interclu.sis  in  dieta  ;iabella  supradietis  nntiis  qnatiiceutis  semel  tantum 
solvendis  per  dietus  ili. munì  et  excel. munì  doniiuum  ducem  et  comitem 
dicto  domino  liaroni  prout  infra  Et  hoc  ex  causa  quia  presens  arrenda- 
mentuni  Init  factum  Inter  |  dictum  |  illustrem  et  reverendum  et  ipsuni  do- 
minuni  barouem  appontatum  et  aecordatum  eo  modo  et  forma  prout  ad 
presens  liabet  tenet  et  possidet  ipse  dominus  baro  arrendamentum  pre- 
dictum  loco  gabelle  prò  |  dictis  untiis  duabus  mille  sexeentis  interclusis 
in  dieta  gabella  residuis  unciarum  7(K)  prout  et  quemadmodimi  patet 
tenore  contractus  initi  iuter  dictum  dominum  De  Riva  et  ipsum  illustrem 
domiaum  baronem  superius  preciilendati  et  nihilominus  ipse  illustris  do- 
minus baro  extitit  coutentus  relaxare  de  dictis  nntiis  700  nntias  tricen- 
tas  et  facere  presens  arrendamentum  prò  dictis  nntiis  duarum  mille  sexentis 
et  consecpii  et  habere  dictas  uncias  (|uatricentas  prò  modo  ut  supra  dictum 
est  et  per  modum  ut  infra  solveudas  et  eum  onere  solvendi  quolibet  an- 
no dicto  arrendamento  perdurante  infrascriptas  gravitias  debitas  super  in- 
troitibutì  dietarum  terrarum  adseendentium  iul  uncias  cpiadraginta  prò 
anno  infraserii)tis  personis  prò  ratis  infrascriptis  In  jjrimis  nntias  decem 
abbatie  vocate  de  li  Scalzi  prò  elemosina  sibi  concessii  per  dictum  illu. 
strissimum  et  excelentissimum  dominum  ducem  et  comitem     .  unct.  10. 

Item  unctias  quatuor  ven.  cappellano  ecclesie  dive  Marie  de  Grafia 
prò  salario  sibi  constituto  per  suam  illustrissimam  dominationem.   une.    4. 

Item  untiam  unam  magistro  notarlo  patrimonii  diete  terre  Al- 
<;iiiiii une.     1. 

Item  Jintias  viginti  quincpie  castellano  diete  terre  Alcanii  creato  vel 
creando  ab  excellentia  illustrissimi  domini  ducis  et  comitis  prò  eius  sa- 
lario         une.  25. 

Qiuis  grjivitias  dietus  illustris  dominus  arrendatarius  causji  supradicti 
arrendamenti  se  accollavit  et  aecoUat  termino  dicti  arrendamenti  perdu- 
rante solvere  dictis  personis  destinatis  Et  hoc  absque  carnagio  et  absque 
aliqua  alia  solnetione  et  servitute  et  franco  dicto  illustre  domino  baro- 
ne arrendatario  aliisque  ab  eo  jus  et  cansam  habentibus  vel  habituris 
me  notarlo  prò  eis  stipulante  a  regio  militiiri  servitio  d<mativis  ordinaris 
et  extraordinariis  impositis  et  imponendis  et  ab  omnibus  et  singulis  sub- 
jugationibus  et  eorum  interusnriis  et  decurrendis  oneribus  servitutibus 
et  obligationibus  et  hipotecis  generalibus  et  specialibus  quovis  nomine 
nunenpentur  seu  nuncupari  possent  a  (juibus  omnibus  et  singulis  predi- 
ctis  regio  juilitario  servitio  donativi»  ordinariis  et  extraordinariis  subju- 
gationibus  et  eorum  interusuriis  decursis  et  decurrentis  servitutibus  obli- 
gationibus hi|)otecis  et  aliis  prenarratis  dietus  illustris  et  reverendus  no- 
minibus  prcdietis  promisit  et  se  obligavit  et  obligat  dicto  illustri  domino 
arrendatario  et  aliis  ab  eo  ius  et  causam    habentibus   vel  habituris   me 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  anno  XXX.  7 


98  MISCELLANEA 


notano  prò  eis  stipulanti  et  inquilini»  berbageriis  terrageriis  conductori- 
bus  gabellotis  detemptoribus  et  possessoribus  dictaruum  terrarum  Aleanii 
et  Calataflmi  et  eorum  feudorum  juriiim  et  gabellarum  eos  omnes  et 
quemlibet  eonim  eorumque  lieredes  et  bona  me  notario  pio  eis  stipulante 
servare  indennes  indemnia  penitus  et  sine  danno  et  ab  omnibus  et  sin- 
galis  dannis  lucris  cessantibus  et  que  cessaverint  interesse  et  expensis 
eis  et  ipsorum  cuilibet  causji  premissoruui  omnium  et  singulorum  qnomo- 
dolibet  causjindis  tìendis  et  incurrendis.  Ita  (|uod  in  easu  quo  dictus  il- 
histris  dominus  arrendatixrius  ant  alii  ab  eo  jus  et  causam  habentes  vel 
habituri  vel  inquilini  burgenses  terragerii  herbagerii  et  alii  detemptores  et 
possessores  dictarum  terrarum  Alcami  et  Calatafìmi  eorunniue  pheudorum 
et  gabellarum  juriuni  et  universorum  introituiim  predictorum  desuper  ar- 
rendatorum  et  ouisvis  pars  ipsanim  et  ipsorum  et  quilibet  quamdocuraque 
<|uocumque  qualitercumque  semel  et  plui'ies  aliquod  damnnm  causa  et  oc- 
casione premissorum  subirent  et  paterentur  quod  utique  illud  dicto  casu 
fort«  veniente  dictus  illnstris  et  reverendus  nominibus  predictis  se  obligavit 
et  obligat  incontinenti  retìcere  toties  ([uoties  casus  evenerit  dicto  illustri  ar- 
rendatario  stipulanti  seu  cui  dannunt  causaretur  me  notario  pi'o  eius  stipu- 
lante. In  i)ace  et  de  plano  omnibus  oppositionibus  et  exceptiouibusjuris  et 
facti  remotis  penitus  et  expresse  renuntiatis  itji  quod  eveniente  dicto  casu 
possint  et  libere  valeant  dictus  illustris  dominus  arrendatarius  et  alii  ab  eo 
jus  et  causiim  habentes  vel  habituri  et  ille  persone  quibus  damnum  cau- 
saretur etiani  nondum  facta  soluctione  nec  expectata  interl(»cutoria  nec 
habitis  juribus  cessis  sed  simplici  illata  molestia  procedere  via  executiva 
et  omni  alio  meliori  modo  exceptionem  causare  contra  dictum  illustris- 
simum  et  excell.um  dominum  ducem  et  comitem  et  ejus  bona  in  quovis 
foro  juditio  et  magistratu  etiam  incompetenti  adversus  quam  exceptionem 
et  presentis  contractus  formam  non  possit  se  opponere  prout  infra  et  in 
tali  casu  possit  et  valeat  dictus  ill.s  dominus  arrendatarius  et  alii  ab  eo 
jus  et  causam  habentes  vel  Inibituri  possint  et  libere  valeant  summam 
solvendani  etiam  prò  concurrenti  quautitate  dannorum  interesse  et  expen- 
saruni  et  lucrornni  cessantium  capere  et  recipere  semel  pluries  absqne  a- 
li(jua  notifica«'ti<me  facienda  ad  cambia  et  recambia  prò  (juibusvis  mundi 
partibuK  et  per  infra  (|uam  per  extra  Regnum  vel  sibi  ipsi  ractionari  ut 
dicitur  contariseli  U8(|ue  mi  integrani  et  eftectivam  soluctionem  ad  danna 
ed  int4»re«He  dicti  illustrissimi  et  excell.nji  tlomini  ducis  et  comitis  de 
qiiibuK  oninil)us  et  singulis  lucris  cessantibus  et  dannis  interesse  et  ex- 
penHÌH  cainbiortim  et  recanihiorum  v{  eorum  caidurn  credatur  et  «te- 
tur  ac  eredi  et  stari  debeat  sol<)  simplici  Juramento  dicti  illustris  do- 
mini liaronis  arrendatarj  stipulantis  seu  illinum  <|iiil>us  dannum  vve- 
nlftt  me  notario  pr«  «Ih  Htipnlante  nulla  alia  probaetione  verificatione  in- 
trinneca  vel  extrinsera  necessurìji  lienda  quod  jurann-ntum  prestai]  possi! 


MISCELLANEA  99 


in  fjiiovis  foro  juditio  iiiagistrsitii  etiaiu  per  actum  publicum  penes  qiiem- 
vis  notariuiii  alt.sque  alùpia  uotificactioiic  tìeinla  ex  parto  uoii  obstantibus 
<]UÌbuKvis  jurilnis  constitutionibus  et  aliis  in  contrarinni  «lictantibns  vel 
disponentibus  (piibns  et  eoruni  benetitiis  dictus  illustris  et  reverendus  ar- 
rendator  noniinibus  predictis  euni  juraniento  expresse  renuntiavit  et 
rennntiat. 

Et  eurrentibiis  vel  non  currentibus  cambiis  et  recambiis  predictis  ca- 
piendis  vel  rationandis  nt  snpra  liceat  et  sit  licituui  dicto  illustri  domino 
arrendatario  stipulanti  seu  aliis  ab  eo  Jus  et  causani  habentibus  vel  ha- 
bituris  et  quibus  danuuni  eveniet  centra  ipsuiu  illuHtrisHiniura  et  excel- 
lentissiinuni  dominum  dnceni  et  coniit^^m  et  ejns  bona  exceptionem  cau- 
sare in  <iuocuuqiie  foro  etiaiu  incompetente  adversus  tjuam  exceptlo- 
neni  et  presenti»  contractus  formam  et  extrenjorum  (I)  verificactionem  et 
dictum  jiiramentum  prestandum  non  possit  se  oppouere  prout  infra. 

Remanente  tamen  illustr.nio  et  excell.nu>  domino  duce  et  comite  seni- 
per  obligato  ad  interesse  cambiariim  usque  ad  integram  et  efiectivani 
soluctioneni  de  quibus  similiter  possit  fieri  exceptio  modo  et  forum  pre- 
dictis  singula  singulis  referenda. 

Ita  (juod  sit  et  esse  debeat  in  electioue  dicti  illustris  domini  arrenda- 
tarii  stipulantis  et  aliorum  ab  eo  jus  et  causiim  liabentium  vel  habitu- 
rorum  dictam  summain  penes  se  retinere  de  pretio  seu  gabella  supra- 
«licta  auctoritate  j)ropria  et  <le  facto  absipu-  juasu  curie  et  magistratuum 
decreto  ad  ejus  electiouem  et  voluutatem  leseivata  sibi  potestate  variandi 
et  nou  aliter  uec  alio  modo  ex  pacto. 

Quod  (piidcMi  arrendameutum  ad  rationeui  predictarum  untiarum  2600 
in  pecunia  ponderis  geueralis  franchi  a  dicto  lU.mo  et  excell.mo  domino 
duci  ultra  gravitias  desuper  accollatas  quolibet  anno  dictorum  auuorum 
novem  prefatus  illustris  dominns  arrendatarius  sponte  promisit  et  se  ob- 
bligavit  et  obligat  realiter  et  cum  ett'ectu  dare  et  solvere  dicto  Ill.nio  et 
excell.mo  domino  duci  absenti  me  notario  prò  eo  stipulante  vel  persone 
legitinie  prò  eo  vel  depositare  ad  eius  nomen  quolibet  anno  in  tabula  fe- 
iicis  urbis  Panhormi  deductis  prius  et  retemptis  per  ipsum  illustrem  domi- 
num baroncm  predictis  et  infrascriptis  sciiti»  deceni  mille  et  predictis 
uutiis  quatricentis  prout  saprà  dictum  est  et  infra  melius  expressabitur 
hoc  modo  videlicet;  gabellam  priuìi  anni  xiiij  per  totum  mensem  octobris 
anni  xv  ind.nis  gabellam  anni  xv  ind.pis  per  totum  mensem  octobris  prime 
ind.nis  gabellam  anni  prime  ind.nis  per  totum  mensem  octobris  anni  se- 
cuude  ind.nis  gabellam  anni  secunde  ind.  per  totum  mensem  octobris  anni 
tertie  ind.nis  gabellam  anni  III.  ind.nis  per  totum  mensem  octobris  anni 
quarte  ind.nis  gabellam  anni  quarte  ind.nis  per  totum  mensem  octobris 
anni  v.  ind.nis  gab<'llam  anni  <iiiinte  ind.nis  per  totum  mensem  octobris 
anni  seste  ind.nis  gabellam  anni  .vi    ind.nis   per  totum    mensem   octo- 


100  MISCELLANEA 


bris  anni  septirae  ind.nis  et  gabellain  anni  septem  ind.nis  nltirai  anni  per 
totum  mensem  octobris  anni  octave  ind.nis  proxime  futuranim  dediictis 
tanien  prius  j)er  ipsnni  illustieni  doininuiii  baroneni  de  dieta  gabella  et 
super  gabella  priinorum  annonini  xiiij  et  xv  ind.nis  snpradictis  et  infra- 
scriptis  scutis  deceinniille  per  ipsnm  dominum  baronem  dicto  illustrissimo 
excell.iuo  domino  duci  et  corniti  exburzandis  et  supradictis  et  infrascriptis 
untiis  400  per  ipsum  ill.iuum  et  exc.uiuui  dominum  comitem  debitis  dicto 
domino  baroni  loco  et  causa  pradictarum  untiarum  700  residuorum  prout 
supra  dictum  est  Et  hoc  in  pace  et  de  plano  sine  aliqua  exceptione  juris 
vel  facti  etc. 

Et  quia  dictus  illustrissimus  et  excell.mus  domiuus  dux  et  comes  in- 
diget  et  opus  habet  de  dictis  scutis  decem  mille  prò  illis  erogandis  ntque 
convertendis  prò  aliipiibus  suis  negotiis  et  occurrentii  ut  supra  dictum 
est  que  fuerimt  oblate  per  dictum  illustrem  dominum  baronem  absque 
interesse  propt^rea  prefatus  illustris  dominus  baro  ad  requisitionem  peti- 
tionem  et  instantiaui  dicti  illustris  et  Reverendi  uominibus  predictis  se 
obligavit  et  obligat  realiter  et  cu  in  affectu  ne  premisit  et  promittit  dicto 
illustrissimo  et  excell.mo  domino  duci  absenti  dicto  illustre  et  Rev.do 
ejus  procuratore  et  commissionato  et  me  notarlo  prò  eo  stipulantibus  sol- 
vere sibi  vel  persone  legitime  prò  eo  vel  depositare  in  tabiila  felicis  ur- 
bis Panhormi  dictos  scutos  decem  mille  argentee  mcmete  liu.ius  Sicilie  re- 
gni ut  dicitur  a  tari  dudici  per  scuto  francos  et  liberos  absque  aliqua 
empara  vel  sequestro  infra  terminum  mensis  unius  numerandi  a  die  con- 
signationis  in  manibus  propriis  ipsius  illustris  domini  baronis  ratificactio- 
nis  presentis  contrattus  cum  predicto  regio  consensu  et  dispensactiime  ac 
confirmactione  modo  et  forma  prout  supra  dictum  est. 

De  quibus  quidem  scutis  decem  mille  superius  exburzandis  et  sol- 
vendis  per  dictum  illustrem  dominum  baronum  et  de  dictis  untiis  qua- 
tricentis  sibi  debitis  et  solvendis  per  dictum  illustrissimum  et  exell.um 
dominum  ducem  et  comitem  loco  et  causa  dictarum  unt.  700  residuorum 
prout  supra  dictum  est  ipse  illustris  domiuus  baro  jmssitet  libere  debeat  au- 
ctoritat«  propria  et  de  fato  sibi  ipsi  solvere  et  satisfacere  super  predicta 
gabella  arrendamene  predicti  et  super  predictis  untiis  duabus  mille  et  sex- 
centis  in  duobus  priuiis  aunis  dicti  arrendamenti  hoc  modo  videlicet:  in  pri- 
mo anno  xiiij  iiul.nis  possit  sibi  reliuere  et  solvere  scutos  sex  uiille  sive 
untias  24(K)  in  compotum  scutonim  decem  mille  sive  une.  4000  exburzando- 
ruin  per  ipsum  illustrem  dominum  baronem  et  scutos  quingentos  sive  unt. 
ducentoH  in  compofnui  dictarum  uuiiarum  400  <lebilarum  i)er  dictum  il- 
lustrissimum et  excell.um  dominum  ducem  (^t  ccuuitem  dicto  domino  ba- 
roni ut  supra  dictum  est  Et  in  secando  anno  xv  ind.nis  scutos  (puituor 
mille  sive  unt.  IfiOOad  complimentuin  supradictorum  scntoriiiii  de.-em  mille 
et  scutos  quiugeutoH  sive  uut.  200  ud  conqilimeiilnni  sii]>t':i<li('tiirnni  uni. 


MISCELLANEA  101 


400  dicto  domino  baroni  debitarum  per  dictum  illustris.um  et  excell.mum 
doniinum  diicem  et  coniiteui  et  iint.  octiugentas  ad  couipliinentuin  pre- 
dictaruni  untiarurn  2600  debitarum  per  dictum  dominum  barouem  dicto 
illustrissimo  etexcen.mo  domino  duci  et  comiti  prò  gabella  secondi  anni  xv 
ind.nis  predicte  dictus  illustris  dominus  baro  dare  et  solvere  promisit  pre- 
dictoill.mo  et  exeell.mo  domino  duci  et  comiti  absenti  eto.  vel  persone  legi- 
tirae  proeo  aut  depositare  in  dieta  tabula  urbis  Panhormi  ut  superius  dictum 
est  per  totum  mensem  octobris  anni  prime  ind.nis  proxime  sequentis  Et  ga- 
bellam  vero  aliorum  annorum  septem  ipse  illustris  dominus  baro  dare  et  sol- 
vere promisit  dicto  ill.mo  etexc.mo  domino  duci  et  comiti  absenti  me  nota- 
rlo et  dicto  illustre  et  reverendo  ejus  i)rocuratore  pi'o  eo  legitime  stipu- 
lantibus  modo  et  forma  supradictis  scilicet  untias  2600  prò  gabella  anni 
prime  ind.nis  per  totum  mensem  octobris  anni  ij  ind.  untias  2600  prò 
gabella  anni  ij  ind.nis  per  totum  mensem  octobris  anni  tertie  ind.nis 
untias  2600  prò  gabella  anni  iij  ind.nis  per  totum  mensem  octobris  anni 
iiij  ind.nis  untias  2600  prò  gabella  anni  iiij  ind.nis  per  totum  mensem 
octobris  anni  V  ind.nis  untias  2600  prò  gabella  anni  V  ind.nis  per  to- 
tum mensem  octobris  anni  sexte  ind.nis  untias  2600  prò  gabella  anni 
vj  ind.nis  per  totum  mensem  octobris  anni  vij  ind.nis  untias  2600  prò 
gabella  anni  vij  ind.  per  totum  mensem  octobris  anni  viij  ind.nis  pro- 
xime futururum  in  pace  etc. 

Quos  quidem  scutos  deceuì  mille  cura  predictis  untiis  quatricentis  ut  su- 
pra  dictus  illustris  et  reverendus  dictis  nominibus  ex  nunc  prò  tunc  et  e 
converso  deduxit  et  deducit  de  dieta  gabella  predictorum  annorum  xiiij 
et  XV  indictionum  proxime  futurarum  eoscjue  et  eas  compensavit  et  eom- 
pensat  ac  bouos  fecit  et  facit  dicto  illustri  domino  baroni  stipulanti  vel 
jus  et  causam  habentibus  vel  habituris  ab  eo  me  notarlo  prò  eis  stipu- 
lante super  ipsa  gabella  uutiarum  2600  prò  anno  per  eum  debita  in  di- 
ctis aunis  xiiij  et  xv  indictionum  modo  quo  supta  et  non  aliter  nec  alio 
modo  omni  contradictione  cessante. 

Sub  pactis  legibus  et  condictionibus  iufrascriptis  et  unoquoque  ipso- 
ruui  inter  eos  accorda tis  et  juramento  tìrmatis  sub  quibus  et  eis  precedenti- 
bus  fuit  deventum  ad  presentem  contractum  et  non  aliter  nec  alio  modo. 

Et  primo  quod  casu  quo  tempore  presentis  arrendamenti  quod  Deus 
advertat  fuerit  in  dictis  terris  seu  in  illarum  parte  supra  arrendatis  pe- 
stis  aut  invasio  inimicorum  quorum  causa  redditus  et  gabelle  introitus 
et  proventus  dictarum  terrarum  seu  ([uelibet  ipsarum  portio  venerit  in 
diminutione  majoris  partis  fructus  quod  tali  casu  prefatus  ill.mus  et 
excell.mus  dux  et  comes  teneatur  et  obligatus  intelligatur  satisfacere  et 
solvere  huiusmodi  damnum  et  diminutionem  prefato  illustri  domino  baro- 
ni stipulauti  vel  jus  et  causam  habentibus  vel  habituris  ab  eo  me  nota- 
rlo prò  eis  stipulante  quemadmodum  et  prout  declaraverint  due  persone 


102  MISCELLANEA 


nominande  una  per  ipsiim  ili. munì  et  exell.niuni  dominum  duoeni  et  alia 
per  dictuni  illustrein  douiinuin  barouein  et  in  casu  discordie  per  tertium 
eligeudum  per  ambas  partes  et  in  casu  renitentie  ipsarum  partiuni  per 
judiceiu  ipsius  loci  in  quo  deolaratio  predicta  erit  facienda  de  qiiibus  qui- 
deni  declaratiouibus  daninoruin  et  intei'esse  ipse  doniinus  baropossit  excep- 
tioneni  causare  centra  dictum  ill.mum  et  exc.  dominum  ducem  et  comi- 
tem  et  eius  bona  in  quocumque  foro  etiain  incompetenti  eti<im  in  magna 
regia  curia  cuius  Sicilie  regni  adversus  quam  non  possit  se  opponere  dictus 
excell.mus  dominus  dux  et  comes  quin  prius  solveat  et  adimpleat  ut  infra 
ex  pacto  etc. 

Item  proeessit  ex  pacto  quod  ipse  illustris  dominus  baro  arrendarius 
prò  administratione  justitie  et  offitii  dicti  gubernatoris  tam  ipse  qnain 
alii  gubernatores  per  euni  eligendi  vel  substituendi  in  oltìtio  predicto 
t«neatur  et  stare  debeat  sindaitatui  et  residentie  in  terris  predictis  coi'am 
sindicatore  eligendo  per  excellentiam  dicti  ili. mi  et  excell.mi  domini 
ducis  seu  eius  procuratorem  habentem  in  his  spetiale  mandatuni  hoc  mo- 
do videlicet  :  in  prima  vice  elapso  qnatriennio  dictorum  auuorum  novem 
et  in  alia  vice  in  line  <licti  arrendamcnti  ex  i)acto  etc.  dummodo  chi  lo 
sindicaturi  sia  regnicolo  oriundo  et  non  aliter  nec  alio  modo. 

Item  proeessit  ex  pacto  quod  ipse  illustris  dominus  baro  arrendatarius 
teueatnr  siccpie  promisit  ac  solenniter  se  obligavit  prefato  illustri  et 
rev.do  nominibus  predictis  stipulanti  quolibet  anno  sindicari  tacere  per 
aliquera  doctorem  eligeudum  per  ipsum  illustrem  dominum  barouem 
omnes  et  singulos  offlciales  dictaruui  terrarum  annuales  solitos  sindicare 
et  etiam  judiceiu  superiorem  ipsarum  terrarum  elapso  bieunio  nune  so- 
lito justa  forraam  capitulorum  dicti  ili. mi  et  excell.mi  domini  duci  con- 
cessorum  univei'sitati  diete  terre  Alcami.  Et  hoc  prò  observaiulis  capitulis 
hnius  Regni. 

Item  proeessit  ex  pacto  (|uod  casu  «juo  in  extrenio  tempore  gabelle  et 
arrendamenti  predicti  dictus  illustris  dominus  lìnro  renianserit  creditor 
in  aliqua  pecuniarum  sumiiìa  de  fructibus  et  introitibus  terrarum  pre- 
dictarum  qnmì  tali  casu  possit  dictas  pecunìas  exigi  facere  per  secretum 
per  ipsum  illustrem  Dominum  baronem  nominaudum  non  obst^inte  (juod 
tempus  «liete  iiigabellactionis  erit  liiiituiii  «pii  «louiinus  secretus  uti  jìossit 
jurisdìctione  exigendi  prout  tempore  dicti  arn^iulamenti  utebatur  ex  pacto 
omni  (U)ntradictione  cessante. 

Item  proeessit  etiam  ex  pacto  che  «lieto  signor  illusile  arrendatario 
non  iM>za  Ktrasactare  (|uuntita  alcuna  di  terri  di  li  comuni  di  Oalatatlmi 
eccetto  <|uelli  stiano  per  li  cittatini  di  d(^cta  terra  comuni  lomv  liaunn 
Btato  sempri. 

It*ni  et  perche  se  trovam»  in  «letta  term  di  Calatatìmi  strasactati  al 
curii  p«"/zi  «li  t«Tra  parichiati  niczi  parichiati  et  (|uarti  tanto  «li  li  terri  c«)- 


MISCELLANEA  103 


mimi  di  detta  terra  come  ancora  di  li  feghi  di  sua  ili. ma  et  eccell.ma  si- 
gnoria in  detta  terra  senza  licentia  di  sua  eccellentia  et  quelli  sonno  in 
danno  et  detrimento  del  patrimonio  di  sua  signoria  ili. ma  et  ecfl.ma  tanto 
jjer  governatori  che  sonno  stati  come  per  arrendatarj  che  hanno  havuti 
dette  terri  in  gabella  come  per  altri  procuratori  et  secreti  de  la  prefata  ec- 
cellentia sua  o  di  qualsivoglia  altra  persona  pertanto  procede  di  pacto  che 
detto  illustre  sig.r  Barone  arrendatario  pozza  detti  strasacti  recuperari  ha- 
viri  et  consequitari  et  quelli  aggregari  al  patrimonio  predicto  et  quelli 
che  erano  comuni  tornarli  per  comuni  come  stavano  innanti  la  concessione 
di  detti  strasa(;ti  et  elapsi  che  saranno  novi  anni  de  lo  presente  arren- 
damento  imperoche  duranti  li  anni  novi  predicti  li  havera  di  godere  la 
pers<ma  che  sua  signoria  ili. e  et  reverenda  nominerà  et  sua  eccellentia 
contìrmera  le  quali  terre  alla  persona  a  cui  saranno  concesse  li  habbia 
a  recoperare  a  soi  dispese  et  retrovaudosi  alcuni  di  detti  strasacti  che 
facciano  notabile  danno  a  li  supraditti  feghi  ingabellati  ut  snpra  tali  casu 
li  dieti  strasacti  statilo  recoperati  che  sarranno  habbiano  di  tornare  co- 
muni come  stavano  refacendo  ditto  Sig.  barone  li  spisi  a  la  persona  che 
li  recuperirà  et  questo  a  dispese  cioè,  la  recuperactioni  de  li  detti  co- 
muni a  dispese  della  eccellentia  di  dicto  Ill.mo  sig.  Duca  et  conti  et  la 
recuperactioni  de  li  strasacti  di  dicti  pezzi  di  terra  de  li  feghi  a  dispese 
di  detto  ili. e  sig.  barone  de  li  quali  terre  de  li  feghi  tantum  che  si  re- 
cuperiranno  ut  supra  esso  ili. e  sig.r  barone  se  ne  possi  servire  et  si  in- 
tendano aggregati  a  lo  presenti  arrendamento  et  ingabellatione  per  mo- 
dum  ut  supra  et  jiro  recuperactione  predita  prefatus  illustri»  et  reveren- 
dus  dictis  nominibus  et  cum  rathi  promissione  et  omni  alio  meliori  modo 
et  nomine  ect.  fecit  et  constituit  et  substituit  ipsum  illustreiii  dominum 
baronem  stipulantem  generalem  et  generalissimum  procuratorem  consti- 
tutum  et  substitutum  irrevocabilem  cum  potestate  comparendi  in  quo- 
cumque  foro  juditio  curia  et  magistrata  ecclesiastico  vel  seculari  qiuj 
opus  fuerit  et  incoandi  prosequendi  mediandi  terminandi  et  finiendi  qua- 
scumque  litcs  super  petictione  predicta  et  utendi  omnibus  jurisditionibus 
((iiibus  uti  poterat  dictus  ill.mus  et  excel. mus  dominus  dux  et  Comes 
ponendo  ipsum  illustrem  dominum  l>aronem  stipulantem  et  jus  et  causam 
ab  eo  liabentem  vel  habiturum  me  notarlo  prò  eis  stipulante  in  loco 
proprio  dicti  ili. mi  et  excel. mi  domini  ducis  et  constituendo  et  substi- 
tuendo  eum  procuratorem  constitutum  et  substitutum  et  omni  alio  meliori 
modo  in  hac  pavie  ut  a  modo  etc. 

Itera  et  perche  si  trovano  essere  dati  li  castelli  di  diete  terre  di  Al- 
camo et  Calathaflmi  si  declara  che  se  li  castellani  di  decti  castelli  hab- 
biano di  bavere  solamente  lo  sopraditto  salario  di  onze  25  tantum  et 
dumtaxat  al  castellano  di  Alcamo  restando  per  dicto  illustre  signor  Ba- 
rone l'abitactioui  di  decti  castelli  carceri  fosso  et   altri    pertinetii   spec- 


104  MISCELLANEA 


tanti  a  detti  castelli  e  potestà  di  poter  fare  vicecastellano  et  carcerario 
et  sua  excellentia  volendo  nominale  castellano  non  ci  poza  dar  altro 
che  lo  salario  di  dicti  onze  25  revocando  et  per  revocati  havuti  tntti 
et  singuli  castellani  et  vicecastellani  et  carcerarli  di  decti  castelli  per 
fina  al  presente  fatti. 

Et  perche  l'habitationi  di  detto  castello  si  trova  ruinata  et  diruta  in 
parti  processi  <li  patto  che  detto  illustre  signor  Barone  possa  expedirc 
in  la  tiabrica  di  detto  castello  come  meglio  tornerà  comodo  a  detto  il- 
lustre signor  Barone  scuti  quattrocento  supradecte  monete  cioè  scuti  dui- 
cento  de  li  denari  di  decto  illustre  sig.r  Barone  et  scuti  duicento  delli 
denari  di  dicto  ìU.mo  et  exc.mo  signor  Duca  et  Conte  li  (juali  scuti  dui- 
cento  dicto  illustre  sig.r  Barone  se  li  poza  retenere  sopra  la  gabella  di 
decto  arrendamento  et  in  lo  secundo  anno  di  ipso  arrendamento  et  de 
la  dispisa  di  decti  scuti  dui  cento  et  da  expendersi  de  li  denari  di  decto 
ill.mo  et  exc.mo  signor  duca  et  conte  esso  illustre  signor  baroue  ne  sia 
eritto  a  suo  solo  dicto  cum  juraniento  quod  i>08sit  prestari  in  quocumque 
juditio  etiam  per  actuui  publicuni  manu  public!  notarli  quos  quideni 
scutos  duecentos  expenilendos  per  dictuni  doniinum  baroneni  de  pecu- 
nii8  dicti  ill.nù  et  exc.nii  domini  ducis  et  comitis  prò  causa  predicta  ipse 
illustris  et  reverendus  ex  nune  prò  tunc  et  e  converso  deduxit  et  dedu- 
cit  de  dieta  gabella  et  de  gabella  dicti  arrendatuenti  secundi  anni  XV. *■ 
ind.nis  eosque  compensavit  et  compenaat  dicto  domino  baroni  stipulanti 
et  non  aliter  nec  alio  modo. 

Item  che  l'habitationi  di  li  dicti  castelli  di  Alcamo  et  Calathatìmi  et 
precise  di  Alcamo  sia  di  ipso  illustre  signor  Barone  di  lo  giorno  che  li 
sarra  consegnata  detta  ratifica  <lel  prcseuti  contractu  innanti  a  lo  quali 
illustre  signor  barone  stii)ulanti  dittu  illustri  et  reverendo  dictis  nomini- 
boB  ex  nunc  prò  tunc  et  e  converso  detti  et  duna  auctorita  et  potestà 
di  potiri  piglari  la  possessioni  di  decti  castelli  ex  pacto  etc. 

Item  proces.sit  etiam  ex  pacto  etc.  quod  dicti  ili. mi  et  excell.mi  do- 
mini dux  et  ducissa  et  ill.mus  dorainus  comes  de  melgar  iusolidum  te- 
ueautiir  presentem  coutractum  ratificari  facere  per  ill.iuuiii  doininum  don 
Diecum  Enriques  de  Caprera  eiU'um  liliuui  secuudum  genituui  et  fratrem 
dicti  ili. mi  domini  comitis  cnm  erit  etntis  perfecte  cuni  anctoritate  ju- 
dicJH  lit4;rati  (|ui  se  obligabit  cuiu  dictis  ill.mis  et  excell.mis  dominis 
duce  et  ducissit  ac  coinite  dicti»  douiiuo  baroni  in  casu  qiuxl  absit  mor- 
ììh  dictorum  duorum  suoruin  parentium  ad  restitutiouem  et  solutionem 
predìctAruni  Hcutoruni  deceni  mille  exburzan<l()rum  per  dictum  dominum 
baronem  et  eornni  interesse  et  ad  omnia  et  singida  alia  in  iwesenti  con- 
tractu cMintenta  et  espresHatii  per  autum  publicum  cum  ins(>rto  tenore 
prewmtiH  contractns  secundum  stìlum  notariorum  copiain  cuius  ratiflca- 
tionÌH  dicti  ili. mi  et  excell.mi  domini  dnx  et  <lneissa  iu*  comes  t4>iieantur 


MISCELLANEA  105 


•m\  eoniiTi  t'xpensas  cinn  fide  et  si<;ill<»  autenticam  traddere  et  eonsignare 
(lieto  baioni  pront  sapra  dictuiìi   est. 

Proaiittens  solleiiTiiter  et  eouveuiens  prefatus  illustris  et  revereudus 
iiojiiinilMis  predictis  prò  dicto  ili. ino  et  excell. ino  domino  dnee  et  ducissa 
ae  eoiiiite  deinelj;av  eideni  ill.i  doni.o  baroni  stipnlanti  et  aliisabeojus 
causant  habentibns  vel  habituris  me  notarlo  prò  eis  stipulante  de  predictis 
t(U"ris  Arcami  et  Calatati  mi  eorumqne  fendis  et  gabelli»  et  ipsorum  ten- 
dornm  et  ^abellarnm  Juribns  et  introitibns  nniversis  Jurisditionibus  nec 
aliqna  eornni  |)art(^  nullo  futuro  tempore  contra  dictum  ill.em  domiuum 
arrendatarinm  stipnlantem  nec  suos  heredes  vel  jus  et  (^lusam  liabentes 
vel  liabituros  ab  eo  absentes  etc.  litem  et  <iuestionem  vel  molestiam  ali- 
quam  non  interre  nec  intV'i'enti  consentire  ali<iuo  Jnre  titulo  rati«)ue  seu 
causa  de  jure  vel  de  facto  inimo  semper  et  omni  futuro  tempore  termino 
dicti  arrendamenti  durante  et  non  aliter  nec  alio  modo  omnia  et  sinjfula 
desui)er  arrendata  cum  Juribus  eoruni  nniversis  predictis  ab  omni  caluu- 
niante  molestante  et  contradicente  pers<ma  legitime  defendere  guariu- 
tire  et  disbrigare  etc. 

Et  de  qualibet  et  quacumque  evictione  teneri  voluit  (piovis  modo 
ipsa  ovictio  evenerit  sive  sequeretur  alias'  teneatur  et  temeri  voluit  di- 
ctus  illustris  et  reverentlus  anendator  uominibus  pre<lictis  ad  omnia  et 
singnla  dammi  interesse  et  expensas  mi  lucra  cessantia  et  damua  emei- 
gentia  (pie  ex  nunc  prò  tunc  et  e  converso  intelligantur  et  sint  (ìontra 
dictum  illustrem  et  revereudum  arrendaut^m  dictis  nominibus  presentem 
et  audientem  protestata  et  requisita  taliter  quinl  non  sit  opus  aliqua  alia 
protestati(uie  et  requisitione  nisi  forma  preseutis  contractus  et  non  aliter 
nec  alio  modo. 

De  ([uibus  omnibus  et  singulis  possit  fieri  executio  in  quovis  foro 
Juditio  et  magistrata  etiam  incompetenti  cum  pa<*to  de  non  opponendo 
prò  ut  infra  ex  pacto  etc. 

Nec  non  dictus  ìlhistris  et  reverendus  dictis  uominibus  promisit  et 
se  obligavit  et  se  obligat  dicto  illustri  domino  arrendatario  stipulanti  et 
aliis  ab  eo  jns  et  causam  habentibus  vel  habituris  me  nottario  prò  eis 
stipulante  predictas  terras  Alcanii  et  Calathatìrai  cum  supnidictis  eorum 
pheudis  gabellis  introitibus  juribus  suis  nniversis  ejnsque  integro  statu 
ac  jurisdictionibus  a  posse  dicti  illustris  domini  baronis  arrendatjvrii  sti- 
pulantis  et  aliorum  ab  eo  Jns  et  causiim  habeutium  vel  habiturorum  me 
notario  ju"o  eis  stipulante  non  auferre  nec  auferenti  ctmsentire  durante 
termino  preseutis  arrendamenti  in  totum  sive  in  partem  prò  usu  pro- 
prio maiori  gabella  etiani  dupla  tripla  et  quatrupla  vendictione  permuc- 
tactione  nec  prò  (juavis  alia  causa  cogitata  scita  vel  ignorata  (piantum- 
(jue  urgentissima  et  necessaria  Immo  durante  dicto  termino  ex  nunc  prò 
tunc  et  e  converso  illas  et  ea  C(mstituit  nomine  et   prò  parte  dicti   illn- 


100  MISCELLANEA 


stris  domini  bai'onis  arrendatarii  stipulantis  et  aliorum  jus  et  causaui 
habentium  et  habitiironiin  ab  eo  me  notario  prò  eis  stipulaute  per  cou- 
sti tiim  tenere  et  possidere  donec  et  quo  usque  erit  flnitus  terminns  totins 
predicti  arreudamenti  et  uou  aliter  uec  alio  modo. 

Quod  qiiidera  arrendamentiim  omniaqiie  et  singula  snpradicta  et  in-  • 
tsaseripta  predicti  contrahentes  promisernnt  et  se  oi)ligavernnt  et  obli- 
gant  ad  invicem  stipulantes  dictis  nominibns  et  insolidum  ratha  grata  et 
firma  etc.  semper  habere  etc.  In  omneni  eveutnm  etc.  In  pace  et  de 
plano  etc.  Snb  hypoteca  et  obligactione  omnium  et  singulorum  bonoriun 
eorun»  dictis  nominibus  mobiliuju  et  stabilium  pheudalium  et  burgensa- 
ticorum  habitorum  et  habendorum  prò  eis  et  eorum  successoribus  specia- 
liter  et  expresse  sub  hypoteca  terrarum  })lieudoruin  et  gabellarum  pre- 
dictai'uni.  Cuni  refectioue  omnium  et  singulorum  damnorum  interesse  et 
expensarnm  litis  et  extra.  Et  specialiter  viaticarum  algozirii  commissarii 
et  procuratoris  ad  solitas  dietas  tsim  conjuuctim  (luam  divisim  ad  elec- 
tionem  partis.  Et  fìat  ritus  et  executio  in  persona  et  bonis  partis  con- 
travenientis  et  variari  possit  etc.  et  presertim  in  casu  cessate  soluctionis 
in  temporibus  predictis  predicti  arrendamenti  me  notario  et  dicto  ili. e 
et  rev.do  dictis  nominibus  sti])ulante  prò  dicto  ill.mo  domino  duce.  Ad- 
versus  quem  ritum  et  esecutionem  taciendam  formam  presentis  cou- 
tractus  et  extremorum  veriftcationem  non  possint  una  pars  contra  alte- 
ram  se  opponere  excipere  detendere  aliquid  dicere  vel  allegare  quin  prius 
et  ante  (minia  solvant  et  adimpleant  tenorem  et  formam  presentis  con- 
tractus  in  omnibus  et  per  omnia.  Et  pignora  etc.  Renuntiantes  omnibus 
exceptionil>us  doli  mali  metus  causa  etc.  Et  specialiter  cum  juraiuento 
privilegio  fori  et  regii  militaris  serviti!  ac  procerum  et  magnatarum  per- 
sonanim  et  benefitio  moratorie  quidarici  supersessorie  quibus  juraverunt 
non  ut!  etc.  Et  predicta  attendere  etc.  Juraverunt  etc, 

linde  etc. 

Tostes  spectabiles  et  excellentes  domini  Antonius  «^t  Johannes  Ba])- 
tÌBta  De  Ballis  utrin8<iue  juris  doct^)r  fratres  magnificus  et  excelh^ns  do- 
minus  loannes  Baptista  Mollica  utrius(iue  juris  doctor  uiagnifìcus  et  ex- 
cellens  Stephanus  Politius  artium  et  medicine  doctor  ac  j);-othomedicus 
dictanun  terrarum  Alcami  et  Calat-iifimi  nmguifìcns  dominus  Vincentius 
De  .Man-antia  unus  ex  magnitìcis  dominis  Juratis  dicto  terre  Alcami  et 
magiiilicus  l'clvMH  De   I.uni  liisp'inus. 


MISCELLANEA  107 


II. 


A  nrndtinniiU)  delle  terre  di  Alcamo  e  Cuìatit Jimi ,  J'utto  ad  AuiiHxite   \'(il- 
<inarnera  : 

In  iioiiiiiic  Domini  nostii  lesn  ChriRti  Amen.  Anno  Dominice  In- 
carnactionis  ejnsdom  Domini  nostri  le^n  Cliristi  Millesimo  (luin^ente- 
simo  nonagesimo  Mense  octobris  die  vero  sextodecimo  ejusdem  mensis 
octobris  Tndietione  ((narta  liegnante  serenissimo  ae  invic-tissiino  do- 
mino nostro  domino  Philipp»»  Dei  gnitia  Kege  Castelle  Aragonnm  n- 
triiis<iue  Sicilie  Hierusalem  Portugallie  ilungarie  Duhnatie  Croatie  Na- 
varre  Granate  Toleti  Valentie  Mayoricorum  Hispalis  Sardinie  Cordube 
Corsiee  Muroie  CMemnis  Algarbii  Algezire  Gibraltaris  iiisularum  Cana- 
rie insulariim  Orientalium  et  O-'cidentalium  insularuni  et  terreflrnie 
Maris  oceani  Archiduce  Austrie  Duce  Rurgundie  Bramantie  et  Medio- 
lani  Atlienarum  et  Neopatrie  C'omite  Habspnrgi  Flandrii'  et  Tirolis  Bair- 
ehinone  Rosgilionis  et  Ceritanie  Marchione  Orestani  et  Goceani  felici- 
tci'  Amen.  Cunetis  pateat  evidcnter  (pxaliter  si)eetabilis  dominus  Logdo- 
vicus  Valseea  juris  utriuscpie  doitor  eivis  Panormi  ut  dixit  hie  Alcami 
ad  presens  se  reperiens  in  nostrum  presentia  personaliter  constitutus  bene 
eognitns  per  me  notarixim  infrascriptum  intervoniens  ad  hec  veluti  oom- 
nnssionatus  illustrissimi  domini  Don  Ioaunis  Henriques  de  Caprera  gu- 
bernatoris  status  terre  Modice  et  specbìbilium  doniinorum  Augnstini  Gri- 
nìaldi  i'.t  Andree  Valseea  ejus  tVatris  confeitorum  et  Magistrorum  Ratio- 
nalium  eiusdem  Comitatns  a  quibus  ad  infrascripta  omnia  et  singnla  di- 
xit habuisse  et  habere  specialem  ordinem  ac  speeiale  mandatum  dieto- 
rum  illustrissimi  domini  Don  lohannis  et  spectabilium  dominorum  Augn- 
stini et  Andree  Contat(n'um  et  Magistrorum  Ractioualium  ipsius  Comi- 
tatus  tam  veluti  commissionatorum  illustrissimorum  et  excellentissimo- 
rum  dominorum  Don  Lugdoviei  Henriques  de  Cabrerà  Magni  Admiratus 
rcgnorum  Castelle  et  Donne  Marie  de  Mendoza  jugalium  ducis  et  du- 
cisse  Medine  de  Reoseco  et  Coniitis  et  Comitisse  Comitatns  predicte  terre 
Modice  ac  dominorum  liujus  praefate  terre  Alcami  et  terraruin  Caccabi 
et  Calathafìmi  quam  illustrissimi  doniiai  Don  Lngdovici  Henriques  de 
Cabrerà  filli  primogeniti  et  indubitati  suceessoris  eorundem  illustrissi- 
morum et  excelleutissimorum  dominorum  Ducis  et  Di^cisse  Medine  a 
(piibus  et  eorum  quolibet  ipse  spectabilis  dominus  Lugdovicus  Valseea 
dixit  ipsos  illustrìssimum  dominum  Don  loliaunem  et  spectabiles  do- 
minos  Augustinum  et  Andream  Imbuisse  et  habere  specialem  ordinem  et 
speciale  mandatum  et  prò  quibus  illustrissirais  et  excellentissimis  domi- 


108  MISCELLANEA 


nis  jugalibns  et  illustrissimo  domino  Cernite  de  Melgar  eorum  filio  pri- 
mogenito et  indubitato  successore  ipse  spectabilis  dominus  Lugdovicus 
Val.seca  de  ratlio  ratique  habictione  proinisit  presentem  oontractnin  om- 
uiaque  et  singula  in  eo  contenta  singula  siugiilis  reterendo  ratitìcari  ac- 
ceptari  laudari  et  pienissime  contìrmari  tacere  ac  eos  et  queinlibet  eorum 
insolidum  cnin  reuuntiationibus  debitis  et  opportnnis  et  ipsani  illustris- 
simam  et  execelleutissimam  dominam  donnam  mariani  cum  auctoritate 
et  consensu  dicti  illustrissimi  et  excellentissimi  domini  Don  Lugdovioi 
Henriques  eius  domini  viri  ac  domini  judicis  litei-ati  obligari  tacere  iu- 
frascripto  Illustri  domino  Don  Hanibali  Yalguarnera  Baroni  Godurani 
ingabellatori  prò  ut  intra  stipulanti  ad  evictionem  et  defenionem  predic- 
tarum  et  infrascriptaruui  terrarum  Alcami  et  Calatliafimi  cum  omnibus 
inlmscriptis  prout  infra  ingabellata  rum  et  arrendatarum  et  ad  omnia  et 
singula  alia  in  presenti  contj'actu  contenta  et  expressa  singula  singulis 
referendo  ac  eosdem  illustrissimos  et  excellentissimos  dominos  jugales 
ducem  et  ducitisani  et  Comitem  eorum  dominum  filium  et  quemlibet  eo- 
rum insolidum  per  eos  et  eorum  successores  coutentari  tacere  dictas  et 
infniscriptas  tei'ras  Alcami  cuui  omnibus  et  singulis  infrascriptis  prout 
infra  ingabellatas  et  arrendatas  fuisse  et  esse  bene  ingabellatas  et  arren- 
dataa  dicto  et  infrascrii)to  illustri  <loiuino  baroni  etiam  prout  infra  et 
de  omnibus  et  singulis  aliis  in  presenti  contractu  coutentis  et  expressis 
et  singula  singulis  referendo  ac  de  solutione  infrascriptorum  cuntorum 
viginti  quinque  millium  seu  decem  milium  ad  electionem  eorumdem  illu- 
strissimorum  et  excellentissimorum  jiigalium  et  tìlii  de  Cabrerà  ut  infra 
lienda  per  dictum  et  infrascriptum  illustrem  dominum  Baronem  antici- 
l)ate  exburzandorum  fuisse  et  esse  bene  solvendos  de  ordine  vohintate  et 
mandato  dictorum  iliustrissimorum  et  exellentissimomm  doiuinorum  Du- 
cisse  et  comitis  de  Melgar  eius  domini  filli  prefato  illustrissimo  et  exel- 
leutissimo  domino  Duci  et  Comiti  eonim  domine»  viro  et  patri  soli  etiam 
ut  infra  et  »le  «iorum  et  interusiariornm  eorum  retemptione  et  solutione 
etiam  per  dictum  et  infrascriptum  illustrem  dominum  Baronem  ut  infra 
et  de  omnibus  et  singulis  aliis  in  presentì  contractu  coutentis  et  expres- 
sis etiam  siugula  singulis  referendo  per  actum  seu  actus  publicnm  seu  pub- 
blicog  cani  inserto  tenore  preseutis  contractus  infra  terminum  meusium 
octxi  proxime  vcnturorum  ab  liodie  in  aiitliea  numerandorum  et  cursuro- 
rum  justa  fornmm  rithus  nuigue  regie  Curie  liuins  Sicilie  regni  sub  bypo- 
Uica  etc.  alias  etc.  ex  pacto  etc. 

Copium  cujus  ratIii(l(;ationis  (>um  couhchisu  liceutia  et  di.sp<>nsati<)n(> 
ii«'gia  di<-ti  seréninsimi  et  invictiswimi  <l(>miui  lutstri  Uegis  Fliilippi  spe- 
«ialiti^r  expresse  quo  ad  iufrascript^is  iurisdictiones  preseutis  contractus 
authenticam  ciim  fide  et  sigillo  loci  ubi  ipsa  ratliiiìcatio  lieri  contingcrit 
infra  eunileni  lermiunm  ad  expensas  dicti   illustrissimi  et  «'xccllentissimi 


MISCELLANEA  109 


domini  duci»  et  coniitis  transniittere  traddere  et  consigliare  propriis  ina- 
nibns  (lieti  et  iutrascripti  illustris  domini  Baronie  stipulantis  etiani  ex 
pac'to  etc.  alias  eo  termino  elapso  et  non  facta  ratifìcatione  per  modum 
ut  supra  cum  lieeutia  dispensatione  et  confirmactione  regia  predicla  pre- 
sentis  contractns  et  non  consignata  copia  ipsius  ratliificationis  ipsius  il- 
lustri» domini  Baroni»  ingabellatoris  et  arrendatarii  etiain  per  modum  ut 
supra  sit  et  esse  debeat  in  electionem  et  voluntatem  ac  arbitrio  dicti  et 
infrascripti  illustris  domini  Banmis  stipulantis  velie  stare  presenti  in- 
gabellactioni  seu  ab  ea  se  desistere  et  non  aliter  nec  alio  modo  in  vini 
pn^sentis  contractus  et  oiiini  alio  meliori  modo  (juo  de  jure  meliiis  vali- 
dius  et  efflcacius  fieri  dici  et  censeri  potuit  et  potest  dictis  noininibns  et 
Olimi  alio  meliori  nomine  et  cum  dieta  ratlii  promissione  spoute  iuga- 
bellavit  et  arrendavit  ac  ingabellat  et  arrendat  et  ipsius  ingabellactionis 
et  arrendamenti  titulo  et  causa  liabere  licere  concessit  et  presentis  an- 
tlioritate  concedit  ac  Imbere  voluit  et  vult  per  dictos  illustrissimos  et  ex- 
celientissimos  dominos  jugales  ducem  et  ducissani  et  dictum  lUustrissi- 
mum  dominum  comitem  De  Melgar  eornin  dominum  filiiim  primogeni- 
tum  et  indubitatum  successorem  et  eornm  successores  prefato  illustri  do- 
mino Don  Hanibali  Valgnarnera  Baroni  Gudurani  civi  Panliormi  liic  Al- 
cami  commoranti  etiam  bene  t;ognito  i>er  me  notarium  infrascriptum  etc. 
presenti  stipulanti  et  prò  se  eiusque  successoribus  ac  ab  eo  jus  et  causam 
liabentibus  vel  habituris  ab  eo  dictis  noininibns  ingabellanti  et  arren- 
danti  ]>retntas  terras  Alcami  et  Calatliatìmi  cum  eorum  castris  et  cum 
infrascriptis  eoruin  plieudis  gabellis  et  retlditibus  inferius  expressaudis 
videlicet  Inprimis  quod  ad  terrara  predictam  Alcarai  la  gabella  della  Ba- 
glia  la  gabella  della  Doliana  la  gabella  dello  vino  la  gabella  della  salsumi, 
la  gabella  tlella  carne  la  gabella  della  scannatura  la  gabella  delle  posses- 
sione la  gabella  dello  mastro  notaro  della  Corte  CapitAniale  la  gabella 
dello  fumo  la  gabella  dello  pib»  la  gabella  della  Mcmdizza  et  li  censi  per 
un/.i  due  e  tari  quindici  et  quoad  terram  predictam  Calathatìmi  Inprimis 
lo  fego  di  Ancibeni  lo  fego  di  bigotta  lo  Iwsco  della  forest»  lo  fego  delli 
sasi  lo  fego  di  candicidelsi  lo  fego  di  scorcia  giitta  lo  fego  «li  Domingo  lo 
fego  di  falanga  et  fastuga  lo  fego  di  Ronciuni  grancaldara  et  tutti  li  gsv- 
belli  della  terra  di  snvari  del  bosco  li  ristucci  delli  commnni  li  censi  lo 
fego  di  safìla  lo  fego  di  risignolo  l'affitti  delli  communi  et  li  marcati  delli 
communi,  ac  etiam  cum  omnibus  «-t  singuli»  aliis  earum  et  cuiuslibet  ipsa- 
rum  pheudis  gabellis  introytibus  fructibus  et  proventibus  et  aliis  earuni 
universis  iuribus  et  presertim  cum  oinnimoda  iurÌ8dìcti<me  civile  et  cri- 
minale alta  et  baxa  mero  et  misto  imperio  prout  et  quemadmmlum  dictus 
illustrissimus  et  excellentissiinus  dominns  dnx  et  Comes  habet  tenet  et 
possidet  virtute  snoruin  privilegiorum  dictarum  terrarum  Alcami  et  Ca- 
latliattmi  et  quorum  vis  aliorum  actorum  instrumentorum  contractuum  prò- 


110  MISCELLANEA 


visiomini  fruberiK»  adiiiiiiistratrkme  justitic  nec  non  et  cuni  pott'state  cre- 
amli  et  uoniinandi  gubernatorcn»  unum  seu  plures  judices  Capitaucos  ju- 
ratos  et  alios  quosvis  ottìciales  terranun  predictaruni  et  cujuibet  ipsarum 
lllis  modo  et  forma  ])ront  faoere  potest  et  line  nscjue  potuit  et  poterit  in 
tutui'um  ips*e  illustrissimus  et  excellentissimus  Dux  ei  comes  et  eius  suc- 
cessore» vigore  ijrivilegiorum  dietarum  terrarum  et  non  aliter  nec  alio 
moilo  et  lice  prò  annis  novem  integri^  continuis  et  completi^  scilicet 
octave  none  decime  undecime  duodecime  tertiedecime  quartedecime  quin- 
tedccinie  et  priaiae  iudictiouum  proxime  t'nturaram  Totas  dictas  terras  Al- 
eanii  et  Calathatìuii  ut  supra  ingabellatos  et  arrendatas  integras  cum 
omnibus  predictis  et  aliis  (juibuscumque  eoriiin  ci  cuiciuilibet  eorum  pJieu- 
dÌ8  g{vl>elIÌ8  truetibu-s  introytibus  et  proventibns  secreta  fundacis  stantiis 
castris  ipsarnm  terrarum  prout  iuferius  ([uodad  ipsa  castra  declarabitur 
molendinis  aquis  aquarum  ilecursibns  et  molendinornm  saltibus  si  (jui 
sunt  stantii»  speluncis  raontibus  vallibus  foveis  tuguriis  fontibus  terragiis 
herbagiis  mandragiis  et  cum  omnibus  et  singnlis  terris  cultis  et  incultis 
marcati»  arboribus  domesticis  silvcstribus  nemoribus  iuribus  censualibus 
gìibellis  dobauis  arrantariis  caniperiis  baiulactionibus  censibus  consen- 
sibut^  et  prestationibus  consensuum  penis  spretis  penis  tìscalys  (piomodo- 
cunique  et  qiialitcrcumiiue  acquirendis  in- quovis  juditio  et  Magistratu 
etiani  quomodolibet  reservatis  vii»  itineribiis  passagiis  introit.ibus  proven- 
tibns et  obventionibus  ipsarum  et  guberno  predicto  et  jurisdictiouibus 
predictis  civile  et  criminale  modo  ut  supra  et  eis  modo  et  forma  prout 
potuit  et  potest  ipse  ilbistrissimus  et  excellentissiuius  dominus  Dux  et 
Comes  et  cum  potestate  crcandi  et  nominandi  gubernat«)rt!S  unum  seu  plu- 
res et  alios  olficiales  terrarum  predictaruui  et  cum  aliis  juribus  etpei'tinen- 
tiis  dietarum  terrarum  Alcami  et  Calatatìmi  e(»rum(iue  indiviso  et  indimi- 
nuto  stata  etiani  eis  modo  et  forma  prout  et  qnenuidmodum  ipse  illustris- 
siuius  et  excellentissimus  dominus  Dux  et  Comes  terras  predictas  cum  predi- 
ctis omnibus  ut  sui)ra  arrendatis  habet  tenct  et  possidet  necnon  et  di- 
ctas jurisdictioncs  et  potestates  creandi  et  nominandi  gubernatores  et  of- 
flciales  cum  omnibus  juribus  et  preliemiuentiis  etiam  2)rout  liabet  teuet 
et  possitlet  et  quibus  tener»!  et  possidere  ])o1('s(  justa  formain  prcdiitoruni 
suorum  privilegiorum  ni!  excluso  nec  rescrvato  prò  (lieto  illustrissimo  ci 
vxcelleutissimo  doiniuo  Duce  et  Comite  sed  omnibus  tnislatis  in  ipsum 
illustrem  dominum  de  Valguarnera  ingaln'llatoi'cm  et  arrendatavium  pre- 
ftent4-in  et  stiputantem  prò  s»-  et  succcssoribiis  suis  seu  Jus  et  causam  lia- 
beutibus  vel  habituris  a1>  co  modo  et  t'orma  siipradictis  et  non  aliter  nec 
alio  modo.  Inclusas  vi  strasactatas  t«'rras  predictas  Alcami  <'t  (Jalatlia- 
tiiiii  MMi  vt-riuH  eorum  plieuda  ad  iuuiieui  et  (|iuMn<-um<|uc  iisuiu  lam  mas- 
Mirie  quuni  lierbagii  quorumciiniqm-  auiinalium  ad  ilcctìoiiciii  et  v«»luu- 
tat«ni    ipMiuH    illustris    dmuini   Buronis  ingabcllatoris    et  arrendatarii  sii- 


MISCELLANEA  111 


pulantis  pio  Hit  et  eius  snccessoribus  et  aliis  ab  co  Jus  et  causimi  Iiaben- 
tibiis  vel  habitiiris  abseiitibus  me  nottirio  prò  eie  et  eoraiii  (piolibet  sti- 
pulante et  non  aliter  nec  alio  modo. 

Constitnens  se  piefatus  spett.  doiniuus  de  Valseca  nominibus  pivdi- 
fti«  per  dietos  illustrissimos  et  exoellentiKsimos  dominos  jugales  Duces 
Medine  et  illustJÌS8Ìmum  dominum  Comitem  De  Melgar  et  eoruni  sucees- 
sores  terias  piedictaw  Alcami  et  Calathatìmi  eorunupie  gabellas  plienda 
et  jura  supradicta  et  ipsorum  pheudorum  lierbagia  ternij;ia  et  alia  uni- 
versa desuper  ingabellata  et  arreudata  cuui  eorum  dependentibus  emer- 
gentibuset  connexiset  cumjurisdictionibus  predictis  et  potestate  creandi 
et  nominandi  guberiiatores  et  alios  otticiales  ut  supra  et  eum  eorum  toto 
integro  statu  terrarum  prediotarum  a  primo  die  meusis  septembris  anni 
octave  indictionis  proxime  futuriei  predicti  in  antea  et  ex  nunc  i)ro  tunc 
et  e  c(mv(!r8o  nomine  et  prò  parte  dieti  illustris  domini  Baroni»  ingabel- 
lat<n-is  et  arrendatarii  stipulanti»  prò  se  et  suecessoribus  suis  et  ab  eo 
jus  et  causjiiii  liabentibus  vel  habituris  per  eonstitutum  t-euere  et  possi- 
(leie  a  dicto  primo  die  mensis  septembris  anni  oetave  indicti«)nis  proxi- 
mi  futuri  UH(jue  et  per  totum  mensem  augusti  annis  prime  indictionis 
predicti  etiam  proxime  venturi  et  immediate  sequentis  donec  et  quo  usque 
de  premissis  (unnibus  dietus  domiuns  Baro  ingabellator  et  arrendatarius 
eeperit  intra verit  et  liabuerit  corporalem  vaeuam  liberam  et  expeditaui 
possessionem  ipiam  intrandi  eapiendi  et  liabendi  propria  auetlioritate  et 
de  facto  absquo  jubsu  curie  et  magistratus  decreto  prefatus  supra- 
dictuti  dominiis  de  Valseca  nominibus  predictis  eidem  illustri  domino  Ba- 
rt)ni  ingabel latori  et  arrendatario  stipulanti  et  recipienti  prò  se  et  eius 
successorilMis  et  ab  eo  jus  et  causam  liabentibus  vel  habituris  auctliori- 
tatem  licentiain  et  liberam  tribuit  et  concessit  potestatem  ac  de  jure  cou- 
tulit  pariter  et  de  facto. 

Ad  habendum  per  ipsum  ilhistieui  dominum  Haruiuni  iugabellatorem 
et  arrendatarium  stij)ulantem  prò  se  et  eius  successoribus  et  aliis  ab  eo 
jus  et  causam  liabentibus  vel  liabitiiris  me  notario  prò  eis  stipulante  pre- 
dietas  terras  Alcami  et  Calathatìmi  eum  supradictis  omnibus  et  singulis 
ut  supra  iugabellatiift  et  arrendatas  ac  iugabellatis  et  arreudatis  a  dicLo 
primo  die  mensis  septembris  anni  predicti  octave  indictionis  proximi  fu- 
turi et  ex  nunc  prò  tunc  et  e  converso  in  antea  prò  dictis  annis  novem 
integris  continuis  et  completis  a  dict«  primo  die  mensis  septembris  oc- 
tave indictionis  jiredicte  in  antea  euumerandis  et  cursuris  usqiie  et  per 
totum  dictuui  luensem  augusti  dicti  anni  prime  indictionis  inde  sequentis 
tenendum  possidendum  uti  fi-uendum  gaudendum  fructus  et  introytus  per- 
cipiendnm  ipsascpu'  terras  gubernandum  jurisdictionibus  i)redictis  uten- 
dum  aliiscpie  illas  in  totum  sivc  in  partem  renuntiandum  subgabellan- 
dum  sublocaudum  subarrendanduiu  aut  alium  vel  alios  inparticipes  re- 


112  MISCELLANEA 


colligendiuu  (Iniiunodo  possit.  subingaballare  iiec  subanendaie  merrat^)- 
ribus  Clini  jiirisdictione  civili  et  criminali  et  omnia  alia  et  singiila  ci  et 
aliis  ab  eo  jus  et  causam  liabentibus  et  habituris  bene  visa  faciendum  prò 
ut  et  quemadmodnm  ipse  iliustrissinius  et  excellentissimus  Dux  et  Co- 
mes et  sui  etc.  omnia  predicta  tacere  possunt  potuerniit  et  posseut  virtute 
et  ex  forma  suorum  privilegiorum  et  quocumque  alio  jure  ei  melius  com- 
petente et  competitiìro  et  non  aliter  noe  alio  modo.  Cedens  et  intotum 
tranferens  ipse  («pettabilem  dominus  Lugdovicus  Valseca  nominibus  prc- 
dictis  per  dictos  illustrissiuios  et  excellentissimos  dominos  Jugales  Du- 
cem  et  Ducissam  et  illustrissimum  doniinum  Comitem  de  Melgar  eorum 
tilium  primogenitum  et  eorum  succcssores  eidem  illustri  domino  Baroni 
ingabellatori  et  arrendatario  stipulanti  prò  se  et  eius  successoribus  et 
aliis  ab  eo  jus  et  causiim  liabentibus  vel  habituris  abseutibus  me  notario 
prò  eis  stipulante  et  ab  eo  nominibus  prcdictis  recipientibus  omnia  et 
singula  jura  ouinesque  actiones  rationes  et  causas  reales  personale»  utiles 
«lirettas  niixtas  tacitas  et  expressas  pretorias  et  civiles  et  alias  quascum- 
que  ac  spem  et  exercitium  ipsorum  jurium  et  actionumque  (juas  et  quod 
liabuit  habebat  et  habet  nominibus  lam  dictis  ac  potest  et  sperat  habere 
et  que  sibi  dictis  nominibus  competunt  competebaut  aut  competere  pos- 
8Ut  quomodolibct  durante  termin  dicti  arrendamenti  in  ouinibus  et  sin- 
gulis  predictis  desuj)er  iugabellatis  et  arrendatis  et  in  eorum  detensione 
et  annuali  exactione  et  consequitione  introituum  jurium  et  proventuum 
dictaruni  terrarum  et  aliorum  pheudorum  gabellaruni  et  aliorum  univer- 
sorum  jurium  ipsorum  pbeudoruui  jurium  et  gabellarum.  Nec  non  et  in 
gabelliti  pheudorum  et  gabellarum  de  pertiueutiis  dicturuiu  terrarum  con- 
tra  et  adversus  cpiascumque  personas  ecclesiasticjis  vel  seculares  absen- 
tesearuuKiue  heredes  et  successores  et  bona  virtute  et  authoritate  quoinm- 
cuiu(iue  coiitractuum  et  quarumvis  scripturarunì  publicarum  privatariim 
et  8Ìne  quomodocunniue  et  qualitercumque  Constituens  eumdem  illustrem 
doniinum  banmem  stipulantem  et  eius  success<n"es  et  jus  et  causam  ab 
eo  liabeutes  vel  habituros  me  notario  prò  eis  stipulante  procuratores  in 
revocabileH  in  rem  dictorum  iilustrissimorum  et  excellentissimorum  do- 
minorum  Ducium  medine  et  comitis  de  Melgar  et  eorum  etc.  propriam 
et  ponens  eum  in  loco  eorum  proprium  in  liac   parte   ut  amodo  etc. 

Et  hoc  prò  gabella  et  arreudameuto  prò  omnibus  pi'edictis  terris  Àlcami 
et  Cahithalimi  et  eariim  plieiidis  gabcllis  juribus  proventibus  jurisdictio- 
nibuK  et  aliis  omnibus  desupcr  iugabellatis  et  arrendatis  ad  rationcm 
nntmrum  duanuii  mille  octingeDtiirum  pouderis  generali»  monete  huius 
Sicilie  Kegni  |>ro  <|uolibet  anno  Ipsorum  aiinorum  iiovcm  interclusis  et 
«■oinputatis  in  dieta  galtella  uiiliis  <|natraginta  solveiidis  qnolibct  anno 
(lieto  urrcndumento  perdurante  intVas<'riptis  pers(Miis  prò  lalliis  et  siini- 
iiiìh  ìnrifiMeriptiH  in  primis  nntiis  decem  AI)batie  scu  Monastcrio  vocato  di 


MISCELLANEA  113 


li  Scalzi  prò  elemosina  sibi  concessa  per  dictum  illustrissimuni  et  excel- 
lentissinium  dorainmn  Ducem  Iteni  untiis  qiiatuor  venerabili  cappellano 
Ecclesie  dive  Marie  de  Grada  prò  salario  sibi  constituto  per  eccellentis- 
siniaiu  dominationeiu.  Iteni  untia  una  Magistro  Notario  patrimonii  diete 
terre  Alcami.  Iteui  untiis  vigintiquinqiie  Castellano  diete  terre  Alcami 
creato  vel  creando  ab  eccellentia  illustrissiuii  domini  Ducis  prò  ejus  sa- 
lario quas  untias  quatraginta  dictus  illustris  dominus  Baro  ingabellator 
et  arrendatarius  causa  supradicti  arrendauicnti  et  eo  perdurante  solvere 
promisit  quolibet  anno  prenominatis  personis  ex  dieta  summa  predieta- 
rum  untiarum  duarum  mille  oetingentarum.  In  pace  etc. 

Et  hoc  absque  carnagio  et  absque  aliqua  alia  solutioiie  et  servitute 
et  franco  dicto  illustri  domino  Baroni  ingaV)ellatori  et  arrendatario  sti- 
pulanti et  eius  successoribus  et  aliis  ab  eo  jus  et  causam  habentibus  et 
habituris  me  notario  prò  eis  stipulante  a  Regio  militari  servitio  donativi» 
ordiuariis  et  extraordinariis  impositis  et  imponeudis  et  ab  omnibus  et 
singiilis  subiugactionibus  et  eorum  interusuriis  decursis  et  decuiTendis 
oneribus  servitutibus  et  obligactionibus  et  hiiMitliecis  generalibus  et  spe- 
cialibus  etiam  dietis  algoziviorum  commissjiriorum  etproeuratorum  etiam  a 
debitis  currentibus  quantumque  privilegiatis  quovis  nomine  nuncui)entur 
seu  nuncupari  possent  in  (|uibu8  diete  terre  pheuda  et  alia  superili» 
ingabellata  et  arrendat*i  iuvenirentur  obligate  subiugate  et  liipotecat* 
aut  obligata  subiugata  et  hipotecata  ita  et  taliter  qualiter  ipse  illustris 
dominus  Baro  ingabellator  et  arrendatarius  et  sui  etc.  eorumque  subinga- 
bellatores  subinquilini  coloni  et  subcunduetores  et  alii  habentes  jus  et  cau- 
sam ab  eis  ad  nil  aliud  teneantur  nee  cogi  possint  nisi  tantum  ipse  il- 
lustris dominus  Baro  ingabellator  et  arrendatarius  et  sui  etc.  ad  pre- 
dictum  ius  arrendamenti  ad  rationem  predictam  untiarum  duarum  mille 
oetingentarum  quolibet  anno  solveudarum  modo  et  forma  infrascriptis  a 
quibus  omnibus  et  singulis  predictis  et  infraseriptis  Regio  militari  ser- 
vitio donativis  ordinariis  et  extraordinariis  decursis  et  decurrendis  servi- 
tutibus obligationibus  hiiìotecis  dietis  algoziriorum  commissariorura  et 
procuratorum  etiam  a  debitis  currentibus  et  aliis  prenarratis  dictus  spe- 
ctabilis  dominus  Lugdovicus  valseea  nominibus  predictis  promisit  et  se 
sollemniter  obligavit  et  obligat  dicto  illustri  domino  Baroni  stipulanti  prò 
se  et  eius  successoi'ibus  et  aliis  ab  eo  jus  et  causam  habentibus  vel  ha- 
bituris me  notario  prò  eis  stipulante  et  inquilinis  colonis  herbageriis  ter- 
rageriis  conductoribus  gabellotis  detemptoribus  et  possessoribus  dictanim 
terrarum  Alcami  et  Calathafimi  et  earum  pheudorum  jurium  et  gabel- 
larum  eos  omues  et  qiiemlibet  eorum  eorumque  heredes  et  bona  me  no- 
tario prò  eis  stipulante  servare  indemnem  indemnes  indemnia  penitus  et 
sine  darano  ab  omnibus  et  singulis  damnis  lueris  cessautibus  et  que  ces- 
saverint  interesse  et  expensis  litis  et  extra  eis  et   ipsonim  cuilibet  cau- 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  8 


114  MISCELLANEA 


8a  preinissonim  omnium  et  singulorum  quomodolibet  causandis  fiendis  et 
incurrendis  itaque  in  casn  quo  dictus  illustris  dominus  Baro  ingabellato!* 
et  aiTendatarius  aut  alii  ab  eo  jus  et  causani  liabentes  vel  habituri  vel 
inquilini  coloni  burgenses  terragerii  heibagerii  et  alii  detemptores  et  pos- 
siessores  dictarum  terrarum  Alcami  et  Calathafimi  eorumque  pheudorum 
et  gabellarum  Jurium  et  universoruni  Introytuum  predictorum  desuper 
arrendatoruni  et  cuiiisvis  partis  ipsarum  et  ipsoium  et  ([uilibet  (luoiiio- 
documque  et  qualitercuraque  semel  et  pluries  aliquod  damnum  causa  et  oc 
elisione  preraissorum  subirent  et  paterentur  quod  dicto  casu  forte  veniente 
dictus  spectabilis  dominus  lugdovicus  Valseca  uorainibus  predictis  cum 
dieta  rathi  promissione  se  obligavit  et  obligat  statim  et  incontinenti  re- 
ficere  toties  quoties  casus  evenerit  dicto  illustri  doniiuo  Baroni  ingabel- 
latori  et  avrendatario  stipulanti  seu  cui  seu  quibus  damnum  causaretur 
me  notario  prò  eis  stipulante.  In  pace  et  de  plano  omnibus  opposictioni- 
bus  et  exceptionibus  juris  et  facti  remotis  penitus  et  expresse  cum  jura- 
mento  renuntiatis.  Itaque  eveniente  dicto  casu  possint  et  libere  valeant 
dictus  illustris  dominus  Baro  ingabellator  et  arrendatarius  et  eius  suc- 
cessore» et  aliis  ab  eo  jus  et  causam  habentes  vel  habituri  et  ille  persone 
quibus  damnum  causaretur  nondum  facta  soluctione  nec  expectata  inter- 
locutoria neque  habitis  juribus  cessis  sed  simplici  illata  nudestia  proce- 
dere via  executiva  et  omni  alio  meliori  modo  exequtionem  causare  con- 
tra  dictos  illustrissimos  et  eccellentissimos  domino»  Dnces  et  illustrissi- 
mum  domiiium  comitem  et  eorum  etc.  eorumque  bona  in  quovis  foro  ju- 
ditio  et  magistratu  etiam  incompetenti  adversus  quam  exequctiouem  et 
fonnam  presentis  contractus  non  possint  se  opponere  prout  infra.  Et  in 
tali  casu  possit  et  libere  valeat  dictus  illustris  dominus  ingabellator  et 
arrendatarius  et  eius  successores  et  alii  ab  eojuset  causam  habentes  vel 
habituri  possint  et  libere  valeant  summam  solvendam  etiam  prò  concur- 
renti  quantitate  daninorum  interesse  et  expensarum  et  lucrorum  cessaii- 
tium  capere  et  recapere  semel  et  pluries  absque  aliqua  natificactione  fa- 
cienda  ad  cambia  et  recambia  prò  quibusvis  mundi  partibus  tam  prò  in- 
fra quam  prò  extra  Regnum  vel  sibi  ipsi  ratiocinarii  ut  dicitur  contarseli 
usque  atl  integram  et  eftectivam  soluctionem  ad  danna  et  interesse  dicti 
illustrissimorum  et  excellentissimorum  dominorum  Ducis  et  Ducisse  et  il- 
lustrissimi domini  C«»niitis  De  Melgar  de  «juibus  omnibus  et  singulis  lucris 
cessantibus  et  damnis  interesse  et  expeusis  caiiibioruiu  et  recambiorum 
et  eorum  captura  credatur  et  Rtetur  ac  credi  et  stari  debeat  solo  et  sim- 
plici juraniento  dicti  illustris  domini  Baronis  ingabellatoris  et  .irrenda- 
tarii  stipulantis  seu  illoruni  quibus  daninum  eveniet  iik^  notario  prò  eis 
Htipulanttt  niiUa  alia  probactione  nec  veriflcactione  intrinseca  vel  extrin- 
scca  neceswiiia  fhmda  <|uod  Juramentun»  prest^vri  i)OHHÌnt  in  quo  vis  ju- 
ditio  foro  et  magistratu  etiam  per  aetum  publicuin  pcnes  (|uenivis  notti- 


MISCELLANEA  115 


rium  absque  aliqua  notificactione  fienda  ex  pacto  non  obstantibus  quibus 
juribus  couBtituctionibu»  et  aliis  in  contrariuiii  dictantibus  vel  disponen- 
tibus  quibus  et  earum  benefictiis  dictus  spectabilis  dominus  Lugdovicus 
Valseca  ingabellaus  et  arrendans  noniinibus  predictis  cuni  juramento  ex- 
presse renuntiavit  et  renuntiat  et  a  curreutibus  vel  non  curreutibus  cam- 
Vjiis  et  recanibiis  predictis  capieudis  vel  rationandis  ut  supra  liceat  et  11- 
citum  sit  dicto  illustri  domino  Baroni  ingabellatori  et  arrendatario  sti- 
pulanti et  eius  successoribus  seu  aliis  ab  eo  jus  et  causani  habentibus  vel 
habituris  et  quibus  dainnuui  tiet  et  evenerit  absentibus  me  notarlo  prò 
eis  et  eorum  quolibet  stipulante  eontra  dictos  illustrissimos  et  exceilentìs- 
simos  dominos  Dueem  et  Ducissani  et  dictum  illustrissimum  dominuro  Co- 
miteni  de  Melgar  et  quemlibet  eorum  insolidum  et  eoruni  successores  sci- 
licet:  in  bonis  tantum  ipsius  illustrissime  et  excellentìssime  domine  Ducisse 
et  in  persona  et  bonis  dictormn  illustrissimi  et  excellentissimi  domini  Du- 
cis  et  illustrissimi  domini  Comitis  de  Melgar  execuctionem  causare  in  quo- 
cumque  foro  etiam  incompetenti  adversus  (|nam  execuctionem  formam  pre- 
sentis  contractus  et  extremorum  veriflcactionem  et  dictum  juramentum 
prestandum  non  possint  se  opponere  prout  infra  ex  pacto  etc.  Remanen- 
tibus  tamen  obligatis  dictìs  illustrissimis  et  excellentissimis  dominis  Du- 
cibus  et  illustrissimo  domino  Comite  de  Melgsir  insolidum  seuiper  obli- 
gatis ad  interesse  cambiorum  et  recambiorum  usque  ad  iutegram  et  efte- 
ctivam  soluctionem  prò  quibus  simpliciter  possit  fieri  execuctio  modo  et 
forma  predictis  singula  singulis  referendo.  Itaque  sit  et  esse  debeat  in 
electionem  dicti  illustris  domini  Barouis  ingabellatoris  et  arrendatarii 
stipulantis  prò  se  et  eius  successoribus  et  aliis  ab  eo  jus  et  causam  lia- 
bentium'et  habituorum  abseutibus  me  notarlo  prò  eis  et  eorum  quolibet 
stipulante  dictam  summam  penes  se  retinere  de  gabella  et  arrendamento 
predicto  aucthoritate  propria  et  de  facto  abs(iue  jubsu  curie  et  magistratus 
decreto  ad  eius  electionem  et  voluntatem  reservata  sibi  potestate  variandi 
et  non  aliter  nec  alio  modo  ex  pacto. 

Quanujuidem  gabellam  et  arrendamentum  ad  i*ationem  predictam  un- 
tiarum  duarum  mille  octingentarum  computato  in  dieta  sunima  untiarum 
duarum  mille  octingentarum  onere  prefatarum  untiarum  quatraginta  ac- 
collatarum  et  debendarum  prenominatis  personis  prò  rathis  et  portioni- 
bus  superius  expressatis  prefatus  illustris  dominus  Baro  ingabellator  et 
arrendatarius  sponte  promisit  et  promictit  ac  se  soUemniter  obligavit  et 
obligat  realiter  personaliter  et  cum  eflfectu  dare  et  solvere  de  voluntate 
oi-dine  et  mandato  diete  Illustrissime  et  excellentissime  domine  Ducisse 
et  dicti  illustrissimi  domini  Comitis  de  Melgar  ita  in  dieta  ratiflcactione 
per  eos  fienda  se  contentantium  et  volentium  dicto  illustrissimo  et  excel- 
lentissimo  domino  Duci  eorum  viro  et  patri  soli  absenti  me  notarlo  prò 
eo  stipulante  vel  persone  legitime  prò  eo  vel  depositare  ad  eius  nomen 


11 6  MISCELLANEA 


quolibet  anno  in  tabula  sine  Banco  diete  urbis  felicis  Panhormi  hoc  modo 
videlicet  gabellam  primi  anni  octave  indictionis  per  totum  mensem  octo- 
bris  anni  none  indictionis  Item  gabeUam  anni  none  indictionis  per  to- 
tum mensem  octobris  anni  decime  indictionis  Item  gabellam  anni  decime 
indictionis  per  totum  mensem  octobris  anni  undecimi  indictionis  Item 
gabellam  anni  undecime  indictionis  per  totum  mensem  octobris  anni 
duodecime  indictionis  Item  gabellam  duodecime  indictionis  per  totum 
mensem  octobris  anni  tertiedecime  indictionis  Item  gabellam  anni  ter- 
tiedecime  indictionis  per  totum  mensem  octobris  anni  quartedecime  in- 
dictionis Item  gabellam  anni  quartedecime  indictionis  per  totum  mensem 
octobris  Anni  quintedecime  indictionis  Item  gabellam  anni  quintedecime 
indictionis  per  totum  mensem  octobris  anni  prime  indictionis  Item  gabel- 
lam anni  prime  indictionis  per  totum  mensem  octobris  anni  secunde  in- 
dictionis proxime  veuturornm  predictorum  In  pace  et  de  plano  etc. 

Insuper  quia  dictus  illustrissimus  et  excellentissin  us  dominus  Dux  In- 
diget  et  opus  habet  scutis  deceni  mille  prò  illis  erogandis  at^jue  conver- 
tendis  prò  aliquibus  suis  negotiis  et  occurrentiis  qui  illustris  dominus 
Baro  ingabellator  et  arrendatarius  volens  dicto  excellentissimo  domino 
Duci  compiacere  et  accomodare  fuit  contentus  eos  solvere  absque  interesse 
ad  efiTectum  quod  dictus  illustris  dominus  Baro  ingabellator  et  arrenda- 
tarias  possit  eos  sibi  retinere  in  cathamenis  infrascriptis  prò  ut  infra.  Ideo 
pretatus  illustris  dominus  Baro  ingabellator  et  arrendatarius  ad  petictio- 
nem  et  instantiam  dicti  spectabilis  domini  Lugdovici  Valseca  nominibus 
(piibus  supra  se  obligavit  et  obligat  realiter  et  cum  eflfectu  ac  promisit 
et  promictit  dicto  illustrissimo  et  excellentissimo  domino  Duci  absenti  me 
notarlo  et  dicto  spectabile  domiiu)  Lugdovico  Valseca  predictis  nominibus 
prò  eo  stipulantibus  solvere  sibi  vel  persone  legitime  prò  co  vel  deposi- 
tare in  tabula  aut  banco  predictis  diete  urbis  felicis  Panhormi  dictos  scu- 
tos  decem  mille  monete  hujus  Regni  Sicilie  ut  dicitur  di  tari  dudici  per 
sento  francos  et  liberos  absciue  aliquo  empara  et  sequestro  infra  termi- 
num  mensium  trium  numerandorum  a  die  consignactionis  in  manibus  pro- 
priis  ipsius  illustris  domini  Baronis  ingabellatoris  et  arrendatarii  rathitì- 
ctionis  presentis  contractus  cum  Regio  assensu  dispensactione  et  confìr- 
mactionc  modo  et  forma  ut  superius  dictum  est  quos  (]uidem  scutos  de- 
cem mille  superius  ])romis8os  ac  exburzandos  et  solvendos  per  dictum  il- 
luHtrem  domiuum  Baronom  ipsi  illustrissimo  et  excellentissinm  d<miino 
Duci  idem  illustris  dominus  Baro  ingabellator  et  arrendatarius  possit 
et  libere  valeat  aucthorit«t(^  i)roj)na  et  de  facto  sibi  ipsi  solvere  et  sati- 
nfacere  wrilicet  scutos  o(;tomille  super  gabella  et  arrendamento  predict^i- 
ruiu  terranim  Alcami  et  Catathaflmi  condam  illustris  domino  Fabritio 
Valguarneni  tiinc  Baroni  dicti  (iudoiiiiii  putrì  ijtsius  illustris  domini  Don 
HanibfllÌH  Baronis  ìngaltelliitHrum  et  arrendiitarnm  virtute  publici  contra- 


MISCELLANEA  117 


ctus  manu  publica  celebrati  die  etc.  ratificati  per  dictiim  illustrissimuni 
et  excellentissimum  doniinuni  Ducem  virtute  etiam  publici  contractus  et 
deinde  diete  terre  Calathafimi  subingabellate  per  dictum  condam  lUustrem 
domiuum  baronem  eius  patrein  spectabili  domino  Aloysio  Aries  lardino 
virtute  etiam  publici  contractus  seu  aliter  et  super  gabella  et  arrenda- 
mento  predicto  debita  per  dictum  dominum  De  lardino  sub  ingabella- 
torem  et  subarrendatarium  terre  predicte  Calathatìmi  in  iufrasoriptis  qua- 
tuor  annis  dum  durat  predicta  sub  ingabellactio  et  sub  arreudactio  sci- 
licet  scutos  duos  mille  de  soluctione  fienda  in  mense  octobris  anni  quinte 
iudictionis  proximi  venturi  de  gabella  anni  presentis  quarte  indictionis 
instantis  Item  alios  scutos  duos  mille  de  soluctione  tìeuda  in  mense  octo- 
bris  anni  sexte  indictionis  etiam  proximi  venturi  de  gabella  anni  quinte 
indictionis  Item  alios  scutos  duos  mille  de  soluctione  fienda  in  mense  octo- 
bris  anni  septime  indictionis  etiam  proximi  venturi  prò  gabella  anni  sexte 
indictionis  Item  alios  scutos  duos  mille  de  soluctione  fienda  in  mense 
octobris  anni  octave  indictionis  proximi  venturi  de  gabella  anni  septime 
indictionis  et  alios  scutos  duos  mille  ad  complimentum  prefatorum  scu- 
torum  deceni  mille  de  soluctione  fienda  in  mense  octobris  anni  none  iu- 
dictionis prò  gabella  primi  anni  octave  indictionis  proximi  venturi  pre- 
seutis  ingabellactionis  et  arrendamenti  In  pace  et<'.  quos  quidem  scutos 
decem  mille  prefatus  spettabilis  douiinus  Lugdovicus  valseca  dietis  nomi- 
nibus  ex  nunc  prò  tunc  et  e  converso  deduxit  et  deducit  ac  ditfalcavit  et 
diffalcat  compensavit  et  compensat  ac  bonos  fecit  et  facit  ipsi  illustri  do- 
luino  Baroni  ingabellatori  et  arrendatario  stipulanti  scilicet  scutos  octo 
mille  in  quatuor  predictis  annis  et  cathamenìs  ut  predicitur  de  dieta  ga- 
bella et  subarrendamento  per  dictum  condam  illustrem  dominum  Ba- 
ronem dicto  domino  de  lardino  ut  supra  facto  et  scutos  duos  mille  ad 
complimentum  de  gabella  primi  anni  presentis  ingal>ellactionis  et  arren- 
damenti eosque  bonos  fecit  et  facit  ipsi  illustri  domino  baroni  ingabel- 
latori et  arrendatario  ut  supra  et  per  modiim  ut  supra  stipulauti  et  eius 
successoribus  vel  jus  et  causam  habentibus  vel  habituris  ab  eo  me  no- 
tano prò  eis  stipulante  et  non  aliter  nec  alio  modo  <unni  contradictione 
cessante. 

Itaque  casu  quo  dietus  illustrissimus  et  excellentissimus  dominus  Dux 
indigeret  et  opus  haberet  scutis  vigintiquinquemille  prò  illis  erogandis 
et  convertendis  prò  eius  negotiis  et  occurrentiis  tunc  et  eo  casu  dietus 
illustris  dominus  Baro  iugabellator  et  arrendatarius  non  teneatur  solve- 
re ncque  exburzare  dictos  scutos  decem  mille  ut  supm  et  per  modum 
ut  supra  solvendos  et  exburzandos  sed  tantum  dicto  casu  dietus  illustri» 
«lominus  Baro  ingjvbellator  et  arrendatarius  volens  dicto  illustrissimo  et 
excellentissimo  domino  duci  compiacere  et  accomodare  fuit  coutentus  il- 
los  solvere  ut  Infra  ad  eftectum  quod  dietus  illustris  dominus    Baro  in- 


118  MISCELLANEA 


gabellator  et  arrendatarius  possit  eos  sibi  retiuere  ima  euin  infrascriptis 
interessis  ad  rationem  scntorum  septem  prò  centenario  prò  qiiolibet  anno 
in  cathamenis  infrascriptis  et  predictis.  Ideo  prefatus  illustris  dominus 
Baro  ingabellator  et  arrendatarius  ut  supra  ad  petictionem  et  instantiani 
dicti  spectabilis  domini  Lugdovici  Valseca  noiuinibus  quibus  supra  se  o- 
bligavit  et  obligat  realit^r  et  cum  effectu  ac  prornisit  et  promictit  dicto 
illustrissimo  et  excellentissimo  domino  Duci  absenti  me  notario  et  dicto 
spectabili  domino  de  valseca  predictis  nominibus  prò  eo  stipulantibus 
solvere  sibi  vel  persone  legitime  prò  eo  vel  depositare  in  tabula  aut  in 
banco  predictis  urbis  predicte  felicis  Panhormi  dictos  scutos  vigintiquin- 
que  mille  monete  huius  Sicilie  Regni  ut  dicitur  di  tari  dudici  per  scuto 
francos  et  liberos  absqne  aliquo  empara  et  sequestro  infra  dietimi  termi- 
nimi mensiiim  trinni  numerandorum  et  cursurorum  a  dicto  die  consigna- 
ctionis  in  manibus  propriis  ipsius  illustris  domini  Baroni  stipulanti»  co- 
pie rathificactionis  presentis  contractus  cum  regio  assensu  et  dispensactione 
et  contìnnactione  modo  et  forma  ut  superius  dietimi  est.  Itaque  ex  pacto 
etiam  quod  eligente  dicto  illustrissimo  et  excellentissimo  domini  Duce  velie 
dictos  scutos  vigintiquinqut^mille  per  modum  ut  supra  solvendos  oblactio 
et  soluctio  dictorum  scutoruin  decem  mille  intelligatur  inanis  et  vacua 
tamquam  si  minime  facta  foret  et  eligente  domino  illustrissimo  et  excel- 
lentissimo  domino  Duce  velie  dictos  scutos  decemmille  absque  interesse  ut 
supra  exburzandos  et  retinendos  oblactio  dictorum  scutorum  vigintiquin- 
que  mille  etiam  intelligatur  inanis  et  vacua  tamquam  si  minime  facta 
foret  ex  patito  etc  ;  quos  quidem  scutos  vigintiquinquo  mille  superius 
promissos  et  exburzandos  ac  solvendos  per  dietimi  illustrem  dominum  Ba- 
ronem  dicto  illustrissimo  et  excellentissimo  domino  Duci  idem  illustris 
dominus  Baro  ingabellator  et  arrendatarius  possit  et  libere  valeat  aucto- 
ritate  propria  et  de  facto  sibi  ipsi  solvere  et  satisfacere  una  cum  interesse 
ad  rationem  scutorum  septem  prò  centenario  seu  prò  quibuslibet  scutis 
centum  <|Uolibet  anno  scilicet  scutos  vigiutimille  una  cum  eorum  interes- 
si» a,d  rationem  predictam  scutorum  septem  prò  quolibet  centenario  seu 
prò  quibuslibet  scutis  centum  prò  ([uolibet  anno  ut  supra  prò  concurrenti 
quantifate  scilicet  in  primo  anno  ju-o  ouinilius  dictis  scutis  vigintiquin- 
quemille  et  sic  deinde  <iuolibet  anno  prò  concurrenti  quantitate  ut  infra 
super  gabella  et  arrendamento  ])redicte  t(nre  Calathaiìmi  prefato  condam 
illustri  domino  Fabritio  valguarnera  baroni  Guduraui  patri  ipsius  illustris 
domini  I).  Annibulis  ingabellate  et  arrendate  et  per  dictuii)  condam  il- 
lustrem dominum  Fabritium  subingabellate  et  subarreudate  predicto 
domino  Aloysio  Aries  lardino  virtute  dictorum  publicorum  contractuum 
in  infniHcriptis  antiis  <|uatuor  dum  durat  dieta  ingabcllactio  et  subin- 
gubellactio  videlicet  scutos  quinipu^mille  curii  interesse  dictorum  scutorum 
viginti<|uinqM«-  mille  ad  rationem  predictam  scutorum  septem  prò  cente- 


MISCELLANEA  119 


nario  seu  prò  quibuslibet  scutis  centum  de  soluctione  fienda  in  mense 
octobris  anni  qninte  indictionis  proxinii  venturi  prò  gabella  anni  quarte 
indictionis  instanti»  Iteni  alios  scutos  quinqueniille  una  cuui  interesse 
scutoruni  septein  prò  centenario  de  soluctione  tienda  in  mense  octobris 
anni  sexte  indictionis  proximi  venturi  prò  gabella  anni  quinte  indictio- 
nis Item  alios  scutos  qninquemille  una  cum  interesse  scutorum  quinde- 
cimmille  ad  rationem  predictam  scutoruui  septem  prò  centenario  de  so 
luctione  lienda  in  mense  octobris  septime  Indictionis  proximi  venturi 
prò  gabella  seu  subgabella  anni  sexte  indictionis  Item  alios  scutos  quin- 
que  mille  cum  interesse  scutorum  decem  mille  ad  rationem  predictam 
septem  prò  centenario  de  soluctione  fienda  in  mense  octobris  anni  octa- 
ve  Indictionis  proximi  venturi  prò  gabella  seu  subgabella  anni  septime 
indictionis  contra  quem  spettabilem  dominum  de  lardino  absentem  eius- 
que  heredes  et  bona  ac  alias  quascunque  personas  quolibet  obligatas  seu 
obligandas  etiam  absentes  et  eorum  bona  et  dictam  terrara  Calathafimi 
et  eius  pheuda  et  gabellas  dictus  spettabilis  domiuus  de  Valseca  dictis 
nominibus  cum  dieta  rathi  promissione  cessit  et  cedit  eidem  illustri  do- 
mino Baroni  ingabellatori  et  arreudatario  stipulanti  prò  se  et  eius  suc- 
cessoribus  et  aliis  ab  eo  jus  et  causam  habentibus  vel  habituris  me  no- 
tiirio  prò  eis  stipulante  omnia  et  singula  jura  omnesque  actiones  reales 
personales  etc.  que  et  qiias  dictis  nominibus  habuit  habebat  et  liabet  etc. 
in  dictis  scutis  decemmille  exburzandis  et  solvendis  absque  interessis  seu 
vigintiquinquemille  ponderis  generalis  una  cum  dictis  interessis  ut  supra 
eligendis  et  solvendis  ac  sibi  retinendis  virtute  et  auctoritate  tam  pre- 
dicti  subarrendamenti  contractus  quam  aliorum  quorumvis  contractuum 
actorum  et  scripturarum  publicaruiu  privatarum  et  sine,  Constituens  eum 
procuratorem  in  rem  suaiu  dictis  nominibus  et  ponens  eum  dictis  nomi- 
nibus in  locum  suum  proprium  in  hac  parte.  Ut  auiodo  etc. 

Que  jura  cessa  ipse  spettabilis  dominus  de  Valseca  cedens  dictis  no- 
minibus prumisit  ipsi  illustri  domino  cessionario  stipulanti  facto  et  culpa 
propriis  ipsorum  illustrissiniorum  ducis  et  ducisse  et  illustrissimi  domìni 
comitis  de  Melgar  et  suorum  etc ,  tantum  et  dumtaxat  tacere  vera  et 
bona  etc.  ex  pacto  etc.  In  pace  etc. 

Item  alios  scutos  quinqueniille  nna  cum  interesse  eorumdem  scuto- 
ruiM  qninquemille  ad  complimentum  prefatorum  scutorum  vigintiquin- 
(luemille  de  soluctione  fienda  in  mense  octobris  anni  none  indictionis 
prò  gabella  seu  de  gabella  et  arrendamento  primi  anni  octave  indictionis 
presenti»  ingabellactionis  et  arrendamenti  in  pace  etc-  quos  scutos  vi- 
gintiquinquemille dictus  spectabilis  dominus  Lugdovicus  Valseca  dictis 
nominibus  ex  nunc  prò  tunc  et  converso  deduxit  et  deducit  ac  compen- 
savit  et  compensat  scilicet  scutos  vigintimille  in  quatuor  predictis  annis 
et  cathamenis  ut  predicitur  di  detta  gabella   et    subarrendamento  facto 


120  MISCELLANEA 


per  dictiira  illnstrissiiiiiim  et  excellentissiimiiii  dominuni  Dncein  (Mcto  con- 
daiu  illustri  douiiuo  baroni  et  per  dictuin  condani  illustrem  dominuni  bsi- 
ronem  dicto  domino  de  lardino  per  niodum  ut  supra  et  scutos  quinque- 
mille  ad  compliuientuni  dictoruni  sciitoruni  vigintiquinqueraille  de  ga- 
bella primi  anni  presenti»  ingabellactionis  et  arrendameuti  eosque  cum 
dictis  interessis  ad  rationem  pi'edictam  ooiupensavit  et  compensat  ac 
bonos  fecit  et  facit  dicto  illustri  domino  baroni  ingabellatori  et  arren- 
datario  stipulanti  et  ejus  successoribus  vel  jus  et  causam  habentibus  vel 
habitnris  ab  eo  me  notarlo  prò  eis  stipulante  et  non  aliter  nec  alio  modo 
«mine  contradictione  cessante  et  casu  quo  aliqua  quavis  ex  causa  ipse 
spectabilis  dominus  Baro  ingabellator  et  arreudatarius  non  posset  dictam 
summam  scutorum  vigintiquinquemille  ut  supra  exburzandam  et  sol- 
vendam  anticipate  et  per  moduui  ut  supra  una  cum  dictis  interessis  ad 
rationem  scutorum  sept^m  prò  quolibet  anno  prò  centenario  retinendam 
etiam  per  modum  ut  8U|)ra  in  totum  sive  in  partem  sibi  retinere  et  con- 
sequi  et  retinere  per  modum  ut  supra  tunc  et  eo  casu  liceat  et  licitum 
ipsi  illustri  domino  baroni  ingabellatori  et  arrendatario  stipulanti  'prò 
se  et  eius  successoribus  seu  aliis  ab  eo  jus  et  causam  habentibus  et 
habituris  prò  ea  summa  que  forte  non  posset  sibi  retinere  per  modum 
ut  Bupra  una  cum  dictis  interessis  ad  rationem  predictam  scutorum  se- 
pt-era  prò  centenario  in  quacumque  curia  foro  et  magistratu  etiam  incom- 
petenti contra  ipsius  illustrissimum  et  excellentissimum  dominum  ducem 
et  8U08  eorumque  bona  causare  executionem  atlversus  quam  executionem 
formam  presentis  contractus  et  oxtremorum  verificactionem  non  possit 
se  opponere  ut  infra  ex  pacto  etc.  in  tali  casu  etiam  liceat  ipsi  illustri 
domino  baroni  ingabellatori  et  arrendatario  stipulanti  prò  se  et  eius  suc- 
cessoribus et  aliis  ab  eo  jus  e.t  causam  habentibus  et  habituris  me  no- 
tarlo prò  eis  stipulante  dictam  summam  non  retinendam  una  cutn  dictis 
interessis  ad  rationem  predictam  scutorum  semptem  prò  centenario  et 
prò  concurrenti  quantitate  damnorum  interesse  et  expensarum  et  lucro- 
rum  cessantium  capen:  et  recai)ere  semel  et  pluries  absque  aliqua  notiti- 
cactione  facieuda  ad  cambia  et  recambia  prò  quibusvis  mundi  partibus 
tam  infra  (piani  jier  extra  Keguum  vel  sibi  ipsi  raciocinari  ut  dicitur 
contiirseli  usipie  ad  int*^grani  et  ettectivam  soluti<mem  ad  damila  interesse 
et  expeu8a«  dicti  illustrissimi  et  excellentissimi  domini  ducis  et  comitis 
«le  quibuB  omnibus  et  singulis  lucris  cessiintibus  et  dainnis  interesse  et 
expensis  cambiorum  et  recainbiorum  et  eorum  captura  credatur  et  stetur 
ac  credi  et  stari  tlebeat  hi>1o  et  simplici  Juramento  ipsius  illustris  domini 
buronis  iugabellatoris  et  arreudatarii  stipulanti»  et  eiuu  successoris  et 
aliorum  ab  ei»  jun  et  cauMim  habentium  et  habituroruin  me  notario  prò  eis 
HtipuhiUte  nulla  alia  proi>artione  uve  v('rifu'a«'tioiu'  intrinseca  vel  extriu- 
Meca  ueccHHuriu  tleudn  <|U<mI  iuiuuM-iituni  prestari  possit  in  (jiiovis  juditio 


MISCELLANEA  121 


toro  et  magistratu  et  per  actiini  publicum  penes  qiiemvis  notariiim  ab- 
»que  alìqua  notifieat.ione  fienda  ex  pacto  non  obstvintibus  quibusvi»  jn- 
ribns  constitutionibus  et  aliis  in  fontrarium  dictjmtibus  vel  disponentibus 
quibus  et  eoriim  benetìciis  dictiiK  speetabiliK  de  Valseca  ingabellans  et 
arrendane  dietis  nominibus  cum  jurantento  expresse  renunziavit  etrenun- 
tiat  et  oarrentibns  vel  non  eurrentibus  cambiis  et  recambiis  predictis 
capientis  vel  ratiocinaiidis  ut  supra  liceat  et  licitniu  8Ìt  ipsi  ilhistri  do- 
mino baroni  stipulanti  et  eiiis  snccessoribus  seu  aliis  ab  eo  jus  et  cau- 
sani  habentibus  vel  liabitnris  me  notarlo  prò  eis  stipulante  oontra  ipsuni 
illustrÌR8Ìminn  et  exeellenti88imuni  donunum  ducem  et  eius  bona  execn- 
tionem  causare  in  quacumque  curia  et  foro  etiam  incompetenti  adversus 
quani  execuctionem  et  presentis  contractus  forma m  et  extremorum 
virificactionem  et  dictum  Juraiuentum  prestnndum  non  possit  se  op- 
ponere  ut  infra  ex  pacto  etc.  remanente  tamen  dicto  illustrissimo  et 
excellentissimo  domino  duce  semper  obligato  ad  interesse  cambioruni 
et  recambiornm  usque  ad  integrani  et  effectivam  soluctionem  prò  quibus 
simpliciter  possit  tìeri  execuctio  modo  et  forma  predictis  singula  singulis 
refercndo  sub  pactis  legibus  et  condictionibus  infrascriptis  et  uno  quo- 
que ipsorum  inter  eos  accordatis  et  jurameuto  tìrnuitis  sub  quibus  et 
eis  ]>i'ecedentibu8  fuit  deventnm  ad  presentem  contractum  et  non  aliter 
nec  alio  modo.  Itaque  sit  et  esse  del)eat  in  electionem  dicti  illustris 
domini  baronis  ingjibellatoris  et  jiarendatarii  stipulantis  et  eius  succes- 
sorum  et  aliorum  ab  eo  jus  et  causam  habentium  et  habiturorum  dictam 
summam  cum  interessis  ut  supra  penes  se  retinere  de  gabella  et  arren- 
ment«  predictis  auctoritate  propria  et  de  facto  absque  jubsu  curie  et  ma- 
gistratiis  de(!reto  ad  eius  electionem  et  voluntatem  reservata  sibi  potestate 
variandi  et  non  aliter  nec  alio  modo  ex  pacto  etc. 

Et  primo  quod  ipse  illustris  doininus  Baro  ingabellator  et  arrenda- 
tjjrius  prò  administrazione  iustitie  et  ottìtii  dicti  gubernatoris  tam  ipse 
quaiii  alii  gulwrnatores  per  eum  eligendi  vel  substituendi  in  oftìtio  pre- 
dicio  teneantur  et  stare  debeant  sindacatui  et  residentie  in  terris  predi- 
ctis corani  sindicatore  eligendo  per  excellentiam  dicti  illustrissimi  et  excel- 
lentissimi  domini  ducis  seu  per  eius  procuratorem  lial>ent*jm  in  bis  spe- 
ciale mandatum  hoc  modo  videlicet  elapso  quolibet  triennio  Ita  quod  ter 
in  toto  tempore  dicti  arrendamenti  sindicari  debeant  et  non  aliter  dum- 
modo  che  lo  sindicatore  sia  regniculo  oriundo  et  non  aliter  nec  alio  modo 
quo  sindicatu  perdurante  ante  et  post  semper  remaneat  jurisdictio  pe- 
nes ipsum  illustrem  domili um  arrendatarium  et  suos  etc.  absque  suspen* 
sione  et  remoctione  ottìtii  gubernatoris  ex  pacto  etc. 

Iteni  processit  ex  pacto  etc.  quod  prefatus  illustrissimus  et  excellen- 
tissimus  dominus  dux  vel  eius  procurator  toties  ijuoties  opus  fuerit  di- 
cto arrendamento  perdurante  possit  et  libere  valeat  nominare  sindicato- 


122  MISCELLANEA 


rem  prò  sindicaudis  offitialibus  anuualibus  terrarum  predictarum  anno 
quolibet  sindicari  soliti»  una  cura  jndice  superiore  quolibet  biennio  more 
solito  juxta  forroani  eapitulorum  dicti  Illustrissimi  et  excellentissimi  do- 
mini Ducis  università tibus  dictarnni  terrarum  concessorum  et  non  aliter 
nec  alio  modo. 

Itera  processit  ex  pacto  qnod  casu  quo  in  estremo  tempore  gabelle  et 
arrendamenti  predicti  dictus  illlustris  dominus  baro  iugabellator  et  ar- 
rendatarins  remanserit  ci'editor  in  aliqua  pecuniarum  summa  victualiuui 
rerum  et  jurium  de  fructibus  et  introitibus  terrarum  predictarum  quod 
tali  casu  possit  et  libere  valeat  dictas  pecunias  victualia  et  omnia  que- 
cumque  alia  exigere  et  exigi  tacere  per  secretum  per  ipsum  illustrem 
doniinum  baronem  nominandum  non  obstante  quod  tempus  diete  inga- 
bellactionis  erit  finitum  qui  secretus  uti  possit  jurisdictione  exigendi  prò 
ut  tempore  dicti  arrendamenti  utebatur  nsque  ad  Integram  et  eftectivam 
satisfactionem  ex  pacto  omni  contradictione  cessante  et  non  aliter  etc. 

Item  etiam  processit  ex  pacto  quod  dictus  illustris  dominiis  Baro  in- 
gabellator  et  arrendatarius  non  possit  iiec  valeat  strasactare  aliquam  quan- 
titatem  terrarum  communium  diete  terre  calathatimi  sed  ille  stent  prò 
civibus  diete  t^rre  communes  prout  semper  bue  nsque  steterunt  et  non 
aliter  etc. 

Item  quod  dictus  illastrissimus  et  excellentissimus  Dominus  Dux  eiu- 
sque  heredes  et  successores  dicto  arrendamento  perdurante  possit  libere- 
que  valeat  toties  quoties  sibi  placuerit  eligere  nominare  et  deputare  ca- 
stellanos  dictorum  castrorum  sibi  beuevisos  cum  omnibus  et  singulis 
honoribus  et  oneribus  preheminentiis  commoditatibus  prerogativis  et  e- 
molumentis  aliis  castellanis  dictorum  castrorum  dari  et  concedi  solitis  et 
consnetis  et  quod  dictus  illustris  dominus  Baro  ingabellator  et  arrenda- 
tarius dicto  arrendamento  durante  tantummodo  uti  possit  et  debeat 
conimoditate  posse  habitare  in  dictis  castris  Alcami  et  Calathatimi 
et  non  aliter  nec  alio  nv>do  ex  pacto  veriim  quod  eligente  ipso 
illustre  domino  barone  ingabollatore  et  arrendatario  velie  stare  et 
habitare  in  dicto  castro  terre  predicte  Alcami ,  cum  eius  domo  et 
familia  et  aliis  eidem  illustri  domino  baroni  benevisis  teneatur  et  sic 
promisit  et  se  solleniniter  obligavit  et  obligat  ipsi  spectabili  domino  de 
Valseca  dictis  uominibus  stipulanti  prò  dicto  illustrissimo  et'excellentis- 
HÌmo  domino  Duce  absenti  etiam  me  notarli)  prò  co  stipulante  ejcpendere 
et  exburzaire  scutos  quatuor  centum  inreparactiouibus  dicti  castri  gratis 
ubsque  aliqua  diminutione  gabelle  et  arrendamenti  predicti  quo  casu  usus 
et  habitactio  dicti  oiHtri  sit  et  esse  debeat  ipsius  illustris  domini  baroiiis 
et  (\JU8  H(^c4;es8ornni  seu  liubentiiim  seu  habiturorum  jus  et  causam  ab 
eo  preter  quo  ad  domum  unam  dicti  castri  in  duobus  corporibus  tantum 
cligeudam  et  UHMignundam  per  ipsum  illustrem  Dominnm  baronem  arreu- 


MISCELLANEA  123 


datarium  in  qnibus  alii  magnifici  castellani  et  vice  castellani  dicti  castri 
manere  et  stare  soliti  sunt  et  ad  presens  manet  magnificus  Francisciis 
Peres  vice  castellanas  einsdem  castri  prò  ibi  nianendo  dominus  castel- 
lanus  seu  magnificus  vice  castellauus  dicti  castri,  et  (pio  ad  loca  cax'ce- 
rum  in  quibiis  carcerati  manere  soliti  sunt  scilicet  fovee  et  grada  tantum 
et  ita  non  aliter  nec  alio  modo  ex  pacto  eie. 

Et  questo  perche  l'habitactione  di  detto  castello  di  Alcamo  si  retrova 
in  parte  rovinata  et  diruta  et  minazza  royna  et  pio  di  quella  roina  che  al- 
cuni anni  dietro  si  retrovava  et  per  fabrica  et  arrendamento  facto  a  detto 
<luodam  illustre  signor  barone  del  guilurano  padre  di  esso  illustre  signor 
Don  Hannibale  barone  del  detto  gudui-ano  ingabellatore  et  arrendatario 
come  sopra  detto  illustrìssimo  et  excellentissimo  signor  Duca  li  detti  fa- 
cultii  di  spendere  detti  scudi  (piattrocento  a  suo  libero  arbitrio  le  quali 
fabrici  et  reparactioni  fino  al  presenta  per  detto  condam  signor  barone 
non  sono  stati  fatti  per  questo  precessi  di  pacto  che  sia  ad  electione  et 
voluntati  di  dicto  illustre  signor  banme  eligendo  volere  l'uso  et  habitac- 
tionc  di  detto  castello  di  questa  predetta  terra  di  Alcamo  che  in  quello 
possi  stare  et  habitare  come  «li  sopra  si  c<mtene  et  expellere  omnes  in 
ipso  castro  habitant^s  modo  et  forma  ut  supra  non  obstantei  quavis  pro- 
visione facta  sive  facienda  per  dictum  illustrissimum  et  excellentissimuui 
domìnum  Ducem  et  Comiteni  et  suos  etc.  in  prejuditium  presentis  con- 
tractus  quam  ad  hunc  effectum  illam  revocavit  et  revocat  ac  annulla- 
vit  et  annnllat  ex  pactt)  etc  dummodo  che  per  le  predette  tabrice  et 
reparactioni  di  quello  sia  tenuto  spenderli  dicti  scuti  quattrocento  come 
meglio  tornerà  comodo  a  detto  illustre  signor  barone  ingabellatore  et 
arrendatario  senza  posserseli  retinere  ne  diffalcare  di  detta  gabella  et  ar- 
rendamento di  pficto  etc. 

Item  et  perche  si  trovano  in  detta  terra  di  Calathafimi  strasactati 
alcuni  pezzi  di  terra  parecchiati  mezi  parecchiati  et  quarti  tanto  delle 
terre  commune  di  detta  terra  come  ancora  delli  teghe  di  sua  illustrissi- 
ma et  excellentissima  signoria  in  detta  teiTa  senza  licentia  di  sua  excel- 
lenza  et  quelli  sonno  in  danno  et  detrimento  del  patrimonio  di  detto  il- 
lustrissimo et  excellentissimo  signor  Duca  tanto  per  goberuatori  che  sono 
stati  come  per  arrendatarii  che  hanno  havuto  dette  terre  in  gabella  come 
per  altri  procuratori  et  secreti  del  detto  illustrissimo  et  excellentissimo 
signor  Duca  oi  di  qualsivoglia  altra  persona  pertanto  procede  di  pacto 
che  detto  illustre  signor  barone  ingabellatore  et  arrendatario  poza  detti 
strasacti  recuperare  bavere  et  consequitare  et  quelli  aggregare  al  patri- 
monio predicto  a  suoi  di  spese  restando  per  benefìctio  duranti  dicti  anni 
novi  di  detto  illustre  signor  barone  ingabellatore  et  quelli  che  erano 
communi  tornerli  per  communi  come  stavano  innanti  la  concessione  di 
dicti  strasacti  a  di  spese  di  detto  illustrissimo  et  excellentissimo  signor 


134  MISCELLANEA 


Duca  et  prò  recnperactioue  predicta  prefatns  spectabilis  domimis  Lugdo- 
VÌCU8  Valseca  dictis  nominibus  et  cnin  dieta  rathi  promissione  et  omni 
alio  meliori  modo  et  nomine  fecit  constituit  et  substituit  ipsum  illustrem 
dominnm  baronem  ingabellatoreni  et  arrendatsirinni  stipulanteni  genera- 
lem  et  genei-alissimum  procuratorem  constitutum  et  substitutum  inrevo- 
cabilem  cum  potestate  comparendi  in  quocunque  foro  juditio  curia  et  ma- 
gistrati! ecclesiastico  vel  seculari  malori  vel  minori  quo  opus  fuerit  et 
incobandi  perseciuendi  mediandi  terminandi  et  fìniendi  quascunque  lites 
et  saper  petictione  predicta  uti  jurisdictionibus  quibus  uti  i>oterat'dictus 
illustrissimus  et  excellentissimus  dorainus  Dux  ponendo  ipsum  illustrem 
dominum  baronem  ingabellatorera  et  arrendatarium  stipulantem  et  eius 
successores  et  jus  et  causam  ab  eo  habentes  et  habituros  me  notarlo  prò 
eis  stipulante  in  locuui  proprium  dicti  illustrissimi  et  excellentissimi 
domini  Ducis  et  constituendo  et  substituendo  eum  procuratorem  con- 
stitutum et  substitutum  et  omni  alio  meliori  modo  in  liac  parte  ut  a- 
modo  etc. 

It«m  cum  alio  etiam  pacto  quod  semper  durantibus  dictis  annis  no- 
vem  presentis  ingabellactionis  et  arrendamenti  sit  et  intelligatur  reser- 
vata suprema  Jurisdictio  insupra  dictis  terris  superius  ingabellatis  et  ar- 
rendatis  ita  ut  si  contigerit  ìpsum  illustrissimum  et  excellentissimnm 
dominum  Ducem  vel  illustrissimum  dominum  Don  Lugdovicnm  Comitem 
de  Melgar  eius  tìlium  primogenitum  accedere  ad  supradictjvs  terras  ut 
supra  iugabellatas  et  arrendatas  quod  ipsorum  quilibet  tanquam  verus 
dominus  et  proprietarius  dictarum  terrarum  possit  exercere  et  adminì- 
strare  suppremam  jurisdictiouem  nullo  tamen  prejudictio  generato  dicto 
arrendamento  et  non  aliter  etc. 

Item  dictus  spectabilis  dominus  Lugdovicus  valseca  nominibus  (juibus 
supra  concessit  et  concedit  aucthoritatem  facultatem  potestatem  et  ple- 
num posse  dicto  illustri  domino  baroni  ingabellatori  et  arrendatario  sti- 
]>ulanti  prò  se  et  sui»  etiam  posse  strasactare  quinque  pareccliiatas  ter- 
rarum de  terris  communibus  territorii  terre  Calatafimi  et  non  aliter  nec 
alio  modo. 

Promitteus  8olemnit.er  et  conveniens  prefatus  spectAbilis  dominus  Lug- 
dovicus Valseca  quibus  supra  nominibus  cum  dieta  rathi  promissione  per 
dictOB  illustrissimos  et  excellentissimos  dominos  jugales  Ducem  et  Du- 
cissatii  et  illustrissimum  dominum  comitem  de  Melgar  et  eorum  etc.  ei- 
deiii  illustri  domino  baroni  iugabellatori  et  arrendatario  stipulanti  prò 
se  et  eius  successorìbus  et  aliis  ab  eo  jus  et  oAusam  habeutibus  vel  ha- 
bitnris  mv  notjirio  prò  «^is  stipulante  de  predictis  terris  Alcaini  et  Cala- 
tafimi earum<|ue  pheudis  et  gabellis  et  ipsoruui  pheiulorum  et  gabelhirum 
JurìbuH  et  iutroytihuH  uuiversis  .jurisdi<*tionibus  vel  aliqua  eorum  partii 
nullo  futuro  tempore  contrn  dictuin  ilIuKtrem    dominum    Haroneiii    inga- 


MISCELLANEA  125 


bellatorem  et  arrendatarium  ,  stipiilantem  nec  siios  hcredes  vel  jus  et 
causain  liabeutes  vel  habitnros  ab  eo  absentes  me  notarlo  prò  eis  stipu- 
lante nulla  interré  liteui  questionem  vel  molestiam  aliquam  nec  inferenti 
consentire  aliquo  jure  vel  de  facto  (luomodocumqne  et  qualitercumqne 
yramo  scraper  et  omni  futuro  tempore  termino  dicti  arrendamenti  per- 
durante et  non  aliter  nec  alio  modo  omnia  et  singula  desuper  arrendata 
cum  juribus  eorum  universis  predictis  ab  omni  calumniant«  molestante 
et  contradicente  persona  etc.  legitime  defeudere  tueri  et  extricare  et  de 
qualibet  et  quacumque  evietione  teneri  voluit  quovisniodo  ipsa  evictio 
evenerit  sive  sequiretur  sive  de  tote  sive  de  pai"te  alias  teneatur  et  te- 
neri voluit  dictus  spectiibilis  dominus  Lugdovicus  Valseca  ingabellans  et 
arrendans  ad  omnia  et  singula  damna  interesse  et  expeussis  ac  lucra  ces- 
santia  et  damna  emergentia  que  ex  nune  prò  tunc  et  e  converso  intel- 
liguutur  et  sint  contra  ipsum  spectabilem  dominum  de  Valseca  dictis 
nominibus  preseutem  et  audieutem  protestata  et  requesita  taliter  quod 
non  sit  opus  aliqua  alia  prot-estactione  et  requisictione  nisi  forma  pre- 
sentis  contractus  et  non  aliter  nec  alio  modo  de  quibus  omnibus  et  sin- 
gulis  possit  fieri  execuctio  in  quovis  foro  juditio  et  magistratu  etiam  in- 
competenti cum  pacto  de  non  apponendo  etc.  ut  infra  ex  pacto  inter 
«OS  solemni  stipulactione  etjuramento  firmato  et  non  aliter  etc. 

Nec  non  dictus  spectabilis  dominus  Lugdovicus  Valseca  dictis  nomini- 
l)us  et  cum  dieta  ratliipromissione  promisit  et  promittit  et  se  dictis  nò- 
minibus  solemniter  obligavit  et  obligat  dicto  illustri  domino  Baroni  in- 
gabellatori  et  arreudatario  stipulanti  et  eis  successoribus  et  aliis  ab  eo 
jus  et  causam  habentibus  vel  habituris  me  notarlo  prò  eis  stipulante  pre- 
dictas  terras  Alcami  et  Calatlialìmi  cum  supraiiictis  earum  pheudis  ga- 
bellis  jnti'oytibus  juribus  suis  universis  earuraque  iutegi'o  statu  ac  juri- 
sdictionibus  a  posse  dicti  illustris  domini  baronis  ingabellatoris  et  arren- 
datarii  stipulautis  et  eius  successorum  ac  aliorum  ab  eo  jus  et  causam 
liabentium  vel  babiturorum  me  notarlo  prò  eis  stipulante  non  auferre 
nec  auferri  face  re  nec  auferanti  consentire  durante  termino  presentis  in- 
gfibellationis  et  arrendamenti  intotum  sive  in  partem  prò  usu  proprio 
majori  gabella  etiam  duppla  tripla  et  quatrupla  vendictione  emphiteuti- 
cactione  dotis  tradditione  donactione  permutactione  nec  prò  quavis  alia 
causa  cogitata  scita  vel  ignorata  quantumcumque  urgentissima  et  neces- 
saria immo  durante  dicto  termino  predictorum  annorum  novem  ex  nunc 
prò  tunc  et  e  converso  Illos  et  ea  constituit  nomine  et  prò  parte  dicti 
illustris  domini  Don  Hanibalis  baronis  ingabellatoris  et  arrendatarii  sti- 
pulautis prò  se  et  eius  successoribus  ac  aliorum  jus  et  causanj  liaben- 
tium et  babiturorum  ab  eo  me  notarlo  prò  eis  stipulante  j)er  constitutiim 
tenere  et  possidere  donec  et  quo  usque  erit  fìnitus  terminus  totius  pre- 
dicte  presentis  ingabellactionis  et  arrendamenti  et  non  aliter  nec  alio 
modo  ex  pacto  etc. 


126  MISCELLANEA 


Cam  alio  ctiani  pacto  quod  casu  quo  tempore  preseutis  aiTendamenti 
quo  Deus  avertat  fuerit  in  dictis  terris  seu  in  parte  illarum  ut  supra 
ingabellati»  et  arrendatis  pestis  t'amis  aut  ininiicovum  invasio  seu  ali- 
quis  casus  fortuitus  et  insolitus  quorum  seu  cuius  causa  redditus  ga- 
belle et  introytus  et  proventus  terrarum  predictarum  seu  quelibet  ipsa- 
rum  portio  venerit  in  diminuctionem  majoris  partis  friictus  earum  quod 
tali  casu  prefactus  illustrissimus  et  excellentissimus  dominus  Dux  et 
Comes  teneatur  et  obligatus  intelligatur  satisfacere  et  solvere  bujusmodi 
damnum  et  diminuctionem  prefato  illustri  domino  Baroni  stipulanti  prò 
86  et  eis  successoribus  et  aliis  ab  eo  jus  et  causam  habentibus  et  habi- 
turis  me  notarlo  prò  eis  stipulante  prout  et  quemadmodum  declaraverint 
due  persone  nomiuande  una  per  ipsum  illustrissinium  et  excellentissi 
mum  dominum  Ducem  et  alia  per  dictum  illustrem  dominum  Baronem 
et  in  casu  discordie  per  tertium  eligendum  per  ambas  partes  et  iu  casu 
renitentie  ipsarum  partium  seu  cuiuslibet  earum  pei  judicem  ipsius  loci 
iu  quo  declaratio  predicta  erit  facienda  de  quibus  quidem  dedarationi- 
bus  damnorum  et  interesse  ipse  illustris  dominus  Baro  et  sui  etc,  pos- 
siut  coutra  ipsum  illustrissimum  et  excellentissimum  dominum  Ducem 
et  Comit«ui  et  eius  bona  execuctionem  causare  iu  quocunque  toro  etiam 
incompetenti  etiam  in  magna  regia  curia  huius  Sicilie  Regni  adversus 
quam  execuctionem  formam  presentis  contractus  non  possit  ipse  dictns 
illustrissimus  et  excellentissimus  dominus  Dux  et  Comes  se  opponere 
quin  prius  solvat  et  adimpleat  ut  infra  ex  pacto. 

Item  etiam  processit  ex  pacto  quod  casu  quo  dicti  illustrissimi  et 
excellentissimi  domini  Duces  et  Comes  et  dictus  illustrissimus  dominus 
Comes  de  Melgar  eorum  filius  non  ratificarent  presentem  contractum  in- 
gabellactionis  et  arrendamenti  per  modum  ut  supra  a  prima  linea  usque 
mi  ultimam  de  verbo  ad  verbum  et  prout  in  eo  jacet  et  non  se  con- 
tentarent  de  omnibus  et  singulis  ut  supra  contentis  et  expressis  singula 
singulis  referendo  ac  de  pn;senti  ingjibellactione  cum  omnibus  predictis 
et  jurisdictionibus  predictis  et  aliis  omnibus  in  presenti  contractu  con- 
tentis et  cum  predictis  pactis  et  condictionibus  predictis  et  ali<iua  adde- 
rent  seu  minuerent  etiam  «juantunciue  minimam  partem  vel  infra  termi- 
num  in  presenti  <;ontnu'tu  ingabellactionis  et  arrendamenti  preHxuni  tuuc 
et  eo  casu  et  ex  nunc  prò  tunc  «M  e  converso  sit  ad  eleclioiiein  oA  vo- 
Inntatem  ipsius  illustris  domini  Baronis  ingabellatoris  et  arreiidatarii 
stipulantis  velie  stare  presenti  ingabellactioni  et  arrendamento  et  dietimi 
ratifìuu'tioncui  accettare  seu  a  presenti  ingabellatione  et  arrendamento 
se  <IÌMÌHt<'re  et  illam  seu  illuni  relaxare  quo  casu  non  acceptactionis  in- 
gabellactionÌM  et  arrendamenti  predìcti  presens  ctmtractus  intelligatur 
fìt  sit  casHUs  taiiM|uaiii  si  minime  factus  foret  ex  pacto  et«-. 

Bene  veruni  quod  quot|uonu)do  ipsa  ralitìcactio  lleret  et  Inerii  «-ousi- 
gDftta  ip«i  illustri  domiuo  Baroni  arrendataric»  tunc  et  eo  casu  teneatur 


MISCELLANEA  127 


ipse  illustris  doininus  baro  Arrendatori  infra  terminum  dierum  quatuor 
numerandoruiu  a  die  consignactionis  copie  ipsius  ratificactionis  declarare 
per  actum  inniargine  presenti»  contractus  arrendaraenti  si  voluerit  stare 
si  vel  ne  huic  arrendaineuto  absque  aliqua  requisictione  cum  hoc  tamen 
quod  non  facta,  declaractioue  in  margine  presentis  contractus  infra  dic- 
tum  terminum  dictorum  dierum  quatuor  tune  et  eo  casa  intelligatur 
velie  stare  huic  arrendaraento  prout  ex  nunc  prò  tunc  et  e  converso  de 
Clara vit  et  declarat  ipse  illustris  dominus  baro  se  velie  stare  et  se  con- 
tentare de  presenti  arrendamento  et  intelligatur  nititìcasse  present^m  con- 
tractum  a  prima  linea  usque  ad  ultimam  et  non  aliter  nec  alio  modo  ex 
pacto  etc. 

In  pace  etc. 

Que  omnia  et  singula  supradicta  et  infrascripta  predict«  parte»  dictis 
nomiuibus  promisserunt  ratha  grata  et  firma  habere  tenere  attendere  in- 
violabiliter  observare  et  contraria  non  facere  vel  venire  nec  contravenienti 
cousentire  aliquo  jure  titulo  seu  aliqua  ratione  vel  causa  tacitai  vel  ex- 
pressa in  omnem  eventum  et  sine  aliqua  dimiuuctione  iupace  et  de  plano 
et  sine  aliqua  lite  omni  libello  et  opposictione  remotis  et  renuntiatis  sub 
hypoteca  et  obligactione  omnium  et  singulorum  honorum  eorum  dictis 
nomiuibus  mobilium  et  stabilium  etc. 

Cum  refectione  damnorum  interesse  et  expensarum  litis  et  extra  et 
specialitcr  viaticarum  algozirii  commissarii  et  procuratoris  cum  solitis 
eonim  dietis  ad  (juas  expensas  teneri  voluerunt  etiam  si  venirent  saeculo 
parato  rithu  nuigne  regie  curie  in  aliquo  non  obstante 

Et  fiat  rithus  et  execuctio  in  quacumque  curia  et  foro  etiam  incom- 
petenti liujus  Sicilie  regni  etiam  in  nuigna  regia  curia  et  extra  Regnum 
in  persona  et  bonis  partis  contravenientis  predictis  nominibus  et  variari 
possit  etc. 

Adversus  quem  ritum  presentis  contractus  formam  et  extremorum  ve- 
rilìcationeui  non  possint  dictis  nominibus  ex  pacto  modo  aliquo  se  op- 
ponere  excipere  defendere  etc.  quin  prius  etc.  Et  pignora  vendatur  ad  di- 
scursum  etc.  Rejumtiantes  etc. 

Et  specialiter  cum  j'uramento  beneficio  irioi-atorie  guidatici  superses- 
sorio  quinquennaiis  etc.  dilactionis  cessionis  honorum  refugio  domus  pri- 
vilegio fori  et  loci  si  convenerit  feriis  omnibus  etc.  ac  privilegio  milita- 
ris  servitii  et  regii  donactivis  ac  privilegio  procerum  et  magnatarum 
personarum  et  constituctioni  hostice. 

Et  ceteris  gratiis  etc. 

At  predicta  attendere  etc. 

luraverunt  etc. 

Unde  etc. 

Presentibus  spectabile  domino  Antonio  de  Ballis  utrìusque  juris  doc- 
tore  magnifico  Francisco  Pagnotta  et  nobile  clerico  Stephano  li  Muli  te- 
stibus. 


UN  NUOVO  DOCUMENTO  SULL'  ERUZIONE  DELL'  ETNA 

DEL    1669 
{Lettera  di  P.  Valentino  Bonadies  al  Vicario  Generale  di  Girgenti) 


Al  Ch.mo  Cav.  D.r  Giiiscjtjfe  Lodi 

Cinque  anni  addietro,  trovandomi  a  Catania,  potei  osservare, 
su  di  una  parete  della  Sagrestia  del  Duomo,  un  antico  aflresco 
rappresentante  l'  eruzione  dell'Etna  del  1669  :  la  forte  eruzione 
al  cratere  e  l'irrompere  della  lava  nella  città,  che  obbligava  la 
l>opolazione  atterrita  a  fuggire,  le  funzioni  religiose  e  gli  abitanti 
in  atto  d'implorare  misericordia  erano  rappresentati  con  tanta 
vivacità  di  effetto  e  di  azione  eh'  io  non  potei  fare  a  meno  di 
esclamare  :  «  Ecco  la  più  bella  pagina  della  famosa  eruzione  del 
l'Etna  del  1669,  che  nessuno  storico  ci  ha  saputo  tramandare  ». — 
A  tale  affresco  ricorse  subito  la  mia  mente  quando  nel  mese  scorso 
mi  fu  dato  rinvenire  nella  Biblioteca  Couìunale  di  Palermo  la 
copia  d'un  documento  tuttora  ignoto,  scritto  il  2  Aprile  di  detto 
anno,  nel  giorno  stesso  che  maggiormente  imperversava  l'erom- 
pere del  Mongibello  nella  manifestazione  ])iù  violenta  delle  sue 
storiche  eruzioni. 

Il  Can.  P.  Castorina,  a  i)roposito  «  dì  nn  foffUo  a  stampa  di 
quattro  pagine  in  verni  latini  relativi  all'eruzione  d^'lU  Etna  nel 
1669»  —  documento  che  già  aveva  fatto  conoscere,  i»rima  di  lui,  il 
Prof.  Carlo  Gemmellaro  —  ebbe  la  cura  di  iu)tarc  tutti  gli  scrit- 
tori sincroni  de  timi  che  in  prosa  e  in  versi  ne  }nil)bli(rarono  il 
principio,  il  wuso  e  il  termine  (1)  ;  però  in    Mossuiia    di    (lueste 


(1)  Castouina  P.,  Sulla  rruzionc  dvlV  Kliin  dvl  1669  e  su  il'idi  kiuoIh 
docitmeiiU»  relativo  alla  ntcHNo.  Lettoni  al  Chv.  (.ìiii.skim'K  ìahh  ,  t'rimo 
ArrJiii'intn  di  Sitili,,  in  «  Anhivio  Storico  Siciliano».  N.  S.,  iiii.  XVI,  1S!)1. 
p.  f{92  r  wii. 


MISCELLANEA  129 


uemorie  si  vede  rivelato  lo  stato  psichico  degli  abitanti  cou 
tanta  vivacità  e  forza  di  espressione  come  nella  seguente  lettera 
che  P.  Valentino  BonadicH  inviava  al  Vicario  Generale  di  Girgenti 
per  informarlo  di  quanto  accadeva  in  Catania  in  quei  giorni  di 
tremenda  minaccia  e  di  orribile  distruzione.  Potrebbe  dirsi  ch'essa 
sia  l'illustrazione  del  suaccennato  affresco. 

Infatti,  ecco  il  contenuto  della  lettera: 

«  Haverà  precorso  a  V,  S.  Kev.ma^ — dice  il  Bonadies — prima  di 
questo  mio  riporto  la  fama  dei  spaventevoli  incendi  del  nostro 
squarciato  Mongibello,  portata  costì  per  l'aria  a  volo  dal  lungo 
tratto  delle  sue  copiosissime  ceneri.  Tuttavia  devo  parteciparvela 
per  sodisfar  le  parti  di  buon  Ser.re  non  dovendo  stare  in  silentio 
in  tempo  che  per  l'apertura  di  così  fornndabile  Bocca  ,  tutte  le 
Bocche  per  tramandare  intiera  notizia  si  snodano. 

«  Venerdì  8  del  mese  di  Marzo  fu  osservato  il  sole  su  il  tra- 
montar fuor  dell'usato  cinto  d'insolito  i)allore,  quasi  preconizar 
volesse,  vestito  di  così  funebre  ammanto,  l'imminente  occaso  a 
questa  clarissima  Città,  né  fu  segno  vano;  imperocché  la  seguente 
notte  sentironsi  da  per  tutto  spaventevoli  terremoti  con  urli  or- 
ribili, usciti  dal  Monte.  Furono  così  orrende  le  acosse  nei  con- 
vicini Casati ,  che  furono  costretti  dormire  nelle  campagne  ,  et 
ivi  sentir  i)rediche  ,  e  fare  altre  funtioni  ecclesiastiche  e  pub- 
bliche penitenze  ,  fuor  delle  chiese  per  timor    dell'  oppressione. 

«  Ricorsero  allora  sbigottiti  da  tanti  eccessivi  Tremuoti  i  Ter- 
razzani di  Malpasso  al  confugio  di  una  loro  Reliqua  di  S.  Lucia, 
patrona  della  terra,  quale  portavano  processionalmente  al  Casale 
di  Nicolosi,  col  seguito  di  cinque  mila  persone.  Ma  che  !  Appena 
ivi  giunta  la  Reliqua ,  sentissi  un  Tremuoto  cosi  grande  ,  che 
aprì  molte  scissure  nella  terra,  e  stimossi  insulto  diabolico;  poi- 
ché appena  si  potè  salvare  la  sacra  Pisside,  che  uscita  essendo 
dal  tempio,  rovinò  la  C'hiesa  e  tutto  il  Casale  ,  continuando  in- 
cessantemente notte  e  giorno  le  tremende  scosse  sino  all'undici. 

«  VA  Marzo.  —  Lunedì  circa  ad  bore  22  con  una  formidabile 
scossa  squarciossi  dal  Monte  il  fianco  più  vicino  ai  Casali.  Hor 
qui,  mio  Sig.re,  confesso  a  V.  S.  Rev.ma  che  a  narrare  le  strane 
aperture  <li  due  grandissime  Bocche  ,  intimorita  si  chiuderebbe 
ogni  bocca,  et  ad  esprimere  i  torrenti  e  lingue  di  fuoco,  intimo- 
rita ogni  lingua  verrebbe  meno.  Tuttavia  per  non  deviarmi  dal- 
l'incominciato,  men  vò  seguendo  la  ])iena  furibonda,  che  in  spatio 

Arch.  ator.  Sic.  N.  S.  Armo  XXX.  9 


130  MISCELLANEA 


di  poche  bore  fé'  rovina  di  tre  Casali,  fuggendo  sbigottiti  i  loro 
Terrazzani,  lasciando  in  preda  le  loro  suppellettili ,  alla  ferocia 
delle  fiamme  e  dei  ladroni.  Corse  con  tanta  violenza,  che  stimossi 
in  un  giorno  haver  caminato  più  di  sette  miglia.  Ondeggiava  con 
timore  degli  Astanti;  senza  potersi  dare  riparo.  I  stridi  misera- 
bili apportavano  orrore  ,  non  meno  per  vedere  i  beni  dissipati 
dal  fuoco,  ma  anche  portati  via  dalle  rapine,  che  però  vi  furono 
che  cascarono  feriti  e  morti  in  pena  de'  loro  ladronecci.  Giunse 
così  grande  calamità  all'orecchie  del  Prelato,  come  anco  dei  Se- 
natori, onde  per  sodisfare  al  timore  della  Città,  uscirono  nel  dì 
seguente  il  braccio  della  gloriosa  S.  Agata  processionalmente 
sino  al  piano  di  S.  Domenico  fuor  delle  mura,  dove  con  lacrime 
si  implorò  l'aiuto  della  nostra  protettrice;  ma  perchè  non  cessava 
il  fuoco  con  danni  notabili,  deliberò  di  nuovo  Monsignore. 

«  Mercoledì  a  13  di  portarsesi  in  contro  processionalmente  il  Sa- 
cro Velo  che  dalla  Chiesa  Catredale  fu  portato  da  Monsignor  co- 
ronato di  Spine,  con  paramenti  sacri  vestito.  Viddesi  anco  il  Se- 
nato, e  Capitolo  con  volto  penitente,  coronati  pure  di  spine;  et 
hormai  la  Città  tutta  con  strane  guise  di  mortiflcatioui  si  portò 
il  Velo  da  Monsignore  ad  una  Chiesa  distante  dalla  Città,  e  da 
li  fu  consegnato  al  Tesoriero  accompagnato  da  Tre  Senatori,  Ca- 
pitano, e  molti  Canonici  del  Capitolo,  Religiosi  e  Preti,  ed  altri 
Devoti  al  numero  di  4000,  i  quali  si  instradarono  per  lo  Torrente 
del  fuoco,  scorso  sino  al  Casale  Mascalucia.  Nel  partirsi  che  fece 
il  Velo  animato  il  popolo  da  un  breve  e  divoto  Sermone  ,  che 
con  fervore  di  Spirito  fece  Monsignore  Vescovo,  si  compromesse 
la  gratia,  né  fu  vana  la  fede,  poiché  appena  ivi  arrivato  e  det- 
tasi la  messa,  vicina  al  fuoco,  che  con  stupore  degli  astanti  vo- 
ciferanti Misericordia,  viddesi  nell'istesso  punto,  che  s'inalberò 
il  Velo,  il  fuoco  non  passar  più  innanti.  L'  istesso  jn-odigio  oc- 
corse all'altri  tre  Casali ,  S.  Pietro ,  Campo  Rotondo  ,  e  Mister 
Bianco;  imperocché  inoltratosi  il  fuoco  nel  primo,  rovinando  al- 
cune case,  alla  vista  del  Sacro  Velo  si  fermò,  si  seccò  ed  im])etrì 
in  modo  che  molti  come  beffandosene  vi  saltarono  sopra.  Nel 
secondo  voltò  la  furia  verso  una  Sciara  antica  senza  timor  di 
danno  alcuno.  Nel  terzo  perdette  spento  affatto  il  moto  ;  e  ciò 
compito  fu  riportato  il  Sacn»  Velo  il  Giovedì  sera  in  ('ataniji, 
dove  in  ogni  Chiesa  Sacramentale  s'espose  i)er  tutta  la  mattina 
il  8antÌMHÌnio  ;  e  nella  Chiesa   Catredale   uso)   dopiK)  pranzo  la 


MISCELLANEA  131 


Mammella  di  S.  Agata,  et  invece  delle  solite  lodi  che  sogliono 
cantarsi  ogni  Mercoledì  ,  si  cantò  la  Compieta  con  concorso  di 
tatto  il  popolo,  di  Regolari,  Compagnie  e  Congregationi  ad  im- 
plorare il  divino  aiuto.  1  Putti  anco,  e  fanciulle  innocenti,  quei 
mezzo  ignudi,  e  queste  a  chiome  stracciate,  coronati  gli  uni ,  e 
l'altre  di  s])ine,  con  le  sacre  insegne  nelle  mani,  e  con  discipline, 
andavano  a  udgliaia  gridando  misericordia. 

«  Venerdì  15  del  medesimo  venne  al  Senato  un  altro  avviso 
più  formidabile  del  primo  ,  che  veniva  un  altro  braccio  gionto 
con  quello  della  Mascalucia  estinto  ,  con  spaventevoli  progressi 
contro  S.  Giovanni  di  Galerno,  Casale  più  vicino  alla  Città;  che 
però  il  Seruito  col  consenso  del  Vescovo  fé'  ritornare  il  Velo  a 
quel  luogo,  con  la  medesima  pompa  di  processioni  di  Religiosi, 
e  seguito  di  persone  come  prima,  dove  videsi  operato  dalla  Santa 
Pistesso  miracolo;  per  lo  che  si  girò  tutto  il  giorno  a  vista  di 
quei  focosi  torrenti,  e  ne  seguì  sempre  la  vittoria,  perdendo  di 
continuo  il  fuoco  il  suo  valore  alla  di  lui  sacrata  vista.  Né  devo 
qui  passar  con  silentio  eh'  essendo  stato  buttato  alcuni  pezzetti 
di  Bambacie  sopja  del  fuoco,  viddesi,  o  gran  miracolo  ,  per  un 
pezzo  illeso,  ed  essendo  stato  ripreso  dagli  astanti  fu  conservato 
come  pretiosa  Reliquia. 

«  Sabbato  doppo  la  sera  riportatosi  il  Velo  nella  (chiesa  dei 
PP.  Reformati  di  S.  Maria  di  Gesù,  vicina  alla  Città,  et  ivi  si 
trattenne,  uscitosi  nel  medesimo  giorno  dal  Monastero  dei  PP. 
Benedettini  il  Santissimo  Chiodo  processionalmente  accompagnato 
da  influito  numero  di  persone  mortificate  con  l'  intervento  del 
Prelato. 

«  Domenica  1 7  dell'  istesso  fu  uscito  il  Corpo  della  gloriosa 
S.  Agata  e  posto  su  l'Aitar  maggiore  per  tutto  il  giorno;  e  vid- 
desi concorso  tutto  il  popolo  nel  Tempio  della  Catredale  con 
varie  forme  di  Mortiflcationi  tutto  penitente.  Giudicherà  V.  S. 
Rev.ma  che  cosa  potè  fare  il  Popolo  Catanese  di  rimpetto  alla 
sua  concittadina  liberatrice. 

«  Non  vi  fu  Congregatione,  non  Compagnia,  non  Religione,  non 
qualità  di  persone  ,  che  tutti  non  venissero  frettolosi  con  loro 
Predicatori  in  habito  di  penitenza. 

«  Finalmente  il  Lunedì  18  di  ordine  di  Monsignore  ordnossi 
una  sollennissima  luocessione  verso  la  Chiesa  de'  Reformati  per 
riportarsi  il  Velo  ivi  trattenuto  ,  da  dove  detta  prima  la  Messa 


132  MISCELLANEA 


da  Monsignore,  portossi  fuori  nel  Piano  sopra  un  Altare,  dove, 
dettasi  un'altra  messa  dal  Ciantro,  su  il  fine  da  Monsignore  pa- 
rato con  vestimenti  t_acri,  fu,  letto  un  Exorcismo  e  poesia,  da  lui 
medesimo  riportato  nella  Catre:'*'  processionalmente  col  seguito 
di  popoli  innumerabili  penitenti. 

«  E  da  allora  in  poi  sino  alli  24  parve  sempre  il  fuoco  che 
andasse  lentamente.  Alli  25  ripigliò  maggiormente  il  vigore,  vor- 
rendo  materia  per  sopra  la  medesima  Schiara  che  haveva  lasciato 
e  si  stese  ad  abbruggiare  fra  l'alti  e  possessioni  la  terra  di  Campo 
Rotondo  e  Santo  Pietro  :  portando  il  fuoco  l'altezza  di  60  palmi 
come  metallo  liquefatto.  Cosa  che  a  vederlo  inorridisce ,  per  lo 
che  in  questa  Città  si  ripigliarono  di  nuovo  con  gran  fervore  le 
processioni ,  che  fra  l'altre  se  si  osservò  una  delli  Terrazzani 
della  Pedara  (alli  27  di  detto)  che  furono  da  70  persone  mortifi- 
cate in  varie  forme,  delle  quali  ve  n'era  la  maggior  parte  ignu- 
da, e  battersi  in  sangue,  gridando  Misericordia  nel  Duomo,  ove 
era  espostii  una  Reliquia  della  gloriosa  S.  Agata. 

«  Alli  29  di  detto  la  mattina  per  tempo  venne  avvisato  al 
Prelato  ,  come  al  Senato  ,  che  mezzo  Miglio  sopra  la  Terra  di 
Mister  Bianco  s'  era  aperta  nuova  bocca  e  che  mandava  fuori 
gran  materia,  però  s'osservò  che  non  era  altramente  bocca,  ma 
che  la  principale  haveva  mandato  nuova  materia  piìi  liquida  per 
sopra  la  Sciara  di  Malpasso  ;  e  questa  in  meno  di  sei  hore  fu 
sopra  Mister  Bianco,  Terra  grande  di  5000  anime,  dove  sta  de- 
strudendo  quell'abitazione  e  processioni.  Ed  una  lingua  di  fuoco 
s'è  avanzata  verso  Catania,  dove  l'havemo  a  vista  meno  di  due 
miglia.  Hor  lascio  considerare  a  V.  S.  Rev.ma  l'afflittione,  con- 
fusione ,  e  terrore  con  che  si  sta  nella  Città,  molto  più  per  es- 
servi 12  Monasteri.),  che  se  farà  il  fuoco  maggior  progresso  come 
si  dubbita ,  saremo  forzati  uscir  tutti  ;  ancor  che  speramo  nella 
gloriosa  S.  Agata  che  ce  ne  libererà,  come  s'è  disi)ost()  per  di- 
mani P.o  d'Aprile  portarsi  la  Santa  col  Stendardo  del  suo  Velo 
in  mano,  a  vista  del  fuoco,  per  esjmrsi  so])ra  un  bahiardo  della 
Città,  ove  intervenirunno  alhi  Processione  tutti  i  Religiosi  et  il 
Popolo  tutto  in  habito  di  penitenza,  et  a  piedi  ignudi. 

«  DopjK)  scritto  Le  soggiungo,  che  già  hieri  si  fece  hi  proces- 
sione, nel  modo  stal)ilito  con  molta  circospettioiu',  p(»ten<losi  av- 
vei-are  il  luogo  della  Smra  Scrittura,  rhe  tutta  la  città  sia  stata 
in  Cenere  e  Cilicio  ,  versando  og^i'  uno  flnme  di  lagrime  per  un 
pericolo  così  vicino. 


MISCELLANEA  133 


«  A  due  di  Aprile  benché  questa  notte  si  fosse  sparsa  diceria 
che  il  fuoco  era  quasi  cessato,  fu  originata  per  causa  della  neb- 
bia ,  non  permetteva  di  poter  riguardare  il  fuoco  ;  però  questa 
mattina  continuano  ristessi  avvisi,  che  il  fuoco  seguiti  l'istesso 
cammino,  benché  adesso  diviso  in  tre  lingue,  che  quelle  minac- 
ciano rovina  a  questa  Città,  e  per  tal  timore  ogni  cittadino  ha 
trasportato  la  robba  fuori,  solamente  restando  gli  habitanti,  i)er 
li  quali  s'  è  promulgato  Bando  penale  ,  che  nessuno  sotto  pena 
della  Vita  naturale  attrevisca  pernottare  fuori  della  Città.  E  per 
descrivere  in  breve  le  nostre  sciagure,  posso  solamente  dire  che 
(facta  eni  quasi  oidua  Domina  gentium).  La  maggior  confusione  è 
poi  quella  del  Prelato,  in  carico  di  cui  stanno  tant'opere  pie,  et 
in  particolare  li  Monasterij,  per  li  quali  s'  è  dato  ordine  questa 
mattina,  che  imballino  le  cose  loro;  acciò  a  secondo  ordine  si  pos- 
sano tsasportare  in  laci,  dove  pure  Monsignore  ha  intentione  di 
ritirarsi  e  di  trasferire  ancora  le  Moniali  Claustrate. 

«  Il  caso  è  tanto  lacrimabile  che  non  può  né  esplicarsi ,  né 
pensarsi.  Siamo  nelle  mani  di  Dio;  e  quanto  s'è  scritto,  s'è  fatto 
con  lagrime. 

V.  S.  Bev.ma  ci  aggiuti  con  l'orationi  e  per 
Fine  le  b.  1.  m.  Catania  2  Aprile  1669. 
Di  V.  S.  M.to  Ill.ma  e  Kev.ma. 

Div.nio  Ser.ve  che  Le  b.  1.  ni. 
I).   Valentino  Bonaiììes  Vicario  Generale. 

Fev.mo  Signor   Vicario  Generale 
(li  Girgeuti. 

Questa  lettera  occupa  il  XVI  IT  posto  fra  le  memorie  mano- 
scritte che  si  trovano  nel  volume  segnato  Qq  E  16.  Essa  é  senza 
dubbio  una  delle  più  importanti  testimonianze  autentiche  di  quel 
parossismo  vulcanico,  che  nel  1669  afflisse  Catania;  e  per  quanto 
P  autore  di  essa,  da  buon  secentista,  scriva  forse  con  soverchia 
enfasi,  tuttavia  pare  evidente  ch'egli  non  descrisse  che  ciò  che 
realmente  vide.  —  Eppure  il  Can.  Gaspare  Bossi  nel  suo  Indice 
topografico  dei  manoscritti  della  Biblioteca  Comunale  dì  Palermo 
aft'ermò ,  non  so  con  quanta  serietà ,  che  il  Bonadies  e  gli  altri 
scrittori  posteriori  non  han  fatto  che  riferire  ciò  che  il  Borelli  aveva 


134  MISCELLANEA 


<jià  pnhhlimto.  È  il  caso  di  dire  ch'egli  non  ha  letto  la  lettera  del 
Bonadies,  o  meglio  che  non  ha  tennto  presente  neppure  la  data 
se  l'ha  creduta  posteriore  agli  scritti  del  Borelli. 

La  copia  originale  non  mi  fu  dato  trovarla,  nonostante  abbia 
fatte  le  piìi  accurate  ricerche  nella  Cancelleria  Vescovile  di  Gir- 
genti.  Invero  manca  il  Registro  di  Memoriali  dell'  anno  1668-69, 
nel  quale  certamente  essa  lettera  dovette  essere  conservata  ;  ne 
di  tale  smarrimento  va  data  colpa  agli  attuali  amministratori,/ 
perchè  il  volume  modello  non  è  segnato  nell'inventario  del  1896 
fatto  per  ordine  del  Vescovo  D.  Gaetano  Blandini. 

Ma  chi  era  allora  il  Vicario  Generale  di  Girgenti  e  quali  ra- 
gioni ebbe  il  Bonadies  di  fargli  un  resoconto  dell'eruzione  dell'Et- 
na ?  —  Girgenti,  che  allora  era  uno  dei  vescovadi  più  importanti 
della  Sicilia,  dal  1668  al  1672  fu  sede  vacante,  e  durante  questo 
p.eriodo  governò  il  Vicurio  Capitolare  Gan.  D.  Francesco  Bahillo- 
niu  ,  catanese  ,  il  quale  era  stato  Vicario  generale  di  Monsignor 
D.  Ignazio  D'Amico,  pure  catanese,  che  fu  Vescovo  di  Girgenti 
dal  1665  al  1668,  come  risulta  dai  Begistri  di  Memoriali  che 
vanno  dall'  anno  1665  al  1672.  Adunque  il  Oan.  D.  Francesco 
Babilonia,  al  quale  fu  indirizzata  la  lettera,  il  2  Aprile  1669  era 
già  Vicario  Capitolare,  e  il  Bonadies,  suo  amico  e  concittadino, 
credette  fargli  cosa  grata  informarlo  del  grande  avvenimento  che 
rovinava  la  loro  comune  patria,  soddisfacendo  così  —  com'egli 
stesso  dice  —  le  parti  di  buon  Servitore. 

tìirgenti  15  Ottohhre  1904. 

Prof.  Sebastiano  Crino 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 


Ricerche  e  scoperte  archeologiche  nel  sud-est  della  Sicilia  e  nel 
Bruttii. 

Son  venute  ora  a  luce  tre  dotte  comunicazioni  che  l'illustre 
archeologo,  Paolo  Orsi,  fece  al  Congresso  internazionale  di  Scienze 
Storiche,  nelle  quali  delinea  rapidamente  i  risultati  delle  sue 
importanti  scoperte  fatte  nella  Sicilia  orientale,  nei  14  anni  ch'e- 
gli sovrintende  alla  direzione  degli  scavi ,  e  nei  Rruttii  per  tre 
lustri,  e  informa  su  quanto  negli  ultimi  quindici  anni  ci  è  stato 
restituto  dal  suolo  italiano  che  entri  nell'orbita  dell'arte  e  dell'in- 
dustria egeo-micenea.  Trattandosi  di  pubblicazioni  che  interes- 
sano l'archeologia  in  generale  e  la  Sicilia  in  particolare,  ci  affret- 
tiamo a  riassumerne  il  contenuto  che  integra  il  primo  capitolo 
della  storia  della  Sicilia  antichissima  e  dell'antica  regione  dei 
Bruttii.  Nella  prima  comunicazione  :  «  Quattordici  anni  di  ricer- 
lerche  archeologiche  nel  sudest  della  Sicilia  »,  l'illustre  esploratore 
delle  necropoli  sicule  mostra  i  risultati  cospicui  delle  sue  sco- 
perte con  le  quali  ha  potuto  delineare  con  sicurezza  la  storia 
del  costume  e  della  civiltà  di  quei  Siculi  indigeni  che  i  coloni 
greci  trovarono  nell'Isola  nel  sec.  Vili,  facendoci  conoscere  un 
popolo  obliato  del  quale  non  conoscevamo  altro  che  il  nome,  e 
a  cui  egli,  con  le  sue  metodiche  esplorazioni  delle  innumerevoli 
necropoli,  con  lo  studio  della  tecnica  sepolcrale  e  della  suppel- 
lettile sepolcrale  ha  riconosciuto  una  civiltà  che  gradatamente  si 
evolve  dal  principio  del  2.  millennio  a  quello  del  V  secolo  a.  C, 
dal  1.  al  4.  periodo  siculo.  Con  siffatte  scoperte,  coronate  da  un 
sì  cospicuo  risultato,  l'Orsi  sfata  le  svariate  induzioni  sinora 
fatte  sulla  Sicilia  preellenica  e  ricostruisce  e  ben  definisce  i  rap- 
porti, che  come  risulta  dallo  studio  sulla  ceramica,  i  Siculi  do- 


13(j  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

vettero  avere  con  l'Asia  minore,  con  l'Egeo,  con  la  Grecia,  con 
Cipro  e  con  la  Spagna. 

Sni  Sieani  nulla  finora  ba  scoperto  che  possa  avvalorare  le 
fonti  storiche  antiche,  che  li  ritengono  un  popolo  diverso  dai  Si- 
culi e  resta  vivo  il  dibattito  fra  gli  storici  e  gli  archeologi.  L'Orsi 
crede  Sieani  e  Siculi  due  rami  dello  stesso  popolo,  appartenenti 
alla  grande  famiglia  libico-iberica,  venuto  dall' Affrica  e  diffuso 
in  tutte  le  isole  e  le  coste  del  Mediterraneo  occidentale.  È  in- 
dotto ad  affermar  ciò  dal  fatto  che  in  Sicilia,  ove  la  successione 
degli  strati  archeologici  è  abbastanza  chiara,  non  si  avverte  una 
distinzione  netta  e  profonda  di  civiltà  e  di  rito  funebre,  che  fac- 
cia pensare  a  grandi  e  sostanziali  differenze  di  razza.  Mancano 
ancora  scoperte  sepolcrali.  Quando  l'illustre  Salinas  farà  cono- 
scere le  sue  belle  scoperte  delle  età  preelleniche  nella  })arte  cen- 
trale ed  occidentale  dell'  isola ,  potremo  vedere  a  quale  gente 
spettano  le  stazioni  o  relitti  di  villaggi  di  Stentinello  e  Matrensa 
presso  Siracusa,  scoperti  dall'Orsi  e  avvicinarci  alla  soluzione 
della  questione  dei  Sieani  e  dei  Siculi. 

Né  meno  feconda  fu  l'indagine  archeologica  fatta  dall'  Orsi 
negli  ultimi  tre  lustri  nelle  città  elleniche,  sebbene  tarda  e  lenta 
sia  stata  l'azione  del  Governo  in  queste  regioni,  abbandonate  ai 
saccheggi  di  avidi  speculatori.  Tuttavia  si  è  giunti  in  temj>o  a 
salvare  qualche  cosa;  n'è  prova  il  copioso  materiale  raccolto  nel 
Museo  di  Siracusa,  dovuto  alle  campagne  di  scavi  svolte  dal- 
l'Orsi in  undici  città  greche,  i  cui  risultati  costituiscono  un  ca- 
l>osaldo  nello  studio  della  civiltà  e  sopratutto  della  ceramica  più 
antica  dei  greci  di  Sicilia.  Ma  restano  ancora  altre  dodici  città 
a<l  esplorare,  oltre  quelle  la  cui  ubicazione  è  oscura  o  contro- 
versa. E  l'Orsi  invita  la  Sezione  del  Congresso  a  far  voto  al 
Governo  perchè  i  fondi  per  gli  scavi  vengano  sollecitamente  ed 
adeguatamente  accresciuti.  Auguriamoci  che  ciò  avvenga. 

L'attività  dell'Orsi  si  è  vòlta  anche  nel  campo  dell'archeolo- 
gia cristiana  e  bizantina:  il  vasto  cimitero  <li  S.  Giovanni,  quello 
della  vigna  Cassia  e  di  8.  Maria  di  Gesti,  i  più  grandi  di  Sira- 
cusa, insieme  con  altri  12  minori,  oltre  di  una  cinquantina  esi- 
stenti ludla  provincia,  sono  stati  dall'Orsi  esplorati,  studiandone 
i  sepolcri,  la  ubicazione,  i  titoli  e  le  pitture.  Per  cagione  d'o- 
nore ricorda  un  valoroso  tedesco,  il  compianto  prof.  Fiihrer,  mar- 
tin*  della  s(;ienza,  morto  a  causa  «lei  suo  eccessivo  lavoro  sotter 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  137 

raneo  nei  due  anni  passati  a  studiare  i  grandi  cimiteri  di  Sira- 
cusa e  della  rejfione,  le  cui  illustrazioni  edite  furono  da  me  rias- 
sunte in  questo  Archivio^  le  inedite  aspettano  di  vedere  la  luce 
a  spese  della  Imperiale  Accademia  delle  Scienze  di  Vienna. 

La  importante  rassegna  si  chiude  enumerando  taluni  monu- 
menti bizantini  scoi)erti  nella  campagna  siracusana,  in  quella  di 
Camerina,  a  Pachino,  a  JJosolini.  a  Noto  e  a  Buscemi.  Sono 
13  chiesette  dei  secoli  V-VIII  che  (;on  la  loro  struttura  con  le 
loro  iscrizioni  aprono  uno  spiraglio  nei  tempi  oscuri  bizantini 
che  nella  nostra  Sicilia  non  sono  ancora  stati  studiati. 

Nella  seconda  comunicazione  :  Tre  lustri  di  scoperte  nreheolo- 
yiche  nei  Brutta  sono  riassunti  i  risultati  delle  campagne  di  scavi 
fatte  in  questi  ultimi  anni  nelle  tre  (yalabrie  ,  che  furono  anti 
camente  abitate  da  po]>olazioni  archeolitiche  e  neolitiche,  che  vi 
lasciarono  reliquie  di  loro  industria  ,  come  dimostrano  le  colle- 
zioni private  e  i  ricordi  contenuti  nei  Musei  Preistinico  «li  Koma 
e  Civii'O  di  Reggio  Calabria.  Sebbene  resti  ancora  a  dimostrarsi 
se  veramente  in  Calabria  vi  fu  una  pura  età  del  bronzo,  pure, 
couu!  indizio  di  un  popolo  afline  ai  Siculi  del  2.  periodo,  l'Orsi 
attribuisce  maggiore  importanza  alle  poche  ceramiche  primitive 
<lel  Museo  di  lleggio  che  all'ascia  di  bronza  di  Belvedere  Marit- 
timo in  provincia  di  Cosenza  e  a  quella  di  Cariati.  Spera  però 
che  metodiche  investigazioni  negli  strati  archeològici  della  re- 
gione rivelino  i  rapporti  etnici  delle  genti  che  l'abitarono.  J>opo 
un  fugace  accenno  alle  tradizioni  classiche  (die  ci  ])arlano  di  po- 
l)olazioni  diverse ,  (;h'  è  uoi)0  constatare  ,  e  ai  fasti  delle  città 
greche  della  regione,  l'Orsi  si  sorprende  come  davanti  alla  ma- 
gnitìcenza  di  tali  ricordi  storici,  la  nuova  Italia  in  40  anni  due 
volte  vi  abbia  tentato  due  campagne  di  scavi  ;  una  a  Sibari  fal- 
lita, l'altra  a  Locri  ]>oi  sospesa.  E,  a  ragione,  leva  la  voce  con- 
tro questo  ingiustificato  abbandono  all'avidità  di  mercanti  di  tan- 
te ricchezze  archeologiche  e  invita  il  Congresso  a  protestare  con- 
tro questo  stato  deplorevole  di  cose.  Kicorda  che  dobbiamo  a 
due  dotti  stranieri,  il  duca  di  Luynes  e  il  Len(uinant,  un  tesoro 
di  notizie  sulla  (iramìe  Grèee  frutto  delle  loro  esplorazioni  fatte 
con  molto  dispendio  e  pericolo.  Anche  a  Croton  quel  poco  che  si 
è  fatto  è  dovuto  a  stranieri.  Fu  impedito,  ma  tardi,  ad  Ameri- 
cani di  asportare  sculture  decorative  da  essi  scoperte  ;  all'iner- 
zia officiale  si  sono  sostituiti  benemeriti  cittadini  che  vanno  rac- 


138  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

cogliendo  quanto  vien  fuori  dall'  agro  cotroniate.  —  Fa  pena  co- 
noscere come  la  Direzione  Generale  delle  Antichità  non  curò  di 
impedire  siffatto  vandalismo  e  non  si  affrettò  a  salvare  a  tempo 
un  sì  prezioso  materiale  archeologico. 

L'Orsi  c'informa  che  nel  1889  e  1890  ebbe  incarico  dal  sena- 
tore Piorelli  di  fare  due  campagne  di  scavi  a  Locri  ed  enumera 
gli  importanti  risultati  ottenuti,  e  deplora  che  per  mancanza  di 
mezzi  non  furono  continuati,  lasciando  per  12  anni  in  abbandono 
la  località  che  fu  frugata  da  privati  speculatori,  i  quali  disper- 
sero al  Museo  Britannico  e  all'  Istituto  Archeologico  di  Heidel- 
berg, bronzi,  figurine  fittili,  rilievi  preziosi  ritrovati.  Anche  Rhe- 
gium  aspetta  una  esplorazione  della  sua  necropoli  che  tante  cose 
ci  rivelerebbe  !  —  Interessa  dunque  e  vivamente  lo  studio  delle 
condizioni  dei  Bruttii  nel  periodo  preellenico,  per  cui  necessita 
la  esplorazione  metodica  degli  strati  archeologici  della  regione, 
che  ci  dia  le  tracce  del  commercio  miceneo,  tracce  che  non  do- 
vrebbero mancare.  —  Perchè  possa  mettersi  un  argine  a  tanti 
trafugamenti  e  si  inizi  una  serie  di  campagne  di  scavi  ,  1'  Orsi 
propose  al  Congresso  di  far  voti  al  Governo  del  Re  «  perchè  nel- 
<c  l' interesse  degli  studi  di  archeologia  e  di  storia  antica  venga 
«  al  più  presto  istituito  in  Reggio  Calabria  nn  Museo  nazionale 
«  autonomo,  con  una  diversione  degli  scavi  per  gli  antichi  Bruttii, 
«  comprendendovi  le  attuali  Provincie  di  Reggio  Calabria,  Catan- 
«  zaro  e  Cosenza  ». 

Speriamo  che  la  proposta  tlell'  illustre  scenziato  venga  solle- 
citamente attuata  ! 

Nella  interessante  relazione  :  «  Qttali  nono  le  regioni  italiane, 
qnali  rispettivamente  gli  atrati  archeologici  che  contengono  prodotti 
industriali  micenei,  »  tratta  dell'intìueuza  egeo -micenea  che  fu  per 
l'Italia  primitiva  un  grande  fattore  d'incivilimento,  ed  esaminan- 
do molti  dati  archeologici  perviene  al  seguente  cospicuo  risultato: 
«  che  i  commerci  micenei  insegnarono  ai  Greci  dei  tempi  storici 
*  le  vie  ilei  mare  alle  coste  d'Italia  e  di  Sicilia  ed  aprirono  que- 
«  8ti  pa«8i  alla  conquista  politica  e  civile  dell'Eliade  ». 

Ksaininando  le  stazioni  e  le  merci  micenee  segnalate  da  lui 
nelle  regioni  del  njezzogiorno,  desume  «  che  in  Italia  soltanto  in 
«  quelle  regioni  e  sopra  due  punti  della  costa  aperti  al  mare  el- 
«  lenico  :  nel  sud  est  della  penisola  a  Taranto ,  e  forse  a  Brin- 
«  (Iìmì  ,  nella    Sicilia  ,  nel    tratto  di   costa  che  va  dalla  penisola 


rassectNa  bibliografica  139 

«  Xiphonia  ad  Ortigia  »  si  esercitarono  l'azione  e  il  contatto  di- 
retto degli  Egeo  -  micenei. 

Quattordici  anni  di  pazienti  e  fruttuose  ricerche  fatte  dall'Orsi 
nella  provincia  di  Siracusa  ci  hanno  rivelato  chi  fossero  e  di 
quale  civiltà  fruissero  i  Siculi  dell'isola,  i  quali,  non  è  piìi  dub- 
bio ,  «  devono  ai  Premicenei  ed  ai  Micenei  la  evoluzione  della 
«  loro  cultura  ;  e  questi  additarono  ai  Greci  la  via  che  trasformò 
«  in  terra  greca  fulgente  di  arte  e  di  civiltà,  la  perla  del  Medi- 
«  terraneo  ». 

La  disamina  che  rapidamente  abbiamo  fatto  del  contenuto 
delle  tre  cospicue  e  dense  memorie  dell'Orsi,  ci  mostra  quali  ra- 
pidi progressi  abbia  fatto  la  paletnologia,  surta  in  Italia  da  qua- 
si mezzo  secolo,  e  quali  frutti  abbia  dato  nella  Sicilia  orientale, 
ove  gli  scavi  fatti  da  tanto  esperto  scopritore  con  risultati  for- 
tunati hanno  risoluto  imi)ortanti  problemi  etnici  intorno  al  rico- 
iiosrimento  e  alle  vicissitudini  dei  primi  abitanti  dell'Isola.  Que- 
sta risoluzione  definitiva  torna  ad  onore  dell'  Orsi  a  cui  spetta 
tutta  la  riconoscenza  degli  studiosi  in  generale  e  dei  Siciliani  in 
particolare  ,  avendo  egli  illustrata  la  storia  antichissima  finora 
obliata  della  loro  isola  natia ,  dedicandovi  tutto  sé  stesso  non 
curando  ne  fatiche,  ne  disagi. 

Facciamo  caldi  voti  che  non  gli  manchino  i  mezzi  per  com- 
plementare le  esplorazioni  segnate  nei  suoi  futuri  programmi, 
il  cui  completo  svolgimento  è  il  desiderio  vivo  e  generale  nei 
dotti. 

Mattia  di  Martino 


Ferrigno  G.  B.~  La  peste  a  Castelvetraìio  negli  anni  1624-1626. 
Trani,  Vecchi,  tipografo-editore,  1905.  In  8.  di  pag.  61. 

Fra  le  pesti  che  in  varii  tempi  sino  alla  metà  del  secolo  XVIII 
afflissero  la  Sicilia,  notevole  è  quella  del  1624,  che  ebbe  inizio  in 
Palermo  e  Trapani  per  l'arrivo  di  una  nave  infetta  proveniente 
da  Tunisi,  e  si  diffuse  tosto  in  gran  parte  dell'isola.  Il  Viceré 
Emanuele  Filiberto  di  Savoia  ancor  giovane  morì  allora  di  peste 


140  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 


fra  l'universale  compianto.  Rifulse  quindi  la  pietà  del  successore 
Luogotenente  Cardinale  Doria,  e  non  meno  quella  dei  Palermitani, 
che  nell'inflerire  del  male  nov^ella  patrona  invocavano  la  santa  nor- 
manna Rosalia.  Poco  dopo  nel  1630 la  peste  invadeva  la  penisola,  e 
Muratori  dice  quell'anno  «  dei  più  calamitosi  e  funesti  dell'Italia  ». 

L'egregio  socio  G.  B.  Ferrigno  ha  voluto  esporre  gli  avveni- 
menti di  Castelvetrano  durante  quella  peste.  Egli  ha  ricercato  gli 
atti  notarili  ed  i  registri  del  Comune,  e  ne  ha  ricavato  ampie  e 
precise  notizie  su  l'origine  ed  il  propagarsi  dell'epidemia  e  sui  mol- 
teplici provvedimenti  dati  dal  governo  e  dai  Giurati  per  impe- 
dirla ed  estinguerla. 

Sin  dall'inizio  furono  emanati  molti  bandi  per  vietare  l'ingresso 
di  persone  provenienti  da  luoghi  infetti,  e  l'uscita  degli  abitanti 
dal  Comune,  e  per  dar  norma  alla  esatta  custodia.  Alquanti  Paler- 
mitani pel  timore  della  peste  si  rifuggirono  in  Castelvetrano,  ma 
(come  dice  l'A.)  «  venivano  trattenuti  ed  obbligati  a  far  la  qua- 
rantena in  appositi  locali  »  (p.  14).  Altri  ordini  erano  dati  per 
la  chiusura  delle  case  degli  appestati,  pel  lazzaretto  nel  quale  essi 
venivano  ricoverati  ed  assistiti,  ed  alcuni  luoghi  destinavansi 
altresì  pei  carcerati  e  per  le  forche  (p.  18). 

Crescendo  l'epidemia,  gli  abitanti  si  rivolsero  al  Cielo,  e  poiché 
in  Palermo  si  erau  ritrovati  i  resti  mortali  di  S.  Rosalia,  si  in- 
vocava il  suo  aiuto  anche  in  Castelvetrano  nel  gennaio  del  1625. 
Da  Palermo  fu  portata  una  reliquia  della  Santa,  e  fu  ricevuta  nel 
Comune  con  le  solite  processioni,  che  accrescevano  il  contagio.  In 
agosto  l'epidemia  cessava,  e  ne  seguirono  feste  e  ringraziamenti 
solenni.  Sul  finire  dell'anno  però  nuovi  casi  di  peste  sopravvennero, 
e  fu  necessario  rinnovare  gli  ordini  pel  lazzaretto  e  sostenere  altre 
e  maggiori  spese.  Curiosa  è  la  notizia  che  i  corpi  di  due  contrav- 
ventori ai  regolamenti  sanitarii,  e  i)oi  morti  con  la  peste,  furono 
posti  alle  forche,  i)er  servire  di  esempio  agli  abitanti  (p.  3.")). 

Finalmente  con  lettere  del  Luogotenente  Doria  nel  marzo  1626 
era  <lata  al  Comune  libera  pratica,  non  desistendosi  ancora  dalle 
opportune  precauzioni.  Ascese  a  700  il  numero  dei  morti  di  peste 
in  ('astelvetrano,  v  nondiiiK^no  i  testaiiuMiti  ed  i  i'outratti  rogati 
preHHO  i  not^iri  furono  in  grande  (quantità  anche  durante  l'epidemia. 
Dei^ni  di  nota  8ono  due  mandati  dei  Giurati  del  16.'U),  pubblicati 
dall' A.  (pag.  40),  per  la  ricenni  di  alcuni  sospetti  untori  apparsi 
nella  (;hieNa  «li  S.  (ìiidiano  <li  Marsala.  Tale  pregiu<lizio,  reso  as- 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  141 

sai  noto  per  la  Hitoria  della  Colonna  infame  di  Manzoni,  era  esteso 
in  quell'epoca. 

L'A.  riferisco  iu  Ano  il  testo  di  otto  documenti,  e  conviene 
specialmente  ricordare  i  primi  due.  Il  primo  è  la  Cronaca  in  vol- 
gare del  notaro  di  Castel vetrano  Vincenzo  Grratteo ,  il  quale  fu 
sollecito  di  conservare  nell'inizio  di  un  suo  registro  la  memoria 
di  quella  peste,  come  notari  e  parroci  spesso  solevan  fare  per 
notevoli  avvenimenti  del  loro  tempo.  11  Graffeo  scrive  a  lungo  e 
divotamente  di  S.  Rosalia,  ed  aggiunge  che  a  stento  si  trovò  il 
processo  della  sua  vita  nell'archivio  vescovile  di  (xirgenti.  L'altro 
documento  è  un  ordine  in  lingua  spagnuola  del  Viceré  Emanuele 
Filiberto  del  25  giugno  1024,  diretto  ai  Comuni  del  regno,  e  con- 
cernente le  opportune  ed  urgenti  norme  sanitarie  contro  il  male, 
«  que  dentro  de  breve  tiempo  se  espera  en  Dios  se  remediara  ». 

L'esjiosizione  chiara  e  ordinata,  e  la  testimonianza  di  docu- 
menti accuratamente  ricercati  e  dati  in  luce,  rendono  pregevole 
il  breve  lavoro  del  Ferrigno  sui  lugubri  casi  della  sua  patria. 

Giuseppe  La  Manti  a 


Memorie  (iella  Riroluzioìie  Sicilia  nadeìV  a  uno  MVCCCXL  Vili 
jmbhUcate  nel  oinquantesimo  anniversario  del  XII  gennaio 
di  eaHo  anno.  Palermo,  Tipografia  Cooperativa  fra  gli  Ope- 
rai :  MDCCCXCVIII.  Due  voli,  in  8.  gr.  di  complessive 
pp.  I(i88  (ogni  memoria  ha  numerazione  a  jiarte). 

Deliberata  e  pubblicata  dal  Municipio  di  Palermo  al  1898, 
quest'opera  viene  fuori  solamente  ora,  al  1905,  i)er  una  serie  di 
contrattempi  che  non  è  qui  luogo  a  i-icordare. 

E  diciamo  subito  eh 'è  opera  che  onora  il  Municipio  che  l'ha 
voluta  e  gli  Scrittori  (^he  l'han  recata  a  line.  Al  giudizio  pas- 
sionato dei  primi  illustratori  della  memoranda  livoluzione  ,  che 
furono  attori  della  stessa  ,  comincia  a  subentrare  (piello  sereno 
dei  recenti  illustratori  che,  ])ur  essendo  stati  spettatori  e  in  i)arte 
anche  attori  ,  vivono  oggi  in  un  ambiente  diverso  e   sono  inca- 


142  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 

natiti  e  guardano  ormai  da  lontano  quei  fatti  jn'odigiosi.  E  si 
aggiunga,  che  i  documenti,  \nìi  o  meno  segreti  cinquaiit'auni  fa, 
oggi  sono  venuti  in  luce  e  in  dominio  di  tutti. 

E  di  documenti  e  sui  documenti  è  principalmente  fatta  l'opera; 
e  per  essi  tante  e  tante  verità  vengono  fuori  nette  e  sicure  , 
mentre  altre  si  travedono  ed  altre  si  indovinano  attraverso  le 
notizie  minute,  gli  aneddoti.  Lo  storico  futuro  di  quella  nostra 
Rivoluzione  ha  ormai  in  massima  parte  la  materia  con  (;he  ordire 
il  lavoro  complessivo  e  completo  e  con  la  desiderabile  esattezza 
ed  imparzialità. 

Ai  lettori  deìV Archivio  storico  siciliano  io  dovrei  ora  riassu- 
mere il  prezioso  materiale  che  si  accoglie  nei  due  volumi  ;  ma 
mi  occorrerebbero  le  quarantacinque  pagine  che,  col  modesto  ti- 
tolo di  Introduzione,  ha  magistralmente  scritte  il  nostro  Barone 
Raft'aele  Starrabba  preludiando  all'  opera.  Pertanto ,  io  non  ne 
dico  niente  altro  ;  e  basterà  qui  di  indicare  gli  argomenti  svolti 
e  gli  autori  delle  Memorie,  perchè  si  vegga  quanto  l'opera  contie- 
ne ed  il  merito  che  da'  singoli  Scrittori  le  viene.  Questo  solo 
aggiungo,  che  il  materiale  de'  fatti  e  de'  documenti  è  in  più  co- 
pia che  da'  nudi  titoli  non  appare,  e  che  ogni  Autore  si  è  sfor- 
zjito  di  essere  obbiettivo  e  spassionato  al  possibile ,  perchè  la 
verità  venisse  intera  agli  occhi  di  tutti  e  la  storia  potesse  sicura 
accoglierla  nel  suo  tranquillo  reame. 

Le  Memorie  contenute  nei  due  volumi  sono  queste  : 

Alfonso  Sansone  :  Prodromi  della  Eivolnzione  del  184H. 
Giuseppe  Lodi  :  La  poesia  politica  clandestina  prima  del  12  gen- 
naio 1848, 
iD.  Oli  arrestati  politici   in  Palermo  la  notte  dal  9 

al  10  f/ennajo  184H. 
Id.  Giuseppe  Im  Masa  e  il  suo  arrivo  a  Palermo  la 

sera  delV8  gennajo  1848. 
ri).  TI  12  gennajo  1848. 

Giovanni  Lucifora  :   liicordi  della  Rivoluzione  siciliana  del  1848. 
Guglielmo  Dikinson  (inglese  residente  da  'M)  anni  a  Palermo)  : 
Diario  della    Rivoluzione    siciliana    dalla   notte 
del  .y  al  10  gennajo  1848  sino  <tl    2   giugno 
1849.  (Trascrizione  e    tradu/ioiu'    del     D.r 
Giu8epi)e  Napoleone  Zizzo). 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA  143 

Giuseppe  Abenaprimo:  Tai  Rivoluzione  del  1848  in  Messina. 
Proclami,  Ordinanze  e  Bollettini  ufficiali  rac- 
colti ed  annotati. 

liosABio  Salvo  :  La  spedizione  dei  Crociati  Siciliani  in  Lombar- 
dia al  1848. 

Francesco  Guardìone  :  La  spedizione  in  Lombardia. 
Id.  La  spedizione  Calabro- sicula. 

Salvatore  Salomone-Marino  :  L'  Esercito  Sicili<ino. 

Francesco  Guardìone  :  Le  ultime  trattative  diplomatÌ4;he  prece- 
dute alla  Restaurazione. 

Pietro  Lanza  di  Scordia  :  Dei  mancati  accomodamenti  fra  la 
Sicilia  e  Ferdinando  II.  Memorie  inedite  sulla 
Rivoluzione  del  1848-49,  riordinate  e  pubbli- 
cate da  Giuseppe  Pipitone-Federico. 

Giuseppe  Lodi  :  Giornali  di  Palermo  pubblicati  nel  1848-49 

Salvatore  Salomone-Marino  :  La  Rivoluzione  siciliana  del 
1 848-49  nei  Vanti  popolari. 

Inno  ^'azionale  pel  12  (ìennajo  1848,  parole  di  Giuseppe  Cocuzza, 
mu^sica  del  maestro  Vittorino  Puglia. 

«Spara  lu  Forti  all'Andria».  Canzone  popolare  messinese  del  1848, 
sulla  musica  dell'  aria  «  La  palumniedda 
bianca  ». 

Ugo  Antonio  Amico  e  Francesco  Crispi  :  Iscrizioni  comme- 
morative della  Rifoluzione  del  1848. 

David  Levi  :  La  Rivoluzioìie  di  Palermo  nel  12  Oennajo  1848. 
(Inno). 


8.  S. -M. 


BOLLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


G.  Romano  -  Catania,  h'osaliììo  Pilo  e 
la  Eirolicionc  siciliana  del  i848- 
49.  (Su  documenti  inediti).  Roma, 
Nnora  Antologia:  1904.  lu  8", 
pp.  31. 

Il  Prof.  Pa»>lucci  liii  tratUito  aiu- 
piamente  e  degiiainente  iu  (jucsU) 
Archivio  Storico  delle  imprese,  d.al 
1857  al  1860,  e  della  morte  gloriosa 
di  Rosali uo  Pilo  ;  il  Dott.  G.  Roma- 
no -  CatAuia  illustra  ora,  con  uguale 
diligenza  e  valore  ,  quella  part^  di 
vita  del  precursore  «lei  Mille  che  è 
meno  notii ,  nui  non  men  gloriosa, 
<! nella  cioè  che  si  riferisce  alla  i>art<i 
da  lui  presji  nella  rivoluzione  sici- 
liana del  1848-4».  Toccato  di  volo 
de'  nobili  antenati  del  Pilo,  de'  suoi 
Mtu(\ì  in  Roma  presso  i  Teatini,  del 
ritorno  a  Palermo  e  «h-lla  parte  at- 
tiva lial  Pilo  presa  tra  le  societii  se- 
Rret«  e  co'  patriotti  siciliani  per 
preparar  la  rÌK«'<»ssa  contro  il  Ferdi- 
imndoH()rbone,  PA.si  ferma  più  lun- 
ganieut45  (sempre  ru  Ih  scorta  d'una 
importante  lettera  inedita  del  Pilo 
MtcHMi)  ai  giorni  <'lie  prrceHHcro  il 
memonuido    12  gentiiijo    'is   e   ìillr 


vicende  di  questo  e  dei  giorni  se- 
guenti ;  e  qui  si  estende  a  racco  - 
glìere  tutto  quanto  gli  è  dato  di  tro- 
vare, che  non  è  poco,  su  Fattività, 
1'  eroismo  ,  1'  immenso  e  disinteres- 
sato amor  di  patria  e  di  libertà  che 
costantemente  rifulsero  nel  Pilo  in 
quel  fortunoso  periodo  storico.  Si 
intende ,  che  a  narrar  tutto  ciò  si 
avvale  1'  egregio  Autore  di  altre 
molte  testimonianze  di  autori  e  di 
documenti  inediti,  per  seguire  l'in- 
temerato e  ardito  Rosalino  lino  alla 
partenza  per  1'  esilio. 

È  un  lavoretto,  (piesto,  di  singo- 
lare importanza  per  la  patria  storia. 

S.  S. -M. 


(laetano  Filiti  S.  L  11  Ihnima  della 
Conce  sione  Immacolata,  di  Afa  ria 
e  la  (.'(nni)aiiiiia  di  Oesìi  in  Sicilia. 
Memorie  nUnielie  raccolte  nel  /iOo 
della  dcfinisione  diKimaliva  /8ì'ì4- 
1904.  Palermo  .  Stab.  ti/XHfra/ieo 
dior.  Pondi  e  ('.  I9i)4.  In  IC", 
pp.    11'.. 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


145 


Prevosto  D.  Salvatore  Petronio  Rnsso, 
Parroco  e  Vicario  Foraneo  di  A- 
ilernò  ,  Dottore  in  Teol.  e  Dritto 
can.  Socio  di  varie  Accademie  na- 
sionali  ed  estere.  L'Immacolata  e 
la  Sicilia  nelle  sue  piìi  antiche  per- 
damene. Messina,  Libreria  editrice 
Ant.  Trimarchi  :  1904.  In  16% 
pp.  XII,  66,  CXXXIX  ,  con  due 
Tav.  litografiche. 

Orazione  Panegirica  per  la  dogma- 
tica definizione  delV  Immacolato 
Concepimento  di  Maria  nel  primo 
istante  pronunciata  in  S.  Domenico 
Maggiore  di  Napoli  del  (sic)  dì  20 
gennaio  1855  dal  P.  Luigi  di  Mag- 
gio delVOrdine  de'  Predicatori.!  già 
Professore  di  eloquenza  nel  Liceo 
Arcivescoi'ile  di  Palermo  e  Socio 
di  varie  Accademie.  Palermo,  Scuo- 
la tip.  «Boccone  del  Povero y>:  1904. 
In  8°,  pp.  43. 

Can.  P.  Pulci.  Caltanissetta  e  la  Ver- 
gine. Monografia  sili  culto  di  Ma- 
ria Santissima.  Caltanissetta,  Tip. 
dell'Omnibus  F.lli  Arnone  :  1904. 
In  16%  pp.  II,  186. 

Storia  della  Chiesa  e  Convento  di 
S.  Francesco  d'Assisi  in  Palerm4> 
dal  1224  ad  oggi ,  compikita  da 
Giuseppe  Naselli.  Palermo,  Tipogra- 
fia Settimana  Couime r citile  :  1904. 
In  8.  picc,  pp.  76. 

A  queste  cinque  pubblicazioni  ha 
dato  occasione  la  ricorrenza  del  cin- 
quantesimo anniversario  ,  solenne- 
mente celebrato  dal  mondo  cattoli- 
co ,  del  Dogma  della  Immacolata 
Concezione  di  Maria. 

Il  P.  Gaetano  Filiti  con  molta 
cura  raccoglie  le  memorie  del  culto 
antico  ed  universale  della  Immaco- 


lata in  Sicilia  e  la  parte  che  nel 
perpetuarlo  vi  ebber  poi  i  PP.  Ge- 
suiti ;  e  si  occupa  succintamente 
delle  Congregazioni  siciliane  dell'Im- 
macolata, del  voto  fino  allo  spargi- 
mento del  sangue  per  la  difesji  di 
Essa  (e  conseguentemente  della  fa- 
mosa polemica  destata  in  pi'oposito 
da  L.  A.  Muratori) ,  degli  scrittori 
sulla  Immacolata  in  Sicilia  e  delle 
opere  d'  arte  ,  e  in  fine  delle  festo 
solennissime  celebrate  al  1854. 

Il  P.  Salv.  Petronio  Russo,  che  ha 
scritto  la  Vita  di  S.  Nicolò  Politi, 
suo  concittadino  e  Patrono  della  sua 
Adernò  (1117-1167),  pubblica  inter- 
pretati dal  Papas  Filippo  Matranga, 
i  frammenti  di  pergamena  che  riman- 
gono tuttavia  dei  fogli  staccati  da 
un  libro  che  teneva  il  Santo:  in  es- 
si ,  che  si  giudicano  appartenere 
ai  secoli  IX,  X  e  XI ,  la  Madre  di 
Dio  è  salutata  col  titolo  di  Imma- 
colatissimM. 

La  Orazione  Panegirica  del  nostro 
sempre  compianto  P.  Luigi  Di  Mag- 
gio è  stata  opportunamente  ristam- 
pata :  essa  è  un  Sìiggio  di  quella 
eloquenza  sacra^  sorretta  da  solida 
dottrina ,  che  levò  sì  alto  in  tutta 
Italia  il  tiome  del  valentissimo  no- 
stro Domenicano. 

Nella  monografia  del  Pulci  sono 
con  minuzia  raccolte  le  notizie  delle 
Chiese  dedicate  ab  antico  a  Maria  in 
Caltanissetta  urbane  e  suburbane), 
descritte  le  festivitii ,  illustrata  la 
Iconografia  Mariana  caltanissettese 
e  segnata  anche  la  Bibliografia.  Mol- 
te importanti  e  rare  notizie  sono 
sparse  nel  libretto,  utili  alla  storia 
locale  e  generale  dell'Isola. 

Similmente  ricco  di  notizie  e  cu- 


Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX. 


10 


146 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


rioso  riesce  il  libretto  del  Naselli, 
ma  compilato  in  fretta ,  a  quel  che 
pare.  L' insigne  monumento  ,  eh'  è 
la  Chiesa  e  Convento  di  S.  France- 
sco d  'Assisi  in  Palermo,  aspetta  an- 
cora il  suo  storico. 

S.  S. -M. 


G.  La  Corte  -  Cailler.  Spigolature  sto- 
riche messinesi.  Puntata  I.  Messina, 
Tipografia  D'Amico;  1904.  In  8«, 
pp.  58. 

Venute  fuori ,  un  po'  alla  volta  , 
nell'  «Archivio  Storico  Messinese», 
queste  Spigolature  recano  una  serie 
di  notiziole  locali  più  o  meno  im- 
portanti ,  le  quali  fanno  meglio  co- 
noscere uomini  illustri  e  monumenti 
e  avvenimenti  paesani,  o  rettificano 
errori,  e  danno  contezza  di  scoper- 
te, di  cimeli!  antichi  ecc.  ecc.  Spe- 
cialmente copiose  sono  le  note  che 
si  riferiscono  ad  artisti ,  dei  quali 
l'egregio  sig.  La  Corte-Cailler  si  oc- 
cupa con  predilezione  e  competenza. 
In  generale  ,  le  Spigolature  recano 
non  poco  utile  alla  storia  civile  e 
letteraria  ed   artistica  di   Messina. 

S.  S. -M. 


Il  fine  giusto  e  santo  che  il  bravo 
sig.  Patiri  si  propone  in  questo  no- 
bile scritto  è  quello  di  scuotere  (se 
è  possibile)  la  inerzia  colposa  del 
Governo  che  lascia  al  tutto  in  ab- 
bandono e  fa  perder  del  tutto  i  re- 
sti insigni  del  Tempio  d'Imera  «  ch'è 
gloria  nazionale  dell'arte  e  della  ci- 
viltà insieme  ».  Il  Patiri ,  tracciata 
la  storia  del  monumento  e  della 
scoperta  de'  suoi  resti  famosi  e  della 
ulteriore  continuata  dimenticanza, 
segna  e  dimostra  quali  residui  ne 
restino  e  dove,  e  come  sia  urgente 
che  si  faccino  scAvi  per  essi  e  si  sal- 
vino dalla  \ilteriore  dispersione  e  ro- 
vina. 

Ma  la  generosa  voce  del  Patiri 
andrà  al  vento,  come  al  solito,  per- 
chè è  sistema  inveterato  e  costante 
del  Governo  di  negligere  al  tutto  la 
Sicilia  anche  quando  siedono  in  esso 
i  Siciliani. 

S.  S.  -  M. 


Francesco   (ìlaardione.    Documenti  sul 

secondo  assedio  di  Catania  e,  sul 
riordinamento  del  Regno  di  Sicilia 
(1.394-1396).  Catania,  R.  Tipo- 
grafia Cav.  N.  Giannotta  :  1904. 
In  8.  pp.  24. 


—  Sono  verameute  un  saggio  (Nuui. 

XXVI)  dei   uiolti  documenti  che  in 

fiinHeppe  Patiri.  Il  Tempio  d'Imera;  proposito  si   trovano   nell'Archivio 

sua  tniginc,  sua  importanza  nella,  di  Stato  di  Palermo  e  che  ,  ai  corii- 

8lorÌ4t,  uelTArte,  nrir Archeologia.  pU^Ui  illustrazione  di  (jucl  fortunoso 

Termini  Imerese,  'ìHpa(irafi4i  P,'a-  periodo  dei  Martini  ,  meriterebbero 

t«lU  Amore.  ;  190r,.  fn  S»,  pp.  23,  di  venir   messi    in    luce.    Anche  da 

con  una  tavola  fotografica.  questi ,  che   il   Guardioue   ora    dà, 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


147 


sorgono  notizie  importanti  su  Arta-    ha  diritto,  accanto  a  Tommaso  Na- 


ie Alagona  e  diversi  suoi  aderenti, 
su  Guglielmo  Raimondo  Moncada, 
Guglielmo  Peralta  ecc.,  e  si  correg- 
gono alcune  dat«  e  circostanze. 

S.  S.  -  M. 


tale,  di  cui  lo  stesso  Prof.  Guardio- 
ne  si  occupò  già  ripubblicandone  il 
libro  :  Della  efficacia  e  necessità  delle 
pene. 

Dell'uomo  politico  e  del  suo  mar- 
tirio ,  promette  il  Guardione  di  oc- 
cuparsi in  lavoro  a  parte. 


Scritti  di  Frane.  Paolo  Di  Blasi  giu- 
reconsulto del  secola  XVI IT  prece- 
duti da  uno  studio  critico  di  Fran- 
cesco Onardione.  Palermo,  Alberto 
Beber  :  1905.  In  16.  pp.  C,  15H. 

Questo  volume  raccoglie  i  seguen- 
ti scritti  :  1,  Sopra  V  egualità  e  la 
disuguaglianza  degli  nomini  in  ri- 
guardo alla  loro  felicità  ;  —  2,  Sulla 
legislazione  della  Sicilia  ;  —  3,  Sulle 
Prammatiche  del  Pegno  di  Sicilia 
(Parte  I  e  II)  ;  —  4,  Notizie  su'  Re 
di  Sicilia  (che  appartengono  però  a 
G.  E.  Di  Blasi)  ;  —  5,  Lettera  dedi- 
catoria alla  Signora  Vittoria  Gue- 
vara  in  Aquino  ;  -  6,  Sonetti.  Altro 
non  fu  dato  di  trovare  dell'insigne 
uomo ,  eh'  ebbe  tanta  scienza  e  pa- 
triottismo e  elle  miseramente  fluì 
sul  patibolo  a  20  uiaggio  1795. 

Il  Prof.  Guardione  ripubblicando 
con  intelletto  d'amore  questi  Scritti 
vi  premette  un  suo  studio  accurato 
nel  quale  esamina  le  Corone  di  Si- 
cilia nel  sec.  XVIII,  gli  ordinamenti 
pubblici  dell'isola  e  la  introduzione 
delh^  nuove  dottrine  e  le  riforme 
civili,  per  fermarsi  poi  con  qualche 
ampiezza  .alle  opere  del  Di  Blasi, 
al  suo  ingegno ,  ai  jjuoì  studj  ,  per 
assegnargli   quel  giusto  posto  a  cui 


S.  S.-M. 


Dott.  Ferdinando  Carlesi.  Origini  della 
Città  e  del  Comune  di  Prato.  Pra- 
to, Ditta  Editrice  Alberghetti,  1904. 
In  8",  pp.  XII,  197,  con  due  Carte. 

Studiando  ed  interpretando  con 
sagjice  critica  i  sicuri  «locnmenti, 
l'A.  mette  da  banda  le  favole  e  con- 
getture su  le  possibili  o  pretese  ori- 
gini e  vicende  antichissime  di  Prato, 
ed  illustra  l'inizio  del  periodo  di  vi- 
talità economica  e  politica  del  Co- 
muue  ,  periodo  che  dal  1000  va  al 
1350,  anno  in  cui  Prato  entrò  a  far 
parte  del  dominio  di  Firenze  e  se- 
guì perciò  da  allora  in  poi  le  sorti 
di  questo. 

Il  Dott.  Carlesi  nel  suo  lavoro  di- 
mostra ,  che  al  principio  del  mille 
comparisce  il  Borgo  al  Cornio,  svi- 
luppantesi  attorno  ad  una  fattoria 
con  elementi  di  popolazione  lombar- 
da; e  che  circa  alla  metà  del  secolo 
stesso  si  ingrandisce  ,  unendosi  ìwl 
altro  Borgo,  che  lì  presso  s'era  ve- 
nuto formando  attorno  ad  un  Ca- 
stello col  nome  di  Prato  ,  (dal  sito 
ove  sorse) ,  nome  che  trionfa  e  ri- 
mane al  Comune.  Questo  ,  sin  dal 
principio    è    sotto   la   giurisdizione 


148 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


spirituale  di  Pistoia:  ma  nel  tempo 
stesso  è  affetto  da  servitìi  feudale 
vei-so  i  Conti  Alberti,  la  nota  poten- 
tissima famiglia  che  tanta  parte  ebbe 
negli  avvenimenti  della  storia  fio- 
rentina. Agli  Alberti ,  tra  il  1160  e 
il  1170,  l'autorità  imperiale  (a  cui 
essi  doveano  Prato  in  feudo)  sosti- 
tuisce i  magistrati  germanici  detti 
Nuntii  Imperatoris;  al  1193  poi  com- 
parisce il  Podestà  di  Prato.  Intanto 
la  forza  del  popolo  pratese  si  afferma 
nelle  lott«  coi  vicini  (in  ispecie  con 
Pistoja)  per  interessi  collettivi  ap- 
parentemente religiosi  ma  sostan- 
zialmente economici  ;  e  attraverso 
guerre   condotte   in   proprio  e  paci 


in  proprio  trattate,  riesce  a  svinco- 
larsi da  ogni  dominio  e  tutela  e 
così  sorge  libero  il  Comune  di  Prato. 

Due  Carte,  con  dilingenza  dichia- 
rate, illustrano  il  Comune  pratense 
avanti  la  fine  del  secolo  XII,  ed  il 
Castello  verso  la  fine  del  secolo 
stesso. 

Ci  auguriamo  ora  che,  proseguen- 
do nel  ben  cominciato  lavoro,  voglia 
1'  egregio  Dott.  Carlesi  narrare  le 
vicende  del  libero  Comune  nei  se- 
coli XII  e  XIII ,  che  hanno  tanto 
interesse  nella  storia  medioevale  ita- 
liana. 

S.  S.  -  M. 


ALTRI  LIBRI  PERVENUTI  IN  DONO  ^^^ 


Di  alcune  nuove  Zecche  Itajiane. 
Comunicazione  del  Dott.  Solone 
Ambrosoli.  Roma,  Tipografia  della 
R.  Accademia  dei  Lincei,  proprie- 
tà del  Cav.  V.  Salviucci  :  1904. 
In  8,  pp.  5,  con  zhwoHpie  intere. 

Gastavo  Chiesa.  Regesto  dell'Archivio 
Comunale  della  città  di  Rovereto. 
Fascicolo  Primo  (1280-1450).  (XLI 
Pubblit^ixione  fatta  per  cura  del 
Museo  Civico  di  Rovereto).  Rove- 
reto, Tipografìa  Roveretana  :  1904. 
In   8.  pp.  75. 


V.  Congresso  Nazionale  Giuridico- 
Forense  :  Palermo,  1903.  Atti  del 
Congresso.  Palermo ,  Tipografia 
F.  Barravecchia  e  F.  1904.  In  8. 
pp.  XVI,  257. 

V.  Congresso  Nazionale  Giuridico- 
Forense  :  Palermo,  1903.  Relazioni 
sui  Temi.  —  I.  Diritto  civile.  — 
II.  Diritto  commerciale.  —  III.  Di- 
ritto penale.  —  IV.  Diritto  pub- 
blico. —  V.  Diritto  romano.  — 
VI.  Intieressi  Forensi.  Seconda  edi- 
zione. Palermo,  Tipografia  F.  Bar- 


(1)  DI  quelli,  ohe  tniigf^iormnnto  interoRsano  In  «tori»  nostra  ,  haiìV  detto   pro»- 
NiiiiAinente. 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


149 


ravecchia  e  F.  1904.  In  8,  pp.  Vili, 
583. 

Carlo  Alfonso  Nallino.  Intorno  al  Kitab 
al  -  Bayan  del  Giurista  Ibn  Rushd. 
(Extracto  del  Homenaje  a  D.  Fran- 
cisco Coderà  en  su  jubilación  del 
Professo  rado).  In  8,  pp.  11. 

Vincenzo  Strazznlla.  1  Persiani  di  E- 
scliilo  ed  il  Nemo  di  Timoteo  vol- 
garizzati in  prosa  con  introduzio- 


ne storica.  Messina,  Libreria  Mau- 
rolico  G.  Pricipato  :  1904.  In  16, 
pp.  LXX,  50. 

e  Travati ,  Segretario  della 
CoininisKione  Araldica  Siciliana. 
Indici  alfabetici  dei  Predicati  No- 
biliari e  delle  Famiglie  con  titolo 
sul  cognome  ,  della  Regione  Sici- 
liana. Roma,  coi  Tipi  di  Giuseppe 
Civelli  :  1903.  In  8,  pp.  31. 


CRONACA 


Inaugurazioni  e  Monumenti. 

^*^  Il  12  gennajo,  ricorrenza  della  rivoluzione  del  1848,  è  stato  solen- 
nemente inaugurato,  con  intervento  di  tutte  le  Autorità  e  rappresentan- 
za del  Re  nostro  e  dell'  Imperatore  di  Germania,  la  statua  in  bronzo  a 
Francesco  Crispi  in  fondo  alla  Via  della  Libertà ,  opera  egregia  dello 
scultore  illustre  Rutelli.  Il  monumento  sepolcrale,  opera  pur  lodata  del 
valente  Nicolini ,  è  stato  nel  dì  stesso  inaugurato  in  San  Domenico  ,  il 
Panteon  degli  illustri  siciliani.  Le  l<»di  del  Crispi  disse  in  un  magnifico 
discorso  da  par  suo  il  Senatore  Giorgio  Arcoleo.  Questo  discorso  è  venuto 
ora  a  8tami)a  e  ce  ne  occuperemo. 

^%  Nella  occasione  che  il  Club  Alpino  Siciliano  inaugurava  con  gran 
concorso  la  nuova  strada  mulattiera  per  accedere  allo  storico  Castellaccio 
di  S.  Benedetto  sul  Monte  Caputo  (  Castello  che  il  benemerito  Club  ora 
possiede  e  restaura) ,  il  nostro  Prof.  A.  Salinas ,  che  è  Presidente  degli 
Alpinisti  siciliani,  pronunziava  un  applaudito  discorso  che  ci  auguriamo 
di  veder  presto  a  stampa.  La  cerimonia  ebbe  luogo  domenica  21  maggio; 
e  per  essa  fu  messo  fuori  un  numero  unico,  illustrato  da  belle  fototipie, 
col  titolo  :  Il  Castellaccio  di  Manreale,  compilato  principalmente  dal  D.r 
Cav.  Fausto  Orestano. 

„%  Per  la  detta  occasione  della  inaugurazione  dei  due  monumenti  a 
Crispi  vennero  fuori  le  seguenti  speciali  pubblicazioni  : 

1.  Bivista  di  Roma.  Fascicolo  straordinario  dedicato  a  Francesco  Crispi, 
12  (jennaio  1905.  In  8.  gr.,  pp.  40.  Messo  fuori  dell'Avv.  T.  Palamenghi- 
Ciiapi ,  questo   importante  fascicolo  contiene  scritti  di    Sidney   Sounino, 


150  BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 

Francesco  Durante,  Paolo  Mantegazza,  Paolo  Boselli,  Camillo  Finocchiaro 
Aprile,  Andrea  Torre;  alcune  pagine  inedite  del  Diario  dei  Mille  di  Crispi, 
e  poi  molte  lettere  e  telegrammi  e  dediche  di  Sovrani,  Principi,  Ministri 
e  delle  più  spiccate  individualità  nella  politica,  nella  scienza,  nella  let- 
teratura, ecc.  Contiene  inoltre  12  ritratti  del  Crispi  in  varie  epoche  della 
sua  vita,  e  fae-simili  di  autografi  di  Crispi  stesso  e  di  altri  illustri. 

2.  Francesco  Crispi  nella  vita  e  nella  storia.  Numero  unico.  Palermo 
12  gennaio  1905.  Compilatore  Avv.  Edoardo  Alfano.  Società  Editrice 
S.  MarrattJa  Abate  e  C.  In  fol.  con  5  fototipie  nel  testo. 

3.  Crispi.  Album  di  pensieri  e  di  omaggi  scritti  da  Senatori  e  Deputati. 
Pubblicati  dalVAvv.  Edoardo  Alfano.  Palerino  XII  Gennajo  MCMV.  In  8., 
pp.  XLVIII,  con  molti  scritti  aiitografiiti  a  fototipie. 

4.  Per  Francesco  Crispi.  Palermo ,  12  Gennaio  1905.  Nuniero  nnico. 
(Tijwgr.  Giliberti.  In  fol.)  Pubblicato  dal  cosidetto  «  Circolo  giovanile 
socialistìi  »,  e  non  messo  in  commercio  perchè  sequestrato  dall'Autorità 
Giudiziaria  :  contiene  la  nota  Lettera  che  F.  Cavallotti  scrisse   al  1895. 

E  in  fine ,  per  ricordo ,  fu  messa  in  vendita  una  cartolina  illustrata 
con  la  statua  del  Rutelli. 

Pubblicazioni  recenti. 

^%  È  uscito  il  primo  numero  del  Bullettino  del  Santuario  della  Ma- 
donna del  Eomitello  presso  Borgetto  ,  Sicilia ,  (Palermo ,  Tipografia  F.lli 
Vena,  1905,  pp.  32  in  16),  nel  quale  ,  dopo  una  prefazione  -  programma 
del  Direttore  Sac.  Baldassare  Safina,  ch'è  il  Rettore  del  Santuario,  sono 
dati  i  primi  quattro  capitoli  delle  memorie  storiche  di  esso  Santuario, 
raccolte  dal  nostro  socio  Dr.  Salvatore  Salomone  -  Marino.  Seguono  gli 
Atti  della  Commissione  Amministrativa  del  Santuario  ,  la  Cronaca ,  le 
Notizie  ed  Avvisi,  le  Oblazioni. 

,*,  In  Assisi  (Tipografia  Metastasio  ,  1905) ,  è  venuta  fuori  la  Storia 
del  Monastero  di  San  Martino  presso  Palermo  scritta  sui  documenti  dal 
nostro  palermitano  Don  Gregorio  Frangipani  cassinese. 

^%  L'egregio  Can.  Fortunato  Mondello ,  Bibliotecario  della  Fardel- 
liana  di  Trapani  ,  ha  dato  un  Resovonlo  bibliografico  ed  artistico  seguito 
da  una  Nota  con  doppia  pagina  intima  e  sparsa  (Trapani,  Libreria  Edi- 
trice Rizzi  Grittini,  1904,  in  8,  con  10  illustrazioni  ad  eliotipia).  Illustra 
cinque  codici  membranacei  del  secolo  XVI  ,  libri  di  coro  contenenti  il 
canto  gregoriano  ;  poi  fa  alcuni  api)unti  critici  a  proposito  di  artisti  si- 
ciliani, e  si  occupa  ilei  trapanese  Giovanni  Matera  artista  celebre  di  j)a- 
Htori  dei  Presepe,  dei  suoi  fratelli  Francesco  e  Rosario  pittori ,  e  di  altri 
artivU. 

^%  Nel  volume  di  Scrini  economici  e  Icllcrarii  di  Michele  Haslb^  (Pa- 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO  151 

lermo  e  Messina,  A.  Reber  e  A.  Trimarchi,  1905,  in  16.)  il  dotto  e  va- 
lente economista  e  letterato  messinese,  sono  raccolti  una  serie  di  interes- 
santi lavori  su  l'agricoltura,  l'economia,  la  storia,  il  commercio,  la  giu- 
stizia ,  la  pubblica  economia ,  1'  arte ,  ecc.  di  Sicilia  ;  lavori  già  editi  in 
Riviste  e  in  Opuscoli,  ma  ora  qui  ripresentati  con  giunte  e  correzioni. 

^%  Il  Sig.  Fr.  P.  Vaccaro  -  Lamberti  ha  pubblicata  una  Cronaca  in 
ottava  rima  {1833  - 1844),  con  intermezzi  polimetri,  dedicata  al  He  martire 
Umberto  il  buono  (Palermo,  Tip.  Cooperativa  fra  gli  Operai,  1904,  in  8, 
pp.  84),  nella  quale  verseggia  le  vicende  politiche  e  gli  eroismi  ed  i  mar- 
tirj  di  quelli  che  dedicarono  la  mente  e  il  braccio  all'  unità  e  indipen- 
denza della  patria  italiana. 

^.%  Scicli,  di  T.  De  Caro  e  S.  Raccuglia  (Acireale,  Tipografia  Umber- 
to I,  1905;  in  16.  picc,  pp.  31),  è  il  18  volumetto  della  collezionciua  : 
«  Storia  delle  città  di  Sicilia  diretta  dal  Prof.  Salvatore  Raccuglia.  » 

Annunzj  necrologici. 

^%  È  morto  al  1.  di  questo  mese  di  Giugno  in  Bolsena  il  dotto  nostro 
consocio  l'Ab.  Giuseppe  Cozza  -  Luzi  Bibliotecario  della  Vaticana.  I  clas- 
sici studj  storici  e  paleografici  perdono  in  lui  uu  valente  illustratore. 

Altra  perditii  dolorosa  è  quella  del  Generale  Carlo  Corsi ,  altro  socio 
nostro ,  che  alla  Sicilia  consacrò  un  volume  importante  del  quale  a  suo 
tempo  discorse  egregiamente  in  questo  Archirio  il  Barone  R,  Starrabba. 
È  morto  il  30  dello  scorso  Maggio  a  Genova. 


8.  S.-M. 


SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 

(Atti   di   Accademie ,    Società  Scientifiebe ,    di   Storia   Patria ,    etc.    etc. 
inviate  alla  «  Società  Siciliana  per  la  Storia  Patria)  ». 


A)  Italiane. 

Archivio  Storico  Lombardo.  Giornale  della  Società  storica  lom- 
barda —  Milauo  —  Serie  quarta  —  Anno  XXXI,  1904. 

Memorie  :  Una  narrazione  bobbiese  sulla  presa  di  Damiata  nel  1219, 
Carlo  Cipolla  —  I  Contadi  rurali  del  milanese  (sec.  IX  -  XII) ,  Ezio  Ri- 
bolili  —  La  viabilità  nel  Lodigiano  nell'antichità  e  nel  medio  -  evo,  Gio- 
vanni Agnelli  —  La  festa  del  Paradiso  di  Leonardo  da  Vinci  e  Bernardo 
Bellincione  (13  gennaio  1490),  Edmondo  Solmi  —  La  deputazionii  dei  col- 
legi elettorali  del  regno  d'Italia  a  Parigi  nel  1814,  Ettore   Ver<jn. 

Varietà  :  Indizio  di  un  placido  lombardo  o  veneto  all'84r)  circa,  nella 
lista  episcopale  di  Padova,  Fedele  Savio  —  Di  una  visitji  di  Federico  Bar- 
barossa  a  Como  (1178  - 1186),  Girolamo  Biscavo  —  Industrie  millenarie  ita- 
liane, Angelo  Mazzi  — \]u  dono  dei  Vige  vanesi  a  Francesco  Sforza,  Ales- 
sandro Cohymbo  —  Ricerche  int4)rno  alla  vita  di  Giovanni  Torti,  Egidio 
Jìellorini  —  Quisquiglie  di  toponomastica  lombarda,  Carlo  Salvioni. 

Bibliogratia  —  Appunti  e  Notizie  (1)  —  Atti  della  Società  Storica  Lom- 
barda—  Elenco  dei  socii  (235) — Opere  pervenuti  in  d«nio  alla  Biblioteca 
sociale. 


(1)  Trii  1«  notizie,  ve  ne  lui  due,  dato  dal  So^rotiirio  doUu  Si>cioti\  Storica  Lom- 
barda, lii|{.  Kinilio  Motta,  relativo  al  Curteffgio  di  Friinr.t$eo  D'Ai/iiirre.  L'ofiro^io 
Dumo,  do|Mi  di  uvcro  moiitovato  la  puhltliuazioiio  ,  fatta  a  oura  o  HpoHo  del  Miiiiì- 
oiplu  di  Salomi  doll'Opora  di  FruiicoHOO  D' Axiiirru  intitolata:  Della  foudazione  e 
rittabllimtnto  deyli  ttudi  gtntrali  in  Torii%o  anno  1715;  dopo  di  aver  ricordato  la 


SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE  153 


Atti  della  Società  Ligure  di  Storia  Patria  —  Genova. 

Volume  XXVIII.  Le  relazioni  fra  Genova ,  l' Impero  Bizantino  ed  i 
Turchi  (con  31  documenti  e  un'Appendice)  Camillo  Manfroni—YoX.  XXIX. 
Dei  Giornali  di  Gio.  Vincenzo  Imperiale,  con  prefazione  e  note  di  Anton 
Giulio  Barrili  —  Volume  XXX.  Genoati  e  Viturii  (con  un'Appendice  con- 
tenente la  Carta  Topografica  dei  Genoati  e  Viturii)  Gaetano  Fo</gi  —  Vo- 
lume XXXI.  Codice  diplomatico  delle  relazioni  fra  la  Liguria,  la  Toscana 
e  la  Lunigiana  ai  tempi  di  Dante  (1265-1321),  Arturo  Ferretto  —  Volu- 
me XXXIl.  Genova  e  Tunisi  (con  58  documenti),  Emilio  Marengo  —  Vo- 
lume XXXIII.  Il  Colle  S.  Andrea  in  Genova  e  le  regioni  circostanti, 
Francesco  Podestà. 


Memoria  su  questo  argomento  da  me  letta  alla  Società  nontra  e  pubblicata  in  questo 
Archivio,  così  scrive.  «Due  notizie  importanti  i>er  la  biografia  di  F.  D' Aguirre 
olirò  la  Trivulziana.  11  codice  Trivulziano  u.  196  contiene  il  carteggio  autografo  del 
D'Aguirre  coi  principali  letterati  d'Italia,  quali  L.  A.  Muratori,  C.  Galiaui,  P.  Me- 
tastasio,  Scipione  Maft'ei,  Bernardo  Lama,  Costantino  Grimaldi,  Pietro  Giannone  ed 
altri,  dirottogli  nicntr'cra  a  Torino  ed  a  Milano  ancora.  Ci  maraviglia  assai  come 
il  Porro,  registrando  quel  codice  nel  suo  Catalogo  dei  mas.  della  Trivulziana,  cosi 
gravemente  mancasse  verso  gli  studiosi  nel  non  indicare  a  chi  quelle  lettere  fos- 
sero indirizzate  né  le  additasse  come  autografe  e  a  prim'occhio  di  un  valore  indi- 
scutibile (cfr.  p.  210).  Trattasi  infatti  di  un  corpus  im]>ortantÌ8simo  per  la  storia 
italiana  del  settecento,  e  la  comunicazione  nostra  speriamo  abbia  ad  invogliare  la 
Società  storica  siciliana  ad  oocupai'seue. 

La  seconda  notizia  è  piuttosto  l)ibliograflca.  L'Abate  don  Carlo  Trivulzio,  il  fon- 
datore si  può  diro  del  Museo  Trivulzio  (1789),  che  ogni  suo  libro  abbondantemente 
annotava,  conservava  ogni  catalogo  di  libreria  che  ai  siu)i  tempi  si  stampasse.  È 
così  che  con  quelli,  ignorati  fin  qui  dell'Argelati  (1756),  del  giureconsulto  Giov.  Ma- 
ria Aliprandi  (1733)  e  dell'abate  Gianmatteo  Portusati  (1838),  trasmise  ai  suoi  di- 
scendenti anche  il  Catalogo  dei  libri  del  fu  gigìior  Questore  Agtiirre  ,  vendibili  nel 
1753,  appresso  il  negozio  di  Antonio  Agnelli.  La  sui)pellettilo  libraria  è  abbondante, 
elencata  in  ordine  alfabetico  di  autori,  in  57  pp.  stampate  in  8.  piccolo.  Manoscritti 
però  non  vi  figurano. 

Ed  anche  questa  iu)tizia  non  sarìl  inutile  per  la  storia  delle  biblioteche  scom- 
parse in  Milano  ». 

Ringrazio  l'egregio  Segi-etario  della  Società  Storica  Lombarda  del  ricordo  fatto 
del  mio  lavoro  su  Francesco  D'Aguirre,  e  della  Comunicazione  fattaci  sul  Carteggio 
di  questo  illustre  Siciliano,  che  spero  poter  studiare  ed  illustrare. 


154  SOMMARIO   DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 


Rivista   storica  italiana,  Torino  —  Anno   XX,  3.  serie,  Gen- 
naio —  Dicembre  1903. 

Bccemioni  e  noie  bibliograjìche  :  Storia  generale;  Età  preromana  e  ro- 
mana: Alto  medio  evo;  Basso  medio  evo;  Tempi  moderni;  Periodo  della 
rivoluzione  francese;  Periodo  del  risorgimento  italiano.  Vi  sono  presi  ad 
esame  i  seguenti  lavori  storici  relativi  alla  Sicilia. 

Giuseppe  Salrioli ,  Le  decime  di  Sicilia  e  specialmente  quelle  di  Gir- 
genti.  Ricerche  storico  -  giuridiche.  Palermo,  Alberto  Reber,  1901  —  Eaf- 
faele  Starrabba,  Consuetudini  e  privilegi  della  città  di  Messina  sulla  fede 
di  un  codice  del  XV  secolo  posseduto  dalla  Biblioteca  Comunale  di  Pa- 
lermo. Palermo,  Scuola  tip.  del  Boccone  del  Povero,  1901  —  Ettore  Pulejo, 
Un  umanista  siciliano  della  prima  metà  del  sec.  XVI  (Claudio  Mario  A- 
rezio),  Acireale,  tip.  dell'Etna,  1901^— Alfonso  Sansone.  Gli  avvenimenti 
del  1799  nelle  Due  Sicilie,  Palermo,  1901. 

Spoglio  di  Riviste  nazionali  e  forestiere  :  Si  fa  menzione  di  parecchi 
lavori  pubblicati  in  questo  Archivio  nelle  annate  XXVI  e  XXVII. 

Elenco  di  recenti  pubblicazioni  di  storia  italiana  —  Notizie. 

Rivista  Storica  Italiana ,  Torino ,  Anno  XXI ,  3.  serie ,  Gen- 
naio —  Dicembre  1904. 

Recensioni  e  Note  bibliografiche  :  Storia  generale;  Età  preromana  e  ro- 
mana; Alto  jpedio  evo  (sec.  V  -  XI);  Basso  medio  evo  (sec.  XI  -  XV);  Tem- 
pi moderni  1492  - 1798);  Periodo  della  rivoluzione  francese  (1789  - 1815); 
Periodo  del  risorgimento  italiano  (1815  -1903). 

Dei  seguenti  lavori  storici  di  argomento  siciliano  vi  ì^  fatta  una  re- 
censione. 

Pupillo  Barresi,  Gli  usi  civici  in  Sicilia  Ricerche  di  storia  del  diritto. 
Catania,  Gianuotta,  1903  —  Salvatore  Pagliaro  Bordone,  Mistretta  antica 
e  moderna  coi  «noi  undi(;i  coiuuni.  Mistretta  1902. 

Spoglio  (li  lìirislr  n<i:ionali  e  forcHticre  e  di  Atti  e  Memorie  di  Depu- 
tazioni e  .S(»cietà  Htoriclie,  di  Acnub^iiie  e  di  altri  Istituti  scientitici  e  let- 
terari, con  riassunto  di  r)37  articoli  di  storia  Italiana  (Carlo  Contessa). 

Vi  è  il  riiiMHUuto  di  pHrec<!lii  lavori   pubblicati  nel    fascicolo  3-4  del- 


SOMMARIO  DELLK  PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  155 

1'  auuo  XXVII  e  nel  fascicolo  1-2  dell'anno  XXVIII  di  questo  Archivio, 
e  degli  anni  III  e  IV  dell'Archivio  Storico  Messinese. 

Libri  recenti  di  storia  italiana  —  Notizie  e  comunicagioni. 
Vi  è  la  Necrologia  del  nostro  illustre  Socio   (giurista  e  storico  di  gran 
fama)   Vito  La  Mantia. 

B)  Estere. 

Polybiblion,  Revne  Bibliograpliiqiie  Uiiiversel  —  Paris  —  Den- 
xieme  serie.  An.  1903). 

• 
Dernières  publications  illustrées  ,  par  Viscnct  —  Ronians  ,  Contes  et 
Nouvelles,  par  M.  C  Arnaud  —  Economie  politique  et  sociale,  par  M.  I. 
Mambaìtd  —  Ouvrages  d'enseignenient  chrétien  et  de  piét«,  par  F.  Cha- 
pot  —  Poesie  —  Théatre,  par  G.  Limale  —  Ouvrages  réeentes  sur  Napoléon 
et  son  epoque,  par  M.  8.  —  Histoire,  Art  et  Sciences  luilitaires,  par  A . 
de  Ganniers  —  Publications  recente»  sur  l'Ècriture  sainte  et  la  litterature 
orientale;  par  M.  E.  Mawjenot  —  Géographie  et  Voyages,  par  M.  X.  Froi- 
devanx  (1)  —  Sciences  biologiques  ,  par  L.  De  Saint  -  Marie  (2)  —  Beaux- 
Arts,  par  M.  A.  P^raf^— Sciences  physiques  et  mathématiques,  par  M.  È. 
Chailon — Hagiographie  et  Biographie  ecclésiastique,  par  M.  L.  Robert — 
Ouvrages  pour  la  leunesse  ,  par  M.me  la  C.tesae  B.  I)e  Conrson  —  luri- 
sprudence  ,  par  3/.  Lambert  —  Philosophie  ,  par  M.  L.  Maisannetive  — 
Ouvrages  Hongrois  d'Histoire  et  d'Economie  sociale,  par  M.  E.  Horn— 
Poesie  ,  par  M.  G.  Limare.  —  Ouvrages  sur  l'  Histoire  du  Théatre ,  par 
Jlf.  ^.—Publications  récent«8  sur  l'Ècriture  sainte  et  la  litterature  orien- 
tale, par  M.  E.  Jf««gfe«o<  -  Ouvrages  sur  la  niusique,  par  M.  B.  —  Hi- 
stoire coloniale  et  colonisatiou  ,  par  Henri  Froideraux  —  Comptes  -  reu- 
dus  —  Bullatin  —  Chronique. 


(1)  Si  fu  luenzioiie  di  un  libro,  pubblicato  poelii  auni  or  fa  da  M.  A.  Dry  con 
il  titolo  di  Trinacria.  Promenudes  et  impre$8Ìons  sieiliennea  ,  dandone  questo  giu- 
dizio. È  un  libro  clie  si  leggo  con  molto  piacere,  essendo  pieno  di  fatti,  di  osser- 
vazioni personali  e  ben  doouiueutato.  Non  è  una  guida,  né  un  trattato  di  geografia 
fisica  ed  economica,  ufo  un  opera  di  erudizione;  e  però  non  vi  si  trovano  uè  indi- 
cazioni sciontificho,  uè  cifro,  uè  profondo  discussioni  sulle  Métope  di  Selinunte  o 
sulla  Venere  Callipiga.  Quello  che  il  sig.  Dry  ha  specialmente  studiato  è  l'uomo 
contemi)oranoo,  e  ciò  facendo  ha  reso  un  vero  servizio  ,  perchè  1'  uomo  contempo- 
raneo è  stato  sino  a  questi  ultimi  anni  assai  negletto.  Grazie  al  sig.  Dry  ci  sarà 
ora  possibile  farci  uua  piìl  giusta  idea  del  Siciliano. 

(2)  È  annunziata  la  pubblicazione  del  secondo  volume  degli  Annali  della  clinica 
delle  malattie  mentati  e  nercose  dell'Università  di  Palermo  .  che  si  dice  contenere 
dei  lavori  per  varii  rispetti  iutereasauti. 


156  SOMMARIO   DELLE   PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 


Bollettino  Internazionale   dell'  Accademia   di   Scienze    di  Craco- 
via (l)  —  Anno  1901. 

Memorie  e  Comunicazioni  :    I  piccoli  raonuraenti  della   lingua  polacca 

del  medio  evo,  A.  Brilckner  —  A  quale  epoca  risale  la    menzione   della 

Communione  dei  Santi  nel  Simbolo  degli  Apostoli,  M.   Morawski—SnWfì 

vocfUi  nasali  nei  dialetti  polacchi  e  cascubici ,  .S'.  Dobrzycki  —  Simone 
Simonide.  La  sua  vita  e  le  sue  opere,   C.    Heck  —  Miniature    di   origine 

polacca  della  Bibliotec;i  pubblica  di  Pietroburgo,  F.  Kopera  —  La  voce 
libera  di  Stan,  /.  Tretiak  —  L'  organizzazione  dei  tribunali  in  Polonia 
nel  medio  evo,  St.  Kntrseba—L,a,  geografia  insegnata  alla  Università  di 
Cracovia  nel  1494,  Fr.  Bujak  —  Quello  che  intorno  agli  Slavi  sapevano 
i  primi  loro  storici  Procopio  e  lordanes,  W.  Ketsynski — Il  pallio  dei  Ve- 
scovi polacchi  al  secolo  XI,  8t.  Ketrzynki  —  Studio  sui  nomi  dei  corsi 
d'acqua  slavi  :  Bacino  della  Vistola,  /.  Bozioadowski — Resoconto  delle  se- 
dute e  dei  lavori  presentati  alle  classi  di  filologia,  di  storia  e  di  filosofia, 
di  scienze  matematiche  e  naturali. 

Bollettino  internazionale  deHAccademia  di  scienze  di  Cracovia. — 
Anno  1902. 

Memorie  e  Comunicazioni  :  Il  commercio  di  Cracovia  nel  medio  evo, 
riguardato  dal  punto  di  vista  delle  relazioni  commerciali  della  Polonia 
con  l'estero,  S.  Kutrzeha  —  Il  cavaliere  al  cigno,  poema  francese  del  XII 
secolo  e  suoi  rapporti  coi  poemi  del  ciclo  della  prima  Crociata.  Parte 
prima:  La  canzone  di  Antiochia,  I  miseri,  La  conquista  di  Gerusalemme. 
Seconda  parte  :  La  canzone  del  cavaliere  al  cigno  e  di  Goffredo  di  Bu- 
glione, M.  Kareczynski — Parallelismoi,  sive  de  locutionum  aliquot  fati» 
et  usu  apud  auctores  Graecos  nec  non  Latinos,  C.  Morawski  —  I  Salteri 
polac<;hi  sino  alla  metà  del  XVI  secolo,  ^1.  Brilckner  —  L'acconciatura 
del  capo  delle  donne  presso  i  popoli  barbari  dell'antichità,  P.  Bienkoto- 
»ki  —  Il  ritorno  e  l'abolizione  della  Compagnia  di  Gesù  in  Galizia   1820- 


(1)  (Quest'Accademia  k  «tata  fondata  nel  1872,  od  è  divi»»  iu  tre  classi:  di  tllu- 
logia,  di  Htoria  e  di  fllimotin,  di  scienxu  niiUomutichu  e  uaturuli.  Il  Bollettino  In- 
temazionale ,  che  Hi  |)ul>lili(-a  lutti  i  iiieMÌ,  n>cno  (luolli  di  vacanza  (agosto  »  net- 
tunibrn)  oontiono  nidla  prima  parte  i  proecnni  v«>rbali  delle  Hodute  (in  francese)  ed 
il  ria«Hunto  dolio  nioinorie  o  dolio  uoniunicazioni  (in  francoso,  in  todoiuu  o  in  altra 
linicua  a  soelta  dei(li  anturi).  Ho  creduto  |»eroiò  bene  pubblicare  questo  Sommario 
tutto  in  italiano. 


SOMMARIO  DELLE   PUBBLICAZIONI  PERIODICHE  157 

1848,  C.  Cìwtkowski — Stefano  Batliory  e  la  proposta  di  una  lega  contro 
i  Tui-chi,  1576-1584,  L.  Boratynski  —  Sulla  giurisdizione  dei  vescovi  di 
Leubus  nella  Piccola-Russia,  L.  ^6/-a/w?n.— Contribuzione  alla  storia  delle 
fonti  del  diritto  polacco,  O.  Balzer  —  L'Abazia  dei  Santi  Bonifacio  ed 
Alessi  sull'Aventino;  Le  pitture  della  chiesa  di  S.  Clemente  a  Roma, 
St.  Zakrewski  —  Ricerche  sid  numero  e  1'  aggruppamento  dei  Polacchi 
all'Estero,  W.  Czerkawski  —  La  disfatta  dei  Calati  a  Delfo  nelle  opere 
d'arte  dell'antichità,  P.  Bienkowski — Le  Abbazie  di  Ossiach  e  di  Wilten; 
Contributo  alla  storia  dei  rapporti  dinastici  dei  Piasti  al  secolo  XI,  St. 
Zakrzewski. 


Salvatore  Romano 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


SEDUTA  SOCIALE  DEL  12  FEBBRAIO  1905. 

Presidenza  del  Pof.  Or.   Uff.  Avv.  Andrea  Guarneri , 
Senatore  del  Regno,  Presidente 

La  Società  con  l'intervento  di  N.  15  dei  suoi  componenti  si 
riunisce  nella  propria  sede  in  S.  Domenico. 

Alle  ore  14  '/j  i^  Presidente  dichiara  aperta  la  seduta  ed 
invita  il  Segretario  Generale  a  dar  lettura  del  verbale  della  tor- 
nata pecedente  il  quale  resta  approvato. 

Lo  stesso  sig.  Presidente  comunica  alla  Società  due  gravis- 
sime i>erdite,  cioè  quella  dell'On.  Pietro  Bonanno  e  quella  del 
Comm.  Ing.  Giuseppe  Patricolo.  La  prima,  Egli  dice,  ha  addo- 
lorato la  cittadinanza  che  ha  veduto  quasi  improvisamento  scoili- 
l»arire  una  fibra  gagliarda  ed  operosa  nella  ])ersona  del  suo  primo 
magistrato,  la  seconda  è  un  vero  lutto  di  famiglia  perchè  il  P.re 
Patricolo  fu  uno  dei  socii  benemeriti  del  nostro  Istituto  per  il 
quale  generosamente  prestò  l'opera  di  artista  per  la  ricostruzione 
e  la  decorazione  di  ([uesta  sede,  non  idtima  certamente  tra  quelle 
che  accolgono  i  varii  istituti  scientifici  della  città. 

Propone  pertanto  (;lie  in  segno  di  cordoglio  per  entra inbe  le 
penlite,  la  se<luta  venga  sciolta  e  rinviata  a  domenica  [jrossima. 

11  Prof.  Salvatore  Homano  si  associa  alla  proposta  del  signor 
Trcsidcntt;  e  prega  i  socii  perchè  vogliano  deliberare  un  voto  di 
condoglianza  da  manifestarsi  alhi  v<Mlova  <l(>ll'()n.  Ronanno,  alla 
(ìiiinta  Municipale  di  l'alermoed  albi  famiglia  del  l'rof.  Patricolo. 

Hi  approvano  aUa  unanimità  le  fatte  proposte  e  «{uindi  la  se- 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  159 


duta  viene  tolta  non  senza  un  caldo  appello  del  sig.  Presidente 
ai  socii,  perchè  Domenica  ventura  vogliano  tutti  intervenire. 

Il   Segretario    Generale 
D/  Giuseppe  Lodi 


SEDUTA  SOCIALE  DEL  19  FEBBRAIO  1905. 

Presidenza   del  Prof.    Avv.    Gr.   Uff.  Andrea  Guarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  coli 'intervento  di  N.  23  dei  suoi  componenti  si  riu- 
nisce nella  sua  sede. 

Essendo  le  ore  14  */?  il  Presidente  dichiara  aperta  la  seduta. 

Il  Vice  Segretario  Avv.  Cav.  Falcone,  in  assenza  del  Segreta- 
rio Generale,  legge  il  verbale  della  tornata  precedente  che  resta 
approvato. 

Presenta  quindi  i  libri  venuti  in  omaggio  alla  Società  durante 
i  mesi  di  Dicembre  e  Gennaio. 

Si  passa  quindi  alla  votazione  a  scrutinio  segreto  per  l'ammis- 
sione a  socii  dei  signori  Catalano  Prof.  Vittorio  Emanuele,  Ge- 
nuardi  Avv.  Luigi,  Calvaruso  Giuseppe  Maria,  Besta  Prof.  En- 
rico GucciaCav.  Prof.  Giovanni  Battista  e  Capasso  Prof.  Gaetano. 
Vengono  tutti  ammessi  alla  unanimità. 

Il  Presidente  invita  il  Socio  Prof.  Salvatore  Romano  a  fare 
l'annunziata  comunicazione  sull'opera  ])ostuma  di  Antonio  Cini, 
edita  a  Catania  col  titolo:  Origine  e  progresso  della  lingua  italiana 
in  Malta,  ossia  la  lingua  nazionale  dei  Maltesi. 

Il  Prof.  Romano  esordisce  dicendo  che  di  quest'opera  egli  ha 
scritto  una  recensione  che  sarà  pubblicata  nel  prossimo  fascicolo 
ùeWArchivio  Storico  Siciliano. 

Fa  quindi  un  breve  cenno  biografico  di  Antonio  Cini,  che  fu  esi- 
mio patriota  ed  uomo  dotto. 

Ricordando  poi  che  Malta  è  nna  delle  isole  minori  che  circon- 
dano la  Sicilia,  come  Lipari,  Favignana  ed  altre,  e  però  etno- 
graficamente e  geograficamente  è  terra  siciliana,  ne  trae  due  con- 
seguenze. La  prima  è,  die  tutto  quanto  riguarda  la  storia  e  le 
vicende  di  Malta  interessa  noi  Italiani,  specie  noi  di  Sicilia,    e 


160  ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


la  Società  di  Storia  Patria  che  con  ardore  difende  i  diritti  storici 
dela  Sicilia,  non  può  dimenticare  quelli  di  Malta  che  ne  fa  parte. 

La  seconda  è  che  la  lingua  nazionale  dei  maltesi  è  la  stessa 
dei  siciliani  delle  altre  isole  minori  e  della  maggiore,  cioè  l'ita- 
liana. 

E  questa  lingua  essi  hanno  il  diritto  di  usare  nei  tribunali  , 
negli  ufficii,  e  negli  atti  pubblici  ed  altresì  nelle  scuole  come 
lingua  d'insegnamento.  Né  l'essere  Malta  sottoposta  al  dominio 
inglese  toglie  ai  Maltesi  il  diritto  di  usare  la  propria  lingua,  per- 
chè nessun  fatto  politico  può  togliere  o  menomare  un  diritto  na- 
turale. E  l'uso  della  propria  lingua  è  diritto  di  natura,  perchè 
la  lingua  che  è  espressione  prima  e  naturale  della  stirpe,  è  pa- 
trimonio collettivo  di  un  popolo. 

Quando  nel  secolo  IX  i  Musulmani,  dopo  lunga  guerra,  con- 
quistarono la  Sicilia,  ai  nativi  lasciarono  libero  l'uso  della  propria 
favella  e  della  propria  religione,  sicché  dopo  tre  secoli  di  domi- 
nazione Musulmana  i  Normanni  trovarono  a  Palermo  in  vigore 
la  gerarchia  ecclesiastica  mantenuta  ininterrotta  i)er  si  lungo  tem- 
X^o  e  trovarono  attorno  all'Arcivescovo  Nicodemo  gruppi  di  fedeli 
siciliani  che  nella  propria  favella  pregavano  Dio. 

E  come  i  Musulmani,  così  i  Normanni,  essendo  nel  sec.  XI 
divenuti  signori  della  Sicilia,  non  solo  ai  nativi,  ma  anche  ai 
molti  Musulmani  rimasti  nell'isola  concessero  piena  libertà,  di 
usare,  parlando  e  scrivendo,  la  propria  favella. 

Ciò  face  vasi  nel  IX  e  nell'XI  secolo  ed  invece  nel  secolo  XX 
vediamo  i  reggitori  di  alcuni  Regni  ed  Imperi,  che  si  vantano 
maestri  di  civiltà  al  mondo  intero,  costringere  coi  modi  i)iù  tiran- 
nici gli  abitanti  dei  paesi  sottoposti  al  loro  dominio  ad  usare  non 
la  ])ropria,  ma  una  lingua  straniera.  E  fa  pena  dovere  tra  questi 
Regni  ed  Imperi  annoverare  il  Britannico  (;he  dipartendosi  dalle 
»ue  savie  e  liberali  consuetudini  vuole  a  ogni  costo  sostituire  in 
Maltii  l'idioma  inglese  all'italiano,  * 

Non  erano  scorsi,  che  pochi  anni  da  che  l'Inghilterra  dominava 
in  Malta,  (|uando  un  (rovernatore  militare  inglese  lece  la  prima 
«  Notificazione  »  a  danno  della  lingua  italiana.  E  da  quel  giorno  ad 
oggi  il  (loverno  Hritaimico  mai  ha  cessato  con  notificazioni,  con 
inchiesti^  con  ordinamenti  scoliistici  di  tur  di  tutto  iter  sostituire 
a<l  essa  la  inglese. 

Il  più  feroce  in  quest'opera  poco  civile  ed  umana  è  stato  lex- 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  IGl 


luinistio  (Ielle  colonie  M.r  (Jliambeibaiii,  il  quale  uou  pago  di  es- 
sere stato  l'autore  (\e\VOrfìer  In  (JouncH  del  '22  uiarzo  1899,  il  di 
28  gennaio  1901},  i)rofferì  alla  Caui(;ra  dei  Comuni  un  discorso  nel 
quale  accumulando  errori  sopra  errori,  ha  travisato  la  storia  per 
sostenere  che  la  lingua  italiana  è  pei  maltesi  straniera  e  non  na- 
zionale e  che  l'uso  di  essa  è  di  recente  data  a  Malta. 

Il  Prof.  Kouuino  conchiude  dicendo  che  fu  principalmente  per 
confutare  questo  discorso  che  Antonio  (Jini  scrisse  il  libro  sopra 
indicato  e  che  ha  fatto  veramente  un'opera  buona  il  Marchese 
Adriano  (Jolocci  nel  darlo  alla  luce  e  farlo  conoscere  agli  studiosi. 

Il  Presidente  fa  seguire  sul  medesimo  argomento  un  suo  breve 
discorso,  corredato  di  notizie  storiche  interessantissime  ed  inspi- 
rato ai  più  vivi  sensi  di  patriottismo. 

Tanto  egli,  quando  il  Prof.  Komano  vengono  applauditi. 

La  seduta  viene  tolta,  alle  ore  15  '/«• 


Il   Vice  ^Segretario  Generale 
G.  Faloonb 


SEDUTA  «OCIALE  DEL  12  MAKZO  1906. 

Presidenza  del  Cac.  Prof.  Or.   Uf.  Avv.  Andrea  Quarneri, 
Menatoi  e  del  Regno,  Presidente 

La  Società  essendo  presenti  u.  30  dei  suoi  membri  si  riunisce 
nella  propria  sede. 

Alle  ore  quattordici  il  Presidente  dichiara  aperta  la  seduta, 
ed  invita  il  Segretario  Oenerale  a  dar  lettura  del  processo  ver- 
bale della  se<luta  i)recedente  <».he  resta  ai)provato. 

Il  Presi<lente  levatosi  pronunzia  meste  parole  per  la  perdita 
del  Prof.  Comm.  Luigi  Samjwlo,  socio  benemerito,  a  tutti  noto 
per  essere  stato  uno  dei  fondatori  di  questa  Società  ,  scrittore 
egregio  di  Storia  e  di  Diritto,  autore  di  una  illustrazione  della 
R.  Università  degli  studii  di  Palermo  e  fondatore  del  Circolo 
Giuridico,  sapiente  istituzione  che  fa  veramente  onore  alla  città 
di  Palermo. 

11  socio  Ing.  Angelo  Coppola  chiede  la  parola  per  saper  quali 
deliberazioni  il  Consiglio  Direttivo  abbia  preso  per'  onorare  la 
memoria  del  compianto  I*rof.  Ing.  Giuseppe  Patricolo. 

Arch.  Stor.  Sir.  N.  S.  Anno  XXX.  11 


162  ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


Il  Segretario  Generale  risponde  a  tale  interrogazione  dicendo 
che  il  Consiglio  ha  deliberato  : 

1.  Di  confermare  la  deliberazione  consiliare  del  (>  Dicembre 
1899  in  ordine  ad  una  lapide  da  murare  nei  locali  della  Società 
lapide  che  dovrà  ricordare  i  lavori  di  restauro  eseguiti  e  la  parte 
in  essi  avuta  dal  Prof.  Patri  colo. 

2.  Scrivere  al  Municipio  di  Palermo  manifestandogli  il  voto 
del  Consiglio,  quello  cioè  che  una  delle  nuove  strade  si  intitoli 
dal  nome  dello  illustre  estinto. 

3.  Invitare  il  Prof.  Basile  perchè  voglia  tenere  nella  sede 
della  Società  un  discorso  intorno  all'  opera  del  Prof.  Patricolo 
nel  restauro  de'  monumenti  siciliani. 

L'interrogante  si  dice  lieto  delle  proposte:  però  fa  osservare 
che  il  Collegio  degli  Ingegneri  ed  Architetti  di  Palermo,  ha  dato 
al  Prof.  Basile  lo  stesso  incarico  che  gli  vorrebbe  dare  il  Con- 
siglio Direttivo  della  Società  e  quindi  teme  che  non  se  ne  possa 
ottenere  l'adesione,  perchè  l'oratore  non  pronunzierà  certamente 
due  volte  il  medesimo  discorso. 

Il  Presidente  allora  propone  che  i  due  Istituti  si  riuniscano 
nel  comune  intendimento  di  onorare  la  memoria  del  Prof.  Pa- 
tricolo e  propone  parimenti  che  le  onoranze  abbiano  luogo  in 
questa  sede  in  cui  i  socii  tutti  crede  che  ospiteranno  degnamente 
gli  onorevoli  componenti  del  Collegio  degli  ingegneri. 

Le  proposte  del  Presidente  sono  approvate  all'unanimità. 

Il  socio  Comm.  Mario  Entelli  dichiara  che  ove  mai  occorra 
l'opera  sua,  per  onorare  la  memoria  del  Prof.  Patricolo,  è  pronto 
a  mettersi  a  disposizione  della  Società. 

Il  Presidente  i)rende  atto  della  gentile  offerta  del  socio  Ru- 
telli e  lo  ringrazia  in  nome  della  Società  stessa. 

Il  Prof.  Giuseppe  Pitrè  avuta  la  parola,  legge  un  suo  studio 
sul  viaggio  di  Volfango  Goethe  a  Palermo  negli  ultimi  anni  del 
secolo  XVIII.  La  lettura  desta  vivissimo  interesse  negli  interve- 
nuti ed  alla  fine  è  vivamente  applaudita. 

Il  Presidente  alla  sua  volta  ringrazia  il  Prof.  Pitrè  della  i)ri- 
mizia  da  lui  offerta  alla  Società  ed  augura  che  uno  studio  così 
ac<;urato  valga  a  stringere  sempre  più  i  legami  di  amicizia  tra 
la  vecchia  Sicilia  e  la  nuova  Aloniagna. 

Dopo  di  «aò,  lo  stesso  l'n;sid<',nte  pro]M>ne  che  si  deliberi  in- 
torno al  seguente  voto  da  manifestarsi  al  Ministero  della  Pub- 
blica Istruzione: 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  163 


«  La  Società  Siciliana  per  la  Storia  Patria  in  Palermo,  fa  caldi 
«voti,  per(!hè  nel  Bilancio  della  Pubblica  Istruziooe  per  Panno 
«1905-6  sia  elevata  la  scarsa  ed  insufficiente  dotazione  per  gli 
«  scavi  delle  antichità  e  per  la  conservazione  di  monumenti,  onde 
«  il  tesoro  storico  -  artistico  che  jfiace  nelle  viscere  del  suolo  di 
«  Italia  sia  dissei)pellito  e  conservato  nell'  interesse  della  storia 
*  patria  e  della  cultura  mondiale  ». 

La  Società  apiirova  unanime  il  voto  surriferito  e  non  essen- 
dovi altri  argomenti  da  trattare  il  Presidente  scioglie  la  seduta. 


Il  tiegretario  Generale 
Hj  Giuseppe  JìODi 


MEMORIE  ORIGINALI 


IL  VIAGGIO  DI  GOETHE  A  PALERMO 

NELLA  PRIMAVERA  DEL  1787  * 


Il  VÌM<>t»io  «li  Goethe  in  Sicilia  v  <lescritt<>  in  lettere 
alla  Signora  voii  Stein  e  ad  altri,  lettere  le  (inali  furono 
mandate  a  irruppi.  Le  dittieoltà  delle  coniunicazioni  anda- 
vano di  pari  passo  con  la  (\sorbitanza  delle  sjHise  i)ostali.  Un 
foglio  di  pochi  gniinnii  dalla  (xerniania  in  Sicilia  e  viceversa 
costava  la  bella  somma  <li  00  bajocchi ,  e  doveva  incon- 
trare la  fortunata  ocwtòioue  del  corriere  pel  Continente. 
Quelle  h'ttere,  che  al  far  dei  conti  sono  un  diario,  vanno 
dagli  ultimi  <li  Mar/o  al  17  Aprile  del  1787;  ma,  meno  una, 
non  vi(h'ro  la  luce  prima  del  IHIG:  «lata  da  tenersi  bene 
a  mente,  perchè  a  chi  studia  i  viaggiatori  tra  noi  deve 
recare  una  certa  sorpresa  che  fatti  e  costumi  rilevati  da 
uno ,  e  da  quest'  uno  non  comunicati  per  via  di  stampa  , 
concordino  pienamente  con  fatti  e  costumi  rilevati  e 
pubblicati  da  altri.  Josei)h  Hager,  per  esempio,  osservò 
nel  171>5  e  descrisse  più  tardi  cose  state  osservate  e 
descritte  da  Goethe;  ma  è  evidente  che  Hager  non  cono- 
sceva ([uel  che  Goethe  avea  scritto;  e  Goethe,  d'altro  lato, 
dà  bene  a  vedere  di  non  aver  mai  lettt)  i  Gemalde  von  Pa- 
lermo del  dotto  orientalista,  perito  della  causa  contro  l'abate 
maltese  (ìinseppe  Velia,  falsi tic^itore  del  Codice  di  8.  Mar- 

*  ItalianiHvhv  IÙ'm:  .Stiitjtart  ii.  Tiibingeii  1816.  Zweit<}r   Theil,  1817. 
La  edizione  da  lue  tenuta  presente  è  stata  queHtii  :   Italienische  Eeise. 
Leipzig,  Philipp  Reclain  jun. 

Areh.  SUyr.  Sic.  N.  S.  anno  XXX.  13 


166  IL    TI  AGGIO   DI   GOETHE   A   PALERMO   ECC. 

tino.  Il  medesimo  può  dirsi  di  altri  visitatori  dell'Isola  pri- 
ma del  181G. 

Goethe  moveva  da  Napoli  per  PaleriiKì  il  2S)  Marzo  del 
1787;  e,  come  usavano  allora  molti,  veniva  con  un  compa- 
gno. Era  costui  Cristoforo  Enrico  Kniep  di  Hildeslieim,  ar- 
tista di  molto  valore  (quasi  coetaneo  del  nostro),  il  quale, 
rimasto  privo  in  Roma  del  suo  benefico  protettore,  il  ])rin- 
cipe  Kraschinsky,  vescovo,  era  passato,  in  tristi  condizioni 
economiche,  in  Napoli  sotto  la  guida  operosa  del  rinomato 
pittore  Guglielmo  Tischbein,  che  lo  presentò  e  fece  conoscere 
al  poeta.  Costui  ])otè  apprezzarne  la  non  ordinaria  abilità  nel 
disegnare  e,  ad  ogni  passo  per  l'Isola,  compiacersi  delle  sin- 
golari scene  che  egli  ritraeva.  Parisot  ebbe  a  dire  più  tardi: 
«  La  fedeltà  minuziosa  che  Kniei»  metteva  nel  riprodurre  i 
particolari  d'una  rupe,  d'un  arbusto,  non  sollbcava  in  lui  la 
spontaneità  e  la  fantasia.  Alia  finitezza  sapeva  unire  ardore 
e  vita,  e  si  sentiva  in  lui  la  ispirazione»  (1). 

Che  cosa  sia  awenuto  dei  suoi  cartoni  dopo  morto 
(Napoli,  1)  Luglio  1825)  non  io  saprei  se  non  mi  venisse 
in  soccorso  il  bravo  prof.  E.  Zaniboni ,  che  da  molti  anni 
con  intelligente  amore  si  occupa  delle  opere  di  Goethe  e 
che  è  per  darci  una  versione  con  copiose  iu)te  illustrative 
della  ItaUenische  Reise.  Elgli  mi  favori.sire  il  frutto  delle  sue 
ricerche  in  proposito,  e  tra  le  altre  queste  i)eregrine  notizie: 

«  Il  (jomnL  Bourguigiion  ,  un  francofortese  residente  a 
Napoli  da  una  «piarantina  d'anni,  Direttore  della  Casa  Meu- 
ricoffre  (morto  alla  fine  del  liK)8),  modesto  ma  a])passionato 
goethiano,  era  riuscito  a  raccogliere  i)ar<'cchi  fra  gli  accpia- 
relli  e  i  disegni  <H  Kniep,  i)ortati  da  costui  di  rit(u*no  dal 
viaggio  in  Hicilia  fino  dal  1787  o  eseguiti  a  Napoli  in  schizzi 
di  viaggio.  Io  8t«88o  ho  avuto  occasione  di  veder  questi  acqua- 
relli (una  ventina)  e  di  ammirare  so])ra  tutto  un  grosso  al- 
bum di  disegni  e  schizzi  e  <'artoni  ecc.  di  (piasi  tutti  i  paesi 


(1)  V.  LoBOUSSB,  Grand  Ihclionnaire  universel  du  XIX"**  siècle ,  t.  IX, 
p.  1280.  Paris,  1873. 


IL    TlAGtOIO  DI  OOETHE  A  PALERMO  ECC.  167 


siciliani  visitati  rtal  (Toethe;  e  ]H'ecisaraente  nel  1899,  quando 
cioè  ero  nel  principio  delle  mie  ricerche.  Morto  il  Boiir^ni- 
gnon,  mi  recai,  poco  dopo,  <lal  cav.  Meuricottre  per  aver 
notizie  delle  opere  del  Knie]).  Ma  dal  cav.  Meuricoffre  seppi 
soltanto  :  che  tutta  l'eredità  Bourguignon  era  passata  ad  una 
figlia  maritata  in  Francia.  Dopo  d'allora,  non  feci  altre  ri- 
cerche. È  possibile  clie  il  cav.  B.  abbia  mandato  qualche 
disegno  o  copia  di  disegni  del  Kuiep  a  Weimar,  che  sareb- 
bero poi  stati  rii)rodotti  nei  vari  volumi  dei  Goethe  -  Jahr- 
hiicher  o  della  Goethe-Cresellschdfat  »  (1). 

In  una  recentissima  pubblicazione  del  prof.  G-  von  Grae- 
veuitz:  Goethe:  unner  Reiseheffleiter  in  Italien  (2),  aacanUì  alla 
riproduzione  d'un  acquarelh»  di  Goethe,  rap])re8eu tante  un 
paesaggio  .siciliano,  forse  di  una  <lelle  campagne  del  Val 
di  Mazzara,  ac<|uarello  che  egli  donò  alla  signora  von  Stein, 
è  un  bel  disegno  degli  avanzi  del  tempio  di  Ercole  in  Gir- 
genti  di  esso  Kniep  (.*i),  e  pare  faccia  i)arte  di  altri  disegni 
simili  posseduti  «lai  Graevenitz,  «lue  dei  quali,  stati  foto- 
grafati, mi  stiinno  per  gentilezza  del  Zaniboni  sott'occhio  (4). 


IL 


Ma  veniamo  all'argomento  principale,  che  è  il  viaggio. 

Sul  legno  nel  quale  Goethe  e  Kniep  presero  imbarco  era 
un'allegra  compagnia  teatrale,  stata  scritturata  per  Palermo. 
Goethe  non  ne  dice  più  che  tanto  ;  ma  io  posso  aggiun- 
gere che  «piella  compagnia  veniva  i>el  teatro  di  S.  Cecilia,  il 


(1)  Lettera  del  15  Maggio  1905  da  Napoli. 

(2)  Berlin,  1904. 

(3)  Vedi  pp.  57  e  110. 

(4)  Sono  due  paesaggi  che  non  mi  riesce  di  determinare.   Kniep  non 
ci  lasciò  nessuna  indicazione  topografica. 


168  IL    VIAGGIO   DI   GOETHE  A   PALERMO   ECC. 


quale  prepara  vasi  a  riai)rire,  al  domani  «li  Pasqua  (1)  Aprile), 
i  suoi  battenti,  rimasti  chiusi  (lurniite  In  (Quaresima. 

Goethe  chiama  corvetta  quel  le^iio;  e  })rohabilm<'rjte  sarà 
stato  il  Tartaro,  pacchetto,  come  volgarmente  si  chiamava 
{^xsgi.pai^H-hoat),  che  faceva  il  corriere  da  Napoli  a  Palermo 
e  viceversa,  e  nelle  due  città  accoglieva  passeggieri  del 
C'ontiueute  per  l'Isola  e  dell'Isola  i)el  ( 'ontinente,  cioè  per  la 
Capitale  del  Kegno  e  la  Capitale  della  Sicilia. 

Era  quella  la  prima  volta  che  Goethe  andava  per  uuire, 
e  soifrì  uou  poco,  ma  con  una  certa  pazieuza,  il  mal  di  mare, 
durato,  meno  qualche  intervallo,  quasi  tutti  i  (juattro  giorni 
di  navigazione  mentr'egli  se  ne  stava  assorto  nel  ju'oseguire 
HU  dramma  (il  Torquato  Tanno)  da  lui  già  tempo  incomin- 
ciato, ed  il  cui  ms.  avea  ])ortato  con  se. 

Pare  sbarcavsse  alla  Cala  e<l  entrasse  per  Porta  Felice, 
donde  sarebbe  stato  (M)ndotto  ad  una  vicina  locanda,  la  mi- 
gliore che  s'avesse  allora  a  Palermo  e  forse  in  tutta  l'Isola, 
tenuta  da  un  buon  vecchietto ,  abitiuito  a  ricev(>re  il  tìore 
dei  forestieri  d'ogni  nazione  che  giungevano  nella  Cai)itale. 

Perchè  alla  Cala  e  non  al  Molo  f 

Perchè  i  ])iccoli  legni  andavano  al  porlo  Accchio  (Cala): 
ed  i  passeggieri ,  nessuno  eccettuato ,  doveano  recarsi  alla 
Sanità,  sotto  il  baluardo  orientale  del  Castello,  dietro  la 
chiesa  di  Piedigrotta  ,  donde  soh)  l'anno  178^<  passò  alla 
(Marita,  in  seguito  a  consulto  (29  Die.  17S7)  tra  il  Principe 
di  C;u'anianico  Viceré  e  il  Duca  D.  Ignazio  Lucchesi  Palli 
Pretore. 

Questa  in<licazione  (h'il'utlicio  di  Sanità  non  è,  come  ve- 
<ircmo,  inutile.  Dobbiamo  all'  inglese  Brydone  il  poco  che 
si  sa  dell'albergo  <li  (ìocthe,  e  che  non  è  guari  io  ebbi  occa- 
sione di  niett^ire  in  evidenza  a  ])roi)osito  delh^  locande  di 
Palermo  nella  seconda  metà  del  settecento  (1). 

Il  ve<rchiett^>  era  nutrito  d'  una  signora  provenzale , 
specie    di    precursora   d<'lla    Veneran<la   dell'  Amor  pacifico 


(1)  Palermo  $ento  e  più  anni  fa,  t.  I,  o.  XI.  Palermo,  Reber  1904. 


IL    VIAGGIO  DI  GOETHE   A  PALERMO  EOO.  169 

del  Giusti.  Essa  chiamavasi  Montaigne ,  vulgo  Madama 
di  Montagna,  e,  come  avverte  il  Villablanca,  teneva  la 
sua  «  nobile  lo(3anda  nel  Cassaro  morto  del  braccio  Kal- 
sa  ».  Lì  stette  nei  giorni  che  si  fermò  a  Palermo  l'ingegnere 
francese  Hounini,  autore  d'un  viaggio  uell'alto  e  nel  basso 
Egitto  (1);  il  ([uale  si  sbizzarrì  nel  leggerle  nella  sua  lingua 
le  argute  e  non  benevoli  pagine  inglesi  del  Brydone  (2),  che 
lo  avea  preceduto  di  soli  sette  anni.  Un  secolo  dopo,  nel 
1875,  consigliata  e  scritta  da  Isidoro  La  Lumia,  una  lapide 
veniva  ujurata  sulla  i)orta  di  quella  locanda,  che  sarebbe 
oggi  la  casa  Castagnetta  -  Pollaci,  di  fronte  al  K.  Anthivio 
di  Stato,  già  Casa  dei  Padri  Ttiatini. 
La  lapide  suona  così  : 

GIOVANNI  VOLPANGO  GOETHE 

UDRANTK     IL     SUO     SOGGIORNO    A     l'ALEUMO 

NEL    1787 

DIMORÒ    IN    QUESTA   CA8A 

ALLORA     PUBBLICO     ALBERGO. 

La  indicazione  che  uè  lascio  (joethe  e  (|U('sta  :  Noi  en- 
trammo ili  città  per  la  porta  maravigliosa  formata  da  duo 
immensi  pilastri,  in  alto  non  chiusi  ail  arco  aftinché  possa 
liberament<'  passarvi  il  carro  colossale  della  famosa  festa  di 
S.  Itosalia;  e,  girando  a  sinistra,  a|)pena  entrati,  trovanuno 
una  locanda.  L'albergatore  ci  ondusse  in  un'ampia  stanza, 
dal  cui  balcone  si  vedeva  il  mare  e  la  i'a<la ,  il  monte  di 
8.  Kosalia  e  la  spiaggia,  e  dal  quale  potesnuno  i)ur  vedere 
il  nostro  bastimento  e  aver  un'idea  del  nostro  primo  punto 
d'osservazione  (2  Aprile). 

Ma  in  questa  indicazione,  apparentemente  chiara,  quanta 
oscurità ,  e  però ,  (luante  ragioni  di  discussione  !  Basta 
salir  le  scale,  percorrere  i  piani,  visitare  i  quartierini  di 
quella  ctisa  per  accorgersi  che  poco  o  punto  concorda  oggi 


(1)  SoNNiNi,    Voyaye  dans  la  Haute  et  Basse  E<rypte,  eh.  IV.  À  Paris, 
Buiesou,  Ali  7  de  la  Répiiblique. 

(2)  Brydone,  A   Tour  throuyh   Sicily   a.  Malta,   letter  XXI.  London, 
MDCCLXXIIl. 


170  IL  VIAGGIO  DI  GOETHE  A    PALERMO   ECC. 

e  dovea  concordare  allora  con  quel  che  (loetlie  scrivea.  La 
sola  cameretta,  dalla  cui  finestra  (e  non  già  balcone)  si  vede 
un  po'  della  Cala  e  molto  del  Pellegrino,  è  una  staraber- 
guccia  all'ultimo  jìiano,  donde  Goethe  potè  forse  affacciarsi, 
ma  solo  per  un  momento  di  curiosità,  e  non  certo  per  fer- 
marvisi,  e  molto  meiìo  per  dimorarvi:  è  un'angusta  soffitta. 
Il  resto  delle  camere  del  fabbricato  non  permette  di  ve- 
dere altro  che  la  strada  principale,  cioè  la  via  Toledo  d'al- 
lora ,  Corso  V.  E.  d'oggi  ,  che  (loethe  designa  quando 
grosse  Strasse,  quando  lauffe  strasse,  (^  meglio  HauptMrasse, 
senza  identificarla  col  Cassaro  ,  che  egli  nomina  una  volta 
soltanto,  nelle  pagine  sulla  famiglia  di  Cagliostro. 

Né  e'  è  da  supporre  che  hi  (Jasa  dei  Teatini,  che  vi  sta 
di  fronte!,  attuale  Archivio  di  Stato,  fosse  più  bassa  e  per- 
mettesse perciò  larga  visuale,  perchè  essa  è  all'  esterno  né 
più  ne  meno  qual'era  un  bel  secolo  e  più  anni  fa;  e  se  quivi 
fosse  stata  la  locanda,  il  Villabianca  ne  avrebbe  sbrigato 
la  indicazione  con  parole  come  questa:  «affaccio  la  Casa 
de'  Teatini  ». 

Nella  lettera  del  13  Aprile  Goethe  racconta  :  «  Adesso, 
dopo  «lesinato,  alla  finestra,  sulla  strada  !  Passa  un  malfat- 
tore al  quale  è  stata  concessa  la  grazia,  come  è  uso  ogni 
anno ,  nella  ricorrenza  delle  feste  i»as(]uali.  Una  confrater- 
nita lo  accompagna  fino  ai  jjiedi  del  i)atibolo  ;  (piivi  egli 
deve  recitare  una  preghiera  e  viene  ricondotto  in  carcere  ». 
E  prosegue  mutando  in  tempo  passato  non  perfetto  il[)resen te. 
«11  disgraziato  era  un  bell'uomo  <iel  ceto  medio,  ben  petti- 
nato, con  abito  bian<'o ,  bianco  ca])i)ello,  tutto  vestito  di 
bian(M>.  Il  cappello  ei  lo  teneva  in  mano;  ed  avrebbe  potuto 
senz'altro  fare  la  sua  bella  figum  in  un  ballo  se  quel  cap- 
pello fosse  stiito  guernito  <li  nastri   variopinti  ». 

Dirò  più  innazi  di  «piesta  scena,  (^ni  intanto  stupisco 
cx>me  (Goethe  avesse  potuto  vedere  <lall'  albergo  tutto  quel 
che  tlescrive.  Dalla  finestra  (nella  lettera  del  2  Aprile  avea 
parlato  di  balcone)  s'afiaccia  sulla  stnida ,  e  di  là  scorge  il 
graziato ,  accumtameute  libciato ,  e  segue  i  particolari  dei 


IL    VIAGGIO   DI  GOETHE  A  PALERMO  ECC.  171 

cerimoniale  :  del  giro  della  forca,  del  bacio  delle  travi  ecc. 
ecc.,  cerimoniale  che  si  dovea  svolgere  non  già  nel  Cassa- 
ro,  ma  nel  piano  della  Marina. 

Mi  sia  permesso  di  dubitare,  non  già  dell'occhio  linceo 
di  Goethe,  ma  del  luogo  dal  quale  egli  guardava.  K  allora 
c'è  «la  sospettare  che  egli  s'affacciasse  dal  lato  meridionale 
dell'albergo,  la  cui  vista  è  ora  impedita  dall' editicio  della 
Zecca.  Ma  se  è  così,  come  c'entra  la  strada,  che  non  \mò 
essere  se  non  il  Cassaro  ì 

Anche  ad  un  occhio  acutissimo  non  è  poi  possibile  di- 
scernere alla  distanza  di  250  metri,  quanti  ne  intercorrono 
dalla  casa  della  lapide  all'attuale  palazzo  delle  Finanze, 
carcere  del  tempo,  i  particolari  pei  quali  il  fortunato  delin- 
quente dovea  passare  per  potersi  dire  graziato. 

Dico  fortunato  mentre  egli  non  si  credette  tale.  Goethe 
non  prese  conto  di  costui  ,  né  del  suo  nome ,  uè  <lel  suo 
delitto.  Egli  era  un  certo  Giuseppe  Occo  palermitano,  giovane 
sui  27 anni,  (tìglio  <li  Michele,  forense),  già  condannatoa  morte 
per  avere  commesso  un  omicidio  in  rissa.  Cenando  il  Viceré, 
su  pro{)OSta  della  Comj>agnia  «lei  BiaiicUi  (la  c«>n fraternità 
alla  quale  G.  allude)  l«>  graziò,  e  si  fe«'er«>  i  preparativi  vo- 
luti dall'  uso  e  dai  Oai)itoli  della  Compagnia  me«lesima,  ci 
volle  «lei  bello  e  del  bii«)no  per  i)ersua<lerlo  a  quella  forma- 
lità di  espiazione.  11  Villabianca  ,  membro  della  confratria 
pietosa,  con  intinita  s«)rpresa  rilevava  «'he  «  molto  s'ebbe  a 
sudare  per  ei  contentarsi  megli«)  di  ini  tale  affronto  «li  forca 
tìnta  che  «lei  pericolo  «li  subirla  torse  da  vero  con  lasciarci 
la  vita  «la  afforcat«>;  »  e  ne  dava  come  spiegazione  che  ^  l'o- 
nestà de'  suoi  natali  lo  faceva  così  pensare»  (l). 

Cade  acconcio  «|ui  rilevare  un  errore  di  data  di  Goethe. 
Egli  stabilisce  per  N'enerdì,  Ui,  la  processione  (stavolta 
dopo  la  Settimana  Santa)  compiuta  invece  Mercoledì,  11 
Aprile. 


(1)  Diario  Palettnitano  inedito,  tomo  XV,  a  1787,  p.  38.  Ms.  della  Bi- 
blioteca Coui.,  segn.  Qq  D  107. 


172  IL    VIAGHJIO  DI  GOETHE  A  PALERMO   ECC. 

Tornando  all'albergo  di  madama  Montaigne  non  pos- 
siamo sottrarci  ad  una  delle  ipotesi  :  O  che  esso  non  fosse 
proprio  là  dove  oggi  si  ritiene,  o  che  sullo  scorcio  del  se- 
colo passasse  molto  pili  in  su ,  verso  occidente  della  via 
Tole<lo.  Abbiamo  in  proposito  una  testi  nìonianza  che  sposta 
non  poco  la  casa  designata  dalla  la[)ide.  Miss  Cornelia  El- 
lis  Knight,  damigella  di  compagnia  della  Princi]>essa  Car- 
lotta di  Walls ,  (|uella  stessa  Knight  che  dovea  nei  primi 
del  secolo  XIX  tradurre  in  inglese  alcuni  idilli  del  Meli  e 
che  al  dolce  i)oeta  ispirò  la  graziosa  ode  intitolata  Li  Musi 
(n.  XLVI),  nella  sua  Autobiogratia  dettava  notevoli  pagine 
su  Palermo.  Raccontava  come  partita  con  molti  altri  da 
Napoli,  il  1  Gennaio  del  IT'.M)  giungesse  doi)o  faticosa  tra- 
versata nella  Capitale.  «  Sbarcate,  diceva,  andammo  nell'u- 
nico albergo  che  s'avesse  allora  a  Palermo,  quello  appunto 
del  quale  parla  Brydone  nel  suo  N'iaggio  (lett.  21).  Allo- 
gate nella  sola  stanza  (se  <leve  (chiamarsi  tale)  possibile,  os- 
servammo il  ritratto  della  padrona  di  cas.i  nel  costume  da  lui 
descritto  nel  Viaggio  >.  La  nnulre  <lella  Knight  avea  contratta 
una  gmve  polmonite,  per  la  quab'  le  diu^  donne  dovettero 
fermarsi  (jualclie  giorno  nell'  albergo.  «  In  faccia  a  questo 
era  il  carcere  principale  della  città.  Siccome  la  strada  era 
stretta,  noi  pot^namo  sentile  tutta  la  notte  i  gemiti  ed  i 
lamenti  degli  infelici.  Un  prigioniero  i>er()  soleva  stare  die- 
tro le  grate  della  sua  tinestra  con  uiìa  cliitaira.  colla  quale 
sonava  molto  bene  »  (1). 

(jhi  sta  in  Palermo  e  ne  conosce  luoghi  e  distanze,  giu- 
«licherà  se  possa  ammettersi  l'alliergo  dov'è  ora  la  lajìide 
«'ommemomtiva.  Miss  Knight  venne  ad  alloggiare  a  pochi 
passi  (h\l  ciircere  maggiore  della  città,  cioè  dairantica  Vi- 
caria, e  udiva  non  inu*  lamentare  i  detenuti,  ma  anche  so- 


(1)  iiiluhwijraphi/  of  ^f^n>l  ("ohnki.ia  Knkìhi"  «m-c.  With  entrateti  from 
her  thnirntilM  ecr.  In  tivn  raluwes.  Scrontt  lùdition.  Voi.  I,  t'Imp.  8.  J^oii- 
don,  Alien,  1861.  Devo  la  conoHcuuza  di  (|iteHto  littro  alla  nobile  Cou- 
teMM  Jeauim  Chauae  di  Hai  ut  Amour. 


IL    VIAOOIO  DI   GOETHE  A  PALERMO  ECC.  173 

nare  e  cantare  canzonette  siciliane.  Ciò  vuol  dire  che  l'al- 
bergo era  vicinissimo  alla  A'ic^aria  ,  dalla  quale  dividevalo 
una  via  stretta.  Questa  non  può  essere  il  Cassaro;  ma  piut- 
tosto via  di  Porto  Salvo,  dove  la  casa  òggi  Graraignani 
raccoglie  tutti  i  dati  per  i)oter8Ì  ritenere  la  locanda  Montai- 
gne. Goethe  ci  aiuta  in  questa  identificazione.  Kgli  vide 
dalla  sua  finestra  (che  poteva  anche  essere  balcone)  uscire 
il  graziato.  Ora  i  rei  che  si  andavano  o  a  graziare  o  a  giu- 
stiziare sulla  piazza  Marina  non  uscivano  dalla  porta  me- 
ridionale ,  che  dà  sul  Cassaro,  ma  dalla  orientale,  che  dà 
sulla  via  Porto  Salvo,  di  fronte  alla  casa  Gramignani,  porta 
che,  quantunque  trasformata,  esiste  ancora.  Goethe  affac- 
ciandosi dalla  finestra  della  locanda  Montaigne  vedeva  il 
monte  Pellegrino  ed  il  legno  sul  quale  era  venuto,  né  ])ivi 
uè  meno  che  afferma  la  Knight,  che  pur  vedeva  il  suo.  Non 
basta  :  Goethe  scrivendo  il  ti  Aprile  ai  cari  lontani,  così  ag- 
giungeva :  «  ViU'rei  che  questo  foglio  vi  jmtesse  far  go- 
dere della  incomparabile  bellezza  di  questo  golfo  partendo 
da  levante,  dove  sorge  sul  mare  un  promontorio  piano,  le 
cui  aspre  rupi,  l)ene  formate  e  rivestite  di  boschi,  scendono 
fino  ai  sobborghi  della  città.  Quivi  sono  le  case  dei  i)esca- 
tori,  e  segue  la  città  medesima,  ed  alla  estremità  di  questa, 
le  case  e  la  nostra  locanda,  che  hanno  tutte  la  vinta  sui  porto 
fino  alla  porta  per  la  quale  siamo  entrati  ». 

11  promontorio  ])iauo  (flacheres  Vorgebirg)  a  levante  è 
Oai)o  Zafferano;  le  abitazioni  o  case  dei  pescatori  (Fisclwr- 
ivolìììungen),  son  quelle  della  Tonnarazza  a  pochi  passi,  del- 
l'estremo limite  della  inferriata  della  Villa  Giulia,  dal  lato 
oriental<%  e  forse,  con  larga  accezione  di  voce,  della  Kalsa. 
Il  porto  è  la  ('ala.  Potrebbe  osservarsi  che  dalla  Cala  non 
si  vede  uè  la  Tonnarazza,  né  la  Kalsa.  E  va  bene  ;  ma 
dalla  casa  della  lapide  non  può  vedersi  neppure,  perché 
vi  si  oppone  il  Palazzo  Bufera ,  che  anche  nella  fine  del 
settecento ,  meno  una  piccola  aggiunta  posteriore  al  1798 , 
esisteva  quale  é  oggi. 

Il  particolare  dei  due  pilastri  e  della  mancanza  d'arco  su 


174  IL    VIAGGIO  DI  GOETHE   A  PALERMO   ECC. 


di  essi  pel  passaggio  del  carro  di  S.  Rosalia  (la  famosa 
mole  trionfale  per  le  feste  della  santa  Patrona  di  Palermo) 
sta  contro  la  mia  rettifica ,  e  pare  fatta  a  i)Osta  per  darmi 
torto. 

Eppure  non  è  così. 

Goethe  entrando  da  Porta  Felice  (se  vi  entrò  davvero) 
Don  avrà  sognato  di  chiedere  perchè  i  pilastri  non  fossero 
coronati  dall'arco,  egli  che  non  conosceva  le  altre  porte.  La 
notizia,  caso  mai,  pnò  averla  chiesta  o  avuta  posteriormen- 
te; ed  è  strano,  per  non  dire  inconcepibile,  che  egli,  stanco 
d'un  viaggio  faticosissimo,  avesse  pensato  a  questa  insigni- 
ficante minuzia;  la  quale  tutt'al  più  può  averla  chiesta  o  sen- 
tita dopo  l'arrivo.  Dico  minuzia,  perchè  topograficamente 
parlando,  essa  non  importa  nulla,  in  quanto  era  comune  ad 
altre  porte  della  città  proprio  al  tempo  della  sua  visita  a 
Palermo.  Se  senz'arco  era  Porta  Felice,  senz'arco  erano  le 
rifatte  porte  di  Vicari  (S.  Antonino  d'oggi)  e  Macqueda,  e 
la  nuova  Porta  Carolina,  oggi  Reale. 

Ben  altra  spiegazione  della  forma  architettonica  di  quella 
porta  era  stata  data  invece  al  ('onte  de  Borch  :  ed  io  la 
riferirei  qui  se  non  ci  vedessi  un  arguta  piacevolezza,  buona 
ad  esilarare  il  lettore  amante  di  scaudali  (l). 

Ora  supponiamo  invece  che  Goethe  fosse  entrato,  come 
è  molto  i>robabile ,  da  porta  delle  Legna  o  del  Carbone; 
quel  che  egli  afl^erma:  «girando  a  sinistra,  appena  entrati, 
trovammo  una  locanda»,  risponde  perfettamente  alla  casa 
oggi  Grani ignani,  la  quale,  ripeto,  deve  o  può  essere  stato 
l'albergo  tenuto  della  signora  Montaigne. 

La  ubicazione  del  Villabianca  :  «  Ma(hima  di  Montagna. 
Locanda  nel  Cassaro  morto  del  bracrcio  Kalsa,  >^  non  impone, 
perchè  nel  setteciMito  la  (Mrcoscrizione  parrocchiale  della  Kal- 
sa, «lai  lato  settentrionale  esfcemlevasi  a  tutto  il  fabbricato 


(1)  M.  Jean  dk  Burch,   Lettre»  aur  le  Sieile    et    nur    Vile   de   Malta, 
t.  II.  lett.  XV,  15  fevrier,  1777.  Tuiin,  Keycend»  1782. 


IL    VIAGWJIO  DI  GOETHE  A  PALERMO  ECO.  175 

che  partiva  dall'Ospedale  degli  Incurabili,  ora  Ospizio  dei 
trovatelli,  fin  poco  oltre  la  imboccatura  della  via  Porto  Salvo. 

Questa  digressione  parrà  inutile  ;  ma  per  la  migliore 
locanda  che  ospitò  i  più  insigni  visitatori  dell'Isola  ed  i  pifi 
gran  signori  che  venivano  nella  Capitale  non  è  indegna 
della  ricerca  degli  eruditi.  Sappiamo  così  poco  su  que- 
st'argomento !... 

Se  poi  siffatta  ricerca  sarà  presa  a  cuore  ,  gioverà  che 
gli  studiosi  si  risparmiino  qualsiasi  indagine  negli  archivi 
della  parrocchia  nella  quale  dovette  essere  denunziata  la 
morte  della  Montaigne,  dato  che  costei  dimorasse  nella  casa 
delle  lapide  goetliian a.  S.  Niccolò  la  Kalsa,  gioiello  della  ar- 
chitettura dei  primi  tempi  aragonesi  se  non  di  tempi  ante- 
riori, sorgeva  nella  piazzetta  che  è  ora  di  S.  Spirito,  deco- 
rata della  fontana  del  cavallo  marino  presso  Porta  Felice. 
11  treni  noto  spaventevole  del  1823  la  danneggiò  grave- 
mente ;  alte  influenze  contemporanee  la  fecero  demolire.  1 
registri  di  S.  Nicolò  passarono  nella  vicina  chiesa  della  Ca- 
tena. Ebbene:  dal  1770  (ed  è  già  troppo,  perchè  nel  1776 
il  Sonnini  trovò  sana  e  chiacchierina  la  Montaigne)  al  1810, 
la  nota  albergatrice  non  comparisce  una  volta;  sicché  essa 
non  dovette  morire  nella  circoscrizione  parrocchiale,  ove,  se- 
condo s'è  ritenuto,  avrebbe  esercitata  la  sua  locanda.  Porse 
converrà  guardare  i  registri  della  parrocchia  di  S.  Giacomo 
la  Marina  (della  (]uale  dirò  più  innanzi)  accolti  nella  chiesa 
di  S.  CUta,  parrocchia  che  principia  dalla  vìa  <li  Porto  Salvo, 
ed  intercorre  all'  antico  carcere  ed  alle  case  che  lo  fron- 
teggiano. Se  il  «  registro  dei  morti  »  dì  quella  comprende 
anche  il  nome  della  Montaigne,  allora  un  po'  dì  fede  alle 
mìe  osservazioni  ])otrà  aggiustarsi. 

Lascio  la  digressione,  e  ripiglio  l'epistolario,  o  diario 
che  sia,  di  Goethe. 


176  IL    VIÀGGIO  DI  GOETHE  A  PALERMO  ECC. 


III. 


Quali  idee  sulla  Sicilia  portasse  Goethe  venendo  tra  noi 
è  facile  imniaoiuare  scorrendo  le  sue  entusiastiche  pagine. 
Egli  «iungeva  preparato,  oltre  che  con  istudì  all'uopo,  con 
la  lettura  dei  viaggiatori  che  lo  aveano  x)receduto.  Lasciamo 
stare  «  le  capannucce  col  tetto  di  paglia  »  che  i)are  un  mo- 
mento aver  egli  potuto  immaginare  (3  Aprile)  ;  questo 
però  è  certo  che  la  Sicilia  gli  aprì  orizzonti  non  prima 
sognati.  Ben  conosceva  quel  che  ne  era  stato  detto;  ma  la 
realtà  fu  superiore  all'aspettativa.  Brydone,  e  l'antagonista 
di  lui  de  Borch,  gli  aveano  rivelato  grandi  e  belle  cose,  ma 
più  che  il  Tour  through  Sicily  and  Malta  d(»ll'uno  e  le  Let- 
tres  sur  la  Sicili'  e  sur  l'ile  de  Malta  dell'altro,  (?gli  predilesse 
la  Reise  durch  Sicilien  und  Gross-Griecìicnland  del  Barone 
von  Eiedesel,  il  quale  vent'anni  innanzi  avea  percorsa  l'Isola 
ed  era  morto  due  anni  prima  (1785)  della  venuta  di  lui. 
Nella  lettera  del  26  Aprile,  datata  da  Girgenti,  Goethe  lo 
chiamava  suo  Mentore,  il  cui  libricino  egli  [)ortava  al  petto 
come  un  breviario  o  come  un  talismano. 

Nel  vedere  questo  cielo  ridente  e  (piesta  terra  baciata 
dal  sole,  il  suo  spirito  s'intese  sublimare.  «  lo,  diceva,  non 
saprei  trovar  parole  che  bastino  a  descrivere  e  riprodurre 
la  limpidezza  \  aporosa  dell'  atmosfera  di  queste  spiagge 
quando  arrivammo  a  Palermo  nel  pomeriggio  d'una  bellis- 
sima giornata:  tanta  era  la  purezza,  dei  contorni,  la  morbi- 
<lezza  del  tutto,  la  varietà  delle  tinte ,  la  ])erfetta  arino!iia 
fra  cielo,  terra  e  mare,  (^hi  lo  ha  visto  uua  volta,  non  po- 
trà dimenticarsene  più.  Solo  ora  posso  dire  di  comiu-endere 
e  d'essere  in  grado  di  api)rezzare  l'aKi)etto  magico  di  que- 
8t«  contrade  e  di  pot<n*ne  poi*tar<*  con  me  il  ricordo  nel  set 
teutriune  ». 


IL    VIAGGIO   DI  GOETHE   A    PALERMO  EOO.  177 

Così  comincìii  l'inno  a  questo  cielo,  ti  questo  golfo  e  al 
Monte  Pellegrino,  «  il  più   bel    promontorio   del    mondo  ». 

Da  dieci  anni  s'era  dato  mano  alla  Villa  Giulia,  ed  egli 
ne  fa  il  suo  godimento  intellettuale.  Là  egli  comprende 
Omero  e  lo  legge  in  un  testo  premurosamente  procuratosi 
presso  un  libraio.  Lieto  dell'accoglienza  preparatagli  dalla  na- 
tura, «  con  gelsi  rivestiti  di  fronde  recenti ,  con  oleandri 
sempre  verdi  e  con  siepi  d'agrumi  »,  egli  si  delizia  ancora 
più  nelle  aiuole  di  ranuncoli  e  di  anemoni. 

Gli  olea!idri,  infatti,  erano  così  copiosi  che,  non  essen- 
dosi ancora  pensato  a  chiudere  con  cancellate  tutto  il  giar- 
dino, formavano  quattro  lunglie  e  folte  siepi  di  circuitt>  e 
chiusura  di  esso.  Solo  dopo  il  1800  gli  oleandri  cedettero  al 
ferro;  ma  non  perciò  cessarono  mai  «lai  lu'ofumare  coi  loro 
innumerevoli  fiori  rosacei  i  bianchi  viali  e  le  verdi,  perenne- 
mente verdi  aiuole. 

Il  7  Aprile  scrivea  :  «  Ho  passato  oggi  ore  i)iacevolÌ8- 
sime  e  tranciuillissime  nel  giardino  i)ubblico,  che  è  proprio 
aderente  alla  rada  :  »  rilievo,  questo,  del  tutto  storico,  giac- 
ché la  Villa  Giulia  era  un  po'  più  vicina  al  mare.  «  Il  luogo 
è  maraviglioso.  Non  ostante  che  di  forme  regolari,  ha  aspetto 
magico;  e  quantuiuiue  [)iantato  da  poco,  vi  trasporta  ai 
tem[)i  antichi...  E  un  vero  incanto  per  l'o(;chio. 

«  Osservai  rami  di  forma  curiosa  in  piante  che  non  conosco, 
e  che  sono  tuttora  spoglie  di  fronde,  perchè  probabilmente 
originarie  di  regioni  più  calde.  Sedendo  sopra  un  banco, 
in  un  i)unto  elevato,  si  gode  l'aspetto  di  tutta  quella  ve- 
getazione nuova  e  curiosa,  e  lo  sguardo  va  a  cadere  su 
d'un'ampia  vasca,  dove  si  agitano,  si  muovono  pesci  dalle 
squame  d'oro  e  d'argento,  ora  nascondendosi  sotto  le  canne 
ricoperte  di  muschio,  ora  venendo  su  a  frotte,  quando  loro 
si  caccia  una  briciola  di  pane  ».  È  la  vasca  centrale  del  giar- 
dino, liberalmente  fatta  costruire  da  Monsignor  Gioeni  (1). 


(1)  Tkixejua,  OrUiitie  e  disposisioni  delVEcc.mo  Senato,  v.  I,  cap.  XIV, 
§  211  -  212.  Ms.  deir Archivio  Comunale  di  Palermo. 


178  IL    VIAGGIO   DI  GOETHE   A  PALERMO   ECC. 

«  Nou  si  può  dire  abbastanza  quale  aspetto  maraviglioso  dia 
quel l'atuiosf era  vaporosa  agli  oggetti  più  loutani,  l)astiraenti, 
promontori ,  dei  quali  possono  comprendersi ,  misurarsi  le 
distanze.  Una  passeggiata  in  quelle  alture  deve  riuscire 
piacevolissima  ». 

E  Goethe  concliiude  :  «  L'impressione  di  quel  giardino  fu 
in  me  profonda.  Le  onde  cupe  del  mare  a  settentrione ,  il 
loro  frangersi  sulle  spiagge  dei  vari  seni,  l'odore  delle  acque 
salse,  tutto  mi  richiamava  alla  memoria  l'isola  dei  beati 
Feaci  ». 

«  Sotto  la  minaccia  di  dover  abbandonar  fra  breve  questo 
paradiso»,  (e  paradiso  lo  disse  anche  il  tedesco  Justus  Tom- 
masiui  (1)  )  il  16  Aprile  egli  vagheggiava  ancora  la  speranza 
di  potervi  trovare  un  sollievo  nel  leggere  neW Odissea  e  nel 
meditare  il  piano  della  sua  Nausivaa;  e  con  molta  sua  soddi- 
sfazione ne  meditava  la  tela  e  non  sapeva  tenersi  dallo  svol- 
gerne alcune  scene,  le  quali  più  gli  sorridevano;  e  ritornava 
il  dì  seguente  col  fermo  proposito  di  proseguire  ad  occu- 
parsi di  quelli  ch'egli  chiamava  «  sogni  poetici  ». 

A  (juesta  Nausicaa  egli  ripensava  tre  settimane  dopo  (8 
Maggio)  stando  seduto  a  pie  d'un  arancio  i>resso  l'azzurro 
mare  sotto  Taormina  (Giardini)  :  e  si  affrettava  a  comporne 
la  tela  come  il  miglior  commentario  àoìV  Odissea.  Si  ricordò 
allora  della  Villa  Giulia  e  delle  sue  passeggiate  «  fra  le  siepi 
e  gli  oleandri,  sotto  i  pergolati  di  aranci  e  di  limoni ,  fra 
tutte  quelle  piante  e  quei  liori  a  lui  ignoti  tino  allora  e  ri- 
sentiva la  influenza  di  tutti  quegli  elementi  nuovi  ». 

E  come  non  commuoversi  alla  vista  di  alberi  che  all'iiria 
aperta  crescevano  prosperosi  e  gagliardi  mentr'egli  era  abi- 
tuatoa  vederli  in  Germania  rachitici  e  nanerottt)li  dentro 
stufe  e  dietro  cristalli  I  (17  Aprile). 

Una  gazzetta  palermitana,  pochi  mesi  dopo  la  partenza 
di  (Joeth<%  il  11)  Sett.  scriveva:  <  La  Villa  (riulia,  opera  pub- 
blica di  magniticenza  e  di  delizie,  la  «piale  riconosce  i  suoi 


(1)  Briefe  au9  Sùilien,  p.  54-55.  Berlin,  Nicolai,  1825. 


IL    VIAGGIO  Dt  GOETHE  A  PALERMO  ECC.  179 


principj  in  questo  piauo  di  8.  Era-sino  alla  ^Marina  «lai  genio 
creatore  del  sig.  Marchese  di  Recalmici  inentr'  era  Pretore 
di  questa  Capitale,  e  l'acquisto  di  due  orchestre  di  musica 
per  tutta  la  state  dalla  splendidezza  del  sig.  Principe  di  Pa- 
terno, siccome  deve  altresì  i  suoi  felici  progressi  all'  inde- 
fessa cura  e  vigilanza  del  sig.  cav.  G.  B.  Asmundo  Pater- 
nò,  attuai  Presidente  della  G.  0.,  va  ora  ac<iuÌ8tando  nuove 
bellezze  »  (l). 


IV. 


Grande  naturalista  ed  osservatone  sapiente,  Goethe  tro- 
vava nel  nostro  suolo  pascolo  di  indagini  e  di  ricerche.  Nel 
letto  del  tìuuie  Greto,  con  grave  scandalo  del  cicerone  che 
gli  parlava  di  antichi  combattimenti  svoltisi  in  quei  dintorni, 
mettevasi  a  raccattare  sassolini  d'ogni  genere  :  persuaso  che 
«  per  formarsi  ]>rontamente  un'idea  della  natura  d'una  con- 
trada montuosa  non  vi  sia  metodo  più  sicuro  di  quello  di  os- 
servare i  sassi  e  le  [)ietre  che  si  rinvengono  nei  corsi  d'acqua, 
i  quali  scendono  dalle  alture;  e  che  anche  in  questa  occasione 
si  cerchi  rapi)resentarsi  per  mezzo  di  (juelle  reliquie  l'età 
classica  del  nostro  globo  »  (4  Apr.). 

Lo  scienziato  disdegnava  il  fastidioso  chiacchierone,  uno 
delle  migliaia  di  chiacchieroni  onde  pullulano  le  città  e  le 
terre  solitarie  con  edifici  e  monumenti  del  passato.  E  met- 
teva insieme  una  quarantina  di  campioni  :  diaspri,  pietre 
cornee,  schisti  argillosi  vari  di  forme  e  di  colori,  e  antiche 
pietre  calcari  e  brecce  col  legate  con  calce,  formate  di  diaspri 
o  di  pietre  calcari.  x\i  Colli  ed  a  Bagheria  trovava  pietra 
rocciosa  calcare  e  vedeva  cave  per  materiale  di  costruzione; 
nelle  vicinanze  del  Pellegrino  (senza  dubbio  ai  Fossi,  esten- 
dentisi  fin  sotto  la  collina  Belmonte,  all'Acquasanta),  cave 


(1)  Raccolta  di  NoUxie,  a.  1787. 


180  IL    VIAG€«0   DI  aOETHE  A.  PALERMO  ECO. 

di  pietra  biauca  profonda  cinquanta  piedi  ;  e  lì  sotto,  coralli, 
avanzi  di  animali  e  conchiglie  petrifìcate  ;  e  negli  strati  su- 
periori, argille  rossastre  scarse  o  mancanti  di  concliiglie.  Nel 
Pellegrino,  rocce  calcari  di  antica  formazione,  porose,  a 
screpolature,  apparentemente  irregolari,  ma  in  realtà  ordi- 
natamente stratifleate  ;  e  le  rocce,  percosse,  davano  come  un 
suono  metallico  (4  Ai)r.).  Quel  monte  era  nudo,  senza  piante 
né  cespugli,  e  soltanto  i  tratti  piani  erano  rivestiti  parte  di 
erbe,  parte  di  muschio  (6  Apr.). 

Questa  osservazione  è  una  risposta  a  chi  vagella  alle 
ombre  di  un  Monte  Pellegrino  imboschito  nel  settecento. 

In  quel  di  Monreale,  scendendo  da  S.  Martino,  la  strada 
è  fra  monti  di  roccia  calcare,  la  quale  cotta  dà  calce  bian- 
chissima. «  Per  alimentare  le  fornaci,  osserva  Goethe,  si  val- 
gono d' un'erba  incolta,  alta  e  dura,  già  seccata  e  legata  in 
fascine».  Quest'erba  è  il  saracchio,  valgo  ddisa  [arundo  am- 
pelodesmoH  di  Linneo),  che  anche  ora,  mescolato  a  virgulti  ed 
a  legae,  si  usa  nelle  fornaci  dove  si  cuoce  calcina  od  altro. 

«  Fin  alle  maggiori  alture  si  vede  a  fior  di  terra  ar- 
gilla rossa,  che  forma  il  terriccio,  argilla  tanto  più  rossa 
quanto  più  in  alto  si  sale,  dove  la  vegetazione  scarseggia. 
Osservai  in  lontananza  una  caverna  rossa  quasi  cinabro.  Il 
monastero  poi  sorge  in  mezzo  a  tnonti  calcari,  ricchi  di 
sorgenti,  con  terreni  ben  coltivati  »  (10  Apr.). 

È  noto  che  il  Conte  de  Borch  fece  nel  1777  un  accu- 
rato viaggio  in  Sicilia  e,  com'era  allora  costume  di  alcuni, 
anche  in  Malta  (1).  Durante  quel  viaggio,  che  poi  descrive 
in  due  accurati  volumi  con  l'intendimento  di  correggere 
certi'  affermazioni  di  Brydone,  si  dedicò  a  studi  speciali 
sulle  i)ietre  dell'Isola  e  ne  compose  opere  allora  molto 
accre<litate  (2)., 


(1)  (.'oiifroiitH  i  Viaggi  di  Brydone,  de  bi  Platière,  Houel  ecc. 

(2)  tjilhotjruphif  tirilù'nnf  ecc.  Naples .  1777.  —  Litholotiiv  HiciUenne 
ecc.  Rome;  I77S.  —  Mim-ralaffir  MicUieuM  docimantupu;  et  inétallurffitjine 
ecc.  Turin,  1780. 


IL    VIAGGIO  DI  GOETHE  A   PALERMO  ECC.  181 


Ad  esse  fece  caix)  (Toetlie  venendo  tra  noi,  e  pur  non 
tacendone  i  difetti,  ebbe  a  confessare  avervi  ricorso  per 
ben  pre])arar8i  sotto  questo  as[>etto.  Intanto  C(;n  uno  di  quei 
volumi  e<»li  potè  fare  non  poche  utili  constatazioni  iniiieralo- 
ti^iclie,  cìic  formarono  una  delle  inijuliori  pagine  della  Reise 
e  l'attuale  «Collezione  uoetliiana  <lei  minerali  di  Sicilia» 
in  Weiinai'. 

Dal  re,i>iio  minerale  e«j;;li  passa  al  vegetale,  che  nella 
Villa  (tÌuIìm  di  Palermo  assurge  a  vaghe  visioni  di  fantasia, 
e  nella  lettera  <lel  2S  Aprile  in  Caltanissetta  si  mescola  e 
confonde  con  quello.  La  scienza  diventa  poesia.  (Ili  alberi, 
le  i)iante,  le  foglie,  i  liori  parlano  non  juir  dell'oggi,  ma 
anche  dell'ieri  e  d<Oie  età  più  remote;  e  quando  l'ultimo 
giorno  di  sua  dimora  in  Palermo  (ìroethe  torna  a  (jiiel 
giardino,  un  gran  dubbio  lo  assale,  dubbio  che  è  un  grave 
proldema  di  botanica  a.rcheologi(^a.  «  Le  molte  pianta  che  io 
sono  abituato  a  vedere  solo  in  casse  di  legno  ed  in  vasi,  e 
la  massima  [)artt*  dell'anno  dietro  finestre  di  cristallo,  qui 
stanno  all'aria  aperta,  e  frattanto  sviluppandosi  si  pre- 
stano meglio  al  nostro  esame.  Alla  vista  di  tante  ligure 
nuove  o  rinnovate  (di  piante)  si  riaffacciò  alla  mia  mente 
l'antico  mio  capriccio,  cioè  se  io  non  possa  sotto  <piesta 
schiera  scoprire  la  pianta  ovìg'uìnìi'fUrpflaHseJf  Siffatta  pianta 
deve  pure  esservi;  se  no,  come  potrei  io  conoscere  che  que- 
sta o  quell'altra  figura  sia  una  pianta  se  esse  tutte  non 
fossero  da  riportare  ad  un  me<lesino  tipof  Mi  adoperai  a 
indagare  in  che  si  differissero  le  une  dalle  altre  ;  la  forma 
che  tra  loro  i)iri  si  scosterà  nella  foiina;  e  trovai  seniju-e 
più  analogie  che  differenze  ». 

Assorto  in  cpieste  considerazioni,  egli  vede  scomparso  il 
giiirdino  incantato  di  Alcinoo,  e  trasformato  in  orto  comune. 

Questo  [)ensiero  non  abl)and<)uò  più  uè  allora  né  poi  il 
sommo  morfologo  delle  piante.  [117  Maggio,  appeu  i  giunto 
a  Napoli,  egli  ne  scrivev^a  ad  Herder  (altri  invece  di  Her- 
der mette  di  mezzo  la  Carlotta  von  Stein);  e  le  sue  osser- 
vazioni possono  riassumersi  in  questi  termini: 

Arch.  Star.  Sic..  N.  S.  Anno  XXX.  13 


182  IL    VIAGKilO   DI  GOETHE   A   PALERMO    ECC. 

«Ti  significo  coiiMcuzifil mente  che  io  sono  sul  jiiiiito  di 
scoprire  tìnal mente  il  mistero  del  nascere  e  dell'orj;>anarsi 
delle  piante.  Il  mio  tipo  della  pianta  primitiva  sarà  la 
cosa  più  singolare  del  mondo,  e  la  natura  medesima  me 
lo  iudicberà.  Con  tale  modello  e  con  tale  chiave  si  ])o- 
tranuo  creare  un'intìnità  di  nuove  piante,  le  quali,  se  non 
esisteranno  realmente,  potrebbero  esistere,  e  che  lungi  del- 
l'essere  riflesso  o  parto  d' un' immaginazione  artistica  o 
poetica,  avranno  un' intima  e  vera  esistenza,  direi  anche 
necessaria;  e  tal  legge  creatrice  i)otrà  applicarsi  a  tutto  ciò 
che  gode  di  una  vita  qualsiasi  ». 

Tre  anni  dopo  (17JK))  egli  lanciava  arditamente  in  mezzo 
agli  scienziati  d'Europa,  i  (juali  l'accoglievano  tra  sorpresi 
ed  increduli,  la  sua  teoria,  cominciata  a  intravedere  in  Ita- 
lia, compiuta  in  Sicilia,  sopra  la  Metamorfosi  delle  piante, 
e  con  essa,  vedi  coincidenza  d'opere  intellettuali!  quel  Tor- 
quato Tassoy  che,  iniziato  in  Weimar,  venne  mentalmente 
continuato  nella  ti-aversata  da  Napoli  a  Palermo  e  portato 
moltK)  innanzi  nell'Isola.  Così  (]uesta  avrà  anche  la  gloria 
di  avere  ispirato  non  solo  una  parte  del  dramma  ov'è  adom- 
brata una  circostanza  della  vita  esterion*  <lel  (ìroethe  ,  ma 
anche  la  scoperta  morfologica  e,  come  vedremo,  una  com- 
media e  versi  bellissimi. 

V. 

Pochi  e  sommari  i  rilievi  che  Goethe  viene  facendo  <len- 
tro  e  fuori  la  città.  I  cavalli  sono  adoperati  assai  meno 
che  i  muli,  ai  quali  si  somministra  orzo,  paglia  tagliata  e 
trifoglio;  e  in  primavera  orzo  verde  come  rinfresca  ti  vo.  Po- 
che le  j)ecore,  di  razze  originarie  dalla  iiarberia  (4  Apr.). 
(iraziose  le  scope,  fornuitc  «li  rami  di  palma,  le  (luali  con 
qmihrlie  modificazione  potrebbero  nnidere  miglior  servizio 
(5  Apr.)  :  <li  ))alma  dice,  ma  «loveva  dire  meglio  di  gerfo- 
glio  ((ihumoeropH  hnmiUs). 

HtufNMHli  i  legumi;  tenere  soprattutto  le  insalate  e  dolci 


IL    VIAGM5HO  DI  GOETHE   A  PALERMO   EOO.  183 


come  il  latt»',  donde  il  nome  di  lattuga  stato  dato  loro  da- 
gli aiitic'lii.  Buoni  eguagliente  l'olio  ed  il  vino,  e  ])otrel)- 
bero  esserlo  i)iù  se  meglio  ne  fosse  curata  la  fabbri  eaz  io  ne. 
Di  gusto  delicato  i  pesci;  benché  scarse,  buone  le  carni,  e<l 
egli  ne  ebbe  ottime  di  animali  giovani  (13  Apr.). 

A  proposito  di  i)raticlie  agrarie,  brevi  son  quelle  che 
egli  (mumera  nella  seconda  lettera  da  Alcamo  (IJ)  Aprile); 
molte  invece  (pielle  <lelle  <r}impagne  di  Girgenti  (26  Ai)rile). 

Le  costruzioni  architettoniche  della  città  gli  ricordano 
quelle  di  Napoli.  (ìoetlie  non  trova  si>irito  artistico  che  in- 
dirizzi ed  informi  le  oi)ere.  «  Gli  ediftct  sorgono  a  caso  ed  a 
capriccio,  e'd  è  a  meravigliare  come  possa  esser  nata  in  Pa- 
lermo una  fontana  come  (pudla  che  vi  si  ammira,  se  non  si 
pensasse  che  la  Sicilia  è  ricca  di  marmi  e  non  avesse  uno 
scultore  capace  di  riju'odurre  ligure  e  teste  di  animali  stu- 
pendamente disegnate  e  lavorate.  »  E  descrive  quella  fontana 
senza  cercare  di  sapere  che  essa  non  è  siciliana,  e  che  fu 
mal  collocata  là  <love  si  trova.  ì^essuno  disse  a  Goethe  che 
la  Fonte  Pretoria  venne  architettata  ed  eseguita  in  Firenze 
prima  del  1552  da  Francesco  Oamilllani  e  Angelo  Vagherino, 
scultori  liorentini,  con  l'assistenza  di  Frate  Angelo  da  Mon- 
torsoli;  che  l'opera  i^a  stata  ordinata  da  Don  Pietro  di  To- 
ledo i)er  una  villa  in  Firenze,  e  che  il  figliuolo  di  lui,  es- 
sendo a  corto  di  quattrini ,  la  vendette  al  Senato  di  Pa- 
leriiio  (1). 

È  bensì  vero  che  a  (piella  fontana,  copiosa  di  acque,  al- 
lora ritenute  superiori  ad  altre  della  città,  andassero  ad  at- 
tingere i  buoni  Palermitani;  ed  i  diaristi  del  tempo  nota- 
vano come  un  fatto  ordinario  che  i  servitori  delle  famiglie 
aristocratiche  vi  si  recassero  con  lucide  mezzine  di  rame 
nell'ora  consueta  del  desinare  dei  loro  padroni. 

Insìstendo  sulla  (capricciosa  esuberanza  degli  ornati,  Goe- 
the lamenta  che  le  chiese  ne  abbiano    in   tanta  profusione 


(1)  Lo  Prbsti,  Nuora  ed  esatta  descrizione  del  celeberrimo  fonte  esistente 
nella  piazza  del  Palazzo  Senatorio.  In  Palermo,  Epiro,  1737.— Palbemo, 
Guida  istruttiva,  2*  edizione,  pp.  261-67. 


]84  IL    VIAGGIO   DI   GOETHE   A   PALERMO   ECC. 


da  suixn'aro  quelli  della  chiesa  dei  Gesuiti  (alludendo  pro- 
babihneiite  a  Casa  Professa),  senza  un  disegno  prestabilito, 
senza  ordine  e  senza  Jiiisto.  E  non  tieni  conto  della  <;liiesa 
di  S.  (iriuseppe,  tij)ica  per  siffatti  ornati:  e  non  cerea  del 
tempo  in  (die  esse  ebbero  origine  e  dello  stile  al  <]uale  ven- 
nero inforniate  da  artisti  che  spesso  ra{)presentavano  quanto 
di  più  ingegnoso  potesse  dare  la  invenzione,  quanto  di  più 
corretto  il  disegno,  quanto  <li  più  tìne  l'iiulirizzo  <lel  secolo. 
Tutto  è  relativo:  ed  è  bene  sj)iegabile  che  ad  un  genio  come 
(roethe,  nato  es  cresciuto  in  un  ambiente  così  diverso  dal 
nostro  anche  dal  punto  di  vista  religioso,  certe  rai)])resen- 
tazioni  e  forme  paressero  esagerate. 

Egli  è  quindi  coerente  a  se  stesso  quan(h>  salito  sul 
Pellegrino  resta  vivamente  ammirato  della  sid)linie  natu- 
ralezza della  grotta  di  S.  Rosalia.  <  Tutto  il  cristianesimo, 
che  da  diciotto  secoli  ha  fondato  il  suo  possesso,  il  suo 
sfoggio,  le  sue  splendide  feste  sulla  i)overtà  dei  suoi  primi- 
tivi fondatori  e  dei  suoi  zelanti  confessori,  non  offre  un  san- 
tuario che  sia  ornato  così  innocenteuKMite  e  con  tanto  sen- 
timeuto  come  questo  »  ((>  Apr.). 

Vari  scrittori  italiani  e  stranieri  (lasciamo  da  [»arte  i 
siciliani)  lian  parlato  di  questo  santuario,  ma  nessuno  —  o 
ch'io  m'inganno  —  l'ha  fatto  col  sincero  e  squisito  senti- 
mento di  Goethe.  Accennato  aUa  bellezza  lìiirabile'del  Monte 
ed  alla  fedele  riproduzione  che  ne  era  stata  fatta  nel  Voi/agr 
pittoreHqìK'  de  la  SicUe  (titolo  incompleto  del  Voijaqe  inttorc- 
aque  ou  Description  den  Rojfaumes  de  Naples  et  de  SicUe  del- 
l'ab.  Richard  de  Saint  Xon  (1)  e  descritto  miuutanu^nte  il 
venerato  luogo,  si  ferma  da  ultimo  all'altare  del  lato  sini- 
8tro,  nel  quale  era  ed  è  il  simulacro  della  Verginella  di 
Palermo.  «  Guanlai,  dice,  attraverso  una  graticella  d'ottone 
un  lavoro  a  fogliame,  e  vi<li  iampad<'  accese  innanzi  l'al- 
tiire;  m'inginocchiai  vicino  e  guardai  tra  i  vani  di  <piella. 
C'era  internamente  un'altra  graticella  di  più  sottili  lìli  d'ot- 


ti) Paris,  1782-86,  voli.  5. 


IL    VIAGGIO  DI  GOETHE   A   PALERMO  ECO.  185 


tene,  c<)si(M5hè  attraverso  le  maglie  di  essa  potevo  discernere 
bene.  E  s<;<)i'si  ;illa  luce  serena  di  aleune  lampade  una  bella 
figura  di  donn;»,  giacente  come  in  estasi,  gli  occhi  semi- 
chiusi, il  capo  alquanto  piegato  dal  lato  della  mano  destra, 
adorna  di  molti  anelli.  Io  non  mi  stan<'.avo  di  contemplare 
quella  immagine,  splendente  a  me  in  tutta  la  sua  vaghezza. 
La  sua  vestc^  era  di  lainina  dorata,  che  imitava  benissimo 
una  ricca  stotta  tessuta  in  oro.  La  testa  e  le  mani  erano 
di  marmo  bianco,  non  oserei  dire  di  stile  eletto  ma  ])ur 
lavorato  con  tanta  naturalezza  e  gradevolezza  che  si  sarebbe 
creduto  (piella  figura  alitare  e  muoversi.  Le  stava  al  lato 
un  angioletto  che  (;on  un  ramo  di  giglio  in  mano  ])arev'^a 
volesse  farle  fresco  e  luce  »  (0  Apr.). 

Questa  poetica  descrizione  (>  divenuta  classica  per  ogni 
buon  viaggiatore  tedesco  che  salga  sul  Pell^^grino  e  visiti 
la  grotta,  Egli  vuol  vedere  uno  per  uno  i  particolari  della 
lettera  della  IttiUenischc  ReUe. 

Sei  anni  (lo|>o  di  (loethe,  il  1*5  Setteujbre  rlel  171)3,  un 
nobile  lombardo,  il  Contt'  Cast(me  della  Torre  di  liezzonico, 
visitando  il  medesimo  simulacro,  senza  nulla  sapere  del  giu- 
dizio di  Goethe,  scriveva:  «  Sotto  l'altare  giace  la  statua 
della  Santa,  e  nessuna  lìn'ora  m'è  accaduto  di  vederne  più 
formosa  (^  tenera,  e  meglio  att(^ggiatii.  Il  volto  è  di  bellis- 
sima forma,  e  con  braccio  sotto  la  testa  regge  la  santa  una 
foltissima  chioma:  e  nella  destra  sostiene  un  crocifisso  che 
amorosamente  conteinpia  nell'atto  di  socchiudere  le  vaghe 
pupille  nel  sonno  <l'una  placida  morte.  Una  ricca  veste  di 
tocca  d'oro,  aspra  di  molte  gemme,  la  ricopre  :  ardono  più 
lampade  intorno  e  una  doppia  cancellata  la  difetide  da' 
profani,  che  appena  possono  rimirarla  fra  que'  molteplici 
trafori.  L'arte  ha  qui  saputo  far  uso  maestrevole  del  poter 
suo  nello  scoli)ire  e  nel  collocare  in  misterioso  luogo  il  ben 
oprato  simulacro  ed  anzi  contribuisce  a  nodrire  la  divo- 
zione »  (1). 


1)  Opere,  t.  V,  p.  103.  Como  1817.— Maria  Piteè,  Le  Feste  di  S.  Rosa- 


186  IL    VIAGOIO  DI   GOETHE   A    PALERMO    ECC. 


Siffatta  descrizione  avvalora  e  documenta  quella  di  Goe- 
the, dalla  quale  alla  sua  volta  prende  colore  ed  evidenza. 
Chi  conosce  il  dotto  patrizio  comasco,  e  ricorda  la  sua  in- 
contentabilità nelle  opere  d'arte  da  lui  vedute  in  Sicilia,  do- 
vrà per  necessaria  conseguenza  ammettere  che  la  8.  Rosa- 
lia del  Monte  Pelle.i>rino,  non  ostante  che  fattura  del  seicento, 
ha  dei  pregi  singolari.  liappresenta  la  patrona  <li  Talermo 
presso  a  render  la  vita  e  col  capo  rivolto  verso  hi  città.  Ne 
fu  autore  (Iregorit)  Tedesclii  liorentino.  La  veste  d'o io,  costata 
duemila  scudi,  fu  dono  del  pio  Carlo  111  quando  egli  venne 
ad  incoronarsi  in  Palermo  (1735).  Le  anella  delle  dita  sono 
antiche  offerte  dei  di  voti.  La  corona  di  rose  d'oro,  frutto 
di  limosine  sì  di  divoti  e  sì  della  Deputazione  della  Grotta, 
e  del  valore  di  mille  scudi,  fu  posata  sul  capo  della  statua 
il  20  Aprile  1727  (1).  Una  minuta  aualisi  condurrebbe  alla 
documentazione  storica  di  questo  tratto  di  squisita  poesia, 
dove  è  anche  a  rilevare  lo  incontro  di  (xoethe  con  mi  sacer- 
dote della  comunut,  uno  dei  dodici  canonici  recimtemente 
istituiti  dall'Arcivescovo  di   Palermo  moiis.  Sauseverino. 

Chi  oggi  si  rechi  in  pellegrinaggio  al  benedetto  luogo  e 
volga  l'occhio  sulla  nuda  roccia  a  destra,  tra  la  p()vta  esterna 
e  la  leggendaria  grotta,  troverà  la  modesta  iscrizione  seguen- 
te da  me  dettata  : 

IN    QUESTO   SPECO 

SACRO    ALLA    VKROINK    l'ATKONA    ni    PALERMO 

IL    I>Ì    VI    Al'UILE    DKL    M  IK^CLXXXVII 

VOLFANGO  GOETHE 

SI    FKKMAVA    A    CONTEMPLA  KK 

LA    SEMPLICITÀ    PRIMITIVA 

DEL   8ANTDAK10 

E    LE    FORME    ELETTE 

DEL 

VENERATO  SIMULACRO. 


Ha  ìh  Palermo  e  della   AxHHiita  hi  .)frHsiiia.    Versioìii  wc,  pp.  15-l(i.   Pa- 
lermo, HelMM-,   19(K). 

'1)  ViLLAMiANCA,  l'olmiiit  (Vnyy'ujiorun,  iti  liibliotcvn  «iel  Di  Marzo, 
V,  X,  p.  43f).  —  Palermo,  (JiiUlu  intnittirn  per  l'alenuo  e  niioì  (ìintorni, 
p.  787.  Fji1«miii(»,  IN'iiHjiiitv.  \H')\).  -  Km.  Salemi  Hatta(ìlia.  N.  Uosalia 
•  FaUrmo,  2.»  edix.,  p.  162.  Paleriuo,  1889. 


IL    VIAGGUO  DI  GOETHE  A  PALEBMO  EOO.  187 


VI, 


Alteiiiaiulo  il  uii'o  della  città  con  le  ^ite  nei  diiitorni, 
Goethe  vede  quello  che  più  lo  attira  senza  un  ordine 
prestabilito  che  lo  inceppi  come  una  guida  Bedeker  dei 
giorni  nostii.  In  cittri  ta volta  si  ferma  presso  un  merciaiuolo 
del  Cassjiro,  probabilmente  tra  i  (Quattro  Canti  e  S.  Matteo. 
Quell'uomo  ^li  riesce  sim])atico,  ed  euii  s'intrattiene  volen- 
tieri n  ciuiversare  con  lui  nella  sua  bottega,  il  Massaro  era 
allora  lastricato  ben  diversamente  d'adesso,  in  forma  di  sezio- 
m^  concava;  talché  o  per  le  piogge  elle  scendevano  (ìall'alto, 
o  i)er  le  immondizie  che  il  tenii)o  asciutto  ed  il  vento  vi 
ti'asi)ortava,  facile  cosa  era  il  raccoglicrvisi  mota  d'inverno, 
polvere  d'estate.  È  antico  il  costume  di  mettere  in  mucchi 
presso  i  marciapiedi  o  il  fango  o  la  spazzatura  att«»uden- 
dosi  che  un  carretto  venga  a  sgombrarne  il  suolo:  il  clie 
è  semi)re  un  lavoro  tardivamente  fatto.  Così  era  nel  quat- 
trocento, così  nel  settecento. 

Nel  quattrocento,  per  non  andare  indietro  più  lontano, 
si  prescriveva  che  non  si  dovessero  abbandonare  così  am- 
mncchiate  le  immondezze;  ma  eran  bandi  di  Palermo,  e  si 
sa  che  rimanevano  lettera  morta.  Nel  settecenti»  infatti, 
chiacchiemndo  <lel  più  e  del  meno  col  suo  nuovo  conoscente, 
il  merciaiuolo,  Goethe  se  la  pigliava  coi  Palermitani,  «che 
lasciavano  ammucchiare,  diceva  lui,  innanzi  le  botteghe 
tante  immondezze  (1),  che  poi  il  vento  ritornava  alle  bot- 
teghe medesime  »;  ed  il  uierciaiuolo,  malizioso,  gli  fa^reva 
osservare  che   <  coloro  ai  (piali  spettava  di  provvedere  alla 


(1)  È  curioso  che  l'usanza  Ijiaientata  da  Goethe  fosse  una  antica  «U- 
sposizioue  ilei  Senato  consacrata  nei  contratti  di  appalto  della  spazzatura. 
Si  prescrivea  che  le  immondezze  spazzate  venissero  raccolte  a  mucchi, 
con  l'intendimento  che  poi  dovessero  portarsi  via.  Vedi  il  Contratto  ci- 
tato nella  nota  2  della  pagina  seguente. 


188  IL    VlAGOIO   DI  GOETHE  A  PALERMO   ECC. 

pulizia  aveauo  gi'unde  iuflutMiza,  e  non  si  riusciva  ad  obbli- 
garli a  fare  il  loro  dovere.  Se  si  sgombrasse,  aggiungeva, 
tutta  quella  lordura,  verrebbe  in  luce  lo  stato  miserando 
del  sottostante  selciato,  e  si  scopri rebbm'o  le  malversazioni 
della  loro  disonesta  amministrazione  .  (Oh!  come  ii  mondo 
è  sempre  lo  stesso  !). 

Concludeva  poi  scherzando:  «  Le  male  lingue  dicono  es- 
sere la  Nobiltà  quella  che  favorisce  (piesto  stalo  di  cose, 
atfinchè  le  carrozze,  andando  di  sera  alla  passeggiata,  pos- 
sano proceder  senza  scosse,  sopra  un  pavimento  meno 
duro  ». 

Ma  quel  merciaiuolo  se  non  conosceva  la  storia  del  suo 
])aese,  se  non  sapeva  che  già  fin  dai  pi'inn  del  quattrocento 
esistessero  disposizioni  per  la  pulitura  delle  vie,  se  igno- 
rava che  nel  1(500  il  Comune  avea  dato  in  ap])alto  lo  spàz- 
zaniento  tni  anuatìiamento  giornaliero  delle  varie  strade  e 
piazze  (1);  iM)teva  almeno  dire  n  (Ti>etlie,  cosa  della  quale 
egli  era  testimonio,  che  otto  anni  iunaiìzi  (7  Ag.  1770)  si 
era  concertata  la  spazzatura  (h'I  Cassaro  e  della  Strada 
Nuova  in  una  maniera  più  rispondente  allo  s<'<)}»o.  I*oteva 
largii  ossiH'vare  che  certi  carrettieri  avevano  imix'giìata  con 
gli  ortolani  la  si)azzatnra  ;  anzi,  come  ho  rilevato  in  altro 
nno  studio  (2),  i)er  antico  decreto  del  Senato,  le  bestie  da 
soma  che  entravano  in  città  carichr  di  ortaggi  non  po- 
tevano uscirne  senza  la  spazzatura  delle  case  ,  tanto  no- 
civa alla  i)ubblica  salute  (pianto  utile  all'agricoltura  (.'J); 
e  che  i  padroni  delle  botteghe  pagavano  un  bajocco  (cent. 
4)  l'uno,  per  due  s[»azzate  la  settimana,  fatte  da  20  forzati, 
l'oteva  anche  soggiungere,  ed  egli  doveva  saperlo  di  pre- 
ferenza, cliH  j>ei"  (pianto    ii  Senato  facesse  e  nel   Cassaro   e 


(1)  H.  Stauuahha,  Contraiti)  (ÌUipixdto  vw.  in  AtchivUi  stor.  nic,  nuova 
iM'rift,  u.   II,   liiHf.   II,   pp.  2(>4-!(,   I'al<Min(),   1S77, 

(2J  l'dlernio  cenUt  e  più  anni  fa.  \.   I.  cap.   111. 

(H)  Capitoli  M  Semto,  t.  II,  f.  UHI.  Ms.  «Irli"  Auliivio  Coiniiiiale.  — 
Texicjiìa,  <>p.  lit.  (up.  XIII,  ^  I!)l. 


IL    VIAGGIO   DI   GOETHE   A   PALERMO   ECO.  189 


nel  piano  della  Martorana  lastricando,  ripulendo,  non  riu- 
sciva mai  a  s})avazzai'e  la  immensa  mota  che  le  jjio^ge  con- 
tinue vi  producevano:  difetto  comune  ad  altri  punti  della 
città,  ed  alla  Marina  ])articolarmente  (1). 

Gli  effetti  del  livelli»  stradale  si  fanno  pel  Goethe  jdiì 
rilevanti  quando  egli  vede  nel  bel  mezzo  del  Oassaro,  in 
inappuntabile  costume  aristocratico  del  tempo,  il  Principe 
di  Palagonia  andar  (pu^stuando  per  i  poveri  schiavi  sici- 
liani in  Barberia.  I).  Ferdinando  Francesco  Gravina  Al- 
bata (VII  di  quel  titolo)  procedeva  dignitoso  ed  impertur- 
babile in  parrucc?a  arricciata  e  incipriata,  si)ada  al  tìanco, 
calze  di  seta  e  scarpine  con  fìbbie,  guarnite  nientemeno  di 
diamanti.  Era  piovuto  a  dirotto,  ed  egli  non  si  dava  pen- 
siero del  fango  che  tutto  lo  inzaccherava  (12  Apr.). 

A  i)roposito  di  piogge  possiamo  con  testimoni  oculari 
sajHM'e  come  esse  fossero  andate.  Uno,  il  Villabianea,  nota 
lùoggerelle  frecpienti  (2);  (ìoethe,  piogge  ad  intervalli  con 
lampi  e  tuoni  il  13,  e  un  vero  diluvio  nella  notte  dal 
14  al  15.  ()  il  diluvio  non  ci  fu,  o  se  ci  fu,  il  Goethe, 
giovane  a  IV,)  anni,  può  averlo  veduro;  Villabianea  a  <I7  non 
ne  avrà  veduto  nulla,  o  non  ne  avrà  riportata  impressione. 
La  neve  caduta  copiosissima  il  13  Gennaio ,  riapparsa  dal 
23  al  25  P(4)biiiio,  non  si  ripetè  nei  giorni  di  fermata  di 
(kjethe  in  Palermo;  e  (juando  il  2  Maggio  riapparv<',  egli 
non  era  pifi  in  Palermo;  e  forse  a  Catania  non  ne  ebbe  sen- 
tore. 

La  descrizione  di  <piell'  acquazzone  dà  un'idea  di  ciò  che 
fosse  allora  la  città  (piando  un  torrente  scendeva  imj)etuoso 
pel  Corso  a  mare.  (Mii  dovea  attraversare  da  un  lato  all'al- 
tro la  strada,  poteva  farlo  solo  su  ponti  primitivi  in  legno, 
()  rassegnai'si  a  diventar  carico  abbastanza  comico  di  uno 
dei  tanti  facchini  che  in  quella  occasione  facevano  da  raa- 


(1)  Vu.LABiANOA,   DUnio   in    BM.  del  Di  Marzo,  v.  XXVI,  p.    372; 
V.  XXVII,  p.  43G. 

(2)  ViLLABiANCA,  Diario  iu.,   toiuo  cit.,  a.  1787,  pp.  3-5. 


190  IL    VIAGGIO  DI  GOETHE   A  PALERMO   ECC. 


rangoui.  Bisogna  ricordarsi  che  a  cagione  di  questo  torrente 
e  di  questi  ponti  posticci,  dovuti  alla  previdenza  del  Senato 
ed  all'opem  materiale  del  famoso  mastro  Agostino  Tum- 
minello,  fu  in  tutta  serietà  scritto,  non  ricordo  da  quale 
viaggiatore,  che  Palermo  era  una  grande  città,  divisa  da 
un  fiume  e  unita  da  ponti:  notizia  divenuta  anche  argu- 
tamente tradizionale. 

«  11  torrente  che  scendeva  sulla  via  fra  i  marciapiedi, 
da  entrambi  i  lati,  avea  liberato  il  suolo  dal  fango  i)iù  leg- 
giero trascinandolo  ])arte  a  mare,  parte  nelle  chiaviche  non 
otturate,  qua  e  là  le  materie  più  pesanti  aprendo  nel  baso- 
lato  una  specie  di  meandro  tortuoso,  libero  dalle  immon- 
dezze. Era  il  Sabato  della  Domenica  in  Albis  e  dovea  aver 
luogo  la  processione.  Centinaia  di  operai,  con  pali,  forche, 
scope,  compievano  l'opera  incominciata  dall'acqua,  racco- 
gliendo di  lato  tutte  quelle  immondezze,  cercando  di  allar- 
gare e  dare  miglior  forma  a  (pi ella  strada  improvvisata. 
(Josì  quando  la  processione  uscì,  la  via,  per  quanto  tortuosa, 
era  già  abbastanza  pulita  perchè  tra  quella  palude  la  lunga 
fila  del  clero,  dei  nobili  in  scarpine  e  calze,  dietro  il  Viceré 
potessero  percorrerla  senza  infangarsi.  Parevami  vedere  il 
])opolo  d'Israele,  in  mezzo  a  fanghi  e  paludi  guidato  per  la 
via  asciutta  dall'angelo;  e  questa  impressione  era  nobilitata, 
dalla  vista  di  tante  persone  elette,  le  quali  pompeggiavano 
sì,  ma  con  attitudine  di  compunzione,  cantando  tra  quei 
mucchi  di  fango  laudi  e  preghiere  ». 

Questo  vide  e  questo  i)ens()  (Goethe  il  15  Aprile.  Ma  per 
(pianto  io  abbia  indagato,  non  son  riuscito  a  trovare  una 
lirocessione  di  quella  fatta  in  quel  giorno.  Non  un  diarista 
ne  fa  ])arola;  e  nel  CercmoniaìciUfì  De  Fraudi is  (1788,  ban- 
ditore e  c-erimonicn'e  del  kSenato  di  Palermo),  non  ve  n'ò  trac- 
cia. K  sì  che  il  Senato  dovea  prendervi  parte  se  ve  la  lU'en- 
devail  Viceré!  A  farlo  apposta,  nessuna  funzione  solenne  ce- 
lebmvasl  iu  quel  giorno;  e  solo  il  domani,  senza  intervento 
del  V^icerè,  il  Seujito  nudava  alla  ('att<Mlriil<'  per  la  M(\ssa  can- 
tatu  e  per  la  processioiK»  iutenui,  la  <pi:(lc  indicava  il  prin 


IL    VIAGGIO  DI  GOETHE  A  PALERMO  ECC.  191 


cipio  delle  pubbliche  novenarie  preghiere  dell'ano  nper  Fer- 
dinando III  Borbone  e  per  la  reale  famiglia,  e  conduceva 
in  giro  })er  la  chiesa  la  immagine  della  Madonna  (1). 

Prima  assai  dei  Borboni,  l'il  Aprile  del  17()<>,  v'era  stata 
una  processione  per  hi  Domenica  in  Albis,  di.s])ostn  dal- 
l'Autorità ecclesiastica;  e  v'ebbero  frati,  clero  e  Capitolo 
della  Cattedrale  cantanti  litanie,  l'Arcivescovo,  il  Vi(;erè  col 
Sacro  Consiglio  ed  il  Senato  ;  ma  fu  spettacolo  straordinario  e 
particolare  i>er  impetrare  da  Dio  il  buon  esito  delle  armi  di 
Filippo  V,  che  comandava  in  i)ersona  il  suo  esercito  con- 
tro quello  di  Austria. 

Se  le  notizie  di  (piel  Venerdì  santo  non  fossero  esplicite, 
io  sarei  tentato  a  riportare  a  quel  giorno  la  funzione  reli- 
giosa annunziata  pel  Sabato  successivo;  e  allora  c'entrerebbe 
il  Viceré  con  tutti  i  componenti  le  nobili  confraternite  della 
Pace,  della  Carità  e  de'  Bianchi,  e  non  dovrebbe  parlarsi, 
come  diceva  il  mercantuolo  a  (joethe,  di  Divinissimo,  ma 
della  Madonna  della  Solida<l  (2). 

Tant'è:  questo  porse  occasione  al  nostro  viaggiatore  <li 
visitare  ai>i)unto  la  Cattedrale  e  di  «  contemplarne  le  va- 
rità  ».  Ma  l)en  poco  deve  aver  vetluto  essendo  essa  in  via 
di  quel  restauro  che  si  tradusse  in  vera  e  propria  ricostru- 
zione di  triste  memoria  i)er  la  storia  dell'arte. 

Poco  dopo  si  recò  in  «  una  casa  moresca  tuttora  ben 
conservata,  non  molto  grande,  ma  con  ampie  e  belle  stanze 
di  armoniche  proporzioni;  »  e  dovea  certo  essere  il  castello 
della  Zisa,  opera  dei  tempi  dei  due  Guglielmi,  che  dispensa 
«la  qualunque  illustrazione.  Visitò  altresì  «  un  luogo  sgradi- 
tissimo, con  resti  di  antiche  statue  »,  che  non  ebbe  il  corag- 
gio di  fermarsi  ad  osservare  :  vago,  troppo  vago  accenno,  che 
ci  fa  pensare  al  Museo  Salnitriano  nell'ex-Collegio  dei  Ge- 
suiti, cioè    nell'Accademia    degli    Studi  (Università).   N'era 


(1)  I)k  Fra\(;his,  Ceremonùtle,  piì.  206-15.  Ms.  II,  C  25  dell'Archivio 
Comunale.  —  Palkrmo,  GuicUi  istrutti4'a  ecc..  p.  28. 

(2)  Dk  Fkanchis,  <>p.  eit.,  pp.  186-89. 


192  IL    VIAGGUO  DI   GOETHE   A   PALERMO   ECC. 


Direttore  il  Bibliotecario  D.  Giuseppe  Sterziuger,  teatino 
bavarese  (1).  Il  Soimini,  che  avea  veduto  prima  di  Goethe 
quel  museo,  dice  vaio:  «  una  raccolta  contusa  di  oggetti  assai 
poco  interessanti  »  (2).  Simili  a  questo,  peraltro,  doveano 
essere  musei  e  pinacoteche  private,  cv'cezione  fatta  di  quella 
del  Principe  di  Torremuzza  ;  onde  Bartels  potè  notare 
come  e  Musei  e  pinacoteche  non  attirassero  l'attenzione  dei 
visitatori  provenienti  da  Eoma,  molto  più  che  erano  sen- 
za ordine  e  senz'arte  (3). 


VII. 


Le  visite  archeologiche  e  monumentali  non  sono  a  dir 
vero  la  parte  migliore  e  caratteristica  del  Viaggio,  almeno 
in  Palermo.  Converrebbe  seguire  lo  scienziato  fuori  per 
sentire  i  suoi  pensieri  e  giudizi.  8egesta  è  il  tempio  in 
faccia  al  (juale  egli  impressionato  si  ferma ,  contempla 
ed  istruisce.  Pure  anche  in  Palermo  bisogna  seguirlo  un 
momento,  giacche  i  suoi  giudizi  corroborano  quelli  di  altri 
personaggi  contemporanei. 

Goethe  in  tre  giorni  consecutivi  (10 ,  11,  12  Aprile)  si 
recò  al  Monastero  di  8.  Martiyo,  al  Palazzo  Reale  ed  al 
Palazzo  Torremuzza. 

Diverse,  secondo  i  luoghi,  le  impressioni.  A  S.  Martino 
i  monaci  gli  mostrarono  oggetti  pregevoli  di  antichità.  Piac- 
quegli  specialmente  una  medaglia  con  la  tìgura  di  una  divi- 
nità giovane,  e  iie  avrebbe  presa  la  impronta  se  ne  avesse 
avuto  il  m<»zzo.  Il  monastero  si  prescMitava  in  tutta  la.  sua 
opulenza;  ma  i  monaci  ne  lamentavano  il  decadimento. 
Erano  vecchi  e  giovani,  cadetti  <lal  primo  all'ultimo,  delle 


(1)  stato  dellit   Ih- /miai ione  de'   Hcffj  Studj  ecc.  Paloriiio,  17S7. 

(2)  SoNNiNt,  op.  <it.,  t».  46. 

(8)  Haktkl»,  Brie/e  Uhcr  Kalnbrien  nnd  .Sivilien.  I>ritt«v  liaiul,  p.  604. 
Odttingeii,  Ihjì  T.  Clir.   Dietrich   ITitL'. 


IL,  VIA(>€HO    DI   GOETHE   A    PALERMO   ECC.  193 


princi]>ali  famiglie  {iristocraticlie;  <»li  \\n\^  ìaudatores  tem- 
porU  acti,  dovevano  le  «ento  volte  aver  levato  a  cielo  il 
tempo  dell'  auge  della  fortuna,  e  rimpiangere  le  antiche 
stbndolate  ricchezze,  ora  ridotte  dall'avidità  del  Governo, 
dalla  fiscalità  delle  legjLfi  e  daUe  liforme  <lianzi  iniziate  dal 
Viceré  Caracciolo  ;  gli  altri,  i  giovani,  g'odeiido  delle  splen- 
didezze attuali,  doveano  sentirsi  eccitare  al  ricordo  d'un  pas- 
sato circonfuso  di  glorie  artistiche  e  di  godimenti...  culinai-l. 

Il  rimpianto  del  i)assato  non  toglieva  il  [)iacere  del 
presente ,  e  la  signorile  ospitalità  dei  Benedettini  verso 
quanti  capitassero  lassù,  nella  loro  monastica  reggia. 

Un  proverbio  comunissimo  allora,  storico  oggi,  decan- 
tava :  Lettu  di  Duminicfini,  Lusau  dì  Biuidittini,  Tavula  di 
Cappuccini.  Non  per  nulla  Goethe,  raccomandato  come  (hip- 
pertutto  dal  A^icerè,  venne  con  Kniep  ricevuto  con  ])artico- 
lari  distinzioni.  Menato  in  un  salotto,  dal  balcone  del  quale 
si  god(;va  una  vista  stupenda,  trovò  appare(;chiata  la  tavola 
per  sé  e  j>el  (rom])agno,  ed  ebbe  servito  un  ottimo  desinare. 
Alle  frutte  andò  a  trovarlo  l'Abate  col  decano;  e.  dopo  una 
nuova  occhiata  alle  collezioni,  accomi)ag'nato  fino  aTla  car- 
rozza dai  giovani,  lasciò  il  monastero,  soddisfatto  delle  ac- 
(roglienz(?  ricevute. 

Il  silenzio  col  nome  dell'  Abate  stuzzica  anche  qui  la 
curiosità  dello  studioso.  Certo  non  importa  nulla  se  egli  si 
chiamasse  D.  Tizio  o  D.  Sempronio;  ma  non  rincresce  il 
sapere  che  egli  era  appunto  il  Kev.mo  1).  Filippo  Bene- 
detto De  Cordova,  che  dal  1785  al  1781)  fu  supremo  mode- 
ratore dell'Obline.  E  fu  successore  di  quel  D.  Michelangelo 
Oelesia  che  poco  prima  avea  mandato  un  grave  ricorso  al 
Giudice  della  Monarchia  contro  la  condotta  dei  suoi  mo- 
nacelli, i  quali  dovean  piTi  lardi  colmare  di  gentilezze  Goe- 
the e  Kniep  e  poco  appresso  il  costoro  connazionale  Pro- 
fessore Cristiano  Bartels ,  tornato  tutt'  altro  che  edificato 
delle  confidenze  di  uno  e  delle  dimostrazioni  grafiche  <li  un 
altro  monaco  (1). 


(1)  Bartels,  op.  cìt.,  v.  II,  p.  657. 


194  IL   VIAGGIO   DI   GOETHE   A    PALERMO   ECC. 

Nel  R.  Palazzo  trovò  un  gran  disordine  iH>r  le  deconi- 
zioni  ai'chitettonÌL*he  die  vi  si  venivano  ese^ti^nendo. 

Il  Viceré  Principe  di  Caraiuanico  avea  ordinato  grandi 
riforme  in  quasi  tutti  gli  appartamenti ,  compreso  quello 
che  fu  poi  abitato  dalla  Regina  Carolina  e  lo  era  stato  dal 
suocero  di  lei  Carlo  III  ;  e  proprio  quando  Goethe  vi  si 
recò ,  la  galleria  si  dipingeva  a  fresco  ,  e  sulla  volta  un 
qua^lrone  rai)presentante  la  Maestà  Regia,  protettrice  delle 
Scienze  e  delle  Arti.  Quella  galleria,  per  vari  fatti  storica, 
prese  più  tardi  ed  ha  anche  adesso  il  titolo  di  Sala  di  Er- 
cole, poiché  nel  1791),  poco  dopo  giunta  la  Corte  di  I^ai>oli 
a  Palei  ino,  Ferdinando  111  Borbone  la  volle  dal  pittore 
Giuseppe  VelasqueJ!:  ridipinta  faé»endovi  sostituire  sulla 
volta  l'apoteosi  e  nelle  pareti  le  forze  del  mitica)  semideo. 

In  mezzo  a  tanto  disordine  ed  allo  affaccendarsi  dei 
servitori,  Goethe  imtè  imperfettaminite  vedere  qualcuna 
delle  statue,  le  quali  scese  dai  piedistalli  e  coperte  <li  tele, 
mal  si  prestavano  allo  esame  dei  visitatori.  Lì,  a  sinistra 
«Iella  galleria,  erano  attaccati  alla  parete  i  due  famosi  arieti 
di  bronzo,  maravigliosa  opera  greca,  che  Giorgio  Maniace, 
Prefetto  di  Costantino  Monomaco,  Imperatore  di  Costanti- 
nopoli e  re  di  Sicilia,  avea  fatti  collocare  alla  ])orta  della 
fortezza  la  quale  serba  ancora,  il  nome  di  luì  in  Siracusa. 
DojM)  svariate  vicende  ebbero ,  da  ultimo,  detinitivo  posto 
nella  galleria  medesima  (1).  Goethe  avea  gran  desiderio  di 
vedere  questi  arieti,  e  confessò  che,  visti  anche  in  quelle 
sfavorevoli  con<lizioni ,  valevano  a  soddisfare  grandemente 
il  senso  artistico.  «  Son  due  ligure  potenti  nella  famiglia  mi- 
tologica, degne  di  portare  Friso  ed  Elle.  La  lana  non  é  ])unto 
c^irta  e  crespa,  ma  lunga  e  liscia,  che  ricade  jx'l  corpo;  ed  il 
tutto ,  eseguito  con  grande  verità  ed  eleganza ,  appartiene 
fuor  di  dubbio  ai  tempi  migliori  dell'arte  greca».  (11.  Apr.). 

Oggi  dei  due  monumenti  ne  rimane  un  solo,  e  maltrat- 


(1)  Palermo,  Oukla  ittruttmi  ecc.,  pp.  892-i).S. 


IL   VIAGGIO   DI   GOETHE   A    PALERMO   ECC.  195 

tato.  Nella  rivoIuzioiK'  del  184.S  alcuni  forseiiiurti  ne  fecero 
tanto  scempio,  che  uno  venne  fuso  e  l'altro  malconcio. 

Oh  se  potesse  ])arlaie  quante  delle  sue  vicende  raccon- 
terebbe questo    ariete  ! 

Dopo  410  anni  di  dimora  in  Siracusa  ,  nel  1418  passò 
in  dono  a  Giovanni  Ventiinii>iia,  che  sventò  una  con^^iura 
e  distrusse  i  congiurati  :  e  ne  fu  donatore  il  Mcerè  Lopes 
Kìmenes  d<;  Urrea ,  al  quale  non  parve  vero  che  si  fosse 
liberato  di  (piei  nemici.  Il  Ventimiglia  lo  portò  nella  sua  t«rra 
di  ('astelbiu)no,  ed  il  figlio  Antonio  ne  ornò  il  sepolcro  del 
padre,  cui  venne  ])resto  tolto  per  i)assarsi  al  Viceré  Ga- 
spare de  Spes,  nel  palazzo  Chiaramonte,  allora  residenza 
regia  o  viceregia.— Oh  ])erchè  tanta  offesa  alla  njemoria  di  un 
morto?  Perchè  Enrico  Ventimiglia  ,  nipote  di  (riovanni, 
venne  accusato  di  fellonia,  e  spogliato  dei  suoi  beni.  Un 
Viceré  avea  premiato  con  gli  arieti  un  barone  fedele,  un 
Viceré  puniva  il  nii)ote  infedele! 

Dal  Palazzo  Chiaramonte  l'opera  ]>assò  c<»i  Viceré  nell'a- 
bitazione del  Castel lamare;  [)oi  (155G)  nel  Palazzo  Reale  con 
D.  Giovanni  de  Vega  in  una  sala  che  venne  detta  de 
los  carneroH.  La  s(?rvilità  dei  governanti  mandò  nel  1735  a 
Carlo  IH  ;  1'  e(pianiniità  di  cpiesto  principe  fece  tornare  alla 
Reggia  in  Palermo  i  due  cai)olavori  che  la  fantasia  dei  Si- 
ciliani giunse  a  sognare  modellati  da  Archimede  (1). 

E  (piali  li  restituì  il  benemerito  tiglio  di  Filipi>o  V  e 
di  Elisabetta  Farnese,  tali  li  vide  nella  Reggia  Goethe. 

E  mentr'egli  c'era,  vide  Goethe  la  stanza  detta  di  Rug- 
giero e  la  Cappella  palatina  ? 

Nessuna  parola  di  lui  in  proposito:  e  probabilmente 
non  vide  né  Puna  né  l'altra;  od  anche  vistele  non  ne  prese 
nota.  Dio  glielo  perdoni  !... 


(1)  Vedi  tra  le  Notizie  carie  di  Palermo  della  Biblioteca  Comunale  di 
Palermo  (ms.  Qq  C  ,  3 ,  foglio  136  bis)  la  notizia  minuta  che  ne  lasciò 
il  Mongitore,  e  che  pur  venne  pubblicata  dal  Di  Marzo,  in  BibL,  v.  IV, 
pp.  3-23-26. 


100  IL   VlAGCrlO   DI   GOETHE    A  PALERMO   ECC. 

Alle  i)oetiche  l'einiuiscenze  aiiolie  fridericiaiie  dell'  una, 
ed  all'annoiiica  fusione  degli  elementi  arabi  e  normanni 
dell'altra  non  poteva  restare  impassibile  l'anima  nobilissima 
del  sommo  tedesco.  Goethe  invece  si  lasciò  condurre  alle 
catacombe  fuori  città,  «  le  quali  architettonicameute  dispo- 
ste, uon  sou  cave  abbandonate  di  pietra  e  ridotte  a  sepol- 
trtre  ».  Solo  da  due  anni  disterrate  nell'  orto  del  Barone 
Quaranta,  quasi  di  fronte  a  i>orta  d'  Ossuna ,  esse  erano 
nuovo  acquisto  archeologico  del  paese.  Il  Principe  di  Tor- 
remuzza,  che  ebbe  a  sovraintendere  agli  scavi  e  ne  scrisse, 
le  giudicò  sei)()lcreti  dei  te>n[)i  fenici.  Ohi  ha  visto  quelle 
di  Roma  e  di  Siracusa  può  formarsene  una  idea;  ma  delle 
une  e  <lelle  altre  son  meno  estese.  «  Vi  si  scorgono  volte 
aperte  nelle  pareti  verticali  di  un  tufo  abbastanza  com- 
patto; dove  si  praticarono  nicchie  per  le  sepolture,  scavate 
tutte  nel  vivo,  senz'  oi)era  alcuna  di  muratura.  Le  nicchie 
più  in  alto  son  più  ristrette,  e  negli  spazi  sopra  i  pilastri 
si  praticarono  le  tombe  per  i  ragazzi  »  (1). 

Tant'è  :  un  giudizio  sicuro  su  di  (|uesti  ipogei  non  può 
ancora  avventurarsi,  discutibile  essendo  tutto  ciò  che  si  è 
detto. 


Vili. 

Il  nome  del  sajnente  |)atrizio  j>ah'rmitano  non  poteva 
sfuggire  a  Goethe.  Quanti,  possedendo  anche  una  mediocre 
(jultura,  mettevano  piede  nelli  Capitale,  si  recavano  al  Pa- 
hizzo  Torrerauzza  i)re8so  il  jìiano  di  Santa  Teresa  alla  Kalsa, 
dov'era  raccolto  il  più  rWvo  ed  il  meglio  ordinato  meda- 
gliere dell'  Isola.  (ìabriello  Lancellotto  ('astello  era  per 
Palermo  (piello  che  per  Gattinia  Paterno  Castello  Principe 
di  BÌHcari  :  imo  dei  più  dotti  «lei  tempo.  La  sua  fama,  cor- 
reva non  80I0  per  la  Penisola,  ma  anche  per  la  Francia,  la 

(1)  Cfr.  IIaukr,  Oemàìde  von  PaUnno,  pp.  J75  u  ttegg. 


IL  VIAGMJIO  DI  GOETHE    A  PALERMO   ECC.  197 

Germania  e  l' Inghilterra.  La  sua  signorilità  era  ragione  di 
onorevoli  ricordi  in  quanti  stranieri  fossero  stati  ricevuti  da 
lui,  e  le  sue  opere  attestano  quanto  meritata  fosse  la  cele- 
brità che  lo  accompagnava. 

Da  lui  pertanto  andò  Goethe  e  non  per  una  delle  con- 
suete visite  di  etichetta,  riducentisi  a  soddisfare  la  propria 
o  1'  altrui  vanità,  ma  per  vedere  il  medagliere.  Vi  andò  di 
mala  voglia,  ma  ne  tornò  soddisfatto  d'esservi  andato.  «  Io 
non  m'intendo  gran  fatto,  diceva ,  di  questo  ramo  ,  ed  un 
viaggiatore  mosso  puramente  dalla  curiosità,  non  può  se 
non  riuscire  molesto  ad  un  raccoglitore  colto  ed  appassio- 
nato... Io  imparai  se  non  altro  come  il  mondo  antico  fosse 
popolato  di*  città,  fra  le  quali,  anche  le  più  piccole,  la- 
sciarono ricordo  delle  varie  e[)oche  di  loro  esistenza  se  non 
in  una  serie  di  opere  d'arte,  in  monete  preziose.  Da  quelle 
vetrine  spira  un'  aura  primaverile  di  tiori  e  di  frutti  del- 
l'arte, la  quale  richiama  al  pensiero  un'epoca  splendida  per 
sempre  scomparsa.  La  magnitìcenza  delle  antiche  città  si- 
ciliane ora  del  tutto  risorge  all'  aspetto  di  quei  dischi 
incisi  di  metallo,  in  tutta  la  sua  freschezza  i)rimitiva  » 
(12  Apr.). 

L'osservazione  è  semplice;  ma  quanto  acuta  ! 

La  gita  dianzi  descritta  del  12  Aprile  al  Palazzo  Eeale 
non  era  stata  la  prima. 

Già  il  giorno  di  Pasqua  di  Resurrezione  (8  Apr.),  Goe- 
the invitato  dal  Viceré  ne  avea  fatta  un'altra.  La  festa  re- 
ligiosa si  era  chiassosamente  aperta  col  solito  sparo  di 
mortaretti  e  suono  di  ciimpane  fuori  ;  con  i  rituali  suoni, 
messe  solenni  dentro  le  chiese.  Dallo  scrittore  apprendiamo 
un'usanza  poco  gradevole  per  chi  ne  era  vittima  :  l'augurio 
della  buona  Pasqua ,  il  famoso  mille  di  questi  giorni  ai  si- 
giu)ri  dell'  Albergo  da  parte  dei  servitori  del  Viceré.  Che 
l'usanza  fosse  viva ,  si  raccoglie  da  documenti  del  tempo. 
La  seguivano  i  vari  ceti  dal  nobile  al  plebeo ,  potevano 
ben  seguirla  i  servitori.  Agli  auguri  di  questi  doveva  rispon- 
dersi con  mance,  le  quali  entravano  nello  salato  discusso  di 
Arch.  Stor.  8ic.  N.  S.  Anno  XXX.  14 


198  IL    VIAGGIO  DI  GOETHE  A  PALERMO  ECC. 

non  poche  famiglie  magnatizie,  poiché  si  ripetevano  anche 
per  S.  Martino  e  per  Natale  o  Capo  d'anno.  Nelle  spese  di 
molt<^  pubbliche  amministrazioni  e  di  sodalizi  ve  n'  eran 
sempre  per  le  tre  ricorrenze  :  spese  peraltro  non  del  tutto 
inutili  quando  si  pensi  che  giovavano  a  facilitare  il  disbrigo 
di  affari,  l'approvazione  di  pratiche,  altrimenti  lasciate  lun- 
gamente dormire  se  appunto  quei  servitori  non  ne  solleci- 
tassero il  corso  fino  alla  firma  delle  autorità  competenti. 
Era  una  cuccagna,  che,  trascurata  anche  per  dimenticanza, 
poteva  degenerare  in  atti  di  soperchieria  da  parte  dei  tra- 
scurati ;  e  non  è  molto  io  ebbi  a  rilevare  i  tristi  effetti  di 
una  dimenticanza  di  queste  per  un  sodalizio  letterario.  Im- 
perocché, non  avendo  il  Segretario  dell'Accademia  del  Buon 
Gusto  data  al  maestro  di  casa  del  Pretore  la  solita  mancia, 
gli  accademici,  che  solevano  tenere  la  loro  seduta  nel  Pa- 
lazzo del  comune,  il  dì  11  Settembre  del  1797,  furono  ri- 
cevuti così  male  che,  privi  di  sedie  e  di  lumi,  se  ne  torna- 
rono mortificati  alle  case  loro  (1). 

I  servitori  o  gli  stattìeri  del  Viceré  andarono  pertanto 
alla  locanda  di  Mad.  Montaigne  ad  augurare  ai  forestieri 
quivi  albergati  le  buone  feste.  Le  mance  non  si  fecero 
aspettare:  e  quelle  di  Goethe  furono  maggiori  delle  altre, 
perché  gli  auguri  a  lui  ed  a  Kniep  vennero  accompagnati 
da  un  invito  a  pranzo  del  Capo  del  Governo,  il  Principe 
di  Oaramanico. 

L'invito  fu  tenuto.  All'ora  designata  (che  allora  non  an- 
dava oltre  l'una  pomeridiana),  i  due  amici  si  trovarono  al 
Palazzo;  ed  ecco  avanzarsi  il  Viceré  col  suo  seguito ,  e 
primo  e  con  particolar  distinzione  salutare  Goethe.  Il  Oa- 
ramanico era  persona  di  alta  levatura,  non  secondo  a  nes- 
suno in  nobiltà  d'animo  e  gentilezza  contegnosa  e  squisita 
di  maniere.  Come  cultore  di  studi  e  protettore  di  studiosi 
e  di  artisti,  egli  doveva  conoscere  Goethe  e  le  innocenti 
ragioni  del  suo  viaggio;  sicché  suo  primo  pensiero  fu  quello 


(1)  Palermo  cento  e  più  anni  fa,  v.  Il,  pp.  398-99. 


IL    VIAGGIO  DI   GOETHE  A   PALERMO   ECC.  109 

di  avvertirlo  avere  impartiti  ordini  che  gli  si  facesse  veder 
tutto  e  gli  fosse  fornito  ogni  espediente  all'uopo.  Goethe  non 
si  presentava  in  veste  politica  pericolosa  e  sospetta,  e  la  sua 
ItalieniHche  Reise  lo  attesta.  Non  è  improbabile  che  racco- 
mandazioni dirette  o  indirette  dell'Ambasciatore  inglese  in 
IS'apoli,  Hamilton,  amico  dell'Autore  del  Werther,  avessero 
preceduto  costui  nella  Corte  vicereale.  L'unica  cosa  che 
avrebbe  potuto  tenere  in  un  certo  ritegno  il  Viceré  era  la 
qualità  del  viaggiatore,  di  membro  di  una  società  segreta 
d'allora,  (piella  de'  frammassoni;  ma  con  molta  probabilità  il 
buon  Principe  non  ne  sapeva  nulla  e,  a  quel  che  è  dato 
supporre,  lo  seppero  solo  all'ultiiuo  momento  in  Messina  un 
ufficiale  e  poche  altre  persone  ch'ebbero  modo  di  conoscerlo 
come   loro  fratello  {Vò  Maggio). 

Kon  una  parola  è  del  pranzo;  ma  non  è  difficile  presu- 
merlo. 

Ricordo  di  aver  letto  in  un  viaggio  del  tempo  del  no- 
stro Viceré  il  magnitìco  servizio  da  tavola  di  lui,  e  posso 
affermarli)  superbo,  specialmente  per  le  antiche  argenterie 
ond'era  ricco.  Anche  Brydone  si  occupa  della  tavola  del 
Viceré  Marchese  Fogliani  nella  sua  lettera  del  2(>  Giugno 
1770  (1).  Del  numero  delle  portate  è  superfluo  parlare  co- 
noscendosi oramai  che  esse  si  succedevano,  in  ragione  della 
etichetta  e  degli  ospiti,  sino  all'influito.  In  un  convito  di 
Girgenti,  lo  stesso  Brydone  s'era  visti  passare  presso  a  cento 
piatti;  e  in  un  pranzo  tenuto  nel  refettorio  di  S.  Domenico 
per  la  elezione  del  nuovo  Provinciale  P.  Pannuzzo  (15  Mag- 
gio 1796),  si  ebbero  24  piatti  e  sessanta(iuattro  intramessi 
e  tornagusti  oltre  il  i)Ospasto  ed  i  sorbetti  (2). 

Un'ultima  visita  fu  per  le  vicinanze  di  Palermo. 

La  stranissima  villa  Palagonia  chiamò  sempre  curiosi  si- 


(1)  Brydone,  op.  cit.,  lett.  XXIII. 

(2)  Brydone,  op.  cit.,  lett.  XX  e  XXXIII;  D'Angelo,  Giornale  ine- 
dito, nella  Biblioteca  Comunale  di  Palermo ,  p.  105  ;  Pitrè  ,  Palermo 
cento  e  più  anni  fa,  v.  I,  cap.  XXII,  pp.  361-363. 


200  IL    VIAGGIO  DI  GOETHE  A  PALERMO  ECO. 

ciliani  e  forestieri  nella  terra  di  Bagheria,  allora   sobborgo 
di  Palermo  e  dipendente  dal  Senato  di  questa. 

Quanto  di  esorbitante  dal  naturale,  anzi  quanto  di  non 
naturale  ijossa  concepire  un  cervello  anomalo  ,  tutto  è  in 
quella  villa,  che  avrebbe  potuto  essere  delizia  e  fu  ed  è  in- 
vece nausea  a  quanti  vi  si  recano.  Uomini  con  teste  di 
donne,  donne  con  teste  di  uomini,  cavalli  con  zampe  di 
cani  e  rostri  di  uccelli  rapaci,  bestie  tricipiti  camuffate  alla 
moda  di  Parigi ,  bipedi  senza  piedi,  esseri  con  la  bocca  nella 
fronte  e  nasi  all'ombelico,  soldati,  pulcinelli,  turchi,  spa- 
gnuoli  e  mostri  delle  più  stravaganti  forme;  e  con  essi  nani, 
gobbi,  sbilenchi,  sciancati,  figuracce  orride  i)er  composizioni 
non  mai  sognate,  per  atteggiamenti  sinistramente  contorti, 
per  ininfrenabili  corruzioni  di  gusto;  tutto  venne  impostato 
in  quella  villa. 

E  v'ha  dell'altro,  che  fu  rilevato  da  Goethe. 

Oltre  che  i  cornicioni  delle  casette  circondanti  il  palazzo 
sono  tanto  in  un  senso  quanto  in  un  altro  oblique,  «  confon- 
dendo ogni  idea  dello  scolo  delle  acque,  della  linea  perpen- 
dicolare, base  della  solidità  e  della  euritmia ,...  quei  corni- 
cioni sono  ornati  d'idre,  di  teste  di  draghi,  di  piccoli  busti, 
di  figure  di  scimmie  che  suonano  strumenti  musicali  e  di 
altre  stramberie  »  con  figure  di  divinità,  tra  le  (juali  quella 
di  un  Atlante  che  invece  di  globo  sorregge  un  barile. 

Goethe  ne  uscì  disgustato:  ed  il  suo  disgusto,  che  fu 
anche  sdegno  ed  orrore,  egli  sfogò  in  quella  <lelle  sue  let- 
tere che  porta  la  data  del  9  Aprile.  Tre  giorni  dopo,  di 
sera,  stando  innanzi  alla  bottega  del  merciaiuolo,  ebbe  oc- 
casione di  conoscere  l'autore  e  continuatore  di  tante  stram- 
l>alataggini.  Lo  vide  nel  Cassaro  questuare  per  gli  schiavi 
siciliani  in  Jiarberia;  e  come  scandalizzato,  non  si  trattenne 
dall'esclainare:  ■  Avrebbe  dovuto  a  questo  nobile  scoi)0  im- 
piegare; il  danaro  maledetttimeute  sprecato  nella  sua  villa; 
e  nessun  principe  si  sarebbe  potuto  vantare  di  opera  ]nh 
meritoria!  » 

Dì<h;ì  unni  prima  Honuini    aveva  veduta   quella  villa    e 


IL  VIAGGIO  DI  GOETHE    A   PALERMO   ECC.  201 

gli  era  parsa  la  più  folle  cosa.  Donne  incinte  percorren- 
dola si  erano  sconciate;  e  le  non  incinte,  svenute  (1).  Quat- 
tr'  anni  dopo ,  il  cav.  Mayer  si  teneva  soddisfatto  die  il 
palazzo  Valguarnera  valesse  a  cancellare  in  Ini  quelle  ri- 
pugnanti immagini  (2). 

La  prima  ricerca  in  Sicilia  su  Giuseppe  Balsamo,  sedi 
cente  Conte  Cagliostro,  fu  fatta  da  Goethe.  Dico  la  prima, 
e  forse  dovrei  dire  1'  unica.  Le  notizie  messe  insieme  dal 
Marchese  di  Villabianca  e  quelle  della  Conversazione  istrut- 
tiva, periodico  palermitano  del  tempo  (3),  sono  posteriori 
alla  venuta  di  Goethe  e  di  seconda  o  terza  mano;  e  ci 
vuol  poco  a  vedere  che  provengono  dal  noto  Compendio 
della  vita  e  delle  gesta  di  G.  Balsamo  denominato  il  Conte 
Cagliostro,  che  si  è  estratto  dal  processo  contro  di  lui  formato 
in  Roma  l'anno  1790  (4).  Quel  che  ne  dice  Hager  nei  suoi 
Oemdlde  von  Palermo  non  è  ne  nuovo  uè  originale  (5).  A 
Goethe  si  devono  particolari  non  prima  conosciuti  sulla 
origine  del  famigerato  impostore,  tanto  celebre  fuori  quanto 
oscura  in  Palermo  era  la  famiglia  di  hii.  La  lettera  del 
17  Aprile,  la  più  lunga  di  tutto  il  Viaggio  in  Sicilia,  rac- 
conta cose  che  nel  1787  doveauo  essere,  anzi  erano  del 
tutto  ignote  al  gran  pubblico.  Peccato  che  non  vennero  in 
luce  subito  dopo  sapute  da  Goethe,  che  in  tempo  oppor- 
tuno, quando  cioè  egli  le  ebbe,  sarebbero  riuscite  utili  alla 
ricostruzione  della  biografia  dell'emulo  di  Casanova. 

Premetto  che  Goethe,  in  Palermo,  raccolto  in  se  stesso, 
non  disposto ,  a  quanto  pare ,  a  cercar  persone  del  paese , 
difficilmente  vi  sarebbe  riuscito  se  una  occasione  fortu- 
nata non  gliene  avesse  fornito  il  destro. 

Un  legale  o  forense  palermitano  era  stato  incari  cato  dal 


(1)  SoNNiNi,  op.  cit.,  t.  I,  cap.  IV,  p.  48. 

(2)  De  M.,  op.  cit.,  lett.  XV,  p.  162. 

(3)  Palermo,  1792,  pp.  5.  e  6. 

(4)  In  Roma,  MDCCXCI,  ed  in  Palermo,  MDCCXCI.  Nella  Stamperia 
di  D.  Rosario  Abbate. 

(5)  Hager,  op,  cit.,  pp.  145-49. 


202  IL  VIAGGIO  DI  GOETHE  A    PALERMO  ECC. 

Governo  francese  di  cercare  intorno  alla  nascita  di  un  bir- 
bone matricolato  di  Palermo,  il  quale  in  Francia  ne  avea 
fatte  di  tutti  i  colori  e  si  era  trovato  implicato  in  una 
gTossa  truffa.  Il  losco  baratto  della  collana  di  Maria  Anto- 
nietta, di  che  i  giornali  d'allora  andarono  pieni,  era  a  tutti 
noto:  baratto  finito  ìiientemeno  con  la  rovina  e  l'esilio  di 
quel  Cardinal  Armand  Gaston  de  Rohan,  vescovo  di  Stras- 
burgo, che  discendeva  dai  celebri  signori  dalla  divisa: 

Roi  ne  puis, 
Due  ne  daigne, 
Rohan  je  8UÌ8; 

e  col  marchio  e  la  pubblica  frusta  a  sangue  della  Contessa 
La  Motte,  discendente  da  sangue  reale,  rinchiusa  da  ultimo 
tra  le  prostitute  alla  Salpetrière  (1). 

Or  questo  legale,  occupato  delle  necessarie  ricerche,  era 
riuscito  a  mettere  insieme  notizie  del  tutto  nuove;  ma  non 
così  segretamente  che  qualche  cosa  non  se  ne  risapesse  da 
amici  e  conoscenti  di  lui.  Infatti,  stando  a  desinare  a  ta- 
vola tonda  nell'albergo,  uno  dei  commensali,  siciliano,  se 
ne  mostrò  informato ,  sicché  Goethe  potè  recarsi  da  quel 
legale,  avere  e  mettere  a  profitto  il  memoriale  da  lui  com- 
posto sul  Balsamo,  identificato  allora  col  Cagliostro,  e  poi 
per  due  volte  conversare  con  la  madre  e  la  sorella  di  co- 
stui. Nella  prima  di  queste  visite  fu  accomx)agnato  da  un 
commesso  del  forense,  certo  Giovanni;  nella  seconda  andò 
solo,  e  n'ebbe  una  lettera  della  madre,  Felice  Balsamo,  in 
data  del  17  Aprile,  uscita  dalla  i)enna  di  uno  dei  soliti  scrivani 
di  mestiere  i  quali  da  poche  settimane  aveano  preso  posto 
a  piedi  della  nuova  officina  postale  (oggi  Posta  Vecchia,  e 
sede  municipale  «Iella  Polizia  Urbana),  dietro  il  Palazzo 
Pretorio.  Quella  lettera,  da  Goethe  tra<lotta  in  tedesco,  me- 


(1)  Franz  Punk  Brentano,  Uaffaire  dn  collier  d'après  de  nouveavjr  do- 
cumenti! recueilHu  en  partie  por  A.  Ukgis.  Cin(iuièiue  édition.  Fari»,  Ha- 
chett<s  1{K)3. 


IL  VIAGGIO   DI  GOETHE  A  PALERMO  ECC.  203 

riterebbe  essere  ricondotta  alla  sua  forma  originale;  il  che 
non  sarebbe  malagevole,  data  la  persistenza  delle  formule 
tradizionali  di  siffatte  lettere.  Ma  studio  di  brevità  costringe 
a  tralasciare  non  pure  siffatta  lettera  e  l'altra  che  l'a.  1788 
la  famiglia  Balsamo  mandò  a  Goethe,  ma  anche  tutta  la 
parte  relativa  al  gran  ciarlatano. 

Però  non  dovrò  tacere  che  i  particolari  raccolti  da  Goe- 
the in  Palermo  e  gli  altri  che  prima  e  dopo  il  viaggio  potè 
sentire  non  rimasero  infecondi  nella  sua  mente. 

Il  dramma  Grosscophta,  per  quanto  inferiore  al  valore  ed 
alla  forma  del  focoso  pittore  di  Goetz  von  Berlichingen, 
attesta  che  le  imprese  di  Cagliostro  non  si  cau celiarono 
dalla  memoria  di  Goethe.  Quel  dramma  venne  in  luce  l'anno 
1790,  tre  anni  dopo  il  viaggio,  e  l'anno  appunto  in  cui  l'au- 
dace, caduto  nelle  reti  del  S.  Uffizio  in  Kouia,  veniva  sot- 
toposto a  solenne  processo. 

Ed  ora  che  ho  potuto  alla  meglio  seguire  il  grande 
scrittore  di  ITraucoforte  nell'antica  Capitale  dell'Isola,  mi 
sia  permessa  qualche  osservazione  fornita  dalla  critica  della 
Beine  e  dai  ricordi  che  dell'Isola  medesima  ci  lasciò ,  o  si 
presume  abbia  lasciato  il  ('autore  di  Faust. 


X. 


Nota  (^minante  nel  Viaggio  goethiano  in  Sicilia  è  la 
indeterminatezza  nei  cenni  di  luoghi  e  di  nomi  :  nota  che 
si  accentua  nella  visita  a  Palermo.  Lo  spirito  possente  del 
grande  Poeta  d'Alemagna,  innamorato  quant'altri  mai  della 
natura,  non  s'indugiò  abbastanza  in  ciò  che  natura  non 
fosse;  e  quando  vi  s'indugiò,  lo  fece  più  con  l'intuito  del 
genio  che  con  la  documentazione  dell'erudito.  Persone,  stra- 
de, monumenti,  ediftcT  da  lui  veduti ,  sono  per  lo  più  ac- 
cennati ,  e  rivelano  sovente  una  certa  vaghezza  di  indica- 
zioni che  potrebbe  sospettarsi  noncuranza ,  ed  è  invece 
espressione   dell'indole  d'un  uomo  ben  diverso  dagli  altri. 


204  IL  VIAGKJIO  DI   GOETHE  A  PALERMO  ECC. 

Dico  sovente  e  non  sempre,  perchè  qualche  volta  egli  mo- 
stra Tina  singolare  premura  per  persone  e  per  cose. 

Come  già  nel  coi'so  di  questa  esposizione  si  è  potuto 
vedere,  certe  persone  ch'era  indispensabile  per  noi,  utile 
per  lui  conoscere  rimangono  all'ombra.  Un  fìtto  velo  coi)re 
in  Palermo  il  titolo  della  locanda  Montaigne;  il  forens(^ 
che  con  fiducia  senza  pari  e  disinteresse  unico  mise  a  di- 
sposizione di  Goethe  il  fi'utto  delle  sue  faticose  ricerche 
sul  Balsamo,  il  Viceré  che  fece  qnel  che  potè  per  lui 
passano  innominati.  A  Girgenti,  non  trovando  una  stanza 
per  dormire,  Goethe  viene  graziosamente  ospitato  da  una 
famiglia  che  gli  cede  una  grandissima  camera  con  alcova 
(29  Aprile).  Questa  famiglia,  che  intende  in  così  bella  ma- 
niera la  ospitalità  siciliana,  incontra  la  sorte  comune  del 
silenzio.  A  Messina  il  Console  tedesco  noi  lascia  un  istante  : 
lo  accompagTia,  lo  guida,  lo  cou sigila,  lo  assiste  (11-13  Mag- 
gio) :  e  passa  nel  dimenticatoio.  Per  non  dire  altro,  il  così 
detto  Governatore  di  quella  città,  che  lo  avrebbe  voluto  a 
pranzo  nei  giorni  di  di  inora  di  lui  in  essa,  e  l'ebbe  solo 
una  volta,  non  sappiamo  chi  sia  stato  (si  parla  del  Mare- 
sciallo Michele  Odea);  ed  il  molto  che  Goethe  ne  disse  diede 
origine  a  leggende  e  ad  errori  topografici  e  genealogici, 
solo  teste  sfatati,  ma  non  ricondotti  a  verità,  dal  dotto  Au- 
guste Schueegans,  già  Console  Germanico  in  Messina. 

E  come  pel  lettore  siciliano  della  Eeise  molte  i)ersone 
e  cose  si  aggirano  tuttora  nel  buio,  così  per  l'Aiftore  molte 
altre  non  furono  né  cercate,  uè  osservate.  Per  quelle  può 
ben  dirsi  il  già  detto:  avervi,  cioè,  concorso  l'indole  di  Goe- 
the; per  queste  invece  la  superiorità  ch'egli  sentiva  (e  ne 
avea  ben  donde)  e  che  rendevalo  schifo  della  compagnia  o 
delle  converHa/ioni  di  nomini  coi  quali  non  avea  consue- 
tudine o  comunanza  d'idee.  Jn  Palermo,  centro  di  cultura, 
egli,  naturalista  insigne,  avrebbe  potuto  intrattenersi  con 
frate  J^ernardino  da  Ucria,  della  cui  scienza  facevasi  bello 
il  j»rofeHKore  ufiiciale  di  botanica  (}iusepi)e  Tìneo.  Notomi- 
Hta,  che  avea  nfllennato:  la  legg<^  dell'unità  ju'esiedere  alla 


IL  VIAGGIO   DI  GOETHE  A  PALERMO   ECC.  205 

^struttura  dei  corpi  viventi,  ed  avealo  dimostrato  con  1'  «  esi- 
stenza d'un  osso  intermascellare  nell'uomo  come  negli  ani- 
mali »  (1),  Goethe  non  cercò  nemmeno  di  Stefano  Di  Pa- 
squale, cui,  reduce  da  Parigi,  avrebbe  potuto  vedere  nel- 
1'  «Accademia  degli  studi»,  come  allora  si  chiamava  l'Uni- 
versità ;  dov'era  anche  8terzinger,  ed  il  Museo;  e,  genio 
della  poesia,  avrebbe  i)otuto  chiedere,  come  poeti  sommi, 
principi  e  re  facevano  giungendo  nella  Capitale,  del  primo 
poeta  vivente  dell'Isola,  Giovanni  Meli. 

Ma  siccome  la  trascuranza  dei  nomi  delle  persone  ch'e- 
gli vide  è  veramente  notevole,  io  vorrei  arrischiare  una 
ipotesi,  della  quale  prego  il  lettore  di  farsi  giudice. 

10  non  so  neppure  concepire  l'idea,  e,  concepitala,  carez- 
zarla, che  Goethe,  dopo  avvicinata  una  persona  e  ricevutene 
cortesie,  che  costituiscono  circostanze  interessanti,  talora 
precipue,  d'una  fermata  in  un  paese,  non  ne  avesse  serbato 
memoria.  La  cosa  è  così  ovvia  che  il  contrario  sarebbe  una 
eccezione. 

(Jra  ecco  che  c'è  da  supporre. 

All'ultimo  momento  della  composizione  della  Italienische 
Beine,  l'Autore,  rivedendo  i  suoi  vecchi  appunti,  avrà  pen- 
sato che  dopo  tanto  tempo  pochi  o  nessuno  si  sarebbe  ri- 
cordato più  delle  persone,  e  però  a  pochi  o  a  nessuno,  spe- 
cialmente in  Germania,  sarebbe  importato  di  conoscerle. 

Quante  novità  infatti  dopo  tutto  ciò  che  egli  avea  ve- 
duto e  udito!  Eran  passati  quasi  trent'anni:  e  una  nuova 
generazione  era  venuta  su.  Più  <l'uno  dei  personaggi  del- 
l'Isola era  morto,  cominciando  dal  Viceré  Caramanico,  che 
giaceva,  e  purtroppo  giace  ancora,  sotto  un  angolo  del  pa- 
vimento della  chiesa  dei  Cappuccini,  negletto,  dimenticato 
dai  parenti,  dal  Governo,  dai  suoi  stessi  beneficati. 

11  silenzio  su  nomi  di  strade  e  di  luoghi  della  città,  ha 


(1)  W.  Goethe,  Studi  scientijici  sulle  origini,  affinità  e  trasformazione 
degli  esseri.  Tradusione  e  Prefasione  di  Giuseppe  e  Giovanni  Monti. 
Torino,  Bocca  1903. 


206  IL  VIÀGGIO  DI   GOETHE  A  PALERMO   ECC. 

una  spiegazione  plausibile,  che  lo  scusa  se  non  lo  giusti- 
fica. 

Nel  1787  non  esistevano  in  Palermo  lapidi  con  titoli  di 
vie.  Mentre  di  lajìidi  se  ne  profondevano ,  come  un  po' 
dappertutto,  per  ogni  nuova  opera  pubblica,  grande  e  non 
grande  che  essa  fosse,  non  una  se  ne  apponeva  per  indicare 
come  si  appellasse  una  strada,  una  piazza,  un  cortile.  Solo 
nel  1802  si  side  murare  la  prima  nel  Oassaro  e,  vedi  com- 
binazione !  lu'oprio  presso  la  casa  che  oggi  si  dice  al- 
bergo di  Goethe.  Un  testimonio  oculare  di  allora,  Gaetano 
Alessi,  parroco  di  S.  Ippolito,  lasciò  scritto:  «  A  3  febbrajo 
1802,  mercoledì  mattina,  giorno  di  S.  Biagio,  si  appose  alla 
cantoniera  della  parrocchia  di  S.  Nicolò  La  Kalsa  una  la- 
pide marmorea  colla  iscrizione  che  dice:  Via  Toledo.  Indi 
in  ogni  casa  si  sono  cominciati  ad  apporre  li  mattoni  sta- 
gnati colla  iscrizione  delli  numeri  »  (1). 

Di  alcune  inesattezze  del  viaggio  in  Palermo  ho  toccato 
qua  e  là  nel  eorso  di  queste  pagine  ;  ma  altre  ancora  po- 
trei rilevarne  man  mano  che  l'Autore  s'inoltra  per  l' Isola, 
le  quali  tutte  danno  a  sospettare  aver  potuto  Goethe  con 
vaghe  reminiscenze  supplire  al    difetto  di   notizie  precise. 

Il  sospetto  peraltro  non  è  privo  di  fondamento. 

Ho  già  detto  che  la  Italienische  Beise  non  uscì  prima 
del  1816.  Come  parte  della  ben  nota  autobiografia  Dich- 
tung  und  Wahrheit  (2),  essa  fu  scritta  nel  1814;  ma  venne 
fuori  trent'anni  doi>o  il  viaggio.  Ora  le  lettere  originali, 
quelle  cioè  che  l'A.  scrisse,  non  meno  che  i  diari  sui  quali 


(1)  G.  Alessi,  Proììtuario  di  alcune  ìioUirelle,  ainniaHsate  hreveiiiente 
alla  rinfusa  concernenti  alcuni  falli  ed  occorsi  nella  nostra  Capitale,  n.  14-8, 
p.  25.  Ms.  Qq,  15,  17  delia  Biblioteca  Comunale  di  Palenno. 

MedeHi inamente  Vincenzo  di  Torukmuzza,  Oiorìuile  latorico  ecc.  p.  283. 
Mh.  Qi],  H,  179  di  CHsa  Biblioteca: 

«  Febbraio  1802.  Numerazione  delle  case  della  città  con  numero  im- 
prertHo  in  mattone  bianco  Rulla  porta,  e  nome  della  strada  in  nuiniio  ni 
due  capi  di  eHsa  ». 

(2)  GOKTIIK ,  Aus  meinem  Leben.  Dichtnmi  und  Wahrheit.  'riibiugen. 
1811. 


IL  VIAGGIO  DI  GOETHE  A  PALERMO    ECC.  2()7 

fondò  la  sua  relazione  posteriore  e  che  sono  stati  scoperti 
nella  casa  di  Goethe  a  Weimar,  e  pubblicati,  dimostrano 
che  anche  in  questa  parte  della  sua  biografia,  egli  volle 
non  di  rado  intessere  la  fantasia  alla  realtà  per  produrre 
una  verità  ideale  conforme  al  suo  intimo  essere.  «  Ed  è 
verosimile  che  tutto  il  viaggio  in  Sicilia  (uno  dei  più  splen- 
didi saggi  della  prosa  di  (loethe)  ricevesse  il  suo  perfeziona- 
mento più  dalla  fantasia  del  poeta  che  dalla  esattezza  del 
narratore  »  (1).  La  confusione  che  Goethe  faceva  in  Messina 
tra  il  Capo  della  i)olizia  o  della  sanità  ed  il  Ministro  della 
R.  Azienda,  che  era  il  cai>o  [)olitico  della  città,  il  rappre- 
sentante del  Viceré,  —  donde  la  strana  leggenda  del  palazzo 
dei  Principi  di  Brunaccini,  che  forse  è  da  identificare  con  la 
«Locanda  del  principe  Boraccino»  abitata  dal  Bartels  (II, 
75)  —  è  prova  irrefragabile  di  questa  atfermazione. 

Altra  prova  di  ciò  che  il  Poeta  potè  vedere  o  sentire 
allora  e  di  ciò  che  si  legge  nella  Beine  ce  la  oftVono  le 
pagine  di  essa  che  vanno  sotto  la  data  del  17  Aprile,  e 
che,  come  s'è  visto,  descrivono  la  ricerca  della  famiglia  Ca- 
gliostro. 

Quelle  pagine,  se  ne  togli  qualche  periodo,  vennero 
senza  dubbio  composte  molto  dopo  il  viaggio.  Il  lettore  le 
guardi  un  po'  attentamente ,  e  vedrà  clie  la  forma  gram- 
maticale è  tutta  di  tempo  passato  rimoto  mentre  altre 
pagine  spesso  procedono  col  passato  prossimo  o  con  l'im- 
perfetto. 

Vi  hanno  particolari  non  ancom  accaduti  quando  Goethe 
era  in  Palermo:  ed  è  evidente  che  certe  notizie  del  1787 
furono  da  lui  integrate  con  altre  riguardanti  fatti  avvenuti 
o  conosciuti  dopo.  • 

Là  dove  egli  afferma  che  il  memoriale  dell'avvocato  o 
legale  palermitano  sopra  la  vita  e  le  geste  di  Cagliostro  e 
sulla  famiglia  di  costui  «  più  o  meno  conteneva  circostanze 
le  quali  (come   risultava  da  un   estratto   da  lui  fattone   a 


(1)  A.  ScHNEEGANS,  SicUien,  I.  Kap.  Leipzig,  Brockhaus  1887  e  1905. 
Vedi  la  versione  ital.  dei  Bulle.  Firenze,  Barbera,  1890. 


208  IL  VIAGMJIO   DI  GOETHE   A    PALERMO    ECO. 

SUO  tempo)  vennero  fuori  dagli  atti  del  processo  svoltosi 
in  Roma,»  dà  il  più  forte  argomento  per  far  ritenere  che  gli 
appunti  messi  insieme  da  quell'avvocato  subirono  interpo- 
lazioni che  alterarono  la  relazione  originale  della  inchiesta 
ed  aggiunsero  qualche  cosa  al  Compendio  della  vita  del  I^al- 
samo,  estratta  nel  1791  dal  processo  del  1790. 

A  noi  manca  la  base  di  questa  affermazione,  cioè  il  me- 
moriale che  Goethe  ebbe  e  studiò;  ma  anche  conoscendolo 
noi  potremmo  forse  d'una  maniera  assoluta  ritenere  che  le 
notizie  che  vanno  sotto  la  lettera  del  17  Aprile  hanno  del 
memoriale  e  del  Compendio  in  quanto  che  Goethe  avrebbe 
preso  da  quello  i  preziosi  appunti  dell'  albero  genealo- 
gico e  qualche  circostanza  speciale  della  vita  del  Balsamo; 
e  da  questo ,  dal  Compendio  cioè,  la  somma  delle  malvage 
imprese  del  noto  impostore.  Le  fonti  sou  quelle  due.  La 
parte  originale  della  narrazione  goethiana  è  la  personale  : 
quella  della  visita  alla  madre  ed  alla  sorella  di  Balsamo; 
le  quali  dal  vicolo  che  ora  si  chiama  Conte  Cagliostro  nel- 
1'  Albergarla  eransi  per  indigenza  riunite  e  ridotte  nella 
«  casa  che  sta  —  son  paròle  di  Goethe  —  nell'angolo  d'una 
stradicciuola  a  poca  distanza  della  via  principale  denominata 
Cassero  ».  Ohi  voglia  sapere  il  nome  di  quella  stradic- 
ciuola, cerchi  della  Via  terra  delle  mosche. 

E  qui  è  doveroso  rilevare  un'opera  buona  dell'Uomo. 

Quando  egli  lasciò  le  due  povere  donne,  vedove  entrambe, 
senza  mezzi  di  sussistenza,  con  la  prospettiva  di  sei  bocche 
che  consumavano  senza  ])rodurre,  cioè:  Felice  Balsamo,  ma- 
dre di  (ìiuseppe ,  inteso  Oonte  Cagliostro ,  Marana  Capi- 
tnmmino,  sorella,  tre  figliuoli  di  lei,  e  una  loro  parente  ma- 
lata, che  stremava  la  scarsa  loro  minestra,  rimase  spiacente 
di  non  aver  potuto  dar  loro  nulla.  Tornato  in  Germania,  par- 
t^HÙpò  ai  suoi  ani  lei  la  cosa,  e  lesse  la  lettera  che  la  madre 
uvea  scritta  al  figliuolo,  e  che,  conu^  è  facile  comi)rendere, 
non  poteva  8i)edire.  1  suoi  amici,  commossi  (pianto  lui  del 
caso  i)ietoHo ,  contribuirono  una  somma  per  sollevare  le 
sveli  tu  rute.  (Goethe  la  fece  giungere  per  me/zo  del  mercante 


IL  VIAGGIO  DI   GOETHE  A   PALERMO    ECC.  209 

inglese  in  Palermo  Jacob  Jott':  e  madre  e  sorella  la  credet- 
tero provvidenza  dell'amato  congiunto.  La  buona  opera  ri- 
spose pienamente  allo  scopo,  e  mille  benedizioni  parti- 
rono per  l'ignaro  Giuseppe,  in  una  lettera  del  25  Dicembre 
1788. 

Così  l'immortale  Poeta  veniva  in  aiuto  di  due  povere 
famiglie  nascondendo  alla  sinistra  quel  che  la  sua  mano 
destra  aveva  fatto. 

Sottilizzando,  potrebbe  poi  domandarsi  :  Portò  egli  stesso, 
il  mercante  inglese,  il  denaro  ai  lialsamo  ?  Probabilmente 
no.  Di  ,1  off  non  si  ha  traccia  nelle  carte  del  tempo;  e,  con  la 
diffidenza  siciliana,  e  maggiormente  con  quella  della  fa- 
miglia Balsamo,  non  ò  senza  riserva  da  ammettere  che  egli, 
straniero,  si  presentasse  in  persona.  Goethe  stesso,  accingen- 
dosi alla  ricerca  dei  Balsamo,  «lesideroso  di  far  la  loro  cono- 
scenza, si  era  sentito  dire  non  esser  la  cosa  tanto  facile, 
giacché  essi  facevano  vita  molto  ritirata,  non  abituati  a  veder 
forestieri:  e  col  carattere  naturalmente  sospettoso  del  popolo 
siciliano,  difficilmente  si  sarebbero  prestati  a  ricevere  un  fo- 
restiero (17  Apr.). 

kSappiamo  peraltro  che  i  Balsamo  erano  pii ,  devoti  e 
pieni  di  educazione. 

A  me  pare  probabile,  invece,  che  un  parroco  della  città, 
che  a  quei  tempi,  come  tutti  i  parroci  della  Sicilia,  godeva 
la  massima  fiducia,  fosse  stato  cercato  per  la  delicata  in- 
combenza. Autorità  incontestata ,  il  i)arroco  era  tutto  per 
la  sua  parrocchia.  Egli  conosceva  un  per  uno  i  suoi  parroc- 
chiani, ne  sapeva  a  menadito  le  abitazioni ,  ne  benediceva 
anno  per  anno  le  case,  li  comunicava  tutti  per  la  Pasqua, 
prendeva  nota  dei  loro  nomi,  compilava  il  censimento  delle 
loro  famiglie. 

Nel  quartiere  della  Loggia  (Castellammare  d'oggi)  ove  sta- 
vano i  Balsamo  si  contavano  tre  parrocchie  :  quella  di  Santa 
Margherita,  quella  di  S.  Antonio  e  l'altra  <li  S.  Giacomo  la 
Marina.  In  quest'ultima  era  compresa  la  «  via  Terra  delle 
mosche  »;  e  n'era  parroco  il  buon  sacerdote  Giovanni  Piz- 


210  IL  VIAGGIO   DI   GOETHE   A  PALERMO  ECC. 

zi  (1).  Egli  (leve  aver  ricevuto  da  Joff  e  passato  alla  madre 
di  Cagliostro  il  denaro  mandato  da  Goethe. 

Sarei  lieto  se  altri  mi  dimostrasse    mal  fondata    questa 
supposizione. 


XI. 


Non  ostante  i  difetti,  la  Eeise  vuol  esser  tenuta  in  molto 
conto  per  i  dolci  ricordi  della  Sicilia.  11  bello  ed  il  buono  che 
Goethe  rilevò  nell'Isola  echeggiò  nel  cuore  dei  lettori  del 
libro  e,  parte  favorevolmente  li  predispose,  parte  li  affezionò 
ai  luoghi  ivi  descritti.  Io  credo  che  in  Germania  abbiano 
giovato  alla  simpatica  riputazione  del  nostro  paese  più  le  vi- 
vide, entusiastiche  pagine  di  Goethe  che  non  dozzine  di  li- 
bri di  viaggiatori  vecchi  e  di  touristes  nuovi.  Di  questi 
ultimi  io  non  so  quanti  percorrendole  abbiano  messo  gli 
occhi  sopra  la  Reise  durch  SiciUen  del  Barone  von  Eiede- 
sel,  la  Reise  in  DeutHchland...  und  SiciUen  di  Stolberg ,  la 
Reise  von  Warschau  nach  der  IImq)tstadt  von  Sicilien,  i 
Gemdlde  von  Palermo  del  prof.  Hager  e  le  Reisen  in  ver- 
schiedenen  Proi'inscn...  Neapel  nnd  SiciUen  di  Snlis  von  Mar- 
schlins.  So  (piesto  però,  che  la  Italienische  Reiv,  di  Goethe 
fu  letta,  avidamente  letta,  studiata,  commentata,  anche 
imparata  a  memoria  nei  brani  più  poetici.  Gli  è  che  le  os- 
servazioni dei  grandi  s'impongono  e  si  fanno  strada. 

L'ammirazione  per  questa  terra  luminosa,  ove  Goethe 
si  beò  alle  c^arezze  delle  aure  dolcissime,  al  tepore  delle  più 
miti  primavere,  al  verde  vellutato  degli  alberi,  al  vivificante 
sorriso  della  natura  tutta,  venne  da  lui  formulata  in  una 
sentenza  che  passò  in  (epigrafe  in  ])in  di  un  libro  sulla  Si- 
cilia; «  Italien  oline  Sicilien  macht  gar  kein  Bild  in  der 
Seele:  hier  ììegt  der  Schiissel  zu  Alleni  (l'Italia   senza    la 


(1)  Atti  del  Si-nulo  (li  l'alvrmo  dal   1780  al  1801  Ms.  A  9  dell'Aicliivio 
Ckimunalc  di  Pulurinu,  p.  262. 


IL   VIAGGIO   DI   GOETHE   A   PALERMO    ECC.  211 


Sicilia  iiou  lascia  una  impressione  durevole  nell'anima  :  qui 
sta  la  chiave  di  tutto)  (1). 

Ma  ben  più  alto  ci  appare  questo  concetto  quando  Goe- 
the lo  poetizza  in  quattro  squisiti  versi ,  che  parrebbero 
1'  apoteosi  dell'  Isola  radiante  di  sole ,  baciata  dal  mar  di 
cobalto,  profumata  di  zagare. 

Nessun  tedesco  che  parli  della  Sicilia  ignora  la  canzone 
della  Mignon,  che  forse  primo  Hager  prese  per  abbellirne 
la  i)rima  pagina  dei  suoi  Gemdlde  (2): 

Kennst  da  das  Land,  wo  die  Citrouen  bliilin, 
lui  dunkeln  Laub  die  Gold-Orangeu  gliihn, 
Ein  sanfter  Wind  vom  blauen  Himmel  welit; 
Die  Myrte  stili  und  hoch  der  Lorbeer  stehtT 
Kennst  du  es  wolil  ?  (3). 

(Conosci  tu  il  paese  dove  tìorisce  il  cedro  —  e  in  mezzo 
al  cupo  fogliame  splendono  gli  aranci  d'oro,  —  dove  lieve 
un  zetìretto  spira  dal  cielo  azzurrino,  —  ed  il  mirto  sta  si- 
lenzioso, ed  alto  si  leva  l'aUoro  ?  —  Lo  conosci  tu  bene?). 

Dicono  che  Goethe  componesse  ([uesti  versi  sul  i)iazza- 
letto  della  chiesa  di  S.  Gregorio  in  3Iessina;  e  già  prima 
del  1840  la  Contessa  Ida  Hahn-Hahn  ne  accoglieva  in  un 
suo  libro  la  notizia  (4).  Ma,  a  mio  avviso,  non  può  risc<m- 
trarsi  notizia  meno  conforme  al  vero,  ed  anche  al  verosi- 
mile. 

Potrei  discutere  la  topicità  e  la  tradizione;  giacche  la 
terrazza  di  S.  Gregorio  altre  idee  pot^^va  far  nascere,  altre 
immagini  ispirare  fuori  che  quelle  dei  versi  medesimi:  salvo 
che  non  voglia  qui  affermarsi  che  alla  fantasia  del  Poeta  si 
rappresentassero  vive  le  immagini  di  cose  altrove  vedute  o 
udite.  Ma  io  non  le  discuto  neppure,  ricordandomi  delle  greche 


(1)  Italìenische  Rewe,  13  Aprile  1787. 

(2)  Hager  Gemalde  von  Palermo,  frontespizio. 

(3)  GrOETHE,  Gedìchte.  Erster  Theil,  p.  7H.  Leipzig,  Reclam. 

(4)  Ida  Hahn-Hahn,  Jenseits  der  Berye,  p.  194.  Leipzig,  Brockhaus, 
1840. 

Una  seconda  edizione  porta  la  data  del  1845. 


212  IL  VIAGGIO  DI  GOETHE   A  PALERMO  ECC. 

visioni  alle  quali  il  giardino  di  Palermo  riportava  il  Poeta, 
che  sempre  più  si  sentiva  accendere  per  la  composizione 
della  Nausicaa.  Abbiamo  in  proposito  un  documento  di  ca- 
pitale importanza:  un  frammento  della  Nausicaa  stessa, 
che  è  certamente    improntato  sul  Kennst  (Iti  das  Land, 

Il  tìL'ammento  suona  così: 

Dort  dringen  neben  Friicliten  wioder  Bliiten, 
Und  Frucht  auf  Friichte  wechseln  durcli  das  Jahr. 
Die  Pomeranze,  die  Zitrone  stebt 
Im  dunkela  Laube...  (1). 

(Lì  tra  i  frutti  spuntano  nuovi  fiori;  —  e  per  tutto  l'anno 
il  frutto  si  alterna  col  frutto  ;  —  V  arancio ,  il  cedro  si  al- 
za —  di  mezzo  al  cupo  fogliame). 

La  impressione  della  Villa  Giulia  si  direbbe  ritratta  in 
questa  strofetta  vivamente,  fedelmente;  la  scena  e  grecizzata, 
e  più  tardi  restituita  alla  Villa  Giulia  medesima,  a  Palermo, 
alla  Sicilia  tutta.  11  i)oeta  è  uno,  sempre  lo  innamorato  del- 
l'Isola. 

Qui  sento  una  voce  amica  domandarmi  :  Ma  non  sai  tu 
che  la  canzone  di  Mignon  fu  scritta  prima  del  viaggio  di 
Goethe  in  Sicilia? 

Questa  domanda ,  la  cui  gravità  è  schiacciante,  minac- 
cerebbe la  serietà  ed  anche  la  poesia  del  mio  richiamo,  e 
forse  mi  toglierebbe  l'animo  di  insistervi,  se  dus  Land ,  il 
bello,  il  dolce  paese  della  canzone  non  fosse  stato  lunga- 
mente per  univoca  tradizione  ritenuto  la  Sicilia. 

Quando  nel  n.  ()3  (22  F(ibbraio  18H(i)  della  Nme  Zeitnng 
di  Berlino  lo  Schneegaiis  pubblicava  la  i)rima  redazione  del 
suo  Goethe  in  Messin^i ,  futuro  capitolo  del  libro  Sicilien, 
non  tardò  guari  a  comparire  nel  medesimo  giornale  una  nota 
sulla  priorità  della  canzone  di  fronte  alla  venutii  di  Goethe 


(1)  G.  voN  (iiiAKVKNiT/.,  iìorthe  vntier  ReinebeijleUer  in  lUilieii,  p.  77. 
Herliu,  imi. 


IL    VIAGGIO  DI  GOETHE  A   PALERMO  ECC.  213 

in  Sicilia,  priorità  ribadita  pochi  dì  appresso  da  August 
Preseni  US  con  un  articolo  intitolato  :  Mignons  Lied  und  Goe- 
thes  Aufenthaìf  in  Messina  (1).  Al  Zaniboni  e  ad  altri  come 
lui,  molto  addentro  nella  letteratura  goethiana,  la  cosa  sem- 
bra oramai  indiscutibile. 

Pure  io  osservo  a  me  stesso  :  Se  la  canzone  è  anteriore 
al  viaggio  (e  se  ne  fissa  anche  la  data),  essa  non  venne 
in  luce  prima  del  1 795  ;  ed  il  solo  fatto  :  che  il  Poeta  se 
ne  ricordò  nella  Villa  Giulia  e  se  ne  servi  per  uno  dei  fram- 
menti (ed  è  il  Dort  dringen  ecc.)  della  Nausicaa,  rivela  sen- 
z'altro che,  precedente  o  no  la  composizione  del  Kennst  du 
das  Land ,  una  stretta  relazione  spirituale  esiste  tra  il 
Poeta  in  Germania  ed  il  Poeta  in  Sicilia.  La  contemplazione 
del  paradisiaco  spetcacolo  della  estremità  meridionale  della 
Marina  di  Palermo,  o  della  Conca  d'oro,  o  di  altri  luoghi 
dell'Isola,  non  può  scompagnarsi  e  molto  meno  astmrsi  dalla 
mirabile  canzonetta  che  precorse  alla  venuta  in  Italia  ed  il 
sogno  di  Sicilia. 

Queste  dolci  memorie  non  si  obliterarono,  e  dovettero 
sorridere  in  fantasiose  reminiscenze  della  terra  che  nel  Poeta 
rimase  come  una  di  quelle  visioni  che  accompagnano  per 
tutta  la  vita. 

Mi  fermo  sopra  un  punto  del  Faust,  e  non  ne  cerco  al- 
tri; i  quali,  a  dir  vero,  non  potrebbero  offrire  maggiore  evi- 
denza di  richiami  alla  visita  della  primavera  siciliana  del 
1787;  non  ne  cerco  altri,  ripeto,  neanche  l'analogia  che  Do- 
menico Gnoli  ed  altri  han  trov^ata  fra  la  descrizione  goe- 
thiana della  Villa  Palagonia  e  la  «  Cucina  delle  streghe  » 
del  Faust. 

Nella  tregenda,  che  dal  tedesco  Walpurgisnacht  si  è  tra- 
dotta: «  la  notte  di  Santa  Valpurga  »,  il  Dott.  Faust  danza 
con  una  bella  giovane,  e  danzando  le  dice  : 

Einst  hatt  ich  einen  schonen  Traum  : 
Da  -  sai)  ich  einen  Apfelbaum, 


(1)  Neue  Zeitung,  Berlin,  4  Marzo  1886. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  15 


214  IL  VIAOaiO   DI  GOETHE    A   PALERMO   ECC. 

Zwei  schòue  Apfel  glanzten  dran, 
Sie  reizten  rnich,  ich  stieg  hinan. 

A  cui  la  bella  risponde  : 

Das  Aepfelclien  begehrt  ihr  sehr, 
Und  scbon  voiu  Paradiese  ber. 
Von  Freiiden  fùhl  ich  mieli  bewegt, 
Dass  auch  meìn  Gart-en  solche  tiàgt  (1). 

(  —  Una.  volta  io  feci  un  bel  sogno  :  —  Io  vidi  un  me- 
lo ; —  due  belle  mele  si)lendevano  in  esso;  —  die  mi  atti- 
rarono; ed  io  vi  salii. 

—  Il  piccolo  melo  voi  lo  desiderate  molto  —  fin  dai 
tempi  del  ])aradiso.  —  Io  sono  grandemente  lieta  che  anche 
il  mio  giardino  abbia  mele  come  quelle). 

Ora  è  stata  ragione  di  discussione  se  queste  Voluttuose 
strofette  non  siano  un'eco  apparentemente  lontana  di  qual- 
che canto  udito  da  Goethe  in  Sicilia.  Apparentemente ,  io 
dico,  perchè  se  le  prime  scene  del  Faust  apparvero  nel  1790, 
la  prima  parte  di  esso  venne  in  luce  l'anLO  1806. 

Brevi  ma  opportune  osservazioni  si  son  fatte  (2)  e  son 
lieto  di  fare  anch'io  sulla  somiglianza  d'immagini  tanto  nel 
Faust  medesimo,  quanto  in  una  canzonetta  siciliana,  dalla 
quale  Goethe  avrebbe  ])resa  la  ispirazione.  Nei  Canti  lìoiw- 
lari  da  me  cominciati  a  raccogliere  prima  del  18(i5  (3)  si 
legge  un'rtrift  con  queste  due  vaghe  strofette  : 

Cbi  soDDu  graziusissimu 
Mi  passa  pi  li  manu  ! 

'Nta  stu  belhi  jardiDU 
Cci  Bu'  dui  belli  puma: 


(1)  GOBTHK,  Faiisf.   Etne  Tratjiklie.  Erster  Tlio.il  :    Walpur(fwitarlil. 

(2)  Cronache  delle  CMltà  Elleno  •  latina,  a.  II,  n.  15-16,  pp.  226-27. 
Koiiiu,  nov.  UKW  (art.  di  (;.  W,  (Jiiustnlln). 

(.1)  Vedi   La  Sicilia,  Uivintu  periodica  di  Sciense,  Lettere,  e  Politica,  a. 
I,  pp.  44-46.  Palermo,  MDCCCLXV. 


IL  VIAGGIO  DI  GOETHE    A  PALERMO  ECC.  215 

Io  li  valeva  cógghiri  : 
Nun  vosi  la  fortuna  !  (1). 

L'ardita,  sensuale  allegoria  goethiana  si  traduce  in  somi- 
glianza che  impressiona ,  tanto  nella  prima  strofa  tedesca 
quanto  nelle  due  strofe  siciliane  ;  ed  a  chi  abbia  una  certa 
dimesticjiezza  con  la  jjoesia  popolare  in  genere  può  far 
pensare  ad  un  motivo  comune  presso  vari  ])opoli.  Ma 
quando  questo  motivo  suona  tradizionale  e  salta  fuori  con 
sì  gagliarda  evidenza  in  Sicilia,  dove  il  Poeta  si  fermò 
estasiato ,  non  è  irragionevole  il  sospetto  che  appunto  in 
Sicilia  possa  egli  averlo  sentito  portandone  l' eco  passio- 
nale in  Germania.  Ohe  se  la  risposta  della  bella  giovane 
(die  Schone)  un  cotal  poco  ne  differisce,  la  ditt'erenza  rivela 
la  castigatezza  del  canto  siciliano  e  la  trasparente  lascivia 
della  canzonetta  tedesca. 

Si  è  cercato  e  discusso  dove  e  come  Goethe  potesse  aver 
sentito  quei  versi  in  Sicilia  ;  e  non  si  è  pensato  ai  vetturini 
che  accompagnavano  lui  e  l'amico  Kniep.  Nella  lettera  del  17 
Aprile  egli  cita  ad  esempio  di  temperanza  siciliana  un  gar- 
zone di  stalla  ai  servigi  d'un  vetturino  —  uno  dei  tanti  vet- 
turini che  viveano  di  quel  mestiere,  fedeli  a  tutta  prova. 
Vetturino  e  garzone  pare  dovessero  servire  i  viaggiatori  fino 
a  Sciacca  o  a  Girgenti,  ma  non  li  lasciarono  se  non  a  Mes- 
sina, prima  che  costoro  s'imbarcassero  pel  Continente.  In  Al- 
camo Goethe  lodava  la  disinvoltura  del  garzone  e  si  piaceva 
che  disimpegnasse  a  maraviglia  «  le  parti  di  garzone  di  stalla, 
di  cicerone,  di  dispensiere  e  di  cuoco  :  tutto  sapendo  fare  ». 
A  Messina  l'industre  mulattiere  andava  a  strai)pare  al  padro- 
ne della  locandii,  che  s'era  messo  a  letto,  i  materassi  occor- 
renti al  disagiato  Poeta,  il  quale  al  domani  si  congedava  da 
lui  dandogli  pei  premurosi  servigi  resigli  una  buona  man- 
cia (10  Maggio). 

Il  mestiere,   la  monotonia  dell'  andare  per  luoghi  cento 


(1)  PiTRÈ,  Canti  popolari  aiciliani,  v.  II,  u.  899.  Palermo,  1871. 


216  IL  VIAGKJIO  DI  GOETHE    A  PALERMO   ECC. 

volte  percorsi,  l'indole  di  questa  gente  a  tutto  inchinevole 
fuori  cheal  silenzio,  specialmente  dopo  guadagnatasi  la  fiducia 
dei  viandanti  ;  inoltre  la  curiosità  di  costoro  intesa  a  cogliere 
a  volo  parole  e  gesti  delle  persone  del  paese,  deve  a  poco  a 
poco  avere  snodato  lo  scilinguagnolo  del  cavallaro  o  vettu- 
rale che  fosse.  Risposte  a  domande,  chiarimenti  non  chiesti, 
gratuite  spiegazioni  di  luoghi  e  di  cose,  ciceronate  rusticane, 
motteggi,  ariette  canterellate  a  mezza  voce,  motivi  di  melodie 
squisite,  devono  essersi  alternati  e  succeduti  nella  bocca  del- 
l'esperto guidatore,  divenuto  a  giusta  ragione  simpatico  ai 
due  tedeschi.  Il  fatto  non  è  inverosimile,  uè  nuovo,  né  tam- 
poco strano  quando  si  rifletta  che  a  ciascuno  di  noi  è  tante  e 
tant^e  volte  capitato.  Quante  cose  non  abbiamo  noi  udite  ed 
imparate  da  codesta  povera  gente,  nella  quale  insieme  con 
la  naiveté  sovente  s'incontrano  tesori  di  pratica  esperienza, 
brillanti  in  aneddoti  e  in  canzoni,  in  costumanze  e  in  pro- 
verbi !  Cui  viaggia,  dicevami,  ora  è  un  buon  terzo  di  secolo, 
di  là  da  S.  Giuseppe  .Iato,  un  mulattiere,  guarisci,  patisci  e 
specula;  e  davvero  che  giammai  apologista  di  viaggi  con- 
densò in  più  breve,  filosofico  dettato  la  verità:  che  chi  viag- 
gia, gode  (guarisci),  soff're  e  specula,  cioè  osservji,  fissa  l'in- 
telletto nella  contemplazione  delle  cose,  istituisce  paragoni  e 
forma  giudizi  su  quel  che  ha  veduto  e  vede. 

Ma  Goethe,  potrebbe  osservarsi,  non  comprendeva  il 
siciliano. 

Ma  Goethe,  rispondo  io,  comprendeva  e  parlava  bene 
l'italiano;  e  sarebbe  un'oftesa  al  suo  sovrano  ingegno  il  ne- 
gargli l'intelligenza  d'una  canzone.  Né  giova  richiamarsi 
alla  confessione  di  lui  a  proposito  del  dialetto  parlato  dalla 
madre  di  Cagliostro  (17-19  Aprile);  perchè  altro  è  il  parlare 
])iii  o  meno  scomposto  d'una  vecchierella,  che  conversava 
nella  stretta  parlata  dell' Albergarla,  altro  la  forma  solenne, 
cadenzata,  scandita  d'un  canto  in  bocca  ad  un  vetturale, 
abituato  ad  accx)mpagnare  forestieri  e  studiantesi  di  farsi 
da  loro  intendere. 

Ma  iK>i  come  conciliare  la  modesta  confessione  di  Goe- 


IL  VIAGGIO   DI   GOETHK  A   PALEEMO    ECC.  217 

the,  a  proposito  della  visita  ai  Balsamo,  di  non  compren- 
dere il  dialetto  della  madre  con  quello  che  della  medesima 
visita  dice  egli  stesso?  E  Goethe  dice:  «  Intanto  che  io 
parlavo  con  gli  altri  [della  famiglia  Balsamo],  notai  la  vec- 
chia domandare  alla  figlia  se  io  fossi  della  loro  religione; 
e  potei  notare  come  questa  accuratamente  schivasse  di  darle 
una  risposta,  mentre  le  faceva  comprendere  —  per  quanto 
mi  fosse  dato  capire  —  essere  stato  troppo  buono  il  fore- 
stiere perchè  su  questo  punto  si  dovesse  fare  una  domanda  ». 

E  pensare  che  la  vecchierella  parlava  alla  figlia  sotto- 
voce ! 

Dato,  nondimeno,  e  non  concesso  che  Goethe  non  com- 
prendesse i  canti  che  sentiva,  come  poteva  egli  intendere 
i  popolani  coi  quali  parlava  ì  Non  aveva  egli  persone  che 
glieli  potessero  spiegare  !  p.  e.  in  Palermo,  la  Montaigne  e 
qualcuno  dell'albergo,  il  mercantuolo,  la  guida;  in  Girgenti 
l'antiquario  sac.  D.  Michele  Velia,  e  quei  gentili  che  l'ospita- 
rono; in  Oaltanissetta,  i  cittadini  che,  secondo  costumavano 
allora  e  costumano  anche  adesso,  sedevano  a  conversazione 
ìiella  casa  comune  sulla  piazza  del  mercato  e  che  graziosa- 
mente lo  vollero  con  essi.  E  se  non  è  così,  io  non  so  come 
abbia  potuto  tradurre  i  dolcissimi  versi  del   Meli  : 

Ucchiuzzi  nìuri, 
Si  talì'ati, 
Facili  cà4iri 
Casi  e  citati. 

Jeu,  miiru  debuti 
Di  petri  e  t^u, 
Cunsidiratilu 
Si  allura  ciyu  !  (1) 

tradurli  in  quel  sicilianisches  Lied,  che  piace  tanto: 

Ihr  schwarzeu  Aeugelein  ! 
Wenu  ihr  nur  winket> 
Es  falleu  Hauser  ein, 
Es  fallen  Stadte  ; 


(1)  Meli,  Poe$ie  :  L'occhi,  p.  35.  Palermo,  L.  Pedone  Lauriel  1884. 


218  LL  VIAGGIO  DI  GOETHE  A  PALERMO  ECC. 

Und  diese  Leimenwand 
Vor  meinem  Herzen  - 
Bedenk'  doch  nur  eininal  - 
Die  sollt'  nicht  fallen  !  (1) 

È  vero  che  non  citò  la  fonte;  ma  il  Meli,  ch'era  di  buon 
cuore ,  non  si  sarà  offeso  della  omissione  del  suo  nome ,  e 


(1)  Goethe's  Gedichte.  Diainant  -  Ausgabe  ecc.  Achte  Anflage,  j).  87. 
Berlin,  G.  Grote,  1886. 

Nel  momento  in  cui  questo  foglio  va  in  macchina  l'egr.  Zamboni  mi 
avverte  che  nell'ultimo  Annuario  Goethiano  :  Goethe  -  Jahrìntch,  XXVI 
Band,  1905  (Frankfurt  a/M,  Riitten  und  Loening)-  è  un  ampio  studio  di 
Alfred  Peltzer  (pp.  225-58)  sul  pittore  Kniep;  e  ne  trae  per  me  notizie 
nuove  e  molto  curiose,  le  quali  completano  quelle  da  lui  graziosamente 
favoritemi  dianzi  e  da  me  riportate  nel  $  I  di  questo  studio. 

Ecco  quelle  notizie ,  tutte  relative  ai  disegni  di  Kniep  in  Palermo  e 
in  Sicilia  : 

«  1.  11  Peltzer  descrive  minuziosamente  due  disegni  a  seppia,  a  tìrma 
«  C.  H.  Kniep  del.  et  inv.  Napoli  1805  »,  ma  suggeriti  dal  soggiorno  del 
Poeta  a  Palermo,  e  precisamente  alla  Villa  Giulia.  Questi  due  disegni 
trovansi  nella  Galleria  Nazionale  di  Berlino.  11  Peltzer  li  dice  provenienti 
dalla  Russia,  ma  non  sa  spiegarsi  come.  (Io  ritengo  con  qualche  fonda- 
mento, che  potrò  anche  meglio  controllare,  che  i  disegni  siano  stati 
acquistati  dall' Italianisky,  Ambasciatore  russo  a  Napoli,  e  gran  protet- 
tore del  Kniep. 

«  2.  Nella  Casa  di  Goethe  a  Weimar,  si  cimservano  nelle  rispettive 
cartelle  parecchi  disegni  «  eseguiti  dal  Kniep  in  Sicilia  ».  In  una  sola 
cartella,  ve  ne  sono  46,  quasi  tutti  a  lapis,  pi'obabilmente  riuniti  dal 
Goethe  stesso;  un'altra  cartella  ne  contiene  solo  10,  ma  più  grandi; 
tutti  portano  ora  la  firma  di  Kniep,  ora  il  nome  del  luogo  dell'Isola  che 
rappresentano,  ora  qualche  nota  del  Goethe. 

«  Il  Peltzer  ne  dÀ  un  accurato  elenco,  con  una  interessante  e  minuziosa 
deacricione,  sempre  in  rapporto  ai  varii  passi  del  Diario  siciliano  cui  si 
riferiscono.  Vi  sono:  alcune  marine  (Palermo)  in  data  1  e  2  Aprile  (1787;; 
—  un  disegno  che  ritrae  la  rada,  animata  da  pescatori  clie  tendon  le  reti, 
da  capanne  di  pescatori,  da  barche  tirate  in  secco  :  «  probabilmente  ri- 
tratto dalla  finestra  dell'albergo  »  ;  —  una  veduta  del  golfo  di  Palermo 
con  la  città  e  il  monte  Pellegrino  ;  —  «  il  monte  Pellegrino  con  la  fertile 
▼ftlle  che  si  stende  Ano  al  mare  »  (3  Aprile)  ;  —  una  porzione  del  monte 


IL  VIAGGIO   m  GOETHE  A  PALERMO  ECC.  219 

forse  avrà  appreso  con  piacere  che  comparisse  come  canzo- 
netta del  popolo  la  sua  ormai  proverbiale  ode.  In  grazia 
(Iella  difficoltà  del  testo,  avrà  anche  chiusi  gli  occhi  sulla 
immagine  espressa  da  Goethe  nel  quinto  e  nel  sesto  verso: 

Und  diese  Leinienwand 
Vor  meinem  Herzen, 

la  quale  non  risponde  a  quella  dell'originale  : 

leu,  imiru  debuli, 
Di  petri  e  tajw. 

E  con  chiudo. 

Questa  sommaria  esposizione  delle  lettere  palermitane 
del  massimo  scrittore  della  Germania,  s'informa  al  deside- 
rio, naturale  in  chicchessia,  di  veder  lumeggiati  particolari 
riraavSti  fin  qui  oscuri  o  poco  noti. 

Forse  siffatto  desiderio  non  sarà  sentito  dagli  eruditi 
nella  letteratura  goethiana,  paghi  com'essi  saranno  degli 
studi  stati  fatti  sull'argomento.  A  me  però  se  non  dà  con- 


Pellef^rino  ;  —  «  Valle  presso  Palermo,  celebre  per  una  battaglia  di  An- 
nibale »  (questa  indicazione  è  del  Kniep). 

«  3.  Un  altro  disegno  porta,  sempre  di  mano  del  Kniep,  questo  tit<»lo  : 
Edificio  delVTnqiiisizìone  (Gebèiude  der  Inqtiisition),  che  non  è  nemmen  ri- 
cordato nel  Viaffffio.  Quest'edifìcio,  di  struttura  gotica,  è  attiguo  (angren- 
zend)  a  un  palazzo  stile  Rinascenza.  Il  Peltzer  nota:  «  Il  primo  edificio 
è  l'attuale  Palazzo  dei  Tribunali  etc.  »  et<".  etc. 

«  Segue  l'elenco  e  la  descrizione  di  altri  luoghi  e  monumenti  dell'Isola, 
ed  altri  ancora  che  il  Peltzer  non  ha  potuto  bene  identificare,  ma  certa- 
mente siciliani  ». 

Devo  poi  avvertire  clie  nello  studio  delle  lettere  palermitane  della 
Tfalienische  Tteise  lio  anche  guardato  alla  versione  di  Augusto  de  Cossilla 
(Milano,  1875),  la  quale  pare  condotta,  sopra  un  testo  diverso  da  quello 
della  casa  Reclam  di  Lipsia  da  ine  seguito.  Le  differenze  che  si  riscon- 
treranno nella  versione  di  alcuni  brani  da  me  riferiti  e  in  quella  dei 
medesimi  brani  del  de  Cossilla  mi  sono  state  suggerite  dall'originale. 


220  IL  VIAGOIO  DI  OOETHE  A   PALERMO    ECC. 

forto  la  coscienza,  sorride  la  illusione  di  avere  sul  Palermo 
di  Goethe  detto  qualche  cosa  nuova,  rettificato  qualche  no- 
tizia inesatta,  completato  qualche  vago  accenno,  indovi- 
nato siti,  riconosciuto  jìersone,  ma  soprattutto  rischiarato 
meglio  l'ambiente  nel  quale  lo  spregiudicato  viaggiatore 
dovette  trovarsi. 

Questa  illusione  è  di  un  uomo  che  visse  gli  anni  più 
attivi  della  sua  vita  modesta  nell'amore  operoso  della  sua 
terra  natale;  ma  che  volgendo  ora  l'attenzione  alla  parte 
siciliana  della  Italienische  Beise  non  ha  voluto  guardare  a 
nessuno  degli  scritti  grandi  o  piccoli,  lunghi  o  brevi,  italiani 
o  stranieri,  che  sono  stati  pubblicati  da  quasi  mezzo  secolo. 
Così  ne  è  venuto  uno  studio  severamente  oggettivo,  alieno 
da  preoccupazioni  e  da  preconcetti. 

Se  egli  ha  detto  cose  nuove,  tanto  di  guadagnato;  se 
ha  ripetuto  cose  vecchie,  peggio  per  lui,  che  ha  avuto  la 
ingenuità  di  credere  potersi  illustrare  pagine  di  viaggio 
come  quelle  di  Goethe  in  Palermo  con  documenti  d'archi- 
vio, con  testimonianze  di  diaristi  del  tempo  e  con  ricordi 
<li  viaggiatori  dell'ultimo  ventennio  del  secolo  XV^III. 


G.   PlTRB 


MISCELLANEA 


LA    PESTE    IN    PALEI^MO 

negli  anni  1624-1626. 

liELAZI()^M:    DI    AXOXIMO 
ora  per  la  prima  volta  stampata. 


AVVERTENZA. 

Il  Kev.  P.  Mansueto  Endrizzi,  Prefetto  dei  Camillijuiì  o 
Ministri  (le<il' Itifenni  in  Crcniiona ,  ha  rinvenuto  nella  Bi- 
blioteca Ooniunal(>  di  Mantov^a  una  scrittura  manoscritta 
col  titolo:  Breve  Relatione  di  quanto  è  pasaato  in  Palermo 
nel  tempo  della  Peste,  dal  principio  di  (fiugno  1624  che  dimorò 
il  male  la  lìrima  volta  in  detta  Città;  e  paremlogli  impor- 
tante ed  inedita,  l'ha  con  diligenza  trascritta,  e  con  gentile 
pensiero  otterta  alla  Società  Siciliana  di  Storia  Patria,  per- 
chè la  mettesse  a  stampa  ove  la  giudicasse  utile  e  degna  (1). 

E  inedita  essa  è  veramente  e  di  singolare  importanza  ; 
utilissima  (piindi  e  degnissima  che  si  conosca  <la  tutti  gli 
studiosi.  E  i)ertanto,  stampandola  ora,  mando  anzitutto  un 
ringraziamento  ed  un  i)lauso  al  benemerito  P.  Endrizzi  in 
nome  della  nostra  Società,  e  della  storia  ancora,  che  da  essa 
Relatione  viene  a  trarre  hice  e  vantaggio. 

L'anonimo  scrittore  di  questa  crona(!a  dolorosa  non  pen- 
sava cert<»  alla  posterità,  vergan<lo  le  sue  note  su  la  gravis- 
sima calamità  pubblica  cui  assisteva  ;  che  solo  per  adem- 
piere al  dovere  impostogli  da'  Superiori  suoi  (era  un  Frate) 


(1)  Lettera  del  P.  Mansukto  Enukiz/j  al  Presidente  della  Società  Si- 
ciliana per  la  Storia  Patria,  da  Cremona,  16  febbr.  1905,  in  Archivio 
della  Società. 


222  MISCELLANEA 


dava  ragguaglio  di  quel  che  cotidiauamente  accadeva  nel- 
l'afflitta città  e  passava  sotto  i  suoi  occhi  o  x)er  le  sue  mani, 
in  i]uei  fraiigenti  di  un  morbo  ch'era  orrendo  disastro  e  ter- 
rore per  tutti.  Preziosissime  quindi  le  sue  parole,  scevre  di 
preoccupazioni  e  prevenzioni,  ini [)ron tate  a  verità  e  since- 
rità massima  e  prudenti  ed  accorte  sì ,  da  non  formulare 
giudizj  ;  ma  questi,  peraltro,  chi  legge  i)uò  agevolmente  der= 
durre  da  sé,  poiché  netti  emergono  dai  fatti  iiarrati. 

Nella  storia  delle  epidemie  pestose,  questa  i)alermitana 
anzi  siciliana  degli  anni  1024-1626  non  occupa  il  posto  che 
le  competa  per  la  gravezza  ed  estensione  e  durata  (1)  ;  ma 
ciò  è  accaduto,  perchè  non  ebbe  come  (piella  del  1575-1576 
un  Ingrassia  che  in  classico  libro  la  illustrasse  (2);  e  perchè 
gli  storici  e  cronisti  nostri  (coevi  o  posteriori  ad  essa)  non 
l'han  ricordata  che  molto  sommariamente,  e  più  che  altro 
per  lameut^ire  la  morte  del  saggio  Viceré  Emanuele  Filiberto 
di  Savoja,  che  ne  fu  vittima  principale;  per  esaltare  meri- 
tamente 1'  opera  dell'  Arcivescovo  Cardinale  Giannettino 
Boria,    che   da  Presidente  resse  il  Governo  di  Sicilia  alla 


(1)  Cfr.  Alfonso  Corradi:  Annali  delle  Epidemie  occorse  iu  H(ttia  dalle 
prime  memorie  fino  al  1850  ,  ecc.  Sec.  XVII ,  e  Voi.  VII ,  Appendice  , 
Parte  II,  pag.  (i35  e  segg.  (Bologna,  Tip.  Ganiberini  e  Parnieggiani,  1X92). 

La  peste  contagiò  Trapani  prima  (donde  si  diffuse  ai  dintorni)  ,  e  su- 
bito dopo ,  Palermo.  Da  qui  si  estese  a  Castelvetrano  ,  Carini  ,  Parco , 
Partinico,  Alcamo,  Polizzi,  Caiccanio,  Castronovo,  Girgenti,  Favara,  Ara- 
gona, lta<!almuto,  Grotte,  Camerata,  Termini,  Scicli,  Modica,  Nicosia,  As- 
8oro,  Ganci,  Bivona  ecc.  II  sig.  G.  B.  Fkkrkìno  ha  illustrato  con  rigorosa 
ewitt«zza,  mercè  i  documenti  ofHciali  del  tempo,  La  Peste  a  Castelvetrano 
netfli  anni  1624-1626  (Trani,  V»  Vecclii,  1905).  Il  morbo  manifestossi  in 
({Mesta  cittA  su'  primi  d'agosto  ]()24,  fu  dichiavato  estinto  dt'l  tutto  a  15 
mar/o  1(52(5;  fece,  in  tal  pcriotlo,  75K)  vittimi!  nel  solo  Lazzaretto.  Di  altri 
Comuni  conosciamo  la  enorme  strage  (Racalmuto  ,  Grotte  ,  Castronovo  , 
Termini)  ma  non  i  particolari. 

(2)  Informntitntc  del  pcHtifcra  e  coiitaf/iaKo  morlx),  il  «pia Ir  a^ffti'f'ic  et 
havp.  afflitto  tiitmta  cìllu  di  /'alcrnio,  r  molte  altre  Cittìi  e  Terre  di  questo 
Jiifffiw  di  Sicilia  nell'anno  1515  e  1576.  Data...  da  (ìiovan  Fimim'o  In- 
OHAWlA  ecc.  (hi  Palermo,  Presso  Gio.  Matteo  Mayda.  M.D.LXXVI). 


MISCELLANEA  223 


morte  del  Priiicii)e  ;  e  inlìne ,  per  glorificare  le  grazie  di 
Santa  liosalia  ,  gridata  allora  salvatrice  ed  eletta  Patrona 
di  Palermo  e  protettrice  speciale  contro  le  pestilenze  (1). 
Alle  lacune  e  incertezze  o  errori  degli  scrittori  nostri  su 
questa  epidemia,  uno  solo  non  partecipa,  quel  Capitano  M-ija, 
che  vi  assistette  pur  esso  e  conobbe  tutt'  i  provvedimenti 
delle  Autorità  e  i  particolari  fatti;  ma  la  sua  diligente  nar- 
razione ci  è  pervenuta  sgraziatameute  incompleta,  e  si  ar- 
resta proprio  là  ove  lo  svolgimento  delle  cose  più  interes- 
santi i)rendea  più  ampio  sviluppo  (2).  Cosicché  il  Corradi, 
do])o  d'averla  riferita  nella  sostanza  e  arricchita  con  altre 
notizie  spigolate  ne  la  Santa  Ko.salia  del  Cascini  e  nei  Con- 
sùfli  dell' Alairao,  conchiude  lamentando  la  «  mancanza  del- 
l'intera  storia  della  peste  di  Palermo  del  1024...  onde  che 
non  rìesciamo  a  sapere  neppure  alcuni  dei  princii)alissimi 
tratti  <li  essa,  ad  esempio  come  il  morbo  procedesse,  (piando 
ripigliasse  quando  pareva  spento,  (piando  veramente  finisse 
e  (pianta  ne  fosse  la  moria  (.S)  ». 

La  Rclatìone  d(d  nostro  anonimo,  minuta,  diligentissima, 
quale  porca  darcela  chi  sin  dal  ]>rimo  nianifestarsi  del  morbo 
ci  si  trov(^  in  mezzo  e  avrebbe  potuto  iniziarla  (?ol  virgiliano 
quaeqìw  ipsc  miserriìna  vidi  et  quorum  pars  magna  fui  ,  ri- 
para a  (piasi  tutte  le  lamentate  lacune  e  presenta  singolare 
importanza  e  dal  lato  storico  e  dal  lato  scientifico,  lo  non 
starò  a  dimostrar  ciò  punto  ]>er  pnnto,  che  farei  opera  forse 
un    po'   fuori   luogo,  (pii  ;  ma  bastimi  dire,  che  quanto  il 


(1)  Cfr.  la  «Nota  bibliogniHca  »,  in  line. 

(2)  E  stiinipata  nt-l  voi.  II,  pp.  1 1 3-1 6;WleIla  «  Biblioteca  storica  e  let- 
teraria (li  Sicilia  »  per  cura  di  G.  Di  Mauzo,  il  quale  vi  la  seguire  l'in- 
dicazione «l'un  importante  volume  manogeritto  dellai  Comunale  di  Palermo 
(segn.  Q(|.  H.  59)  :  RiweoUa  di  scritlure  intorno  alla  Pente,  di  Palermo 
degli  anni  1024  e  1625. 

Scrivo  Maja  ,  e  non  Mat/a  o  May ,  perchè  quello  è  veramente  il  co- 
gnome della  taiìiiglìa:  la  //  non  è  veramente  che  la  doppia  i  (ij)  senza 
puntini,  giusta  la  torma  paleografica  del  tempo. 

(3)  Corradi,  op.  e  voi,  cit.,  p.  647. 


224  MISCELLANEA 


Cronista  nota ,  trova  riscontro  e  conferma  nei  docnracnti 
officiali  che  permangono  negli  Atti  e  nelle  Provviste  del 
Comune  di  Palenno  (nel  suo  prezioso  Archivio)  e  chiarisce 
e  completa  quauto  da  altri  era  stato  o  accennato,  o  dub- 
biamente o  inesattamente  asserito. 

Nelle  semplici  pagine  del  zelante  (^  buon  Frate  noi  ab- 
biamo intera  la  cronaca  della  epidemia  ,  nel  periodo  più 
culminante  e  micidiaU^ ,  co'  prov^vedimenti  sanihirj  e  uma- 
uitarj  disposti,  con  le  vicende  minute  e  gl'incidenti  inevi- 
tabili, le  feste  votive,  i  funerali,  le  atroci  esecuzioni  crimi- 
nali ecc.  ;  e  vi  rifulge  sopratutto  la  sapiente  opera  rapida- 
mente e  indefessamente  si)iegata  dal  Magistrato  Municipale, 
che  non  guardò  a  fatiche,  a  sagrilìzj,  a  spese,  pur  di  com- 
battere il  male  in  tutt'i  modi  e  di  alleviare  per  quant'  era 
possibile  gì'  influiti  patimenti  e  danni  de'  cittadini  (1).  Il 
che  non  fa  meraviglia  :  i)erchè  Palermo,  sempre  nobihuente 
uguale  a  se  stessa,  nelle  calamità  pubbliche  ha  sempre  con 
geiierosità  infinita  [U'ovveduto  a  tutto;  e  non  il  Comune 
solo  come  Ente,  ma  i  cittadini  tutti  d'ogni  classe  e  sesso 
ed  età.  E  ben  a  ragione  il  Frate  nostro,  che  tutte  cose  ri- 
ferisce per  solito  sereno  e  im])assibile,  trova  solo  la  nota 
<\Mlda  (puindo  delinea  le  nobili  ligure  <li  quei  che  in  soc- 
corso di  tanti  languenti  facean  sacrili/io  della  borsa,  della 
saluta,  della  vita. 

Piacemi  rilevare  il  valore  della  Rvlatione  \wv  le  notizie 
esatte  che  ci  reca  del  numero  degli  appestati  raccolti  nel 
Lazzaretto  e  dei  morti  in  questo  e  nella  città,  dal  23  giu- 
gno 1G24  al  25  giugno  1025.   l    rat-colli   nel   Lazzaretto  asce- 


(1)  Lii  opiileinia  coNt*'»  al  Coiniiiic  di  l^ilcniio  «  più  di  seicento  mila 
Hciuli  »,  al  din;  ditlPAuitiA,  X0(>  iiiilii  .scudi  :il  dir  delTALAiMo.  Il  nostro 
FriiU*  scj^tia  :  r»(KKKM)r)4  ,  cifra  ch'io  rilciiji»»  ciroiicanicntc  Ietta  nel  nis. 
i'.  clic  iiii('t-|M-<;lo  :  ùOOOOO  hc.  Nella  Hcriitnra  21  del  cit.  in«.  dtdia  Coniu- 
Uiile  di  l'alvnno,  la  HpeMi,  trattu  dai  IìImì  di  Tesoreria  <lel  Senato,  è  iu 
totale:  on/.«-  ]((70(r>.'J().!l,  che  corrispondono  a  scudi  'tOIKUi,  e  va  dal  23 
giugno  l(i24  a  2()  Hettundne  1G25. 


MISCELLANEA  225 


sei'o  a  l')\)ì)l,  i  morti  a  12(350,  e  cioè  :  (>28()  nel  Lazzaretto  e 
6370  iielln  città  (l).  A  (luesti,  sono  jioi  <la  a<>>;;iiingere  quelli 
che  morirono  dal  7  nia<;'gio  al  22  <»iu;j:no  1024  ,  e  gli  altri 
del  rinianeiit<^  dell'anno  1025  e  dei  primi  mesi  del  1020; 
ma  nulla  di  questi  sap[)iaMio.  La  peste,  negata  nell'inizio,  ijei 
ut!icialm(3nt<^  riconosciuta ,  in  line  per  ragioni  politiche 
e  religiose  ed  economiche  si  disse  estinta,  sì  che  negli  ai- 
timi di  settcMubre  1(>25  fu  data  la  libera  jn-atica  alla  città; 
ma  di  fatto,  estinta  non  era.  Il  nostro  ^^rate,  a  1°  d'ottobre 
partiva  per  Napoli,  dove,  scontata  la  quarantena  e  lasciato 
senza  ulteriori  molestie,  rlcevea  la  notizia  che  il  morbo  era 
riacceso  a  J'alermo ,  ma  per  estinguersi  j)oco  a[)presso,  co- 
ni'egli  accenna.  Però,  questo  conosciamo  di  certo,  che  il 
Lazzaretto  rimase  ancora  aperto  ad  accogliere  appestati,  e 
due  illustri  Padri  Gesuiti  che  v'  erano  ad  assisterli  :  il  P. 
Vincenzo  Bongiorno  e  il  P.  (Girolamo  Platamone,  vi  lascia- 
van  generose  volontarie  vittime  la  vita,  il  primo  a'  22  di 
gennaio  102'.>,  il  secondo  sette  giorni  appresso  (2);  e  questo 
ancora  ci  risulta  indubitato:  che  il  termine  diffinitivo  del  con- 
tagio (beìicliè  la  nuova  pratica  libera  alla  città  sia  stata  dat^a 
a  10  giugno  1()20  (,*})),  non  fu  proclamato  che  a  15  luglio  1027, 
cimie  all'erma  la  precisa  notii  di  1).  Vincenzo  Auria  in  tal 
giorno:  «  8i  cantò  nella  Chiesa  Maggiore  di  Palermo  il 
Te  Dtum  laudumua  con  giubilo  universiile  per  la  totale  estir- 
patione  <lel  mal  contiiggloso,  facendosi  una  solleuue  proces- 
sione i>er  la  Città;  e  v'intervenne  con  la  torcia  il  Marchese 
Tavara  Presidente,  C(d  Consiglio  e  Senato  (4)  ». 

l  Padri  Platamone  e  Bongiorno  mi  richiamano  le  altre 


(1)  L'A.  seguii,  nel  riassimto  finale,  num.  12273  morti,  oltre  a  376  che 
segna  a  parte  tra  Religiosi,  Medici  ecc.,  e  cioè  un  totale  di  12649;  però 
la  somma  delle  sne  singole  cifre  dà  12650  prex-isi. 

(2)  Cfr.  Salinas  e  Anguu^era,  loc.  cit.  in  «  Nota  bibli«>grafica  ». 

(3)  (jl.  }{.  La  Uosa,  AUuiw  cose  (let/ue  di  memomt  ecc.    a    p.    226   del 

voi.   11  della  «  Hil)lioteni  storica  e  letteraria  »  cit. 

(4)  AuiUA,  ìliatoriii  cronologica  cit.,  p.  94;  La  Rosa,  loc.  cit.  p.  228. 


226  MISCELLANEA 


vittime ,  nobili  e  plebee ,  chiesiastiche  e  secolari  ,  che  con 
abnegazione  ed  eroismo  sublime  corsero  a  soccorrere  e  ser- 
vire gli  appestati,  e  a  soccombere.  È  a  dol(;re ,  clic?  pochi 
nomi  ci  sian  pervenuti  di  questi  generosi  delle  classi  più 
in  vista,  e  nessuno  de'  popolani  e  delle  donne  (1);  ma  ad 
onore  perpetuo  ed  esempio  raccolgo  dai  Cronisti  e  segno 
qui,  che  ben  108  Religiosi  perirono  in  servizio  degli  appe- 
stati, 15  Medici  tìsici  e  110  tra  Chirurgi  e  Barbieri,  e  610 
tra  Officiali  e  Serventi  dei  Lazzaretti  e  Beccamorti  (2). 

I  Sanitarj,  «  pregati  allora  e  non  costretti  »,  si  prestaron 
volenterosi  e ,  come  sempre ,  fecero  sino  all'  ultimo  il  loro 
dovere ,  pur  subendo  gli  attacchi  del  morbo  e  della  male- 
volenza del  volgo  (3).  Né  mancarono  in  quella  epidemia 
(il  mondo  è  sempre  lo  stesso  !)  gi'  impostori  e  truffatori, 
come  in  recenti  epidemie  ;  ma  se  l'Autorità,  illusii,  li  pro- 
tesse allora  in  principio,  li  punì  poi  inesorabilmente,  non 
ap])ena  li  ebbe  conosciuti  :  esem[)io  quel  sedicente  Medico 
greco,  Demetrio  Sabatiano,  che  tini  su  le  forche  nel  no- 
vembre del  1026  (4).  Un'eco  della  malevolenza  contro  i  Sa- 
nitari ci  è  restato  in  una  Satira  in  versi  dialettali,  che  de- 
scrive il  contagio  ]>alermitano  e  fu  scritta  evidentemente 
nell'autunno  del  1()24,  (|uand<)  i)er  un  momento  fu  creduto 
o  voluto  far  (credere  che  il  male  toccasse  il  suo  line  i)er  in- 


(1)  Cfr.  Ueìasioiie  cit.  «lai  Maja,  p.  14!),  e  Cascini,  op.  cit.,  p.  52  e  seg. 

(2)  De'  Ueligìosi,  clie.  perirono,  trovo  solo  dieci  uoiui  :  P.  Giov.  Hatt. 
Patupialc,  P.  Friii»c«'s«-o  Mannini,  Fra  Rocco  Zompa  e  Fra  Frimccsco  Mar- 
t4»nina,  «'rociferi;  Don  Alessandro  Trotti  e  Don  Giuseppe  Miglia,  teatini; 
P.  Bernardino  ,  minorità  ;  P.  Raffaele  ,  di  S.  Nicol^^  Tolentino  ;  P.  Vin- 
cenzo Honj^iorno  e  P.  Girolamo  Platamone,  «Gesuiti.  Di  nomi  dei  Medici 
morti  non  trovo  che  qnesti  :  Alessio  Giarnisso.  liaitolo  (Jioveiico,  Fran- 
coHCM  Di  Vita  e  Geronimo  Cimilo. 

(8)  Cfr.  Ai.aimo,  op.  cit.,  p.  251. 

(4)  Intorno  a  qucHto  niatricolato  nialtatton!  si  ven<;ano  speeialmen(<> 
le  notizie  che  dù  I'Aukia  (op.  cit.,  p.  93),  U^  (|uali  completano  ^\\  ac- 
cenni dati  dal  NomIio,  dalPAr.AiMo  (op.  «-il.  p.  141)  e  dalla  .SVt/f/vr  poetica 
ili  cui  qui  appresso. 


MISCELLANKA  227 


tercessioiie  e  miracolo  della  Verginella  Santa  Kosalia.  Il 
l)oeta,  cli'è  un  Francesco  Mattei,  facendosi  eco  del  grosso  e 
maldicente  pubblico,  dice  addirittura  che  la  ])este  non  esiste, 
e  eh'  è  invenzione  dei  Medici  della  Deputazione  Sanitaria 
cittadina,  pei  (piali  nientemeno  augura  e  desidera  la  forca 
e  la  peste  vera  e  invincibilmente  mortale  !  E  tuttavia  que- 
sta Satira  è  un  pregevole  documento  del  tempo ,  ijerehè 
lumeggia,  insieme  a  queste  opinioni  del  volgo,  un  jk)'  dei 
retroscena  di  quella  moria,  e  conferma  poi,  in  tutto,  ciò  che 
dalla  croujica  di  essa  ci  è  affermato  (1). 

Vorrei,  come  conclusione,  dire  alcun  che  su  l'autore 
della  Relatione.  Ma  son  dolente  di  dover  dichiarare  che,  per 
(piante  ricerche  abbia  fatte,  non  m'è  riuscito  a  conoscerne 
il  nome.  J)a  (pialche  accidentale  ac^cenuo  (di' ei  si  lascia 
sfuggire  scrivendo ,  rilevo  eh'  era  Prefetto  qui  in  Palermo 
nella  Casa  di  sua  Keligione  ;  e  poiché  (piestii  era  nel  Quar- 
tiere di  Santa  Ninfa,  che  coiTÌsi)on(le  all'odierno  del  Monte 
di  Pietà,  non  \mò  esser  altra  che  il  Convento  de'  PP.  Cro- 
ciferi. Crocifero  era  egli  dun(|ue  il  nostro  Frate,  e  sappiamo 
che  fu  il  primo  ad  offerir  se  ed  i  suoi  al  Senato  Palermi- 
tano, il  13  giugno  1(J24,  in  prò'  degli  appestati,  e  che  de' 


(1)  La  Satira  ore  si  dcscriiv  il  principio  del  Contagyio  che  fu  in  Pa- 
lermo nell'anno  1624  vennto  da IV Africa,  si  contiene,  come  di  «Ignoto 
Autore  »,  nelle  pp.  461  -  470  del  codice  nis.  della  Comunale  di  Palermo 
segnato  2  Qq.  C.  18.  Col  titolo  :  Capitulu  supra  la  Pesti  Vannu  1624  di 
FitANCiscu  Matthei  si  trova  nel  «  Parnassn  Sicilianu»,  importante  Co- 
dice ms.  del  1634  dell'Universitaria  di  Messina,  il  (juale  ho  io  illustrato 
al  1892  (  In  Palermo,  Coi  tipi  de  «  Lo  Statuto  »).  Le  due  lezioni  concor- 
dano perfettamente,  meno  in  (lualche  parola,  che  del  resto  non  muta  il 
senso.  Del  poeta  Francesco  Mattei,  nulla  sappiamo. 

Il  poema  di  Anna  M.  Li  Guastelli  :  Paìermo  liberato  dalla  peste  del- 
l' anno  1025  neiV  invemione  ,  e  trionfo  di  S.  Rosalia  vergine  ,  e  cittadina 
palermitana  (In  Palermo  MDCLXXIII.  Nella  Regia  Stamperia  di  D.  Gia- 
como Epiro),  solo  nella  2*  parte,  canti  I  -  VI^  si  occupa  della  peste,  del 
ritrovamento  delle  ossa  della  Santa  e  delle  teste  celebrate  thilla  Città; 
ma  nessun  [)artic(»lar<(  nuovo  o  importante  ci  fornisce  ,  come  nessun  va 
lore  poetico  ha  in  sé. 


228  MISCELLANEA 


suoi  19  Padri  (che  tanti  ne  avea  il  Convento),  ben  13,  oltre 
i  Frati  serventi,  servirono  con  grande  lena  e  costanza  nel 
Lazzaretto  e  in  Città  i  colpiti  dal  male.  E  ch'egli  godesse 
la  stima  e  la  fiducia  delle  Autorità,  lo  ai)preiuliamo  dal 
tatto,  die  il  Viceré  Filiberto  ne  chiese  e  accolse  il  ])arere 
per  la  scelta  del  Lazzaretto  al  Borgo  di  Santa  Lncia.  Egli 
lasciò  Palermo  il  1°  ottobre  1625,  (piando  l'epidemia  fu  uf- 
ficialmente dichiarata  estinta,  e  si  recò  in  Napoli,  per  rag- 
giungere, pare,  hi  Casa  priucii)ale  della  sua  liegola.  E  niente 
più  ci  è  dato  sapere  di  lui,  che  anche  dopo  morto  si  è  reso 
benemerito  della  città  di  Palermo  con  (piesta  sua  Relatione. 


Salvatore  Salomone-Marino. 


BREVE    RELATIONE 

di  quanto  è  passato  in  Palermo  nel  tempo  della  peste,  dal  prineipio 
di   Giugno  1625  che  dimorò  il  male  la  prima  volta  in  detta  Città. 


Essendomi  couiaudato  da'  miei  Superiori  che  ciaschedima  set- 
timana li  raguagliasse  di  quanto  occorreva  nella  Città ,  e  delle 
provisioni  che  si  facevano  interno  i\^V  ai)pestati  ,  con  i  morti  et 
ammalati  che  ciascun  giorno  si  scoprivano,  stante  che  mi  ritro- 
vavo Prefetto  in  quella  Casa,  et  così  m'ingegnai  non  solamente 
trovar  la  verità,  ma  anco  minutamente  quanto  in  quel  tempo  oc- 
(jorreva  e  si  scoverse,  nel  sequente  modo.  Nel  principio  del  sopra- 
detto mese,  si  scoprirno  in  tre  case  esser  morte  quattro  persone 
per  casa  in  termine  di  tre  giorni,  del  che  si  stava  sospettando, 
che  infermità  corresse,  né  se  ne  faceva  stima  per  esser  case  basse 
di  poveri  ;  ma  essendo  successo  il  simile  in  casa  d'  un  Cavalier 
principale,  che  in  una  sera  gli  morirno  la  suocera,  un  figliolino 
e  dui  creati,  et  esso  si  ritirò  fuori  della  Città  in  un  giardino  dui 
miglia  lontano  ;  et  entrato  il  Senato  in  sospetto  di  contaggio ,  e 
fatto  diligenza,  trovò  che  un  vascello  venuto  da  Barberia ,  che 
portò  li  christiani  ricattati  dalla  Redentione  haveva  portato  delle 
mercantie  infette ,  delle  quali  haveva  comprato  detto  Cavaliero, 
portando  anco  de  Christiani  appestati,  e  le  patenti  falsificate;  e 
subbito  fecero  barriciare  (1)  non  solo  la  casa  del  detto,  ma  anco  il 
giardino  dove  risideva  ,  ponendovi  soldati  in  guardia  acciò  non 
pratticasse;  et  il  simile  fecero  a  l'altre  case.  Fecero  diligenza  per 
avere  il  Turco,  padrone  del  Vascello,  e  trovandolo  fuggito  fecero 
abbruggiare  le  robbe,  che  in  esso  trovorno,  facendolo  alìbndare 
in  mare,  et  ponere  li  Turchi,  che  erano  rimasti,  dentro  una  grotta 
a  fare  la  quarantana.  Et  il  Senato  fece  diversi  bandi  :  et  primo 
che  nessuna  donna  uscisse  di  casa  con  putti  di  dodici  anni  in  giìi 


(1)  Sbarrare,  chiudere  con  barre. 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  16 


230  MISCELLANEA 


salvo  che  la  festa  per  veder  la  messa  nella  chiesa  più  vicina,  né 
potesse  veder  più  che  una;  levorno  le  scuole,  le  congregati oni,  et 
ogn'altra  radunanza  per  non  fare  multiplicare  il  male  con  la  pratti- 
ca;  fecero  che  se  limpiassero  (1)  tutte  le  strade,  e  per  tutta  la  notte 
che  si  facesse  fuoco  di  sarmenti;  che  s'ammazzassero  i  cani,  gatte, 
galline  et  ogn'altr'animale  si  trovasse  per  strada,  destinando  in  ciò 
sei  huomini  con  bestie  et  buona  provisione  :  fece  in  oltre  il  Se- 
nato provisione  di  carozze,  e  segette  per  portare  gl'appcstati  al 
Lazzaretto;  fece  dodici  carrozzoni  per  pigliare  le  robbe  dalle 
case  appestate  con  buone  guardie,  come  a  suo  luogo  si  dirà;  fece 
quattro  carozzoni  per  portare  ad  abbruggiare  la  robba  appestata; 
quattro  altri  per  portare  li  morti,  a  modo  di  cascioni  con  il  suo 
coverchio;  sei  altri  per  pigliare  la  mondezza  (2)  dalle  case  barreg- 
giate;  facendo  tavuti  (3)  inpeciati  per  portare  Eeligiosi,  et  persone 
di  rispetto  morti;  dividendo  la  Città  in  tante  isole  o  quartieri  , 
ponendovi  molti  Deputati  con  buonissimi  ordini  ,  provedendo 
ciascheduno  quartiere  di  Medici,  Ciruggici,  barbieri,  balie,  mam- 
mane, et  Religiosi  i)er  ministrare  li  Sacramenti,  acciò  ciascuno 
non  patisse  delle  cose  necessarie,  come  a  suo  luogo  si  dirà  più 
per  minuto;  facendo  l'istesso  al  Lazzaretto. 

Il  modo  che  si  scopre  il  male  nell'  homo  è  in  questo  modo. 
Subbito  che  uno  è  toccato  dalla  peste  se  gli  scopre  un'ardentis- 
sima  febre,  o  l'ammazza  subito  o  lo  tiene  quattro  o  cinque  bore 
fuori  di  se;  e  subito  ritornato  si  confessa,  si  comunica  e  se  gli 
dà  l'oglio  Santo;  e  l'esce  un  bozzo  per  la  vita  et  per  ordinario 
all'ingonaglia,  sotto  il  braccio,  al  ventre  et  per  altre  parti  della 
vita.  Gli  medicamenti  che  s'usano  sono  diversi,  ma  per  ordinario 
gli  danno  subito  la  medicina,  il  giorno  seguente  li  cavano  san- 
gue, et  applicano  impiastro  allo  bozzo  non  solo  per  ammollire  , 
ma  anco  per  tirare  la  materia  fuori.  Nessuno  di  quei,  che  moiono, 
arrivano  al  sesto  giorno;  et  passato  detto  tempo  tutti  guariscono 
poiché  maturato  il  bozzo  lo  tagliano  e  sono  affatto  sani,  medican- 
dosi la  cicatrice  fuor  di  letto.  Msi  volendo  sequitare  per  ordiiu» 
dico  che  tutta  via  se  andavano  scoprendo  nuovi  infetti;  il  Senato 
subito  provvede  d'un  Lazzaretto  ,  stante  che  si  ritrovavano    le 


(1)  RipulÌHH«ro,  iicttiiaHuro. 

(2)  Immon'lixiii. 

(8)  Caase  niortunric 


MISCELLANEA  231 


])er8one  morte  buttate  per  strada  per  non  farsi  bareggiare  le  case  ; 
et  perchè  pensava  non  doversi  dilatare  molto  il  male  per  l'esqui- 
site  diligenze  usate,  fece  detto  Lazzaretto  in  un  bastione  dentro 
la  città  detto  lo  Spasimo,  dove  a  15  di  Giugno  cominciò  a  man- 
darvi l'appestati,  havendo  divisa  la  città  in  tante  isole  o  quartieri, 
e  tanto  in  essi  quartieri,  come  alle  porte,  destinò  Deputati  Ca- 
valieri e  Titolati,  provedendoli  di  Religiosi  per  amministrare  li 
Sacramenti  a  quell'a])pestati  che  si  governavano  nelle  case,  come 
anco  di  Medici,  Ciruggici  ,  mammane  ,  et  altri  come  habbiamo 
detto  nel  principio,  acciò  non  patissero  delle  cose  necessarie.  Et 
crescendo  il  male  e  scoprendosi  ogni  dì  nuove  case,  erano  subito 
barreggiate  e  guardate  da  dui  soldati  per  ciascuna  casa.  Et  in  un 
subito  fu  ripieno  detto  Lazzaretto,  che  forzò  il  Senato  a  ritrovare 
luogo  più  capace;  in  modo  che  a  23  di  Giugno  la  matina  a  buon 
hora  si  conferì  tutto  il  Senato  nel  giardino  del  dottor  Fabio  Ballo 
appresso  Santo  Francesco  di  Paola  fuori  la  porta  di  Carino  mezzo 
miglio  lontano  dalla  Città,  dove  da  detto  Senato  fu  chiamato  D. 
Baldassare  di  Bologna  Deputato  perpetuo  della  Sanità  et  prattico 
della  peste  di  49  anni  prima  (1),  e  gl'ordiuò,  che  formasse  le  stanze 
di  detto  luogo  in  forma  di  Lazzaretto;  e  detto  Cavaliero  vedendo 
il  luogo  non  era  capace,  consigliò  la  Città  a  pigliare  anco  il  luogo 
di  D.  Martino  Cinami,  e  così  accomodò  tutti  dui,  uno  per  gl'ap- 
pcstati e  l'altro  per  sospetti  e  convalescenti;  e  li  diedero  150  o- 
perarij  e  subito  fu  accomodato  in  bonissima  forma;  e  la  notte  di 
Santo  Giovanni,  che  fumo  li  24,  trasferirno  in  quei  luoghi  gl'in- 
fetti, sospetti,  et  convalescenti,  con  carozze,  segette,  et  carozzoni. 
E  scuoprendosi  tutta  via  più  case  infette  e  moltiplicato  il  male, 
in  breve  fumo  pieni  detti  luoglii  et  non  essendo  più  quelle  stanze 
capaci,  nel  principio  d'Agosto  presero  il  Borgo  di  S.  Lucia  fuori 
la  porta  di  Santo  (ìiorgio,  havendo  in  ciò  dato  il  mio  parere,  paren- 
domi luogo  molto  opportuno,  un  miglio  in  circa  lontano  dalla 
città;  quale  scompartirno  in  tre  parti  separati  gl'uni  dagl'altri, 
cioè  una  per  l'infetti  ,  una  per  li  convalescenti  e  l'altra  per  li 
sospetti ,  provedendosi  di  buon  numero  di  Keligiosi  per  ammi- 
nistrarvi li  Sacramenti,  d'un  governatore  con  titolo  di  Spetalie- 
re,  che  ministrava  giustizia,  con  uno  Infermiero  maggiore,  coman- 


(1)  Cioè,  della  peste  che  afflisse  Palermo  e  Sicilia  nel  1576. 


322  MISCKLLANEA 


dandomi  il  Principe  Filiberto,  che  ci  deputassi  un  Padre  de  nostri 
come  prattico  d'infermi  come  a  suo  luog:o  si  dirà,  provedendolo 
di  Medici,  Ciruggi^i,  servitori,  con  Cavalieri  Deputati  de  fuori, 
trasferendo  tutte  le  donne  nel  luogo  del  Cinami;  e  tutti  questi 
luoghi  erano  provvisti  da  tre  Eettori,  cioè  un  Titolato,  un  Oa- 
valiero,  et  uh  Mercadante,  quali  andavano  ogni  giorno  al  detto 
Lazzaretto  con  le  debite  cautele,  provedendo  a  bisogni,  che  in 
esso  occorrevano,  essendo  informati  dallo  Spedaliero  et  Infermier 
maggiore,  facendogli  parte  degl'eccessi  che  soccedevano  nel  luogo, 
de'  castighi  dati  a'  delinquenti  e  provedendo  per  minuto  a  tutto 
quello  faceva  di  bisogno,  tanto  del  vitto  ,  letti ,  vestimenti  et 
d'ogn'altra  cosa  fusse  stato  di  bisogno;  vi  andavano  anco  alter- 
natamente i  Deputati  perpetui  della  Sanità  e  gl'altri  eletti  dal 
Viceré,  e  Pretore,  et  insieme  con  loro  li  Medici  Consultori,  che 
pigliassero  relatione  da  Medici  di  dendro  del  progresso  degl'am- 
malati e  de  remedj  che  gli  facevano,  et  ordinavano  quello  che 
pareva  espediente  e  necessario. 

Al  fine  del  mese  d'Agosto  determinorno  far  luoghi  separati  per 
fare  la  quarantana  a  quelli,  che  guarivano  ;  fecero  accomodare 
alcune  stanze  alla  riva  del  mare  lontane  dal  Lazaretto  una  buona  ar- 
chebuggiata,  cingendolo  attorno  di  muraglie  e  tavole  con  molte  guar- 
die acciocché  non  praticassero  con  nessuno,  né  potessero  uscire,  e 
subito  vi  trasferirno  200  persone  già  guarite;  et  era  detto  luogo 
anco  provisto  dalli  sopradetti  tre  Deputati,  quali  finita  la  quaran- 
tana, e  fattili  ben  lavare  in  mare,  vestiti  tatti  di  nuovo  a  spese 
dello  Senato  gli  diedero  la  prattica  per  dentro  la  Città.  Ma  quello 
persone  che  avevano  comodità  si  governavano  nelle  proi)rie  case  a 
lor  spese,  essendo  guardata  la  lor  casa  con  de  soldati,  aftinché 
essi  non  uscissero  né  altri  vi  pratticassero.  Li  Religiosi  che  andava 
a  tomo  amministrando  i  Sacramenti,  i  Medici,  i  Ciruggici,  bar- 
bieri, et  ogn'  altro  infetto  andava  con  due  guardie  ,  una  avanti 
et  una  addietro,  et  acciò  lusserò  più  conosciuti  erano  vestiti  di 
tela  azzola,  ma  i  Religiosi  per  riverenza  del  Sagramento  portavano 
in  mano  una  ombrella,  con  un  Crocifisso  et  il  santissimo  Sacra- 
mento in  j)C'tto  in  una  borza,  et  la  guardia  d'avanti  portava  una 
linterna  accesa  senz'altro  strepito  per  non  atterrire  li  sani. 

Al  principio  di  Settembre  avvistosi  il  Senato  non  solo  dcllii 
Ifran  spesa  ali!  soldati,  a'quali  dava  dui  tari  di  quella  mon(^(H 
il  giorno  e  che  ueauco  sarebbero  bastati  i  sani  a.  guardare  gl'ani- 


MISCELLANEA  233 


malati,  determinò  di  levare  tutti  li  soldati  dalle  case  barreggiate 
et  ponere  la  pena  della  vita,  che  nessuno  potesse  uscire  né  en- 
trare in  dette  case;  et  per  conoscersi  meglio,  vi  fece  due  croci 
rosse  alla  i)orta  di  ciascuno,  con  j)ena  anco  de  conflscatione  de 
beni,  che  non  potesse  né  entrare  né  uscire  robe  senza  licenzia  in 
Hcriptis  del  Senato,  e  fumo  moltiplicati  li  Deputati  acciò  vigilassero 
a  dette  case;  i  quali  di  continuo  andavano  atorno  con  i  loro 
Officiali  avanti,  per  vedere  se  alcuno  delinquiva;  e  subito  che 
s'ammalava  alcuno  in  qualsivoglia  casa  tutti  l'habitanti  di  quella 
erano  sequestrati  nò  poteva  nessuno  moversi  da  casa  se  prima 
non  davano  relatione  a  detti  Cavalieri  Deputati  di  quel  quartiere, 
quali  comandavano  a  Medici  che  con  cautela  visitassero  detto 
ammalato;  la  cautela  era,  bagnarsi  le  mani  e  la  faccia  d'aceto  , 
et  poi  toccarli  il  polzo  da  lontano,  e  vederlo  tutto  ignudo,  usan- 
do diligenza  se  per  la  vita  vi  era  bozzo,  pappola  (1)  o  petecchia, 
che  in  tal  modo  era  dichiarato  per  appestato;  bareggiavano  la 
casa,  et  mandavano  l'ammalato  et  i  sani  al  Lazzaretto  ,  se  non 
haveva  comodità  da  governarsi  a  sua  casa;  ma  le  donne  di 
qualche  rispetto  erano  viste  ignude  dalla  mammana,  quale  con 
giuramento  certificava  li  Deputati  e  Medici  non  haver  infettione. 
Et  così  erano  governati  da  Medici  ordiuarij  et  spesso  detti  Medici 
davano  relatione  alli  Deputati  non  esservi  contaggio;  quali  Depu- 
tati davano  due  volte  il  giorno  al  Senato  raguaglio  di  quanto 
])assava  nel  lor  quartiere  et  a  chi  si  dava  questa  relatione  era  il 
Pretore,  sei  Giurati,  il  Capitano  della  Città,  il  Sindico  con  cinque 
Deputati  della  Sanità  perpetui  che  in  tutti  i  tempi  hanno  autorità 
di  conoscere  le  patenti  e  mercantie  che  vengono  di  fuori  e  qual- 
sivoglia altra  occorrenza  appartenente  alla  Sanità;  interviene 
anco  a  detta  deputatione  un  Avocato  principale  per  Consultore  e 
Giudice,  un  Fiscale  con  suoi  coadiutori  ,  sei  Medici,  il  Mastro 
Notaro  con  suoi  Attuarj,  e  si  notano  tutte  le  cose,  che  quivi  si 
appettano  per  dare  esecuzione  a  tutte  le  i>ro viste  che  in  quella 
si  fanno  o  per  appotamento  o  per  decretatione  ;  vi  sono  di  più 
altri  Deputati  fuori  le  porte  per  haver  cura  delle  robbe  che  en- 
trano et  escono  dalla  Città,  ciascheduno  di  loro  con  guardie  de 
soldati  per  quello  che  potesse  occorrere;  qui  anco  danno  le  loro 
relationi  ciaschedun  giorno  tenendo  detta  Deputatione  altre  hore 
del  giorno  per  dare  udienza  e  provedere  alli  bisogni  del  popolo, 


(1)  Pustola. 


2S4  MISCELLANEA. 


che  viene  ad  esporre  le  sue  necessità,  e  da  essi  si  tiene  cause 
fiscali  per  condennare  i  delinquenti,  secondo  le  relationi  de  De- 
putati de  quartieri,  si  fanno  dispense  di  torture  ,  condanne  di 
fustre  (1),  galere,  e  di  morte;  e  così  nel  fine  d'Agosto  appiccorno 
dui,  uno  che  essendo  guardiano  rubbava  robe  infette  e  le  vendeva 
a'  sani,  e  l'altro  che  havendo  la  peste  adosso  pratticava  senza 
rivelarsf;  e  la  sopradetta  podestà  fu  lor  data  dal  Serenissimo 
Principe  Filiberto  Viceré,  come  appresso  si  dirà. 

Vi  sono  anco  degl'altri  Deputati,  che  hanno  altre  particolar 
cure  :  alcuni  di  far  sepelire  1  morti  del  contagio,  quali  si  sepeli- 
scono  in  campagna  poco  meno  due  miglia  lontano  dalla  città, 
luogo  desolato  assignato  a  questo  effetto,  dove  si  cava  un  fossa 
12  jjalmi  da  petriatori  per  esser  monte  e  non  vi  si  pone  piti  di 
due  persone  per  fosso,  li  cuoprono  di  calce  viva  e  doppo  petra 
e  terra  di  sopra;  si  portano  in  detto  luogo  i  cadaveri  da  caroz- 
zoni  tirati  da  dui  muli,  quali  son  fatti  a  modo  di  cascie  con  i 
coverchi,  e  di  sopra  una  tela  di  color  morato  con  una  croce 
rossa;  ma  li  Religiosi  et  altre  persone  di  rispetto  si  portano  den- 
tro tavuti  impeciati  con  la  sua  coltra  come  di  sopra,  portati 
da  quattro  beccamorti  con  quattro  candele  in  mano  e  quattro 
torcie  in  man  di  quattro  soldati,  vi  va  un  Assistente  a  cavallo 
appresso  per  vedere  se  li  soldati  fanno  il  lor  dovere,  e  non  toc- 
car nessuno  che  s'incontra;  e  così  lo  portano  sin  fuori  la  Porta; 
e  poi  li  ponevano  dentro  i  cascioni  con  gì'  altri  morti  e  tanto 
essi  quanto  gl'infermi,  che  andavano  al  Lazzaretto,  si  notano  in 
un  libro  in  detta  Porta  non  i)otendo  uscire  per  altra  parte,  chia- 
mata Porta  Maqueda. 

Di  piti  altri  Deputati  che  tengono  cura  di  far  prendere  le  robe 
degli  ai)i)estati  con  carozzoni  anco  tirati  da  dui  muli  e  fjirli  ])or- 
tare  in  un  luogo  assignato  per  farli  abbruciare,  e  ciascheduno 
carozzone  porta  quattro  beccamorti  per  caricare  le  robbe  e  dui 
Assistenti  a  (^avallo  e  quattro  soldati  per  guardia,  dui  d'avanti  e 
dui  a  dietro,  acciò  non  si  facci  fniude  da  beccamorti. 

Di  più  altri  Deputati  per  far  pigliare  la  robba  de  sospetti 
portata  da  carozzoni  con  le  guardie  come  di  sopra,  con  dui  Assi- 
stenti, persone  di  rispetto  et  un  (^ìmissai'io,  per  scrivere  di  minuto 
tutte  le  detto  robe;  e  tutto  (|u<'sto  ac«'iò  non  fnssr  fiiindiilo  il  P:i- 


(1)  Frutta. 


MISCELLANEA  235 


drone;  quali  si  portavano  in  un  luogo  fuori  della  città  dove  si  face- 
vano purgare,  sciauriare  (1)  e  ventilare,  e  si  consignavano  al  guar- 
diano di  detto  luogo  chiamato  La  Zisa,  quale  è  a  modo  di  castello, 
luogo  ispatioso,  abbondante  di  acqua,  molto  opportuno  per  tale  ef- 
fetto; e  dopo  purgati,  e  fatta  la  quarantana,  con  licenzia  del  Se- 
nato erano  restituiti  a  proprij  padroni;  ma  le  case  grandi  e  spat- 
tose,  che  havevano  comodità  di  purificarle,  le  lasciavano  stare, 
con  andare  il  Deputato  a  veder  fare  le  liscie,  et  altre  diligenze 
necessarie. 

Per  portare  gl'appcstati  al  Lazaretto  prò  vede  il  Senato  di  due 
carozze  e  quattro  seggiette  e  ciascheduna  carozza  haveva  quattro 
huomini  per  pigliare  gV  ammalati  in  braccio  ,  e  ponerli  dentro 
dette  carozze  e  segette,  e  ciascheduna  d'esse  portava  quattro  sol- 
dati per  fare  allontanare  le  persone  acciò  non  lusserò  da  essi  toc- 
cati . 

In  oltre  fumo  deputate  quattro  persone  di  rispetto  per  cia- 
s<!un  quartiere,  per  far  profumare  et  biancheggiare  tutte  le  case 
delle  persone  che  si  ritrovavano  appestate  nel  Lazzaretto,  acciò  fi- 
nita la  lor  quarantana  vi  potessero  habitare  sicuramente;  quali 
case  si  profumavano    nel    seguente  modo. 

Ciascheduno  delli  Deputati  menava  seco  dui  huomini  infetti 
con  le  lor  guardie  al  solito,  quali  huomini  infetti  portavano  un 
brasciero  di  fuoco  seco  et  aperta  la  porta  della  casa  infetta  po- 
nevano il  fuoco  nel  entrar  della  scala,  e  sopra  esso  mortella,  ro- 
smarino, et  giunipero,  e  serravano  la  porta  in  modo  che  il  fumo 
riempiva  tutta  la  casa;  passata  un'hora  et  aprendo  di  nuovo  la 
porta  salivano  nelle  stanze,  et  aprivano  tutte  le  finestre,  et  a  cia- 
scheduna stanza  facevano  l'istesso  che  havevano  fatto  alla  porta; 
e  passata  un'altra  bora  appicciavano  in  mezzo  della  stanza  una  fa- 
scina di  sermento,  e  per  quel  giorno  non  si  faceva  altro  ;  il  se- 
condo giorno  ristessi,  scopavano  tutta  la  casa,  levando  ogni  im- 
monditia,  et  poi  veniva  il  carozzone  infetto  tirato  da  uu  cavallo 
e  pigliava  detta  immonditia  e  la  portava  tre  miglia  lontano  dalla 
città  a  fosso  determinato  con  le  guardie  et  Assistenti  come  gl'al- 
tri; il  terzo  giorno  facevano  in  ciascheduna  stanza  profumi  com- 
posti di  zolfo  ,  pece,  et  resina  e  così  continuavano  due  volte  il 
giorno  per  spatio  di  sei  giorni  ;  finiti  questi ,  v'  intra  vano  li  so- 


(1)  Profumare. 


236  MISCELLÀNEA 


spetti  e  seguitavano  detto  profumo  aggiungendovi  dell'incenso, 
limpiando  più  per  minuto  tutta  la  casa;  et  ultimamente  gl'ope- 
rarij  netti ,  che  1'  annetta  vano  con  maggior  diligenza  e  la  bian- 
cheggiavano tutta,  etiam  il  tetto,  bruggiando  qualsivoglia  tavola 
tarlata  ove  si  havesse  i)otuto  attaccare  la  peste;  et  in  tal  purga 
vi  correva  lo  spatio  di  20  giorni.  Ma  nelle  case  terraue,  che  non 
v'era  altro  che  la  porta^  scoprivano  parte  del  tetto  per  sciauriarla; 
et  le  case  di  rispetto  doppo  il  profumo  del  zolfo  i  sospetti  pro- 
fumavano d'incenso,  storace,  belzuino,  et  anco  muschio  ,  e  così 
purificate,  subito  che  uscivano  dal  Lazaretto  si  potevano  habitare 
senza  pavura  d'infettione;  ma  quelli  che  facevano  la  quarantana 
nelle  proprie  case^  oltre  che  li  carozzoni  andavano  ogni  settimana 
a  torno  a  pigliare  l'immodezze,  ci  erano  Deputati  secolari  e  reli- 
giosi che  matina  e  sera  andavano  per  le  case  a  veder  quello  che 
gli  fusse  occorso  la  notte  e  prima  che  se  gli  dava  la  prattica,  gli 
facevano  fare  la  bucata  ,  volendo  ciascun  religioso  veder  pezzo 
per  pezzo,  stando  essi  fuori  e  quelli  dentro  quando  si  faceva  la 
liscia;  et  ultimamente  rimase  tutto  il  peso  della  città  a  dui  de 
nostri  Padri,  come  persone  più  esperte  in  detto  ministerio. 

Di  più  vi  sono  altri  Deputati  nobili,  che  tengono  cura  far  lim- 
piare  ogni  settimana  tutte  le  strade  della  città ,  quali  tengono 
ministri  salariati  che  nettano  le  strade  con  portare  la  bruttezza 
alla  riva  del  mare  dove  sono  due  barche  che  le  portano  a  buttare 
due  miglia  dentro  mare;  et  in  somma  tanto  quelli  di  dentro  della 
città  quanto  quelli  di  fuori  al  Lazzaretto  non  hanno  la  prattica  se 
prima  non  hanno  la  fede  del  Medico  in  «eriptis^  e  sottoscritta  da 
Deputati  di  quartiere  e  da  Religiosi  che  assistono  alla  purificatione 
delle  robe. 

Et  per  cominciare  ordiuatamente  dirò  li  diversi  bandi  che 
fumo  buttati  con  le  provisioni  per  il  buon  governo  in  tal  cala- 
mitoso tempo,  li  quali  j)er  esser  molti  e  non  poterne  far  copia,  dirò  in 
breve  il  contenuto  di  quelli  con  le  giornate  della  promulgatione  (1). 
A  19  di  Giugno  1624.  —  Si  publicò  il  bando  cIkì  si  limpias- 
ftero  le  strade,  e  piazze  della  città  d'ogni  immonde/za,  che  nes- 
suno poteAHe  buttare  brntteeza  in  dette  strade ,  né  acqua  lorda 


(1)  Neil' Archivio  Comiinah'  di  Palermo  ,  noi  voi.  di  Fiandi  e  J'rovvi- 
ite  dell'anno  di  VII  indizione  1()28-1()24,  hì  possono  riscontrare  inte^ral- 
mento  i  Handi  «egnati. 


MISCELLANEA  237 


et  qualsivoglia  altra  immonrtitia;  si  facessero  per  ogni  parte  fuo- 
chi di  sarmenti  i)er  tenere  l'aria  purificata. 

2'-i  di  detto.  —  Bando  die  nessuna  persona  potesse  accattare 
sorta  di  pescarne,  né  in  fiume ,  in  tutti  li  territorij  della  città  , 
che  non  si  potessero  vendere  cose  di  salume  fatte  nel  presente 
anno ,  né  vendere  carne  cotta  di  nessuno  animale  ,  uè  si  potes- 
sero vendere  cose  commestibili  mal  conditionate  et  che  l'interiori 
delli  bovi  et  giovenchi  si  vendano  ben  1  impiate  e  nette,  che  non 
si  possa  comprare ,  né  vendere  cose  di  panno ,  lino,  cottone  et 
ogn' altro  drappo. 

A  dì  detto.  —  Bando  che  nessuno  mettesse  lini  a  mollo  né  a 
ripe  di  mare  né  a  fiumi  per  tutti  li  territorij  della  Città  ;  che 
ogn'  uno  rivelasse  la  robba  che  haveva  comprato  dal  Vascello 
venuto  da  Barberia,  fra  dui  giorni;  che  le  lavandare  non  ixìtes- 
sero  lavare  panni  salvo  che  ad  uim  casa  sola  per  non  mescolare 
le  robbe  dell'una  con  l'altia;  che  quelli  che  lavano  collari  auji- 
dati,  non  possino  buttare  1'  ac<}ua  in  strada;  che  <»gn'  uno  rive- 
lasse 1'  infermi  di  qualsivoglia  infermità  che  haveva  nella  casa 
ancorché  fussero  congionti  in  sangue,  come  madre  ,  padre ,  so- 
relle, fratelli;  et  che  ogn 'uno  tenghi  ligati  in  casa  li  cani  e  gatte 
e  quelli  <*he  vanno  per  la  città  fossero  ammazzati  e  sepelliti  in 
un  fosso  a  ciò  deputato. 

A  dì  24. — Bando  che  nessuno  potesse  trasferire  ammalati  da 
un  quartiero  in  un  altro,  né  da  una  casa  ad  un'altra;  che  le  per- 
sone venute  da  Barberia  con  il  vascello  si  ritirassero  in  casa  o 
vero  lor  camere  locande ,  et  mandare  a  rivelarsi  ;  che  ogn'  uno 
dovesse  rivelare  si  tiene  robe,  o  sapesse  chi  ne  tiene  ,  di  qual- 
sivoglia sorte  di  quelle  che  sono  venute  con  il  detto  vascello  da 
Barberia  e  si  i)erdonerà  la  pena  a  tutti  quelli  che  sino  al  pre- 
sente non  l'avesse  rivelato. 

A  dì  25.— Di  indine  di  sua  Altezza  Serenissima,  che  quelli  di 
Palermo  et  Trapani  non  possino  andar  fuori  senza  patente  o  bol- 
lettino, e  di  più  iK)rtino  una  banda  attaccata  al  petto. 

A  dì  20.— Bando  che  li  Medici  non  ricusino,  ma  debbano  an- 
dare a  visitare  gì'  ammalati  come  facevano  prima,  et  scoi)rendo 
alcuno  ammalato  di  contaggio  lo  debbano  subito  revelare. 

A  dì  detto.  —  Bando  che  niuno  benché  pri\ileggiato  possa 
trasportare  roba  da  un  luogo  ad  un  altro,  sotto  pena  della  vita 
et  conflscation  de  beni. 


238  MISCELLANEA 


A  27  detto.  —  Bando  che  li  poveri  mendichi  non  possino  an- 
dare mendicando  per  la  città,  ma  che  tutti  si  debbano  conferire 
nella  casa  di  San  Giovanni  Leproso  fuori  di  detta  Città  nel  ponte 
della  Miraglia,  dove  troveranno  ogni  ricetto,  e  quanto  farà  loro 
di  bisogno,  a  spese  della  città. 

28  detto.— Bando  che  nessuna  donna^  ne  figliuolo  (1)  da  12  anni 
a  basso  possa  uscire  dalla  casa  fuor  che  li  giorni  di  festa  coman- 
data per  andare  alla  messa  diretto  tramite  nella  chiesa  più  vi- 
cina ,  sotto  pena  della  frustra  e  perdita  del  manto  ;  ma  quelle 
donne  che  non  avevano  h uomini  in  casa  andassero  i)er  licenza 
dal  Pretore,  e  quelle  dentro  cortili  che  hanno  case  terrane  potes- 
sero stare  dentro  detto  cortile  purché  una  non  andasse  nella  casa 
dell'altra  vicina;  che  quelli  che  andassero  fuori  della  città  deb- 
bano prendere  il  bollettino  per  andare  ne  i  territorij ,  et  quelli 
che  vogliono  andar  fuori,  oltre  il  bollettino  debbano  portare  una 
tovaglia  bianca  attraversata  nel  petto,  et  prima  che  entrino  ne 
luoghi  habitati  debbano  dar  notizia  agl'Ufficiali  di  detti  luoghi; 
et  contravenendo,  pena  della  vita  naturale  ;  che  le  cortiggiane 
non  debbano  ricevere  ninno  nelle  lor  case  sotto  pena  della  fru- 
stra; et  acciò  non  patissero,  gli  furono  assignati  tre  carlini  di 
(| nella  moneta  il  giorno. 

Primo  di  Luglio.  -—  Bando  che  le  lavandare  i)ossino  andare  a 
lavare  a  fiume  ,  ma  solo  un  giorno  per  ciascuna  casa  i)er  non 
mescolare  li  panni  dell'  una  e  dell'  altra  ;  che  quelle  donne  che 
non  hanno  huomini  in  casa  ne  possi  uscire  una  per  casa  i)er  prov- 
vedere le  cose  necessarie  dalle  hore  14  sino  alle  10  et  dalle  21 
sino  alle  23;  et  perchè  alle  24  del  mese  di  Giugno  passato  si  fece 
bando  che  si  dovessero  rivelare  tutte  le  robe  che  fìissero  state 
comprate  nel  Vascello  venuto  da  Barberia,  si  proroga  il  termine 
ad  altri  giorni  dieci,  e  revelando  se  li  perdona  la  pena  passata, 
et  anco  se  gli  pagarà  il  prezzo  delle  robbe  che  riveleranno;  che 
ogni  uno  che  si  sente  qualche  male  o  alcuno  della  sua  famiglia 
si  debba  da  lor  stessi  sequestrare  nelle  proprie  case  e  mandare 
a  rivelarsi,  sotto  pena  della  vita  chi  fa  il  contrario;  che  nessuno 
possi  andare  aprcHSo  alle  processioni  che  si  faranno. 

A  3  di  detto.  —  liando   che  li  commoranti    fuoii  li  boitrlii   di 


(1)  Fanciullo.  AdoproBsi  cuiuunoimente  ne'  necoli  XVI  e  XVII,  e  vive 
tuttavia  in  MoMiua  e  provincia. 


MISCELLANEA  339 


Santa  Lucia  e  suoi  contorni  debbano  tutti  sfrattare  fra  quattro 
giorni  ;  che  nessuno  Padrone  di  casa  i)ossi  crescere  il  i)i*]i:g;ione 
più  di  quello  si  ritrovano  al  presente. 

A  ()  di  detto.  —  Che  s'osservi  il  bando  delle  donne,  che  non 
possino  uscire  fuori  di  casa  ,  e  quelle  ,  che  non  hanno  huomini 
possino  uscire,  come  s'  è  detto ,  sotto  pena  di  i)erdere  li  cocchi 
o  carrozze  ,  quattro  tratti  di  corda  alli  cocchieri,  e  le  povere  lo 
manto  e  la  frustra. 

A  7  di  detto.  —  Bando  che  li  Medici  et  barbieri  non  possino 
))ernottare  fuori  di  casa. 

A  8  di  detto.  —  Fu  commesso  podestà  da  S.  A.  Serenissinm 
alla  Deputazione  della  Sanità  al  sequente  modo  (1)  : 

El  Principe  Emanuel  Filiberto 

Por  quanto  uno  de  los  maijores  quidados  los  que  allemos  bien 
el  presente  trabasado  con  la  enfermidad  que  corre  nuestro  Seùor 
ha  sido  servido  permettir  para  procurar  ala  fahla  con  ea  buen 
modo  que  tenemos  y  govierno  de  los  ministros  que  entienden  en 
ella  sienda  tan  importante  muchas  vezes  en  estos  casos  el  regor 
come  la  caridad  y  clementia  y  para  que  tanto  meyor  si  pued 
haver,  en  vertud  della  presente  damos  licentia  al  Capetan  de  lu- 
stitia,  l*retor  y  Jurados  desta  Oiudad  para  que  puedan  eligir  y 
nombrar  las  personas ,  que  les  parezier  a  proposido  y  de  mes 
delas  que  tienen  Beputados  par  la  buena  esecution  de  las  cosas 
que  fuera  conveniente  azer  para  aiudar  la  dicha  infermedad  che 
pueda  promulgar  bando  y  bandos  en  nuestro  nombre  colas  penas 
a  ellos  bien  vistas  azer  inventario  de  bienes,  proveder  a  prezion, 
tortura,  azottes,  destrierro,  y  asta  annes  zinque  de  galeras,  por- 
que  se  la  pena  vener  de  mas  tiempo  o  de  muerte  o  de  mutilation 
de  membro  lo  reservemos  a  nos,  que  mas  recovrar  la  penas  que 
saran  provista  sin  dar  termine  ninguno  ,  provedendo  en  esto  a 
modo  di  guierra  les  damos  la  potestad  y  faculdad  que  se  richie- 
de; y  la  misma  autoridad  concedemos  a  los  Depodados  que  stau 


(1)  Riproduco  così  com'è  mi  ms.  la  Patente  del  Viceré,  senza  la  pre- 
tesa (li  correggerne  gli  errori.  Nel  Di  Mauzo  ,  Biblioteca  star,  e  lett. 
cit.,  pp.  127-128,  è  riprodotta  più  scorretta  ancora. 


240  MISCELLANEA 


nombrados  o  se  nombreran  en  los  qnarteres  durante  el  tieiiipo 
del'enfermedad  que  asi  coiivicn  al  servitio  del  Rey  nuestio  se- 
nor  y  es  nuestra  voluntad.  En  Palermo  8  luglio  1624.  Filiberto. 
Antonio  de  Navarra  de  Retengno  Secretano.  Die  8»  Julii  7"  indi- 
ctione,  ex  parte  El.mi  Senatus  piena  sede  esequatnr.  Mntius  Ma- 
stro Notarins;  registrato  fol.  351. 

A  detto.  —  Si  sospesero  li  negotij  per  15  giorni. 

A  11  di  detto.  —  Bando  che  li  soldati  posti  alle  guardie  delle 
case  barreggiate  non  debbano  mai  lasciare  le  lor  jioste  uè  di 
giorno  né  di  notte ,  ma  solamente  dalle  14  bore  sino  alle  16 ,  e 
dalle  21  sino  alle  23  per  andare  a  mangiare,  purché  uno  sempre 
restasse  in  guardia  acciò  non  mancasse  mai  la  guardia  alli  bar- 
reggiati;  e  quelli,  che  hanno  cani,  se  li  tengano  ligati  in  casa, 
altrimenti  li  saranno  ammazati. 

A  13  di  detto.  —  Bando  di  S.  A.  che  tutti  gl'Agozzini  et  Con- 
tistabili  di  tutti  li  Tribunali  debbano  assistere  con  li  Deputati 
della  Sanità,  et  con  quelli  delli  quartieri ,  et  che  il  Presidente 
Vasco  li  debba  compartire  come  debbano  andare. 

Il  detto  di  si  fece  una  soUenne  processione  di  tutti  i  Conventi,  il 
Capitolo  et  Clero  uscendo  dalla  Chiesa  Maggiore,  et  si  portorno  i 
corpi  dentro  casse  d'argento  di  Santa  Christina  et  Santa  Ninfa 
Protettrici  della  città  et  una  bara  con  le  relique  di  Santo  Rocco, 
Santo  Sebastiano,  e  Santo  Filippo  Neri  anco  lor  Padroni;  et  an- 
dò detta  "processione  sino  alla  Porta  Felice  al  fine  della  città,  do- 
ve a  questo  effetto  si  ritrovò  sontuoso  altare,  et  ivi  si  fece  ora- 
tione  in  publico;  et  un  altro  altare,  fu  fatto  nelP  ottangolo  dì 
Piazza  Viglena  dove  anco  si  fece  oratioue;  et  era  uu^raviglia  che 
in  ogni  capo  di  strada  si  sentivano  grandissime  voci  gridar  mi- 
sericordia con  abondantissime  lacrime  et  devoti(me.  Et  alla  detta 
processione  intervenne  il  Signore  Cardinale  Arcivescovo  della 
Città  vestito  pontificalmente,  il  Senato  et  li  J3eputati  perpetui 
della  Sanità,  non  v'  essendo  altro  appresso  ]>er  esecutione  del 
Ita  lido,  che  lo  prohibiva. 

J^  22  di  «letto.  —  Bando  da  parte  di  S.  A.  S.  <*he  sospendeva 
i  negoty  per  un  altro  mese. 

A  24  detto.  —  Bando  «-he  nessuno  possi  doniiire  sojM'n  banghi, 
oè  Aopra  poggi,  né  sotto  pennate,  che  sono  por  la  città,  che  nes- 
suno facesse  resist-enza  a  gl'Ofllciali  della  Sanità  sotto  pena  di 
galera,  che  nessuno  ardisse  di  tiir  fuggire  alcun  preso  dagl'Ofii- 
ciali  sotto  pena  della  vita. 


MISCELLANEA  241 


11  detto  dì.  —  Bando  che  si  levassero  le  guardie  dalli  barreg- 
giati  facendo  pena  della  vita  alle  persone  barreggiate,  che  nessun 
di  loro  eschi  dalla  casa ,  ne  trattar  con  altri  fuori ,  ne  poter  u- 
scire  robbe  dalle  case  e  luoghi  barreggiati  senza  licenza  della 
Deputatioue  della  Sanità,  con  pena  della  vita  e  contiscatione  de 
beni;  et  alle  case  barreggiate  si  facesse  segno  di  mogra  rossa  (1)  per 
essere  da  tutti  conosciuti  e  visti,  et  che  li  vicini  stessero  attenti 
et  vedendo  alcuno  contravenire  al  bando  lo  dovessero  subbito 
rivelare  sotto  le  metlesinie  pene. 

A  dì  27  detto.  —  Che  nessuno  desse  imi)edimento  ne)  passare 
li  carrozzoni  della  Sanità. 

In  detto  dì.  —  Per  Consiglio  Pubblico  si  fece  voto  di  fare  una 
cajjpella  a  Santa  Rosolea  nel  Monte  ove  si  ritrovò  il  suo  corpo. 

A  1Ì8  detto.  —  Bando  che  li  Medici  non  possino  andare  a  piedi 
per  la  città,  ma  a  cavallo  per  esser  visti  e  conosciuti. 

A  dì  30  di  detto.  —  Ordini  che  fumo  mandati  da  S.  A.  S. 
alla  Deputatioue  della  Sanità,  li  quali  de  ordine  suo  fumo  publi- 
cati  e  letti  in  essa  et  osservati  ad  uitffuem  dall'Illustrissimo  Se- 
nati» e  Deputatioue. 

1.  Sua  Alteza  Serenissima  ci  Principe  Filiberto  ha  enten- 
(lido  que  el  osservancia  delas  ordines  de  la  Deputation  della  Sa- 
nidad  hai  mucha  falda  y  para  rimedio  d'  esto  y  de  los  inconve- 
nientes,  que  podrian  socceder. 

2.  Manda  los  sequentes,  que  se  guarden,  osserveu,  y  complen 
come  se  fuesse  dadas  di  Sua  Alteza  Serenissima  y  que  nenguna 
persona  di  quaquier  fuera  o  condicion  que  sea  pueda  regusar,  ne  re- 
guse  de  servir  eu  los  offlcios  che  la  diccia  Deputatioue  l'en  garghai-. 

8.  Que  la  podestà  che  ha  concedid  al  Capitan,  Predor  y  De 
pudados  de  (juartier  s'entiendon  cora]>rendido8  en  ella  los  Depu- 
dados  de  la  Sanidad  a  los  quales  s'entienda  dada  lamisma  podestad. 

4.  Que  todos  los  ministros  de  la  Ciudad  come  sono  Mastro- 
notar,  Sindico,  Mastrorational,  Tesoren»,  Conservador,  Maramero, 
Arcivario,  Segretario,  Sorgente  niayor,  Capitanes  y  otros  salariados 
ayan  da  assistir  cada  dia  alla  Corte  del  Predor  para  assecutar 
las  ordines,  que  la  Deputation  de  la  Sanidad  les  darà  la  quales 
compleran  y  assecuten  ctmie  se  fuesse  de  S.   A.   Serenissinui. 

5.  Que  los  Constables  de  la  ('iudad  ayan  di  assestir  y  assistan 


(1)  Sinopia. 


242  MISCELLANEA 


alla  Corte  del  Predor  para  assecutar  las  ordines  qne  le  saran  dade 
a  los  que  ser\ien  à  cavallo  stean  prontos  y  apparechiados  para 
servir  eii  todo  lo  que  se  le  ofteritiere  y  se  le  ordenera. 

6.  Que  luogo  s'enbien  a  manos  de  Sua  Alteza  Serenissima 
una  relation  de  todas  las  personas,  que  se  occupan  en  servir  en 
està  occasion  presente,  conienzando  de  los  Deimdados  de  la  Sa- 
nìdad  del  quartiele ,  y  todos  los  demas  ministros  ,  per  minimos 
que  sean  declarando  el  salario  che  cada  uno  dellos  goza. 

7.  Que  a  se  mismo  se  le  dea  destinta  relacion  de  quantos  ca- 
rozzones  tiene  oy  la  ciudad  de  servitio,  quantas  seblittas  y  come 
stan  repartidas  y  a  cargo  di  chien  stan. 

8.  Que  la  Deputation  de  la  Sanidad  se  yunten  cada  die  de  las 
20  horas  asta  la  24  para  la  espedicion  de  los  negocios  :  en  esto 
enterballo  de  tiempo  assistau  los  Medicos  y  Consultores  y  Fiscal 
de  la  Sanidad. 

0.  Que  la  DejMitacion  se  aga  sin  logar  separado  y  non  entra 
in  ella  otros  personas  se  non  fuera  solamente  los  Depudados  de 
los  quartieres,  los  qnales  agan  relacion  y  vien  su  quento  de  lo 
que  se  offerezier  y  vayan  entrando  los  Depudados  por  su  orden 
uno  despuer  de  otro. 

10.  Que  los  appuntamentos  que  se  aran  ne  la  Deputacion  ten- 
gan  cargo  d'esecutarlos  D.  Ido  Lascara,  D.  Baldassar  de  Bolo- 
gna, Tomas  de  Acasina  y  D.  Alfonso  Ventinìiglia  ,  los  quales 
per  este  eftetto  se  pueden  servir  y  servien  de  todos  qualchier 
ministros  de  la  ciudad  que  mayor  le  parezer. 

11.  Que  los  appontamentos  que  se  avran  nella  Deputacion  non 
se  pueda  rebocar  ne  rebuechen  se  primier  non  refer  a  Sua  Al- 
teza Serenissima. 

12.  Que  cada  magnana  a  las  tres  horas  se  aga  relacion  a  Sua 
Alteza  Serenissima  de  la  esecucion  de  los  api)ontamentos  y  de 
todo  lo  (|iie  los  Medicos  haverian  determinado. 

13.  Que  agan  dos  barraccas  luego  fora  las  ])ortas  per  comodid  de 
los  forastieres ,  i)oniendo  pena  que  non  entra  en  ella  otra  sorte 
di  gente  y  tpu»  le  i)er8one  se  noten  ove  convien. 

14.  Tode  h)  (pie  manda  Sua  Alteza  Serenissima  (\nv  se  as- 
gecuten  y  compia  sin  dclation  alcuna  e  se  le  dtni  (pianto  co- 
manda V  se  acio  (?).  DIos  giiarde  A  V.  S.  come  desea.  De  Pa- 
lutio,  .'U)  luglio.  (Ho.  De  Cara.  Al  Pretor. 

1  d'  Agosto.  —  Bando  che  le  donne  possiuo  andare  a  comu- 
nicarsi per  la  Portiuucula. 


MISCELLANEA  243 


2  d'Agosto.  —  Potestà  concessa  al  Pretore  e  Deputati  della 
Sanità. — S.  A.  Serenissima  tiene  per  bien  de  dare  a  V.  S.  y  à  los 
Depudados  de  las  Sanidad  podestad  que  pueden  condenuar  asta 
la  muerte  naturai  à  los  que  delinquen  y  non  compleren  lo  que  or- 
dinaren  y  da  chi  abasso  dar  las  peuas  que  le  parezieren,  para 
que  tanto  ineyor  se  acreden  al  remedio  del  mal  que  corre  y  esto 
non  oste  <|ue  la  podestad  ,  (pie  mando  non  despabrar,  non  diga 
(;he  se  i)ueden  alargar  à  dar  }>ena  mas  de  zinque  agnos  de  galera. 
V.  S.  lo  disponga  à  si  y  bara  se  compia  y  que  se  note  dove  con- 
venga, que  Dios  a  V.  S.  come  desea.  IJe  Palatio  2  Agusto.  Joan 
Declara.  La  misma  potestad  manda  Sua  Altcza  Serenissima  tenga 
los  Jurados  (pie  se  da  a  Vostra  Signoria  y  a  los  Depudatlos  al 
Pretores  (?)  y  Depudados  de  la  Sanidad. 

A  3  Agosto.  —  Si  rinovò  il  bando  che  non  potessero  uscire  di 
casa  le  donne  salvo  che  le  feste  comandate  nelle  chiese  più  vi- 
cine, sotto  ]>ena  di  ])erdere  li  cocchi  o  segette  et  25  onzie  et  li 
carrozzieri  e  segettieri  4  tratti  di  corda,  et  le  povere  il  manto  e 
la  frusta,  et  (pielle  che  non  hanno  huomini  in  casa  ne  ]»o88a  u- 
scire  una  dalle  L4  sino  le  16  et  dalle  21  sino  alle  23  per  prove- 
dere a'  loro  bisogni. 

In  detto  di.  —  Alla  sera  Sua  Altezza  Serenissima  passò  a  mi- 
glior vita  (!on  resentimento  universale  di  tutta  la  città;  al  quale 
doppo  molti  giorni  fumo  fatte  l'esecpiie  come  più  a  basso  si  dirà. 

11  medesimo  dì.  Bando  che  i  (convalescenti  e  sospetti  del  Lazza- 
retto del  Borgo  possano  notare  nel  nuire  i)er  quanto  si  contiene 
dal  Sammuzzo  per  insiuo  al  Convento  di  Santa  Lucia  in  contro 
al  Lazaretto;  che  nessuna  altra  persona  possa  nuotare  in  detto 
mare  per  quanto  si  contiene  dalla  Porta  di  Santo  Giorgio  fino 
alla  Lanterna  del  Molo,  sotto  pena  della  vita,  alli  minor  nobili  di 
onzie  25  et  agl'ignobili  cento  staffilate. 

A  6  di  detto.  —  Bando  che  nessuno  possi  entrare  in  lochi  bar- 
reggiati  sotto  nessuno  pretesto,  che  volessero  ivi  commorare  sott(> 
pena  di  onzie  100. 

A  7  di  detto.  —  Fu  dal  Sacro  Consiglio  ad  ore  4  di  notte 
dato  il  posesso  al  Signore  Cardinale  per  Viceré,  e  comincia)  il 
governo  spirituale  e  temporale. 

A  9  di  detto.  —  Bando  che  nessuno  possi  passare  per  il  La- 
zaretto ancorché  fusse  Deputato  sotto  pena  di  10  anni  di  Castello 
alli  nobili  et  agl'ignobili  della  galera  et  alli  minori  cento  staffi- 


244  MISCELLANEA 


late;  che  nello  Lazzaretto  stijuo  divisi  e  sei)arati  gli  convalescenti 
dall'infetti  et  anco  li  sospetti,  et  le  donne  separate  dagl'hnomini; 
che  le  persone  che  si  ritrovano  f'nori  della  città  ^  et  per  tutto  il 
compreso  della  chiana  di  Palermo  con  le  lor  famiglie  non  si  pos- 
sino  trasferire  dentro  la  città,  e  quelli  comniorauti  dentro  la  città 
non  si  possino  trasferire  fuori,  et  quel  che  ent  ra  per  qualche  ne- 
cessità dentro  la  città  senza  la  famiglia  non  ]>ossino  pernottare 
nella  città,  e  quelli  commoranti  nella  città  con  lor  famiglia  non 
possino  pernottare  fuori  di  essa,  sotto  pena  gli  nobili  di  10  anni 
di  Castello,  et  alle  donne  nobili  ad  arbitrio  del  Senato,  et  agl'igno- 
bili 10  anni  di  galera ,  et  alle  donne  a  servire  al  Lazzaretto  ad 
arbitrio  del  Senato;  che  gli  Medici  per  le  fedi  che  faranno,  non 
possino  dimandare  più  mercede  di  questa  tassata:  cioè  per  li  no- 
bili da  15  persone  in  su  tari  12  e  da  14  persone  in  giù  tari  5,  et 
per  persone  mediocri  da  15  persone  in  su  tari  3  et  da  15  persone 
in  giù  tari  uno,  et  alli  poveri  si  faccino  (fratis  per  amor  di  Dio; 
che  nessuno  possi  uìutar  casa,  ma  che  ogn'uno  possi  stare  dove 
si  trova  pagando  l'istesso  piggione  che  hanno  pagato  l'anno  pre- 
sente, e  li  contratti  che  si  ritrovano  fatti  per  l'ottava  indittione 
siano  cassi  e  nulli. 

Non  lascierò  di  dire  la  molta  pietà  e  carità  che  si  vidde  in 
tutti  li  Religiosi  in  aggiutare  l'anime  de  poveri  appestati,  in  am- 
ministrare li  Sacramenti  tanto  per  la  Città  quanto  nel  ]  lazzaretto, 
benché  nel  principio  mostrassero  qualche  timore  e  spavento  ;  et 
ritrovandomi  Superiore  come  ho  detto  e  ricordevole  del  voto  di 
servire  gra])pestati,  volli  essere  il  lìrimo  ad  offerirmi  al  Senato, 
come  feci  a  ì',i  di  (riugno  1024,  offerendo  me  e  tutti  li  l^adri  per 
aggiutare  in  tal  necessità  et  affìittione;  et  fu  accettata  tal  mia 
offerta  dall'Illustrissimo  Senato  con  molta  tenerezza,  che  ringra- 
tiorno  Iddio,  che  in  tanta  calamità ,  si  ritrovassero  huomiìii  che 
s'esebissero  ad  aggiutare  U*  loro  anime  ringratiando  me  molto,  et 
che  a  tempo  oportuno  saressimo  avisati;  et  dojtpo  me  liu-no  li 
l*a<lri  T<^atini.  Kt  a  suo  tem|M>  fui  chiamato  da  essa  (Uttà  con  co- 
mandarmi che  io  elegessi  dove  gli  volevo  aggiutare  se  nella  Città 
o  nel  Ijazzaretto ,  ma  c.onoscen<lo  che  loro  havevano  a  caro  ser- 
visse nella  Città,  mi  prese  la  metà  d'essa  a  ministrare  li  Sacra- 
menti; v\  li  Padri  Teatini  ,  che  si  ritrovavano  di  gran  lunga  in 
maggior  numero,  presero  il  Lazzaretto;  e  l'altra  piiile  della  Città 
fu  «livisa  a  Padri  (Jesuiti,  Teatini  e  Reformati  di  Santo  Agostino 


MISCELLÀNEA  245 


et  a  ciascheduno  tu  assignata  casa  et  chiesa  fuor  di  convento, 
appresso  del  quale  si  fece  una  barracca  di  tavole  per  li  soldati, 
et  alli  nostri  Padri  fece  dare  la  chiesa  di  Santo  Paolino  con 
l'habbitatione  appresso,  assignandoli  per  testa  dalla  Città  per  il 
vitto  cinque  carlini  di  quella  moneta  il  giorno,  con  un  barbiero 
che  li  servisse  per  cocina,  tosare,  cavar  sangue  e  far  quanto  oc- 
correva a  loro.  Quelli  che  andorno  in  detto  servitio:  priuio  fu  il 
Padre  Giovan  Battista  Pasquale,  huoiuo  di  60  anni  di  bonissima 
complessione  ,  Eeligioso  di  molta  virtù  et  carità  che  entrò  con 
tanto  fervore  et  spirito,  che  era  di  stupore  a  chi  il  mirava,  es- 
sendo infaticabile  per  la  salute  dell'anime,havendolo  visto  più  volte, 
nel  tempo  di  sol  lione,  negro  come  le  mie  vesti  per  le  molte  fa- 
tiche, ma  tanto  allegro  et  giocondo,  che  par  che  uscisse  da  suoi 
panni;  e  gionto  nelle  case  per  amministrare  li  Sacramenti,  et  tro- 
vandoli tutti  ammalati,  et  atteso  alle  cose  dell'anima  se  rivolgea  a 
bisogni  del  corpo,  cioè  in  rifarli  i  letti,  appicciarli  il  fuoco  e  farli 
da  mangiare,  e  doppo  cibati  lavar  loro  i  piatti  e  spazzarli  la  casa, 
cibare  li  figliini  et  far  quanto  quei  meschini  havevano  di  biso- 
gno^ in  modo  che  da  tutti  era  chiauiato  Pinfaticabile  pieno  di  ca- 
rità; entrò  al  servitio  a'  26  di  giugno,  a'  24  di  luglio  s'ammalò 
di  peste  et  mi  raccontorno  i  suoi  compagni ,  che  sentendosi  il 
male  ,  cominciò  a  saltare  e  far  festa  come  già  havesse  principio 
del  Paradiso  et  Analmente  a  31  di  dettò  passò  a'  miglior  vita,  ha- 
vendo  in  detto  tempo  ministrato  li  Sacramenti  a  138  appestati, 
morendo  con  grandissimo  segno  di  santità;  e  doppo  morto  mi  fu 
fatto  instantia  da  più  secolari  ,  che  pigliasse  informatione  della 
sua  vita,  ma  li  travagli  correnti  non  permettevano  tal  tempera- 
mento lassando  che  il  Signore  a  suo  tempo  manifesti  la  sua  virtù. 

A  26  di  detto.  Entrò  il  Fratello  Cosimo  Cavarretta  per  servire 
le  messe  a  detti  Padri,  a  17  di  luglio  s'appestò,  a'  19  d'Agosto 
fu  libero,  et  seguitò  a  servire  al  Lazzaretto,  et  fu  compagno  del 
Fratello  Terzago,  come  appresso  si  dirà. 

Al  detto  dì  v'entrò  anco  il  P.  Gasparo  Lirapi,  huomo  di  35 
anni  in  circa,  per  aggiutare  al  P.  Pasquale,  con  non  minor  fervore 
et  carità  d'esso,  facendo  una  sjinta  gara,  procurando  con  santi 
modi  levar  l'uno  le  fatiche  al  altro,  con  mio  infinito  contento  se 
([uerelavano  l'un  con  l'altro  di  levarse  le  fatiche  ,  ancorché  non 
riposavano  né  notte,  né  giorno,  poiché  gionti  nelle  case  e  visti 
tutti  l'ammalati,  doppo  ministrati  li  Sacramenti  attendevano  a  go- 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  17 


246  MISCELLANEA 


vernare  i  corpi  con  non  poco  lor  allegrezza  e  sollievo  di  quelli 
poverelli.  A  26  di  luglio  gli  venne  la  peste,  a  primo  d'Agosto  fu 
libero  per  miracolo  di  Santa  Rosolea;  a  8  d'  Agosto  cominciò  di 
nuovo  ad  amministrare  li  Sacramenti  con  maggior  fervore  di  pri- 
ma, in  modo  che  da  tutti  i  secolari  era  chiamato  il  P.  Constante, 
et  seguitò  sino  al  fine  di  settembre  ;  finalmente  essendoli  morti 
tutti  li  compagni,  e  stanco  hormai  dalle  fatiche,  lo  feci  io  uscire 
a  4  d'Ottobre  a  fare  la  quarantana,  a  31  di  novembre  gli  fu  data 
la  prattica;  et  uiinistrò  li  Santissimi  Sacramenti  a  198  appestati, 
et  battezzò  due  creature.  Et  perchè  ogni  giorno  cresceva  il  nu- 
mero degl'ammalati  et*  li  dui  sopradetti  Padri  molto  aggravati 
dalle  fatiche,  a  7  di  luglio  A" i  mandai  il  Padre  Nicolò  Clemente, 
antico  della  Religione  et  huomo  di  60  anni  e  più,  quale  essendo 
corporente  pareva  a  miracolo  potesse  portare  le  fatiche  che  fa- 
ceva, il  che  era  con  molta  carità  et  spirito;  qual  seguitò  sino  a 
cinque  di  Agosto,  et  essendoli  venuta  una  vertigine  di  testa, 
uscì  à  far  la  quarantana;  et  in  detto  tempo  amministrò  i  Santis- 
simi Sacramenti  a  146  appestati  e  battezò  una  creatura.  Et  cre- 
scendo tutta  via  il  male,  et  aggravava  li  Padri  al  mio  parere  so- 
pra le  lor  fòrze,  v'entrò  in  loro  di  aggiunto  il  Padre  Rocco  Mi- 
nutoli,  che  per  indispositione  non  potè  seguitare  salvo  che  sino 
il  primo  di  Agosto;  et  uscì  a  far  la  quarantana  et  a  4  d'Ottobre 
gli  fu  data  la  prattica,  havendo  amministrato  il  Sacramento  a  45 
appestati.  A  19  di  luglio  v'andò  il  Fratello  Francesco  Martorana, 
huomo  di  molta  carità  per  servire  li  Padri ,  a  22  di  settembre 
s'appestò  ,  et  a  29  passò  a  miglior  vita;  a  2  d'Agosto  v'andò  il 
Padre  Francesco  Mannini  per  amministrare  li  Sacramenti  in  ag- 
gìnto  de  sopradetti,  a  30  di  settembre  s'appestò,  et  a  3  d'ottobre 
passò  à  miglior  vita;  et  amministrò  li  Sacramenti  ad  8  appestati. 
Il  Fratello  Giulio  Cesare  Terzago  Milanese  huomo  di  molta  ca- 
rità et  prattico  ne  maneggi  degl'  infermi  entrò  nel  Lazzaretto  à 
servire  per  Inferniiero  maggiore  ,  havendomi  così  ordinato  Sua 
Altezza  Serenissima  «'he  era  dii  me  informato  del  suo  valore;  v'en- 
trò a  20  <li  luglio,  et  per  essere  detto  luogo  molto  si)atioso,  per 
{>oter  attendere  a  tutti  i  bisogni  con  sollecitudine,  cavalcava  un 
animaletto,  stando  in  volta  continuamente  di  giorno  e  di  notte 
senza  nessuno  risparmio  e  timore;  faceva  infinite  opere  di  carità, 
come  mi  raccontavano  ristessi  che  le  ricj^vevano  dop))o  che  usci- 
vano dal  Lazzaretto,   con   grandissima  sodisfatione  de  Rettori  e 


MISCELLÀNEA  347 


tutti,  et  spesso  era  visto  pigliarsi  le  creature  in  braccio  che  lau- 
gueudo  aspettavano  la  morte,  gli  faceva  le  minestre  et  l' imboc- 
cava, che  pare  le  rir.uscitasse  da  morte  a  vita;  et  piacque  tanto 
questa  carità  a  molti  Signori  della  Città  che  ciò  intesero,  che  mi 
pregorno  li  volesse  avisare  subito  'che  usciva  dal  Lazzaretto,  per 
conoscere  sì  santo  Padre  ;  sì  che  quattro  mesi  seguitò  con  salute 
sopportando  infinite  fatiche;  a  23  d'ottobre  s'ammalò  gravemente 
et  doppo  d'essere  stato  così  ammalato  in  detto  luogo,  lo  feci  uscire 
dal  Lazzaretto  a  23  di  novembre  per  far  la  quarantana  in  una 
casa  dentro  la  Città;  et  dopjjo  haver  fatto  56  giorni  di  quaran- 
tana, et  quindici  di  puriflcatione,  a  primo  di  febraro  gli  fu  data 
la  jìrattica  e  se  ne  venne  in  casa  con  il  Frate  Cavaretta  suo  secondo 
compagno,  stante  che  il  Frate  Rocco  Zompa  suo  primo  compagno 
morì  subito  che  entrò  per  troppo  affettuosamente  darsi  alla  ca- 
rità dei  poveri  appestati. 

A  4  di  febraro  ad  instantia  del  Senato  deputai  dui  l'adri  che 
assistessero  alle  purificationi  delle  case  dove  erano  stati  l'appe- 
stati et  fare  sciauriare  li  panni ,  et  veder  fare  le  liscie  alli  bar- 
reggiati  del  nostro  quartiere,  et  vi  destinai  il  Padre  Gasparo  Cer- 
vone^ Padre  di  molti  meriti  e  valore  et  virtuosissimo  religioso, 
che  essendo  conosciuto  dalla  Città  per  tale,  la  rimisero  tutta  a 
lui;  et  suo  compagno  fu  il  Padre  Agostino  Marano.  Et  essendo 
molto  cresciuto  il  male,  e  spaventati  molti  sacerdoti  in  modo  che 
non  vi  era  chi  ministrasse  i  Sacramenti  et  dasse  altro  aggiuto 
spirituale  agl'ammalati  dell'  hospedale,  il  Governatore  mi  pregò 
ch'io  gli  dovesse  somministrare  qualche  aggiuto;  et  così  gl'assi- 
gnai  due  Padri,  quali  non  solo  ministravano  li  Sacramenti  et  altri 
bisogni  spirituali,  um  anco  bisognò  che  abbracciassero  et  sopra- 
stassero  a  bisogni  corporali,  non  assicurandosi  il  Governatore  di 
entrare  dentro  detto  hospedale;  et  questo  per  lo  spazio  di  dui  mesi; 
che  passate  quelle  furie  et  ritrovando  il  Governatore  ministri,  es- 
sendo quelli  due  Padri  dalle  fatiche  stanchi,  li  feci  ritirar  fuori 
in  un  nostro  giardino  a  fur  la  quarantana,  et  a  tempo  debito  li 
feci  l'itornare  in  casa  ;  et  con  tutto  ciò  fra  pochi  mesi  passorno 
a  miglior  vita;  in  modo  che  tutti  li  Padri  occupati  nel  servitio 
dell'appestati  sono  stati  tredici,  non  v'  essendo  in  quella  casa 
più  che  10  professi. 

Et  per  seguitare  il  nostro  discorso  dico: 

Che  a'  13  d'agosto  si  buttò  bando  ,   che  sospendevano  li  ne- 


248  MISCELLANEA 


goti)  per  due  mesi;  et  a  14  si  dichiarò  che  non  s'intendevano  so- 
spesi li  negotij  esecutivi. 

A  2  di  settembre.  Bando  che  si  facessero  luminarie  per  tutta 
la  Città  per  la  festa  di  Santa  Rosolea,  il  cui  corpo  fu  ritrovato 
a  15  di  luglio  sopra  una  montagna  dentro  una  grotta,  et  perchè 
non  vi  si  ritrovò  scritto  nessuno^  salvo  che  si  teneva  per  tradi- 
tione  che  fusse  in  quel  luogo  et  benché  fusse  ritrovata  miraco- 
losamente ,  tuttavia  il  Prelato  non  si  assicurava  publicarla  per 
tale;  ma  vedendo  poi  che  non  solamente  Possa,  ma  la  terra  anco 
faceva  miracoli  grandissimi,  doppo  haverne  fatta  pigliare  esatta 
informatione  ,  deputò  una  Congregatione  di  Teologi  per  non  far 
errore  in  cosa  di  tanta  importanza,  per  assicurarsi  bene  si  fusse 
il  corpo  di  detta  Santa;  e  durò  detta  Congregatione  da  sei  mesi 
in  circa,  essendovi  prò  et  contra  ;  ^a  essendo  apparsa  la  Santa 
a  diverse  persone  et  ad  un  huomo  in  particolare  sopra  il  monte, 
a  qual  predisse  che  doppo  tie  giorni  dovea  morir  del  male,  co- 
mandandogli che  subito  si  confessasse,  et  che  dal  suo  confessore 
facesse  dire  al  Cardinale,  che  non  facesse  più  dubbio  se  quelle 
ossa  fussero  il  suo  corpo ,  che  realmente  era  quello;  et  per  que- 
sto et  per  gl'evidenti  miracoli  che  si  vedevano,  et  esser  successo 
a  quel  huomo  quanto  dalla  Santa  gli  fu  profetizato,  fu  dal  Signo- 
re Cardinale  e  Congregatione  publicato ,  che  1'  ossa  ritrovate 
nella  grotta  di  Monte  Pellegrino  era  realmente  il  corpo  di  Santa 
Rosolea  ;  et  fu  esposto  dentro  una  politissima  cascia  al  publico 
nella  Chiesa  Maggiore  alli  15  di  febraro  e  se  diede  ordine  per  la 
sollenne  processione,  quali  per  li  grandi  e  sontuosi  apparati  che 
fece  la  Città ,  si  dilatò  sino  alli  sette  di  Giugno  1625,  come  piìi 
minutamente  a  suo  luogo  si  dirà. 

A  3 di  S(»ttembre  \igilia  della  Santa  qual  fu  fatto  sollennissimo 
digiuno  di  tutta  la  città  per  editto  del  Signore  Cardinale,  com- 
parendo la  notte  tutta  fuoco ,  facendosi  per  ogni  parte  gran  lu- 
minarie ,  sparandosi  artiglierie,  archibugi ,  maschi ,  et  i)or  tutte 
le  finestre  artitìcij  di  fiuxro  ,  con  universale  allegrezza  di  tutti  ; 
et  io  detto  giorno  si  buttò  bando,  che  nessuno  sotto  qualsivoglia 
pretesto  possi  visitare  ammalati  o  andare  a  casa  d'altri,  o  questo 
a  qualsivoglia  stato  di  persone,  sotto  pena  a  nobili  di  scudi  ÌW 
et  perdere  li  cocchi  et  u'  cocchieri  dieci  anni  di  galera,  et  agli 
ignobili  la  pena  della  frusta,  et  altre  tante  di  galera. 

A  4  di  iletto.  —  Fu  fatta  la  festa  di  Santa  llosolca,  et  guar 
data  come  il  dì  di  Pasqua,  facendosi   una  sollenne  processi«me, 


MISCELLANEA  249 


essendosi  cantati  li  divini  officij  nella  Chiesa  Maggiore  sollennis- 
simaraente ,  dove  comparse  un  Quadro  dipinto,  fatto  fare  dalla 
Città  artificiosamente,  poiché  in  alto  stava  dipinta  la  Santissima 
Trinità  et  la  Santissima  Vergine  sotto  de  quali  era  dipinta  la 
Città  con  il  Lazzaretto  et  il  Monte  dove  fu  ritrovata  la  Santa 
con  molti  morti  per  terra,  et  poi  nel  mezzo,  in  habito  di  Pelle- 
grino, detta  Santa,  eoa  gl'occhi  elevati  nella  Santissima  Trinità 
et  alla  Beata  Vergine  ,  gli  mostrava  con  le  mani  la  Città  et  il 
suo  afflitto  popolo  ;  detto  Quadro  fu  condotto  con  la  processione 
per  tutta  la  Città ,  accompagnato  da  24  torcioni  grossi  a  fatica 
portati  da  un  huomo,  oltre  di  quelli  che  portavano  i  Religiosi, 
e  Preti ,  et  appresso  tutto  il  Senato  ,  non  essendo  concesso  ad 
altri  1'  andarvi  per  ovviare  al  male.  Et  si  vidde  nel  Popolo  la 
molta  pietà  e  devotione,  che  haveva  a  detta  Santa,  poiché  non 
contenti  buttarsi  a  terra  con  grandissima  copia  di  lacrime,  gri- 
davano ad  alta  voce,  tutti  misericordia  ;  né  fumo  vane  le  lor  spe- 
ranze, uè  buttate  al  vento  tante  lacrime,  poiché  sempre  si  vidde 
miglioramento  del  male. 

A  9  di  detto.  -—  Bando  del  Signore  Cardinale  contro  chi  ha- 
vesse,  o  sai)esse  haverne,  robe  del  Vascello  venuto  da  Barberia, 
lo  dovesse  rivelare  sotto  pena  della  vita  ,  et  confiscatione  de 
beni. 

A  11.  —  Bando  che  nessuno  possa  smurare  robbe  murate  senza 
licenza  in  scriptis  dalla  Deputatione  e  Senato;  et  acciò  w'  intenda 
meglio  da  tutti  questo  smurare,  dirò  :  che  nel  principio  del  con- 
taggio,  ciascheduna  persona  nobile,  o  ricca,  et  anco  li  Conventi 
de  Religiosi ,  et  Monasterij  di  monache,  radunavano  le  cose  mi- 
gliori et  più  pretiose,  le  riponevano  in  stanze  separate  al  possibile 
dalPhabitatione  con  il  suo  inventario,  e  doppo  si  dava  memoriale 
al  Senato  et  alla  Deputatione  della  Sanità,  qual  deputava  persone 
per  veder  detto  luogo  e  robe;  e  parendoli  oportuno  et  che  il  con- 
taggio  non  haverebbe  potuto  penetrare  in  caso  che  in  essa  casa 
fusse  entrata  la  peste,  detto  Deimtato  li  dava  licenza,  che  fabri- 
casse  la  porta  et  finestre,  et  caso  che  quella  casa  poi  fusse  ap- 
pestata ,  quelle  robe  non  pativano  detrimento  ,  né  si  tenevano 
per  appestate;  et  havendosene  pigliato  notabile  miglioramento  in 
modo  che  credevano  essere  liberi^  molti  smuravano  dette  stanze 
senza  licenza;  ma  ritornando  a  rincalzare  il  male  si  fece  il  sopra- 
detto bandp. 

A  14  di  detto.  —  Bando  del  Senato  et  scomunica  del  Prelato, 


250  MISCELLANEA 


che  nessuno  vadi  appresso  la  processione  di  Santa"*Ninfa,  acciò 
con  la  prattica  non  si  multiplicasse  il  male. 

A  16  di  detto,  —  Bando  che  nessuno  possi  andare  a  visitare 
ammalati  di  qualsivoglia  infermità  sotto  qualsivoglia  pretesto, 
senza  licenza  del  Pretore,  et  Deputatione  della  Sanità. 

A  17  di  detto.  —  Si  pigliò  il  luogo  di  gifontes,  per  li  conva- 
lescenti. 

A  20  di  detto.  —  Bando  che  nessuno  possi  uscir  fuori  della 
città  per  pernottarvi,  senza  licenza  in  scriptis  del  Pretore,  et  vo- 
lendo poi  ritornare,  non  possi  no  senza  licenza  del  Medico,  quale 
assisteva  continuamente  alle  Porte  a  vicenda,  et  lo  dovea  quello 
tutto  vedere ,  et  trovandolo  senza  male  lo  faceva  entrare  ;  ma  i 
curatoli  et  vendemmiatori  non  possino  entrare  mentre  fanno  detto 
servitio  di  vendemmiare;  che  li  Medici  che  stanno  alla  Porta  per 
visitare  quelli  che  entrano  non  possano  ricevere  mercede  alcuna 
per  tale  effetto. 

A  24  di  detto.  —  Si  rinovò  il  bando  di  non  poter  uscire  le 
donne,  salvo  che  le  feste  nelle  chiese  più  vicine  per  sodisfare  al 
precetto. 

A  29  di  detto.  —  Si  scoverse  che  a  Santo  Giovanni  Leproso 
fuori  della  Città,  ove  havevano  posto  tutti  i  poveri  mendichi,  se 
trovorno  malati  con  la  peste,  e  li  trasferirno  al  Lazzaretto;  et 
fumo  al  numero  di  238. 

Di  pili,  bando  che  li  Medici  debbano  andare  dove  son  chia- 
mati senza  ricusare,  et  trovandoli  netti  di  contaggio,  faccino  fe- 
de della  limpiezza;  e  se  sono  con  peste  o  sospetto  lo  debbano  su- 
bito revelare;  e  possino  pigliare  le  dette  fedi  alcuna  mercede  (1);  e 
l'istesso  s'intende  de  prattici  e  barbieri. 

A  30  di  detto. — Andorno  dal  Lazzaretto  al  luogo  di  sopra 
accennato  per  far  la  quarantana  140  huomini. 

A  3  d'Ottobre  :  fu  appiccato  uno  appestato  che  era  fuggito  dal 
Lazzaretto. 

A  0  di  detto.  —  Fumo  chiamati  tutti  li  Deputati  della  Sanità 
in  Palazzo  dal  Signore  Cardinale,  quale  gli  diede  molti  buoni 
ricoidi  |)cr  il  buon  governo  e  gli  i)roposc  il  modo  di  fare  una 
qituraiitaiia  piiblica  |M>r  liberare  affatto  la  <'ittà  dal  male;  ma  vi 


(1)  Credo  iimnclii  la  particella  negativa,  e  dovrebbe  dire  :    <•  non  /tos- 
Httio  piifliarr  firr  Ir  tfrttr  fi-di  ecc.  coiin'  j^ii\  iniiauKÌ  è  Hcritto, 


MISCELLANEA  251 


concorsero  grandissime  diftlcoltà  per  la  molta  spesa  che  vi  voleva 
per  aggiuto  di  quelli  che  non  ha  ve  vano  di  che  campare,  et  pen- 
sorno  trovar  persone  comode,  che  havessero  mantenuto  chi  diece 
et  chi  quindeci  persone,  durando  detta  quarantana ,  et  vi  fumo 
fatte  altre  proposte,  ma  al  fine  non  hebbe  nessuno  effetto. 

A  7  di  detto.  —  Si  mandò  uno  in  galera  per  essere  entrato 
in  casa  barreggiata  contro  il  bando;  et  perchè  li  sopradetti  bandi 
di  non  uscir  le  donne,  non  bastavano,  che  in  tutti  i  modi  si  ve- 
devano andare  a  torno,  il  Signore  Cardinale  come  Arcivescovo, 
mandò  fuori  un  editto  sotto  pena  di  scomunica  maggiore  latae 
sententiae,  che  le  donne  non  potessero  andare  a  sentir  messa  più 
che  le  feste  ,  nelle  chiese  piìi  vicine,  né  possino  vedere  piìi  che 
una  sola,  et  agi'  huomini  l'istessa  pena,  ma  solo  che  la  possino 
vedere  ogni  dì.  et  dove  gli  viene  più  comodo. 

A  dì  detto.  —  Si  diede  la  prattica  a  140  persone  che  havevauo 
finita  la  quarantana  ;  doppo  esser  tutti  lavati  et  limpiati  et  ve- 
stiti di  nuovo,  potevano  jii-atticar  nella  Città  liberamente. 

A  dì  detto.  —  Bando  che  non  si  possi  caminare  più  dalle  due 
bore  di  notte  ,  né  stare  avant  i  la  porta  sotto  gravissime  pene  , 
et  essendo  persone  nobili  si  debbano  subbito  la  matina  presen- 
tare al  Fiscale,  ma  gP  ignobili  si  portino  subito  carcerati. 

A  8  di  detto  —  Essendo  alquanto  cessato  il  male  al  Lazza- 
retto, si  diede  licenza  a  dui  Medici  di  far  la  quarantana. 

A  dì  detto.  —  Bando  che  li  soldati,  che  guardano  1'  infetti  o 
sospetti  ,  o  carrozzoni,  siano  anco  essi  sospetti ,  et  non  ])ossin(> 
pratticar  con  nessuno  sotto  pena  della  vita. 

A  dì  detto.  —  Mandorno  in  galera  una  persona  di  rispetto  per 
haver  tirato  pietre  ad  una  casa  barreggiata. 

A  dì  10  di  detto.  —  Mandorno  uno  in  galera  per  haver  por- 
tato robe  da  una  casa  barreggiata  ad  un'altra  contro  il  bando. 

A  11.  —  Bando,  che  in  conversatione  di  gioco  o  altro  tratte- 
nimento, non  possino  essere  più  di  sei  persone  ;  sotto  pena  alli 
nobili  di  cinque  anni  di  Castello,  et  agl'ignobili  di  galera. 

A  dì  detto.  —  Andorno  otto  in  galera,  quali  purificavano  le 
case  appestate,  perché  il  giorno  andavano  profumando  et  trovan- 
dovi robbe  le  nascondevano,  la  notte  le  pigliavano;  e  fumo  con- 
dennati  otto  anni  per  uno  ;  et  si  rinovò  il  bando  d'uscir  le  donne 
a  suono  di  campana. 

A  dì  detto.  —  Si  diede  la  prattica  a  150  uomini  che  havevano 


252  MISCELLANEA 

finita  la  quarantaiia  con  li  15  giorni  della  puriflcatione,  vestiti 
tutti  di  nuovo  come  di  sopra. 

A  14  di  detto.  —  La  Deputazione  andò  in  Palazzo  per  trovar 
modo  di  smaltir  le  difficoltà  per  la  publica  quarantana,  ma  non 
fu  possibile. 

A  17  di  detto.  —  Si  diede  la  prattica  a  132  donne  che  fumo 
le  prime  che  havessero  finita  la  quarantana,  con  la  puriflcatione, 
tutte  vestite  di  nuovo  al  solito, 

A  18,  si  diede  la  prattica  a  113  huomini;  et  fu  carcerato  il 
Medico  greco  per  alcune  insolenze  usate  contro  chi  governava  il 
Lazzaretto,  privandolo  di  medicare;  et  v'introdussero  due  Medici 
todeschi,  quali  si  portavano  con  molta  carità. 

A  22,  il  Senato  congregò  tutti  li  Superiori  delle  Eeligioni, 
et  doppo  d'  haverli  con  molta  amorevolezza  pregato  ad  aiutarli 
in  tal  calamitoso  tempo,  a  sei  di  loro  consignorno  un  quartier 
per  uno  della  città,  per  soprastare  alle  robe  che  si  purificavano 
fuori  la  campagna,  acciò  non  andassero  a  male. 

A  23,  fumo  mandati  tre  in  galera,  uno  che  haveva  la  peste 
e  passeggiava,  l'altro  che  medicava  la  moglie  dalla  peste  senza 
rivelarla,  e  lo  3"  che  entrava  in  una  casa  barreggiata. 

A  24.  —  Bando  che  il  quartiero  della  Bergaria faccia  la  quindici- 
na, e  fumo  carcerate  da  15  persone  che  erano  contravenute  al  ban- 
do d'andar  di  notte.  Doppo  d'esser  stati  alcuni  giorni  carcerati, 
fumo  liberati. 

A  25,  fu  data  la  prattrica  a  83,  fra  huomini  e  donne,  finita 
la  quarantana  e  la  i)urificatione. 

A  30,  fumo  carcerati  li  dui  Protomedici,  cioè  della  Città  e 
del  Regno,  con  mille  scudi  di  pleggiaria  in  casa,  per  caggione 
d'haver  condennato  uno  che  haveva  la  peste  et  non  era  il  vero. 

A  primo  Novembre.  -  Cacciato  il  Medico  greco  dal  Lazzaretto, 
fu  posto  a  far  la  visita  per  la  Città  con  dichiarare,  che  non  v'era 
piì!i  niente. 

A  5  detto. — Si  diede  la  prattica  a  120  huomini  e  donne,  che 
havevano  finito  la  (quarantana  et  purificatione. 

A  6  detto.  —  Si  diede  la  prattica  ad  altri  86. 

A  12,  si  frustò  un  greco  che  era  entrato  nella  Città  senza  il 
bollettino  della  Sanità. 

A  13.  —  Bando  che  quelli  che  hanno  robe  sospette  portate  fuori 
tt  tcrinuriarHi  et  vintilarsi  se  le  vadino  a  pigliare. 


MISCELLANEA  253 


A  17,    8i  diede  la  i)rattica  a  160,  fra  Uiiomini  e  donne. 

A  18,    si  diede  la  prattica  a  190  donne. 

A  23,  entrò  a  far  la  qnarantana  lo  Spetaliere  et  Tnfermiero 
nostro  maggiore. 

A  25.  —  Bando  che  non  si  visitino  ammalati,  né  si  viidi  in  luo- 
go d'appestati,  o  sospetti, 

A  2G,    si  diede  la  prattica  a  120  huomini,  come  di  sopra. 

A  29.  —  Bando  che  si  tenghi  i)er  sospetto  e  barreggiato  il  quar- 
tiere della  Bergaria,  che  non  possi  pratticare  con  graltri  quar- 
tieri, uè  essi  fra  di  loro  sotto  pena  della  vita. 

A  A  dicembre,  fu  dichiarata  la  terra  di  Carini  per  appestata 
et  che  sotto  pena  della  vita  nessuno  di  quelli  potesse  entrare 
nella  Città. 

A  4  di  detto.  —  Fu  data  la  prattica  a  180  huomini  come  di  sopra. 

A  5  di  detto.  —  Dalla  Città  fu  fatto  publico  voto  di  celebrare  in 
peri»otuo  la  festa  dell'Iramaculata  Concettione,  con  bando  che  la 
vigilia  si  facessero  luminarie  per  tutta  la  Città;  e  fumo  in  tanta 
abuiidanza,  che  fu  cosa  da  stupire  con  universale  allegrezza  ;  et  fu 
posto  per  tutta  la  Città  gran  quantità  d'  imagini  bellissime  di 
stampa  di  rame  in  foglio,  significando  l'Immaculata  Concettione. 

A  ()  di  detto.  — Si  diede  la  prattica  a  120  huomini,  et  si  buttò 
bando  che  si  rivelino  l'ammalati  del  Parco  dubitandole  d'infettione 

A  7  di  detto,  fu  fatta  dell'Immaculata  Concettione  la  Vigilia  , 
con  universa!  digiuno,  publiche  luminare,  et  gran  sparatorij. 

A  8  di  detto,  fu  celebrata  la  detta  Festa  sellennissimamente 
con  musica  a  sei  cori  nella  chiesa  di  Santo  Francesco  della  scar- 
pa (1),  con  grandissimo  sparatorio,  luminarie  per  tutta  l'ottava  con 
pompa  grande,  e  giubilo  per  tutta  la  città. 

A  1(5  di  detto  ,  bando  che  nessuno  visiti  ammalati  et  nessuna 
donna  entri  in  casa  d'altri  ;  che  si  rivelino  tutti  l'ammalati,  et 
quelli  si  possono  governare  a  sua  casa  si  rivelino  et  quelli  che 
non  vadino  al  luogo  solito,  se  gl'albruggi  il  lettOj  et  essendo  po- 
vero la  Città  gli  lo  pagherà. 

A  17,    si  diede  la  prattica  nella  Città  a  111  huomini, 

A  23  di  detto,    si  diede  la  prattica  a  159  donne. 

A  29  ,    si  frustò  una  donna  che  haveva  portato  robe  infette 

(1)  Sau  Francesco  d'Assisi,  anche  detto  volgarmente  de'  Chiovari. 


254  MISCELLA.NE1. 


da  una  casa  in  un'altra,  e  si  diede  la  prattica  a  150  tra  huomini 
e  donne  ;  e  si  dichiarò  la  Città  di  Ooniglione  et  Altavilla  per  in- 
fetta, con  pena  della  vita  che  nessuno  di  quelle  terre  potesse 
venire  in  Palermo;  e  si  serrorno  di  nuovo  le  Porte  per  essere  ri- 
nova to  il  male. 

A  30  di  detto,  un'  editto  del  Signore  Cardinale  per  la  proces- 
sione del  Santissimo  Crocifisso,  iraagine  di  molta  divotione,  qual 
si  conserva  nella  Chiesa  Maggiore,  né  si  cava  mai  senza  estre- 
missima  necessità. 

A  primo  di  Gennaro  1625,  s'  appiccò  un  vecchio,  e  si  tagliò 
il  naso,  l'orecchia  e  le  labbra  alla  moglie,  ])er  haver  venduto 
robbe  appestate. 

A  5  di  detto,  si  fece  una  soUennissima  processione  et  i)or- 
torno  il  Santissimo  Crocifisso  antichissimo,  qual  non  si  cava  mai 
senza  estrema  necessità  della  città  ;  che  per  essere  a  tutti  di 
grandissima  divotione,  si  viddero  cose  meravigliose  di  devotione 
et  pietà  di  quel  popolo,  poiché  oltre  l'esserci  stati  tutti  li  Reli- 
giosi con  le  migliori  reliquie  che  ciascheduno  haveva,  fu  accom- 
pagnato da  i)iìi  di  4000  o  5000  torce,  et  per  tutte  le  strade  ove 
passava,  si  gridava  misericordia  tanto  altamente  che  assordiva 
il  cielo,  con  pianti  tanto  vehementi,  che  haveria  fatto  liquefare 
le  ])ietre;  et  fu  dalla  Chiesa  Maggiore  condotto  al  fin  della  Città 
nella  Madonna  della  Catena  ,  dove  dimorò  tutta  la  notte,  nella 
quale  ùon  cessoino  mai  le  Compagnie,  né  huomini  né  donne  di 
visitarlo  con  grandissima  divotione  et  coi)ia  di  lacrime.  TI  giorno 
seguente  ritornò  alla  Chiesa  Maggiore,  con  maggiori  pianti  et 
gridi  di  prima  et  fu  esposto  per  otto  giorni  in  mezzo  di  detta  Chiesa; 
et  si  viddero  et  sentirno  cose  mai  più  a  tempi  nostri  viste,  poi- 
ché si  viddero  gl'huomini  a  200  et  MÌO  insieme  scalzi  con  corone 
di  spine  in  testa,  teste  di  morte  nelle  mani,  con  corde  al  collo, 
con  discipline  che  s'andavano  battendo,  con  la  testa  coverta  di 
cenere,  accompagnato  ciascheduno  da  qualche  Keligione,  che  ol- 
tre l'andare  per  le  strade  gridando  pietosamente  misericordia; 
et  gionta  alla  (Jhiesa  Maggiore  con  gridi  et  pianti  incredibili  et  qui- 
tato  un  poco,  un  di  (luelli  Religiosi  faceva  un  breve  sermone; 
<|ual  finito,  cominciavano  di  nuovo  a  gridare  et  piangere  tanto 
fort-eniente  et  con  tanta  abondanza  di  lacrime  che  é  impossibile 
a  ])oterlo  impiegare;  et  queste  processioni  erano  in  tanta  quantità 
che»  notte  e  giorno   era   sempre  la   Chiesa    )>iena,  tutti    gli  otto 


MISCELLANEA  255 


j(iorni,  stando  (;ol  Santissimo  Crocifisso  circondato  da  gran  mol- 
titudine di  torcie  ;  et  in  detta  ottava  non  si  sentiva  altro  per  la 
Città  che  gridare  Religiosi  ai  peccatori ,  che  si  convertissero  di 
tutto  cuore  a  Dio;  et  certo  non  si  fece  poco  frutto,  non  potendo 
li  confessori  in  tal  tempo  haver  rii)Oso  per  la  moltitudine  de 
penitenti. 

A  7  di  detto.  --  Bando  che  s'intendono  rinovati  tutti  li  bandi 
che  non  si  possi  andai-e  da  una  casa  a  l'altra,  che  le  donne  non 
possino  uscire  salvo  che  la  festa. 

A  9  di  detto,  s'appiccò  una  donna  che  mandava  robbe  infette 
dal  Lazzaretto  a  Palermo  et  le  vendeva  ,  et  (!osì  appestò  molte 
case. 

A  10  di  detto. —  Il  Signore  Cardinale  chiamò  tutti  li  Superiori 
delle  Keligioni,  e  dopjm  haver  fatto  un  breve  raggiona mento  et 
ringratiato  ciascuno  delle  fatiche  passate,  et  esortò  poi  ad  aggiu- 
tare  tal  serviti©  in  sì  calamitoso  tempo  a  quelli  che  non  have- 
vano  servito;  et  così  messe  al  servitio  dell'appestati  quattro  Cap- 
puccini, dui  Scalzi  di  Spagna,  et  (piattro  Zoccohmti  et  un  Prete 
per  ciascuna  Parrocchia;  et  diede  un  poco  di  riposo  alli  primi 
Religiosi.  Et  in  detto  giorno  fu  «lichiarata  la  terra  de  Parco  ap- 
pestata . 

A  11  di  detto,  si  mandò  uno  in  galera,  per  essere  andato  da 
una  casa  in  un'altra. 

12  di  detto,  si  frustrò  una  donna  per  l'istesso  effetto. 

A  IG,  fu  dichiarata  infetta  la  Sala  di  Partinico. 

A  19,    si  sospesero  tutti  li  negotij  di  nuovo. 

A  21  di  detto  ,  s'  appiccorno  quattro  che  rubbavano  robe  in- 
fette dal  Lazzaretto  et  le  vendevano,  e  dui  in  galera  per  l'istessa 
causa. 

A  22  di  detto ,  fumo  mandati  dui  in  galera,  per  entrare  in 
(;ase  barreggiate. 

A  23,  una  donna  frustata  per  bavere  trasportato  robe  da  una 
casa  all'altra. 

A  27,  si  frustò  una  lavandara,  che  havendo  un  appestato  in 
casa,  lavava  li  panni  d'altri  ;  e  si  cominciò  a  tar  le  descrittioni 
delle  case,  e  genti,  et  turno  eletti  a  quest'effetto  72  Deputati. 

A  28  di  detto,  andò  in  Galera  uno  schiavo  negro,  per  haverli 
ritrovato  robbe  infette;  et  essendo  cessato  alq^uanto  il  male,  si 
messero  di  nuovo  li  negotij. 


256  MISOBLLA-NEi. 


A  29.  —  Che  quelli  che  hanno  havuto  morti  in  casa  tre  giorni, 
debbano  purificar  le  lor  robbe  ;  e  si  buttò  bando  che  tutti  quelli 
che  ha  ve  vano  comprato  panno,  o  li  fusse  pervenuto  della  lana 
da  Settembre  in  qua,  la  debbano  rivelare  alli  Deputati  della  Sanità  ; 
et  tutti  quelli  che  hanno  fatto  quarantana  fuori  al  Lazzaretto, 
non  possino  uscire  fuori  della  città. 

A  30  di  detto.  —  Si  frustò  una  lavandara,  che  contravenne  al 
bando  di  non  lavare  a  più  case  in  uno  istesso  tempo.  Si  comin- 
ciò di  nuovo  la  dinumeratione  delle  case  e  delle  persone,  per  il 
quale  effetto  fumo  eletti  come  s'è  detto  di  sopra  72  Deputati,  cioè 
18  per  quartiere;  et  per  intender  meglio  si  deve  sapere  ,  che  la 
città  di  Palermo  è  fatta  in  croce  ,  una  strada  la  divide  giusto 
per  mezzo  et  un'altra  a  traverso  anco  la  divide  per  mezzo  ,  in 
modo  che  viene  divisa  in  quattro  quartieri  _,  et  ogni  quartiere 
tiene  il  nome  d'  una  Santa  Padrona  di  detta  Città,  cioè  :  Santa 
Christina,  Santa  Agata,  Santa  Oliva,  e  Santa  Xinfa,  che  è  la  no- 
stra Chiesa. 

A  primo  di  Febraro,  fu  appiccato  uno,  per  haver  venduto 
una  coperta  infetta. 

A  8  di  detto.  —  Venne  un  Medico  mandato  dal  Signore  Cardinal 
Zapatta  per  medicar  la  peste  ,  et  il  suo  medicamento  era  con 
acqua,  et  perchè  erano  più  l'ammazzati  da  detto  medicamento  che 
guariti,  fu  ordinato  che  nessuno  Medico,  né  il  Greco  potesse  più 
jnedicare  ,  ma  che  s'  andasse  per  via  ordinaria ,  né  s' accettasse 
altro  Medico  forestiere.  Si  rinovò  il  bardo  che  le  donne  stijno 
ritirate,  poi  (thè  se  bene  se  gli  dava  castigo,  non  si  poteano  trat- 
tener che  non  uscissero. 

A  10  di  detto,  s'incominciorno  a  purificare  le  case  con  l'in- 
tervento de  Religiosi. 

A  11  di  detto,  che  le  donne  possino  andare  a  pigliare  la  cenere. 

A  12. — Editto  del  Signore  Cardinale  che  le  donne  possino  uscire 
tre  giorni  della  settimana,  cioè:  Domenica,  Mercordì,  et  Venerdì. 

A  13  di  detto,  andorno  quattro  in  gahna  ])er  esservi  entrati 
senza  bollettino  ;  e  fu  posto  editto  dal  Signore  Cardinale  con  con- 
seglio  de  migliori  Medici  del  Regno,  che  tutti  magnassero  carne 
non  obstante  che  era  quatragesima. 

A  18  di  detto,  si  rinovò  il  baudo,  che  nessuno  entri  in  casa 
de  altri  ;  che  nessuna  lavandara  possi  uscire  a  lavare  fuori  della 
cittÀ  senza  licenza  in  soriptis  del  Pretore  ;  e  se  determinò  mandar 


MISCELLANEA  267 


sei  huomini  con  altri  tanti  animali ,  che  andassero  per  la  città 
ammazzando  tutte  le  gatti,  cani,  galline  e  tutti  gV  altri  animali 
(;he  trovassero. 

A  21  di  detto,  comparse  Santa  Kosolea  ad  un  saponaro,  et  gli 
(!omandò  che  si  confessasse,  e  dal  suo  confessore  mandasse  a  dire 
al  Signore  Cardinale  che  non  facesse  più  dubbio  a  l'osse  ritrovate 
in  monte  Pellegrino,  che  era  il  suo  corpo,  assicurando  detto  sa- 
ponaro che  il  3"  giorno  sarebbe  morto  di  peste,  c^ome  in  effetto 
successe;  et  fu  dichiarato  il  corpo  «Iella  detta  Santa  come  di  sopra 
si  è  detto.  ^ 

A  25  di  detto,  si  diede  licenza  alle  donne  di  poter  visitare  il 
corpo  di  Santa  Kosolea,  un  quartiere  i)er  giorno,  essendo  esposto 
in  mezzo  la  Chiesa  Maggiore. 

A  2fi  di  detto,  che  non  si  possi  passare  per  «piattro  miglia 
attorno  dove  si  sepelliscono  gl'apiiestati. 

A  27  di  detto.  —  Bando  che  nessuno  possi  dare  medicamento 
senza  licenza  della  Città. 

A  3  di  Marzo.  —  Il  Pretore  con  tutta  la  Città  andò  a  Monte 
Pellegrino  per  disegnare  la  chiesa  di  Santa  Rosolea. 

A  5  di  detto.  —  Fu  trovata  una  piccola  grotta  dove  habitava 
la  detta  Santa,  quale  appena  era  capace  d'  una  persona  humana 
per  potervi  stare  in  piedi  ;  et  l'istessa  notte  la  Santa  apparve  ad 
un  magazeno  d'api^estati  al  Lazzaretto,  sanando  alcuni  et  altri 
preparando  a  ben  morire. 

A  G  di  detto,  fu  frustato  e  mandato  uno  in  galera,  che  have- 
va  fatto  resistenza  ad  un  Commissario  de  carrozzoni  ap])estati. 

A  8  di  detto,  fu  frustata  una  donna  che  haveva  portato  robe 
da  una  casa  ad  un'altra  senza  lic^enza;  et  fu  fatto  bando  che  per 
15  giorni  fusse  barreggiato  il  quartiere  di  Santa  Christina;  e  l'i- 
stesso  giorno  uno  che  andava  vendendo  vasi  di  terra  per  la  città 
essendogli  scoverta  la  peste  et  preso  per  esser  castigato,  si  mor- 
se per  strada  senza  confessione  e  comunione  ;  fu  fnistata  una 
donna  per  pigliare  a  filare  da  una  barreggiata,  et  un  altro  andò 
in  galera  per  esser  entrato  in  casa  barreggiata. 

A  13,  andò  in  galera  in  vita  uno  schiavo,  per  caminar  di  notte 
contro  il  bando;  et  andorno  tutti  li  Preti  della  Chiesa  Maggiore 
a  monte  Pellegrino,  j)er  cantar  la  Messa  a  Santa  Rosolea. 

A  14  di  detto,  fu  frustata  una  doinia  che  haveva  un  tiglio 
con  la  peste,  lo  medicava  et  pratticava  con  tutti. 


258  MISCELLANEA 


A  18  di  detto,  iiua  donna  frustata,  che  si  ritrovò  in  casa  bar- 
reggiata  con  l'amico,  quale  andò  in  Galera. 

Per  adempiere  il  precetto  «Iella  Pascqua  turno  assignate  molte 
Chiese  di  Regolari  in  compagnia  della  Parocchia  acciò  con  maggior 
comodità  si  potesse  sodisfare  a  detto  precetto,  stante  che  non 
l)Otevano  andare  ad  altre  Ohiese  che  alle  più  vicine. 

A  20  di  detto. — Bui  in  galera,  per  entrare  in  case  barreggiate 
senza  licenza. 

A  22  di  detto,  si  diede  la  prattica  nella  città  a  113  huomini 
et  200  donne,  che  havevano  finito  la  qnarantana  e  la  ]jurificatio- 
ne;  e  si  frustò  uno,  per  haver  rubbato  una  fìlsa  di  coralli  nel 
Lazzaretto. 

A  20  di  Febraro,  gli  Messinesi  non  volsero  ricevere  le  lettere 
di  Palermo,  et  il  Signore  Cardinal  Viceré  ordinò  che  venissero 
li  Deputati  della  Sanità  di  Messina  a  Paleriuo;  a  21  di  Marzo  ar- 
rivorono  detti  Deputati  a  Cefalìi ,  dove  fumo  incarcerati  in 
(juel  Castello;  e  si  rimesse  la  posta. 

A  22  di  Marzo,  il  Signore  Cardinale  messe  editto  che  non  si 
magnasse  i)iìi  carne  per  la  Settimana  Santa;  et  fu  frustata  una 
donna  per  aver  venduto  robe  infette,  et  andorno  tre  persone  in 
galera  per  cinque  anni  i)er  essere  fuggiti  dal  Lazzaretto. 

A  25,  si  cominciorno  a  fare  l'archi  trionfali  per  la  festa  et 
processione  di  Santa  Kosolea;  e  si  diede  la  prattica  a  200  donne 
che  liavevano  fluita  hi  qnarantana. 

A  20  di  detto,  editto  del  Signore  Cardinale  che  ciascliedun 
prete  vadino  ad  aggiutare  alle  Parocchie  et  Chiese  deputate  per 
spedir  j)iù  presto  il  Popolo. 

A  27  di  detto,  due  editti  del  Signore  CaidiuiiU'  :  primo,  che  le 
donne  che  tengono  segette  purché  non  siano  allogate,  sotto  pena 
di  scomunica,  et  10  onzie,  non  possino  visitare  più  che  ciucine 
Sepolchri  ;  che  le  Chiese  non  stijno  aperte  i>iù  che  iìxw  bore  di 
notte,  a  Kegolari  pena  di  sospensione;  il  2",  che  per  tutto  il  Sabato 
Santo  non  si  i)Owsi  andare  uè  in  carrozza  uè  a  cavallo  senza  li- 
cenza in  HvriptÌH  dal  ('urdinale  ;  et  perchè  in  tal  giorno  sogliono 
entrare  gran  quantità  «le  castrati  <lentro  la  città,  i)er  (piesto  fu 
fatto  ordine  vXh^  non  possino  «Mitrare  «'astiati  con  la  pelh^  et  che 
non  KÌ  |M>KKÌno  gontian-  «-on  l:i  \hh-v\\  \wv  scorticarsi,  p«'i-  icivun» 
cIk*  «-ili  faiM'.HHC  Vìi)  tlissi^  appestati)  <\t  non  appestìissc  (pn'llii 
carne. 


MISCELLANEA  259 


A  30  (li  detto,  si  portò  un  cereo  a  Santa  Rosolea  accompa- 
gnato con  50  verginelle  con  palme  in  mano,  quale  era  ])ortato 
sopra  una  bara,  di  peso  d'un  cantaro  et  più,  dipinto  con  l'imagi- 
ne  di  Santa  Rosolea  con  una  corona  d'argento  in  testa  ,  accora - 
l)agnato  da  un  coro  di  musica. 

A  31  di  detto.  —  Ordine,  nel  (piai  si  dà  licenza  a  tutte  le  donne 
che  tengono  carrozze  proprie  nel  (juartiere  di  Santa  Christina  et 
Santa  Agata,  che  è  la  metà  della  Città,  possa  uscire  il  martedì 
per  andare  a  spasso,  e  (pielle  di  Santa  Ninfa  e  Santa  Oliva  che 
è  l'altra  metà,  possi  uscire  il  gio\edì  ,  purché  non  piglino  altre 
genti  fuor  di  casa  loro,  né  possine  due  carezze  andare  insieme, 
con  pena  di  perdere  le  carroze  ;  e  fu  appiccato  uno  che  i)asseg- 
giava  et  haveva  la  peste  e  frustata  una  donna  die  vendeva  robe 
del  Lazzaretto. 

Da  questo  giorno  e  (piasi  da  tutto  il  mese  di  Aprile  si  an- 
dorno  ritrovando  cjerte  cartuccie  piene  di  polvere  appestata  per 
tntta  la  Città,  acciò  il  mal  durasse;  e  benché  s'usasse  esquisitis- 
sima diligenza  con  boni  taglioni  e  se  mettessero  gran  gente  car- 
cerata dandone  a  molti  la  corda  per  trovarsi  il  deliiKiuente,  nul- 
ladimeno  non  si  potè  mai  ritrovare;  et  questa  era  peste  seccata 
et  ridotta  in  polvere;  et  non  contenti  di  buttarla  per  strada,  la 
mettevano  dentro  le  fonti  dell'acqua  benedetta;  che  perciò  il  Si- 
gnore Cardinale  fece  barreggiarc  molte  fonti,  e  prohibì  che  nelle 
chiese  non  si  tenesse  acqua  benedetta  ;  et  perché  se  ne  ritrovava 
ogni  dì  i>iù  quantità,  si  buttò  bando  con  due  mila  scudi  di  ta- 
glione a  chi  palesasse  il  caso  ctùtm  se  fiisse  1'  autore  gli  perdo- 
nava ,  il  cÀw  pose  in  gran  confusione  il  Reggitore  ;  ma  perché 
Santa  Rosolea  teneva  la  iirotettione  di  liberar  la  Città,  l'istesso 
giorno  del  bando  se  ne  cavò  il  seguente  inditio.  Essendo  una  bi- 
zoca  nella  chiesa  maggiore  a  fare  oratione  a  Santa  Rosolea,  in- 
tese dui  raggionare  fra  essi  :  «  lo.  Fratello,  ho  buttato  tutte  le  mie 
cartuccie  et  non  ho  più»;  e  l'altro  rispose:  «Io  ne  ho  ancora  et 
non  ho  tìnito  di  buttarle  »;  il  che  inteso  dalla  Bizoca  ,  ne  avisò 
un  chierico,  quale  chiamò  i  sbirri  et  diede  ordine  si  pigliassero  ; 
et  uno  ne  fuggì  e  l'altro  rimase  carcerato  ,  et  i)ortato  avanti  il 
Cardinale  diceva  non  saper  niente  ;  et  fatto  di  nuovo  chiamare  il 
chierico  et  la  Hizoca  volse  esso  sentir  il  tutto;  fra  (piesto  mezzo 
il  detto  carcerato  domandi»  la  vita,  voleva  scoprire  (luello  che  lui 


260  MISCELLANEA 

sapeva  ;  il  Signore  Cardinale  gli  promisse  non  solo  la  vita  ,  ma 
1000  scudi  di  più  e  si  ritirò  col  Cardinale,  et  fu  opinione  che  vi 
fusscro  intricate  persone  d'iniportantia,  poi<'hè  si  levò  voce  che 
non  haveva  voluto  dir  altro.  Doppo  essere  stato  alcuni  giorni  car- 
cerato et  con  esso  alcuni  Medici  et  barbieri,  per  quietare  il  po- 
polo che  stava  tutto  arrabbiato,  turno  scarcerati;  uè  se  ne  parlò 
più,  ne  comparvero  più  dette  cartnccie. 

A  2  d'Aprile  il  Signore  Cardinale  mandò  \)er  tutte  le  chiese 
acciò  si  cantasse  la  messa  dello  Spirito  Santo  con  la  commemo- 
ratione  della  Madonna  et  di  Santa  Rosolea,  ma  nella  Chiesa  Mag- 
giore di  gratiarum  actione. 

Et  perchè  tutto  il  Popolo  stava  adirato  con  dire  che  s'era  sco- 
verto chi  buttasse  le  cartuccie  et  non  era  castigato,  il  Signore  Car- 
dinale per  placarlo  rinovò  il  bando  delli  2000  scudi  et  ordinò  che 
trovando  dette  cartuccie  vi  ponessero  la  guardia  et  facessero  avisa- 
to  il  Pretore;  et  andò  uno  in  galera  per  bavere  rubato  robe  infette. 

A  3  di  detto,  morsero  1.3  Imomini  sotterrati  dalle  sei)olture  che 
si  facevano  fuori  le  i)orte  per  li  sospetti  (1);  fn  frustata  una  donna 
per  andare  a  case  barreggiate,  et  si  raddoppiorno  le  guardie  alli 
Medici  carcerati  per  le  cartuccie;  tutto  per  pacificare  il  Popolo. 

A  4  di  detto.  —  Bando,  chi  tiene  robe  a  ventilare  se  le  vadi 
a  pigliare. 

A  6,  che  si  dia  nome,  cognome,  e  patria  de  tutti  gl'huomini 
che  si  tengono  fuora  le  vigne,  e  se  stanno  a  mese  o  anno. 

A  6  di  detto,  fu  data  la  prattica  a  120  fra  huomini  e  donne, 
et  fu  trovata  una  casa  piena  di  robe  infette  et  fumo  carcerati  4, 
cioè  due  donne  e  dui  huomini;  et  delli  sopradetti  120  a'  quali  fn 
data  la  prattica,  il  giorno  sequente  fumo  ad  alcuni  trovate  le 
bozze,  et  perchè  erano  stati  visitati  da  diversi,  congratulandosi 
della  lor  venuta,  fumo  barreggiate  50  case. 

In  detto  giorno  fu  dichiarata  infetta  la  città  di  Polizzi  e  de- 
Htinorno  Capitan  d'arme  Domenico  del  Colli,  andamlovi  Medici, 
barbieri  et  altri  huomini  a  servire. 

A  7  di  detto,  fu  preso  il  Barbiero  sospetto  della  Mascione  (i?), 
havendolo  detto  il  PojkiIo  uno  che  havea  Imttato  le  cartuccie;  et 
ciò  fu  fatto  pei-  dar  soddisfattioiu^  al  JN>p(>lo. 

(1)  Cioè,  da  individui  tcintli  HOrtpctti. 

(2)  Cio^,  dt.'l  ri(Hiu  dfllu  Mngioin-. 


MISOBLLÀNEA  201 


A  dì  detto.  —  Editto  del  Signore  Cardinale  ,  che  si  differiva 
X)er  tutti  li  13  per  adempire  il  precetto  della  Pasqua,  et  quelli 
che  si  trovano  barreggiati,  se  li  dava  quattro  giorni  di  tempo 
doppo  liberati  ;  et  che  si  osservasse  il  bando  delle  donne  che  non 
uscisseso. 

A  8  di  detto,  fu  determinato  dalla  Deputatione  della  Sanità 
che  si  nettassero  tutti  li  pozzi  delle  case  barregiate,  dubitandosi 
non  vi  fosse  buttata  roba  infetta  dalli  beccamorti  quando  net- 
tavano le  case. 

A  dì  detto,  bando  che  li  Medici  mandino  al  Lazzaretto  tutti 
gl'ammalati  che  ritrovano  sospetti. 

A  dì  detto,  la  terra  di  Caccamo  mandò  cento  venti  cavalli, 
tra  secolari  et  sacerdoti,  et  tutti  con  torcie  accese  a  pigliare  la 
reliquia  di  Santa  Rosolea  per  portarla  in  detta  terra  ,  facendo 
l'istesso  la  città  di  Trapani,  Bevona  et  altre  Città  (1). 

A  9  di  detto.  —  Andò  in  galera  un  soldato  che  guardava  l'in- 
fetti per  esser  andato  a  dormire  in  sua  casa. 

A  10  di  detto.  —  Si  frustarno  due  donne  ,  et  mandate  a  ser- 
vire al  Lazzaretto  per  essere  entrate  in  case  barrreggiate,  et  fu 
appiccato  uno  che  avendo  la  peste  passeggiava. 

A  13  di  detto  si  portoruo  dui  cerei  di  20  rotole  l'uno  a  Santa 
Rosolea  nella  Chiesa  dell' divella;  et  bando,  che  fra  dui  giorni 
tutti  quelli  che  hanno  Lazaretto  in  casa  lo  debbano  rivelare  nel- 
l'officio de'  Giurati,  et  mettendovi  ammalati  fra  due  hore  n'avi- 
sino  il  Custode  del  quartiere,  et  che  non  se  faccino  più  senza 
licenza  del  Pretore,  sotto  pena  a  nobili  di  400  onzie  et  tre  anni 
di  Castello  et  agi'  ignobili  200  onzie  et  cinque  anni  di  galera  , 
alle  donne  nobili  400  onzie  e  due  anni  di  carcere,  all'ignobili  la 
frusta  et  servire  al  Lazaretto. 

A  16  di  detto,  in  galera  uno,  per  entrare  in  casa  barreggiata. 

A  17  dì  detto.  —  Si  frustò  uno  et  fu  mandato  al  Lazzaretto, 
che  havendo  la  peste  si  curava  in  casa. 

A  dì  detto,  uno  in  galera  per  medicare  il  tìglio  appestato  senza 
rivelarlo.  Nel  nettar  de  pozzi,  come  si  è  detto  di  sopra,  fumo  ritro- 
vati tre  fagotti  di  robe  appestate.  E  fu  data  la  jìrattica  a  200  donne. 

A  20  di  detto,  fu  portato  un  cereo  di  mezzo  cantaro  nella 
chiesa  dell' divella. 


(1)  Tra  cui  Castelvetrano,  come  risulta  dal  cit.  lavoro  di  G.  B.  Fer- 
rigno, La  peste  a  Castelvetrano. 

Arvh.  Slor.  Sic  N.  S.  Auno  XXX.  18 


262  MISOELLANEA 


A  26  di  detto  ,  fumo  appiccati  dui  che  doppo  diversi  delitti 
s'erano  fuggiti  dal  Lazzaretto. 

A  26  di  detto.  —  Un  barbiero  infetto  andò  in  galera  per  ha- 
ver  buttato  una  borza  et  un  collaro,  e  si  crede  che  fussero  ap- 
pestati, et  il  compagno  che  era  soldato  fu  frustato. 

E  da  questo  dì  in  poi  non  si  scrisse  altro  perchè  il  male  era 
quasi  cessato. 

Et  per  ultimo  non  lascerò  di  dire  la  molta  pietà  e  charità  u- 
sata  non  solo  verso  i  barreggiati  e  vergognosi  ,  ma  verso 
ogni  altra  persona ,  non  solo  dal  Senato  e  Nobiltà ,  ma  da  tutti 
li  Titolati  di  questa  città  ;  et  anco  dalli  ricchi  cittadini  e 
dall'  Ecclesiastichi  graduati  fumo  fatte  grandissime  elemo- 
sine, et  in  particolare  il  Signore  Cardinale  fu  opinione  che 
dasse  ventimila  scudi  di  limosina  in  tutto  quel  tempo  a  tutte 
sorte  di  persone;  et  il  Senato  distribuiva  diecimila  scudi  la  set- 
timana ,  non  solo  alli  barreggiati  ,  ma  all'arteggiani  ancora  che 
per  non  negotiare  si  morivano  di  fame,  et  ciò  per  mano  di  Re- 
ligiosi; et  altri  Cavalieri  dabeni  e  li  Titolati  ecclesiastichi  et  cit- 
tadini ricchi  dispensavano  per  quanto  si  teneva  la  loro  isola,  da- 
vano per  ciascheduno  quattro  grana  di  pane  il  giorno,  altri  da- 
vano danari,  come  anco  facevano  alcune  Compagnie,  vestendo 
quantità  de  poverelli  orfani  cui  erano  morti  il  Padre  e  la  Ma- 
dre nella  peste  et  non  havevano  altro  che  Dio  che  li  provedesse;  anzi 
trattavano  di  fare  lochi  per  detti  orfanelli  ;  ma  non  bastando 
tutte  queste  diligenze  per  sovvenire  alle  necessità  de  poveri,  si 
congregorno  alcuni  Sacerdoti  et  honorati  Cittadini  et  instituirno 
una  Congregatione,  che  andassero  cercando  per  la  città,  et  erano 
vestite  con  un  sacco  di  tela  negra ,  dove  era  dipìnto  un  Croci- 
fisso a  lato  destro  ;  et  invero  fu  di  non  poco  sollevamento  a  li 
poveri  per  le  molte  limosino  che  facevano,  poiché  caricavano  so- 
me di  grano,  vino  ,  formaggio  et  distribuivano  per  li  quartieri 
a  poveri  barregiati  et  altri  bisognosi,  che  certo  diede  grandissi- 
mo aggiuto  per  tutta  la  città,  et  fumo  occassione  che  s'  ovvias- 
sero molti  peccati  dalle  povere  donne. 

Somnia  di  tutta  la  spesa  fatta  dalla  Città,  dalli  15  Giugno 
1624  per  tutto  li  19  di  Giugno  1625,  sono.        .        50000654  (1). 


(1)  Coftì  trovasi  segnato  nel  ms.  Ma  reggasi  in  proposito  VAvverienga. 


MISCELLANEA 


263 


Nota  di  tutti  li  morti  nella  Città  e  Lazzaretto,  e  degV ammalati 
portati  in  esso  per  ciaschedun  giorno,  cominciando  dalli  23 
di  Giugno  1624  sino  olii  25  di  Giugno  1625. 


A  dì  23  di  Giugno  fumo  traspor- 

a 4. 

Morti  nella  città 

35 

tati    tutti    gì'  appestati    dallo 

Morti  nel  lazz.to 

18 

Spasimo  al  Lazzaretto  et  mor- 

Malati por.ti  nel  lazz.to  38 

sero  quel  giorno.         .         n." 

66 

a  5. 

Morti  nella  città 

46 

«  24.  Morti  nella  Città 

28 

Morti  nel  lazz.to 

18 

Morti  nel  Lazzaretto 

35 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  60 

Malati  portati  al  lazz.to  28 

a  6. 

Morti  nella  città 

20 

a  25.  Morti  nella  Città 

37 

Morti  nel  lazz.to 

12 

Morti  nel  lazzaretto 

28 

Malati  por.ti  al  lazz.to  28 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  42 

a  7. 

Morti  nella  città 

42 

a  26.  Morti  nella  Città 

27 

Morti  al  lazz.to 

11 

Morti  nel  lazzaretto 

52 

Malati  por.ti  al  lazz.to  36 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  48 

a  8. 

Morti  nella  Città 

42 

a  27.  Morti  nella  città 

35 

Morti  nel  lazz.to 

12 

Morti  nel  lazzaretto 

55 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  38 

Malati  p(»r.ti  al  lazz.to  38 

a  9. 

Morti  nella  città 

81 

a  28.  Morti  nella  città 

27 

Morti  nel  lazz.to 

20 

Morti  nel  lazzaretto 

40 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  36 

Malati  por.ti  al  lazz.to  62 

aio 

Morti  nella  città 

15 

a  29.  Morti  nella  città 

44 

Morti  nel  lazz.to 

16 

Morti  nel  lazz.to 

52 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  9 

Malati  por.ti  al  lazz.to  81 

ali 

Morti  nella  città 

22 

a  30.  Morti  nella  città 

38 

Morti  nel  lazz.to 

17 

Morti  nel  lazz.to 

39 

Malati  por.ti  al  lazz.to  21 

Malati  por.ti  al  lazz.to  52 

a  12 

Morti  nella  città 

18 

1  di  Luglio.  Morti  nella  città 

30 

Morti  nel  lazz.to 

25 

Morti  nel  lazz.to 

16 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  26 

Malati  por.ti  al  lazz.to  48 

a  13. 

Morti  nella  città 

16 

a  2.    Morti  nella  città 

20 

Morti  nel  lazz.to 

25 

Morti  nel  lazz.to 

16 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  30 

Malati  por.ti  al  lazz.to  24 

a  14. 

Morti  nella  città 

14 

a  3.    Morti  nella  città 

38 

Morti  nel  lazz.to 

18 

Morti  nel  lazz.to 

16 

Malati  por.ti  al  lazz.to  24 

Malati  por.ti  al  lazz.to  28 

a  15 

Morti  nella  città 

26 

264 


MISCELLÀNEA 


Morti  nel  lazz.to 

25 

Malati  por. ti  a  lazz.to  28 

a  16. 

Morti  nella  cittA 

23 

Morti  nel  lazz.to 

15 

Malati  por. ti  nel  lazz.to  69 

a  17. 

Morti  nella  città 

14 

Morti  nel  lazz.to 

21 

Malati  por. ti  al  lazz.to  +7 

a  18. 

Morti  nella  città 

18 

Morti  nel  lazz.to 

15 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  54 

a  19. 

Morti  nella  città 

37 

Morti  nel  lazz.to 

28 

Malati  por.ti  al  lazz.to  28 

a  20. 

Morti  nella  città 

26 

Morti  nel  lazz.to 

32 

Malati  por.ti  al  lazz.to  64 

a  21. 

Morti  nella  città 

19 

Morti  nel  lazz.to 

29 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  66 

a  22. 

Morti  nella  città. 

15 

Morti  nel  lazz.to 

29 

Malati  por.ti  al  lazz.to  48 

a  23. 

Morti  nella  città 

25 

Morti  nel  lazz.to 

16 

Malati  por.ti  al  lazz.to  44 

a  24 

Morti  nella  città 

25 

Morti  nel  lazz.to 

47 

Malati  por.ti  al  lazz.to  24 

a  25 

Morti  nella  città 

21 

Morti  nel  lazz.to 

21 

Malati  por.ti  al  lazz.to  43 

a  26 

Morti  nella  città 

17 

Morti  uel  lazz.to 

22 

Malati  por.ti  al  lazz.to  42 

a27 

.  Morti  nella  città 

26 

Morti  nel  lazz.to 

21 

Malati  por.ti  al  lazz.to  .35 

a28 

.  Morti  nella  città 

42 

Morti  nel  lazz.to 

26 

Malati  |M>r.ti  al  lazz.to  44 

a29 

.  Morti  nella  città 

83 

Morti  r)«>1  \azt.Uì 

24 

Malati  por.ti  al  lazz.to  54 

a  30.  Morti  nella  città  25 

Morti  nel  lazz.to  26 

Malati  por.ti  al  lazz.to  34 

a  31.  Morti  nella  città  25 

Morti  nel  lazz.to  28 

Malati  por.ti  al  lazz.to  42 

a  p.**  Agos.  Morti  nella  città  19 

Morti  nel  lazz.to  34 

Malati  por.ti  al  lazz.to  9 

a  2.    Morti  nella  città  42 

Morti  nel  lazz.to  43 

Malati  por.ti  al  lazz.to  35 

a  3.    Morti  nella  città  35 

Morti  nel  lazz.to  32 

Malati  por.ti  al  lazz.to  42 

a  4.    Morti  nella  città  18 

Morti  nel  lazz.to  19 

Malati  por.ti  al  lazz.to  20 

a  5.    Morti  nella  città  25 

Morti  nel  lazz.to  27 

Malati  por.ti  al  lazz.to  15 

a  6.    Morti  nella  città  12 

Morti  nel  lazz.to  19 

Malati  por.ti  al  lazz.to  35 

a  7.    Morti  nella  città  20 

Morti  nel  lazz.to  25 

Malati  por.ti  al  lazz.to  26 

a  8.    Morti  nella  città  17 

Morti  nel  lazz.to  18 

Malati  por.ti  al  lazz.to  40 

a  9.    Morti  nella  città  21 

Morti  nel  lazz.to  28 

Malati  por.ti  al  lazz.to  44 

a  10.  Morti  nella  città  22 

Morti  nel  lazz.to  26 

Malati  por.ti  al  lazz.to  20 

a  11.  Morti  nella  città  14 

Morti  nel  lazz.to  14 

Malati  por.ti  al  lazz.to  21 

a  12.  Morti  nella  città  15 

Morti  al  lazz.to  23 

Malati  por.ti  al  In/r.to  36 


MISCELLANEA 


265 


SI  13. 


a  U. 


a  15. 


a  16. 


a  17. 


a  18. 


a  19. 


a  20. 


a  -n. 


a  22. 


u  28. 


a  24. 


a  25. 


a  26. 


a  27. 


Morti  nella  città 

19 

Morti  noi  lazz.to 

25 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  46 

Morti  nella  città 

16 

Morti  nel  lazz.to 

28 

Malati  por.ti  al  lazz.to  2K 

Morti  nella  città 

18 

Morti  al  lazz.to 

32 

Malati  por.ti  a  lazt.to  31 

Morti  nella  città 

17 

Morti  nel  lazz.to 

23 

Malati  por.ti  al  lazz.to  34 

Morti  nella  città 

17 

Morti  nel  lazz.to 

21 

Malati  por.ti  al  lazz.to  36 

Morti  nella  città 

13 

Morti  nel  lazz.to 

2:5 

Malati  por.ti  al  laz/.to  21 

31  orti  nella  città 

12 

Morti  nel  lazz.to 

J2 

Malati  por.ti  a    lazz.to  17 

Morti  nella  città 

21 

Morti  nel  lazzaretto 

14 

Malati  portati  a  lazz.to  15 

Morti  nella  città 

18 

Morti  nel  lazzaretto 

15 

Malati  portati  a  lazz.to  1 7 

Morti  nella  città 

JO 

Morti  nel  lazzaretto 

28 

Malati  portati  a  lazz.to  10 

Morti  nella  città 

15 

Morti  nel  lazzaretto 

17 

Malati  portati  a  lazz.to  25 

Morti  nella  città 

17 

Morti  al  lazzaretto 

15 

Malati  portati  a  lazz.to  13 

Morti  nella  città 

17 

Morti  nel  lazzaretto 

22 

Malati  portati  a  lazz.to  15 

Morti  nella  città 

7 

Morti  nel  lazzaretto 

21 

Malati  portati  a  lazz.to    9 

Morti  nella  cittàO 

Morti  nel  lazzaretto  8 

Malati  portati  a  lazz.to    9 

a  28.  Morti  nella  città  9 

Morti  nel  lazzaretto  16 

Malati  portati  a  la/z.to  14 

a  29.  Morti  nella  città  8 

Morti  nel  lazzaretto  9 

Malati  portati  a  lazz.to  13 

a  30.  Morti  nella  città  4 

Morti  al  lazzaretto  18 

Malati  portati  a  lazz.to  19 

a  31.  Morti  nella  città  11 

Morti  nel  lazzaretto  21 

Malati  portati  a  lazz.to  13 

a  p."  di  Sett.  Morti  nella  città  18 

Morti  nel  lazzaretto  20 

•  Malati  portati  a  lazz.to    9 

a    2.  Morti  nella  città  7 

Morti  nel  lazzaretto  8 

Malati  portati  a  lazz.to»  12 

a    3.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.t4>  13 

a    4.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to    6 

a    5.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to  14 

a    6.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to    7 

a    7.  Morti  nella  città  5 

Morti  nel  lazzaretto  9 

Malati  portali  a  lazz.to    4 

a    8.  Morti  nella  città  3 

Morti  nel  lazzaretto  9 

Malati  portati  a  lazz.to    3 

a   9.  Morti  nella  città  25 

Morti  nel  lazzaretto  14 

Malati  portati  a  lazz.to    7 

a  10.  Morti  nella  città  35 

Morti  al  lazzaretto  17 


3 

15 

6 
13 


20 


12 


266 

MISOBLLANEA 

Malati  portati  a  làzz.to 

9 

a 

25. 

Morti  nella  città 

24 

ali 

Morti  nella  città 

25 

Morti  nel  lazzaretto 

15 

Morti  al  lazzaretto 

19 

Malati  portati  a  lazz.to  17 

Malati  portati  a  lazz.to  13 

a 

26. 

Morti  nella  città 

15 

a  12 

Morti  nella  città 

23 

Morti  nel  lazzaretto 

18 

Morti  al  lazzaretto 

15 

Malati  portati  a  lazz.to  10 

Malati  portati  a  lazz.to 

8 

a 

27 

Morti  nella  città 

44 

a  13 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

11 
16 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  d  lazz.to 

7 

19 

Malati  portati  a  lazz.to 

4 

a 

28 

Morti  nella  città 

22 

a  14 

Morti  nella  città 

13 

Morti  nel  lazzaretti» 

32 

Morti  nel  lazzaretto 

14 

Malati  portati  a  lazz.to  12 

Malati  portati  a  lazz.to 

2 

a 

29. 

Morti  nella  città 

10 

15. 

Morti  nella   città 
Morti  al  lazzaretto 

23 
16 

Morti  a  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to 

10 

7 

Malati  portati  a  lazz.to 

fi 

a 

3») 

Morti  nella  città 

15 

aie 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

14 
16 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to 

3 

18 

Malati  portati  a  lazz.to 

9 

a 

p.o 

Ott.  Morti  nella  città 

27 

a  17 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

48 
13 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to 

16 

18 

Malati  portati  a  lazz.to  17 

a 

2. 

Morti  nella  città 

25 

a  18. 

Morti  nella  città 
Morti  al  lazzaretto 

33 
25 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to 

II 

18 

Malati  portati  a  lazz.to 

5 

a 

3. 

Morti  nella  città 

26 

:i  19. 

Morti  nella  città 
Morti  al  lazzaretto 

13 

17 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to 

10 

12 

Malati  portati  a  lazz.to  1.3 

a 

4. 

Morti  nella  città 

15 

a  20. 

Morti  nella  città 

51 

Morti  nel  lazzaretto 

20 

Morti  nel  lazzaretto 

19 

Malati  portati  a  lazz.to  25 

Malati  portati  a  lazz.to 

.3 

a 

5. 

Morti  nella  città 

26 

il  21. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

35 
19 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to 

8 

14 

Malati  portati  a  lazz.to 

7 

a 

6. 

Morti  nella  città 

22 

a  22. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

14 
39 

Morti  al  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to 

4 

11 

Malati  portati  a  lazz.to 

9 

a 

7 

Morti  nella  città 

17 

a  28. 

Morti  nella  città 
Morti  nella  città 

18 
19 

Morti  al  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to 

6 

12 

Malati  portati  a  lazE.to 

6 

a 

8. 

Morti  nella  città 

26 

a  24. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

27 
16 

Morti  al  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazi.to 

7 

36 

.Malati  portati  a  lazz.to  12 

a 

9. 

Morti  nella  città 

17 

MISCELLANEA 


267 


a  9.  Morti  al  lazzaretto  27 

Malati  portati  a  lazz.to  9 

a  10.  Morti  nella  città  36 

Morti  al  lazzaret/jo  14 

Malati  portati  a  lazz.to  .') 

u  11.  Morti  nella  città  14 

Morti  al  lazzaretto  11 

Malati  portati  a  lazz.to  9 

a  12.  Morti  nella  città  25 

Morti  al  lazzaretto  lo 

Malati  portati  a  lazz.to)  11 

a  13.  Morti  nella  città  15 

Morti  nel  lazzaretto  25 

Malati  portati  a  lazz.to  15 

a  14.  Morti  nella  città  25 

Morti  nel  lazzaretto  15 

Malati  portati  a  lazz.to  9 

a  15.  Menti  nella  città  17 

Morti  nel  lazzaretU»  13 

Malati  portati  a  lazz.to  12 

a  16.  Morti  nella  città  29 

Morti  nel  lazzaretto  12 

Malati  portati  a  lazz.to  7 

a  17.  Morti  nella  città  16 

Morti  nel  lazzaretto  19 

Malati  portati  a  lazz.to  21 

a  18.  Morti  nella  città  27 

Morti  nel  lazzaretto  19 

Malati  portati  a  lazz.to  4 

a  19.  Morti  nella  città  17 

Morti  nel  lazzaretto  16 

Malati  portati  a  lazz.to  8 

a  20.  Morti  nella  città  26 

Morti  nel  lazzaretto  16 

Malati  portati  a  lazz.to  3 

a  21.  Morti  nella  città  22 

Morti  nel  lazzaretto  11 

Malati  portati  a  lazz.to  s 

a  22.  Morti  nella  città  31 

Morti  nel  lazzaretto  12 

Malati  portati  a  lazz.to  11 

a  23.  Morti  nella  città  10 

Morti  nel  lazzaretto  8 


a  24. 


a  25. 


a  26. 


a  27. 


a  28. 


a  29. 


a  30. 


a  31. 


a  p." 


a    2. 


a    3. 


a    4. 


a    6. 


Malati  portati  a  lazz.to 

6 

Morti  nella  città 

34 

Morti  nel  lazzaretto 

14 

.Malati  portati  a  lazz.to 

4 

Morti  nella  città 

21 

Morti  nel  lazzaretto 

18 

Malati  portati  a  lazz.to 

1 

Morti  nella  città 

22 

Morti  nel  lazzaretto 

18 

Malati  portati  a  lazz.to 

8 

Morti  nella  città 

22 

.Morti  nel  lazzaretto 

14 

Malati  [jortati  a  lazz.to 

4 

Morti  nella  città 

16 

Morti  nel  lazzaretto 

17 

Malati  portati  a  lazz.to 

0 

Morti  nella  città 

25 

Morti  nel  lazzaretto 

31 

Malati  portati  a  lazz.to 

.") 

Morti  nella  città 

21 

Morti  nel  lazzaretto 

12 

Malati  jmrtHti  a  lazz.to 

1 

Morti  nella  città 

12 

Morti  nel  lazzaretto 

26 

Malati  portati  a  lazz.to 

4 

Nov.  Morti  nella  città 

14 

Morti  nel  lazzaretto 

28 

Malati  portati  a  lazz.to 

2 

Morti  nella  città 

21 

Morti  nel  lazzaretto 

16 

Malati  portati  a  lazz.to 

5 

Morti  nella  città 

34 

Morti  nel  lazzaretto 

13 

Malati  portati  a  lazz.to 

2 

Morti  nella  città 

21 

Morti  nel  lazzaretto 

16 

Malati  portati  a  lazz.to 

5 

Morti  nella  città 

14 

Morti  nel  lazzaretto 

23 

Malati  portati  a  lazz.to 

2 

Morti  nella  città 

4 

Molti  nel  lazzaretto 

13 

Malati  portati  a  lazz.to 

3 

268 


MISCELLANEA 


a     8. 


a    9. 


aio. 


a  IL 


a  12. 


a  13. 


a  14. 


alò. 


a  16. 


a  17. 


a  18. 


a  19. 


a  20. 


a  21 


Morti  uella  città 

22 

Morti  nel  lazzaretti) 

10 

Malati  portiiti  a  lazz.to 

3 

Morti  nella  città 

12 

Morti  nel  lazzaretto 

16 

Malati  portati  a  lazz.to 

4 

Morti  nella  città 

22 

Mortì  nel  lazzaretto 

15 

Malati  portati  a  lazz.to 

4 

Morti  nella  citt.n 

20 

Morti  nel  lazzaretto 

15 

Malati  portati  a  lazz.to 

2 

Morti  nella  città 

2 

Morti  nel  lazzaretto 

3 

Malati  portati  a  lazz.to 

7 

Morti  nella  città 

2 

Morti  nel  lazzaretto 

8 

Malati  portati  a  lazz.to 

8 

Morti  nella  città 

7 

Morti  nel  lazzaretto 

7 

Malati  portati  a  lazz.to 

4 

Morti  uella  città 

ó 

Morti  nel  lazzaretto 

3 

Malati  portati  a  lazz.to 

6 

Morti  nella  città 

3 

Morti  nel  lazzaretto 

8 

Malati  portati  a  lazz.to 

4 

Morti  nella  città 

9 

Morti  nel  lazzaretto 

4 

Malati  portati  a  lazz.to 

10 

Morti  nella  (ritta 

9 

Morti  nel  lazzaretto 

2 

Malati  portati  a  lazz.to 

4 

Morti  nella  città 

,5 

Morti  nel  lazzaretto 

10 

Malati  portati  a  lazz.to 

i> 

Morti  nella  città 

6 

Morti  nel  lazzaretto 

II 

Malati  portati  a  lazz.t«> 

10 

Morti  nella  città 

;{ 

Morti  nel  lazzaretto 

7 

Malati  portati  n  la/./.to 

1 

Morti  nella  citta 

4 

a  22. 


a  23. 


a  24. 


a  25. 


a  26. 


a  27, 


a  28. 


a  29. 


a  30. 


a  p. 


a    2. 


a    3. 


a  4. 


a    T). 


Morti  nel  lazzaretto 

15 

Malati  portati  a  lazz.to 

9 

Morti  nella  città 

3 

Morti  nel  lazzaretto 

10 

Malati  portati  a  lazz.tc» 

1 

Morti  uella  città 

3 

Morti  nel  lazzaretto 

7 

Malati  portati  a  lazz.to 

ó 

Morti  uella  città 

9 

Morti  nel  lazzaretto 

11 

Malati  portati  a  lazz.to 

13 

Morti  uella  città 

1 

Morti  nel  lazzaretto 

11 

Malati  portati  a  lazz.to 

7 

Morti  uella  città 

5 

Morti  nel  lazzaretto 

10 

Malati  portati  a  lazz.to 

6 

Morti  della  città 

2 

Morti  nel  lazzai'etto 

8 

Malati  portati  a  lazz.to 

8 

Morti  nella  città 

1 

Morti  nel  lazzaretto 

12 

Malati  portati  a  lazz.to 

6 

Morti  uella  città 

Morti  nel  lazzaretto 

14 

M.alati  portati  a  lazz.to 

15 

Morti  nella  città 

29 

Morti  nel  lazzaretto 

8 

Malati  portati  a  lazz.to 

8 

Die.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 

18 

Malati  portati  a  lazz.to 

4 

Morti  nella  città 

5 

Morti  nel  lazzaretto 

16 

Malati  portati  a  lazz.to 

9 

Morti  Uella  città 

5 

Morti  nel  lazzaretto 

9 

Malati  portati  a  lazz.to 

5 

Morti  nella  città 

6 

Morti  nel  lazzaretto 

6 

Malati  portati  a  lazz.to 

1(1 

Morti  nella  città 

,"> 

Morti  nel  lazzaretto 

12 

MISCELLANEA 

269 

Malati 

portati  a  lazz.to 

12 

a  20. 

Morti 

nella  città 

5 

a 

6. 

Morti 

nella  cittii 

8 

Morti 

nel  lazzaretto 

14 

Morti  nel  lazzaretto 

6 

Malati 

portati  a  lazz.to  12 

Malati 

portati  a  lazz.to 

7 

a  21. 

Morti 

nella  città 

5 

a 

7 

Morti 

nella  città 

6 

Morti 

nei  lazzaretto 

15 

Morti 

nel  lazzaretto 

16 

Malati 

portati  a  lazz.to    9 

Malati 

portati  a  lazz.to 

8 

a  22. 

Morti  nella  città 

16 

a 

H 

Morti 
Morti 

nella  città 
nel  lazzaretto 

9 

9 

Morti 
Malati 

nel  lazzaretto 
portati  a  lazz.to  12 

12 

Malati 

portati  a  lazz.to 

10 

a  23. 

Morti 

nella  città 

8 

a 

9. 

Morti 

nella  città 

6 

Morti 

nel  lazzaretto 

13 

Morti 

nel  lazzaretto 

10 

Malati 

portati  al  lazz.to  9 

Malati 

portati  a  lazz.to 

12 

a  24. 

Morti  nella  città 

13 

a 

10. 

Morti 

nella  cittji 

10 

Morti 

nel  lazzaretto 

10 

Morti 

nel  lazzaretto 

10 

Malati 

portati  a  lazz.to  11 

Malati 

portati  a  lazz.to 

5 

a  25 

Morti 

nella  città 

14 

a 

n 

Morti 

nella  città 

s 

Morti  nel  lazzaretto 

16 

Morti 

nel  lazzaretto 

15 

Malati 

portati  a  lazz.to  13 

Malati 

portati  a  lazz.to 

9 

a  26. 

Morti 

nella  città 

14 

a 

12. 

Morti  nella  città 

U 

Morti  nel  lazzaretto 

14 

Morti 

nel  lazzaretto 

20 

Malati 

portati  a  lazz.to  20 

Malati 

portati  a  lazz.to 

n 

a  27. 

Morti 

nella  città 

19 

a 

13. 

Morti  nella  città 

3 

Morti 

nel  lazzaretto 

22 

Morti 

nel  lazzaretto 

9 

Malati 

portati  a  lazz.to  22 

Malati 

portati  a  lazz.to 

18 

a  28. 

Morti  nella  città 

21 

w 

14. 

Morti  nella  città 

5 

Morti  nel  lazzaretto 

16 

Morti 

nel  lazzaretto 

10 

Malati 

portati  a  lazz.to  24 

Malati 

portati  a  lazz.to 

8 

a  29 

Morti 

nella  città 

26 

a 

15. 

Morti  nella  città 

10 

Morti  nel  lazzaretto 

27 

Morti 

nel  lazzaretto 

11 

Malati 

Ijortati  a  lazz.to  30 

Malati 

portati  a  lazz.to 

.") 

a  30. 

Morti 

nella  città 

17 

a 

16 

Morti  nella  città 

7 

Morti  nel  lazzaretto 

16 

Morti 

nel  lazzaretto 

13 

Malati 

portati  a  lazz.to  29 

Malati 

portati  a  lazz.to 

8 

a  31. 

Morti  nella  città 

32 

a 

17. 

Morti  nella  città 

8 

Morti 

nel  lazzaretto 

16 

Morti 

nel  lazzaretto 

22 

Malati 

portati  a  lazz.to  12 

Malati 

portati  a  lazz.to 

19 

ap.o 

Genn. 

Morti  nella  città 

19 

a 

18 

Morti  nella  città 

14 

Morti 

nel  lazzaretto 

22 

Morti 

nel  lazzaretto 

17 

Malati 

portati  a  lazz.to  30 

Malati 

portati  a  lazz.to 

9 

a    2. 

Morti  nella  città 

32 

a 

19 

Morti  nella  città 

73 

Morti 

nel  lazzaretto 

25 

Morti 

nel  lazzaretto 

27 

Malati 

portati  a  lazz.to  30 

Malati 

portati  a  lazz.to  17 

a    3, 

Morti  nella  città 

42 

270 


MISCELLANEI. 


Morti  nel  lazzaretto 

25 

Malati  portati  a  lazz.to 

36 

Malati  portati  a  lazz.to  24 

a  18. 

Morti  nella  città 

45 

a 

4 

Morti  nella  città 

38 

Morti  nel  lazz.to 

38 

Morti  nel  lazzaretto 

44 

Malati  por.ti  al  lazz.to 

27 

Malati  portati  a  lazz.to  28 

a  19. 

Morti  nella  città 

41 

a 

5. 

Morti  nella  città 

29 

Morti  nel  lazz.to 

• 

20 

Morti  nel  lazzaretto 

21 

Malati  por.ti  a   lazz.to 

30 

Malati  portati  a  lazz.to  22 

a  20. 

Morti  nella  città 

43 

a 

6. 

Morti  nella  città 

35 

Morti  nel  lazzaretto 

23 

Morti  nel  lazzaretto 

26 

Malati  portati  a  lazz.to  15 

Malati  portati  a  lazz.to  20 

a  21. 

Morti  nella  città 

40 

a 

7. 

Morti  nella  città 

21 

Morti  nel  lazzaretto 

22 

Morti  nel  lazzaretto 

19 

Malati  portati  a  lazz.to 

27 

Malati  portati  a  lazz.to  24 

a  22. 

Morti  nella  città 

50 

a 

8. 

Morti  nella  città 

47 

Morti  nel  lazzaretto 

41 

Morti  nel  lazzaretti) 

19 

Malati  portati  a  lazz.to 

27 

Malati  portati  a  lazz.to  33 

a  23. 

Morti  nella  città 

37 

a 

9. 

Morti  nella  città 

38 

Morti  nel  lazzaretto 

36 

Morti  nel  lazzaretto 

20 

Malati  portati  a  lazz.to 

28 

Malati  portati  a  lazz.to  36 

a  24. 

Morti  nella  città 

50 

a 

10. 

Morti  nella  città 

45 

Morti  al  lazzaretto 

31 

Morti  nel  lazzaretto 

28 

Malati  portati  a  lazz.to 

36 

Malati  portati  a  lazz.to  25 

a  25. 

Morti  nella  città 

41 

a 

n. 

Morti  nella  città 

46 

Morti  nel  lazzaretto 

17 

Morti  nel  lazzaretto 

25 

Malati  portati  a  lazz.to  31 

Malati  portati  a  lazz.to  40 

a  26. 

Morti  nella  città 

44 

a 

12 

Morti  nella  città 

46 

Morti  nel  lazzaretto 

26 

% 

Morti  nel  lazzaretto 

25 

Malati  portati  a  lazz.to 

30 

Malati  portati  a  lazz.to  39 

a  27 

Morti  nella  città 

36 

a 

13. 

Morti  nella  città 

46 

Morti  nel  lazzaretto 

31 

Morti  nel  lazzaretto 

22 

Malati  porUiti  a  lazz.to 

41 

Malati  portati  a  lazz.to  36 

a  28. 

Morti  nella  città 

39 

a 

14 

Morti  nella  città 

52 

Morti  nel  lazzaretto 

28 

Morti  nel  lazzaretto 

31 

Malati  ])ortati  a  lazz.to 

27 

Malati  portati  a  lazz.to  31 

a  29 

Morti  nella  città 

31 

a 

15 

Morti  nella  città 

30 

Morti  nel  lazzaretto 

28 

Morti  n«'l  lazzaretto 

22 

Malati  portati  a  lazz.to 

30 

Malati  [xutati  a  lazz.to  20 

a  3( 

.  Morti  nella  <!Ìt(à 

49 

a 

1« 

Morti  nella  città 

57 

Morti  al  lazzaretto 

23 

.Morti  liei  lazzaretto 

33 

Malati  portati  a  lazz.to 

49 

Malati  portati  a  lazz.to  27 

a  31 

Morti  nella  città 

35 

a 

17 

Morti  nella  città 

(K) 

Morti  nel  lazzaretto 

44 

Morti  nel   lu//arett«> 

18 

Malati   pollati  a  lazz.to 

38 

MISCELLANEA                                                   271 

a 

p.o 

di  Febb.  Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

33 

22 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  portati  a  lazz.to  16 

33 

Malati  portati  a  lazz.to  25 

a  16. 

Morti  nella  città 

22 

a 

2. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

30 
30 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  16 

38 

Malati  portati  a  lazz.to  35 

a  17 

Morti  nella  città 

33 

a 

3. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

40 

42 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  al  lazz.to  19 

12 

Malati  portati  a  lazz.to  24 

a  18. 

Morti  nella  città 

19 

a 

4. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

32 
15 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  15 

27 

Malati  portati  a  lazz.to  38 

a  20. 

Morti  nella  città 

23 

a 

5. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

41 

28 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  al  lazz.to  22 

19 

Malati  portati  a  lazz.to  27 

a  21 

Morti  nella  città 

20 

a 

6. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

39 
35 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  24 

26 

Malati  portati  a  lazz.to  39 

a  22. 

MorM  nella  città 

13 

a 

7. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

34 
26 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  al  lazz.to  26 

16 

Malati  portati  a  lazz.to  4() 

a  23. 

Morti  nella  città 

26 

a 

8. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

37 
80 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  al  lazz.to  25 

28 

Malati  portati  a  lazz.to  23 

a  24. 

Morti  nella  cittii 

22 

a 

9. 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 

28 
35 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  i)or.ti  al  lazz.to  27 

12 

Malati  portati  a  lazz.to  31 

a  25. 

Morti  nella  città 

18 

a 

10. 

Morti  nella  città 
Morti  al  lazzaretto 

38 
32 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  al  lazz.to  27 

32 

Malati  por.ti  al  lazz.to  37 

a  26. 

Morti  nella  città 

25 

a 

11 

Morti  nella  cittii 
Morti  nel  lazz.to 

27 

25 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  al  lazz.to  84 

20 

Malati  por.ti  nel  lazz.to  37 

a  27 

Morti  nella  città 

26 

a 

12 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazz.to 

25 
3(> 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  al  lazz.to  32 

15 

Malati  por.ti  al  lazz.to  33 

a  28. 

Morti  nella  cittii 

24 

a 

13 

Morti  nella  città 
Morti  al  lazz.to 

25 
29 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  al  lazz.to  34 

18 

Malati  portati  a  lazz.to  iO 

ap.o 

Marzo.  Morti  nella  città 

28 

a 

14 

Morti  nella  città 
Morti  nel  lazz.to 

31 
33 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  portati  a  lazz.to  26 

26 

Malati  por.ti  al  lazz.to  12 

a    2. 

Morti  nella  città 

21 

a 

15 

Morti  nella  città 

24 

Morti  nel  lazz.to 

27 

272 


MISCELLANEA 


Malati  por.ti  al  lazz.t^  34 
a    3.  Morti  nella  città  18 

Morti  nel  lazz.to  23 

Malati  por.ti  al  lazz.to  22 
li    4.  Morti  nella  città  12 

Morti  nel  lazz.to  23 

Malati  por.ti  al  lazz.to  24 
n    5.  Morti  nella  città  18 

Morti  nel  lazz.to  22 

Mali! ti  por.ti  al  lazz.to  20 
a    6.  "Morti  nella  città  10 

Morti  nel  lazz.to  16 

Malati  por.ti  al  lazz.to  21 
a    7.  Morti  nella  città  15 

Morti  nel  lazz.to  17 

Malati  por.ti  al  lazz.to  17 
a    8.  Morti  nella  città  21 

Morti  nel  lazz.to  28 

Malati  por.ti  al  lazz.to  l(i 
a    9.  Morti  nella  città  20 

Morti  nel  lazz.to  19 

Malati  por.ti  al  lazz.to  17 
a  10.  Morti  nella  città  U» 

Morti  nel  lazz.to  1(» 

Malati  por.ti  al  lazz.to  2(5 
a  11.  Morti  nella  città  l) 

Morti  nel  lazz.to  27 

Malati  por.ti  al  lazz.to  24 
a  12.  Morti  nella  città  17 

Morti  al  lazz.to  IH 

Malati  por.ti  al  lazz.to  22 
a  13.  Morti  nella  città  ÌH 

Morti  nel  lazz.to  27 

Malati  por.ti  al  lazz.to  23 
a  14.  Morti  nella  cittii  16 

Morti  nel  lazz.to  27 

Malati  por.ti  al  lazz.to  13 
a  15.  Morti  nella  città  16 

Morti  nel  lazz.to  1] 

Malati  iM)r.ti  al  lazz.to  13 
16.  Morti  nella  città  11 

.Morti  nel  la/z.to  IS 

Malati  por.ti  a  lazz.Lu  2H 


a  17.  ^lorti  nella  città  20 

Morti  nel  lazz.to  16 

Malati  por.ti  a  lazz.to  14 

a  18.  Morti  nella  città  20 

Morti  nel  lazz.to  16 

Malati  por.ti  al  lazz.tto  lo 

a  19.  Morti  nella  città  9 

Morti  nel  lazz.to  3 

Malati  por.ti  a  lazz.to  18 

a  20.  Morti  nella  città  17 

Morti  nel  lazz.to  21 

Malati  por.ti  a  lazz.to  15 

lì  21 .  Morti  nella  città  13 

Morti  nel  lazz.to  14 

Malati  por.ti  a   lazz.to  5 

a  22.  Morti  nella  città  11 

Morti  nel  lazz.to  22 

Malati  por.ti  a   lazz.to  14 

a  23.  Morti  nella  città  11 

•Morti  nel  lazz.to  10 

Malati  portati  a  lazz.to  14 

a  24.  Morti  nella  città  14 

Morti  nel  lazz.to  9 

Malati  por.ti  a  lazz.to  14 

a  2').  Morti  nella  città  10 

Morti  nel  lazz.to  13 

Malati  por.ti  a  lazz.to  14 

a  26.  Morti  nella  città  11 

Morti  al  lazz.to  34 

Malati  por.ti  al  lazz.to  21 

a  L'7.  Morti  nella  città  8 

Morti  nel  lazz.  8 

Malati  i)or.ti  al  lazz.to  12 

a  2S.  Morti  nella  città  ") 

Morti  nel  lazz.to  9 

Malati  ))or.ti  a  lazz.to  12 

a  29.  .Morti  nella  città  13 

Morti  nel  lazz.to  20 

Malati  por.ti  a  lazz.to  13 

a  30.  Morti  nella  città  3(5 

Morti  al  lazz.to  io 

Malati  por.ti  a    lazz.to   12 

a  31.  Morti  jiellu  città  7 


MlSCELLANRi. 


273 


Morti  nel  lazz.to 

Malati  por. ti  a  lazz.to    4 
a  1.  Aprile.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  a   lazz.to    4 
a  2.    Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  a  lazz.to  l(i 
a  3.    Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  a   lazz.to     (! 
a  4.    Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  a   lazz.to     <i 
a  ó.    Morti  nella  città 

Morti  a  lazz.to 

Malati  por.ti  a  lazz.to    ó 
a  ti.    Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  a  lazz.to    2 
a  7.    Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  portati  a  lazz.to  11 
a  8.    Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  a  lazz.to    .'> 
a  9.    Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  a  lazz.to    1> 
a  10.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  a  lazz.to  10 
a  n.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazz.to 

Malati  por.ti  a  lazz.to    .") 
a  12.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 

Malati  portati  a  lazz.to  10 
a  13.  Morti  nella  citrà 

Morti  nel  lazzaretto 

Malati  portjiti  a  lazz.to     7 
a  14.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 


14 

14 
13 

13 
15 

10 
16 

13 

8 

10 
15 

2 
5 

7 
11 


4 

6 

9 
17 

4 
5 

4 
11 


10 

2 
6 


Malati  portati  a  lazz.to    7 

a  15.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to  10 

a  16.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to     6 

a  17.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to     s 

a  18.  Morti  nella  città 

.Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to 

a  19.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to    t» 

a  20.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to     2 

a  21 .  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretti» 
Malati  portati  a  lazz.to    4 

a  22.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to    1 

a  23.  Morti  nella  città 
Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to    1 

a  24.  .Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to    1 

a  25.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to     4 

a  26.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to    H 

a  27.  Morti  della  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to    2 

a  28.  Morti  nella  città 

Morti  nel  lazzaretto 
Malati  portati  a  lazz.to    2 


13 

6 
15 


3 

12 

5 

6 

6 

8 

4 

8 

3 
2 

6 

4 

4 

8 

2 
6 

1 
12 


274 

MISCELLANEA 

a 

29, 

Morti  nella  città 

1 

Morti  nel  lazzaretto 

6 

Morti 

nel  lazzaretto 

4 

Malati 

portati  a  lazz.to 

3 

Malati 

portati  a  lazz.to 

3 

a  14. 

Morti 

nella  cittsi 

0 

a 

30. 

Morti 

nella  città 

1 

Morti  nel  lazzaretto 

5 

Morti  nel  lazzaretto 

7 

Malati 

portati  a  lazz.to 

2 

Malati 

portati  a  lazz.to 

4 

a  15. 

Morti 

nella  città 

7 

a 

p.o 

Mag. 

Morti  nella  città 

2 

Morti  nel  lazzaretto 

10 

Morti 

nel  lazzaretto 

6 

Malati 

portati  a  lazz.to 

6 

Malati 

portati  a  lazz.to 

4 

aie. 

Morti  nella  città 

0 

a 

2. 

Morti 

nella  città 

8 

_ 

Morti 

nel  lazzaretto 

5 

Morti 

nel  lazzaretto 

6 

Malati 

portati  a  lazz.to 

4 

Malati 

portati  a  lazz.to 

4 

a  17. 

Morti  nella  città 

4 

a 

3. 

Morti 

nella  città 

8 

Morti 

nel  lazzaretto 

2 

Morti 

nel  lazzaretto 

4 

Malati 

portati  a  lazz.to 

3 

Malati 

portati  a  lazz.to 

3 

a  18. 

Morti  nella  città 

6 

a 

4. 

Morti  nella  città 

10 

Morti  nel  lazzaretto 

8 

Morti 

nel  lazzaretto 

0 

Malati 

portati  a  lazz.to 

5 

Malati 

portati  a  lazz.to 

2 

aio. 

Morti  nella  città 

6 

a 

5. 

Morti 

nella  città 

10 

Morti 

nel  lazzaretto 

.5 

Morti 

nel  lazzaretto 

8 

. 

Malati 

portati  a  lazz.to 

3 

Malati 

por.ti  a  lazz.to 

4 

a  20. 

Morti  nella  città 

7 

a 

6. 

Morti  nella  città 

2 

Morti 

nel  lazzaretto 

0 

Morti 

nel  lazz.to 

5 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Malati 

por.ti  al  lazz.to 

6 

a  21 

Morti  nella  città 

4 

a 

7 

Morti 

nella  città 

7 

Morti 

nel  lazzaretto 

^^ 

Morti 

nel  lazzaretto 

12 

Malati 

portati  a  lazz.to 

2 

Malati 

portati  a  lazz.to 

3 

a  22 

Morti 

nella  città 

8 

a 

8, 

Morti 

nella  città 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

3 

Morti 

nel  lazzaretto 

3 

Malati 

portati  a  lazz.to 

2 

Maliiti 

l>ortati  a  lazz.to 

2 

a  23 

Morti  nella  città 

10 

a 

9. 

Morti 

nella  città 

8 

Morti 

nel  lazzaretto 

12 

Morti 

nel  lazzaretto 

12 

Malati 

portati  a  lazz.to 

4 

Malati 

portati  a  lazz.to 

3 

a  24. 

Morti 

nella  città 

0 

a 

10. 

Morti 

nella  città 

6 

Morti 

nel  lazzaretto 

12 

/ 

Morti 

nel  lazzaretto 

n 

Malati 

portati  a  lazz.to 

2 

Malati 

portati  a  lazz.to 

4 

a  2.'). 

Morti 

nella  città 

8 

a 

11. 

Morti 
Morti 

nella  città 
nel  lazzaretto 

() 

Morti 
Malati 

nel  lazzaretto 
port^iti  a  la/z.to 

3 

6 

Malati 

portati  a  lazz.to 

4 

a  26 

Morti 

nella  città 

14 

a 

12. 

Morti 

nella  città 

2 

Morti 

nel  lazzaretto 

12 

Morti 

al  lazzaretti) 

ft 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Miilati 

|»<»rtati  a  laz/.to 

0 

a  27 

Morti 

nella  città 

0 

a 

13. 

Morti 

nt-lla  città 

8 

* 

.Vl<»rli 

nel  ia/zuretto 

4 

MISCELLANEA 

275 

Malati 

portati  a  lazz.to 

3 

Morti 

nel  lazz.to 

5 

a  28 

Morti 

nella  città 

6 

Malati 

por.ti  al  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

10 

a  12 

Morti 

nella  città 

3 

Malati 

portati  a  lazz.to 

5 

Morti  nel  lazz.to 

2 

Il  29 

Morti 

nella  città 

7 

Malat 

i  i)or.ti  nel  lazz.to 

1 

Morti 

nel  lazzaretto 

5 

a  13 

Morti 

nella  città 

5 

Malati 

portati  a  lazz.to 

3 

Morti 

nel  lazz.to 

2 

a  30 

alerti 

nella  città 

10 

Malati 

por.ti  nel  lazz.to 

2 

Morti 

nel  lazzaretto 

12 

a  14 

Morti 

nella  città 

6 

Malati 

portati  a  lazz.to 

2 

Morti 

nel  lazz.to 

10 

a  31 

Morti 

nella  città 

0 

Malati 

por.ti  al  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

10 

a  lo 

Morti 

nella  città 

7 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

al  lazzaretto 

2 

a  !).« 

Giug. 

Morti  nella  città 

6 

Malati 

portati  a  lazz.t4> 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

12 

a  ]6 

Morti 

nella  città 

0 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

1 

a    2 

Morti 

nella  città 

4 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

8 

a  17 

Morti 

nella  città 

2 

Malati 

portati  a  lazz.to 

1 

Morti  nel  lazzaretto 

3 

a    3 

Morti  nella  citrà 

.> 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

2 

a  18. 

Morti 

nella  città 

4 

Malati 

portati  a  lazz.to 

4 

Morti 

al  lazzaretto 

H 

a    4. 

Morti  nella  città 

0 

Malati 

portici  a  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

2 

a  19. 

Morti 

nella  città 

0 

Malati 

portati  a  lazz.to 

1 

Morti 

al  lazzaretto 

2 

a   5. 

Morti  nella  città 

0 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

8 

a  20. 

Morti 

nella  città 

1 

Malati 

pju-tati  a  lazz.to 

2 

.Morti 

nel  lazzaretto 

4 

a    6. 

Morti  nella  città 

3 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazzaretto 

i) 

a  21. 

Morti 

nella  città 

0 

Malati 

portati  a  lazz.to 

1 

Morti 

nel  lazzaretto 

3 

a  7. 

Morti 

nella  città 

3 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

al  lazz.to 

tì 

a  22. 

Morti 

nella  città 

0 

Malati 

por. ti  al  lazz.to 

3 

Morti 

nel  lazzaretto 

3 

a  8. 

Morti  nella  Città 

7 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazz.to 

12 

a  23. 

Morti  nella  città 

4 

Malati 

por. ti  nel  lazz.to 

3 

Morti 

nella  città 

5 

a  9. 

Morti 

nella  città 

0 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazz.to 

12 

a  24. 

Morti 

nella  città 

0 

Malati 

por. ti  nel  lazz.to 

6 

Morti  nel  lazzaretto 

3 

aio. 

Morti 

nella  città 

0 

Malati 

portati  a  lazz.to 

0 

Morti 

nel  lazz.to 

3 

a  25. 

Morti 

nella  città 

0 

Malati 

por.ti  nel  lazz.to 

2 

Morti  nel  lazzaretto 

2 

ali. 

Morti  nella  citt 

2 

Malati 

poitati  a  lazz.to 

0 

276  MISCELLANEA 


Li  Religiosi  morti,  che  attuahiiente  in  detto  tempo 
servivano  gl'appcstati,  de  diverse  Religioni  fumo       .      n.        95 
Et  quelli  che  sono  morti  fuori  del  servizio     .        .       »        86 

Medici  fisici .       »        15 

Barbieri  e  Ciruggici .       »       110 

Xell'Hospitale  vi  morsero  di  peste  3  Cappu(;cini,  3  A- 
gouizauti ,  3  Sacerdoti  che  amministravano  li  Sacramenti, 
un  Infermiero  Sacerdote,  e  tra  Officiali  et  servidori  n.  (50^ 

siche  sono     ' »         70 

Sono  tutti  li  morti  di  peste,  dalli  23   di  Giugno   1024 

sino  a  dì  25  di  Giugno  1025,  sono     ....        »     12273 

Le  case  barreggiate  in  tutta  la  Città  in  detto  tempo  »     15000 

Le  famiglie  del  tutto  estinte   sono        ...»        250 

Li  beccamorti  e  servitori  morti  in  Lazzaretto  sono     »        550 

Fumo  barreggiati  quasi  tutti  li  Conventi  di  Religiosi,  alcuni 

tre  et  quattro  volte  per  scoprirsi  fra  loro  (gualche  appestato,  fuor 

che  li  Padri  Teatini,  et  Padri  Ministri  degl'Infermi;  nui  li  Mo- 

nasterij  di  monache  nessuno.  Fumo  barreggiate  in  tutta  la  piana 

di  Palermo,  ville n.  05 

Teneva  la  Città,  per  bisogno  degl'Appcstati  12  Carrozzoni  per 
IMgliare  le  robe  degli  barreggiati,  et  ciasceduno  ha  ve  va  dui  coc- 
chieri, et  quattro  facchini,  quali  tiravano  per  ciascheduno  5  tari 
di  quella  moneta,  et  di  più  dui  Assistenti  et  un  Commissario,  per 
fare  ripertorio  della  roba:  li  dui  Assistenti  havevano  8  tari  per 
uno,  et  il  Commissario  6.  Teneva  4  carrozzoni  per  portare  ad  ab- 
bruggiare  le  robe  appestati,  e  con  li  facchini,  Assistenti,  Commis- 
sario, come  di  sopra,  con  l'istesso  salario. 

Teneva  (quattro  cocchi  et  altretante  segette,  et  per  ciascheduno 
dui  cocchieri  e  dui  beccamorti,  et  così  le  segette  :  et  tiravano  6 
tari  per  tino  il  di  con  suoi  Assistenti  ;  et  4  soldati  per  ciasche- 
«luuo,  quali  tiravano  due  tari  il  giorno,  ma  gl'Assistenti  0. 

Teneva  <|uattro  (carrozzoni  <la  morti  con  12  beccamorti,  a  8 
tari  il  giorno  per  uno. 

Teneva  anco  0  carrozzoni  da  mondezza  |)ei"  pigliare  le  imon- 
(lezze  dalle  case  ì)arreggiate,  con  sei  Aggiu(anti  «'he  tiravano  per 
uno  6  tari  il  giorno,  con  Assistenti  et  Commissario,  come  disopra. 


MISCELLANEA  277 


Breve  Keìatione  (iella  Fenia  che  ni  feee  flalla  Città  di  Palermo  quando 
fu  condotto  il  corpo  di  !Santa  h'osole<t  per  essa,  che  fu  a  7  di  Gin- 
(jno  162  ò. 


Kic(»iio>sc<iiido  la  Città  hjivcr  ricevuto  la  j>Tatia  i>er  inttTces- 
■sioue  <li  8anta  lioisolea,  come  grata  di  si  gran  benetìcio,  fece  una 
sontuosissima  festa  non  solo  essa  Città  ma  anco  tutte  le  Natioui 
che  in  (jnella  si  trovavano,  cioè:  la  Genovese,  Catalana  et  Fio- 
rentina; et  così  la  Città  molti  mesi  prima  cominciò  un  sontuoso 
Arco  trionfale  nel  centro  delia  CittA,  in  quel  luogo  dove  la  divide 
in  4  quartieri  ,  e  si  scopre  in  4  jiarti;  e  detto  Arco  fu  di  tanta 
maestà,  et  grandezza,  che  si  può  più  lodare  col  silentio  che  dire 
<li  esso  alcuna  C(.sa,  perchè  «reminenza  eccedeva  sopra  tutta  l'al- 
tezza de  palazzi  della  Città  i>iù  di  60  palmi ,  nella  sommità,  del 
«piale  con  artilìcio  mirabile  sta^a  la  Santa  con  la  grandezza  ne- 
cessaria in  tanta  altezza,  che  aggitata  dal  vento  dolcemente  si 
volgea  hor  da  un  quartiere,  hor  da  un  altro  con  allegrezza  incre- 
dibile di  tutti  li  cittadini.  Kra  questo  Arco  sostenuto  da  36  co- 
lonne di  grandezza  che  con  difficoltà  un  huomo  l'averla  abbrac- 
ciato, tutte  coverte  di  tela  d'oro,  con  suoi  cornicioni  e  soffittato 
tutto  dell'  istessa  tela  d'  oro  ,  girato  di  suoi  balaustri  ,  adornati 
Uìggiadrissimamente  ;  seipiitando  appresso  un  altr'  ordine  di  co- 
lonne pur  dell'  istessa  maniera  addobbate  ,  ma  di  più  leggiadro 
(iolore,  con  i  suoi  archi,  ben  divisi,  et  a  ciascun  cantone  il  suo 
Santo  Padrone  dipinto;  e  sopm,  un  altro  ordine  di  colonne,  che 
tingeva  una  bellissima  loggietta  con  suoi  ornamenti  a  meraviglia; 
gli  dava  jwi  linimento  «juattro  menzoloni  tutti  d'  argento  ,  che 
riempiva  talmente  la  vista,  che  non  se  gli  i)oteva  dare  un  mìnimo 
pecco.  Era  circondato  da  100  statue  al  naturale  di  devotissime 
storie  con  altri  addobbamenti,  che  solo  col  tacere  mi  par  lodare 
le  sue  grandezze  ,  lasciando  la  consideratione  a  giuditiosi  ;  dirò 
solo  che  la  spesa  ascese  a  18  mila  scudi. 

La  Catione  (lenovese  fiM-e  il  suo  Arco  all'  incontro  la  Chiesa 
Maggiore  benissimo  ad<lobbato  di  colonne,  statue  et  coloreggiato 
con  molti  colori;  nell'istessa  strada  lontano  abastanza  da  quello 

Ardi.  Star.  Sic.  N.  8.  Auuo  XXX.  19 


278  MISCELLANEA 


della  Città,  v'era  l'arco  trionfale  della  Xatioue  Catalana,  bello, 
ma  <li  color  rosso,  e  nella  somità  la  Madonna  di  Monserrato.  Alla 
Porta  dfdla  marina,  vi  era  quello  della  Catione  Fiorentina,  non 
meno  bello  dell'altre  Cationi,  :ua  tutto  bianco  con  statue  et  come 
gl'altri.  Fra  la  Natione  Catalana  e  Fiorentina  vi  fu  la  Napolitana, 
che  s\  ben  non  gli  fu  concesso  far  Arco  trionfale  come  l'altre  Na- 
tioni  atteso  haverebbe  apportato  confusione  nella  strada  per  es- 
serne divisi  questi  quattro  uno  lontano  d'altro,  nulladin«eno  fece 
anco  il  suo,  appoggiato  al  muro  di  ISanto  Giovanni  Battista  loro 
chiesa,  che  al  parere  di  tutti  fu  giudicato  il  più  bello  e  curioso; 
poiché  non  contento  d'haver  fatto  il  suo  xVrco  collonnato,  et  con 
cornicioni  ben  addobbato,  fece  nel  mezzo  un  cielo  che  pareva  il 
Paradiso,  là  dove  nel  passar  la  Santa  discese  un  Angelo  artiftcio- 
samente  che  gli  metteva  una  corona  in  testa,  con  farli  un  dona- 
tivo d'un  lami)a(laro  d'  argento  di  valore  di  300  scudi.  Altri  fe- 
cero diversi  giochi  d'acque  et  altre  belle  cose. 

Venuto  il  tempo  della  Processione,  turno  15  giorni  prima  in- 
timate tutte  le  Compagnie  e  tutti  gl'i^cclesiastici  non  essenti  dalle 
processioni,  che  dovessero  per  il  giorno  i)reciso  trovarsi  tutti  con 
torcie.  Vi  fumo  anco  li  Magistrati  tutti  addobbati  a  meraviglia, 
vi  fu  gran  numero  d'orfani  che  gl'era  morto  il  padre  et  la  madre, 
che  da  diverse  Signore  fumo  vestiti.  1  Keligiosi  tutti  dovevano 
l)ortare  qualche  inventione  dinotante  cpuilche  trionfo  della  Santa. 
MS  le  Compagnie  pare  eccedessero  i  termini,  mostrando  le  loro 
grandezze,  e  quel  che  rese  meraviglia  fumo  gl'altari  che  fecero 
tutte  le  Religioni  pei-  dove  i)assava  la  Santa.,  essendo  tutte  le  mu- 
raglia parate  dal  tetto  sino  a  terra  di  paramenti,  che  fu  cosa  da 
8tapire  come  fussero  tanti  jiaramenti  in  quella  Città  in  simil 
tempo,  et  chi  non  haveva  i)aramenti  parò  di  quadri,  mortelle  ecc. 

(^'Ominciò  la  Processione  ad  uscire  la  matiua,  e  se  raccolse  a 
mezza  notte,  e  fu  opinione  ci  fuss<5ro  state  da  25000  torc-ie,  senza 
le  candele  de  Religiosi.  Xelhi  processione  si  tenn<M]uest'ordine: 

Prima  di  tutti  andavano  molto  alla  grande  li  I)ei>utati  della 
Sanità  <'on  il  suo  Armirante  avanti.  Seguiva  ccm  (juesto  una 
gmn  compagnia  di  Gentilhnomini  con  torcie,  e  durante  detta  fe- 
sta fnrno  levati  tutti  li  scorucci.  Seguivaiu)  poi  le  Compagnie, 
che  ascesero  al  num(>ro  di  !>7  ;  ciascuna  (/ompagnia  pollava  S 
iiuoinini  vestiti  pomposissimamente,  dui  porta\ano  <|iial(li('  in- 
ventione, «lui    portavano  un  Stendanlo  <(»n  suoi  stivaletti    d'ar- 


MISCELLANEA  279 


geuto,  dui  tenevano  li  tioechi  «lei  Stendardo,  e  dui  altri  segui- 
tavano appresso,  fra  loro  facendo  a  gara  ehi  poteva  portare  il 
più  nobile  e  bello  e  ricco,  in  in(»<l(»  che  vi  fu  Stendardo  tutto 
pizzato  d'arj^ento  massiccio;  quali  turno  lasciati  la  majifgior  parte 
alla  Chiesa.  Seguitava  poi  una  gran  moltitudine  de  Nobiltà  con 
le  torcie  et  appresso  gl'Orfanelli  cioè  le  Fanciulle  supradette  di 
gran  numero,  ciascheduno  con  la  sua  inveutione  al  fine,  siguitìcando 
qualche  cosa  della  Santa.  Seguitavano  poi  l'Orfanelli  maschi;  e 
tiualniente  comin<5Ìorno  i  Religiosi,  i)ortando  tutti  a  gara  al  fine 
(|ualche  bel  pensiero  fabricato  soiu-a  una  Bara.  Quali  finiti,  venne 
il  Olerò,  che  arri vorno  (;irca  1700  tra  Sacerdoti  et  Chierici;  et  in 
li  uè  veniva  la  Cassa  di  detta  Santa  sotto  un  baldacchino  portato 
(la  secolari  Titolati  che  a  viceiula  s'andavano  candjiando,  et  ap- 
liresso  il  Signore  Cardinale  come  V'icerè  accompagnato  da  tutti  li 
Supremi  Magistrati.  1  fochi  artifi(!Ìali  se  ne  viddero  in  gran  copia 
per  tutta  la  Città;  oltre,  si  sparorno  tutte  1'  artigliarie;  et  in  par- 
ticola le  dal  Signore  Cardinale  fu  fatto  un  Castello  avanti  la  Chiesa 
Maggiore  di  bellissimo  artilicio,  dove  concorse  la  maggior  parte 
«Iella  Città;  et  gl'Archi  trionfali  erano  tutti  pieni  di  lumi  di  torcie 
et  musiche,  come  erano  quasi  tutte  le  finestre  dove  passava  detta 
Processione  di  notte,  in  modo  che  le  strade  lucevano  come  mezzo 
giorno,  mostiando  ciascheduno  gran  segno  d'allegre/za  e  conao- 
latione.  11  giorno  sequente  il  Pretore  fece  un  altro  Castello  con 
4  j»iramidi  di  fuoco  artificiale  fuor  della  Città  alla  marina,  dove 
fu  presente  non  solo  il  Senato,  ma  il  Sigiuu'e  Cardinale  con  tutta 
la  Nobiltà;  et  poi  ritirato  in  strada  Colonna,  dove  era  preparata) 
la  sortice  e  steccato  (1);  e  doppo  esser  rotte  dalla  Nobiltà  a  gara  con 
leggiadrissimi  vestiti  da  liOO  lanze,  corsero  la  sortice  più  volte;  e 
ciò  fluito,  si  ritirorno  in  Palazzo  del  Sigu«u-e  (Jardinale;  e  si  fece 
la  Cavalcata  delle  torcie  circa  3  hore  di  notte,  che  girorno  tutta 
la  città  cavalcando  anco  il  Signore  (  ■ardinale,  tutti  con  le  torce 
in  mano,  et  era  tanta  l'allegrezza  ili  ciascuno,  <*he    non    capeva 


(1)  Sortice  ,  più  «  oimiUBimiili*  SorlisHa  ,  dicevasi  il  gioco  dell'Anello, 
solito  farsi  iu  giostra  ,  per  il  quale  ctV.  il  mio  lavoretto  :  La  Comjraja- 
zione  dei  Cavalieri  (V  Arme  «  le  pubbliche  Giontre  in  Palermo  nel  secolo 
XVI  (Palermo,  Montaina,  1877). 


280  MISCELLANEA 


dentro  i  suoi  pauui;  et  cosi  seguitorno  due  altre  sere,  e  si  diede 
line  al  Trionfo  ecc. 

Finita  detta  Festa  uon  si  scuoprinio  \nh  uè  morti  uè  amuialati 
di  peste,  tanto  nella  Città  quanto  nel  Lazzaretto,  si  che  essendo 
caminato  così  un  mese  in  circa  e  tatto  ciò  manifesto  a  tutto  il 
Regno,  fu  [)Osta  la  Città  a  fare  la  quarautaua;  (piale  finita,  al  line 
di  Settembre  le  fu  data  la  prattica  per  il  Kegno  et  an(;o  fuori 
in  alcune  città,  salvo  la  Città  di  Messina  volendo  osservare  il 
suo  Priv^ileggio  di  dar  la  prattica  sei  mesi  dopo  l'altri  ;  e  così  data 
la  prattica  mi  partii  a  primo  di  ottobre,  et  benché  havesse  qual- 
che difficoltà  tanto  nelle  città  del  Regno  come  fuori,  doppo  aver 
viste  le  patenti  mi  davano  la  prattica  ;  et  a  15  di  detto  mese 
giunsi  in  Napoli  ,  dove  in  conto  nessuno  non  mi  volsero  dar  la 
prattica,  et  mi  posero  a  far  la  quarautaua  nel  Capo  di  Posilipo  con 
tutta  la  felluca,  et  10  giorni  [dopo]  diedero  prattica  alla  persona, 
essendo  venuti  i  l)ei)utati  et  li  Medici  con  voler  veder  la  persona, 
e  da  lì  a  15  giorni  diedero  anco  le  robbe.  E  dop])o  eh'  io  ero  in 
Napoli,  mi  S(;rissero  da  Palermo  che  per  oc(;asione  d'alciuie  robe 
s'era  rinovata  la  peste;  ma  Dio  lodato,  durò  i)oco,  siche  alli  2H 
fumo  liberi  a  fatto   per  sempre. 

Laus  Dea  et  Beatae  Mariae   Virgini.s  av  ISaìictae  Kosoleae. 


Relatione  di  ISanta  Eosolea. 

Si  ritrovò  nel  Monte  Pellegrino  il  corpo  dì  Santa  Kosolea  a 
14  di  Luglio  1024,  nel  (luel  monte  è  un  Conventolo  di  Santa  Lucia, 
et  appresso  di  esso  una  grotta ,  che  oltre  vi  sorge  una  lim])ida 
fontanella,  stilla  per  tutte  le  i>arti  acqua.  In  detta  grotta  dicono, 
che  in  Inibito  pellegrino  facesse  penitenza  detta  Santa,  che  perciò 
si  chiamassse  Monte  de  Pellegrini,  e  per  traditione  si  teneva,  che 
ivi  fosse  il  suo  corpo,  essendo,  questa,  dama  della  Regina  Mar- 
gherita, e  patrona  dilla  <letta  inoiitagiia,  <|iial  la  <lonò  alla  (Uttà 
et  lioggi  e  suo  Patrimonio,  dove  sono  a.  470,  die  ivi  era  sepolta, 
Herbatidola  nostra  Santa  per  iMMisolar  questo  alllitto  popolo,  che 
atterrito,  e   spaventato  se  ne  stava  aspettando  ciascheduno  il  tiu 


MISCELLANEA  281 


dilla  sua  vita  con  il  castigo  dil  contagio;  et  ecco  la  pietà  d'Iddio 
benedetto,  che  per  consolarlo  gli  scopre  questa  divina    luce,  ad 
occasione  che  quattro  huomini  panorniitani,  messinesi  e   napoli- 
tani, s'unirno  per  cavare  in  detta  grotta  un  thesoro,  che    fu    a 
12  di  luglio  suddetto;  e  comuainciorno  a  cavare,  e  trovorno    due 
corpi  morti,  li  quali  si  dice  essere  di  due  novitij  di  quelli  fratri 
di  Santa  Lucia;  e  cavato  i)iù  profondamente,  a  14  di  detto  mese 
scoversero  una  bellissima  ballata  (1),  s'avviddero  che  vi  stava  se- 
polta una  morta,  e  scoverta  la  testa  connobbero  esser  di  donna  ;  e 
vista  dal  Priore  di  detto  Convento,  |)rorruppe  più  con  ispiratione 
divina,  che  humana:  Questo  è  il  corpo  di  Santa  Rosolea.  E  subito 
calato  alla  Città  ne  diede  ragguaglio  a  Sua  Altezza  buona  memoria, 
al  Signor  Cardinale,  et  al  Senato;  e  fu  spedito  dal  Signor  Cardinale 
Don  Vincenzo  di  Domenici  persona  a  Ini  molto  confidente  e  d'au- 
torità, e  con  esso  Don  Daniele  fiscale  della  sua  Corte,  e  la  Città 
vi  mandò  un  Giurato  ,  che  fu  Don  Giuseppe  dil    Bosco  et  Ara- 
gona, et  altri  Officiali  in  com])agnia;  et  arrivati  al  tardi  sopra,  il 
loco  carcerorno  i  (juattro  che   cavavano  ,  e  poi  fatto  (;avare  con 
destrezza  la  ballata  trovorno  che  gocciando  l'acqua,  l'arena  s'era 
congeliate  insieme  con  il  corpo,  clie  furono  forzati  chiamar  i  so^ir- 
pellini  e  cavar  l'ossa  a  i)elli  a  pelli  (2)  e  con  essi  le  pietre  attaccate; 
e  fatto  poi  diligenza  esipiisita,  non   trovorno  segno   nessuno  per 
lo  quale  s'assicurassero  che  fosse  detta  Santa  ;  e  così  la  calorno 
nel  Palazzo   del    Signor  Cardinale  a  15  di  detto  mese  ,  dove  al 
presente  si  conserva  ben  custodita;  ma  fu  cosa  maravigliosa,  che 
parve  una  voce  divina  1'  andasse   publicando    per  la  Città  ,  e  si 
vidde  nel  popolo  universal  allegrezza,  ripieni  tutti  di  grandissima 
confidenza  di  esser  presto  liberati  dal  contagio;  uè  furono  defrau- 
dati, poiché  dall'hora  in  poi  si  è  visto  sempre  andar  sminuendo 
il  male  ;  e  tutto  questo  fu  prima  ,  che   fosse  calata  nella  Città. 
Restò  gran  dubio  nel  Signor  Cardinale,  Sua  Altezza,  Città  e  savij 
di  essa,  non  essendosi  trovata  (;osa  certa  che  fosse  detta  Santa  ; 
ma  furono  presto  da  tal  dubio  liberati,  poiché  le  pietre  et  acque 
tolte  da  sue  Sante  Reliquie  comminciorno  a  fare  uiolti  e  stupendi 
iiìiracoli  in    tanta    (luantità,  che  strinsero   il   Prelato  a  pigliarne 


(1)  Ballata  =z  balata,  cioè  :  lastrone. 

(2)  A  strato  a  strato,  levando  le  sottili  lamine  ili  incrostazione  calcare* 


282  MISCELLANEA 


essatte  infoiiuationi,  come  si  t*  fatto,  e  ia  di  continuo  |)ei'  man- 
darle poi  alla  Santità  di  nostn»  Signore,  acci»)  da  <| nella  Santa 
Sede  sia  dichiarata.  Fra  tanto  si  reputa  beato  chi  [)U()  haN'cre 
\\n  poco  delle  sue  ossa.  Fu  celebrata  la  sua  festa  a  4  di  Settembre, 
essendosi  la  sua  vigilia  fatto  universal  digiuno,  e  la  sera  si  vidde 
tutta  la  città  fuora,  facendosi  luminarie  per  tutte  le  parti  ;  né  si 
sentiva  sparar  altro,  cheartigliaria,archibuggi,  folgori  e  maschi  (1) 
che  certo  rendeva  maraviglia  a  chi  lo  vedeva;  il  giorno  poi  della 
sua  festa  fu  guardato  come  il  giorno  di  Pasca,  cantandosi  li  di- 
vini uftìci  nella  Chiesa  Maggiore  sollennissimameute;  dove  coui- 
jmrve  un  Quadro  dipinto  fatto  dalhi  (Jittà  artificiosamente,  poiché 
in  alto  stava  dipinta  la  Santissima  Trinità,  la  Santissima  Ver- 
gine, sotto  de  quali  dipinta  la  Città  con  il  Lazzaretto  et  il  Monte 
con  molti  morti  per  terra,  la  Santa  poi  nel  mezo  con  habito  pel- 
legrino con  gli  occhi  levati  alla  Santissima  Trinità,  con  le  mani 
njostrava  il  suo  afHtto  ])oi>olo  con  tanto  aiì'etto  di  devotione  che 
moveva  i  duri  cori  a  piangere  ;  doNc  concorse  quasi  tutta  la 
Città,  e  la  sera  fu  fatta  una  sollenne  Pro<!essione  e  condotto  per 
buona  parte  di  essa  accompagnato  da  24  torcioui,  et  appresso 
tutto  il  Senato  non  essendo  concesso  ad  altri  andarvi  per  oviare 
il  male;  per  dove  si  vidde  la  molta  pietà  e  devotione  del  popolo 
per  dove  detto  Quailro  passava,  <;he  genotlessi  in  terra  buttavano 
gran  <'opia  di  laciime,  et  in  alcune  i>arti  non  potendo  ratfrenare 
rimi>eto  dilla  devotione,  gridavano  ad  alta  voce:  Signore  miseri- 
cordia !  E  fu  ritornato  alla  Madre  Chiesa,  dove  al  presente  risiede, 
frequentato  dal  popolo  ;  et  prestissimo  si  è  visto  pronto  il  suo 
agiuto  ,  iK)ichè  non  si  scopre  cosa  di  nuovo  fuor  che  nelli  bar- 
reggiati  e  molto  ik)CO.  Piaccia  dunque  alla  Maestà  Sua  per  sua 
misericonlia  ,  e  per  lì  meriti  di  questa  gloriosa  Santa,  liberarne 
att'atto  diti  presente  contagio. 


Funerale  di  Sua  Altezza  Serenmima. 

Fu  la  morte  di  Sua  Altezza  Serenissima  a  .'?  di   Agosto,  e  le 
SUI'  esequie  a  liO  di  <letto  mese,  ch«'  liirond  nel  seguente    modo. 


(1)  Wolgori  e  maachi,  (idiot.  mìcìI.),  ruzzi  u  petardi. 


MISCELLANEA  383 


8i  l'e<'e nella  (lliiesii  Maji<ii<)r('  un  l)ellissiiiio  Theatro  sostenuto 
(la  .sei  colonne^  per  suo  oniaiuento  vi  erano  (|uattro  statue,  con 
la  sua  (nii)|)()la  ripiena  tutta  di  lumi  in  bellissima  forma  ,  come 
anco  era  il  piedistallo,  <;ircondato.da  torcie  in  molta  quantità  ; 
inezo  del  ([uale  si  repose  il  tabuto,  mentre  si  cantorno  {>li  uffici 
funerali.  Ma  per  comintnar  da  (rapo  ('oir<M(line  deiresseciuie  dico  : 
(die  cominciò  all'Ave  Maria  e  finì  ad  bore  due  di  notte,  uscendo 
prima  il  (Jai)itano  della  ('ittsV  con  la  sua  ^ramaglia  in  testa,  e 
strascino  di  due  canne  in  circa,  accompa};nato  da  una  commitiva 
di  (Javalieri,  appresso  de  (inali  venivano  tutti  y:li  Officiali  dilla 
Deputatione  dil  Kej<no  nell'istesso  modo;  seguiva  appresso  la  Na- 
tion  (ienoese  e  Catalana,  similmente  y:raiinna<i;liat(!  ;  appresso  jjli 
tratteuiti  (1  )  di  8ua  Maestà  et  (  )fììciali  d«'lla  A'm/  (2),  t^on  lo  Stendardo 
rosso,  come  Capitan  Geiuirale;  seguendo  appresso  li  creati  di  Pa- 
lazzo con  il  cavallo  clie  cavalcava  Siut  Altezza  coperto  di  negro. 
Condnciorno  poi  li  figlioli  spersi  mascoli  e  femine  (.'>),  tutti  con  can- 
dele acces(^  nelle  mani  a  modo  di  squadrone  di  soldati.  Segui- 
vano tutti  gli  Religiosi  dell'istessa  nuiniera;  seguiva  i)OÌ  il  Clero  e 
Cannonici,  tanto  quelli  dilla  Madre  Chiesa,  ccune  quelli  di  Palaz- 
zo; appresso  altri  (ìcntilhuomini  di  Palazzo  con  torcie  alle  numi,  e 
fra  essi  li  Allabardieri.  Seguiva  appresso  la  nnisicac(m  il  doloroso 
canto,  api)resso  il  C(n-iK)  dentro  una  (fàscia  coperta  di  veluto  car- 
iiiesino,  e  passamanata  d'oro,  con  «lue  cbiavature,  quale  era  co- 
[)erta  con  una  coltre  bianca,  che  da  cajK»  a  piedi  vi  erano  rica- 
mati due  ancore,  e  da  lati  due  liastoni  l>ianco  e  torchino,  e  so- 
pra un  cosino  ,  nel  ([uale  similmente  si  posavano  due  bastoni  e 
nel  mezo  un  stocco  ;  e  detia  bara  eia  [jortata  per  cerimonia  da 
sei  Marchesi,  cioè  :  Altavilla,  Motta,  Sambuca,  Giarrataua,  Mon- 
taperto  e  Gibbilina.  Seguiva  appresso  il  Cavalerizzo  maggiore,  il 
Capitan  della  (Guardia,  e  tutti  li  Maggiordomi,  e  Cavalieri  della 
Camera;  appresso  tutti  Consigli,  come  gran  Corte,  Patrizio  e  Con- 
cistoro tutti  grammagliati,  appresso  li  tre  Presidenti;  seguivano  ap- 
presso li  Mazzieri  dilla  Città,  il  Signor  Cardinal  vestito  pavonazzo, 
a  mandritta  il  Principe  di  Villafranca,  ed  a  man  man(;a  il  Pretore, 


(1)  Trattenni,  trHtt(muti,  cioè,  provvisionati. 

(2)  Cioè,  la  Galera  Reale,  ammiraglia  della  Squadra  di  Sicilia. 

(3)  Spersi  eran  detti  gli  Orfani  raccolti  lu  Istituti  cittadini  di  carità. 


284  MISCELLANEA 


seguitando  appresso  tutti  li  Giuiiiti,  et  altri  Officiali  della  Città; 
e  finalmente  tutta  la  militia,  li  stendardi  per  terra,  l'arehibu^gi 
alla  rovescia  e  le  picche  strascinando  ;  e  gionto  il  corpo  alla  Ma- 
dre Chiesa,  fu  riposto  nel  Theatro  sopra  detto;  e  detto  l'officio  vi 
stitte  tutta  la  notte  in  detto  loco.  La  matina  seguente  si  cantò 
di  nuovo  tutto  l'officio  funerali,  presenti  tutti  li  supra  ditti  gra- 
niagliati;  al  fin  del  quale  fu  portata  detta  cassa  dalli  supra  ditti 
Marchesi  nel  loco  di  deposito,  che  è  incontro  la  sacristia  appresso 
al  Sacramento  in  corno  dell'  evangelio  ,  posato  sopra  quatro  ar- 
pie dorate  e  circondato  da  una  pallaostrata  bianca  et  indorata, 
con  un  vello  di  brucato  e  baldachino  freggiato  d'  oro  ,  come  è 
similmente  coverta  la  Cassa,  tenendo  le  sue  chiavi  D.  Francesco 
di  Cordova,  aspettando  l'ordine  di  sua  Maestà  che  si  debba  fare 
del  corpo  ,  creati  e  reali  ;  essendo  dopo  la  morte  sua  venuto  di 
Spagna,  che  li  era  concisso  lo  stendardo  dil  mare  in  vita,  come 
anco  il  regimento  di  questo  Regno  da  confermarsi  da  sei  in  sei 
anni,  che  potesse  dare  il  (lian  Priorato  a  i)ensione  a  suo  piacere 
e  si  potesse  maritare  <'ou  sua  nepote  figlia  dil  duca  Francesco 
di  Mantua  nepote  del  Presente. 


Appfirato  (lU  funerale  iìU  Sereni  .sa  imo  Principe  Filiherto. 

Nel  Duomo  della  Città  di  Palermo  si  paramento  di  panni  negri 
la  nave  di  mezzo  da  capo  a  piedi  all'altezza  di  palmi  .'i2.  Nei  mezo 
della  quale  si  fabricò  con  mi rabil  arte  una  reggia  Pirammide  con 
questo  Hiodello: 

Un  pedestallo  di  forma  (piadra  con  ])illastroni  a  cantinera  la- 
vomti  d'intavolatura.  (Jgni  facciata  era  longa  palmi  24  alta  pai.  12, 
circondata  di  sojjra  e  di  sotto  da  una  cimasa  ben  lavorata,  et  il 
tutto  pareva  finissimo  ]iiarmo.  Nella  facciata  dirimpetto  alhi  porta 
maggiore,  in  uno  dilli  sopm  ditti  pillastri,  in  <'iiinpo  chiaro  scuro 
d'ovni  finissima  da  eecellentiasimo  pittore  fu  depinta  una  impresa 
il  cui  corpo  era  il  Zodiaco,  che  mostrava  solo  la  Casa  del  Ijeone, 
il  quale  soprastava  il  globbo  terrestre.  L'anima  che  il  pensiero 
dichiarava  era  ({uesta  in  un  cartoccio: 

Tu  Conien  Pliebo. 


MISCELLANEA  286 


Nell'altro  si  vedevano  due  Ancore  con  loro  oncini  in  aria 
pieni  di  nuvoli,  che  <l'una  parte  mandavano  acqua,  con  l'anima 
todesca  : 

Aut  tra  sport  (1). 

In  mezo  detti  piln stroni  si  legg:eva  il  seguente  eintatìo  in  let- 
tera romana  grande,  che  parevano  intagliate  a  forza  di  scarpello 
in  tavola  marmorea: 

Serenmimm  Princeps  Emanuel  Philibertus  a  Sahaudia,  Caroli 
Emaìiuelia  et  Catthariìiae  Anstriacae  fiUux  ah  Hispaniarum  Rege  in- 
iluUii' ut  insililo  Philiiypo  III  aTuncolo  uitiveisac  classi  et  orae  inaritima^ 
Prefeetus,  Hiciosolimitanae  Militia^,  Castellae  et  Legionis  Maynvs 
Prior,  Sioiliae  Prorex,  Oneliae  Princeps,  Marchio  Mazzi  Augustae 
Taurinoram,  borio  totius  reipnblicae  Oatolicae  nutm,  reijia  edueatione 
apud  llispaiws  avitae  pietatis  alumntis,  animi  et  corpo  ris  puUhr  itti - 
(line,  rnorinn  iutcyritate,  vitae  innocentm,  vel  infestissimitt  hostibus 
aiiHibilis,  .]ìusis  ainicus,  rebu^que  gestis  belli  ac  pacis  artihus  clarus, 
W24  huinidute  saiutis  anno,  aetatis  ìi6,  menses  3  ,  dies  17  agens 
Pliilippo  fili,  amicissimo  carissimo  regnante  ,  ehu  fato  immaturo 
HI.  nonas  seuiiles,  duin  publicar  inrigilat  saluti,  febri  Panormi  in 
Domino  ebdorm iv it . 

Nella  taccia  dil  lato  destro  nel  primo  pillastro  l'impresa  era 
un  Uccello  con  ])ulcini  attorno  circondato  d'ardente  fiamma,  con 
l'anima  che  diceva  in  vulgar  idioma: 

ili'é  pia  caro  il  morir. 
Nel  secondo  una  Staterà,  che  una  mano  in  aria  la  teneva,  et 
un'altra  teniva  la  verga  di  essa  dritta,    sopra    l'isola  di  Sicilia. 
L'aniuia  con    parole    greche,    che    in    latina    locutione  significa- 
vano così  : 

UnicuiqiU'  Snum. 
Nello  spatio  di  mezze»  si  leggevano  queste  parole  degne    ve- 
ramente del  carater  d'oro  : 

Celsitudini  felicissimi  Principis  Emanuelis  Pkiliberti  a  Sabaudia, 
qui  Carolo  Emanuele  dulcissimo  parente  posteritatis  intuitn  sibi  co- 
niugiuin  apparante,  ne  quid  labis  candori  integerrimae  cantitatis  ac- 
cederei, inortaUtati  sublatus,  iininoiialitati  superstes,  apud  Coelites 
nuptias    aeiernilalis  sabbaio    celebraturus,  dolentibus    cuncti»,  illesi 


(1)  Sic;  ma  è  uu  tedesco  che  uon  ni  capisce. 


286  MISCELLANEA 


uxori  Ifiuro  letissimr  fato  conceft.sìt.  Adfìietissimn,^  Prìnceps  Cardi- 
nalin  loannetinus  Daria  iSieiliae  Prore</i^  tamquain  jxirens  tanti 
Principis  ineritis  cvltii  regio  .sxinpto  p^uhlico,  adfectn  maxima,  su- 
premi o^iij  et  aniorÌM  rr<fo  faciendum  ciirarit. 

Nella  terza  facciata  run  pilastro  inostiina  per    sua    impresa 
un'Albero  d'alloro  da  cui  una  luauo  svolle\a  un  ramo  con  quosto 

motto  : 

Fata  vocant. 

Nell'altro  si  vedeva  uu  bellissimo  Armellino  attorniato  di  tango 
con  la  sua  ben  ingegnosa  anima  : 

.Ve  quid  labis. 
Fra  questi  stavan  le  seguenti  parole  in  lettere  uìaiuscole  notate  : 
Optimo,  desideratissimo  ,  suavi^siwo  Emanueli  Philiberto  a  Sa- 
baudia  propugnatori  ('atholieae  Reli(/ioni.s  acerrimo,  puhhlicae  tran- 
quillitatift  assertori,  niaris  numini  Siciliae  tutellari,  virtutia  <jloria^ 
Hupra  genu^,  snpra  fortunam  omnium  maxima,  quid  ejn.s  au^piviis 
plmquam  civilis  belli  facihun  cxtinctin,  Pyratia  debellati,s  ac  medi- 
terraneo pacato,  universa  respublica  feliv  fausta,  sicura  jioruerit, 
mole  04}  ducta,  indicto  justitio  (f)  regiisque  expensis  imperatorio  fu- 
nere, pompa,  sqìiallore,  Panormitana  Giritas  ohsìta,  absque  honesta- 
tnento  nuigitratus,  funesto  apparata  Senatores,  maritimarum,  et  ter- 
restrium  eopiarum  ordine^  atrati ,  deiectis  inMgnibus  Duces,  velati 
lugubribus  riciniis  domestici,  profusis  lacrimis,  prnitissimi  cuncti. 
Hispani,  Siculi,  Sabaudi  atquc  coeteri  dolentes,  parentaverunt.  Pian- 
gile Sicoelides,  Religiosissimi  Principis  pompam  Mestitia ,  L'tct'm , 
Orbitas  prosecuuntur. 

Nel  quarto  angolo  uno  dilli  i»ellastri  signilìcava  una  Pianta 
di  BoHe  con  un  fiore  rivolto  all'oriente  ])ieno  d'oscure  nubi,  che 
apena  iM>chÌR8Ìnii  raggi  uscivano  fori,  la  cui  anima  diceva  : 
Hev  cotuplex  mox  nulla. 
Neil'  ultimo  pillastro  erano  depinte  due  Colonne  con  corone 
di  Aopra  poste  nel  mare  ,  et  in  rnezo  di  dette  una  ben  guarnita 
galera,  per  motto  li  posero: 

Sabre  todo  realtad. 
U  epitaflo  ,  che  nel  mezo  di  dette  imprese  stava ,  diceva   in 
qaesta  guisa  in  lingua  spagnuola  : 

Al  Serenissimo  I*rincipe  Infante  Emanuel  Filiberto  dv  Sabota, 
gran  Prior  de  CastilUi,  y  Leon,  Generalissimo  dr  la  mar,  Virrey, 
y  Capitan  (hwral  de  Sicilia,  Prencipe  de  Oiielia  en  lo  eroico  de  su 


MISCELLANEA  287 


(mimo  (fenerositad  de  coxtnmhres,  iuocen<;i(i  de  rida,  de  kuh  progeni- 
tore.s  explendor.  Por  hu  ìntufntntimidad  1/  tiiodentin ,  por  lox  mereei- 
mientOH  de  hhh  ohrax,  Hey  dr  loa  eorazones  de  lox  Rei/es  ;  cu  medio 
de  Kii  edad,  en  Im  maiores  esperan^s  de  sus  aùox  para  mai/or  for- 
tuna unia  defonto,  memoria  gloriosa  ;  xìih  excogidos  entra  la  nobleza 
de  JiJxpagua  fielinsimot<  amadon  espafiolex,  Real  (Utna,  y  familia (1). 

La  (Jiiriasa  superiore  del  detto  pedestallo  era  atorniata  di  tor- 
(ùe  grosse  di  cera  bianca  al  11.  di  IfiO. 

Sopra  l'an«;oli  di  detto  i)edestallo  stavano  quattro  Statue  «grandi 
vestite  alla  N'iutale  di  color  giallo  oscuro,  et  ogn'una  teneva  con 
lina  mano  un  stendaretto  di  seta  cariuisina ,  con  l'armi  di  chi 
rai)resentava  la  statua,  con  l'altra  mano  teneva  un  scudo  con 
motti. 

La  prima  statua  con  la  taccia  alla  porta  maggiore  nell'angolo 
destro  «la  Sjjagna,  nello  scudo  era  scritto  : 
Fjduca  rit  Uixpan ia . 

Qui'Ua  di   iiiiiii  sinistra  «M-a  Sax'oia,  che  jtnjprio  nel  suo  scudo 

si  leggeva  : 

Sabba tidia  addidit 

La  [)rima  «li  man  «lestra,  che  guardava  l'Aitar  maggiore,  era 

Malta,  e  mostrava  scritto  nel  suo  scudo  : 

Melita  adoptahat. 

L'altra  di  man  sinistra,  che  guardava  juire  l'Altiìr  maggiore, 
era  Sicilia,  con  questo  motto  : 

Sicilia  e.rtnlit. 

Sopra  del  sudetto  pedestallo  s'inalzava  la  Tiramide  in  forma 
seangolare  artificiosamente  fabricata,  ch'era  difli<-oltoso  giudicare 
se  era  linta,  overo  macchina  marmorea  ìntiigliata  da  valente  mae- 
stro ,  essendo  <*hc  si  vcde^'an<^  sei  colonne  d'  ordine  composito 
scannellate  dal  terzo  in  su,  et  il  rimanente  lavorato  con  delica- 
tissimi fogliami  con  sua  vasa  (2)  e  cai)iteno,  ogni  colonna  alta  pal- 
ali 18.  Seguiva  di  sopra  la  sua  architravata  scorniciata  e  frappata, 


(1)  Resta,  <'<)me  si  vede,  sospeso.  Nelle  Esxeqiiie  edite  «lai  Di  Marzo, 
segiie  così  :  Maestres  de  Campo,  Ca/dlanes,  Miniftfron  de  utiu  1/  ntra  escuela 
marìtima  y  teì'i;eHfre  marciale»,  qve  corno  a  i^ifita  de  su  Rei/  le  sirmeron,  y 
corno  ai  del  Real  amparo  qiie  (jot^an  carpcieran  le  llnrarou. 

(2)  Vam,  base. 


288  MISCELLANEA 


dalla  quale  nel  vacante  d'  una  colonna  all'  altra  i)cr  ogni  tacce 
pendevano  tre  festoni  di  frutti,  tiori  e  frondi  finti,  a  meraviglia 
belli  di  color  giallo  ,  due  grandi  inarcati ,  et  uno  picciolo  pen- 
dente nel  mezo  ;  sopra  del  <iuale  nelP  angolo  a  faccia  la  porta 
maggiore  stava  una  tabella  con  questo  motto  : 

Maturava  opus. 
Xella  seconda  tabella  posta  in  mezo  la  seconda   affaccia  tu    ci 
era  questa  motto  : 

Immortalità^  aderit. 
Nella  terza  tabella  : 

Moi'H  erit  secnritas. 
Nella  quarta  : 

Foenore  non  funere. 
Nella    quinta  : 

Abijt,  non  ohijt. 
h(e\ì&  sesta  et  ultima  : 

Amabitur  idem. 
Sopra  l'architrave  veniva  il  frescio  (l)  alto  palmi  (i  in  cui  nella 
faccia  verso  la  porta  maggioi-e,  (^  nella  facce  verso  l'Aitar  mag- 
giore, in  ricchissimo  scudo  stavano  scolpite  le  armi  di  sua  Altez- 
za. Nella  faccia  dove  era  la  statua  di  Si)agna  in  ta))ella  grande 
si  leggeva  questo  distico: 

Decidit  HispanoAi  Philihertus  Apollinis  a^ter 
HesperìM  Eois,  Phosforus  Jfenperiin. 
Dove  stava  collocata  la  statua  di  Savoia  si  leggeva  similmente' 
questo  altro  distico  : 

Heu  Philihertus  <>bijt,  8phnd4>t'  columcnque  suoriim: 
Totiuit  orbix  amor,  cura,  dolor  patriae. 
Nell'altra  facciata,  dove    stava  Malta,  ([uesti    due   versi   v'e- 
rano intagliati  : 

Hipes  Melitae  Emanuel,  qui  gesta  impleret  avorum, 
Ah  iacet  Hrxperiae  et  Relif/ionin  honor. 
Nella  sesta  facciata,  dove  era  collocata  Sicilia,  f|Ucsto    inge- 
gnoHO  distico  vi  fu  jtffisciato: 

IteliciaH    orbìs    Philibrrlum    dicitr,    M'usar  , 
Uic  sitits  Emanuel  :  piangile  iSicoelides. 


(1)  Pr«*cio  (•icil.  frìviuj.  fregio,  oiuuto. 


MISOELLÀNEA  289 


Sopra  di  questo  ben  adornato  friscio  v'era  la  cornice  ben  prò- 
portionata,  che  adornava  tutta  la  machina,  la  quale  fu  attorniata 
sopra  la  sua  corona  <li  torcetto  di  cera  bianca  al  n.  di  120. 

Da  sopra  detta  (Jornice  incoinminciava  ad  inalzarsi  la  cubula 
in  sei  angoli,  alta  palmi  24,  piena  di  blandoni  di  cera  bianca  posti 
con  molto  ordine  e  vago  disegno  ,  al  numero  di  quattrocento, 
nella  cima  della  quale  vi  si  pose  una  grossa  Palla,  e  sopra  di 
essa  una  Croce  di  Malta  ben  proportiouata  per  finimento  di  detta 
Piramide. 

Dentro  la  Piramide  si  fecero  quatro  scalini  alti  palmi  1  '/^ 
per  uno,  e  più  un  zoccoletto  alto  pabni  2,  coverti  di  panno  negro, 
dove  si  posò  il  corpo  di  Sua  Altezza. 

Nella  parte  della  testa  di  detti  scalini  che  guardava  la  porta 
maggiore  vi  si  pose  un  cartoccio,  oho  fiiccv.i  vaghissima  ujostra 
con  ([uesto  distico  : 

Aethera  ahijt,  terrÌH  obijf;  fniitur  PhUìhertnn 
Pro  ihnlamo  tumulo,  prò  tumulo  thalamo. 


UNA  CARTA  DA  NAVIGARE  (1) 

DI  PLACIDUS  CALOIRO  ET  OLIVA , 

FATTA  IN  MESSINA  NEL  1638 


Jjella  BibliotiH'ii  della  Sociefò  ISìvìIìuhìì  (li  istoria  Patria  hi  von- 
serva  una  Carta  dn  Narinarc  meiiibraiiacea  ìi-  Inolio,  a  torma  di 
])ergamena  naturale,  che  misura  con  tutto  il  collo  m.  {).\)-JX^,4l\/,. 

Lo  stato  di  conservazione  è  buono  ;  verso  ovest ,  nella  parte 
più  stretta  ,  si  osserva  un  medaglione  in  acquerello,  su  cam[>o 
verde,  di  mediocre  la\'oro,  rap[)resentante  la  Madonna  della  Let- 
tera. Sotto  il  medaglione  si  legge  :  Antoniiui  Saida  h.  ISan  Memi, 
e  ])oi  in  carattere  i)iii  sbiadito:  Giovanni  Girolamo  Xorditm  di 
S.  Remo;  credo  siano  i  nomi  di  coloro  che,  in  vario  teuii)o,  ne  tu 
rono  i  possessori  (2).  Molto  piìi  in  basso  vi  è  la  leggenda  :  Pia- 
cidus  Galoiro  et  Oliva  Fecit  in  Nobili  urbe  MesHanae  anno  1638. 

L'  autore  di  (juesta  Carta  ,  il  quale  porta  il  nome  di  due  ce- 
lebri famiglie  di  cartogratì  messinesi,  non  deve  riuscir  nuovo  ai 
cultori  dei  nostri  studi;  l'U/ielli  dà  notizia  di  altri  undici  atlanti 
e  Carte  da  Navigare,  aventi  la  medesima  leggenda,  i  quali  vanno 
dall'anno  1622  al  1653,  e  si  conservano  tutti  nei  Musei  e  nelle 
Biblioteche  d' Italia  (3).  Non  è  così  invece  delle  Carte  costruite 


(1)  Per  la  quetitiuiie  intorno  alla  (Iciituiiinaicionc  di  Mittattc  <-airtc,  vedi 
«pianto  diciamo  in  nini  lunga  nota  dei  tnjstro  lavoro:  Un  Portuloiio  inedito 
della  prima  metà  dfl  secolo  X  V  l  f  -in  «Atti  dtd  V  Congresso  (icogratico 
Italiano  ». 

(•2)  1/ nlliiiio  posHi'ssoif  fu  il  (-AV.  I'hoI'.  Antonino  Hoit/.i,  Diri-ttort- 
dell'Urto  Hotanico  di  Palurnio,  il  quah-  nel  1S97,  eon  ijentile  pennieru  (eosi 
è  detto  nel  verbale  della  nedutn  del  7  geinniio  1898)  ne  fece  dono  <tìUi 
Sw'ietà  rhe.  f/rata  neWae.eeltailo  ,  emine  nn  voto  di  rinifrazianirnlo.  (Vedi 
«  Atti  della  .Sor.  Sir.ili  Storia  Patria  »  in  Ardi.,  voi.  XXI  II,  \mii.  'MH  e  37})). 

(8)  Cfr.  Studi  /{ioffrafici  e  /{ildiof/ra/lci  nulla  Storia  dclUi  Geoffvafìa  in 
Italia,  voi.  II.  Ma/iimitioiidi,  Carle  iniulivhee  l 'oriolo  ni  dei  Heeolì  XHXVII 
per  ii.  LZUXLI  e  I'.  AmaT  di  S.  Fll,ll'l'«t.  Holiiìi,  ISS2,  pp.:  1X7,  INS.  ISJt 
190,  191,  192,  19»,  194,  195  bis,  196,  285. 


MISCELLANEA  391 


dagli  altri  cosiiiogiatì  siciliaDi,  le  quali  si  tiovauo  sparse  in  quasi 
tutta  l'  Euro]>a  uoii  solo  in  Musei  e  Biblioteche  ,  uia  anche  iu 
Archivi  privati.  Tuttavia  giova  sperare  che,  eoi  progredire  della 
scienza,  si  rendano  ai  vari  i)aesi  i  loro  monumenti  cartografici, 
che  costituiscono  la  testimonianza  più  sicura  d'un  glorioso  pas- 
sato e  il  mezzo  più  adatto  per  giudicarne  il  vah^re  scientifico  e 
la  civiltà  del  popolo  al  (piale  essi  appartennero. — Degli  Olica  (Bar- 
tolomeo, Francesco,  Giovanni ,  JMacido  ,  iSalvatore),  dei  Caloiro 
(Giovan  Battista  e  Placido),  di  Vìetro  Rosso  (Rubeus),  di  Giovanni 
Martines,  di  Tomnumo  Lupo  e  di  Giacomo  Rumso,  tutti  messinesi, 
non  si  conserva  nessuna  Carta  nella  cittA  che  offrì  loro  F  am- 
biente adatto  a<l  esplicare  quell'arte,  ch'è  l'attestazione  più  so- 
lenne della  grandezza  navale  a  cui  Messina  era  pervenuta  durante 
tutto  il  Medio  Evo. 


•  « 


Toniaudo  alTesauie  della  nostni  Carta,  diciamo  ch'essa  com- 
prende il  bacino  del  Mediterraneo  e  le  costiere  sull'Atlantico  del 
Portogallo,  della  Spagna  e  dell'Africa,  dal  c.finesterna  ai  e.  eantin, 
con  parte  del  Mar  Nero  e  del  Mar  d'  Azof.  È  compilata  in  ita 
liano,  con  caratteri  del  principio  del  secolo  XVII  :  per  ì;i  maggior 
parte  dei  luoghi  secondari  è  usato  l'inchiostro  nero;  ma  i  nomi 
delle  città  principali,  delle  secche  e  dei  promontori  notevoli  sono 
scritti  in  rosso:  il  carattere  è  rotondo,  con  iniziali  ordinariamente 
minuscole.  La  nomenclatura  dei  nouii  —  come  vedrenu»  appresso, 
parlando  della  Sicilia  —  è  scritta  nelle  forme  che  subiva  l'impron- 
ta del  dialetto  che  si  adoperava  nel  jiorto  dove  essi  erano  pro- 
nunziati; sicché  ditierisce  uiolto  da  tjuella  che  si  legge  nelle  carte 
geografiche  sincrone.  Il  contorno,  costituito  di  piccoli  archetti  non 
legati  tra  loro,  è  a  terra  d'ombra;  i  coloi  i  principali  sono  :  cinabro, 
azzurro,  verde  e  giallo;  |)re(hnnina  il  cinabro  nelle  isole  piccole, 
forse  per  farle  spiccare  maggiormente;  le  grandi  in  generale  sono 
delineate  con  colore  uguale  a  quello  delle  coste  della  terraferma. 
Spiccano  per  il  loro  colore  azzurro  lesin^  laust  e  maìciìa  nella  Dal- 
mazia, e  cirieo  ad  «*st  della  Morea;  però  maggiore  sfoggio  di  co- 
lori si  osserva  nelle  rose  dei  venti  e  principalmente  nei  prospetti 
di  città,  disegnati  nell'interno  o  sulle  coste. 

In  quanto  al  disegno  della  Carta  si  può  dire  (;he  il  Mediter- 


292  MISCELLANEA 


raneo  è  ben  trac<'iato:  fanno  difetto  la  costa  italiana  presso  Li- 
vorno, che  è  molto  sporgente,  la  Penisola  Calabrese,  inesattamente 
disegnata,  e  il  golfo  di  Taranto  alquanto  rim])icciolito.  —  Un  fatto 
curioso  ho  dovuto  notare  lungo  la  costa  meridionale  della  Sicilia: 
tra  Sciacca  e  Girgenti,  ma  più  vicino  a  questa  die  a  quella,  vi  è 
segnata  un'isola  della  stessa  grandezza  e  dello  stesso  colore  dello 
Stromboli;  in  continuazione  verso  Sciacca  ,  vi  si  osservano  pure 
parecchi  scoglietti.  Pensai  subito  ad  uno  sbaglio,  ad  una  svista 
del  cartografo  ;  ma  un  attento  esame  fatto  non  solo  sulle  Carte 
che  si  conservano  nella  Biblioteca  Comunale  di  Palermo  ai  segni 
2  Qq.  '22')  e  226.  ma  anche  su  quelle  del  Fu  esimile  -  AtlaH  e  del 
Peripluis  del  Xordenskiòld  (1)  ,  nelle  quali  si  trova  la  uìedesima 
indicazione,  m'ha  fatto  pensare  alla  possibilità  d'essersi  ivi  tro- 
vata allora  un'isola  d'origine  vulcanica,  la  cui  esistenza  non  po- 
teva sfuggire  all'occhio  vigile  dei  marinai  ;  essa  in  tempi  poste- 
riori sarà  scomparsa,  come  avvenne  dell'isola  Perdinandea  o 
Giulia,  sorta  nello  stesso  luogo  1'  anno  1831  (2).  L'  ipotesi  non 
sembrerà  arrischiata,  se  si  ha  riguardo  alle  difiKcoltà  di  aver  po- 
tuto osservare  un  simile  fenomeno  in  tempi  di  assoluta  ignoranza 
scientihca  e  in  una  spiaggia  (H)mpletamente  abbandonata. 

Ed  ora  parliamo  del  metodo  di  tracciamento.  Esso  è  quello 
con)unemeute  adottato  in  (juasi  tutte  le  Carte  da  Navigare  del 
Medio  Evo ,  detto  a  rosa  dsi  centi  o  a  tela  di  ragno.  Infatti,  si 
trovano  in  buon  numero  rose  dei  venti;  le  grandi  sono  a  32  rombi, 
le  piccole  a  8  rombi,  e  sono  distribuite  nel  seguente  modo  :  due 


(1)  Cfr.  NottUBNSKiòLD  A.  E.  —  FacKÌmile-AtUis  — 'i>Uw'k\\i)\iì\  MDCCC 
LXXXIX.  E  Periplus  ivi  MDCCCLXXXXVIl,  partiiolarniente  la  Carta 
XXXI,  che  lui  per  titolo:  Bartoi,oma(kus  Ckescentius).  15%. 

(2)  Noi  in  una  tronferenza,  letta  alla  Società  di  Storia  I*iitria  ,  sa  Le 
Mdcalube  di  Giryenli  in  rapporto  alla  dÌKtrihucione  iieoyrajica  def/ìi  altri 
vulcani  di  faiujo  -  conferen/a  che  sarà  )>ubhlicata  in  imo  «lei  prossimi  nu- 
meri del  Itollettiiio  (Iella  S<n'ietà  (ìeo^iralica  Italiana —  ,al)l>iaino  tatto  men- 
zione (li  cin(|ue  (Mii/ioni  Hottoniarine  simili  a  (luellii  (h^l  18.S1,  avvenuta  in 
tempi  storici  lun^o  il  lit^irale  posto  su  (jiiesta  linea  vuhuniica,  che  si  pro- 
lun^atln))  a  Puntelh'ria.  Ma  per  (juanto  sembri  accettahih^  la  nostra  ipotesi, 
va  considcrutji  liUtavia  (.-on  molt(»  riserlM»,  iinche  percli(-  dettii  isola,  se 
Kiiata  Holtntito  nelle  (.'artt^  da  Navigiirc,  non  (*  ricordiitii  in  nessuno  (l(>i 
portolani  «critti  ud  hccoU  XVI  u  XVII. 


MISCELLANEA  293 


grandi  e  due  piccole  uella  parte  inferiore  ,  e  una  grande  dimez- 
zata e  due  piccole  nella  parte  superiore,  le  quali  dovettero  ser- 
vire ad  orientare  e  delineare  la  carta  ;  molte  altre  piccole  sono 
poste  a  Cartagena,  a  Narbona,  a  Marsiglia,  in  Sicilia,  a  Costan- 
tinopoli, a  Smirne,  ad  Orano  ed  a  Masalamar,  sulla  costa  africa- 
na ,  in  direzione  di  Creta ,  prima  di  arrivare  ad  Alessandria. 
Tutte  queste  rose  dei  venti  hanno  diretta  corrispondenza  tra  loro; 
i  numerosi  rombi  poi  in  esse  tracciati  rendevano  molto  più  facile 
il  carteggiare  ai  piloti,  i  quali  riuscivano  così  a  discernere  a  pri- 
ma vista  le  direzioni  dei  venti  da  <pielle  dei  mezzi  venti  e  delle 
quarte.  Le  linee  ,  che  ne  descrivono  i  rombi ,  quali  sono  verdi , 
quali  rosse,  quali  a  terra  d'ombra,  e  le  lossodromiche,  che  uni- 
scono in  diverso  senso  detti  rombi,  convergono  tutte  verso  la  rosa 
dei  venti  che  sta  nel  centro  della  Sicilia;  il  che  fa  i)ensare  che  la 
Carta  sia  stata  preparata  per  servire  alla  navigazione  della  nostra 
Isola. 

Sopra  abbiamo  detto  che  il  Mediterraneo  è  ben  tracciato;  ma 
il  Mar  Nero,  oltre  di  essere  alquanto  rimpicciolito,  è  portato  tre 
gradi  i)iù  in  alto  e  circa  due  gradi  più  a  ponente  di  quel  che 
non  dovrebbe  essere,  rispetto  al  Mediterraneo  orientale.  Questo 
difetto  è  comune,  si  può  dire,  a  tutte  le  Carte  medievali,  perchè 
i  costruttori  nel  disegno  ricorrevano  alle  osservazioni  della  bus- 
sola, senza  badare  a  correggerne  la  falsa  indicazione  della  cala- 
mita, che  si  supponeva  battere  il  preciso  punto  di  tramontana. 
Così  tutto  il  parallelo  nìedio  doveva  necessariemente  piegare  a 
nord  -  ovest  ,  e  il  golfo  di  Larissa  ,  che  si  trova  ai  confini  della 
Siria  e  dell'Egitto,  nella  Carta  in  esame  è  in  linea  retta  con  Gi- 
bilterra. 

Nella  parte  meridionale  poi,  tra  le  quattro  rose  dei  venti,  e 
verso  nord -ovest,  all'estremità  della  Carta,  vi  sono  delineate  due 
fascie  con  fregi  dall'una  e  dall'altra  parte,  colorate  all'estremità  e 
bianche  nel  mezzo,  ove  sono  segnati  dei  circoletti  equidistanti  con 
punti,  in  modo  che  a  primo  acchito  sembra  si  tratti  d'  una  gra- 
duazione; ma  in  realtà  non  foruumo  ujui  scala,  anzi  è  fuor  di  dub- 
bio ch'esse  sono  state  poste  ivi  per  semplice  ornamento.  Del  re- 
sto il  Lelewel  giustamente  osserva  che  1'  api)licazione  dei  gradi 
nelle  Carte  da  Navigare  non  avrebbe  apportato  alcun  vantaggio 
ai  marinai,  perchè  essi  non  erano  in  grado  di  determinare  astro- 
nomicamente   la   posizione  che  occupava   nel  mare  la  loro  na- 

Arch.  Star.  Sic,.  N.  S.  Anno  XXX.  20 


294  MISCELLANEA 


ve  (1).  Quindi  ogni  loro  cura  era  rivolta  a  seguire  la  linea  che  univa 
il  punto  di  partenza  con  quello  di  arrivo  o,  com'essi  dicevano  , 
la  lìnea  lossodromica  rettilinea,  che  indicasse  la  via  da  un  punto 
all'  altro  sulla  superfìcie  terrestre.  Questo  era  il  principale 
ufficio  delle  Carte  da  Navigare,  ufficio  che  il  Fischer  nella  nota 
raccolta  di  fac  -  simili  delle  più  interessanti  carte  generali  e  ])ar- 
ticolari  del  Medio  Evo  (2),  seguendo  il  Breusing  il  quale  per  il 
primo  ne  parlò  con  profondità  e  finezza  di  argomentazioni  (3), 
ha  voluto  mettere  in  rilievo,  designandole  col  nome  di  lossodro- 
miche. Quando  le  tempeste  ,  i  venti  contrari ,  le  secche  ed  altri 
inconvenienti  facevano  deviare  la  nave,  con  regole  pratiche,  dette 
nel  Medio  Evo  la  raxon  del  Martelojo,  le  quali  erano  basate  su 
cifre  non  molto  esatte  ma  semplici  ed  utili,  calcolavano  con  suf- 
ficiente approssimazione  1'  angolo  di  deriva  e  così  riuscivano  a 
non  smarrire  la  strada.  La  spiegazione  scientifica  del  Martelojo 
fu  fatta  verso  la  fine  del  secolo  XVIIl  dal  Toaldo  (4)  e  quindi 
dal  Formaleoni  (5),  il  quale  si  servì  della  prima  tavola  dell'At- 
lante del  1430  di  Andrea  Bianco  ,  che  il  Peschel  pubblicò  poi 
in  fotografia ,  facendolo  precedere  da  una  dotta  introduzione  , 
nella  quale  riassume  così  egregiamente  gli  studi  del  Toaldo,  del 
Formaleoni  e  di  altri,  con  l'aggiunta  di  nuove  ed  accurate  osser- 
vazioni (6),  che  l'Uzielli  nel  suo  magistrale  lavoro,  già  ricordato, 
non  esita  di  riportarne  le  parole  e  di  riprodurre  la  prima  tavola 
del  Bianco  in  fine  dell'opera,  alla  quale  noi  rimandiamo  per  più 


(1)  Lelewkl  ,  Géograplùe  dii  inoyen  óge  étudée  par  Ioachim  Lelewel. 
Accompaynée  d^Atlan.  Bruxelles^  1852-1857,  IIj  17  e  160. 

{2)  SamHiluny  mittelalterUcher  Velt-und  Seekarten  italienìschea  Ur- 
spunytt  und  uuh  italiaimchen  BihUoteken  und  Archiven  herausgegeben  und 
erlàutert  con  D.r  Teobam>  Fìschkr;  Venedig  ,  Verlag  voii  Ferdinand 
Ongania,  1886. 

(3)  Bkkusing,  ZeiiHchriff fiir  icinf<enncliafi.  G('()jjriii)lii(',   Hd.  II.  S.  121). 

(4)  Toaldo  G. — Saggi  di  ntiidi  veneti.— Viììivz'm,  1872. 

(6)  FoRMALKOM  V.  —  Saggio  nulla  nautica  antica  dei  Venesiani ,  con 
ilhiHtrar.ioni*  <!'  tilciine  Cartti  idrografiche  antiche  della  Biblioteca  di  S. 
Marco.  ~  Venezia,  1783. 

(6)  PRMCHKL  0.  ^  Ihr  Alias  des  Andrea  Bianco  rom  Jahre  t436  in 
sehn  Tafeiii  nMio(of(riip]u8che  fac-simile  in  dei-  (ìrosse  des  Urigiuals).  — 
Venedig,'  MiinitUM-,  186i>. 


MISCELLANEA  296 


estese  notizie. — I  piloti  sapevano  calcolare,  con  sufficiente  appros- 
simazione, la  velocità  della  nave,  e  con  apposite  tavole,  che  indi- 
cavano i  nuovi  angoli  a  prendersi  sulla  Carta  e  le  mif»lia  che 
si  dovevano  fare  in  più  ,  riuscivano  a  ritornare  sulla  «lirezione 
primitiva.  «  Se  ))er  esempio  una  nave — dice  il  Peschel  —  era  co- 
stretta a  declinare  dalla  linea  l'etta  o  dalla  via  più  breve  fra 
due  porti,  ovvero  a  sbandarsi  fra  un  porto  e  un  promontorio  per 
vento  contrario,  di  un  vento  intiero  o  di  45°,  il  capitano  doveva 
ad  un  cangiamento  favorevole  del  tempo  calcolare  non  solo  qual 
corso  dovesse  battere  in  seguito,  ma  anche  quanto  lontano  fosse 
il  termine  della  navigazione.  A  ciò  sarebbe  stato  necessario  un 
calcolo  secondo  i  prin(!Ìpii  della  trigonometria  piana,  ammettendo 
che  si  possa  trasc  irare  la  curvatura  sferica  della  supertìcie  del 
mare.  Alle  nostre  tavole  logaritmiche  dei  seni,  dovevasi  perciò 
sostituire  un  mezzo  sussidiario,  il  quale,  come  dice  Andrea  Bianco 
stesso,  non  richiedeva  altra  cognizione  che  a  mver  ben  moltiplicar 
e  partir.  11  primo  foglio  dell'  Atlante  contiene  perciò  le  tavole 
necessarie  alla  esecuzione  di  quel  computo  ,  ossia  il  metodo  del 
martologio  ». 


Nella  nostra  ('arta  non  nmncano  gli  ornamenti,  con  allusioni 
storiche  o  locali  :  in  Africa ,  lungo  la  linea  del  deserto ,  vi 
sono  delineate  due  piante  di  palma;  le  città  principali  i>oi  sono 
rappresentate  da  bandiere  in  colori ,  innalzate  sopra  gruppi  di 
fabbricati.  Venezia  ha  la  piazza  di  8.  Marco  ,  di  cui  nella  ban- 
diera v'è  delineato  il  campanile;  Genova  ha  il  porto  con  lo  sco- 
glio e  il  fanale,  e  in  cima  la  bandiera  rossa  in  campo  verdema- 
re. Marsiglia  ha  bandiera  con  croce  bianca,  mentre  Tortosa  l'ha 
inquartata  con  fascia  rosse  e  croce  rossa  in  campo  bianco  alter- 
nate, e  Lisbona  con  due  fascio  rosse  in  campo  verdemare.  Nella 
Dalmazia  si  osserva  il  prospetto  di  Kagusa  con  bandiera  inquar- 
tata rosso  e  azzurro  alternato.  In  Alessandria,  Tripoli,  Algeri,  Tu- 
nisi, Antiochia  e  Costantinopoli,  paesi  del  dominio  ottomano,  ve- 
desi  lo  stemma  con  la  mezzaluna  d'  argento  in  campo  rossastro. 
L'Isola  di  Rodi  ha  una  croce  bianca,  distesa  per  tutto  il  campo, 
pure  di  color  rosso;  rappresenta  la  croce  dei  cavalieri  di  S.  Gio- 


296  MISCELLANEA 


vanni,  che  nel  1310,  dopo  avere  conquistata  l'isola,  vi  si  stabili- 
rono ed  ebbero  qnindi  il  nome  di  Cavalieri  di  Rodi;  ma  nel  1522 
la  città  fu  assediata  da  Solimano  II,  e  d'allora  l'isola  apparten- 
ne all'  impero  ottomano.  Perciò  lo  stemma  i)er  l' isola  di  Kodi 
non  è  appropriato,  come  vorrebbe  la  storia.  «  È  codesta  una  delle 
molte  prove,  osserva  il  De  Simon i,  a  proposito  di  una  Carta  di 
Giovanni  Martines,  che  i  cartografi,  del  resto  ben  addestrati  ed 
abili  nella  loro  arte,  attendevano  a  copiarsi  l'uno  dall'altro  gene- 
ralmente; alcuni  migliori  osando  appena  nei  nuovi  lavori  togliere 
qualche  errore  ornai  troppo  manifesto,  od  inserirvi  qualche  com- 
binazione ,  qualche  fatto  storico  di  più  fresche  scoperte  e  con- 
quiste. Da  ciò  proviene  che  sono  non  raramente  fallaci  i  criteri 
onde  si  valsero  i  dotti  per  dedurre  l'età  d'una  Carta  dalla  qua- 
lità delle  bandiere,  o  dalle  leggende  di  nomi ,  di  luoghi  ,  di  so- 
vrani regnati  e  simili  »  (1).  —  Sulla  costa  dell'Asia  occidentale,  e 
propriamente  vicino  ad  un  gruppo  di  case  che  potrebbe  rappre- 
sentare Gerusalemme  ,  vi  è  un  sollevamento  di  tre  monti  ,  so- 
pra i  quali  si  vedono  tre  croci  in  nero  ,  che  parrebbero  accen- 
nare alla  Terrasanta.  Certo  quel  paese,  sparso  di  basse  montagne 
e  di  colli  gentili  ,  adorni  di  oli  veti  e  coronati  di  palme  e  di  ci- 
pressi ,  su  cui  i  patriarchi  fissavano  lo  sguardo  ammirato  ,  so- 
gnando la  scala  d'oro  che  unisce  terra  e  cielo  (2),  doveva  infon 
dere  nell'animo  dei  marinai,  in  generale  religiosi,  un  profondo  e 
pio  sentimento,  ch'essi  naturalmente  amarono  vedere  ra]>])resen 
tato  anche  sulla  Carta. 

La  nomenclatura  dei  nomi  è  alquanto  ricca  e  molto  corretta, 
rispetto  alle  ('arte  anteriori.  Ciò  risulta  chiaro,  confrontando  i 
nomi  riguardanti  la  Sicilia  e  le  isole  che  le  stanno  attorno,  con- 
tenuti nella  Carta  di  Giovanni  Oliva  illustrata  in  (luesto  Archivio 
dal  Belilo  (3),  con  quelli  della  Carta  in  esame. 


(1)  \)k  Simoni  C  —  Ossi-rvazioiii  sovra  due  l'ortohitii  di  recente  scoperti, 
e  Hovra  alcune  proprietà  delle  Carte  nautiche — in  «  Giornale  ligustico  »  lunio 
II,  1H75. 

('2)  Cfr.  PoKRNA  ¥.  -  Il  Heniimculo  estetico  nella  (ìeoff rafia -ìu  «  Fltìp'ea  » 
an.  I,  voi.  II,  II.  A,  ìsm. 

(8)  Bkixìo  V.  --  Jfi  una  Corta  nautica  fatta  in  Mcnsino  nel  t658 -— 
ili  Archivio,  N.  S.  hu.  XI,  fauc.  IV. 


MISCELLANEA 


297 


Carta  di  Giovanni  Oliva  :  me- 
Hina,  nielaso,  olive,  prati,  calvi, 
e.  orlando,  s.  luarco,  xifalo,  ter- 
mÌH,  jiio  zprbi,  parmo,  gal,  tra- 
pana, s,  odor,  marsala,  xaq,  e. 
ianco,  nirge,  licata,  o.  falco,  te- 
ranovu,  e.  passa,  rascrazi,  xara- 
(jOHa,  s.  lusi,  agosta,  lentini,  ca- 
tan.  —  volcan  ,  striboli ,  lipari  , 
salina,  tellicuri,allicuri,  ustaga, 
porselli,  lavanto,  maretimo,  fa- 
vajana,  (pielps,  zibol ,  pantala- 
rea,  limosa  ,  lanipadosa  ,  comi, 
malta  e  niarsasillach,  pipe. 


Carta  di  Placido  Caloiro  e 
Oliva  :  misdma,  milazo,  olive  , 
patti,  bloro,  e.  cara  (Capo  Ca- 
lava), e.  or.  (Capo  d'Orlando),  s. 
marco,  cifalò,  termini,  solato,  ni. 
gerbino,  palermo,  e.  gallo,  e.  s. 
vito,  trapani,  marsala,  mazzara, 
xacca,  gioryeti,  licata,  teranova, 
e.  passare,  bendica  (Veudicari), 
mor  di  p.  (Morrò  di  Porco),  no- 
to, sirac.  (Siracusa),  agusta,  e, 
s.  cruci,  leuti  (Lentini)  catan. — 
bulcauo  ,  stroboli ,  panario  ,  li- 
pari,  salina,  filicudi,  alcudi,  lu- 
stica,  levanzo,  maretimo,  fava- 
gniana,  cbelbi,  zibaro,  pantela- 
ria  ,  linusa  ,  lampidosa,  malta, 
gozo. 


Adunque  possiamo  conchiudere  che  la  nostra  Carta  sia  per 
la  nomenclatura  dei  nomi,  sia  per  la  esecuzione  artistica,  sia  an- 
che per  una  particolare  indicazione  di  declinazione  magnetica  di- 
versa da  (jnella  di  altre  Carte  costruite  precedentemente,  abbia 
molto  di  originale  ;  sicché  mi  lusingo  che  non  debbano  riuscire 
inutili  queste  poche  notizie  agli  studiosi,  che  non  hanno  l'oppor- 
tunità, come  l'abbiamo  noi,  di  poterla  osservare. 


Palermo,  25  /Settembre  1904. 


Prof.  Sebastiano  Crino. 


UN  CODICE  DEL  «  CREDO  IN  DIO  > 

DI  FRA  DOMENICO  CAVALCA 
IGNOTO  AI  BIBLIOFILI 


Nella  libreria  del  Cav.  Giovanni  Cirino  Agras  ereditata  dallo 
zio  M^  Giovanni  Cirino  Arcivescovo  di  Ancira  ;,  si  trova  un  bel 
codice  manoscritto  membranaceo  del  sec.  XV  rilegato  in  pelle 
ed  oro. 

Questo  codice  lungo  m.  0,24  e  largo  m.  0,18  di  fogli  199  nu- 
merati in  cifre  romane  ,  contiene  il  «  Credo  in  Dio  ossia  la  Espo- 
sizione del  Simbolo  degli  Apostoli  »  di  Fra  Domenico  Cavalca , 
fino  a  parte  del  Cap.  XVIII  del  Libro  II. 

Dai  calcoli  fatti  in  relazione  alle  edizioni  del  Credo ,  risulta 
che  il  codice  manca  di  15  fogli. 

Esso  è  calligrafo  di  tipo  umanistico  ,  senza  frontispizio  ,  un 
po'  danneggiato  dalla  umidità  e  con  le  prime  parole  poco  leggi- 
bili, ba  tre  lettere  miniate  in  rosso  e  in  bleu,  una  al  principio 
del  Prologo  ed  una  all'inizio  di  ciascuno  dei  due  libri  e  le  rubri- 
che tutte  in  rosso. 

Il  manoscritto  presenta  importanti  varianti  con  le  edizioni  del 
1489  (Venezia  per  Peregrino  Pasqual  da  Bologna);  del  1550  (Ve- 
nezia—  Il  segno  della  speranza);  del  1763  (Roma  —  Pagliarini;  a 
cura  di  Mons.  Giovanni  Bottari)  (1)  e  del  1842  (Milano  per  Gio- 
vanni Silvestri  a  cura  dell'  Ab.  Fortunato  Federici  tratta  dal 
cod.  ms.  1106  della  Biblioteca  della  I.  R.  Università  di  Padova). 

Le  differenze  tra  il  ms.  Cirino  e  le  stampe  sono  notevoli 
in  quantochè  riguardano  la  disposizione  della  materia  e  la  locu- 
zione. 

Nel  ras.  Cirino  l'opera  è  così  disposta  : 

1.  Prologo  —  2.  Capitoli  del  1.  libro  —  3.  Primo  libro  —  4.  Ca- 
pitoli del  2.  libro  —  5.  Secondo  libro. 


(1)  Questa  editione  fu  fatta  sulle  precedenti. 


MISCELLANEA  299 


Invece  nell'edizione  del  1489  l'opera  è  così  disjjosta  : 

1,  Incomincia  la  tabula  del  primo  libro  etc.  —  2.  Incomincia 
la  tabula  del  secondo  libro  etc.  —.3.  Prologo  —4.  Libro  primo  — 
5.  Libro  secondo. 

Quest'ordine  è  pure  seguito  nelle  edizioni  del  1550  e  del  1763; 
mentre  in  quella  del  1842  l'indice  dei  capitoli  sta  in  fine. 

Venendo  al  nostro  codice  osserviamone  il  principio  : 

«  Incomincia  il  Prologho  della  expositione  del  Credo  in  deo  in 
volgare  volgar...  (per  3  righi  il  testo  è  illegibile)  ». 

L'edizione  del  1489  incomincia  allo  stesso  modo  ma  ha  poi 
il  titolo  :  «  Prologo  della  infrascritta  opera  »  che  manca  nel  codice. 

Invece  l'edizione  del  1842  tratta  da  un  codice  importante  co- 
mincia : 

«Al  nome  del  Salvatore  nostro  Messer  Gesù  Cristo.  Incoujincia 
la  Esposizione  del  Credo  in  unum  Deum  in  volgare  molto  nota- 
bile ed  utile.  Prologo  della  infrascritta  opera  ». 

Nel  Prologo  abbiamo  tanto  nel  codice  che  nella  edizione  del 
1842  due  tratti  che  mancano  nelle  edizioni  del  1489  e  del    LóóO. 

Altre  importanti  varianti  nel  resto  dell'opera  mostrano  l'im- 
])ortanza  che  il  codice  Cirino  avrebbe  per  la  redazione  del  testo 
definitivo  di  quest'opera  del  Cavalca. 

Infine  è  importante  rilevare  un  tratto  del  codice  il  quale  atte- 
sta l'epoca  in  cui  fu  scritto  e  l' importanza  che  ha  per  la  fonte 
dalla  quale  probabilmente  deriva. 

Eccolo  testualmente  : 

«  Finisce  lo  primo  libro  della  expositione  del  (^redo  in  Dio 
exposto  per  frate  domenicho  cavalca  da  vicho  pisano  frate  del- 
l'ordine predicatori.  Lo  (juale  è  del  monasterio  di  santo  Laurentio 
decto  monte  aguto  dell'  ordine  della  certosa  da  Firenze  scripto 
per  me  don  francesco  da  pisa  monacho  et  professo  di  decto  mo- 
nasterio, lo  quale  finì  di  scriverlo  in  decto  monasterio  oggi  que- 
sto di  VI  di  dicembre  1471.  Lo  quale  gli  è  conceduto  in  suo  uso 
in  vita  sua  et  doppo  la  morte  sua  de'  ritornari  al  sopra  decto 
monasterio  deo  gratias  amen. 

Incomincia  la  taula  de'  capitoli  del  secondo  libbro  della  expo- 
sitione del  credo  in  dio  ». 

Il  codice  è  mutilo  in  fine  al  cap.  XVIII  del  libro  II  f.  169 
e  le  ultime  parole  sono  le  seguenti  : 

«  Et  però  ancho  dice  :  Chi  non  vuole  lodare  dio  nel  transito 


300  MISCELLANEA 


di  questo  seculo  diventerà  mutolo  iu  saeculum  saeculi.  Loda  dun- 
que iddio  o  ». 

Inoltre  il  Codice  è  ricco  di  postille  marginali  della  stessa 
mano  che  redasse  il  testo  e  porta  citazioni  di  libri  dei  santi  padri. 
Tutto  sommato  esso,  specialmente  per  le  numerose  e  importanti 
varianti ,  nonché  per  1'  epoca  e  per  il  modo  in  cui  fu  redatto , 
offre  campo  a  rilievi  ed  a  raffronti  utilissimi  per  chi  voglia  cu- 
rare una  edizione  critica  dell'opera. 


O.  CoppoLER  Orlando 


DI  ALCUNI  INGIUSTI  GIUDIZI 

SULLA  SPEDIZIONE  DEI  SETTECENTO  SICILIANI  IN  CALABRIA 
nell'anno    184. s. 


Nemo  satis  poient  nei-  admirari 

iiev  conqtitìeri. 
Bt>ET.  De  Cam.  Phil.  L.  IV,  1. 


AW  Esimio 
Cav.  Giuseppe  Dottor  Lodi 


Palermo  4  Aprile  1905. 


Allorché,  nei  decorsi  giorni,  discorrendo  con  Lei,  mi  occorse  par- 
larle di  alcuni  ingiusti  giudizj  die  si  sono  spaeciati  sopra  V  eroica 
spedizione  dei  700,  andati  nel  1848  da  Messina  in  Calabria,  per  la 
santa  causa  della  libertà,  Ella,  caldo  il  petto  di  sentimenti  patriot- 
tici, m'incitò  a  dir  per  iscritto  quel  che  a  voce  le  avevo  significato. 

Or  avendo  io  sodisfatto  il  mio  desiderio,  offro  lo  scritto  a  Lei, 
come  cosa  che  per  più  rispetti  le  appartiene,  sia  perchè  Ella  professa 
il  gran  principio  che  le  umane  azioni  dehhon  essere  giudicate  secondo 
giustizia  e  verità,  sia  perchè  ha  tanto  in  amore  le  cose  storiche  e  sia 
perchè  gelosissimo  dell'onore  di  questa  nostra  Sicilia,  così  spesso  de- 
nigrata e  calunniata  a  man  salva  ! 

Accolga,  gentile  com'è,  la  tenue  of'erta;  e  mi  creda  quale  con 
tutta  osservanza  mi  reco  a  fortuna  di  essere 


Dev.mo  suo 

L.  Lizio  -  Bruno. 


302  MISCELLANEA 


Le  importanti  Memorie  della  Rivoluzione  Siciliana  delVauiìo 
MDCCCXLVIIl,  con  patriottico  intemliniento  pubblicate  a  spese 
di  questa  Città,  hanno  richiamato  al  pensiero  la  generosa  quanto 
infortunata  spedizione  dei  settecento  giovani  che  ,  nella  prima 
metà  di  Giugno  partirono  da  Messina  per  la  Calabria  sotto  il  co- 
mando del  Generale  Ignazio  Kibotty  e  con  a  capo  dello  Stato 
Maggiore  Giacomo  Longo,  anima  intrepida  e  forte  in  corpo  ffracile 
e  malaticcio  (1)  e  che  poi,  sotto  il  governo  italiano  onorò  gli  al- 
tissimi uflicj  di  Tenente  Generale  e  di  Senatore  del  Regno. 

Ora  su  questa  spedizione,  di  cui  furono  vanto  le  giornate  di 
Spezzano  Albanese  e  di  Castrovillari,  m'è  occorso  più  volte  di  leg- 
gere dei  giudizi  in  cui  è  poca  esattezza,  poca  verità,  poca  giu- 
stizia. Tali  son  quelli  che  si  leggono  in  un  (Capitolo  delle  Ricor- 
danze del  Settembrini,  nel  volume  stampato  in  Napoli  dall'  Im- 
briani  nell'84  col  titolo  :  Lettere  e  documenti  del  1848  —  Alessandro 
Poerio  a  Venezia;  e  nella  Cronaca  di  Grotteria,  dell'Avv.  Dome- 
nico Lupis  -  Crisatì,  venuta  fuori  in  Ceraci  Marina  nell'  87  ;  ove 
dell'anzidetta  spedizione  è  fatto  cenno  in  modi  tali  da  porre  in 
cattiva  mostra  tanti  giovani  prodi  che,  entrando  a  parte  di  una 
impresa  onorata  non  meno  che  rischiosissima?,  temer  poteano  di 
perder  la  vita  bensì,  ma  non  di  vedere  ingiustamente  denigrato 
il  lor  nome.  Ma  tant'è,  si)esso  spesso  pochi  sono  coloro  che  for- 
mano ciò  che  si  chiama  pnbblica  opinione,  come  uno  era  (luel  tale 
che  dava  a  se  il  nome  di  legione  ! 

Vorrà  quindi  concedersi  ad  un  siciliano  alla  cui  famiglia  ap- 
partennero due  di  coloro  che  vi  ebbero  parte,  il  correggere  alcune 
storiche  inesattezze  nelle  (luali  inciamparono  i  sopra  mentovati 
scrittori  e  che  nessuno,  che  io  sappia,  in  tanti  anni,  ha  rilevato 
tìnora  ! 

E  innanzi  tratto  dirò  che  se  la  spedizione  i  cui  primi  passi 
ebbero  tanto  a  promettere,  ebbe  line  diversa  da  quella  che  si  sa- 
rebbe aspettata,  la  colpa  non  fu  dei  settecento  che  la  formavano, 
sibbeue  di  tiji  complesso  di  circostanze  contrarie  allo  svolgimento 
dell'azione  loro;  cioè  la  mancanza  di  munizioni,  l'esser  privi  di 
vettovaglie  e  l'avere  la  cassa  militare  già  vota  :  intorno  a  che  si 


(1)  La  Fabixa,  I»t.  doownent.  della  tiwol.  Hicil.,  1S48-9,  C.  XI,  p.  253, 
Cnpol.  18C0. 


MISCELLANEA  303 


può  leggere  il  Cenno  storico  della  spedizione  di  iSicilia  in  Calabria 
eitato  dal  Calvi  nella  sua  Storia  della  Kivoluzioue  Siciliana,  che 
io  credo  la  più  esatta  e  la  più  compiuta  di  tutte  (1).  Ma  il  più 
terribile  ostacolo  fu  l'inerzia  delle  popolazioni  pel  riscatto  delle 
quali  essi  offrivano  il  lor  sangue  e  la  loro  vita.  E  questa  inerzia 
derivò  dal  terrore  ond'esse  furono  invase  dopo  i  funesti  casi  di 
Napoli  avveratisi  il  15  Maggio  e  che  la  Storia  ricorderà  con  rac- 
capriccio ed  orrore.  Non  per  loro  colpa  adunque  i  Siciliani  do- 
vettero abbandonare  l'impresa, 

Che  fv  nel  cowineiar  cotanto  tosta. 

Sicché  il  Ribotty  ,  avendo  ,  col  consiglio  dei  capi  ,  decisa  la 
inevitabile  ritirata  ,  il  giorno  25  di  quel  mese  mandò  a  Palermo 
il  Maggiore  Alfonso  Scalia  (che  vi  giunse  il  1  Luglio),  ad  espone 
al  (Joverno  le  infelici  loro  condizioni  e  a  richiedergli  l'invio  dei 
vapori  pel  ritorno  dell'armata,  che  li  avrebbe  aspettato  nella  Ma- 
rina di  Corigliano,  nel  golfo  di  Taranto  (2).  Ma,  visto  che  i  pi- 
roscafi ancor  non  venivano,  il  giorno  8  Luglio,  i)rofittando  di  un 
brigantino  e  di  un  tiabaccolo,  che  scariiiavano  merci  nei  paraggi 
del  Capo — sparti  vento  ,  vi  s'imbarcarono  in  Catenella  (marina 
di  (Jatanzaro  (3)  )  e  fecero  vela  per  Corfìi  (con  intendimento  di 
recarsi  poi  a  Venezia)  :  che  il  far  ritorno  in  Sicilia  era  loro  im- 
pedito pei  legni  napolitani  che  nei  njari  di  essa  facevan  cro- 
ciera. E  già,  dopo  (quattro  giorni  di  salvo  cammino  verso  la  ri- 
curva Corcira,  cominciavano  a  scoprire  «  i  casolari  campestri  ed 
i  miseri  borghi  delle  spiagge  vicine  (4)  »,  quando  (l'undecimo  di 


(1)  V.  pag.  154  «Iti  V.  I. 

(2)  \'e(U  nelle  Memorie  della  Eivol.  Sicit.  V.  II ,  p.  (57  e  seg.  fm  i 
Docum.  pubblicati  dal  sig.  Guanlione  la  Relax,  al  Min.  «li  Guerra  (dal 
(piartier  generale  di  Cassano). 

(3)  V.  p.  2(51  dei  Docum.  della  lUvol.  Sic,  pulti)l.  da  G.  La  Masa, 
Tor.  1850. 

(4)  Gemelli,  Si.  della  Sic.  Rivai.,  p.  412,  Bologna  1867.  —  Nel  Memo- 
riale dei  Sic.  priff.  pubblicato  dal  La  Masa  (Torino  1850)  a  p.  264  si 
legge  :  «  Erano  giunti  nelle  acque  di  Corfù  ed  erano  sì  presso  a  «luelle 
isole  elle  non  solo  distingueva  usi  le  abitazioni  e  gli  abitanti,  ma  ben  an- 
che per  la  niininia  distanza  uno  di  esso  loro  potè  gettarsi  a  nuoto  e  giun- 
gere alla  riva». 


304  MISCELLANEA 


Luglio)  la  corvetta  a  vapore  lo  /Stromboli,  comandata  dal  tenente 
di  Vascello  Salazar,  che,  con  ingaìiìio  da  pirati,  come  fn  scritto, 
uvea  levato  bandiera  inglese,  gl'insegnì  e  li  raggiunse;  e  intiuiata 
loro  la  resa,  a  due  a  due  li  gravò  di  una.  catena  di  sette  maglie, 
li  rimorchiò  a  Reggio  di  Calabria,  donde  furono  trasportati  a  Na- 
poli e  poi  stivati  negli  umidi  sotterranei  di  Sant'Elmo  e  dell 'iso- 
letta di  Xisida  (1).  E  in  quelle  orribili  segrete  i  patimenti  a  lor 
furono  lunga  e  disperata  agonia.  Ivi,  confusi  insieme  con  la  mel- 
ma dei  delinquenti,  aveano  per  lor  vitto  un  nero  pane  mal  cotto 
e  sozzo  di  scarafaggi  e  non  di  rado  di  salamandre  e  di  topolini 
e  30  fave  condite  d'olio  puzzolentissimo  e  per  letto  la  nuda  terra  ! 
Ma  la  Sicilia  non  trattò,  anzi,  a  dir  meglio,  non  bistrattò  ne 
tormentò  i  prigionieri  di  guerra  napoletani  (2),  come  fece  l'empio 
governo  di  Napoli  con  gli  odiati  Siciliani,  rei  di  aver  voluto  riven- 
dicare i  sacri  loro  diritti  tante  volte  conculcati  e  violati  dai  So- 
vrani di  Napoli,  che  pur  tante  volte  avean  giurato  di  rispettar- 
li (3)  !  Intanto  il  Ministro  della  Eepubblica  Francese  in  Napoli, 
male  informato  o  meglio,  tratto  in  inganno  dal  mendace  governo 
di  Napoli,  dava  allegramente  all'Ammiraglio  Baudin  in  Palermo 
quest'assicurazione  :  «  Non  temete  nulla  pei  Siciliani;  essi  son 
guardati  come  prigionieri  di  guerra  (4)  !  ».  p]ll'  eran  parole  illu- 
sorie !  Ma  ben  altri  erano  i  fatti  !  Ed  io  non  {»otrò  mai  dimenti- 
care che  i  ju'igionieri  di  Nisida,  il  suolo  del  cui  castello  è  sotto- 
stante al  livello  del  mare  e  di\  acqua,  come  la  danno  le  pareti, 
non  faceano  che  domandare  e  ridomandare  alle  loro  famiglie  panni 
ben  grossi  e  coperture  di  lana  che  in  qualche  modo  li  preservasser 
dall'umido  e  dal  freddo  !  Non  dico  poi  che  del  denaro  che  esse 


(1)  Da  dove  poi  molti  di  loro  furon  levati  e  rinchiusi  iu  Capiin.  \'.  il 
aiorn.  Off.  del  Cor.  di  Sic.  N.  H6,  17  Ajfosto  p.  343. 

(2)  Eppure  le  valunuii'  horhonicfn',  «liee  il  Gciin'lli,  giunsero  a  tjinto  da 
«  volere  far  credere  che  i  prigionieri  (napolet^ini)  erano  atrocemente  stra- 
ziati e  che  rende l'uufti  pubblivamenie  sulle  piazze  la  ean>e  dei  soldati  ca- 
duti combat  tendo  !  (,S7.  L.  VI,  p.  (52  Voi.  Il)  —  K  «e  non  ri«li,  di  che  ri- 
der suoli  f 

(3)  V.  le  Memorie  8t.  e  (hit.  della  Uind.  Sic.  del  1848  del  Calvi  V.  Il, 
|>.  12,  nota  8.  Londra  (MalUi)  imi. 

(4)  V.  il  Oiorn.  Off.  ecc.  N.  62,  19  Luglio  1848. 


MISCELLANEA  305 


mandaviino  a  quegli  sventurati  (1)  una  terza  parte  restava  nelle 
mani  dell'ufliziale  comandante  il  castello:  e  intanto  i  poveri  pri- 
gionieri doveano  volta  per  volta  far  fede  alle  famiglie  di  aver 
ricevuto  l'intera  somma...  Così  bene  trattati  erano  da  quei  ma- 
nigoldi i  prù/iouieri  di  </uerra  ! 

Avea  quindi  ben  ragione  il  Barone  Vito  d'  Ondes  Reggio  di 
scrivere  nel  1850  al  Conte  d'Arlincourt  che  i  prigionieri  siciliani 
furonc»  come  selvagge  belve  incatenati  e  così  portati  a  Reggio  e 
buttati  in  orride  segrete  e  trattenuti  per  18  mesi  con  ogni  guisa 
di  patimenti  (2);  e  ragione  si  ebbe  il  Calvi  di  lamentare  che  di 
quei  miseri  prigionieri  era  fatto  sì  aspro  governo  che  il  Mini- 
stero napoletano  arrossiva  di  aprire  i  loro  ergastoli  al  diploma- 
tico inglese; ,  temendo  di  eccitare  col  doloroso  s]M*ttacolo  la  sua 
indignazione  (S). 

Ma  tanta  sciagura  non  avrebbe  avuto  luogo  e  tanti  martirj  si 
sarebbero  risparmiati  a  quei  prodi  e  tante  angosce  alle  madri  loro, 
se  gli  uomini  del  Governo  in  Sicilia  non  avessero  indugiato  pur 
troppo  a  spedire  al  Ribotty  i  piroscafi  da  lui  con  tanta  insistenza 
richiesti  il  25  di  Giugno.   E   jxir  questo  fatale  indugio  il  Calvi 


(1)  Errò  il  La  Farina  ,  (luando  scrisse  die  non  fu  permeH>io  o'  mixeri 
parenti  di  soccorrerli  can  danaro  e  con  vesti  a  quei  tristi  luoghi  più  adatti. 
11  La  Farina  ignorò  (jnello  che  avrei  i;;n<>rato  ancli'io,  se  non  avessi  avuto 
in  Nisida  il  fratello  Giovanni  e  lo  zio  materno  Gaetano  Bruno,  dei  quali 
fece  onorevol  ricordo  il  Ch."">  letterato  e  patriotta  Cav.  Giuseppe  Morelli 
nei  Cenni  necroloffici  di  Girolamo  Lizio  pubblicati  nella  Riv.  Nas.  Ital. 
la  Gioventii  Fir.  V.  7,  N.  s.  1868  — Negli  Elenchi  pubblicati  nel  Giorn. 
Uff.  di  Sicilia  e  di  cui  è  copia  in  questo  Archivio  di  Stato ,  il  nome  di 
mio  fratello  occupa  il  20.""'  luogo  (N.  del  7  Luglio  1849)  e  (piello  dello 
zio  Gaetano,  il  128."">  (N.  del  28  Luglio). 

(2)  V.  il  Giorn.  La  Croce  di  Savaja,  N.  129.  —  Né  i  poveri  prigionieri 
si  rimasero  dal  protestare:  e  nel  volume  dei  Ducumenti  del  La  Masa  a 
p.  264  e  65  si  legge  la  loro  dignitosa  protesta.  Ma  la  loro  fu  vox  clamantcs 
in  deserto  e  presso  il  Borbone  e  presso  l'Inghilterra,  che  di  dolersene  a- 
vrebbe  avuto  non  solo  diritto,  n)a  ])nr  dovere,  perchè  all'ombra  della  sua 
bandiera  era  stato,  a  danno  dei  Siciliani,  consumato  quel  tradimento  ! 

(.3)  Mem.  ecc.  Cap.  XII.  -  E  infatti  con  raccapriccio  Lord  Gladston 
vide  nel  1851  quegli  ergastoli,  e  la  i)oet«ssa  napoletana  Laura  IJcntrice 
Mancini  -  Oliva  gl'indirizzo  la  focosa  Canzone  che  si  legge  nel  bel  volu- 
me delle  sue  poesie,  riboccanti  di  amor  di  patria. 


306  MISCELLANEA 


testé  citato  fece  accuse  acerbissime  ,  nella  severa  sua  Storia,  a 
chi  l'indugio  causò.  Ed  io  mi  stimo  in  obbligo  di  qui  riportare 
la  sola  concliiusioue,  lasciando  da  parte  i  motivi  ai  quali,  secondo 
lo  storico,  dovrebbe  attribuirsi  la  causa  di  quell'indugio  fatale, 
non  essendo  mio  intendimento  di  trascinare  al  terribile  Tribunal 
della  Storia  uomini  jjià  discesi  nel  silenzio  della  tomba!  «Se  il 
Vesuvio  avesse  avuto  gli  ordini  convenienti,  dopo  l'arrivo  di  Sca- 
lia, per  partire  direttamente  da  Milazzo  per  Calabria  ;  se  invece 
di  lasciarlo  nella  rada  di  Palermo  il  giorno  6  e  il  giorno  7  ;  se 
invece  di  spedire  il  Giglio  d^lk  onde  il  giorno  9  in  Favignana  (1) 
per  recarvi  due  sotto  uffi(nali,  si  fosse  spedito  in  uuo  al  Vesuvio; 
se  i  giorni  (>  e  7  dati  immantinente  si  fossero  gli  opportuni  prov- 
vedijuenti  perchè  i  due  vapori  si  fornisser  di  viveri  e  di  carboni, 
il  doloroso  infortunio  di  cader  700  valorosi  siciliani  in  potere  del 
pili  feroce  inimico  della  Sicilia  non   si  sarebbe  sofferto   (2)  ».  E 


(1)  E  in  Fiivignana  due  miei  secoudi  cugini  fiuou  gittati  nel  1857, 
uno  (lei  (inali  vi  lasei(''>  la  vita  il  21  Dicembre  di  quell'anno;  entrambi  ri- 
cordati nella  seguente  mia  epigrafe  : 

1861 

ALLA    MEMORIA    DI    MARIANO   LIZIO 

SINCKUO   E   CIOSTANTK   AMICO    DI    LIBERTÀ 

CHE    BALESTRATO   PER   ESSA   COL   FRATELLO    ANTONINO 

NEL   DURO   SCOGLIO   DI   FAVIGNANA 

VI    LASCIÒ   LA   VITA 

LONTANO    DAI    SUOI    FIGLI    E   DALLA    FIDA    CONSORTE 

BKNEDICBNDO   ALL'iTALIA   E   SOSPIRANDONE    IL   RISCATTO 

ADDI    XXI    DICEMBRE    MDCCCLVII 

SUO   (QUARANTESIMO 

LA    DOLENTE   FAMIGLIA   QUESTA   LAPIDE  CONSAGRÒ 

Si;PERBA    DI    POTER    ADDITARE    IN    MI 

UN    MAKTIKK    MKI.LA     l'AIIUA. 

(2)  L'aj).  XII.  .\1  ('alvi  siiiggi  un'altra  (tsHcvvazioiic,  (lucila  (•!(»('  che 
il  governo  siciliano,  per  iMciiKarc  l'indugio  frapponi*»  a  spedire  al  KiUotty 
i  piroHC4i(i,  nel  Giornale  OJf'.  N.  51,  '>  Luglio,  fece  scrivere  (pianto  rtegu(^  : 
t  fi  venuto  oggi  il  Maggiore  Scalin,  partilo  dal  campo  hìciiIo  Calahrt'Hf  il 
ÌÌ8  e  da  l'aola  il  W>  tjiutjnu».  Poi,  dantlo  altro  colore  ad  inolivo  della  ve- 


MISCELLANEA  307 


questo  infelice  eaito  die  ragione  al  Eibotty,  che  ad  assumere  il 
comando  di  quella  spedizione  avea  mostrato  gran  ripugnanza  (l); 
e  die  r.igioiie  al  Ministro  Inglese  residente  in  Napoli  Lord  Pa- 
pier, che,  edotto  del  vero  stato  delle  cose,  sconsigliava  il  nostro 
Governo  dal  far  quella  spedizione  (2)  ! 

Venendo  ora  a  ciò  che  scrisse  l' insigne  ])atriotta  na|>oletano 
Luigi  Settembrini,  dirò  che,  dopo  aver  egli  narrato  come  «  i  regi 
avessero  stretto  da  ogni  parte  le  Calabrie,  per  opprimere  energi- 
camente la  sollevazione  »,  aggiunge  :  «  i  Calabresi  si  apparecchia- 
vano a  resistere  e  chiesero  ai  Siciliani  i  promessi  aiuti;  e  il  gior- 
no 15  Giugno  (3)  il  piemontese  Ribotty  con  600  Siciliani  (4),  sbarcò 
in  Paola  e  il  giorno  seguente  fu  a  Cosenza  ».  Scrive  poi  che  il 
Eibotty  fece  un  grand'errore  a  niettersi  cosi  tra  il  Nunziante,  il 
Busacca  e  i  due  mari  senza  pensare  ad  un  modo  di  ritirata  ;  e 
che  ìa  {/ente  di  cui  egli  era  a  capo  non  eran  soldati ,  uè  decisa  a 
vincere  o  morire  ».  E  continua  :  «  Se  i  Siciliani  avessero  avuto 
senno  e  preveggenza,  dovevano  mandare  subito  e  prima  dell'ar- 
rivo del  Nunziante  una  forte  mano  d'uomini  a  Reggio  dove  era 
un  debole  presidio,  e  vinto  questo,  facilmente  venire  su  ingros- 
sando ed  occupare  egli  Monteleone,  ma  indugiarono  ed  in  ultinu) 
presero  il  partito  peggiore  di  cacciarsi  |)roprio  in  mezzo  ai  ne- 
mici (5)  ». 

Mi  si  permetta  il  far  qualche  osservazioncella,  così  alla  buona, 
alle  parole  citate. 


nata:  «Ha  riferito  ohe  nelle  provineie  di  Catanzaro  e  Cosenza  le  truppe 
del  tiranno  di  Napoli  occupavan  ftolaniente  Castrovillari  e  Monteleone, 
con  (Ine  colonne  ecc.»  E,  soggiungendo  cosa  non  vera:  «il  Governo 
ha  già  provveduto  di  spedirsi  al  Sig.  Ribotty  nuovi  aiuti  di  (fenti  e  da- 
naro e  munizione  a  fin  di  accelerare  il  corno  d-eqU  avvenimenti  nelle  Ca- 
labrie »  (!)  E  di  nuovo  (che  (]ue8to  <x\'\  premeva)  la  data  del  .5  Lvglìn. 
superflua,  perchè  Vof/gi,  in  un  Giornale  ohe  aveva  in  testa  5  Luf/lio  non 
poteva  sigiùflcare  che  5  Lufflio.  Come  son  facili  i  Governi  a  mostrar  luc- 
ciole per  lanterne,  a  coonestare  la  propria  condotta  ! 

(1)  Calvi,  Mem.  eoo.  p.  297. 

(2)  Calvi,  p.  298. 

(3)  Fu  invece  la  notte  del  13. 

(4)  Erano  invece  7(K). 

(5)  Bicordanse,  V.  I,  p.  305. 


308  MISCELLANEA 


Per  ciò  che  riguarda  il  mancato  senno  e  la  mancata  previ- 
denza, io  non  dirò  (die  a  me  non  darebbe  il  cuore  di  chiamar  dis- 
sennati e  imprevidenti  i  fratelli  Bandiera  ,  il  Pisacane  ,  il  Nico- 
tera,  il  Pellegrino,  il  Bentivegna,  il  Menotti,  sol  perc'iè  l'impresa 
di  questi  prodi  fallì  ;  non  dirò  che  anzi  applicherei  loro  quella 
sentenza  di  Tacito  :  gli  animi  nobilissimi  a  cose  altissime  asj)!- 
rano  (1)  :  ma  non  posso  rimanermi  dal  dire  die  se  la  partenza 
dei  settecento  non  avea  potuto  avv'erarsi  prima  che  il  borbonico 
General  Nunziante,  sbarcato  al  Pizzo ,  con  quattro  mila  uomini 
si  fosse  fermato  in  Monteleone,  non  potevan  certo  i  Siciliani  an- 
dar prima  ad  occupare  Monteleone...  E  prima  non  poteron  essi 
andare  in  Calabria  per  più  ragioni  :  perchè  un'armata  non  può 
spedirsi  in  un  momento  ,  come  si  spedisce  un  pedone  ,  che  un 
breve  periodo  per  l'arrolamento  dei  volontari  e  pel  fornimento 
delle  munizioni  (che  però  furono  impari  al  bisogno)  era  indispen- 
sabile. Al  che  si  aggiunga  che  i  settecento  non  potevano  diretta- 
mente muovei-e  da  Messina  per  le  Calabrie ,  perchè  i  cannoni  e 
le  bombarde  della  Cittadella  (2)  e  della  fortezza  del  Salvatore 
li  avrebbero  fulminati  ;  ma  dovettero  recarsi  i)er  via  di  terra 
in  Milazzo  ed  ivi,  mettendosi  in  mare  sul  Vesuvio,  attendere  il 
momento  propizio  a  poter  prendere  senza  intoppi  la  rotta  di  Pao- 
la (3),  che  ettettivamente  presero  nella  mezzanotte  dell'undecimo 
di  Giugno.  Né  i)()i  mancò  un  altro  intoppo,  che  poteva  riuscire 


(1)  Annal.  L.  IV,  38.  -  Anche  l'untore  del  Moryaitic  ^C.  XXVIII,  S8): 

[l  (jeneroso  core 

Coxe  mat/ne  ricerca,  infin  se  sogna. 

(2)  Quando  un  antico  messinese  scriveva  (a  p.  64  della  M.  dei  noh.  di 
Mess.,  1732),  della  cittadella  «  che  la  rende  og^''^^  h^  P"'  forte  piazza  del 
Regno  di  Sicilia»,  non  pensò  che  IH)  anni  dopo,  Messina  avrehbe  tantx) 
dovuto  Hotfrire  per  essa  !  Dicasi  lo  stesso  di  Pietro  Lanza,  Princ.  di  Scor- 
tila, il  «piale  nelle  Consid.  fiull<(  St.  di  Sic.  <hd  1532  al  1789,  a  p.  165  nel 
1836  scriveva  «la  Cittadella  poter  servire  a  difemlere  e  non  <>;ÌMniniai  ad 
utténdere  lu  cittA  ». 

(3)  k  da  corregger  l'errore  in  cui  cadde  il  mio  conci tUulino  Carlo  (Ge- 
melli, (pnindo  scrisse  :  la  spedizione  moveva  alla  line  la  sera  del  14  Giu- 
gno ralicatu  la  ut  retto  (St.  1,.  V,  p.  3J)4).  Ma  «he  slirtto,  se  da  Milazzo 
andò  u  Paola  f  II  (ìemelli  rredetle  die  Iokmc  andata  direttainente  da  Mes- 
»iuu  a  Pìu)Ih. 


BtìSCELLANEA  30d 


fatale;  e  fu  questo  :  che  verso  l'alba  del  giorno  appresso  il  Co- 
mandante dei  due  legni  Salvatore  Castiglia,  «  scopri  sull'estremo 
orizzonte,  dalla  parte  di  mezzodì,  due  punti  neri,  che  subito  ca- 
ratterizzò per  due  vapori  nemici  ed  un  altro  dalla  })arte  di  tra- 
montana, e  tutti  e  tre  sembrava  facessero  rotta  ad  un  fuoco  co- 
mune verso  i  legni  siciliani  ».  Sicché  questi  dovettero  indietreg- 
giare e  dirigersi  all'isola  di  Lipari,  per  mettersi  sotto  la  prote- 
zione di  quel  castello.  Intanto  levatasi  col  sole  una  densa  neb- 
bia dalla  superficie  del  mare,  furon  perduti  di  vista  dai  nemici; 
ed  ancorarono  presso  Stromboli.  E,  per  liberare  il  Vesuvio  del- 
l'incomodo rimorchio  del  Giglio  delle  onde,  gli  armati  che  in  que- 
sto trovavansi  furono  fatti  riunire  agli  altri  sul  Vesuvio  ;  e  il 
Oiglio  delle  onde  fu  rimandato  a  Palermo  (1).  E  dopo  la  mezza- 
notte del  13  ,  giusta  il  rapporto  semaforico  fatto  al  Governo  di 
Palermo  (2)  i  Siciliani  sbarcarono  in  Paola. 

Quanto  all'essersi  posti  proprio  in  mezzo  ai  nemici  (se  pur  di- 
pendeva da  loro  il  non  farlo  e  non  era  il  farlo  necessità,  il  che 
non  voglio  discutere  )  dirò  che  i  Siciliani  non  solo  nel  proprio 
coraggio  fidavano,  ma  pur  nello  entusiasmo  che  dicevasi  acceso 
nelle  popolazioni  di  Calabria  i)el  conquisto  della  libertà  ;  e  tnt- 
t'altro  aspettavansi  che  di  averli  a  trovare  nel  maggior  numero 
inerti;  la  quale  inerzia  avrebbero  ritrovato  anche  in  Reggio  se, 
come  scrive  il  Settembrini  che  avrebber  dovuto  fare  ,  fossero 
sbarcati  colà;  il  che  non  era  possibile,  perchè  la  Cittadella  ch'è 
tra  Messina  e  Reggio  avrebbe  colato  a  fondo  i  due  piroscafi,  an- 
che a  prescindere  dall'azione  dei  vapori  di  guerra  napoletani  che, 
come  dicemmo,  vi  facevan  (crociera. 

E  che  i  poveri  Siciliani  dovevano  per  necessità  ingannarsi  nel 
credere  già  diffuso  nelle  tre  Calabrie  il  fermento  della  rivoluzione, 
ci  sieno  prova  i  fatti  seguenti. 

In  primo  luogo,  la  lettera  che  si  legge  nel  n.  28  del  Giornale 


(1)  V.  Gio.  Pisani,  Cenni  Biof/r.  di  Giacomo  Longo.  .Mess.  1865,  p.  11. — 
Tutte  queste  notizie  uon  si  leggono  in  nessuna  delle  Storie  della  rivolu- 
zione siciliana. 

(2)  V.  il  Giorn.  Off.  N.  38,  16  Giugno;  e  quel  giorno  si  riconferma 
nel  N.  40  ,  19  :  e  13  si  legge  anche  a  p.  XLVI  del  libro  di  Raffaele  De 
Cesare  Una  famiglia  di  patrioti  1889:  ma  il  La  Farina  scrive:  la  aera 
del  14;  e  lo  ripete  il  Gemelli. 

Arch.  8tor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  21 


310  MISCELLANEA 


Officiale  del  5  giugno  e  che  da  Santo  Stefano  di  Cosenza  era  stata 
diramata  il  22  maggio;  nella  quale  era  detto  :  «  Siciliani,  il  vostro 
aiuto  chiediamo,  non  per  mancanza  di  braccia,  di  cui  abbondia- 
mo, ma  perchè  ci  fornirete  d'artiglieria  e  di  altri  strumenti  da 
guerra.  Sì,  fratelli  !  diteci  cosa  volete  che  noi  da  qui  facessimo 
per  vostro  vantaggio  (;ostà,  perchè  siam  prontissimi;  intanto  cor- 
rete, volate,  giacché  la  vera  Era  d'affrancarsi  è  sonata  !  Uniamoci 
tutti,  e  tutti  insieme  diamo  l'ultimo  assalto  al  tiranno  ecc.  ...  ». 

In  secondo  luogo,  la  notizia  ofiìciale  che  il  3  Giugno  il  Comi- 
tato di  salute  pubblica  in  Cosenza  avea  deliberato  ,  per  la  santa 
causa,  un  armamento  generale  in  tutta  la  Provincia  e  fatte  le  più 
vive  premure  al  Commissario  del  Potere  Esecutivo  di  Messina 
«  pel  sollecito  invio  degli  armati  e  dell'  artiglieria  posti  da  piìi 
tempo  a  disposizione  dei  Calabri  fratelli  (1).  » 

Si  osservi  intanto  :  se  la  lettera  del  Comitato  di  salute  pubblica 
fu  spedita  il  3  giugno  e  se  la  notte  del  13  i  Siciliani  erano  in 
Paola,  aveva  ragione  il  Settembrini  a  lamentarsi  di  alcun  ritardo? 

A  me  sembra  che  no  ! 

Un'altra  prova  in  terzo  luogo  ci  appresta  Giuseppe  La  Farina 
nella  Storia  della  liivoluzione,  quando  enumera  le  notizie  che  ve- 
nivano dalla  Calabria  in  Messina  :  «  Narra  vasi  :  Catanzaro  insurta; 
le  schiere  reali  battute  e  sconfitte  dalle  bande  catanzaresi  e  co- 
sentine; a  Monteleone  la  guarnigione  macellata  dal  popolo;  l' in- 
surrezione i"apidamente  propagarsi  nelle  Puglie,  nella  Basilicata, 
negli  Abruzzi,  Napoli  novamente  tumultuante  (2)  ». 

E  un'altra  prova  ci  dà  il  Calvi,  scrivendo:  «  Un  Plutino,  un 
Romeo,  un  De- Lieto  da  Reggio  avean  promesso  che  all'apparire 
di  una  spedizione  Siciliana,  le  Calabrie  sariansi  levate  in  arme  »; 


(1)  Giorn.  Off.  N.  32.  E  qni  nou  vo'  rimanermi  dal  trascrivere  le  pa- 
role del  8Ìg.  Guanlione  (nella  Spedi:.  Colabrosicula),  delle  quali  però  non 
entro  mallevadore:  «  Il  Ricciardi  dolorosamente  dovette  convincersi  che  il 
:-M)  Giugno  la  città  di  Cosenza,  dimesso  ogni  pensiero  di  rivoluzione,  par- 
teggiava per  Fenlinando  ». 

(2)  Cap.  XI,  p,  253.  Si  noti  :  di  Reggio  nulla  si  dice  :  e  il  Settembrini 
rimproverava  i  Siciliani  di  non  aver  cominciato  l'azione  loro  da  Reggio  ! 
Invi'ce  con  piena  ragione  il  ("rcmelii  deplorò  il  «  nocevole  indugio  dei  Reg- 
giani ad  inttorgere;  e  la  tiepidezza  o  stanchezza  di  quel  Comitato...  »  St. 
L.  V,  p.  896 


MISCELLANEA  311 


sebbene  soggiunga  poi  :  «  uia  non  tardarono  però  a  convincersi 
dell'inanità  delle  loro  speranze,  e  quindi  nei  primi  giorni  di  giu- 
gno in  una  conferenza  tenuta  cogli  emissarj  siciliani  spediti  dal 
Commissario  (del  Potere  Esecutivo)  Piraino  lealmente  dichiarava- 
no che  da  qualche  dimostrazione  in  fuori,  altro  non  era  a  sperarsi 
da  Reggio  e,  per  avventura  dalla  più  gran  parte  delle  calabresi 
popolazioni  (1)  ».  Il  che  però  mal  si  accorda  con  ciò  che  scrive 
il  La  Farina  della  venuta  in  Messina  dei  Plutino,  Romeo,  De-Lieto 
e  Ricciardi  per  affrettare  i  nostri  alla  partenza  (2)  :  e  ciò  farebbe 
credere  aver  Plutino,  Romeo  e  De-Lieto  mutata  sentenza! 

Ma,  stando  alla  seconda  delle  due  notizie  del  Calvi,  sarebbe 
giustificata  la  disapprovazione  dell'avere  il  Governo  siciliano  at- 
tuata quella  spedizione,  generosa  da  un  canto  ed  imprudente  dal 
l'altro  :  e  tale  anche  parve  al  La  Farina,  che  perciò  scrisse  :  <  E- 
rano  non  yìò.  che  700  uomini  ;  si  gittavano  su  di  una  terra  che 
non  conosceano;  pochi  per  vincere,  troppi  per  celarsi  :  senza  ri- 
tirata possibile  in  caso  di  sconfitta  ;  divisi  dalla  Sicilia  per  il 
mare ,  e  di  questo  mare  padrone  il  governo  napoletano  !  »  Ma, 
quanto  al  numero,  è  da  opporre  che  non  sarebbero  rimasti  pochi, 
se  le  popolazioni  calabresi  fossero  insorte  come  falsamente  affer- 
mavasi  d'aver  fatto;  e  forse  allora  non  avrebbe  avuto  luogo  alcun 
bisogno  di  ritirata;  il  che  pure  è  da  opporsi  al  Settembrini.  E 
impresa  imprudente  e  poco  previdente  la  chiamò  il  Gemelli,  che 
pure  ricordò  il  consiglio  del  Napier  a  non  farla  e  le  difiBcoltà  op- 
poste dal  Ribotty  a  farsene  duce.  Non  tralascia  però  di  chiamar 
yenerosi  coloro  che  arditi  furon  di  assumerla  (3). 

Ma  ciò  che  nel  Settembrini  piìi  spiace  è  la  sentenza  che  i  Si- 
ciliani della  spedizione  non  erano  gente  decisa  a  vincere  o  morire  ! 
Il  Settembrini  ignorava  ch'eran  fra  essi  di  coloro  che  aveano  avuto 


(1)  Gap.  XII.  p.  295  nota  2.  Dice  presso  h  poco  lo  stesso  il  Gemelli, 
a  p.  394.  Ed  anche  1'  autore  della  Italia  —  Storia  dei  due  anni  1848-49 , 
C.  Augusto  Vecchi,  dopo  aver  accennato  la  generosa  sfida  del  12  Gennaro 
fatta  a  Palermo  dal  popolo  alle  truppe  napoletane ,  poco  esattamente 
scrivea  che  le  Calaìrrie  erano  in  piena  rivoluzione  (L.  II,  p.  36,  ediz.  2, 
Tor.  1856). 

(2)  8t.  Docum.,  p.  253. 

(3)  St.  p.  418. 


312  MISOELLANEA 


tanta  parte  nella  generosa  sfida  del  12  Gennaio  alle  truppe  na- 
poletane in  Palermo  e  di  quegli  altri  che  il  29  Gennaio  e  nei  dì 
susseguenti,  pugnando  in  Messina  da  leoni,  avean  fatto  miracoli 
di  valore  nello  spazzar  dalla  città  le  soldatesche  borboniche  e 
nell'assalto  dei  muniti  castelli  di  Rocca  Guelfonia,  di  Gonzaga  e 
di  Porta  Real  Basso  che,  avendo  di  fronte  la  Cittadella  e  l'altra 
fortezza  del  Salvatore,  esponevan  gli  assedianti  al  fulminar  dei 
cannoni  e  delle  bombarde  omicide  ! 

E  certo  se  l'insigne  uomo  il  quale,  come  fu  geniale  scrittore, 
COSI  fu  d'animo  squisitissimo  ed  anche  martire  della  patria,  avesse 
avuto  pili  esatti  ragguagli  delle  condizioni  d'animo  in  cui  erano 
i  Calabresi  quando  giunsero  a  loro  i  Siciliani  e  della  bravura  di 
questi,  avrebbe  tutt'altro  giudizio  enunciato  sopra  i  medesimi. 

E  perchè  meglio  si  vegga  se  i  Siciliani  eran  (/ente  decisa  a  vin- 
cere o  morire  e  se  il  tentativo  di  liberar  la  Calabria  andò  fallito 
per  colpa  loro,  siccome  ha  voluto  strombazzare  più  d' uno  ,  gio- 
verà il  trascrivere  un  brano  di  lettera  spedita  da  un  membro  della 
ragguardevole  famiglia  D('-Lieto  di  Sant'Eufemia  al  Commissario 
del  Potere  Esecutivo  di  Messina  :  «  Da  persona  rimarchevole  ve- 
nuta dalla  Provincia  di  Catanzaro  ho  saputo  che  un  certo  Gallo 
di  Castro villari,  tradendo  la  causa  della  patria,  s'era  messo  in  se- 
greti accordi  con  Busacca.  A  meglio  riuscire  in  questo  assassino 
scopo,  disseminò  fra'  militi  che  le  differenze  col  governo  di  Na- 
poli eran  tutte  composte ,  non  esservi  piìi  bisogno  di  battersi, 
I>otersi  ognuno  ritirare  alle  proprie  case.  Così  è  spiegabile  che 
Busacca  abbia  potuto  occupare  Castro  villari.  Alcuni  giovani  ar- 
denti ,  diffidando  delle  i)arole  del  Gallo  ,  erano  riusciti  a  nova- 
mente  riunire  le  forze,  sicché  non  appena  occupata  Castro  villari, 
Bu8a<;ca  venne  circondato  dall'armata  Calabro-Sicula  con  alla  te- 
sta Ribotti,  il  <]uale  sconfisse  comjìletamente  il  nemico,  uccidendo 
3()0  dei  1500  soldati  che  formavano  la  divisione  Busacca.  La  vit- 
toria è  degna  di  tutta  la  possibile  lode  pel  riflesso  che  il  nemico 
si  trovava  trincerato  nella  città  di  Castrovillari.  L'attacco  dato 
dai  nostri  si  dice  terribile  ed  impetuoso  oltre  ogni  credere.  L'emù 
lazionv  di  valore  tra  i  tSiciliani  ed  i  Calabresi  si  promulga  indescri- 
vibilmente. Lo  sprezzo  del  pericolo  era  il  solo  ed  unico  sentimento 
che  animava  v  spingeva  tutti  i  prodi  che  preser  parte  in  così  memo- 
rcmdu  giornata  (1).  »  Queste  affermazioni  di  persona  non  siciliana, 


(1)  Giorn.  Off.,  N.  48,  1  Luglio. 


MISCELLANEA  313 


ma  calabrese  valjjano  per  le  molte  altre  che  qui  si  potrebbero 
riferire. 

Ma  le  parole  del  Settembrini  sono  oro  di  coppella  rispetto  ad 
alcune  altre  che  leggonsi  in  una  lettera  di  Carlo  Poerio  (al  fra- 
tello Alessandro),  quel  Poerio,  il  cui  patriottismo  doveva  poi  esser 
punito  dal  Borbone  con  le  orrende  prigioni  di  Castel  dell'  Ovo, 
Nisida,  Ischia,  Montefusco  e  Montesarchio,  inferno  di  vivi:  «  I  Sici- 
liani sono  stati  solleciti  (1)  d'inviare  quasi  tre  mila  (2)  uomini  in 
Calabria;  e  ciò  pel  triplice  vantaggio  :  di  disfarsi  de'  piìi  facinorosi 
tra'  Bonachi;  di  sovvertire  il  nostro  regno.  .  .  (3).  »  Ma  perchè 
trascrviere  (dico  a  me  stesso)  parole  che  starebbero  bene  in  tut- 
t'altro  labbro  che  in  quello  di  un  membro  della  famiglia  Poerio, 
sì  benemerita  della  patria?.  .  .  I  più  facinorotsi  tra'  Bonachi  (si- 
nonimo di  scavezzacolli)  eran  dunque  i  Siciliani  andati  a  spezzar 
le  catene  dei  fratelli  Calabresi  !.  .  .  E  vi  andarono  a  sovvertire 
il  regno  di  Napoli  f.  .  .  Quando  poi  nel  fine  di  quella  lettera  il 
Poerio  dice  :  «  Intanto  il  loro  arrivo  ha  dato  il  carattere  della 
pili  truce  ferocia  a  quella  guerra  civile  ,  e  Dio  sa  come  la  cosa 
andrà  a  finire  »,  (parole  acerrime  che  non  avrebbe  osato  dire 
il  nemico),  Carlo  Poerio,  che  vide  nella  sua  fantasia  la  guerra  ci- 
vile, fa  toccare  con  mano  che  i  Siciliani  furon  tutt'altro  che  fe- 
steggiati in  Calabria  ;  e  riconferma  luminosamente  che  dal  più 
dei  Calabresi  (e  Calabrese  era  il  Poerio)  non  furon  gradite  le  loro 
intenzioni  fraterne  ! 

Ma  c'è  ancora  un'altra  lettera  (perchè  non  dirlo!)  molto  più 
nauseante  della  sopra  citata.  Egli  la  scrisse  il  22  luglio  al  fra- 
tello, non  pensando  certamente  che  un  giorno  sarebbe  stata  resa 
di  ragion  pubblica  !  «  Avrai  saputo  dai  fogli  la  cattura  dell'eser- 
cito liberatore  inviatoci  dalla  Sicilia,  cioè  645  individui  (4)  !  »  Dio 
benedetto  !  Anche  l'oltraggio  dell'ironia  a  quei  generosi ,  cui  la 
propria  sventura  non  intiepidiva  l'amore  alla  causa  italiana,  sic- 
ché nell'aprile  1849  trovaron  modo  di  spedire,  dalle  segrete  di 
Nisida  ,  un  sussidio  di  Ducati  Sessantatre ,  vergognando  di  non 
poter  mandare  di  più,  per  soccorso  aU- eroica    Venezia  (5).  E  que- 


(1)  Il  Settembrini  invece  si  lamentava  d'indugio  ! 

(2)  Erano  700. 

(3)  Leti,  e  docum.,  ecc.  p.  311. 

(4)  Op.  cit.,  p.  156. 

(5)  V.  il  Giorn.  Off.  A.  II,  N.  79;  7  Apr. 


314  MISOELLANEA 


sto  oltraggio  lanciava  loro  il  Poerio ,  quand'  essi  erano  stati  se- 
polti vivi  in  umidi  antri  puzzolentissimi  e  privi  d'aria  e  di  luce 
e  quando  centinaja  di  famiglie  piangevano,  per  la  cattura  di  essi, 
lagrime  di  sangue  !  Or  tanto  odio  aveva  in  cuore  il  Poerio  pei 
Siciliani  ?  E  che  male  gli  avevan  fatto  f .  .  .  Io  son  sicuro  però 
che  il  Poerio,  quando  sperimentò  le  angosce  del  carcere  (1)  ,  se 
gli  tornarono  in  mente  le  spietate  parole  da  lui  scritte  il  2!3  lu- 
glio 1848,  dovette  provare  non  picciol  rimorso  d'averle  vergato; 
e  comprender  dovette  quale  acerbo  dolore  siano  stati  alle  famiglie 
siciliane  i  patimenti  dei  figli  loro  entro  il  carcere  ,  egli  la  cui 
madre,  per  siffatto  dolore,  alla  prigionia  del  caro  figlio,  impazzi  I 
Or  chi  avrebbe  detto  al  Poerio ,  quando  quelle  parole  gli  scap- 
parono dalla  penna  :  saprai  anche  tu  che  sia  1'  essere  carcerato 
politico  e  lo  saprà  pure  la  madre  tua,  che  per  te  smarrirà  il  senno? 

Oscure  ed  inescrutabili  sono  le  vie  della  vita  ! 

Alle  parole  del  Settembrini  e  del  Poerio  sieuo  risposta  i  se- 
guenti periodi  che  tolgo  dal  i)regevole  volume  del  Ch.  De  Cesare 
una  famiglia  di  patrioti. 

«  Ricorda  Domenico  Morelli  che  i  suoi  zìi,  non  ostante  fossero 
liberali  sinceri,  erano  contrarj  al  movimento,  giudicandolo  folle, 
e  a  mani  giunte  sconsigliavano  il  Ricciardi  e  i  suoi  amici  dal 
tentarlo  (2)  »  —  «  I  propositi  dei  rivoluzionarj  calabresi  rasenta- 
vano l'assurdo.  Le  popolazioni  del  regno  erano  terrorizzate  dai 
fatti  del  15  maggio  (3)  »  —  Ferdinando  non  ebbe  paura  dell'insur- 
rezione calabrese,  e  rivolse  ogni  sua  cura  a  soffocarla.  L'esercito 
gli  era  devoto,  devoto  il  clero,  devote  le  plebi  (4)  »  —  «  La  forza 
rivoluzionaria  nelle  Provincie  di  Reggio  e  Catanzaro  era  costituita 
da  volontari  reclutati  fra  contadini.  .  .  senza  divisa,  senza  rudi- 
mentale pratica  militare.  .  .  Gente  raccogliticcia,  non  era  in  grado 
di  sostenere  l'urto  di  milizie  regolari,  e  si  perdeva  d'  animo  in- 
nanzi al  pericolo  (5)  »  —  «  Non  è  da  far  meraviglia   se ,  sbarcati 


(1)  Ciò  avvenne  il  17  Luglio  1849. 

(2)  Pag.  XXXVL 

(8)  L.  e.  —  Ecco  la  gran  ragione  della  inerzia  dei  Calabresi  della  quale 
io  ho  parlato  ! 

(4)  Pag.  XXXVII. 
(0)  Pag.  XLIV. 


MISCELLANEA  3l6 


i  Siciliani  a  Paola,  cominciarono  ,  da  parte  loro ,  i  primi  disin- 
ganni (1)  »  —  Il  Ribotti,  sbarcando  in  Calabria,  aveva  provato  una 
triste  disillusione.  AIU  cose  asserite  non  corrispondeva  la  realtà  (2)» 
—  «  Da  Cosenza,  dove  ebbe  calde  accoglienze  (3)  e  la  nomina  di 
Generale  in  capo  dell'esercito  Calabro-Sicnlo,  inviò  un  primo  rap- 
porto al  ministro  della  guerra  e  marina  di  Sicilia  con  parole  di 
dubbio  circa  la  capacità  di  opporre  resistenza  al  nemico  (4).  » 

E  dopo  la  giornata  di  Castrovillari ,  alle  armi  nostre  favore- 
vole, il  Eibotty  COSI  scriveva  al  Ministero  di  Sicilia  :  «  Una  volta 
usciti  da  Cosenza,  non  vi  è  più  un  paese  in  armi  per  difendere 
la  libertà.  Tutto  è  spavento,  tutto  è  sgomento.  Arrivati  in  faccia 
al  nemico,  lo  attacchiamo  ed  è  respinto  ;  ma  non  possiamo  pro- 
fittare della  vittoria  ,  perchè  due  corpi  calabresi  ben  piazzati  per 
prendere  i  regi  di  fianco,  restarono  con  le  armi  al  braccio 
SENZA  MUOVERSI  »,  E  il  Ribotty  alludeva  alle  compagnie  di  Do- 
menico di  Mauro  a  Campotenese  (5)  rimaste  inoperose  ,  mentre 
gli  altri  combattevano  ardentemente  là  in  Castrovillari.  Conti- 
nuava il  Ribotty  :  «  Il  nemico  è  forte,  ed  i  nostri  non  trovano  sim- 
patia, sono  di  un  terzo  più  deboli,  senza  munizioni  e  senza  spe- 
ranza di  trovarne  ». 

Il  De  Cesare  dice   poi   che  ,  avendo    (nel  1889)  interrogato  il 


(1)  L.  e. 

(2)  Pag.  XLVIII. 

(3)  E  l'unica  volta  fu  quella;  ed  egli  non  mancò  di  ringraziarne  1  Ca- 
labresi col  seguente  programma,  pubblicato  il  16  Giugno  :  «  Il  sentimento 
della  fratellanza  ci  lia  guidato  nelle  Calabrie.  Un'eco  potentissima  ci  ri- 
spondeva jer  sera,  che  comprendeva  l'intera  Cosenza  e  sorgeva  dai  petti 
di  questa  generosa  popolazione.  1  Siciliani  non  diaienticheranuo  giam- 
mai la  sera  del  15  Giugno,  come  non  dimenticheranno  i  vicini  giorni,  in 
cui  uniti  ai  Calabresi  mieteranno  palme  di  gloria  sulle  rovine  della  ti- 
rannide »  (V.  il   Giorn.  Off.  N.  48,  1   Luglio). 

(4)  Pag.  XLVIII. 

(5)  Il  giudizio  che  del  di  Mauro  diede  il  Gemelli  fu  questo  :  «  Egregio 
cultore  delle  Muse  ed  inespertissimo  soldato  (p.  397).  »  Ma  questo  non  ci 
dà  ragione  della  fatale  inerzia  in  cui  egli  lasciò  le  sue  compagnie  che 
pur  doveano  combattere  a  prò  della  patria  !  E  perciò  la  cosa  meno  a  lui 
disonorante  è  a  dirsi  questa,  che  cioè  la  causa  ne  fu  (luella  che  a^  sui 
due  famosi  antichi  poeti,  greco  l'uno,  latino  l'altro  ! 


316  MISCELLANEA 


Generale  Giacomo  Longo  «  già  compagnt)  del  Eibotty  e  glorioso 
avanzo  di  quella  spedizione  che  gli  valse  condanna  di  morte  e 
poi  un  ergastolo  peggiore  della  morte  (1)  »,  ebbe  da  lui  conferma 
della  verità  di  ciò  che  il  Ribotty  aveva  allora  affermato.  E  sog- 
giunse che  assai  penosa  fu  l'impressione  che  si  ebbe  quest'ulti- 
mo appena  giunto  in  Calabria,  perchè  il  paese  non  solo  non  era 
in  rivoluzione,  ma  neppure  in  fermento  ed  era  in  uno  stato  d'in- 
certezza e  quasi  di  terrore  ! 

Dopo  tutto  questo ,  domando  io  :  con  qual  giustizia  si  volle 
del  cattivo  successo  far  ricadere  la  colpa  sopra  i  nostri  Siciliani  ! 
Con  qual  giustizia  il  Ricciardi  nella  sua  Storia  documentata,  non 
pago  di  averne  incolpato  (e  giustamente)  Domenico  Mauro, 
che  a  Campotenese  non  combattè,  ne  die'  pur  colpa  al  Ribotty  (2)?  » 

Credo  qui  utile  intanto  il  riportare  il  giudizio  del  nostro  Ge- 
neral Longo  sul  Generale  Ribotty,  siccome  ne  riferisce  il  De  Ce- 
sare :  «  Uomo  d'  armi  avvezzo  a  comandare  soldati  disciplinati, 
come  li  aveva  comandati  in  Portogallo  e  in  Ispagna  ,  aveva  un 
ben  diverso  concetto  di  far  la  guerra  di  quello  che  poi  acquistò 
in  Calabria,  dove  mancava  tutto  :  armi,  viveri,  disciplina,  spirito 
militare  e  concordia  nei  capi  della  insurrezione.  Se  non  si  spinse 
innanzi,  dopo  la  giornata  di  Castrovillari ,  fu  perchè  non  aveva 
fiducia  nella  gente  raccogliticcia  cui  diceva  di  comandare  ,  e  i 
siciliani  erano  troppo  pochi  (3).  Recherò  poche  altre  righe  del  De 
Cesare  :  «  Ribotty  ordina  la  ritirata ,  che  si  compie  in  ordine  dai 
siciliani  e  in  grandissimo  disordine  dalle  compagnie  calabresi.... 
Si  compiva  la  ritirata  delle  forze  insurrezionali  che,  tranne  il  nu- 
cleo dei  siciliani,  si  sbandavano  per  via  ,  portando  il  terrore  nei 
paesi  dove  giungevano  (4)  ». 


(1)  E  poi  ne  uscì ,  dopo  12  auni  di  niartirj  ,  insieme  con  Carlo  Delli 
Franci,  anch'egli  messinese,  nel  1860  :  e  in  quella  occasione  la  poetessa 
Mancini-Oliva  scrisse  una  delle  sue  bellissime  liriche. 

(2)  Ricavo  questa  notizia  dal  libro  del  de  Cesare,  non  essendomi  riu- 
scito di  trovar  copia  del  libro  del  Ricciardi }  del  quale  fra  i  vari  Docu- 
menti pubblicati  dal  Sig.  Guardione  ò  una  lettera  all'Amari,  in  cui  egli 
investe  fieramente  il  Ribotty,  dicen<lo  però  che  tutti  rendevano  giustizia 
alle  buone  disponizioni  dei  Siciliani  (Op.  cit.  V,  II,  p.  80)< 

(8)  Pag.  L. 

(4)  Pag.  LI!.  — Il  terrore  adunque  aon  lo  portavano,  o  meglio  appor- 
tavano, i  Biciliani  ! 


MI8GELLANEA  317 


Valgjilio  questi  passi  del  De  Cesare,  storico  non  siciliano  ,  e 
quindi  non  soggetto  ad  accusa  di  parzialità,  a  dissipare  le  male 
voci  che,  come  vedemmo,  son  corse  a  disfavore  della  spedizione 
dei  settecento  che  mossero  da  Milazzo  in  aiuto  dei  fratelli  Ca- 
labresi. 

Ed  alle  autorevoli  testiiDonianze  del  De  Cesare  son  lieto  di 
aggiungere  quella  di  un  altro  calabrese,  il  quale,  parlando  della 
infelice  condizione  in  cui  essi  trovavansi ,  quando  la  imponente 
armata  dei  Generali  borbonici  Lanza  e  Busacca  dieci  volte  mag- 
giore movea  contro  di  loro,  scrisse  indignato  così  :  «  GÌ'  infelici 
Siciliani  circondati  da  un  sì  formidabile  nembo  di  guerra,  si  ri- 
oolftero  a  Catanzaro,  sperando  esxer  ricevuti  fra  le  sue  mura,  ed  in 
chiusa  e  popolosa  città  ridestare  l'incendio.  Ma  Catanzaro  chiuse 
loro  le  porte,  e  solo  oflfrì  tenue  sussidio  di  denaro  come  al  mastino 
si  gitta  lìn  tozzo  di  pane.  In  tal  modo  s'insultavano  uomini  prodi 
venuti  in  nostro  aiuto  e  che  a  pugnare  per  noi  abbandonato  aeeano 
la  patria,  le  domestiche  dolcezze,  le  dilette  consorti  e  i  teneri  figli. 
Essi  in  tal  modo  incalzati  e  da  tutti  rejetti,  marciando  in  ordine 
di  battaglia,  giunsero  alle  sponde  del  Jonio  ecc.  .  .  (1)!  » 

Ma  d'un'altra  melensaggine  ancor  mi  resta  a  parlare  ,  quan 
tunque  torte  m'incresca  di  andarmi  ancora  tra  tanta  miseria  rav- 
volgendo !  Questa  melensaggine  si  appartiene  a  un  Avv.  Lupis- 
Crisafl  ,  il  quale  ingemmò  la  sua  Cronaca  di  Grotteria  (2)  della 
grottesca  accusa  che  i  disertori  Siciliani  avean  fatta  ,  com'  egli 
dice  elegantemente,  abortire  la  protesta  annata  alVeecidio  del  lo 
maggio;  quel!'  eccidio  che  invaso  avea  di  terrore  gli  animi  tutti 
in  Calabria! 

Ma  la  causa  dell'afeorto  vo'  che  la  dica  il  citato  Pisani ,  che 
fu  uno  dei  piìi  egregi  membri  di  quella  spedizione  :  «  Cosenza, 
colle  sue  strade  alpestri  ed  anguste,  più  che  in  rivoluzione,  sem- 
brava una  città  deserta.  .  .  Invece  dei  due  terzi  dei  Deputati, 
del  Governo  provvisorio  e  dei  congedati  [)rome88Ì,  ivi  non  si  trovò 
che  un  Comitato  rivoluzionario,  composto  di  tre  sole  persone  e 
privo  quasi  completamente  di  autorità.  Comitato  il  quale  fu  la  causa 
precijrun  che  la   spedizi^n^'  siciliana    andasse  a  male  ,    poiché  esso 


(1)  St.  della  Bivol.  del  Di*ir.  di  Nicasiro  narrata  da  G.  P.  —  Catane, 
tip.  Munic.  1882,  p.  115. 

(2)  Geraci  Marina,  1887,  p,  241. 


318  MISCELLANEA 


tanto  disse,  pregò  ed  implorò  che  indusse  il  Ribotti ,  invece  di 
entrare  subito  nella  provincia  di  Catanzaro,  a  rivolgersi  dal  lato 
opposto  sopra  Castrovillari,  dove  trovavasi  la  colonna  del  Gene- 
i-ale  Busacca,  e  mettere  il  campo  a  Spezzano  Albanese,  posizione 
naturalmente  e  strategicamente  formidabile.  Lì  fu  impossibile  in- 
tendersi con  i  capi  del  Campo  di  Campotenese,  i  quali  non  vol- 
lero per  nulla  ubbidire  agli  ordini  del  Ribotti,  che  dal  Comitato 
di  Cosenza  era  stato  nominato  Comandante  Generale  dell'  eser- 
cito Calabro- Siculo  (?!),  ne  a  quelli  del  Comitato  stesso.  Da  quel 
giorno  la  spedizione  siciliana  fn  fatalmente  compromessa.  Ritornare 
indietro  e  procedere  per  Catanzaro  non  era  più  possibile  :  i  ne- 
mici si  sarebbero  tosto  impadroniti  di  quella  importante  posizione 
e  con  ogni  forza  avrebbero  molestato  la  nostra  ritirata  :  muovere 
contro  Castrovillari  con  soli  700  uomini  e  7  pezzi  d'  artiglieria, 
senz'essere  spalleggiati  dalla  popolazione  era  stoltissima  impre- 
sa (1)  ».  E  questo  Jia  suygel  che  ogni  uomo  sganni  I 

Ecco  ciò  che  ricavarono  i  poveri  Siciliani  dal  loro  amore  alla 
libertà,  dal  loro  patriottico  entusiasmo,  dalla  lor  bonissima  fede, 
dall'aver  voluto  offrire  il  proprio  sangue  pel  riscatto  dei  calabresi 
fratelli,  che  il  loro  aiuto  invocarono  e  dall'aver  tìnalmente  espiato 
sifEatte  colpe  nel  duro  carcere,  con  al  pie  la  catena,  senz'aria,  senza 
luce  e  senza  riposo  e  con  nutrimento  da  bestie  ! 
Adunque  il  guadagno  loro  fu  questo  : 

1.  Di  essere  giudicate  persone  prive  di  senno  e  di  previdenza 
e  non  decise  a  vincere  o  morire. 

2.  Di  esser  considerati  come  appartenenti  alla  non  invidiabile 
classe  dei  più  facinorosi  Bonachi. 

3.  Di  essere  andati  in  Calabria  a  «  dare  il  carattere  della  più 
truce  ferocia  alla  guerra  civile  ;  e  a  sovvertire  il  regno  napoli- 
tano. * 

4.  Di  essere  dichiarati  disertori. 

5.  Di  aver  fatto  abortire  in  Calabria  la  protesta  armata  ecc.... 
Sicché  qualora  ai  predetti  tre  giudici  fosse  stato  commesso  il 

pronunziar  la  sentenza  contro  i  rei  ,  se  a  giudizio  dell'  uno  essi 
avrebbero  avuto  il  manicomio,  a  giudizio  degli  altri  la  pena  che 
già  si  ebbe  il  (>aracciolo  sarebbe  stata  la  pena  loro  !  .  .  . 

Or  quando  sì  pensa  che  le  scene  delle  quali  si  è  stati  spetta- 


ti) Opime,  oit.,  p.  12. 


MISCELLANEA  319 


tori  nel  teatro  del  mondo  sono,  o  per  mala  fede  o  per  leggerezza 
o  per  ignoranza  o  per  incuria  (come  nel  caso  nostro)  o  per  oc- 
culto fine,  soggette  a  gravi  alterazioni  nella  bocca  di  chi  se  ne  fa 
narratore,  si  sarebbe  tentati  a  negare  ogni  fede  alle  antiche  me- 
morie e  a  divenir  seguaci  di  chi  faceva  argomento  di  un  libro  la 
inutilità  ed  incertezza  della  Storia! 

È  gran  fortuna  però  che  le  nobili  gesta,  non  ben  conosciute 
da  chi  ne  giudica  e  talora  calunniate  o  deturpate  comecchessia 
da  penne  intinte  nell'inchiostro  della  menzogna  ,  trovan  sempre 
chi  le  rivendichi  dalla  ingiustizia  dei  givdizj  del  mondo  (1),  avve- 
randosi pienamente  ciò  che  dice  il  poeta  : 

Questa  nostra  mortni  caduca  vista 
Fasciata  è  sempre  d'un  oscuro  velo, 
E  spesso  il  vero  scambia  alla  menzogUM. 
Poi  si  risveglia,  come  fa  chi  sogna  (2). 

( 'ouchiudendo  quest'umile  scritto,  dirò  che  la  spedizione  dei 
settecento  non  meritava  di  essere  denigrata,  ]>erchè  figlia  di  quello 
entusiasmo  che  non  vede  pericoli,  per  raggiungere  un  bell'ideale; 
e  perchè  generosa  ,  essendo  che  distraeva  una  forza  viva  dalla 
difesa  del  proprio  luogo  natio,  esposto  a  tutte  le  insidie  del  fe- 
roce ed  agguerrito  nemico.  Ma  il  non  felice  esito  che,  per  altrui 
colpa,  se  n'ebbe  non  dava  dritto  a  nessuno  di  pronunziare  gl'in- 
giusti giudizii  dei  quali  abbiamo  discorso.  No,  non  si  ricambia 
con  la  disistima  e  l'oltraggio  l'  eroismo  di  chi  è  disposto  a  far 
sacrificio  di  se  per  il  bene  dei  suoi  fi-atelli  (3)  ! 


(1)  Colletta,  St.  del  Heawe  di  Nap.  L.  X,  25. 

(2)  Pulci,  Morg.  Magg.,  C.  XXVIIl,  35. 

(3)  Essendomi  venute  in  mano  due  lettere,  concernenti  la  spedizione 
dei  settecento,  ho  pensato  di  pubblicarle  come  documenti  opportuni  alla 
circostanza.  L'una  mi  fu  scritta  il  12  gennaio  1886  da  Carlo  Pisano ,  al- 
lora Sottoprefetto  del  Circondario  di  Piazza  Armerina  e  che  fece  parte 
della  spedizione  con  gli  altri  due  fratelli  Enrico  e  Giovanni;  l'altra  il  1 
marzo  1890  da  Francesci»  Pignatari  fu  Domenico,  di  Monteleone-Calabro, 
fervido  liberale,  allora  novant^^nne. 

La  prima  è  questa  : 

«  .        .        .        .  Mi  è  caro  che  Ella  ,  nel   suo  opuscolo  ,  ricordi  due 


320  MISdEiLLANBÀ 


nomi  di  patrioti  che  io  ho  ben  presenti  alla  mia  memoria.  .  .  .  Giovanni 
Lizio-Bruno  e  Gaetano  Brnno,  i  quali  nel  48  fecero  parte  di  quella  credo 
non  dimenticata  quanto  arditii  spedizione  nelle  Calabrie  ....  Li  ricordo 
ancora  nel  temerario  disbarco  nella  rada  di  Paola,  compiuto  in  barba  a 
tre  navi  da  guerra  borboniche  :  li  ricordo  nella  battaglia  presso  Spezzano 
Albanese ,  (juando  aifin  di  prendere  alle  spalle  il  nemico  ,  si  guadava  il 
tìume  con  tale  slancio  che  solo  l'entusiasmo  può  dare;  e  ricordo  Gaetano 
Bruno  e  Nicolò  Scotto  (1)  nella  battaglia  presso  Castrovillari  ....  » 

E  questa,  la  seconda  : 

«  .  .        .  Quantunque  novantenne,  serbo   chiara   e   vivissima 

memoria  dei  fatti  e  delle  persone  che  hanno  preso  parte  e  vennero  com- 
piendo l'indipendenza  della  nostra  patria  ....  tutta  la  mia  vita  l'ho 
spesa  a  prò  della  causa  della  libertà,  e  fin  dal  1820  non  vi  fu  fatto  a 
cui  non  avessi  avuto  parte. 

Ricordo  adunque  benissimo  che  i  Siciliani  veimti  in  nostro  aiuto  nel 
48  erano  persone  stimate,  educate,  possessori  di  molto  denaro  proprio ,  e 
vennero  a  combattere  per  sentimento  di  amor  patrio  ...  Io  ne  conobbi 
molti  e  fui  in  relazione  con  Francesco  Caminiti,  il  quale  anche  prima 
della  rivoluzione  venne  qui  come  emissario  e  fu  ricevuto   da  me  ...» 

Ciò  dimostra  che  i  Siciliani  uon  eran  Bonaehi  siccome  s'immaginava 
Carlo  Poerio,  cui  sii  terra  levisi 

Porrò  fine  a  questa  nota  con  dire  che,  quando  il  Tommaseo  scrivea  : 
«  Kagguardevole  terra  la  Sicilia  e  delle  più  illustri  nella  storia  del  mon- 
do »,  avrebbe  potuto  aggiungere  :  e  delle  più  bistrattate  e  calunniate  ! 


L.  Lizio  -  Bruno. 


(1)  Nelle  Memorie  Storiche  e  Critiche  il  Calvi  (Cap.  II.  p.  4(5);  parlando», 
della  dimoHtrazione  patriottica  messinese  del  1  Sett.  1847  :  «  Nicola 
Hcotto  .  .  •  ferito  in  una  gota,  trovò,  dopo  non  molto,  il  modo  di  eva- 
dere e  di  Halvarsi  ».  Era  l'istenso  Scotto  di  cui  mi  toccava,  nelht  sua  let- 
tera, il  Cav.  l'iHano;  ed  è  anco  ricordato  con  lode  dal  Gemelli  nella  sua 
Storia. 


GIUSEPPE  VELIA  E  I  SUOI  FALSI  CODICI  ARABI 
CON  UN  DOCUMENTO  INEDITO 


Ohi  si  è  occupato  della  storia  letteraria  di  Sicilia  del  se- 
colo XVIII  e,  principalmente,  chi  ha  letto  il  bellissimo  disegno 
che  un  insigne  storico  ed  erudito  siciliano,  lo  Scinà  (1),  ne  fece, 
non  può  aver  dimenticato  la  singolare  figura  dell'abate  don  Giu- 
seppe Velia  che,  con  l'audacia  delle  sue  geniali  ribalderie,  seppe 
in  breve  volger  di  tempo  torcere  a  sé  le  genti  al  piìì  fallace 
entusiasmo. 

«  Alto  e  complesso  era  della  persona,  colore  avea  pallido  scuro 
occhi  piccoli  e  furbeschi,  e  grave  nell'andare  e  nel  portamento...» 
Cosi  ce  Io  descrive  lo  Scinà  —  il  primo  e  più  vicino  biografo 
del  Velia  —  nel  suo  bellissimo  lavoro,  che  ci  fa  invero  rimpian- 
gere com'egli  oltre  quella  del  XVIII  secolo,  non  avesse  intra- 
preso a  scrivere  la  storia  tutta  delle  lettere  siciliane. 

Egli  è  certo  che  questo  famoso  abate  ,  oriundo  di  Malta  , 
«  parco  e  posato  nel  dire  (2)  »,  dal  fare  umile  e  sommesso,  verso 
la  fine  del  settecento  mise  in  subbuglio  gran  parte  dei  dotti  di 
Europa. 

Pretendeva  egli  infatti  d' aver  trovato  nella  biblioteca  di 
S.  Martino  delle  Scale,  in  vicinanza  di  Palermo ,  un  originai 
testo  arabo,  nel  quale  si  narrava  minutamente  la  storia  degli 
Arabi  durante  il  loro  dominio  in  Sicilia,  periodo  questo,  allora, 
molto  oscuro  di  nostra  istoria,  serbato  alle  indefesse  fatiche  di 
un  grande  siciliano.  Michele  Amari,  che  doveva,  a  distanza  di 
pochi  anni,  trovarvi  sicum  gloria. 


(1)  Domenico  Scinà  l^rospetto   della    Storia    letteraria    di    Sicilia    nel 
m:  XVIII.  Palermo  1859. 

(2)  Scinà,  op.  cit. 


322  MISCELLANEA 


La  voce  di  sì  preziosa  scoperta  corse  il  mondo  ,  suscitando 
prò  e  contro  vivacissime  discussioni;  nessuno  però  poteva  disco- 
noscerne la  grande  importanza,  poiché,  queste  lettere  (il  Velia 
diceva  che  il  testo  arabo  era  in  forma  epistolare)  «  dimostrando 
l'amministrazione,  le  imprese,  i  politici  regolamenti  degli  arabi, 
formavano  il  diritto  publico  di  quei  tempi ,  ed  erano,  secondo 
l'apparenza,  il  più  prezioso  monumento  della  storia  degli  Arabi 
in  Sicilia  (1)  ». 

Opera  vana  e  lunga  sarebbe  il  ricordare  tutti  gli  autori,  che 
nei  loro  scritti  si  servirono  di  queste  famose  lettere  :  non  v'è 
libro  che  parli  di  cose  siciliane,  stampato  in  quel  torno  di  tempo, 
(;he  non  si  riferisca  al  codice  arabo. 

Fra  coloro  che  vi  ricorsero  come  fonti  di  diritto  citerò  solo 
il  Canciani  (2)  che  nelle  Lege.s  barbarorum  antiquae  pubblica  le 
Gonstitutioiiets  ab  arahibus  latae  in  usum  Regni  Sieiliae,  tolte  da  quel 
che  scritto  e  publicato  aveva  il  Velia,  e  Francesco  Paolo  di  Blasi 
che  ne  fa  pure  menzione  nella  Prefatio  alle  Pragmaticae  iìancti4)- 
nen  regni  Siciliae  (3). 

10  non  istarò  qui,  o  Signori,  a  narrare  coi  piti  minuti  parti- 
colari la  storia  del  Velia  e  dei  suoi  codici,  che,  e  fuori  uscirei 
dal  mio  i)roposito  ,  e  poco  invero  avrei  da  aggiungere  a  quello 
già  noto.  Rinvio  dunque  al  cap.  IV  del  libro  dello  Scinà ,  chi 
avesse  curiosità  di  conoscere  coi  minimi  dettagli  ciò  ch'io,  som- 
mariamente, andrò  ricordando. 

Possessore  di  due  volumi  arabi  fabricati  dal  Velia,  e  d'  una 
interessante  lettera  autografa  inedita,  mi  si  è  porto  il  destro 
d'esumare  questo  vecchio  episodio  della  storia  delle  lettere  sici- 
liane con  la  sc-orta  di  questi  nuovi  documenti ,  che  confermano 
ancora  una  volta  tanta  falsità. 

Né  ciò  sembri  opera  alfatto  inutile,  poiché  dal  1784  sino  ad 
oggi,  i  difensori  e  gli  apologisti  del  Velia  non  mancano. 

11  Mira,  fra  gli  altri,  nel  suo  dizionario  bibliografico,  ci  rende 
noto  «  che  una  società  di  arabisti  oltramontani  ha  riconosciuto 
(»ic)  la  veridicità  del  codice  velliano  ».  E,  più  recentemente  ,  il 


(1)  Scinà,  op.  cit. 

(2)  Volume  V  -Anno  17H2. 
(8)  Tomo  1-1791. 


MISCELLANEA  323 


Marchese  Fabio  Pallavicini,  nientemeno  che  su  V Archivio  storico 
italiano  (1)  pubblica  l'el(»gio  del  Velia  a  [)roposito  del  rinveni- 
mento di  alcuni  documenti  genovesi,  sincroni  ai  fatti  narrati  nel 
Codice  diplomatico  di  Sicilia. 

Oggi,  dopo  il  lavoro  del  Lagumina  (2),  nessuno  può  più  du- 
bitare che  il  famoso  testo  arabo,  a  cui  accenna  il  Mira,  contenga 
1»  vita  di  Maometto,  piuttosto  che  la  storia  degli  Arabi  di  Sicilia 
come  asseriva  il  Velia. 

In  quanto  ai  due  volumi  da  me  posseduti,  1'  egregio  profes- 
sore Nallino,  delFUniversità  di  Palermo,  li  ha  dichiarati  addi- 
rittura falsi;  una  vera  ghiottoneria  per  un  appassionato  biblio- 
filo. Ed  infine,  ancora  una  prova  di  (juesta  solenne  impostura 
ce  la  fornisce  il  Velia  medesimo  nella  lettera  autografa  eh'  io 
adesso  riferirò  e  nella  quale  egli,  pui-  difendendosi,  finisce  col- 
Faccusarsi  ! 


11  Velia  capitato  in  Sicilia  verso  la  seconda  metà  del 
sec.  XVIII,  semplice  cappellano  dell'ordine  gerosolimitano,  era 
riuscito  ad  ottenere,  oltre  un  pingue  assegno  annuo ,  1'  abltazìa 
di  S.  Pancrazio  (3). 

Ed  in  vero  non  ci  sarebbero  state  mai  bastevoli  rimunera- 
zioni se  indiscussa  fosse  rimasta  la  verità  di  ciò  ch'egli  asseriva  ! 

Tenuto  in  alta  considerazione  da  principi,  prelati  e  da  dotti, 
egli  ebbe  il  suo  quarto  d'ora  di  celebrità,  e  financo  il  Papa,  al- 
lora Pio  VI,  si  affrettava  ad  ammonirlo  per  lettera  di  non  sciu- 
parsi la  vista  ;  «  sed  vehementer  doleiiius  tantam  in  ime  cersiont 
fuisse  oculorum  defatigatiauem  ,  ut  eorum  alterum  dehiliiatum  ar 
perditìim  sentiatf  (4)  ». 

Ma  di  solenne  appoggio  })er  salire  sì  in  alto  eragli  stato  Mon- 


(1)  Nuova  Serie,  Voi.  X,  parte  li,  pag.  70,  71. 

(2)  Lagumina,  Il  falso  codice  arabo  siculo  della  Biblioteca  y(i:iuitule 
di  Palermo.  —  Palermo,  Stab.  Tip.  Lao  1882, 

(3)  Il  Meli  l'aveva  per  tauti  anni  vagheggiato  invano  !  —  Vedi  Pitkè, 
La  vita  in  Palermo  cento  e.  piti  anni  fa  —  Voi.  II,  pag.  373 ,  Palermo. 
A.  Reber  1905. 

(4)  Codice  diplonMtieo  di  Sicilia,  Tomo  III. 


324  MISCELLANEA 


signore  Alfonso  Airoldi,  dottissimo  prelato  ed  amantissimo  degli 
vstudi  che  collegar  si  potessero  con  la  storia  di  Sicilia  ;  nonché 
la  continua  approvazione  che  veniva  facendo,  man  mano  che  gli 
scritti  del  Velia  pnblicavansi,  Ciao  Gerardo  Tychsen,  professore 
di  lingue  orientali  in  Rostoch. 

Nel  1789,  dopo  una  lunga  serie  di  vicende  e  discussioni,  uscì 
il  primo  volume  del  Codice  diplomatico,  che  il  Velia  asseriva 
di  aver  fedelmente  tradotto  dall'arabo.  E  così  si  arrivò  sino  a 
sei  volumi.  Ma  si  passava  di  sorpresa  in  sorpresa.  Il  Velia  an- 
annunziava  di  aver  trovato  una  vera  miniera  di  codici  e  testi 
arabi.  Dopo  il  codice  diplomatico,  il  Consiglio  di  Egitto  «  che 
nientemeno  veniva  a  fondare  ed  ampliare  le  prerogative  e  i  di- 
ritti della  corona  di  Sicilia,  nei  tempi  degli  Arabi  e  dei  prin- 
cipi normanni  (1)  ».  Dopo  il  Consiglio  di  Egitto  viene  la  volta 
dei  libri  di  Tito  Livio,  in  numero  di  17,  che,  però,  non  furono 
visti  mai  da  nessuno,  sebbene  lo  stesso  Velia  ne  avesse  rassi- 
curato l'Europa  con  una  sua  lettera  nel  Journal  de  Paris  (l.  14 
luin  1788)  (2). 

Era  naturale  che  la  prodigiosa  facilità  con  la  quale  venivano 
scoperti  questi  tesori  letterari,  dovesse  in  molti  far  nascere  dubbi 
e  sospetti  sulla  autenticità  degli  originali.  Velatamente  dapprima, 
ai)ertamente  dopo,  cominciò  contro  l'ardito  abate  una  guerra  ac- 
4;anita  :  difensori  ed  accusatori  scrissero,  publicarono  ,  ciascuno 
per  sua  parte  strenuamente  lottando.  Ma  i  secondi ,  dopo  una 
lunga  serie  di  fatti  che  troppo  lungo  sarebbe  qui  il  narrare,  trion- 
farono, e  il  2\)  agosto  179G  il  Velia  fu  gridato  solenne  impostore, 
e  condannato  a  quindici  anni  nel  castello  di  Palermo. 

Così  l'Europa,  che  nel  1791  aveva  udito  da  Koma  giunger 
severa  la  condanna  del  Sant'Uffizio  per  il  celeberrimo  Cagliostro, 
assisteva  ora,  a  distanza  di  ]ìO('hi  anni,  all'epilogo  dell'  interes- 
Hante  commedia  velliana. 

Tre  anni  e  mesi  fu  però  la  vera  i)rigionia  scontata  dal  Velia; 
poiché  il  Borbone,  venuto  con  la  corte  in  Palermo  nel  1799,  gli 
permise  di  terminare  la  pena  in  una  casina  che  1'  abate  posse- 
deva a  Mezzomonreale. 


(1)  ^ikì,  up.  <;. 
(3)  8einà,  op.  e. 


MISCELLANEA  326 


Senza  dubbio  in  questa  blanda  inversione  di  condanna  do- 
vette concorrere  l'influenza  della  regina  Maria  Carolina  ,  nelle 
cui  buone  grazie  l'astuto  abate  era  riuscito  ad  entrare, 

E  partigiani  di  lui  (1),  anche  dopo  il  processo  e  la  seguita 
condanna  non  ne  mancarono  :  n'è  chiarissima  prova  la  lettera 
ch'io  adesso  trascriverò.  Essa  credo  sia  la  più  importante  auto- 
difesa che  si  conservi  del  Velia,  e  ci  dimostra  che  i  (UimmuHi  (2) 
<lel  Castello  di  Palermo  non  bastarono  a  fargli  mutare  opinione 
intorno  a  ciò  ch'egli  aveva  asserito  e  pubblicato. 

La  lunga  lettera  (3j  non  porta  data;  ma  dal  primo  periodo  di 
essa  si  vede  essere  stata  scritta  verso  la  fine  del  1811  (quindici 
anni  dopo  la  condanna  del  Velia)  in  risposta  ad  un'altra  invia- 
tagli nel  marzo  del  1809  da  un  letterato  di  Vienna-^ il  cui  nome 
non  apparisce  —  che  invitava  il  Velia  a  collaborare  ad  una  va- 
sta raccolta  di  letteratura  orientale. 

«  frignare, 

La  lettera  con  la  quale  si  è  compiaciuta  onorarmi  in  data 
dei  9  marzo  1809,  non  mi  è  giunta  che  ai  28  settembre  1811,  per 
mezzo  del  Ministro  di   Vienna  residente  in  Palermo. 

11  favore  che  Ella  mi  ha  fatto  con  invitarmi  di  prender  par- 
te (4)  a  questi  suoi  travagli  letterarii  non  ha  contribuito  poco 
ad  addolcire  l'amarezza  dei  disgusti  troppo  dispiacevoli  mi  hanno 
fatto  provare. 

Io  mi  renderò  tanto  piìi  volentieri  ad  una  fatica  grata  per 
me,  che  lo  studio  delle  lingue  orientali  è  ntato  hìu  dalli  primi 
anni  della  mia  fanciullezza  la  mia  occupazione  la  più  ordinaria. 


(1)  La  colta  signorina  Maki\  Pitkk  ha  tradotto  e  pubblicato  sulla 
Antologia  Siciliana  (N.  )  alcuni  brani  dei  «  Gemalde  von  Palerm» 
di  G.  Hager,  libretto  ormai  divenuto  raro.  L'Hager  che  fu  testimonio 
oculare,  ci  fa  conoscere  l'interesse  vivissimo  che  allora  la  quistione  Velia 
destava  a  Palermo. 

(2)  Le  prigioni. 

(3)  È  stata  da  me  donata  alla  biblioteca  della  Società  di  Storia  Patria. 

(4)  Le  parole  sottolineate  sono  state  da  me  aggiunte  essendo  il  foglio, 
ai  margini,  qua  e  là  sciupato  dal  tempo. 

Aroh.  SUyr.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  22 


326  MISCELLANEA 


Il  progetto  formato  da  questa  società  di  dotti,  secondo  l'idea 
che  ne  dà  il  prospetto,  è  grande;  egli  è  bello  e  merita  per  la  sua 
importanza  d'  eccitare  una  nobile  emulazione  fra  quelle  persone 
le  quali,  animate  dal  desiderio  della  gloria,  si  faranno  un  piacere 
di  concorrere  con  i  loro  travagli  alla  riuscita  di  esso. 

È  ancora  una  sodisfazione  ben  grande  per  le  persone  di  let 
tere  in  generale,  le  quali  per  mezzo  di  questa  nuova  raccolta  sa- 
ranno in  istato  di  conoscere  e  di  gustare  ciò  che  la  letteratura 
orientale  ha  prodotto  di  più  degno  d'esser  conosciuto.  Intrapresa 
veramente  ammirabile,  giacché  abbracciando  ogni  genere  di  let- 
leratura,  essa  si  stende  ancora  a  queste  altre  arti,  meno  brillanti 
forse^  ma  al  certo  più  utili,  giacche  tendono  più  direttamente  al 
bene  e  al  vantaggio  della  società.  Xon  si  può  mai  accrescer  trop- 
po né  troppo  stendere  questa  massa  di  lumi  che  può  contribuire 
a  rendere  la  condizione  degli  uomini  meno  infelice. 

In  quanto  all'articolo  della  sua  lettera,  Signore,  il  quale  ha 
rapporto  al  codice  diplomatico  arabo  —  siculo,  toccante  l'auten- 
ticità dell'originale  arabo,  dietro  al  quale  io  ho  fatto  una  tradu- 
zione in  lingua  vulgare  d' Italia ,  la  prego  di  considerare  che 
una  discussione  di  tal  natura  ci  darebbe  argomenti  in  troppo 
gran  numero  e  troppo  svariati  per  poter  trovare  qui  il  luogo  che 
le  converrebbe;  d'altra  parte  una  simile  discussione  non  potreb- 
be mai  metter  fine  a  tutte  le  difficoltà,  che  potrebbe  suggerire 
lo  spirito  di  cavillazione;  e  pur  troppo  si  sa,  che ,  con  uno  spi- 
rito di  questa  tempera,  non  v'è  monumento  istorico,  benché  so- 
damente stabilito  sia,  di  cui  non  si  possa  impugnare  l'autenti- 
cità ;  abastanza  si  conoscono  le  pretenzioui  insensate  dell'eru- 
dito bardo  vi  no. 

Mi  permetta  dunque ,  signore ,  di  tenermene  al  presente  al 
solo  esposto  che  presenta  l'ordine  e  la  serie  delle  lettere  italiane. 
Mi  piire  che  con  questo  mezzo  la  quistione  sciolta  di  tutto  questo 
apparecchio  scientifico,  il  quale  spesso  non  é  che  l'abuso  del  sa- 
pere, e  ridotta  a  termini  più  semplici,  si  troverà  a  i)ortata  d'ognu- 
no; fors'  anche  che  in  seguire  (juesta  via  ci  verrà  più  facile  di 
giugnere  alla  scoperta  disila  verità. 

È  cosa  costante  e  generalmente  riconosciuta  dalli  autori  mo- 
derni 1  quali  hanno  trattato  della  storia  <Iì  Sicilia  nelle  varie  sue 
ei>ocli<'  c.ììvt  gli  Arabi  passarono  d'  Africa  in  Sicilia  verso  l'anno 
827  del  modo  nostro  vulgare  di  contare,  che  ossi  ne  fecero  la  con- 


MISCELLANEA  327 


quista  togliendola  ai  Greci  dell'Imperio  d'Oriente,  che  essi  ten- 
nero quest'Isola  sotto  il  loro  dominio  d arante  la  spazio  di  circa 
250  anni,  vale  a  dire  sino  al  tempo  in  cni  i  bravi  normanni,  già 
stabiliti  in  Calabria,  vennero  a  molestare  gli  Arabi  in  Sicilia,  di- 
visi allora  ed  indeboliti  da  divisioni  intestine. 

Gli  affari  degli  Arabi  furono  ben  presto  ridotti  ad  estremità 
tale,  che  si  viddero  essi  costretti  a  riconoscere  finalmente  la  so- 
vranità dei  loro  vincitori  in  tutta  la  estenzione  della  Sicilia.  Non 
si  aveva  su  di  un'epoca  così  interessante  per  la  storia  di  Sicilia 
se  non  che  alcuni  fatti  gettati  come  a  caso,  dispersi  e  per  così 
dire  persi  nelle  opere  di  vari  autori  arabi,  greci  o  latini  ;  senza 
unione,  senz'ordine,  senza  alcuno  di  questi  dettagli  tanto  preziosi 
per  quelli  i  quali  nello  studio  della  storia  cercano  più  a  illumi- 
nare la  loro  ragione  che  a  sodisfare  una  vana  curiosità. 

Ben  si  vede  che  con  soccorsi  tanto  deboli  non  si  poteva  mai 
formare  un  tessuto  istorico  capace  di  riempire  il  vuoto  che  a 
questa  nostra  epoca  interrompeva  il  filo  della  narrazione  nella 
serie  degli  annali  di  Sicilia. 

Il  Codice  Arabo  Siculo  può,  se  non  m'inganno,  riempire  questo 
oggetto.  Permetta  ch'io  mi  ci  trattenga  un  momento  per  mostrarne 
almeno  il  modo  di  i)rocedere  e  per  farne  conoscere  lo  spirito.  Os- 
servi, la  prego.  Signore,  la  maniera  di  dire  semplice  e  naturale 
che  fa  il  carattere  particolare  e  sempre  sostenuto  di  questa  lunga 
serie  di  lettere,  scritte  da  tante  persone  sì  differenti  di  genio,  di 
carattere ,  di  condizione  ,  le  quali  fratanto  hanno  tutte  un'  aria, 
un  tuono  d' ingenuità  che  piace  e  persuade  in  un  tempo ,  senza 
lasciare  alcun  luogo  di  dubbio  o  di  sospetto  sulla  veracità  di 
quello  che  parla,  carattere  che  la  finzione  non  jwtrebbe  sostenere 
senza  smentirsi  qiuilche  volta,  sopra  tutto  in  un'opera  d'  una  sì 
lunga  estensione. 

Le  famose  decretali  appoggiandosi  sul  credito  d'  una  grande 
autorità  (l)  abusarono  per  troppo  lungo  tempo  della  credulità  de 
l)opolì;  ma  esse  somministrarono  prove  della  loro  falsità  da  che 
si  venne  ad  esaminarle  più  da  vicino  con  occhio  attento,  incon- 
veniente che  non  si  ha  da  temere  qui;  più  uno  esamina  queste 
lettere  più  egli  resta  persuaso  della  verità  dei  loro  racconti;  spe- 


(1)  Isidoro  (li  Siviglia. 


328  MISCELLANEA 


rienza  facile  a  farsi  da  ognuno.  Segua,  se  le  piace  ,  1'  incatena- 
mento  ammirabile  che  queste  lettere  hanno  fra  di  loro,  il  che  fa 
che  esse  si  sostengono  l'una  con  le  altre,  si  danno  luce  mutual- 
mente ,  e  tutte  insieme  concorrono  a  formare  un  tutto  semplice 
e  regolare. 

Il  contenuto  di  queste  lettere  non  è  men  admirabile  che  l'or- 
dine che  vi  si  osserva.  In  effetto  queste  lettere  ci  dicono  con  le 
particolarità  le  piìi  circostanziate,  in  che  modo  gli  Arabi  fecero 
la  conquista  della  Sicilia  ;  con  qual  sistema  di  legislazione  essi 
governarono  i  popoli  di  questo  regno;  su  qual  piano  furono  di- 
retti i  varii  rami  dell'amministrazione;  sopra  quali  oggetti  ed  in 
qual  modo  si  levarono  le  tasse  destinate  ai  bisogni  del  governo  : 
oggetto  quanto  importante  tanto  delicato,  giacche  da  ciò  dipende 
la  sorte  della  nazione;  la  vigilanza  per  il  mantenimento  dei  buoni 
costumi ,  la  di  cui  ruina  porta  alla  lunga  quella  dello  Stato  ;  le 
relazioni  che  il  governo  Arabo  di  Sicilia  ebbe  con  i  sovrani  del 
tempo  ed  infine  i  rapporti  con  le  altri^  n azioni  amiche  e  di  che 
natura  esse  fossero.  Queste  lettere  ci  mostrano  le  cause  le  quali 
contribuirono  ad  innalzare  la  potenza  degli  Arabi  in  Sicilia  e  di 
oi  i  vizii  che  prepararono  la  loro  ruina,  le  cause  finalmente  che 
consumarono  quella.  Questa  serie  di  lettere  è  come  il  giornale 
esatto  e  dettagliato  di  tutto  ciò  che  accadde  in  Sicilia  giorno  per 
giorno  durante  il  lungo  periodo  di  tempo  di  250  anni. 

Osservi  intanto  che  i  fatti  raccontati  in  queste  nostre  lettere 
si  vanno  combinando  con  i  fatti  notati  nei  diversi  autori  già  da 
noi  indicati;  in  tal  modo  però  che  questi  ultimi  fatti  per  il  loro 
avvicinamento  con  i  primi  ne  ricevono  un  lume,  un  senso ,  una 
coerenza  che  erano  ben  lungi  di  avere  nel  primo  loro  stato.  Se 
ne  può  citare  per  esempio  i  fatti  enunciati  nella  cronica  di  Cam- 
bridge; si  paragonino  gli  uni  c-on  gli  altri  ,  ben  presto  si  vedrà 
quale  dei  due  merita  la  prioritade. 

Bisogna  dunque  convenire  che  se  io  non  avessi  fatto  altro  se 
non  che  indovinare^  non  si  poteva  indovinare  più  giusto;  e  che 
l'inventore  d'una  i>roduzioue  così  singolare  sarebbe ,  mi  si  per- 
metta il  dirlo,  (il  un  ben  tutt'altro  merito  che  il  traduttore  mo- 
desto d'una  raccolta  di  lettere  arabe  riunite  nella  Cancelleria, 
nel  tempo  che  li  Arabi  dominarono  in  Sicilia. 

Ma  fu  «l'uopo  enaminare  queste  lettere  per  essere  in  istato  di 
indicarne  con  coscienza  di  causa;  ed  ò  ciò  che  non    si   è   fatto 


MISCELLANEA  329 


sempre;  dichiarole  Analmente  che  questa  parte  del  manoscritto  ara- 
bo, del  quale  sono  proprietario,  siccome  anche  quell'altro  manoscrit- 
to arabo  il  quale  porta  per  titolo  «Libro  del  Consiglio  di  Egitto  » 
questo  qui  in  intiero,  saranno  depositati  nella  pubblica  biblioteca 
di  questa  città  subito  che  il  mio  travaglio  sarà  terminato.  Ecco, 
signore,  le  considerazioni  che  io  sottomento  all'imparzialità  del 
suo  giudizio.  La  traduzione  italiana  sarà  in  dieci  volumi  in  4.°, 
i  sette  primi  sono  già  pubblicati  a  mezzo  della  stampa;  se  non 
li  tiene  in  sua  prof>riotà  io  mi  farò  un  dovere  ed  un  piacere  di 
mandarglieli. 

Troverà  sotto  questo  piego,  che  ho  l'onore  di  indirizzarle,  al- 
cune stampe  di  vasi  e  di  monete  tirate  da   originali   Arabi   con 

la  spiega  delle  parole  ». 

« 
•  • 

Non  è  questa  una  vera  magnificazione  dell'opera  propria?  E 
con  qual  sottile  accorgimento  ed  astuzia  egli  parla  dell'autenti- 
cità dei  codici  ! 

Notevolissimo,  verso  la  fine  della  lettera,  quel  periodo  dove 
dice:  «Bisogna  dunque  convenire  che  se  io  non  avessi  fatto  al- 
tro se  non  che  indovinare,  non  si  poteva  indovinare  più  giusto, 
e  che  l'inventore  d'una  produzione  così  singolare  sarebbe,  mi  si 
permetta  -il  dirlo,  di  un  ben  tutt'altro  merito  che  il  traduttore 
modesto  d'una  raccolta  di  lettere  arabe  ». 

Questo  periodo  basta  da  solo  a  far  credere  all'impostura  del 
Velia,  più  dell'esame  di  tutti  i  codici  partoriti  dalla  sua  fantasia. 

E  chiaro:  qui  il  Velia  rivela  tutto  l'animo  suo,  e  si  dichiara 
colpevole. 

Però  io  sono  d'avviso  ch'egli  non  si  sarebbe  lasciato  cogliere 
in  fallo  così  apertamente.  Oh,  l'astuto  volpone  non  sarebbe  stato 
tanto  incauto!  Piuttosto  il  Velia,  convinto  che  la  sua  lunga  ti- 
ritera non  poteva  convincere  il  letterato  viennese  a  noi  rimasto 
ignoto,  perchè  vi  stava  contro  l'evidenza  dei  fatti,  cercava  di 
far  risaltare  il  suo  vero  e  solo  merito,  se  così  può  chiamarsi. 
Dopo  aver  visto  crollare  tutto  un  ediflzio  per  lunghi  anni  pa- 
zientemente creato,  dopo  gli  ultimi  e  vani  tentativi  di  riabilita- 
zione presso  la  Corte,  che  mai  doveva  rimanere  a  questo  strano 
ciurmatore  ? 

Pare  incredibile  che  tanta  attività  e  sottigliezza  d'ingegno  si 


330  MISCELLANEA 


siano  spese  a  creare  tanta  ignominia,  che  valse  a  quest'uomo 
una  si  triste  celebrità  ! 

iS'on  vi  ha  chi  non  rimanga  aftascinato  dal  magnifico  esem- 
plare in  folio  della  traduzione  del  Libro  del  Consiglio  di  Egitto^ 
che  si  conserva  nella  Biblioteca  comunale. 

Quante  sottili  previggenze  si  trovano  in  esso  per  meglio  ve- 
larne e  dorarne  l'impostura!  E  quante  fatiche  sprecate  in  quel 
voluminoso  Codice  di])lomatico  di  Sicilia,  nel  quale  ben  dugento- 
cinquant'anni  di  storia  furon  dettati  dalla  fantasia  del  Velia  !  E 
che  poderosa  fantasia,  o  Signori  !  L'acerba  lite  della  città  di  Be- 
nevento vien  risoluta  nei  suoi  libri  con  nuovi  fatti  storici  ;  le 
cinque  lettere  papali  dei  pontefici  Marino,  Adriano  e  Stefano, 
scritte  in  un  latino  corrottissimo  avrebbero  più  tardi,  forse,  fatto 
risalire  l'origine  di  nostra  lingua  nel  nono  secolo  ;  e  flnanco,  im- 
medesimandosi nello  spirito  dei  tempi,  creò  due  arabe  legislazioni. 

E  non  manca  qua  e  là  lo  squarcio  lirico,  di  un  lirismo  che 
ha  verisimiglianza  storica,  come  la  descrizione  della  magnifica 
e  possente  spada  di  Kagebis,  che  tante  prodezze  aveva  operato 
per  il  mondo. 

Pensate  dunque,  che  se  non  si  fosse  così  presto  messo  un  freno 
a  tal  sbrigliata  ed  irrompente  fantasia,  dopo  i  diciassette  libri  di 
Tito  Livio  (nientemeno  che  diciassette  !)  annuziati  dal  Velia 
stesso  nel  Journal  de  Paris,  avremmo  visto  rifiorire  forse  tutti  i 
capolavori  dell'antichità  classica,  di  cui  soltanto  ci  è  stata  tra- 
mandata la  memoria. 

Bizzarro  destino  quello  di  quest'uomo  costretto  dalla  sua 
stessa  volontà  a  vegliare  le  notti  su  i  difficili  fogli,  evocando  con 
la  fervida  fantasia  un  mondo  immaginario  di  prodi  cavalieri,  di 
guerre  sanguinose,  di  savie  legislazioni,  di  califfi  e  di  emiri  con 
le  loro  bellissime  donne  adorne  di  veli  d'argento  e  d'oro,  di 
perle  e  fulgide  gemme  ! 

Noi  certamente,  non  diremo  con  il  Velia  stesso  «  che  l'autore 
d'una  produzione  così  siugolare  sarà  di  un  ben  tutt'altro  merito 
che  il  traduttore  modesto  d'una  raccolta  di  lettere  arabe  »;  ma 
dobbiamo  riconoscere  in  lui  ciò  che  finora  non  è  stato  ri- 
conosciuto dai  suoi  biografi:  delle  facoltà  geniali  straordinarie, 
che  indirizzate  al  bene  avrebbero  prodotto  buoni  frutti. 

Esagenito  a  me  sembra  il  giudizio  dello  Scinà,  clic  ci  mostra 
il  Velia  un  ignorante  qualsiasi,  ignaro  non   s<»lo  dell'arabo,   ma 


MISCELLANEA  331 


financo  dell'italiano.  Che  il  Velia  conoscesse  l'arabo,  bene  o  male 
che  sia,  nessuno  può  ormai  dubitare  ed  il  Lagumina  (1)  lo  ha 
lealmente  riconosciuto.  In  quanto  all'italiano  la  lettera  ch'io 
oggi  ho  letto,  se  non  è  un  esempio  di  bello  scrivere  (faccio  notare 
che  essendo  una  brutta  copia  il  suo  autore  mettendola  in  bello 
avrà  potuto  qua  e  là  mutarla)  pure  è  pro\'a  abbastanza  luminosa 
che  il  Velia,  non  italiano,  scriveva  discretamente  bene  nella  no- 
stra lingua. 

Signori,  il  caso  di  codici  falsificati  non  è  certamente  un  fatto 
nuovo  nella  storia.  «  La  collaectio  canonum  Isidori  peccatoris  » 
nota  meglio  col  nome  di  «  false  decretali  »  o  «  pseudo  isidoriana  », 
cui  il  Velia  accenna  nella  sua  lettera,  nata  verso  il  secolo  IX  e 
diretta  a  sfruttare  il  nome  di  Isidoro  di  Siviglia  per  agevolare 
l'accettazione  di  canoni  apocrifi,  è  abbastanza  nota  perchè  io 
venga  qui  a  ricordarla. 

Certo  ad  essa  dovette  il  Velia  ispirarsi  nella  concezione  del 
suo  vastissimo  e  pravo  disegno,  pensando  che,  armonizzante  con 
lo  spirito  dei  tempi,  per  ben  sei  secoli  circa  i  popoli  1'  accetta- 
rono ciecamente. 

Ma  ugnai  sorte  non  era  concessa  ai  codici  velliani,  che,  cir- 
confusi d'una  gloria  troppo  fugace,  condannati  ben  presto  alla 
gogna,  trascinarono  seco  travolgendolo  il  loro  autore. 

La  storia  del  Velia  ha  molti  punti  di  contatto  con  quella  di 
un  altro  famoso  falsario  vissuto  nel  sec.  XVI ,  Alfonso  Cecca- 
relli,  dottore  in  medicina,  il  quale,  meno  fortunato  del  nostro 
abate,  dovette  scontare  i  lunghi  anni  passati  a  gabbare  nobili 
famiglie  e  comunità,  di  cui  fingeva  scoprire  origini  e  genealogie, 
con  la  perdita  della  colpevole  mano  fattagli  tagliare  per  ordine 
di  Gregorio  XIII,  e  di  li  a  poco  con  la  condanna  al  patibolo. 

Per  merito  di  dotti  italitini  e  stranieri,  quali  il  Fumi,  il  La- 
bruzzi,  lo  Sforza,  il  Kiegi  e  l'Ottenthal,  gli  elaborati  materiali 
storici  fabbricati  dall'attivissimo  dottore  di  Bevagna,  hanno  or- 
mai il  valore  che  meritano,  e  Ciro  Trabalza  (2)  promette  di  pub- 
blicare in  proposito  nuovi  ed  importanti  documenti  sul  Bollet- 
tino della  R.a  deputazione  umbra  di  storia  patria. 


(1)  Op.  cit. 

(2)  Fanfulla  della  Domenica,  XXV  amio,  N.  40 


332  MISCELLANEA 


Sul  Velia  rimarrebbe  ancor  molto  a  spigolare  :  sarebbe  sem- 
pre di  grande  interesse  per  le  discipline  antropologiche,  oggidì 
tanto  in  onore,  lo  studio  della  sua  complicata  psiche. 

Ed  io  conchiuderò  col  dirvi  che,  sebbene  la  maestà  della  sto- 
ria sia  stata  cosi  turpemente  contaminata  da  quest'  uomo ,  noi 
non  possiamo  considerarlo  con  la  stessa  severità  con  la  quale 
cinquant'anni  addietro  veniva  giudicato  da  Domenico  Scinà.  E, 
abbracciando  con  più  sereno  sguardo  obbiettivo  la  vasta  e  sin- 
golare opera  del  Velia,  dobbiamo  riconoscere  in  lui  grande  fan- 
tasia e  fortissimo  ingegno. 


Pietro  Varvaro 


STORIA  DELLA  DEPUTAZIONE  DELLE  NUOVE  GABELLE 
DI    PALERMO 


Fra  le  tante  soUevasioni  popolari  avvenute  nella  città  di 
Palermo,  va  notata  specialmente  quella  dell'anno  1647,  perchè 
da  essa  trae  origine  Vistituzione  della  Deputazione  delle  Nuo- 
ve Gabelle. 

Sulla  hellissima  Storia  di  Giuseppe  d'Alesi  del  La  Lu- 
mia (1)  traccio  qui  un  proemio  necessario  per  mettere  in  luce 
le  circostanze  più  salienti  per  le  quali  vennero  abolite  le  vec- 
chie gabelle  e  deperirono  le  finanze  del  Comune. 

Air  introduzione  segus  la  storia  delV  Amministrazione 
delle  Nuove  Gabelle,  svolta  in  due  parti ,  a  cominciare  dalla 
fondazione,  sino  al  decreto  Prodittatoriale  del  1860 ,  che  ne 
stabilì  V abolizione. 


(1)  La  Lumia,  Storie  Siciliane,  voi.  IV.  Palermo,  1883,  Stab.  tip.  Virzì. 


534  MISCELLANEA 


PAETE    I. 


Era  entrato  l'anno  1647  ,  e  le  provviste  frumentarie  del  Co- 
mune andavan  presto  esaurendosi  per  la  mancanza  di  un  suffi- 
ciente raccolto  verificatosi  in  tutti  i  comuni  dell'isola  (1).  Ond'è 
che  il  Senato,  preoccupandosi  fortemente  di  dover  venir  meno,  per 
mancanza  di  riserva,  all'impegno  del  quotidiano  fornimento,  acqui- 
stava i  frumenti  fino  a  quando,  e  dove  riuscivagli  di  trovarne,  a 
prezzi  assai  elevati. 

Ciò  malgrado,  non  poteva  provvedersi  del  necessario. 

I  bisogni,  frattanto,  crescevano,  la  richiesta  aumentava  gior- 
nalmente per  l'accorrere  di  centinaia  di  famiglie  di  poveri  con- 
tadini dai  paesi  lontani  dell'isola  in  cerca  del  pane  a  buon  prezzo 
nella  capitale,  mancando  o  comprandosi  a  caro  prezzo  nei  luoghi 
da  loro  abbandonati. 

Erano  venute  in  Palermo  circa  seimila  persone.  Moltissimi 
vecchi,  donne  e  bambini  laceri  e  scalzi,  senza  pane  e  senza  tetto; 
inebetiti  per  patita  fame,  vedeansi  girar  per  le  strade,  nella  fredda 
stagione  invernale,  meiuìicando  da  mane  a  sera  un  tozzo  di  pane. 

Sforzavasi  il  Comune  a  provvedere  a  tanta  miseria,  si)eiulendo 
oltre  i  proprii  mezzi,  senza  mai  rincarare  il  prezzo  del  pane  o  di 
scemarne  il  peso,  i)er  non  opprimere  dippiù  un  popolo  avvilito. 

La  t)orte  di  Spagna  però,  contro  le  proprie  abitiulini ,  volle 
qaesta  volta  veder  meglio  nell'Ammioistrazione  del  Comune.  E- 
dotta  infatti  delle  strettezze  finanziarie  in  cui  dibattevasi  da  pa- 
recchio tempo  il  medesimo,  opinò  dovere  intervenire  con  un  suo 
atto,  onde  por  fine  al  disavanzo  quotidiano ,  che  sicuramente  a- 
vrebbfc  condotto  al  fallimento  la  pubblica  Amministrazione.  E, 
con  dispaccio  spedito  da  Madrid,  dispose  che  il  pane  si  vendesse 
al  suo  prezzo  di  costo ,  avvertendo  il  Pretore  ed  il  Senato  di 
dover  risarcire  del  proprio  denaro  le  i)erdite  che  in  ogni  caso 
avrebbe  subito  il  Comune. 


(1)  La  Lumia,  Opera  citata,  pag.  31. 


MISCELLANEA  335 


Il  Sovrano  disposto  ,  per  quanto  giusto ,  in  vero  giungeva 
inopportuno  per  salvaguardare  gì'  interessi  del  Comune  :  Come 
conciliare  questi  con  quelli  del  popolo  ,  in  momenti  si  difficili  I 
Ecco  l'arduo  compito  che  presentavasi  agli  occhi  degli  ammini- 
stratori. Come,  d'un  colpo,  annunziare  alla  idebe  affamata  il  rin- 
caro del  pane  ?  Le  turbe  fameliche,  che  nutrivano  odio  implaca- 
bile contro  coloro  che  stavano  a  reggere  la  pubblica  Azienda  non 
si  sarebbero  mosse  come  un  sol  uomo  contro  di  loro,  all'udir  sì 
ingrata  novella? 

Così  appunto  la  pensava  il  Pretore  in  quei  momenti  di  così 
gravi  calamità. 

Assenti  vagli  infatti  il  Viceré,  ma  ,  i  ministri  di  toga  ,  fedeli 
alla  volontà  del  Sovrano^  professavano  invece  illimitata  fiducia  al 
regio  dispaccio  (1). 

Do])o  tutto,  il  Sovrano  provvedimento  ebbe  la  sua  attuazione 
con  le  sue  funeste  conseguenze. 

Xon  è  a  dire  come  la  plebe  rimanesse  impressionata  dell'inat- 
teso i)rov  vedi  mento. 

Se  per  l'addietro  ogn'  ira  veniva  repressa  contro  gli  oppres- 
sori, ormai  s'accendeva  di  rabbia  il  cuore  di  ogni  afflitto,  e  giun- 
geva l'ora  di  chieder  vendetta,  contro  gli  affamatori  di  un  popolo. 

Li»  ingrata  notizia  propagossi  di  bocca  in  bocca  fra  la  misera 
gente,  e  odio  e  sdegno  mosse  tutti  :  «  Una  turba  di  donne  corso 
al  Duomo,  per  chiedere  al  Cielo  giustizia  e  vendetta;  nel  ritorno 
le  seguitava  altra  turba  di  schiamazzanti  fanciulli,  e  si  condu- 
cevano sotto  il  palazzo  del  Senato  a  maledire  e  proverbiare  il 
Pretore. 

I  famigli  di  costui  disperdeano  quel  gruppo.  Ma ,  sul  cade- 
re del  dì ,  (era  il  20  di  maggio)  ecco  la  folla  ingrossarsi  e  ri- 
comparir sulla  piazza  ;  numerosa  questa  volta  non  d' imbelle 
ciurmaglia,  ma  d'orridi  cefli,  di  pallidi  aspetti  virili,  di  scalze  e 
cenciose  figure  recanti  la  espressione  più  feroce  e  più  trista  di 
ciò  che  fosse  il  bisogno  e  l'inedia  negli  ultimi  strati  della  natia 
moltitudine  di  allora. 

Volarono  i  sassi  alk^  finestre  del  palazzo,  si  apprestarono  fa- 
scine, si  die  fuoco  alla  porta  principale  d' ingresso.  I  Padri  Tea- 


(1)  La  Lumia,  Opera  citata,  pag.  36  e  37. 


336  MISCELLANEA 


tini  accorsi  col  Sacramento  della  chiesa  contigua  ,  poterono  a 
stento  impedire  le  fiamme  ,  e  restaronsi  a  guardia,  eretto  su  la 
soglia  un  altare. 

«  Gli  ammutinati  si  dirigevano  alle  carceri  della  Vicaria,  ove 
schiusero  il  varco  agli  omicidi  ed  ai  ladri,  afforzandosi  di  alleati 
novelli;  bruciarono  quindi  le  scritture  e  i  processi ,  spiantarono 
lì  sul  luogo  le  forche.  Gridavasi  :  Pane  grande,  viva  il  Re,  fuori 
gabelle  e  mal  governo  »  (1). 

A  sì  gravi  disordini  il  Viceré  allibì  :  un  profondo  timore  lo 
assalì  impensierendolo  fortemente.  I  nobili  indarno  adopravansi 
a  chetare  gli  animi  eccitati  della  ciurmaglia. 

n  ceto  delle  cosiddette  maestranze  non  avea  ancora  preso  parte 
ai  moti  insurrezionali,  però  condivideva  appieno  l'odio  nutrito  dalla 
bassa  plebe  dimostrante. 

La  dimane  il  tumulto  incominciava  :  Il  palazzo  del  Senato 
aggredito  di  nuovo.  Le  maestranze  delle  arti ,  posto  ormai  da 
canto  ogni  ritegno,  ingrossarono  le  turbe  assetate  di  vendetta: 
tutto  fu  messo  a  soqquadro  ,  in  un  attimo  formarsi  le  barricate 
e  vedersi  scendere  una  moltitudine  pel  Cassero ,  armata  e  non 
curante  d'ogni  periglio,  sprezzando  i  consigli  di  cospicui  cittadini. 

Le  baracche  dei  gabellieri  bruciavano  orribilmente  ,  e  consu- 
mati ne  erano  eziandio  i  registri.  I  nobili  eran  convinti  che,  u- 
sare  qualsiasi  resistenza  sarebbe  stata  imprudente  cosa  :  tacevano 
e  mostra vansi  docili  e  remissivi  verso  i  ribelli,  i  quali  molto  in- 
sistentemente ,  sopra  ogni  altro  provvedimento ,  chiedevano  :  la 
soppressione  delle  gabelle  della  farina,  del  vino,  dell'olio  ,  delle 
carni  e  del  formaggio  ;  il  salvacondotto  ai  carcerati  evasi  dalle 
prigioni  ;  la  remozione  del  Senato  e  1'  istituzione  di  due  giurati 
popolari  alla  guisa  di  Messina. 

Non  indugiava  infatti  il  Viceré  Marchese  di  Los  Velez  di  con- 
cedere il  chiesto  salvacondotto,  e  di  rimuovere  dal  Senato  i 
Magistrati  municipali ,  nominando  per  1'  amministrazione  della 
città  quattro  cospicui  cavalieri  col  titolo  di  Governatori  (2). 

Quanto  all'  abolizione  delle  gabelle  ed  alla  elezione  dei  due 
ginrati  popolari ,  mentre  annunziava  che  ai  sarebbe  provveduto 
dalle  corporazioni  delle  arti,  promulgava  il  bando  seguente  : 


(1)  La  Lumia,  opera  citata,  pag.  37  e  38. 

(2)  La  Lumia,  op«'ra  citata,  pag.  40. 


MISCELLANEA.  337 


«  Sua  Eccellenza  ,  a  relatione  del  Tribunale  del  Eeal  Patri- 
«  monio  per  il  presente  atto  perpetuo  valitiiro  leva  et  abolisce 
«  perpetuamente  le  gabelle  della  farina,  del  vino,  oglio,  carni  e 
«  formaggio  per  tutta  la  città  e  territorio  di  Palermo,  perpetua- 
«  mente  e  per  sempre  e  li  Consoli  delli  Maestranzi  habbiano  da 
«  fare  due  Giurati  populani  perpetuamente  da  oggi  innanzi  per 
«  servizio  del  popolo  in  Palermo  ». 

«  21  maggio  1647. 

Il  Marchese  di  Los    Velez  »  (1). 

Siffatto  annunzio  fu  portato  e  letto  al  popolo  dal  Marchese 
di  Geraci  di  Gasa  Ventimiglia. 

Con  quale  gioja  fu  il  Marchese  accolto  dal  popolo  non  è  a 
dire  :  fu  plaudito  e  confuso  anche  dalle  ovazioni  incessanti. 

Indi ,  adunatisi  i  Consoli  nella  Chiesa^  di  S.  Giuseppe,  affret- 
taronsi  ad  eleggere  i  due  Giurati  invocati  dal  popolo. 

La  plebe  gioiva  del  successo,  e  la  nobiltà  dal  canto  suo  spe- 
rava che  ormai  sarebbe  penetrato  nel  generale  convincimento  di 
pagar  le  gabelle,  per  rimettere  in  assetto  le  deperite  finanze  comu- 
nali. 

Ma,  ben  tosto,  la  quiete  che  sembrò  per  poco  rimettersi,  fu 
turbata  nuovamente,  giacche  i  provvedimenti  escogitati  dal  Vi- 
ceré non  valsero  a  lenire  la  miseria.  La  carestia  mm  era  cessata 
e  le  angustie  crescevano  con  essa  di  pari  passo. 

Le  vittime  della  fame  erano  moltissime  giornalmente:  (^iò  non 
ostante  il  pane  si  vendeva  come  per  lo  innanzi  a  danno  delle  fi- 
nanze del  Comune,  ormai  esauste  anche  per  le  mancate  risorse. 

Venuto  il  bimestre ,  non  si  poterono  pagare  i  creditori  ,  e  la 
Tavola  sospese  i  pagamenti. 

Il  fallimento  s'era  finalmente  avverato  ;  ogni  fiducia  negli  a- 
nimi  era  del  tutto  spenta. 

Allora  fra  gli  onesti,  i  nobili  ed  il  Governo,  sorsero  delle  trat- 
tative ,  onde  sottrarre  il  Comune  da  sicura  rovina  ;  e  si  stabili 
di  doversi  imporre  senz'altro  alcune  tasse,  onde  provvedere  ai 
bisogni  incalzanti  per  gl'impegni  assunti  dalla  pubblica  Ammi- 
nistrazione. 


(1)  La  Lumia,  opera  citata,  documento  N.  1.  a  pag.  202. 


338  MISCELLANEA 


Al  1  luglio,  in  fatti,  adunavasi  a  straordinario  Consiglio,  nel 
Palazzo  Comunale,  il  Senato  ,  rappresentato  dai  quattro  nuovi 
Governatori  e  dai  due  Giurati  popolari. 

A  tale  adunanza  furono  anche  invitati  i  Consoli,  gli  artigiani 
e  un  gran  numero  di  cittadini,  e  quindi  ,  su  varie  proposte  ,  fu 
stabilito  imporre,  in  sostituzione  delle  cinque  abolite  gabelle ,  i 
seguenti  balzelli  :  tari  tre  sopra  ogni  apertura  di  lìnestre  e  di 
porte  e  tari  sei  sopra  i  balconi  dei  palazzi  e  delle  case  di  città; 
tari  due  sopra  ogni  apertura  di  casa,  torri,  magazzini,  forni,  ta- 
verne, molini  ed  altre  abitazioni  dei  dintorni;  onze  cinque  sopra 
ogni  carrozza  tirata  da  cavalli  o  da  muli  ;  tari  sei  ogni  libra  di 
tabacco  tanto  in  polvere  quanto  in  corda  che  si  smaltisse  in  Pa- 
lermo e  nel  suo  territorio  ;  tari  dodici  sopra  ogni  salma  d'  orzo 
eh'  entrasse  in  città  ;  tari  quindici  sopra  ogni  vacca  o  giovenca 
che  si  portasse  a  macellare. 

Determinavasi  ancora  un  testatico  sui  benestanti  e  commer- 
cianti ,  giusta  la  ripartizione  che  si  sarebbe  fatta  dal  Senato. 

Tale  deliberato  veniva  senz'altro  ratificato  dal  Viceré,  coll'as- 
sistenza  del  Tribunale  del  Patrimonio  (1). 

Però  le  nuove  imposte  lasciavano  scontenti  non  solo  gli  elevati 
cittadini,  ma  la  più  umile  classe  ancora.  Le  gabelle  sul  tabacco 
e  sul  macello  ,  specialmente  ,  davano  ad  essi  negli  occhi ,  ricor- 
dando gli  aboliti  e  odiati  dazii  di  consumo. 

Per  il  che,  gli  esacerbati  popolani  ancor  di  più  nutrivano  ran- 
core nei  loro  cuori  :  Uno  scontento  d'  auiuio  li  spingeva  alla  ri- 
volta, e  non  attendevano  che  l'occasione  propizia  per  impugnare 
le  armi.  Il  fermento  quindi  era  latente,  ma  diffusissimo. 

Ogni  atto  dei  singoli  magistrati  era  censurato ,  ad  ogni  inci- 
dente una  dimostrazione  jiopolare  e  la  conseguente  reazione  del 
Governo  ;  reazione  che  lasciava  dietro  a  sé  tante  vittime  ed  al- 
trettanta sete  di  future  vendette  nel  cuore  di  ciascun  popolano. 

Le  maestranze,  capitanate  dai  loro  consoli,  riunivansi  nella  chie- 
sa di  S.  Mattia  dei  Padri  Crocifari,  senza  distinzione  di  partiti,  o 
di  classe;  ma,  affratellate  e  ferme  nei  loro  propositi,  per  discutere 
e  formulan!  i  piani  delle  loro  non  loutiine  rivendicazioni. 

Kei  loro  segreti  convegni  l'accordo  era  unanime;  tutto  era  già 
Stabilito  per  hinciare  la  tremenda  stida.  L'ora  infatti  era  suonata. 


(1)  La  Lumia,  upum  citutu,  p.  47. 


MISCELLANEA  339 


Una  sera,  in  una  bettola  presso  S.  Antonio,  convenivano  al- 
cuni capi  (Ielle  maestranze,  fra  i  quali  certo  Giuseppe  D'Alesi, 
tiratore  d'oro,  ed  altri  della  plebe,  senza  mestiere  (1) 

I  convenuti  dovevano  discutere  e  concretare  l'inizio  della  som- 
mossa. Dovevano  trovare  un  pretesto  qualsiasi. 

Fu  determinato  in  fatti  ,  di  trarre  occasione  dell'imminente 
festa  del  15  agosto,  giorno  in  cui  il  Viceré,  i  Magistrati,  i  Signori 
e  gran  parte  del  popolo  si  sarebbero  recati,  per  consueta  divo- 
zione, a  visitare  i  Santuari  della  Madonna  a  Maredolce  e  Gibil- 
rossa,  per  così  sorprendere  il  Viceré  ed  il  suo  seguito,  averli  in 
loro  potere,  sollevare  contro  di  loro  il  i)opolo,  abbattere  il  Go- 
verno e  comandar  loro  ,  facendo  le  leggi  a  prò  del  popolo  op- 
presso. 

A  tal  fine  elessero  un  capo. 

L'ordita  congiura  però  giunse  all'orecchio  del  Vice  Re,  ma 
egli  non  vi  die  peso,  ritenendo  che  tutto  sarebbe  svanito.  Ciò  non- 
dimeno, non  dissimulavasi  una  certa  inquietudine,  e  consultato  il 
Senato,  determinossi  di  chiamare  a  se  alcuni  dei  più  arditi  con- 
giurati, e  spedì  in  fatti  alcuni  messi  in  cerca  dei  Consoli  Giu- 
seppe Errante,  Leonardo  Cacciamila  e  Martino  Lodovico  e  del 
Consigliere  Francesco  Daniele. 

L' Parante  e  il  Daniele  s'insospettirono  a  quell'invito  :  i  com- 
pagni e  gli  amici  dissuade  vanii  d'andarvi,  temendo  un  brutto  tiro 
da  parte  del  Viceré,  e  perciò,  ritenendo  fondato  un  tal  sospetto, 
stabilirono  d'inviare  al  Vice  Re  la  risposta  seguente  :  «  Venga 
Sua  Eccellenza,  se  ha  bisogno  dei  Consoli  »  Però  altri,  fra  i  quali 
i  due  Giurati  popolari  e  il  Capitano  della  città,  dimostravan 
loro  che  un  tale  atto  di  disubbidienza  esponevanli  al  naturale 
risentimento  del  Vice  Re;  risentimento  che  sarebbe  andato  tutto 
a  loro  danno,  mentre,  ubbidendo,  nulla  avevano  a  temere  :  Per- 
suasi in  tal  guisa,  si  condussero  presso  il  Viceré,  il  quale  li  ac- 
colse con  tinta  benevola  ciera  e  mal  celato  risentimento.  Disse 
loro  di  averli  invitati  per  sentire  da  loro  stessi  se  c'era  del  vero 
su  ciò  che  eragli  pervenuto  a  sapere,  ma  cui  prestava  punto  fede, 
trattandosi  di  fedeli  sudditi,  dai  quali  non  poteva  aspettarsi  che 
la  sincera  cooperazione  per  la  pace  della  Città. 


(1)  La  Lumia,  opera  citata,  pag.  53  e  54. 


340  MISCELLANEA 


L'uno  e  l'altro  lo  rassicurarono  di  nulla  esser  vero  delle  voci 
corse;  che  di  con«^iura  tendente  al  perturbamento  della  pubblica 
tranquillità  non  avevano  inteso  mai  alcun  cenno,  né  la  credevano 
possibile;  che  l'Alesi  era  loro  amico,  e  mai  s'intrattennero  in  siffatti 
discorsi. 

Cacciamila,  il  Console  dei  Calderai,  il  quale  non  aveva  voluto 
ubbidire  all'invito  ricevuto,  erasi  recato  al  quartiere  della  Con- 
ceria, e,  picchiato  alla  i)orta  di  casa  dello  Errante,  gli  fu  detto 
che  questi  trovavasi  in  Palazzo.  Allora  egli  soggiunse  :  «  A  questa 
ora  l'avranno  strozzato»  A  tal  detto  le  donne  dell'Errante  e  del  Da- 
niele ,  sì  pel  ritardo  come  pel  credito  prestato  alle  parole  del 
Cacciamila,  uscirono  sulla  strada  gridando  e  piangendo.  «  Indi 
un  trambusto  improvviso  per  quel  labirinto  di  strette  e  tortuose 
viuzze  che  formavano  l'Antica  Conceria,  un  serrar  di  botteghe, 
un  attrupparsi  e  versarsi  di  numerosi  popolani  nel  cassero  e  nella 
via  Maqueda,  esclamando  :  «  All'armi  !  il  Vice  Re  ci  tradisce  »  (1) 

Tra  i  primi  accorsi  notavasi  Giuseppe  D'Alesi,  uomo  ardito 
e  risoluto  ,  dotato  di  una  forza  singolare  ,  destro  nel  maneggio 
delle  armi  e  specialmente  negli  esercizii  di  spada,  pei  quali  era 
tenuto  in  conto.  Egli  ,  più  che  esercitar  l'arte  di  batter  l'oro  , 
amava  meglio  dedicarsi  alle  armi,  e  l'idea  che  un  giorno  dovesse 
battersi  per  le  poj)olari  rivendicazioni,  non  lo  abbandonò  mai. 

Era  stato  in  Napoli  ed  aveva  appreso  n)olto  delle  gesta  e  dei 
trionfi  del  Masaniello.  Sicché  vedeva  giunta  anche  per  lui  l'ora 
di  esplicare  le  bèlliche  sue  aspirazioni. 

Armatosi,  e  seguito  dai  più  fedeli  amici  e  da  una  moltitudine 
di  gente  d'ogni  ceto,  scese  per  la  città,  spiato  dal  desiderio  di 
esplicare  l'ira  sua  da  tem])o  repressa. 

Aveva  già  puntato  Tarchibugio  contro  alcuni  Governatori  della 
Città,  quando,  d'un  tratto,  sentì  afferrarsi  per  un  braccio  :  erano 
il  Daniele  e  l'Errante  che  il  Vice  Re  aveva  hisciati  liberi.  Al- 
lora insieme  mossero  con  maggior  lena  ,  seguiti  da  immenso 
popolo. 

L'Alesi  fattosi  in  alto  gridò  :  «  O  popolo,  chi  sarà  che  ti  guidi  f  » 
«  Voi  medesimo»  gridarono  a  coro.  AUora  si  poso  a  cavallo,  e 
dietro  di  lui  la  folhi  siiingeva  a  braccia  due    cannoni    tolti    dal 


(1)  I,A  1,1  MIA,  opera  citata,  pug.  GU. 


MISCELLÀNEA  .341 


balnaido  del  Tuono  presso  la  Kalsa.  Lo  seguiva  la  nioltitudiiie 
armata  di  pietre,  spade  ed  altri  arnesi. 

Presso  Porta  Xuova,  dirimpetto  le  distrutte  chiese  di  S.  Bar- 
bara e  della  Pinta,  iuipegnossi  la  tremenda  lotta.  La  pujfna  fu 
terribile  coi  soldati  spaj^nuoli  che  stavano  schierati  davanti  il 
(juartiere  di  S.  (riacomo,  ed  il  Vice  He  Marchese  di  Los  Velez, 
che  stava  affacciato  al  bah-one  della  galleria  insieme  ad  alcuni 
nobili  i)alernntani  ed  utìiciali  «Ielle  truppe,  potè  ve<lere  appieno 
la  lotta  furente. 

Egli,  temendo  ben  piìi  gravi  uiassacri,  all'idea  di  una  fuga 
non  indugiò  un  solo  istante,  e,  montato  in  carrozza,  fé'  condursi 
da  fuori  Porta  X(U)va,  per  la  via  della  Zisa  ,  al  Molo  ,  per  ivi 
prendere  la  via  dei  mare.  Infatti,  giuntovi,  montò  sulla  capitana 
di  Sicilia,  e  dispose  ai  marinai  di  quella  nave  di  avanzare  oltre, 
verso  la  spiaggia  dell' Arenella. 

i^o  sgomento  fu  generale.  Le  notizie  di  centinaia  di  vittime 
cadute  sulla  piazza  del  Palazzo  accrescevano  dippiù  il  timore 
nella  gente  che  sfavasi  lontana  dai  disordini. 

I)ovun«iue  bande  d'insorti  assetati  di  vendetta,  dag  i  occhi  fe- 
roci, scomposti  nella  persona,  stringendo  i  pugni  giuravano  lo 
steriuinio  dei  loro  nemici. 

Verso  sera  1'  Alesi,  coi  suoi  bravi,  e  seguito  da  immenso  po- 
polo, recavasi  al  palazzo  del  Senato.  Quivi,  c<m  la  violenza,  at- 
terrate dal  popolo  ribelle  le  poite  ,  furon  uiesse  a  soqquadro  le 
armerie,  traendo  fuori  tutto  (|uanto  vi  si  conservava.  Similmente 
fu  operato  all'armeiia  della  J)ogana  ,  e,  dall'  uno  e  1'  altro  depo- 
sito sortirono  armati  di  spade,  archibugi,  pistole  ed  arnesi  d'ogni 
specie  circa  trentamila  rixoltosi  ,  che  con  maggior  violenza  tor- 
narono alla  lotta. 

La  città  era  tìnaluiente  rimastii  in  balia  dei  ribelli.  Il  Governo 
era  sciolto.  Jl  Vice  Re  sulle  galere,  lungi  da  qualsiasi  relazione 
in  città.  La  maggior  parte  dei  ministri  e  togati  fuggiti  o  nascosti. 

La  rivolta  continuò  parecchi  giorni  senza  tregua.  Ogni  odio 
era  stato  vendicato,  e  soggiogata  e  resa  impotente  la  nobiltà,  i)er 
reagire  contro  la  borghesia  pervenuta  al  potere  con  la  prepotenza. 

Jl  J)' Alesi,  però,  faceva  comprendere  che  i  di  lui  intendimenti 
non  erano  ostili  al  Ile  ,  anzi  i>rofessa vagli  immensa  divozione  e 
sonnnissione. 

Egli  tendeva  al  rinnovamento  ed  al  riordinamento  della  pub- 
ere?*, iitor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  23 


342  MISCELLANEA 


blica  auìmÌDÌstrazìoDe  e  al  teiiiperamento  della  giustizia  prex)oteii- 
teuiente  ainniÌTiistr;ita,  rifoi-uiando  le  leggi  e  abolendo  gli  odiosi 
balzelli  ,  e  rimettendo  nelle  mani  del  popolo  onesto  1'  ammini- 
strazione del  Comune  e  della  Giustizia. 

I  di  lui  propositi  erano  a  conoscenza  di  tutti,  s])ecialmente  al 
Preposto  al  Sant' Offizio,  Mons.  Diego  Trasmiera,  uomo  astuto, 
adatto  all'  esercizio  delle  sue  funzioni ,  e  che  al  bisogno  sapeva 
anche  esercitare  l'uffizio  di  polizia  politica  sotto  le  apparenze  di 
un  fare  benevole  e  sincero. 

Costui  non  i)erdè  tempo  a  mettere  in  esercizio  le  line  sue  arti 
presso  1'  Alesi,  e  primo  suo  atto  tu  di  visitarlo  personalmente , 
oft'rendogli  servizii  e  consigli  improntati  alla  più  sincera  amicizia. 

La  visita  non  fu  breve  ,  ne  fu  inutile  :  i  risultati  furon  tali, 
che  1'  Alesi  riprese  un  fare  calmo  e  sereno  da  inspirare  la  più 
grande  fiducia  in  chi  lo  aveva  ridotto  a  tanto  buon  senno. 

In  (piel  frattempo  eragli  ])ervenuta  una  lettera  del  Senato,  che, 
riscosso  dalla  nu)mentanea  apatia  gli  pf/ivcN  a  : 

«  La  nostra  città  non  potrà  nuli  goder  pace  sicui'a  dai  timori 
«  e  dai  pericoli  dei  tnnuilti,  in  tino  a  che  non  si  trovi  un  tempe- 
«  ramento  fra  questi  due  estremi  :  pagare  i  bimestri  e  non  rimet- 
«  fere  le  gabelle. 

«  1  mezzi  praticati  dal  Senato  nel  ])rogresso  di  tanto  ten»po, 
«  sono,  per  nostro  jiarticolar  sentimento,  riusciti  tutti  infruttuosi. 
«  Ne  diamo  parte  a  Vostra  Signoria,  la  qual  sappiamo  che  nutre 
«  so])ra  questo  buona  intenzione  per  ag(/iuntarci  ed  eleggere  le 
«  vie  migliori  e  i)iù  certe  che  ci  possano  condurre  al  servizio  di 
«  S.  M.  e  al  bene  della  nostra  patria. 

«  (iuardi  Dio  V.  S.  come  «lesideria.mo  »  (1). 

Dal  contenuto  di  questo  foglio  si  vede  che  dal  Municipio  e 
dalle  persoiu'  alto  hxrate  si  sentiva  la  neccissità  di  un  ecjuo  ed 
o]»portuno  provvediuiento,  per  impedire  specialmente  che  quelhi 
violenta  plebe,  abbandonata  a  se  sola,  travolgesse  uomini  e  cose. 

L' Alesi,  che  già  erasi  mutato  a  più  miti  i)roi)ositi,  in  seguito 
alle  arguto  insinuazioni  del  Trasmiera,  mal  conscio  d'inganni, 
riinase  pago  <mI  aHcftato  «Iella  detereu/a  mostratagli  dal  Senato. 

Hifuggentt;  dopo  tutto  da  disperati  partiti,  rispose  così  : 


(1)  La  Lumia,  opera  citata,  pug.  9L 


MISCELLANEA  343 


<v  Illnstiissiiiio  Senato.  M'è  stata  .uniditissiiiia  la  lettera  la  qiial 
«  mi  portò  i  (lesiderii  del  Senato  verso  il  benefìcio  del  fedelissimo 
«  poj)olo,  e  lo  ringrazio  molto  della  diligenza  e  del  pensiero  sopra 
«  il  suo  buon  governo.  Sarò  oggi  a  ventidue  ore  in  S.  Giusepiic 
«  j)er  quest'effetto  che  mi  accenna  e  si  vedrà  il  meglio  di  quello 
«che  io  bramo  per  il  servizio  di  Dio  e  8.  M.  »  (1). 

11  dopo  pranzo,  in  fatti,  coperto  d'  corazza  al  petto,  e  prece- 
duto dal  suo  alfiere  che  spiegava  lo  stendiirdo  reale,  colla  solita 
(javalcata  ,  dalla  Conceria  j)as8avH  alla  Chiesa  di  S.  Giuseppe, 
ove  già,  secondo  l'avviso  ricevuto  dal  Senato,  trovavansi  riuniti 
1'  Inquisitor  Trasuderà  ,  il  suo  collega  Cameros  ,  il  Principe  di 
Trabia  ed  altri  nobili. 

11  Trasmiera,  con  un  \is()  dalla  cui  ostentata  serenità  traspa- 
riva la  furba  ferocia,  gli  altri,  più  o  meno  impacciati^  dispettosi 
e  mal  tolleranti  il  contatto  con  (luella  marmaglia  elevata  a  gran- 
dezza. 

Vi  erano  il  l),r  Lo  Giudice  ed  altri  avvocati  che  avean  dato 
consigli  al  D'Alesi,  tutti  i  Consoli  insuperbiti  del  loro  trionfo 
sui  nobili  e  signori  :  una  folla  immensa  stipavasi  nei  più  recon- 
diti angoli  di  quel  tempio. 

I  nobili  teneansi  in  piedi  per  evitare  di  alzarsi  al  di  lui  en- 
trare. Entrato  ei  si  pose  a  sedere  fra  i  due  Inquisitori  innanzi 
una  tavola  su  cui  erano  un  Crocifisso,  un  campanello  e  due  can- 
delieri ;  alcuni  <lei  luù  fedeli  amici  gli  si  piantavano  dietro  per 
custodirlo;  gli  altri  tutti,  senza  distinzione  uè  preferenza,  sedeansi 
sui  banchi  circostanti  :  i  (piattro  Governatori  della  Città  e  i  due 
Giurati  iK)iH)lari  presero  insieme  posto  in  altro  canto. 

Incominciò  il  ('apitan  Generale  col  riceversi  dai  Consoli  i  me- 
moriali di  ciò  che  credevano  suggerire  nel  comune  interesse.  Il 
Dottor  Antonino  Lo  Giudice  ,  i>er  di  lui  incari(!o,  ne  die  lettura, 
e  fra  tante  (-ose  ben  suggerite  non  nuvncavano  gli  spropositi. 

Indi  cominciò  la  discussione  ,  basandosi  1'  Alesi  nel  concetto 
di  riparare  le  ingiustizie,  evitare  gli  abusi,  pur  attermando  il  mas- 
simo rispetto  e  la  più  grande  divozione  alla  Corona. 

1  nobili,  gì'  Inquisitori  e  tutti  i  titolati  ivi  convenuti ,  discu- 
tevano con  vigore  interessato  sul  ritorno  del  Vice  Re;  i  Consoli, 


(1)  La  Lumia,  openi  citata,  p&g.  92. 


344  MISCELLANEA 


consentendo,  volejuio  i)erò  clic  il  i)iesi(lio  di  Fjihizzo  si  ooiii)>o- 
nesse  di  sole  lunestnmze,  come  ])ersone  di  più  interessate  al  bene 
della  patria,  escludendone  i  soldati  spagnuoli. 

L'  Alesi  non  interloquiva  su  queste  discussioni ,  ma  in  line 
soggiunse  :  «  Torni  Sua  Eccellenza,  e  resti  a  sua  libertà  la  ele- 
zione della  guardia  ». 

Indi,  tolta  di  mezzo  ogni  difficoltà  su  questi  desiderii,  proce- 
deasi  allo  esame  dei  capitoli  proposti  : 

Il  primo  ,  vinto  dal  i»opolare  unanime  suttragio  ,  concerneva 
l'indulto  generale  di  tutto  ciò  ch'era  accaduto. 

Concedeasi  al  Vice  Re  la  conferma  nel  Viceregnato  per  altii 
tre  anni. 

A  garanzia  d(?lla  città  poucasi  jx'i-  principio  che  il  Comandante 
del  Castelhimmare  fosse  i>alermitano  nativo  ;  facendo  eccezione 
per  quello  in  funzioni,  il  (piale  non  avma  ()i>i)Osto  ostilità  nelle 
avvenute  enuu'genze. 

Disciplina  vasi,  fra  l'altro,  il  uiaccllo  delle  carni,  la  seminatura 
delle  terre  e  la  condizione  dei  fìttajuoli  di  l;\tifondi  ,  aftinché  il 
grano  non  venisse  meno  nei  luercati. 

Chiedevasi  la  decadenza  dall'ufficio  di  tutti  i  Maestri  Kazio 
nali  del  Patrimonio  ,  Avvocati  llscali  ,  l'rocinatori  e  Sollecita- 
tori fiscali  ed  altri  Ufficiali  perpetui  del  Regno  ,  fiitta  eccezione 
pei  ('ai)itani  delle  gah're,  il  (-onsultiu'e,  i  lM«\sidenti,  il  (ìiudice 
della  Monarchia,  gl'Inquisitori,  il  Tesoriere  e  l'Uditor  Generale, 
come  anche  gli  esercenti  uffìcii  venali  ,  per  eleggersi  i  nuovi  e 
da  nominarsi  ogni  due  anni. 

Volevasi  abolita  la  confisca  dei  beni,  trauma  pei  delitti  di  eresia 
e  l>er  quelb  di  lesa  maestà  in  primo  capite  ;  abbr<>viato  e  addol- 
cito il  carcere  per  i  testimonii  :  che  hi  donna  non  |)otesse  dete- 
nersi in  segreta  più  di  un  gionu»  e  l'uomo  più  di  tre. 

Inoltre  chiedevasi  l'osservanza  di  tutti  i  i)rivil(;gi  conceduti 
dal  Re  Pietro  D'Aragona  alla  Sicilia,  rimanendo  abrogate  tutte 
le  altre  leggi  che  vi  derogassero. 

Domandavasi  l'abolizione  totale  «Ielle  gabelh^  pagale  dai  re- 
gnicoli, esi'lusa  la  dogana  regia  e  le  tawlc  ossia  i  contingenti  «lei 
donatici  voluti  dal  l'arlanuMito,  riguardandosi  tolte  ancluì  le  ga- 
belle «lei  (i<»ri,  frutti,  fumo,  orz«»  «•  pes«M,  purché  sui  p«'sci  si  pa- 
gasHe  la  d«M;ima. 

In  quanto  all'abolizione,  qucHta  volta  si  era  più  larghi  dell'ai- 


MISCELLANEA  346 


tra  votata  in  maggio,  che  limitavasi  alla  sola  città  di  Palermo  : 
ora  estende  vasi  a  tutto  il  Eegno. 

Chiedevasi  pure  «  la  recui)erazione  al  demanio  dello  Stato  di 
tutti  gli  etietti  pubblici,  di  tutte  le  città  e  terre  di  cui  la  Corona 
avea  fatto  mercato  dal  1630  in  poi  con  infeudazioni  e  con  ven- 
dite ;  i  compratori  s'  intendessero  perciò  rimborsati  del  cai)itale 
mercè  i  frutti  percepiti  sopra  il  cinque  per  cento.  Per  coloro  che 
non  potessero  di  questa  guisa  riputarsi  soddisfatti ,  la  restitu- 
zione dei  fondi  demaniali  si  sospendesse  Ano  a  che  interamente 
lo  fossero,  o  lincbè  non  si  assegnasse  loro  altra  rendita  corrispon- 
dente, ovvero  non  si  facesse  il  pagamento  in  contanti.  Quanto 
alla  città  di  Palermo  si  saldassero  i  debiti  (ed  erano  molto  forti) 
che  il  R.  Erario  avea  colla  iStessa  ,  e  si  rendessero  i  fondi  e  gli 
effetti  dal  Regio  Erario  assegnati  in  isconto  e  quindi  ripresi  e 
stornati,  per  metterla  in  grado  di  adempiere  ai  proprii  obblighi 
verso  i  creditori,  fossero  cittadini  o  regnicoli,  fossero  anche  stra- 
nieri. 

«  Si  stabiliva  doversi  innanzi  un  magistrato  speciale  e  con 
forme  sommarie  ,  chiamare  a  render  conto  dell'  amministrazione 
tenuta,  i  Pretori,  i  Giurati  e  gli  altri  IJfticiali  che  dal  principio 
del  contagio  (dal  1624  in  poi)  avessero  maneggiato  denari  del 
Comune  ;  i  debitori  del  Comune  si  costringessero  al  pagamento. 
Per  tutti  gli  Uftìzii  biennali  del  Regno  si  dovesse  eleggeie  ogni 
due  anni  da  Sua  Maestà  un  Sindaratore  (1)  clu'  rivedesse  gli  atti 
del  biennio  antecedente. 

«  Per  le  fortezze  e  per  le  artiglierie  della  Città  di  Palermo  si 
spendesse  ciascun  anno  una  somma  non  minore  di  onze  duemila. 

«  Quanto  al  reggimento  interno  della  città,  vi  fossero  perma- 
nentemente tre  giurati  popolani  e  tre  nobili,  <la  nominarsi  gli  uni 
dal  i>opolo  ,  gli  altri  dalla  nobiltà,  facendosi  da  and>o  i  ceti  tic- 
eademia  ossia  seggio  ,  a  line  di  congregarsi  tanto  per  la  (de/ione 
di  detti  Giurati,  quanto  per  qualsivoglia  altra  causa  in  servizio  di 
S.  M.  e  del  Regno ,  purché  i  Giurati  fossero  nativi  palermitani 
e  non  si  potesse  tener  città  (riunirsi  il  Senato  a  deliberare)  senza 
esservi  due  nobili  e  due  cittadini,  I  giurati  si  eleggessero  ogni 
primo  giorno  di  maggio,  e  i  comizii,  in  attestato  di  benemerenza 


(1)  Cfv.  Savagnone,  //  Sindacato. 


346  MISCELLANEA 


ai  Padri  Teatini  di  S.  Giuseppe,  si  celebrassero  sempre  nella  loro 
chiesa  ». 

Si  aprissero  studii  pubblici  ,  si  pagassero  i  dovuti  stipendii 
alla  soldatesca  di  terra  e  di  mare. 

Si  estendesse  anche  ai  Maestri  Razionali  la  prammatica  che 
proibiva  ai  Giudici  della  Gran  ('orte  di  intentare  lite  contro  per- 
sona alcuna  durante  l'esercizio  della  loro  carica,  e,  circa  ai  Pre- 
sidenti e  Reggenti ,  essendo  i  loro  nftìcii  perpetui ,  i)otessero  e- 
glino  proseguire  le  loro  liti  in  via  di  compromesso,  nominando 
ciascuna  parte  un  arbitro,  e  nominarsi  dal  Viceré  il  terzo. 

Conferirsi  sempre  a  palermitani  tutti  g:li  utiìcii  della  città, 
comprese  le  cariche  di  Giudice  della  Corte  Pretoriana ,  non  ])0- 
tendo  in  caso  alcuno  farsene  dispensa. 

Licenziare  i  birri,  provvedendo  i  posti  di  un  ])ersonale  onesto; 
e  dovessero  i  nuovi  assunti  camminar  senza  (•ap])a,  con  una  verga 
di  sei  i>almi  ,  la  spada  al  fianco  e  un  nastro  giallo  al  cappello  , 
senza  di  che  potersi  loro  impunemente  resistere. 

I  Deputati  di  piazza,  i  Maestri  Notari  del  C^/omune  e  della 
Corte  Pretoriana  fossero  tutti  della  maestranza. 

Circa  il  totale  assetto  della  città ,  concernente  il  pagamento 
dei  <?reditori,  si  sarebbe  deliberato  in  altra  adunanza. 

I  votati  capitoli  furon  tosto  rimessi  al  Padre  (Jiardina,  altinchè 
curasse  di  ottenere  la  ratifica  dal  Vice  Re,  a  nome  «lei  Senato. 

Prima  però  di  emettere  le  sue  determinazioni  in  pro])osito  , 
volle  il  Vice  Re  si  decidesse  sul  <li  lui  ritorno  e  su  molte  altre 
questioni  interessanti  il  ripristinamento  della  quiete  i)er  la  tran- 
(juillità  di  tutto  il  Viceregno.  A  queste  condizioni,  egli,  avrebbe 
dato  la  sua  ai)provazioiie  ai  votati  capitoli. 

I*er  mezzo  del  l'adre  (ìiardiiia  furono  c«»l  D'  Alesi  ;ippianato 
le  diflicoltA  dalle  quali  poi  doveva  iisultani«^  un  coiiijmnimento 
di  pace  e  di  concordia. 

Fu  dall'Alesi  nuovamente  eonvoeata  tutta  l'assemblea  che  il 
giorno  innanzi  aveii  volata  i  capitoli  nella  (Uiiesa  di  S.  Giusejìpe. 
Dai  nM^lesimo  furono  letti  al  )>opolo  adunato  i  desiderii  esposti 
dal  Vice  Re,  e,  dopo  lunga  ed  animata  tliseussione  ,  si  lini  col- 
I'  ap|)rovare  le  esposte  con<lizioni,  dalle  quali  •'ons«'gnivane  il  ri- 
torno del  fuggiasco  Marchese. 

Nella  medissima  adunanza  si  passo  allo  esame  di  altri  novelli 
capitoli  in  «(Mitiniuizìone  di  ((nelli  innanzi   votati. 


MISCELLANEA  347 


Il  padre  Marchese,  salito  sul  pergamo,  ne  fé'  lettura  ed  il  di- 
battito durò  (juattr'ore  circa. 

Trattavasi  di  conferire  tutte  le  cariche  del  Eegno  ,  compresa 
quella  di  Capitano  di  galera,  ai  regnicoli. 

Di  far  luogo  ad  equa  ed  esatta  stima  dei  beni  nelle  espropria- 
zioni forzate  a  carico  di  debitori  morosi;  in  difetto  di  che,  l'ag- 
giudicazione ai  creditori  s'intendesse  nulla  ipm  jure. 

Non  si  conferissero  i  beuefìcii  ecclesiastici  del  Regno  ad  altri 
che  a  regnicoli;  quelli  della  città  a  palermitani  nativi. 

Ridursi  di  un  (piurto  il  prezzo  annuo  delle  locazioni  dei  ter- 
reni seminatori»  ,  e  di  un  quarto  anche  la  quantità  dei  terraggi 
ossia  delle  prestazioni  in  frumento  ,  che  i  flttajuoli  dovevano  ai 
padroni. 

Nei  giudizii  criminali  o  civili  ciascuno  fosse  rigorosamente 
convenuto  nel  nativo  suo  foro. 

Fosse  inviolabilmente  mantenuta  Tunità  della  Cicilia,  restando 
eliminato  [>er  sem[»re  lo  smembramento  in  due  Vicere,^ni  bramato 
dal  Comune  di  Messina  e  disdegnato  dai  palermitani. 

Nessuna  persona  potesse  esercitare  il  proprio  pubblico  ufficio, 
se  accusata  di  malversazioni  o  altro  delitto. 

Si  proibisse  il  macello  di  animali  lavoratori  e  produttivi. 

Rimanesse  lìssato  a  tari  trentasei  a  salma  il  massimo  della 
imposta  sull'esportazione  dei  grani. 

EsperinuMitarsi  infra  un  anno,  contro  i  debitori,  le  cessioni  dei 
crediti,  oltre  il  qual  termine  riputarsi  nulle. 

Non  i)otere  il  fisco  procedere  criminalmente,  senza  istanza  di 
parte  privata  contro  i  cittadini  di  Palermo;  senza  l'intervenzione 
del  medesiujo  si  ricevisssero  a  discolpa  i  testinu)nii,  e  ^*i  assumes- 
sero iu>l  modo  più  largo  le  informazioni  sul  fatto. 

1  condannati  si  scioglicssero  dal  remo,  dopo  espiata  la  pena. 

La  carica  di  Protomedico  del  Regno  si  riducesse  (-ome  piiina, 
biennale,  né  potesse  comprarsi,  ma  si  conferisse  per  merito. 

Assistesse  uno  dei  Giurati  popolani,  all'immissione  dei  grani 
nelle  canove. 

Bandirsi  dal  Regno  il  Procuratore  fiscale  della  (Jran  Corte, 
Silvesti'o  Randelli,  odiatissirao  nelle  sue  funzioni. 

Hi  togliesse  dai  pesci  minuti  il  balzello  della  decima,  limitan- 
dolo unicamente  alla  pesca  delle  tonnare. 

Concedersi  dilazione  di  un  anno  ai  debitori  poveri^  per  somme 


:348  MISCELLANEA 


non  eccedenti  le  onze  cinquanta,  meno  pei  debiti  relativi  a  fitti 
di  case  nell'anno  in  corso. 

Cercar  modo  di  abbreviare  le  liti. 

Ridursi  airs  p.  100  gV  interessi  del  prestito  di  scudi  340000 
contratto  nel  1645  dal  Regno,  per  la  propria  difesa,  ad  estinguere 
il  quale  erasi  dal  Parlamento  votato  il  donativo  di  scudi  65000 
all'anno. 

Circa  alle  Deputazioni  degli  Stati  si  osservassero  i  provvedi- 
menti emanati  in  tempo  dal  Vice  Re  Dcm  Francesco  De  Mello 
conte  di  Assumar;  il  che  riferivasi  al  pensiero  di  premunirsi  contro 
le  carestie  dell'annona. 

I  notati  capitoli  furon  tatti  di  unanime  soddisfacimento,  meno 
di  tre. 

VjOÌ  primo  di  questi  Giuseppe  D'Alesi  era  nominato  Sindaco 
perpetuo  del  Comune  di  Palermo  ,  col  salario  di  scudi  2000  al- 
l'anno ed  una  guardia  di  settanta  soldati  da  mantenersi  a  pub- 
bliche spese. 

Cogli  altri  due  capitoli   conferivasi    la  carica  di  Maestro  Ra- 
zionale della  Città  di  Palermo  al  «li    lui    fratello    Francesco ,  la- 
sciando a  disposizione  di  lui  l'altra  di  Campanino  della  ("ittA  me 
d esima,  pel  governo  dei  commestibili. 

Queste  proposte  furono  approvate  dal  Trasmiera  e  dalla  no- 
biltà, ed  accolte  con  freddezza  dal  popolo,  anche  dai  più  intimi 
del  Capitan  Generale. 

Allora  l'Alesi  avviossi  per  uscir  dalla  Chiesa,  ed  affaccia- 
tosi dalla  porta  che  dà  sulla  piazza  Pretoria,  rivolse  al  jiopolo , 
che  numeroso  stava  a  pigiarsi  su  «luelhi  piazza,  il  seguente  di- 
scorso : 

«  Amici  miei,  tigliuoli  e  fratelli  ,  Sua  Eccellenza,  a  richiesta 
nostra,  si  contenta  tornare  e  sottos<MÌvere  i  nostri  ca])itoli.  Siete 
voi  disposti  a  riceverlo?  Io  ed  i  Consoli  abbiamo  aperto  la  nostra 
intenzione,  «'i  è  però  necessari<»  di  e.(moseere  la  vostia  »  «  ^'enga  » 
rispose  unanimemente  il  popolo. 

Indi  riprese  a  parlare  dei  patti  posti  dal  Los  Velez,  di  <| nello 
fra  gli  altri  che  riguardava  il  disarmo  dei  baluardi. 

Qui  destossi  un  susurro  generale.  Kd  egli  :  «  Sostenete ,  di 
grazia,  ch'io  vi  ragioni  così  :  Voi  vedete  che  per  la  parte  da  me 
esereitata  (bnua,  ninno  vi  è  in  «pnista  città  che  abbia  più  di  me 
argomento  u  temere,  or  ini  eredete  sì  scemo,  che,  scorgendo  al- 


MISCELLANEA  349 


din  rischio,  fossi  tanto  fucile  a  cedere  !  Deh  !  lasciamo  da  parte 
og:ni  esitanza  e  iiiostriauioci  in  tutto  uomini  di  cuore. 

«  Depojiiamo,  se  occorra,  le  stesse  spade  dal  fianco,  diamo  li- 
bera facoltà  al  Vice  Ke  di  munirsi  di  quejla  guisa  che  a  lui  pia- 
cerà; teniamo  fermamente  nll 'antica  fedeltà  ed  ubbidienza  verso 
il  Re  e  verso  chi  ci  regge  iu  suo  nome.  Che,  se  pure  (come  voi 
dubitate)  ci  trovassimo  esposti  a  qualche  futuro  insulto  ,  la  me- 
desima artiglieria  che  or  leverete,  resterà  in  vostra  custodia ,  e 
non  si  vorrà  che  breve  ora  a  rimontarla  di  nuovo  contro  chi  ci 
avesse  provocato  ». 

La  plebe  rispose  : 

«  Facciasi  come  comanda  Vostra  Signoria  ». 

«  Non  farò  mai,  replicò  l'Alesi ,  nulla  per  mio  solo  convinci- 
mento. Da  voi  dipende  ogni  cosa  :  Vostra  ha  da  essere  la  scelta  ». 

E  qui  scoppiarono  degli  applausi  e  degli  evviva  al  Vice  Re. 

«  Adesso  ,  conchiuse  l'Alesi,  io  lascerò  che  governi  Sua  Ec- 
cellenza. La  mia  intenzione  è  stata  solo  rivolta  al  servizio  del 
popolo,  per  cui  son  dispostissimo  a  morire.  Ricorrete  da  oggi  in- 
nanzi a  me  come  Sindaco,  non  più  come  Capitan  Generale.  » 

Alzata  la  mano,  fece  segno  di  benedire  il  popolo. 

l  susseguenti  suoi  atti  furono  di  conciliazione  e  di  pace. 

I  votati  capitoli  furono  approvati  dal  Vice  Re. 

Fu  ristabilito  l'ordine  già  tanto  turbato,  vietato  fu  l'uso  delle 
armi.  Furori  tolti  i  cannoni  dai  baluardi  ,  e  ripristinato  il  com- 
mercio. 

L'Alesi  doveva  però  ben  presto  pagare  con  la  perdita  della 
vita  la  liducia  riposta  nel  Tnismiera  e  nel   \''i('e  Re, 


360  MISCELLANEA 


PARTE    IL 


Sottratto  ni  piitrimoiiio  comunale  il  prodotto  delle  civiche  im- 
poste per  effetto  degli  aboliti  dazii,  le  più  tristi  conseguenze  ven- 
nero risentite  dalla  Civica  Amministrazione,  poiché  la  medesima 
non  potè  più  soddisfare  a  tutti  i  creditori  soggiogatarii,  come 
per  lo  innanzi  avea  fatto. 

Costoro  avevano  in  altri  tempi  impiegato  delle  somme  vistose 
in  servizio  della  Città  e  della  R.  Gran  Corte.  Ora  vedevano  com- 
promesse le  loro  rendite.  ì^'è  il  male  limitavasi  a  questo. 

Il  danno  invero  risentivasi  da  tutta  la  cittadinanza,  e  special- 
mente dalle  classi  più  povere  :  agli  artisti  mancava  il  lavoro,  ])er 
le  mancate  ordinazioni  di  coloro  che  non  potevano  soddisfarli  per 
mancanza  di  mezzi. 

Oltre  all'impoverirsi  di  molte  famiglie,  venivano  a  soffriine 
eziandio  i  Monasteri,  i  Conventi  e  le  Opere  Pie  ,  pel  man<;ato 
pagamento  delle  loro  rendite  ;  e,  per  conseguenza  inevitabile  , 
soffrivane  fortemente  il  commercio. 

Questo  stato  di  cose  impensieriva  abbastanza  i  cittadini  (Togiii 
classe,  e,  queglino  stessi  che  avevan  fatto  la  voce  grossa  per  Ta- 
bolizione  delle  gabelle,  non  potevano  non  riconoscere  v,hv  il  <'om- 
mercio  arenato  e  la  imperante  miseria  erano  il  frutto  «Ielle  loro 
malaugurate  vittorie;  e  che,  in  cambio  di  quella  ricche/za  e  di 
quella  felicità  che  ripromettevansene,  aveano  invece  raccolto  la 
miseria  per  le  loro  famiglie. 

L'idea  del  rii)ristino  delle  gabelle  era  nella  mente  di  lutti  :  in 
fatti,  i  più  sedizioni  furono  i  primi  ad  arrendersi  alle  persuasive 
argomentazioni  di  onesti  ed  autorevoli  cittadini,  che  inai  stanca- 
vansi  di  dimostrare  come  la  lamentata  crisi  economica  non  fosse 
che  il  parto  d'uno  stolto  provvedimento. 

Fu  così  che  la  grande  maggioranza  addivenne  a  che  si  sta- 
bilissero delle  nuove  imposizioni  ,  però  sopportabili  da  tutte  le 
claHHJ  dei  cittadini. 

Il  licuvulu  poi  doveva  mettersi  in  sep.iiatii  amministrazione  dal 


MISCELLANEA  351 


Senato,  e  delegarsi  ad  es(;lusivo  soddisfacimento  di  tutti  i  credi- 
tori, con  le  i)iii  sicure  garanzie. 

Al  Vice  Ke  Marchese  di  Los  Velez,  morto  nel  novembre  del 
1847,  era  succeduto  il  Cardinal  Trivulzio,  uomo  d'ingegno  e  di 
esperimentata  risolutezza,  il  quale,  in  poco  tempo,  era  riuscito  a 
rimettere  in  assetto  l'ordine  della  Città. 

Egli,  quanto  al  ripristino  delle  gabelle,  seppe  condurre  così 
bene  le  cose,  sotto  le  apparenze  di  non  volere  aftatto  cambiare 
ciò  che  aveva  determinato  il  suo  predecessore  a  beneficio  del 
popolo,  che  il  popolo  stesso  si  mosse  a  i)regarlo  onde  rimettesse 
in  attuazione  i  nuovi  dazii. 

Avvenne  infatti  che  a  21  luglio,  a  nome  dei  Consoli  e  dei 
Consiglieri  di  tutte  le  maestranze  che  avean  dato  il  loro  consenso, 
nonché  a  nome  dei  capitani  dei  quattro  quartieri  della  città,  dei 
nobili,  impiegati,  appaltatori  e  di  tutto  il  popolo,  fu  presentato 
al  Vice  Re  Cardinal  Trivulzio  un  memoriale,  col  quale  suppli- 
ca vasi  rimettere  le  gabelle,  essendo  manifesto  provenire  dal  man- 
cato i-eddito  d'esse  la  lamentata  miseria. 

Col  medesimo  chiedevasi  pure  di  dar  licenza  al  Senato  di 
eleggere  i  Deputati,  per  la  regolare  deliberazione,  nelle  i>eraone 
del  Pretore,  di  due  Ciiurati  cittadini,  del  Preposto  dei  Padri  Tea- 
tini, del  Padre  Priore  di  S.  Teresa  dei  Carmelitani  Scalzi,  del 
l*adrc  Priore  di  S.  Nicolò  Tolentino  degli  Agostiniani  Scalzi  e 
del  Padre  Guardiano  dei  Cappuccini. 

Ottenuto  al  memoriale  il  placet  Vicereale,  fu  data  esecuzione 
alla  pro|)osta  dì  eleggere  la  Commissione. 

Riunitasi  questa  il  due  del  successivo  Agosto  ,  n»'l  Palazzo 
municipale,  si  discusse  sulla  c<mvenienza*  e  sulla  necessità  del- 
l'applicazione delle  nuove  gabelle.  1  Commissarii  s'inspirarono  alla 
])iù  stretta  giustizia  «'.  nuxlerazione,  ad  effetto  di  i)agare  le  somme 
dovute  alle  chiese  ed  a  tutti  i  creditori;  ciò  che  sarebbe  poi  tor- 
nato a  ristanro  dei  commercio  ed  a  sollievo  delle  deiu'esse  arti. 
Stabilirono  la^cpialità  e  quantità  delle  gabelle  iuiponibili  ,  alle 
(piali  ritenevano  giusto  ed  onesto  che  tutti  volontariamente  si 
obbligassero. 

Si  i)ropose  (juindi  che  non  fossero  esenti  dal  contributo  le 
persone  ecclesiasti(die  Secolari  e  Regolari,  i  Viet^  Ra  jtro  tempore 
e  tutti  i  Ministri  ed  LTttìciali  di  qualunque  ordine,  i  quali  nei 
tempi  andati  avessero  goduto  di  tali  esenzioni  o  privilegi.  E  gè- 


352  MISCELLANEA 


neralinente  si  negò  l'immunità  a  qualsiasi  persona,  anche  di  san- 
gue regio. 

Questa  deliberazione  fu  proposta  a  tutto  il  Capitolo  e  Clero 
della  Cattedrale,  che,  dopo  maturo  discernimento,  il  nove  d'a- 
gosto, per  atto  pubblico,  diedero  il  loro  volontario  consentimento. 

A  quest'atto  di  abnegazione  seguì  l'altro  del  10  dello  stesso 
mese,  cioè  il  consenso  dei  Capi  e  Superiori  dei  Kegolari  ;  a  27 
detto  quello  del  Capitolo  della  K.  Cappella  di  S.  Pietro  nel  Pa- 
lazzo ;  e  finalmente,  a  29  del  ripetuto  mese,  quello  del  Maestro 
cappellano,  dei  Parroci  e  dei  Beneficiali  di  tutte  le  Parrocchie; 
con  la  espressa  coudizione  però,  che  s'itercedesse  da  Sua  Santità 
il  permesso  per  la  immunità  ecclesiastica,  e  si  concedesse  agli 
ecclesiastici  stessi,  per  apparenza,  la  franchigia  in  una  delle  im- 
ponende  gabelle. 

Altra  condizione  fu  che  s'intendessero  gli  ecclesiastici  liberati 
da  ogni  consenso  ed  obbligazioni  delle  gabelle,  ritornando  alla  pri- 
miera immunità  ,  se  mai  in  avvenire  venisse  concessa  qualsiasi 
franchigia  a  persona  di  qualunque  grado,  nessuna  eccettuata. 

Ed  in  fine,  che  dopo  stabilita  dal  Pubblico  Consiglio  la  im- 
l>o8izione  delle  nuove  gabelle,  si  nominassero  almeno  tre  Dej)u- 
tati  ecclesiastici  a  far  parte  della  Deputazione,  da  preporsi  al- 
l'Amministrazione della  nuova  azienda. 

A  29  agosto  del  suddetto  anno  1648,  per  ordine  dell'Bminen- 
tissirao  Vice  Re  Cardinal  Trivulzio,  furono  solennemente  convo- 
cati dal  Senato  i  comizii. 

Il  Pretore  parlò  al  popolo  delle  calamità  causate  dall'aboli- 
zione delle  antiche  gabelle,  e,  venendo  ai  modi  di  rii)aro,  pro- 
pose all'adunanza  i  mezzi  che  erano  stati  designali  dai  Deputati 
eletti  atl  istanza  dei  rappresentanti  1  cittadini. 

Dopo  accurata  discussione,  furono  ad  unanimità  deliberate  le 
nuove  imposizioni  qui  api)resso  integralmente  trascritte,  (l)  che 
costituirono  poi  il  patrimonio  attivo  della  Deputazione  delle  Nuove 
Gabelle  : 

«  In  primis  doversi  pagare  da  tutti  universalmente,  et  nemine 
«feXente,  oncia  una  sopra  ogni  botte  di  vino  che  sarà    i)ro«lott<> 


(1)  Ordinationi  e  lierfoìnnwnti  per  la  Depntarjone  dellti  Nuove  Gabelle», 
pag.  32  «  ■«guenti,  preuBo  l'Archivio  Comunale  di  Palermo. 


MISCELLANKA  363 


«nel  territorio  di  essa  e  uelli  luoghi  che  «li  consuetudine  si  com- 
«  prendono  in  detto  territorio,  ed  è  stato  solito  entrare  il  vino, 
«  quando  l'Illustre  Senato  di  questa  Città  ha  serrato  la  tratta 
«  del  vino  di  fuori  territorio,  ed  entrerà  iu  questa  città  di  Paler- 
«  mo,  e  da  esigersi  nelle  porte  di  essa  nella  conformità  che  di- 
«  sporrà  l'infrascritta  Deputazione  :  nec  non  da  pagarsi  per  ogni 
«  botte  di  vino  prodotta  in  detto  territorio  e  luoghi  come  sopra 
«  che  si  consumerà  a  minuto  nelle  taverne  ,  magazzini  o  altri 
«  luoghi  esistenti  nel  territorio  di  questa  città,  nelli  quali  si  ven- 
«  derà  a  minuto  detto  vino  ;  da  j)agarsi  con  il  modo  che  detta 
«  Deputa  zi  (>ne  crederà. 

«  Item  oncia  una  e  tari  ventiquattro  da  doversi  |)agare  da 
«  tutti  universalmente,  nemiue  exente,  sopra  ogni  botte  di  vino 
«  che  entrerà  in  questa  città  di  fuor  territorio  di  essa  e  da  esi- 
«  gersi  nelle  porte  di  essa  cittA;  come  anco  da  pagarsi  per  ogni 
«  botte  di  vino  di  fuor  territorio  ,  che  si  consunu'rà  a  minuto 
«nelle  taverne,  magazzini  ed  altri  luoghi  ove  si  venderà  detto 
«  vino  di  fuori  territorio  a  minuto  ed  esìstente  nel  territorio  di 
«  essa  città. 

«  Item  tari  dodici  da  pagarsi  universalmente  da  ogni  persona 
«  come  sopra,  et  nemine  exente,  per  ogni  salma  di  orzo  che  en- 
«  trerà  in  questa  città  di  Palermo  ,  avendosi  i)er  abolita  e  can- 
«  celiata  in  virtù  della  presente  imposizione  o  gabella  di  tari  do- 
«  dici  che  oggi  si  paga  per  ogni  salma  d'orzo,  che  entra  in  <iue- 
«  sta;  quale  gabella  di  tari  dodici,  noviter  imponenda,  8oi>ra  ogni 
«  salma  d'orzo  come  sopra,  s' intenda  imposta  e  si  abbia  da  pa- 
«  gare  ancora  per  quella  quantità  «li  orzi,  i  «piali  si  ripostassero 
«  e  conservassero  in  qualsivoglia  magazzino ,  o  luogo  esistente 
«  nel  territorio  di  «piesta  città,  esclud«!iulo  i)eiò  «la  «letto  «>rzo  ri 
«  postato  o  conservato  come- sopra,  «piella  «juantità  «Iella  «juale  ve- 
«  ramente  e  realmente  il  padrone  dell'orzo  si  volesse  servire  i>er 
«  semenza,  con  prendere  le  dovute  diligenze ,  veritìcn  e  licenza 
«  del  Senato. 

«  Item  grana  tre  da  pagarsi  da  «jualsivoglia  persona  come  so- 
«  sojua,  et  nemine  exente,  sopra  ogni  rotolo  di  carne  di  genco , 
€  bove,  maiale,  e  troja  che  entreranno  e  si  macelleranno  nelli  pub- 
«  blici  macelli  di  questa  città ,  o  che  entrerann«)  macellati  nelle 
«  porte  di  essa  città;  ed  iu  questo  secondo  caso  si  dovranno  pa- 
«  gare  detti  grana  tre  per  ogni  rotolo   di  carne  di   qualsivoglia 


354  MISCELLANEA 


«sorta  di  animali,  che  sono  in  uso  di  mangiarsi,  eziandio  vacche 
«  eocettnato  però  il  porco  che  può  entrare  franco  per  servizio  di 
«  qualsivoglia  cittadino  di  questa  Città,  conforme  l'antico  costume 
«  e  consuetudine  di  essa. 

«  Item  si  avrebbe  da  tornare  a  pagare  come  prima  la  imjwsi- 
«  zione  della  gabella  che  si  solca  pagare  sopra  il  pesce  ,  con  la 
«  forma  e  per  la  somma  che  sua  Eminenza  con  il  voto  del  Tri- 
«  buuale  del  Keal  Patrimonio  ha  ordinato  per  suo  atto  viceregio 
«  oggi  ;  l'introiti  della  quale  si  dovranno  pagare  come  jmma  al- 
«  l'Ili dstrissimo  Senato  per  non  assere  questa  nuova  imposizione. 

«  Item  tari  sei  da  pagarsi  come  sopra  per  ogni  rotolo  di  ta- 
«  bacco  così  che  entrerà  in  questa  città  di  ralermo  da  qualsivo- 
«  glia  luogo  e  parte  tanto  dentro  quanto  di  tuori  Kegno,  cosi  in 
«  pampina  seu  in  corda,  come  per  pesto  e  polverizzato,  e  da  pa- 
«  garsi  ancora  per  ogni  rotolo  di  tabacco  che  forse  si  compones- 
«  se  e  producesse  in  questa  città  di  Palermo ,  e  si  vendesse  in 
«  (qualsivoglia  bottega  e  luogo  di  essa  ,  da  esigersi  con  la  for- 
«  ma  e  disposizione  che  giudicherà  facile  e  conveniente  ed  ordi- 
«  nera  l'infrascritta  Deputazione. 

«  Item  oncie  quattro  e  tari  ventiquattro  da  pagarsi  da  qual- 
«  siasi  persona  come  sopra  et  nemine  exente,  sopra  ogni  carrozza 
«  che  tiene  e  camina  al  presente  o  caminerà  in  futuro  in  questa 
«  città  di  Palermo  e  suo  territorio,  tirata  da  cavalli  o  mule,  pur- 
«  che  ogni  carrozza  che  camina  o  caminerà  il  i)adrone  di  essa  tenga 
«  per  ogni  una  di  esse  carrozze  e  loro  servizio  due  nude  o  cavalli 
«  per  tirarle  e  condurle  ,  e  se  alcuna  persona  terrà  i)er  suo  ser- 
«  vizio  due  o  più  carrozze,  o  per  servizio  di  quelle  non  terrà  più 
«che  due  animali,  dovrà  solo  pagare  per  una  sola  carrozza, 
«che  camina  e  caminerò  ,  e  così  rispettivamente  secondo  la 
«  (pumtità  di  animali  o  carrozze,  (die  terranno  e  tengono  j)er 
«  lo  servizio  e  tÌ!-o  di  detta  carrozza  una  o  più  tirate  «la  diu'  o 
«  quattro  animali,  secondo  la  (pialità  e  dignità  delle  persone  che 
«terranno  il  tiro  «li  «piattn»  animali  p«M'  s«'rvizi«>  p('i'<)  di  una car- 
«  rozza. 

«Item  lari  diciotto  da  pagarsi  da  tutte  v  «{ualsiasi  persone, 
«  iieniine  oxente,  sopra  ogni  cantaro  di  olio  che  entrerà  in  ({uesta 
«  «'ittà,  da  cHigersi  alle  p«»rt«!  «'«1  «Mitrati^  «li  «| uesta  :  ne<'  non  «la 
«  pagarsi  ptM'  ogni  cantaro  «li  «ilio  «li  «pielli  v\w.  si  (Miveianno 
«  iielli  trappeti  esistenti  in  «piesta  città   con  la    forma  che   sarà 


MISCELLANEA  355 


«  benvista  a  detta  Deputazione;  con  questo  però,  che  detta  im- 
«  posizione  di  tari  diciotto  per  quella  quantità  di  olio  che  si  ven- 
«  derà  a  minuto  in  questa  città  e  suo  territorio,  si  debba  esigere 
«  con  l'avanzo  di  piccoli  tre  per  ogni  oncia  d'olio  che  si  venderà 
«  a  minuto  come  sopra  più  del  prezzo  che  si  venderà  detto  olio; 
«  a  fin  di  applicare  1'  avanzo  sopra  detti  tari  diciotto  fino  alla 
«  somma  che  imjjorteranno  detti  piccoli  tre  per  oncia  d'olio,  alla 
«  sodisfazione  di  detti  soggiogatarii  ,  come  sopra  ,  ed  in  quanto 
«  alle  murghe  ed  olio  ammelato  di  detti  oli  che  entreranno  in 
«  questa  città  di  Palermo  o  si  consumeranno  nel  suo  territorio, 
«  dovranno  pagare  ,  cioè  :  le  murghe  a  ragione  di  tari  sei  per 
«  cantaro  e  1'  olio  ammelato  tari  dodici  per  ogni  cantaro  ;  quale 
«  eccettuazione  di  olio  ammelato  e  murghe  si  debba  intendere 
«  dal  primo  di  gennaro  di  ciaschedun'  arwno ,  per  causa  che  dal 
«  principio  del  raccolto  dell'olii  fino  a  detto  tempo,  non  si  può  di- 
«  scernere  la  differenza  di  essi. 

«  E  finalmente  tari  dodici  da  pagarsi  da  tutti  a  qualsivogliano 
«  persone  ,  nemine  exente ,  sopra  ogni  salma  di  farina  ,  cosi  di 
«  forte  come  di  majorca,  che  entrerà  in  questa  città,  e  di  quella 
«  che  si  consumerà  nel  territorio  di  essa. 

«  Con  espressa  proibizione  che  nessuna  persona  di  qualsivo- 
«glia  stato  e  condizione  che  sia,  quantunque  privilegiata,  eccle- 
«  siastica  o  secolare,  possa  tenere  centimolo  sotto  nessun  prete- 
«  sto  in  questa  città  di  Palermo,  e  suo  territorio,  senza  espressa 
«  licenza  in  scriptis  della  Deputazione  sopra  «letta  o  del  gabel- 
loto  che  prò  tempore  sarà  di  detta  imposizione  di  farina». 

Tenuto  conto  che  le  nuove  imposizioni  non  erano  bastevoli  a 
pagare  tutti  i  creditori  alla  ragione  del  5  7o  che  era  lo  stato  in 
cui  trovavansi  prima  dell'abolizione  delle  antiche  gabelle,  si  sta- 
bili che  ai  soggiogatarii  cittadini  ,  ai  Monasteri,  alle  Chiese  ed 
alle  Opere  Pie  esistenti  in  Palermo  ,  le  dette  soggiogazioni  do- 
vessero i)agarsi  alla  ragione  del  4  7o-  ^^i  regnicoli  di  questo  Eegn(^) 
di  Sicilia  al  3  7?  °/o  ^^  '^^^^  dìtvi  forestieri  al  .3  »/o. 

E  parimenti  che  tutti  coloro  i  quali  dal  1.  Settembre  1036 
in  poi  erano  subentrati  agli  antichi  creditori  per  ricompre  e 
rinvestimenti  fatti  dalla  città,  dovessero  conseguire  le  soggio- 
gazioni nella  seguente  misura  :  In  quanto  ai  cittadini  ,  Mona- 
steri, Chiese  ed  Opere  Pie  esistenti  in  Palermo,  al  3  %,  ai  re- 
gnicoli al  2  Vi  "/«  ^  ^i  forestieri  al  2  '%.  A  coudizione  però,  che 


356  MISCELLANEA 


gli  avanzi,  qualora  ve  ih* 'fossero,  dovessero  impiejiarsi  alla  ri- 
compra (lei  bimestri  stessi,  onde  i  creditori  potere  mi  tempo  ri- 
cuperare i  loro  capitali ,  ed  i  cittadini  ottenere  così  lo  sgrava- 
mento di  questi  nuovi  balzelli. 

Dapprima  le  classi  dei  creditori  furon  due  solamente  :  ìmne- 
.stniniì  cittadini  e  reifnicoli  esteri;  però  la  loro  condizione  non  tu 
uguale,  dappoiché  1  cittadini  venivano  preferiti  ai  regni(;oli  come 
coloro  che  maggiormente  sostenevano  il  peso  delle  nuove  gravezze: 
come,  degli  altri,  erano  pure  preferiti  i  nativi  siciliani,  lasciando 
agli  esteri  la  minima  parte. 

Queste  classi,  per  nuovi  avvenimenti,  aumentarono,  tanto  che 
nel  1860  non  eran  meno  di  nove. 

La  classe  dei  bimestranti  cittadini  fu  divisa  in  himentranti 
partiooluri  e  bimestranti  maniinorte  od  opere  a  min  in  ist  rate. 

A  quest'ultima,  per  la  relativa  scrittura,  furono  assegnati,  a 
corrispondenza  del  Banco,  cinque  libri  contabili,  che  poi,  dal  1842 
vennero  ridotti  in  un  solo. 

Quella  deiJ[regnicoli  fu  anch'  essa  separata  con  la  dizione  di 
regnicoli  alntanti  e  reifuicoli  esteri. 

A  queste  poi  se  ne  aggiunsero  altre,  che  si  chiamarono  :  soli- 
dale oblifjaaione,  assegnatarii,  ribassa,  mezzo  bimestre ,  consolidato. 

Manimorte  ed  opere  amministrate  erano  corpi  morali  di  qual 
siasi  natura  che  vantavano  rispettivamente  credito  contro  la  !)«'- 
putazione  a  titolo  originario  o  derivato.  Dal    C%)nsiglio  del   1(>48 
ebbero  reso,  insieme  ai  particolari  cittadini,  privilegiato  su  tutti 
i  creditori  il  loro  credito. 

Si  nomarono  bi':  estran  ti  particolari  quei  creditori  particolari 
nativi  di  Palermo  o  del  territorio  che  vantavano  il  loro  credito 
direttamente  dai  prestiti  fatti  alla  città  e  dai  relativi  atti  sog 
giogatarii,  o  da  acquisto  fattone  da  altri  creditori,  e  dai  relativi 
mandati  di  assento. 

Sulle  altro  clansi  godevano  eziandio  preferenza,  per  la  ragione 
che  eglino  contribuivano  al  pagamento  dei  nuovi  balzelli  ,  come 
più  sopra  ò  detto. 

Dicevansi  regnicoli  abitanti  i  bimestranti  che,  non  essendo 
nati  a  l'alermo,  vi  abitavano  <5on  la  propria  (amiglia,  e  che,  evi- 
denti^niente,  contribu«Mido  come  i  palermitani  alle  nuove  imposte, 
furono,  dopo  i  citta<lini,  pntferiti  a  <M>loro  che  <linu)ravano  fatui 
territorio,  giuHta  atto  senatorio  del  21  lugli*»  HirAi. 


MISCELLANEA  357 


Così  ciano  legiiicoli  esteri  quei  <;re<litori  iiou  palermitani,  ne 
ivi  domiciliati. 

Poteva  talvolta  il  loro  credito  rimanere  insoddisfatto  i)er  man- 
canza di  residui,  essendo  stati  eglino  posposti  a  tutti  gli  altri.  Per- 
locchè,  a  14  dicembre  1672  vennero  a  transazione  con  la  Depu- 
tazione per  atto  in  Notar  Lionti,  stabilendo  che  in  vece  della  to 
tale  rendita  si  corrispondesse  loro  ogni  anno,  la  cifra  del  sopra- 
vanzo allora  esistente,  in  onze  2922,  18,  12. 

Facevan  parte  del  ramo  solidale  obbligazione  quei  bimestranti, 
il  credito  dei  quali  era  stato  prima  del  1(>48  solidalmente  assicu- 
rato dai  Governatori  della  Tavola  e  dal  Senato. 

Sullo  scorcio  del  XVI  secolo  e  sul  principio  del  XVII,  il  Se- 
nato palermitano  aveva  tratto  grosse  somme  dal  Banco,  per  far 
fronte  alle  urgenze  della  It.  Corte  ,  e  ,  per  farne  restituzione  ai 
depositanti,  dava  facoltà  al  Ban(;o  medesimo  di  contrarre  seggio 
gazioni  colla  solidale  obbligazione  del  Senato  stesso,  aftinché,  col 
capitale  ricavato  so<ldis tacesse  al  credito  proprio  e  a  «inolio  dei 
(;ittadiui  depositanti. 

Indi  queste  soggiogazioni  passavano  a  carico  della  Deputazio- 
ne ,  e  così  i  creditori  ,  sino  al  1800  formarono  il  cosidetto  ramo 
della  solidale  obbligazione. 

La  R.  Corte,  per  risarcire  al  Comune  il  debito  assuntosi  pei 
prestiti  all'Erario,  aveva  assegnato  al  Comune  ,  prima  del  1648, 
una  ingente  somma  annuale  sulle  iande  che  talune  delle  Univer- 
sità dell'isola  pagavano  al  Demanio  dello  Stato  per  conto  dei  do- 
nativi. 

Fondata  la  Deputazione  delle  Nuove  (Jabelle  ,  la  città  ,  con 
varii  atti  ,  ed  in  epoche  diverse  ,  ne  fece  alla  suddetta  assegna- 
zione, peichè  la  impiegasse  al  soddisfacimento  dei  creditori  bime- 
stranti. Per  il  che,  quei  creditori  che  dalla  Deputazione  ebbero 
assentati  i  loro  bimestri,  presero  nome  di  assegnatarii,  e,  quantun- 
que aboliti  poi  gli  antichi  assegni,  i  creditori  medesimi  ritennero 
sempre,  e  sino  al  1800,  il  titolo  anzidetto  di  assegnatarii. 

Con  Sovrano  dispaccio  del  14  giugno  1783,  reso  esecutivo  con 
atto  del  21  successivo,  fu  ordinato  che  tutte  le  taude  dovute  dalle 
Università  Siciliane  fossero  dal  5  ribassate  al  4  p.  100 ,  al  fine 
di  soccorrere  le  popolazioni  di  Messina  e  di  altre  parti  dell'isola 
rimaste  nella  miseria  dopo  il  formidabile  tremnoto  di  quell'anno. 

Fra  le  dette  taude  eran  pure  quelle  che  la  B.  Corte  aveva  nel 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  24 


358  MISCELLANEA 


1612  assegnato  alla  città  di  Palermo  sul  donativo  di  scudi  300000 
e  la  Deputazione,  non  potendo  subire  tale  diminuzione,  opinò  di 
rifarsi  della  perdita,  ribassando  anch'essa  di  un  quinto  le  rendite 
agli  assegnatarii,  per  il  che  sorse  litigio,  che  fu  poi  risoluto  in 
favore  dei  creditori. 

Pertanto,  profferite  le  tre  uniformi  sentenze  ed  iiuposto  il  per- 
petuo silenzio  con  Yiceregio  chirografo  del  5  novembre  1788,  par- 
tecipato alla  Deputazione  e  alla  Giunta  dei  Presidenti  e  C^onsul- 
tore,  si  pervenne  ad  un  accordo,  in  base  al  quale  i  creditori  ri- 
lasciarono alla  Deputazione  i  decorsi  maturati  e  non  pagati  dal 
1  giugno  1783  a  31  agosto  1788,  della  ([ninta  parte  ribassata. 

La  Deputazione  a  sua  volta  si  obbligò  per  l'avvenire  a  pagare 
sopra  altro  foiulo  la  quinta  paite  so|)ra  cennata.  Questo  nuovo 
fondo  costituì  d'allora  in  poi  la  cosidt^tta  ribassa ,  sulla  quale  i 
creditori  non  formarono  una  categoria  peifettamente  «listinta,  ma, 
per  la  loro  unicità,  del  credito,  furono  una  diramazione  degli  as- 
segnatarii. 

Quantunque  per  (luest'uUime  due  categoi'ie  la  scrittura  sia  se- 
parata, pure  ,  dagli  stati  discussi  posteriori  si  scorge  assegnato 
un  solo  fondo  per  entrambi.  Di  conseguenza,  ciascuna  rendita 
che  anteriormente  al  1783  era  inscritta  sugli  assegnatarii,  venne 
dal  J  settembre  in  jìoi  sei)arata  in  due,  cioè  :  '/.  sugli  assegnatarii 
e  Vs  svilii  ribassa. 

La  denominazione  «li  uìezzo  bimestre  ebbe  invece  oiigine  dal 
seguente  fatto  :  La  Deputazione,  ant<'rioi  incute  al  180S  era  debi- 
trice a  diversi  creditori  di  (|uattro  annualità  clic  riiiiontavaiio  sino 
al  1725  e  di  altri  (piattro  i-ecenti  l)iiii(\stri.  !  «-rcditori.  lilialmente, 
stancali  di  tant<>  attendere  ,  e  n<ui  volendo  più  a  lungo  tollei'are 
qualun(|ue  indugio  ,  n*clamaiono  alla  Deputazione  il  soddisfaci- 
mento totale  del  loro  credito.  Ma  la  loro  istanza,  non  avuto  fa- 
vorevole accoglimento,  i-icorscro  al  Uc,  il  (|nale,  inteso  il  parei-e 
della  (riunta  dei  Prcsid«'uti  e  ('ousuIt(ue,  con  atto  del  22  settem- 
bri' 1807,  nomino  una  speciali^  (ìiiinta,  i  componenti  la  quale,  da 
arbitri,  avrebbero  dovuto  giudicare  inappellabilmente. 

In  fatti,  dopo  maturo  esame,  a  IT»  giugno  1808,  |)ronui\ciò  il 
Hiio  lodo  <"lie  fu  sanzionato  con  SoNiaiio  <lispii<'cio  del  10  luglio 
Heguentc. 

K  fu  deteniiiiiato  clic  delle  t|ii:illi'n  :iiiliclic  iiiiìiiialitiì  doNiile 
ai  ereiiitori  oiiginarii  ,  se  ne    corrispon<lesHei'o  loro  soltanto  tre, 


MISCELLANEA  369 


rimanendo  a  beneticio  della  Deputazione  la  quarta  annata;  e  che 
delle  quattro  dovute  ai  traslatarii,  se  ne  pagassero  loro  due  sole, 
per  rimanere  a  prò'  della  Deputazione  le  due  rimanenti. 

In  quanto  poi  ai  bimestri  correnti,  riconosciutosi  di  averli  la 
Deputazione  soddisfatti,  furono  dichiarati  indovuti. 

Circa  al  modo  come  stabilirsi  il  pagamento  delle  anzidette  an- 
nualità, fu  poi  deciso  di  dividersi  in  s«n  bimestri  ognuna  di  essa, 
e  girarsi  ogni  anno  ,  nel   mese  di  giugno ,  la  metà   di  un  bime- 
stre in  favore  dei  creditori,  sino  alla  totale  estinzione. 
E  Analmente  parlerò  del  ramo  consolidato  : 

Nel  periodo  della  rivoluzione  del  1848  per  la  cessata  riscos- 
sione delle  gabelle,  e  i)ci-  hi  insufficiente  risorsa  delle  nuove  tasse 
allora  imposte,  la  Deputazione  non  potè  più  corrispondere  in  tut- 
to o  in  parte  le  soggiogazioni. 

Kipristinato  il  governo  borbonico  ,  si  pensò  di  rimettere  in 
assetto  la  Deputazione  ,  su  quanto  specialmente  riguardava  il 
soddisfo  dei  creditori. 

Con  questo  intento,  e  dopo  !'  uniforme  parere  della  Consulta 
di  questa  parte  dei  reali  dominii,  S.  M.  in  occasione  dell'appro- 
vazione dello  stato  discusso  quinquennale  della  Deputazione , 
dal  1851  al  1855,  dis[)ose  coi  rescritti  del  19  maggio  e  15  agosto 
1852,  che  tutti  gli  arretri  fossero  consolidati,  e  la  rendita  risul- 
tante ragionarsi  al  4  j).  100  pei  privati  e  al  3  p.  100  per  le  ope- 
re amministrate.  E  ,  i)el  ])agamento  ,  allogarsi  annualmente  un 
fondo  di  ducati   12000. 

In  esecuzione  di  <juest'ordine,  furou  tosto  fatte  le  liquidazioni 
ai  creditori;  liquidazioni  approvate  con  ministeriale  del  1  agosto 
1854. 

In  base  a  tali  liquidazioni  ogni  creditore  ebbe  rilasciata  una 
cartella,  che  costituì  il  proprio  titolo  alla  percezione  della  nuova 
rendita. 

Queste  furono  le  classi  che  costituirono  il  numero  totale  dei 
creditori  della  Deputazione,  e  a  ciascuna  di  esse  corrisponde  nel- 
l'archivio della  medesima  una  particolare  sezione  (1). 

Le  condizioni  di  (piesta  imanime  deliberazione  del  popolo 
furono  : 

(1)  F.  Pollaci  Nuct;io,  ìa'  isvnsioni  (hi  l'a lazzo  Comunale  di  Palermo. 
Stab.  tip.  Virzì. 


3H0  MISCELLANEA 


1.  Che  per  la  retta  aiuiniui<!trazu)iie  <ìi  tali  imov^e  jj;ravezze  , 
dovesse  eleggersi  una  Deputazione  composta  di  persone  di  emi- 
nenti virtù  e  prudenza;  la  quale  fosse  penitiiH  distinta  e  separata 
dal  Corpo  del  Senato,  dall' Amministrazione  degli  altri  suoi  effetti 
e  dal  patrimonio  della  cittil;  e  composta  dal  Pretore,  e  priore 
dei  Giurati  [>resenti,  da  un  cavaliere  e  da  un  gentiluomo  ,  nati 
in  Palermo,  entrambi  soggiogatarii  ed  interessati,  da  eleggersi 
dal  Consiglio  (Mvico:  due  persone  icligiose,  una  da  nominarsi  a 
voti  segreti  dal  (Capitolo  della  (Cattedrale,  i)urchè  fosse  un  Cano- 
nico di  essa  e  da  un  ecclesiastico;  l'altra  da  eleggersi  dal  Vice 
Re  ti-a  i  Regolari  e  da  uno  dei  Parroci  da  scegliersi  a  voti  segreti 
dai  Parroci  stessi. 

2.  Che  questi  Deputati  amministratori  di  dette  gabelle,  i  quali 
avevano  la  rappresentanza  di  tutti  i  creditori,  dovessero  di  due 
mesi  in  due  mesi  soddisfare  i  soggiogatarì,  senza  che  per  nessun 
caso  ed  in  nessun  tempo,  ne  per  qualsiasi  causa,  anche  urgentis- 
sima, né  per  ordine  di  sua  Eminenza  o  di  qualunque  altro  supe- 
riore, i)otessero  invertire  o  spenderne  gl'introiti,  se  non  che  al 
solo  fine  di  pagar  quelli  sotto  la  loro  i)roi)ria  solidale  respon- 
sabilità. 

Al  quale  oggetto  le  gabelle  furono  assegnate  in  solutum  ai 
soggiogatarii,  con  tutte  le  clausole  importanti  traslazione  di  do- 
minio e  possesso. 

In  ordine  poi  alla  esenzione  da  concedersi  agli  ecclesiastici  in 
una  delle  imponende  gabelle,  fu  deterniinato,  con  atto  del  20  di- 
cembre 1648,  di  conceder  loro  la  esenzione  medesima  sul  cespite 
delle  farine,  (tari  12  a  salma).  Beninteso  che  tale  privilegio  fosse 
conferito  esclusivamente  al  solo  ecclesiastico,  esclusane  la  fa 
miglia  (1) 


(1)  Più  tardi  però,  onde  eliminare  degl'inconvenienti  clu.'  si  erano  la- 
mentati, con  editto  del  12  w'tteinUre  178(),  di  Monsi^^tior  Sanse  verino,  Ar- 
civescovo di  Pulernio,  tu  di«poHt<»  «li  escludere  dal  suddetto  heneticio  tutti 
quei  chierici  che  \wx  una  ragione  (jualsiasi  avessero  deposto  l'abito  ehieri- 
cale. 

Kipiitat-HJ  per  cliierici,  e  «juindi  ^(idci'c  della  esen/.ione,  tutti  coloro  clic 
vestiHMero  in  abito  e  tonsura,  e  prest4issero  la  loro  assistenr.a  ntdle  Par- 
rocchie e  tbMm;ro  ascritti  nelle  Congrega/.ioiii  di  S.  Carlo,  del    Fervore  , 


MISCELLANEA  361 


Con  atto  del  ^30  aprile  1649,  l'Illustrissimo  Senato  assegnava 
alla  Deputazione  delle  Nuove  Gabelle  onze  5029,  4,  3  annuali,  per- 
chè fossero  dalla  medesima  amministrate  per  conto  del  predetto 
Senato,  a  soddisfo  dei  debiti  che  lo  stesso  aveva  verso  la  Tavola 
e  la  Regia  Corte,  pagando  i  salarii  a  tutti  gli  Ufficiali  della  detta 
Tavola  e  Regia  Corte  (1).  Con  la  condizione  però  che  le  somme 
rimanenti  fossero  ogni  anno  riversate  al  Patrimonio  della  città, 
e  non  impiegate  ad  uso  diverso. 

Le  onze  5029,  4,  3  venivano  assegnate  sulle  Univei-sità  del 
Regno  di  Sicilia  nel  modo  seguente  : 

Nicosia Onze  901.  12.  4 

Castelbuono.     ...  »  304.  26.  11 

Geraci »  134.  14.  2 

Santo  Mauro    ...  »  162.  11.  5 

Tusa »  202.  27.  9 

Cefalù »  248.     3.  15 

CoUesano »  241.     4.  19 

Monte  S.  Giuliano    .  »  vl61.  25.  6 

Sutera »  178.  20.  14 

Castronovo  ....  »  191.  25.  19 

Chiusa »  .334.     7.  18 

Burgio »  235.  27.  16 

Vicari »  104.     7.  8 

Frizzi »  128.  20.  13 


dell'Oratorio  di  S.  Filippo  Neil,  di  8.  Pietro  e  Paolo  e  di  Maria  SS.  del 
Lurae,  o  che  fossero  addetti  a  Monasteri  o  altre  chiese  principali. 

Riguardo  poi  ai  preti  ,  il  privilegio  veniva  concesso  ai  soli  palermi- 
tjini  nati ,  ed  a  coloro  che  si  reputassero  tali  per  la  Diocesana  spedita 
dalla  Curia  Arcivescovile,  o  che  fossero  scelti  per  Cappellani,  Coadiutori  o 
Sagrestani  delle  Parrocchie  ,  od  altre  chiese  principali  ;  restando  esclusi 
tutti  i  preti  cosidetti  forestieri.  (Vedi  Capiioìi  ed  Orrli nazioni  delle  Xuore 
Gabelle,  a  pag.  490),  luogo  citato. 

(1)  Il  22  luglio  del  1876,  dal  Principe  di  Caranianico  veniva  invece 
disposto  che  la  Deputazione,  (piale  cessionaria  del  Senato,  jier  la  parto  dei 
debiti  che  questi  avea  col  Banco  e  con  la  R.  Corte,  dovesse  assegnare  la 
somma  di  onze  30ó6,  1 ,  4  ai  sopradetti  istituti  (Vedi  Capitoli  ed  Ordina- 
nmioni  delle  Xuore  Gabelle,  a  pag.  181),  luogo  citato. 


362  MISCELLANEA 


» 

187. 

17. 

18 

» 

367. 

7. 

19 

» 

231. 

10. 

7 

» 

213. 

9. 

18 

» 

133. 

3. 

— 

» 

191. 

25. 

7 

Racalmuto    ....     Onze     173.  23.    5 

Ciminna 

Tricona 

Cartabellotta  .  .  . 
Partanna.  .  ,  .  . 
Palazzo  Adriano  .  . 
Caltavutnro.     .     .     . 

E  per  lo  stesso  ettetto,  con  l'altro  atto  del  dì  8  nuigjjio  ltì57, 
il  Senato  assegnava  alla  Deimtazione  altre  onze  COO  annuali  snl 
reddito  della  neve. 

Alla  deliberazione  del  ])nbb]ic'o  Consiglio  avuto  luogo  il  29 
agosto  1648,  seguì  l'atto  d'approvazione  del  Vice  Re  Cardinal 
Teodoro  Trivulzio,  in  data  2  ottobre  dello  stesso  anno. 

('ol  medesimo  vennero  stabilite  le  diverse  facoltà  della  Depu- 
tazione ed  attribuite  le  più  auii>i«'  facoltà  ai  nuovi  eletti  l)e])u- 
tati  (1). 

Essi  doveano  attendere  ad  invigilaro  sul  retto  andamento  del- 
l'Amministrazione, riscuotere  gl'introiti  e  praticarne  i  pagamenti 
ogni  bimestre,  in  favore  di  tatti  i  soggiogatarì.  Col  divieto  di 
non  potere,  né  permettere  che  gl'intioiti  destinati  a  tale  uso  e- 
spressanu'ute,  si  spendessero  diversamente  per  (pialsivoglia  causa. 

Eligere  gl'impiegati  che  avessere  riputati  necessari,  attribuir 
loro  1  salari,  rimuoverli,  all'occoiTcnza,  dall'impiego,  senza  dover 
loro  render  conto  alcuno. 

Pagare  agli  stessi  i  rispettivi  salari  sul  percctto  dazio. 

In  oltre,  in  virtù  dell'atto  suddetto,  era  conferita  alla  ripetuta 
Deputazione  la  giurisdizione  civile  e  criminale  per  l'ampia  e  gene- 
rale e.secuzion»*  di  ogni  sua  determinazione  nel  campo  di  tutte  le 
facoltà  attribuitele,  fra  le  quali  la  più  importante  :  il  manteni- 
mento dell'ordine  pubblico,  per  evitare  il  ripetersi  dei  disordini 
sempre  deplorati  e  malamente  evitati.  Disordini  causati  sempre 
dall'odio  che  la  misera  gente  nutn'!  in  ogni  tempo  contro  i  bai 
zelli  di  4ualnn(|ue  natura  essi  siano. 

Per  tale  oggetto  aveva  libera  potestà  di  poter  procedere  w 
abrupto,  senza  |)ronuiiciazioiH»  d'inttMlociitoria,  contro  i  colpevoli 
di  reati  «li  (|nalnn(|ue  specie,  non  esclusi  i  contrabbandi  in  frode 
al  dazio,  e  quin<li  a  <lanno  <lella  detta   i)e))utazione. 


(1)  Vedi  H  pog.  44  «  Miglienti  delle  (h'dinutioiii  e  Kegolumenti  citati. 


MISCELLANEA  363 


Per  l'esecuzione  di  taute  iiioombenze,  poteva  nominare  Pro- 
curatori, Sollecitatori  ed  altri  ofticiali,  per  mezzo  dei  quali  proce- 
dere alla  «  cattura  d'informazioni  e  tortura ,  concessione  di  ter- 
mine estraordinario  ed  a  sentenza  diffinitiva  usque  ad  mortem 
naturalem  inclusive  et  ejus  executionem  ed  altri  atti  e  i>rovviste 
necessarie  ».  Nella  condanna  di  morte  o  alla  galera,  però,  richie- 
dere, col  voto  di  un  Consi{>liere  in  atto,  o  che  jjvo  tempore  fosso 
stato  eletto  per  detta  Deputazione,  la  relazione  al  detto  Eminen- 
tissimo  Cardinale  e  Vice  Ee  o  suo  successore. 

Rimanevano  attribuite  al  Pretore  della  città,  Presidente  della 
Deputazione  e  ad  un  Deputato  da  eleggersi ,  le  determinazioni 
delle  contravvenzioni  ,  allo  scopo  di  facilitare  la  soluzione  delle 
stesse. 

1  versamenti  della  percezione  venivau  fatti  alla  Tavola  dai 
Collettori,  Pleggi  e  Caratarli.  Era  loro  proibito  rigorosamente  qua- 
lunque ritardo  nei  depositi. 

La  Deputazione  non  riscuoteva  <iirettamente  i  lu'ojjrii  dazii. 
Li  dava  in  appalto.  L'appalto  si  faceva  a  pubblico  incanto. 

Le  offerte  potevano  farsi  da  persone  singole  o  (H)n80ciate.  Se 
l'aggiudicazione  veniva  fatta  ad  un  solo  individuo  ,  costui  (diia- 
mavasi  arrendatario;  se,  al  contrario  ,  1'  ajjpalto  veniva  aggiudi- 
cato a  persone  consociate,  costoro  nominavansi  caratani. 

Peri»,  tanto  nel  i)rimo,  <;orae  nel  secondo  caso,  fatta  l'aggiu- 
dicazione era  obbligo  dello  aneiidatario  o  dei  varatarii  di  appie- 
star  valida  garanzia  all'  Amministrazione  ,  |>er  la  scrupolosa  os- 
servanza dei  i)atti  per  contratto  convenuti. 

Allora,  per  tale  oggetto,  costituivansi,  colla  qualità  di  malle- 
vadori ,  una  o  più  i>ersone  di  riconosciuta  solvibilità  ,  che  chia- 
mavansi  pleygi. 

Di  guisa  (die  l'  Amministrazione  poteva  riscuotere  i  proprii 
dazii  direttamente  dall'arrendatario  o  dai  caratarli,  od,  in  caso 
d'inadempienza  ai  pagamenti  da  parte  di  costoro,  direttamente 
dai  pleggi. 

Ordinariamente ,  nell'  interesse  degli  appaltatori  ,  facevano  i 
cosidetti  Gollettorì  i  versamenti  alla  Tavola  delle  somme  percepite. 

I  Collettori  corrispondono  agli  attuali  Ricevitori  daziarli,  che, 
come  quelli,  versano  giornalmente  nella  Cassa  Centrale  daziaria 
le  souuue  riscosse  per  dazio. 

Dalla  Deputazione  poi  veniva  spedita  una    polizza  ai  Cover- 


364  MISCELLANEA 


natori  della  Tavola,  che  a  sua  volta  girava  il  mandato  all'  Uhi 
strissimo  Senato,  ogni  bimestre  ,  per  indi  farsene  dalla  Deputa- 
zione i  pagamenti  dovuti  ai  soggiogatarii,  come  innanzi  prescritto. 

Nei  mandati  eran  descritti  i  nomi  dei  creditori. 

E,  perchè  ninno  avesse  indebita  ingerenza  nell'  Amministra- 
zione «Iella  Deputazione,  per  qualunque  pretesto,  essa  veniva  di- 
chiai*ata  autonoma;  segregata  perciò  da  qualunque  altra  ammini- 
strazione, fosse  (juclla  dell'Ili. ino  Sonato  e  del  Tribunale  Kegio 
e  Supremo. 

Era  pure  competenza  legittima  della  Deputazione  bandir  le 
gabelle  e  gli  appalti,  conformemente  a  quanto  praticavasi  solen- 
nemente dal  Senato  e  dalla  Regia.  Corte  nei  loro  arrendamenti. 

Le  gabelle  e  gli  appalti  avean  luogo  nel  palazzo  dì  città  nel 
giorno  ed  ora  fissati  dalla  Deputazione  per  tale  ett'etto. 

In  essi  intervenivano  i  deputati,  <die  non  dovevano  esser  meno 
di  quattro,  come  per  ogni  altra  deliberazione  era  prescritto. 

Per  tutte  le  spese  da  farsi  per  conto  dell'Azienda  si  emette- 
vano delle  polizze  firmate  dai  Deptitati  presenti.  In  ogni  caso, 
mai  inferiori  al  numero  di  quattro,  come  ho  detto  sopra. 

Sua  Maestà  il  Re  Filippo  IV,  cui  furono  rappresentate  la  de- 
liberazione del  Pubblico  Consiglio  <lel  29  agosto  1B48  e  l'altra  del 
2  «lei  seguente  ottobre,  per  cui  rurono  concesse  le  più  ampie  fa- 
coltà ed  assoluta  indipendenza  alla  Deputazione  delle  Nuove  Ga- 
belle ,  aven<lo  considerato  e  riconosciuto  che  la  forma  <lata  per 
la  riscossione  delle  nuove  iuìposizioni  altro  fine  non  avea  se  non 
che  (juello  di  continuare  la  quiete  eho  si  godea  nella  città  di  Pa- 
lermo e  in  tutto  il  Regno,  e  per  soddisfare  sicuramente  i  credi- 
tori, calcolati  seriamente  i  vantaggi  che  ne  risultavano  allo  Stato, 
con  due  sue  reali  decisioni  date  da  Madrid  il  5  novembre  1649, 
approvò  da  un  lato  tutto  «pianto  er;i  stato  praticato  intorno  allo 
Htubilimento  v.  alle  facoltà  della  Deputazione  suddetta  ,  alla  ri- 
8C088Ìone  e  allo  iinj>iego  che  dovea  farsi  dei  dazii,  noiu'lìè  alla 
dispensa  «Iella  franchigia  che  si  g()d«>a  dalle  |)erson«'  privilegiate, 
e,  dall'altro  canto,  commise  al  suo  ambas«'iatore  in  Roma  «l'impe- 
trare dalhi  Santa  Sede  la  stessa  dispensa  riguardo  agli  ecclesia- 
8tici,  onde  il  tutto  produrre  il  su(»  fine  (1). 


(I)   Vwli   CapUoli  ed  unlinationi  t'itali,   pag^.  (12  e  69. 


MISCELLANEA  3C5 


PARTE    III. 


Pervenuto  al  Trono  S.  M.  ('arlo  II  d' Austria  ed  informato, 
per  le  istanze  della  Deputazione,  degli  abusi  che  erano  stati  in- 
trodotti in  quel  sistema  di  riscossione  per  le  pretenzioni  di  al- 
cune franchi}>ie,  dojM)  di  avere  inteso  il  Gran  Consiglio,  con  sue 
reali  lettere  date  da  Madrid  il  2  agosto  1676  ,  manifestò  la  sua 
IJeale  conferma  alle  disposizioni  antecedenti,  ed  ordinò  che  si  ve- 
gliasse i)er  lo  esatto  adempimento  di  quelle  prescrizioni  che  poi 
riconfermò  in  altra  occasione  con  nin>ve  lettere  reali  del  2  Feb- 
braio 1677  (1). 

(/osì  fu  sovranamente  sancito  dal  successore  Carlo  V  ,  con 
real  dispaccio  dato  da  Vienna  il  20  dicembre  1721  (2). 

Poi  Ferdinando  I ,  jier  togliere  le  controversie  insorte  tra  i 
creditori,  la  Dej>utazione  delle  Nuove  Gabelle  ed  il  Senato,  ap- 
provò iu  data  del  IO  luglio  1H08  il  lodo  fatto  dal  Sig.  Duca  Luc- 
chesi, Prctor(;,  dal  Conservatone  Generale  e  dall'Assessore  Don 
Donato  Tomasi,  arbitri  presc»!lti  dalla  stessa  M.  S.  a(hlì  22  Set- 
tembre 1807  (3). 

Il  medesinu)  Re  Ferdiimiuio,  con  Reale  Rescritto  del  17  aprile 
1824,  riconfermò  tutto  quello  innanzi  detto,  quando  insieme  ap- 
provava lo  Stato  discusso  per  rAuiministrazione  di  essa  Depu- 
tazione. sei)aratauiente  però  da  quello  del  Comune  (4). 

Ed  in  fine,  con  Kciil  Decreto  del  1.  giugno  1826^  il  Re  Fran- 
cesco I  i-egolava  gl'impiegati  con  nuo\o  piano  organico  a  secontla 
le  leggi  amministrative  (5). 


(1)  Vedi  (hdiuti:ìtntì  e   lìe^/oìamenti  citati,  piig,   133. 

(2)  Vedi  Orditmzìoni  e  Jieffohtmeidi  citati,  pag.  148. 

(3)  Vedi  il  lodo  pubblicato  per  le  stampe,  tra  la   I)ep.    di  N.  G.    ed  i 
creditori  soggioga  tari  i. 

(4)  Vedi  il  R.  Rescritto  del  17  aprile  1824,  in  line  dello  Statodi  scusso 
della  Deputa/ione,   in  queirauno. 

(i))  Vedi   li.    1).   1"  gciiuaJM  1S26^  Giornale  W luteudema.  giugno  1827. 


366  MISCELLANEA 


S.  M,  il  Re  Ferdinando  II,  con  Reale  Rescritto  dato  in  Palermo 
a  22  dicembre  1841,  apjìrovò  \mve  separatamente  dal  Comune  lo 
Stato  discusso  della  Deputazione  per  gli  esercizii  dal  1842  in  poi, 
ove,  all'art.  34  raccomandò  lo  scioglimento  della  promiscuità  d'in- 
teressi che  vi  erano  in  alcuni  da/ii. 

Con  risoluzione  del  22  febbraio  184r)  approvò  il  metodo  come 
la  medesima  avesse  potuto  riluire  ed  ammortizzare  le  soggioga- 
zioni  dovute.  E,  col  Sovrano  Rescritto  del  19  maggio  1851  ,  ap- 
provò lo  Stato  discusso  i)er  gli  anni  dal  1851  in  poi ,  nel  quale 
raccomandò  che  nessuno  si  tacesse  lecito  proporre  d' inveiti  re  a 
prò'  del  Comune  gl'introiti  appartenenti  alla  De])ntazione. 

Fin  quando  la  Deputazione  fn  tenuta  libera  e  indipendente, 
corrispose  sempre  all'unico  retto  fine  i)el  quale  fu  creata,  adem- 
piendo puntualmente  in  ogni  anno  il  pagamento  ai  suoi  creditori, 
appena  maturatasi  la  scadenza.  E  ,  spesse  volte  ,  il  Pretore  e  i 
Deputati,  nelle  princi])ali  feste  di  Pasqua,  Santa  Rosalia  e  Natale, 
quando  il  denaro  non  si  trovava  tutto  incassato,  anticipavano  del 
proprio,  o  prendevano  a  prestito,  pagando  lievi  interessi  ai  ga 
bellieri,  quanto  bisognava  ])cr  soddisfare  in  tali  occorrenze,  anco 
con  anticipazioni,  i  soggiogatarii,  all'oggetto  di  rimetteie  in  cir- 
colazione la  non  lieve  somma  di  1).  HÌMKK)  elica  ,  (luanto  imi)or- 
tava  un  solo  bimestre. 

Sino  allora  nessuna  inversione  ,  nessun  prestito  fu  mai  fattc^ 
al  Comune,  se  non  che  gradatamente,  trovandosi  la  città  in  qual- 
che urgenza. 

Conoscendo  il  Senato  che  la  l)e])utazionc  uvea  degli  avanzi, 
l)regava  S.  M.  che  essi  fossero  C()nc«Mluti  al  (Jomune,  per  supi>lire 
ai  propriì  bisogni. 

Il  che  varie  volte  fu  consentito ,  con  la  espressa  condizione 
però,  che  si  fossero  dovuti  concedere  al  Senat(.,  allorché  si  aves- 
sero del  tutto  pagate  le  somme  annuali  di  pertinenza  dei  soggio- 
gatarii. 

Ma,  pubblicato  il  li.  Decreto  degli  11  ottobre  1817,  sull'Am- 
ministrazione Civile,  il  Decurionato  di  fatto  si  credette  in  pieno 
diritto  di  poter  regolare  gli  affari  della  Deputazione  come  quelli 
del  (yomune  ,  e,  ora  nella  proposizione  degli  Stati  discussi,  ora 
trovando  altri  motivi,  procurò  sempre  di  volgere  a  vantaggio  del 
primo  direttamente  ed  indirettamente  le  entrate  proprie  della  De- 
putazione. 


MISCELLANEA  367 


Nel  1823  ,  occasionalmente  alle  proposte  degli  Stati  discussi 
pel  1824,  il  Decurionato  reputava  di  nessun  utile  questo  stabili- 
mento ed  ojHnava  riunirlo  al  Comune  ,  passandogli  i  dazii  della 
Deputazione, 

Abolito  nel  J848  il  hkicìho  ,  il  Decurionato  inerlesimo  ne  ri- 
propose nel  1849  la  soppressione,  ed  invitato  a  dare  un  surrogato 
eguale  e  sicuro,  ne  procrastinava  la  proposta,  ed  in  modo  insuf- 
tìciente  tardivamente  la  eseguiva. 

Xel  1850  pensava  tare  lo  stato  di  variazione  di  quell'  anno, 
commutando  i  da/ii  di  un'amministrazione  con  quelli  dell'altra; 
ed,  in  modo  nuovo,  al  di  sotto  del  jìroprio  diritto,  riuniva  le  en- 
trate della  Deputazione. 

Lo  stesso  avveniva  nel  deliberare  lo  Stato  discusso  pel  1851  , 
e  nello  stato  di  variazione  pel  1852,  non  determinando  il  fondo  ne- 
cessario per  il  pagamento  di  un  debito  certo  a  favore  del  Tesoro, 
o  tanto  meno  (j  nel  lo  per  le  reluizioni  che  credettero  sospendere 
in  onta  al  K.  Rescritto  del  19  maggio  1851  sull'approvazione  dello 
Stato  discusso  anzidetto  ,  con  cui  fu  dichiarato  doversi  tenere 
intangibile.  E  ciò  all'  oggetto  di  passare  a  benefì(à<»  del  (Comune 
una  parte  del  prodotto  «lei  dazio  sul  Macino,  i)roprio  della 
Deputazione. 

Né  a  distorlo  da  tali  i>r<qM>nimenri  valsero  le  leggi  lundameii- 
tuii  su  cui  reggevasi  la  Deputazione,  uè  tampoco  i  Decreti  di 
aj)i)rovazione  e  i  Rescrìtti  che  vietavano  le  suespresse  liroposte; 
perchè,  trovandosi  (piasi  sempre  il  Comune  in  qualche  urgenza, 
il  Decurionato  credeasi  in  diritto  di  potere,  colla  doppia  veste 
di  tutore  dell'una  e  dell'altra  amministrazione,  sussidiare  a  suo 
beneplacito  i  bisogni  del  primo  con  le  entmte  della  Deputazione. 

l  Deputati  oiqmnevano  semiu-e  energica  resistenza  ,  e  quasi 
s('mi>re  le  proposte  non  venivano  accolte. 

Queste  contese  furono  di  grave  danno  alla  Deputazione,  poiché 
ciò  che  era  stato  fondo  di  ammortizzamento,  ora  per  un  i)retesto 
Ola  per  un  altro,  veniva  «piasi  semi>re  impiegato  pei  bisogni  del 
(yomune,  recaiulo  allo  stesso  il  gran  male  di  mai  alleviarlo  dalle 
esorbitanti  gravezze. 

Ma,  finalmente,  nello  spazio  di  pochissimi  anni  cessò  ogni  li- 
tigio ,  cessarono  tutte  le  prerogative  della  Deputazione  delle 
Nuove  Gabelle,  e  con  esse  si  estinsero  eziandio  i  debiti  che  il 
Comune  avea  verso    i    creditori   soggiogatarii  ,  in  virtù  del  De- 


368  MISCELLANEA 


creto    Prodittatoriale    del  17  ottobre  ISfiO  ,  X.  ().">8  ,  che  qui  ap- 
presso mi  piace  trascrivere  integralmente  : 

«  In  nome  di  S.  31.  Vittorio  Emanuele,  Re  d'Italia, 

Il  Proditta'I'oue 

«  In  virtìi  dell'autorità  a  lui  delegata,  volendo  aprire  ai  Oo- 
«  muni  di  Sicilia  la  via  a  procedere  gradatamente  all'abolizione 
«  dei  dazii  di  consumo  che  pesano  principalmente  sulla  classe 
«  più  povera. 

«  Sulla  proposizione  del  Segretario  di  Stato  delle  Finanze. 

«  Udito  il  consiglio  dei  Segretarii  di  Stato 

Decreta  e  promttlga: 

«  Art.  unico  —  Tutti  i  debiti  dei  Comuni  di  Sicilia ,  che  fan 
«  parte  della  loro  spesa  ordinaria  o  che  trovansi  rappresentati 
«  da  rendite  costituite,  o  che  derivano  da  titolo  certo,  liquido  e 
«  legalmente  riconosciuto,  sono  dichiarati  debiti  dello  Stato, 

«  Ordina  che  la  presente  legge,  munita  del  Sigillo  dello  Stato, 
«  sia  inserta  nella  raccolta  degli  atti  del  (loverno  ,  mandando  a 
«  chiunque  spetti  di  osservarla  e  di  taila  osservare  ». 

11  l'rodittatore  :  Morbini 

In  esecuzione  al  Decreto  soprascritto,  ne  consegui  la  delibera- 
zione della  Giunta  Comunale  del  20  ottobre  1860,  con  la  quale, 
essendo  stati  dichiarati  debiti  dello  Stato  i  debiti  del  Comune  e 
per  conseguenza  divenuta  inutile  l'esistenza  della  Deputazione 
delle  Nuove  Gabelle,  ne  disponeva  lo  scioglimento.  ' 

Ed  in  effetto,  il  Consiglio  ('oin anale,  nel  bilancio  del  semestre 
da  luglio  a  dicembre  18(>1,  bilancio  approvato  nelle  forme  di  legge, 
riformò  il  sistema  daziario  nel  quale  reggevasi  la  Dei)utazione  , 
fece  sue  le  rendite  di  essa,  perchè  Comunali,  e  allogò  nella  pas- 
HÌvità  i  pesi  e  gli  obl)lighi  a  cui  quella  andava  soggetta. 

Lo  stesso  fu  praticato  nel  bilancio  dell'anno  seguente  ,  e  la 
rota  di  debiti  sino  al  10  ottobre  1860  fu  allogata  nella  passività 
di  esio. 


MISCELLANEA  360 


In  sei^uito  di  <;h»%  le  .soirmie  della  Deputazione  giacenti  nella 
cassa  del  Banco,  dovevano  riportarsi  nelle  madrefedi  della  Cassa 
Comunale. 

Ma  ansile  qui  sorsero  delle  ditticoltà,  non  potendo  esse  svin- 
colarsi senza  il  visto  dei  Deputati  delle  Nuove  Gabelle. 

Più  tardi  però,  dopo  lunga  e  noiosa  coi  rispondenza  intercorsa 
tra  il  «indaco  e  la  R.  Prefettura  di  Palermo  ,  le  somme  furon 
svincolate  e  spese  in  soddisfo  dei  creditoii  soggiogatarì  bime- 
stranti  ,  in  seguito  a  regolare  lirma  di  (-iascun  Deputato  a  tal 
line  invitato. 


Antonio  Franchina 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 


RevetlJ  Paolo.  —//  Comune  di  Modica.  Desv  ris  io  ne  fin  ico-uìt  tro- 
pica. Palermo,  Saiidiou  editore,  1904.  In  8.,  di  pag'.  XIV- 
331  e  Appendice  di  pag".  XXYIII,  con  illustrazioni. 

Lo  scopo  ed  i  limiti  del  i)reseute  lavoro  del  prof.  Kevelli  , 
libero  docente  di  j^eografta  in  questa  li.  Università,  si  desumono 
chiaramente  dal  titolo.  Egli  non  si  è  proposto  di  scrivere  spe- 
cialmente la  storia  di  Modica,  ma  di  esporre  le  notizie  j^eologicbe 
{teocratiche,  etnogralitthe,  storiche  e  sociali  riouardauti  (piella 
città.  Dichiara  pertanto  (p.  XI):  «A  con  l'or  tare  i  uia{>giormente 
nel  nostro  proposito,  oUrc  all'attrattiva  proiuia  dell'argomento, 
alla  singolarità  della  condizione  toi)ogralìea  della  città,  alla  sua 
antichità,  all'importanza  che  pin*  varii  s«',coli  ebbe  la  Contea  del 
suo  nome,  valse  la  (!onsiderazione  che  una  monogratìa  geografica 
avente  per  suo  oggetto  un  Connine  avrebbe  avuto  presso  di  noi, 
in  Italia,  pregio  di  novità  ».  L'egregio  A.,  jnemontese  ,  dimorò 
quasi  otto  mesi  in  .Modica  nel  l\HH),  e  «piivi  ebbe  agio  «li  intra- 
prendere e  compire  i  suoi  studii. 

L'opera  è  divisa  in  tredici  capitoli.  Nella  introduzione  è  <lata 
ampia  notizia  critica  delle  fonti  che  concernono  Modica,  e  sono 
ricordati  parti(;oIarnu;nte  i  lavori  storici  ])regevoli  di  Caratt'a  , 
Henda,  Solari  no  e  Grana  Scolari. 

Nei  primi  «lue  ea|)itoli  sojio  alenili  cenni  generali  su  la  posi- 
zione, po|tolazìone  e  contini  del  Comune,  e  su  la  naturadel  ter- 
ritorio. Kst(ts(»  è  invecMi  il  Capitolo  ili  (U'nno  storico  (pag.  M)- 
11)0),  e  conviene  farne  speciale  menzi(Uie.  L'A.  afferma  eh»'  è 
MMo  intento  di  espone  bievement»-  pei-  le  varie  ep«)elM'  le  notizie 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA  371 

Hill  territorio  di  Modica  e  su  l'importanza  della  Contea,  e  di  mo- 
strare «  se  e  in  quale  misura  la  Contea  fu  un'unità  politica  vera 
e  propria  ». 

Giovandosi  dei  moderni  studii  archeologici,  premette  alquanti 
cenni  su  l'epoca  preistorica  e  su  la  civiltà  sicano  -  sicula  ,  che 
chiama  civiltà  indiiiena  della  Sicilia.  Ri;;retta  1'  origine  fenicia  di 
Modica  (p.  39),  e  crede  piuttosto  «  che  la  cittiV  abbia  costituito 
uno  dei  nuclei  importanti  di  popolazioue  sicula  o  indìgena  » 
presso  ad  altra  di  origine  greca.  Ricorda  le  vicende  delle  età 
più  anti<hc,  e  la  scoperta  di  uecrojKjii  bi/.antine  nella  vicina 
Cava  d'Ispica. 

V'ien  quiudi  ad  esporr»*  le  notizie  su  la  celebre  Contea,  e  di- 
(tliiara  <;he  si  è  astenuto  da  particolari  ed  estese  ricerche  stori- 
che, peraltro  i)oco  adatte  al  suo  argomento,  e  che  si  limita  «alle 
linee  t'omlamentali  della  storia  della  Contea»  (|).  01).  Ha  ese- 
guito ])erò  utili  ricerche  eziandi<t  nel  Tabulano  dei  Cabrerà,  pos- 
seduto dall'illustre  nostro  Presitlente  Au<lrea  (Tuarneri.  Divide 
in  s«'tte  epoche  le  uuMuoiie  storiche  della  Contea  dai  Normanni 
sino  al  secolo  XVIII,  ed  afferma  «  che  la  Contea  non  ebbe  mai 
nella  storia  generale  <lell'  isola  una  funzione  pro|)<uzionata  alla 
fama,  di  cui  go«le  il  suo  nome  »,  che  «piell'onore  provenne  dalla 
potenza  dei  Chiaramonti  e  poi  dei  Cabrerà,  che  i  contini  della 
Contea  furono  spesso  varii,  che  talvolta  la  sua  esistenza  fu  di 
nome,  e  che  si  consolidò  duiante  il  secolo  XV. 

L'A.  tien  conto  dei  più  recenti  la  voli,  e  delle  memorie  di 
Boglino,  Bozzo  ,  (ìuarneri  ,  Lagumina  ,  IMiùtoue  ed  altri  ,  ed  e- 
sjjone  chiaramente  le  vicende  della  (Contea,  e  le  gesta  dei  ])o- 
tenti  signori  che  la  dominarono  sino  al  1704,  quando  ricadde  al 
fìsco  per  la  ribellioni*  di  Enriquez.  Aggiunge  pregevoli  cenni  su 
i  «  Limiti  della  ('ontea  nei  vari  tempi  ».  (p.  t»0),  ed  in  fine  le 
notizie  su  le  novità  dell'e])Oca  di  dominio  nominale  sino  ad  oggi. 

E  data  poi  («'aj).  IV  a  VI)  estesa  notizia,  talvolta  con  ricordi 
storici,  su  la  contigurazione  del  territorio,  le  grotte  «li  Modica, 
la  Cava  d'lspi<*a,  i  liumi  di  vScicli  (tanto  (;onosciuto  i»er  l'allu- 
vione del  ÌW)'2)  e  Busaitone,  il  dima,  la  <'oltura  del  territorio  e  la 
l)t)l»olazione.  Impoitaiiti  sono  i  capitoli  VII  e  N'III,  ium  <[uali  l'A. 
descrive  la  città  ed  i  suoi  i)iù  notevoli  editìcii,  e  fa  (^enno  degli 
nomini  illusti'i,  «^  «lescrive  altresì  la  «-ampagna,  le  stazioid  pro- 
toistoiiclie,  la  Cava  d'Ispi<-a  <'on  le  sue  grotte,  che  chiama  (p.  213) 


372  RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA 


«la  più  carattcìisticji  valle  di  Sicilia  sotto  questo  riguardo», 
attenuando  che  «  è  ad  un  tempo  città  trogloditica  e  serie  di  ne- 
cropoli »  e  narra  gli  avvenimenti  funesti  dell'alluvione  del  1902. 

Esamina  indi  minutamente  (cap.  IX  e  X)  le  condizioni  di 
viabilità  e  lo  stato  economico  e  sociale  della  poi)olazione  ,  ottre 
(e.  XI-XII)  pregevoli  notizie  sul  dialetto,  gli  usi ,  le  tradizioni 
e  la  toponomastica,  ed  intine  descrive  i  dintorni. 

L'opera  del  Revelli  è  degna  di  elogio  per  l'erudizione,  la  sana 
critica  e  la  competenza  dell'A.  nelle  materie  geogratiche,  e  giova 
a  far  meglio  conoscere  la  regione  e  le  vicende  di  Modica. 

Giuseppe  La  Manti  a 


Starrabba  bar.  Raffaele.  —  Scritti  di  Giovanni  JVaso  da  Corìeone^ 
detto  il  «  iSiciliano  »,  Segretario  Cancelliere  del  Comune  di 
Palermo.  Ivi,  Scuola  Tip.  «  Boc(M)ne  del  Povero  »,  HW)5. 
In  8.  di  pag.  LXIX  -  oo.  Con  un  fac-siniile. 

V^arii  scrittori  han  dato  notizia  di  Giovanni  Naso  ,  distinto 
umanista  siciliano  del  secolo  XV,  e  dei  suoi  lavori ,  e  conviene 
ricordare  Mongitore,  Xarbone  e  Pollaci.  Particolari  cenni  olirono 
pure  per  la  parte  bibliografica  Logoteta,  Tornabene,  Mortillaro, 
Mira,  Pennino,  Salvo-Cozzo,  Starrabba,  Vito  La  Mantia,  perchè 
due  lavori  del  Naso  api)artengono  all'ei)oca  della  introduzione 
«Iella  stampa  in  Sicilia,  ed  han  tornito  materia  di  disputa  ai  bi- 
bliografi per  determinare  il  luogo  e  l'anno  della  edizione,  e  per 
riconoscere  l'epoca  vera  della  prima  stampa  eseguita  nell'isola  , 
e  che  è  stiita  contesa  tra  Palermo  e  Messiim. 

Il  chiar.  Barone  Starrabba  ha  voluto  ,  per  la  estrema  raritiY 
dei  lavori  di  Naso,  già  tutti  <lati  alle  stampe,  raccoglierli  e  ri- 
prodnrli  ora  in  a<5curata  edizione,  come  seconda  puntata  degli 
Amdditti  Miotici  e  lettcraiii  HicHiani.  Gli  scritti  di  Naso  sono  quat- 
tro e<l  in  lutino,  cioè  il  poemetto  in  oru>re  di  Giovanni  Pe  di 
Aragona  e  di  Sicilia,  il  «'arme  su  la  p<'st«'  di  Trapaui,  la  lctt<Ma 
dedicat«)ria  della  prima  «•dizi«)iic  delle  cotisueMidini  di  l'aieiiiio, 
ed  i  detti  ueniorabili  uiuiiiaui. 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA  373 


L'editore  premette  estese  ed  erudite  notizie  su  la  vita  e  gli 
scritti  di  Giovanni  Naso  ,  e  pubblica  cinque  documenti  ,  alcuni 
dei  quali  sono  inediti.  Accenna  ^li  onorevoli  ricordi  di  Naso 
fatti  dai  contemporanei  Lucio  Marineo  ed  Alfonso  da  Segura  e 
poi  da  Fazzello,  l'insegnamento  tenuto  nello  Studio  di  Napoli 
negli  anni  1468  a  1470,  secondo  le  cedole  di  Tesoreria  del  regio 
Archivio  di  quella  città,  il  trasferimento  a  Palermo,  a  richiesta 
dei  Giurati  ,  per  insegnarvi  ,  come  si  ricava  da  due  documenti 
ora  dati  in  luce,  la  nomina  di  Cancelliere  del  Comune  nel  1477, 
e  la  sua  morte  avvenuta  probabilmente  nel  1481. 

Il  lavoro  più  importante  di  Naso,  e  per  il  quale  si  conferma 
la  sua  fama,  è  il  poemetto  in  onore  del  Re  Giovanni.  Starrabba 
aiferma  (pag.  VII)  :  «  Il  principale  tra  i  medesimi  [scritti]  rimane 
sconosciuto  a  moltissimi;  mentre,  se  ben  mi  avviso,  merita  tutta 
l'attenzione  di  quanti  si  occupano  della  letteratura  umanistica  del 
XV  secolo;  ed  è  inoltre  pregevolissimo  documento  della  storia 
e  dei  costumi  siciliani  in  sul  finire  dell'età  di  mezzo  ».  Fornisce 
pertanto  ampie  notizie  su  l'argomento  e  le  parti  più  notevoli 
(anche  per  ricordi  storici)  del  poemetto  ,  contenuto  in  mille  versi 
esametri ,  e  su  la  felice  imitazione  di  Virgilio  (pag.  XXXVIII). 
Basta  soltanto  accennare  che  questo  pregiato  lavoro  poetico  di 
Naso  si  riferisce  alla  sottomissione  della  città  di  Barcellona  al 
Re  Giovanni,  avvenuta  nel  1472,  dopo  una  ribellione  durata  per 
molti  anni  sin  dal  1448,  per  la  contrastata  successione  nel  trono 
di  Navarra  del  primogenito  principe  Carlo  ,  ed  alle  feste  gran- 
diose, e  8tui)endamente  descritte,  che  per  otto  giorni  continui  al- 
lietarono la  città  di  Palermo  all'annunzio  del  fausto  avvenimento. 
Starrabba  oflfre  opportunamente  estesi  cenni  su  l'importanza 
bibliografica  del  poemetto,  che  non  ha  data  tipografica  di  luogo 
e  di  anno,  e  su  gli  esemplari  ora  esistenti,  e  riferisce  le  discordi 
opinioni  di  varii  bibliografi  ,  che  assegnavano  quella  edizione  a 
Palermo  ed  all'anno  1473,  come  prima  stampa  di  Sicilia.  Sostiene 
con  varie  ragioni  che  il  poemetto  fu  stampato  nel  1473  a  Napoli 
e  non  in  Sicilia,  anco  perchè  la  stampa  fu  introdotta  in  Palermo 
nel  1477,  secondo  varii  documenti,  che  ripubblica. 

Il  breve  e  pregevole  Carme  in  lode  dei  Trapanesi  per  aver 
sollecitamente  impedito  nel  1475  il  rinnovarsi  della  peste  ,  che 
aveva  afflitto  Palermo  nell'anno  precedente,  era  stato  già    pub- 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  25 


374  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

blicato  nel  1871  dallo  stesso  editore,  che  l'aveva  rinvenuto  nei 
registri  del  Comune  di  Palermo. 

La  lettera  dedicatoria  al  Pretore  ed  ai  Giurati  di  Palermo  , 
che  aveano  ordinato  di  eseguirsi  la  prima  edizione  delle  Consue- 
tudini della  città,  è  ristampata  da  Starrabba,  con  le  varianti  del 
Commento  di  Muta.  Nella  prefazione  non  offre  particolari  cenni 
su  questa  preziosa  edizione  del  1478  (che  è  a  ragione  ritenuta 
la  prima  stampa  siciliana),  poiché  trattando  del  poemetto  in  lo- 
de del  Re  Giovanni,  egli  ha  riferito  le  notizie  dell'  introduzione 
della  stampa  in  Palermo  nel  1477,  ricavate  dalla  sudetta  epistola 
di  Naso  per  la  edizione  del  1478  delle  Consuetudini  e  da  varii 
documenti. 

Termina  il  volume  col  testo  del  breve  scritto  di  Naso  in  prosa 
De  dictis  siculis  nnnotamentum,  edito  nel  1520  in  un  opuscolo  raro 
di  Scobar,  e  poi  ristampato  da  Schiavo  nel  secolo  XVIII.  Con- 
cerne detti  memorabili  dei  tiranni  siracusani,  ed  in  parte  è  tratto 
dagli  Apoftegmi  di  Plutarco.  Vien  pubblicata  inoltre  (p.  LXVIII) 
una  lettera  inedita  del  1476  a  nome  dei  Giurati  di  Palermo  ,  e 
che  r egregio  editore  crede  scritta  da  Naso  Cancelliere  «  per  le  re- 
miniscenze storiche  o  tradizionali  »,  ed  è  omesso  ,  soltanto  per- 
chè osceno,  qualche  inedito  scritto. 

L'edizione  dei  lavori  di  Naso  ,  curata  dal  bar.  Starrabba  re- 
ca notevole  contributo  agli  studii  letterarii  e  bibliografici  del- 
l'isola. 

Giuseppe  La  Mantia 


Crino  prof.  Sebastiano. —  Una  questione  di  topografia  antica.  Nuo- 
vo disegno  in  ordine  allaposisione  topografica  di  AKPAFAS. 
Melazione  (Estratto  dagli  atti  del  V.  Congresso  geografico 
italiano  tenuto  in  Napoli).  Ivi,  tii).  Tocco  -  Sai vietti,  1905. 
In  8.  di  pag.  29,  con  due  tavole. 

In  queHtH  iiKMtutria,  che  fu  ìmmic  arcoltn    nel    Congresso  geo- 
grafico  tenuto  in  Napoli  nel  1904,  l'egregio  prof.  Crino   intende 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA  375 

determinare  la  vera  topografia  di  Agrigento  ,  anche  dopo  l' im- 
portante lavoro  di  Schubring  e  gli  studii  e  le  memorie  di  Bon 
figlio  ,  Cavallari  ,  Darà ,  Holm  ,  Oli  veri  ed  altri.  Egli  deplora 
che  quegli  studii  non  siano  valsi  a  fornire  notizie  sicure  su  la 
topografia,  «  e  ciò  non  tanto  per  le  deficientissime  esplorazioni 
dei  luoghi,...  quanto  per  la  imperfetta  interi)retazione dei  classici». 

L'A.  è  professore  nel  regio  Ginnasio  di  Girgenti,  ed  ha  po- 
tuto compiere  indagini  particolari  nel  territorio  per  verificare  le 
notizie  degli  antichi  storici. 

Riferisce  il  testo  di  Polibio  (IX,  27)  concernente  la  descrizione 
di  Agrigento,  che  dice  la  precipua  fonte,  ed  afferma  che  i  dubbii 
dei  moderni  nella  interpretazione  provengono  dal  non  avere  Po- 
libio determinato  l'estensione  del  circuito  della  città,  che  indica 
soltanto  pei  limiti  dei  fiumi  Akragas  ed  Ipsa. Descrive  poscia  il 
territorio  moderno  della  città,  e  sostiene  che  l'identificazione  di 
Schubring  del  fiume  Akragas  nel  moderno  S.  Biagio  semplice 
confluente  dell' Ipsa  (corrispondente  al  moderno  Drago)  non  è  e- 
satta,  e  che  è  impossibile  che  la  grande  città  fosse  compresa  fra 
quei  soli  fiumi.  Per  prova  di  tale  asserzione  esamina  le  testimo- 
nianze di  Tolomeo,  Polibio  e  Diodoro  ,  dalle  quali  rileva  che  il 
fiume,  ora  chiamato  di  S.  Biagio  ,  era  nell'epoca  più  antica  sol- 
tanto una  grande  fossa  costruita  a  scopo  di  difesa  militare  (pag.  11). 

L'A.  ricerca  quindi  in  quale  fiume  del  territorio  bisogna  ri- 
conoscere l'Akragas,  e  dalle  nuove  ed  importanti  scoperte  di  un 
villaggio  sicano  nella  contrada  detta  Cannatello  ,  verso  il  fiume 
di  Naro,  rese  note  dal  prof.  Orsi,  e  dai  ricordi  di  Erodoto  e  Dio- 
doro sul  sito  di  Gamico,  probabilmente  esistita  nel  lato  est  di  Agri- 
gento, desume  che  la  città  si  estese  in  quella  direzione,  ed  afferma 
(pag.  16)  che  «  nulla  torna  di  più  naturale  ammettere  che  Akragas 
[la  città]  abbia  i)reso  sviluppo  nella  parte  occidentale,  la  quale  me- 
glio si  prestava  a  renderla  forte  ed  inespugnabile,  e  che  la  Jiarte 
orientale  sia  stata  di  nuovo  popolata  dopo  la  vittoria  di  Ime- 
ra  (480),  quando  Akragas  aumentò  a  dismisura  la  sua  popolazione  ». 

Determina  cosi  il  sito  vero  dell'Acropoli  e  del  fiume  Akragas^ 
riconoscendo  l'Acropoli  (detta  collina  Atenea  o  Atabiria  da  Poli- 
bio) nel  pianoro  ove  è  la  chiesa  di  S.  Biagio,  ed  il  fiume  Akragas, 
che  scorre  a  mezzogiorno  secondo  Polibio,  in  quello  ora  detto  fiu- 
me di  Naro.  Interpreta  il  silenzio  di  Tolomeo  e  Vibio  pel  fiume 
Akragas  col  fatto  che  la  città  in  quei  tempi  si  era  molto  ristret- 


376  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

ta  per  le  guerre ,  e  solo  compresa  liei  sito  della  Civita,  che  era 
più  fortificato  (pag.  19). 

Altre  indagini  fa  l'A.  per  dimostrare  che  i  due  fiumi,  ricor- 
dati da  Polibio,  erano  «vicini,  ma  con  foci  separate»  (pag.  20), 
e  descrive  una  moneta  ed  un  vaso  di  Agrigento  ,  nei  quali  og- 
getti sono  le  figure  di  deità  fluviali  e  di  un  granchio  ,  e  dice 
(p.  2L)  :  «  Il  granchio  nella  moneta  ha  lo  stesso  orientamento 
dell' Akragas,  identificato  al  fiume  di  Naro;  mentre  l'altra  divi- 
nità fluviale,  con  le  due  teste  di  veltro  ai  fianchi  (le  quali  pare 
rappresentino  le  due  sorgenti  dei  fiumi  Drago  e  S.  Biagio)  e  con 
la  coda  di  delfino  (quasi  ad  indicare  che  i  due  fiumi,  confluendo, 
ne  formano  uno  solo)  è  posta  ad  occidente  ed  a  libeccio,  giusta 
la  descrizione  che  dell' Ipsa  fa  Polibio  ».  In  ciò  l'A.  è  discorde  in 
parte  da  Pancrazi  e  Caruso  Lanza  che  identificavano  l'Ipsa  nel 
fiume  di  Naro  e  1'  Akragas  nel  fiume  Drago  col  confluente 
S.  Biagio. 

Esamina  infine  i  limiti  e  l'estensione  del  circuito  di  Agrigento 
per  verificare  se  corrisponda  a  quello  compreso  tra  il  fiume  Ipsa 
ad  occidente,  e  l' Akragas  (riconosciuto  da  lui  nel  fiume  di  Naro) 
ad  oriente,  ed  aflerma  che  l'ingrandimento  della  città  dopo  hi 
battaglia  d'Imera  non  potè  essere  che  ad  oriente  ,  e  riferisce  , 
insieme  ad  altre  prove,  i  ricordi  di  Plutarco  per  la  Neapoli,  di 
Diodoro  pei  nuovi  quartieri,  di  Stefano  Bizantino  che  distin- 
gueva Agrigento  in  cinque  città,  'AxpofYàvTec  TcóXet?  Ttévts  StxeXta? 
nel  senso  di  quartieri,  e  dei  «  nomi  di  Alragus,  Athena,  Camiciis, 
Agrif/entum  e  Neapolis  a  noi  pervenuti  dal  dominio  romano,  che 
designano  i  quartieri  in  cui  si  divideva  l'antica  città»  (p.  20). 

I  particolari  studii  eseguiti  dal  ])rof.  Crino  su  la  topografia 
della  più  grande  città  dell'isola^  dopo  Siracusa,  nell'antichità' 
sono  im]>ortanti  perchè  fondati  su  1'  esame  accurato  delle  fonti 
8tori<*he,  e  giova  sperare  che  nuovi  scavi  archeologici  vengano  a 
confermarli. 


Giuseppe  La  Mantia 


RASSEGNA.   BIBLIOaBÀFIOÀ  Sii 


Nicotra  Francesco.  —  Dizionario  illustrato  dei  Comuni  siciliani, 
(ìominlato  col  concorso  d'insigni  collaboratori  e  dei  Municipi 
della  Sicilia.  Palermo,  Società  editrice  del  Dizionario  il- 
lustratOj  1905.  In  8.°,  dispense  1  a  3  di  pag.  64  per  ognuna. 

ìTon  mancano  per  la  Sicilia  i  lavori  concernenti  la  descrizione 
generale  dell'isola,  del  suo  territorio  e  delle  sue  città.  Il  più  an- 
tico e  mirabile  è  certamente  quello  dell'arabo  Edrisi,  compilato 
per  ordine  del  re  Ruggiero,  nel  quale  lavoro,  trattandosi  della 
geografia  d'Europa,  vien  fatta  estesa  esposizione  geografica  del- 
l'isola. Amari  ne  die  in  luce  nel  1880  la  versione  nella  Biblioteca 
arabo-sicula,  e  poi  in  edizione  speciale.  Il  libro  di  Edrisi  ebbe 
origine  dall'amore  degli  Arabi  allo  studio  della  geografia,  e  non 
fu  seguito  nei  secoli  XIII  a  XV  da  altri  di  simile  genere,  seb- 
bene le  cronache  di  quei  tempi  offrano  talvolta  pregevoli  notizie 
geografiche  e  topografiche.  Dall'inizio  dell'età  moderna,  dopo  la 
scoperta  di  America,  ebbero  onore  in  Sicilia  gli  studi  geografici, 
e  conviene  indicare  le  descrizioni  composte  da  Arezzo,  Fazello, 
Nigro,  Caraffa,  Masbel,  Massa,  Amico,  Leanti,  Scasso,  Sacco, 
Ortolani  e  Di  Marzo,  i  quali  in  varii  tempi  sino  al  secolo  XIX 
pubblicarono  i  loro  lavori.  Più  notevoli  sono  certamente  quelli 
di  Fazello  e  di  Vito  Amico. 

Il  primo  storico  della  Sicilia  divideva  la  sua  opera  in  due 
decadi,  nella  prima  delle  quali  dava  in  dieci  libri  un'ampia  ed 
accurata  descrizione  dell'isola,  e  tale  lavoro  ancora  oggi  riesce 
utile,  ed  altresì  pregevole  per  i  ricordi  di  quell'epoca.  L'eru- 
dito ab.  Amico  si  propose  maggiore  fatica,  e  nel  1757  diede  in 
luce  in  tre  volumi  il  Lexicon  topographicum  siculum,  opera  ve- 
ramente importante,  nella  quale,  secondo  la  distinzione  delle 
tre  Valli,  e  per  ordine  alfabetico  di  città,  terre,  fiumi  e  luoghi, 
offre  le  più  minute  notizie. 

Dopo  un  secolo  dal  lavoro  dell'Amico,  il  sac.  Gioacchino  Di 
Marzo  volle  eseguirne  la  versione,  e  per  renderne  ancora  più 
agevole  lo  studio,  soppresse  la  distinzione  alfabetica  in  tre  Valli, 
derivante  dall'antica  circoscrizione  (abolita  sin  dal  181C),  e  vi 
aggiunse  le  note  concernenti  eziandio  le  novità  avvenute  dopo  i 
tempi  dell'autore.  Non  è  dubbio  che  tale  versione  sia  giovata  a 
diffondere  la  cognizione  dei  luoghi,  della  storia  e  dello  stato 
economico  dell'isola. 


^78  EASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

Sono  però  trascorsi  ormai  cinquanta  anni  da  quella  pubblica- 
zione, e  grandi  mutazioni  politiche  ha  subito  la  Sicilia.  Caduta 
la  dinastia  borbonica,  e  sorto  il  nuovo  e  libero  governo,  muta- 
ronsi  istituzioni,  ordinamenti  e  leggi.  Con  più  vivo  e  sicuro  ar- 
dore Accademie,  Società  e  studiosi  pubblicarono  particolari  mo- 
nografie e  lavori  su  la  storia  generale  e  municipale  e  su  i  bisogni 
e  le  condizioni  dell'isola.  Eiesce  pertanto  opportuno  il  nuovo 
Dizionario  dei  Comuni  siciliani,  del  quale  l'esimio  socio  France- 
sco Nicotra  ha  già  intrapreso  la  compilazione. 

Il  sistema  da  lui  tenuto  è  diverso  in  molta  parte  da  quello 
seguito  nei  lavori  precedenti,  compreso  il  recente  e  pregevole 
del  ligure  Straflbrello.  Tralasciando  di  dare  le  notizie  particolari, 
e  per  ordine  alfabetico,  di  luoghi,  monti,  fiumi  ed  altro,  il  suo 
Dizionario  oft're  per  ogni  comune  in  speciali  rubriche  la  descri- 
zione del  sito,  una  estesa  bibliografia  degli  antichi  e  moderni 
autori  che  trattano  del  comune,  le  indicazioni  statistiche  mo- 
derne, le  altre  geografiche,  fisiche  e  biologiche,  le  storiche  me- 
morie ampiamente  esposte,  le  notizie  archeologiche  e  letterarie 
ed  infine  quelle  su  lo  stato  economico  e  sociale.  Aggiungonsi 
altresì  le  nitide  incisioni  di  panorami,  monumenti  e  ritratti  di 
uomini  illustri.  In  tal  guisa  per  ogni  comune  il  Dizionario  forni- 
sce quasi  una  speciale  ed  estesa  monografia. 

L'egregio  compilatore  si  è  rivolto  ai  più  distinti  cultori  dì 
storia  municipale  per  giovarsi  del  loro  concorso  nella  narrazione 
delle  vicende  storiche,  ed  ai  Municipii  dell'isola  per  ricavare  le 
indicazioni  sicure  delle  loro  condizioni  presenti.  I  fascicoli  sinora 
dati  in  luce  concernono  i  comuni  di  Aci  Bonaccorsi,  Aci  Castello, 
Aci  Catena,  Acireale,  Aci  S.  Antonio,  Acquaviva-Platani,  Adernò, 
Agira,  Aidone  ed  Alcamo,  e  conviene  ricordare  le  memorie  sto- 
riche di  Acireale  esposte  interamente  dal  chiar.  canonico  Ra- 
citi  Romeo. 

L'opera,  alla  quale  si  è  accinto  l'egregio  signor  Nicotra,  vien 
ftiori  per  associazione,  e  comprenderà  circa  50  dispense.  Non  può 
disconoscersi  che  ardua  è  l'impresa,  e  non  priva  di  diflìcoltà,  ma 
utile  ed  onorevole  è  altresì  lo  scopo,  e  non  dovrebbe  pertanto 
venir  meno  il  favore  dei  comuni  e  dei  cittadini,  che  sentono  vero 
amore  per  le  glorie  e  la  prosperità  della  Sicilia. 

Giuseppe  La  Mantia 


RASSEGNA  BlSLIOGUlAFtCi.  379 


Perronì-Grande  L.  —  Saggio  di  Bibliografia  dantesca^  voi.  III. 
Edit.  Muglia  Messina  MOMIV.  L.  3. 

Il  Prof.  Ludovico  Perroni -Grande  ,  appassionato  cultore  di 
studi  danteschi,  ha  pubblicato  testé  il  terzo  volume  del  suo  Sag- 
gio di  Bibliografia  dantesca,  nel  quale  si  propone  di  dar  notizia 
degli  scritti  su  Dante  usciti  in  Italia  nel  1903.  Questo  lavoro 
non  è  un  semplice  resoconto  bibliografico,  ma  una  vera  biblio- 
grafia sistematica  e  metodica  di  344  pubblicazioni  tra  libri ,  ri- 
viste, opuscoli  e  articoli,  che  l'A.  ha  letti  ed  esaminati,  apponen- 
dovi a  ciascuna  brevi  appunti  critici  ,  i  quali  sono  d'un' utilità 
inestimabile  a  chiunque  dovrà  fare  ricerche  relative  principal- 
mente al  Poema  di  Dante. 

Solo  chi  ha  fatto  dei  lavori  di  bibliografia  può  sapere  quanto 
essi  sieno  difficili  e  noiosi.  Non  tutti  infatti  riescono  a  farli  ; 
quanto  a  me  confesso  che  più  volte  ho  tentato  di  sobbarcarmi,  nel 
genere  dei  miei  studi,  ad  un  lavoro  tanto  arido  ed  ingrato,  ma 
sono  stato  costretto  a  rinunziare  all'impresa.  L'  opera  del  Per- 
roni per  questa  ragione  non  è  geniale  e  dilettevole,  ma  è  certa- 
mente utile  e  degna  di  lode  ;  e  noi  dobbiamo  essere  grati  a  lui 
che,  per  il  bene  degli  studi ,  si  sobbarca  volentieri  a  lavori  così 
lunghi  e  costosi. 

S.  C. 


C.  A.  Nailino. — Intorno  al  Kitab  al-Bayan  del  Giurista  Ihn 
Bushd.  Extracto  del  Homenaje  à  D.  Francisco  Coderà 
en  su  Jubilaciou  del  Professorado.  Estudios  de  Erudi- 
cion  oriental-lO.  Escar  tip.  Zaragoza  1904.  in  8,  pp.  67-77. 

Un  interessante  contributo  all'illustrazione  dei  nostri  Codici 
Orientali  ci  dà  con  questo  suo  lavoro  l'insigne  arabista  Carlo 
Alfonso  Nailino ,  professore  nella  nostra  B.  Università.  Egli 
prende  in  esame  il  cartaceo  III.  D.  7  della  nostra  Nazionale  che 
il  Lagumina  nel  suo  sapiente  Catalogo  descrive  a  p.  17  n.  19, 
ma   attribuisce,  per   un  errore  comune  al  Coderà,  ad  Averroè. 


380  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

Né  era  facile,  trattandosi  di  un  codice  mutilo  e  acefalo ,  stabi- 
lirne l'autore  ed  il  titolo.  Non  esisteva  che  un  accenno  dell'opera 
ricordata  tra  le  opere  di  diritto^  secondo  la  scuola  malikita,  com- 
poste da  Abu  'Iwalid  Muhanimad  ibn  Ahinad  Ibn  Rusbd,  nonno 
del  celebre  Averroè  ;  «  gran  libro,  come  dichiara  ad-Dabbì,  in  cui 
l'autore  ebbe  a  mostrare  tutta  la  sua  scienza  »  ma  secondo  i  Ca- 
taloghi a  stampa  delle  Biblioteche  d'Europa  e  d'oriente  nessun 
Codice  di  quell'opera  sarebbe  giunto  a  noi,  tanto  che  il  Brockel- 
mann  nella  sua  Oeschichte  der  Arabischen  Litteratur  non  ne  fa 
menzione.  Un  solo  frammento  rimasto  dell'opera  era  stato  er- 
roneamente attribuito  ad  altri.  11  Nallino ,  esaminando  i  Co- 
dici arabi  della  nostra  Comunale,  s'imbattè  in  due  volumi  : 
2  Qq  E.  91,  2  Qq  E.  92,  le  cui  condizioni  esterne  erano  identiche 
a  quelle  del  Cod.  della  Nazionale  e  tosto  gli  apparvero  porzioni 
d'un  medesimo  esemplare,  in  guisa  da  potere  affermare  che  il  vo- 
lume della  Nazionale  riempiva  esattamente  la  lacuna  esistente 
fra  i  due  della  Comunale.  I  tre  volumi,  secondo  i  risultati  di 
quest'esame  vanno,  stabilisce  il  Nallino,  così  disposti  : 
1.»  il  ms  2  Qq  E.  91  della  Comunale 
2.»  il  ms  III.  D.  7.  della  Nazionale 
3.°  il  ms  2  Qq.  E.  92  della  Comunale. 
È  notevole  l'accuratezza  colla  quale  si  procede  in  questo  mi- 
nuto esame  fino  a  stabilire  che  il  f.  78  del  n.  1.°  è  stato  inserito 
per  errore,  appartenendo  ad  altra  opera  giuridica.  Questi  codici 
offirono  materia  importante  allo  studioso  di  diritto,  mentre  d'altra 
parte  interessano  per  la  storia^  come  indivìdui  paleografici.  11  3." 
fu  sequestrato  dall'autorità  giudiziaria  nella  perquisizione  fatta 
il  22  Luglio  1795  in  casa  del  famigerato  Velia,  il  1."  e  il  3."  ap- 
partennero, come  attesta  un  ex  ■  libriH  all'Arcivescovo  Alfonso 
Airoldi,  gran  mecenate  degli  studi  arabo  -  siculi ,  vittima  delle 
imposture  del  Velia.  Poiché  anche  (pii  rientra  in  cani]»)  l'audace 


RASSEGNA  BlBLIOaRAFICA  381 

falsificatore  e  pare  clie  ogni  nuovo  studio  (^he  illumini  un  nostro 
Cod.  orientale  debba  anche  mettere  in  luce  un'altra  nota  d'igno- 
minia alla  storia  della  famosa  impostura,  dopo  le  opere  magistrali 
dell'Hager,  dell' Erlangen,  dello  Scinà,  del  Lagumina,  dello  stesso 
Airoldi.  Infatti  sembra  che  il  Velia  abbia  sottratto  i  voli.  !.«  e 
3."  dalla  Biblioteca  di  S.  Martino  delle  Scale,  (il  cui  bollo  è  im- 
presso nei  ff'.  47  v.  e  67  v.  del  n.  2.°,  emigrati  dalla  Spagna  con 
altri  codici  arabi  per  opera  di  Martino  La  Farina,  erudito  sici- 
liano del  sec.  XVII,  bibliotecario  all'Bscuriale. 

Nei  tre  Codd.  che,  come  appare  dal  prospetto  dei  titoli  nel 
n.  1".,  costituiscono  solo  una  piccola  parte  dell'opera  completa,  l'au- 
tore ha  il  fine  di  mostrare  il  fondamento  giuridico  delle  sentenze 
pronunziate  sulle  più  svariate  questioni  legali  da  Malik  ibn  A- 
nas^  fondatore  della  Scuola  Malikita.  Il  Nallino,  dopo  avere  ac- 
cennato alle  diverse  questioni  trattate  nei  Codici  ,  alcune  delle 
quali  molto  dibattute  dagli  antichi  giuristi  della  scuola  Malikita, 
come  quella  interessante  che  si  riferisce  alla  natura  giuridica 
dell'occupazione  araba  dell'Egitto,  quindi,  al  carattere  che  vi  deve 
assumere  legalmente  la  proprietà  fondiaria,  dojw  avere  riferito 
parecchi  passi  notevoli,  da  cui  appare  il  metodo  dell'autore,  ac- 
cenna all'importanza  dell'opera  intera  per  chi  volesse  studiare 
la  formazione  del  diritto  musulmano  secondo  la  scuola  Malikita, 
nota  in  Europa  per  mezzo  del  tardo  compendio  di  Sidi  Khalil. 
«  Nei  trattati  di  diritto,  egli  conclude,  noi  abbiamo  sopra  tutto 
una  costruzione  teorica  ideale  dei  giuristi,  che  si  perpetua  in 
formule  spesso  stereotipate  e  che  più  d'una  volta  si  scosta  dalla 
realtà  della  vita;  in  opere  come  quelle  di  Ibn  Bushd  abbiamo 
al  contrario  una  serie  di  casi  per  lo  più  desunti  dalle  necessità 
quotidiane,  i  quali  soltanto  possono  rivelarci  la  grande  adattabilità 
del  diritto  musulmano  e  la  forma  del  suo  svolgimento  in  correla- 
zione coi  bisogni  politici  e  sociali  dei  diversi  paesi  islamiti  e 
delle  diverse  età  ». 


382  BASSEaNA   BIBLIOGRAFICA 

Il  lavoro  del  Nallino  è  pregevole  anche  per  le  numerose  note 
erudite,  di  cui  è  corredato.  Ci  auguriamo  che  tutto  il  patrimonio 
prezioso  letterario,  scientifico  ,  storico  che  appartiene  all'Isola 
nostra,  sepolto  e  ignorato  nelle  nostre  Biblioteche  ,  nei  nostri 
Archivi,  e  che  potrebbe  costituire  un  monumento  per  la  nostra 
storia,  sia  da  così  insigni  studiosi  amorosamente  esaminato  e  lu- 
minosamente illustrato. 

Ma  non  manchi  l'incoraggiamento  del  governo  a  chi  ha  voglia 
e  potere  di  degnamente  occuparsene. 

Elvira  Guarnera 


Francesco  Giannone.  Memorie  storiche.  Statuti  e  Consuetudini 
di  Oppido  di  Basilicata.  Palermo,  stab.  tip.  -  Ut.  Fratelli 
Marsala,  1905. 

L'A.  ch'è  distinto  Consigliere  della  Corte  di  Appello  in  Pa- 
lermo ,  ha  voluto  amorosamente  illustrare  il  suo  paese  natio , 
dandoci  un  lavoro  assai  erudito.  Oppido,  che  ricorda  l'antichis- 
simo Oppidum  od  Opimtm  dei  Lucani,  è  un  piccol  comune  nella 
Basilicata;  anzi  crede  l'A.  che  l'antica  Oppidum  sia  stata  vicina 
alla  moderna  Oppido  e  vi  abbia  dato  il  nome. 

Questa  ipotesi  viene  suffragata  dal  ritrovamento  non  infre- 
quente in  quei  luoghi  di  oggetti  antichi,  fra'  quali  la  celebre  ta- 
vola Bantina  in  latino  ed  osco,  che  contiene  un  frammento  dello 
statuto  municipale  di  Bantia  relativo  all'  ordine  dei  comizi  ,  al 
censo  e  ai  requisiti  per  occupare  le  cariche  del  governo  muni- 
cipale. 

V  A.  riproduce  la  traduzione  latina  del  testo  osco  data  dal 
BUcheler,  e  vi  ha  aggiunto  la  versione  italiana  e  brevi  note. 

L* attuale  Oppido  ebbe  origine  probabilmente  nei  tempi  nor- 
manni ;  e  la  prima  notizia  di  esso  trovasi  nel  famoso  Catalogo 
ilei  Baroni,  compilato  sotto  il  regno  di  Ougliolmo  II  tra  il  1154 
e  il  11G8,  nel  (luale  comparisce  lluggiero  barone  di  Oppido,  che 
dichiarava  di  tenere  il  feudo  dal  conte  Filippo  di  Balbano  e  col 
l'obbligo  del  servizio  di  4  militi  e  10  servienti. 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA  383 

Il  feudo  di  Oppido  per  ragioni  di  parentado  passò  quindi  presso 
varie  famiglie,  e  l'A.  n'espone  succintamente  la  successione  fino 
all'  abolizione  della  feudalità  ;  e  sono  poi  descritti  eruditamente 
la  topografìa  e  il  regime  giurisdizionale  e  patrimoniale  del  feudo 
oppidano.  Erano  non  pochi  i  diritti  feudali  esercitati  dal  Signo- 
re di  Oppido,  che  su  per  giù  si  corri spondeano  generalmente 
nelle  varie  terre  feudali.  Fra  essi  però  sono  degni  di  nota  la  Sirena 
in  feudum  e  il  Jus  delle  forna. 

La  Sirena  in  feudum  era  un'annua  prestazione  di  ducati  20,  che 
1'  Università  corrispondea  al  feudatario ,  il  quale  non  contento 
del  prodotto  dei  vari  dritti  i)iù  o  meno  angarici,  si  godea  anche 
una  strenna  regalatagli  dai  suoi  vassalli  ! 

Il  Jus  delle /orna  i)0i  ci  apprende,  che  gli  Oppidani  non  po- 
teano  tener  forni,  ma  doveano  cuocere  il  pane  nei  forni  baronali  : 
corrispondendo  le  legna  necessarie,  il  compenso  agli  operai  e  un 
rotolo  di  pane  per  ogni  16  rotoli.  Per  ciò  tal  esoso  balzello  si  appel- 
lava la  sedicina^  e  vi  durò  parecchio  tempo,  fino  a  quando  cioè 
non  venne  affrancato  dall'Università  con  una  prestazione  in  denaro. 

L'A.  descrive  quindi  il  castello  oppidano,  del  quale  non  riman- 
gono che  miseri  avanzi,  le  sue  varie  vicende,  la  corte  baronale, 
i  suoi  uffiziali  e  le  procedure  giudiziarie  tenute  nei  passati  tempi. 

Segue  la  parte  che  riguarda  l'Università  o  il  comune  feudale 
propriamente  detto,  esponendosi  ampiamente  i  modi  come  veniva 
retto,  l'elezioni  annuali,  i  parlarnenii  o  pubbliche  adunanze,  i  bi- 
lanci, gli  statuti,  ecc.  Il  Comune,  assai  aggravato,  lottava,  per 
quanto  poteva,  col  signore  feudale  ;  e  numerosi  litigi  ne  sorsero, 
fra'  quali  uno  famoso  per  la  privativa  feudale  dei  forni ,  nel 
quale  il  feudatario  ebbe  in  parte  a  toccare  sconfitta  :  a  vendicar- 
si della  (juale ,  sfogò  le  sue  ire  contro  il  difensore  del  Comune, 
D.  Giuseppe  Giannone  antenato  dell'  A.  e  invitatolo  a  pranzo, 
gli  fé'  propinare  il  veleno  in  un  mellone.  E  il  misero  dopo  15 
giorni  seu  moriva ,  essendogli  caduti  tutti  i  capelli.  Ciò  risulta 
all'  A.  da  una  nota  trovata  nelle  carte  di  famiglia  ;  e  del  resto 
forse  non  sarebbe  alieno  dalla  prepotenza  baronale  e  dalla  bar- 
barie di  quei  tempi. 

Anche  il  folklore  trova  non  j)ochi  utili   riscontri    nelle    vari 
costumanze  oppidane  per  vestimenta  ,  giuochi  ,  matrimoni  ,  lut 
ti,  ecc.  Notiamo,  in  relazione  alle  costumanze  della  nostra  isola, 
gli  avantisini  (  grembiali ,   in  sic.  manii^ini  )  il  cuònzolo  (in  sic. 
consolato)  o  invio  di  cibi  che  parenti  ed  intimi  amici  faceano  per 


584  ÉASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

brevi  giorni  ai  superstiti,  quando  avveniva  la  morte  di  qualche 
persona  ;  il  giuoco  dei  bottoni  {fornelle,  in  sic.  funneddi)  eseguito 
dai  ragazzi  ;  i  mostacciuoU  che  in  Oppido  sono  biscotti  preparati 
con  vino  cotto  (qualche  cosa  di  simile  alla  nostra  mostarda)^ 
mentre  da  noi  con  la  voce  mostacciuoU  s'intendono  i  notissimi 
dolci,  nella  composizione  dei  quali  è  estraneo  il  vino  cotto. 

A  pag.  158  del  volume  FA.  ci  dà  anche  un  saggio  della  par- 
lata oppidana,  la  quale,  com'è  naturale,  ha  il  suo  fondamento 
nel  generale  dialetto  napoletano. 

In  Oppido  ritrovansi  non  poche  chiese  ,  cappelle  ,  ecc.  delle 
quali  è  data  una  breve  illustrazione. 

E  viene  in  ultimo  la  parte  storica  recente.  L'  A.  ci  descrive 
con  vivi  colori  lo  scombussolamento  seguito  dopo  la  venuta  dei 
Francesi  al  1799  nel  regno  di  ì^^apoli.  Gli  sdegni  popolari,  acuiti 
dall'oppressione  feudale,  scoppiarono  quasi  dapertutto,  eccedendo 
nelle  rappresaglie  e  nelle  vendette.  Apprendiamo  così,  che  un 
arrabbiato  giacobino  democratizza/va  Altamura  facendo  sepellire 
vivi  parecchi  dei  suoi  cittadini  nelle  fossa  di  un  convento  (pa- 
gina 180 ,  nota  1).  Sembra  però  che  ad  Oppido  venissero  ri- 
sparmiate queste  energiche  (!)  medicature  ,  e  tutto  si  riducesse 
alla  persecuzione  incruenta  delle  persone  civili  del  paese  ;  pa- 
recchi dei  quali ,  presi  dal  popolaccio ,  vennero  legati  in  ceppi 
per  più  giorni  alle  mangiatoie  di  una  taverna,  dileggiati  e  scher- 
niti ,  fino  a  recar  loro  da  bere  nelle  catinelle  dei  cavalli  ;  e  do- 
vettero la  loro  liberazione  a  un  giovane  gentiluomo  ,  Diomede 
Alicchio,  il  quale,  insieme  a  due  suoi  fidi  guardiani,  usci  improv- 
viso dal  suo  palazzo ,  e  roteando  un  lungo  sciabolone  irruppe 
fra  i  popolani  custodi  della  taverna,  che  storditi  da  tanta  audacia 
non  seppero  opporsi,  infranse  i  ceppi  delle  vittime  e  li  trasse 
a  salvamento.  Ma  la  ridda  durò  i)oco  ,  e  in  seguito  la  celebre 
(liunta  di  Stato  condannava  parecchi  dei  rei  alla  deportazione. 

Tornati  1  Francesi  nel  1806,  la  provvida  legge  del  re- Giusep- 
pe iioiiai)arte  aboliva  la  feudalitil,  del  resto  già  abbastanza  scossa 
e  diminuita  d'importanza  <lai  provvedimenti  prosi  in  precedenza 
sotto  il  liberal  reggimento  del  Tanncci  ;  e  in  seguitola  (Jommis- 
Hione  feudale  con  molta  sapienza  attese  alla  ri])artizione  dei  de- 
mani ex  •  feudali  e  a  dirimere  le  non  ))()cl)e  (jucistìoni  iiis<nt<'. 
Oppido  in  particolare  non  potè  che  lodarsene  delle  sue  disposi- 
zioni, e  ottenne  la  <piotizzazione  dei  vari  domani  ;  e  tutto  sem- 
brava che  concorresse  al  pubblico  beuessere,  quando  i  rivolgimen- 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  385 

ti  del  1820,  le  lotte  fra  Carbonari  e  Calderari,  costituzionali  gli 
uni  e  anticostituzionali  gii  altri,  gettarono  il  paese  nello  scom- 
piglio, fino  a  che  al  20  marzo  1821  scoppiò  la  tregenda,  e  furon 
parecchie  le  vittime. 

E  così  Oppido  diventò  sede  del  dolore,  perchè  ai  lamenti  dei  iva- 
renti  delle  vittime,  tennero  dietro  in  seguito  quelli  dei  rei  condannati. 

Accenna  brevemente  1'  A.  ai  fatti  posteriori  del  1860  e  alla 
funesta  piaga  del  brigantaggio,  che  tanto  travagliò  le  ])rovincie 
napoletane  ;  ed  aggiunge  l'elenco  delle  principali  famiglie  ojìpi- 
dane  e  le  biografie  dei  più  noti  cittadini  del  Comune,  che  al  1862 
cambiò  il  suo  nome  di  Oppido  in  quel  di  Palmira,  e  ciò  per  isfug- 
gire  all'omonimia  con  l'altro  Oppido  di  Calabria. 

Giustamente  1'  A.  deplora  queste  mutazioni  di  nomi ,  specie 
quando  ricordano  vetuste  tradizioni ,  e  spera  che  in  appresso  il 
Comune  possa  di  nuovo  ritornare  all'antica  appellazione.  E  noi 
aggiungiamo  che ,  a  dissipare  i  possibili  equivoci  di  omonimia 
con  Oppido  di  Calabria  ,  potrebbe  (juel  di  Basilicata  intitolarsi 
Oppido  Lucano,  richiamando  così  anche  la  memoria  delle  prische 
genti  che  abitarono  (luella  regione. 

Oggi  Oppido,  o  piuttosto  Palmira,  giace  in  aspre  condizioni  : 
l'agricoltura  in  completo  disfacimento,  la  proprietà  fondiaria  obe- 
rata da  debiti  ipotecari  ad  altissimo  interesse,  sicché  l'aliquota 
della  fondiaria  urbana  è  al  40  7o  «^  quella  rusticana  al  60  7o« 
Il  Conuuu'  ha  elevato  i  centesimi  addizionali  al  70  7,)  e  la  Pro- 
vincia pure  al  70  7o  »  ^  Y>eiò  i  contadini  abbandonano  la  terra 
che  li  vide  nascere,  ed  emigrano  in  America. 

In  fine  sono  pubblicati  alcuni  documenti,  fra'  quali  importantis 
Simo  quello  contenente  il  testo  dei  Capitoli  dell'Università  di  Op- 
pido, concessi  dal  conte  Raimondo  Orsini  signore  di  Opi)ido  nel 
1540,  modificati  in  seguito  e  in  fine  approvati  dal  Viceré  al  1550. 

Abbiamo  rapidamente  accennato  la  materia  che  il  chiaro  A. 
ha  svolto  con  notevote  erudizione  e  competenza.  Nello  esprimer- 
gli le  nostre  lodi  pel  suo  lavoro  ,  che  non  solo  illustra  il  suo 
paese,  ma  costituisce  altresì  un  utile  contributo  alla  storia  me- 
dievale e  moderna  dell'  Italia  meridionale,  ci  auguriamo  che  ogni 
Comune  del  nostro  bel  paese  possa  ritrovare  un  illustratore  cosi 
erudito  ed  amoroso,  come  il  chiarissimo  Cav.  Fr.  Giannone  (1). 

G.  Cosentino. 


(1)  Kingrazio  il  eh.  A.  della  cortesi  parole  espresse  per  me  a  p.  293 
del  voi. 


SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 

(Atti  di  Accademie ,   Società  Scientifiche ,   di  Storia  Patria ,   ecc.   ree. 
inviate  alla  «  Società  Siciliana  per  la  Storia  Patria)  ». 


A)  Italiane. 

Archivio  Storico  Italiano,  fondato  da  G.  P.  Vieussenx,  e  con- 
tinuato a  cura  della  E.  Deputazione  Toscana  di  storia 
patria  —  Serie  V  —  Tomo  XXXIII  —  Dispensa  l"*  e  2"  del 
liK)4. 

Memorie  e  Documenti  :  Fra  Chiose  e  Commeuti  autichi  alla  Divina 
Commedia ,  F.  P.  Luiso  —  La  politica  di  Papa  Paolo  III  e  l' Italia.  A 
proposito  di  una  recente  pubblicazione  ,  L.  Slaffetti  —  Nuovi  studi  sul 
Carpaccio  ,  L.  Testi  —  Quattro  sonetti  politici  di  Melchior  Cesarotti ,  P. 
Papa  —  Un  documento  poco  noto  sul  ribaudimento  di  Iacopo  di  Dante, 
A.  Della  Torre  —  I  prodromi  della  ritirata  di  Carlo  VIII  Re  di  Francia, 
da  Napoli,  A.  Seyre —  Una  nuova  teoria  sulle  origini  del  Comune,  G. 
Volpe. 

Archivi  e  Biblioteche:  L'Archivio  notarile  di  Pavullo ,  A.  Sorbelli  — 
Atti  governativi  nell'Archivio  di  Livorno,  P.   Vigo. 

Aneddoti  e  Varietà:  Di  Virgilio  Boruato,  viaggiatore  del  sec.  XV,  L. 
Rivetti— h^arnhiiscerìa,  di  Matteo  Palmieri  a  Perugia  (1452),  A.  Zan^etti — 
Per  la  storia  della  Ilomagna,  G.  Oa^peroni—Gmcomo  da  Lentini  Notaro, 
O.  A.  Garuji. 

BoBugna  hiblùuirafica  :  Notizie  (1). 


(1)  Si  rifnriNfono  lo  priticiimli  notixie  (lui  il  iKmtro  mdcìo  hibliottcaiio  ,  Dott. 
<iiilH«^p|Ni  La  Miinlia,  <lit  cui  titolo:  aSh  la  Hihlinhni  dolili  Sociiia  Siriliiiiiii  |>im- In 
HtoriM  l'atri». 


SOMMARIO  DELLE   PUBBLICAZIONI  PERIODICHE  387 


Archìvio    Storico  Italiano ,  Tomo  XXXIV  —  Dispensa  3  e  4 
del  1904. 

Memorie  e  Documenti  :  Gli  statuti  bellunesi  e  trevigiani  dei  danni  dati 
a  le  wizae,  L.  Andrich— Il  palinsesto  di  Arborea  con  Prefazione  del  prof. 
W.  Foerster,  V.  J?'edertct— Sull'opera  cartografica  di  Giov.  Tomaso  Bor- 
gonio ,  C.  Errerà  —  La  costituzione  sociale  e  la  proprietà  fondiaria  in 
Sardegna  ,  A.  Solmi —Alcune  osservazioni  intorno  al  deposito  archivistico 
della  Confessio  >S.  Petri,  L.  8chi(ipparelli—\]n  libro  del  prof.  Hiiffer  solini 
Alfredo  di  Renmont,  P.    Villari. 

Aneddoti  e  Varietà:  Sul  testo  del  tumulto  dei  Ciompi  di  Gino  Cap- 
poni ,  B.  E.  Bellondi  —  La  vita  e  le  rime  di  Pierozzo  Strozzi ,  G.  U. 
Oxilia  —  In  quale  anno  e  in  quale  luogo  morì  Benozzo  Gozzoli  t  E  dove 
ebbe  la  sua  sepoltura!,  A.  ChiappeUi  —  Firenze  e  Venezia  dopo  la  bat- 
taglia di  Caravaggio,  L.  Rossi  —  Sul  governo  di  Fulvio  Testi  in  Garfa- 
gnana,  L.  Migliorini  —  YrAmmeniì  Sanraarinesi  e  Feltreschj ,  A.  Ber- 
nardy  —  Galileo  tonsurato,  L.  Andreani. 

Rassegna  bibliografica  :  Notizie— Pubblicazioni  venute  in  dono  alla  R. 
Deputazione  Toscana. 

Archivio  Storico  Italiano,  Tomo  XXXV— Dispensa  1-2  del  11K)5. 

Memorie  e  Documenti:  Se  il  conte  Umberto  Biancamano  fu  contesta- 
bile del  Regno  di  Bergogna,  F.  Txibruzgi—P&Tuvd  e  i  moti  del  1831,  Eu- 
genia Montanari — La  storia  scaligena  negli  archivi  di  Siena,  C.  Cipolla- 
Intorno  alle  vere  origini  comunali ,  F.  Gabotto  —  Le  carte  volgari  del- 
l'Archivio arcivescovile  di  Cagliari,  A.  Solmi— 1  Fraticelli,  F.  Tocco  — 
Studi ,  trattative  e  proposte  per  la  costruzione  di  una  carta  geografica 
della  Toscana  nella  seconda  metà  del  secolo  XVIII ,  A  Mori — Gerolamo 
Cardano  allo  studio  di  Bologna,  E.  Costa. 

Archivi  Biblioteche  e  Musei  :  R.  Galleria  e  Museo  di  Firenze,  E.  Ger- 
sparch. 

Aneddoti  e  Varietà:  Sui  Flagellanti,  sui  Fraticelli  e  sui  Bi/.ochi ,  F. 
Savim  —  Una  missione  ignorata  d'un  inviato  del  Duca  di  Parma,  Fran- 
cesco Farnese  ,  E.  Robiony  —  Tre  lettere  di  A .  Tassoni,  C.  Di  Fierro  — 
Frammento  di  un  quaderno  di  mandati  dell'  antica  Camera  del  Coiuune 
di  Firenze,  E.  Lasinio — I  Ricordi  di  due  Papi,  L.  Frati— ì\  sesto  cente- 
nario della  nascita  di  Francesco  Petrarca,  A.  Della  Torre. 


388  SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI   PERIODICHE 

Rassegna  Biblioyralka  (1)  —  Notizie. 

Archivio  Storico  per  le  province  napoletane,  pubblicato  a  cura 
della  Società  di  Storia  Patria  —  Napoli  Anno  XXIX 
(1904). 

Memorie  originali  :  Il  ducato  di  Gaeta  all'  inizio  della  couquista  Nor- 
manna, P.  Fedeìe  —  lì  tìglio  di  G.  B.  Vico  e  gì'  inizi!  dell'  insegnamento 
di  Letteratura  italiana  nella  R.  Università  di  Napoli,  G.  Gentile. 

'Sotisic  e  Narrazioni  :  Nuovi  docuineuti  su  Giuliano  da  Maiano  ed  altri 
artisti,  G.  Ceci. 

Rassegna  bibliografica  :  Diario  napoletano  dal  1778  al  1825  —Nei  fa- 
scicoli di  quest'annata  il  diario  lia  principio  dal  1"  maggio  1815  col  pro- 
clama di  Ftirdinando  IV,  che  pt»rta  la  data  di  Palermo  nel  detto  giorno, 
e  finisce  addì  6  marzo  1816. 

Archivio  per  lo  studio  delle  tradizioni  popolari.  Eivista  trime- 
strale diretta  da  G.  Pitrè  e  vS.  Salomone  -  Marino  —  Pa- 
lermo —  Voi.  XXII  (Anno  1903). 

Esseri  meravigliosi  e  fantastici  nelle  credenze  sarde,  specialmente  di 
Logudaro ,  C.  Calvia  —  11  carnevale  in  Tunisi  e  la  fantasia  araba  ,  L. 
Chibbaro  —  La  leggenda  del  paggio  di  S.  Elisabetta,  C.  Formichi  —  J*-ieg- 
gende  popolari  sacre,  A.  Massara — Giganti  e  Serpenti,  G.  A.  Borgese  — 
Monte  S.  Giuliano  e  la  satira  popolare  ,  V.  Simiani  —  La  leggenda  di 
Pietro  Barliario  in  Salerno,  G.  Sottoli —  San  Paolino  111  e  la  secolare 
festa  dei  Gigli  in  Nola  ,  A .  Del  Priore  —  Misteriosa  apparizione  in  Flo- 
l'idia,  *S'.  Amato — Blasone  popolare  lucchese  edito  ed  inedito,  G.  Gian- 
nini—Cauti popolari  d'Italia  su  Napoleone  I,  G.  J'itrè  —  Indovinelli  in 
Veglioto  odierno,  A.  /ve  —  I  Saranienta  in  Chiaranionte,  G,  Melfi— ìio- 
vellc  popolari  romanesche,  G.  Zanasso  —  ImpronttMneravigliose  in  Italia, 
G.  Jiellucci  —  Per  la  storia  della  poesia  popolare  siciliana ,  (r.  Pitrè  — 
Blasone  popolare  lucchese  edito  ed  inedito ,    G.    CHannini  —  Isnello  alla 


(1)  Boll  |irnNÌ  in  amimiia  n  iiiolti»  lodiiti  <liic.  Involi  ,  ili  Hr^oinunto  non  Aiciliuno  , 
di  due  uoHtri  nutrii.  Di  uno  •">  untoro  il  prof.  Niccolò  Itodolico  od  Ita  per  titolo 
Cronaca  li'iorrntina  di  Murchionne  di  Coppo  Stefani;  doll'allro  OiiiHoppc  Koniano- 
Cfttkoia  f!  n'iiitiUdH  Filippo  /fuonitrroli. 


SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  389 

Mostra  etnogratìca  siciliana  «li  Palermo,  C.  Grisanti — Superstizioni  cinesi, 
The  Collector  —  Canzonette  infantili  veronesi ,  A.  Balladoro  —  Novelle 
popolari  sarde,  G.  Ferrerò  —  Stratagemmi  leggendarii  di  città  assediate, 
G.  Pitrè— Cola,  Pesce  in  Grecia,  G.  Politis—'Leggende  bibliche  e  religiose 
di  Sicilia,  K.  Castello — Leggende  plutoniche,  C.  Calvia  e  C.  Melfi— heg- 
gende  popolari  acitane,  S.  Raccuglia — Dodici  novelline  del  Contado  ve- 
ronese, A.  Balladoro  —  Froverhi  in  Veglioto  Odierno,  .1.  /re  —  Alcuni 
proverbi  veneti  di  maldicenza  intercomunale  C.  Musatti  —  Usi  nuziali 
dell'Agro  nov^arese  d'una  volta  e  d'adesso,  A.  Massara  —  Stratagemmi, 
leggendari  di  città  assediate,  N.  ZimjarelU  — 11  Voscenza  in  Sicilia  ,  G. 
Navanteri — La  letteratura  del  popolo  italiano,  A .  Zenatti — Canti  popolari 
raccolti  sui  monti  della  Romagna- Toscana,  P.  Fabbri —1  disciplinanti  in 
Guardia  Sanframoudi,  A.  De  Biasio— \]»i  nuziali  Coreani,  C.  Rossetti — 
Novelline  del  Contado  Veronese,  A.  Balladoro  —  Canti  popolari  raccolti 
a  Frasso  Telesino,  G.  Calandra — Usi  di  chirurgia  nervosa  fra  popoli  sel- 
vaggi dell'Algeria,  N.N. — Note  comparative  ad  una  lettera  sui  canti  po- 
polari, G.  Vidossich  —  Voci  di  venditori  ambulanti  in  Messina,  L.  Pw 
roni-Grande. 

Miscellanea— Rivista  bibliografica  —  BuUettino  bibliografico  —  Recenti 
pubblicazioni  —  Sommario  dei  giornali  —  Notizie  varie. 

B)  Estere. 

Bollettino  internazionale  dell'Accademia  di  Scienze  di  Cracovia.— 

xliino  11)03. 

Memorie  e  Comunicazioni:  L'uguaglianza  davanti  alla  legge  degli  or- 
todossi e  dei  cattolici  in  Lituania,  M.  V.  Czermak — Le  origini  e  la  giu- 
risdizione dei  regii  funzionari  detti  capitanei  starosta  in  Polonia  sino  alla 
fine  del  secolo  XIV,  Doti.  Stanislao  Kutrzeba — L'introduzione  in  Polonia 
dell'Ordine  teutonico  fatta  da  Corrado  duca  di  Mazovia,  W.  Ketzyn$ki — 
Ciceroniana,  Catulliana,  Ovidiana,  C.  Morawski — L'evoluzione  dell'Orbo 
nell'antichità  e  nei  tempi  moderni ,  St.  Schneider — De  Romanorum  viro 
bono,  Thad.  Sinko  —Resoconto  delle  sedute  della  Commissione  della  storia 
dell'arte  —  Seduta  della  Commissione  di  Storia. 

Bpllettino  internazionale  deirAccademia  di  scienze  dì  Cracovia. — 
Anno  1904. 

Memorie  e  Comunicazioni  :  La  Polonia  e  il  Concilio  di  Pisa  nel  1409, 
L.  Abraham — La  Cena  di  Leonardo  da  Vinci,  I.  Boloz  AntonievAcz — Sulle 
statue  dei  Greci  nei  monumenti  trionfali  di  Attale  I,  P.  Biénkowski — Gli 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  26 


390  SOMMÀRIO   DELLE   PUBBLICAZIONI   PERIODICHE 

apogrifi  del  medio  evo,  A.  Briickner — I  nomi  topografici  considerati  come 
base  della  storia  della  colonizzazione  in  Polonia,  Fr.  Bujak — Resoconto 
delle  sedute  della  Commissione  della  storia  dell'arte. 

Polybiblion,  Eevue  Bibliographique  Universel — Paris — Deu- 
xieme  sèrie  —  An.  1904. 

Dernières  publications  illnstreés,  par  Visenot — Romans:  fantaisistes, 
romanesques  et  psicliologiques,  liistoriques  ,  de  moeurs ,  Contes  et  Noii- 
velles ,  par  M.  C.  Amaud  —  Economie  politique  et  sociale ,  par  M.  I. 
B<imhaud—0\x\x».ge%  sur  la  musique,  par  M.  B. — Poesie  et  Théatre  par 
M.  G.  Limare — Histoire,  Sciences  et  Art  Militaires,  par  M.  A.  De  Gan- 
niers  —  Ouvrages  Hongrois  d' histoire  ,  par  M.  E.  Horn  —  Publications 
récentes  sur  l'Écriture  Sainte  et  la  littérature  orientale,  par  E.  Mangc- 
not — Ouvrages  d'enseignement  chrétien  et  de  piété,  par  F.  Chapot — Géo- 
grapliie  et  voyages,  par  X.  Froidevaux- -Bciences  biologiques,  par  Jy.  De 
Saint- Marie— BeRwx- Aris,  par  M.  A.  Parate— Ouvrages  récentes  sur  Na- 
poléon  et  son  epoque,  par  M.  S. — Pbilosopbie,  par  M.  L.  Maisonneuve  — 
Sciences  phisiques  et  chimiques ,  sciences  matbématiques ,  par  M.  È. 
6'ftai7a»— Hagiographie  et  biograpbie  ecclésiastique,  par  L.  M.  Eobert — 
Ouvrages  sur  leanne  d'Are  et  sou  temps,  par  M.  S.— Histoire  coloniale 
et  colonisation,  par  M.  I.  Bamhaud — Ouvrages  d'enseignement  cbrétien 
et  de  piétié,  par  M.  F.  Chapot  —  Poesie  —  Théatre  ,  par  M.  G.  Limare. 

Comptes-Rendus  :  Thèologie,  lurisprudence,  Scieces  et  Arts,  Littératu 
re  (1),  Histoire  —  Bulletin  (2)  —  Cbronique  (3). 


(1)  ft  preso  in  esame  uno  Studio  del  dott.  Michele  Natale  ,  pubblicato  a  Calta- 
niBsettii ,  col  titolo  Antonio  Beeeadelli  detto  il  Panormita.  In  lode  di  questo  libro 
ni  dice,  ohe  quello  che  principalmente  lo  rendo  interessante  e  ne  ha  fatto  una  no- 
vità, e^H  è  ohe  l'autore  si  è  avvalso  molto  di  raccolte  di  lettere,  di  brani  di  versi 
A  di  diHCorsi  politici  del  Beeeadelli,  che  orano  sin  oggi  rimasti  quasi  inutilizzati. 
Quindi  due  capitoli,  uno  sulle  poesie  latino  o  l'altro  HuUa  corrispondenza  del  Pa- 
normita, che  sono  tra  i  migliori  del  volume. 

(2)  Si  fa  menzione  e  lode  di  un  opuscolo  edito  a  Messina  ,  del  quale  (>  autore 
Amlot<i  Servi  e  s'intitola  //  Dominio  Mumertino  nella  Sicilia.  Questo  lavoro,  dicesi, 
riguarda  la  storia  di  Sicilia  sotto  il  dominio  dei  Mamortini,  il  quale  durò  diciotto 
anni,  dui  282  al  idi  a.  C,  cio^  dall'anno  che  Messina  fu  occupata  dai  Mamertini 
n  quello  che  fu  presa  dai  Uomani  ,  periodo  ìinportunto  per  avere  <lato  r  Uonia  la 
migliore  oeoMNione  di  espandere  il  suo  dominio  territoriale  al  di  ih  delle  frontiere 
iM\n  |HmUoln.  Membra  che  l'autore  abbia  conosciuto  tutto  le  fonti  storiche,  archeo- 
logiebc,  opigrutlehi)  e  numismatiche  relative  a  questo  periodo  storico. 

(8)    fc    molto   lodata    una   pubblicazione  fatta  a  Caltanissetta,  e  di  essa  il  sig. 


SOMMARIO   DELLE   PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  391 

Revue  Historique.— Paris  —  Tome  84  —  lanvier-Avril  1904. 

Articles  de  Fond  :  Napoléon  III  a  Magenta,  G.  Bapst —  La  royauté 
hoiuérique  et  les  origines  de  l'  État  en  Grece ,  L.  Bréhier  —  Le  ròle  de 
Bourrienne  à  Hambourg,  1805-1810,  G.  Servièrea. 

Mélange»  et  Documents  :  Les  documenta  arabes  sur  I'  expédition  de 
Charlemagne  en  Espagne,  F.  Basset — Une  relation  inèdite  des  joumées 
des  5  et  6  octobre  1789,  L.  Mauri/ — De  la  métode  historiciue  chez  Guibert 
de  Noget,  B.  Monod. 

Correspondence — BuUetin  Historique— Liste  alphabetique  des  recueils 
périodiques  et  des  sociétós  savantes  —  Chronique  et  Bibliographie. 

Revue  Historique.  —  Tome  85  —  Mai-Aofìt  1904. 

Articles  de  fami  :  Les  Franyais  d'ontre-mer  en  Àpulie  et  en  Epire  au 
temps  des  Hobenstaufen  ,  E.  Bertaux  —  La  ^juestion  de  Terre-Neuve , 
d'aprìs  des  docuiuents  anglais,  /.  Gh.  Bracq — Le  Conseil  royal  et  le*  pro- 
testauts  en  1698,  P.  Gachon. 

Mélange»  et  Bocuments  :  La  surveil  des  éniigi-és  fran^ais  dans  les  États 
pontitìcaux  en  1793  ,  G.  Bourgin  —  Une  aubaine  à  Lyon  sous  Henri  II, 
A.  Coville — La  royauté  fran^aise  au  XI*  siècle,  d'apre»  un  livre  récent, 
L.  Halphen  —  Micbelet  et  les  Mémoires  de  M.™*  E.  Adain,'(?.  Monod  — 
Une  page  peu  connue  de  1'  histoire  de  France  :  la  guerre  franco  -  améri- 
caine  (1798-1801),  G.  N.  Tricoche. 

Bulletin  Historique  — Coinptes  rendus  critiques  (1) — Liste  alpbabétique 


Visot ,  oh'è  uno  dei  più  valenti  redattori  del  Polybibliou  così  sorive  :  «  Un 
seutiiuouto  elevatissimo  e  delicatissimo  ha  inspirato  al  sig.  Michele  Natale  il  suo 
incantevole  libretto  sulla  Vergine,  nella  lirica  italiana  ».  Vi  si  trova  rapidamente 
riassuntata  una  storia  «Iella  ])oeaia  lirica  italiana ,  guardata  da  un  punto  di  vista 
speciale  :  (luello  della  devozione  alla  Madre  del  Salvatore  e  delle  varie  espressioni 
commoventi  o  sublimi ,  con  le  quali  questa  devozione  si  è  manifestata  dal  secolo 
XIII  ai  giorni  nostri. 

(1;  È  preso  in  esame  il  libro  del  nostro  socio  prof.  Francesco  Guardione,  inti- 
tolato Gioacchino  Murai  in  Italia ,  con  carteggi  e  documenti  inediti,  —  Palermo  , 
Reber,  18i)9.  Il  sig.  Pélissier  che  lo  esamina,  pur  facendovi  delle  osservazioni  non 
sempre  favorevoli  ,  lo  giudica  interessante  ,  specie  per  i  trentuno  documenti ,  ohe 
vi  sono  iu  appendice  ,  quasi  tutti  inediti.  Relativamente  alla  tesi  sostenuta  dal 
Guardione,  e  che  prima  di  lui  aveva  sostenuto  il  Dufouroq,  che  G.  Murat  sia  stato 
un  campione  dell'  unità  italiana  ed  il  primo  sovrano  che  abbia  efficacemente  lavo- 


392  SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 

des  recueils  périodiques,  et  des  sociétés  savantes  (1).  Chronique  et  Biblio- 
graphie. 

Revue  Historique. — Tome  86— Septembre— Décembre  1904. 

Artkles  de  fond  :  Le  Conseil  rovai  et  les  protestante  en  1698,  P.  Ga- 
chon  —  La  Prusse  au  temps  de  Bisniarck,  P.  Matter — Le  premier  séjoiir 
de  Christine  de  Suède  en  Italie,  F.  de  Naveìine. 

Mélnyes  et  Doctnnenis  :  Le  lournal  de  Louise  de  Savoie,  Henry-Hau- 
ier  —  L'institntion  canonique  et  Napoleon  l."",  P.  Marmoltan. 

BuUettin  Historique  —  Coniptes  rendiis  critiques  —  Liste  alphabétiqiie 
des  recueils  périodiques,  et  de  sociétés  savantes  —  Chronique  et  Biblio- 
graphie. 


Salvatore  Eomano. 


rato  •  Tar  panMre  nni  fatti  l'idea  dell'unità  italinna,  il  Pélissier  dion  che,  niHlKrndo 
i  Milidi  arKotnouti  ai  quali  il  Ouardiuno  ed  il  Duf*>uro<}  rn|)poKKÌnuo.  egli  ha  iiiialclio 
difficolti'i  ned  iTtMlcro  al  k""'"  iKilitioo  do!  Miirat.  o  );li  noiiibra  piìi  voiÌHÌinil<i  l'iiiii- 
iiietten-  ohe  la  M|>edi7,i(>n(^  di  Lui  iki)  1815  al)hift  avuto  por  scopo  (come  il  rilornti 
deirinola  d'KIhu)  l'cMlrcnia  iicccRnìtii  dì  dir  iVoiitr  itila  fortuna  o  l'intoroswo  porno- 
D»l<- 

(1)  Nono  iiH-ntoMiti   parcccln   Ihvopi   vfiiiiii   m   luce  nel    nostro    Archivio    Storico 
nel  fMMileolo  1-2  dell'anno  XXVI. 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


SEDUTA  SOCIALE  DEL  14  I^AGGIO  1905. 

Presidenza  del  Or.   Uff.  Avv.  Prof.  Andrea  Gnurneri, 
Senatore  del  Regno,  Prenidente. 

La  Società  coli' intervento  di  N.  34  dei  suoi  componenti  si  riu- 
nisce nella  propria  sede. 

Alle  ore  14  il  Presidente  dichiara  aperta  la  seduta  ed  invita 
il  Segretario  Generale  a  dar  lettura  del  verbale  precedente,  il 
quale  resta  approvato. 

Lo  stesso  Segretario  Generale  comunica  agli  intervenuti  il  co- 
spicuo dono  di  una  parte  dei  libri  e  di  quattro  busti  in  gesso 
d'  illustri  Siciliani  che  appartennero  al  compianto  Vice  -  l'resi- 
dente  Mous.  Vincenzo  Di  Giovanni,  quale  dono  venne  tatto  dalla 
(li  costui  sorella  signora  Francesca  Di  Giovanni  in  Tamburello. 

Annunzia  pure  il  munificente  sussidio  di  L.  501)  che  anche  in 
quest'anno  il  Consiglio  di  Amministrazione  della  benemerita 
Classa  Centrale  di  Risparmio  V.  E.  ha  deliberato  in  favore  della 
Società,  e  propone  quindi  che  tanto  alla  aignora  Di  Giovanni  quanto 
al  detto  Consiglio  di  Amministrazione  venga  esternato  un  voto 
di  lode  e  di  ringraziamento.  La  Società  approva  la  proposta  ad 
unanimità. 

Si  presentano  quindi  i  libri  venuti  in  omaggio  nei  mesi  di 
Marzo  ed  Aprile ,  tra  i  quali  si  nota  il  «  Lexicon  Antiquitatum 
Romanarum  »  di  Samuele  Pitisco,  dono  dell'On.  sig.  Presidente. 

Vengono  ammessi  a  socii  ad  unanimità  di  voti  il  Cav.  Ernesto 
Giobbe  di  Frangipani  Consigliere  di  Prefettura  e  il  Prof.  Dott. 
Antonio  Larcan  del  E.  Ginnasio  di  Eagusa. 


394  ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


Si  passa  quindi  alla  elezione  dei  Revisori  di  Conti  per  gli  e- 
sercizii  finanziarli  dal  1901  al  1904.  Si  distribuiscono  le  schede  e 
si  procede  all'  appello  nominale.  I  risultati  della  votazione  sono 
i  seguenti  : 

Votanti  34  —  Maggioranza  18. 

Beuf  Rag.  Costantino  Voti    4. 

Albanese  Cav.  Carlo  »     32. 

Alagona  sig.  Gaetano  »     32. 

Vengono  pertanto  proclamati  eletti  a  Revisori  di  Conti  i  si- 
gnori Carlo  Albanese  e  Gaetauo  Alagona. 

Il  Prof.  Salinas  domanda  la  parola  in  ordine  al  voto  delibe- 
rato dalla  Società  e  trasmesso  al  Ministero  dell'Istruzione  Pub- 
blica circa  all'aumento  della  scarsa  dotazione  per  £fli  scavi  delle 
antichità  di  Sicilia;  ritiene  che  il  sig.  Presidente  potrebbe  far  di 
piti  e  di  meglio  e  riuscirebbe  nello  scopo  se  volesse  interporre 
la  valevolissima  opera  sua  presso  il  Senato.  La  dotazione  per  gli 
scavi  è  tale  miseria,  aggiunge,  che  largheggiare  di  sussidii  a  be- 
neficio di  una  anziché  di  un'  altra  regione  d' Italia  sarebbe  una 
vera  iniquità  ed  egli  è  nemico  delle  iniquità. 

Il  Presidente  ringrazia  il  Prof.  Salinas  per  la  fiducia  che  egli 
ripone  nella  modesta  opera  sua;  però  non  dissimula  le  gravi  dif- 
ficoltà che  si  incontrano  nel  toccare  i  bilanci  già  approvati  dalla 
Camera. 

Dopo  ciò  dà  la  parola  al  socio  Prof.  Longo  per  lo  svolgimento 
della  interpellanza  sulle  ragioni  per  le  quali  fu  negato  al  P.  Cinti 
di  tenere  nel  salone  della  Società  la  commemorazione  di  Augusto 
Conti. 

Il  Prof.  L()ngo  comincia  col  dire  che  egli  preferì  di  fare  una 
interpellanza  piuttosto  che  domandare  una  spiegazione  sul  di- 
niego ,  perchè  voleva  riferirsi  non  tanto  alla  conferenza  del  P. 
Ciuti  quanto  al  principio  di  massima  a  cui  si  inspira  o  da  cui  si 
lancia  guidare  il  Consiglio  Direttivo  della  Società  relativamente 
alla  concessione  della  grande  aula;  se  questo  principio  il  Consi- 
glio Io  ha  per  conto  suo  ,  non  gli  sembra  che  sia  condiviso  dal- 
Passemblea. 

Ohe  se  poi  un  principio  regolatore  non  ci  è,  ehiede  che  si  sta- 
bilisca, e  quando  avviene  di  dovere  negare  il  permesso  di  faro 
nio  dell'aala,  desidera  che  ne  sia  data  comunicazione  ai  socil. 


AtTI  DELLA  S001El?À  395 

Il  Presidente  ringrazia  sinceramente  il  Prof.  Longo  per  avere 
posato  la  quistione  in  un  terreno  puramente  obbiettivo  ;  lo  assi- 
cura nel  modo  più  esplicito  che  la  mancata  concessione  dell'aula 
non  si  deve  ne  ad  un  irreverente  pensiero  verso  Augusto  Conti 
di  cui  riconosce  l'integrità  della  vita  ed  i  grandi  meriti  di  scien- 
ziato e  di  patriota,  né  ad  una  mancanza  di  riguardo  verso  il  P. 
Cinti.  Il  Consiglio  Direttivo  ba  desiderio  che  l'aula  sia  conceduta, 
che  essa  divenga  una  vera  palestra  scientifica. 

Però  bisogna  por  mente  che  questa  Società  conta  oltre  cin- 
quecento socii,  di  tutte  le  credenze  e  di  tutte  le  opinioni,  quindi 
bisogna  andar  cauti  in  riguardo  alle  conferenze  che  si  volessero 
qui  tenere. 

Norme  sicure,  criterii  generali  il  Consiglio  non  può  aprioristi- 
camente stabilire,  certe  volte  è  il  caso  del  momento,  ed  una  con- 
ferenza che  si  potrà  permettere  oggi ,  per  molteplici  circostanze 
non  potrà  forse  permettersi  domani. 

Il  Prof.  Longo  di  replica  dice  che  era  inutile  che  il  sig.  Pre- 
sidente avesse  fatta  questa  dichiarazione,  il  rimettersi  al  giudizio 
del  Consiglio  è  pratico  sino  ad  un  certo  punto,  poiché  gli  sembra 
che  il  Consiglio  il  quale  è  così  bene  intenzionato ,  per  il  timore 
di  impedire  ad  alcuni  l'uso  dell'  aula  lo  abbia  impedito  a  tutti. 
Osserva  che  la  Società  di  Storia  Patria  essendo  in  casa  propria  è 
padronissima  di  negare  la  sala  o  di  concederla,  quindi  non  dovrebbe 
preoccuparsi  se  le  richieste  dovessero  divenir  frequenti ,  queste 
possono  infatti  esaminarsi  caso  per  caso  dall'assemblea,  la  quale 
dirà  recisamente  il  suo  parere. 

Che  se  poi  si  volessero  rimettere  le  richieste  al  prudente  ar- 
bitrio del  Consiglio  egli  non  sarebbe  alieno  dal  consentire  però 
desidera  che  si  stabilisca  un  principio  di  massima,  il  quale  senza 
dubbiezze  determini  i  casi  in  cui  la  sala  si  debba  concedere  a  ta- 
luni e  quelli  in  cui  si  debba  negarla  ad  altri.  Se  ciò  non  fosse 
possibile  ritiene  miglior  cosa  che  si  neghi  a  tutti  indistintamente. 

Il  socio  Prof.  Salinas  dice  la  proposta  del  Prof.  Longo  di  de- 
ferire alla  Società  caso  per  caso  le  richieste  dell'aula,  non  è  pra- 
tica, ritiene  che  una  volta  venuta  la  richiesta  il  Consiglio  Diret- 
tivo, emanazione  dell'Assemblea,  sia  competente  a  giudicare  del- 
l'opportunità o  meno  di  concedere  1'  aula.  In  ogni  caso  questo 
giudizio  dovrà  essere  sempre  subordinato  all'indole  delle  materie 
che  si  vogliono  trattare ,  le  quali  dovranno  avere  una  attinenza 
con  lo  scopo  indicato  nello  Statuto  della  Società. 


396  ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


E  a  dimostrare  come  il  Consiglio  Direttivo  non  sia  stato  avaro 
nel  concedere  l'aula,  aggiunge  che  essa  è  stata  richiesta  due  volte 
e  due  volte  è  stata  concessa.  Se  in  questa  quistione  si  volesse 
poi  interrogare  la  Società  egli  ed  il  Consiglio  non  potrebbero  che 
esserne  lieti. 

Il  Prof.  Longo  dichiara  di  accettare  la  proposta  del  Prof.  Sa- 
linas. 

Il  socio  Chiaramonte  nel  riconoscere  la  gravità  della  quistione 
crede  che  prima  di  dare  a  questa  una  conveniente  soluzione  oc- 
corre che  il  Consiglio  tenga  una  apposita  seduta  per  mettersi  di 
accordo  invitando  anche  ad  intervenirvi  il  Prof.  Longo.  È  d'av- 
viso che  più  strette  norme  di  quelle  designate  dallo  Statuto  non 
si  possono  dare;  però  egli  da  parte  sua  non  sarebbe  lontano  dal- 
l'ammettere  che  l'aula  possa  anche  concedersi  per  conferenze  che 
non  si  occupino  di  materie  e  di  argomenti  di  Storia  siciliana,  ma 
in  tal  caso  vorrebbe  delle  garanzie  a  tutela  del  decoro  e  del  buon 
nome  della  Società.  Tali  garanzie  dovrebbero,  per  esempio,  con- 
sistere in  una  domanda  firmata  da  un  numero  determinato  di  socii 
e  da  una  deliberazione  presa  dalla  maggior  parte  dei  componenti 
del  Consiglio  Direttivo  e  non  già  dalla  maggioranza,  che  potrà 
stabilirsi  in  una  seduta  i)i  cui  intervengano  pochi  consiglieri. 

Il  socio  Prof,  Giufifrè  propone  che  sia  rimandata  la  discussione 
ad  una  altra  seduta  perchè  la  Società  possa  prendervi  parte  con 
maggior  ponderazione  e  che  sia  deferito  al  Consiglio  l'incarico  di 
compilare  un  regolamento  che  sancisca  le  norme  ed  i  criterii  per 
la  concessione  dell'  aula ,  sia  per  quanto  riguarda  gli  argomenti 
da  trattarsi  e  sia  ancora  per  quanto  riguarda  i  conferenzieri. 

La  proposta  del  Prof.  Oiulfrè  è  approvata  alla  unanimità. 

Il  Presidente  dà  poi  la  parola  al  socio  Dott.  Giuseppe  La 
Mantia ,  il  quale  legge  un  suo  lavoro  intitolato:  «Sull'uso  dei 
registri  nella  Cancelleria  del  regno  di  Sicilia  e  sui  frammenti  dei 
due  più  antichi  registri  esistenti  nell'  Archivio  di  Stato  di  Pa- 
lermo ». 

Essendo  l'ora  tarda  si  rimanda  alla  prossima  tornata  la  comu- 
nicazione del  socio  Prof.  Crino  sulle  Mavalube  di  Cirgenti,  e  dopo 
ciò  il  Presidente  dichiara  sciolta  la  seduta. 


Il  Segretario  Generale 
D.'  Giuseppe  Lodi 


ATTI   DELLA  SOCIETÀ  397 


SEDUTA  SOCIALE  DELl^ll  GIUGNO  1905. 

Presidenza  deWAvv.  Prof.  Or.   Ufficiale  Andrea  Quarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente 

La  Società  essendo  intervenuti  N.  22  dei  suoi  componenti  si 
riunisce  nella  propria  sede. 

Alle  ore  14  V?  il  Presidente  dichiara  aperta  la  seduta. 

Si  legge  e  ai  approva  il  verbale  della  seduta   precedente. 

Il  Segretario  Generale  annunzia  la  grave  perdita  sofferta  dalla 
Società  colla  morte  dell'illustre  Socio  Onorario  Tenente  Generale 
Corsi  Nob.  Carlo  avvenuta  in  Genova  il  30  maggio  u.  s.;  ricorda 
con  parole  di  cordoglio  l'affetto  vivissimo  ci»  1'  estinto  nutriva 
per  la  Sicilia  e  come  ne  conoscesse  le  condizioni,  non  meno  che 
il  carattere  dei  Siciliani;  ricorda  parimenti  i  suoi  meriti  di  scrit- 
tore imparziale  e  sincero  e  conchiude  proponendo  un  voto  di 
condoglianza  da  manifestarsi  alla  famiglia. 

La  Società  unanime  ai  associa  alla  proposta  del  Segretario 
Generale. 

11  Socio  Prof.  Comm.  Salinas,  ricorda  pure  la  perdita  sofferta 
quasi  contemporaneamente  a  quella  del  Generale  Corsi  nella 
persona  dell'altro  nostro  Socio  Onorario  1'  Abate  D.  Giuseppe 
Cozza-Luigi  vice  bibliotecario  della  Vaticana,  dotto  diplomatista 
e  paleografo,  e  propone  pure  un  voto  di  condoglianza  che  viene 
ad  unanimità  ai)provato. 

Dopo  che  il  Segretario  Generale  annuncia  il  dono  dei  libri 
pervenuti  alla  Società  durante  il  mese  di  maggio,  si  passa  alla 
votazione  per  la  nomina  a  socio  del  Sig.  Cappellano  Dott.  Prof. 
Ernesto,  il  quale  viene  ammesso  alla  unanimità. 

Si  legge  quindi  un  lavoro  del  socio  Prof.  Sebastiano  Crino , 
intorno  alle  Macalube  di  Girgenti  in  rapporto  alla  distribuzione 
degli  altri  vulcani  di  fango. 

Terminata  questa  lettura  ,  il  socio  Prof.  Antonino  Salinas 
mostra  talune  fotografie  da  lui  eseguite  che  riguardano  appunto 
le  Macalube  che  han  fornuito  l'obbietto  dello  studio  del  Prof. 
Crino. 

Essendo  le  ore  sedici  ed  esaurite  le  materie  poste  all'ordine 
del  giorno  il  Presidente  scioglie  la  seduta. 

Il  Segretario  Generale 
B."  Giuseppe  Lodi 


398  ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


SEDUTA  SOCIALE  DEL  9  LUGLIO  1905. 

Presidenza  del  Prof.  Or.   Uff.  Avv.  Andrea  Onarmri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società,  si  riunisce  nella  propria  sede. 

Essendo  presenti  numero  18  soci,  il  Presidente  alle  ore  14Vj 
dichiara  aperta  la  seduta. 

Il  sej^retario  Generale  leg:ge  il  verbale  della  tornata  precedente 
il  quale,  non  essendovi  osservazione  in  contrario,  viene  approvato. 

Indi  presenta  i  libri  ricevuti  in  dono  durante  il  mese  di  giu- 
gno soggiungendo  che  ai  donatori  si  sono  fatti  i  dovuti  ringra- 
ziamenti. 

Viene  eletto  socio  ad  unanimità  di  voti  l'Avv.  Gian  Battista 
Salerno. 

Il  Presidente  dà  poi  la  parola  al  socio  Prof.  Cav.  Salvatore. 
Romano  il  quale  intrattiene  la  Società  sul  Messinese  Nicolò  Scil- 
lacio  e  del  di  costui  opuscolo  intitolato  :  De  insvlis  nuper  inventis. 

Terminata  questa  lettura  il  socio  Prof.  Salinas  fa  rilevare  alla 
Presidenza  che  l'oratore  è  stato  continuamente  disturbato  dal 
rumore  prodotto  per  il  frequente  transito  dei  veicoli  attraverso 
la  contigua  via  Gagini  e  prega  perchè  si  provveda  su  tale  in- 
conveniente, sia  scegliendo  un  altro  tra  i  locali  della  Società , 
sia  modificando  l'orario  delle  riunioni.  Fa  rilevare  poi  come  tutte 
le  accademie  e  gli  istituti  del  Regno  hanno  la  buona  abitudine 
di  prendere  le  vacanze  nei  mesi  estivi ,  e  chiede  perchè  non 
l»os8a  far  lo  stesso  la  Società  di  Storia  Patria. 

Il  Presidente  per  quanto  riguarda  la  prima  parte  delle  osser- 
vazioni del  Prof.  Salinas,  promette  di  studiare  il  modo  più  ac 
concio  perchè  l'oratore  non  venga  disturbato,  e  relativamente 
alla  seconda  parte  si  dice  dolente  di  non  potere  appagare  il  de- 
siderio dello  stesso  Prof.  Salinas,  opponendovisi  lo  Statuto.  Do- 
po ciò  non  essendovi  argomenti  da  trattare  la  seduta  viene  tolta. 

TI  /Segretario  Generale 
I).'  Giuseppe  Lodi 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  39& 


SEDUTA  SOCIALE  DEL  13  AGOSTO  1905. 

Presidenza  del  Prof.  Avv.  Qr.   TJf.  Andrea  Quarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società,  coli' intervento  di  n.  25  dei  suoi  corai)onenti ,  si 
riunisce  nella  propria  sede. 

Aperta  la  seduta ,  si  legge  e  si  api)rova  il  processo  verbale 
della  seduta  precedente. 

Si  presentano  quindi  i  libri  venuti  in  omaggio  durante  il  mese 
di  Luglio  e  si  comunica  cbe  i  signori  Prof.  Cappellano  e  Avv. 
G.  B.  Salerno  lianno  inviato  la  loro  adesione  n  far  parte  della 
Società. 

Si  passa  alla  elezione  a  socio  del  sig.  Prof.  Attilio  Barbera, 
il  quale  viene  ammesso  alla  unanimità. 

Il  Presidente  poscisi  dà  la  parola  al  socio  D'Antoni,  il  quale 
leggo  un  suo  lavoro  intitolato  :  Di  due  celle  coi  rispettivi  archi 
d^im/resso  scoperti  nel  palazzo  arcivescovile  di  Monreale. 

Finita  questa  lettura  ,  il  socio  Prof.  Salinas  dichiara  cbe  , 
non  vedendo  presente  alcuno  dell'Ufficio  Regionale  per  la  con- 
servazione dei  monumenti,  egli,  come  appartenente  alla  Direzione 
Generale  delle  Antichità,  si  crede  in  obbligo  di  rilevare  quanto 
l'egregio  (ionferenziere  ha  detto  in  ordine  al  divieto  fattogli  di 
eseguire  ricerche  e  misurazioni  nelle  fabbriche  antiche  del  Chio- 
stro di  Monreale.  Tal  divieto,  trattandosi  di  impiegati  dello 
Stato  e  di  monumenti  pubblici,  non  può  essere  stato  fatto,  e  però 
in  questo  affare  deve  essere  intervenuto  un  equivoco,  sapendo 
d'altronde  il  Salinas  come  l'Ufficio  Regionale  procuri  di  favorire 
coloro  che  al  pari  del  sig.  Duca  della  Feria,  intendono  amorosa- 
mente allo  studio  dei  monumenti  patrii. 

Dopo  ciò  il  Presidente  invita  il  socio  Prof.  Abbadessa  a  far 
la  sua  comunicazione  intorno  agli  «  Mogi  dei  poeti  siciliani  »  scritti 
da  Filippo  Parata. 

Terminata  questa  lettura ,  che  riscuote  unanimi  applausi ,  il 
Presidente  scioglie  la  seduta. 

U  Segretario  Generale 
D.'  Giuseppe  Lodi 


400  ATTI  DELLA   SOCIETÀ 


SEDUTA  SOCIALE  DEL  10  SETTEMBRE  1905, 

Presidenza  del  Prof.  Gr.   Uff.  Andrea  Quarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

Essendo  la  Società  riunita  nella  sua  sede  con  l'intervento  di 
trentadue  socii,  il  Presidente  apre  la  seduta. 

Si  legge  e  si  approva  il  verbale  della  tornata  precedente. 

Il  Segretario  Generale  presenta  i  libri  pervenuti  in  dono  alla 
Società  nel  mese  di  Agosto  e  quindi  partecipa  la  morte  del  socio 
Prof.  Comm.  Corrado  Avolio  da  Noto  ricordando  i  meriti  scien- 
tifici e  le  virtù  cittadine  che  adornavano  l'estinto. 

H  socio  Prof.  Salinas  comunica  alcuni  ricordi  di  una  sua  escur- 
sione a  Collesano  e  ad  Isnello. 

Parlando  della  città  di  Collesano  dice  che  gli  abitanti  la  chia- 
mano Golisano  e  con  ragione,  poiché  questo  è  il  vero  nome  che 
in  antico  fu  dato  alla  Contea ,  e  tale  si  conservò  sino  ai  tempi 
dello  Scinà  che  ne  fece  menzione  nel  suo  rapporto  sul  tremuoto 
delle  Madonie. 

Il  nome  di  Collesano  vien  fuori  la  prima  volta  in  un  mano- 
scritto <lel  1736  di  cui  è  autore  il  sacerdote  Rosario  Gallo. 

Questi,  vissuto  in  un'epoca  in  cui  durava  ancora  un'  intona- 
zione secentistica,  raccolse  quante  notizie  i)otè  su  quella  terra  ed 
il  manoscritto  preceduto  da  un  titolo  soverchiamente  ampolloso, 
venne  rilegato  con  coperta  rossa,  il  che  più  tardi  gli  valse  il  no- 
me di  Libro  rosuo  di  Collesano,  nome  che  conserva  ancor  oggi. 

Collesano  ha  luolto  di  antico  ,  e  in  una  buona  parte  del  ciu- 
([uecento  si  notano  editicii  parlanti,  cioè  con  porte  sul  cui  archi- 
trave si  trovano  scolpite  sentenze  morali  o  citazioni  bibliche,  le 
quali  gli  danno  un  carattere  singolare. 

Moltissime  fabbriche  sono  costruite  con  mattoni  rossi  ,  con 
uiiltia  intonazione  di  colore  e  con  riflessi  veramente  meravigliosi. 
Il  Prof.  Salinas  i)arla  (juindi  della  torre  annesssi  alla  Madrice 
nuova,  dice  che  ò  una  imitazione  delle  toni  del  Dnomo  di  Ce- 
fali! e  che  comunemente  credesi  risalga  al  lOGO,  non  ostante  l'a- 
bate Amico  abbia  detto  di  non  avere  veduto  questa  data. 

HMiitrattiene  poi  deUe  opere  d'arte  osservate  nella  stessa  Ma- 
Urico  uuuvtt  e  Mi>eciulmentc  di  una  (;roce    molto    bella   del  1555, 


ATTI  DELLA    SOCIETÀ  401 


scultura  in  legno  e  pittura,  la  quale  invece  di  essere  appesa  cou 
chiodi,  è  sorretta  da  due  grandi  mensoloni  che  terminano  cou  fi- 
nissimi intagli. 

Xella  Madrice  vecchia  osservò  un  pezzo  veramente  singolare 
tanto  per  valore  storico  ,  quanto  per  valore  artistico  cioè  la  tri- 
buna che  il  Di  Marzo  con  ragione  sospettò  potesse  essere  di  Do- 
menico Gagini  ;  osservò  ancóra  tre  calici  ed  una  custodietta  di 
argento,  pregevoli  lavori  del  Cinquecento. 

Il  conferenziere  fa  sapere  che  il  vero  scopo  della  sua  escur- 
sione a  Collesano  era  lo  studio  delle  fabbriche  di  ceramica  antica, 
ma  ebbe  una  completa  disillusione,  perchè  non  trovò  assolutamente 
nulla. 

Viene  poi  a  parlare  delle  costruzioni  ciclopiche  o  pelasgiche, 
come  dicevasi  anticamente,  nel  colle  vicino  detto  il  monte.  Egli 
non  trovò  che  una  serie  di  ambienti  chiusi  da  muri  a  massi 
regolari  senza  cemento  alcuno  per  una  zona  larga  circa  quindici 
metri  che  saliva  verso  tramontana,  esclude  che  siano  muri  di  cinta, 
ma  è  certo,  soggiunge,  che  sono  fabbriche  di  un  periodo  molto 
antico  e  molto  importanti.  —  Trae  argomento  da  esse  per  intrat- 
tenersi delle  varie  opinioni  intorno  al  sito  in  cui  sorgeva  l'antica 
Paròpo  e  della  incertezza  in  cui  lascia  la  testimonianza  di  Plinio, 
che  pone  quella  città  di  faccia  ad  Ustica. 

Parla  in  ultimo  degli  avanzi  testé  scoperti  di  una  vasta  abi- 
zione  romana  tra  Collesano  e  la  sottostante  marina. 

Per  quanto  riguarda  la  visita  fatta  ad  Isnello,  il  Prof.  Salinas 
si  occupa  si)ecialmente  di  due  pregevoli  opere  d'arte  cioè  della 
Tribunetta  di  Domenico  Gagini  del  Quattrocento  e  di  taluni  bel- 
lissimi ricami  in  corallo  che  egli  impedì  che  fossero  ulteriormente 
danneggiati. 

Questa  comunicazione,  illustrata  da  numerose  fotografie,  viene 
ascoltata  col  massimo  interesse  ed  alla  fine  vivamente  applaudita. 

Il  socio  Prof.  Pitrè,  chiesta  ed  ottenuta  la  parola ,  aggiunge 
alla  sua  precedente  lettura  sulla  venuta  di  Goethe  a  Palermo  (1787) 
alcune  osservazioni  per  dimostrare  che  mal  si  sono  apposti  co- 
loro che  hanno  ritenuta  riferibile  alla  Sicilia  la  famosa  strofe  di 
Goethe  : 

KeniMt  du  das  Land  ecc. 

Tra  costoro  —  e  vi  sono  anche  illustri  scrittori  tedeschi ,  in- 
glesi e  francesi  —  fu  primo  in  Germania  Joseph  Hager  nel  suo 


402  ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


prezioso  volumetto  Gemàlde  von  Palermo  e  degli  ultimi  in  Italia 
Primo  Levi  nel  suo  libro  :  Conosci  il  bel  suol. 

La  canzone  di  Mignon  fu  scritta  dal  poeta  anni  prima  che  egli 
venisse  in  Sicilia,  anzi  prima  che  mettesse  piede  in  Italia.  Essa 
è  una  visione  d'una  contrada  dell'alta  Italia  ,  nella  quale  sogna 
una  natura  che  gli  ammiratori  di  lui,  per  una  serie  di  equivoci 
che  è  inutile  riferire,  intravidero  ed  affermarono  in  Sicilia ,  cre- 
dendo doversi  riferire  all'Isola  i  particolari  del  canto. 

Questo  fa  parte  del  Wilhelm  Meister  ,  che  con  la  Sicilia  non 
ha  nulla  da  vedere.  Quando  Hager  lo  prese  come  epigrafe  dei 
suoi  Gemalde,  Goethe  non  rilevò  la  falsa  attribuzione  ;  ed  è  a  cre- 
dere che  il  sommo  scrittore,  il  quale  da  un  biennio  avea  visitata 
l'Isola,  ne  abbia  avuto  per  lo  meno  notizia. 

Così,  conchiude  il  Prof.  Pitrè,  io  son  lieto  di  togliere  a  me 
stesso  un  errore  nel  quale  fin  da  giovane  mi  trovai  a  proposito 
del  Kennst  du  das  Land. 

E  chi  non  ci  si  è  trovato  e  non  è  stato  lieto  dell'incoscente 
errore  f 

Dopo  ciò  il  socio  Prof.  Salvatore  Salaraone  Marino  intrattiene 
la  Società  con  alcune  altre  notizie  sul  poeta  Mariano  Bonincontro, 
prendendo  le  mosse  da  un  accurato  studio  letto  alla  Società  nella 
tornata  del  13  novembre  dello  scorso  anno  dal  socio  Prof.  O- 
doardo  Coppoler. 

Esaurite  le  materie  poste  all'ordine  del  giorno  il  Presidente 
toglie  la  sedata. 


17  Segretario  Generale 
D.'  Giuseppe  Lodi 


MEMORIE  ORIGINALI 

IL  GOVERNO 

DI   DON   FERRANTE   GONZAGA    IN   SICILIA 

DAL    1535    AL    1543  (1) 


CAPITOLO  PRIMO. 

I,  Carlo  V  in  Sioiliii.  —  II.  Don  Ferrante  GonzHgii.  —  III.  Il  Viceré  e  i 
supremi  uffici  dello  Stato.  —  IV.  Il  Parlamento.  —  V.  L'amuiinistra- 
zioiie  iìuanziaria.  —  VJ.  L'amministrazione  della  giustizia.  —  VII. 
Il  tribuiuile  della  santa  iiKiuisizioue.  —  Vili.  Difesa  dell'isola.  —  IX. 
Stato  politico-Rociale  del  re^no.  Fazioni  cittadine  e  fuorusciti.  Missione 
del  nuovo  viceré 

1.  —  Conipiiitji  felicemente  l'impresa  di  Tunisi  e  date 
1(^  disposizioni  occorrenti  i>er  assicurare  la  nuova  conquista, 
Carlo  V,  che  già  da  tempo  pensava  di  visitare  la  Sicilia, 
e  che,  d'altra  parte,  aveva  ragioni  di  conto  per  lasciarsi 
vedere  anche  a  Napoli  e  a  Tiomji,  volte    le  prore  all'isola. 


(1)  Fonte  principale  per  (jnesto  lavoro  sono  stati  i  Registri  delle  Let- 
tere, che  intorno  al  governo  della  Sicilia  e  agli  avvenimenti  del  tempo 
il  viceré  Don  Ferrante  Gonzaga  scrisse  fra  il  1535  e  il  J5-Ì3  a  Carlo  V, 
ai  ministri  dell'imperatore  e  ai  suoi  agenti  privati.  Questi  Registri  fanno 
parte  della  ricca  collezione  delle  Carte  Gonzaga,  possedute  dall'Archivio 
di  Stato  in  Parma,  e  sono  costitniti  da  4  volumi  in  folio,  dei  quali  due  si 
riferiscono  all'auiministrazione  interna  e  due  trattano  di  cose  militari. 
Eccone  i  titoli  : 
I."  «  Registro  delle  cose  del  governo  di  Sicilia  dell'anno  1535,  36, 
37,  38  et  39  »,  di  earte  312. 

II."  «  Rt^gistri  delli  negotij  del  regno,  1540-42  »,  di  carte  124. 
IH."  «  Registro  de  cose  di  guerra,  1538-40  »  di  carte  64  (incompleto). 
IV."  «  Registro  di  cose  di  guerra,  1540-43  »,  di  carte  103. 
Tutti  gli  scritti,  contenuti  in  questi  vohuni,  sono  inediti,  tranne  una 
Arch.  Slor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  27 


406       IL   GrOVBRNO   DI   DON   FERRANTE    GONZAGA   IN    SICILIA 


sbarcava  a  Trapani  il  20  agosto  1535  (1).  Dopo  Alfonso  il 
Magnauiino  nessun  sovrano  aveva  più  messo  piede  in  Sici- 
lia. ]Ma  Carlo  V  vi  giungeva  la  fronte  irradiata  dall'aureola 
della  gloriosa  impresa,  per  cui  si  offriva  campione  e  vin- 
dice della  cristianità  tutta  quanta  contro  la  paurosa  inco- 
gnita della  minaccia  musulmana,  senza  oblique  e  seconda- 
rie intenzioni  (2).  La  Sicilia,  che,  sperandone  con  ragione 
i  maggiori  vantaggi,  vi  aveva  preso  larga  parte  con  aiuti 
d'  uomini ,  d' armi  e  di  viveri ,  ne  era  la  più  sodisfatta; 
onde  le  sue  città  e  le  sue  marine,  bene  auspic{in<lo  del  fu- 
turo, a  gara  preparavano  feste  al  potente  imperatore  (.'i). 


piccola  parte  del  primo,  quella  che  va  «lai  novembre  1535  all'aprile  1537, 
la  «inalo  fu  pubblicata  nel  1889,  in  occasione  «lei  «juarfco  congresso  sto- 
rico italiano  di  Firenze,  dal  prof.  Emilio  Costa,  d'incarico  della  R.  de- 
putazione di  Storia  patria  per  le  pi'ovince  parmensi.  Nella  prefazione, 
che  il  Costa  vi  premise,  sono  molte  pregevoli  notizie  intorno  al  Fondo 
Goneatfa  dell'Archivio  Parmense. 

(1)  Di  Br.Aiii  U.  G.  E.,  Storia  cronologica  de'  Viceré^  Luogotenenti  e 
Preitid''nti  del  Regno  di  Sicilia.  Palermo,  Solli,  1790,   Voi.  II,  pag.  85. 

(2)  lloBEBTSoN  Guglielmo,  Storia  del  Regno  deW [mperatore  Carlo  V. 
Milano,  1832;  ITI,  160. 

(3)  Dell'armata  imp«'riale  facevano  parte,  come  era  naturale,  le  galee 
«li  Sicilia,  c«)mandat«'  da  Don  Berlingeri  Requesens.  Ma  ve  n«'  erano  al- 
tre di  uomani  e  di  privati.  Secondo  il  Del  Carretio  ,  Hist.  de  'Bello 
A/ric,  tom«»  I,  47  degli  Opuscoli  di  <(utori  siciliani,  Catania,  1758,  oltre 
«{uelle  «li  Messina  e  Palernu»,  «lue  galee  e  una  nave  oneraria  diede  Gio- 
vanni «l'Aragona,  Marchese  di  Terranova.  Il  MAUitOLico,  8ie.  Rer.  Comp. 
.Messimi,  171(5.  pag.  221,  oltre  le  due  del  comune  «li  Messina,  «^he  «lice  «-oman- 
«late  da  Giovau  Matteo  «l'.Mesnio  e  Fiau«!esco  Molli«'a,  ne  novera  altr«'  «juat- 
tro  :  due,  fatte  costruire  dal  marchese  di  Gr«>tteria  e  comandate  da  Marco 
di  Marchese,  flgliu<do  <l«l  baron«'  «Iella  Scaletta:  due,  «lai  marchese  «li 
Terranova  e  c«>iiiandate  da  (iiacoiin»  di  (ir(;g«)ri«>.  Una  fu  «lata  dal  c«>- 
mnne  di  Krlce  (8.  Salomone-Mahin«.),  7>et /«inowj*  uomini  d'' arme  siciliani, 
Jì/)riti  in  Sicilia  nel  secolo  XVI,  in  «  Arch.  Stor.  Si«'.il.  »  a.  1879,  p.  296); 
un'altra,  fatta  «-«(struin'  a  l^alermo,  «la  Caltagiione  (Ai'Kilk,  Delle  ero- 
noi.  IJnirers.  della  Sic,  Pahnino,  St4imperia  di  Gaspare  Hayona  ,  1725, 
p.  2M<>),  che  v«»lle  f«»K»e  «'hianinta  S.  Uiaeonui  «•  «•onian«lata  «lai  caltagiron«'se 
.Antonio  Gravina,  baron«-  «Iella  Canseria.  Su  tutte  erano  iMiliiiitati  cavalit'ri 
•  altri  vuloiitari  niciliaili.  Ufr.  Di  Hi.asi,  Star.  cir.  d$l  Reg.  di  Sic,  HI,  3(», 


DAL  1535  AL  1543  407 


Carlo  V  aveva  seco  il  duca  d'Alba  e  don  Ferrante  Gon- 
zaga, i  segretari  Accades  e  Urries,  i  signori  di  Agallar  e 
di  Granvelle,  il  duca  di  Medinacoeli  e  il  principe  di  Sul- 
mona, il  conte  di  Benevento  e  il  nunzio  del  papa,  e  inoltre 
un  numeroso  stuolo  di  cortigiani  e  seguaci.  In  cammino 
per  Palermo,  nel  bosco  di  Partinico,  gli  si  fecero  incontro 
i  ])rincipali  baroni,  guidati  dal  marcbese  di  Gerace,  Simone 
di  Ventimiglia,  presi<lente  del  regno.  E,  da  essi  corteggiato, 
dopo  aver  toccato  Monreale,  entrava  in  Palermo  ai  13  set- 
tembre^ (1),  per  la  porta  nuova  o  del  sole,  riccamente  deco- 
rata e  chiamata  poi,  in  memoria  del  fausto  evento,  Porta 
d'Austria,  a  cavallo,  sotto  un'ombrella,  portata  dai  sei  giu- 


Palernio,  1862-4.  Messina  mandò  anclie  duf  navi  onerarie  cariche  di  viveri, 
che,  a  nome  della  (;ittà,  furono  oftierti  a  Carlo  V  da  due  ambasciatori,  Sei- 
pione  Spatafora,  nobile,  e  Gellio  Procopio,  borghese.  Cfr.  Maubolico,  loc. 
vii.,  e  CoUi  Giacomo  (PAÌibrando,  Il  Trinmpho  il  qmil  fece  Messina  nella 
entrata  del  Impermtor  Carlo  V.  etc,  Messina,  Bpira,  1535,  in  Gallo  G.  I)., 
Oli  Annali  della  città  di  Messina,  nuora  ed.  e,  curata  dal  Sac.  A.  Vayola, 

11,  500-501,  Messina,  1879.  E  il  D'Alìbrando  e  il  Bonfiglio,  Della  hist.  sic, 
Messina,  1604,  1,  440,  aggiungono  che  codesti  viveri,  arrivando  opportu- 
nissimi,  alcuni  giorni  dopo  la  presji  della  Golettiv,  furono  lietamente  ac- 
colti. Paleruio,  che  pur  aveva  deliberato  già  grandi  e  costose  feste  per 
la  prossima  visita  sovrana,  stabiliva  di  «  vendere  onze  sei  di  proprietà 
per  mandare  li  rinfrescamenti  all'Imperatore  a  Tunisi».  Cfr.  V.zo  Di  Gio- 
vanni, Le  fortificazioni  di  Palermo  nel  tee.  XVI,  in  «  Doc.  per  servire 
alla  Stor.  di  Sic.  »,  IV  serie  ,  IV ,  38-9.  All'as«vlt«  della  Goletta  presero 
parte  20()  siciliani,  e  un  siciliano,  Salvo  Bulgarello,  ericino,  fu  primo  a 
piantar  sulla  breccia  il  vessillo  imperiale.  Tra  i  caduti  fu  Marco  di  Marchese, 
già  ricordato.  Cfr.  Maubolico  e  Alibrando,  loc.  cit.  Il  Maurolico  scrive  : 
Durante  la  spedizione,  Messano',  et  in  cceteris  fnsvla-  Urbibus,  prò  Gristia- 
norum  rictoria  pnblice  suplicatmn  est  Superiti.  Memini  lAturgiam  a  nte 
composita m,  et  ab  Archiepiscopo  probatam,  in  majori  Tempio  celebratam 
fnisse  ;  alla  notizia  della  vittoria,  /'«  aede  S.  HeVme.  Mis.sa  cum  sapphico 
hymno  a  nobis  aeditu  decantata  est. 

(1)  I  Frammenti  di  cronache  della  città  di  Palermo  dei  sec.  XVI  e  XVII, 
pubblicati  da  S.  Sai.omonk-Makino,  nelle  «  Nuove  eff.di  Sic.  »,  III,  V, 
241,  {•■  anche  il  Maitkolk'o,  07).  cit.,  p.  222,  pongono  l' ingressi»  al  giorno 

12.  Ma  le  maggiori  testimoniauzc  concordano  nel  segnare  il  13.  Auche  il 
Dkl  Caukktto,  ap.  cit.,  I,  75.  da  gli  idi  di  Settembre. 


408       IL    GOVERNO    DI   DON   FERRANTE   GONZAGA   IN    SICILIA 

rati  della  città,  mentre  gli  facevano  scorta  d'onore,  alla 
staffa  destra,  Gnorlielmo  Spatafora  ])retore  e,  alla  sinistra, 
Pietro  d'Afflitto  capitano  (1).  L'interesso,  veramente  trionfale, 
era  reso  più  pittoresco  e  interessante  dalla  presenza  della 
schiera  numerosissima  degli  schiavi  liberati  a  Tunisi  (2), 
ornaniento  ben  più  nobile  e  significante  che  non  i  inMgio- 
nieri  di  guerra,  trascinati  un  tem])o  dai  generali  vincitori 
dietro  il  loro  carro.  Presso  al  duomo  fu  il  sovrano  osse- 
(|uiat<)  dal  clero.  Nel  duomo  il  vescovo  di  Mazzara  gli  pre- 
senta i  vangeli,  sui  quali  ei  giurò  di  conservare  ed  osser- 
vare le  costituzioni,  i  capitoli,  le  franchigie  dell'isola  e  le 
prerogative  di  Palermo.  Poscia  il  corteo  mosse  verso  il 
palazzo  di  Guglielmo  Aiutamicristo,  nel  (piale  l'imperatore 
doveva  prendere  alloggio  (3). 

Rimase  Carlo  V  a  Palermo  un  mese,  ossequiato  e  fe- 
st^iggiato  sempre  da  ogni  ceto  della  cittadinanza  con  rice- 
vimenti, feste  e  giostre  di  pompa  forse  non  mai  vista  prima 
«l'allora,  innalzato  al  cielo  da  tutti.  Ogni  cosa  egli  accolse 
benignamente,  temprando  talvolta  a   espressione  più   mite 


(1)  Del  ('ariiktto.  op.  cit.  I,  72,  segg.  Paruta  e  Palmbrino,  Diario 
(Iella  città  di  Palermo,  nella  «  Bibl.  stor.  e  lett.  della  Sic.  »,  ed.  da  G. 
Di  Marzo,  T,  p.  9,  Palermo.  1HH9.  Bon figlio,   DdVllist.  etr.,  I,  Wò. 

(2)  K,  Pki.aez,  nelle  note  alla  Vita  di  A.  Barbarossa,  in  «  Aroh.  Stor. 
Sic»,  X,  39().  —  Più  tardi  il  fronzaga  fece  «  rimpatriare  »  questi  schiavi 
liberati,  a  «pese  di  tutto  il  regno. 

(8)  Malrolioo,  op.  cit.,  p.  222,  Dkl  Carreito,  op.  cit.,  p.  SO.  ~  In 
ineiiioria  «lei  giuramento  di  conservare  i  privilegi  e  le  consuetudini  di 
Palermo,  più  tanli  (1680)  «piesta  cittii  innalzò  a  Carlo  V  una  statua  in 
Wnuizo.  nella  piazza  liologni,  «'ol  motto:  Tantum  felici  ('aetiar  Jurarit  in 
Urbe.  ('fr.  Vito  La  Mantia,  Ori;),  e  rie.  dclVInq»ÌH.e.  in  Sicilia,  in  «  Kiv. 
Stor.  Ital.  »,  a.  ISSI),  p.  r)28.  La  stjitua,  fusa  dal  Livolsi,  «  in  grazia  del 
concetto»,  fu  risprlfata  due  volte,  nel  184S  e  nel  IHHO,  dal  |>opolo,  che 
abbatteva  altri  Himulm-ri  di  principi.  I.  La  Lumia,  Storie  Sirili<nie,  III. 
299,  PftleriHo,  Virzì,  1883.  Cfr.  S.  Salomonk-Marino,  Lhnilore  dellti  sta- 
tua in  Itronto  a  Carlo  V  /«  l'alermo,  in  «  Arcli.  Stor.  Sic.  »,  XI,  4(;r)-7(>. 
Krra  il  Palmikki,  Smi/t/io  ntor.  nulla  eostittn.e  <h'l  lieijuo  di  Sicilia.  Lo- 
HEiina,  1847,  p.  (38,  aHHcgiiauilo  il  giuramento  ni  [larlamento  del  ]*)1S. 


DAL  1535  AL  1543  409 


la  severa  e  proverbiale  gravità  <lel  .suo  volto.  Ma  non  per 
questo,  benché  non  ne  fosse  scontento,  aveva  voluto  visitar 
l'isola,  sì  bene  ])er  legarla  più  strettamente  ai  suoi  domini, 
dei  quali  doveva  essere  sentinella  avanzata,  fort«  e  securo 
baloardo  contro  i  turchi  di  ('ostantiuo[>oli  e  i  pirati  delle 
coste  barbar(\sche,  e  ])ei'  poterne  smungere  i)iù  facili  «i  più 
abbondanti  sussidi. 

Il  parlamento  generale  del  regno,  convocato  straordina- 
riamente a  tale  scojx)  da  Ciarlo  V  in  [)ersona,  fu  inaugurato 
in  sua  presenza  a  Palermo,  il  Ki  settenjbre  15.'iò,  nel  palazzo 
Steri  (1),  «  in  la  Sala  grandi  »,  stando  la  <;  Maestà  Cesarea 
in  solio  prò  Tribunali  sedendo  ».  ìaì  <  propositione  «,  d'or- 
dine del  sovrano,  «  fu  letta  et  publicata  per  Ludovico 
Sanches  Prothouotaro  di  detto  Kegno  »  (2).  Rispetto  al  do- 
nativo, essa  riassumevasi  in  (|uesto:  che  l'imperatore  si  era 
messo  al  gran  cimento  della  impresa  di  Tunisi  precipuamente 
l)er  salvare  le  persone,  le  sostanze  e  le  cose  più  dilette  ai 
regni(;oli  (3).  E  il  parlamento  fu  generoso.  Votò  un  dona- 
tivo di  25().()0()  ducati,  da  j)agarsi  iu4  termine  di  quattro 
mesi.  Di  essi  però  2(M).(MM)  costituivano  il  vero  e  proprio 
donativo,  che  gravava  per  un  (pùnto  sul  clero,  <lue  «plinti 
sulle    terre  baronali    e    due  (pùnti    su  (pugile  demaniali;   e 


(1)  È  il  vecclii»)  palazzo  dei  Chiarainoute,  così  detto,  forse,  «lai  vora- 
bolo  latino  honterium.  ÌU'  Martino  lo  aveva  eletto  a  sua  st'«le  (1392),  «■  i 
viceré  per  un  secolo  1«>  preferirono  anch'essi.  Ma,  mezzo  rovinato  al  tempo 
dei  tumulti  contn»  il  Moncnda  (lólU),  i  viceré,  coi  giudici  della  gran 
corte,  andarono  ad  abitare,  come  in  luog(»  più  sicuro,  il  castello  al  maire 
(1517).  Cfr.  \'.  AuKiA,  Hisluria  vrouuloijiva  dclli  similori  viceré  ili  Sicilia... 
daWanno  1409  al  1697.  Palermo,  Coppola,  lt)97,  fol.  35.  G.  Di  Marzo, 
up.  cit.,  I,  4.  Isiuoito  La  Lumia,  Storie  Siciìiane,  Palermo,  Virzì,  HI, 
(a.  1883),  45  e  72.  A  titoli»  di  «•uriosità,  ricorderò  che  il  .Skkio  suppone 
che  la  parola  Steri  derivi  forse  ,  o  da  Sterium  zz:  luogo  solitario ,  o  da 
otspò?  =:  solido,  fermo.  A.  Mongitouk  ,  Parlamenti  Generali ,  Palermo, 
lieutivcnga,  1749,     tomo  I,  pag.  94,  in  nota. 

(2)  MON(iITORK,  up.  cit.,   1,   195. 

(3)  Ivi,  I,  196. 


410       IL   GOVERNO   DI   DON   FERRANTE   GONZAGA   IN   SIGILI  A 

gli  altri  50.0()0  erano  offerti,  in  via  d'eccezione,  dai  nobili 
personalmente,  senza  esenzioni  di  sorta,  ma  anche  senzji 
pregiudizio  delle  immunità  (1).  Non  omise  di  cliiedere,  sotto 
forma  di  capitoli,  concessioni  o  riforme  nelle  amministra- 
zioni, o  altri  provvedimenti  di  governo,  dei  quali  si  farà 
eenno  a  suo  luogo.  Ma,  pei*  la  prima  volta,  il  braccio  eccle- 
siastico, pur  dichiarandosi  disposto  e  pronto  a  pagare,  ])ro- 
testò  per  altro  di  farlo  a  patto  che  il  papa  ne  desse  licenza, 
giusta  la  costituzione  di  Leone  X  dell'ultimo  concilio  late- 
ranense.  L^ultima  seduta  del  parlamento  ebbe  luogo  ai  22 
settembre.  Carlo  V  accettò  il  donativo  con  tutte  le  condi- 
zioni e  clausole,  che  accompagnavano  l'offerta  (2);  e  il  (J 
ottobre  diede  le  sue  risposte  alle  richieste  contenute  nei 
capìtoli,  riservandosi  solo  di  far  conoscere  più  tardi  le  sue 
idee  intorno  alla  riforma  giudiziaria  (3). 

Da  Palermo  parti  l'imperatore  il  l.'i  ottobre  (4).  il  14  fu 


(1)  Ivi,  I,  198. 

(2)  F.  G.  La  Maxtia,  I  Parlamenti,  etc.  cU.,  p.  21.  —  La  bolla  di 
dispeusa  di  Paolo  VII  a  Carlo  V  è  in  datai  14  febbraio  1536.  Cfr.  Di 
Blasi,  Storia  cronol.  de'  Viceré,  etc,  II,  89-90  e  Rosario  Gkegokio,  Con- 
mlerazioni  ftopra  la  Storia  di  Sicilia,  iti  Opere  Scelte,  Palermo,  Pensante, 
1853,  pag.  513,  avvertendo,  per  altro,  che  quest'ultimo  autore  assegna 
non  al  '35,  ma  al  '37  la  prima  protesta  del  braccio  ecclesiastico,  la  quale, 
da  allora  in  poi  ,  usò  sempre  fare ,  ogni  qual  volta  al  doiuitivo  do- 
vevano concorrere  anche  gii  eccclesiastioi.  Lo  stesso  Grkgorio  aggiunge 
a  questo  proposito  la  seguente  malinconica  considerazione  :  «  Pure  se  i 
prelati  ottennero  iiuli  forse  di  porre  in  pace  colla  bolla  le  l(»ro  coscienze, 
non  guadagnarono  di  essere  alleviati  nei  «lonativi  ».  i^a  protesta  è  cono- 
scinta  col  nome  di  atto  preaervativo.  Anche  F.  Scaduto,  Stato  e  chiesa 
nelle  Jhie  Sicilie,  Palermo,  A  menta,  1887,  pp.  348-50,  assegna  inesatta- 
mente al  1537  la  presentazione  di  «  un  vero  e  proprio  atto  preservativo  ». 

(3)  Key.  Sicil.  Capii.,  Venezia,  1573  ;  cap.  167,  174  e  175  di  Carlo. 

(4)  Seguo  il  Madrolico,  Sic.  lier.  Camp.,  pag.  222,  benché  il  Dkl 
Carrktto;  op.  cil.,  pag.  81,  e  il  Di  Mi.asi,  Storia  crouoloijica  ite'  Mcerè, 
Imogotenenti  e  Prenidenti  del  Regno  di  Sicilia.  Palermo,  1790,  voi.  Il, 
pag,  91,  e  altri  diano  il  14.  Il  Fazkm.o,  Storia  di  Sicilia,  trad.  da  Ku- 
Miuio  FiuuiCNTlNo,  Palermo,  Pedoin-  e  Muratori,  voi.  Vili  (anno  1833), 
pag.  142,  dice  che  Carlo  \'  «limolò  «  da  trenta  giorni  in  Palermo».  (M'r. 


t)AL  Ì5;^5  AL  Ì543  Hi 


a  Termini,  il  15  a  Polizzi,  il  16  a  Nicosia,  il  17  a  Troina, 
il  18  a  Eandazzo,  il  19  a  Taormina,  il  20  al  convento  bene- 
dettino di  S.  Placido,  a  12  miglia  da  Messina,  il  21  ginnse 
a  Messina  (1). 

Questa  città  si  era  di  l)uon'ora  preparata  ad  accogliere 
l'imperatore  il  più  magnificamente  e  j)om[>osamente  le  t'osse 
stato  possibile.  Già  il  19  settembre  due  suoi  ambasciatori 
si  erano  recati  a  rendergli  omaggio  in  Palermo  (2).  Il  26 
dello  stesso  mese  si  era  demolita  l'antica  i)orta  delle  vec- 
chie mura  di  S.  Antonio  con  tutte  le  sue  adiacenze  (3)  per 
rendere  pin  solenne  l'ingresso,  che  Carlo  X  fece  lo  stesso 
giorno  21  ottobre,  avendo  alla  staila  il  ctmtts  di  Condojanni, 
straticò,  «  caminando  in  trionfo,  ])re(^edendo  il  carro  solito 
di  farsi  nella  vigilia  dell'Assuntione  di  Maria  Vergine,  su 
del  quale,  in  cambio  del  Dìo  jmdre,  vi  era  la  statua  del- 
l'Imperatore  con   una    vittoria  in   mano  »  (4).  Non    si    vo- 


A.  RoDKiGUEZ  Villa,  El  Emperador  Carlos  V  y  m  Carte  {1522-39),  iu 
Boletin  de  la  R.   Acad.  de  la  Hùt.  XLY ,  81.  Madiitl,  19(>4. 

(1)  Mai:rolico,  /»<•.  lii. 

(2)  Ivi. 

(3)  Ne  fu  conservata  memoria  uella  seguente  iscrizione:  Porta  urbi» 
aniiqim  areunque  hie  fnit,  quem  una  cum  eeteris  viarum  compluvi  in  in  tid- 
ventu  Caroli  V  Imperatoris  et  lieyi»  Sieiliae  ahstulere  ]>.  loanuen  Marul- 
Ivg  Cmidoianni  Come$,   Urbis  Strategv»,  luratique  patres  Joanne»  Philip- 

jniH  et  Bernardus  de  Rocchio,  Franciseus  Royerius.  Franciscus  Staitius, 
Franvigcu$  Maruìlus  et  Thomag  l'asqnttlis.  Areus  dirutuH  est  XXVI  Sep- 
temhris.  Imperator  autem  Crbem  hanc  inyressus  XXI  mensi»  Octobris 
MDXXXV.  Antonino  Dk  AmicK),  De  Messttnensis  Prioratus,  etc,  iu  «  Do- 
«'-umeuti  per  servire  alla  storia  di  Sicilia  »,  IV,  I,  151. 

(4)  C.  BoNFiGLio,  Della  hùt.  sivil.,  1,  444,  Veramente  il  Mairolico, 
testimone  oculare,  nei  frammenti,  parla,  non  di  statua,  uni  di  un  puer 
Imperatorem  repraesentans  (op.  cit.,  pag.  245).  Il  D'Alibuando,  alla  **ua 
volta,  scrive  :  «  Sopra  di  questo  veneva  un  bellissimo  giovanetto  che  mo- 
strava esser  L'omperator,  armato, e  di  sopra  la  palma  della  man  de- 
stra la  (jual  sporgeva,  fuori  teneva  una  rittoria,  la  qual  era  un  puttinu 
d'anni  quattro  circa  ».  Gallo,  CU  Annali  della  città  di  Messina  voi.  II 
(a.  1879),  p.  508.  Cfr.  G.  Arenaprimo,  Note  storiche  messinesi  dei  secoli 


41i'       IL   GOVERNO   DI    DON    FERRANTE   GONZAGA   IN    SICILIA 

leva  essere  da  meno  dì  Palermo.  E  non  inferiori  a  ((nelle 
di  Palermo  fnrono,  in  verità,  le  feste  di  Messina:  arehi, 
earoselli,  Inminarie,  tele  dipinte  da  Polidoro  da  Caravag- 
gio (1),  versi  latini  del  Manrolico  e  pili  altre  manifesta- 
zioni di  ossequio  e  ammirazione  (2).  LI  eomiine  oft'rì  an- 
che lO.(KX)  scudi  d'oro  in  tre  coppe  auree  (3).  Ma,  osserva  lo 
stesso  Manrolico,  di  questa  così  favorevole  occasione  della 
dimora  di  Carlo  V  in  Messina,  nessuno  seppe  giovarsi  i)er 
il  beue  della  città.  Civium  dissidia  ciiucta  lìerturhavit.  I  no- 
bili nou  avevano  altro  desiderio  se  non  (piello  di  spogliare 
degli  uffici  la  borghesia;  e  ben  tentarono  di  ottenerlo  dal- 
l'imperatore. Ma  Carlo  V  era  ben  lontano  dal  pensiero  di 
aumentare  per  tal  via  le  discordie  cittadine,  che  avrebbe 
voluto  invece  veder  tolte  di  mezzo  per  sempre  (4). 

Il  tre  novembre  traghettava  l'imperatore  in  Calabria, 
portato  da  una  gah'a  messinese,  in  virtù  di  un  antico  pri- 
vilegio, che  si  tace\  a  risalire  all'  imperatore  xVrca<lio ,  e 
scortato   sino  alla  Cafona  dall'armata   imperiale  e   (hi  altri 


XV  e    XVT,  m-gli  *  Atti  della  R.  Aocinleniin    Pelorituna  *,  anno    1899, 
pp.  317-19. 

(1)  G.  Vasari,  Le  vite  dei  più  pccellcnti  Pittori,  Scultori  e  Architetti. 
Naijoli,  1884  5  pag.  33(5. 

(2)  Ampie  «lescrizioni  se  ne  trovano  negli  scrittori  di  cose  siciliane,  e 
Hpeeiiil niente  nei  cititi  D'AuBRAnDO,  Maurolioo  (uei/mmmfHit),  Gallo 
(Annali)  e  Honkkìlio  (nella  Motxiiia  città  )iohili»8Ìi»n).  Il  trionfo  fu  ideato 
dal  Manrolico.  A.  Monoitork,  lìibliothecn  SicuUi,  Palermo,  1707,  I,  221, 

(3)  Il  Di  Hla.si,  Star.  cron.  de'  vieer(>,  II,  91,  scrive  fargli  grande  im- 
pressione che  il  Maurolico  non  ric(»rdi  (jnesto  dono.  È  evidente  clu'  gli 
«foggi  il  «eguimle  passo  dei  frammenti  «Iella  storia  <li  «luesto  antore  : 
Kodem  die  [24  ottobre]  Civittin  decem  aureorum  millia  in  patinia  argentcin 
tribun  fTjxmita  iloiinril  ('(tenori.  l'Ut  tttlit  JncohtiH  Oompotitto  liiris  Doctor, 
uraiiuiiculit  latiiKt,  (piainquttm  rutti,  rccittita  {o}>.  cit.,  pag.  246).  La  «litte- 
renca  tra  il  Maurolicu  e  il  Hokpiolio  Hta  Holtanto  in  ciò,  che  (|ue8t'ul- 
liino  {l>eir //ini.,  de,  I,  445)  parla  non  di  U),  ma  di  13. ()()(►  ducati  d'oro, 
detti  trioni!,  ott'erti  in  due  vassoi  d'argento  aii/i  clu*  in  tre  d'oro. 

(4)  MAUÌtoLico,  Sic.  Ber.  Comp.,  pag.  222. 


DAL    15.'i5   AL    ir)4o  413 


leoni  (1).  rntjinto  avevii  coiiii>int(>  mi  atto  di  non  lieve  ini- 
poitjiiiza  :  a\('vji   iioniinato  viceré  don  Ferrante  (Jonza<>a. 

II.  —  L'uomo,  che  (Jarlo  \'  lasciava  al  governo  della 
Sicilia  era  <>i<)vanis.sin»o,  contando  ai)])eiia  'JSanni;  ma  «•ià 
aveva  preso  [losto  fra  i  persona^^i  più  chiari  e  rinomati  per 
valore  personale,  perizia  nelle  anni  e  sagacia  politica  in 
(piell'età,  che  pur  tanti  ne  noverava  meritamente»  celebrati. 
Nato,  nel  1507,  da  (lian  Francesco  II  Olonza^a  marchese  di 
Mantova  e  da  IsabeHa  d'Mste,  terzogenito  dopo  i  fratelli  Fe- 
(U'rico,  marchese  dal  Ioli»  e  poi  duca  «li  Mantova  dal  1530, 
ed  Ercole  cardinale,  non  potendo  succedere  nello  Stato  pa- 
terno, ma  pur  sentendosi  nato  per  vita  non  ordinaria,  di 
buon'ora  venne  esercitan<losi  e  pre])araiidosi  a  piegar  la  for- 
tuna ai  suoi  disegni.  Nel  1523  fu  mandato  alla  corte  di 
Carlo  V,  che  i)resto  gli  prese  affetto  sì  da  potersi  ben  dire 
che  il  Gonzaga  fu  il  solo  italiano  col  quale  il  potente  mo- 
narca ebbe  vera  dimestichezza.  E  già  nel  1520,  non  ancora 
ventenne,  otteneva  il  comando  di  cento  uomini  d'arme  per 
la  guerra  in  Italia,  dove  si  recò  con  l'armata  condottavi 
dal  Lannoy.  A  Keggio  si  unì  al  Borbone,  nato  di  sorella 
del  marchi^se  suo  i)adre  e  capitano  generale  per  l'impera- 
tore in  Italia,  e,  con  esso  e  con  l'Oran gè,  mosse  all'impresa 
di  Roma,  <love,  durante  il  sacco  del  1527,  potò  far  rispet- 
tjire  l'alloggio  della  madre,  che  trovavasi  allora  in  cpiella 
città,  e  dove,  per  la  morte  del  Borbone,  fu  messo  dall'O- 
range  al  comando  dei  cavalli  leggeri,  <^  ch'io  era  anche  un 
putto  »,  come  si  esprimeva  egli  stesso  più  tardi  (2).  Nella 
difesa  di  Napoli  contro  il  Lantrec  ebbe  parte  priucipalissima. 


(1)  BoNFiGiJO,  DeìVh istoria,  eh'.,  I,  445.  Veramente  il  Maurolico 
{htc.  cif.)  j)arla  di  (hnibiis  faiitioii  trircmihiis,  in  generale;  ma  piobabil- 
meiite  vovrà  «lirt;  die  due  galere  trasportavano  l'imperatore  e  i  «'orti^iaiii, 
die  dovevano  aecomi)ajinarlo  nel  sno  viaggio  per  terra. 

(2)  Lettera  ili  I)«)n  Ferrante  a  Cesare  Gazio,  suo  agente  presso   l'im 
peratore,  da  ^lantova.  8  luglit>  1532.  Nelle  Carte  Gonzaga  dell' Ardiivio 
di  Stato  di  Parma. 


414       IL  GOVERNO   DJ  J30N   FERltÀNTE  OONZAGA  IN   SICILIA 

per  cui  l'Orange,  succeduto  al  Monca«ia  nell'ufficio  di  viceré 
del  regno  di  Napoli,  gii  conferì  la  signoria  di  Ariano,  tolta 
ad  Alberico  Carafa.  E  già  in  questo  tempo  era  salito  di 
molto  nella  stima  dei  soldati,  che  «.  sapeva  atl'ascinare  e 
muovere  a  suo  talento  col  giovanile  ardore,  lo  slancio  ge- 
neroso, il  valore  cavalleresco,  la  parola  persuasiva  e  la  giu- 
sta severità  »  (1).  Di  qui  anzi  comincia  veramente  la  sua 
vit^  d'uomo  di  stato  e  di  generale.  Ammesso  dall'Orange 
nel  consiglio  vicereale  e  poi  mandato  all'impresa  di  Puglia 
nel  1529,  ebbe,  per  la  prima  volta,  il  comando  in  capo  di 
un  corpo  di  milizie  in  una  campagna,  che  fu  per  lui  scuola 
efficace,  i)erò  che  «  quantunque  si  trovasse  di  continuo  alle 
prese  con  nemici  terribili,  come  il  bisogno,  la  fame,  la  pe- 
ste, la  indisciplina  dei  soldati,  seppe  uscir  vittorioso  dalla 
dura  prova  (2). 

Mente  sagace  e  pratica,  Don  Ferrante  non  sdegnava 
accopiare  alle  cure  dell'ufficio  la  ricerca  del  suo  particolare 
vantaggio.  E  così  durante  la  sua  dimora  nel  Regno  di  Na- 
poli, superando  non  poche  né  lievi  difficoltà,  riuscì  a  otte- 
nere in  isposa  Isabella  di  Capua  figliuola  di  Ferrante  di 
Capua  duca  di  Termoli  e  principe  di  Molfetta,  nonostante 
che  la  giovine,  già  in  «  pueril  età  >>,  fosse  stata  sposata  per 
verba  de  praesenti  al  marchese  di  Atella,  Troilo  Caracciolo, 
figliuolo  del  principe  di  Melfl.  Isabella  gli  portava  in  dote 
Molfetta  (*oii  (ìiovinazzo,  la  contea  di  Campobasso  ed  altri 
jiossessi  (3). 


(1)  6.  Catas-so,  Don  Ferrante  Gohkujo  aWimpresa  di  J'ittfUn  del  1629, 
in  e  Kivifltu  Storica  Italiana»  anno  1X95  [p.  9  (h'Il'estratto]. 

(2)  In,  pag.  3,S. 

(3)  ivi,  pag.  17.  —  Il  Miatrinton/o  ebbe  luogo  a  Napoli,  proprio  nei 
giorni  nei  (|(mli,  per  la  niortv  i\v\  principe  Filiberto  d'Orange,  il  (ìonzaga 
AMMumeva  il  comand*»  «lell'eHercit<»  imperiale,  fra  la  battaglia  di  (lavinana 
e  la  Mtipulaxione  <leIPa<cordo  coi  Horentini.  Don  Ferrante  in1palnl«^  la 
M|HiHti  |>er  lor/,a  iMM'Hona,  e,  nianc4ind(»  ancora  il  consenso  imperiale,  in 
Hegreto.  Il  connenKo  diede  ]h>ì  Carlo  V  da  Augusta,  con  diploma  del  .SI 
ottobre  1530.  Ma  le  continue  guerre  solo  molto  più  tardi  perniiHero  agli 
MfMHii  di  connumure  il  matrimonio.  Ivi.  pp.  31-8.  —  Cfr.  anche  le  note 
di   BcirioMK  VoLPiccLLA,  ai  Capitoli  del  Tamiillo.  Napoli,  Dura,  1870. 


DAL  1535  AL  1543  415 


Durante  l'assedio  di  Firenze,  corse  jL^rave  pericolo  nello 
scontro  del  25  aprile  1530  presso  Empoli  tra  i  suoi  cavalli 
e  i  fanti  di  Piermaria  di  S.  Secondo  con  le  schiere  uscite 
da  Firenze  (1).  E,  sebbene  non  mancassero  nel  campo  im- 
periale capitani  |)rovetti  e  di  i)rovato  valore,  lui  l'Orange 
lasciò  suo  luogotenente  (piando,  alla  fine  del  febbraio  1530 
dovè  recarsi  a  Bologna  (2)  ;  e  a  lui,  morto  l'Orange,  fu  dato, 
con  unanime  consenso,  il  comando  dell'esercito  assediante, 
pei'  cui  gli  toccò  in  sorte  di  porre  line  all'impresa,  ricevendo 
la  dedizione  dei  Fiorentini.  Da  Clemente  VII  furono  su- 
bito riconosciuti  i  suoi  servigi  col  conferimento  del  governo 
di  Benevento.  Non  così  dall' ini  i)eratore.  Ma  egli,  volendo 
battere  il  ferro  sinché  era  caldo,  rimandò  ancora  la  consu- 
mazione del  matrimonio  per  correre  in  Fiandra  (:531)  a  pe- 
rorare la  sua  causa  presso  Carlo  V  (3).  L'anno  dopo  (1532) 
lo  troviamo  in  Ungheria  alla  testa  di  2000  cavalleggieri, 
ai  (juali  fu  aggiunto  un  corpo  di  sette  ad  otto  mila  un- 
gheri  (4).  Ma,  posate  le  armi,  Carlo  \^  non  indugiò  a  pre- 
miare il  suo  fedele  servitore.  In  questo  stesso  1532  lo  no- 
minò duca  d'Ariano,  la  cui  investitura  avevagli  confermata 
«in  <lalla  line  del  1530  (5),  e  poco  dopo  gli  conferiva  il  to- 
son  d'oro,  onorificenza  allora  in  grandissimo  [iregio  fra  gli 
Italiani,  e  l'utiìcio  di  Maestro  Giustiziere  del  Ilegno  di  Na- 
])oli.  Ond'egii  assunse  i  titoli  di:  duca  d'Ariano,  cavaliere 
dell'ordine  del  vello  d'oro  e  capitano  generale  dei  cavalli 
leggeri  dell'esercito  cesareo  ((}). 


(1)  FALLK'rn-FossATi  e.  P..  Ansedio  di  Firenze.  ContHhuio.  Palermo, 
1885;   voi.  1,  p.  122. 

(2)  Ivi,  II,  150. 

(3)  G.  Capasso.  o/),  vit.,  p.  33. 

(4)  Lettera  citata  di  Don  Ferrante  a  Cesare  Gazio,  del  3  luglio  1532, 
da  Mantova. 

(5)  G.  Capasso,  op.  eli.,        26. 

(6)  Per  le  notizie  biogratìclie,  oltre  gli  storici  generali  e  il  LriTA, 
Famiglie  nobili,  etc,  cfr.  anche:  Giuliano  Goselini,  Vita  del  Prencipe 
Don    Ferrando   Oontaga.  Milano,  Pontio,  1574:  e  Alfonso  Ulloa,    Vita 


4:16       IL  tìOVKRNO   DI   DON    FKBRAISTE   GONZAGA   IN    SlOlUA 

Alla  spedizione  contro  Tunisi  (15^5),  cui  presero  parte 
i  i)iii  illustri  e  famosi  uomini  del  tempo,  Don  Ferrante  n(m 
poteva  certo  mancar«\  ^la  non  potè  i)artir  subito  von  .<»li 
altri,  avendolo  trattenuto  a  Napoli  alcun  tempo  una  ^rave 
malattia  della  moglie  (1).  Però,  appena  fu  lihero  di  muo- 
versi, si  recò  a  Messina  e  di  qui  a  Palermo,  donde  andò  a 
imbarcarsi  a  Tra])ani,  da  per  tutto  accolto  onorevolmente 
e  molto  festeggiato.  In  Africa  giunse  dopo  l'espugnazione 
della  Goletta.  Ma  tuttavia  alla  prosecuzione  dell'impresa  e 
al  felice  compimento  di  essa  non  furono  di  j)oco  giovamento 
il  consiglio  e  l'opera  sua.  E  Carlo  V,  che  lo  ebbe  (piasi 
sempre  a  se  vicino,  fu  testimone  delle  prove  di  valore  da 
lui  date,  specialmente  nella  battaglia  sotto  Tunisi,  dove, 
primo  a  slanciarsi  e  solo,  contro  il  nemico,  trapassò  con  la 
lancia  «  un  superbo  e  gran  Capitano  di  Mori  »  (2),  e   tale 


del  valorosissimo  e  (iran  capitano  Don  Ferrante  Gonzaga,  etc.  Veuetia, 
Bevilacqua,  15t)3. 

(1)  Mdoni  D.,  Spedisione  di  Carlo  V  imperatore,  SO  nia(fgio-17  ayosto 
1535.  Cenni- Documenti-Eefjesti,  p.  33,   Milano,  187B. 

(2)  Ulloa  a.,  oj).  eit.,  pp.  70-3.  —  Giovanni   Tomaso  Gallarati,   ora- 
tore del  duca  di  Milano  presso  Carlo  V,  scriveva  da  Tunisi,  il  24  luglio 

ì')S't:  «  Il  «ign.   Don   Fernando  Gonzaga {^iouse  da   Sua    M.  il  fjiorno 

avanti  che  si  risolvesse  di  venire  in  questa  impresa  [di  dar  battaglia],  e 
il  giorno  de  la  giornata,  avanti  tutto  l'exercito,  fu  ad  investire  uno  tur- 
«•lio  il  eavallo  et  amazollo,  del  che  n«'  h»  riportato  molta  laude  *.  7r/, 
pag.  s3.  —  Il  Sanooval,  Uinloria  de  hi  Vida  //  Heclios  del  Euiperador 
CtirUìH  V,  11,  239  (Faniplona,  1(>34-;,  8e<>iia  ernmeanienti'  l'arrivo  del 
Gonzaga  al  camp«>  sotto  il  giorno  2+  giugno.  —  Il  Dai.  ('AUitKTTo,  op- 
cil.,  I,  M,  ha  la  stessa  dat-a  del  (ìallarati.  —  In  un  diploma,  da  (ìaud, 
3  maggio  1.540,  Carlo  V,  donando  al  Gonzaga  una  miniera  d'allume  in 
Sicilia  e  rammemorandone  le  prod(;zze,  dice:  Jn  vjpuipnitione  eiritatix 
Tu  lieti,  ulti  in  nontra  praenentia,  ut  nohix,  et  ortodoxae  /idei  morein  <fene- 
re»f  primim,  hoIuh,  et  ante  omnes  hostilei  proeliiim  sumina  viini  «treniiiinte, 
intrepidi!  et  eonsUinti  animo  inire  aiisiis,  Maurum  (pieindain  laneea  per- 
liiHHHin  Ianni  min'linnn  penitun  Iradiderix,  ete.  I.  AfkÒ,  ['itti  di  Luiffi  Cìon- 
Muya  detto  Hodvmonte:  p.  61.  Parma,  Carmiguaui,  178U. 


DAL  1535  AL  1543  417 


disordine  portò  nelle  scliiere  dei  turchi  col  suo  impeto  che 
ai  cristiani  riuscì  poi  luolto  jùù  facile  sl>aragiiarle  (1). 

E  ora,  i)rinia  di  acciujnerci  allo  studio  dell'opera  del 
Gonzaga,  gioverà,  a  meglio  comprenderla  e  giudicarla,  ri- 
cordare brevemente  lo  stato  politico  e  sociale  della  Sicilia 
di  (luel  tempo,  con  particolare  riguardo  agli  ordinamenti 
di  governo,  al  sistema  tributario,  all'ammistrazione  della 
giustizia,  alle  relazioni  fra  Stato  e  Chiesa  e  al  sistema  di 
difesa  dell'isola. 

III.  —  Per  parecchio  tempo  1'  utticio  di  viceré  in  Sicilia 
non  ebbe  ne  durata  fìssa ,  uè  attribuzioni  ben  definite  ;  e, 
anche  quando  la  durata  fu  legalmente  fissata  a  un  trien- 
nio (14h^8) ,  questa  prescrizione  nel  fatto  non  fu  osservata. 
In  verità  i  viceré,  quantunque  potessero  in  date  emergenze 
emanar  decreti,  che  avevano  forza  di  leggi,  dipendevano  per 
altro  interamente  dal  beneplacito  del  sovrano ,  il  consenso 
o  l'approvazione  del  quale  per  ogni  loro  atto  di  «jualcln^ 
importanza  dovevano  aspettare  o  chiedere.  Tuttavia  amplis- 
simi erano  pur  sempre  i  loro  poteri.  In  nome  del  re  convo- 
cavano, prorogavano  e  scioglievano  i  parlamenti  ;  accorda- 
vano grazie;  concedevano,  in  certi  limiti,  a})[>annaggi  feu- 
dali; nominavano  alla  maggior  i)arte  dei  pubblici  ufhci;  con 
la  euria  romana  trattavano  direttamente  affari  di  natura 
ecclesiastica  ;  consentivano  la  osservanza  di  lettere  e  bolle 
l)apali;  mantenevano  relazioni  coi  vicini  stati  italiani  e  coi 
signori  degli  stati  africani;  )>ubblicjivano  editti  e  pranima- 
tiche,  con  la  sohi  limitazione  che  non  fossero  in  opposizione 
con  le  leggi  e  le  costituzioni  esistenti  ;  disponevano  delle 
forze  dell'isola;  ju'ovvedevano  alla  difesa  terrestre  e  marit- 
tima del  regno;  chiamavano  alle  armi  i  baroni  se  minac- 
ciasse nemica  invasione  (2).  hìrano  circondati  di  fasto  e  nia- 


(1)  Del  Cakukito,  up.  cit.:  1,  H(>.  —  P.  Oiioviu,  La  prima  parte  del - 
l'intorie  (ìel  xuo  tempo,  tnit.  per  M.  Lodovico  Domkniohi,  p.  377,  Vene- 
zia,  lóótì. 

(iJ)  1.  La    Li'MiA,  Stor.  Sic.  IH.   lS-19.  —  «  Quella    supniiiia    dignità 


418       IL   GrOVERNO   DI    DON   FERRANTE   GONZAGA  IN   SICILIA 

guificeuza.  Abitavano  nei  palazzi  regi.  Avevano  modo  di 
arricchire  i  familiari,  gli  amici  e  le  persone  ad  essi  devote, 
indipendentemente  dallo  stipendio ,  che  assegnava  loro  il 
parlamento ,  sotto  forma  di  donativo ,  e  che  al  tempo  del 
Moncada  fu  portato  a  250()  ducati  (1).  Un  «  sacro  regio 
consiglio  »  li  assisteva,  composto  <li  supremi  magistrati  si- 
ciliani, che  erano,  di  solito,  <|uelli  del  tribunale  della  gran 
corte,  ai  (juali  si  aggiungevano  altri  magistrati  e  funzionari 
dello  Stato.  Ma  questo  consiglio  non  aveva  attribuzioni  giu- 
diziarie, come  quello,  instituito  a  Napoli  da  re  Alfonso;  né 
potrebbe  paragonarsi  al  consiglio  collaterale ,  che  Napoli 
ebbe  da  Ferdinando  il  cattolico,  e  che  era  costituito  da  giu- 
risti (2).  Un  consigliere  collaterale  al  viceré,  che  ebbe  la  Si- 
cilia e  non  si  trova  a  Napoli,  e  che  col  tempo  acquistò  grande 
importanza,  era  il  consultore,  scelto  di  tra  i  giurisperiti  della 
corte  regia.  Ma  esso  fu  introdotto  da  Carlo  V  soltanto  nel 
1530  (;3). 

Come  altri  parlamenti,  anche  1'  ultimo ,  del  15.S5 ,  tentò 
di  otti^nere  una  limitazione  del  potere  viceregale.  Chiese  che 
la  durata  in  utticio  dei  viceré  fosse  limitata  a  (juattro  anni; 
che  fosse  proibito  ai  parlamenti  di  far  doni  ai  viceré  e  ai 


avea  «ne  nonne  speciali  ir-IIc  leggi  sicule,  né  si  ridusse  inai  ertuiera  o 
quafli  apparente;  e  ({uautunque  per  taluni  lievi  negozi  fosse  mestieri  di 
ottenere  l'assenso  <lella  corte,  pure  un  governo  locale  esisteva  in  Sicilia 
con  verace  autoiioinia  »  ;  Vito  La.  Maxtia,  Storia  (iella  lef/inlasionc  civile 
e  rrimiuale  tìeila  Sicilia.  Palermo,  Virzì,  1S74.  Voi.   II,  p.  !t. 

(1)  MoNarrouK  A.,  l'arlameuti  tjenerali  del  re<juo  di  Siciliti,  eie.  l'a 
lermu,  Bentingn,  17+5);  I,  7H. 

(2)  K.  fiuKcoRU),  CUmnideì azioni,  eie.,-  op.  cit.,  pag.  4Gt).  Bianchini 
LuiKjVKX),  Storia  ecoitoini<\!  e  virile  della  Sivilin.  Napoli,  Stamperia  Reale, 
1841  ;  voi.  I,  pag.  4«. 

(H)  .Mahtkii.i.o,  Ih  MaffistratihiiH,  Uh.  V,  n\\).  7.  VA'v.  MiANtiiiNi,  op. 
rit.,  I,  4H.  \'.  .ViKiA.  Ilixtoria  croiiolu(/ie.a  delli  xiijnori  riceri'  di  Sicilia... 
lUaVanno  t4tt9  al  /(i!f7.  l'alermo,  Coppola,  1697;  paig.  3(Mi.  1{.  fJKK«ouio 
c4MiHÌdera  il  triluinale  della  gran  corte  come  il  *  proprio  e  collateral  con- 
siglio del  viceré  »,  dovendo  esso,  .secondo  il  cap.  .S9  di  ("arlo  \  (a.  1.'>1!>1, 
rtvwri*  lu  MteNMi  residenzu  «lei  viceré.   Op.  eil.,  pjig.   K!*». 


DAL  1535  AL  1543  419 


loro  familiari  e  di  abilitare  al  conseguimento  di  uffici  e  be- 
netìci  i  non  siciliani,  se  anche  figliuoli  del  viceré;  che  l'ora- 
tore, eletto  dal  parlamento ,  potesse  trattare  gli  affari  del- 
l'isola direttamente  col  sovrano,  senza  ingerenza  del  viceré; 
che  non  si  pubblicassero,  né  si  eseguissero  nuove  pramma- 
tiche contrarie  ai  capitoli  del  regno  ,  e  che,  per  le  cose  di 
guerra,  il  viceré  si  consigliasse  coi  principali  baroni  del  re- 
gno. Carlo  V  rispose  evanivaniente  alle  domande  circii  la  du- 
rata in  carica  del  viceré  (1)  e  l'oratore  (2);  approvò  le  pro- 
poste, riguardanti  i  doni  e  le  abilitazioni  agli  uffici  (3)  ;  e 
promise  di  permettere  solo  le  prammatiche,  intese  al  bene 
dello  stato  e  alla  sincerità  della  giustizia  (4),  e  di  ordinare 
al  viceré  che  tenesse  nel  conto  che  meritava  la  qualità  dei 
baroni  (5). 

Gli  antichi  supremi  uffici  del  regno  sopravvivevano  ora- 
mai (piasi  poco  più  che  di  nome,  andati  in  disuso,  alcuni 
per  la  mancata  residenza  dei  re  nell'isola ,  altri  per  le  mu- 
tate condizioni  dei  temi)i.  Kimaneva  di  essi  il  titolo  ad  ho- 
norem in  alcune  tan)iglie  illustri  (G).  Non  avevano  più  ra- 
gione d'essere  il  gran  c-ancelliere,  il  gran  camerario  e  il 
gran  sinisc^ilco,  quantun<iue,  i)er  altro,  del  primo  conti- 
nuasse ad  ait'erniare  i  diritti  e  ad  esigere  i  molteplici  pro- 
venti, in  nome  del  re,  un  officiale  <lepositario  del  suggello, 
eletto  dal  viceré  (7).  Le  attribuzioni  del  gran  conestabile, 
come  capitan  generale  degli  eserciti,  erano  passate  nei  vi- 
ceré, all'elezione  del  Moucada,  nel   15()1)  (8).  La  gran  corte 


(1)  Bey.  Sicil.   Cupit.,  wip.  1H4   di  re  Carlo. 

(2)  Tri,  cap.  178. 

(3)  Ini,  rap.  165  e  Ititi. 

(4)  Ivi,  cap.  180. 

(5)  Ili,  cap.  181. 

(6)  Di  Iìlasi  G.  E.,  Storia  ririle  dei  lieiino  di  Sicilia,  Palermo,  18(ì2- 
H4.  Voi.  11  (a.  1868),  pag.  172. 

(7)  h'ey.  Sic.  Capii.,  Cap.  4()(i  «li  le  Alfonso  e  Pandette  del   1526.  Clr. 
H.  Grkoorio,  oit.  cit.,  pa^.  471. 

(8)  V.  AuKiA,   Hixt.  t-roii.  eie,   paji.  27.  Di    Bi.ASl,  Stor.    del    lUij.    di 
Sicilia,  II,  170-71. 


420       IL   GOVERNO   DI   DON  FERRANTE   GONZAGA   IN   SICILIA 

di  mare  del  grande  aiuuiiraglio  era  ridotta  a  ben  misera 
cosii  e  Io  .stesso  ammiraglio,  diventato  poco  più  d'  un  eo- 
mandaute  di  galee,  iueontrava  difticoltà  n  far  riconoscere 
e  ad  esercitare  i  pochi  diritti  rimastigli.  11  gran  giustiziere, 
già  capo  supremo  della  giustizia  civile  e  militare,  si  era 
trasformato  nel  maestro  giustiziere,  di  cui  la  funzione  ])iù 
importante  era  piesiedere  personalmente,  o  per  mezzo  del 
suo  luogotenente,  il  tribunale  della  gran  corte.  80I0  il  ju'o- 
tonotaro  conservava  buona  parte  delle  antiche  attribuzioni 
dell'antico  gran  ju-otonotaro,  corrispondenti  a  «jnelle  di  se- 
cretarlo di  Stato  e  ministro  dell'interno  (1). 

IV.  —  Al  temjK)  dei  Normanni  componevano  il  parla- 
mento (colloquium)  soltanto  il  clero  e  i  nobili.  Federico  11 
svevo,  ])er  ragioni  di  livellamento  politico,  vi  ammise  isin- 
«laci  <lelle  cittj'i.  Regnando  gli  Aragonesi,  il  geucrah  coìlo- 
quiuììij  che  era  composto  di  prelati,  nobili  e  rappresentanti 
delle  cittiì  e  terre  demaniali,  assunse  (nel  secolo  XV)  forme, 
che  rimasero  <|uasi  immutate  sino  al  1812.  Oltre  ai  parla- 
menti ordinari,  che,  dal  tempo  degli  ultimi  Aragonesi  in 
poi  (2),  si  riunivano  ogid  tre  anni,  avevano  luogo  anche 
jiarlamenti  straordinari:  gli  uni  e  gli  altri,  di  regola,  a  Pa- 
lermo; ma  talvolta  anche  in  altre  città,  come,  p.  es.,  a  Mes- 
sina e  a  (Catania.  IMesente  nell'isohi,  il  sovraiìo  faceva  la 
convocazione  personalmente;  in  caso  contrario,  mandava 
l'ordine  di  convocazione  al  viceré.  Questi,  d'altra  parte,  in 
casi  straordinari ,  i)oteva  convocare  di  propria  autorità  un 
parlamento  ,  ma  «loveva  jninia  sentire  il  parere  del  sacro 
regio-consiglio  (."»).   La  inaugura/ione  soIcmìic  delle  s«\ssioi(i 


(1)  Di  Ulahi,  Star,  del  lieff.  di  Sicilia,  II.  Isi-lHt».  Villabianca  mau- 
«IIKHK  EMANiKt.K,  Xotizii'  hIoiìcIii'  intona»  utili  (inlichi  iiffici  del  liei/ ho  di 
SicilÌ4i,  in   Oimucoli  d'AiiItni  Siciliani.  Toiik»  V^III.   l'nh'riiio,    I7()4. 

(2)  MONOITOKK,  op.  eit.y  I,  5.5. 

{'A)  Il  vìctM'r  l'itjiiatclli,  l.'tH'i,  con'ciiilo  iiiNistcìilc  In  voce  clu'  iiirai- 
liiuni  turni  vclcx^iiiMMf  <'(>iitr<»  Pisola,  roiivocò  mi  parlaiiK^uto,  «  con  !«> 
lNin-r<!  «lei  wicro  rcultt  coiihì^Iìo  »,  VIoNonoKK,  op.  vH.,  I,   IT!). 


DAL  1535  AL  1543  421 


ora  fatta  dal  sovrano,  e,  in  sna  assenza,  dal  viceré;  ina  lejLf- 
^eva  il  discorso  inaujnurale,  che  sjjiegava  lo  scopo  della  riu- 
nione, il  protonotaro  del  regno,  o,  come  oggi  si  direl)l)e,  il 
ministro  dell'interno.  1  tre  bracci,  od  ordini,  discutevano  e 
deliberavano  separatamente  e  ciascuno  a  maggioranza  di 
voti  ;  ma  alla  validità  delle  deliberazioni  di  tutto  il  parla- 
mento bastava  il  voto  concorde  di  due  bracci.  11  parlament-o 
stesso  eleggeva  nel  suo  seno  una  magistratura  speciale,  la 
deputazione  del  regno  »  ,  le  cui  artribuzioni  princiimli  e- 
rano  la  esecuzione  delle  deliberazioni  parlanunitari  e  la  tu- 
tela e  difesa  dei  j)rivilegi  e  diritti  della  nazione  (1).  Essa 
inoltre  esigeva  e  aniniinistrava  i  donativi  accordati  dal 
])arlanu^nto  e  taceva  la  ripartizione  delle  imposte^  (2). 

Il  parlamento  siciliano  non  ebbe  certo  ])er  la  Sicilia  la 
etticacia,  che  ebbe  per  l'Inghilterra  quello  inglese,  tanto  più 
che  ,  conu»  dice  il  Palmieri  ,  «  1'  autorità  del  Principe  era 
limitata,  senza  che  il  popolo  fosse  libero»,  però  che,  in 
foiulo,  baroni  e  clero  fini  vani»  sem]»re  col  mettersi  d'accordo 
a  sca])ito  del  popolo.  Ma  esso  fu  tuttavia  una  istituzione 
utilissima ,  che  nessun  autocrate  i>ofè  tor  di  mezzo.  «  Fer- 
dinando II,  Carlo  V  e  Filippo  11,  che  non  risi>ettarono  mai 
i  diritti  di  alcuno,  e  molto  meno  i  diritti  dei  popoli,  rispet- 
tarono però  sem}>re  la  costituzione  di  Sicilia  e  la  manten- 
nero sempre  nello  stato  in  cui  la  trovarono  nel  salire  al 
trono  >  (3). 

Nei  paramenti  si  trattavano  affari  riguardauti  la  difesa 
del  regno,  l'ordine  pubblico,  la  giustizia,  i  tribunali,  l'am- 


(1)  Ref/iii  Siciiidi'.  Capii iiUi.  Cap.  101  di  re  Giovanni.  —  La  deputa- 
zione, Becondo  il  MoNorrouE,  l'arlnmenti  generali,  eie,  I,  83,  ebl>e  forma 
•  li  nia}j;istint()  soltanto  nei  1570.  -  Cfr.  F.  G.  L\  Maxtia,  [Parlamenti 
del  lìet/no  di  Sicilia  e  'jli  olii  inediii  0541  e  1594),  Torino.  Fratelli  Bocca. 
l.S««;  ]»]).  :mo. 

('J)  NnoLÒ  Pai.mikhi,  Sìkjì/ìo  sUniio  *■  politiro  nulla  contituziour  del 
Heyno  di  Sit-ili<i  in  fino  ni  fs/fì.  i-tv.  Losjinna.  Hoiiaiiiici  e  (!oinpagni,  1847; 
p.  H2. 

(3)   Fai.mikki,  up.  e//.,  p.  (J4. 

Arvh.  JStvr.  8i<;.  N.  S.  Anno  XXX.  28 


422       IL   GOVERNO   DI    DON   FERRANTE   GONZAGA   IN    SICILIA 

ininistrazloue  e  aiiclie  occasionali,  particolari  bisogni  delle 
città  (1).  Essi  detcrnìiiiavauo  i  ricliiaini  e  le  proteste  da  fare 
e  i  iiiiglioraiiieuti  e  le  riforme  da  proporre,  sotto  forma  <li 
capitoli,  che,  approvati  dal  re,  acci uista vano  forza  di  legge. 
Per  altro  il  re  poteva  respingerli,  o  approvarli  solo  in  parte. 
Ma  la  funzione  j)iù  importante  dei  parlamenti,  e  per  la 
cosa  in  se  o  per  il  modo  e  le  forme  onde  sì  es])li(';iva  in  essi 
il  potere  legislativo,  era  lo  stanziamento  delle  imposte,  dis- 
simulat'e  sotto  il  nome  di  donativi,  tributo  pecuniario,  sosti- 
tuito ai  fìssi  e  larghi  proventi,  coi  (piali  una  volta  si  prov- 
\edeva  alle  spese  pubbliche.  Ma  era  cura  dei  parlamenti  di 
collegare  strettamente  i  donativi  ai  capitoli  per  modo  che 
la  concessione  degli  uni  potesse  portare  all'  approvazione 
degli  altri.  Né  mancavano  opposizioni  o  ritìnti  di  conceder 
donativi,  come  non  rifuggì  il  governo  dal  ricorrere  talvolta 
alla  forza  })er  ottenerli  (2).  Però  in  generale  i  viceré  si  as- 
sicuravano la  maggioranza  dei  snftragi,  influendo  sulle  no- 
mine del  braccio  demaniale,  ai)poggiandosi  alternatamente 
su  questo  o  cpiel  braccio,  di  cui  si  potevano  guadagnare  le 
simpath',  presentando  le  richieste  in  modo  da  far  ])arere  in- 
decoroso il  ritinto,  cattivandosi  i  rappresentanti  di  Palermo, 
che  gli  altri  per  solito  seguivano  ,  non  convocando  il  par- 
lamento senza  prima  essersi  assicurato  il  favore  della  mag- 
gioranza, e  così  di  seguito  (3).  D'ordinario  i  donativi  erano 

(1)  Nei  tempi  iintichi,  oggetto  delle  cure  dei  jmrlanieiiti  eniiio  le 
grandi  iiuintioni  toecauti  lo  stato  e  la  uazione.  Poi  questi  consessi  fu- 
rouo  ridotti  (juiihì  eHcIuHivanieute  airuAìt-io  di  approvare  i  donativi.  In- 
fine rivolwn»  la  loro  attenzione  anche  ad  argomenti  di  minima  impoi- 
tanxa. 

(2)  Nel  1522,  ;;enerale  essendo  la  miseria,  si  tentò  di  negare  il  do- 
nativo. Mu  i  principali  oppositori  furono  inc^ircerati  «  in  pena  di  essersi 
fatti  Mentire  più  ilegli  altri  ».  (ì.  M.  ('.muso,  Mcmtniv  hintorichc,  c/c,  I, 
187.  (M'r.  (,'.  Cai.ishk,  Stm-ia  tivl  l'arln»nuU>  in  Sirili)i.  Torino.  |XS7.  |»ii- 
ginn  1:M{. 

uH)   Don   ScM'io  ih   (ja.mho,  Armliiiii'itli  (ti  Si,/.  M<in' A  tilonio  Culouini 
i/mmtlo   andò    Virt'    Uè   ili    Shilùi,  *'/r.,  in  v<  S<icondtt    l'arte  del     Tliesoro 
l'ulitiro  ».  Milano,   Bonlone  e  l.o.arni.   ItidI  :  j.p.  459-4HS.  (M'r.  I.   L\  Li 
MIA,  op.  d/..  Ili,  2.'{. 


DAL  1536  AL  1543  423 


pagati  uel  iieriodo  di  tre  anni,  cioè  nell'intervallo  fra  l'uno 
e  1'  altro  parlamento,  in  rate  ,  dette  dande  o  tande  (1),  ma 
(jualclie  volta  il  termine  veniva  abbreviato.  Così,  p.  es.  il 
viceré  don  Ugo  di  Moncada  nel  1514  ottenne  che  i  trecento 
mila  tiorini  concessi  fossero  riscossi  subito  dai  suoi  collet- 
tori (2). 

La  distanza  di  tempo  fra  l'uno  e  l'altro  parlamento  diede 
origine  a  una  legislazione  speciale,  quella  delle  prammatiche 
sjinzioni,  che  dal  regno  di  (ìiov^anni  in  poi  cominciarono  a 
far  parte  della  legislazione  siciliana.  Erano  leggi,  che  re  e 
viceré  pul>blicavano  nell'  intervallo  tra  i  parlamenti  senza 
il  consenso  degli  stessi,  ina  i)er  ]U'ovve<lere  a  necessità  del 
governo.  Per  altro  n<m  si  trattava  <li  atti  arbitrari,  che  o- 
gnuna  di  tali  prammatiche  veniva  promulgata  <.  dietro  un 
voto  di  tutto  il  corjw)  de'  magistrati  di  Sicilia,  che  tutti  la 
sottoscrivevano»  (3).  E  del  resto  solo  il  parlamento  ì)oteva 
abrogare  i  capitoli  a])provati ,  o  dispensare  dall'  osservarli, 
essendo  esso  rimasto  semju'e  la  sola  e  vera  espressione  le- 
gale della  universale  e  concorde  vcdontà  del  i)opolo  sici- 
liado  (4). 

\'.       Le    entrate   <M*dinarie   dello   stato    comprendevano 


(1)  MoNuiTORE,  Parìom.  Gener.,  I,  HH. 

(2)  Ivi,  I,   U9. 

(3)  Palmieri,  oj>.  vii.,  pag.  B(). 

(4j  1.  La  Lumia,  Stur,  SU-iì..  IH,  22-:i.  —  Per  la  storia  del  parlamento 
sifiliauo,  uoii  ostaute  l'opera  pregevole  del  prof.  C.  Calisse,  già  citata, 
i  fonti  più  eospieui  ed  utili  restano  pur  sempre  le  classiche  opere  degli 
scrittori  siciliani  dei  secoli  XVII-XIX,  e  specialmente  <p»elle  del  Mongi- 
roKE,  Mem.  tutor,  dei  Istriani,  (premesse  alle  raccolte  dei  parlamenti 
nelle  edizioni  del  1717  e  1749;  del  Dì  Blasi,  Stqr.  vìoii.  dei  Viceré  di 
SicilUi,  ctc.  Palermo,  1790  (1  ediz.)  e  1843  (2  ediz.)  e  Storia  cir.  del  Retj. 
di  Sic.  Palermo,  lSt)2-<)4:  del  Gkkcjorio,  ('on siderazioni,  etv.,  e  del  Pal- 
mieri, Stufyio  stor.  e  polit.,  etv.  —  Chi  desideri  maggiori  notizie  consul- 
terà con  molto  vantaggio  il  lavoro  del  aig.  F.  (4.  La  Mantia,  /  Parln- 
luenti  dei  Heq.  di  Sivil.  <■  fili  atti  inediti  (1541  e  1594),  Torino,  Bocca, 
188(). 


424       IL  GOVERNO  DI  DON  FERRANTE  GONZAGA  IN   SICILIA 

le  «  ragioni  delle  extruttioni  di  fruuieiiti  >,  le  gabelle  e  i  red- 
diti delle  dogane  o  tutti  gli  altri  diritti  regali,  come,  p.  es., 
i  frutti  dei  vescovati  vacanti ,  gli  utili  della  santa  ci'ocia- 
ta  (1),  le  coutische,  derivanti  da  condanne  penali,  le  pre- 
stazioni feudali,  etc.  Le  straordinarie  si  riassinnevano  (piasi 
tutte  nei  donativi  e  nel  così  detto  nuovo  imi)osto    . 

Com'è  noto  i  donativi  rappresentavano,  in  certo  modo, 
le  antiche  collette,  con  questo  di  nuovo  che  si  potevano  con- 
siderare come  pagamenti  fatti  dal  regno  spontaneamente 
in  soccorso  del  sovrano,  fuori  dei  casi  stabiliti  dalle  leggi. 
La  parola  venne  in  uso  al  tempo  di  re  Alfonso  d'Aragona 
ma  il  fatto  esisteva  già  prima.  1  <lonativi  erano  ordinari  e 
straordinari.  Fra  gli  straordinari  si  devono  comprendei'e 
le  antiche  contribuzioni  feudali  (adiiitori  e  ,sussidi) ,  costi- 
tuite dalle  tasse,  che  1  baroni  si  im])onevano  particolar- 
mente per  alcuna  speciale  ragione,  come,  j».  es. ,  i  r)0()00 
ducati ,  otterti  separat^nuiute  nell'  ultimo  parlamento  del 
1535  (2).  Il  donativo  vero  e  proprio,  ipiantunque  offerto  da 
tutti  e  tre  i  bracci  del  parlamento,  era,  in  realtà,  pagato 
quasi  interamente  dal  braccio  demaniale.  Il  clero  era  ,  in 
questo  tempo,  gravato  solo  per  uuji  quinta  parte.  Alla  loro 
volta  i  baroni,  che ,  nei  casi  speciali  testé  ricordati ,  paga- 
vano a  parte  e  indipen<leiitemeute  dai  loro  vassalli  la  som- 
ma ,  di  cui  si  tassavano  ,  erano  esenti  dal  ])agameiito  del 
donativo,  |)erchè  obbligati  al  servizio  militar*^  secondo  l'an- 
tico diritto  feudale.  La  «piota  assegnata  al  braccio  militare 


(1)  La  muti  ili!)  (Irllii  «loiiicnira  dì  sclhia^esiina.  as'eva  Iiio^o  una  pro- 
reHHioiH-  |*«T  la  l»olla  «Iella  salita  «Toriata  a  PaU'rmo.  «  K  \)vr  csscì-  «iiu'sta 
o|M-ia  tanto  (li-jjua  sì  |»«r  li  tanti  Privileggij  et  iudulj^eiiice  «-In'  si  «•«Hiticiic 
«•«uiH'  |HT  iiotuliil  s«!rvitio  «'Ik'  ù  Sua  Maestà  (7at«>li<'a  ne  r«'snltn  ,  <•  p«T 
h'ttri'f  particola  ri  <-on  le  (|uaii  suole  raf<-«>inaiulnrla  al  Senato,  costiiinM 
y  ìnUiHMt  Senato  «!' intervenirvi  ».  Hai.omonk-Maimno  ,  Cn-emoiiiali'  ilflln 
frìiff  t-lthì  di  l'tilttniio,  in  «  Documenti  per  servii»*  alla  Storia  di  Sicilin  », 
4.»   wM-ie,   voi.   III.   l'alernu»,   1S9.")  »•   IS»!>:   pa>f.  M. 

(2)  MuNoiTOKK,   /'ariani,  (ienei.s   I,   IHK. 


DAL  1535  AL  1543  425 


era  invece  pagata  dalle  terre  baronali  da  esso  rappresen- 
tate. Jl  donativo,  appnnto  ])erehè  non  obbligatorio  per  leg- 
ge ,  ma  chiesto  (^  concesso  jier  ragioni  del  momento ,  era 
dato  liberamente  alla  persona  del  re,  sì  che  il  sovrano  po- 
teva disporne  a  sno  beneplacito.  Ne  seguiva  che  esso  <li  so- 
lito andava  a  finire  in  Tspagiia  ,  senza  alcnn  benefìcio  per 
la  8i(;ilia  ,  la  qnale  così  era  costretta  a  dare  <li  nnovo  da- 
naro ogni  qual  \olta  occorresse  provvedere  alle  necessità 
del  paese  (1). 

Variabilissimo  era  stato  il  valore  del  donativo  i>rinia 
del  1500.  Nel  1488  furono  dati  cento  mila  fiorini  (2);  nel  1499 
duecento  mila  (3);  nel  1502  si  arrivò  a  trecento  mila  fio- 
l'ini  (4).  Più  tardi  ne  furono  concessi  anche  in  maggior  mi- 
sura. Il  peso  veniva  ripartito  fra  i  vari  comuni  per  fuochi 
e  per  anime.  1  magistrati  municipali  tassavano  con  dazi 
sul  consumo  o  con  imjjosta  di  testatico.  Il  clero,  per  ado- 
perare una  frase  del  tempi»,  pagava  di  borsa.  In  fondo  più 
gravati  erano  sempre  i  più  poveri  (5). 

TjC  tratte  %  ossia  il  dazio  di  esportazione  sui  grani  (fi), 
costituivano  la  parte  più  cospiciui  delle  rendite  pubbliche. 
Lo  stesso  Gonzaga  le  proclama? va  «le  più  certe  et  più  vive 
entrate  »,  che  avesse  lo  stato  (7).  Gioverà  quindi  farne  cenno 
con  maggiore  larghezza. 


(1)  MoNGrroKK  A.,  Parlam.  (ien.,  I,  75.  C.  Calisse  ,  op.  cU.,  pp.  9(» 
e  172-4.  UosARK»  Greoouio  ,  Cousidtras.  etc.  op.  cU.,  51-i  e  segg.  I.  La 
Lumia,  8tov.  SiciL,  III,  214-5. 

(2)  MoNGiTOUE,  op.  cit.,  I,  lOH. 

(3)  Ivi,  1,  120. 

(4)  Ivi,  I,  124. 

(5)  R.  (tRegorio,  loc.  cit.  —  Cfr.  L  La  Lumia,  op.  cit..  Ili,  32-3. 

(6)  Chiaiiiavasi  «  trattit»,  in  ditte  rcnteinente,  tanto  LI  dazio  «{uaiito  ogni 
salma  di  frumento,  od  ogni  duo  salme  di  orzo  e  legumi,  clie  si  esporta- 
vano. MONGiTORE,  Pari.  Gen.,  I,  220. 

(7)  E.  Costa  ,  Registri  di  Lettere  di  Ferrante  (ronzaya  ,  pubblicati  a 
cura  della  IL  Dep.  di  Star.  Patria  delle  prov.  Parmensi.  Parma,  Battei,  1889; 
pag.  60. 


426       IL  GOVERNO  DI  DON  FERRANTE  GONZAGA   IN   SICILIA 

Salvo  uu  dazio  ordinario,  fissato  in  forma  definitiva  sotto 
il  re  Alfonso  a  tari  ')  e  livana  5  ogni  salma  i)er  ^'al  Maz- 
zara  e  a  tari  4  per  \'al  di  Noto  ,  la  esportazione  dei  fru- 
menti era  stata  ah  antiquo  libera.  Col  tempo  ,  mentre ,  sia 
per  Vanmeutato  commercio  dei  grani,  sia  anche  per  la  fa- 
cilità e  la  sicurezza  della  riscosssione ,  al  dazio  vecchio 
e  fìsso  già  esistente  se  ne  aggiungeva  un  altro,  che  prese 
il  nome  <li  e  nuovo  imposto  >^^,  si  cominciò  anche  a  ju-oibiie 
di  tanto  in  tanto  l'esportazione,  ora  nella  speranza  di  meglio 
speculare  sul  commercio  dei  frumenti,  ora  in  quella  di  evi- 
tare all'isola  i  danni  della  carestia  (1).  Nel  parlamento  del 
1515  fu  chiesto  il  ristabilimento  dei  capitoli  di  Alfonso  e 
Giovanni  sulla  libera  esportazione  delle  vettovaglie  da  ogni 
porto  del  regno.  Ferdinando  il  cattolico  consentì  che  fos- 
sero ai)erti  i  caricatoi  e  i  poi'ti  del  regno  alla  esportazione 
per  luoghi  uoii  proibiti,  salvo  casi  speciali  di  ragioni  di  stato 
e,  nello  stesso  teinpo ,  tìssanch)  <li  suo  arbitrio  il  valore 
reale  del  grano  a  18  tari  la  salma,  aggiunse  che  non  si  po- 
tesse colpirlo  col  nuovo  imposto  finché  non  raggiungesse 
quel  prezzo  (2).  Pur  tuttavia  continuarono  gli  abusi.  8i 
giunse  ad  elevare  il  nuovo  imposto  sino  a  1<S  tari  hi  salma. 
Alh;  (luerele  del  parlamento  Carlo  \'  rispondeva  nel  1523 
in  modo  evasivo  (;i).  Solo  (piando  si  toccò  con  mano  che 
quel  sistema  allontanava  i  compratori  dalla  Sicilia,  favorendo 
i  porti  stranieri,  si  pensò  di  cercare  qualche  rimedio,  (^osì 
nel  1527  si  stabilì  che  non  si  ])roibissero  le  esportazioni  e 
che  il  nuovo  imposto  non  si  aggiungesse  al  vecchio  dazio 
ordinario  se  non  (piando  il  valore  dei  frumenti  su[>erasse 
i  18  tari.  Ma  il  viceré  duca  di  Monteleoue  j)eggiorò  ancora 
le  condizioni  del  nnircato  nel  1521>  calcohindo  ugualmente 
la  salma   liiossa  e  (piella  geiiei-ale,  mentre  (luestacoiiteiieva 


(1)  lUy.  'S'iV.  C'ap.f  fup.  2H  di  rt;  AlfoiiMo  e  27  di  re  Giovanni, 
Ci)  Ivi,  i;a|>.  84  di  rv.  Ferdinando. 
(8)  Ivi,  c«p.  .VJ  di  Curio  \'. 


t)AL  1535  AL  1543  427 


4  tomoli  in  iuei)o ,  e  ordinaudo  che  .si  tenesse  conto  non 
(Iella  misura,  sì  bene  del  j)rezzo,  il  che  era  proprio  iniquo 
e  sorgente  di  inconvenienti  e  ingiustizie  senza  fine  (1). 

Più  tardi  si  determinarono  12  caricatoi  principali  e  si 
raccolse  la  medi;i  delle  esportazioni  di  un  novennio  (1521- 
.■)0),  nella  speranza  di  meglio  regolare  la  materia  in  avve- 
nire. E  tuttavia  non  andò  molto  che  il  nuovo  imposto  ve- 
ni \  a  elevato  sino  a  3  scudi,  ossia  a  3H  tari  la  salma  (2). 

li  i)arlamento  del  1535,  jille  altre  raccomandazioni,  ag- 
giunse qiu'lla  di  stabilire  una  scala  mobile  per  la  imposi- 
zione del  dazio  straordinario  d'uscita.  Ma  anche  qui  il  so- 
vrano risjjondeva  che  ordinerebbe  al  viceré  di  provvedere 
secondo  le  circostanze  (3).  Metodi  né  equi  né  razionali  , 
dunque,  incertezze  e  alternativa  continua  di  provvedimenti 
<)  troj)po  rigidi,  o  tropjK)  rilassati,  pur  tacen<lo  delle  innu- 
nu'ri  altre  diftì(;oltà  e  noie  che  inceppavano  le  esportazioni 
aumentando  sempn»  la  gfi-avezza  delle  spese,  concorrevano 
a  <lei)riniere  l'agri(M)ltura  e  il  commercio,  le  due  ]mi  abbon- 
danti e  sicure  fonti  di  ricchezza  <lell'isola. 

Fatta  eccezione  dei  donativi  offerti  liberamente  alla  per- 
siMia  del  sovrano,  tutte  le  rendite  pubblicdie  dovevano  es- 
sere adop<'rate  al  mantenimento  delle  amministrazioni  e 
alla  difesa  dello  stato.  Né  parte  alcuna  del  patrimonio  re- 
gio potexasi  alienare  (4)  «  per  altra  causa   che   per  deffen- 


(1)  Ili,  cap.  171  (li  re  Cailo,  del  1535. 

(2)  Reyvi  Siciliae  Pragmaticarum  Sanctiomtm,  eiv  Tomo  II,  tit.  18, 
prillimi.  2.",  pp.  224-5,  Venezia,  1574.  Cfr.  L.  Bianchini,  Della  Si  or.  econ. 
e  di',  della  Sicilia,  cit..  I,  238  42. 

(3)  Il  parlamento  proponeva  che  il  nuovo  imposto  non  potesse  supe- 
rare i  tari  2,  quando  i  frumenti  nella  maggior  parte  dei  caricatoi  vales- 
seri)  da  IS  a  22  tari  la  salma:  i  t^irì  4,  quando  valessero  da  22  a  2H  ;  i 
tari  f),  se  il  valore  restasse  fni  i  2H  e  i  30  tari  ;  e  che,  solo  se  il  prezzo 
superasse  i  30  tari  la  salma,  non  vi  fosse  limitazione.  Reg.  Siril.  Capii., 
cap.  72  di  re  Carlo. 

(4)  Reg.  Sicil.  Capii.,  Cap.  9  di  Giacomo,  1"  di  Martino,  357  e  423  di 
Alfonso,  19  di  Giovanni. 


428      LL  GOVERNO  DI   DON  FERRANTE  GONZAGA  IN  SICILIA 

sione  d'esso  *  (1).  Col  reddito  straordinario  del  nuovo  im- 
posto, il  quale  del  resto  era  senij)re  incerto  e  aleatorio,  si 
taceva  fronte,  in  ovioine,  a  spese  straordinarie  ini])reviste  e 
UDche  alle  eventuali  detìcienze  dei  redditi  ordinari.  Mn  ben 
presto  esso  fu  adoperato  quasi  sempre  e  quasi  interamente 
a  vantaggio  esclusivo  del  sovrano,  per  pagare  i  soldati  si)a- 
g'Duoli,  fornir  biscotti,  mandare  grani  nella  Spagna,  o,  quelli 
comprati  altrove  ,  pagarli  in  vSicilia  e  per  altre  molte  oc- 
correnze (2).  D'altra  parte  il  bisognò  sempre  rinascente  di 
«ìauaro  per  sopperire  alle  si)ese  delle  interminabili  guerre 
aragonesi  e  castigliane,  indussero  i  Sovrani  a  metter  mano, 
nonostante  le  leggi  <la  essi  reiteratamente  confermate,  nel 
patrimonio  reg:io  e  nel  pubblico  <lemanio,  alienando  senza 
riguardo  beni  e  rendite  ,  e  costringendo  per  tal  via  i  par- 
lamenti a  conceder  sempre  nuovi  sussidi  e  donativi  per 
ricomprare  il  venduto.  In  ultimo  i  parlamenti  stessi  auto- 
rizzarono silfatte  vendite.  Ma  in  quello  del  1528  fu  anche 
stabilito  che,  a  tutela  dei  compratori,  esse  dovessero  essere 
autorizzati^ ,  accettate  e  ratilicate  dalla  rappresentanza  del 
regno  i)erchè  non  potessero  essere  impugnate  come  fatte 
in  opposizioiìi'  ai  (capitoli  e  ])rivilegi  «lei  regno  (3).  Era  un 
freno  di  cui  i  viceré  non  tardarono  a  sentire  rettìcacia,  <» 
contro  il  (piale  spesso  si  trovarono  <lisarm4ti,  troppo  grande 
essendo  la  resistenza  dei  compratori  quando  manca\'a  (piella 
clausola  (4).  Il  i)eggi<)  poi  era  che  tutti  gli  espedienti  u- 
sati  per  raccoglier  denaro  in  cAsi  urgenti ,  che  non  erano 
né  pochi  uè  rjiri,  portavano  l'impronta  del  male  d'  {U'igine 
cioè  che  vi  si  <loveva  ricorrere  p<'r  necessita,  non  ])oten(l() 


(1)  E.  Costa,   Heijintri  «ìi  IH  te  re,  ctc,  pajr.  M. 

(2)  I.  (i.  Cakkki,  Iteluzionv  delle  cose  ài  HìvUìh,  /alta  <la  I).  Fcrranlc 
tÉontnija  air fmpt'iuitore  Carlo  V  nel  1646.  Pnltirnio.  tip.  «  Lo  Statuto», 
1H9«;  piiK.    1!». 

(.S)  Mo\<irroKK  ,  l'arUim.  dm.,  I,  I7(l.  ("IV.  ('.  Caì.i.s.sk  .  Siar.  ilei 
l'arUim,  kt  .VÌo.,  p.  158. 

(4)  E.  Conta,   1{«gi$tri  tlt  lettere,  eie  ,  pp.  'M-'M\. 


DAL  1535  AL  1543  429 


l)r()vvede>ve  altrimenti.  Eni  eostuiite  1'  altalena  tra  la  ven- 
dita di  teii'e  demaniali  e  l'accezione  in  demaniali  di  (luelle 
baronali,  clu^,  per  riscattarsi  dalle  angherie  dei  fendatari  , 
si  mostravano  disposte  a  pacare  forti  somme  di  denaro,  di 
(•ni  nna  hnona  i)arte  andava  al  ttsco.  Si  vendevano  ^ii  nt- 
tici  e  le  cariche  pnlibliche  e  anche  se  ne  (Mvavano  di  nuo- 
ve per  far  quattrini.  Persino  1'  amministrazione  della  giu- 
stizia si  sfruttava  allo  stesso  scopo  ,  mediante  componi- 
menti, che,  diminuendo  o  condonando  addirittura  le  pene, 
assicuravano  al  legio  erario  somme  più  o  meno  cospicue. 
Spesso  poi,  in(;alzando  il  bisogno  ,  e  non  [K>tendosi  aspet- 
tare il  termine  fissato  pei  pagamenti ,  se  ne  procurava  la 
riscossione  immediata,  o  a  breve  scadenza,  con  operazioni 
finanziarie  non  sem])re  facili  a  conseguirsi,  ma  sempre  one- 
rose. E,  in  generale,  e  dazi  e  gabelle  erano  «  vendute  >>, 
ossisi  date  in  ai)palto,  in  tutto  o  in  jiart*»,  in  tal  forma  per 
mi  tempo  determinato. 

(^)uali  e  «pianti  danni  siffatti  «-omidicati  e  ]k)co  razionali 
congegni  dovessero  arrecare  alla  pubblica  economia  del  re- 
gno, ognuno  può  facilment<'  intendere. 

\^I. —  Molto  difettoso,  come  del  resto  anche  altrove, 
in  <iuel  tempo,  era  l'ordinamento  dell'amministrazione  giu- 
diziaria. La  riforma  <lel  1440,  che  ju'cse  nome  dal  re  Alfonso, 
assicurava  t>  vero  una  procedura  giudiziaria  regolare  ,  che 
ovviava  a  non  pochi  difetti  ed  abusi  dei  tempi  anteriori  (1); 
ma  ben  presto  le  venne  uxmìo  (piasi  ogni  efficacia,  sia 
])er  la  debolezza  del  governo  di  fronte  alle  prepotenze  ba- 
ronali, sia  per  effetto  di  (iavilli  ed  arbitrarie  interpretazioni, 
che  ne  alteravano  la  natura  sostanzialmente.  Ben  tentò  il 
viceré  Ettore  Pignatelli,  duca  di  Monteleone  (1517-1535), 
di  ristabilirla  nella  sua  forma  originaria,  ma  senza  eftetto  (2). 


(1)  Fu  couìpihita  <la  Nardo  «li  Bartolouu-n,  protonotHvo  »lol  refluo.  Vt'v. 
Eeg.  Sic.  Capii.,  oap.  369  di  re  Alfonso. 

(2)  L.  Bianchini,  op.  cit.,  I,  177-8. 


430       IL   GOVERNO   DI  DON   FERRANTE   GONZAGA   IN    SICII.tA 

E  Ognuno  può  in)uiaginare  a  «luale  (M)nfu.sioue  ><i  fosse 
<»:iunti  sol  che  ricordi  che,  al  desiderio  di  conoscere  i)erso- 
ualiuente  e  porre  rimedio  alle  condizioni  poco  liete  dell'i- 
stituto giudiziario,  Carlo  V  attribuì  i>riucipal mente  la  ra- 
gione della  sua  visita  alla  Sicilia  (1).  I  mali  ])egoiori  deri- 
vavano dal  fatto  che,  ridendosi  i  nobili  delle  ])ene  commi- 
nate dalle  leggi  contro  i  trasgressori,  tacevano  a  gara  nel 
dare  tisilo  ai  malfattori,  i  (piali  pagavano  la  protezione  loro 
acxiordata  aiutando  i  signori  a  compiere  ogni  sorta  di  pre- 
potenze e  ribalderie  (2).  Ma  molto  vi  contribuiva  la  venalità 
delle  magistrature.  ('Onie  non  doveva  vendere  la  giustizia 
chi  aveva  comprato  il  diritto  di  Amministrarla  !  Le  (pierele 
dei  parlamenti  e  la  buona  volontà  dei  governanti  a  nulla 
potevano  giovare  (;3). 

Un  tribunale  unico,  la  magna  curia  o  gran  corte,  coni- 
jKìsto  da  (piattro  giudici,  compreso  un  avvocato  fiscale  scelto 


(1)  «  Crebbe  molto  questa  nostra  voliiutà  vedemlo,  et  udendo  <li  giorno 
iu  giorno  graude  et  spesse  querele  di  le  cose  di  la  lusticia,  come  de  altre 
molte  cose  qui  s<!  huvevano.  et  hanno  necessiirianiente  de  rcnuMliarc  in 
questo  Regno....  Il  nostro  intento  fu,  et  è  dapoi  di  luivervi  visitati,  at- 
tendere a  tutte  le  cose,  che  convengano  al  benetìtio  vostro,  et  del  Regno, 
roKMÌ  en  lo  (|ue  ha  respetto  a  la  .lustitia,  la  (juale  .secondo  fuiui<>  ndver- 
(iti,  ha  multa  necessità  di  reniedio,  ne  la  (juale  ce  siamo  de  poi  de  no- 
stra venuta  confìrmati  talmente'  ,  che  si  non  per  altro  ,  solo  per  (piesto 
efretk»  havemo  di  bavere  molt«»  cara  la  nostra  venuta...  ».  MoNcnroRE  , 
rari.  Gen.,  I,  196. 

(2)  I.  La  Lumia,  8t(yr.  SiciL,  111,  'M). 

(3)  L'  uso  di  vendere  a  vita  per  danaro  ,  o  di  ihire  in  pegno  urtici  e 
magistrature  annuali,  si  lanuuitava  già  al  teni])o  di  Alfonso  <r/\rag<Mui. 
Heg.  Sicil.  Vapit.,  capii.  429.  ('fi.  U.  (xREOORIo  ,  Comìderaziom  ,  etc, 
pag.  479,  e  L.  ItiANoniNi  ,  op.  <it.,  I.  17S.  —  Il  capitolo  r)(>  di  re  trarlo 
«lei  ir)2.S,  che  attesta  la  concessi<uie  <lì  ottici  «per  iiiezo  di  alcuni  resi- 
lienti in  sua  H«!al  (!orti  »,  minac(;iava  gravi  pene  ai  mercatori  di  magi- 
nlralure,  proibendone  il  con«lono  o  la  c<mipo8Ìzione.  Il  La  Mantia  (Vito), 
Storia  tlelUi  InjinL  ete.,  nega  p<!r  gli  urtici  di  nnigistrato  la  venalità,  clu^ 
ammetttt  \H'V  gli  altri  uffici,  nui  a  torto.  Kgli  d«'l  resto  è  troppo  propenso 
a  veder  i-on  occhio  favorevole  tutto  ci("»  che  si  riferisce  mHìi  legislazione 
•iciliaua.  Cfr.,  iu  particolare,  voi.  li,  pp.  201-2. 


DAL  1535  AL  154;^  431 


a  vita,  e  prescìecliito  dal  luo^'otenente  del  maestro  joiiisti- 
ziere,  durante  in  carica  conio  i  ^ induci  un  triennio,  trattava 
tanto  le  cause  civili  (juanto  le  criniinjili.  ?]  alla  magna  curia 
erano  soggetti  anche  i  baroni,  essendo  ornai  andata  in  di- 
suso l'antica  consuetudine  normanna,  confermata  dalla  co- 
stituzioue  di  Federico  II  aragonese  (ut  unirernH),  che  cioè 
i  haroui  nel  criminale  non  potessero  essere  giudicati  se  non 
da  loro  pjiri,  e  la  corte  dei  dodici  pari,  concessa  dagli  sta- 
tuti del  121H)  (1),  come  risulta  evidente  dal  tenore  del  ca- 
])itolo  undicesimo,  ])roposto  e  accettato  nel  parlamenro  del 
151 S  (2). 

Un  altro  tribunale,  detto  magna  curia  dei  maestri  ra- 
zionali e,  poi,  doj)()  la  riforma  del  1485,  al  tempo  di  Fer- 
dinando il  cattolico,  chiamato  regia  camera  «'  tribunale 
del  patrimonio,  invigilava  su  le  rendite  e  le  spese  dell'erario 
regio,  rivedeva  i  conti  delle  imbbliche  amministrazioni  e  , 
in  generale,  trattava  le  cause  e  le  quistioni  riguardanti  le 
tinjuize  dello  stato,  tranne  s'intende  la  parte  spettante  alla 
<leputazione  del  regno,  la  quale  invece  ri})artiva  le  iniposte, 
regolava  le  riscossioni,  eseguiva  le  spese  ,  etc,  con  piena 
autorità  senza  controllo.  Esso  era  (^omi)osto  da  un  presi- 
dente, un  conservatore,  un  consultore,  ciuattro  maestri  ra- 
zionali e  un  giudice,  tutti  permanenti  e  fissi;  e  da  esso  di- 
pend(!vano  il  maestro  segreto,  preposto  a  tutte  le  secrezie 
o  dogane  (eccetto  «pielle  di  Messina,  Catania  ,  Siragusa  e 


(l)~liey.  Su-,  Capii.,  cap.  1",  2"  e  8"  «li  ve  Federico. 

(2)  Ivi,  cap.  Xi  di  re  Carlo,  «  Item  ,  supplica  el  dicto  Regno  vostra. 
Catholicu  Majestà,  li  plaza  peruiictiri,  che  li  Spectiibili  Marchisi,  Conti, 
et  Baruni  di  vassalli  del  Regno,  quando  su  citati  Criminalimenti,  ad  luinus 
hagiano  deci  iorni  ili  termino  ad  coiiipariri  post  <'itationeni,  attento  che, 
essendo  persimi  nobili  et  .Magnati,  non  ponno  <li  continenti  cavalcari,  et 
partirisi  :  immo  che  in  dicto  termino  si  possano  raectiri  in  ordini  per  ve- 
niii  a  la  dirti,  et  presentarisi.  —  J^lacet  Ber/iae  Mai-eatatt  ,  nisi  ex  causa 
necensaria  aliter  videatur  Vi<-ere<ji».  —  Cfr.  I.  La  IjUMIa  ,  Sfur.  Sicjl., 
Ili,  229.  Jl  ViLLAiuANCA  ,  Notizie  Storiche,  etc,  op.  cit.,  Vili",  47,  è 
d'altra  opinione. 


432       IL  GOVERNO   DI  DON   FERKANTE  GONZAGA   IN   SICILIA 

Termini),  il  maestro  portulaiio  sopraiuteiidente  ai  caricatori 
e  alle  esportflzioni,  il  luogotenente  delle  tìsealie,  quello  che 
più  tardi  fu  detto  il  commissario  della  mezza  annata  (l), 
il  tesoriero,  il  conservatore  e  tutti  ^li  altri  funzionari  era- 
riali (2). 

Questi  tribunali  avevano  «iurisdizione  su  tutta  l'isola,  e 
seguivano  il  viceré  nei  mutamenti  di  residenza  ,  avendo 
(piello  in  essi  ingresso  e  suffragio.  Ma  dall'uno  come  dal- 
l'altro si  poteva  appellare  al  tribunale  supremo  detto  della 
sacra  regia  coscienza,  composto  dal  viceré  e  da  due  o  tre 
altre  persone  curiali  idonee  (3).  Le  città  del  regno  avevano 
altri  tribunali  e  gimlici  di  grado  inferiore  ,  dai  quali  era 
consentito  l'appello  alla  magna  curia.  II  grande  ammiraglio, 
il  maestro  portolano  e  il  maestro  secreto  avevano,  alla  loro 
volta,  giurisdizione  speciale  sui  loro  rispettivi  dipendenti, 
limitata  agli  atti  ]n'opri  dell'uttìcio  di  ciascuno.  La  giu- 
risdizione inferiore  nei  feudi  spettava  ai  baroni.  Palermo  e 
Messina  godevano  d'un  ordinamento  speciale.  La  ju'ima 
a  ve  Vii  una  corte  di  tre  giudici,  presieduti  dal  capitano  per 
le  cause  penali  e  dal  pretore  per  (]uelle  civili.  La  seconda 
un  tribunale  presieduto  dallo  strafico  (4),  magistratura  an- 
tii'liissima  tutta  speciale  della  cittàdi  Messina,  <la  annuale 
«livenutA  biennale  uel   IT)] 7  (5),  e  sempre  considerata  come 


(1)  Era  uua  specie  di  t^issa  8ti'iU)rdiuuriii  sullo  stipendio  iteli*'  piiiue 
iioiiiine.  Fn  prima  di  un  (|iiinto  ;  poi,  nel  1631,  «Iella  n)t'tà.  L.  Bianchini, 
op.  vit.,  I,  279. 

(2)  I.  La  Lumia,  star.  SiriL,  HI,  27-S.  L.  Hianohini,  op.  <it.,  I,  2«8-9. 
H.  CtREOoimo,  ('<nini<ì.,  oj).  cit.,  pp.  4778. 

(3)  fi  iM'ne  notare  ehe  non  «i  trattava  di  appellazione  ordinaria.  t>i 
ricorreva  iuvece  al  viceré  per  via  di  Ruppliche.  K  il  vic^er^  si  rimetteva 
«piaJciie  v«dta  per  la  de('ÌHÌone  anelie  hI  %hcìo  eonni^lio.  li.  (tkkcìouio, 
(inmitlrrticùnii,  etc.,  pag.  44H. 

(♦)  L  La  Lomia,  Star.  .Vtr«7.,  Ili,  28-HO. 

(5)  (.'on  priviIe>(io  <iat<«>  da  Bruxelien,  ai  lo  febbraio  1517.  «à  f*upli»ii 
Clou  de  la  einjlad  de  Mentina».  .\mi(;o  Antonino,  Breve  notieia  del  (io- 
viemo  del  ettraticò  y  re^a  curia  entralicoviul  lU  la  mvy  nobile  y  Jideliisiina 


DAL  1536  AL  1543  433 


la  più  alta  ed  ouorifìca  <lo[)o  quelle  dei  viceré  di  Napoli  e 
Sicilia  e  del  governatore  di  Milano  (1),  anche  perchè  la  sua 
autorità  giudiziaria  e  militare  si  estendeva  a  tutto  il  ter- 
ritorio messinese  e  a  (piello  di  Val  Demoua  (2).  Tantt)  in 
Messina,  (pianto  in  Palermo,  le  eause  dovevano  essere  giudi- 
cate nella  città  stessa;  e  quelle  di  secondo  grado,  in  asseuza 
del  viceré  e  dei  suoi  ministri,  erano  trattate  da  giudici  nativi 
del  luogo  (8). 

Né  conviene  dimenticar"  i  ca])itani  d'  arme  o  vicari  ,  i 
(piali,  nominati  in  circostanze  siieciali  per  sc^jpi  determinati, 
e  in  generale  i)er  dare  la  ca(;cia  ai  banditi,  erano  investiti 
di  pot(n'i  giudiziari,  sì  che  (mhi  un  proprio  auditore  giudi- 
cavano e  applicavano  anche  le  )>ene  inflitte  (4). 

Nel  parlamento  del  1585,  in  cui  Carlo  V  mostrò  aver 
prese  a  cuore  i)iù  che  altro  le  condizioni  poco  sodisfacenti 
dell'amministrazione  della  giustizia,  furono  ju'oposte  alcune 
riforme,  veramente  opportune  ,  come  la  nomina  di  (I  anzi 
che  di  I  giudici  della  magna  curia,  .'5  per  le  cause  civili  e 
.')  per  le  criminali  (5),  la  istituzione  di  un  tribunale  d'ap})ello 


ciittlad  de  Mhhxìiui  eii  ci  reyno  de  SU-ilin.   in  «  Doc.  per  servire  alici  st<)ria 
<li  Sicilia»,  già  cit.,  4»  serie,   voi.  I.  [a.  1S92],  pag.  4H. 

(1)  «  Es  1»)  niisiiM»   qiu'    eii    Esi)ana    el    Assistente    <le    Sevill;i  >>.    /r/ , 

(2)  «  Sii  cargo  cs  mas  «le  governar  cu  la  paz  qiie  i^ii  la  guerra  ,  con 
todo  que  tiene  estn  potestad  de  Capitan  de  Arinas  indivisible  con  el  <'argo 

de   Estraticò   en  està  ciiidad  y  su  la  couiurca  y  en  Valdeuioua ;  mas 

propriamente  el  Estraticò  de  Messina,  se  deve  iuterpretiir  Magistrato  Mu- 
nicipale, que  Dttj-  uiilitariti  y  Capitelli  de  Armas  ».   Ivi.  pag.  H4. 

(H)  I.  La  Lomia  ,  Star.  SuiL,  III,  30.  ("Ir.  /.V</.  Swil.  Capii.,  cap.  \)\ 
di  re  (Jarlo.  —  Questo  giudice  delle  prime  appellazioni,  istituito  dai  primi 
aragonesi  in  caso  di  assenza  d«'lla  magna  curia  ,  si  trova  poi  anche  in 
Catania,  Siracusa,  'Tiapaiii,  Seiacca  e  Noto.  Amico  Vito,  Votano  illuxtraio. 
Catania,  1741.  Voi.  Il,  pag.  2X0.  R.  Gric(ìorio,  CoitsUhrosioin ,  eie.  op. 
cit.,  474.   Vri'o  La   .Mantia,  sto)^i^l  della  Icfjixlozione,  etc.  II,  ìi)'ì-{]. 

(4)  1.  V.  Cakrki,  Relazione  etc.  pag.  lo. — Cfr.  anche:  I.  La  Lu.mia, 
Star.  Sicil.,   Ili,  27-30. 

(5)  lict/.  Sicil.  (,'apit.,  Cap.   KiS. 


434       IL  GOVERNO  DI  DON   FERRANTE   GONZAGA  IN   SICILIA 

supremo  {((ppeììationis  nvisionis  et  nulìitatis)  (1),  l'abolizione 
(Iella  procedura  ex  abrupto  contro  le  persone  pacitiche  e  o- 
iieste  (2),  e  la  promessa  di  processjire  ,  se  si  presentassero 
entro  un  mese,  juris  et  ritiiH  ordine  sensato,  gli  ac«*nsati  di 
lievi  delitti,  che,  per  sfuggire  alla  procedura  ex  abrupto,  si 
tenevano  nascosti,  acciocché  non  fluissero  col  darsi  anch'essi 
al  malandrinaggio  (3),  oltre  a  lu'ovvedimenti  energici  ])er 
impedire  il  mercimonio  degli  offici  di  giustizia  (4).  Ma  si 
fecero  anche  ])roposte  che,  accolte,  avrebbero  i)eggiorato  il 
male,  come  ,  p.  es.,  cpiella  intesa  a  ridurre  nuovamente  a 
50  once  la  pena  minacciata  ai  ricettatori  di  banditi,  che  il 
viceré  duca  Di  Monteleoue  aveva  stabilito  nella  deportazioiu', 
o  in  lina  multa  di  onze  8(M)  (5),  e  l'altra  che  chie<leva  un'am- 
nistia per  tutti  i  fatti  passati,  salvo  i  diritti  delle  parti  lese, 
e  che  era  cosa  affatto  nuova  e  non  mai  concessa  (fi).  E  parve 
anche  conveniente  chiedere  di  nuovo  la  sindacatura  <lei  ma- 
gistrati sii])remi  uscenti  di  carica,  da  esercitarsi  non  dai 
successori,  nella  cui  imi)arzialità  non  si  aveva  fede,  ma  da 
estranei,  anche  del  regno  di  Napoli,  purché  eletti  dal  so- 
vrano (7):  come  se  l'esperienza  ncm  avesse  già  dimostrato 
la  perfetta  inutilità  d'un  tale  controllo,  risalente  al  regno 
«li  P>derico  imperatore. 

Carlo  V  apju'ovò  subito  la  i»roi)osta  del    sindacato    (8), 
ma  ]>romise  che  avrebbe  regolato  il  resto,  prima  di  lasciar 


(1)  Ivi,  cap.  167. 

(2)  Ivi,  cap.  17r). 

(3)  fri,  cap.  178. 

(4)  /fi,  <ap.  174. 
(ó)  /rj,  cap.  179. 

(6)  /W,  cap.  177. 

(7)  M,  cap.   1(W. 

(5)  Con  vcr«»  Inìmour  nm  <-()iii('ii(ii  il  (ìukcìukio,  iicII»'  (^oiisiilvncioui, 
eir.  (op.  rll.,  pnff.  4X1),  la  condÌKCcndcn/a  «li  Carlo  ^^  p<'i  iis|ntloMl  siii- 
<lH«'at/i.  liei  piirliiriM'iifi  «l('j;li  iiiitii  \M't,  ir»40  e  ir>4(i  :  «  V'ciitnniitc  «iiu'slo 
wivio  piitiri|H-  »^ov«'inav;i«i  lullii  «tcKHa  j^winn  »hc  ^li  avveduti  ed  esperti 
medici,  i  quali  nelle  nialatti«'  inriirulMli  laHciiiii  ì'-mv  iijrli  miii  imiliit  i  ». 


DAL  1536  AL  1543  435 


l'isoln,  con  nuove  ])iiiinmaticlie  (1).  Queste  furono  difatti 
tinuate  a  Messina  il  31  ottobre,  e  pubblicate  dal  Gonzaga 
il  ()  (1(^1  successivo  novembre  (2).  In  sostanza  esse  vieta- 
\ano  al  viceré,  salvo  casi  si)eciali  e  ])revio  consenso  del 
sovrano,  a^li  ufficiali  ret>i  e  ai  baroni  rivestiti  di  giurisdi- 
zione lenitiva  nei  feudi  di  tra  usi  <>  ere  per  danaro  coi  mal- 
fattori (3)  ;  minacciavano  1'  esilio  perpetuo ,  o  la  multa  <li 
()(KM)  fiorini  ai  marchesi,  conti,  baroni,  o  semplici  gentiluo- 
mini e  ai  conduttori  di  navigli  (4)  ,  e  la  pena  caj>itale  e 
l'infanna  agli  ufficiali  regi,  che  accordassero  rifugio  o  as- 
sistenza ai  banditi  (5);  riducevano  da  un  anno  a  (piattro 
mesi  il  termine  concesso  ai  fuorgiudicati  ])er  jnesentarsi 
alle  autorità  ((i);  comminavano  la  i)ena  di  mort<^  a  chi  ni 
associasse  ai  ban<litì  per  dieci  giorni  (7)  ;  imponevano  agli 
ufficiali  regi  e  ai  baroni  godenti  mero  e  misto  imperio  di 
comunicare  in  breve  termine  la  nota  dei  delitti    commessi 


(1)  Al  capitolo  ltì7,  C'iirlo  V  aveva  risposto:  «Su  Ma^estad  cTìtieiide 
con  buena  y  matura  (lelibcratioii  cu  dar  biiciia  forma  ala  administracion 
«loia  IiiHtitia  deste  Hej;no  de  mas  de  las  prajjmaticas.  provisiones,  y  or- 
diiiaciones,  <|iu'  afjora  se  liazen  y  esto  con  UmIh  diligeneia,  y  tendià  me- 
moria «le  lo  que  se  supplica,  y  entre  tanto  manderà  al  Visorey  ,  et  «pie 
]>rovea  lo  qiie  toca  a  este  capitolo,  de  maneni,  «pie  la  Iiistitia  sea  rectn- 
mente  y  bien  administrada  ».  E  nel  «'ap.  1H4,  ed  ultimo,  c«)sì  si  «'spre»R«' : 
Y  ptir  que  su  Maj^estad  lés  dixo,  «pie  entenjliessen  en  lo  «pie  eonviendrà 
al  redreco  de  la  iusticia  ,  y  ellos  offrecieron  ,  «|ue  assi  1«>  liarian  ,  y  no 
hai)  li«>cho  c«>sa,  (pn-  tenpi  respecto  a  elio  mas,  de  lo  que  se  contiene  en 
alj-unos  destos  «tapitolos,  Su  Ma^estad  ha  man«lato  hazer  al^rnnas  ordina- 
ciones,  y  pragniaticas  sjiludables  a  esso  respecto,  y  nninda,  qu«'  sean  ob- 
servadas  por  ser  cosa  «pie  c«)nviene  al  buen  s«>ssiego.  y  buen  vivir  «le8t«ì 
Kcffuo,  y  servici«>  de  Di«>s  nostro  Sennor». 

(2)  Imperiale^  Pragmaticac  Snuctiones  edilae  per  xiurum  Otcxorcam 
ci  Caffi,  Ma  tenta  tcm  Caroli  V,  etc,  anno  158')  in  Rpffni  Sml.  J'ra;ivi.  Sntirt., 
II,  SH8-S41.  Venezia  ir)74.  Cfr.  I.  La  Lumia,  Star.  SieiL,  111,  SlH-17. 

'Si  Tmp.   Prnym.  Sauri.,  pr<;.   1. 

(4)  Ivi,  \>v}i.  2"  e  !(»". 

(5)  [ri,  pr«--.  ir. 
(«)   Iri,  prò-.  T'^-K". 
(7)  Ili,   pr«;.  4". 


436      IL   GOVERNO    DI    DON   FERRANTE   GONZAGA   IN    SICILIA 

uel  loro  territorio  (1);  vietavaDO  iuflue  ai    baroni    di    ven- 
dere gli  uftiei  giurisdizionali  nei  loro  fendi  (2). 

In  t'ondo,  lasciavano  le  cose  come  si  trovavano.  Non  si 
era  voluto,  o  potuto  attVontare  una  soluzione  radicale.  K 
ciò  era  tanto  più  dannoso  in  quanto  che  lasciava  sussistere 
un  altro  pericoloso  malanno,  l'ingerenza  interessata  della 
cort<3  spaglinola,  nell'amministrazione  della  giustizia  nell'i- 
sola. Molti,  se  ritenevano  di  non  poter  sfuggire  alla  con- 
<lanua,  o  anche  alla  avidità  della  magistratura  del  regno, 
si  studiavano  di  far  rimettere  il  giudizio  al  sovrano  e  al 
suo  supremo  consiglio  in  Ispagna,  di  che  i)()tevano  sempre 
sperare  alcun  vantaggio.  8e  anche  non  riesciva  loro  di  cat- 
tivarsi con  doni,  o  per  altre  vie,  la  benevolenza  dei  mini- 
stri e  consiglieri  regi,  acquistavano  a  ogni  modo  il  beneficio 
del  tempo  ,  che  la  lontananza,  la  lunga  procedura,  e,  jun 
che  altro,  la  proverbiale  lentezza  spaglinola  tirando  le  cose 
iu  lungo,  lasciavano  sempre  verde  la  speranza  in  (pialche 
avvenimento  nuovo  e  inaspettato,  che  consentisse  di  ca- 
varsela, se  non  illesi  del  tutto,  almeno  con  minor  male. 

VII.  —  Per  il  trilmnale  della  regia  monarchia,  o  legazia 
apostolica,  derivante  da  una  concessione  di  Urbano  II  (1()98), 
il  re  di  Sicilia,  essendo  Icfiatun  natus  eum  itrotcstate  legati  a 
laUre,  aveva  giurisdi/ione  su  tutti  i  prelati  ed  ecclesiastici 
secolari  v.  regolari  del  i-egiio  e  delle  isole  di  Malta  e  Li])ari, 
tanto  in  via  ordinaria  quanto  in  via  di  gravame  e  ap])ello. 
Ed  era  anclie  giu«lice  ordinario  in  tutte  le  cause  degli  abati 
di  ginspatronato  e  d«'lle  <*osì  dette  chiese  es<Miti. 

Ma,  purtroppo,  al  temjx),  e  col  favore,  <li  Fenlinando  il 
«•attolico,  8i  era  insiiuiato  e  aveva  messo  ladici  nell'isola 
il  tribunale  dell'in(|uisizi(me,  alla  i)rosperità  del  cinaU'  con- 
rorreva  la  stessa  |)rivilegiata  <'oi)dizione,  cli<>  la  legazia  a- 
jNmtoliea  assicurava  ai  re  siciliani.  Nel  14H7  sl)ar(ò   a    1*m- 


(1)  /W,  iirg.  U". 

(2)  Iri,  |irg.   IH". 


DAL  1534  AL  1543  43Ì 


lermo,  pioveiiiente  (lalla  Spsigua  ,  il  primo  iiuiiiisitore ,  un 
frate  (lonienicaiio,  Antonio  della  Pegna.  Gli  effetti  di  que- 
sta novità  non  tardarono  a  rendersi  manifesti ,  tanto  più 
gravi  in  (juanto  che  gli  inquisitori  della  Sicilia  erano  spa- 
gnuoli  e  dipendevano  dall'inquisitore  generale,  residente 
nella  Spagna.  Il  viceré  don  Ugo  di  Monca<la,  vuoi  per  u- 
niformarsi  ai  criteri  jiolitici  del  sovrano,  vuoi  perchè  non 
aveva  com])reso  l'importanza  della  istituzione  ,  favorì  gli 
inquisitori,  ai  quali  anzi  nel  1513  cede  la  vecchia  reggia  di 
Palermo,  prendendo  egli  sede  nello  Steri  (1).  Da  quel  mo- 
mento il  tribunale  dell'incjuisizione  divenne  terribile  e  te- 
muto e  a(?quistò  grande  autorità  e  potare,  largamente  usan- 
done ed  abusandone,  si)ecialmente  contro  i  neofiti  ebrei , 
che,  dopo  l'espulsione  dol  1402,  per  rimanere  in  Sicilia,  si 
erano,  i)iii  o  meno  sinceramente,  convertiti  al  cristianesimo 
sostenuto  com'era  dai  governanti,  che  in  esso  vedevano  un 
istrumento  di  tirannide  utile  e  facile  ad  adoperarsi,  quan- 
tunque cordialmente  odiato  dal  impolo.  Il  foro  inquisitoriale 
fu  largamente  jjrivilegiato.  1  suoi  otiiciali  e  familiari  si  sot- 
traevano alla  giurisdizione  ordinaria.  Gli  inquisitori  pene- 
travano da  per  tutto.  Si  giunse  al  punto  che  il  tribunale 
del  santo  otticio  negava  il  pagamento  dei  debiti  gravanti 
sui  beni  sequestrati,  la  restituzione  delle  doti  alle  mogli 
cristiane  e  fedeli  dei  condannati  per  eresia  e  gli  alimenti 
ai  loro  iigUuoli,  mentre  i  suoi  officiali  sollecitavano  la  ces- 
sione di  debiti  per  poter  colpire  i  debitori  con  le  armi  del- 
l'inquisizione. Per  porvi  un  (pialche  riparo  fu  ordinato  il 
I)agaiuent;)  dei  crediti  sui  beni  contiscati,  purché  risultasse 
la  buona  fede  e  la  prescrizione  trentennale  (2),  e  la    resti- 


(1)  1.  J>A  ÌjLMIa,  Stur.  SuiL,  111,  4u.  -  Nei  primi  tempi  gli  inquisi- 
tori non  iivevauo  sede  fissii.  8i  recavano  in  Sicilia  dalla  Spagna,  dove, 
dopo  avt'r  indagato  e  provveduto,  ritornavano,  per  render  conto  dell'o- 
jKMa  loro  al  tribunale  .supremo.  Nel  1518  la  Sicilia  ebbe  invece  un  ti'ibu- 
iiale  speciale,  con  sede  a  Palermo.  Di  Blasi,  Storia  del  Reg.  di  Sic,  II,  600. 

(2)  Reg.  Sic.  Capit.,  Gap.  7+  di  re  Carlo,  del  1528. 

Areh.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  29 


438       IL   GOVERNO    DI   DON   FERRANTE   GONZAGA    IN   SICILIA 

tuzioiie  (Ielle  doti,  costituite  prima  della  consumazione  del 
delitto  (1)  e  si  dìdiiarò  che  le  cessioni  suddette  non  pote- 
vano mutare  la  condizione  del  foro  (2). 

Lo  sdegno  dei  siciliani  contro  l'inquisizione  si  nianit'e- 
stò  apertamente  al  tenijio  dei  tumulti  contro  il  viceré  Mon- 
cada  (1516),  e  durante  l'insurrezione  dello  Squarcialupo  (1517). 
Cacciato  1'  inquisitore  Fra  Michele  Cervera  e  liberati  i 
rinchiusi  nelle  carceri  del  sant'ottìcio,  il  popolo  a  furia  di- 
strusse scritture,  insegne,  masserizie,  stemmi  e  quant'altro 
appartenesse  all'odiato  tribunale,  o  potesse  ricord.arlo.  Ma 
Carlo  V,  l'anno  dopo  (1518),  lo  ristabiliva  (3).  Pifi  tardi, 
alla  richiesta  dei  Siciliani  che  volesse  affidare  l'inquisizione 
agli  ordinari  delle  diocesi  o  ai  priori  dei  domenicani  del 
regno,  rispondeva  che  ne  avrebbe  trattato  col  papa  (4)  ;  e 
all'altra  che  vi  fosse  nell'isola  r.n  magistrato,  a  cui  ap})el- 
lare  dalle  senteuze  degli  inquisitori  e  degli  officiali  <lella 
santa  crociata,  lispondeva  rimandandoli,  si  direbbe  oggi, 
per  ragioni  di  competenza,  all'inquisitore  generale  (5).  Che 
pili!  Proprio  entrando  il  1535,  ai  IS  gennaio,  il  viceré  Pi- 
gnatelli  ordinava  che  tutti  gli  officiali  e  familiari  dell'in- 
(juisizione  fossero  esenti  da  ogni  altra  giurisdizione,  jmtes- 
»ero  portar  armi  non  ostante  i  divieti  generali,  fossero,  se 
rei  di  gravi  delitti,  iiu^arcerati  e  custoditi  se(H)ndo  gli  or- 
dini dell'iiKpiisitore,  al  (piale,  senza  farue  giudizio,  doves- 
sero i  giudici  laici  inviare  le  informazioni  e  gli  atti  riguar- 
danti i  delitti  commessi  ;  e  che  agli  officiali  regi  fosse 
mandato  un  (Catalogo,  dei  ministri    e    familiari  dell'iiuiuisi- 


(1)  Ivi,  cap.  75  (li  if  Carlo,  «lei   15*JH. 

(2)  fri,  va\ì.  SI  di  re  Carlo,  (U-i   ]'y'2'A. 

(8)  VlTc»  La  Mantia,  Oriifinr  v  viwìnìr  drU'  Inquisì :i(nic  tu  Sivilin.  In 
«Rivinta  Storira  Italiana»,  aii.  lss(>,  pp,  ;V29:{|.  I.  La  Li.mia  ,  Star. 
Sieil.,   Ili,  T2-'A  V   i:U.  » 

(4)   R«g.  Sicil.   Ciipit.,  Cap.   7;{  «It-I   iv  Carlo,  tlfiraiuio   172:^. 

(.'»)  Siipfr  hnr  non  Hpvvtnl  firoridvrr  ttd  hikiiii  h'vfiiani  Moii'KhiItni  :  srd 
hiihrnluf  révurmn  tiil  l\rvrrfiu{ÌKHÌniuti>  I  n<iuisHnrrm  (ì  e  net  uhm.,  V\\\ì.  121 
ili  n*  (JhHo,  del   1580,  in   Heij.  Sicil.  dnpit. 


DAL  1535  AL  1543  439 


zionc.  PortiiuataTueiite  il  so^'^iorno  in  Hicilia  e  i  suggeri- 
menti «li  ministri  accorti,  come  il  (4onzHga,  indussero 
(/arlo  V  iì  i-iconoscere  «  la  regia  autorità  fonte  vera  di  o- 
gni  temporale  giurisdizione  degli  Inquisitori,  che  i)er  dele- 
gazioni e  costituzioni  j)ontitìcie  poteano  solo  esercitare 
giiu'isdizione  ecclesiastica,  non  mai  dannare  al  rogo,  ed  e- 
sercitare  temporale  giurisdizione  ci \  ile  e  criminale  ».  E  però 
egli,  a  petizione  del  parlamento  Hiciliano,  sospese  i  privilegi 
dell'inquisizione  per  un  quiiupiennio.  Concessione  notevo- 
lissima. rinnoA'ata  poi  per  nn  altro  quinquennio,  come  si 
vedrà  a  suo  luogo,  e  che,  semprr'  poco  nota,  si  cercò  più 
tardi  di  far  dimenticare  (1). 

Vili.  —  Alla  difesa  dell'Isola  da  nemici  esterni  si  era 
sem])re  provveduto  con  maggiore  o  minore  ettìcacia.  Ma, 
costituitasi  hi  potente  monarchia  spagnuola  e  ripresa  la 
politica  delle  conquiste  africane,  per  cui  la  Sicilia  diven- 
tava pedina  imi>ortantissima  nel  vasto  giuoco  <legli  inte- 
ressi della  monarchia  iberica  ,  essa  richiedeva  <li  necessità 
cure  lùù  assidue  e  sacrilìzi  assai  più  rilevanti.  I  Siciliani  , 
pei  (piali  la  sicurezza  delle  loro  coste  e  la  tutela  <lei  loi*o 
commerci  erano  ((uistione  di  vita,  se  ne  preoccuparono  e 
non  di  rado  misero  innanzi  progetti  e  si  offrirono  pronti  a 
<lare  il  necessario.  La  <lifesa  delle  coste  era  affidata  all'ar- 
mata (2)  e  alle  fortezze.  (Quella  terrestre,  prescindendo  dal 


(1)  Vito  liA   Mani'ia  ;   Originr,  eie,  oj>.  cit.,  pp.  52i5  e.  Ó2H-9. 

(2)  L'armata  siciliana  »»ni8tava  di  10  galee,  6  dette  ordinarie  e  4  straor- 
dinari»'.  Queste  ultiine  ai)partenevano  a  privati  armatori  ed  erano  assol- 
date sempre  teniporaneaiiiente  secondo  le  necessità.  Per  solito  il  contratto 
{Vasgieiito,  <>  appalto,  ((tminciava  «ol  1"  d'aprile  e  usava  segnarne  la  ri- 
conternia  tre  mesi  prima.  CtV.  Lettera  di  Don  Ferrante  a  Carlo  V,  da 
Palermo,  14  gennai»)  l^)3^!.  h'etj.  delle  vose  del  gor.  di  ISic.  1535-39,  Poi. 
149.  Carie  Gousaifo.  R.  Ardi.  Pann.  —  Vethenio  die  Carlo  V  porti»  a  H 
anclie  le  :*traordinarie,  non  tanto  pei'  amor  della  difesa  dell'isola,  quanto 
per  addossarle  anche  quella  spesa.  Pei  altro  di  galee  ordinarie,  cioè  di 
proprietà  dello  stuto,  ce  ne  erano  effettivamente  4  e  non  6,  trovandosi 
nel  loro  numero  comprese  anche  due  del  Signore  di  Monaco.  Reg.  della 
F.  Cane,  a.  1538,  Ibi.  49K. 


440       IL   GOVERNO   DI  DON   FERRANTE   GONZAGA  IN   SICILIA 

servizio  militare  dei  feudatari,  anch'esvso  non  sempre  certo 
e  sicuro,  mancava  di  un  ordinamento  tradizionale  e  stabile, 
ma  si  improvvisava,  per  così  dire,  secondo  le  occasioni.  Or 
nel  parlamento  del  1518  fu  proposta  la  istituzione  di  nnamili- 
ziastanziale  di  150  uomini  d'arme  regnicoli,  50  per  ogni  valle, 
sull'esempio  del  regno  di  I^apoli,  e  chiesto  che  le  galee  sici- 
liane rimanessero  sempre  nel  regno  e  fossero  adoperate  sol- 
tanto a  presidiò  e  difesa  dell'isola  (1).  Per  le  galee  rispose 
Carlo  V  che  non  solo  lascerebbe  alla  Cicilia  le  sue,  ma  altre, 
occorrendo  ne  darebbe;  per  la  milizia,  invece,  che  avrebbe  po- 
tuto dargli  ombra,  rispose  con  vaghe  parole  (2).  Nel  1528 
il  jiarlamento,  oltre  i  soliti  donativi,  offrì  anche  200  caval- 
leggeri  Siciliani  con  4  c^ipitani  e  4  altieri  e  collo  stipendio 
mensile  di  20  ducati  d'oro  a  ciascun  capitano,  12  a  ciascun 
alfiere  e  f»  a  ciascun  cavaliere,  e  consentì  la  vendita  di  beni 
demaniali  per  un  valore  non  superiore  a  30<)00  ducati  (.'i). 
n  parlamento  del  1531  diede  100000  fiorini,  ])agabili  in  ciu- 
cine anni,  per  fortificare  Siracusa,,  Termini,  e  Milazzo  (4). 
Nel  1532,  facendo  abilmente  valere  la  minaccia  d'un'  in\a- 
sione  turca  e  l'estrema  necessità  di  denaro,  il  viceré  indusse 
il  parlamento,  dji  lui  convocato  in  via  straordinaria  di  pro- 
pria autorità,  a.  deliberare  la  spesa  occorrente  per  as- 
soldare KMKK)  fanti  siciliani,  mia  quinta  parte  a  carico  del 
braccio  ecclesiastico  e  il  resto  a  carico  degli  altri  due  bracci, 
mediante  una  tassa  da  imporsi  alle  persoiu»  facoltose,  nes- 
suna eccettuata  (5).  Era  in  fondo  un  primo  i)asso  verso  la 
istituzione  di  milizie'  paesane,  dì  fronte  al  costante  uso  di 
servirsi  di  men^eiiari  stranieri.  Nel  1534  il  parlamento  si  ra- 


(1)  Ifeff.  sic.   ('(iftit.,  (!ap.  r>"  »>   IO"  (li   re  ("arlo. 

(2)  MajesUiH  xuti,  ohlata  uftpoittinUate,  priyndebit  :  ut  iim  postini  covum 
opi-rrnm  in  mui  nerritio  erihere.    Jri,  cap.  5. 

(:<)  MoNOiroKK,    fori.   Ceurr.,   1,  109-172. 

(4)  ivi,  I,   17<i. 

(5)  /W,  I,  17».  —  Il  La  Lumia,  («/*.  cit.,  HI,  2«H),  clic  drl  rtwto  non 
fit  iiicnzloiu*  (li  (|ucHt(>  pnrlniiH-nto  (tei  ir>S'2,  iu>  (Ììm-oiti'  trattiindo  (<t'ì 
imrliiiiifuli  del   ir*HI   e   l.'):{4. 


DàL  1535  AL  1543  441 


(limò  due  volte ,  il  4  maggio  e  ^il  17  settembre.  Nel  mag- 
gio, oltre  l'ordinario  donativo  di  3(KX)00  fiorini,  deliberò  di 
mantenere  i  I()0(X)  fanti  per  altri  tre  mesi ,  oltre  il  tempo 
già  fissato,  cioè  sino  al  Dicembre  (1).  B  dì  piìi,  :  per  l'ur- 
genti necessità  dell'Armata  Turchesca,  et  tuictione  di  «piesto 
Regno  »,  autorizzò  il  viceré  a  «  vendere,  et  snbjugare  sopra 
il  Patrimonio  Reale,  Secreti],  ragioni,  et  proventi  della  Re- 
gia Corte  »,  sino  alla  somma  di  oOOOf)  ducati,  oltre  i  'iOOOO 
del  1528.  Anzi,  persuaso  che,  non  facendolo,  sarebbe  stato 
diflicile  trovar  compratori ,  approvò  la  vendita  anticipata- 
mente (2).  Nel  settembre,  i)ur  rallegrandosi  che  il  nemico 
non  si  fosse  mostrato,  ma  riconoscendo  che  il  pericolo,  non 
che  diminuire ,  era  aumentato  per  la  conquistai  di  Tunisi 
fattji  dal  Barbarossa ,  ])rorogava  di  nuovo  il  termine  pel 
mantenimento  dei  KXMK)  fanti  sino  a  tutto  il  dicembre  del 
1535,  con  facoltà  al  viceré  di  assoldarne,  occorrendo,  lOfKX) 
l)er  3  mesi  o  ])ure  50()()  soltanto  per  (»  mesi ,  e  di  far  ri- 
scuotere subito  il  danan»,  il  (piale,  non  }K>tendo  essere  ado- 
perato ad  altro  uso ,  doveva  essere  tenuto  in  <leposito  da 
speciali  depositari,  eletti  dalla  deputazione  del  regno,  e  res- 
tituito ai  jjossessori  entro  il  1"  gennaio  153(5,  qualora  in 
tutto  o  in  parte  non    fosse  stato  speso  (3). 

Intanto  hi  Sicilia  faceva  un  acquisto  notevole  nell'inge- 
gnere militare  bergamasco  Antonio  Ferramolino ,  sbarcato 
nell'isola  dopo  la  caduta  di  Corone  (1533) ,  con  intenzione 
di  recarsi  alla  corte  di  Carlo  V  in  cerca  di  impiego.  11  vi- 
ceré duca  di  Monteleone,  conoscendone  il  valore  gli  <liede 


(1)  MoNTUTORE,   Parlam.  Oe»..  I,  185, 

(2)  hi,  I,  189. 

(3)  Tri,  I,  190-19.3.  Il  parlamento  intendeva  ohe,  qualora  lo  si  ritenease 
utile,  il  sussidio  dovesse  p<»tersi  adoperare  anche  «  in  aiuto  et  subsìdio 
di  TAnnata,  et  elassi  niaritinia  ,  che  Sua  Magestà  Cesarea  facesse  tanto 
potenti,  che  con  quelle  si  ponzi  andare  a  debellari  et  distrudiri  la  ditta 
Annata  Turchesca,  con  lo  che  si  seguiria  la  .**ecurità  ,  et  conservactioni 
di  ditto  fidelissimo  Regno  *.   Ivi,  I,  193. 


442       IL   aOVKRNO    ni    don    ferrame   GONZAGA   IN    8IC1L1A 

il  posto  di  ingegnere  ordinario  del  re  ,  in  sostitnzione  di 
Pietro  Antonio  Toniastdli,  malandato  in  salnte  e  invalido, 
e  subito  lo  naan<lò  in  varii  luoghi  inarittinii  a  studiare  e 
preparare  difese.  Carlo  \'  approvò.  1^^  cosi  il  Ferrauiolino 
rimase  in  Sicilia  per  tutto  il  resto  della  sua  vita,  ideatore 
e,  in  buona  parte,  anche  esecutore  delle  più  importanti  o- 
pere  di  tbrtiticazione,  di  che  fu  arricchita  la  Sicilia  durante 
il  regno  di  Carlo   V  (1). 

IX.  —  Quando  Carlo  V  salì  al  trono  la  potenza  dei  feu- 
<latari  in  Sicilia  era  grandissima.  La  maggior  parte  della 
ricchezza  era  nelle  loro  mani.  E  il  servizio  militare,  men- 
tre li  rendeva  primi  e  più  sicuri  sostegni  della  monarchia, 
li  metteva  in  gra<lo  ,  nello  stesso  tempo,  di  non  curarsi 
delle  leggi,  anzi  di  servirsene  contro  le  cittii  e  la  borglns 
sia.  Hasti  dire  che,  di  fronte  a  quasi  duecento  comuni  feu- 
(bili ,  in  (juesto  temix),  i  demaniali  o  regi  non  raggiunge- 
vano forse,  o  di  ])oco  oltrepassa\'ano  la  quarantina  (2),  pur 
essendo  pei  donativi  e  altre  imi)oste  tassati  ugualmente 
tanto  il  braccio  baronale  (pianto  il  demaniale.  Nei  primi  il 
barone  era  tutto,  che  oltre  ad  avere  la  maggior  i)arte  <l'essi 
il  mero  e  misto  imperio,  imtevano  sempre  eludere  l'appello 
ai  tribunali  regi  contro  le  loro  vessazioni  e  spoliazioni. 
Nelle  città  demaniali  funzionavano  le  magistrature  muni- 
cipali :  i  <*<)nsigli  ])0])olari  ])ei'  gli  att'ari  <l'ordine  generale, 
i  giurati  per  ramminittrazione  dei  beni  del  comune,  delle 
rendite  e  delle  imposte,  dell'annona,  delle  opere  pubbliche. 


(1)  V.  Di  Giovanni,  Le  fortifìcaeioui  ili  J'dlmuu  uri  srcolo  Al'/,  <(iust<i 
r  «  Ordini  •  dflVIìKj.  Antoni»  Ferrnmolino.  In  «nocumenti  per  servire 
alla  Storia  di  Sicilia».  Palermo,  tip.  «Lo  Statuto»,  serie  4*,  voi.  4", 
pp.  8-10  e  HI -95.  -Il  Ferramolino  ,  è  noto,  nutrì  in  Africa  nel  \!>M.  al- 
l'aMMlio  (li  Mahadiii,  dove  si  era  recat'O  col  viceré  De  V^e^n. 

(2)  U.  (JKMiURio,  l'onniderationi^  etc.^  op.  cit.,  pag.  r>ir>,  ne  vuiiUi  lìtO 
dei  fBiululi  e  48  dei  demaniali  ;  ma  non  è  chiaro,  dal  tetito,  se  tale  sta- 
tiatica  mì  riterÌNca  al  principio  o  alla  nietÀ  del  secolo  XVI. 


DAL   1535  AL   1543  U3 


etc.  ,  i  capitani  per  la.  oinstizia  e  la  polizia  cittadiua.  Ma, 
(li  fatto,  anello  in  esse  i  nobili,  forti  di  vaste  clientele  ,  o 
con  la  violenza  o  con  la  coiTuzione,  spadroneggiavano  senza 
contrasto  (1).  L'agricoltura,  essa  stessa  era  inaridita  nelle 
sue  fonti  dall'  avidità  (^  cupidigia  loro  ,  che  «  solevano  al- 
cuni baroni  al  tempo  delle  raccolte  comandare  ai  vassalli 
clic  vendessero  a  loro  e  non  ad  altri  li  frutti  e  frumenti 
con  gravissimo  danno  e  jattura;  ed  aecadea  molte  volte  che 
nell'  anno  stesso  avendo  Tiecessità  il  vassallo  comprava 
dal  nied(\simo  barone  il  i)ropri(>  frumento  a  grandissimo 
])rezzo,  avendo  (piello  venduto  poco  innanzi  molto  merca- 
to >  (2).  Eppure  di  così  illimitato  jjotere  non  si  contenta- 
vano i  baroni.  Quelli  di  essi,  che  erano  ancora  privi  del 
mero  e  misto  imi)erio,  lo  (;liiesero  nel  1518,  offrendo  il  i)a- 
gamento  di  un  ducato  \)ev  ogni  casa  di  vassalli.  Ma  Carlo  Y 
se  ne  scliermì  (.{).  Xessuno  poteva  essere  meno  di  lui 
jiropenso  a  nn  ampliamento  delle  prerogative  fendali. 

Persino  il  ricco  patrimonio  ecclesiastico  poco  giovamento 
dava  al  ])aese.  Coi  diritti  dell'aiiostolica  legazia  un  gover- 
no nazioìiale  avrebbe  i)otnto  rivolgere  a  vantaggio  del  re- 
gno e  a  sollie\'o  delle  classi  più  disagiata  una  buona  i)arte 
d(>lle  rendite  dei  b<>ni  ecclesiasticn ,  compensando,  in  tal 
modo,  (j nello  che  Roma  sotto  tanti  diversi  titoli  portava  via 
dall'isola.  Ma,  v-oìì  un  re  straniero  e  lontano,  non  è  mera- 
viglia che  i  benefìci  maggiori  ca<lessero  quasi  sempre  nelle 
mani  di  stranieri  e  le  rendite  fossero  spese  in  massima  parte 
fuori  del  regno.  Non  mancarono  rimostranze  da  i)arte  dei  si- 
ciliani, specialmente  presso  Ferdinando  il  cattolico  e  Carlo  V. 
Xel  14HI  fu  chiesto,  come  già  altre  volte  anteriormente, 
che  almeno  un  c^irdinale  fosse  siciliano  (4);  nel  1488  e  nel 


(1)  I.  La  Li-mia,  Star.  Sicil.,  IH,  U-ltì. 

(2)  Frammdiirhe,  eie.  II,  327,  dell'alino  1.58.'').  Cfr.  L.  Bianchini,  op. 
cit.,   I,  14;"). 

(8)  Re//.  SU-ìL,  ('<tpit.,  «ap.  20  o  21  di  re  Carlo.  Cfr,  anche  il  cap.  12tì 
di  Ferdinando  il  o«ttolioo  dell'anno  1515. 

(4)  Ivi,  cap.  4  del  re  Ferdinando  il  cattolico. 


^4       IL   GOVERNO   DI   DON   FERRANTE   GONZAGA    IN   SICILIA 

1503,  nel  1514  e  nel  1534  che  i  benefici  ecclesiastici  fossero 
conceduti  a  siciliani  (1);  nel  1514  clie  della  (|uinta  i>arte 
delle  rendite  dei  ju'elati  non  residenti  fosse  coin])rato  oro 
o  argento,  per  coniarne  monete  nell'isola  (2);  nel  1514,  nel 
1518  e  nel  1523  che  i  i)relati  fossero  obbligati  a  risiedere 
nel  regno  (3);  nel  1503  ,  nel  nel  1523  e  nel  152(>  che  fosse 
osservata  V  <;  alternativa  ossia  :  che  di  due  elezioni  a  prela- 
ture o  benetìzi  di  regio  patronato  una  dovesse  sempre  farsi 
in  persona  di  un  siciliano  (4).  K  nell'ultinìo  parlamento,  ce- 
lebrato teste  da  Carlo  \'  (1535),  non  solo  fu  chiesta  l'osser- 
vanza di  quelle  prescrizioid  (5),  ma  anche  che  si  pregasse 
il  papa  di  abolire  le  pensioni  imposte  senza  consenso  del 
sovrano  sulle  prelature  e  sui  benefici  ecclesiastici  di  regio 
pati'onato  (6),  e  che  si  istituissero  in  Sicilia  30  commende 
<lell'ordine  di  S.  (xiacomo,  da  <larsi  ad  oriundi  siciliani,  con 
un  commendator  maggiore,  anch'esso  siciliano,  facendo  fronte 
alla  spesa  con  tasse  sui  redditi  e  frutti  dei  beni  (ecclesia- 
stici di  regio  jiatronato  (7).  Ferdinando  e  Carlo  furono  lar- 


(1)  Iri,  cap.  19,  34  e  95  di  rt*  FcnUnaudo  il  «'.nttolioo,  e  130  di  Carlo  V. 

(2)  Tri,  cap.  83  di  re.  Ferdinando  il  cattolico. 

(3)  lei,  cap.  92  dello  stesso,  e  13  e  55  di  Cado  V.  —  Nel  cap.  92, 
chiesto   nel  1514,  si  leggono  queste  eloquenti  parole:  «  La  absentia  dili 

Prelati  del  Regno  causa  multo  danno,  piiiuo  ali  animi  deli  Regnicoli 

Et  l'altro  danno  è  de  lo  corpo,  perchè  inviano  certi  procuratori,  che  su 
pilaturi,  et  extorturi  di  li  poviri  genti  di  loro  diocesi  :  et  quanti  dinari 
dili  redditi  «lili  «litti  prelati,)  coglino ,  et  dili  extorsioni,  et  ('ompositioni 
mali,  che  fanno  in  prejudicio  di  li  animi,  et  gregi  loro,  tncti  li  extraliino 
fora  del  Regno  :  et  lassano  loro  diocesi  ben  pilati  ». 

(4)  Ktig.  Sicil.  (Japit.y  cap.  34  di  Ferdinando  il  <!attolico  e  53  e  105  di 
Carlo  V. 

(5)  Ivi.  cap.  161  e  162  di  Carlo  V.  —  Il  parlamento  chiese,  nello  stessi) 
capitolo,  che  ni  applicasse  subito  il  sist(>ma  deiraltcrnntiva,  cominciando 
con  l'arcivescovado  di  Monreale,  allora  vacante,  tanto  i)iù  che  esso  già 
per  tre  o  rpiattro  volte  di  seguito  era  stato  conferito  a  forestieri.  Ma  , 
com'è  noto,  quella  pingua  prebenda  fu  data  l'anno  dopo  al  cardinal  Far- 
nenc  (15  maggio  153()). 

(8)  Rt^y.  Sic.  Capii.,  Cap.  170  di  Carlo  V. 
(7)  Ivi,  cap.  168  di  Carlo  V. 


DAL  làar»  AL  1543  445 


gh'ì  (li  in'()ines.se,  clie  raramente  luaiiteniiero.  Però  dall'uno 
coinè  dall'altro  il  princi|:)io  dell'alternativa  fu  riconoscinto 
senza  ambagi. 

Due  altri  gravissimi  mali  aftìigevano  la  Si(5ilia  :  le  fa- 
zioni e  le  inimicizie  fra  città  e  città  e  fra  abitanti  della 
stessa  città  :  i  fuorusciti. 

Le  fazioni,  che  il  Gonzaga  juttorescianiente  paragonava 
a  «  i  venti  contrari  alla  quiete  de  ])0[mli  »,  infuriavano  in 
tutta  l'isola,  dominavan»»  et  sottomettevano  tutti,  et  per 
accrescer  di  forza  vi  di  potenza  nelle  patrie  loro  ,  si  con- 
giungevano con  le  parti  d'un'altra  Patria,  in  modo  tale  che 
tutto  quel  regno  atfatto  fusse  diviso  et  partizzato  »  (1).  Più 
che  altrove  questa  mala  piantii  aveva  radici  profonde  e  te- 
naci in  Messina,  uè  forza  o  ingegno  d'uomo  potè  mai  estir- 
parla. Si  sarebbe  detto  che,  mancando  l'indipendenza  e  un 
IìIhm'o  governo  nazionale,  non  altrimenti  sapesse  l'isola  ado- 
jjeinre  la  sua  rigogliosa  vitalità. 

Male  minore  erano,  al  i)aragone,  i  fuorusciti.  Ma  (lue- 
st'  ;<  altra  spezie  di  morbo  ^  conc^orreva  anch'essa  potente- 
mente a  turbare  le  funzioni  normali  della  vita  pubblica , 
che  poteva  proprio  dirsi  peste  dell'agricoltura,  dei  commerci, 
dei  traffici  (^  della  (piiete  dei  popoli ,  dei  quali  aumentava 
la  miseria  e  la  debolezza.  Ben  si  studiarono  i  governanti 
di  combatterli,  in  ogni  tempo;  anzi  1'  «eradicamento»  dei 
fuorusciti  fu  una  delle  nniggiori  e  più  si)inose  cure  dei 
viceré  (2).  Ma  troppe  cause  ne  alimentavano  il  costante 
rifiorimento ,  perchè  si  potesse  sperare  di  liberarsene  per 
sempre. 

In  conclusione,  quantunque  restassero  ancora  alla  Sici- 
lia antichi  istituti  civili  e  ordinamenti  politici  propri,  che 
potevano  talvolta  limitare  l'assolutismo  regio  e  salvarla  da 
non  poche  di  quelle  piaghe  cancrenose,  che  furono  comuni 
a  tutti  i  paesi  dominati  dalla  Spagna,  troppi  erano  i  ceppi, 


(1)  Carbki,  Jiela:ione,  etc,  pag.  14. 

(2)  Ivi,  pag.  15. 


Uti       li.   (U)VEKNO    Ul    DON    PEKKANTE  CrONZAlrA    JN    SKILIA 

fra  i  quali  tenevaiila  avvinta  la  dipendenza  dallo  straniero, 
la  potenza  dei  feudatari  e  la  intolleraìiza  religiosa.  Prepo- 
tenze baronali  e  mala  aniniinist razione  della  giustizia  eiano, 
iu  verità,  i  mali  peggiori.  Ma  il  governo  regio  tìaceo,  lento, 
e  ix>co  temuto  e  il  nialandrinaggio  in  More  eoneorrevauo 
a<l  opprinnn'e  maggiornuMite  ehi  lavora\a  e  produeeva,  per- 
chè, mentre  veniva  gravato  inumanamente  dalle  esigenze 
d'una  politica  fastosa  e  dissipatrice  e,  per  giunta,  estranea 
al  paese  ,  esso  era  ,  nei  suoi  diritti ,  male  o  non  protetto 
aftatto  da  cpudli  che  per  legge  avrebbero  dovuto  farli  ri- 
spettare. 

Or  di  «piali  istruzioni  fornito  e  con  ipiali  intenti  assu- 
meva il  nuovo  viceré  l'alto  ufficio  ?  Ahimè  !  La  corte  spa- 
gnuola  aveva  notizia  soltanto  «li  due  cose  :  che  il  potere 
regio  ,  iH>tev<dmente  indebolito  durante  il  lungo  governo 
del  viceré  «luca  «li  Miuiteleone,  che  resse  la  Sicilia  con  mano 
mal  ferma  dal  1517  al  15.'i5 ,  «li  certo  u«)n  p«)teva  essere 
stato  rialzat«)  «hi  Simone  «li  \'entiniiglia  marchese  di  (fe- 
race, presidente  «hd  regno  «lalla  nnu'te  «lei  Pignatelli  all'e- 
h'zione  «lei  Gonzaga:  e  che  uu«)vi  sacrifizi  oworreva  «u-a 
«'hie<l«'r<^  alla  Siiùlia  per  conservar  Tunisi  e  tener  fronte 
all«'  minacce  «)ttomane.  Il  Gonzaga  doveva  «luindi,  innanzi 
a  ogni  altra  «tosa,  ingegnarsi  di  piegare  i  baroni  a  vita  ])iri 
c«ms<'ntan<'a  al  <*aratt*^re  assolutistico  «Iella  monarchia  ce- 
sarea, «lesider«>.sa  «Iella  «quiete  «lei  popoli  per  ])«)ter  pifi  fa- 
cilmente tener  ferma  la  c«Mnpagin«^  «lei  vasto  im])ero ,  e 
inoltre  aver  l' occ.hi«)  fisso  al  niar«'  v«'rso  rorient»'  e  lung«) 
le  co.ste  afri(^ane  i)er  lunnenire  o  rendere  frustane*^  le  insi- 
«lie  nemichi».  Egli  ne  era  lieto.  Si  dava  un  post«)  di  c«)m- 
battimento  a  lui,  clie  non  si  sentiva  nato  i)er  altro.  Ma, 
eoiu(^  rÌKulterà  «;hiar«»  «lai  fatti,  cln'  xcrrcnio  esponemlo,  «'i 
not^^  anehe  che,  se  molti  «lei  mali  «lell'amministrazione  giu- 
«iiziaria  avevano  ra«li«*.«»  nelle  «ron«lizi«>ni  generali  «lei  temp«) 
«•  india  natura  «lei  g«>v«M-uo  spagnuolo,  sì  che  uè  lui  ìw  al- 
tri avrebbe  potuta»  sanarli,  p(M'  alcuni  <li  essi  invece  si  i)o« 
leva  tcuture  il  rimedio.  E  però  egli  assuuse  il  governo  col 


DAL  1535  AL  154.*i  li; 


fermo  jmoik)sì(o  di  farlo.  In  \ crità  ardua  molto  era  l'opera, 
a  cui  si  accingeva  il  giovine  viceré;  non  })erò  superiore  alle 
.sue  forze  e  alla  sua  tenace  volonln  ,  confortata  dai  poteri 
conferitigli  in  misura  i)iù  larga  che  non  si  fosse  fatto  in 
l>assato  coi  suoi   pre<l('cess()ri   (1). 


(1)  A.  Ullla,    Vita  ili   D.  F.   G..  eie.  pp.  77-8,  G.  GOSELINI,    Vita  del 
P.  D.  F.  6'.,  e/c.  p    7. 


448      IL  GOVERNO   DI  DON  FEBB.VNTÉ   GONZAGA  IN   SICILIA 


CAPITOLO  SECONDO. 

I.  I  primi  due  mesi  di  governo  del  Gonzaga.  I  fuoraseiti  e  i  loro  fautori. 
H  marchese  di  Pieti-aperzia.  DifticoltA.  finanziarie.  Partenza  del  rieerè 
dall'isola. —TI.  Fortificazioni  e  altri  provvedimenti  di  difesa.  —  111. 
Preparativi  e  dieej^ni  contro  i  turchi  e  i  francesi.  —  TV.  Relazioni  coi 
cavalieri  ^gerosolimitani.  —  V.  Ptato  del  rejrio  patrimonio.  Vendite  , 
alienazioni  e  altri  ripieghi.  —  VI.  Ancora  del  marchese  di  Pietraper- 
zia.  —  VII.  Il  parlamento  del  1537.  —  VITI.  T/ernzione  dell'Etna  del 
1537.  —  TX.  Proposta  di  riforma  giudiziaria. 

T.  —  Occorreva  anzitutto  pensare  alla  difesa  dell'isola  , 
che,  so  la  trascuratezza  avrebbe  potuto  essere  scusata  prima 
dell'acquisto  di  Tunisi  da  parte  del  Barbarossa,  dopo,  e  pin 
adesso  che  il  pirata  ne  era  stato  simgliato,  l'inerzia  sarebbe 
stata  colpa  ^rave.  Era  ovvio  che  il  Barbarossa  diffìcilmente 
si  sarebbe  rassetJfnato  alla  perdita  di  Tunisi,  la  quale,  in- 
sieme con  All'eri,  ijli  assicurava  la  signoria  del  bacino  oc- 
cidentale del  Mediterraneo,  ed  essa  sola  costituiva  la  base 
più  sicura  contro  la  Sicilia  e  l'Italia  meridionale.  Questo 
aveva  persuaso  Carlo  V  alla  impresa  tunisina.  Questo  dava 
ora  un'importanza  storica  tutta  nuova  alla  Sicilia  e  ne  ren- 
deva sempre  pifi  stretti  i  ledami  con  la  costa  settentrionale 
africana. 

Il  governo  vicere^ale  aveva  deliberato  di  concorrere  alla 
spesa  per  le  fortificazioni  dell'isola  (;on  10000  ducati  l'anno. 
Ma,  per  Messina  ,  chiave  <li  tutto  il  sistema  di  difesa  del 
re^no,  era  sfatto  pattuito  fra  la  città  e  il  duca  di  Monte- 
leone,  che  quella  sosterrebbe  le  spese  a  metà,  purché  la  re- 
^ia  cort4*  provviHlesse  all'altra  metì^.  Don  Ferrante  pre^ò  i 
;riunitidi  Messina  di  sborsar*' subitola  l(n*o  quota, assicurando 
che  presto  anche  il  ^ovi'riKMlarebbe  la  sua.  La  città  offrì  r)(MK) 
ducati,  04)1  patt-o  che,  spesi  questi,  il  governo,  n<>  spendesse 
esso  altrettanti.  Don  Ferrante  accettò.  Ei  pensava  giovarsi 


DAL  1535  AL  1543  449 


dei  10000  ducati  stanziati  aimnalmeute  per  le  fortificazioni, 
mentre  col  residuo  dei  100000,  concessi  dal  parlamento,  a- 
vrebbe  mandato  a  termine  i  lavori  di  Milazzo,  Siracusa  e 
Trapani.  E  dispose  subito  che  quelli  di  Messina,  dove  ogni 
bastione  ì)oteva  richiedere  intorno  ai  ."iOCX)  ducati ,  comin- 
ciassei'o  dalla  i)arte  di  '^Ferranova  ,  dove  avena  alloggiato 
( 'arlo  y  e  dove  il  bisogno  era  anche  maggiore  (1).  Ma  di 
ciò  diremo,  fra  poco,  più  ampiamente.      . 

Prima  di  lasciar  Messina  per  r(*carsi  a  Palermo  ,  tentò 
il  Gonzaga  di  comporre  ]v  discordie  fra  nobili  e  popolani, 
di  che  (Jarlo  V  si  era  mostrato  molto  desideroso.  Propose 
anzi  che  la  quistione  fosse  rimessa  alla  decisione  dell'im- 
I)eratore.  Ma,  se  i  nobili  accettarono,  i  jiopolani  ,  temendo 
le  influenze  della  corte  spagnuola,  rifiutarono,  dichiarando 
che,  costretti  ,  cederebbero  alla  forza,  ma  non  mai  si  pie- 
gherebbero (2). 

Agli  11  novembre  1535  partì  il  viceré  da  Messina  ,  ac- 
compagnato dai  suoi  officiali  (3).  A  Randazzo,  il  14,  ebbe 
avviso  dell'arrivo  di  Andrea  D'Oria  a  Trapani,  con  la  no- 
tizia della  presa  di  Biserta  (4).  E  a  Palermo,  dove  entrò  il 
IH,  sejipe  che,  proprio  il  giorno  innanzi,  il  Oovos,  commen- 
dator  maggiore  di  Leon,  che  dirigeva  per  l'imperatore  gli 
affari  di  Spagna  e  d'Italia,  ne  era  ì>artito  per  raggiungere 
il  suo  signore  (5).  11  [)ic<'olo  incidente  non  era  molto  lusin- 
ghiero. Ma  fra  il  Covos  e  il  (ìronzaga  non  fu  sempre  buon 
sangue. 


(1)  E.  Costa,  Bef/ixtri  di  lettere:  eie,  pp.  1-2. 

(2)  Ivi,  pp.  2-3. 

(3)  Mai  KOr.ico.  Sieon.  rer.  comp.,  v\\.   ITlt).  p.  222. 

(4)  E.  Costa,  Reijintri  di  lettere,  ete..  p.  »ì.  —  Il  Brtrbarossa  poco  dopo 
tVcc  solltnaiv  Hiserta  rontro  Muley  Hasiin  (Muleufise)  ,  e  vi  lasciò  mi 
]>resi(lio  turco.  Andrea  I)'()iiji  accolse  subito  per  scacciamelo,  jua  Tini- 
presa  non  gli  riuscì.  Antonio  D'Ouia,  Compendio  delle  vose  di  ftxa  uo- 
titia  et  inetinnitt  o(Tor$e  <d  moiulo  nel  temi»/  deìV imperatore  Carlo  V: 
pag.  G4. 

(5)  E.  Costa,  Reijistri  di  lettere,  etc.,  p.  S. 


450      IL  GOVERNO   DI  DON  FERRANTE   GONZAGA  IN   SICILIA 


La  noi»  coiuuue  operosità,  del  uioviue  viceré,  ni  <inale 
nessuna  sfuggiva  delle  molteplici  inanifestazioni  della  vita 
d'un  i»opolo,  ebbe  campo  di  manifestarsi  subito.  Egli  si  era 
già  accorto  che  neanche  il  «  cal(h>  (h*lle  jn'amumticlie  »  ul- 
time del  sovrano  erano  sufficienti  a  liberai'  l'isola  dai  ban- 
diti. E  però,  non  si  tosto  fu  in  Palermo,  scelse  tre  genti- 
luomini :  don  Antonio  Branciforte  ,  Scipione  Spatafora  e 
Giuliano  Oorvera,  diede  a  ciascuno  d'essi  (piaranta  cavalli 
greci,  e  li  mandò  nelle  tre  valli  (1).  11  proA've<lime!ito  si 
chiarì  efficace.  Uopo  ])ochi  giorni  fu  ammazzato  uno  dei 
c^ìpi  di  quei  «  vigliacchi  ,  tal  Caminiti,  un  altro  fu  preso 
e  molti  «Iella  banda  si  affrettarono  a  passare  in  Calabria. 
Subito  comimriò  il  ]h)])o1o  a  rianimarsi  e  il  commercio  a 
ripigliar  vig(n'e.  Tornava  a  fluire  la  vita  (2).  Intanto  un  al- 
tro compagno  del  Caminiti  perdeva  la  vita  nelle  vicinanze 
<li  Messina,  mentie  in  Val  Mazzara  venticimpie  banditi,  di- 
sperando di  salvarsi,  al)bandonati  i  cavalli,  si  rifugiavano  nei 
bos('hi.  Don  Ferrante  mandò  subito  a  scovarli  (.')).  E  già,  un 
mese  dopo  la  sua  partenza  da  Messina,  poteva  scrivere  all'im- 
]KM'atore:  -Li  cominercii  universali  de'  luoghi  di  (|uesto  regno, 
sono  come  «li  (|ualsi\ oglia  altro  t)acifìco  dominio  di  A'.  M.  (4)». 
Era  risoluto  a  non  transigere  .  in  «piesto  princi[)io  di  nuova 
reformatione  »,  anzi  a  dare  esempi  ikmi  dubbi  di  rigore. 
Cosi,  sapendo  che  il  conte  «li  A«lernò  era  stato  querelato 
presso  ("arlo  V  :  «l'haver  ricettati  ban«liti  ,  d'omicidi  ,  ex- 
torsioni <'t  aggravii  di  vassalli  »  ,  lo  c«)strinse  a  recarsi  a 
Pah'rnio  e  gli  ingiuns<i  «li  rimanervi  sino  a  (?he  i  fatti  fos- 
ser«)  «'.hiariti,  avendo  contravvenuto  a  un  ordine  «li  esecu- 
zioni' «li  giustizia  (5).  X«?  meno  risolut«>  si  mostrò  v«'rs«)  il 
l»arou<'  diConnso,  ]»ersona  assai  facoltosa,  il  (|UMle,  non  solo 


(1)  In,  |i|).  A-l. 

(2)  Ili,  |i|).  i:m^. 

(»)  Iri.  |i|i.   |})-20. 

(4)  /.•.',  p.  2»;. 

(li)  Ivi,  piiK.   i:t' 


DAL  1535  AL  1543  451 


avovj»  s(Miii»i'<'  (lato  ri<'<'tt«)  ai  banditi,  ma  oia  ria  stato  il 
])i'im()  clic,  si)re/zaii(i<)  gli  oi-ilini  <lati,  teiK'va  nascosto  nn 
bandito  nella  propria  rocca.  Il  (ronzala  lo  fece  arrestare  e, 
in  <*ontbrniità  della  prammatica  di  Carlo  \',  prese  possesso 
della  sna  baronia  in   nome  <lella  regia  corte  (1). 

('ontemporaneamente  attendeva  ad  una  (piistione  gra- 
vissinia,  riguardante  il  inarchese  di  Pietrai)erzia,  accusat<> 
d'aver  procurato  la  morte  a  due  servitori  <lel  padre  e  poi 
al  padre  stesso,  facendolo  soffocare  con  un  cuscino,  com- 
l>lici  il  marchese  di  Licodia,  suo  su<K'ero,  don  Francesco  San- 
tapan,  don  And)rogio  LiciMlia,  «ancora  ben  gioviìie  »,  ri- 
spettivainentc  fratello  e  figliuolo  del  Licodia  e  il  barone  di 
Asara.  (^Miesti  signori  speravano  di  potersi  sottrarre  al  di- 
litto  |KMiale  comune  e  di  essere  giudicati  da  una  corte  di 
])ari  ,  secondo  gli  antichi  privilegi.  Ma  il  viceré  ,  a  cui 
Carlo  V  aveva  raccomandato  di  far  presto  e  dare  un  buon 
esemj)io,  ricorse  al  giudizio  ex  ahrupto.  Messo  alla  tortura, 
il  11)  novembre  ,  il  Petr;»i>erzia,  al  secondo  tratto  <li  corda, 
confessò  tutto.  .Allora  furono  senza  indugio  carcerati  il  Li- 
codia ,  il  Santapau  e  il  figliuolo  di  costui ,  che  si  trova- 
vano a  Palermo,  e  venne  ordinata  la  cattura  del  barone  di  A- 
sara.  Avuta  poi  la  conferma  della  confessione  del  Petraper- 
zia,  fu  intimata  la  difesa  nel  t<'rnjine  di  1,')  gioi'ui.  Kra  in- 
tendimento <lel  (Jonzaga,  s«*  fosse  trascorso  (piesto  termine 
senza  difesa,  come  opinavasi  dai  più,  di  eseguir  la  sentenza, 
che  saìebbe  stata  data,  sjìerando  da  essa  «  assai  esemplo  et 
principio  di  l)uon  rassetto  per  l'isola.  »  l*re])aravasi  anzi,  qua- 
lora le  leggi  il  consentissero,  a  contiscare  i  beni  burgensa- 
tici  del  marchese.  Intanto  ai  4  decendu'e  arrivava  a  Palermo 
r  Asara,  ed  ei  lo  faceva  rinchiudere  imnu»diatan)ente  nel 
castello.  Ma  Carlo  \ ,  (cedendo,  forse,  alle  jH'essicmi  dei  fautori 
del  marchese,  con  disi)accio  del  ?>  diceiìibre  ordinava  <ii  atHdare 
la  causa  ai  giudici  della  gian  corte,  di  fargliene  conoscere 
il  risultato  e  aH[^ettar(^  intanto  le  sue  risoluzioni  (*2).  Vedremo 

(1)  hi,  pajr.  m 

(2)  Ivi,  pp.  7,  12,    1»,  23. 


452       IL   GOTERNO   DI   DON   FERRANTE   GONZAGA  IN   SICILIA 

che ,  ben  altrinieuti ,  per  ciò  che  vigiianln  il  Petiaperzin, 
andarono  le  cose  da  (} nello  che  il  Gonzagìi  aveva  pensato. 
8i  attacciava  del  resto  già  sin  d'  ora  la  difficoltà  mag- 
giore,  qnella  che  gli  rese  gravosissinio  il  non  breve  sno 
governo  e  spesso  lo  strinse  in  angustie  ])ei'icolosissime  :  la 
quistione  finanziaria.  Date  le  straordinari*'  esigenze  della 
politica  cesarea,  1'  erario  regio  della  Sicilia  ,  come  in  tutti 
gli  altri  domini  spagnuoli ,  non  era  stato ,  ne  poteva  mai 
essere  fiorente.  Ora  però,  già  esausto  per  la  impresa  tuni- 
sina, esso  veniva  gravato,  a  un  tratto,  di  nuovi  pesantis- 
siìni  oneri ,  i  quali  già  dal  bel  principio  lasciavano  capire 
che  sarebbero  diventati  permanenti  e  progressivi.  E  la  ca- 
gione era  appunto  l' acquisto  di  Tunisi.  Si  sa  che  Muley 
Hasan  riebbe  il  trono  tunisino  a  condizione  che  pagasse  alla 
Spagna  12  mila  ducati  d'oro,  tenesse  guarnigione  spagnuola 
alla  rJoletta,  di  cui  l'imperatore  si  riserbava  il  j)ossesso  pieno 
e  ])er[)etuo ,  e  cedesse  a  Carlo  V  le  piazze  marittime  di 
Hiserta,  Bona  e  Africa,  non  appena  si  fossero  ricuperate  (I). 
Ora  Carlo  X,  considerando  che  da  quell'ac(iuisto  derivava 
anzi  tutto  la  tranquillità  dell'isola,  riteneva  giusto  e  ne- 
cessario che  da  essa  fosse  sostenuto  il  i)eso  del  presidio 
alla  (Toletta  e  a  Bona.  Partendo  dalla  Sicilia  ,  il  commen- 
datore maggiore  aveva  lasciato  ordine  esplicito  che  si  prov- 
vc^desse.  Non  si  poteva  quindi  tergiversare.  Don  Ferrante 
curò  subito  che  si  macinasse  il  grano  occorrente,  500  salme 
a  Castellammare  e  400  a  Termini,  e  che  per  lo  stesso  scoi)o 
si  mandassero  in  Africa  otto  macine,  cimjue  alla  Goletta 
e  tre  a  Bona.  Inoltre  jier  guadagnar  tempo  prese  le  casse 
per  l'artiglieria  <hii  castelli  di  Palermo  e  'i'ra])ani,  e  al  cas- 
tellano e  al  se<'reto  di  qu(»st'  ultima  città  (M'dinò  di  racco- 
gliere in  quella  provincia  sino  a  750  botti  «li    vino,   obbli- 


ll  ••  (In-  Siili  iiiiiCKliì  possi  Iriicic  in  se  in  {)(>l'|H-tii(>  et  dispone  <!(■  hi 
rort4;/.zii  <l(^  111  (ìolftta  ,  de  le  cittn  di  Hoiin  et  Affini  et  dr  tulli  li  altri 
liK'i  njai'ittitiii  «li'l  remilo  del   prctnlo  Mv,  ctv.  »  Mi'oNi.  i>i>.  di.,  s'.).  San- 

DUVAL,   up.  cit..    Il,   2M.'\7. 


DAL  1535  AL  1543  453 


gando  i  mercanti  a  venderlo  al  prezzo  di  costo.  Infine  di- 
spose per  la  preparazione  dei  biscotti  a  Palermo  e  a  Mes- 
sina, per  le  candele,  per  la  polvere  e  per  le  altre  cose  oc- 
correnti (1). 

Certo  i  mezzi  adoperati  dal  viceré  erano  molto ,  forse 
troppo  spicciativi.  Ma  tale  era  il  suo  temperamento.  E , 
d'altra  parte,  era  proprio  il  caso  di  dire  :  necessità  fa  legge. 
Però,  incombeva  sempre  minacciosa  la  domanda:  E  il  de- 
naro f  II  bisogno  era  sempre  troi)po  grande,  ma  le  difficoltà 
si  moltiplicavano,  quando  si  imponeva  la  necessità  di  tro- 
varne a  tamburo  battente.  Intanto,  occorendo  per  il  gen- 
naio una  forte  somma  per  l' Africa ,  il  Gonzaga  incaricò 
uno  dei  suoi  ministri,  il  dottor  Arduino ,  conservatore  del 
regio  patrimonio  di  tentare  il  ricupero  di  alcuni  crediti 
della  regia  corte.  Nel  tempo  stesso  ordinava  agli  officiali 
del  regio  patrimonio  di  prendere  in  prestito  il  danaro  oc- 
corrente per  pagare  le  dieci  galee  del  regno,  sei  ordinarie 
e  quattro  straordinarie,  che  si  trovavano  in  Ispagna,  e  i  fanti 
spagnuoli  rimasti  in  Sicilia  (2).  Il  Covos  aveva  difatti,  tra 
gli  altri  ordini,  lasciato  quello  che  alle  galee  si  mandasse  la 
l)aga  di  tre  mesi.  Non  fu  cosa  facile  cavarsi  d'impiccio. 
Tuttavia,  fissando  il  sei  per  cento  di  interesse  per  sei  mesi, 
cioè  sino  a  tutto  maggio  1536  ,  si  trovò  un  banchiere,  Pe- 
rotto loronci,  che  assunse  l'impegno  di  far  pagare  a  Valenza 
la  somma ,  ammontante  a  dodici  mila  ducati  (3). 

Pei  fanti  spagnuoli,  spesa  grossa  e  non  contemplata  fra 
le  ordinarie  del  regno,  la  difficoltà  era  anche  maggiore. 

Queste  milizie  erano  divise  per  la  Sicilia:  due  comp.a- 
gnie  a  Messina  ,  una  a  Milazzo ,  una  a  Siracusa  ,•  una  ad 
Augusta  e  il  restio  fra  Palermo ,  Trapani  e  altre  terre  ;  ed 
erano  creditrici  ancora  di  una  mezza  paga  mensile  sin  dal 


(1)  E.  Costa,  Registri  di  lettere,  etc,  pp.  9-10. 

(2)  Ivi,  pag.  11. 

(3)  Ivi,  pp.  16-17. 

Arch.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  30 


4Ó4      IL  GOVERNO  DI  DON  FERRANTE  GONZiLaÀ  IN   SICILIA 

tempo  della  spedizione  di  Tiiuisi.  Don  Ferrante,  in  dubbio 
se  dovesse  o  no  pagarla,  ne  aveva  informato  l' imperatore 
già  in  Messina ,  e  andava  intanto  escogitando  i  mezzi  di 
far  fronte  a  tutto  (1).  Ma  notò  ben  presto  che  non  era 
tempo  di  fermarsi  ai  [larticolari.  C5ou  lettera  del  sei  de- 
cembre  l' imperatore  gli  ordinava  di  mandare  quei  fanti  a 
Napoli,  donde  avrebbero  dovuto  accompagnarlo  a  Eonia  (2). 
Ei  li  conosceva  bene ,  e  sapeva  che  solo  pagandoli  si  po- 
t4?va  tenerli  lontani  da  (|ualche  «  vigliaccheria  ».  E  però 
aveva  già  proposto  di  farli  viaggiare  per  mare ,  non  per 
terra  ;  e  di  imbarcarli,  non  tutti  insieme,  ma  una  parte  a 
Mevssina ,  l'altra  a  Trapani ,  anche  per  «  manco  danno  del 
I)aiese  (3).  I  fanti  erano  i)agati  a  mesate  posticipate. 
Don  Ferrante  aveva  sborsata  quella  di  ottobre ,  lasciata- 
gli dal  Covos  ])rima  di  partire  da  Palermo ,  e  quella  di 
novembre,  per  cui  poteva  dirsi  tranquillo  sino  alla  tìne  di 
deceml>re.  Intanto  ])rovvide  perchè  trovassero  (piella  di  de- 
cembre  nel  luogo  di  imbarco  e  si  affrettò  a  preparare  quella 
di  gennaio.  E,  nella  speranza  che  non  avessero  più  a  far  motto 
della  mezza  paga  per  Tunisi,  luilla  trattenne  per  le  vetto- 
vagli<* ,  che  avrebbero  consumate  in  mare.  Il  denaro  ])er 
\v  tre  paghe  era  stato  ipesso  insieme  parte  con  le  entrate 
ordinarie  ])arte  con  vecchi  residui  di  entrate  senza  toccare  il 
donativo.  Al  nolo  delle  navi,  per  allom,  non  occorreva  pen- 
Httre.  Così  rimbarco  potè  aver  luogo  a  Messina  e  a  Trapani 
fra  la  fine  del  decani bre  1535  e  il  principio  del  gennaio 
153(>  (4).  K  i\\  j)rovveduto  anche  il  necessario  per  la  (ìoletta 
e  Bona.  Avevano  somministrato  il  denaro,  23  mila  ducati, 
parte  le  terre  e  i  baroni  facoltosi  (undici  mila  ductiti),  in- 
dotti a  pagar  subito  la  loro  rata  del  <lonativo:  il  resto  un 
|)reHtito  per  sei  mesi  al  tasso  del  sei  per  cento  (ò). 


(-2)  Ivi,  pag.  2H. 

(H)  Ivi,  imn.   2r). 

(4)  Ivi.  pp.  2«-9. 

(6)  Ivi,  i>^.  Mt. 


DAL  1535  AL  1543  455 


Uno  dei  mezzi  per  far  quattrini,  facile  a  usarsi  e  non  di 
rado  abusato,  si  sa,  era  quello  di  vendere  le  terre  demaniali, 
<)  riscattare  le  baronali. 

Già  da  qualche  tempo  Taormina  desiderava  riscattarsi. 
Offriva  dieci  mila  ducati.  Ora  poi  per  facilitare  il  riscatto 
suggeriva  una  operazione  finanziaria,  che  al  Gonzaga  sem- 
brava accettabile:  vendere  cioè  Francavilla,  demaniale,  sulla 
quale  alla  regina  Germana  (1)  era  assegnata  una  piccola 
rendita  di  cento  ducati.  Il  compratore  non  mancava.  Ma, 
insieme  con  le  altre  cautele,  chiedeva  l'assenso  della  regina 
e  il  titolo  di  visconte.  Così  chiedevano  <1'  essere  riscattate 
anche  Calatabellotta,  già  venduta  per  27  mila  fiorini,  e  an- 
tera: e  si  facevano  diverse  proposte  (2). 

Ma  nel  bel  meglio  Don  Ferrante  dovette  prepararsi  a 
lasciare  la  iSicilia.  Carlo  V  voleva  adoperarlo  nell'Italia  su- 
periore nella  nuova  guerra  contro  la  Francia,  che  la  morte 
<lell'ultinjo  duca  di  Milano ,  Francesco  Sforza ,  aveva  resa 
inevitabile.  Occorreva  però  prima  di  partire  nominare  un  luo- 
gotenente ,  e  al  Gonzaga  pareva  che  pochi  fossero  atti  a 
quell' ufiìcio  (3).  Onde,  nelle  proposte  fatte  all'imperatore, 
dei  due  regnicoli ,  ai  quali  si  potevji  pensare ,  il  marchese 
di  Gerace,  stato  già  presidente  alla  morte  del  duca  di  Mon- 
teleone,  e  il  conte  di  Chiusa,  escludeva  il  primo,  ricordan- 
done 1'  o])era  poco  efficace ,  e  inostravasi  poco  propenso  al 
secondo,  del  quale  non  credeva  poter  dir  altro  se  non  che 
aveva  condotto  sem]ìre  una  vita  pacifica.  E  suggeriva  in- 
vece il  conte  di  Aitona,  siniscalco  di  Aragona  e  Catalogna 
e  maestro  giustiziero  del  regno  di  Sicilia,  Giovanni  di  Mon- 
cada ,  non  solo  i)erchè  forestiero,  ma  anche  perchè  era,  se- 
condo lui,  informato  dei  criterii  di  governo  che  occorreva 


(1)  Germana  di  Foix,  parente  del  re  di  Francia,  sposata  da  Ferdinando 
il  Cattolico,  e  poi,  morto  costui,  data  da  Carlo  V  in  moglie  a  Ferdinando 
ultimo  duca  di  Calabria.  Va  ricordato  che  Grermaua  era  sterile. 

(2)  Ivi,  pp.  4-5. 

(3)  «.v  Chi  per  essere  interessati,  et  altri  inquisiti,  chi  per  tener  parte, 
et  altri  per  non  esser  di  qualità  conveniente  a  questo  cargo.  »  Ivi,  p.  22. 


456       IL  GOVERNO  DI  DON  FERRANTE  GONZAGA  IN   SICILIA 

seguire.  A  ogni  modo  avev^a  già  pensato  a  limitarne  l'au- 
torità «  acciò  non  tornasse  a  guastarsi  quel  poco  di  buono 
che  sin  qui  era  stato  fatto  »  (1). 

Don  Ferrante  partì  alla  fine  del  decembre  1535,  lasciando 
presidente  del  regno  il  Moncada  (2).  Era  rimasto  ili  Sicilia, 
qual  viceré,  meno  di  due  mesi.  Ma  già  l'isola  aveva  ricevuto 
da  lui  un  fecondo  impulso  a  vita  più  operosa. 

II.  —  L'assenza  del  Gonzaga  dalla  Sicilia  si  protrasse  sino 
al  marzo  del  1537.  Dopo  la  fallita  spedizione  in  Provenza, 
durante  la  quale,  secondo  le  voci  che  allora  corsero,  avrebbe 
fatto  avvelenare  il  delfino  (morto  a  Tournon  il  10  agosto 
1536  (3),  aveva  Don  Ferrante  seguito  l'imperatore  a  Genova, 


(1)  Ili,  pp.  '2Ì-22.  Di  Blasi,  Stor.  del  Bey.  di  Sicilia,  III,  33. 

(2)  Di  Blasi,  Storia  eronol.  dei  Viceré,  II,  94.  La  partenza  da  Palermo, 
secondo  il  Dì  Brasi  ,  ebbe  luogo  il  20  dicembre.  Il  Maurolico  ,  Sican. 
rertim  Comp.,  222,  scrive  che  giunse  a  Messina  il  26. 

(3)  L'accusa  non  potè  mai  essere  dimostrata  vera  ,  e  tutto  induce  a 
credere  che  fosso  talsii.  Lo  stesso  Gran  vela  {Apologie  de  Charles  V,  137-45) 
ebbe  cura  di  confuUirla.  Cfr.  la  «  Lettre  privée  responsive  d'ami  à  autre  » 
nei  PapierH  d'Etat  dn  cardinal  de  Qranvelle  dUiprès  le$  niss.  de  la  Dihl. 
d«  IÌ€t<aiu;oH,  jmh.  sotts  la  dir.  de  Ch.  Weiss,  II,  50()-14.  Paris,  Impr.  roy. 
1841.  Tuttavia  il  Gonzaga  ebbe  a  lungo  a  soffrirne.  Ai  (i  gennaio  1537 
Hcriveva  da  Parigi  il  card.  Carpi  :  «  L'homo  ch'io  scrissi  esser  venuto  del 
lUuM  di  Mantova,  sotto  parlar  di  Monferrato,  é  principalmente  per  iscusar 
Don  Ferrante  della  iiuputatione  del  veleno,  portava  lettere  a  Sua  Maestà 
la  quale  uou  ha  voluto  che  gli  parli  in  t|uesto  proposito,  ma  ben  mons. 
6rain.ro  lo  ha  udito,  et  per  fin  qui  el  non  h  per  riportar  (juel  ch'I  volea. 
Il  chr.mo  et  tutti  quest'altri  sig.ri  piangono  et  si  alterano  mirabilmente 
quando  se  gli  tocca  in  questo  proposito,  nel  quale  sappia  S.  S.tà  per  ve- 
ritA  rhf  dal  R.mo  Trivulfio  ,  et  da  me  fu  fatto  tntlo  ([uel  'che  «i  puoto 
per  far  bene,  il  che  «lieo  per  alcune  parole  ha  Inivnlo  adire  l'imp.e...» 
Cfirteg.  Farueii.  Arch.  di  Stato  Parni.  —  11  Gonzaga  stesso  scriveva  al  suo 
agente  Sagunta  in  data  17  nntggio  l.')37  :  «Mi  piace  havei'e  inteso  chela 
provÌNÌoue  l'atta  per  uie  in  Venetia  in  giustilicatione  della  t-alunnia  del 
tOM(ic4>,  babbi  HudiHfatto  et  a  sua  Maestà  et  agli  altri  tanto  quanto  se  in- 
t«mlu  <ln  voi.  Kt  ehe  tanti  signori  (|uanti  voi  dite  ni  sieno  otierti  a  v«dere 
|»lgli*r«  la  delAAM  dei  honore  niio  ,  etr..  »  liry.  delU  oote  del   governo  di 


DAL  1635  AL  1543  457 


donde  ,  imbarcatosi  quello  i)er  la  Spagna,  si  era  recato  a 
Mantova.  Itipartì  da  Mantova  il  31  gennaio  1537,  lasciando 
ordine  che  i  suoi  si  mettessero  in  viaggio  nella  seconda 
domenica  di  quaresima  (1).  E,  dopo  una  breve  dimora  a  Na- 
poli, sbarcò  a  Messina  il  giorno  11   marzo  (2). 

Anche  lontano,  aveva  guardato  sempre  con  occhio  vigile 
alla  Sicilia  e  fatto  tutto  quello  eh'  era  in  suo  jiotere  per 
assicurarne  la  tranquillità.  Ma,  benché  molto  si  rallegrasse 
che  in  generale  tutto  fosse  passato  «  assai  quietamente  et 
senza  disordine  o  scandalo  notal)ile  »  e  che  la  giustizia  fosse 
tenuta  «  in  (jnella  stima  et  reputazione  ch<>  conviene  *,  non 
altrettanto  poteva  dire  dello  stato  tinanziario  dell'isola  (3). 
Illusioni,  a  vero  dire,  non  se  n'era  fatte.  Ohe,  anzi,  già  in 
Genova  aveva  presentato  all'  imperatore  un  memoriale  per 
informarlo  di  quelle  non  i)rospere  condizioni.  E  ai  23  feb- 
braio 1537,  sul  punto  di  partir  da  Napoli,  gli  aveva  scritto 
anche  di  nuove  difficoltà  a  Ini  note.  Ma  ora  le  cose  gli  ap- 
parivano anche  peggiori  di  quel  che  supponeva  (4). 

Durante  la  sua  assenza  molto  era  stato  fatto  per  la  di- 
fesa dell'isola.  Il  Ferramolino  aveva  elaborato  (piel  disegno 
di  fortificazioni  della  città  di  Palermo  (5),  alla  esecuzione  del 


Sicilia  1685-39.  (-arte  Gontiuja,  ivi.  Anche  a  Nizza,  al  feinpo  del  famoso 
congresso  (1538),  il  «luca  di  Mantova  non  lasciò  sfuggire  1'  occasione  di 
muovere  al  re  di  Francia  «  qualche  parola  sopra  il  caso  dell'  iniqmi  im- 
putazione», fatta  a  Don  Ferrante  «al  tempo  della  morte  del  Delphino», 
al  qual  proposito  parve  che  il  re  si  mostrasse  «più  mani50  del  solito.» 
A.  Neri,  A.  ly  Oria  e  la  Corte  di  Mantova,  in  «Giornale  Ligustico» 
XXIII,  417  (a.  1898). 

(1)  Don  Ferrante  al  Saganta,  suo  agente  nella  corte  imperiale,  da  Mes- 
sina, 23  maggio  1537.  Beg.  delle  cose  del  (joi\  di  Sicilia,  1535-39,  fol.  80. 
Carte  Gonzaga.  K.  Arch.  Parm. 

(2)  E.  Costi,  Registri  di  lettere,  etc,  pag.  38. 

(3)  Ivi,  pag.  41. 

(4)  Ivi,  pp.  33,  50,  65. 

(5)  «  L'ordini  di  la  fortificacioui  di  ({uista  felichi  chita  di  palermo  dato 
per  lo  magnifico  Ingignero  antonio  ferramolino  »  ;  V.  Di  Giovanni  ,  Le 
fortificai/ioni  di  Palermo,  eie.,  op.  cit.,  pp.  43-77. 


458      IL  GOVERNO  DI  DON   FERRANTE  GONZAGA  IN  SICILIA 

quale  allora  si  era  subito  posto  mano,  e  che  fu  continuata  poi 
costantemente  in  seguito,  anche  dopo  il  passaggio  del  Gonza- 
ga al  governo  del  Milanese.  Secondo  codesto  disegno  del  Fer- 
ramolino,  e  sotto  la  sua  direzione,  furono  cominciati  subito 
nel  1536  il  bastione  dello  Spasimo  (1)  e  quello  presso  la 
porta  di  Carini,  in  sostituzione  delle  antiche  torri  delle  vec- 
chie mura.  Seguirono  il  bastione  di  S.  Giacomo  sul  Papi- 
reto,  a  fianco  dell'antica  porta  Rota,  quello  detto  di  8.  Vito 
o  Gonzaga  e  quello  di  8.  Giuliano.  Furono  spinti  alacre- 
mente anche  i  lavori  della  piazza  del  Castello  al  mare,  co- 
minciato nel  1535  (ma  finito  soltanto  intorno  al  1560),  e  fu 
restaurato  il  castello  del  Molo,  che  Don  Ferrante  unì  più 
tardi,  verso  il  1530,  all'antica  torre  della  tonnara  del  mo- 
naco (2).  La  sorveglianza  dei  lavori  era  stata  affidata  a  una 
commissione,  composta  da  Colantoni  Carbone,  rappresentante 
della  regia  corte,  e  don  Carlo  Bologna  ,  Antonio  Valguar- 
nera,  Pompilio  Imperatore  e  don  Pietro  Bologna,  rappresen- 
tanti del  comune  (3).  Il  quale,  d'altra  parte,  «sollecitando 


(1)  Era  vicino  alla  chiesa  omoDima,  chiamata  così  per  il  celebre  qua- 
dro tli  Ratfaelh).  —  Cfr.  :  Cerimoniale  della  felice  città  di  Palermo,  pubbli 
cato  da  Salvatore  Salomone  -  Marino,  in  «Documenti  per  servire  alla 
storia  di  Sicilia  »,  serie  IV,  voi.  ITT,  p.  75;  e  Gioacchino  Di  Marzo,  Bi- 
blioteca storica  e  letteraria  di  Sicilia,  ossia  raccolta  di  opere  inedite  o  rare 
di  Scrittori  Siciliani  dal  secolo  XVI  al  XIX.  Palermo,  Pedone  -  Lauriel. 
I,  pag.  1.  —  E.  ViLLABiANCA,  Il  Palermo  d'oggigiorno  [Di  Marzo,  opera 
cit.f  XIII,  33],  scrive  :  «  Fu  appellato  dello  Spasimo  perchè  nelle  sue  fab- 
briche andò  atl  occupare  il  sito  istesso  ,  cìie  vi  ebbe  un  tempo  il  prisco 
monastero  di  8.  Maria  lo  Spasimo  degli  Olivetani,  che  per  causa  di  esso 
forte  in  part«  venne  demolito».  E  lo  ricorda  all'anno  1537.  Cfr.  Di  Blasi, 
Storia  dei   Viceré,  II,  100. 

(2)  V.  Di  Giovanni,  Le  Fortificazioni,  etc,  pp.  6-7,  19,  21.  — Nel 
Diario  della  città  di  Palermo  dei  cronisti  Paruta  e  Palmerino,  alcuni 
di  qucHti  lavori  sono,  erroneamente,  ricordati  sotto  la  data  del  1"  ott.  1537 
(Di  Mau7.o,  op.  cit.,  I,  11).— Cfr.  :  Wiulabiasca,  Il  Palermo  d''oggi(/iorno 
[Di  Marzo,  op.  eit.,  XIII,  27],  e  V.  Dì  Giovanni,  Del  Palermo  restaurato 
[Di  Marzo,  op.  cit.,  XI,  168]. 

(8)  Cfr.  le  «Istruzioni»  per  esegtiir  gli  «  Ordini  t  in  Dt  Giovanni, 
op.  ril..  pp.  78-87. 


DAL  1535  AL  15i3  459 


i  lavori  replicate  lettere  del  viceré  »  ,  ingeg:navasi  di  som- 
ministrarne i  mezzi.  Oostrin<;vva  le  persone  alle  giornate  di 
lavoro,  prelevava  dai  redditi  del  «  nolaggio  »  (1)  4tM)  once; 
imponeva  sulle  farine  un  dazio  di  tre  tari  i)er  salma,  durato 
poi  per  parecchi  anni,  e  sul  vino  uno  di  12  tari  per  botte; 
dava  licenza  di  «dirrupari  (^ise  et  arbori  vi(ùni  alle  mura  >  (2). 
Da  Oenova  aveva  il  viceré  mandato  un  capitano  Oliviero 
a  Messina,  con  ordine  di  far  cominciare  i  lavori  delle  for- 
tificazioni, e  scritto  alla  città  pregandola  «  incaricatissi ma- 
mente  »  di  concorrere  nella  spesa.  Messina  aveva  acc(?ttato 
l'invito.  Ma,  giunto  nell'isola  ,  Don  Ferrante  fece  tali  pre- 
mure e  promosse  i  lavori  con  tanta  energia  da  sentirsi  in 
grado  di  dichiarare  che  Messina  trovavasi  oramai  in  cou- 
dizioni di  potersi  difendere,  nonostante  la  comune  opinione 
contraria,  anche  se  tutta  l'armata  del  Barbarossa  la  avesse 
assalita  (3).  Veramente  trattavasi  di  una  difesa  provvisoria, 
preparata  un  i)o'  tumultuariamente,  che  quella  sistematica 
e  duratura  non  potè  essere  cominciata  prima  dell'  antunno 
del  1537.  E  anche  allora  il  viceré  ,  per  guadagnar  tempo , 
dovette  cominciare  i  lavori  dalla  parte  di  tramontana,  presso 


(1)  11  «  Nolaggio  »,  o  «  Molaggio  »,  era  la  gabella  sulle  mercanzie,  che 
entravano  nel  porto  di  Palermo,  concessa  da  Alfonso  d'Aragona  per  poter 
raccogliere  i  mezzi  occorrenti  alla  costruzione  del  molo.  Salomone-Mari- 
no, ('erimoniale,  ctr.,  op.  cit..  pag.  +2.  V'iu^abianoa  ,  Della  Fondaziow 
dei  molo  di  Palermo  [Di  Marzo,  ojj  ril.  XI,  288], 

(2)  V.  Di  GiovANni,  op.  cit.,  pp.  19  39  e  116-7.  Mauholico,  op.  cit., 
pag.  224.  Di  Blasi,  Storia  del  Hey.  di  Sic.,  Ili,  34. 

(3)  E.  Costa,  Reyùtri  di  lettere,  eie.,  pp.  31  e  37  :  «  Primamente  or- 
dinai che  si  fortificasse  Messina  tenut^i  fin  all'hora  impresa  molto  diffici- 
le, et  cura  deaperata  considerando  che  se  bene  detta  Città  e  circondala  dti 
montagne  per  tutto  e  perciò  facesse  difficile  il  poter  per  quella  penetrare  il 
cuore  del  regno  non  dimeno  quella  occupata,  si  può  dire  che  fosse  occupata 
la  chiare  di  esso,  et  del  regno  di  Napoli ,  per  la  vicinità  di  Calavria,  et 
per  la  perfettione  del  porto  che  tiene  (quando  però  si  tratti  della  guerra 
contro  levante),  detta  città  di  Messina  resta  a  mio  giudicio,  sicurissima  ». 
F.  G.  Carreri,  Belaeione,  etc,  pag.  8. 


460       IL  GK) VERNO  DI  DON   FKRRANTE  GONZAGA  IN  ?$IOlLlA 

porta  re.ale,  e  non  da  quella  di  mezzo  giorno,  a  porta  s.  An- 
tonio, elle,  pur  essendo  la  più  importante,  era  la  più  debole. 
Ma  quivi  occorreva  abbattere  non  meno  di  17o  case,  oltre 
a  gran  numero  di  piante  e  ad  alcune  chiese,  per  cui  si  pre- 
vedeva una  spesa  di  circa  50000  ducati,  e  i  messinesi,  prima 
di  metter  mano  alla  borsa,  avevano  voluto  che  Carlo  V  ri- 
conoscesse coi  fatti  l'anteriore  accordo  intervenuto  fra  la 
città  e  il  viceré  duca  di  Monteleone,  per  cui  la  regia  corte 
doveva  pagare  la  metà  delle  spese  di  demolizione  (1).  Anche 
a  Messina  Don  Ferrante  mandò,  appena  potè,  il  Ferramo- 
lino,  perchè  dirigesse  i  lavori  (2).  B  intanto  il  comune  im- 
poneva un  nuovo  dazio  sul  frumento  e  sul  vino,  che  avrebbe 
dato  16000  ducati  annui  (3). 

Né  si  era  perduto  tempo  a  Siracusa,  a  Milazzo ,  a  Tra-, 
pani  e  in  altri  luoghi.  E,  poiché  i  castelli,  erano  sprovvisti 
di  munizioni  e  l'artiglieria  «  (piasi  tutta  discalcata  per  tro- 
varsi le  ruote  et  le  carogne  marcite  »,  Don  Ferrante  ordinò 
subito,  ai  15  marzo,  che  fossero  forniti  dell'occorrente  per  un 
anno,  quantunque  la  spesa  ammontasse  a  15  mila  ducati, 
dichiarandosi  inoltre  disposto  ad  assumersi  anche  quella  più 
grossa  delle  fanterie  (4).  E  già  ai  L'i  marzo,  persuaso  della 
difficoltà  di  assoldar  milizie  nell'isola,  essendo  la  gente  del 
paese  «  di  natura  poco  bellicosa  et  mal  pratica  et  gente  fo- 
restiera non  ci  si  trova  »,  aveva  (chiesto  licenza  al  viceré  di 
Napoli  di  potere  assoldare,  occorrendo,  3000  fanti  in  Calabria. 
Così  provvedeva  alla  Sicilia,  e  altresì  a  Napoli ,  qualora  il 


(1)  Don  Ferrante  a  Carlo  V,  da  Messina  18  settembre  1537.  Bey.  delle 
cote  del  yuvenw  di  Sicilia  deyli  anni  1635-39,  fol.  122.  Carte  Gonzatja. 
K.  Areli.  di  Farina. 

(2)  Don  Ferrante  a  Carlo  V,  da  Palermo,  novembre  1537,  ivi,  fol.  134. 
Il  Ferraniolino  fu  coadiuvato  dal  Maurolii-o.  Monoitork  A.  ,  lUbliothectt 
Sicula.  Palermo,  I  (a.  1707),  pag.  227. 

(3)  Don  Kerrant<!  a  Carlo  V,  da  Messina ,  28  agosto  1537.  Vie//.  <lrllr 
eoM  del  gov.  di  Hic   Ìù3r,.39,  fol.  112,  /oc.  eit. 

(4)  E.  Costa,  HeijiHlri  di  lettere,  eto.,  pp.  31,  87. 


DAL  1535  AL  1543  461 


Bavbarossa  av^esse  pensato  «li  assaltar  prima  l'isola  (1).  Di- 
sei^llava  anzi  di  assoldarne  sino  a  5()00,  <listribuendoli  nei 
luoghi  pii\  opportuni  :  20<M)  a  Messina  (e  gli  sembra van  po- 
chi), 200  ad  Angusta,  KKK)  a  Siracusa,  700  a  Trapani ,  400 
a  Milazzo ,  300  e  più  con  le  guardie  ordinarie  a  custodia 
dei  castelli.  Intimò  subito  ai  baroni  il  servizio  militare,  av- 
vertendoli di  tenersi  pronti  a  ogni  chiamata  (2).  Ordinò  lo 
sgombro  del  monastero  e  della  chiesa  del  Sai  vatore  di  Mes- 
sina, già  deliberato  dall'imperatore  a  Ili^apoli,  per  necessità 
militare  (3),  Inviò  nello  st^^sso  tempo  persone  fidate  in  levante 
per  sorvegliare  e  spiare  i  jireparativi  e  le  mosse  dei  tur- 
chi (4).  Infine  fece  un  giro  di  ispezione  fi  parecchi  luoghi 
forti,  e  specialmente  a  Siracusa  e  a  Catania,  col  pensiero  di 
studiare  da  vicino  anche  la  natura  e  la  disposizione  del 
paese  per  potere  più  facilmente  provvedere  alle  i)arti  più 
deboli  (5). 

In  tutte  le  città  forti  visitate  trovò  scarsezza  di  polveri, 
adoperate  1'  anno  prima  per  1'  esercito.  Di  Siracusa  non  fu 
ili  tutto  scontento,  sebbene  non  approvasse  il  disegno  delle 
fortificazioni.  Con  un  altro  disegno,  a  parer  suo,  sarebbero 
occorsi  1200  uomini  di  meno.  Trovatala  ben  fornita  di  ar- 
tiglieria, ordinò  che  si  provvedessero  viveri  per  il  presidio 
e  per  i  cittadini  sino  a  tutto  ottobre. 

Augusta  lo  sodisfece  di  meno.  Il  suo  i)orto  bellissimo  e 
grande  non  poteva  esser  difeso  dal  castello  di  antica  e  j>oco 
solida  costruzione.  Inoltre,  rice\'endo  due  fiumi,  offriva  un 


(1)  Ivi,  p.  32. 

(2)  Ivi,  pp.  88-9. 

(3)  Ivi,  pag,  40.  —Ai  monaci  era  stata  promessa  in  cambio  l'abazia  di 
S.  Placido  (/ri).  Ma  dalla  corte  non  giunse  1'  ordine  relativo ,  anzi  Don 
Ferrante  fu  invitato  ad  alloggiarli  in  altro  convento  e  a  mantenerli  con 
le  rendite  del  Salvatore.— Lettera  di  Don  Ferrante  all'imperatore,  24  lu- 
glio 1837,  da  Messina  Heijistro  delle  cose  del  governo  di  Sicilia,  1535-39, 
tol.  95.  Carte  Oonsuga.  R.  Ardi.  Parm. 

(4)  E.  Costa,  Registri  di  lettere,  eie,  pag.  40. 

(5)  Ivi,  pp.  31-2  e  54. 


402       IL  GOVERNO   DI  DON  FERRANTE  GONZAGA  IN   SICILIA 

punto  d'appoggio  al  nemico,  che  vi  aNrebbe  trovato  posto 
per  qualsivoglia  armata  e  anche  abbondanza  d'  acqua.  Ma 
non  era  possibiU^  jissicurarne  la  ditesa  in  poco  tem[)o,  anche 
perchè  posto  nel  paese  più  piano  e  florido  dell'isola  e  i>ros- 
simo  a  Cat^iuia  «  terra  grossa  et  populosissima  et  tanto  fiacca 
et  irremediabile  che  non  si  può  far  d'essa  altro  disegno  che 
l»ensar  di  habandonarla  >.  Conveniva  (juindi,  ai)pena  si  af- 
facciasse ])ericolo  d'iuN'asioue,  allontanar  da  Catania  donne, 
fanciulli  e  ogni  altra  persona  capace  di  muoversi  e  imporre 
agli  altri  di  ritirarsi  ai  monti.  Questo  pericolo  era  però  a 
temersi  solo  quando  il  nemico  si  fosse  impadronito  di  Au- 
gusta, perchè  la  spiaggia  di  Catania  era  «  tanto  malvaggia  > 
da  non  invogliar  di  certo  ad  avvicinarvisi.  -  (1). 

In  buone  condizioni  trovò  Milazzo  (2).  E  buone  notizie 
gli  giunsero  di  Trapani  e  Palermo.  La  prima  era  stata  re- 
cinta di  un  grandissimo  fosso.  La  seconda  mostrava  g\h  bene 
avanzate  h;  oliere  di  difesa,  disegnate  dal  Ferraniolino  (3). 

In  conclusione,  osservava  il  Gonzaga  che  la  costa  orien- 
tale da  Messina  a  Siracusa  era  la  ])iù  debole ,  non  trovan- 
dosi j)orti  o  terre  di  importanza  nelle  altre  due  da  Siracusa 
a  Traiiani  e  da  Trapani  a  Messina ,  salvo  Palermo  e  Mi- 
lazzo (4).  Essa  dava  facile  adito  a  invasioni,  avendo  bellis- 
simi porti,  grandi  città,  paesi  fertilissimi  e  piano  da  potervi 
«cavalcare  (piasi  in  ogni  senso,  terre  [)opolose  (^  aperte ,  of- 
lerenti  grosso  e  si<;uro  bottino,  di  modo  che  la  difesa  avrebbe 
dovuto  essere  affidata  a  una  battaglia  campale  che  la  pru- 
denzti  consiglia  <ii  evitare  perchè  sempre  di  esito  incerto  (5). 
Era  inoltre  aument-ata  (piesta  debolezza  dalla  comodità  che 


(1)  Ivi,  pp.  52-3. 

(2)  Ivi,  iwg.  r.3. 

(3)  Ivi,  pp.  71-2. 

(4)  ItH,  pp.  r»4-ft. 

(5)  I.  C.  Cakuicki,  lielazione,  ctc,  pag.  8.  Per  Trapani,  vt'v.  V.  Vitalk, 
Trajtani  mIU  guerre  di  l'arlo  V"  in  A/rica  e  contro  i  turchi.  Voi.  XXIX. 
pp.  1-7]  di  (juchU»  «Archivio». 


DAL  1535  AL  1543  463 


ollViva  il  faro  di  accogliere  un'  armata,  ineiitre  un  esercito 
avesse  voluto  attendere  per  terra  all'espugnazione  di  Mes- 
sina. Un'isola,  detta  Manghesii ,  in  vicinanza  di  Augusta, 
jjoteva  <lare  sicuro  rifugio  a  una  cinquantina  di  galee.  E 
poco  sicura  ai)pariva  la  stessa  Siracusa,  nel  cui  porto  uu'ar- 
niatà  grossa  avrebbe  potuto  penetrare  di  notte  in  onta  alla 
piccolerza  dell'  imboccatura ,  non  potendo  questa  essere  of- 
fesa dalla  città  ed  essendo  il  porto  molto  largo. 

La  difesa  dell'isola,  dovendo  esser  fatta  contro  i  turchi, 
richiedeva  un  metodo  diverso  da  quello  usjito  nelle  guerre 
fra  cristiani.  Si  dovevano  cioè  assicurare  non  solo  i  luoghi 
forti,  ma  auche  le  terre  aperte,  e  tutti  gli  abitanti  dovevano 
concorrere  alle  spese.  Altrimenti  i  turchi,  «essendo  il  co- 
stume loro  gli  huomiui  che  pigliano  far  schiavi  e  'l  paese 
che  non  i)uonn()  defendere  guastar  et  abrusciare»,  avrebbero 
potuto  arre^'are  danni  gravissimi. 

Pertanto  Don  Ferrante,  modificando  il  piano  suo  primi- 
tivo già  esposto,  stabilì  di  assegnare  a  Messina  3(WK)  fanti 
V  200  cavalli,  ad  Augusta  4(K)  tanti,  a  Siracusa  1500,  a  Tra- 
pani 8(M) ,  a  Milazzo  4(M)  e  di  aumentare  di  Mh)  il  numero 
delle  guardie  esistenti.  Disegnava  inoltre  di  costruire  un 
campo  fortilicato  a  Leontini ,  riunendovi  i  KKKK)  fanti  da 
assoldare  e  i  1500  cavalli  «lei  servizio  militare,  detrattine 
200  per  Messina.  Così  in  luogo  centrale  e  con  uìi  forte 
esercito  sperava  ovviare  a  qualunque  pericolo.  Avrebbe 
dato  il  comando  del  servizio  militare  al  maestro  giusti- 
ziero  (1),  convenendo  a  lui  restare  a  Messina,  debole  e  più 
esposta  a  pericoli ,  anche  perchè  rimanendo  fuori  gli  sa- 
rebbe riuscito  difficile  per  la  asprezza  dei  luoghi  ridursi  in 
essa  in  caso  di  necessità.  Del  resto  qualora  il  nemico  avesse 
tentato  uno  sbarco  a  Siracusa  o  ad  Augusta,  egli  avrebbe 
potuto  correre  a  Leontini  distante  da  Messina  meno  di  dieci 
ore  di  posta.  Non  era  però  escluso  il  pericolo  d'essere  preso 


(1)  Don  Ferrante  a  Carlo  V,  da  Messina,  17  maggio  1537.  Bey.    delle 
cose  del  qor.  di  Sic,  1530-39,  fol.  72.  Carie  Oonzaya.  R.  Ardi.  Parin. 


464       IL  GOVERNO  DI  DON   FERRANTE  GONZAGA   IN   SICILIA 

alle  spalle  essendo   Leoiitini  poco  distante  dal  mare  ed  a- 
veudo  i  turchi  abbondanza  di  cavalli  (1). 

III.  —  Era  Don  Ferrante  ancora  tatto  intento  a  solle- 
citare i  lavori  già  deliberati ,  quando  gli  giunsero  lettere 
importantissime  dell'imperatore,  delle  quali  non  poteva  non 
tenere  gran  conto.  Carlo  V  temeva  molto  delle  intenzio- 
ne dei  turchi ,  i  ciuali ,  come  tntto ,  anche  troppo  chia- 
ramente, faceva  supporre  ,  disegnavano  di  assalire  i  suoi 
stati  d'Italia.  Quale  dei  due  regni  avrebbero  preso  di  mira, 
Napoli  o  la  Sicilia  ?  Nessuno  poteva  saperlo.  Donde  la  neces- 
sità di  pensare  alla  difesa  dell'uno  e  dell'altro.  E  però  , 
avendo  già  stabilito  di  mandare  a  Napoli  5000  spagnuoli  e 
in  Sicilia  2000  spagnuoli  e  .*5(X)0  tedeschi  ,  comandati  dal 
conte  di  Ortemberg,  ordinava  ad  Andrea  D'Oria  di  armare, 
commetteva  a  Don  Ferrante  di  provvedere  armi  in  Sicilia, 
e  raceomandava  di  nuovo  a  tutti  i  suoi  ministri  in  Italia 
di  operare  sempre  d'accordo.  Al  Gonzaga  ingiungeva  in  i>ar- 
ticolare  di  nulla  tentare  di  notevole  senza  l'avviso  del  D'Oria. 
Don  Ferrante  faceva  osservare  che ,  se  il  nemico  avesse 
assalito  la  Sicilia,  gii  Alemanni,  «gente  valorosa»  senza 
dubbio ,  non  sarebbero  giunti  in  tempo.  Meglio  mandar*^  , 
invece  di  due,  tremila  spagnuoli,  presidio  che  darebbe  «  un 
animo  estremo  »  a  tutti  quei  popoli.  E  gli  spagnuoli  senza 
difficoltà  avrebbe  potuto  far  passare  in  Calabria  ,  (pialorji 
il  nembo,  che  si  andava  addensando  per  1'  aria,  avesse  do- 
vuto portare  il  temporale  nel  regno  di  Na[)oli  anzi  che  in 
Sicilia.  Jja  Sicilia,  alla  sua  volta,  avrebl)e  potuto  essere  ben 
difesa  dalle  ])ic-<'-ole  scorrerie  c^on  le  milizie  raccolte  sui 
luoghi;  tant^)  più  che  il  viceré  <li  Napoli  aveva  consentito 
che  si  assoldassero  tremila  fanti  in  Calabria  ed  egli  a^  (^va 
già  scritto  a  Roma  per  rac(H>giiere  da  quelle  ])arti  un  mi- 
gliaio di  fanti.  Lfi  armi  ,  stantie  la  strettezza  del  temjM) , 
era  ntn^jHsario  farle  venire  di  Ijombardia.  Né  conveniva  ad- 


(1)  E.  Coìta,  Registri,  di  lettere  etc,  pp.  54-08. 


DAL  1535  AL  1543  465 


(lossare  al  paese  iiu  altro  grave  (;arico,  ])roprio  mentre,  iiou 
ostante  le  tante  altre  gravezze  degli  ultimi  anni,  si  lavorava 
a  smungere  i  poi>oli  per  pin  di  cinqne  o  seicento  mila  fio- 
rini. Si  voleva  proprio  scorticarli  .'  Alla  vigilia  dell'apertura 
del  parlamento  era  prudente  «  agevolare  i  populi  et  non 
aspreggiarli  ».  Terminata  la  sessione  e  ottenuto  ciò  che  si 
desidera\'a,  non  pareva  onesto  mettere  innanzi  altre  pretese. 
Più  tardi  qualche  mezzo  si  sarebbe  pur  trovato  f)er  spillare 
ai  siciliani  anche  <iuell'  altra  sommetta  (1).  Alleggerire  le 
l)orse,  ma  con  garbo  e  sopra  tutto  senza  far  strillare  ,  è 
un'arte  s(|uisita  :  e  in  essa  il  Gonzava  non  aveva  forse  chi 
il  superasse. 

Ma,  insieme  con  gli  ordini  e  le  disposizioni  d'altra  na- 
tura, Carlo  V,  come  agli  altri  suoi  ministri,  chiedeva  anche 
a  Don  Ferrante  un  ])arere  intorno  al  modo  migliore  di  render 
frustranei  i  disegni  dei  nemici.  Veramente  il  Gonzaga  avrebbe 
desiderato  che  l'imperatore  scegliesst!»  a  base  d'  operazione 
il  regno  di  Xapoli,  formando  un  grosso  di  15000  fanti,  un 
terzo  di  spaglinoli  e  il  resto  <li  tedeschi ,  di  1000  cavalli 
leggieri  e  di  tutti  gli  uomini  d'arme  che  in  esso  si  tro- 
vassero. Gli  pareva  che  da  <iuel  puntt)  centrale  sarebbe 
stato  più  facile  tenere  in  iscacco  tanto  i  francesi ,  niiuac- 
cianti  dal  nord,  quanto  i  turchi,  temibili  per  mare  da  le- 
vante, con  grande  vantaggio  di  unità  e  celerità  nelle  mosse 
dell'  esercito  e  non  trascurabile  risparmio  di  spesa ,  poten- 
dosi sempre,  in  t<3mpo,  far  fronte  là  dove  il  nemico  minac- 
ciassi? di  colpire.  Con  un  forte  esercito  e  la  persona  stessa 
dell'imperatore  nel  centro  della  penisola,  e  come  a  cavallieri 
a  tutta  Italia  »,  uè  il  papa,  uè  i  fuorusciti  avrebbero  avuto 
animo  di  muoversi ,  e  a  Venezia  sarebbe  venuto  impulso 
maggiore  a  restringersi  di  più  all'  imperatore  e  a  seguirne 
la  politica.  VÀò  facendo,  rendevasi  inutile  la  spesa  dei  I(KK)0 
fanti,  bastando  munire  ì  luoghi  marittimi  e  presidiarli  con 
le  milizie  ordinarie.  Restando  invece  l'imperatore  lontano  e 


(1)  E.  Costa,  Reyitiiri  di  lettere,  eie,  pp.  48,  50,  64,  69-71, 


466       IL  GOVERNO   DI  DON  FERRANTE  GONZAGA   IN   SICILIA 

niaiicaiido  un'  uuiea  direzione ,  era  necessario  fare  per  cia- 
scuno dei  domini  spagnuoli  gli  stessi  provvedimenti  e  le 
stesse  spese.  Ma  a  Don  Ferrante  sfuggiva,  in  quel  momento, 
che,  mentre  l'interesse  principale  di  Carlo  Y  non  era  in 
Italia,  il  suo  disegno  presujìponeva  invece  il  contrario.  Del 
resto ,  anche  a  volerlo  porre  in  pratica ,  non  si  era  più  in 
temjK),  che,  così  come  stavano  le  cose ,  ur<.veva  provv^edere 
senza  indugio.  Conveniva  quindi  attendere  piuttosto  al  mare, 
nel  (juale  pareva  essere  oranjai  il  nodo  della  quistioue.  Ve- 
dremo più  tardi  come  mutasse  parere  dopo  1'  esi)erìenza, 
fatta,  l'anno  seguente  (1538),  nelle  acque  della  Prévesa.  In- 
tanto suggeriva  che  si  raitorzasse  T  aruìata  e  le  si  desse  a 
residenza  il  i)orto  di  Brindisi.  Questa  città,  osservava,  «  la 
l»iù  importante  cosa  che  habbi  il  regno  di  Napoli  da  quella 
banda  verso  il  Turco  »,  sarebbe  assicurata  e  servirebbe  così 
di  antemurale  non  solo  al  regno  di  Napoli,  ma  altresì  alla 
Sicilia,  non  essendo  supponibile  che  il  turco  volesse  spin- 
gersi avanti,  sapendo  di  avere  alle  spalle  un'armata  potente, 
coman<lata  da  un  capitano  così  esperto  come  Andrea  D'Oria, 
alla  (|ual«i  per  giunta  la  veneziana,  per  comunità  d'interessi, 
]>er  comodità  di  vicinanza  e  per  certezza  di  vittoria,  natu- 
raluìcnte  sarebbe  condotta  a  unirsi.  Certo  non  andrebbero 
trascJirate  le  provvisioni  per  la  difesa  terrestre;  presidi  nei 
luoghi  marittimi,  guardie  nei  castelli,  numero  sufftcieiite  <li 
Holdati  «la  ])ot^r  muovere  svelti  e  spediti ,  sì  che ,  in  ogni 
contingenza,  e  le  forze  di  ciascun  regno  fossero  iu  grado  di 
accorrere  in  tempo  ai  luoghi  minacciati,  e  i  due  regni  jx)- 
te88ero  a  vicenda  soccorrtu'si  e  spalleggiarsi.  E,  quahu'u  il 
«preparatori*»  del  Turco»  f(KSse  più  di  nome  die  di  fatto, 
il  superHui»  della  gente  assoldala  poteva  inaiidarsi  in  Lom- 
bardia, con  vantaggio  delhi  difesa  di  (|uei  luoghi.  Ma,  <;lii 
ne  sarebbe  shito  duce  ?  Don  Ferrante  non  lo  dice  esplici- 
tanifMite.  Solo  avverta»  che  il  marchese  del  Vasto  e  Don  Pietro 
di  Tolwlo  si  sarebbero  trovati  molto  a  disagio  in  un  mede- 

MÌUIO    IllO^O    (1). 


(I)  Ivi,  pp.  73-8:ì. 


DAL  1534  AL  1543  467 


Diverse  hi  verità  erano  le  idee  di  Andrea  D'Oria.  In  una 
lettera  del  26  maggio  1537  da  (Tenova  al  viceré  di  Napoli 
aveva  inesso  innanzi  la  proposta  di  assoldare  120()()  Svizzeri, 
a  spese  di  Napoli,  del  papa  e  dell'imperatore,  esclusivamente 
per  la  difesa  del  regno  di  Napoli  contro  i  turchi ,  sicuro 
di  poter  tare  assegnamento  su  di  loro,  dovendo  essi  combat- 
tere, non  contro  cristiani,  bensì  contro  turchi.  Ma  Don  Fer- 
rante osservava  che ,  anche  pres(*indendo  dal  fatto  omai  a 
tutti  noto  che  la  Francia  era  in  lega  col  turco,  non  si  po- 
teva negare  la  costante  buona  intelligenza  fra  il  re  di  Francia 
e  gli  svizzeri.  Pjra  ])rudente  condurne  sì  gran  numero  nel 
regno  di  Napoli  ?  Ohi  ignorava  le  trattative  del  re  di  Francia 
coi  tedeschi  e  coi  turchi  ?  Chi  assicurava  che  Francesco  1 
non  tenterei>be  di  corrom])er  (]uegli  svizzeri,  per  ricuperare 
il  Regno  ?  E  ,  in  ogni  caso ,  terminata  l' impresa  contro  il 
turco,  dovendosi  licenziare  gli  svizzeri ,  questi  non  potreb- 
bero <liventar  pericolosi  allogandosi  con  la  Francia  prima 
di  uscir  d'Italia  '  8i  sarebbe  suscitato  un  vespaio  pericolo- 
sissimo. Oltre  di  che  i)areva  anche  al  Gonzaga  che  il  natu- 
rale degli  svizzeri  di  com])le8sione  molto  fiacca  et  molto 
mal  resistente  alla  fatica  »,  potesse  cagionare  altri  guai,  p. 
es.,  malattie  «  sì  come  accadde  in  lo  exercito  de  Lautrech 
sopra  a  Napoli  »;  e  peggio  poi  poteva  aspettarsi  dalla  loro 
l)oca  fede  e  poca  costanza.  Incordava  opportunamente  che 
all'assedio  di  Na])oli  del  152^)  fu  appunto  detto  che,  se  fossero 
stati  in  forze  da  costringere  (pielli  dì  altre  nazioni,  gli  sviz- 
zeri avrebbero  abbandonati)  il  campo.  Vero  è  che,  assoldando 
gli  svizzeri,  oltre  alla  speranza  di  avere  un  grosso  sussidio 
dal  ]>apa  (1) ,  si  impediva  che  andassero  al  servizio  del  re 
di  Francia.  Ma  il  (Tonzaga  face\a  osservare  che,  dovendosi 
combattere  il  turco ,  al  papa    non  })oteva  importare  che  si 


(1)  «  Assai  mi  pjire  t-lie  iiiiportaria  aiichora  con  questo  mezzo  ni  pott'ss*! 
cominciare  a  tare  iutrare  il  papa  in  spena  >>.  C'upia  di  lettera  «li  Andrea 
D'Oria  al  Viceré  di  Napoli,  del  26  marzo  15:^7,  <la  Gem>va.  BegMro  delle 
cose  del  Uoverno  di  Sicilia,  1535-39.  Carte  Gonzaga.  R.  Archivio  di  Parma. 


468       IL  GOVERNO   DI  DON   FERRANTE    GONZAGA  IN    SICILIA 

Spendesse  per  assoldar  svizzeri  piuttosto  che  tedeschi  o  spa- 
gnuoli;  e  che,  se  alla  Frauda  fossero  venuti  meno  gli  sviz- 
zeri, essa  avrebbe  tentato  di  avere  tedeschi,  come  già  mo- 
strava voler  fare,  con  disdoro  e  d.inno  dell'imperatore,  per- 
chè si  sarebbe  fatta  strada  1'  opinione  che  Carlo  V  non  si 
fidasse  più  di  quelli,  ma  volesse  rivolgersi  agli  svizzeri,  dei 
(piali  sinora  non  si  era  mai  servito.  A  ogni  modo  si  sarebbe 
abbandanata  una  nazione  leale  e  valorosa  per  un'altra,  al 
paragone,  sleale  e  poco  numerosa.  Eeceute  era  l'esempio  dei 
tedeschi,  che  si  trovavano  nell'esercito  francese,  durante  la 
impresa  di  Provenza  :  non  si  peritarono  mai  di  combattere 
contro  l'imperatore  (1). 

Comunque,  anche  volendo,  quel  disegno  non  poteva  es- 
sere aittuato.  I  nemici  si  erano  già  mossi.  Giunge\  ano  già 
notizie  di  fust«  piratiche,  segnalate  fra  la  Sicilia  e  l'Africa, 
le  quali  certo  speravano  cattm*are  due  navi ,  pronte  per 
recar  provvigioni  alla  (xoletta  e  a  Bona  (2).  Fortunatamente 
le  navi  poterono  compiere  il  viaggio  indisturbate.  Ma  Don 
Ferrante  si  persuadeva  che  «  il  preparatorio  turchesco  »  si 
andava  «  ognora  pii\  riscaldando  ».  E  però  spacciava  capi- 
tani per  assoldare  in  Calabria  i  3000  fanti,  destinati  a  guardar 
le  marine,  con  l'aiuto  delle  milizie  regnicole,  e,  benché  non 
ne  sperasse  molto  per  la  penuria  generale  ,  mandava  per 
risola  commissari ,  incaricati  di  chiedere  ai  cittadini  pii^ 
facoltosi  l'anticipazione  <li  due  rate  mensili  sulla  somma 
conct^ssa  dal  parlamento  per  assohhir  10000  fanti  (3).  Faceva 
prei»arare  a  Messina  <^  a  ralermo  grande    (piantità   di    bi- 


(1)  K.  (.'o?*rA,   UtiiiHtti  di  UiUre.  rtr.,  pp.  S:{-i)'2. 

{2)  Iaì  navi,  che,  per  tiinon;  <li  «picllc  t'unte,  aivcvauo  KOMpeMii  la  pai- 
tenzu,  MtretU^  dalln  ueceHHitÀ ,  ni  erano  poi  poste  in  viaggio.  Cfr.  lettore 
(li  Don  Ferrante  a  Carlo  V  ,  da  MeH8Ìna  ,  17  maggio  e  15  giugno  1537. 
Uffi.  ilrllr  coHc  tiri  ijor.  di  Sicilia,  IfUìlì  •  <'i9,  Ini.  ()H,  S7.  Carle  (ìonsoijn. 
K.  Ardi,  l'arni. 

(3)  Don  Ferrunt*  a  Carlo  V,  da  .Mentina,  '24  aprile  e  1.")  giugno  I5.S7. 
Ivi,  fol.  68,  (H,  M, 


DAL  1535  AL  1543  469 


scotto  ,  ricliiesto  dal  D'Oria  per  l'armata  (1).  Sollecitava  i 
lavori  ai  castelli  Salvatore  e  Mattagrifoue  di  Messina  (2), 
a  (|uelli  di  Milazzo  e  Palermo  e  ai  due  di  Trapani.  Distri- 
buiva le  milizie  pei  luoghi  marini ,  lasciando  in  Messina 
solo  3(K)  fanti  ,  ai  (piali  per  altro  potè  subito  aggiungerne 
1M)0  ,  assoldati  nello  stato  romano  e  giunti  in  Sicilia  alla 
metà  di  maggio.  Arvertì  gli  abitanti  delle  terre  marittime 
non  atte  a  difendersi  che,  occorrendo  ,  ma  solo  in  caso  di 
estremo  ])erìcolo ,  imjmrrebbe  loro  di  ritirarsi  nell'interno 
del  paese  (3).  Commetteva  salnitro  a  Napoli  (4).  Ordinava 
il  servizio  militare  per  il  10  di  giugno,  destinando  a  luogo 
di  riunione,  non  più  Lecmtini,  che  un  esame  piìt  accurato 
gii  mostrava  non  in  tutto  sicuro,  per  la  vicinanza  del  mare, 
ma  Piazza,  a  30  uiigiia  da  Leontiui  e  in  condizioni  più  van- 
taggiose. Quanto  alle  galee,  che,  fatta  eccezione  per  quelli 


(1)  Don  Ferrante  a  Carlo  V  da  Messina,  17  maggio  1537.  Ivi,  fol.  67. 
Cfr.  Maltrolico,  op.  di.,  pag.  226. 

(2)  Furono  distrutti  campi,  orti,  alberi,  che  inagnum  possessoribus  pro- 
ventum  praestabant,  abbattuta?  case  e  chiese  dalla  parte  di  levante,  il  mo- 
nastero e  la  chiesa  di  8.  Benedetto,  il  monastero  di  S.  Gregorio,  presso 
Porta  Gentilmeui,  etc.  Maurolico,  op.  eit.,  pag.  223.  Si  stabilì  di  risar- 
cire i  proprietari  con  gabelle  regie  e  civiche.  Ivi,  pag.  226.  Il  Bonfiglio, 
1,  450,  non  fa  che  copiare  dal  Maurolico.  La  demolizione  di  tanti  luoghi 
sacri  non  si  compì  senza  riluttanza  <la  parte  degli  ecclesiastici  e  senza 
timori  di  futuri  mali  da  parte  delle  persone  pie,  alle  quali  parvero  segni 
indubbi  dello  sdegno  divino  le  calamità  naturali,  che  afflissero  in  quel 
tempo  la  Sicilia,  e  la  morte,  accadutsi  l'anno  dopo,  dell'arcivescovo  An- 
tonio De  Lignamine  ,  che  aveva  dato  il  suo  consenso  alla  demolizione  , 
del  canonico  Andrea  da  Simone,  che,  per  incoraggiare  gli  altri,  era  stato 
il  primo  ad  adoperare  il  piccone,  dello  straticò  don  Bernardo  Kequesens, 
che  vi  aveva  contribuito  e  di  tal  Bresciano,  preposto  alla  costruzione  dei 
forti.  Maurolico,  op.  cit.,  pag.  224.  Bonfiglio^  Hist.,  1,  456,  cfr.  G.  Are- 
NAPRiMO,  Notisie  storiche  messinesi  dei  secoli  XV e  XVI,  op.  cit.,  pp.  327-30. 

(3)  Don  Ferrante  a  Carlo  V,  da  Messina,  17  e  23  maggio  1537.  Beg. 
delle  cose  del  governo  di  Sicilia,  1535-39,  fol.  71,  81,  82.  Carte  Gonzaga 
dell' Arch.  Farm. 

(4)  Don  Ferrante  al  Saganta,  da  Messina,  23  maggio  1537.  Ivi,  fol  79. 
Arch.  Stor.  iUc.  N.  S.  Anno  XXX.  31 


470      IL  GOVERNO  DI  DON   FERRANTE  GONZAGA  IN   SICILIA 


deri vantigli  dall'obbligo  di  provvedere  alla  Goletta  e  a  Bona, 
costituivano  i  maggiori  grattacapi  del  suo  governo,  il  so- 
vrano gli  aveva  conferito  già  i  poteri  necessari,  per  armarne 
altre,  se  fosse  stato  necessario  (1). 

Intanto  Carlo  V  aveva  nominato  ammiraglio  del  regno 
di  Sicilia  il  marchese  di  Terranova  e  gran  con  estabile  il 
viceré  di  Napoli  (2).  Agli  11  di  giugno  giungevano  dalla 
Spagna  nel  porto  di  J^Tapoli,  su  22  navi,  6400  fanti.  (3)  In- 
formatone ,  mandò  Don  Ferrante  il  razionale  Pietro  Ago- 
stino a  prendere  quelli  assegnati  alla  Sicilia.  Erano  cinque 
compagnie,  sommanti  a  1250  uomini,  che  furono  trasportate 
dalle  galee  del  D'Oria.  Ad  esse  furono  aggiunte  altre  due 
compagnie ,  assoldate  in  Sicilia.  Quasi  nello  stesso  tempo 
arrivavano  2000  fanti,  di  quelli  raccolti  in  Calabria  ,  che 
furono  subito  messi  in  cammino  per  Piazza  (4).  Questi  ar- 
rivi suggerirono  un  opportuno  spostamento  di  presidi  :  i 
fanti  romani  furono  mandati  a  Taormina,  dove  da  Piazza 
ne  vennero  inviati  altrettanti  circa  di  italiani.  Prudenza  ed 
esperienza  del  passato  avevano  consigliato  di  tener  lontane 

le  milizie  italiane  dalle  spagnuole,  lasciate  a  Messina  (5). 
(Continua) 

(1)  Don  Ferrante  a  Carlo  V,  da  Messina,  17  maggio  1537.  Ivi,  t'ol.  69 
e  71. 

(2)  Don  Ferrante  al  Saganta,  suo  agente,  da  Messina,  23  maggio  1537. 
Im,  fol.  80. 

(3)  Don  Ferrante*,  a  Carlo  V,  da  Messina,  15  giugno  1537.  fvi,  fol.  89.— 
Il  vescovo  di  Macon,  informandone  da  Roma  il  cardinal  I)u  Uellay,  ai  20 
giugno,  parla  di  7000  8pagnu<di,  dei  quali  3000  destinati  alla  Sicilia.  Chak- 
RiERK,  Nég.  de  hi  Fr.  dam  le  Lev.,  etc.  Parigi,  1848  :  1 ,  381.  La  corri- 
Bpondenza  del  Gronzaga  permette  di  precisare  il  numero  di  quelli  passati 
realmente  DeUMaola. 

(4)  Il  Madrolico,  Sic.  rar.  Camp.,  p.  223,  ne  conta  3000;  ma,  eviden- 
temente vi  compsund(>.  gli  spagnuoli  ,  ricordati  anteriormente.  Cfr.  ,  del 
resto,  la  nota  che  precede. 

(6)  Don  Ferrante  a  Carlo  V  ,  da  Messina ,  8  e  24  luglio  1637 ,  Reg. 
dèlie  co$e  del  Oov.  di  Sic.,  1535  -  .9.9,  fol.  90  -  3.  Carte  Gonmga.  R. 
Arch.  Parm. — «IjB  cagione  che  m'ha  iuohso  a  roinovcrli  di  (jua  ^,  p«'r- 
chè  havrndo  fatt*»  restan'.  qui  (jiii'Hte  c.inqur  Waudit'.n!  di  spaguoli  v«inuli 
di  Napoli  dubitavo  «'he  toncudo  iiisiem*^  (jiumte  «lue  nationi  non  succe- 
dM^c  tra  loro  qualche  disordine  kìtoiuIo  <Iio  altre  volte  si  è  visto  acca- 
dere »  (fol.  92) 


RUGGERO  II  E  FILIPPO  DI  'AL  MAHDIAH  (*) 


I. 


Uno  dei  persona^<ii  più  intevessauti  vissuti  alla  corte 
(li  Riijugero  II  fu,  senza  dubbio,  quel  Filippo  di  'Al  Mah- 
diah  che  troviamo  aniuiira^lio  di  Sicilia  dopo  la  morte  di 
Giorgio  di  Antiochia.  Pochissimi  dati  abbiamo  intorno  alla 
sua  vita  uè  tutti  sicuri,  che  la  fonte  principale  di  essi,  come 
vedremo,  è  ben  lungi  dalPesser  sincera  e  assai  poco  si  può 
ricavare  dagli  altri  documenti  del  tempo. 

Strane  vicende  furono  quelle  di  Filippo,  che  da  semplice 
paggio  salì,  non  sappiamo  in  qual  modo,  ai  più  alti  gradi 
del  comando  e  tenne  per  poco  nelle  mani  le  sorti  della 
]K>litica  africana  del  primo  re  di  Sicilia.  Nacque  musulmano, 
divenne  cristiano,  ritornò  di  nascosto  all'antica  fede.  E  morì 
qual  visse,  qnasl  misteriosamente  :  morì  per  la  fede  e  non 
fu  martire,  polche,  sottoi)ost.o  a  processo,  promise  di  riab- 
bracciare la  (noce  ;  ma  non  fu  creduto  e  fu  perciò  condan- 
nato. 

Nel  1153  Filippo  aveva  avuto  il  comando  dell'armata 
spedita  in  Africa  contro  In  città  di  Bona  (1).  Da  questa 
impresa,  che  io  accennerò  brevemente ,  si  credette  avesse 
avuto  (n'igiue  la  cattiva  fortuna  di  lui. 

(xiorgio,  il  grande  ammiraglio,  al  quale  gli  scrittori  mu- 
sulmani ,  attribuiscono  i  più  grandi  trionfi  riportati  dalle 
milizie  di  Ruggero  nell'Africa,  (2)  era  morto  tra  il  maggio  del 


(*)  Lettura  fatta  uella  seduta  sociale  del  dì  8  ottobre  1905. 

(1)  E.  Caspak,   Roger  II.  {1101-1154)  vnd  die  Griindunf/  der  Norman- 
nisch-Sicilischen  Monarchie.  Innsbruck,  1904,  p.  432. 

(2)  Amaki,  St.  dei  Musulmani  di  Sic.  Ili,  (P.  II).  Firenze,  1872,  p.  422. 


472  RUGGERO   II  E  FILIPPO   DI  'AL  MAHDIAH 

1149  e  1'  aprile  del  1150  (anno  544  dell'  Egira)  (1).  Si  dice 
anche  che  le  imprese  di  quel  re  allora  si  arrestassero,  per- 
chè egli  non  aveva  più  trovato  alcuno  che  potesse  degna- 
mente condurle.  (2). 

Dal  1150  al  1153  corre  un  periodo  di  guerre  intestine 
tra  le  popolazioni  musulmane  che  abitavano  nell'Africa 
settentrionale.  Ruggero  avrebbe  voluto  collegarsi  con  una 
delle  parti,  ma,  fallitogli  il  tentativo,  stabilì  di  affermare  i 
suoi  nuovi  domini,  mandando  un'annata  in  Africa  sotto  il 
comando  dell'  eunuco  Filippo.  Ciò  dimostra  che  soltanto 
questi,  a  giudizio  del  re,  era  degno  di  succedere  al  famoso 
ammiraglio. 

Il  governatore  hammanita  aveva  abbandonato  Bona  quan- 
do Filippo  giunse  in  Africa ,  onde  egli,  prima  che  gli  Al- 
mohadi  s'impadronissero  di  quella  città,  l'assalì  e  l'espugnò 
con  Paiuto  degli  Arabi  dei  dintorni.  Prese  molti  prigionieri 
e  raccolse  ricco  bottino,  ma  permise  che  alcuni  uomini  dotti 
e  virtuosi  uscissero  illesi  dalla  città  insieme  con  le  loro  fa- 
miglie e  con  i  loro  averi.  Da  Bona  egli  condusse  l'armata 
ad  'Al  Mahdìah  e  quindi  in  Sicilia. 

A  questo  punto  la  tradizione  ci  si  presenta  assai  confusa 
e  quasi  sdoppiata.  Da  un  lato  abbiamo  Ruggero ,  che ,  ri- 
masto scontento  dell'indulgenza  usata  dall'ammiraglio  nella 
città  espugnata ,  ordina  che  Filippo  venga  imprigionato  ; 
dall'altro  vediamo  Filippo  che,  dopo  di  aver  raccolto  onori 
e  gloria  per  l'impresa  compiuta,  viene  accusato  di  un  delitto 
contro  la  religione.  Gli  fu  attribuita  la  colpa  di  odiare  i 
Cristiani  e  di  favorire  in  tutti  i  modi  i  Saraceni.  Mostrava 
apparentemente  di  essere  cristiano,  ma  andava  di  nascosto 
nell^  moschee,  fornendo  anche  l'olio  alle  lampade.  Disprez- 
zando i  riti  cristiani ,  si  cibava  di  carne  nei  giorni  <li  ve- 
nerdì e  nella  Quaresima ,  né  aveva   trascurato  di  mandare 


(1)  Amari,  pag.  oit. 

(2)  Pag.  oit. 


RUGGERO  II  E  FILIPPO  DI  'AL  MÀHDIAH  473 

oblazioni  alla  tomba  di  Maometto  e  messaggi  ai  sacerdoti 
del  profeta.  Ruggero ,  informato  della  condotta  di  Filippo, 
lo  fece  venire  innanzi  a  sé  alla  presenza  dei  conti,  dei  giu- 
stizieri, dei  l)aroni  e  dei  giudici.  Invitato  a  rispondere  alle 
accuse  che  gli  si  facevano  in  materia  di  religione,  egli,  che 
conlidava  nella  benevolenza  del  re ,  negò  tutto  assai  viva- 
cemente; ma  quando  alcuni  testimoni  confermarono  ciò  che 
gli  accusati  avevano  «letto,  egli,  vistosi  a  mal  partito  e  te- 
mendo la  giustizia  del  sovrano,  chiese  perdono,  promettendo 
che  per  l'avvenire  sarebbe  stato  fedele  alla  religione  di  Cri- 
sto. 11  re  allora,  respingendo  la  promessa  di  Filippo,  acceso 
dalla  fiamma  della  fede,  proruppe  in  lagrime  e,  rivolgendosi 
agli  astanti,  disse  ;  «  Sappiate,  o  diletti,  che  l'animo  mio  è 
colpito  da  un  dolore  vivissimo  ed  agitato  dagli  stimoli  po- 
tenti dell'ira,  perchè  questo  mio  ministro,  che  sin  dalla  te- 
nera età  io  avevo  allevato  come  cattolico,  fu  scoperto  Sa- 
raceno, e  da  \'ero  Musulmano  sotto  il  nome  della  fede  fece 
opere  d'infedeltà.  E  invero  se  egli  avesse  offeso  la  maestà 
nostra  in  altre  cose,  se  avesse  rubato  una  parte  anche  gran- 
dissima del  nostro  tesoro,  la  buona  memoria  dei  servizi  resi 
gli  avrebbe  procurato  cert^amente  presso  di  noi  il  perdono 
e  la  grazia.  Ma  poiché  col  suo  misfatto  offese  principalmente 
Iddio  e  diede  ad  altri ,  coli'  esempio ,  occasione  di  peccare, 
(nonché  a  lui)  non  rimetterei  la  colpa  verso  la  nostra  fede 
al  mio  proprio  figliuolo  o  ad  alcun  altro  mio  congiunto.  Da 
questo  fatto  tutto  il  mondo  apprenda  che  io  amo  con  tutto 
l'affetto  possibile  la  fede  cristiana  e  non  lascio  di  punire,  per 
le  offese  fatte  ad  essa,  anche  i  miei  ministri.  Sorgano  adunque 
le  leggi  e  sia  il  nostro  diritto  armato  della  spada  dell'equità 
e  della  giustizia  e  colpisca  con  essa  il  nemico  della  fede  e 
così  metta  agl'infedeli  il  laccio  del  terrore.  >  E  i  giudici  in- 
sieme con  i  conti,  i  giustizieri  ed  i  baroni,  ritiratisi  in  di- 
sparte ,  dopo  lunga  discussione  sentenziarono  che  Filippo, 
delusole  del  nome  cristiano ,  il  quale  sotto  il  velame  della 
fede  compiva  opere  d'infedeltà,  fosse  bruciato  da  nitrici  fiam- 
me, affinchè  colui  che  non  volle  avere  il  fuoco  della  carità 


474  BUGGERO  II  E  FILIPPO  DI   'AL  MAHDIAH 

iiicorresse  in  quello  del  rogo  e  nou  rìiuànesse  traccia  di  un 
uomo  così  malvagio,  ma,  ridotto  in  cenere,  passasse  dal  fuoco 
tempoi*ale  a  quello  eterno.  Alzato  il  rogo  nella  piazza  del 
palazzo  reale,  Filippo,  per  ordine  dei  giustizieri ,  fu  legato 
ad  li  11  focoso  cavallo,  il  quale  lo  trascinò  lino  al  luogo  del 
supplizio.  Quivi  fu  sciolto  e  gettato  tra  le  liamme.  Ciò  av- 
venne, secondo  la  tradizione,  tra  il  novembre  e  il  dicembre 
del  1153  (1). 

Il  fatto  che  ho  riferito  in  gran  parte  si  trova  in  un  passo 
della  Cronaca  di  Eomualdo  Salernitano  (2).  Brevi  accenni 
sono  anche  nelle  opere  di  due  scrittori  musulmani,  'Ibn  'al 
'Atir  (3)  e  'Ibn  Haldùn  (4),  il  primo  dei  quali  per  altro  fa 
dipendere  esplicitamente  l'arresto  di  Filippo  dalla  benignità 
usata  da  lui  verso  i  Musulmani  di  Bona,  mentre  nel  brano 
che  è  nella  Cronaca  di  Eomualdo  quella  impresa,  finita  col 
trionfo  dell'ammiraglio,  non  ha  alcun  rapporto  col  fatto  di 
cui  particolarmente  ci  occuperemo. 

L'Amari  vide  nella  morte  di  Filippo  un  vero  e  proprio 
auto  (la  fé  e  quasi  la  prima  gesta  del  tribunale  della  Santa 
Inquisizione  (5).  Ma  noi  ci  domandiamo  subito  :  il  fatto,  così 
come  è  narrato,  merita  fede!  Pj,  ammesso  come  vero,  vi  ebbe 
Ruggero  quella  parte  che  gli  si  attribuisce  ?  L'Amari,  come 
si  è  detto,  ammette  il  fatto  anche  per  ciò  che  riguarda  Bug- 
gero, e  cerca  di  spiegarsi  come  mai  egli  fosse  divenuto  così 
ferocemente  severo  verso  il  suo  bravo  ammiraglio.  «  Po- 
tremmo supporlo  —  egli  dice  —  divenuto  bacchettone  per 
indebolimento  di  cervello  ,  sicconi'  è  avvenuto  a  tanti  altri 
<U>tti  e  forti  uomini.  Ma  ])iiì  verosimile  è  che  liuggero  abbia 


(1)  Amari,  Si.  d.  M.,  Ili,  433. 

(2)  Cito  l'ed.  (li  Arndt  in  Aton.    Germ.  HiH.  Scriptorniu  Tom.  XIX, 
426,  427. 

(3)  Nella  Itibl.   Arabo-Sirula  <li  Amaui.    Vcr-sionc    it^iliuua.    (Torino  e 
Roihh,  1880-1S81),  I,  47U  ^^  Meg. 

(4)  Bibl.  A.  S.,  II,  229. 

(5)  .S'^  d.  .M.,  Ili,  435  e  488. 


RUGGERO  n  E  FILIPPO  DI  'AL  MAHDIAH  475 

voluto  dar  nn  esempio  e  riformare  a  suo  modo  la  corte, 
dove  i  vinti  guadagnavan  la  mano  a'  Cristiani  »  (1).  Dopo 
l'Amari  il  De  Blasiis  riportò  anch'esso  quasi  per  intero  la 
tradizione ,  senza  neppure  metterla  in  dubbio  (2)  e  recen- 
temente il  Caspar  ritornò  ai  concetti  dell'Amari  e,  fondendo 
le  due  ipotesi  in  una,  credette  che  Ruggero  avesse  voluto 
qaeWauto  da  fé,  perchè  negli  ultimi  anni  della  sua  vita  era 
divenuto  un  docile  strumento  d'impulsi  clericali  (3).  Insomma 
tutti  più  o  meno,  ritengono  che  la  morte  di  Filippo  avvenne 
per  volontà  di  Ruggero ,  nel  quale  ammettono ,  di  conse- 
guenza ,  la  coscienza  del  fatto.  Vedremo  quanto  ci  sia  di 
vero  in  tutto  questo,  intanto  ci  occuperemo  della  fonte  più 
larga  di  quelle  notizie,  cioè  del  racconto  che  troviamo  in 
Romualdo. 

Il  passo  è  indubbiamente  interpolato.  Giudichi  anche  il 
lettore.  Romualdo  è  intento  a  descrivere  i  luoghi  di  delizia 
del  re  normanno  :  «  parchum  deliciosum  satis  et  amoenum 
diversis  arboribus  insitum  et  plantatum  construi  iussit  (Ro- 
gerius)  et  in  eo  damas ,  capreolos ,  porcos  silvestres  iussit 
includi.  Fecit  et  in  hoc  parcho  palatium,  ad  quod  aquam  de 
fonte  lucidissimo  per  conductus  subterraneos  iussit  adduci.» 
A  questo  punto  la  descrizione  viene  interrotta  e  si  trova 
narrato  il  fatto  di  Filippo,  che  non  ha  alcun  rapporto  con 
ciò  che  è  detto  prima.  Finito  quello,  abbiamo  subito  :  «  Sic 
vir  sapiens  et  discretus  praeclictis  deliciìs ,  prout  temporis 
ex])etebat  qualitas,  utebatur  ;  nam  in  hyeme  et  quadragesi- 
mali tempore  prò  copia  piscium  in  Fabarae  palatio  mora- 
batur;  in  aestate  ai)ud  parchuin...  »  (4).  Né,  come  vedremo, 
è  il  caso  di  pensare  ad  uno  spostamento. 


(1)  St.  d.  M.,  Ili,  439. 

(2)  De  Blasiis,  La  insurresione  pugliese  e  la  conquista  normanna  del 
sec.  XI.  Napoli,  1873,  III,  429,  430. 

(3)  Caspar,  op.  cit.,  433. 

(4)  Questo  posto  occupa,  come  si  vedrà,  la  narrazione  riguardante  Fi- 
lippo nei  codici  e  nelle  pubblicazioni  del  Muratori  e  del  tl6b  Re. 


476  RUGKJEBO  TI  E  FILIPPO  DI   'AL  MAHDIAH 


Il  Eoi  Re ,  pubblicaudo  la  Oronaca  di  Romualdo  nella 
raccolta  dei  «  Cronisti  e  scrittori  sincroni  della  dominazione 
normanna  nel  Regno  di  Puglia  e  Sicilia  »  (1)  aveva  notato 
che  il  brano  in  questione  non  esisteva  nel  codice  da  lui  con- 
sultai io  e,  osservando  l' interruzione  tra  i\ne\  due  periodi  e 
la  ferocia  che  traluce  da  tutto  il  passo ,  non  consentanea 
all'indole  del  buon  pastore,  riteneva  che  quello  non  fosse 
opera  di  Romuahio.  L'Arndt ,  che  per  isbagiio  lo  riferì  al- 
l'anno 1146,  si  contentò  di  metterlo  a  nota  (2).  Invece  l'A- 
mari «  non  oserebbe  dir  che  non  l'avesse  inserito  lì  lo  stesso 
arcivescovo  di  Salerno,  ancorché  di  certo  non  vi  si  scorga 
il  suo  stile ,  né  la  tiepidezza  religiosa  di  un  uom  di  Stato 
par  suo ,  il  quale  nelle  gare  della  corte  di  Palermo  pendè 
pur  troppo  a  parte  musulmana»  (3).  Quindi  egli  ritiene  che 
Romualdo  abbia  estratto  quel  capitolo  dall'originale  sentenza 
della  corte  dei  Pari ,  e,  continuando,  trova  anche  l'ampol- 
losità «Ielle  parole  corrispondente  all'atrocità  del  fatto,  che 
perciò  ò  da  lui  ritenuto  «  genuino  e  preziosissimo ,  trape- 
landone perfino  i  dubbii  che  correano  su  1'  ortodossia  del 
re  »  (4). 

Già  per  questa  osservazione,  presa  al  rovescio,  dovrem- 
mo a  jyriori  andar  molto  cauti  nel  giudicare  dell'importanza 
del  documento  che  esaminiamo;  ma  anzitutto  a  noi  occorre 
di  scartare  addirittura  l'i])otesi  che  quel  brano  fosse  ivi  in- 
serito dallo  stesso  arcivesco  di  Salerno.  Notiamo  che  se 
quella  narrazione  fosse  stata  comi)ilata  da  Romualdo  e 
da  lui  stesso  introdotta  nella  Oronaca,  si  troverebbe  in  un 
posto  più  acconcio ,  giacché  quello  che  occupa  è  evidente- 
mente casuale,  il  fatto  che  Romualdo  toglieva  le  notizie  da 
un  <lo<;uni('nt<>  iifli<Male,  come  il  testo  <lella  scMiteuza,  giusti- 


(1)  Napoli,  1845,  p.  77. 

(2)  M<m.  Germ.  HiaU,  XIX,  p.  cit. 
(8)  fit.  d.  M.,  488  e  480  a  nota. 
(4)  Ut.  d.  M.t  nota  cit. 


•   RUGGERO  II  K  Pir.IPPO   DI   'AL   M.AHDIAH  477 

tica  forse  la  inaiicaii/a  di  (iiiell'orcUiie  eleraentarlssimo  che  è 
necessario  in  qualunque  narrazione  ?  Ma  coU'esame  dei  co- 
dici noi  ])Ossiamo  stabilire  in  qual  tempo  quel  racconto  fu 
com])ilato  ed  introdotto  nell'opera  di  Romualdo. 

Il  codice  <*<)nsultati)  dal  Hwl  Re,  nel  quale  mancia  il  passo 
in  (piestione ,  era  stato  coi)iato  con  molta  accuratezza  dal 
(iodice  del  Duomo  di  8alei'no  (1).  Dalle  notizie  che  il 
Garufi  dà  intorno  ai  vari  codici  della  Cronaca  di  Rommtl- 
do  (2),  apprendiamo  che  essi  si  dividono  in  due  famiglie  e 
che  quello  di  Salerno  è  della  stessa  famiglia  alla  quale  ap- 
partiene il  Vaticano  8973  (3)  e  che  quest'ultimo  è  il  ])iii  an- 
tico di  quelli  che  si  conoscono  :  «  Se  il  Vaticano  non  può 
ritenersi  l'originale,  scrive  il  Garufi,  tuttavia  è  da  reputarsi 
come  l'archetipo  donde  derivarono  tutti  quelli  della  famiglia 
A.  La  scrittura  di  esso,  tutta  d'  ima  mano,  è  longobarda 
della  line  del  secolo  XII,  cioè  del  tempo  quasi  dell'autore  ». 
Ora  appunto  il  Vaticano  ha  molte  interpolazioni  marginali 
del  secolo  XVI  o  XVII,  una  delle  quali  è  il  brano  riferen- 
tesi  a  Filippo  di  'Al  Mahdìah. 

All'altra  fiimiglia  a])partiene  il  codice  del  Capitolo  di 
S.  Pietro ,  E.  22 ,  il  quale  è  del  secolo  XIV  e  pare  tutto 
scritto  dalla  stessa  mano ,  come  dice  lo  stesso  prof.  Ga- 
rufi (4).  Questo  codice  contiene  come  testo  quelle  stesse  in- 
terpolazioni che  nel  Vaticano  3973  sono  scritte  nel  mar- 
gine dei  fogli. 

Il  racconto  dei  casi  di  Filipp<»  è  confuso  col  testo  nella 
stampa  muratoriana  (5),  perchè  il  Sassi,  che  ne  curò  l'edi- 


(1)  Déì*Re,  op.  cit.,  Proemio,  p.  IV. 

(2)  Si  trovauo  a  p.  8  della  Coumuicazione  al  Congresso  internazionale 
ai  scienze  storiche  (Roma,  II-IX  aprile  MCMllI),  fatta  dal  Fiorini  sui  la- 
vori preparatorii  alla  nuova  edizione  dei  Rerum  Itaìicarum  Scriptore» 
(In  Cittti  di  Castello,  edit.  Lapi),  per  i  quali  il  Garufi  curerà  la  pubbli- 
cazione del  Chronicon  di  Romualdo. 

(3)  Il  Garufi  dice  che  è  una  trascrizione  di  questo. 

(4)  Egli  mi  ha  gentilmente  mostrato  alcuni  facsimili. 

(5)  Milano,  voi.  VII,  194  e  s. 


478  RUGGERO  II  E   FILIPPO   DI   'AL  MA.nDlAH 

zioue  nel  1725  si  servì,  come  afferma  egli  stesso,  di  un  co- 
dice della  bibliotoca  ambrosiana ,  copiato  più  di  un  secolo 
prima  dal  Vaticano  (1).  L' amanuense  inesperto  aveva  evi- 
dentemente incluso  nel  testo  della  sua  copia  quelle  inser- 
zioni marginali ,  che  già ,  come  abbiamo  visto  ,  nel  seco- 
lo XVII  dovevano  esistere  nel  codice  Vaticano. 

E  noi  possiamo  pertanto  stabilire  che  quella  narrazione 
non  è  dell'autore,  mancando  nel  codice  più  vicino  ad  esso 
per  ordine  di  tempo,  mentre  non  può  ritenersi  posteriore  al 
secolo  XIV,  trovandosi  già  come  testo  nel  codice  di  S.  Pietro 
E.  22. 

Porse  allo  stesso  tempo  sono  da  riferire  gii  accenni  che 
troviamo  sulla  morte  di  Filippo  nell'opera  di  'Ibn  'Ai  Atìr. 
Dopo  di  lui  'Ibn  Haldfin  diede  sullo  stesso  argomento  quelle 
poche  notizie  che  esamineremo  particolarmente. 


IL 


Dobbiamo  adesso  intrattenerci  sul  contenuto  della  inter- 
polazione per  vedere  se  esso  è  veramente  d^gno  di  fede,  come 
dice  l'Amari  (2). 

In  (|uella  narrazione  si  fa  parlare  ed  operare  Ruggero 
per  impulso  della  sua  coscienza  religiosa;  la  politica,  che 
s'intravvede  nel  brano  di  'Ibn  'Al  'Atìr,  senza  per  altro  o- 
scurare  la  spinta  della  fede,  (pii  non  entra  per  nulla.  Rug- 
gero è  rappresentato  come  un  principe  cristianissimo,  «  chri- 
stianae  fidei  zelo  et  fervore  succensus  ».  E  che  si  mostrasse 
tale  in  ogni  occasione  si  desume  dalle  parole  dell'  interpo- 
latore e  da  (juelle  che  in  una  specie  di  dichiarazione  di  fede 


(1)  «in  AiM)gnipliiiiii  noBtrum,  iam  a  pluribus  Rupra  centum  annis  e 
Codice  Vaticano  descriptum,  nonnulla  irrepsiase  menda  deprekeudi».  Voi. 
dt,  p.  6. 

(3)  at.  d.  M.,  Ili,  486. 


RUGGERO   II  E  FILIPPO  DI  'AL   MAHDIAH  479 

sono  messe  in  bocca  allo  stesso  Buggero  :  «  In  hoc  facto 
totus  mnndus  addiscat,  qno<l  Obristianam  fidem  tota  affec- 
tione  diligo,  et  eins  iniuriam  etiani  in  ministros  meos  vin- 
dicare  non  cesso  ». 

Basterebbe  contrapporre  a  questa  dichiarazione  ciò  che 
si  i)ensava  e  si  scriveva  in  quel  tempo  intorno  a  Ruggero. 
'Ibn  'al  'Atir  nota  che  «la  gente  del  paese  bucinava  che  il 
re  fosse  musulmano  »  (1).  Or  si  poteva  imaginare  una  smen- 
tita migliore  a  tali  dicerie  !  Questo  dunque  fu  lo  scopo 
della  narrazione  latina. 

Ma  l'inverosimiglianza  di  essa  apparisce  chiara  a  chi  vo- 
glia per  poco  [)enetrare  nella  coscienza  di  quel  re  ed  esa- 
minarne i  veri  sentimenti. 

Se  i  sentimenti  che  durano  piìl  nell'  animo  nostro  sono 
(|iielli  che  ci  vengono  ispirati  nella  fanciullezza ,  Ruggero 
non  poteva  essere  troppo  attaccato  alla  fede  cristiana,  co- 
me non  lo  furono  mai  i  suoi  genitori.  11  padre  gli  era  morto 
quando  egli  era  ancora  in  tenera  età  (2),  e  la  madre,  Ade- 
laide, quantunque  cristiana ,  ebbe  sempre,  durante  la  reg- 
genza,  maggiore  fiducia  nell'elemento  musulmano,  che  in 
(piello  cristiano ,  anzi  tras])()rtò  la  sua  capitale  a  Palermo, 
dove  i  Musulmani  prevalevano  di  numero,  perchè  si  sentiva 
più  sicura  in  mezzo  a  quelli  (3).  Fu  atto  politico,  si  dirà, 
e  va  bene ,  ma  esso  non  può  andare  scompagnato  da  una 
grande  inditlerenza  religiosa.  Quando  poi  Ruggero  ebbe 
tutto  il  ])otere  nelle  sue  mani  mostrò  di  comprendere  per- 
fettamente lo  spirito  del  popolo  e  vide  che  esso  in  fatto  di 
religione  e  di  culto  guarda  più  alla  forma  che  alla  sostanza. 
Egli  fu  cristiano,  perchè  tali  furono  i  suoi  maggiori  e  tale 
si  trovò  egli  stesso  (piando  cominciò  a  comprendere  che 
cosa  fosse  governo  e  come  potesse  nel  miglior  modo  essere 
tenuto.  Ma  che  egli  preferisse  l'una  all'altra  religione  non 
credo  si  possa  affermare. 


(1)  'Ibn  'al  'Atìr  in  £.  A.  S.,  464. 

(2)  Caspab,  op.  cit.,  p.  23  e  a. 

(3)  Amari,  St.  d.  M.,  KI,  351. 


480  RUGGEBO  II  E  FILIPPO    Di    'AL  MAHDIAH 

I  titoli  ed  i  motti ,  da  Ini  liberaniente  scelti  tni  quelli 
dei  sovrani  arabi  e  bizantini,  sotto  il  velo  dell'equivoco,  ri- 
velano le  sue  intenzioni  ed  i  suoi  veri  sentimenti. 

Cristiano  in  mezzo  ad  un  popolo  in  buona  parte  musul- 
mano ,  non  potendo  abiurare  la  sua  religione  senza  rom- 
perla del  tutto  con  quella  civiltà  occidentale,  che  era  fon- 
data easenzialniente  sul  Cristianesimo  e  che  a  lui ,  come 
prima  allo  zio  Roberto  il  Guiscardo ,  aveva  dato  speranza 
di  gmudezza  maggiore,  volle  essere  qualcosa  di  più  che  un 
semplice  monarca  cristiano  cattolico.  Egli  era  bensì  «  To^épio? 
èv  XptoTcj)  i(p  O'Ecj)  eòaspYj?  xpatatò?  p-qi  »  (l),  aveva  però  cura  di 
aggiungere  subito  dopo  «  xal  twv  ^^ptatiavwv  PotjO-ó?  ».  Ma  di- 
fensore dei  Cristiani^  come  poteva  intendersi  in  quei  tempi, 
nei  quali  si  combatteva  contro  gl'infedeli,  egli  non  fu  mai, 
né  mai  volle  ingolfarsi  in  guerre  di  religione  contro  prin- 
cipi musulmani,  coi  quali  trovavaai  in  buoni  rapporti  po- 
litici. Ed  è  notevole  questo  fatto,  che  pare  si  debba  attri- 
buire a  lui.  Quando  Baldovino  invitò  Ruggero  ad  un'impresa 
contro  i  Musulmani  dell'Africa,  tra  il  giubilo  di  coloro  che 
speravano  diventassero  tutti  quei  paesi  terra  di  Cristiani,  egli, 
accompagnando  le  i)arole  con  un  atto  poco  urbano,  ma  si- 
gnificativo, rispose  che  non  poteva  permettere  che  venissero 
turbate  le  sue  buone  relazioni  con  i  sovrani  dell'Africa  pro- 
pria (2).  Verosimilmente  dunque  con  l'esi)ressione  twv  xpt- 
otiav(i)v  poTfj^ói  egli  intendeva  signiticare  che  esercitava  sul 
suo  popolo  non  solo  la  funzione  civile  e  politica,  ma  anche 
quella  religiosa.  Aveva  insomma  escogitato  quel  mezzo  per 
aggiungere  un  non  so  che  di  ieratico  alla  sua  figura  e  ren- 
<lere  più  temuto  il  suo  governo. 

La  Icgazia  apostolica ,  che  avrebbe  dovuto  tenerlo ,  al- 
meno dal  punto  di  vista  religioso,  sottomesso  al  papa,  fu  da 
lui  intesa  in   una  maniera  tutta  speciale.  Anche   Edrisi  lo 


(1)  Per  qaMto  e  por  ^li  altri  titoli  iu  latino  od  iti   groco  ad  osho  so- 
miglianti vedi  Casi'au,  UeycHten  in  op.  cit.,  475  e  ss. 

(2)  'IBM  'al  'AtIk,  (B.  a.  .V.,  I,  451).  Amari,  8t,  d.  M.  Ili,  190. 


BUGGERO  n   E   FILIPPO   DI    'AL   MAHDIAH  481 


chiama  una  volta,  «sostegno  (M  pontefice  di  Roma»  (1), 
ma  Euggero  sostenne  il  papa  quando  e  come  piacque  a  lui  : 
lo  combtittè ,  lo  vinse ,  lo  costrinse  a  fare  quello  che  egli 
voleva  (2).  Ognuno  giudichi  se  questa  può  chiamarsi  dipen- 
denza :  in  Roma  il  papa  con  tutti  i  suoi  attributi,  nel  regno 
di  Sicilia  Ruggero  capo  dello  Stato  e  capo  della  religi(me. 
Le  chiese  che  erigeva,  le  dotazioni  che  conc«*deva  ai  mona- 
steri confermano  questa  sua  sovranità  spirituale.  Esse  erano 
con)e  l'affermazione  solenne  di  quella  funzione.  Che  se  poi 
egli  profondeva  tesori  inestimabili  nei  monumenti  cristiani, 
non  lo  faceva  i>er  appagare  il  sentimento  religioso,  ma  per 
soddisfarne  ben  altri. 

Grande  e  fastoso  voleva  essere  in  tutto  come  un  sovi-ano 
dell'Oriente,  e  voleva  che  i  monumeuti  da  lui  innalzati  fos- 
sero quasi  l'estrinsecazione  di  quella  sua  grandezza  e  la  rap- 
])resentassero  in  maniera  visibile  a  tutti  attraverso  i  secoli. 

E  poi  egli  comprendeva  bene  che  una  vera  e  i)roi)ria 
dipendenza  dal  pa[)a  non  gli  avrebbe  permesso  di  esercitare 
sui  Musulmani  del  suo  Stato  quella  medesitna  funzione, 
che  più  esplicitamente  esercitava  sui  Cristiani.  Come  i  ca- 
liffi musulmani,  che  avevano  insieme  il  potere  civile  e  quello 
religioso,  egli  ebbe  lo  'ahhna  per  la  cancelleria  musulma- 
na :  «  Lode  ad  Allah  per  riconoscenza  dei  suoi  benefìzi  »  (3). 
E  quando  egli,  come  i  i)rincipi  musulmani ,  si  faceva  dare 
nei  diplomi  redatti  in  lingua  araba  il  titolo  di  «  re  venc^i-audo 
e  santo  »  (4)  non  mostrava  chiaro  1'  inteiulimento  che  i 
Musulmani  conservassero  almeno  l' illusione  di  essere  an- 
cora governati  da  uno  dei  loro  [U'incipi  ?  E  l'illusione  era 
completa  quando  lo  si  ve<leva  uscire  nelle  processioni  sotto 
quelP  ombrello  di  gala ,  che  usavano  i  califfi  fatemiti , 
(juei  califfi  cioè  che  pretendevano  di  discendere  dalla  figlia 
di   Maometto   (5).    E    non    permetteva    Ruggero    che    ogni 


(1)  Edrisi,  (B.  a.  S.,  I,  83). 

(2)  Vedi  Caspar,  op.  cit.,  73  e  ss.,  328  e  ss. 

(3)  Amari,  St.  d.  M.,  Ili,  449. 

(4)  Amari,  voi.  cit.,  450. 

(5)  'IBN  HammaÌ),  {B.  a.  S.,  I,  509). 


482  BUGGERO   II   E  FILIPPO   DI   'aL  MAHDIAH 

buon  Musulmano  potesse  liberamente  tenersi  fedele  al  suo 
culto,  frequentare  le  moschee,  ascoltare  indisturbato  le  ome- 
lie dei  suoi  sacerdoti  e  partecipare  alla  preghiera  che  il 
muezzin  innalzava  al  cader  del  sole  dal  minareto  vicino? 
Vietava  egli  forse  al  Musulmano  di  continuare  in  quelle 
costumanze  e  di  seguire  quelle  tradizioni  civili,  che  quando 
sono  rotte  o  impedite,  conturbano  la  coscienza  non  meno 
di  quelle  religiose  ? 

Del  resto  il  popolo  non  va  molto  per  il  sottile  nell'  in- 
dagare i  sentimenti  religiosi  di  coloro  che  lo  guidano,  uè 
quasi  mai  si  dà  pensiero  dei  loro  strani  sdoppiamenti; 
esso  si  contentava  allora,  come  si  contenta  ora,  soltanto 
dell'  apparenza.  8i  meraviglia  forse  oggi  il  po^iolo  quando 
vede  partecipare  alle  funzioni  religiose  (pielle  autorità  che 
manifestamente  professano  idee  contrarie  agli  atti  che  com- 
piono? Sono  menzogne  tradizionali,  alle  quali  il  popolo  no- 
stro non  ha  mai  bjxdato. 

Chi  poi  pensasse  che  i  Musulmani  di  Sicilia  fossero  così 
tenacemente  legati  alla  legge  del  Corano,  come  lo  erano  i 
loro  confratelli  dell'Africa  e  dell'Asia,  o  che  i  Cristiani  di 
Sicilia  fossero  così  riscaldati  dal  fuoco  della  fede ,  come  i 
loro  correligionari  <li  altre  parti  di  Europa,  ca<h'(^bbe  in  er- 
rore. Quelle  varietii  di  riti  e  di  culti  della  religione  cri- 
stiana e  dell'ebraica,  se  non  erano  accette  a  tutti,  certo 
coll'abitudine  riuscivano  a  tutti  indifferenti.  I  Musulmani 
stessi,  se  «lapprimn  eblx'ro  a  ]>rovare  avversione  ])er  i  riti  cri- 
stiani più  <>  meno  lontani  da  «incili  che  <listinguevano  il 
loro  culto,  coll'andare  del  tem])o  si  abituarono  allo  tolleranza 
I'  (\a  questa  passarono  all'indifferenza.  E  poiché  il  popolo, 
a  (puilun«|ue  religione  appartenga,  è  sempre  attratto  dalla 
pompa  e  dallo  splendore  <'sl(;ri(>re,  i  Cristiani  dovevano  aii- 
ch'tvMÌ  essere  attirati  dagli  usi  <lella  civiltà  musulmana.  Se 
le  Htrade,  le  piazze,  i  m<Mcati  oflrivano  un  singolare  miscu- 
glio di  cx)8tiimi  r  di  logge,  dovettero  finire  |>er  armonizzare 
nella  mente  di  ogni  Sn'iliaiio;  s<»  le  fest<^,  gli  es(M(Mzi,  gli  spet- 
tacoli «Mano  divjM-si  secoiulo  i  costumi  e  hi  religioni,  da  cui 


RUGGERO  II   E  FILIPPO   DI    'AL  MAHDIAH  483 

traevano  origine,  dovevano  allettare  tutto  il  popolo,  senza 
distinzione  di  sorta.  E  il  conjraercio  e  gli  scambi  di  ogni 
giorno  non  dovevano  contribuire,  se  non  alla  unificazione 
delle  varie  tendenze,  certo  alla  loro  armonia  !  Tutto  questo 
produceva  necessariamente  l'indifferenza  religiosa,  quell'in- 
differenza che  permise  ai  Musulmani  di  Sicilia  di  com- 
battere per  il  loro  re  contro  i  Musulmani  di  altre  regioni 
e  lasciò  che  essi  contribuissero  a  restaurare  l'autorità  di 
papa  Gregorio  VII,  che  Arrigo  IV  aveva  assediato  in  Ca- 
stel Sant'Angelo  (1).  D'altro  lato  la  calda  parola  di  Urbano  II 
e  di  tutti  coloro  che  predicarono  le  Crociate  contro  gl'in- 
fedeli non  suscitò  entusiasmo  nella  Sicilia,  che  i)nre  van- 
tava cavalieri  non  meno  valorosi  dei  molti  che,  pieni  di  spe- 
ranza e  di  fede,  calavano  dalle  altro  parti  del  mondo  cri- 
stiano. Posta  la  Sicilia,  come  un  i)onte,  tra  l'Africa  e  l'Eu- 
ropa, tra  la  Cristianità  e  l'Islamismo,  era  un  punto  di  pas- 
saggio, dove  erano  apparentemente  l'una  e  l'altra  religione, 
ma  senza  quei  segui  caratteristici ,  che  le  distinguono ,  e 
senza  (piella  forza  e  (piell'attaccamento  ai  priucipii  fonda- 
mentali che  son  propri  dei  popoli  veramente  religiosi.  La  co- 
scienza del  popolo  siciliano  nel  complesso  rispondeva  alla  po- 
sizione geograilca  dell'isola,  ed  esso  potè  avere  un  governo 
savio,  giusto,  equilibrato  quando  trovò  un  sovrano  (;he  si  ren- 
desse conto  esatto  dell'una  e  dell'altra.  A  Ruggero,  in  un  paese 
come  la  Sicilia,  per  governare  bene  non  rimanevano  <!he 
due  vie,  o  proteggere  tutte  le  religioni  o  disinteressarsi  di 
tutte  i)er  creare  uno  Stato  laico.  I  tempi  non  permettevano 
la  seconda  soluzione  e  perciò  egli  si  attenne  alla  prima. 
Vide  però  che  la  sua  politica  era  niolto  ai'<lua  uè  sempre 
possibile,  vide  che  uno  Stato  come  il  suo  aveva  sempre 
bisogno  di  una  mano  forte  e  di  una  niente  troppo  elevata 
e  senza  scrupoli  di  coscienza;  vide,  specialmente  negli  ul- 
timi anni,  che  conveniva  lasciare  al  suo  successore  un  re- 
gno più  uniforme.  E  pensò  ad  un'opera   di    assimiliazione. 


(1)  Amari,  SU  d.  M.,  III^  145. 


4S4  RUCiGERO  n  E  FILIPPO  DI  'AL  MAHDIAH 

L^elemento  cristiano,  uotevolraeute  cresciuto,  doveva  a 
poco  a  poco,  seuza  scoste,  senza  urti,  assorbire  l'elemento 
musili  mano,  che  però  e,iJ:li  continuava  senii)re  a  rispettare 
e  a  tenere  sempre  in  onore.  Così  intenderei,  se  vera,  la  no- 
tizia di  Romualdo  «  (Mrca  tìneni  auteni  vitae  siiae  seculari- 
bus  negociis  aliquantulum  postpositis  et  omissis  ludeos  et 
Sarracenos  ad  fldem  Christi  convertere  modis  omnibus  labo- 
rabat  (1).  Vedere  in  ([uesto  con  l'Amari  una  persecuzione 
religiosa  sarebbe,  credo ,  un  errore  (2).  Perseguitare  i  Mu- 
sulmani e  gli  Ebrei  sarebbe  stato  come  provocare  reazioni 
potenti  in  mezzo  al  popolo.  Qualunque  atto  di  crudeltà  avreb- 
be tenuto  sempre  più  lontani  dalla  religione  di  Cristo  Mu- 
sulmani ed  Ebrei  e  avrebbe  distrntto  «piella  politica  di  me- 
raviglioso equilibrio  che  appunto  rese  grande  il  nome  di 
Ruggero  e  t.emuto  il  suo  regno. 

A  chi ,  dopo  ciò ,  piace  di  sentire  come  i  contempo- 
ranei giudicassero  la  coscienza  religiosa  di  Ruggero  nel- 
l'ultimo tempo  della  sua  vita,  faccio  osservare  che  uno  di 
quelli  credette  che  egli  meritasse  1'  inferno ,  dove,  essendo 
multis  faciìioriòuii  poìlutus ,  avrebbe  pagato  il  fio  di  tutti  i 
suoi  peccati  (.*i).  E  dobbiamo  credere  che  ciò  non  si  sarebbe 
scritto,  se  egli  negli  ultimi  anni  si  fosse  dato  alle  opere  di 
religione  con  l'entusiasmo  di  un  neofita.  Ma  su  questo  ora 
non  occorre  insistere.  Noi  vedremo  come  hi  i)<)litica  della 
tolleranza  e  dell'equilibrio  fosse  da  lui  mantenuta  per  tutta 
la  sua  vita  di  governo. 

Un  mutamento  di  coscienza  in  fatto  di  religione  [)uò  far 
cambiare  la  politica  di  un  uomo  di  Stato,  specialmente  nello 
ultimo  t4'!niiM>  della  sua  vita.  Ora,  poiché  si  atternui,  <;ome  ab- 
biamo visto,  che  ciò  avv(Mine  in  Kuggen»  a])pnnto  per  quel 
motivo,  <juando  noi  avremo  dimostrato  che  la  politica,  di  ()uel 
re  fu  in  ogni  tempo  deferente  verso  i    Musulmani,    non    a- 


(1)  KoMUAi.uo  in  Mon.  Geitn.  /fini.,  XIX,  427. 

(2)  Amari,  ,S7.  d.  M„  III,  43!). 

(3)  Dk  Bi.AHiiH,  «>|>.  cit.,  Ili,  431. 


RUGGERO   II   E   FILIPPO   DI   'AL   MAHDIAH  485 

vremo  [)iù  ragione  di  snpj)orre  come   già    avvenuta  in  lui 
(|uella  conversione  religiosa. 


III. 


Abbiamo  osservato  che  per  Ruggero  la  religione  fu 
sempre  strumento  di  governo. 

In  uno  Stato  come  quello  il  re  soltanto  per  una  ragione 
l)olitica  avrebbe  potuto  mandare  a  morte  Filippo,  non  già 
per  una  (juestione  di  fede.  Ma  prima  di  esaminare  quella 
ragione  dobbiamo  soffermarci  sul  i)asso  'Ibn  'al  'Atir,  il 
(|uale  da  una  parte  presenta  certi  addentellati  con  l' inter- 
polazione, di  cui  ci  occupiamo,  e  dall'altra  ci  permette  di 
conferire  tutta  l'importanza  che  merita  al  brano  dell'  altro 
scrittore  ai'abo,  'Ibi;   Haldùn. 

L'  Amari  nel  parlare  del  fatto  di  Filippo  non  fa  cenno 
<li  (juest'ultimo  cronista,  forse  perchè  ritenne  che  quegli  si 
restringesse  a  co])iare  il  tratto  dall'ojiera  di  'Ibn  'al  'Atìr. 

►Sul  principio  i  due  scrittori  narrano  le  stesse  cose,  poi 
'Ibn  'al  Atir  dice:  «Ruggiero  Io  fé'  catturare  per  la  beni- 
gnità usata  in  Bona  verso  i  Musulmani;  dicendosi  [a  corte 
(li  Palermo]  eh'  egli  e  tutti  i  paggi  del  re  fossero  occulta- 
mente Musulmani.  Dei  testimoni  affermarono  che  Filippo 
non  digiunava  (piando  digiunava  il  re ,  e  che  egli  era  ve- 
ramente musulmano».  Prima  di  vedere  il  resto,  facciamo 
(|ualche  osservazione  sul  tratto  riportato.  Qui  la  questione 
leligiosa  non  risalta  più  come  nella  narrazione  latina,  secondo 
la  (]uale  Filippo  non  solo  non  è  punito  per  la  condotta  che 
tenne  in  Africji ,  ma  riceve  onori  e  gloria;  e  se  egli  è  po- 
scia accusato,  ciò  a\  viene  per  una  questione  di  fede,  che  fi- 
nisce per  trionfare,  nonostante  il  fatto  politico,  che  avrebbe 
l)otuto  rendere  indulgenti  il  re  e  i  giudici.  Xel  passo  del  cro- 
nista arabo  iinece  i  due  fatti,  il  politico  ed  il  religioso, 
sono    confusi  ,   uè  è  quindi  possibile  vedere  quale  dei  due 

Àrck.  Stor.  Sic,  N.  S.  Anno  XXX.  52 


486  KUGGEBO   II   E   FILIPPO   DI    'AL   MAHDIAH 

fosse  più  importante.  Ciò  è  naturale  ,  perchè  lo  scrittore 
musulmano  non  aveva  l' interesse,  mostrato  da  quello  lati- 
no, (li  travisare  i  fatti  per  figurare  un  Buggero  «  cliristianae 
tidei  zelo  et  fervore  succensus  ,  il  quale  dinanzi  alla  fede 
mettesse  a  tacere  ogni  altro  sentimento,  compresa  la  ricono- 
scenza verso  colui  che  aveva  condotto  gloriosamente  un'ira- 
l)resu  militare  e  accresciuto  lustro  al  suo  governo,  compreso 
anche  l'amore  verso  il  figlio,  qnando  questi  avesse  commesso 
un'empietà.  E  a  proposito  di  tale  espressione,  mi  pare  utile 
far  notare  che  le  parole  «nostrae  tidei  in iuriam  et  christia- 
nae  religionis  offensam  proprio  Alio  non  remitterem>,  che 
dallo  scrittore  latino  sono  attribuite  a  Buggero ,  fanno  ri- 
scontro a  quello  che  lo  stesso  'Ibn  'al  'Atìr  dice,  parlando 
della  giustizia  di  quel  re:  «  rendea  giustizia,  foss'anco  con- 
tro il  proprio  figliuolo  >  (1).  L'espressione  è  cosi  caratteri- 
sti<;;i  (;he  fu  ri])ortata  anche  dal  Xuwayrì  quasi  <*on  le  stesse 
parole  (2).  Nò  si  può  pensare  che  l'interpolatore  l' avesse 
presa  da  quest'ultimo,  la  cui  opera  si  potè  diffondere  al  più 
presto  nella  seconda  ìnetà  del  secolo  XIV,  mentre  da  quello 
die  abbiamo  osservato,  i)arlando  dei  codici,  e  da  ciò  che  in 
seguito  avremo  occasione  di  notare,  si  desume  che  la  narra- 
zione riguardante  Filippo  a  cpiel  tempo  era  già  entrata  nella 
Cronaca  di  Romualdo.  Inoltre  si  osservi  che  nel  i)assodi'lbn 
'al  'Atir  l'accusa  di  fede  simulata  non  è  fatta  solUinto  n 
Filipjm,  giacche  si  diceva  che  tutti  i  paggi  del  le  fossero  oc- 
cultamente musulmani.  K  perchè  allora  non  risulta  inue 
che  essi  furono  processfiti  insieme  con  quello?  11  fatto  ri n- 
wùrebbe  inesi)lic«bile,  se  non  si  i)ensasse  che  per  ben  altri) 
motivo  elle  non  fosse  (jnello  religioso  si  volle  la  morte  di 
Filippo.  K  lo  scrittore  latino  mostra  di  conosctn-e  il  ])asso 
di  'Ibn  'al  'Atìr,  (|nand(»  i)er  ovviare  alla  diflìcoltà  ,  albi 
quale  abbiamo  ac^>en nato,  scrive:  *alii  snac^  ini(jnitatis  com- 
plii^eH  et  consortes  capitaleni  subiere  sententiam  ». 

(1)  'IBM  'ai.  'Atìb,  {H.  a.  s.,  I,  4M)). 

Ci)   NlTWAYRt,   {B.   À.   .V.,    1.   14«). 


BUGGERO  II    E  FILIPPO  DI   'AL  MÀHDIAH  487 

Oonfrontiaiiio  adesso  il  brano  di  Mbii  'al  'Atìr  con  ciò 
che  narra  'Ibn  Haldùn.  In  questo  troviamo  maggiore  sem- 
plicità :  «  il  re — egli  <lice  —  non  perdonandogli  la  mansue- 
tudine usata  verso  i  Musulmani  in  Bona,  lo  imprigionò.  Fu 
poscia  accusato  Filippo  in  materia  di  religione»  (1).  Qui 
abbiamo  separazione  completa  tra  il  fatto  politico  e  quello 
religioso.  Tra  i  due  avvenimenti  non  trovianio  il  rapporto 
di  causalità,  che  abbiamo  riscontrato  ne)  brano  dell'altro. 

1^]  neppure  qui  abbiamo  quei  paggi,  che  fanno,  secondo 
'Ibn  'al  'Atìr,  ciò  che  faceva  Filippo  e  non  sono  come  lui 
processati. 

OsserA  iamo  ora  che  cosa  dice  'Ibn  'al  Atir  in  seguito  al 
passo  che  abbiamo  esaminato.  •«  Donde,  adunati  dal  re  i 
vescovi,  i  preti  e  i  cavalieri ,  sentenziarono  eh'  ei  fosse 
bruciato,  e  il  fu  veramente  nel  mese  di  ramadàn  (20  nov.- 
H)  die.  1153).  Ecco  il  primo  [fatto  che  regnando  Euggiero, 
colpì  di]  sgomento  i  Musulmani  di  Sicilia  ».  Come  si  vetle 
il  tribunale  vien  coin[)osto  di  laici  e  di  ecclesiastici  ;  ma 
ciò  non  garbava  al  narratore  latino,  il  quale  come  escluse 
la  ragione  politica  per  dare  assoluta  importanza  alla  que- 
stione religiosa,  così  scrisse  :  «  comites,  iustitiarii,  barones 
et  iudices,  qui  ibi  aderant....  sententiam  dieta  vere  »,  tacendo 
degli  ecclesiastici,  che  vi  parteciparono,  quasi  per  far  vedere 
che  la  morte  di  Filippo  fu  esclusivamente  voluta  da  un 
tribunale  lai.*o,  che  jierò  in  tutti  i  suoi  atti  s'ispirava,  come 
il  re,  a  sentimenti  ultra  cattolici. 

'Ibn  Haldun  si  allontana  dall'  uno  e  dall'altro  e  s'crive 
onde  i  vescovi  ed  i  preti  ragunati  [per  giudicarlo]  lo  fe- 
cero bruciare  ».  Qui  i  giudici  appartengono  tutti  alla  Chiesa, 
uè  si  scorge,  come  abl)iamo  visto  negli  altri,  alcuna  influenza 
del  re.  La  notizia  che  segue  immediatamente  «  Ituggiero 
morì  nello  scorcio  <li  quell'anno,  dopo  venti  di  regno  »  non 
ha  con  la  precedeutti  altro  ra])))orto  se  non  (piello  cronolo- 
gico. 

Il)   'l»N    llALUUN,    (B.   A.  S.,   II,  221)). 


488  RUGGERO   II   E   FILIPPO   DI    'AL   MAHDIAH 

È  vero  che  'Ibii  'al  'Atìr,  parlando  dello  sgomento  dei 
Musulmani,  non  fa  il  nome  del  re,  giacche  il  tratto  chiuso 
in  ])ai'entesi  è  dell'Amari,  ma  quello  che  segue  «  Iddio  non 
lasciò  in  vita  Ruggiero  dopo  Filippo,  senonchè  breve  tem- 
po »  farebbe  credere  che  l'autore  avesse  pensato  ad  una  spe- 
cie di  punizione  divina,  il  che  equivarrebbe  ad  attribuire  a 
Ruggero  la  morte  di  Filippo.  Questa  supposizione  però  non 
Ila  solide  basi,  poiché  in  quelle  ])arole  si  può  vedere  uni- 
camente il  concetto  teologico  che  tutto  nel  mondo  avviene 
per  volontà  divina,  concetto  che  del  resto  si  riscontra  in 
mezzo  al  popolo  in  un  gran  numero  di  espressioni  e  dal 
(piale  non  furono  liberi  i  cronisti  musulmani  in  genere 
e  'Ibn  'al  'Atìr  in  ispecie.  Del  resto,  anche  ammesso  che 
])er  quello  scrittore  la  morte  di  Filippo  fu  opera  di  Ruggero, 
possiamo  noi  affermare  con  sicurezza  che  la  tradizione  alla 
quale  egli  ricorse  era  sincera  ? 

>»<>n  mancano  gli  elementi  per  mettere  in  dubbio  su 
questo  punto  l'autorità  della  fonte  a  cui  attinse  'Ibn  'al 
'Atìr.  Si  osservi,  per  e8em])io,  il  passo  che  segue  immedia- 
tamente quello  teste  ri])ortato:  «Egli  (Ruggero)  era  presso 
agli  ottanta  anni  di  età  e  quasi  ai  sessanta  di  Regno».  È 
certo  che  (|ui  egli  commise  un  errore  (1),  onde  fu  anche  os- 
servato che  talvolta  egli  non  si  mostra  molto  bene  informato 
delle  cose  interne  della  Sicilia  (2).  Ebbene  'Ibn  Haldfìn  in 
questo  punto  si  allontana  da  'Ibn  'al  'Altìr  e  ci  dice  :  «  Rug- 


(1)  Il  Falcanik»  (L(i  HÌMlorìd  o  Lihcr  (hi  rvffiio  Sk.  a  cura  di  (t.  H. 
SiRAOl'sA,  Roma,  1897.  p.  7.  in  Fonti  par  la  St.  <V Italia^  jnibblicate  dal- 
riMitiito  Stor.  Ttal.)  die»',  iHirlinuU)  di  Itii^jfero  :  «  immdUna  seiiectnti' 
<u)ii(tuiii|>tUH,  «HHHJt  in  fata».  K<»ml'ali)o  (  )/.  (i.  il.,  V2,l)  <,<  U.  fobif  mor- 
tuiifl  cMt,  et  HepultUH  in  aiThiepÌMcopatii  (dusdein  civitAtiH,  anno  vit4t<t  muuc 
(|iunc|nnf;(;KÌni(i  octavo,  incnHiliuH  dnobiiA,  dirbiLs  (|uin(]iu',  27  (al.  2<))  die 
mumihìh  Kcbruarii ,  anno  roffni  kuì  24».  K  non  nianoano  altre  tcslinio- 
nian/.c,  rhc  wmo  tutte  ri<'ordat*i  «lai  Caspa n,  op.  cit.,  p.  r)79. 

(2)  <i.  H  *'iKA<ìfSA.  //  Governo  di  Oìuiliehno  fi»  Sir.  l'alernio.  lH7«t, 
pttg.  6H 


RUGGERO  II  E  FILIPPO  DI   'AL  MAHDIAH  489 

«•icro  morì  allo  scorcio  di  quest'anno  (1),  dopo  venti  di  re^no». 
Non  sappiamo  quale  criterio  e^ii  seguisse  nel  computare  uli 
anni  del  re^no  di  Ruggero;  ad  ogni  modo  la  notizia  che  egli 
ci  dà  si  avvicina  di  molto  a  (pielle  che  tioviamo  nelle  fonti 
più  attendibili  e  ci  prova  che  'Ibn  Halduu  non  copiava  o 
riassumeva  semplicemente  dall'opera  dell'altro,  ma  esercita- 
va su  di  essa  una  certa  critica,  e  quando  vedeva  che  quella 
conteneva  degli  errori  si  atteneva  ad  altre.  Se,  per  tornare 
al  fatto  nostro ,  'Ibn  Haldun  escluse  i  laici  dal  tribunale, 
se  non  confuse  l'arresto  ])er  il  fatto  di  Bona  con  1'  accusa 
di  fede  simulata  fu  certamente  a  ragion  veduta,  e  se  non 
attribuì  a  Ruggero  la  morte  di  Filippo  vuol  dire  che  ebbe 
ad  accertarsi  di  ciò  con  lo  studio  delle  sue  fonti. 

Abbiamo  un  punto  in  cui  i  due  scrittori  arabi  pare  che 
vadano  d'accordo.  Infatti  'Ibn  'al  'Atir  scrive:  «Rug- 
giero lo  fé'  catturare  per  la  benignità  usata  in  Bona  verso 
i  Musulmani  »,  e  'Ibn  Haldun  :  «  il  re,  non  perdonandogli 
la  mansuetudine  usata  in  Bona  verso  i  Musulmani,  lo  im- 
]>rigionò  ».  Senonchè  quest'ultimo  non  fa  il  nome  di  Rug- 
gero, e  ciò,  couie  vedremo,  è  in  certo  uiodo  importante. 

Filippo  adunque  s'era  imi)adronito  della  città ,  aveva 
fatto  prigionieri  le  <lonne  e  i  fanciulli  dei  cittadini,  s'era 
impossessato  di  tutto  ((nello  che  aveva  trovato,  ma  aveva 
chiuso  gli  occhi  (piando  alcuni  uomini  dotti  e  virtuosi  u- 
scirono  c(dle  loro  famiglie  e  coi  loro  averi  e  si  rifuginrono 
nelle  vicinanze,  ^'ediamo  se,  facendo  ciò,  Filipj)o  si  allon- 
tanava da  quello  che  aveva  sempre  jx'nsato  ed  operato 
IJuggero  e  per  lui  anche  Giorgio  di  Antiochia,  il  quale  lo 
aveva  preceduto  nel  comando.  È  utile  riportare  alcune  te- 
stimonianze di  autori  musulmani,  che  meritano,  su  questo 
riguardo,  maggior  fede  per  i  sentimenti  ostili  che  in  ge- 
nerale nutrivano  verso  i  Normanni.  E  (cominciamo  dallo 
stesso  'Ibn  'al  'Atir,  il  quale,  dopo  aver  detto  che  quel  re 


(1)  'Ibn  Haldun  in  principio  del  paragrafo  parla  dell'anno  548  dell'E- 
giia  (29  marzo  1153  —  17  marzo  1154). 


490  RUGMJEBO  li  E  FILIPPO  DI   'AL    MAHDIAH 

nell'istitnire  le  varie  cariche  di  corte  «  seguì  le  usanze  dei 
re  UHisiiluiani  »,  aggiuu.a:e  che  «Ruggiero  tenne  in  onore  i 
Musulmani;  usò  con  loro  familiarmente  e  li  difcvse  dai  Fran- 
chi (1);  ond'essi  gli  portarono  amore  »  (2).  Si  noti  che  x)oco 
prima  egli,  ricordando  i  IS'ormanni,  usava  questa  frase 
«  che  Iddio  li  maledica  »,  la  quale  rivela  la  grande  avver- 
sione che  egli  provava  per  quelli. 

Abulfeda  nota  che  Ruggero  oiìorò  i  Musulmani  e  «  vietò 
che  altri  lor  facesse  torto,  ed  [anzi]  avviciuosseli  »  (3). 

Nuwayrì  conferma  che  il  re  «tenne  in  onore  i  Musnlmani 
e  li  difese  dai  Franchi;  ond'essi  gii  posero  amore  »    (4). 

'Ibn  'abì  DinAr,  ])ur  invocando  so])ra  Ruggero  la  nuile- 
dizione  di  Dio  per  le  conquiste  fatte  nei  paesi  musulmani, 
è  costretto  a  dire  che  egli  governò  «  seguendo  le  costu- 
manze dei  re  musulmani  »  e  che  «  li  onorò  e  ricercò  e  dite- 
seli da  ogni  sopruso»  (5). 

PMrisi,  che  tra  gli  scrittori  arabi,  i  quali  si  occuparono 
<li  Ruggero,  gli  fu  il  più  vicino,  loda  la  bontà  dell'indole  del 
re,  la  giustizia,  la  clemenza  coi  vinti,  e  aggiunge  che  i  prin- 
cipi «  accorrono  a  lui  da  ogni  banda,  bramosi  di  mettersi 
al  coperto  nel  suo  reame  e  di  riposare  sotto  l'ombra  della 
sua  lealtà  e  benignità  »  ((>). 

Ora  si  osservi  che  le  opere  dove  noi  troviamo  questi 
giudizi,  eccetto  quella  di  Bdrisi,  sono  tutte  posteriori  alla 
morte  di  Rnggero  ;  non  possiamo  quindi  pensare  che  egli 
nell'  ultimo  tempo  avesse  cambiato  la  sua  politica  verso  i 
Musulmani.  Vhè  se  ciò  fosse  avvenuto  gli  scrittori  non  gli 
avrebbero  dato  quelle  lodi,  che  si  riferiscono  a  tutta^  la  sua 
vita  di  governo,  o  per  lo  meno   avrebbero  fatto  notare   il 


(1)  Gli  scrittori  miisulinani  chÌHiiiaroiio  con  tal  nomo  i  Norninnni 

(2)  'Ibn  'al  AtIr,  {li.  A.  S,,  I,  449  e  s.). 

(3)  Abl-lfeiia,  (lì.  A.  .S'.,  II,  99). 

(4)  Nuw.vvb!,  {li.  A.  A'.,  II,  146). 

(5)  'IBK  'ab!  Dikar,  {B.  a.  S.,  II.  2«7  e  «.). 
(({)  Edki*h,  (J{.  a.  S.,  I,  58). 


BTTGGEBO  H  E  FILIPPO   DI   'AL  MAHDIAH  491 

cambianieuto.  Bdrisi  che  ebbe  modo  di  conoscerlo  intiraa- 
mente  e  di  apprezzarne  i  ineriti,  parlò  di  lui  con  vero  entu- 
siasmo nella  prefazione  del  suo  libro  famoso ,  dalla  quale 
apprendiamo  che  l'opera  era  compiuta  «  nella  prima  decade 
di  gennaio  che  torna  al  mese  d*  sawàl  dell'  anno  54S 
(1154)»  (1),  cioè  quando  Filippo  doveva  essere  morto  e  do- 
\eva  essere  già  avvenuta  la  pretesa  persecuzione  contro  l'e- 
lemento arabo.  Or  si  può  credere  che  un  Musulmano  per 
rispetto  verso  il  suo  benefattore  tacesse  ciò  che  egli  non 
avrebbe  mai  potuto  approvare;  ma  che  egli  continuasse  ad 
essere  entusiasta  dell'opera  di  colui  che  perseguitava  i  suoi 
correligionari  non  è  possibile. 

Tutto  ciò  prova  che  nessun  cambiamento  avvenne  nella 
politica  di  Ruggero  verso  la  line  della  sua  vita  ,  e  perciò, 
riferendoci  a  quello  che  si  è  detto  alla  fine  del  capitolo  pre- 
cedtmte,  neppure  abbiamo  il  diritto  di  supporre  che  fosse 
accaduta  nella  sua  coscienza  la  conversione  di  cui  abbiamo 
})arlato. 

Ciò  i)osto ,  poteva  quel  re  dichiarare  colpevole  Filippo 
che  aveva  usato  un  trattamento  speciale  agli  uomini  dotti 
e  virtuosi  di  Bona!  Non  doveva  far  meraviglia  che  l'am- 
miraglio facesse  ciò  che  aveva  sempre  voluto  Ruggero. 
K  noto  con  (puili  onori  egli  accoglieva  nella  corte  gli 
uomini  più  insigni  per  saggezza  e  per  dottrina,  cristiani 
o  musubnani  che  fossero.  Li  faceva  venire  da  paesi  lontani 
e  li  persuadeva  a  rimanere  presso  di  se.  Si  alzava  (piando 
qualcuno  di  essi  entrava  nella  sala  dove  egli  era,  gli  andava 
incontro  ,  se  lo  metteva  a  sedere  accanto.  'Ibn  'al  'Atir 
narra  che  «  vivea  [allora]  in  Sicilia  un  dotto  musulmano,  uomo 
virtuoso,  tenuto  in  grande  onore  e  riverenza  dal  principe 
della  Sicilia,  il  quale  stava  alle  parole  di  quel  [savio],  e  lo 
anteponeva  ai  preti  e  ai  frati  della  sua  corte  »  (2). 

Ma  per  mostrare  ancora  che  era  assurda  la  colpa,  che  si 


(1)  Edrisi,  (B.  a.  S.,  II,  42  e  s.)  Si  veda  anche  la  n.  2  dell' Amari  a  p.  42. 

(2)  'Ibn  'ai.  'AtIr,  {B.  A.  S.,  T,  463  e  ».). 


492  RUGGERO   li   E   FILIPPO   DI    'AL   MAHDIAH 

vuole  fosse  attribuita  da  Ruggero  a  Filippo,  dobbiamo  ve- 
dere corae  si  comportasse  quel  re  dopo  la  presa  di  una  città. 
'Ibn  Haldun  scrive  :  «  tale  era  l'usanza  e  il  costume  di 
Ruggiero  nei  paesi  occupati  sulla  costiera  d'Africa,  lasciarvi, 
cioè,  i  ^lusulmani;  affidare  il  governo  a  un  di  loro  mede- 
simi, e  governarli  con  giustizia»  (1).  11  citato  'Ibn  'abi 
Dinar  dice  anche  di  più  :  «  Questo  nemico  di  Dio  (è  sempre 
Ruggero)  ristorò  entrambe  le  città  di  Zawìlah  ed  'Al 
Mahdìah  ;  apprestò  dei  capitali  ai  mercanti;  benetìcò  ipo- 
veri; affidò  l'amministrazione  della  giustizia  ad  un  cadì  ac- 
cetto alla  popolazione;  ordinò  bene  il  gov^erno  di  quelle  due 
città»  (2);  e  ì)iù  sotto  aggiunge  che  «  Ruggiero  assodò  il 
suo  dominio  su  la  più  parte  di  quella  regione;  riscosse  il 
harà^'  da'  sudditi  con  benignità  e  temperanza;  si  conciliò  gli 
aDJrai  della  gente  e  governò  con  umanità  e  giustizia»  (»i). 
E  non  basta.  Dobbiamo  anche  vedere  come  si  comportasse 
coi  nemici  Giorgio  d'Antiochia,  il  predecessore  di  Filippo, 
l'esecutore  più  fedele  della  ])olitica  africana  di  Ruggero  , 
il  quale  gli  doveva  la  conquista  di  tutti  quei  paesi. 

Nel  114H  l'Antiocheno  si  era  recato  in  Africa  per  ven- 
dicare una  sccmfìtta  avuta  alcuni  anni  prima.  Assediò  la 
città  di  Tripoli.  vSulla  metà  di  giugno  cominciò  gli  assalti. 
Superate  le  mura,  la  città  fu  presa  ed  occupata.  1  soldati 
cominciarono  a  saccheggiare,  a  distruggere,  a  prendere  pri- 
gioniere le  donne.  (ìli  uomini  fuggirono  e  si  misero  al  sicuro 
parte  i>resso  gli  Arabi,  parte  presso  i  Berberi.  Ma  ecco  che 
Giorgio  bandisce  un  *am((n  generale:  ritornino,  se  vogliono, 
i  fuggitivi  e  stiano  in  pac(»  tra  loro;  egli  per  conto  suo  as- 
sicum  che  saranno  rispettati  i  diritti  dei  cittadini,  purché 
paghino  la  (fiziah  al  re  <li  Sicilia.  (4). 


(1)  'InK  HaldGn,  (/^  A.  S.,  Il,  210). 

(2)  'Ibn  'abI  Dinar,  (Ji.  A.  S.,  Il,  295). 
(8)  Voi.  cit.,  p.  296. 

(4J  Amabi,  St.  d.  M.,  IH,  408  e  8. 


EUftGERO   II   E   FILIPPO  DI   'AL   MAHDIAH  493 

Xel  114H  il  popolo  (li  Kabes,  aiutato  da  un  esercito  di 
'Al  Mahdiali  aveva  fatto  ueeidere  JAsnf,  che  Kuggero  aveva 
investito  del  jy^overiio  della  città.  (TÌorgio  era  stato  mandato 
a  v(M]dicai'ne  l'oltrag-^io.  E«»:li  andò  ad  'Al  Malidiaii  s'imi)a- 
di'onì  della  città  e  dei  tesori  di  essa,  ai  soldati  che  ne  avevano 
cominciato  il  saccheggio  ordinò  che  usassero  moderazione. 
Furono  richiamati  coloro  che  erano  fuggiti  e  provveduti  di 
uiumenti,  [)erchè  riconducessero  le  donne  e  i  bambini,  ed  in- 
tanti» l'ammiraglio  bandiva  lo  'amàn  perchè  potesse  ognuno 
stare  in  città  sicuro  della  [)ersona  e  degli  averi  (1).  Nello 
stesso  modo,  a  un  di  ])resso,  venivano  i)iù  tardi  prese  Susa 
e  Sfax.  (2)  ('osi  si  fece  in  tutti  i  jmesi  africani  che  furono 
sottomessi  alla  Sicilia.  E  la  moderazione  usata  dall' Antio- 
cIkmio  venisa  sempre  a])pro\ata  da Kuggero,  diesi  affrettava 
a  ratificare  con  un  Uvman  generale  le  conc<\ssioni  fatte*  da 
<pie]lo  (3).  Or  nulla  fece  Filippo  in  Africa  che  non  fosse  con 
forme  a.  tutto  ciò  che  prima  aveva  fatto  il  suo  i)redecessore. 
Kgli  aveva  seguito  la  i>olitica  di  Kuggero  e  la  tattica  del 
suo  i)iù  grande  ammiraglio. 


lY 


Tutto  (piello  che  abbiamo  detto  ci  autorizza  a  mettere  in 
dubbio  che  Filippo  fosse  bruciato  ?  Le  notizie  di  'Ibn  'al 
'Atìr,  la  conferma  che  ce  ne  dà  'Ibn  Haldtìn,  lo  stesso  passo 
interpolato  dell'oi)era  di  Romualdo  attestano  che  sui  casi 
di  Fili]>i)o  esistette  una  tradizione  certamente  anteriore  al 
secolo  XIV,  e  tale  tradizione,  che  presenta  varianti  non  lievi 
nei  tre  autori,  ha  quel  punto  non  controverso,  la  morte  di 
Filippo  sul  rogo.  Chi  direttamente  o  indirettamente  l'avesse 


(1)  Voi.  cit.,  p.  413  e  ss. 

(2)  Voi.  cit.,  p.  419. 

(3)  Per  tutti  questi  avvenimenti  e  per  la  politica  di  Ruggero  in  Aftica 
si  veda  anche  Topera  del  Caspar,  p.  415  e  sa. 


494  RUGGERO   n  E  FILIPPO  DI   'AL   MAHDIiS 


ordinata  e  da  quali  raj^ioni  fosse  spinto  non  si  ò  ancora 
determinato.  E  quando  io  avrò  fatto  ciò,  cercherò  anche  le 
cause  per  le  (piali  fu  alterata  la  tradizione  genuina  e  il  tempo 
in  cui  ciò  potè  avvenire. 

Cominciamo  col  chiarire  il  punto  in  cui  'Ibn  Haldùn  dice 
che  il  re  fece  imprigionare  l'ammiraglio,  il  qu<ile  era  ritor- 
nato dall'Africa. 

Il  Falcando  ci  narra  che  Kuggero  associò  al  trono  il 
figlio  Guglielmo  verso  il  termine  della  sua  vita  o,  diciamo 
meglio,  (piando  non  gli  rimaneva  che  lui  dei  figli  sui  qnali 
(»gli  aveva  fatto  aflSdamento.  «  Huic  (Guglielmo)  igitnr, 
(piando  iani  alius  nullus  supererat ,  regium  diadema  pater 
imposuit  regnique  fecit  participem  (1)  ».  Questo  è  il  primo 
indizio  che  Ruggero  non  si  sentiva  più  così  forte  di  corpo 
o  di  spirito  da  sostenere  il  peso  del  potere.  Guglielmo  fu 
associato  al  regno  e  solennemente  incoronato  agli  8  di  ai)vile 
del  1151  (2).  Kuggero  morì,  come  abbiamo  visto,  il  2()  o  27 
febbraio  del  1154,  cioò  qualche  mese  dopo  che  Filippo  erji 
stato  bruciato  e,  per  di  più,  di  una  malattia  che  fa  ne(?ess{i- 
riaraente  presup])orre  un  periodo  non  breve  di  assoluta  man- 
canza di  forze  fisiche  ed  intellettuali  :  fu  si)into  ;jlla  tombii 
dall'abuso  dei  ])iaceri,  come  notarono  il  Falciando  e  i  j ur- 
lati della  corte  (3). 


(1)  Fai.can'ix),  e«l.  cit.,  p.  7.  Lo  stesso  j)iii  sotto  ripo-te  :  «mi  (Ko^orio) 
^uccedrns  Willelinus  eiiis  filiu8 ,  «lueiii  adhuc  vivens  regeni  fccerat»  (p. 
cit.)«  E  Romualdo:  qui  (Guillelmus)  cuni  patre  dnohus  anuis  >•(  meiiKi- 
buM  decetn  rcfinarat».  (M,  G.  H.,  427). 

(li)  (i.  li.  SiKA(;uSA,  //  regno  di  Guqliehno  I  in  Sic.  illustrato  con  iiuori 
doruitu'nii.  Parte  prima.  Palermo,  1886,  p.  27. 

(3)  Il  Casi'ar,  juUìiicendo  soltanto  la  testinionianza  di  Jìomualdo  {M. 
a,  //.,  427)  lo  diro  morto  di  febbre  (p.  4:^).  Ma  si  umore  con  la  febbre 
qiiaMi  i)er  qualunque  male.  E  il  male  che  logorava  le  forze  di  Ruggero 
<r  ricordato  dal  Kal<!ani><>:  «(Ipse  Rcjgerius)  tuui  iininensia  attritus  labo- 
ribu»,  tum  ultra  qiiatn  bona  eorporis  exigebat  valetudo  r<ibus  assuetuR  ve- 
neriiM,  immatura  ««nectute  eonsumptuK,  eessit  in  fatti»  ed.  cit.,  p.  cit.  E 
*l  noti  rhe  il  Faix;ando  ^  una  fonte  attendibile  per  questo  punto,  giae- 
vh^  egli  obbt!  i>er  l'opera  di  Ruggero  parole  di  vera  anmiirazione.  Por  le 
allr*  t«ttiaiuBÌaue«  cfr.  Amabì,  8t.  d.  M.,  Ili,  440. 


BUGGERO  II  E  FILIl>PO  DI  'AL  MAHDIAH  495 

Pare  che  Guglielmo,  dopo  che  fu  associato  al  trono,  at- 
tendesse al  governo  di  una  parte  dei  domini  (1)  ;  ma  non 
può  esser  dubbio  che  egli ,  date  le  condizioni  speciali  del 
padre,  ])otesse,  volendo,  intervenire  negli  attari  di  tutto  il 
regno. 

Il  fatto  <li  Filippo  avvenne  dunque  quando  (Tlugiielrao 
era  già  sul  trono  e  liuggero  era  presso  a  morire. 

Dopo  ciò  è  lecito  domandarci  :  di  quale  re  parla  'Ibn  Hal- 
diìn  ì  Giacché,  stando  le  cose  come  abbiamo  visto,  sarebbe 
naturale  pensare  a  Guglielmo  piuttosto  che  a  liuggero.  Ma 
io  (U'edo  di  non  ingannarmi  attermando  che  il  cronista  arabo 
non  parla  precisamente  né  dell'uno  né  dell'altro.  Nelle  mo- 
narchie assolute  tutto  è  dal  po])olo  e  spesso  anche  dagli 
scrittori  attribuito  al  sovrano;  ma,  invero,  chi  può  determi- 
nare dove  cominci  e  dove  cessi  la  volontà  di  quello?  Spesso 
in  suo  nome  si  compiono  atti  importantissimi  che  egli  o  non 
api)i()va  o  ignora  del  tutto.  Durante  la  vita  di  tal  sovrano  vi 
è  talvolta  un  periodo,  più  o  meno  lungo,  second«)  l'energia  fi- 
sica ed  intellettuale  di  lui,  nel  quaU'  egli  è  veramente  tutto,  ha 
cioè  pieno  ed  intero  il  possesso  di  quei  diritti  che  si  arroga 
in  nome  di  Dio.  Ma  quando  egli,  come  tatti  gii  altri  uomini,  si 
stanca  del  potere,  e  la  stanchezza  è  spesso  così  grande  co- 
me é  stata  l'energia,  allora  in  apparenza  tutto  rimane  come 
prima;  egli  continua  ad  essere  il  sovrano,  ma  in  realtà  è  la 
corte  che  piglia  la  mano  a  lui,  ed  egli  rimane  come  schiac-" 
ciato  sotto  la  propria  potenza.  Le  sue  id(»e  non  sono  più 
conosciute,  le  sue  convinzioni  non  hanno  più  alcuna  efti- 
cacia ,  di  lui  non  rimane  che  l'ombra. 

Ruggero  fu  sovrano  libero,  assoluto  nei  suoi  atti,  tol- 
lerante in  materia  di  religione  finché  ebbe  nelle  mani  il 
governo,  cioè  finché  ebbe  la  forza  d'imporre  la  i)ropria  vo- 
lontà a  tutti  coloro  che  lo  circondavano.  Quando  sentì  che 
l'autorità  cominciava  a  mancargli  volle  con  sé  al  potere  il 
Hgliuolo  per  non  tare  acquistare  preponderanza  alla  corte, 


(1)   SlRAGUSA,    //  r.   (/.    G.,   p.   cit. 


4^6  RUGM>BRO   1[   E   FILIPPO    D[    'AL    >IA.HDlAlt 

ina  poiché  il  fit>iio  fu  costretto  a  starne  molto  spesso  loii- 
tano  ed  egli  stesso  fu  so]n'attatto  dalla  stanchezza  e  dalia  ni;i- 
lattia,  la  volontà  della  corte  si  sostituì  alla  volontà  del  ve; 
l'eipiilibrio  tra  le  varie  fazioni  che  lo  circondavano,  mante- 
nuto con  la  sua  fermezza  ])olitica  e  con  la  sua  indiiferenza  re- 
ligiosa scomparve  del  tutto.  L'esaltamento  che  Edrisi  fece  di 
Ruggero  proprio  in  questo  tempo  conteneva,  secon<lo  me,  come 
un'esortazione  indiretta  al  figlio  di  lui,  perchè  non  si  mo- 
strasse da  meno  del  padre,  ed  un  rimi)rovero  alla  corte  che 
aveva  preso  un  indirizzo  diverso.  Tutto  egli  rappresentava 
troppo  roseo  sotto  Ruggero,  perchè  tutto  era  trop])o  fosco  al 
suo  tramonto.  Forse  Ruggero,  in\<M'chiato  anzitemjK),  si 
trascinava  ancora  per  le  aule  del  palazzo,  forse  anche  giaceva 
infermo  nel  letto,  <iuando  la  nobiltà  laica  ed  ecclesiastica,  i 
favoriti  dell'una  e  dell'altra  religione  si  agitavano  e  si  con- 
tendevano il  ])re<lominio  dentro  e  fuori  la  corte.  11  i)artito 
della  Chiesa  più  forte,  ])erchè  pii^i  numeroso,  prevalse,  e  Fi- 
lippo, il  favorito  del  re,  divenuto  già  il  canìpione  della  parte 
avversa  dopo  die  ebbe  il  comando  dell'esercito  e  della  tiotta, 
doveva  scomparire. 

Egli,  ritornato  dall'Africa,  trovò  tutto  mutato:  la  fa- 
zione che  donanava  lo  fece  arrestare ,  perchè  non  credeva 
])iù  lecito  ciò  che  juMma  il  re  aveva  sempre  voluto,  la  cle- 
menza coi  vinti  Musulmani. 

Nell'arresto  di  Filippo  io  vedo  già  come  un  ])rimo  epi- 
sodio di  quelle  congiure  tramate  dalla  nobiltà  ])otente,  la 
quale  provava  gelosia  ])er  i  favoriti  del  re  e  tendeva  ad  e- 
liminarli.  Ora  Filippo  cade  vittima  della  sua  potenza  e  del 
favore  del  re,  più  tardi  verrà  la  volta  del  famoso  Maione.  L'e- 
secuzione del  disegno  non  è  la  stessa  (1),  poiché  i  due  fatti 
avvennero  in  tempi  diversi  (>  in  diverse  circostanze;  ma  il 
motivo  non  cambia.  Xell'nn  caso  e  nell'altro  si  agì  senza 
la  volontii  del  sovrano,  apertamente  ur\    primo,    perchè   il 


(1)  Per  Ift  «-olpp  Httrilmiti'  ii  Muiouc  »uUa  guerra  d'Africa  e  per  lu  <oii- 
giur»  cooiro  di  lui  ve<li  .Siuaocha,  Il  r.  d.  O.,  J,  94  e  a.,  133  e  ah. 


RUGGERO  n  E  FILIPPO  DI  'AL  MAHDIAH  49T 

re  era  (jiiasi  traiuoutato  ed  incerta  l'autorità  di  Guglielmo, 
nel  secondo  di  nascosto,  perchè  (lugliel  ino  aveva  già  rasso- 
data la  sua  potenza.  Ma  contro  Màione  i  nemici  non  pote- 
rono servirsi  di  un'arma  che  era  riuscita  esiziale  a  Filippo, 
l'accusa  di  apostasia,  la  (juale  venne  ad  aggiungersi  a  «piella 
che  prima  era  stata  accampata  per  l'arresto.  La  prima  non 
avrebbe  giustificato  da  sola  dinanzi  al  popolo  la  morte  del 
]>iù  potente  dei  favoriti  del  re. 

In  uno  Stato  dove  le  fazioni  contrarie  professano  reli- 
gioni diverse  un  movimento  politico  facilmente  è  accompa- 
gnato o  seguito  da  un  altro  nel  campo  religioso.  Le  que- 
stioni politiche  a(M|uistano  un  grande  valore  presso  il  popolo 
se  ad  arte  si  trasformano  in  cpiestioni  religiose.  Le  stragi 
dei  Cristiani  in  Armenia,  le  persecuzioni  contro  gli  Ebrei, 
anche  negli  Stati  più  progrediti  di  Europa,  sono  esempi  che 
dimostrano  come  le  classi,  che  aspirano  al  predominio  po- 
litico ed  economico  nelle  nazioni,  si)ingano  il  ]>op()lo  ad 
aiutarle  nel  loro  intento,  fomentando  in  esso  l'antagonismo 
religioso.  Filipi)o  aveva  ricevuto  il  primo  colpo;  con  l'arre- 
sto egli  dovette  perdere  gran  parte  della  sua  potenza;  ma, 
se  foss<^  stato  liberato,  l'avrebbe  certamente  riacquistata. 

Non  oso  attermare  che  la  seconda  accusa,  (piella  di  ca- 
rattere religioso ,  fosse  fatta  dopo  che  egli  fu  s(;arcerafo , 
giacché  potè  anche  col[)irlo  nientre  era  in  prigione ,  anzi 
quest'ultinja  ipotesi  mi  sembra  più  probabile,  essendo  lìiol- 
to  più  facile  finire  un  uomo,  quando  è  caduto,  che  colpirlo 
dopo  che  si  è  rialzato. 

È  necessario  però  notare  che  le  due  accuse,  sebbene  nella 
mente  dei  persecutori  di  FilipjM)  procedessero  da  unico 
motivo,  dovettero  farsi  apparire  l'una  indipendente  dall'al- 
tra. 8e  nel  passo  di  'Ibn  'al  'Atìr  le  ti'ovianio  fuse  insieme 
è  perchè  forse  (j nello  storico  narrò  i  fatti  non  come  si  ma- 
nifestarono, ma  secondo  l'intenzione  di  coloro  che  li  |>ro- 
vocarono.  'Ibn  Haldun,  che  invece  ci  riporta  la  tradizione 
più  antica  e  nella  forma  i)iù  genuina,  quantunque  l'opera 
sua  fosse  meno  vicina  agli   avvenimenti  di    quella  dell'  »l- 


4dé  RU€hOKRO   n    E    FILIPPO   DI    'AL   MAHDIAH 

tuo ,  ci  dice  come  i  fatti  dovettero  apparire  ai  couteni])o- 
ranei. 

Infine  noi  non  .sappi.uuo  con  precisione  come  fosse  or- 
dinata la  giustizia  al  tempo  di  Ruggero  ne  (|ual<'  parte 
avesse  il  re  nei  tribunali  ordinari. 

E  poi  Filippo  fu  condannato  da  uno  «li  questi  o  da  un 
rvibunale  speciale  !  Nessuno  potrà  risi)ondere  a  tale  doman- 
da. D'altra  i)arte,  (lualunque  fosse  la  procedura  seguita,  dob- 
biamo ammettere  che  in  un  caso  straordinario,  come  quello, 
occorresse  la  firma  del  re.  Fecero  a  meno  anche  di  quella  ! 
É  probabile,  poiché  si  era  in  un  ])eriodo  anormale,  sebbene 
sappiamo  che  anche  in  tempo  di  rivoluzione  la  forma  degli 
atti  spesso  rimane,  mentre  non  esiste  ])iù  la  sostanza.  La 
forma  fu  anche  conservata  nella  condanna  di  Luigi  XVI. 
Del  resto,  quando  la  reazione  infierisce,  chi  è  così  potente 
da  dominarla  ?  E  poi  clii  può  dire  che  Ruggero  firmò  la 
sent^'nza  di  morte  di  Filippo  !  Forse  invece  di  lui  firmò  il 
tìglio,  che  era  pure  al  governo.  Ma  possiamo  noi  attribuire 
a  Ruggero  quello  che  fa  costretto  a  fare  Guglielrao,  perchè 
non  poteva  opporsi,  o  fece  egli  stesso,  perchè  non  avea  più 
coscienza  dell'atto  che  compiva  ? 

Nelle  ipotesi  dell' ^Vmari  e  del  Casi)ar,  che  sopra  abbiamo 
veduto,  noi  troviamo  soltanto  un  mutamento  di  volontà  e 
di  coscienza,  ma  per  la  condanna  di  Filippo  si  ammettono 
l*nna  e  l'altra.  Da  tutto  quello  che  noi  abbiamo  detto  risulta 
inve(5e  che  la  volontà  e  la  coscienza  di  Ruggero  non  eb- 
bero alcuna  parte  nella  morte  dell'ammiraglio,  (jiiuindi  non 
possiamo  conchiudere  conie  comincia  l'Amari,  che  cioè  Rug- 
K^TO  «  terminò  il  gh>rioso  suo  regno  (mmi  un  <n(tn  da  fé*  ». 

Non  dol>biamo  terminare  (juesta  trattazione  senza  axcr 
prima  ricercato  come,  (|uando  e  perchè  fu  alterata  hi  tradi- 
zione ^enniTia  intorno  al  fatto  di   Filippo. 

I/antore  di  <piella  interpolazione,  |)resenlandoci  un  Hng- 
^ero  '  <*lirÌMtianissimuM  3f  e  <■  tota  intention<M'atlii»licus  >  mo- 
HtfH  l'iijt4^ndimento  di  «lare  al  fondatore  <lella  monarchia  nor- 


RUaGERO  n  E   FILIPPO   DI   'AL  MAHDIAH  46B 

iniiinia  un  carattere  che  torse  era  in  certo  modo  desiderato 
(In  una  nuova  corrente  manifestatasi  nell'opinione  pubblica, 
egli  cioè  si  rivela  appartenenti-  ad  un  periodo,  nel  quale 
mal  si  sotfrivache  la  nionarcliia  siciliana  non  avesse  avuto  il 
carattere  eminentemente  cattolico,  che  le  si  volle  attribuire 
più  tardi. 

È  nota  la  guerra  civile  sorta  in  Sicilia  alla  morte  di 
Guglielmo  II.  La  lotta  tra  l'elemento  musuhnano  e  quello 
(^ristiano  non  tardò  a  manifestarsi.  I  Musulmani,  che  sotto  i 
re  normanni  avevano  goduto  se  non  privilegi  speciali  cer- 
tamente la  protezione  del  governo,  ora  venivano  fatti  segno 
ad  una  ])ersecuzione  inumana.  Il  loro  sangue  corse  a  rivi 
per  le  vie  di  Palermo,  e  coloro  che  poterono  scampare  alla 
strage  si  ritirarono  sulle  montagne.  La  guerra  continuò  an- 
(H)ra  con  molto  accanimento  da  ambo  le  parti.  I  Musulmani 
rimpiangevano  le  leggi  normanne,  sotto  la  cui  protezione 
essi  erano  vissuti  tranquilli,  e  osteggiavano  violentemente 
il  nuovo  regime  che  s'  iniziava  con  Tancredi ,  il  quale  era 
sostenitore  della  part<;  avversa  <^  sostenuto  dalla  Chiesa.  È 
noto  ancora  che  Tancredi  era  salito  al  trono  con  <v  l'assenti- 
mento dei  regnicoli  e  con  gran  plauso  della  corte  di 
Koma  »  (1).  A  noi  non  interessano  le  vicende  di  (pielle  lotte, 
ma  notiamo  soltanto  che  questo  nuovo  indirizzo,  questo  sof- 
fio di  nuove  tendenze  contrario  ai  Musulmani  venne  in 
Sicilia  dal  continente  e  particolarmente  da  Boma,  dove  si 
ei-a  sempre  mal  tollerato  che  la  Sicilia,  feudo  della  Chiesa, 
e  i  suoi  re,  legati  apostf)lici  del  ])apa,  la  facessero  da  soste- 
nitoii  «lell'Lslam.  * 

lo  non  dubito  che  la  Chiesa  di  Koma  sarebbe  stata  allora 
ben  contenta  se  il  popolo  avesse  j)otuto  vedere  in  (juei  so- 
vrani normanni  non  già  degli  uomini  che  sommettevano 
la  religione  alla  politica,  ma  dei  buoni  cristiani,  che  avevano 
sempre  retto  i  destini  del  loro  regno  guidati  dalla  fede  cat- 
tolica. 


(1)  Amaui,  Si.  d.  AL,  III,  r)46  e  m. 


500  RUGGERO    li   E   FILIPPO   DI    'AT-   MAHDIAH 

(  )r  iiou  poteudosi  ammettere  che  la  tradizione  destinata 
a  travisare  il  carattere  di  Kuggero  si  dittbudesse  sotto  i 
dne  Guglielmi,  i  quali  avevano  i)iii  o  meno  innalzato  a  re- 
gola di  governo  la  perfetti!  tolleranza  religiosa,  stabilita 
dal  primo  re  (1),  io  penso  che  quella  tradizione,  che  diede 
luogo  al  piisso  interpolato  nell'opera  di  K  omualdo,  possa 
riferirsi  agii  ultimi  anni  del  secolo  XII,  cioè  al  tempo  di 
Tancredi. 

Dobbiamo  però  considerare  che  a  nn  di  presso  avvenne  lo 
stesso  quando  la  Sicilia  usciva  dal  dominio  di  Casa  sveva. 
Non  ci  fermiamo  a  parlare  dei  sentimenti  tatt'altro  che  cat- 
tolici di  Federico  II  ;  è  tropico  nota  l'inditlerenza  dell'ani- 
mo suo  per  tutto  ciò  che  avesse  carattere  religioso  e  le  lun- 
ghe lotte  sostenute  contro  il  papato.  Manfredi,  che  gli  suc- 
c^Mlette  per  poco,  non  fu  da  meno  di  lui.  Egli  mantenne 
buoni  rajqmrti  (»  contrasse  amicizia  coi  sultani  d'  Egitto. 
Gamal  'ad  din  ,  cadì  supremo  di  scuola  sciafeita  in  Hania, 
storico  e  scienziato  famoso,  gli  dedicò  un  suo  trattato  di 
dialettica  (2).  Abulfeda,  discepolo  di  questo,  scrisse  che  il 
l)apa  aveva  scomunicato  Federico  II  e  i  suoi  successori  Cor- 
rado e  Manfredi  [)er  la  benevolenza  che  essi  mostravano 
verso  i  Musulmani  (3).  È  certo  che  l'indipendeuza  religiosa 
dei  sovrani  svevi  se  procedeva  dalla  loro  educazione,  aveva 
anche  un  addentellato  colla  politica  essenziahnente  tolle»- 
raiìte  dei  Normanni.  E  nella  tradizione  del  i)opolo  come 
buggero  II  era  stato  il  più  grande  dei  sovrani  di  Sicilia, 
così  era  anche  colui  che  aveva  segnato  ai  suoi  successori 
la  vi»  che  dovevano  seguire. 

K  certAmente  se  si  fosse    potuto  altei-are  tale  tra<lizione 


(I)  Il  (^AHi'AU  (o|).  cit.  4+7)  scriva  molto  opportniiiiiiUMitr  :  Der  (!li!i- 
ntktiTziif;  woitgiihemlor  'Poleranz,  Jii  f}|<'i<lijfiltijj;keit  ìd  jclijjiiist'n  Dingi'ii 
hlieh  «lem  iiorniaiiniHchcn  KonÌK»*lnni'*<'  «'i^fiitiiinlicliunil  vorstnrkte  «ioli 
v«n  <»«'ii«Tiition  /Il  (T<>i)cri(tioii  ». 

(•i)  Amahi,  St.  a.  M.,  IH,  «{54. 

{$)  ▲BDbKibA,  {A.  B.  S.,  U,  108). 


RUGGERO   II    E   FILIPPO  DI   'AL  MAHDIAH  501 


e  (iiiasi  deviarla  alla  fonte,  presentando  quel  Ruggero  sempre 
grande  come  re,  ma  pio ,  fedele,  cristiano  e  cattolico  per 
sentimento ,  i  suoi  successori  non  sarebbero  più  in  gran 
parte  apparsi  continuatori  dell'  opera  del  fondatore  della 
monarchia  e  nell'opinione  popolare  avrebbe  trovato  giusti- 
lìcazione  qualunque  atto  della  Chiesa  che  tendesse  a  restau- 
rare nel  governo  di  Cicilia  il  cattolicesimo  sincero  e  la  fede 
trascurata.  Pensiamo  che  allora  il  papa,  combattendo  Man- 
fredi ed  aiutando  Carlo  d'Angiò  voleva  mostrare  di  sostenere 
una  causa  santa,  una  specie  di  Crociata  bandita  contro  gl'in- 
fedeli dell'Italia  stessa  e  a  favore  di  una  Casa  che  per  opere 
di  pietà  e  di  fede  nell'  opinione  del  popolo  non  si  poteva 
neppure  paragonare  con  quella  che  sino  allora  aveva  tenuto 
il  dominio   dell'Italia  meridionale. 

Se  dunque  quella  interpolazione  debba  farsi  risalire  al 
tempo  in  cui  cessò  la  dominazione  normanna,  cioè  alla  fine 
del  secolo  XII,  o  al  periodo  di  lotte  che  precedettero  nell'I- 
talia meridionale  la  dominazione  angioina,  è  difficile  a  de- 
terminare. La  seconda  ipotesi  è  più  probabile,  giacché,  se 
guardiamo  al  passo  interpolato ,  soltanto  nel  secolo  XIV 
(codice  di  S.  Pietro  E.  22)  troviamo  la  tradizione  trasformata 
dal  narratore  latino,  il  quale  per  altro  mostra  di  conoscere 
l'opera  di  'Ibn  'al  'Atìr,  che  potè  soltanto  diffondersi  nella 
prima  metà  del  secolo  XIII. 

Comunque  sia,  a  me  sembra  che  nel  brano  interpolato,  ri- 
guardante la  morte  di  Filipi)o  di  'Al  Mahdiah,  sia  rispec- 
chiata la  tendenza  ad  alterare  nel  popolo  la  tradizione  in- 
torno al  carattere  ed  al  governo  di  Ruggero  II. 


Vincenzo  Epifanio 


Ateh.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  88 


MISCELLANEA 


su  I  FRAMMENTI  DI  DUE  REGISTRI  ORIGINALI 

DEGLI  ANNI  1353-55 
DI  LUDOVICO  D'ARAGONA  RE  DI  SICILIA 


NOTIZIE  E  REGESTO 

Intento  da  alquanti  anni  a  fare  ampia  raccolta  dei  docu- 
menti dei  primi  Re  aragonesi  di  Sicilia  dal  1282  al  1355  per 
la  pubblicazione  di  un  Codice  diplomatico,  ho  ricercato  gli 
archivi  e  le  biblioteche  non  solo  di  Palermo,  ma  dei  comu- 
ni più  importanti  dell'isola,  ed  anche  di  alcuni  minori  in 
varii  viaggi  intrapresi  a  proprie  spese. 

Per  tali  ricerche  ho  dovuto  studiare  i  frammenti  origi- 
nali dei  registri  del  Re  Ludovico,  che  si  conservano  nell'Ar- 
chivio di  Stato  di  Palermo,  e  credo  utile  offrirne  una  breve 
notizia  diplomaticii.  Quei  frammenti  sono  il  i)iii  antico 
monumento  della  Cancelleria  regia ,  il  quale  ora  riujanga 
in  Sicilia,  sebbene  nessuna  particolare  notizia  tìnora  se  ne 
sia  data  (1). 

I  frammenti  appartenevano  alla  colle/ione  <lei  registri 
dell'oftìcio  del  Protonotaro  del  Regno,  e  poterono  salvarsi 
in  mezzo  ad  alquanti  altri  frammenti  di  registri  di  ITede- 
rico  III,  fratello  e  successore  di  Ludovico.  Sono  contenuti 


(1)  Accennai  nel  1899  che  1  tre  primi  rej^istri  della  Uejj;iii  Cancelleria 
contendono  donimonti  ili  FtMlcrico  II  maj^oncs»' .  Pii^tro  II  «>  Ludovico. 
Doeumenli  iiudili  in  lintfiia  npotiniiola  (t:i8 1-1109)  in  Smiia.  Paltiiiiio,  1S!)<), 
pag.  TII.  Per  nuove  ricerche  ho  potuto  però  riconoacere  che  iueHatttunentc 
•i  ^  creduto  Hinora  rhe  <|u<'i  n'^ÌKlii  aiiparlcii^'iino  nlla  ('aiuclioiia.  Ne 
darò  le  pruvu  in  ultra  mia  luemoria. 


MISCELLANEA  503 


nel  i'<*<>istro  2"  misccllaiico  del  siuletto  archivio  del  Proto- 
iiotaro  in  fogli  (HMitotre,  alti  centimetri  30,  larghi  22  (1). 
La  carta  è  di  cotone,  resistente  e  tìligrunata ,  e  per  lo  più 
segnata  <'on  marche,  cioè  di  fiore,  freccia  in  due  forme  diver- 
se, testa  di  bue,  giglio,  àncora,  arco.  Due  figure  di  esse 
sono  riferite  da  Hri(|uet  in  una  pregevole  njenioria,  pubbli- 
cata in  «piesto  Arcliivio  Storico  (2). 

La  scrittura  è  minuscola  gotica  ciiiicelleresca,  e  di  mani 
diverse.  In  non  pocrhi  fogli  è  piuttosto  negletta  ,  ma  in 
alcuni  è  chiara  ,  uniforme  ed  a  grandi  caratteri,  talvolta 
con  belle  capoletterc  del  nome  del  sovrano  Lodovicus.  Una 
pagina  è  di  scrittura  assai  elegante  e  piuttosto  propria  di 
codici,  e  ne  otfro  un  fac-simile.  In  un  documento  è  ripro- 
dotto il  monogramma  <li  un  notaro  in  lettere  maiuscole.  Il 
tipo  della  forma  di  scrittura  adoperata  nei  frammenti 
fu  in  uso  più  specialmente  nella  prima  metà  del  secolo 
XIV,  come  si  vede  da  varii  documenti  scritti  in  quel  tempo 
nei  prind  tre  registri  della  Cancelleria,  che  non  apparten- 
gono i)erò  a  tale  utticio.  Sotto  Federico  111  si  riscontra  so- 
vente nei  suoi  r(;gistri  eleganza  e  nitidezza  di  scrittura, 
talvolta  notevole ,  ma  la  forma  diviene  più  piccola  ed 
esile  (3). 


(1)  Si  desiiiiif  con  (^ertezza  la  provenieuza  di  tali  franiuienti  dall'  ar- 
chivio «lei  Frotonotaro,  pei  documenti  trascritti  a  fol.,  235  e  302,  nel  primo 
dei  quali  è  tatto  ricordo  di  atti  conservati  in  quell'archivio,  e  nell'altro 
si  contiene  la  nomina  del  Maestro  Notaro  dell'  officio  del  Protonotaro. 
l  frammenti  sono  nei  l'oj^li  223  a  321,  e  328  a  331  del  sudettt)  registro  del 
Protonotaro.  Sembra  che  Gueookio  (nella  memoria  Dei  reali  Archivi  di 
Sicilia,  da  me  pubblicata,  Palermo,  1899,  pag.  VITI)  abbia  voluto  appena 
ricordare  in  modo  indeterminato  i  frammenti ,  perchè  dice  :  «  Il  veder 
frattanto  l'  uso  vegliante  nei  tempi  infelici  di  Ludovico  che  nell'officio 
del  Protonotaro  reyistravaim  alcune  carte  »  ecc. 

(2)  BuiQUET,  Sur  le8  papiern  usités  en  Sicile,  à  Voccasion  de  deux  ma- 
li uscrits  en  papier  dit  de  voton  (in  Arch.  Star.  Sic.  voi.  XVII,  1892,  pag.  63, 
e  tav.  VII  fig.  26  con  data  1335,  tav.  XI  fitr.  39  <on  data  1348). 

(3)  Tra  le  pagine  scritte  con  bei  caratteri  conviene  notare  i  fogli  309 


504  MISCELLANEA 


Alquanti  documenti  di  Ludovico  sono  cancellati  con  linee 
trasversali,  perchè  furono  rifatti  in  altra  forma,  o  perchè  non 
ebbero  alcun  vigore.  Si  ha  cura  però  di  notare  al  margine  : 
«cassatur  quia  refectum  est  in  alia  forma  ut  infra,  e  altrove 
Cassatur  quia  supra;  Cassatur  quia  non  processit:».  Questo  si- 
stema di  giustitìc^ire  la  cancellazione  dei  documenti  fu  se- 
guito in  Sicilia  nei  secoli  posteriori,  ad  evitare  frodi.  Due 
documenti  soltanto  souo  cancellati  senza  giustificazione  (1). 

Varie  pagine  rimasero  bianche,  e  poiché  nessuna  linea 
di  cancellazione  si  apponeva  allora  per  impedire  che  altri 
vi  scrivesse,  i  falsari  se  ne  giovarono  per  aggiungervi  do- 
cumenti di  concessioni  del  tutto  immaginarie.  Minieri  Eic- 
cio  nota  pei  registri  angioini  di  Napoli  che  avvennero  «  fal- 
siticazioni  intruse  in  alcuni  di  quei  Kegistri  ,  scritte  con 
perfetta  arte  calligrafica  e  ])aleogratìca,  ed  eseguite  per  do- 
cumenti nobiliari,  in  quei  luoghi  appunto,  dove  fu  trovata 
la  pergamena  in  bianco  senza  scrittura  »  (2).  In  Sicilia  fra  i 
registri  della  Cancelleria  e  del  Protonotaro  ho  trovato  mol- 
te falsificazioni,  derivate  da  tale  caso,  anco  in  epoche  relati- 


e  328.  T^e  capolettere  eleganti  sono  nei  fogli  226,  235,  275,  301).  La  pa- 
gina di  più  accurata  scrittura  è  a  fo).  265  r.  Il  monogramma  (QuiUelmns) 
del  notaro  è  riprodotto  a  f.  269.  Credo  utile  di  offrire  in  fine  della  me- 
moria un  fac-8Ìmile  in  fototipia  del  fol.  265  r.,  anco  percliè  non  si  ha  al- 
cuna riproduzione  pei  registri  reali  esistenti  in  Sicilia. 

(1)  I  documenti  (ancellati  sono  a  fol.  231  r.,  242,  243,  243  r.,  245,  275, 
277,  315,  319  a  321.  P«n  fogli  231  r.,  242  e  275,  mancando  l'inizio  dei  do- 
cumenti ,  non  vi  si  legge  Cassatur,  come  negli  altri  ;  ma  nei  fogli  243  r. 
e  245  t^ile  indicazione  manca  del  tutto,  forse  per  equivoco. 

(2)  MiNiKUi  KiccK) ,  Lv  Cancellerie  anf/ioinn  ,  ara<jonette  e  npaf/nuola 
(ìeir Archivio  di  Stato  di  Napoli.  Ivi,  1881,  pag.  7.  —  Dukriku,  Lea  arohives 
angevives  de  Naplen.  l^nris,  1S86,  t.  I.  p.  162,  n.  1  ricorda  la  cura  dei  co- 
piMti  angioini  <li  non  laMeiure  spazi  in  Manco  nei  r<'gistri  ,  la  (|uale  nou 
Mcmprf  hviì  riusciva,  ed  aggiunge:  «  Chose  curieuse,  l'événement  a  donne 
ruÌHon  ,  un  ImuiI  de  i|uatre  cents  ans ,  aux  appriVliensions   <lc»   employó» 

de  la  Chancellerie.  Il  panilt  cu  eftet  cerlaiii  (pi' «u  dix-scpMcmc  sii'chi 
dMiabileM  faiiHHnircN  onl  rhercln''  iV  tirer  parti  «Ics  «spaj'cs  drmcurcK  inoc- 
copé*  duu  lui»  UugiiitrtiH  anguvina». 


MISCELLÀNEA  505 


vanieiite  tarde,  e  per  lo  più  per  nobili  e  per  la  provincia 
(li  Trapani.  Nei  frammenti  dei  registri  di  Ludovico  sono 
cinque  documenti  falsi,  anzi  essendo  rimasto  in  i)arte  bianco 
il  foglio  ora  collocato  i)rimo,  sin  dall'inizio  quei  frammenti 
si  vedono  deturpati  dalle  falsità  (1),  Un  documento  vero 
per  successione  feudale  testamentaria  è  interpolato,  perchè 
fu  raschiato  il  vero  nome  della  i>ers()na,  a  vantaggio  della 
quale  era  fatto  il  privilegio,  e  fu  sostituito  con  l'altro 
di  Riccardo  de  Sigerio,  ed  il  nome  del  feudo  fu  alterato  in- 
Mk/iliiseniù,  oltre  varie  parole  alterate  nel  testo.  A  dar  poi 
apparenza  di  verità,  nel  privilegio  della  pagina, laterale  si 
raschiarono  e  ripeterono  parole  di  semplici  formole,  ed  alcuni 
fogli  senza  giusto  motivo  furono  riscritti  (2). 

L'imitazione  stentata  dei  caratteri  antichi,  che  talvolta 
riesce  orribile  per  imperizia  di  coloro  che  si  adoperavano 
a  far  ciò,  oltre  le  formole  erronee  ed  insolite,  rivela  facil- 
mente l'inganno.  Ove  rimase  uno  spazio  in  bianco  ,  si  è 
quasi  sicuri  di  trovare  aggiunto,  specialmente  di  carattere 
del  secolo  XVII,  un  documento  falso,  massime  nei  registri 
])\\\  antichi,  pel  maggior  pregio  di  antica  origine. 

Era  prudente  consiglio  pertanto  (| nello  del  Protonotaro 
Xirotta,  che  nel  1625  ordinava  che  nei  registri  non  si  do- 
vesse lasciare  alcuno  spazio  in  bianco  (3).  Gli  officiali  della 
Cancelleria  non  esitavano  di  osar  (pialche  frode,  e  per  non 
recare  altri  esempi  ,  dirò  che  il  Maestro  Notaro  attestava 
nel  1(>17  di  aver  trovato  fra  le  carte  sciolte  della  Cancel- 
leria (che  in  quel  tempo  più  non   aveansi)    un    documento 


(1)  Le  falsitìcazioui  dei  documenti  tra  i  frammenti  dei  registri  di  Lu- 
dovico sono  nei  fol.  223,  241,  242  r.,  261,  273  r. 

(2)  Il  documento  interpolato  è  a  fol.  252.  Le  parole  sostituite  a  quelle 
cancellate  sono:  «Riccardi  de  Sigerio  fìlii  —  sororis  ipsius  —  terre  ubi  eo 
tempore  preerat  —  terris  nostris  Migiliiseniis  —  terram  ».  Il  foglio  251  r. 
contiene  le  parole  raschiate  e  ripetute.  I  fogli  riscritti  sono  quelli  segnati 
coi  numeri  243  e  251. 

(3)  Protonotaro  del  Regno,  reg.  535,  a.  1624-25,  fol.  190. 


506  MISCELLANEA 


originale  di  Re  Ludovico;  ma  ben  si  discerne  il  contrario 
dalla  infelice  imitazione  del  carattere  (1). 

l!«rei  frammenti  ludoviciani  si  riscontra  il  massimo  di- 
sordine per  la  collocazione  dei  t'obli  <>  cUm  (luinteiiii  ,  ese- 
guita «enza  alcun  discernimento  nei  tempi  posteri<u'i,  talcliè 
varii  documenti  non  mostrano  ])rinci])io,  ne  altri  la  line  , 
ed  alcuni  fogli  sono  collocati  dopo  pochi  altri  di  Fede- 
rico III.  Due  fogli  si  vedono  lacerati.  Nel  secolo  XVII 
nel  primo  foglio,  quasi  a  mostrare  l'inizio,  si  aggiunse  nel 
margine  superiore  :  Privilegia  anni  X  Indicionìs,  e  si  pro- 
curò nel  ryiglior  modo  di  notare  i  richiami  pei  fogli  collo- 
cati fuori  posto,  ed  in  varie  parti  si  trova  notato  :  Seqnitur 
superius;  questa  fachata  va  con  lo  foglio;  vade  a  foglio  ;  se- 
quitur  supra;  sequitur  ante,  che  non  è  certamente  il  miglior 
modo  per  consultare  un  registro  (2). 

Sono  trascritti  nei  frammenti  soltanto  privilegi  di  con- 
cessioni ,  ed  è  premessa  ad  ognuno  (luesta  indicazione  : 
Factum  èst  prìvUegium  in  hec  verba,  o  pure  factum  est  pa- 
tens  scriptum.  Sembra  che  le  due  esjjressioni  abbiano  piut- 
tosto simile  significato,  e  soltanto  la  dill'erenza  è  nella  de- 
nominazione dalla  forma  esterna  del  documento.  In  uno 
di  essi,  indicato  come  jmtens  scriptum,  nel  testo  poi  è  aggiunto: 
Presentis  itaque  privilegii  serie.    Gli    autori  di    diplomatica 


(1)  In  fine  del  reg.  3"*  della  K.  Caucelleriii  (lol.  172)  è  alligato  questo 
privilegio  falso  eonceruente  la  concessione  <li  mi!i  tonnara  nel  mare  di 
Cini«i  a  Corrado  <le  Castellis,  la  quale  si  dice  da  antico  tenipo  spettante 
IM>tM-ia  al  Monastero  tli  8.  Martino  preaso  Palermo.  11  Maestro  Notiiro 
Francesco  Xirotta  conosceva  clie  nell'epoca  aragonese  conservavansi  nel- 
l'archivio della  ('ancelleria  <■  talvolta  del  Protoiiotju'o  cart«i  sciolte,  spe- 
ciuhnenti;  per  conti,  iiiiinissioni  in  possesso  »'(l  altro,  e  si  giovò  del  ta- 
cile pretesta». 

(2;  A  fol,  '.Ì2H  e  pure  aggiunta  V  indica/.ioiic  :  I'ririlc(ji<(  itiini  VII 
IwIìcHouìm,  di  caratt^'n;  del  secoh)  XVII,  e  clic  n<tn  «'ra  usata  nei  registri. 
Le  note  di  rìcliiamo  pei  vari  fogli  sono  a  t'.  305,  .S(K),  311,  3 Iti  r.,  321  r., 
XMìr.  I  fogli  322  a327  ap|)art(Migono  a  tVaninicnti  dì  registri  di  Federico  IH 
il  Semiihvr.  \,v  tnu-ce  ilei  due  logli  lac(>rati  s<'orgonsi  Ira  i  1'.  225-221), 
•  •/74-275. 


MISCELLANEA  507 


riconoscono  infatti  che  talvolta  non  ò  facile  scorgere  nei 
(lociinitMiti  medievali  una  precisa  distinzione  tra  privilegi, 
lettere  (^  mandati.  Un  solo  mandato  è  in  questi  frammenti 
perchè  fossero  custoditi  i  beni  della  (Chiesa  di  Mazzara,  du- 
rante l'assenza  del  Vescovo  che  si  recava  a  Roma,  e  (pie- 
sto  (h)cumento  ò  cancellato,  forse  x>erchè  non  doveva  trascri- 
versi tra  i  ])rivMlegi  (1).  Se  i  frammenti  non  contengono  le 
notizie  di  ordini  diversi  per  le  guerre  e  gli  avvenimenti  di 
quei  tempi,  sono  utili  però  perchè  olirono  una  ricca  serie 
di  privilegi  e  concessioni  di  ogni  genere  (2). 

Per  ricostituire  questi  frammenti  nella  vera  «lisposizione, 
che  essi  ebbero  nell'  origine ,  ho  do\'nto  farne  un  elenco 
preciso  per  riconoscere  i  (piinterni  continuati  ed  i  fogli 
staccati,  rilevaado  le  date  di  ogni  documento,  e  l'indizione 
apposta  al  margine. 

Il  perio<lo  indizionale  ricorre  solo  una  volta  nel  breve 
regno  di  Ludovico,  e  quindi  riesce  più  agevole  il  determi- 
nare l'anno  preciso,  che  non  si  trova  scritto  per  intero.  In 
un  pros})etto  cronologico  indico  la  serie  dei  documenti 
jiredetti ,  con  la  designazione  dei  fogli  ,  nei  quali  sono 
trascritti.  In   tal  modo  Ilo  riconoscint)  che  i  frammenti  ap- 


(1)  11  <l()«Himento  con  le  indicazioni  «li  patena  ftcriptitm  e  privilef/ium 
è  a  fol.  271,  e  fu  dato  in  luce  <la  Gekgorio,  Blbìioitieca  ftcriptorum,  qui  res 
in  Sicilia  gestas  sub  Aragonum  imperio  retnlere.  Panormi,  1792,  t.  II,  p.  448. 
In  altri»  docnincnto  a  fol.  261  r.  è  detto  in  principio  :  Factum  ent  patens 
scriptum,  e  la  parola  H<riptiim  si  vede  poi  cancellata  e  sostituita  con  l'altra 
privilegium.  Gregorio  cit.  pubblicò  pure  questo  privilegio  a  pag.  523. 
Su  la  distinzione  tra  privilegi  e  lettere  cfr.  Paom,  Programma  di  paleo- 
grafia latina  e  di  diplomatica.  Firenze,  1898,  voi.  Ili  p.  18;  Giry  ,  Ma- 
nuel de  diplomatique.  Paris,  1894,  p.  759  e  766.  Il  mandato  pel  Vescovo 
di  Mazzara  Guglielmo  Moustrio  è  a  fol.  243  r.,  e  diretto  :  Universis  ojficia- 
libus  per  totam  Siciliam  ecc.  Ne  fa  cenno  PiRUi,  Sicilia  Sacra.  Panormi, 
[Venetiis]  1733,  t.  II  pag.  846. 

(2)  Nel  terzo  volume  del  Codice  diplomatico  aragonese  pubblicherò 
il  testo  dei  documenti  *li  Ludovico  ,  che  trovansi  nei  frammenti  da  me 
descritti. 


508  MISCELLANEA 


partengouo  a  due  registri,  il  primo  della  VII  indizione,  cioè 
da  settembre  ad  agosto  1353-54,  ed  il  secondo  della  indi- 
zione Vili  1354-55.  Sono  pertanto  due  degli  ultimi  tre  re- 
gistri del  Ee  Ludovico,  essendo  egli  morto  a  KJ  ottobre  1355. 
Varie  interruzioni  si  riscontrano  nella  serie  cronologica  dei 
documenti  (1). 

L'ultimo  registro  della  IX  indizione  1355-5(>,  soltanto  ini- 
ziato per  l'intervallo  di  tempo  da  settembre  al  1()  ottobre, 
non  si  è  conservato.  Rimane  invece  il  primo  registro,  quasi 
intero,  di  quello  stesso  anno  indizionale  dal  3  novembre  in 


(1)  È  noto  che  il  Re  Ludovico  regnò  in  Sicilisi  da  agosto  1342  all'ot- 
tobre 1355,  cioè  dalla  indizione  XI  alla  IX  successiva.  I  fogli  275  a  305 
costituiscono  un  intero  quinterno.  Nel  fol.  223  r.  fu  dai  talsiul  raschiata 
la  cifra  VIII  dell'indizione,  e  riscritt^v,  e  così  a  fol.  225  r.  Pei  documenti, 
nei  quali  non  è  segnata  l' indizione  (f.  234-39,  240,  243-44),  (luesta  si  ri- 
cava con  probabilità  dalla  continuazione  dei  fogli  o  dulia  data  di  luogo. 
Offro  l'elenco  cronologico  della  serie  dei  documenti. 

I.  Registro.  Indizione  VII  (1353  54). 

5.  sett.  [1353]  a  29,  fol.  328  a  330,  311  a  31H,  30(ì. 

2  ott.  fol.  308. 

1  nov.  a  10,  fol.  317-321  r.,  265. 

17  nov.  f.  240. 

4  die.  a  5,  fol.  265  r.  —  272  r. 

15  die.  fol.  275  e  275  r. 

1  gen.  [1354]  a  1  apr.  fol.  276-304. 

1  apr.  fol.  232. 

10  giug.  f.  274. 

10  giug.  a  18,  f.  234-39. 

li.  Registro.  Indizione  Vili  (1354-55). 

21  nov,  [1364]  a  27  die.  fol.  223-30. 
30  die.  f.  248-44. 

6  gen.  [1865]  fol.  247-261. 

7  gun.  fol.  246. 

8  f«b.  fol.  262. 

»  f«b.  30  mar.  f.  257-260  r. 
6  inag.-18  giug.  f.  261  r.  264. 


MISCELLANEA  509 


poi,  «lei  Ke  successore  F(mI<mìco  111  il  Semplice,  il  quale  non 
poteva  dar  coininciaineiito  ai  suoi  registri  cou  l'ultimo  del 
passato  reo-uo  di  Ludovico  (1).  È  uotevole  l' intitolazioue 
<li  questo  registro  di  Ked(M'ico,  che  rivela  il  sistema  simile 
teuuto  certamente  nei  (empi  così  vicini  di  Ludovico:  «Ge- 
nerale [cioè  Registrmìi]  infra  Sieiliam  anni  none  indìGionia, 
anno  domini  millemno  CCC.  h.  V.  sub  titulo  domini  Tnfantis 
Friderici,  Regni  Sicilie  legitimi  domini,  qui  incepit  dominari 
XVI  octnhris  huiux   VIITT  Indicionis  de  mense  Novembri»  •*. 

L'inizio  del  re«»no  è  iudiciito  dal  giorno  stesso  IG  otto- 
bre, in  cui  morì  Ludovico,  ed  è  un'antica  i)rova  della  con- 
tinuità nel  sistema  di  successione  sovrana  ereditaria.  In 
fine  del  registro  è  questa  indicazione  :  «  Finito  libro,  sit  laus 
et  gloria  Ch  risto  »  (2). 

Accennerò  tìmilmente  alcuni  documenti  notevoli  fra  i 
molti  di  Ludovico  contenuti  nei  frammenti.  Varie  conces- 
sioni e  conferme  di  feudi  e  terre  abitate  e  di  assegni  pe- 
cunìarii  sono  cpiivi  trascritte,  concernenti  le  nobili  famiglie 
kSpatafora,  De  Lauria,  Ventini iglia  ed  altre.  Notevoli  sono 
la  concessione  della  terra  di  Cammarata  a  Corrado  Doria 
geno vesti  nel  1354,  l'altra  del  1355  dei  beni  dei  Chiaramonti 
ribelli  al  fratello  Federico  Infante  divenuto  poi  Re  di  Si- 
cilia, ed  i  colpitoli  di  remissione  di  colpe  ai  ribelli  Nicola 
Cesareo  e  Nicola  e  Giovanni  de  Aloisio,  per  la  quale  però 
è  notato  al  margine  :  Non  processit  (3). 


(1)  Tale  l'egistro  di  Federico  III  si  conserva  ora,  restituendolo  al  pri- 
iiiitivo  ordine  cronolo{j;ico  ,  nei  togli  171-222,  185-170  e  101-134  del  regi- 
stro 2"  del  Protonoturo.  L'egi-egio  archivista  prof.  Cosentino  ha  pubbli- 
cato i  documenti  contenuti  in  quel  registro  ,  e  che  sono  273,  nel  Codice 
diplomatico  di  Federico  III  d^ Aragona  (nei  Doc.  della  Società  Sic.  di  Stor. 
Patria,  voi.  IX,  Palermo,  1885,  pag.  1-231). 

(2)  L'intitolazione  del  registro  è  contenuta  nel  fol.  171  ,  e  fu  data  in 
luce  da  Cosentino  cit.  pag.  1,  in  nota.  L'indicazione  tinaie  del  registro 
è  a  fol.  134  r.,  e  fu  da  lui  riprodotta  a  pag.  231  in  nota. 

(3).  Il  privilegio  della  concessione  della  terra  di  Cammarata  a  Doria 
fu  edito  da  Tirrito,  Sulla  città  e  sulla  comarca  di  Castronovo.  Palermo, 
1873,  pag.  118  ;  e  da  Gregorio  cit.  t.  II,  p.  523  l'altro  pei  beni  dei  Chia- 
ramonti donati  all'  Infante  Federico. 


510  MISCELLANEA 


Di  non  niinorp  ini])Oi'tanza  sono  i  pvivileoi  dì  nomina  ad 
ofticii  ragguardevoli  del  regno,  cioè  di  Ammiraglio,  Viceam- 
miraglio, Cameraiio,  Cappellano  regio,  Vessillario,  Giudici 
di  Eegia  Coscienza  e  di  Gran  Corte,  Maestri  Notari  della 
Maiina  Curia  Eationum,  del  Protonotaro  e  di  Cancelleria  , 
e  di  custode  del  i)arco  regio  della  Cuba  in  Palermo  (1). 
Nella  nomina  fatta  nel  1355  di  Ammiraglio  per  Corrado 
Doria,  fratello  di  Ottobono,  è  inserito  in  parte  il  testo  dei 
capitoli  di  quell'officio  approvati  da  Ee  Pietro  nel  IS'i-'i  (2). 
Degni  di  nota  sono  altresì  i  documenti  di  esenzione  dal 
diritto  di  tricesima  nelle  liti  per  IS^oto  e  Catania  (3).  Per 
la  diplomatica  dei  primi  Re  aragonesi  giovano  i  transunti 
di  alcuni  documenti  dei  sovrani  antecessori.  Utili  indica- 
zioni fornivScono  per  l'itinerario  del  Re  Ludovico  le  note 
di  tempo  e  luogo  api)oste  nei  documenti. 

Aggiungo  in  fine  il  regesto  dei  documenti  trascritti  nei 
frammenti  dei  due  registri,  escludendo  gli  s[)urii. 


(1)  Gregouio  cit.  ne  die  in  luce  akiinì,  (*(nno  esempio  di  toniu^  di- 
plomatiche di  autielie  concessioni  «li  ofliei  re;;ii.  Fonuvla  vollatimiis  m((<iui 
(UimerariatuK  opìcii  ecc.  nelle  paj;,  '144,  448  e  4ó6. 

(2)  Gli  antichi  Capitoli  su  rAmmiragliato  furono  più  volte  confennati, 
ed  in  parte  modificati  e  dichiarati  dai  Re  aragonesi  nell'occasione  «iella 
nomina  degli  Ammiragli  nei  varii  tempi.  I  capitoli  <lati  a  Corrado  Doria, 
prol)ahilmeut<'  nel  ]'2!)8,  e  coi»terniati  [><»i  nel  1343,  come  pare  dalla  datji. 
finale,  furono  pubblicati  da  Gregorio  cit.  t.  II  p.  43;),  e  da  Sella,  l'ait- 
iletta  (ielle  t/ahelU-  e  dri  dritti  della  Citria  di  MiHftiiui  (nella  ^fisl•(•llanett 
di  Stor.  italuina  ,  Torino  1870,  t.  X,  pag.  161  ;  cfr.  Pref.  \ì.  42).  Una 
copia  del  secolo  XVI  è  nel  n-g.  1"  della  R.  Cancelleria  a  fol.  1  ,  ove  a 
fol.  2  e  seg.  sono  inserti  pure  i  Capitoli  dati  ad  Ottobono  nel  133S  ,  e 
publ)licati  nelle  Sivulai'.  Sdiirtioiics,  Panornii,  ITól,  t.  II,  pag.  Kìó.  Piijiu, 
Sicilia  S4U'ra.  Panormi,  1733,  t.  I,  pag.  LVI  nella  Clironolof/id  lìci/itni  dw 
ini  elenco  degli  Ammiragli  nell'ej)oca  arag<mese. 

(3)  LirrAUA  ,  Di'  rehun  netinin  (nel  Tlienaiintu  antiqtiitatum  «li  MUK- 
MANNO,  tomo  XII  ,  col.  31)  accennò  il  privilegio  di  esen/.ione  per  Not'O. 
Vito  Amico,  Cattaui  itltmlrutii.  Cat^mae,  1741,  t.  II,  pag.  18t),  otti)  il  testo 
dell'altro  conc4*itHo  a  (.'atania,  ed  il  mìo  genitore  lo  riprodusse  in  }>art.(t. 
Antiche  VoMurtudini  dvllr.  città  di  Sicilia,  Palermo,  1900,  pag.  CLXVIII. 


MISCELLANEA  511 


Non  ])uò  disconoscersi  l'iioixn'hmza  di  questi  frammenti 
per  la  diplomatica  e  l'arcliivistica  siciliana.  Il  tfmpo,  che 
coprì  di  o))!!*)  e  travolse  i  rcj^istri  <lella  Cancelleria  rc^ia 
di  (ìiaconio,  K<'derico  II  e  Pietro  II,  non  ha  voluto  sottrarci 
i  frammenti  dei  registri  del  ile  Ludovico,  e  noi  «lohbiamo 
non  poco  esser  grati  di  tanta  benignità  <ìella  lortuna  (1). 


Giuseppe  La  Man  ti  a 


(1)  È  noto  che  l'iUustie  «aii.  Cakini  pubblicò  nel  1882  col  (itolo  De 
rebus  h'cffiii  Sicilie  (nel  voi.  V  dei  Doc.  della  Società  Sic.  di  8t»r.  Patria) 
il  testo  intero  del  repstro  del  Ite  Pietro  I  «lell'iinuo  1282-83,  <rlie  si  <;on8ervsi 
in  liarcelloiiii.  Eji;li  descrisse  brevemente  quel  registro,  ma  non  ne  die 
alcun  iac-simiie.  Per  l'epoca  dì  Giacomo  (1283-91)  forse  i  registri  furono 
trasportati  in  Aragoiui  nella  successione  a  quel  l'eguo. 

C(mviene  eziandio  ricordare  che  si  conservano  nei  registri  3  e  4  della 
lì.  ('aneelleria  iilquanti  documenti  degli  anni  1854  a  1363,  cioè  del  tempo 
della  ribellione  dei  Chiaramonti  in  Messina,  i  quali  resero  agevole  ai  so- 
vrani angioini  di  Napoli  Ludovico  e  Giovanna  1'  occupazione  di  quella 
città.  Il  cronista  Michele  di  Piazza  (ed.  Gregorio,  JUbl.  cit.  t.  I,  p.  741- 
754)  riferisce  il  testo  dell'importante  privilegio  di  Ludovico  d'Angiò  del 
135r),  concernente  i  cai)itoli  presentati  in  febbi'aio  dì  quell'anno  dai  Chia- 
ramonti al  Senescalco  angioino  Nicola  Acciaioli  per  la  sottomissione  della 
Sicilia.  I  «locumenti  del  Re  angioino  Ludovico  si  distinguono  da  <|uelli 
del  legittimo  Uè  aragonese  dello  stesso  nome  per  la  diversa  intitolazicme 
(elle  per  l'angioino  è  :  Ludovicuis  et  Johannu ,  Dei  grada  Bex  et  lieyina 
Jerusalem  et  Sicilie  ecc.),  ed  anco  per  la  data,  posteriore  al  regno  di  Lu- 
dovico aragonese,  tranne  per  due  documenti  emanati  da  Napoli  nel  1354 
ed  in  ottobre  1355.  Quei  documenti  dell'ijccupazione  angioina  sono  stati 
accuratannnite  pjibblicati  dall'egregio  dott.  Giuseppe  Tua  vali,  /  diplomi 
angioini  del  P  Ardi  ir  io  di  Stato  di  Palermo  (nei  Doe.  della  Soc.  nicil.  di 
Stur.  Patria,   voi.   VII,  Palermo,  188t)J. 


512  MISCELLANEA 


le  E  a-  E  s  rr  o 


Anno  135S  -  54. 

135S,  settembre  ft.  Catania.  —  Il  Re  Ludovico  confenua  a  Gu- 
glielmo Spatafora  la  foresta  de  Revocato  o  Giardinelli ,  presso 
Roccella,  già  concessa  al  genitore  Damiano  (fol.  328). 

9  seti.  ivi.  —  Conferma  alla  Contessa  Elisabetta  de  Lauria  la 
concessione  fatta  dal  Re  Pietro  li  a  Nicolò  de  Lauria  della  fo- 
resta detta  la  porta  di  Taormina  (f.  330  r.  ,  e  fine  a  f.  311). 

17  seti.  ivi.  —  Nomina  Sancio  de  Aragona  vessillario  regio, 
durante  vita  (f.  314). 

—  Concede  la  terra  di  Fiumedinisi  alla  sorella  Costanza,  Vi- 
carìa del  Regno  (f.  314  r.  È  ripetuto  a  f.  315,  e  cancellato). 

—  Concede  a  Sancio  de  Aragona  una  parte  d'una  piccola  casa 
in  Messina,  nella  contrada  Gandilariorum  (f.  315  r.). 

29  Hctt.  ivi.  —  Conferma  per  successione  a  Guglieluio  Sjìata- 
fora  il  casale  di  Roccella  Valdemone,  già  concesso  da  Federico  II 
aragonese  a  Ruggiero  Spatafora  (f.  316,  e  fine  a  f.  306). 

2  ott.  ivi.  —  Nonjina  Maestro  Razionale  Damiano  Salimpipi, 
Vice  ammiraglio  di  Messina  (f.  308). 

—  Conferma  a  Raiualdo  Picigna  di  Messina  l' officio  di  Mae- 
stro Notare  della  Curia  del  Giustiziere,  i>erchè  ne  era  stato  pri- 
vato (f.  308  r.). 

/  nov.  ivi.  —  Concede  a  notar  Federico  de  Tabula  di  Messina 
Poflicio  di  Maestro  Notaro  della  Maffua  Curia  Ratiomim  (f.  317). 

—  Conferma  il  notaro  Natale  Lancia  di  Messina  nell'  oflBcio 
di  Maestro  Notaro  del  Protonotaro  del  Regno  ,  i)erchè  ne  era 
stato  rimosso  ingiustamente  (f.  317  r.). 

—  Approva  i  capitoli  in-esentati  da  Nicola  Cesareo  e  Nicola 
•  Giacomo  de  Aloisio  fratelli,  per  rimessione  di  colpe  di  ribellione 
(f.  319). 


MISCELLANEA  513 


10  nov.  ivi.  —  Nomina  Protoiiotaio  del  Rejino  Perrone  Gioeiii 
<U  Termini  (f.  321  r.  ,  e  fine  a  f.  '-'65). 

17  nov.  Castrogiovanni.  —  Restituisce  a  Venezia  Petroso  il 
feudo  di  (Jassibe,  nel  territorio  di  Castrogiovanni  (f.  240). 

4  die.  Catania.  —  Conferma  la  veinlita  fatta  del  feudo  Carmito 
in  Lentini  a  Pietro  de  Regio  (f.  265  r.\ 

—  Nomina  Maestro  Razionale  Pietro  de  Linguida  (f.  271). 

5  die.  ivi.  —  Conferma  a  Francesco  Ventimigiia  per  succes- 
sione l'officio  di  Camerariato  (f.  271  r.  Ri[)etuto  a  f.  275,  senza 
jnincipio,  e  cancellato,  con  data  15  die). 

—  Concede  a  frate  Luca  di  S.  Agostino  1'  officio  di  Maestro 
Cappellano  del  Re  (f.  272  r.). 

/5  die.  ivi. — Nomina  Matteo  de  Montecateno  Seuescalco  del 
Regno  (f.  275  r.). 

J3.54,  /  gen.  ivi. — Nomina  Giudice  della  Sacra  Regia  Coscienza 
Simone  de  Pisse,  di  Randazzo  (f.  276). 

—  Concede  a  Galvano  Traversa,  ('apitano  di  Calascibetta  , 
onze  trenta  d'oro  annuali  (f.  286  r.). 

—  Concede  al  sudetto  Traversa  i  beni  del  ribelle  Riccardo  de 
Risgalla  di  Castrogiovanni  (f.  281). 

—  Simile  concessione  a  Riccardo  de  Xiglio  ,  di  Calascibetta, 
dei  beni  del  ribelle  Federico  de  Frunzato  (f.  282). 

—  Altra  al  giudice  Giovanni  de  Bruno  di  alcuni  beni  di  Ric- 
cardo Risgalla  ribelle  (f.  283). 

—  Altra  a  Perrono  de  Paella,  di  Calascibetta,  dei  beni  di  al- 
cuni ribelli  di  Castrogiovanni  (f.  283  r.). 

—  Altra  ad  Antonio  de  Leto,  di  Calascibetta,  dei  beni  di  En- 
rico Risgalla  ribelle  (f.  284  r.). 

—  Altra  a  Francesco  de  Vegna,  di  Calascibetta,  dei  beni  di 
Ruggiero  di  Vincenzo  di  Castrogiovanni,  ribelle  (f.  284  r.). 

—  Altra  a  notar  Tommaso  Galvano  e  Gualtiero  de  Niglc,  di 
Calascibetta,  dei  beni  di  vari  ribelli  di  Castrogiovanni  (f.  284  r.). 

—  Altra  ad  Amoro  (sic)  de  Santo  Filippo,  di  Calascibetta,  di 
beni  dei  sudetti  ribelli  (f.  285). 

S  gen.  ivi.  —  Concede  a  vita  l'officio  di  giudicato  della  Magna 
Curia  a  Bertrando  de  l*rotopapa  (f.  285  r.) 


514  MISCELLANEA 


—  Coucede  a  notar  (Tiacomo  de  Alafranco  di  Messina  la  cu- 
stodia del  parco  regio  (xoUivìum)  della  Cuba,  ])resso  Palermo 
(f.  286). 

20  ffen.  Xoto.  —  Esime  la  città  di  Noto,  j)er  la  sua  tedeltA,  dal 
diritto  di  trigesima  e  sessa*»esima  nelle  liti  (28()  r.). 

1  marzo —  Conferma  ad  Andre;)  <le  (^holo,  di  Xoto,  la  ven- 
dita del  feudo  Saytunino  (f.  287). 

•>  mar.  —  (Concede  alla  città  di  Catania  ,  i)er  la  sua  fedeltà  , 
l'esenzione  da  trijjesima  e  sessagesiuìa  nelle  liti,  ed  il  privilegio 
di  foro  (f.  289). 

J2  mar.  —  Approva  la  vendita  del  feudo  di  Casalnuovo ,  nel 
piano  di  Milazzo,  da  lui  fatta  a  Gugliehuo  de  Mariscaleo  ,  pei 
bisogni  del  regio  Tesoro  esausto  (f.  289  r.). 

'2:j  mar.  —  Legittima  con  regia  potestà  i  ligli  di  Nicolò  de 
Kocca,  nati  da  una  serva  greca  (f.  804). 

1  apr.  —  Approva  la  donazione  per  causa  di  dote  del  feudo 
lu  Biscari,  nel  territorio  di  Noto,  fatta  a  Berlingeria  de  la  Lamia 
(f.  304  r.  ,  fine  del  documento  a  f.  282). 

10  ffiug.  Catania.  —  Concede  al  notaro  Giovanni  de  Paulillo 
l'officio  di  Maestro  notaro  della  Cancelleria  del  Regno  (f.  274). 

—  Restituisce  ai  Conti  Emanuele  e  P^rancesco  Ventimiglia  le 
terre  ed  i  castelli,  che  appartennero  al  defunto  Conte  Francesco, 
loro  genitore  (f.  234  ,  manca  del  principio.  Kipetuto  a  f.  277  ,  e 
cancellato). 

—  Conferma,  per  le  molestie  dei  ribelli,  a  Francesco  Ventinìi- 
glia  le  terre  di  Colleaano,  C'aronia  e  (ìratteri,  e  la  foresta  di  (ba- 
ronia, già  concesse  al  suo  genitore  Frances(U)  (f.  23.")). 

tS  (jiìiff.  iri.  —  Apj)rova  la  donazione  fatta  della  (Contea  di 
Geraci  al  Conte  Emanuele  Ventiniiglia  dal  pa<lre  Francesco 
(f.  239). 

Anno  1854-  55. 

fSfì4,  nov.  2/ —  11  He  Ludovico  iioinin;i  .Miteslio  Razio- 
nale Benvenuto  de  GraH'eo  (f.  223  r.). 

—  Goncede  in  feudo  il  casale  di  Misilindiui  al  sudetto  de 
QnOto  (f.  224). 


ARCH.   STOR.   SIC.   N.   S.   A.   XXX. 


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1  ^      _ 

Fac-simile  del  registro  (1333-54)  eli   Re  Ludovico. 


MISCELLANEA  615 


23  nov.  Catania.  —  Concede  a  Raimondo  de  Formosa  il  teni- 
mento  di  liiiculini  (f.  225  r.). 

20  die.  Trapani.  —  0)nfei'ma  la  donazione  di  terre  in  Centorbi 
fatta  da  Matteo  Sclafani  a  Corrado  de  Monteliano  (f,  226). 

22  die.  ivi.  —  Tjej>;ittiiiia  v(n\  rejjfiji  ])otesfA  Stefano  de  Thor»),  di 
Monte  S.  (^iuliiino  (f.  229  r,). 

27  die.  ivi.  —  Confernja  per  successione  a  Bernardo  de  Amato 
le  terre  di  Villanova  presso  (Jaltabellotta,  j^ìh  concesse  nel  1290 
a  Pagano    de  Amato  (f.  230). 

30  die.  Cahifafimi.  —  (-oncede  al  Cap])elhuio  Bartolomeo  de 
Bandino  il  decanato  di  (lirgeuti  (f.  243). 

—  Ordina  di  custodirsi  i  beni  della  Chiesa  di  Mazzara  nel- 
l'assenza del  Vescovo,  che  si  reca  a  Roma  (f.  243  r.). 

—  Concede  a  (Corrado  Doria  la  tei-ra  di  (^ammarata  (f.  244). 

13ÒÒ,  gennaio —  Conferisce  a  Corrado  Doria,  per  la  ribel- 
lione del  fratello  Otlobono,  la  dignità  di  Ammiraglio  del  Kegno, 
gi}\  concessa  dal  Re  Pietro  li  a  Raffaele  Doria  ,  e  nel  caso  di 
morte  di  costui  al  tìglio  Ottobono  (f.  247  ,  manca  del  principio). 

6  gen.  GaUitafimi,  —  Concede  la  terra  di  Castronovo  a  Corrado 
Doria  (f.  251). 

7  gen.  (ìinliana.  —  Rimette  a  Perrone  e  Oddone  de  Marasaglia, 
di  Corleone,  ogni  colpa  di  ribellione  (f.  245). 

S  feh.  Catania. — Conferma  in  favore  di...  un  capitolo  di  te- 
stamento pel  feudo  di...  (f.  252.  Il  nome  del  cimcessionario  e  del 
feudo  sono  alterati  per  falsità  in  Sigerio  e  Miffili^enii). 

9  feh.  Catania. — Concede  a  Gilberto  Ventimiglia  il  territorio 
In  Buschettu,  presso  Marsala  (f.  257). 

26  feh.  ivi. — Concede  a  Filippo  CTuarichula,  di  Sciacca,  i  beni 
del  ribelle  Manfredi  Billoctu  (f.  257  i.). 

2  marzo...  —  Concede  a  Lombarda  de  Cataui.i  i  beni  del  fuor 
giudicato  Pietro  de  Gennaro  (f.  258  r.). 

12  mar.  —  Concede  ad  Opicino  de  Amari,  di  Trai>ani,  la  ton- 
nara di  Palazzo  (f.  259  r.). 

30  mar.  Catania.  —  Concede  a  Nicolò  de  Santo  Patricio  ,  di 
Caltanissetta,  il  fendo  Ralmussuri  (f.  260  r.) 

ma^t/io...  —  Concede   all'Infante  Federico  suo  fratello  (poi 


516  MISCELLANEA 


Re)  i  feudi  dei  ribelli  Simone  ,  Enrico  e  Federico  Chiarainonte 
(f.  261  r.). 

6  nuMj.  ivi.  —  Per  qiiistioni  ereditarie  della  Contessa  Eleonora, 
vedova  di  Giovanni  Cbiaramonte  (f.  2(33,  resta  incomideto). 

W  (/ingno.  —  Concede  a  Balsania  Busso  una  casa  in  Messina  (1). 


(1)  Noto  (|ui  i  pochi  tlocumeiiti,  che  non  ofliono  alcunn  data ,  e  che 
sono  Hcritti  in  fojrli  stuccati  ,  cioè  :  Foj?.  231  r.  Comessionc  fcndiile  pel- 
Bernardo...  -  F.  233.  Altra  a  Salvatore...  «li  metA  <lì  feudo,  che  già  ap- 
partenne a  .Matt4'o  Doria,  ribelle  (senza  principio).  —  F.  242,  Concession*' 
di  feiuh)  («enza  principio).   -  F.  243.  Altra. 

I  documenti  da  me  deHcriJti  n«0  rej^ento  sono  in  tuttodì.  Ho  creduto 
c<Mivejiient4^  di  non  dare  pili  esteso  sunto  di  essi,  anche  \wr  renderne  i)iù 
agevole  la  notizia,  (juasi  in  un  l>reve  prospetto.  Sarcìhhe  sui>ertluo  alti'esì 
in  <|uestji  memoria  riferire  il  test4>  di  (jualche  documento  [>iii  notevole. 
ÌU'HU  Mpurii  non  ho  tenuta)  alcuna  ragione,  perchè  saranno  da  me  pub- 
blicnti  nel  (hdice  tìiplom<iliro.  Si  s«'.orj{e  «-hiarament^'  di  (pianta  utilità  sa- 
reblu*  riuKi-ifn  per  la  Hl«nia  Hiciliana  del  hcì-oIo  XIV  una  Heri<'  più  entesa, 
ancorché  incompletu,  dei  leKiotri  del  Uè  Ludovico. 


MISCELLANEA 


CONTI  INEDITI 

RIGUARDANTI    LA   CONIAZIONE   DEI    PICCOLI 

DELLA 

REGIA  ZECCA  DI  MESSINA 
NELL'ANNO  1461. 


Studiando  nell'Archivio  di  Stato  di  Palermo  mi  venne  fatto  di 
aver  tra  mani^  per  cortese  indicazione  dell'esimio  Prof.  Cav.  Co- 
sentino, certi  conti  inediti  del  1461  riguardanti  la  coniazione  dei 
piccoli  della  Zecca  di  Messina  e  conservati  fra  le  scritture  del 
(•essato  tribunale  del  Real  Patrimonio  esistenti  nel  detto  Ar- 
chivio. 

Nel  pubblicarli  ora  ,  sembrami  anche  opportuno  di  far  pre- 
cedere brevi  cenni  storici  intorno  a  questa  piccola  moneta  per 
rilevarne  specialmente  la  importanza  che,  in  quell'epoca,  venne 
ad  assumere  nella  pubblica  economia  e  i  notevoli  danni  subiti 
da  questa  dall 'essersene  alterato  l'intrinseco  valore. 

Per  chi  non  lo  sapesse,  il  piccolo,  scrive  il  Torremuzza,  detto 
altrimenti ^/cciofo,  denaro,  denarello  ed  in  latino  denariua,  parvulun^ 
fu  da  gran  tempo  Finfima  delle  monete  di  Sicilia.  È  da  notare, 
tuttavia,  (rhe  sebbene  i  denari  come  moneta  rimontino  ad  ei)Oca 
assai  remota,  pure,  sotto  il  nome  di  piccolo,  si  trovano  indicati, 
per  la  prima  volta,  per  la  Sicilia  (1),  in  un  diploma  di  Federico 


(1)  Nel  sistema  monetario  ili  Venezia  fin  ilal  sec.  X  (romparisce  la  lira 
(li  piccoli.  Leggiamo,  infatti,  nella  Hùtoire  de  1q  monnie  di  W.  A.  Shaw 
traduit  de  VuìnjUtis  par  Arthur  lùtffalorirh,  quanto  siegiie  :  Le  système 
mouétaire  vénitien  employait  une  doublé  base  ou  unite  :  La  lira  di  pic- 
cioli ,  le  système  prineipal  .  et  celui  qui  a  dure  pendant  tonte  la  Répu- 
blique,  depuis  le  X  siede  Jusqu'à  l'introduction  du  système  decimai  en 
ISOt)  : 

2.  La  lira  di  grossi,  uu  système  idéal  ecc. 

Arch.  Stor.  Sic,  N.  S.  Anno  XXX.  84 


518  MIBCBLLÀNEA 


li  dato  il  12  dicembre  del  (1)  1315  ,  in  cui  si  ordinava  che  la 
moneta  piccola  avesse  inezz'  oncia  di  tino  per  libbra  ,  e  di  una 
libbra  si  coniassero  240  piccoli.  Ma  non  furono  duraturi  gli  or- 
dini espressi  nel  diploma  del  re  Federico  II,  sibbene  più  volte 
alterati.  Infatti  troviamo  che  al  1373  (2)  già  di  una  libbra  di 
metallo  si  cavavano  132  piccoli,  ed  a  20  aprile  di  quelP  anno  il 
re  Federico  III  ordinava  che  il  peso  dei  piccoli  fosse  ancor  di- 
minuito, nel  senso  che  di  una  libbra  se  ne  formassero  non  più 
432,  ma  468  (3)  ;  e,  più  tardi  ,  nel  1375,  per  un  diploma  poste- 


(1)  Cfr.  De  la  Rovere  «  Memorie  storiche  ed  economiche  sopra  la  mo- 
neta bassa  di  Sicilia»  p.  50. 

(2)  In  data  del  1350  si  fa  cenno  di  piccoli  nei  «  capitoli  inditi  della: 
riiià  di  Palermo  »  p.  25,  pubblicati  del  Chiar,  Prof.  Guglielmo  Savagnone. 

(3)  Federico  III  faceva  lettere  di  concessione  magisterii  seti  cusure 
syclr  nostre  iiohilùi  cii'itati^  messane  a  not.  Giov.  de  Leopardo  dal  15 
aprile  a  tutto  agosto  1373,  per  coniazione  monete  ridelicet  argenti,  perria- 
lium  consueti  et  statuti  valorUt  ponderi^  atque  forme,  et  heri^  denariorum 
parrorttm  luxta  proimionevi  per  nostram  euririm  inde  factam,  scili<^et  quod 
dicti  parvuli  seti  denarii  sint  et  esse  debeant  rotundi  laborati  ad  tenaglobos 
in  quibus  ex  una  parte  sii  impressio  consuete  crucis  et  ex  altera  aquile  «i 
quod  dicti  parr^ili  seu  denarii  quorum  numerus  hactenus  prò  qualibet.... 

Si  dichiara  che  i  denari,  i  <juali  erano  36  per  ogni  oncia,  si  aumentas- 
sero a  39,  e  la  legai  di  '/o  oncia  ossia  10  sterlini  di  argento  puro  per 
ogni  libra  venisse  ridotta  a  sterlini  7  */j. 

n  rame  puro  dovea  essere  comprato  ad  «»nze  4  e  tari  22  per  quintale; 
e  Targento  a  tari  40  per  marco;  Timpresa  vi-.x  in  tntto  di  libre  1100  di 
piccoli. 

Il  not.  Ijcopardo  ilovea  corrispondere  alla  Curia  grana  6  e  denari  1  per 
ogni  libra  di  piccoli  e  grana  10  per  ogni  marco  di  perriali. 

1  vecchi  piccoli  da  rifóndere  doveauo  essere  comprati  a  turi  5  per 
rotolo,  e  per  essi  doveva  la  Curia  percepire  altri  grani  4  di  signoria  per 
ogni  libra. 

I  piccoli  nuovauienh-  c«>niati  dovcaiio  cambiarsi  a  ragione  di  70  per 
ogni  perriale. 

Sono  ancor  indienti  nel  documento  i  <-<»inpensi  da  soddisfarsi  agli  ope- 
rai [»er  ogni  libra  di  picc4»li,  rioc  ; 

Ubrerij        denari     2<) 
Moniterii  »         JO 

Assaggiatori     »  H 

Al  Fonditore 


MIHOBLLÀNEÀ  510 


riore  dello  stesso  sovrano,  pur  mantenendosi  la  proporzione  del- 
l'argento fino  a  sette  sterlini  e  mezzo  per  libbra,  da  questa  do- 
veano  cavarsi  480  piccoli  (1),  invece  di  468  come  nel  1373. 

Diminuitosi,  quindi,  l'argento  fino  ,  che  dovea  fornirsi  nella 
coniazione  dei  piccoli  ,  e  aumentatosi  a  dismisura  il  numero  di 
essi,  ne  segui  ,  com'era  facilmente  da  prevedersi  ,  che  a  questi 
venne  ad  attribuirsi  un  valore  molto  maggiore  di  quello  che  ef- 
fettivamente non  avevano  :  ciò  diede  motivo  che  ,  tenendosi  in 
dispregio  la  cennata  moneta,  i)er  il  valore  immaginario  in  essa 
riconosciuto ,  tutti  pensassero  a  sbarazzarsene  ,  mentre  si  rista- 
gnava il  corso  delle  buone  monete  d'oro  e  d'argento  ,  le  quali 
])erduravano  nel  loro  consueto  valore. 

Non  deve,  in  conseguenza,  recar  maraviglia ,  se,  per  avidità 
di  guadagno  ,  vediamo  che  alla  R.  Zecca  pervenissero  monete 
d'argento  per  fondersi  in  piccoli,  che  esse  si  mandassero  fuori 
del  Regno,  che,  adescati  dallo  stesso  motivo  ,  gli  uflSciali  della 
Zecca  commettessero  delle  frodi,  e  che  non  mancassero  di  quelli, 
i  quali,  per  proprio  tornaconto  ,  prendessero  a  falsificarli.  Se  a 
questi  mali  aggiungiamo  la  trascuraggine  degli  ufficiali  della  R. 
Zecca  nel  coniare  nuova  moneta,  abbiamo  sufficienti  motivi  per 
comprendere  l'avvilimento  del  pubblico  commercio  ,  e  le  tristi 
condizioni  economiche,  in  cui  ebbe  a  trovarsi  allora  la  Sicilia. 

Ora  non  è  a  dire  quante  lagnanze,  in  conseguenza  di  ciò,  si 
sollevassero  in  tutti  gli  Ordini  del  Regno  ,  talmente  che  re  Al- 
fonso ,  accogliendo  una  supplica  presentata  da  questi,  nel  1452, 
con  disposizione  non  revocabile  per  6  anni,  ordinava  che  la  R. 
Zecca  da  Messina  fosse  trasferita  a  Palermo  (2). 


con  l'aiutante  denari        4  '/., 
Compenso  per  consumo  dei  cuni  grani  2  ^2  V^^  **8^'  libra  di  piccoli. 
Inoltre  i  salari  dovuti  agli  UflBciali  della  Zec»a,  cioè  : 

Maestro  di  Prova 

Credenziere 

Custode 

Carbonaio 

Maestro  di  lega  i  loro  consueti  salavi. 
R.  Cane.  5.  pag.  287  —  20  Aprile  1373  (Archivio  di  Stato  di  Palermo). 

(1)  Vedi  De  La  Rovere  cit.  pag.  55. 

(2)  Cfr.  Capitula  Regni  Siciliae  ,  ediz.  Testa  —  Anno    1452-XV    indi- 
zione, Alfonso  cap.  487, 


520  MIBOBLLAKKÀ 


Vediamo,  però,  che  cod  tale  provvedimento  non  si  raggiunse 
lo  vscopo,  per  cui  il  Parlamento  s'era  mosso  a  supplicarlo;  dap- 
poiché .  siccome  il  vero  motivo  dell'immiserimento  consisteva 
nella  sproporzione  del  valore  dei  piccoli  e  le  altre  monete  e  di 
ciò  non  fa  fatta  provvisione,  il  trasferimento  della  Zecca  lasciò 
immutate  le  condizioni  di  prima  :  iv^  abbiamo  la  conferma  nel 
fatto  che,  trascorsi  i  0  anni  dall'emanazione  di  quell'editto,  non 
si  sperimentò  più  il  bisogno  di  continuarsi  a  tenere  in  Palermo 
la  K.  Zecca. 

Alla  quistione  in  proposito,  però,  si  pose  tìne  posteriormente, 
«juando  fu  dato  un  valore  regolare  alle  monete  d'oro,  e  si  stabilì 
in  proporzione  di  queste  il  valore  delle  monete  d'argento,  come 
jìure  quello  dei  piccoli  ragguagliati  colle  cennate  nobili  monete. 

Ciò  avvenne  nel  1461,  data  che  coincide  con  quella  che  porta 
il  documento  ,  che  mando  alla  pubblica  luce  ,  il  quale  in  altro 
non  consiste  che  in  un  notamento  di  tutte  le  partite  d'esito  e 
d'introito  per  la  coniazione  dei  piccoli,  ed  è  eseguito,  però,  come 
vedesi  ,  con  tanta  deligenza  ed  inappuntabilità  da  farci  quasi 
dimenticare  quei  tempi,  a  dir  vero,  non  molto  lontani,  come  si 
rileva  da  un  dispaccio  del  re  Alfonso  del  1437,  in  cui  si  muovono 
lagnanze  in  riguardo  alla  R.  Zecca,  anche  perché  non  si  ren- 
deva esatto  conto  degli  introiti  e  delle  spese  (1). 

Da  tale  regolarità  di  (;onti  manifestatasi  adesso  ci  è  lecito 
argomentare  che,  mentre  il  trasferirsi  della  R.  Zecca  in  Paleruio 
non  conseguì  in  tutto  l'eflPetto  desiderati!,  pure,  poiché  ciò  veniva 
implicitamente  a  costituire  rim])rovero  pei-  gli  ufficiali  di  essa  , 
ben  valse  ad  emendarli  e  a  farli  rientrare  nella  i)ratica  dei  do- 
veri a  loro  spettanti. 

Non  mi  sembra  opportuno  dilungarmi  di  più  intorno  ai  pic- 
coli ,  quando  con  molta  competenza  ne  hanno  trattato  eruditi 
Hcrittori,  come  il  Torremuzza  e  il  De  La  Rovere ,  ai  quali  ri- 
mando coloro  ,  che  avessero  voglia  di  averne  una  conoscenza 
più  ampia. 


Henkf.  Ignazio  Di  Màttko 


(1)  Vedi  De  I^h  Kor«r«,  opern  citaU,  {>ag.  B7. 


MISCELLANEA  531 


IE8US. 
Anno  decime  ìndietioniH  MCCCCLXI. 

Introytus 

Lu  introytu  et  exitu  di  lu  lavuri  di  li  pichuli  tactu  in  lannu 
decinie  indictionis  di  li  primi  quatru  misi  videlicet  septembru, 
octubru,  novembru  et  decembni  diete  decime  indictionis  per  mi 
lohanni  di  lu  indichi  cabellotu  di  la  dieta  Regia  sicla  di  missina 
comu  appari  i)ei'  unu  contractu  factu  a  missina  per  manu  di  no- 
taru  andrea  di  aprea  secundo  septembris  none  indictionis  ut  supra 
apparet. 

Et  primo  mi  faczu  introytu. 

Lu  exitu  di  lu  lavuri  di  li  pichuli  di  li  supradicti  primi  qua- 
tru misi. 

Et  primo  mi  mectu  per  exitu  unzi  quatru  tari  vinti  li  quali 
pagati  a  lu  nobili  stephanu  crisafi  mastru  di  la  proba  ki  su  per 
lu  priniu  terzu  di  lu  di  dictu  anuu  decime  indictionis  sive 

oz."  iiij  tr.  XX  g. 

Iteui  mi  mectu  per  exitu  unzi  quatru  pagati  a  lu  nobili  au- 
toni  di  santu  sepulcru  cridiuzeri  di  la  dieta  regia  sicla  et  su  per 
hi  primu  terzu  di  lannu    di    hi    decima    indizioni    predicta    sive 

oz.  iiij  tr.      g. 

item  mi  mectu  per  exitu  unzi  quatru  pagati  a  lu  nobili    ia- 
cobu  insigneri  cridinzeri  di  la  dieta  regia  sicla  et  su  per  lu  pri 
mu  terzu  di  lu  so  salariu  di  lannu    decime    indictionis    predicte 
sive  05J.  iiij  tr.      g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  sey  tari  vinti  per  la  terza  di 
la  gracia  di  lu  nobili  alfonsu  di  stayti  di  li  unzi  vinti  ki  ha  vi 
supra  la  dieta  sicla  per  lannu  di  la  decima  indizioni  predicta 
sive  oz.  vj  tr,  x.... 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  vintioctu  tari  novi  et  grana 
quindichi  et  su  per  interessi  di  cantara  trentachinqui  rotoli  tren- 
taoctu  unzi  dudichi  di  rami  la  quali  intrau  a  lu  dictu  lavuri  di 
li  quatru  misi  predicti  ad  racionem  di  tari  vintiquatru  per  can- 
taru  sive  oz.  xxviij  tr.  v.... 


522  MISCELLANEA 


Item  mi  mectu  per  exitu  inizi  chentutridichi  et  tari  dui  per 
interessi  di  libri  duichento  sittanctasei  unzi  v  sturliiighi  v  di 
argeutu  finn  ki  intrau  a  In  dietn  laviiri  di  li  dicti  quatru  misi 
ad  lacionem  di  tari  diidichi  grana  chinqui  dinari  dui  et  mezu 
per  libra  si  ve  oz.  cxiij  tr.... 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  vintinovi  tari  quatordichi  grana 
dudichi  li  quali  mi  li  ritegnu  per  la  mia  cabella  ad  racionem  di 
grana  dui  per  libra  per  hi  dictu  laviiri  di  li  dicti  quatru  misi 
si  ve  oz.  xxviiij  tr.  xiiij  g.  xij. 

lESUS. 

Racio  di  li  spisi  minuti  seu  extraordinari i  facti  in  li  dicti 
primi  quatru  misi  anni  predicti  decime  indictionis  per  In  dictu 
lavuri  di  li  dicti  primi  quatru  misi. 

Item  a  di  decimo  septembris  decime  indictionis  predicte  per 
sponzi  per  axucari  li  dinari  grana  dechi  si  ve  oz.      tr.... 

Item  a  di  diete  per  amolatiira  di  una  ganga  di  la  gisura 
grandi  grana  declii  si  ve  o?.      tr.... 

Item  a  di  xj  dicto  per  sey  t'erri  per  li  petri  di  fundiri  ad  ra- 
cionem di  grana  chinqui  per  pezu  da  binidictu  silem  tari  unu 
et  grana  dechi  sive  oz.      tr.  J.... 

Item  a  di  xij  dicto  per  corda  per  li  mantichi  quandu  si  fundi 
videlicet  per  rotoli  dui  ad  racionem  di  grana  dechi  per  rotolo 
summa  tari  unu  sive  oz.      tr.  j.... 

Item  a  di  xvj  eiusdem  per  una  risima  di  carta  di  hi  nobili 
miochu  mimila  ad  racionem  di  tari  chinqui  per  riisima  tari  chin- 
qui sive  oz.      tr.  v.... 

Item  a  di  xxviij  dicto  per  amulatura  di  una  gisura  grandi  a 
nardu  barberi  tari  unu  sive  oz.      tr.  j.... 

Item  a  di  primo  octubris  per  portatura  di  cantara  dechi  ro- 
toli xvij  di  rami  da  minchu  mirulla  tari  unu  et  grana  chinqui 
sive  (1)  oz.      tr.  j.... 

Item  a  di  septimo  dicto  per  conzari  una  branca  di  la  padella 
da  schibitelhi  judeu  grana  chinqui  sive  oz.       tr.      g. 

Item  a  di  octavo  octubris  per  amulatura  di  la  gisura  grandi 
da  nardu  barberi  tari  unu  sive  oz.      tr.  j  g. 

item  a  di  xy  dicto  per  canni  tri  et  mezu  di  cannavazu  ad 
racionem  di  tari  unu  per  canna  tari  tri  et  grana  dechi  per  fari 
Nachi  sive  oz.      tr.  iij  g.  x. 


(1)  Quccta  piu-UtA  n«l  t««to  trovaai  anuullaU. 


klSOBLLANBA  523 


Item  per  npagu  per  cuxìri  li  dicti  sachi  grana   chinqni   sive 

oz.      tr.      g.  V. 

Item  a  di  xii.i  dicto  per  cliira  russa  per  sigillare  li  sachi 
«juandu  rendimi  li  cugnaturi  grana  dechi  sive    oz.      tr.      g.  x. 

Item  a  di  xiiij  dicto  per  quatru  qiiatemi  dui  per  li  cridin- 
zeri  et  dui  per  lu  cabellotu  per  lannu  presenti  decime  indictio- 
nis  ad  racionem  di  tari  dui  i>er  quaternu,  summa  tari  octu  sive 

oz.      tr.  viij  g. 

Item  a  di  xvj  octubris  per  conzari  li  mantichi  per  fundiri 
grana  dechi  sive  oz.      tr.      g.  x. 

Item  per  tari  portari  li  mantichi  da  la  iudea  a  la  sihia  quan- 
du  si  conzaru  grana  sey  sive  oz.      tr.      g.  vj. 

Item  a  di  dicto  per  carrihi  dudichi  di  terra  ad  racionem 
per  carricu  di  grana  dechi  summa  tari  sey  sive    oz.      tr.  vj  g. 

Item  a  di  xxj  dicto  per  conzari  li  mantichi  per  cancari  ro- 
sicti  et  perni  et  per  la  mastria  tari  tri  et  grana  dechi  sive 

oz.      tr.  iij  g.  X. 

Item  a  di  dicto  per  conzari  lu  arcu  di  la  funditura  grana 
chinqui  sive  oz.      tr.      g.  v. 

per  calchi  per  la  sallachi  sive  listi  et  risihi  di  li  casi 

Item  a  di  xxiij  dicto  per  iornati  tri  ad  racionem  per  iornu 
per  lu  mastru  et  lu  so  garzuni  di  tari  dui  et  grana  chinqui 
per  iornu  samma  tari  sey  et  grana  quindichi  sive  oz... 

Item  a  di  xxiiij  octubris  per  quattru  padelli  di  ricochiri  li 
pichuli  et  unu  crivellu  per  cherniri  li  pichuli  ad  racionem  di 
tari  dui  per  rotolo  su  rotoli  xxviij  summa  unza  una  et  tari  vin- 
tisey  sive  oz.  j  tr.  xxvj 

Item  a  di  xxvj  dicto  per  rotoli  quatru  et  mezu  di  corda  per 
li  mantichi  ad  racionem  di  grana  dechi  per  rotolo  summa  tari 
dui  et  grana  chinqui  sive  oz.      tr.  ij 

Item  a  di  dicto  per  dui  cri  va  per  cherniri  lu  carbuni  da  t'a- 
ra chi  marrascha  tari  unu  sive  oz.      tr.  j 

Item  a  di  dicto  per  una  buccula  per  li  mantichi  grana  tri 
sive  oz.      tr 

Item  a  di  dicto  per  portatura  di  cantara  chinqui  et  rotoli  tri  di 
l'ami  accactatji  da  franciscu  zacbi  grana  dudichi  et  mezu  sive  (1) 

oz.      tr. 


(1)  Questa  partita  trovasi  annollata  nel  testo. 


624  MISOELLANEA 


Item  a  di  xxvij  dicto  per  sponzi  per  axucari  li  dinari  grana 
chinqui  si  ve  oz.      tr. 

Itera  a  di  xxx  dicto  per  chova  per  cliavari  min  manicii  di  la 
pala  grana  dni  si  ve  oz.       ti.., 

Item  a  di  dicto  per  aniolatura  di  la  gisura  grandi  dni  volti 
tari  dui  sive  oz.     tr.  ij... 

Item  a  di  dicto  per  annictari  et  murari  In  cundnctu  di  la  sicha 
per  mastri  dui  ki  stectiru  iorni  tri  ad  racionem  di  tari  unu  et 
grana  dechi  per  iomu  per  unu  sumnia  tari  novi  si  ve 

oz.       tr.  viiij... 

Item  a  di  tercio  novembris  per  conzari  una  bucca  vecha 
grana  quindichi  si  ve  oz.      tr.      g.  xv. 

Item  a  dicto  per  meza  canna  di  cannavazu  per  fari  maniki  a 
lu  fundituri  grana  dechi  sive  oz      tr.       g.  x. 

Item  a  di  dicto  per  amulatura  di  trenta  gisuri  per   li    aflBla- 

turi  tari  unu  et  grana  decbi  sive  oz.       tr.  J  g.  x. 

Item  a  di  quinto  dicto  per  amulatura  di  la  gisura  grandi  tari 
unu  sive  oz.       tr.  \  g. 

Item  a  di  dicto  per  una  corda  per  lu  puzu  da  mastru  lohanui 
curdaru,  la  quali  pisau  rotoli  quatru  et  mezu  ad  racionem  di 
grana  dechi  per  rotolo  summa  tari  dui  et  grana  chinqui  sive 

oz.      tr.  ij  g.  V. 

Item  a  di  dicto  per  amolatura  di  la  gisura  grandi  tari  unu 
sive  (1)  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  septimo  dicto  per  tri  cukiari  ki  fichi  mastru  fride- 
ricu  senza  li  maniki  tari  sey  sive  oz.      tr.  vj  g. 

Item  a  di  xiij  dicto  per  annictari  In  cundnctu  di  la  sicha  in- 
tra et  fora  ki  si  happi  a  scassari  cirra  tri  fiati  et  stetturuchi 
dni  mastri  iorni  tri  ad  racionem  di  tari  unu  et  grana  chinqui 
per  iinu  per  uhascunu  iornu  summa  tari  septi  et  grana  declii 
hìvc  oz.      tr.  v\\  g.  xij. 

Item  a  di  di(;to  per  dui  marzapani  grandi  per  mectiri  li  bi- 
lanzi  tari  dui  et  grana  dechi  sive  oz.      tr.  ij  g.  x. 

Item  a  di  xvij  dicto  per  sponzi  accactati  da  andria  di  agro 
tari  dui  et  grana  dechi  sive  oz.       tr.  i^j  g.  x. 

Item  u  di  dicto  por  duj  amulaturi  di  li  gisuri  grandi  ad  nardu 
barberi,  '  oz.      tr.  i.j  g. 


(1)  Quf^Mta  pottilla  trqyfMÌ  aunuUata  u«l  teftu. 


MTSCBLLANRA  625 


Itein 

rteni  H  di  (lieto  ])er  luniari  muli  vay  lacqua  a  lu  ciindiictn 
jiiaiia  (Indichi  sive  oz.       tr.       g,  xij. 

Itein  jVer  fari  unn  inanicu  di  ferru  per  li  {)adelli  per  ricochiri 
li  dinari  et  per  oonzari  un  antru  di  t'erra  per  .  manu  di  lia  Susi 
tari  dui  et  grana  quindiclii  Hive  oz.       tr.  ij 

rteiu  a  di  xviij  dicto  i)er  amolatura  di  la  gisura  grandi  tari 
unu  sive  oz.       tr.  j 

Item  a  di  dicto  per  una  gisura  di  afllari  pichnli  da  Josep  xa- 
nuUu  tari  unu  et  grana  quindichi  sive  oz.       tr.  j 

Jtem  a  di  dicto  per  dechi  ferri  per  li  petri  undi  si  gecta  la 
rami  fusa  da  binidictu  silem  ad  racioneni  di  grana  chin(jui  per 
pezu  snmma  tari  due  c^t  grana  dechi  sive  (1)  ojì.    tr.  ij 

Jteni  a  di  xxij  dicto  per  rotolo  una  et  luezu  di  candili  di  chira 
accactati  da  cola  di  castella  ad  racionem  di  tari  unii  et  grana 
dechi  per  rotolo  suinina  tari  dui  et  grana  chinqui  sive 

oz.       tr.  ij 

Item  per  carrichi  dudichi  di  tx^rra  ad  racionem  di  grana  dechi 
per  carricu  summa  tari  sey  sive  oz.      tr.  vj...... 

Item  a  di  xxiij  dicto  per  xxv  chiramidi  ad  racionem  di  tari 
unu  per  chintinaru  et  per  mastri  tri  ad  raxuni  di  tari  unu  et 
grana  per  iornu  et  per  dui  travichelli  summa  tari  octu  sive 

oz.       tr.  viij 

.in.  li  .casi  posticzi  di  la  curti. 

Item  a  di  xxvj  dicto  pei-  cavihi  per  murari  lu  dictu  cunductu 
tari  dui  et  gnina  quatru  sive  oz.      tr.  ij 

Item  a  di  xxvj  dicto  per  sey  bachilecti  ki  pisani  rotoli  tri  di 
ramu  per  serviri  la  banca  da  mastru  nicola  mullica  ad  tari  dui 
per  rotolo  summa  tari  sey  sive  oz.       tr.  vj  g. 

Item  a  di  dicto  per  octanta  sey  chiramidi  accactati  da  Johanni 
gaytanu  tari  unu  et  grana  septi  et  mezn  per  li  predicti  casi  po- 
sticzi di  la  curti  oz.      tr.  j  g.  vij  Vt 

Item  a  di  quinto  decembris  per  amulari  la  gisura  grandi  tari 
nnu  sive  oz.       tr.  j  g. 

Item  a  di  viij  dicto  per  la  cantati  di  li  quatni  reguli  per  la 
festa  di  natali  tari  dui  sive  oz.      tr.  ij  g. 

Item  a  di  xj  dicto  per  tri  ferri  per  li  petri  quando   si   fundi 


(1)  Questa  partita  trovasi  amiullata  nel  testo. 


526  MISCELLÀNEI. 


da  binidìctu   ludeu  ad  laxuni  di  ^rana  chinqui  per  iinu  grana 
qiiindichi  sive  (1)  oz.      tr.      gr.  xv. 

It«in  a  di  viij  dicto  per  diii  altri  quaterni  per  li  cridiiizeri  y^er 
dublari  li  cimti  ki  presentami  a  la  Regia  curti  di  hi  lavuri  di  li 
pichuli  hi  si  fa  a  la  Regia  sicla  lannu  presenti  di  la  decima  in- 
dizioni ad  racionem  di  tari  dui  per  quaternn  snmma  tari  quatni 
sive  oz.      tr.  iiij  g. 

Item  a  di  xv  dicto  per  amulari  la  gisura  grandi  tari  unu  sive 

oz.       tr.  j  g. 

Ttem  a  di  xvj  dicto  per  ferri  octu  per  li  petri  di  fundiri  la 
rami  ad  racionem  di  grana  chinqui  per  unu  tari  dui  sive  oz. 

tr.  ij  g. 

Item  a  di  dicto  per  cunzari  la  funditura  et  murari  grana  de- 
chi  sive  oz.      tr.      g.  x. 

Item  a  di  xvij  dicto  per  conzari  li  buchi  di  li  tinagli  grandi 
di  la  funditura  di  la  nimi  da  lu  dictu  Ha  susi  tari  iij  sive 

oz.      tr.  iij  g. 

Item  per  lu  jwesenti  di  li  officiali  i)er  la.  festa  di  natali  tari 
tridichi  sive  oz.  tr.  xiij  g. 

Item  a  di  xviiij  decembris  per  rotolo  unu  di  candili  di  chira 
per  la  banca  quandu  si  rendinu  li  dinari  la  sira  ad  racionem  di 
tari  unu  et  grana  dechi  per  rotolo  sive  (2)  oz.       tr 

Jtem  a  di  dicto  per  amulari  la  gisura  grandi  ki  si  tagla  la 
rami  tari  unu  sive  oz.       tr.  j 

It^m  a  di  dietro  per  tri  i)ara  di  bilanzoli  per  li  atìlaturi  da 
sinuntu  ar^ninu  ad  racionem  di  tari  unu  per  paru  summa  tari 
tri  sive  oz.      tr.  iij  g. 

item  per  dechi  («irriki  di  terra  da  placitu  di  tarantu  ad  racio- 
nem di  grana  dechi  per  carricu  per  conzari  la  funditura  summa 
tari  chinqui  sive  oz.  tr.  v 

Item  a  di  xxiij  dicto  per  sey  para  di  i)etri  li  (puili  conzau 
martinu  lu  muzuni  ki  su  vintiquatni  fachi  per  li  quali  si  paga 
ad  raxuni  di  grana  quindichi  per  fachi  summa  tari  dechi  et  octu 
sive  oz.      tr.  xvi\j 

Iteui  |>er  cirrati  dui  di  rina  per  stricari  li  dicti  petri  grana 
decbi  Hi  ve  oz.      tr 


(1)  QoMta  partita  uei  tosto  vedeni  annullata. 

(2)  Idem. 


MISCELLÀNEA  52t 


Item  a  di  xxx  dicto  per  quatru  ferri  per  li  petri  di  fundiri 
la  rami  da  binidictu  ludeu  ad  ra(^ionein  di  grana  chinqui  per 
iinu  Ruinma  tari  unu  sive  oz.      tr.  j 

Item  a  di  dicto  per  carriki  quatru  di  terra  i)ei'  fundiri  la  rami 
da  placitu  di  tarantu  tari  dui  sive  oz.       tr.  y  g. 

Itera  a  di  ultimo  dicto  per  paru  unu  di  bìlanzoli  accactati 
da  sinunto  tari  unu  vSive  oz.  tr.  j  g. 

Item  a  di  dicto  per  conzari  li  manticlli  a  sesu  di  sanctu  marcu 
grana  dechi  sive  oz.      tr,      g.  x. 

Item  a  di  dicto  per  dui  cuchari  per  ministrari  la  rami  ki  si 
fundi  facti  per  manu  di  mastru  franciscu  flrraru  tari  quatru 
sive  (1)  oz.      tr.  iiij  g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unza  una  per  lu  primu  terzu  di  lu 
dictu  annu  per  lu  loberi  di  una  di  li  casi  di  la  sicha  la  quali 
paga  a  sanctu  franciscu  sive  oz.  j  tr.      gr. 

Item  mi  mectu  per  exitu  tari  dichi  per  lu  primu  terzu  di  la 
casa  di  sanctu  placitu  sive  oz,      tr.  x  gr. 

Item  mi  mectu  per  exitu  tari  chinqui  per  lu  prinm  terzu  per 
lu  magazenu  di  antoni  crisafl  sive  oz.      tr.  v  gr. 

Item  mi  mectu  per  exitu  tari  dechi  et  su  per  lu  primu  terzu 
di  lu  lucri  di  una  di  li  casi  di  la  sicla  ki  sta  lu  guardianu  di  la 
dieta  sicla  oz.       tr.  x  g. 

Inteoytus. 

Lu  introytu  spectanti  a  la  Kegia  ciirti  di  lu  lavuri  di  li  dicti 
primi  quatru  misi  anni  predicti. 

Et  facta  compensacione  et  bilanciati  li  unzi  trichentu  posti  di 
supra  per  introytu  cum  li  uuzi  duchentu  posti  per  exitu  di  supra 
restanu  unzi  chentu  li  quali  superanu  lu  exitu  in  li  quali  sinchi 
deduchinu  la  rata  di  li  porcionali  di  la  sicla  li  quali  participanu 
di  la  summa  di  li  dui  mila  unzi  ki  sta  la  dieta  Regia  sicla  in 
unzi  octuchentu  quaranta  sey  tari  ventidui  grana  sidichi  per  loru 
Kata,  licet  hi  participassiru  in  unzi  novichentu  septanta  chinqui 
tari  vinti  et  gmna  septi,  tamen  foru  ricaptati  per  mi  unzi  chentu 


(1)  In  margine  del  docum.   leggiamo:   extraor dinar iarum  expenaaritm 
,.  vij  xviiij. 


528  MISCELLANBÀ 


quindichi  tari  vinti  et  grana  octu  comu  appari  di  supra  in  lannii 

none  indictionis  proximo  preterite,  li  quali  acrixinn  a  la  Regia 

curti,  ad  racionem  di  un  zi 

per  chintinaru  di  lu  dictu  introytu  di  uu/i  clientu  et  dechi 

ki  su  in  sumnia  uuzi 

li  quali  liaiu  datu  a  li  dicti  porcionali  restanu  per  introytu  a  la 

reofiii  <nrti  a  la  raxuni  predicta  di  unzi 

per  chintinaru  uu/.i  sexanta 
la  quali  parti- 
cipa  i)er  unzi  milli  cheutu  chinquanta  tri  tari  septi  et  grana  qua- 
tru  licet  ki  participava  in  unzi  milli  vinti  quatru  tari  uovi  et 
gi*Hna  tridiclii,  quoniaui  li  unzi  chentu  quindichi  tari  vinti  grana 
octu  li  ricapitau  comu  appari  ut  .supra  in  li  porcionali  di  la  di- 
eta Regia  sicla,  et  cussi  mindi  fazu  introytu  sive  oz. 

Iteui  mi  uiectu  per  introytu  unzi  vintinovi  tari  quatordichi  et 
grana  dudichi  per  lu  lavuri  ])redictu  di  la  regia  curti  per  li  grana 
dui  per  libra  ricaptati  di  la  heredità  di  quondam  misseri  masi 
romanu  li  quali  si  recaptau  la  regia  curti  sive  oz.  xxiiij  tr.  xiij  g.  x. 

Item  mi  me(?tu  per  introytu  unzi  tri  tari  vinti  grana  dadichi 
dinari  iij  Va  P^r  lu  lavuri  predictu  di  li  dicti  primi  quatru  misi 
[>er  lu  dinaru  unu  et  mezu  per  libra  ki  si  recaptau  la  Regia  curti 
da  misseri  masi  di  gregoli  di  la  summa  di  li  grana  dui  per  libra 
di  lu  dictu  misseri  masi  lu  restu  non  mindi  fazu  introytu  inpe- 
roki  la  maiestati  di  lu  Signuri  Re  et  per  exequtorii  di  lu  Signori 
viceré  chi  foni  restituti  et  cussi  mi  fazu  introytu  di  dinaru  unu 
et  mezu  per  libra  sive  oz.  iij  tr.  xx  g.  xij  d.  iij  V2 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  chentu  vintiquatru  tari  chin- 
<iui  grana  octu  dinari  iiij  per  lu  lavuri  |)redictu  di  la  raxuni  di 
lu  sturlingu  unu  et  mezu  per  libra  equalatu  a  lu  interessi  di  lu 
argenta  et  rami  ad  racionem  di  grana  chinqui  dinari  (ri  et  quarti 
tri  per  Hturlingu  ki  veni  per  chintinaru  di  libri  unza  una  tari  du- 
dichi grana  tri  dinari  quatru  et  mezu  sive 

oz.  cxxiiij  tr.  V  g.  viij  d.  iiij. 

Item  mi  mectu  )>er  introytu  unzi  sey  per  lu  lavuri  di  lohanni 
antimi  Bizu  di  la  raxuni  di  li  grana  quatru  per  libra  ricactati  per 
Ih  Regia  curti  da  la  heredità  di  ({uoiidam  missili  masi  romanu  et 
di  misHeri  masi  di  gregoli  per  libri  ru)vi('hentu  ki  su  stati  lavu- 
rati  in  li  dicti  quatru  misi  sive  oz.  vj  tr. 


MISCELLÀNEA  529 


Item  7ui  raectu  per  introytu  uiizi  dudichi  tari  decbiuovi  et 
grana  chinqui  per  la  raxuni  di  In  sturlingu  unii  et  mezii  per  li- 
bra cqualatu  ut  supra  di  lu  lavuri  predictu  di  lu  dictu  lohanni 
autoui  ad  rucionem  di  uuza  una  tari  dudichi  grana  tri  dinari 
«luatru  et  mezu  per  chintinaru  di  libri  sive     oz.  xij  tr.  xviiij... 

Itein  mi  luectu  per  introytu  unzi  octu  tari  xx  di  lu  lavuri  di 
jiiisseri  rnatheu  niuleti  di  la  raxuni  di  li  grana  quatru  per  libra 
ricactati  ut  supra  di  la  lieredità  di  quondam  misseri  masi  romanu 
et  di  misseri  masi  di  gregoli  per  libri  milli  et  dui  chentu  lavu- 
rati  in  li  di<'ti  quatru  nnsi  sive  oz.  viij  tr.  xx  g. 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  dechioctu  tari  viij  et  grana 
chinqui   per  la  raxuni  di  lu  sturlingu  unu   et  mezu  per  libra  e- 

([ualatu  ut  supra  in  lu  lavuri  predictu  di  misseri  matheu  muleti 
per  parti  di  so  figlu  ad  raciouem  di  unza  una  tari  dudichi  grana 
tri  dinari  <|uatrn  et  mezu  per  chintinaru  sive  oz.  xviij  tr.  viij  g.  v. 

EXITUS 

Lu  exitu  di  lu  introytu  si)ectanti  a  la  regia  curti  di  la  refor- 
macioni  di  li  dicti  primi  (|uatru  misi 

Et  primo  mi  mectu  per  exitu  inizi  trentatri  tari  chinqui  grana 
tri  dinari  tri,  et  mezu  li  «inali  mi  ritegnu  in  i)arti  di  satisfacioni 
di  la  stimma  di  li  unzi  duichentu  chinquanta  ki  inpristay  a  la 
Hegia  curti  ad  racionem  di  grana  dui  dinaru  unu  et  mezu  per 
libra  sive  oz.  xxxiij  tr.  v  g.  iiij  d... 

Item  mi  mectu  i»er  exitu  unzi  tridichi  tari  septi  et  grana  tri 
li  quali  pagay  per  viguri  di  la  mia  commissioni  data  panormi 
die  jnnii  none  indictionis,  a  la  hereditil  di  quondam  mis- 

seri masi  ronuinu  ki  participanu  in  la  sumuia  di  li  dui  milia  unzi 
di  la  pignoracioni  di  la  dieta  Eegia  sicla,  comu  appari  per  una 
apoca  firmata  a  li  acti  «li  notar  santoni  azarellu  die 
sive  oz.  xiij  tr.  vij  gr. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  vinti  tari  dechisejiti  et  grana 
dechinovi  li  quali  mi  li  ritegnu  ki  superarli  lu  exitu  a  lu  introytu 
di  la  reformacioni  di  lanini  i)assatu  sive    oz.  xx  tr.  xvij  g.  xviiij. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  chentu  trenta  sey  dati  ad  aii- 
toni  «li  la  Ugnami  unu  «U  li  porci«uiali  di  la  dieta  Kegia  sicla  in 
la  dieta  suuima  per  viguri  di  la  supradicta  commissioni  a  dicti 


530  ansOELLANBÀ 


facta  per  lu  illustri  Signuri  Viceré  data  panormi  die  ut  supra  cussi 
coinu  appari  per  una  apoca  firmata  a  li  acti  di  notaro  santoni 
predictu  die  si  ve  oz.  cxxxvj  tr.      g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  uuzi  trenta  una  tari  xviij  g.  xv  dati 
a  la  heredità  di  chiccu  campulu  unu  di  li  porcionali  di  la  dieta 
sicla  perliguti  di  la  supradicta  mia  commissioni ,  lu  quali  parti- 
cipa  in  mayuri  summa  in  lu  accactitu  di  la  dieta  regia  sicla  in 
la  dieta  summa  cussi  comu  appari  per  tinuri  di  una  apoca^  fir- 
mata a  li  acti  di  notaro  santorn  predictu  die  sive 

oz.  XXX j  tr.  xiij  g.  XV. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unci  trenta  consignati  ad  minchu 
mimila  comu  bancu  elettu  per  li  deputati  di  la  maramma  di  la 
ohitati  di  missina  et  su  per  la  gracia  di  li  tri  milia  libri  ki  havi 
la  dieta  chitati  supra  la  regia  sicla  cussi  comu  appari  per  una 
apoca  fact>ti  in  messina  die 

])er  mano  di  uotaru  antoni  di  iiiilacio  et  su  per  lamio  presenti 
decime  indictionis  oz.   xxx  tr 

IBSUS 

Anno  (Ucime  indictionis  MCCCCLXI 

INTROYTUS  • 

Lu  introytu  et  exitu  di  lii  lavuri  di  li  pichuli  facti  in  lannu 
decime  indictionis  di  li  secundi  quatru  misi  videlicet  lanuarii 
februarii,  marcii,  et  aprilis  diete  decime  indictionis,  per  mi  Io- 
lianrii  di  lu  judichi  cabelloto  di  la  dieta  regia  sicla,  comu  si  contenj 
\ìeT  lu  dictu  contractu  factu  a  missina  per  manu  di  notaro  An- 
drea di  aprea  olim  secundo  septembris  none  indictionis  predicte. 

Infra  li  dicti  secundi  (piatru  misi  foni  laviirati  in  la  dieta 
regia  sicla  libri  sey  milia  «piatrochentu  treiicta  di  piculi  ki  a  la 
Hupradicta  raxuni  di  t^ari  unu  grana  ij  per  libra,  di  li  quali  su 
tinuti  dari  cuntu  su  in  summa  unci  ccxxxv  tari  xxiij  et  i)ero 
mi  muctii  per  introytu  li  unci  ccxxxv  tari  xxiij  in  li  (juali  la  re- 
gia dirti  i>er  la  sua  rata  ki  concurri  in  lu  prozo  di  li  unci  dui- 
miliu  ki  fu  vindiita  lu  sikia  participa  per  unzi  millì  eccxxxx  tari 
ij  grana  ij  */,  licot  in  li  ))rimi  qiiatro  misi  partici]>assi  in  nnci 
uiilli  <rlviiij  tari  vj  grana  xij  '/«  ea  |)r()in«lc  si  riccactau  unci  clxxx 
Uiri  XXV  grana  xv  Vi  <li  '>  personali  <-oniu  appari  di  supra  in   li 


XI80ELLANEA  531 


predicti  qtiatro  misi  in  tri  partiti,  et  li  altri  personali  concumno 
j)ei'  111  restanti  unci  civiiijtari  xxvij  grana  xxij  */»  «ive 

oz.  ccxxxv  tr.  xxiij 

EXITUS. 

Lu  exitu  di  hi  lavuri  di  pichuli  di  li  supradicti  secundi  qiia- 
tru  misi. 

Et  primo  mi  mectu  per  exitu  unzi  quatrn  tari  vinti  per  hi 
secundu  terzii  di  lu  nobili  stephanu  crisafi  mastru  di  la  proba 
di  la  dieta  Regia  sicla  di  hi  predictu  annu  decime  indictionis 
sive  oz.  iiij  tr.  xx  g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  (juatru  per  lu  secundu  terzu  di 
lu  dictu  annu  di  lu  soldii  di  lu  nobili  iacobu  insigneri  unu  di  li 
crideiizeri  «li  la  dieta  sicla  sive  oz.  iiij  tr.      g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  yuatru  per  lu  secundu  terzu 
di  lu  dictu  annu  di  hi  soldu  di  hi  nobili  autoni  di  sanctu  sepulcrii 
unu  di  li  cridinzeri  di  la  dieta  sicla  sive  oz.  iiij  tr.      g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  sey  et  tari  vinti  per  la  secunda 
terza  di  la  gracia  di  In  nobili  alfonsu  di  stayti  per  lanini  pre 
dictu  di  la  sumtna  di  li  unzi  vinti  ki  ha  vi  supiu  la  dieta  Regia 
sicla  sive  oz.  vj  tr.  xx 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  vinti  tari  tridichi  grana  dui  et 
su  per  interessi  di  cantara  vinticbinqui  rotoli  chinquantaquatro 
unzi  xviij  di  rami  per  hi  dictu  lavuri  ad  racionein  di  tari  vinte- 
quatru  per  cautaru  sive  oz.  xx  tr.  xiij 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  octauta  una  tari  dechioctU  grana 
dechinovi  per  interessi  di  libri  chento  novanta  novi  unzi  sey 
stirlunghi  xviij  (|uarti  iij  di  argentu  ki  su  stati  lavurati  a  hi  dictu 
lavuri  ad  racionein  di  tari  dudichi  grana  chinqui  dinari  ij  V«  pei' 
libra  (li  argentu  (ìnu  ultra  hi  prezu  stabilitu  per  la  regia  curti 
ab  antiquo  hi  quali  era  ad  unza  una  tari  vinticbinqui  grana  octu 
dinari  tri  et  unu  quartu  sive  oz.  Lxxxj  tr.  xviij  g.  xv 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  vintiunu  tari  octu  grana  tridi- 
chi li  quali  mi  ritegnu  per  la  mia  (jabella  per  lu  dictu  lavuri  ad 
racio  di  grana  dui  per  libra  sive  oz.  xxj  tr.  viij  g.  xiij 

Item  mi  mectu  per  exitu  unci  quatru  li  quali  li  luectu  per 
introytu  a  la  regia  curti  foglio  et  su  per  la  gracia  di  quondam  cola 
di  guarnera  li  quali  si  traynu  di  lu  introytu  comuni  di  la  regia 


532  MISOEL  LANKA 

cnrti  et  di  li  personali  per  lu  seciinclu  terzu  di   li  dicti   secimdi 
quatromisi  oz.  iiij  tr 

lESUS. 

Bacio  di  li  spisi  mimiti  seu  extraordiuarii  facti  in  li  dicti  se- 
cundi  quatru  misi  anni  predicti  decime  indictionis  per  hi  dieta 
lavuri  di  la  dieta  si  eia. 

Item  a  di  quinto  ianuarii  per  dui  limi  ki  voli  lu  mastru  di  la 
proba  per  aiustari  li  libri  di  la  curti  accactati  da  schamueli  iu- 
deu  custani  tari  dui  sive  (1)  oz.       tr.  ij  g. 

Item  a  di  dicto  per  ainolari  la  gisura  grandi  ki  si  tagla  la  rami 
tari  unu  sive  oz.       tr.  j  g. 

Item  a  di  vij  dicto  per  unu  nianicu  di  terni  per  la  padella  di 
ricocliiri  li  dinari  datii  ad  antoni  carachulu,  factu  per  manu  di 
Ha  siisi,  pisau  rotoli  tri  ad  raxiini  di  grana  dechi  per  rotolo 
summa  tari  unu  et  grana  de(;bi  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  xiij  dicto  per  amulnri  la  gisura  grandi  tari  unu 
sive  oz.      tr.  j 

Item  a  «li  dicto  i)er  cliimpii  ferri  per  li  i>etri  di  fundiri  la 
rami  tari  unu  et  grana  chinqui  sive  oz.       tr.  j 

Item  a  di  dicto  per  fari  intrari  li  petri  et  la  terra  intra  la 
fiinditura  grana  dechi  sive  oz.       tr 

Item  a  di  xviij  dicto  per  meza  canna  di  <>annavazu  per  fari 
iiianiki  a  lu  fiindituri  grana  declii  sive  oz.       tr.       g 

Item  a  di  xviiij  dicto  per  una  ca.xa  di  nuclii  ]h'v  tiniri  lu  ar- 
gentu  quaiidu  auzanu  opera  la  s ira  acca ctata  da  i>apu  iudeu  tari 
quatordiclii  sive  oz.  tr.  xiiij  g. 

Item  a  «li  xviiij  ianuarii  \ìvv  conzatura  et  amulatura  di  la  gi 
Hura  grandi  ki  «li  arivolau  unii  ])«'zu  a  naidti  barberi  tari  unu  et 
grana  declii  sive  oz.       tr.  j  g.  x 

Item  a  «li  dict/)  per  una  summa  di  «linari  «li  raxuni  «la  simento 
judeu  tari  unu  et  grana  «{iiindichi  sive  oz.       tr.  J  g.  xv 

Item  a  «li«'t<>  |)«m-  r<'rri  s«'y  p«'r  li  |M'tri  (h  fumliri  tari  unu  et 
grana  d«M'hi  nìv«'  oz.       ti-,  J  g.  x 

il)  .V  inurbi  ne  «U-I  (l<>riitii«;t.  l<'gKi>HÌ:  Dr  ìmHh  cjpvuHis  voUhjdtis  ascc.inleii 
libuM  ad   uiiriaH  riiij  Uni  jrvij  ijr.   rtij  *;^  /urtii  <nlhtriniir  fuirtivnlariivr  otl 
omnen  h/onnm'ionibuH  vo-fUiicionnn  inmcorU^it. 


MISCELLANEA  533 


Item  a  di  dicto  per  dui  cuchari  per  ministrari  la  rami  ki  si 
fimdi  da  mastru  fridericu  lirraru  tari  ij  si  ve        oz.      tr.  ij  g. 

Item  a  di  dicto  per  unu  pam  di  tinagli  ki  si  teni  la  rami  quandu 
si  tagla  facti  per  raanu  di  ganyu  judeu  et  per  dui  chavicti  per 
la  gisiira  ki  si  tagla  la  rami  tari  unu  sive  oz.       tr.  j 

Item  a  di  xxviij  dicto  per  amolatura  di  uua  gisura  grandi  a 
nardu  barberi  tari  unu  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  dicto  per  unu  sichu  di  rami  per  lu  puzu  da  mastru 
nicola  mullica  pisau  rotoli  chinqui  ad  racionem  di  tari  dui  per 
rotolo  summa  tari  dechi  sive  oz.      tr.  x  g. 

Item  a  di  dicto  per  unu  crivellu  di  rami  per  cherniri  li  dinari 
ki  si  richipinu  di  li  ubreri  et  quandu  si  dunano  per  cugnari  et 
quandu  si  ricbipiuu  di  li  cuugnaturi  pisau  rotoli  quatru  et  unzi 
vinti,  da  lu  dictu  mastru  nicola  ad  racionem  di  tari  dui  per  ro- 
tolo summa  tari  novi  et  grana  sey  et  mezu  sive  oz.     tr.  viiij  g.  vjVj 

Item  a  di  xxx  dicto  per  carrati  dechi  di  mantu  tari  dui  et 
grana  dechi  sive  oz.      tr.  ij  g.  x 

Item  a  di  nono  februarii  per  sey  ferri  per  li  petri  di  fundiri 
la  rami  tari  unu  et  grana  dechi  sive  oz.      tr.  j  g.  x 

Item  a  di  dicto  per  dui  padelli  di  rami  ki  si  ricochinu  li  pi- 
culi  pisaru  rotoli  undichi  et  mezu  ad  raxuni  di  tari  dui  per  ro- 
tulu  summa  tari  vintitri  sive  oz.      tr.  xxiij  g. 

Item  a  di  xvij  dicto  per  dui  cuchari  cum  lu  manicu  di  la  curti 
per  ministrari  la  rami,  facti  per  manu  di  mastru  fridericu  firraru 
tari  quatru  sive  oz.      tr.  iiij  g. 

Item  a  di  xviij  dicto  per  dui  mastri  per  murari  la  funditura 
et  unu  manuali  a  loru  si)isi,  ki  stectiru  una  jornata  li  mastri 
ad  raxuni  di  tari  unu  et  grana  dechi  per  jornu  et  lu  manuali  ad 
racionem  di  tari  unu  summa  tari  quatru  sive    oz.      tr.  iiij  g. 

Item  a  di  dicto  per  anictari  la  funditura  et  per  carriyari  li 
petri  et  grasti  et  gictarili  fora  tari  unu  et  grana  dechi  sive 

oz.      tr.  j  g 

Item  a  di  xviiij  dicto  per  dui  criva  di  cherniri  lu  carbuni 
da  farachi  marrasca  tari  dui  sive  oz.      tr.  ij  g. 

Item  a  di  dicto  per  sey  padelli  di  rami  di  ricochiri  li  dinari 
per  li  ubreri  da  mastru  pinu  carbuni  ad  racio  di  tari  dui  per 
rotolo  pisaru  rotoli  trentadui,  summa  unzi  dui  tari  quatru    sive 

oz.  ij  tr.  iiij... 

Item  a  di  xx  dicto  per  rotolo  unu  di  oandili  di  chira  da  cola 

Arch.  Stor.  èiic.  N.  S.  Anno  XXX.  35 


534  MISCELLANEA 


di  castella  ad  racionem  di  tari  unu   et    grana  dechi    per    rotolo 
snmma  tari  unu  et  grana  dechi  si  ve  oz.      tr.  j... 

Item  a  di  xxij  dicto  per  amulatura  di  la  gisura  grandi  di  la 
taglari  la  rami  per  tri  volti  tari  tri  sive  oz.      tr.  iij  g. 

Item  a  di  xxij  februari  per  amulatura  di  la  gisura  grandi  per 
taglari  la  rami  tari  unu  sive  oz.       tr.  j  g. 

Item  a  di  dicto  per  dui  padelli  di  rami  di  ricochiri  li  dinari 
per  li  ubreri  pisaru  rotoli  dechi  ad  racio  di  tari  dui  per  rotolo 
da  mastra  nicola  mullica  In  juveni  summa  tari  vinti  sive 

oz.      tr.  XX  g. 

Item  a  di  xxiij  dicto  per  conzari  li  mantichi  ki  eranu  arsi 
et  per  co.ytu  et  per  custura  conzati  per  sefu  judeu  tari  unu  et 
grana  dechi  sive  oz.      tr.  j  g.  x. 

Item  a  di  dicto  per  unu  cantaru  per  la  funditura  per  fundiri 
la  rami  grana  chinqui  sive  oz.       tr.       g.  v. 

Item  a  di  xxv  dicto  per  fare  li  cavalluzi  di  li  mantichi  per 
mastra  andria  galifu  per  Ugnami  et  mastria  videlicet  a  li  man- 
tichi di  la  funditura  nova  tari  tri  et  grana  dechi  sive 

oz.      tr.  iij  g.  X. 

Item  a  di  xxvj  dicto  per  una  capa  di  cannava  per  li  mantichi 
da  mastru  jacobu  curdaru  pLsau  rotoli  novi ,  per  manu  di  mastru 
antoni  di  rosa  fundituri  tari  quatru  et  grana  tri  sive 

oz.      tr.  iiij  g.  iij. 

Item  a  di  secundo  marcii  per  quatru  ferri  per  li  petri  quandu 
si  fundi  tari  unu  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  quinto  marcii  per  amulatura  di  la  gisura  grandi 
tari  una  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  sey  dicto  per  dui  buchi  di  rami  per  la  funditura 
da  mastru  nicola  mullica  pisaru  rotoli  dechi  et  octu  unzi  viutisepti 
ad  racionem  di  tari  dui  per  rotolo  summa  unza  una  tari  septi  et 
grana  sidichi  sive  oz.  j  tr.  vy  g.  xvj. 

Item  a  di  nono  marcii  per  dui  padelli  di  rami  di  ricochiri  li 
dinari  da  mastru  pina  carbuui  ad  racionem  di  tari  dui  per  rotolu 
fora  rotoli  novi  et  mezu   summa  tari  dechinovi  sive 

oz.       tr.  xvii\j  g. 

Item  a  di  xvj  dicto  per  portatura  di  cantara  quatru  rotoli  xxxx\j 
di  rami  da  la  pisu  a  la  sicha  grana  undichi  et  meza  sive  (1) 


li)    QueiiU  parMtii  n.I  fcgto  vederi  iinimllata. 


MISCELLANEA  535 


OZ.       tr.       g. 

Itom  a  di  xviiij  dicto  per  amnlatura  di  la  ^sura  grandi  tari 
unu  si  ve  oz.       tr.  j  g. 

Item  a  di  xx  dicto  per  dui  canni  di  cannavazu  per  sachi  per 
mectiri  li  pichuli  ad  raxuni  di  grana  sidichi  per  canna  tari  unu 
et  grana  dudichi  sive  oz.       tr.  j  g. 

Item  a  di  dicto  per  conzari  li  mantichi  per  manu  di  mastru 
antoni  raurtilliti  tari  unu  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  xxiij  dioto  per  dui  padelli  di  rami  per  ricochiri  li 
dinari  li  ubreri  da  mastru  nicola  mullica  pisaru  rotoli  novi  unzi 
vintisepti  ad  racionem  di  tari  dui  per  rotolo  sunjma  tari  dechinovi 
et  grana  sidichi  sive  oz.      tr.  xviiij 

Item  a  di  dicto  per  sey  ferri  per  li  petri  di  fundiri  la  rami 
da  binidictu  judeu  tari  unu  et  grana  dechi  sive    oz.      tr.  j 

Item  a  di  dicto  per  amulatura  di  la  gisura  grandi  tari  unu 
sive  oz.      tr.  j 

Item  a  di  xviiij  dicto  per  dui  cuchari  di  ferru  per  ministrari 
la  rami  da  mastru  fridericu  firraru  tari  quatru  sive 

oz.      tr.  iiij 

Item  a  di  xxx  dicto  per  quatru  ferri  per  li  petri  di  fundiri 
tari  unu  si^  e  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  xxx  dicto  mensis  marcii  per  purtari  li  mantichi  da 
la  putiga  di  binidictu  perflna  a  la  sicla  grana  chinqui  sive 

oz.      tr.      g.  V. 

Item  a  di  dicto  per  para  tri  di  petri  di  gictari  rami  da  lohanni 
antoni  Rizu  ad  racionem  di  tari  vintidui  per  paru  summa  unzi 
dui  tari  sey  sive  oz.  ij  tr.  vj  g. 

Item  a  di  dicto  per  paru  unu  di  giauri  grandi  per  taglari  la 
rami  da  lu  dictu  lohanni  antoni  rizu  unza  una  sive 

oz.  j  tr.      g. 

Item  a  di  dicto  per  para  tri  di  petri  di  gictari  rami  da  mis- 
seri  matheu  muleti  ad  racionem  di  tari  vintidui  per  pam  summa 
unzi  dui  et  tari  sey  sive  oz.  ij  tr.  vj  g. 

Item  a  di  dicto  per  murga  multi  volti  per  la  funditura  tari 
dechi  sive  (1)  oz.      tr.  x  g. 


(1)  In  margine  del  docum.  sta  scritto  quanto  segue  :  ...  Extraordina- 

riarum  expensamm  mimUarum  ....  huius  secundi  quairimestris  anni 

une.  xiiij  tar.  xvij  gra.  viii  ^j^. 


536  MISCELLANEA 


Item  mi  mectu  per  exitu  unza  una  per  lu  secundu  terzu  di 
lu  loheri  di  la  casa  di  sanctu  franciscu  per  lu  dictu  annu  ad  opu 
di  la  dieta  sicla  sive  oz.  j  tr.      g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  tari  dechi  per  lu  sicundu  terzu  di  la 
casa  di  sanctu  placitu  per  lu  dictu  annu  ad  opu  di  la  dieta  sicla 
sive  oz.      tr.  x  g, 

Item  mi  mectu  per  exitu  tari  dechi  per  lu  sicundu  terzu  di 
la  casa  di  antoui  crisafl  ki  si  pagau  daza  innanti  ad  raxuni  di 
unza  una  per  annu  sive  (1)  oz.      tr.  x  g. 

Item  per  la  piatanza  di  li  quatro  conventi  (2)  oz.    tr.  ij  g. 

Item  per  quatru  canni  di  cannavazi  per  saki  oz.      tr.  ij  g.  xij 

Item  mi  mectu  per  exitu  tari  dechi  li  quali  su  per  lu  lueri 
di  una  di  li  casi  di  la  dieta  sicla  undi  sta  lu  guardianu  di  la 
dieta  sicla  oz.      tr.  x  g. 

JESUS. 

INTROYTUS. 

Lu  introytu  spectanti  a  la  regia  curti  di  lu  lavuri  di  li  dicti 
secundi  quatru  misi  anni  predicti. 

Et  facta  compensacione  et  bilancziati  lu  introytu  et  lu  exitu 
posti  di  supra  restanu  di  nettu  a  la  regia  curti  unci  quaranta 
otto  tari  vj  li  quali  compitixinu  a  la  regia  curti  et  cussi  mendi 
faczu  introytu  oz.  xxxxviij  tr.  vj 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  vinti  una  tari  xiij  et  grana 
tridichi  per  lu  lavuri  predictu  per  li  grana  dui  per  libra  ricaptati 
di  la  heredità  di  quondam  misseri  masi  romanu  sive 

oz.  xxj  tr.  xiij  g.  xiij. 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  dui  tari  vincti  et  grana  vij  Vg 
per  lu  lavuri  predictu  per  lu  dinaru  uuu  et  mezu  per  libra  ri- 
captati da  misseri  masi  de  gregoli  di  la  summa  di  li  grana  dui 
per  libra  ki  liavi  In  dictu  misseri  masi  per  chascuna  libra  sive 

oz.  ij  tr.  XX  g.  vy  V,. 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  octantanovi  tari  vintiquatru 
grana  quatro  per  hi  lavuri  predictu  di  la  raxiitii  di  hi  sttirlingu 


(1)  Queata  partita  vedesi  nel  testo  annullata. 

(2)  Idem. 


MlSOELLANByS.  537 


unu  et  mezu  equalatu  a  la  interessi  di  lii  argentu  et  di  li  rami 
ad  racionem  di  grana  chinqui  dinari  tri  et  quarti  tri  per  sturliugu 
ki  veni  i)er  chintinaru  di  libra  unza  una  tari  dudichi  grana  tri 
dinari  quatru  et  mezu  sive  oz.  Lxxxviiij  tr.  xxiiij  g.  iiij. 

Iteni  mi  mectu  per  iutroytu  unci  quatru  pervenuti  ad  uii  di 
lu  dictu  lavuri  di  (juatru  iuisi  li  quali  su  per  la  gracia  di  quon- 
dam cola  di  guarnera  li  quali  spectauu  a  la  regia  curti  oz.  iiij... 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  chinqui  tari  xxj  grana  xij 
per  lu  lavuri  di  lohanni  antoni  rizu  di  la  raxuni  di  li  grana  quatru 
l>er  libra  ricaptati  per  la  regia  curti  di  la  heredità  di  quondam 
misseri  masi  romanu  et  misseri  masi  di  gregoli  per  libri  ottu- 
chentu  xLviiJ  ki  su  stati  lavurati  per  li  dicti  quatru  misi  sicundi 
di  lu  dictu  annu  sive  oz.  v  tr.  xxj  g. 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  dudichi  tari  dui  et  grana  viij 
per  la  raxuni  di  lu  sturlingu  unu  et  mezu  per  libra  equalatu  ut 
supra  per  lu  lavuri  di  lu  dictu  lohanni  antoni  rizu  ad  racionem 
di  grana  chinqui  dinari  tri  quarti  tri  per  sturlingu  sive 

oz.  xij  tr.  ij 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  novi  per  lu  lavuri  di  lu  fi- 
glu  di  misseri  matheu  muleti  di  la  raxuni  di  li  grana  quatru  per 
libra  ricaptati  di  la  heredità  di  quondam  misseri  masi  romanu 
et  di  misseri  masi  di  gregoli  per  libri  ottuchento  xxxxviiij  lavu- 
rati in  li  dicti  secundi  (juatru  misi  di  lu  dictu  annu  sive 

oz.  V.  tr.  xvi 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  undichi  tari  xxvij  g.  xviiij 
per  la  raxuni  di  lu  sturlingu  unu  et  mezu  equalatu  ut  supra  per 
lu  lavuri  predictu  di  libri  Dcccxxxxviiij  di  misseri  matheu  mu- 
leti ad  racionem  di  grana  chinqui  dinari  tri  et  quarti  tri  per  libra 
sive  oz.  xj  tr.  xxvij  g.  xviiij. 

BXITUS 

Lu  exitn  di  lu  introytu  spoetanti  a  la  regia  curti  di  la  refor- 
macione  di  li  dicti  secundi  quatru  misi. 

Et  primo  mi  mectu  per  exitu  unzi  vintiquatro  tari  tri  gra- 
na vij  Vg  li  quali  mi  ritegnu  in  parti  di  satisfacioni  di  la  summa 
di  li  unzi  duichentu  chinquanta  ki  imprestay  a  la  regia  curti  ad 
racionem  di  grana  dui  dinaru  unu  et  mezu  per  libra  per  lu  la- 
vuri predictu  sive  oz.  xxiv  tr.  iij 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  quaranta  consignati  a  la  nobili 


k 


558  MISCELLÀNEA 


chitati  di  missina  videlicet  inizi  trentanovi  tari  sey  ad  misseri 
bartholomeu  loinbardu  et  tari  vintequatru  a  li  deputati  di  la  ina- 
rainma  di  la  dieta  chitati  ad  compliinentu  di  unzi  septanta  per 
la  gracia  di  li  tri  milia  libri  ki  liavi  la  dieta  chitati  siipra  la  dieta 
sicla  prò  anno  presenti  decime  indictiouis  comu  appari  per  una 
apoca  facta  per  mann  di  notaro  santoni  azarellu  die 
si  ve  oz.  xL  tr.      g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  anzi  cheutu  consignati  ad  misseri 
angelu  maza  per  norau  et  parti  di  sua  mugleri  heredi  di  quondam 
chiccn  Cam  pula  ac  eciam  heredi  di  sua  matri,  li  quali  su  per  ri- 
scactitu  di  la  pignorucioni  di  la  sicla  di  la  summa  la  quali  par- 
ticipavanu  in  la  dieta  pignoracioni  in  unzi  diiichentu,  per  viguri 
di  una  commissioni  per  lu  Signuri  viceré  a  mi  tkcta  data  panormi 
die  junii  none  indictionis  cussi  comu  appari  per  una  apoca 

facta  per  manu  di  notaro  santoru  azarellu  die  per  lu  bancu 

di  mincttu  mirulla  sive  oz.  e  tr.      g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  nonaginta  consignati  a  lu  no- 
bili jacobu  saccanu  procuraturi  di  madonna  mincha  di  lanza  mu- 
gleri di  misseri  blascu  lanza  li  quali  vsu  per  riscaptitu  di  la  pi- 
gnoracioni di  la  sicla,  la  quali  partecipa  in  unzi  duichentu  per 
vigori  di  la  supradicta  mia  (commissioni  data  panormi  die  ut  supra  , 
comu  appari  per  una  apoca  facta  per  manu  di  notaro  santoru 
azarellu  die  sive  oz.  xc  tr.      g. 

IBSUS 

Introytus. 

Lu  iutix)ytu  et  exitu  di  lu  lavuri  di  li  pichuli  facti  in  lannu 
decime  indictionis  presentis  di  li  terzi  et  ultimi  quatru  mesi  di 
la  dictu  annu  videlicet  di  mayu,  Jugnu  ,  jugnectu  ,  et  augusta  , 
per  mi  lohanni  di  lu  Judichi  caboUotu  di  la  dieta  regia  sicla 
comu  si  conteui  per  lu  supradictu  contractu  factu  a  missina  per 
manu  di  notaro  andrea  di  aprea  olira  aecundo  septembris  none 
indictionis  ut  supra  apparot. 

lu  li  dicti  ultimi  quatro  misi  anni  x  indictiouis  foru  lavurati 
in  \a  dlcttt  regia  siC/la  libri  ottumilia  chentu  sidichi  di  pichuli 
coma  appari  partieularimenti  per  li  libri  di  li  cridinzeri,  ki  a 
Ia  predicta  raxuni  di  tari  una  gnma  ij  per  libra  di   li    «inali   su 


MISCELLANEA  539 


tinutu  dari  cunctu  imiDtanii  uuzi  colxxxxvij  tari  xvij  grana  xij  , 
et  pero  mi  mectu  li  dicti  uuzi  cclxxxxvij  iu  li  quali  la  regia 
curti  per  la  sua  rata  ki  concurri  in  lu  prezu  di  li  uuci  MM  ki 
fu  vinduta  la  sikia  participa  per  unzi...  licet  ki  in  li  secundi 
(juatro  misi  di  lannu  predicto  participassi  iu  uuci...  ca  prolude 
sindi  arriccattau  unci  clxxxx  da  li  personali  comu  appari  in  lu 
exito  di  li  dicti  secundi  quatro  misi  iu  dui  i)artiti,  et  li  personali 
concurriuo  per  lu  restanti  in  unci        tari        grana  si  ve 

-  oz.  ccLxxxxvij  tr 

EXITUS. 

Lu  exitu  di  lu  lavuri  di  li  pichuli  di  li  supradicti  teizi  et  ul- 
timi quatru  misi. 

Et  primo  mi  mectu  per  exitu  unzi  quatru  tari  vinti  per  lu 
ultimu  terzu  di  lu  nobili  stephanu  crisatt  mastru  di  la  proba  di 
la  dieta  regia  sicla ,  di  lu  predictu  aniiu  decime  indictionis  sive 

oz.  iiij  tr.  XX  g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  quatru  per  lu  ultimu  terzu  di 
lu  dictu  annu  di  lu  soldu  di  lu  nobili  antoni  di  san  tu  sepulcru 
unu  di  li  cridinzeri  di  la  dieta  sicla  sive        oz.  iiij  tr.        g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  (piatru  per  lu  ultimu  terzu  di 
lu  dictu  annu  di  lu  soldu  di  lu  nobili  jacobu  insigneri  unu  di  li 
cridinzeri  di  la  dieta  sicla  sive  oz.  iiij  tr.      g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  sey  tari  vinti  per  la  ultima  terza 
di  la  gracia  di  lu  nobili  alfonsu  di  stayti  per  lannu  predictu  di 
la  summa  di  li  uuzi  vinti  ki  ha  vi  supra  la  dieta  regia  sicla  sive 

oz.  vj  tr.  XX  g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  vintichinqui  tari  vintitrì  grana 
XV  et  su  per  interessi  di  cantara  trentadui  rotula  vintiquatro 
di  rami  per  lu  dictu  lavuri  ad  racionem  di  tari  vintiquatro  per 
cantaro  oz.  xxv  tr.  xxv  g.  xv 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  chentu  dui  tari  dechinovi  grana 
xviiij  dinari  iiij  per  interessi  di  libri  ducheuto  chiquanta  una  uuci 
declii  sturlinghi  x  di  argentu  ki  su  stati  lavurati  a  lu  dictu  la- 
vuri ad  racionem  di  tari  dudichi  grana  chinqui  <linari  dui  et 
mezu  per  libra  ultra  lu  prezu  stabilitu  per  la  regia  curti  ab 
antiquo  lu  «piali  era  ad  unza  mia  tari  vintechinqui  grana  octu 
dinari  tri  et  unu  quartu  sive  oz.  cij  tr.  xviiij  g.  x 


540  MISCELLANEA 


Item  mi  mectu  per  exitu  nir/A  vintisetti  tari  dui  li  quali  mi 
ritegnu  per  la  mia  cabella  per  hi  dictu  lavuri  ad  racionem  di 
grana  dui  per  libra  sive  oz.  xxvij  tr.  ij.  g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unci  quatro  per  lultimu  terzu  di  la 
gracia  ki  fu  di  quondam  cola  guarnera    li  quali    spectanu    a  la 

regia  corti  et  faczu  mindi  introytu  folio et  icza  mindi  faczu 

exitu  lu  quali  est  comuni  a  li  personali  e  a  la  curti  oz.  iiij  tr. 

IBSUS 

Racio  di  li  spisi  minuti  seu  extraordinarii  facti  in  li  dicti 
terzi  et  ultimi  quatru  misi  di  lu  dictu  annu  decime  indictionis 
per  lu  dictu  lavuri  di  la  regia  sicla  predicta. 

Item  a  di  xj  madii  decime  indictionis  per  portatura  di  cautara 
dechi  rotoli  octanta  ad  racionem  di  grana  dui  et  mezu  per  can- 
taru  tari  unu  et  grana  septi  et  mezu  sive  (1)  oz.       tr.  j  g.  7  Va 

Item  per  unu  cantaru  grandi  per  la  funditura,  grana  chinqui 
sive  oz.      tr.       g.  v 

Item  a  di  dicto  per  fari  anictari  la  funditura  quandu  si  dir- 
rupau  per  dui  homini  ki  anictaru  per  putiri  murari  lu  muru  tari 
unu  et  grana  dechi  sive  oz.      tr.  j  g.  x 

Item  a  di  xii  dicto  per  portatura  di  cantara  quatru  di  rami 
grana  dechi  sive  oz.       tr.       g.  x. 

Item  a  di  xiiij  dicto  per  unu  manicu  di  lignu  per  la  padella 
di  antoni  carachulu  grana  dechi  sive  oz.      tr.       g.  x. 

Item  a  di  dicto  per  inca  et  chira  russa  per  sigillari  li  sachi 
di  li  dinari  cungnati  quandu  li  rendiuu  li  cugnaturi  grana  dudi- 
chi  sive  oz.      tr.      g.  x... 

Item  a  di  dicto  per  conzari  li  cavalluzzi  di  li  mantichi  a  la 
funditura  nova  a  mastru  andria  galifu  tari  unu  sive  oz.  tr.  j  g. 

Item  a  di  dicto  per  unu  pam  di  cannola  di  ferru  per  li  man- 
ticlli tari  unu  sive  oz.      tr.  J  g. 

Item  per  tri  pali  di  ligiMi  ptT  pigliari  carbuui  grana  quindi- 
cbi  «ive  oz.      tr.     g.  xv. 

Item  »  di  xvij  inadii  per  uuu  chintinaru  di  scupi  per  la  fun- 
ditura tari  due  hìvc  oz.       tr.  ij  g. 

Item  a  di  dicto  jier  aiintlatura  di  la  gisura  grandi  a  nardu  bar- 


(1)  QnflRtn  piutitii    vt'iifHÌ  Ufi  t4-Ht(i  Miiiiullata. 


MISCELLANEA  541 


beri  tari  unii  si  ve  oz.      tr.  j  g, 

Item  a  di  dicto  per  dui  cuchari  di  ferru  di  ministrari  rami  da 
mastru  fidericu  firraru  tari  quatru  sive  oz.      tr.  iiij  g. 

Iteui  a  di  dicto  per  vij  pi  uni  di  rami  per  1^  banca  et  per  con- 
zari  dui  antri  para  di  bilanzoli  da  simento  a  caninu  tari  unu  et 
grana  quatordichi  sive  oz.      tr.  j  g.  xiiij. 

Item  a  di  dicto  per  untimi  per  li  petri  undi  si  gecta  la  rami 
quandu  si  fundi  tari  chinqui  sive  oz.      tr.  v  g. 

rtem  per  chinqui  ferri  per  li  petri  undi  si  gecta  la  rami  ad 
racionem  di  grana  cinqui  per  unu  da  binidictu  silevi  tari  unu  et 
grana  chinqui  sive  oz.       tr.  j  g.  v. 

Item  a  di  dicto  abenki  fussi  statu  innanti  per  dui  mastri  i)er 
murari  la  funditura  nova  tari  dui  et  grana  dechi  sive  oz.    tr.  ij  g.  x. 

Item  a  di  primo  junii  per  amolatara  di  la  gisura  grandi  a  nardu 
barberi  per  dui  volti  tari  dui  sive.  oz.       tr.  ij  g. 

Item  a  di  dicto  per  dui  chavi  per  li  catinazi  di  lu  blankimentu 
et  di  la  carbunara  grana  octu  sive  oz.      tr.      g.  viij. 

Item  a  di  tri  junii  per  dui  ferri  i)er  li  petri  undi  si  gecta  la 
rami  da  leoni  judeu  grana  dechi  sive  oz.       tr.       g.  x. 

Item  a  di  quinto  dicto  per  una  corda  per  lu  puzu  pisau  rotoli 
chinqui  da  mastru  nardu  curdaru  ad  racionem  di  grana  dechi  per 
rotolo  summa  tari  dui  et  grana  dechi  sive  oz.       tr.  ij  g.  x. 

Item  a  di  xiij  junii  per  couzari  li  mantichi  a  mastru  antoni 
di  rosa  et  per  coyra,  perni,  et  stuppalori  tari  chinqui  sive 

oz.      tr.  V.  g. 

Item  a  di  xiij  iunii  per  amolatura  di  la  gisura  grandi  a  nardu 
barberi  tari  unu  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  dicto  a  Joseph  judeu  per  conza  di  la  ganga  di  la 
gisura  grandi  ki  era  ructa  tari  unu  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  dicto  per  una  cuchara  per  ministrari  rami  da  fride- 
ricu  firraru  tari  dui  sive  oz.      tr.  ij  g. 

Item  a  di  xv  dicto  per  una  canna  di  cannavazu  per  fari  ma- 
niki  a  lu  fundituri  tari  unu  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  dicto  per  quatru  cuchari  di  ferru  di  ministrari  rami 
da  mastru  fridericu  firraru  ad  racionem  di  tari  dui  per  una  sum- 
ma tari  octu  sive  oz.      tr.  viij  g. 

Item  per  quatru  cha vieti  grana  chinqui  sive  oz.      tr.      g.  v. 

Item  a  di  dicto  per  dui  padelli  di  rami  di  ricochiri  li  dinari 
dà  mastru  uicola  muUica  pisaru  rotoli  undichi  ad  racionem  di  tari 


542  MISCELLANEA 


dui  per  rotolo  suniuia  tari  vintedui  sive  oz.       tr.  xxij  <i. 

Itein  a  di  dicto  per  quatru  bachiletti  di  rami  per  la  banca  di 
hi  dictii  raastru  iiicola  iniillica  pisani  rotoli  dui  ad  racionem  di 
tari  dui  per  rotolo  suinina  tari  qiiatrn  sive        oz.       tr.  iiij  g. 

Item  a  di  tri  julii  per  una  risima  di  carta  di  and  rea  di  agro 
per  la  banca  tari  chinqui  et  urana  dechi  sive    oz.       tr.  v.  «j. 

It^m  a  di  dicto  per  aiuolatura  di  la  liisnra  grandi  a  nardu 
barberi  tari  unii  sive  oz.       tr.  J  g. 

Item  a  di  dicto  per  conzari  li  tiuagli  di  ribuari  di  iiiuni  buc- 
cularu  et  per  chova  per  chavari  la  padella  di  lu  dictn  grana  qua- 
tordichi  sive  oz.       ti.       g.  x 

Item  a  di  vii  iulii  per  amolaturi  di  la  gisura  grandi  a  nardu 
barberi  tari  uno  sive  oz.       tr.  j  g. 

Item  a  di  septimo  jnlii  per  una  chavatura  per  la  caxa  di  unu 
di  li  cridenzeri  per  tiniri  li  scri])turi  da  liuui  iudeu  grana  dudi- 
chi  sive  oz.      tr.      g.  xij. 

Item  a  di  dicto  per  rotolo  unu  et  uuzi  octu  di  chova  di  rami 
per  cliavari  li  i>adelli  ad  tari  dui  ])er  rotolo  da  pinu  carbuni  sum- 
ma  tari  dui  et  grana  decJii  et  mezu  sive         oz.       tr.  ij  g.  x  '/j. 

Item  a  di  vii]  dicto  per  conzari  dui  ])ara  «li  tiuagli  i)icliuli  di 

ricarcari  di  barnni  da acavinu  Judeu  grana  (luatordiclii  sive 

oz.       tr.       g.  xiiij 

Item  a  di  dicto  per  conzari  li  tiuagli  ki  si  fundi  a  sefu  iu- 
deu cum  lu  coyru  so  tari  unu  sive  oz.       tr.  J  g. 

Item  a  di  dicto  per  carriki  «juindichi  di  tena  la  funditura  quan- 
dn  si  couza  da  placitu  di  tarantu  tari  octo  si  vi'    oz.       tr.  viij  g. 

Itcìii  a  di  viiij  dicto  per  conzari  sey  canali  di  li  i>ctri  sui)rani 
ki  si  fundi  videlicet  nudi  si  gecta  la  rami  a  mastru  lìiartiuu  ma- 
znni  ad  racionem  di  grana  octu  per  peozu  tari  dui  et  grana  octu 
Bive  oz.       tr.  ij  g.  viij. 

Item  a  di  xij  dicto  per  leni  sey  per  li  ])etri  ki  si  fundi  da 
binidictu  salem  ad  racionem  di  grana  chinqui  per  pezu  tari  uno 
et  grana  dechi  sive  oz.      tr.  j  g.  x. 

It«Mn  a  di  XX  dicto  per  una  «havi  per  la  caxa  nudi  si  teninu 
li  ferri  di  li  pichidi  (piandn  spachanu  li  tugnaturi  vi  per  portari 
li  mantichi  u  la  iu<leca  grana  octu  8ive  oz.      tr.      g.  viij. 

Item  a  di  xxj  dict^)  a  ma«tru  antoni  per  schavari  li  mantichi 
et  furili  conzari  ki  cranu  guastati  tari  unu  et  ftrana  chinqui 
•ive  oz.      tr.  j  g.  V. 


MISCELLANEA  543 


Iteiii  a  di  xxj  iulii  per  portatura  di  caiitara  qnatrii  di  rami 
ad  racionem  di  grana  dui  et  ineza  per  cantaru  j>Taiia  dechi  sive  (1) 

rtem  a  di  dicto  ])er  una  corda  per  li  inantichi  ki  teninu  li 
manu  quando  si  fundi  grana  decl>ise])ti  et  raezAi  sive  oz.     tr.     g.... 

Iteni  a  di  octo  per  unu  rotolu  di  candili  di  cliira  da  cola  di 
castella  per  la  banca  tari  unu  et  grana  dechi  sive  oz.     tr.  j  g.  x. 

Iteni  a  di  xxviiij  dicto  per  una  chavi  per  una  caxa  di  li  ferri 
di  li  carrini  et  pichuli  grana  dechi  sive  oz.       tr.       g.  x. 

Iteui  a  di  dicto  a  iosep  iudeu  per  conzari  la  ganga  di  la  gi- 
tìura  grandi  grana  dechi  sive  oz.       tr.       g.  x. 

Itein  a  <li  dicto  per  quatru  ferri  per  li  petri  di  fundiri  da  bi- 
nidictu  sileni  ad  raxuni  di  grana  chinqui  per  pezu  tari  unu  sive 

oz.       tr.  j  g. 

Iteni  a  di  ultimo  .julii  ])er  innolatura  di  la  gisura  grandi  dui 
volti  a  nardu  barberi  tari  dui  sive  oz.       tr.  ij  g. 

Iteni  a  di  secundo  augusti  i)er  unu  ferru  et  i)er  certi  perni  da 
iosep  romanu  i)er  conzari  li  inantichi  di  la  fundilura  tari  unu 
et  grana  chinque  sive  oz.       tr.  j  g 

Itein  a  di  dicto  a  ximeoni  judeu  per  chavari  li  dicti  nmntichi 
di  la  fundituia  di  la  rami  grana  dechi   sive         oz.       tr.       g.  x. 

Item  a  di  (plinto  dicto  per  amolatura  di  la  gisura  grandi  tari 
unu  sive  oz.       tr.  j  g. 

rtem  a  di  xj  dicto  ])er  sponzi  per  axiicari  li  dinari  quandu  si 
blanhissino  tari  unu  sive  oz.       tr.  J  g. 

Item  a  di  xiij  augusti  a  Ha  susi  per  fari  dui  gangli  novi  di 
la  gisura  grandi  et  per  fondari  li  braza  a  tri  |)arti  tari  vintidui 
sive  oz.      tr.  xxi.i  g. 

Tteni  a  di  xxv  augusti  i>er  una  chavi  per  lu  catinazu  di  la 
carbunara  grana  chinqui  sive  (1)  oz.       tr.       g.  v. 

rtem  a  di  dicto  per  conza  di  li  mantichi  a  mastra  antoiii  di 
rosa  tari  dui  sive  oz.       tr.  ij  g. 

Item  a  di  dicto  i)cr  unu  crivu  per  <'herniri  la  terra  grana  octu 
sive  oz.       tr.       g.  viij. 

Item  a  di  dicto  i)er  tri  i)ara  di  gisuri  pichuli  per  li  atìlaturi 
ad  racionem  di  tari  unu  et  grana  quindi<"hi  per  i)ara  sumnui 
tari  chinqui  et  grana  chinqui  sive  oz.       tr.  v  g.  v. 

Item  a  di   dicto  per  novi  perni  per  li  altri  gisuri  per  li  alila- 


(1)  Questa  partita  nel  testo  trovasi  aunuUata. 


544  MISCELLANEA 


turi  tari  unii  et  grana  dechi  sive  oz.      tr.  j  g.  x. 

Item  a  di  dicto  a  lia  siisi  per  conza  di  In  manicu  di  la  i)adel- 
la  di  optavianu  saccu  grana  quindichi  sive        oz.      tr.      g.  xv. 

Iteni  a  di  dicto  per  conza  di  la  gisiira  grandi  a  uardu  barbe- 
ri tari  unii  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  xvij  dicto  per  conza  ri  dui  taglaturi  di  taglari  ar- 
gentii  a  sioinioni  Judeii  grana  chinqui  sive        oz.      tr.      gr.  v. 

Item  a  di  xx  dicto  per  iinu  raanicu  di  la  padella  di  rico(;biri 
li  dinari  di  angelu  murtilliti  pisaii  rotoli  dui  et  niezu  da  lia  pi- 
chuni  tari  unu  et  grana  dechi  sive  oz.       tr.  j  g.  x. 

Item  a  di  dicto  per  dui  cuchari  da  raastru  fridericu  iirraru  cum 
li  manichi  di  la  ciirti  ad  racionein  di  tari  dui  per  una  ,  tari  qua- 
tru  sive  oz.      tr.  iiij  g. 

Item  a  di  xxv  augusti  per  una  bilanza  per  li  afilaturi  da  si- 
mento  iudeu  grana  quindichi  sive  oz.       tr.      g 

Item  a  di  dicto  per  quatrii  ferri  per  li  petri  di  fundiri  tari  unu 
sive  (1)  oz.      tr.  J.  g. 

Item  a  di  dicto  per  una  tagla  inbronzata  per  lu  piiczu  da 
mastru  andria  galifu  tari  quatrii  sive  oz.      tr.  iiij  g. 

Item  a  di  xxv  dicto  per  una  chavi  per  hi  catinazu  di  la  car- 
bunara  grana  chinqui  sive  oz.       tr.      g.  v 

Item  a  di  xxx  dicto  per  quatru  ferri  per  li  petri  di  fundiri 
da  binidictiu  sileni  ad  racionem  di  grana  chinqui  per  ferru  sum- 
ma  tari  una  sive  oz.      tr.  j  g. 

Item  a  di  dicto  per  anictari  la  funditura  ad  unu  jiideii 
grana  chinqui  sive  oz.      tr.      g.  v. 

Item  a  di  dicto  per  amolatura  di  la  gisura  grandi  dui  yolti 
luna  a  di  xxviiij  dicto  et  laltra  a  di  ut  su[)ra  a  tari  unu  per 
volta  da  nardu  barberi  tari  due  sive  oz.      tr.  ij  g. 

Item  a  di  dicto  i)er  fari  anictari  la  funditura  di  ])etri  et  terra 
a  simioni  iudeu  tari  unu  et  grana  chinqui  sive   oz.      tr.      g.  v 

Item  per  portatura  di  cantara  xxxy  di  rami  tari  dui  et  grana 
dechi  sive  (2)  oz.      tr.  iJ  g.  x 

Item  a  di  dicto  per  una  rotolo  di  corda  per  li  manticlli  grana 
«ctu  sive  oz.      tr.      g.  vii 

Item  adi  dicto  per  «Icclii  ferri   per  li  petri  <Ii  fiiiKliri  da  xibitel- 


(1)  QticMta  piirtita  troviuù  nel  testo  auuiillata. 

(2)  Idem. 


MISCELLANEA  546 


ì 


la  tari  dui  et  grana  dechi  sive  oz.       tr.  ij  g.  x 

Item  a  di  dicto  per  sey  ferri  per  li  potri  di  tundiri  da  bini- 
dictu  iiideii  tari  uiiu  et  grana  dechi  sive    .  oz.       tr.  j  g.  x 

Iteui  mi  uiectu  per  exitu  uuza  ima  per  lu  ultimu  terza  di  lu 
loheri  di  hi  dictii  aunn  ]h'v  la  casa  di  saiictu  franchiseli  ad  opn 
di  la  dieta  siela  sive  oz.  j  tr.       g. 

Item  mi  inectu  per  exitu  tari  dechi  per  lu  ultimu  terza  di  lu 
]>redicta  annu  <li  la  casa  di  sanctu  ])lacitu  ad  o])u  di  la  dieta 
sicla  sive  oz.      tr.  x  g. 

Item  uii  mectu  per  exita  tari  dechi  per  lu  ultimo  terzu  di  lu 
dieta  annu  di  la  casa  di  antoni  crisafi  sive        oz.      tr.  x.  g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  tari  dechi  et  su  per  la  ultimo  terzu 
di  lu  lueri  di  una  di  li  casi  di  la  dieta  sicla  undi  sta  lu  guar- 
diana di  la  dieta  sicla  oz.      tr.  x  g. 

Introytus 

La  introytu  spectanti  a  la  Regia  curti  di  lu  lavuri  di  li  dicti 
ultimi  quatru  misi  di  lu  dictu  annu. 

Et  facta  compensacione. 

oz.      Ixxxv  tr... 
la  eurti  partihipa  per  unci  1440. 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  vinctisetti  tari  dui  per 
lu  lavui'i  predictu  di  li  grana  dui  i)er  libra  rieaptati  da  la  here- 
dità  di  quondam  misseri  masi  romanii  sive    oz.  xxvij  tr.  ij  g. 

Item  mi  mecta  per  introytu  unzi  tri  tari  undichi  grana  dechi 
per  lu  lavuri  predieta  per  lu  dinarii  iinu  et  mezu  per  libra  ri- 
captati  di  misseri  masi  de  gregoli  di  la  sumnia  di  li  grana  dui 
l)er  libra  ki  havi  lu  dictu  uìisseri  masi  per  chascuna  libra   sive 

oz.  iij  tr.  xi  g.  x. 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  chento  quatordiohi  tari  iiij 
per  lu  lavuri  predictu  di  la  raxuni  di  lu  sturlingu  una  et  mezu 
eciualatu  a  lu  interessi  di  hi  argentu  et  di  la  rami  ad  racionem 
di  grana  chinqui  dinari  tri  et  quarti  tri  per  sturlingu  ki  veni 
per  chintinaru  di  libri  unza  una  tari  dudichi  grana  tri  dinari 
quatru  et  mezu  sive  oz.  cxiiij  tr.  iiij  g. 

item  mi  mectu  per  introytu  unci  quatru  li  quali  su  di  lui- 
timo  terzu  di  la  gracia  di  quondam  cola  guarnera  li  quali  spec- 


546  MISCELLANEA 


tanu  u  la  regia  ciirti  li  «inali  mi  pervinniru  <la  li  introyti  di  la  si- 
cla  di  hi  coiiuini  folio  o/.  iiij  tr. 

Iteuj  mi  mectii  per  introytii  anzi  novi  tuii  unu  <;rana  ij  i^er 
lu  laviiri  di  lohaiini  antoiii  rizu  di  la  niximi  di  li  grana  quatru 
per  libra  ricaptati  per  la  regia  ciirti  tli  la  heredità  di  quondam 
misseri  masi  rouiano  et  di  misseri  masi  di  gregoli  per  libri  milli 
trichento  Lv  ki  su  stati  lavurati  in  li  dicti  ultimi  quatru  misi  di 
lu  dictn  auQU  si  ve  oz.  viiij  tr.  j  g. 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  dichinovi  tari  uno  grana  xv 
per  la  raxuni  di  lu  sturlingu  unu  et  mezu  ])er  libra  equalatn  ut 
supra  per  lu  lavuri  di  lu  dictu  lohanni  antoni  rizu  ad  racionem 
di  grana  chinqiii  dinari  tri  et  quarti  tri  per  sturlingu  sive 

oz.  xviiij  tr.  j  g... 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  novi  tari  viij  grana  x  per 
lu  lavuri  di  lu  tiglu  di  misseri  matheu  rauleti  di  la  raxuni  di 
li  grana  quatru  per  libra  ricaptati  di  la  heredità  di  quondani 
misseri  masi  romanu  et  di  misseri  masi  di  gregoli  per  libri  milli 
trichencto  LxxxxiiVj  lavurati  in  li  dicti  ultimi  quatru  misi  di  lu 
dictu  annu  sive 

oz.  viiij  tr.  viij.  g.  X. 

Item  mi  mectu  per  introytu  unzi  xviiij  tari  xvii  grana  x  per 
la  raxuni  di  lu  sturlingu  unu  et  mezu  equalatn  ut  supra  per 
In  lavuri  predictu  di  misseri  matheu  muleti  ad  racionem  di  giana 
chin<iui  dinari  tri  et  <|uar(i  tri  per  libra  sive 

oz.  xviiij  tr.  xvij  g.  X. 

Item  mi  mectu  per  introytu  un(!Ì  vinctichinciui  tari  vij  per 
raxuni  <li  lu  sturlingu  unu  et  mezu  di  argento  lino  spectanti  a 
la  regia  curti  per  libri  luilli  ottuchenctn  vinctinnu  di  pi(;hnli  la- 
vurati hoc  anno  x  indictionis  ])er  lu  rifachiraentn  di  la  assigna- 
cioni  et  gracia  di  In  (iglu  di  misseri  macten  muleti  et  Tohannì 
antimi  riczo  anni  noni'  indi<-tionis  in  virtuti  di  unu  coniaiula- 
nientn  di  lu  signnri  vice  Re  datiuni  panormi  die  viiij  indic- 

fionJH  li  (piali  libri  MIXUM^XXI  ad  raxuni  di  grana  v  dinari  iij 
«piarti  tri  di  diiiani  per  sturlingn  sniiiano  li  dicti  unzi  xxv 
tari  vi)  Hive  oz.  xxv  tr.  vij  g. 

Item  mi  mectu  j)er  introytu  unci  «Indichi  tari  iii^j  grana  iiij 
et  HU  per  li  grana  iiij  p«M-  libri  ki  si  ris<>,a«;taii  la  n'gia  cnrti 
vid«  licet  grana  dui  di  li  «m'imIì  di  ipiondani  iiiìms«m'Ì  masi  romano 
et  grana  dui  «li  misseri  uiuhì  di  gregoli    jter  li    snpradicti    libri 


MISCELLANEA  547 


MDCOCXXI  couteuti  et  declarati  in  la  precedenti  proxima  par- 
tita 8ive  oz.  xij  tr.  iiij   g.  iiij 

EXITUS 

Lu  exitii  di  lu  introytu  spectanti  a  la  regia  curti  di  la  refor- 
macioni  di  li  dicti  ultimi  qiiatru  misi  dicti  anni. 

Et  primo  mi  mectu  per  exitu  unzi  chinquanta  pagati  a  la  he- 
redità  di  (luondam  chiccu  cauipulu  i)er(ionali  di  la  dieta  Regia 
«icla  la  quali  participa  in  certa  su  «ima  in  la  pignoracioni  pre- 
dieta  di  li  dui  milia  unzi  predicti  per  viguri  di  la  dieta  mia  com- 
missioni viceregia  cussi  comu  appari  per  viguri  di  una  apoca  tacta 
per  manu  di  notaro  santoru  azarellu  predictu  die 
si  ve  oz.  L  tr.      g. 

Iteni  mi  mectu  per  exitu  unzi  chinciuanta  pagati  ad  misseri 
lolianni  di  gregoli  uuu  di  li  percioiuili  di  la  dieta  sicla  In  quali 
participa  in  unzi  chentu  in  la  dieta  pignoracioni  di  la  dieta  sicla 
per  viguri  di  la  dieta  mia  commissioni  viceregia  cussi  comu  ap- 
l)ari  per  uua  apoca  faeta  mauu  notaro  santoru  di  azarello  predicti 
olim  die  sive  oz.  L  tr.       g. 

Item  mi  mectu  per  exitu  unzi  trenta  tari  tridichi  et  grana 
declii  li  ((uali  mi  ritegnu  in  parti  di  satisfacioni  di  In  meu  in- 
[>restitu  di  la  summa  di  li  unzi  duichentu  cheiuiuanta  ki  ])restay 
a  hi  regia  cinti  siv(!  ad  racioiiem  di  grana  ij  dinari  J  */2  [)er  li 
bra  oz.  xxx  tr.  xiij  g.  x. 


(Voi.  dei  «  Conli  della  Zecca  di  Messina  n.  1,  10  ind.  1461-62,  12   in 
1463-64  »). 

Benef.  Ignazio  Di  Matteo 


UNA  LETTERA  DI  GIOACCHINO  MURAT 

AL  COMANDANTE  MICHEROUX 


Sfiaj^uiate,  lìcic  vir.ciule  travagliarono  l'Italia  tra  la  lìue  del 
secolo  XVIII  e  il  jn'incipio  del  XIX.  La  rivoluzione  francese  ac- 
cendeva la  guerra  in  Italia  ,  e  la  venuta  al  1796  di  Napoleone 
Bonaparte  pareva  die  le  desse  fine  con  la  pace  di  Oauipoforniio. 
Ma  la  spedizione  di  Napoleone  in  Egitto  e  l'eccessivo  predominio 
della  Repubblica  Francese  facevano  stringere  al  1799  la  seconda 
lega  dell'Europa. 

In  questa  occasione  re  Ferdinando,  IV,  111  e  I,  sperando  di  es- 
sere più  fortunato  di  quando  al  1798  era  cacciato  dallo  Chani- 
pionnet,  mandava  a  Roma,  a  30  settembre  1799,  un  nuovo  esercito, 
nel  quale  erano  parecchi  dei  briganti,  che,  guidati  dal  Cardinale 
Ruffo,  lo  aveano  fatto  tornare  in  Napoli.  Cosi  ora  ,  dopo  che  il 
Melas  e  il  Suworow  avevano  costretto  il  Massena  a  chiudersi  in 
Genova,  ei  si  credeva  sicuro  di  riuscire  nell'impresa. 

Ma  il  fatale  Napoleone,  lasciando  l'Egitto  ,  con  un  colpo  di 
stato  facevasi  Primo  Console  ,  e  passando  le  xilpi,  con  la  sola 
battaglia  di  Marengo  ,  a  14  giugno  1800  ,  sgomentava  i  nemici 
sì  che  la  seconda  lega  europea  doveva,  come  al  1797  ,  pensare 
alla  pace;  e  la  pace  infine,  dopo  vane  speranze  e  incalzanti  timori, 
si  sottoscriveva  a  Lunéville  il  9  febbraio  del  1801.  In  questa  oc- 
casione gì'  indugi  non  nocevano  all'Austria  ,  che  otteneva  di 
rimanere  come  era  rimasta  con  la  pace  di  Cam|ioformio  ;  ma  re 
Ferdinando  delle  Duv,  Sicilie,  che  si  era  unito  alla  lega,  era  av- 
vilito dalla  paura,  e  bene  a  ragione;  che,  sventuratamente,  i  fran- 
cesi non  dovevano  fare  che  una  passeggiata  ]>er  tornare  a  Napoli. 
Però  egli  fu  salvat-o  dalla  regina  Maria  (.'arolina  ,  la  <|uale  ,  se 
nella  but)na  fortuna  spesso  imi)erversava,  nella  sventura  nmstra- 
vmì,  qiial  era,  di  animo  invitto.  Ella  si  rivolse  allo  Zar  Paolo  l, 
e  De  ott4;nne  valida  prot«>zione  :  il  I*rimo  (yonsole  non  voh'va  di- 
spiacere al  |)otcnte  sovrano  <lelia  Russia. 


MISCELLANEA  549 


Era  per  questo  che  il  generale  Gioacchino  Murat,  giusta  gli 

ordini  di  Napoleone,  scriveva  da  Foligno  al  generale  napoletano 
Damas,  che  si  trovava  a  capo  delle  milizie  in  Roma,  in  questi 
sensi  : 

«  L'affetto  dell'imperatore  di  Russia  per  il  re  di  Napoli  ha 
«  fatto  dimenticare  al  primo  console  tutte  le  ingiurie  di  quel  re 
«  al  popolo  francese.  Ma  frattanto,  quasi  credendosi  piìi  forte 
«  degli  altri  principi  che  han  cercato  nella  pace  la  salvezza  de' 
«loro  troni,  è  rimasto  in  armi:  si  disinganni.  E  voi  ,  generale 
«  dell'esercito  napoletano,  sgombrate  subito  gli  Stati  del  papa  e 
«  il  castello  Santangelo.  Il  primo  console  mi  vieta  di  negoziare 
«  prima  che  non  siate  tornati  nei  confini  del  regno.  Non  le  vostre 
«  armi^  non  il  vostro  contegno  militare,  il  solo  imperatore  delle 
«  Russie,  per  la  onorevole  stima  che  il  primo  console  a  lui  porta, 
«  può  proteggere  il  vostro  re,  il  quale  per  meritarsi  la  continua- 
«  zione  delle  grazie  di  quel  monarca,  impedisca  i  porti  delle  Due 
«  Sicilie  alle  navi  inglesi,  e  metta  embargo  (il  sequestro)  su  le 
«  presenti,  a  ricompensa  di  ciò  che  la  Inghilterra  fece  ingiusta- 
«  mente  sopra  i  Danesi,  gli  Svedesi  ed  i  Russi.  Fate  che  l'am- 
«  basciatore  delle  Russie  presso  la  vostra  corte  certifichi  a  me 
«  l'adempimento  dei  preliminari  che  qui  ho  fissi;  e  solamente  al- 
«  lora,  trattenendo  il  cammino  dell'esercito,  fermerò  con  voi  giusto 
«armistizio,  precursore  di  pace  uguale»  (1). 

Dopo  ciò  il  colonnello  Micheroux  si  recava  a  Foligno  per  ob- 
bedire, sventuratamente,  a  ciò  che  imi)oneva  il  Murat.  Ma  in- 
tanto s'indugiava  ancora  ;  e  re  Ferdinando  sperava  sempre  in 
Fra  Diavolo;  quindi  il  Murat  dirigeva  le  sue  lagnanze  al  prin- 
cipe di  Cassaro,  che  allora  si  trovava  primo  ministro  di  Re  Fer- 
dinando; e  il  principe  di  Cassaro  subito  rispondeva  (2). 

Chi  legge  queste  due  lettere  (3)  si  spiega  bene  il  tono  altez- 


(1)  Colletta.  Storia  del  reame  di  Napoli.  Capolago  ,  1845,  tomo  II, 
pagg.  224  e  225. 

(2).  La  lettera  del  Murat  è  datata  a  Firenze  il  2  agosto  1801,  e  la 
risposta  è  del  5  successivo  :  lo  stesso  giorno,  evidentemente,  in  cui  dovette 
arrivare  in  Napoli. 

(3)  Si  ripubblicano  queste  due  lettere  ,  die  furono    pubblicate  per  la 

Arch.  Star.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  86 


550  MISCELLANEA 


zoso  del  Miirat,  il  quale  sembra  minacci  con  ogni  parola  ;  e  si 
spiega  meglio  il  tono  rassegnato  della  risposta. 


prima  volta  dal  prof.  Francesco  Guardione  in  Gioacchino  Murai  in  Italia. 
Palermo  Alberto  Reber,  1899,  pagg.  135  a  138. 

Lettera  autografa  di  Gioacchino  Murat  (1) 


LlBERTÉ  EgALITÉ 


Au  Quartier  General  de  Florence. 

le  14  Thermidor  an  9  (2)  de  la  Eep.  Franf. 


Le  General  en  Chef  de  VArmée  d^ Obaervation  du  Midi. 

A  Son  Excellence  Monsieur  le  Prince  de  Cassaro. 

Primier  Ministre  de  sa  Majesté  Roi  des  deiix  Sciciles. 

J'ai  eu  L'  honneur  de  deraander  a  vòtre  excellence  ,  par  ma  Lettre 
da  15  messidor  (3) ,  les  Equipages  des  frégates  desa  Majestè  Scicilienne 
ponr  les  ramener  à  Tarente  avec  promesse  deles  y  débarquer  et  de  les 
remettre  à  votre  disposition  ;  si  j'eu  ai  pas  du  m'  attendre  à  ce  que  ma 
proposition  fut  acceuillió  favorablement,  je  devois  au  moins  Compter  sur 
une  réponse. 

Aujourd'  huy,  on  me  rend  Compie,  qu'un  Batiment  Chargè  de  Muni- 
tiuns  pour  Tarente  a  re^u  l'ordre  «le  Relacher  à  Messine  et  dy  decharger 
wi  cargaison.  Le  Commendant  Dampicrre  a  viveraent  reclame  auprés  de 
votre  excellence  contre  cvA.  acte,  il  à  reclame  vainement,  et  s'est  bornó 
à  m'informer  de  ce  fait. 

Je  reclame  donc  de  votre  excellence  et  j'ose  esperer  que  je  ne  recla- 


(1)  Quevt»  lettoni  a  Ih  HOfcnonte  si  riproducono  Itiaoiaudo  non  corrntti  ^lì  orrori 
orto|{rntl(>i  ohe  ni  rinitoiitrnno  nei  tenti  orijiinali  di  osso.  conHfirvat«>  noi  R.  Archivio 
MI  Htato  in  Fai.kumo,   Hibliotoou,   Bacheca  della  prima  $lania,  dmi.  u.  33. 

l'i)  2  «gotto  1801. 

(8)  i   luglio. 


MISCELLANEA  551 


Però  si  noti  che  una  prima  lettera  era  stata  scritta,  il  10  giugno 
18ttl,  dal  Murat  al  comandante  Micheroux,  al  quale  dimostra  la  pro- 


nierai  pas  envain  qoe  non  seuleinent  ce  batiment  soit  envoyè  à  Tarente 
avec  ses  munitions  mais  encore  1'  entiere  et  pléine  execution  de  la  Con- 
vention arretée  entre  les  generaux  Soult  et  Bourgard  pour  1'  armement 
de  Tarente  nous  executons  ponctuellement  nos  engagements ,  j'  ai  donc 
le  droit  d'exiger  que  sa  Majestè  Scicilienne  fasse  executer  les  Siens. 

Craignant  que  cette  Lettre  n'eprouve  le  soit  des  autres,  cest  a  dire, 
qu'elle  reste  sans  réponse,  ce  que  ne  me  paroit  pas  decent,  je  demande 
officiellement  à  vótre  excellence  une  explication  positive  sur  le  Rèfus  que 
fait  la  Cour  de  Naples  à  faire  Executer  ses  engagements. 

Jeverrois  avec  douleur  se  dissoudre  ou  s'aflfoibler  Les  Lieus  qui  ont  rap- 
prochés  les  deux  gouvernements.  La  rèpublique  francaise  dèposa  sa  puis- 
sauce  en  faveur  de  la  Cour  de  Naples,  et  devint  de  Bonne  foi  son  amie; 
la  mauvaise  foi,  si  on  pouvoit  en  croire,  susceptible  la  Cour  de  Naples, 
rémettroit  la  foudre  entre  nos  mains. 

Je  prie  son  Excellence  de  Re^evoir  l'assurance  de  ma  consideration. 

Murat 

Minuta  di  lettera  del  Principe  di  Cassaeo 

I  dì  5  Agosto   1801  — 
Eccellenza 

Mi  è  pervenuta  la  pregiatissima  lettera  di  V.  E.  dei  14  Thermidor , 
con  la  quale  1'  è  piaciuto  di  onorarmi  ;  e  mi  fo  un  dovere  di  dargliene 
pronto  riscontro,  come  la  prego  di  esser  persuasa  che  avrei  ugualmente 
fatto,  quando  avessi  ricevuta  quella  dei  15  Messidor,  che  mi  ha  fatta  gra- 
zia di  accennarmi,  e  che  posso  ben'    assicurarla  di  non  aver  mai  avuta. 

Credo  iuutile  di  caricar  1'  E.  V.  di  dettagli  relativi  all'  oggetto  delle 
tre  Fregate  cedute  da  S.  M.  alla  Repubblica  Francese  fino  alla  Pace  Ge- 
nerale :  questo  affare  è  terminato ,  essendo  state  le  dette  Fregate  già 
consegnate,  giusta  il  modo  convenuto,  e  fissato  negli  articoli  segreti  del 
Trattato  di  Pace  ;  Le  debbo  però  dei  chiarimenti  sui  proposito  della  Barca 
carica  di  Munizioni  da  Guerra,  spedita  da  Napoli  per  Taranto,  e  ritenuta 
a  Messina,  non  sicuramente  per  volontà  del  Governo,  ma  soltanto,  per- 
ché non  può  dubitarsi,  che  la  medesima  uscendo  ora  da  quel  Porto,  per 
portarsi  al  suo  destino,  sarebbe  sicuramente  preda  degli  Inglesi,  che  scor- 


552  MISCELLANEA 


pria  sorpresa  nel  sapere    che    fosse   arrivato   con  tre  fregate  ad 
Ancona ,  mentre   che  era  stato  disposto  che  dovesse  arrivare  a 


rouo  quei  mari,  e  bloccano  così  strettamente  i  Porti  Napoletani  dell'  A-» 
(Iriatico,  che  sarebbe  ben  vano  il  Insiugarsi,  che  un  Bastimento  carico  di 
simili  generi,  potesse  pervenirvi. 

Fu  appena  fatta  la  convenzione,  per  ciò  che  riguardava  la  difesa  della 
Rada  di  Taranto,  che  il  Governo  Napoletano  ,  portando  in  questo  affare 
quella  istessit  lealtà,  e  quella  buona  fede,  che  è  la  compagna  inseparabile 
di  ogni  sua  azione,  si  dette  le  maggiori  premure  per  adempirne  le  condi- 
zioni :  Soltanto  l'indicata  Barca  è  8t«.ta,  per  le  sopra  esposte  ragioni  rite- 
nuta a  Messina  ;  ed  avendo  questo  sig.  Ambasciatore  Alquier  fatto  per 
ciò  delle  istanze  mentre  mi  feci  un  dovere  di  esporgli  i  veri  motivi  che 
ritenevano  la  Barca  medesima  in  quel  Porto ,  mi  affrettai  di  renderne 
intesa  S.  M.  in  Palermo,  d'onde  solo  potevano  emanarsi  degli  ordini  re- 
lativi ai  Porti  della  Sicilia,  e  d'onde  saranno  sicuramente  date  le  piò.  ef- 
ficaci disposizioni  per  profittare  della  prima  occasione  favorevole  ,  onde 
fftr  partire  tali  munizioni  pel  loro  destino 

Alle  dette  istanze  del  sig.  Ambasciatore,  si  aggiunsero  quelle  del  sig. 
Cren.  Dampierre ,  ed  io  mi  ritrovai  nella  necessità  di  ripetergli  le  cose 
istesse  dette  al  sig.  Ambasciatore  ;  ma  appena  esso  Sig.  Generale  ebbe 
manifestato  il  suo  desiderio  che  fosse  fatta  per  Terra  una  spedizione  a 
Tai^anto  di  munizioni  da  guerra,  S.  A.  R.  il  Principe  Ereditario  volendo 
anche  in  questa  occasione  dar  pruove  della  sua  premura  ,  e  mostrare 
quanto  poco  fossero  fondate  le  sinistre  interpetrazioni,  che  pareva  si  vo- 
lessero dare  al  ritardo  della  partenza  della  nota  Barca  dal  Porto  di  Mes- 
sina, si  è  deguatsi  di  ordinare,  che  sifatta  spedizione  avesse  subito  luogo  ; 
ed  in  conseguenza  quattro  carra  di  ogni  genere  di  munizioni  sono  già 
partite  alla  volta  di  Taranto. 

In  seguito  di  tal  proposito  V.  E.  poi  sollecita  la  piena  esecuzione 
«Iella  Convenzione  fatta  tra  i  Generali  Soult  e  Bougard  :  Posso  assicu- 
rarla, che  non  vi  è  parte  di  essa,  che  non  sia  stata  da  Nl>i  pienamente, 
ed  esattamente  osservata:  Che  se  l'È  V.  intendo  parlare  del  piccolo  ri 
ritardo  che  ha  «offerto  la  spedizione  dei  generi  meno  importanti  alla 
(orina/ione  degli  Ospedali  Militari  in  Abbruzzo ,  mentre  ho  l'onore  di 
dirle,  che  la  masHima  parte  dei  medesimi  ò  già  stata  spedita  al  suo 
dentino,  e  die  il  pochissimo  che  vi  rcstrii  va  ad  esserla  a  momenti,  oso 
liregurla  di  voler  rìHett^jre  die  non  «essendo  noi  preparati  a  fornire  tali 
K«^n<TÌ,  non  era  possibile  d'impiegarvi  minor  tempo  por  porli  in  ordine; 
MMpriitiitto  nella  «piiiMi  assoluta  mancanza  <li  mezzi,  die  per  le  passate 
Nciagure  •tÌAtno  MofiVendo  :  Vedrà  quindi,  che  tal  ritardo  è  stato  prodotto 


MISCELLANEA  553 


Taranto.  Questa  lettera,  in  copia,  veniva  letta  dal  conte  di  Thurn 
al  principe  di  Cassaro  ,  il  quale  ,  con  nota  del  28  giugno  1801  , 
ne  rendeva  consapevole  il  capitano  generale  Acton. 

Ecco  adunque  la  lettera  inedita  che  ora  si  pubblica  insieme 
con  la  nota  suddetta  (1). 

Certo  non  è  maraviglia  se  già  con  Napoleone  a  capo  della 
Francia  si  potevano  vedere  jìrostrati  i  governi  stranieri;  ma  fa 
sempre  dolore  che  la  politica  volgare  e  sleale  di  colui,  che  alla 
fine  si  diceva  Ferdinando  I,  umiliasse  tanto  il  regno  delle  Due 
Sicilie.  Si  noti  però  che  il  Murat  in  questa  prima  lettera  ado- 
perava un  linguaggio  piti  gentile,  o  almeno  più  diplomatico. 


dalla  necessità,  e  non  già  dalla  poca  premura  dei  Governo,  il  quale  ben 
lungi  dal  meritare  simili  interpetrazioni,  ha  tutto  in  suo  favore  per  dar  le 
ripruove  le  più  convincenti  di  quanta  lealtà ,  buona  fede  ,  e  precisione 
ha  portata  nella  osservanza  scrupolosa  di  ogni  patto. 

Permetta  infine  TE.  V.,  che  io  ritorni  ancora  una  volta  sul  proposito 
delle  sue  doglianze,  per  non  avere  io  risposto  ad  una  lettera  sua  :  Sono 
imbarazzato  a  pensare  quando  abbia  potuto  darle  occasione  di  credermi 
capace  di  agire  in  un  modo,  che  mi  é  per  ogni  verso  sconosciuto,  e  così 
poco  convenevole  al  mio  carattere  e  alla  mia  educazione  insieme  sopra- 
tutto poi,  trattandosi  della  Sua  rispettosa  Persona,  per  la  quale  son  pe- 
netrato dei  sentimenti  della  più  giusta  ammniirazione,  e  somma  conside- 
razione. I 

Le  protesto  con  tal  motivo  il  mio  distinto  ossequio,  e  la  profonda 
stima  con  la  quale  sono. 

P.  S.  Era  giti  scritta  questa  lettera,  quando  dal  sig.  Generale  Dampierre 
ho  saputo,  che  la  Lettera  dalla  quale  V.  E.  ha  fatto  quistione,   era   di- 
retta al  sig.  Capitan  Generale  Acton;  qual  lettera  non  fu  consegnata  a  me 
da  esso  Generale,  ma  ad  una  persona  della  Casa  del  detto  Capitan  Gene 
rale  Acton,  che  per  l'incarico  che  ne  ha,  ne  fece  la  spedizione  a  Palermo. 

Da  tutto  ciò  resterà  convinta  la  E.  V.  quanto  poco  si  convenisse  a  me 
il  sospetto  che  ha  portato  di  credermi  capace  di  mancarle  di  quel  riguardo, 
che  l'è  dovuto. 

Napoli  5  Agosto  1801. 

Al  Generale  in  capo  Murat. 

(1)  Vedi  documenti  N.  I  e  li. 


554  MISCELLANEA 


La  pace  finalmente  fu  conchiusa  a  Firenze,  e  in  questa  pace 
principalmente  si  può  leggere  : 

«  Einunzia  del  re,  alla  repubblica  francese,  di  Porto  Longone 
«  e  di  quanto  altro  possiede  nell'isola  d'Elba,  nonché  degli  Stati 
«  detti  Presidii  della  Toscana,  e  del  principato  di  Piombino; 

«  Obblio  ne'  Francesi  dei  sofferti  danni;  ma  obbligo  nel  re  di 
«  pagare  in  tre  mesi  cinquecentomila  franchi  (centoventimila  du- 
«  cati  napoletani)  onde  ristorare  quegli  agenti  o  cittadini  francesi 
«  che  più  patirono  per  causa  dei  ì^apoletani;  »  ecc.  ecc. 

E  per  patti  segreti  : 

«  Stanziare,  durante  la  guerra  della  Francia  con  la  Porta  e 
«  con  la  Gran  Brettagna,  quattromila  Francesi  negli  Abruzzi  dal 
«  Tronto  al  Sangro,  e  dodicimila  nella  provincia  d'Otranto  sino 
«  al  Bradano; 

«  Dare  il  re  tutto  il  frumento  necessario  a  quei  presidii,  e  cin- 
«  quecentomila  franchi  il  mese  per  gli  stipendii  (1).  » 

Era  questa  per  le  Due  Sicilie  ben  dura  pace;  ma  pace  avven- 
turata per  Ferdinando  ,  il  quale  continuava  nella  sua  sleale  e 
volgare  politica;  epperò  dopo  la  battaglia  di  Austerlitz,  2  dicem- 
bre 1805,  Napoleone  imperatore  poteva  segnare  in  un  decreto  che  i 
Borboni  di  Napoli  avevano  finito  di  regnare.  Così  al  principio  del 
1806  il  re  fuggiva  per  la  seconda  volta  dal  Napoletano,  venendo  a 
consolare,  com'egli  sapeva,  l'isola  di  Sicilia,  la  quale  innanzi  a  lui 
aveva  un  gran  torto  :  quello  di  possedere  una  secolare  costitu- 
zione. Questa  egli  intendeva  toglierle  come  ricompensa  del  rico- 
vero che  due  volte  gli  avea  apprestato  ;  sperando  pur  sempre 
nell'aiuto  di  Fra  Diavolo  e  compagnia  brigantesca  e  lazzarona. 

Palermo,  novembre  1905. 

G.  Tra VALI 


(1)  COLLVTTA.  toc.  cit.,  pagg.  226  e  22. 


MISCELLANEA  556 


DOCUMENTO  N.  I. 
Lettera  di  Gioacchino  Murat  al  comandante  Micheroux  (1). 

Au  Quartier  General  de  Florence  le  21  praireal  an  9  de  la  B.  F.  (2) 

Le   GrENERAL   EN  CHEF   MURAT 

A  Monsieur  de  Micheroux  Commandant  la  Divisioii  des  Batimens 
de  Guerre  de  S.  M.  Sicilienne  dans  L'Adriatique. 

Votre  arrivée  a  Ancone,  Monsieur  le  Commandant,  m'a  vive- 
ment  etonné,  vótre  destination  étant  pour  Tarente,  d'  aprés  les 
derniéres  Conventiouts  faites  avec  votre  (xouvernement.  Le  Con- 
tre-amiral  Ville-neuve,  vous  a  fait  connaitre  ces  nouvelles  dispo- 
sitions  a  Manfredonia.  .Te  viens  de  taire  adresser  des  fortes  re- 
clamations  4  Mr.  Acton,  par  notre  Ambassadeur,  et  Comme  je  suis 
sur  que  vous  allez  recevoir  de  nouveaux  ordres  ,  je  vous  prie 
Monsieur  le  Commandant  de  rester  à  Ancone  avec  vos  èqui- 
pages.  Je  vous  dèclaire  que'.je  ne  recevrai  vos  fregatesqu'a  Tarente, 
et  que  ce  n'est  qu'apres  la  remise  qui  en  aura  étó  faite  dans  ce 
port,  que  la  Cour  de  Naples,  aura  reimpli  ses  engagemens,  Con- 
signós  dans  un  article  secret  du  tratte  de  paix,  et  modifìes,  de- 
puis  par  une  convention  nouvelle  avec  notre  Ambassadeur.  Je 
m'empresserai  de  vous  faire  connaitre  Monsieur  le  Commandante 
la  reponse  de  vótre  Cour. 

Becevez,  Monsieur  le  Commandant  L'assurance  de  ma  censi- 
dsration  distinguée. 

Le  General  Murat 


(1)  Questa  lettera  e  la  seguente  si  pubblicano  lasciando  non  corretti 
gli  errori  ortografici  che  si  riscontrano  negli  originali  di  esse,  conservate 
nel  R.  Archivio  di  Stato  in  Palermo,  Keal  Segreteria  (Incartamenti), 
busta  di  u.  p.  di  cons.  3427. 

(2)  10  giugno  1801. 


556  MISCELLANEA 


DOCUMENTO  N.  II. 
Nota  del  Principe  di  Cassaro  al  generale  Acton 


Eccellentissinio  Signore, 

Non  ha  molto,  che  il  Conte  di  Thurn  mi  ha  fatto  leggere  co 
pia  di  ima  lettera  ,  che  il  Generale  Murat  ha  scritta  al  Coman- 
dante delle  Tre  Fregate,  che  sono  in  Ancona,  Micheroux,  di  cui 
copia  mi  fo  un  preggio  di  acchiudere  a  Vostra  Eccellenza. 

Si  compiacerà  rilevare  da  essa,  che  il  suddetto  Generale^  non 
intende  si  faccia  la  consegna  delle  cennate  tre  fregate  in  An- 
cona ,  ma  bensì  in  Taranto  ,  sulla  ragione,  che  quantunque  nel- 
1'  articolo  segreto  della  Pace  si  fosse  convenuto  di  farai  in  An- 
cona, si  era  poi  modificato  questo  con  una  novella  convenzione  ; 
e  previene  il  nominato  Micheroux  a  restare  in  Ancona  con  l'e- 
quipaggio, perchè  riceverà  nuovi  ordini  dalla  nostra  Eeal  Corte 
in  seguito  delle  forti  rimostranze,  che  farà  fare  a  Vostra  Eccel- 
lenza per  mezzo  dell'Ambasciatore. 

Non  ho  omesso  di  rassegnar  subito  tutto  a  S.  A.  R.,  la  quale, 
benché  l'Ambasciatore  Francese  non  abbia  avanzato  finora  alcun 
uiBzio,  i)ure  mi  ha  comandato  di  renderne  informata  S.  M.  per 
mezzo  della  E.  V.,  come  mi  fo  un  dovere  di  adempire  per  rice- 
vere i  Sovrani  suoi  Ordini;  giacche  potranno  darsi  li  seguenti 
casi.  O  che  si  contentino  di  riceverne  la  consegna  in  Ancona,  in 
vista  delle  ragioni  convincentissime  addotte  dalla  E.  V.  in  re- 
plica all'uffizio,  che  altra  volta  ne  fece  l'Ambasciatore,  ed  allora 
sarà  finita  ogni  controversia. 

Oppure  vogliano,  che  si  trasportino  le  Fregate  in  Taranto,  ma 
senza  la  nostra  responsabilità,  secondochò  V.  E.  si  spiegò  in  ul- 
timo della  rei)lica  suddetta.  In  questo  secondo  caso,  precedenti  le 
convenienti  assicurazioni  da  farsi  dall'Ambasciatore  Alquier  di  non 
dover  ensere  noi  tenuti  a  rispondere  di  qualunque  pericolo ,  nò 
a  surrogare  altri  Legni  se  nuii  le  3  Fregate  si  perdessero ,  si 
manderauiio  queste  in  Taranto.  Ma  potrà  accadere,  che  per  strada 
s'incontrino  cogl'Inglesi  sicure  da  «{ueNtì  attaccate.  Se  ciò  avvenga 
chiede  H.  A.  U.  il  Hovran'Orac-olo  circa  le  istruzioni  da  darsi  al 
Comandante  del  modo  come  abbia  a  contenersi. 


MISCELLANEA  ÌS5t 


Infine  potrà  avvenire  ,  che  non  ostanti  tutte  le  ragioni ,  gli 
uflQzi,  e  le  repliche,  che  non  si  mancherà  di  fare  colla  possibile 
eflBcacia,  si  ostinino  assolutamente  a  voler  le  Fregate  in  Taranto 
a  nostro  pericolo,  minacciando  in  caso  diverso  una  rottura.  Se 
questo  accada ,  come  dovrà  rispondersi ,  e  che  dovrà  farsi,  è 
quello  su  di  cui  S.  A.  E.  attende  le  Sovrane  risoluzioni. 

E  contestando  all'È.  V.  li  sentimenti  del  mio  piti  profondo  e 
rispettoso  ossequio,  ho  l'onore  di  ripetermi 

Di  V.  E. 

Napoli,  US  Giugno  1801  P.  C.  (1). 


IJeeellentisitimo  Signore  il  Capitano  Generale  Gav.  Acton 

Palermo 


(1)  Principe  di  Cassare. 


CORRADO  AVOLIO 


La  glottologia  comparata  e  sovrattutto  la  dialettologia  siciliana 
haD  perduto  uno  dei  loro  più  valorosi  rappresentanti  :  Comm. 
Prof.  Corrado  Avolio,  spentosi,  il  primo  settembre,  in  Noto,  dopo 
lenta  paralisi,  che  lo  travagliava  da  cinque  anni.  Chi  fu  Corrado 
Avolio,  lo  dirà  la  critica  e  lo  rivelerà  la  sua  messe  inesauribile 
di  lavori  ;  dappoiché  il  voluminoso  carteggio  di  dotti  italiani  e 
stranieri  e  le  opere  di  gran  valore,  di  cui  la  maggior  parte  ine- 
dite (tutto  posseduto  dal  figlio  farmacista  Ferruccio)  che  atten- 
dono ancora  la  luce,  innalzeranno  un  monumento  perenne  a  un 
tanto  uomo. 

L'indole  dell'Archivio  Storico  Siciliano  non  j^uò  non  consentire 
di  tessere  l'elogio  funebre  di  un  insigne  cultore  della  toponoma- 
stica, nella  quale  l'Avolio  con  l'intuito  del  genio,  con  il  corredo 
di  studi  profondi  e  con  la  sicurezza  del  metodo  lasciò  un'  orma 
incancellabile.  Ei  nacque  il  16  febbraio  1843  a  Siracusa  e  da  pic- 
colo fu  condotto  a  Noto  ,  paese  natio  del  padre  ,  ed  egli  stesso 
si  gloriò  di  dichiararsi  cittadino  dell'«  ingegnosa  città  »,  e  Noto  lo 
ha  stimato  sempre  come  uno  dei  suoi  figli  prediletti.  Secondo  i 
tempi,  frequentò  le  lezioni  del  Sac.  Salvatore  Bova,  indi  passò 
alle  Scuole  dei  Gesuiti,  e,  venuto  il  '60,  si  arrollò  tra  le  file  ga- 
ribaldine ,  nel  battaglione  comandato  da  Nicola  Fabrizi  :  prese 
parte  alla  battaglia  di  Milazzo  e  fu  decorato  ,  con  Decreto  luo- 
gotenziale  12  gennaio  1862,  della  medaglia  di  bronzo,  e,  con  R. 
Decreto  4  marzo  1865  e  19  novembre  1866,  di  quella  di  argento, 
mentre  un'altra  pure  di  argento  gli  veniva  conferita  a  ricordo 
dell'unitiV  d'Italia  (U.  Decreto  26  aprile  e  SI  agosto  1883).  J)i  ri- 
torno da  ((uesta  gloriosa  campagna  studiò  la  chimica  e  le  scienze 
nuturuli  all'Ateneo  di  Catania,  dove  nel  luglio  1863  ottenne  il 
diploma  di  farmacista.  Ritornato  in  Noto,  si  diede  all'  esercizio 
della  profeHHÌone  e  al  nobile  H])OHtolato  <lell'insegnanu>iito,  di  cui 


MISCELLÀNEA  659 


le  prime  prove  aveva  già  fatte  ad  Acireale,  e  a  I^oto  dal  1867 
impartiva  scienze  fisiche  e  naturali  nella  Scuola  Normale  Femmi- 
nile; né  si  può  tacere  che  insegnò  ora  in  quella  Maschile,  annessa 
al  Convitto  Eagusa,  ora  nella  Scuola  Tecnica  e  ora  nel  Liceo.  I 
meriti  scientifici  e  dittattici  dell' Avolio,  seguace  del  metodo  ra- 
zionale e  innovatore  del  notigiano  Giuseppe  Melodia,  illustre  peda- 
gogista [1809  -1883],  del  quale  lasciò  una  Memoria  inedita,  gli  pro- 
cacciarono il  diploma  di  abilitazione  all'insegnamento  <li  scienze 
fisiche  e  naturali  nelle  Scuole  Normali  del  Eegno  [Consiglio  Supe- 
riore di  Pubblica  Istruzione,  17  marzo  1884] ,  mentre  più  tardi  quello 
di  lettere  italiane  nei  Licei  gli  veniva  conferito  per  le  sue  impor- 
tanti pubblicazioni  sul  dialetto  siciliano  [Consiglio  Superiore  di 
P.  I.,  13  gennaio  1890]. 

Le  prime  stampe  dell' Avolio  furono  un  cenno  necrologico  per 
Carmelina  Leanti  [Noto,  Zammit,  18G7],  una  Guida  di  Noto  [vedi 
L'oriente,  giornale  netino,  1873],  vari  articoli  di  chimica  agraria 
pubblicati  nel  Coltivatore  netino  [1869]  e  neW Agricoltura  di  Pisa 
[1871  -  75],  una  Conferenza  sulla  fillossera  [Noto,  Zammit,  1880]  e 
qualche  altro  saggio  d'indole  agraria,  nei  quali  scritti  rivelò  ver- 
satilità d'ingegno.  Ma  le  forze  intellettuali  di  lui  erano  destinate 
a  un  ramo  di  studi  speciali,  a  sviscerare  le  origini  della  parlata 
del  suo  paese  e  a  dare  un  indiriiizo  veramente  scientifico  alla  fo- 
netica e  alla  dialettologia  comparata.  Un  primo  articolo  di  tal 
genere  apparve  nel  giornale  netino  L'oriente  [  23  gennaio  1873  ] 
sulla  parola  saracena  Allakarim  !,  nel  quale  studio  l' Avolio  gettò, 
per  così  dire,  il  germe  dei  suoi  lavori  toponomastici,  mentre  i 
Canti  popolari  di  Noto  [  Noto  ,  Zammit ,  1875  ]  ,  editi  nel  tempo 
che  erano  in  voga  gli  studi  folklorici  dell'insigne  Pitrè  e  di  altri 
e  preceduti  da  una  elaborata  dissertazione  sul  gergo  notigiano, 
lo  rivelarono  ai  demopsicologi  non  solo  un  semplice  collezionista, 
ma  anche  un  dialettologo.  E  da  folklorista  Corrado  Avolio  si  tra- 
sformò in  etimologo  e  filologo,  tuffandosi  nel  mare  sconfinato  della 
glottologia  :  sicché  ebbe  familiari,  oltre  alle  lingue  classiche,  la 
francese,  la  catalana,  la  portoghese,  l'araba,  etc.  Ai  Canti  seguì 
V Introduzione  allo  studio  del  dialetto  sicialiano  [  Noto  ,  Zammit , 
1882,  Cfr,  la  recensione  del  Gaspary  in  Literaturblatt  fur  germa- 
nisclie  und  romanische  philologie,  Decembre  1882,  N  12,  p.  477-78), 
La  schiavitù  domestica  ia  Sicilia  nel  sec.  XVI  (Arch.  Stor.  8ie. 
1885),  La  questione  delle  rime  nei  poeti  siciliani  del  sec.  XIII  (Fi- 


560  MISCELLANEA 


renze,  1885^,  Due  Lettere  filologiche  a  Michele  Amari  sul  testo  del 
Rebellaììientu  -dì  Sicilia  (Milano  ,  Hoepli,  1886)  ,  pubblicate  uel 
III  voi.  della  guerra  del  Vespro  (Amari,  p.  5o4)- 

La  fama  dell' Avolio  correva  già  da  un  capo  all'altro  della  pe- 
nisola, propagandosi  di  là  dalle  Alpi,  come  risulta  da  diverse  recen- 
sioni inserite  in  Romania^  e  illustri  pensatori  a  lui  si  rivolgevano 
come  a  un  maestro.  Xè  io  esagero,  che  tra  le  tante  lettere  il  com- 
pianto Amari,  in  data  del  3  luglio  1885,  gli  scriveva  :  «  Non  vor- 
rei rivaleggiare  in  complimenti,  ma  né  anco  po^so  tacerle  che  le 
sue  aggiunte  son  lavoro  da  maestro  e  che  in  questa  parte  m'inchi- 
no a  Lei  come  discepolo  ».  Circondato  dall'ammirazione  dei  dotti,  dal 
Pitrè  al  Gaspary,  al  D'Ovidio,  al  Rajna,  all'Ascoli,  l' Avolio  non 
si  stancò  mai  di  pubblicare,  e  nel  1889  diede  alla  luce  :  Di  alcuni  so- 
stantivi locali  del  Siciliano  (Arch.  Stor.  Sicil.),  e  più  tardi  Del  valore 
fonetico  del  digramma  eh  nel  vocalismo  sic.  (Arch.  Stor.  Sic.  1891), 
Le  rime  nei  Ganti  pop.  e  nei  proverbi  sic.  e  le  loro  dissonanze  (Arch. 
Stor.  Sic.  1893)  ,  Il  raforzamento  nell'insegnamento  della  lettera 
(Avellino,  1895)  e  un  Saggio  di  toponomastica  sic.  estratto  Aì^W Ar- 
chivio Glottologico  Italiano  (Milano,  1899).  In  quest'ultimo  lavoro 
le  ricerche  sulle  parole  locali,  attinenti  a  nomi  geografici,  zoolo- 
gici, botanici,  etc,  apparvero  di  tale  originalità  che  trasforma- 
rono i  criterii  degli  scienziati  sulla  toponomastica  siciliana,  ser- 
vendo di  guida  preziosa  non  meno  all'archeologo  che  al  geografo. 
L'ultima  stampa  dell' Avolio,  per  quanto  io  sappia,  fu  una  Con- 
ferenza alle  allieve  della  Scuola  normale  femminile^  in  occasione 
della  festa  degli  alberi  (ottobre  1899),  pubblicata  in  Avvenire  A- 
gricolo  di  Palazzolo,  2  dicembre  1899.  Questo  fecondo  intelletto 
attendeva  da  juìi  di  venti  anni  a  un  colossale  e  originalissimo 
Vocabolario  etimologico  del  siciliano^  adesso  completo  ,  ma  non 
edito,  e  a  un  Dizionario  dialettale  siciliano  sino  alla  parola  rapè 
pure  inedito,  che  l'insulto  apoplettico  non  gli  permise  di  prose- 
guire !  Inoltre  lasciò  una  infinita  copia  dei  seguenti  manoscritti, 
in  cui  è  disseminato  un  materiale  prezioso,  che  può  anche  ser- 
vire H  completare  il  Dizionario  dialettale  : 

1  Fonetica  siciliana  {Specialità  fonetiche  di  alcune  parlate  dell'isola). 
2.  Fenomeni  fonetici. 

8.   Vocaboli  latini  che  hanno  tubilo  modificazioni  fonetiche  passando 
per  la  bocca  dei  NoUgiani. 


MISCELLANEA  561 


4.  Fenomeni  attinenti  alle  vocali  toniche. 

5.  RifiesHÌoni  sulla  storia  sic.  suggerite  dallo  studio  glottologico  del 

dialetto  sic. 

6.  Fenomeni  finali  per  rime. 

7.  Voci  siciliane  la  di  cui  origine  si  può  riferire  a  più,  lingue. 

8.  Sostantivi  verbali  del  dialetto  siciliano. 

9.  Le  vocali  del  dialetto  sic. 

10.  Voci  e  maniere  del  dialetto  genovese  le  quali  trovano  riscontro  nel 

notigiano  estratte  dui  vocabolario  tascabile  genovese  italiano  per 
il  popolo,  compilato  da  P.  F.  B.  (Genova,  1873). 

11.  Sfogli  dai  «Promessi  Sposi,»  «Città  e    Campagna»    e  dalle 

«  Delizie  del  parlar  toscano  »  attinenti  al  siciliano. 

12.  Sicilianismi  che  trovano  riscontro  nel  toscano. 

13.  Spoglio  del   Vocabolario  sic.  del  Traina. 

14.  Modificazioni  e  aggiunte  al  Vocabolarietto  del  Traina,  scritte 

sul  libro  stesso. 

15.  Estratti  dal  Diez. 

16.  Voci  che  han  bisogno  di  ricerche. 

17.  Spoglio  del  Lexicon  ForcelUni  e  osservazioni  di  fonetica. 

18.  Fonica  e  onomatologia  siciliana  comparata. 

19.  Spoglio  dei  Proverbi  Sic.  del  Pitrè,  1879-80  ,  diviso   in    tante 

parti,  come  :  Proverbi  che  sanno  d'italiano,  che  hanno  rela- 
zione con  quelli  del  Giurdice,  che  risentono  delle  parlate  lo- 
cali, etc. 

20.  Uno  studio  toponomastico  sul  fiume  Asinaro. 

21.  Uccelli,  nome  siciliano,  italiano,  zologico. 

E  lasciò  pure  inedito  un  romanzo  d'indole  morale  e  patriot- 
tica, scritto  il  1868^  Citazioni  storiche  riguardanti  Noto,  una  Me- 
moria sul  Monastero  del  Salvatore  di  Noto  e  quella  citata  sul 
Melodia. 

Senza  che  mi  faccia  velo  l'amore  al  natio  loco,  posso  a  buon 
diritto  asserire  che  con  Corrado  Avolio  è  scomparso  non  solo  il 
più  forte  e  il  piìi  erudito  intelletto  di  Noto,  il  continuatore  della 
tradizione  paesana  del  primato  nella  coltura  ,  della  quale  nel 
secolo  dell'umanesimo  furono  degni  rappresentanti  l'Aurispa,  il 
Marrasio,  e  più  tardi  Rocco  Pirri,  ma  anche  uno  dei  più  illustri 
italiani  contemporanei  (Vedi  Dictionnaiie  International  des  Ecri- 
vaìns  du  Monde  Latin  par  Angelo  De  Gubernatis,  Première  Partie, 


562  MISCELLÀNEA 


Rome,  1905,  p.  52).  L'insigne  prof.  Francesco  D'Ovidio,  nel  Gior- 
nale d'Italia  (18  settembre,  X  260)  ,  lanciava  ,  a  proposito  della 
sua  morte,  un  sospetto  malinconico,  che  «  probabilmente  la  sua 
regione  nativa  non  si  sarà  accorta  di  aver  posseduto  un  uomo 
eccezionale  che  le  faceva  molto  onore  ».  E  ha  ragione  il  D'O- 
vidio, che  Corrado  Avolio  ,  fra  i  molti  pregi  ,  fu  dotato  di 
una  singolare  modestia  ,  pari  al  suo  valore  (vedi  la  nota  enco- 
miastica dell'egregio  prof.  D'Ancona  in  Carteggio  di  Michele  A- 
mari,  Voi.  II.  p.  295-96,  Torino,  Roux  Frassati  ,  1896):  difatti 
morì  qual  visse  :  semplice,  sobrio  di  costumi,  nemico  di  ogni  af- 
fettazione, nella  sua  diletta  casa,  posta  sulla  parte  più  alta  del 
paese  e  dominante  l'aprica  campagna.  Restìo  alle  cariche  pub- 
bliche (solo  per  obbligo  di  gentilezza  fu  costretto  ad  accettare 
quella  di  delegato  antifilosserico  e  di  membro  del  Consiglio  sani- 
tario provinciale  di  Siracusa),  lontano  dalle  meschine  e  infeconde 
lotte  partigiane,  alternò  i  suoi  giorni  tra  le  occupazioni  preferite 
e  la  quiete  domestica,  a  lui  resa  piii  grata  dal  profumo  dei  fiori 
e  dalle  aure  balsamiche  delle  piante,  ch'egli  coltivò  amorosamente  : 
onde  la  sua  morte  si  può  paragonare  a  quella  di  un  filosofo  an- 
tico. È  vero  :  noi  del  suo  paese  nativo  non  eravamo  all'altezza 
di  giudicare  un  tanto  maestro,  ed  io,  che  gli  fui  devoto  disce- 
polo, lo  ebbi  sempre  caro  per  la  tenacia  dei  propositi,  per  l'au- 
sterità dei  costumi,  per  l'ingegno  versatile  e  per  il  rigoroso  re- 
gime di  vita,  tutta  consacrata  alla  scienza  e  alla  scuola.  Ora  che 
egli  è  finito,  non  si  può  che  ripensare,  con  un  certo  senso  di  ram- 
marico, alla  sua  farmacia  :  in  quel  gabinetto,  come  nello  studio 
«li  Basilio  Puoti  ,  egregiamente  ritratto  dal  De  iSanctis,  noi  si 
acquistava  gli  strumenti  della  nostra  redenzione  morale  e  intel- 
lettuale ,  e  tutte  le  volte  che  la  nostra  mente  vola  a  Corrado  A- 
volio,  ricordiamo  colui  che  ci  purificava  il  carattere  e  ci  lasciava 
pensosi  !  Spero  che  Noto  non  si  mostrerà  inferiore  alle  cento  città 
d'Italia  nell'onorare  questo  «  chiaro  sole»  delle  letterature  romanze, 
8pero  che  non  palesi  di  cadere  in  letargo,  e,  invece  «  sorga  ad  atti 
illiiHtri,  o  Hi  vergogni  !  » 

Noto,  Settembre,  1005 

Giuseppe  Leanti. 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 


Giuseppe  Bianco  —  La  Rivoluzione  siciliana  del  1820  con  do 
Gumenti  e  carteggi  inediti.  Firenze,  Bernardo  Seeber  1905. 


Il  Bianco,  già  noto  ai  cultori  di  Storia  per  la  sua  magistrale 
monografia  «  La  Sicilia  durante  l'occupazione  inglese  »,  ci  dà  in 
quest'opera  un  saggio  non  indifferente  di  diligenza  nelle  ricerche 
e  di  rigore  nel  metodo. 

L'A.  in  una  breve  prefazione,  rilevando  che  non  esiste  ancora 
un  lavoro  completo  sull'  argomanto  ,  dichiara  modestamente  che 
il  suo  non  è  altro  che  un  novello  contributo  alla  storia  di  quella 
Rivoluzione  funesta. 

Infatti  i  contemporanei  non  seppero  sottrarsi  alle  idee  parti- 
giane, e  uno  storico  dei  nostri  giorni  valoroso  e  colto  non  seppe 
veder  chiaro  negli  avvenimenti,  perchè  partì  dal  presupposto  che 
la  Rivoluzione  del  '20  fosse  provocata  da  idee  regioniste  e  da  un 
falso  giudizio  sulla  costituzione  del  '12  meno  liberale  della  spa- 
gnuola  già  concessa  a  Napoli. 

Anche  il  Bianco  ci  dice  che  ai  suoi  occhi  di  unitario  lo  scopo 
della  Rivoluzione  non  fu  lodevole  ;  ma  per  fortuna  in  seguito  si 
libera  da  tale  preoccupazione  e  si  limita  solo  a  lasciare  in  molti 
punti  libero  il  lettore  nel  giudicare  degli  avvenimenti. 

Certo  che,  se  oggi  sorgesse  una  Rivoluzione  in  Sicilia  per  prò- 


564  BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 

pugnare  la  causa  della  indipendeuza  dal  resto  d' Italia  ,  sarebbe 
oltremodo  riprovevole  e  ingiustificabile,  per  la  condizione  dei  tempi 
nuovi,  in  cui  F  unità  non  porta  la  soggezione  di  una  parte  al 
resto. 

Ma  allora  le  cose  andavano  diversamente.  Alla  unità  d'Italia 
ancora  non  si  pensava  e  la  Sicilia,  che  era  stato  regno  indipen- 
dente ed  autonomo  dai  Normanni  in  poi  e  fin  sotto  il  governo  dei 
Viceré  spagnuoli  ed  austriaci ,  non  poteva  tollerare  che  fosse  a- 
bolita  insieme  colla  costituzione  del  '12  anche  la  sua  autonomia. 

Il  Bianco  nel  1.  capitolo  del  suo  lavoro  si  occupa  appunto  del 
lavorìo  di  unificazione  tentato  dai  Borboni  dal  '15  in  poi  e,  con 
una  minuta  analisi,  dimostra  che  la  cosiddetta  unificazione  andava 
risolvendosi  in  una  vera  e  propria  soggezione  della  Sicilia  a  Na- 
poli ed  in  un  disastro  economico  dell'isola. 

Il  malcontento  serpeggiava  in  tutte  le  classi  sociali  e  in  tutte 
le  città,  ma  più  specialmente  a  Palermo,  che  dal  1806  al  1815  era 
ritornata  capitale  della  monarchia  con  il  conseguente  accentra- 
mento degli  ufficii  pubblici  più  importanti. 

Il  terreno  era  dunque  ben  preparato  per  una  Kivoluzione,  e 
questa  non  poteva  avere  logicamente  altro  scopo,  che  il  riacquisto 
della  costituzione  del  '12  e  conseguentemente  dell'autonomia  po- 
litica ed  amministrativa. 

Il  Bian(;o  non  azzarda  questa  conchiusione,  che  giustifica  gli 
scopi  della  Rivoluzione,  pel  preconcetto  unitario  più  sopra  espo- 
sto, ma  si  limita  a  descrivere  e  narrare,  con  analisi  minuziosa  e 
precisa  in  base  ai  documenti  esplorati. 

La  causa  occasionale  che  provocò  la  Rivoluzione  in  Napoli  fu 
la  Rivoluzione  spagnuola  che  finì  con  la  concessione  della  Costi- 
tuzione. E  costituzione  chiesero  ed  ottennero  i  Napolitani  con  la 
rivolta  armata. 

In  Sicilia  i  primi  tumulti  a  Messina  furono  promossi  da  una 
parte  della  guarnigione  affiliata  alla  carboneria  ed  ebbero  l'intento 
puro  e  Hcmplice  di  far  concedere  la  costituzione  sul  tipo  della 
npaguuola. 

Ma  perchè  l*alermo  fu  tenuta  all'oscuro  di  tutto  ? 

Perchè  il  Vicario  mentre  incaricava  il  Villafranca  di  dire  al 
Luogotenenti^  generale  di  Sicilia  che  poteva  proclamare  la  costi- 
tuzione del  '12,  mandava  a  costui  i  proclami  per  la  concessione 
della  coHtituzione  upagnuolat 


RASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  565 

Perchè  il  Naselli  tenne  in  serbo  i  proclami  e  uno  alla  volta 
li  pubblicò ,  con  intervallo  di  tempo  ,  dopo  i  primi  tumulti  po- 
polari ? 

E  perchè  poi  fece  consegnare  alla  plebe  insorta  il  Castello  a 
mare,  mise  la  truppa  e  il  popolo  di  contro  e,  sconfìtta  la  prima^ 
abbandonò  la  Sicilia  all'anarchia? 

Queste  domande  si  fa  il  Bianco,  ma  non  ci  dà  conveniente  ri- 
sposta. 

È  nostro  modesto  giudizio,  che  il  Vicario  di  accordo  col  vec- 
chio Ferdinando  si  preparasse  all'  abolizione  della  costituzione 
strappata  dalla  violenza  e  concessa  dalla  paura. 

Volle  profittare  delle  discordie  esistenti  in  Sicilia  tra  Cronici 
(sostenitori  della  costituzione  del  '12)  e  Anticroniei,  tra  Palermo 
e  gli  altri  capoluoghi  di  Provincia,  tra  i  funzionarli  e  il  popolo. 

Sperò  che,  caduta  la  Sicilia  nell'anarchia  e  nella  Rivoluzione, 
fosse  facile  l'intervento  con  armi  proprie  oppure  con  l'aiuto  stra- 
niero, per  soffocare  l'idea  liberale  e  ricostituire  il  regime  assoluto 
anche  in  Napoli. 

Trovò  persone  che  consapevoli  o  incosciamente  secondarono 
l'opera  perfida  e  nefasta  e  gettò  la  Sicilia  tra  gli  orrori  della  Ri- 
voluzione e  della  guerra  civile. 

E  guerra  civile  più  che  Rivoluzione  vi  fu  in  Sicilia  in  questo 
malaugurato  periodo,  e  il  fatto  piii  grave  e  più  funesto  furono  le 
guerriglie. 

A  chi  la  resjmnsabilità  di  queste! 

Il  Principe  di  Villafranca  giunse  in  Sicilia  dopo  i  primi  ec- 
cessi rivoluzionarli  che  determinarono  la  fuga  del  Naselli. 

Egli,  che  l'Amari  ed  il  Sansone  ingiustamente  strapazzarono, 
fu  rimesso  nella  sua  vera  luce  dal  Pipitone  in  due  recenti  pub- 
blicazioni sulla  Rivoluzione  del  '20,  l'ultima  delle  quali  sfuggì  al 
Bianco. 

Questi  nel  suo  lavoro,  seguendo  gli  equanimi  giudizii  del  Pi- 
pitone,  ci  presenta  il  Villafranca  quale  nobile  protagonista  della 
seconda  fase  della  Rivoluzione,  ma  alle  volte  ne  ingrandisce  un 
troppo  la  figura. 

Il  Villafranca  ebbe  la  singolare  sorte  di  capitare  in  Sicilia  dopo 
i  primi  eccessi  rivoluzionarli,  e  trovò  Palermo  in  una  calma  re- 
lativa. 

Arok.  ator.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  >7 


066  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

Non  sfruttato  dagli  avvenimenti,  anzi  circondato  ancora  dal- 
l'aureola di  difensore  dei  diritti  del  popolo,  potè  nei  primi  tempi 
esercitare  una  vera  dittatura  e  ristabilì  la  calma  nella  città. 

Di  questo  primo  periodo  di  attività  del  Villafranca  e  della 
Giunta  provvisoria  di  cui  egli  era  Presidente,  il  Bianco  si  occupa 
in  due  capitoli  notevoli  per  qualità  e  importanza  di  fonti,  in  parte 
inesplorate  sin  qui. 

Il  Villafranca,  ricondotta  la  pace  all'interno,  ebbe  di  mira  il 
collegamento  dei  Siciliani  tutti  nelP  unico  intento  della  indipen- 
denza ,  e  al  tempo  stesso  intavolò  trattative  col  governo  di  Na- 
poli perchè  essa  fosse  riconosciuta. 

Ma,  impedita  la  diffusione  dei  proclami  per  l'isola  dalle  misure 
del  luogotenente  Scaletta  e  rotte  le  trattative  con  Napoli  per  mal- 
volere dei  ministri ,  non  rimaneva  a  Palermo  che  sottomettersi, 
fare  resistenza  passiva,  o  resistere  energicamente  e  riunire,  fos- 
s'anche  colla  forza,  la  Sicilia  tutta  nella  resistenza  a  Napoli. 

Già  il  Villafranca  e  la  Giunta  avevano  perduto  gran  parte 
della  popolarità  per  il  fallimento  delle  trattative  e  ritirandosi  a- 
vrebbero  corso  pericolo  di  vita. 

Intanto  in  Sicilia  il  fermento  rivoluzionario  si  propagava,  dove 
favorevole  alla  costituzione  siciliana,  e  dove  alla  spagnuola. 

Il  Bianco  narra  gli  avvenimenti  di  molte  città  ma  ,  come  è 
naturale,  non  può  darci  un  resoconto  completo,  perchè  le  notizia 
opportune  si  possono  attingere  in  parte  sui  luoghi  e  non  è  agevole 
ad  un  solo  farlo. 

Dalle  città  in  tumulto  e  in  lotta  fra  loro  venivano  a  Palermo 
frequenti  richieste  di  aiuti  e  quindi  l'onda  popolare,  bramosa  di 
combattere  e  di  togliersi  da  quella  resistenza  passiva  ormai  troppo 
a  lungo  durata ,  si  impose  e  trascinò  la  Giunta  all'  allestimento 
delle  funeste  guerriglie. 

Non  è  da  meravigliarsi  se  in  quelle  contingenze  gravissime 
non  si  badasse  alla  <iualità  dei  combattenti  e  dei  du(;i  improv- 
visati, ma  pure  il  Villafranca  e  la  Giunta  non  mostrarono  energia 
Mufliciente  per  dÌHcii)linartì  le  masse  combattenti  e  frenarne  con 
miHure  severe  gli  eccessi  e  le  rapine. 

Delle  guerriglie  il  Bianco  si  occupa  in  lungo  capitolo  che  è 
fra  i  più  importanti,  perchè  frutto  in  gran  parte  di  ricerche  ori- 
ginali e  non  privo  <ii  osservazioni  saggc  ed  argute. 

l*oi  passa  a  descrivere  i  ]»re[»arativi  fatti  a  ]!^apoli  per  la  spe- 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA  567 

dizione  in  Sicilia  ,  il  movimento  delle  truppe  e  le  ulteriori  trat- 
tative di  pace  corse  tra  la  Giunta  e  Florestano  Pepe  e  poi  le 
fasi  della  spedizione  e  la  partenza  del  Villafranca  per  trattare 
personalmente  della  pace. 

In  questa  fase  della  loro  attività  la  Giunta  ed  il  Villafranca 
meritano  ogni  lode,  e  ciò  mette  in  rilievo  il  Bianco  in  base  a 
documenti  nuovi  ed  a  quelli  già  editi  dal  Pipitene. 

In  quelle  difficili  contingenze,  il  governo  napoletano  non  era 
disposto  a  cedere  perchè  forte  dell'esercito  in  marcia;  la  Giunta 
era  disposta  a  cedere  sino  ad  un  certo  punto,  per  evitare  le  violenze 
di  una  repressione  e  di  un  assalto  il  cui  esito  non  poteva  essere 
dubbio. 

Però,  fallite  queste  trattative,  il  Villafranca  e  la  Giunta  cad- 
dero in  sospetto  del  popolo  e  il  Villafranca,  che  si  era  recato  a 
Termini  per  trattare  personalmente  la  cosa,  prima  per  varii  o- 
stacoli  occasionali  e  poi  per  misura  di  prudenza  e  per  esortazione 
della  moglie  e  degli  amici,  non  ritornò  più  a  Palermo. 

Il  Pepe  intanto  si  avvicinò  a  Palermo  ove  incontrò  una  resi- 
stenza inaspettata  ;  tentò  delle  trattative  ,  ma  quesse  andarono 
fallite,  in  parte  per  la  mala  fede,  in  parte  per  la  ostinazione  dei 
Palermitani  nella  resistenza. 

Su  questa  parte  e  sul  resto  già  il  Sansone  ci  aveva  dato  pre- 
ziose notizie  alle  quali  altre  ne  aggiunge  il  Bianco  sulla  scorta 
del  Pipitone  e  di  altre  fonti  da  lui  esplorate. 

A  questo  punto  viene  in  iscena  un  nuovo  personaggio  che  è 
stato  variamente  giudicato;  severamente  dal  Palmieri  e  poi  messo 
al  suo  giusto  valore  dal  Sansone. 

Il  Principe  di  Paterno  ebbe  il  coraggio  e  l'avvedutazza  di  af- 
frontare la  marea  popolare  quando  a  Palermo  regnava  la  guerra 
di  difesa  e  l'anarchia. 

Seppe  convincere  il  popolo  della  necessità  della  pace  e  dopo 
varie  trattative,  ora  interrotte,  ora  riprese,  riuscì  finalmente  ad  ot- 
tenere una  pace  onorevole  e  insperata  in  quei  gravi  momenti. 

Gli  è  che  a  Palermo  dopo  tanti  tumulti,  tanti  eccessi  ed  ec- 
cidii ,  tanto  spargimento  di  sangue  e  disastro  economico  si  era 
stanchi  di  quello  stato  di  anarchia  e  parve  provvidenziale,  in  vi- 
sta del  pericolo  imminente  del  saccheggio,  quella  pace  che  con 
simili  condizioni  ottenuta  dal  Villafranca  aveva  suscitato  proteste 
e  sdegno. 


568  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

È  giudicato  dal  Biaoco  molto  rettamente  il  Pepe,  che  per  e- 
vitare  spargimento  di  sangue  nel  firmare  la  pace  esorbitò  dal  man- 
dato; onde,  con  evidente  malafede,  ne  profittarono  i  Ministri  e  la 
Camera  ì^^apoletana  per  annullare  la  convenzione  onorevole  fir 
mata  tra  lui  e  i  rappresentanti  di  Palermo. 

Dopo  un  esame  accurato  dei  metodi  usati  dal  Ministero  napo- 
letano per  venire  all'annullamento  della  convenzione  di  Palermo, 
il  Bianco  passa  ad  esaminare  i  i)rovvedimenti  intesi  a  far  ritornare 
la  Sicilia  in  pace,  le  gravose  ed  ingiuste  imposizioni  finanziare 
e  l'opera  unificatrice  del  Colletta ,  che  non  merita  il  biasimo 
datogli  dal  Palmieri  e  dall'Amari. 

Qui  si  ferma  la  narrazione  storica  del  Bianco  che  termina  con 
un  giudizio  sommario  dei  personaggi  e  degli  eventi  della  Rivo- 
luzioue  fatto  con  garbo,  serenità  e  chiarezza. 

Ogni  persona  ed  ogni  cosa  è  messa  qui  nella  giusta  luce  a 
commento  della  narrazione  obbiettiva  ed  accurata. 

Chiudendo  il  libro,  che  finisce  con  una  serie  di  documenti  e- 
splorati  dal  Bianco  si  volge  un  pensiero  di  sincera  ammirazione 
all'A.  che  in  questa  opera  ci  ha  dato  un  contributo  notevolis- 
simo alla  storia  della  Rivoluzione  del'2(),  ricco  di  notizie  nuove 
ed  attinte  a  fonti  attendibili  con  critica  capace  e  con  metodo 
rigoroso. 

Con  questa  opera  il  Bianco  si  mette  in  prima  linea  tra  i  cul- 
tori di  storia  siciliana  ed  è  bene  che  una  lode  sincera  gli  giunga 
da  questo  Archivio  Storico  siciliano  che  è  jialestra  aperta  a  tutti 
coloro  che  si  volgono  con  intelletto  e  d'amore  ad  illustrare  questa 
bella  Sicilia,  che  dall'unità  attende  ancora  eguaglianza  di  con- 
dizioni al  resto  d'Italia. 


().  CoppoLER  Orlando 


RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA  569 


Pipìtone-Federico  Giuseppe  —  Regesto  dei  diplomi  dell' Archivio 
Pignatelli  in  Palermo.  Ivi,  Sandroii  editore,  1906.  In  8.,  di 
pag.  VII-203. 


Gli  archivi  privati  di  nobili  famiglie,  distinte  per  illustri  per- 
sonaggi, che  occuparono  alte  dignità  dello  Stato,  oflrono  spesso 
molta  importanza  per  la  diplomatica  e  la  storia,  contenendo  do- 
cumenti particolari  di  natura  feudale,  e  corrispondenze  diploma- 
tiche pregevoli ,  che  non  di  rado  mancano  negli  archivi  del  go- 
verno. I  nuovi  ordinamenti  politici  dopo  1'  abolizione  della  feu- 
dalità ,  ed  altresì  la  diffidenza  o  la  negligenza  dei  possessori  di 
quegli  archivi  sono  stati  talvolta  causa  di  danni  ed  anco  di  per- 
dita di  quelle  preziose  raccolte. 

Langlois  e  Stein  nel  lavoro  Les  archives  de  Vhistoire  de  France, 
edito  nel  1891,  han  dato  particolare  notizia  degli  archivi  privati 
delle  pili  importanti  nazioni  d'  Europa  ,  e  specialmente  di  quelli 
{de  familles  et  chateaux)  di  Francia  (pag.  48i5-C08)  e  degli  altri 
{Muniment  rooms)  d'  Inghilterra.  Essi  ricordano  che  sino  al  1888 
erano  stati  pubblicati  in  Inghilterra  gl'inventari  degli  archivi  di 
225  case  signorili.  In  Italia,  ove  gli  archivi  privati  sono  ancora 
in  grande  numero,  1'  esempio  lodevole  di  Francia  ed  Inghilterra 
non  è  stato  seguito,  e  supplirà  ora  in  parte  a  tale  difetto  l'opera 
del  prof.  Mazzatinti  ,  Oli  archivi  della  Storia  d' Italia  ,  la  quale 
però,  iniziata  nel  1897,  viene  pubblicata  ad  intervalli  e  senza  alcun 
ordine  di  regione.  È  giusto  nondimeno  notare  che  si  hanno  non 
poche  memorie  ed  alcuni  lavori  su  varii  notevoli  archivi  privati. 

Di  recente  l'egregio  Taddei  nel  suo  manuale  L^ Archivista  (Mi- 
lano, Hoepli,  1906)  nel  cap.  V  ha  scritto  brevemente  su  gli  ar 
chivi  privati,  ed  ha  ricordato  che  l'archivio  della  famiglia  Orsini 
di  Roma  era  stato  messo  all'incanto,  e  che  si  potè  a  tempo  op- 
portuno evitare  la  dispersione.  Egli  dà  particolare  notizia  di  quel- 
l'archivio prezioso,  e  giustamente  osserva  :  «  La  funzione  del  go- 
verno rispetto  agli  archivi  privati  si  arresta,  mentre  sarebbe  ra- 
gionevole ed  equo  ch'egli  si  riserbasse,  almeno,  il  diritto  di  sor- 
veglianza ». 

In  Sicilia  le  perdite  di  archivi  di  antiche  famiglie  patrizie  sono 


570  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

state  grandissime,  fra  le  continue  guerre  e  ribellioni,  e  l'oblìo  in 
cui  furono  tenuti.  Nulla  quindi  rimane  degli  archivi  di  alcune 
famiglie,  come  gli  Ajello,  Alagona,  Palizzi,  Peralta,  Chiaramouti, 
e  di  altre  si  conservano  appena  sparuti  e  dispersi  avanzi  di  ar- 
chivio, cioè  pei  Cabrerà,  Ventimiglia,  Spatafora.  Per  buona  for- 
tuna altri  archivi,  come  quelli  delle  famiglie  Alliata,  Branciforti, 
Filangieri,  Lanza,  Moncada,  Pape,  Settimo,  Pignatelli,  Monroy, 
serbano  ancora  in  notevole  quantità  ed  in  migliore  stato  le  antiche 
scritture. 

Il  celebre  diplomatista  Antonino  Amico  nel  secolo  XVII  si 
era  pure  accinto  alla  raccolta  di  documenti  riguardanti  le  famiglie 
nobili  siciliane,  ed  in  tempi  più  recenti  varii  cultori  di  storiche 
memorie  hanno  ricercato  con  profitto  gli  archivi  privati,  e  ricor- 
derò soltanto  V.  Di  Giovanni ,  Flandina  ,  Guarneri  ,  S.  Lanza , 
La  Lumia,  Salvo-Cozzo  ed  altri. 

Fra  gli  archivi  privati  siciliani  il  piìi  notevole  è  certamente 
quello  della  Casa  dei  Pignatelli,  duchi  di  Monteleone.  Furono  ante- 
nati di  questa  famiglia  nell'epoca  sveva  1  Taglia  via  lombardi,  e 
quindi  gli  Aragona  consanguiiu^i  della  famiglia  regia  aragonese, 
i  quali  nel  secolo  XVII  contrassero  parentela  coi  Pignatelli  di 
Napoli,  e  coi  Cortes  tanto  noti  in  America.  L'archivio  Pignatelli 
contiene  pertanto  le  scritture  di  queste  famiglie ,  ed  è  notevole 
non  solo  per  l'estesa  collezione  di  documenti  e  privilegi  in  per- 
gamena ,  ma  altresì  per  la  grande  serie  di  antiche  carte  di  am- 
ministrazione di  quella  Casa ,  onde  spesso  venne  afddato  a  per- 
sone competenti  negli  studi  diplomatica. 

L'illustre  Isidoro  La  Lumia  nel  1858  die  in  luce,  senza  il  suo 
nome  ,  un  Indice  topografico  delle  pergamene  di  quell'  archivio. 
Non  premise  alcuna  prefazione,  ed  offrì  un  regesto,  assai  ristretto, 
dei  molteplici  documenti  secondo  l'ordine  di  conservazione,  e  lo 
divise  in  due  parti,  la  prima  contenente  13  sezioni,  e  la  seconda 
altre  dieci.  Questa  j)ubblicazione  giovò  a  far  conoscere  il  grande 
pregio  dell'archivio  Pignatelli,  ma  pel  disordine  dell'elenco  non 
cronologico,  e  per  la  brevità  dei  soiumarii,  fece  sentire  il  bisogno 
di  un  lavoro  più  accurato  e  conforme  alle  norme  di  diplomatica. 

Verso  il  1892  il  chiar.  Fedele  Pollaci- Nuccio  ed  altri  si  die- 
dero a  speciali  ricerche  in  quell'archivio,  ed  appartiene  a  tali  studi 
la  pubblicazione  dell'egregio  prof.  Pi  pitone- Federico  ,  noto  per 
altri  lavori  storici  e  letterari.  Fgli,  tralasciando  l'ordine  topogra- 


BASSBaNA  BIBLIOGRAFICA  571 

fico  seguito  dal  La  Lumia,  ha  invece  disposto  per  ordine  crono- 
logico generale  tutti  i  documenti,  che  sono  470,  e  cominciano  dal 
1209  e  terminano  al  1801.  Ha  curato  «  che  integralmente,  tranne 
lievi  ritocchi  di  forma  ,  fossero  riprodotte  le  indicazioni  assai 
schematiche  dell'  elenco  di  Isidoro  La  Lumia  ».  L'  A.  aggiunge 
però  di  frequente  un  sommario  piìi  esteso,  o  inserisce  il  testo  dei 
documenti  più  notevoli,  od  infine  fornisce  particolari  e  pregevoli 
cenni  su  gli  avvenimenti  importanti ,  gli  offici  e  le  dignità  ,  la 
genealogia  ed  i  personaggi  distinti  della  famiglia,  e  le  forme  di- 
plomatiche di  alcuni  documenti. 

Si  rilevano  facilmente  dal  Regesto  il  progresso  e  la  potenza 
delle  famiglie  Tagliavia  -  Aragona  -  Pignatelli ,  le  grandi  con- 
cessioni fatte  da  varii  sovrani  in  ogni  tempo  in  Sicilia  ed  altrove, 
ed  il  lustro  che  diedero  a  lor  prosapia  Ettore  Pignatelli  Viceré 
di  Sicilia,  Carlo  d'Aragona  Presidente  del  regno,  e  poscia  ]tficolò 
Pignatelli,  anch'  egli  Viceré.  Importanti  eziandio  pel  regno  di 
Napoli  sono  i  documenti  riguardanti  la  famiglia  Pignatelli  e  le 
varie  immunità ,  prerogative  e  dignità ,  che  quivi  godevano  sin 
dal  secolo  XV. 

I  privilegi  reali  sono  in  grande  numero,  ma  non  mancano  let- 
tere di  pontefici,  dei  Dogi  di  Venezia  e  di  Comuni ,  ed  atti  pri- 
vati, talvolta  di  particolare  interesse  e  curiosità.  Sarebbe  lungo 
il  ricordare  quanto  di  più  notevole  si  rinviene  in  quei  molteplici 
e  svariati  documenti.  Accennerò  soltanto  i  più  antichi  documenti 
svevi,  le  concessioni  aragonesi  pei  Tagliavia,  quella  di  Federico  III 
dell'isola  di  Malta  a  Manfredi  Chiaramonte,  l'officio  di  Gran  Con- 
testabile conferito  a  Pietro  Cardona  nel  1520,  la  donazione  fatta 
da  Carlo  V  dello  Stato  del  Vaglio  in  America  a  Martino  Cortes, 
le  nomine  di  Carlo  d'  Aragona  ad  ambasciatore  dei  Paesi  Bassi 
(1578),  Luogotenente  nel  Principato  di  Catalogna  e  Governatore 
di  Milano,  la  pensione  di  duemila  ducati  annui  assegnata  al  ce- 
lebre ammiraglio  Ottavio  d'Aragona,  la  dignità  di  Luogotenente 
di  Sardegna  data  nel  1686  a  Nicolò  Pignatelli,  ed  il  conferimento 
dell'ordine  del  Toson  d'oro  al  Duca  di  Monteleone  nel  1731. 

L'A.  dà  in  appendice  1'  elenco  della  corrispondenza  diploma- 
tica tenuta  dai  Pignatelli  e  dagli  Aragona  coi  sovrani  e  principi 
del  loro  tempo  dal  secolo  XVI  al  XIX,  e  promette  di  intrapren- 
derne la  pubblicazione.  Di  tale  corrispondenza  poca  parte  sol- 
tanto, concernente  Carlo  di  Aragona,  è  nota,  perchè  venne  pub- 


572  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

blicata  da  Bozzo  e  Salvo-Cozzo  su  codici  della  Settimiana  e  della 
Comunale. 

Sarebbe  conveniente  di  dare  in  luce  altresì  un  elenco  delle 
più  importanti  scritture  di  quell'archivio  riguardanti  capitoli,  or- 
dini feudali  ed  altro ,  che  possono  recar  giovamento  alla  storia 
generale  e  municipale.  I  pregevoli  elenchi  dei  feudatarii  siciliani 
sotto  Federico  II  aragonese  e  Martino  dati  in  luce  da  Muscia,  le 
memorie  (corredate  di  documenti)  di  Pasquale  Calvi  e  Francesco 
Franco  per  la  lite  del  Duca  di  Monteleone  col  comune  di  Terra- 
uova,  V Arbitramento  di  Santi  Roberti,  il  processo  per  lite  feudale 
dei  primordi!  del  secolo  XV  pubblicato  in  parte  da  La  Lumia,  il 
bando  del  1583  rii)rodolto  dal  mio  genitore  nelle  Notizie  e  docu- 
ìiienti  su  le  Consuetudini  siciliane,  il  Piano  dimostrativo  dell'am- 
ministrazione di  Casa  Monteleone  nel  1773-74,  edito  dal  beneme- 
rito nostro  Presidente  Andrea  Guarneri,  provano  che  abbondante 
e  nuova  materia  sarebbe  dato  di  trovare  in  quel  vasto  archivio. 

La  parte  più  antica  e  notevole  di  privilegi  e  concessioni  ri- 
mane pur  sempre  il  Tabularlo;  ed  il  nuovo  ed  accurato  lavoro  di 
Regesto  compilato  dall'egregio  prof.  Pipitone-Federico  riesce  cer- 
tamente utile  per  gli  studi  diplomatici  ed  archivistici  dell'isola. 

Giuseppe  La  Mantia 


S.  Raccuglia  —  Jad  dalVanno  1320  all'  anno  1528.  Acireale, 
1905. 

Il  castello  di  Jachium  ,  di  origine  bizantina  ,  s' inalziiy,;  sopra 
una  rupe  isolata,  quando  nell'eruzione  dell'Etna  del  IIGD  la  lava 
l'attaccò  alla  costa  siciliana.  Assai  vasto  il  territorio  che  an- 
dava unito  al  castello,  ma  poco  importanti  gli  abitati  che  vi  sor- 
gevano, 86  si  toglie  Aquilia  Vetere,  la  quale  fu  distrutta  nel  1320 
dalle  Holdatescbe  angioine  condotte  da  Beltrando  del  Balzo.  Vi- 
cino ad  essa  si  ionuò  Aquilia,  Nova,  che  più  tardi  doveva  congiuu 
gersi  con  altri  piccoli  villaggi  e  formare  la  moderna  Acireale. 

Ai  tempi  dai  quali  1'  A.  imprende  la  sua  narrazione,  il  luogo 
principale  di  tutto  il  territorio  era    il    forte   castello  di  «laci  col 


RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA  573 

piccolo  borgo  sortovi  accanto ,  castello  e  borgo  che  nel  1320 ,  o 
poco  prima,  furono  dal  re  Federico  II  tolti  a  Margherita,  figlia 
di  Euggero  di  Lauria,  dichiarata  ribelle,  e  donati  alla  famiglia 
Alagona.  Questa,  già  potentissima  in  Ispagna,  perchè  pretendeva 
«  di  appartenere  ad  una  delle  12  famiglie  piìi  antiche  del  reame 
di  Soprarbia,  culla  di  quello  di  Aragona  »  ,  si  era  trasferita  in 
Sicilia  con  Blasco  I,  detto  il  Vecchio,  venuto  in  compagnia  di 
Pietro  I  di  Aragona  ai  tempi  del  Vespro  e  rimasto  poi ,  dojx) 
molte  vicende,  l'aiuto  più  valido  che  avesse  Federico  nella  lunga 
guerra  sostenuta  contro  gli  Angioini. 

Che  a  lui  Federico  concedesse  con  il  contado  di  Xaso  e  con  altre 
terre  anche  quella  di  Jaci  non  è  ben  certo.  Ma  mi  sembra  che  l'A. 
non  riesca  a  persuadere  quando  vuole  dimostrare  che  essa  fu  ceduta 
dal  re  a  Blasco  II,  figlio  di  Blasco  I  «  nel  1320  »,  come  dice  a  p.  1, 
o^«  verso  il  1320  »,  come  scrive  a  p.  8.  La  prima  affermazione  è  con- 
fortata dalla  nota  «  la  data  risulta  dai  documenti  che  noi  discutiamo 
al  cup.  II  ».  Ora  da  essi  si  può  ricavare  che  Jaci  nel  1320  o  giìi  di  lì 
apparteneva  a  Blasco  II ,  non  già  che  gli  fosse  allora  concessa. 
Dopo  la  morte  di  Federico  II  e  in  forza  del  suo  testamento  ,  il 
signore  di  Jaci  dovette  cedere  alla  vedova  del  re,  Eleonora,  il 
castello  ,  che  nel  1341  passò  al  duca  Giovanni ,  quartogenito  di 
Federico.  Ma  la  famiglia  Alagona  presto  lo  riebbe  e  ne  costituì 
il  suo  propugnacolo  durante  le  lotte  tra  i  cosiddetti  Latini  e  Ca- 
talani ,  nelle  quali  rimasero  tristamente  famosi  con  gli  Alagona 
i  Palizzi,  i  Chiaramoute,  i  Ventimiglia  ed  altri. 

Artale  Alagona  era  già  venuto  in  possesso  di  Jaci  ed  aveva 
raccolto  sotto  di  sé  1  vasti  domini  paterni ,  quando  ,  principal- 
mente per  opera  di  lui,  andò  a  monte  la  spedizione  dell'  Accia- 
inoli, il  maresciallo  del  re  di  Napoli,  quantunque  in  quell'avve- 
nimento il  castello  e  la  terra  soffrissero  molte  devastazioni. 

Ma  l'eroe  della  famiglia  fu  il  nipote  di  quello,  Artale  II,  di  cui 
si  parla  nella  parte  IV  del  lavoro,  la  quale  è,  senza  dubbio,  la  più 
interessante.  Ne  formano  argomento  i  propositi  arditi  di  lui  contro 
il  duca  Martino ,  1'  assedio  di  Jaci ,  i  pentimenti  e  le  promesse 
fallaci  del  giovane  agitatore  siciliano  ,  le  lusinghe  e  le  minacce 
del  duca  astutissimo,  che  ne  teneva  prigionieri  il  fratello,  il  pa- 
dre, la  moglie  ed  i  figliuoli,  l'esitazione  di  Artale  per  la  vita  di 
essi,  l'alternativa  incessante  tra  lo  sconforto  e  la  speranza,  le 
gelosie  e  il  disaccordo  degli  altri  signori  dell'isola,   che  in  quel- 


574  RASSEGNA    BIBLIOGRAFICA 

l' occasione  si  mostrarono  tutti  o  vili  o  irresoluti  o  inetti.  Sono 
gli  ultimi  sforzi  che  fa  la  Sicilia  allo  scopo  di  non  perdere  quella  li- 
bertà, per  la  quale  aveva  tanto  lottato  nella  guerra  del  Vespro.  E 
tutti  gli  sforzi  fanno  capo  a  quel  giovane  coraggioso  ed  ardito  ed 
hanno  per  centro  il  castello  di  Jaci,  rifugio  del  focoso  signore. 

5?on  sempre  sicuri  i  tratti  che  ne  determinano  il  carattere  ; 
«  Spirito  bollente  e  giovanissimo,  costui,  che  ritraeva  tutto  il  suo 
omonimo  zio...  »,  dice  l'A.  a  p.  19,  mentre  a  p.  27  si  domanda: 
«  Artale  II  di  Alagona  lusingavasi  forse  di  poter  essere  egli  il 
braccio  e  la  mente  capace  di  dirigere  l' insurrezione  siciliana  ?  » 
e  risponde  subito  :  «  Non  si  hanno  prove  per  asserirlo  ;  ma  se 
qi;ie8to  può  far  sospettare  la  sua  continua  tergiversazione,  è  certo 
che  non  lui,  che  tanto  poco  assomif/liava  allo  zio  ed  al  valente  pa- 
dre di  lui,  il  giovane  Blasco,  era  l'uomo  per  ciò  ».  ì^^el  dare  que- 
sto secondo  giudizio  pare  che  l'A.  non  tenga  troppo  conto  delle 
condizioni  speciali  in  cui  trovavasi  la  famiglia  di  Artale.  Andrea 
Chiaramonte  ,  già  arrestato  col  fratello  e  col  padre  di  lui ,  era 
stato  ucciso  ;  la  medesima  sorte  pareva  serbata  a  tutti  gli  altri 
prigionieri,  se  l'azione  di  Artale  fosse  stata  più  energica  e  riso- 
luta. La  tattica  di  Artale  II  fu  la  sola  che  si  potesse  allora  ap- 
provare e  ce  lo  attestano  i  buoni  successi  che  egli  ottenne  talvolta, 
i  quali  se  fossero  stati  seguiti  dall'opera  concorde  degli  altri  si- 
gnori, avrebbero  impedito  che  la  Sicilia  cadesse  sotto  il  dominio 
di  quei  nuovi  invasori. 

Nell'ultima  parte  l'A.  tratteggia  la  storia  di  Jaci  per  tutto  il 
secolo  XV  ed  entrando  nel  XVI  arriva  all'anno  1528,  in  cui  gli 
abitanti  di  Jaci  (!on  il  pagamento  di  72  mila  fiorini  «  ottennero 
la  emancipazione  dal  dominio  baronale  e  la  proclamazione  della 
terra  a  demanio  ». 

Noto  in  generale  che  molte  delle  supposizioni  fatte  qua  e  là 
dall' A.  non  sono  sempre  giustificate  dalle  fonti  che  egli  ricorda. 
Forse  se  avesse  allargato  ancora  le  sue  ricerche,  non  avrebbe 
avato  bisogno  di  citare,  come  fa  spesso,  il  Lexicon  dell'  Amico, 
r<mdando  delle  questioni  sopra  notizie  che  (jnel  comi)ilatore  dà 
in  inauieni  troppo  vaga.  Così  non  menzionerei  ancora  col  nome 
di  Merlino  (che  pare  non  esistesse)  quella  piccola  parte  della 
Cronaca  kìc.  del  nec.  XVf,  pubblicata  molti  anni  fa,  quando  ognu- 
no sa  di  tutta  quell'opera  oggi  abbiamo  l'edizione  critica,  nella  qua- 
le non  mancano  notizie  interessanti  per  la  storia  di  Jaci.  Ma,  a  parte 


RiiSSEGNA    BIBUOGRAFIOA  575 


queste  piccole  mende,  PA.  è  meritevole  di  lode,  sia  perchè  ha  sa- 
puto ben  disporre  il  materiale  che  ha  trovato,  esponendolo  quasi 
sempre  in  forma  molto  chiara,  sia  anche  perchè  ha  fatto  quello  che 
pur  troppo  si  trascura  per  la  maggior  parte  delle  città  siciliane. 
In  altri  lavori ,  non  meno  importanti  di  questo,  egli  cercò  di 
ricostruire  la  Storia  di  Aci  sin  dai  tempi  più  antichi ,  e  di  essi 
ebbe  altre  volte  ad  occuparsi  il  nostro  Archivio.  Le  monografie 
che  hanno  per  titolo  :  Xifonia,  AMs  ,  lachium ,  Aquilia  Vetere  , 
Acireale  durante  il  regno  di  Vittorio  Amedeo,  sono  come  tanti 
capitoli  della  storia  della  ridente  cittadina  etnea,  nei  quali  egli 
con  non  poco  acume  potè  rilevare  dei  punti  ancora  oscuri  e 
correggere  molti  errori  di  coloro  che  lo  avevano  preceduto  nel 
trattare  di  tali  argomenti. 

Vincenzo  Epifanio 


De  Cristo  Vincenzo  —  La  caduta  di  Gioacchino  Murai  e  V  in- 
surrezioìie  della  Cdlabria  ulteriore  nel  1815  poste  in  luce 
su  documenti  inediti  ed  illustrata  da  incisioni  ;  C^osenza, 
Tip.  della  «  Cronaca  di  Calabria  »  1906. 

Gli  scritti  sul  Murat  da  alcuni  anni  si  sono  accresciuti  anche 
in  Italia,  ove  è  sempre  viva  la  memoria  dell'infelice  guerriero  ca- 
duto a  Pizzo.  Le  investigazioni  sulle  vicende  dei  tempi,  rispetto  al 
sentimento,  da  cui  egli  fu  mosso  negli  ultimi  mesi  del  suo  regno, 
potrebbero  dar  luogo  a  contestazioni,  ma  niuu  dubbio  può  sorgere 
eh'  egli  veramente  avesse  inculcato  nel  suo  Stato  quelle  larghe 
istituzioni  di  governo  civile  e  quella  coltura,  che  poteva  togliere 
da  abiezioni  le  plebi  del  l!^^apoletano.  Pensiero  assai  lodevole;  poi- 
ché mercè  lo  stesso  poteva  avvenire  la  riabilitazione  uiorale  di 
un  popolo ,  reso  feroce  da  precedenti  dominj  ,  e  che  poco  potè 
progredire  sotto  il  regime  di  Carlo  III,  principe  munificentissimo, 
in  mezzo  a  tanta  barbarie  ispiratosi  al  pensiero  fecondo  di  Ber- 
nardo Tanucci.  Xoi,  per  le  idee  enunciate  nel  nostro  libro  Gioa- 
chino Murai  in  Italia,  edito  nel  1899,  per  la  impresa  politica  na- 
zionale, iniziata  in  Italia,  contro  V  Austria,  trovammo  contrasti 


576  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

di  opinioni  in  Francia  e  nel  Belgio,  come  avessimo  dissentito  da 
quelle  verità  storiche,  che  non  sono  l'opinione  parziale,  o  il  con- 
vinciraento  passionato.  Tanto  che,  nella  seconda  impressione,  noi 
avremo  maggiore  cura  di  rilevare  P  altezza,  cui  giunse  il  regno 
sotto  il  Murat,  né  meno  la  tenacità  dei  propositi  politici.  E  ciò 
potrà  colmare  quella  che  al  Prof.  De  Cristo,  intorno  alla  opero- 
sità cirile  del  Murat ,  jiare  resti  ancora  una  lacuna  sul  più  im- 
portante periodo  di  sua  vita,  quale  fu  quello  del  suo  regno. 

Molto  di  arguto  è  accennato  nel  Proemio  della  monografia  del 
De  Cristo,  specialmente  pei  richiami  di  scrittori  accreditati,  nei 
quali  non  sempre  egli  trova  diffusi  quei  movimenti ,  che  contri- 
buirono pure  allo  scrollo  del  reame  murattiano;  giacché  se  è  vero 
da  una  parte  che  la  politica  avesse  attraversato  le  mire  del  re 
di  N'apoli,  fingendo  i  tradimenti  occulti ,  da  un'altra  non  si  po- 
trebbe negare  che  l'interno  della  regione,  mal  compresa  dell'av- 
venire di  essa,  cospirava  contro  ,  severa  di  riprender  vita  ,  cac- 
ciando la  gente  straniera,  per  essere  sostituita  dal  volgo  spietato 
e  mercenario  che  accerchiava  il  re  fuggito,  che  aveva  massacrato 
Napoli.  Dei  criterj  di  quelle  sommosse  ,  piene  di  contradizioni, 
non  facilmente  se  ne  intendono  i  fini,  tranne  che  quelli  di  faci- 
litare il  ritorno  ai  Borboni;  e  gli  stessi  né  pure  hanno  un  carat- 
tere aperto  nella  misteriosa  carboneria,  che  correva  a  precipizio 
per  amor  di  setta ,  senza  tener  dietro  a  fermezza  di  propositi. 
Oggidì  la  ricerca  del  documento,  quasi  indispensabile,  ha  messo 
un  fitto  velo  alle  idee ,  e  così  mal  si  giudica ,  o  lievemente ,  un 
moto  politico.  Le  rivoluzioni  del  mezzogiorno  d'Italia  richiedono 
tutt'altro  che  la  fatica  materiale  di  riunire  carte  tenute  in  serbo; 
e  lo  studio  di  esse  recherebbe  nuovi  ed  esatti  giudizi ,  né  dure- 
rebbero i  più  restj  alla  verità  com'è  quello  di  Piersilvestro  Leo- 
pardi, addotto  dal  De  Cristo,  nelle  Narrazioni  storiche  fiducioso 
di  cre<lere  che  la  tanta  avversata  politica  dei  Carbonari  nel  1814 
diventa  la  sola  che  potesse  mantenere  sul  capo  di  (Jioacchino  Murai 
la  Corona  di  Napoli. 

I  (;in(|ue  capitoli  del  De  Cristo  tratteggiano  con  vigore  e  sen- 
natezza  un  periodo  trascurato ,  o  poco  messo  a  ricordo  dal  Col- 
letta nella  Storia  del  reame  di  Napoli.  11  secondo  di  essi  ritrae 
lo  stato  interno  del  regno  di  Gioachino,  le  lotte  terribili  sostenute 
dal  legittimiHmo  contro  il  murattismo  ,  creduto  ])ic<',<)lo  di  forze, 
e  che  doveva  essere  sopratlatto.  Però  come  coll'egiegi<»  scilttore 


EASSEGNA   BIBLIOGRAFICA  577 

non  possiamo  persuaderci  che  la  insurrezione  del  1815  reputar  si 
deve  la  causa  più  grave  tra  quelle  che  fecero  determinare  Gioacchino 
ad  abbandonar  la  guerra;  così  non  crediamo  che  le  congiure  sor- 
sero contro  di  Giuseppe  e  di  Gioacchino  fino  a  che  non  fu  ab- 
battuto per  sempre  lo  straniero  avversario.  E  non  facilmente  pos- 
siamo aggiustar  fede  al  giudizio  ,  se  il  primo  vediamo  posto  a 
parallelo  del  secondo.  Il  regno  di  Giuseppe  sorse  a  poca  distanza 
sulle  rovine  della  Republica  partenopea,  lasciò  gli  errori  dei  tempi, 
e  fu  travolto  dalle  varie  classi  ,  che  divoravano  la  rettitudine 
dello  Stato,  senza  che  al  principe  spianassero  le  difficoltà  a  cal- 
colare le  orme  del  buon  governo.  Invece  Gioacchino,  dal  suo  in- 
sediarsi sul  trono,  spogliatosi  delle  abitudini  francesi,  tenne  sem- 
pre a  naturalizzarsi  ,  entrando  nel  cuore  del  popolo  napoletano, 
studiandone  i  bisogni  ,  proclamando  quei  principj  e  quella  vita- 
lità, che  segregavano  al  tutto  la  regione  napoletana  dalla  servitù 
politica  e  dalle  usanze  straniere.  Regnante  un  francese  il  reame 
aveva  dell'egemonia  su  tutti  gli  altri  Stati  italiani  sottoposti;  ed 
essa  trovava  i  suoi  svolgimenti  nella  coltura,  dando  morte  ai  pri- 
vilegi, e  in  quelle  leggi,  che  dal  suo  abbandono  al  trono  a  pochi 
anni  avrebbero  preseutata  maggior  perfezione  che  nella  legisla- 
zione del  1819. 

Il  Prof.  De  Cristo ,  dopo  avere  con  rapidità  assai  bella  fatte 
note  le  cagioni  dei  dissentimenti  interni ,  e  molte  verità  consa- 
crate in  esse;  dopo  avere  ricordati  i  timori  e  le  precauzioni  prese 
per  uno  sbarco,  o  invasione  angloborbonica  in  Calabria,  e  ricordata 
l'amministrazione  politica,  che,  coi  palliativi,  minava  il  trono,  negli 
ultimi  tre  capitoli  pone  a  studio  le  insurrezioni  degli  anni  1813, 
1814,  1815,  della  battaglia  di  Cittanova,  o  Casalnuovo ,  denomi- 
nazione del  tempo,  e  dei  cooperatori  alla  pace.  S'insorge  al  grido 
di  Viva  Vindipendenza  italiana;  ma  è  desso  un  grido  limitato  al 
Napoletano,  in  cui  si  vuole  restituito  il  re  Ferdinando;  è  un  grido 
che,  guastando  il  trono  di  Gioacchino,  dà  lo  sfacelo  alla  rivolu- 
zione, al  progresso  delle  idee,  alla  libertà.  Né  altro  intendimento 
poteva  albergare  nei  petti  dei  combattenti  nella  ricca  e  popolosa 
Piana  di  Polistena,  in  quel  dì  19  apriie  1815,  che  colPavveniniento 
vogliono  r^taurata  la  tradizione  monarchica.  L'eroe  a  capo  di  esso 
è  un  giovine  piìl  che  ventenne,  Domenico  Valensise,  legittimista, 
che,  proclamando  la  insurrezione,  colle  lusinghiere  parole  di  viva 
Vindipendenza,  proseguiva  l'opera  del  padre,  che,  nel  1796,  per 


578  RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

incarico  reale,  aveva  promosso  nella  regione  un  movimento  legitti- 
mista con  un  importante  arruolamento  di  rolontarH  a  difesa  dello 
Stato;  siccome  è  comprovato  dai  documenti  II  e  III,  che  lo  scrit- 
tore appone  in  fine,  riuniti  a  una  serie  di  molto  interesse.  E  nar- 
rate sono  le  varie  fortune  dell'avvenimento,  prendendo  il  De  Cristo 
da  questo  punto  non  lieve  interesse  per  il  Valensise  e  pei  con- 
giunti, e  notando  come  gli  atti  prudenti  degli  amministratori  di 
quei  luoghi ,  fecero  sì  che  furono  risparmiate  molte  crudeltà  , 
frenata  l'ira  principalmente  del  generale  Desvernois,  che  in  Me- 
morie lasciò  narrazione  dei  tentativi. 

La  trattazione  del  breve  periodo,  quantunque  noi  lodiamo  la 
larghezza  delle  ricerche  diligenti  e  l'accurato  narrare,  ci  mette 
un  po'  in  sospetto  per  le  ricordanze  del  giovine  Valensise  ,  co- 
tanto amato  dal  Borbone  per  le  imprese  millantate,  o  in  parte 
tentate,  e  ci  farebbe  credere  che  lo  scrittore,  dimenticato  il  Murat, 
esalti  troppo  questo  giovinastro  ,  i  cui  desideri  sarebbero  stati 
quelli  di  seguire  in  un'impresa  in  prò  del  Borbone  l'audacia  del 
cardinale  Ruffo.  Se  il  De  Cristo  ama  il  Murat  e  ne  riconosce  la 
virtìi  preclare ,  come  mai  può  seguire  ,  oltre  che  da  storico  con- 
scienzioso ,  il  Velonsise  in  tutti  i  suoi  passi  ,  compiangendone 
perfino  la  immatura  morte  !  iSTon  diciamo  che  il  giovine  intrapren- 
dente non  debba  essere  rammentato;  ma  se  il  vediamo  procedere 
sì  falsamente  in  quella  bella  età,  come  mai  x)Ossiamo  e  dobbiamo 
interessarci  di  lui,  quando  l'oblìo  sarebbe  stato  unico  ristoro  al 
mal  tentativo  represso  e  generosamente  ?  Un  tal  contegno  tenuto 
dello  scrittore  ci  lascia  in  sospeso  ;  parendoci  che  la  causa  dèi 
Murat  e  quella  del  Valensise  non  possano  essere  sposate  con  u- 
gnale  interesse;  e  che  nella  sconfitta  che  pativa  il  primo  ,  il  se- 
condo non  può  dai  posteri  che  guadagnarsi  il  biasimo. 

Queste  le  nostre  opinioni  sui  due  uomini,  e  sull'oi)era  dell'uno 
e  dell'altro  per  la  causa  della  libertà;  se  non  che  ripoter  vogliamo 
che  questo  scrittore  è  assai  pregevole  per  riedificare  un  breve  e 
inaspettato  tumulto  ,  per  avere  minutamente  fatta  ricerca  di  do 
cinnenti  irrefragabili  ,  che  danno  luce  a  quanto  finora  rimaneva 
o  un  accenno  o  uno  sbaglio.  Ed  obligo  c'impone  dire  (;he  il  De 
(5ri«to  anche  con  poche  pagine  diradò  molte  tenebre  con  arguzia 
e  Rennate/.za. 

FkAN^KSCO   (llTAliniONK 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


La  Poesia  popolare  italiana.  Studi 
di  Alessandro  D'  Ancona.  Seconda 
edisione  accresciuta.  Livorno,  Eaf- 
faello  Oiusti  editore,  Lihraio-tipo- 
yrafo;  1906.  In  16.,  pp.  Vili,  571. 

Genialmente  concepito  ,  magi- 
stralmente eseguito  e  con  rigore 
scientifico  e  sagacia  di  critica  reso 
incrollabile  nelle  premesse  e  nelle 
conseguenze,  che  han  base  sui  do- 
cumenti ,  questo  libro  rivede  per 
la  seconda  volta  la  luce  notevol- 
mente accresciuto.  La  Sicilia  deve 
essere  assai  grata  al  D'  Ancona  ,  il 
più  poderoso  ingegno  critico  ed  eru- 
dito trai  viventi  italiani  ,  anche 
per  quest'altro  suo  libro,  che  di  essa 
largamente  e  precipuamente  s' oc- 
cupa e  ad  essa  rende  giustizia  ed 
onore.  In  sostanza ,  il  poderoso  e 
pur  dilettevolissimo  lavoro  del  D'An- 
cona^ dimostra  questo,  con  la  mag- 
giore evidenza  e  prova  desiderabile  : 
Che  la  poesia  popolare  italiana  pre- 
senta due  fonue  ben  distinte  :  «  una 
forma  spontanea  e  più  direttamente 
plebea,  sebbene  non  priva  di  certo 
artificio,  e  una  forma  addirittura  ar- 


tifiziata.  e  letteraria  :  quella  più  anti- 
ca, questa  più  moderna;  quella  che 
risale  ai  primi  tempi  della  nostra  lin- 
gua e  letteratura,  questa  non  più 
vecchia  di  tre  o  quattrq  secoli.  Ma 
la  fonte  prima,  e  ad  ogni  modo  più 
copiosa,  dell'una  e  dell'  altra  si  ri- 
trova in  Sicilia,  che  e  prima  e  poi , 
se  non  altro^  diede  Io  stampo,  a  non 
contare  gli  esempj,  che  pur  son  molti. 
La  prima  forma  si  trasmise  più  ch'al- 
tro oralmente  ,  di  bocca  in  bocca , 
ne'  tempi  di  maggior  mescolamento 
delle  plebi  italiane  ;  la  seconda  per 
la  massima  parte  si  diihise  col  mezzo 
di  collezioni  manoscritte  o  a  stampa. 
Ad  ogni  modo,  se  anche  nato  in  Si- 
cilia il  Canto  è  divenuto  essenzial- 
mente italiano  e  comune,  sebbene 
per  diventar  tale  abbia  dovuto  ces- 
sare di  esprimersi  nel  volgare  dell'I- 
sola. Abbiamo  visto  come  le  poesie 
della  prima  specie  siensi  sparse  in 
gran  parte  dell'Italia  dopo  una  sosta 
fatta  in  Toscana,  ove  presero  le  for- 
me di  <|uel  dialetto,  che  è  fondamen- 
to alla  lingua  comune  di  tutta  la  Na- 
zione. Ma  anche  le  poesie  della  se- 
conda specie  si   popolarizzarono   in 


580 


BULLETTINO     BIBLIOGRAFICO 


gran  parte  della  Penisola,  dopo  che, 
particolarmente  in  Napoli  ,  dal  lin- 
guaggio insulare  vennero  più  o  me- 
no bene  ti-adotte  nell'  idioma  culto 
e  generale». 

Non  a  tutt«  le  forme  della  poesia 
popolare  si  estende  lo  studio  del 
D'Ancona,  ma  soltanto  alla  forma  li- 
rica, della  quale  ampiamente  cerca 
le  origini,  segue  i  tramutamenti  di 
regione  in  regione,  e  mette  in  luce 
le  relazioni  con  la  poesia  eulta.  Delle 
altre  forme  tocca  qualche  volta  per 
incidenza;  ma  anche  nelle  altre,  se 
avesse  voluto  far  indagini  più  este- 
se, avrebbe  trovato  conferma  e  docu- 
menti alle  sue  giuste  deduzioni  ;  ma 
ei  volle  conservare  la  limitazione 
primitiva  e  il  titolo  modesto  al  suo 
libro,  ch'è  pur  sì  fecondo  di  insegna- 
menti ed  ha  valore  sì  alto. 

S.  S.-M. 


Quattordici  anni  di  ricerche  archeo- 
loifiche  nel  sud-est  della  Sicilia. 
Comunicasione  di  Paolo  Orsi.  Bo- 
mUf  Tipoijrafin  della  li.  Accade- 
mia dei  Lincei,  proprietà  del  Cav. 
V.  Salviucci;  1904.  In  8.,  pp.  27. 

Qtiali  sono  le  retjìoni  italiane,  quali 
rispettivamente  gli  strati  archeolo- 
gici che  contengono  prodotti  indti- 
striali  micenei,  lielnzione  del  Prof. 
Paolo  Uni.  lioma,  Tipografia  del- 
la R,  Accademia  dei  lAncei,  pro- 
prietà del  Cav.  V.  Salviucci;  1904. 
In  8',  pp.  U. 

Brevi  riM^moriu  ina,    cx>mu  t.utt« 
le  Altre   dui    Prof.    Orsi ,   dense  di 


contenuto  importantissimo  per  l'ar- 
cheologia e  per  la  storia. 

Nella  prima  è  riassunto  il  cospi- 
cuo risultato  che  l'Orsi  ha  ottenuto 
in  1-4  anni  di  ricerche  in  tutta  la 
zona  sicula  che  da  Messina  scende- 
per  tutta  la  costa  orientale  e  per 
Pachino  risale  sino  a  Terranova  ; 
ricerche  che  hanno  fornito  quel  pre- 
zioso materiale  preellenico  ed  elle- 
nico che  sapientemente  è  collocato 
oggi  nel  Museo  di  Siracusa  e  che 
attesta  la  civiltà  dei  Siculi  e  dei  Si- 
cani  (due  rami  di  uno  stesso  popolo, 
della  grande  famiglia  libico -iberica 
venuto  dall'Africa  e  diffuso  in  tutte 
le  isole  e  coste  del  mediterraneo  oc- 
cidentale), e  quella  degli  Elleni  che 
poi  splendida  trionfa  e  prevale 
in  Sicilia.  «  È  tutto  merito  della  mo- 
derna scienza  archeologica  (  scrive 
giustamente  l'Orsi,  che  in  esso  me- 
rito ha  gran  parte),  che  lo  studio 
delle  civiltà  primitive  tratta  coi  se- 
veri metodi  e  criteri  della  paletno- 
logia, d'aver  integiato  il  primo  ca- 
pitolo della  storia  della  Sicilia  anti- 
chissima ,  e  di  averci  appreso  ciò 
che  le  fonti  classiche  avevano ,  o 
completamente  taciuto  od  appena  e 
vagamente  adombrato. ...e  come  ac- 
canto al  culto  della  maestosa  civiltà 
greca,  anclu^  (juello  della  modesta 
civiltà  sicula,  evolveutesi  dal  neoli- 
tico sino  al  VI  secolo,  non  sia  in- 
degno di  riguardo  ». 

Nella  seconda  menu)ria  l'illustre 
archeologo  fa  conoscere  come  e  do- 
ve (tra  le  regioni  italiane)  i  prodot- 
ti industriali  della  antica  civiltà 
egeo- micenea  penetrassero,  veri  e 
potenti  fattori  «li  inci  vii  mento  per 
i  Siculi  indigeni  dell'estremo   mez- 


BULLETTINO     BIBLIOGRAFICO 


581 


zogiorno  d' Italia  e  dell'isola  di  Si- 
cilia; della  quale  ultima  l'A.  eTiume- 
ra  specialmente  i  luoghi  e  le  prezio- 
se scoperte  che  dimostrano  con  si- 
curezza il  suo  assunto.  E  furono 
appunto  «  i  commerci  micenei  che 
insegnarono  ai  Greci  dei  tempi  sto- 
rici le  vie  del  mare  alle  coste  d'I- 
talia e  (li  Sicilia,  ed  aprirono  questi 
paesi  alla  conquista  politica  e  civi- 
le dell'Eliade». 

Guardando  agli  splendidi  risul- 
tati delle  ricerche  del  valoroso  Prof. 
Orsi  in  questo  estremo  lembo  d'Ita- 
lia, che  vanta  tanta  gloria  di  storia 
e  di  civiltà  antica  e  rimane  pur 
sempre  negletto  dal  Governo,  è  da 
far  voti  col  suUodato  Prof.  Orsi  che 
cessi  una  volta  tanta  incuria  danno- 
sa e  quasi  colposa,  e  si  ripari  degna- 
mente con  l'accrescere  le  meschinis- 
sime  dotazioni  dei  Musei,  degli  Sca- 
vi e  degli  Ufflcj  Regionali  per  la 
conservazione  dei  monumenti. 


S.  S.-M. 


Prof.  D.r  Gaetano  Savasta.  Memorie 
storiche  della  Città  di  Paterno. 
Parte  I.  Paterno  civile.  Catania  , 
Tip.  Francesco  Galati:  1905.  In  8. 
picc,  pp.  465.  con  ritratto  dell'A. 
in  fotografia. 


mente  i  recenti  studj  la  fanno  sor- 
gere sul  sito  AeìV Hi/bla  Major),  e  ne 
traccia  le  vicende  dai  tempi  primi 
fino  ai  presenti,  cercando  di  sbaraz- 
zarsi delle  favole  ed  erronee  cre- 
denze per  quanto  può  e  di  dare 
«luanto  di  più  accertato  egli   trova. 

Ma,  lasciando  da  banda  la  parte 
antica  ,  che  ha  molte  incertezze  e 
lacune,  importante  ed  assai  meglio 
condotta  ci  sembra  la  storia  medie- 
vale della  città,  massime  dai  Nor- 
manni in  giù  ,  sotto  il  dominio  dei 
Lanza,  dei  Maletto,  degli  Alagona, 
degli  Speciale  ,  dei  Moncada.  Qui 
l'A.  può  attingere  a  documenti  au- 
tentici, a  fatti  certi  e  precisi,  e,  per 
quanto  ei  vada  breve  ,  segna  con 
chiarezza  e  sicurezza  la  storia  pator- 
nese  fino  alle  sue  recentissime  vi- 
cende. 

In  cinque  Appendici  sono  studiati 
i  patornesi  illustri  ,  le  Istituzioni 
cittadine ,  le  curiosità  naturali ,  le 
antichità  ,  le  Famiglie  nobili ,  cui 
seguono  XXXI  documenti  inediti  , 
quasi  tutti  di  alto  valore. 

L'opera  del  Savasta,  ad  onta  di 
qualche  menda  che  in  edizione  ulte- 
riore si  può  rimuovere  ,  è  lodevole 
per  varj  aspetti,  e  degna  che  altri 
studiosi  di  altri  Comuni  di  Sicilia 
la  tolgano  ad  esempio. 

S.  S.-M. 


Lavorando  su  materiali  quasi  af- 
fatto   nuovi    e    con    paziente    cura  Giorgio  Arcoleo.    Crispi.  À    cura  del 
messi  insieme  da  solo,  il  Rev.  Sava-  Comitato.  (Palermo,  Stab.  tip.  F. 
sta    tratta  in  questo    volume   della  Andò;  1905).  In  8.,  picc,  pp.  63. 
antichità  ed  origine  di  Paterno,  che 
identifica  con  Inessa-Etna  (ma  vera-  È  il  discorso  che  fu  fatto  per  la 

Areh.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  38 


582 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


inaugurazione  del  monumento  a 
Francesco  Crispi  in  Palermo  il  12 
gennajo  1905  :  discorso  splendido  , 
vibrato,  incisivo,  che  con  tocchi  ra- 
pidi e  sicuri  fa  conoscere  a  pieno 
nel  suo  complesso  l'uomo,  il  rivolu- 
zionario, lo  statista ,  nella  sua  vita 
agitata  di  mezzo  a  nn  mondo  agi- 
tato tra  devoti  amici  e  nemici  acer- 
rimi ,  ma  uguale  sempre  ,  mirante 
sempre  e  tenacemente  ad  un  fine , 
la  libertà  e  unità  della  patria. 

Commemorazione  più  degna,  più 
nobile  non  potea  farsi,  e  queste  po- 
che pagine  dell'Arcoleo  resteranno, 
meglio  che  le  molte  entusiastiche  di 
tanti  altri,  meglio  ancora  del  marmo 
e  del  bronzo,  perchè  scolpiscono  più 
precisa  e  vera  la  figura  del  Crispi. 


stumanze  moderne,  e  cose  d'arte  e 
di  lettere  insieme,  cosicché  ne  rie- 
sce dilettevole  ed  utile  la  lettura. 
Il  Mandalari,  che  molti  anni  è  stato 
in  Sicilia  (a  Catania),  si  è  occupato 
molto  e  con  molto  amore  delle  cose 
siciliane;  e  se  ne  occupa  ancora  nelle 
Confessioni,  dove  s'  intrattiene  con 
arguta  critica  del  libro  di  F.  De 
Roberto  su  VAmorey  6.e\V Epistolario 
che  die  fuori  il  Grassi-Bertazzi  del 
Vigo  Calanna,  delle  lettere  dirette 
a  Michele  Amari  da  Anna  Gargallo 
figlia  di  Tommaso,  dei  Sonetti  Sici- 
liani di  Nino  Martoglio,  dell'antica 
porta  di  San  Giovauoi  di  Fieri  (Ca- 
tania), ecc. 

S.  S.-M. 


S.  S.-M. 


Mario  Mandalari.  Bicordi  di  Sicilia. 
Bandazzo.  Seconda  edizione  con 
giunte,  correzioni,  note  ed  appen- 
dice. Città  di  Castello,  S.  Lupi  ti- 
pografo-editore. M.  dccccij.  In  16. 
pp.  XIV,  229. 

Mario  Mandalari.  Le  mie  confessioni. 
Città  di  Castello,  S.  Lupi  tipogra- 
fo-editore-, 1904.  In  16.  pp.  VII, 
183. 

Il  Bandaeso  non  è  una  vera  sto- 
ria ordinata,  nò  una  illustrazione  et^ 
nografica,  né  una  guida,  ma  un  po' 
di  tutto,  raccolto  con  diligenza,  espo- 
•to  Milli uiarianiente  con  garbo  e  di- 
Hinvoltiirn,  alternando  ricerche  eru- 
diti) «'<1  oM«ervazioni  geniali  e  aned- 
dotiche, notizie  archeologiche,  e  co- 


Pro/.  Sebastiano  Crino.  Le  mappe  geo- 
grafiche della  Battaglia  di  Lepanto 
che  trovansi  a  Messina  nei  prospetti 
del  basamento  marmoreo  della  sta- 
tila di  Don  Giovanni  d'  Austria. 
Messina  ,  Tipografia  Z>'  A  mico  ; 
1905.  In  8-,  pp.  15. 

In  quest'opuscolo^  condotto  con 
cura  scrupolosa,  il  Prof.  Crino  parla 
della  parte  che,  mercè  i  sapienti  con- 
sigli, ebbe  il  Maurolico  alla  vittoria 
di  Lepanto ,  e  poscia  illustra  i  tre 
bassorilievi  in  bronzo  che  stanno 
nella  base  del  monumento  a  Don 
Giovanni  d'Austria,  rappresentanti 
l'avvistarsi  delle  due  flotte  avver- 
sarie, la  battaglia,  il  ritorno  trion- 
fale in  Messina.  Queste  mappe,  di 
cui  l'A.  dimostra  l'esattezza,  «'gli 
attribuisce  direttamente   al   Mauro- 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


583 


lieo  ;  il  che  veramente  si  può  ragio- 
nevolmente presumere  ,  ma  non  é 
dimostrato  da  documenti  certi. 

Noto  ,  per  incidenza  ,  che  negli 
schizzi  dati  dei  bassorilievi,  l'artista 
ha  tradito  un  po'  il  vero  nel  dise- 
gno delle  galere,  massime  nella  ter- 
ra mappa,  ove  le  galere  son  segnate 
che  escono  del  porto  e  non  che  vi 
entrano  come  sono  nell'originale. 
S.  S-M. 


Le  contese  giurisdizionali  della  Chie- 
sa Liparitana  nei  secoli  XVII  e 
X  Vili.  Contributo  alla  Storia  ci- 
vile   ed    ecclesiastica    della     Sici- 
lia per  Gaetano    Oliva.  (Con  docu- 
menti  in    maggior  parte  inediti). 
Messina  ,     Tipografia     D'  Amico , 
1905.  In  8-,  pp.  110. 
Veramente  notevole  è  il   contri- 
buto che  il  Prof.  Gaetano  Oliva  reca 
alla   storia    civile    ed    ecclesiastica 
della  Sicilia  con  questa  pubblicazione 
bene  studiata  e  bene  documentata. 
Egli  vi  dimostra  come  per  tutto  il  sec. 
XVII  la  Curia  Romana  si  affannava 
a  trovare  e  preparare   un    pretesto 
per  attaccare  e  distruggere  la  Lega- 
zia  Apostolica  di  Sicilia,  e  la  Chiesa 
di  Lipari  designava  come  la  desti- 
nata a  dar  fuoco  alle  polveri;  e  quin- 
di espone  minutamente  e  chiaramen- 
te ,  prima ,    le  contese  dei  Vescovi 
di  Lipari  col  Metropolitano  di  Mes- 
sina mosse  e  sostenute  dalla  Curia, 
e  poscia  la  lotta  aspra  per  il  Tribu- 
nale della   Regia    Monarchia,    lotta 
che  dovea  così  terribilmente  contur-_ 
bare  per  tanti    anni   la    pace  delle 
coscienze  e  mettere  in  rischio  la  vi- 


ta e  le  s<»8tanze  di  tutti  i  Siciliani, 
nel  primo  terzo  del  secolo  XVIII. 

Questo  dell'Oliva  è  un  buon  ca- 
pitolo della  completa  storia  dell'Apo- 
stolica Legazia  di  Sicilia,  che  dovreb- 
besi  scrivere.  "L'istituto  dell'Apo- 
stolica Legazia  e  del  Tribunale  della 
Regia  Monarchia  siciliana  (scrive 
l'Oliva)  oggi  appartiene  unicamente 
alla  storia;  e  il  trattare  di  esso,  non 
più  con  istinti  polemici  ed  appassio- 
nati come  fu  fatto  altra  volta  da  in- 
numerevoli scrittori  italiani  e  stra- 
nieri, ma  con  serenità  di  giudizio  e 
col  solo  fine  di  raggiungere  la  ve- 
rità storica,  sarebbe  opera  altamen- 
te lodevole  e  di  grande  ammaestra- 
mento, dacché  attorno  alle  contese 
fra  i  Papi  e  i  Re  di  Sicilia ,  gene- 
rate il  piìi  delle  volte  pel  maggiore 
o  minore  riconoscimento  di  un  diritto 
siculo  tuttto  affatto  diverso  da  quel- 
lo di  qualsiasi  altra  nazione,  si  ral- 
legano  molti  fatti  di  grande  interesse 
pubblico  e  privato  ,  non  che  lo  ap- 
profondimento delle  vicende  stori- 
che che  i  vizi  e  le  virtù  dei  popoli 
e  dei  governanti ,  del  clero  e  del 
laicato  denudano,,. 

S.  S.-M. 


Ldì^ì  Maria  Majorca  e  Mortillaro  Conte 
di  Franeavilla.  Terre  cotte  stagnate 
e  Majoliche  della  liabbrica  Sperlin- 
ga  esistente  a  Malaspina  (Palermo) 
dal  1761  al  1780.  Palermo,  Alberto 
Eeber,  Libreria  della  Beai  Casa; 
MCMV.  In  4-,  pp.  28,  con  ritrat- 
te e  tavola  cromolitogratìca. 

Raccogliendone  le  memorie   nel- 
l'Archivio privato  proprio  l'egregio 


584 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


A.  fa  la  storia  della  Fabbrica  di  terre 
cotte  stagnate  e  niajoliche,  che  Don 
Francesco  Oneto  e  Monreale  quinto 
Duca  di  Sperlinga  impiantò  nella 
sontuosa  villa  sua  a  Malaspina  alle 
porte  di  Palermo.  La  fabbrica  ebbe 
un  ventennio  di  vita  (1760-1780) 
e  si  chiuse,  pare,  per  la  prematura 
morte  del  fondatore  e  quando  comin- 
ciava ad  eccellere.  Pare  che  più  di 
una  vera  e  propria  Fabbrica  aperta 
al  gran  pubblico,  il  Duca  ne  avesse 
creato  una  che  servisse  per  uso  pro- 
prio. A  ogni  modo,  i  vasi  ed  oggetti 
che  ne  sopravvivono  e  che  l'A.  illu- 
stra e  riproduce  nella  Tavola  annes- 
sa, mostrano  che  la  Fabbrica  Sper- 
linga meritava  bene  questo  ricordo 
storico,  che  la  fa  entrare  nella  sto- 
ria della  ceramica  siciliana.  Alla  Fab- 
brica Sperlinga  successe  quella  ben 
nota  del  Malvica,  il  quale  ne  acqui- 
stò forse  gli  stampi  ed  i  modelli  e 
anche  i  migliori  lavoranti. 

S.  S.-M. 


Pietro  Maria  Rocca.  Di  alcuni  antichi 
Edift zi  di  Alcamo.  Palermo,  Tipo- 
grafia Castellana- Di  Stefano  e  C, 
1905.  In  16.  pp.  84. 

L'A.  con  quella  diligenza  che  gli 
è  abituale  ,  studia  il  campanile  del 
Duomo,  quello  della  Chiesa  del  Soc- 
cofKo,  le  'i'orri  di  Via  IJuonarroti  e 
di  Via  Mariano  de  Halli»,  la  Loggia 
Comunale  ed  il  Cantello,  il  (piale  ('> 
certo  il  più  vetUHto  e  nottn'ole  edi- 
flcio  d'  Alcamo.  Kgli  ,  su  la  scorta 
di  documenti  con  pa/.ien/n  rintrac- 


ciati in  registri  notarili  e  con  osser- 
vazioni critiche  giuste  ,  sfata  varie 
credenze  paesane  e  corregge  giudizj 
di  eruditi,  e  indica  il  valore  vero  e 
l'epoca  di  erezione  de'  monumenti 
patrj  che  piglia  ad  illustrare.  È  un 
A'olanietto  ,  questo  ,  che  rende  un 
servizio  reale  agli  stiidj  storici,  per 
quanto  in  apparenza  modesto. 

S.  S.-M. 


Can.  Vito  Messina.  Una  pagina  del- 
l'' Archivio  Eucaristico  Catanese. 
Studio  storico  —  critico.  Catania, 
Tipografia  di  Giacomo  Pastore-, 
1905.  In  8*,  pp.  37,  con  una  tavo- 
la in  fototipia. 

Il  Can.  Messina,  con  corredo  di 
testimonianze  attinte  a  varj  libri  e 
con  un  documento  cavato  dagli 
Atti  del  Senato  di  Catania  illustra 
una  raccaiìricciante  pagina  della  cro- 
naca cittadina  del  dì  27  marzo  1513, 
quella,  cioè,  che  si  riferisce  a-  quel 
disgraziato  corviseri  (1)  Gio.  Battista 
Rizzo,  che  durante  la  solenne  messa 
strappò  di  mano  l'Ostia  consagra^tsi 
al  celebrante  Benedetto  Amari  prio- 
re cassinese,  e  fu  per  ciò  afferrato 
dal  popolo  devoto  e  furibondo  e  \\ 
per  lì,  su  la  piazza  del  Duomo,  arso 
vivo  entro  una  botte. 

S.  S.-M. 


Dutt.  Antonino  Knrilo.  I>i  un  Atlan- 
te nautico  disegnato  in  Messina 
nel  15.90  da   (ìioranni  Oliva  e  eon- 


(1)  Oùrvtttt't  t  non  eorni§f.ri  ^  (Ih  ititor|)rcturu,  por  rugÌHiii  olio  sarohbo  lungo  <lir  qui. 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


585 


servato  oggi  nella  Biblioteca  del 
Comune  di  Palermo.  Boma^  Presso 
la  Società  Geografica  Italiana  ; 
1905.  In  8.,  pp.  14. 

Opuscolo  di  molto  interesse,  nel 
quale  1'  egregio  A.  dopo  le  notizie 
che  ha  potuto  raccogliere  su  l'Oliva 
e  su  le  Carte  clie  di  lui  ci  rimango- 
no, esamina  con  massima  diligenza 
e  competenza  l'Atlante  del  1596,  ri- 
levandone le  particolarità,  i  pregi  e 
i  difetti.  E  finisce  :  «  Possiamo  dopo 
un  accurato  esame  concludere,  che 
mentre  la  esecuzione  artistica  di 
questo  atlante  non  apparisce  infe- 
riore a  quella  delle  migliori  Carte 
nautiche  di  quel  secolo  ,  dal  punto 
di  vista  scientifico  Giovanni  Oliva 
è  rimasto  molto  al  disotto  del  pro- 
gresso cartografico  del  tempo  ». 

S.  S.-M. 


Notizia  di  un  trattato  di  Mascalcia 
in  dialetto  sieiliano  del  secolo  XIV, 
con  cui  si  dimostra  pure  che  Crior- 
dano  Muffo  è  il  fonte  di  Lorenso 
Riisio  ,  di  Giacomo  De  Gregorio. 
Paris,  1904.  In  8-,  pp.  23. 

Giacomo  De  Gregorio.  Il  Codice  De 
Cruyllis-Spatafora  in  antico  sici- 
liano del  see.  XIV,  contenente  La 
Mascalcia  di  Giordano  Buffo. 
Halle,  Max  Niemeyer.  (1905).  In 
8-,pp.41. 

Belazione  del  delegato  prof.  Giacomo 
De  Gregorio  sui  risultati  generali 
e  sugli  studi  egiziani  ed  africani 
del  XIV  Congresso  internazinale 
degli    Oì'ientalisti    (A  Igeri    19  -  26 


Aprile  1905)  ,  presentata  a  S.  E. 
Leonardo  Bianchi,  Ministro  della 
istruzione  pubblica.  Boma  ,  Tipo- 
grafia Ditta  Ludovico  Cecchini  ; 
1905.  In  8-,  pp.   14. 

Il  De  Gregorio  fa,  nella  Notizia, 
uno  studio  critico  diligente  e  saputo 
sopra  un  codice,  posseduto  dal  Prin- 
cipe di  Trabia ,  dimostrandone  la 
grande  importanza  e  come  antico 
testo  dialettale,  e  come  Trattato  di 
mascalcia;  ma  come  tale  ,  dimostra 
indubbiamente  che  è  traduzione 
pura  e  semplice  dal  Trattato  latino 
di  Giordano  Ruffo  :  De  medicina  equo- 
rum. Fu  scritto  nel  1368  da  Barto- 
lomeo Spatafora  da  Messina,  che  lo 
dice  opera  del  magnifico  Giovanni 
de  Cruyllis,  cognome  pure  siciliano. 
Nel  secondo  opuscolo  poi,  dà  inte- 
gralmente il  testo  di  Im  libru  di  la 
Maniscalchia  ,  facendovi  opportune 
annotazioni  e  confronti  col  testo 
latino  del  Ruffo  e  qualche  osser- 
vazione filologica. 

Questo  testo  del  Libru  di  la  Ma- 
niscalchia, insieme  ai  Capitoli  della 
prima  Compagnia  di  disciplina  di  San 
Nicolò  in  Palermo  ed  al  Libro  dei 
vizii  e  delle  virth,  pur  editi  dal  De 
Gregorio  ed  appartenenti  pur  essi 
al  secolo  XIV,  costituiscono  i  docu- 
menti più  cospicui  e  sicuri  dell'an- 
tico siciliano,  e  dobbiamo  esser  grati 
al  Nostro  valoroso  concittadino  che 
genuinamente  e  per  intero  ce  li  ha 
fatti  conoscere. 

Nella  Belazione  il  De  Gregorio  , 
che  fu  uno  dei  tre  Delegati  del 
Governo  Italiano  al  Congresso  di 
Algeri ,  rende  minuto  conto  delle 
discussioni  e  comunicazioni  in  esso 


586 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


fatte,  feconde  di  risultati  scientifici; 
e  con  piacere  notiamo  che  due  ap- 
partengono appunto  al  De  Gregorio: 
Détails  historiques  et  facsimile  en 
photographie  de  In  pierre  de  Palerme 
(quella  egiziana  del  Museo  Nazio- 
nale), e  EtymologU  des  ainsi  nom- 
més  préfixes  dérivatifs  des  langues 
Bantones,  en  prenant  pour  base  une 
elude  speciale  sur  la  Chinyngwe,  la 
langue  de  Tété. 

S.  S-M. 


Prof.  Cappellano  N.  Ernesto.  Sulla 
venuta  di  lìmoleonte  in  Sicilia. 
Catania  ,  Tipografia  Editrice  del- 
VEtnu;  1903.  In  8-,  pp.  67. 


scogli  dei  Ciclopi  e  narrata  ed  espli- 
cata la  leggenda  di  Polifeino  ,  non 
nata  in  Sicilia  e  per  la  Sicilia ,  ma 
qui  poi  stabilitasi,  l'egregio  A.  sfata 
la  pretesa  localizzazione  del  porto 
d'Ulisse  a  Capo  Mulini  e  ad  Ògni- 
na.  E  viene  indi  a  cercare  le  vesti- 
gia antiche  di  Trezza,  e  le  medievali, 
ed  esamina  la  probabile  origine  del 
nome  (forse  da  triezera  o  da  H  tri 
pissa)  del  villaggio  odierno,  il  quale 
comparisce  nella  seconda  metà  del 
seicento  :  ne  descrive  per  ultimo  lo 
stato  attuale  e  accenna  alle  speciali 
moderne  feste  popolaresche  della 
Fresa  di  Algeri,  il  Camiddassu  e  il 
Pisci. 

S.  S.-M. 


Col  corredo  di  buoni  studj  1'  A. 
esamina  con  minuziosa  critica  le 
fonti  a  cui  attinsero  Plutarco  e  Dio- 
doro, i  due  storici  principali  della 
vita  di  Timoleonte:  e  dimostrando 
con  raffronti  come  la  narrazione  del 
secondo  sia  in  generale  meno  ampia 
e  particolareggiata,  ma  più  veritiera 
di  quella  del  primo  (che  pur  ha 
notizie  interessanti  che  Diodoro  tra- 
scura) ,  espone  1'  argomento  della 
venutJi  di  Timoleonte  in  Sicilia  e 
delle  imprese  sue  gloriose,  chiaren- 
do e  precisando  al  possibile  dato  e 
luoghi  e  fatti. 

S.  S-M. 


Salvatore  Raeenflia.  Trezza.  Storia- 
OriUea- Archeologia.  Acireale^  Ti- 
pografia Umberto  I.  f904.  In  8'  , 
pp.   'AH. 


Barone  Corrado  Melfi.  Un  frammento 
epigrafico  rinvenuto  in  Terranova 
(Sicilia).  Tipografia  Saro  Donzuso, 
Acireale,  1905.  In  8",  pp.  7. 

Trattasi  di  frammentaria  epigrafe 
greca,  arcaica,  e  supposta  del  seco- 
lo IV  o  V  avanti  Cristo  ,  e  ricorda 
un  Manilione  pastore  di  Acrilla  ed 
un  Filemone.  Acrilla  fu  città  che  so- 
pravvisse a  Gela ,  allorché  questa 
venne  distrutta,  al  282  a.  C.  Il  be- 
nemerito Barone  Melfi  tenta  delle 
ipotesi  per  ricostruire  le  circostanze 
a  cui  la  epigrafe  si  riferisce  ;  egli 
ha  fatto  benissimo  a  segnalarla ,  e 
conservarla,  che  altri  rinvenimenti 
posteriori  potrebbero  completarla. 

S.  S.-M. 


DetM'ritto  il  HÌto  co^  faraglioni  <>    (iiuswppt^  Atnnaiio  di  Montedoro.  Acijuc- 


BTJLLETTINO  BIBLIOGIÈAPICO 


587 


velli.    Alberto  Beber  Editore.  Pa- 
lermo, MCMV.  In  8-,  pp.  179. 

Sono  cosucce,  si,  tenui  quadretti, 
ma  eseguiti  con  tocchi  svelti,  con 
grazia  e  vivacità;  e  li  segnaliamo  per- 
chè riguardano  affatto  cose  nostre , 
monumenti  e  luoghi  storici,  opere  di 
arte,  costumi  ed  usanze,  tradizioni  del 
popolo  ;  tali  Santa  Maria  delV  Am- 
miraglio^  Conca  d'Oro,  Snl  Catalfa- 
no  (Solunto),  Sul  Caputo  (Castellac- 
cio).  Mar  edolce,  Mondello,  Pesca  del 
Tonno,  Leggenda  della  Zisa,  La  Nin- 
na-Nanna del  Natale ,  Il  mercato 
delle  frutta,  Calatrasi  ecc.  ecc. 

S.  S.-M. 


e  città  di  Romagna,  subire  il  domi- 
nio borgiano  in  due  distinti  periodi, 
e  cioè  :  durante  il  primo  esilio  di 
Guidobaldo  da  Montefeltro  fino  alla 
caduta  del  dominio  in  Eomagna  (giu- 
gno-ottobre 1502)  e  dopo  l'invasione 
delle  quattro  fortezze  (decembre 
1502-agO8to  1503),  scotendo  il  giogo 
nei  brevi  giorni  che  corsero  dalla 
ribellione  di  San  Leo  al  secondo  esi- 
lio di  Guidobaldo  (ottobre-decembre 
1502).  Venuta  la  catastrofe  dei  Bor- 
gia, San  Marino  «riassunse  il  dram- 
ma per  conto  suo  in  una  epigrafe 
magniloquente  incisa  ora  sulle  mura 
del  Palazzo  governativo  e  retro- 
spettivamente indirizzata  a  Cesare 
Borgia  :  Bepublica  a  dominatione  tua 
liberata  nobis  cito  fuisti  nihil  ». 


S.   S-M. 


Amy  A.  Bernardy.  Cesare  Bargia  e  la 
Bepubblica  di  8.  Marino  (1500- 
1504).  Firenze,  Francesco  Lumachi 
8UCC.  ai  Fratelli  Bocca  Libraio- 
Editore;  1905.  In  16-,  pp.  93. 


Francesco  Luigi  Manaacci.  La  Cronaca 
di  Jacopo  da  Varagine.  Genova  , 
A  cura  del  Municipio;  1904.  In  8*, 
picc.  pp.  VIII,  85. 


L'egregia  Autrice,  che  in  varie  al- 
tre accurate  pubblicazioni  si  è  occupa- 
ta della  Repubblica  di  San  Marino  du- 
rante il  medio  evo  ,  nella  presente 
studia  ed  accerta  co'  documenti  le 
relazioni  che  corsero  tra  essa  ed  il 
Duca  Valentino  dal  1500  al  1504.  E 
dimostra  che  la  Repubblica,  la  quale 
fino  all'  alba  del  secolo  XVI  era 
vissuta  abbastanza  prosperamente 
fra  l'amicizia  degli  Urbinati,  le  in- 
sidie della  Santa  Sede  e  l' aperto 
odio  dei  Malatesta ,  dovè  piegare 
anch'essa  alla  prepotenza  feroce  del 
Borgia  e ,  come  tutte  le  altre  terre 


Il  Chranicon  civitatis  januensis  di 
Jacopo  da  Varagine  ,  dato  solo  in 
piccola  parte  a  stampa  dal  Muratori 
e  studiato  pur  parzialmente  da  pa- 
recchi ,  ora  è  preso  in  minuto  essi- 
me  dal  Mannucci  come  un'opera  che 
se  poco  utile  riesce  per  la  conoscen- 
za delle  vicende  civili  e  politiche 
del  passato  di  Genova,  è  però  utilis- 
sima e  di  capitale  importanza  per 
lo  studio  di  quella  antica  cultura 
genovese  che  è  stata  presa  a  studia- 
re da  recente  da  alcuni  valentuo- 
mini. 

L'A.  fatto  conoscere  lo  stato  di 


588 


BULLETTINO   BIBLIOGUAFICO 


cultura  de'  Genovesi  in  rapporto  alla 
loro  yitiì  pubblica  e  privata  ai  tem- 
pi del  da  Varagine,  fa  notare  l'in- 
cremento che  questi  e  Giovanni 
Balbi  vi  portarono  ;  e  quindi  con 
corredo  di  studj  eruditi  esamina  il 
Chronicon,  additandone  le  fonti  con 
una  certa  larghezza  ed  i  rapporti 
con  altre  cronache  del  tempo,  e  di- 
mostrando quali  furono  gì'  intenti 
del  da  Varagine  nel  compilarlo,  in- 
tenti che  nocquero  alla  buona  riu- 
scita di  esso;  di  modo  che  poco  esso 
vale  come  storia  propriamente  detta, 
e  riesce  «  una  scrittura  ibrida,  che 
da  un  canto  può  dirsi  un  inutile 
trattato  di  morale  civile,  da  un  altro 
un  malfatto  epitonìe  dei  Caffari,  ver- 
niciato di  erudizione  e  di  supersti- 
zione medievale  ». 

S.  S-M. 


Umberto  dovane.  Il  Generale  Giuseppe 
Gavone.  Frammenti  di  memorie. 
Torino,  Francesco  Casanova,  Edi- 
tore :  1902.  In  8-,  pp.  XII,  523, 
con  ritratto  in  fototipia. 

DiscuBso  e  avversato  in  vario  mo- 
do, massime  in  certi  momenti  di 
sna  vita,  il  Generale  Giuseppe  Go- 
vone  fu  certo  un  proile  soldato,  un 
diplomatico  abile,  un  carattere,  che 
col  braccio  u  col  senno  contribuì  alla 
formazione  e  rassodamento  dell'uni- 
tà italiana.  R  bene  ha  fatto  il  fi- 
kHoI  suo  a  rac<'oj?lierne  le  UK-morie 
che  rÌMultano  da  frani  menti  <li  ricor- 
di ad  intervalli  vergati ,  da  lettere 


e  da  relazioni  ufficiali ,  che  egli ,  il 
figliolo,  completa  con  narrazioni  e 
riassunti.  Il  libro  riesce  così  di  uou 
poco  interesse  per  la  storia  contem- 
poranea d'Italia  ed  in  ispecieper  i 
periodi  che  si  riferiscono  alla  guerra 
di  Crimea ,  al  periodo  agitato  1860 
1863  ,  alla  guerra  contro  1'  Austria 
1866. 

S.  S.-M. 


Dott.  Musotto  Gialiano.  Apollonia  Si- 
cilia. Ubicazione  e  storia  attraverso 
i  secoli.  Palermo,  Sciarrino  1906. 

È  un  opuscolo  interessante  nel 
quale  l'A.  tende  ad  identificare  il 
sito  di  Apollonia  con  quello  della 
odierna  Pollina  ed  a  raccogliere  le 
poche  e  sparse  notizie  storiche  su 
questa  città  durante  l'antichità  e  il 
Medio  Evo. 

Sebbene  la  ricerca  delle  parti  sia 
incompleta,  non  manca  nell'A.  spi- 
rito critico  e  buon  senso,  che  egli 
potrà  mettere  in  migliore  evidenza 
in  opera  di  maggior  mole.  Però  dati 
i  cambiamenti  di  luogo  di  varie  città, 
e  noto  tra  queste  Gangi  che  due 
volte  mutò  sito,  non  si  può  stabi- 
lire in  modo  assoluto  che  Apollonia 
fosse  proprio  sul  sito  iilentico  su 
cui  sorge  Pollina ,  n^  ciò  appare 
dimostrato,  nò  poteva  esserlo,  dal- 
l'A.,  in  base  alle  scarse  fonti  dalle 
<|uali  si  può  attingere. 

0.  C.  O. 


BULLETTINO  BIBLIOGRAFICO 


589 


ALTRI  LIBRI  RICEVUTI  IN  DONO  ^'^- 


Cassa  Centrale  di  Risparmio  Vitto- 
rio Emanuele  per  le  Provincie  Si- 
ciliane in  Palermo.  Premiata  con 
medaglia  di  argento  all'  Esposi- 
zione Nazionale  di  Palermo  1891- 
1892,  con  medaglia  d'oro  a  quella 
Nazionale  di  Torino  1898  ed  a 
quella  Universale  di  Parigi  1900, 
e  con  diploma  d'  onore  a  quella 
Agricola  Siciliana  di  Palermo-Mar- 
sala 1902-903.  Resoconto  dell'anno 
1904,  XLII  dalla  fondazione.  Pa- 
lermo, Stab.  tip.  A.  Giannitrapa- 
ni  ;  1905.  In  fol.,  pp.  44,  più  pa- 
gine 41  di  Alligati. 

tìiaseppe  Castelli.  Il  pregiudizio  di 
una  lingua  universale.  Roma  So- 
cietà Editrice  «Dante  Alighieri», 
Albrighi,  Segati  e  C.  ;  1905.  In  8-, 
pp.  27. 

G.  Chinigò.  I  veri  interpreti  del  pen- 
siero dantesco.  Seconda  edizione. 
Messina  ,  Tipografia  D'  Amico  , 
MCMIV.  In  8-,  pp.  31. 

Adriano  Colocci  Tenente-Colonnello 
1-  Regg.  Alpini  (M.  T.).  Le  Trup- 
pe di  montagna  ed  i  coefficienti 
psichici  della  difesa  alpina.  Confe- 
renza tenuta  al  Circolo  Militare 
degli  Ufficiali  in  Catania.  Catania, 
coi  Tipi  di  Giuseppe  Russo  1905. 


In  16-,p.  80. 

L'Origine  del  Bohémiens.  Essai  cii- 
tiqne  par  le  Marquis  Adrieu  Co- 
locci. Città  di  Castello,  Tipografia 
della  Casa  Editrice  S.  Lapi  ;  M. 
DCCCCV.  Infoi.,  pp.  IV,  24. 

Francesco  Gnardione.  Giuseppe  Maz- 
zini e  il  risorgimento  politico  d'I- 
talia. Palermo,  Alberto  Reber;  1905 
In  16-,  pp.  115. 

Francesco  tìaardione.  La  coscienza  mo- 
derna d'Italia.  Messina,  Tipografìa 
D'Amico;  1905.  In  8-,  pp.  21. 

L.  La  Rocca.  La  quadruplice  alleanza 
dell'anno  1718.  Estratto  dalla  «Ri- 
vista Abruzzese»  di  Scienze,  Let- 
tere ed  Arti.  Teramo  ,  «  Rivista 
Abruzzese»,  1904.  In  8',  pp.  58,4. 

Francesco  Luigi  Mannneci.  L'Anonimo 
Genovese  e  la  sua  Raccolta  di 
Rime  (sec.  XIII  -  XIV).  Con  Ap- 
pendice di  rime  latine  inedite  e 
tre  facsimili.  Genova,  A  cura  del 
Municipio;  1904.  In  16'  ,  pp.  X  , 
272,  con  mia  Tav.  in  fototipia. 

Dizionario  illustrato  dei  Comuni  Si- 
ciliani compilato  da  Francesco  Ni- 
cotra.  Coi  concorso  d'  insigni  col- 


(1)  Di  quelli,  che  maggiormente  interessano  la  storia  nostra,  sarà  detto  proesi- 
mameute. 


590 


BULLETTINO   BIBLIOGRAFICO 


laboratori  e  dei  Municipi  della  Si- 
cilia. Società  editrice  del  «Dizio- 
nario illustrato  dei  Comuni  sici- 
liani», Palermo.  In  4' ,  Dispensa 
le  II,  pp.  128.  (Diremo  larga- 
mente di  questo  Dizionario,  a  piib- 
blif.azione  più  inoltrata). 

L.  Salazar.  Storia  deHa  Famiglia  Sa- 
lazar.  Il  Reggente  Alfonso  Sala- 
zar  ed  i  Conti  del  Vaglio  suoi  di- 
scendenti (Ramo  di  Napoli).  Bari, 


1904,  Direzione  del  Giornale  Aral- 
dico -  Genealogico.   In  4',  pp.  34. 

Un  nuovo  fiorellino  di  Dante  Ali- 
ghieri. Montecassino,  1905.  In  8, 
pp.  14.  (Trattasi  di  una  nuova 
lezione  d^un  brano  del  Commento 
dantesco  cassinese). 

Laigi  Vitali.  Licata  e  il  suo  territorio. 
Licata  ,  Stab.  Tip.   De  Pasquali  ; 

1905.  In  16',  pp.  26. 


CRONACA  E  NOTIZIE. 


Onoranze  a  Mons.  Vincenzo  Di  Giovanni. 

Per  iniziativa  della  nostra  Società  di  Storia  Patria  e  col  concorso  degli 
amici  e  discepoli  ed  ammiratori  del  compianto  Mons.  Vincenzo  Di  Gio- 
vanni, si  è  costituito  un  Comitato,  preseduto  dal  nostro  Sen.  A.  Guar- 
neri,  per  erigere  nel  tempio  di  S.  Domenico ,  Panteon  degl'  illustri  sici- 
liani, un  monumento  commemorativo  all'illustre  storico  e  filosofo. 

Intanto  nella  Cappella  gentilizia ,  erettii  a  spese  della  sorella  dell'  E- 
stinto  in  Salaparuta,  è  stato  egli  tumulato  diflBnitivamente  il  18  ottobre 
1904,  con  mesta  solennità  e  concorso  del  Magistrato  Municipale  e  di  Rap- 
presentanze e  di  popolo.  La  Cappella  è  opera  egregia  dello  scultore  pa- 
lermitano Domenico  Delisi,  e  riuscitissimo  artisticamente  e  somigliante 
è  il  mezzo  busto  a  basso  rilievo  nella  lunetta  soprastante  all'architrave. 
Come  ricordo  i:  stato  messo  a  stampa  l'opuscolo  :  Tnmulasione  del  cada- 
vere di  Mons.  Vinceìiso  Di  Giovanni  Arcivescovo  di  Pessinonte  nella  Cap- 
pella yenlilieia  del  Cimitero  di  Salaparuta  (Palermo  ,  Scuola  Tip.  «  Boc- 
cone del  Povero»,  1J)04;  in  8.,  pp.  12). 

Giubileo  cattedratico  del  Prof.  Salìnas. 


Venendo  a  compierHi,  col  novembre  1905 ,  il  quarantesimo  anno  del- 
rinM«Knanieiito  accademico  del  nostro  Prof.  Antonino  Salina»,  un  Comi- 


CRONACA  E  NOTIZIE  591 


tato  di  Col  leghi,  discepoli  e  studiosi  di  antichità  «  ha  deliberato  di  ono- 
rare il  giubileo  cattedratico  dell'insigne  scienziato  mediante  la  pubblica- 
zione di  un  volume  di  scritti  di  archeologia  e  di  storia  ».  A  capo  di  que- 
sto Comitato,  che  ha  diramata  in  proposito  una  lettera  circolare  a  stampa, 
sta  il  nostro  illustre  Presidente  Senatore  Prof.  Andrea  Guarneri. 


Società  regionali  siciliane  di  storia  patria. 

—  Il  Consiglio  Comunale  di  Catania  ha  deliberato  di  sussidiare ,  con 
un  assegno  di  L.  1200  annue,  la  locale  «.  Società  di  Storia  Patria  per  la 
Sicilia  Orientale».  Additiamo  ammirati  il  nobile  esempio  di  civiltà,  che 
dee  suonare  acre  e  meritato  rimprovero  a  quegli  Amministratori  del  Mu- 
nicipio di  Palermo  che  nel  Bilancio  Comunale  del  1904  tolsero  tutti  i  sus- 
sidj  agli  Istituti  scientifici  e  letterarj  della  Città,  già  da  tanti  anni  goduti! 
Ma  più  civili  e  più  logici,  i  successori  di  quest'anno  1905  li  hanno  ripri- 
stinati a  onore  e  lode  della  eulta  Citta. 

—  Dopo  Messina  e  Catania  ,  anche  Siracusa  si  muove  per  avere  una 
locale  Società  di  Storia  Patria.  Se  n'è  fatto  promotore  il  sig.  Luigi  A- 
gati-Caracciolo,  che  in  proposito  ha  messa  fuori  una  lettera  nel  giornale 
siracusano  II  Corriere  del  10  agosto. 

Mostra  etnografica  retrospettiva  dei  Trasporti  terrestri  e  marittimi. 

Per  la  «  Esposizione  di  Milano  1906  »  che  si  prepara  per  la  inaugura- 
zione del  nuovo  valico  del  Sempione,  avrà  luogo  La  Mostra  retrospettiva 
dei  Trasporti  Terrestri  e  Marittimi,  che  riuscirà  interessantissima  alla 
storia  ed  alla  etnografia,  essendo  anche  internazionale.  La  Presidenza 
della  Mostra  ha  nominato  il  Prof.  Dott.  Salvatore  Salomone-Marino  suo 
speciale  incaricato  per  raccogliere  ed  illustrare  tutto  quanto  riguarda  le 
Provincie  siciliane  per  la  detta  Mostra  etnografica.  Il  Dott.  Salomone- 
Marino,  accettando  l'incarico,  si  è  subito  messo  all'opera,  con  l'augurio 
che  la  Sicilia  non  abbia  a  restar  ultima  tra  le  consorelle  regioni.  Daremo 
a  suo  tempo  più  precisi  ragguagli. 

Società  Dante  Alighieri. 

La  patriottica  Società  Dante  Alighieri,  che  oramai  conta  30  mila  Socj 
divisi  in  177  comitati  (135  nel  Regno  e  42  all'estero)  ha  tenuto  quest'anno 
il  suo  ordinario  congresso  a  Palermo,  dal  21  al  24  ottobre. 

Per  il  gran  numero  dei  congressisti  (rappresentanti  dei  Comitati  e 
Soty)  tra  i  quali  erano  Uomini  chiarissimi  e  colte  e  gentili  Signore,  e  per 


592  CRONACA  E  NOTIZIE 


la  importanza  dei  temi  trattati  ia  lunghe  ed  animate  discussioni,  questo 
Congresso  è  riuscito  utile  ed  interessante. 

Palermo,  ed  in  ispecie  le  Signore  palermitane,  ed  anche  alcune  altre 
città  dell'Isola,  in  cui  parecchi  Congressisti  si  sono  recati  per  ammirarne 
i  monumenti,  hau  fatto  gli  onori  di  casa ,  conformemente  alla  tradizio- 
nale ospitalità  siciliana,  e  ne  hanno  avuto  lodi  e  vivi  ringraziamenti. 

Per  la  occasione  è  stato  musicato  ed  eseguito  l' Inno  della  Società , 
opera  pregevole  ed  accolta  con  vivo  plauso  da  tutti,  della  nostra  valorosa 
musicista  Signora  Adelaide  Albanese.  L'  Inno  è  ormai  stato  dichiarato 
«  ufficiale  »  della  Società. 


Lapide  per  Bellini  a  Puteaux. 

Mercè  le  attive ,  intelligenti ,  premurose  ricerche  del  sig.  G.  Caponi, 
corrispondente  della  Tribuna  e  di  altri  giornali  italiani  in  Parigi ,  si  è 
potuta  rintracciare  e  conoscere  a  Puteaux,  villaggio  prossimo  alla  grande 
metropoli  di  Francia,  la  casetta  ove  morì  l'immortale  genio  catanese  Vin- 
cenzo Bellini. 

Con  gentile  pensiero,  il  Municipio  di  Puteaux  deliberò  di  apporre  una 
lapide  commemorativa  a  quella  casetta;  di  che  il  Consiglio  Comunale  di 
Catania,  con  voto  unanime  di  acclamazione  del  16  giugno,  ha  deliberato 
di  ringraziarlo. 

Pubblicazioni  recenti. 

n  IX  centenario  della  fondazione  della  Badia  greca  di  Grottaferrata, 
che  di  recente  si  è  solennizzato,  ha  offerto  occasione  di  pubblicare  parecchi 
lavori  storici  su  questa  celebre  Badia. 

Di  speciale  importanza  è  però  un  Safiyio  sui  manoscritti  autografi  di 
S.  Nilo  Juniore ,  fondatore  di  detta  Badia.  Il  qtiale  Saggio  ha  dato  in 
luce  il  dotto  monaco  siciliano  D.  Sofronio  Gassisi,  a  cui  facciamo  lodi  e 
cougratula/.ioni  vivissime. 

—  Licata  e  il  huo  territorio  (Licata ,  Stab.  Tip.  De  Pasquali,  190')  : 
in  8.,  pp.  2H)  è  il  titolo  di  un  lavoretto  che  il  Prof.  L.  Vitali  ha  pubblicato 
per  rivendicare  a  Licata  (nella  occasione  della  questione  che  s'agita  per 
la  circoKcrizione  territoriale)  la  giurisdizione  su  quattro  ex-feudi  che  in 
paiuuit4>  le  venne  tolta  per  esser  «lata  ad  altri  Comuni  Unitimi. 

—  Il  Prof.  Dott.  Tommaso  Papandrea ,  del  II.  Ginnasio  di  Acireale, 
ha  meHM)  fuori  (^nattro  lettere,  inedite  di  Michele  Amaria  Salr(ttore  Vigo 
^Acireale,  Tipografia  U.  Donzuso,  1905;  in  8.,  pp.  19),  prenu'.tteadovi  una 
avvertenza  ben  fatta  intorno  al  benemerito  patriota  e  letterato  S.  Vigo, 
la  cui  buona  e  cara  (tgura  è  sempre  viva  in  Palermo  a  quanti  lo  conob- 


CRONACA  E  NOTIZIE  593 


bero.  Le  lettere  sono  del  1845 ,  1846 ,  1849  (due),  e  gioveranno  per  una 
nuova  edizione  del  Carteggio  dello  Amari  stampato  dal  Prof.  D'Ancona. 

—  Il  Prof.  G.  Cliinigò  ha  messo  fuori  la  seconda  edizione  del  suo 
caldo  e  dotto  discorso,  tenuto  il  25  marzo  1900  all'Accademia  Peloritana 
di  Messina ,  su  /  veri  interpreti  del  pensiero  dantesco  (Messina  ,  Tipogr. 
D'Amico,  MCMV,  in  8.,  pp.  51). 

—  I  Frammenti  di  cronaca  messinese,  pubblicati  dal  Prof.  Valentino  La- 
bate  (Messina,  Libreria  editrice  Ant.  Trimarchi,  1904),  per  quanto  brevi, 
sono  interessantissimi  ;  si  riferiscono  :  il  primo  ,  alla  strage  di  Otranto, 
che  i  Turchi  occuparono  nel  1480;  il  secondo,  alla  peste  che  desolò  Mes- 
sina nel  1482.  Autore  n'è  un  Pietro  SoUiraa  messinese,  di  cui  non  si  hanno 
notizie  sinora. 

—  Il  sig.  Marco  Vattasso,  proponendosi  di  dare  una  nuova  edizione 
della  Historia  del  Falcando  ,  che  tra  le  «  Fonti  per  la  Storia  d' Italia  » 
dell'Istituto  Storico  Italiano  avea  dato  il  nostro  Prof.  G.  B.  Siragusa,  co- 
mincia col  metter  fuori  alcune  osservazioni  sul  Codice  Benedettino  di 
S.  Nicolò  l'Arena  che  il  Siragusa  illustrò  in  Appendice  speciale.  Queste 
osservazioni  essendo  poco  benevoli  e  quasi  tutte  infondate  o  erronee ,  il 
Siragusa  glielo  dimostra  bellamente  in  un  opuscolo  :  Sul  Codice  benedet- 
tino di  S.  Nicolò  dell'Arena  di  Catania  contenente  la  Historia  o  Liber  de 
Regno  Sicilie  e  la  Epistola  ad  Petrum  Panormitane  Ecclesie  Thesaurarium 
di  Ugo  Falcando.  A  proposito  di  una  recente  pubblicazione.  (Palermo,  Of- 
ficina Scuola  tipografica  Colonia  Agraria  S.  Martino,  1905;  in  8.,  pp.  27). 

—  La  Costituzione  e  le  prime  vicende  delle  Maestranse  di  Catania  (Ca- 
tania, R.  Tip.  Cav.  N.  Giannotta,  1905;  in  8.,  pp.  30),  per  Fedele  Mar- 
letta,  è  un  breve  ma  accurato  studio,  seguito  da  documenti,  sui  Capitoli 
ottenuti  dagli  Artigiani  catanesi  nel  1435,  che  ad  esempio  degli  Artigiani 
di  altre  città  si  costituirono  in  associazione. 

—  Le  Begistre  de  Luis  III^  Comte  de  Provence  Boi  de  Sicile  ,  et  son 
Itineraire  {1422-1434)  di  V.  Lieutaud  (Sisteron,  Albert  Clergue,  libraire, 
1905;  in  8.,  pp.  16),  merita  per  la  storia  del  Regno  di  Napoli  specialmente 
che  sia  consulttito  e  tenuto  presente. 

—  Tra  le  pubblicazioni  siciliane  recenti,  che  meritano  di  venir  segnalate 
in  occasione  della  ricorrenza  del  Centenario  del  Petrarca,  notiamo  (oltre 
quella  del  Salvo  -  Cozzo,  della  quale  diremo  a  parte)  il  discorso  magistrale 
ed  elegante  di  Ugo  Antonio  Amico  :  Per  il  centenario  di  Francesco  Petrarca 
(Palermo,  Tipografia  F.  Barravecchia  e  Figlio ,  1905  ;  in  4-,  pp,  24);  e 
quello  erudito  di  Letterio  Lizio  -  Bruno  :  Il  Petrarca  e  Tommaso  da  Mes- 
sina (Messina,  Tipografia  D'Amico,  1905:  in  8-,  pp.  40). 

—  Il  caro  nostro  socio  Can.  Vincenzo  Raciti  Romeo  ha  pubblicato  con 
la  solita  sua  valentia  e  diligenza  i  Cenni  storici  sulla  famiglia  Vasta  di 
Acireale  (Acireale,  Tip.  Orario  delle  Ferrovie,  1906;  in  8-,  pp.  23) ,  per 
festeggiare  le  nozze  del  Sig.  Avv.  Rosario  Cirelli  con  la  Signorina  Euri- 


594  CRONACA  E  NOTIZIE 


chettii  Pennìsi  Leila  e  del  Sig.  Avv.  Placido  Girelli  con  la  Signorina  Fla- 
via Grassi  Vigo.  Si  illustrano  specialmente  il  giureconsulto  Alfio  Vasta 
(1617-1677),  il  poeta  storiografo  Sac.  Sebastiano  Vasta-  Girelli  (1692-1752), 
il  pittore  Pietro  Paolo  Vasta,  precipuo  onore  della  famiglia  e  di  Aci  e 
di  Sicilia  (1667-1760),  e  il  patriota  e  soldato  Alfio  Grf^ssi  (1766—  1827). 

—  De  Le  Tranvie  elettriche  in  Messina ,  seconda  edizione  con  giunte 
e  appendice  (Messina,  Tipografia  F.  Nicastro,  Febbr.  1906  :  in  16',  pp. 
51),  lavoro  del  valente  Prof.  Michele  Basile,  ci  occuperemo  nel  prossimo 

fJElSCicolO. 

—  Appartiene  allo  stesso  Prof.  Basile  la  Cronaca  del  Gabinetto  di 
Lettura  di  Messina  (Messina,  Tipografia  F.  Nicastro,  marzo  1906;  in  16, 
pp.  20) ,  nella  quale  è  tracciata  brevemente  la  storia  di  questa  fiorente 
istituzione  così  utile  alla  città,  e  si  fanno  in  proposito  delle  sennatissime 
osservazioni  e  degli  appunti  severi. 


S.  S. -M. 


SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 

(Atti  di  Accademie ,  Società  Scientiiìclie ,  di  Storia  Patria ,  etc.  etc. 
inviate  alla  «  Società  Siciliana  per  la  Storia  Patria)  ». 


A)  Italiane 

Archeografo  Triestino.  —  Raccolta  di  memorie,  notizie,  docu- 
menti, particolarmente  per  la  storia  della  Regione  Giulia — 
Editrice  la  Società  di  Minerva  —  Trieste  —  Voi.  I  della 
terza  serie,  XXIX  della  raccolta. 

Memorie  e  dissertazioni  :  Del  catastico  del  monastero  del  SS.  Martiri 
in  Trieste ,  G.  Occioni  Bonaffons  —  Messer  Luca  de  Renaldis  di  Veglia, 
vescovo  eletto  di  Trieste,  ed  il  suo  diario  1451-1513,  Pre''  Valentino  Bal- 
dissera  —  Sull'origine  dei  Cici,  contributo  all'  Anografia  dell'  Istria,  Giu- 
seppe VassiVich—SAggi  di  scritture  di  bordo  del  medio  evo,  Giuseppe  Gel- 
cich — Fiaschetta  da  polvere  nel  civico  museo  di  antichità  a  Trieste,  Ar- 
duino Berlam — Il  vallo  romano  sopra  Ciana,  Tommaso  Luciani  —La  strada 
romana  da  Aquileia  ad  Emona,  Alberto  Puschi — Un  po'  di  sardo,  M.  G. 
Bartoli  —  Un'  amicizia  giovanile  di  Niccolò  Tommaseo  ,  F.  Pasini  —  Un 
maestro  piranese  del  secolo  XIV,  Arnaldo  Segarissi — Lettere  inedite  ri- 
guardanti 1'  assedio  di  Vienna  ,  fatto  dai  Turchi  nell'  anno  1683 ,  Ercole 
Scatassa. 

Bibliografia  :  recensioni ,  rassegna  —  Notizie  archeologiche  —  Spigola- 
ture e  appunti. 

Archivio  Trentino,  pubblicato  per  cura  della  Direzione  della 
biblioteca  e  del  museo  comunali  di  Trento  —  Trento  — 
Anno  XYIII  (1903). 

Articoli:  Documenti  di  Mezocorona  ,  2>.  i^etc/*  —  Nobile  famiglia  dei 
Caldesio  o  de  Caldés,  V.  Inuma— 1\  ritorno  degli  arazzi  clesiani  a  Tren- 
to ,  L.  Orbesiner  —  Nuovi  particdari  sulla  storia  esterna  del  Concilio  di 


596  SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI    PERIODICHE 

Bologna,  L.  Carcereri — Auticbe  campane  nel  Trentino,  G.  Gereìa  —  Dei 
signori  fidecoiuissari  di  S.  Ilario  nobili  Calderon  e  loro  discendenti,  C.  de 
Festi — I  Tiiiliassi  della  Tavola  clesiana,  G.  Cicolini — Scoperta  di  oggetti 
gallici  nella  Valsagana,  L.  Campi — Dell'incisore  trentino  Aliprando  Ca- 
prioli, G.  Suster — Spoglie  di  pergamene,  L.  Cesarini-Sforsa — Frammenti 
castrobarcensi,  G.  Gerola. 

MiscelUxìiea :  I  Trentini  al  Congresso  internazionale  di  scienze  stori- 
che (1) — Scoperta  di  \\\\  quadro  clàssico  nella  chiesa  di  S.  Chiara  a  Tren- 
to —  Il  dipinto  murale  di  Casa  Garavaglia  De'  Soresina  —  Il  Concilio  di 
Trento  dalla  traslazione  alla  sospensione  —  Ritrovamento  gallico  presso 
Castel  Selva— L'i.  r.  Accademia  di  scienze,  lettere  ed  arti  degli  Agiati — 
Un  poeta  latino  giudicariense  del  Cinquecento— Frammento  d' iscrizione 
sacra  trovata  in  Tavon— Scavi  e  scoperte  a  Trento  e  a  Monte  Vaccino  - 
A  proposito  dei  lavori  di  rest^iuro  del  Duomo  di  Trento— Teodoro  Momm- 
sen — Cesare  Ravanelli. 

Archivio  Trentino ,  pubblicato  per  cura  della  direzione  della 
biblioteca  e  del  museo  comunali  di  Trento.  —  Trento — 
Anno  XIX  (1904). 

Articoli  :  Stazione  gallica  sul  Dos  Gaation  presso  Terlago  nel  Trentino. 
fj.  Campi  —  Le  fonti  di  Plutarco.  Per  un  episodio  della  vita  di  Mario, 
G.  Oberziner — Famiglie  e  castelli  de'  Malosco  e  de'  Vasio  nella  Valle  di 
Non,  V.  Jnc ma— Nicolò  Tommaseo  e  il  concorso  per  la  cattedra  di  gram- 
matica nel  Ginnasio  di  Rovereto ,  L.  Oberziner  —  Marco  da  Caderzone. 
Una  pagina  di  storia  gindicariese,  L.  V«7ertii— Carlo  de  Giuliani ,  L.  O- 
berziner.  —  I  rinvenimenti  preistorici,  romani  e  raedioevali  nella  Naunia, 


(1)  Kelativaraeuto  alla  Sicilia  legnosi  u  pa^.  124:  «Il  Prof.  Paolo  0r»i,  uu  dotto 
Trentino,  eh'  fc  Direttore  del  Muhoo  di  Siracusii,  parlò  presso  la  Seziono  aroboolo- 
logica  dolio  ricorebe,  uol  uoruo  di  ben  14  anni  da  lui  OHOguite  nel  Sud  Est  della 
Sicilia.  I  risultati  delie  inedoHime  8i  riassuiuono  nella  oonstataziune  di  diverso  ci- 
viltà coìh  Huccodutosi.  Prima  tra  esse  ^  (inolia  cbe  può  c-bianiarMÌ  prcsicula  ,  le  cui 
vcAtigia  ni  manilontanu  nella  Htazionc  di  StoutincUo  con  lo  huo  (;oraniiobc  rassonii- 
{{iianti  i|noll<i  doi  Uelmen.  Indi  la  prima  eiriltà  siaula,  cbe  laHciò  traci^ia  di  sé  nulle 
ioiMunori  tombe  con  lo  coraniicbo  dipinte  in  stile  empostiuo;  la  seeondu  eiviltà  aieula 
«iKniflcata  d»  apode  o  vati  mioenei;  in  flne  la  terxa  civiltà  aiaula,  in  cui,  comincia 
a  manifeMtumi  con  la  coloni/./.azione  greca  1'  iniluHHo  del  mondo  ellenico  sui  centri 
indigcui,  iMUisa  \Hsri>  che  gli  clementi  civili  di  «lUCHti  coi  greci  mai  del  tutto  hì  fon- 
ilnuMiro. 


SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE  597 

L.  Campi  —  La  traduzione  dialettale  della  Catinia  di  Sicco  Polenton,  C. 
Battisti  —  Regesto  delle  pergamene  che  si  conservano  nell'  archivio  del 
comune  di  Castelfondo,  V.  Inama. 

Miscellanea:  Scavi  e  scoperte  a  Trento,  a  Villazzano,  a  Zambana  e  a 
Cala  vino — Relazione  di  un  viaggio  nel  Trentino  nel  1492— Ancora  la  la- 
pide romana  di  Calavino— Concentrazione  degli  atti  notarili  a  Trento  e 
a  Rovereto  —  Ferrara  portava  anticamente  il  nome  di  Trento?— Museo 
Romano  delle  provincie  italiane  d'oltre  confine.  La  Via  Cavour  e  i  Fori 
imperiali. 

L'Ateneo  Veneto ,  Rivista  bimestrale  di  scieDze ,  lettere  ed 
arti  — Venezia  —  Anno  XXVII  —  Voi.  I,  Gennaio-Giu- 
gno 1904. 

Memorie  :  Co  :  Filippo  Nani  Mocenigo,  G.  Savorgnano — Motti  del  po- 
polo veneziano,  Cesare  Musatti— ha  poesia  di  Aleardo  Aleardi,  M.  Padoa — 
TI  divorzio  di  Aldo  Manuzio  il  giovane,  A  Pilot—'Sote  sui  comuni  rurali 
bellunesi,  Gianluigi  Andrich—Da  Venezia  a  Milano  per  il  Po,  Trtiffi,  Fer- 
ruccio—Yictor  Emmanuel  III  (Prince  de  Naples)  Numismate,  loseph  Io4- 
bert — Domenico  Giuriati,  F.  N.  Mocenigo — Considerazioni  tecniche — arti- 
stiche sulla  ricostruzione  del  Campanile  di  S.  Marco,  (?.  Sardi  —  Il  tra- 
dimento nella  caduta  di  Candia,  G.  Paranello — Wolfango  Goethe  a  Ve- 
nezia (28  sett. — 14  ottobre  1786)  Prof.  Luigi  Vianello — Lega  contro  l'Al- 
coolismo  e  Associazione  del  riposo  festivo. 

Eassegna  bibliografica  :  Nota  letteraria.  Alfonso  de  Laraartine  e  1'  I- 
talia  (a  proposito  di  un  libro  di  Gemma  Cenzatti)  Luigi  Zenoni — Antonio 
Labriola  (Necrologia)  Giulio  Natoli. 

L'Ateneo  Veneto.  —  Rivista  trimestrale  di  scienze,  lettere  ed 
arti — Venezia — Anno  XXVII — Voi.  II  Luglio  —  Dicem- 
bre 1904. 

Memorie  :  Ancora  del  broglio  nella  Republica  Veneta,  A  Pilot — Saggio 
di  una  collezione  di  molluschi  eduli  del  mare  e  della  laguna  di  Venezia, 
F.  Ninììi— Assedio  di  Venezia  (1848-49).  Poemetto  dialettale  di  Gigio  da 
Muran  ,  Boti.  Fiorioli  Della  Lena  —  Un  nuovo  codice  di  Giustinianee , 
S.  Fermi — Daniele  Manin.  Commemorazione  tenuta  nel  primo  centenario 
della  sua  nascita,  Alessandro  Pascolato — Gli  St.atuti  della  Repubblica,  di 
Sassari  dell'anno  1316,  Doti.    Vittorio  Fimi. 

Rassegna  bibliografica  :  Ricordi  e  Memorie. 

Areh.  Stor.  Sic.  N.  S.  Anno  XXX.  *  89 


i98  SOMMARIO   DELLE   PUBBLICAZIONI   PERIODICHE 


Nuovo  Archivio  Veneto,  piiUblicazìone  periodica  della  K.  De- 
piitazioDe  veueta  di  storia  patria— Innova  serie  —  Anno 
IV  — Venezia,  1904. 

Il  Cancellier  Grande  di  Clnoggia,  Carlo  Bullo — L'arcidiacono  Pacifico 
di  Verona  inventore  della  bussola?,  A  Spagnolo — Il  viaggio  da  Venezia 
a  Costantinopoli  del  conte  Luigi  Ferdinando  Marsili  (1679)  L.  Frati— lì 
comune  di  Treviso  e  la  cavalleria,  Huggiero  Battùtella  —  Il  Bailaggio  a 
Costantinopoli  di  Girolamo  Lippomano  e  la  sua  tragica  fine,  Padre  Dot- 
tore Ang.  Torr»«ne— L'Istoria  Vineziana  di  M.  Pietro  Bembo  ,  C.  Lago- 
maggiore  —  Originali  antichissimi  della  cancelleria  veneziana,  V.  Lazza- 
rini  —  Dei  Giudici  veneziani  prima  del  1200,  M.  Bobertì. 

Rassegna  bibliografica  :  Appendice  — (Pubblicazioni  sulla  storia  medioe- 
vale italiana),  Carlo  Cipolla — Atti  della  E.  Deputazione  Veneta  di  Storia 
Patria. 

Rivista  geografica  italiana  e  Bollettino  della  Società  di  studi 
geografici  e  coloniali  in  Firenze — Firenze  —  Annata  XI 
(1904). 

Memorie  e  Relazioni  :  Giovanni  Targioni  Tozzetti  e  la  illustrazione 
geografica  della  Toscana,  O.  Marinelli — La  dottrina  della  marea  nell'an- 
tichità classica ,  R.  Almagià—J\  IX  Congresso  geologico  internazionale  , 
e  l'escursione  glaciale  nelle  Alpi  Austriache,  G.  Dainelli — I  recenti  pro- 
gressi nelle  determinazioni  relative  di  gravità  e  la  loro  importanza  per 
la  geofisica,  0.  P.  Magrini— 1  recenti  studi  sui  highi  della  penisola  bal- 
canica, O.  Marinelli— Osservatorio  Xiraeniano  di  Firenze,  P.  G.  Al/ani-- 
La  penisola  Balcanica  e  l'Italia,  F.  Musoni — Per  la  storia  della  conoscenza 
dell'Appennino,  Gabriele  Grasso — I  momenti  storici  della  colonizzazione, 
Renato  Biasutti—Lie  moderne  teorie  della  livellazione  geometrica  di  pre- 
cisione,  Antonio  Loperfido— Il  V  Congresso  Geografico  Italiano  (sezione 
storica)  Francesco  Musoni  (1)  —  Sopra  un  nuovo  supposto  primo  invou- 


(I)  Nel  fsjic!.  Vili,  a  imjr.  391  hì  lojjjjo  :  «Il  i>rof.  Sebastiano  Crino  svoIko  la  sua 
nilnziuiin  :  Nuovo  ditegno  in  ordine  alla  potizione  topografica  di  Akragat,  sulla  qualo 
il  prof,  Cuainio  Bertacoht  richiama  l'attonzioue  della  Soriono.  Dall'esamo  luinutu  o 
paxiotitfl  dolln  fonti  oIunhìoIio,  coiitrullatu  dulI'oHMorvazioiitMlirottadoi  luo^rhi,  (>Hulla 
ba««  di  docuuiftuti  nuiiiiituiatlci  «  icono^nillci,  il  Criii»)  HtabiliHcu  uu  dÌ8Cj;uo  londa- 


SOMMARIO   DELLE   PUBBLICAZIONI   PERIODICHE  599 

tore  della  bussola  nautica,  Timoteo  Bertelli — L'ottavo  Congresso  interna- 
zionale geografico  di  Washington,  Timoteo  Bertelli.  Bibliografia  Geogra- 
fica della  regione  italiana^  L.  F.  De  Magistris. 

Note  e  Comunicazioni  :  La  superficie  del  Principato  di  Monaco,  Carlo 
Errerà— ha,  spedizione  inglese  nel  Tibet,  G.  P.  Magrini-li  Tibet  nella 
relazione  del  P.  Ippolito  Desideri,  A  Magnachi — L'area  del  Regno  d'  I- 
talia  per  comuni,  A.  Mori  —  Ancora  sulla  patria  di  Giovanni  Caboto, 
Pietro  Gribaudi — Le  isole  linguistiche  tedesche  in  Piemonte,  Ciotto  Da- 
nielli  —  Sulla  variazione  secolare  della  declinazione  magnetica  in  Italia, 
anteriormente  al  secolo  XVII,  Carlo  Errerà  — Un  mistpoefifer  nel  Tren- 
tino, Ér.  V.  Galligari— Una,  descrizione  geologica  dell'Italia  meridionale, 
O.  JfanneMi— Problemi  vecchi  e  idee  nuove  :  la  classificazione  delle  razze 
umane,  B.  Biasutti — Uno  sguardo  sull'opera  scientifica  delle  piii  recenti 
spedizioni  polari  antartiche,  (1901-1904),  A.  Faustini— Il  Colonnello  Giu- 
seppe Roggiero,  G.  i?icc/nert— Notizie  (1)  —  Bibliografia  (2) --  Atti  della 
Società  di  studi  geografici  e  coloniali  residente  in  Firenze. 


luontaluieuto  nuovo  della  topografia  dell'  antica  città  :  rileva  che  le  sue  conclusioni, 
mentre  si  accordano  perfettamente  col  passo  di  Polibio  (IX,  27),  eh' è  la  fonte  prin- 
cipale per  la  topografia  di  Akragas,  o  collo  testimonianze  degli  scrittori  antichi,  of- 
frono ancora  un  pieno  accordo  coi  simboli  della  numismatica  e  della  ceramica  an- 
tica. Dalla  Vedova,  Cora,  Grasso  e  Viozzoli  lodano  il  lavoro  del  Crino  che  con  l'an- 
nessa cartina  ò  stato  pubblicato  negli  Atti  del  V.  Congresso  Geografico  Italiano. 

(1)  Relativamente  alla  popolazione  della  Sicilia  nei  secoli  XVI ,  XVII  e  XVIII 
nel  fascicolo  V  si  danno  le  seguenti  notizie  ,  tratte  da  uno  studio  di  statistica  sto- 
rica che  il  prof.  Giulio  Beloch  pubblica  nella  Rivista  italiana  di  sociologia  : 

Anno  1501  Abitanti       620,000 

1548  »  840, 000 

1570  »  993, 000 

1583  »  1, 017, 000 

1607  »  1,  090,  000 

1613  »  1,  124,  000 

»      1681  »  1,  185,  «00 

»      1713  »  1,  147, 000 

Queste  cifre  sembra  ohe  sieno  tutte  un  po'  inferiori  al  vero, (circa  del  10  oiO)  in 
causa  alle  imperfezioni  dei  censimenti.  Il  Boloch  fa  notare  il  rapido  aumento  della 
popolazione  fra  il  1501  e  il  1570,  il  successivo  suo  rallentarsi  e  l'arresto  subito  nel 
IG81.  La  diminuzione  indicata  nelle  ultime  due  cifre  non  è  sicuro  se  sia  reale  o  solo 
apparente  e  dovuta  alle  operazioni  del  censimento. 

In  altro  luogo  dello  stesso  fascicolo  V  si  dà  alcuno  notizie  sulle  condizioni  at- 
tuali del  cratere  dell'Etna. 

(2)  Il  prof.  Olinto  Marinelli  prendo  in  esame  un  lavoro  di  Platania  Giovanni,  in- 
titolato :  /  cavi  telegrafici  e  le  correnti  sottomarine  nello  stretto  di   Messina ,   ed   il 


600  SOMM4.RIO  DELLE   PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 


B)  Estere 


Bulletin  de  T  Académie   d' Hippone ,   Bone   (Algerie)   Bulletiu 
N.  30 

Liste  generale  dea  Membres  et  des  Sociétés  corre spondantes  de  l'Ac- 
cadèmie d'Hippone — Note  sur  quelques  Antiquités  non  romaines  conser- 
vées  a  Bone  par  M.  StépJiane  Gsell  -Des  deux  Médaillons  en  terre  cuite 
provenant  de  Tibessa.  Etude  rétrospective,  par  M.  le  capitaine  Mélix  et 
M.  Alex  Papier — Analyse,  par  feu  M.  le  capit^in  Mélix  des  deux  Cachet 
d'oculistes  publiés  par  l'Accadèmie  d'Hippone — Contribution  aux  Etudes 
berbéres,  par  M.  L.  Levistre  —  L'origine  et  la  signification  révélées  des 
Lettres  de  1'  Alphabet.  Les  Caractères  primitifs  ou  Tijinarg'h ,  pur  M. 
L.  Levéstre — Un  Dolmen  à  cupule  du  cercle  de  La  Calle,  par  M.  le  doc- 
teurs  Carton—An  sujet  de  la  Mosaique  à  médaillons  de  la  villa  Chevil- 
lot,  à  Hippone,  par  M.  Alex  Papier. 

Revue  d'Histoire  Ecclesiastique  ,  pnbliée  à  l' Université  catho- 
lique  de  Louvain — Louvain — Quatrième  année  (1093)  (1). 

Articles  :  L'Agape,  F.  X.  Funk—heB  écoles  historiques  de  Saint— De- 
nis et  Saint — Germain — des— Prés  dans  leurs  rapports  avec  la  composi- 


prof.  Attilio  Mori  fa  un»  diligente  recensione  dello  studio  del  nostro  socio  D.r  Giu- 
seppe La  Mantia,  intitolalo  :  /  Capitoli  delle  colonie  greco-albanesi  di  Sicilia,  e  oon- 
clnde  con  queste  parole  :  Non  abbiamo  bisogno  di  rilevare  l' importanza  ohe  pre- 
senta la  pubblicazione  del  La  Mantia  por  la  Storia  e  per  la  Geografìa  storica  della 
Sicilia. 

(1)  Questa  Università,  istituita  noi  1835  a  Lovanio  (città  del  Belgio  di  41000 
anime,  ricca  di  monumenti,  tra  i  quali  il  Palazzo  del  Comune,  uno  dei  piìl  belli 
che  vi  siano  in  Europa)  è  assai  rinomata  sì  perchè  vi  si  impai'tisoe  l'insegnamento 
di  molte  scienze  da  dotti  professori,  e  sì  perchè  ha  sede  in  un  magnifìoo  edilìzio. 
Pj  dntta  la  nuova  università,  )>orchè  sin  dal  1426  esisteva  a  Lovanio,  col  nome  di 
Alma  Mater  un'università  che  la  Rivoluzione  francese  soppresse  nel  1707.  Nel  1000 
r  odierna  Università  cattolica  <li  Lovanio  ha  impreso  la  pubblicazione  di  una  Ri- 
vista di  storia  che  contiene  considerevoli  articoli  di  fondo  ,  numerosissime  notizie 
in  cronaca   ed    una  estesissima   bihliogratia. 

D»  ora  in  poi  di  questa  Rivista  farò  il  sommario  ,  essendo  entrata  a  far  parte 
d«Ue  ■Uro,  ohe  «000  inviate  alla  Società  nostra,  in  cambio  doli'  Archivio  Storico 

SioiliMIO. 


SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE  60l 

tion  dea  Grandes  Chroniques  de  France,  Francois  Bethume—li^Ilomoìovi- 
sianisme  dans  ses  rapporta  avec  1'  orthodoxie,  G.  Basneur  —  La  roy auté 
et  l'Èglise  en  France,  du  IX  au  XI  siede,  Jacques  Flaeh—A  la  mémoire 
de  Leon  XIII,  Gomte  Ch.  de  T.  Serclaes — De  1'  origine  du  Magnificat  et 
de  son  attribution  dans  le  troisième  Evangile  à  Marie  ou  à  Elisabeth, 
P.  Ladeuze. 

Mèlanges  :  Le  Gallicanisme  en  Sorbonne  d'après  la  correspondance  de 
Bargellini,  nonce  de  France  (1668-1671),  A.  Cauchie — Note  papyrologique, 
F.  Mayence — Un  fragment  du  rouleau  niortuaire  du  cardinal  bénédéctin 
Milon  de  Palestrina,  D.  G.  Morin  —  Les  prepara tifs  de  1'  expédition  au 
secours  de  Candie  au  printemps  1669,  d'après  la  correspondance  dea  non- 
cea  de  Paria,  de  Madrid  et  de  Veniae,  Ch.  Terlinden. 

Comptes  rendus  —  Chrouique  (1)  Bibliografie. 

Revue  d'Histoire  Ecclesiastique,  piibliée  à  l'Université  catho- 
lique  de  Louvain — Louvaiue  -Oinquieme  année  (1904). 

Articles  :  Tertullien  et  l'Agape,  F.  H.  Funk—lja.  doctrine  chriatologi- 
que  et  sotériologique  de  Saint— Augustin  et  ses  rapporta  avec  le  néo-pla- 
tonisme,  C.  Van  Crombrugghe—O.  S.  B.  Pèlago  ou  Faatidiua  ?,  6?.  Mo- 
rin —  La  queation  de  la  prédeatination  aux  V  et  VI  aièclea,  Fr.  M.  la- 
cquin. 

Mèlanges  :  Lea  Inatructiona  généralea  aux  Noncea  dea  Pay— Bas  Expa- 
gnola  (1596-1635)  Etude  sur  leur  nature  diploraatique  et  leur  valeur  hi- 
storique  ,  A .  Cauchie — Lea  dernièrs  tentatives  de  Clemente  IX  et  de  la 
France  pour  aecourir  Candie  contro  les  Turca  1669) ,  d'  après  lea  corre- 
apondances  dea  Noncea  de  Paria,  de  Madrid  et  de  Veniae,  Ch.  Terlinden— 


(1)  Fra  le  moltissime  notizie  relative  alle  Società  Storiche  vi  sono  le  seguenti, 
che  riguardano  la  nostra:  Si  annunzia  la  pubblicazione  dell'indice  generale  dell'Ar- 
chivio Storico  Siciliano  ,  fatta  dal  nostro  zelantissimo  Bibliotecario ,  Dottor  Giu- 
seppe La  Mantia,  e  se  ne  toglie  occasione  per  far  cenno  della  fondazione  della  nostra 
Società.  Si  partecipa  la  morte  del  nostro  illustre  Vice-Presidente  Monsignore  Pro- 
fessore Vincenzo  Di  Giovanni. 

Si  fa  inoltre  menzione  di  Antonello  da  Messina,  come  miniaturista,  a  proposito 
della  pubblicazione  di  una  riproduzione  in  fac-simile  del  celebro  Breviarum  Ori- 
mani  ,  che  contiene  trecento  miniature  di  pittori  miniaturisti  fiamminghi ,  tra  i 
quali  è  annoverato  Antonello. 


602  SOMMARIO   DELLK   PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 

Lettre  inèdite  de  Pascal  II ,  notificant  la  deposition  de  Turold ,  óvéque 
de  Bayeux,  puis  moine  du  Bec,  G.  Jfojin— Jean  XXII  (1316-1334)  fut-il 
un  avare  ?,  G.  Mollai  —  Les  troie  homélies  cathéchétiques  du  sacrameu- 
taire  gélasien  pour  la  tradition  dea  évaugiles,  du  symbole  et  de  l'oraisou 
domenicale ,  Fr.  Pierre  de  Bemict — Ètude  sur  troia  journaux  du  Concile 
de  Trente,  S.  Merkle. 

Coinptes  reH(Z«s— Chronique  (1)  —  Bibliographie. 

Revue  d'Histoire  Ecclésiastiquej  xnibliée  à  1'  Université  catho- 
liqiie  de  Louvaine — Louvaine — Sixième  annèe  (1905). 

Ariicles :  Le  «De  Virginitate»  de  Basile  d'Ancyre,  F.  Cavallera — Le 
Pasteur  d'Hermas.  Un  nouveau  mauuscrit  de  1'  ancienne  version  latine, 
,7.  TToric^^'— Les  sources  de  l'EpavtOTTjs  de  Thèodoret,  L.  Saltet—Le  Pa- 
pautè  et  l'Eglise  franque  à  l'epoque  de  Grégoire  le  Grande,  M.   Vaes. 

Melaìiges  :  Negotiations  politico  -  Religieuses  entre  l'Angleterre  et  les 
Pays-Bas  catholiques ,  L.  Willacrte-hea  doléances  du  clergè  de  la  pro- 
vince de  Sena  au  concile  de  Vienne  (1311-1312),  G.  Mollat—'De  le  beso- 
gne  pour  les  jeunes.  Sujet  de  travaux  sur  la  littérature  latine  du  moyen 
àge,  Dom.  G.  Morin. 

Comptes  rendns  —  Chronique  (2)  —  Bibliographie. 


(1)  Si  annunzia  che  i  professori  V.  Epifanio  e  A.  Giilli  hanno  pubblicato  una 
cronaca  siciliana  del  secolo  XVI  (Palermo,  Virzì,  1902)  e  si  aggiungo  ch'è  il  primo 
volume  di  una  pubblicazione  dello  Fonti  della  Storia  di  Sicilia  dovuta  alla  inizia- 
tiva del  professore  O.  B.  Siragusa  dell' Uni  voraitJi  di  Palermo. 

Notasi  file  Vltialituto  Italiano  di  arti  grafiche,  tra  varii  volumi  che  iia  pubbli- 
cato con  lo  scopo  di  far  conoscere  le  opere  d'arto  delle  città  italiano,  ha  mosso  a 
stampa  i  due  seguenti  relativi  alla  Sirilia:  E.  Mauceri,  D&  Segesta  a,  Selinunte.  Se- 
rafino Rocco,   Oirgenti. 

(2)  Relativamento  alla  Sicilia  vi  sono  lo  seguenti  notizie.  Nel  N.  2,  p.  494:  «So 
il  tesoro  della  celebre  chiesa  di  Santa-Maria  Nuova  in  Monreale  non  ha  conservato 
che  |Michi  degli  oggetti  preziosi  che  componevano  11  suo  antico  tesoro  ,  se  la  sua 
bibliutecn  h,  stata  assai  spesso  saccheggiata,  vi  rimangono  ancora  165  diplomi,  bollo 
o  privilegi  anteriori  al  1324,  dei  quali  il  canonico  Q.  Millunzi  dà  un  breve  sunto 
In  un  opuiMMilo  estratto  dui  voi.   XXVIII  dell'^lrcAttuo  Storino  Siciliano. 

Nel  N.  3,  p.  27R  :  «Il  barone  li,  Starrabba ,  direttore  degli  Arcliivi  di  Stato  a 
Palermo,  ha  dato  p#r  introduzione  agli  Aneddoti  Htorici  r  littrrari  siriliani  i  ciiuiue 
libri  di  (Miiiiilii  {Tlmmar  ilr  Chiiiilii,  niriili  finiriu  Clarainonti»  gegtorum per  Al/i/ioii- 


SOMMARIO   DELLE   PUBBLICAZIONI  PERIODICHE  603 


Mélanges  d'Archeologìe  et  d'Histoire. — (École  francaise  de  ilo- 
me)  XX  année  (1900)  —  Rome  -  Paris. 

Matières  :  Un  recueil  d'adversaria  autographes  de  Girolamo  Aleatici  ro, 
par  M.  L.  Delaruelle — Notes  sur  l'art  fran^ais  et  l'art  italien  au  luoyen- 
àge ,  par  M.  O.  loin  Lambert  —  Les  Caroli  Pondus  conserve»  en  Italie  , 
par  M.  V.  Capobianchi — Chronique  archéologiie  africaine,  par  M.  S.  Qse- 
li  —  La  cité  Carolingienne  de  Cencelle  (Léopoli)  par  M.  P.  Lauer  —  La 
diplomatique  des  Norniands  de  Sicile  et  de  l' Italie  meridionale,  par  M. 
F.  Chaland&n—Grénéa\ogie8  Angevines  du  XI  siècle,  par  M.  H.  Poupar- 
tZin— Les  statues  équestres  du  Forum,  par  M.  E.  Babut — Inscriptions  de 
Thessalonique ,  par  M.  P.  Perdrizet — Les  funérailles  de  Clément  VI  et 
d' Innocent  VI  d'  après  les  comptes  de  la  Cour  Pontificale  ,  par  M.  E. 
Dépres—Lea  fouilles  du  Sancta  Sanctorum  au  Latau,  par  M.  Ph.  Lauer— 
Les  cartes  vaticanes.  Une  vue  de  Rome  en  1631 ,  par  M.  M.  Besnier  — 
Les  origines  de  la  première  maison  comtale  de  Barcelone,  par  M.  I.  Cal- 
mette  —  Les  feuillets  de  garde  de  1'  Urbinas  gree  N.  92,  par  M.  D.  Ser- 
ruys  —  Saint— Denis  in  Via  Lata.  Notes  sur  la  topographie  de  Rome  au 
moyen-àge,  par  M.   L.  Duchesne. 

Planches  :  Les  Caroli  Pondus -Pian  de  cencelle— Diplòmes  de  Roger 
Borsa  et  de  Guillaume  II  —  Monnaies  à  effigie  equestre  de  Septime  Sé 
vére — Freques  du  palais  du  Latran  :  Eusevelissement  de  Saint  lean  l'E- 
vangèlisttì— Deux  Papes  -Pian  des  fouilles  exècutees  en  Mars— luin  1900 
dans  le  soubasseuìent  du  Sancta  Sanctorum  —  Fresque  dècoiiverte  au  des- 
sous du  Sancta  Sanctorum— Vue  de  Rome  en  1631. 

Mélanges  d  Archeologie  et  d'Histoire.— (École  frangaise  de  Eo- 
ine)  XXI  anuée  (1901) — Rome -Paris. 

Matières  :  Le  Forum  de  Tliugga  d'après  les  fouilles  de  1899  et  1900, 
par  M.  L.  Homo  —  Le  Statut  des  neuf  govenieurs  et  défenseurs  de  la 
Commune  de  Sienne  (1420),  par  M.  I.  Luchaire —Etnde  sur  la  diploma- 


8um  Aragonum  et  Sieiliae  regem  libri  quinque  ex  codice  Regi  Neapolitani  Archivi 
ntmc  primtim  edito,  Paaoruii ,  1904 ,  in  8.).  Una  prefazione  ci  fa  conoscere  Chaula 
che  viveva  nella  i>rinia  metà  del  secolo  XVI.  Quanto  al  manoscritto,  era  stato  in- 
dicato dal  Capasso  nelle  Fonti  della  storia  delle  provineie  napolitane.  Questi  libri 
comprendojio  il  periodo  da  maggio  1420  al  2  giugno  1424,  e  se  sono  poco  interes- 
santi per  la  storia  del  re  Alfonso,  forniscono  utili  particolari  auU'uinanitarismo  iu 
Sicilia. 


604  SOMMARIO  DELLE  PUBBLICAZIONI  PERIODICHE 

tiqne  dea  princes  lombards  de  Bénévent ,  de  Capite  et  de  Salerne ,  par 
M.  tR.  Poupardin — Croniqae  archèologique  africaine,  par  M.  S.  Gsell — Le 
Sonper  de  lean  Diacre,  par  M.  A.  Lapótre — Note  sur  la  chronologie  du 
pontificat  de  lean  XVII,  par  M.  E.  Poupardin— Thuejdiden,  par  M.  D. 
Serruys — L'état  politique  de  l'Italie  meridionale  à  l'arrivèe  des  Normands, 
par  M.  F.  (7Aa/«»jdon— Dociiments  relatifs  à  Don  Carlos  de  Viane  (1460- 
1461)  aux  Archives  de  Milan,  par  M.  I.  Calmette — L'Ètat  Pontificai,  les 
Byzantins  et  les  Lombards  sur  le  littoral  campanien,  par  M.  I.  Gay  : 

Planches  :  Le  Forum  de  Tugga  —  Panorama  de  Rome  par  A.  Van  de 
Wyngaerde. 

Mélanges  d'Archeologie  et  d'Histoire — (École  fran^aise  de  Ko- 
iné) XXII  aimée  (1902)  —  Rome  -  Paris. 

Matieres  :  Notes  sur  la  topografie  de  Rome  au  moyen-àge ,  par  Mgr. 
L.  Duchesne — Cultes  et  Deux  a  Pouzzoles ,  par  M.  Ch.  Dm6ois— Les  fo- 
uilles  de  Dougga  en  1901,  par  M.  A.  Merlin — Notes  sur  les  premiers  Com- 
tes  Carolingiens  d'  Urgel,  par  M.  I.  Calmette— Une  lettre  dose  originale 
de  Charles  le  Chauve,  jiar  M.  1.  Calmette — Anastasiana,  par  M.  D.  Ser- 
ruys —  Le  journal  d'un  habitant  fran^ais  de  Rome  au  XVI  siede  (1509- 
1540) ,  par  M.  L.  Madelin  —  Chronique  archèologique  africaine ,  par  M. 
8.  Gsell — La  salutation  imperiale  de  Vespasien ,  par  M.  E.  Maynial  — 
La  légation  du  Cardinal  de  Sienne  auprés  de  Charles  VIII  (1494)  ,  par 
M.  I.  Calmette —he»  dernièrs  fouilles  de  Salone,  par  M.  I.  Zeiller—Oh- 
servations  sur  un  passage  de  Vitruve,  par  M.  Ch.  Dubois. 

Planches:  Les  fouilles  de  Dougga  en  1901 — Mosaique  de  Dougga — Let- 
tre dose  originale  de  Charles  le  Chauve — Pian  d'  un  office  pontificai  du 
XV  siede. 


Salvatore  Romano 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


SEDUTA  SOCIALE  DELL'  8  OTTOBRE  1905. 

Presidenza  del  Cav.  Or.   Uff.  Avv.  Ouarneri  Prof.  Andrea, 
Senatore  del  Regno. 

La  Società  coli' intervento  di  :N.  22  dei  suoi  componenti  si 
riunisce  nella  propria  sede. 

Alle  ore  quattordici  e  mezza  il  Presidente  dichiara  aperta  la 
seduta  e  invita  il  Segretario  Generale  a  dar  lettura  del  proces- 
so verbale  della  tornata  precedente  il  quale  resta  approvata. 

Lo  stesso  Segretario  Generale  presenta  i  libri  giunti  in  dono 
durante  il  mese  di  Settembre  e  quindi  partecipa  la  perdita  su- 
bita dalla  Società  colla  morte  di  due  dei  suoi  più  affezionati  ed 
antichi  componenti  cioè  il  Rev.o  Sac.  D.  Giuseppe  Emanuele 
Paraci  Parroco  di  S.  Gaetano  in  Brancaccio  e  l'Avv.  Oav.  An- 
drea Di  Girolamo  da  Marsala;  propone  pertanto,  e  i  socii  appro- 
vano, che  venga  manifestato  alle  rispettive  famiglie  un  voto  di 
condoglianza. 

Sulla  proposta  dei  socii  D.r  Prof.  Pitrè  e  D.r  Lodi  viene  ad 
unanimità  di  voti  ammesse  a  far  parte  della  Società  il  Signor 
Antonio  Franchina. 

Dopo  ciò  il  Presidente  dà  la  parola  al  socio  Prof.  Vincenzo 
Epifanio  il  quale  intrattiene  la  Società  con  la  lettura  di  un  suo 
lavoro  intitolato  :  «  Buggero  II  e  Filippo  di  Al  Mahdidh  ». 


606  ATTI  DELLA  SOCIETÀ 

Questa  lettura  alla  fine  viene  vivamente  applaudita  e  non 
essendovi  altri  argomenti  da  trattare  il  Presidente  scioglie  la 
seduta. 

Il  Segretario  Generale 
D.  Giuseppe  Lodi 


SEDUTA  SOCIALE  10  DICEMBRE  1905. 

Presidenza  del  Cav.  Gr.   Uf.  Prof.  Avv.  Andrea  Guarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  con  V  intervento  di  N.  23  socii  si  riunisce  nella 
sua  sede. 

Essendo  raggiunto  il  numero  legale  il  Presidente  alle  ore 
quattordici  e  mezza  dichiara  aperta  la  seduta. 

11  Cav.  Carlo  Crispo  Moncada  Vice  Segretario  GTenerale  legge 
il  verbale  della  seduta  precedente  che  resta  approvato. 

Presenta  quindi  i  libri  ricevuti  in  dono  durante  i  mesi  di  Ot- 
tobre e  di  Novembre  e  annuncia  la  perdita  sofferta  dalla  Società 
colla  morte  del  Socio  Sac.  Domenico  Onoffo  Sotto  Archivista  al- 
l'Archivio Comunale.  —  Propone  un  voto  di  condoglianza  da  ma- 
nifestarsi alla  famiglia  La  Società  approva. 

Ad  unanimità  di  voti  vengono  ammessi  a  far  parte  della  So- 
cietà i  signori:  Hans  von  Pemull— Sollima  D.r  Francesco — Na- 
Uile  Prof.  Michele  —  Furia  Cav.  Camillo  —  Palmegiano  Avvocato 
Marco — Radice  Prof.  Benedetto — Grano  Comm.  Ferdinando — De 
Luca  Aprile  Prof.  Comm.  Girolamo. 

DofM)  ciò  il  Presidente  dà  la  parola  al  Socio  Prof.  Benedetto 
Radice  il  (juale  legge  un  suo  lavoro  intitolato:  Bronte  nella  ri- 
voluzione del  1820,  narrazione  tratta  da  documenti  inediti  del- 
l'Archivio di  Stato. 

Questa  lettura  viene  ascoltata  col  massimo  interesso  ed  alla 
line  h  vivamente  applaudita.  La  seduta  vien  tolta  alle  ore  quin- 
dici e  mezza. 

Il  Vicesegretario  Generale 
Oaelo   Obispo  Moncada 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ  607 


SEDUTA  STRAORDINARIA  DEL  24  DICEMBRE  1905. 

Presidenza  del  Gr.   Uff.  Prof.  Avv.  Andrea  Ouarneri, 
Senatore  del  Regno,  Presidente. 

La  Società  con  l' intervento  di  IS".  18  socii  si  riunisce  nella 
propria  sede. 

Essendo  le  ore  quattordici  il  Presidente  dichiara  aperta  la 
seduta. 

Il  Vice  Segretario  Cav.  Uff.  Carlo  Crispo  Moncada  legge  il 
verbale  della  seduta  precedente  il  quale  viene  approvato  senza 
osservazioni. 

Indi  il  sig.  Presidente  invita  il  Ragioniere  della  Società  si- 
gnor Vincenzo  Sichera  a  dar  lettura  del  bilancio  di  previsione 
per  l'esercizio  1906  e  dopo  la  lettura  dichiara  aperta  la  discus- 
sione generale;  ma  nessuno  chiedendo  la  i)arola  si  pongono  ai  voti 
i  singoli  articoli  del  Bilancio  i  quali  restano  approvati. 

Indi  si  passa  alla  nomina  di  due  Consiglieri  in  sostituzione 
degli  uscenti  signori  Prof.  Cav.  Salvatore  Romano  e  Prof.  Ca- 
valiere Alfonso  Sansone,  avvertendo  che  per  il  disposto  dell'Ar- 
ticolo 19  dello  Statuto  sociale  non  possono  essere  rieletti. 

Si  distribuiscono  le  schede  e  si  chiamano  a  funzionare  da 
scrutatori  i  socii  signori  Prof.  Vincenzo  Epifanio  e  Prof.  Odoardo 
Coppoler. 

Il  risultato  della  votezione  è  il  seguente  : 

Socii  presenti  18  —  Votanti  18  —  Maggioranza  10 
Avv.  Giuseppe  Riservato  Voti  13 

Mons.  Di  Marzo  Comm.  Gioacchino  »    11 

Prof.  Gaetano  Mario  Coli^mba  »      8 

Scheda  bianca  »      1 

Si  proclamano  eletti  per  il  triennio  1906  - 1908  il  signor  Avvo- 
cato Giuseppe  Riservato  e  Mons.  Comm.  Gioacchino  Di  Marzo. 

Finita  la  votazione  il  Presidente  scioglie  la  seduta. 

Il  Vice  Segretario 
Crispo  -  Monoada  Carlo 


SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 


BILANCIO  PRESUNTIVO 

PER  L'ANNO  1906 


E  a^T  T  K -^  T -A. 


610 


ATTI  DELLA   SOCIETÀ 


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PARTE  PRIMA 


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Fondo  presunto  di  avanzo  degli  esercizi  precedenti 

TITOLO  PRIMO 

Entrate  effettive  ordinarie 


Capitolo  I. 

Contribuzioni  sociali. 

Soci  —  per  Numero  851  azioui  a  L.  5  per  azione 

Ministeri           ì   *^*^^^^  Pubblica  Istruzione       .        .        .  per  N.  400  azioni 

su.       w    .  .  .    ^   j-  Agricoltura  Industria  e  Commercio.  »     »  5      » 

(    di  Palermo per  N.  20  azioni 

Provincie.  .  .    ]   di  Catania       .        .     '   .        .        .        .  »     »  20      » 

(    di  Caltanissetta       .        .        .        .        .  »     »  10      » 

Palermo per  N.  200  azioni 

Messina »     »  10      » 

Acirejvle  .         .         .         .         .         .         .  »     »  4      » 

Caatrogiovanni »     »  4      » 

Marsala   .        .        .        .        .                .  »     »  4      » 

Monte  S.  Giuliano »     »  4      » 

Municipi .  .  .    (   Nicosia »     »  4      » 

Noto »     »  4      » 

Parco »     »  4      » 

Siracusa »     »  4      » 

Termini  Imeresi »     »  4      » 

Alcamo »     »  2      » 

Salaparuta »     »  1      » 


Fardelliana  di  Trapani  . 
Comunale  di  Vicenza 
Nazionale  di  Napoli 
Nazionale  Jh-aidcnze  di  Mila: 
Comunale  di  Caltauissettn 
UnivcrHitaria  di  Messina 
Nazionale  di  S.  Marco  in 
Comunale  di  Verona 


Biblioteche. 


Som 

mano  N. 
.    per  N. 

249 

azioni 

4 

azioni 

»     » 

4 

» 

»     » 

4 

» 

no 

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2 

» 

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»     » 
mano  N. 

2 

» 

Som 

28 

azioni 

A  Biportare  L. 

ATTI  DELLA   SOCIETÀ 


611 


PREVISIONE  DELLE  ENTRATE 


Somme  proposte  nel  presente  bilancio 


per  articoli 


per  capitolo 


in  totale 


ANNOTAZIONI 


40 


il40 


025 


4,255 
2,025 


250 


1,245 


140 


7,915 


4,246 


2>imostraziorje  dei  fondo 
presunto  di  avanzo 


Resta  di  Cassa  al  30  no- 
vembre 1905  .     .  L. 

Introiti  presumibili 
al  31  dicembre 
1905 » 


Esiti  presumibili  al 
31  dicembre  1905    » 


Differenza .     .     .     .  L. 


Resta  di  Cassa  L. 


Residui  attivi  presu- 
mibili a  31  dicem- 
bre 1905     ...» 

Residui  passivi  e.  s.    » 


Avanzo  presumibile 
da  inscriversi  in 
Bilancio     .     .     .     » 


400 


500 


100 


1,851 
700 


1,151 


3,195 


100 


3,095 


1,151 


»     4,246 


612 


ATTI   DELLA  SOCIETÀ 


O 


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PAKTE  PRIMA 


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II. 


III. 


Biporto 


.    per  N. 

4 

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4 

»    » 

4 

»    » 

2 

»    » 

4 

dei 

»    » 

4 

imano  N. 

22 

Ì   Circolo  del  Gabinetto  Lettura  Messina 
Circolo  Artistico  di  Palermo  . 
Circolo  Bellini  di  Palermo 
xui;j.i  xjuui.  .  .    N    Compagnia  dei  Bianchi   . 
j   Nuovo  Casino  di  Palermo 
f    Ufficio  Regionale  per  la  Conservazione  dei 
1  Monumenti  della  Sicilia   . 


Capitolo  II. 

A.ssociazione  al  Feriodico  e  Documenti 


Ministero  dell'Interno 

id.        della  Guerra 

Camera  dei  Deputati )  a  L.  25  per  co 

Biblioteca  Palatina  di  Parma 

Archivio  di  Stato  di  Palermo 


A.ssociazione  al  Periodico 


Archivio  di  Stato  di  Firenze. 

»  »      »      »    Napoli  . 

»  »      »      »    Cagliari 

»  »      »      »    Venezia 

Biblioteca  Labronica  di  Livorno   . 

»  Comunale  di  Castelvetrano 

Siragusa  Prof.  Giov.  Battista 


a  L.  12  per  co 


Cai'itolo  III.' 


Rendita  su  fondi  pubblici 


Rendita  .')  "/„  sul  DI).  PP.  Italiano  in  annll<^  L.  IWO,  cioè  in  (pianto  a  L. 
g."  <'ertiHcat^>  di   N.  l,:W.'<,r)7H  intcHtato  aliii  Società,  od  in  (juanto  a  L. 
g.»  <lue  cartelle  al  portatore,  dcpoHÌ(:ite  in  custodia  alhi  Classa  Centrai* 
KiHp.  V.  iù.  «li  Palermo  g.»  cartella  di  deposilo  di   N.  335 


A  Riportare 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


613 


PREVISIONE  DELLE  ENTRATE 


Somme  proposte  nel  presente  bilancio 


per  articoli     per  capitolo 


in  totale 


A  K  :N^  O  T  A  Z  I  O  K  I 


7,915 


110 


8,025 


125 


84 


209 


350 


8,025 


209 


350 


8,025     » 


209 


350 


8,584 


Arch.  Stor.  Sic,  N.  S.  Anno  XXX 


40 


614 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


,_5 

PAETE  PRIMA 

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• 

Bipori 

n. 

TITOLO  SECONDO 
ENTRATE    STRAORDINARIE 

IV. 

10 

Capitolo  IV. 

Eintroiti  eventuali 

Vendita  del  Periodico  l'Archivio  Storico  Siciliano  e  Documenti 

11 

Interessi  sulle  somme  depositate  alla  Cassa  Centrale  di  Rissp.  V 

.  E.    . 

12 

Contribuzioni  e  largizioni  diverse 

. 

13 

Bicavato  della  vendita  di  carta  ai  Socii 

ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


615 


PREVISIONE  DELLE  ENTRATE 

A  :n^  :n^  0  T  A  z  1 0  :n^  I 

omme 

oziate 

nel 

lancio 

sedente 

Somme  proposte  nel  presente  bilancio 

per  articoli 

per  capitolo 

in  totale 

,694 

500 

50 

500 

IlOO 

» 

» 
» 
» 

500 

75 

500 

100 

» 
» 

» 
1,175 

» 

8,584 
1,175 

» 

^844 

» 

9,759 

» 

616 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


O 


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O 

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PAETE  PRIMA 


:b  isr  T  le  ^^  T  -A- 


ISiepilog'o  d.eirE33:ìtra,ta 


Presunto  avanzo  degli  Esercizii  precedenti 

Entrate  cflfettive  ordinarie 

Entrate  straordinarie 

Totale  generale  dell'Entratj 


ATTI 

DELLA  f 

SOCIETÀ                                                                    617 

PREVISIONE  DELLE  ENTRATE                 | 

ANNOTAZIONI 

>ninie 

iziate 

nel 

Ancio 

sedente 

Somme  proposte  nel  presente  bilancio 

per  articoli 

per  capitolo 

in  totale 

1.211 
l694 
150 

40 
» 
» 

■ 

4,246 
8,584 
1,175 

» 

,055 

40 

14,005 

» 

SOCIETÀ  SICILIANA  PER  LA  STORIA  PATRIA 


BILANCIO  PRESUNTIVO 

PER  L'ANNO  1906 


TT  S  C  I  T  .«Su 


620 


ATTI   DELLA   SOCIETÀ 


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PAKTE    SECONDA 

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TTSOIT-^fi^ 

I. 

TITOLO  PRIMO 

Spese  effettive  ordinarie 

I. 

Capitolo  I. 

Fubblicazioni 

1 

2 
3 

Fondo  a  calcolo  per  la  provvista  di  carta  da  impiegarsi  per  la  pubblicazic 

del  Periodiro  «  L'Archivio  Storico  Siciliano  »  ed  altro 
Foujdo  a  calcolo  per  la  stampa  del  sudetto  periodico  e  documenti 
Fondo  per  le  spese  di  iscrizioni  ed  altro  ,  spettanti  a  lavori  di  monume 
artistici 

II. 

Capitolo  IL 

A.cquisto  e  rilegature  di  libri 

4 
5 

Fondo  per  acquisto  di  libri  per  uso  della  Biblioteca  della  Società 
Fondo  per  la  rilegatura  di  libri  esistenti  nella  Biblioteca  della  Società 

III. 

Capitolo  III. 

Imposte  e  ritenute 

6 

7 

Ritenuta  sopra  L.  2000  di  assegno  del  Ministero  della  P.  I. 

id.        di  ricchezza  mobile  sopra  L.  350  rendita  sul  DI).  PP.  Italiano 

IV. 

Capitolo  IV. 

A.ssegni  al  personale  di  ^amministrazione 

8 

9 

10 

li^igionlere 

AHHÌHt<inte  di  Segreteria 

Barundiere 

V. 

Capitolo  V. 

Spese  di  Amministrazione 

11 
1*2 

Indennità  all'8  o/q  dovuta  sulle  contribuzioni  dui  si  riscuotcmo  (lairKsattc 
Imleiiuilà  ^)er  la  dÌHtril>uzione  del   Periodico  agli  iissociali  in  Palciino  <> 
111  Hpi-dizione  fuori  Palermo 

A  Eiportare 

ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


621 


PREVISIONE  DELLE  SPESE                    | 

Somme 

Somme  proposte  nel  presente  bilancio 

a  n  z  i  a  t  e 

annotazio:n^i 

nel 

jbilancio 

per  articoli 

per  capitolo 

in  totale 

recedente 

2,000 

* 

!  1,500 

». 

2,000 

» 

2,000 

» 

600 

» 

500 

» 

4,000 

» 

4,000 

» 

4,000 

100 

» 

100 

» 

• 

1000 

» 

500 

» 

600 

» 

600 

» 

600 

» 

335 

» 

335 

» 

70 

» 

70 

» 

405 

» 

405 

» 

405 

» 

400 

» 

400 

» 

360 

» 

360 

» 

300 

» 

400 

» 

1,160 

» 

1,160 

» 

• 

1,160 

» 

350 

» 

350 

» 

50 

» 

50 

» 

.      1            ' 

7,565 

» 

400 

» 

» 

6,165 

» 

622 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


PAKTE  SECONDA 

1-} 

O 

o 
o 

o 

< 

TTSOIT-^ 

H 

o 

-< 

Biporto  1 

13 

Fondo  per  marche  da  bollo  per  le  quietanze,  mandati  ed  altro    . 

14 

Spese  per  generi  di  scrittojo,  stampe  ed  altro 

15 

Spese  postali  e  telegrafiche 

VI. 

Capitolo  VI. 

Manutenzione  dei  locali  della  Società. 

16 

Gabella  d'acqua  dovuta  ai  Fratelli  Biglia 

17 

Manutenzione  dei  locali 

VII. 

Capitolo  VII. 

i^ssicurazione  dei  locali  della  Società 

18 

Premio  di  assicurazione  alla  Società  di  Assicurazione  Generali  di  Venezi 
(Ramo  lucendii)  pel  decorso  del  20  giugno  1906  al  19  giugno  1907  g.«  p( 
lizza  N.  18595 

VITI. 

Capitolo  Vili. 

Spese  straordinarie 

Fondo  a  calcolo  per  provvedere  a  tutte  le  spese  di  demolizione  parziale  d< 
corpi  diruti  e  sistemazione  degli  antichi  locali  delUa  cucina  del  Couveutc 

19 

Arredamento  e  manuutenzione  del  mobilio  esistente  nei  locali  della  Società 

20 

Fondo  per  spese  imprevedute  e  casuali 

II. 

TITOLO  SECONDO 

IX. 

Movimento  di  Capitali 

Capitolo  IX, 

\ 

21 

Acquisto  di  Rendita  sul  Debito  pubblico  Itjvliano,  in  aumento  al  patrimoni 
della  Societii  (annue  L.  KM)  ad  un  corso  presumibile  di  L.  104) 

ATTI  1)£LLÀ  SOCIETÀ 


ù^ 


\ 

PREVISIONE  DELLE  SPESE 

i  Somme 

Somme  proposte  nel  presente  bilancio 

anziate 

A  :n^  N  0  T  A  Z  I  0  ì^  I 

bilancio 

per  articoli 

per  capitolo 

in  totale 

'ecedente 

7,565 

» 

400 

» 

» 

» 

6,165 

» 

100 

» 

100 

» 

'     100 

» 

100 

» 

1     200 

» 

200 

» 

800 

» 

800 

» 

800 

» 

73 

20 

73 

20 

300 

» 

300 

» 

373 

20 

373 

20 

373 

20 

» 

» 

66 

25 

66 

25 

66 

25 

1,500 

» 

» 

» 

» 

» 

» 

» 

- 

1,200 

» 

500 

» 

» 

» 

» 

» 

2,867 

20 

4,020 

55 

» 

» 

» 
4,520 

55 

4,520 

55 

4,520 

55 

6,150 

» 

2,080 

» 

2,080 

» 

2,080 

» 

. 

19,055 

40 

14,005 

» 

624 


ATTI  DELLA  SOCIETÀ 


O 

Fi 


O 
H 


o 
o 


PARTE   SECONDA 


TTSOIT^f^ 


ISiepilogro  d.ell'TJsoita. 


Spese  eflfettive  ordinarie L 

»      straordinarie 

Movimento  di  Capitali 

Totale  generale  dell'Uscita  L 


Palermo,  1  I>ieembre  1905. 


Il  Ragioniere 


ATT] 

[  DELLA 

SOCIETÀ                                                                   625 

PREVISIONE  DELLE  SPESE 

a¥notazio:n^i 

Somme 
anziate 

nel 
bilancio 
recedente 

Somme  proposte  nel  presente  bilancio 

per  articoli 

per  capitolo 

in   totale 

j  8,238 
5,667 
5,150 

20 
20 
» 

7,404 
4,520 
2,080 

45 
55 

» 

L9,055 

40 

14,005 

» 

INDICE 

DELLE  MATEEIE  CONTENUTE  IN  QUESTO  VOLUME 


« 
Elenco  degli  ufficiali  e  socii  della  Società  per  l'anno  1905       .  Pag.     Ili 

MEMORIE  ORIGINALI 

CoPPOLER  Orlando  0.  —  Un  i)oeta  bizzarro  del  '500  (Mariano  Bo- 

nincontro  da  Palermo) »        1 

PiTEÈ  G.  —  Il  viaggio  dì  Goethe  a  Palermo  nella    primavera  del 

1787 »    165 

Capasso  G.  —  Il  governo  di  Don  Ferrante  Gonzaga  in  Sicilia  dal 

1535  al  1543  (Continua) >     405 

Epifanio  V.  —  Ruggiero  II  e  Filippo  di  'Al  Mahdiah      .        .        »    471 

MISCELLANEA 

La  Corte  G.  —  Due  luoghi  controversi  nella  Geografia  di  Sicilia 

dell' Edrisi »      55 

Rocca  P.  M.  —  Della  Membrana  gabellarum  e  dei  Capitoli  della 

Nadaria  e  della  Camperia  della  Terra  di  Alcamo.  .  .  »  72 
Crino    S.  —  Un    nuovo   documento    siili'  eruzione    dell'Etna    del 

1669 »    128 

Salomone  -  Marino  S.  —  La  peste  in  Palermo  negli  anni  1624-1626. 

Relazione  di  Anonimo  ora  per  la  prima  volta  stampata  .  »  221 
Crino  S.  —  Una  carta  di  navigare  di  Placidus   Caloiro    et    Oliva 

fatta  in  Messina  nel  1638 »    290 

CoppoLER  Orlando  0.  —  Un  codice  del  «  Credo  in  Dio  »  di   Fra 

Domenico  Cavalca  ignoto  ai  bibliofili »    298 

Lizio  -  Bruno  L.  —  Di  alcuni  ingiusti  giudizi  sulla  spedizione  dei        • 

settecento  Siciliani  in  Calabria  nell'anno  1848  ...»  301 
Vartaro  P.  —  Giuseppe  Velia  e  i  suoi  falsi  codici  arabi.  Con  un 

documento  inedito »    321 

Franchina  A.  —  Storia  della  Deputazione  delle  Nuove  Gabelle  di 

Palermo »    333 

La  Mantia  G.  —  Su  i  frammenti  di    due  registri    originali  degli 

anni  1353-55  di  Ludovico  d'Aragona  Re  di  Sicilia.    Notizie    e 

regesto »    502 

Di  Matteo  I.  —  Conti  riguardanti  la  coniazione  dei  piccoli  della 

Regia  Zecca  di  Messina  nell'anno  1461 »    517 


628  INDICE 

Tra  VALI  G.  —  Una  lettera  di  Gioaccliiuo    Marat  al    Comandante 

Micheroux Pag.  548 

Leanti  G.  —  Corrado  Avolio »    558 

RASSEGNA  BIBLIOGRAFICA 

Di  Martino  M.  —  Ricerche  e  scoperte  archeologiclie    nel    sud-est 

della  Sicilia  e  nei  Brutii »    135 

La  Mancia  G.  —  G.  B.  Ferrigno  —  La  peste  a  Castelvetrano  negli 

anni  1624-1626 »    139 

S.  S.  -  M.  —  Memorie  della  Rivoluzione  Siciliana  dell'  anno 
MDCCCXLVIII  pubblicate  nel  cinquantesimo  anniversario  del 
XII  gennaio  di  esso  anno ~»    141 

La  Maxtia  G.  —  RevelU  Paolo  —  11  Comune  di  Modica.  Descri- 
zione fisico-antropica        .         .         .         .         ....         »     370 

La  Mantia  G.  —  Starrabba  bar.  Raffaele  —  Scritti  di  Giovanni 
Naso  da  Corleone,  detto  «  il  Siciliano  »,  Segretario  Cancelliere 
del  Comune  di  Palermo »    372 

La  Mantia  G.  —  Criìiò  prof.  Sebastiano  —  Una  questione  di  to- 
pografia antica.  Nuovo  disegno  in  ordine  alla  posizione  topo- 
grafica di  AKPAFAS.  Relazione »    374 

La  Mantia  G.  —  Nicotra  Francesco  —  Dizionario  illustrato  dei  Co- 
muni siciliani ,  compilato  col  concorso  d'insigni  collaboratori 
e  dei  Municipii  della  Sicilia »    377 

S.   C.  —  Perroni  -  Grande  L.  —  Saggio   di   bibliografia    dantesca. 

Voi.  III.  .        .        .        . »    379 

Guarnera  e. — ' C.  A.  NalUno  —  Intorno   al  Kitab    al-Bayan  del 

Giurista  Ibn  Rushd »    379 

Cosentino  G.  —  Francesco  Giannone  —  Memorie  storiche.  Statuti  e 

Consuetudini  di  Oppido  di  Basilicata    .        .        .   *     .         .        »    382 

COPPOLER  Orlando  0.  —  Giuseppe  Bianco  —  La  Rivoluzione  sici- 
liana del  182()  con  documenti  e  carteggi  inediti  ...»    563 

La  Mantia  G.  —  Pipitone  -  Federico  Giuseppe  —  Regesto  dei  di- 
plomi dell'Archivio .  Pignatelli  in  Palermo    ....        »     569 

Epifanio  V.  —  8.  Baccuglia.  —  laci  dall'anno  1320  all'anno  1528  »    572 

GOARUiONE  F.  —  De  Cristo  Vineenso.  —  La  caduta  di  Gioacchino 
Murat  e  l' insurrezione  della  Calabria  ulteriore  ,  posto  in  luce 
su  documenti  inediti  ed  illustrate  da  incisioni     ...»    575 

Bollettino  bibliografico .     144,  579 

Cronaca 149,  590 

S<immario  delle  pubblicazioni  periotliclie     ....     152,  386,  595 

Atti  della  Società li>8,  893,  605 


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