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Digitized by the Internet Archive
in 2009 with funding from
University of Toronto
http://www.archive.org/details/nsarchiviostoric30soci
A
ARCHIVIO
STORICO SICILIANO
PUBBLICAZIONE PEEIODICA
DELLA
SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
NUOVA SERIE, ANNO XXX.
PALERMO
SCUOLA TIP. " BOCCONE DEL POVERO „
1905
612037
t.7. s-v
ELENCO
DEGLI
UFFICIALI E SOCII DELLA SOCIETÀ
PER L'ANNO 1905
SUA MAESTÀ MARGHERITA DI SAVOJA REGINA MADRE
UFFICIALI
PRESIDENTE
Prof. Cav. Gr. Uff. Avv. ANDREA GUARNERI
Settatore del Regno.
VICEPRESIDENTI
DoTT. CoMM. Giuseppe Pitrè
Membro della Commissione Araldica Siciliana.
DoTT. CoMM. Raffaele Starrabba
Barone di Ralbìato
Sopraintendente Direttore dalV Archivio di Stato
Vice- Presidente della Commissione Araldica Siciliana.
SEGRETARIO GENERALE
DoTT. Cav. Giuseppe Lodi
Primo Archivista di Stato.
IV ELENCO DEI SOCI
VICE - SEGEETARII
Aw. Cav. Giuseppe Falcone.
Membro della Cammissione Araldica Siciliana.
Aw. Cav. Uff. Cablo Crispo-Moncada.
DIEETTORI DELLE CLASSI
Prof. Giuseppe Paoluoci.
(1' Classe).
Prof. Cav. Giuseppe Cosentino
Archivista di Stato
(2" Classe).
Prof. Comm. Antonino Salina»
Socio corrispondente dell'Istituto di Francia,
Delegato presso Vlstituto Storico Italiano,
Membro della Consulta Araldica e della Commissione Araldica
Siciliana,
(3' Classe).
CONSIGLIERI
Prof. Cav. Salvatore Romano.
Prof. Cav. Alfonso Sansone.
DoTT. Cav. Socrate Chiaramonte.
DoTT. Prof. Cav. Salvatore Salomone-marino.
Comm. Francesco Varvaro Pojero.
DoTT. Cav. Uff. Giuseppe Tra vali.
TESORIERE
Cav. Pietro Spadaro.
BIBLIOTECARIO
DoTT. Giuseppe La Mantia
Ai»i$tente nelV Archivio di Stato.
ELENCO DEI SOCI
CORPI MORALI CHE HANNO PRESO DELLE AZIONI
Ministero dell'Istruzione Pubblica per 400 azioni.
Ministero d'Agricoltura, Industria e Commercio per 5 azioni.
Provincia di Palermo per 20 azioni.
Provincia di Catania per 20 azioni.
Provincia di Caltanissetta per 10 azioni.
Municipio di Messina per 10 azioni.
Municipio di Acireale per 4 azioni.
Municipio di Castrogio vanni per 4 azioni.
Municipio di Marsala per 4 azioni.
Municipio di Monte S. Giuliano per 4 azioni.
Municipio di Nicosia per 4 azioni.
Municipio di Noto per 4 azioni.
Municipio di Parco per 4 azioni.
Municipio di Siracusa per 4 azioni.
Municipio di Termini-Imerese per 4 azioni.
Municipio di Alcamo per 2 azioni.
Municipio di Salaparuta per 1 azione.
Biblioteca Pardelliana di Trapani per 4 azioni.
Biblioteca Comunale di Vicenza per 4 azioni.
Biblioteca Nazionale di Napoli per 4 azioni.
Biblioteca Nazionale Braidense di Milano per 4 azioni.
Biblioteca Comunale di Caltanissetta per 4 azioni.
Biblioteca Universitaria di Messina per 4 azioni.
Biblioteca Nazionale di S. Marco in Venezia per 2 azioni.
Biblioteca Comunale di Verona per 2 azioni.
Circolo del Gabinetto di lettura in Messina per 4 azioni.
Circolo Artistico di Palermo per 4 azioni.
Compagnia dei Bianclii in Palermo per 2 azioni.
Circolo Bellini in Palermo per 4 azioni.
Nuovo Casino di Palermo per 4 azioni.
Ufficio Regionale per la Conservazione dei Monumenti della
Sicilia per 4 azioni.
TI ELENCO DEI SOCI
CORPI MORALI ASSOCIATI ALLE PUBBLICAZIONI
DELLA SOCIETÀ
MinLstero dell'Int€rno per 1 copia di ciascuna pubblicazione.
Ministero della Guerra idem idem
Camera dei Deputati idem idem
Biblioteca Palatina di Parma idem idem
Archivio di Stato in Palermo idem idem
Ai*chivio di Stato in Firenze per 1 copia del periodico.
Archivio di Stato in Napoli idem idem
Archivio di Stato in Cagliari idem idem
Archivio di Stato in Venezia idem idem
Biblioteca Labronica di Livorno idem idem
Biblioteca Comunale di Castelvetrano idem idem
ELENCO DEI SOCI VU
PRIMA CLASSE
DIRETTOEE.
Paolucci Prof. Giuseppe
predetto.
SEGRETARIO
Garufi Dott. Prof. Carlo Alberto.
SOCI
Abbadessa Prof. Giuseppe — Palermo.
Accardi Cav. Uft*. Gioacchino — Palermo.
Agnello Prof. Cav. Angelo — Palermo.
Alagona Gaetano — Palermo.
Albanese Cav. Carlo — Palermo.
Arenaprimo Cav. Giuseppe, Barone di Montechiaro, Mem-
bro della Cimimìssione Araldica Siciliaiia — Messina.
Arezzo Nob. dei Marchesi Pietro — Palermo.
Armò Avv. Cav. Gr. Cord. Giacomo , Primo Presidente di
Corte di Cassazione a riposo, Seìuitare del Regno — Palermo.
Atanasio Barone Francesco Paolo — Palermo.
Avarna Cav. Nicolò, Duca di Gualtieri — Palermo.
Avellone Avv. Cav. Salvatore , Deputato al Parlamento —
Palermo.
Avellone Avv. Ruggiero — Palermo.
Barcellona Prof. Pietro — Carini.
Barba Avv. Cav. Stefano — Palermo.
Battaglia Dott. Antonio — Termini-Imerese.
Battaglia Anton Giuseppe — Termini-Imerese.
Vin ELENCO DEI SOCI
Beccaria Mons. Oomm. Giuseppe, Cappellano Maggiore di
S. M. il Re — Eoma
Besta Prof. Enrico dell 'Udì ver sita di Palermo.
Bianco Prof. Giuseppe — Partanna.
BonSglio Prof. Parroco Simone — Palermo.
Bordiga Erminia , Direttrice del Reale Educatorio « Maria
Adelaide » — Palermo.
Borzì Prof. Cav. Antonino, Direttore delV Orto Botanico —
Palermo.
Bottalla Xw. Cav. Pietro, Segretario alla Procura Generale
del Re presso la Corte di Cassazione — Palermo.
Bova (S. E.) Mons. Gaspare, Vescovo di Samaria e Avsiliare
dell* Arcivescovo — Palermo.
Burrascano Can. Arciprete Mario — Castroreale.
Cali Parroco Andrea — Palermo.
Calvino Comm. Angelo — Palermo.
Canzone Prof. Salvatore — Palermo.
Capasso Prof. Dott. Gaetano — Preside dsl R. Liceo « Man-
zoni » — Milano.
Caronna Can. Nunzio, Arciprete — Poggioreale.
Cascavilla Prof. Can. Michele — Palermo.
Ga8sarà Avv. Giuseppe — Palermo.
Oastellana Ambrogio — Palermo.
Catalano Vittorio Emanuele — Palermo.
Cataliotti-Caramazza Parroco Bernardo — Palermo.
Cataliotti - Valdina Dott. Barone Ferdinando , Signore di
Chiapi)arìa — Saint Martin en Bresse (Sàone et Loire)
Francia.
Cervello Dott. Prof. Corani. Vincenzo — Palermo.
Oe«u«o Prof. Giovanni Alfredo — Palermo.
Chiaramonte Dott. Cav. Socmte, predetto — Palermo.
Giofalo Avv. Comm. Francesco — Palermo.
Ciotti - GraMHo Avv. ('omm. Pietro — Palermo.
Oolocci Marchf^^ Comm. Adriano — Catania.
Coluniha I*rof. Cav. (Jaetano Mario — Palermo.
Conforti ('av. Uff. Luigi, Economo generale dei Benefica va^
canti né Ih Provincie Napolitane — Na])oli.
ELENCO DEI SOCI IX
Conte Prof. Anacleto — Palermo.
Coppoler Prof. Odoardo — Palermo.
Corradi Prof. Giuseppe — Palermo.
Corso Prof. Cosimo — Termini- Imerese.
Cosimano Dott. Giovanni — Patti (Marina).
Cremona Avv. Giuseppe — Vittoria (Malta).
Cusumano Prof. Cav. Uff. Vito — Palermo.
Cutrera Cav. Antonio — Montemaggiore Belsito.
D'Alessandro (S. E.) Mone. Gaetano, Vescavo — Cefalù.
De Ciccio Can. Giuseppe — Palermo.
Dell'Agli Antonio — Giari*atana.
Deodato Cav. Pietro — Villarosa.
De Seta Marchese Cav. Gr. Cord. Francesco , Senatore del
Regno, Prefetto della Provincia di Palermo.
De Stefani- Picani Cav. (^alogero, H. Ispettore degli Scavi,
e Monumenti — Sciacca.
Di liartolo Can. Dott. Salvatore — Palermo.
Di Giovanni Prof. Leonardo — Palermo.
Di Girolamo Avv. Cav. Andrea — Marsala.
Di Gregorio Pasquale, Perito Agrimensore — Palermo.
Di Lorenzo Dott. Cav. Niccolò — Palermo
Di Pietro Dott. Sac. Salvatore — Palermo.
Di Puma Sac. Pietro — Girgenti.
Dominici - Morillo Dott. Prof. Ab. Luigi, Bibliotecario — Po-
lizzi -Generosa.
Donatuti Ing. Cav. Lorenzo — Palermo.
D'Oudes-Cottù Cav. Francesco — Palermo.
Drago-Calandra Dott. Giuseppe, Giudice di Trio. — Palermo.
Epifanio Prof. Vincenzo — Monreale.
Falcone Avv. Cav. Giuse])i)e, predetto — Palermo.
Ferrara Dott. Gaetano — Palermo.
Ferrara Prof. Don Gaet-ano Maria , Direttore spirituale nei
Convitti Nazionali — Palermo.
Ferrigno G. Battista — Castehetrano.
Fignon Can. Giuseppe — Palermo.
Filiti Sac. Gaetano — Palermo.
ELENCO DEI SOCI
Fiorenza (S. E.) Mons. Giuseppe, Arcivescovo — Siracusa.
Fucile Comm. Luigi — Paleruio.
Grarofalo Avv. Filippo — Ragusa.
Gaiiifi Dott. Prof. Carlo Alberto, predetto — Palermo,
Gennardi Avv. Luigi — Palermo.
Giambruiio Aw. Cav. Salvatore, Archivista di Stato — Pa-
lermo.
Giauformaggio Giovanni — Grammichele.
Giordano P. Francesco — Palermo.
Gramignani Luigi Filippo — Palermo.
Guardione Prof. Av^. Francesco — Palermo.
Guarneri Avv. Prof. Gr. Uff. Andrea, Senatore del Regno,
predetto — Palermo.
Guarneri Avv. Eugenio — Palermo.
Guarneri Comm. Giovanni , Colonnello in posizione ausilia-
ria — Palermo.
Guccia Cav. Nob. Giov. Battista de' Marchesi di Ganzarla,
Prof. ord. nella R. Università di Palermo, Direttore dei
« Rendicùnti del Circolo Matematico di Palermo ».
Guli Prof. Sac. Giovanni — Palermo.
Gurgone Prof. Sac. Antonio — Nicosia.
Ingroja Prof. Cav. Biagio — Calataflmi.
Labate Prof. Dott. Valentino — R. Liceo di Messina.
La Colla Avv. Prof. Cav. Uff. Francesco — Palermo.
La Corte Prof. Giorgio — Maddaloni.
La Manna Avv. Comm. Biagio — Palermo.
La Maiitia Dott. Francesco Giuseppe, Giudice di Tribunale—
Palermo.
Lancia (S. E.) Mons. Nob. dei Marchesi D. Domenico (Ga-
spare, Cassinese, Arcivescovo di Monreale.
Lancia Nob. dei Marchesi Giuseppe — Palermo.
Lanza Nob. Giulia , Principessa di Trabia e di fiuterà —
I^alermo.
Lanza Ignazio, Conte di S. Marco — Palermo.
Lanza di Scalea Dott. Cav. Nob. Pietro, Deputato al Par-
lamento — Palermo.
ELENCO DEI SOCI II
Lanza-Mantegna Conte Giuseppe, Nobile dei Conti di Maz-
zarino — Palermo.
La Bocca- Impellizzeri Cav. Paolo — Ragusa Inferiore.
La Vecchia Avv. Gioacchino — Palermo.
Leanti Dott. Prof. Giuseppe — Modica
Le Moli Comm. Avv. Gaetano — Caltauissetta.
Leone Avv. Giovanni — Palermo.
Leto Can. Prof. Giovan Battista — Monreale.
Lombardo Avv. Gaetano — Palermo.
Lombardo P. Maestro Vincenzo Ghme])]ye dei Predicatori —
Palermo.
Longo Dott. Prof. Cav. Antonio — Palermo.
Lorico Avv. Filippo — Palermo.
Lumbroso Prof. Cav. Giacomo — Frascati (Roma).
Macai uso Prof. Comm. Damiano — Palermo.
Maggiore-Perni Avv. Prof. Cav. Francesco — Palermo.
Majelli Cav. Gr. Cr. Giuseppe, Primo Presidente della Corte
di Cassazione a riposo, Senatore del Regno — Palermo.
Majorca-Mortillaro signorina Rosalia — Palermo.
Mangiameli Dott. Salvatore, Archivista di Stato — Palermo.
Marino Prof. Nicolò — Palermo.
Marinuzzi Avv. Comm. Antonio, Deputato al Parlamento —
Palermo.
Marraffa Avv. Eduardo, Criudice di Tribunale — Palermo.
Martini Prof. Raffaele — Reggio di Calabria.
Mastropaolo Nob. Altìo — Palermo.
Mazziotta Cav. Francesco — Messina.
Mellina Lorenzo, Uffiziale Commissario di Marina — Roma.
Messina Can. Vito — Catania.
Minutilla Dott. Cav. Salvatore — Palermo.
Mirabella Prof. Francesco Maria, Direttore Didattico — Al-
camo.
Mon<lini Raffaele, Maggiore di fanteria — Palermo.
Montalbano Comm. Placido, Consigliere di Cassazione in ri-
poso — Palermo.
Mora Sac. Bernardo — Palermo.
Xn ELENCO DEI SOCI
Morisani P. Lett. Fr. Agostino de' Predicatori — Palermo.
Mille Prof. Francesco Paolo — Palermo.
Mulè-Bertòlo Cav. Giovanni, Segretario Capo delV Ammini-
strazione Provinciale di Caltanissetta.
Natoli-La Bosa Avv. Antonino — Lipari.
Niceforo Cav. Uff. Nicola, Consigliere di Corte di Appello —
Palermo.
Notarbartolo di Castelreale Nob. Francesco — Palermo.
Notarbartolo - Merlo Cav. Leopoldo, Capitano di corvetta —
Boma.
Oberty Dott. Cav. Enrico, Consigliere di Corte di Appello —
Napoli.
Olivotti-Tramontini signorina Maritzka — Palermo.
Orlando Francesco — Palermo.
Orlando Prof. Comm. Vittorio Bmmannele, Deputato al
Parlamento — Eoma.
Ottone Ing. Giuseppe — Palermo.
Pace Prof. AVr. Salvatore — Palermo.
Pajno Giuseppe, Barone di Luccoveni — Palermo.
Palizzolo-Gravina Cav. Cr. Gr. Nob. Cav. Vincenzo, Barone
di Ramione , Membro della Commissione Araldica Sici-
liana — Palermo.
Palomes P. Luigi dsi Conventuali — Palermo.
Pandolfini P. Antonio dei PP. Crociferi — Palermo.
PandoHiiii Cultrera Fmncesco — Palermo.
Pantaleo Cav. Uff. Vincenzo — Palermo.
Paoliicci Prof. Giuseppe, i)redetto — Palermo.
Panli I^rof. (Jinseppe — Ferrara.
Parisi Ben. Francesco Paolo — Palermo.
Pasta Marzullo Benef. Mariano — Palermo.
Patera Dott. Paolo — Partaiina.
Paterno Prof. Cav. Gr. ('r. Kmnuinuele, Cavaliere dell* Or-
dine ff'f \f trito Civile di Savqja , Senatore del liegno —
koiii;i.
Patiri (iiiiseppe — Termini- Imerese.
Patricolo Dott. (Corrado — Palermo.
ELENCO DEI SOCI XIII
Patti di Sorrentino Suor Maria Teresa, Superiora dell'Isti-
tuto di educazione « S. A nna » — Palermo.
Pecorella Dott. Camillo, Sotto - Bibliocario alla Nazionale —
Palermo.
Pelaez Avv. Cav. Bmmanuele —Palermo.
Pensabene-Perez Avv. Marchese Giuseppe — Palermo.
Perricone Francesco — Palermo.
Perroni - Grande Prof. Dott. Ludovico — Messina.
Piazza Prof. Salvatore — Palermo.
Pignone del Carretto Nob. Carlo — Palermo.
Pincitore Dott. Alberico — Palermo.
Pizzillo Dott. Nicolò — Bologna.
Pizzoli Mons. Parroco Domenico — Palermo.
Pulci Prof. Can. Francesco — Caltanissetta.
Punture Prof. Cav. Biagio — Caltanissetta.
Eaciti Romeo Prof. Can. Vincenzo — Acireale.
Raccuglia Prof. Salvatore, B. Ispettore Scolastico — Pa-
lermo.
Raimondi Sac. Giuseppe Maria de' Minori Osservanti —
Palermo.
Ranfaldi Dott. Antonio — Aidone.
Reber Alberto — Palermo.
Ricca Salerno Prof. Comin. Giuseppe — Palermo.
Ricciardi Dott. Leonardo , Rettore del Convitto Nazionale
« Vittorio Emmanuele » — Napoli.
Riservato Avv. Giuseppe — Palermo.
Rivarola Nob. Eduardo de' Principi di Roccella , Rappre-
sentante la R. e Nobile Compagnia de' Bianchi — Pa-
lermo.
Rìvoire Prof. Pietro — Palermo.
Robbo Cav. Giuseppe — Palermo.
Romano Prof. Cav. Salvatore , Ufficiale dell' Accademia di
Francia — Palermo.
Romano - Catania Dott. Cav. (Tiuseppe , Tenente Colonnello
Medico nella riserva — Palermo.
Rossi Avv. Comm. Enrico, Deputato al Parlamento — Palermo.
XIV ELENCO DEI SOCI
Bossi Prof. Vittorio — Pavia.
Busso Can. Prof. Giuseppe — Girgenti.
Russo-Giliberti Dott. Prof. Antonio — Palermo.
Busso-Riggio Can. Prof. Luigi — Butera.
Ryolo Comm. Domenico — Naro.
Salemi-Battaglia Can. Emanuele — Paleruio.
Salvioli Prof. Cav. Giuseppe — Napoli.
Salvo Benigno, Magazziniere delle privative— ^oYata (Sicilia)
Sanfilippo Avv. Comm. Giacomo — Palermo.
Sainte Agathe (de) Conte Giuseppe — Besangon (Francia),
Sansone Prof. Cav. Alfonso — Palermo.
Santangelo-Spoto Avv. Enrico — Palermo.
Savagnone Dott. Prof. Francesco Guglielmo, Archivista capo
all'Archivio Comunale di Palermo.
Sciacca Avv. Giovan Crisostomo — Reggio di Calabria.
Scio Leonardo — Palermo.
Settimo Cav. Uff. Girolamo, Principe di Fitalia, Gentiluomo
di Corte di S. M. la Regina Margherita di Savoja —
Palermo.
Siciliano Giuseppe — Palermo.
Simiani P. Don Pier Giuseppe dei Benedettini Olivetani —
Roma.
Sorge Dott. Comm. Giuseppe, Prefetto di Girgenti.
Sortino Schininà Cav. Eugenio — Ragusa Inferiore.
Terrasi Sac. Giovanni — Palermo.
Testasecca Conte Ignazio, Deput. al Parlam. — Caltanissetta.
Tirrito Ing. Rosario — Palermo.
Tommasi Comm. Oreste, Senatore del Regno, Cav. delVOr-
dine civile di Savoja^ Presidente della Società Romana di
storia Patria — Roma.
Tosi Cav. Ufi". Gaetano, Cancelliere della Corte di Cassa-
zione — Palermo.
Varvaro-I*ojero Comm. Francesco — Palermo.
Varvaro Gaetano — Palermo.
Varvaro Pietro — Palermo.
ELENCO DEI SOCI IV
Vento Giuseppe — Palermo.
Venuti Giuseppe — Oastelvetrano.
Vitale Prof. Vito — Begio Liceo di Trani.
Zenatti Prof. Albino, Ispettore centrale al Ministero della
Pubblica Istruzione — Eoma.
Ziino Prof. Comm. Giuseppe -- Messina.
Zuccaro (S E.) Mons. Ignazio, Vescovo di Caltanissetta.
XVI ELENCO DEI SOCI
SECONDA CLASSE
DIRETTOBE
Cosentino Prof. Cav. Giuseppe
Archivista di Stato.
SEGRETARIO
Tra VALI Cav. Uff. Dott. Giuseppe
Archivista di Stato
Segretario della Commissione Araldica Siciliaìm
predetto.
SOCII
Anelli Aw. Giuseppe — Palermo.
Barrilà-Vasari Proc. leg. Ignazio, Sotto-Archivista di Stato —
Palermo.
Beccadelli- Acton Gr. Uft'. Paolo, Principe di Oamporeale,
Senatore dal Regno , Memhro della Consulta Araldica e
della Commissione- Araldica Siciliana — Palermo.
Boglino Mons. Caii. Luigi — Palermo.
Bona Ignazio, Assistente neU' Archivio di Stato — Palermo.
Bottino Ing. Prof. Francesco — Palermo.
Briquet Carlo Mosè — Ginevra.
Calvaniso Gin8ei)ì)e Maria — Palermo.
Cavarretta Avv. (Jiovan Batti.st^i — Palermo.
Chalandon Ferdinando, Archivista palrografOy- Parigi.
Gbianello Di Maria Zappino ('av. llflf. Giovan Battist^i, Ba-
rone di BoHcognmde — Palermo.
Cianciolo Avv. ('arlo — Palermo.
CoHentiuo Prof. Cav. Oiuwq)pe, |»r(Hletto — Palermo.
ELENCO DEI SOCI XVH
Cozzucli Prof. Can. Giambattista — Palermo.
Crispo-Moucada Avv. Cav. Uff. Carlo, predetto — Sotto-Bi-
hliotecario alla Nazionale — Palermo.
De (iregorio Marchese Cav. Prof. Giacomo — Palermo.
Dichiara Dott. Francesco — Palermo.
Di Marzo Mons. (/Omm. Gioacc^hiiio, Capo-Bibliotecario della
Comunale, Membro della Commission-e Araldica Sicilia na —
Palermo.
Di Matteo Sac. Ignazio — Palermo.
Faraci Parroco Ginseppe Emanuele — Palermo.
Ferrante Sac. Prof. Giusep])e, R. G-ìmiaHÌo — Termiui-Imerese.
Giorgi Dott. Prof. (Ja.w Ignazic», Bibliotecario della Casana-
ten.se — Itonia.
Gnoffo 8ac. Domenico — Palermo.
(luarnera Dottoressa Elvii-a — Palermo.
(ìnastella ('av. Avv. Ernesto, Sotto - Bibliotecario alla Nazio-
nale — Palermo.
Inghilleri-Di Bella Prof. Giuseppe — Palermo.
Lagumina Prof, Can. Giuseppe — Palermo.
La Mantia Dott. Giuseppe, predetto — Palermo.
La Via-Bonelli Avv. Cav. Mariano — Nicosia.
Liouti Dott. Ferdinando, Archivista di Stato — Palermo.
Lodi Dott. Cav. Giusepiie, Primo Archivista di Stato., pre-
detto — Palermo.
Manasia 8ac. Cav. Calogero, Capo Bibliotecario — Caltanissetta.
Mantia Avv. Cav. Pasquale — Palermo.
Manzone Cav. Gaspare, Sotto AsnistentedelV Archivio di Sta-
to — Palermo.
Marano Dott. Giuseppe — Borgetto.
Martines Ing. Amilciirè — Palermo.
Milazzo-Cervello Dott. Luigi — Palermo.
Palmeri di Villalba Nob. Cav. Nicolò, Colonnello in posiziona
ausilio/ria — Palermo.
Parlato Avv. Liborio — Palermo.
Pennino Mons. Prof. Antonio — Palermo.
Piaggia dei Baroni di Santa Marina Nob. Domenico, Sotto
Assistente dell'Archivio di Stato — Palermo.
XVrn ELENCO DEI SOCI
Pipitone-Federico Cav. Dott. Prof. Giuseppe — Palermo.
Pitrè Dott. Prof. Coinm. Giuseppe, predetto — Palermo.
Kusso Cav. Filadelfio — Capizzi.
Salomone-Marino Dott. Prof. Cav. Salvatore , predetto —
Palermo.
Salvo-Cozzo di Pietragauzili Nob. Cav. Ufi". Giuseppe, Bi-
bliotecario della NasionaU — Palermo.
Savona Can. Dott. Giuseppe — Palermo.
Starrabba Dott. Comm. Raffaele, Barone di Ralbiato , pre-
detto— Palermo.
StrazzuUa Dott. Prof. Vincenzo — Messina.
Ta8(%L-Lauza Gr. lift'. Giuseppe, Nobile dei Conti di Alme-
nta, iSeìuitore del Regno — Palermo.
Travali Dott. Cav. Ufi'. Giuseppe, predetto — Palermo.
V^itrano Giuseppe Filippo — Palermo.
Ziugareili Prof. Nicola — Palermo.
ELENCO DEI SOCI XIX
TERZA CLASSE
DIRETTORE
8ALIN1.S Prof. Comm. Antonino
predetto.
SEGRETARIO
PORTAL COMM. InG. EmANUELH
800I1
Agnese-Pomar Oav. Iguazio— Palermo.
Allegra Francesco Paolo — Palermo.
Alagua Ing. Vincenzo — Palermo.
AUiata Nob. dei Marchesi Filippo Maria — Palermo.
Andò Avv. Tommaso — Palermo.
Armò Comm. Ing. Ernesto, Prof. jHiregyiato di Architettura
nella B. Scuola di Applicazione di Palermo.
Atanasio Bar. Ginsepi)e — Palermo.
Basile Ing. Prof. Comm. Ernesto — Palermo.
Bel traili Cav. Vito — Palermo.
Beiif Rag. Costantino — Palermo.
Biondolillo Ing. Giovanni — Palermo.
Boscarin i-Trigona di Villa Orlando Cav. Lorenzo — Piazza
Armerina.
Busacca Carlo, Marchese di Gallidoro — Palermo.
Cantone Ing. Salvatore — Palermo.
Chiaramonte-Bordonaro Cav. Gabriele, Senatore del Regno
Palermo.
Cicchetti Prof. Edoardo — Palermo.
Ciofalo Prof. Saverio, Bibliotecario — Termini-Imerese.
Coppola Ing. Angelo — Palermo.
Cottone Ing. Vincenzo — Palermo.
XX ELENCO DEI SOCI
Crescimanno Dott. Cav. Sebastiano — Melilli (Siracusa).
Crino Prof. Dott. Sebastiano — Gir^enti.
D* Antoni Salvatore — Palermo.
De-Spuches Cav. Antonino, Princi])e di (jalati — Palermo.
Dentaria Parroco Salvatore — Acitrezz.'i (C'ataiiia).
Dest^fano Ing. Salvatore — Palermo.
Douati-Scibona Ing. Cav. Francesco — Palermo.
Fazio Giuseppe, già Conservatore (d Museo Nazionale — Pa-
lermo.
Ferraro Prof. Ing. C'orrado — Palermo.
Genovese-Ruffo Salvatore — Palermo.
Gentile Prof. Stefano — C'asa Reale Palermo.
Grazia Sac. Pasquale, B. Isiìettore dei .Monumenti — Cala-
tatìmi.
Greco Ing. Comm. Ignazio — Palermo.
Lagumina (S. E.) Mons, Bartolonieo, Vescovo di Girgenti.
Lanzii <li Scalea Gr. Uff. Nob. Francesco, Senatore del Re-
gno — Palermo.
La Scola Avv. Virgilio — Palermo.
Lucifora Avv. Comm. Giovanni — Palermo.
Mach! Salvatore — Palermo.
Majorca Dott. Luigi, Msconte <U Francuvilla — Palermo.
Maltese Notar Faustino — Rosolini.
Mangano Avv. Giuseppe — Palermo.
Mangano Avv, Vincenzo — Palermo.
Mantegna Benedetto, Princi])e di (rjingi — Palermo.
Marvuglia Ardì. ('av. Dohmmiìco — Palermo.
Matranga Dott. ('estire — Palermo.
Mattei Ing. Salvatore— Palermo.
MaiKuM'i Dott. Enrico — Siragusa.
Mauci'ri Ing. (jomm. liUÌgi, Vie* -Itirrfttire i/enerah- jK-r (e fer-
rovie Hwule — Palermo.
Melfi Corrado, Barone di Santa Maria — (Miiaramonte Guliì.
Millnnzi Prof. Can. ParnuM» (Jaetano Monreale.
Moncaiia Piolro, Principe di Paterno — Palermo.
Mura Rag. Eugenio — Palermo.
ELENCO DEI SOCI XXI
Mora C'an. Mneenzo — Palermo.
Naselli- Notarbartolo Cav. L(>oi)ol(lo - Palermo.
Natoli Marchese C'av. (liiiseppe — Palermo.
Orsi Prof. (Jav. Paolo, Direttore del Museo — Siracusa.
Pajiio (lei Barimi di Luccoveui Nob. (liulia — Palermo.
Palazzotto I u^-. h'rancesco — Palermo.
Palmeri Nob. Ruggero dei Marchesi di \Hlalba — Pailermo.
Parisi Cali. Prof. Giuseppe — Palermo.
Patricolo Ing. Achille — Palermo.
Pepoli Agostino — Trapani.
Perdichizzi .Vntonio — Palermo.
Petronio-Kusso !Sac. Salvatore — Prevosto e Vicario foraneo
di Aderiiò.
Piutacuda Ing. ('omm. Vavìo, Cavaliere dslP Ordine * Al Me-
rito del Lavoro » — Palermo.
Piraiiio-De Corrado Ing. Antonio — Palermo.
Pitrè Salvatore (liuseppe — Palermo.
Portai Comiii. Ing. Kmmaniiele, Uffiziale dell* Accademia di
Francia, Membro della Commissione Araldica Siciliaìia ,
predetto — Palermo.
Pugliesi Vincenzo — Alcamo.
Ragusa Prof. Vincenzo— Palermo.
Rao Ing. (xinse})i)e — l'aleriiio.
Rap (jiuseppe fu Edoardo — Palermo.
Renzi Ing. Comm. Salvatore — Palermo.
Rocca Cav. Pietro Maria, R. Ispettore dei Monumenti — Al-
camo.
Rutelli Prof. Comm. Mario — Palermo.
Rateili Cav. Utt". Nicolò déir Accademia di ò'. Ferdinando di
Madrid — Palermo.
Rutelli Teresita — Palermo.
Untelli Vitina Maria — Palermo.
Salemi-Pace ing. Prof. Comm. (ìiovanni — Palermo.
Salinas Prof. Comm. Antonino, predetto — Palermo.
Salinas Dott. E ni man nel e — Palermo.
Sanfllippo-Musso Michele — Palermo.
XXn ELENCO DEI SOCI
Sciaiigfiila Prof. Agostino — Palermo.
Scìaino Invidiate Cav. Paolo — Geraci Sicilia.
Siciliano Cav. Michelangelo — Palermo.
Sinatra Raja In.i» . Agr. (TÌnsepi)e — Lercara-Fuiddì.
Sortino Nicastro Cav. Dott. Aiitonu» — Ragusa Inferiore.
Spadaro Cav. Pietro, (Jaiisole del Paraguay^ predetto — Pa-
lermo.
Trigona Gr. Utt". Conte Domenico, Principe di S. Elia, Duca
di Gela, Seìuitare del Regno y PreiiUìente della Commissione
Araldica Siciliana — Palermo.
Tnrrisi Floridia Manro, Princii)e <li Partanna — Palermo.
Ugdnlena Giovanni — P.ilermo.
Wiiitaker Connn. Giuseppe — Palermo.
Wbitaker Tina — Palermo.
SOCI! NON ADDETTI ALLE CLASSI
Blandinì (S. E.) Mons. Giovanni, T^escovo — Noto.
Bonanno Cav. Eduardo — Palermo.
Caruso Corrado — Palermo.
Churchill Sidney I. A., Console di S. M. Britannica — Pa-
lermo.
Ciotti Cav. Pietro — Palermo.
De Leonardis (ìaetano, Ha ppr esentante il Municipio di Parco.
De 8puche.s Franco (iiovanni, Nobile dei Priucipi di Galati
— Palermo.
Feclele 8ac. Giusei)pe Maria — Monreale.
Fignon-Prost Rag. (ìirolamo — Palermo.
Florio Gr. Uff". Ignazio — Palermo.
GiiiffVè Prof. Dott. Liborio — Palermo.
Grainagliu Gaetano — Palermo.
liuntna Marchese (^)rrado. Senatore del Regno — Roma.
ÌMìì/jì Coinm. Pietro, Principe di Tnibia e di iintera, /Vy>f(-
tatu al Rarlanonto — Pah'rnio.
Monroy- AKceuHo AlouHo Alberta), Principe di Maletto —
Paicrino.
Oliver! Gr. Uff. J.u^rum, ótitatorc del Regno — l^aìermo.
ELENCO DEI SOCI IIIXX
Pigliateli i AragouH Diego, Principe del Sacro Romano Im-
pero — ]Xapoli.
Salomone A vv. Rosario — Aragona (Sicilia).
Scliininà Cav. Ginseppe, Marchese di S. Elia, Senatore del
Regno — Ragusa.
Sortino — Nicastro Cav. J)ott. Antonio — Ragusa Inferiore.
Taibbi Francesco — Palermo.
Varvaro Comm. Eduardo — Palermo.
Venuti Arciprete Mauro — Cinisi.
Venuti Sac. Saverio — Cinisi.
SOCI ONORA UH
S. A. I. e R. l'Arciduca d'Austria Luigi Salvatore.
Benndorf Prof. Ottone — I. R. Università di Vienna.
Busolt. Dott. Prof. Georg — Università di Gottinga.
De Puymaigre Conte Th. — Francia.
Engel Arthur — Cabinet de Médailles — Parigi.
Liebrecht Prof. Felice — Germania.
Perreau Cav. Uff. Pietro, Bibliotecario — Parma.
Pflugk-Harttung Prof. Giulio — German "a.
Watkiss Lloyd. W. — Inghilterra.
MEMORIE ORIGINALI
UN POETA BIZZARRO DEL '500
(Mariano Bonincontro da Palermo)
§ 1. — Notizie varie.
— Quando , nella sì)lendida sala del palazzo Ginori in
Firenze, una colta scliiera di signore e di studiosi applaudì
alla simpatica ed erudita conferenza del jirof. Guido Maz-
zoni su : « La Lirica del '500 » (1), ognuno dovette doman-
darsi chi fosse mai quel Mariano Bonincontro da Palermo,
novello Cameade, che il Mazzoni aveva celebrato come « ca-
ricaturista emerito della poesia del suo tempo ».
D'altra parte , d' onde e come aveva egli pescato quel
nome di poeta e quelle notizie attinenti all' arte sua f A
queste domande c'industrieremo di rispondere, come meglio
si può, sui documenti e sulle notizie tutte ancora esistenti
sul conto del Bonincontro , e con ciò la figura dell' arguto
siciliano artisticamente abbozzata dal Mazzoni, acquisterà
maggiore e più sicura luce.
Degli antichi trattatisti di letteratura italiana si occu-
pano del Bonincontro solo il Mazzucchelli (2) e il Crescim-
(1) La vita italiana nel Cinquecento. Letteratura. Milano, Treves 1898.
(2) Voi. II, parte IV, pp. 2396-2397.
Arc%. Star. Sic. N. S. Anno XXX. 1
UN POETA BIZZARRO DEL '500
beni (1) ma ci (lamio notizie evidentemente attinte dalle
fonti più importanti che noi abbiamo sul Bonincontro, cioè
il Giraldi ed il Mongitore.
Giambattista Giraldi Cintio nel suo « Discorso sul com-
porre dei Komanzi, delle Tragedie e delle Commedie » (2),
dopo aver criticato l'uso invalso ai suoi tempi , di farneti-
cale sopra le altrui opere, dice :
« lo per me credo che non sia così sciocca scrittura nel
mondo, sopra la quale non si potessero fare cosiffatti sogni,
qualunque volta uomo dotto ed ingegnoso vi volesse perder
tempo invano.
Abbiamo conosciuto voi ed io (3) messer Mariano Bo-
nincontro da Palermo di acuto e di vivace ingegno, il quale,
a pochi anni , si fé' qui in Ferrara molto onorevolmente
Dottore in legge. Questi per jìigliarsi spasso di simili in-
gegni, faceva, come sapete, i più belli sonetti del mondo,
quanto alle voci ed alle rime, i quali non dicevano cosa al-
cuna ed erano senza sentimento; poi gli lasciava uscire sotto
il nome di qualche vai ent' uomo , ed egli stesso si frap])o-
neva fra gli altri, e mostrava di volervi far sopra discorsi,
dicendo che era maraviglioso il senso loro.
Laonde induceva ognuno a farvi sopra fantasie ed opi-
nioni. E tra gli altri ne lasciò uscir uno che pareva com-
posto nella morte dell'illustrissima signora duchessa di Ur-
bino, il quale è questo :
I più lievi che tigre pensier miei
Scorgendo il cor, che tra dai petti intiero
Tiene un pensier, poiché gl'ingombra il nero
E folle error, fuggono i casi rei.
(1) làtoria della voìgar poesia, libro V, p. 240, n. 157 e Comentari alla
Istoria della voUjar poesia, libro VI, cap. 4, p. 361.
(2) ìtihlioteia rara. Miliiiio, DiU'lIi IHfU, pp. 89-90.
(8) Il <lÌM('orHo Riil «•oiiiporn^ dri Roinunzi In iiuliiizziito dal Giraldi al
Muo diHcepolo G. K. Pi^na della t;ni laurea tu promotore nello Studio di
fVrrara il 12 «ìukiio l.'4fi (Cfr. in proposito G. Pakdi : Tiioli doltorali
con/eriti dallo Studio di Ferrara nei see. XV e XVI. Lucca 1901.
UN POETA BIZZARRO DEL '600
E benché degli antichi Semidei
Biasmato fosse ovunque ogni altro è fiero
Monte d'orgogli : ahi lassa io già non spero
Gioir in quel desir c'haver vorrei.
Onde dal crudo suon stancata l'alma
Germoglia in me l'ardir, poiché s'agghiaccia
E scalda hor quinci hor quindi il caldo gelo.
Et io del verde fior perdo la traccia,
Me l'ascende lo sdegno in picciol velo,
Tolta dai tronchi error la grave salma.
Benché chi tien la palma
Degli inganni mortai, brami con forza
Condurre all'empio fin l'amara scorza.
dicendo ch'era composizione d'un pelleo^rino ingegno.
E mandando sopra esso qualche suo parer, tanto fé' che
indusse un Sanese ben dotto veramente, ma i>oco giudicioso,
a farvi sopra un commento diviso in 4 libri, il quale ancor
si legge.
E così a cosa che nulla significava e nulla diceva, tirò
costui ciò che egli aveva mai letto in tutta la sua vita. E
non mi sarà grave di aggiungere a quello che (come ho
detto) è nelle mani degli uomini con così eccellente com-
mentazione, quell'altro che diede tanto che fare e dà ancora
a chi voi sapete; al quale, quantunque sia stato detto l'in-
ganno, egli per non si voler mostrare di essere stato di poco
sentimento in aver creduto che si chiudano in lui sensi ma-
ravigliosì , segue pure i suoi farnetichi , e vuol dare a ve-
dere ad ognuno che molto dice quello che fu fatto per dir
nulla; ed è entrato nella selva del lauro di Apolline e del
cinto di Venere e nella fucina del Vulcano con le più belle
immaginazioni che venissero mai nella mente ad uomo che
sognasse.
Il sonetto è questo :
Da chi fé indovinar già le sibille
Venne il sospetto, e la temenza ch'ora
Affligge il core a chi s'inchina e adora
Per poter un di aver ore tranquille.
UN POETA BIZZARRO DEL '500
E se gli manda faci a mille a mille
La crudeltà, che vuol ch'amando mora,
Chi vive in foco ed è di vita fiiore
Che gli giova pregar che non si stille?
Ahi ! giustizia divina come puoi.
Non far quel che far dei ? Qual fiero spirto
Fu quel che indusse questa peste al mondo ?
Deh ! foss'io stato allor posto nel fondo
Dell'Acheronte, che fui giunto al Mirto •
Ch'ombra mortai mi fa coi rami suoi !
Con questo sonetto G. B. Giraldi termina il suo breve
accenno a Mariano Bonincontro , dopo averci dato alcuni
tratti caratteristici della sua flgura di poeta e della sua vi-
vacità di spirito.
*
* *
Non minore importanza delle giraldiane, hanno le no-
tizie del Mongitore, specialmente per a parte bibliografica.
Ecco le sue parole : (1)
« Marianus Bonincontrus nobilis panormitanus iuriscon-
sultus Celebris. Doctorali donatns laurea in Ferrariensi Aca-
demia a doctrina celebratus, Inter i)raestantìores Siciliae
advocatos adnumeratus est. Ingenii emineutissimi aciem
Poesia tum Latinae et Etruscae , tum vernaculae , egregie
a<ldixit, et in utrafiue mirnm in modiim claruit. Linguas
calhiit Latinam, Germanicam, Gallicam, Hispanam; et Fer-
rariensis ducis fuit a secretis.
Io : Baptista Gyrjildus Cinthius , in libro : Discorsi di
varie considerazioni di poesia pag". 78, Mariani ingenium
aciitum vividnmqne Inndat; additqne (|uod dnm Ferrariae
dc^eret a<l animi oì)hM'tam(Mitiini nliiiiuis ('jiiitiones concin-
nabat qiias Sonetti Italie*^ (U<'iinus : (^)n}unni cnriniiia ryt-
(1) lUbliollura niellili. I';il«i ITOS. tomi) II. p. H,
UN POETA BIZZARRO DEL '500
inicji egregio sono recte respondebant, verboriimqiie cultu
enniiebant, secl signifìcatioue peuitns mania nihìl dicebant,
inde velnti clarorum virornni factus evulgabat innuebatque
(piod exiiositionem nieditabatur; in iis eiiini adniiranda ac-
cludi lìngebat, qua siinnlacione, aliorum ingenia excitabat
ut varias in easdem opinione» elicerent.
Inter alias cantiones , unam edidit quam mortem ducis
IJrbinatis deplorare videbatur ; eanique Gyraldus addiixit
loc. cit. , ac aliquot in ipsani ponderationes emisit; (juibiis
vir quidam ajjpriine doctus et laudatus luculeutum in ipsam
comineritariuin scripsit in quatuor libros distributuin, quod
tum, legebatur : ac ex nnlliiis argunieuti re ea extorsit, quae
Marianus uumquam vel legerat vel excogitaverat : de hac
re etiani Leo Allatius in P]pistola ad leetoreni poetaruni an-
tiquorum ])ag. 17 (1) , Amoenissimo ingenio munitus ludi-
cram Poesim coluit, multaque lepidissima mirabiliter scrip-
sit. Claruit anno 1580. Ipsum emeritis laudi])us extollunt:
losephus Galeaiius in Musis siculis pars I , pag. 195 (2),
Vincentins de loanne in Panhormo triumpliante libro XII,
pag. 124 (3) , Leonardus Orlandinus in Disc. Siciliae (4)
pag. 83, Matthaeus Donia in Polysticlion pag. 26, Frane.
Placcomius in Sicelide Sectio III, pag. 38, et clarissimus
Io : Marius de Cvesciiììbeiiis in FTistoria Poesis vnlgaris
lib. IV, pag. 282.
Huius extant materna lingua :
Canzoni siciliane. In Musis Siculis p. 1.
(1) Eaceolta di poeti antichi. Napoli 1661.
(2) Il titolo dell' opera è il seguente : Le Mtiite siciìiane ovvero sceltn
di tutte le cansoni della Sicilia raccolte da Piek Giuseppe Sanclemente
(cioò Giuseppe Galeano). Se ne conoscono varie edizioni.
(3) Palermo MDC.
(4) Breve discorso del Castagno di Mongibello e delle lodi della Si-
cilia, nell'opera : La descrittione latina del sito di Mongibello di Antonio
FiLOTEO degli Homodei tradotta dal R. Dot. D. Leonardo Orlandino. Pa-
lermo MDCXI.
6 tJN t»OEtA BIZZARRO DEL '500
Pauhormi apud Biiem et Portanovain 1645 in 12* et ite-
rum apud loseplium Bisaguium 16G2 iu 12".
Canzoni Siciliane burlesche in Musis Siculis p. Ili, Pa-
nhormi apud Bisagnium 1651 in 12».
Multa etiam scripsit quae rass. vagantur. Solummodo
vidi Italice :
1. Capitolo iu lode della Torta.
2. Pastorale in cui riprova la conversazione delle città.
3. Epistola per la peste di Palermo del 1575 — ludrica
ms. apud me.
4. Epistole due del 1568 e del 1571 ad Antonio Faraone
Vescovo di Cefalù — ludrico etiam stylo mss. apud me ».
* *
Le notizie del Mougitore, il quale possedette alcuni ma-
noscritti del Bon incontro , additano delle fonti , che però
risultano di scarso valore.
Infatti Leone Allacci riporta le parole del Giraldi, Leo-
nardo Orlandini rileva le lodi che questi gli tributò, il Do-
nia ed il Flaccomio nelle relative opere, come si rileva an-
che dal titolo, scrissero pochi versi in lode del Bonincontro.
Vincenzo di Giovanni nella sua opera, (1) passando iu
rassegna gli uomini illustri del tempo , tesse le lodi del
Bonincontro nella stanza seguente:
Vedete quel ch'è d'ogni argutia il fonte
Coi grati suoi ))en8ieri e bel trattare,
A gran ra^gion (nic) quel ha la laurea in fronte.
Quando ci fa d'Aganippe un largo mare
non ha i)ifi di costui famoso il monte,
né penna de de l'opre sue i)iù rare,
a chi Hi fan tutte le muse incontro,
qnest'è il buon Mariano Boiuiscontro.
(1) Il Palermo Trionfante, Pal»rnio MDC.
UN POETA BIZZARRO DEL '500
Oltre a questi autori, presso a poco contemporanei del
Bonincontro, ai quali accenna il Mongitore, altri si occu-
parono di lui, come risulta dalle diligenti ricerche da noi
fatte in proposito.
Nelle « Rime degli Accademici Accesi di Palermo » (1)
ci è conservato un sonetto di Leonardo Orlandini diretto
a « Mariano Bonoscontro » , ma di questi non e' è che il
nome e null'altro che lo riguardi.
Filippo Paruta, che primeggiò fra i poeti siciliani dello
scorcio del '5()0 e del principio del '600 , rivolse anch' egli
al Bonincontro il seguente sonetto, conservatoci manoscritto
nella Biblioteca comunale di Palermo (2).
A Mariano Bonincontro.
Versi i suoi bei cristalli in vivi huuiori
Il fiume più che mai limpido e chiaro :
E cinto il crin d'inargentati fiori
Corra di Sorga e del gran Mincio a i)aro.
La fronte, il collo s'orni e il sen s'infiori
Di rose e gigli o d'altro fior più caro;
E coronato d'immortali allori
S'erga più ch'altri mai pregiato e raro;
Poiché concede loro amico fato
Poter la notte e il giorno avere appresso
Un pastor sì adorno e saggio, {sic)
Così dicendo Aminta sotto un faggio
L'uno e l'altro gridò : Chi ha il bel permesso
Lodilo a te di lui dir non è dato (sic)
Lo stesso Paruta poi, in occasione della morte del Bo-
(1) Raccolta di G. B. Caruso. In Palermo ed in Venezia MDCCXXVI,
p. 121.
(2) Ms. 2 Qq., e. 21, p. 44.
UN POÈTA BIZZARRO DEL '500
Dincontro, scrisse un epigrauima iu suo ouore, che trovasi
manoscritto fra gii « Elogia Siculorum illustrium suo tem-
pore defunctorum » (1)
Dum joca, duin salibus iristi, Mariane, lepores
Dum fluit in gyrum sive soluta eharis,
Ibit honos per saecla tuus : te mentis acumen,
Te fert, sublimi vertice, dexteritas.
Altro accenno al Bon incontro si ha nel « Palermo risto-
rato » di Vincenzo di Giovanni (1) in due luoghi.
In uno si dice : (p. 381) e nota 3) « Mariano Bonincontro
fu buon dottore, fece gran denaro, fu faceto e poeta sotti-
lissimo ».
In altro luogo : (p. 409) Mariano Bonincontro fu dottore
e poeta di argutissimo ed eleganti pensieri. Compose bel-
lissime canzoni in lingua siciliana e molte composizioni in
capitoli e e sonetti gracili (graziosi ?) e gravi. Fu uomo as
sai arguto e faceto, le cui opere per meraviglia si leggono,
intantochè Gerardo Ointio, uomo iu Italia di somma dot-
trina per le sue opere lo loda e lo celebra eccelsamente ».
Finalmente, a chiudere la serie di notizie riguardanti il
Bonincontro, ecco quando ne dice il Galea ni nelle « Muse
Siciliane» prima di riportare le poesie di lui (Parte I. p. 195)
«Non è poco per nobiltà riguardevole la famiglia dei Bo-
uincoutri di cui fu rampollo il nostro Mariano, il quale e-
sercitò con somma lode la professione delle leggi. Ebbe
genio i)articolare al ridicolo, [)erciò pochissime Canzoni com-
pose di stile serio. In ogni modo scorgendosi in esse la vi-
vavjMjità dell'ingegno del loro autore non ho voluto di sì
preziosa lettera impoverire i lettori ».
(1) Bibil. Coni, di Palermo, Mh. 2 Qq. e. 21, p. 93, n. XII. Fu publi-
cato iMjr Itt priiim volUi «la M.u ViNC. Di Giovanni in; « Studii di filo-
logia e UUeratura Siciliana. Palermo, Vena 188!).
(2) Itiblioteea nlorica e letteraria di Sirilia , pxiblioata da G. Di Marzo,
Serie II, Volume I. Palermo, Pedone 187U.
UN POETA BIZZARRO DEL '500
* *
Dai giudizi che i contemporanei espressero sul Bonin-
contro, si ricava che egli al suo tempo fu tenuto in gran
conto, specialmente per l'ingegno b^'illante ed acuto, non-
ché pel suo carattere allegro e spensierato. Però per dare
di lui un giudizio esatto , occorrerà mettere in raffronto
queste notizie con altre che possano dare luce alla biogra-
fia del poeta ed al suo valore essenziale, e per questo ri-
guardo sarà utilissimo fare una breve disamina di ([uella
parte delle sue opere che è giunta tino a noi.
§ 2. — SCRITTI DRIi BONINCOXTKO.
•
Secondo l'atte rm azione di alcuni fra gli scrittori che si
occuparono del Bon incontro, ((ualche poesia di questi fu
pubblicata nella : « liaccolta di rime di diversi belli spiriti
della città di Palermo in morte di Laura Serra e Frias». (1)
e non è diiiìeile che (pialche altra se ne trovasse anche
nelle « llime di varii in onore di Francesco Potenzano con
le sue risposte » (2); però le due opere sono irreperibili.
Ad ogni modo non si conosce alcuna poesia edita del Bo-
nincontro prima del sec. XVII, in quantochè nelle « Rime
della Accademia degli Accesi di Palermo » stami)ata in Pa-
lermo i)er Giovan Mattheo Mayda nel 1571, non è compreso
alcun componimento del nostro i)oeta, sebbene fosse uno
degli accademici.
La raccolta dove per la prima volta vediamo apparire
poesie del Bon incontro è (jnella intitolata : « Le Muse si-
ciliane o Scelta di tutte le Canzoni della Sicilia raccolte
da Pier Giuseppe San clemente ».
(1) Palermo 1572.
(2) Napoli 1582.
10 TJN POETA BIZZARRO DEL '500
Questa Eaccolta è divisa in quattro parti di cui le due
prime comprendono poesie amorose e laudative, la terza
poesie burlesche, la quarta poesie sacre.
Le poesie del Bonincontro si trovano nella prima e nella
t^rza parte :
Xella prima parte (1) abbiamo : 8 ottave siciliane del
Bonincontro precedute dai cenni biografici su riferiti e
nella 3" parte (2) in due luoghi diversi 21 ottava d'indole
burlesca con i titoli relativi.
Tra le « Rime degli Accademici Accesi di Palermo (3)
si trovano 20 ottave del Bonincontro già j^ubblicate nelle
« Muse Siciliane » meno la penultima che è inedita. Vi è
poi l'ottava :
La burla è burla e pr'un pocu s'agghiutti etc.
messa tra quella di vari ed incerti autori, e l'ottava :
L'abbati Calvu quannu lu uiaruso etc.
messa tra quelle di Carlo Ficalora, mentre nei manoscritti
sono attribuite al Bonincontro.
* *
Se pochi sono i versi editi del Bonincontro, sono molti
però quelli manoscritti, i quali insieme ad alcune lettere
ci danno un pò di luce sulla vita di lui e sul valore delle
sue opere.
I manoscritti che contengono le opere del Bonincontro
sono i seguenti :
1. Cod. ms. II D 4 della Biblioteca Nazionale di Palermo.
Miscellaneo del sec. XVIII in 8. senza nomi d'autore con
lettere o segni convenzionali in margine, dai quali nulla si
può capire.
(1) Edizione 1662, pp. 192-198.
(2) Edizione 1651, pp. 266 186, pp. 266-270, nuinori 32-40.
(8) RuccoUa di 0. H. Cakuso. Palermo 1726.
UN tOETA BIZZARRO DEL '500 11
Confuse con poesie del Veneziano, del Paruta, del Giuf-
fredi e di altri, se ne trovano anche alcune del Bonincontro.
2. Cod. ms. 2 Qq. b. 23 della Biblioteca Comunale di
Palermo in 8. grande del sec. XYII, miscellaneo, col titolo:
« Canzuni siciliani di li poeti chiù celebri ».
Contiene poesie siciliane del Veneziano , del Giutt'redi,
del Paruta, del Potenzano ed ai ff. 08-70, 10 ottave siciliane
di « Mariano Bonincontru » (5 inedite).
3. Cod. nis. 2 Qq. d. 75 miscellaneo della fine del seco-
lo XVII in 8. Contiene poesie di vari dei secoli XVI e XVII
tra i quali : La Donzella, Bau, Potenzano, Galeano etc.
Dal f. 545 al 551 vi sono 24 ottase siciliane di « Ma-
riano Bonascontro » (17 inedite).
4. Cod. ms. 2 Qq. a. 30 in 32. miscellaneo della fine del
sec. XVII. Da p. 441 a p. 443 si trovano 3 ott-ave siciliane
di « Mariano Bonincontro » (2 inedite).
5. Cod. ms. 2 Qq. e. 34 in 8. miscellaneo della fine del
sec. XVI, col titolo : « Canzoni et altre opere siciliane di
Ant. Veneziano e d'altri Autori raccolti per (lerolamo Bo-
naccolti gentilhuomo Palermitano ».
Tra i nomi degli Autori figurano quelli del Paruta, del
Sirillo , del Giuffredi , del Ficalora , del Bonincontro e di
altri.
Al principio della raccolta vi è una « Lettera di Ger.
Bonaccolti alli signori curiosi » con la data 3 dicembre,
4. indizione 1581, e da questa si trae con sicurezza l'epoca
in cui fu scritto il codice, per la parte che riguarda la Rac-
colta, la quale ne occupa i due terzi.
Le pagine mancano di numerazione; a p. 14-16 vi è una
« Barcelletta del Bonascontro ad Antonino di Monteleone »
di 29 sestine con ritornello.
Dopo qualche pagina seguono tre lettere del Bonincon-
tro dirette : La prima , all' illustrissimo Rev. Mons. oss.mo
vescovo di Cefalù di famiglia Faragone » : « Di Palermo a
primo di gennaio 1568 »; la seconda a D. Cesare Lanza con
la data : « Palermo a X di dicembre 1571 » ; la terza allo
12 UN POETA BIZZARRO DEL '500
stesso « D. Cesare Lanza Conte di Mnssomeli con la data :
«In Palermo il dì 8 di agosto 1575». La tirnia nelle tre
lettere è « Mariano Boiiascontro » .
Nel codice, frammiste ad alcune di altri autori, seguono
poi 65 ottave del Boninoontro la più parte inedite e non
esistenti in altri codici.
In sostanza tra i codici contenenti opere del Bonincon-
tro questo è il più antico e contiene maggior numero di
])oesie.
6. Cod. ms. Qq. e. 15 miscellaneo in 8. col titolo « Fa-
scio delle cose <li Palermo Eaccolte da ,'ilcuni autori con
altri oi)uscoli del Dott. Don Vincenzo Auria Palermitano,
tomo secondo ex dono eiusdem D. Vincenzi Auriae, D. An-
tonii (sic) Mongitore ».
Le scritture contenute nel Codice sono in parte del se-
colo XVI e in parte del sec. XVII.
Sono notevoli in esso specialmente una Orazione di Bar-
tolo Sirillo recitata a i) di settembre 1593 e una Lettera
scritta da Pfiolo Caggio all'ill.mo signor Vincenzo del Bosco
del 13 settembre 1554, per esortarlo a far risorgere l'Acca-
demia dei Solitari.
A pp. 223-252 si trovano tre lettere di Mariano Bonin-
contro in quinternetti staccati, le quali sembrano copie di
«pielle del cod. 2 Q(i. e. 34, le due prime di carattere del-
l'A uria, la terza del Mongitore.
7. Cod. ms. 2 Qq. e. 18 miscellaneo in 8. Contiene nia-
noscritii e stampe di qualità diverse, di epoca variabile tra
il sec. XVI ed il sec. XVll.
A pp. 128-143 vi è un quaternione dove sono trascritte:
« Canzoni siciliani di Mariauu Bonincontru supra varii sug-
getti » cioè 10 ottave; poi altre 12 ottave col titolo : « Veo-
cliiu innamuratu di lu stissn M. B. », e infine una : « Bar-
zelletta <ti Mariano Iionasc<»ntro contro Antonino Monti-
li uni Culubrisi ».
Pare che le poesie di (piesto quat<ernione siano state
tratte da una sk >s.i fonte che servì anche al Cod. 2 Qq.
e. 24.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 13
A pp. 144-159 si trova un altro quaternione di formato
piò piccolo del precedente die contiene : a) « Pastorale di
Mariano Bonincontro (Palermitano) reprobando la conver-
satione delle città » la quale risulta di 10 ottave in lingua
italiana ; h) 2 ottave in lingua italiana intitolate : « Di Ma-
riano Bonincontro sopra un pastizzone di Daino nelle nozze
del signor Marchese di leraci »; e) 2 ottave « al signor Ot-
tavio lo Bosco » e 5 alla signora « Aldoanza Liarcà per
parte del signor Giovanili di Letto » ; tutte esistenti nel
Ood. 2. Qq. e 34, eccetto le tre ultime, e scritte in dialetto
siciliano; d) un sonetto siciliano del Bonincontio «al sig. Duca
di Terranova per la morti di lu 8. Ferranti so' flggliiu ».
A pp. lGO-171 vi è un ternione più piccolo contenente:
« Apothemi del Dottor di legge Mariano Bonincontro » ,
cioè 18 ottave siciliane, corrispondenti quasi tutte ed altre
dei Oodd. 2 Qq. d. 75 e 2 Qq. e. 34.
Finalmente in un manoscritto seguente di 9 fogli con
X)agine bianche, in (piella che porta il numero 174 si trova
il titolo :
« Opere del Dottor Mariano Bonincontro (Palermitano)
cioè Capitoli, Sonetti, Stanze in lingua italiana e Canzoni
siciliane e Lettere ».
Viceversa il manoscritto contiene solo il Capitolo in lode
della Torta che comincia a pag. 17G col titolo : « Di Mariano
Bonoscontro (Palermitano) detto ilSevero Accademico gioioso
capitolo in lode della Torta al Molto sp. signor Gerardo
Spada gentil' il uomo lucchese iu resj)osta d'un altro. (1)
(1) Nel 1. volume delle Rime degli Accesi (1571) l'Alfano (p. 6) e il
GiulfrtHli (p. 47) rivolgono due sonetti a Gerardo Spada governatore di
Monreale, membro dtjgli Accesi. Di questo vi e la rispost^i al Giuffredi,
e senza dubbio è lo stosso al qnale il Bonincontro rivolge il suo Capitolo.
Verso il 1570 intanto esisteva a Messina fra le altre, una casa per la
esportazione delle sete intitolata a Gherardo o Girardo Spada ed a Mar-
tin del Nobile. Cfr. Arenaprimo G. — Il i-itoruo e la dimora a Messina di
Don Giovaimi d'Austria e della fiotta cristiana dopo la battaglia di Le-
panto in Ardi. stor. sic. N. S. Anno XXVIII fase, l» e 2" p. 8o. Però
lo Spada di Messina doveva essere un altro.
14 UN POETA BIZZARRO DEL '600
Questo Capitolo d' indole bernesca consta di 571 versi ed
ha grande importanza per la biografìa del poeta.
8. Cod. ms. 88 della Biblioteca universitaria di Catania,
miscellaneo del sec. XVI o XVII.
Tra le altre cose contiene due lettere del Bon incontro;
la prima è diretta al Vescovo di Cefalù in data del 1. gen-
naro 15G8 e la seconda al Conte di Mussumeli in data del
19 Agosto 1575. L'uua e l'altra corrispondono a quelle di
pari data che ci sono negli altri codici.
*
Negli otto Codici passati in rassegna, come si vede, vi
è sì una certa messe di opere del Bonincontro, ma non l'in-
sieme di tutte; uè alcun manoscritto autografo, ne alcuna
raccolta completa.
Ad ogni modo appare che tutta l'attività del poeta si
volse al verseggiare in siciliano nella forma allora in uso,
cioè la ottava, e dai suoi componimenti in generale si pos-
sono trarre notizie della sua vita (5 delle qualità del suo
ingegno.
Volendo poi riassumere il numero e la qualità delle
poesie scritte da lui, possiamo presentare un quadro sinot-
tico di esse.
Opere di Mariano Bonincontro
Ottave siciliane diverse 109 — Ottave italiane 2
Sonetto siciliano 1 — Sonetti italiani 2
Barzelletta 1 — Capitolo l
Pastorale 1 — Lettere 3
^ 3. — Cenni biogbafigi.
Quanto è ditHcile il i>recÌRare l'attività letteraria del
Bonincontro nelle varie sue manifest^izioni e nei diversi
momenti d(»llji sua vita, così lo è il pi'(>('isaro lo note co-
UN POETA BIZZARRO DEL '500 15
stituitive della sua biografia. Ad ogni modo le sparse no-
tizie biografiche e gli scritti che del Boniucontro ci riman-
gono, messi in corrispondenza, ci daranno le note salienti
della sua vita e della sua attività intellettuale.
Il cognome del poeta ci è dato nelle stampe e nei Co-
dici in varie forine.
Egli è detto Bonascontro nella maggior parte dei Co-
dici, cioè in 2 Qq. b. 23 2 Qq. d. 75, 2 Q(i. e. 34. 2 Qq. e.
18, e nel «Palermo trionfante» del Di Giovanni.
« Bonoscontro è detto nel Sonetto direttogli dall'Orlan-
dino, nelle « Rime degli Accesi » ed a pag. 225 del Cod. 2
Qq. e. 15.
Buonincontro lo chiamano il Giraldi, il Mazzucchelli, il
Crescimbeni, e la fonte di questa dizione e natumlmente il
Giraldi.
Finalmente la forma Bonincontro da noi fin qui adot-
tata si riscontra nei Codd. 2 Qq. a 30, 2 Qq. e. 18, 2 Qq.
e. 15, negli < Atti bandi e proNviste del Senato palermi-
tano », (1) nel Diploma dottorale, nel «Palermo ristorato»
del Di Giovanni, nella « Bibliotheca sicula » del Mongitore,
ne « Le Muse Siciliane », nelle « Rime degli Accesi », nel-
l'Epigramma e nel Sonetto direttigli dal Paruta, (2) e nel
« Brieve discorso del Castagno di Mongibello e delle lodi
della Sicilia » dell'Orlandini.
Il numero e la qualità delle testimonianze, tra cui ta-
luna di carattere utìiciale, inducono ad accettare il cogno-
me Bonincontro che si prestò a diverse variazioni, cioè in
Ferrara potè divenire Buonincontro, in Sicilia Bonoscontro
e Bonascontro.
*
* *
L'accertamento del cognome del poeta , tanto più con-
validato dalla esistenza di famiglie che in Sicilia e nel Con-
(1) Alino 1561 Indizioue V.
(2) BiU. Com. di Palermo cod. ms. 2 Qq. e. 21 f. 43.
16 UN POETA BIZZARRO DEL '500
tÌDente italiano lo portavano e lo portano nella forma da
noi accettata, non presenta dunque dubbio o diitìcoltà; non
è così però riguardo ai termini di tempo entro cui si svolse
la vita del nostro poeta.
Gli scarsi registri di nascita del sec. XVI che si trovano
negli Archivii parrocchiali di Palermo, anzi in taluno di essi,
non ci danno la data di nascita del Bonincoutro, quindi
questa non può stabilirsi che su calcoli, in modo approssi-
mativo.
Questa deplorevole mancanza di notizie sul conto dei
Siciliani, deve attribuirsi certamente alla incuria di coloro
che furono preposti nei tempi andati alla conservazione dei
documenti che potessero illustrare la vita del popolo sici-
liano nella vicenda dei tempi.
Qualche luce sulla data di nascita del Bonincoutro può
darcela la sua laurea dottorale, la cui pubblicazione si deve
alla diligenza del Pardi (1).
A pp. 144-145 della sua opera si legge che Mariano Bo-
nincoutro fu laureato « in ius canonicum et civile » il 27
Luglio 1547.
Dal Capitolo in lode della Torta però, si rileva che egli
prima di recarsi a Ferrara visse a Genova, ed era allora
sui (|uindici anni, vv. 22-23.
Perch'io l'ho tutte ne la mente fisse.
Ch'in Genna ne mangiai trecento a un mese.
Si come già la penna vostra scrisse.
Onde creder ai dee, ch'a me palese
Di quelle sia qualunque altro secreto.
Poscia che l'ho imparato a le mie spese.
K forse (th'eia io in (jucl tenq»» vieto,
A ))unto ò fu nel qiiindicesim'anno
Nel fior della mia etA |)in venie e lieio,
(^uan<1o senza fatica e senza affanno
8'impriinon le virtù nei nostri petti,
Dove si come in marmo oternt^ staiuio.
(1) Titoli (lotlorali couforiti ilullo Stiulio di Ffrriuii noi 8<><'. XV o
XVI Luccu 1901.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 17
E più oltre: vv. 400-474.
E voi, Spada gentil, che posto havete
Me sopra il ciel, come lo Scali il Berna,
Più di lui degno di corona siete,
Come io 8on degno di memoria eterna
Piti dello Scali, che del fe^tto mio
Feci in Genua stupire ogni taverna.
Anzi adorato come un Semidio
Era da tutti, e mi tenner da tanto
Ohe di farmi lor duce hebber desio.
Ma io, ch'all'hora non conobbi quanto
M'offerivano i Cieli, rifiutai
La bella ocasione del ducal manto,
E la superba Genua lasciai,
E a gustar altre biete, altre ricotte,
Ratto alla volta di Ferrara andai.
* *
Altri indizii sulla data di nascita del Bonincontro si
possono trarre dalla lettera di questi all'Ili. mo Sig. Don
Cesare Lanza conte di Mussouieli, la quale porta la data
8 agosto 1575. Verso la fine di essa dice : « Io non sto
troppo bene, e quantunque mi sia alquanto scemato il do-
lor della podagra nondimeno una febre lenta e tacita non
mi lascia, e s'io non morrò prima d'otto giorni, mi voglio
purgare un'altra volta ».
Poco prima nella stessa lettera aveva detto : « per-
lochè non occorre ch'io ne vada ora imbrattando questo
foglio con la tremante mano »
Da queste espressioni si rileva chiaramente che nel 1575
il Bonincontro era già vecchio, forse non molto, ma per lo
meno sulla cinquantina, dal momento che la sua mano già
era tremante, e la podagra lo tormentava.
La data della sua nascita dunque va posta probabil-
mente verso 1520, la sua permanenza a Genova dovette co-
minciare verso 1535, quella a Ferrara qualche anno dopo.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. 2
18 UN POETA BIZZARRO DEL '500
A quest'epoca appiiuto era Duca di Ferrara Ercole li di
Este, sposo di quella Eenata di Francia che seguì le idee
di Calvino, l'ospitò in Ferrara nel 1535, e fu quindi in
lungo dissidio col marito (1).
Non sappiamo se la prigionia subita dal Bonincontro
nelle Carceri della Inquisizione a Palermo avesse relazione
con un possibile aderire di lui alle idee calviniste, date le
circostanze di ambiente in cui per qualche tempo egli si
trovò.
É certo però che Ferrara fu uno dei centri italiani, anzi
quello, dove la riforma fece maggiore progresso, special-
mente in mezzo ai letterati ed alle persone della corte di
Renata.
Sulla permanenza del Bonincontro a Ferrara , oltre ai
fuggevoli accenni che si trovano nel Capitolo in lode della
Torta,, altri più precisi se ne trovano nella lettera dello
stesso Bonincontro a M.r Antonio Faraone Vescovo di Oe-
falìi, scritta il 1. gennaio 1568 in Palermo.
Il nostro poeta enumerando al Vescovo le sue molteplici
attitudini, dice fra le altre cose : « Et in primis nonne ego
essem tibi bonus in secretis ? havendo io servito in cotale
ufficio ai Duchi di Ferrarla »
Anche il Mongitore dice che il Bonincontro fu tra i
Segretari del duca di Ferrara, ma forse attinse la notizia
dalla lettera stessa da noi citata.
Però le ricerche fatte eseguire nell'Archivio Estense di
Modena e nelle Carte Estensi della Biblioteca comunale di
Ferrara (2), nonché le pubblicazioni de Solerti, del Luzio,
del Renier e di altri, non danno il nome del Bonincontro
tra i Segretari di Casa d'Este.
(1) Cfr. Fontaim-Renafa di F'rancia-Roina-Foizani 18H9-5)3, voi. I, p.
125. V. puro I. BoniKft in Revue Chretiennc ISTf).
(2) Kciiitd vivo (niizi*' 1»! ('av. M. C. Caputo della KslcnBe di Modeua
o MiH>cinIni»ntc al CliiarÌKHÌmo Si^. G. A;jnolli Hildiotecario della Coinu-
ual« di Forrara por l'iuU'roKHo proKo allo mio ricorrilo.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 19
Riportata la laurea dottorale, il Bonincontro non do-
vette fermarsi a lungo a Ferrara, giacché il Giraldi, che
scriveva il suo discorso nel 1541), parla di lui come se già
fosse assente di qualche tempo.
Forse da Ferrara il Bonincontro tornò a Palermo ad
esercitarvi la professione di avvocato come altri del suo
stesso cognome facevano con qualche onore.
Infatti dagli « Atti bandi (^ provviste del Senato paler-
mitano » risulta che un Blasi Bonincontro fu incaricato nel
1543 di riformare le Pandette insieme ad altri.
Questo Blasi Bonincontro fu padre di Giovau Guglielmo
che si laureò in Ferrara nel 1545 in « ius canomicum et ci-
vile » (9 Luglio) e del quale si conserva una breve scrittura
giuridica iu un manoscritto della Comunale di Palermo (1)
Altri Bonincontro si distinsero, e tra questi meritano
menzione: Giuseppe, che nel 1544 ebbe il privilegio di
Maestro N^otaro dei Giurati e nel 15tìO fu nominato « ad
vocatus urbis »; Vincenzo che fu Vescovo di Girgenti nel
1007, autore dell'opera « Constitutiones diocesanae et 8y-
nodi »; Mariano nell'Ordine dei Cappuccini autore di opere
ascetiche che visse nel sec. XVII e fu forse nipote del no-
stro ])oeta; Giacomo autore di un Sermone per le esequie
di Filippo III recitato nell'Oratorio dei Bianchi a Palermo
il 18 agosto 1621, ed altri ancora.
Anche sul Boninccmtro del quale ci occupiamo vi è una
notizia negli « Atti, bandi e provviste del Senato palermi-
tano».
(1) Qq. F. 55, f. 155. Su questa famiglia ho raccolto alcuni dati nel-
l'Archivio parrocchiale di S. Antonio e risulta che Blasi morì nel 1599
e che nna figlia, Dorotea, gli nacque nel 1537.
Un suo figliuolo, Vincenzo, andò sposo nel 1537 e ne ebbe nel 1599
un figlio di nome Blasi come il nonno. '
20 UN POETA BIZZARRO DEL '500
« Die primo marcii Y inditionis 1561 ofììtiales infrascripti
ceperinit possessi oiiem eornm officiorum, et per merises sex
exercuerunt officium preteriti anni lY inditionis Praetor
Sp. I). Ottavio del Bosco baro brucati. lurati : Antoninus
de Castrono, Milius de Imperatore (cassaro), Bartholomaens
de Marchisio (Albergaria), Joseph Eosiguano (Oivalcari) A-
loysins Eiggio (Xhalcia), Autonius Yentimiliis (conciaria).
Indices cnriae praeturae : Marianus Bonoincontro , Mo-
destus Gambacurta. Capitanens urbis :
Anno vr inditionis 1562 Capitanens et lusticiarius ]S"ico-
laus de Monte Aperto baro Rafadalis. Praetor et lurati
non fuerunt mutati, stante que don Fabio de Bononia non
potuit coucurrere ut patet in primo folio».
*
* *
Da questo documento appare provato che il Bonincontro
era con sicurezza a Palermo nel 1561, ma per essere eletto
ad una carica pubblica doveva aver meritato notorietà e tì-
ducia con una permanenza piuttosto lunga.
Intanto dal Capitolo del Bonincontro in lode della Torta,
appare in modo irrefutabile che egli fu perseguitato dalla
Inquisizione, e sarebbe importante accertare se ciò avvenne
poco o molto tempo dopo il suo arrivo a Palermo.
Tutto induce a credere che l' imprigionamento del Bo-
nincontro avvenisse poco dopo il suo arrivo a Palermo.
Infatti una persona proveniente da una città infetta di
Calvinismo, da una Corte dove era grave scandalo religioso,
non poteva restare indisturbata a Palermo dove un Bezerra
era zelantissimo Inquisitore (1).
Oltre a ciò il « Capitolo di lode della Tortii » evoca me-
(1) Il H«'zerra Ahiito tlolla Magione fu sospeso dalla nirioa dopo una
relaziono uvvortui del ttucro viuitjiiorc Giovanni Cinttiglia nel ir>72. Cl'r.
La Manti 4, Origini e vicende delV Inqnmzione in Siciìia , Torino, Boc-
Cftl886.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 21
morie che non dovevano esrere molto lontane dalla mente
del poeta , ed è risposta di un altro Capitolo di Gerardo
Spada gentiluomo lucchese nel quale veniva lodato il Bo-
nincontro per la sua voracità.
8ul proposito delle persecuzioni subite dal Bonincontro
da parte dell'Inquisizione, non è inutile riportare alcuni ac-
cenni che dà il Di Giovanni nel « Palermo ristorato » sul
conto di Giovan Guglielmo Bonincontro.
A pag. 389 troviamo questa notizia :
« Giovan Guglielmo Bonincontro fu gran dottore e fu
prosecuto per il Santo Ufficio ».
Ed a p. 93 dopo accenno al villaggio Serro di Malopera
(moderno S. Lorenzo) si trova :
« Quivi il dottor G. Guglielmo Bonincontro si fece un
luogo pastorale con capanne, tuguri, un boschetto ed altri
luoghi silvestri.
Era di umor filosofico, si vestiva da pastore e da ninfa
faceva vestir sua moglie, si prendeva diletto e sjjasso, cosa
non solamente di gusto a lui, ma di sommo piacere a chi
lo vedea e sentiva ».
Queste notizie sul Giov. Guglielmo Bonincontro si adat-
terebbero tanto a Mariano da far supporre che il Di Gio-
vanni avesse preso equivoco sul nome, il che, data la dili-
genza di questo autore, ditlicilmente potè avvenire.
Ad ogni modo rileviamo che i due dello stesso cognome
studiarono a Ferrara, a distanza di pochi anni, riportarono
colà la laurea dottorale, dovettero ritornare a Palermo alla
stessa epoca, furono ambedue perseguitati dalla Inquisizione.
Eiguardo alla vita pastorale che Gian Guglielmo con-
dusse per qualche tempo, troviamo anche una corrispon-
denza nella vita che per un certo tempo condusse Mariano.
Infatti possediamo una Pastorale di questi in lingua ita-
liana , col titolo : « Pastorale di Mariano Bonincontro (Pa-
lermitano) reprobando la conversatione delle Città ».
In questa Pastorale che noi trascriviamo in appendice,
contenuta nel cod. 2 Qq., e. 18, si fa invito alle donne per-
22 XiN POETA BIZZARRO DEL '500
che tengano compagnia al poeta ed agli altri della comi-
tiva, nella vita boschereccia.
Date le corrispondenze tra i due Bonincontro , per al-
cuni casi della loro vita , appare probabile che tra loro ci
fossero anche relazioni di parentela.
Essi giunti a Palermo furono forse sorvegliati dai Messi
della Inquisizione, perchè provenienti da una città infetta
di calvinismo e il loro genere di vita potè fornire pretesto
per l'imprigionamento, il quale poi non fu di breve durata,
come si rileva dalla seguente terzina del Capitolo in lode
della Torta di Mariano Bonincontro :
Son cinque mesi già, ch'io sto sotterra
Sepolto vivo, e tempo fora hormai
Di metter qualche pace a tanta guerra.
Era allora inquisitore, come abbiamo detto, il Bezerra,
noto per la severità, ma il Bonincontro nella lettera del
4 genneio 1567 a M. Faraone mostra di essere in relazione
d'amicizia con lui ed a proposito di 30 onze dovutegli da
D. Carlo Ventimiglia dice:
« Intanto che etiam atque etiam dubito, ne te, Bezerra
et me velit pascere verbis. E tanto più che ultimamente i)ar-
tendosi di qua promisit duplicù in i)arte a esso M. Bezerra
che appulsus che fosse nel buon castello , illieo statim et
immantinenti omni mora posposita e senza chiederli altri-
menti etc. »
Poi soggiunge :
« A me duole grandemente che al ricuvrar di sì poca som-
ma io abbia mosso due cosi gran nuichine come è V. S.
Bev.ma ed il signor Inciuisitore, il valore dei quali doveva
io riserbarmi quando per avventura fosse condeunato alle
forche ».
I tormenti inflitti ai prigionieri di quello che ipocrita-
mente veniva detto Santo Ufficio, sono descritti dal Bonin-
contro in alcuni versi efficacissimi del suo Capitolo dove si
UN fOETA BIZZARRO DEL '500 23
trova auche im accenno un pò oscuro all'epoca del suo im-
prigionamento.
Egli (lice (vv. 34-39 ) che dava un bel principio ai suoi
concetti e che apriva allora le porte alla seconda Musa,
quando fu imprigionato.
Quindi egli era giovane e la « seconda Musa » potrebbe
essere la siciliana, perchè aj)pare ])robabile che , venuto il
Bonincontro in Sicilia, smettesse poco alla volta il poe-
tare in lingua italiana e si dedicasse alla poesia siciliana.
Infatti i codd. ci danno di lui quasi esclusivamente poe-
sie siciliane, e noi crediamo che le poche italiane debbano
attribuirsi alla sua giovinezza; ma potrebbe anche darsi che
con « seconda Musa » il poeta alludesse ad un altro genere
di poesia che egli si diede a coltivare dopo la lirica ; cioè
la iiastorale o la bernesca.
Tutto sommato dunque non è im]ìrobabile che egli fosse
imprigionato dalla Inquisizione non molto tempo do}») il
suo ritorno a Palermo, cioè tra il 1548 ed il 1558.
» *
Quando il Bonincontro trovavasi nelle carceri delP In-
quizioiu?, pare che non ave*e ancora preso moglie giacché
dice: vv. 304.3GG
Io credo ch'egli la sua moglie adora
E s'io ne ritrovassi un'altra tale
Al corpo mio prenderei moglie hor bora
Invece nella lettera a M. Faraone del 1 gennaro 1568
afferma di essere sposato : « Quarto potrei anco servir Vo-
stra S. Rev. per cappellano, dir la messa, aiutarla a dir la
Messa, aiutarla a dir l'affizio, et aliquando audire confessio-
nem peccatorum ; praesui)positis tamen terminis habilibus-
que ; idest si uxorem non haberem omnium infortuniorum
nieorum potissimam cagionem ».
Quindi si può affermare che il Bonincontro prese moglie
dopo la sua liberazione e prima del 1568.
24 UN POETA BIZZARRO DEL '500
A qiiest' ultima epoca il poeta doveva essere in istret-
tezze finanziarie, come si deduce dal contesto della lettera
citata, e nepjìure in seguito dovette godere di una vera a-
giatezza come si deduce dalla lettera del 1575 all' 111. Sig.
Don Cesare Lanza conte di Mussomeli.
Fino a quest' epoca è certo cho il Bonincontro viveva,
ma gli accenni ripetuti ai suoi malanni mostrano che non
dovette esserne molto lontana la morte.
Se la rovina della punta del molo a cui accenna il Bo-
nincontro in una ottava satirica all'Abbate Calvo è quella
avvenuta il 28 dicembre 1583 riferitaci dagli storici dell'e-
poca, il poeta visse ancora parecchi anni dopo il 1575.
L'epigramma del Paruta in onore del Bonincontro si trova
tra quello del Veneziano e quello del Giuflredi , quindi è
facile che il nostro poeta morisse nella stessa epoca cioè
verso il 1592 (1).
Ciò supporto è lecito mettere la vita del Bonincontro
tra il 1515 ed il 1592, ed è quindi errato l'asserto del JVIon-
gitore il quale- dice di lui: « Clami t anno 1580» giacche a
tal epoca, se pure era vivo, era già vecchio. Del resto man-
cano ragioni e dati i)recisi che ci autorizzino ad affermare
positivamente che il Bonincontro vivesse ])roprio fino al 1592.
^ 4. — Giudizio sull'epoca del Bonincontro.
Non è certamente agevole il valutare 1' opera letteraria
del Bonincontro , dal momento che non si conosce questa
completamente, tanto più, se è vero quanco dice il Mongi-
tore, cioè, che il Bonincontro scrivesse anche in latino.
(1) Sul proposito (Iella muncnizione degli epigraninii del Paruta , per
incidente è giunto osservare die essa nel luauoseritto autografo è doppia,
in numeri romani ed in numeri arabici , ma i primi sono i numeri defi-
nitivi che il Parutii aveva scelto , come si vede col raffronto , ma senza
curare la cronologia.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 25
Senza dubbio il soggiorno di Ferrara dovette essere di
gran giovamento e di sprone al nostro autore, studente in
uno Studio tanto rinomato da attirare oltre a molti siciliani,
anche stranieri dimoranti molto lungi.
Se molti erano i siciliani che studiavano a Ferrara, non
tutti però trovavano modo di eccellere, o per difetto natu-
rale d'ingegno, o per manco di sorte.
Però il Bonincontro j>are che durante la sua permanenza
a Ferrara si acquistasse la simpatia e la stima di tutti, del
che ci danno prova le parole di G. B. (liraldi Cintio uomo
in queir epoca autorevolissimo , Professore nello Studio di
Ferrara e Secretarlo degli Estensi.
Questa carica fu anche tenutii dal Bonincontro per un
certo tempo, ma sarebbe difficile il precisarne le mansioni
e la durata.
Fu certamente in quell'epoca di permanenza a Ferrara
e durante la carica, che il Bonincontro potè istruii'si nella
conoscenza di alcune lingue, conoscenza della quale si vanta
nella lettera a M. Faraone del 1. genfiaio 1568:
« Ego calleo iinguam Latinam, Germanicam , Gallicam,
Hispanam, lanuensem, Venetam , Bergamascam , Florenti-
nam, Keapolitanam, Siculam et Bergariotam » (1).
*
Oltre al coltivare gli studi di diritto ed i linguistici, il
Bonincontro coltivò anche gli studi poetici, ai quali veniva
tratto dalle qualità del suo ingegno.
In quel tempo a Ferrara, come alrove, il petrarchismo
dominava senza contrasti e tutti facevano a gara per imi-
tare il cantore di Laura esagerandone i lievi diffetti e ca-
dendo nel manierismo il più ridicolo e il più grottesco.
Ancora l'Ariosto non si era imposto col suo stile disin-
volto e brillante, ammirevole per classiche bellezze e per
(1) Bergaiiotani equivale a Palermitana. Bergaria o Bergheria oggi Al-
bergheria era ed è il rione caratteristico di più Palermo.
26 UN POETA BIZZARRO DEL '500
nuovi ardimenti, specchio fedele dell'animo di artista fine
ed arguto che l'aveva concepito.
I grossolani imitatori del Petrarca frattanto si esauri-
vano in vuote accadenjie, in retoriche declamazioni, in canti
composti a stento sulla falsariga di quelli del loro maestro,
imitandone le rime, le cadenze, e, più specialmente, i giri
di frasi misteriose, Nociate, e perfino oscure, dei quali tal-
volta si serviva il sommo poeta, obbedendo alle leggi este-
tiche del suo t^mpo, che volevano il simbolismo e l'astra-
zione, piuttosto che l'espressi<ìne spontanea e viva dei sen-
timenti.
Senonchè, mentre il Petrarca, spinto dal suo ingegno ,
tratto tratto sfuggiva da quelli strettoie , e lasciava sgor-
gare libera e fresca la vena di poesia ch'empi vagli il petto,
i i>etrarchisti che al cadere del XV e per tutto il XYI se-
colo si diedero a verseggiare sul suo modello , si sforza-
rono di sottomettersi, e lo fecero con grande ostentazione,
a quella legge estetica che p'ih non era nel dominio del
tempo.
Come il Giraldi colle sue originali e geniali composizioni
drammatiche e coll'insegnamento si ribellò al convenziona-
lismo ed alla esagerata imitazione classica nella poesia dram-
matica, così il Bonincoutro tentò di mostrare ai petrarchi-
sti del suo tempo, che avevan seguita una via falsa nell'arte
del poetare.
Però non permettendogli le forze del suo ingegno di
farsi iniziatore di una nuova maniera di poetare che me-
glio della seguita servisse alla espressione efficace dei più
teneri sentimenti dell' animo , si volse piuttosto a mettere
in ritlicolo gli esagerati imitatori del Petrarca, non senza
qualche effetto.
Nessuno meglio del (liraldi poteva approvare le inten-
zioni del Bonincoutro , ma ci volea ben altra autorità in
fatto di iK)e8Ìa per vincere quella forte corrente petranchesca
che aveva traHcinato nel suo corso i migliori ingegni del
necolo.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 ^7
*
* *
Allontanatosi poi il Bonincontro da Ferrara dove la sua
voce poteva avere una maggiore efficacia , e ritornato in
patria, dove il petrarchismo dominava senza ostacoli e della
poesia face vasi un passatempo oggetto di Accademie e di
frivole conversazioni, si volse ad altro genere di poesia che
forse giovanetto aveva coltivato.
E nella materna favella fin d'allora, salvo qualche rara
volta, scrisse le sue poesie, che, non sono frutto di studio
e di lavorìo intellettuale , ma di sentimenti spontanei e-
spressi in forma modesta e piana.
Il suo umorismo però faceva sempre capolino in quasi
tutte le poesie, i>erfino nelle amorose e in (juel lungo Ca-
pitolo in lode della Torta che egli scrìssi* mentre giaceva
nelle terribili carceri inquisìtoriali.
Questo è il più esteso dei suoi scritti |)oetici, spesso e-
legante, nella forma, sempre efficace nella espressione dei
sentimenti, pieno di brio, ma talvolta improntato a mesti-
zia ed a disperazione. Fn scritto in due giorni e 1' ultima
parte di notte come rilevansi dai versi seguenti.
* *
St. 159-lGO.
Ma perchè veggio homai fuggir la notte
E la lucerna ha consumato l'oglio
E '1 dì m'invita a le coutinue lotte,
ìj forza di dar fine (ond'io mi doglio)
Al dolce ragionar della mia Torta,
Ma lasciatemi prima empire il foglio etc.
E piti oltre :
St. 169.
Hor su mancar mi sento quel divino
Furor di poesia, con cui m'ha fatto
Parlar con voi due giorni il mio destino
28 TTS POETA BIZZARRO DEL '500
* *
I versi citati lumeggiano il carattere del Bonincontro
vivace e spiritoso, inchinato a farsi giuoco di tutto e i)er-
fino dei suoi tormenti.
Pungente e mordace con tutti, critico degli uomini e
delle cose dei suoi tempi, non è difficile che si creasse ap-
pena giunto a Palermo, dei nemici che poterono influire
al suo imprigionamento.
Era poi uomo abilissimo conoscitore di mille arti e pro-
fessioni, quale egli stesso si dichiara nella lettera del 1 gen-
naio 1568 a M. Faraone.
« Oltrecchè (et liceat mihi aliquantum proiactari)
mi basterebbe l'animo di poter e saper fare io solo quel
che a pena potrebbero e saprebbero fare sette persone ».
Qui comincia la sfilata dei suoi meriti.
iSi vanta buon segretario, e rammenta di esserlo stato
presso i Duchi di Ferrara, buon cantore e conoscitore della
scienza armonica , suonatore x)rovetto di Organo , Pesto ,
Viola ed Arco, adatto a far da cappellano e da confessore,
qualora non avesse moglie, principale causa di tutti i suoi
infortunii, adatto come conoscitore di dritto civile e cano-
nico a far da Vicario nella diocesi cefaludense , provetto
poeta latino e toscano, capace di difendere il protettore
colle armi, e infine conoscitore di parecchie lingue, come
sopra si è rilevato.
Ma il massimo dei suoi meriti, come egli argutamente
rileva, era il saper trattai'e con ogni (pialità di persone e
8I)eciahuente cogli Hpaguuoli,
« saprei come vecchio corteggiano che sono, conver-
sare con Ispaguuoli; cosa veramente ditticile assai più che
andar i>er via ordinaria; perchè ci vuol altro che baie a
voler staro con la misura, co '1 compasso co '1 peso e co '1
lidio lapMe in mano tutte le boro, i)er misurare, compas-
sare; pesare e HC|iiMfrMn' le loìigltndiiii , lo ÌJititiuliiii , e le
UN POETA BIZZARRO DEL '500 20
profondità dei meriti di ciascheduno d'essi, et bavere ogni
momento l'hostia in bocca per tema di non commettere al-
cuni errori con i fasti loro e considerare a cui tocca seggia
di velluto e a cui di cuoio, e qui viene un'altra maledetta
distinzione, cioè a cui la Imperiale a cui la Regale et a
cui la bastarda. Item a cui tocca la broccbetta, a cui tocca
la sottocoppa et a cui no. Item a cui s'ha da parlare di
V. S. a cui di V. M., a cui di vos et a cui di tu, col ma-
l'anno e la mala pasqua che Dio dia loro et a chi tanti ne
porta a questi nostri paesi ».
Una critica piii arguta degli Spagnuoli è certo che non
poteva farsi in quell'epoca di servaggio, ed il Bonincontro
mostra con ciò, insieme ed un fine spirito satirico , una
grande indipendenza di carattere che neppure la fiera pri-
gionia del Sant'Uffìzio aveva saputo domare.
Di simili tratti satirici son i)iene le tre lettere conser-
vateci, ed a buon dritto pare che i contemporanei lo tenes-
sero in gran conto come poeta burlesco.
Il nome che meglio lo caratterizza è quello che lo con-
traddistingueva nella Accademia degli Accesi , alla quale
apparteneva insieme ai poeti piii cospicui del tempo. Egli
era detto ivi « 11 severo accademico gioioso ^^ perchè, osten-
tando serietà e gravità era maestro nel pigliarsi giuoco di
cose e persone dei suoi tempi, come ci è dato vedere dalle
molte poesie che si conservano manoscritte.
* *
L'Accademia degli Accesi, alla quale egli appartenne ,
nacque sulle rovine di cpiella dei Solitari che, fondata da
Paolo Caggio nel 1549, ben presto si sciolse. Essa sorse nel
1568 sotto gli auspici di Ferdinando D'Avalos Marchese di
Pescara viceré di Sicilia (1). Luogo di riunione era il con-
vento di S. Domenico e specialmente una cappella del Chio-
(1) CtV. MoNGiTORE, Accademie di Sicilia, Bibl. Coui. di Palermo,
Ms. Qq. 29, e. 32.
30 UN POETA BIZZARRO DEL '500
stro dedicata a S. Barbara che gli Accademici elessero co-
me protettrice (1).
Impresa dell'accademia fu la luna col motto virgiliano:
« Eevertens colligit iguem » (Georgiche I, 127) ; poi mutò
impresa ed assunse un bambino sul fuoco col motto : « Vir-
tutes elicit arte » (2).
Da un Atto del Senato del 24 aprile 1579 si rileva che
l'Accademia in tale anno trasferì la sua sede nel Palazzo
Aiutamicristo.
Primo Principe ne fu Argisto Giuffredi, noto petrarchi-
sta di quello scorcio di secolo, autore di bei sonetti e di
canzoni troppo servilmente imitate dal Petrarca.
Spesso gli accademici facevano tra loro delle tenzoni
poetiche come si rileva dai loro scritti. Del Bonincontro
pare che si riferiscano a tenzoni l'ottava all'Abate Calvo e
diverse poesie ad Ottavio del Bosco Conte di Vicari, al
Giuffredi a Giacomo di Carlo etc.
La poesia del Bonincontro : « Sopra un Pastizzone di
Daino nelle nozze del signor Marchese di Jeraci » in lift-
gna toscana, dovette essere scritta nel 1574, anno in cui
avvennero le nozze di D. Giovanni Ventimiglia Marchese
di Genici con Anna d'Aragona.
Una delle miglior poesie del Bonincontro è quella di
genere pastorale, che ancor oggi, presenta una specie di
freschezza e sembra un liore anticipato del giardino arca-
dico. È un gentile invito alle ilonne, i)erchè vogliamo tener
comitagnia al poetii e ad altri dedicatisi alla vita pastorale
e contiene la descrizione delle bellezze campestri e della
dolcezza che si gode fra esse e nell'esercizio di lavori i)a-
storali e ì)oschertH',ci.
Non è chiara la <latH di (pu*sto leggiadro componimento,
ma i)robabilmentv. si rif(»rÌHce alla gioventù del poeta e
(1) Canniz/jiro. De roligione Pjvnhormi. Palermo IWìt).
(2) Qiuwt4i motto fu iiu'HMo dii K'ìlippo l'anita siiirArco Irioiit'ulc (n-utto
ad EmuiMitielt^ KìIìIhiiUi di Shvoìh.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 31
quiudi ai primi anni della sua permanenza a Palermo; anzi
noi già elevammo il dubbio che il genere di vita a cui il
poeta allude nella poesia pastorale, gli fosse comune con
Guglielmo Bon incontro, come comune può darsi che fosse
la causa del loro imprigionamento.
Di molte altre i)oesie è facile rilevare la data di com-
posizione, perchè scritte per determinati avvenimenti del-
l'epoca, vuoi i)er l'elezione del Pretore e dei giurati, vuoi
per la Peste, vuoi per qualche gherminella fatta ad amici,
vuoi per disposizioni prese dal Viceré o dal Senato eie.
In somma il Bon incontro da tutto traeva argomento <li
verseggiare, ma senza pretese di sorta, con semplicità e njo-
destia, sempre con eminente spirito satirico, tanto più ap-
prezzato quanto raro, a quell'epoca di scoloriti petrarchisti
e di poeti adulatori e pieni di ostentazioni.
Nella <lescrizione della peste del 1575 indirizzata al Conte
di Mussomeli, nonostante la podagra e la febbre, mostra il
solito spirito nel criticare i difetti altrui; nota la paura del
contagio in Masi di Ballo, ride della morte di Monsignor
Lo Mellino, gran beone e gastromane e per di pìii line cor-
tigiano, parla lutine della sua miseria e si raccomanda al
Conte di Mussomeli.
Oltre alla descrizione della Peste sono notevoli le ottave
intitolate « Vecchiu innamuratu » , nelle quali deride se
stesso e le sue debolezze senili mostrando con ciò di veder
chiaro non solo nei difetti altrui, ma anche nei propri.
Egli in sostanza era un uomo d'ingegno elevato ed ar-
guto, di un carattere annibile e forte, spensierato ed alle-
gro, di una coltura varia, ma non profonda. Inoltre ci si
mostra buon patriotta, abborrente dal giogo spagnuolo, del
(piale riconosceva tutti i mali ed i danni economici e mo-
rali, nonché sprezzante di quei costumi goffi e ridicoli che
influirono tanto sugli italiani del tempo. Eppure egli più
che vero poeta, fu un dilettante scribacchiatore di versi ,
senza ideali artistici, senza quelle doti fantastiche e geniali
che fanno del poeta il rappresentante delle energie Intel-
32 UN POETA BIZZABRO DEL '500
lettuali d'iuia razza e di una epoca o di un momento sto-
rico d'eccezionale importanza. Ciò malgrado fu dotato di
quel riso interiore, di quella coscienza umoristica che ebbe
la sua più alta espressione nei sommi dell'arte; ma, limitan-
dosi a criticare, nulla creò di nuovo e rimarchevole. A que-
sto suo spirito arguto ed a queste sue critiche umoristiche
dovette in gran parte la sua fama e le lodi esagerate dei
contemporanei; nondimeno non merita la (]ualifica di anti-
l)etrarchista, perchè a Palermo avrebbe potuto sostenere
belle lotte contro il Gaggio, il Veneziano, il Giuffredi , il
Paruta, l'Orlandini ed altri molti, eppure fu in costanti
rapporti letterari con costoro , e fors' anche ne ammirò i
versi petrarcheggianti.
Cosicché il Bonincontro, spoglio della aureola poetica
che non gli spetta, spoglio del merito di innovatore e di
caposcuola, resta sempre un ingegno bizzarro ed arguto ,
un fine umorista, critico spregiudicato dei tempi suoi i
quali già prenunziavano la decadenza politica , morale ed
artisticii del sec. XVII.
Odoardo Coppoler Orlando
UN POETA BIZZARRO DEL '500 33
APPENDICE
POESIE INEDITE (1).
a) Italiane
I.
Pastorale di Mariano Bonineontro (Palermitano) reprobando
la conversatione delle Città.
Si come vaghi ed amorosi havete,
Donne, i begl' occhi e di dolcezza pieni,
Così dell'altrui mal pietose siete
Dentro del cor nei delicati seni;
L'alta cagion benignamente udrete
Che dinanzi di voi ne sgorga e meni,
E speriam poi, quando l'havrete intesa,
Che la mercè non ne sarà contesa.
Siam lungamente stati et ancor siamo
Di questi monti prossimi pastori;
Le care mandre e '1 ricco gregge habbiamò
Nei gioghi nostri e la campagna fuori.
Ivi contenti in pace ci godiamo
La vita celebrata in tanti honori,
Felici apieno e fortunati in tutto,
S'una sol cosa non sturbasse il tutto,
Siam quasi senza voi, come la vite
Senza il suo pai che dritta in pie la tiene,
E voi che '1 piacer nostro non sentite,
Non i)otete gustar perfetto bene.
Deh ! venite con noi, donne, venite
Se desìo di diletto al cor vi viene.
Ch'oltre che sempre goderete voi,
Farete il vostro ben perfetto in noi.
(1) Dal cod. 2. Qq. e. 18, della Comunale di Palermo.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XXX,
\
34 l^N POETA BIZZARRO DEL '500
È perchè forse vi dorrà lassare
Per abitar tra i monti, una cittate
Sì vaga e sì gentil, che non ha pare
Tra le più degne al mondo hoggi lodate;
E vi parrà che ne le selve stare
ì^^on si convenga a vostra alma beltate :
Ma se una volta ci verrete mai
Ne sarete ogni di più vaghe assai.
Che ancor che fatti sien semplicemente
Gli alberghi nostri e senza alcun lavoro.
Vi starete non men commodamente
Che ne' vostri palagi ornati d'oro.
Quando pur siete alle ricchezze intente,
Vi farem a vedere c'habbiam thesoro
Di perle e pietre ed oro, onde possiate
Farvi ogni giorno in uova guisa ornate.
Oltre che mille e mille spassi havremo
Di che vi farem star sempre copiose.
Sul matin frescho a la campagna andremo
Scherzando fra l'herbette rugiadose.
Indi in man l' instrumenti pigliaremo
Che rendon vaghe voci dilettose,
E vi empirem' d'una dolcezza il core
Che d'ogni dolce vi parrà migliore.
Hor sotto un faggio lior sotto un vago abete
Passando all'ombra i caldi tempi estivi.
Sempre in danze con noi ve ne starete
Al mormorar de' dilettosi rivi.
E voi stesse tal 'hor l'aque aprirete
De' vicin fonti e dei ruscelli vidi,
Abbeverando con diletto i prati,
Perchè vi sien di vaghi fior più grati.
Vedrete il nostro ingegno naturale
Sempre nette tener con somma cura
Tutto l'erbette, e pieno il bel canale,
Cli'entni in mezzo de' paschi alla verdura.
E vederete, o belle donne, (puile
E quanta sia potenza di natura.
Che, sotto ingravidando il terren tutto.
Produce infln con la vaghezza il frutto.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 35
Vedrete voi tosto che inanzi giorno •
La bella Aurora l'alte cime scopre,
Porsi cantando al caro gregge intorno
Con varii ingegni dati a divers'opre,
Parte intenti a legar corno con corno
I buoi nel giogo, acciò il bifolco adopre.
Altri a munger le capre, altri a lattarle
E secondo il costume il maschio darle.
l^on ne lasciate andar. Donne amorose,
Cosi soli da voi, così scontenti;
Fate almeu una di queste due cose
Qual meglio par di lor che vi contenti :
O venite con noi a le piagge ombrose
Ove l'asciati habbiam gli nostri armenti,
O se venir non vi degnate nosco,
Siate contente almen ch'habitiam vosco.
II.
Di Mariano Bonoscontro (palermitano) detto il Severo Acca-
demico Giojoso capitolo in lode della Torta al Molto sp. sig.
Gerardo Spada gentiVhuomo Luachese in Resposta d' un
altro del medesimo suggetto.
Sovviemmi della vostra rima accorta
(Signor Spada gentil) la qual m'aperse
Un'ampia strada a celebrar la Torta.
Di cui son sì profonde e sì diverse
L'alme virtù, ch'il ragionar di quella
Il mio debile ingegno non sofferse.
Perciò che a cosa sì celeste e bella
Eecato havria il mio stil quel lume a punto,
Ch'arreca al sol la men lucente stella.
Pur d'ardente desir, da gloria punto,
Ma acceso più dal vostro chiaro lume.
Di venir dietro a voi presi l'assunto.
Che voi, quasi del ciel possente Nume,
In me destaste i neghittosi spirti
E deste a l'ali mie novelle piume,
36 UN POETA BIZZARRO DEL '500
Oud'hebbi ardir d'entrar fra lauri e mirti,
Di lasciar le spelonche e gli antri bui,
E i perigliosi dumi orridi et irti.
E a dire incominciai spinto da vui
Più lodi de la Torta che non disse
Il Molza già, ch'io ne so piìi di lui.
Perch'io l'ho tutte ne la mente fisse,
Ch'in Genua ne mangiai trecento a un mese,
Si come già la penna vostra scrisse.
Onde creder si dee, ch'a me palese
Di quelle sia qualunque altro secreto.
Poscia che l'ho imparato a le mie spese.
E forse ch'era io in quel tempo vieto.
Appunto e' fu nel quindicesim'anno.
Nel fior de la mia età piti verde e lieto.
Quando senza fatica e senza affanno
S'imprimon le virtù nei nostri petti.
Dove si come in marmo eterne stanno.
Dico dunque ch'io dava a miei concetti
Un bel principio ; però l'empia sorte
Me l'ha rotti nel mezo, et interdetti;
Che non si tosto spalancai le porte
A la seconda Musa, ch'assalito
Fui da questa tremenda horribil Morte.
Che morto dir mi posso, poi ch'uscito
Sono da' veri vivi, e '1 mio ricetto
È un luogo aspro di tenebre vestito.
Ove a pianger dì e notte son costretto
L'altrui, non le mie colpe, essend'io in tutto
D'ogni empia opinion sincero, e schietto.
Hor vedete (Signore) a che condutto
M'ha la fortuna, e come il bel disegno
Da le radici m'ha svelto e distrutto.
E per mio maggior diiol, quel poco ingegno
Gh'io haver solca, me l'ha tuffato e immerso
Dentro un mar di timor, d'ira e di sdegno,
Acciò non i^ssa pur formare un verso,
Quando tal'lior mi spinge il ìx?! desìo
Che ])uote in me più che il mio stato aversoj
tTN POETA BIZZARRO DEL 'SOO 37
Quantunqne infatti egli oggi sia il più rio
Il più malvagio, e '1 più fiero supplitio
Che contro un peccator permetta Dio.
Di cui per darne a voi verace inditio
Basterà ch'io vel dica in due parole:
Ei mi tien carcerato il Sant'offitio.
Or come potrà mai si come suole
Formar la voce mia detti soavi,
Se quando gioir dee s'aflBge e dole ?
Ch'un strepito crudel di ferri e chiavi,
Di cepi)i di catene, un stranno horrore
Aggiunge a miei pensier noiosi e gravi ;
Che meraviglia è come non si muore
In tanti affanni, e come un'huom sopporta
Si gran flagello e non gli manca il core.
Pur il divin soggetto de la Torta
Ha sì gran forza, ch'a pensarvi solo
Ogni spirto vital si riconforta.
Indi è ch'io, posti a tergo il pianto e il duolo,
Son forzato a pigliar la cetra in mano
Et a levarmi con la Torta a volo ;
Né so dire in qual guisa a mano a mano
Io mi senta cambiato hora in me stesso:
O valor della Torta sopra humano !
Cedano pure a te l'arrosto e '1 lesso.
Gli intingoli, e guazzetti^ e ogni potaggio,
E qualunque sapor liquido e spesso.
A te si volge il mio stanco coraggio,
E da te sol chiede soccorso e aita,
Ne l'alta impresa ch'ora a seguir'haggio.
Tu sei colei che fai leccar le dita
Del tuo dolce liquor tutte le genti.
Più che in Spagna non fa l'oglia podrita;
Da te prendon vigor l'humane menti
Siccome i corpi, ond'oggi Genua avanza
L'altra cittati d'huomiui prudenti.
Perciò che quivi ha tu fatto la stanza.
Come in Cipri la Dea del terzo Cielo,
Onde Genua in te post'ha ogni speranza,
38 UN POETA BIZZARRO DEL '500
Ed a te crede al pari del Vangelo,
Come Margntte, e post'ha il sommo bene
In te sola con puro e ardente zelo.
Del gusto suo si nutre e si sostiene
O sia sano o sia infermo, un genovese,
E te per manna e medicina tiene,
E vuol che di te tutto il suo paese
Ne mangi almen tre volte la stomana,
E ne sian sempre le fornaci accese.
Né questa opinion mi par lontana
Dal diritto sentier del buon governo.
Per mantener la gente e saggia e sana ;
Anzi Consiste qui (s'io ben discerno)
Tutta la gloria di quel gran senato^
Onde sia il regno suo perpetuo e eterno.
O tre volte felice al mondo nato.
Chi a così ben fondata legge
Viver consente il suo benigno fato !
Qual Republica al mondo resse o regge
Si bene i suoi vassalli, come hor face.
L'avveduta Liguria e il suo bel gregge ?
Forse ch'ella ha mestier d'esser fallace
Come fu Numa ? o di piantar carotte
Al popol suo perch'egli viva in pace!
Dieci mazzi di biete e due ricotte
(Che chiaman presensuole) oglio e farina
E tutte in forma circolar ridotte,
Fan l'antidoto altier, la medicina.
La qual giammai non seppero i Romani,
Che i cor selvaggi al ben oprar inclina.
Le leggi sue Licurgo agli Spartani
Diede, e a gli Ateniesi il gran Solone,
Pompilio a Roma e Zanni a' Venetiani,
Renelle fossero in fatti e belle e buone ;
Pur con la gran virtù che si contiene
Nella torta, non stanno al paragone.
Poiché, venga minactùa o gravi pene.
Boi mangiando di quelle, le brigate
Fuggono il male, e van seguendo il bene.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 39
Queste son certe gratie gratis date
De' cieli al mio miracoloso ordigno,
Che fa le gente divenir beate.
Che credete che indusse il bianco cigno,
Già Re della Liguria, a pianger tanto
Il cader di Fetonte empio e maligno,
Salvo che l'haver visto d'ogni canto
Arse le biete, onde cader dovea
Tosto del regno suo la gloria e '1 vanto?
Perchè senz'esse far non si potea
La Torta, che la gente alpestre e fiera
In tranquilla union chiusa tenea.
Lasso di dir de la sua forma altiera.
Più bella assai di tutte l'altre forme;
Come tra le stagioni Primavera.
Perciò che in questo voglio seguir l'orme
Vostre; perchè n'havete dottamente
Parlato, et io con voi son conforme.
Né meno penso hor io unitamente
Dir de la Torta quanto si potria,
Ch'il mio picciolo ingegno noi consente
Ma solo il mio pensier brama e desia;
De la Torta ir toccando alcun bel detto.
Il qual non fosse nato o tocco pria,
Come sarebbe a dir del suo concetto.
Dove l'origin debbe e come s'usa :
E qui bisogna alzar b<m l'intelletto.
Perchè questa materia sta inchiusa
Nel profondo lALMV dei cabbalisti
E di bassi pensieri è in tutto esclusa.
Indi è che agli huomin scelerati e tristi
Vietato è il penetrar sì grand 'arcano,
Perciò ch'hanno gli humor di terra misti.
Onde io da voi ; senz'alcun dubbio, insano
Riputato sarò, che non pavento
Poggiar al Ciel con stil rozzo e profano.
Ma che colpa e la mia, s'io pur mi sento,
Spronar d'occulta forza e sollevarmi
Verso le stelle, benché pigro e lento!
40 UN POETA BIZZARRO DEL '500
Tal ch'io potrò con voi sempre scusarmi
Che non parl'io ma altri, e che mi detta
Le rime, e che mi porge iu bocca i carmi.
Dico dunque che questa benedetta
Opra di Dio pria ch'ei facesse il Mondo
Era in seno d'amor nel chaos ristretta;
E del mirabil suo cerchio profondo
Fondossi questo, e quell'altro emispero,
E la machina, ch'oggi gira a tondo.
Hor mirate, di gratia, quant' altera
Hebbe il principio, e s'a Platone accolto
Fu questo eccelso e peregrin pensiero,
Il qual, non penetrando a dentro molto,
Disse che solo Amor tenne la cura
De la gran mole, sendo in quella involto.
Io non nego ch'Amor la legatura
Fosse del Chaos, ma dico che la Torta
Dava al legame suo forma e misura;
Perchè sendo il gran Chaos materia morta,
Havea mestieri di maggior ritegno
Di quel d'Amore: è questo è quel ch'importa.
Poi che da se non saria stato a segno
Un picciol Dio nel grembo a la gran mole.
Ma il cerchio di ch'io parlo era il sostegno.
Fu la materia ancor, parli chi vuole.
Fu la forma la Torta, hor s'è ino. degna
Ogn'un il sa senza dir più parole.
Dunque chi di sapere il ver s'ingegna.
La forma in mezo al chaos vedrà celarsi,
Benché paia che 'l chaos forma non tegna.
Ohe poi visibilmente palesarsi
Doveva al Mondo, quando col suo esempio
Hebbero tutti i cieli a lubricarsi.
E questa fu la Torta, e non quell'empio
Pancini, si che convien cli'a la Torta erga
Ognun nel mezo del suo ventre un tempio,
Poi ch'in lei sola l'universo alberga ;
Onde forz'è che da si bel soggetto
Alzato parli, e che più carta verga.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 41
Quest'è l'ambrosia, quest'è il benedetto
Nettare, che nel ciel ministra a Giove
Il Ganimede suo caro e diletto.
Questa la Manna fu, ch'hor più non piove
Al popol cieco e pien di scortesia.
Che ancor cercando va segnali e prove.
Questa fu la buccella, ch'ad Elia
Diede già la Sidonia vedovella,
A cui scampò il figliuol da morte ria.
Questa mostrò al Colombo nova stella
E novo mondo, onde a maggior potenza
Alzò i gran Regi Hernando ed Isabella.
Perch'egli sol da la circunferenza
De la Torta squadrò c'hun mondo v'era,
Non pria venuto al Mondo in conoscenza.
E così acceso a l'alta imi)resa e fiera
Del Perù penetrò, nel bel paese.
Più grande assai di tutta l'Asia intera,
Mercè della sua patria genovese
Ch'alletta e tira tutta la sua gente
Col mezzo della Torta a l'alte imi^rese.
Con un quarto di Torta solamente
Misura un Geometra in un istante
Il mondo da l'Oceano a l'oriente.
La Torta è la malia tanto importante
De la Gianna fornaia, che facea
In Bologna impallare ogni suo amante.
La qual se fatto havesse al grande Enea
Ne la spelonca la Regina Dido,
Né la vita né lui forse perdea,
Il quale avendo udito il suono a '1 grido
De l'Italiche Torte, havea il pensiero
Tutto rivolto al bel Lavinio lido,
E non temendo il mar turbato e fiero
Venne in Italia, e l'aureo ramo prese
Ne i laghi averni, e poi fondò il suo impero.
Né per quel ramo d'or Virgilio intese
Altro (secondo ch'ivi Servio espone)
Ch'un manico di pala genovese,
42 Xm POETA BIZZARRO DEL '500
Come a dire ch'Enea prese il guidone
E lo scettro del Mondo, figurato
In quel misterioso e gran bastone.
La Torta è il magno Empiastro il nitridato
Di tutti i morbi, il qual se ben noi fanno
I medici gustare a ogn'ammalato,
(Sappiate ch'essi il celan con inganno,
Perchè se si scoprisse un tal secreto,
Havriam la mala pasqua col malanno.
Che non andrebbon lor correndo dietro
Gli infermi, ond'essi ne van tanto alteri.
Perchè %'ivrebbe ogn'un gagliardo e lieto.
Anzi per ischernirla i masnadieri
Gli hanno mutato il nome e la figura
E de le Torte n'han fatto cristieri.
Onde veggiam che pongon ne la cura
Quelle biete, quell'olio, e quelle cose
Che fan le Torte (o nostra gran sciagura !)
Le quai per farle ancor vituperose,
Le caccian dietro e l'infelice infermo
Xelle parti inhoneste e vergognose
Ma un medico so io, che, per far scherno
A tante infermità ch'a poco a poco
Sarebbon per condurci morti a l'Ermo,
Post' ha la casa sua nel piti bel loco
De a città, dove si vede intorno
Ciascun buon tavemier, ciascun buon cuoco
Né si sente altro quivi e notte giorno
Ch'odor di Torte, ch'è possente tanto,
Ch'a la peste può far vergogna e scorno.
Questo medico sì, si può dar vanto
D'essere un Esculapio e l'età nostra,
Ch'à venti forni ha la sua casa accanto,
Dove si vede una continua giostra
Che fanno i Tavemier con le lor pale,
De' quai l'albergo suo s'imperla e inostra.
Talché chi viene a lui con r<u-inalt^
Fiutando il grado o<lor, da lui si parte
Colmo di Hunità scarso di male;
UN POETA BIZZARRO DEL '500 43
Kè a lui fa mestier di voltar carte
D'Hipocrate e Galeno, e d'altro autore
Che de la Medicina insegni l'arte.
Perchè gli basta a lui d'aver l'odore
J3e le Torte, che intorno se gli stiva
Quando ch'egli esce del suo albergo fuore.
Di cui ben profumato ovunque arriva.
Spira non solo a' languidi salute,
Ma i morti ancora suscita ed avviva,
E con certe parole pronte e argute
Dà a veder a ciascun che ciò proviene
Da la individuai sua gran virtude.
Onde in si gran concetto il mondo il tiene
Ch'altri non è, eh 'a cotal segno aggiunga.
Perciò che da lui sol par ch'esca il bene.
Ma s'egli per astuzie vuol far lunga
La cura, ei nella cappa si rinchiude
E da l'infermo il più che può si slunga.
È si come i registri hor apre, hor chiude.
De la torre del foco un alchimista,
E fa le fiamme hor nutritive hor crude,
O pur si come muta l'organista
Co' registri de l'organo la voce,
E falla hor pian, hor forte, hor lieta, hor trista,
Così costui a l'infermo hor giova, hor noce,
Hor gli nega l'odore, hor gli concede,
Hor l'uccide, hor il salva a un far di croce.
Dunque de' corpi la salute siede
Nella Torta fatai, però negletta
Da li Medici ingordi hoggi si vede.
Pure malgrado d'essi ella diletta
Tanto, ch'ogni città, di Geuua a gara
Far la Torta miglior, la gloria aspetta.
Ecco Bologna, Modena e Ferrara
Lodi, Parma, Piacenza e '1 gran Milano
Con la sua Lombardia tanto preclara,
Et ecco la Toscana e '1 Potigiiano,
Dove una voi già ne mangiaste a sorte.
Che vi fece leccar tre dì la mano.
44 tJN POETA BIZZARRO DEL '500
Tutte belle le fanno e in varia sorte,
2fe contar le potria l'abaco tutte;
Ma vuol ciascun l'honor de le sue Torte.
Chi morbide le fa, chi le fa asciutte.
Chi gi'osse e chi sottil, hor fredde, hor calde,
Le dà e chi innanzi, e chi dopo le frutta.
Ne fanno in Yilla ancora le Castalde
D'orzo e di miglio da'altre cose buone,
E verdi e rosse e pavonazze e gialle.
Se ne fan brave ne la Eeligione
Benedettina, et anco i Certosini
V'han perso entro le chiavi col bastone.
Xe fan le monachette a' lor pretini
D'uova e di latte, é ne fan corpacciate
Benché con gran cautela i Fratoppini.
Ne trangugia ogni prete et ogni frate.
Ne beccano g'Iberi a corpo pieno.
Novellamente in questa nostra etate,
Francia, Fiandra, Alemagna, ogni terreno,
Usano herbe, oglio, grano, vacche e buoi :
Forz'è ch'habbian la torta in mezo al seno.
Se ne fan mediocri hoggi fra noi
Sicilian, non è ver che i maccheroni
Manterran sempre i privilegi suoi.
Et anco a par di tutte le nationi
Se ne fan belle e buone nel Lucchese,
Ma quel ser Pier non vuol, che Dio il perdoni !
Perciò l'amico vostro del paese,
Poi d'haver preso n)oglie, dir solca :
Faccio vita da Principe e Marchese
Perch'ella a tutto paste gli facea
Mangiar la Torta, e la gustava anch'ella
Più d'una lepre acconcia in frcgassea.
Che benedetta sia <lonna «ì bella
Che fa la Torta e poi la guata ancora,
E maledetta sìa chi n'é rubclhi !
Io credo ch'egli la sua moglie adora,
E s'io no ritrovassi un'altra tale,
Al coT\Hì mio iirenderei moglie hor hora.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 45
Poi piangon che il marito le vuol male :
Chi diavolo amasse una mogliera,
Che non sa far la Torta il carnovale ?
De' quai ne veggio un'infinita schiera,
Ch'altro non sanno far che pane in brodo,
E non san che sia Torta né Tortiera,
10 per me tutto mi rallegro e godo,
Se, d'una saggia e di fattezze conte
Che sappia far la Torta, intendo et odo.
Però poniam (juesta materia a monte,
E risolviamo un dubbio che ne importa.
Pria che mi venga a conturbar Caronte;
Che le cittati nel condir la Torta
Varian, chi l'olio adopera, e chi il butiro :
Hor vediam noi qual sia di lor piìi accorta.
Genua conchiude all'olio, e s'io ben miro.
Vinse con le mggion ch'io già imparai
Da un Genovese un di, sendo in San Siro.
Dicea così : Tu che la Torta fai
Sol di butir senz'olio, non sai niente.
Perchè solo il butir vi gusterai.
11 quale, oltre dell'olio, è virtualmente
Ne le mie Torte in quelle tume impresso.
Quantunque ei non vi sia visibilmente.
Cosi Genua, ch'ha l'olio in actu expresso
E in potenza il butir, nell'olio avanza
L'altre città, che sol butir v'han messo.
Tien d'argomento topico sembianza
La sudetta ragione, e a me par viva,
E di gran fondamento, e di sostanza.
Perchè non riman già di butir priva.
Se ben dell'olio fa maggior la dosa,
La Torta Genovese unica e diva.
Anz'ella in sé contien ciascuna cosa,
E l'altre Torte mancan di quell'una.
Ch'in cielo e in terra è la piìi gloriosa.
Ch'ogn'un sa, che non é sotto la luna
Licor, ch'ali 'olio pretioso e degno
S'agguaglia, in cui ogni virtìi s'aduna;
46 UN POETA BIZZARRO DEL '500
Che non si possa incoronar d'un Eegno
Un Re, se d'olio pria non si vede unto :
Samuele e David ne mostran segno.
Né ch'ir senz'olio in ciel possa un defunto,
0 battezzarsi im'huoiuo, il sa ciascuno,
Che con le membra de la Chiesa è giunto.
Ma che vò raccogliendo ad uno ad uno
Gli alti misteri ch'entro all'olio stanno,
S'unto Cristo vuol dir ? Basta quest'uno.
Né se dell'olio io ne contassi un anno
E facessi ogni dì mille terzetti.
Verrei de le sue lodi al terzo scanno;
Che di lui nella bibbia io sol n'ho letti
Luoghi infiniti e belli, on'ho compresi
1 suoi celesti doni e benedetti.
Ben seppero trovar li Genovesi
Il metodo e la strada a farsi eterni
Senza leggi cercar d'altri paesi.
Né di statuti empir libri o quaderni,
Che son dal popol poi mal osservati,
Siano pur quanto voi vecchi, o moderni ;
Né da Platon pigliar gli ordini dati,
Come saria lo stato popolare,
O vero il Principato e gli Ottimati;
Cose da fare un santo sbattezzare
Perchè son tutte strane fantasie.
Brutte in aspetto, e in esistenzia amare.
Mi fa recere a udir le monarchie
O le aristocnitie piene di fraudi.
Et anco quelle sue democratie.
Toccano tutte a te, tutte le laudi,
Genua gentil, né Dio i)erinetta mai.
Ch'io alcun do' tuoi inerti ne defraudi,
Che quanto io deggia al tuo valor, tu sai,
Che posto m'hai tra gli huomini immortali,
J)u l'hora che trecento io ne mangiai;
Tal ch'oggi cede a me Lorenzo Scali
Ohe trent'otto ricotte a una nuM-euda
Mangiò, cui il Bernia iK>8e tra gli annali.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 47
Che se ben quella parve gran facenda
Pur la mia fu maggior trenta per cento,
Se v'è chi ben la mia raggione intenda.
Perchè in un dì non mangerà un Convento
De' frati diece Torte Genovese,
Come all'hora fec'io senza alcun stento,
Che vengon diece il di, trecento il mese.
Hor queste diece Torte han più ripieno
Di trentotto ricotte del paese
Di Calci, e de le quai n'entrano almeno
Quattro per Torta. Hor dieci fan quaranta:
Tante ogni dì me ne cacciava in seno.
Giungeteci poi l'olio e l'herba santa
E l'altre circostanze, e trovarete.
Che nessun pivi di me si gloria e vanta.
E voi, Spada gentil, che posto havete
Me sopra il ciel, come lo Scali il Berna,
Più di lui degno di corona siete.
Come io son degno di memoria eterna
Più dello Scali, che del fatto mio
Feci in Genua stux>iie ogni taverna.
Anzi adorato come un Semidio
Era da tutti, e mi tenner da tanto.
Che di farmi lor duce hebber disio.
Ma io ch'all'hora non conobbi quanto
M'offerivano i Cieli, rifiutai
La bella occasion del ducal manto,
E la superba Genua lasciai,
E a gustar altre biete, altre ricotte,
Eatto alla volta di Ferrara andai.
Ma perchè veggio homai fuggir la notte
E la lucerna ha consumato l'oglio
E '1 dì m'invita a le continue lotte,
È forza di dar fine (ond'io mi doglio)
Al dolce ragionar de la mia Torta:
Ma lasciatemi prima empire il foglio.
Ch'a trattar la materia anco m'è sorta
Dove si cuoce meglio, o dentro il forno,
() con il testo, e qual è via più corta-
48 UN POETA BIZZARRO DEL '500
Dico senza troppo 'ir col capo attorno,
Ch'il forno è assai miglior che non è '1 testo,
Poiché ne cuoce un sol trecento il giorno.
Ei dà il fuoco più egual, fa bene e presto,
Travaglia men la fante, a cui sol basta
Di far la Torta, ch'il fornar fa il resto.
De le quattro tre volte mi s'è guasta
La Torta in casa, quando la massara
Hor con la teglia, hor còl carbon contrasta.
Il forno infatti è una cosa rara,
Si risparmia le legna, e la fatica
Ch'in casa ti verrebbe troppo cara,
Oltre che quest'usanza è molto antica,
E del gittar de le finestre il lardo
Sappiam che fu l'antichità nemica.
La qua! con un giudici© lento e tardo
Attese a crivellar tutte le cose,
E fisso all'util nostro hebbe lo sguardo.
Ella ci discoprì mill'altre ascose
Incette, onde l'uom spende il suo quatrino
Con parsimonia in opre gloriose.
Hor su mancar mi sento quel divino
Furor di poesia, con cui m'ha fatto
Parlar con voi due giorni il mio destino.
Dunque voglio finir, però con patto
Che men mandiate una calda calda.
Perchè mi sento hormai vinto e disfatto;
E fate ch'ella sia grossetta e calda.
Come fu quella che già mi mandasti
Nel tempo che vivea la mia Castalda.
Fate anco che sia grande, e che mi basti
A Batiar, ch'io ne son desioso,
Ohe non s'usan qui dentro cotai pasti.
Dicemi il carceriere, a cui già roso
Ho il cervello gridando Torta a ogni bora :
«No damoH a giù pasto tan sobroso».
O fate almeno, che la mia signora
Mi posila mandiu- qua de le sue Torte
Bei non volale che per Torta io inoraj
UN POETA BIZZARRO DEL '500 40
Che a voi non saran già chiuse le porte,
Per impetrar del mio signor Bezerra
Che quelle calde il carcerier m'apporte.
Son cinque mesi già, ch'io sto sottera
Sepolto vivo e tempo fora hormai
Di metter qualche pace a tanta guerra.
Ch'all'ora io cesserò di tragger guai
Et havrà refrigerio il mio lamento.
Quando vedrò de la mia Torta i rai;
E spero all'hor con più dolce concento
Cantar l'alte virtù, c'hor dir di questa
Materia, non mi lascia il mio tormento.
Che più di quel c'ho fatto a far mi resta.
Questa sia la vigilia, ch'ai suo honore
Io spero all'hor di celebrar la festa.
E voglio dir di lei, che '1 gran Motore,
Pria che facesse l'huom, fé nascer l'herba,
E n'ebbero le biete il primo honore;
Indi è che, sia pur la stagione acerba,
La bieta è verde, perch'ancor natura
Quel suo forte natio vigor la serba.
E parimente de la Gattafura
Dirò coste stupende, e del butiro.
Materia infatti a molti ingegni oscura.
E mostrerò che quel grande elexiro.
Che pietra di filosofi si dice,
È l'olio, d'onde tante opere uscirò ;
ì*j non è minerai herba o radice
Né propolio, o antimonio, in cui sol spera
Ogni sciocco alchimista esser felice;
E ch'egli sia la quint'essenza vera.
L'anima mundi, e che sia in ogni parte
Terr'aria, foco et acqua e ogni altra spera,
Luna, Mercurio, Sol, Venere e Marte
Giove, Saturno, e ch'egli sia ogni cosa,
Che sia l'uccel d'Hermet e tutta l'arte.
Ch'in lui si trova quella. pietosa
Virtù, ch'in oro il Mar può congelare.
Che Gebbero e Baccon tennero ascosa;
Arch. 8tor. Sic. N. S. Anno XXX. 4
50 UN POETA BIZZARRO DEL '500
Ch'ei sia l'auro potabile, e sanare
Con lui si possa ogni mortai ferita :
Tutte materie gravi, alte e preclare.
Ma attendo pria da voi soccorso aita,
Da voi, Spada gentil, perciò c'havete
L'anima cinta di vìrth infinita,
Et a giovar altrui so che tenete
Volto il pensier, onde sperar mi lice,
Che col vostro valor voi mi farete
Gustar la Torta, e diventar felice.
in.
Di Mariano Bonoscontro sopra un Pastizzone di Daino nelle
nozze del signor Marchese di leraoi.
Son io Atteon già figlio d'Aristeo,
Ch'hebbi troppo in amar le voglie immerse,
Talché da' cani divorar mi feo
Diana, poich'in cervo mi converse.
Ma in ben mutar (!) hoggi il mio fato reo
Mi fé' l'istesso cervo e a voi m'offerse,
Onde s'io pasto fui di cani e fiere,
Hor sarò cibo d'alme illusti a altiere.
Mi ha del vostro Camil l'ingegno e l'arte
Di color vaghi e di bei freggi ornato,
A ciò, principe eccelso, in ogni parte
Risoni il vostro nome alto e pregiato.
Voi questa carne mia divisa in parte
Lieto porgete a chi vi siede allato.
Che le viscere, l'ossa, i corni e '1 nerbo
Sol per Masi di Reggio gli riserbo.
b) Siciliane
I.
Apotemi del Dottare di legge Mariano Bonineontro Palermitano
Peusunu alcuni d'assiri migliuri
Di tutti l'autri di lu so paisi
UN POETA BIZZARRO DEL '500 51
Per diri chi sti nobili, e signuri
O mastri in Theologia dotti e parlisi.
Va, ca piglianu tutti un grossu erruri
(Sibben fussiru principi e marchisi).
Perch'a stu mundu a meritari honuri,
Si vol'essiri flghiu di burgisi
Cui è fighiu di burgisi nun pò fari
Chi n'haya acutu e pellegrinu ingegnu,
E chi dignu non sia di guvernari
Ogni provincia grandi, ogni gran Eegnu
Perchè cui sa li bestii guardari,
Chi n'hannu né discursu né ritegnu.
Ben sapirà cu l'homini trattari
C'hannu già la rasciuni per sustegnu.
Chista è la causa chi mastru NicDla
Gu verna beni sta sua monarchia,
Perch\ so patri, chi lu misi a scola,
Fu di li boni di la Brigarla
E fu burgisi di burritta azola
Chi tinia mandra e siminava urlia,
E fina intantu ch'illu happi la stola
Lu paxxiu sempri di tumi e cuccia
II.
Mariano Bonincontro a lu Signuri Duca di Terranova
per la morti di lu Signuri D, Ferranti so Fighiu.
Sta su la prova ndi ristava a fari
A la cuppella di lu vostru argentu,
E sarrà chistu l'ultimu cimentu
Chi Poru vostro vinni ad afflnari.
Nun basta lu sapiri guvirnari
Un regnu in paci, in guerra ogni moraentu
E senz'ha viri un'ura mai d'abbentu,
Mentri chi l'antri dorminu, vigghiari.
Né dari a lu so Be sanu cunsighiu
In l'occurrentij soi stupendi e immensi,
Ch'attirririanu un Pirru e un Scipiuci,
62 UN POETA BIZZARRO DEL '500
Ma è necessariu d'essiri patruui,
Comu sarreti vui, di vostri sensi,
Tollerandu la morti d'un tal fighiu.
in.
Vecchiu innamuratu.
Amurì ingratu, Amuri scanuscenti,
Chi ti pasci di sangu e chiantu humanu,
Audi li giusti mei novi lamenti,
Lu tortu chi mi fai crudili e stranu :
Ch'undi yu cridia nexxiri di stenti
Per essiri attimpatu et anzianu,
Com'hora mi naxxissiru li denti.
M'hai misu in tantu focu atu e supranu
Tu sai chi mentri iu fui giuvini forti,
Mai di lu regnu tò m'appartai un'hura,
Undi pativi tant'aggravii è torti
Ch'a pinzarici tremu di paura.
Sarria giust'hora ch'in cangiassi sorti,
C'haiu già un pedi 'ntra la sepultura,
E lu pinzeri miu fussi di morti
E no di bedda angelica figura.
Non è la mia persuna ne l 'etati
Conformi all'arti chi m'hai datu a fari;
' Diun'essiri beddi e aggraziati
L'amanti, e ricchi di forza e dinari,
Poviru yu sii cu middi infirmitati,
Stnixxatu e chinu di lassami stari
(Jhi sulamenti st'occhi scarcaghiati
Fannu li lupi e li babai spagnari.
Tu divivi a lu mancu in chista imprisa
Fari nun quali di sti dui partiti :
O ad idda laida coniu la zia di Lisa,
O a mia garzuni cu li membri arditi.
Chi cHHendu intrambu cunigli di disa
Oveni su rei fraciti e purriti
Videnduridi viBtuti a una divisa
BtarriHmu iu santa pace e senza liti.
UN POETA BIZZARRO DEL '500 53
E s'iu per sorti tegnu li suspira
Per ci fari mal xchiauni (sic)
Lu ventu pr'unii pocu si ritira
Poi nexxi per la via di hi thesauru.
E, azzò non s'inchia la mia donna d'ira
Nun trovii autru rimedili né ristaiiru,
Chi scruxxiri la seggia o la gassina
E fari und'iu mi trovii ardiri allauru.
Un jorim tantu flici ch'in ritinni
Iju xhiatu intra lu ventri a min dispettu,
Ventu lu jetta a mari, e chi m'abbinni !
Mi fu bisogni! stari un misi a lettu.
Ma tanti mindi detti intra li minni
Chi iu flci cu sanu intellettu
Ad ogni ventu d'irgiri l'antinni
E farici la burda e lu trinchetto.
lu sugnu risulutu, vegna via
Lu ventu puru, e sia ventu libici,
Di darici passaggiu, ch'è fullia
Teniri ventu anzatu intra bilici
Ch'in ndi voghiu a stu casu chiù per mia
Chi per nudd'autra, e sia l'imperatrici.
E si la mia signura si nichia
Fazzu cuntu ch'è ruttu di radici.
Quandu iu chiangiu, idda ridi e dici a tutti
Chi li lagrimi mei nun sii liali
Ma sii materia d'humuri corrutti
Calati di la testa per canali.
Accussì amuri paxxi di sti frutti
Li soi snidati vecchi e capurali,
E macari cun diu quandu sii rutti,
La benda c'impristassi per bracali.
Ma si tu si potenti e giustu Diu,
Mostra l'eftetti di li toi attributi :
Fa chistu feru e lajdu aspettu min
Chi para beddu e chiìi nun mi rifiuti.
Poi fa ch'illa ami tantu quantu amu iu
E li prigheri mei benigna ascuti;
Chi si chistu nun fai si ingiustu e riu
E indignu d'holocausti e di tributi
54 UN POETI. BIZZARRO DEL '500
Chi si CU la bilanza e la lingnella
In mezzu, la giustizia si pinci,
N'è giustu ch'iu sia laidu e illa bella
D'und'è la causa chi tantu Finfinci;
Chi si fussi com'iu vicchiazza e fella,
Sii certa ch'a hi frijri li sfinci
Nun dirria lu trippodu a la padella
Tira fatti in dalla va ca nii tinci.
MISCELLANEA
DUE LUOGHI CONTROVERSI
NELLA GEOGRAFIA DI SICILIA DELL' EDRISI
I.
I
Alla ricerca del Castello di AltChazan (•).
In un punto della descrizione che il geografo àrabo Edrisi fa
della Sicilia, si parla di un castello, Al • Ohazàn, posto « in cima
d'un monte : una delle più belle rocche [che mai siano, alla quale
appartiene] una delle più ubertose pianure : prospero paese, con
poderi e casali ». « Scaturisce di qui — continua l'Edrisi — il fiu-
me detto Wàdì - al ■ Amir (« fiume dell'emir » oggi di Misilmeri),
il quale, scendendo da Al - Hazàn lungo i fossi, trova le acque
di Qugànah e lascia a tramontana questa terra ; tra la quale e
Óaflah (comune di Cefalà) [corrono] nove miglia. Le acque [di
Al - Hazàn e di Qugànah] si congiungono sotto Mirnàw (comune
di Marineo) ; lasciata a diritta la qual terra, che si discosta un
miglio e mezzo da Qugànah, arriva [il fiume] sotto Misilmeri, e
lascia questa a tramontana alla distanza d' un miglio. Da Ma-
(*) Pubblicando, or sono parecchi anni, alcune osservazioni sulla Cro-
naca arabo-sicula di .Cambridge , edita dal benemerito Cozza-Luzi , pro-
mettevo di dire qualche cosa sul castello di Al - Chazàn , che , per inci-
denza, m'era toccato di accennare (v. Arch. star, sic., 1897, pag. 196);
quello scritto io lo davo per «prossimo», ma ohimè! son passati tanti
anni che molti, se non i più, tra i cultori delle nostre memorie, avran-
no forse dimenticato quella noticina promettente o... compromettente che
si voglia dire. Non però ho io dimenticato; e se il « prossimo » si è mu-
tato in «lontano», è da attribuirsi alle vicende imprevedibili della vita.
56 MISCELLANEA
rineo a Misilmeri sono sei miglia e da Misilmeri al mare un miglio
grande. Da Al - Hazàn a Cefalà mezza giornata, o vogliam dire
a un di presso dieci miglia, ed altrettante da Misilmeri [a Cefalà]
sì che fa una giornata [da Al - Hazàn a Misilmeri] ». « Da
Al-Hazàn a Bikii (comune di Vicari) quindici miglia». « Da Al-
Hazàn a Gatu (Iato) quindici miglia a un dipresso» (1).
In base a queste indicazioni ed al fatto che il fiume di Mi-
silmeri nel tratto di parecchie miglia, sì a monte che a valle di
Marinèo, è oggidì detto Scanzano , l' Amari annotava che il ca-
stello di Al - Chazàn dovesse ricercarsi presso la Ficuzza. Però, se
da Misilmeri a Marinilo dice V Edrisi che sono sei miglia , da
Misilmeri alla Ficuzza (Al - Chazàn) , che è a mezzodì di Mari-
nèo, è ragionevole che la distanza sia più di sei miglia ; onde
1' Amari pensò che per Misilmeri — Al - Chazàn si dovesse dire
sedici o forse ventisei, o pure che qui si trattasse di miglia fran-
che ossia leghe (2).
Questa correzione proposta dall' Amari ha bisogno di alcuni
schiarimenti. Il Libro di Ruggiero , come dal grande Normanno
gli eruditi àrabi chiamarono l'opera dell'Edrisi, di difetti ne ha
molti, nella parte matematica, — ])er quanto la descrizione sia ri-
cavata, come pare, da relazioni ufficiali. Le distanze fra le varie
località si danno in miglia arabiche , e qualche volta franche ;
bene spesso però vanno notate in giornate o , vogliam dire , se-
condo il tempo impiegato nel percorrerle. Ma, sembra strano, la
giornata non è sempre considerata allo stesso modo ; così ad e-
sempio , e restringendo i nostri appunti alla Sicilia , essa si fa
taluna volta uguale a 18 miglia (Kahal Maràh-Partinico), talal-
tra a 20 (Al-Chazàn-Cefalà-Misilmeri) , or a 23 (Kagusa-Butera ,
Marsala-Tràpani), or a 25 (Butera-Licata-Girgenti, Girgenti-Sciac-
ca) , or a 30 (Canimarata-Castel di Plàtani) , e fin a 30 (Sutera-
Oirgenti). E questo senza contare la distinzione tra giornate leg-
(1) Biblioteca arabo - nicula di Michele Amari, Torino-Ronm, E. Loe-
■cher, 1880, voi. I, 83 sgg.
(2) II miglio fruuco torna al triplo dell' arabico , il quale v uguale a
m. 1481, digerendo per tal modo pochisBimo dal miglio siciliano, lu. 1487,
unificato il 1809.
MISCELLANEA 57
giere e giornate (fraudi ; per cui una giornata leggiera , che è di
18 miglia, può arrivare, a furia d'ingrandirsi, fino a 30 miglia ,
(;ioè al doppio. E non sempre è detto se s'ha da prendere la mi-
sura leggiera o... la pesante.
Dal che nasce che per i nomi di luogo— e son veramente po-
chissimi, e intendiamo sempre riferirci all' opera dell'Edrisi — di
cui o non si conservò presso gli Àrabi il primiero, se preesistenti
al periodo saraceno , o non si ha notizia che siano in appresso
altrimenti esistiti, riesce difficile la ricerca, quando, in ispecie,
la menzione che ne troviamo fatta ci oftie incompleti o vaghi i
dati pei quali si possa con sicurezza determinarne il sito. Onde
ben a ragione l'Amari, pur riconoscendo che, « secondo tutte le
indicazioni di Edrisi », il castello di Al-Chazan doveva essere e-
sistito nei pressi della Ficuzza, avvertiva che si dovesse correg-
gere la distanza da JMisilmeri, perchè di certo erronea, o sosti-
tuire il miglio franco al miglio arabico , il che varrebbe tripli-
care questo (1). Però questa soluzione non è stolta accettata da tutti.
II compianto prof. Vincenzo J)i Giovanni, prendendo in esame e
illustrando, in un lavoro che, al punto in cui siamo in questo ge-
nere di studii, è quanto di meglio si possa desiderare, — illustran-
do, dicevo, il diploma di Ke Guglielmo del 1182 alla Chiesa di
Monreale, credette di riconoscere Al-Chazan in un casale Huzen,
allora in rovina, esistente nelle terre assegnate al Monastero di
San Nicolò del Chìircuro (2). Bove sia sorto detto Monastero ,
che in seguito, nel 1200, ebbe da Federico II la concessione di
costruirsi un mulino sul fiume Greto , sulla via che portava al
parco , nei pressi del quale aveva dei possedimenti , veramente
(1) 11 ragguaglio si ricava da due esempi dell'Edrisi stesso (pagg. 87
e 90 della Bibl. dell' Amaui) : «Tra Corleoiie a Qal 'at Tariq, (=« rocca
della via » , oggi Tarueco località in territorio di Corleone) per traniou-
tana [corrono] nove miglia arabiche, ossia tre miglia franche »; « da Calta-
bellotta a Sciacca quattro miglia franche ossia dodici miglia [nostrali] ».
(2) I Casali esistenti nel sec. XII nel territorio della Chiesa di Monreale,
in Arch. star. Sic., voi. XII, 1892, pag. 450. Notiamo di passata che la
donazione del 1182 non è, a (pianto pare, che una conferma di altri due
diplomi , del 1149 e del 1154 , che si riferiscono alle medesime terre. I
tre docc. si leggono nella raccolta di I>iplomi greci ed Arabi di Sicilia del
CusA, Palernjo, 1868, pagg. 28, 34, 179.
58 MISCELLANEA
non sappiamo, per quanto il Pirri (1) lo confonda con 8. Maria
delle Grazie, presso il Parco, chiesa edificata di pianta nel se-
colo XVI. Ma ciò non importa al caso nostro. Vediamo piutto-
sto se ci riesce di determinare con sufficiente chiarezza i confi-
ni delle terre donate ai monaci di S. Nicolò.
Le quali terre — quattro parecchiate, cioè 120 salme — si tro-
vavano « in tenimento Iati », ed avevano questo confine : comin-
ciava esso da un monticello ; seguiva il corso di un ruscello che
scaturiva da esso; andava fino ad una mandra di vacche che e-
sisteva sulle sponde del fiume Felu (« que cognoscitur esse in
flumine Felu »), il quale segnava il confine sino alla sua con-
fluenza col fiume Huzen (« quousque iungitur cum flumine Huzen»),
saliva fin sotto alle rovine di Huzen vecchio (« subtus diruta e-
dificia Huzen vetcris »); saliva ancora fino ad una biforcazione
di vie, fino a Mòdica, e di là a certe alture, « ad cristam », che
ne formavano il confine orientale. In queste terre erano il casale
Huzen e, come s'è visto, le rovine di un castello omonimo, og-
getto di questa nostre investigazioni.
Importa ora sapere a qual parte dell'antico tenimento di Iato
corrispondano le terre in tal modo designate. Dei fiumi Felu ed
Huzen se ne i)arla come confine di altre terre — divise , così
dette nel diploma di Guglielmo — il cui nome, giunto fino a noi,
ma inevitabilmente storpiato o travisato, ci permette tuttavia di
riconoscerle con grande agevolezza. Così la dirim Benbarc ha
tra i confini il punto « quo iunguntur duo flumina, tìumen Felu
et flumen Huzen »; la divisa Desise ha ad oriente il fiume Felu fino
al punto in cui questo si unisce col fiume che scende da latina;
la dirifia latini poi ha tra i confini, ad occidente , il fiume Felu.
Or 1m Varca (Benbarc) e JHsisa (Desisa) son luoghi ben noti ,
a<l occidente di S. Giuseppe Iato ; ed il fiume Felu dovette es-
sere (|uello che oggi è detto fiume Disisa nel suo corso medio e
che, i-accjolte le acque a mezzodì e ad occidente di 8. Giuseppe
Iato , prende il nome di Gianquadara nel suo corso inferiore e
va fino a Balestrate nei cui pressi sbocca nel mare.
Per tanto le terre assegnate ai monaci del Monastero di S.
Nicolò del Chiircuro furono, come, se non m'inganno, ai)parisce
(1) Sicilia $acra, ed. del 1733, pagg. 129 e 160.
MISCELLANEA 59
da quel che s'è detto, ad oriente delle divise La Varca e Disisa
e propriamente quelle che oggi son chiamate contrada Feddamò-
nica e Guastedda, e che si trovano sulla via dell'altra contrada
detta Mòdica, andando verso Alcamo (1). Il fiume Huzen è il
corso inferiore dell' Iato (!he unendosi al Felu (Disisa) segnava
il punto di confine tra La Varca e San Nicolò! Pare. Il nome
Felu ci è stato conservato in Feddamònica, italianamente Fella -
mònica ! Forse. Ma qui s'entra nella via delle ipotesi, e l'etimo-
logia quando non è confortata da buone ragioni può far prendere
dei grossi abbagli. E però torniamo al castello Huzen.
Il qual castello, se fosse l'Al-Chazàn, ci sorprenderebbe di
saperlo rovinato nel 1182 , quando si pensi che ancora nel 1154
(l' opera dell' Edrisi fu i)ubblicata nella prima metà del gennaio
1154) era valido e poderoso da esser detto una delle più belle
rocche allora esistenti; ma basterà rammentare la descrizione che
l'Edrisi fa del fiume Misilmeri e la distanza del castello da Iato
per concludere che Huzen non è Al - Chazàn.
Ancora una proposta. lì sac. G. Calderone nelle sue Memorie
storiche (feografiche di Mnrineo e suoi dintorni (1), pigliando in e-
same il passo dell'Edrisi, non dubita che Al-Ohazan sia esistito
sul Pizzo Parrino , ultimo della serie di monti che corre fino a
S. Giuseppe Iato verso occidente e che si eleva di fronte alla
Montagnola di Marinèo ; e se della bontà di una causa facesse
fede il calore e il convincimento che si portano nel propugnarla,
nessuno esiterebbe a dargliela per vinta. Solamente egli vorrebbe
che in luogo di leggere che il Wàdì - al - Amìr « scaturisce » da
Al-Chazàn, si leggesse « sbocca » — contro l'opinione del Jaubert,
dello Schiaparelli e dell' Amari (3). E invero il fiume Scanzano,
(1) Cfr. i due miei scrittarelli pubblicati in questo Archivio : Iato e
latina (Anno 1899 , pag. 310 sgg.) e Appunti di toponomastica , ecc.
(anno 1903, pag. 336 sgg.).
(2) Palermo, Clausen, 1892, voi. I, p. I, pag. 13, sgg.
(3) E dire che anche nella raftazzonatiira ricavata dall'opera edrisiana
e che va sotto il nome di Geoyraphia Nubiensis, pubblicata dal Gregorio
in Ber. arab. (1790), si legge «scaturisce». Ma già, l'Edrisi e il raffoz-
zonatore della Nnbiensis lavorarono ognuno per conto proprio, cosìj anzi
par che l'Edrisi non abbia fatto che ampliare 1' opera del suo predeces-
sore, che tale fu, e il quale chiamò Al-Chazàn e Bìcù (Vicari) Al-Horàz
60 MISCELLANEA
dop<» aver raccolto le acque che sceudono dal Busàmmara , dal
Capidderi, da Canna vata , Rossella e Buceci , s' incassa in un
orrido burrone , fra il Parrino e la Montagnola, che scendendo
da (luella parte a perpendicolo par vogliano sbarrargli la via ;
finché , libei-atosi da quella stretta , « sbocca » nella valle. Dal
che consegne , logica conseguenza , che Al - Chazàn sorgeva sul
Parrino.
Ma , e la distanza in dieci miglia da Celala ? Si fa presto a
trovarla, prendendo la vìn che, scendendo dal monte per mezzo-
giorno, gira intorno al bosco Cappidderi, allungandola così quasi
del doppio di quello che veramente sarebbe se si seguisse la via
diritta e più praticabile a mezzodì di Marinèo. — E la equidi-
stanza da Vicari e da Iato! Eh ! basta un po' di buona volon-
tà!...— E posto che le acque di Qugiànah siano il lìumicello di
Parco Vecchio e il «fiume dell'Emiro» il fiume Scanzano, come in
fondo in fondo aveva opinato anche l'Amari, Al-(.'hazAu non de-
ve ricercarsi verso la sorgente dello Scanzano, « che scendendo
da Al-Chazàn lungo i fossi trova le acque di Qugiànah » f E allora
non bisogna ritornare sullo Scanzano ?
Tutto sommato, una grande disparità di [)areri ; sarebbe i)ro-
prio il caso di dire che ognuno tira l'acqua al suo... Al-Chazàn.
E anch'io, confesso, avrei voluto dire la mia; anzi avevo pensato
a lungo da qual parte convenisse meglio tirare il fu castello
e N'icos, nomi che dicono molto, significando il primo « alpestre » — che
iiou i>otè esuere altro clie il Parrino — e il secondo «vittorioso»,
dalo prima a Vicari, che ad ogni luogo, tirando or da una parte or dal-
Paltra l'etimologia, si può benissimo appiccicare vm nome greco. Donde
Al-Chazan T È il nome di colui clic dovette jjossedere quel castello. E
NicosT Si sarà combattuta qualche battaglia in quei pressi, e qualcuno
deve aver vinto, — è indiscutibile. Pur tuttavia l'A, non è alieno dal con-
cedere che la Geo(/r. Nuh. sia stata ricavatji dall'Edrisi; solo, concessio-
ne [H-T concessione, si deve ammetUn-e... l'opera di uu'ailtra ujaiu).
Ma la preoccupazione dell' A. è nuinifestn : egli vuol dimostrare che
Marinèo esisteva allora stilla Montagnola. Il llunic dell'Emiro (così ragio-
na) è il tiumc .Scanzano; le actiuc di Qugianiih sono il iiumiccllo del Parco
Vecchio che reèta a sinistra dello Scanzano; e ))oichò lo sbocco di Parco
Vecchio avviene sotto la Montagnola che resta chiusa tra le due aerine,
è evidente che MarimVi esisteva allora sulla Montagnola. È evidente?...
MISCELLANEA 61
di Al-ChaziiD. E mi ero provato peilìno a capovolgere la carta
della Sicilia, seguendo l'abitudine dei geografi àrabi, che, avvez-
zi alle carte disegnate col mezzogiorno in alto , potevano facil-
mente cadere nelP errore di scambiare tra loro i punti cardi-
nali (1). Avrei trovato facilmente un qualche monte su cui
collocare il turrito castello saraceno ; ma, francamente, il rimedio
m'è parso peggiore del male.
Ora esaminiamo serenamente e per sommi capi la notizia del-
l'Edrisi, e «preudiamo — anche noi — le mosse uscendo dalla ca-
pitale», com'egli comincia, nel suo enfatico linguaggio, l'itinerario
alla volta di Castrogiovanni. E perchè l'esame riesca più ])rotì-
cuo, segno qui i luoghi, giù noti, dei quali è menzione.
Nota l'Edrisi : da Paleriuo a Misilmeri sono 6 miglia; da Mi-
silmeri ad Al - Chazàn 6 miglia ; da Qugiànah a Cefalà 9 miglia;
da Marinèo a Qugiànah 1 miglio e mozzo ; da Marinèo a Misil-
meri 6 miglia; da Al-Chazan a Cefalà mezza giornata, cioè circa
10 miglia; ed altrettante da Misilmeri a Cefalà; quindi una gior-
nata (20 miglia) da Misilmeri ad Al -Chazàn; da Al -Chazàn a
Vicari 15 miglia ; da Al-Chazàn a Iato 15 miglia.
Invero non si potrebbe pretendere maggior lusso d'indica-
zioni. Ma è appunto questo lusso che nuoce alla ricerca ; perchè
la deficienza come 1' eccedenza non sono fattori di buon ordine :
se l'Edrisi si fosse limitato appena ad una o due indicazioni, ac-
compagnate magari dai soliti inni alle « pianure ubertose » , ai
« prosperi paesi », alla « copia delle acque » (o Sicilia, terra bea-
ta !), — se ciò fosse stato , dico, la descrizione , spoglia di tutta
quella grazia di Dio di distanze, sarebbe riuscita meno confusa.
Ma noi possiamo bensì fare il processo al passato, non possiamo
però pretendere che esso dica quello che ha taciuto o, peggio,
taccia quello che ha detto. E nel nostro caso 1' Edrisi ha detto
troppo: bastava meno per... metterci in imbarazzo!
(1) L'Edrisi, infatti, segua la distanza tra l'Elba e l'isola di Pianosa
« tra settentrione e levante » ; mette Cagliari « a capo dello stretto che
divide hi Sardegna dalla Corsica»; e, per la Sicilia, atì'erma che Misil-
meri resta «a tramontana» <lel tiume dello stesso nome mentre vera-
mente resta ad ovest, e simili.
62
MISCELLANEA
Un primo intoppo sorge nella distanza tra il fiume di Misil-
meri (nessun dubbio che si tratta di esso) e l'abitato: distanza
che è detta di uu miglio , e sta bene ; ma è poi un miglio , sia
pure «grande» , la distanza da Misilmeri al mare ? E Misilmeri
resta proprio « a tramontana » del fiume ? L' Edrisi qui non è
molto forte nelle misure e nell'orientazione ; ma andiamo avanti.
Palermo
Misiiraeri
Jato
Marinèo
Cefalà
Vicari
Scala 1 : 400000.
5 10
15
Cliiloinetri
I Inoghi coi quali è messo in relazione il ctistello di Al-Cha-
zAn, son tutti notissimi, meno uno, che richiede (lualche spiega-
zione, k Qugiànah. Questa terra manda le sue acque al fiume
detto di Misilmeri, <lel quale resta a tramontana ; e la congiun-
zione avviene sotto Marinèo, che dista un miglio e mezzo da Qn-
gìààìah. Quale è la terni di QugiAnah f Le tlue acque, di Al-Cha-
s&n e di QugiAnah, si congiungono « sotti» Marinèo ». <londe, « la-
sciata a diritta» (|ueKt4i terra, procedono oltre vers»» Misilmeri
e il mare : dunque (^)ngiànah è da ricercare prima che il fiume
giunga sotto Marine»», ne molto lungi da Marinèo, — «un miglio
e mesfo», simmjìHcu l' Edrisi.
MISCELLANEA 63
Noi sappiamo già qual conto relativo si deve tenere di questa
scrupolosità nelle misure itinerarie edrisiane; tuttavia il trovare
oggi a un tre chilometri a sud di Marinèo un cozzo, o raonticel-
lo , Guncemi è indizio certo che siamo sulla buona strada. Ora
si noti che in un diploma del 1095 (Pibro^ op. cit., p. 76), per
cui il Conte Ruggiero donava alla Chiesa di Palermo certe terre
nei dintorni di « Magnunnche » ( = Malanuci), è detto che il con-
fine ad un certo punto va « ad tiumen, ad Casale de Cochena ».
Tenendo presente che tali terre, secondo la descrizione che se ne
fa, dovevano trovarsi a sud-est della montagna di Malanuci, cioè
sul versante meridionale di quella serie di monti che si spinge
fino a S. Giuseppe Iato , nessun dubbio che il « flumen » sia lo
Scanzano e che il « Casale de Cochena » sia esistito in quei pres-
si : onde non mi sembra troppa presunzione il riconoscere , col-
1' Amari, la Qugiànah dell' Edrisi nella Cochena del 1095 e nel
Cuncemi di oggi. E P identificazione risponde , come s' è detto,
alla distanza, un miglio e mezzo da Marinèo, assegnata dalPE-
drisi, e quasi esattamente anche a quella da Celala, sol che non
si voglia prendere troppo alla lettera il testo del geografo àrabo.
Perchè non si ripeterà mai abbastanza che a voler rintracciare
i luoghi col compasso alla mano, i conti non tornano mai. E noi
ci troviamo proprio in questo caso, di non sapere cioè, arrivati
a questo punto , da che parte rivolgerci , se non ci soccorresse
la ragione.
È chiaro che le acque di Qugiànah affluiscono verso il «fiume
di Misilmeri», che è il corso principale; ed è chiaro che risalendo
il corso di questo fiume si doveva giungere al monte sulla cui
cima sorgeva il castello di Al - Chazàn. « Questo è castello in
cima d' un monte » — assicura V Edrisi — ; « scaturisce di qui il
fiume detto Wàdì-al-Amir, il quale, scendendo da Al-Chazàn lungo
i fossi , trova le acque di Qugiànah ». Dove ha le sue sorgenti
il fiume di Misilmeri ? A tale domanda 1' Amari , pur facendo
qualche riserva, non esitò a rivolgersi verso la Ficuzza; qualche
altro invece, meno dubbioso, affermò recisamente che bisognava
fermarsi nella vallèa a sud di Marinèo, anzi sul Pizzo Parrino,
confortando il suo dire con un piano concettoso di misure e di
sorgenti, di toponomastica e di idrologia, di rievocazioni pagane
e di leggende cristiane : — tutto un mirabile apparato di critica
storica e filologica che in fatto dimostra nell' espositore una per-
64 MISCELLANEA
fetta conoscenza dei luoghi, ma in effetto lascia nel lettore nua
grande perplessità. E nel dubbio... non si assolve.
Tra le gravi ragioni addotte da quelli che dissentono dall'o-
pinione dell'Amari, e che 1' Amari stesso non nascose , sono la
distanza da Misilmeri e la mancanza di ogni traccia di nome a
cui appigliarci. Ma è fuor di contesa che il fiume di Misilmeri
trae le sue più lontane origini dai declivii della regione Ficuzza,
giù giù di colle in colle, di pendice in pendice fin presso a Ma-
rinèo, dove prende, in fondo alla valle, forma e movenze di fiu-
me. L'Edrisi può benissimo aver errato nel darci la distanza da
Misilmeri, che in fondo è quella che oppone maggiori difficoltà:
errori simili non sono inammissibili ; e quanto al nome del ca-
stello dobbiamo rassegnarci, .se morto, o, se ancor vivo, atten-
dere che ulteriori indagini ce lo discoprano , — sebbene non mi
sembri tropix) azzardata la credenza che esso possa vivere tuttora
sotto una veste difforme da quella d'una volta.
È noto quanto cammino fan le parole nel tempo e come esse
segnano le grandi leggi dell'evoluzione, sì che non è raro il caso
di poterle riconoscere attraverso il velo del presènte. A chi,
ignaro delle leggi naturali che governano il linguaggio, si met-
tesse a considerare delle parole, riuscirebbe incomprensibile come
la loro sorte sia venuta modificandosi col modificarsi delle abitudi-
ni dell'uomo; ma se queste parole noi le dilucidiamo con opportuni
riscontri etnografici, se le mettiamo in rap])orto con tutta una se-
rie di cause e di circostanze che le precedettero, se pensiamo che
il suono — che è il primo apparire del pensiero e la figurazione
astratta della jiarola — giunge al nostro orecchio i)rima ancora
della percezi(Mie del significato , dobbiamo ajiiiiu'ttere che la
sorte di queste parole non dipende da un capriccio del i>oj>olo
nò ha caratteri saltuarii. (^osì avviene clu^ molte voci straniere
noi le accettiamo, ma sfigurate, deformate o , i)iù precisamente,
adattate alla nostra coscienza linguistica; così è che ad una i)a-
rola mliema si deve far precedere tutta una serie di forme , a
partire da quella ])in remota , che ne costituiscano come a dirt^
la genealogia.
In base a che si addiviene ad una tale metamorfosi (Ielle pa
role T II t'Httiì di un popolo rlM> cambia la sua lingua luui è una
mera i|MiteHÌ : e a('cadut<» rcalmeiit<'! e«l accadi^ ogni giorno; ita è
così lenta, così graduale, così costante <|uesta evoluzione che par
MISCELLANEA. 66
insensibile , ed è tutta fondata sull'affinità fisiologica di suoni,
che rende possibili e realmente documentate le mutazioni degli
elementi materiali delle parole. Ma io vado ripetendo cose già
note.
Or è possibile, come dicevo, che il nome del castello di cui
ci siamo occuj>ati sia morto; ma è ancor più probabile che viva
tuttora sotto una veste simile alla primitiva. AlChazàn non è
esso II Casale, la montagna poderosa che impende coi suoi larghi
fianchi e le sue cime merlate sulla regione Ficuzza , e domina
tutt'intorno la pianura circostante, « prospero paese — una volta —
con poderi e casali »; or ricca soltanto di acque e di pascoli ! Lo
schizzo che segue illustrerà^ meglio che la parola, la nostra do-
manda, e sarà la i)iù logica conclusione al lungo dibattito.
Misilmeri
Jato
■ Marinèo
■ Cuncemi ■
Cefalà
Regione Ficuzza
M. del Casale
■ Vicari
Scala 1 : 400000
0
5 10 15
1
1 1 1
Chilometri
Rintracciare l'origine dei nomi è cosa non facile; facilissimo
tuttavia sarebbe qui addurre l' ipotetica esistenza di un casale
se la natura dei luoghi non lo escludesse recisamente : — il ca-
sale suppone un agglomerato purchessia di case di campagna ,
con un territorio prossimo atto alla cultura ; suppone la vita a-
gricola che dalla casa si espande nei campi e da questi converge
nella casa; suppone la comunione tra l'uomo e la terra. Ma sulla
Montagna del Casale un casale non fu. A che dunque tal nome ?
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. 5
66 MISCELLANEA
La lunga familiarità con un argomento può talvolta far velo alla
esatta nozione delle cose : nulla di strano quindi ch'io possa in-
gannarmi. Tuttavia non temo di far appello alla filologia invano,
se in quel Casale io vedo il Chazdn dell'Edrisi.
Corruzione di nome agevole a comprendersi, data la tendenza
popolare ad assimilarsi le voci che suonino strane, ad avvicinare
a sé quello che è lontano dal suo modo di sentire e di pensare.
È una specie di nazionalità linguistica che il popolo suole accor-
dare insieme colla sua impronta; e quando non riesce a conser-
vare la sostanza, salva almeno la forma. In Mezzuiusu (Mezzoiu-
so) — per dirne una — ha deformato ben poco: facile è riconoscervi
il Menzil- Yiisuf ( m casale di Giuseppe) degli Àrabi; lontana trac-
cia dell'arabo Menzil-al-anitr resta in Musulumeri (Misilmeri); com-
pletamente sfigurato è Menzil - Abdella (regione in territorio di
Monreale) in Misilahedda. Il nome Chazàn nulla disse che il po-
polo potesse intendere; e il popolo lo ribattezzò in suo linguag-
gio, ammettendolo con una leggera attenuazione di suoni nel suo
vocabolario, e dandogli un significato accessibile all'intelligenza
comune.
Ben s'intende che questa mia escursione nel campo filologico
non ha grandi pretese; ma se, come ho dimostrato che il castello
di Al-Chazàn non può essere esistito che nei pressi della Ficuz-
za , sarò riuscite anche a dimostrare che II Cabale è il riflesso
di Al - Chazàn^ avrò raggiunto interamente il mio scopo.
II.
ClMINNA E IL SITO DI OhASU
Fu l'Amari, che, illustrando l'opera dell'Edrisi, assegnò a Ci-
minna il sito di Chasù. Scriveva l'Edrisi: «Tra Gaflah e Hasft due
miglia franche ed altre due simili da Ilasù a Bikù » (1). Giaflah
e Hlkù sono Cefalà e Vicari; per «Chasft» l'Amari intese Ciminna,
la quale resta come al vertice di un angolo, i cui lati ci son dati
(1) Amari Bibl. eoo., pag. 89.
MISCELLANEA 67
dalle distanze Ciminna-Cefalà a sinistra e Ciminna- Vicari a de-
stra e che misurano ciascuno due miglia franche, cioè quasi sei
miglia siciliane, essendo, come risulta da parecchi passi del geo-
grafo àrabo , il miglio franco il triplo dell' arabico, e questo di
poco superiore al siciliano. Ma la fede dell'Amari non essendo
sorretta da i)rove sicure , all'infuori della corrispondenza delle
distanze, ne venne ch'egli, con prudente accorgimento, modificas-
se in seguito la sua prima aftermazione , dicendo che Ciminna
sorse nel sito di Chasù « o poco lungi » (1).
Fu obbiettato all'Amari che egli avea dato Ciminna come esi-
stente nel 1123 (2) ; quindi facile giuoco ebbe chi volle cogliere
in fallo lo storico dei Musulmani di Sicilia, essendo l'opera del-
l'Edrisi di poco posteriore a (luell'anno. Però non fu altrettanto
felice la proposta' di vedere Ciminna in un « Chemino » o « Elche-
mino », a quanto sembra una rupe (« caput Elchemini ») che se-
gnava il confine di certe terre tra Giuliana e S. Margherita Be-
lice (3) : troppo lungi per tanto dai luoghi di cui qui è parola.
Eppure l'indicazione dell'Edrisi è esplicita: Chasù era equidistante
da Cefalà e da Vicari; nessuna traccia, nessun indizio ne addita
il sito del morto casale f
Nel diploma àrabo-latino del 1182, per cui Guglielmo II do-
nava alla Chiesa di Monreale gli estesissimi territorii che la fa-
cevano una delle diocesi più ricche di Sicilia, si trova un'indi-
cazione che getta un raggio di luce sulla questione. Siamo sul
confine della magna divisa di Corleotie — così eran detti i territorii
più vasti — verso oriente , cioè dove il confine cessando d'esser
comune colla divisa di Prizzi, tocca il monte Zurara; «et mons
Zurara — continua il diploma — ex australi parte et occidentali
pertinet ad Chasum; et vadit per summitatem montis et descen-
dit ad Kalabusamara ; et ipsa Kala est in divisis Corilionis ».
(1) Storia dei Musulmani, Firenze, Le Monnier, 1854, voi. Ili, p. 776 n.
(2) Storia ecc., Ili, 284. Si tratta del diploma greco che il Cusa
comprese nella sua Raccolta, a pag. 471, dove Ciminna e detta Ktaóvva.
(3) Vedi I Casali ecc., cit., in Arch. Star, sic, 1892, pag. 451; e cfr.
Appunti di toponomastica sul territorio della Chiesa di Monreale, in Arch.
medesimo, 1903, pag. 344.
6S MISCELLÀNEA
Se il monte Ziirara fu 1' altipiano boscoso del Cappidderi dove
dai «ghidran» (=« paludi») venne il nome al Comune di Godrano
e deve termina digradando la mole inponente della Montagna
del Casale, e poiché il Busàmmara, da cui prendeva nome il ca-
stello (Kalat) è quel tratto della montagna medesima che scende
a precipizii e burroni dal lato che guarda mezzogiorno, la ricerca
di « Chasfi » « Chasum » non i)resenta piìi delle grandi difficoltà.
Anzi nessuna difficoltà , se si considera la seguente notizia
che ricaviamo dall'Archivio Capitolare di Girgenti , di cui sono
stati di recente pubblicati parecchi importantissimi documenti
del periodo normanno — svevo (1). Si tratta, per il caso nostro,
del LiheUus de sìwcessioìw pontijicum Agrigcnti et de Institutione
prebendarum et almrum eccUsiarum dyocesis di cui gli scrittori, a co-
minciare da Rocco Pirri , avevano avuto , qual più qual meno ,
conoscenza. Ed ecco che cosa vi leggiamo a proposito delle pre-
bende istituite in favore della Chiesa agrigentina , quando nel
1093 il Conte Ruggiero, restituita alla cristianità la Sicilia , la
popolava di chiese e di monasteri: «Tercia prebenda fuit de
Monte Hasu cum tenimento suo scilicet Casali Fictalie Cuteme
et Mizil lusufu ». Dove siano esistiti i Casali di Fictalia , Cu-
tema e Mizil lusufu ce lo dicono i nomi che oggi sopravvivono
alle vicende del tempo : Fictalia, che è la 4>iTàXY], <^iTàXta delle
carte greche di allora , è la regione FitaUa , che si adagia
sui versanti delle montagne omonime , breve diramazione del
monte Casale che volge a sud-est e che raggiunge col Pizzo della
Mezzaluna circa mille metri: — una modesta borgata, Campofelice
di Fitalia, nelle pendici settentrionali delle montagne di Fitalia,
raccolse l'eredità dell'antico casale ; Cutema , che si scrisse an-
che Cutemi^ è l'altra regione , Ouddemi , che continua in piano ,
verso sud-ovest, le terre di Fitalia: del suo casale e del castello,
ancora in piedi nel sec. XVIII , non resta più che il ricordo ;
Mizil lusufu, più avventurato dei tre, da umil «Casale di Giu-
8epi>e» che era, come suona correttamente nelP Edrisi questo
nome (Menzil Yùsuf), divenne il popoloso Comune di Mezzoiuso,
a nord di Fitalia.
(1) L^ ArehMo Capitolare di Oirgenti, ecc. in Arch. stor. «/e, 1903,
pftg. 128 »gg.
MISCELLANEA 69
O il monte Hasu ? — Rocco Pirri, che trasse da quel « Libel-
lus » parecchie note , trascrisse anche , sebbene scorrettamente,
per intero la notizia da noi riferita provandosi ad illustrarla. E
cominciò col trasformare in monte « Hazu » quel che nel testo
aveva detto monte « Hasu »; e terminò , doi)o una critica molto
superficiale e difettosa , affermando che questo monte è « forte
potius » il « letum » di Plinio. Ma né dalla penna di Plinio uscì
mai la parola « letum » , sì quella di « letenses » ; né il monte
Hasu ha nulla che vedere col monte su cui sorse la città di
lete o Iato, distrutta nel 1246 da Federico II imperatore, nella
caccia agli ultimi Musulmani di Sicilia (1). Ben altra, per tanto,
è la via da tenere.
La Montagna del Casale che simile a poderosa barriera si leva
di tra il verde dei boschi dalle valli di Corleone e della Ficuzza,
procede compatta da occidente ad oriente per una lunghezza di
circa dieci chilometri; qui piega a sud - est per pochi chilometri
ancora, allargando la sua base, perdendo quell'asprezza e quella
nudità uniforme che le è caratteristica , finché le sue linee di-
ventan meno rigide, le sue pieghe più abbondanti; e dalla Por-
(1) Contrariamente a (juanto è stato asserito da altri, a me non pare
che il Pirri abbia avuto una «notizia vaga» del lAhellns anzidetto, poi-
ché egli dichiara (pag. 1122 dei 2** volume , ed. del 1733) di ricavare
quella notizia da un codice a cui, con qualche svarione, assegna la nota
intitolazione, avvertendo che esso si conservava nei Registri della Can-
celleria , a fog. 130 ; ma non dice di quale anno. La serie dei Registri
della R. C. nell'Archivio di Stato di Palermo è incompleta, cominciando
coiranno 1343.
Comunque l' errore suo di aver portato una grande confusione nel
passo ch'egli volle illustrare, è evidente; e non vai la pena rilevare la
descrizione ch'egli fa del monte altissimo, scosceso da ogni parte, natn-
ralmente fortitìcata, sparsa la cima dei ruderi di una grande città, detto
Monte di Oazo (anche questa !) verso oriente, da una Grotta di Gazo dal
greco fàioL, ricchezze, ecc.; — non Val la pena, ripeto, rilevare tutto ciò
se non in quanto che certi compilatori di notizie geografiche non fecero
altro che saccheggiare il Pirri : basta dare un' occhiata a La Sicilia in
prospettiva di G. A. Massa (In Palermo M.DCCIX. Nella Stamparla di
Francesco Ciche), dove, alla voce Iato, fu portato di peso quanto aveva
il Pirri ammannito su Gazo e Iato.
70 MISCELLANEA
tella del Vento , ch'è il valico più facile tra i due versanti,
scende a grado a grado per le convalli dell'Amendola, che corre
ad alimentare il fiume Vicari, mentre a settentrione si disgrega
in una successione di colline ammantate di larici e di querce ,
che si spingono sino a Godrano, sino a Mezzoiuso. Or dalla Por-
tella del Vento , in cui viene a strozzarsi il dorso immane del
Casale, si diparte uno sperone che per due vette spia sulle pia-
nure circostanti e sulla prossima catena di Fitalia. Le due vette
sono di facile accesso; e l'una, la più eccelsa, ha nome Pizzo di
Maràbitu, l'altra, che di qualche centinaio supera i mille metri,
è detta Pizzo di Casa.
Cefalà
Cini lima
■
Mezzoinso
■
M. del Casale
% \ P- di
Casa
/>* \
■ Vicari
A
•fe
\
Scala 1 : 4U0000
0
5 10 15
1
1 1 1
Chilometri
Non io andò rintracciando ruderi che più non sono, o facendo
disquisizioni filologiche che annebbiano la mente ; ma il sapere
Pizzo di Casa nei pressi di Fitalia , il vederlo incuneato fra le
terre di Guddemi, F'italia e Mezzoiuso, il trovarlo ad ugual di-
stanca— circa sei miglia — da Cefali\ e Vicari, ad uno dei vertici
del quadrangolo Pizzo di Casa— Cefalà— Ciminna— Vicari, ci au-
torizza a concludere : (juesto fu « monte Hasu » e qui fu « Chasft »
o « Ohasuu) ».
MISCELLANEA 71
È dunque da escludere che Ciminna sia sorta sul sito di
Ohasù o poco lungi , restandone essa ben lontana. Ne è da far
colpa al popolo se esso, ragionando come può e sa sul significato
delle voci che per innato spirito di conservazione ci tramanda ,
adatta all'indole sua e al suo linguaggio quella spiegazione che
gli è familiare; e di « Ohasù » fece « Casa ».
Giorgio La Corte
DELLA MEMBRANA GABELLARUM
E DE' CAPITOLI DELLA NADARIA E DELLA CAMPERIA
DELLA TERRA DI ALCAMO
La Membrana gabellarum terrae Alcami anni praesentis VII
indkt. MCCCLX VII sub regia dictione (1) ed i Capìtoli della Nada-
ria e della Camperia del 1588 furono, come il lettore ben sa, pub-
blicati dal Di Giovanni in coda alle sue Notizie Storiche della
città di Alcamo, unitamente a diverse altre « cose Alcamesi ine-
dite » , quali i Capitoli del 1398, una lettera del re Martino dello
stesso anno, i Privilegi del 1551 e 1564, il Sommario dei privilegi
grajsie, immunità, franchigie ed altro, concessi alla città di Alcamo
e Degli Oiudei in Akamo. I Capitoli del 1398 e la lettera del re
Martino furono dall' illustre editore estratti da un volume della
Regia Monarchia, conservato nel Grande Archivio di Palermo ;
i Privilegi del 1564 da una copia autentica ch'è nella Biblioteca
Comunale Palermitana; la Membrana, i Privilegi del 1551, i Ca-
pitoli del 1588, il Sommario e Degli Giudei dal noto manoscritto
del D.r Ignazio De Blasi : il Discorso Storico dell'opulenta città
di Alcaiìw.
Il De Blasi credette che le tasse di cui parlasi nella il/e?/t&rana
gabellarum e nei Capitoli della Camperia e della Nadaria fossero
state comunali , e perciò trascrivendo 1' una e gli altri nel suo
JHscorso Storico formonne un capitolo così intitolato : « Stato an-
tichissimo del patrimonio dell'Università di Alcamo », e vi pre-
(1) Nel Db Blasi l'intestAtura di questa gabelle è scritta così : Mem-
bra GabelUirutn terme Alcami anni pres.^^* ?.•• ind. 1367 iuhBegUi Dictione.
11 Di Oiovannì , come vedesi , stimò conveniente di recarvi alcuno
mtMlitlciizioiii )(mtlclic ; e ciò non solo in essa intestatura, ma pure in
non ptK'he parole del contimto (Cfr. sul propo»4Ìto il mio scritto : Delle
Muraglie e l'or te della città di Alcamo).
MISCELLANEA 73
mise le seguenti formali parole : « Siccome di sopra si è data no-
« tizia dello stato presente del patrimonio di questa Università
« d' Alcamo ; così ora si dà cognizione dello stato antichissimo
« dell'istesso patrimonio, i di cui introiti erano provenienti dal-
« l'infrascritte Gabelle, come si detegge da un manoscritto anti-
« chissimo del tenor seguente ».
Basato, forse, su tali parole e su tale intitolazione il Di Gio-
vanni a pagg. 36-39 delle precitate sue Kotizie, commentando la
suddetta Membrana e i suddetti Capitoli, scrive quanto appresso :
« La Membrana Gahellarum del 1367 prescrive poi gli ufflcii e
« i diritti del Baglio e della sua Corte a cui era commessa la
« polizia urbana e rurale ; e dalle prescrizioni rispetto ai campi
« chiusi e aperti di vigne, e al pascolo della bestiame , si ri-
« leva che così com'oggi dovettero essere abbondanti i vigneti
« in Alcamo in quel secolo XIV. Nelle strade e nelle piazze era
« proibito con pene pecuniarie, il gettar paglia, erbe, immondez-
« ze , e vi era un gabelloto della momUzza in favore di cui era
« applicata la pena. La caxia per gabella di posseasìone riguarda
« le vendite e le compre e le donazioni, le quali portavano una
« tassa; anzi le gabelle, o le vendite con diritto di ricompera ac-
« quistavano certi diritti , che entrano in materia civile. La
« doana della terra e la doana di mari contengono tutti i pro-
« venti della Università per fiere, mercanzie, estrazioni, commer-
« ci di fuori regno; ed è da notare che per i legni che andavano
« a caricare « in lo carricaturi di lu Valium » ci era franchezza
« di doana e di schifatu i)er pane, biscotto, formaggio, carne, ca-
« ciocavallo, vino ed altre vettovaglie che o uscivano dal legno
« 0 se ne provvedeva il legno. La iScannatura o il macello porta
« eziandio le sue tasse , e solo ne era esente la selvaggina ; e
« nella Gabella dello pilo la vendita e comi^ra degli animali ca-
« vallini pagava tari uno a testa; e tino ci 6 una tassa di Bar-
« daria, la quale dava il decimo della rendita al gabelloto. Al-
« tre gabelle, come quella dello fumo delli giaramidi , cioè delle
« fornaci di mattoni per murare, detti pantofali o pianelle, della
« tintura di tela e di panno, dell'arco dello cottuni, cioè del nego-
« zio di cotone, davano all'Università il decimo; e le gabelle del
« vino, carne, salame, olio, formaggio, davano non poco reddito in
« una città tutta agricola e che molto consumava di siffatte cose,
« tanto da lasciare ai borgesi singolari privilegi nello smercio 0
« nella compra specialmente del vino.
74 MISCELLANEA
« Gli Statuti poi o Capitoli della Nadaria del 1588, riguardano
« le sanserie e i pesi e le misure, e la vendita delle carni; come
« quelli della Camperìa i danni che poteva fare nelle campagne
« il bestiame, le multe e le pene corrispondenti.
« Si sa bene come ai giurati delle terre, sia demaniali sia feu-
« dali istituiti da Federico Imperatore e meglio ordinati da Fer-
« derico Aragonese quanto alla loro relazione col bajulo e agli
« uffici appartenuti agli uni e all'altro, apparteneva l'amministra-
« zione delle rendite e del patrimonio delle Università , la cura
* dell'annona e la sopraintendeuza dei pesi e delle misure e dei
« mercati, oltre a quella delle fabbriche, delle strade , della cu-
« stodia notturna, o della pulizia urbana come oggi si dice. Ma
« non potendo a nulla provvedere furono separati gli uffici, e però
« nacquero i maestri di piazza, detti acatapani , i maestri della
« mondezza per la nettezza delle strade e delle piazze, i maestri
« delle guardie notturne detti xiurte o xiurteri (magister excu-
« biarum), e i campieri o guardie dei campi pei danni del bestia-
le me o a cagione delle cacce; alla cui giurisdizione dava sanzione
« il bajulo , il capitano o il maestro giustiziero; e per compenso
<c era a favore del bajulo la multa a cui era sottoposto chi con-
« travveniva agli ordinamenti della Università , ovvero nei casi
« speciali, andava spesso a favore di chi aveva presa a suo conto
« la gabella del Comune.
« Cosi in questi Capitoli della Università di Alcamo pur tro-
« viamo bajulo, giurati, consiglieri, giudici, capitano, maestro di
« sciurta , campiere , e tutti gli altri ufficiali che formavano la
« corporazione municipale e rappresentavano la Università , ol-
« tre al Vicario rappresentante del Barone. Ma è da notare che
« Tacatapano di Messina, di Palermo e di altri luoghi, è in Al-
« camo chiamato nadaro e quanto entra nella sua giurisdizione è
« detto Nadaria , materia di una delle gabelle del Comune. Le
« gabelle fiscali, salvi i i)rivilegi, erano per tutto le stesse ; ma
« le gabelle comunali variavano nelle Università diverse. Intanto
« come nel secolo XIV troviamo in Palermo fra le altre le ga-
« belle dfllu dohanarnniìuìn, la ffabeìla hardariaruvi, ingabella fumi
€ e gabella Jiyulorum, hi tintoria, Va gabella arem euetonis , dohaiM,
« oateif yranuM ohi, le stesse gabelle abbiamo in Alcamo: e se basta-
« va in PaleriiKi hi ;4;il)(llii della ca^MÌa soprai servi e le serve, e
« l'altra del «;arlM)ut' u sodilisrare il salario del bajolo e dei giua
MISCELLANEA 75
« dici, nei capitoli di Alcamo il baglio ritrae i suoi proventi da
« una speciale gabella bajnlationw nvh grosso pondere , detta al-
« trove Baylìa, la quale si estende non solo al diritto della cassUi
« di Palermo, bensì ai lìermessi e alle multe per l'andata di notte
« senza lume, alle pene per danneggiamento di campagna, e per
« mancanza di bollo nelle cuoia, e alla licenza di poterle vendere,
« alla tenuta di corte a minuto^ alle multe per immondezza get-
« tata nelle strade e nelle piazze; e solo non entra nella Gabella
« o Cassia di possessioni , che riguardava la tassa sopra le com-
« pre vendite di beni stabili, nella dohana della terra e doana di
« mari^ e nelle gabelle sopra notate, le stesse che in Palermo, e già
« esistenti, secondo avvisava il Gregorio, fin da tempi normanni.
« La (fabella bucceriarum di Palermo del 1336 è in Alcamo la
« scaimatura, e quella che fu la cassia della guerra, e quindi col-
« letta del Eegno, fu così come in Girgenti fatta gabella in Al-
« caino col titolo di Cassia di possessioni e di doana di terra e
« doana di mari. Né è da tacere sul proposito di queste gabelle
« del 'Università di Alcamo, che il comune faceva quello che al-
« trove facevano i baroni , cioè le gabelle fiscali o le collette si
« facevano gabelle oomunali, siccome in questa doana di terra e
« doana di mare , che era la cassia per la guerra di re Federico,
« poi detta gabella nuova ^ in cui era compresa la Cassia o assisia
« anche detta Gabella di possessioni già notata di sojìra ».
Sono intanto nella stessa Membrana gabellarum alcuni parti-
colari i quali dan luogo a sospettare di potere essere tali tasse,
anziché del Comune, imposizioni del feudatario. Però il Di Gio-
vanni in quei capitoli della Membrana , ove appariscono siffatti
particolari, se n'esce subito con mettervi sotto una noterella in cui
dichiarali aggiunta posteriore e del tempo in cui Alcamo era terra
feudale. Così, il capitolo ove sta scritto : « Item, volsi et ordinao
« lo sigmui D. Giajmo di Prado dominando in questa terra, chi li
« vigni e chiusi chi sono alli frunteri di la terra, et di fora di l'altri
« vigni alli frunteri confinanti con jardini e tirreni della Univer-
« sita , siano così ben chiusi che non ci possa entrare bestiame
« impasturata, altrimente non si intenda incusa, ma che lo danni-
« ficato po' fare prezare lo danno propter mandatum di lo nobili
« secreto, e divilo essere rifatto per lo patruni di la bestiami lo
« dannu, e lo Bagliu ni seguita l'accusa come fa la Camperia ut
« supra scriptum est, cioè boi e cavallini grana cinque per testa
76 MISCELLANEA
« e vacchi grana dui e mezzo per testa », dal Di Giovanni è cosi
annotato : « Questo capitolo , e la nota del capitolo che segue ,
« sono una giunta iwsteriore, o degli ultimi anni del secolo XIV,
« o dei primi del XV, quando Alcamo fu altra volta conceduta,
« e 1' ebbe questo Giaimo di Prades , couwsanguineo del re Mar-
« tino, fino al 1423 ». Il capitolo : « Item, Burgisi, ne tavirnaro,
« ne forastieri ausa intrari vino ne musto stranio in questa ter-
« ra per vindiri a minuto, ne in grosso, ne si damentri chi alla
« terra vi è vino bono et utile di vindiri in piazza , et che li
« piazzi siano fornuti di boni vini , ut predicitur sub pena di
« onze 4 : d' applicarsi cioè la terza parti allo denuntiatore , la
« terza parti allo Mastro Erario di sua Signoria Ill.ma , e V al-
« tra terza parti allo gabelloto, e di perdere lo vino d'applicarsi
« prò ut supra, e chi l'accatta senza rivelarlo allo ditto gabelloto
« sia nella medesima pena », dal Di Giovanni è annotato : « Que-
« sto articojo è giunta posteriore, cioè del tempo che Alcamo era
« sotto signore feudale » (1).
A mio giudizio, pria di dar come certo che le tasse ond'è parola
nella Membrana e nei Capitoli fossero andate a benelìcio del Co-
mune, occorreva vedere se mai nel 1367 e nel 1588, date di essa
Membrana e di essi Capitoli, la terra di Alcamo fosse stato de-
maniale, ovvero feudale; e, qualora si fosse trovata sotto il do-
minio di un feudatario , appurare quali le appartenenze di lui
nella Comunità che gli era soggetta.
Or, che Alcamo in quel tempo fosse stata sotto dominazione
feudataria pare non vi sia dubbio di sorta. L' Amico nel suo
Learicon topoyraphieum , il De Blasi nel suo Discorso storico e il
Bembina nella sua Storin ragionata son concordi in affennarla
(1) Un altro capitolo è così espresso : « Itera, (lualchi Borgisi che vole
« entrare vino in la ditta Terra d' altra Terra \w.y iiho piopiio, e di sua
« famiglia Io pozza trasiri senza pagar! la gabella grossa di tari deci per
« liutti come se fussi straneri , e che ditto Borgisi tanto privilegiato,
« quanto non privilegiato vorrìi trasiri vino prò ut supra habbia da rive-
€ larlo al Gabelloto, iiub pena di vnse -/, tV applicarsi cioè la tersa parti
Hallo denunciiitore, la tersa parti allo Erario di ma lll.ma Sif/noria e la
♦ ter»a parti al Gabelloto ». Senonchò nella edizione della Membrana^
fatta dal Di («iovanni le superiori parole da me sottolineate furono omesse,
e [lerciù il rapiiMlo non ebbe bisogno di essere annotato.
MISCELLANEA 77
come tale. Lo stesso Di Giovanni a pagg. 16-17 delle sue Notizie
storiche pubblica un brano di Luca Barberi, recante alcuni tratti
di un privilegio del re Pietro II, dato in Messina addì 23 agosto
Vili ind. 1340 , in virtìi del quale privilegio il detto re Pietro
concesse in feudo, o baronia , al Conte Raimondo Peralta e ai
di lui eredi e successori imperpetuum la terra di Alcamo ed il
castello di Bonifato (1). Dopo il Peralta e regnando Federico III
(1355-77) , fu Alcamo signoreggiato da Guarnerio Ventimiglia e,
dopo di costui , da Enrico Ventimiglia , che ebbelo nel 1391 da
Martino Duca di Montalbo. Difatti in un diploma del detto anno,
riferito dal De Blasi e dal Benbina, leggesi ciò che segue : « lllu-
« strissime Princeps et Domine , Domine Martine de Aragona
« dux Montis Albi etc. Lu vostru fidili sirvituri Herrigu di Ven-
« timiglia si accumanda a la vostra Regali Magistati. Item lu
« dittu Herrigu supplica a la vostra Magestati chi vi plaza di
« cunflrmare assi et assoi Redi la Terra e lu Castellu di Alca-
« mu, et a li eredi suoi, la quali terra appi lu patri di Arrigu
« di la santa anima di lu Signuri re Fidiricu, la quali terra rendi
« unzi ducentucinquanta, et Arrigu a vostru onuri teni per ser-
« vimentu di la vostra Magestati bacinetti cinquanta. Placet
« Dominis Regi, Regiuae et Duci ». Il dominio in Alcamo dei sud-
detti Peralta e Ventimiglia vien pure attestato dai precitati Ca-
pitoli del 1398, nei quali gli Alcaraesi domandavano al re Mar-
tino, il Giovane, oltre a varie altre cose, di conceder loro « Ki la
« dieta terra d'Alcamu, la quali a sui principio et pri longu tempu
« fu et era di lu demani u », fosse ridotta e restituita « a lu sou
« statu pristinu », ed
aggregata « a lu numeru et lu consortiu di li altri terri regali »;
di « annullari irritari et anichilari ogni donacioni , concessioni ,
« quoque alieuacionis titulo si alcuni sii, tantu pri li Serenissimi
« principi bone memorie predecessuri di la predicta Reali Mae-
(1) Il Di Giovanni addusse quel brano di Luca Barberi a fine di pro-
vare la coesistenza delle terre di Alcamo e Bonifato nel secolo XIV. Però,
siccome ho mostrato nello scritto: I}i alcuni antichi edifizii di Alcamo,
inserito parte nel Granellino e parte nella Valigia (giornaletti <iuindici-
nali che l'anno scorso pubblicavausi in questa città), dal detto brano non
rilevasi affatto ciò ch'egli ha voluto desumerne.
78 MISCELLANEA
« Stati, quantu pri In Serenissimi Princbipi Re d'Aragonia, etiam
« quanta pri la praedieta Regali Majestati facti, tantu a lu Ma-
« gnificu qdm Conti Raimundu de Perdita , quantu ad qdm
« Guarneri de Yentimilio, quantu etiam ad Enricu de Ventimi-
« già, lu quali s'intitulava Conti di Alcamu », ed allora era no-
toriamente « rubelli a la ditta Majestati ».
Re martino accolse benignamente la domanda degli alcamesi
e con un Regie Maje^ntati placet posto sotto alla stessa domanda
e per decisione del parlamento generale da lui convocato in Si-
racusa il 3 ottobre 1398, Alcamo venne liberata dal dominio feu-
dale ed incorporata al R. Demanio. Ma questo incorporamento non
durò che sino al 1407. In esso anno , in virtìi d' un così detto
alberano, Martino concedeva Alcamo , unitamente a Calatafimi,
al cugino Giaimo De Prades, il quale nel 1408 la lasciava in re-
taggio alla figlia Violanta, che poi, nel 1414, recolla in dote a
Don Bernardo Giovanni Caprera. Il Caprera e la Violanta nel
1457 la vendettero a Pietro Speciale, col patto di potersela rilui-
re; come di fatti fu riluita nel 1484 da D." Anna Caprera e Xi-
nienes De Foux, nipote dei suddetti coniugi Caprera e De Pra-
des e moglie di Federico Enriquez De Aragona. Da costei nel
1534 passò in retaggio al nipote Luigi Enriquez e nel 1565 ad
un secondo Luigi Enriquez e nel 1596 ad un terzo Luigi Enri-
quez, che fu signore di Alcamo sino al 1600.
E ciò mi pare sia più che bastevole per vedere chiaramente
come negli anni in cui fu fatta la Membrana e furon fatti i Ca-
pitoli Alcamo fosse stata soggetta al dominio feudale e non al
R. Demanio.
Andiamo ora all'altra ricerca, all'appuramento cioè delle ap-
partenenze di esso feudatario nella terra a lui soggetta.
Lasciò scritto il De Blasi nel suo Discorso storico che tra le
varie domande di grazie e privilegi, presentate nel 1396 dal sun-
nominato Enrico Venti mi glia al re Martino, vi sia stata la se-
guente : « Item supplica lu dictu Erricu di Vintimilia chi plaza
« alli Sirinissimi Signuri di darli e de novo fari donazioni e con-
« formazioni di lu Castellu e terra di Alcamu, renditi gabelli, e
« territori (1), colta e saiigu. Item et de novo donationi <^ confir-
(1) Ia {Nirolii tcrriiorj fu qui , a mio avviso , auloperatii \wv teria(j<ji
(terrstici). Difatti ne' Capitoli ìM 1398, presentati dagli Alcamesi hI re
MISCEI.LANEA 79
« mationi di uuo Castellu nomine Bonifato , lu quali nun rendi
« nenti, et est di lu territoriu di la terra di Alcamu ».
Da ciò, se mal non mi appongo , puossi benissimo argomen-
tare che nel tempo in cui Alcamo era feudale il Barone avesse
avuto il dritto di percepire dai suoi vassalli anche delle gabelle,
e perfino la colta, la quale gii alcamesi per privilegio del re Fe-
derico IT erano stati esentati di pagare. Quali fossero state que-
ste gabelle nella supplica del Ventimiglia non s'espressa, ma ri-
levasi dai Capitoli deWUnivermtà della terra di Alcamo del 1398,
inserti, come si è detto, nelle Notizie storiche del Prof. Vincenzo
Di Giovanni. Tra que' Capitoli èvvene uno formulato così : « I-
« tem, di conchediri ki li gabelli li quali foru et essiri divinu di
« la ditta Universitati, zoè vinu, carni et salumi, sianu liberi et
« expediti, sine contraditione alicuius cuiuscumque sit auctoritatis
« vel dignitatis, di la ditta Universitati, li quali poza libere au-
« gumentari et crixiri, et mancari in totum, livari quandocumque
« iusta arbitrium diete Universitatis , oy di li ufficiali soy , li
« quali prò eo temix)re fuerint ».
Giacche gli alcamesi, ritornando sotto il regio dominio prega-
vano il re Martino a conceder loro che le gabelle del vinu, della
carni e della salsumi , fossero un' altra volta venute in potere
dell' Università è segno che tali gabelle comprese nella Membra-
na, quando Alcamo era soggetto al feudatario fossero state di ap-
partenenza di costui. Ne queste gabelle soltanto, dapi>oichè negli
stessi Capitoli sì ha : « Item, di livari et annullari ogni gabella,
« et ogni gravicza la quali pri li tempi passati fussi statu impo-
« sta a la ditta Universitati per li baruni tiranni et in li tempi
« loru. Item, ki li herbaggi, tiraggi et mandraggi di lu territoriu
« di la predicta terra digianu essiri di la Università predicta,
« la quali li digia usari secundu li modi et consuetudini antiqui,
« et specialiter in lu tempu di lu re Fridericu bone memorie lu
« anticu ». Dal che desumesi come anche la Gabella baiulationi»
Martino, leggeai fra altro : « Item ki li herbaggi, terraggi et mandraggi
« di la territoriu di la predicta terra digianu essiri di la Universitati
« predicta, la quali li digia usari secundu li modi et consuetudini anti-
« qui, et specialiter in hi tempu di lu re Fridericu bone memorie lu an-
« ticu ».
80 MISCELLANEA
sub grosso pondere e la Gabella di possessione , di cui tratta la
Membrana fossero state pure di appartenenza del feudatario. E
noti il lettore quest'altra particolarità : Martino alla prima delle
tre surriferite domande degli alcamesi risponde così : « Quia Ee-
« già Majestas Deo duce erit in valle Mazarie, et tunc informa-
« bitur de ventate, et ministrabitur Universitati Justitie compli-
« mentum ; alla seconda : « Quia de presenti gabelle diete terre
« vix sufficiuut ad custodiam castrorum , Kegia. Majestas nil de
« presenti innovat, sed deo duce quando erit in valle Mazarie
« taliter providebitur quod rationabiliter ipsa Universitas conten-
« tabitur, interim dictarum Gabellarum redditus aplicentur prò
« custodia Castrorum predictorum; alla terza : Placet Kegie Maie-
« stati, juribus curie et aliorum semper sai vis ». Le quali risposte
fan sospettare che, anche quand' Alcamo fu terra demaniale, quelle
tasse non fossero appartenute al Comune, ma al Ee.
E vi ha di più. Nel capitolo 27° del Discorso storico del ]3e
Blasi, ove parlasi della signoria in Alcamo dei predetti coniugi
Federico Enriquez ed Anna 1" Caprera sta scritto fra altro : « In-
« di questi Signori colla loro pietà e munificenza oltre di quelle chie-
« se erette e benefizi chiesiastici fondati in Modica, Caccamo ed
« altre terre dei loro stati, anche in Alcamo eressero la chiesa
« di S. Maria della Grazia, oggi detta della Stella^ con dote d'onze
« quattro annuali e la nuova ingrandita chiesa del Convento sotto
« titolo di S. Maria di Gesù de' P.P. dei Minori Osservanti, dei qua-
« li ne fan fede le tavole marmoree scolpite in esse chiese, la prima
« fabbricata nel 1486, come sin'oggi leggesi l'anno nel basso della
« figura di detta Nostra Signora della Stella dipinta a muro ; e
« la seconda riformata nel 1507 con quella iscrizione appunto, che
<c da noi si trascrive nel discorso di esso Convento, Cap. 42 delle
« chiese e part. 8 : e similmente fecero donazione al Ven. Mo-
« nastero <lel SS. Salvadore di questa città sotto titolo della ]}a-
« dia Grande dell'Uffizio delli due Maestri di piazza, detti Ca-
« tapanie, e loro introiti, lucri ed enioluiiienti perpetui, per pri-
« vilegio da essi dato e sottoscrito nel Castello di Alcamo a 15
«maggio, 4 ind., 148(}; |)resentato nella ijovtv giuratoria, e del
« (Capitano a 17 luglio indi transontato negli atti del nob. notar
« Francesco Stinr4i di Alcamo nel di 11 ottobre, X ind., 1401;
«e do|M» c«)iitVnnato dalli stessi Signori Almirante e Conti con
« loro lettere date in Medina de Eioseceo a 5 giugni» 1502; e di
« bel nuovo con altre lettere a 5 dicembre del 1529 ».
MISCELLANEA 81
ìJaGatapano, come nota lo stesso Di Giovanni, era in Alcamo
(•'•.viiiato Nadnro; e quanto entrava nella sua giurisdizione, Xa-
daria. Epperò bisogna convenire che P Uffizio delli due Maestri
di Piazza., clonato dai sigg, Enriquez e Caprera al Monastero del
SS. Salvatore fosse istato quello stesso di cui si occupano i Ca-
pitoli della Xadaria del 1588. E poiché nemo dat qnod non ha-
het, le gabelle di essa Xadaria erano di appartenenza del feuda-
tario e non mai dell'Università alcamese.
Le gabelle menzionate nei Capitoli della Camperia eran pure
cosa del feudatario, giacché altrimenti non si saprebbe come spie-
gare la presenza della seguente istanza ne' Privilegi confermati
all'UniverHità della terra di Alcamo nel 1664: «La montagna di
« Bonifato territorio di questa Università per lo passato era co-
« muni , et li ebitatini et habitaturi de la dieta terra undi po-
« tiano portari et teniri loro bestii ; et di poco tempo cza si è
« restritta chi non chi ponno andari si non cavalli et muli ma-
« sculi , et non chi i)onno andari boy subta la pena di onze 4
« applicandi a lo magnifico procuraturi fiscali di V. S. Ill.ma ;
«lo chi è multo dapno a li vassalli di V. S. Ill.ma: supplica
« pertanto la dieta terra di Alcamo resti servita providiri et co-
« mandari chi de cetero andando alcuni boy in la dieta monta-
« gna di Bonifato non sia in pena excepto di tari uno per boy
« per ogni volta chi fussi trovato , applicati a lo guardiano de
« dieta montagna , et (juando alcuno portassi boy in dieta mon-
« tagna et chi li tenissi videlicet a guardia facta, sia quillo tali
« in pena di tari 15 per ogni volta chi serra trovato ; da essiri
« applicati a lo fisco et camera di V. S. Ill.ma ». Né se la ga-
bella del Baglio fosse appartenuta al Comune avrebber fatto gli
Alcamesi in seno agli stessi Privilegi quest'altro esposto: «Item,
« in la gabella di la Baglia de quista terra di Alcamo sonno
« alcuni membri multo dapnusi a li poveri genti de quista terra
« di Alcamo , comò sunno la contumacia, la accusa di obbliga-
« zioni e li negativi, li quali essendo come di supra é dicto tanto
« dapnu et cussi abusivi, supplica dieta terra di Alcamo V. E.
« resti servita providiri et comandari chi si leva de dieta ga-
« bella de la Baglia dicti membri oi si mitigano ; et per non an-
« dari interessato lo i)atrimonio di Vostra S. Illustrissima, la di-
« età terra di Alcamo per cambio di quillo si levassi de dieta
Arvh. ISior. Sic. N. S. Aimo XXX. 6
82 MISCELLANEA
« gabella si obbliga douaii altra gabella oi imponiri siipra dieta
« gabella, di modo tali ehi lo patriiuonio di V. E. non andirà in-
« teressato in cosa alcuna ».
Oltre ai surriferiti documenti , i quali son tutti di pubblica
ragione, avvene altri tuttora inediti, che giovano maggiormente
alla bisogna e che perciò vengon da me alligati al presente la-
voruccio.
Quest'altri documenti sono due atti d'arrendamento di tutte
le proprietà e giurisdizioni che il sunnominato Luigi II Enri-
quez, quale Signore di Alcamo e di Calatafimi, si avea in esse
terre. lino di tali due atti (tutt'e due giacenti nell'Archivio dei
Xotari Defunti Alcamesi) fu stipulato a 26 giugno XI ind. 1583
in notar Pietro Rafifo, l'altro a 16 ottobre IV ind. 1590 in notar
Giov. Vincenzo De Mulis. Le dette proprietà e le dette giurisdizioni
con l'atto del 1583 vennero affittate al Sig. Fabrizio Valguarnera
di Palermo, barone del Godrano; con quello del 1590 al Sig. An-
nibale Valguarnera, figlio di esso Fabrizio (1). Questi due atti con-
(1) L'affitto a Fabrizio Valguarnera venne fotto per la durata di anni
nove a cominciare dal 1 Settembre XIV ind. 1585 e per l'annuo prezzo
(li onze 2600 ; ad Annibale Valguarnera per ugual durata a cominciare
dal 1 settembre Vili ind. 1593 e per l'annuo prezzo di onze 2800. Oltre
le onze 2600, il Fabrizio era pure tenuto a p.ngare ogni anno onze 40 ,
di cui onze 10 a questo Monastero di S. Chiara, onze l al cappellano di
<pie8ta Chiesji della Madonna della Grazia o della Stella, onza 1 al Ma-
stronotaro del patrimonio di Alcauio ed onze 25 al Castellaino della stessa
terra, la cui elezione doveva durante l'arrendamento esser fatta dai con-
iugi Enriquez. Dal primo dei snccennati due strumenti rilevasi eziandio
che un certo Cristoforo Riva avesse nel 1573 pi-eso in affitto per altrui
conto dai succenuati coniugi la contea di Modica e le baronie di Cac-
camo, Alcamo e Calatafimi , per la (lurida di anni 12 ; e che poscia,
nel 1578, lo sf4>Hso Riva avesse subartittato .\lcamo e Calatafimi al sig.
Fabrizio Valguarnera per anni 7 v per 1' aiuiuale prezzo di onze 26(X).
8icclI^ dai Huddef ti documenti deteggesi avere la nobile famiglia Valguar-
nera di Palermo tenuto in galailla le baronie di Alcamo e Calatafimi
dal 1578 ul ]6U:{, per lo spazio, ('i(u*, di anni 25.
I)a un atto \Hm',uv del 26 gennaio XI ind. 1613 in not. Sebastiano
Cinqueru^bi risulta dio il Dottor Giovali Andrea De Rallis di Alcamo
•i Umn- trovato in detto anno arrcndatore della terra di Alcamo por
•nbafitto fattogliene dal prefuto Atiiiibale Valguarnera ; e però bisogna
MISCELLANEA 83
tengono molti particolari interessanti alla storia del dritto civile
e feudale di quei tempi, o perciò meritevoli di esser posti in ri-
lievo; ma io mi limito a far soltanto menzione di quelle cose ivi
contenute , che concernono 1' appuramento di cui ci occupiamo.
In virtù dunque degli or cennati due strumenti tanto al Signor
Fabrizio quanto al Signor Annibale vennero dati in arrenda-
mento « terras Alcami et (Jalataflmi cum eoruui castris et cum
« intrascriptis eorum feudis, gabellis et redditibus inferius expres-
« sandis, videlicet : Imprimis, quoad terram Alcami , la gabella
« di la baglia, la gabella di la dohana, la gabella di lu vinu, la
« gabella di la salsumi , la gabella di la carni , la gabella di la
« scannatura, la gabella di li possessioni, la gabella di lo raastro-
« notariato di la curti capitali, la gabella di lu fumu, la gabella di
« lu pilu, la gabella di la mun<lizza, et li censi pri unci dui e tari
« quindici. Et quoad terram Cfilataflmi Inprimis lo fego di ancibe-
« ni, lo fego di bigotia, lu boscu di la foresta, lo fego di lo sasi, lu
« fegu di condicidelsi, lu fegu di scorciagattu, lu fegu di domingu,
« lu fegu di falanga et fastarà, lu fegu di runcinni, jaucaldara et
« tutti li gabelli di la terra, li suvari di lo bosco, li restuci di li
« comuni, li censi, lu fegu di safila, lu fegu di risignuolu, li affidi
« di li comuni et li marcati di li comuni. Ac etiam cum omnibus
« et singulis aliis earum et cuiuslibet ipsarum, feudis, gabellis, in-
« troitibus, fruttibus et proventibus et aliis earum universis iu-
« ribus et presertim cum omnimoda jusriditione civili et criminale
« alta et bassa prout et quemadmodum ipse illustrissimus et
« excellentissimus dominus dux et comes habet, tenet et possidet
« virtute suorum i)rivilegiorum dittarum terrarum Alcami et Ca-
« latafluii et quorumvis aliorum attoruui contrattuum et provisio-
« num guberno, administratione justitie, nec non et cum potestate
« creandi et nominandi gubernatorem unum seu plures. judices
« caj)itaneos, juratos, vice castellanos, carcerarios et alios quosvis
ritenere di essere stato :< costui dop«» il 16()3 rinnovsito per altri nove
tjnni l'arreudanieuto di Alcamo e Calatafimi, e di essere stati 32, e non 25,
gli anni in cui la famiglia Valguaruera signoreggi » esse terre. Questo
lungo dominio dei Valguarnera in Alcamo dovette, a mio avviso, essere
la. cagione principale delle amiclievoli relazioni cbe con essi si ebbe il fa-
moso poeta alcamese Sebastiano Bagolino, il quale celebrolli in un buon
numero de' suoi epigrammi latini.
S4
MISCELLANEA
« oftìciales terrarum predittaruui et cuiuslibet ipsarum, illis modo
« et forma proiit tacere potest et huc usque potiiit et poterit in
« futurum ipse illustrissimus et excelleiitissimus dominus diix et
« Comes et sui successores vigore privilegiorum dittarum terra-
« rum et non aliter nec alio modo ».
Come il lettore potrà vedere nel seguente prospetto, le gabelle
che in riguardo ad Alcamo furono affittate ai sigg. Valguarnera
son quasi tutte le stesse di quelle che sono nominate nella Mem-
brana :
Gabelle nominate nella Membrana
Gabella bajulationis sub grosso pon-
dere
Mondizza
La Cascia sen Gabella di possessione
La Doana della terra
La Doana di mari e la cantarata
e caxà
La Scannatura
La Gabella dello Pilo
La Bardarla
La Gabella dello fumo delli Gia-
ramidi
» » della Tintura
» » dell'Arco dello Cottuni
» » dello Vino
» » della Carne
» » » Sausumi
Gabelle date in affitto ai Valguarnera
La gabella della Baglia
» » di la mundizza
» » di li possessioni
La Gabella tU la Dohana
»
»
»
Scannatura
»
»
»
lu pilli
»
»
»
lu fumu
» » » lu vinu
» » » la carni
» » » la salsumi
» » » lu mastrono taria-
te di la Curti Capitali.
Nelle gabelle affittate ai sigg. Valguarnera mancan soltanto
<l('lla Membrana quelle della Bardarla, della Tintoria e dell'-4.rco
dello (luttìini ; e vi h. in di più la (tabella di lu Mastro Notariato
di la C'urti Capitali.
Ne' tre membri onde costa La Oabella d^lVArco dello Cottuni
sta scritto: «Ogni persona chi vindi (H)ttuni sfilato di rotoli 25
€ npendino, paga la decima di zocco vin«li senza altia doana; e
« di rotoli XXV a muutata in seuimula paga la doana senza altra
« paga ili decima, e si i)oi si vi udissi a minutu, si ve a rotule,
« paga la decima.
MISCELLANEA 85
« Item cottuni bianco filato paga tantum doana.
« La gabella dell'arco dello cottuni deve pagare così allo
« tempo di la fera come si paga ad altri tempi ». Epperò se tale
gabella non fu dichiarata nelle gabelle date in affitto, ciò potè
esser fatto perchè compresa nella così detta Gabella di la dohana.
Non abbiamo elementi per potere supporre lo stesso intorno alle
gabelle della fìardarla e della Tintura; ma quel « cum omnibus
et singulis earum aliis... gabellis » dei veduti due arrendamenti
esclude la possibilità di essere state quest' altre due gabelle di
appartenenza del Comune. Del resto, dal 1367, data della Mem-
brana, al 1583-90, data dei due atti di arrendamento, è una di-
stanza di due secoli e più, e lungo quel j^eriodo di tempo qualche
piccola modificazione nelle tasse della Membrana non è difficile
che si fosse avverata.
Pria di metter fine a questo scritto credo utile eliminare due
difficoltà, che, come sulle prime presentaronsi alla mia mente,
potrebbero anche presentarsi a quella del lettore e tenerlo av-
vinto nelle affannanti spire del dubbio.
La prima delle due difficoltà sono le parole nub regia dictione
poste in coda al titolo : Membrana Qabellarum ecc. La seconda
le parole ordinati e corretti per l'officiali e buoni Uomini della ter-
ra , le quali ricorrono in seguito all'intestazione : Capitoli della
Nadaria della terra di Alcamo.
Se quelle tasse erano imposizione del feudatario e proventi
dello stesso, perchè il aub regia dictione della Membrana e l'or-
dinati e corretti ecc. dei Capitoli della badarla ?
Il dico senza esitanza : il sub regia dictione parve a me una
difficoltà di grandissimo peso , tanto d' avermi fatto inclinare a
credere di essere stata Alcamo all' epoca della Membrana terra
demaniale e non feudale. Bramoso però di puntellar meglio quella
credenza un giorno del 1887 scrissi al mio carissimo e chiaris-
simo amico prof. Giuseppe Meli, allora Vice Direttore del Museo
Nazionale di Palermo ed oggi nel numero de' più, pregandolo a
voler sottoporre la quistione al giudizio di persone competenti
e conosciutissime ed a comunicarmi la loro soluzione. La risposta
che n'ebbi e che tutt'ora conservo, è ne' seguenti termini : « Ho "
« indugiato a rispondere alla sua pregiatissima del 17 Marzo,
« perchè, essendo il quesito sub regia dictione molto difficile, ho
« voluto sentire non solo gli amici da lei nominati , ma ancora
86 MISCELLANEA
« molti degli impiegati dell'Archivio di Stato; e da questi mi ò
« stato assicurato che nessuna spiegazione fondata su documenti
« hanno potuto rinvenire nelle carte dell'Archivio. Che Alcamo
« nel MCCCLXVII non fosse città demaniale si legge chiara-
« mente nel!' art. Alcamo del Dizionario dell' Amico , per cui la
« spiegazione non può essere quella che sospetta ; però alcuni
« amici, versati molto nella storia nostra, credono che il Governo
«regio in que' tempi nel concedere o vendere una città, o una
« terra qualunc^ue , si riserbasse il dritto di riscuotere talune
« gabelle ».
Questa soluzione non è del tutto soddisfacente : 1" perchè dai
surriferiti documenti risulta chiaro di essere state quelle gabelle
riscosse per conto del feudatario e non del governo regio; 2° per-
chè essendo stato sempre il territorio alcamese di proprietà del
Comune , qualora le gabelle fossero appartenute al re , il feuda-
tario dal suo feudo non avrebbe ricavato alcun frutto.
Secondo me per potere sciogliere il quesito bisogna anzitutto
vedere (juale sia il significato della frase snh regia dictione al
posto ov'è collocata.
Nei lessici di lingua latina vi è segnato (lietio , onìs e vi è
pure segnato ditio &hìs. Dictio, onìs significa parola, voce, voca-
bolo, dizione, oracolo; ditio, onis, giurisdizione, imperio, dominio,
signoria. Se nel De Blasi invece <li .sub regia dictione stesse scritto
mib regia ditione , questa frase avrebbe il significato di sotto re-
gio dominio; ma poiché vi è scritto Kuh regia dictione queste tre
voci non possono altrimenti spiegarsi che sotto parola del re, e
potrebbero intendersi nel senso che le gabelle della Membrana
fossero state sanzionate dal capo dello Stato. Or , io domando :
Sarebbe forse strano che, dominando il feudatario, quelle tasse
avessero avuta la reale approvazione f... Se la semi)]i(!e investi-
tura fosse bastata a potere il feudatario imporre ai suoi vassalli
le tasse che gli sarebbero [)ia<'iute non avrebbe Enrico Venti-
miglia nella surri portata domanda del 130G supplicato il re Mar-
tino perchè gli avesse fatto « donationi e conftrmationi » non
solo «di In castella e terra di Alcamo», ma ancora delle «rendi-
ti » dei « territorj » della «colta» e delle « gabelli »; uè Federico
Enriquez per poter dare in arrendainento le terre <li Alcamo e
di (Jalataflmi avrebbe avuto bisogno del sovrano assentimento (1).
(1) L^atto di iirr«ndAm»Dto del 25 KÌ"Kn" ^I ìd<1- ^^^^ ti> il ^ ^'^^-
MISCELLANEA 87
Bisogna pur notare che la terra di Alcamo « sin da principio
e pri lungi! tempii fu et era di lu demaniu », e che perciò mal
softi'iva il tirannico gioco del feudalismo. Che dire i)oi se le tasse
che doveva pagare al feudatario fossero state a libito di costui?
se quelle specialmente sulla carne , sul vino e sul salame , ap-
partenute all' Università mentre Alcamo era demaniale , fossero
state esatte dal feudatario senza un espresso comando del ref...
Il sub regia dictione dunque non prova affatto che le gabelle della
Membrana fossero appartenute al Governo Regio e molto meno
che desse fossero state comunali.
La difficoltà concernente le parole ordinati e corretti per l'of-
Jiciali e buoni Uomini della terra non ha per me alcun valore.
Il De Blasi, come abbiamo più sopra veduto, parlando della
donazione fatta nel 1486 dal feudatario di quel tempo al Mona-
stero del SS. Salvatore dell'ufficio dei due Maestri di Piazza detti
Oatapanie, documenta talmente la sua asserzione da non lasciare
su di essa il benché miniuio dubbio (1). Niente di difficile intanto
tembre XIII ind. 1585 ratificato dai couiugi Luigi e Maria. Enriquez de
Caprera iu Madrid, presso il notaio Antonio Frasca di quella città; ed
il 28 agosto dello stesso anno fu, con tiile ratificazione , ripetuto negli
atti di not. Giov. Vincenzo De Mulis di Alcamo e nuovamente appro-
vato da Fabrizio Valguarnera e dal di cx>8tui figlio Annibale. Or , tra i
nuovi patti posti nella ratificazione presso il not. Frasca leggesi quanto
segue : « Item processit ex patto quod lU.mus et Excell.mus dominus
« dux et Comes teneatur ad eius expensas tradere copiam preseutis ra-
« titìcactionis autentliicam et fidem undique fecientem dicto illustri baroni
« avreudataiio ad ettectum illam micteudi dicto baroni Item etiam
« processit ex pacto quod idem excell.mus dominus dux et comes teneatur
« obtinere a sua Ucyia majestate consenitnm rer/ium super prnemissis neces-
« sarium et opportunnm ».
(1) I documenti che il De filasi cita sul proposito più non si trovano:
però il seguente rogito, esistente ne' bastardelli di not. Pietro Antonio
Balduccio, sovviene in parte al loro difetto : « Eodem (die) Villi mayj
« X ind. 1567. — Rev.da domna margarita de montesa abatissa ven.
«abacie sancti salvatoris terre alcami ordinis sancti benedicti , coram
« nobis, sponte ingabellavit et ingabellat ant.no Sanctoro de dieta terra,
« mihi notarlo cognito presenti et stipulanti, oflìcium ut dicitur di ma-
« stro di chaza prò anno XI ind. proxime future cum omnibus juribus,
« obvencionibus, emolumentis honoribus et oneribus ad dictum ofticiuin
88 MISCELLANEA
che, divenute le monache proprietarie del detto ufficio e dovendo
queste per la percezione della gabella ricorrere all'aiuto di per-
sone mercenarie o darla in affitto, si fossero coll'andar del tempo
verificati abusi e vessazioni tali da richiedere un riparo dalle
autorità locali. Qual meraviglia perciò se a porre un freno a sif-
fatti inconvenienti si fosse convocato nel 1588 un pubblico con-
siglio, composto, secondo il solito, degli oficiall e, de' buoni huo-
mini della terra (1) al fine d'ordinar meglio e correggere i Capitoli
« spectantibiiR et pertinontibus , prò ingabellacione nnciarum decera et
« octo ponderis generalis; de quibus dieta reverenda fatetur liabixisse et
« recepisse a dieto antonino stipulante uncias septeiu et tarenos decem
« et octo ponderis generalis; hoc modo, videlicet : une. 3 tt. 18 in salmis
« sex frumenti et une. 4 ipse parte» conipensì^verunt et conipensant prò
« exatione reddituuin presentis |uini diete abbacie facienda per ipsum
« Antoninum a primo septembris dieti anni XI ind. poxime future in
« ant«a. Ren. exceptioni etc. Et prò reliquis une. decem et tarenis duo-
« deeim dictiis antoninus vendidit et eonsignare proniisit diete reverende,
« quo supra nomine stipulanti, saluias sex frumenti boni etc. recollitionis
« proxinie future presentis anni, hie aleami, ad altius per totum menseni
«julii proxime futuri presentis anni; et vegetes tres niusti boni etc. pro-
« veniendi ex eius vinca existenti in contrata di hi montagna vindemie
« proxime future in dieta vinea in XX die mensis septembris proxime
«futuri; alias teneatur ad omnia dapna, interesse et expensas et ad ma-
«jus precium ipsorum frumentorum et dieti musti quanti phirimi vi\-
« Inerint a tempore more in antea.
« Pro pretio prout ponetur meta frnmentis in anno presenti, et mu-
« 8ti in dicto anno XI ind. ; et positis metis frumenti et niusti ; quis
« eornm refecturus erit alteri reflcere teneatur, videlicet : dieta reverenda
« incontinenti et dicttis antoninus p<'r totum mensem augusti dieti anni
«XI ind. proxime futuri , in pecunia numerata, hie aleatui, sinc aliqu-i
€ exceptioni etc.
« Promittens ipsii reverenda, (|uo supra nomine, dicto antonino stipu-
« lunti dietum ofiìcium magistri placcie durante tempore diete ingabel-
« lutionis legitimu defendere ipsumque non auferre nec auferri facere usu
« proprio mayori ingabellatione, nec prò cpiavis causa. Que omnia etc.
« Testt^H vitUH la'Jorlanda et antoninus «'aiandrino ».
(1) Tra le «ose dette dal Di Giovanni nelUi precitate Notizie Storiche
affine di provare cJie il primiero sito della città di Alcamo sia (luello
ov'esua trovjwi al prew'utii, e non il monte Bonifato, vi è (piestu :
« Né intanto vai meno a Hostenere PoMisteazu di Alcamo auterionnente
MISCELLANEA
della Kadaria ? — Ma perchè ordinarli e correggerli gli officiali
ed i huoni hnomìnt della terra se la gabella non spettava al Co-
mune ? — Le adunanze dei Consigli di Alcamo in quel tempo,
come ne fan fede un buon numero di atti giacenti nell'Archivio
de' Xotari Defunti della <;ittà, eran sempre presiedute da un rap-
presentante del feudatario, che i)er lo più era il Governatore, o
il Capitano. Questo rapi)resentante , riunito che si era il Consi-
glio e lettasi la pratica posta all'ordine del giorno, pigliava su-
bito la parola ed esprimeva sulla i)ratica il proprio j)arere. Doj)o
il rappresentante parlava colui che gli stava più vicino, appro-
vando pienamente il parere del rappresentante; indi un altro vi-
cino all'approvante, che diceva ut jn-oximiis, e così tutti gli altri
di seguito dicevano ut proximutt. Di guisa che il risultato della
votazione era sempre 1' api)rovazione del parere del rappresen-
tante del feudatario. E dunque 1' espressione ordinati e corretti
per l'officiali e buoni homi ni della terra equivale ad ordinati e cor-
retti dal rappresentante del feiulatario, o meglio ordinati e corretti
dal ieudatario.
P. M. Rocca
«al secolo XIV, oltre il «privilegili regali anticu factn oliui anno do-
« niiuiie lucaruat. MCCC mense febr. etc. » citato in questi Capitoli, la
« domanda che potesse essere di nuovo rifabbricato « hi piami ki esti
« davanti In castellu in lu quali piami a suo principio erauu casi di boni
« huomini di Alcamo, li quali Ouarneri di vingintimiliali dirrupau, pri fari
<< una chitatella et ora esti in tuttu disfactii ». Que' buoni huomini che
« avevano lor case intomo al castello, accennano pel loro nome ai tempi
« normanni; e nella Membrana difatti delie Gabelle parlandosi dei privi-
« legi dei boni hoinini, si dice in tempo antico, e per quelle case che più
« non si rifecero sino ai nostri tempi, è ben fatto sapere che di là era la
« i)arte della città antica » (Donde abbia il Dì Giovanni attinto cotesta
« peregrina notizia non son buono a trovarlo), « senza la quale pur Al-
« caino già era in sulla tìne del secolo XIV terra considerevole , tanto
« da voler essere nei privilegi uguagliata a Palermo e a Corleone ». I
boni homi ni , dumiue , che nel 1588 ordinarono e corressero i Capitoli
della Nadaria eran pure de' tempi normanni ?
90 MISCELLANEA
DOCUMENTI
I.
Arrendamento delle terre di Alcamo e Calatafimì^ fatto a Fabrizio Val-
fi uà mera :
Die XXV jnnij xj indictionis 1583.
(In terra alcami, intus doinnm spett.lis et exeell.tis domini Autoiij de
BaIlÌ8 judicis superiori» terraruui alcami et calatafimi)
Cum annis preteriti» domimis christoferus riva certis iiominibiis in ar-
rendamentum ceperit et habuerit ab Ill.mo et ex.mo domino don lodovi-
co enriques de Caprera ma^o admirato castelle duce medine de riosecco
et cernite comitatns modice domino terrarum aloami caccabi et calatafimi
HtAtum et coraitatum predittum uiodice et dictas terras alcami caccabi et
calatafimi cum omnibus et singulis snis juribus et hoc per tempus annornm
duodecim qui inciperint currere a ])rimo die mensis settembri» anni 1573
et durant per totum mensem augusti anni 1585 et prout in iustrumento
dicti arrendamenti latius continetur in lingua hispana die 23 raartis an-
no a nativntate Domini nostri lesu Cliristi 1575 verso postea traducto et
trunslato ex lingua hispana in latinain per mag.cum jacobum gratianum
notsirium et scribain regium ratifìcatoque et approbato per lU.mum do-
niìnum da melgar fìlium primogenitum et indubitatnm snccessorent do-
mini IH. mi et ex. mi domini dncis et comitis et regia confirmatione cor-
roborato postea verum ad dictum dominum de riva dictum arrendamen-
tuni fnerit renuntiatum et relaxatnm per (juoddam instrniiKMitnm jìnhli-
cum factum in civitate Lisbone in attis mag.ci nielchionis de monte al-
vo die v^ niensÌR aprile 1576 tradductum in lingua latina ex lusitana
p<T eundem mag.cum de gratìano die xvij augusti eiusdom anni <'t ul-
timo loco traiiKuntatiiiii in attis mag.ci notar! antonini huara imnormi
die xxviii.j january 1577 vg indictionis. Kt rebus sic stantibus fuerit
pcir dictum de riva fiittum arrendamentum de terris alcami et calatatl-
nii cum omiiibiiK eorum ftMidis et Juribus eorum universis Illustri do-
mino Fabritio Vnlguaraera baroni gudurani prò gabella unciarum dua-
ruinmilb- cf si-xcentarum prò anno cum aditu une. 700 in favorem
MISCELLANEA 91
(lieti domini baronis de residui» maturatis pertineutibiis ad dictam
de riva eo modo et forma prout contiuetur in attu diete subingabella-
tiouis in attis dieti de iazara fatti die iij. februarij vij. ind. 1578 cum
assensu vieeregio prò anni» settem de (juibus sunt uiatiirandi et eursuri
anni duo et menses. Et durante tempore predieto subingabellaetiouis
eum fuisset destinatus ab excellentia dieti IH. mi domini dueis et eomitis
in lioe Regno sieilie Ill.is et reverendus pater frat^r franeiscus reeio or-
dinis observantie sancti francisci ad visitandum eomitatum et terras pre-
dietas et habendum a posse dieti domini de riva eomitatum predictum
et cum commissione liabendi ad cambium vel quoeumque alio modo pro-
curaudi scutos viginti millia prò aliquibus negotiis peragendis et dicto
Ill.mo et ex.mo domino ducis et corniti necessariis et existeute dicto Ill.e
et rev.do patre fratre francisco in hac terra Alcanù prò causi» predictis
et visitando tara terram predietam Alcami quam calatafìmi invenerit ter-
ras predictas et vaesallos sue III. me domimitionis adeo et taliter conten-
tos de guberno et administractione justitie dieti lll.i domini Baronis quod
instanter et instantissime predieti vassalli simul jnneti cum mag.cis do-
mini s juratis supplica verunt ipsum illustrem et reverendum quod omni-
no vellet supplicare predicte excellentie 111. mi domini dneis et eomitis
quod de cetero sua IH. ma dominatio remaneret contenta quod ipse Ill.is
dominus Baro eos gubernaret et videns hoc dietus Ill.is et Rev.dus ex-
titit multum c<mtentus considerando quod excellentia dieti III. mi domini
dueis et eomitis remanebit disgravatus de conscieutia prò dieta bona ad-
ministratione justitie facta et facienda dictis suis vassallis et tanto magia
quod dietus Ill.is dominus baro prò accommodandis negotiis predicte ex-
cellentie dieti 111. mi domini ducis et eomitis se obtulit prontus accommo-
dare scutos decem millia gratis absque interesse prò annis quatuor nu-
meraudis a die eonsignationis presentis contractus ratifleationis per to-
tum annum XV ind. proxime future <iuod videns dietus Ill.is et Rev.dus
ad nomen dieti 111. mi et exc.mi domini ducis et eomitis acceptavit obla-
tionem predietam et voluit dictis vassallis compiacere et requisiverit di-
ctum illustrem dominum baronem quod remaneret contentus per alios
annos novem numerandos a «lie finiti termini subingabellaetionis predicte
continuare in arrendamento predieto et in administnatione justitie dieta-
rum* terrarum Alcami et Calatafimi tjvm jjro exoneratione conscientie
dieti III. mi et exc.mi domini ducis et eomitis quam prò contento civium
dictarum terrarum et re<iuisiverit ipse Ill.is et Rev.dus ipsum dominum
Baronem quod vellet ingabellare dictas terras ad rationem unciarum dua-
runi milUesexeentarum prò anno prout enint sibi ingabellate a dicto de
riva et recusante ijiso Ill.e domino barone ex quo ingabellatio predieta,
erat i)ro dictis untiis duabus mille sexcentis cum beneficio ipsius ill.is
domini baronis une. 700 prò tantis residuis sibi cessi» tenore dieti inga-
92 MISCELLANEA
bellationis et tandem discusso negotio Inter eos extitit contentus dictus
dominns Baro sibi dietimi arrendanientum prò dictis untiis duabiis mille-
sexcentis capere et ex quo a dicfco domino de riva habuit ipse lU.is do-
minns baro dictiis uncias 700 contentatur tantum liabere untias 400 quo-
niam alias untias tricentas gratiose relaxavit et remisit dicto lU.mo et
exc.mo domino duci et corniti et lioc ut possit durantibus dictis annis
novem sibi reinburzare dictos scutos decem millia et ideo discusso et
tractato negotio predicto inter dictum Ill.em Dominuui baronem et di-
ctum Ill.em et Rev.dum patrem franciscum ambo extiterunt contenti et
devenerunt ad infrascriptum ingabellationis actum arrendamenti predicti
nt infra :
Propterea hodie pretitulato die prefatus Ill.is et Rev.dus pater frater
l'ranciscus Recio uti procurator dicti III. mi et exc.mi domini Don lugdo-
vici Enriquez de Caprera ducis et comitis ut supra ac domini predictarum
terramm alcami caccabi et calatbatimi virtute procurationis facte in actis
mag.ci notarii Antonij frasca Madrid die xxiij octobris xj ind.nis instan-
tis transumptate in urbe felici Panhormi in attis mag.ci notarii Joseph
thoscano die etc. a quo Ill.mo et exc.mo dcmiino duce et comite etiam
dixit habere speciale mandatum et omni alio meliori nomine et modo etc.
prò quo Ill.mo et exc.mo domino duce et comite ac IH. ma et exc.ma domina
Donna Anna de Caprera ducissa et comitissa dicti coiuitatus et domina di-
ctarum terrarum ejus uxore nec non et prò Ill.mo domino Don lugdovico
Enriques de Caprera comite de melgar eoruni tìlio Primogenito et indu-
bitato successore dicti comitatus et dictarum terrarum emancipato ut pa-
tet tenore actus emancipationis in actis egregij notarii Petri de castiglio
in villa medine de Rioseco die xv novembris 1580 Ipse ill.is et rev.dus
de ratlio promisit et promittit Juxta formam rithus magne regie curie
hi^jus regni Sicilie presentem contractum omniaque et singula in contenta
cum auctoritAte ipsa IH. ma domina et exc.ma ducissa et comitissa dicti
111. mi et exc.mi ducis et comitis ac jndicis literati presentem contractum
omniaque et singula in eo contenta infra terminum mensium sex ab hodie
numerando ratliiflcabunt acceptabunt laudabunt et pienissime contìruia-
bunt cum inserto tenore presentis contractus et se contentabunt prò eis
et eorutn successoribus infrascriptum arrendanientum fuisse et esse inga-
Itellatuin dicto et infrascripto domino bai'(mi et de omnibus in presenti
contra<-tu coutentis et de soIution(>, tiemla predictoruui et iufrascript<n'um
Hcntoruin decem millium exbnrzandoruni per dictum dominum baronem
»nti(;ipat4; dicto Ill.ni<» et exc.mo domino duci et comiti soli et insolidum
renuntiando juri de primo et principali conveniendo prò eis et suis suc-
ceHHorìbns se obligabuut dicto et infrascripto domino baroni ad eoruin
Kohictionem et ad omnia et siugula in presenti «'oiitractti contenta et ex-
preMHuta ningula hinguli» refen-ndo copiaui cuius nitittcactionis rum con-
MISCELLANEA 93
sensii licentia dispensactione ac conti rraactione regia presentis contractus
aiithenticain cnin fide et sigillo loci ubi ipsa ratificatio fieri et infra dictiim
tenipus ad expensas dicti IH. mi et exc.mi domini ducis et comitis traddere
et consign.are dicto et infrascripto lU.i domino baroni et in suis propriis ma-
nibiis alias eo termino elasno et non consegnata ratificatione predicta prò
modo ut supra dictum est cum licentia dispenstictione ac coutìrmactione
regia presentis contractus sit et esse debeat in electione et voluntate ac
arbitrio dicti Ill.i domini baronis si vellet stare presenti ingabellationi aut
ab ea se desistere ex pacto etc. sponte dictis nominibus et cum alio me-
liori nomine etc. et cum dieta rathi promissione mihi prius notario co-
gnitus ingabellavit et arrendavit ac ingabellat et arrendat titoloque et
causa liujusmodi arrendamenti et ingabellactionis habere licere c«mce8sit
et concedit ac voluit et vult prò dictis Ill.mis et exc.nns domiuis duce et
comite ducissa et comitissa et eorum successoribus ac IH. mo domino Co-
mite de melgar pretato Ill.i domino fol)ritio valguarnera Baroni gudemni
civi Panhormi mihi etiam cognito presenti stipulanti et ab eo dictis no-
minibus prò se et suis successoribus et jus et causam habentibus vel ha-
bituris ingabellanti et conducenti terras Alcami et Calathafimi cum eorum
castris et cum infrascriptis eoruui pheudis gabelli» et redditibus inferius
espressandis videi icet :
In primis quo ad terram Alcami
la gabella di la baglia
la gabella di la dohana
la gabella di lu vinu
la gabella di la salsnmi
la gabella di la carni
la gabella di la scannatura
la gabella di li possessioni
la gabella di lo m.ro notariato di la curti (capitali
la gabella di lu fumu
la gabella di lu pilu
la gabella di la mundiza
Et li censi pri unci dui e tt. quindici
Et (pio ad tei-ram Calathafimi
In primis lo fego di ancibeni
lu fego di bigotia
lu boscu di la furesta
lu fego di lo sasi
lu fegu di condicidelsi
lu fegu di scorciagattu
lu fegu di domingu
lu fegu di falanga et fastarà
94 MISCELLANEA
hi fegn ili runciuni
lancaldara et tutti li «jabelli di la terra
li stivari ili lo bosco
li restiici di li connini
li ceusi
in fegu di satìla
la fegii di risignolu
li affidi di li comuni
Et li marcati di li comuui
Ac etiam cum omnibus et siugulis aliis earuiu et cuiuslibet ipsaruni
fendis gabellis introitibus fructibus et proventibns et aliis earum univer-
8Ìs juribus et prosertim onuimoda Jurisditione civili et criminale alta et
ba.ssa prout et quemadmodum ipse Ill.mus et exc.mus dux et comes lia-
bet tenet et possidet virtute suornm privilegiorum dictarum terrarum Ri-
cami et calathafimi et (luorumvis aliorum attorum contractnum.et provi-
sionum guberno administractione jnstitie nec non et cum potestate creandi
et nominandi gubematorem unum seu pluries judices capitaueos juratos
vicecastellanos carcerarios et alios quosvis offìciales terrarum predictarum
et cuiuslibet ipsaruu: illis modo et forma prout tacere potest et bue n-
sque potnìt et poterit iu ftitunim ipse Ill.mus et exc.mus dominus dux
et Comes et sui successores vigore privilegiorum dictarum terrarum et
non aliter nec alio modo.
Et hoc prò annis novem continuis et completi» videlicet : xiiij xv
p. ij iij iiij V vj et vij ind. proxime futurarum
Totas diftas terra» alcami et calathatìmi ut supra arrendatas integras
cum snpmdictls et aliis quibuscumqiie earum et cnÌTislibet ipsarum pheu-
«lis gabellis fructibiis Juiibus introytibus et proventibus seoretia fundacis
stantii» castris ipsarum terrarum prout inferius molendinis a(]uis aciuaruui
decursibus et molendinorum saltibns si qui sunt stantiis speluncis mon-
tibus vallibus foveis tuguriis fontibus terragiìs lierbagiis mandragiis et
cum omnibus et singulis terris cultis et incultis marcatis nvboribus do-
mestìcis et silvestribus nemoribus censualibus gabellis dotianis arrantariis
caniperiis liayulactionibus censibus et prestactionibus consensuum penis
spn'tis penis viis itineribus passagiis introitibus proventibus et obven-
tionibuH ipsarum et guberno predicto et jurisdictionibus |»rodi<'tis civili
et criminali modo ut supra et cum potestate capiendi residentiani sive sin-
dac^ihim onicìaliuiii dictarum t<>rrarum eo nu>do et forma prout potuit e
pt>t<'Ht ipse lll.muH et exc.mus dominus dux et comes et cum potestate
creandi et nominandi gubermit^>res unum sj'.u plures et alios «dlìciavles ter-
rarum predictarum et cum aliis Juribus et pertinentiis diclaruui terrarum
Alcami el Caliitalimi earum(|ue int<>gro et indiminuto statu eis modo et
fo?-iM!i proni il ■|iiiim:i<ImiimIiiiii ipMc jll.iiins el excel. iims dimiiinis dux et
MISCELLANEA 95
Comes terras predictas cura predictis omnibus ut supra arrendatis habet
tenet et possidet nec non et dictas jurisdictiones et potestates creandi
et nominandi gubernatore et sofficiales cum omnibus juribus et prehemi-
nentiis prout habet tenet et possidet in quibus tenere et possidere potest
justa formam predictorura suorum privilegiorum uil escluso nec reservato
prò dieto ill.mo et excel. mo domino duce et comite sed omnibus translatis
in ipsum illustrem dominum baronem arrendatarium presentem et stipu-
lautem i>ro se et successoribus suis seu jus et cansaui liabentibus vel ha-
bituris ab eo modo et forma supradictis et non aliter nec alio modo.
Inclusas et strasactatas t^rras predictas Alcami et Calatafimi seu ve-
vius earum pheuda ad omnem et «luemcunque usura tam massiirie quam
herbagii qnornmcumque anim^lium ad electioneni et voluntatem dicti ilu-
stris d<miiiii baronis stipulantis et aliorum ab eo jus et ciiusam habentium
vel habiturorum et non aliter nec alio modo.
Reservatsi si et quantus opus est et de jure requiritur et non aliter
nec alio modo licentia Regia quo a*! jurisditiones predictas et non a-
liter nec alio modo ad quam impetrandam t«neatur dictus ill.mus et
excell.mus dominus dux et comes ad eius expeusas modo et formam ut
supra dictum est in rathi promisione.
Constituens se prefatus illustris et reverendus nominibus predictis prò
eis et suis tei-ras predictas Alcami et Calatafimi eiusque gabellas pheuda
et jura supradicta et ipsarum pheudoru<n herbagia ter ragia et universa de-
super arrendata et ingabellata cum eorum dependentibus eraergentibus et
connesis et cum jurisditionibus predictis et potestate creandi et nominandi
gubernatores et offlciales prout supra et cum eorum toto integro statu ter-
rarum predictarum a primo die mensis septembris anni XIV ind. proxi-
me future 1585 in antea et ex nunc prò tunc et e converso nomine et prò
parte dicti illustris domini arrendatarj stipulantis et ab eo juset causam
habentium vel habiturorum per coiistitutum tenere et possidere a dicto
die primo mensis sept«mbris anni XIV ind. 1585 proxime future donec et
quousijue de predictis omnibus dictus illustris dominus arrendatarius ce-
perit iutraverit et habuerit corporalem vacuain et expeditiim ac naturalem
possessionem quam iutrandi capiendi et habendi propria auctoritJite et de
facto absque iussu ourie et magistratus decreto prefatus illustris et reve-
rendus arrendator dictis nominibus illustri domino arrrendatario stipulane
et recipienti prò se et suis successoribus et ab eo jus et causam haben-
tibus et habituris auctorita.tem liceutiam et liberam tribuit et concessit
potestatem ac de jure contulit pariter et de fatto.
Ad habendum per ipsum illustrem dominum arrendatarium stipulantem
et alios ab eo jus et causam habentes vel habituros me notario prò eis sti-
pulante predictas tt'rras Alcami et Calatatìmi cum suj)ra dictis omnibus et
singulis desuper arrendatas et arrendata a dicto die primo mensis septem-
MISCELLANEA
bris anni predicti XIV imi. proxime future in antea prò annis novelli inte-
gris continuis et conipletis a «lieto die primo mensis septembris XIV ind.
predicte ennmerandis et eui-siiris per totum dictuin mensem augusti dicti
anni VII ind. inde sequentis tenendura possidenduiu uti truendum gau-
dendum frnctus et introitns percipiendnm ipsasque terra» gubernandnni
jurisditionibiis jireditis utendum aliisque illas in totum vel in partein ri'-
nuutiandum sublocanduiu subarrendum aut alium vel alios in participes
reoolligenduni duminodo quoti non pt>88Ìnt sub arrendare nec ingabellare
euin jurisditione eivile et eriiuinale et omnia alia et singula ei et aliis
ab eo jus et eausaiu habeutibus et habituris beuevisa faciendum prout
et quenia<linodum ipse illustrissimus et excellentissiiuus doiniuus dux et
eonies omnia predieta tacere posset virtut* suorum pri\ ilegiornni et quo-
cumque alio jure ei iiielius competente et competituro et non aliter nec
alio modo.
Cedens et trsinsferens ideo pretatus illustris et reverendus nominibus
predictis illustrissimi et excellentissimi domini ducis et dueisse et comitis
et eoram successorum eidem illustri domino baroni arrendatario stipulanti
prò se et aliis ab eo jus et caiisiim liabentibus vel habituris et ab eo reci-
pienti omnia et singula Jura omnesque actiones rationes et causas reales
et personale» utiles directas mixtas tacitas et exprexas pretorias et civiles
et alias quascumque ac spem et exercitium ipsorum jurium et actionum
«luem et quas et quod liabuit habebat et habet nominibus iam dictis ac
potest et sperat habere et que sibi dictis nominibus competunt compe-
tebant aut competere possunt quoomolibet durante termino dicti arren-
damenti in omnibus et singulis predictis desuper arreudatis et in eoruni
<lefenctione et in jureexpellendi et revocandi vicecastellanos dictsirnin ter-
rarum in annuali exatione et consecutione introituiim jurium et prò vven-
tuuni dictarum terrarum et aliorum pheudoruin gebellarum et aliorum
universorum jurium ipsoruraqne pheudoruin jurium et gabellarum nec
non et in gabellis pheudoruin et gabellarum de pertinentiis dictarum ter-
rarum contra et adversus (luascumque porsonas ecclesiasticas vel seculares
virtute et auctoritate (luorumcunuiue contrattuum et (piarumvis scriptuia-
runi pnblicarum, privatariim et sine «iuoeum«nu' et «lualitercuinque. Consti-
tiiens cuiidem iiltistrem dominum baronem stipuhintem et jus et eausam
ab eo habentes vel habituros me notjirio prò eis stipulante ])rocuratores
irre vocabiles in rem dicti illustrissimi et exellentissimi domini ducis
et comitis et suorum et ponens eos in locum suum in iiac parte ut a
modo eU:.
Et hoc prò gaUtlla et arreiidaiiuMito prò oiiinibus [uedictis lerris Al-
cami et Culatallmi et eonim pheiidis galndlis juribus proventibus juris-
ditioiiilitiK deHiiper nrreiidatiH ad ratioiiem uutiarum duaruiii mille sex-
centiiriiiii |KMidurÌH generalis moneti' liuius legiii Sicilie qiioiibet anno
MISCELLANEA 97
ipsorum annoruiu noveiu franchi a (lieto ili, ino et excel. nio duca et conte
interclu.sis in dieta ;iabella supradietis nntiis qnatiiceutis semel tantum
solvendis per dietus ili. munì et excel. munì doniiuum ducem et comitem
dicto domino liaroni prout infra Et hoc ex causa quia presens arrenda-
mentuni Init factum Inter | dictum | illustrem et reverendum et ipsuni do-
minuni barouem appontatum et aecordatum eo modo et forma prout ad
presens liabet tenet et possidet ipse dominus baro arrendamentum pre-
dictum loco gabelle prò | dictis untiis duabus mille sexeentis interclusis
in dieta gabella residuis unciarum 7(K) prout et quemadmodimi patet
tenore contractus initi iuter dictum dominum De Riva et ipsum illustrem
domiaum baronem superius preciilendati et nihilominus ipse illustris do-
minus baro extitit coutentus relaxare de dictis nntiis 700 nntias tricen-
tas et facere presens arrendamentum prò dictis nntiis duarum mille sexentis
et consecpii et habere dictas uncias (|uatricentas prò modo ut supra dictum
est et per modum ut infra solveudas et eum onere solvendi quolibet an-
no dicto arrendamento perdurante infrascriptas gravitias debitas super in-
troitibutì dietarum terrarum adseendentium iul uncias cpiadraginta prò
anno infraserii)tis personis prò ratis infrascriptis In jjrimis nntias decem
abbatie vocate de li Scalzi prò elemosina sibi concessii per dictum illu.
strissimum et excelentissimum dominum ducem et comitem . unct. 10.
Item unctias quatuor ven. cappellano ecclesie dive Marie de Grafia
prò salario sibi constituto per suam illustrissimam dominationem. une. 4.
Item untiam unam magistro notarlo patrimonii diete terre Al-
<;iiiiii une. 1.
Item Jintias viginti quincpie castellano diete terre Alcanii creato vel
creando ab excellentia illustrissimi domini ducis et comitis prò eius sa-
lario une. 25.
Qiuis grjivitias dietus illustris dominus arrendatarius causji supradicti
arrendamenti se accollavit et aecoUat termino dicti arrendamenti perdu-
rante solvere dictis personis destinatis Et hoc absque carnagio et absque
aliqua alia solnetione et servitute et franco dicto illustre domino baro-
ne arrendatario aliisque ab eo jus et cansam habentibus vel habituris
me notarlo prò eis stipulante a regio militiiri servitio d<mativis ordinaris
et extraordinariis impositis et imponendis et ab omnibus et singulis sub-
jugationibus et eorum interusnriis et decurrendis oneribus servitutibus
et obligationibus et hipotecis generalibus et specialibus quovis nomine
nunenpentur seu nuncupari possent a (juibus omnibus et singulis predi-
ctis regio juilitario servitio donativi» ordinariis et extraordinariis subju-
gationibus et eorum interusuriis decursis et decurrentis servitutibus obli-
gationibus hi|)otecis et aliis prenarratis dietus illustris et reverendus no-
minibus prcdietis promisit et se obligavit et obligat dicto illustri domino
arrendatario et aliis ab eo ius et causam habentibus vel habituris me
Arch. Stor. Sic. N. S. anno XXX. 7
98 MISCELLANEA
notano prò eis stipulanti et inquilini» berbageriis terrageriis conductori-
bus gabellotis detemptoribus et possessoribus dictaruum terrarum Aleanii
et Calataflmi et eorum feudorum juriiim et gabellarum eos omnes et
quemlibet eonim eorumque lieredes et bona me notario pio eis stipulante
servare indennes indemnia penitus et sine danno et ab omnibus et sin-
galis dannis lucris cessantibus et que cessaverint interesse et expensis
eis et ipsorum cuilibet causji premissoruui omnium et singulorum qnomo-
dolibet causjindis tìendis et incurrendis. Ita (|uod in easu quo dictus il-
histris dominus arrendatixrius ant alii ab eo jus et causam habentes vel
habituri vel inquilini burgenses terragerii herbagerii et alii detemptores et
possessores dictarum terrarum Alcami et Calatafìmi eorunniue pheudorum
et gabellarum juriuni et universorum introituiim predictorum desuper ar-
rendatorum et ouisvis pars ipsanim et ipsorum et quilibet quamdocuraque
<|uocumque qualitercumque semel et plui'ies aliquod damnnm causa et oc-
casione premissorum subirent et paterentur quod utique illud dicto casu
fort« veniente dictus illnstris et reverendus nominibus predictis se obligavit
et obligat incontinenti retìcere toties ([uoties casus evenerit dicto illustri ar-
rendatario stipulanti seu cui dannunt causaretur me notario pi'o eius stipu-
lante. In i)ace et de plano omnibus oppositionibus et exceptiouibusjuris et
facti remotis penitus et expresse renuntiatis itji quod eveniente dicto casu
possint et libere valeant dictus illustris dominus arrendatarius et alii ab eo
jus et causiim habentes vel habituri et ille persone quibus damnum cau-
saretur etiani nondum facta soluctione nec expectata interl(»cutoria nec
habitis juribus cessis sed simplici illata molestia procedere via executiva
et omni alio meliori modo exceptionem causare contra dictum illustris-
simum et excell.um dominum ducem et comitem et ejus bona in quovis
foro juditio et magistratu etiam incompetenti adversus quam exceptionem
et presentis contractus formam non possit se opponere prout infra et in
tali casu possit et valeat dictus ill.s dominus arrendatarius et alii ab eo
jus et causam habentes vel Inibituri possint et libere valeant summam
solvendani etiam prò concurrenti quautitate dannorum interesse et expen-
saruni et lucrornni cessantium capere et recipere semel pluries absqne a-
li(jua notifica«'ti<me facienda ad cambia et recambia prò (juibusvis mundi
partibuK et per infra (|uam per extra Regnum vel sibi ipsi ractionari ut
dicitur contariseli U8(|ue mi integrani et eftectivam soluctionem ad danna
ed int4»re«He dicti illustrissimi et excell.nji tlomini ducis et comitis de
qiiibuK oninil)us et singulis lucris cessantibus et dannis interesse et ex-
penHÌH cainbiortim et recanihiorum v{ eorum caidurn credatur et «te-
tur ac eredi et stari debeat sol<) simplici Juramento dicti illustris do-
mini liaronis arrendatarj stipulantis seu illinum <|iiil>us dannum vve-
nlftt me notario pr« «Ih Htipnlante nulla alia probaetione verificatione in-
trinneca vel extrinsera necessurìji lienda quod jurann-ntum prestai] possi!
MISCELLANEA 99
in fjiiovis foro juditio iiiagistrsitii etiaiu per actum publicum penes qiiem-
vis notariuiii alt.sque alùpia uotificactioiic tìeinla ex parto uoii obstantibus
<]UÌbuKvis jurilnis constitutionibus et aliis in contrarinni «lictantibns vel
disponentibus (piibns et eoruni benetitiis dictus illustris et reverendus ar-
rendator noniinibus predictis euni juraniento expresse renuntiavit et
rennntiat.
Et eurrentibiis vel non currentibus cambiis et recambiis predictis ca-
piendis vel rationandis nt snpra liceat et sit licituui dicto illustri domino
arrendatario stipulanti seu aliis ab eo Jus et causani habentibus vel ha-
bituris et quibus danuuni eveniet centra ipsuiu illuHtrisHiniura et excel-
lentissiinuni dominum dnceni et coniit^^m et ejns bona exceptionem cau-
sare in <iuocuuqiie foro etiaiu incompetente adversus tjuam exceptlo-
neni et presenti» contractus formam et extrenjorum (I) verificactionem et
dictum jiiramentum prestandum non possit se oppouere prout infra.
Remanente tamen illustr.nio et excell.nu> domino duce et comite seni-
per obligato ad interesse cambiariim usque ad integram et efiectivani
soluctioneni de quibus similiter possit fieri exceptio modo et forum pre-
dictis singula singulis referenda.
Ita (juod sit et esse debeat in electioue dicti illustris domini arrenda-
tarii stipulantis et aliorum ab eo jus et causiim liabentium vel habitu-
rorum dictam summain penes se retinere de pretio seu gabella supra-
«licta auctoritate j)ropria et <le facto absipu- juasu curie et magistratuum
decreto ad ejus electiouem et voluutatem leseivata sibi potestate variandi
et nou aliter uec alio modo ex pacto.
Quod (piidcMi arrendameutum ad rationeui predictarum untiarum 2600
in pecunia ponderis geueralis franchi a dicto lU.mo et excell.mo domino
duci ultra gravitias desuper accollatas quolibet anno dictorum auuorum
novem prefatus illustris dominns arrendatarius sponte promisit et se ob-
bligavit et obligat realiter et cum ett'ectu dare et solvere dicto Ill.nio et
excell.mo domino duci absenti me notario prò eo stipulante vel persone
legitinie prò eo vel depositare ad eius nomen quolibet anno in tabula fe-
iicis urbis Panhormi deductis prius et retemptis per ipsum illustrem domi-
num baroncm predictis et infrascriptis sciiti» deceni mille et predictis
uutiis quatricentis prout saprà dictum est et infra melius expressabitur
hoc modo videlicet; gabellam priuìi anni xiiij per totum mensem octobris
anni xv ind.nis gabellam anni xv ind.pis per totum mensem octobris prime
ind.nis gabellam anni prime ind.nis per totum mensem octobris anni se-
cuude ind.nis gabellam anni secunde ind. per totum mensem octobris anni
tertie ind.nis gabellam anni III. ind.nis per totum mensem octobris anni
quarte ind.nis gabellam anni quarte ind.nis per totum mensem octobris
anni v. ind.nis gab<'llam anni <iiiinte ind.nis per totum mensem octobris
anni seste ind.nis gabellam anni .vi ind.nis per totum mensem octo-
100 MISCELLANEA
bris anni septirae ind.nis et gabellain anni septem ind.nis nltirai anni per
totum mensem octobris anni octave ind.nis proxime futuranim dediictis
tanien prius j)er ipsnni illustieni doininuiii baroneni de dieta gabella et
super gabella priinorum annonini xiiij et xv ind.nis snpradictis et infra-
scriptis scutis deceinniille per ipsnm dominum baronem dicto illustrissimo
excell.iuo domino duci et corniti exburzandis et supradictis et infrascriptis
untiis 400 per ipsum ill.iuum et exc.uiuui dominum comitem debitis dicto
domino baroni loco et causa pradictarum untiarum 700 residuorum prout
supra dictum est Et hoc in pace et de plano sine aliqua exceptione juris
vel facti etc.
Et quia dictus illustrissimus et excell.mus domiuus dux et comes in-
diget et opus habet de dictis scutis decem mille prò illis erogandis ntque
convertendis prò aliipiibus suis negotiis et occurrentii ut supra dictum
est que fuerimt oblate per dictum illustrem dominum baronem absque
interesse propt^rea prefatus illustris dominus baro ad requisitionem peti-
tionem et instantiaui dicti illustris et Reverendi uominibus predictis se
obligavit et obligat realiter et cu in affectu ne premisit et promittit dicto
illustrissimo et excell.mo domino duci absenti dicto illustre et Rev.do
ejus procuratore et commissionato et me notarlo prò eo stipulantibus sol-
vere sibi vel persone legitime prò eo vel depositare in tabiila felicis ur-
bis Panhormi dictos scutos decem mille argentee mcmete liu.ius Sicilie re-
gni ut dicitur a tari dudici per scuto francos et liberos absque aliqua
empara vel sequestro infra terminum mensis unius numerandi a die con-
signationis in manibus propriis ipsius illustris domini baronis ratificactio-
nis presentis contrattus cum predicto regio consensu et dispensactiime ac
confirmactione modo et forma prout supra dictum est.
De quibus quidem scutis decem mille superius exburzandis et sol-
vendis per dictum illustrem dominum baronum et de dictis untiis qua-
tricentis sibi debitis et solvendis per dictum illustrissimum et exell.um
dominum ducem et comitem loco et causa dictarum unt. 700 residuorum
prout supra dictum est ipse illustris domiuus baro jmssitet libere debeat au-
ctoritat« propria et de fato sibi ipsi solvere et satisfacere super predicta
gabella arrendamene predicti et super predictis untiis duabus mille et sex-
centis in duobus priuiis aunis dicti arrendamenti hoc modo videlicet: in pri-
mo anno xiiij iiul.nis possit sibi reliuere et solvere scutos sex uiille sive
untias 24(K) in compotum scutonim decem mille sive une. 4000 exburzando-
ruin per ipsum illustrem dominum baronem et scutos quingentos sive unt.
ducentoH in compofnui dictarum uuiiarum 400 <lebilarum i)er dictum il-
lustrissimum et excell.um dominum ducem (^t ccuuitem dicto domino ba-
roni ut supra dictum est Et in secando anno xv ind.nis scutos (puituor
mille sive unt. IfiOOad complimentuin supradictorum scntoriiiii de.-em mille
et scutos quiugeutoH sive uut. 200 ud conqilimeiilnni sii]>t':i<li('tiirnni uni.
MISCELLANEA 101
400 dicto domino baroni debitarum per dictum illustris.um et excell.mum
doniinum diicem et coniiteui et iint. octiugentas ad couipliinentuin pre-
dictaruni untiarurn 2600 debitarum per dictum dominum barouem dicto
illustrissimo etexcen.mo domino duci et comiti prò gabella secondi anni xv
ind.nis predicte dictus illustris dominus baro dare et solvere promisit pre-
dictoill.mo et exeell.mo domino duci et comiti absenti eto. vel persone legi-
tirae proeo aut depositare in dieta tabula urbis Panhormi ut superius dictum
est per totum mensem octobris anni prime ind.nis proxime sequentis Et ga-
bellam vero aliorum annorum septem ipse illustris dominus baro dare et sol-
vere promisit dicto ill.mo etexc.mo domino duci et comiti absenti me nota-
rlo et dicto illustre et reverendo ejus i)rocuratore pi'o eo legitime stipu-
lantibus modo et forma supradictis scilicet untias 2600 prò gabella anni
prime ind.nis per totum mensem octobris anni ij ind. untias 2600 prò
gabella anni ij ind.nis per totum mensem octobris anni tertie ind.nis
untias 2600 prò gabella anni iij ind.nis per totum mensem octobris anni
iiij ind.nis untias 2600 prò gabella anni iiij ind.nis per totum mensem
octobris anni V ind.nis untias 2600 prò gabella anni V ind.nis per to-
tum mensem octobris anni sexte ind.nis untias 2600 prò gabella anni
vj ind.nis per totum mensem octobris anni vij ind.nis untias 2600 prò
gabella anni vij ind. per totum mensem octobris anni viij ind.nis pro-
xime futururum in pace etc.
Quos quidem scutos deceuì mille cura predictis untiis quatricentis ut su-
pra dictus illustris et reverendus dictis nominibus ex nunc prò tunc et e
converso deduxit et deducit de dieta gabella predictorum annorum xiiij
et XV indictionum proxime futurarum eoscjue et eas compensavit et eom-
pensat ac bouos fecit et facit dicto illustri domino baroni stipulanti vel
jus et causam habentibus vel habituris ab eo me notarlo prò eis stipu-
lante super ipsa gabella uutiarum 2600 prò anno per eum debita in di-
ctis aunis xiiij et xv indictionum modo quo supta et non aliter nec alio
modo omni contradictione cessante.
Sub pactis legibus et condictionibus iufrascriptis et unoquoque ipso-
ruui inter eos accorda tis et juramento tìrmatis sub quibus et eis precedenti-
bus fuit deventum ad presentem contractum et non aliter nec alio modo.
Et primo quod casu quo tempore presentis arrendamenti quod Deus
advertat fuerit in dictis terris seu in illarum parte supra arrendatis pe-
stis aut invasio inimicorum quorum causa redditus et gabelle introitus
et proventus dictarum terrarum seu ([uelibet ipsarum portio venerit in
diminutione majoris partis fructus quod tali casu prefatus ill.mus et
excell.mus dux et comes teneatur et obligatus intelligatur satisfacere et
solvere huiusmodi damnum et diminutionem prefato illustri domino baro-
ni stipulauti vel jus et causam habentibus vel habituris ab eo me nota-
rlo prò eis stipulante quemadmodum et prout declaraverint due persone
102 MISCELLANEA
nominande una per ipsiim ili. munì et exell.niuni dominum duoeni et alia
per dictuni illustrein douiinuin barouein et in casu discordie per tertium
eligeudum per ambas partes et in casu renitentie ipsarum partiuni per
judiceiu ipsius loci in quo deolaratio predicta erit facienda de qiiibus qui-
deni declaratiouibus daninoruin et intei'esse ipse doniinus baropossit excep-
tioneni causare centra dictum ill.mum et exc. dominum ducem et comi-
tem et eius bona in quocumque foro etiain incompetenti eti<im in magna
regia curia cuius Sicilie regni adversus quam non possit se opponere dictus
excell.mus dominus dux et comes quin prius solveat et adimpleat ut infra
ex pacto etc.
Item proeessit ex pacto quod ipse illustris dominus baro arrendarius
prò administratione justitie et offitii dicti gubernatoris tam ipse qnain
alii gubernatores per euni eligendi vel substituendi in oltìtio predicto
t«neatur et stare debeat sindaitatui et residentie in terris predictis coi'am
sindicatore eligendo per excellentiam dicti ili. mi et excell.mi domini
ducis seu eius procuratorem habentem in his spetiale mandatuni hoc mo-
do videlicet : in prima vice elapso qnatriennio dictorum auuorum novem
et in alia vice in line <licti arrendamcnti ex i)acto etc. dummodo chi lo
sindicaturi sia regnicolo oriundo et non aliter nec alio modo.
Item proeessit ex pacto quod ipse illustris dominus baro arrendatarius
teueatnr siccpie promisit ac solenniter se obligavit prefato illustri et
rev.do nominibus predictis stipulanti quolibet anno sindicari tacere per
aliquera doctorem eligeudum per ipsum illustrem dominum barouem
omnes et singulos offlciales dictaruui terrarum annuales solitos sindicare
et etiam judiceiu superiorem ipsarum terrarum elapso bieunio nune so-
lito justa forraam capitulorum dicti ili. mi et excell.mi domini duci con-
cessorum univei'sitati diete terre Alcami. Et hoc prò observaiulis capitulis
hnius Regni.
Item proeessit ex pacto (|uod casu «juo in extrenio tempore gabelle et
arrendamenti predicti dictus illustris dominus lìnro renianserit creditor
in aliqua pecuniarum sumiiìa de fructibus et introitibus terrarum pre-
dictarum qnmì tali casu possit dictas pecunìas exigi facere per secretum
per ipsum illustrem Dominum baronem nominaudum non obst^inte (juod
tempus «liete iiigabellactionis erit liiiituiii «pii «louiinus secretus uti jìossit
jurisdìctione exigendi prout tempore dicti arn^iulamenti utebatur ex pacto
omni (U)ntradictione cessante.
Item proeessit etiam ex pacto che «lieto signor illusile arrendatario
non iM>za Ktrasactare (|uuntita alcuna di terri di li comuni di Oalatatlmi
eccetto <|uelli stiano per li cittatini di d(^cta terra comuni lomv liaunn
Btato sempri.
It*ni et perche se trovam» in «letta term di Calatatìmi strasactati al
curii p«"/zi «li t«Tra parichiati niczi parichiati et (|uarti tanto «li li terri c«)-
MISCELLANEA 103
mimi di detta terra come ancora di li feghi di sua ili. ma et eccell.ma si-
gnoria in detta terra senza licentia di sua eccellentia et quelli sonno in
danno et detrimento del patrimonio di sua signoria ili. ma et ecfl.ma tanto
jjer governatori che sonno stati come per arrendatarj che hanno havuti
dette terri in gabella come per altri procuratori et secreti de la prefata ec-
cellentia sua o di qualsivoglia altra persona pertanto procede di pacto che
detto illustre sig.r Barone arrendatario pozza detti strasacti recuperari ha-
viri et consequitari et quelli aggregari al patrimonio predicto et quelli
che erano comuni tornarli per comuni come stavano innanti la concessione
di detti strasa(;ti et elapsi che saranno novi anni de lo presente arren-
damento imperoche duranti li anni novi predicti li havera di godere la
pers<ma che sua signoria ili. e et reverenda nominerà et sua eccellentia
contìrmera le quali terre alla persona a cui saranno concesse li habbia
a recoperare a soi dispese et retrovaudosi alcuni di detti strasacti che
facciano notabile danno a li supraditti feghi ingabellati ut snpra tali casu
li dieti strasacti statilo recoperati che sarranno habbiano di tornare co-
muni come stavano refacendo ditto Sig. barone li spisi a la persona che
li recuperirà et questo a dispese cioè, la recuperactioni de li detti co-
muni a dispese della eccellentia di dicto Ill.mo sig. Duca et conti et la
recuperactioni de li strasacti di dicti pezzi di terra de li feghi a dispese
di detto ili. e sig. barone de li quali terre de li feghi tantum che si re-
cuperiranno ut supra esso ili. e sig.r barone se ne possi servire et si in-
tendano aggregati a lo presenti arrendamento et ingabellatione per mo-
dum ut supra et jiro recuperactione predita prefatus illustri» et reveren-
dus dictis nominibus et cum rathi promissione et omni alio meliori modo
et nomine ect. fecit et constituit et substituit ipsum illustreiii dominum
baronem stipulantem generalem et generalissimum procuratorem consti-
tutum et substitutum irrevocabilem cum potestate comparendi in quo-
cumque foro juditio curia et magistrata ecclesiastico vel seculari qiuj
opus fuerit et incoandi prosequendi mediandi terminandi et finiendi qua-
scumque litcs super petictione predicta et utendi omnibus jurisditionibus
((iiibus uti poterat dictus ill.mus et excel. mus dominus dux et Comes
ponendo ipsum illustrem dominum l>aronem stipulantem et jus et causam
ab eo liabentem vel habiturum me notarlo prò eis stipulante in loco
proprio dicti ili. mi et excel. mi domini ducis et constituendo et substi-
tuendo eum procuratorem constitutum et substitutum et omni alio meliori
modo in hac pavie ut a modo etc.
Itera et perche si trovano essere dati li castelli di diete terre di Al-
camo et Calathaflmi si declara che se li castellani di decti castelli hab-
biano di bavere solamente lo sopraditto salario di onze 25 tantum et
dumtaxat al castellano di Alcamo restando per dicto illustre signor Ba-
rone l'abitactioui di decti castelli carceri fosso et altri pertinetii spec-
104 MISCELLANEA
tanti a detti castelli e potestà di poter fare vicecastellano et carcerario
et sua excellentia volendo nominale castellano non ci poza dar altro
che lo salario di dicti onze 25 revocando et per revocati havuti tntti
et singuli castellani et vicecastellani et carcerarli di decti castelli per
fina al presente fatti.
Et perche l'habitationi di detto castello si trova ruinata et diruta in
parti processi <li patto che detto illustre signor Barone possa expedirc
in la tiabrica di detto castello come meglio tornerà comodo a detto il-
lustre signor Barone scuti quattrocento supradecte monete cioè scuti dui-
cento de li denari di decto illustre sig.r Barone et scuti duicento delli
denari di dicto ìU.mo et exc.mo signor Duca et Conte li (juali scuti dui-
cento dicto illustre sig.r Barone se li poza retenere sopra la gabella di
decto arrendamento et in lo secundo anno di ipso arrendamento et de
la dispisa di decti scuti dui cento et da expendersi de li denari di decto
ill.mo et exc.mo signor duca et conte esso illustre signor baroue ne sia
eritto a suo solo dicto cum juraniento quod i>08sit prestari in quocumque
juditio etiam per actuui publicuni manu public! notarli quos quideni
scutos duecentos expenilendos per dictuni doniinum baroneni de pecu-
nii8 dicti ill.nù et exc.nii domini ducis et comitis prò causa predicta ipse
illustris et reverendus ex nune prò tunc et e converso deduxit et dedu-
cit de dieta gabella et de gabella dicti arrendatuenti secundi anni XV. *■
ind.nis eosque compensavit et compenaat dicto domino baroni stipulanti
et non aliter nec alio modo.
Item che l'habitationi di li dicti castelli di Alcamo et Calathatìmi et
precise di Alcamo sia di ipso illustre signor Barone di lo giorno che li
sarra consegnata detta ratifica <lel prcseuti contractu innanti a lo quali
illustre signor barone stii)ulanti dittu illustri et reverendo dictis nomini-
boB ex nunc prò tunc et e converso detti et duna auctorita et potestà
di potiri piglari la possessioni di decti castelli ex pacto etc.
Item proces.sit etiam ex pacto etc. quod dicti ili. mi et excell.mi do-
mini dux et ducissa et ill.mus dorainus comes de melgar iusolidum te-
ueautiir presentem coutractum ratificari facere per ill.iuuiii doininum don
Diecum Enriques de Caprera eiU'um liliuui secuudum genituui et fratrem
dicti ili. mi domini comitis cnm erit etntis perfecte cuni anctoritate ju-
dicJH lit4;rati (|ui se obligabit cuiu dictis ill.mis et excell.mis dominis
duce et ducissit ac coinite dicti» douiiuo baroni in casu qiuxl absit mor-
ììh dictorum duorum suoruin parentium ad restitutiouem et solutionem
predìctAruni Hcutoruni deceni mille exburzan<l()rum per dictum dominum
baronem et eornni interesse et ad omnia et singida alia in iwesenti con-
tractu cMintenta et espresHatii per autum publicum cum ins(>rto tenore
prewmtiH contractns secundum stìlum notariorum copiain cuius ratiflca-
tionÌH dicti ili. mi et excell.mi domini dnx et <lneissa iu* comes t4>iieantur
MISCELLANEA 105
•m\ eoniiTi t'xpensas cinn fide et si<;ill<» autenticam traddere et eonsignare
(lieto baioni pront sapra dictuiìi est.
Proaiittens solleiiTiiter et eouveuiens prefatus illustris et revereudus
iiojiiinilMis predictis prò dicto ili. ino et excell. ino domino dnee et ducissa
ae eoiiiite deinelj;av eideni ill.i doni.o baroni stipnlanti et aliisabeojus
causant habentibns vel habituris me notarlo prò eis stipulante de predictis
t(U"ris Arcami et Calatati mi eorumqne fendis et gabelli» et ipsorum ten-
dornm et ^abellarnm Juribns et introitibns nniversis Jurisditionibus nec
aliqna eornni |)art(^ nullo futuro tempore contra dictum ill.em domiuum
arrendatarinm stipnlantem nec suos heredes vel jus et (^lusam liabentes
vel liabituros ab eo absentes etc. litem et <iuestionem vel molestiam ali-
quam non interre nec intV'i'enti consentire ali<iuo Jnre titulo rati«)ue seu
causa de jure vel de facto inimo semper et omni futuro tempore termino
dicti arrendamenti durante et non aliter nec alio modo omnia et sinjfula
desui)er arrendata cum Juribus eoruni nniversis predictis ab omni caluu-
niante molestante et contradicente pers<ma legitime defendere guariu-
tire et disbrigare etc.
Et de qualibet et quacumque evictione teneri voluit (piovis modo
ipsa ovictio evenerit sive sequeretur alias' teneatur et temeri voluit di-
ctus illustris et reverentlus anendator uominibus pre<lictis ad omnia et
singnla dammi interesse et expensas mi lucra cessantia et damua emei-
gentia (pie ex nunc prò tunc et e converso intelligantur et sint (ìontra
dictum illustrem et revereudum arrendaut^m dictis nominibus presentem
et audientem protestata et requisita taliter quinl non sit opus aliqua alia
protestati(uie et requisitione nisi forma preseutis contractus et non aliter
nec alio modo.
De ([uibus omnibus et singulis possit fieri executio in quovis foro
Juditio et magistrata etiam incompetenti cum pa<*to de non opponendo
prò ut infra ex pacto etc.
Nec non dictus ìlhistris et reverendus dictis uominibus promisit et
se obligavit et se obligat dicto illustri domino arrendatario stipulanti et
aliis ab eo jns et causam habentibus vel habituris me nottario prò eis
stipulante predictas terras Alcanii et Calathatìrai cum supnidictis eorum
pheudis gabellis introitibus juribus suis nniversis ejnsque integro statu
ac jurisdictionibus a posse dicti illustris domini baronis arrendatjvrii sti-
pulantis et aliorum ab eo Jns et causiim habeutium vel habiturorum me
notario ju"o eis stipulante non auferre nec auferenti ctmsentire durante
termino preseutis arrendamenti in totum sive in partem prò usu pro-
prio maiori gabella etiani dupla tripla et quatrupla vendictione permuc-
tactione nec prò (juavis alia causa cogitata scita vel ignorata (piantum-
(jue urgentissima et necessaria Immo durante dicto termino ex nunc prò
tunc et e converso illas et ea C(mstituit nomine et prò parte dicti illn-
100 MISCELLANEA
stris domini bai'onis arrendatarii stipulantis et aliorum jus et causaui
habentium et habitiironiin ab eo me notario prò eis stipulaute per cou-
sti tiim tenere et possidere donec et quo usque erit flnitus terminns totins
predicti arreudamenti et uou aliter uec alio modo.
Quod qiiidera arrendamentiim omniaqiie et singula snpradicta et in- •
tsaseripta predicti contrahentes promisernnt et se oi)ligavernnt et obli-
gant ad invicem stipulantes dictis nominibns et insolidum ratha grata et
firma etc. semper habere etc. In omneni eveutnm etc. In pace et de
plano etc. Snb hypoteca et obligactione omnium et singulorum bonoriun
eorun» dictis nominibus mobiliuju et stabilium pheudalium et burgensa-
ticorum habitorum et habendorum prò eis et eorum successoribus specia-
liter et expresse sub hypoteca terrarum })lieudoruin et gabellarum pre-
dictai'uni. Cuni refectioue omnium et singulorum damnorum interesse et
expensarnm litis et extra. Et specialiter viaticarum algozirii commissarii
et procuratoris ad solitas dietas tsim conjuuctim (luam divisim ad elec-
tionem partis. Et fìat ritus et executio in persona et bonis partis con-
travenientis et variari possit etc. et presertim in casu cessate soluctionis
in temporibus predictis predicti arrendamenti me notario et dicto ili. e
et rev.do dictis nominibus sti])ulante prò dicto ill.mo domino duce. Ad-
versus quem ritum et esecutionem taciendam formam presentis cou-
tractus et extremorum veriftcationem non possint una pars contra alte-
ram se opponere excipere detendere aliquid dicere vel allegare quin prius
et ante (minia solvant et adimpleant tenorem et formam presentis con-
tractus in omnibus et per omnia. Et pignora etc. Renuntiantes omnibus
exceptionil>us doli mali metus causa etc. Et specialiter cum juraiuento
privilegio fori et regii militaris serviti! ac procerum et magnatarum per-
sonanim et benefitio moratorie quidarici supersessorie quibus juraverunt
non ut! etc. Et predicta attendere etc. Juraverunt etc,
linde etc.
Tostes spectabiles et excellentes domini Antonius «^t Johannes Ba])-
tÌBta De Ballis utrin8<iue juris doct^)r fratres magnificus et excelh^ns do-
minus loannes Baptista Mollica utrius(iue juris doctor uiagnifìcus et ex-
cellens Stephanus Politius artium et medicine doctor ac j);-othomedicus
dictanun terrarum Alcami et Calat-iifimi nmguifìcns dominus Vincentius
De .Man-antia unus ex magnitìcis dominis Juratis dicto terre Alcami et
magiiilicus l'clvMH De I.uni liisp'inus.
MISCELLANEA 107
II.
A nrndtinniiU) delle terre di Alcamo e Cuìatit Jimi , J'utto ad AuiiHxite \'(il-
<inarnera :
In iioiiiiiic Domini nostii lesn ChriRti Amen. Anno Dominice In-
carnactionis ejnsdom Domini nostri le^n Cliristi Millesimo (luin^ente-
simo nonagesimo Mense octobris die vero sextodecimo ejusdem mensis
octobris Tndietione ((narta liegnante serenissimo ae invic-tissiino do-
mino nostro domino Philipp»» Dei gnitia Kege Castelle Aragonnm n-
triiis<iue Sicilie Hierusalem Portugallie ilungarie Duhnatie Croatie Na-
varre Granate Toleti Valentie Mayoricorum Hispalis Sardinie Cordube
Corsiee Muroie CMemnis Algarbii Algezire Gibraltaris iiisularum Cana-
rie insulariim Orientalium et O-'cidentalium insularuni et terreflrnie
Maris oceani Archiduce Austrie Duce Rurgundie Bramantie et Medio-
lani Atlienarum et Neopatrie C'omite Habspnrgi Flandrii' et Tirolis Bair-
ehinone Rosgilionis et Ceritanie Marchione Orestani et Goceani felici-
tci' Amen. Cunetis pateat evidcnter (pxaliter si)eetabilis dominus Logdo-
vicus Valseea juris utriuscpie doitor eivis Panormi ut dixit hie Alcami
ad presens se reperiens in nostrum presentia personaliter constitutus bene
eognitns per me notarixim infrascriptum intervoniens ad hec veluti oom-
nnssionatus illustrissimi domini Don Ioaunis Henriques de Caprera gu-
bernatoris status terre Modice et specbìbilium doniinorum Augnstini Gri-
nìaldi i'.t Andree Valseea ejus tVatris confeitorum et Magistrorum Ratio-
nalium eiusdem Comitatns a quibus ad infrascripta omnia et singnla di-
xit habuisse et habere specialem ordinem ac speeiale mandatum dieto-
rum illustrissimi domini Don lohannis et spectabilium dominorum Augn-
stini et Andree Contat(n'um et Magistrorum Ractioualium ipsius Comi-
tatus tam veluti commissionatorum illustrissimorum et excellentissimo-
rum dominorum Don Lugdoviei Henriques de Cabrerà Magni Admiratus
rcgnorum Castelle et Donne Marie de Mendoza jugalium ducis et du-
cisse Medine de Reoseco et Coniitis et Comitisse Comitatns predicte terre
Modice ac dominorum liujus praefate terre Alcami et terraruin Caccabi
et Calathafìmi quam illustrissimi doniiai Don Lngdovici Henriques de
Cabrerà filli primogeniti et indubitati suceessoris eorundem illustrissi-
morum et excelleutissimorum dominorum Ducis et Di^cisse Medine a
(piibus et eorum quolibet ipse spectabilis dominus Lugdovicus Valseea
dixit ipsos illustrìssimum dominum Don loliaunem et spectabiles do-
minos Augustinum et Andream Imbuisse et habere specialem ordinem et
speciale mandatum et prò quibus illustrissirais et excellentissimis domi-
108 MISCELLANEA
nis jugalibns et illustrissimo domino Cernite de Melgar eorum filio pri-
mogenito et indubitato successore ipse spectabilis dominus Lugdovicus
Val.seca de ratlio ratique habictione proinisit presentem oontractnin om-
uiaque et singula in eo contenta singula siugiilis reterendo ratitìcari ac-
ceptari laudari et pienissime contìrmari tacere ac eos et queinlibet eorum
insolidum cnin reuuntiationibus debitis et opportnnis et ipsani illustris-
simam et execelleutissimam dominam donnam mariani cum auctoritate
et consensu dicti illustrissimi et excellentissimi domini Don Lugdovioi
Henriques eius domini viri ac domini judicis litei-ati obligari tacere iu-
frascripto Illustri domino Don Hanibali Yalguarnera Baroni Godurani
ingabellatori prò ut intra stipulanti ad evictionem et defenionem predic-
tarum et infrascriptaruui terrarum Alcami et Calatliafimi cum omnibus
inlmscriptis prout infra ingabellata rum et arrendatarum et ad omnia et
singula alia in presenti contj'actu contenta et expressa singula singulis
referendo ac eosdem illustrissimos et excellentissimos dominos jugales
ducem et ducitisani et Comitem eorum dominum filium et quemlibet eo-
rum insolidum per eos et eorum successores coutentari tacere dictas et
infniscriptas tei'ras Alcami cuui omnibus et singulis infrascriptis prout
infra ingabellatas et arrendatas fuisse et esse bene ingabellatas et arren-
dataa dicto et infrascrii)to illustri <loiuino baroni etiam prout infra et
de omnibus et singulis aliis in presenti contractu coutentis et expressis
et singula singulis referendo ac de solutione infrascriptorum cuntorum
viginti quinque millium seu decem milium ad electionem eorumdem illu-
strissimorum et excellentissimorum jiigalium et tìlii de Cabrerà ut infra
lienda per dictum et infrascriptum illustrem dominum Baronem antici-
l)ate exburzandorum fuisse et esse bene solvendos de ordine vohintate et
mandato dictorum iliustrissimorum et exellentissimomm doiuinorum Du-
cisse et comitis de Melgar eius domini filli prefato illustrissimo et exel-
leutissimo domino Duci et Comiti eonim domine» viro et patri soli etiam
ut infra et »le «iorum et interusiariornm eorum retemptione et solutione
etiam per dictum et infrascriptum illustrem dominum Baronem ut infra
et de omnibus et singulis aliis in presentì contractu coutentis et expres-
sis etiam siugula singulis referendo per actum seu actus publicnm seu pub-
blicog cani inserto tenore preseutis contractus infra terminum meusium
octxi proxime vcnturorum ab liodie in aiitliea numerandorum et cursuro-
rum justa fornmm rithus nuigue regie Curie liuins Sicilie regni sub bypo-
Uica etc. alias etc. ex pacto etc.
Copium cujus ratIii(l(;ationis (>um couhchisu liceutia et di.sp<>nsati<)n(>
ii«'gia di<-ti seréninsimi et invictiswimi <l(>miui lutstri Uegis Fliilippi spe-
«ialiti^r expresse quo ad iufrascript^is iurisdictiones preseutis contractus
authenticam ciim fide et sigillo loci ubi ipsa ratliiiìcatio lieri contingcrit
infra eunileni lermiunm ad expensas dicti illustrissimi et «'xccllentissimi
MISCELLANEA 109
domini duci» et coniitis transniittere traddere et consigliare propriis ina-
nibns (lieti et iutrascripti illustris domini Baronie stipulantis etiani ex
pac'to etc. alias eo termino elapso et non facta ratifìcatione per modum
ut supra cum lieeutia dispensatione et confirmactione regia predicla pre-
sentis contractns et non consignata copia ipsius ratliificationis ipsius il-
lustri» domini Baroni» ingabellatoris et arrendatarii etiain per modum ut
supra sit et esse debeat in electionem et voluntatem ac arbitrio dicti et
infrascripti illustris domini Banmis stipulantis velie stare presenti in-
gabellactioni seu ab ea se desistere et non aliter nec alio modo in vini
pn^sentis contractus et oiiini alio meliori modo (juo de jure meliiis vali-
dius et efflcacius fieri dici et censeri potuit et potest dictis noininibns et
Olimi alio meliori nomine et cum dieta ratlii promissione spoute iuga-
bellavit et arrendavit ac ingabellat et arrendat et ipsius ingabellactionis
et arrendamenti titulo et causa liabere licere concessit et presentis an-
tlioritate concedit ac Imbere voluit et vult per dictos illustrissimos et ex-
celientissimos dominos jugales ducem et ducissani et dictum lUustrissi-
mum dominum comitem De Melgar eornin dominum filiiim primogeni-
tum et indubitatum successorem et eornm successores prefato illustri do-
mino Don Hanibali Valgnarnera Baroni Gudurani civi Panliormi liic Al-
cami commoranti etiam bene t;ognito i>er me notarium infrascriptum etc.
presenti stipulanti et prò se eiusque successoribus ac ab eo jus et causam
liabentibus vel habituris ab eo dictis noininibns ingabellanti et arren-
danti ]>retntas terras Alcami et Calatliatìmi cum eorum castris et cum
infrascriptis eoruin plieudis gabellis et retlditibus inferius expressaudis
videlicet Inprimis quod ad terrara predictam Alcarai la gabella della Ba-
glia la gabella della Doliana la gabella dello vino la gabella della salsumi,
la gabella tlella carne la gabella della scannatura la gabella delle posses-
sione la gabella dello mastro notaro della Corte CapitAniale la gabella
dello fumo la gabella dello pib» la gabella della Mcmdizza et li censi per
un/.i due e tari quindici et quoad terram predictam Calathatìmi Inprimis
lo fego di Ancibeni lo fego di bigotta lo Iwsco della forest» lo fego delli
sasi lo fego di candicidelsi lo fego di scorcia giitta lo fego «li Domingo lo
fego di falanga et fastuga lo fego di Ronciuni grancaldara et tutti li gsv-
belli della terra di snvari del bosco li ristucci delli commnni li censi lo
fego di safìla lo fego di risignolo l'affitti delli communi et li marcati delli
communi, ac etiam cum omnibus «-t singuli» aliis earum et cuiuslibet ipsa-
rum pheudis gabellis introytibus fructibus et proventibus et aliis earuni
universis iuribus et presertim cum oinnimoda iurÌ8dìcti<me civile et cri-
minale alta et baxa mero et misto imperio prout et quemadmmlum dictus
illustrissimus et excellentissiinus dominns dnx et Comes habet tenet et
possidet virtute snoruin privilegiorum dictarum terrarum Alcami et Ca-
latliattmi et quorum vis aliorum actorum instrumentorum contractuum prò-
110 MISCELLANEA
visiomini fruberiK» adiiiiiiistratrkme justitic nec non et cuni pott'state cre-
amli et uoniinandi gubernatorcn» unum seu plures judices Capitaucos ju-
ratos et alios quosvis ottìciales terranun predictaruni et cujuibet ipsarum
lllis modo et forma ])ront faoere potest et line nscjue potuit et poterit in
tutui'um ips*e illustrissimus et excellentissimus Dux ei comes et eius suc-
cessore» vigore ijrivilegiorum dietarum terrarum et non aliter nec alio
moilo et lice prò annis novem integri^ continuis et completi^ scilicet
octave none decime undecime duodecime tertiedecime quartedecime quin-
tedccinie et priaiae iudictiouum proxime t'nturaram Totas dictas terras Al-
eanii et Calathatìuii ut supra ingabellatos et arrendatas integras cum
omnibus predictis et aliis (juibuscumque eoriiin ci cuiciuilibet eorum pJieu-
dÌ8 g{vl>elIÌ8 truetibu-s introytibus et proventibns secreta fundacis stantiis
castris ipsarnm terrarum prout iuferius ([uodad ipsa castra declarabitur
molendinis aquis aquarum ilecursibns et molendinornm saltibus si (jui
sunt stantii» speluncis raontibus vallibus foveis tuguriis fontibus terragiis
herbagiis mandragiis et cum omnibus et singnlis terris cultis et incultis
marcati» arboribus domesticis silvcstribus nemoribus iuribus censualibus
gìibellis dobauis arrantariis caniperiis baiulactionibus censibus consen-
sibut^ et prestationibus consensuum penis spretis penis tìscalys (piomodo-
cunique et qiialitcrcumiiue acquirendis in- quovis juditio et Magistratu
etiani quomodolibet reservatis vii» itineribiis passagiis introit.ibus proven-
tibns et obventionibus ipsarum et guberno predicto et jurisdictiouibus
predictis civile et criminale modo ut supra et eis modo et forma prout
potuit et potest ipse ilbistrissimus et excellentissiuius dominus Dux et
Comes et cum potestate crcandi et nominandi gubernat«)rt!S unum seu plu-
res et alios olficiales terrarum predictaruui et cum aliis juribus etpei'tinen-
tiis dietarum terrarum Alcami et Calatatìmi e(»rum(iue indiviso et indimi-
nuto stata etiani eis modo et forma prout et qnenuidmodum ipse illustris-
siuius et excellentissimus dominus Dux et Comes terras predictas cum predi-
ctis omnibus ut sui)ra arrendatis habet tenct et possidet necnon et di-
ctas jurisdictioncs et potestates creandi et nominandi gubernatores et of-
flciales cum omnibus juribus et preliemiuentiis etiam 2)rout liabet teuet
et possitlet et quibus tener»! et possidere ])o1('s( justa formain prcdiitoruni
suorum privilegiorum ni! excluso nec rescrvato prò (lieto illustrissimo ci
vxcelleutissimo doiniuo Duce et Comite sed omnibus tnislatis in ipsum
illustrem dominum de Valguarnera ingaln'llatoi'cm et arrendatavium pre-
ftent4-in et stiputantem prò s»- et succcssoribiis suis seu Jus et causam lia-
beutibus vel habituris a1> co modo et t'orma siipradictis et non aliter nec
alio modo. Inclusas vi strasactatas t«'rras predictas Alcami <'t (Jalatlia-
tiiiii MMi vt-riuH eorum plieuda ad iuuiieui et (|iuMn<-um<|uc iisuiu lam mas-
Mirie quuni lierbagii quorumciiniqm- auiinalium ad ilcctìoiiciii et v«»luu-
tat«ni ipMiuH illustris dmuini Buronis ingabcllatoris et arrendatarii sii-
MISCELLANEA 111
pulantis pio Hit et eius snccessoribus et aliis ab co Jus et causimi Iiaben-
tibiis vel habitiiris abseiitibus me nottirio prò eie et eoraiii (piolibet sti-
pulante et non aliter nec alio modo.
Constitnens se piefatus spett. doiniuus de Valseca nominibus pivdi-
fti« per dietos illustrissimos et exoellentiKsimos dominos jugales Duces
Medine et illustJÌS8Ìmum dominum Comitem De Melgar et eoruni sucees-
sores terias piedictaw Alcami et Calathatìmi eorunupie gabellas plienda
et jura supradicta et ipsorum pheudorum lierbagia ternij;ia et alia uni-
versa desuper ingabellata et arreudata cuui eorum dependentibus emer-
gentibuset connexiset cumjurisdictionibus predictis et potestate creandi
et nominandi guberiiatores et alios otticiales ut supra et eum eorum toto
integro statu terrarum prediotarum a primo die meusis septembris anni
octave indictionis proxime futuriei predicti in antea et ex nunc i)ro tunc
et e c(mv(!r8o nomine et prò parte dieti illustris domini Baroni» ingabel-
lat<n-is et arrendatarii stipulanti» prò se et suecessoribus suis et ab eo
jus et causjiiii liabentibus vel habituris per eonstitutum t-euere et possi-
(leie a dicto primo die mensis septembris anni oetave indicti«)nis proxi-
mi futuri UH(jue et per totum mensem augusti annis prime indictionis
predicti etiam proxime venturi et immediate sequentis donec et quo usque
de premissis (unnibus dietus domiuns Baro ingabellator et arrendatarius
eeperit intra verit et liabuerit corporalem vaeuam liberam et expeditaui
possessionem ipiam intrandi eapiendi et liabendi propria auetlioritate et
de facto absquo jubsu curie et magistratus decreto prefatus supra-
dictuti dominiis de Valseca nominibus predictis eidem illustri domino Ba-
rt)ni ingabel latori et arrendatario stipulanti et recipienti prò se et eius
successorilMis et ab eo jus et causam liabentibus vel habituris auctliori-
tatem licentiain et liberam tribuit et concessit potestatem ac de jure cou-
tulit pariter et de facto.
Ad habendum per ipsum ilhistieui dominum Haruiuni iugabellatorem
et arrendatarium stij)ulantem prò se et eius successoribus et aliis ab eo
jus et causam liabentibus vel liabitiiris me notario prò eis stipulante pre-
dietas terras Alcami et Calathatìmi eum supradictis omnibus et singulis
ut supra iugabellatiift et arrendatas ac iugabellatis et arreudatis a dicLo
primo die mensis septembris anni predicti octave indictionis proximi fu-
turi et ex nunc prò tunc et e converso in antea prò dictis annis novem
integris continuis et completis a dict« primo die mensis septembris oc-
tave indictionis jiredicte in antea euumerandis et cursuris usqiie et per
totum dictuui luensem augusti dicti anni prime indictionis inde sequentis
tenendum possidendum uti fi-uendum gaudendum fructus et introytus per-
cipiendnm ipsascpu' terras gubernandum jurisdictionibus i)redictis uten-
dum aliiscpie illas in totum sivc in partem renuntiandum subgabellan-
dum sublocaudum subarrendanduiu aut alium vel alios inparticipes re-
112 MISCELLANEA
colligendiuu (Iniiunodo possit. subingaballare iiec subanendaie merrat^)-
ribus Clini jiirisdictione civili et criminali et omnia alia et singiila ci et
aliis ab eo jus et causam liabentibus et habituris bene visa faciendum prò
ut et quemadmodnm ipse iliustrissinius et excellentissimus Dux et Co-
mes et sui etc. omnia predicta tacere possunt potuerniit et posseut virtute
et ex forma suorum privilegiorum et quocumque alio jure ei melius com-
petente et competitiìro et non aliter noe alio modo. Cedens et intotum
tranferens ipse («pettabilem dominus Lugdovicus Valseca nominibus prc-
dictis per dictos illustrissiuios et excellentissimos dominos Jugales Du-
cem et Ducissam et illustrissimum doniinum Comitem de Melgar eorum
tilium primogenitum et eorum succcssores eidem illustri domino Baroni
ingabellatori et arrendatario stipulanti prò se et eius successoribus et
aliis ab eo jus et causiim liabentibus vel habituris abseutibus me notario
prò eis stipulante et ab eo nominibus prcdictis recipientibus omnia et
singula jura ouinesque actiones rationes et causas reales personale» utiles
«lirettas niixtas tacitas et expressas pretorias et civiles et alias quascum-
que ac spem et exercitium ipsorum jurium et actionumque (juas et quod
liabuit habebat et habet nominibus lam dictis ac potest et sperat habere
et que sibi dictis nominibus competunt competebaut aut competere pos-
8Ut quomodolibct durante termin dicti arrendamenti in ouinibus et sin-
gulis predictis desuj)er iugabellatis et arrendatis et in eorum detensione
et annuali exactione et consequitione introituum jurium et proventuum
dictaruni terrarum et aliorum pheudorum gabellaruni et aliorum univer-
sorum jurium ipsorum pbeudoruui jurium et gabellarum. Nec non et in
gabelliti pheudorum et gabellarum de pertiueutiis dicturuiu terrarum con-
tra et adversus cpiascumque personas ecclesiasticjis vel seculares absen-
tesearuuKiue heredes et successores et bona virtute et authoritate quoinm-
cuiu(iue coiitractuum et quarumvis scripturarunì publicarum privatariim
et 8Ìne quomodocunniue et qualitercumque Constituens eumdem illustrem
doniinum banmem stipulantem et eius success<n"es et jus et causam ab
eo liabeutes vel habituros me notario prò eis stipulante procuratores in
revocabileH in rem dictorum iilustrissimorum et excellentissimorum do-
minorum Ducium medine et comitis de Melgar et eorum etc. propriam
et ponens eum in loco eorum proprium in liac parte ut amodo etc.
Et hoc prò gabella et arreudameuto prò omnibus pi'edictis terris Àlcami
et Cahithalimi et eariim plieiidis gabcllis juribus proventibus jurisdictio-
nibuK et aliis omnibus desupcr iugabellatis et arrendatis ad rationcm
nntmrum duanuii mille octingeDtiirum pouderis generali» monete huius
Sicilie Kegni |>ro <|uolibet anno Ipsorum aiinorum iiovcm interclusis et
«■oinputatis in dieta galtella uiiliis <|natraginta solveiidis qnolibct anno
(lieto urrcndumento perdurante intVas<'riptis pers(Miis prò lalliis et siini-
iiiìh ìnrifiMeriptiH in primis nntiis decem AI)batie scu Monastcrio vocato di
MISCELLANEA 113
li Scalzi prò elemosina sibi concessa per dictum illustrissimuni et excel-
lentissinium dorainmn Ducem Iteni untiis qiiatuor venerabili cappellano
Ecclesie dive Marie de Grada prò salario sibi constituto per eccellentis-
siniaiu dominationeiu. Iteni untia una Magistro Notario patrimonii diete
terre Alcami. Iteui untiis vigintiquinqiie Castellano diete terre Alcami
creato vel creando ab eccellentia illustrissiuii domini Ducis prò ejus sa-
lario quas untias quatraginta dictus illustris dominus Baro ingabellator
et arrendatarius causa supradicti arrendauicnti et eo perdurante solvere
promisit quolibet anno prenominatis personis ex dieta summa predieta-
rum untiarum duarum mille oetingentarum. In pace etc.
Et hoc absque carnagio et absque aliqua alia solutioiie et servitute
et franco dicto illustri domino Baroni ingaV)ellatori et arrendatario sti-
pulanti et eius successoribus et aliis ab eo jus et causam habentibus et
habituris me notario prò eis stipulante a Regio militari servitio donativi»
ordiuariis et extraordinariis impositis et imponeudis et ab omnibus et
singiilis subiugactionibus et eorum interusuriis decursis et decuiTendis
oneribus servitutibus et obligactionibus et hiiMitliecis generalibus et spe-
cialibus etiam dietis algoziviorum commissjiriorum etproeuratorum etiam a
debitis currentibus quantumque privilegiatis quovis nomine nuncui)entur
seu nuncupari possent in (|uibu8 diete terre pheuda et alia superili»
ingabellata et arrendat*i iuvenirentur obligate subiugate et liipotecat*
aut obligata subiugata et hipotecata ita et taliter qualiter ipse illustris
dominus Baro ingabellator et arrendatarius et sui etc. eorumque subinga-
bellatores subinquilini coloni et subcunduetores et alii habentes jus et cau-
sam ab eis ad nil aliud teneantur nee cogi possint nisi tantum ipse il-
lustris dominus Baro ingabellator et arrendatarius et sui etc. ad pre-
dictum ius arrendamenti ad rationem predictam untiarum duarum mille
oetingentarum quolibet anno solveudarum modo et forma infrascriptis a
quibus omnibus et singulis predictis et infraseriptis Regio militari ser-
vitio donativis ordinariis et extraordinariis decursis et decurrendis servi-
tutibus obligationibus hiiìotecis dietis algoziriorum commissariorura et
procuratorum etiam a debitis currentibus et aliis prenarratis dictus spe-
ctabilis dominus Lugdovicus valseea nominibus predictis promisit et se
sollemniter obligavit et obligat dicto illustri domino Baroni stipulanti prò
se et eius successoi'ibus et aliis ab eo jus et causam habentibus vel ha-
bituris me notario prò eis stipulante et inquilinis colonis herbageriis ter-
rageriis conductoribus gabellotis detemptoribus et possessoribus dictanim
terrarum Alcami et Calathafimi et earum pheudorum jurium et gabel-
larum eos omues et qiiemlibet eorum eorumque heredes et bona me no-
tario prò eis stipulante servare indemnem indemnes indemnia penitus et
sine darano ab omnibus et singulis damnis lueris cessautibus et que ces-
saverint interesse et expensis litis et extra eis et ipsonim cuilibet cau-
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. 8
114 MISCELLANEA
8a preinissonim omnium et singulorum quomodolibet causandis fiendis et
incurrendis itaque in casn quo dictus illustris dominus Baro ingabellato!*
et aiTendatarius aut alii ab eo jus et causani liabentes vel habituri vel
inquilini coloni burgenses terragerii heibagerii et alii detemptores et pos-
siessores dictarum terrarum Alcami et Calathafimi eorumque pheudorum
et gabellarum Jurium et universoruni Introytuum predictorum desuper
arrendatoruni et cuiiisvis partis ipsarum et ipsoium et ([uilibet (luoiiio-
documque et qualitercuraque semel et pluries aliquod damnum causa et oc
elisione preraissorum subirent et paterentur quod dicto casu forte veniente
dictus spectabilis dominus lugdovicus Valseca uorainibus predictis cum
dieta rathi promissione se obligavit et obligat statim et incontinenti re-
ficere toties quoties casus evenerit dicto illustri doniiuo Baroni ingabel-
latori et avrendatario stipulanti seu cui seu quibus damnum causaretur
me notario prò eis stipulante. In pace et de plano omnibus opposictioni-
bus et exceptionibus juris et facti remotis penitus et expresse cum jura-
mento renuntiatis. Itaque eveniente dicto casu possint et libere valeant
dictus illustris dominus Baro ingabellator et arrendatarius et eius suc-
cessore» et aliis ab eo jus et causam habentes vel habituri et ille persone
quibus damnum causaretur nondum facta soluctione nec expectata inter-
locutoria neque habitis juribus cessis sed simplici illata nudestia proce-
dere via executiva et omni alio meliori modo exequtionem causare con-
tra dictos illustrissimos et eccellentissimos domino» Dnces et illustrissi-
mum domiiium comitem et eorum etc. eorumque bona in quovis foro ju-
ditio et magistratu etiam incompetenti adversus quam exequctiouem et
fonnam presentis contractus non possint se opponere prout infra. Et in
tali casu possit et libere valeat dictus illustris dominus ingabellator et
arrendatarius et eius successores et alii ab eojuset causam habentes vel
habituri possint et libere valeant summam solvendam etiam prò concur-
renti quantitate daninorum interesse et expensarum et lucrorum cessaii-
tium capere et recapere semel et pluries absque aliqua natificactione fa-
cienda ad cambia et recambia prò quibusvis mundi partibus tam prò in-
fra quam prò extra Regnum vel sibi ipsi ratiocinarii ut dicitur contarseli
usque atl integram et eftectivam soluctionem ad danna et interesse dicti
illustrissimorum et excellentissimorum dominorum Ducis et Ducisse et il-
lustrissimi domini C«»niitis De Melgar de «juibus omnibus et singulis lucris
cessantibus et damnis interesse et expeusis caiiibioruiu et recambiorum
et eorum captura credatur et Rtetur ac credi et stari debeat solo et sim-
plici juraniento dicti illustris domini Baronis ingabellatoris et .irrenda-
tarii stipulantis seu illoruni quibus daninum eveniet iik^ notario prò eis
Htipulanttt niiUa alia probactione nec veriflcactione intrinseca vel extrin-
scca neceswiiia fhmda <|uod Juramentun» prest^vri i)OHHÌnt in quo vis ju-
ditio foro et magistratu etiam per aetum publicuin pcnes (|uenivis notti-
MISCELLANEA 115
rium absque aliqua notificactione fienda ex pacto non obstantibus quibus
juribus couBtituctionibu» et aliis in contrariuiii dictantibus vel disponen-
tibus quibus et earum benefictiis dictus spectabilis dominus Lugdovicus
Valseca ingabellaus et arrendans noniinibus predictis cuni juramento ex-
presse renuntiavit et renuntiat et a curreutibus vel non curreutibus cam-
Vjiis et recanibiis predictis capieudis vel rationandis ut supra liceat et 11-
citum sit dicto illustri domino Baroni ingabellatori et arrendatario sti-
pulanti et eius successoribus seu aliis ab eo jus et causani habentibus vel
habituris et quibus dainnuui tiet et evenerit absentibus me notarlo prò
eis et eorum quolibet stipulante eontra dictos illustrissimos et exceilentìs-
simos dominos Dueem et Ducissani et dictum illustrissimum dominuro Co-
miteni de Melgar et quemlibet eorum insolidum et eoruni successores sci-
licet: in bonis tantum ipsius illustrissime et excellentìssime domine Ducisse
et in persona et bonis dictormn illustrissimi et excellentissimi domini Du-
cis et illustrissimi domini Comitis de Melgar execuctionem causare in quo-
cumque foro etiam incompetenti adversus (|nam execuctionem formam pre-
sentis contractus et extremorum veriflcactionem et dictum juramentum
prestandum non possint se opponere prout infra ex pacto etc. Remanen-
tibus tamen obligatis dictìs illustrissimis et excellentissimis dominis Du-
cibus et illustrissimo domino Comite de Melgsir insolidum seuiper obli-
gatis ad interesse cambiorum et recambiorum usque ad iutegram et efte-
ctivam soluctionem prò quibus simpliciter possit fieri execuctio modo et
forma predictis singula singulis referendo. Itaque sit et esse debeat in
electionem dicti illustris domini Barouis ingabellatoris et arrendatarii
stipulantis prò se et eius successoribus et aliis ab eo jus et causam lia-
bentium'et habituorum abseutibus me notarlo prò eis et eorum quolibet
stipulante dictam summam penes se retinere de gabella et arrendamento
predicto aucthoritate propria et de facto abs(iue jubsu curie et magistratus
decreto ad eius electionem et voluntatem reservata sibi potestate variandi
et non aliter nec alio modo ex pacto.
Quanujuidem gabellam et arrendamentum ad i*ationem predictam un-
tiarum duarum mille octingentarum computato in dieta sunima untiarum
duarum mille octingentarum onere prefatarum untiarum quatraginta ac-
collatarum et debendarum prenominatis personis prò rathis et portioni-
bus superius expressatis prefatus illustris dominus Baro ingabellator et
arrendatarius sponte promisit et promictit ac se soUemniter obligavit et
obligat realiter personaliter et cum eflfectu dare et solvere de voluntate
oi-dine et mandato diete Illustrissime et excellentissime domine Ducisse
et dicti illustrissimi domini Comitis de Melgar ita in dieta ratiflcactione
per eos fienda se contentantium et volentium dicto illustrissimo et excel-
lentissimo domino Duci eorum viro et patri soli absenti me notarlo prò
eo stipulante vel persone legitime prò eo vel depositare ad eius nomen
11 6 MISCELLANEA
quolibet anno in tabula sine Banco diete urbis felicis Panhormi hoc modo
videlicet gabellam primi anni octave indictionis per totum mensem octo-
bris anni none indictionis Item gabeUam anni none indictionis per to-
tum mensem octobris anni decime indictionis Item gabellam anni decime
indictionis per totum mensem octobris anni undecimi indictionis Item
gabellam anni undecime indictionis per totum mensem octobris anni
duodecime indictionis Item gabellam duodecime indictionis per totum
mensem octobris anni tertiedecime indictionis Item gabellam anni ter-
tiedecime indictionis per totum mensem octobris anni quartedecime in-
dictionis Item gabellam anni quartedecime indictionis per totum mensem
octobris Anni quintedecime indictionis Item gabellam anni quintedecime
indictionis per totum mensem octobris anni prime indictionis Item gabel-
lam anni prime indictionis per totum mensem octobris anni secunde in-
dictionis proxime veuturornm predictorum In pace et de plano etc.
Insuper quia dictus illustrissimus et excellentissin us dominus Dux In-
diget et opus habet scutis deceni mille prò illis erogandis at^jue conver-
tendis prò aliquibus suis negotiis et occurrentiis qui illustris dominus
Baro ingabellator et arrendatarius volens dicto excellentissimo domino
Duci compiacere et accomodare fuit contentus eos solvere absque interesse
ad efiTectum quod dictus illustris dominus Baro ingabellator et arrenda-
tarias possit eos sibi retinere in cathamenis infrascriptis prò ut infra. Ideo
pretatus illustris dominus Baro ingabellator et arrendatarius ad petictio-
nem et instantiam dicti spectabilis domini Lugdovici Valseca nominibus
(piibus supra se obligavit et obligat realiter et cum eflfectu ac promisit
et promictit dicto illustrissimo et excellentissimo domino Duci absenti me
notarlo et dicto spectabile domiiu) Lugdovico Valseca predictis nominibus
prò eo stipulantibus solvere sibi vel persone legitime prò co vel deposi-
tare in tabula aut banco predictis diete urbis felicis Panhormi dictos scu-
tos decem mille monete hujus Regni Sicilie ut dicitur di tari dudici per
sento francos et liberos absciue aliquo empara et sequestro infra termi-
num mensium trium numerandorum a die consignactionis in manibus pro-
priis ipsius illustris domini Baronis ingabellatoris et arrendatarii rathitì-
ctionis presentis contractus cum Regio assensu dispensactione et confìr-
mactionc modo et forma ut superius dictum est quos (]uidem scutos de-
cem mille superius ])romis8os ac exburzandos et solvendos per dictum il-
luHtrem domiuum Baronom ipsi illustrissimo et excellentissinm d<miino
Duci idem illustris dominus Baro ingabellator et arrendatarius possit
et libere valeat aucthorit«t(^ i)roj)na et de facto sibi ipsi solvere et sati-
nfacere wrilicet scutos o(;tomille super gabella et arrendamento predict^i-
ruiu terranim Alcami et Catathaflmi condam illustris domino Fabritio
Valguarneni tiinc Baroni dicti (iudoiiiiii putrì ijtsius illustris domini Don
HanibfllÌH Baronis ìngaltelliitHrum et arrendiitarnm virtute publici contra-
MISCELLANEA 117
ctus manu publica celebrati die etc. ratificati per dictiim illustrissimuni
et excellentissimum doniinuni Ducem virtute etiam publici contractus et
deinde diete terre Calathafimi subingabellate per dictum condam lUustrem
domiuum baronem eius patrein spectabili domino Aloysio Aries lardino
virtute etiam publici contractus seu aliter et super gabella et arrenda-
mento predicto debita per dictum dominum De lardino sub ingabella-
torem et subarrendatarium terre predicte Calathatìmi in iufrasoriptis qua-
tuor annis dum durat predicta sub ingabellactio et sub arreudactio sci-
licet scutos duos mille de soluctione fienda in mense octobris anni quinte
iudictionis proximi venturi de gabella anni presentis quarte indictionis
instantis Item alios scutos duos mille de soluctione tìeuda in mense octo-
bris anni sexte indictionis etiam proximi venturi de gabella anni quinte
indictionis Item alios scutos duos mille de soluctione fienda in mense octo-
bris anni septime indictionis etiam proximi venturi prò gabella anni sexte
indictionis Item alios scutos duos mille de soluctione fienda in mense
octobris anni octave indictionis proximi venturi de gabella anni septime
indictionis et alios scutos duos mille ad complimentum prefatorum scu-
torum deceni mille de soluctione fienda in mense octobris anni none iu-
dictionis prò gabella primi anni octave indictionis proximi venturi pre-
seutis ingabellactionis et arrendamenti In pace et<'. quos quidem scutos
decem mille prefatus spettabilis douiinus Lugdovicus valseca dietis nomi-
nibus ex nunc prò tunc et e converso deduxit et deducit ac ditfalcavit et
diffalcat compensavit et compensat ac bonos fecit et facit ipsi illustri do-
luino Baroni ingabellatori et arrendatario stipulanti scilicet scutos octo
mille in quatuor predictis annis et cathamenìs ut predicitur de dieta ga-
bella et subarrendamento per dictum condam illustrem dominum Ba-
ronem dicto domino de lardino ut supra facto et scutos duos mille ad
complimentum de gabella primi anni presentis ingal>ellactionis et arren-
damenti eosque bonos fecit et facit ipsi illustri domino baroni ingabel-
latori et arrendatario ut supra et per modiim ut supra stipulauti et eius
successoribus vel jus et causam habentibus vel habituris ab eo me no-
tano prò eis stipulante et non aliter nec alio modo <unni contradictione
cessante.
Itaque casu quo dietus illustrissimus et excellentissimus dominus Dux
indigeret et opus haberet scutis vigintiquinquemille prò illis erogandis
et convertendis prò eius negotiis et occurrentiis tunc et eo casu dietus
illustris dominus Baro iugabellator et arrendatarius non teneatur solve-
re ncque exburzare dictos scutos decem mille ut supm et per modum
ut supra solvendos et exburzandos sed tantum dicto casu dietus illustri»
«lominus Baro ingjvbellator et arrendatarius volens dicto illustrissimo et
excellentissimo domino duci compiacere et accomodare fuit coutentus il-
los solvere ut Infra ad eftectum quod dietus illustris dominus Baro in-
118 MISCELLANEA
gabellator et arrendatarius possit eos sibi retiuere ima euin infrascriptis
interessis ad rationem scntorum septem prò centenario prò qiiolibet anno
in cathamenis infrascriptis et predictis. Ideo prefatus illustris dominus
Baro ingabellator et arrendatarius ut supra ad petictionem et instantiani
dicti spectabilis domini Lugdovici Valseca noiuinibus quibus supra se o-
bligavit et obligat realit^r et cum effectu ac prornisit et promictit dicto
illustrissimo et excellentissimo domino Duci absenti me notario et dicto
spectabili domino de valseca predictis nominibus prò eo stipulantibus
solvere sibi vel persone legitime prò eo vel depositare in tabula aut in
banco predictis urbis predicte felicis Panhormi dictos scutos vigintiquin-
que mille monete huius Sicilie Regni ut dicitur di tari dudici per scuto
francos et liberos absqne aliquo empara et sequestro infra dietimi termi-
nimi mensiiim trinni numerandorum et cursurorum a dicto die consigna-
ctionis in manibus propriis ipsius illustris domini Baroni stipulanti» co-
pie rathificactionis presentis contractus cum regio assensu et dispensactione
et contìnnactione modo et forma ut superius dietimi est. Itaque ex pacto
etiam quod eligente dicto illustrissimo et excellentissimo domini Duce velie
dictos scutos vigintiquinqut^mille per modum ut supra solvendos oblactio
et soluctio dictorum scutoruin decem mille intelligatur inanis et vacua
tamquam si minime facta foret et eligente domino illustrissimo et excel-
lentissimo domino Duce velie dictos scutos decemmille absque interesse ut
supra exburzandos et retinendos oblactio dictorum scutorum vigintiquin-
que mille etiam intelligatur inanis et vacua tamquam si minime facta
foret ex patito etc ; quos quidem scutos vigintiquinquo mille superius
promissos et exburzandos ac solvendos per dietimi illustrem dominum Ba-
ronem dicto illustrissimo et excellentissimo domino Duci idem illustris
dominus Baro ingabellator et arrendatarius possit et libere valeat aucto-
ritate propria et de facto sibi ipsi solvere et satisfacere una cum interesse
ad rationem scutorum septem prò centenario seu prò quibuslibet scutis
centum <|Uolibet anno scilicet scutos vigiutimille una cum eorum interes-
si» a,d rationem predictam scutorum septem prò quolibet centenario seu
prò quibuslibet scutis centum prò ([uolibet anno ut supra prò concurrenti
quantifate scilicet in primo anno ju-o ouinilius dictis scutis vigintiquin-
quemille et sic deinde <iuolibet anno prò concurrenti quantitate ut infra
super gabella et arrendamento ])redicte t(nre Calathaiìmi prefato condam
illustri domino Fabritio valguarnera baroni Guduraui patri ipsius illustris
domini I). Annibulis ingabellate et arrendate et per dictuii) condam il-
lustrem dominum Fabritium subingabellate et subarreudate predicto
domino Aloysio Aries lardino virtute dictorum publicorum contractuum
in infniHcriptis antiis <|uatuor dum durat dieta ingabcllactio et subin-
gubellactio videlicet scutos quinipu^mille curii interesse dictorum scutorum
viginti<|uinqM«- mille ad rationem predictam scutorum septem prò cente-
MISCELLANEA 119
nario seu prò quibuslibet scutis centum de soluctione fienda in mense
octobris anni qninte indictionis proxinii venturi prò gabella anni quarte
indictionis instanti» Iteni alios scutos quinqueniille una cuui interesse
scutoruni septein prò centenario de soluctione tienda in mense octobris
anni sexte indictionis proximi venturi prò gabella anni quinte indictio-
nis Item alios scutos qninquemille una cum interesse scutorum quinde-
cimmille ad rationem predictam scutoruui septem prò centenario de so
luctione lienda in mense octobris septime Indictionis proximi venturi
prò gabella seu subgabella anni sexte indictionis Item alios scutos quin-
que mille cum interesse scutorum decem mille ad rationem predictam
septem prò centenario de soluctione fienda in mense octobris anni octa-
ve Indictionis proximi venturi prò gabella seu subgabella anni septime
indictionis contra quem spettabilem dominum de lardino absentem eius-
que heredes et bona ac alias quascunque personas quolibet obligatas seu
obligandas etiam absentes et eorum bona et dictam terrara Calathafimi
et eius pheuda et gabellas dictus spettabilis domiuus de Valseca dictis
nominibus cum dieta rathi promissione cessit et cedit eidem illustri do-
mino Baroni ingabellatori et arreudatario stipulanti prò se et eius suc-
cessoribus et aliis ab eo jus et causam habentibus vel habituris me no-
tiirio prò eis stipulante omnia et singula jura omnesque actiones reales
personales etc. que et qiias dictis nominibus habuit habebat et liabet etc.
in dictis scutis decemmille exburzandis et solvendis absque interessis seu
vigintiquinquemille ponderis generalis una cum dictis interessis ut supra
eligendis et solvendis ac sibi retinendis virtute et auctoritate tam pre-
dicti subarrendamenti contractus quam aliorum quorumvis contractuum
actorum et scripturarum publicaruiu privatarum et sine, Constituens eum
procuratorem in rem suaiu dictis nominibus et ponens eum dictis nomi-
nibus in locum suum proprium in hac parte. Ut auiodo etc.
Que jura cessa ipse spettabilis dominus de Valseca cedens dictis no-
minibus prumisit ipsi illustri domino cessionario stipulanti facto et culpa
propriis ipsorum illustrissiniorum ducis et ducisse et illustrissimi domìni
comitis de Melgar et suorum etc , tantum et dumtaxat tacere vera et
bona etc. ex pacto etc. In pace etc.
Item alios scutos quinqueniille nna cum interesse eorumdem scuto-
ruiM qninquemille ad complimentum prefatorum scutorum vigintiquin-
(luemille de soluctione fienda in mense octobris anni none indictionis
prò gabella seu de gabella et arrendamento primi anni octave indictionis
presenti» ingabellactionis et arrendamenti in pace etc- quos scutos vi-
gintiquinquemille dictus spectabilis dominus Lugdovicus Valseca dictis
nominibus ex nunc prò tunc et converso deduxit et deducit ac compen-
savit et compensat scilicet scutos vigintimille in quatuor predictis annis
et cathamenis ut predicitur di detta gabella et subarrendamento facto
120 MISCELLANEA
per dictiira illnstrissiiiiiim et excellentissiimiiii dominuni Dncein (Mcto con-
daiu illustri douiiuo baroni et per dictuin condani illustrem dominuni bsi-
ronem dicto domino de lardino per niodum ut supra et scutos quinque-
mille ad compliuientuni dictoruni sciitoruni vigintiquinqueraille de ga-
bella primi anni presenti» ingabellactionis et arrendameuti eosque cum
dictis interessis ad rationem pi'edictam ooiupensavit et compensat ac
bonos fecit et facit dicto illustri domino baroni ingabellatori et arren-
datario stipulanti et ejus successoribus vel jus et causam habentibus vel
habitnris ab eo me notarlo prò eis stipulante et non aliter nec alio modo
«mine contradictione cessante et casu quo aliqua quavis ex causa ipse
spectabilis dominus Baro ingabellator et arreudatarius non posset dictam
summam scutorum vigintiquinquemille ut supra exburzandam et sol-
vendam anticipate et per moduui ut supra una cum dictis interessis ad
rationem scutorum sept^m prò quolibet anno prò centenario retinendam
etiam per modum ut 8U|)ra in totum sive in partem sibi retinere et con-
sequi et retinere per modum ut supra tunc et eo casu liceat et licitum
ipsi illustri domino baroni ingabellatori et arrendatario stipulanti 'prò
se et eius successoribus seu aliis ab eo jus et causam habentibus et
habituris prò ea summa que forte non posset sibi retinere per modum
ut Bupra una cum dictis interessis ad rationem predictam scutorum se-
pt-era prò centenario in quacumque curia foro et magistratu etiam incom-
petenti contra ipsius illustrissimum et excellentissimum dominum ducem
et 8U08 eorumque bona causare executionem atlversus quam executionem
formam presentis contractus et oxtremorum verificactionem non possit
se opponere ut infra ex pacto etc. in tali casu etiam liceat ipsi illustri
domino baroni ingabellatori et arrendatario stipulanti prò se et eius suc-
cessoribus et aliis ab eo jus e.t causam habentibus et habituris me no-
tarlo prò eis stipulante dictam summam non retinendam una cutn dictis
interessis ad rationem predictam scutorum semptem prò centenario et
prò concurrenti quantitate damnorum interesse et expensarum et lucro-
rum cessantium capen: et recai)ere semel et pluries absque aliqua notiti-
cactione facieuda ad cambia et recambia prò quibusvis mundi partibus
tam infra (piani jier extra Keguum vel sibi ipsi raciocinari ut dicitur
contiirseli usipie ad int*^grani et ettectivam soluti<mem ad damila interesse
et expeu8a« dicti illustrissimi et excellentissimi domini ducis et comitis
«le quibuB omnibus et singulis lucris cessiintibus et dainnis interesse et
expensis cambiorum et recainbiorum et eorum captura credatur et stetur
ac credi et stari tlebeat hi>1o et simplici Juramento ipsius illustris domini
buronis iugabellatoris et arreudatarii stipulanti» et eiuu successoris et
aliorum ab ei» jun et cauMim habentium et habituroruin me notario prò eis
HtipuhiUte nulla alia proi>artione uve v('rifu'a«'tioiu' intrinseca vel extriu-
Meca ueccHHuriu tleudn <|U<mI iuiuuM-iituni prestari possit in (jiiovis juditio
MISCELLANEA 121
toro et magistratu et per actiini publicum penes qiiemvis notariiim ab-
»que alìqua notifieat.ione fienda ex pacto non obstvintibus quibusvi» jn-
ribns constitutionibus et aliis in fontrarium dictjmtibus vel disponentibus
quibus et eoriim benetìciis dictiiK speetabiliK de Valseca ingabellans et
arrendane dietis nominibus cum jurantento expresse renunziavit etrenun-
tiat et oarrentibns vel non eurrentibus cambiis et recambiis predictis
capientis vel ratiocinaiidis ut supra liceat et licitniu 8Ìt ipsi ilhistri do-
mino baroni stipulanti et eiiis snccessoribus seu aliis ab eo jus et cau-
sani habentibus vel liabitnris me notarlo prò eis stipulante oontra ipsuni
illustrÌR8Ìminn et exeellenti88imuni donunum ducem et eius bona execn-
tionem causare in quacumque curia et foro etiam incompetenti adversus
quani execuctionem et presentis contractus forma m et extremorum
virificactionem et dictum Juraiuentum prestnndum non possit se op-
ponere ut infra ex pacto etc. remanente tamen dicto illustrissimo et
excellentissimo domino duce semper obligato ad interesse cambioruni
et recambiornm usque ad integrani et effectivam soluctionem prò quibus
simpliciter possit tìeri execuctio modo et forma predictis singula singulis
refercndo sub pactis legibus et condictionibus infrascriptis et uno quo-
que ipsorum inter eos accordatis et jurameuto tìrnuitis sub quibus et
eis ]>i'ecedentibu8 fuit deventnm ad presentem contractum et non aliter
nec alio modo. Itaque sit et esse del)eat in electionem dicti illustris
domini baronis ingjibellatoris et jiarendatarii stipulantis et eius succes-
sorum et aliorum ab eo jus et causam habentium et habiturorum dictam
summam cum interessis ut supra penes se retinere de gabella et arren-
ment« predictis auctoritate propria et de facto absque jubsu curie et ma-
gistratiis de(!reto ad eius electionem et voluntatem reservata sibi potestate
variandi et non aliter nec alio modo ex pacto etc.
Et primo quod ipse illustris doininus Baro ingabellator et arrenda-
tjjrius prò administrazione iustitie et ottìtii dicti gubernatoris tam ipse
quaiii alii gulwrnatores per eum eligendi vel substituendi in oftìtio pre-
dicio teneantur et stare debeant sindacatui et residentie in terris predi-
ctis corani sindicatore eligendo per excellentiam dicti illustrissimi et excel-
lentissimi domini ducis seu per eius procuratorem lial>ent*jm in bis spe-
ciale mandatum hoc modo videlicet elapso quolibet triennio Ita quod ter
in toto tempore dicti arrendamenti sindicari debeant et non aliter dum-
modo che lo sindicatore sia regniculo oriundo et non aliter nec alio modo
quo sindicatu perdurante ante et post semper remaneat jurisdictio pe-
nes ipsum illustrem domili um arrendatarium et suos etc. absque suspen*
sione et remoctione ottìtii gubernatoris ex pacto etc.
Iteni processit ex pacto etc. quod prefatus illustrissimus et excellen-
tissimus dominus dux vel eius procurator toties ijuoties opus fuerit di-
cto arrendamento perdurante possit et libere valeat nominare sindicato-
122 MISCELLANEA
rem prò sindicaudis offitialibus anuualibus terrarum predictarum anno
quolibet sindicari soliti» una cura jndice superiore quolibet biennio more
solito juxta forroani eapitulorum dicti Illustrissimi et excellentissimi do-
mini Ducis università tibus dictarnni terrarum concessorum et non aliter
nec alio modo.
Itera processit ex pacto qnod casu quo in estremo tempore gabelle et
arrendamenti predicti dictus illlustris dominus baro iugabellator et ar-
rendatarins remanserit ci'editor in aliqua pecuniarum summa victualiuui
rerum et jurium de fructibus et introitibus terrarum predictarum quod
tali casu possit et libere valeat dictas pecunias victualia et omnia que-
cumque alia exigere et exigi tacere per secretum per ipsum illustrem
doniinum baronem nominandum non obstante quod tempus diete inga-
bellactionis erit finitum qui secretus uti possit jurisdictione exigendi prò
ut tempore dicti arrendamenti utebatur nsque ad Integram et eftectivam
satisfactionem ex pacto omni contradictione cessante et non aliter etc.
Item etiam processit ex pacto quod dictus illustris dominiis Baro in-
gabellator et arrendatarius non possit iiec valeat strasactare aliquam quan-
titatem terrarum communium diete terre calathatimi sed ille stent prò
civibus diete t^rre communes prout semper bue nsque steterunt et non
aliter etc.
Item quod dictus illastrissimus et excellentissimus Dominus Dux eiu-
sque heredes et successores dicto arrendamento perdurante possit libere-
que valeat toties quoties sibi placuerit eligere nominare et deputare ca-
stellanos dictorum castrorum sibi beuevisos cum omnibus et singulis
honoribus et oneribus preheminentiis commoditatibus prerogativis et e-
molumentis aliis castellanis dictorum castrorum dari et concedi solitis et
consnetis et quod dictus illustris dominus Baro ingabellator et arrenda-
tarius dicto arrendamento durante tantummodo uti possit et debeat
conimoditate posse habitare in dictis castris Alcami et Calathatimi
et non aliter nec alio nv>do ex pacto veriim quod eligente ipso
illustre domino barone ingabollatore et arrendatario velie stare et
habitare in dicto castro terre predicte Alcami , cum eius domo et
familia et aliis eidem illustri domino baroni benevisis teneatur et sic
promisit et se solleniniter obligavit et obligat ipsi spectabili domino de
Valseca dictis uominibus stipulanti prò dicto illustrissimo et'excellentis-
HÌmo domino Duce absenti etiam me notarli) prò co stipulante ejcpendere
et exburzaire scutos quatuor centum inreparactiouibus dicti castri gratis
ubsque aliqua diminutione gabelle et arrendamenti predicti quo casu usus
et habitactio dicti oiHtri sit et esse debeat ipsius illustris domini baroiiis
et (\JU8 H(^c4;es8ornni seu liubentiiim seu habiturorum jus et causam ab
eo preter quo ad domum unam dicti castri in duobus corporibus tantum
cligeudam et UHMignundam per ipsum illustrem Dominnm baronem arreu-
MISCELLANEA 123
datarium in qnibus alii magnifici castellani et vice castellani dicti castri
manere et stare soliti sunt et ad presens manet magnificus Francisciis
Peres vice castellanas einsdem castri prò ibi nianendo dominus castel-
lanus seu magnificus vice castellauus dicti castri, et (pio ad loca cax'ce-
rum in quibiis carcerati manere soliti sunt scilicet fovee et grada tantum
et ita non aliter nec alio modo ex pacto eie.
Et questo perche l'habitactione di detto castello di Alcamo si retrova
in parte rovinata et diruta et minazza royna et pio di quella roina che al-
cuni anni dietro si retrovava et per fabrica et arrendamento facto a detto
<luodam illustre signor barone del guilurano padre di esso illustre signor
Don Hannibale barone del detto gudui-ano ingabellatore et arrendatario
come sopra detto illustrìssimo et excellentissimo signor Duca li detti fa-
cultii di spendere detti scudi (piattrocento a suo libero arbitrio le quali
fabrici et reparactioni fino al presenta per detto condam signor barone
non sono stati fatti per questo precessi di pacto che sia ad electione et
voluntati di dicto illustre signor banme eligendo volere l'uso et habitac-
tionc di detto castello di questa predetta terra di Alcamo che in quello
possi stare et habitare come «li sopra si c<mtene et expellere omnes in
ipso castro habitant^s modo et forma ut supra non obstantei quavis pro-
visione facta sive facienda per dictum illustrissimum et excellentissimuui
domìnum Ducem et Comiteni et suos etc. in prejuditium presentis con-
tractus quam ad hunc effectum illam revocavit et revocat ac annulla-
vit et annnllat ex pactt) etc dummodo che per le predette tabrice et
reparactioni di quello sia tenuto spenderli dicti scuti quattrocento come
meglio tornerà comodo a detto illustre signor barone ingabellatore et
arrendatario senza posserseli retinere ne diffalcare di detta gabella et ar-
rendamento di pficto etc.
Item et perche si trovano in detta terra di Calathafimi strasactati
alcuni pezzi di terra parecchiati mezi parecchiati et quarti tanto delle
terre commune di detta terra come ancora delli teghe di sua illustrissi-
ma et excellentissima signoria in detta teiTa senza licentia di sua excel-
lenza et quelli sonno in danno et detrimento del patrimonio di detto il-
lustrissimo et excellentissimo signor Duca tanto per goberuatori che sono
stati come per arrendatarii che hanno havuto dette terre in gabella come
per altri procuratori et secreti del detto illustrissimo et excellentissimo
signor Duca oi di qualsivoglia altra persona pertanto procede di pacto
che detto illustre signor barone ingabellatore et arrendatario poza detti
strasacti recuperare bavere et consequitare et quelli aggregare al patri-
monio predicto a suoi di spese restando per benefìctio duranti dicti anni
novi di detto illustre signor barone ingabellatore et quelli che erano
communi tornerli per communi come stavano innanti la concessione di
dicti strasacti a di spese di detto illustrissimo et excellentissimo signor
134 MISCELLANEA
Duca et prò recnperactioue predicta prefatns spectabilis domimis Lugdo-
VÌCU8 Valseca dictis nominibus et cnin dieta rathi promissione et omni
alio meliori modo et nomine fecit constituit et substituit ipsum illustrem
dominnm baronem ingabellatoreni et arrendatsirinni stipulanteni genera-
lem et genei-alissimum procuratorem constitutum et substitutum inrevo-
cabilem cum potestate comparendi in quocunque foro juditio curia et ma-
gistrati! ecclesiastico vel seculari malori vel minori quo opus fuerit et
incobandi perseciuendi mediandi terminandi et fìniendi quascunque lites
et saper petictione predicta uti jurisdictionibus quibus uti i>oterat'dictus
illustrissimus et excellentissimus dorainus Dux ponendo ipsum illustrem
dominum baronem ingabellatorera et arrendatarium stipulantem et eius
successores et jus et causam ab eo habentes et habituros me notarlo prò
eis stipulante in locuui proprium dicti illustrissimi et excellentissimi
domini Ducis et constituendo et substituendo eum procuratorem con-
stitutum et substitutum et omni alio meliori modo in liac parte ut a-
modo etc.
It«m cum alio etiam pacto quod semper durantibus dictis annis no-
vem presentis ingabellactionis et arrendamenti sit et intelligatur reser-
vata suprema Jurisdictio insupra dictis terris superius ingabellatis et ar-
rendatis ita ut si contigerit ìpsum illustrissimum et excellentissimnm
dominum Ducem vel illustrissimum dominum Don Lugdovicnm Comitem
de Melgar eius tìlium primogenitum accedere ad supradictjvs terras ut
supra iugabellatas et arrendatas quod ipsorum quilibet tanquam verus
dominus et proprietarius dictarum terrarum possit exercere et adminì-
strare suppremam jurisdictiouem nullo tamen prejudictio generato dicto
arrendamento et non aliter etc.
Item dictus spectabilis dominus Lugdovicus valseca nominibus (juibus
supra concessit et concedit aucthoritatem facultatem potestatem et ple-
num posse dicto illustri domino baroni ingabellatori et arrendatario sti-
]>ulanti prò se et sui» etiam posse strasactare quinque pareccliiatas ter-
rarum de terris communibus territorii terre Calatafimi et non aliter nec
alio modo.
Promitteus 8olemnit.er et conveniens prefatus spectAbilis dominus Lug-
dovicus Valseca quibus supra nominibus cum dieta rathi promissione per
dictOB illustrissimos et excellentissimos dominos jugales Ducem et Du-
cissatii et illustrissimum dominum comitem de Melgar et eorum etc. ei-
deiii illustri domino baroni iugabellatori et arrendatario stipulanti prò
se et eius successorìbus et aliis ab eo jus et oAusam habeutibus vel ha-
bitnris mv notjirio prò «^is stipulante de predictis terris Alcaini et Cala-
tafimi earum<|ue pheudis et gabellis et ipsoruui pheiulorum et gabelhirum
JurìbuH et iutroytihuH uuiversis .jurisdi<*tionibus vel aliqua eorum partii
nullo futuro tempore contrn dictuin ilIuKtrem dominum Haroneiii inga-
MISCELLANEA 125
bellatorem et arrendatarium , stipiilantem nec siios hcredes vel jus et
causain liabeutes vel habitnros ab eo absentes me notarlo prò eis stipu-
lante nulla interré liteui questionem vel molestiam aliquam nec inferenti
consentire aliquo jure vel de facto (luomodocumqne et qualitercumqne
yramo scraper et omni futuro tempore termino dicti arrendamenti per-
durante et non aliter nec alio modo omnia et singula desuper arrendata
cum juribus eorum universis predictis ab omni calumniant« molestante
et contradicente persona etc. legitime defeudere tueri et extricare et de
qualibet et quacumque evietione teneri voluit quovisniodo ipsa evictio
evenerit sive sequiretur sive de tote sive de pai"te alias teneatur et te-
neri voluit dictus spectiibilis dominus Lugdovicus Valseca ingabellans et
arrendans ad omnia et singula damna interesse et expeussis ac lucra ces-
santia et damna emergentia que ex nune prò tunc et e converso intel-
liguutur et sint contra ipsum spectabilem dominum de Valseca dictis
nominibus preseutem et audieutem protestata et requesita taliter quod
non sit opus aliqua alia prot-estactione et requisictione nisi forma pre-
sentis contractus et non aliter nec alio modo de quibus omnibus et sin-
gulis possit fieri execuctio in quovis foro juditio et magistratu etiam in-
competenti cum pacto de non apponendo etc. ut infra ex pacto inter
«OS solemni stipulactione etjuramento firmato et non aliter etc.
Nec non dictus spectabilis dominus Lugdovicus Valseca dictis nomini-
l)us et cum dieta ratliipromissione promisit et promittit et se dictis nò-
minibus solemniter obligavit et obligat dicto illustri domino Baroni in-
gabellatori et arreudatario stipulanti et eis successoribus et aliis ab eo
jus et causam habentibus vel habituris me notarlo prò eis stipulante pre-
dictas terras Alcami et Calatlialìmi cum supraiiictis earum pheudis ga-
bellis jnti'oytibus juribus suis universis earuraque iutegi'o statu ac juri-
sdictionibus a posse dicti illustris domini baronis ingabellatoris et arren-
datarii stipulautis et eius successorum ac aliorum ab eo jus et causam
liabentium vel babiturorum me notarlo prò eis stipulante non auferre
nec auferri face re nec auferanti consentire durante termino presentis in-
gfibellationis et arrendamenti intotum sive in partem prò usu proprio
majori gabella etiam duppla tripla et quatrupla vendictione emphiteuti-
cactione dotis tradditione donactione permutactione nec prò quavis alia
causa cogitata scita vel ignorata quantumcumque urgentissima et neces-
saria immo durante dicto termino predictorum annorum novem ex nunc
prò tunc et e converso Illos et ea constituit nomine et prò parte dicti
illustris domini Don Hanibalis baronis ingabellatoris et arrendatarii sti-
pulautis prò se et eius successoribus ac aliorum jus et causanj liaben-
tium et babiturorum ab eo me notarlo prò eis stipulante j)er constitutiim
tenere et possidere donec et quo usque erit fìnitus terminus totius pre-
dicte presentis ingabellactionis et arrendamenti et non aliter nec alio
modo ex pacto etc.
126 MISCELLANEA
Cam alio ctiani pacto quod casu quo tempore preseutis aiTendamenti
quo Deus avertat fuerit in dictis terris seu in parte illarum ut supra
ingabellati» et arrendatis pestis t'amis aut ininiicovum invasio seu ali-
quis casus fortuitus et insolitus quorum seu cuius causa redditus ga-
belle et introytus et proventus terrarum predictarum seu quelibet ipsa-
rum portio venerit in diminuctionem majoris partis friictus earum quod
tali casu prefactus illustrissimus et excellentissimus dominus Dux et
Comes teneatur et obligatus intelligatur satisfacere et solvere bujusmodi
damnum et diminuctionem prefato illustri domino Baroni stipulanti prò
86 et eis successoribus et aliis ab eo jus et causam habentibus et habi-
turis me notarlo prò eis stipulante prout et quemadmodum declaraverint
due persone nomiuande una per ipsum illustrissinium et excellentissi
mum dominum Ducem et alia per dictum illustrem dominum Baronem
et in casu discordie per tertium eligendum per ambas partes et iu casu
renitentie ipsarum partium seu cuiuslibet earum pei judicem ipsius loci
iu quo declaratio predicta erit facienda de quibus quidem dedarationi-
bus damnorum et interesse ipse illustris dominus Baro et sui etc, pos-
siut coutra ipsum illustrissimum et excellentissimum dominum Ducem
et Comit«ui et eius bona execuctionem causare iu quocunque toro etiam
incompetenti etiam in magna regia curia huius Sicilie Regni adversus
quam execuctionem formam presentis contractus non possit ipse dictns
illustrissimus et excellentissimus dominus Dux et Comes se opponere
quin prius solvat et adimpleat ut infra ex pacto.
Item etiam processit ex pacto quod casu quo dicti illustrissimi et
excellentissimi domini Duces et Comes et dictus illustrissimus dominus
Comes de Melgar eorum filius non ratificarent presentem contractum in-
gabellactionis et arrendamenti per modum ut supra a prima linea usque
mi ultimam de verbo ad verbum et prout in eo jacet et non se con-
tentarent de omnibus et singulis ut supra contentis et expressis singula
singulis referendo ac de pn;senti ingjibellactione cum omnibus predictis
et jurisdictionibus predictis et aliis omnibus in presenti contractu con-
tentis et cum predictis pactis et condictionibus predictis et ali<iua adde-
rent seu minuerent etiam «juantunciue minimam partem vel infra termi-
num in presenti <;ontnu'tu ingabellactionis et arrendamenti preHxuni tuuc
et eo casu et ex nunc prò tunc «M e converso sit ad eleclioiiein oA vo-
Inntatem ipsius illustris domini Baronis ingabellatoris et arreiidatarii
stipulantis velie stare presenti ingabellactioni et arrendamento et dietimi
ratifìuu'tioncui accettare seu a presenti ingabellatione et arrendamento
se <IÌMÌHt<'re et illam seu illuni relaxare quo casu non acceptactionis in-
gabellactionÌM et arrendamenti predìcti presens ctmtractus intelligatur
fìt sit casHUs taiiM|uaiii si minime factus foret ex pacto et«-.
Bene veruni quod quot|uonu)do ipsa ralitìcactio lleret et Inerii «-ousi-
gDftta ip«i illustri domiuo Baroni arrendataric» tunc et eo casu teneatur
MISCELLANEA 127
ipse illustris doininus baro Arrendatori infra terminum dierum quatuor
numerandoruiu a die consignactionis copie ipsius ratificactionis declarare
per actum inniargine presenti» contractus arrendaraenti si voluerit stare
si vel ne huic arrendaineuto absque aliqua requisictione cum hoc tamen
quod non facta, declaractioue in margine presentis contractus infra dic-
tum terminum dictorum dierum quatuor tune et eo casa intelligatur
velie stare huic arrendaraento prout ex nunc prò tunc et e converso de
Clara vit et declarat ipse illustris dominus baro se velie stare et se con-
tentare de presenti arrendamento et intelligatur nititìcasse present^m con-
tractum a prima linea usque ad ultimam et non aliter nec alio modo ex
pacto etc.
In pace etc.
Que omnia et singula supradicta et infrascripta predict« parte» dictis
nomiuibus promisserunt ratha grata et firma habere tenere attendere in-
violabiliter observare et contraria non facere vel venire nec contravenienti
cousentire aliquo jure titulo seu aliqua ratione vel causa tacitai vel ex-
pressa in omnem eventum et sine aliqua dimiuuctione iupace et de plano
et sine aliqua lite omni libello et opposictione remotis et renuntiatis sub
hypoteca et obligactione omnium et singulorum honorum eorum dictis
nomiuibus mobilium et stabilium etc.
Cum refectione damnorum interesse et expensarum litis et extra et
specialitcr viaticarum algozirii commissarii et procuratoris cum solitis
eonim dietis ad (juas expensas teneri voluerunt etiam si venirent saeculo
parato rithu nuigne regie curie in aliquo non obstante
Et fiat rithus et execuctio in quacumque curia et foro etiam incom-
petenti liujus Sicilie regni etiam in nuigna regia curia et extra Regnum
in persona et bonis partis contravenientis predictis nominibus et variari
possit etc.
Adversus quem ritum presentis contractus formam et extremorum ve-
rilìcationeui non possint dictis nominibus ex pacto modo aliquo se op-
ponere excipere defendere etc. quin prius etc. Et pignora vendatur ad di-
scursum etc. Rejumtiantes etc.
Et specialiter cum j'uramento beneficio irioi-atorie guidatici superses-
sorio quinquennaiis etc. dilactionis cessionis honorum refugio domus pri-
vilegio fori et loci si convenerit feriis omnibus etc. ac privilegio milita-
ris servitii et regii donactivis ac privilegio procerum et magnatarum
personarum et constituctioni hostice.
Et ceteris gratiis etc.
At predicta attendere etc.
luraverunt etc.
Unde etc.
Presentibus spectabile domino Antonio de Ballis utrìusque juris doc-
tore magnifico Francisco Pagnotta et nobile clerico Stephano li Muli te-
stibus.
UN NUOVO DOCUMENTO SULL' ERUZIONE DELL' ETNA
DEL 1669
{Lettera di P. Valentino Bonadies al Vicario Generale di Girgenti)
Al Ch.mo Cav. D.r Giiiscjtjfe Lodi
Cinque anni addietro, trovandomi a Catania, potei osservare,
su di una parete della Sagrestia del Duomo, un antico aflresco
rappresentante l' eruzione dell'Etna del 1669 : la forte eruzione
al cratere e l'irrompere della lava nella città, che obbligava la
l>opolazione atterrita a fuggire, le funzioni religiose e gli abitanti
in atto d'implorare misericordia erano rappresentati con tanta
vivacità di effetto e di azione eh' io non potei fare a meno di
esclamare : « Ecco la più bella pagina della famosa eruzione del
l'Etna del 1669, che nessuno storico ci ha saputo tramandare ». —
A tale affresco ricorse subito la mia mente quando nel mese scorso
mi fu dato rinvenire nella Biblioteca Couìunale di Palermo la
copia d'un documento tuttora ignoto, scritto il 2 Aprile di detto
anno, nel giorno stesso che maggiormente imperversava l'erom-
pere del Mongibello nella manifestazione ])iù violenta delle sue
storiche eruzioni.
Il Can. P. Castorina, a i)roposito « dì nn foffUo a stampa di
quattro pagine in verni latini relativi all'eruzione d^'lU Etna nel
1669» — documento che già aveva fatto conoscere, i»rima di lui, il
Prof. Carlo Gemmellaro — ebbe la cura di iu)tarc tutti gli scrit-
tori sincroni de timi che in prosa e in versi ne }nil)bli(rarono il
principio, il wuso e il termine (1) ; però in Mossuiia di (lueste
(1) Castouina P., Sulla rruzionc dvlV Kliin dvl 1669 e su il'idi kiuoIh
docitmeiiU» relativo alla ntcHNo. Lettoni al Chv. (.ìiii.skim'K ìahh , t'rimo
ArrJiii'intn di Sitili,, in « Anhivio Storico Siciliano». N. S., iiii. XVI, 1S!)1.
p. f{92 r wii.
MISCELLANEA 129
uemorie si vede rivelato lo stato psichico degli abitanti cou
tanta vivacità e forza di espressione come nella seguente lettera
che P. Valentino BonadicH inviava al Vicario Generale di Girgenti
per informarlo di quanto accadeva in Catania in quei giorni di
tremenda minaccia e di orribile distruzione. Potrebbe dirsi ch'essa
sia l'illustrazione del suaccennato affresco.
Infatti, ecco il contenuto della lettera:
« Haverà precorso a V, S. Kev.ma^ — dice il Bonadies — prima di
questo mio riporto la fama dei spaventevoli incendi del nostro
squarciato Mongibello, portata costì per l'aria a volo dal lungo
tratto delle sue copiosissime ceneri. Tuttavia devo parteciparvela
per sodisfar le parti di buon Ser.re non dovendo stare in silentio
in tempo che per l'apertura di così fornndabile Bocca , tutte le
Bocche per tramandare intiera notizia si snodano.
« Venerdì 8 del mese di Marzo fu osservato il sole su il tra-
montar fuor dell'usato cinto d'insolito i)allore, quasi preconizar
volesse, vestito di così funebre ammanto, l'imminente occaso a
questa clarissima Città, né fu segno vano; imperocché la seguente
notte sentironsi da per tutto spaventevoli terremoti con urli or-
ribili, usciti dal Monte. Furono così orrende le acosse nei con-
vicini Casati , che furono costretti dormire nelle campagne , et
ivi sentir i)rediche , e fare altre funtioni ecclesiastiche e pub-
bliche penitenze , fuor delle chiese per timor dell' oppressione.
« Ricorsero allora sbigottiti da tanti eccessivi Tremuoti i Ter-
razzani di Malpasso al confugio di una loro Reliqua di S. Lucia,
patrona della terra, quale portavano processionalmente al Casale
di Nicolosi, col seguito di cinque mila persone. Ma che ! Appena
ivi giunta la Reliqua , sentissi un Tremuoto cosi grande , che
aprì molte scissure nella terra, e stimossi insulto diabolico; poi-
ché appena si potè salvare la sacra Pisside, che uscita essendo
dal tempio, rovinò la C'hiesa e tutto il Casale , continuando in-
cessantemente notte e giorno le tremende scosse sino all'undici.
« VA Marzo. — Lunedì circa ad bore 22 con una formidabile
scossa squarciossi dal Monte il fianco più vicino ai Casali. Hor
qui, mio Sig.re, confesso a V. S. Rev.ma che a narrare le strane
aperture <li due grandissime Bocche , intimorita si chiuderebbe
ogni bocca, et ad esprimere i torrenti e lingue di fuoco, intimo-
rita ogni lingua verrebbe meno. Tuttavia per non deviarmi dal-
l'incominciato, men vò seguendo la ])iena furibonda, che in spatio
Arch. ator. Sic. N. S. Armo XXX. 9
130 MISCELLANEA
di poche bore fé' rovina di tre Casali, fuggendo sbigottiti i loro
Terrazzani, lasciando in preda le loro suppellettili , alla ferocia
delle fiamme e dei ladroni. Corse con tanta violenza, che stimossi
in un giorno haver caminato più di sette miglia. Ondeggiava con
timore degli Astanti; senza potersi dare riparo. I stridi misera-
bili apportavano orrore , non meno per vedere i beni dissipati
dal fuoco, ma anche portati via dalle rapine, che però vi furono
che cascarono feriti e morti in pena de' loro ladronecci. Giunse
così grande calamità all'orecchie del Prelato, come anco dei Se-
natori, onde per sodisfare al timore della Città, uscirono nel dì
seguente il braccio della gloriosa S. Agata processionalmente
sino al piano di S. Domenico fuor delle mura, dove con lacrime
si implorò l'aiuto della nostra protettrice; ma perchè non cessava
il fuoco con danni notabili, deliberò di nuovo Monsignore.
« Mercoledì a 13 di portarsesi in contro processionalmente il Sa-
cro Velo che dalla Chiesa Catredale fu portato da Monsignor co-
ronato di Spine, con paramenti sacri vestito. Viddesi anco il Se-
nato, e Capitolo con volto penitente, coronati pure di spine; et
hormai la Città tutta con strane guise di mortiflcatioui si portò
il Velo da Monsignore ad una Chiesa distante dalla Città, e da
li fu consegnato al Tesoriero accompagnato da Tre Senatori, Ca-
pitano, e molti Canonici del Capitolo, Religiosi e Preti, ed altri
Devoti al numero di 4000, i quali si instradarono per lo Torrente
del fuoco, scorso sino al Casale Mascalucia. Nel partirsi che fece
il Velo animato il popolo da un breve e divoto Sermone , che
con fervore di Spirito fece Monsignore Vescovo, si compromesse
la gratia, né fu vana la fede, poiché appena ivi arrivato e det-
tasi la messa, vicina al fuoco, che con stupore degli astanti vo-
ciferanti Misericordia, viddesi nell'istesso punto, che s'inalberò
il Velo, il fuoco non passar più innanti. L' istesso jn-odigio oc-
corse all'altri tre Casali , S. Pietro , Campo Rotondo , e Mister
Bianco; imperocché inoltratosi il fuoco nel primo, rovinando al-
cune case, alla vista del Sacro Velo si fermò, si seccò ed im])etrì
in modo che molti come beffandosene vi saltarono sopra. Nel
secondo voltò la furia verso una Sciara antica senza timor di
danno alcuno. Nel terzo perdette spento affatto il moto ; e ciò
compito fu riportato il Sacn» Velo il Giovedì sera in ('ataniji,
dove in ogni Chiesa Sacramentale s'espose i)er tutta la mattina
il 8antÌMHÌnio ; e nella Chiesa Catredale uso) dopiK) pranzo la
MISCELLANEA 131
Mammella di S. Agata, et invece delle solite lodi che sogliono
cantarsi ogni Mercoledì , si cantò la Compieta con concorso di
tatto il popolo, di Regolari, Compagnie e Congregationi ad im-
plorare il divino aiuto. 1 Putti anco, e fanciulle innocenti, quei
mezzo ignudi, e queste a chiome stracciate, coronati gli uni , e
l'altre di s])ine, con le sacre insegne nelle mani, e con discipline,
andavano a udgliaia gridando misericordia.
« Venerdì 15 del medesimo venne al Senato un altro avviso
più formidabile del primo , che veniva un altro braccio gionto
con quello della Mascalucia estinto , con spaventevoli progressi
contro S. Giovanni di Galerno, Casale più vicino alla Città; che
però il Seruito col consenso del Vescovo fé' ritornare il Velo a
quel luogo, con la medesima pompa di processioni di Religiosi,
e seguito di persone come prima, dove videsi operato dalla Santa
Pistesso miracolo; per lo che si girò tutto il giorno a vista di
quei focosi torrenti, e ne seguì sempre la vittoria, perdendo di
continuo il fuoco il suo valore alla di lui sacrata vista. Né devo
qui passar con silentio eh' essendo stato buttato alcuni pezzetti
di Bambacie sopja del fuoco, viddesi, o gran miracolo , per un
pezzo illeso, ed essendo stato ripreso dagli astanti fu conservato
come pretiosa Reliquia.
« Sabbato doppo la sera riportatosi il Velo nella (chiesa dei
PP. Reformati di S. Maria di Gesù, vicina alla Città, et ivi si
trattenne, uscitosi nel medesimo giorno dal Monastero dei PP.
Benedettini il Santissimo Chiodo processionalmente accompagnato
da influito numero di persone mortificate con l' intervento del
Prelato.
« Domenica 1 7 dell' istesso fu uscito il Corpo della gloriosa
S. Agata e posto su l'Aitar maggiore per tutto il giorno; e vid-
desi concorso tutto il popolo nel Tempio della Catredale con
varie forme di Mortiflcationi tutto penitente. Giudicherà V. S.
Rev.ma che cosa potè fare il Popolo Catanese di rimpetto alla
sua concittadina liberatrice.
« Non vi fu Congregatione, non Compagnia, non Religione, non
qualità di persone , che tutti non venissero frettolosi con loro
Predicatori in habito di penitenza.
« Finalmente il Lunedì 18 di ordine di Monsignore ordnossi
una sollennissima luocessione verso la Chiesa de' Reformati per
riportarsi il Velo ivi trattenuto , da dove detta prima la Messa
132 MISCELLANEA
da Monsignore, portossi fuori nel Piano sopra un Altare, dove,
dettasi un'altra messa dal Ciantro, su il fine da Monsignore pa-
rato con vestimenti t_acri, fu, letto un Exorcismo e poesia, da lui
medesimo riportato nella Catre:'*' processionalmente col seguito
di popoli innumerabili penitenti.
« E da allora in poi sino alli 24 parve sempre il fuoco che
andasse lentamente. Alli 25 ripigliò maggiormente il vigore, vor-
rendo materia per sopra la medesima Schiara che haveva lasciato
e si stese ad abbruggiare fra l'alti e possessioni la terra di Campo
Rotondo e Santo Pietro : portando il fuoco l'altezza di 60 palmi
come metallo liquefatto. Cosa che a vederlo inorridisce , per lo
che in questa Città si ripigliarono di nuovo con gran fervore le
processioni , che fra l'altre se si osservò una delli Terrazzani
della Pedara (alli 27 di detto) che furono da 70 persone mortifi-
cate in varie forme, delle quali ve n'era la maggior parte ignu-
da, e battersi in sangue, gridando Misericordia nel Duomo, ove
era espostii una Reliquia della gloriosa S. Agata.
« Alli 29 di detto la mattina per tempo venne avvisato al
Prelato , come al Senato , che mezzo Miglio sopra la Terra di
Mister Bianco s' era aperta nuova bocca e che mandava fuori
gran materia, però s'osservò che non era altramente bocca, ma
che la principale haveva mandato nuova materia piìi liquida per
sopra la Sciara di Malpasso ; e questa in meno di sei hore fu
sopra Mister Bianco, Terra grande di 5000 anime, dove sta de-
strudendo quell'abitazione e processioni. Ed una lingua di fuoco
s'è avanzata verso Catania, dove l'havemo a vista meno di due
miglia. Hor lascio considerare a V. S. Rev.ma l'afflittione, con-
fusione , e terrore con che si sta nella Città, molto più per es-
servi 12 Monasteri.), che se farà il fuoco maggior progresso come
si dubbita , saremo forzati uscir tutti ; ancor che speramo nella
gloriosa S. Agata che ce ne libererà, come s'è disi)ost() per di-
mani P.o d'Aprile portarsi la Santa col Stendardo del suo Velo
in mano, a vista del fuoco, per esjmrsi so])ra un bahiardo della
Città, ove intervenirunno alhi Processione tutti i Religiosi et il
Popolo tutto in habito di penitenza, et a piedi ignudi.
« DopjK) scritto Le soggiungo, che già hieri si fece hi proces-
sione, nel modo stal)ilito con molta circospettioiu', p(»ten<losi av-
vei-are il luogo della Smra Scrittura, rhe tutta la città sia stata
in Cenere e Cilicio , versando og^i' uno flnme di lagrime per un
pericolo così vicino.
MISCELLANEA 133
« A due di Aprile benché questa notte si fosse sparsa diceria
che il fuoco era quasi cessato, fu originata per causa della neb-
bia , non permetteva di poter riguardare il fuoco ; però questa
mattina continuano ristessi avvisi, che il fuoco seguiti l'istesso
cammino, benché adesso diviso in tre lingue, che quelle minac-
ciano rovina a questa Città, e per tal timore ogni cittadino ha
trasportato la robba fuori, solamente restando gli habitanti, i)er
li quali s' è promulgato Bando penale , che nessuno sotto pena
della Vita naturale attrevisca pernottare fuori della Città. E per
descrivere in breve le nostre sciagure, posso solamente dire che
(facta eni quasi oidua Domina gentium). La maggior confusione è
poi quella del Prelato, in carico di cui stanno tant'opere pie, et
in particolare li Monasterij, per li quali s' è dato ordine questa
mattina, che imballino le cose loro; acciò a secondo ordine si pos-
sano tsasportare in laci, dove pure Monsignore ha intentione di
ritirarsi e di trasferire ancora le Moniali Claustrate.
« Il caso è tanto lacrimabile che non può né esplicarsi , né
pensarsi. Siamo nelle mani di Dio; e quanto s'è scritto, s'è fatto
con lagrime.
V. S. Bev.ma ci aggiuti con l'orationi e per
Fine le b. 1. m. Catania 2 Aprile 1669.
Di V. S. M.to Ill.ma e Kev.ma.
Div.nio Ser.ve che Le b. 1. ni.
I). Valentino Bonaiììes Vicario Generale.
Fev.mo Signor Vicario Generale
(li Girgeuti.
Questa lettera occupa il XVI IT posto fra le memorie mano-
scritte che si trovano nel volume segnato Qq E 16. Essa é senza
dubbio una delle più importanti testimonianze autentiche di quel
parossismo vulcanico, che nel 1669 afflisse Catania; e per quanto
P autore di essa, da buon secentista, scriva forse con soverchia
enfasi, tuttavia pare evidente ch'egli non descrisse che ciò che
realmente vide. — Eppure il Can. Gaspare Bossi nel suo Indice
topografico dei manoscritti della Biblioteca Comunale dì Palermo
aft'ermò , non so con quanta serietà , che il Bonadies e gli altri
scrittori posteriori non han fatto che riferire ciò che il Borelli aveva
134 MISCELLANEA
<jià pnhhlimto. È il caso di dire ch'egli non ha letto la lettera del
Bonadies, o meglio che non ha tennto presente neppure la data
se l'ha creduta posteriore agli scritti del Borelli.
La copia originale non mi fu dato trovarla, nonostante abbia
fatte le piìi accurate ricerche nella Cancelleria Vescovile di Gir-
genti. Invero manca il Registro di Memoriali dell' anno 1668-69,
nel quale certamente essa lettera dovette essere conservata ; ne
di tale smarrimento va data colpa agli attuali amministratori,/
perchè il volume modello non è segnato nell'inventario del 1896
fatto per ordine del Vescovo D. Gaetano Blandini.
Ma chi era allora il Vicario Generale di Girgenti e quali ra-
gioni ebbe il Bonadies di fargli un resoconto dell'eruzione dell'Et-
na ? — Girgenti, che allora era uno dei vescovadi più importanti
della Sicilia, dal 1668 al 1672 fu sede vacante, e durante questo
p.eriodo governò il Vicurio Capitolare Gan. D. Francesco Bahillo-
niu , catanese , il quale era stato Vicario generale di Monsignor
D. Ignazio D'Amico, pure catanese, che fu Vescovo di Girgenti
dal 1665 al 1668, come risulta dai Begistri di Memoriali che
vanno dall' anno 1665 al 1672. Adunque il Oan. D. Francesco
Babilonia, al quale fu indirizzata la lettera, il 2 Aprile 1669 era
già Vicario Capitolare, e il Bonadies, suo amico e concittadino,
credette fargli cosa grata informarlo del grande avvenimento che
rovinava la loro comune patria, soddisfacendo così — com'egli
stesso dice — le parti di buon Servitore.
tìirgenti 15 Ottohhre 1904.
Prof. Sebastiano Crino
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Ricerche e scoperte archeologiche nel sud-est della Sicilia e nel
Bruttii.
Son venute ora a luce tre dotte comunicazioni che l'illustre
archeologo, Paolo Orsi, fece al Congresso internazionale di Scienze
Storiche, nelle quali delinea rapidamente i risultati delle sue
importanti scoperte fatte nella Sicilia orientale, nei 14 anni ch'e-
gli sovrintende alla direzione degli scavi , e nei Rruttii per tre
lustri, e informa su quanto negli ultimi quindici anni ci è stato
restituto dal suolo italiano che entri nell'orbita dell'arte e dell'in-
dustria egeo-micenea. Trattandosi di pubblicazioni che interes-
sano l'archeologia in generale e la Sicilia in particolare, ci affret-
tiamo a riassumerne il contenuto che integra il primo capitolo
della storia della Sicilia antichissima e dell'antica regione dei
Bruttii. Nella prima comunicazione : « Quattordici anni di ricer-
lerche archeologiche nel sudest della Sicilia », l'illustre esploratore
delle necropoli sicule mostra i risultati cospicui delle sue sco-
perte con le quali ha potuto delineare con sicurezza la storia
del costume e della civiltà di quei Siculi indigeni che i coloni
greci trovarono nell'Isola nel sec. Vili, facendoci conoscere un
popolo obliato del quale non conoscevamo altro che il nome, e
a cui egli, con le sue metodiche esplorazioni delle innumerevoli
necropoli, con lo studio della tecnica sepolcrale e della suppel-
lettile sepolcrale ha riconosciuto una civiltà che gradatamente si
evolve dal principio del 2. millennio a quello del V secolo a. C,
dal 1. al 4. periodo siculo. Con siffatte scoperte, coronate da un
sì cospicuo risultato, l'Orsi sfata le svariate induzioni sinora
fatte sulla Sicilia preellenica e ricostruisce e ben definisce i rap-
porti, che come risulta dallo studio sulla ceramica, i Siculi do-
13(j RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
vettero avere con l'Asia minore, con l'Egeo, con la Grecia, con
Cipro e con la Spagna.
Sni Sieani nulla finora ba scoperto che possa avvalorare le
fonti storiche antiche, che li ritengono un popolo diverso dai Si-
culi e resta vivo il dibattito fra gli storici e gli archeologi. L'Orsi
crede Sieani e Siculi due rami dello stesso popolo, appartenenti
alla grande famiglia libico-iberica, venuto dall' Affrica e diffuso
in tutte le isole e le coste del Mediterraneo occidentale. È in-
dotto ad affermar ciò dal fatto che in Sicilia, ove la successione
degli strati archeologici è abbastanza chiara, non si avverte una
distinzione netta e profonda di civiltà e di rito funebre, che fac-
cia pensare a grandi e sostanziali differenze di razza. Mancano
ancora scoperte sepolcrali. Quando l'illustre Salinas farà cono-
scere le sue belle scoperte delle età preelleniche nella })arte cen-
trale ed occidentale dell' isola , potremo vedere a quale gente
spettano le stazioni o relitti di villaggi di Stentinello e Matrensa
presso Siracusa, scoperti dall'Orsi e avvicinarci alla soluzione
della questione dei Sieani e dei Siculi.
Né meno feconda fu l'indagine archeologica fatta dall' Orsi
negli ultimi tre lustri nelle città elleniche, sebbene tarda e lenta
sia stata l'azione del Governo in queste regioni, abbandonate ai
saccheggi di avidi speculatori. Tuttavia si è giunti in temj>o a
salvare qualche cosa; n'è prova il copioso materiale raccolto nel
Museo di Siracusa, dovuto alle campagne di scavi svolte dal-
l'Orsi in undici città greche, i cui risultati costituiscono un ca-
l>osaldo nello studio della civiltà e sopratutto della ceramica più
antica dei greci di Sicilia. Ma restano ancora altre dodici città
a<l esplorare, oltre quelle la cui ubicazione è oscura o contro-
versa. E l'Orsi invita la Sezione del Congresso a far voto al
Governo perchè i fondi per gli scavi vengano sollecitamente ed
adeguatamente accresciuti. Auguriamoci che ciò avvenga.
L'attività dell'Orsi si è vòlta anche nel campo dell'archeolo-
gia cristiana e bizantina: il vasto cimitero <li S. Giovanni, quello
della vigna Cassia e di 8. Maria di Gesti, i più grandi di Sira-
cusa, insieme con altri 12 minori, oltre di una cinquantina esi-
stenti ludla provincia, sono stati dall'Orsi esplorati, studiandone
i sepolcri, la ubicazione, i titoli e le pitture. Per cagione d'o-
nore ricorda un valoroso tedesco, il compianto prof. Fiihrer, mar-
tin* della s(;ienza, morto a causa «lei suo eccessivo lavoro sotter
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 137
raneo nei due anni passati a studiare i grandi cimiteri di Sira-
cusa e della rejfione, le cui illustrazioni edite furono da me rias-
sunte in questo Archivio^ le inedite aspettano di vedere la luce
a spese della Imperiale Accademia delle Scienze di Vienna.
La importante rassegna si chiude enumerando taluni monu-
menti bizantini scoi)erti nella campagna siracusana, in quella di
Camerina, a Pachino, a JJosolini. a Noto e a Buscemi. Sono
13 chiesette dei secoli V-VIII che (;on la loro struttura con le
loro iscrizioni aprono uno spiraglio nei tempi oscuri bizantini
che nella nostra Sicilia non sono ancora stati studiati.
Nella seconda comunicazione : Tre lustri di scoperte nreheolo-
yiche nei Brutta sono riassunti i risultati delle campagne di scavi
fatte in questi ultimi anni nelle tre (yalabrie , che furono anti
camente abitate da po]>olazioni archeolitiche e neolitiche, che vi
lasciarono reliquie di loro industria , come dimostrano le colle-
zioni private e i ricordi contenuti nei Musei Preistinico «li Koma
e Civii'O di Reggio Calabria. Sebbene resti ancora a dimostrarsi
se veramente in Calabria vi fu una pura età del bronzo, pure,
couu! indizio di un popolo afline ai Siculi del 2. periodo, l'Orsi
attribuisce maggiore importanza alle poche ceramiche primitive
<lel Museo di lleggio che all'ascia di bronza di Belvedere Marit-
timo in provincia di Cosenza e a quella di Cariati. Spera però
che metodiche investigazioni negli strati archeològici della re-
gione rivelino i rapporti etnici delle genti che l'abitarono. J>opo
un fugace accenno alle tradizioni classiche (die ci ])arlano di po-
l)olazioni diverse , (;h' è uoi)0 constatare , e ai fasti delle città
greche della regione, l'Orsi si sorprende come davanti alla ma-
gnitìcenza di tali ricordi storici, la nuova Italia in 40 anni due
volte vi abbia tentato due campagne di scavi ; una a Sibari fal-
lita, l'altra a Locri ]>oi sospesa. E, a ragione, leva la voce con-
tro questo ingiustificato abbandono all'avidità di mercanti di tan-
te ricchezze archeologiche e invita il Congresso a protestare con-
tro questo stato deplorevole di cose. Kicorda che dobbiamo a
due dotti stranieri, il duca di Luynes e il Len(uinant, un tesoro
di notizie sulla (iramìe Grèee frutto delle loro esplorazioni fatte
con molto dispendio e pericolo. Anche a Croton quel poco che si
è fatto è dovuto a stranieri. Fu impedito, ma tardi, ad Ameri-
cani di asportare sculture decorative da essi scoperte ; all'iner-
zia officiale si sono sostituiti benemeriti cittadini che vanno rac-
138 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
cogliendo quanto vien fuori dall' agro cotroniate. — Fa pena co-
noscere come la Direzione Generale delle Antichità non curò di
impedire siffatto vandalismo e non si affrettò a salvare a tempo
un sì prezioso materiale archeologico.
L'Orsi c'informa che nel 1889 e 1890 ebbe incarico dal sena-
tore Piorelli di fare due campagne di scavi a Locri ed enumera
gli importanti risultati ottenuti, e deplora che per mancanza di
mezzi non furono continuati, lasciando per 12 anni in abbandono
la località che fu frugata da privati speculatori, i quali disper-
sero al Museo Britannico e all' Istituto Archeologico di Heidel-
berg, bronzi, figurine fittili, rilievi preziosi ritrovati. Anche Rhe-
gium aspetta una esplorazione della sua necropoli che tante cose
ci rivelerebbe ! — Interessa dunque e vivamente lo studio delle
condizioni dei Bruttii nel periodo preellenico, per cui necessita
la esplorazione metodica degli strati archeologici della regione,
che ci dia le tracce del commercio miceneo, tracce che non do-
vrebbero mancare. — Perchè possa mettersi un argine a tanti
trafugamenti e si inizi una serie di campagne di scavi , 1' Orsi
propose al Congresso di far voti al Governo del Re « perchè nel-
<c l' interesse degli studi di archeologia e di storia antica venga
« al più presto istituito in Reggio Calabria nn Museo nazionale
« autonomo, con una diversione degli scavi per gli antichi Bruttii,
« comprendendovi le attuali Provincie di Reggio Calabria, Catan-
« zaro e Cosenza ».
Speriamo che la proposta tlell' illustre scenziato venga solle-
citamente attuata !
Nella interessante relazione : « Qttali nono le regioni italiane,
qnali rispettivamente gli atrati archeologici che contengono prodotti
industriali micenei, » tratta dell'intìueuza egeo -micenea che fu per
l'Italia primitiva un grande fattore d'incivilimento, ed esaminan-
do molti dati archeologici perviene al seguente cospicuo risultato:
« che i commerci micenei insegnarono ai Greci dei tempi storici
* le vie ilei mare alle coste d'Italia e di Sicilia ed aprirono que-
« 8ti pa«8i alla conquista politica e civile dell'Eliade ».
Ksaininando le stazioni e le merci micenee segnalate da lui
nelle regioni del njezzogiorno, desume « che in Italia soltanto in
« quelle regioni e sopra due punti della costa aperti al mare el-
« lenico : nel sud est della penisola a Taranto , e forse a Brin-
« (Iìmì , nella Sicilia , nel tratto di costa che va dalla penisola
rassectNa bibliografica 139
« Xiphonia ad Ortigia » si esercitarono l'azione e il contatto di-
retto degli Egeo - micenei.
Quattordici anni di pazienti e fruttuose ricerche fatte dall'Orsi
nella provincia di Siracusa ci hanno rivelato chi fossero e di
quale civiltà fruissero i Siculi dell'isola, i quali, non è piìi dub-
bio , « devono ai Premicenei ed ai Micenei la evoluzione della
« loro cultura ; e questi additarono ai Greci la via che trasformò
« in terra greca fulgente di arte e di civiltà, la perla del Medi-
« terraneo ».
La disamina che rapidamente abbiamo fatto del contenuto
delle tre cospicue e dense memorie dell'Orsi, ci mostra quali ra-
pidi progressi abbia fatto la paletnologia, surta in Italia da qua-
si mezzo secolo, e quali frutti abbia dato nella Sicilia orientale,
ove gli scavi fatti da tanto esperto scopritore con risultati for-
tunati hanno risoluto imi)ortanti problemi etnici intorno al rico-
iiosrimento e alle vicissitudini dei primi abitanti dell'Isola. Que-
sta risoluzione definitiva torna ad onore dell' Orsi a cui spetta
tutta la riconoscenza degli studiosi in generale e dei Siciliani in
particolare , avendo egli illustrata la storia antichissima finora
obliata della loro isola natia , dedicandovi tutto sé stesso non
curando ne fatiche, ne disagi.
Facciamo caldi voti che non gli manchino i mezzi per com-
plementare le esplorazioni segnate nei suoi futuri programmi,
il cui completo svolgimento è il desiderio vivo e generale nei
dotti.
Mattia di Martino
Ferrigno G. B.~ La peste a Castelvetraìio negli anni 1624-1626.
Trani, Vecchi, tipografo-editore, 1905. In 8. di pag. 61.
Fra le pesti che in varii tempi sino alla metà del secolo XVIII
afflissero la Sicilia, notevole è quella del 1624, che ebbe inizio in
Palermo e Trapani per l'arrivo di una nave infetta proveniente
da Tunisi, e si diffuse tosto in gran parte dell'isola. Il Viceré
Emanuele Filiberto di Savoia ancor giovane morì allora di peste
140 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
fra l'universale compianto. Rifulse quindi la pietà del successore
Luogotenente Cardinale Doria, e non meno quella dei Palermitani,
che nell'inflerire del male nov^ella patrona invocavano la santa nor-
manna Rosalia. Poco dopo nel 1630 la peste invadeva la penisola, e
Muratori dice quell'anno « dei più calamitosi e funesti dell'Italia ».
L'egregio socio G. B. Ferrigno ha voluto esporre gli avveni-
menti di Castelvetrano durante quella peste. Egli ha ricercato gli
atti notarili ed i registri del Comune, e ne ha ricavato ampie e
precise notizie su l'origine ed il propagarsi dell'epidemia e sui mol-
teplici provvedimenti dati dal governo e dai Giurati per impe-
dirla ed estinguerla.
Sin dall'inizio furono emanati molti bandi per vietare l'ingresso
di persone provenienti da luoghi infetti, e l'uscita degli abitanti
dal Comune, e per dar norma alla esatta custodia. Alquanti Paler-
mitani pel timore della peste si rifuggirono in Castelvetrano, ma
(come dice l'A.) « venivano trattenuti ed obbligati a far la qua-
rantena in appositi locali » (p. 14). Altri ordini erano dati per
la chiusura delle case degli appestati, pel lazzaretto nel quale essi
venivano ricoverati ed assistiti, ed alcuni luoghi destinavansi
altresì pei carcerati e per le forche (p. 18).
Crescendo l'epidemia, gli abitanti si rivolsero al Cielo, e poiché
in Palermo si erau ritrovati i resti mortali di S. Rosalia, si in-
vocava il suo aiuto anche in Castelvetrano nel gennaio del 1625.
Da Palermo fu portata una reliquia della Santa, e fu ricevuta nel
Comune con le solite processioni, che accrescevano il contagio. In
agosto l'epidemia cessava, e ne seguirono feste e ringraziamenti
solenni. Sul finire dell'anno però nuovi casi di peste sopravvennero,
e fu necessario rinnovare gli ordini pel lazzaretto e sostenere altre
e maggiori spese. Curiosa è la notizia che i corpi di due contrav-
ventori ai regolamenti sanitarii, e i)oi morti con la peste, furono
posti alle forche, i)er servire di esempio agli abitanti (p. 3.")).
Finalmente con lettere del Luogotenente Doria nel marzo 1626
era <lata al Comune libera pratica, non desistendosi ancora dalle
opportune precauzioni. Ascese a 700 il numero dei morti di peste
in ('astelvetrano, v nondiiiK^no i testaiiuMiti ed i i'outratti rogati
preHHO i not^iri furono in grande (quantità anche durante l'epidemia.
Dei^ni di nota 8ono due mandati dei Giurati del 16.'U), pubblicati
dall' A. (pag. 40), per la ricenni di alcuni sospetti untori apparsi
nella (;hieNa «li S. (ìiidiano <li Marsala. Tale pregiu<lizio, reso as-
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 141
sai noto per la Hitoria della Colonna infame di Manzoni, era esteso
in quell'epoca.
L'A. riferisco iu Ano il testo di otto documenti, e conviene
specialmente ricordare i primi due. Il primo è la Cronaca in vol-
gare del notaro di Castel vetrano Vincenzo Grratteo , il quale fu
sollecito di conservare nell'inizio di un suo registro la memoria
di quella peste, come notari e parroci spesso solevan fare per
notevoli avvenimenti del loro tempo. 11 Graffeo scrive a lungo e
divotamente di S. Rosalia, ed aggiunge che a stento si trovò il
processo della sua vita nell'archivio vescovile di (xirgenti. L'altro
documento è un ordine in lingua spagnuola del Viceré Emanuele
Filiberto del 25 giugno 1024, diretto ai Comuni del regno, e con-
cernente le opportune ed urgenti norme sanitarie contro il male,
« que dentro de breve tiempo se espera en Dios se remediara ».
L'esjiosizione chiara e ordinata, e la testimonianza di docu-
menti accuratamente ricercati e dati in luce, rendono pregevole
il breve lavoro del Ferrigno sui lugubri casi della sua patria.
Giuseppe La Manti a
Memorie (iella Riroluzioìie Sicilia nadeìV a uno MVCCCXL Vili
jmbhUcate nel oinquantesimo anniversario del XII gennaio
di eaHo anno. Palermo, Tipografia Cooperativa fra gli Ope-
rai : MDCCCXCVIII. Due voli, in 8. gr. di complessive
pp. I(i88 (ogni memoria ha numerazione a jiarte).
Deliberata e pubblicata dal Municipio di Palermo al 1898,
quest'opera viene fuori solamente ora, al 1905, i)er una serie di
contrattempi che non è qui luogo a i-icordare.
E diciamo subito eh 'è opera che onora il Municipio che l'ha
voluta e gli Scrittori (^he l'han recata a line. Al giudizio pas-
sionato dei primi illustratori della memoranda livoluzione , che
furono attori della stessa , comincia a subentrare (piello sereno
dei recenti illustratori che, ])ur essendo stati spettatori e in i)arte
anche attori , vivono oggi in un ambiente diverso e sono inca-
142 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
natiti e guardano ormai da lontano quei fatti jn'odigiosi. E si
aggiunga, che i documenti, \nìi o meno segreti cinquaiit'auni fa,
oggi sono venuti in luce e in dominio di tutti.
E di documenti e sui documenti è principalmente fatta l'opera;
e per essi tante e tante verità vengono fuori nette e sicure ,
mentre altre si travedono ed altre si indovinano attraverso le
notizie minute, gli aneddoti. Lo storico futuro di quella nostra
Rivoluzione ha ormai in massima parte la materia con (;he ordire
il lavoro complessivo e completo e con la desiderabile esattezza
ed imparzialità.
Ai lettori deìV Archivio storico siciliano io dovrei ora riassu-
mere il prezioso materiale che si accoglie nei due volumi ; ma
mi occorrerebbero le quarantacinque pagine che, col modesto ti-
tolo di Introduzione, ha magistralmente scritte il nostro Barone
Raft'aele Starrabba preludiando all' opera. Pertanto , io non ne
dico niente altro ; e basterà qui di indicare gli argomenti svolti
e gli autori delle Memorie, perchè si vegga quanto l'opera contie-
ne ed il merito che da' singoli Scrittori le viene. Questo solo
aggiungo, che il materiale de' fatti e de' documenti è in più co-
pia che da' nudi titoli non appare, e che ogni Autore si è sfor-
zjito di essere obbiettivo e spassionato al possibile , perchè la
verità venisse intera agli occhi di tutti e la storia potesse sicura
accoglierla nel suo tranquillo reame.
Le Memorie contenute nei due volumi sono queste :
Alfonso Sansone : Prodromi della Eivolnzione del 184H.
Giuseppe Lodi : La poesia politica clandestina prima del 12 gen-
naio 1848,
iD. Oli arrestati politici in Palermo la notte dal 9
al 10 f/ennajo 184H.
Id. Giuseppe Im Masa e il suo arrivo a Palermo la
sera delV8 gennajo 1848.
ri). TI 12 gennajo 1848.
Giovanni Lucifora : liicordi della Rivoluzione siciliana del 1848.
Guglielmo Dikinson (inglese residente da 'M) anni a Palermo) :
Diario della Rivoluzione siciliana dalla notte
del .y al 10 gennajo 1848 sino <tl 2 giugno
1849. (Trascrizione e tradu/ioiu' del D.r
Giu8epi)e Napoleone Zizzo).
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 143
Giuseppe Abenaprimo: Tai Rivoluzione del 1848 in Messina.
Proclami, Ordinanze e Bollettini ufficiali rac-
colti ed annotati.
liosABio Salvo : La spedizione dei Crociati Siciliani in Lombar-
dia al 1848.
Francesco Guardìone : La spedizione in Lombardia.
Id. La spedizione Calabro- sicula.
Salvatore Salomone-Marino : L' Esercito Sicili<ino.
Francesco Guardìone : Le ultime trattative diplomatÌ4;he prece-
dute alla Restaurazione.
Pietro Lanza di Scordia : Dei mancati accomodamenti fra la
Sicilia e Ferdinando II. Memorie inedite sulla
Rivoluzione del 1848-49, riordinate e pubbli-
cate da Giuseppe Pipitone-Federico.
Giuseppe Lodi : Giornali di Palermo pubblicati nel 1848-49
Salvatore Salomone-Marino : La Rivoluzione siciliana del
1 848-49 nei Vanti popolari.
Inno ^'azionale pel 12 (ìennajo 1848, parole di Giuseppe Cocuzza,
mu^sica del maestro Vittorino Puglia.
«Spara lu Forti all'Andria». Canzone popolare messinese del 1848,
sulla musica dell' aria « La palumniedda
bianca ».
Ugo Antonio Amico e Francesco Crispi : Iscrizioni comme-
morative della Rifoluzione del 1848.
David Levi : La Rivoluzioìie di Palermo nel 12 Oennajo 1848.
(Inno).
8. S. -M.
BOLLETTINO BIBLIOGRAFICO
G. Romano - Catania, h'osaliììo Pilo e
la Eirolicionc siciliana del i848-
49. (Su documenti inediti). Roma,
Nnora Antologia: 1904. lu 8",
pp. 31.
Il Prof. Pa»>lucci liii tratUito aiu-
piamente e degiiainente iu (jucsU)
Archivio Storico delle imprese, d.al
1857 al 1860, e della morte gloriosa
di Rosali uo Pilo ; il Dott. G. Roma-
no - CatAuia illustra ora, con uguale
diligenza e valore , quella part^ di
vita del precursore «lei Mille che è
meno notii , nui non men gloriosa,
<! nella cioè che si riferisce alla i>art<i
da lui presji nella rivoluzione sici-
liana del 1848-4». Toccato di volo
de' nobili antenati del Pilo, de' suoi
Mtu(\ì in Roma presso i Teatini, del
ritorno a Palermo e «h-lla parte at-
tiva lial Pilo presa tra le societii se-
Rret« e co' patriotti siciliani per
preparar la rÌK«'<»ssa contro il Ferdi-
imndoH()rbone, PA.si ferma più lun-
ganieut45 (sempre ru Ih scorta d'una
importante lettera inedita del Pilo
MtcHMi) ai giorni <'lie prrceHHcro il
memonuido 12 gentiiijo 'is e ìillr
vicende di questo e dei giorni se-
guenti ; e qui si estende a racco -
glìere tutto quanto gli è dato di tro-
vare, che non è poco, su Fattività,
1' eroismo , 1' immenso e disinteres-
sato amor di patria e di libertà che
costantemente rifulsero nel Pilo in
quel fortunoso periodo storico. Si
intende , che a narrar tutto ciò si
avvale 1' egregio Autore di altre
molte testimonianze di autori e di
documenti inediti, per seguire l'in-
temerato e ardito Rosalino lino alla
partenza per 1' esilio.
È un lavoretto, (piesto, di singo-
lare importanza per la patria storia.
S. S. -M.
(laetano Filiti S. L 11 Ihnima della
Conce sione Immacolata, di Afa ria
e la (.'(nni)aiiiiia di Oesìi in Sicilia.
Memorie nUnielie raccolte nel /iOo
della dcfinisione diKimaliva /8ì'ì4-
1904. Palermo . Stab. ti/XHfra/ieo
dior. Pondi e ('. I9i)4. In IC",
pp. 11'..
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
145
Prevosto D. Salvatore Petronio Rnsso,
Parroco e Vicario Foraneo di A-
ilernò , Dottore in Teol. e Dritto
can. Socio di varie Accademie na-
sionali ed estere. L'Immacolata e
la Sicilia nelle sue piìi antiche per-
damene. Messina, Libreria editrice
Ant. Trimarchi : 1904. In 16%
pp. XII, 66, CXXXIX , con due
Tav. litografiche.
Orazione Panegirica per la dogma-
tica definizione delV Immacolato
Concepimento di Maria nel primo
istante pronunciata in S. Domenico
Maggiore di Napoli del (sic) dì 20
gennaio 1855 dal P. Luigi di Mag-
gio delVOrdine de' Predicatori.! già
Professore di eloquenza nel Liceo
Arcivescoi'ile di Palermo e Socio
di varie Accademie. Palermo, Scuo-
la tip. «Boccone del Povero y>: 1904.
In 8°, pp. 43.
Can. P. Pulci. Caltanissetta e la Ver-
gine. Monografia sili culto di Ma-
ria Santissima. Caltanissetta, Tip.
dell'Omnibus F.lli Arnone : 1904.
In 16% pp. II, 186.
Storia della Chiesa e Convento di
S. Francesco d'Assisi in Palerm4>
dal 1224 ad oggi , compikita da
Giuseppe Naselli. Palermo, Tipogra-
fia Settimana Couime r citile : 1904.
In 8. picc, pp. 76.
A queste cinque pubblicazioni ha
dato occasione la ricorrenza del cin-
quantesimo anniversario , solenne-
mente celebrato dal mondo cattoli-
co , del Dogma della Immacolata
Concezione di Maria.
Il P. Gaetano Filiti con molta
cura raccoglie le memorie del culto
antico ed universale della Immaco-
lata in Sicilia e la parte che nel
perpetuarlo vi ebber poi i PP. Ge-
suiti ; e si occupa succintamente
delle Congregazioni siciliane dell'Im-
macolata, del voto fino allo spargi-
mento del sangue per la difesji di
Essa (e conseguentemente della fa-
mosa polemica destata in pi'oposito
da L. A. Muratori) , degli scrittori
sulla Immacolata in Sicilia e delle
opere d' arte , e in fine delle festo
solennissime celebrate al 1854.
Il P. Salv. Petronio Russo, che ha
scritto la Vita di S. Nicolò Politi,
suo concittadino e Patrono della sua
Adernò (1117-1167), pubblica inter-
pretati dal Papas Filippo Matranga,
i frammenti di pergamena che riman-
gono tuttavia dei fogli staccati da
un libro che teneva il Santo: in es-
si , che si giudicano appartenere
ai secoli IX, X e XI , la Madre di
Dio è salutata col titolo di Imma-
colatissimM.
La Orazione Panegirica del nostro
sempre compianto P. Luigi Di Mag-
gio è stata opportunamente ristam-
pata : essa è un Sìiggio di quella
eloquenza sacra^ sorretta da solida
dottrina , che levò sì alto in tutta
Italia il tiome del valentissimo no-
stro Domenicano.
Nella monografia del Pulci sono
con minuzia raccolte le notizie delle
Chiese dedicate ab antico a Maria in
Caltanissetta urbane e suburbane),
descritte le festivitii , illustrata la
Iconografia Mariana caltanissettese
e segnata anche la Bibliografia. Mol-
te importanti e rare notizie sono
sparse nel libretto, utili alla storia
locale e generale dell'Isola.
Similmente ricco di notizie e cu-
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XXX.
10
146
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
rioso riesce il libretto del Naselli,
ma compilato in fretta , a quel che
pare. L' insigne monumento , eh' è
la Chiesa e Convento di S. France-
sco d 'Assisi in Palermo, aspetta an-
cora il suo storico.
S. S. -M.
G. La Corte - Cailler. Spigolature sto-
riche messinesi. Puntata I. Messina,
Tipografia D'Amico; 1904. In 8«,
pp. 58.
Venute fuori , un po' alla volta ,
nell' «Archivio Storico Messinese»,
queste Spigolature recano una serie
di notiziole locali più o meno im-
portanti , le quali fanno meglio co-
noscere uomini illustri e monumenti
e avvenimenti paesani, o rettificano
errori, e danno contezza di scoper-
te, di cimeli! antichi ecc. ecc. Spe-
cialmente copiose sono le note che
si riferiscono ad artisti , dei quali
l'egregio sig. La Corte-Cailler si oc-
cupa con predilezione e competenza.
In generale , le Spigolature recano
non poco utile alla storia civile e
letteraria ed artistica di Messina.
S. S. -M.
Il fine giusto e santo che il bravo
sig. Patiri si propone in questo no-
bile scritto è quello di scuotere (se
è possibile) la inerzia colposa del
Governo che lascia al tutto in ab-
bandono e fa perder del tutto i re-
sti insigni del Tempio d'Imera « ch'è
gloria nazionale dell'arte e della ci-
viltà insieme ». Il Patiri , tracciata
la storia del monumento e della
scoperta de' suoi resti famosi e della
ulteriore continuata dimenticanza,
segna e dimostra quali residui ne
restino e dove, e come sia urgente
che si faccino scAvi per essi e si sal-
vino dalla \ilteriore dispersione e ro-
vina.
Ma la generosa voce del Patiri
andrà al vento, come al solito, per-
chè è sistema inveterato e costante
del Governo di negligere al tutto la
Sicilia anche quando siedono in esso
i Siciliani.
S. S. - M.
Francesco (ìlaardione. Documenti sul
secondo assedio di Catania e, sul
riordinamento del Regno di Sicilia
(1.394-1396). Catania, R. Tipo-
grafia Cav. N. Giannotta : 1904.
In 8. pp. 24.
— Sono verameute un saggio (Nuui.
XXVI) dei uiolti documenti che in
fiinHeppe Patiri. Il Tempio d'Imera; proposito si trovano nell'Archivio
sua tniginc, sua importanza nella, di Stato di Palermo e che , ai corii-
8lorÌ4t, uelTArte, nrir Archeologia. pU^Ui illustrazione di (jucl fortunoso
Termini Imerese, 'ìHpa(irafi4i P,'a- periodo dei Martini , meriterebbero
t«lU Amore. ; 190r,. fn S», pp. 23, di venir messi in luce. Anche da
con una tavola fotografica. questi , che il Guardioue ora dà,
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
147
sorgono notizie importanti su Arta- ha diritto, accanto a Tommaso Na-
ie Alagona e diversi suoi aderenti,
su Guglielmo Raimondo Moncada,
Guglielmo Peralta ecc., e si correg-
gono alcune dat« e circostanze.
S. S. - M.
tale, di cui lo stesso Prof. Guardio-
ne si occupò già ripubblicandone il
libro : Della efficacia e necessità delle
pene.
Dell'uomo politico e del suo mar-
tirio , promette il Guardione di oc-
cuparsi in lavoro a parte.
Scritti di Frane. Paolo Di Blasi giu-
reconsulto del secola XVI IT prece-
duti da uno studio critico di Fran-
cesco Onardione. Palermo, Alberto
Beber : 1905. In 16. pp. C, 15H.
Questo volume raccoglie i seguen-
ti scritti : 1, Sopra V egualità e la
disuguaglianza degli nomini in ri-
guardo alla loro felicità ; — 2, Sulla
legislazione della Sicilia ; — 3, Sulle
Prammatiche del Pegno di Sicilia
(Parte I e II) ; — 4, Notizie su' Re
di Sicilia (che appartengono però a
G. E. Di Blasi) ; — 5, Lettera dedi-
catoria alla Signora Vittoria Gue-
vara in Aquino ; - 6, Sonetti. Altro
non fu dato di trovare dell'insigne
uomo , eh' ebbe tanta scienza e pa-
triottismo e elle miseramente fluì
sul patibolo a 20 uiaggio 1795.
Il Prof. Guardione ripubblicando
con intelletto d'amore questi Scritti
vi premette un suo studio accurato
nel quale esamina le Corone di Si-
cilia nel sec. XVIII, gli ordinamenti
pubblici dell'isola e la introduzione
delh^ nuove dottrine e le riforme
civili, per fermarsi poi con qualche
ampiezza .alle opere del Di Blasi,
al suo ingegno , ai jjuoì studj , per
assegnargli quel giusto posto a cui
S. S.-M.
Dott. Ferdinando Carlesi. Origini della
Città e del Comune di Prato. Pra-
to, Ditta Editrice Alberghetti, 1904.
In 8", pp. XII, 197, con due Carte.
Studiando ed interpretando con
sagjice critica i sicuri «locnmenti,
l'A. mette da banda le favole e con-
getture su le possibili o pretese ori-
gini e vicende antichissime di Prato,
ed illustra l'inizio del periodo di vi-
talità economica e politica del Co-
muue , periodo che dal 1000 va al
1350, anno in cui Prato entrò a far
parte del dominio di Firenze e se-
guì perciò da allora in poi le sorti
di questo.
Il Dott. Carlesi nel suo lavoro di-
mostra , che al principio del mille
comparisce il Borgo al Cornio, svi-
luppantesi attorno ad una fattoria
con elementi di popolazione lombar-
da; e che circa alla metà del secolo
stesso si ingrandisce , unendosi ìwl
altro Borgo, che lì presso s'era ve-
nuto formando attorno ad un Ca-
stello col nome di Prato , (dal sito
ove sorse) , nome che trionfa e ri-
mane al Comune. Questo , sin dal
principio è sotto la giurisdizione
148
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
spirituale di Pistoia: ma nel tempo
stesso è affetto da servitìi feudale
vei-so i Conti Alberti, la nota poten-
tissima famiglia che tanta parte ebbe
negli avvenimenti della storia fio-
rentina. Agli Alberti , tra il 1160 e
il 1170, l'autorità imperiale (a cui
essi doveano Prato in feudo) sosti-
tuisce i magistrati germanici detti
Nuntii Imperatoris; al 1193 poi com-
parisce il Podestà di Prato. Intanto
la forza del popolo pratese si afferma
nelle lott« coi vicini (in ispecie con
Pistoja) per interessi collettivi ap-
parentemente religiosi ma sostan-
zialmente economici ; e attraverso
guerre condotte in proprio e paci
in proprio trattate, riesce a svinco-
larsi da ogni dominio e tutela e
così sorge libero il Comune di Prato.
Due Carte, con dilingenza dichia-
rate, illustrano il Comune pratense
avanti la fine del secolo XII, ed il
Castello verso la fine del secolo
stesso.
Ci auguriamo ora che, proseguen-
do nel ben cominciato lavoro, voglia
1' egregio Dott. Carlesi narrare le
vicende del libero Comune nei se-
coli XII e XIII , che hanno tanto
interesse nella storia medioevale ita-
liana.
S. S. - M.
ALTRI LIBRI PERVENUTI IN DONO ^^^
Di alcune nuove Zecche Itajiane.
Comunicazione del Dott. Solone
Ambrosoli. Roma, Tipografia della
R. Accademia dei Lincei, proprie-
tà del Cav. V. Salviucci : 1904.
In 8, pp. 5, con zhwoHpie intere.
Gastavo Chiesa. Regesto dell'Archivio
Comunale della città di Rovereto.
Fascicolo Primo (1280-1450). (XLI
Pubblit^ixione fatta per cura del
Museo Civico di Rovereto). Rove-
reto, Tipografìa Roveretana : 1904.
In 8. pp. 75.
V. Congresso Nazionale Giuridico-
Forense : Palermo, 1903. Atti del
Congresso. Palermo , Tipografia
F. Barravecchia e F. 1904. In 8.
pp. XVI, 257.
V. Congresso Nazionale Giuridico-
Forense : Palermo, 1903. Relazioni
sui Temi. — I. Diritto civile. —
II. Diritto commerciale. — III. Di-
ritto penale. — IV. Diritto pub-
blico. — V. Diritto romano. —
VI. Intieressi Forensi. Seconda edi-
zione. Palermo, Tipografia F. Bar-
(1) DI quelli, ohe tniigf^iormnnto interoRsano In «tori» nostra , haiìV detto pro»-
NiiiiAinente.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
149
ravecchia e F. 1904. In 8, pp. Vili,
583.
Carlo Alfonso Nallino. Intorno al Kitab
al - Bayan del Giurista Ibn Rushd.
(Extracto del Homenaje a D. Fran-
cisco Coderà en su jubilación del
Professo rado). In 8, pp. 11.
Vincenzo Strazznlla. 1 Persiani di E-
scliilo ed il Nemo di Timoteo vol-
garizzati in prosa con introduzio-
ne storica. Messina, Libreria Mau-
rolico G. Pricipato : 1904. In 16,
pp. LXX, 50.
e Travati , Segretario della
CoininisKione Araldica Siciliana.
Indici alfabetici dei Predicati No-
biliari e delle Famiglie con titolo
sul cognome , della Regione Sici-
liana. Roma, coi Tipi di Giuseppe
Civelli : 1903. In 8, pp. 31.
CRONACA
Inaugurazioni e Monumenti.
^*^ Il 12 gennajo, ricorrenza della rivoluzione del 1848, è stato solen-
nemente inaugurato, con intervento di tutte le Autorità e rappresentan-
za del Re nostro e dell' Imperatore di Germania, la statua in bronzo a
Francesco Crispi in fondo alla Via della Libertà , opera egregia dello
scultore illustre Rutelli. Il monumento sepolcrale, opera pur lodata del
valente Nicolini , è stato nel dì stesso inaugurato in San Domenico , il
Panteon degli illustri siciliani. Le l<»di del Crispi disse in un magnifico
discorso da par suo il Senatore Giorgio Arcoleo. Questo discorso è venuto
ora a 8tami)a e ce ne occuperemo.
^% Nella occasione che il Club Alpino Siciliano inaugurava con gran
concorso la nuova strada mulattiera per accedere allo storico Castellaccio
di S. Benedetto sul Monte Caputo ( Castello che il benemerito Club ora
possiede e restaura) , il nostro Prof. A. Salinas , che è Presidente degli
Alpinisti siciliani, pronunziava un applaudito discorso che ci auguriamo
di veder presto a stampa. La cerimonia ebbe luogo domenica 21 maggio;
e per essa fu messo fuori un numero unico, illustrato da belle fototipie,
col titolo : Il Castellaccio di Manreale, compilato principalmente dal D.r
Cav. Fausto Orestano.
„% Per la detta occasione della inaugurazione dei due monumenti a
Crispi vennero fuori le seguenti speciali pubblicazioni :
1. Bivista di Roma. Fascicolo straordinario dedicato a Francesco Crispi,
12 (jennaio 1905. In 8. gr., pp. 40. Messo fuori dell'Avv. T. Palamenghi-
Ciiapi , questo importante fascicolo contiene scritti di Sidney Sounino,
150 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
Francesco Durante, Paolo Mantegazza, Paolo Boselli, Camillo Finocchiaro
Aprile, Andrea Torre; alcune pagine inedite del Diario dei Mille di Crispi,
e poi molte lettere e telegrammi e dediche di Sovrani, Principi, Ministri
e delle più spiccate individualità nella politica, nella scienza, nella let-
teratura, ecc. Contiene inoltre 12 ritratti del Crispi in varie epoche della
sua vita, e fae-simili di autografi di Crispi stesso e di altri illustri.
2. Francesco Crispi nella vita e nella storia. Numero unico. Palermo
12 gennaio 1905. Compilatore Avv. Edoardo Alfano. Società Editrice
S. MarrattJa Abate e C. In fol. con 5 fototipie nel testo.
3. Crispi. Album di pensieri e di omaggi scritti da Senatori e Deputati.
Pubblicati dalVAvv. Edoardo Alfano. Palerino XII Gennajo MCMV. In 8.,
pp. XLVIII, con molti scritti aiitografiiti a fototipie.
4. Per Francesco Crispi. Palermo , 12 Gennaio 1905. Nuniero nnico.
(Tijwgr. Giliberti. In fol.) Pubblicato dal cosidetto « Circolo giovanile
socialistìi », e non messo in commercio perchè sequestrato dall'Autorità
Giudiziaria : contiene la nota Lettera che F. Cavallotti scrisse al 1895.
E in fine , per ricordo , fu messa in vendita una cartolina illustrata
con la statua del Rutelli.
Pubblicazioni recenti.
^% È uscito il primo numero del Bullettino del Santuario della Ma-
donna del Eomitello presso Borgetto , Sicilia , (Palermo , Tipografia F.lli
Vena, 1905, pp. 32 in 16), nel quale , dopo una prefazione - programma
del Direttore Sac. Baldassare Safina, ch'è il Rettore del Santuario, sono
dati i primi quattro capitoli delle memorie storiche di esso Santuario,
raccolte dal nostro socio Dr. Salvatore Salomone - Marino. Seguono gli
Atti della Commissione Amministrativa del Santuario , la Cronaca , le
Notizie ed Avvisi, le Oblazioni.
,*, In Assisi (Tipografia Metastasio , 1905) , è venuta fuori la Storia
del Monastero di San Martino presso Palermo scritta sui documenti dal
nostro palermitano Don Gregorio Frangipani cassinese.
^% L'egregio Can. Fortunato Mondello , Bibliotecario della Fardel-
liana di Trapani , ha dato un Resovonlo bibliografico ed artistico seguito
da una Nota con doppia pagina intima e sparsa (Trapani, Libreria Edi-
trice Rizzi Grittini, 1904, in 8, con 10 illustrazioni ad eliotipia). Illustra
cinque codici membranacei del secolo XVI , libri di coro contenenti il
canto gregoriano ; poi fa alcuni api)unti critici a proposito di artisti si-
ciliani, e si occupa ilei trapanese Giovanni Matera artista celebre di j)a-
Htori dei Presepe, dei suoi fratelli Francesco e Rosario pittori , e di altri
artivU.
^% Nel volume di Scrini economici e Icllcrarii di Michele Haslb^ (Pa-
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO 151
lermo e Messina, A. Reber e A. Trimarchi, 1905, in 16.) il dotto e va-
lente economista e letterato messinese, sono raccolti una serie di interes-
santi lavori su l'agricoltura, l'economia, la storia, il commercio, la giu-
stizia , la pubblica economia , 1' arte , ecc. di Sicilia ; lavori già editi in
Riviste e in Opuscoli, ma ora qui ripresentati con giunte e correzioni.
^% Il Sig. Fr. P. Vaccaro - Lamberti ha pubblicata una Cronaca in
ottava rima {1833 - 1844), con intermezzi polimetri, dedicata al He martire
Umberto il buono (Palermo, Tip. Cooperativa fra gli Operai, 1904, in 8,
pp. 84), nella quale verseggia le vicende politiche e gli eroismi ed i mar-
tirj di quelli che dedicarono la mente e il braccio all' unità e indipen-
denza della patria italiana.
^.% Scicli, di T. De Caro e S. Raccuglia (Acireale, Tipografia Umber-
to I, 1905; in 16. picc, pp. 31), è il 18 volumetto della collezionciua :
« Storia delle città di Sicilia diretta dal Prof. Salvatore Raccuglia. »
Annunzj necrologici.
^% È morto al 1. di questo mese di Giugno in Bolsena il dotto nostro
consocio l'Ab. Giuseppe Cozza - Luzi Bibliotecario della Vaticana. I clas-
sici studj storici e paleografici perdono in lui uu valente illustratore.
Altra perditii dolorosa è quella del Generale Carlo Corsi , altro socio
nostro , che alla Sicilia consacrò un volume importante del quale a suo
tempo discorse egregiamente in questo Archirio il Barone R, Starrabba.
È morto il 30 dello scorso Maggio a Genova.
8. S.-M.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
(Atti di Accademie , Società Scientifiebe , di Storia Patria , etc. etc.
inviate alla « Società Siciliana per la Storia Patria) ».
A) Italiane.
Archivio Storico Lombardo. Giornale della Società storica lom-
barda — Milauo — Serie quarta — Anno XXXI, 1904.
Memorie : Una narrazione bobbiese sulla presa di Damiata nel 1219,
Carlo Cipolla — I Contadi rurali del milanese (sec. IX - XII) , Ezio Ri-
bolili — La viabilità nel Lodigiano nell'antichità e nel medio - evo, Gio-
vanni Agnelli — La festa del Paradiso di Leonardo da Vinci e Bernardo
Bellincione (13 gennaio 1490), Edmondo Solmi — La deputazionii dei col-
legi elettorali del regno d'Italia a Parigi nel 1814, Ettore Ver<jn.
Varietà : Indizio di un placido lombardo o veneto all'84r) circa, nella
lista episcopale di Padova, Fedele Savio — Di una visitji di Federico Bar-
barossa a Como (1178 - 1186), Girolamo Biscavo — Industrie millenarie ita-
liane, Angelo Mazzi — \]u dono dei Vige vanesi a Francesco Sforza, Ales-
sandro Cohymbo — Ricerche int4)rno alla vita di Giovanni Torti, Egidio
Jìellorini — Quisquiglie di toponomastica lombarda, Carlo Salvioni.
Bibliogratia — Appunti e Notizie (1) — Atti della Società Storica Lom-
barda— Elenco dei socii (235) — Opere pervenuti in d«nio alla Biblioteca
sociale.
(1) Trii 1« notizie, ve ne lui due, dato dal So^rotiirio doUu Si>cioti\ Storica Lom-
barda, lii|{. Kinilio Motta, relativo al Curteffgio di Friinr.t$eo D'Ai/iiirre. L'ofiro^io
Dumo, do|Mi di uvcro moiitovato la puhltliuazioiio , fatta a oura o HpoHo del Miiiiì-
oiplu di Salomi doll'Opora di FruiicoHOO D' Axiiirru intitolata: Della foudazione e
rittabllimtnto deyli ttudi gtntrali in Torii%o anno 1715; dopo di aver ricordato la
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 153
Atti della Società Ligure di Storia Patria — Genova.
Volume XXVIII. Le relazioni fra Genova , l' Impero Bizantino ed i
Turchi (con 31 documenti e un'Appendice) Camillo Manfroni—YoX. XXIX.
Dei Giornali di Gio. Vincenzo Imperiale, con prefazione e note di Anton
Giulio Barrili — Volume XXX. Genoati e Viturii (con un'Appendice con-
tenente la Carta Topografica dei Genoati e Viturii) Gaetano Fo</gi — Vo-
lume XXXI. Codice diplomatico delle relazioni fra la Liguria, la Toscana
e la Lunigiana ai tempi di Dante (1265-1321), Arturo Ferretto — Volu-
me XXXIl. Genova e Tunisi (con 58 documenti), Emilio Marengo — Vo-
lume XXXIII. Il Colle S. Andrea in Genova e le regioni circostanti,
Francesco Podestà.
Memoria su questo argomento da me letta alla Società nontra e pubblicata in questo
Archivio, così scrive. «Due notizie importanti i>er la biografia di F. D' Aguirre
olirò la Trivulziana. 11 codice Trivulziano u. 196 contiene il carteggio autografo del
D'Aguirre coi principali letterati d'Italia, quali L. A. Muratori, C. Galiaui, P. Me-
tastasio, Scipione Maft'ei, Bernardo Lama, Costantino Grimaldi, Pietro Giannone ed
altri, dirottogli nicntr'cra a Torino ed a Milano ancora. Ci maraviglia assai come
il Porro, registrando quel codice nel suo Catalogo dei mas. della Trivulziana, cosi
gravemente mancasse verso gli studiosi nel non indicare a chi quelle lettere fos-
sero indirizzate né le additasse come autografe e a prim'occhio di un valore indi-
scutibile (cfr. p. 210). Trattasi infatti di un corpus im]>ortantÌ8simo per la storia
italiana del settecento, e la comunicazione nostra speriamo abbia ad invogliare la
Società storica siciliana ad oocupai'seue.
La seconda notizia è piuttosto l)ibliograflca. L'Abate don Carlo Trivulzio, il fon-
datore si può diro del Museo Trivulzio (1789), che ogni suo libro abbondantemente
annotava, conservava ogni catalogo di libreria che ai siu)i tempi si stampasse. È
così che con quelli, ignorati fin qui dell'Argelati (1756), del giureconsulto Giov. Ma-
ria Aliprandi (1733) e dell'abate Gianmatteo Portusati (1838), trasmise ai suoi di-
scendenti anche il Catalogo dei libri del fu gigìior Questore Agtiirre , vendibili nel
1753, appresso il negozio di Antonio Agnelli. La sui)pellettilo libraria è abbondante,
elencata in ordine alfabetico di autori, in 57 pp. stampate in 8. piccolo. Manoscritti
però non vi figurano.
Ed anche questa iu)tizia non sarìl inutile per la storia delle biblioteche scom-
parse in Milano ».
Ringrazio l'egregio Segi-etario della Società Storica Lombarda del ricordo fatto
del mio lavoro su Francesco D'Aguirre, e della Comunicazione fattaci sul Carteggio
di questo illustre Siciliano, che spero poter studiare ed illustrare.
154 SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Rivista storica italiana, Torino — Anno XX, 3. serie, Gen-
naio — Dicembre 1903.
Bccemioni e noie bibliograjìche : Storia generale; Età preromana e ro-
mana: Alto medio evo; Basso medio evo; Tempi moderni; Periodo della
rivoluzione francese; Periodo del risorgimento italiano. Vi sono presi ad
esame i seguenti lavori storici relativi alla Sicilia.
Giuseppe Salrioli , Le decime di Sicilia e specialmente quelle di Gir-
genti. Ricerche storico - giuridiche. Palermo, Alberto Reber, 1901 — Eaf-
faele Starrabba, Consuetudini e privilegi della città di Messina sulla fede
di un codice del XV secolo posseduto dalla Biblioteca Comunale di Pa-
lermo. Palermo, Scuola tip. del Boccone del Povero, 1901 — Ettore Pulejo,
Un umanista siciliano della prima metà del sec. XVI (Claudio Mario A-
rezio), Acireale, tip. dell'Etna, 1901^— Alfonso Sansone. Gli avvenimenti
del 1799 nelle Due Sicilie, Palermo, 1901.
Spoglio di Riviste nazionali e forestiere : Si fa menzione di parecchi
lavori pubblicati in questo Archivio nelle annate XXVI e XXVII.
Elenco di recenti pubblicazioni di storia italiana — Notizie.
Rivista Storica Italiana , Torino , Anno XXI , 3. serie , Gen-
naio — Dicembre 1904.
Recensioni e Note bibliografiche : Storia generale; Età preromana e ro-
mana; Alto jpedio evo (sec. V - XI); Basso medio evo (sec. XI - XV); Tem-
pi moderni 1492 - 1798); Periodo della rivoluzione francese (1789 - 1815);
Periodo del risorgimento italiano (1815 -1903).
Dei seguenti lavori storici di argomento siciliano vi ì^ fatta una re-
censione.
Pupillo Barresi, Gli usi civici in Sicilia Ricerche di storia del diritto.
Catania, Gianuotta, 1903 — Salvatore Pagliaro Bordone, Mistretta antica
e moderna coi «noi undi(;i coiuuni. Mistretta 1902.
Spoglio (li lìirislr n<i:ionali e forcHticre e di Atti e Memorie di Depu-
tazioni e .S(»cietà Htoriclie, di Acnub^iiie e di altri Istituti scientitici e let-
terari, con riassunto di r)37 articoli di storia Italiana (Carlo Contessa).
Vi è il riiiMHUuto di pHrec<!lii lavori pubblicati nel fascicolo 3-4 del-
SOMMARIO DELLK PUBBLICAZIONI PERIODICHE 155
1' auuo XXVII e nel fascicolo 1-2 dell'anno XXVIII di questo Archivio,
e degli anni III e IV dell'Archivio Storico Messinese.
Libri recenti di storia italiana — Notizie e comunicagioni.
Vi è la Necrologia del nostro illustre Socio (giurista e storico di gran
fama) Vito La Mantia.
B) Estere.
Polybiblion, Revne Bibliograpliiqiie Uiiiversel — Paris — Den-
xieme serie. An. 1903).
•
Dernières publications illustrées , par Viscnct — Ronians , Contes et
Nouvelles, par M. C Arnaud — Economie politique et sociale, par M. I.
Mambaìtd — Ouvrages d'enseignenient chrétien et de piét«, par F. Cha-
pot — Poesie — Théatre, par G. Limale — Ouvrages réeentes sur Napoléon
et son epoque, par M. 8. — Histoire, Art et Sciences luilitaires, par A .
de Ganniers — Publications recente» sur l'Ècriture sainte et la litterature
orientale; par M. E. Mawjenot — Géographie et Voyages, par M. X. Froi-
devanx (1) — Sciences biologiques , par L. De Saint - Marie (2) — Beaux-
Arts, par M. A. P^raf^— Sciences physiques et mathématiques, par M. È.
Chailon — Hagiographie et Biographie ecclésiastique, par M. L. Robert —
Ouvrages pour la leunesse , par M.me la C.tesae B. I)e Conrson — luri-
sprudence , par 3/. Lambert — Philosophie , par M. L. Maisannetive —
Ouvrages Hongrois d'Histoire et d'Economie sociale, par M. E. Horn—
Poesie , par M. G. Limare. — Ouvrages sur l' Histoire du Théatre , par
Jlf. ^.—Publications récent«8 sur l'Ècriture sainte et la litterature orien-
tale, par M. E. Jf««gfe«o< - Ouvrages sur la niusique, par M. B. — Hi-
stoire coloniale et colonisatiou , par Henri Froideraux — Comptes - reu-
dus — Bullatin — Chronique.
(1) Si fu luenzioiie di un libro, pubblicato poelii auni or fa da M. A. Dry con
il titolo di Trinacria. Promenudes et impre$8Ìons sieiliennea , dandone questo giu-
dizio. È un libro clie si leggo con molto piacere, essendo pieno di fatti, di osser-
vazioni personali e ben doouiueutato. Non è una guida, né un trattato di geografia
fisica ed economica, ufo un opera di erudizione; e però non vi si trovano uè indi-
cazioni sciontificho, uè cifro, uè profondo discussioni sulle Métope di Selinunte o
sulla Venere Callipiga. Quello che il sig. Dry ha specialmente studiato è l'uomo
contemi)oranoo, e ciò facendo ha reso un vero servizio , perchè 1' uomo contempo-
raneo è stato sino a questi ultimi anni assai negletto. Grazie al sig. Dry ci sarà
ora possibile farci uua piìl giusta idea del Siciliano.
(2) È annunziata la pubblicazione del secondo volume degli Annali della clinica
delle malattie mentati e nercose dell'Università di Palermo . che si dice contenere
dei lavori per varii rispetti iutereasauti.
156 SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Bollettino Internazionale dell' Accademia di Scienze di Craco-
via (l) — Anno 1901.
Memorie e Comunicazioni : I piccoli raonuraenti della lingua polacca
del medio evo, A. Brilckner — A quale epoca risale la menzione della
Communione dei Santi nel Simbolo degli Apostoli, M. Morawski—SnWfì
vocfUi nasali nei dialetti polacchi e cascubici , .S'. Dobrzycki — Simone
Simonide. La sua vita e le sue opere, C. Heck — Miniature di origine
polacca della Bibliotec;i pubblica di Pietroburgo, F. Kopera — La voce
libera di Stan, /. Tretiak — L' organizzazione dei tribunali in Polonia
nel medio evo, St. Kntrseba—L,a, geografia insegnata alla Università di
Cracovia nel 1494, Fr. Bujak — Quello che intorno agli Slavi sapevano
i primi loro storici Procopio e lordanes, W. Ketsynski — Il pallio dei Ve-
scovi polacchi al secolo XI, 8t. Ketrzynki — Studio sui nomi dei corsi
d'acqua slavi : Bacino della Vistola, /. Bozioadowski — Resoconto delle se-
dute e dei lavori presentati alle classi di filologia, di storia e di filosofia,
di scienze matematiche e naturali.
Bollettino internazionale deHAccademia di scienze di Cracovia. —
Anno 1902.
Memorie e Comunicazioni : Il commercio di Cracovia nel medio evo,
riguardato dal punto di vista delle relazioni commerciali della Polonia
con l'estero, S. Kutrzeha — Il cavaliere al cigno, poema francese del XII
secolo e suoi rapporti coi poemi del ciclo della prima Crociata. Parte
prima: La canzone di Antiochia, I miseri, La conquista di Gerusalemme.
Seconda parte : La canzone del cavaliere al cigno e di Goffredo di Bu-
glione, M. Kareczynski — Parallelismoi, sive de locutionum aliquot fati»
et usu apud auctores Graecos nec non Latinos, C. Morawski — I Salteri
polac<;hi sino alla metà del XVI secolo, ^1. Brilckner — L'acconciatura
del capo delle donne presso i popoli barbari dell'antichità, P. Bienkoto-
»ki — Il ritorno e l'abolizione della Compagnia di Gesù in Galizia 1820-
(1) (Quest'Accademia k «tata fondata nel 1872, od è divi»» iu tre classi: di tllu-
logia, di Htoria e di fllimotin, di scienxu niiUomutichu e uaturuli. Il Bollettino In-
temazionale , che Hi |)ul>lili(-a lutti i iiieMÌ, n>cno (luolli di vacanza (agosto » net-
tunibrn) oontiono nidla prima parte i proecnni v«>rbali delle Hodute (in francese) ed
il ria«Hunto dolio nioinorie o dolio uoniunicazioni (in francoso, in todoiuu o in altra
linicua a soelta dei(li anturi). Ho creduto |»eroiò bene pubblicare questo Sommario
tutto in italiano.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 157
1848, C. Cìwtkowski — Stefano Batliory e la proposta di una lega contro
i Tui-chi, 1576-1584, L. Boratynski — Sulla giurisdizione dei vescovi di
Leubus nella Piccola-Russia, L. ^6/-a/w?n.— Contribuzione alla storia delle
fonti del diritto polacco, O. Balzer — L'Abazia dei Santi Bonifacio ed
Alessi sull'Aventino; Le pitture della chiesa di S. Clemente a Roma,
St. Zakrewski — Ricerche sid numero e 1' aggruppamento dei Polacchi
all'Estero, W. Czerkawski — La disfatta dei Calati a Delfo nelle opere
d'arte dell'antichità, P. Bienkowski — Le Abbazie di Ossiach e di Wilten;
Contributo alla storia dei rapporti dinastici dei Piasti al secolo XI, St.
Zakrzewski.
Salvatore Romano
ATTI DELLA SOCIETÀ
SEDUTA SOCIALE DEL 12 FEBBRAIO 1905.
Presidenza del Pof. Or. Uff. Avv. Andrea Guarneri ,
Senatore del Regno, Presidente
La Società con l'intervento di N. 15 dei suoi componenti si
riunisce nella propria sede in S. Domenico.
Alle ore 14 '/j i^ Presidente dichiara aperta la seduta ed
invita il Segretario Generale a dar lettura del verbale della tor-
nata pecedente il quale resta approvato.
Lo stesso sig. Presidente comunica alla Società due gravis-
sime i>erdite, cioè quella dell'On. Pietro Bonanno e quella del
Comm. Ing. Giuseppe Patricolo. La prima, Egli dice, ha addo-
lorato la cittadinanza che ha veduto quasi improvisamento scoili-
l»arire una fibra gagliarda ed operosa nella ])ersona del suo primo
magistrato, la seconda è un vero lutto di famiglia perchè il P.re
Patricolo fu uno dei socii benemeriti del nostro Istituto per il
quale generosamente prestò l'opera di artista per la ricostruzione
e la decorazione di ([uesta sede, non idtima certamente tra quelle
che accolgono i varii istituti scientifici della città.
Propone pertanto (;lie in segno di cordoglio per entra inbe le
penlite, la se<luta venga sciolta e rinviata a domenica [jrossima.
11 Prof. Salvatore Homano si associa alla proposta del signor
Trcsidcntt; e prega i socii perchè vogliano deliberare un voto di
condoglianza da manifestarsi alhi v<Mlova <l(>ll'()n. Ronanno, alla
(ìiiinta Municipale di l'alermoed albi famiglia del l'rof. Patricolo.
Hi approvano aUa unanimità le fatte proposte e «{uindi la se-
ATTI DELLA SOCIETÀ 159
duta viene tolta non senza un caldo appello del sig. Presidente
ai socii, perchè Domenica ventura vogliano tutti intervenire.
Il Segretario Generale
D/ Giuseppe Lodi
SEDUTA SOCIALE DEL 19 FEBBRAIO 1905.
Presidenza del Prof. Avv. Gr. Uff. Andrea Guarneri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società coli 'intervento di N. 23 dei suoi componenti si riu-
nisce nella sua sede.
Essendo le ore 14 */? il Presidente dichiara aperta la seduta.
Il Vice Segretario Avv. Cav. Falcone, in assenza del Segreta-
rio Generale, legge il verbale della tornata precedente che resta
approvato.
Presenta quindi i libri venuti in omaggio alla Società durante
i mesi di Dicembre e Gennaio.
Si passa quindi alla votazione a scrutinio segreto per l'ammis-
sione a socii dei signori Catalano Prof. Vittorio Emanuele, Ge-
nuardi Avv. Luigi, Calvaruso Giuseppe Maria, Besta Prof. En-
rico GucciaCav. Prof. Giovanni Battista e Capasso Prof. Gaetano.
Vengono tutti ammessi alla unanimità.
Il Presidente invita il Socio Prof. Salvatore Romano a fare
l'annunziata comunicazione sull'opera ])ostuma di Antonio Cini,
edita a Catania col titolo: Origine e progresso della lingua italiana
in Malta, ossia la lingua nazionale dei Maltesi.
Il Prof. Romano esordisce dicendo che di quest'opera egli ha
scritto una recensione che sarà pubblicata nel prossimo fascicolo
ùeWArchivio Storico Siciliano.
Fa quindi un breve cenno biografico di Antonio Cini, che fu esi-
mio patriota ed uomo dotto.
Ricordando poi che Malta è nna delle isole minori che circon-
dano la Sicilia, come Lipari, Favignana ed altre, e però etno-
graficamente e geograficamente è terra siciliana, ne trae due con-
seguenze. La prima è, die tutto quanto riguarda la storia e le
vicende di Malta interessa noi Italiani, specie noi di Sicilia, e
160 ATTI DELLA SOCIETÀ
la Società di Storia Patria che con ardore difende i diritti storici
dela Sicilia, non può dimenticare quelli di Malta che ne fa parte.
La seconda è che la lingua nazionale dei maltesi è la stessa
dei siciliani delle altre isole minori e della maggiore, cioè l'ita-
liana.
E questa lingua essi hanno il diritto di usare nei tribunali ,
negli ufficii, e negli atti pubblici ed altresì nelle scuole come
lingua d'insegnamento. Né l'essere Malta sottoposta al dominio
inglese toglie ai Maltesi il diritto di usare la propria lingua, per-
chè nessun fatto politico può togliere o menomare un diritto na-
turale. E l'uso della propria lingua è diritto di natura, perchè
la lingua che è espressione prima e naturale della stirpe, è pa-
trimonio collettivo di un popolo.
Quando nel secolo IX i Musulmani, dopo lunga guerra, con-
quistarono la Sicilia, ai nativi lasciarono libero l'uso della propria
favella e della propria religione, sicché dopo tre secoli di domi-
nazione Musulmana i Normanni trovarono a Palermo in vigore
la gerarchia ecclesiastica mantenuta ininterrotta i)er si lungo tem-
X^o e trovarono attorno all'Arcivescovo Nicodemo gruppi di fedeli
siciliani che nella propria favella pregavano Dio.
E come i Musulmani, così i Normanni, essendo nel sec. XI
divenuti signori della Sicilia, non solo ai nativi, ma anche ai
molti Musulmani rimasti nell'isola concessero piena libertà, di
usare, parlando e scrivendo, la propria favella.
Ciò face vasi nel IX e nell'XI secolo ed invece nel secolo XX
vediamo i reggitori di alcuni Regni ed Imperi, che si vantano
maestri di civiltà al mondo intero, costringere coi modi i)iù tiran-
nici gli abitanti dei paesi sottoposti al loro dominio ad usare non
la ])ropria, ma una lingua straniera. E fa pena dovere tra questi
Regni ed Imperi annoverare il Britannico (;he dipartendosi dalle
»ue savie e liberali consuetudini vuole a ogni costo sostituire in
Maltii l'idioma inglese all'italiano, *
Non erano scorsi, che pochi anni da che l'Inghilterra dominava
in Malta, (|uando un (rovernatore militare inglese lece la prima
« Notificazione » a danno della lingua italiana. E da quel giorno ad
oggi il (loverno Hritaimico mai ha cessato con notificazioni, con
inchiesti^ con ordinamenti scoliistici di tur di tutto iter sostituire
a<l essa la inglese.
Il più feroce in quest'opera poco civile ed umana è stato lex-
ATTI DELLA SOCIETÀ IGl
luinistio (Ielle colonie M.r (Jliambeibaiii, il quale uou pago di es-
sere stato l'autore (\e\VOrfìer In (JouncH del '22 uiarzo 1899, il di
28 gennaio 1901}, i)rofferì alla Caui(;ra dei Comuni un discorso nel
quale accumulando errori sopra errori, ha travisato la storia per
sostenere che la lingua italiana è pei maltesi straniera e non na-
zionale e che l'uso di essa è di recente data a Malta.
Il Prof. Kouuino conchiude dicendo che fu principalmente per
confutare questo discorso che Antonio (Jini scrisse il libro sopra
indicato e che ha fatto veramente un'opera buona il Marchese
Adriano (Jolocci nel darlo alla luce e farlo conoscere agli studiosi.
Il Presidente fa seguire sul medesimo argomento un suo breve
discorso, corredato di notizie storiche interessantissime ed inspi-
rato ai più vivi sensi di patriottismo.
Tanto egli, quando il Prof. Komano vengono applauditi.
La seduta viene tolta, alle ore 15 '/«•
Il Vice ^Segretario Generale
G. Faloonb
SEDUTA «OCIALE DEL 12 MAKZO 1906.
Presidenza del Cac. Prof. Or. Uf. Avv. Andrea Quarneri,
Menatoi e del Regno, Presidente
La Società essendo presenti u. 30 dei suoi membri si riunisce
nella propria sede.
Alle ore quattordici il Presidente dichiara aperta la seduta,
ed invita il Segretario Oenerale a dar lettura del processo ver-
bale della se<luta i)recedente <».he resta ai)provato.
Il Presi<lente levatosi pronunzia meste parole per la perdita
del Prof. Comm. Luigi Samjwlo, socio benemerito, a tutti noto
per essere stato uno dei fondatori di questa Società , scrittore
egregio di Storia e di Diritto, autore di una illustrazione della
R. Università degli studii di Palermo e fondatore del Circolo
Giuridico, sapiente istituzione che fa veramente onore alla città
di Palermo.
11 socio Ing. Angelo Coppola chiede la parola per saper quali
deliberazioni il Consiglio Direttivo abbia preso per' onorare la
memoria del compianto I*rof. Ing. Giuseppe Patricolo.
Arch. Stor. Sir. N. S. Anno XXX. 11
162 ATTI DELLA SOCIETÀ
Il Segretario Generale risponde a tale interrogazione dicendo
che il Consiglio ha deliberato :
1. Di confermare la deliberazione consiliare del (> Dicembre
1899 in ordine ad una lapide da murare nei locali della Società
lapide che dovrà ricordare i lavori di restauro eseguiti e la parte
in essi avuta dal Prof. Patri colo.
2. Scrivere al Municipio di Palermo manifestandogli il voto
del Consiglio, quello cioè che una delle nuove strade si intitoli
dal nome dello illustre estinto.
3. Invitare il Prof. Basile perchè voglia tenere nella sede
della Società un discorso intorno all' opera del Prof. Patricolo
nel restauro de' monumenti siciliani.
L'interrogante si dice lieto delle proposte: però fa osservare
che il Collegio degli Ingegneri ed Architetti di Palermo, ha dato
al Prof. Basile lo stesso incarico che gli vorrebbe dare il Con-
siglio Direttivo della Società e quindi teme che non se ne possa
ottenere l'adesione, perchè l'oratore non pronunzierà certamente
due volte il medesimo discorso.
Il Presidente allora propone che i due Istituti si riuniscano
nel comune intendimento di onorare la memoria del Prof. Pa-
tricolo e propone parimenti che le onoranze abbiano luogo in
questa sede in cui i socii tutti crede che ospiteranno degnamente
gli onorevoli componenti del Collegio degli ingegneri.
Le proposte del Presidente sono approvate all'unanimità.
Il socio Comm. Mario Entelli dichiara che ove mai occorra
l'opera sua, per onorare la memoria del Prof. Patricolo, è pronto
a mettersi a disposizione della Società.
Il Presidente i)rende atto della gentile offerta del socio Ru-
telli e lo ringrazia in nome della Società stessa.
Il Prof. Giuseppe Pitrè avuta la parola, legge un suo studio
sul viaggio di Volfango Goethe a Palermo negli ultimi anni del
secolo XVIII. La lettura desta vivissimo interesse negli interve-
nuti ed alla fine è vivamente applaudita.
Il Presidente alla sua volta ringrazia il Prof. Pitrè della i)ri-
mizia da lui offerta alla Società ed augura che uno studio così
ac<;urato valga a stringere sempre più i legami di amicizia tra
la vecchia Sicilia e la nuova Aloniagna.
Dopo di «aò, lo stesso l'n;sid<',nte pro]M>ne che si deliberi in-
torno al seguente voto da manifestarsi al Ministero della Pub-
blica Istruzione:
ATTI DELLA SOCIETÀ 163
« La Società Siciliana per la Storia Patria in Palermo, fa caldi
«voti, per(!hè nel Bilancio della Pubblica Istruziooe per Panno
«1905-6 sia elevata la scarsa ed insufficiente dotazione per gli
« scavi delle antichità e per la conservazione di monumenti, onde
« il tesoro storico - artistico che jfiace nelle viscere del suolo di
« Italia sia dissei)pellito e conservato nell' interesse della storia
* patria e della cultura mondiale ».
La Società apiirova unanime il voto surriferito e non essen-
dovi altri argomenti da trattare il Presidente scioglie la seduta.
Il tiegretario Generale
Hj Giuseppe JìODi
MEMORIE ORIGINALI
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO
NELLA PRIMAVERA DEL 1787 *
Il VÌM<>t»io «li Goethe in Sicilia v <lescritt<> in lettere
alla Signora voii Stein e ad altri, lettere le (inali furono
mandate a irruppi. Le dittieoltà delle coniunicazioni anda-
vano di pari passo con la (\sorbitanza delle sjHise i)ostali. Un
foglio di pochi gniinnii dalla (xerniania in Sicilia e viceversa
costava la bella somma <li 00 bajocchi , e doveva incon-
trare la fortunata ocwtòioue del corriere pel Continente.
Quelle h'ttere, che al far dei conti sono un diario, vanno
dagli ultimi <li Mar/o al 17 Aprile del 1787; ma, meno una,
non vi(h'ro la luce prima del IHIG: «lata da tenersi bene
a mente, perchè a chi studia i viaggiatori tra noi deve
recare una certa sorpresa che fatti e costumi rilevati da
uno , e da quest' uno non comunicati per via di stampa ,
concordino pienamente con fatti e costumi rilevati e
pubblicati da altri. Josei)h Hager, per esempio, osservò
nel 171>5 e descrisse più tardi cose state osservate e
descritte da Goethe; ma è evidente che Hager non cono-
sceva ([uel che Goethe avea scritto; e Goethe, d'altro lato,
dà bene a vedere di non aver mai lettt) i Gemalde von Pa-
lermo del dotto orientalista, perito della causa contro l'abate
maltese (ìinseppe Velia, falsi tic^itore del Codice di 8. Mar-
* ItalianiHvhv IÙ'm: .Stiitjtart ii. Tiibingeii 1816. Zweit<}r Theil, 1817.
La edizione da lue tenuta presente è stata queHtii : Italienische Eeise.
Leipzig, Philipp Reclain jun.
Areh. SUyr. Sic. N. S. anno XXX. 13
166 IL TI AGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
tino. Il medesimo può dirsi di altri visitatori dell'Isola pri-
ma del 181G.
Goethe moveva da Napoli per PaleriiKì il 2S) Marzo del
1787; e, come usavano allora molti, veniva con un compa-
gno. Era costui Cristoforo Enrico Kniep di Hildeslieim, ar-
tista di molto valore (quasi coetaneo del nostro), il quale,
rimasto privo in Roma del suo benefico protettore, il ])rin-
cipe Kraschinsky, vescovo, era passato, in tristi condizioni
economiche, in Napoli sotto la guida operosa del rinomato
pittore Guglielmo Tischbein, che lo presentò e fece conoscere
al poeta. Costui ])otè apprezzarne la non ordinaria abilità nel
disegnare e, ad ogni passo per l'Isola, compiacersi delle sin-
golari scene che egli ritraeva. Parisot ebbe a dire più tardi:
« La fedeltà minuziosa che Kniei» metteva nel riprodurre i
particolari d'una rupe, d'un arbusto, non sollbcava in lui la
spontaneità e la fantasia. Alia finitezza sapeva unire ardore
e vita, e si sentiva in lui la ispirazione» (1).
Che cosa sia awenuto dei suoi cartoni dopo morto
(Napoli, 1) Luglio 1825) non io saprei se non mi venisse
in soccorso il bravo prof. E. Zaniboni , che da molti anni
con intelligente amore si occupa delle opere di Goethe e
che è per darci una versione con copiose iu)te illustrative
della ItaUenische Reise. Elgli mi favori.sire il frutto delle sue
ricerche in proposito, e tra le altre queste i)eregrine notizie:
« Il (jomnL Bourguigiion , un francofortese residente a
Napoli da una «piarantina d'anni, Direttore della Casa Meu-
ricoffre (morto alla fine del liK)8), modesto ma a])passionato
goethiano, era riuscito a raccogliere i)ar<'cchi fra gli accpia-
relli e i disegni <H Kniep, i)ortati da costui di rit(u*no dal
viaggio in Hicilia fino dal 1787 o eseguiti a Napoli in schizzi
di viaggio. Io 8t«88o ho avuto occasione di veder questi acqua-
relli (una ventina) e di ammirare so])ra tutto un grosso al-
bum di disegni e schizzi e <'artoni ecc. di (piasi tutti i paesi
(1) V. LoBOUSSB, Grand Ihclionnaire universel du XIX"** siècle , t. IX,
p. 1280. Paris, 1873.
IL TlAGtOIO DI OOETHE A PALERMO ECC. 167
siciliani visitati rtal (Toethe; e ]H'ecisaraente nel 1899, quando
cioè ero nel principio delle mie ricerche. Morto il Boiir^ni-
gnon, mi recai, poco dopo, <lal cav. Meuricottre per aver
notizie delle opere del Knie]). Ma dal cav. Meuricoffre seppi
soltanto : che tutta l'eredità Bourguignon era passata ad una
figlia maritata in Francia. Dopo d'allora, non feci altre ri-
cerche. È possibile clie il cav. B. abbia mandato qualche
disegno o copia di disegni del Kuiep a Weimar, che sareb-
bero poi stati rii)rodotti nei vari volumi dei Goethe - Jahr-
hiicher o della Goethe-Cresellschdfat » (1).
In una recentissima pubblicazione del prof. G- von Grae-
veuitz: Goethe: unner Reiseheffleiter in Italien (2), aacanUì alla
riproduzione d'un acquarelh» di Goethe, rap])re8eu tante un
paesaggio .siciliano, forse di una <lelle campagne del Val
di Mazzara, ac<|uarello che egli donò alla signora von Stein,
è un bel disegno degli avanzi del tempio di Ercole in Gir-
genti di esso Kniep (.*i), e pare faccia i)arte di altri disegni
simili posseduti «lai Graevenitz, «lue dei quali, stati foto-
grafati, mi stiinno per gentilezza del Zaniboni sott'occhio (4).
IL
Ma veniamo all'argomento principale, che è il viaggio.
Sul legno nel quale Goethe e Kniep presero imbarco era
un'allegra compagnia teatrale, stata scritturata per Palermo.
Goethe non ne dice più che tanto ; ma io posso aggiun-
gere che «piella compagnia veniva i>el teatro di S. Cecilia, il
(1) Lettera del 15 Maggio 1905 da Napoli.
(2) Berlin, 1904.
(3) Vedi pp. 57 e 110.
(4) Sono due paesaggi che non mi riesce di determinare. Kniep non
ci lasciò nessuna indicazione topografica.
168 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
quale prepara vasi a riai)rire, al domani «li Pasqua (1) Aprile),
i suoi battenti, rimasti chiusi (lurniite In (Quaresima.
Goethe chiama corvetta quel le^iio; e })rohabilm<'rjte sarà
stato il Tartaro, pacchetto, come volgarmente si chiamava
{^xsgi.pai^H-hoat), che faceva il corriere da Napoli a Palermo
e viceversa, e nelle due città accoglieva passeggieri del
C'ontiueute per l'Isola e dell'Isola i)el ( 'ontinente, cioè per la
Capitale del Kegno e la Capitale della Sicilia.
Era quella la prima volta che Goethe andava per uuire,
e soifrì uou poco, ma con una certa pazieuza, il mal di mare,
durato, meno qualche intervallo, quasi tutti i (juattro giorni
di navigazione mentr'egli se ne stava assorto nel ju'oseguire
HU dramma (il Torquato Tanno) da lui già tempo incomin-
ciato, ed il cui ms. avea ])ortato con se.
Pare sbarcavsse alla Cala e<l entrasse per Porta Felice,
donde sarebbe stato (M)ndotto ad una vicina locanda, la mi-
gliore che s'avesse allora a Palermo e forse in tutta l'Isola,
tenuta da un buon vecchietto , abitiuito a ricev(>re il tìore
dei forestieri d'ogni nazione che giungevano nella Cai)itale.
Perchè alla Cala e non al Molo f
Perchè i ])iccoli legni andavano al porlo Accchio (Cala):
ed i passeggieri , nessuno eccettuato , doveano recarsi alla
Sanità, sotto il baluardo orientale del Castello, dietro la
chiesa di Piedigrotta , donde soh) l'anno 178^< passò alla
(Marita, in seguito a consulto (29 Die. 17S7) tra il Principe
di C;u'anianico Viceré e il Duca D. Ignazio Lucchesi Palli
Pretore.
Questa in<licazione (h'il'utlicio di Sanità non è, come ve-
<ircmo, inutile. Dobbiamo all' inglese Brydone il poco che
si sa dell'albergo <li (ìocthe, e che non è guari io ebbi occa-
sione di niett^ire in evidenza a ])roi)osito delh^ locande di
Palermo nella seconda metà del settecento (1).
Il ve<rchiett^> era nutrito d' una signora provenzale ,
specie di precursora d<'lla Veneran<la dell' Amor pacifico
(1) Palermo $ento e più anni fa, t. I, o. XI. Palermo, Reber 1904.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO EOO. 169
del Giusti. Essa chiamavasi Montaigne , vulgo Madama
di Montagna, e, come avverte il Villablanca, teneva la
sua « nobile lo(3anda nel Cassaro morto del braccio Kal-
sa ». Lì stette nei giorni che si fermò a Palermo l'ingegnere
francese Hounini, autore d'un viaggio uell'alto e nel basso
Egitto (1); il ([uale si sbizzarrì nel leggerle nella sua lingua
le argute e non benevoli pagine inglesi del Brydone (2), che
lo avea preceduto di soli sette anni. Un secolo dopo, nel
1875, consigliata e scritta da Isidoro La Lumia, una lapide
veniva ujurata sulla i)orta di quella locanda, che sarebbe
oggi la casa Castagnetta - Pollaci, di fronte al K. Anthivio
di Stato, già Casa dei Padri Ttiatini.
La lapide suona così :
GIOVANNI VOLPANGO GOETHE
UDRANTK IL SUO SOGGIORNO A l'ALEUMO
NEL 1787
DIMORÒ IN QUESTA CA8A
ALLORA PUBBLICO ALBERGO.
La indicazione che uè lascio (joethe e (|U('sta : Noi en-
trammo ili città per la porta maravigliosa formata da duo
immensi pilastri, in alto non chiusi ail arco aftinché possa
liberament<' passarvi il carro colossale della famosa festa di
S. Itosalia; e, girando a sinistra, a|)pena entrati, trovanuno
una locanda. L'albergatore ci ondusse in un'ampia stanza,
dal cui balcone si vedeva il mare e la i'a<la , il monte di
8. Kosalia e la spiaggia, e dal quale potesnuno i)ur vedere
il nostro bastimento e aver un'idea del nostro primo punto
d'osservazione (2 Aprile).
Ma in questa indicazione, apparentemente chiara, quanta
oscurità , e però , (luante ragioni di discussione ! Basta
salir le scale, percorrere i piani, visitare i quartierini di
quella ctisa per accorgersi che poco o punto concorda oggi
(1) SoNNiNi, Voyaye dans la Haute et Basse E<rypte, eh. IV. À Paris,
Buiesou, Ali 7 de la Répiiblique.
(2) Brydone, A Tour throuyh Sicily a. Malta, letter XXI. London,
MDCCLXXIIl.
170 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
e dovea concordare allora con quel che (loetlie scrivea. La
sola cameretta, dalla cui finestra (e non già balcone) si vede
un po' della Cala e molto del Pellegrino, è una staraber-
guccia all'ultimo jìiano, donde Goethe potè forse affacciarsi,
ma solo per un momento di curiosità, e non certo per fer-
marvisi, e molto meiìo per dimorarvi: è un'angusta soffitta.
Il resto delle camere del fabbricato non permette di ve-
dere altro che la strada principale, cioè la via Toledo d'al-
lora , Corso V. E. d'oggi , che (loethe designa quando
grosse Strasse, quando lauffe strasse, (^ meglio HauptMrasse,
senza identificarla col Cassaro , che egli nomina una volta
soltanto, nelle pagine sulla famiglia di Cagliostro.
Né e' è da supporre che hi (Jasa dei Teatini, che vi sta
di fronte!, attuale Archivio di Stato, fosse più bassa e per-
mettesse perciò larga visuale, perchè essa è all' esterno né
più ne meno qual'era un bel secolo e più anni fa; e se quivi
fosse stata la locanda, il Villabianca ne avrebbe sbrigato
la indicazione con parole come questa: «affaccio la Casa
de' Teatini ».
Nella lettera del 13 Aprile Goethe racconta : « Adesso,
dopo «lesinato, alla finestra, sulla strada ! Passa un malfat-
tore al quale è stata concessa la grazia, come è uso ogni
anno , nella ricorrenza delle feste i»as(]uali. Una confrater-
nita lo accompagna fino ai jjiedi del i)atibolo ; (piivi egli
deve recitare una preghiera e viene ricondotto in carcere ».
E prosegue mutando in tempo passato non perfetto il[)resen te.
«11 disgraziato era un bell'uomo <iel ceto medio, ben petti-
nato, con abito bian<'o , bianco ca])i)ello, tutto vestito di
bian(M>. Il cappello ei lo teneva in mano; ed avrebbe potuto
senz'altro fare la sua bella figum in un ballo se quel cap-
pello fosse stiito guernito <li nastri variopinti ».
Dirò più innazi di «piesta scena, (^ni intanto stupisco
cx>me (Goethe avesse potuto vedere <lall' albergo tutto quel
che tlescrive. Dalla finestra (nella lettera del 2 Aprile avea
parlato di balcone) s'afiaccia sulla stnida , e di là scorge il
graziato , accumtameute libciato , e segue i particolari dei
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 171
cerimoniale : del giro della forca, del bacio delle travi ecc.
ecc., cerimoniale che si dovea svolgere non già nel Cassa-
ro, ma nel piano della Marina.
Mi sia permesso di dubitare, non già dell'occhio linceo
di Goethe, ma del luogo dal quale egli guardava. K allora
c'è «la sospettare che egli s'affacciasse dal lato meridionale
dell'albergo, la cui vista è ora impedita dall' editicio della
Zecca. Ma se è così, come c'entra la strada, che non \mò
essere se non il Cassaro ì
Anche ad un occhio acutissimo non è poi possibile di-
scernere alla distanza di 250 metri, quanti ne intercorrono
dalla casa della lapide all'attuale palazzo delle Finanze,
carcere del tempo, i particolari pei quali il fortunato delin-
quente dovea passare per potersi dire graziato.
Dico fortunato mentre egli non si credette tale. Goethe
non prese conto di costui , né del suo nome , uè <lel suo
delitto. Egli era un certo Giuseppe Occo palermitano, giovane
sui 27 anni, (tìglio <li Michele, forense), già condannatoa morte
per avere commesso un omicidio in rissa. Cenando il Viceré,
su pro{)OSta della Comj>agnia «lei BiaiicUi (la c«>n fraternità
alla quale G. allude) l«> graziò, e si fe«'er«> i preparativi vo-
luti dall' uso e dai Oai)itoli della Compagnia me«lesima, ci
volle «lei bello e del bii«)no per i)ersua<lerlo a quella forma-
lità di espiazione. 11 Villabianca , membro della confratria
pietosa, con intinita s«)rpresa rilevava «'he « molto s'ebbe a
sudare per ei contentarsi megli«) di ini tale affronto «li forca
tìnta che «lei pericolo «li subirla torse da vero con lasciarci
la vita «la afforcat«>; » e ne dava come spiegazione che ^ l'o-
nestà de' suoi natali lo faceva così pensare» (l).
Cade acconcio «|ui rilevare un errore di data di Goethe.
Egli stabilisce per N'enerdì, Ui, la processione (stavolta
dopo la Settimana Santa) compiuta invece Mercoledì, 11
Aprile.
(1) Diario Palettnitano inedito, tomo XV, a 1787, p. 38. Ms. della Bi-
blioteca Coui., segn. Qq D 107.
172 IL VIAGHJIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
Tornando all'albergo di madama Montaigne non pos-
siamo sottrarci ad una delle ipotesi : O che esso non fosse
proprio là dove oggi si ritiene, o che sullo scorcio del se-
colo passasse molto pili in su , verso occidente della via
Tole<lo. Abbiamo in proposito una testi nìonianza che sposta
non poco la casa designata dalla la[)ide. Miss Cornelia El-
lis Knight, damigella di compagnia della Princi]>essa Car-
lotta di Walls , (|uella stessa Knight che dovea nei primi
del secolo XIX tradurre in inglese alcuni idilli del Meli e
che al dolce i)oeta ispirò la graziosa ode intitolata Li Musi
(n. XLVI), nella sua Autobiogratia dettava notevoli pagine
su Palermo. Raccontava come partita con molti altri da
Napoli, il 1 Gennaio del IT'.M) giungesse doi)o faticosa tra-
versata nella Capitale. « Sbarcate, diceva, andammo nell'u-
nico albergo che s'avesse allora a Palermo, quello appunto
del quale parla Brydone nel suo N'iaggio (lett. 21). Allo-
gate nella sola stanza (se <leve (chiamarsi tale) possibile, os-
servammo il ritratto della padrona di cas.i nel costume da lui
descritto nel Viaggio >. La nnulre <lella Knight avea contratta
una gmve polmonite, per la quab' le diu^ donne dovettero
fermarsi (jualclie giorno nell' albergo. « In faccia a questo
era il carcere principale della città. Siccome la strada era
stretta, noi pot^namo sentile tutta la notte i gemiti ed i
lamenti degli infelici. Un prigioniero i>er() soleva stare die-
tro le grate della sua tinestra con uiìa cliitaira. colla quale
sonava molto bene » (1).
(jhi sta in Palermo e ne conosce luoghi e distanze, giu-
«licherà se possa ammettersi l'alliergo dov'è ora la lajìide
«'ommemomtiva. Miss Knight venne ad alloggiare a pochi
passi (h\l ciircere maggiore della città, cioè dairantica Vi-
caria, e udiva non inu* lamentare i detenuti, ma anche so-
(1) iiiluhwijraphi/ of ^f^n>l ("ohnki.ia Knkìhi" «m-c. With entrateti from
her thnirntilM ecr. In tivn raluwes. Scrontt lùdition. Voi. I, t'Imp. 8. J^oii-
don, Alien, 1861. Devo la conoHcuuza di (|iteHto littro alla nobile Cou-
teMM Jeauim Chauae di Hai ut Amour.
IL VIAOOIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 173
nare e cantare canzonette siciliane. Ciò vuol dire che l'al-
bergo era vicinissimo alla A'ic^aria , dalla quale dividevalo
una via stretta. Questa non può essere il Cassaro; ma piut-
tosto via di Porto Salvo, dove la casa òggi Graraignani
raccoglie tutti i dati per i)oter8Ì ritenere la locanda Montai-
gne. Goethe ci aiuta in questa identificazione. Kgli vide
dalla sua finestra (che poteva anche essere balcone) uscire
il graziato. Ora i rei che si andavano o a graziare o a giu-
stiziare sulla piazza Marina non uscivano dalla porta me-
ridionale , che dà sul Cassaro, ma dalla orientale, che dà
sulla via Porto Salvo, di fronte alla casa Gramignani, porta
che, quantunque trasformata, esiste ancora. Goethe affac-
ciandosi dalla finestra della locanda Montaigne vedeva il
monte Pellegrino ed il legno sul quale era venuto, né ])ivi
uè meno che afferma la Knight, che pur vedeva il suo. Non
basta : Goethe scrivendo il ti Aprile ai cari lontani, così ag-
giungeva : « ViU'rei che questo foglio vi jmtesse far go-
dere della incomparabile bellezza di questo golfo partendo
da levante, dove sorge sul mare un promontorio piano, le
cui aspre rupi, l)ene formate e rivestite di boschi, scendono
fino ai sobborghi della città. Quivi sono le case dei i)esca-
tori, e segue la città medesima, ed alla estremità di questa,
le case e la nostra locanda, che hanno tutte la vinta sui porto
fino alla porta per la quale siamo entrati ».
11 promontorio ])iauo (flacheres Vorgebirg) a levante è
Oai)o Zafferano; le abitazioni o case dei pescatori (Fisclwr-
ivolìììungen), son quelle della Tonnarazza a pochi passi, del-
l'estremo limite della inferriata della Villa Giulia, dal lato
oriental<% e forse, con larga accezione di voce, della Kalsa.
Il porto è la ('ala. Potrebbe osservarsi che dalla Cala non
si vede uè la Tonnarazza, né la Kalsa. E va bene ; ma
dalla casa della lapide non può vedersi neppure, perché
vi si oppone il Palazzo Bufera , che anche nella fine del
settecento , meno una piccola aggiunta posteriore al 1798 ,
esisteva quale é oggi.
Il particolare dei due pilastri e della mancanza d'arco su
174 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
di essi pel passaggio del carro di S. Rosalia (la famosa
mole trionfale per le feste della santa Patrona di Palermo)
sta contro la mia rettifica , e pare fatta a i)Osta per darmi
torto.
Eppure non è così.
Goethe entrando da Porta Felice (se vi entrò davvero)
Don avrà sognato di chiedere perchè i pilastri non fossero
coronati dall'arco, egli che non conosceva le altre porte. La
notizia, caso mai, pnò averla chiesta o avuta posteriormen-
te; ed è strano, per non dire inconcepibile, che egli, stanco
d'un viaggio faticosissimo, avesse pensato a questa insigni-
ficante minuzia; la quale tutt'al più può averla chiesta o sen-
tita dopo l'arrivo. Dico minuzia, perchè topograficamente
parlando, essa non importa nulla, in quanto era comune ad
altre porte della città proprio al tempo della sua visita a
Palermo. Se senz'arco era Porta Felice, senz'arco erano le
rifatte porte di Vicari (S. Antonino d'oggi) e Macqueda, e
la nuova Porta Carolina, oggi Reale.
Ben altra spiegazione della forma architettonica di quella
porta era stata data invece al ('onte de Borch : ed io la
riferirei qui se non ci vedessi un arguta piacevolezza, buona
ad esilarare il lettore amante di scaudali (l).
Ora supponiamo invece che Goethe fosse entrato, come
è molto i>robabile , da porta delle Legna o del Carbone;
quel che egli afl^erma: «girando a sinistra, appena entrati,
trovammo una locanda», risponde perfettamente alla casa
oggi Grani ignani, la quale, ripeto, deve o può essere stato
l'albergo tenuto della signora Montaigne.
La ubicazione del Villabianca : « Ma(hima di Montagna.
Locanda nel Cassaro morto del bracrcio Kalsa, >^ non impone,
perchè nel setteciMito la (Mrcoscrizione parrocchiale della Kal-
sa, «lai lato settentrionale esfcemlevasi a tutto il fabbricato
(1) M. Jean dk Burch, Lettre» aur le Sieile et nur Vile de Malta,
t. II. lett. XV, 15 fevrier, 1777. Tuiin, Keycend» 1782.
IL VIAGWJIO DI GOETHE A PALERMO ECO. 175
che partiva dall'Ospedale degli Incurabili, ora Ospizio dei
trovatelli, fin poco oltre la imboccatura della via Porto Salvo.
Questa digressione parrà inutile ; ma per la migliore
locanda che ospitò i più insigni visitatori dell'Isola ed i pifi
gran signori che venivano nella Capitale non è indegna
della ricerca degli eruditi. Sappiamo così poco su que-
st'argomento !...
Se poi siffatta ricerca sarà presa a cuore , gioverà che
gli studiosi si risparmiino qualsiasi indagine negli archivi
della parrocchia nella quale dovette essere denunziata la
morte della Montaigne, dato che costei dimorasse nella casa
delle lapide goetliian a. S. Niccolò la Kalsa, gioiello della ar-
chitettura dei primi tempi aragonesi se non di tempi ante-
riori, sorgeva nella piazzetta che è ora di S. Spirito, deco-
rata della fontana del cavallo marino presso Porta Felice.
11 treni noto spaventevole del 1823 la danneggiò grave-
mente ; alte influenze contemporanee la fecero demolire. 1
registri di S. Nicolò passarono nella vicina chiesa della Ca-
tena. Ebbene: dal 1770 (ed è già troppo, perchè nel 1776
il Sonnini trovò sana e chiacchierina la Montaigne) al 1810,
la nota albergatrice non comparisce una volta; sicché essa
non dovette morire nella circoscrizione parrocchiale, ove, se-
condo s'è ritenuto, avrebbe esercitata la sua locanda. Porse
converrà guardare i registri della parrocchia di S. Giacomo
la Marina (della (]uale dirò più innanzi) accolti nella chiesa
di S. CUta, parrocchia che principia dalla vìa <li Porto Salvo,
ed intercorre all' antico carcere ed alle case che lo fron-
teggiano. Se il « registro dei morti » dì quella comprende
anche il nome della Montaigne, allora un po' dì fede alle
mìe osservazioni ])otrà aggiustarsi.
Lascio la digressione, e ripiglio l'epistolario, o diario
che sia, di Goethe.
176 IL VIÀGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
III.
Quali idee sulla Sicilia portasse Goethe venendo tra noi
è facile imniaoiuare scorrendo le sue entusiastiche pagine.
Egli «iungeva preparato, oltre che con istudì all'uopo, con
la lettura dei viaggiatori che lo aveano x)receduto. Lasciamo
stare « le capannucce col tetto di paglia » che i)are un mo-
mento aver egli potuto immaginare (3 Aprile) ; questo
però è certo che la Sicilia gli aprì orizzonti non prima
sognati. Ben conosceva quel che ne era stato detto; ma la
realtà fu superiore all'aspettativa. Brydone, e l'antagonista
di lui de Borch, gli aveano rivelato grandi e belle cose, ma
più che il Tour through Sicily and Malta d(»ll'uno e le Let-
tres sur la Sicili' e sur l'ile de Malta dell'altro, (?gli predilesse
la Reise durch Sicilien und Gross-Griecìicnland del Barone
von Eiedesel, il quale vent'anni innanzi avea percorsa l'Isola
ed era morto due anni prima (1785) della venuta di lui.
Nella lettera del 26 Aprile, datata da Girgenti, Goethe lo
chiamava suo Mentore, il cui libricino egli [)ortava al petto
come un breviario o come un talismano.
Nel vedere questo cielo ridente e (piesta terra baciata
dal sole, il suo spirito s'intese sublimare. « lo, diceva, non
saprei trovar parole che bastino a descrivere e riprodurre
la limpidezza \ aporosa dell' atmosfera di queste spiagge
quando arrivammo a Palermo nel pomeriggio d'una bellis-
sima giornata: tanta era la purezza, dei contorni, la morbi-
<lezza del tutto, la varietà delle tinte , la ])erfetta arino!iia
fra cielo, terra e mare, (^hi lo ha visto uua volta, non po-
trà dimenticarsene più. Solo ora posso dire di comiu-endere
e d'essere in grado di api)rezzare l'aKi)etto magico di que-
8t« contrade e di pot<n*ne poi*tar<* con me il ricordo nel set
teutriune ».
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO EOO. 177
Così comincìii l'inno a questo cielo, ti questo golfo e al
Monte Pellegrino, « il più bel promontorio del mondo ».
Da dieci anni s'era dato mano alla Villa Giulia, ed egli
ne fa il suo godimento intellettuale. Là egli comprende
Omero e lo legge in un testo premurosamente procuratosi
presso un libraio. Lieto dell'accoglienza preparatagli dalla na-
tura, « con gelsi rivestiti di fronde recenti , con oleandri
sempre verdi e con siepi d'agrumi », egli si delizia ancora
più nelle aiuole di ranuncoli e di anemoni.
Gli olea!idri, infatti, erano così copiosi che, non essen-
dosi ancora pensato a chiudere con cancellate tutto il giar-
dino, formavano quattro lunglie e folte siepi di circuitt> e
chiusura di esso. Solo dopo il 1800 gli oleandri cedettero al
ferro; ma non perciò cessarono mai «lai lu'ofumare coi loro
innumerevoli fiori rosacei i bianchi viali e le verdi, perenne-
mente verdi aiuole.
Il 7 Aprile scrivea : « Ho passato oggi ore i)iacevolÌ8-
sime e tranciuillissime nel giardino i)ubblico, che è proprio
aderente alla rada : » rilievo, questo, del tutto storico, giac-
ché la Villa Giulia era un po' più vicina al mare. « Il luogo
è maraviglioso. Non ostante che di forme regolari, ha aspetto
magico; e quantuiuiue [)iantato da poco, vi trasporta ai
tem[)i antichi... E un vero incanto per l'o(;chio.
« Osservai rami di forma curiosa in piante che non conosco,
e che sono tuttora spoglie di fronde, perchè probabilmente
originarie di regioni più calde. Sedendo sopra un banco,
in un i)unto elevato, si gode l'aspetto di tutta quella ve-
getazione nuova e curiosa, e lo sguardo va a cadere su
d'un'ampia vasca, dove si agitano, si muovono pesci dalle
squame d'oro e d'argento, ora nascondendosi sotto le canne
ricoperte di muschio, ora venendo su a frotte, quando loro
si caccia una briciola di pane ». È la vasca centrale del giar-
dino, liberalmente fatta costruire da Monsignor Gioeni (1).
(1) Tkixejua, OrUiitie e disposisioni delVEcc.mo Senato, v. I, cap. XIV,
§ 211 - 212. Ms. deir Archivio Comunale di Palermo.
178 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
« Nou si può dire abbastanza quale aspetto maraviglioso dia
quel l'atuiosf era vaporosa agli oggetti più loutani, l)astiraenti,
promontori , dei quali possono comprendersi , misurarsi le
distanze. Una passeggiata in quelle alture deve riuscire
piacevolissima ».
E Goethe concliiude : « L'impressione di quel giardino fu
in me profonda. Le onde cupe del mare a settentrione , il
loro frangersi sulle spiagge dei vari seni, l'odore delle acque
salse, tutto mi richiamava alla memoria l'isola dei beati
Feaci ».
« Sotto la minaccia di dover abbandonar fra breve questo
paradiso», (e paradiso lo disse anche il tedesco Justus Tom-
masiui (1) ) il 16 Aprile egli vagheggiava ancora la speranza
di potervi trovare un sollievo nel leggere neW Odissea e nel
meditare il piano della sua Nausivaa; e con molta sua soddi-
sfazione ne meditava la tela e non sapeva tenersi dallo svol-
gerne alcune scene, le quali più gli sorridevano; e ritornava
il dì seguente col fermo proposito di proseguire ad occu-
parsi di quelli ch'egli chiamava « sogni poetici ».
A (juesta Nausicaa egli ripensava tre settimane dopo (8
Maggio) stando seduto a pie d'un arancio i>resso l'azzurro
mare sotto Taormina (Giardini) : e si affrettava a comporne
la tela come il miglior commentario àoìV Odissea. Si ricordò
allora della Villa Giulia e delle sue passeggiate « fra le siepi
e gli oleandri, sotto i pergolati di aranci e di limoni , fra
tutte quelle piante e quei liori a lui ignoti tino allora e ri-
sentiva la influenza di tutti quegli elementi nuovi ».
E come non commuoversi alla vista di alberi che all'iiria
aperta crescevano prosperosi e gagliardi mentr'egli era abi-
tuatoa vederli in Germania rachitici e nanerottt)li dentro
stufe e dietro cristalli I (17 Aprile).
Una gazzetta palermitana, pochi mesi dopo la partenza
di (Joeth<% il 11) Sett. scriveva: < La Villa (riulia, opera pub-
blica di magniticenza e di delizie, la «piale riconosce i suoi
(1) Briefe au9 Sùilien, p. 54-55. Berlin, Nicolai, 1825.
IL VIAGGIO Dt GOETHE A PALERMO ECC. 179
principj in questo piauo di 8. Era-sino alla ^Marina «lai genio
creatore del sig. Marchese di Recalmici inentr' era Pretore
di questa Capitale, e l'acquisto di due orchestre di musica
per tutta la state dalla splendidezza del sig. Principe di Pa-
terno, siccome deve altresì i suoi felici progressi all' inde-
fessa cura e vigilanza del sig. cav. G. B. Asmundo Pater-
nò, attuai Presidente della G. 0., va ora ac<iuÌ8tando nuove
bellezze » (l).
IV.
Grande naturalista ed osservatone sapiente, Goethe tro-
vava nel nostro suolo pascolo di indagini e di ricerche. Nel
letto del tìuuie Greto, con grave scandalo del cicerone che
gli parlava di antichi combattimenti svoltisi in quei dintorni,
mettevasi a raccattare sassolini d'ogni genere : persuaso che
« per formarsi ]>rontamente un'idea della natura d'una con-
trada montuosa non vi sia metodo più sicuro di quello di os-
servare i sassi e le [)ietre che si rinvengono nei corsi d'acqua,
i quali scendono dalle alture; e che anche in questa occasione
si cerchi rapi)resentarsi per mezzo di (juelle reliquie l'età
classica del nostro globo » (4 Apr.).
Lo scienziato disdegnava il fastidioso chiacchierone, uno
delle migliaia di chiacchieroni onde pullulano le città e le
terre solitarie con edifici e monumenti del passato. E met-
teva insieme una quarantina di campioni : diaspri, pietre
cornee, schisti argillosi vari di forme e di colori, e antiche
pietre calcari e brecce col legate con calce, formate di diaspri
o di pietre calcari. x\i Colli ed a Bagheria trovava pietra
rocciosa calcare e vedeva cave per materiale di costruzione;
nelle vicinanze del Pellegrino (senza dubbio ai Fossi, esten-
dentisi fin sotto la collina Belmonte, all'Acquasanta), cave
(1) Raccolta di NoUxie, a. 1787.
180 IL VIAG€«0 DI aOETHE A. PALERMO ECO.
di pietra biauca profonda cinquanta piedi ; e lì sotto, coralli,
avanzi di animali e conchiglie petrifìcate ; e negli strati su-
periori, argille rossastre scarse o mancanti di concliiglie. Nel
Pellegrino, rocce calcari di antica formazione, porose, a
screpolature, apparentemente irregolari, ma in realtà ordi-
natamente stratifleate ; e le rocce, percosse, davano come un
suono metallico (4 Ai)r.). Quel monte era nudo, senza piante
né cespugli, e soltanto i tratti piani erano rivestiti parte di
erbe, parte di muschio (6 Apr.).
Questa osservazione è una risposta a chi vagella alle
ombre di un Monte Pellegrino imboschito nel settecento.
In quel di Monreale, scendendo da S. Martino, la strada
è fra monti di roccia calcare, la quale cotta dà calce bian-
chissima. « Per alimentare le fornaci, osserva Goethe, si val-
gono d' un'erba incolta, alta e dura, già seccata e legata in
fascine». Quest'erba è il saracchio, valgo ddisa [arundo am-
pelodesmoH di Linneo), che anche ora, mescolato a virgulti ed
a legae, si usa nelle fornaci dove si cuoce calcina od altro.
« Fin alle maggiori alture si vede a fior di terra ar-
gilla rossa, che forma il terriccio, argilla tanto più rossa
quanto più in alto si sale, dove la vegetazione scarseggia.
Osservai in lontananza una caverna rossa quasi cinabro. Il
monastero poi sorge in mezzo a tnonti calcari, ricchi di
sorgenti, con terreni ben coltivati » (10 Apr.).
È noto che il Conte de Borch fece nel 1777 un accu-
rato viaggio in Sicilia e, com'era allora costume di alcuni,
anche in Malta (1). Durante quel viaggio, che poi descrive
in due accurati volumi con l'intendimento di correggere
certi' affermazioni di Brydone, si dedicò a studi speciali
sulle i)ietre dell'Isola e ne compose opere allora molto
accre<litate (2).,
(1) (.'oiifroiitH i Viaggi di Brydone, de bi Platière, Houel ecc.
(2) tjilhotjruphif tirilù'nnf ecc. Naples . 1777. — Litholotiiv HiciUenne
ecc. Rome; I77S. — Mim-ralaffir MicUieuM docimantupu; et inétallurffitjine
ecc. Turin, 1780.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 181
Ad esse fece caix) (Toetlie venendo tra noi, e pur non
tacendone i difetti, ebbe a confessare avervi ricorso per
ben pre])arar8i sotto questo as[>etto. Intanto C(;n uno di quei
volumi e<»li potè fare non poche utili constatazioni iniiieralo-
ti^iclie, cìic formarono una delle inijuliori pagine della Reise
e l'attuale «Collezione uoetliiana <lei minerali di Sicilia»
in Weiinai'.
Dal re,i>iio minerale e«j;;li passa al vegetale, che nella
Villa (tÌuIìm di Palermo assurge a vaghe visioni di fantasia,
e nella lettera <lel 2S Aprile in Caltanissetta si mescola e
confonde con quello. La scienza diventa poesia. (Ili alberi,
le i)iante, le foglie, i liori parlano non juir dell'oggi, ma
anche dell'ieri e d<Oie età più remote; e quando l'ultimo
giorno di sua dimora in Palermo (ìroethe torna a (jiiel
giardino, un gran dubbio lo assale, dubbio che è un grave
proldema di botanica a.rcheologi(^a. « Le molte pianta che io
sono abituato a vedere solo in casse di legno ed in vasi, e
la massima [)artt* dell'anno dietro finestre di cristallo, qui
stanno all'aria aperta, e frattanto sviluppandosi si pre-
stano meglio al nostro esame. Alla vista di tante ligure
nuove o rinnovate (di piante) si riaffacciò alla mia mente
l'antico mio capriccio, cioè se io non possa sotto <piesta
schiera scoprire la pianta ovìg'uìnìi'fUrpflaHseJf Siffatta pianta
deve pure esservi; se no, come potrei io conoscere che que-
sta o quell'altra figura sia una pianta se esse tutte non
fossero da riportare ad un me<lesino tipof Mi adoperai a
indagare in che si differissero le une dalle altre ; la forma
che tra loro i)iri si scosterà nella foiina; e trovai seniju-e
più analogie che differenze ».
Assorto in cpieste considerazioni, egli vede scomparso il
giiirdino incantato di Alcinoo, e trasformato in orto comune.
Questo [)ensiero non abl)and<)uò più uè allora né poi il
sommo morfologo delle piante. [117 Maggio, appeu i giunto
a Napoli, egli ne scrivev^a ad Herder (altri invece di Her-
der mette di mezzo la Carlotta von Stein); e le sue osser-
vazioni possono riassumersi in questi termini:
Arch. Star. Sic.. N. S. Anno XXX. 13
182 IL VIAGKilO DI GOETHE A PALERMO ECC.
«Ti significo coiiMcuzifil mente che io sono sul jiiiiito di
scoprire tìnal mente il mistero del nascere e dell'orj;>anarsi
delle piante. Il mio tipo della pianta primitiva sarà la
cosa più singolare del mondo, e la natura medesima me
lo iudicberà. Con tale modello e con tale chiave si ])o-
tranuo creare un'intìnità di nuove piante, le quali, se non
esisteranno realmente, potrebbero esistere, e che lungi del-
l'essere riflesso o parto d' un' immaginazione artistica o
poetica, avranno un' intima e vera esistenza, direi anche
necessaria; e tal legge creatrice i)otrà applicarsi a tutto ciò
che gode di una vita qualsiasi ».
Tre anni dopo (17JK)) egli lanciava arditamente in mezzo
agli scienziati d'Europa, i (juali l'accoglievano tra sorpresi
ed increduli, la sua teoria, cominciata a intravedere in Ita-
lia, compiuta in Sicilia, sopra la Metamorfosi delle piante,
e con essa, vedi coincidenza d'opere intellettuali! quel Tor-
quato Tassoy che, iniziato in Weimar, venne mentalmente
continuato nella ti-aversata da Napoli a Palermo e portato
moltK) innanzi nell'Isola. Così (]uesta avrà anche la gloria
di avere ispirato non solo una parte del dramma ov'è adom-
brata una circostanza della vita esterion* <lel (ìroethe , ma
anche la scoperta morfologica e, come vedremo, una com-
media e versi bellissimi.
V.
Pochi e sommari i rilievi che Goethe viene facendo <len-
tro e fuori la città. I cavalli sono adoperati assai meno
che i muli, ai quali si somministra orzo, paglia tagliata e
trifoglio; e in primavera orzo verde come rinfresca ti vo. Po-
che le j)ecore, di razze originarie dalla iiarberia (4 Apr.).
(iraziose le scope, fornuitc «li rami di palma, le (luali con
qmihrlie modificazione potrebbero nnidere miglior servizio
(5 Apr.) : <li ))alma dice, ma «loveva dire meglio di gerfo-
glio ((ihumoeropH hnmiUs).
HtufNMHli i legumi; tenere soprattutto le insalate e dolci
IL VIAGM5HO DI GOETHE A PALERMO EOO. 183
come il latt»', donde il nome di lattuga stato dato loro da-
gli aiitic'lii. Buoni eguagliente l'olio ed il vino, e ])otrel)-
bero esserlo i)iù se meglio ne fosse curata la fabbri eaz io ne.
Di gusto delicato i pesci; benché scarse, buone le carni, e<l
egli ne ebbe ottime di animali giovani (13 Apr.).
A proposito di i)raticlie agrarie, brevi son quelle che
egli (mumera nella seconda lettera da Alcamo (IJ) Aprile);
molte invece (pielle <lelle <r}impagne di Girgenti (26 Ai)rile).
Le costruzioni architettoniche della città gli ricordano
quelle di Napoli. (ìoetlie non trova si>irito artistico che in-
dirizzi ed informi le oi)ere. « Gli ediftct sorgono a caso ed a
capriccio, e'd è a meravigliare come possa esser nata in Pa-
lermo una fontana come (pudla che vi si ammira, se non si
pensasse che la Sicilia è ricca di marmi e non avesse uno
scultore capace di riju'odurre ligure e teste di animali stu-
pendamente disegnate e lavorate. » E descrive quella fontana
senza cercare di sapere che essa non è siciliana, e che fu
mal collocata là <love si trova. ì^essuno disse a Goethe che
la Fonte Pretoria venne architettata ed eseguita in Firenze
prima del 1552 da Francesco Oamilllani e Angelo Vagherino,
scultori liorentini, con l'assistenza di Frate Angelo da Mon-
torsoli; che l'opera i^a stata ordinata da Don Pietro di To-
ledo i)er una villa in Firenze, e che il figliuolo di lui, es-
sendo a corto di quattrini , la vendette al Senato di Pa-
leriiio (1).
È bensì vero che a (piella fontana, copiosa di acque, al-
lora ritenute superiori ad altre della città, andassero ad at-
tingere i buoni Palermitani; ed i diaristi del tempo nota-
vano come un fatto ordinario che i servitori delle famiglie
aristocratiche vi si recassero con lucide mezzine di rame
nell'ora consueta del desinare dei loro padroni.
Insìstendo sulla (capricciosa esuberanza degli ornati, Goe-
the lamenta che le chiese ne abbiano in tanta profusione
(1) Lo Prbsti, Nuora ed esatta descrizione del celeberrimo fonte esistente
nella piazza del Palazzo Senatorio. In Palermo, Epiro, 1737.— Palbemo,
Guida istruttiva, 2* edizione, pp. 261-67.
]84 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
da suixn'aro quelli della chiesa dei Gesuiti (alludendo pro-
babihneiite a Casa Professa), senza un disegno prestabilito,
senza ordine e senza Jiiisto. E non tieni conto della <;liiesa
di S. (iriuseppe, tij)ica per siffatti ornati: e non cerea del
tempo in (die esse ebbero origine e dello stile al <]uale ven-
nero inforniate da artisti che spesso ra{)presentavano quanto
di più ingegnoso potesse dare la invenzione, quanto di più
corretto il disegno, quanto <li più tìne l'iiulirizzo <lel secolo.
Tutto è relativo: ed è bene sj)iegabile che ad un genio come
(roethe, nato es cresciuto in un ambiente così diverso dal
nostro anche dal punto di vista religioso, certe rai)])resen-
tazioni e forme paressero esagerate.
Egli è quindi coerente a se stesso quan(h> salito sul
Pellegrino resta vivamente ammirato della sid)linie natu-
ralezza della grotta di S. Rosalia. < Tutto il cristianesimo,
che da diciotto secoli ha fondato il suo possesso, il suo
sfoggio, le sue splendide feste sulla i)overtà dei suoi primi-
tivi fondatori e dei suoi zelanti confessori, non offre un san-
tuario che sia ornato così innocenteuKMite e con tanto sen-
timeuto come questo » ((> Apr.).
Vari scrittori italiani e stranieri (lasciamo da [»arte i
siciliani) lian parlato di questo santuario, ma nessuno — o
ch'io m'inganno — l'ha fatto col sincero e squisito senti-
mento di Goethe. Accennato aUa bellezza lìiirabile'del Monte
ed alla fedele riproduzione che ne era stata fatta nel Voi/agr
pittoreHqìK' de la SicUe (titolo incompleto del Voijaqe inttorc-
aque ou Description den Rojfaumes de Naples et de SicUe del-
l'ab. Richard de Saint Xon (1) e descritto miuutanu^nte il
venerato luogo, si ferma da ultimo all'altare del lato sini-
8tro, nel quale era ed è il simulacro della Verginella di
Palermo. « Guanlai, dice, attraverso una graticella d'ottone
un lavoro a fogliame, e vi<li iampad<' accese innanzi l'al-
tiire; m'inginocchiai vicino e guardai tra i vani di <piella.
C'era internamente un'altra graticella di più sottili lìli d'ot-
ti) Paris, 1782-86, voli. 5.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECO. 185
tene, c<)si(M5hè attraverso le maglie di essa potevo discernere
bene. E s<;<)i'si ;illa luce serena di aleune lampade una bella
figura di donn;», giacente come in estasi, gli occhi semi-
chiusi, il capo alquanto piegato dal lato della mano destra,
adorna di molti anelli. Io non mi stan<'.avo di contemplare
quella immagine, splendente a me in tutta la sua vaghezza.
La sua vestc^ era di lainina dorata, che imitava benissimo
una ricca stotta tessuta in oro. La testa e le mani erano
di marmo bianco, non oserei dire di stile eletto ma ])ur
lavorato con tanta naturalezza e gradevolezza che si sarebbe
creduto (piella figura alitare e muoversi. Le stava al lato
un angioletto che (;on un ramo di giglio in mano ])arev'^a
volesse farle fresco e luce » (0 Apr.).
Questa poetica descrizione (> divenuta classica per ogni
buon viaggiatore tedesco che salga sul Pell^^grino e visiti
la grotta, Egli vuol vedere uno per uno i particolari della
lettera della IttiUenischc ReUe.
Sei anni (lo|>o di (loethe, il 1*5 Setteujbre rlel 171)3, un
nobile lombardo, il Contt' Cast(me della Torre di liezzonico,
visitando il medesimo simulacro, senza nulla sapere del giu-
dizio di Goethe, scriveva: « Sotto l'altare giace la statua
della Santa, e nessuna lìn'ora m'è accaduto di vederne più
formosa (^ tenera, e meglio att(^ggiatii. Il volto è di bellis-
sima forma, e con braccio sotto la testa regge la santa una
foltissima chioma: e nella destra sostiene un crocifisso che
amorosamente conteinpia nell'atto di socchiudere le vaghe
pupille nel sonno <l'una placida morte. Una ricca veste di
tocca d'oro, aspra di molte gemme, la ricopre : ardono più
lampade intorno e una doppia cancellata la difetide da'
profani, che appena possono rimirarla fra que' molteplici
trafori. L'arte ha qui saputo far uso maestrevole del poter
suo nello scoli)ire e nel collocare in misterioso luogo il ben
oprato simulacro ed anzi contribuisce a nodrire la divo-
zione » (1).
1) Opere, t. V, p. 103. Como 1817.— Maria Piteè, Le Feste di S. Rosa-
186 IL VIAGOIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
Siffatta descrizione avvalora e documenta quella di Goe-
the, dalla quale alla sua volta prende colore ed evidenza.
Chi conosce il dotto patrizio comasco, e ricorda la sua in-
contentabilità nelle opere d'arte da lui vedute in Sicilia, do-
vrà per necessaria conseguenza ammettere che la 8. Rosa-
lia del Monte Pelle.i>rino, non ostante che fattura del seicento,
ha dei pregi singolari. liappresenta la patrona <li Talermo
presso a render la vita e col capo rivolto verso hi città. Ne
fu autore (Iregorit) Tedesclii liorentino. La veste d'o io, costata
duemila scudi, fu dono del pio Carlo 111 quando egli venne
ad incoronarsi in Palermo (1735). Le anella delle dita sono
antiche offerte dei di voti. La corona di rose d'oro, frutto
di limosine sì di divoti e sì della Deputazione della Grotta,
e del valore di mille scudi, fu posata sul capo della statua
il 20 Aprile 1727 (1). Una minuta aualisi condurrebbe alla
documentazione storica di questo tratto di squisita poesia,
dove è anche a rilevare lo incontro di (xoethe con mi sacer-
dote della comunut, uno dei dodici canonici recimtemente
istituiti dall'Arcivescovo di Palermo moiis. Sauseverino.
Chi oggi si rechi in pellegrinaggio al benedetto luogo e
volga l'occhio sulla nuda roccia a destra, tra la p()vta esterna
e la leggendaria grotta, troverà la modesta iscrizione seguen-
te da me dettata :
IN QUESTO SPECO
SACRO ALLA VKROINK l'ATKONA ni PALERMO
IL I>Ì VI Al'UILE DKL M IK^CLXXXVII
VOLFANGO GOETHE
SI FKKMAVA A CONTEMPLA KK
LA SEMPLICITÀ PRIMITIVA
DEL 8ANTDAK10
E LE FORME ELETTE
DEL
VENERATO SIMULACRO.
Ha ìh Palermo e della AxHHiita hi .)frHsiiia. Versioìii wc, pp. 15-l(i. Pa-
lermo, HelMM-, 19(K).
'1) ViLLAMiANCA, l'olmiiit (Vnyy'ujiorun, iti liibliotcvn «iel Di Marzo,
V, X, p. 43f). — Palermo, (JiiUlu intnittirn per l'alenuo e niioì (ìintorni,
p. 787. Fji1«miii(», IN'iiHjiiitv. \H')\). - Km. Salemi Hatta(ìlia. N. Uosalia
• FaUrmo, 2.» edix., p. 162. Paleriuo, 1889.
IL VIAGGUO DI GOETHE A PALEBMO EOO. 187
VI,
Alteiiiaiulo il uii'o della città con le ^ite nei diiitorni,
Goethe vede quello che più lo attira senza un ordine
prestabilito che lo inceppi come una guida Bedeker dei
giorni nostii. In cittri ta volta si ferma presso un merciaiuolo
del Cassjiro, probabilmente tra i (Quattro Canti e S. Matteo.
Quell'uomo ^li riesce sim])atico, ed euii s'intrattiene volen-
tieri n ciuiversare con lui nella sua bottega, il Massaro era
allora lastricato ben diversamente d'adesso, in forma di sezio-
m^ concava; talché o per le piogge elle scendevano (ìall'alto,
o i)er le immondizie che il tenii)o asciutto ed il vento vi
ti'asi)ortava, facile cosa era il raccoglicrvisi mota d'inverno,
polvere d'estate. È antico il costume di mettere in mucchi
presso i marciapiedi o il fango o la spazzatura att«»uden-
dosi che un carretto venga a sgombrarne il suolo: il clie
è semi)re un lavoro tardivamente fatto. Così era nel quat-
trocento, così nel settecento.
Nel quattrocento, per non andare indietro più lontano,
si prescriveva che non si dovessero abbandonare così am-
mncchiate le immondezze; ma eran bandi di Palermo, e si
sa che rimanevano lettera morta. Nel settecenti» infatti,
chiacchiemndo <lel più e del meno col suo nuovo conoscente,
il merciaiuolo, Goethe se la pigliava coi Palermitani, «che
lasciavano ammucchiare, diceva lui, innanzi le botteghe
tante immondezze (1), che poi il vento ritornava alle bot-
teghe medesime »; ed il uierciaiuolo, malizioso, gli fa^reva
osservare che < coloro ai (piali spettava di provvedere alla
(1) È curioso che l'usanza Ijiaientata da Goethe fosse una antica «U-
sposizioue ilei Senato consacrata nei contratti di appalto della spazzatura.
Si prescrivea che le immondezze spazzate venissero raccolte a mucchi,
con l'intendimento che poi dovessero portarsi via. Vedi il Contratto ci-
tato nella nota 2 della pagina seguente.
188 IL VlAGOIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
pulizia aveauo gi'unde iuflutMiza, e non si riusciva ad obbli-
garli a fare il loro dovere. Se si sgombrasse, aggiungeva,
tutta quella lordura, verrebbe in luce lo stato miserando
del sottostante selciato, e si scopri rebbm'o le malversazioni
della loro disonesta amministrazione . (Oh! come ii mondo
è sempre lo stesso !).
Concludeva poi scherzando: « Le male lingue dicono es-
sere la Nobiltà quella che favorisce (piesto stalo di cose,
atfinchè le carrozze, andando di sera alla passeggiata, pos-
sano proceder senza scosse, sopra un pavimento meno
duro ».
Ma quel merciaiuolo se non conosceva la storia del suo
])aese, se non sapeva che già fin dai pi'inn del quattrocento
esistessero disposizioni per la pulitura delle vie, se igno-
rava che nel 1(500 il Comune avea dato in ap])alto lo spàz-
zaniento tni anuatìiamento giornaliero delle varie strade e
piazze (1); iM)teva almeno dire n (Ti>etlie, cosa della quale
egli era testimonio, che otto anni iunaiìzi (7 Ag. 1770) si
era concertata la spazzatura (h'I Cassaro e della Strada
Nuova in una maniera più rispondente allo s<'<)}»o. I*oteva
largii ossiH'vare che certi carrettieri avevano imix'giìata con
gli ortolani la si)azzatnra ; anzi, come ho rilevato in altro
nno studio (2), i)er antico decreto del Senato, le bestie da
soma che entravano in città carichr di ortaggi non po-
tevano uscirne senza la spazzatura delle case , tanto no-
civa alla i)ubblica salute (pianto utile all'agricoltura (.'J);
e che i padroni delle botteghe pagavano un bajocco (cent.
4) l'uno, per due s[»azzate la settimana, fatte da 20 forzati,
l'oteva anche soggiungere, ed egli doveva saperlo di pre-
ferenza, cliH j>ei" (pianto ii Senato facesse e nel Cassaro e
(1) H. Stauuahha, Contraiti) (ÌUipixdto vw. in AtchivUi stor. nic, nuova
iM'rift, u. II, liiHf. II, pp. 2(>4-!(, I'al<Min(), 1S77,
(2J l'dlernio cenUt e più anni fa. \. I. cap. 111.
(H) Capitoli M Semto, t. II, f. UHI. Ms. «Irli" Auliivio Coiniiiiale. —
Texicjiìa, <>p. lit. (up. XIII, ^ I!)l.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECO. 189
nel piano della Martorana lastricando, ripulendo, non riu-
sciva mai a s})avazzai'e la immensa mota che le jjio^ge con-
tinue vi producevano: difetto comune ad altri punti della
città, ed alla Marina ])articolarmente (1).
Gli effetti del livelli» stradale si fanno pel Goethe jdiì
rilevanti quando egli vede nel bel mezzo del Oassaro, in
inappuntabile costume aristocratico del tempo, il Principe
di Palagonia andar (pu^stuando per i poveri schiavi sici-
liani in Barberia. I). Ferdinando Francesco Gravina Al-
bata (VII di quel titolo) procedeva dignitoso ed impertur-
babile in parrucc?a arricciata e incipriata, si)ada al tìanco,
calze di seta e scarpine con fìbbie, guarnite nientemeno di
diamanti. Era piovuto a dirotto, ed egli non si dava pen-
siero del fango che tutto lo inzaccherava (12 Apr.).
A i)roposito di piogge possiamo con testimoni oculari
sajHM'e come esse fossero andate. Uno, il Villabianea, nota
lùoggerelle frecpienti (2); (ìoethe, piogge ad intervalli con
lampi e tuoni il 13, e un vero diluvio nella notte dal
14 al 15. () il diluvio non ci fu, o se ci fu, il Goethe,
giovane a IV,) anni, può averlo veduro; Villabianea a <I7 non
ne avrà veduto nulla, o non ne avrà riportata impressione.
La neve caduta copiosissima il 13 Gennaio , riapparsa dal
23 al 25 P(4)biiiio, non si ripetè nei giorni di fermata di
(kjethe in Palermo; e (juando il 2 Maggio riapparv<', egli
non era pifi in Palermo; e forse a Catania non ne ebbe sen-
tore.
La descrizione di <piell' acquazzone dà un'idea di ciò che
fosse allora la città (piando un torrente scendeva imj)etuoso
pel Corso a mare. (Mii dovea attraversare da un lato all'al-
tro la strada, poteva farlo solo su ponti primitivi in legno,
() rassegnai'si a diventar carico abbastanza comico di uno
dei tanti facchini che in quella occasione facevano da raa-
(1) Vu.LABiANOA, DUnio in BM. del Di Marzo, v. XXVI, p. 372;
V. XXVII, p. 43G.
(2) ViLLABiANCA, Diario iu., toiuo cit., a. 1787, pp. 3-5.
190 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
rangoui. Bisogna ricordarsi che a cagione di questo torrente
e di questi ponti posticci, dovuti alla previdenza del Senato
ed all'opem materiale del famoso mastro Agostino Tum-
minello, fu in tutta serietà scritto, non ricordo da quale
viaggiatore, che Palermo era una grande città, divisa da
un fiume e unita da ponti: notizia divenuta anche argu-
tamente tradizionale.
« 11 torrente che scendeva sulla via fra i marciapiedi,
da entrambi i lati, avea liberato il suolo dal fango i)iù leg-
giero trascinandolo ])arte a mare, parte nelle chiaviche non
otturate, qua e là le materie più pesanti aprendo nel baso-
lato una specie di meandro tortuoso, libero dalle immon-
dezze. Era il Sabato della Domenica in Albis e dovea aver
luogo la processione. Centinaia di operai, con pali, forche,
scope, compievano l'opera incominciata dall'acqua, racco-
gliendo di lato tutte quelle immondezze, cercando di allar-
gare e dare miglior forma a (pi ella strada improvvisata.
(Josì quando la processione uscì, la via, per quanto tortuosa,
era già abbastanza pulita perchè tra quella palude la lunga
fila del clero, dei nobili in scarpine e calze, dietro il Viceré
potessero percorrerla senza infangarsi. Parevami vedere il
])opolo d'Israele, in mezzo a fanghi e paludi guidato per la
via asciutta dall'angelo; e questa impressione era nobilitata,
dalla vista di tante persone elette, le quali pompeggiavano
sì, ma con attitudine di compunzione, cantando tra quei
mucchi di fango laudi e preghiere ».
Questo vide e questo i)ens() (Goethe il 15 Aprile. Ma per
(pianto io abbia indagato, non son riuscito a trovare una
lirocessione di quella fatta in quel giorno. Non un diarista
ne fa ])arola; e nel CercmoniaìciUfì De Fraudi is (1788, ban-
ditore e c-erimonicn'e del kSenato di Palermo), non ve n'ò trac-
cia. K sì che il Senato dovea prendervi parte se ve la lU'en-
devail Viceré! A farlo apposta, nessuna funzione solenne ce-
lebmvasl iu quel giorno; e solo il domani, senza intervento
del V^icerè, il Seujito nudava alla ('att<Mlriil<' per la M(\ssa can-
tatu e per la processioiK» iutenui, la <pi:(lc indicava il prin
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 191
cipio delle pubbliche novenarie preghiere dell'ano nper Fer-
dinando III Borbone e per la reale famiglia, e conduceva
in giro })er la chiesa la immagine della Madonna (1).
Prima assai dei Borboni, l'il Aprile del 17()<>, v'era stata
una processione per hi Domenica in Albis, di.s])ostn dal-
l'Autorità ecclesiastica; e v'ebbero frati, clero e Capitolo
della Cattedrale cantanti litanie, l'Arcivescovo, il Vi(;erè col
Sacro Consiglio ed il Senato ; ma fu spettacolo straordinario e
particolare i>er impetrare da Dio il buon esito delle armi di
Filippo V, che comandava in i)ersona il suo esercito con-
tro quello di Austria.
Se le notizie di (piel Venerdì santo non fossero esplicite,
io sarei tentato a riportare a quel giorno la funzione reli-
giosa annunziata pel Sabato successivo; e allora c'entrerebbe
il Viceré con tutti i componenti le nobili confraternite della
Pace, della Carità e de' Bianchi, e non dovrebbe parlarsi,
come diceva il mercantuolo a (joethe, di Divinissimo, ma
della Madonna della Solida<l (2).
Tant'è: questo porse occasione al nostro viaggiatore <li
visitare ai>i)unto la Cattedrale e di « contemplarne le va-
rità ». Ma l)en poco deve aver vetluto essendo essa in via
di quel restauro che si tradusse in vera e propria ricostru-
zione di triste memoria i)er la storia dell'arte.
Poco dopo si recò in « una casa moresca tuttora ben
conservata, non molto grande, ma con ampie e belle stanze
di armoniche proporzioni; » e dovea certo essere il castello
della Zisa, opera dei tempi dei due Guglielmi, che dispensa
«la qualunque illustrazione. Visitò altresì « un luogo sgradi-
tissimo, con resti di antiche statue », che non ebbe il corag-
gio di fermarsi ad osservare : vago, troppo vago accenno, che
ci fa pensare al Museo Salnitriano nell'ex-Collegio dei Ge-
suiti, cioè nell'Accademia degli Studi (Università). N'era
(1) I)k Fra\(;his, Ceremonùtle, piì. 206-15. Ms. II, C 25 dell'Archivio
Comunale. — Palkrmo, GuicUi istrutti4'a ecc.. p. 28.
(2) Dk Fkanchis, <>p. eit., pp. 186-89.
192 IL VIAGGUO DI GOETHE A PALERMO ECC.
Direttore il Bibliotecario D. Giuseppe Sterziuger, teatino
bavarese (1). Il Soimini, che avea veduto prima di Goethe
quel museo, dice vaio: « una raccolta contusa di oggetti assai
poco interessanti » (2). Simili a questo, peraltro, doveano
essere musei e pinacoteche private, cv'cezione fatta di quella
del Principe di Torremuzza ; onde Bartels potè notare
come e Musei e pinacoteche non attirassero l'attenzione dei
visitatori provenienti da Eoma, molto più che erano sen-
za ordine e senz'arte (3).
VII.
Le visite archeologiche e monumentali non sono a dir
vero la parte migliore e caratteristica del Viaggio, almeno
in Palermo. Converrebbe seguire lo scienziato fuori per
sentire i suoi pensieri e giudizi. 8egesta è il tempio in
faccia al (juale egli impressionato si ferma , contempla
ed istruisce. Pure anche in Palermo bisogna seguirlo un
momento, giacche i suoi giudizi corroborano quelli di altri
personaggi contemporanei.
Goethe in tre giorni consecutivi (10 , 11, 12 Aprile) si
recò al Monastero di 8. Martiyo, al Palazzo Reale ed al
Palazzo Torremuzza.
Diverse, secondo i luoghi, le impressioni. A S. Martino
i monaci gli mostrarono oggetti pregevoli di antichità. Piac-
quegli specialmente una medaglia con la tìgura di una divi-
nità giovane, e iie avrebbe presa la impronta se ne avesse
avuto il m<»zzo. Il monastero si prescMitava in tutta la. sua
opulenza; ma i monaci ne lamentavano il decadimento.
Erano vecchi e giovani, cadetti <lal primo all'ultimo, delle
(1) stato dellit Ih- /miai ione de' Hcffj Studj ecc. Paloriiio, 17S7.
(2) SoNNiNt, op. <it., t». 46.
(8) Haktkl», Brie/e Uhcr Kalnbrien nnd .Sivilien. I>ritt«v liaiul, p. 604.
Odttingeii, Ihjì T. Clir. Dietrich ITitL'.
IL, VIA(>€HO DI GOETHE A PALERMO ECC. 193
princi]>ali famiglie {iristocraticlie; <»li \\n\^ ìaudatores tem-
porU acti, dovevano le «ento volte aver levato a cielo il
tempo dell' auge della fortuna, e rimpiangere le antiche
stbndolate ricchezze, ora ridotte dall'avidità del Governo,
dalla fiscalità delle legjLfi e daUe liforme <lianzi iniziate dal
Viceré Caracciolo ; gli altri, i giovani, g'odeiido delle splen-
didezze attuali, doveano sentirsi eccitare al ricordo d'un pas-
sato circonfuso di glorie artistiche e di godimenti... culinai-l.
Il rimpianto del i)assato non toglieva il [)iacere del
presente , e la signorile ospitalità dei Benedettini verso
quanti capitassero lassù, nella loro monastica reggia.
Un proverbio comunissimo allora, storico oggi, decan-
tava : Lettu di Duminicfini, Lusau dì Biuidittini, Tavula di
Cappuccini. Non per nulla Goethe, raccomandato come (hip-
pertutto dal A^icerè, venne con Kniep ricevuto con ])artico-
lari distinzioni. Menato in un salotto, dal balcone del quale
si god(;va una vista stupenda, trovò appare(;chiata la tavola
per sé e j>el (rom])agno, ed ebbe servito un ottimo desinare.
Alle frutte andò a trovarlo l'Abate col decano; e. dopo una
nuova occhiata alle collezioni, accomi)ag'nato fino aTla car-
rozza dai giovani, lasciò il monastero, soddisfatto delle ac-
(roglienz(? ricevute.
Il silenzio col nome dell' Abate stuzzica anche qui la
curiosità dello studioso. Certo non importa nulla se egli si
chiamasse D. Tizio o D. Sempronio; ma non rincresce il
sapere che egli era appunto il Kev.mo 1). Filippo Bene-
detto De Cordova, che dal 1785 al 1781) fu supremo mode-
ratore dell'Obline. E fu successore di quel D. Michelangelo
Oelesia che poco prima avea mandato un grave ricorso al
Giudice della Monarchia contro la condotta dei suoi mo-
nacelli, i quali dovean piTi lardi colmare di gentilezze Goe-
the e Kniep e poco appresso il costoro connazionale Pro-
fessore Cristiano Bartels , tornato tutt' altro che edificato
delle confidenze di uno e delle dimostrazioni grafiche <li un
altro monaco (1).
(1) Bartels, op. cìt., v. II, p. 657.
194 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
Nel R. Palazzo trovò un gran disordine iH>r le deconi-
zioni ai'chitettonÌL*he die vi si venivano ese^ti^nendo.
Il Viceré Principe di Caraiuanico avea ordinato grandi
riforme in quasi tutti gli appartamenti , compreso quello
che fu poi abitato dalla Regina Carolina e lo era stato dal
suocero di lei Carlo III ; e proprio quando Goethe vi si
recò , la galleria si dipingeva a fresco , e sulla volta un
qua^lrone rai)presentante la Maestà Regia, protettrice delle
Scienze e delle Arti. Quella galleria, per vari fatti storica,
prese più tardi ed ha anche adesso il titolo di Sala di Er-
cole, poiché nel 1791), poco dopo giunta la Corte di I^ai>oli
a Palei ino, Ferdinando 111 Borbone la volle dal pittore
Giuseppe VelasqueJ!: ridipinta faé»endovi sostituire sulla
volta l'apoteosi e nelle pareti le forze del mitica) semideo.
In mezzo a tanto disordine ed allo affaccendarsi dei
servitori, Goethe imtè imperfettaminite vedere qualcuna
delle statue, le quali scese dai piedistalli e coperte <li tele,
mal si prestavano allo esame dei visitatori. Lì, a sinistra
«Iella galleria, erano attaccati alla parete i due famosi arieti
di bronzo, maravigliosa opera greca, che Giorgio Maniace,
Prefetto di Costantino Monomaco, Imperatore di Costanti-
nopoli e re di Sicilia, avea fatti collocare alla ])orta della
fortezza la quale serba ancora, il nome di luì in Siracusa.
DojM) svariate vicende ebbero , da ultimo, detinitivo posto
nella galleria medesima (1). Goethe avea gran desiderio di
vedere questi arieti, e confessò che, visti anche in quelle
sfavorevoli con<lizioni , valevano a soddisfare grandemente
il senso artistico. « Son due ligure potenti nella famiglia mi-
tologica, degne di portare Friso ed Elle. La lana non é ])unto
c^irta e crespa, ma lunga e liscia, che ricade jx'l corpo; ed il
tutto , eseguito con grande verità ed eleganza , appartiene
fuor di dubbio ai tempi migliori dell'arte greca». (11. Apr.).
Oggi dei due monumenti ne rimane un solo, e maltrat-
(1) Palermo, Oukla ittruttmi ecc., pp. 892-i).S.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 195
tato. Nella rivoIuzioiK' del 184.S alcuni forseiiiurti ne fecero
tanto scempio, che uno venne fuso e l'altro malconcio.
Oh se potesse ])arlaie quante delle sue vicende raccon-
terebbe questo ariete !
Dopo 410 anni di dimora in Siracusa , nel 1418 passò
in dono a Giovanni Ventiinii>iia, che sventò una con^^iura
e distrusse i congiurati : e ne fu donatore il Mcerè Lopes
Kìmenes d<; Urrea , al quale non parve vero che si fosse
liberato di (piei nemici. Il Ventimiglia lo portò nella sua t«rra
di ('astelbiu)no, ed il figlio Antonio ne ornò il sepolcro del
padre, cui venne ])resto tolto per i)assarsi al Viceré Ga-
spare de Spes, nel palazzo Chiaramonte, allora residenza
regia o viceregia.— Oh ])erchè tanta offesa alla njemoria di un
morto? Perchè Enrico Ventimiglia , nipote di (riovanni,
venne accusato di fellonia, e spogliato dei suoi beni. Un
Viceré avea premiato con gli arieti un barone fedele, un
Viceré puniva il nii)ote infedele!
Dal Palazzo Chiaramonte l'opera ]>assò c<»i Viceré nell'a-
bitazione del Castel lamare; [)oi (155G) nel Palazzo Reale con
D. Giovanni de Vega in una sala che venne detta de
los carneroH. La s(?rvilità dei governanti mandò nel 1735 a
Carlo IH ; 1' e(pianiniità di cpiesto principe fece tornare alla
Reggia in Palermo i due cai)olavori che la fantasia dei Si-
ciliani giunse a sognare modellati da Archimede (1).
E (piali li restituì il benemerito tiglio di Filipi>o V e
di Elisabetta Farnese, tali li vide nella Reggia Goethe.
E mentr'egli c'era, vide Goethe la stanza detta di Rug-
giero e la Cappella palatina ?
Nessuna parola di lui in proposito: e probabilmente
non vide né Puna né l'altra; od anche vistele non ne prese
nota. Dio glielo perdoni !...
(1) Vedi tra le Notizie carie di Palermo della Biblioteca Comunale di
Palermo (ms. Qq C , 3 , foglio 136 bis) la notizia minuta che ne lasciò
il Mongitore, e che pur venne pubblicata dal Di Marzo, in BibL, v. IV,
pp. 3-23-26.
100 IL VlAGCrlO DI GOETHE A PALERMO ECC.
Alle i)oetiche l'einiuiscenze aiiolie fridericiaiie dell' una,
ed all'annoiiica fusione degli elementi arabi e normanni
dell'altra non poteva restare impassibile l'anima nobilissima
del sommo tedesco. Goethe invece si lasciò condurre alle
catacombe fuori città, « le quali architettonicameute dispo-
ste, uon sou cave abbandonate di pietra e ridotte a sepol-
trtre ». Solo da due anni disterrate nell' orto del Barone
Quaranta, quasi di fronte a i>orta d' Ossuna , esse erano
nuovo acquisto archeologico del paese. Il Principe di Tor-
remuzza, che ebbe a sovraintendere agli scavi e ne scrisse,
le giudicò sei)()lcreti dei te>n[)i fenici. Ohi ha visto quelle
di Roma e di Siracusa può formarsene una idea; ma delle
une e <lelle altre son meno estese. « Vi si scorgono volte
aperte nelle pareti verticali di un tufo abbastanza com-
patto; dove si praticarono nicchie per le sepolture, scavate
tutte nel vivo, senz' oi)era alcuna di muratura. Le nicchie
più in alto son più ristrette, e negli spazi sopra i pilastri
si praticarono le tombe per i ragazzi » (1).
Tant'è : un giudizio sicuro su di (|uesti ipogei non può
ancora avventurarsi, discutibile essendo tutto ciò che si è
detto.
Vili.
Il nome del sajnente |)atrizio j>ah'rmitano non poteva
sfuggire a Goethe. Quanti, possedendo anche una mediocre
(jultura, mettevano piede nelli Capitale, si recavano al Pa-
hizzo Torrerauzza i)re8so il jìiano di Santa Teresa alla Kalsa,
dov'era raccolto il più rWvo ed il meglio ordinato meda-
gliere dell' Isola. (ìabriello Lancellotto ('astello era per
Palermo (piello che per Gattinia Paterno Castello Principe
di BÌHcari : imo dei più dotti «lei tempo. La sua fama, cor-
reva non 80I0 per la Penisola, ma anche per la Francia, la
(1) Cfr. IIaukr, Oemàìde von PaUnno, pp. J75 u ttegg.
IL VIAGMJIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 197
Germania e l' Inghilterra. La sua signorilità era ragione di
onorevoli ricordi in quanti stranieri fossero stati ricevuti da
lui, e le sue opere attestano quanto meritata fosse la cele-
brità che lo accompagnava.
Da lui pertanto andò Goethe e non per una delle con-
suete visite di etichetta, riducentisi a soddisfare la propria
o 1' altrui vanità, ma per vedere il medagliere. Vi andò di
mala voglia, ma ne tornò soddisfatto d'esservi andato. « Io
non m'intendo gran fatto, diceva , di questo ramo , ed un
viaggiatore mosso puramente dalla curiosità, non può se
non riuscire molesto ad un raccoglitore colto ed appassio-
nato... Io imparai se non altro come il mondo antico fosse
popolato di* città, fra le quali, anche le più piccole, la-
sciarono ricordo delle varie e[)oche di loro esistenza se non
in una serie di opere d'arte, in monete preziose. Da quelle
vetrine spira un' aura primaverile di tiori e di frutti del-
l'arte, la quale richiama al pensiero un'epoca splendida per
sempre scomparsa. La magnitìcenza delle antiche città si-
ciliane ora del tutto risorge all' aspetto di quei dischi
incisi di metallo, in tutta la sua freschezza i)rimitiva »
(12 Apr.).
L'osservazione è semplice; ma quanto acuta !
La gita dianzi descritta del 12 Aprile al Palazzo Eeale
non era stata la prima.
Già il giorno di Pasqua di Resurrezione (8 Apr.), Goe-
the invitato dal Viceré ne avea fatta un'altra. La festa re-
ligiosa si era chiassosamente aperta col solito sparo di
mortaretti e suono di ciimpane fuori ; con i rituali suoni,
messe solenni dentro le chiese. Dallo scrittore apprendiamo
un'usanza poco gradevole per chi ne era vittima : l'augurio
della buona Pasqua , il famoso mille di questi giorni ai si-
giu)ri dell' Albergo da parte dei servitori del Viceré. Che
l'usanza fosse viva , si raccoglie da documenti del tempo.
La seguivano i vari ceti dal nobile al plebeo , potevano
ben seguirla i servitori. Agli auguri di questi doveva rispon-
dersi con mance, le quali entravano nello salato discusso di
Arch. Stor. 8ic. N. S. Anno XXX. 14
198 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
non poche famiglie magnatizie, poiché si ripetevano anche
per S. Martino e per Natale o Capo d'anno. Nelle spese di
molt<^ pubbliche amministrazioni e di sodalizi ve n' eran
sempre per le tre ricorrenze : spese peraltro non del tutto
inutili quando si pensi che giovavano a facilitare il disbrigo
di affari, l'approvazione di pratiche, altrimenti lasciate lun-
gamente dormire se appunto quei servitori non ne solleci-
tassero il corso fino alla firma delle autorità competenti.
Era una cuccagna, che, trascurata anche per dimenticanza,
poteva degenerare in atti di soperchieria da parte dei tra-
scurati ; e non è molto io ebbi a rilevare i tristi effetti di
una dimenticanza di queste per un sodalizio letterario. Im-
perocché, non avendo il Segretario dell'Accademia del Buon
Gusto data al maestro di casa del Pretore la solita mancia,
gli accademici, che solevano tenere la loro seduta nel Pa-
lazzo del comune, il dì 11 Settembre del 1797, furono ri-
cevuti così male che, privi di sedie e di lumi, se ne torna-
rono mortificati alle case loro (1).
I servitori o gli stattìeri del Viceré andarono pertanto
alla locanda di Mad. Montaigne ad augurare ai forestieri
quivi albergati le buone feste. Le mance non si fecero
aspettare: e quelle di Goethe furono maggiori delle altre,
perché gli auguri a lui ed a Kniep vennero accompagnati
da un invito a pranzo del Capo del Governo, il Principe
di Oaramanico.
L'invito fu tenuto. All'ora designata (che allora non an-
dava oltre l'una pomeridiana), i due amici si trovarono al
Palazzo; ed ecco avanzarsi il Viceré col suo seguito , e
primo e con particolar distinzione salutare Goethe. Il Oa-
ramanico era persona di alta levatura, non secondo a nes-
suno in nobiltà d'animo e gentilezza contegnosa e squisita
di maniere. Come cultore di studi e protettore di studiosi
e di artisti, egli doveva conoscere Goethe e le innocenti
ragioni del suo viaggio; sicché suo primo pensiero fu quello
(1) Palermo cento e più anni fa, v. Il, pp. 398-99.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 109
di avvertirlo avere impartiti ordini che gli si facesse veder
tutto e gli fosse fornito ogni espediente all'uopo. Goethe non
si presentava in veste politica pericolosa e sospetta, e la sua
ItalieniHche Reise lo attesta. Non è improbabile che racco-
mandazioni dirette o indirette dell'Ambasciatore inglese in
IS'apoli, Hamilton, amico dell'Autore del Werther, avessero
preceduto costui nella Corte vicereale. L'unica cosa che
avrebbe potuto tenere in un certo ritegno il Viceré era la
qualità del viaggiatore, di membro di una società segreta
d'allora, (piella de' frammassoni; ma con molta probabilità il
buon Principe non ne sapeva nulla e, a quel che è dato
supporre, lo seppero solo all'ultiiuo momento in Messina un
ufficiale e poche altre persone ch'ebbero modo di conoscerlo
come loro fratello {Vò Maggio).
Kon una parola è del pranzo; ma non è difficile presu-
merlo.
Ricordo di aver letto in un viaggio del tempo del no-
stro Viceré il magnitìco servizio da tavola di lui, e posso
affermarli) superbo, specialmente per le antiche argenterie
ond'era ricco. Anche Brydone si occupa della tavola del
Viceré Marchese Fogliani nella sua lettera del 2(> Giugno
1770 (1). Del numero delle portate è superfluo parlare co-
noscendosi oramai che esse si succedevano, in ragione della
etichetta e degli ospiti, sino all'influito. In un convito di
Girgenti, lo stesso Brydone s'era visti passare presso a cento
piatti; e in un pranzo tenuto nel refettorio di S. Domenico
per la elezione del nuovo Provinciale P. Pannuzzo (15 Mag-
gio 1796), si ebbero 24 piatti e sessanta(iuattro intramessi
e tornagusti oltre il i)Ospasto ed i sorbetti (2).
Un'ultima visita fu per le vicinanze di Palermo.
La stranissima villa Palagonia chiamò sempre curiosi si-
(1) Brydone, op. cit., lett. XXIII.
(2) Brydone, op. cit., lett. XX e XXXIII; D'Angelo, Giornale ine-
dito, nella Biblioteca Comunale di Palermo , p. 105 ; Pitrè , Palermo
cento e più anni fa, v. I, cap. XXII, pp. 361-363.
200 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECO.
ciliani e forestieri nella terra di Bagheria, allora sobborgo
di Palermo e dipendente dal Senato di questa.
Quanto di esorbitante dal naturale, anzi quanto di non
naturale ijossa concepire un cervello anomalo , tutto è in
quella villa, che avrebbe potuto essere delizia e fu ed è in-
vece nausea a quanti vi si recano. Uomini con teste di
donne, donne con teste di uomini, cavalli con zampe di
cani e rostri di uccelli rapaci, bestie tricipiti camuffate alla
moda di Parigi , bipedi senza piedi, esseri con la bocca nella
fronte e nasi all'ombelico, soldati, pulcinelli, turchi, spa-
gnuoli e mostri delle più stravaganti forme; e con essi nani,
gobbi, sbilenchi, sciancati, figuracce orride i)er composizioni
non mai sognate, per atteggiamenti sinistramente contorti,
per ininfrenabili corruzioni di gusto; tutto venne impostato
in quella villa.
E v'ha dell'altro, che fu rilevato da Goethe.
Oltre che i cornicioni delle casette circondanti il palazzo
sono tanto in un senso quanto in un altro oblique, « confon-
dendo ogni idea dello scolo delle acque, della linea perpen-
dicolare, base della solidità e della euritmia ,... quei corni-
cioni sono ornati d'idre, di teste di draghi, di piccoli busti,
di figure di scimmie che suonano strumenti musicali e di
altre stramberie » con figure di divinità, tra le (juali quella
di un Atlante che invece di globo sorregge un barile.
Goethe ne uscì disgustato: ed il suo disgusto, che fu
anche sdegno ed orrore, egli sfogò in quella <lelle sue let-
tere che porta la data del 9 Aprile. Tre giorni dopo, di
sera, stando innanzi alla bottega del merciaiuolo, ebbe oc-
casione di conoscere l'autore e continuatore di tante stram-
l>alataggini. Lo vide nel Cassaro questuare per gli schiavi
siciliani in Jiarberia; e come scandalizzato, non si trattenne
dall'esclainare: ■ Avrebbe dovuto a questo nobile scoi)0 im-
piegare; il danaro maledetttimeute sprecato nella sua villa;
e nessun principe si sarebbe potuto vantare di opera ]nh
meritoria! »
Dì<h;ì unni prima Honuini aveva veduta quella villa e
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 201
gli era parsa la più folle cosa. Donne incinte percorren-
dola si erano sconciate; e le non incinte, svenute (1). Quat-
tr' anni dopo , il cav. Mayer si teneva soddisfatto die il
palazzo Valguarnera valesse a cancellare in Ini quelle ri-
pugnanti immagini (2).
La prima ricerca in Sicilia su Giuseppe Balsamo, sedi
cente Conte Cagliostro, fu fatta da Goethe. Dico la prima,
e forse dovrei dire 1' unica. Le notizie messe insieme dal
Marchese di Villabianca e quelle della Conversazione istrut-
tiva, periodico palermitano del tempo (3), sono posteriori
alla venuta di Goethe e di seconda o terza mano; e ci
vuol poco a vedere che provengono dal noto Compendio
della vita e delle gesta di G. Balsamo denominato il Conte
Cagliostro, che si è estratto dal processo contro di lui formato
in Roma l'anno 1790 (4). Quel che ne dice Hager nei suoi
Oemdlde von Palermo non è ne nuovo uè originale (5). A
Goethe si devono particolari non prima conosciuti sulla
origine del famigerato impostore, tanto celebre fuori quanto
oscura in Palermo era la famiglia di hii. La lettera del
17 Aprile, la più lunga di tutto il Viaggio in Sicilia, rac-
conta cose che nel 1787 doveauo essere, anzi erano del
tutto ignote al gran pubblico. Peccato che non vennero in
luce subito dopo sapute da Goethe, che in tempo oppor-
tuno, quando cioè egli le ebbe, sarebbero riuscite utili alla
ricostruzione della biografia dell'emulo di Casanova.
Premetto che Goethe, in Palermo, raccolto in se stesso,
non disposto , a quanto pare , a cercar persone del paese ,
difficilmente vi sarebbe riuscito se una occasione fortu-
nata non gliene avesse fornito il destro.
Un legale o forense palermitano era stato incari cato dal
(1) SoNNiNi, op. cit., t. I, cap. IV, p. 48.
(2) De M., op. cit., lett. XV, p. 162.
(3) Palermo, 1792, pp. 5. e 6.
(4) In Roma, MDCCXCI, ed in Palermo, MDCCXCI. Nella Stamperia
di D. Rosario Abbate.
(5) Hager, op, cit., pp. 145-49.
202 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
Governo francese di cercare intorno alla nascita di un bir-
bone matricolato di Palermo, il quale in Francia ne avea
fatte di tutti i colori e si era trovato implicato in una
gTossa truffa. Il losco baratto della collana di Maria Anto-
nietta, di che i giornali d'allora andarono pieni, era a tutti
noto: baratto finito ìiientemeno con la rovina e l'esilio di
quel Cardinal Armand Gaston de Rohan, vescovo di Stras-
burgo, che discendeva dai celebri signori dalla divisa:
Roi ne puis,
Due ne daigne,
Rohan je 8UÌ8;
e col marchio e la pubblica frusta a sangue della Contessa
La Motte, discendente da sangue reale, rinchiusa da ultimo
tra le prostitute alla Salpetrière (1).
Or questo legale, occupato delle necessarie ricerche, era
riuscito a mettere insieme notizie del tutto nuove; ma non
così segretamente che qualche cosa non se ne risapesse da
amici e conoscenti di lui. Infatti, stando a desinare a ta-
vola tonda nell'albergo, uno dei commensali, siciliano, se
ne mostrò informato , sicché Goethe potè recarsi da quel
legale, avere e mettere a profitto il memoriale da lui com-
posto sul Balsamo, identificato allora col Cagliostro, e poi
per due volte conversare con la madre e la sorella di co-
stui. Nella prima di queste visite fu accomx)agnato da un
commesso del forense, certo Giovanni; nella seconda andò
solo, e n'ebbe una lettera della madre, Felice Balsamo, in
data del 17 Aprile, uscita dalla i)enna di uno dei soliti scrivani
di mestiere i quali da poche settimane aveano preso posto
a piedi della nuova officina postale (oggi Posta Vecchia, e
sede municipale «Iella Polizia Urbana), dietro il Palazzo
Pretorio. Quella lettera, da Goethe tra<lotta in tedesco, me-
(1) Franz Punk Brentano, Uaffaire dn collier d'après de nouveavjr do-
cumenti! recueilHu en partie por A. Ukgis. Cin(iuièiue édition. Fari», Ha-
chett<s 1{K)3.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 203
riterebbe essere ricondotta alla sua forma originale; il che
non sarebbe malagevole, data la persistenza delle formule
tradizionali di siffatte lettere. Ma studio di brevità costringe
a tralasciare non pure siffatta lettera e l'altra che l'a. 1788
la famiglia Balsamo mandò a Goethe, ma anche tutta la
parte relativa al gran ciarlatano.
Però non dovrò tacere che i particolari raccolti da Goe-
the in Palermo e gli altri che prima e dopo il viaggio potè
sentire non rimasero infecondi nella sua mente.
Il dramma Grosscophta, per quanto inferiore al valore ed
alla forma del focoso pittore di Goetz von Berlichingen,
attesta che le imprese di Cagliostro non si cau celiarono
dalla memoria di Goethe. Quel dramma venne in luce l'anno
1790, tre anni dopo il viaggio, e l'anno appunto in cui l'au-
dace, caduto nelle reti del S. Uffizio in Kouia, veniva sot-
toposto a solenne processo.
Ed ora che ho potuto alla meglio seguire il grande
scrittore di ITraucoforte nell'antica Capitale dell'Isola, mi
sia permessa qualche osservazione fornita dalla critica della
Beine e dai ricordi che dell'Isola medesima ci lasciò , o si
presume abbia lasciato il ('autore di Faust.
X.
Nota (^minante nel Viaggio goethiano in Sicilia è la
indeterminatezza nei cenni di luoghi e di nomi : nota che
si accentua nella visita a Palermo. Lo spirito possente del
grande Poeta d'Alemagna, innamorato quant'altri mai della
natura, non s'indugiò abbastanza in ciò che natura non
fosse; e quando vi s'indugiò, lo fece più con l'intuito del
genio che con la documentazione dell'erudito. Persone, stra-
de, monumenti, ediftcT da lui veduti , sono per lo più ac-
cennati , e rivelano sovente una certa vaghezza di indica-
zioni che potrebbe sospettarsi noncuranza , ed è invece
espressione dell'indole d'un uomo ben diverso dagli altri.
204 IL VIAGKJIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
Dico sovente e non sempre, perchè qualche volta egli mo-
stra Tina singolare premura per persone e per cose.
Come già nel coi'so di questa esposizione si è potuto
vedere, certe persone ch'era indispensabile per noi, utile
per lui conoscere rimangono all'ombra. Un fìtto velo coi)re
in Palermo il titolo della locanda Montaigne; il forens(^
che con fiducia senza pari e disinteresse unico mise a di-
sposizione di Goethe il fi'utto delle sue faticose ricerche
sul Balsamo, il Viceré che fece qnel che potè per lui
passano innominati. A Girgenti, non trovando una stanza
per dormire, Goethe viene graziosamente ospitato da una
famiglia che gli cede una grandissima camera con alcova
(29 Aprile). Questa famiglia, che intende in così bella ma-
niera la ospitalità siciliana, incontra la sorte comune del
silenzio. A Messina il Console tedesco noi lascia un istante :
lo accompagTia, lo guida, lo cou sigila, lo assiste (11-13 Mag-
gio) : e passa nel dimenticatoio. Per non dire altro, il così
detto Governatore di quella città, che lo avrebbe voluto a
pranzo nei giorni di di inora di lui in essa, e l'ebbe solo
una volta, non sappiamo chi sia stato (si parla del Mare-
sciallo Michele Odea); ed il molto che Goethe ne disse diede
origine a leggende e ad errori topografici e genealogici,
solo teste sfatati, ma non ricondotti a verità, dal dotto Au-
guste Schueegans, già Console Germanico in Messina.
E come pel lettore siciliano della Eeise molte i)ersone
e cose si aggirano tuttora nel buio, così per l'Aiftore molte
altre non furono né cercate, uè osservate. Per quelle può
ben dirsi il già detto: avervi, cioè, concorso l'indole di Goe-
the; per queste invece la superiorità ch'egli sentiva (e ne
avea ben donde) e che rendevalo schifo della compagnia o
delle converHa/ioni di nomini coi quali non avea consue-
tudine o comunanza d'idee. Jn Palermo, centro di cultura,
egli, naturalista insigne, avrebbe potuto intrattenersi con
frate J^ernardino da Ucria, della cui scienza facevasi bello
il j»rofeHKore ufiiciale di botanica (}iusepi)e Tìneo. Notomi-
Hta, che avea nfllennato: la legg<^ dell'unità ju'esiedere alla
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 205
^struttura dei corpi viventi, ed avealo dimostrato con 1' « esi-
stenza d'un osso intermascellare nell'uomo come negli ani-
mali » (1), Goethe non cercò nemmeno di Stefano Di Pa-
squale, cui, reduce da Parigi, avrebbe potuto vedere nel-
1' «Accademia degli studi», come allora si chiamava l'Uni-
versità ; dov'era anche 8terzinger, ed il Museo; e, genio
della poesia, avrebbe i)otuto chiedere, come poeti sommi,
principi e re facevano giungendo nella Capitale, del primo
poeta vivente dell'Isola, Giovanni Meli.
Ma siccome la trascuranza dei nomi delle persone ch'e-
gli vide è veramente notevole, io vorrei arrischiare una
ipotesi, della quale prego il lettore di farsi giudice.
10 non so neppure concepire l'idea, e, concepitala, carez-
zarla, che Goethe, dopo avvicinata una persona e ricevutene
cortesie, che costituiscono circostanze interessanti, talora
precipue, d'una fermata in un paese, non ne avesse serbato
memoria. La cosa è così ovvia che il contrario sarebbe una
eccezione.
(Jra ecco che c'è da supporre.
All'ultimo momento della composizione della Italienische
Beine, l'Autore, rivedendo i suoi vecchi appunti, avrà pen-
sato che dopo tanto tempo pochi o nessuno si sarebbe ri-
cordato più delle persone, e però a pochi o a nessuno, spe-
cialmente in Germania, sarebbe importato di conoscerle.
Quante novità infatti dopo tutto ciò che egli avea ve-
duto e udito! Eran passati quasi trent'anni: e una nuova
generazione era venuta su. Più <l'uno dei personaggi del-
l'Isola era morto, cominciando dal Viceré Caramanico, che
giaceva, e purtroppo giace ancora, sotto un angolo del pa-
vimento della chiesa dei Cappuccini, negletto, dimenticato
dai parenti, dal Governo, dai suoi stessi beneficati.
11 silenzio su nomi di strade e di luoghi della città, ha
(1) W. Goethe, Studi scientijici sulle origini, affinità e trasformazione
degli esseri. Tradusione e Prefasione di Giuseppe e Giovanni Monti.
Torino, Bocca 1903.
206 IL VIÀGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
una spiegazione plausibile, che lo scusa se non lo giusti-
fica.
Nel 1787 non esistevano in Palermo lapidi con titoli di
vie. Mentre di lajìidi se ne profondevano , come un po'
dappertutto, per ogni nuova opera pubblica, grande e non
grande che essa fosse, non una se ne apponeva per indicare
come si appellasse una strada, una piazza, un cortile. Solo
nel 1802 si side murare la prima nel Oassaro e, vedi com-
binazione ! lu'oprio presso la casa che oggi si dice al-
bergo di Goethe. Un testimonio oculare di allora, Gaetano
Alessi, parroco di S. Ippolito, lasciò scritto: « A 3 febbrajo
1802, mercoledì mattina, giorno di S. Biagio, si appose alla
cantoniera della parrocchia di S. Nicolò La Kalsa una la-
pide marmorea colla iscrizione che dice: Via Toledo. Indi
in ogni casa si sono cominciati ad apporre li mattoni sta-
gnati colla iscrizione delli numeri » (1).
Di alcune inesattezze del viaggio in Palermo ho toccato
qua e là nel eorso di queste pagine ; ma altre ancora po-
trei rilevarne man mano che l'Autore s'inoltra per l' Isola,
le quali tutte danno a sospettare aver potuto Goethe con
vaghe reminiscenze supplire al difetto di notizie precise.
Il sospetto peraltro non è privo di fondamento.
Ho già detto che la Italienische Beise non uscì prima
del 1816. Come parte della ben nota autobiografia Dich-
tung und Wahrheit (2), essa fu scritta nel 1814; ma venne
fuori trent'anni doi>o il viaggio. Ora le lettere originali,
quelle cioè che l'A. scrisse, non meno che i diari sui quali
(1) G. Alessi, Proììtuario di alcune ìioUirelle, ainniaHsate hreveiiiente
alla rinfusa concernenti alcuni falli ed occorsi nella nostra Capitale, n. 14-8,
p. 25. Ms. Qq, 15, 17 delia Biblioteca Comunale di Palenno.
MedeHi inamente Vincenzo di Torukmuzza, Oiorìuile latorico ecc. p. 283.
Mh. Qi], H, 179 di CHsa Biblioteca:
« Febbraio 1802. Numerazione delle case della città con numero im-
prertHo in mattone bianco Rulla porta, e nome della strada in nuiniio ni
due capi di eHsa ».
(2) GOKTIIK , Aus meinem Leben. Dichtnmi und Wahrheit. 'riibiugen.
1811.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 2()7
fondò la sua relazione posteriore e che sono stati scoperti
nella casa di Goethe a Weimar, e pubblicati, dimostrano
che anche in questa parte della sua biografia, egli volle
non di rado intessere la fantasia alla realtà per produrre
una verità ideale conforme al suo intimo essere. « Ed è
verosimile che tutto il viaggio in Sicilia (uno dei più splen-
didi saggi della prosa di (loethe) ricevesse il suo perfeziona-
mento più dalla fantasia del poeta che dalla esattezza del
narratore » (1). La confusione che Goethe faceva in Messina
tra il Capo della i)olizia o della sanità ed il Ministro della
R. Azienda, che era il cai>o [)olitico della città, il rappre-
sentante del Viceré, — donde la strana leggenda del palazzo
dei Principi di Brunaccini, che forse è da identificare con la
«Locanda del principe Boraccino» abitata dal Bartels (II,
75) — è prova irrefragabile di questa atfermazione.
Altra prova di ciò che il Poeta potè vedere o sentire
allora e di ciò che si legge nella Beine ce la oftVono le
pagine di essa che vanno sotto la data del 17 Aprile, e
che, come s'è visto, descrivono la ricerca della famiglia Ca-
gliostro.
Quelle pagine, se ne togli qualche periodo, vennero
senza dubbio composte molto dopo il viaggio. Il lettore le
guardi un po' attentamente , e vedrà clie la forma gram-
maticale è tutta di tempo passato rimoto mentre altre
pagine spesso procedono col passato prossimo o con l'im-
perfetto.
Vi hanno particolari non ancom accaduti quando Goethe
era in Palermo: ed è evidente che certe notizie del 1787
furono da lui integrate con altre riguardanti fatti avvenuti
o conosciuti dopo. •
Là dove egli afferma che il memoriale dell'avvocato o
legale palermitano sopra la vita e le geste di Cagliostro e
sulla famiglia di costui « più o meno conteneva circostanze
le quali (come risultava da un estratto da lui fattone a
(1) A. ScHNEEGANS, SicUien, I. Kap. Leipzig, Brockhaus 1887 e 1905.
Vedi la versione ital. dei Bulle. Firenze, Barbera, 1890.
208 IL VIAGMJIO DI GOETHE A PALERMO ECO.
SUO tempo) vennero fuori dagli atti del processo svoltosi
in Roma,» dà il più forte argomento per far ritenere che gli
appunti messi insieme da quell'avvocato subirono interpo-
lazioni che alterarono la relazione originale della inchiesta
ed aggiunsero qualche cosa al Compendio della vita del I^al-
samo, estratta nel 1791 dal processo del 1790.
A noi manca la base di questa affermazione, cioè il me-
moriale che Goethe ebbe e studiò; ma anche conoscendolo
noi potremmo forse d'una maniera assoluta ritenere che le
notizie che vanno sotto la lettera del 17 Aprile hanno del
memoriale e del Compendio in quanto che Goethe avrebbe
preso da quello i preziosi appunti dell' albero genealo-
gico e qualche circostanza speciale della vita del Balsamo;
e da questo , dal Compendio cioè, la somma delle malvage
imprese del noto impostore. Le fonti sou quelle due. La
parte originale della narrazione goethiana è la personale :
quella della visita alla madre ed alla sorella di Balsamo;
le quali dal vicolo che ora si chiama Conte Cagliostro nel-
1' Albergarla eransi per indigenza riunite e ridotte nella
« casa che sta — son paròle di Goethe — nell'angolo d'una
stradicciuola a poca distanza della via principale denominata
Cassero ». Ohi voglia sapere il nome di quella stradic-
ciuola, cerchi della Via terra delle mosche.
E qui è doveroso rilevare un'opera buona dell'Uomo.
Quando egli lasciò le due povere donne, vedove entrambe,
senza mezzi di sussistenza, con la prospettiva di sei bocche
che consumavano senza ])rodurre, cioè: Felice Balsamo, ma-
dre di (ìiuseppe , inteso Oonte Cagliostro , Marana Capi-
tnmmino, sorella, tre figliuoli di lei, e una loro parente ma-
lata, che stremava la scarsa loro minestra, rimase spiacente
di non aver potuto dar loro nulla. Tornato in Germania, par-
t^HÙpò ai suoi ani lei la cosa, e lesse la lettera che la madre
uvea scritta al figliuolo, e che, conu^ è facile comi)rendere,
non poteva 8i)edire. 1 suoi amici, commossi (pianto lui del
caso i)ietoHo , contribuirono una somma per sollevare le
sveli tu rute. (Goethe la fece giungere per me/zo del mercante
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 209
inglese in Palermo Jacob Jott': e madre e sorella la credet-
tero provvidenza dell'amato congiunto. La buona opera ri-
spose pienamente allo scopo, e mille benedizioni parti-
rono per l'ignaro Giuseppe, in una lettera del 25 Dicembre
1788.
Così l'immortale Poeta veniva in aiuto di due povere
famiglie nascondendo alla sinistra quel che la sua mano
destra aveva fatto.
Sottilizzando, potrebbe poi domandarsi : Portò egli stesso,
il mercante inglese, il denaro ai lialsamo ? Probabilmente
no. Di ,1 off non si ha traccia nelle carte del tempo; e, con la
diffidenza siciliana, e maggiormente con quella della fa-
miglia Balsamo, non ò senza riserva da ammettere che egli,
straniero, si presentasse in persona. Goethe stesso, accingen-
dosi alla ricerca dei Balsamo, «lesideroso di far la loro cono-
scenza, si era sentito dire non esser la cosa tanto facile,
giacché essi facevano vita molto ritirata, non abituati a veder
forestieri: e col carattere naturalmente sospettoso del popolo
siciliano, difficilmente si sarebbero prestati a ricevere un fo-
restiero (17 Apr.).
kSappiamo peraltro che i Balsamo erano pii , devoti e
pieni di educazione.
A me pare probabile, invece, che un parroco della città,
che a quei tempi, come tutti i parroci della Sicilia, godeva
la massima fiducia, fosse stato cercato per la delicata in-
combenza. Autorità incontestata , il i)arroco era tutto per
la sua parrocchia. Egli conosceva un per uno i suoi parroc-
chiani, ne sapeva a menadito le abitazioni , ne benediceva
anno per anno le case, li comunicava tutti per la Pasqua,
prendeva nota dei loro nomi, compilava il censimento delle
loro famiglie.
Nel quartiere della Loggia (Castellammare d'oggi) ove sta-
vano i Balsamo si contavano tre parrocchie : quella di Santa
Margherita, quella di S. Antonio e l'altra <li S. Giacomo la
Marina. In quest'ultima era compresa la « via Terra delle
mosche »; e n'era parroco il buon sacerdote Giovanni Piz-
210 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
zi (1). Egli (leve aver ricevuto da Joff e passato alla madre
di Cagliostro il denaro mandato da Goethe.
Sarei lieto se altri mi dimostrasse mal fondata questa
supposizione.
XI.
Non ostante i difetti, la Eeise vuol esser tenuta in molto
conto per i dolci ricordi della Sicilia. 11 bello ed il buono che
Goethe rilevò nell'Isola echeggiò nel cuore dei lettori del
libro e, parte favorevolmente li predispose, parte li affezionò
ai luoghi ivi descritti. Io credo che in Germania abbiano
giovato alla simpatica riputazione del nostro paese più le vi-
vide, entusiastiche pagine di Goethe che non dozzine di li-
bri di viaggiatori vecchi e di touristes nuovi. Di questi
ultimi io non so quanti percorrendole abbiano messo gli
occhi sopra la Reise durch SiciUen del Barone von Eiede-
sel, la Reise in DeutHchland... und SiciUen di Stolberg , la
Reise von Warschau nach der IImq)tstadt von Sicilien, i
Gemdlde von Palermo del prof. Hager e le Reisen in ver-
schiedenen Proi'inscn... Neapel nnd SiciUen di Snlis von Mar-
schlins. So (piesto però, che la Italienische Reiv, di Goethe
fu letta, avidamente letta, studiata, commentata, anche
imparata a memoria nei brani più poetici. Gli è che le os-
servazioni dei grandi s'impongono e si fanno strada.
L'ammirazione per questa terra luminosa, ove Goethe
si beò alle c^arezze delle aure dolcissime, al tepore delle più
miti primavere, al verde vellutato degli alberi, al vivificante
sorriso della natura tutta, venne da lui formulata in una
sentenza che passò in (epigrafe in ])in di un libro sulla Si-
cilia; « Italien oline Sicilien macht gar kein Bild in der
Seele: hier ììegt der Schiissel zu Alleni (l'Italia senza la
(1) Atti del Si-nulo (li l'alvrmo dal 1780 al 1801 Ms. A 9 dell'Aicliivio
Ckimunalc di Pulurinu, p. 262.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 211
Sicilia iiou lascia una impressione durevole nell'anima : qui
sta la chiave di tutto) (1).
Ma ben più alto ci appare questo concetto quando Goe-
the lo poetizza in quattro squisiti versi , che parrebbero
1' apoteosi dell' Isola radiante di sole , baciata dal mar di
cobalto, profumata di zagare.
Nessun tedesco che parli della Sicilia ignora la canzone
della Mignon, che forse primo Hager prese per abbellirne
la i)rima pagina dei suoi Gemdlde (2):
Kennst da das Land, wo die Citrouen bliilin,
lui dunkeln Laub die Gold-Orangeu gliihn,
Ein sanfter Wind vom blauen Himmel welit;
Die Myrte stili und hoch der Lorbeer stehtT
Kennst du es wolil ? (3).
(Conosci tu il paese dove tìorisce il cedro — e in mezzo
al cupo fogliame splendono gli aranci d'oro, — dove lieve
un zetìretto spira dal cielo azzurrino, — ed il mirto sta si-
lenzioso, ed alto si leva l'aUoro ? — Lo conosci tu bene?).
Dicono che Goethe componesse ([uesti versi sul i)iazza-
letto della chiesa di S. Gregorio in 3Iessina; e già prima
del 1840 la Contessa Ida Hahn-Hahn ne accoglieva in un
suo libro la notizia (4). Ma, a mio avviso, non può risc<m-
trarsi notizia meno conforme al vero, ed anche al verosi-
mile.
Potrei discutere la topicità e la tradizione; giacche la
terrazza di S. Gregorio altre idee pot^^va far nascere, altre
immagini ispirare fuori che quelle dei versi medesimi: salvo
che non voglia qui affermarsi che alla fantasia del Poeta si
rappresentassero vive le immagini di cose altrove vedute o
udite. Ma io non le discuto neppure, ricordandomi delle greche
(1) Italìenische Rewe, 13 Aprile 1787.
(2) Hager Gemalde von Palermo, frontespizio.
(3) GrOETHE, Gedìchte. Erster Theil, p. 7H. Leipzig, Reclam.
(4) Ida Hahn-Hahn, Jenseits der Berye, p. 194. Leipzig, Brockhaus,
1840.
Una seconda edizione porta la data del 1845.
212 IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
visioni alle quali il giardino di Palermo riportava il Poeta,
che sempre più si sentiva accendere per la composizione
della Nausicaa. Abbiamo in proposito un documento di ca-
pitale importanza: un frammento della Nausicaa stessa,
che è certamente improntato sul Kennst (Iti das Land,
Il tìL'ammento suona così:
Dort dringen neben Friicliten wioder Bliiten,
Und Frucht auf Friichte wechseln durcli das Jahr.
Die Pomeranze, die Zitrone stebt
Im dunkela Laube... (1).
(Lì tra i frutti spuntano nuovi fiori; — e per tutto l'anno
il frutto si alterna col frutto ; — V arancio , il cedro si al-
za — di mezzo al cupo fogliame).
La impressione della Villa Giulia si direbbe ritratta in
questa strofetta vivamente, fedelmente; la scena e grecizzata,
e più tardi restituita alla Villa Giulia medesima, a Palermo,
alla Sicilia tutta. 11 i)oeta è uno, sempre lo innamorato del-
l'Isola.
Qui sento una voce amica domandarmi : Ma non sai tu
che la canzone di Mignon fu scritta prima del viaggio di
Goethe in Sicilia?
Questa domanda , la cui gravità è schiacciante, minac-
cerebbe la serietà ed anche la poesia del mio richiamo, e
forse mi toglierebbe l'animo di insistervi, se dus Land , il
bello, il dolce paese della canzone non fosse stato lunga-
mente per univoca tradizione ritenuto la Sicilia.
Quando nel n. ()3 (22 F(ibbraio 18H(i) della Nme Zeitnng
di Berlino lo Schneegaiis pubblicava la i)rima redazione del
suo Goethe in Messin^i , futuro capitolo del libro Sicilien,
non tardò guari a comparire nel medesimo giornale una nota
sulla priorità della canzone di fronte alla venutii di Goethe
(1) G. voN (iiiAKVKNiT/., iìorthe vntier ReinebeijleUer in lUilieii, p. 77.
Herliu, imi.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 213
in Sicilia, priorità ribadita pochi dì appresso da August
Preseni US con un articolo intitolato : Mignons Lied und Goe-
thes Aufenthaìf in Messina (1). Al Zaniboni e ad altri come
lui, molto addentro nella letteratura goethiana, la cosa sem-
bra oramai indiscutibile.
Pure io osservo a me stesso : Se la canzone è anteriore
al viaggio (e se ne fissa anche la data), essa non venne
in luce prima del 1 795 ; ed il solo fatto : che il Poeta se
ne ricordò nella Villa Giulia e se ne servi per uno dei fram-
menti (ed è il Dort dringen ecc.) della Nausicaa, rivela sen-
z'altro che, precedente o no la composizione del Kennst du
das Land , una stretta relazione spirituale esiste tra il
Poeta in Germania ed il Poeta in Sicilia. La contemplazione
del paradisiaco spetcacolo della estremità meridionale della
Marina di Palermo, o della Conca d'oro, o di altri luoghi
dell'Isola, non può scompagnarsi e molto meno astmrsi dalla
mirabile canzonetta che precorse alla venuta in Italia ed il
sogno di Sicilia.
Queste dolci memorie non si obliterarono, e dovettero
sorridere in fantasiose reminiscenze della terra che nel Poeta
rimase come una di quelle visioni che accompagnano per
tutta la vita.
Mi fermo sopra un punto del Faust, e non ne cerco al-
tri; i quali, a dir vero, non potrebbero offrire maggiore evi-
denza di richiami alla visita della primavera siciliana del
1787; non ne cerco altri, ripeto, neanche l'analogia che Do-
menico Gnoli ed altri han trov^ata fra la descrizione goe-
thiana della Villa Palagonia e la « Cucina delle streghe »
del Faust.
Nella tregenda, che dal tedesco Walpurgisnacht si è tra-
dotta: « la notte di Santa Valpurga », il Dott. Faust danza
con una bella giovane, e danzando le dice :
Einst hatt ich einen schonen Traum :
Da - sai) ich einen Apfelbaum,
(1) Neue Zeitung, Berlin, 4 Marzo 1886.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. 15
214 IL VIAOaiO DI GOETHE A PALERMO ECC.
Zwei schòue Apfel glanzten dran,
Sie reizten rnich, ich stieg hinan.
A cui la bella risponde :
Das Aepfelclien begehrt ihr sehr,
Und scbon voiu Paradiese ber.
Von Freiiden fùhl ich mieli bewegt,
Dass auch meìn Gart-en solche tiàgt (1).
( — Una. volta io feci un bel sogno : — Io vidi un me-
lo ; — due belle mele si)lendevano in esso; — die mi atti-
rarono; ed io vi salii.
— Il piccolo melo voi lo desiderate molto — fin dai
tempi del ])aradiso. — Io sono grandemente lieta che anche
il mio giardino abbia mele come quelle).
Ora è stata ragione di discussione se queste Voluttuose
strofette non siano un'eco apparentemente lontana di qual-
che canto udito da Goethe in Sicilia. Apparentemente , io
dico, perchè se le prime scene del Faust apparvero nel 1790,
la prima parte di esso venne in luce l'anLO 1806.
Brevi ma opportune osservazioni si son fatte (2) e son
lieto di fare anch'io sulla somiglianza d'immagini tanto nel
Faust medesimo, quanto in una canzonetta siciliana, dalla
quale Goethe avrebbe ])resa la ispirazione. Nei Canti lìoiw-
lari da me cominciati a raccogliere prima del 18(i5 (3) si
legge un'rtrift con queste due vaghe strofette :
Cbi soDDu graziusissimu
Mi passa pi li manu !
'Nta stu belhi jardiDU
Cci Bu' dui belli puma:
(1) GOBTHK, Faiisf. Etne Tratjiklie. Erster Tlio.il : Walpur(fwitarlil.
(2) Cronache delle CMltà Elleno • latina, a. II, n. 15-16, pp. 226-27.
Koiiiu, nov. UKW (art. di (;. W, (Jiiustnlln).
(.1) Vedi La Sicilia, Uivintu periodica di Sciense, Lettere, e Politica, a.
I, pp. 44-46. Palermo, MDCCCLXV.
IL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC. 215
Io li valeva cógghiri :
Nun vosi la fortuna ! (1).
L'ardita, sensuale allegoria goethiana si traduce in somi-
glianza che impressiona , tanto nella prima strofa tedesca
quanto nelle due strofe siciliane ; ed a chi abbia una certa
dimesticjiezza con la jjoesia popolare in genere può far
pensare ad un motivo comune presso vari ])opoli. Ma
quando questo motivo suona tradizionale e salta fuori con
sì gagliarda evidenza in Sicilia, dove il Poeta si fermò
estasiato , non è irragionevole il sospetto che appunto in
Sicilia possa egli averlo sentito portandone l' eco passio-
nale in Germania. Ohe se la risposta della bella giovane
(die Schone) un cotal poco ne differisce, la ditt'erenza rivela
la castigatezza del canto siciliano e la trasparente lascivia
della canzonetta tedesca.
Si è cercato e discusso dove e come Goethe potesse aver
sentito quei versi in Sicilia ; e non si è pensato ai vetturini
che accompagnavano lui e l'amico Kniep. Nella lettera del 17
Aprile egli cita ad esempio di temperanza siciliana un gar-
zone di stalla ai servigi d'un vetturino — uno dei tanti vet-
turini che viveano di quel mestiere, fedeli a tutta prova.
Vetturino e garzone pare dovessero servire i viaggiatori fino
a Sciacca o a Girgenti, ma non li lasciarono se non a Mes-
sina, prima che costoro s'imbarcassero pel Continente. In Al-
camo Goethe lodava la disinvoltura del garzone e si piaceva
che disimpegnasse a maraviglia « le parti di garzone di stalla,
di cicerone, di dispensiere e di cuoco : tutto sapendo fare ».
A Messina l'industre mulattiere andava a strai)pare al padro-
ne della locandii, che s'era messo a letto, i materassi occor-
renti al disagiato Poeta, il quale al domani si congedava da
lui dandogli pei premurosi servigi resigli una buona man-
cia (10 Maggio).
Il mestiere, la monotonia dell' andare per luoghi cento
(1) PiTRÈ, Canti popolari aiciliani, v. II, u. 899. Palermo, 1871.
216 IL VIAGKJIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
volte percorsi, l'indole di questa gente a tutto inchinevole
fuori cheal silenzio, specialmente dopo guadagnatasi la fiducia
dei viandanti ; inoltre la curiosità di costoro intesa a cogliere
a volo parole e gesti delle persone del paese, deve a poco a
poco avere snodato lo scilinguagnolo del cavallaro o vettu-
rale che fosse. Risposte a domande, chiarimenti non chiesti,
gratuite spiegazioni di luoghi e di cose, ciceronate rusticane,
motteggi, ariette canterellate a mezza voce, motivi di melodie
squisite, devono essersi alternati e succeduti nella bocca del-
l'esperto guidatore, divenuto a giusta ragione simpatico ai
due tedeschi. Il fatto non è inverosimile, uè nuovo, né tam-
poco strano quando si rifletta che a ciascuno di noi è tante e
tant^e volte capitato. Quante cose non abbiamo noi udite ed
imparate da codesta povera gente, nella quale insieme con
la naiveté sovente s'incontrano tesori di pratica esperienza,
brillanti in aneddoti e in canzoni, in costumanze e in pro-
verbi ! Cui viaggia, dicevami, ora è un buon terzo di secolo,
di là da S. Giuseppe .Iato, un mulattiere, guarisci, patisci e
specula; e davvero che giammai apologista di viaggi con-
densò in più breve, filosofico dettato la verità: che chi viag-
gia, gode (guarisci), soff're e specula, cioè osservji, fissa l'in-
telletto nella contemplazione delle cose, istituisce paragoni e
forma giudizi su quel che ha veduto e vede.
Ma Goethe, potrebbe osservarsi, non comprendeva il
siciliano.
Ma Goethe, rispondo io, comprendeva e parlava bene
l'italiano; e sarebbe un'oftesa al suo sovrano ingegno il ne-
gargli l'intelligenza d'una canzone. Né giova richiamarsi
alla confessione di lui a proposito del dialetto parlato dalla
madre di Cagliostro (17-19 Aprile); perchè altro è il parlare
])iii o meno scomposto d'una vecchierella, che conversava
nella stretta parlata dell' Albergarla, altro la forma solenne,
cadenzata, scandita d'un canto in bocca ad un vetturale,
abituato ad accx)mpagnare forestieri e studiantesi di farsi
da loro intendere.
Ma iK>i come conciliare la modesta confessione di Goe-
IL VIAGGIO DI GOETHK A PALEEMO ECC. 217
the, a proposito della visita ai Balsamo, di non compren-
dere il dialetto della madre con quello che della medesima
visita dice egli stesso? E Goethe dice: « Intanto che io
parlavo con gli altri [della famiglia Balsamo], notai la vec-
chia domandare alla figlia se io fossi della loro religione;
e potei notare come questa accuratamente schivasse di darle
una risposta, mentre le faceva comprendere — per quanto
mi fosse dato capire — essere stato troppo buono il fore-
stiere perchè su questo punto si dovesse fare una domanda ».
E pensare che la vecchierella parlava alla figlia sotto-
voce !
Dato, nondimeno, e non concesso che Goethe non com-
prendesse i canti che sentiva, come poteva egli intendere
i popolani coi quali parlava ì Non aveva egli persone che
glieli potessero spiegare ! p. e. in Palermo, la Montaigne e
qualcuno dell'albergo, il mercantuolo, la guida; in Girgenti
l'antiquario sac. D. Michele Velia, e quei gentili che l'ospita-
rono; in Oaltanissetta, i cittadini che, secondo costumavano
allora e costumano anche adesso, sedevano a conversazione
ìiella casa comune sulla piazza del mercato e che graziosa-
mente lo vollero con essi. E se non è così, io non so come
abbia potuto tradurre i dolcissimi versi del Meli :
Ucchiuzzi nìuri,
Si talì'ati,
Facili cà4iri
Casi e citati.
Jeu, miiru debuti
Di petri e t^u,
Cunsidiratilu
Si allura ciyu ! (1)
tradurli in quel sicilianisches Lied, che piace tanto:
Ihr schwarzeu Aeugelein !
Wenu ihr nur winket>
Es falleu Hauser ein,
Es fallen Stadte ;
(1) Meli, Poe$ie : L'occhi, p. 35. Palermo, L. Pedone Lauriel 1884.
218 LL VIAGGIO DI GOETHE A PALERMO ECC.
Und diese Leimenwand
Vor meinem Herzen -
Bedenk' doch nur eininal -
Die sollt' nicht fallen ! (1)
È vero che non citò la fonte; ma il Meli, ch'era di buon
cuore , non si sarà offeso della omissione del suo nome , e
(1) Goethe's Gedichte. Diainant - Ausgabe ecc. Achte Anflage, j). 87.
Berlin, G. Grote, 1886.
Nel momento in cui questo foglio va in macchina l'egr. Zamboni mi
avverte che nell'ultimo Annuario Goethiano : Goethe - Jahrìntch, XXVI
Band, 1905 (Frankfurt a/M, Riitten und Loening)- è un ampio studio di
Alfred Peltzer (pp. 225-58) sul pittore Kniep; e ne trae per me notizie
nuove e molto curiose, le quali completano quelle da lui graziosamente
favoritemi dianzi e da me riportate nel $ I di questo studio.
Ecco quelle notizie , tutte relative ai disegni di Kniep in Palermo e
in Sicilia :
« 1. 11 Peltzer descrive minuziosamente due disegni a seppia, a tìrma
« C. H. Kniep del. et inv. Napoli 1805 », ma suggeriti dal soggiorno del
Poeta a Palermo, e precisamente alla Villa Giulia. Questi due disegni
trovansi nella Galleria Nazionale di Berlino. 11 Peltzer li dice provenienti
dalla Russia, ma non sa spiegarsi come. (Io ritengo con qualche fonda-
mento, che potrò anche meglio controllare, che i disegni siano stati
acquistati dall' Italianisky, Ambasciatore russo a Napoli, e gran protet-
tore del Kniep.
« 2. Nella Casa di Goethe a Weimar, si cimservano nelle rispettive
cartelle parecchi disegni « eseguiti dal Kniep in Sicilia ». In una sola
cartella, ve ne sono 46, quasi tutti a lapis, pi'obabilmente riuniti dal
Goethe stesso; un'altra cartella ne contiene solo 10, ma più grandi;
tutti portano ora la firma di Kniep, ora il nome del luogo dell'Isola che
rappresentano, ora qualche nota del Goethe.
« Il Peltzer ne dÀ un accurato elenco, con una interessante e minuziosa
deacricione, sempre in rapporto ai varii passi del Diario siciliano cui si
riferiscono. Vi sono: alcune marine (Palermo) in data 1 e 2 Aprile (1787;;
— un disegno che ritrae la rada, animata da pescatori clie tendon le reti,
da capanne di pescatori, da barche tirate in secco : « probabilmente ri-
tratto dalla finestra dell'albergo » ; — una veduta del golfo di Palermo
con la città e il monte Pellegrino ; — « il monte Pellegrino con la fertile
▼ftlle che si stende Ano al mare » (3 Aprile) ; — una porzione del monte
IL VIAGGIO m GOETHE A PALERMO ECC. 219
forse avrà appreso con piacere che comparisse come canzo-
netta del popolo la sua ormai proverbiale ode. In grazia
(Iella difficoltà del testo, avrà anche chiusi gli occhi sulla
immagine espressa da Goethe nel quinto e nel sesto verso:
Und diese Leinienwand
Vor meinem Herzen,
la quale non risponde a quella dell'originale :
leu, imiru debuli,
Di petri e tajw.
E con chiudo.
Questa sommaria esposizione delle lettere palermitane
del massimo scrittore della Germania, s'informa al deside-
rio, naturale in chicchessia, di veder lumeggiati particolari
riraavSti fin qui oscuri o poco noti.
Forse siffatto desiderio non sarà sentito dagli eruditi
nella letteratura goethiana, paghi com'essi saranno degli
studi stati fatti sull'argomento. A me però se non dà con-
Pellef^rino ; — « Valle presso Palermo, celebre per una battaglia di An-
nibale » (questa indicazione è del Kniep).
« 3. Un altro disegno porta, sempre di mano del Kniep, questo tit<»lo :
Edificio delVTnqiiisizìone (Gebèiude der Inqtiisition), che non è nemmen ri-
cordato nel Viaffffio. Quest'edifìcio, di struttura gotica, è attiguo (angren-
zend) a un palazzo stile Rinascenza. Il Peltzer nota: « Il primo edificio
è l'attuale Palazzo dei Tribunali etc. » et<". etc.
« Segue l'elenco e la descrizione di altri luoghi e monumenti dell'Isola,
ed altri ancora che il Peltzer non ha potuto bene identificare, ma certa-
mente siciliani ».
Devo poi avvertire clie nello studio delle lettere palermitane della
Tfalienische Tteise lio anche guardato alla versione di Augusto de Cossilla
(Milano, 1875), la quale pare condotta, sopra un testo diverso da quello
della casa Reclam di Lipsia da ine seguito. Le differenze che si riscon-
treranno nella versione di alcuni brani da me riferiti e in quella dei
medesimi brani del de Cossilla mi sono state suggerite dall'originale.
220 IL VIAGOIO DI OOETHE A PALERMO ECC.
forto la coscienza, sorride la illusione di avere sul Palermo
di Goethe detto qualche cosa nuova, rettificato qualche no-
tizia inesatta, completato qualche vago accenno, indovi-
nato siti, riconosciuto jìersone, ma soprattutto rischiarato
meglio l'ambiente nel quale lo spregiudicato viaggiatore
dovette trovarsi.
Questa illusione è di un uomo che visse gli anni più
attivi della sua vita modesta nell'amore operoso della sua
terra natale; ma che volgendo ora l'attenzione alla parte
siciliana della Italienische Beise non ha voluto guardare a
nessuno degli scritti grandi o piccoli, lunghi o brevi, italiani
o stranieri, che sono stati pubblicati da quasi mezzo secolo.
Così ne è venuto uno studio severamente oggettivo, alieno
da preoccupazioni e da preconcetti.
Se egli ha detto cose nuove, tanto di guadagnato; se
ha ripetuto cose vecchie, peggio per lui, che ha avuto la
ingenuità di credere potersi illustrare pagine di viaggio
come quelle di Goethe in Palermo con documenti d'archi-
vio, con testimonianze di diaristi del tempo e con ricordi
<li viaggiatori dell'ultimo ventennio del secolo XV^III.
G. PlTRB
MISCELLANEA
LA PESTE IN PALEI^MO
negli anni 1624-1626.
liELAZI()^M: DI AXOXIMO
ora per la prima volta stampata.
AVVERTENZA.
Il Kev. P. Mansueto Endrizzi, Prefetto dei Camillijuiì o
Ministri (le<il' Itifenni in Crcniiona , ha rinvenuto nella Bi-
blioteca Ooniunal(> di Mantov^a una scrittura manoscritta
col titolo: Breve Relatione di quanto è pasaato in Palermo
nel tempo della Peste, dal principio di (fiugno 1624 che dimorò
il male la lìrima volta in detta Città; e paremlogli impor-
tante ed inedita, l'ha con diligenza trascritta, e con gentile
pensiero otterta alla Società Siciliana di Storia Patria, per-
chè la mettesse a stampa ove la giudicasse utile e degna (1).
E inedita essa è veramente e di singolare importanza ;
utilissima (piindi e degnissima che si conosca <la tutti gli
studiosi. E i)ertanto, stampandola ora, mando anzitutto un
ringraziamento ed un i)lauso al benemerito P. Endrizzi in
nome della nostra Società, e della storia ancora, che da essa
Relatione viene a trarre hice e vantaggio.
L'anonimo scrittore di questa crona(!a dolorosa non pen-
sava cert<» alla posterità, vergan<lo le sue note su la gravis-
sima calamità pubblica cui assisteva ; che solo per adem-
piere al dovere impostogli da' Superiori suoi (era un Frate)
(1) Lettera del P. Mansukto Enukiz/j al Presidente della Società Si-
ciliana per la Storia Patria, da Cremona, 16 febbr. 1905, in Archivio
della Società.
222 MISCELLANEA
dava ragguaglio di quel che cotidiauamente accadeva nel-
l'afflitta città e passava sotto i suoi occhi o x)er le sue mani,
in i]uei fraiigenti di un morbo ch'era orrendo disastro e ter-
rore per tutti. Preziosissime quindi le sue parole, scevre di
preoccupazioni e prevenzioni, ini [)ron tate a verità e since-
rità massima e prudenti ed accorte sì , da non formulare
giudizj ; ma questi, peraltro, chi legge i)uò agevolmente der=
durre da sé, poiché netti emergono dai fatti iiarrati.
Nella storia delle epidemie pestose, questa i)alermitana
anzi siciliana degli anni 1024-1626 non occupa il posto che
le competa per la gravezza ed estensione e durata (1) ; ma
ciò è accaduto, perchè non ebbe come (piella del 1575-1576
un Ingrassia che in classico libro la illustrasse (2); e perchè
gli storici e cronisti nostri (coevi o posteriori ad essa) non
l'han ricordata che molto sommariamente, e più che altro
per lameut^ire la morte del saggio Viceré Emanuele Filiberto
di Savoja, che ne fu vittima principale; per esaltare meri-
tamente 1' opera dell' Arcivescovo Cardinale Giannettino
Boria, che da Presidente resse il Governo di Sicilia alla
(1) Cfr. Alfonso Corradi: Annali delle Epidemie occorse iu H(ttia dalle
prime memorie fino al 1850 , ecc. Sec. XVII , e Voi. VII , Appendice ,
Parte II, pag. (i35 e segg. (Bologna, Tip. Ganiberini e Parnieggiani, 1X92).
La peste contagiò Trapani prima (donde si diffuse ai dintorni) , e su-
bito dopo , Palermo. Da qui si estese a Castelvetrano , Carini , Parco ,
Partinico, Alcamo, Polizzi, Caiccanio, Castronovo, Girgenti, Favara, Ara-
gona, lta<!almuto, Grotte, Camerata, Termini, Scicli, Modica, Nicosia, As-
8oro, Ganci, Bivona ecc. II sig. G. B. Fkkrkìno ha illustrato con rigorosa
ewitt«zza, mercè i documenti ofHciali del tempo, La Peste a Castelvetrano
netfli anni 1624-1626 (Trani, V» Vecclii, 1905). Il morbo manifestossi in
({Mesta cittA su' primi d'agosto ]()24, fu dichiavato estinto dt'l tutto a 15
mar/o 1(52(5; fece, in tal pcriotlo, 75K) vittimi! nel solo Lazzaretto. Di altri
Comuni conosciamo la enorme strage (Racalmuto , Grotte , Castronovo ,
Termini) ma non i particolari.
(2) Informntitntc del pcHtifcra e coiitaf/iaKo morlx), il «pia Ir a^ffti'f'ic et
havp. afflitto tiitmta cìllu di /'alcrnio, r molte altre Cittìi e Terre di questo
Jiifffiw di Sicilia nell'anno 1515 e 1576. Data... da (ìiovan Fimim'o In-
OHAWlA ecc. (hi Palermo, Presso Gio. Matteo Mayda. M.D.LXXVI).
MISCELLANEA 223
morte del Priiicii)e ; e inlìne , per glorificare le grazie di
Santa liosalia , gridata allora salvatrice ed eletta Patrona
di Palermo e protettrice speciale contro le pestilenze (1).
Alle lacune e incertezze o errori degli scrittori nostri su
questa epidemia, uno solo non partecipa, quel Capitano M-ija,
che vi assistette pur esso e conobbe tutt' i provvedimenti
delle Autorità e i particolari fatti; ma la sua diligente nar-
razione ci è pervenuta sgraziatameute incompleta, e si ar-
resta proprio là ove lo svolgimento delle cose più interes-
santi i)rendea più ampio sviluppo (2). Cosicché il Corradi,
do])o d'averla riferita nella sostanza e arricchita con altre
notizie spigolate ne la Santa Ko.salia del Cascini e nei Con-
sùfli dell' Alairao, conchiude lamentando la « mancanza del-
l'intera storia della peste di Palermo del 1024... onde che
non rìesciamo a sapere neppure alcuni dei princii)alissimi
tratti <li essa, ad esempio come il morbo procedesse, (piando
ripigliasse quando pareva spento, (piando veramente finisse
e (pianta ne fosse la moria (.S) ».
La Rclatìone d(d nostro anonimo, minuta, diligentissima,
quale porca darcela chi sin dal ]>rimo nianifestarsi del morbo
ci si trov(^ in mezzo e avrebbe potuto iniziarla (?ol virgiliano
quaeqìw ipsc miserriìna vidi et quorum pars magna fui , ri-
para a (piasi tutte le lamentate lacune e presenta singolare
importanza e dal lato storico e dal lato scientifico, lo non
starò a dimostrar ciò punto ]>er pnnto, che farei opera forse
un po' fuori luogo, (pii ; ma bastimi dire, che quanto il
(1) Cfr. la «Nota bibliogniHca », in line.
(2) E stiinipata nt-l voi. II, pp. 1 1 3-1 6;WleIla « Biblioteca storica e let-
teraria (li Sicilia » per cura di G. Di Mauzo, il quale vi la seguire l'in-
dicazione «l'un importante volume manogeritto dellai Comunale di Palermo
(segn. Q(|. H. 59) : RiweoUa di scritlure intorno alla Pente, di Palermo
degli anni 1024 e 1625.
Scrivo Maja , e non Mat/a o May , perchè quello è veramente il co-
gnome della taiìiiglìa: la // non è veramente che la doppia i (ij) senza
puntini, giusta la torma paleografica del tempo.
(3) Corradi, op. e voi, cit., p. 647.
224 MISCELLANEA
Cronista nota , trova riscontro e conferma nei docnracnti
officiali che permangono negli Atti e nelle Provviste del
Comune di Palenno (nel suo prezioso Archivio) e chiarisce
e completa quauto da altri era stato o accennato, o dub-
biamente o inesattamente asserito.
Nelle semplici pagine del zelante (^ buon Frate noi ab-
biamo intera la cronaca della epidemia , nel periodo più
culminante e micidiaU^ , co' prov^vedimenti sanihirj e uma-
uitarj disposti, con le vicende minute e gl'incidenti inevi-
tabili, le feste votive, i funerali, le atroci esecuzioni crimi-
nali ecc. ; e vi rifulge sopratutto la sapiente opera rapida-
mente e indefessamente si)iegata dal Magistrato Municipale,
che non guardò a fatiche, a sagrilìzj, a spese, pur di com-
battere il male in tutt'i modi e di alleviare per quant' era
possibile gì' influiti patimenti e danni de' cittadini (1). Il
che non fa meraviglia : i)erchè Palermo, sempre nobihuente
uguale a se stessa, nelle calamità pubbliche ha sempre con
geiierosità infinita [U'ovveduto a tutto; e non il Comune
solo come Ente, ma i cittadini tutti d'ogni classe e sesso
ed età. E ben a ragione il Frate nostro, che tutte cose ri-
ferisce per solito sereno e im])assibile, trova solo la nota
<\Mlda (puindo delinea le nobili ligure <li quei che in soc-
corso di tanti languenti facean sacrili/io della borsa, della
saluta, della vita.
Piacemi rilevare il valore della Rvlatione \wv le notizie
esatte che ci reca del numero degli appestati raccolti nel
Lazzaretto e dei morti in questo e nella città, dal 23 giu-
gno 1G24 al 25 giugno 1025. l rat-colli nel Lazzaretto asce-
(1) Lii opiileinia coNt*'» al Coiniiiic di l^ilcniio « più di seicento mila
Hciuli », al din; ditlPAuitiA, X0(> iiiilii .scudi :il dir delTALAiMo. Il nostro
FriiU* scj^tia : r»(KKKM)r)4 , cifra ch'io rilciiji»» ciroiicanicntc Ietta nel nis.
i'. clic iiii('t-|M-<;lo : ùOOOOO hc. Nella Hcriitnra 21 del cit. in«. dtdia Coniu-
Uiile di l'alvnno, la HpeMi, trattu dai IìImì di Tesoreria <lel Senato, è iu
totale: on/.«- ]((70(r>.'J().!l, che corrispondono a scudi 'tOIKUi, e va dal 23
giugno l(i24 a 2() Hettundne 1G25.
MISCELLANEA 225
sei'o a l')\)ì)l, i morti a 12(350, e cioè : (>28() nel Lazzaretto e
6370 iielln città (l). A (luesti, sono jioi <la a<>>;;iiingere quelli
che morirono dal 7 nia<;'gio al 22 <»iu;j:no 1024 , e gli altri
del rinianeiit<^ dell'anno 1025 e dei primi mesi del 1020;
ma nulla di questi sap[)iaMio. La peste, negata nell'inizio, ijei
ut!icialm(3nt<^ riconosciuta , in line per ragioni politiche
e religiose ed economiche si disse estinta, sì che negli ai-
timi di settcMubre 1(>25 fu data la libera jn-atica alla città;
ma di fatto, estinta non era. Il nostro ^^rate, a 1° d'ottobre
partiva per Napoli, dove, scontata la quarantena e lasciato
senza ulteriori molestie, rlcevea la notizia che il morbo era
riacceso a J'alermo , ma per estinguersi j)oco a[)presso, co-
ni'egli accenna. Però, questo conosciamo di certo, che il
Lazzaretto rimase ancora aperto ad accogliere appestati, e
due illustri Padri Gesuiti che v' erano ad assisterli : il P.
Vincenzo Bongiorno e il P. (Girolamo Platamone, vi lascia-
van generose volontarie vittime la vita, il primo a' 22 di
gennaio 102'.>, il secondo sette giorni appresso (2); e questo
ancora ci risulta indubitato: che il termine diffinitivo del con-
tagio (beìicliè la nuova pratica libera alla città sia stata dat^a
a 10 giugno 1()20 (,*})), non fu proclamato che a 15 luglio 1027,
cimie all'erma la precisa notii di 1). Vincenzo Auria in tal
giorno: « 8i cantò nella Chiesa Maggiore di Palermo il
Te Dtum laudumua con giubilo universiile per la totale estir-
patione <lel mal contiiggloso, facendosi una solleuue proces-
sione i>er la Città; e v'intervenne con la torcia il Marchese
Tavara Presidente, C(d Consiglio e Senato (4) ».
l Padri Platamone e Bongiorno mi richiamano le altre
(1) L'A. seguii, nel riassimto finale, num. 12273 morti, oltre a 376 che
segna a parte tra Religiosi, Medici ecc., e cioè un totale di 12649; però
la somma delle sne singole cifre dà 12650 prex-isi.
(2) Cfr. Salinas e Anguu^era, loc. cit. in « Nota bibli«>grafica ».
(3) (jl. }{. La Uosa, AUuiw cose (let/ue di memomt ecc. a p. 226 del
voi. 11 della « Hil)lioteni storica e letteraria » cit.
(4) AuiUA, ìliatoriii cronologica cit., p. 94; La Rosa, loc. cit. p. 228.
226 MISCELLANEA
vittime , nobili e plebee , chiesiastiche e secolari , che con
abnegazione ed eroismo sublime corsero a soccorrere e ser-
vire gli appestati, e a soccombere. È a dol(;re , clic? pochi
nomi ci sian pervenuti di questi generosi delle classi più
in vista, e nessuno de' popolani e delle donne (1); ma ad
onore perpetuo ed esempio raccolgo dai Cronisti e segno
qui, che ben 108 Religiosi perirono in servizio degli appe-
stati, 15 Medici tìsici e 110 tra Chirurgi e Barbieri, e 610
tra Officiali e Serventi dei Lazzaretti e Beccamorti (2).
I Sanitarj, « pregati allora e non costretti », si prestaron
volenterosi e , come sempre , fecero sino all' ultimo il loro
dovere , pur subendo gli attacchi del morbo e della male-
volenza del volgo (3). Né mancarono in quella epidemia
(il mondo è sempre lo stesso !) gi' impostori e truffatori,
come in recenti epidemie ; ma se l'Autorità, illusii, li pro-
tesse allora in principio, li punì poi inesorabilmente, non
ap])ena li ebbe conosciuti : esem[)io quel sedicente Medico
greco, Demetrio Sabatiano, che tini su le forche nel no-
vembre del 1026 (4). Un'eco della malevolenza contro i Sa-
nitari ci è restato in una Satira in versi dialettali, che de-
scrive il contagio ]>alermitano e fu scritta evidentemente
nell'autunno del 1()24, (|uand<) i)er un momento fu creduto
o voluto far (credere che il male toccasse il suo line i)er in-
(1) Cfr. Ueìasioiie cit. «lai Maja, p. 14!), e Cascini, op. cit., p. 52 e seg.
(2) De' Ueligìosi, clie. perirono, trovo solo dieci uoiui : P. Giov. Hatt.
Patupialc, P. Friii»c«'s«-o Mannini, Fra Rocco Zompa e Fra Frimccsco Mar-
t4»nina, «'rociferi; Don Alessandro Trotti e Don Giuseppe Miglia, teatini;
P. Bernardino , minorità ; P. Raffaele , di S. Nicol^^ Tolentino ; P. Vin-
cenzo Honj^iorno e P. Girolamo Platamone, «Gesuiti. Di nomi dei Medici
morti non trovo che qnesti : Alessio Giarnisso. liaitolo (Jioveiico, Fran-
coHCM Di Vita e Geronimo Cimilo.
(8) Cfr. Ai.aimo, op. cit., p. 251.
(4) Intorno a qucHto niatricolato nialtatton! si ven<;ano speeialmen(<>
le notizie che dù I'Aukia (op. cit., p. 93), U^ (|uali completano ^\\ ac-
cenni dati dal NomIio, dalPAr.AiMo (op. «-il. p. 141) e dalla .SVt/f/vr poetica
ili cui qui appresso.
MISCELLANKA 227
tercessioiie e miracolo della Verginella Santa Kosalia. Il
l)oeta, cli'è un Francesco Mattei, facendosi eco del grosso e
maldicente pubblico, dice addirittura che la ])este non esiste,
e eh' è invenzione dei Medici della Deputazione Sanitaria
cittadina, pei (piali nientemeno augura e desidera la forca
e la peste vera e invincibilmente mortale ! E tuttavia que-
sta Satira è un pregevole documento del tempo , ijerehè
lumeggia, insieme a queste opinioni del volgo, un jk)' dei
retroscena di quella moria, e conferma poi, in tutto, ciò che
dalla croujica di essa ci è affermato (1).
Vorrei, come conclusione, dire alcun che su l'autore
della Relatione. Ma son dolente di dover dichiarare che, per
(piante ricerche abbia fatte, non m'è riuscito a conoscerne
il nome. J)a (pialche accidentale ac^cenuo (di' ei si lascia
sfuggire scrivendo , rilevo eh' era Prefetto qui in Palermo
nella Casa di sua Keligione ; e poiché (piestii era nel Quar-
tiere di Santa Ninfa, che coiTÌsi)on(le all'odierno del Monte
di Pietà, non \mò esser altra che il Convento de' PP. Cro-
ciferi. Crocifero era egli dun(|ue il nostro Frate, e sappiamo
che fu il primo ad offerir se ed i suoi al Senato Palermi-
tano, il 13 giugno 1(J24, in prò' degli appestati, e che de'
(1) La Satira ore si dcscriiv il principio del Contagyio che fu in Pa-
lermo nell'anno 1624 vennto da IV Africa, si contiene, come di «Ignoto
Autore », nelle pp. 461 - 470 del codice nis. della Comunale di Palermo
segnato 2 Qq. C. 18. Col titolo : Capitulu supra la Pesti Vannu 1624 di
FitANCiscu Matthei si trova nel « Parnassn Sicilianu», importante Co-
dice ms. del 1634 dell'Universitaria di Messina, il (juale ho io illustrato
al 1892 ( In Palermo, Coi tipi de « Lo Statuto »). Le due lezioni concor-
dano perfettamente, meno in (lualche parola, che del resto non muta il
senso. Del poeta Francesco Mattei, nulla sappiamo.
Il poema di Anna M. Li Guastelli : Paìermo liberato dalla peste del-
l' anno 1025 neiV invemione , e trionfo di S. Rosalia vergine , e cittadina
palermitana (In Palermo MDCLXXIII. Nella Regia Stamperia di D. Gia-
como Epiro), solo nella 2* parte, canti I - VI^ si occupa della peste, del
ritrovamento delle ossa della Santa e delle teste celebrate thilla Città;
ma nessun [)artic(»lar<( nuovo o importante ci fornisce , come nessun va
lore poetico ha in sé.
228 MISCELLANEA
suoi 19 Padri (che tanti ne avea il Convento), ben 13, oltre
i Frati serventi, servirono con grande lena e costanza nel
Lazzaretto e in Città i colpiti dal male. E ch'egli godesse
la stima e la fiducia delle Autorità, lo ai)preiuliamo dal
tatto, die il Viceré Filiberto ne chiese e accolse il ])arere
per la scelta del Lazzaretto al Borgo di Santa Lncia. Egli
lasciò Palermo il 1° ottobre 1625, (piando l'epidemia fu uf-
ficialmente dichiarata estinta, e si recò in Napoli, per rag-
giungere, pare, hi Casa priucii)ale della sua liegola. E niente
più ci è dato sapere di lui, che anche dopo morto si è reso
benemerito della città di Palermo con (piesta sua Relatione.
Salvatore Salomone-Marino.
BREVE RELATIONE
di quanto è passato in Palermo nel tempo della peste, dal prineipio
di Giugno 1625 che dimorò il male la prima volta in detta Città.
Essendomi couiaudato da' miei Superiori che ciaschedima set-
timana li raguagliasse di quanto occorreva nella Città , e delle
provisioni che si facevano interno i\^V ai)pestati , con i morti et
ammalati che ciascun giorno si scoprivano, stante che mi ritro-
vavo Prefetto in quella Casa, et così m'ingegnai non solamente
trovar la verità, ma anco minutamente quanto in quel tempo oc-
(jorreva e si scoverse, nel sequente modo. Nel principio del sopra-
detto mese, si scoprirno in tre case esser morte quattro persone
per casa in termine di tre giorni, del che si stava sospettando,
che infermità corresse, né se ne faceva stima per esser case basse
di poveri ; ma essendo successo il simile in casa d' un Cavalier
principale, che in una sera gli morirno la suocera, un figliolino
e dui creati, et esso si ritirò fuori della Città in un giardino dui
miglia lontano ; et entrato il Senato in sospetto di contaggio , e
fatto diligenza, trovò che un vascello venuto da Barberia , che
portò li christiani ricattati dalla Redentione haveva portato delle
mercantie infette , delle quali haveva comprato detto Cavaliero,
portando anco de Christiani appestati, e le patenti falsificate; e
subbito fecero barriciare (1) non solo la casa del detto, ma anco il
giardino dove risideva , ponendovi soldati in guardia acciò non
pratticasse; et il simile fecero a l'altre case. Fecero diligenza per
avere il Turco, padrone del Vascello, e trovandolo fuggito fecero
abbruggiare le robbe, che in esso trovorno, facendolo alìbndare
in mare, et ponere li Turchi, che erano rimasti, dentro una grotta
a fare la quarantana. Et il Senato fece diversi bandi : et primo
che nessuna donna uscisse di casa con putti di dodici anni in giìi
(1) Sbarrare, chiudere con barre.
Arch. Star. Sic. N. S. Anno XXX. 16
230 MISCELLANEA
salvo che la festa per veder la messa nella chiesa più vicina, né
potesse veder più che una; levorno le scuole, le congregati oni, et
ogn'altra radunanza per non fare multiplicare il male con la pratti-
ca; fecero che se limpiassero (1) tutte le strade, e per tutta la notte
che si facesse fuoco di sarmenti; che s'ammazzassero i cani, gatte,
galline et ogn'altr'animale si trovasse per strada, destinando in ciò
sei huomini con bestie et buona provisione : fece in oltre il Se-
nato provisione di carozze, e segette per portare gl'appcstati al
Lazzaretto; fece dodici carrozzoni per pigliare le robbe dalle
case appestate con buone guardie, come a suo luogo si dirà; fece
quattro carozzoni per portare ad abbruggiare la robba appestata;
quattro altri per portare li morti, a modo di cascioni con il suo
coverchio; sei altri per pigliare la mondezza (2) dalle case barreg-
giate; facendo tavuti (3) inpeciati per portare Eeligiosi, et persone
di rispetto morti; dividendo la Città in tante isole o quartieri ,
ponendovi molti Deputati con buonissimi ordini , provedendo
ciascheduno quartiere di Medici, Ciruggici, barbieri, balie, mam-
mane, et Religiosi i)er ministrare li Sacramenti, acciò ciascuno
non patisse delle cose necessarie, come a suo luogo si dirà più
per minuto; facendo l'istesso al Lazzaretto.
Il modo che si scopre il male nell' homo è in questo modo.
Subbito che uno è toccato dalla peste se gli scopre un'ardentis-
sima febre, o l'ammazza subito o lo tiene quattro o cinque bore
fuori di se; e subito ritornato si confessa, si comunica e se gli
dà l'oglio Santo; e l'esce un bozzo per la vita et per ordinario
all'ingonaglia, sotto il braccio, al ventre et per altre parti della
vita. Gli medicamenti che s'usano sono diversi, ma per ordinario
gli danno subito la medicina, il giorno seguente li cavano san-
gue, et applicano impiastro allo bozzo non solo per ammollire ,
ma anco per tirare la materia fuori. Nessuno di quei, che moiono,
arrivano al sesto giorno; et passato detto tempo tutti guariscono
poiché maturato il bozzo lo tagliano e sono affatto sani, medican-
dosi la cicatrice fuor di letto. Msi volendo sequitare per ordiiu»
dico che tutta via se andavano scoprendo nuovi infetti; il Senato
subito provvede d'un Lazzaretto , stante che si ritrovavano le
(1) RipulÌHH«ro, iicttiiaHuro.
(2) Immon'lixiii.
(8) Caase niortunric
MISCELLANEA 231
])er8one morte buttate per strada per non farsi bareggiare le case ;
et perchè pensava non doversi dilatare molto il male per l'esqui-
site diligenze usate, fece detto Lazzaretto in un bastione dentro
la città detto lo Spasimo, dove a 15 di Giugno cominciò a man-
darvi l'appestati, havendo divisa la città in tante isole o quartieri,
e tanto in essi quartieri, come alle porte, destinò Deputati Ca-
valieri e Titolati, provedendoli di Religiosi per amministrare li
Sacramenti a quell'a])pestati che si governavano nelle case, come
anco di Medici, Ciruggici , mammane , et altri come habbiamo
detto nel principio, acciò non patissero delle cose necessarie. Et
crescendo il male e scoprendosi ogni dì nuove case, erano subito
barreggiate e guardate da dui soldati per ciascuna casa. Et in un
subito fu ripieno detto Lazzaretto, che forzò il Senato a ritrovare
luogo più capace; in modo che a 23 di Giugno la matina a buon
hora si conferì tutto il Senato nel giardino del dottor Fabio Ballo
appresso Santo Francesco di Paola fuori la porta di Carino mezzo
miglio lontano dalla Città, dove da detto Senato fu chiamato D.
Baldassare di Bologna Deputato perpetuo della Sanità et prattico
della peste di 49 anni prima (1), e gl'ordiuò, che formasse le stanze
di detto luogo in forma di Lazzaretto; e detto Cavaliero vedendo
il luogo non era capace, consigliò la Città a pigliare anco il luogo
di D. Martino Cinami, e così accomodò tutti dui, uno per gl'ap-
pcstati e l'altro per sospetti e convalescenti; e li diedero 150 o-
perarij e subito fu accomodato in bonissima forma; e la notte di
Santo Giovanni, che fumo li 24, trasferirno in quei luoghi gl'in-
fetti, sospetti, et convalescenti, con carozze, segette, et carozzoni.
E scuoprendosi tutta via più case infette e moltiplicato il male,
in breve fumo pieni detti luoglii et non essendo più quelle stanze
capaci, nel principio d'Agosto presero il Borgo di S. Lucia fuori
la porta di Santo (ìiorgio, havendo in ciò dato il mio parere, paren-
domi luogo molto opportuno, un miglio in circa lontano dalla
città; quale scompartirno in tre parti separati gl'uni dagl'altri,
cioè una per l'infetti , una per li convalescenti e l'altra per li
sospetti , provedendosi di buon numero di Keligiosi per ammi-
nistrarvi li Sacramenti, d'un governatore con titolo di Spetalie-
re, che ministrava giustizia, con uno Infermiero maggiore, coman-
(1) Cioè, della peste che afflisse Palermo e Sicilia nel 1576.
322 MISCKLLANEA
dandomi il Principe Filiberto, che ci deputassi un Padre de nostri
come prattico d'infermi come a suo luog:o si dirà, provedendolo
di Medici, Ciruggi^i, servitori, con Cavalieri Deputati de fuori,
trasferendo tutte le donne nel luogo del Cinami; e tutti questi
luoghi erano provvisti da tre Eettori, cioè un Titolato, un Oa-
valiero, et uh Mercadante, quali andavano ogni giorno al detto
Lazzaretto con le debite cautele, provedendo a bisogni, che in
esso occorrevano, essendo informati dallo Spedaliero et Infermier
maggiore, facendogli parte degl'eccessi che soccedevano nel luogo,
de' castighi dati a' delinquenti e provedendo per minuto a tutto
quello faceva di bisogno, tanto del vitto , letti , vestimenti et
d'ogn'altra cosa fusse stato di bisogno; vi andavano anco alter-
natamente i Deputati perpetui della Sanità e gl'altri eletti dal
Viceré, e Pretore, et insieme con loro li Medici Consultori, che
pigliassero relatione da Medici di dendro del progresso degl'am-
malati e de remedj che gli facevano, et ordinavano quello che
pareva espediente e necessario.
Al fine del mese d'Agosto determinorno far luoghi separati per
fare la quarantana a quelli, che guarivano ; fecero accomodare
alcune stanze alla riva del mare lontane dal Lazaretto una buona ar-
chebuggiata, cingendolo attorno di muraglie e tavole con molte guar-
die acciocché non praticassero con nessuno, né potessero uscire, e
subito vi trasferirno 200 persone già guarite; et era detto luogo
anco provisto dalli sopradetti tre Deputati, quali finita la quaran-
tana, e fattili ben lavare in mare, vestiti tatti di nuovo a spese
dello Senato gli diedero la prattica per dentro la Città. Ma quello
persone che avevano comodità si governavano nelle proi)rie case a
lor spese, essendo guardata la lor casa con de soldati, aftinché
essi non uscissero né altri vi pratticassero. Li Religiosi che andava
a tomo amministrando i Sacramenti, i Medici, i Ciruggici, bar-
bieri, et ogn' altro infetto andava con due guardie , una avanti
et una addietro, et acciò lusserò più conosciuti erano vestiti di
tela azzola, ma i Religiosi per riverenza del Sagramento portavano
in mano una ombrella, con un Crocifisso et il santissimo Sacra-
mento in j)C'tto in una borza, et la guardia d'avanti portava una
linterna accesa senz'altro strepito per non atterrire li sani.
Al principio di Settembre avvistosi il Senato non solo dcllii
Ifran spesa ali! soldati, a'quali dava dui tari di quella mon(^(H
il giorno e che ueauco sarebbero bastati i sani a. guardare gl'ani-
MISCELLANEA 233
malati, determinò di levare tutti li soldati dalle case barreggiate
et ponere la pena della vita, che nessuno potesse uscire né en-
trare in dette case; et per conoscersi meglio, vi fece due croci
rosse alla i)orta di ciascuno, con j)ena anco de conflscatione de
beni, che non potesse né entrare né uscire robe senza licenzia in
Hcriptis del Senato, e fumo moltiplicati li Deputati acciò vigilassero
a dette case; i quali di continuo andavano atorno con i loro
Officiali avanti, per vedere se alcuno delinquiva; e subito che
s'ammalava alcuno in qualsivoglia casa tutti l'habitanti di quella
erano sequestrati nò poteva nessuno moversi da casa se prima
non davano relatione a detti Cavalieri Deputati di quel quartiere,
quali comandavano a Medici che con cautela visitassero detto
ammalato; la cautela era, bagnarsi le mani e la faccia d'aceto ,
et poi toccarli il polzo da lontano, e vederlo tutto ignudo, usan-
do diligenza se per la vita vi era bozzo, pappola (1) o petecchia,
che in tal modo era dichiarato per appestato; bareggiavano la
casa, et mandavano l'ammalato et i sani al Lazzaretto , se non
haveva comodità da governarsi a sua casa; ma le donne di
qualche rispetto erano viste ignude dalla mammana, quale con
giuramento certificava li Deputati e Medici non haver infettione.
Et così erano governati da Medici ordiuarij et spesso detti Medici
davano relatione alli Deputati non esservi contaggio; quali Depu-
tati davano due volte il giorno al Senato raguaglio di quanto
])assava nel lor quartiere et a chi si dava questa relatione era il
Pretore, sei Giurati, il Capitano della Città, il Sindico con cinque
Deputati della Sanità perpetui che in tutti i tempi hanno autorità
di conoscere le patenti e mercantie che vengono di fuori e qual-
sivoglia altra occorrenza appartenente alla Sanità; interviene
anco a detta deputatione un Avocato principale per Consultore e
Giudice, un Fiscale con suoi coadiutori , sei Medici, il Mastro
Notaro con suoi Attuarj, e si notano tutte le cose, che quivi si
appettano per dare esecuzione a tutte le i>ro viste che in quella
si fanno o per appotamento o per decretatione ; vi sono di più
altri Deputati fuori le porte per haver cura delle robbe che en-
trano et escono dalla Città, ciascheduno di loro con guardie de
soldati per quello che potesse occorrere; qui anco danno le loro
relationi ciaschedun giorno tenendo detta Deputatione altre hore
del giorno per dare udienza e provedere alli bisogni del popolo,
(1) Pustola.
2S4 MISCELLANEA.
che viene ad esporre le sue necessità, e da essi si tiene cause
fiscali per condennare i delinquenti, secondo le relationi de De-
putati de quartieri, si fanno dispense di torture , condanne di
fustre (1), galere, e di morte; e così nel fine d'Agosto appiccorno
dui, uno che essendo guardiano rubbava robe infette e le vendeva
a' sani, e l'altro che havendo la peste adosso pratticava senza
rivelarsf; e la sopradetta podestà fu lor data dal Serenissimo
Principe Filiberto Viceré, come appresso si dirà.
Vi sono anco degl'altri Deputati, che hanno altre particolar
cure : alcuni di far sepelire 1 morti del contagio, quali si sepeli-
scono in campagna poco meno due miglia lontano dalla città,
luogo desolato assignato a questo effetto, dove si cava un fossa
12 jjalmi da petriatori per esser monte e non vi si pone piti di
due persone per fosso, li cuoprono di calce viva e doppo petra
e terra di sopra; si portano in detto luogo i cadaveri da caroz-
zoni tirati da dui muli, quali son fatti a modo di cascie con i
coverchi, e di sopra una tela di color morato con una croce
rossa; ma li Religiosi et altre persone di rispetto si portano den-
tro tavuti impeciati con la sua coltra come di sopra, portati
da quattro beccamorti con quattro candele in mano e quattro
torcie in man di quattro soldati, vi va un Assistente a cavallo
appresso per vedere se li soldati fanno il lor dovere, e non toc-
car nessuno che s'incontra; e così lo portano sin fuori la Porta;
e poi li ponevano dentro i cascioni con gì' altri morti e tanto
essi quanto gl'infermi, che andavano al Lazzaretto, si notano in
un libro in detta Porta non i)otendo uscire per altra parte, chia-
mata Porta Maqueda.
Di piti altri Deputati che tengono cura di far prendere le robe
degli ai)i)estati con carozzoni anco tirati da dui muli e fjirli ])or-
tare in un luogo assignato per farli abbruciare, e ciascheduno
carozzone porta quattro beccamorti per caricare le robbe e dui
Assistenti a (^avallo e quattro soldati per guardia, dui d'avanti e
dui a dietro, acciò non si facci fniude da beccamorti.
Di più altri Deputati per far pigliare la robba de sospetti
portata da carozzoni con le guardie come di sopra, con dui Assi-
stenti, persone di rispetto et un (^ìmissai'io, per scrivere di minuto
tutte le detto robe; e tutto (|u<'sto ac«'iò non fnssr fiiindiilo il P:i-
(1) Frutta.
MISCELLANEA 235
drone; quali si portavano in un luogo fuori della città dove si face-
vano purgare, sciauriare (1) e ventilare, e si consignavano al guar-
diano di detto luogo chiamato La Zisa, quale è a modo di castello,
luogo ispatioso, abbondante di acqua, molto opportuno per tale ef-
fetto; e dopo purgati, e fatta la quarantana, con licenzia del Se-
nato erano restituiti a proprij padroni; ma le case grandi e spat-
tose, che havevano comodità di purificarle, le lasciavano stare,
con andare il Deputato a veder fare le liscie, et altre diligenze
necessarie.
Per portare gl'appcstati al Lazaretto prò vede il Senato di due
carozze e quattro seggiette e ciascheduna carozza haveva quattro
huomini per pigliare gV ammalati in braccio , e ponerli dentro
dette carozze e segette, e ciascheduna d'esse portava quattro sol-
dati per fare allontanare le persone acciò non lusserò da essi toc-
cati .
In oltre fumo deputate quattro persone di rispetto per cia-
s<!un quartiere, per far profumare et biancheggiare tutte le case
delle persone che si ritrovavano appestate nel Lazzaretto, acciò fi-
nita la lor quarantana vi potessero habitare sicuramente; quali
case si profumavano nel seguente modo.
Ciascheduno delli Deputati menava seco dui huomini infetti
con le lor guardie al solito, quali huomini infetti portavano un
brasciero di fuoco seco et aperta la porta della casa infetta po-
nevano il fuoco nel entrar della scala, e sopra esso mortella, ro-
smarino, et giunipero, e serravano la porta in modo che il fumo
riempiva tutta la casa; passata un'hora et aprendo di nuovo la
porta salivano nelle stanze, et aprivano tutte le finestre, et a cia-
scheduna stanza facevano l'istesso che havevano fatto alla porta;
e passata un'altra bora appicciavano in mezzo della stanza una fa-
scina di sermento, e per quel giorno non si faceva altro ; il se-
condo giorno ristessi, scopavano tutta la casa, levando ogni im-
monditia, et poi veniva il carozzone infetto tirato da uu cavallo
e pigliava detta immonditia e la portava tre miglia lontano dalla
città a fosso determinato con le guardie et Assistenti come gl'al-
tri; il terzo giorno facevano in ciascheduna stanza profumi com-
posti di zolfo , pece, et resina e così continuavano due volte il
giorno per spatio di sei giorni ; finiti questi , v' intra vano li so-
(1) Profumare.
236 MISCELLÀNEA
spetti e seguitavano detto profumo aggiungendovi dell'incenso,
limpiando più per minuto tutta la casa; et ultimamente gl'ope-
rarij netti , che 1' annetta vano con maggior diligenza e la bian-
cheggiavano tutta, etiam il tetto, bruggiando qualsivoglia tavola
tarlata ove si havesse i)otuto attaccare la peste; et in tal purga
vi correva lo spatio di 20 giorni. Ma nelle case terraue, che non
v'era altro che la porta^ scoprivano parte del tetto per sciauriarla;
et le case di rispetto doppo il profumo del zolfo i sospetti pro-
fumavano d'incenso, storace, belzuino, et anco muschio , e così
purificate, subito che uscivano dal Lazaretto si potevano habitare
senza pavura d'infettione; ma quelli che facevano la quarantana
nelle proprie case^ oltre che li carozzoni andavano ogni settimana
a torno a pigliare l'immodezze, ci erano Deputati secolari e reli-
giosi che matina e sera andavano per le case a veder quello che
gli fusse occorso la notte e prima che se gli dava la prattica, gli
facevano fare la bucata , volendo ciascun religioso veder pezzo
per pezzo, stando essi fuori e quelli dentro quando si faceva la
liscia; et ultimamente rimase tutto il peso della città a dui de
nostri Padri, come persone più esperte in detto ministerio.
Di più vi sono altri Deputati nobili, che tengono cura far lim-
piare ogni settimana tutte le strade della città , quali tengono
ministri salariati che nettano le strade con portare la bruttezza
alla riva del mare dove sono due barche che le portano a buttare
due miglia dentro mare; et in somma tanto quelli di dentro della
città quanto quelli di fuori al Lazzaretto non hanno la prattica se
prima non hanno la fede del Medico in «eriptis^ e sottoscritta da
Deputati di quartiere e da Religiosi che assistono alla purificatione
delle robe.
Et per cominciare ordiuatamente dirò li diversi bandi che
fumo buttati con le provisioni per il buon governo in tal cala-
mitoso tempo, li quali j)er esser molti e non poterne far copia, dirò in
breve il contenuto di quelli con le giornate della promulgatione (1).
A 19 di Giugno 1624. — Si publicò il bando cIkì si limpias-
ftero le strade, e piazze della città d'ogni immonde/za, che nes-
suno poteAHe buttare brntteeza in dette strade , né acqua lorda
(1) Neil' Archivio Comiinah' di Palermo , noi voi. di Fiandi e J'rovvi-
ite dell'anno di VII indizione 1()28-1()24, hì possono riscontrare inte^ral-
mento i Handi «egnati.
MISCELLANEA 237
et qualsivoglia altra immonrtitia; si facessero per ogni parte fuo-
chi di sarmenti i)er tenere l'aria purificata.
2'-i di detto. — Bando die nessuna persona potesse accattare
sorta di pescarne, né in fiume , in tutti li territorij della città ,
che non si potessero vendere cose di salume fatte nel presente
anno , né vendere carne cotta di nessuno animale , uè si potes-
sero vendere cose commestibili mal conditionate et che l'interiori
delli bovi et giovenchi si vendano ben 1 impiate e nette, che non
si possa comprare , né vendere cose di panno , lino, cottone et
ogn' altro drappo.
A dì detto. — Bando che nessuno mettesse lini a mollo né a
ripe di mare né a fiumi per tutti li territorij della Città ; che
ogn' uno rivelasse la robba che haveva comprato dal Vascello
venuto da Barberia, fra dui giorni; che le lavandare non ixìtes-
sero lavare panni salvo che ad uim casa sola per non mescolare
le robbe dell'una con l'altia; che quelli che lavano collari auji-
dati, non possino buttare 1' ac<}ua in strada; che <»gn' uno rive-
lasse 1' infermi di qualsivoglia infermità che haveva nella casa
ancorché fussero congionti in sangue, come madre , padre , so-
relle, fratelli; et che ogn 'uno tenghi ligati in casa li cani e gatte
e quelli <*he vanno per la città fossero ammazzati e sepelliti in
un fosso a ciò deputato.
A dì 24. — Bando che nessuno potesse trasferire ammalati da
un quartiero in un altro, né da una casa ad un'altra; che le per-
sone venute da Barberia con il vascello si ritirassero in casa o
vero lor camere locande , et mandare a rivelarsi ; che ogn' uno
dovesse rivelare si tiene robe, o sapesse chi ne tiene , di qual-
sivoglia sorte di quelle che sono venute con il detto vascello da
Barberia e si i)erdonerà la pena a tutti quelli che sino al pre-
sente non l'avesse rivelato.
A dì 25.— Di indine di sua Altezza Serenissima, che quelli di
Palermo et Trapani non possino andar fuori senza patente o bol-
lettino, e di più iK)rtino una banda attaccata al petto.
A dì 20.— Bando che li Medici non ricusino, ma debbano an-
dare a visitare gì' ammalati come facevano prima, et scoi)rendo
alcuno ammalato di contaggio lo debbano subito revelare.
A dì detto. — Bando che niuno benché pri\ileggiato possa
trasportare roba da un luogo ad un altro, sotto pena della vita
et conflscation de beni.
238 MISCELLANEA
A 27 detto. — Bando che li poveri mendichi non possino an-
dare mendicando per la città, ma che tutti si debbano conferire
nella casa di San Giovanni Leproso fuori di detta Città nel ponte
della Miraglia, dove troveranno ogni ricetto, e quanto farà loro
di bisogno, a spese della città.
28 detto.— Bando che nessuna donna^ ne figliuolo (1) da 12 anni
a basso possa uscire dalla casa fuor che li giorni di festa coman-
data per andare alla messa diretto tramite nella chiesa più vi-
cina , sotto pena della frustra e perdita del manto ; ma quelle
donne che non avevano h uomini in casa andassero i)er licenza
dal Pretore, e quelle dentro cortili che hanno case terrane potes-
sero stare dentro detto cortile purché una non andasse nella casa
dell'altra vicina; che quelli che andassero fuori della città deb-
bano prendere il bollettino per andare ne i territorij , et quelli
che vogliono andar fuori, oltre il bollettino debbano portare una
tovaglia bianca attraversata nel petto, et prima che entrino ne
luoghi habitati debbano dar notizia agl'Ufficiali di detti luoghi;
et contravenendo, pena della vita naturale ; che le cortiggiane
non debbano ricevere ninno nelle lor case sotto pena della fru-
stra; et acciò non patissero, gli furono assignati tre carlini di
(| nella moneta il giorno.
Primo di Luglio. -— Bando che le lavandare i)ossino andare a
lavare a fiume , ma solo un giorno per ciascuna casa i)er non
mescolare li panni dell' una e dell' altra ; che quelle donne che
non hanno huomini in casa ne possi uscire una per casa i)er prov-
vedere le cose necessarie dalle hore 14 sino alle 10 et dalle 21
sino alle 23; et perchè alle 24 del mese di Giugno passato si fece
bando che si dovessero rivelare tutte le robe che fìissero state
comprate nel Vascello venuto da Barberia, si proroga il termine
ad altri giorni dieci, e revelando se li perdona la pena passata,
et anco se gli pagarà il prezzo delle robbe che riveleranno; che
ogni uno che si sente qualche male o alcuno della sua famiglia
si debba da lor stessi sequestrare nelle proprie case e mandare
a rivelarsi, sotto pena della vita chi fa il contrario; che nessuno
possi andare aprcHSo alle processioni che si faranno.
A 3 di detto. — liando che li commoranti fuoii li boitrlii di
(1) Fanciullo. AdoproBsi cuiuunoimente ne' necoli XVI e XVII, e vive
tuttavia in MoMiua e provincia.
MISCELLANEA 339
Santa Lucia e suoi contorni debbano tutti sfrattare fra quattro
giorni ; che nessuno Padrone di casa i)ossi crescere il i)i*]i:g;ione
più di quello si ritrovano al presente.
A () di detto. — Che s'osservi il bando delle donne, che non
possino uscire fuori di casa , e quelle , che non hanno huomini
possino uscire, come s' è detto , sotto pena di i)erdere li cocchi
o carrozze , quattro tratti di corda alli cocchieri, e le povere lo
manto e la frustra.
A 7 di detto. — Bando che li Medici et barbieri non possino
))ernottare fuori di casa.
A 8 di detto. — Fu commesso podestà da S. A. Serenissinm
alla Deputazione della Sanità al sequente modo (1) :
El Principe Emanuel Filiberto
Por quanto uno de los maijores quidados los que allemos bien
el presente trabasado con la enfermidad que corre nuestro Seùor
ha sido servido permettir para procurar ala fahla con ea buen
modo que tenemos y govierno de los ministros que entienden en
ella sienda tan importante muchas vezes en estos casos el regor
come la caridad y clementia y para que tanto meyor si pued
haver, en vertud della presente damos licentia al Capetan de lu-
stitia, l*retor y Jurados desta Oiudad para que puedan eligir y
nombrar las personas , que les parezier a proposido y de mes
delas que tienen Beputados par la buena esecution de las cosas
que fuera conveniente azer para aiudar la dicha infermedad che
pueda promulgar bando y bandos en nuestro nombre colas penas
a ellos bien vistas azer inventario de bienes, proveder a prezion,
tortura, azottes, destrierro, y asta annes zinque de galeras, por-
que se la pena vener de mas tiempo o de muerte o de mutilation
de membro lo reservemos a nos, que mas recovrar la penas que
saran provista sin dar termine ninguno , provedendo en esto a
modo di guierra les damos la potestad y faculdad que se richie-
de; y la misma autoridad concedemos a los Depodados que stau
(1) Riproduco così com'è mi ms. la Patente del Viceré, senza la pre-
tesa (li correggerne gli errori. Nel Di Mauzo , Biblioteca star, e lett.
cit., pp. 127-128, è riprodotta più scorretta ancora.
240 MISCELLANEA
nombrados o se nombreran en los qnarteres durante el tieiiipo
del'enfermedad que asi coiivicn al servitio del Rey nuestio se-
nor y es nuestra voluntad. En Palermo 8 luglio 1624. Filiberto.
Antonio de Navarra de Retengno Secretano. Die 8» Julii 7" indi-
ctione, ex parte El.mi Senatus piena sede esequatnr. Mntius Ma-
stro Notarins; registrato fol. 351.
A detto. — Si sospesero li negotij per 15 giorni.
A 11 di detto. — Bando che li soldati posti alle guardie delle
case barreggiate non debbano mai lasciare le lor jioste uè di
giorno né di notte , ma solamente dalle 14 bore sino alle 16 , e
dalle 21 sino alle 23 per andare a mangiare, purché uno sempre
restasse in guardia acciò non mancasse mai la guardia alli bar-
reggiati; e quelli, che hanno cani, se li tengano ligati in casa,
altrimenti li saranno ammazati.
A 13 di detto. — Bando di S. A. che tutti gl'Agozzini et Con-
tistabili di tutti li Tribunali debbano assistere con li Deputati
della Sanità, et con quelli delli quartieri , et che il Presidente
Vasco li debba compartire come debbano andare.
Il detto di si fece una soUenne processione di tutti i Conventi, il
Capitolo et Clero uscendo dalla Chiesa Maggiore, et si portorno i
corpi dentro casse d'argento di Santa Christina et Santa Ninfa
Protettrici della città et una bara con le relique di Santo Rocco,
Santo Sebastiano, e Santo Filippo Neri anco lor Padroni; et an-
dò detta "processione sino alla Porta Felice al fine della città, do-
ve a questo effetto si ritrovò sontuoso altare, et ivi si fece ora-
tione in publico; et un altro altare, fu fatto nelP ottangolo dì
Piazza Viglena dove anco si fece oratioue; et era uu^raviglia che
in ogni capo di strada si sentivano grandissime voci gridar mi-
sericordia con abondantissime lacrime et devoti(me. Et alla detta
processione intervenne il Signore Cardinale Arcivescovo della
Città vestito pontificalmente, il Senato et li J3eputati perpetui
della Sanità, non v' essendo altro appresso ]>er esecutione del
Ita lido, che lo prohibiva.
J^ 22 di «letto. — Bando da parte di S. A. S. <*he sospendeva
i negoty per un altro mese.
A 24 detto. — Bando «-he nessuno possi doniiire sojM'n banghi,
oè Aopra poggi, né sotto pennate, che sono por la città, che nes-
suno facesse resist-enza a gl'Ofllciali della Sanità sotto pena di
galera, che nessuno ardisse di tiir fuggire alcun preso dagl'Ofii-
ciali sotto pena della vita.
MISCELLANEA 241
11 detto dì. — Bando che si levassero le guardie dalli barreg-
giati facendo pena della vita alle persone barreggiate, che nessun
di loro eschi dalla casa , ne trattar con altri fuori , ne poter u-
scire robbe dalle case e luoghi barreggiati senza licenza della
Deputatioue della Sanità, con pena della vita e contiscatione de
beni; et alle case barreggiate si facesse segno di mogra rossa (1) per
essere da tutti conosciuti e visti, et che li vicini stessero attenti
et vedendo alcuno contravenire al bando lo dovessero subbito
rivelare sotto le metlesinie pene.
A dì 27 detto. — Che nessuno desse imi)edimento ne) passare
li carrozzoni della Sanità.
In detto dì. — Per Consiglio Pubblico si fece voto di fare una
cajjpella a Santa Rosolea nel Monte ove si ritrovò il suo corpo.
A 1Ì8 detto. — Bando che li Medici non possino andare a piedi
per la città, ma a cavallo per esser visti e conosciuti.
A dì 30 di detto. — Ordini che fumo mandati da S. A. S.
alla Deputatioue della Sanità, li quali de ordine suo fumo publi-
cati e letti in essa et osservati ad uitffuem dall'Illustrissimo Se-
nati» e Deputatioue.
1. Sua Alteza Serenissima ci Principe Filiberto ha enten-
(lido que el osservancia delas ordines de la Deputation della Sa-
nidad hai mucha falda y para rimedio d' esto y de los inconve-
nientes, que podrian socceder.
2. Manda los sequentes, que se guarden, osserveu, y complen
come se fuesse dadas di Sua Alteza Serenissima y que nenguna
persona di quaquier fuera o condicion que sea pueda regusar, ne re-
guse de servir eu los offlcios che la diccia Deputatioue l'en garghai-.
8. Que la podestà che ha concedid al Capitan, Predor y De
pudados de (juartier s'entiendon cora]>rendido8 en ella los Depu-
dados de la Sanidad a los quales s'entienda dada lamisma podestad.
4. Que todos los ministros de la Ciudad come sono Mastro-
notar, Sindico, Mastrorational, Tesoren», Conservador, Maramero,
Arcivario, Segretario, Sorgente niayor, Capitanes y otros salariados
ayan da assistir cada dia alla Corte del Predor para assecutar
las ordines, que la Deputation de la Sanidad les darà la quales
compleran y assecuten ctmie se fuesse de S. A. Serenissinui.
5. Que los Constables de la ('iudad ayan di assestir y assistan
(1) Sinopia.
242 MISCELLANEA
alla Corte del Predor para assecutar las ordines qne le saran dade
a los que ser\ien à cavallo stean prontos y apparechiados para
servir eii todo lo que se le ofteritiere y se le ordenera.
6. Que luogo s'enbien a manos de Sua Alteza Serenissima
una relation de todas las personas, que se occupan en servir en
està occasion presente, conienzando de los Deimdados de la Sa-
nìdad del quartiele , y todos los demas ministros , per minimos
que sean declarando el salario che cada uno dellos goza.
7. Que a se mismo se le dea destinta relacion de quantos ca-
rozzones tiene oy la ciudad de servitio, quantas seblittas y come
stan repartidas y a cargo di chien stan.
8. Que la Deputation de la Sanidad se yunten cada die de las
20 horas asta la 24 para la espedicion de los negocios : en esto
enterballo de tiempo assistau los Medicos y Consultores y Fiscal
de la Sanidad.
0. Que la DejMitacion se aga sin logar separado y non entra
in ella otros personas se non fuera solamente los Depudados de
los quartieres, los qnales agan relacion y vien su quento de lo
que se offerezier y vayan entrando los Depudados por su orden
uno despuer de otro.
10. Que los appuntamentos que se aran ne la Deputacion ten-
gan cargo d'esecutarlos D. Ido Lascara, D. Baldassar de Bolo-
gna, Tomas de Acasina y D. Alfonso Ventinìiglia , los quales
per este eftetto se pueden servir y servien de todos qualchier
ministros de la ciudad que mayor le parezer.
11. Que los appontamentos que se avran nella Deputacion non
se pueda rebocar ne rebuechen se primier non refer a Sua Al-
teza Serenissima.
12. Que cada magnana a las tres horas se aga relacion a Sua
Alteza Serenissima de la esecucion de los api)ontamentos y de
todo lo (|iie los Medicos haverian determinado.
13. Que agan dos barraccas luego fora las ])ortas per comodid de
los forastieres , i)oniendo pena que non entra en ella otra sorte
di gente y tpu» le i)er8one se noten ove convien.
14. Tode h) (pie manda Sua Alteza Serenissima (\nv se as-
gecuten y compia sin dclation alcuna e se le dtni (pianto co-
manda V se acio (?). DIos giiarde A V. S. come desea. De Pa-
lutio, .'U) luglio. (Ho. De Cara. Al Pretor.
1 d' Agosto. — Bando che le donne possiuo andare a comu-
nicarsi per la Portiuucula.
MISCELLANEA 243
2 d'Agosto. — Potestà concessa al Pretore e Deputati della
Sanità. — S. A. Serenissima tiene per bien de dare a V. S. y à los
Depudados de las Sanidad podestad que pueden condenuar asta
la muerte naturai à los que delinquen y non compleren lo que or-
dinaren y da chi abasso dar las peuas que le parezieren, para
que tanto ineyor se acreden al remedio del mal que corre y esto
non oste <|ue la podestad , (pie mando non despabrar, non diga
(;he se i)ueden alargar à dar }>ena mas de zinque agnos de galera.
V. S. lo disponga à si y bara se compia y que se note dove con-
venga, que Dios a V. S. come desea. IJe Palatio 2 Agusto. Joan
Declara. La misma potestad manda Sua Altcza Serenissima tenga
los Jurados (pie se da a Vostra Signoria y a los Depudatlos al
Pretores (?) y Depudados de la Sanidad.
A 3 Agosto. — Si rinovò il bando che non potessero uscire di
casa le donne salvo che le feste comandate nelle chiese più vi-
cine, sotto ]>ena di ])erdere li cocchi o segette et 25 onzie et li
carrozzieri e segettieri 4 tratti di corda, et le povere il manto e
la frusta, et (pielle che non hanno huomini in casa ne ]»o88a u-
scire una dalle L4 sino le 16 et dalle 21 sino alle 23 per prove-
dere a' loro bisogni.
In detto di. — Alla sera Sua Altezza Serenissima passò a mi-
glior vita (!on resentimento universale di tutta la città; al quale
doppo molti giorni fumo fatte l'esecpiie come più a basso si dirà.
11 medesimo dì. Bando che i (convalescenti e sospetti del Lazza-
retto del Borgo possano notare nel nuire i)er quanto si contiene
dal Sammuzzo per insiuo al Convento di Santa Lucia in contro
al Lazaretto; che nessuna altra persona possa nuotare in detto
mare per quanto si contiene dalla Porta di Santo Giorgio fino
alla Lanterna del Molo, sotto pena della vita, alli minor nobili di
onzie 25 et agl'ignobili cento staffilate.
A 6 di detto. — Bando che nessuno possi entrare in lochi bar-
reggiati sotto nessuno pretesto, che volessero ivi commorare sott(>
pena di onzie 100.
A 7 di detto. — Fu dal Sacro Consiglio ad ore 4 di notte
dato il posesso al Signore Cardinale per Viceré, e comincia) il
governo spirituale e temporale.
A 9 di detto. — Bando che nessuno possi passare per il La-
zaretto ancorché fusse Deputato sotto pena di 10 anni di Castello
alli nobili et agl'ignobili della galera et alli minori cento staffi-
244 MISCELLANEA
late; che nello Lazzaretto stijuo divisi e sei)arati gli convalescenti
dall'infetti et anco li sospetti, et le donne separate dagl'hnomini;
che le persone che si ritrovano f'nori della città ^ et per tutto il
compreso della chiana di Palermo con le lor famiglie non si pos-
sino trasferire dentro la città, e quelli comniorauti dentro la città
non si possino trasferire fuori, et quel che ent ra per qualche ne-
cessità dentro la città senza la famiglia non ]>ossino pernottare
nella città, e quelli commoranti nella città con lor famiglia non
possino pernottare fuori di essa, sotto pena gli nobili di 10 anni
di Castello, et alle donne nobili ad arbitrio del Senato, et agl'igno-
bili 10 anni di galera , et alle donne a servire al Lazzaretto ad
arbitrio del Senato; che gli Medici per le fedi che faranno, non
possino dimandare più mercede di questa tassata: cioè per li no-
bili da 15 persone in su tari 12 e da 14 persone in giù tari 5, et
per persone mediocri da 15 persone in su tari 3 et da 15 persone
in giù tari uno, et alli poveri si faccino (fratis per amor di Dio;
che nessuno possi uìutar casa, ma che ogn'uno possi stare dove
si trova pagando l'istesso piggione che hanno pagato l'anno pre-
sente, e li contratti che si ritrovano fatti per l'ottava indittione
siano cassi e nulli.
Non lascierò di dire la molta pietà e carità che si vidde in
tutti li Religiosi in aggiutare l'anime de poveri appestati, in am-
ministrare li Sacramenti tanto per la Città quanto nel ] lazzaretto,
benché nel principio mostrassero qualche timore e spavento ; et
ritrovandomi Superiore come ho detto e ricordevole del voto di
servire gra])pestati, volli essere il lìrimo ad offerirmi al Senato,
come feci a ì',i di (riugno 1024, offerendo me e tutti li l^adri per
aggiutare in tal necessità et affìittione; et fu accettata tal mia
offerta dall'Illustrissimo Senato con molta tenerezza, che ringra-
tiorno Iddio, che in tanta calamità , si ritrovassero huomiìii che
s'esebissero ad aggiutare U* loro anime ringratiando me molto, et
che a tempo oportuno saressimo avisati; et dojtpo me liu-no li
l*a<lri T<^atini. Kt a suo tem|M> fui chiamato da essa (Uttà con co-
mandarmi che io elegessi dove gli volevo aggiutare se nella Città
o nel Ijazzaretto , ma c.onoscen<lo che loro havevano a caro ser-
visse nella Città, mi prese la metà d'essa a ministrare li Sacra-
menti; v\ li Padri Teatini , che si ritrovavano di gran lunga in
maggior numero, presero il Lazzaretto; e l'altra piiile della Città
fu «livisa a Padri (Jesuiti, Teatini e Reformati di Santo Agostino
MISCELLÀNEA 245
et a ciascheduno tu assignata casa et chiesa fuor di convento,
appresso del quale si fece una barracca di tavole per li soldati,
et alli nostri Padri fece dare la chiesa di Santo Paolino con
l'habbitatione appresso, assignandoli per testa dalla Città per il
vitto cinque carlini di quella moneta il giorno, con un barbiero
che li servisse per cocina, tosare, cavar sangue e far quanto oc-
correva a loro. Quelli che andorno in detto servitio: priuio fu il
Padre Giovan Battista Pasquale, huoiuo di 60 anni di bonissima
complessione , Eeligioso di molta virtù et carità che entrò con
tanto fervore et spirito, che era di stupore a chi il mirava, es-
sendo infaticabile per la salute dell'anime,havendolo visto più volte,
nel tempo di sol lione, negro come le mie vesti per le molte fa-
tiche, ma tanto allegro et giocondo, che par che uscisse da suoi
panni; e gionto nelle case per amministrare li Sacramenti, et tro-
vandoli tutti ammalati, et atteso alle cose dell'anima se rivolgea a
bisogni del corpo, cioè in rifarli i letti, appicciarli il fuoco e farli
da mangiare, e doppo cibati lavar loro i piatti e spazzarli la casa,
cibare li figliini et far quanto quei meschini havevano di biso-
gno^ in modo che da tutti era chiauiato Pinfaticabile pieno di ca-
rità; entrò al servitio a' 26 di giugno, a' 24 di luglio s'ammalò
di peste et mi raccontorno i suoi compagni , che sentendosi il
male , cominciò a saltare e far festa come già havesse principio
del Paradiso et Analmente a 31 di dettò passò a' miglior vita, ha-
vendo in detto tempo ministrato li Sacramenti a 138 appestati,
morendo con grandissimo segno di santità; e doppo morto mi fu
fatto instantia da più secolari , che pigliasse informatione della
sua vita, ma li travagli correnti non permettevano tal tempera-
mento lassando che il Signore a suo tempo manifesti la sua virtù.
A 26 di detto. Entrò il Fratello Cosimo Cavarretta per servire
le messe a detti Padri, a 17 di luglio s'appestò, a' 19 d'Agosto
fu libero, et seguitò a servire al Lazzaretto, et fu compagno del
Fratello Terzago, come appresso si dirà.
Al detto dì v'entrò anco il P. Gasparo Lirapi, huomo di 35
anni in circa, per aggiutare al P. Pasquale, con non minor fervore
et carità d'esso, facendo una sjinta gara, procurando con santi
modi levar l'uno le fatiche al altro, con mio infinito contento se
([uerelavano l'un con l'altro di levarse le fatiche , ancorché non
riposavano né notte, né giorno, poiché gionti nelle case e visti
tutti l'ammalati, doppo ministrati li Sacramenti attendevano a go-
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. 17
246 MISCELLANEA
vernare i corpi con non poco lor allegrezza e sollievo di quelli
poverelli. A 26 di luglio gli venne la peste, a primo d'Agosto fu
libero per miracolo di Santa Rosolea; a 8 d' Agosto cominciò di
nuovo ad amministrare li Sacramenti con maggior fervore di pri-
ma, in modo che da tutti i secolari era chiamato il P. Constante,
et seguitò sino al fine di settembre ; finalmente essendoli morti
tutti li compagni, e stanco hormai dalle fatiche, lo feci io uscire
a 4 d'Ottobre a fare la quarantana, a 31 di novembre gli fu data
la prattica; et uiinistrò li Santissimi Sacramenti a 198 appestati,
et battezzò due creature. Et perchè ogni giorno cresceva il nu-
mero degl'ammalati et* li dui sopradetti Padri molto aggravati
dalle fatiche, a 7 di luglio A" i mandai il Padre Nicolò Clemente,
antico della Religione et huomo di 60 anni e più, quale essendo
corporente pareva a miracolo potesse portare le fatiche che fa-
ceva, il che era con molta carità et spirito; qual seguitò sino a
cinque di Agosto, et essendoli venuta una vertigine di testa,
uscì à far la quarantana; et in detto tempo amministrò i Santis-
simi Sacramenti a 146 appestati e battezò una creatura. Et cre-
scendo tutta via il male, et aggravava li Padri al mio parere so-
pra le lor fòrze, v'entrò in loro di aggiunto il Padre Rocco Mi-
nutoli, che per indispositione non potè seguitare salvo che sino
il primo di Agosto; et uscì a far la quarantana et a 4 d'Ottobre
gli fu data la prattica, havendo amministrato il Sacramento a 45
appestati. A 19 di luglio v'andò il Fratello Francesco Martorana,
huomo di molta carità per servire li Padri , a 22 di settembre
s'appestò , et a 29 passò a miglior vita; a 2 d'Agosto v'andò il
Padre Francesco Mannini per amministrare li Sacramenti in ag-
gìnto de sopradetti, a 30 di settembre s'appestò, et a 3 d'ottobre
passò à miglior vita; et amministrò li Sacramenti ad 8 appestati.
Il Fratello Giulio Cesare Terzago Milanese huomo di molta ca-
rità et prattico ne maneggi degl' infermi entrò nel Lazzaretto à
servire per Inferniiero maggiore , havendomi così ordinato Sua
Altezza Serenissima «'he era dii me informato del suo valore; v'en-
trò a 20 <li luglio, et per essere detto luogo molto si)atioso, per
{>oter attendere a tutti i bisogni con sollecitudine, cavalcava un
animaletto, stando in volta continuamente di giorno e di notte
senza nessuno risparmio e timore; faceva infinite opere di carità,
come mi raccontavano ristessi che le ricj^vevano dop))o che usci-
vano dal Lazzaretto, con grandissima sodisfatione de Rettori e
MISCELLÀNEA 347
tutti, et spesso era visto pigliarsi le creature in braccio che lau-
gueudo aspettavano la morte, gli faceva le minestre et l' imboc-
cava, che pare le rir.uscitasse da morte a vita; et piacque tanto
questa carità a molti Signori della Città che ciò intesero, che mi
pregorno li volesse avisare subito 'che usciva dal Lazzaretto, per
conoscere sì santo Padre ; sì che quattro mesi seguitò con salute
sopportando infinite fatiche; a 23 d'ottobre s'ammalò gravemente
et doppo d'essere stato così ammalato in detto luogo, lo feci uscire
dal Lazzaretto a 23 di novembre per far la quarantana in una
casa dentro la Città; et dopjjo haver fatto 56 giorni di quaran-
tana, et quindici di puriflcatione, a primo di febraro gli fu data
la jìrattica e se ne venne in casa con il Frate Cavaretta suo secondo
compagno, stante che il Frate Rocco Zompa suo primo compagno
morì subito che entrò per troppo affettuosamente darsi alla ca-
rità dei poveri appestati.
A 4 di febraro ad instantia del Senato deputai dui l'adri che
assistessero alle purificationi delle case dove erano stati l'appe-
stati et fare sciauriare li panni , et veder fare le liscie alli bar-
reggiati del nostro quartiere, et vi destinai il Padre Gasparo Cer-
vone^ Padre di molti meriti e valore et virtuosissimo religioso,
che essendo conosciuto dalla Città per tale, la rimisero tutta a
lui; et suo compagno fu il Padre Agostino Marano. Et essendo
molto cresciuto il male, e spaventati molti sacerdoti in modo che
non vi era chi ministrasse i Sacramenti et dasse altro aggiuto
spirituale agl'ammalati dell' hospedale, il Governatore mi pregò
ch'io gli dovesse somministrare qualche aggiuto; et così gl'assi-
gnai due Padri, quali non solo ministravano li Sacramenti et altri
bisogni spirituali, um anco bisognò che abbracciassero et sopra-
stassero a bisogni corporali, non assicurandosi il Governatore di
entrare dentro detto hospedale; et questo per lo spazio di dui mesi;
che passate quelle furie et ritrovando il Governatore ministri, es-
sendo quelli due Padri dalle fatiche stanchi, li feci ritirar fuori
in un nostro giardino a fur la quarantana, et a tempo debito li
feci l'itornare in casa ; et con tutto ciò fra pochi mesi passorno
a miglior vita; in modo che tutti li Padri occupati nel servitio
dell'appestati sono stati tredici, non v' essendo in quella casa
più che 10 professi.
Et per seguitare il nostro discorso dico:
Che a' 13 d'agosto si buttò bando , che sospendevano li ne-
248 MISCELLANEA
goti) per due mesi; et a 14 si dichiarò che non s'intendevano so-
spesi li negotij esecutivi.
A 2 di settembre. Bando che si facessero luminarie per tutta
la Città per la festa di Santa Rosolea, il cui corpo fu ritrovato
a 15 di luglio sopra una montagna dentro una grotta, et perchè
non vi si ritrovò scritto nessuno^ salvo che si teneva per tradi-
tione che fusse in quel luogo et benché fusse ritrovata miraco-
losamente , tuttavia il Prelato non si assicurava publicarla per
tale; ma vedendo poi che non solamente Possa, ma la terra anco
faceva miracoli grandissimi, doppo haverne fatta pigliare esatta
informatione , deputò una Congregatione di Teologi per non far
errore in cosa di tanta importanza, per assicurarsi bene si fusse
il corpo di detta Santa; e durò detta Congregatione da sei mesi
in circa, essendovi prò et contra ; ^a essendo apparsa la Santa
a diverse persone et ad un huomo in particolare sopra il monte,
a qual predisse che doppo tie giorni dovea morir del male, co-
mandandogli che subito si confessasse, et che dal suo confessore
facesse dire al Cardinale, che non facesse più dubbio se quelle
ossa fussero il suo corpo , che realmente era quello; et per que-
sto et per gl'evidenti miracoli che si vedevano, et esser successo
a quel huomo quanto dalla Santa gli fu profetizato, fu dal Signo-
re Cardinale e Congregatione publicato , che 1' ossa ritrovate
nella grotta di Monte Pellegrino era realmente il corpo di Santa
Rosolea ; et fu esposto dentro una politissima cascia al publico
nella Chiesa Maggiore alli 15 di febraro e se diede ordine per la
sollenne processione, quali per li grandi e sontuosi apparati che
fece la Città , si dilatò sino alli sette di Giugno 1625, come piìi
minutamente a suo luogo si dirà.
A 3 di S(»ttembre \igilia della Santa qual fu fatto sollennissimo
digiuno di tutta la città per editto del Signore Cardinale, com-
parendo la notte tutta fuoco , facendosi per ogni parte gran lu-
minarie , sparandosi artiglierie, archibugi , maschi , et i)or tutte
le finestre artitìcij di fiuxro , con universale allegrezza di tutti ;
et io detto giorno si buttò bando, che nessuno sotto qualsivoglia
pretesto possi visitare ammalati o andare a casa d'altri, o questo
a qualsivoglia stato di persone, sotto pena a nobili di scudi ÌW
et perdere li cocchi et u' cocchieri dieci anni di galera, et agli
ignobili la pena della frusta, et altre tante di galera.
A 4 di iletto. — Fu fatta la festa di Santa llosolca, et guar
data come il dì di Pasqua, facendosi una sollenne processi«me,
MISCELLANEA 249
essendosi cantati li divini officij nella Chiesa Maggiore sollennis-
simaraente , dove comparse un Quadro dipinto, fatto fare dalla
Città artificiosamente, poiché in alto stava dipinta la Santissima
Trinità et la Santissima Vergine sotto de quali era dipinta la
Città con il Lazzaretto et il Monte dove fu ritrovata la Santa
con molti morti per terra, et poi nel mezzo, in habito di Pelle-
grino, detta Santa, eoa gl'occhi elevati nella Santissima Trinità
et alla Beata Vergine , gli mostrava con le mani la Città et il
suo afflitto popolo ; detto Quadro fu condotto con la processione
per tutta la Città , accompagnato da 24 torcioni grossi a fatica
portati da un huomo, oltre di quelli che portavano i Religiosi,
e Preti , et appresso tutto il Senato , non essendo concesso ad
altri 1' andarvi per ovviare al male. Et si vidde nel Popolo la
molta pietà e devotione, che haveva a detta Santa, poiché non
contenti buttarsi a terra con grandissima copia di lacrime, gri-
davano ad alta voce, tutti misericordia ; né fumo vane le lor spe-
ranze, uè buttate al vento tante lacrime, poiché sempre si vidde
miglioramento del male.
A 9 di detto. -— Bando del Signore Cardinale contro chi ha-
vesse, o sai)esse haverne, robe del Vascello venuto da Barberia,
lo dovesse rivelare sotto pena della vita , et confiscatione de
beni.
A 11. — Bando che nessuno possa smurare robbe murate senza
licenza in scriptis dalla Deputatione e Senato; et acciò w' intenda
meglio da tutti questo smurare, dirò : che nel principio del con-
taggio, ciascheduna persona nobile, o ricca, et anco li Conventi
de Religiosi , et Monasterij di monache, radunavano le cose mi-
gliori et più pretiose, le riponevano in stanze separate al possibile
dalPhabitatione con il suo inventario, e doppo si dava memoriale
al Senato et alla Deputatione della Sanità, qual deputava persone
per veder detto luogo e robe; e parendoli oportuno et che il con-
taggio non haverebbe potuto penetrare in caso che in essa casa
fusse entrata la peste, detto Deimtato li dava licenza, che fabri-
casse la porta et finestre, et caso che quella casa poi fusse ap-
pestata , quelle robe non pativano detrimento , né si tenevano
per appestate; et havendosene pigliato notabile miglioramento in
modo che credevano essere liberi^ molti smuravano dette stanze
senza licenza; ma ritornando a rincalzare il male si fece il sopra-
detto bandp.
A 14 di detto. — Bando del Senato et scomunica del Prelato,
250 MISCELLANEA
che nessuno vadi appresso la processione di Santa"*Ninfa, acciò
con la prattica non si multiplicasse il male.
A 16 di detto, — Bando che nessuno possi andare a visitare
ammalati di qualsivoglia infermità sotto qualsivoglia pretesto,
senza licenza del Pretore, et Deputatione della Sanità.
A 17 di detto. — Si pigliò il luogo di gifontes, per li conva-
lescenti.
A 20 di detto. — Bando che nessuno possi uscir fuori della
città per pernottarvi, senza licenza in scriptis del Pretore, et vo-
lendo poi ritornare, non possi no senza licenza del Medico, quale
assisteva continuamente alle Porte a vicenda, et lo dovea quello
tutto vedere , et trovandolo senza male lo faceva entrare ; ma i
curatoli et vendemmiatori non possino entrare mentre fanno detto
servitio di vendemmiare; che li Medici che stanno alla Porta per
visitare quelli che entrano non possano ricevere mercede alcuna
per tale effetto.
A 24 di detto. — Si rinovò il bando di non poter uscire le
donne, salvo che le feste nelle chiese più vicine per sodisfare al
precetto.
A 29 di detto. — Si scoverse che a Santo Giovanni Leproso
fuori della Città, ove havevano posto tutti i poveri mendichi, se
trovorno malati con la peste, e li trasferirno al Lazzaretto; et
fumo al numero di 238.
Di pili, bando che li Medici debbano andare dove son chia-
mati senza ricusare, et trovandoli netti di contaggio, faccino fe-
de della limpiezza; e se sono con peste o sospetto lo debbano su-
bito revelare; e possino pigliare le dette fedi alcuna mercede (1); e
l'istesso s'intende de prattici e barbieri.
A 30 di detto. — Andorno dal Lazzaretto al luogo di sopra
accennato per far la quarantana 140 huomini.
A 3 d'Ottobre : fu appiccato uno appestato che era fuggito dal
Lazzaretto.
A 0 di detto. — Fumo chiamati tutti li Deputati della Sanità
in Palazzo dal Signore Cardinale, quale gli diede molti buoni
ricoidi |)cr il buon governo e gli i)roposc il modo di fare una
qituraiitaiia piiblica |M>r liberare affatto la <'ittà dal male; ma vi
(1) Credo iimnclii la particella negativa, e dovrebbe dire : <• non /tos-
Httio piifliarr firr Ir tfrttr fi-di ecc. coiin' j^ii\ iniiauKÌ è Hcritto,
MISCELLANEA 251
concorsero grandissime diftlcoltà per la molta spesa che vi voleva
per aggiuto di quelli che non ha ve vano di che campare, et pen-
sorno trovar persone comode, che havessero mantenuto chi diece
et chi quindeci persone, durando detta quarantana , et vi fumo
fatte altre proposte, ma al fine non hebbe nessuno effetto.
A 7 di detto. — Si mandò uno in galera per essere entrato
in casa barreggiata contro il bando; et perchè li sopradetti bandi
di non uscir le donne, non bastavano, che in tutti i modi si ve-
devano andare a torno, il Signore Cardinale come Arcivescovo,
mandò fuori un editto sotto pena di scomunica maggiore latae
sententiae, che le donne non potessero andare a sentir messa più
che le feste , nelle chiese piìi vicine, né possino vedere piìi che
una sola, et agi' huomini l'istessa pena, ma solo che la possino
vedere ogni dì. et dove gli viene più comodo.
A dì detto. — Si diede la prattica a 140 persone che havevauo
finita la quarantana ; doppo esser tutti lavati et limpiati et ve-
stiti di nuovo, potevano jii-atticar nella Città liberamente.
A dì detto. — Bando che non si possi caminare più dalle due
bore di notte , né stare avant i la porta sotto gravissime pene ,
et essendo persone nobili si debbano subbito la matina presen-
tare al Fiscale, ma gP ignobili si portino subito carcerati.
A 8 di detto — Essendo alquanto cessato il male al Lazza-
retto, si diede licenza a dui Medici di far la quarantana.
A dì detto. — Bando che li soldati, che guardano 1' infetti o
sospetti , o carrozzoni, siano anco essi sospetti , et non ])ossin(>
pratticar con nessuno sotto pena della vita.
A dì detto. — Mandorno in galera una persona di rispetto per
haver tirato pietre ad una casa barreggiata.
A dì 10 di detto. — Mandorno uno in galera per haver por-
tato robe da una casa barreggiata ad un'altra contro il bando.
A 11. — Bando, che in conversatione di gioco o altro tratte-
nimento, non possino essere più di sei persone ; sotto pena alli
nobili di cinque anni di Castello, et agl'ignobili di galera.
A dì detto. — Andorno otto in galera, quali purificavano le
case appestate, perché il giorno andavano profumando et trovan-
dovi robbe le nascondevano, la notte le pigliavano; e fumo con-
dennati otto anni per uno ; et si rinovò il bando d'uscir le donne
a suono di campana.
A dì detto. — Si diede la prattica a 150 uomini che havevano
252 MISCELLANEA
finita la quarantaiia con li 15 giorni della puriflcatione, vestiti
tutti di nuovo come di sopra.
A 14 di detto. — La Deputazione andò in Palazzo per trovar
modo di smaltir le difficoltà per la publica quarantana, ma non
fu possibile.
A 17 di detto. — Si diede la prattica a 132 donne che fumo
le prime che havessero finita la quarantana, con la puriflcatione,
tutte vestite di nuovo al solito,
A 18, si diede la prattica a 113 huomini; et fu carcerato il
Medico greco per alcune insolenze usate contro chi governava il
Lazzaretto, privandolo di medicare; et v'introdussero due Medici
todeschi, quali si portavano con molta carità.
A 22, il Senato congregò tutti li Superiori delle Eeligioni,
et doppo d' haverli con molta amorevolezza pregato ad aiutarli
in tal calamitoso tempo, a sei di loro consignorno un quartier
per uno della città, per soprastare alle robe che si purificavano
fuori la campagna, acciò non andassero a male.
A 23, fumo mandati tre in galera, uno che haveva la peste
e passeggiava, l'altro che medicava la moglie dalla peste senza
rivelarla, e lo 3" che entrava in una casa barreggiata.
A 24. — Bando che il quartiero della Bergaria faccia la quindici-
na, e fumo carcerate da 15 persone che erano contravenute al ban-
do d'andar di notte. Doppo d'esser stati alcuni giorni carcerati,
fumo liberati.
A 25, fu data la prattrica a 83, fra huomini e donne, finita
la quarantana e la i)urificatione.
A 30, fumo carcerati li dui Protomedici, cioè della Città e
del Regno, con mille scudi di pleggiaria in casa, per caggione
d'haver condennato uno che haveva la peste et non era il vero.
A primo Novembre. - Cacciato il Medico greco dal Lazzaretto,
fu posto a far la visita per la Città con dichiarare, che non v'era
piì!i niente.
A 5 detto. — Si diede la prattica a 120 huomini e donne, che
havevano finito la (quarantana et purificatione.
A 6 detto. — Si diede la prattica ad altri 86.
A 12, si frustò un greco che era entrato nella Città senza il
bollettino della Sanità.
A 13. — Bando che quelli che hanno robe sospette portate fuori
tt tcrinuriarHi et vintilarsi se le vadino a pigliare.
MISCELLANEA 253
A 17, 8i diede la i)rattica a 160, fra Uiiomini e donne.
A 18, si diede la prattica a 190 donne.
A 23, entrò a far la qnarantana lo Spetaliere et Tnfermiero
nostro maggiore.
A 25. — Bando che non si visitino ammalati, né si viidi in luo-
go d'appestati, o sospetti,
A 2G, si diede la prattica a 120 huomini, come di sopra.
A 29. — Bando che si tenghi i)er sospetto e barreggiato il quar-
tiere della Bergaria, che non possi pratticare con graltri quar-
tieri, uè essi fra di loro sotto pena della vita.
A A dicembre, fu dichiarata la terra di Carini per appestata
et che sotto pena della vita nessuno di quelli potesse entrare
nella Città.
A 4 di detto. — Fu data la prattica a 180 huomini come di sopra.
A 5 di detto. — Dalla Città fu fatto publico voto di celebrare in
peri»otuo la festa dell'Iramaculata Concettione, con bando che la
vigilia si facessero luminarie per tutta la Città; e fumo in tanta
abuiidanza, che fu cosa da stupire con universale allegrezza ; et fu
posto per tutta la Città gran quantità d' imagini bellissime di
stampa di rame in foglio, significando l'Immaculata Concettione.
A () di detto. — Si diede la prattica a 120 huomini, et si buttò
bando che si rivelino l'ammalati del Parco dubitandole d'infettione
A 7 di detto, fu fatta dell'Immaculata Concettione la Vigilia ,
con universa! digiuno, publiche luminare, et gran sparatorij.
A 8 di detto, fu celebrata la detta Festa sellennissimamente
con musica a sei cori nella chiesa di Santo Francesco della scar-
pa (1), con grandissimo sparatorio, luminarie per tutta l'ottava con
pompa grande, e giubilo per tutta la città.
A 1(5 di detto , bando che nessuno visiti ammalati et nessuna
donna entri in casa d'altri ; che si rivelino tutti l'ammalati, et
quelli si possono governare a sua casa si rivelino et quelli che
non vadino al luogo solito, se gl'albruggi il lettOj et essendo po-
vero la Città gli lo pagherà.
A 17, si diede la prattica nella Città a 111 huomini,
A 23 di detto, si diede la prattica a 159 donne.
A 29 , si frustò una donna che haveva portato robe infette
(1) Sau Francesco d'Assisi, anche detto volgarmente de' Chiovari.
254 MISCELLA.NE1.
da una casa in un'altra, e si diede la prattica a 150 tra huomini
e donne ; e si dichiarò la Città di Ooniglione et Altavilla per in-
fetta, con pena della vita che nessuno di quelle terre potesse
venire in Palermo; e si serrorno di nuovo le Porte per essere ri-
nova to il male.
A 30 di detto, un' editto del Signore Cardinale per la proces-
sione del Santissimo Crocifisso, iraagine di molta divotione, qual
si conserva nella Chiesa Maggiore, né si cava mai senza estre-
missima necessità.
A primo di Gennaro 1625, s' appiccò un vecchio, e si tagliò
il naso, l'orecchia e le labbra alla moglie, ])er haver venduto
robbe appestate.
A 5 di detto, si fece una soUennissima processione et i)or-
torno il Santissimo Crocifisso antichissimo, qual non si cava mai
senza estrema necessità della città ; che per essere a tutti di
grandissima divotione, si viddero cose meravigliose di devotione
et pietà di quel popolo, poiché oltre l'esserci stati tutti li Reli-
giosi con le migliori reliquie che ciascheduno haveva, fu accom-
pagnato da i)iìi di 4000 o 5000 torce, et per tutte le strade ove
passava, si gridava misericordia tanto altamente che assordiva
il cielo, con pianti tanto vehementi, che haveria fatto liquefare
le ])ietre; et fu dalla Chiesa Maggiore condotto al fin della Città
nella Madonna della Catena , dove dimorò tutta la notte, nella
quale ùon cessoino mai le Compagnie, né huomini né donne di
visitarlo con grandissima divotione et coi)ia di lacrime. TI giorno
seguente ritornò alla Chiesa Maggiore, con maggiori pianti et
gridi di prima et fu esposto per otto giorni in mezzo di detta Chiesa;
et si viddero et sentirno cose mai più a tempi nostri viste, poi-
ché si viddero gl'huomini a 200 et MÌO insieme scalzi con corone
di spine in testa, teste di morte nelle mani, con corde al collo,
con discipline che s'andavano battendo, con la testa coverta di
cenere, accompagnato ciascheduno da qualche Keligione, che ol-
tre l'andare per le strade gridando pietosamente misericordia;
et gionta alla (Jhiesa Maggiore con gridi et pianti incredibili et qui-
tato un poco, un di (luelli Religiosi faceva un breve sermone;
<|ual finito, cominciavano di nuovo a gridare et piangere tanto
fort-eniente et con tanta abondanza di lacrime che é impossibile
a ])oterlo impiegare; et queste processioni erano in tanta quantità
che» notte e giorno era sempre la Chiesa )>iena, tutti gli otto
MISCELLANEA 255
j(iorni, stando (;ol Santissimo Crocifisso circondato da gran mol-
titudine di torcie ; et in detta ottava non si sentiva altro per la
Città che gridare Religiosi ai peccatori , che si convertissero di
tutto cuore a Dio; et certo non si fece poco frutto, non potendo
li confessori in tal tempo haver rii)Oso per la moltitudine de
penitenti.
A 7 di detto. -- Bando che s'intendono rinovati tutti li bandi
che non si possi andai-e da una casa a l'altra, che le donne non
possino uscire salvo che la festa.
A 9 di detto, s'appiccò una donna che mandava robbe infette
dal Lazzaretto a Palermo et le vendeva , et (!osì appestò molte
case.
A 10 di detto. — Il Signore Cardinale chiamò tutti li Superiori
delle Keligioni, e dopjm haver fatto un breve raggiona mento et
ringratiato ciascuno delle fatiche passate, et esortò poi ad aggiu-
tare tal serviti© in sì calamitoso tempo a quelli che non have-
vano servito; et così messe al servitio dell'appestati quattro Cap-
puccini, dui Scalzi di Spagna, et (piattro Zoccohmti et un Prete
per ciascuna Parrocchia; et diede un poco di riposo alli primi
Religiosi. Et in detto giorno fu «lichiarata la terra de Parco ap-
pestata .
A 11 di detto, si mandò uno in galera, per essere andato da
una casa in un'altra.
12 di detto, si frustrò una donna per l'istesso effetto.
A IG, fu dichiarata infetta la Sala di Partinico.
A 19, si sospesero tutti li negotij di nuovo.
A 21 di detto , s' appiccorno quattro che rubbavano robe in-
fette dal Lazzaretto et le vendevano, e dui in galera per l'istessa
causa.
A 22 di detto , fumo mandati dui in galera, per entrare in
(;ase barreggiate.
A 23, una donna frustata per bavere trasportato robe da una
casa all'altra.
A 27, si frustò una lavandara, che havendo un appestato in
casa, lavava li panni d'altri ; e si cominciò a tar le descrittioni
delle case, e genti, et turno eletti a quest'effetto 72 Deputati.
A 28 di detto, andò in Galera uno schiavo negro, per haverli
ritrovato robbe infette; et essendo cessato alq^uanto il male, si
messero di nuovo li negotij.
256 MISOBLLA-NEi.
A 29. — Che quelli che hanno havuto morti in casa tre giorni,
debbano purificar le lor robbe ; e si buttò bando che tutti quelli
che ha ve vano comprato panno, o li fusse pervenuto della lana
da Settembre in qua, la debbano rivelare alli Deputati della Sanità ;
et tutti quelli che hanno fatto quarantana fuori al Lazzaretto,
non possino uscire fuori della città.
A 30 di detto. — Si frustò una lavandara, che contravenne al
bando di non lavare a più case in uno istesso tempo. Si comin-
ciò di nuovo la dinumeratione delle case e delle persone, per il
quale effetto fumo eletti come s'è detto di sopra 72 Deputati, cioè
18 per quartiere; et per intender meglio si deve sapere , che la
città di Palermo è fatta in croce , una strada la divide giusto
per mezzo et un'altra a traverso anco la divide per mezzo , in
modo che viene divisa in quattro quartieri _, et ogni quartiere
tiene il nome d' una Santa Padrona di detta Città, cioè : Santa
Christina, Santa Agata, Santa Oliva, e Santa Xinfa, che è la no-
stra Chiesa.
A primo di Febraro, fu appiccato uno, per haver venduto
una coperta infetta.
A 8 di detto. — Venne un Medico mandato dal Signore Cardinal
Zapatta per medicar la peste , et il suo medicamento era con
acqua, et perchè erano più l'ammazzati da detto medicamento che
guariti, fu ordinato che nessuno Medico, né il Greco potesse più
jnedicare , ma che s' andasse per via ordinaria , né s' accettasse
altro Medico forestiere. Si rinovò il bardo che le donne stijno
ritirate, poi (thè se bene se gli dava castigo, non si poteano trat-
tener che non uscissero.
A 10 di detto, s'incominciorno a purificare le case con l'in-
tervento de Religiosi.
A 11 di detto, che le donne possino andare a pigliare la cenere.
A 12. — Editto del Signore Cardinale che le donne possino uscire
tre giorni della settimana, cioè: Domenica, Mercordì, et Venerdì.
A 13 di detto, andorno quattro in gahna ])er esservi entrati
senza bollettino ; e fu posto editto dal Signore Cardinale con con-
seglio de migliori Medici del Regno, che tutti magnassero carne
non obstante che era quatragesima.
A 18 di detto, si rinovò il baudo, che nessuno entri in casa
de altri ; che nessuna lavandara possi uscire a lavare fuori della
cittÀ senza licenza in soriptis del Pretore ; e se determinò mandar
MISCELLANEA 267
sei huomini con altri tanti animali , che andassero per la città
ammazzando tutte le gatti, cani, galline e tutti gV altri animali
(;he trovassero.
A 21 di detto, comparse Santa Kosolea ad un saponaro, et gli
(!omandò che si confessasse, e dal suo confessore mandasse a dire
al Signore Cardinale che non facesse più dubbio a l'osse ritrovate
in monte Pellegrino, che era il suo corpo, assicurando detto sa-
ponaro che il 3" giorno sarebbe morto di peste, c^ome in effetto
successe; et fu dichiarato il corpo «Iella detta Santa come di sopra
si è detto. ^
A 25 di detto, si diede licenza alle donne di poter visitare il
corpo di Santa Kosolea, un quartiere i)er giorno, essendo esposto
in mezzo la Chiesa Maggiore.
A 2fi di detto, che non si possi passare per «piattro miglia
attorno dove si sepelliscono gl'apiiestati.
A 27 di detto. — Bando che nessuno possi dare medicamento
senza licenza della Città.
A 3 di Marzo. — Il Pretore con tutta la Città andò a Monte
Pellegrino per disegnare la chiesa di Santa Rosolea.
A 5 di detto. — Fu trovata una piccola grotta dove habitava
la detta Santa, quale appena era capace d' una persona humana
per potervi stare in piedi ; et l'istessa notte la Santa apparve ad
un magazeno d'api^estati al Lazzaretto, sanando alcuni et altri
preparando a ben morire.
A G di detto, fu frustato e mandato uno in galera, che have-
va fatto resistenza ad un Commissario de carrozzoni ap])estati.
A 8 di detto, fu frustata una donna che haveva portato robe
da una casa ad un'altra senza lic^enza; et fu fatto bando che per
15 giorni fusse barreggiato il quartiere di Santa Christina; e l'i-
stesso giorno uno che andava vendendo vasi di terra per la città
essendogli scoverta la peste et preso per esser castigato, si mor-
se per strada senza confessione e comunione ; fu fnistata una
donna per pigliare a filare da una barreggiata, et un altro andò
in galera per esser entrato in casa barreggiata.
A 13, andò in galera in vita uno schiavo, per caminar di notte
contro il bando; et andorno tutti li Preti della Chiesa Maggiore
a monte Pellegrino, j)er cantar la Messa a Santa Rosolea.
A 14 di detto, fu frustata una doinia che haveva un tiglio
con la peste, lo medicava et pratticava con tutti.
258 MISCELLANEA
A 18 di detto, iiua donna frustata, che si ritrovò in casa bar-
reggiata con l'amico, quale andò in Galera.
Per adempiere il precetto «Iella Pascqua turno assignate molte
Chiese di Regolari in compagnia della Parocchia acciò con maggior
comodità si potesse sodisfare a detto precetto, stante che non
l)Otevano andare ad altre Ohiese che alle più vicine.
A 20 di detto. — Bui in galera, per entrare in case barreggiate
senza licenza.
A 22 di detto, si diede la prattica nella città a 113 huomini
et 200 donne, che havevano finito la qnarantana e la ]jurificatio-
ne; e si frustò uno, per haver rubbato una fìlsa di coralli nel
Lazzaretto.
A 20 di Febraro, gli Messinesi non volsero ricevere le lettere
di Palermo, et il Signore Cardinal Viceré ordinò che venissero
li Deputati della Sanità di Messina a Paleriuo; a 21 di Marzo ar-
rivorono detti Deputati a Cefalìi , dove fumo incarcerati in
(juel Castello; e si rimesse la posta.
A 22 di Marzo, il Signore Cardinale messe editto che non si
magnasse i)iìi carne per la Settimana Santa; et fu frustata una
donna per aver venduto robe infette, et andorno tre persone in
galera per cinque anni i)er essere fuggiti dal Lazzaretto.
A 25, si cominciorno a fare l'archi trionfali per la festa et
processione di Santa Kosolea; e si diede la prattica a 200 donne
che liavevano fluita hi qnarantana.
A 20 di detto, editto del Signore Cardinale che ciascliedun
prete vadino ad aggiutare alle Parocchie et Chiese deputate per
spedir j)iù presto il Popolo.
A 27 di detto, due editti del Signore CaidiuiiU' : primo, che le
donne che tengono segette purché non siano allogate, sotto pena
di scomunica, et 10 onzie, non possino visitare più che ciucine
Sepolchri ; che le Chiese non stijno aperte i>iù che iìxw bore di
notte, a Kegolari pena di sospensione; il 2", che per tutto il Sabato
Santo non si i)Owsi andare uè in carrozza uè a cavallo senza li-
cenza in HvriptÌH dal ('urdinale ; et perchè in tal giorno sogliono
entrare gran quantità «le castrati <lentro la città, i)er (piesto fu
fatto ordine vXh^ non possino «Mitrare «'astiati con la pelh^ et che
non KÌ |M>KKÌno gontian- «-on l:i \hh-v\\ \wv scorticarsi, p«'i- icivun»
cIk* «-ili faiM'.HHC Vìi) tlissi^ appestati) <\t non appestìissc (pn'llii
carne.
MISCELLANEA 259
A 30 (li detto, si portò un cereo a Santa Rosolea accompa-
gnato con 50 verginelle con palme in mano, quale era ])ortato
sopra una bara, di peso d'un cantaro et più, dipinto con l'imagi-
ne di Santa Rosolea con una corona d'argento in testa , accora -
l)agnato da un coro di musica.
A 31 di detto. — Ordine, nel (piai si dà licenza a tutte le donne
che tengono carrozze proprie nel (juartiere di Santa Christina et
Santa Agata, che è la metà della Città, possa uscire il martedì
per andare a spasso, e (pielle di Santa Ninfa e Santa Oliva che
è l'altra metà, possi uscire il gio\edì , purché non piglino altre
genti fuor di casa loro, né possine due carezze andare insieme,
con pena di perdere le carroze ; e fu appiccato uno che i)asseg-
giava et haveva la peste e frustata una donna die vendeva robe
del Lazzaretto.
Da questo giorno e (piasi da tutto il mese di Aprile si an-
dorno ritrovando cjerte cartuccie piene di polvere appestata per
tntta la Città, acciò il mal durasse; e benché s'usasse esquisitis-
sima diligenza con boni taglioni e se mettessero gran gente car-
cerata dandone a molti la corda per trovarsi il deliiKiuente, nul-
ladimeno non si potè mai ritrovare; et questa era peste seccata
et ridotta in polvere; et non contenti di buttarla per strada, la
mettevano dentro le fonti dell'acqua benedetta; che perciò il Si-
gnore Cardinale fece barreggiarc molte fonti, e prohibì che nelle
chiese non si tenesse acqua benedetta ; et perché se ne ritrovava
ogni dì i>iù quantità, si buttò bando con due mila scudi di ta-
glione a chi palesasse il caso ctùtm se fiisse 1' autore gli perdo-
nava , il cÀw pose in gran confusione il Reggitore ; ma perché
Santa Rosolea teneva la iirotettione di liberar la Città, l'istesso
giorno del bando se ne cavò il seguente inditio. Essendo una bi-
zoca nella chiesa maggiore a fare oratione a Santa Rosolea, in-
tese dui raggionare fra essi : « lo. Fratello, ho buttato tutte le mie
cartuccie et non ho più»; e l'altro rispose: «Io ne ho ancora et
non ho tìnito di buttarle »; il che inteso dalla Bizoca , ne avisò
un chierico, quale chiamò i sbirri et diede ordine si pigliassero ;
et uno ne fuggì e l'altro rimase carcerato , et i)ortato avanti il
Cardinale diceva non saper niente ; et fatto di nuovo chiamare il
chierico et la Hizoca volse esso sentir il tutto; fra (piesto mezzo
il detto carcerato domandi» la vita, voleva scoprire (luello che lui
260 MISCELLANEA
sapeva ; il Signore Cardinale gli promisse non solo la vita , ma
1000 scudi di più e si ritirò col Cardinale, et fu opinione che vi
fusscro intricate persone d'iniportantia, poi<'hè si levò voce che
non haveva voluto dir altro. Doppo essere stato alcuni giorni car-
cerato et con esso alcuni Medici et barbieri, per quietare il po-
polo che stava tutto arrabbiato, turno scarcerati; uè se ne parlò
più, ne comparvero più dette cartnccie.
A 2 d'Aprile il Signore Cardinale mandò \)er tutte le chiese
acciò si cantasse la messa dello Spirito Santo con la commemo-
ratione della Madonna et di Santa Rosolea, ma nella Chiesa Mag-
giore di gratiarum actione.
Et perchè tutto il Popolo stava adirato con dire che s'era sco-
verto chi buttasse le cartuccie et non era castigato, il Signore Car-
dinale per placarlo rinovò il bando delli 2000 scudi et ordinò che
trovando dette cartuccie vi ponessero la guardia et facessero avisa-
to il Pretore; et andò uno in galera per bavere rubato robe infette.
A 3 di detto, morsero 1.3 Imomini sotterrati dalle sei)olture che
si facevano fuori le i)orte per li sospetti (1); fn frustata una donna
per andare a case barreggiate, et si raddoppiorno le guardie alli
Medici carcerati per le cartuccie; tutto per pacificare il Popolo.
A 4 di detto. — Bando, chi tiene robe a ventilare se le vadi
a pigliare.
A 6, che si dia nome, cognome, e patria de tutti gl'huomini
che si tengono fuora le vigne, e se stanno a mese o anno.
A 6 di detto, fu data la prattica a 120 fra huomini e donne,
et fu trovata una casa piena di robe infette et fumo carcerati 4,
cioè due donne e dui huomini; et delli sopradetti 120 a' quali fn
data la prattica, il giorno sequente fumo ad alcuni trovate le
bozze, et perchè erano stati visitati da diversi, congratulandosi
della lor venuta, fumo barreggiate 50 case.
In detto giorno fu dichiarata infetta la città di Polizzi e de-
Htinorno Capitan d'arme Domenico del Colli, andamlovi Medici,
barbieri et altri huomini a servire.
A 7 di detto, fu preso il Barbiero sospetto della Mascione (i?),
havendolo detto il PojkiIo uno che havea Imttato le cartuccie; et
ciò fu fatto pei- dar soddisfattioiu^ al JN>p(>lo.
(1) Cioè, da individui tcintli HOrtpctti.
(2) Cio^, dt.'l ri(Hiu dfllu Mngioin-.
MISOBLLÀNEA 201
A dì detto. — Editto del Signore Cardinale , che si differiva
X)er tutti li 13 per adempire il precetto della Pasqua, et quelli
che si trovano barreggiati, se li dava quattro giorni di tempo
doppo liberati ; et che si osservasse il bando delle donne che non
uscisseso.
A 8 di detto, fu determinato dalla Deputatione della Sanità
che si nettassero tutti li pozzi delle case barregiate, dubitandosi
non vi fosse buttata roba infetta dalli beccamorti quando net-
tavano le case.
A dì detto, bando che li Medici mandino al Lazzaretto tutti
gl'ammalati che ritrovano sospetti.
A dì detto, la terra di Caccamo mandò cento venti cavalli,
tra secolari et sacerdoti, et tutti con torcie accese a pigliare la
reliquia di Santa Rosolea per portarla in detta terra , facendo
l'istesso la città di Trapani, Bevona et altre Città (1).
A 9 di detto. — Andò in galera un soldato che guardava l'in-
fetti per esser andato a dormire in sua casa.
A 10 di detto. — Si frustarno due donne , et mandate a ser-
vire al Lazzaretto per essere entrate in case barrreggiate, et fu
appiccato uno che avendo la peste passeggiava.
A 13 di detto si portoruo dui cerei di 20 rotole l'uno a Santa
Rosolea nella Chiesa dell' divella; et bando, che fra dui giorni
tutti quelli che hanno Lazaretto in casa lo debbano rivelare nel-
l'officio de' Giurati, et mettendovi ammalati fra due hore n'avi-
sino il Custode del quartiere, et che non se faccino più senza
licenza del Pretore, sotto pena a nobili di 400 onzie et tre anni
di Castello et agi' ignobili 200 onzie et cinque anni di galera ,
alle donne nobili 400 onzie e due anni di carcere, all'ignobili la
frusta et servire al Lazaretto.
A 16 di detto, in galera uno, per entrare in casa barreggiata.
A 17 dì detto. — Si frustò uno et fu mandato al Lazzaretto,
che havendo la peste si curava in casa.
A dì detto, uno in galera per medicare il tìglio appestato senza
rivelarlo. Nel nettar de pozzi, come si è detto di sopra, fumo ritro-
vati tre fagotti di robe appestate. E fu data la jìrattica a 200 donne.
A 20 di detto, fu portato un cereo di mezzo cantaro nella
chiesa dell' divella.
(1) Tra cui Castelvetrano, come risulta dal cit. lavoro di G. B. Fer-
rigno, La peste a Castelvetrano.
Arvh. Slor. Sic N. S. Auno XXX. 18
262 MISOELLANEA
A 26 di detto , fumo appiccati dui che doppo diversi delitti
s'erano fuggiti dal Lazzaretto.
A 26 di detto. — Un barbiero infetto andò in galera per ha-
ver buttato una borza et un collaro, e si crede che fussero ap-
pestati, et il compagno che era soldato fu frustato.
E da questo dì in poi non si scrisse altro perchè il male era
quasi cessato.
Et per ultimo non lascerò di dire la molta pietà e charità u-
sata non solo verso i barreggiati e vergognosi , ma verso
ogni altra persona , non solo dal Senato e Nobiltà , ma da tutti
li Titolati di questa città ; et anco dalli ricchi cittadini e
dall' Ecclesiastichi graduati fumo fatte grandissime elemo-
sine, et in particolare il Signore Cardinale fu opinione che
dasse ventimila scudi di limosina in tutto quel tempo a tutte
sorte di persone; et il Senato distribuiva diecimila scudi la set-
timana , non solo alli barreggiati , ma all'arteggiani ancora che
per non negotiare si morivano di fame, et ciò per mano di Re-
ligiosi; et altri Cavalieri dabeni e li Titolati ecclesiastichi et cit-
tadini ricchi dispensavano per quanto si teneva la loro isola, da-
vano per ciascheduno quattro grana di pane il giorno, altri da-
vano danari, come anco facevano alcune Compagnie, vestendo
quantità de poverelli orfani cui erano morti il Padre e la Ma-
dre nella peste et non havevano altro che Dio che li provedesse; anzi
trattavano di fare lochi per detti orfanelli ; ma non bastando
tutte queste diligenze per sovvenire alle necessità de poveri, si
congregorno alcuni Sacerdoti et honorati Cittadini et instituirno
una Congregatione, che andassero cercando per la città, et erano
vestite con un sacco di tela negra , dove era dipìnto un Croci-
fisso a lato destro ; et invero fu di non poco sollevamento a li
poveri per le molte limosino che facevano, poiché caricavano so-
me di grano, vino , formaggio et distribuivano per li quartieri
a poveri barregiati et altri bisognosi, che certo diede grandissi-
mo aggiuto per tutta la città, et fumo occassione che s' ovvias-
sero molti peccati dalle povere donne.
Somnia di tutta la spesa fatta dalla Città, dalli 15 Giugno
1624 per tutto li 19 di Giugno 1625, sono. . 50000654 (1).
(1) Coftì trovasi segnato nel ms. Ma reggasi in proposito VAvverienga.
MISCELLANEA
263
Nota di tutti li morti nella Città e Lazzaretto, e degV ammalati
portati in esso per ciaschedun giorno, cominciando dalli 23
di Giugno 1624 sino olii 25 di Giugno 1625.
A dì 23 di Giugno fumo traspor-
a 4.
Morti nella città
35
tati tutti gì' appestati dallo
Morti nel lazz.to
18
Spasimo al Lazzaretto et mor-
Malati por.ti nel lazz.to 38
sero quel giorno. . n."
66
a 5.
Morti nella città
46
« 24. Morti nella Città
28
Morti nel lazz.to
18
Morti nel Lazzaretto
35
Malati por.ti nel lazz.to 60
Malati portati al lazz.to 28
a 6.
Morti nella città
20
a 25. Morti nella Città
37
Morti nel lazz.to
12
Morti nel lazzaretto
28
Malati por.ti al lazz.to 28
Malati por.ti nel lazz.to 42
a 7.
Morti nella città
42
a 26. Morti nella Città
27
Morti al lazz.to
11
Morti nel lazzaretto
52
Malati por.ti al lazz.to 36
Malati por.ti nel lazz.to 48
a 8.
Morti nella Città
42
a 27. Morti nella città
35
Morti nel lazz.to
12
Morti nel lazzaretto
55
Malati por.ti nel lazz.to 38
Malati p(»r.ti al lazz.to 38
a 9.
Morti nella città
81
a 28. Morti nella città
27
Morti nel lazz.to
20
Morti nel lazzaretto
40
Malati por.ti nel lazz.to 36
Malati por.ti al lazz.to 62
aio
Morti nella città
15
a 29. Morti nella città
44
Morti nel lazz.to
16
Morti nel lazz.to
52
Malati por.ti nel lazz.to 9
Malati por.ti al lazz.to 81
ali
Morti nella città
22
a 30. Morti nella città
38
Morti nel lazz.to
17
Morti nel lazz.to
39
Malati por.ti al lazz.to 21
Malati por.ti al lazz.to 52
a 12
Morti nella città
18
1 di Luglio. Morti nella città
30
Morti nel lazz.to
25
Morti nel lazz.to
16
Malati por.ti nel lazz.to 26
Malati por.ti al lazz.to 48
a 13.
Morti nella città
16
a 2. Morti nella città
20
Morti nel lazz.to
25
Morti nel lazz.to
16
Malati por.ti nel lazz.to 30
Malati por.ti al lazz.to 24
a 14.
Morti nella città
14
a 3. Morti nella città
38
Morti nel lazz.to
18
Morti nel lazz.to
16
Malati por.ti al lazz.to 24
Malati por.ti al lazz.to 28
a 15
Morti nella città
26
264
MISCELLÀNEA
Morti nel lazz.to
25
Malati por. ti a lazz.to 28
a 16.
Morti nella cittA
23
Morti nel lazz.to
15
Malati por. ti nel lazz.to 69
a 17.
Morti nella città
14
Morti nel lazz.to
21
Malati por. ti al lazz.to +7
a 18.
Morti nella città
18
Morti nel lazz.to
15
Malati por.ti nel lazz.to 54
a 19.
Morti nella città
37
Morti nel lazz.to
28
Malati por.ti al lazz.to 28
a 20.
Morti nella città
26
Morti nel lazz.to
32
Malati por.ti al lazz.to 64
a 21.
Morti nella città
19
Morti nel lazz.to
29
Malati por.ti nel lazz.to 66
a 22.
Morti nella città.
15
Morti nel lazz.to
29
Malati por.ti al lazz.to 48
a 23.
Morti nella città
25
Morti nel lazz.to
16
Malati por.ti al lazz.to 44
a 24
Morti nella città
25
Morti nel lazz.to
47
Malati por.ti al lazz.to 24
a 25
Morti nella città
21
Morti nel lazz.to
21
Malati por.ti al lazz.to 43
a 26
Morti nella città
17
Morti uel lazz.to
22
Malati por.ti al lazz.to 42
a27
. Morti nella città
26
Morti nel lazz.to
21
Malati por.ti al lazz.to .35
a28
. Morti nella città
42
Morti nel lazz.to
26
Malati |M>r.ti al lazz.to 44
a29
. Morti nella città
83
Morti r)«>1 \azt.Uì
24
Malati por.ti al lazz.to 54
a 30. Morti nella città 25
Morti nel lazz.to 26
Malati por.ti al lazz.to 34
a 31. Morti nella città 25
Morti nel lazz.to 28
Malati por.ti al lazz.to 42
a p.** Agos. Morti nella città 19
Morti nel lazz.to 34
Malati por.ti al lazz.to 9
a 2. Morti nella città 42
Morti nel lazz.to 43
Malati por.ti al lazz.to 35
a 3. Morti nella città 35
Morti nel lazz.to 32
Malati por.ti al lazz.to 42
a 4. Morti nella città 18
Morti nel lazz.to 19
Malati por.ti al lazz.to 20
a 5. Morti nella città 25
Morti nel lazz.to 27
Malati por.ti al lazz.to 15
a 6. Morti nella città 12
Morti nel lazz.to 19
Malati por.ti al lazz.to 35
a 7. Morti nella città 20
Morti nel lazz.to 25
Malati por.ti al lazz.to 26
a 8. Morti nella città 17
Morti nel lazz.to 18
Malati por.ti al lazz.to 40
a 9. Morti nella città 21
Morti nel lazz.to 28
Malati por.ti al lazz.to 44
a 10. Morti nella città 22
Morti nel lazz.to 26
Malati por.ti al lazz.to 20
a 11. Morti nella città 14
Morti nel lazz.to 14
Malati por.ti al lazz.to 21
a 12. Morti nella città 15
Morti al lazz.to 23
Malati por.ti al In/r.to 36
MISCELLANEA
265
SI 13.
a U.
a 15.
a 16.
a 17.
a 18.
a 19.
a 20.
a -n.
a 22.
u 28.
a 24.
a 25.
a 26.
a 27.
Morti nella città
19
Morti noi lazz.to
25
Malati por.ti nel lazz.to 46
Morti nella città
16
Morti nel lazz.to
28
Malati por.ti al lazz.to 2K
Morti nella città
18
Morti al lazz.to
32
Malati por.ti a lazt.to 31
Morti nella città
17
Morti nel lazz.to
23
Malati por.ti al lazz.to 34
Morti nella città
17
Morti nel lazz.to
21
Malati por.ti al lazz.to 36
Morti nella città
13
Morti nel lazz.to
2:5
Malati por.ti al laz/.to 21
31 orti nella città
12
Morti nel lazz.to
J2
Malati por.ti a lazz.to 17
Morti nella città
21
Morti nel lazzaretto
14
Malati portati a lazz.to 15
Morti nella città
18
Morti nel lazzaretto
15
Malati portati a lazz.to 1 7
Morti nella città
JO
Morti nel lazzaretto
28
Malati portati a lazz.to 10
Morti nella città
15
Morti nel lazzaretto
17
Malati portati a lazz.to 25
Morti nella città
17
Morti al lazzaretto
15
Malati portati a lazz.to 13
Morti nella città
17
Morti nel lazzaretto
22
Malati portati a lazz.to 15
Morti nella città
7
Morti nel lazzaretto
21
Malati portati a lazz.to 9
Morti nella cittàO
Morti nel lazzaretto 8
Malati portati a lazz.to 9
a 28. Morti nella città 9
Morti nel lazzaretto 16
Malati portati a la/z.to 14
a 29. Morti nella città 8
Morti nel lazzaretto 9
Malati portati a lazz.to 13
a 30. Morti nella città 4
Morti al lazzaretto 18
Malati portati a lazz.to 19
a 31. Morti nella città 11
Morti nel lazzaretto 21
Malati portati a lazz.to 13
a p." di Sett. Morti nella città 18
Morti nel lazzaretto 20
• Malati portati a lazz.to 9
a 2. Morti nella città 7
Morti nel lazzaretto 8
Malati portati a lazz.to» 12
a 3. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.t4> 13
a 4. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 6
a 5. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 14
a 6. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 7
a 7. Morti nella città 5
Morti nel lazzaretto 9
Malati portali a lazz.to 4
a 8. Morti nella città 3
Morti nel lazzaretto 9
Malati portati a lazz.to 3
a 9. Morti nella città 25
Morti nel lazzaretto 14
Malati portati a lazz.to 7
a 10. Morti nella città 35
Morti al lazzaretto 17
3
15
6
13
20
12
266
MISOBLLANEA
Malati portati a làzz.to
9
a
25.
Morti nella città
24
ali
Morti nella città
25
Morti nel lazzaretto
15
Morti al lazzaretto
19
Malati portati a lazz.to 17
Malati portati a lazz.to 13
a
26.
Morti nella città
15
a 12
Morti nella città
23
Morti nel lazzaretto
18
Morti al lazzaretto
15
Malati portati a lazz.to 10
Malati portati a lazz.to
8
a
27
Morti nella città
44
a 13
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
11
16
Morti nel lazzaretto
Malati portati d lazz.to
7
19
Malati portati a lazz.to
4
a
28
Morti nella città
22
a 14
Morti nella città
13
Morti nel lazzaretti»
32
Morti nel lazzaretto
14
Malati portati a lazz.to 12
Malati portati a lazz.to
2
a
29.
Morti nella città
10
15.
Morti nella città
Morti al lazzaretto
23
16
Morti a lazzaretto
Malati portati a lazz.to
10
7
Malati portati a lazz.to
fi
a
3»)
Morti nella città
15
aie
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
14
16
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to
3
18
Malati portati a lazz.to
9
a
p.o
Ott. Morti nella città
27
a 17
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
48
13
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to
16
18
Malati portati a lazz.to 17
a
2.
Morti nella città
25
a 18.
Morti nella città
Morti al lazzaretto
33
25
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to
II
18
Malati portati a lazz.to
5
a
3.
Morti nella città
26
:i 19.
Morti nella città
Morti al lazzaretto
13
17
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to
10
12
Malati portati a lazz.to 1.3
a
4.
Morti nella città
15
a 20.
Morti nella città
51
Morti nel lazzaretto
20
Morti nel lazzaretto
19
Malati portati a lazz.to 25
Malati portati a lazz.to
.3
a
5.
Morti nella città
26
il 21.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
35
19
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to
8
14
Malati portati a lazz.to
7
a
6.
Morti nella città
22
a 22.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
14
39
Morti al lazzaretto
Malati portati a lazz.to
4
11
Malati portati a lazz.to
9
a
7
Morti nella città
17
a 28.
Morti nella città
Morti nella città
18
19
Morti al lazzaretto
Malati portati a lazz.to
6
12
Malati portati a lazE.to
6
a
8.
Morti nella città
26
a 24.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
27
16
Morti al lazzaretto
Malati portati a lazi.to
7
36
.Malati portati a lazz.to 12
a
9.
Morti nella città
17
MISCELLANEA
267
a 9. Morti al lazzaretto 27
Malati portati a lazz.to 9
a 10. Morti nella città 36
Morti al lazzaret/jo 14
Malati portati a lazz.to .')
u 11. Morti nella città 14
Morti al lazzaretto 11
Malati portati a lazz.to 9
a 12. Morti nella città 25
Morti al lazzaretto lo
Malati portati a lazz.to) 11
a 13. Morti nella città 15
Morti nel lazzaretto 25
Malati portati a lazz.to 15
a 14. Morti nella città 25
Morti nel lazzaretto 15
Malati portati a lazz.to 9
a 15. Menti nella città 17
Morti nel lazzaretU» 13
Malati portati a lazz.to 12
a 16. Morti nella città 29
Morti nel lazzaretto 12
Malati portati a lazz.to 7
a 17. Morti nella città 16
Morti nel lazzaretto 19
Malati portati a lazz.to 21
a 18. Morti nella città 27
Morti nel lazzaretto 19
Malati portati a lazz.to 4
a 19. Morti nella città 17
Morti nel lazzaretto 16
Malati portati a lazz.to 8
a 20. Morti nella città 26
Morti nel lazzaretto 16
Malati portati a lazz.to 3
a 21. Morti nella città 22
Morti nel lazzaretto 11
Malati portati a lazz.to s
a 22. Morti nella città 31
Morti nel lazzaretto 12
Malati portati a lazz.to 11
a 23. Morti nella città 10
Morti nel lazzaretto 8
a 24.
a 25.
a 26.
a 27.
a 28.
a 29.
a 30.
a 31.
a p."
a 2.
a 3.
a 4.
a 6.
Malati portati a lazz.to
6
Morti nella città
34
Morti nel lazzaretto
14
.Malati portati a lazz.to
4
Morti nella città
21
Morti nel lazzaretto
18
Malati portati a lazz.to
1
Morti nella città
22
Morti nel lazzaretto
18
Malati portati a lazz.to
8
Morti nella città
22
.Morti nel lazzaretto
14
Malati [jortati a lazz.to
4
Morti nella città
16
Morti nel lazzaretto
17
Malati portati a lazz.to
0
Morti nella città
25
Morti nel lazzaretto
31
Malati portati a lazz.to
.")
Morti nella città
21
Morti nel lazzaretto
12
Malati jmrtHti a lazz.to
1
Morti nella città
12
Morti nel lazzaretto
26
Malati portati a lazz.to
4
Nov. Morti nella città
14
Morti nel lazzaretto
28
Malati portati a lazz.to
2
Morti nella città
21
Morti nel lazzaretto
16
Malati portati a lazz.to
5
Morti nella città
34
Morti nel lazzaretto
13
Malati portati a lazz.to
2
Morti nella città
21
Morti nel lazzaretto
16
Malati portati a lazz.to
5
Morti nella città
14
Morti nel lazzaretto
23
Malati portati a lazz.to
2
Morti nella città
4
Molti nel lazzaretto
13
Malati portati a lazz.to
3
268
MISCELLANEA
a 8.
a 9.
aio.
a IL
a 12.
a 13.
a 14.
alò.
a 16.
a 17.
a 18.
a 19.
a 20.
a 21
Morti uella città
22
Morti nel lazzaretti)
10
Malati portiiti a lazz.to
3
Morti nella città
12
Morti nel lazzaretto
16
Malati portati a lazz.to
4
Morti nella città
22
Mortì nel lazzaretto
15
Malati portati a lazz.to
4
Morti nella citt.n
20
Morti nel lazzaretto
15
Malati portati a lazz.to
2
Morti nella città
2
Morti nel lazzaretto
3
Malati portati a lazz.to
7
Morti nella città
2
Morti nel lazzaretto
8
Malati portati a lazz.to
8
Morti nella città
7
Morti nel lazzaretto
7
Malati portati a lazz.to
4
Morti uella città
ó
Morti nel lazzaretto
3
Malati portati a lazz.to
6
Morti nella città
3
Morti nel lazzaretto
8
Malati portati a lazz.to
4
Morti nella città
9
Morti nel lazzaretto
4
Malati portati a lazz.to
10
Morti nella (ritta
9
Morti nel lazzaretto
2
Malati portati a lazz.to
4
Morti nella città
,5
Morti nel lazzaretto
10
Malati portati a lazz.to
i>
Morti nella città
6
Morti nel lazzaretto
II
Malati portati a lazz.t«>
10
Morti nella città
;{
Morti nel lazzaretto
7
Malati portati n la/./.to
1
Morti nella citta
4
a 22.
a 23.
a 24.
a 25.
a 26.
a 27,
a 28.
a 29.
a 30.
a p.
a 2.
a 3.
a 4.
a T).
Morti nel lazzaretto
15
Malati portati a lazz.to
9
Morti nella città
3
Morti nel lazzaretto
10
Malati portati a lazz.tc»
1
Morti uella città
3
Morti nel lazzaretto
7
Malati portati a lazz.to
ó
Morti uella città
9
Morti nel lazzaretto
11
Malati portati a lazz.to
13
Morti uella città
1
Morti nel lazzaretto
11
Malati portati a lazz.to
7
Morti uella città
5
Morti nel lazzaretto
10
Malati portati a lazz.to
6
Morti della città
2
Morti nel lazzai'etto
8
Malati portati a lazz.to
8
Morti nella città
1
Morti nel lazzaretto
12
Malati portati a lazz.to
6
Morti uella città
Morti nel lazzaretto
14
M.alati portati a lazz.to
15
Morti nella città
29
Morti nel lazzaretto
8
Malati portati a lazz.to
8
Die. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
18
Malati portati a lazz.to
4
Morti nella città
5
Morti nel lazzaretto
16
Malati portati a lazz.to
9
Morti Uella città
5
Morti nel lazzaretto
9
Malati portati a lazz.to
5
Morti nella città
6
Morti nel lazzaretto
6
Malati portati a lazz.to
1(1
Morti nella città
,">
Morti nel lazzaretto
12
MISCELLANEA
269
Malati
portati a lazz.to
12
a 20.
Morti
nella città
5
a
6.
Morti
nella cittii
8
Morti
nel lazzaretto
14
Morti nel lazzaretto
6
Malati
portati a lazz.to 12
Malati
portati a lazz.to
7
a 21.
Morti
nella città
5
a
7
Morti
nella città
6
Morti
nei lazzaretto
15
Morti
nel lazzaretto
16
Malati
portati a lazz.to 9
Malati
portati a lazz.to
8
a 22.
Morti nella città
16
a
H
Morti
Morti
nella città
nel lazzaretto
9
9
Morti
Malati
nel lazzaretto
portati a lazz.to 12
12
Malati
portati a lazz.to
10
a 23.
Morti
nella città
8
a
9.
Morti
nella città
6
Morti
nel lazzaretto
13
Morti
nel lazzaretto
10
Malati
portati al lazz.to 9
Malati
portati a lazz.to
12
a 24.
Morti nella città
13
a
10.
Morti
nella cittji
10
Morti
nel lazzaretto
10
Morti
nel lazzaretto
10
Malati
portati a lazz.to 11
Malati
portati a lazz.to
5
a 25
Morti
nella città
14
a
n
Morti
nella città
s
Morti nel lazzaretto
16
Morti
nel lazzaretto
15
Malati
portati a lazz.to 13
Malati
portati a lazz.to
9
a 26.
Morti
nella città
14
a
12.
Morti nella città
U
Morti nel lazzaretto
14
Morti
nel lazzaretto
20
Malati
portati a lazz.to 20
Malati
portati a lazz.to
n
a 27.
Morti
nella città
19
a
13.
Morti nella città
3
Morti
nel lazzaretto
22
Morti
nel lazzaretto
9
Malati
portati a lazz.to 22
Malati
portati a lazz.to
18
a 28.
Morti nella città
21
w
14.
Morti nella città
5
Morti nel lazzaretto
16
Morti
nel lazzaretto
10
Malati
portati a lazz.to 24
Malati
portati a lazz.to
8
a 29
Morti
nella città
26
a
15.
Morti nella città
10
Morti nel lazzaretto
27
Morti
nel lazzaretto
11
Malati
Ijortati a lazz.to 30
Malati
portati a lazz.to
.")
a 30.
Morti
nella città
17
a
16
Morti nella città
7
Morti nel lazzaretto
16
Morti
nel lazzaretto
13
Malati
portati a lazz.to 29
Malati
portati a lazz.to
8
a 31.
Morti nella città
32
a
17.
Morti nella città
8
Morti
nel lazzaretto
16
Morti
nel lazzaretto
22
Malati
portati a lazz.to 12
Malati
portati a lazz.to
19
ap.o
Genn.
Morti nella città
19
a
18
Morti nella città
14
Morti
nel lazzaretto
22
Morti
nel lazzaretto
17
Malati
portati a lazz.to 30
Malati
portati a lazz.to
9
a 2.
Morti nella città
32
a
19
Morti nella città
73
Morti
nel lazzaretto
25
Morti
nel lazzaretto
27
Malati
portati a lazz.to 30
Malati
portati a lazz.to 17
a 3,
Morti nella città
42
270
MISCELLANEI.
Morti nel lazzaretto
25
Malati portati a lazz.to
36
Malati portati a lazz.to 24
a 18.
Morti nella città
45
a
4
Morti nella città
38
Morti nel lazz.to
38
Morti nel lazzaretto
44
Malati por.ti al lazz.to
27
Malati portati a lazz.to 28
a 19.
Morti nella città
41
a
5.
Morti nella città
29
Morti nel lazz.to
•
20
Morti nel lazzaretto
21
Malati por.ti a lazz.to
30
Malati portati a lazz.to 22
a 20.
Morti nella città
43
a
6.
Morti nella città
35
Morti nel lazzaretto
23
Morti nel lazzaretto
26
Malati portati a lazz.to 15
Malati portati a lazz.to 20
a 21.
Morti nella città
40
a
7.
Morti nella città
21
Morti nel lazzaretto
22
Morti nel lazzaretto
19
Malati portati a lazz.to
27
Malati portati a lazz.to 24
a 22.
Morti nella città
50
a
8.
Morti nella città
47
Morti nel lazzaretto
41
Morti nel lazzaretti)
19
Malati portati a lazz.to
27
Malati portati a lazz.to 33
a 23.
Morti nella città
37
a
9.
Morti nella città
38
Morti nel lazzaretto
36
Morti nel lazzaretto
20
Malati portati a lazz.to
28
Malati portati a lazz.to 36
a 24.
Morti nella città
50
a
10.
Morti nella città
45
Morti al lazzaretto
31
Morti nel lazzaretto
28
Malati portati a lazz.to
36
Malati portati a lazz.to 25
a 25.
Morti nella città
41
a
n.
Morti nella città
46
Morti nel lazzaretto
17
Morti nel lazzaretto
25
Malati portati a lazz.to 31
Malati portati a lazz.to 40
a 26.
Morti nella città
44
a
12
Morti nella città
46
Morti nel lazzaretto
26
%
Morti nel lazzaretto
25
Malati portati a lazz.to
30
Malati portati a lazz.to 39
a 27
Morti nella città
36
a
13.
Morti nella città
46
Morti nel lazzaretto
31
Morti nel lazzaretto
22
Malati porUiti a lazz.to
41
Malati portati a lazz.to 36
a 28.
Morti nella città
39
a
14
Morti nella città
52
Morti nel lazzaretto
28
Morti nel lazzaretto
31
Malati ])ortati a lazz.to
27
Malati portati a lazz.to 31
a 29
Morti nella città
31
a
15
Morti nella città
30
Morti nel lazzaretto
28
Morti n«'l lazzaretto
22
Malati portati a lazz.to
30
Malati [xutati a lazz.to 20
a 3(
. Morti nella <!Ìt(à
49
a
1«
Morti nella città
57
Morti al lazzaretto
23
.Morti liei lazzaretto
33
Malati portati a lazz.to
49
Malati portati a lazz.to 27
a 31
Morti nella città
35
a
17
Morti nella città
(K)
Morti nel lazzaretto
44
Morti nel lu//arett«>
18
Malati pollati a lazz.to
38
MISCELLANEA 271
a
p.o
di Febb. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
33
22
Morti nel lazz.to
Malati portati a lazz.to 16
33
Malati portati a lazz.to 25
a 16.
Morti nella città
22
a
2.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
30
30
Morti nel lazz.to
Malati por.ti nel lazz.to 16
38
Malati portati a lazz.to 35
a 17
Morti nella città
33
a
3.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
40
42
Morti nel lazz.to
Malati por.ti al lazz.to 19
12
Malati portati a lazz.to 24
a 18.
Morti nella città
19
a
4.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
32
15
Morti nel lazz.to
Malati por.ti nel lazz.to 15
27
Malati portati a lazz.to 38
a 20.
Morti nella città
23
a
5.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
41
28
Morti nel lazz.to
Malati por.ti al lazz.to 22
19
Malati portati a lazz.to 27
a 21
Morti nella città
20
a
6.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
39
35
Morti nel lazz.to
Malati por.ti nel lazz.to 24
26
Malati portati a lazz.to 39
a 22.
MorM nella città
13
a
7.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
34
26
Morti nel lazz.to
Malati por.ti al lazz.to 26
16
Malati portati a lazz.to 4()
a 23.
Morti nella città
26
a
8.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
37
80
Morti nel lazz.to
Malati por.ti al lazz.to 25
28
Malati portati a lazz.to 23
a 24.
Morti nella cittii
22
a
9.
Morti nella città
Morti nel lazzaretto
28
35
Morti nel lazz.to
Malati i)or.ti al lazz.to 27
12
Malati portati a lazz.to 31
a 25.
Morti nella città
18
a
10.
Morti nella città
Morti al lazzaretto
38
32
Morti nel lazz.to
Malati por.ti al lazz.to 27
32
Malati por.ti al lazz.to 37
a 26.
Morti nella città
25
a
11
Morti nella cittii
Morti nel lazz.to
27
25
Morti nel lazz.to
Malati por.ti al lazz.to 84
20
Malati por.ti nel lazz.to 37
a 27
Morti nella città
26
a
12
Morti nella città
Morti nel lazz.to
25
3(>
Morti nel lazz.to
Malati por.ti al lazz.to 32
15
Malati por.ti al lazz.to 33
a 28.
Morti nella cittii
24
a
13
Morti nella città
Morti al lazz.to
25
29
Morti nel lazz.to
Malati por.ti al lazz.to 34
18
Malati portati a lazz.to iO
ap.o
Marzo. Morti nella città
28
a
14
Morti nella città
Morti nel lazz.to
31
33
Morti nel lazz.to
Malati portati a lazz.to 26
26
Malati por.ti al lazz.to 12
a 2.
Morti nella città
21
a
15
Morti nella città
24
Morti nel lazz.to
27
272
MISCELLANEA
Malati por.ti al lazz.t^ 34
a 3. Morti nella città 18
Morti nel lazz.to 23
Malati por.ti al lazz.to 22
li 4. Morti nella città 12
Morti nel lazz.to 23
Malati por.ti al lazz.to 24
n 5. Morti nella città 18
Morti nel lazz.to 22
Mali! ti por.ti al lazz.to 20
a 6. "Morti nella città 10
Morti nel lazz.to 16
Malati por.ti al lazz.to 21
a 7. Morti nella città 15
Morti nel lazz.to 17
Malati por.ti al lazz.to 17
a 8. Morti nella città 21
Morti nel lazz.to 28
Malati por.ti al lazz.to l(i
a 9. Morti nella città 20
Morti nel lazz.to 19
Malati por.ti al lazz.to 17
a 10. Morti nella città U»
Morti nel lazz.to 1(»
Malati por.ti al lazz.to 2(5
a 11. Morti nella città l)
Morti nel lazz.to 27
Malati por.ti al lazz.to 24
a 12. Morti nella città 17
Morti al lazz.to IH
Malati por.ti al lazz.to 22
a 13. Morti nella città ÌH
Morti nel lazz.to 27
Malati por.ti al lazz.to 23
a 14. Morti nella cittii 16
Morti nel lazz.to 27
Malati por.ti al lazz.to 13
a 15. Morti nella città 16
Morti nel lazz.to 1]
Malati iM)r.ti al lazz.to 13
16. Morti nella città 11
.Morti nel la/z.to IS
Malati por.ti a lazz.Lu 2H
a 17. ^lorti nella città 20
Morti nel lazz.to 16
Malati por.ti a lazz.to 14
a 18. Morti nella città 20
Morti nel lazz.to 16
Malati por.ti al lazz.tto lo
a 19. Morti nella città 9
Morti nel lazz.to 3
Malati por.ti a lazz.to 18
a 20. Morti nella città 17
Morti nel lazz.to 21
Malati por.ti a lazz.to 15
lì 21 . Morti nella città 13
Morti nel lazz.to 14
Malati por.ti a lazz.to 5
a 22. Morti nella città 11
Morti nel lazz.to 22
Malati por.ti a lazz.to 14
a 23. Morti nella città 11
•Morti nel lazz.to 10
Malati portati a lazz.to 14
a 24. Morti nella città 14
Morti nel lazz.to 9
Malati por.ti a lazz.to 14
a 2'). Morti nella città 10
Morti nel lazz.to 13
Malati por.ti a lazz.to 14
a 26. Morti nella città 11
Morti al lazz.to 34
Malati por.ti al lazz.to 21
a L'7. Morti nella città 8
Morti nel lazz. 8
Malati i)or.ti al lazz.to 12
a 2S. Morti nella città ")
Morti nel lazz.to 9
Malati ))or.ti a lazz.to 12
a 29. .Morti nella città 13
Morti nel lazz.to 20
Malati por.ti a lazz.to 13
a 30. Morti nella città 3(5
Morti al lazz.to io
Malati por.ti a lazz.to 12
a 31. Morti jiellu città 7
MlSCELLANRi.
273
Morti nel lazz.to
Malati por. ti a lazz.to 4
a 1. Aprile. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati por.ti a lazz.to 4
a 2. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati por.ti a lazz.to l(i
a 3. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati por.ti a lazz.to (!
a 4. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati por.ti a lazz.to <i
a ó. Morti nella città
Morti a lazz.to
Malati por.ti a lazz.to ó
a ti. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati por.ti a lazz.to 2
a 7. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati portati a lazz.to 11
a 8. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati por.ti a lazz.to .'>
a 9. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati por.ti a lazz.to 1>
a 10. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati por.ti a lazz.to 10
a n. Morti nella città
Morti nel lazz.to
Malati por.ti a lazz.to .")
a 12. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 10
a 13. Morti nella citrà
Morti nel lazzaretto
Malati portjiti a lazz.to 7
a 14. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
14
14
13
13
15
10
16
13
8
10
15
2
5
7
11
4
6
9
17
4
5
4
11
10
2
6
Malati portati a lazz.to 7
a 15. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 10
a 16. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 6
a 17. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to s
a 18. Morti nella città
.Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to
a 19. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to t»
a 20. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 2
a 21 . Morti nella città
Morti nel lazzaretti»
Malati portati a lazz.to 4
a 22. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 1
a 23. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 1
a 24. .Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 1
a 25. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 4
a 26. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to H
a 27. Morti della città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 2
a 28. Morti nella città
Morti nel lazzaretto
Malati portati a lazz.to 2
13
6
15
3
12
5
6
6
8
4
8
3
2
6
4
4
8
2
6
1
12
274
MISCELLANEA
a
29,
Morti nella città
1
Morti nel lazzaretto
6
Morti
nel lazzaretto
4
Malati
portati a lazz.to
3
Malati
portati a lazz.to
3
a 14.
Morti
nella cittsi
0
a
30.
Morti
nella città
1
Morti nel lazzaretto
5
Morti nel lazzaretto
7
Malati
portati a lazz.to
2
Malati
portati a lazz.to
4
a 15.
Morti
nella città
7
a
p.o
Mag.
Morti nella città
2
Morti nel lazzaretto
10
Morti
nel lazzaretto
6
Malati
portati a lazz.to
6
Malati
portati a lazz.to
4
aie.
Morti nella città
0
a
2.
Morti
nella città
8
_
Morti
nel lazzaretto
5
Morti
nel lazzaretto
6
Malati
portati a lazz.to
4
Malati
portati a lazz.to
4
a 17.
Morti nella città
4
a
3.
Morti
nella città
8
Morti
nel lazzaretto
2
Morti
nel lazzaretto
4
Malati
portati a lazz.to
3
Malati
portati a lazz.to
3
a 18.
Morti nella città
6
a
4.
Morti nella città
10
Morti nel lazzaretto
8
Morti
nel lazzaretto
0
Malati
portati a lazz.to
5
Malati
portati a lazz.to
2
aio.
Morti nella città
6
a
5.
Morti
nella città
10
Morti
nel lazzaretto
.5
Morti
nel lazzaretto
8
.
Malati
portati a lazz.to
3
Malati
por.ti a lazz.to
4
a 20.
Morti nella città
7
a
6.
Morti nella città
2
Morti
nel lazzaretto
0
Morti
nel lazz.to
5
Malati
portati a lazz.to
0
Malati
por.ti al lazz.to
6
a 21
Morti nella città
4
a
7
Morti
nella città
7
Morti
nel lazzaretto
^^
Morti
nel lazzaretto
12
Malati
portati a lazz.to
2
Malati
portati a lazz.to
3
a 22
Morti
nella città
8
a
8,
Morti
nella città
0
Morti
nel lazzaretto
3
Morti
nel lazzaretto
3
Malati
portati a lazz.to
2
Maliiti
l>ortati a lazz.to
2
a 23
Morti nella città
10
a
9.
Morti
nella città
8
Morti
nel lazzaretto
12
Morti
nel lazzaretto
12
Malati
portati a lazz.to
4
Malati
portati a lazz.to
3
a 24.
Morti
nella città
0
a
10.
Morti
nella città
6
Morti
nel lazzaretto
12
/
Morti
nel lazzaretto
n
Malati
portati a lazz.to
2
Malati
portati a lazz.to
4
a 2.').
Morti
nella città
8
a
11.
Morti
Morti
nella città
nel lazzaretto
()
Morti
Malati
nel lazzaretto
port^iti a la/z.to
3
6
Malati
portati a lazz.to
4
a 26
Morti
nella città
14
a
12.
Morti
nella città
2
Morti
nel lazzaretto
12
Morti
al lazzaretti)
ft
Malati
portati a lazz.to
0
Miilati
|»<»rtati a laz/.to
0
a 27
Morti
nella città
0
a
13.
Morti
nt-lla città
8
*
.Vl<»rli
nel ia/zuretto
4
MISCELLANEA
275
Malati
portati a lazz.to
3
Morti
nel lazz.to
5
a 28
Morti
nella città
6
Malati
por.ti al lazz.to
0
Morti
nel lazzaretto
10
a 12
Morti
nella città
3
Malati
portati a lazz.to
5
Morti nel lazz.to
2
Il 29
Morti
nella città
7
Malat
i i)or.ti nel lazz.to
1
Morti
nel lazzaretto
5
a 13
Morti
nella città
5
Malati
portati a lazz.to
3
Morti
nel lazz.to
2
a 30
alerti
nella città
10
Malati
por.ti nel lazz.to
2
Morti
nel lazzaretto
12
a 14
Morti
nella città
6
Malati
portati a lazz.to
2
Morti
nel lazz.to
10
a 31
Morti
nella città
0
Malati
por.ti al lazz.to
0
Morti
nel lazzaretto
10
a lo
Morti
nella città
7
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
al lazzaretto
2
a !).«
Giug.
Morti nella città
6
Malati
portati a lazz.t4>
0
Morti
nel lazzaretto
12
a ]6
Morti
nella città
0
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
nel lazzaretto
1
a 2
Morti
nella città
4
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
nel lazzaretto
8
a 17
Morti
nella città
2
Malati
portati a lazz.to
1
Morti nel lazzaretto
3
a 3
Morti nella citrà
.>
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
nel lazzaretto
2
a 18.
Morti
nella città
4
Malati
portati a lazz.to
4
Morti
al lazzaretto
H
a 4.
Morti nella città
0
Malati
portici a lazz.to
0
Morti
nel lazzaretto
2
a 19.
Morti
nella città
0
Malati
portati a lazz.to
1
Morti
al lazzaretto
2
a 5.
Morti nella città
0
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
nel lazzaretto
8
a 20.
Morti
nella città
1
Malati
pju-tati a lazz.to
2
.Morti
nel lazzaretto
4
a 6.
Morti nella città
3
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
nel lazzaretto
i)
a 21.
Morti
nella città
0
Malati
portati a lazz.to
1
Morti
nel lazzaretto
3
a 7.
Morti
nella città
3
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
al lazz.to
tì
a 22.
Morti
nella città
0
Malati
por. ti al lazz.to
3
Morti
nel lazzaretto
3
a 8.
Morti nella Città
7
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
nel lazz.to
12
a 23.
Morti nella città
4
Malati
por. ti nel lazz.to
3
Morti
nella città
5
a 9.
Morti
nella città
0
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
nel lazz.to
12
a 24.
Morti
nella città
0
Malati
por. ti nel lazz.to
6
Morti nel lazzaretto
3
aio.
Morti
nella città
0
Malati
portati a lazz.to
0
Morti
nel lazz.to
3
a 25.
Morti
nella città
0
Malati
por.ti nel lazz.to
2
Morti nel lazzaretto
2
ali.
Morti nella citt
2
Malati
poitati a lazz.to
0
276 MISCELLANEA
Li Religiosi morti, che attuahiiente in detto tempo
servivano gl'appcstati, de diverse Religioni fumo . n. 95
Et quelli che sono morti fuori del servizio . . » 86
Medici fisici . » 15
Barbieri e Ciruggici . » 110
Xell'Hospitale vi morsero di peste 3 Cappu(;cini, 3 A-
gouizauti , 3 Sacerdoti che amministravano li Sacramenti,
un Infermiero Sacerdote, e tra Officiali et servidori n. (50^
siche sono ' » 70
Sono tutti li morti di peste, dalli 23 di Giugno 1024
sino a dì 25 di Giugno 1025, sono .... » 12273
Le case barreggiate in tutta la Città in detto tempo » 15000
Le famiglie del tutto estinte sono ...» 250
Li beccamorti e servitori morti in Lazzaretto sono » 550
Fumo barreggiati quasi tutti li Conventi di Religiosi, alcuni
tre et quattro volte per scoprirsi fra loro (gualche appestato, fuor
che li Padri Teatini, et Padri Ministri degl'Infermi; nui li Mo-
nasterij di monache nessuno. Fumo barreggiate in tutta la piana
di Palermo, ville n. 05
Teneva la Città, per bisogno degl'Appcstati 12 Carrozzoni per
IMgliare le robe degli barreggiati, et ciasceduno ha ve va dui coc-
chieri, et quattro facchini, quali tiravano per ciascheduno 5 tari
di quella moneta, et di più dui Assistenti et un Commissario, per
fare ripertorio della roba: li dui Assistenti havevano 8 tari per
uno, et il Commissario 6. Teneva 4 carrozzoni per portare ad ab-
bruggiare le robe appestati, e con li facchini, Assistenti, Commis-
sario, come di sopra, con l'istesso salario.
Teneva (quattro cocchi et altretante segette, et per ciascheduno
dui cocchieri e dui beccamorti, et così le segette : et tiravano 6
tari per tino il di con suoi Assistenti ; et 4 soldati per ciasche-
«luuo, quali tiravano due tari il giorno, ma gl'Assistenti 0.
Teneva <|uattro (carrozzoni <la morti con 12 beccamorti, a 8
tari il giorno per uno.
Teneva anco 0 carrozzoni da mondezza |)ei" pigliare le imon-
(lezze dalle case ì)arreggiate, con sei Aggiu(anti «'he tiravano per
uno 6 tari il giorno, con Assistenti et Commissario, come disopra.
MISCELLANEA 277
Breve Keìatione (iella Fenia che ni feee flalla Città di Palermo quando
fu condotto il corpo di !Santa h'osole<t per essa, che fu a 7 di Gin-
(jno 162 ò.
Kic(»iio>sc<iiido la Città hjivcr ricevuto la j>Tatia i>er inttTces-
■sioue <li 8anta lioisolea, come grata di si gran benetìcio, fece una
sontuosissima festa non solo essa Città ma anco tutte le Natioui
che in (jnella si trovavano, cioè: la Genovese, Catalana et Fio-
rentina; et così la Città molti mesi prima cominciò un sontuoso
Arco trionfale nel centro delia CittA, in quel luogo dove la divide
in 4 quartieri , e si scopre in 4 jiarti; e detto Arco fu di tanta
maestà, et grandezza, che si può più lodare col silentio che dire
<li esso alcuna C(.sa, perchè «reminenza eccedeva sopra tutta l'al-
tezza de palazzi della Città i>iù di 60 palmi , nella sommità, del
«piale con artilìcio mirabile sta^a la Santa con la grandezza ne-
cessaria in tanta altezza, che aggitata dal vento dolcemente si
volgea hor da un quartiere, hor da un altro con allegrezza incre-
dibile di tutti li cittadini. Kra questo Arco sostenuto da 36 co-
lonne di grandezza che con difficoltà un huomo l'averla abbrac-
ciato, tutte coverte di tela d'oro, con suoi cornicioni e soffittato
tutto dell' istessa tela d' oro , girato di suoi balaustri , adornati
Uìggiadrissimamente ; seipiitando appresso un altr' ordine di co-
lonne pur dell' istessa maniera addobbate , ma di più leggiadro
(iolore, con i suoi archi, ben divisi, et a ciascun cantone il suo
Santo Padrone dipinto; e sopm, un altro ordine di colonne, che
tingeva una bellissima loggietta con suoi ornamenti a meraviglia;
gli dava jwi linimento «juattro menzoloni tutti d' argento , che
riempiva talmente la vista, che non se gli i)oteva dare un mìnimo
pecco. Era circondato da 100 statue al naturale di devotissime
storie con altri addobbamenti, che solo col tacere mi par lodare
le sue grandezze , lasciando la consideratione a giuditiosi ; dirò
solo che la spesa ascese a 18 mila scudi.
La Catione (lenovese fiM-e il suo Arco all' incontro la Chiesa
Maggiore benissimo ad<lobbato di colonne, statue et coloreggiato
con molti colori; nell'istessa strada lontano abastanza da quello
Ardi. Star. Sic. N. 8. Auuo XXX. 19
278 MISCELLANEA
della Città, v'era l'arco trionfale della Xatioue Catalana, bello,
ma <li color rosso, e nella somità la Madonna di Monserrato. Alla
Porta dfdla marina, vi era quello della Catione Fiorentina, non
meno bello dell'altre Cationi, :ua tutto bianco con statue et come
gl'altri. Fra la Natione Catalana e Fiorentina vi fu la Napolitana,
che s\ ben non gli fu concesso far Arco trionfale come l'altre Na-
tioni atteso haverebbe apportato confusione nella strada per es-
serne divisi questi quattro uno lontano d'altro, nulladin«eno fece
anco il suo, appoggiato al muro di ISanto Giovanni Battista loro
chiesa, che al parere di tutti fu giudicato il più bello e curioso;
poiché non contento d'haver fatto il suo xVrco collonnato, et con
cornicioni ben addobbato, fece nel mezzo un cielo che pareva il
Paradiso, là dove nel passar la Santa discese un Angelo artiftcio-
samente che gli metteva una corona in testa, con farli un dona-
tivo d'un lami)a(laro d' argento di valore di 300 scudi. Altri fe-
cero diversi giochi d'acque et altre belle cose.
Venuto il tempo della Processione, turno 15 giorni prima in-
timate tutte le Compagnie e tutti gl'i^cclesiastici non essenti dalle
processioni, che dovessero per il giorno i)reciso trovarsi tutti con
torcie. Vi fumo anco li Magistrati tutti addobbati a meraviglia,
vi fu gran numero d'orfani che gl'era morto il padre et la madre,
che da diverse Signore fumo vestiti. 1 Keligiosi tutti dovevano
l)ortare qualche inventione dinotante cpuilche trionfo della Santa.
MS le Compagnie pare eccedessero i termini, mostrando le loro
grandezze, e quel che rese meraviglia fumo gl'altari che fecero
tutte le Religioni pei- dove i)assava la Santa., essendo tutte le mu-
raglia parate dal tetto sino a terra di paramenti, che fu cosa da
8tapire come fussero tanti jiaramenti in quella Città in simil
tempo, et chi non haveva i)aramenti parò di quadri, mortelle ecc.
(^'Ominciò la Processione ad uscire la matiua, e se raccolse a
mezza notte, e fu opinione ci fuss<5ro state da 25000 torc-ie, senza
le candele de Religiosi. Xelhi processione si tenn<M]uest'ordine:
Prima di tutti andavano molto alla grande li I)ei>utati della
Sanità <'on il suo Armirante avanti. Seguiva ccm (juesto una
gmn compagnia di Gentilhnomini con torcie, e durante detta fe-
sta fnrno levati tutti li scorucci. Seguivaiu) poi le Compagnie,
che ascesero al num(>ro di !>7 ; ciascuna (/ompagnia pollava S
iiuoinini vestiti pomposissimamente, dui porta\ano <|iial(li(' in-
ventione, «lui portavano un Stendanlo <(»n suoi stivaletti d'ar-
MISCELLANEA 279
geuto, dui tenevano li tioechi «lei Stendardo, e dui altri segui-
tavano appresso, fra loro facendo a gara ehi poteva portare il
più nobile e bello e ricco, in in(»<l(» che vi fu Stendardo tutto
pizzato d'arj^ento massiccio; quali turno lasciati la majifgior parte
alla Chiesa. Seguitava poi una gran moltitudine de Nobiltà con
le torcie et appresso gl'Orfanelli cioè le Fanciulle supradette di
gran numero, ciascheduno con la sua inveutione al fine, siguitìcando
qualche cosa della Santa. Seguitavano poi l'Orfanelli maschi; e
tiualniente comin<5Ìorno i Religiosi, i)ortando tutti a gara al fine
(|ualche bel pensiero fabricato soiu-a una Bara. Quali finiti, venne
il Olerò, che arri vorno (;irca 1700 tra Sacerdoti et Chierici; et in
li uè veniva la Cassa di detta Santa sotto un baldacchino portato
(la secolari Titolati che a viceiula s'andavano candjiando, et ap-
liresso il Signore Cardinale come V'icerè accompagnato da tutti li
Supremi Magistrati. 1 fochi artifi(!Ìali se ne viddero in gran copia
per tutta la Città; oltre, si sparorno tutte 1' artigliarie; et in par-
ticola le dal Signore Cardinale fu fatto un Castello avanti la Chiesa
Maggiore di bellissimo artilicio, dove concorse la maggior parte
«Iella Città; et gl'Archi trionfali erano tutti pieni di lumi di torcie
et musiche, come erano quasi tutte le finestre dove passava detta
Processione di notte, in modo che le strade lucevano come mezzo
giorno, mostiando ciascheduno gran segno d'allegre/za e conao-
latione. 11 giorno sequente il Pretore fece un altro Castello con
4 j»iramidi di fuoco artificiale fuor della Città alla marina, dove
fu presente non solo il Senato, ma il Sigiuu'e Cardinale con tutta
la Nobiltà; et poi ritirato in strada Colonna, dove era preparata)
la sortice e steccato (1); e doppo esser rotte dalla Nobiltà a gara con
leggiadrissimi vestiti da liOO lanze, corsero la sortice più volte; e
ciò fluito, si ritirorno in Palazzo del Sigu«u-e (Jardinale; e si fece
la Cavalcata delle torcie circa 3 hore di notte, che girorno tutta
la città cavalcando anco il Signore ( ■ardinale, tutti con le torce
in mano, et era tanta l'allegrezza ili ciascuno, <*he non capeva
(1) Sortice , più « oimiUBimiili* SorlisHa , dicevasi il gioco dell'Anello,
solito farsi iu giostra , per il quale ctV. il mio lavoretto : La Comjraja-
zione dei Cavalieri (V Arme « le pubbliche Giontre in Palermo nel secolo
XVI (Palermo, Montaina, 1877).
280 MISCELLANEA
dentro i suoi pauui; et cosi seguitorno due altre sere, e si diede
line al Trionfo ecc.
Finita detta Festa uon si scuoprinio \nh uè morti uè amuialati
di peste, tanto nella Città quanto nel Lazzaretto, si che essendo
caminato così un mese in circa e tatto ciò manifesto a tutto il
Regno, fu [)Osta la Città a fare la quarautaua; (piale finita, al line
di Settembre le fu data la prattica per il Kegno et an(;o fuori
in alcune città, salvo la Città di Messina volendo osservare il
suo Priv^ileggio di dar la prattica sei mesi dopo l'altri ; e così data
la prattica mi partii a primo di ottobre, et benché havesse qual-
che difficoltà tanto nelle città del Regno come fuori, doppo aver
viste le patenti mi davano la prattica ; et a 15 di detto mese
giunsi in Napoli , dove in conto nessuno non mi volsero dar la
prattica, et mi posero a far la quarautaua nel Capo di Posilipo con
tutta la felluca, et 10 giorni [dopo] diedero prattica alla persona,
essendo venuti i l)ei)utati et li Medici con voler veder la persona,
e da lì a 15 giorni diedero anco le robbe. E dop])o eh' io ero in
Napoli, mi S(;rissero da Palermo che per oc(;asione d'alciuie robe
s'era rinovata la peste; ma Dio lodato, durò i)oco, siche alli 2H
fumo liberi a fatto per sempre.
Laus Dea et Beatae Mariae Virgini.s av ISaìictae Kosoleae.
Relatione di ISanta Eosolea.
Si ritrovò nel Monte Pellegrino il corpo dì Santa Kosolea a
14 di Luglio 1024, nel (luel monte è un Conventolo di Santa Lucia,
et appresso di esso una grotta , che oltre vi sorge una lim])ida
fontanella, stilla per tutte le i>arti acqua. In detta grotta dicono,
che in Inibito pellegrino facesse penitenza detta Santa, che perciò
si chiamassse Monte de Pellegrini, e per traditione si teneva, che
ivi fosse il suo corpo, essendo, questa, dama della Regina Mar-
gherita, e patrona dilla <letta inoiitagiia, <|iial la <lonò alla (Uttà
et lioggi e suo Patrimonio, dove sono a. 470, die ivi era sepolta,
Herbatidola nostra Santa per iMMisolar questo alllitto popolo, che
atterrito, e spaventato se ne stava aspettando ciascheduno il tiu
MISCELLANEA 281
dilla sua vita con il castigo dil contagio; et ecco la pietà d'Iddio
benedetto, che per consolarlo gli scopre questa divina luce, ad
occasione che quattro huomini panorniitani, messinesi e napoli-
tani, s'unirno per cavare in detta grotta un thesoro, che fu a
12 di luglio suddetto; e comuainciorno a cavare, e trovorno due
corpi morti, li quali si dice essere di due novitij di quelli fratri
di Santa Lucia; e cavato i)iù profondamente, a 14 di detto mese
scoversero una bellissima ballata (1), s'avviddero che vi stava se-
polta una morta, e scoverta la testa connobbero esser di donna ; e
vista dal Priore di detto Convento, |)rorruppe più con ispiratione
divina, che humana: Questo è il corpo di Santa Rosolea. E subito
calato alla Città ne diede ragguaglio a Sua Altezza buona memoria,
al Signor Cardinale, et al Senato; e fu spedito dal Signor Cardinale
Don Vincenzo di Domenici persona a Ini molto confidente e d'au-
torità, e con esso Don Daniele fiscale della sua Corte, e la Città
vi mandò un Giurato , che fu Don Giuseppe dil Bosco et Ara-
gona, et altri Officiali in com])agnia; et arrivati al tardi sopra, il
loco carcerorno i (juattro che cavavano , e poi fatto (;avare con
destrezza la ballata trovorno che gocciando l'acqua, l'arena s'era
congeliate insieme con il corpo, clie furono forzati chiamar i so^ir-
pellini e cavar l'ossa a i)elli a pelli (2) e con essi le pietre attaccate;
e fatto poi diligenza esipiisita, non trovorno segno nessuno per
lo quale s'assicurassero che fosse detta Santa ; e così la calorno
nel Palazzo del Signor Cardinale a 15 di detto mese , dove al
presente si conserva ben custodita; ma fu cosa maravigliosa, che
parve una voce divina 1' andasse publicando per la Città , e si
vidde nel popolo universal allegrezza, ripieni tutti di grandissima
confidenza di esser presto liberati dal contagio; uè furono defrau-
dati, poiché dall'hora in poi si è visto sempre andar sminuendo
il male ; e tutto questo fu prima , che fosse calata nella Città.
Restò gran dubio nel Signor Cardinale, Sua Altezza, Città e savij
di essa, non essendosi trovata (;osa certa che fosse detta Santa ;
ma furono presto da tal dubio liberati, poiché le pietre et acque
tolte da sue Sante Reliquie comminciorno a fare uiolti e stupendi
iiìiracoli in tanta (luantità, che strinsero il Prelato a pigliarne
(1) Ballata =z balata, cioè : lastrone.
(2) A strato a strato, levando le sottili lamine ili incrostazione calcare*
282 MISCELLANEA
essatte infoiiuationi, come si t* fatto, e ia di continuo |)ei' man-
darle poi alla Santità di nostn» Signore, acci») da <| nella Santa
Sede sia dichiarata. Fra tanto si reputa beato chi [)U() haN'cre
\\n poco delle sue ossa. Fu celebrata la sua festa a 4 di Settembre,
essendosi la sua vigilia fatto universal digiuno, e la sera si vidde
tutta la città fuora, facendosi luminarie per tutte le parti ; né si
sentiva sparar altro, cheartigliaria,archibuggi, folgori e maschi (1)
che certo rendeva maraviglia a chi lo vedeva; il giorno poi della
sua festa fu guardato come il giorno di Pasca, cantandosi li di-
vini uftìci nella Chiesa Maggiore sollennissimameute; dove coui-
jmrve un Quadro dipinto fatto dalhi (Jittà artificiosamente, poiché
in alto stava dipinta la Santissima Trinità, la Santissima Ver-
gine, sotto de quali dipinta la Città con il Lazzaretto et il Monte
con molti morti per terra, la Santa poi nel mezo con habito pel-
legrino con gli occhi levati alla Santissima Trinità, con le mani
njostrava il suo afHtto ])oi>olo con tanto aiì'etto di devotione che
moveva i duri cori a piangere ; doNc concorse quasi tutta la
Città, e la sera fu fatta una sollenne Pro<!essione e condotto per
buona parte di essa accompagnato da 24 torcioui, et appresso
tutto il Senato non essendo concesso ad altri andarvi per oviare
il male; per dove si vidde la molta pietà e devotione del popolo
per dove detto Quailro passava, <;he genotlessi in terra buttavano
gran <'opia di laciime, et in alcune i>arti non potendo ratfrenare
rimi>eto dilla devotione, gridavano ad alta voce: Signore miseri-
cordia ! E fu ritornato alla Madre Chiesa, dove al presente risiede,
frequentato dal popolo ; et prestissimo si è visto pronto il suo
agiuto , iK)ichè non si scopre cosa di nuovo fuor che nelli bar-
reggiati e molto ik)CO. Piaccia dunque alla Maestà Sua per sua
misericonlia , e per lì meriti di questa gloriosa Santa, liberarne
att'atto diti presente contagio.
Funerale di Sua Altezza Serenmima.
Fu la morte di Sua Altezza Serenissima a .'? di Agosto, e le
SUI' esequie a liO di <letto mese, ch«' liirond nel seguente modo.
(1) Wolgori e maachi, (idiot. mìcìI.), ruzzi u petardi.
MISCELLANEA 383
8i l'e<'e nella (lliiesii Maji<ii<)r(' un l)ellissiiiio Theatro sostenuto
(la .sei colonne^ per suo oniaiuento vi erano (|uattro statue, con
la sua (nii)|)()la ripiena tutta di lumi in bellissima forma , come
anco era il piedistallo, <;ircondato.da torcie in molta quantità ;
inezo del ([uale si repose il tabuto, mentre si cantorno {>li uffici
funerali. Ma per comintnar da (rapo ('oir<M(line deiresseciuie dico :
(die cominciò all'Ave Maria e finì ad bore due di notte, uscendo
prima il (Jai)itano della ('ittsV con la sua ^ramaglia in testa, e
strascino di due canne in circa, accompa};nato da una commitiva
di (Javalieri, appresso de (inali venivano tutti y:li Officiali dilla
Deputatione dil Kej<no nell'istesso modo; seguiva appresso la Na-
tion (ienoese e Catalana, similmente y:raiinna<i;liat(! ; appresso jjli
tratteuiti (1 ) di 8ua Maestà et ( )fììciali d«'lla A'm/ (2), t^on lo Stendardo
rosso, come Capitan Geiuirale; seguendo appresso li creati di Pa-
lazzo con il cavallo clie cavalcava Siut Altezza coperto di negro.
Condnciorno poi li figlioli spersi mascoli e femine (.'>), tutti con can-
dele acces(^ nelle mani a modo di squadrone di soldati. Segui-
vano tutti gli Religiosi dell'istessa nuiniera; seguiva i)OÌ il Clero e
Cannonici, tanto quelli dilla Madre Chiesa, ccune quelli di Palaz-
zo; appresso altri (ìcntilhuomini di Palazzo con torcie alle numi, e
fra essi li Allabardieri. Seguiva appresso la nnisicac(m il doloroso
canto, api)resso il C(n-iK) dentro una (fàscia coperta di veluto car-
iiiesino, e passamanata d'oro, con «lue cbiavature, quale era co-
[)erta con una coltre bianca, che da cajK» a piedi vi erano rica-
mati due ancore, e da lati due liastoni l>ianco e torchino, e so-
pra un cosino , nel ([uale similmente si posavano due bastoni e
nel mezo un stocco ; e detia bara eia [jortata per cerimonia da
sei Marchesi, cioè : Altavilla, Motta, Sambuca, Giarrataua, Mon-
taperto e Gibbilina. Seguiva appresso il Cavalerizzo maggiore, il
Capitan della (Guardia, e tutti li Maggiordomi, e Cavalieri della
Camera; appresso tutti Consigli, come gran Corte, Patrizio e Con-
cistoro tutti grammagliati, appresso li tre Presidenti; seguivano ap-
presso li Mazzieri dilla Città, il Signor Cardinal vestito pavonazzo,
a mandritta il Principe di Villafranca, ed a man man(;a il Pretore,
(1) Trattenni, trHtt(muti, cioè, provvisionati.
(2) Cioè, la Galera Reale, ammiraglia della Squadra di Sicilia.
(3) Spersi eran detti gli Orfani raccolti lu Istituti cittadini di carità.
284 MISCELLANEA
seguitando appresso tutti li Giuiiiti, et altri Officiali della Città;
e finalmente tutta la militia, li stendardi per terra, l'arehibu^gi
alla rovescia e le picche strascinando ; e gionto il corpo alla Ma-
dre Chiesa, fu riposto nel Theatro sopra detto; e detto l'officio vi
stitte tutta la notte in detto loco. La matina seguente si cantò
di nuovo tutto l'officio funerali, presenti tutti li supra ditti gra-
niagliati; al fin del quale fu portata detta cassa dalli supra ditti
Marchesi nel loco di deposito, che è incontro la sacristia appresso
al Sacramento in corno dell' evangelio , posato sopra quatro ar-
pie dorate e circondato da una pallaostrata bianca et indorata,
con un vello di brucato e baldachino freggiato d' oro , come è
similmente coverta la Cassa, tenendo le sue chiavi D. Francesco
di Cordova, aspettando l'ordine di sua Maestà che si debba fare
del corpo , creati e reali ; essendo dopo la morte sua venuto di
Spagna, che li era concisso lo stendardo dil mare in vita, come
anco il regimento di questo Regno da confermarsi da sei in sei
anni, che potesse dare il (lian Priorato a i)ensione a suo piacere
e si potesse maritare <'ou sua nepote figlia dil duca Francesco
di Mantua nepote del Presente.
Appfirato (lU funerale iìU Sereni .sa imo Principe Filiherto.
Nel Duomo della Città di Palermo si paramento di panni negri
la nave di mezzo da capo a piedi all'altezza di palmi .'i2. Nei mezo
della quale si fabricò con mi rabil arte una reggia Pirammide con
questo Hiodello:
Un pedestallo di forma (piadra con ])illastroni a cantinera la-
vomti d'intavolatura. (Jgni facciata era longa palmi 24 alta pai. 12,
circondata di sojjra e di sotto da una cimasa ben lavorata, et il
tutto pareva finissimo ]iiarmo. Nella facciata dirimpetto alhi porta
maggiore, in uno dilli sopm ditti pillastri, in <'iiinpo chiaro scuro
d'ovni finissima da eecellentiasimo pittore fu depinta una impresa
il cui corpo era il Zodiaco, che mostrava solo la Casa del Ijeone,
il quale soprastava il globbo terrestre. L'anima che il pensiero
dichiarava era ({uesta in un cartoccio:
Tu Conien Pliebo.
MISCELLANEA 286
Nell'altro si vedevano due Ancore con loro oncini in aria
pieni di nuvoli, che <l'una parte mandavano acqua, con l'anima
todesca :
Aut tra sport (1).
In mezo detti piln stroni si legg:eva il seguente eintatìo in let-
tera romana grande, che parevano intagliate a forza di scarpello
in tavola marmorea:
Serenmimm Princeps Emanuel Philibertus a Sahaudia, Caroli
Emaìiuelia et Catthariìiae Anstriacae fiUux ah Hispaniarum Rege in-
iluUii' ut insililo Philiiypo III aTuncolo uitiveisac classi et orae inaritima^
Prefeetus, Hiciosolimitanae Militia^, Castellae et Legionis Maynvs
Prior, Sioiliae Prorex, Oneliae Princeps, Marchio Mazzi Augustae
Taurinoram, borio totius reipnblicae Oatolicae nutm, reijia edueatione
apud llispaiws avitae pietatis alumntis, animi et corpo ris puUhr itti -
(line, rnorinn iutcyritate, vitae innocentm, vel infestissimitt hostibus
aiiHibilis, .]ìusis ainicus, rebu^que gestis belli ac pacis artihus clarus,
W24 huinidute saiutis anno, aetatis ìi6, menses 3 , dies 17 agens
Pliilippo fili, amicissimo carissimo regnante , ehu fato immaturo
HI. nonas seuiiles, duin publicar inrigilat saluti, febri Panormi in
Domino ebdorm iv it .
Nella taccia dil lato destro nel primo pillastro l'impresa era
un Uccello con ])ulcini attorno circondato d'ardente fiamma, con
l'anima che diceva in vulgar idioma:
ili'é pia caro il morir.
Nel secondo una Staterà, che una mano in aria la teneva, et
un'altra teniva la verga di essa dritta, sopra l'isola di Sicilia.
L'aniuia con parole greche, che in latina locutione significa-
vano così :
UnicuiqiU' Snum.
Nello spatio di mezze» si leggevano queste parole degne ve-
ramente del carater d'oro :
Celsitudini felicissimi Principis Emanuelis Pkiliberti a Sabaudia,
qui Carolo Emanuele dulcissimo parente posteritatis intuitn sibi co-
niugiuin apparante, ne quid labis candori integerrimae cantitatis ac-
cederei, inortaUtati sublatus, iininoiialitati superstes, apud Coelites
nuptias aeiernilalis sabbaio celebraturus, dolentibus cuncti», illesi
(1) Sic; ma è uu tedesco che uon ni capisce.
286 MISCELLANEA
uxori Ifiuro letissimr fato conceft.sìt. Adfìietissimn,^ Prìnceps Cardi-
nalin loannetinus Daria iSieiliae Prore</i^ tamquain jxirens tanti
Principis ineritis cvltii regio .sxinpto p^uhlico, adfectn maxima, su-
premi o^iij et aniorÌM rr<fo faciendum ciirarit.
Nella terza facciata run pilastro inostiina per sua impresa
un'Albero d'alloro da cui una luauo svolle\a un ramo con quosto
motto :
Fata vocant.
Nell'altro si vedeva uu bellissimo Armellino attorniato di tango
con la sua ben ingegnosa anima :
.Ve quid labis.
Fra questi stavan le seguenti parole in lettere uìaiuscole notate :
Optimo, desideratissimo , suavi^siwo Emanueli Philiberto a Sa-
baudia propugnatori ('atholieae Reli(/ioni.s acerrimo, puhhlicae tran-
quillitatift assertori, niaris numini Siciliae tutellari, virtutia <jloria^
Hupra genu^, snpra fortunam omnium maxima, quid ejn.s au^piviis
plmquam civilis belli facihun cxtinctin, Pyratia debellati,s ac medi-
terraneo pacato, universa respublica feliv fausta, sicura jioruerit,
mole 04} ducta, indicto justitio (f) regiisque expensis imperatorio fu-
nere, pompa, sqìiallore, Panormitana Giritas ohsìta, absque honesta-
tnento nuigitratus, funesto apparata Senatores, maritimarum, et ter-
restrium eopiarum ordine^ atrati , deiectis inMgnibus Duces, velati
lugubribus riciniis domestici, profusis lacrimis, prnitissimi cuncti.
Hispani, Siculi, Sabaudi atquc coeteri dolentes, parentaverunt. Pian-
gile Sicoelides, Religiosissimi Principis pompam Mestitia , L'tct'm ,
Orbitas prosecuuntur.
Nel quarto angolo uno dilli i»ellastri signilìcava una Pianta
di BoHe con un fiore rivolto all'oriente ])ieno d'oscure nubi, che
apena iM>chÌR8Ìnii raggi uscivano fori, la cui anima diceva :
Hev cotuplex mox nulla.
Neil' ultimo pillastro erano depinte due Colonne con corone
di Aopra poste nel mare , et in rnezo di dette una ben guarnita
galera, per motto li posero:
Sabre todo realtad.
U epitaflo , che nel mezo di dette imprese stava , diceva in
qaesta guisa in lingua spagnuola :
Al Serenissimo I*rincipe Infante Emanuel Filiberto dv Sabota,
gran Prior de CastilUi, y Leon, Generalissimo dr la mar, Virrey,
y Capitan (hwral de Sicilia, Prencipe de Oiielia en lo eroico de su
MISCELLANEA 287
(mimo (fenerositad de coxtnmhres, iuocen<;i(i de rida, de kuh progeni-
tore.s explendor. Por hu ìntufntntimidad 1/ tiiodentin , por lox mereei-
mientOH de hhh ohrax, Hey dr loa eorazones de lox Rei/es ; cu medio
de Kii edad, en Im maiores esperan^s de sus aùox para mai/or for-
tuna unia defonto, memoria gloriosa ; xìih excogidos entra la nobleza
de JiJxpagua fielinsimot< amadon espafiolex, Real (Utna, y familia (1).
La (Jiiriasa superiore del detto pedestallo era atorniata di tor-
(ùe grosse di cera bianca al 11. di IfiO.
Sopra l'an«;oli di detto i)edestallo stavano quattro Statue «grandi
vestite alla N'iutale di color giallo oscuro, et ogn'una teneva con
lina mano un stendaretto di seta cariuisina , con l'armi di chi
rai)resentava la statua, con l'altra mano teneva un scudo con
motti.
La prima statua con la taccia alla porta maggiore nell'angolo
destro «la Sjjagna, nello scudo era scritto :
Fjduca rit Uixpan ia .
Qui'Ua di iiiiiii sinistra «M-a Sax'oia, che jtnjprio nel suo scudo
si leggeva :
Sabba tidia addidit
La [)rima «li man «lestra, che guardava l'Aitar maggiore, era
Malta, e mostrava scritto nel suo scudo :
Melita adoptahat.
L'altra di man sinistra, che guardava juire l'Altiìr maggiore,
era Sicilia, con questo motto :
Sicilia e.rtnlit.
Sopra del sudetto pedestallo s'inalzava la Tiramide in forma
seangolare artificiosamente fabricata, ch'era difli<-oltoso giudicare
se era linta, overo macchina marmorea ìntiigliata da valente mae-
stro , essendo <*hc si vcde^'an<^ sei colonne d' ordine composito
scannellate dal terzo in su, et il rimanente lavorato con delica-
tissimi fogliami con sua vasa (2) e cai)iteno, ogni colonna alta pal-
ali 18. Seguiva di sopra la sua architravata scorniciata e frappata,
(1) Resta, <'<)me si vede, sospeso. Nelle Esxeqiiie edite «lai Di Marzo,
segiie così : Maestres de Campo, Ca/dlanes, Miniftfron de utiu 1/ ntra escuela
marìtima y teì'i;eHfre marciale», qve corno a i^ifita de su Rei/ le sirmeron, y
corno ai del Real amparo qiie (jot^an carpcieran le llnrarou.
(2) Vam, base.
288 MISCELLANEA
dalla quale nel vacante d' una colonna all' altra i)cr ogni tacce
pendevano tre festoni di frutti, tiori e frondi finti, a meraviglia
belli di color giallo , due grandi inarcati , et uno picciolo pen-
dente nel mezo ; sopra del <iuale nelP angolo a faccia la porta
maggiore stava una tabella con questo motto :
Maturava opus.
Xella seconda tabella posta in mezo la seconda affaccia tu ci
era questa motto :
Immortalità^ aderit.
Nella terza tabella :
Moi'H erit secnritas.
Nella quarta :
Foenore non funere.
Nella quinta :
Abijt, non ohijt.
h(e\ì& sesta et ultima :
Amabitur idem.
Sopra l'architrave veniva il frescio (l) alto palmi (i in cui nella
faccia verso la porta maggioi-e, (^ nella facce verso l'Aitar mag-
giore, in ricchissimo scudo stavano scolpite le armi di sua Altez-
za. Nella faccia dove era la statua di Si)agna in ta))ella grande
si leggeva questo distico:
Decidit HispanoAi Philihertus Apollinis a^ter
HesperìM Eois, Phosforus Jfenperiin.
Dove stava collocata la statua di Savoia si leggeva similmente'
questo altro distico :
Heu Philihertus <>bijt, 8phnd4>t' columcnque suoriim:
Totiuit orbix amor, cura, dolor patriae.
Nell'altra facciata, dove stava Malta, ([uesti due versi v'e-
rano intagliati :
Hipes Melitae Emanuel, qui gesta impleret avorum,
Ah iacet Hrxperiae et Relif/ionin honor.
Nella sesta facciata, dove era collocata Sicilia, f|Ucsto inge-
gnoHO distico vi fu jtffisciato:
IteliciaH orbìs Philibrrlum dicitr, M'usar ,
Uic sitits Emanuel : piangile iSicoelides.
(1) Pr«*cio (•icil. frìviuj. fregio, oiuuto.
MISOELLÀNEA 289
Sopra di questo ben adornato friscio v'era la cornice ben prò-
portionata, che adornava tutta la machina, la quale fu attorniata
sopra la sua corona <li torcetto di cera bianca al n. di 120.
Da sopra detta (Jornice incoinminciava ad inalzarsi la cubula
in sei angoli, alta palmi 24, piena di blandoni di cera bianca posti
con molto ordine e vago disegno , al numero di quattrocento,
nella cima della quale vi si pose una grossa Palla, e sopra di
essa una Croce di Malta ben proportiouata per finimento di detta
Piramide.
Dentro la Piramide si fecero quatro scalini alti palmi 1 '/^
per uno, e più un zoccoletto alto pabni 2, coverti di panno negro,
dove si posò il corpo di Sua Altezza.
Nella parte della testa di detti scalini che guardava la porta
maggiore vi si pose un cartoccio, oho fiiccv.i vaghissima ujostra
con ([uesto distico :
Aethera ahijt, terrÌH obijf; fniitur PhUìhertnn
Pro ihnlamo tumulo, prò tumulo thalamo.
UNA CARTA DA NAVIGARE (1)
DI PLACIDUS CALOIRO ET OLIVA ,
FATTA IN MESSINA NEL 1638
Jjella BibliotiH'ii della Sociefò ISìvìIìuhìì (li istoria Patria hi von-
serva una Carta dn Narinarc meiiibraiiacea ìi- Inolio, a torma di
])ergamena naturale, che misura con tutto il collo m. {).\)-JX^,4l\/,.
Lo stato di conservazione è buono ; verso ovest , nella parte
più stretta , si osserva un medaglione in acquerello, su cam[>o
verde, di mediocre la\'oro, rap[)resentante la Madonna della Let-
tera. Sotto il medaglione si legge : Antoniiui Saida h. ISan Memi,
e ])oi in carattere i)iii sbiadito: Giovanni Girolamo Xorditm di
S. Remo; credo siano i nomi di coloro che, in vario teuii)o, ne tu
rono i possessori (2). Molto piìi in basso vi è la leggenda : Pia-
cidus Galoiro et Oliva Fecit in Nobili urbe MesHanae anno 1638.
L' autore di (juesta Carta , il quale porta il nome di due ce-
lebri famiglie di cartogratì messinesi, non deve riuscir nuovo ai
cultori dei nostri studi; l'U/ielli dà notizia di altri undici atlanti
e Carte da Navigare, aventi la medesima leggenda, i quali vanno
dall'anno 1622 al 1653, e si conservano tutti nei Musei e nelle
Biblioteche d' Italia (3). Non è così invece delle Carte costruite
(1) Per la quetitiuiie intorno alla (Iciituiiinaicionc di Mittattc <-airtc, vedi
«pianto diciamo in nini lunga nota dei tnjstro lavoro: Un Portuloiio inedito
della prima metà dfl secolo X V l f -in «Atti dtd V Congresso (icogratico
Italiano ».
(•2) 1/ nlliiiio posHi'ssoif fu il (-AV. I'hoI'. Antonino Hoit/.i, Diri-ttort-
dell'Urto Hotanico di Palurnio, il quah- nel 1S97, eon ijentile pennieru (eosi
è detto nel verbale della nedutn del 7 geinniio 1898) ne fece dono <tìUi
Sw'ietà rhe. f/rata neWae.eeltailo , emine nn voto di rinifrazianirnlo. (Vedi
« Atti della .Sor. Sir.ili Storia Patria » in Ardi., voi. XXI II, \mii. 'MH e 37})).
(8) Cfr. Studi /{ioffrafici e /{ildiof/ra/lci nulla Storia dclUi Geoffvafìa in
Italia, voi. II. Ma/iimitioiidi, Carle iniulivhee l 'oriolo ni dei Heeolì XHXVII
per ii. LZUXLI e I'. AmaT di S. Fll,ll'l'«t. Holiiìi, ISS2, pp.: 1X7, INS. ISJt
190, 191, 192, 19», 194, 195 bis, 196, 285.
MISCELLANEA 391
dagli altri cosiiiogiatì siciliaDi, le quali si tiovauo sparse in quasi
tutta l' Euro]>a uoii solo in Musei e Biblioteche , uia anche iu
Archivi privati. Tuttavia giova sperare che, eoi progredire della
scienza, si rendano ai vari i)aesi i loro monumenti cartografici,
che costituiscono la testimonianza più sicura d'un glorioso pas-
sato e il mezzo più adatto per giudicarne il vah^re scientifico e
la civiltà del popolo al (piale essi appartennero. — Degli Olica (Bar-
tolomeo, Francesco, Giovanni , JMacido , iSalvatore), dei Caloiro
(Giovan Battista e Placido), di Vìetro Rosso (Rubeus), di Giovanni
Martines, di Tomnumo Lupo e di Giacomo Rumso, tutti messinesi,
non si conserva nessuna Carta nella cittA che offrì loro F am-
biente adatto a<l esplicare quell'arte, ch'è l'attestazione più so-
lenne della grandezza navale a cui Messina era pervenuta durante
tutto il Medio Evo.
• «
Toniaudo alTesauie della nostni Carta, diciamo ch'essa com-
prende il bacino del Mediterraneo e le costiere sull'Atlantico del
Portogallo, della Spagna e dell'Africa, dal c.finesterna ai e. eantin,
con parte del Mar Nero e del Mar d' Azof. È compilata in ita
liano, con caratteri del principio del secolo XVII : per ì;i maggior
parte dei luoghi secondari è usato l'inchiostro nero; ma i nomi
delle città principali, delle secche e dei promontori notevoli sono
scritti in rosso: il carattere è rotondo, con iniziali ordinariamente
minuscole. La nomenclatura dei nouii — come vedrenu» appresso,
parlando della Sicilia — è scritta nelle forme che subiva l'impron-
ta del dialetto che si adoperava nel jiorto dove essi erano pro-
nunziati; sicché ditierisce uiolto da tjuella che si legge nelle carte
geografiche sincrone. Il contorno, costituito di piccoli archetti non
legati tra loro, è a terra d'ombra; i coloi i principali sono : cinabro,
azzurro, verde e giallo; |)re(hnnina il cinabro nelle isole piccole,
forse per farle spiccare maggiormente; le grandi in generale sono
delineate con colore uguale a quello delle coste della terraferma.
Spiccano per il loro colore azzurro lesin^ laust e maìciìa nella Dal-
mazia, e cirieo ad «*st della Morea; però maggiore sfoggio di co-
lori si osserva nelle rose dei venti e principalmente nei prospetti
di città, disegnati nell'interno o sulle coste.
In quanto al disegno della Carta si può dire (;he il Mediter-
292 MISCELLANEA
raneo è ben trac<'iato: fanno difetto la costa italiana presso Li-
vorno, che è molto sporgente, la Penisola Calabrese, inesattamente
disegnata, e il golfo di Taranto alquanto rim])icciolito. — Un fatto
curioso ho dovuto notare lungo la costa meridionale della Sicilia:
tra Sciacca e Girgenti, ma più vicino a questa die a quella, vi è
segnata un'isola della stessa grandezza e dello stesso colore dello
Stromboli; in continuazione verso Sciacca , vi si osservano pure
parecchi scoglietti. Pensai subito ad uno sbaglio, ad una svista
del cartografo ; ma un attento esame fatto non solo sulle Carte
che si conservano nella Biblioteca Comunale di Palermo ai segni
2 Qq. '22') e 226. ma anche su quelle del Fu esimile - AtlaH e del
Peripluis del Xordenskiòld (1) , nelle quali si trova la uìedesima
indicazione, m'ha fatto pensare alla possibilità d'essersi ivi tro-
vata allora un'isola d'origine vulcanica, la cui esistenza non po-
teva sfuggire all'occhio vigile dei marinai ; essa in tempi poste-
riori sarà scomparsa, come avvenne dell'isola Perdinandea o
Giulia, sorta nello stesso luogo 1' anno 1831 (2). L' ipotesi non
sembrerà arrischiata, se si ha riguardo alle difiKcoltà di aver po-
tuto osservare un simile fenomeno in tempi di assoluta ignoranza
scientihca e in una spiaggia (H)mpletamente abbandonata.
Ed ora parliamo del metodo di tracciamento. Esso è quello
con)unemeute adottato in (juasi tutte le Carte da Navigare del
Medio Evo , detto a rosa dsi centi o a tela di ragno. Infatti, si
trovano in buon numero rose dei venti; le grandi sono a 32 rombi,
le piccole a 8 rombi, e sono distribuite nel seguente modo : due
(1) Cfr. NottUBNSKiòLD A. E. — FacKÌmile-AtUis — 'i>Uw'k\\i)\iì\ MDCCC
LXXXIX. E Periplus ivi MDCCCLXXXXVIl, partiiolarniente la Carta
XXXI, che lui per titolo: Bartoi,oma(kus Ckescentius). 15%.
(2) Noi in una tronferenza, letta alla Società di Storia I*iitria , sa Le
Mdcalube di Giryenli in rapporto alla dÌKtrihucione iieoyrajica def/ìi altri
vulcani di faiujo - conferen/a che sarà )>ubhlicata in imo «lei prossimi nu-
meri del Itollettiiio (Iella S<n'ietà (ìeo^iralica Italiana — ,al)l>iaino tatto men-
zione (li cin(|ue (Mii/ioni Hottoniarine simili a (luellii (h^l 18.S1, avvenuta in
tempi storici lun^o il lit^irale posto su (jiiesta linea vuhuniica, che si pro-
lun^atln)) a Puntelh'ria. Ma per (juanto sembri accettahih^ la nostra ipotesi,
va considcrutji liUtavia (.-on molt(» riserlM», iinche percli(- dettii isola, se
Kiiata Holtntito nelle (.'artt^ da Navigiirc, non (* ricordiitii in nessuno (l(>i
portolani «critti ud hccoU XVI u XVII.
MISCELLANEA 293
grandi e due piccole uella parte inferiore , e una grande dimez-
zata e due piccole nella parte superiore, le quali dovettero ser-
vire ad orientare e delineare la carta ; molte altre piccole sono
poste a Cartagena, a Narbona, a Marsiglia, in Sicilia, a Costan-
tinopoli, a Smirne, ad Orano ed a Masalamar, sulla costa africa-
na , in direzione di Creta , prima di arrivare ad Alessandria.
Tutte queste rose dei venti hanno diretta corrispondenza tra loro;
i numerosi rombi poi in esse tracciati rendevano molto più facile
il carteggiare ai piloti, i quali riuscivano così a discernere a pri-
ma vista le direzioni dei venti da <pielle dei mezzi venti e delle
quarte. Le linee , che ne descrivono i rombi , quali sono verdi ,
quali rosse, quali a terra d'ombra, e le lossodromiche, che uni-
scono in diverso senso detti rombi, convergono tutte verso la rosa
dei venti che sta nel centro della Sicilia; il che fa i)ensare che la
Carta sia stata preparata per servire alla navigazione della nostra
Isola.
Sopra abbiamo detto che il Mediterraneo è ben tracciato; ma
il Mar Nero, oltre di essere alquanto rimpicciolito, è portato tre
gradi i)iù in alto e circa due gradi più a ponente di quel che
non dovrebbe essere, rispetto al Mediterraneo orientale. Questo
difetto è comune, si può dire, a tutte le Carte medievali, perchè
i costruttori nel disegno ricorrevano alle osservazioni della bus-
sola, senza badare a correggerne la falsa indicazione della cala-
mita, che si supponeva battere il preciso punto di tramontana.
Così tutto il parallelo nìedio doveva necessariemente piegare a
nord - ovest , e il golfo di Larissa , che si trova ai confini della
Siria e dell'Egitto, nella Carta in esame è in linea retta con Gi-
bilterra.
Nella parte meridionale poi, tra le quattro rose dei venti, e
verso nord -ovest, all'estremità della Carta, vi sono delineate due
fascie con fregi dall'una e dall'altra parte, colorate all'estremità e
bianche nel mezzo, ove sono segnati dei circoletti equidistanti con
punti, in modo che a primo acchito sembra si tratti d' una gra-
duazione; ma in realtà non foruumo ujui scala, anzi è fuor di dub-
bio ch'esse sono state poste ivi per semplice ornamento. Del re-
sto il Lelewel giustamente osserva che 1' api)licazione dei gradi
nelle Carte da Navigare non avrebbe apportato alcun vantaggio
ai marinai, perchè essi non erano in grado di determinare astro-
nomicamente la posizione che occupava nel mare la loro na-
Arch. Star. Sic,. N. S. Anno XXX. 20
294 MISCELLANEA
ve (1). Quindi ogni loro cura era rivolta a seguire la linea che univa
il punto di partenza con quello di arrivo o, com'essi dicevano ,
la lìnea lossodromica rettilinea, che indicasse la via da un punto
all' altro sulla superfìcie terrestre. Questo era il principale
ufficio delle Carte da Navigare, ufficio che il Fischer nella nota
raccolta di fac - simili delle più interessanti carte generali e ])ar-
ticolari del Medio Evo (2), seguendo il Breusing il quale per il
primo ne parlò con profondità e finezza di argomentazioni (3),
ha voluto mettere in rilievo, designandole col nome di lossodro-
miche. Quando le tempeste , i venti contrari , le secche ed altri
inconvenienti facevano deviare la nave, con regole pratiche, dette
nel Medio Evo la raxon del Martelojo, le quali erano basate su
cifre non molto esatte ma semplici ed utili, calcolavano con suf-
ficiente approssimazione 1' angolo di deriva e così riuscivano a
non smarrire la strada. La spiegazione scientifica del Martelojo
fu fatta verso la fine del secolo XVIIl dal Toaldo (4) e quindi
dal Formaleoni (5), il quale si servì della prima tavola dell'At-
lante del 1430 di Andrea Bianco , che il Peschel pubblicò poi
in fotografia , facendolo precedere da una dotta introduzione ,
nella quale riassume così egregiamente gli studi del Toaldo, del
Formaleoni e di altri, con l'aggiunta di nuove ed accurate osser-
vazioni (6), che l'Uzielli nel suo magistrale lavoro, già ricordato,
non esita di riportarne le parole e di riprodurre la prima tavola
del Bianco in fine dell'opera, alla quale noi rimandiamo per più
(1) Lelewkl , Géograplùe dii inoyen óge étudée par Ioachim Lelewel.
Accompaynée d^Atlan. Bruxelles^ 1852-1857, IIj 17 e 160.
{2) SamHiluny mittelalterUcher Velt-und Seekarten italienìschea Ur-
spunytt und uuh italiaimchen BihUoteken und Archiven herausgegeben und
erlàutert con D.r Teobam> Fìschkr; Venedig , Verlag voii Ferdinand
Ongania, 1886.
(3) Bkkusing, ZeiiHchriff fiir icinf<enncliafi. G('()jjriii)lii(', Hd. II. S. 121).
(4) Toaldo G. — Saggi di ntiidi veneti.— Viììivz'm, 1872.
(6) FoRMALKOM V. — Saggio nulla nautica antica dei Venesiani , con
ilhiHtrar.ioni* <!' tilciine Cartti idrografiche antiche della Biblioteca di S.
Marco. ~ Venezia, 1783.
(6) PRMCHKL 0. ^ Ihr Alias des Andrea Bianco rom Jahre t436 in
sehn Tafeiii nMio(of(riip]u8che fac-simile in dei- (ìrosse des Urigiuals). —
Venedig,' MiinitUM-, 186i>.
MISCELLANEA 296
estese notizie. — I piloti sapevano calcolare, con sufficiente appros-
simazione, la velocità della nave, e con apposite tavole, che indi-
cavano i nuovi angoli a prendersi sulla Carta e le mif»lia che
si dovevano fare in più , riuscivano a ritornare sulla «lirezione
primitiva. « Se ))er esempio una nave — dice il Peschel — era co-
stretta a declinare dalla linea l'etta o dalla via più breve fra
due porti, ovvero a sbandarsi fra un porto e un promontorio per
vento contrario, di un vento intiero o di 45°, il capitano doveva
ad un cangiamento favorevole del tempo calcolare non solo qual
corso dovesse battere in seguito, ma anche quanto lontano fosse
il termine della navigazione. A ciò sarebbe stato necessario un
calcolo secondo i prin(!Ìpii della trigonometria piana, ammettendo
che si possa trasc irare la curvatura sferica della supertìcie del
mare. Alle nostre tavole logaritmiche dei seni, dovevasi perciò
sostituire un mezzo sussidiario, il quale, come dice Andrea Bianco
stesso, non richiedeva altra cognizione che a mver ben moltiplicar
e partir. 11 primo foglio dell' Atlante contiene perciò le tavole
necessarie alla esecuzione di quel computo , ossia il metodo del
martologio ».
Nella nostra ('arta non nmncano gli ornamenti, con allusioni
storiche o locali : in Africa , lungo la linea del deserto , vi
sono delineate due piante di palma; le città principali i>oi sono
rappresentate da bandiere in colori , innalzate sopra gruppi di
fabbricati. Venezia ha la piazza di 8. Marco , di cui nella ban-
diera v'è delineato il campanile; Genova ha il porto con lo sco-
glio e il fanale, e in cima la bandiera rossa in campo verdema-
re. Marsiglia ha bandiera con croce bianca, mentre Tortosa l'ha
inquartata con fascia rosse e croce rossa in campo bianco alter-
nate, e Lisbona con due fascio rosse in campo verdemare. Nella
Dalmazia si osserva il prospetto di Kagusa con bandiera inquar-
tata rosso e azzurro alternato. In Alessandria, Tripoli, Algeri, Tu-
nisi, Antiochia e Costantinopoli, paesi del dominio ottomano, ve-
desi lo stemma con la mezzaluna d' argento in campo rossastro.
L'Isola di Rodi ha una croce bianca, distesa per tutto il campo,
pure di color rosso; rappresenta la croce dei cavalieri di S. Gio-
296 MISCELLANEA
vanni, che nel 1310, dopo avere conquistata l'isola, vi si stabili-
rono ed ebbero qnindi il nome di Cavalieri di Rodi; ma nel 1522
la città fu assediata da Solimano II, e d'allora l'isola apparten-
ne all' impero ottomano. Perciò lo stemma i)er l' isola di Kodi
non è appropriato, come vorrebbe la storia. « È codesta una delle
molte prove, osserva il De Simon i, a proposito di una Carta di
Giovanni Martines, che i cartografi, del resto ben addestrati ed
abili nella loro arte, attendevano a copiarsi l'uno dall'altro gene-
ralmente; alcuni migliori osando appena nei nuovi lavori togliere
qualche errore ornai troppo manifesto, od inserirvi qualche com-
binazione , qualche fatto storico di più fresche scoperte e con-
quiste. Da ciò proviene che sono non raramente fallaci i criteri
onde si valsero i dotti per dedurre l'età d'una Carta dalla qua-
lità delle bandiere, o dalle leggende di nomi , di luoghi , di so-
vrani regnati e simili » (1). — Sulla costa dell'Asia occidentale, e
propriamente vicino ad un gruppo di case che potrebbe rappre-
sentare Gerusalemme , vi è un sollevamento di tre monti , so-
pra i quali si vedono tre croci in nero , che parrebbero accen-
nare alla Terrasanta. Certo quel paese, sparso di basse montagne
e di colli gentili , adorni di oli veti e coronati di palme e di ci-
pressi , su cui i patriarchi fissavano lo sguardo ammirato , so-
gnando la scala d'oro che unisce terra e cielo (2), doveva infon
dere nell'animo dei marinai, in generale religiosi, un profondo e
pio sentimento, ch'essi naturalmente amarono vedere ra]>])resen
tato anche sulla Carta.
La nomenclatura dei nomi è alquanto ricca e molto corretta,
rispetto alle ('arte anteriori. Ciò risulta chiaro, confrontando i
nomi riguardanti la Sicilia e le isole che le stanno attorno, con-
tenuti nella Carta di Giovanni Oliva illustrata in (luesto Archivio
dal Belilo (3), con quelli della Carta in esame.
(1) \)k Simoni C — Ossi-rvazioiii sovra due l'ortohitii di recente scoperti,
e Hovra alcune proprietà delle Carte nautiche — in « Giornale ligustico » lunio
II, 1H75.
('2) Cfr. PoKRNA ¥. - Il Heniimculo estetico nella (ìeoff rafia -ìu « Fltìp'ea »
an. I, voi. II, II. A, ìsm.
(8) Bkixìo V. -- Jfi una Corta nautica fatta in Mcnsino nel t658 -—
ili Archivio, N. S. hu. XI, fauc. IV.
MISCELLANEA
297
Carta di Giovanni Oliva : me-
Hina, nielaso, olive, prati, calvi,
e. orlando, s. luarco, xifalo, ter-
mÌH, jiio zprbi, parmo, gal, tra-
pana, s, odor, marsala, xaq, e.
ianco, nirge, licata, o. falco, te-
ranovu, e. passa, rascrazi, xara-
(jOHa, s. lusi, agosta, lentini, ca-
tan. — volcan , striboli , lipari ,
salina, tellicuri,allicuri, ustaga,
porselli, lavanto, maretimo, fa-
vajana, (pielps, zibol , pantala-
rea, limosa , lanipadosa , comi,
malta e niarsasillach, pipe.
Carta di Placido Caloiro e
Oliva : misdma, milazo, olive ,
patti, bloro, e. cara (Capo Ca-
lava), e. or. (Capo d'Orlando), s.
marco, cifalò, termini, solato, ni.
gerbino, palermo, e. gallo, e. s.
vito, trapani, marsala, mazzara,
xacca, gioryeti, licata, teranova,
e. passare, bendica (Veudicari),
mor di p. (Morrò di Porco), no-
to, sirac. (Siracusa), agusta, e,
s. cruci, leuti (Lentini) catan. —
bulcauo , stroboli , panario , li-
pari, salina, filicudi, alcudi, lu-
stica, levanzo, maretimo, fava-
gniana, cbelbi, zibaro, pantela-
ria , linusa , lampidosa, malta,
gozo.
Adunque possiamo conchiudere che la nostra Carta sia per
la nomenclatura dei nomi, sia per la esecuzione artistica, sia an-
che per una particolare indicazione di declinazione magnetica di-
versa da (jnella di altre Carte costruite precedentemente, abbia
molto di originale ; sicché mi lusingo che non debbano riuscire
inutili queste poche notizie agli studiosi, che non hanno l'oppor-
tunità, come l'abbiamo noi, di poterla osservare.
Palermo, 25 /Settembre 1904.
Prof. Sebastiano Crino.
UN CODICE DEL « CREDO IN DIO >
DI FRA DOMENICO CAVALCA
IGNOTO AI BIBLIOFILI
Nella libreria del Cav. Giovanni Cirino Agras ereditata dallo
zio M^ Giovanni Cirino Arcivescovo di Ancira ;, si trova un bel
codice manoscritto membranaceo del sec. XV rilegato in pelle
ed oro.
Questo codice lungo m. 0,24 e largo m. 0,18 di fogli 199 nu-
merati in cifre romane , contiene il « Credo in Dio ossia la Espo-
sizione del Simbolo degli Apostoli » di Fra Domenico Cavalca ,
fino a parte del Cap. XVIII del Libro II.
Dai calcoli fatti in relazione alle edizioni del Credo , risulta
che il codice manca di 15 fogli.
Esso è calligrafo di tipo umanistico , senza frontispizio , un
po' danneggiato dalla umidità e con le prime parole poco leggi-
bili, ba tre lettere miniate in rosso e in bleu, una al principio
del Prologo ed una all'inizio di ciascuno dei due libri e le rubri-
che tutte in rosso.
Il manoscritto presenta importanti varianti con le edizioni del
1489 (Venezia per Peregrino Pasqual da Bologna); del 1550 (Ve-
nezia— Il segno della speranza); del 1763 (Roma — Pagliarini; a
cura di Mons. Giovanni Bottari) (1) e del 1842 (Milano per Gio-
vanni Silvestri a cura dell' Ab. Fortunato Federici tratta dal
cod. ms. 1106 della Biblioteca della I. R. Università di Padova).
Le differenze tra il ms. Cirino e le stampe sono notevoli
in quantochè riguardano la disposizione della materia e la locu-
zione.
Nel ras. Cirino l'opera è così disposta :
1. Prologo — 2. Capitoli del 1. libro — 3. Primo libro — 4. Ca-
pitoli del 2. libro — 5. Secondo libro.
(1) Questa editione fu fatta sulle precedenti.
MISCELLANEA 299
Invece nell'edizione del 1489 l'opera è così disjjosta :
1, Incomincia la tabula del primo libro etc. — 2. Incomincia
la tabula del secondo libro etc. —.3. Prologo —4. Libro primo —
5. Libro secondo.
Quest'ordine è pure seguito nelle edizioni del 1550 e del 1763;
mentre in quella del 1842 l'indice dei capitoli sta in fine.
Venendo al nostro codice osserviamone il principio :
« Incomincia il Prologho della expositione del Credo in deo in
volgare volgar... (per 3 righi il testo è illegibile) ».
L'edizione del 1489 incomincia allo stesso modo ma ha poi
il titolo : « Prologo della infrascritta opera » che manca nel codice.
Invece l'edizione del 1842 tratta da un codice importante co-
mincia :
«Al nome del Salvatore nostro Messer Gesù Cristo. Incoujincia
la Esposizione del Credo in unum Deum in volgare molto nota-
bile ed utile. Prologo della infrascritta opera ».
Nel Prologo abbiamo tanto nel codice che nella edizione del
1842 due tratti che mancano nelle edizioni del 1489 e del LóóO.
Altre importanti varianti nel resto dell'opera mostrano l'im-
])ortanza che il codice Cirino avrebbe per la redazione del testo
definitivo di quest'opera del Cavalca.
Infine è importante rilevare un tratto del codice il quale atte-
sta l'epoca in cui fu scritto e l' importanza che ha per la fonte
dalla quale probabilmente deriva.
Eccolo testualmente :
« Finisce lo primo libro della expositione del (^redo in Dio
exposto per frate domenicho cavalca da vicho pisano frate del-
l'ordine predicatori. Lo (juale è del monasterio di santo Laurentio
decto monte aguto dell' ordine della certosa da Firenze scripto
per me don francesco da pisa monacho et professo di decto mo-
nasterio, lo quale finì di scriverlo in decto monasterio oggi que-
sto di VI di dicembre 1471. Lo quale gli è conceduto in suo uso
in vita sua et doppo la morte sua de' ritornari al sopra decto
monasterio deo gratias amen.
Incomincia la taula de' capitoli del secondo libbro della expo-
sitione del credo in dio ».
Il codice è mutilo in fine al cap. XVIII del libro II f. 169
e le ultime parole sono le seguenti :
« Et però ancho dice : Chi non vuole lodare dio nel transito
300 MISCELLANEA
di questo seculo diventerà mutolo iu saeculum saeculi. Loda dun-
que iddio o ».
Inoltre il Codice è ricco di postille marginali della stessa
mano che redasse il testo e porta citazioni di libri dei santi padri.
Tutto sommato esso, specialmente per le numerose e importanti
varianti , nonché per 1' epoca e per il modo in cui fu redatto ,
offre campo a rilievi ed a raffronti utilissimi per chi voglia cu-
rare una edizione critica dell'opera.
O. CoppoLER Orlando
DI ALCUNI INGIUSTI GIUDIZI
SULLA SPEDIZIONE DEI SETTECENTO SICILIANI IN CALABRIA
nell'anno 184. s.
Nemo satis poient nei- admirari
iiev conqtitìeri.
Bt>ET. De Cam. Phil. L. IV, 1.
AW Esimio
Cav. Giuseppe Dottor Lodi
Palermo 4 Aprile 1905.
Allorché, nei decorsi giorni, discorrendo con Lei, mi occorse par-
larle di alcuni ingiusti giudizj die si sono spaeciati sopra V eroica
spedizione dei 700, andati nel 1848 da Messina in Calabria, per la
santa causa della libertà, Ella, caldo il petto di sentimenti patriot-
tici, m'incitò a dir per iscritto quel che a voce le avevo significato.
Or avendo io sodisfatto il mio desiderio, offro lo scritto a Lei,
come cosa che per più rispetti le appartiene, sia perchè Ella professa
il gran principio che le umane azioni dehhon essere giudicate secondo
giustizia e verità, sia perchè ha tanto in amore le cose storiche e sia
perchè gelosissimo dell'onore di questa nostra Sicilia, così spesso de-
nigrata e calunniata a man salva !
Accolga, gentile com'è, la tenue of'erta; e mi creda quale con
tutta osservanza mi reco a fortuna di essere
Dev.mo suo
L. Lizio - Bruno.
302 MISCELLANEA
Le importanti Memorie della Rivoluzione Siciliana delVauiìo
MDCCCXLVIIl, con patriottico intemliniento pubblicate a spese
di questa Città, hanno richiamato al pensiero la generosa quanto
infortunata spedizione dei settecento giovani che , nella prima
metà di Giugno partirono da Messina per la Calabria sotto il co-
mando del Generale Ignazio Kibotty e con a capo dello Stato
Maggiore Giacomo Longo, anima intrepida e forte in corpo ffracile
e malaticcio (1) e che poi, sotto il governo italiano onorò gli al-
tissimi uflicj di Tenente Generale e di Senatore del Regno.
Ora su questa spedizione, di cui furono vanto le giornate di
Spezzano Albanese e di Castrovillari, m'è occorso più volte di leg-
gere dei giudizi in cui è poca esattezza, poca verità, poca giu-
stizia. Tali son quelli che si leggono in un (Capitolo delle Ricor-
danze del Settembrini, nel volume stampato in Napoli dall' Im-
briani nell'84 col titolo : Lettere e documenti del 1848 — Alessandro
Poerio a Venezia; e nella Cronaca di Grotteria, dell'Avv. Dome-
nico Lupis - Crisatì, venuta fuori in Ceraci Marina nell' 87 ; ove
dell'anzidetta spedizione è fatto cenno in modi tali da porre in
cattiva mostra tanti giovani prodi che, entrando a parte di una
impresa onorata non meno che rischiosissima?, temer poteano di
perder la vita bensì, ma non di vedere ingiustamente denigrato
il lor nome. Ma tant'è, si)esso spesso pochi sono coloro che for-
mano ciò che si chiama pnbblica opinione, come uno era (luel tale
che dava a se il nome di legione !
Vorrà quindi concedersi ad un siciliano alla cui famiglia ap-
partennero due di coloro che vi ebbero parte, il correggere alcune
storiche inesattezze nelle (luali inciamparono i sopra mentovati
scrittori e che nessuno, che io sappia, in tanti anni, ha rilevato
tìnora !
E innanzi tratto dirò che se la spedizione i cui primi passi
ebbero tanto a promettere, ebbe line diversa da quella che si sa-
rebbe aspettata, la colpa non fu dei settecento che la formavano,
sibbeue di tiji complesso di circostanze contrarie allo svolgimento
dell'azione loro; cioè la mancanza di munizioni, l'esser privi di
vettovaglie e l'avere la cassa militare già vota : intorno a che si
(1) La Fabixa, I»t. doownent. della tiwol. Hicil., 1S48-9, C. XI, p. 253,
Cnpol. 18C0.
MISCELLANEA 303
può leggere il Cenno storico della spedizione di iSicilia in Calabria
eitato dal Calvi nella sua Storia della Kivoluzioue Siciliana, che
io credo la più esatta e la più compiuta di tutte (1). Ma il più
terribile ostacolo fu l'inerzia delle popolazioni pel riscatto delle
quali essi offrivano il lor sangue e la loro vita. E questa inerzia
derivò dal terrore ond'esse furono invase dopo i funesti casi di
Napoli avveratisi il 15 Maggio e che la Storia ricorderà con rac-
capriccio ed orrore. Non per loro colpa adunque i Siciliani do-
vettero abbandonare l'impresa,
Che fv nel cowineiar cotanto tosta.
Sicché il Ribotty , avendo , col consiglio dei capi , decisa la
inevitabile ritirata , il giorno 25 di quel mese mandò a Palermo
il Maggiore Alfonso Scalia (che vi giunse il 1 Luglio), ad espone
al (Joverno le infelici loro condizioni e a richiedergli l'invio dei
vapori pel ritorno dell'armata, che li avrebbe aspettato nella Ma-
rina di Corigliano, nel golfo di Taranto (2). Ma, visto che i pi-
roscafi ancor non venivano, il giorno 8 Luglio, i)rofittando di un
brigantino e di un tiabaccolo, che scariiiavano merci nei paraggi
del Capo — sparti vento , vi s'imbarcarono in Catenella (marina
di (Jatanzaro (3) ) e fecero vela per Corfìi (con intendimento di
recarsi poi a Venezia) : che il far ritorno in Sicilia era loro im-
pedito pei legni napolitani che nei njari di essa facevan cro-
ciera. E già, dopo (quattro giorni di salvo cammino verso la ri-
curva Corcira, cominciavano a scoprire « i casolari campestri ed
i miseri borghi delle spiagge vicine (4) », quando (l'undecimo di
(1) V. pag. 154 «Iti V. I.
(2) \'e(U nelle Memorie della Eivol. Sicit. V. II , p. (57 e seg. fm i
Docum. pubblicati dal sig. Guanlione la Relax, al Min. «li Guerra (dal
(piartier generale di Cassano).
(3) V. p. 2(51 dei Docum. della lUvol. Sic, pulti)l. da G. La Masa,
Tor. 1850.
(4) Gemelli, Si. della Sic. Rivai., p. 412, Bologna 1867. — Nel Memo-
riale dei Sic. priff. pubblicato dal La Masa (Torino 1850) a p. 264 si
legge : « Erano giunti nelle acque di Corfù ed erano sì presso a «luelle
isole elle non solo distingueva usi le abitazioni e gli abitanti, ma ben an-
che per la niininia distanza uno di esso loro potè gettarsi a nuoto e giun-
gere alla riva».
304 MISCELLANEA
Luglio) la corvetta a vapore lo /Stromboli, comandata dal tenente
di Vascello Salazar, che, con ingaìiìio da pirati, come fn scritto,
uvea levato bandiera inglese, gl'insegnì e li raggiunse; e intiuiata
loro la resa, a due a due li gravò di una. catena di sette maglie,
li rimorchiò a Reggio di Calabria, donde furono trasportati a Na-
poli e poi stivati negli umidi sotterranei di Sant'Elmo e dell 'iso-
letta di Xisida (1). E in quelle orribili segrete i patimenti a lor
furono lunga e disperata agonia. Ivi, confusi insieme con la mel-
ma dei delinquenti, aveano per lor vitto un nero pane mal cotto
e sozzo di scarafaggi e non di rado di salamandre e di topolini
e 30 fave condite d'olio puzzolentissimo e per letto la nuda terra !
Ma la Sicilia non trattò, anzi, a dir meglio, non bistrattò ne
tormentò i prigionieri di guerra napoletani (2), come fece l'empio
governo di Napoli con gli odiati Siciliani, rei di aver voluto riven-
dicare i sacri loro diritti tante volte conculcati e violati dai So-
vrani di Napoli, che pur tante volte avean giurato di rispettar-
li (3) ! Intanto il Ministro della Eepubblica Francese in Napoli,
male informato o meglio, tratto in inganno dal mendace governo
di Napoli, dava allegramente all'Ammiraglio Baudin in Palermo
quest'assicurazione : « Non temete nulla pei Siciliani; essi son
guardati come prigionieri di guerra (4) ! ». p]ll' eran parole illu-
sorie ! Ma ben altri erano i fatti ! Ed io non {»otrò mai dimenti-
care che i ju'igionieri di Nisida, il suolo del cui castello è sotto-
stante al livello del mare e di\ acqua, come la danno le pareti,
non faceano che domandare e ridomandare alle loro famiglie panni
ben grossi e coperture di lana che in qualche modo li preservasser
dall'umido e dal freddo ! Non dico poi che del denaro che esse
(1) Da dove poi molti di loro furon levati e rinchiusi iu Capiin. \'. il
aiorn. Off. del Cor. di Sic. N. H6, 17 Ajfosto p. 343.
(2) Eppure le valunuii' horhonicfn', «liee il Gciin'lli, giunsero a tjinto da
« volere far credere che i prigionieri (napolet^ini) erano atrocemente stra-
ziati e che rende l'uufti pubblivamenie sulle piazze la ean>e dei soldati ca-
duti combat tendo ! (,S7. L. VI, p. (52 Voi. Il) — K «e non ri«li, di che ri-
der suoli f
(3) V. le Memorie 8t. e (hit. della Uind. Sic. del 1848 del Calvi V. Il,
|>. 12, nota 8. Londra (MalUi) imi.
(4) V. il Oiorn. Off. ecc. N. 62, 19 Luglio 1848.
MISCELLANEA 305
mandaviino a quegli sventurati (1) una terza parte restava nelle
mani dell'ufliziale comandante il castello: e intanto i poveri pri-
gionieri doveano volta per volta far fede alle famiglie di aver
ricevuto l'intera somma... Così bene trattati erano da quei ma-
nigoldi i prù/iouieri di </uerra !
Avea quindi ben ragione il Barone Vito d' Ondes Reggio di
scrivere nel 1850 al Conte d'Arlincourt che i prigionieri siciliani
furonc» come selvagge belve incatenati e così portati a Reggio e
buttati in orride segrete e trattenuti per 18 mesi con ogni guisa
di patimenti (2); e ragione si ebbe il Calvi di lamentare che di
quei miseri prigionieri era fatto sì aspro governo che il Mini-
stero napoletano arrossiva di aprire i loro ergastoli al diploma-
tico inglese; , temendo di eccitare col doloroso s]M*ttacolo la sua
indignazione (S).
Ma tanta sciagura non avrebbe avuto luogo e tanti martirj si
sarebbero risparmiati a quei prodi e tante angosce alle madri loro,
se gli uomini del Governo in Sicilia non avessero indugiato pur
troppo a spedire al Ribotty i piroscafi da lui con tanta insistenza
richiesti il 25 di Giugno. E jxir questo fatale indugio il Calvi
(1) Errò il La Farina , (luando scrisse die non fu permeH>io o' mixeri
parenti di soccorrerli can danaro e con vesti a quei tristi luoghi più adatti.
11 La Farina ignorò (jnello che avrei i;;n<>rato ancli'io, se non avessi avuto
in Nisida il fratello Giovanni e lo zio materno Gaetano Bruno, dei quali
fece onorevol ricordo il Ch.""> letterato e patriotta Cav. Giuseppe Morelli
nei Cenni necroloffici di Girolamo Lizio pubblicati nella Riv. Nas. Ital.
la Gioventii Fir. V. 7, N. s. 1868 — Negli Elenchi pubblicati nel Giorn.
Uff. di Sicilia e di cui è copia in questo Archivio di Stato , il nome di
mio fratello occupa il 20.""' luogo (N. del 7 Luglio 1849) e (piello dello
zio Gaetano, il 128.""> (N. del 28 Luglio).
(2) V. il Giorn. La Croce di Savaja, N. 129. — Né i poveri prigionieri
si rimasero dal protestare: e nel volume dei Ducumenti del La Masa a
p. 264 e 65 si legge la loro dignitosa protesta. Ma la loro fu vox clamantcs
in deserto e presso il Borbone e presso l'Inghilterra, che di dolersene a-
vrebbe avuto non solo diritto, n)a ])nr dovere, perchè all'ombra della sua
bandiera era stato, a danno dei Siciliani, consumato quel tradimento !
(.3) Mem. ecc. Cap. XII. - E infatti con raccapriccio Lord Gladston
vide nel 1851 quegli ergastoli, e la i)oet«ssa napoletana Laura IJcntrice
Mancini - Oliva gl'indirizzo la focosa Canzone che si legge nel bel volu-
me delle sue poesie, riboccanti di amor di patria.
306 MISCELLANEA
testé citato fece accuse acerbissime , nella severa sua Storia, a
chi l'indugio causò. Ed io mi stimo in obbligo di qui riportare
la sola concliiusioue, lasciando da parte i motivi ai quali, secondo
lo storico, dovrebbe attribuirsi la causa di quell'indugio fatale,
non essendo mio intendimento di trascinare al terribile Tribunal
della Storia uomini jjià discesi nel silenzio della tomba! «Se il
Vesuvio avesse avuto gli ordini convenienti, dopo l'arrivo di Sca-
lia, per partire direttamente da Milazzo per Calabria ; se invece
di lasciarlo nella rada di Palermo il giorno 6 e il giorno 7 ; se
invece di spedire il Giglio d^lk onde il giorno 9 in Favignana (1)
per recarvi due sotto uffi(nali, si fosse spedito in uuo al Vesuvio;
se i giorni (> e 7 dati immantinente si fossero gli opportuni prov-
vedijuenti perchè i due vapori si fornisser di viveri e di carboni,
il doloroso infortunio di cader 700 valorosi siciliani in potere del
pili feroce inimico della Sicilia non si sarebbe sofferto (2) ». E
(1) E in Fiivignana due miei secoudi cugini fiuou gittati nel 1857,
uno (lei (inali vi lasei(''> la vita il 21 Dicembre di quell'anno; entrambi ri-
cordati nella seguente mia epigrafe :
1861
ALLA MEMORIA DI MARIANO LIZIO
SINCKUO E CIOSTANTK AMICO DI LIBERTÀ
CHE BALESTRATO PER ESSA COL FRATELLO ANTONINO
NEL DURO SCOGLIO DI FAVIGNANA
VI LASCIÒ LA VITA
LONTANO DAI SUOI FIGLI E DALLA FIDA CONSORTE
BKNEDICBNDO ALL'iTALIA E SOSPIRANDONE IL RISCATTO
ADDI XXI DICEMBRE MDCCCLVII
SUO (QUARANTESIMO
LA DOLENTE FAMIGLIA QUESTA LAPIDE CONSAGRÒ
Si;PERBA DI POTER ADDITARE IN MI
UN MAKTIKK MKI.LA l'AIIUA.
(2) L'aj). XII. .\1 ('alvi siiiggi un'altra (tsHcvvazioiic, (lucila (•!(»(' che
il governo siciliano, per iMciiKarc l'indugio frapponi*» a spedire al KiUotty
i piroHC4i(i, nel Giornale OJf'. N. 51, '> Luglio, fece scrivere (pianto rtegu(^ :
t fi venuto oggi il Maggiore Scalin, partilo dal campo hìciiIo Calahrt'Hf il
ÌÌ8 e da l'aola il W> tjiutjnu». Poi, dantlo altro colore ad inolivo della ve-
MISCELLANEA 307
questo infelice eaito die ragione al Eibotty, che ad assumere il
comando di quella spedizione avea mostrato gran ripugnanza (l);
e die r.igioiie al Ministro Inglese residente in Napoli Lord Pa-
pier, che, edotto del vero stato delle cose, sconsigliava il nostro
Governo dal far quella spedizione (2) !
Venendo ora a ciò che scrisse l' insigne ])atriotta na|>oletano
Luigi Settembrini, dirò che, dopo aver egli narrato come « i regi
avessero stretto da ogni parte le Calabrie, per opprimere energi-
camente la sollevazione », aggiunge : « i Calabresi si apparecchia-
vano a resistere e chiesero ai Siciliani i promessi aiuti; e il gior-
no 15 Giugno (3) il piemontese Ribotty con 600 Siciliani (4), sbarcò
in Paola e il giorno seguente fu a Cosenza ». Scrive poi che il
Eibotty fece un grand'errore a niettersi cosi tra il Nunziante, il
Busacca e i due mari senza pensare ad un modo di ritirata ; e
che ìa {/ente di cui egli era a capo non eran soldati , uè decisa a
vincere o morire ». E continua : « Se i Siciliani avessero avuto
senno e preveggenza, dovevano mandare subito e prima dell'ar-
rivo del Nunziante una forte mano d'uomini a Reggio dove era
un debole presidio, e vinto questo, facilmente venire su ingros-
sando ed occupare egli Monteleone, ma indugiarono ed in ultinu)
presero il partito peggiore di cacciarsi |)roprio in mezzo ai ne-
mici (5) ».
Mi si permetta il far qualche osservazioncella, così alla buona,
alle parole citate.
nata: «Ha riferito ohe nelle provineie di Catanzaro e Cosenza le truppe
del tiranno di Napoli occupavan ftolaniente Castrovillari e Monteleone,
con (Ine colonne ecc.» E, soggiungendo cosa non vera: «il Governo
ha già provveduto di spedirsi al Sig. Ribotty nuovi aiuti di (fenti e da-
naro e munizione a fin di accelerare il corno d-eqU avvenimenti nelle Ca-
labrie » (!) E di nuovo (che (]ue8to <x\'\ premeva) la data del .5 Lvglìn.
superflua, perchè Vof/gi, in un Giornale ohe aveva in testa 5 Luf/lio non
poteva sigiùflcare che 5 Lufflio. Come son facili i Governi a mostrar luc-
ciole per lanterne, a coonestare la propria condotta !
(1) Calvi, Mem. eoo. p. 297.
(2) Calvi, p. 298.
(3) Fu invece la notte del 13.
(4) Erano invece 7(K).
(5) Bicordanse, V. I, p. 305.
308 MISCELLANEA
Per ciò che riguarda il mancato senno e la mancata previ-
denza, io non dirò (die a me non darebbe il cuore di chiamar dis-
sennati e imprevidenti i fratelli Bandiera , il Pisacane , il Nico-
tera, il Pellegrino, il Bentivegna, il Menotti, sol perc'iè l'impresa
di questi prodi fallì ; non dirò che anzi applicherei loro quella
sentenza di Tacito : gli animi nobilissimi a cose altissime asj)!-
rano (1) : ma non posso rimanermi dal dire die se la partenza
dei settecento non avea potuto avv'erarsi prima che il borbonico
General Nunziante, sbarcato al Pizzo , con quattro mila uomini
si fosse fermato in Monteleone, non potevan certo i Siciliani an-
dar prima ad occupare Monteleone... E prima non poteron essi
andare in Calabria per più ragioni : perchè un'armata non può
spedirsi in un momento , come si spedisce un pedone , che un
breve periodo per l'arrolamento dei volontari e pel fornimento
delle munizioni (che però furono impari al bisogno) era indispen-
sabile. Al che si aggiunga che i settecento non potevano diretta-
mente muovei-e da Messina per le Calabrie , perchè i cannoni e
le bombarde della Cittadella (2) e della fortezza del Salvatore
li avrebbero fulminati ; ma dovettero recarsi i)er via di terra
in Milazzo ed ivi, mettendosi in mare sul Vesuvio, attendere il
momento propizio a poter prendere senza intoppi la rotta di Pao-
la (3), che ettettivamente presero nella mezzanotte dell'undecimo
di Giugno. Né i)()i mancò un altro intoppo, che poteva riuscire
(1) Annal. L. IV, 38. - Anche l'untore del Moryaitic ^C. XXVIII, S8):
[l (jeneroso core
Coxe mat/ne ricerca, infin se sogna.
(2) Quando un antico messinese scriveva (a p. 64 della M. dei noh. di
Mess., 1732), della cittadella « che la rende og^''^^ h^ P"' forte piazza del
Regno di Sicilia», non pensò che IH) anni dopo, Messina avrehbe tantx)
dovuto Hotfrire per essa ! Dicasi lo stesso di Pietro Lanza, Princ. di Scor-
tila, il «piale nelle Consid. fiull<( St. di Sic. <hd 1532 al 1789, a p. 165 nel
1836 scriveva «la Cittadella poter servire a difemlere e non <>;ÌMniniai ad
utténdere lu cittA ».
(3) k da corregger l'errore in cui cadde il mio conci tUulino Carlo (Ge-
melli, (pnindo scrisse : la spedizione moveva alla line la sera del 14 Giu-
gno ralicatu la ut retto (St. 1,. V, p. 3J)4). Ma «he slirtto, se da Milazzo
andò u Paola f II (ìemelli rredetle die Iokmc andata direttainente da Mes-
»iuu a Pìu)Ih.
BtìSCELLANEA 30d
fatale; e fu questo : che verso l'alba del giorno appresso il Co-
mandante dei due legni Salvatore Castiglia, « scopri sull'estremo
orizzonte, dalla parte di mezzodì, due punti neri, che subito ca-
ratterizzò per due vapori nemici ed un altro dalla })arte di tra-
montana, e tutti e tre sembrava facessero rotta ad un fuoco co-
mune verso i legni siciliani ». Sicché questi dovettero indietreg-
giare e dirigersi all'isola di Lipari, per mettersi sotto la prote-
zione di quel castello. Intanto levatasi col sole una densa neb-
bia dalla superficie del mare, furon perduti di vista dai nemici;
ed ancorarono presso Stromboli. E, per liberare il Vesuvio del-
l'incomodo rimorchio del Giglio delle onde, gli armati che in que-
sto trovavansi furono fatti riunire agli altri sul Vesuvio ; e il
Oiglio delle onde fu rimandato a Palermo (1). E dopo la mezza-
notte del 13 , giusta il rapporto semaforico fatto al Governo di
Palermo (2) i Siciliani sbarcarono in Paola.
Quanto all'essersi posti proprio in mezzo ai nemici (se pur di-
pendeva da loro il non farlo e non era il farlo necessità, il che
non voglio discutere ) dirò che i Siciliani non solo nel proprio
coraggio fidavano, ma pur nello entusiasmo che dicevasi acceso
nelle popolazioni di Calabria i)el conquisto della libertà ; e tnt-
t'altro aspettavansi che di averli a trovare nel maggior numero
inerti; la quale inerzia avrebbero ritrovato anche in Reggio se,
come scrive il Settembrini che avrebber dovuto fare , fossero
sbarcati colà; il che non era possibile, perchè la Cittadella ch'è
tra Messina e Reggio avrebbe colato a fondo i due piroscafi, an-
che a prescindere dall'azione dei vapori di guerra napoletani che,
come dicemmo, vi facevan (crociera.
E che i poveri Siciliani dovevano per necessità ingannarsi nel
credere già diffuso nelle tre Calabrie il fermento della rivoluzione,
ci sieno prova i fatti seguenti.
In primo luogo, la lettera che si legge nel n. 28 del Giornale
(1) V. Gio. Pisani, Cenni Biof/r. di Giacomo Longo. .Mess. 1865, p. 11. —
Tutte queste notizie uon si leggono in nessuna delle Storie della rivolu-
zione siciliana.
(2) V. il Giorn. Off. N. 38, 16 Giugno; e quel giorno si riconferma
nel N. 40 , 19 : e 13 si legge anche a p. XLVI del libro di Raffaele De
Cesare Una famiglia di patrioti 1889: ma il La Farina scrive: la aera
del 14; e lo ripete il Gemelli.
Arch. 8tor. Sic. N. S. Anno XXX. 21
310 MISCELLANEA
Officiale del 5 giugno e che da Santo Stefano di Cosenza era stata
diramata il 22 maggio; nella quale era detto : « Siciliani, il vostro
aiuto chiediamo, non per mancanza di braccia, di cui abbondia-
mo, ma perchè ci fornirete d'artiglieria e di altri strumenti da
guerra. Sì, fratelli ! diteci cosa volete che noi da qui facessimo
per vostro vantaggio (;ostà, perchè siam prontissimi; intanto cor-
rete, volate, giacché la vera Era d'affrancarsi è sonata ! Uniamoci
tutti, e tutti insieme diamo l'ultimo assalto al tiranno ecc. ... ».
In secondo luogo, la notizia ofiìciale che il 3 Giugno il Comi-
tato di salute pubblica in Cosenza avea deliberato , per la santa
causa, un armamento generale in tutta la Provincia e fatte le più
vive premure al Commissario del Potere Esecutivo di Messina
« pel sollecito invio degli armati e dell' artiglieria posti da piìi
tempo a disposizione dei Calabri fratelli (1). »
Si osservi intanto : se la lettera del Comitato di salute pubblica
fu spedita il 3 giugno e se la notte del 13 i Siciliani erano in
Paola, aveva ragione il Settembrini a lamentarsi di alcun ritardo?
A me sembra che no !
Un'altra prova in terzo luogo ci appresta Giuseppe La Farina
nella Storia della liivoluzione, quando enumera le notizie che ve-
nivano dalla Calabria in Messina : « Narra vasi : Catanzaro insurta;
le schiere reali battute e sconfitte dalle bande catanzaresi e co-
sentine; a Monteleone la guarnigione macellata dal popolo; l' in-
surrezione i"apidamente propagarsi nelle Puglie, nella Basilicata,
negli Abruzzi, Napoli novamente tumultuante (2) ».
E un'altra prova ci dà il Calvi, scrivendo: « Un Plutino, un
Romeo, un De- Lieto da Reggio avean promesso che all'apparire
di una spedizione Siciliana, le Calabrie sariansi levate in arme »;
(1) Giorn. Off. N. 32. E qni nou vo' rimanermi dal trascrivere le pa-
role del 8Ìg. Guanlione (nella Spedi:. Colabrosicula), delle quali però non
entro mallevadore: « Il Ricciardi dolorosamente dovette convincersi che il
:-M) Giugno la città di Cosenza, dimesso ogni pensiero di rivoluzione, par-
teggiava per Fenlinando ».
(2) Cap. XI, p, 253. Si noti : di Reggio nulla si dice : e il Settembrini
rimproverava i Siciliani di non aver cominciato l'azione loro da Reggio !
Invi'ce con piena ragione il ("rcmelii deplorò il « nocevole indugio dei Reg-
giani ad inttorgere; e la tiepidezza o stanchezza di quel Comitato... » St.
L. V, p. 896
MISCELLANEA 311
sebbene soggiunga poi : « uia non tardarono però a convincersi
dell'inanità delle loro speranze, e quindi nei primi giorni di giu-
gno in una conferenza tenuta cogli emissarj siciliani spediti dal
Commissario (del Potere Esecutivo) Piraino lealmente dichiarava-
no che da qualche dimostrazione in fuori, altro non era a sperarsi
da Reggio e, per avventura dalla più gran parte delle calabresi
popolazioni (1) ». Il che però mal si accorda con ciò che scrive
il La Farina della venuta in Messina dei Plutino, Romeo, De-Lieto
e Ricciardi per affrettare i nostri alla partenza (2) : e ciò farebbe
credere aver Plutino, Romeo e De-Lieto mutata sentenza!
Ma, stando alla seconda delle due notizie del Calvi, sarebbe
giustificata la disapprovazione dell'avere il Governo siciliano at-
tuata quella spedizione, generosa da un canto ed imprudente dal
l'altro : e tale anche parve al La Farina, che perciò scrisse : < E-
rano non yìò. che 700 uomini ; si gittavano su di una terra che
non conosceano; pochi per vincere, troppi per celarsi : senza ri-
tirata possibile in caso di sconfitta ; divisi dalla Sicilia per il
mare , e di questo mare padrone il governo napoletano ! » Ma,
quanto al numero, è da opporre che non sarebbero rimasti pochi,
se le popolazioni calabresi fossero insorte come falsamente affer-
mavasi d'aver fatto; e forse allora non avrebbe avuto luogo alcun
bisogno di ritirata; il che pure è da opporsi al Settembrini. E
impresa imprudente e poco previdente la chiamò il Gemelli, che
pure ricordò il consiglio del Napier a non farla e le difiBcoltà op-
poste dal Ribotty a farsene duce. Non tralascia però di chiamar
yenerosi coloro che arditi furon di assumerla (3).
Ma ciò che nel Settembrini piìi spiace è la sentenza che i Si-
ciliani della spedizione non erano gente decisa a vincere o morire !
Il Settembrini ignorava ch'eran fra essi di coloro che aveano avuto
(1) Gap. XII. p. 295 nota 2. Dice presso h poco lo stesso il Gemelli,
a p. 394. Ed anche 1' autore della Italia — Storia dei due anni 1848-49 ,
C. Augusto Vecchi, dopo aver accennato la generosa sfida del 12 Gennaro
fatta a Palermo dal popolo alle truppe napoletane , poco esattamente
scrivea che le Calaìrrie erano in piena rivoluzione (L. II, p. 36, ediz. 2,
Tor. 1856).
(2) 8t. Docum., p. 253.
(3) St. p. 418.
312 MISOELLANEA
tanta parte nella generosa sfida del 12 Gennaio alle truppe na-
poletane in Palermo e di quegli altri che il 29 Gennaio e nei dì
susseguenti, pugnando in Messina da leoni, avean fatto miracoli
di valore nello spazzar dalla città le soldatesche borboniche e
nell'assalto dei muniti castelli di Rocca Guelfonia, di Gonzaga e
di Porta Real Basso che, avendo di fronte la Cittadella e l'altra
fortezza del Salvatore, esponevan gli assedianti al fulminar dei
cannoni e delle bombarde omicide !
E certo se l'insigne uomo il quale, come fu geniale scrittore,
COSI fu d'animo squisitissimo ed anche martire della patria, avesse
avuto pili esatti ragguagli delle condizioni d'animo in cui erano
i Calabresi quando giunsero a loro i Siciliani e della bravura di
questi, avrebbe tutt'altro giudizio enunciato sopra i medesimi.
E perchè meglio si vegga se i Siciliani eran (/ente decisa a vin-
cere o morire e se il tentativo di liberar la Calabria andò fallito
per colpa loro, siccome ha voluto strombazzare più d' uno , gio-
verà il trascrivere un brano di lettera spedita da un membro della
ragguardevole famiglia D('-Lieto di Sant'Eufemia al Commissario
del Potere Esecutivo di Messina : « Da persona rimarchevole ve-
nuta dalla Provincia di Catanzaro ho saputo che un certo Gallo
di Castro villari, tradendo la causa della patria, s'era messo in se-
greti accordi con Busacca. A meglio riuscire in questo assassino
scopo, disseminò fra' militi che le differenze col governo di Na-
poli eran tutte composte , non esservi piìi bisogno di battersi,
I>otersi ognuno ritirare alle proprie case. Così è spiegabile che
Busacca abbia potuto occupare Castro villari. Alcuni giovani ar-
denti , diffidando delle i)arole del Gallo , erano riusciti a nova-
mente riunire le forze, sicché non appena occupata Castro villari,
Bu8a<;ca venne circondato dall'armata Calabro-Sicula con alla te-
sta Ribotti, il <]uale sconfisse comjìletamente il nemico, uccidendo
3()0 dei 1500 soldati che formavano la divisione Busacca. La vit-
toria è degna di tutta la possibile lode pel riflesso che il nemico
si trovava trincerato nella città di Castrovillari. L'attacco dato
dai nostri si dice terribile ed impetuoso oltre ogni credere. L'emù
lazionv di valore tra i tSiciliani ed i Calabresi si promulga indescri-
vibilmente. Lo sprezzo del pericolo era il solo ed unico sentimento
che animava v spingeva tutti i prodi che preser parte in così memo-
rcmdu giornata (1). » Queste affermazioni di persona non siciliana,
(1) Giorn. Off., N. 48, 1 Luglio.
MISCELLANEA 313
ma calabrese valjjano per le molte altre che qui si potrebbero
riferire.
Ma le parole del Settembrini sono oro di coppella rispetto ad
alcune altre che leggonsi in una lettera di Carlo Poerio (al fra-
tello Alessandro), quel Poerio, il cui patriottismo doveva poi esser
punito dal Borbone con le orrende prigioni di Castel dell' Ovo,
Nisida, Ischia, Montefusco e Montesarchio, inferno di vivi: « I Sici-
liani sono stati solleciti (1) d'inviare quasi tre mila (2) uomini in
Calabria; e ciò pel triplice vantaggio : di disfarsi de' piìi facinorosi
tra' Bonachi; di sovvertire il nostro regno. . . (3). » Ma perchè
trascrviere (dico a me stesso) parole che starebbero bene in tut-
t'altro labbro che in quello di un membro della famiglia Poerio,
sì benemerita della patria?. . . I più facinorotsi tra' Bonachi (si-
nonimo di scavezzacolli) eran dunque i Siciliani andati a spezzar
le catene dei fratelli Calabresi !. . . E vi andarono a sovvertire
il regno di Napoli f. . . Quando poi nel fine di quella lettera il
Poerio dice : « Intanto il loro arrivo ha dato il carattere della
pili truce ferocia a quella guerra civile , e Dio sa come la cosa
andrà a finire », (parole acerrime che non avrebbe osato dire
il nemico), Carlo Poerio, che vide nella sua fantasia la guerra ci-
vile, fa toccare con mano che i Siciliani furon tutt'altro che fe-
steggiati in Calabria ; e riconferma luminosamente che dal più
dei Calabresi (e Calabrese era il Poerio) non furon gradite le loro
intenzioni fraterne !
Ma c'è ancora un'altra lettera (perchè non dirlo!) molto più
nauseante della sopra citata. Egli la scrisse il 22 luglio al fra-
tello, non pensando certamente che un giorno sarebbe stata resa
di ragion pubblica ! « Avrai saputo dai fogli la cattura dell'eser-
cito liberatore inviatoci dalla Sicilia, cioè 645 individui (4) ! » Dio
benedetto ! Anche l'oltraggio dell'ironia a quei generosi , cui la
propria sventura non intiepidiva l'amore alla causa italiana, sic-
ché nell'aprile 1849 trovaron modo di spedire, dalle segrete di
Nisida , un sussidio di Ducati Sessantatre , vergognando di non
poter mandare di più, per soccorso aU- eroica Venezia (5). E que-
(1) Il Settembrini invece si lamentava d'indugio !
(2) Erano 700.
(3) Leti, e docum., ecc. p. 311.
(4) Op. cit., p. 156.
(5) V. il Giorn. Off. A. II, N. 79; 7 Apr.
314 MISOELLANEA
sto oltraggio lanciava loro il Poerio , quand' essi erano stati se-
polti vivi in umidi antri puzzolentissimi e privi d'aria e di luce
e quando centinaja di famiglie piangevano, per la cattura di essi,
lagrime di sangue ! Or tanto odio aveva in cuore il Poerio pei
Siciliani ? E che male gli avevan fatto f . . . Io son sicuro però
che il Poerio, quando sperimentò le angosce del carcere (1) , se
gli tornarono in mente le spietate parole da lui scritte il 2!3 lu-
glio 1848, dovette provare non picciol rimorso d'averle vergato;
e comprender dovette quale acerbo dolore siano stati alle famiglie
siciliane i patimenti dei figli loro entro il carcere , egli la cui
madre, per siffatto dolore, alla prigionia del caro figlio, impazzi I
Or chi avrebbe detto al Poerio , quando quelle parole gli scap-
parono dalla penna : saprai anche tu che sia 1' essere carcerato
politico e lo saprà pure la madre tua, che per te smarrirà il senno?
Oscure ed inescrutabili sono le vie della vita !
Alle parole del Settembrini e del Poerio sieuo risposta i se-
guenti periodi che tolgo dal i)regevole volume del Ch. De Cesare
una famiglia di patrioti.
« Ricorda Domenico Morelli che i suoi zìi, non ostante fossero
liberali sinceri, erano contrarj al movimento, giudicandolo folle,
e a mani giunte sconsigliavano il Ricciardi e i suoi amici dal
tentarlo (2) » — « I propositi dei rivoluzionarj calabresi rasenta-
vano l'assurdo. Le popolazioni del regno erano terrorizzate dai
fatti del 15 maggio (3) » — Ferdinando non ebbe paura dell'insur-
rezione calabrese, e rivolse ogni sua cura a soffocarla. L'esercito
gli era devoto, devoto il clero, devote le plebi (4) » — « La forza
rivoluzionaria nelle Provincie di Reggio e Catanzaro era costituita
da volontari reclutati fra contadini. . . senza divisa, senza rudi-
mentale pratica militare. . . Gente raccogliticcia, non era in grado
di sostenere l'urto di milizie regolari, e si perdeva d' animo in-
nanzi al pericolo (5) » — « Non è da far meraviglia se , sbarcati
(1) Ciò avvenne il 17 Luglio 1849.
(2) Pag. XXXVL
(8) L. e. — Ecco la gran ragione della inerzia dei Calabresi della quale
io ho parlato !
(4) Pag. XXXVII.
(0) Pag. XLIV.
MISCELLANEA 3l6
i Siciliani a Paola, cominciarono , da parte loro , i primi disin-
ganni (1) » — Il Ribotti, sbarcando in Calabria, aveva provato una
triste disillusione. AIU cose asserite non corrispondeva la realtà (2)»
— « Da Cosenza, dove ebbe calde accoglienze (3) e la nomina di
Generale in capo dell'esercito Calabro-Sicnlo, inviò un primo rap-
porto al ministro della guerra e marina di Sicilia con parole di
dubbio circa la capacità di opporre resistenza al nemico (4). »
E dopo la giornata di Castrovillari , alle armi nostre favore-
vole, il Eibotty COSI scriveva al Ministero di Sicilia : « Una volta
usciti da Cosenza, non vi è più un paese in armi per difendere
la libertà. Tutto è spavento, tutto è sgomento. Arrivati in faccia
al nemico, lo attacchiamo ed è respinto ; ma non possiamo pro-
fittare della vittoria , perchè due corpi calabresi ben piazzati per
prendere i regi di fianco, restarono con le armi al braccio
SENZA MUOVERSI », E il Ribotty alludeva alle compagnie di Do-
menico di Mauro a Campotenese (5) rimaste inoperose , mentre
gli altri combattevano ardentemente là in Castrovillari. Conti-
nuava il Ribotty : « Il nemico è forte, ed i nostri non trovano sim-
patia, sono di un terzo più deboli, senza munizioni e senza spe-
ranza di trovarne ».
Il De Cesare dice poi che , avendo (nel 1889) interrogato il
(1) L. e.
(2) Pag. XLVIII.
(3) E l'unica volta fu quella; ed egli non mancò di ringraziarne 1 Ca-
labresi col seguente programma, pubblicato il 16 Giugno : « Il sentimento
della fratellanza ci lia guidato nelle Calabrie. Un'eco potentissima ci ri-
spondeva jer sera, che comprendeva l'intera Cosenza e sorgeva dai petti
di questa generosa popolazione. 1 Siciliani non diaienticheranuo giam-
mai la sera del 15 Giugno, come non dimenticheranno i vicini giorni, in
cui uniti ai Calabresi mieteranno palme di gloria sulle rovine della ti-
rannide » (V. il Giorn. Off. N. 48, 1 Luglio).
(4) Pag. XLVIII.
(5) Il giudizio che del di Mauro diede il Gemelli fu questo : « Egregio
cultore delle Muse ed inespertissimo soldato (p. 397). » Ma questo non ci
dà ragione della fatale inerzia in cui egli lasciò le sue compagnie che
pur doveano combattere a prò della patria ! E perciò la cosa meno a lui
disonorante è a dirsi questa, che cioè la causa ne fu (luella che a^ sui
due famosi antichi poeti, greco l'uno, latino l'altro !
316 MISCELLANEA
Generale Giacomo Longo « già compagnt) del Eibotty e glorioso
avanzo di quella spedizione che gli valse condanna di morte e
poi un ergastolo peggiore della morte (1) », ebbe da lui conferma
della verità di ciò che il Ribotty aveva allora affermato. E sog-
giunse che assai penosa fu l'impressione che si ebbe quest'ulti-
mo appena giunto in Calabria, perchè il paese non solo non era
in rivoluzione, ma neppure in fermento ed era in uno stato d'in-
certezza e quasi di terrore !
Dopo tutto questo , domando io : con qual giustizia si volle
del cattivo successo far ricadere la colpa sopra i nostri Siciliani !
Con qual giustizia il Ricciardi nella sua Storia documentata, non
pago di averne incolpato (e giustamente) Domenico Mauro,
che a Campotenese non combattè, ne die' pur colpa al Ribotty (2)? »
Credo qui utile intanto il riportare il giudizio del nostro Ge-
neral Longo sul Generale Ribotty, siccome ne riferisce il De Ce-
sare : « Uomo d' armi avvezzo a comandare soldati disciplinati,
come li aveva comandati in Portogallo e in Ispagna , aveva un
ben diverso concetto di far la guerra di quello che poi acquistò
in Calabria, dove mancava tutto : armi, viveri, disciplina, spirito
militare e concordia nei capi della insurrezione. Se non si spinse
innanzi, dopo la giornata di Castrovillari , fu perchè non aveva
fiducia nella gente raccogliticcia cui diceva di comandare , e i
siciliani erano troppo pochi (3). Recherò poche altre righe del De
Cesare : « Ribotty ordina la ritirata , che si compie in ordine dai
siciliani e in grandissimo disordine dalle compagnie calabresi....
Si compiva la ritirata delle forze insurrezionali che, tranne il nu-
cleo dei siciliani, si sbandavano per via , portando il terrore nei
paesi dove giungevano (4) ».
(1) E poi ne uscì , dopo 12 auni di niartirj , insieme con Carlo Delli
Franci, anch'egli messinese, nel 1860 : e in quella occasione la poetessa
Mancini-Oliva scrisse una delle sue bellissime liriche.
(2) Ricavo questa notizia dal libro del de Cesare, non essendomi riu-
scito di trovar copia del libro del Ricciardi } del quale fra i vari Docu-
menti pubblicati dal Sig. Guardione ò una lettera all'Amari, in cui egli
investe fieramente il Ribotty, dicen<lo però che tutti rendevano giustizia
alle buone disponizioni dei Siciliani (Op. cit. V, II, p. 80)<
(8) Pag. L.
(4) Pag. LI!. — Il terrore adunque aon lo portavano, o meglio appor-
tavano, i Biciliani !
MI8GELLANEA 317
Valgjilio questi passi del De Cesare, storico non siciliano , e
quindi non soggetto ad accusa di parzialità, a dissipare le male
voci che, come vedemmo, son corse a disfavore della spedizione
dei settecento che mossero da Milazzo in aiuto dei fratelli Ca-
labresi.
Ed alle autorevoli testiiDonianze del De Cesare son lieto di
aggiungere quella di un altro calabrese, il quale, parlando della
infelice condizione in cui essi trovavansi , quando la imponente
armata dei Generali borbonici Lanza e Busacca dieci volte mag-
giore movea contro di loro, scrisse indignato così : « GÌ' infelici
Siciliani circondati da un sì formidabile nembo di guerra, si ri-
oolftero a Catanzaro, sperando esxer ricevuti fra le sue mura, ed in
chiusa e popolosa città ridestare l'incendio. Ma Catanzaro chiuse
loro le porte, e solo oflfrì tenue sussidio di denaro come al mastino
si gitta lìn tozzo di pane. In tal modo s'insultavano uomini prodi
venuti in nostro aiuto e che a pugnare per noi abbandonato aeeano
la patria, le domestiche dolcezze, le dilette consorti e i teneri figli.
Essi in tal modo incalzati e da tutti rejetti, marciando in ordine
di battaglia, giunsero alle sponde del Jonio ecc. . . (1)! »
Ma d'un'altra melensaggine ancor mi resta a parlare , quan
tunque torte m'incresca di andarmi ancora tra tanta miseria rav-
volgendo ! Questa melensaggine si appartiene a un Avv. Lupis-
Crisafl , il quale ingemmò la sua Cronaca di Grotteria (2) della
grottesca accusa che i disertori Siciliani avean fatta , com' egli
dice elegantemente, abortire la protesta annata alVeecidio del lo
maggio; quel!' eccidio che invaso avea di terrore gli animi tutti
in Calabria!
Ma la causa dell'afeorto vo' che la dica il citato Pisani , che
fu uno dei piìi egregi membri di quella spedizione : « Cosenza,
colle sue strade alpestri ed anguste, più che in rivoluzione, sem-
brava una città deserta. . . Invece dei due terzi dei Deputati,
del Governo provvisorio e dei congedati [)rome88Ì, ivi non si trovò
che un Comitato rivoluzionario, composto di tre sole persone e
privo quasi completamente di autorità. Comitato il quale fu la causa
precijrun che la spedizi^n^' siciliana andasse a male , poiché esso
(1) St. della Bivol. del Di*ir. di Nicasiro narrata da G. P. — Catane,
tip. Munic. 1882, p. 115.
(2) Geraci Marina, 1887, p, 241.
318 MISCELLANEA
tanto disse, pregò ed implorò che indusse il Ribotti , invece di
entrare subito nella provincia di Catanzaro, a rivolgersi dal lato
opposto sopra Castrovillari, dove trovavasi la colonna del Gene-
i-ale Busacca, e mettere il campo a Spezzano Albanese, posizione
naturalmente e strategicamente formidabile. Lì fu impossibile in-
tendersi con i capi del Campo di Campotenese, i quali non vol-
lero per nulla ubbidire agli ordini del Ribotti, che dal Comitato
di Cosenza era stato nominato Comandante Generale dell' eser-
cito Calabro- Siculo (?!), ne a quelli del Comitato stesso. Da quel
giorno la spedizione siciliana fn fatalmente compromessa. Ritornare
indietro e procedere per Catanzaro non era più possibile : i ne-
mici si sarebbero tosto impadroniti di quella importante posizione
e con ogni forza avrebbero molestato la nostra ritirata : muovere
contro Castrovillari con soli 700 uomini e 7 pezzi d' artiglieria,
senz'essere spalleggiati dalla popolazione era stoltissima impre-
sa (1) ». E questo Jia suygel che ogni uomo sganni I
Ecco ciò che ricavarono i poveri Siciliani dal loro amore alla
libertà, dal loro patriottico entusiasmo, dalla lor bonissima fede,
dall'aver voluto offrire il proprio sangue pel riscatto dei calabresi
fratelli, che il loro aiuto invocarono e dall'aver tìnalmente espiato
sifEatte colpe nel duro carcere, con al pie la catena, senz'aria, senza
luce e senza riposo e con nutrimento da bestie !
Adunque il guadagno loro fu questo :
1. Di essere giudicate persone prive di senno e di previdenza
e non decise a vincere o morire.
2. Di esser considerati come appartenenti alla non invidiabile
classe dei più facinorosi Bonachi.
3. Di essere andati in Calabria a « dare il carattere della più
truce ferocia alla guerra civile ; e a sovvertire il regno napoli-
tano. *
4. Di essere dichiarati disertori.
5. Di aver fatto abortire in Calabria la protesta armata ecc....
Sicché qualora ai predetti tre giudici fosse stato commesso il
pronunziar la sentenza contro i rei , se a giudizio dell' uno essi
avrebbero avuto il manicomio, a giudizio degli altri la pena che
già si ebbe il (>aracciolo sarebbe stata la pena loro ! . . .
Or quando sì pensa che le scene delle quali si è stati spetta-
ti) Opime, oit., p. 12.
MISCELLANEA 319
tori nel teatro del mondo sono, o per mala fede o per leggerezza
o per ignoranza o per incuria (come nel caso nostro) o per oc-
culto fine, soggette a gravi alterazioni nella bocca di chi se ne fa
narratore, si sarebbe tentati a negare ogni fede alle antiche me-
morie e a divenir seguaci di chi faceva argomento di un libro la
inutilità ed incertezza della Storia!
È gran fortuna però che le nobili gesta, non ben conosciute
da chi ne giudica e talora calunniate o deturpate comecchessia
da penne intinte nell'inchiostro della menzogna , trovan sempre
chi le rivendichi dalla ingiustizia dei givdizj del mondo (1), avve-
randosi pienamente ciò che dice il poeta :
Questa nostra mortni caduca vista
Fasciata è sempre d'un oscuro velo,
E spesso il vero scambia alla menzogUM.
Poi si risveglia, come fa chi sogna (2).
( 'ouchiudendo quest'umile scritto, dirò che la spedizione dei
settecento non meritava di essere denigrata, ]>erchè figlia di quello
entusiasmo che non vede pericoli, per raggiungere un bell'ideale;
e perchè generosa , essendo che distraeva una forza viva dalla
difesa del proprio luogo natio, esposto a tutte le insidie del fe-
roce ed agguerrito nemico. Ma il non felice esito che, per altrui
colpa, se n'ebbe non dava dritto a nessuno di pronunziare gl'in-
giusti giudizii dei quali abbiamo discorso. No, non si ricambia
con la disistima e l'oltraggio l' eroismo di chi è disposto a far
sacrificio di se per il bene dei suoi fi-atelli (3) !
(1) Colletta, St. del Heawe di Nap. L. X, 25.
(2) Pulci, Morg. Magg., C. XXVIIl, 35.
(3) Essendomi venute in mano due lettere, concernenti la spedizione
dei settecento, ho pensato di pubblicarle come documenti opportuni alla
circostanza. L'una mi fu scritta il 12 gennaio 1886 da Carlo Pisano , al-
lora Sottoprefetto del Circondario di Piazza Armerina e che fece parte
della spedizione con gli altri due fratelli Enrico e Giovanni; l'altra il 1
marzo 1890 da Francesci» Pignatari fu Domenico, di Monteleone-Calabro,
fervido liberale, allora novant^^nne.
La prima è questa :
« . . . . Mi è caro che Ella , nel suo opuscolo , ricordi due
320 MISdEiLLANBÀ
nomi di patrioti che io ho ben presenti alla mia memoria. . . . Giovanni
Lizio-Bruno e Gaetano Brnno, i quali nel 48 fecero parte di quella credo
non dimenticata quanto arditii spedizione nelle Calabrie .... Li ricordo
ancora nel temerario disbarco nella rada di Paola, compiuto in barba a
tre navi da guerra borboniche : li ricordo nella battaglia presso Spezzano
Albanese , (juando aifin di prendere alle spalle il nemico , si guadava il
tìume con tale slancio che solo l'entusiasmo può dare; e ricordo Gaetano
Bruno e Nicolò Scotto (1) nella battaglia presso Castrovillari .... »
E questa, la seconda :
« . . . Quantunque novantenne, serbo chiara e vivissima
memoria dei fatti e delle persone che hanno preso parte e vennero com-
piendo l'indipendenza della nostra patria .... tutta la mia vita l'ho
spesa a prò della causa della libertà, e fin dal 1820 non vi fu fatto a
cui non avessi avuto parte.
Ricordo adunque benissimo che i Siciliani veimti in nostro aiuto nel
48 erano persone stimate, educate, possessori di molto denaro proprio , e
vennero a combattere per sentimento di amor patrio ... Io ne conobbi
molti e fui in relazione con Francesco Caminiti, il quale anche prima
della rivoluzione venne qui come emissario e fu ricevuto da me ...»
Ciò dimostra che i Siciliani uon eran Bonaehi siccome s'immaginava
Carlo Poerio, cui sii terra levisi
Porrò fine a questa nota con dire che, quando il Tommaseo scrivea :
« Kagguardevole terra la Sicilia e delle più illustri nella storia del mon-
do », avrebbe potuto aggiungere : e delle più bistrattate e calunniate !
L. Lizio - Bruno.
(1) Nelle Memorie Storiche e Critiche il Calvi (Cap. II. p. 4(5); parlando»,
della dimoHtrazione patriottica messinese del 1 Sett. 1847 : « Nicola
Hcotto . . • ferito in una gota, trovò, dopo non molto, il modo di eva-
dere e di Halvarsi ». Era l'istenso Scotto di cui mi toccava, nelht sua let-
tera, il Cav. l'iHano; ed è anco ricordato con lode dal Gemelli nella sua
Storia.
GIUSEPPE VELIA E I SUOI FALSI CODICI ARABI
CON UN DOCUMENTO INEDITO
Ohi si è occupato della storia letteraria di Sicilia del se-
colo XVIII e, principalmente, chi ha letto il bellissimo disegno
che un insigne storico ed erudito siciliano, lo Scinà (1), ne fece,
non può aver dimenticato la singolare figura dell'abate don Giu-
seppe Velia che, con l'audacia delle sue geniali ribalderie, seppe
in breve volger di tempo torcere a sé le genti al piìì fallace
entusiasmo.
« Alto e complesso era della persona, colore avea pallido scuro
occhi piccoli e furbeschi, e grave nell'andare e nel portamento...»
Cosi ce Io descrive lo Scinà — il primo e più vicino biografo
del Velia — nel suo bellissimo lavoro, che ci fa invero rimpian-
gere com'egli oltre quella del XVIII secolo, non avesse intra-
preso a scrivere la storia tutta delle lettere siciliane.
Egli è certo che questo famoso abate , oriundo di Malta ,
« parco e posato nel dire (2) », dal fare umile e sommesso, verso
la fine del settecento mise in subbuglio gran parte dei dotti di
Europa.
Pretendeva egli infatti d' aver trovato nella biblioteca di
S. Martino delle Scale, in vicinanza di Palermo , un originai
testo arabo, nel quale si narrava minutamente la storia degli
Arabi durante il loro dominio in Sicilia, periodo questo, allora,
molto oscuro di nostra istoria, serbato alle indefesse fatiche di
un grande siciliano. Michele Amari, che doveva, a distanza di
pochi anni, trovarvi sicum gloria.
(1) Domenico Scinà l^rospetto della Storia letteraria di Sicilia nel
m: XVIII. Palermo 1859.
(2) Scinà, op. cit.
322 MISCELLANEA
La voce di sì preziosa scoperta corse il mondo , suscitando
prò e contro vivacissime discussioni; nessuno però poteva disco-
noscerne la grande importanza, poiché, queste lettere (il Velia
diceva che il testo arabo era in forma epistolare) « dimostrando
l'amministrazione, le imprese, i politici regolamenti degli arabi,
formavano il diritto publico di quei tempi , ed erano, secondo
l'apparenza, il più prezioso monumento della storia degli Arabi
in Sicilia (1) ».
Opera vana e lunga sarebbe il ricordare tutti gli autori, che
nei loro scritti si servirono di queste famose lettere : non v'è
libro che parli di cose siciliane, stampato in quel torno di tempo,
(;he non si riferisca al codice arabo.
Fra coloro che vi ricorsero come fonti di diritto citerò solo
il Canciani (2) che nelle Lege.s barbarorum antiquae pubblica le
Gonstitutioiiets ab arahibus latae in usum Regni Sieiliae, tolte da quel
che scritto e publicato aveva il Velia, e Francesco Paolo di Blasi
che ne fa pure menzione nella Prefatio alle Pragmaticae iìancti4)-
nen regni Siciliae (3).
10 non istarò qui, o Signori, a narrare coi piti minuti parti-
colari la storia del Velia e dei suoi codici, che, e fuori uscirei
dal mio i)roposito , e poco invero avrei da aggiungere a quello
già noto. Rinvio dunque al cap. IV del libro dello Scinà , chi
avesse curiosità di conoscere coi minimi dettagli ciò ch'io, som-
mariamente, andrò ricordando.
Possessore di due volumi arabi fabricati dal Velia, e d' una
interessante lettera autografa inedita, mi si è porto il destro
d'esumare questo vecchio episodio della storia delle lettere sici-
liane con la sc-orta di questi nuovi documenti , che confermano
ancora una volta tanta falsità.
Né ciò sembri opera alfatto inutile, poiché dal 1784 sino ad
oggi, i difensori e gli apologisti del Velia non mancano.
11 Mira, fra gli altri, nel suo dizionario bibliografico, ci rende
noto « che una società di arabisti oltramontani ha riconosciuto
(»ic) la veridicità del codice velliano ». E, più recentemente , il
(1) Scinà, op. cit.
(2) Volume V -Anno 17H2.
(8) Tomo 1-1791.
MISCELLANEA 323
Marchese Fabio Pallavicini, nientemeno che su V Archivio storico
italiano (1) pubblica l'el(»gio del Velia a [)roposito del rinveni-
mento di alcuni documenti genovesi, sincroni ai fatti narrati nel
Codice diplomatico di Sicilia.
Oggi, dopo il lavoro del Lagumina (2), nessuno può più du-
bitare che il famoso testo arabo, a cui accenna il Mira, contenga
1» vita di Maometto, piuttosto che la storia degli Arabi di Sicilia
come asseriva il Velia.
In quanto ai due volumi da me posseduti, 1' egregio profes-
sore Nallino, delFUniversità di Palermo, li ha dichiarati addi-
rittura falsi; una vera ghiottoneria per un appassionato biblio-
filo. Ed infine, ancora una prova di (juesta solenne impostura
ce la fornisce il Velia medesimo nella lettera autografa eh' io
adesso riferirò e nella quale egli, pui- difendendosi, finisce col-
Faccusarsi !
11 Velia capitato in Sicilia verso la seconda metà del
sec. XVIII, semplice cappellano dell'ordine gerosolimitano, era
riuscito ad ottenere, oltre un pingue assegno annuo , 1' abltazìa
di S. Pancrazio (3).
Ed in vero non ci sarebbero state mai bastevoli rimunera-
zioni se indiscussa fosse rimasta la verità di ciò ch'egli asseriva !
Tenuto in alta considerazione da principi, prelati e da dotti,
egli ebbe il suo quarto d'ora di celebrità, e financo il Papa, al-
lora Pio VI, si affrettava ad ammonirlo per lettera di non sciu-
parsi la vista ; « sed vehementer doleiiius tantam in ime cersiont
fuisse oculorum defatigatiauem , ut eorum alterum dehiliiatum ar
perditìim sentiatf (4) ».
Ma di solenne appoggio })er salire sì in alto eragli stato Mon-
(1) Nuova Serie, Voi. X, parte li, pag. 70, 71.
(2) Lagumina, Il falso codice arabo siculo della Biblioteca y(i:iuitule
di Palermo. — Palermo, Stab. Tip. Lao 1882,
(3) Il Meli l'aveva per tauti anni vagheggiato invano ! — Vedi Pitkè,
La vita in Palermo cento e. piti anni fa — Voi. II, pag. 373 , Palermo.
A. Reber 1905.
(4) Codice diplonMtieo di Sicilia, Tomo III.
324 MISCELLANEA
signore Alfonso Airoldi, dottissimo prelato ed amantissimo degli
vstudi che collegar si potessero con la storia di Sicilia ; nonché
la continua approvazione che veniva facendo, man mano che gli
scritti del Velia pnblicavansi, Ciao Gerardo Tychsen, professore
di lingue orientali in Rostoch.
Nel 1789, dopo una lunga serie di vicende e discussioni, uscì
il primo volume del Codice diplomatico, che il Velia asseriva
di aver fedelmente tradotto dall'arabo. E così si arrivò sino a
sei volumi. Ma si passava di sorpresa in sorpresa. Il Velia an-
annunziava di aver trovato una vera miniera di codici e testi
arabi. Dopo il codice diplomatico, il Consiglio di Egitto « che
nientemeno veniva a fondare ed ampliare le prerogative e i di-
ritti della corona di Sicilia, nei tempi degli Arabi e dei prin-
cipi normanni (1) ». Dopo il Consiglio di Egitto viene la volta
dei libri di Tito Livio, in numero di 17, che, però, non furono
visti mai da nessuno, sebbene lo stesso Velia ne avesse rassi-
curato l'Europa con una sua lettera nel Journal de Paris (l. 14
luin 1788) (2).
Era naturale che la prodigiosa facilità con la quale venivano
scoperti questi tesori letterari, dovesse in molti far nascere dubbi
e sospetti sulla autenticità degli originali. Velatamente dapprima,
ai)ertamente dopo, cominciò contro l'ardito abate una guerra ac-
4;anita : difensori ed accusatori scrissero, publicarono , ciascuno
per sua parte strenuamente lottando. Ma i secondi , dopo una
lunga serie di fatti che troppo lungo sarebbe qui il narrare, trion-
farono, e il 2\) agosto 179G il Velia fu gridato solenne impostore,
e condannato a quindici anni nel castello di Palermo.
Così l'Europa, che nel 1791 aveva udito da Koma giunger
severa la condanna del Sant'Uffizio per il celeberrimo Cagliostro,
assisteva ora, a distanza di ]ìO('hi anni, all'epilogo dell' interes-
Hante commedia velliana.
Tre anni e mesi fu però la vera i)rigionia scontata dal Velia;
poiché il Borbone, venuto con la corte in Palermo nel 1799, gli
permise di terminare la pena in una casina che 1' abate posse-
deva a Mezzomonreale.
(1) ^ikì, up. <;.
(3) 8einà, op. e.
MISCELLANEA 326
Senza dubbio in questa blanda inversione di condanna do-
vette concorrere l'influenza della regina Maria Carolina , nelle
cui buone grazie l'astuto abate era riuscito ad entrare,
E partigiani di lui (1), anche dopo il processo e la seguita
condanna non ne mancarono : n'è chiarissima prova la lettera
ch'io adesso trascriverò. Essa credo sia la più importante auto-
difesa che si conservi del Velia, e ci dimostra che i (UimmuHi (2)
<lel Castello di Palermo non bastarono a fargli mutare opinione
intorno a ciò ch'egli aveva asserito e pubblicato.
La lunga lettera (3j non porta data; ma dal primo periodo di
essa si vede essere stata scritta verso la fine del 1811 (quindici
anni dopo la condanna del Velia) in risposta ad un'altra invia-
tagli nel marzo del 1809 da un letterato di Vienna-^ il cui nome
non apparisce — che invitava il Velia a collaborare ad una va-
sta raccolta di letteratura orientale.
« frignare,
La lettera con la quale si è compiaciuta onorarmi in data
dei 9 marzo 1809, non mi è giunta che ai 28 settembre 1811, per
mezzo del Ministro di Vienna residente in Palermo.
11 favore che Ella mi ha fatto con invitarmi di prender par-
te (4) a questi suoi travagli letterarii non ha contribuito poco
ad addolcire l'amarezza dei disgusti troppo dispiacevoli mi hanno
fatto provare.
Io mi renderò tanto piìi volentieri ad una fatica grata per
me, che lo studio delle lingue orientali è ntato hìu dalli primi
anni della mia fanciullezza la mia occupazione la più ordinaria.
(1) La colta signorina Maki\ Pitkk ha tradotto e pubblicato sulla
Antologia Siciliana (N. ) alcuni brani dei « Gemalde von Palerm»
di G. Hager, libretto ormai divenuto raro. L'Hager che fu testimonio
oculare, ci fa conoscere l'interesse vivissimo che allora la quistione Velia
destava a Palermo.
(2) Le prigioni.
(3) È stata da me donata alla biblioteca della Società di Storia Patria.
(4) Le parole sottolineate sono state da me aggiunte essendo il foglio,
ai margini, qua e là sciupato dal tempo.
Aroh. SUyr. Sic. N. S. Anno XXX. 22
326 MISCELLANEA
Il progetto formato da questa società di dotti, secondo l'idea
che ne dà il prospetto, è grande; egli è bello e merita per la sua
importanza d' eccitare una nobile emulazione fra quelle persone
le quali, animate dal desiderio della gloria, si faranno un piacere
di concorrere con i loro travagli alla riuscita di esso.
È ancora una sodisfazione ben grande per le persone di let
tere in generale, le quali per mezzo di questa nuova raccolta sa-
ranno in istato di conoscere e di gustare ciò che la letteratura
orientale ha prodotto di più degno d'esser conosciuto. Intrapresa
veramente ammirabile, giacché abbracciando ogni genere di let-
leratura, essa si stende ancora a queste altre arti, meno brillanti
forse^ ma al certo più utili, giacche tendono più direttamente al
bene e al vantaggio della società. Xon si può mai accrescer trop-
po né troppo stendere questa massa di lumi che può contribuire
a rendere la condizione degli uomini meno infelice.
In quanto all'articolo della sua lettera, Signore, il quale ha
rapporto al codice diplomatico arabo — siculo, toccante l'auten-
ticità dell'originale arabo, dietro al quale io ho fatto una tradu-
zione in lingua vulgare d' Italia , la prego di considerare che
una discussione di tal natura ci darebbe argomenti in troppo
gran numero e troppo svariati per poter trovare qui il luogo che
le converrebbe; d'altra parte una simile discussione non potreb-
be mai metter fine a tutte le difficoltà, che potrebbe suggerire
lo spirito di cavillazione; e pur troppo si sa, che , con uno spi-
rito di questa tempera, non v'è monumento istorico, benché so-
damente stabilito sia, di cui non si possa impugnare l'autenti-
cità ; abastanza si conoscono le pretenzioui insensate dell'eru-
dito bardo vi no.
Mi permetta dunque , signore , di tenermene al presente al
solo esposto che presenta l'ordine e la serie delle lettere italiane.
Mi piire che con questo mezzo la quistione sciolta di tutto questo
apparecchio scientifico, il quale spesso non é che l'abuso del sa-
pere, e ridotta a termini più semplici, si troverà a i)ortata d'ognu-
no; fors' anche che in seguire (juesta via ci verrà più facile di
giugnere alla scoperta disila verità.
È cosa costante e generalmente riconosciuta dalli autori mo-
derni 1 quali hanno trattato della storia <Iì Sicilia nelle varie sue
ei>ocli<' c.ììvt gli Arabi passarono d' Africa in Sicilia verso l'anno
827 del modo nostro vulgare di contare, che ossi ne fecero la con-
MISCELLANEA 327
quista togliendola ai Greci dell'Imperio d'Oriente, che essi ten-
nero quest'Isola sotto il loro dominio d arante la spazio di circa
250 anni, vale a dire sino al tempo in cni i bravi normanni, già
stabiliti in Calabria, vennero a molestare gli Arabi in Sicilia, di-
visi allora ed indeboliti da divisioni intestine.
Gli affari degli Arabi furono ben presto ridotti ad estremità
tale, che si viddero essi costretti a riconoscere finalmente la so-
vranità dei loro vincitori in tutta la estenzione della Sicilia. Non
si aveva su di un'epoca così interessante per la storia di Sicilia
se non che alcuni fatti gettati come a caso, dispersi e per così
dire persi nelle opere di vari autori arabi, greci o latini ; senza
unione, senz'ordine, senza alcuno di questi dettagli tanto preziosi
per quelli i quali nello studio della storia cercano più a illumi-
nare la loro ragione che a sodisfare una vana curiosità.
Ben si vede che con soccorsi tanto deboli non si poteva mai
formare un tessuto istorico capace di riempire il vuoto che a
questa nostra epoca interrompeva il filo della narrazione nella
serie degli annali di Sicilia.
Il Codice Arabo Siculo può, se non m'inganno, riempire questo
oggetto. Permetta ch'io mi ci trattenga un momento per mostrarne
almeno il modo di i)rocedere e per farne conoscere lo spirito. Os-
servi, la prego. Signore, la maniera di dire semplice e naturale
che fa il carattere particolare e sempre sostenuto di questa lunga
serie di lettere, scritte da tante persone sì differenti di genio, di
carattere , di condizione , le quali fratanto hanno tutte un' aria,
un tuono d' ingenuità che piace e persuade in un tempo , senza
lasciare alcun luogo di dubbio o di sospetto sulla veracità di
quello che parla, carattere che la finzione non jwtrebbe sostenere
senza smentirsi qiuilche volta, sopra tutto in un'opera d' una sì
lunga estensione.
Le famose decretali appoggiandosi sul credito d' una grande
autorità (l) abusarono per troppo lungo tempo della credulità de
l)opolì; ma esse somministrarono prove della loro falsità da che
si venne ad esaminarle più da vicino con occhio attento, incon-
veniente che non si ha da temere qui; più uno esamina queste
lettere più egli resta persuaso della verità dei loro racconti; spe-
(1) Isidoro (li Siviglia.
328 MISCELLANEA
rienza facile a farsi da ognuno. Segua, se le piace , 1' incatena-
mento ammirabile che queste lettere hanno fra di loro, il che fa
che esse si sostengono l'una con le altre, si danno luce mutual-
mente , e tutte insieme concorrono a formare un tutto semplice
e regolare.
Il contenuto di queste lettere non è men admirabile che l'or-
dine che vi si osserva. In effetto queste lettere ci dicono con le
particolarità le piìi circostanziate, in che modo gli Arabi fecero
la conquista della Sicilia ; con qual sistema di legislazione essi
governarono i popoli di questo regno; su qual piano furono di-
retti i varii rami dell'amministrazione; sopra quali oggetti ed in
qual modo si levarono le tasse destinate ai bisogni del governo :
oggetto quanto importante tanto delicato, giacche da ciò dipende
la sorte della nazione; la vigilanza per il mantenimento dei buoni
costumi , la di cui ruina porta alla lunga quella dello Stato ; le
relazioni che il governo Arabo di Sicilia ebbe con i sovrani del
tempo ed infine i rapporti con le altri^ n azioni amiche e di che
natura esse fossero. Queste lettere ci mostrano le cause le quali
contribuirono ad innalzare la potenza degli Arabi in Sicilia e di
oi i vizii che prepararono la loro ruina, le cause finalmente che
consumarono quella. Questa serie di lettere è come il giornale
esatto e dettagliato di tutto ciò che accadde in Sicilia giorno per
giorno durante il lungo periodo di tempo di 250 anni.
Osservi intanto che i fatti raccontati in queste nostre lettere
si vanno combinando con i fatti notati nei diversi autori già da
noi indicati; in tal modo però che questi ultimi fatti per il loro
avvicinamento con i primi ne ricevono un lume, un senso , una
coerenza che erano ben lungi di avere nel primo loro stato. Se
ne può citare per esempio i fatti enunciati nella cronica di Cam-
bridge; si paragonino gli uni c-on gli altri , ben presto si vedrà
quale dei due merita la prioritade.
Bisogna dunque convenire che se io non avessi fatto altro se
non che indovinare^ non si poteva indovinare più giusto; e che
l'inventore d'una i>roduzioue così singolare sarebbe , mi si per-
metta il dirlo, (il un ben tutt'altro merito che il traduttore mo-
desto d'una raccolta di lettere arabe riunite nella Cancelleria,
nel tempo che li Arabi dominarono in Sicilia.
Ma fu «l'uopo enaminare queste lettere per essere in istato di
indicarne con coscienza di causa; ed ò ciò che non si è fatto
MISCELLANEA 329
sempre; dichiarole Analmente che questa parte del manoscritto ara-
bo, del quale sono proprietario, siccome anche quell'altro manoscrit-
to arabo il quale porta per titolo «Libro del Consiglio di Egitto »
questo qui in intiero, saranno depositati nella pubblica biblioteca
di questa città subito che il mio travaglio sarà terminato. Ecco,
signore, le considerazioni che io sottomento all'imparzialità del
suo giudizio. La traduzione italiana sarà in dieci volumi in 4.°,
i sette primi sono già pubblicati a mezzo della stampa; se non
li tiene in sua prof>riotà io mi farò un dovere ed un piacere di
mandarglieli.
Troverà sotto questo piego, che ho l'onore di indirizzarle, al-
cune stampe di vasi e di monete tirate da originali Arabi con
la spiega delle parole ».
«
• •
Non è questa una vera magnificazione dell'opera propria? E
con qual sottile accorgimento ed astuzia egli parla dell'autenti-
cità dei codici !
Notevolissimo, verso la fine della lettera, quel periodo dove
dice: «Bisogna dunque convenire che se io non avessi fatto al-
tro se non che indovinare, non si poteva indovinare più giusto,
e che l'inventore d'una produzione così singolare sarebbe, mi si
permetta -il dirlo, di un ben tutt'altro merito che il traduttore
modesto d'una raccolta di lettere arabe ».
Questo periodo basta da solo a far credere all'impostura del
Velia, più dell'esame di tutti i codici partoriti dalla sua fantasia.
E chiaro: qui il Velia rivela tutto l'animo suo, e si dichiara
colpevole.
Però io sono d'avviso ch'egli non si sarebbe lasciato cogliere
in fallo così apertamente. Oh, l'astuto volpone non sarebbe stato
tanto incauto! Piuttosto il Velia, convinto che la sua lunga ti-
ritera non poteva convincere il letterato viennese a noi rimasto
ignoto, perchè vi stava contro l'evidenza dei fatti, cercava di
far risaltare il suo vero e solo merito, se così può chiamarsi.
Dopo aver visto crollare tutto un ediflzio per lunghi anni pa-
zientemente creato, dopo gli ultimi e vani tentativi di riabilita-
zione presso la Corte, che mai doveva rimanere a questo strano
ciurmatore ?
Pare incredibile che tanta attività e sottigliezza d'ingegno si
330 MISCELLANEA
siano spese a creare tanta ignominia, che valse a quest'uomo
una si triste celebrità !
iS'on vi ha chi non rimanga aftascinato dal magnifico esem-
plare in folio della traduzione del Libro del Consiglio di Egitto^
che si conserva nella Biblioteca comunale.
Quante sottili previggenze si trovano in esso per meglio ve-
larne e dorarne l'impostura! E quante fatiche sprecate in quel
voluminoso Codice di])lomatico di Sicilia, nel quale ben dugento-
cinquant'anni di storia furon dettati dalla fantasia del Velia ! E
che poderosa fantasia, o Signori ! L'acerba lite della città di Be-
nevento vien risoluta nei suoi libri con nuovi fatti storici ; le
cinque lettere papali dei pontefici Marino, Adriano e Stefano,
scritte in un latino corrottissimo avrebbero più tardi, forse, fatto
risalire l'origine di nostra lingua nel nono secolo ; e flnanco, im-
medesimandosi nello spirito dei tempi, creò due arabe legislazioni.
E non manca qua e là lo squarcio lirico, di un lirismo che
ha verisimiglianza storica, come la descrizione della magnifica
e possente spada di Kagebis, che tante prodezze aveva operato
per il mondo.
Pensate dunque, che se non si fosse così presto messo un freno
a tal sbrigliata ed irrompente fantasia, dopo i diciassette libri di
Tito Livio (nientemeno che diciassette !) annuziati dal Velia
stesso nel Journal de Paris, avremmo visto rifiorire forse tutti i
capolavori dell'antichità classica, di cui soltanto ci è stata tra-
mandata la memoria.
Bizzarro destino quello di quest'uomo costretto dalla sua
stessa volontà a vegliare le notti su i difficili fogli, evocando con
la fervida fantasia un mondo immaginario di prodi cavalieri, di
guerre sanguinose, di savie legislazioni, di califfi e di emiri con
le loro bellissime donne adorne di veli d'argento e d'oro, di
perle e fulgide gemme !
Noi certamente, non diremo con il Velia stesso « che l'autore
d'una produzione così siugolare sarà di un ben tutt'altro merito
che il traduttore modesto d'una raccolta di lettere arabe »; ma
dobbiamo riconoscere in lui ciò che finora non è stato ri-
conosciuto dai suoi biografi: delle facoltà geniali straordinarie,
che indirizzate al bene avrebbero prodotto buoni frutti.
Esagenito a me sembra il giudizio dello Scinà, clic ci mostra
il Velia un ignorante qualsiasi, ignaro non s<»lo dell'arabo, ma
MISCELLANEA 331
financo dell'italiano. Che il Velia conoscesse l'arabo, bene o male
che sia, nessuno può ormai dubitare ed il Lagumina (1) lo ha
lealmente riconosciuto. In quanto all'italiano la lettera ch'io
oggi ho letto, se non è un esempio di bello scrivere (faccio notare
che essendo una brutta copia il suo autore mettendola in bello
avrà potuto qua e là mutarla) pure è pro\'a abbastanza luminosa
che il Velia, non italiano, scriveva discretamente bene nella no-
stra lingua.
Signori, il caso di codici falsificati non è certamente un fatto
nuovo nella storia. « La collaectio canonum Isidori peccatoris »
nota meglio col nome di « false decretali » o « pseudo isidoriana »,
cui il Velia accenna nella sua lettera, nata verso il secolo IX e
diretta a sfruttare il nome di Isidoro di Siviglia per agevolare
l'accettazione di canoni apocrifi, è abbastanza nota perchè io
venga qui a ricordarla.
Certo ad essa dovette il Velia ispirarsi nella concezione del
suo vastissimo e pravo disegno, pensando che, armonizzante con
lo spirito dei tempi, per ben sei secoli circa i popoli 1' accetta-
rono ciecamente.
Ma ugnai sorte non era concessa ai codici velliani, che, cir-
confusi d'una gloria troppo fugace, condannati ben presto alla
gogna, trascinarono seco travolgendolo il loro autore.
La storia del Velia ha molti punti di contatto con quella di
un altro famoso falsario vissuto nel sec. XVI , Alfonso Cecca-
relli, dottore in medicina, il quale, meno fortunato del nostro
abate, dovette scontare i lunghi anni passati a gabbare nobili
famiglie e comunità, di cui fingeva scoprire origini e genealogie,
con la perdita della colpevole mano fattagli tagliare per ordine
di Gregorio XIII, e di li a poco con la condanna al patibolo.
Per merito di dotti italitini e stranieri, quali il Fumi, il La-
bruzzi, lo Sforza, il Kiegi e l'Ottenthal, gli elaborati materiali
storici fabbricati dall'attivissimo dottore di Bevagna, hanno or-
mai il valore che meritano, e Ciro Trabalza (2) promette di pub-
blicare in proposito nuovi ed importanti documenti sul Bollet-
tino della R.a deputazione umbra di storia patria.
(1) Op. cit.
(2) Fanfulla della Domenica, XXV amio, N. 40
332 MISCELLANEA
Sul Velia rimarrebbe ancor molto a spigolare : sarebbe sem-
pre di grande interesse per le discipline antropologiche, oggidì
tanto in onore, lo studio della sua complicata psiche.
Ed io conchiuderò col dirvi che, sebbene la maestà della sto-
ria sia stata cosi turpemente contaminata da quest' uomo , noi
non possiamo considerarlo con la stessa severità con la quale
cinquant'anni addietro veniva giudicato da Domenico Scinà. E,
abbracciando con più sereno sguardo obbiettivo la vasta e sin-
golare opera del Velia, dobbiamo riconoscere in lui grande fan-
tasia e fortissimo ingegno.
Pietro Varvaro
STORIA DELLA DEPUTAZIONE DELLE NUOVE GABELLE
DI PALERMO
Fra le tante soUevasioni popolari avvenute nella città di
Palermo, va notata specialmente quella dell'anno 1647, perchè
da essa trae origine Vistituzione della Deputazione delle Nuo-
ve Gabelle.
Sulla hellissima Storia di Giuseppe d'Alesi del La Lu-
mia (1) traccio qui un proemio necessario per mettere in luce
le circostanze più salienti per le quali vennero abolite le vec-
chie gabelle e deperirono le finanze del Comune.
Air introduzione segus la storia delV Amministrazione
delle Nuove Gabelle, svolta in due parti , a cominciare dalla
fondazione, sino al decreto Prodittatoriale del 1860 , che ne
stabilì V abolizione.
(1) La Lumia, Storie Siciliane, voi. IV. Palermo, 1883, Stab. tip. Virzì.
534 MISCELLANEA
PAETE I.
Era entrato l'anno 1647 , e le provviste frumentarie del Co-
mune andavan presto esaurendosi per la mancanza di un suffi-
ciente raccolto verificatosi in tutti i comuni dell'isola (1). Ond'è
che il Senato, preoccupandosi fortemente di dover venir meno, per
mancanza di riserva, all'impegno del quotidiano fornimento, acqui-
stava i frumenti fino a quando, e dove riuscivagli di trovarne, a
prezzi assai elevati.
Ciò malgrado, non poteva provvedersi del necessario.
I bisogni, frattanto, crescevano, la richiesta aumentava gior-
nalmente per l'accorrere di centinaia di famiglie di poveri con-
tadini dai paesi lontani dell'isola in cerca del pane a buon prezzo
nella capitale, mancando o comprandosi a caro prezzo nei luoghi
da loro abbandonati.
Erano venute in Palermo circa seimila persone. Moltissimi
vecchi, donne e bambini laceri e scalzi, senza pane e senza tetto;
inebetiti per patita fame, vedeansi girar per le strade, nella fredda
stagione invernale, meiuìicando da mane a sera un tozzo di pane.
Sforzavasi il Comune a provvedere a tanta miseria, si)eiulendo
oltre i proprii mezzi, senza mai rincarare il prezzo del pane o di
scemarne il peso, i)er non opprimere dippiù un popolo avvilito.
La t)orte di Spagna però, contro le proprie abitiulini , volle
qaesta volta veder meglio nell'Ammioistrazione del Comune. E-
dotta infatti delle strettezze finanziarie in cui dibattevasi da pa-
recchio tempo il medesimo, opinò dovere intervenire con un suo
atto, onde por fine al disavanzo quotidiano , che sicuramente a-
vrebbfc condotto al fallimento la pubblica Amministrazione. E,
con dispaccio spedito da Madrid, dispose che il pane si vendesse
al suo prezzo di costo , avvertendo il Pretore ed il Senato di
dover risarcire del proprio denaro le i)erdite che in ogni caso
avrebbe subito il Comune.
(1) La Lumia, Opera citata, pag. 31.
MISCELLANEA 335
Il Sovrano disposto , per quanto giusto , in vero giungeva
inopportuno per salvaguardare gì' interessi del Comune : Come
conciliare questi con quelli del popolo , in momenti si difficili I
Ecco l'arduo compito che presentavasi agli occhi degli ammini-
stratori. Come, d'un colpo, annunziare alla idebe affamata il rin-
caro del pane ? Le turbe fameliche, che nutrivano odio implaca-
bile contro coloro che stavano a reggere la pubblica Azienda non
si sarebbero mosse come un sol uomo contro di loro, all'udir sì
ingrata novella?
Così appunto la pensava il Pretore in quei momenti di così
gravi calamità.
Assenti vagli infatti il Viceré, ma , i ministri di toga , fedeli
alla volontà del Sovrano^ professavano invece illimitata fiducia al
regio dispaccio (1).
Do])o tutto, il Sovrano provvedimento ebbe la sua attuazione
con le sue funeste conseguenze.
Xon è a dire come la plebe rimanesse impressionata dell'inat-
teso i)rov vedi mento.
Se per l'addietro ogn' ira veniva repressa contro gli oppres-
sori, ormai s'accendeva di rabbia il cuore di ogni afflitto, e giun-
geva l'ora di chieder vendetta, contro gli affamatori di un popolo.
Li» ingrata notizia propagossi di bocca in bocca fra la misera
gente, e odio e sdegno mosse tutti : « Una turba di donne corso
al Duomo, per chiedere al Cielo giustizia e vendetta; nel ritorno
le seguitava altra turba di schiamazzanti fanciulli, e si condu-
cevano sotto il palazzo del Senato a maledire e proverbiare il
Pretore.
I famigli di costui disperdeano quel gruppo. Ma , sul cade-
re del dì , (era il 20 di maggio) ecco la folla ingrossarsi e ri-
comparir sulla piazza ; numerosa questa volta non d' imbelle
ciurmaglia, ma d'orridi cefli, di pallidi aspetti virili, di scalze e
cenciose figure recanti la espressione più feroce e più trista di
ciò che fosse il bisogno e l'inedia negli ultimi strati della natia
moltitudine di allora.
Volarono i sassi alk^ finestre del palazzo, si apprestarono fa-
scine, si die fuoco alla porta principale d' ingresso. I Padri Tea-
(1) La Lumia, Opera citata, pag. 36 e 37.
336 MISCELLANEA
tini accorsi col Sacramento della chiesa contigua , poterono a
stento impedire le fiamme , e restaronsi a guardia, eretto su la
soglia un altare.
« Gli ammutinati si dirigevano alle carceri della Vicaria, ove
schiusero il varco agli omicidi ed ai ladri, afforzandosi di alleati
novelli; bruciarono quindi le scritture e i processi , spiantarono
lì sul luogo le forche. Gridavasi : Pane grande, viva il Re, fuori
gabelle e mal governo » (1).
A sì gravi disordini il Viceré allibì : un profondo timore lo
assalì impensierendolo fortemente. I nobili indarno adopravansi
a chetare gli animi eccitati della ciurmaglia.
n ceto delle cosiddette maestranze non avea ancora preso parte
ai moti insurrezionali, però condivideva appieno l'odio nutrito dalla
bassa plebe dimostrante.
La dimane il tumulto incominciava : Il palazzo del Senato
aggredito di nuovo. Le maestranze delle arti , posto ormai da
canto ogni ritegno, ingrossarono le turbe assetate di vendetta:
tutto fu messo a soqquadro , in un attimo formarsi le barricate
e vedersi scendere una moltitudine pel Cassero , armata e non
curante d'ogni periglio, sprezzando i consigli di cospicui cittadini.
Le baracche dei gabellieri bruciavano orribilmente , e consu-
mati ne erano eziandio i registri. I nobili eran convinti che, u-
sare qualsiasi resistenza sarebbe stata imprudente cosa : tacevano
e mostra vansi docili e remissivi verso i ribelli, i quali molto in-
sistentemente , sopra ogni altro provvedimento , chiedevano : la
soppressione delle gabelle della farina, del vino, dell'olio , delle
carni e del formaggio ; il salvacondotto ai carcerati evasi dalle
prigioni ; la remozione del Senato e 1' istituzione di due giurati
popolari alla guisa di Messina.
Non indugiava infatti il Viceré Marchese di Los Velez di con-
cedere il chiesto salvacondotto, e di rimuovere dal Senato i
Magistrati municipali , nominando per 1' amministrazione della
città quattro cospicui cavalieri col titolo di Governatori (2).
Quanto all' abolizione delle gabelle ed alla elezione dei due
ginrati popolari , mentre annunziava che ai sarebbe provveduto
dalle corporazioni delle arti, promulgava il bando seguente :
(1) La Lumia, opera citata, pag. 37 e 38.
(2) La Lumia, op«'ra citata, pag. 40.
MISCELLANEA. 337
« Sua Eccellenza , a relatione del Tribunale del Eeal Patri-
« monio per il presente atto perpetuo valitiiro leva et abolisce
« perpetuamente le gabelle della farina, del vino, oglio, carni e
« formaggio per tutta la città e territorio di Palermo, perpetua-
« mente e per sempre e li Consoli delli Maestranzi habbiano da
« fare due Giurati populani perpetuamente da oggi innanzi per
« servizio del popolo in Palermo ».
« 21 maggio 1647.
Il Marchese di Los Velez » (1).
Siffatto annunzio fu portato e letto al popolo dal Marchese
di Geraci di Gasa Ventimiglia.
Con quale gioja fu il Marchese accolto dal popolo non è a
dire : fu plaudito e confuso anche dalle ovazioni incessanti.
Indi , adunatisi i Consoli nella Chiesa^ di S. Giuseppe, affret-
taronsi ad eleggere i due Giurati invocati dal popolo.
La plebe gioiva del successo, e la nobiltà dal canto suo spe-
rava che ormai sarebbe penetrato nel generale convincimento di
pagar le gabelle, per rimettere in assetto le deperite finanze comu-
nali.
Ma, ben tosto, la quiete che sembrò per poco rimettersi, fu
turbata nuovamente, giacche i provvedimenti escogitati dal Vi-
ceré non valsero a lenire la miseria. La carestia mm era cessata
e le angustie crescevano con essa di pari passo.
Le vittime della fame erano moltissime giornalmente: (^iò non
ostante il pane si vendeva come per lo innanzi a danno delle fi-
nanze del Comune, ormai esauste anche per le mancate risorse.
Venuto il bimestre , non si poterono pagare i creditori , e la
Tavola sospese i pagamenti.
Il fallimento s'era finalmente avverato ; ogni fiducia negli a-
nimi era del tutto spenta.
Allora fra gli onesti, i nobili ed il Governo, sorsero delle trat-
tative , onde sottrarre il Comune da sicura rovina ; e si stabili
di doversi imporre senz'altro alcune tasse, onde provvedere ai
bisogni incalzanti per gl'impegni assunti dalla pubblica Ammi-
nistrazione.
(1) La Lumia, opera citata, documento N. 1. a pag. 202.
338 MISCELLANEA
Al 1 luglio, in fatti, adunavasi a straordinario Consiglio, nel
Palazzo Comunale, il Senato , rappresentato dai quattro nuovi
Governatori e dai due Giurati popolari.
A tale adunanza furono anche invitati i Consoli, gli artigiani
e un gran numero di cittadini, e quindi , su varie proposte , fu
stabilito imporre, in sostituzione delle cinque abolite gabelle , i
seguenti balzelli : tari tre sopra ogni apertura di lìnestre e di
porte e tari sei sopra i balconi dei palazzi e delle case di città;
tari due sopra ogni apertura di casa, torri, magazzini, forni, ta-
verne, molini ed altre abitazioni dei dintorni; onze cinque sopra
ogni carrozza tirata da cavalli o da muli ; tari sei ogni libra di
tabacco tanto in polvere quanto in corda che si smaltisse in Pa-
lermo e nel suo territorio ; tari dodici sopra ogni salma d' orzo
eh' entrasse in città ; tari quindici sopra ogni vacca o giovenca
che si portasse a macellare.
Determinavasi ancora un testatico sui benestanti e commer-
cianti , giusta la ripartizione che si sarebbe fatta dal Senato.
Tale deliberato veniva senz'altro ratificato dal Viceré, coll'as-
sistenza del Tribunale del Patrimonio (1).
Però le nuove imposte lasciavano scontenti non solo gli elevati
cittadini, ma la più umile classe ancora. Le gabelle sul tabacco
e sul macello , specialmente , davano ad essi negli occhi , ricor-
dando gli aboliti e odiati dazii di consumo.
Per il che, gli esacerbati popolani ancor di più nutrivano ran-
core nei loro cuori : Uno scontento d' auiuio li spingeva alla ri-
volta, e non attendevano che l'occasione propizia per impugnare
le armi. Il fermento quindi era latente, ma diffusissimo.
Ogni atto dei singoli magistrati era censurato , ad ogni inci-
dente una dimostrazione jiopolare e la conseguente reazione del
Governo ; reazione che lasciava dietro a sé tante vittime ed al-
trettanta sete di future vendette nel cuore di ciascun popolano.
Le maestranze, capitanate dai loro consoli, riunivansi nella chie-
sa di S. Mattia dei Padri Crocifari, senza distinzione di partiti, o
di classe; ma, affratellate e ferme nei loro propositi, per discutere
e formulan! i piani delle loro non loutiine rivendicazioni.
Kei loro segreti convegni l'accordo era unanime; tutto era già
Stabilito per hinciare la tremenda stida. L'ora infatti era suonata.
(1) La Lumia, upum citutu, p. 47.
MISCELLANEA 339
Una sera, in una bettola presso S. Antonio, convenivano al-
cuni capi (Ielle maestranze, fra i quali certo Giuseppe D'Alesi,
tiratore d'oro, ed altri della plebe, senza mestiere (1)
I convenuti dovevano discutere e concretare l'inizio della som-
mossa. Dovevano trovare un pretesto qualsiasi.
Fu determinato in fatti , di trarre occasione dell'imminente
festa del 15 agosto, giorno in cui il Viceré, i Magistrati, i Signori
e gran parte del popolo si sarebbero recati, per consueta divo-
zione, a visitare i Santuari della Madonna a Maredolce e Gibil-
rossa, per così sorprendere il Viceré ed il suo seguito, averli in
loro potere, sollevare contro di loro il i)opolo, abbattere il Go-
verno e comandar loro , facendo le leggi a prò del popolo op-
presso.
A tal fine elessero un capo.
L'ordita congiura però giunse all'orecchio del Vice Re, ma
egli non vi die peso, ritenendo che tutto sarebbe svanito. Ciò non-
dimeno, non dissimulavasi una certa inquietudine, e consultato il
Senato, determinossi di chiamare a se alcuni dei più arditi con-
giurati, e spedì in fatti alcuni messi in cerca dei Consoli Giu-
seppe Errante, Leonardo Cacciamila e Martino Lodovico e del
Consigliere Francesco Daniele.
L' Parante e il Daniele s'insospettirono a quell'invito : i com-
pagni e gli amici dissuade vanii d'andarvi, temendo un brutto tiro
da parte del Viceré, e perciò, ritenendo fondato un tal sospetto,
stabilirono d'inviare al Vice Re la risposta seguente : « Venga
Sua Eccellenza, se ha bisogno dei Consoli » Però altri, fra i quali
i due Giurati popolari e il Capitano della città, dimostravan
loro che un tale atto di disubbidienza esponevanli al naturale
risentimento del Vice Re; risentimento che sarebbe andato tutto
a loro danno, mentre, ubbidendo, nulla avevano a temere : Per-
suasi in tal guisa, si condussero presso il Viceré, il quale li ac-
colse con tinta benevola ciera e mal celato risentimento. Disse
loro di averli invitati per sentire da loro stessi se c'era del vero
su ciò che eragli pervenuto a sapere, ma cui prestava punto fede,
trattandosi di fedeli sudditi, dai quali non poteva aspettarsi che
la sincera cooperazione per la pace della Città.
(1) La Lumia, opera citata, pag. 53 e 54.
340 MISCELLANEA
L'uno e l'altro lo rassicurarono di nulla esser vero delle voci
corse; che di con«^iura tendente al perturbamento della pubblica
tranquillità non avevano inteso mai alcun cenno, né la credevano
possibile; che l'Alesi era loro amico, e mai s'intrattennero in siffatti
discorsi.
Cacciamila, il Console dei Calderai, il quale non aveva voluto
ubbidire all'invito ricevuto, erasi recato al quartiere della Con-
ceria, e, picchiato alla i)orta di casa dello Errante, gli fu detto
che questi trovavasi in Palazzo. Allora egli soggiunse : « A questa
ora l'avranno strozzato» A tal detto le donne dell'Errante e del Da-
niele , sì pel ritardo come pel credito prestato alle parole del
Cacciamila, uscirono sulla strada gridando e piangendo. « Indi
un trambusto improvviso per quel labirinto di strette e tortuose
viuzze che formavano l'Antica Conceria, un serrar di botteghe,
un attrupparsi e versarsi di numerosi popolani nel cassero e nella
via Maqueda, esclamando : « All'armi ! il Vice Re ci tradisce » (1)
Tra i primi accorsi notavasi Giuseppe D'Alesi, uomo ardito
e risoluto , dotato di una forza singolare , destro nel maneggio
delle armi e specialmente negli esercizii di spada, pei quali era
tenuto in conto. Egli , più che esercitar l'arte di batter l'oro ,
amava meglio dedicarsi alle armi, e l'idea che un giorno dovesse
battersi per le poj)olari rivendicazioni, non lo abbandonò mai.
Era stato in Napoli ed aveva appreso n)olto delle gesta e dei
trionfi del Masaniello. Sicché vedeva giunta anche per lui l'ora
di esplicare le bèlliche sue aspirazioni.
Armatosi, e seguito dai più fedeli amici e da una moltitudine
di gente d'ogni ceto, scese per la città, spiato dal desiderio di
esplicare l'ira sua da tem])o repressa.
Aveva già puntato Tarchibugio contro alcuni Governatori della
Città, quando, d'un tratto, sentì afferrarsi per un braccio : erano
il Daniele e l'Errante che il Vice Re aveva hisciati liberi. Al-
lora insieme mossero con maggior lena , seguiti da immenso
popolo.
L'Alesi fattosi in alto gridò : « O popolo, chi sarà che ti guidi f »
« Voi medesimo» gridarono a coro. AUora si poso a cavallo, e
dietro di lui la folhi siiingeva a braccia due cannoni tolti dal
(1) I,A 1,1 MIA, opera citata, pug. GU.
MISCELLÀNEA .341
balnaido del Tuono presso la Kalsa. Lo seguiva la nioltitudiiie
armata di pietre, spade ed altri arnesi.
Presso Porta Xuova, dirimpetto le distrutte chiese di S. Bar-
bara e della Pinta, iuipegnossi la tremenda lotta. La pujfna fu
terribile coi soldati spaj^nuoli che stavano schierati davanti il
(juartiere di S. (riacomo, ed il Vice He Marchese di Los Velez,
che stava affacciato al bah-one della galleria insieme ad alcuni
nobili i)alernntani ed utìiciali «Ielle truppe, potè ve<lere appieno
la lotta furente.
Egli, temendo ben piìi gravi uiassacri, all'idea di una fuga
non indugiò un solo istante, e, montato in carrozza, fé' condursi
da fuori Porta X(U)va, per la via della Zisa , al Molo , per ivi
prendere la via dei mare. Infatti, giuntovi, montò sulla capitana
di Sicilia, e dispose ai marinai di quella nave di avanzare oltre,
verso la spiaggia dell' Arenella.
i^o sgomento fu generale. Le notizie di centinaia di vittime
cadute sulla piazza del Palazzo accrescevano dippiù il timore
nella gente che sfavasi lontana dai disordini.
I)ovun«iue bande d'insorti assetati di vendetta, dag i occhi fe-
roci, scomposti nella persona, stringendo i pugni giuravano lo
steriuinio dei loro nemici.
Verso sera 1' Alesi, coi suoi bravi, e seguito da immenso po-
polo, recavasi al palazzo del Senato. Quivi, c<m la violenza, at-
terrate dal popolo ribelle le poite , furon uiesse a soqquadro le
armerie, traendo fuori tutto (|uanto vi si conservava. Similmente
fu operato all'armeiia della J)ogana , e, dall' uno e 1' altro depo-
sito sortirono armati di spade, archibugi, pistole ed arnesi d'ogni
specie circa trentamila rixoltosi , che con maggior violenza tor-
narono alla lotta.
La città era tìnaluiente rimastii in balia dei ribelli. Il Governo
era sciolto. Jl Vice Re sulle galere, lungi da qualsiasi relazione
in città. La maggior parte dei ministri e togati fuggiti o nascosti.
La rivolta continuò parecchi giorni senza tregua. Ogni odio
era stato vendicato, e soggiogata e resa impotente la nobiltà, i)er
reagire contro la borghesia pervenuta al potere con la prepotenza.
Jl J)' Alesi, però, faceva comprendere che i di lui intendimenti
non erano ostili al Ile , anzi i>rofessa vagli immensa divozione e
sonnnissione.
Egli tendeva al rinnovamento ed al riordinamento della pub-
ere?*, iitor. Sic. N. S. Anno XXX. 23
342 MISCELLANEA
blica auìmÌDÌstrazìoDe e al teiiiperamento della giustizia prex)oteii-
teuiente ainniÌTiistr;ita, rifoi-uiando le leggi e abolendo gli odiosi
balzelli , e rimettendo nelle mani del popolo onesto 1' ammini-
strazione del Comune e della Giustizia.
I di lui propositi erano a conoscenza di tutti, s])ecialmente al
Preposto al Sant' Offizio, Mons. Diego Trasmiera, uomo astuto,
adatto all' esercizio delle sue funzioni , e che al bisogno sapeva
anche esercitare l'uffizio di polizia politica sotto le apparenze di
un fare benevole e sincero.
Costui non i)erdè tempo a mettere in esercizio le line sue arti
presso 1' Alesi, e primo suo atto tu di visitarlo personalmente ,
oft'rendogli servizii e consigli improntati alla più sincera amicizia.
La visita non fu breve , ne fu inutile : i risultati furon tali,
che 1' Alesi riprese un fare calmo e sereno da inspirare la più
grande fiducia in chi lo aveva ridotto a tanto buon senno.
In (piel frattempo eragli ])ervenuta una lettera del Senato, che,
riscosso dalla nu)mentanea apatia gli pf/ivcN a :
« La nostra città non potrà nuli goder pace sicui'a dai timori
« e dai pericoli dei tnnuilti, in tino a che non si trovi un tempe-
« ramento fra questi due estremi : pagare i bimestri e non rimet-
« fere le gabelle.
« 1 mezzi praticati dal Senato nel ])rogresso di tanto ten»po,
« sono, per nostro jiarticolar sentimento, riusciti tutti infruttuosi.
« Ne diamo parte a Vostra Signoria, la qual sappiamo che nutre
« so])ra questo buona intenzione per ag(/iuntarci ed eleggere le
« vie migliori e i)iù certe che ci possano condurre al servizio di
« S. M. e al bene della nostra patria.
« (iuardi Dio V. S. come «lesideria.mo » (1).
Dal contenuto di questo foglio si vede che dal Municipio e
dalle persoiu' alto hxrate si sentiva la neccissità di un ecjuo ed
o]»portuno provvediuiento, per impedire specialmente che quelhi
violenta plebe, abbandonata a se sola, travolgesse uomini e cose.
L' Alesi, che già erasi mutato a più miti i)roi)ositi, in seguito
alle arguto insinuazioni del Trasmiera, mal conscio d'inganni,
riinase pago <mI aHcftato «Iella detereu/a mostratagli dal Senato.
Hifuggentt; dopo tutto da disperati partiti, rispose così :
(1) La Lumia, opera citata, pug. 9L
MISCELLANEA 343
<v Illnstiissiiiio Senato. M'è stata .uniditissiiiia la lettera la qiial
« mi portò i (lesiderii del Senato verso il benefìcio del fedelissimo
« poj)olo, e lo ringrazio molto della diligenza e del pensiero sopra
« il suo buon governo. Sarò oggi a ventidue ore in S. Giusepiic
« j)er quest'effetto che mi accenna e si vedrà il meglio di quello
«che io bramo per il servizio di Dio e 8. M. » (1).
11 dopo pranzo, in fatti, coperto d' corazza al petto, e prece-
duto dal suo alfiere che spiegava lo stendiirdo reale, colla solita
(javalcata , dalla Conceria j)as8avH alla Chiesa di S. Giuseppe,
ove già, secondo l'avviso ricevuto dal Senato, trovavansi riuniti
1' Inquisitor Trasuderà , il suo collega Cameros , il Principe di
Trabia ed altri nobili.
11 Trasmiera, con un \is() dalla cui ostentata serenità traspa-
riva la furba ferocia, gli altri, più o meno impacciati^ dispettosi
e mal tolleranti il contatto con (luella marmaglia elevata a gran-
dezza.
Vi erano il l),r Lo Giudice ed altri avvocati che avean dato
consigli al D'Alesi, tutti i Consoli insuperbiti del loro trionfo
sui nobili e signori : una folla immensa stipavasi nei più recon-
diti angoli di quel tempio.
I nobili teneansi in piedi per evitare di alzarsi al di lui en-
trare. Entrato ei si pose a sedere fra i due Inquisitori innanzi
una tavola su cui erano un Crocifisso, un campanello e due can-
delieri ; alcuni <lei luù fedeli amici gli si piantavano dietro per
custodirlo; gli altri tutti, senza distinzione uè preferenza, sedeansi
sui banchi circostanti : i (piattro Governatori della Città e i due
Giurati iK)iH)lari presero insieme posto in altro canto.
Incominciò il ('apitan Generale col riceversi dai Consoli i me-
moriali di ciò che credevano suggerire nel comune interesse. Il
Dottor Antonino Lo Giudice , i>er di lui incari(!o, ne die lettura,
e fra tante (-ose ben suggerite non nuvncavano gli spropositi.
Indi cominciò la discussione , basandosi 1' Alesi nel concetto
di riparare le ingiustizie, evitare gli abusi, pur attermando il mas-
simo rispetto e la più grande divozione alla Corona.
1 nobili, gì' Inquisitori e tutti i titolati ivi convenuti , discu-
tevano con vigore interessato sul ritorno del Vice Re; i Consoli,
(1) La Lumia, openi citata, p&g. 92.
344 MISCELLANEA
consentendo, volejuio i)erò clic il i)iesi(lio di Fjihizzo si ooiii)>o-
nesse di sole lunestnmze, come ])ersone di più interessate al bene
della patria, escludendone i soldati spagnuoli.
L' Alesi non interloquiva su queste discussioni , ma in line
soggiunse : « Torni Sua Eccellenza, e resti a sua libertà la ele-
zione della guardia ».
Indi, tolta di mezzo ogni difficoltà su questi desiderii, proce-
deasi allo esame dei capitoli proposti :
Il primo , vinto dal i»opolare unanime suttragio , concerneva
l'indulto generale di tutto ciò ch'era accaduto.
Concedeasi al Vice Re la conferma nel Viceregnato per altii
tre anni.
A garanzia d(?lla città poucasi jx'i- principio che il Comandante
del Castelhimmare fosse i>alermitano nativo ; facendo eccezione
per quello in funzioni, il (piale non avma ()i>i)Osto ostilità nelle
avvenute enuu'genze.
Disciplina vasi, fra l'altro, il uiaccllo delle carni, la seminatura
delle terre e la condizione dei fìttajuoli di l;\tifondi , aftinché il
grano non venisse meno nei luercati.
Chiedevasi la decadenza dall'ufficio di tutti i Maestri Kazio
nali del Patrimonio , Avvocati llscali , l'rocinatori e Sollecita-
tori fiscali ed altri Ufficiali perpetui del Regno , fiitta eccezione
pei ('ai)itani delle gah're, il (-onsultiu'e, i lM«\sidenti, il (ìiudice
della Monarchia, gl'Inquisitori, il Tesoriere e l'Uditor Generale,
come anche gli esercenti uffìcii venali , per eleggersi i nuovi e
da nominarsi ogni due anni.
Volevasi abolita la confisca dei beni, trauma pei delitti di eresia
e l>er quelb di lesa maestà in primo capite ; abbr<>viato e addol-
cito il carcere per i testimonii : che hi donna non |)otesse dete-
nersi in segreta più di un gionu» e l'uomo più di tre.
Inoltre chiedevasi l'osservanza di tutti i i)rivil(;gi conceduti
dal Re Pietro D'Aragona alla Sicilia, rimanendo abrogate tutte
le altre leggi che vi derogassero.
Domandavasi l'abolizione totale «Ielle gabelh^ pagale dai re-
gnicoli, esi'lusa la dogana regia e le tawlc ossia i contingenti «lei
donatici voluti dal l'arlanuMito, riguardandosi tolte ancluì le ga-
belle «lei (i<»ri, frutti, fumo, orz«» «• pes«M, purché sui p«'sci si pa-
gasHe la d«M;ima.
In quanto all'abolizione, qucHta volta si era più larghi dell'ai-
MISCELLANEA 346
tra votata in maggio, che limitavasi alla sola città di Palermo :
ora estende vasi a tutto il Eegno.
Chiedevasi pure « la recui)erazione al demanio dello Stato di
tutti gli etietti pubblici, di tutte le città e terre di cui la Corona
avea fatto mercato dal 1630 in poi con infeudazioni e con ven-
dite ; i compratori s' intendessero perciò rimborsati del cai)itale
mercè i frutti percepiti sopra il cinque per cento. Per coloro che
non potessero di questa guisa riputarsi soddisfatti , la restitu-
zione dei fondi demaniali si sospendesse Ano a che interamente
lo fossero, o lincbè non si assegnasse loro altra rendita corrispon-
dente, ovvero non si facesse il pagamento in contanti. Quanto
alla città di Palermo si saldassero i debiti (ed erano molto forti)
che il R. Erario avea colla iStessa , e si rendessero i fondi e gli
effetti dal Regio Erario assegnati in isconto e quindi ripresi e
stornati, per metterla in grado di adempiere ai proprii obblighi
verso i creditori, fossero cittadini o regnicoli, fossero anche stra-
nieri.
« Si stabiliva doversi innanzi un magistrato speciale e con
forme sommarie , chiamare a render conto dell' amministrazione
tenuta, i Pretori, i Giurati e gli altri IJfticiali che dal principio
del contagio (dal 1624 in poi) avessero maneggiato denari del
Comune ; i debitori del Comune si costringessero al pagamento.
Per tutti gli Uftìzii biennali del Regno si dovesse eleggeie ogni
due anni da Sua Maestà un Sindaratore (1) clu' rivedesse gli atti
del biennio antecedente.
« Per le fortezze e per le artiglierie della Città di Palermo si
spendesse ciascun anno una somma non minore di onze duemila.
« Quanto al reggimento interno della città, vi fossero perma-
nentemente tre giurati popolani e tre nobili, <la nominarsi gli uni
dal i>opolo , gli altri dalla nobiltà, facendosi da and>o i ceti tic-
eademia ossia seggio , a line di congregarsi tanto per la (de/ione
di detti Giurati, quanto per qualsivoglia altra causa in servizio di
S. M. e del Regno , purché i Giurati fossero nativi palermitani
e non si potesse tener città (riunirsi il Senato a deliberare) senza
esservi due nobili e due cittadini, I giurati si eleggessero ogni
primo giorno di maggio, e i comizii, in attestato di benemerenza
(1) Cfv. Savagnone, // Sindacato.
346 MISCELLANEA
ai Padri Teatini di S. Giuseppe, si celebrassero sempre nella loro
chiesa ».
Si aprissero studii pubblici , si pagassero i dovuti stipendii
alla soldatesca di terra e di mare.
Si estendesse anche ai Maestri Razionali la prammatica che
proibiva ai Giudici della Gran ('orte di intentare lite contro per-
sona alcuna durante l'esercizio della loro carica, e, circa ai Pre-
sidenti e Reggenti , essendo i loro nftìcii perpetui , i)otessero e-
glino proseguire le loro liti in via di compromesso, nominando
ciascuna parte un arbitro, e nominarsi dal Viceré il terzo.
Conferirsi sempre a palermitani tutti g:li utiìcii della città,
comprese le cariche di Giudice della Corte Pretoriana , non ])0-
tendo in caso alcuno farsene dispensa.
Licenziare i birri, provvedendo i posti di un ])ersonale onesto;
e dovessero i nuovi assunti camminar senza (•ap])a, con una verga
di sei i>almi , la spada al fianco e un nastro giallo al cappello ,
senza di che potersi loro impunemente resistere.
I Deputati di piazza, i Maestri Notari del C^/omune e della
Corte Pretoriana fossero tutti della maestranza.
Circa il totale assetto della città , concernente il pagamento
dei <?reditori, si sarebbe deliberato in altra adunanza.
I votati capitoli furon tosto rimessi al Padre (Jiardina, altinchè
curasse di ottenere la ratifica dal Vice Re, a nome «lei Senato.
Prima però di emettere le sue determinazioni in pro])osito ,
volle il Vice Re si decidesse sul <li lui ritorno e su molte altre
questioni interessanti il ripristinamento della quiete i)er la tran-
(juillità di tutto il Viceregno. A queste condizioni, egli, avrebbe
dato la sua ai)provazioiie ai votati capitoli.
I*er mezzo del l'adre (ìiardiiia furono c«»l D' Alesi ;ippianato
le diflicoltA dalle quali poi doveva iisultani«^ un coiiijmnimento
di pace e di concordia.
Fu dall'Alesi nuovamente eonvoeata tutta l'assemblea che il
giorno innanzi aveii volata i capitoli nella (Uiiesa di S. Giusejìpe.
Dai nM^lesimo furono letti al )>opolo adunato i desiderii esposti
dal Vice Re, e, dopo lunga ed animata tliseussione , si lini col-
I' ap|)rovare le esposte con<lizioni, dalle quali •'ons«'gnivane il ri-
torno del fuggiasco Marchese.
Nella medissima adunanza si passo allo esame di altri novelli
capitoli in «(Mitiniuizìone di ((nelli innanzi votati.
MISCELLANEA 347
Il padre Marchese, salito sul pergamo, ne fé' lettura ed il di-
battito durò (juattr'ore circa.
Trattavasi di conferire tutte le cariche del Eegno , compresa
quella di Capitano di galera, ai regnicoli.
Di far luogo ad equa ed esatta stima dei beni nelle espropria-
zioni forzate a carico di debitori morosi; in difetto di che, l'ag-
giudicazione ai creditori s'intendesse nulla ipm jure.
Non si conferissero i beuefìcii ecclesiastici del Regno ad altri
che a regnicoli; quelli della città a palermitani nativi.
Ridursi di un (piurto il prezzo annuo delle locazioni dei ter-
reni seminatori» , e di un quarto anche la quantità dei terraggi
ossia delle prestazioni in frumento , che i flttajuoli dovevano ai
padroni.
Nei giudizii criminali o civili ciascuno fosse rigorosamente
convenuto nel nativo suo foro.
Fosse inviolabilmente mantenuta Tunità della Cicilia, restando
eliminato [>er sem[»re lo smembramento in due Vicere,^ni bramato
dal Comune di Messina e disdegnato dai palermitani.
Nessuna persona potesse esercitare il proprio pubblico ufficio,
se accusata di malversazioni o altro delitto.
Si proibisse il macello di animali lavoratori e produttivi.
Rimanesse lìssato a tari trentasei a salma il massimo della
imposta sull'esportazione dei grani.
EsperinuMitarsi infra un anno, contro i debitori, le cessioni dei
crediti, oltre il qual termine riputarsi nulle.
Non i)otere il fisco procedere criminalmente, senza istanza di
parte privata contro i cittadini di Palermo; senza l'intervenzione
del medesiujo si ricevisssero a discolpa i testinu)nii, e ^*i assumes-
sero iu>l modo più largo le informazioni sul fatto.
1 condannati si scioglicssero dal remo, dopo espiata la pena.
La carica di Protomedico del Regno si riducesse (-ome piiina,
biennale, né potesse comprarsi, ma si conferisse per merito.
Assistesse uno dei Giurati popolani, all'immissione dei grani
nelle canove.
Bandirsi dal Regno il Procuratore fiscale della (Jran Corte,
Silvesti'o Randelli, odiatissirao nelle sue funzioni.
Hi togliesse dai pesci minuti il balzello della decima, limitan-
dolo unicamente alla pesca delle tonnare.
Concedersi dilazione di un anno ai debitori poveri^ per somme
:348 MISCELLANEA
non eccedenti le onze cinquanta, meno pei debiti relativi a fitti
di case nell'anno in corso.
Cercar modo di abbreviare le liti.
Ridursi airs p. 100 gV interessi del prestito di scudi 340000
contratto nel 1645 dal Regno, per la propria difesa, ad estinguere
il quale erasi dal Parlamento votato il donativo di scudi 65000
all'anno.
Circa alle Deputazioni degli Stati si osservassero i provvedi-
menti emanati in tempo dal Vice Re Dcm Francesco De Mello
conte di Assumar; il che riferivasi al pensiero di premunirsi contro
le carestie dell'annona.
I notati capitoli furon tatti di unanime soddisfacimento, meno
di tre.
VjOÌ primo di questi Giuseppe D'Alesi era nominato Sindaco
perpetuo del Comune di Palermo , col salario di scudi 2000 al-
l'anno ed una guardia di settanta soldati da mantenersi a pub-
bliche spese.
Cogli altri due capitoli conferivasi la carica di Maestro Ra-
zionale della Città di Palermo al «li lui fratello Francesco , la-
sciando a disposizione di lui l'altra di Campanino della ("ittA me
d esima, pel governo dei commestibili.
Queste proposte furono approvate dal Trasmiera e dalla no-
biltà, ed accolte con freddezza dal popolo, anche dai più intimi
del Capitan Generale.
Allora l'Alesi avviossi per uscir dalla Chiesa, ed affaccia-
tosi dalla porta che dà sulla piazza Pretoria, rivolse al jiopolo ,
che numeroso stava a pigiarsi su «luelhi piazza, il seguente di-
scorso :
« Amici miei, tigliuoli e fratelli , Sua Eccellenza, a richiesta
nostra, si contenta tornare e sottos<MÌvere i nostri ca])itoli. Siete
voi disposti a riceverlo? Io ed i Consoli abbiamo aperto la nostra
intenzione, «'i è però necessari<» di e.(moseere la vostia » « ^'enga »
rispose unanimemente il popolo.
Indi riprese a parlare dei patti posti dal Los Velez, di <| nello
fra gli altri che riguardava il disarmo dei baluardi.
Qui destossi un susurro generale. Kd egli : « Sostenete , di
grazia, ch'io vi ragioni così : Voi vedete che per la parte da me
esereitata (bnua, ninno vi è in «pnista città che abbia più di me
argomento u temere, or ini eredete sì scemo, che, scorgendo al-
MISCELLANEA 349
din rischio, fossi tanto fucile a cedere ! Deh ! lasciamo da parte
og:ni esitanza e iiiostriauioci in tutto uomini di cuore.
« Depojiiamo, se occorra, le stesse spade dal fianco, diamo li-
bera facoltà al Vice Ke di munirsi di quejla guisa che a lui pia-
cerà; teniamo fermamente nll 'antica fedeltà ed ubbidienza verso
il Re e verso chi ci regge iu suo nome. Che, se pure (come voi
dubitate) ci trovassimo esposti a qualche futuro insulto , la me-
desima artiglieria che or leverete, resterà in vostra custodia , e
non si vorrà che breve ora a rimontarla di nuovo contro chi ci
avesse provocato ».
La plebe rispose :
« Facciasi come comanda Vostra Signoria ».
« Non farò mai, replicò l'Alesi , nulla per mio solo convinci-
mento. Da voi dipende ogni cosa : Vostra ha da essere la scelta ».
E qui scoppiarono degli applausi e degli evviva al Vice Re.
« Adesso , conchiuse l'Alesi, io lascerò che governi Sua Ec-
cellenza. La mia intenzione è stata solo rivolta al servizio del
popolo, per cui son dispostissimo a morire. Ricorrete da oggi in-
nanzi a me come Sindaco, non più come Capitan Generale. »
Alzata la mano, fece segno di benedire il popolo.
l susseguenti suoi atti furono di conciliazione e di pace.
I votati capitoli furono approvati dal Vice Re.
Fu ristabilito l'ordine già tanto turbato, vietato fu l'uso delle
armi. Furori tolti i cannoni dai baluardi , e ripristinato il com-
mercio.
L'Alesi doveva però ben presto pagare con la perdita della
vita la liducia riposta nel Tnismiera e nel \''i('e Re,
360 MISCELLANEA
PARTE IL
Sottratto ni piitrimoiiio comunale il prodotto delle civiche im-
poste per effetto degli aboliti dazii, le più tristi conseguenze ven-
nero risentite dalla Civica Amministrazione, poiché la medesima
non potè più soddisfare a tutti i creditori soggiogatarii, come
per lo innanzi avea fatto.
Costoro avevano in altri tempi impiegato delle somme vistose
in servizio della Città e della R. Gran Corte. Ora vedevano com-
promesse le loro rendite. ì^'è il male limitavasi a questo.
Il danno invero risentivasi da tutta la cittadinanza, e special-
mente dalle classi più povere : agli artisti mancava il lavoro, ])er
le mancate ordinazioni di coloro che non potevano soddisfarli per
mancanza di mezzi.
Oltre all'impoverirsi di molte famiglie, venivano a soffriine
eziandio i Monasteri, i Conventi e le Opere Pie , pel man<;ato
pagamento delle loro rendite ; e, per conseguenza inevitabile ,
soffrivane fortemente il commercio.
Questo stato di cose impensieriva abbastanza i cittadini (Togiii
classe, e, queglino stessi che avevan fatto la voce grossa per Ta-
bolizione delle gabelle, non potevano non riconoscere v,hv il <'om-
mercio arenato e la imperante miseria erano il frutto «Ielle loro
malaugurate vittorie; e che, in cambio di quella ricche/za e di
quella felicità che ripromettevansene, aveano invece raccolto la
miseria per le loro famiglie.
L'idea del rii)ristino delle gabelle era nella mente di lutti : in
fatti, i più sedizioni furono i primi ad arrendersi alle persuasive
argomentazioni di onesti ed autorevoli cittadini, che inai stanca-
vansi di dimostrare come la lamentata crisi economica non fosse
che il parto d'uno stolto provvedimento.
Fu così che la grande maggioranza addivenne a che si sta-
bilissero delle nuove imposizioni , però sopportabili da tutte le
claHHJ dei cittadini.
Il licuvulu poi doveva mettersi in sep.iiatii amministrazione dal
MISCELLANEA 351
Senato, e delegarsi ad es(;lusivo soddisfacimento di tutti i credi-
tori, con le i)iii sicure garanzie.
Al Vice Ke Marchese di Los Velez, morto nel novembre del
1847, era succeduto il Cardinal Trivulzio, uomo d'ingegno e di
esperimentata risolutezza, il quale, in poco tempo, era riuscito a
rimettere in assetto l'ordine della Città.
Egli, quanto al ripristino delle gabelle, seppe condurre così
bene le cose, sotto le apparenze di non volere aftatto cambiare
ciò che aveva determinato il suo predecessore a beneficio del
popolo, che il popolo stesso si mosse a i)regarlo onde rimettesse
in attuazione i nuovi dazii.
Avvenne infatti che a 21 luglio, a nome dei Consoli e dei
Consiglieri di tutte le maestranze che avean dato il loro consenso,
nonché a nome dei capitani dei quattro quartieri della città, dei
nobili, impiegati, appaltatori e di tutto il popolo, fu presentato
al Vice Re Cardinal Trivulzio un memoriale, col quale suppli-
ca vasi rimettere le gabelle, essendo manifesto provenire dal man-
cato i-eddito d'esse la lamentata miseria.
Col medesimo chiedevasi pure di dar licenza al Senato di
eleggere i Deputati, per la regolare deliberazione, nelle i>eraone
del Pretore, di due Ciiurati cittadini, del Preposto dei Padri Tea-
tini, del Padre Priore di S. Teresa dei Carmelitani Scalzi, del
l*adrc Priore di S. Nicolò Tolentino degli Agostiniani Scalzi e
del Padre Guardiano dei Cappuccini.
Ottenuto al memoriale il placet Vicereale, fu data esecuzione
alla pro|)osta dì eleggere la Commissione.
Riunitasi questa il due del successivo Agosto , n»'l Palazzo
municipale, si discusse sulla c<mvenienza* e sulla necessità del-
l'applicazione delle nuove gabelle. 1 Commissarii s'inspirarono alla
])iù stretta giustizia «'. nuxlerazione, ad effetto di i)agare le somme
dovute alle chiese ed a tutti i creditori; ciò che sarebbe poi tor-
nato a ristanro dei commercio ed a sollievo delle deiu'esse arti.
Stabilirono la^cpialità e quantità delle gabelle iuiponibili , alle
(piali ritenevano giusto ed onesto che tutti volontariamente si
obbligassero.
Si i)ropose (juindi che non fossero esenti dal contributo le
persone ecclesiasti(die Secolari e Regolari, i Viet^ Ra jtro tempore
e tutti i Ministri ed LTttìciali di qualunque ordine, i quali nei
tempi andati avessero goduto di tali esenzioni o privilegi. E gè-
352 MISCELLANEA
neralinente si negò l'immunità a qualsiasi persona, anche di san-
gue regio.
Questa deliberazione fu proposta a tutto il Capitolo e Clero
della Cattedrale, che, dopo maturo discernimento, il nove d'a-
gosto, per atto pubblico, diedero il loro volontario consentimento.
A quest'atto di abnegazione seguì l'altro del 10 dello stesso
mese, cioè il consenso dei Capi e Superiori dei Kegolari ; a 27
detto quello del Capitolo della K. Cappella di S. Pietro nel Pa-
lazzo ; e finalmente, a 29 del ripetuto mese, quello del Maestro
cappellano, dei Parroci e dei Beneficiali di tutte le Parrocchie;
con la espressa coudizione però, che s'itercedesse da Sua Santità
il permesso per la immunità ecclesiastica, e si concedesse agli
ecclesiastici stessi, per apparenza, la franchigia in una delle im-
ponende gabelle.
Altra condizione fu che s'intendessero gli ecclesiastici liberati
da ogni consenso ed obbligazioni delle gabelle, ritornando alla pri-
miera immunità , se mai in avvenire venisse concessa qualsiasi
franchigia a persona di qualunque grado, nessuna eccettuata.
Ed in fine, che dopo stabilita dal Pubblico Consiglio la im-
l>o8izione delle nuove gabelle, si nominassero almeno tre Dej)u-
tati ecclesiastici a far parte della Deputazione, da preporsi al-
l'Amministrazione della nuova azienda.
A 29 agosto del suddetto anno 1648, per ordine dell'Bminen-
tissirao Vice Re Cardinal Trivulzio, furono solennemente convo-
cati dal Senato i comizii.
Il Pretore parlò al popolo delle calamità causate dall'aboli-
zione delle antiche gabelle, e, venendo ai modi di rii)aro, pro-
pose all'adunanza i mezzi che erano stati designali dai Deputati
eletti atl istanza dei rappresentanti 1 cittadini.
Dopo accurata discussione, furono ad unanimità deliberate le
nuove imposizioni qui api)resso integralmente trascritte, (l) che
costituirono poi il patrimonio attivo della Deputazione delle Nuove
Gabelle :
« In primis doversi pagare da tutti universalmente, et nemine
«feXente, oncia una sopra ogni botte di vino che sarà i)ro«lott<>
(1) Ordinationi e lierfoìnnwnti per la Depntarjone dellti Nuove Gabelle»,
pag. 32 « ■«guenti, preuBo l'Archivio Comunale di Palermo.
MISCELLANKA 363
«nel territorio di essa e uelli luoghi che «li consuetudine si com-
« prendono in detto territorio, ed è stato solito entrare il vino,
« quando l'Illustre Senato di questa Città ha serrato la tratta
« del vino di fuori territorio, ed entrerà iu questa città di Paler-
« mo, e da esigersi nelle porte di essa nella conformità che di-
« sporrà l'infrascritta Deputazione : nec non da pagarsi per ogni
« botte di vino prodotta in detto territorio e luoghi come sopra
« che si consumerà a minuto nelle taverne , magazzini o altri
« luoghi esistenti nel territorio di questa città, nelli quali si ven-
« derà a minuto detto vino ; da j)agarsi con il modo che detta
« Deputa zi (>ne crederà.
« Item oncia una e tari ventiquattro da doversi |)agare da
« tutti universalmente, nemiue exente, sopra ogni botte di vino
« che entrerà in questa città di fuor territorio di essa e da esi-
« gersi nelle porte di essa cittA; come anco da pagarsi per ogni
« botte di vino di fuor territorio , che si consunu'rà a minuto
«nelle taverne, magazzini ed altri luoghi ove si venderà detto
« vino di fuori territorio a minuto ed esìstente nel territorio di
« essa città.
« Item tari dodici da pagarsi universalmente da ogni persona
« come sopra, et nemine exente, per ogni salma di orzo che en-
« trerà in questa città di Palermo , avendosi i)er abolita e can-
« celiata in virtù della presente imposizione o gabella di tari do-
« dici che oggi si paga per ogni salma d'orzo, che entra in <iue-
« sta; quale gabella di tari dodici, noviter imponenda, 8oi>ra ogni
« salma d'orzo come sopra, s' intenda imposta e si abbia da pa-
« gare ancora per quella quantità «li orzi, i «piali si ripostassero
« e conservassero in qualsivoglia magazzino , o luogo esistente
« nel territorio di «piesta città, esclud«!iulo i)eiò «la «letto «>rzo ri
« postato o conservato come- sopra, «piella «juantità «Iella «juale ve-
« ramente e realmente il padrone dell'orzo si volesse servire i>er
« semenza, con prendere le dovute diligenze , veritìcn e licenza
« del Senato.
« Item grana tre da pagarsi da «jualsivoglia persona come so-
« sojua, et nemine exente, sopra ogni rotolo di carne di genco ,
€ bove, maiale, e troja che entreranno e si macelleranno nelli pub-
« blici macelli di questa città , o che entrerann«) macellati nelle
« porte di essa città; ed iu questo secondo caso si dovranno pa-
« gare detti grana tre per ogni rotolo di carne di qualsivoglia
354 MISCELLANEA
«sorta di animali, che sono in uso di mangiarsi, eziandio vacche
« eocettnato però il porco che può entrare franco per servizio di
« qualsivoglia cittadino di questa Città, conforme l'antico costume
« e consuetudine di essa.
« Item si avrebbe da tornare a pagare come prima la imjwsi-
« zione della gabella che si solca pagare sopra il pesce , con la
« forma e per la somma che sua Eminenza con il voto del Tri-
« buuale del Keal Patrimonio ha ordinato per suo atto viceregio
« oggi ; l'introiti della quale si dovranno pagare come jmma al-
« l'Ili dstrissimo Senato per non assere questa nuova imposizione.
« Item tari sei da pagarsi come sopra per ogni rotolo di ta-
« bacco così che entrerà in questa città di ralermo da qualsivo-
« glia luogo e parte tanto dentro quanto di tuori Kegno, cosi in
« pampina seu in corda, come per pesto e polverizzato, e da pa-
« garsi ancora per ogni rotolo di tabacco che forse si compones-
« se e producesse in questa città di Palermo , e si vendesse in
« (qualsivoglia bottega e luogo di essa , da esigersi con la for-
« ma e disposizione che giudicherà facile e conveniente ed ordi-
« nera l'infrascritta Deputazione.
« Item oncie quattro e tari ventiquattro da pagarsi da qual-
« siasi persona come sopra et nemine exente, sopra ogni carrozza
« che tiene e camina al presente o caminerà in futuro in questa
« città di Palermo e suo territorio, tirata da cavalli o mule, pur-
« che ogni carrozza che camina o caminerà il i)adrone di essa tenga
« per ogni una di esse carrozze e loro servizio due nude o cavalli
« per tirarle e condurle , e se alcuna persona terrà i)er suo ser-
« vizio due o più carrozze, o per servizio di quelle non terrà più
«che due animali, dovrà solo pagare per una sola carrozza,
«che camina e caminerò , e così rispettivamente secondo la
« (pumtità di animali o carrozze, (die terranno e tengono j)er
« lo servizio e tÌ!-o di detta carrozza una o più tirate «la diu' o
« quattro animali, secondo la (pialità e dignità delle persone che
«terranno il tiro «li «piattn» animali p«M' s«'rvizi«> p('i'<) di una car-
« rozza.
«Item lari diciotto da pagarsi da tutte v «{ualsiasi persone,
« iieniine oxente, sopra ogni cantaro di olio che entrerà in ({uesta
« «'ittà, da cHigersi alle p«»rt«! «'«1 «Mitrati^ «li «| uesta : ne<' non «la
« pagarsi ptM' ogni cantaro «li «ilio «li «pielli v\w. si (Miveianno
« iielli trappeti esistenti in «piesta città con la forma che sarà
MISCELLANEA 355
« benvista a detta Deputazione; con questo però, che detta im-
« posizione di tari diciotto per quella quantità di olio che si ven-
« derà a minuto in questa città e suo territorio, si debba esigere
« con l'avanzo di piccoli tre per ogni oncia d'olio che si venderà
« a minuto come sopra più del prezzo che si venderà detto olio;
« a fin di applicare 1' avanzo sopra detti tari diciotto fino alla
« somma che imjjorteranno detti piccoli tre per oncia d'olio, alla
« sodisfazione di detti soggiogatarii , come sopra , ed in quanto
« alle murghe ed olio ammelato di detti oli che entreranno in
« questa città di Palermo o si consumeranno nel suo territorio,
« dovranno pagare , cioè : le murghe a ragione di tari sei per
« cantaro e 1' olio ammelato tari dodici per ogni cantaro ; quale
« eccettuazione di olio ammelato e murghe si debba intendere
« dal primo di gennaro di ciaschedun' arwno , per causa che dal
« principio del raccolto dell'olii fino a detto tempo, non si può di-
« scernere la differenza di essi.
« E finalmente tari dodici da pagarsi da tutti a qualsivogliano
« persone , nemine exente , sopra ogni salma di farina , cosi di
« forte come di majorca, che entrerà in questa città, e di quella
« che si consumerà nel territorio di essa.
« Con espressa proibizione che nessuna persona di qualsivo-
«glia stato e condizione che sia, quantunque privilegiata, eccle-
« siastica o secolare, possa tenere centimolo sotto nessun prete-
« sto in questa città di Palermo, e suo territorio, senza espressa
« licenza in scriptis della Deputazione sopra «letta o del gabel-
loto che prò tempore sarà di detta imposizione di farina».
Tenuto conto che le nuove imposizioni non erano bastevoli a
pagare tutti i creditori alla ragione del 5 7o che era lo stato in
cui trovavansi prima dell'abolizione delle antiche gabelle, si sta-
bili che ai soggiogatarii cittadini , ai Monasteri, alle Chiese ed
alle Opere Pie esistenti in Palermo , le dette soggiogazioni do-
vessero i)agarsi alla ragione del 4 7o- ^^i regnicoli di questo Eegn(^)
di Sicilia al 3 7? °/o ^^ '^^^^ dìtvi forestieri al .3 »/o.
E parimenti che tutti coloro i quali dal 1. Settembre 1036
in poi erano subentrati agli antichi creditori per ricompre e
rinvestimenti fatti dalla città, dovessero conseguire le soggio-
gazioni nella seguente misura : In quanto ai cittadini , Mona-
steri, Chiese ed Opere Pie esistenti in Palermo, al 3 %, ai re-
gnicoli al 2 Vi "/« ^ ^i forestieri al 2 '%. A coudizione però, che
356 MISCELLANEA
gli avanzi, qualora ve ih* 'fossero, dovessero impiejiarsi alla ri-
compra (lei bimestri stessi, onde i creditori potere mi tempo ri-
cuperare i loro capitali , ed i cittadini ottenere così lo sgrava-
mento di questi nuovi balzelli.
Dapprima le classi dei creditori furon due solamente : ìmne-
.stniniì cittadini e reifnicoli esteri; però la loro condizione non tu
uguale, dappoiché 1 cittadini venivano preferiti ai regni(;oli come
coloro che maggiormente sostenevano il peso delle nuove gravezze:
come, degli altri, erano pure preferiti i nativi siciliani, lasciando
agli esteri la minima parte.
Queste classi, per nuovi avvenimenti, aumentarono, tanto che
nel 1860 non eran meno di nove.
La classe dei bimestranti cittadini fu divisa in himentranti
partiooluri e bimestranti maniinorte od opere a min in ist rate.
A quest'ultima, per la relativa scrittura, furono assegnati, a
corrispondenza del Banco, cinque libri contabili, che poi, dal 1842
vennero ridotti in un solo.
Quella deiJ[regnicoli fu anch' essa separata con la dizione di
regnicoli alntanti e reifuicoli esteri.
A queste poi se ne aggiunsero altre, che si chiamarono : soli-
dale oblifjaaione, assegnatarii, ribassa, mezzo bimestre , consolidato.
Manimorte ed opere amministrate erano corpi morali di qual
siasi natura che vantavano rispettivamente credito contro la !)«'-
putazione a titolo originario o derivato. Dal C%)nsiglio del 1(>48
ebbero reso, insieme ai particolari cittadini, privilegiato su tutti
i creditori il loro credito.
Si nomarono bi': estran ti particolari quei creditori particolari
nativi di Palermo o del territorio che vantavano il loro credito
direttamente dai prestiti fatti alla città e dai relativi atti sog
giogatarii, o da acquisto fattone da altri creditori, e dai relativi
mandati di assento.
Sulle altro clansi godevano eziandio preferenza, per la ragione
che eglino contribuivano al pagamento dei nuovi balzelli , come
più sopra ò detto.
Dicevansi regnicoli abitanti i bimestranti che, non essendo
nati a l'alermo, vi abitavano <5on la propria (amiglia, e che, evi-
denti^niente, contribu«Mido come i palermitani alle nuove imposte,
furono, dopo i citta<lini, pntferiti a <M>loro che <linu)ravano fatui
territorio, giuHta atto senatorio del 21 lugli*» HirAi.
MISCELLANEA 357
Così ciano legiiicoli esteri quei <;re<litori iiou palermitani, ne
ivi domiciliati.
Poteva talvolta il loro credito rimanere insoddisfatto i)er man-
canza di residui, essendo stati eglino posposti a tutti gli altri. Per-
locchè, a 14 dicembre 1672 vennero a transazione con la Depu-
tazione per atto in Notar Lionti, stabilendo che in vece della to
tale rendita si corrispondesse loro ogni anno, la cifra del sopra-
vanzo allora esistente, in onze 2922, 18, 12.
Facevan parte del ramo solidale obbligazione quei bimestranti,
il credito dei quali era stato prima del 1(>48 solidalmente assicu-
rato dai Governatori della Tavola e dal Senato.
Sullo scorcio del XVI secolo e sul principio del XVII, il Se-
nato palermitano aveva tratto grosse somme dal Banco, per far
fronte alle urgenze della It. Corte , e , per farne restituzione ai
depositanti, dava facoltà al Ban(;o medesimo di contrarre seggio
gazioni colla solidale obbligazione del Senato stesso, aftinché, col
capitale ricavato so<ldis tacesse al credito proprio e a «inolio dei
(;ittadiui depositanti.
Indi queste soggiogazioni passavano a carico della Deputazio-
ne , e così i creditori , sino al 1800 formarono il cosidetto ramo
della solidale obbligazione.
La R. Corte, per risarcire al Comune il debito assuntosi pei
prestiti all'Erario, aveva assegnato al Comune , prima del 1648,
una ingente somma annuale sulle iande che talune delle Univer-
sità dell'isola pagavano al Demanio dello Stato per conto dei do-
nativi.
Fondata la Deputazione delle Nuove (Jabelle , la città , con
varii atti , ed in epoche diverse , ne fece alla suddetta assegna-
zione, peichè la impiegasse al soddisfacimento dei creditori bime-
stranti. Per il che, quei creditori che dalla Deputazione ebbero
assentati i loro bimestri, presero nome di assegnatarii, e, quantun-
que aboliti poi gli antichi assegni, i creditori medesimi ritennero
sempre, e sino al 1800, il titolo anzidetto di assegnatarii.
Con Sovrano dispaccio del 14 giugno 1783, reso esecutivo con
atto del 21 successivo, fu ordinato che tutte le taude dovute dalle
Università Siciliane fossero dal 5 ribassate al 4 p. 100 , al fine
di soccorrere le popolazioni di Messina e di altre parti dell'isola
rimaste nella miseria dopo il formidabile tremnoto di quell'anno.
Fra le dette taude eran pure quelle che la B. Corte aveva nel
Arch. Star. Sic. N. S. Anno XXX. 24
358 MISCELLANEA
1612 assegnato alla città di Palermo sul donativo di scudi 300000
e la Deputazione, non potendo subire tale diminuzione, opinò di
rifarsi della perdita, ribassando anch'essa di un quinto le rendite
agli assegnatarii, per il che sorse litigio, che fu poi risoluto in
favore dei creditori.
Pertanto, profferite le tre uniformi sentenze ed iiuposto il per-
petuo silenzio con Yiceregio chirografo del 5 novembre 1788, par-
tecipato alla Deputazione e alla Giunta dei Presidenti e C^onsul-
tore, si pervenne ad un accordo, in base al quale i creditori ri-
lasciarono alla Deputazione i decorsi maturati e non pagati dal
1 giugno 1783 a 31 agosto 1788, della ([ninta parte ribassata.
La Deputazione a sua volta si obbligò per l'avvenire a pagare
sopra altro foiulo la quinta paite so|)ra cennata. Questo nuovo
fondo costituì d'allora in poi la cosidt^tta ribassa , sulla quale i
creditori non formarono una categoria peifettamente «listinta, ma,
per la loro unicità, del credito, furono una diramazione degli as-
segnatarii.
Quantunque per (luest'uUime due categoi'ie la scrittura sia se-
parata, pure , dagli stati discussi posteriori si scorge assegnato
un solo fondo per entrambi. Di conseguenza, ciascuna rendita
che anteriormente al 1783 era inscritta sugli assegnatarii, venne
dal J settembre in jìoi sei)arata in due, cioè : '/. sugli assegnatarii
e Vs svilii ribassa.
La denominazione «li uìezzo bimestre ebbe invece oiigine dal
seguente fatto : La Deputazione, ant<'rioi incute al 180S era debi-
trice a diversi creditori di (|uattro annualità clic riiiiontavaiio sino
al 1725 e di altri (piattro i-ecenti l)iiii(\stri. ! «-rcditori. lilialmente,
stancali di tant<> attendere , e n<ui volendo più a lungo tollei'are
qualun(|ue indugio , n*clamaiono alla Deputazione il soddisfaci-
mento totale del loro credito. Ma la loro istanza, non avuto fa-
vorevole accoglimento, i-icorscro al Uc, il (|nale, inteso il parei-e
della (riunta dei Prcsid«'uti e ('ousuIt(ue, con atto del 22 settem-
bri' 1807, nomino una speciali^ (ìiiinta, i componenti la quale, da
arbitri, avrebbero dovuto giudicare inappellabilmente.
In fatti, dopo maturo esame, a IT» giugno 1808, |)ronui\ciò il
Hiio lodo <"lie fu sanzionato con SoNiaiio <lispii<'cio del 10 luglio
Heguentc.
K fu deteniiiiiato clic delle t|ii:illi'n :iiiliclic iiiiìiiialitiì doNiile
ai ereiiitori oiiginarii , se ne corrispon<lesHei'o loro soltanto tre,
MISCELLANEA 369
rimanendo a beneticio della Deputazione la quarta annata; e che
delle quattro dovute ai traslatarii, se ne pagassero loro due sole,
per rimanere a prò' della Deputazione le due rimanenti.
In quanto poi ai bimestri correnti, riconosciutosi di averli la
Deputazione soddisfatti, furono dichiarati indovuti.
Circa al modo come stabilirsi il pagamento delle anzidette an-
nualità, fu poi deciso di dividersi in s«n bimestri ognuna di essa,
e girarsi ogni anno , nel mese di giugno , la metà di un bime-
stre in favore dei creditori, sino alla totale estinzione.
E Analmente parlerò del ramo consolidato :
Nel periodo della rivoluzione del 1848 per la cessata riscos-
sione delle gabelle, e i)ci- hi insufficiente risorsa delle nuove tasse
allora imposte, la Deputazione non potè più corrispondere in tut-
to o in parte le soggiogazioni.
Kipristinato il governo borbonico , si pensò di rimettere in
assetto la Deputazione , su quanto specialmente riguardava il
soddisfo dei creditori.
Con questo intento, e dopo !' uniforme parere della Consulta
di questa parte dei reali dominii, S. M. in occasione dell'appro-
vazione dello stato discusso quinquennale della Deputazione ,
dal 1851 al 1855, dis[)ose coi rescritti del 19 maggio e 15 agosto
1852, che tutti gli arretri fossero consolidati, e la rendita risul-
tante ragionarsi al 4 j). 100 pei privati e al 3 p. 100 per le ope-
re amministrate. E , i)el ])agamento , allogarsi annualmente un
fondo di ducati 12000.
In esecuzione di <juest'ordine, furou tosto fatte le liquidazioni
ai creditori; liquidazioni approvate con ministeriale del 1 agosto
1854.
In base a tali liquidazioni ogni creditore ebbe rilasciata una
cartella, che costituì il proprio titolo alla percezione della nuova
rendita.
Queste furono le classi che costituirono il numero totale dei
creditori della Deputazione, e a ciascuna di esse corrisponde nel-
l'archivio della medesima una particolare sezione (1).
Le condizioni di (piesta imanime deliberazione del popolo
furono :
(1) F. Pollaci Nuct;io, ìa' isvnsioni (hi l'a lazzo Comunale di Palermo.
Stab. tip. Virzì.
3H0 MISCELLANEA
1. Che per la retta aiuiniui<!trazu)iie <ìi tali imov^e jj;ravezze ,
dovesse eleggersi una Deputazione composta di persone di emi-
nenti virtù e prudenza; la quale fosse penitiiH distinta e separata
dal Corpo del Senato, dall' Amministrazione degli altri suoi effetti
e dal patrimonio della cittil; e composta dal Pretore, e priore
dei Giurati [>resenti, da un cavaliere e da un gentiluomo , nati
in Palermo, entrambi soggiogatarii ed interessati, da eleggersi
dal Consiglio (Mvico: due persone icligiose, una da nominarsi a
voti segreti dal (Capitolo della (Cattedrale, i)urchè fosse un Cano-
nico di essa e da un ecclesiastico; l'altra da eleggersi dal Vice
Re ti-a i Regolari e da uno dei Parroci da scegliersi a voti segreti
dai Parroci stessi.
2. Che questi Deputati amministratori di dette gabelle, i quali
avevano la rappresentanza di tutti i creditori, dovessero di due
mesi in due mesi soddisfare i soggiogatarì, senza che per nessun
caso ed in nessun tempo, ne per qualsiasi causa, anche urgentis-
sima, né per ordine di sua Eminenza o di qualunque altro supe-
riore, i)otessero invertire o spenderne gl'introiti, se non che al
solo fine di pagar quelli sotto la loro i)roi)ria solidale respon-
sabilità.
Al quale oggetto le gabelle furono assegnate in solutum ai
soggiogatarii, con tutte le clausole importanti traslazione di do-
minio e possesso.
In ordine poi alla esenzione da concedersi agli ecclesiastici in
una delle imponende gabelle, fu deterniinato, con atto del 20 di-
cembre 1648, di conceder loro la esenzione medesima sul cespite
delle farine, (tari 12 a salma). Beninteso che tale privilegio fosse
conferito esclusivamente al solo ecclesiastico, esclusane la fa
miglia (1)
(1) Più tardi però, onde eliminare degl'inconvenienti clu.' si erano la-
mentati, con editto del 12 w'tteinUre 178(), di Monsi^^tior Sanse verino, Ar-
civescovo di Pulernio, tu di«poHt<» «li escludere dal suddetto heneticio tutti
quei chierici che \wx una ragione (jualsiasi avessero deposto l'abito ehieri-
cale.
Kipiitat-HJ per cliierici, e «juindi ^(idci'c della esen/.ione, tutti coloro clic
vestiHMero in abito e tonsura, e prest4issero la loro assistenr.a ntdle Par-
rocchie e tbMm;ro ascritti nelle Congrega/.ioiii di S. Carlo, del Fervore ,
MISCELLANEA 361
Con atto del ^30 aprile 1649, l'Illustrissimo Senato assegnava
alla Deputazione delle Nuove Gabelle onze 5029, 4, 3 annuali, per-
chè fossero dalla medesima amministrate per conto del predetto
Senato, a soddisfo dei debiti che lo stesso aveva verso la Tavola
e la Regia Corte, pagando i salarii a tutti gli Ufficiali della detta
Tavola e Regia Corte (1). Con la condizione però che le somme
rimanenti fossero ogni anno riversate al Patrimonio della città,
e non impiegate ad uso diverso.
Le onze 5029, 4, 3 venivano assegnate sulle Univei-sità del
Regno di Sicilia nel modo seguente :
Nicosia Onze 901. 12. 4
Castelbuono. ... » 304. 26. 11
Geraci » 134. 14. 2
Santo Mauro ... » 162. 11. 5
Tusa » 202. 27. 9
Cefalù » 248. 3. 15
CoUesano » 241. 4. 19
Monte S. Giuliano . » vl61. 25. 6
Sutera » 178. 20. 14
Castronovo .... » 191. 25. 19
Chiusa » .334. 7. 18
Burgio » 235. 27. 16
Vicari » 104. 7. 8
Frizzi » 128. 20. 13
dell'Oratorio di S. Filippo Neil, di 8. Pietro e Paolo e di Maria SS. del
Lurae, o che fossero addetti a Monasteri o altre chiese principali.
Riguardo poi ai preti , il privilegio veniva concesso ai soli palermi-
tjini nati , ed a coloro che si reputassero tali per la Diocesana spedita
dalla Curia Arcivescovile, o che fossero scelti per Cappellani, Coadiutori o
Sagrestani delle Parrocchie , od altre chiese principali ; restando esclusi
tutti i preti cosidetti forestieri. (Vedi Capiioìi ed Orrli nazioni delle Xuore
Gabelle, a pag. 490), luogo citato.
(1) Il 22 luglio del 1876, dal Principe di Caranianico veniva invece
disposto che la Deputazione, (piale cessionaria del Senato, jier la parto dei
debiti che questi avea col Banco e con la R. Corte, dovesse assegnare la
somma di onze 30ó6, 1 , 4 ai sopradetti istituti (Vedi Capitoli ed Ordina-
nmioni delle Xuore Gabelle, a pag. 181), luogo citato.
362 MISCELLANEA
»
187.
17.
18
»
367.
7.
19
»
231.
10.
7
»
213.
9.
18
»
133.
3.
—
»
191.
25.
7
Racalmuto .... Onze 173. 23. 5
Ciminna
Tricona
Cartabellotta . . .
Partanna. . , . .
Palazzo Adriano . .
Caltavutnro. . . .
E per lo stesso ettetto, con l'altro atto del dì 8 nuigjjio ltì57,
il Senato assegnava alla Deimtazione altre onze COO annuali snl
reddito della neve.
Alla deliberazione del ])nbb]ic'o Consiglio avuto luogo il 29
agosto 1648, seguì l'atto d'approvazione del Vice Re Cardinal
Teodoro Trivulzio, in data 2 ottobre dello stesso anno.
('ol medesimo vennero stabilite le diverse facoltà della Depu-
tazione ed attribuite le più auii>i«' facoltà ai nuovi eletti l)e])u-
tati (1).
Essi doveano attendere ad invigilaro sul retto andamento del-
l'Amministrazione, riscuotere gl'introiti e praticarne i pagamenti
ogni bimestre, in favore di tatti i soggiogatarì. Col divieto di
non potere, né permettere che gl'intioiti destinati a tale uso e-
spressanu'ute, si spendessero diversamente per (pialsivoglia causa.
Eligere gl'impiegati che avessere riputati necessari, attribuir
loro 1 salari, rimuoverli, all'occoiTcnza, dall'impiego, senza dover
loro render conto alcuno.
Pagare agli stessi i rispettivi salari sul percctto dazio.
In oltre, in virtù dell'atto suddetto, era conferita alla ripetuta
Deputazione la giurisdizione civile e criminale per l'ampia e gene-
rale e.secuzion»* di ogni sua determinazione nel campo di tutte le
facoltà attribuitele, fra le quali la più importante : il manteni-
mento dell'ordine pubblico, per evitare il ripetersi dei disordini
sempre deplorati e malamente evitati. Disordini causati sempre
dall'odio che la misera gente nutn'! in ogni tempo contro i bai
zelli di 4ualnn(|ue natura essi siano.
Per tale oggetto aveva libera potestà di poter procedere w
abrupto, senza |)ronuiiciazioiH» d'inttMlociitoria, contro i colpevoli
di reati «li (|nalnn(|ue specie, non esclusi i contrabbandi in frode
al dazio, e quin<li a <lanno <lella detta i)e))utazione.
(1) Vedi H pog. 44 « Miglienti delle (h'dinutioiii e Kegolumenti citati.
MISCELLANEA 363
Per l'esecuzione di taute iiioombenze, poteva nominare Pro-
curatori, Sollecitatori ed altri ofticiali, per mezzo dei quali proce-
dere alla « cattura d'informazioni e tortura , concessione di ter-
mine estraordinario ed a sentenza diffinitiva usque ad mortem
naturalem inclusive et ejus executionem ed altri atti e i>rovviste
necessarie ». Nella condanna di morte o alla galera, però, richie-
dere, col voto di un Consi{>liere in atto, o che jjvo tempore fosso
stato eletto per detta Deputazione, la relazione al detto Eminen-
tissimo Cardinale e Vice Ee o suo successore.
Rimanevano attribuite al Pretore della città, Presidente della
Deputazione e ad un Deputato da eleggersi , le determinazioni
delle contravvenzioni , allo scopo di facilitare la soluzione delle
stesse.
1 versamenti della percezione venivau fatti alla Tavola dai
Collettori, Pleggi e Caratarli. Era loro proibito rigorosamente qua-
lunque ritardo nei depositi.
La Deputazione non riscuoteva <iirettamente i lu'ojjrii dazii.
Li dava in appalto. L'appalto si faceva a pubblico incanto.
Le offerte potevano farsi da persone singole o (H)n80ciate. Se
l'aggiudicazione veniva fatta ad un solo individuo , costui (diia-
mavasi arrendatario; se, al contrario , 1' ajjpalto veniva aggiudi-
cato a persone consociate, costoro nominavansi caratani.
Peri», tanto nel i)rimo, <;orae nel secondo caso, fatta l'aggiu-
dicazione era obbligo dello aneiidatario o dei varatarii di appie-
star valida garanzia all' Amministrazione , |>er la scrupolosa os-
servanza dei i)atti per contratto convenuti.
Allora, per tale oggetto, costituivansi, colla qualità di malle-
vadori , una o più i>ersone di riconosciuta solvibilità , che chia-
mavansi pleygi.
Di guisa (die l' Amministrazione poteva riscuotere i proprii
dazii direttamente dall'arrendatario o dai caratarli, od, in caso
d'inadempienza ai pagamenti da parte di costoro, direttamente
dai pleggi.
Ordinariamente , nell' interesse degli appaltatori , facevano i
cosidetti Gollettorì i versamenti alla Tavola delle somme percepite.
I Collettori corrispondono agli attuali Ricevitori daziarli, che,
come quelli, versano giornalmente nella Cassa Centrale daziaria
le souuue riscosse per dazio.
Dalla Deputazione poi veniva spedita una polizza ai Cover-
364 MISCELLANEA
natori della Tavola, che a sua volta girava il mandato all' Uhi
strissimo Senato, ogni bimestre , per indi farsene dalla Deputa-
zione i pagamenti dovuti ai soggiogatarii, come innanzi prescritto.
Nei mandati eran descritti i nomi dei creditori.
E, perchè ninno avesse indebita ingerenza nell' Amministra-
zione «Iella Deputazione, per qualunque pretesto, essa veniva di-
chiai*ata autonoma; segregata perciò da qualunque altra ammini-
strazione, fosse (juclla dell'Ili. ino Sonato e del Tribunale Kegio
e Supremo.
Era pure competenza legittima della Deputazione bandir le
gabelle e gli appalti, conformemente a quanto praticavasi solen-
nemente dal Senato e dalla Regia. Corte nei loro arrendamenti.
Le gabelle e gli appalti avean luogo nel palazzo dì città nel
giorno ed ora fissati dalla Deputazione per tale ett'etto.
In essi intervenivano i deputati, <die non dovevano esser meno
di quattro, come per ogni altra deliberazione era prescritto.
Per tutte le spese da farsi per conto dell'Azienda si emette-
vano delle polizze firmate dai Deptitati presenti. In ogni caso,
mai inferiori al numero di quattro, come ho detto sopra.
Sua Maestà il Re Filippo IV, cui furono rappresentate la de-
liberazione del Pubblico Consiglio <lel 29 agosto 1B48 e l'altra del
2 «lei seguente ottobre, per cui rurono concesse le più ampie fa-
coltà ed assoluta indipendenza alla Deputazione delle Nuove Ga-
belle , aven<lo considerato e riconosciuto che la forma <lata per
la riscossione delle nuove iuìposizioni altro fine non avea se non
che (juello di continuare la quiete eho si godea nella città di Pa-
lermo e in tutto il Regno, e per soddisfare sicuramente i credi-
tori, calcolati seriamente i vantaggi che ne risultavano allo Stato,
con due sue reali decisioni date da Madrid il 5 novembre 1649,
approvò da un lato tutto «pianto er;i stato praticato intorno allo
Htubilimento v. alle facoltà della Deputazione suddetta , alla ri-
8C088Ìone e allo iinj>iego che dovea farsi dei dazii, noiu'lìè alla
dispensa «Iella franchigia che si g()d«>a dalle |)erson«' privilegiate,
e, dall'altro canto, commise al suo ambas«'iatore in Roma «l'impe-
trare dalhi Santa Sede la stessa dispensa riguardo agli ecclesia-
8tici, onde il tutto produrre il su(» fine (1).
(I) Vwli CapUoli ed unlinationi t'itali, pag^. (12 e 69.
MISCELLANEA 3C5
PARTE III.
Pervenuto al Trono S. M. ('arlo II d' Austria ed informato,
per le istanze della Deputazione, degli abusi che erano stati in-
trodotti in quel sistema di riscossione per le pretenzioni di al-
cune franchi}>ie, dojM) di avere inteso il Gran Consiglio, con sue
reali lettere date da Madrid il 2 agosto 1676 , manifestò la sua
IJeale conferma alle disposizioni antecedenti, ed ordinò che si ve-
gliasse i)er lo esatto adempimento di quelle prescrizioni che poi
riconfermò in altra occasione con nin>ve lettere reali del 2 Feb-
braio 1677 (1).
(/osì fu sovranamente sancito dal successore Carlo V , con
real dispaccio dato da Vienna il 20 dicembre 1721 (2).
Poi Ferdinando I , jier togliere le controversie insorte tra i
creditori, la Dej>utazione delle Nuove Gabelle ed il Senato, ap-
provò iu data del IO luglio 1H08 il lodo fatto dal Sig. Duca Luc-
chesi, Prctor(;, dal Conservatone Generale e dall'Assessore Don
Donato Tomasi, arbitri presc»!lti dalla stessa M. S. a(hlì 22 Set-
tembre 1807 (3).
Il medesinu) Re Ferdiimiuio, con Reale Rescritto del 17 aprile
1824, riconfermò tutto quello innanzi detto, quando insieme ap-
provava lo Stato discusso per rAuiministrazione di essa Depu-
tazione. sei)aratauiente però da quello del Comune (4).
Ed in fine, con Kciil Decreto del 1. giugno 1826^ il Re Fran-
cesco I i-egolava gl'impiegati con nuo\o piano organico a secontla
le leggi amministrative (5).
(1) Vedi (hdiuti:ìtntì e lìe^/oìamenti citati, piig, 133.
(2) Vedi Orditmzìoni e Jieffohtmeidi citati, pag. 148.
(3) Vedi il lodo pubblicato per le stampe, tra la I)ep. di N. G. ed i
creditori soggioga tari i.
(4) Vedi il R. Rescritto del 17 aprile 1824, in line dello Statodi scusso
della Deputa/ione, in queirauno.
(i)) Vedi li. 1). 1" gciiuaJM 1S26^ Giornale W luteudema. giugno 1827.
366 MISCELLANEA
S. M, il Re Ferdinando II, con Reale Rescritto dato in Palermo
a 22 dicembre 1841, apjìrovò \mve separatamente dal Comune lo
Stato discusso della Deputazione per gli esercizii dal 1842 in poi,
ove, all'art. 34 raccomandò lo scioglimento della promiscuità d'in-
teressi che vi erano in alcuni da/ii.
Con risoluzione del 22 febbraio 184r) approvò il metodo come
la medesima avesse potuto riluire ed ammortizzare le soggioga-
zioni dovute. E, col Sovrano Rescritto del 19 maggio 1851 , ap-
provò lo Stato discusso i)er gli anni dal 1851 in poi , nel quale
raccomandò che nessuno si tacesse lecito proporre d' inveiti re a
prò' del Comune gl'introiti appartenenti alla De])ntazione.
Fin quando la Deputazione fn tenuta libera e indipendente,
corrispose sempre all'unico retto fine i)el quale fu creata, adem-
piendo puntualmente in ogni anno il pagamento ai suoi creditori,
appena maturatasi la scadenza. E , spesse volte , il Pretore e i
Deputati, nelle princi])ali feste di Pasqua, Santa Rosalia e Natale,
quando il denaro non si trovava tutto incassato, anticipavano del
proprio, o prendevano a prestito, pagando lievi interessi ai ga
bellieri, quanto bisognava ])cr soddisfare in tali occorrenze, anco
con anticipazioni, i soggiogatarii, all'oggetto di rimetteie in cir-
colazione la non lieve somma di 1). HÌMKK) elica , (luanto imi)or-
tava un solo bimestre.
Sino allora nessuna inversione , nessun prestito fu mai fattc^
al Comune, se non che gradatamente, trovandosi la città in qual-
che urgenza.
Conoscendo il Senato che la l)e])utazionc uvea degli avanzi,
l)regava S. M. che essi fossero C()nc«Mluti al (Jomune, per supi>lire
ai propriì bisogni.
Il che varie volte fu consentito , con la espressa condizione
però, che si fossero dovuti concedere al Senat(., allorché si aves-
sero del tutto pagate le somme annuali di pertinenza dei soggio-
gatarii.
Ma, pubblicato il li. Decreto degli 11 ottobre 1817, sull'Am-
ministrazione Civile, il Decurionato di fatto si credette in pieno
diritto di poter regolare gli affari della Deputazione come quelli
del (yomune , e, ora nella proposizione degli Stati discussi, ora
trovando altri motivi, procurò sempre di volgere a vantaggio del
primo direttamente ed indirettamente le entrate proprie della De-
putazione.
MISCELLANEA 367
Nel 1823 , occasionalmente alle proposte degli Stati discussi
pel 1824, il Decurionato reputava di nessun utile questo stabili-
mento ed ojHnava riunirlo al Comune , passandogli i dazii della
Deputazione,
Abolito nel J848 il hkicìho , il Decurionato inerlesimo ne ri-
propose nel 1849 la soppressione, ed invitato a dare un surrogato
eguale e sicuro, ne procrastinava la proposta, ed in modo insuf-
tìciente tardivamente la eseguiva.
Xel 1850 pensava tare lo stato di variazione di quell' anno,
commutando i da/ii di un'amministrazione con quelli dell'altra;
ed, in modo nuovo, al di sotto del jìroprio diritto, riuniva le en-
trate della Deputazione.
Lo stesso avveniva nel deliberare lo Stato discusso pel 1851 ,
e nello stato di variazione pel 1852, non determinando il fondo ne-
cessario per il pagamento di un debito certo a favore del Tesoro,
o tanto meno (j nel lo per le reluizioni che credettero sospendere
in onta al K. Rescritto del 19 maggio 1851 sull'approvazione dello
Stato discusso anzidetto , con cui fu dichiarato doversi tenere
intangibile. E ciò all' oggetto di passare a benefì(à<» del (Comune
una parte del prodotto «lei dazio sul Macino, i)roprio della
Deputazione.
Né a distorlo da tali i>r<qM>nimenri valsero le leggi lundameii-
tuii su cui reggevasi la Deputazione, uè tampoco i Decreti di
aj)i)rovazione e i Rescrìtti che vietavano le suespresse liroposte;
perchè, trovandosi (piasi sempre il Comune in qualche urgenza,
il Decurionato credeasi in diritto di potere, colla doppia veste
di tutore dell'una e dell'altra amministrazione, sussidiare a suo
beneplacito i bisogni del primo con le entmte della Deputazione.
l Deputati oiqmnevano semiu-e energica resistenza , e quasi
s('mi>re le proposte non venivano accolte.
Queste contese furono di grave danno alla Deputazione, poiché
ciò che era stato fondo di ammortizzamento, ora per un i)retesto
Ola per un altro, veniva «piasi semi>re impiegato pei bisogni del
(yomune, recaiulo allo stesso il gran male di mai alleviarlo dalle
esorbitanti gravezze.
Ma, finalmente, nello spazio di pochissimi anni cessò ogni li-
tigio , cessarono tutte le prerogative della Deputazione delle
Nuove Gabelle, e con esse si estinsero eziandio i debiti che il
Comune avea verso i creditori soggiogatarii , in virtù del De-
368 MISCELLANEA
creto Prodittatoriale del 17 ottobre ISfiO , X. ().">8 , che qui ap-
presso mi piace trascrivere integralmente :
« In nome di S. 31. Vittorio Emanuele, Re d'Italia,
Il Proditta'I'oue
« In virtìi dell'autorità a lui delegata, volendo aprire ai Oo-
« muni di Sicilia la via a procedere gradatamente all'abolizione
« dei dazii di consumo che pesano principalmente sulla classe
« più povera.
« Sulla proposizione del Segretario di Stato delle Finanze.
« Udito il consiglio dei Segretarii di Stato
Decreta e promttlga:
« Art. unico — Tutti i debiti dei Comuni di Sicilia , che fan
« parte della loro spesa ordinaria o che trovansi rappresentati
« da rendite costituite, o che derivano da titolo certo, liquido e
« legalmente riconosciuto, sono dichiarati debiti dello Stato,
« Ordina che la presente legge, munita del Sigillo dello Stato,
« sia inserta nella raccolta degli atti del (loverno , mandando a
« chiunque spetti di osservarla e di taila osservare ».
11 l'rodittatore : Morbini
In esecuzione al Decreto soprascritto, ne consegui la delibera-
zione della Giunta Comunale del 20 ottobre 1860, con la quale,
essendo stati dichiarati debiti dello Stato i debiti del Comune e
per conseguenza divenuta inutile l'esistenza della Deputazione
delle Nuove Gabelle, ne disponeva lo scioglimento. '
Ed in effetto, il Consiglio ('oin anale, nel bilancio del semestre
da luglio a dicembre 18(>1, bilancio approvato nelle forme di legge,
riformò il sistema daziario nel quale reggevasi la Dei)utazione ,
fece sue le rendite di essa, perchè Comunali, e allogò nella pas-
HÌvità i pesi e gli obl)lighi a cui quella andava soggetta.
Lo stesso fu praticato nel bilancio dell'anno seguente , e la
rota di debiti sino al 10 ottobre 1860 fu allogata nella passività
di esio.
MISCELLANEA 360
In sei^uito di <;h»% le .soirmie della Deputazione giacenti nella
cassa del Banco, dovevano riportarsi nelle madrefedi della Cassa
Comunale.
Ma ansile qui sorsero delle ditticoltà, non potendo esse svin-
colarsi senza il visto dei Deputati delle Nuove Gabelle.
Più tardi però, dopo lunga e noiosa coi rispondenza intercorsa
tra il «indaco e la R. Prefettura di Palermo , le somme furon
svincolate e spese in soddisfo dei creditoii soggiogatarì bime-
stranti , in seguito a regolare lirma di (-iascun Deputato a tal
line invitato.
Antonio Franchina
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
RevetlJ Paolo. —// Comune di Modica. Desv ris io ne fin ico-uìt tro-
pica. Palermo, Saiidiou editore, 1904. In 8., di pag'. XIV-
331 e Appendice di pag". XXYIII, con illustrazioni.
Lo scopo ed i limiti del i)reseute lavoro del prof. Kevelli ,
libero docente di j^eografta in questa li. Università, si desumono
chiaramente dal titolo. Egli non si è proposto di scrivere spe-
cialmente la storia di Modica, ma di esporre le notizie j^eologicbe
{teocratiche, etnogralitthe, storiche e sociali riouardauti (piella
città. Dichiara pertanto (p. XI): «A con l'or tare i uia{>giormente
nel nostro proposito, oUrc all'attrattiva proiuia dell'argomento,
alla singolarità della condizione toi)ogralìea della città, alla sua
antichità, all'importanza che pin* varii s«',coli ebbe la Contea del
suo nome, valse la (!onsiderazione che una monogratìa geografica
avente per suo oggetto un Connine avrebbe avuto presso di noi,
in Italia, pregio di novità ». L'egregio A., jnemontese , dimorò
quasi otto mesi in .Modica nel l\HH), e «piivi ebbe agio «li intra-
prendere e compire i suoi studii.
L'opera è divisa in tredici capitoli. Nella introduzione è <lata
ampia notizia critica delle fonti che concernono Modica, e sono
ricordati parti(;oIarnu;nte i lavori storici ])regevoli di Caratt'a ,
Henda, Solari no e Grana Scolari.
Nei primi «lue ea|)itoli sojio alenili cenni generali su la posi-
zione, po|tolazìone e contini del Comune, e su la naturadel ter-
ritorio. Kst(ts(» è invecMi il Capitolo ili (U'nno storico (pag. M)-
11)0), e conviene farne speciale menzi(Uie. L'A. afferma eh»' è
MMo intento di espone bievement»- pei- le varie ep«)elM' le notizie
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 371
Hill territorio di Modica e su l'importanza della Contea, e di mo-
strare « se e in quale misura la Contea fu un'unità politica vera
e propria ».
Giovandosi dei moderni studii archeologici, premette alquanti
cenni su l'epoca preistorica e su la civiltà sicano - sicula , che
chiama civiltà indiiiena della Sicilia. Ri;;retta 1' origine fenicia di
Modica (p. 39), e crede piuttosto « che la cittiV abbia costituito
uno dei nuclei importanti di popolazioue sicula o indìgena »
presso ad altra di origine greca. Ricorda le vicende delle età
più anti<hc, e la scoperta di uecrojKjii bi/.antine nella vicina
Cava d'Ispica.
V'ien quiudi ad esporr»* le notizie su la celebre Contea, e di-
(tliiara <;he si è astenuto da particolari ed estese ricerche stori-
che, peraltro i)oco adatte al suo argomento, e che si limita «alle
linee t'omlamentali della storia della Contea» (|). 01). Ha ese-
guito ])erò utili ricerche eziandi<t nel Tabulano dei Cabrerà, pos-
seduto dall'illustre nostro Presitlente Au<lrea (Tuarneri. Divide
in s«'tte epoche le uuMuoiie storiche della Contea dai Normanni
sino al secolo XVIII, ed afferma « che la Contea non ebbe mai
nella storia generale <lell' isola una funzione pro|)<uzionata alla
fama, di cui go«le il suo nome », che «piell'onore provenne dalla
potenza dei Chiaramonti e poi dei Cabrerà, che i contini della
Contea furono spesso varii, che talvolta la sua esistenza fu di
nome, e che si consolidò duiante il secolo XV.
L'A. tien conto dei più recenti la voli, e delle memorie di
Boglino, Bozzo , (ìuarneri , Lagumina , IMiùtoue ed altri , ed e-
sjjone chiaramente le vicende della (Contea, e le gesta dei ])o-
tenti signori che la dominarono sino al 1704, quando ricadde al
fìsco per la ribellioni* di Enriquez. Aggiunge pregevoli cenni su
i « Limiti della ('ontea nei vari tempi ». (p. t»0), ed in fine le
notizie su le novità dell'e])Oca di dominio nominale sino ad oggi.
E data poi («'aj). IV a VI) estesa notizia, talvolta con ricordi
storici, su la contigurazione del territorio, le grotte «li Modica,
la Cava d'lspi<*a, i liumi di vScicli (tanto (;onosciuto i»er l'allu-
vione del ÌW)'2) e Busaitone, il dima, la <'oltura del territorio e la
l)t)l»olazione. Impoitaiiti sono i capitoli VII e N'III, ium <[uali l'A.
descrive la città ed i suoi i)iù notevoli editìcii, e fa (^enno degli
nomini illusti'i, «^ «lescrive altresì la «-ampagna, le stazioid pro-
toistoiiclie, la Cava d'Ispi<-a <'on le sue grotte, che chiama (p. 213)
372 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
«la più carattcìisticji valle di Sicilia sotto questo riguardo»,
attenuando che « è ad un tempo città trogloditica e serie di ne-
cropoli » e narra gli avvenimenti funesti dell'alluvione del 1902.
Esamina indi minutamente (cap. IX e X) le condizioni di
viabilità e lo stato economico e sociale della poi)olazione , ottre
(e. XI-XII) pregevoli notizie sul dialetto, gli usi , le tradizioni
e la toponomastica, ed intine descrive i dintorni.
L'opera del Revelli è degna di elogio per l'erudizione, la sana
critica e la competenza dell'A. nelle materie geogratiche, e giova
a far meglio conoscere la regione e le vicende di Modica.
Giuseppe La Manti a
Starrabba bar. Raffaele. — Scritti di Giovanni JVaso da Corìeone^
detto il « iSiciliano », Segretario Cancelliere del Comune di
Palermo. Ivi, Scuola Tip. « Boc(M)ne del Povero », HW)5.
In 8. di pag. LXIX - oo. Con un fac-siniile.
V^arii scrittori han dato notizia di Giovanni Naso , distinto
umanista siciliano del secolo XV, e dei suoi lavori , e conviene
ricordare Mongitore, Xarbone e Pollaci. Particolari cenni olirono
pure per la parte bibliografica Logoteta, Tornabene, Mortillaro,
Mira, Pennino, Salvo-Cozzo, Starrabba, Vito La Mantia, perchè
due lavori del Naso api)artengono all'ei)oca della introduzione
«Iella stampa in Sicilia, ed han tornito materia di disputa ai bi-
bliografi per determinare il luogo e l'anno della edizione, e per
riconoscere l'epoca vera della prima stampa eseguita nell'isola ,
e che è stiita contesa tra Palermo e Messiim.
Il chiar. Barone Starrabba ha voluto , per la estrema raritiY
dei lavori di Naso, già tutti <lati alle stampe, raccoglierli e ri-
prodnrli ora in a<5curata edizione, come seconda puntata degli
Amdditti Miotici e lettcraiii HicHiani. Gli scritti di Naso sono quat-
tro e<l in lutino, cioè il poemetto in oru>re di Giovanni Pe di
Aragona e di Sicilia, il «'arme su la p<'st«' di Trapaui, la lctt<Ma
dedicat«)ria della prima «•dizi«)iic delle cotisueMidini di l'aieiiiio,
ed i detti ueniorabili uiuiiiaui.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 373
L'editore premette estese ed erudite notizie su la vita e gli
scritti di Giovanni Naso , e pubblica cinque documenti , alcuni
dei quali sono inediti. Accenna ^li onorevoli ricordi di Naso
fatti dai contemporanei Lucio Marineo ed Alfonso da Segura e
poi da Fazzello, l'insegnamento tenuto nello Studio di Napoli
negli anni 1468 a 1470, secondo le cedole di Tesoreria del regio
Archivio di quella città, il trasferimento a Palermo, a richiesta
dei Giurati , per insegnarvi , come si ricava da due documenti
ora dati in luce, la nomina di Cancelliere del Comune nel 1477,
e la sua morte avvenuta probabilmente nel 1481.
Il lavoro più importante di Naso, e per il quale si conferma
la sua fama, è il poemetto in onore del Re Giovanni. Starrabba
aiferma (pag. VII) : « Il principale tra i medesimi [scritti] rimane
sconosciuto a moltissimi; mentre, se ben mi avviso, merita tutta
l'attenzione di quanti si occupano della letteratura umanistica del
XV secolo; ed è inoltre pregevolissimo documento della storia
e dei costumi siciliani in sul finire dell'età di mezzo ». Fornisce
pertanto ampie notizie su l'argomento e le parti più notevoli
(anche per ricordi storici) del poemetto , contenuto in mille versi
esametri , e su la felice imitazione di Virgilio (pag. XXXVIII).
Basta soltanto accennare che questo pregiato lavoro poetico di
Naso si riferisce alla sottomissione della città di Barcellona al
Re Giovanni, avvenuta nel 1472, dopo una ribellione durata per
molti anni sin dal 1448, per la contrastata successione nel trono
di Navarra del primogenito principe Carlo , ed alle feste gran-
diose, e 8tui)endamente descritte, che per otto giorni continui al-
lietarono la città di Palermo all'annunzio del fausto avvenimento.
Starrabba oflfre opportunamente estesi cenni su l'importanza
bibliografica del poemetto, che non ha data tipografica di luogo
e di anno, e su gli esemplari ora esistenti, e riferisce le discordi
opinioni di varii bibliografi , che assegnavano quella edizione a
Palermo ed all'anno 1473, come prima stampa di Sicilia. Sostiene
con varie ragioni che il poemetto fu stampato nel 1473 a Napoli
e non in Sicilia, anco perchè la stampa fu introdotta in Palermo
nel 1477, secondo varii documenti, che ripubblica.
Il breve e pregevole Carme in lode dei Trapanesi per aver
sollecitamente impedito nel 1475 il rinnovarsi della peste , che
aveva afflitto Palermo nell'anno precedente, era stato già pub-
Arch. Star. Sic. N. S. Anno XXX. 25
374 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
blicato nel 1871 dallo stesso editore, che l'aveva rinvenuto nei
registri del Comune di Palermo.
La lettera dedicatoria al Pretore ed ai Giurati di Palermo ,
che aveano ordinato di eseguirsi la prima edizione delle Consue-
tudini della città, è ristampata da Starrabba, con le varianti del
Commento di Muta. Nella prefazione non offre particolari cenni
su questa preziosa edizione del 1478 (che è a ragione ritenuta
la prima stampa siciliana), poiché trattando del poemetto in lo-
de del Re Giovanni, egli ha riferito le notizie dell' introduzione
della stampa in Palermo nel 1477, ricavate dalla sudetta epistola
di Naso per la edizione del 1478 delle Consuetudini e da varii
documenti.
Termina il volume col testo del breve scritto di Naso in prosa
De dictis siculis nnnotamentum, edito nel 1520 in un opuscolo raro
di Scobar, e poi ristampato da Schiavo nel secolo XVIII. Con-
cerne detti memorabili dei tiranni siracusani, ed in parte è tratto
dagli Apoftegmi di Plutarco. Vien pubblicata inoltre (p. LXVIII)
una lettera inedita del 1476 a nome dei Giurati di Palermo , e
che r egregio editore crede scritta da Naso Cancelliere « per le re-
miniscenze storiche o tradizionali », ed è omesso , soltanto per-
chè osceno, qualche inedito scritto.
L'edizione dei lavori di Naso , curata dal bar. Starrabba re-
ca notevole contributo agli studii letterarii e bibliografici del-
l'isola.
Giuseppe La Mantia
Crino prof. Sebastiano. — Una questione di topografia antica. Nuo-
vo disegno in ordine allaposisione topografica di AKPAFAS.
Melazione (Estratto dagli atti del V. Congresso geografico
italiano tenuto in Napoli). Ivi, tii). Tocco - Sai vietti, 1905.
In 8. di pag. 29, con due tavole.
In queHtH iiKMtutria, che fu ìmmic arcoltn nel Congresso geo-
grafico tenuto in Napoli nel 1904, l'egregio prof. Crino intende
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 375
determinare la vera topografia di Agrigento , anche dopo l' im-
portante lavoro di Schubring e gli studii e le memorie di Bon
figlio , Cavallari , Darà , Holm , Oli veri ed altri. Egli deplora
che quegli studii non siano valsi a fornire notizie sicure su la
topografia, « e ciò non tanto per le deficientissime esplorazioni
dei luoghi,... quanto per la imperfetta interi)retazione dei classici».
L'A. è professore nel regio Ginnasio di Girgenti, ed ha po-
tuto compiere indagini particolari nel territorio per verificare le
notizie degli antichi storici.
Riferisce il testo di Polibio (IX, 27) concernente la descrizione
di Agrigento, che dice la precipua fonte, ed afferma che i dubbii
dei moderni nella interpretazione provengono dal non avere Po-
libio determinato l'estensione del circuito della città, che indica
soltanto pei limiti dei fiumi Akragas ed Ipsa. Descrive poscia il
territorio moderno della città, e sostiene che l'identificazione di
Schubring del fiume Akragas nel moderno S. Biagio semplice
confluente dell' Ipsa (corrispondente al moderno Drago) non è e-
satta, e che è impossibile che la grande città fosse compresa fra
quei soli fiumi. Per prova di tale asserzione esamina le testimo-
nianze di Tolomeo, Polibio e Diodoro , dalle quali rileva che il
fiume, ora chiamato di S. Biagio , era nell'epoca più antica sol-
tanto una grande fossa costruita a scopo di difesa militare (pag. 11).
L'A. ricerca quindi in quale fiume del territorio bisogna ri-
conoscere l'Akragas, e dalle nuove ed importanti scoperte di un
villaggio sicano nella contrada detta Cannatello , verso il fiume
di Naro, rese note dal prof. Orsi, e dai ricordi di Erodoto e Dio-
doro sul sito di Gamico, probabilmente esistita nel lato est di Agri-
gento, desume che la città si estese in quella direzione, ed afferma
(pag. 16) che « nulla torna di più naturale ammettere che Akragas
[la città] abbia i)reso sviluppo nella parte occidentale, la quale me-
glio si prestava a renderla forte ed inespugnabile, e che la Jiarte
orientale sia stata di nuovo popolata dopo la vittoria di Ime-
ra (480), quando Akragas aumentò a dismisura la sua popolazione ».
Determina cosi il sito vero dell'Acropoli e del fiume Akragas^
riconoscendo l'Acropoli (detta collina Atenea o Atabiria da Poli-
bio) nel pianoro ove è la chiesa di S. Biagio, ed il fiume Akragas,
che scorre a mezzogiorno secondo Polibio, in quello ora detto fiu-
me di Naro. Interpreta il silenzio di Tolomeo e Vibio pel fiume
Akragas col fatto che la città in quei tempi si era molto ristret-
376 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
ta per le guerre , e solo compresa liei sito della Civita, che era
più fortificato (pag. 19).
Altre indagini fa l'A. per dimostrare che i due fiumi, ricor-
dati da Polibio, erano «vicini, ma con foci separate» (pag. 20),
e descrive una moneta ed un vaso di Agrigento , nei quali og-
getti sono le figure di deità fluviali e di un granchio , e dice
(p. 2L) : « Il granchio nella moneta ha lo stesso orientamento
dell' Akragas, identificato al fiume di Naro; mentre l'altra divi-
nità fluviale, con le due teste di veltro ai fianchi (le quali pare
rappresentino le due sorgenti dei fiumi Drago e S. Biagio) e con
la coda di delfino (quasi ad indicare che i due fiumi, confluendo,
ne formano uno solo) è posta ad occidente ed a libeccio, giusta
la descrizione che dell' Ipsa fa Polibio ». In ciò l'A. è discorde in
parte da Pancrazi e Caruso Lanza che identificavano l'Ipsa nel
fiume di Naro e 1' Akragas nel fiume Drago col confluente
S. Biagio.
Esamina infine i limiti e l'estensione del circuito di Agrigento
per verificare se corrisponda a quello compreso tra il fiume Ipsa
ad occidente, e l' Akragas (riconosciuto da lui nel fiume di Naro)
ad oriente, ed aflerma che l'ingrandimento della città dopo hi
battaglia d'Imera non potè essere che ad oriente , e riferisce ,
insieme ad altre prove, i ricordi di Plutarco per la Neapoli, di
Diodoro pei nuovi quartieri, di Stefano Bizantino che distin-
gueva Agrigento in cinque città, 'AxpofYàvTec TcóXet? Ttévts StxeXta?
nel senso di quartieri, e dei « nomi di Alragus, Athena, Camiciis,
Agrif/entum e Neapolis a noi pervenuti dal dominio romano, che
designano i quartieri in cui si divideva l'antica città» (p. 20).
I particolari studii eseguiti dal ])rof. Crino su la topografia
della più grande città dell'isola^ dopo Siracusa, nell'antichità'
sono im]>ortanti perchè fondati su 1' esame accurato delle fonti
8tori<*he, e giova sperare che nuovi scavi archeologici vengano a
confermarli.
Giuseppe La Mantia
RASSEGNA. BIBLIOaBÀFIOÀ Sii
Nicotra Francesco. — Dizionario illustrato dei Comuni siciliani,
(ìominlato col concorso d'insigni collaboratori e dei Municipi
della Sicilia. Palermo, Società editrice del Dizionario il-
lustratOj 1905. In 8.°, dispense 1 a 3 di pag. 64 per ognuna.
ìTon mancano per la Sicilia i lavori concernenti la descrizione
generale dell'isola, del suo territorio e delle sue città. Il più an-
tico e mirabile è certamente quello dell'arabo Edrisi, compilato
per ordine del re Ruggiero, nel quale lavoro, trattandosi della
geografia d'Europa, vien fatta estesa esposizione geografica del-
l'isola. Amari ne die in luce nel 1880 la versione nella Biblioteca
arabo-sicula, e poi in edizione speciale. Il libro di Edrisi ebbe
origine dall'amore degli Arabi allo studio della geografia, e non
fu seguito nei secoli XIII a XV da altri di simile genere, seb-
bene le cronache di quei tempi offrano talvolta pregevoli notizie
geografiche e topografiche. Dall'inizio dell'età moderna, dopo la
scoperta di America, ebbero onore in Sicilia gli studi geografici,
e conviene indicare le descrizioni composte da Arezzo, Fazello,
Nigro, Caraffa, Masbel, Massa, Amico, Leanti, Scasso, Sacco,
Ortolani e Di Marzo, i quali in varii tempi sino al secolo XIX
pubblicarono i loro lavori. Più notevoli sono certamente quelli
di Fazello e di Vito Amico.
Il primo storico della Sicilia divideva la sua opera in due
decadi, nella prima delle quali dava in dieci libri un'ampia ed
accurata descrizione dell'isola, e tale lavoro ancora oggi riesce
utile, ed altresì pregevole per i ricordi di quell'epoca. L'eru-
dito ab. Amico si propose maggiore fatica, e nel 1757 diede in
luce in tre volumi il Lexicon topographicum siculum, opera ve-
ramente importante, nella quale, secondo la distinzione delle
tre Valli, e per ordine alfabetico di città, terre, fiumi e luoghi,
offre le più minute notizie.
Dopo un secolo dal lavoro dell'Amico, il sac. Gioacchino Di
Marzo volle eseguirne la versione, e per renderne ancora più
agevole lo studio, soppresse la distinzione alfabetica in tre Valli,
derivante dall'antica circoscrizione (abolita sin dal 181C), e vi
aggiunse le note concernenti eziandio le novità avvenute dopo i
tempi dell'autore. Non è dubbio che tale versione sia giovata a
diffondere la cognizione dei luoghi, della storia e dello stato
economico dell'isola.
^78 EASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Sono però trascorsi ormai cinquanta anni da quella pubblica-
zione, e grandi mutazioni politiche ha subito la Sicilia. Caduta
la dinastia borbonica, e sorto il nuovo e libero governo, muta-
ronsi istituzioni, ordinamenti e leggi. Con più vivo e sicuro ar-
dore Accademie, Società e studiosi pubblicarono particolari mo-
nografie e lavori su la storia generale e municipale e su i bisogni
e le condizioni dell'isola. Eiesce pertanto opportuno il nuovo
Dizionario dei Comuni siciliani, del quale l'esimio socio France-
sco Nicotra ha già intrapreso la compilazione.
Il sistema da lui tenuto è diverso in molta parte da quello
seguito nei lavori precedenti, compreso il recente e pregevole
del ligure Straflbrello. Tralasciando di dare le notizie particolari,
e per ordine alfabetico, di luoghi, monti, fiumi ed altro, il suo
Dizionario oft're per ogni comune in speciali rubriche la descri-
zione del sito, una estesa bibliografia degli antichi e moderni
autori che trattano del comune, le indicazioni statistiche mo-
derne, le altre geografiche, fisiche e biologiche, le storiche me-
morie ampiamente esposte, le notizie archeologiche e letterarie
ed infine quelle su lo stato economico e sociale. Aggiungonsi
altresì le nitide incisioni di panorami, monumenti e ritratti di
uomini illustri. In tal guisa per ogni comune il Dizionario forni-
sce quasi una speciale ed estesa monografia.
L'egregio compilatore si è rivolto ai più distinti cultori dì
storia municipale per giovarsi del loro concorso nella narrazione
delle vicende storiche, ed ai Municipii dell'isola per ricavare le
indicazioni sicure delle loro condizioni presenti. I fascicoli sinora
dati in luce concernono i comuni di Aci Bonaccorsi, Aci Castello,
Aci Catena, Acireale, Aci S. Antonio, Acquaviva-Platani, Adernò,
Agira, Aidone ed Alcamo, e conviene ricordare le memorie sto-
riche di Acireale esposte interamente dal chiar. canonico Ra-
citi Romeo.
L'opera, alla quale si è accinto l'egregio signor Nicotra, vien
ftiori per associazione, e comprenderà circa 50 dispense. Non può
disconoscersi che ardua è l'impresa, e non priva di diflìcoltà, ma
utile ed onorevole è altresì lo scopo, e non dovrebbe pertanto
venir meno il favore dei comuni e dei cittadini, che sentono vero
amore per le glorie e la prosperità della Sicilia.
Giuseppe La Mantia
RASSEGNA BlSLIOGUlAFtCi. 379
Perronì-Grande L. — Saggio di Bibliografia dantesca^ voi. III.
Edit. Muglia Messina MOMIV. L. 3.
Il Prof. Ludovico Perroni -Grande , appassionato cultore di
studi danteschi, ha pubblicato testé il terzo volume del suo Sag-
gio di Bibliografia dantesca, nel quale si propone di dar notizia
degli scritti su Dante usciti in Italia nel 1903. Questo lavoro
non è un semplice resoconto bibliografico, ma una vera biblio-
grafia sistematica e metodica di 344 pubblicazioni tra libri , ri-
viste, opuscoli e articoli, che l'A. ha letti ed esaminati, apponen-
dovi a ciascuna brevi appunti critici , i quali sono d'un' utilità
inestimabile a chiunque dovrà fare ricerche relative principal-
mente al Poema di Dante.
Solo chi ha fatto dei lavori di bibliografia può sapere quanto
essi sieno difficili e noiosi. Non tutti infatti riescono a farli ;
quanto a me confesso che più volte ho tentato di sobbarcarmi, nel
genere dei miei studi, ad un lavoro tanto arido ed ingrato, ma
sono stato costretto a rinunziare all'impresa. L' opera del Per-
roni per questa ragione non è geniale e dilettevole, ma è certa-
mente utile e degna di lode ; e noi dobbiamo essere grati a lui
che, per il bene degli studi , si sobbarca volentieri a lavori così
lunghi e costosi.
S. C.
C. A. Nailino. — Intorno al Kitab al-Bayan del Giurista Ihn
Bushd. Extracto del Homenaje à D. Francisco Coderà
en su Jubilaciou del Professorado. Estudios de Erudi-
cion oriental-lO. Escar tip. Zaragoza 1904. in 8, pp. 67-77.
Un interessante contributo all'illustrazione dei nostri Codici
Orientali ci dà con questo suo lavoro l'insigne arabista Carlo
Alfonso Nailino , professore nella nostra B. Università. Egli
prende in esame il cartaceo III. D. 7 della nostra Nazionale che
il Lagumina nel suo sapiente Catalogo descrive a p. 17 n. 19,
ma attribuisce, per un errore comune al Coderà, ad Averroè.
380 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Né era facile, trattandosi di un codice mutilo e acefalo , stabi-
lirne l'autore ed il titolo. Non esisteva che un accenno dell'opera
ricordata tra le opere di diritto^ secondo la scuola malikita, com-
poste da Abu 'Iwalid Muhanimad ibn Ahinad Ibn Rusbd, nonno
del celebre Averroè ; « gran libro, come dichiara ad-Dabbì, in cui
l'autore ebbe a mostrare tutta la sua scienza » ma secondo i Ca-
taloghi a stampa delle Biblioteche d'Europa e d'oriente nessun
Codice di quell'opera sarebbe giunto a noi, tanto che il Brockel-
mann nella sua Oeschichte der Arabischen Litteratur non ne fa
menzione. Un solo frammento rimasto dell'opera era stato er-
roneamente attribuito ad altri. 11 Nallino , esaminando i Co-
dici arabi della nostra Comunale, s'imbattè in due volumi :
2 Qq E. 91, 2 Qq E. 92, le cui condizioni esterne erano identiche
a quelle del Cod. della Nazionale e tosto gli apparvero porzioni
d'un medesimo esemplare, in guisa da potere affermare che il vo-
lume della Nazionale riempiva esattamente la lacuna esistente
fra i due della Comunale. I tre volumi, secondo i risultati di
quest'esame vanno, stabilisce il Nallino, così disposti :
1.» il ms 2 Qq E. 91 della Comunale
2.» il ms III. D. 7. della Nazionale
3.° il ms 2 Qq. E. 92 della Comunale.
È notevole l'accuratezza colla quale si procede in questo mi-
nuto esame fino a stabilire che il f. 78 del n. 1.° è stato inserito
per errore, appartenendo ad altra opera giuridica. Questi codici
offirono materia importante allo studioso di diritto, mentre d'altra
parte interessano per la storia^ come indivìdui paleografici. 11 3."
fu sequestrato dall'autorità giudiziaria nella perquisizione fatta
il 22 Luglio 1795 in casa del famigerato Velia, il 1." e il 3." ap-
partennero, come attesta un ex ■ libriH all'Arcivescovo Alfonso
Airoldi, gran mecenate degli studi arabo - siculi , vittima delle
imposture del Velia. Poiché anche (pii rientra in cani]») l'audace
RASSEGNA BlBLIOaRAFICA 381
falsificatore e pare clie ogni nuovo studio (^he illumini un nostro
Cod. orientale debba anche mettere in luce un'altra nota d'igno-
minia alla storia della famosa impostura, dopo le opere magistrali
dell'Hager, dell' Erlangen, dello Scinà, del Lagumina, dello stesso
Airoldi. Infatti sembra che il Velia abbia sottratto i voli. !.« e
3." dalla Biblioteca di S. Martino delle Scale, (il cui bollo è im-
presso nei ff'. 47 v. e 67 v. del n. 2.°, emigrati dalla Spagna con
altri codici arabi per opera di Martino La Farina, erudito sici-
liano del sec. XVII, bibliotecario all'Bscuriale.
Nei tre Codd. che, come appare dal prospetto dei titoli nel
n. 1"., costituiscono solo una piccola parte dell'opera completa, l'au-
tore ha il fine di mostrare il fondamento giuridico delle sentenze
pronunziate sulle più svariate questioni legali da Malik ibn A-
nas^ fondatore della Scuola Malikita. Il Nallino, dopo avere ac-
cennato alle diverse questioni trattate nei Codici , alcune delle
quali molto dibattute dagli antichi giuristi della scuola Malikita,
come quella interessante che si riferisce alla natura giuridica
dell'occupazione araba dell'Egitto, quindi, al carattere che vi deve
assumere legalmente la proprietà fondiaria, dojw avere riferito
parecchi passi notevoli, da cui appare il metodo dell'autore, ac-
cenna all'importanza dell'opera intera per chi volesse studiare
la formazione del diritto musulmano secondo la scuola Malikita,
nota in Europa per mezzo del tardo compendio di Sidi Khalil.
« Nei trattati di diritto, egli conclude, noi abbiamo sopra tutto
una costruzione teorica ideale dei giuristi, che si perpetua in
formule spesso stereotipate e che più d'una volta si scosta dalla
realtà della vita; in opere come quelle di Ibn Bushd abbiamo
al contrario una serie di casi per lo più desunti dalle necessità
quotidiane, i quali soltanto possono rivelarci la grande adattabilità
del diritto musulmano e la forma del suo svolgimento in correla-
zione coi bisogni politici e sociali dei diversi paesi islamiti e
delle diverse età ».
382 BASSEaNA BIBLIOGRAFICA
Il lavoro del Nallino è pregevole anche per le numerose note
erudite, di cui è corredato. Ci auguriamo che tutto il patrimonio
prezioso letterario, scientifico , storico che appartiene all'Isola
nostra, sepolto e ignorato nelle nostre Biblioteche , nei nostri
Archivi, e che potrebbe costituire un monumento per la nostra
storia, sia da così insigni studiosi amorosamente esaminato e lu-
minosamente illustrato.
Ma non manchi l'incoraggiamento del governo a chi ha voglia
e potere di degnamente occuparsene.
Elvira Guarnera
Francesco Giannone. Memorie storiche. Statuti e Consuetudini
di Oppido di Basilicata. Palermo, stab. tip. - Ut. Fratelli
Marsala, 1905.
L'A. ch'è distinto Consigliere della Corte di Appello in Pa-
lermo , ha voluto amorosamente illustrare il suo paese natio ,
dandoci un lavoro assai erudito. Oppido, che ricorda l'antichis-
simo Oppidum od Opimtm dei Lucani, è un piccol comune nella
Basilicata; anzi crede l'A. che l'antica Oppidum sia stata vicina
alla moderna Oppido e vi abbia dato il nome.
Questa ipotesi viene suffragata dal ritrovamento non infre-
quente in quei luoghi di oggetti antichi, fra' quali la celebre ta-
vola Bantina in latino ed osco, che contiene un frammento dello
statuto municipale di Bantia relativo all' ordine dei comizi , al
censo e ai requisiti per occupare le cariche del governo muni-
cipale.
V A. riproduce la traduzione latina del testo osco data dal
BUcheler, e vi ha aggiunto la versione italiana e brevi note.
L* attuale Oppido ebbe origine probabilmente nei tempi nor-
manni ; e la prima notizia di esso trovasi nel famoso Catalogo
ilei Baroni, compilato sotto il regno di Ougliolmo II tra il 1154
e il 11G8, nel (luale comparisce lluggiero barone di Oppido, che
dichiarava di tenere il feudo dal conte Filippo di Balbano e col
l'obbligo del servizio di 4 militi e 10 servienti.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 383
Il feudo di Oppido per ragioni di parentado passò quindi presso
varie famiglie, e l'A. n'espone succintamente la successione fino
all' abolizione della feudalità ; e sono poi descritti eruditamente
la topografìa e il regime giurisdizionale e patrimoniale del feudo
oppidano. Erano non pochi i diritti feudali esercitati dal Signo-
re di Oppido, che su per giù si corri spondeano generalmente
nelle varie terre feudali. Fra essi però sono degni di nota la Sirena
in feudum e il Jus delle forna.
La Sirena in feudum era un'annua prestazione di ducati 20, che
1' Università corrispondea al feudatario , il quale non contento
del prodotto dei vari dritti i)iù o meno angarici, si godea anche
una strenna regalatagli dai suoi vassalli !
Il Jus delle /orna i)0i ci apprende, che gli Oppidani non po-
teano tener forni, ma doveano cuocere il pane nei forni baronali :
corrispondendo le legna necessarie, il compenso agli operai e un
rotolo di pane per ogni 16 rotoli. Per ciò tal esoso balzello si appel-
lava la sedicina^ e vi durò parecchio tempo, fino a quando cioè
non venne affrancato dall'Università con una prestazione in denaro.
L'A. descrive quindi il castello oppidano, del quale non riman-
gono che miseri avanzi, le sue varie vicende, la corte baronale,
i suoi uffiziali e le procedure giudiziarie tenute nei passati tempi.
Segue la parte che riguarda l'Università o il comune feudale
propriamente detto, esponendosi ampiamente i modi come veniva
retto, l'elezioni annuali, i parlarnenii o pubbliche adunanze, i bi-
lanci, gli statuti, ecc. Il Comune, assai aggravato, lottava, per
quanto poteva, col signore feudale ; e numerosi litigi ne sorsero,
fra' quali uno famoso per la privativa feudale dei forni , nel
quale il feudatario ebbe in parte a toccare sconfitta : a vendicar-
si della (juale , sfogò le sue ire contro il difensore del Comune,
D. Giuseppe Giannone antenato dell' A. e invitatolo a pranzo,
gli fé' propinare il veleno in un mellone. E il misero dopo 15
giorni seu moriva , essendogli caduti tutti i capelli. Ciò risulta
all' A. da una nota trovata nelle carte di famiglia ; e del resto
forse non sarebbe alieno dalla prepotenza baronale e dalla bar-
barie di quei tempi.
Anche il folklore trova non j)ochi utili riscontri nelle vari
costumanze oppidane per vestimenta , giuochi , matrimoni , lut
ti, ecc. Notiamo, in relazione alle costumanze della nostra isola,
gli avantisini ( grembiali , in sic. manii^ini ) il cuònzolo (in sic.
consolato) o invio di cibi che parenti ed intimi amici faceano per
584 ÉASSEGNA BIBLIOGRAFICA
brevi giorni ai superstiti, quando avveniva la morte di qualche
persona ; il giuoco dei bottoni {fornelle, in sic. funneddi) eseguito
dai ragazzi ; i mostacciuoU che in Oppido sono biscotti preparati
con vino cotto (qualche cosa di simile alla nostra mostarda)^
mentre da noi con la voce mostacciuoU s'intendono i notissimi
dolci, nella composizione dei quali è estraneo il vino cotto.
A pag. 158 del volume FA. ci dà anche un saggio della par-
lata oppidana, la quale, com'è naturale, ha il suo fondamento
nel generale dialetto napoletano.
In Oppido ritrovansi non poche chiese , cappelle , ecc. delle
quali è data una breve illustrazione.
E viene in ultimo la parte storica recente. L' A. ci descrive
con vivi colori lo scombussolamento seguito dopo la venuta dei
Francesi al 1799 nel regno di ì^^apoli. Gli sdegni popolari, acuiti
dall'oppressione feudale, scoppiarono quasi dapertutto, eccedendo
nelle rappresaglie e nelle vendette. Apprendiamo così, che un
arrabbiato giacobino democratizza/va Altamura facendo sepellire
vivi parecchi dei suoi cittadini nelle fossa di un convento (pa-
gina 180 , nota 1). Sembra però che ad Oppido venissero ri-
sparmiate queste energiche (!) medicature , e tutto si riducesse
alla persecuzione incruenta delle persone civili del paese ; pa-
recchi dei quali , presi dal popolaccio , vennero legati in ceppi
per più giorni alle mangiatoie di una taverna, dileggiati e scher-
niti , fino a recar loro da bere nelle catinelle dei cavalli ; e do-
vettero la loro liberazione a un giovane gentiluomo , Diomede
Alicchio, il quale, insieme a due suoi fidi guardiani, usci improv-
viso dal suo palazzo , e roteando un lungo sciabolone irruppe
fra i popolani custodi della taverna, che storditi da tanta audacia
non seppero opporsi, infranse i ceppi delle vittime e li trasse
a salvamento. Ma la ridda durò i)oco , e in seguito la celebre
(liunta di Stato condannava parecchi dei rei alla deportazione.
Tornati 1 Francesi nel 1806, la provvida legge del re- Giusep-
pe iioiiai)arte aboliva la feudalitil, del resto già abbastanza scossa
e diminuita d'importanza <lai provvedimenti prosi in precedenza
sotto il liberal reggimento del Tanncci ; e in seguitola (Jommis-
Hione feudale con molta sapienza attese alla ri])artizione dei de-
mani ex • feudali e a dirimere le non ))()cl)e (jucistìoni iiis<nt<'.
Oppido in particolare non potè che lodarsene delle sue disposi-
zioni, e ottenne la <piotizzazione dei vari domani ; e tutto sem-
brava che concorresse al pubblico beuessere, quando i rivolgimen-
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 385
ti del 1820, le lotte fra Carbonari e Calderari, costituzionali gli
uni e anticostituzionali gii altri, gettarono il paese nello scom-
piglio, fino a che al 20 marzo 1821 scoppiò la tregenda, e furon
parecchie le vittime.
E così Oppido diventò sede del dolore, perchè ai lamenti dei iva-
renti delle vittime, tennero dietro in seguito quelli dei rei condannati.
Accenna brevemente 1' A. ai fatti posteriori del 1860 e alla
funesta piaga del brigantaggio, che tanto travagliò le ])rovincie
napoletane ; ed aggiunge l'elenco delle principali famiglie ojìpi-
dane e le biografie dei più noti cittadini del Comune, che al 1862
cambiò il suo nome di Oppido in quel di Palmira, e ciò per isfug-
gire all'omonimia con l'altro Oppido di Calabria.
Giustamente 1' A. deplora queste mutazioni di nomi , specie
quando ricordano vetuste tradizioni , e spera che in appresso il
Comune possa di nuovo ritornare all'antica appellazione. E noi
aggiungiamo che , a dissipare i possibili equivoci di omonimia
con Oppido di Calabria , potrebbe (juel di Basilicata intitolarsi
Oppido Lucano, richiamando così anche la memoria delle prische
genti che abitarono (luella regione.
Oggi Oppido, o piuttosto Palmira, giace in aspre condizioni :
l'agricoltura in completo disfacimento, la proprietà fondiaria obe-
rata da debiti ipotecari ad altissimo interesse, sicché l'aliquota
della fondiaria urbana è al 40 7o «^ quella rusticana al 60 7o«
Il Conuuu' ha elevato i centesimi addizionali al 70 7,) e la Pro-
vincia pure al 70 7o » ^ Y>eiò i contadini abbandonano la terra
che li vide nascere, ed emigrano in America.
In fine sono pubblicati alcuni documenti, fra' quali importantis
Simo quello contenente il testo dei Capitoli dell'Università di Op-
pido, concessi dal conte Raimondo Orsini signore di Opi)ido nel
1540, modificati in seguito e in fine approvati dal Viceré al 1550.
Abbiamo rapidamente accennato la materia che il chiaro A.
ha svolto con notevote erudizione e competenza. Nello esprimer-
gli le nostre lodi pel suo lavoro , che non solo illustra il suo
paese, ma costituisce altresì un utile contributo alla storia me-
dievale e moderna dell' Italia meridionale, ci auguriamo che ogni
Comune del nostro bel paese possa ritrovare un illustratore cosi
erudito ed amoroso, come il chiarissimo Cav. Fr. Giannone (1).
G. Cosentino.
(1) Kingrazio il eh. A. della cortesi parole espresse per me a p. 293
del voi.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
(Atti di Accademie , Società Scientifiche , di Storia Patria , ecc. ree.
inviate alla « Società Siciliana per la Storia Patria) ».
A) Italiane.
Archivio Storico Italiano, fondato da G. P. Vieussenx, e con-
tinuato a cura della E. Deputazione Toscana di storia
patria — Serie V — Tomo XXXIII — Dispensa l"* e 2" del
liK)4.
Memorie e Documenti : Fra Chiose e Commeuti autichi alla Divina
Commedia , F. P. Luiso — La politica di Papa Paolo III e l' Italia. A
proposito di una recente pubblicazione , L. Slaffetti — Nuovi studi sul
Carpaccio , L. Testi — Quattro sonetti politici di Melchior Cesarotti , P.
Papa — Un documento poco noto sul ribaudimento di Iacopo di Dante,
A. Della Torre — I prodromi della ritirata di Carlo VIII Re di Francia,
da Napoli, A. Seyre — Una nuova teoria sulle origini del Comune, G.
Volpe.
Archivi e Biblioteche: L'Archivio notarile di Pavullo , A. Sorbelli —
Atti governativi nell'Archivio di Livorno, P. Vigo.
Aneddoti e Varietà: Di Virgilio Boruato, viaggiatore del sec. XV, L.
Rivetti— h^arnhiiscerìa, di Matteo Palmieri a Perugia (1452), A. Zan^etti —
Per la storia della Ilomagna, G. Oa^peroni—Gmcomo da Lentini Notaro,
O. A. Garuji.
BoBugna hiblùuirafica : Notizie (1).
(1) Si rifnriNfono lo priticiimli notixie (lui il iKmtro mdcìo hibliottcaiio , Dott.
<iiilH«^p|Ni La Miinlia, <lit cui titolo: aSh la Hihlinhni dolili Sociiia Siriliiiiiii |>im- In
HtoriM l'atri».
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 387
Archìvio Storico Italiano , Tomo XXXIV — Dispensa 3 e 4
del 1904.
Memorie e Documenti : Gli statuti bellunesi e trevigiani dei danni dati
a le wizae, L. Andrich— Il palinsesto di Arborea con Prefazione del prof.
W. Foerster, V. J?'edertct— Sull'opera cartografica di Giov. Tomaso Bor-
gonio , C. Errerà — La costituzione sociale e la proprietà fondiaria in
Sardegna , A. Solmi —Alcune osservazioni intorno al deposito archivistico
della Confessio >S. Petri, L. 8chi(ipparelli—\]n libro del prof. Hiiffer solini
Alfredo di Renmont, P. Villari.
Aneddoti e Varietà: Sul testo del tumulto dei Ciompi di Gino Cap-
poni , B. E. Bellondi — La vita e le rime di Pierozzo Strozzi , G. U.
Oxilia — In quale anno e in quale luogo morì Benozzo Gozzoli t E dove
ebbe la sua sepoltura!, A. ChiappeUi — Firenze e Venezia dopo la bat-
taglia di Caravaggio, L. Rossi — Sul governo di Fulvio Testi in Garfa-
gnana, L. Migliorini — YrAmmeniì Sanraarinesi e Feltreschj , A. Ber-
nardy — Galileo tonsurato, L. Andreani.
Rassegna bibliografica : Notizie— Pubblicazioni venute in dono alla R.
Deputazione Toscana.
Archivio Storico Italiano, Tomo XXXV— Dispensa 1-2 del 11K)5.
Memorie e Documenti: Se il conte Umberto Biancamano fu contesta-
bile del Regno di Bergogna, F. Txibruzgi—P&Tuvd e i moti del 1831, Eu-
genia Montanari — La storia scaligena negli archivi di Siena, C. Cipolla-
Intorno alle vere origini comunali , F. Gabotto — Le carte volgari del-
l'Archivio arcivescovile di Cagliari, A. Solmi— 1 Fraticelli, F. Tocco —
Studi , trattative e proposte per la costruzione di una carta geografica
della Toscana nella seconda metà del secolo XVIII , A Mori — Gerolamo
Cardano allo studio di Bologna, E. Costa.
Archivi Biblioteche e Musei : R. Galleria e Museo di Firenze, E. Ger-
sparch.
Aneddoti e Varietà: Sui Flagellanti, sui Fraticelli e sui Bi/.ochi , F.
Savim — Una missione ignorata d'un inviato del Duca di Parma, Fran-
cesco Farnese , E. Robiony — Tre lettere di A . Tassoni, C. Di Fierro —
Frammento di un quaderno di mandati dell' antica Camera del Coiuune
di Firenze, E. Lasinio — I Ricordi di due Papi, L. Frati— ì\ sesto cente-
nario della nascita di Francesco Petrarca, A. Della Torre.
388 SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Rassegna Biblioyralka (1) — Notizie.
Archivio Storico per le province napoletane, pubblicato a cura
della Società di Storia Patria — Napoli Anno XXIX
(1904).
Memorie originali : Il ducato di Gaeta all' inizio della couquista Nor-
manna, P. Fedeìe — lì tìglio di G. B. Vico e gì' inizi! dell' insegnamento
di Letteratura italiana nella R. Università di Napoli, G. Gentile.
'Sotisic e Narrazioni : Nuovi docuineuti su Giuliano da Maiano ed altri
artisti, G. Ceci.
Rassegna bibliografica : Diario napoletano dal 1778 al 1825 —Nei fa-
scicoli di quest'annata il diario lia principio dal 1" maggio 1815 col pro-
clama di Ftirdinando IV, che pt»rta la data di Palermo nel detto giorno,
e finisce addì 6 marzo 1816.
Archivio per lo studio delle tradizioni popolari. Eivista trime-
strale diretta da G. Pitrè e vS. Salomone - Marino — Pa-
lermo — Voi. XXII (Anno 1903).
Esseri meravigliosi e fantastici nelle credenze sarde, specialmente di
Logudaro , C. Calvia — 11 carnevale in Tunisi e la fantasia araba , L.
Chibbaro — La leggenda del paggio di S. Elisabetta, C. Formichi — J*-ieg-
gende popolari sacre, A. Massara — Giganti e Serpenti, G. A. Borgese —
Monte S. Giuliano e la satira popolare , V. Simiani — La leggenda di
Pietro Barliario in Salerno, G. Sottoli — San Paolino 111 e la secolare
festa dei Gigli in Nola , A . Del Priore — Misteriosa apparizione in Flo-
l'idia, *S'. Amato — Blasone popolare lucchese edito ed inedito, G. Gian-
nini—Cauti popolari d'Italia su Napoleone I, G. J'itrè — Indovinelli in
Veglioto odierno, A. /ve — I Saranienta in Chiaranionte, G, Melfi— ìio-
vellc popolari romanesche, G. Zanasso — ImpronttMneravigliose in Italia,
G. Jiellucci — Per la storia della poesia popolare siciliana , (r. Pitrè —
Blasone popolare lucchese edito ed inedito , G. CHannini — Isnello alla
(1) Boll |irnNÌ in amimiia n iiiolti» lodiiti <liic. Involi , ili Hr^oinunto non Aiciliuno ,
di due uoHtri nutrii. Di uno •"> untoro il prof. Niccolò Itodolico od Ita per titolo
Cronaca li'iorrntina di Murchionne di Coppo Stefani; doll'allro OiiiHoppc Koniano-
Cfttkoia f! n'iiitiUdH Filippo /fuonitrroli.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 389
Mostra etnogratìca siciliana «li Palermo, C. Grisanti — Superstizioni cinesi,
The Collector — Canzonette infantili veronesi , A. Balladoro — Novelle
popolari sarde, G. Ferrerò — Stratagemmi leggendarii di città assediate,
G. Pitrè— Cola, Pesce in Grecia, G. Politis—'Leggende bibliche e religiose
di Sicilia, K. Castello — Leggende plutoniche, C. Calvia e C. Melfi— heg-
gende popolari acitane, S. Raccuglia — Dodici novelline del Contado ve-
ronese, A. Balladoro — Froverhi in Veglioto Odierno, .1. /re — Alcuni
proverbi veneti di maldicenza intercomunale C. Musatti — Usi nuziali
dell'Agro nov^arese d'una volta e d'adesso, A. Massara — Stratagemmi,
leggendari di città assediate, N. ZimjarelU — 11 Voscenza in Sicilia , G.
Navanteri — La letteratura del popolo italiano, A . Zenatti — Canti popolari
raccolti sui monti della Romagna- Toscana, P. Fabbri —1 disciplinanti in
Guardia Sanframoudi, A. De Biasio— \]»i nuziali Coreani, C. Rossetti —
Novelline del Contado Veronese, A. Balladoro — Canti popolari raccolti
a Frasso Telesino, G. Calandra — Usi di chirurgia nervosa fra popoli sel-
vaggi dell'Algeria, N.N. — Note comparative ad una lettera sui canti po-
polari, G. Vidossich — Voci di venditori ambulanti in Messina, L. Pw
roni-Grande.
Miscellanea— Rivista bibliografica — BuUettino bibliografico — Recenti
pubblicazioni — Sommario dei giornali — Notizie varie.
B) Estere.
Bollettino internazionale dell'Accademia di Scienze di Cracovia.—
xliino 11)03.
Memorie e Comunicazioni: L'uguaglianza davanti alla legge degli or-
todossi e dei cattolici in Lituania, M. V. Czermak — Le origini e la giu-
risdizione dei regii funzionari detti capitanei starosta in Polonia sino alla
fine del secolo XIV, Doti. Stanislao Kutrzeba — L'introduzione in Polonia
dell'Ordine teutonico fatta da Corrado duca di Mazovia, W. Ketzyn$ki —
Ciceroniana, Catulliana, Ovidiana, C. Morawski — L'evoluzione dell'Orbo
nell'antichità e nei tempi moderni , St. Schneider — De Romanorum viro
bono, Thad. Sinko —Resoconto delle sedute della Commissione della storia
dell'arte — Seduta della Commissione di Storia.
Bpllettino internazionale deirAccademia di scienze dì Cracovia. —
Anno 1904.
Memorie e Comunicazioni : La Polonia e il Concilio di Pisa nel 1409,
L. Abraham — La Cena di Leonardo da Vinci, I. Boloz AntonievAcz — Sulle
statue dei Greci nei monumenti trionfali di Attale I, P. Biénkowski — Gli
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. 26
390 SOMMÀRIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
apogrifi del medio evo, A. Briickner — I nomi topografici considerati come
base della storia della colonizzazione in Polonia, Fr. Bujak — Resoconto
delle sedute della Commissione della storia dell'arte.
Polybiblion, Eevue Bibliographique Universel — Paris — Deu-
xieme sèrie — An. 1904.
Dernières publications illnstreés, par Visenot — Romans: fantaisistes,
romanesques et psicliologiques, liistoriques , de moeurs , Contes et Noii-
velles , par M. C. Amaud — Economie politique et sociale , par M. I.
B<imhaud—0\x\x».ge% sur la musique, par M. B. — Poesie et Théatre par
M. G. Limare — Histoire, Sciences et Art Militaires, par M. A. De Gan-
niers — Ouvrages Hongrois d' histoire , par M. E. Horn — Publications
récentes sur l'Écriture Sainte et la littérature orientale, par E. Mangc-
not — Ouvrages d'enseignement chrétien et de piété, par F. Chapot — Géo-
grapliie et voyages, par X. Froidevaux- -Bciences biologiques, par Jy. De
Saint- Marie— BeRwx- Aris, par M. A. Parate— Ouvrages récentes sur Na-
poléon et son epoque, par M. S. — Pbilosopbie, par M. L. Maisonneuve —
Sciences phisiques et chimiques , sciences matbématiques , par M. È.
6'ftai7a»— Hagiographie et biograpbie ecclésiastique, par L. M. Eobert —
Ouvrages sur leanne d'Are et sou temps, par M. S.— Histoire coloniale
et colonisation, par M. I. Bamhaud — Ouvrages d'enseignement cbrétien
et de piétié, par M. F. Chapot — Poesie — Théatre , par M. G. Limare.
Comptes-Rendus : Thèologie, lurisprudence, Scieces et Arts, Littératu
re (1), Histoire — Bulletin (2) — Cbronique (3).
(1) ft preso in esame uno Studio del dott. Michele Natale , pubblicato a Calta-
niBsettii , col titolo Antonio Beeeadelli detto il Panormita. In lode di questo libro
ni dice, ohe quello che principalmente lo rendo interessante e ne ha fatto una no-
vità, e^H è ohe l'autore si è avvalso molto di raccolte di lettere, di brani di versi
A di diHCorsi politici del Beeeadelli, che orano sin oggi rimasti quasi inutilizzati.
Quindi due capitoli, uno sulle poesie latino o l'altro HuUa corrispondenza del Pa-
normita, che sono tra i migliori del volume.
(2) Si fa menzione e lode di un opuscolo edito a Messina , del quale (> autore
Amlot<i Servi e s'intitola // Dominio Mumertino nella Sicilia. Questo lavoro, dicesi,
riguarda la storia di Sicilia sotto il dominio dei Mamortini, il quale durò diciotto
anni, dui 282 al idi a. C, cio^ dall'anno che Messina fu occupata dai Mamertini
n quello che fu presa dai Uomani , periodo ìinportunto per avere <lato r Uonia la
migliore oeoMNione di espandere il suo dominio territoriale al di ih delle frontiere
iM\n |HmUoln. Membra che l'autore abbia conosciuto tutto le fonti storiche, archeo-
logiebc, opigrutlehi) e numismatiche relative a questo periodo storico.
(8) fc molto lodata una pubblicazione fatta a Caltanissetta, e di essa il sig.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 391
Revue Historique.— Paris — Tome 84 — lanvier-Avril 1904.
Articles de Fond : Napoléon III a Magenta, G. Bapst — La royauté
hoiuérique et les origines de l' État en Grece , L. Bréhier — Le ròle de
Bourrienne à Hambourg, 1805-1810, G. Servièrea.
Mélange» et Documents : Les documenta arabes sur I' expédition de
Charlemagne en Espagne, F. Basset — Une relation inèdite des joumées
des 5 et 6 octobre 1789, L. Mauri/ — De la métode historiciue chez Guibert
de Noget, B. Monod.
Correspondence — BuUetin Historique— Liste alphabetique des recueils
périodiques et des sociétós savantes — Chronique et Bibliographie.
Revue Historique. — Tome 85 — Mai-Aofìt 1904.
Articles de fami : Les Franyais d'ontre-mer en Àpulie et en Epire au
temps des Hobenstaufen , E. Bertaux — La ^juestion de Terre-Neuve ,
d'aprìs des docuiuents anglais, /. Gh. Bracq — Le Conseil royal et le* pro-
testauts en 1698, P. Gachon.
Mélange» et Bocuments : La surveil des éniigi-és fran^ais dans les États
pontitìcaux en 1793 , G. Bourgin — Une aubaine à Lyon sous Henri II,
A. Coville — La royauté fran^aise au XI* siècle, d'apre» un livre récent,
L. Halphen — Micbelet et les Mémoires de M.™* E. Adain,'(?. Monod —
Une page peu connue de 1' histoire de France : la guerre franco - améri-
caine (1798-1801), G. N. Tricoche.
Bulletin Historique — Coinptes rendus critiques (1) — Liste alpbabétique
Visot , oh'è uno dei più valenti redattori del Polybibliou così sorive : « Un
seutiiuouto elevatissimo e delicatissimo ha inspirato al sig. Michele Natale il suo
incantevole libretto sulla Vergine, nella lirica italiana ». Vi si trova rapidamente
riassuntata una storia «Iella ])oeaia lirica italiana , guardata da un punto di vista
speciale : (luello della devozione alla Madre del Salvatore e delle varie espressioni
commoventi o sublimi , con le quali questa devozione si è manifestata dal secolo
XIII ai giorni nostri.
(1; È preso in esame il libro del nostro socio prof. Francesco Guardione, inti-
tolato Gioacchino Murai in Italia , con carteggi e documenti inediti, — Palermo ,
Reber, 18i)9. Il sig. Pélissier che lo esamina, pur facendovi delle osservazioni non
sempre favorevoli , lo giudica interessante , specie per i trentuno documenti , ohe
vi sono iu appendice , quasi tutti inediti. Relativamente alla tesi sostenuta dal
Guardione, e che prima di lui aveva sostenuto il Dufouroq, che G. Murat sia stato
un campione dell' unità italiana ed il primo sovrano che abbia efficacemente lavo-
392 SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
des recueils périodiques, et des sociétés savantes (1). Chronique et Biblio-
graphie.
Revue Historique. — Tome 86— Septembre— Décembre 1904.
Artkles de fond : Le Conseil rovai et les protestante en 1698, P. Ga-
chon — La Prusse au temps de Bisniarck, P. Matter — Le premier séjoiir
de Christine de Suède en Italie, F. de Naveìine.
Mélnyes et Doctnnenis : Le lournal de Louise de Savoie, Henry-Hau-
ier — L'institntion canonique et Napoleon l."", P. Marmoltan.
BuUettin Historique — Coniptes rendiis critiques — Liste alphabétiqiie
des recueils périodiques, et de sociétés savantes — Chronique et Biblio-
graphie.
Salvatore Eomano.
rato • Tar panMre nni fatti l'idea dell'unità italinna, il Pélissier dion che, niHlKrndo
i Milidi arKotnouti ai quali il Ouardiuno ed il Duf*>uro<} rn|)poKKÌnuo. egli ha iiiialclio
difficolti'i ned iTtMlcro al k""'" iKilitioo do! Miirat. o );li noiiibra piìi voiÌHÌinil<i l'iiiii-
iiietten- ohe la M|>edi7,i(>n(^ di Lui iki) 1815 al)hift avuto por scopo (come il rilornti
deirinola d'KIhu) l'cMlrcnia iicccRnìtii dì dir iVoiitr itila fortuna o l'intoroswo porno-
D»l<-
(1) Nono iiH-ntoMiti parcccln Ihvopi vfiiiiii m luce nel nostro Archivio Storico
nel fMMileolo 1-2 dell'anno XXVI.
ATTI DELLA SOCIETÀ
SEDUTA SOCIALE DEL 14 I^AGGIO 1905.
Presidenza del Or. Uff. Avv. Prof. Andrea Gnurneri,
Senatore del Regno, Prenidente.
La Società coli' intervento di N. 34 dei suoi componenti si riu-
nisce nella propria sede.
Alle ore 14 il Presidente dichiara aperta la seduta ed invita
il Segretario Generale a dar lettura del verbale precedente, il
quale resta approvato.
Lo stesso Segretario Generale comunica agli intervenuti il co-
spicuo dono di una parte dei libri e di quattro busti in gesso
d' illustri Siciliani che appartennero al compianto Vice - l'resi-
dente Mous. Vincenzo Di Giovanni, quale dono venne tatto dalla
(li costui sorella signora Francesca Di Giovanni in Tamburello.
Annunzia pure il munificente sussidio di L. 501) che anche in
quest'anno il Consiglio di Amministrazione della benemerita
Classa Centrale di Risparmio V. E. ha deliberato in favore della
Società, e propone quindi che tanto alla aignora Di Giovanni quanto
al detto Consiglio di Amministrazione venga esternato un voto
di lode e di ringraziamento. La Società approva la proposta ad
unanimità.
Si presentano quindi i libri venuti in omaggio nei mesi di
Marzo ed Aprile , tra i quali si nota il « Lexicon Antiquitatum
Romanarum » di Samuele Pitisco, dono dell'On. sig. Presidente.
Vengono ammessi a socii ad unanimità di voti il Cav. Ernesto
Giobbe di Frangipani Consigliere di Prefettura e il Prof. Dott.
Antonio Larcan del E. Ginnasio di Eagusa.
394 ATTI DELLA SOCIETÀ
Si passa quindi alla elezione dei Revisori di Conti per gli e-
sercizii finanziarli dal 1901 al 1904. Si distribuiscono le schede e
si procede all' appello nominale. I risultati della votazione sono
i seguenti :
Votanti 34 — Maggioranza 18.
Beuf Rag. Costantino Voti 4.
Albanese Cav. Carlo » 32.
Alagona sig. Gaetano » 32.
Vengono pertanto proclamati eletti a Revisori di Conti i si-
gnori Carlo Albanese e Gaetauo Alagona.
Il Prof. Salinas domanda la parola in ordine al voto delibe-
rato dalla Società e trasmesso al Ministero dell'Istruzione Pub-
blica circa all'aumento della scarsa dotazione per £fli scavi delle
antichità di Sicilia; ritiene che il sig. Presidente potrebbe far di
piti e di meglio e riuscirebbe nello scopo se volesse interporre
la valevolissima opera sua presso il Senato. La dotazione per gli
scavi è tale miseria, aggiunge, che largheggiare di sussidii a be-
neficio di una anziché di un' altra regione d' Italia sarebbe una
vera iniquità ed egli è nemico delle iniquità.
Il Presidente ringrazia il Prof. Salinas per la fiducia che egli
ripone nella modesta opera sua; però non dissimula le gravi dif-
ficoltà che si incontrano nel toccare i bilanci già approvati dalla
Camera.
Dopo ciò dà la parola al socio Prof. Longo per lo svolgimento
della interpellanza sulle ragioni per le quali fu negato al P. Cinti
di tenere nel salone della Società la commemorazione di Augusto
Conti.
Il Prof. L()ngo comincia col dire che egli preferì di fare una
interpellanza piuttosto che domandare una spiegazione sul di-
niego , perchè voleva riferirsi non tanto alla conferenza del P.
Ciuti quanto al principio di massima a cui si inspira o da cui si
lancia guidare il Consiglio Direttivo della Società relativamente
alla concessione della grande aula; se questo principio il Consi-
glio Io ha per conto suo , non gli sembra che sia condiviso dal-
Passemblea.
Ohe se poi un principio regolatore non ci è, ehiede che si sta-
bilisca, e quando avviene di dovere negare il permesso di faro
nio dell'aala, desidera che ne sia data comunicazione ai socil.
AtTI DELLA S001El?À 395
Il Presidente ringrazia sinceramente il Prof. Longo per avere
posato la quistione in un terreno puramente obbiettivo ; lo assi-
cura nel modo più esplicito che la mancata concessione dell'aula
non si deve ne ad un irreverente pensiero verso Augusto Conti
di cui riconosce l'integrità della vita ed i grandi meriti di scien-
ziato e di patriota, né ad una mancanza di riguardo verso il P.
Cinti. Il Consiglio Direttivo ba desiderio che l'aula sia conceduta,
che essa divenga una vera palestra scientifica.
Però bisogna por mente che questa Società conta oltre cin-
quecento socii, di tutte le credenze e di tutte le opinioni, quindi
bisogna andar cauti in riguardo alle conferenze che si volessero
qui tenere.
Norme sicure, criterii generali il Consiglio non può aprioristi-
camente stabilire, certe volte è il caso del momento, ed una con-
ferenza che si potrà permettere oggi , per molteplici circostanze
non potrà forse permettersi domani.
Il Prof. Longo di replica dice che era inutile che il sig. Pre-
sidente avesse fatta questa dichiarazione, il rimettersi al giudizio
del Consiglio è pratico sino ad un certo punto, poiché gli sembra
che il Consiglio il quale è così bene intenzionato , per il timore
di impedire ad alcuni l'uso dell' aula lo abbia impedito a tutti.
Osserva che la Società di Storia Patria essendo in casa propria è
padronissima di negare la sala o di concederla, quindi non dovrebbe
preoccuparsi se le richieste dovessero divenir frequenti , queste
possono infatti esaminarsi caso per caso dall'assemblea, la quale
dirà recisamente il suo parere.
Che se poi si volessero rimettere le richieste al prudente ar-
bitrio del Consiglio egli non sarebbe alieno dal consentire però
desidera che si stabilisca un principio di massima, il quale senza
dubbiezze determini i casi in cui la sala si debba concedere a ta-
luni e quelli in cui si debba negarla ad altri. Se ciò non fosse
possibile ritiene miglior cosa che si neghi a tutti indistintamente.
Il socio Prof. Salinas dice la proposta del Prof. Longo di de-
ferire alla Società caso per caso le richieste dell'aula, non è pra-
tica, ritiene che una volta venuta la richiesta il Consiglio Diret-
tivo, emanazione dell'Assemblea, sia competente a giudicare del-
l'opportunità o meno di concedere 1' aula. In ogni caso questo
giudizio dovrà essere sempre subordinato all'indole delle materie
che si vogliono trattare , le quali dovranno avere una attinenza
con lo scopo indicato nello Statuto della Società.
396 ATTI DELLA SOCIETÀ
E a dimostrare come il Consiglio Direttivo non sia stato avaro
nel concedere l'aula, aggiunge che essa è stata richiesta due volte
e due volte è stata concessa. Se in questa quistione si volesse
poi interrogare la Società egli ed il Consiglio non potrebbero che
esserne lieti.
Il Prof. Longo dichiara di accettare la proposta del Prof. Sa-
linas.
Il socio Chiaramonte nel riconoscere la gravità della quistione
crede che prima di dare a questa una conveniente soluzione oc-
corre che il Consiglio tenga una apposita seduta per mettersi di
accordo invitando anche ad intervenirvi il Prof. Longo. È d'av-
viso che più strette norme di quelle designate dallo Statuto non
si possono dare; però egli da parte sua non sarebbe lontano dal-
l'ammettere che l'aula possa anche concedersi per conferenze che
non si occupino di materie e di argomenti di Storia siciliana, ma
in tal caso vorrebbe delle garanzie a tutela del decoro e del buon
nome della Società. Tali garanzie dovrebbero, per esempio, con-
sistere in una domanda firmata da un numero determinato di socii
e da una deliberazione presa dalla maggior parte dei componenti
del Consiglio Direttivo e non già dalla maggioranza, che potrà
stabilirsi in una seduta i)i cui intervengano pochi consiglieri.
Il socio Prof, Giufifrè propone che sia rimandata la discussione
ad una altra seduta perchè la Società possa prendervi parte con
maggior ponderazione e che sia deferito al Consiglio l'incarico di
compilare un regolamento che sancisca le norme ed i criterii per
la concessione dell' aula , sia per quanto riguarda gli argomenti
da trattarsi e sia ancora per quanto riguarda i conferenzieri.
La proposta del Prof. Oiulfrè è approvata alla unanimità.
Il Presidente dà poi la parola al socio Dott. Giuseppe La
Mantia , il quale legge un suo lavoro intitolato: «Sull'uso dei
registri nella Cancelleria del regno di Sicilia e sui frammenti dei
due più antichi registri esistenti nell' Archivio di Stato di Pa-
lermo ».
Essendo l'ora tarda si rimanda alla prossima tornata la comu-
nicazione del socio Prof. Crino sulle Mavalube di Cirgenti, e dopo
ciò il Presidente dichiara sciolta la seduta.
Il Segretario Generale
D.' Giuseppe Lodi
ATTI DELLA SOCIETÀ 397
SEDUTA SOCIALE DELl^ll GIUGNO 1905.
Presidenza deWAvv. Prof. Or. Ufficiale Andrea Quarneri,
Senatore del Regno, Presidente
La Società essendo intervenuti N. 22 dei suoi componenti si
riunisce nella propria sede.
Alle ore 14 V? il Presidente dichiara aperta la seduta.
Si legge e ai approva il verbale della seduta precedente.
Il Segretario Generale annunzia la grave perdita sofferta dalla
Società colla morte dell'illustre Socio Onorario Tenente Generale
Corsi Nob. Carlo avvenuta in Genova il 30 maggio u. s.; ricorda
con parole di cordoglio l'affetto vivissimo ci» 1' estinto nutriva
per la Sicilia e come ne conoscesse le condizioni, non meno che
il carattere dei Siciliani; ricorda parimenti i suoi meriti di scrit-
tore imparziale e sincero e conchiude proponendo un voto di
condoglianza da manifestarsi alla famiglia.
La Società unanime ai associa alla proposta del Segretario
Generale.
11 Socio Prof. Comm. Salinas, ricorda pure la perdita sofferta
quasi contemporaneamente a quella del Generale Corsi nella
persona dell'altro nostro Socio Onorario 1' Abate D. Giuseppe
Cozza-Luigi vice bibliotecario della Vaticana, dotto diplomatista
e paleografo, e propone pure un voto di condoglianza che viene
ad unanimità ai)provato.
Dopo che il Segretario Generale annuncia il dono dei libri
pervenuti alla Società durante il mese di maggio, si passa alla
votazione per la nomina a socio del Sig. Cappellano Dott. Prof.
Ernesto, il quale viene ammesso alla unanimità.
Si legge quindi un lavoro del socio Prof. Sebastiano Crino ,
intorno alle Macalube di Girgenti in rapporto alla distribuzione
degli altri vulcani di fango.
Terminata questa lettura , il socio Prof. Antonino Salinas
mostra talune fotografie da lui eseguite che riguardano appunto
le Macalube che han fornuito l'obbietto dello studio del Prof.
Crino.
Essendo le ore sedici ed esaurite le materie poste all'ordine
del giorno il Presidente scioglie la seduta.
Il Segretario Generale
B." Giuseppe Lodi
398 ATTI DELLA SOCIETÀ
SEDUTA SOCIALE DEL 9 LUGLIO 1905.
Presidenza del Prof. Or. Uff. Avv. Andrea Onarmri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società, si riunisce nella propria sede.
Essendo presenti numero 18 soci, il Presidente alle ore 14Vj
dichiara aperta la seduta.
Il sej^retario Generale leg:ge il verbale della tornata precedente
il quale, non essendovi osservazione in contrario, viene approvato.
Indi presenta i libri ricevuti in dono durante il mese di giu-
gno soggiungendo che ai donatori si sono fatti i dovuti ringra-
ziamenti.
Viene eletto socio ad unanimità di voti l'Avv. Gian Battista
Salerno.
Il Presidente dà poi la parola al socio Prof. Cav. Salvatore.
Romano il quale intrattiene la Società sul Messinese Nicolò Scil-
lacio e del di costui opuscolo intitolato : De insvlis nuper inventis.
Terminata questa lettura il socio Prof. Salinas fa rilevare alla
Presidenza che l'oratore è stato continuamente disturbato dal
rumore prodotto per il frequente transito dei veicoli attraverso
la contigua via Gagini e prega perchè si provveda su tale in-
conveniente, sia scegliendo un altro tra i locali della Società ,
sia modificando l'orario delle riunioni. Fa rilevare poi come tutte
le accademie e gli istituti del Regno hanno la buona abitudine
di prendere le vacanze nei mesi estivi , e chiede perchè non
l»os8a far lo stesso la Società di Storia Patria.
Il Presidente per quanto riguarda la prima parte delle osser-
vazioni del Prof. Salinas, promette di studiare il modo più ac
concio perchè l'oratore non venga disturbato, e relativamente
alla seconda parte si dice dolente di non potere appagare il de-
siderio dello stesso Prof. Salinas, opponendovisi lo Statuto. Do-
po ciò non essendovi argomenti da trattare la seduta viene tolta.
TI /Segretario Generale
I).' Giuseppe Lodi
ATTI DELLA SOCIETÀ 39&
SEDUTA SOCIALE DEL 13 AGOSTO 1905.
Presidenza del Prof. Avv. Qr. TJf. Andrea Quarneri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società, coli' intervento di n. 25 dei suoi corai)onenti , si
riunisce nella propria sede.
Aperta la seduta , si legge e si api)rova il processo verbale
della seduta precedente.
Si presentano quindi i libri venuti in omaggio durante il mese
di Luglio e si comunica cbe i signori Prof. Cappellano e Avv.
G. B. Salerno lianno inviato la loro adesione n far parte della
Società.
Si passa alla elezione a socio del sig. Prof. Attilio Barbera,
il quale viene ammesso alla unanimità.
Il Presidente poscisi dà la parola al socio D'Antoni, il quale
leggo un suo lavoro intitolato : Di due celle coi rispettivi archi
d^im/resso scoperti nel palazzo arcivescovile di Monreale.
Finita questa lettura , il socio Prof. Salinas dichiara cbe ,
non vedendo presente alcuno dell'Ufficio Regionale per la con-
servazione dei monumenti, egli, come appartenente alla Direzione
Generale delle Antichità, si crede in obbligo di rilevare quanto
l'egregio (ionferenziere ha detto in ordine al divieto fattogli di
eseguire ricerche e misurazioni nelle fabbriche antiche del Chio-
stro di Monreale. Tal divieto, trattandosi di impiegati dello
Stato e di monumenti pubblici, non può essere stato fatto, e però
in questo affare deve essere intervenuto un equivoco, sapendo
d'altronde il Salinas come l'Ufficio Regionale procuri di favorire
coloro che al pari del sig. Duca della Feria, intendono amorosa-
mente allo studio dei monumenti patrii.
Dopo ciò il Presidente invita il socio Prof. Abbadessa a far
la sua comunicazione intorno agli « Mogi dei poeti siciliani » scritti
da Filippo Parata.
Terminata questa lettura , che riscuote unanimi applausi , il
Presidente scioglie la seduta.
U Segretario Generale
D.' Giuseppe Lodi
400 ATTI DELLA SOCIETÀ
SEDUTA SOCIALE DEL 10 SETTEMBRE 1905,
Presidenza del Prof. Gr. Uff. Andrea Quarneri,
Senatore del Regno, Presidente.
Essendo la Società riunita nella sua sede con l'intervento di
trentadue socii, il Presidente apre la seduta.
Si legge e si approva il verbale della tornata precedente.
Il Segretario Generale presenta i libri pervenuti in dono alla
Società nel mese di Agosto e quindi partecipa la morte del socio
Prof. Comm. Corrado Avolio da Noto ricordando i meriti scien-
tifici e le virtù cittadine che adornavano l'estinto.
H socio Prof. Salinas comunica alcuni ricordi di una sua escur-
sione a Collesano e ad Isnello.
Parlando della città di Collesano dice che gli abitanti la chia-
mano Golisano e con ragione, poiché questo è il vero nome che
in antico fu dato alla Contea , e tale si conservò sino ai tempi
dello Scinà che ne fece menzione nel suo rapporto sul tremuoto
delle Madonie.
Il nome di Collesano vien fuori la prima volta in un mano-
scritto <lel 1736 di cui è autore il sacerdote Rosario Gallo.
Questi, vissuto in un'epoca in cui durava ancora un' intona-
zione secentistica, raccolse quante notizie i)otè su quella terra ed
il manoscritto preceduto da un titolo soverchiamente ampolloso,
venne rilegato con coperta rossa, il che più tardi gli valse il no-
me di Libro rosuo di Collesano, nome che conserva ancor oggi.
Collesano ha luolto di antico , e in una buona parte del ciu-
([uecento si notano editicii parlanti, cioè con porte sul cui archi-
trave si trovano scolpite sentenze morali o citazioni bibliche, le
quali gli danno un carattere singolare.
Moltissime fabbriche sono costruite con mattoni rossi , con
uiiltia intonazione di colore e con riflessi veramente meravigliosi.
Il Prof. Salinas i)arla (juindi della torre annesssi alla Madrice
nuova, dice che ò una imitazione delle toni del Dnomo di Ce-
fali! e che comunemente credesi risalga al lOGO, non ostante l'a-
bate Amico abbia detto di non avere veduto questa data.
HMiitrattiene poi deUe opere d'arte osservate nella stessa Ma-
Urico uuuvtt e Mi>eciulmentc di una (;roce molto bella del 1555,
ATTI DELLA SOCIETÀ 401
scultura in legno e pittura, la quale invece di essere appesa cou
chiodi, è sorretta da due grandi mensoloni che terminano cou fi-
nissimi intagli.
Xella Madrice vecchia osservò un pezzo veramente singolare
tanto per valore storico , quanto per valore artistico cioè la tri-
buna che il Di Marzo con ragione sospettò potesse essere di Do-
menico Gagini ; osservò ancóra tre calici ed una custodietta di
argento, pregevoli lavori del Cinquecento.
Il conferenziere fa sapere che il vero scopo della sua escur-
sione a Collesano era lo studio delle fabbriche di ceramica antica,
ma ebbe una completa disillusione, perchè non trovò assolutamente
nulla.
Viene poi a parlare delle costruzioni ciclopiche o pelasgiche,
come dicevasi anticamente, nel colle vicino detto il monte. Egli
non trovò che una serie di ambienti chiusi da muri a massi
regolari senza cemento alcuno per una zona larga circa quindici
metri che saliva verso tramontana, esclude che siano muri di cinta,
ma è certo, soggiunge, che sono fabbriche di un periodo molto
antico e molto importanti. — Trae argomento da esse per intrat-
tenersi delle varie opinioni intorno al sito in cui sorgeva l'antica
Paròpo e della incertezza in cui lascia la testimonianza di Plinio,
che pone quella città di faccia ad Ustica.
Parla in ultimo degli avanzi testé scoperti di una vasta abi-
zione romana tra Collesano e la sottostante marina.
Per quanto riguarda la visita fatta ad Isnello, il Prof. Salinas
si occupa si)ecialmente di due pregevoli opere d'arte cioè della
Tribunetta di Domenico Gagini del Quattrocento e di taluni bel-
lissimi ricami in corallo che egli impedì che fossero ulteriormente
danneggiati.
Questa comunicazione, illustrata da numerose fotografie, viene
ascoltata col massimo interesse ed alla fine vivamente applaudita.
Il socio Prof. Pitrè, chiesta ed ottenuta la parola , aggiunge
alla sua precedente lettura sulla venuta di Goethe a Palermo (1787)
alcune osservazioni per dimostrare che mal si sono apposti co-
loro che hanno ritenuta riferibile alla Sicilia la famosa strofe di
Goethe :
KeniMt du das Land ecc.
Tra costoro — e vi sono anche illustri scrittori tedeschi , in-
glesi e francesi — fu primo in Germania Joseph Hager nel suo
402 ATTI DELLA SOCIETÀ
prezioso volumetto Gemàlde von Palermo e degli ultimi in Italia
Primo Levi nel suo libro : Conosci il bel suol.
La canzone di Mignon fu scritta dal poeta anni prima che egli
venisse in Sicilia, anzi prima che mettesse piede in Italia. Essa
è una visione d'una contrada dell'alta Italia , nella quale sogna
una natura che gli ammiratori di lui, per una serie di equivoci
che è inutile riferire, intravidero ed affermarono in Sicilia , cre-
dendo doversi riferire all'Isola i particolari del canto.
Questo fa parte del Wilhelm Meister , che con la Sicilia non
ha nulla da vedere. Quando Hager lo prese come epigrafe dei
suoi Gemalde, Goethe non rilevò la falsa attribuzione ; ed è a cre-
dere che il sommo scrittore, il quale da un biennio avea visitata
l'Isola, ne abbia avuto per lo meno notizia.
Così, conchiude il Prof. Pitrè, io son lieto di togliere a me
stesso un errore nel quale fin da giovane mi trovai a proposito
del Kennst du das Land.
E chi non ci si è trovato e non è stato lieto dell'incoscente
errore f
Dopo ciò il socio Prof. Salvatore Salaraone Marino intrattiene
la Società con alcune altre notizie sul poeta Mariano Bonincontro,
prendendo le mosse da un accurato studio letto alla Società nella
tornata del 13 novembre dello scorso anno dal socio Prof. O-
doardo Coppoler.
Esaurite le materie poste all'ordine del giorno il Presidente
toglie la sedata.
17 Segretario Generale
D.' Giuseppe Lodi
MEMORIE ORIGINALI
IL GOVERNO
DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
DAL 1535 AL 1543 (1)
CAPITOLO PRIMO.
I, Carlo V in Sioiliii. — II. Don Ferrante GonzHgii. — III. Il Viceré e i
supremi uffici dello Stato. — IV. Il Parlamento. — V. L'amuiinistra-
zioiie iìuanziaria. — VJ. L'amministrazione della giustizia. — VII.
Il tribuiuile della santa iiKiuisizioue. — Vili. Difesa dell'isola. — IX.
Stato politico-Rociale del re^no. Fazioni cittadine e fuorusciti. Missione
del nuovo viceré
1. — Conipiiitji felicemente l'impresa di Tunisi e date
1(^ disposizioni occorrenti i>er assicurare la nuova conquista,
Carlo V, che già da tempo pensava di visitare la Sicilia,
e che, d'altra parte, aveva ragioni di conto per lasciarsi
vedere anche a Napoli e a Tiomji, volte le prore all'isola.
(1) Fonte principale per (jnesto lavoro sono stati i Registri delle Let-
tere, che intorno al governo della Sicilia e agli avvenimenti del tempo
il viceré Don Ferrante Gonzaga scrisse fra il 1535 e il J5-Ì3 a Carlo V,
ai ministri dell'imperatore e ai suoi agenti privati. Questi Registri fanno
parte della ricca collezione delle Carte Gonzaga, possedute dall'Archivio
di Stato in Parma, e sono costitniti da 4 volumi in folio, dei quali due si
riferiscono all'auiministrazione interna e due trattano di cose militari.
Eccone i titoli :
I." « Registro delle cose del governo di Sicilia dell'anno 1535, 36,
37, 38 et 39 », di earte 312.
II." « Rt^gistri delli negotij del regno, 1540-42 », di carte 124.
IH." « Registro de cose di guerra, 1538-40 » di carte 64 (incompleto).
IV." « Registro di cose di guerra, 1540-43 », di carte 103.
Tutti gli scritti, contenuti in questi vohuni, sono inediti, tranne una
Arch. Slor. Sic. N. S. Anno XXX. 27
406 IL GrOVBRNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
sbarcava a Trapani il 20 agosto 1535 (1). Dopo Alfonso il
Magnauiino nessun sovrano aveva più messo piede in Sici-
lia. ]Ma Carlo V vi giungeva la fronte irradiata dall'aureola
della gloriosa impresa, per cui si offriva campione e vin-
dice della cristianità tutta quanta contro la paurosa inco-
gnita della minaccia musulmana, senza oblique e seconda-
rie intenzioni (2). La Sicilia, che, sperandone con ragione
i maggiori vantaggi, vi aveva preso larga parte con aiuti
d' uomini , d' armi e di viveri , ne era la più sodisfatta;
onde le sue città e le sue marine, bene auspic{in<lo del fu-
turo, a gara preparavano feste al potente imperatore (.'i).
piccola parte del primo, quella che va «lai novembre 1535 all'aprile 1537,
la «inalo fu pubblicata nel 1889, in occasione «lei «juarfco congresso sto-
rico italiano di Firenze, dal prof. Emilio Costa, d'incarico della R. de-
putazione di Storia patria per le pi'ovince parmensi. Nella prefazione,
che il Costa vi premise, sono molte pregevoli notizie intorno al Fondo
Goneatfa dell'Archivio Parmense.
(1) Di Br.Aiii U. G. E., Storia cronologica de' Viceré^ Luogotenenti e
Preitid''nti del Regno di Sicilia. Palermo, Solli, 1790, Voi. II, pag. 85.
(2) lloBEBTSoN Guglielmo, Storia del Regno deW [mperatore Carlo V.
Milano, 1832; ITI, 160.
(3) Dell'armata imp«'riale facevano parte, come era naturale, le galee
«li Sicilia, c«)mandat«' da Don Berlingeri Requesens. Ma ve n«' erano al-
tre di uomani e di privati. Secondo il Del Carretio , Hist. de 'Bello
A/ric, tom«» I, 47 degli Opuscoli di <(utori siciliani, Catania, 1758, oltre
«{uelle «li Messina e Palernu», «lue galee e una nave oneraria diede Gio-
vanni «l'Aragona, Marchese di Terranova. Il MAUitOLico, 8ie. Rer. Comp.
.Messimi, 171(5. pag. 221, oltre le due del comune «li Messina, «^he «lice «-oman-
«late da Giovau Matteo «l'.Mesnio e Fiau«!esco Molli«'a, ne novera altr«' «juat-
tro : due, fatte costruire dal marchese di Gr«>tteria e comandate da Marco
di Marchese, flgliu<do <l«l baron«' «Iella Scaletta: due, «lai marchese «li
Terranova e c«>iiiandate da (iiacoiin» di (ir(;g«)ri«>. Una fu «lata dal c«>-
mnne di Krlce (8. Salomone-Mahin«.), 7>et /«inowj* uomini d'' arme siciliani,
Jì/)riti in Sicilia nel secolo XVI, in « Arch. Stor. Si«'.il. » a. 1879, p. 296);
un'altra, fatta «-«(struin' a l^alermo, «la Caltagiione (Ai'Kilk, Delle ero-
noi. IJnirers. della Sic, Pahnino, St4imperia di Gaspare Hayona , 1725,
p. 2M<>), che v«»lle f«»K»e «'hianinta S. Uiaeonui «• «•onian«lata «lai caltagiron«'se
.Antonio Gravina, baron«- «Iella Canseria. Su tutte erano iMiliiiitati cavalit'ri
• altri vuloiitari niciliaili. Ufr. Di Hi.asi, Star. cir. d$l Reg. di Sic, HI, 3(»,
DAL 1535 AL 1543 407
Carlo V aveva seco il duca d'Alba e don Ferrante Gon-
zaga, i segretari Accades e Urries, i signori di Agallar e
di Granvelle, il duca di Medinacoeli e il principe di Sul-
mona, il conte di Benevento e il nunzio del papa, e inoltre
un numeroso stuolo di cortigiani e seguaci. In cammino
per Palermo, nel bosco di Partinico, gli si fecero incontro
i ])rincipali baroni, guidati dal marcbese di Gerace, Simone
di Ventimiglia, presi<lente del regno. E, da essi corteggiato,
dopo aver toccato Monreale, entrava in Palermo ai 13 set-
tembre^ (1), per la porta nuova o del sole, riccamente deco-
rata e chiamata poi, in memoria del fausto evento, Porta
d'Austria, a cavallo, sotto un'ombrella, portata dai sei giu-
Palernio, 1862-4. Messina mandò anclie duf navi onerarie cariche di viveri,
che, a nome della (;ittà, furono oftierti a Carlo V da due ambasciatori, Sei-
pione Spatafora, nobile, e Gellio Procopio, borghese. Cfr. Maubolico, loc.
vii., e CoUi Giacomo (PAÌibrando, Il Trinmpho il qmil fece Messina nella
entrata del Impermtor Carlo V. etc, Messina, Bpira, 1535, in Gallo G. I).,
Oli Annali della città di Messina, nuora ed. e, curata dal Sac. A. Vayola,
11, 500-501, Messina, 1879. E il D'Alìbrando e il Bonfiglio, Della hist. sic,
Messina, 1604, 1, 440, aggiungono che codesti viveri, arrivando opportu-
nissimi, alcuni giorni dopo la presji della Golettiv, furono lietamente ac-
colti. Paleruio, che pur aveva deliberato già grandi e costose feste per
la prossima visita sovrana, stabiliva di « vendere onze sei di proprietà
per mandare li rinfrescamenti all'Imperatore a Tunisi». Cfr. V.zo Di Gio-
vanni, Le fortificazioni di Palermo nel tee. XVI, in « Doc. per servire
alla Stor. di Sic. », IV serie , IV , 38-9. All'as«vlt« della Goletta presero
parte 20() siciliani, e un siciliano, Salvo Bulgarello, ericino, fu primo a
piantar sulla breccia il vessillo imperiale. Tra i caduti fu Marco di Marchese,
già ricordato. Cfr. Maubolico e Alibrando, loc. cit. Il Maurolico scrive :
Durante la spedizione, Messano', et in cceteris fnsvla- Urbibus, prò Gristia-
norum rictoria pnblice suplicatmn est Superiti. Memini lAturgiam a nte
composita m, et ab Archiepiscopo probatam, in majori Tempio celebratam
fnisse ; alla notizia della vittoria, /'« aede S. HeVme. Mis.sa cum sapphico
hymno a nobis aeditu decantata est.
(1) I Frammenti di cronache della città di Palermo dei sec. XVI e XVII,
pubblicati da S. Sai.omonk-Makino, nelle « Nuove eff.di Sic. », III, V,
241, {•■ anche il Maitkolk'o, 07). cit., p. 222, pongono l' ingressi» al giorno
12. Ma le maggiori testimoniauzc concordano nel segnare il 13. Auche il
Dkl Caukktto, ap. cit., I, 75. da gli idi di Settembre.
408 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
rati della città, mentre gli facevano scorta d'onore, alla
staffa destra, Gnorlielmo Spatafora ])retore e, alla sinistra,
Pietro d'Afflitto capitano (1). L'interesso, veramente trionfale,
era reso più pittoresco e interessante dalla presenza della
schiera numerosissima degli schiavi liberati a Tunisi (2),
ornaniento ben più nobile e significante che non i inMgio-
nieri di guerra, trascinati un tem])o dai generali vincitori
dietro il loro carro. Presso al duomo fu il sovrano osse-
(|uiat<) dal clero. Nel duomo il vescovo di Mazzara gli pre-
senta i vangeli, sui quali ei giurò di conservare ed osser-
vare le costituzioni, i capitoli, le franchigie dell'isola e le
prerogative di Palermo. Poscia il corteo mosse verso il
palazzo di Guglielmo Aiutamicristo, nel (piale l'imperatore
doveva prendere alloggio (3).
Rimase Carlo V a Palermo un mese, ossequiato e fe-
st^iggiato sempre da ogni ceto della cittadinanza con rice-
vimenti, feste e giostre di pompa forse non mai vista prima
«l'allora, innalzato al cielo da tutti. Ogni cosa egli accolse
benignamente, temprando talvolta a espressione più mite
(1) Del ('ariiktto. op. cit. I, 72, segg. Paruta e Palmbrino, Diario
(Iella città di Palermo, nella « Bibl. stor. e lett. della Sic. », ed. da G.
Di Marzo, T, p. 9, Palermo. 1HH9. Bon figlio, DdVllist. etr., I, Wò.
(2) K, Pki.aez, nelle note alla Vita di A. Barbarossa, in « Aroh. Stor.
Sic», X, 39(). — Più tardi il fronzaga fece « rimpatriare » questi schiavi
liberati, a «pese di tutto il regno.
(8) Malrolioo, op. cit., p. 222, Dkl Carreito, op. cit., p. SO. ~ In
ineiiioria «lei giuramento di conservare i privilegi e le consuetudini di
Palermo, più tanli (1680) «piesta cittii innalzò a Carlo V una statua in
Wnuizo. nella piazza liologni, «'ol motto: Tantum felici ('aetiar Jurarit in
Urbe. ('fr. Vito La Mantia, Ori;), e rie. dclVInq»ÌH.e. in Sicilia, in « Kiv.
Stor. Ital. », a. ISSI), p. r)28. La stjitua, fusa dal Livolsi, « in grazia del
concetto», fu risprlfata due volte, nel 184S e nel IHHO, dal |>opolo, che
abbatteva altri Himulm-ri di principi. I. La Lumia, Storie Sirili<nie, III.
299, PftleriHo, Virzì, 1883. Cfr. S. Salomonk-Marino, Lhnilore dellti sta-
tua in Itronto a Carlo V /« l'alermo, in « Arcli. Stor. Sic. », XI, 4(;r)-7(>.
Krra il Palmikki, Smi/t/io ntor. nulla eostittn.e <h'l lieijuo di Sicilia. Lo-
HEiina, 1847, p. (38, aHHcgiiauilo il giuramento ni [larlamento del ]*)1S.
DAL 1535 AL 1543 409
la severa e proverbiale gravità <lel .suo volto. Ma non per
questo, benché non ne fosse scontento, aveva voluto visitar
l'isola, sì bene ])er legarla più strettamente ai suoi domini,
dei quali doveva essere sentinella avanzata, fort« e securo
baloardo contro i turchi di ('ostantiuo[>oli e i pirati delle
coste barbar(\sche, e ])ei' poterne smungere i)iù facili «i più
abbondanti sussidi.
Il parlamento generale del regno, convocato straordina-
riamente a tale scojx) da Ciarlo V in [)ersona, fu inaugurato
in sua presenza a Palermo, il Ki settenjbre 15.'iò, nel palazzo
Steri (1), « in la Sala grandi », stando la <; Maestà Cesarea
in solio prò Tribunali sedendo ». ìaì < propositione «, d'or-
dine del sovrano, « fu letta et publicata per Ludovico
Sanches Prothouotaro di detto Kegno » (2). Rispetto al do-
nativo, essa riassumevasi in (|uesto: che l'imperatore si era
messo al gran cimento della impresa di Tunisi precipuamente
l)er salvare le persone, le sostanze e le cose più dilette ai
regni(;oli (3). E il parlamento fu generoso. Votò un dona-
tivo di 25().()0() ducati, da j)agarsi iu4 termine di quattro
mesi. Di essi però 2(M).(MM) costituivano il vero e proprio
donativo, che gravava per un (pùnto sul clero, <lue «plinti
sulle terre baronali e due (pùnti su (pugile demaniali; e
(1) È il vecclii») palazzo dei Chiarainoute, così detto, forse, «lai vora-
bolo latino honterium. ÌU' Martino lo aveva eletto a sua st'«le (1392), «■ i
viceré per un secolo 1«> preferirono anch'essi. Ma, mezzo rovinato al tempo
dei tumulti contn» il Moncnda (lólU), i viceré, coi giudici della gran
corte, andarono ad abitare, come in luog(» più sicuro, il castello al maire
(1517). Cfr. \'. AuKiA, Hisluria vrouuloijiva dclli similori viceré ili Sicilia...
daWanno 1409 al 1697. Palermo, Coppola, lt)97, fol. 35. G. Di Marzo,
up. cit., I, 4. Isiuoito La Lumia, Storie Siciìiane, Palermo, Virzì, HI,
(a. 1883), 45 e 72. A titoli» di «•uriosità, ricorderò che il .Skkio suppone
che la parola Steri derivi forse , o da Sterium zz: luogo solitario , o da
otspò? =: solido, fermo. A. Mongitouk , Parlamenti Generali , Palermo,
lieutivcnga, 1749, tomo I, pag. 94, in nota.
(2) MON(iITORK, up. cit., 1, 195.
(3) Ivi, I, 196.
410 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SIGILI A
gli altri 50.0()0 erano offerti, in via d'eccezione, dai nobili
personalmente, senza esenzioni di sorta, ma anche senzji
pregiudizio delle immunità (1). Non omise di cliiedere, sotto
forma di capitoli, concessioni o riforme nelle amministra-
zioni, o altri provvedimenti di governo, dei quali si farà
eenno a suo luogo. Ma, pei* la prima volta, il braccio eccle-
siastico, pur dichiarandosi disposto e pronto a pagare, ])ro-
testò per altro di farlo a patto che il papa ne desse licenza,
giusta la costituzione di Leone X dell'ultimo concilio late-
ranense. L^ultima seduta del parlamento ebbe luogo ai 22
settembre. Carlo V accettò il donativo con tutte le condi-
zioni e clausole, che accompagnavano l'offerta (2); e il (J
ottobre diede le sue risposte alle richieste contenute nei
capìtoli, riservandosi solo di far conoscere più tardi le sue
idee intorno alla riforma giudiziaria (3).
Da Palermo parti l'imperatore il l.'i ottobre (4). il 14 fu
(1) Ivi, I, 198.
(2) F. G. La Maxtia, I Parlamenti, etc. cU., p. 21. — La bolla di
dispeusa di Paolo VII a Carlo V è in datai 14 febbraio 1536. Cfr. Di
Blasi, Storia cronol. de' Viceré, etc, II, 89-90 e Rosario Gkegokio, Con-
mlerazioni ftopra la Storia di Sicilia, iti Opere Scelte, Palermo, Pensante,
1853, pag. 513, avvertendo, per altro, che quest'ultimo autore assegna
non al '35, ma al '37 la prima protesta del braccio ecclesiastico, la quale,
da allora in poi , usò sempre fare , ogni qual volta al doiuitivo do-
vevano concorrere anche gii eccclesiastioi. Lo stesso Grkgorio aggiunge
a questo proposito la seguente malinconica considerazione : « Pure se i
prelati ottennero iiuli forse di porre in pace colla bolla le l(»ro coscienze,
non guadagnarono di essere alleviati nei «lonativi ». i^a protesta è cono-
scinta col nome di atto preaervativo. Anche F. Scaduto, Stato e chiesa
nelle Jhie Sicilie, Palermo, A menta, 1887, pp. 348-50, assegna inesatta-
mente al 1537 la presentazione di « un vero e proprio atto preservativo ».
(3) Key. Sicil. Capii., Venezia, 1573 ; cap. 167, 174 e 175 di Carlo.
(4) Seguo il Madrolico, Sic. lier. Camp., pag. 222, benché il Dkl
Carrktto; op. cil., pag. 81, e il Di Mi.asi, Storia crouoloijica ite' Mcerè,
Imogotenenti e Prenidenti del Regno di Sicilia. Palermo, 1790, voi. Il,
pag, 91, e altri diano il 14. Il Fazkm.o, Storia di Sicilia, trad. da Ku-
Miuio FiuuiCNTlNo, Palermo, Pedoin- e Muratori, voi. Vili (anno 1833),
pag. 142, dice che Carlo \' «limolò « da trenta giorni in Palermo». (M'r.
t)AL Ì5;^5 AL Ì543 Hi
a Termini, il 15 a Polizzi, il 16 a Nicosia, il 17 a Troina,
il 18 a Eandazzo, il 19 a Taormina, il 20 al convento bene-
dettino di S. Placido, a 12 miglia da Messina, il 21 ginnse
a Messina (1).
Questa città si era di l)uon'ora preparata ad accogliere
l'imperatore il più magnificamente e j)om[>osamente le t'osse
stato possibile. Già il 19 settembre due suoi ambasciatori
si erano recati a rendergli omaggio in Palermo (2). Il 26
dello stesso mese si era demolita l'antica i)orta delle vec-
chie mura di S. Antonio con tutte le sue adiacenze (3) per
rendere pin solenne l'ingresso, che Carlo X fece lo stesso
giorno 21 ottobre, avendo alla staila il ctmtts di Condojanni,
straticò, « caminando in trionfo, ])re(^edendo il carro solito
di farsi nella vigilia dell'Assuntione di Maria Vergine, su
del quale, in cambio del Dìo jmdre, vi era la statua del-
l'Imperatore con una vittoria in mano » (4). Non si vo-
A. RoDKiGUEZ Villa, El Emperador Carlos V y m Carte {1522-39), iu
Boletin de la R. Acad. de la Hùt. XLY , 81. Madiitl, 19(>4.
(1) Mai:rolico, /»<•. lii.
(2) Ivi.
(3) Ne fu conservata memoria uella seguente iscrizione: Porta urbi»
aniiqim areunque hie fnit, quem una cum eeteris viarum compluvi in in tid-
ventu Caroli V Imperatoris et lieyi» Sieiliae ahstulere ]>. loanuen Marul-
Ivg Cmidoianni Come$, Urbis Strategv», luratique patres Joanne» Philip-
jniH et Bernardus de Rocchio, Franciseus Royerius. Franciscus Staitius,
Franvigcu$ Maruìlus et Thomag l'asqnttlis. Areus dirutuH est XXVI Sep-
temhris. Imperator autem Crbem hanc inyressus XXI mensi» Octobris
MDXXXV. Antonino Dk AmicK), De Messttnensis Prioratus, etc, iu « Do-
«'-umeuti per servire alla storia di Sicilia », IV, I, 151.
(4) C. BoNFiGLio, Della hùt. sivil., 1, 444, Veramente il Mairolico,
testimone oculare, nei frammenti, parla, non di statua, uni di un puer
Imperatorem repraesentans (op. cit., pag. 245). Il D'Alibuando, alla **ua
volta, scrive : « Sopra di questo veneva un bellissimo giovanetto che mo-
strava esser L'omperator, armato, e di sopra la palma della man de-
stra la (jual sporgeva, fuori teneva una rittoria, la qual era un puttinu
d'anni quattro circa ». Gallo, CU Annali della città di Messina voi. II
(a. 1879), p. 508. Cfr. G. Arenaprimo, Note storiche messinesi dei secoli
41i' IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
leva essere da meno dì Palermo. E non inferiori a ((nelle
di Palermo fnrono, in verità, le feste di Messina: arehi,
earoselli, Inminarie, tele dipinte da Polidoro da Caravag-
gio (1), versi latini del Manrolico e pili altre manifesta-
zioni di ossequio e ammirazione (2). LI eomiine oft'rì an-
che lO.(KX) scudi d'oro in tre coppe auree (3). Ma, osserva lo
stesso Manrolico, di questa così favorevole occasione della
dimora di Carlo V in Messina, nessuno seppe giovarsi i)er
il beue della città. Civium dissidia ciiucta lìerturhavit. I no-
bili nou avevano altro desiderio se non (piello di spogliare
degli uffici la borghesia; e ben tentarono di ottenerlo dal-
l'imperatore. Ma Carlo V era ben lontano dal pensiero di
aumentare per tal via le discordie cittadine, che avrebbe
voluto invece veder tolte di mezzo per sempre (4).
Il tre novembre traghettava l'imperatore in Calabria,
portato da una gah'a messinese, in virtù di un antico pri-
vilegio, che si tace\ a risalire all' imperatore xVrca<lio , e
scortato sino alla Cafona dall'armata imperiale e (hi altri
XV e XVT, m-gli * Atti della R. Aocinleniin Pelorituna *, anno 1899,
pp. 317-19.
(1) G. Vasari, Le vite dei più pccellcnti Pittori, Scultori e Architetti.
Naijoli, 1884 5 pag. 33(5.
(2) Ampie «lescrizioni se ne trovano negli scrittori di cose siciliane, e
Hpeeiiil niente nei cititi D'AuBRAnDO, Maurolioo (uei/mmmfHit), Gallo
(Annali) e Honkkìlio (nella Motxiiia città )iohili»8Ìi»n). Il trionfo fu ideato
dal Manrolico. A. Monoitork, lìibliothecn SicuUi, Palermo, 1707, I, 221,
(3) Il Di Hla.si, Star. cron. de' vieer(>, II, 91, scrive fargli grande im-
pressione che il Maurolico non ric(»rdi (jnesto dono. È evidente clu' gli
«foggi il «eguimle passo dei frammenti «Iella storia <li «luesto antore :
Kodem die [24 ottobre] Civittin decem aureorum millia in patinia argentcin
tribun fTjxmita iloiinril ('(tenori. l'Ut tttlit JncohtiH Oompotitto liiris Doctor,
uraiiuiiculit latiiKt, (piainquttm rutti, rccittita {o}>. cit., pag. 246). La «litte-
renca tra il Maurolicu e il Hokpiolio Hta Holtanto in ciò, che (|ue8t'ul-
liino {l>eir //ini., de, I, 445) parla non di U), ma di 13. ()()(► ducati d'oro,
detti trioni!, ott'erti in due vassoi d'argento aii/i clu* in tre d'oro.
(4) MAUÌtoLico, Sic. Ber. Comp., pag. 222.
DAL 15.'i5 AL ir)4o 413
leoni (1). rntjinto avevii coiiii>int(> mi atto di non lieve ini-
poitjiiiza : a\('vji iioniinato viceré don Ferrante (Jonza<>a.
II. — L'uomo, che (Jarlo \' lasciava al governo della
Sicilia era <>i<)vanis.sin»o, contando ai)])eiia 'JSanni; ma «•ià
aveva preso [losto fra i persona^^i più chiari e rinomati per
valore personale, perizia nelle anni e sagacia politica in
(piell'età, che pur tanti ne noverava meritamente» celebrati.
Nato, nel 1507, da (lian Francesco II Olonza^a marchese di
Mantova e da IsabeHa d'Mste, terzogenito dopo i fratelli Fe-
(U'rico, marchese dal Ioli» e poi duca «li Mantova dal 1530,
ed Ercole cardinale, non potendo succedere nello Stato pa-
terno, ma pur sentendosi nato per vita non ordinaria, di
buon'ora venne esercitan<losi e pre])araiidosi a piegar la for-
tuna ai suoi disegni. Nel 1523 fu mandato alla corte di
Carlo V, che i)resto gli prese affetto sì da potersi ben dire
che il Gonzaga fu il solo italiano col quale il potente mo-
narca ebbe vera dimestichezza. E già nel 1520, non ancora
ventenne, otteneva il comando di cento uomini d'arme per
la guerra in Italia, dove si recò con l'armata condottavi
dal Lannoy. A Keggio si unì al Borbone, nato di sorella
del marchi^se suo i)adre e capitano generale per l'impera-
tore in Italia, e, con esso e con l'Oran gè, mosse all'impresa
di Roma, <love, durante il sacco del 1527, potò far rispet-
tjire l'alloggio della madre, che trovavasi allora in cpiella
città, e dove, per la morte del Borbone, fu messo dall'O-
range al comando dei cavalli leggeri, <^ ch'io era anche un
putto », come si esprimeva egli stesso più tardi (2). Nella
difesa di Napoli contro il Lantrec ebbe parte priucipalissima.
(1) BoNFiGiJO, DeìVh istoria, eh'., I, 445. Veramente il Maurolico
{htc. cif.) j)arla di (hnibiis faiitioii trircmihiis, in generale; ma piobabil-
meiite vovrà «lirt; die due galere trasportavano l'imperatore e i «'orti^iaiii,
die dovevano aecomi)ajinarlo nel sno viaggio per terra.
(2) Lettera ili I)«)n Ferrante a Cesare Gazio, suo agente presso l'im
peratore, da ^lantova. 8 luglit> 1532. Nelle Carte Gonzaga dell' Ardiivio
di Stato di Parma.
414 IL GOVERNO DJ J30N FERltÀNTE OONZAGA IN SICILIA
per cui l'Orange, succeduto al Monca«ia nell'ufficio di viceré
del regno di Napoli, gii conferì la signoria di Ariano, tolta
ad Alberico Carafa. E già in questo tempo era salito di
molto nella stima dei soldati, che «. sapeva atl'ascinare e
muovere a suo talento col giovanile ardore, lo slancio ge-
neroso, il valore cavalleresco, la parola persuasiva e la giu-
sta severità » (1). Di qui anzi comincia veramente la sua
vit^ d'uomo di stato e di generale. Ammesso dall'Orange
nel consiglio vicereale e poi mandato all'impresa di Puglia
nel 1529, ebbe, per la prima volta, il comando in capo di
un corpo di milizie in una campagna, che fu per lui scuola
efficace, i)erò che « quantunque si trovasse di continuo alle
prese con nemici terribili, come il bisogno, la fame, la pe-
ste, la indisciplina dei soldati, seppe uscir vittorioso dalla
dura prova (2).
Mente sagace e pratica, Don Ferrante non sdegnava
accopiare alle cure dell'ufficio la ricerca del suo particolare
vantaggio. E così durante la sua dimora nel Regno di Na-
poli, superando non poche né lievi difficoltà, riuscì a otte-
nere in isposa Isabella di Capua figliuola di Ferrante di
Capua duca di Termoli e principe di Molfetta, nonostante
che la giovine, già in « pueril età >>, fosse stata sposata per
verba de praesenti al marchese di Atella, Troilo Caracciolo,
figliuolo del principe di Melfl. Isabella gli portava in dote
Molfetta (*oii (ìiovinazzo, la contea di Campobasso ed altri
jiossessi (3).
(1) 6. Catas-so, Don Ferrante Gohkujo aWimpresa di J'ittfUn del 1629,
in e Kivifltu Storica Italiana» anno 1X95 [p. 9 (h'Il'estratto].
(2) In, pag. 3,S.
(3) ivi, pag. 17. — Il Miatrinton/o ebbe luogo a Napoli, proprio nei
giorni nei (|(mli, per la niortv i\v\ principe Filiberto d'Orange, il (ìonzaga
AMMumeva il comand*» «lell'eHercit<» imperiale, fra la battaglia di (lavinana
e la Mtipulaxione <leIPa<cordo coi Horentini. Don Ferrante in1palnl«^ la
M|HiHti |>er lor/,a iMM'Hona, e, nianc4ind(» ancora il consenso imperiale, in
Hegreto. Il connenKo diede ]h>ì Carlo V da Augusta, con diploma del .SI
ottobre 1530. Ma le continue guerre solo molto più tardi perniiHero agli
MfMHii di connumure il matrimonio. Ivi. pp. 31-8. — Cfr. anche le note
di BcirioMK VoLPiccLLA, ai Capitoli del Tamiillo. Napoli, Dura, 1870.
DAL 1535 AL 1543 415
Durante l'assedio di Firenze, corse jL^rave pericolo nello
scontro del 25 aprile 1530 presso Empoli tra i suoi cavalli
e i fanti di Piermaria di S. Secondo con le schiere uscite
da Firenze (1). E, sebbene non mancassero nel campo im-
periale capitani |)rovetti e di i)rovato valore, lui l'Orange
lasciò suo luogotenente (piando, alla fine del febbraio 1530
dovè recarsi a Bologna (2) ; e a lui, morto l'Orange, fu dato,
con unanime consenso, il comando dell'esercito assediante,
pei' cui gli toccò in sorte di porre line all'impresa, ricevendo
la dedizione dei Fiorentini. Da Clemente VII furono su-
bito riconosciuti i suoi servigi col conferimento del governo
di Benevento. Non così dall' ini i)eratore. Ma egli, volendo
battere il ferro sinché era caldo, rimandò ancora la consu-
mazione del matrimonio per correre in Fiandra (:531) a pe-
rorare la sua causa presso Carlo V (3). L'anno dopo (1532)
lo troviamo in Ungheria alla testa di 2000 cavalleggieri,
ai (juali fu aggiunto un corpo di sette ad otto mila un-
gheri (4). Ma, posate le armi, Carlo \^ non indugiò a pre-
miare il suo fedele servitore. In questo stesso 1532 lo no-
minò duca d'Ariano, la cui investitura avevagli confermata
«in <lalla line del 1530 (5), e poco dopo gli conferiva il to-
son d'oro, onorificenza allora in grandissimo [iregio fra gli
Italiani, e l'utiìcio di Maestro Giustiziere del Ilegno di Na-
])oli. Ond'egii assunse i titoli di: duca d'Ariano, cavaliere
dell'ordine del vello d'oro e capitano generale dei cavalli
leggeri dell'esercito cesareo ((}).
(1) FALLK'rn-FossATi e. P.. Ansedio di Firenze. ContHhuio. Palermo,
1885; voi. 1, p. 122.
(2) Ivi, II, 150.
(3) G. Capasso. o/), vit., p. 33.
(4) Lettera citata di Don Ferrante a Cesare Gazio, del 3 luglio 1532,
da Mantova.
(5) G. Capasso, op. eli., 26.
(6) Per le notizie biogratìclie, oltre gli storici generali e il LriTA,
Famiglie nobili, etc, cfr. anche: Giuliano Goselini, Vita del Prencipe
Don Ferrando Oontaga. Milano, Pontio, 1574: e Alfonso Ulloa, Vita
4:16 IL tìOVKRNO DI DON FKBRAISTE GONZAGA IN SlOlUA
Alla spedizione contro Tunisi (15^5), cui presero parte
i i)iii illustri e famosi uomini del tempo, Don Ferrante n(m
poteva certo mancar«\ ^la non potè i)artir subito von .<»li
altri, avendolo trattenuto a Napoli alcun tempo una ^rave
malattia della moglie (1). Però, appena fu lihero di muo-
versi, si recò a Messina e di qui a Palermo, donde andò a
imbarcarsi a Tra])ani, da per tutto accolto onorevolmente
e molto festeggiato. In Africa giunse dopo l'espugnazione
della Goletta. Ma tuttavia alla prosecuzione dell'impresa e
al felice compimento di essa non furono di j)oco giovamento
il consiglio e l'opera sua. E Carlo V, che lo ebbe (piasi
sempre a se vicino, fu testimone delle prove di valore da
lui date, specialmente nella battaglia sotto Tunisi, dove,
primo a slanciarsi e solo, contro il nemico, trapassò con la
lancia « un superbo e gran Capitano di Mori » (2), e tale
del valorosissimo e (iran capitano Don Ferrante Gonzaga, etc. Veuetia,
Bevilacqua, 15t)3.
(1) Mdoni D., Spedisione di Carlo V imperatore, SO nia(fgio-17 ayosto
1535. Cenni- Documenti-Eefjesti, p. 33, Milano, 187B.
(2) Ulloa a., oj). eit., pp. 70-3. — Giovanni Tomaso Gallarati, ora-
tore del duca di Milano presso Carlo V, scriveva da Tunisi, il 24 luglio
ì')S't: « Il «ign. Don Fernando Gonzaga {^iouse da Sua M. il fjiorno
avanti che si risolvesse di venire in questa impresa [di dar battaglia], e
il giorno de la giornata, avanti tutto l'exercito, fu ad investire uno tur-
«•lio il eavallo et amazollo, del che n«' h» riportato molta laude *. 7r/,
pag. s3. — Il Sanooval, Uinloria de hi Vida // Heclios del Euiperador
CtirUìH V, 11, 239 (Faniplona, 1(>34-;, 8e<>iia ernmeanienti' l'arrivo del
Gonzaga al camp«> sotto il giorno 2+ giugno. — Il Dai. ('AUitKTTo, op-
cil., I, M, ha la stessa dat-a del (ìallarati. — In un diploma, da (ìaud,
3 maggio 1.540, Carlo V, donando al Gonzaga una miniera d'allume in
Sicilia e rammemorandone le prod(;zze, dice: Jn vjpuipnitione eiritatix
Tu lieti, ulti in nontra praenentia, ut nohix, et ortodoxae /idei morein <fene-
re»f primim, hoIuh, et ante omnes hostilei proeliiim sumina viini «treniiiinte,
intrepidi! et eonsUinti animo inire aiisiis, Maurum (pieindain laneea per-
liiHHHin Ianni min'linnn penitun Iradiderix, ete. I. AfkÒ, ['itti di Luiffi Cìon-
Muya detto Hodvmonte: p. 61. Parma, Carmiguaui, 178U.
DAL 1535 AL 1543 417
disordine portò nelle scliiere dei turchi col suo impeto che
ai cristiani riuscì poi luolto jùù facile sl>aragiiarle (1).
E ora, i)rinia di acciujnerci allo studio dell'opera del
Gonzaga, gioverà, a meglio comprenderla e giudicarla, ri-
cordare brevemente lo stato politico e sociale della Sicilia
di (luel tempo, con particolare riguardo agli ordinamenti
di governo, al sistema tributario, all'ammistrazione della
giustizia, alle relazioni fra Stato e Chiesa e al sistema di
difesa dell'isola.
III. — Per parecchio tempo 1' utticio di viceré in Sicilia
non ebbe ne durata fìssa , uè attribuzioni ben definite ; e,
anche quando la durata fu legalmente fissata a un trien-
nio (14h^8) , questa prescrizione nel fatto non fu osservata.
In verità i viceré, quantunque potessero in date emergenze
emanar decreti, che avevano forza di leggi, dipendevano per
altro interamente dal beneplacito del sovrano , il consenso
o l'approvazione del quale per ogni loro atto di «jualcln^
importanza dovevano aspettare o chiedere. Tuttavia amplis-
simi erano pur sempre i loro poteri. In nome del re convo-
cavano, prorogavano e scioglievano i parlamenti ; accorda-
vano grazie; concedevano, in certi limiti, a})[>annaggi feu-
dali; nominavano alla maggior i)arte dei pubblici ufhci; con
la euria romana trattavano direttamente affari di natura
ecclesiastica ; consentivano la osservanza di lettere e bolle
l)apali; mantenevano relazioni coi vicini stati italiani e coi
signori degli stati africani; )>ubblicjivano editti e pranima-
tiche, con la sohi limitazione che non fossero in opposizione
con le leggi e le costituzioni esistenti ; disponevano delle
forze dell'isola; ju'ovvedevano alla difesa terrestre e marit-
tima del regno; chiamavano alle armi i baroni se minac-
ciasse nemica invasione (2). hìrano circondati di fasto e nia-
(1) Del Cakukito, up. cit.: 1, H(>. — P. Oiioviu, La prima parte del -
l'intorie (ìel xuo tempo, tnit. per M. Lodovico Domkniohi, p. 377, Vene-
zia, lóótì.
(iJ) 1. La Li'MiA, Stor. Sic. IH. lS-19. — « Quella supniiiia dignità
418 IL GrOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
guificeuza. Abitavano nei palazzi regi. Avevano modo di
arricchire i familiari, gli amici e le persone ad essi devote,
indipendentemente dallo stipendio , che assegnava loro il
parlamento , sotto forma di donativo , e che al tempo del
Moncada fu portato a 250() ducati (1). Un « sacro regio
consiglio » li assisteva, composto <li supremi magistrati si-
ciliani, che erano, di solito, <|uelli del tribunale della gran
corte, ai (juali si aggiungevano altri magistrati e funzionari
dello Stato. Ma questo consiglio non aveva attribuzioni giu-
diziarie, come quello, instituito a Napoli da re Alfonso; né
potrebbe paragonarsi al consiglio collaterale , che Napoli
ebbe da Ferdinando il cattolico, e che era costituito da giu-
risti (2). Un consigliere collaterale al viceré, che ebbe la Si-
cilia e non si trova a Napoli, e che col tempo acquistò grande
importanza, era il consultore, scelto di tra i giurisperiti della
corte regia. Ma esso fu introdotto da Carlo V soltanto nel
1530 (;3).
Come altri parlamenti, anche 1' ultimo , del 15.S5 , tentò
di otti^nere una limitazione del potere viceregale. Chiese che
la durata in utticio dei viceré fosse limitata a (juattro anni;
che fosse proibito ai parlamenti di far doni ai viceré e ai
avea «ne nonne speciali ir-IIc leggi sicule, né si ridusse inai ertuiera o
quafli apparente; e ({uautunque per taluni lievi negozi fosse mestieri di
ottenere l'assenso <lella corte, pure un governo locale esisteva in Sicilia
con verace autoiioinia » ; Vito La. Maxtia, Storia (iella lef/inlasionc civile
e rrimiuale tìeila Sicilia. Palermo, Virzì, 1S74. Voi. II, p. !t.
(1) MoNarrouK A., l'arlameuti tjenerali del re<juo di Siciliti, eie. l'a
lermu, Bentingn, 17+5); I, 7H.
(2) K. fiuKcoRU), CUmnideì azioni, eie.,- op. cit., pag. 4Gt). Bianchini
LuiKjVKX), Storia ecoitoini<\! e virile della Sivilin. Napoli, Stamperia Reale,
1841 ; voi. I, pag. 4«.
(H) .Mahtkii.i.o, Ih MaffistratihiiH, Uh. V, n\\). 7. VA'v. MiANtiiiNi, op.
rit., I, 4H. \'. .ViKiA. Ilixtoria croiiolu(/ie.a delli xiijnori riceri' di Sicilia...
lUaVanno t4tt9 al /(i!f7. l'alermo, Coppola, 1697; paig. 3(Mi. 1{. fJKK«ouio
c4MiHÌdera il triluinale della gran corte come il * proprio e collateral con-
siglio del viceré », dovendo esso, .secondo il cap. .S9 di ("arlo \ (a. 1.'>1!>1,
rtvwri* lu MteNMi residenzu «lei viceré. Op. eil., pjig. K!*».
DAL 1535 AL 1543 419
loro familiari e di abilitare al conseguimento di uffici e be-
netìci i non siciliani, se anche figliuoli del viceré; che l'ora-
tore, eletto dal parlamento , potesse trattare gli affari del-
l'isola direttamente col sovrano, senza ingerenza del viceré;
che non si pubblicassero, né si eseguissero nuove pramma-
tiche contrarie ai capitoli del regno , e che, per le cose di
guerra, il viceré si consigliasse coi principali baroni del re-
gno. Carlo V rispose evanivaniente alle domande circii la du-
rata in carica del viceré (1) e l'oratore (2); approvò le pro-
poste, riguardanti i doni e le abilitazioni agli uffici (3) ; e
promise di permettere solo le prammatiche, intese al bene
dello stato e alla sincerità della giustizia (4), e di ordinare
al viceré che tenesse nel conto che meritava la qualità dei
baroni (5).
Gli antichi supremi uffici del regno sopravvivevano ora-
mai (piasi poco più che di nome, andati in disuso, alcuni
per la mancata residenza dei re nell'isola , altri per le mu-
tate condizioni dei temi)i. Kimaneva di essi il titolo ad ho-
norem in alcune tan)iglie illustri (G). Non avevano più ra-
gione d'essere il gran c-ancelliere, il gran camerario e il
gran sinisc^ilco, quantun<iue, i)er altro, del primo conti-
nuasse ad ait'erniare i diritti e ad esigere i molteplici pro-
venti, in nome del re, un officiale <lepositario del suggello,
eletto dal viceré (7). Le attribuzioni del gran conestabile,
come capitan generale degli eserciti, erano passate nei vi-
ceré, all'elezione del Moucada, nel 15()1) (8). La gran corte
(1) Bey. Sicil. Cupit., wip. 1H4 di re Carlo.
(2) Tri, cap. 178.
(3) Ini, rap. 165 e Ititi.
(4) Ivi, cap. 180.
(5) Ili, cap. 181.
(6) Di Iìlasi G. E., Storia ririle dei lieiino di Sicilia, Palermo, 18(ì2-
H4. Voi. 11 (a. 1868), pag. 172.
(7) h'ey. Sic. Capii., Cap. 4()(i «li le Alfonso e Pandette del 1526. Clr.
H. Grkoorio, oit. cit., pa^. 471.
(8) V. AuKiA, Hixt. t-roii. eie, paji. 27. Di Bi.ASl, Stor. del lUij. di
Sicilia, II, 170-71.
420 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
di mare del grande aiuuiiraglio era ridotta a ben misera
cosii e Io .stesso ammiraglio, diventato poco più d' un eo-
mandaute di galee, iueontrava difticoltà n far riconoscere
e ad esercitare i pochi diritti rimastigli. 11 gran giustiziere,
già capo supremo della giustizia civile e militare, si era
trasformato nel maestro giustiziere, di cui la funzione ])iù
importante era piesiedere personalmente, o per mezzo del
suo luogotenente, il tribunale della gran corte. 80I0 il ju'o-
tonotaro conservava buona parte delle antiche attribuzioni
dell'antico gran ju-otonotaro, corrispondenti a «jnelle di se-
cretarlo di Stato e ministro dell'interno (1).
IV. — Al temjK) dei Normanni componevano il parla-
mento (colloquium) soltanto il clero e i nobili. Federico 11
svevo, ])er ragioni di livellamento politico, vi ammise isin-
«laci <lelle cittj'i. Regnando gli Aragonesi, il geucrah coìlo-
quiuììij che era composto di prelati, nobili e rappresentanti
delle cittiì e terre demaniali, assunse (nel secolo XV) forme,
che rimasero <|uasi immutate sino al 1812. Oltre ai parla-
menti ordinari, che, dal tempo degli ultimi Aragonesi in
poi (2), si riunivano ogid tre anni, avevano luogo anche
jiarlamenti straordinari: gli uni e gli altri, di regola, a Pa-
lermo; ma talvolta anche in altre città, come, p. es., a Mes-
sina e a (Catania. IMesente nell'isohi, il sovraiìo faceva la
convocazione personalmente; in caso contrario, mandava
l'ordine di convocazione al viceré. Questi, d'altra parte, in
casi straordinari , i)oteva convocare di propria autorità un
parlamento , ma «loveva jninia sentire il parere del sacro
regio-consiglio (."»). La inaugura/ione soIcmìic delle s«\ssioi(i
(1) Di Ulahi, Star, del lieff. di Sicilia, II. Isi-lHt». Villabianca mau-
«IIKHK EMANiKt.K, Xotizii' hIoiìcIii' intona» utili (inlichi iiffici del liei/ ho di
SicilÌ4i, in Oimucoli d'AiiItni Siciliani. Toiik» V^III. l'nh'riiio, I7()4.
(2) MONOITOKK, op. eit.y I, 5.5.
{'A) Il vìctM'r l'itjiiatclli, l.'tH'i, con'ciiilo iiiNistcìilc In voce clu' iiirai-
liiuni turni vclcx^iiiMMf <'(>iitr<» Pisola, roiivocò mi parlaiiK^uto, « con !«>
lNin-r<! «lei wicro rcultt coiihì^Iìo », VIoNonoKK, op. vH., I, IT!).
DAL 1535 AL 1543 421
ora fatta dal sovrano, e, in sna assenza, dal viceré; ina lejLf-
^eva il discorso inaujnurale, che sjjiegava lo scopo della riu-
nione, il protonotaro del regno, o, come oggi si direl)l)e, il
ministro dell'interno. 1 tre bracci, od ordini, discutevano e
deliberavano separatamente e ciascuno a maggioranza di
voti ; ma alla validità delle deliberazioni di tutto il parla-
mento bastava il voto concorde di due bracci. 11 parlament-o
stesso eleggeva nel suo seno una magistratura speciale, la
deputazione del regno » , le cui artribuzioni princiimli e-
rano la esecuzione delle deliberazioni parlanunitari e la tu-
tela e difesa dei j)rivilegi e diritti della nazione (1). Essa
inoltre esigeva e aniniinistrava i donativi accordati dal
])arlanu^nto e taceva la ripartizione delle imposte^ (2).
Il parlamento siciliano non ebbe certo ])er la Sicilia la
etticacia, che ebbe per l'Inghilterra quello inglese, tanto più
che , conu» dice il Palmieri , « 1' autorità del Principe era
limitata, senza che il popolo fosse libero», però che, in
foiulo, baroni e clero fini vani» sem]»re col mettersi d'accordo
a sca])ito del popolo. Ma esso fu tuttavia una istituzione
utilissima , che nessun autocrate i>ofè tor di mezzo. « Fer-
dinando II, Carlo V e Filippo 11, che non risi>ettarono mai
i diritti di alcuno, e molto meno i diritti dei popoli, rispet-
tarono però sem}>re la costituzione di Sicilia e la manten-
nero sempre nello stato in cui la trovarono nel salire al
trono > (3).
Nei paramenti si trattavano affari riguardauti la difesa
del regno, l'ordine pubblico, la giustizia, i tribunali, l'am-
(1) Ref/iii Siciiidi'. Capii iiUi. Cap. 101 di re Giovanni. — La deputa-
zione, Becondo il MoNorrouE, l'arlnmenti generali, eie, I, 83, ebl>e forma
• li nia}j;istint() soltanto nei 1570. - Cfr. F. G. L\ Maxtia, [Parlamenti
del lìet/no di Sicilia e 'jli olii inediii 0541 e 1594), Torino. Fratelli Bocca.
l.S««; ]»]). :mo.
('J) NnoLÒ Pai.mikhi, Sìkjì/ìo sUniio *■ politiro nulla contituziour del
Heyno di Sit-ili<i in fino ni fs/fì. i-tv. Losjinna. Hoiiaiiiici e (!oinpagni, 1847;
p. H2.
(3) Fai.mikki, up. e//., p. (J4.
Arvh. JStvr. 8i<;. N. S. Anno XXX. 28
422 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
ininistrazloue e aiiclie occasionali, particolari bisogni delle
città (1). Essi detcrnìiiiavauo i ricliiaini e le proteste da fare
e i iiiiglioraiiieuti e le riforme da proporre, sotto forma <li
capitoli, che, approvati dal re, acci uista vano forza di legge.
Per altro il re poteva respingerli, o approvarli solo in parte.
Ma la funzione j)iù importante dei parlamenti, e per la
cosa in se o per il modo e le forme onde sì es])li(';iva in essi
il potere legislativo, era lo stanziamento delle imposte, dis-
simulat'e sotto il nome di donativi, tributo pecuniario, sosti-
tuito ai fìssi e larghi proventi, coi (piali una volta si prov-
\edeva alle spese pubbliche. Ma era cura dei parlamenti di
collegare strettamente i donativi ai capitoli per modo che
la concessione degli uni potesse portare all' approvazione
degli altri. Né mancavano opposizioni o ritìnti di conceder
donativi, come non rifuggì il governo dal ricorrere talvolta
alla forza })er ottenerli (2). Però in generale i viceré si as-
sicuravano la maggioranza dei snftragi, influendo sulle no-
mine del braccio demaniale, ai)poggiandosi alternatamente
su questo o cpiel braccio, di cui si potevano guadagnare le
simpath', presentando le richieste in modo da far ])arere in-
decoroso il ritinto, cattivandosi i rappresentanti di Palermo,
che gli altri per solito seguivano , non convocando il par-
lamento senza prima essersi assicurato il favore della mag-
gioranza, e così di seguito (3). D'ordinario i donativi erano
(1) Nei tempi iintichi, oggetto delle cure dei jmrlanieiiti eniiio le
grandi iiuintioni toecauti lo stato e la uazione. Poi questi consessi fu-
rouo ridotti (juiihì eHcIuHivanieute airuAìt-io di approvare i donativi. In-
fine rivolwn» la loro attenzione anche ad argomenti di minima impoi-
tanxa.
(2) Nel 1522, ;;enerale essendo la miseria, si tentò di negare il do-
nativo. Mu i principali oppositori furono inc^ircerati « in pena di essersi
fatti Mentire più ilegli altri ». (ì. M. ('.muso, Mcmtniv hintorichc, c/c, I,
187. (M'r. (,'. Cai.ishk, Stm-ia tivl l'arln»nuU> in Sirili)i. Torino. |XS7. |»ii-
ginn 1:M{.
uH) Don ScM'io ih (ja.mho, Armliiiii'itli (ti Si,/. M<in' A tilonio Culouini
i/mmtlo andò Virt' Uè ili Shilùi, *'/r., in v< S<icondtt l'arte del Tliesoro
l'ulitiro ». Milano, Bonlone e l.o.arni. ItidI : j.p. 459-4HS. (M'r. I. L\ Li
MIA, op. d/.. Ili, 2.'{.
DAL 1536 AL 1543 423
pagati uel iieriodo di tre anni, cioè nell'intervallo fra l'uno
e 1' altro parlamento, in rate , dette dande o tande (1), ma
(jualclie volta il termine veniva abbreviato. Così, p. es. il
viceré don Ugo di Moncada nel 1514 ottenne che i trecento
mila tiorini concessi fossero riscossi subito dai suoi collet-
tori (2).
La distanza di tempo fra l'uno e l'altro parlamento diede
origine a una legislazione speciale, quella delle prammatiche
sjinzioni, che dal regno di (ìiov^anni in poi cominciarono a
far parte della legislazione siciliana. Erano leggi, che re e
viceré pul>blicavano nell' intervallo tra i parlamenti senza
il consenso degli stessi, ina i)er ]U'ovve<lere a necessità del
governo. Per altro n<m si trattava <li atti arbitrari, che o-
gnuna di tali prammatiche veniva promulgata <. dietro un
voto di tutto il corjw) de' magistrati di Sicilia, che tutti la
sottoscrivevano» (3). E del resto solo il parlamento ì)oteva
abrogare i capitoli a])provati , o dispensare dall' osservarli,
essendo esso rimasto semju'e la sola e vera espressione le-
gale della universale e concorde vcdontà del i)opolo sici-
liado (4).
\'. Le entrate <M*dinarie dello stato comprendevano
(1) MoNuiTORE, Parìom. Gener., I, HH.
(2) Ivi, I, U9.
(3) Palmieri, oj>. vii., pag. B().
(4j 1. La Lumia, Stur, SU-iì.. IH, 22-:i. — Per la storia del parlamento
sifiliauo, uoii ostaute l'opera pregevole del prof. C. Calisse, già citata,
i fonti più eospieui ed utili restano pur sempre le classiche opere degli
scrittori siciliani dei secoli XVII-XIX, e specialmente <p»elle del Mongi-
roKE, Mem. tutor, dei Istriani, (premesse alle raccolte dei parlamenti
nelle edizioni del 1717 e 1749; del Dì Blasi, Stqr. vìoii. dei Viceré di
SicilUi, ctc. Palermo, 1790 (1 ediz.) e 1843 (2 ediz.) e Storia cir. del Retj.
di Sic. Palermo, lSt)2-<)4: del Gkkcjorio, ('on siderazioni, etv., e del Pal-
mieri, Stufyio stor. e polit., etv. — Chi desideri maggiori notizie consul-
terà con molto vantaggio il lavoro del aig. F. (4. La Mantia, / Parln-
luenti dei Heq. di Sivil. <■ fili atti inediti (1541 e 1594), Torino, Bocca,
188().
424 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
le « ragioni delle extruttioni di fruuieiiti >, le gabelle e i red-
diti delle dogane o tutti gli altri diritti regali, come, p. es.,
i frutti dei vescovati vacanti , gli utili della santa ci'ocia-
ta (1), le coutische, derivanti da condanne penali, le pre-
stazioni feudali, etc. Le straordinarie si riassinnevano (piasi
tutte nei donativi e nel così detto nuovo imi)osto .
Com'è noto i donativi rappresentavano, in certo modo,
le antiche collette, con questo di nuovo che si potevano con-
siderare come pagamenti fatti dal regno spontaneamente
in soccorso del sovrano, fuori dei casi stabiliti dalle leggi.
La parola venne in uso al tempo di re Alfonso d'Aragona
ma il fatto esisteva già prima. 1 <lonativi erano ordinari e
straordinari. Fra gli straordinari si devono comprendei'e
le antiche contribuzioni feudali (adiiitori e ,sussidi) , costi-
tuite dalle tasse, che 1 baroni si im])onevano particolar-
mente per alcuna speciale ragione, come, j». es. , i r)0()00
ducati , otterti separat^nuiute nell' ultimo parlamento del
1535 (2). Il donativo vero e proprio, ipiantunque offerto da
tutti e tre i bracci del parlamento, era, in realtà, pagato
quasi interamente dal braccio demaniale. Il clero era , in
questo tempo, gravato solo per uuji quinta parte. Alla loro
volta i baroni, che , nei casi speciali testé ricordati , paga-
vano a parte e indipen<leiitemeute dai loro vassalli la som-
ma , di cui si tassavano , erano esenti dal ])agameiito del
donativo, |)erchè obbligati al servizio militar*^ secondo l'an-
tico diritto feudale. La «piota assegnata al braccio militare
(1) La muti ili!) (Irllii «loiiicnira dì sclhia^esiina. as'eva Iiio^o una pro-
reHHioiH- |*«T la l»olla «Iella salita «Toriata a PaU'rmo. « K \)vr csscì- «iiu'sta
o|M-ia tanto (li-jjua sì |»«r li tanti Privileggij et iudulj^eiiice «-In' si «•«Hiticiic
«•«uiH' |HT iiotuliil s«!rvitio «'Ik' ù Sua Maestà (7at«>li<'a ne r«'snltn , <• p«T
h'ttri'f particola ri <-on le (|uaii suole raf<-«>inaiulnrla al Senato, costiiinM
y ìnUiHMt Senato «!' intervenirvi ». Hai.omonk-Maimno , Cn-emoiiiali' ilflln
frìiff t-lthì di l'tilttniio, in « Documenti per servii»* alla Storia di Sicilin »,
4.» wM-ie, voi. III. l'alernu», 1S9.") »• IS»!>: pa>f. M.
(2) MuNoiTOKK, /'ariani, (ienei.s I, IHK.
DAL 1535 AL 1543 425
era invece pagata dalle terre baronali da esso rappresen-
tate. Jl donativo, appnnto ])erehè non obbligatorio per leg-
ge , ma chiesto (^ concesso jier ragioni del momento , era
dato liberamente alla persona del re, sì che il sovrano po-
teva disporne a sno beneplacito. Ne seguiva che esso <li so-
lito andava a finire in Tspagiia , senza alcnn benefìcio per
la 8i(;ilia , la qnale così era costretta a dare <li nnovo da-
naro ogni qual \olta occorresse provvedere alle necessità
del paese (1).
Variabilissimo era stato il valore del donativo i>rinia
del 1500. Nel 1488 furono dati cento mila fiorini (2); nel 1499
duecento mila (3); nel 1502 si arrivò a trecento mila fio-
l'ini (4). Più tardi ne furono concessi anche in maggior mi-
sura. Il peso veniva ripartito fra i vari comuni per fuochi
e per anime. 1 magistrati municipali tassavano con dazi
sul consumo o con imjjosta di testatico. Il clero, per ado-
perare una frase del tempi», pagava di borsa. In fondo più
gravati erano sempre i più poveri (5).
TjC tratte % ossia il dazio di esportazione sui grani (fi),
costituivano la parte più cospiciui delle rendite pubbliche.
Lo stesso Gonzaga le proclama? va «le più certe et più vive
entrate », che avesse lo stato (7). Gioverà quindi farne cenno
con maggiore larghezza.
(1) MoNGrroKK A., Parlam. (ien., I, 75. C. Calisse , op. cU., pp. 9(»
e 172-4. UosARK» Greoouio , Cousidtras. etc. op. cU., 51-i e segg. I. La
Lumia, 8tov. SiciL, III, 214-5.
(2) MoNGiTOUE, op. cit., I, lOH.
(3) Ivi, 1, 120.
(4) Ivi, I, 124.
(5) R. (tRegorio, loc. cit. — Cfr. L La Lumia, op. cit.. Ili, 32-3.
(6) Chiaiiiavasi « trattit», in ditte rcnteinente, tanto LI dazio «{uaiito ogni
salma di frumento, od ogni duo salme di orzo e legumi, clie si esporta-
vano. MONGiTORE, Pari. Gen., I, 220.
(7) E. Costa , Registri di Lettere di Ferrante (ronzaya , pubblicati a
cura della IL Dep. di Star. Patria delle prov. Parmensi. Parma, Battei, 1889;
pag. 60.
426 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
Salvo uu dazio ordinario, fissato in forma definitiva sotto
il re Alfonso a tari ') e livana 5 ogni salma i)er ^'al Maz-
zara e a tari 4 per \'al di Noto , la esportazione dei fru-
menti era stata ah antiquo libera. Col tempo , mentre , sia
per Vanmeutato commercio dei grani, sia anche per la fa-
cilità e la sicurezza della riscosssione , al dazio vecchio
e fìsso già esistente se ne aggiungeva un altro, che prese
il nome <li e nuovo imposto >^^, si cominciò anche a ju-oibiie
di tanto in tanto l'esportazione, ora nella speranza di meglio
speculare sul commercio dei frumenti, ora in quella di evi-
tare all'isola i danni della carestia (1). Nel parlamento del
1515 fu chiesto il ristabilimento dei capitoli di Alfonso e
Giovanni sulla libera esportazione delle vettovaglie da ogni
porto del regno. Ferdinando il cattolico consentì che fos-
sero ai)erti i caricatoi e i poi'ti del regno alla esportazione
per luoghi uoii proibiti, salvo casi speciali di ragioni di stato
e, nello stesso teinpo , tìssanch) <li suo arbitrio il valore
reale del grano a 18 tari la salma, aggiunse che non si po-
tesse colpirlo col nuovo imposto finché non raggiungesse
quel prezzo (2). Pur tuttavia continuarono gli abusi. 8i
giunse ad elevare il nuovo imposto sino a 1<S tari hi salma.
Alh; (luerele del parlamento Carlo \' rispondeva nel 1523
in modo evasivo (;i). Solo (piando si toccò con mano che
quel sistema allontanava i compratori dalla Sicilia, favorendo
i porti stranieri, si pensò di cercare qualche rimedio, (^osì
nel 1527 si stabilì che non si ])roibissero le esportazioni e
che il nuovo imposto non si aggiungesse al vecchio dazio
ordinario se non (piando il valore dei frumenti su[>erasse
i 18 tari. Ma il viceré duca di Monteleoue j)eggiorò ancora
le condizioni del nnircato nel 1521> calcohindo ugualmente
la salma liiossa e (piella geiiei-ale, mentre (luestacoiiteiieva
(1) lUy. 'S'iV. C'ap.f fup. 2H di rt; AlfoiiMo e 27 di re Giovanni,
Ci) Ivi, i;a|>. 84 di rv. Ferdinando.
(8) Ivi, c«p. .VJ di Curio \'.
t)AL 1535 AL 1543 427
4 tomoli in iuei)o , e ordinaudo che .si tenesse conto non
(Iella misura, sì bene del j)rezzo, il che era proprio iniquo
e sorgente di inconvenienti e ingiustizie senza fine (1).
Più tardi si determinarono 12 caricatoi principali e si
raccolse la medi;i delle esportazioni di un novennio (1521-
.■)0), nella speranza di meglio regolare la materia in avve-
nire. E tuttavia non andò molto che il nuovo imposto ve-
ni \ a elevato sino a 3 scudi, ossia a 3H tari la salma (2).
li i)arlamento del 1535, jille altre raccomandazioni, ag-
giunse qiu'lla di stabilire una scala mobile per la imposi-
zione del dazio straordinario d'uscita. Ma anche qui il so-
vrano risjjondeva che ordinerebbe al viceré di provvedere
secondo le circostanze (3). Metodi né equi né razionali ,
dunque, incertezze e alternativa continua di provvedimenti
<) troj)po rigidi, o tropjK) rilassati, pur tacen<lo delle innu-
nu'ri altre diftì(;oltà e noie che inceppavano le esportazioni
aumentando sempn» la gfi-avezza delle spese, concorrevano
a <lei)riniere l'agri(M)ltura e il commercio, le due ]mi abbon-
danti e sicure fonti di ricchezza <lell'isola.
Fatta eccezione dei donativi offerti liberamente alla per-
siMia del sovrano, tutte le rendite pubblicdie dovevano es-
sere adop<'rate al mantenimento delle amministrazioni e
alla difesa dello stato. Né parte alcuna del patrimonio re-
gio potexasi alienare (4) « per altra causa che per deffen-
(1) Ili, cap. 171 (li re Cailo, del 1535.
(2) Reyvi Siciliae Pragmaticarum Sanctiomtm, eiv Tomo II, tit. 18,
prillimi. 2.", pp. 224-5, Venezia, 1574. Cfr. L. Bianchini, Della Si or. econ.
e di', della Sicilia, cit.. I, 238 42.
(3) Il parlamento proponeva che il nuovo imposto non potesse supe-
rare i tari 2, quando i frumenti nella maggior parte dei caricatoi vales-
seri) da IS a 22 tari la salma: i t^irì 4, quando valessero da 22 a 2H ; i
tari f), se il valore restasse fni i 2H e i 30 tari ; e che, solo se il prezzo
superasse i 30 tari la salma, non vi fosse limitazione. Reg. Siril. Capii.,
cap. 72 di re Carlo.
(4) Reg. Sicil. Capii., Cap. 9 di Giacomo, 1" di Martino, 357 e 423 di
Alfonso, 19 di Giovanni.
428 LL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
sione d'esso * (1). Col reddito straordinario del nuovo im-
posto, il quale del resto era senij)re incerto e aleatorio, si
taceva fronte, in ovioine, a spese straordinarie ini])reviste e
UDche alle eventuali detìcienze dei redditi ordinari. Mn ben
presto esso fu adoperato quasi sempre e quasi interamente
a vantaggio esclusivo del sovrano, per pagare i soldati si)a-
g'Duoli, fornir biscotti, mandare grani nella Spagna, o, quelli
comprati altrove , pagarli in vSicilia e per altre molte oc-
correnze (2). D'altra parte il bisognò sempre rinascente di
«ìauaro per sopperire alle si)ese delle interminabili guerre
aragonesi e castigliane, indussero i Sovrani a metter mano,
nonostante le leggi <la essi reiteratamente confermate, nel
patrimonio reg:io e nel pubblico <lemanio, alienando senza
riguardo beni e rendite , e costringendo per tal via i par-
lamenti a conceder sempre nuovi sussidi e donativi per
ricomprare il venduto. In ultimo i parlamenti stessi auto-
rizzarono silfatte vendite. Ma in quello del 1528 fu anche
stabilito che, a tutela dei compratori, esse dovessero essere
autorizzati^ , accettate e ratilicate dalla rappresentanza del
regno i)erchè non potessero essere impugnate come fatte
in opposizioiìi' ai (capitoli e ])rivilegi «lei regno (3). Era un
freno di cui i viceré non tardarono a sentire rettìcacia, <»
contro il (piale spesso si trovarono <lisarm4ti, troppo grande
essendo la resistenza dei compratori quando manca\'a (piella
clausola (4). Il i)eggi<) poi era che tutti gli espedienti u-
sati per raccoglier denaro in cAsi urgenti , che non erano
né pochi uè rjiri, portavano l'impronta del male d' {U'igine
cioè che vi si <loveva ricorrere p<'r necessita, non ])oten(l()
(1) E. Costa, Heijintri «ìi IH te re, ctc, pajr. M.
(2) I. (i. Cakkki, Iteluzionv delle cose ài HìvUìh, /alta <la I). Fcrranlc
tÉontnija air fmpt'iuitore Carlo V nel 1646. Pnltirnio. tip. « Lo Statuto»,
1H9«; piiK. 1!».
(.S) Mo\<irroKK , l'arUim. dm., I, I7(l. ("IV. ('. Caì.i.s.sk . Siar. ilei
l'arUim, kt .VÌo., p. 158.
(4) E. Conta, 1{«gi$tri tlt lettere, eie , pp. 'M-'M\.
DAL 1535 AL 1543 429
l)r()vvede>ve altrimenti. Eni eostuiite 1' altalena tra la ven-
dita di teii'e demaniali e l'accezione in demaniali di (luelle
baronali, clu^, per riscattarsi dalle angherie dei fendatari ,
si mostravano disposte a pacare forti somme di denaro, di
(•ni nna hnona i)arte andava al ttsco. Si vendevano ^ii nt-
tici e le cariche pnlibliche e anche se ne (Mvavano di nuo-
ve per far quattrini. Persino 1' amministrazione della giu-
stizia si sfruttava allo stesso scopo , mediante componi-
menti, che, diminuendo o condonando addirittura le pene,
assicuravano al legio erario somme più o meno cospicue.
Spesso poi, in(;alzando il bisogno , e non [K>tendosi aspet-
tare il termine fissato pei pagamenti , se ne procurava la
riscossione immediata, o a breve scadenza, con operazioni
finanziarie non sem])re facili a conseguirsi, ma sempre one-
rose. E, in generale, e dazi e gabelle erano « vendute >>,
ossisi date in ai)palto, in tutto o in jiart*», in tal forma per
mi tempo determinato.
(^)uali e «pianti danni siffatti «-omidicati e ]k)co razionali
congegni dovessero arrecare alla pubblica economia del re-
gno, ognuno può facilment<' intendere.
\^I. — Molto difettoso, come del resto anche altrove,
in <iuel tempo, era l'ordinamento dell'amministrazione giu-
diziaria. La riforma <lel 1440, che ju'cse nome dal re Alfonso,
assicurava t> vero una procedura giudiziaria regolare , che
ovviava a non pochi difetti ed abusi dei tempi anteriori (1);
ma ben presto le venne uxmìo (piasi ogni efficacia, sia
])er la debolezza del governo di fronte alle prepotenze ba-
ronali, sia per effetto di (iavilli ed arbitrarie interpretazioni,
che ne alteravano la natura sostanzialmente. Ben tentò il
viceré Ettore Pignatelli, duca di Monteleone (1517-1535),
di ristabilirla nella sua forma originaria, ma senza eftetto (2).
(1) Fu couìpihita <la Nardo «li Bartolouu-n, protonotHvo »lol refluo. Vt'v.
Eeg. Sic. Capii., oap. 369 di re Alfonso.
(2) L. Bianchini, op. cit., I, 177-8.
430 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICII.tA
E Ognuno può in)uiaginare a «luale (M)nfu.sioue ><i fosse
<»:iunti sol che ricordi che, al desiderio di conoscere i)erso-
ualiuente e porre rimedio alle condizioni poco liete dell'i-
stituto giudiziario, Carlo V attribuì i>riucipal mente la ra-
gione della sua visita alla Sicilia (1). I mali ])egoiori deri-
vavano dal fatto che, ridendosi i nobili delle ])ene commi-
nate dalle leggi contro i trasgressori, tacevano a gara nel
dare tisilo ai malfattori, i (piali pagavano la protezione loro
acxiordata aiutando i signori a compiere ogni sorta di pre-
potenze e ribalderie (2). Ma molto vi contribuiva la venalità
delle magistrature. ('Onie non doveva vendere la giustizia
chi aveva comprato il diritto di Amministrarla ! Le (pierele
dei parlamenti e la buona volontà dei governanti a nulla
potevano giovare (;3).
Un tribunale unico, la magna curia o gran corte, coni-
jKìsto da (piattro giudici, compreso un avvocato fiscale scelto
(1) « Crebbe molto questa nostra voliiutà vedemlo, et udendo <li giorno
iu giorno graude et spesse querele di le cose di la lusticia, come de altre
molte cose qui s<! huvevano. et hanno necessiirianiente de rcnuMliarc in
questo Regno.... Il nostro intento fu, et è dapoi di luivervi visitati, at-
tendere a tutte le cose, che convengano al benetìtio vostro, et del Regno,
roKMÌ en lo (|ue ha respetto a la .lustitia, la (juale .secondo fuiui<> ndver-
(iti, ha multa necessità di reniedio, ne la (juale ce siamo de poi de no-
stra venuta confìrmati talmente' , che si non per altro , solo per (piesto
efretk» havemo di bavere molt«» cara la nostra venuta... ». MoNcnroRE ,
rari. Gen., I, 196.
(2) I. La Lumia, 8t(yr. SiciL, 111, 'M).
(3) L' uso di vendere a vita per danaro , o di ihire in pegno urtici e
magistrature annuali, si lanuuitava già al teni])o di Alfonso <r/\rag<Mui.
Heg. Sicil. Vapit., capii. 429. ('fi. U. (xREOORIo , Comìderaziom , etc,
pag. 479, e L. ItiANoniNi , op. <it., I. 17S. — Il capitolo r)(> di re trarlo
«lei ir)2.S, che attesta la concessi<uie <lì ottici «per iiiezo di alcuni resi-
lienti in sua H«!al (!orti », minac(;iava gravi pene ai mercatori di magi-
nlralure, proibendone il con«lono o la c<mipo8Ìzione. Il La Mantia (Vito),
Storia tlelUi InjinL ete., nega p<!r gli urtici di nnigistrato la venalità, clu^
ammetttt \H'V gli altri uffici, nui a torto. Kgli d«'l resto è troppo propenso
a veder i-on occhio favorevole tutto ci("» che si riferisce mHìi legislazione
•iciliaua. Cfr., iu particolare, voi. li, pp. 201-2.
DAL 1535 AL 154;^ 431
a vita, e prescìecliito dal luo^'otenente del maestro joiiisti-
ziere, durante in carica conio i ^ induci un triennio, trattava
tanto le cause civili (juanto le criniinjili. ?] alla magna curia
erano soggetti anche i baroni, essendo ornai andata in di-
suso l'antica consuetudine normanna, confermata dalla co-
stituzioue di Federico II aragonese (ut unirernH), che cioè
i haroui nel criminale non potessero essere giudicati se non
da loro pjiri, e la corte dei dodici pari, concessa dagli sta-
tuti del 121H) (1), come risulta evidente dal tenore del ca-
])itolo undicesimo, ])roposto e accettato nel parlamenro del
151 S (2).
Un altro tribunale, detto magna curia dei maestri ra-
zionali e, poi, doj)() la riforma del 1485, al tempo di Fer-
dinando il cattolico, chiamato regia camera «' tribunale
del patrimonio, invigilava su le rendite e le spese dell'erario
regio, rivedeva i conti delle imbbliche amministrazioni e ,
in generale, trattava le cause e le quistioni riguardanti le
tinjuize dello stato, tranne s'intende la parte spettante alla
<leputazione del regno, la quale invece ri})artiva le iniposte,
regolava le riscossioni, eseguiva le spese , etc, con piena
autorità senza controllo. Esso era (^omi)osto da un presi-
dente, un conservatore, un consultore, ciuattro maestri ra-
zionali e un giudice, tutti permanenti e fissi; e da esso di-
pend(!vano il maestro segreto, preposto a tutte le secrezie
o dogane (eccetto «pielle di Messina, Catania , Siragusa e
(l)~liey. Su-, Capii., cap. 1", 2" e 8" «li ve Federico.
(2) Ivi, cap. Xi di re Carlo, « Item , supplica el dicto Regno vostra.
Catholicu Majestà, li plaza peruiictiri, che li Spectiibili Marchisi, Conti,
et Baruni di vassalli del Regno, quando su citati Criminalimenti, ad luinus
hagiano deci iorni ili termino ad coiiipariri post <'itationeni, attento che,
essendo persimi nobili et .Magnati, non ponno <li continenti cavalcari, et
partirisi : immo che in dicto termino si possano raectiri in ordini per ve-
niii a la dirti, et presentarisi. — J^lacet Ber/iae Mai-eatatt , nisi ex causa
necensaria aliter videatur Vi<-ere<ji». — Cfr. I. La IjUMIa , Sfur. Sicjl.,
Ili, 229. Jl ViLLAiuANCA , Notizie Storiche, etc, op. cit., Vili", 47, è
d'altra opinione.
432 IL GOVERNO DI DON FERKANTE GONZAGA IN SICILIA
Termini), il maestro portulaiio sopraiuteiidente ai caricatori
e alle esportflzioni, il luogotenente delle tìsealie, quello che
più tardi fu detto il commissario della mezza annata (l),
il tesoriero, il conservatore e tutti ^li altri funzionari era-
riali (2).
Questi tribunali avevano «iurisdizione su tutta l'isola, e
seguivano il viceré nei mutamenti di residenza , avendo
(piello in essi ingresso e suffragio. Ma dall'uno come dal-
l'altro si poteva appellare al tribunale supremo detto della
sacra regia coscienza, composto dal viceré e da due o tre
altre persone curiali idonee (3). Le città del regno avevano
altri tribunali e gimlici di grado inferiore , dai quali era
consentito l'appello alla magna curia. II grande ammiraglio,
il maestro portolano e il maestro secreto avevano, alla loro
volta, giurisdizione speciale sui loro rispettivi dipendenti,
limitata agli atti ]n'opri dell'uttìcio di ciascuno. La giu-
risdizione inferiore nei feudi spettava ai baroni. Palermo e
Messina godevano d'un ordinamento speciale. La ju'ima
a ve Vii una corte di tre giudici, presieduti dal capitano per
le cause penali e dal pretore per (]uelle civili. La seconda
un tribunale presieduto dallo strafico (4), magistratura an-
tii'liissima tutta speciale della cittàdi Messina, <la annuale
«livenutA biennale uel IT)] 7 (5), e sempre considerata come
(1) Era uua specie di t^issa 8ti'iU)rdiuuriii sullo stipendio iteli*' piiiue
iioiiiine. Fn prima di un (|iiinto ; poi, nel 1631, «Iella n)t'tà. L. Bianchini,
op. vit., I, 279.
(2) I. La Lumia, star. SiriL, HI, 27-S. L. Hianohini, op. <it., I, 2«8-9.
H. CtREOoimo, ('<nini<ì., oj). cit., pp. 4778.
(3) fi iM'ne notare ehe non «i trattava di appellazione ordinaria. t>i
ricorreva iuvece al viceré per via di Ruppliche. K il vic^er^ si rimetteva
«piaJciie v«dta per la de('ÌHÌone anelie hI %hcìo eonni^lio. li. (tkkcìouio,
(inmitlrrticùnii, etc., pag. 44H.
(♦) L La Lomia, Star. .Vtr«7., Ili, 28-HO.
(5) (.'on priviIe>(io <iat<«> da Bruxelien, ai lo febbraio 1517. «à f*upli»ii
Clou de la einjlad de Mentina». .\mi(;o Antonino, Breve notieia del (io-
viemo del ettraticò y re^a curia entralicoviul lU la mvy nobile y Jideliisiina
DAL 1536 AL 1543 433
la più alta ed ouorifìca <lo[)o quelle dei viceré di Napoli e
Sicilia e del governatore di Milano (1), anche perchè la sua
autorità giudiziaria e militare si estendeva a tutto il ter-
ritorio messinese e a (piello di Val Demoua (2). Tantt) in
Messina, (pianto in Palermo, le eause dovevano essere giudi-
cate nella città stessa; e quelle di secondo grado, in asseuza
del viceré e dei suoi ministri, erano trattate da giudici nativi
del luogo (8).
Né conviene dimenticar" i ca])itani d' arme o vicari , i
(piali, nominati in circostanze siieciali per sc^jpi determinati,
e in generale i)er dare la ca(;cia ai banditi, erano investiti
di pot(n'i giudiziari, sì che (mhi un proprio auditore giudi-
cavano e applicavano anche le )>ene inflitte (4).
Nel parlamento del 1585, in cui Carlo V mostrò aver
prese a cuore i)iù che altro le condizioni poco sodisfacenti
dell'amministrazione della giustizia, furono ju'oposte alcune
riforme, veramente opportune , come la nomina di (I anzi
che di I giudici della magna curia, .'5 per le cause civili e
.') per le criminali (5), la istituzione di un tribunale d'ap})ello
ciittlad de Mhhxìiui eii ci reyno de SU-ilin. in « Doc. per servire alici st<)ria
<li Sicilia», già cit., 4» serie, voi. I. [a. 1S92], pag. 4H.
(1) « Es 1») niisiiM» qiu' eii Esi)ana el Assistente <le Sevill;i >>. /r/ ,
(2) « Sii cargo cs mas «le governar cu la paz qiie i^ii la guerra , con
todo que tiene estn potestad de Capitan de Arinas indivisible con el <'argo
de Estraticò en està ciiidad y su la couiurca y en Valdeuioua ; mas
propriamente el Estraticò de Messina, se deve iuterpretiir Magistrato Mu-
nicipale, que Dttj- uiilitariti y Capitelli de Armas ». Ivi. pag. H4.
(H) I. La Lomia , Star. SuiL, III, 30. ("Ir. /.V</. Swil. Capii., cap. \)\
di re (Jarlo. — Questo giudice delle prime appellazioni, istituito dai primi
aragonesi in caso di assenza d«'lla magna curia , si trova poi anche in
Catania, Siracusa, 'Tiapaiii, Seiacca e Noto. Amico Vito, Votano illuxtraio.
Catania, 1741. Voi. Il, pag. 2X0. R. Gric(ìorio, CoitsUhrosioin , eie. op.
cit., 474. Vri'o La .Mantia, sto)^i^l della Icfjixlozione, etc. II, ìi)'ì-{].
(4) 1. V. Cakrki, Relazione etc. pag. lo. — Cfr. anche: I. La Lu.mia,
Star. Sicil., Ili, 27-30.
(5) lict/. Sicil. (,'apit., Cap. KiS.
434 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
supremo {((ppeììationis nvisionis et nulìitatis) (1), l'abolizione
(Iella procedura ex abrupto contro le persone pacitiche e o-
iieste (2), e la promessa di processjire , se si presentassero
entro un mese, juris et ritiiH ordine sensato, gli ac«*nsati di
lievi delitti, che, per sfuggire alla procedura ex abrupto, si
tenevano nascosti, acciocché non fluissero col darsi anch'essi
al malandrinaggio (3), oltre a lu'ovvedimenti energici ])er
impedire il mercimonio degli offici di giustizia (4). Ma si
fecero anche ])roposte che, accolte, avrebbero i)eggiorato il
male, come , p. es., cpiella intesa a ridurre nuovamente a
50 once la pena minacciata ai ricettatori di banditi, che il
viceré duca Di Monteleoue aveva stabilito nella deportazioiu',
o in lina multa di onze 8(M) (5), e l'altra che chie<leva un'am-
nistia per tutti i fatti passati, salvo i diritti delle parti lese,
e che era cosa affatto nuova e non mai concessa (fi). E parve
anche conveniente chiedere di nuovo la sindacatura <lei ma-
gistrati sii])remi uscenti di carica, da esercitarsi non dai
successori, nella cui imi)arzialità non si aveva fede, ma da
estranei, anche del regno di Napoli, purché eletti dal so-
vrano (7): come se l'esperienza ncm avesse già dimostrato
la perfetta inutilità d'un tale controllo, risalente al regno
«li P>derico imperatore.
Carlo V apju'ovò subito la i»roi)osta del sindacato (8),
ma ]>romise che avrebbe regolato il resto, prima di lasciar
(1) Ivi, cap. 167.
(2) Ivi, cap. 17r).
(3) fri, cap. 178.
(4) /fi, <ap. 174.
(ó) /rj, cap. 179.
(6) /W, cap. 177.
(7) M, cap. 1(W.
(5) Con vcr«» Inìmour nm <-()iii('ii(ii il (ìukcìukio, iicII»' (^oiisiilvncioui,
eir. (op. rll., pnff. 4X1), la condÌKCcndcn/a «li Carlo ^^ p<'i iis|ntloMl siii-
<lH«'at/i. liei piirliiriM'iifi «l('j;li iiiitii \M't, ir»40 e ir>4(i : « V'ciitnniitc «iiu'slo
wivio piitiri|H- »^ov«'inav;i«i lullii «tcKHa j^winn »hc ^li avveduti ed esperti
medici, i quali nelle nialatti«' inriirulMli laHciiiii ì'-mv iijrli miii imiliit i ».
DAL 1536 AL 1543 435
l'isoln, con nuove ])iiiinmaticlie (1). Queste furono difatti
tinuate a Messina il 31 ottobre, e pubblicate dal Gonzaga
il () (1(^1 successivo novembre (2). In sostanza esse vieta-
\ano al viceré, salvo casi si)eciali e ])revio consenso del
sovrano, a^li ufficiali ret>i e ai baroni rivestiti di giurisdi-
zione lenitiva nei feudi di tra usi <> ere per danaro coi mal-
fattori (3) ; minacciavano 1' esilio perpetuo , o la multa <li
()(KM) fiorini ai marchesi, conti, baroni, o semplici gentiluo-
mini e ai conduttori di navigli (4) , e la pena caj>itale e
l'infanna agli ufficiali regi, che accordassero rifugio o as-
sistenza ai banditi (5); riducevano da un anno a (piattro
mesi il termine concesso ai fuorgiudicati ])er jnesentarsi
alle autorità ((i); comminavano la i)ena di mort<^ a chi ni
associasse ai ban<litì per dieci giorni (7) ; imponevano agli
ufficiali regi e ai baroni godenti mero e misto imperio di
comunicare in breve termine la nota dei delitti commessi
(1) Al capitolo ltì7, C'iirlo V aveva risposto: «Su Ma^estad cTìtieiide
con buena y matura (lelibcratioii cu dar biiciia forma ala administracion
«loia IiiHtitia deste Hej;no de mas de las prajjmaticas. provisiones, y or-
diiiaciones, <|iu' afjora se liazen y esto con UmIh diligeneia, y tendià me-
moria «le lo que se supplica, y entre tanto manderà al Visorey , et «pie
]>rovea lo qiie toca a este capitolo, de maneni, «pie la Iiistitia sea rectn-
mente y bien administrada ». E nel «'ap. 1H4, ed ultimo, c«)sì si «'spre»R«' :
Y ptir que su Maj^estad lés dixo, «pie entenjliessen en lo «pie eonviendrà
al redreco de la iusticia , y ellos offrecieron , «|ue assi 1«> liarian , y no
hai) li«>cho c«>sa, (pn- tenpi respecto a elio mas, de lo que se contiene en
alj-unos destos «tapitolos, Su Ma^estad ha man«lato hazer al^rnnas ordina-
ciones, y pragniaticas sjiludables a esso respecto, y nninda, qu«' sean ob-
servadas por ser cosa «pie c«)nviene al buen s«>ssiego. y buen vivir «le8t«ì
Kcffuo, y servici«> de Di«>s nostro Sennor».
(2) Imperiale^ Pragmaticac Snuctiones edilae per xiurum Otcxorcam
ci Caffi, Ma tenta tcm Caroli V, etc, anno 158') in Rpffni Sml. J'ra;ivi. Sntirt.,
II, SH8-S41. Venezia ir)74. Cfr. I. La Lumia, Star. SieiL, 111, SlH-17.
'Si Tmp. Prnym. Sauri., pr<;. 1.
(4) Ivi, \>v}i. 2" e !(»".
(5) [ri, pr«--. ir.
(«) Iri, prò-. T'^-K".
(7) Ili, pr«;. 4".
436 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
uel loro territorio (1); vietavaDO iuflue ai baroni di ven-
dere gli uftiei giurisdizionali nei loro fendi (2).
In t'ondo, lasciavano le cose come si trovavano. Non si
era voluto, o potuto attVontare una soluzione radicale. K
ciò era tanto più dannoso in quanto che lasciava sussistere
un altro pericoloso malanno, l'ingerenza interessata della
cort<3 spaglinola, nell'amministrazione della giustizia nell'i-
sola. Molti, se ritenevano di non poter sfuggire alla con-
<lanua, o anche alla avidità della magistratura del regno,
si studiavano di far rimettere il giudizio al sovrano e al
suo supremo consiglio in Ispagna, di che i)()tevano sempre
sperare alcun vantaggio. 8e anche non riesciva loro di cat-
tivarsi con doni, o per altre vie, la benevolenza dei mini-
stri e consiglieri regi, acquistavano a ogni modo il beneficio
del tempo , che la lontananza, la lunga procedura, e, jun
che altro, la proverbiale lentezza spaglinola tirando le cose
iu lungo, lasciavano sempre verde la speranza in (pialche
avvenimento nuovo e inaspettato, che consentisse di ca-
varsela, se non illesi del tutto, almeno con minor male.
VII. — Per il trilmnale della regia monarchia, o legazia
apostolica, derivante da una concessione di Urbano II (1()98),
il re di Sicilia, essendo Icfiatun natus eum itrotcstate legati a
laUre, aveva giurisdi/ione su tutti i prelati ed ecclesiastici
secolari v. regolari del i-egiio e delle isole di Malta e Li])ari,
tanto in via ordinaria quanto in via di gravame e ap])ello.
Ed era anclie giu«lice ordinario in tutte le cause degli abati
di ginspatronato e d«'lle <*osì dette chiese es<Miti.
Ma, purtroppo, al temjx), e col favore, <li Fenlinando il
«•attolico, 8i era insiiuiato e aveva messo ladici nell'isola
il tribunale dell'in(|uisizi(me, alla i)rosperità del cinaU' con-
rorreva la stessa |)rivilegiata <'oi)dizione, cli<> la legazia a-
jNmtoliea assicurava ai re siciliani. Nel 14H7 sl)ar(ò a 1*m-
(1) /W, iirg. U".
(2) Iri, |irg. IH".
DAL 1534 AL 1543 43Ì
lermo, pioveiiiente (lalla Spsigua , il primo iiuiiiisitore , un
frate (lonienicaiio, Antonio della Pegna. Gli effetti di que-
sta novità non tardarono a rendersi manifesti , tanto più
gravi in (juanto che gli inquisitori della Sicilia erano spa-
gnuoli e dipendevano dall'inquisitore generale, residente
nella Spagna. Il viceré don Ugo di Monca<la, vuoi per u-
niformarsi ai criteri jiolitici del sovrano, vuoi perchè non
aveva com])reso l'importanza della istituzione , favorì gli
inquisitori, ai quali anzi nel 1513 cede la vecchia reggia di
Palermo, prendendo egli sede nello Steri (1). Da quel mo-
mento il tribunale dell'incjuisizione divenne terribile e te-
muto e a(?quistò grande autorità e potare, largamente usan-
done ed abusandone, si)ecialmente contro i neofiti ebrei ,
che, dopo l'espulsione dol 1402, per rimanere in Sicilia, si
erano, i)iii o meno sinceramente, convertiti al cristianesimo
sostenuto com'era dai governanti, che in esso vedevano un
istrumento di tirannide utile e facile ad adoperarsi, quan-
tunque cordialmente odiato dal impolo. Il foro inquisitoriale
fu largamente jjrivilegiato. 1 suoi otiiciali e familiari si sot-
traevano alla giurisdizione ordinaria. Gli inquisitori pene-
travano da per tutto. Si giunse al punto che il tribunale
del santo otticio negava il pagamento dei debiti gravanti
sui beni sequestrati, la restituzione delle doti alle mogli
cristiane e fedeli dei condannati per eresia e gli alimenti
ai loro iigUuoli, mentre i suoi officiali sollecitavano la ces-
sione di debiti per poter colpire i debitori con le armi del-
l'inquisizione. Per porvi un (pialche riparo fu ordinato il
I)agaiuent;) dei crediti sui beni contiscati, purché risultasse
la buona fede e la prescrizione trentennale (2), e la resti-
(1) 1. J>A ÌjLMIa, Stur. SuiL, 111, 4u. - Nei primi tempi gli inquisi-
tori non iivevauo sede fissii. 8i recavano in Sicilia dalla Spagna, dove,
dopo avt'r indagato e provveduto, ritornavano, per render conto dell'o-
jKMa loro al tribunale .supremo. Nel 1518 la Sicilia ebbe invece un ti'ibu-
iiale speciale, con sede a Palermo. Di Blasi, Storia del Reg. di Sic, II, 600.
(2) Reg. Sic. Capit., Gap. 7+ di re Carlo, del 1528.
Areh. Star. Sic. N. S. Anno XXX. 29
438 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
tuzioiie (Ielle doti, costituite prima della consumazione del
delitto (1) e si dìdiiarò che le cessioni suddette non pote-
vano mutare la condizione del foro (2).
Lo sdegno dei siciliani contro l'inquisizione si nianit'e-
stò apertamente al tenijio dei tumulti contro il viceré Mon-
cada (1516), e durante l'insurrezione dello Squarcialupo (1517).
Cacciato 1' inquisitore Fra Michele Cervera e liberati i
rinchiusi nelle carceri del sant'ottìcio, il popolo a furia di-
strusse scritture, insegne, masserizie, stemmi e quant'altro
appartenesse all'odiato tribunale, o potesse ricord.arlo. Ma
Carlo V, l'anno dopo (1518), lo ristabiliva (3). Pifi tardi,
alla richiesta dei Siciliani che volesse affidare l'inquisizione
agli ordinari delle diocesi o ai priori dei domenicani del
regno, rispondeva che ne avrebbe trattato col papa (4) ; e
all'altra che vi fosse nell'isola r.n magistrato, a cui ap})el-
lare dalle senteuze degli inquisitori e degli officiali <lella
santa crociata, lispondeva rimandandoli, si direbbe oggi,
per ragioni di competenza, all'inquisitore generale (5). Che
pili! Proprio entrando il 1535, ai IS gennaio, il viceré Pi-
gnatelli ordinava che tutti gli officiali e familiari dell'in-
(juisizione fossero esenti da ogni altra giurisdizione, jmtes-
»ero portar armi non ostante i divieti generali, fossero, se
rei di gravi delitti, iiu^arcerati e custoditi se(H)ndo gli or-
dini dell'iiKpiisitore, al (piale, senza farue giudizio, doves-
sero i giudici laici inviare le informazioni e gli atti riguar-
danti i delitti commessi ; e che agli officiali regi fosse
mandato un (Catalogo, dei ministri e familiari dell'iiuiuisi-
(1) Ivi, cap. 75 (li if Carlo, «lei 15*JH.
(2) fri, va\ì. SI di re Carlo, (U-i ]'y'2'A.
(8) VlTc» La Mantia, Oriifinr v viwìnìr drU' Inquisì :i(nic tu Sivilin. In
«Rivinta Storira Italiana», aii. lss(>, pp, ;V29:{|. I. La Li.mia , Star.
Sieil., Ili, T2-'A V i:U. »
(4) R«g. Sicil. Ciipit., Cap. 7;{ «It-I iv Carlo, tlfiraiuio 172:^.
(.'») Siipfr hnr non Hpvvtnl firoridvrr ttd hikiiii h'vfiiani Moii'KhiItni : srd
hiihrnluf révurmn tiil l\rvrrfiu{ÌKHÌniuti> I n<iuisHnrrm (ì e net uhm., V\\\ì. 121
ili n* (JhHo, del 1580, in Heij. Sicil. dnpit.
DAL 1535 AL 1543 439
zionc. PortiiuataTueiite il so^'^iorno in Hicilia e i suggeri-
menti «li ministri accorti, come il (4onzHga, indussero
(/arlo V iì i-iconoscere « la regia autorità fonte vera di o-
gni temporale giurisdizione degli Inquisitori, che i)er dele-
gazioni e costituzioni j)ontitìcie poteano solo esercitare
giiu'isdizione ecclesiastica, non mai dannare al rogo, ed e-
sercitare temporale giurisdizione ci \ ile e criminale ». E però
egli, a petizione del parlamento Hiciliano, sospese i privilegi
dell'inquisizione per un quiiupiennio. Concessione notevo-
lissima. rinnoA'ata poi per nn altro quinquennio, come si
vedrà a suo luogo, e che, semprr' poco nota, si cercò più
tardi di far dimenticare (1).
Vili. — Alla difesa dell'Isola da nemici esterni si era
sem])re provveduto con maggiore o minore ettìcacia. Ma,
costituitasi hi potente monarchia spagnuola e ripresa la
politica delle conquiste africane, per cui la Sicilia diven-
tava pedina imi>ortantissima nel vasto giuoco <legli inte-
ressi della monarchia iberica , essa richiedeva <li necessità
cure lùù assidue e sacrilìzi assai più rilevanti. I Siciliani ,
pei (piali la sicurezza delle loro coste e la tutela <lei loi*o
commerci erano ((uistione di vita, se ne preoccuparono e
non di rado misero innanzi progetti e si offrirono pronti a
<lare il necessario. La <lifesa delle coste era affidata all'ar-
mata (2) e alle fortezze. (Quella terrestre, prescindendo dal
(1) Vito liA Mani'ia ; Originr, eie, oj>. cit., pp. 52i5 e. Ó2H-9.
(2) L'armata siciliana »»ni8tava di 10 galee, 6 dette ordinarie e 4 straor-
dinari»'. Queste ultiine ai)partenevano a privati armatori ed erano assol-
date sempre teniporaneaiiiente secondo le necessità. Per solito il contratto
{Vasgieiito, <> appalto, ((tminciava «ol 1" d'aprile e usava segnarne la ri-
conternia tre mesi prima. CtV. Lettera di Don Ferrante a Carlo V, da
Palermo, 14 gennai») l^)3^!. h'etj. delle vose del gor. di ISic. 1535-39, Poi.
149. Carie Gousaifo. R. Ardi. Pann. — Vethenio die Carlo V porti» a H
anclie le :*traordinarie, non tanto pei' amor della difesa dell'isola, quanto
per addossarle anche quella spesa. Pei altro di galee ordinarie, cioè di
proprietà dello stuto, ce ne erano effettivamente 4 e non 6, trovandosi
nel loro numero comprese anche due del Signore di Monaco. Reg. della
F. Cane, a. 1538, Ibi. 49K.
440 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
servizio militare dei feudatari, anch'esvso non sempre certo
e sicuro, mancava di un ordinamento tradizionale e stabile,
ma si improvvisava, per così dire, secondo le occasioni. Or
nel parlamento del 1518 fu proposta la istituzione di nnamili-
ziastanziale di 150 uomini d'arme regnicoli, 50 per ogni valle,
sull'esempio del regno di I^apoli, e chiesto che le galee sici-
liane rimanessero sempre nel regno e fossero adoperate sol-
tanto a presidiò e difesa dell'isola (1). Per le galee rispose
Carlo V che non solo lascerebbe alla Cicilia le sue, ma altre,
occorrendo ne darebbe; per la milizia, invece, che avrebbe po-
tuto dargli ombra, rispose con vaghe parole (2). Nel 1528
il jiarlamento, oltre i soliti donativi, offrì anche 200 caval-
leggeri Siciliani con 4 c^ipitani e 4 altieri e collo stipendio
mensile di 20 ducati d'oro a ciascun capitano, 12 a ciascun
alfiere e f» a ciascun cavaliere, e consentì la vendita di beni
demaniali per un valore non superiore a 30<)00 ducati (.'i).
n parlamento del 1531 diede 100000 fiorini, ])agabili in ciu-
cine anni, per fortificare Siracusa,, Termini, e Milazzo (4).
Nel 1532, facendo abilmente valere la minaccia d'un' in\a-
sione turca e l'estrema necessità di denaro, il viceré indusse
il parlamento, dji lui convocato in via straordinaria di pro-
pria autorità, a. deliberare la spesa occorrente per as-
soldare KMKK) fanti siciliani, mia quinta parte a carico del
braccio ecclesiastico e il resto a carico degli altri due bracci,
mediante una tassa da imporsi alle persoiu» facoltose, nes-
suna eccettuata (5). Era in fondo un primo i)asso verso la
istituzione di milizie' paesane, dì fronte al costante uso di
servirsi di men^eiiari stranieri. Nel 1534 il parlamento si ra-
(1) Ifeff. sic. ('(iftit., (!ap. r>" »> IO" (li re ("arlo.
(2) MajesUiH xuti, ohlata uftpoittinUate, priyndebit : ut iim postini covum
opi-rrnm in mui nerritio erihere. Jri, cap. 5.
(:<) MoNOiroKK, fori. Ceurr., 1, 109-172.
(4) ivi, I, 17<i.
(5) /W, I, 17». — Il La Lumia, («/*. cit., HI, 2«H), clic drl rtwto non
fit iiicnzloiu* (li (|ucHt(> pnrlniiH-nto (tei ir>S'2, iu> (Ììm-oiti' trattiindo (<t'ì
imrliiiiifuli del ir*HI e l.'):{4.
DàL 1535 AL 1543 441
(limò due volte , il 4 maggio e ^il 17 settembre. Nel mag-
gio, oltre l'ordinario donativo di 3(KX)00 fiorini, deliberò di
mantenere i I()0(X) fanti per altri tre mesi , oltre il tempo
già fissato, cioè sino al Dicembre (1). B dì piìi, : per l'ur-
genti necessità dell'Armata Turchesca, et tuictione di «piesto
Regno », autorizzò il viceré a « vendere, et snbjugare sopra
il Patrimonio Reale, Secreti], ragioni, et proventi della Re-
gia Corte », sino alla somma di oOOOf) ducati, oltre i 'iOOOO
del 1528. Anzi, persuaso che, non facendolo, sarebbe stato
diflicile trovar compratori , approvò la vendita anticipata-
mente (2). Nel settembre, i)ur rallegrandosi che il nemico
non si fosse mostrato, ma riconoscendo che il pericolo, non
che diminuire , era aumentato per la conquistai di Tunisi
fattji dal Barbarossa , ])rorogava di nuovo il termine pel
mantenimento dei KXMK) fanti sino a tutto il dicembre del
1535, con facoltà al viceré di assoldarne, occorrendo, lOfKX)
l)er 3 mesi o ])ure 50()() soltanto per (» mesi , e di far ri-
scuotere subito il danan», il (piale, non }K>tendo essere ado-
perato ad altro uso , doveva essere tenuto in <leposito da
speciali depositari, eletti dalla deputazione del regno, e res-
tituito ai jjossessori entro il 1" gennaio 153(5, qualora in
tutto o in parte non fosse stato speso (3).
Intanto hi Sicilia faceva un acquisto notevole nell'inge-
gnere militare bergamasco Antonio Ferramolino , sbarcato
nell'isola dopo la caduta di Corone (1533) , con intenzione
di recarsi alla corte di Carlo V in cerca di impiego. 11 vi-
ceré duca di Monteleone, conoscendone il valore gli <liede
(1) MoNTUTORE, Parlam. Oe».. I, 185,
(2) hi, I, 189.
(3) Tri, I, 190-19.3. Il parlamento intendeva ohe, qualora lo si ritenease
utile, il sussidio dovesse p<»tersi adoperare anche « in aiuto et subsìdio
di TAnnata, et elassi niaritinia , che Sua Magestà Cesarea facesse tanto
potenti, che con quelle si ponzi andare a debellari et distrudiri la ditta
Annata Turchesca, con lo che si seguiria la .**ecurità , et conservactioni
di ditto fidelissimo Regno *. Ivi, I, 193.
442 IL aOVKRNO ni don ferrame GONZAGA IN 8IC1L1A
il posto di ingegnere ordinario del re , in sostitnzione di
Pietro Antonio Toniastdli, malandato in salnte e invalido,
e subito lo naan<lò in varii luoghi inarittinii a studiare e
preparare difese. Carlo \' approvò. 1^^ cosi il Ferrauiolino
rimase in Sicilia per tutto il resto della sua vita, ideatore
e, in buona parte, anche esecutore delle più importanti o-
pere di tbrtiticazione, di che fu arricchita la Sicilia durante
il regno di Carlo V (1).
IX. — Quando Carlo V salì al trono la potenza dei feu-
<latari in Sicilia era grandissima. La maggior parte della
ricchezza era nelle loro mani. E il servizio militare, men-
tre li rendeva primi e più sicuri sostegni della monarchia,
li metteva in gra<lo , nello stesso tempo, di non curarsi
delle leggi, anzi di servirsene contro le cittii e la borglns
sia. Hasti dire che, di fronte a quasi duecento comuni feu-
(bili , in (juesto temix), i demaniali o regi non raggiunge-
vano forse, o di ])oco oltrepassa\'ano la quarantina (2), pur
essendo pei donativi e altre imi)oste tassati ugualmente
tanto il braccio baronale (pianto il demaniale. Nei primi il
barone era tutto, che oltre ad avere la maggior i)arte <l'essi
il mero e misto imperio, imtevano sempre eludere l'appello
ai tribunali regi contro le loro vessazioni e spoliazioni.
Nelle città demaniali funzionavano le magistrature muni-
cipali : i <*<)nsigli ])0])olari ])ei' gli att'ari <l'ordine generale,
i giurati per ramminittrazione dei beni del comune, delle
rendite e delle imposte, dell'annona, delle opere pubbliche.
(1) V. Di Giovanni, Le fortifìcaeioui ili J'dlmuu uri srcolo Al'/, <(iust<i
r « Ordini • dflVIìKj. Antoni» Ferrnmolino. In «nocumenti per servire
alla Storia di Sicilia». Palermo, tip. «Lo Statuto», serie 4*, voi. 4",
pp. 8-10 e HI -95. -Il Ferramolino , è noto, nutrì in Africa nel \!>M. al-
l'aMMlio (li Mahadiii, dove si era recat'O col viceré De V^e^n.
(2) U. (JKMiURio, l'onniderationi^ etc.^ op. cit., pag. r>ir>, ne vuiiUi lìtO
dei fBiululi e 48 dei demaniali ; ma non è chiaro, dal tetito, se tale sta-
tiatica mì riterÌNca al principio o alla nietÀ del secolo XVI.
DAL 1535 AL 1543 U3
etc. , i capitani per la. oinstizia e la polizia cittadiua. Ma,
(li fatto, anello in esse i nobili, forti di vaste clientele , o
con la violenza o con la coiTuzione, spadroneggiavano senza
contrasto (1). L'agricoltura, essa stessa era inaridita nelle
sue fonti dall' avidità (^ cupidigia loro , che « solevano al-
cuni baroni al tempo delle raccolte comandare ai vassalli
clic vendessero a loro e non ad altri li frutti e frumenti
con gravissimo danno e jattura; ed aecadea molte volte che
nell' anno stesso avendo Tiecessità il vassallo comprava
dal nied(\simo barone il i)ropri(> frumento a grandissimo
])rezzo, avendo (piello venduto poco innanzi molto merca-
to > (2). Eppure di così illimitato jjotere non si contenta-
vano i baroni. Quelli di essi, che erano ancora privi del
mero e misto imi)erio, lo (;liiesero nel 1518, offrendo il i)a-
gamento di un ducato \)ev ogni casa di vassalli. Ma Carlo Y
se ne scliermì (.{). Xessuno poteva essere meno di lui
jiropenso a nn ampliamento delle prerogative fendali.
Persino il ricco patrimonio ecclesiastico poco giovamento
dava al ])aese. Coi diritti dell'aiiostolica legazia un gover-
no nazioìiale avrebbe i)otnto rivolgere a vantaggio del re-
gno e a sollie\'o delle classi più disagiata una buona i)arte
d(>lle rendite dei b<>ni ecclesiasticn , compensando, in tal
modo, (j nello che Roma sotto tanti diversi titoli portava via
dall'isola. Ma, v-oìì un re straniero e lontano, non è mera-
viglia che i benefìci maggiori ca<lessero quasi sempre nelle
mani di stranieri e le rendite fossero spese in massima parte
fuori del regno. Non mancarono rimostranze da i)arte dei si-
ciliani, specialmente presso Ferdinando il cattolico e Carlo V.
Xel 14HI fu chiesto, come già altre volte anteriormente,
che almeno un c^irdinale fosse siciliano (4); nel 1488 e nel
(1) I. La Li-mia, Star. Sicil., IH, U-ltì.
(2) Frammdiirhe, eie. II, 327, dell'alino 1.58.''). Cfr. L. Bianchini, op.
cit., I, 14;").
(8) Re//. SU-ìL, ('<tpit., «ap. 20 o 21 di re Carlo. Cfr, anche il cap. 12tì
di Ferdinando il o«ttolioo dell'anno 1515.
(4) Ivi, cap. 4 del re Ferdinando il cattolico.
^4 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
1503, nel 1514 e nel 1534 che i benefici ecclesiastici fossero
conceduti a siciliani (1); nel 1514 clie della (|uinta i>arte
delle rendite dei ju'elati non residenti fosse coin])rato oro
o argento, per coniarne monete nell'isola (2); nel 1514, nel
1518 e nel 1523 che i i)relati fossero obbligati a risiedere
nel regno (3); nel 1503 , nel nel 1523 e nel 152(> che fosse
osservata V <; alternativa ossia : che di due elezioni a prela-
ture o benetìzi di regio patronato una dovesse sempre farsi
in persona di un siciliano (4). K nell'ultinìo parlamento, ce-
lebrato teste da Carlo \' (1535), non solo fu chiesta l'osser-
vanza di quelle prescrizioid (5), ma anche che si pregasse
il papa di abolire le pensioni imposte senza consenso del
sovrano sulle prelature e sui benefici ecclesiastici di regio
pati'onato (6), e che si istituissero in Sicilia 30 commende
<lell'ordine di S. (xiacomo, da <larsi ad oriundi siciliani, con
un commendator maggiore, anch'esso siciliano, facendo fronte
alla spesa con tasse sui redditi e frutti dei beni (ecclesia-
stici di regio jiatronato (7). Ferdinando e Carlo furono lar-
(1) Iri, cap. 19, 34 e 95 di rt* FcnUnaudo il «'.nttolioo, e 130 di Carlo V.
(2) Tri, cap. 83 di re. Ferdinando il cattolico.
(3) lei, cap. 92 dello stesso, e 13 e 55 di Cado V. — Nel cap. 92,
chiesto nel 1514, si leggono queste eloquenti parole: « La absentia dili
Prelati del Regno causa multo danno, piiiuo ali animi deli Regnicoli
Et l'altro danno è de lo corpo, perchè inviano certi procuratori, che su
pilaturi, et extorturi di li poviri genti di loro diocesi : et quanti dinari
dili redditi «lili «litti prelati,) coglino , et dili extorsioni, et ('ompositioni
mali, che fanno in prejudicio di li animi, et gregi loro, tncti li extraliino
fora del Regno : et lassano loro diocesi ben pilati ».
(4) Ktig. Sicil. (Japit.y cap. 34 di Ferdinando il <!attolico e 53 e 105 di
Carlo V.
(5) Ivi. cap. 161 e 162 di Carlo V. — Il parlamento chiese, nello stessi)
capitolo, che ni applicasse subito il sist(>ma deiraltcrnntiva, cominciando
con l'arcivescovado di Monreale, allora vacante, tanto i)iù che esso già
per tre o rpiattro volte di seguito era stato conferito a forestieri. Ma ,
com'è noto, quella pingua prebenda fu data l'anno dopo al cardinal Far-
nenc (15 maggio 153()).
(8) Rt^y. Sic. Capii., Cap. 170 di Carlo V.
(7) Ivi, cap. 168 di Carlo V.
DAL làar» AL 1543 445
gh'ì (li in'()ines.se, clie raramente luaiiteniiero. Però dall'uno
coinè dall'altro il princi|:)io dell'alternativa fu riconoscinto
senza ambagi.
Due altri gravissimi mali aftìigevano la Si(5ilia : le fa-
zioni e le inimicizie fra città e città e fra abitanti della
stessa città : i fuorusciti.
Le fazioni, che il Gonzaga juttorescianiente paragonava
a « i venti contrari alla quiete de ])0[mli », infuriavano in
tutta l'isola, dominavan»» et sottomettevano tutti, et per
accrescer di forza vi di potenza nelle patrie loro , si con-
giungevano con le parti d'un'altra Patria, in modo tale che
tutto quel regno atfatto fusse diviso et partizzato » (1). Più
che altrove questa mala piantii aveva radici profonde e te-
naci in Messina, uè forza o ingegno d'uomo potè mai estir-
parla. Si sarebbe detto che, mancando l'indipendenza e un
IìIhm'o governo nazionale, non altrimenti sapesse l'isola ado-
jjeinre la sua rigogliosa vitalità.
Male minore erano, al i)aragone, i fuorusciti. Ma (lue-
st' ;< altra spezie di morbo ^ conc^orreva anch'essa potente-
mente a turbare le funzioni normali della vita pubblica ,
che poteva proprio dirsi peste dell'agricoltura, dei commerci,
dei traffici (^ della (piiete dei popoli , dei quali aumentava
la miseria e la debolezza. Ben si studiarono i governanti
di combatterli, in ogni tempo; anzi 1' «eradicamento» dei
fuorusciti fu una delle nniggiori e più si)inose cure dei
viceré (2). Ma troppe cause ne alimentavano il costante
rifiorimento , perchè si potesse sperare di liberarsene per
sempre.
In conclusione, quantunque restassero ancora alla Sici-
lia antichi istituti civili e ordinamenti politici propri, che
potevano talvolta limitare l'assolutismo regio e salvarla da
non poche di quelle piaghe cancrenose, che furono comuni
a tutti i paesi dominati dalla Spagna, troppi erano i ceppi,
(1) Carbki, Jiela:ione, etc, pag. 14.
(2) Ivi, pag. 15.
Uti li. (U)VEKNO Ul DON PEKKANTE CrONZAlrA JN SKILIA
fra i quali tenevaiila avvinta la dipendenza dallo straniero,
la potenza dei feudatari e la intolleraìiza religiosa. Prepo-
tenze baronali e mala aniniinist razione della giustizia eiano,
iu verità, i mali peggiori. Ma il governo regio tìaceo, lento,
e ix>co temuto e il nialandrinaggio in More eoneorrevauo
a<l opprinnn'e maggiornuMite ehi lavora\a e produeeva, per-
chè, mentre veniva gravato inumanamente dalle esigenze
d'una politica fastosa e dissipatrice e, per giunta, estranea
al paese , esso era , nei suoi diritti , male o non protetto
aftatto da cpudli che per legge avrebbero dovuto farli ri-
spettare.
Or di «piali istruzioni fornito e con ipiali intenti assu-
meva il nuovo viceré l'alto ufficio ? Ahimè ! La corte spa-
gnuola aveva notizia soltanto «li due cose : che il potere
regio , iH>tev<dmente indebolito durante il lungo governo
del viceré «luca «li Miuiteleone, che resse la Sicilia con mano
mal ferma dal 1517 al 15.'i5 , «li certo u«)n p«)teva essere
stato rialzat«) «hi Simone «li \'entiniiglia marchese di (fe-
race, presidente «hd regno «lalla nnu'te «lei Pignatelli all'e-
h'zione «lei Gonzaga: e che uu«)vi sacrifizi oworreva «u-a
«'hie<l«'r<^ alla Siiùlia per conservar Tunisi e tener fronte
all«' minacce «)ttomane. Il Gonzaga doveva «luindi, innanzi
a ogni altra «tosa, ingegnarsi di piegare i baroni a vita ])iri
c«ms<'ntan<'a al <*aratt*^re assolutistico «Iella monarchia ce-
sarea, «lesider«>.sa «Iella «quiete «lei popoli per ])«)ter pifi fa-
cilmente tener ferma la c«Mnpagin«^ «lei vasto im])ero , e
inoltre aver l' occ.hi«) fisso al niar«' v«'rso rorient»' e lung«)
le co.ste afri(^ane i)er lunnenire o rendere frustane*^ le insi-
«lie nemichi». Egli ne era lieto. Si dava un post«) di c«)m-
battimento a lui, clie non si sentiva nato i)er altro. Ma,
eoiu(^ rÌKulterà «;hiar«» «lai fatti, cln' xcrrcnio esponemlo, «'i
not^^ anehe che, se molti «lei mali «lell'amministrazione giu-
«iiziaria avevano ra«li«*.«» nelle «ron«lizi«>ni generali «lei temp«)
«• india natura «lei g«>v«M-uo spagnuolo, sì che uè lui ìw al-
tri avrebbe potuta» sanarli, p(M' alcuni <li essi invece si i)o«
leva tcuture il rimedio. E però egli assuuse il governo col
DAL 1535 AL 154.*i li;
fermo jmoik)sì(o di farlo. In \ crità ardua molto era l'opera,
a cui si accingeva il giovine viceré; non })erò superiore alle
.sue forze e alla sua tenace volonln , confortata dai poteri
conferitigli in misura i)iù larga che non si fosse fatto in
l>assato coi suoi pre<l('cess()ri (1).
(1) A. Ullla, Vita ili D. F. G.. eie. pp. 77-8, G. GOSELINI, Vita del
P. D. F. 6'., e/c. p 7.
448 IL GOVERNO DI DON FEBB.VNTÉ GONZAGA IN SICILIA
CAPITOLO SECONDO.
I. I primi due mesi di governo del Gonzaga. I fuoraseiti e i loro fautori.
H marchese di Pieti-aperzia. DifticoltA. finanziarie. Partenza del rieerè
dall'isola. —TI. Fortificazioni e altri provvedimenti di difesa. — 111.
Preparativi e dieej^ni contro i turchi e i francesi. — TV. Relazioni coi
cavalieri ^gerosolimitani. — V. Ptato del rejrio patrimonio. Vendite ,
alienazioni e altri ripieghi. — VI. Ancora del marchese di Pietraper-
zia. — VII. Il parlamento del 1537. — VITI. T/ernzione dell'Etna del
1537. — TX. Proposta di riforma giudiziaria.
T. — Occorreva anzitutto pensare alla difesa dell'isola ,
che, so la trascuratezza avrebbe potuto essere scusata prima
dell'acquisto di Tunisi da parte del Barbarossa, dopo, e pin
adesso che il pirata ne era stato simgliato, l'inerzia sarebbe
stata colpa ^rave. Era ovvio che il Barbarossa diffìcilmente
si sarebbe rassetJfnato alla perdita di Tunisi, la quale, in-
sieme con All'eri, ijli assicurava la signoria del bacino oc-
cidentale del Mediterraneo, ed essa sola costituiva la base
più sicura contro la Sicilia e l'Italia meridionale. Questo
aveva persuaso Carlo V alla impresa tunisina. Questo dava
ora un'importanza storica tutta nuova alla Sicilia e ne ren-
deva sempre pifi stretti i ledami con la costa settentrionale
africana.
Il governo vicere^ale aveva deliberato di concorrere alla
spesa per le fortificazioni dell'isola (;on 10000 ducati l'anno.
Ma, per Messina , chiave <li tutto il sistema di difesa del
re^no, era sfatto pattuito fra la città e il duca di Monte-
leone, che quella sosterrebbe le spese a metà, purché la re-
^ia cort4* provviHlesse all'altra metì^. Don Ferrante pre^ò i
;riunitidi Messina di sborsar*' subitola l(n*o quota, assicurando
che presto anche il ^ovi'riKMlarebbe la sua. La città offrì r)(MK)
ducati, 04)1 patt-o che, spesi questi, il governo, n<> spendesse
esso altrettanti. Don Ferrante accettò. Ei pensava giovarsi
DAL 1535 AL 1543 449
dei 10000 ducati stanziati aimnalmeute per le fortificazioni,
mentre col residuo dei 100000, concessi dal parlamento, a-
vrebbe mandato a termine i lavori di Milazzo, Siracusa e
Trapani. E dispose subito che quelli di Messina, dove ogni
bastione ì)oteva richiedere intorno ai ."iOCX) ducati , comin-
ciassei'o dalla i)arte di '^Ferranova , dove avena alloggiato
( 'arlo y e dove il bisogno era anche maggiore (1). Ma di
ciò diremo, fra poco, più ampiamente. .
Prima di lasciar Messina per r(*carsi a Palermo , tentò
il Gonzaga di comporre ]v discordie fra nobili e popolani,
di che (Jarlo V si era mostrato molto desideroso. Propose
anzi che la quistione fosse rimessa alla decisione dell'im-
I)eratore. Ma, se i nobili accettarono, i jiopolani , temendo
le influenze della corte spagnuola, rifiutarono, dichiarando
che, costretti , cederebbero alla forza, ma non mai si pie-
gherebbero (2).
Agli 11 novembre 1535 partì il viceré da Messina , ac-
compagnato dai suoi officiali (3). A Randazzo, il 14, ebbe
avviso dell'arrivo di Andrea D'Oria a Trapani, con la no-
tizia della presa di Biserta (4). E a Palermo, dove entrò il
IH, sejipe che, proprio il giorno innanzi, il Oovos, commen-
dator maggiore di Leon, che dirigeva per l'imperatore gli
affari di Spagna e d'Italia, ne era ì>artito per raggiungere
il suo signore (5). 11 [)ic<'olo incidente non era molto lusin-
ghiero. Ma fra il Covos e il (ìronzaga non fu sempre buon
sangue.
(1) E. Costa, Bef/ixtri di lettere: eie, pp. 1-2.
(2) Ivi, pp. 2-3.
(3) Mai KOr.ico. Sieon. rer. comp., v\\. ITlt). p. 222.
(4) E. Costa, Reijintri di lettere, ete.. p. »ì. — Il Brtrbarossa poco dopo
tVcc solltnaiv Hiserta rontro Muley Hasiin (Muleufise) , e vi lasciò mi
]>resi(lio turco. Andrea I)'()iiji accolse subito per scacciamelo, jua Tini-
presa non gli riuscì. Antonio D'Ouia, Compendio delle vose di ftxa uo-
titia et inetinnitt o(Tor$e <d moiulo nel temi»/ deìV imperatore Carlo V:
pag. G4.
(5) E. Costa, Reijistri di lettere, etc., p. S.
450 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
La noi» coiuuue operosità, del uioviue viceré, ni <inale
nessuna sfuggiva delle molteplici inanifestazioni della vita
d'un i»opolo, ebbe campo di manifestarsi subito. Egli si era
già accorto che neanche il « cal(h> (h*lle jn'amumticlie » ul-
time del sovrano erano sufficienti a liberai' l'isola dai ban-
diti. E però, non si tosto fu in Palermo, scelse tre genti-
luomini : don Antonio Branciforte , Scipione Spatafora e
Giuliano Oorvera, diede a ciascuno d'essi (piaranta cavalli
greci, e li mandò nelle tre valli (1). 11 proA've<lime!ito si
chiarì efficace. Uopo ])ochi giorni fu ammazzato uno dei
c^ìpi di quei « vigliacchi , tal Caminiti, un altro fu preso
e molti «Iella banda si affrettarono a passare in Calabria.
Subito comimriò il ]h)])o1o a rianimarsi e il commercio a
ripigliar vig(n'e. Tornava a fluire la vita (2). Intanto un al-
tro compagno del Caminiti perdeva la vita nelle vicinanze
<li Messina, mentie in Val Mazzara venticimpie banditi, di-
sperando di salvarsi, al)bandonati i cavalli, si rifugiavano nei
bos('hi. Don Ferrante mandò subito a scovarli (.')). E già, un
mese dopo la sua partenza da Messina, poteva scrivere all'im-
]KM'atore: -Li cominercii universali de' luoghi di (|uesto regno,
sono come «li (|ualsi\ oglia altro t)acifìco dominio di A'. M. (4)».
Era risoluto a non transigere . in «piesto princi[)io di nuova
reformatione », anzi a dare esempi ikmi dubbi di rigore.
Cosi, sapendo che il conte «li A«lernò era stato querelato
presso ("arlo V : «l'haver ricettati ban«liti , d'omicidi , ex-
torsioni <'t aggravii di vassalli » , lo c«)strinse a recarsi a
Pah'rnio e gli ingiuns<i «li rimanervi sino a (?he i fatti fos-
ser«) «'.hiariti, avendo contravvenuto a un ordine «li esecu-
zioni' «li giustizia (5). X«? meno risolut«> si mostrò v«'rs«) il
l»arou<' diConnso, ]»ersona assai facoltosa, il (|UMle, non solo
(1) In, |i|). A-l.
(2) Ili, |i|). i:m^.
(») Iri. |i|i. |})-20.
(4) /.•.', p. 2»;.
(li) Ivi, piiK. i:t'
DAL 1535 AL 1543 451
avovj» s(Miii»i'<' (lato ri<'<'tt«) ai banditi, ma oia ria stato il
])i'im() clic, si)re/zaii(i<) gli oi-ilini <lati, teiK'va nascosto nn
bandito nella propria rocca. Il (ronzala lo fece arrestare e,
in <*ontbrniità della prammatica di Carlo \', prese possesso
della sna baronia in nome <lella regia corte (1).
('ontemporaneamente attendeva ad una (piistione gra-
vissinia, riguardante il inarchese di Pietrai)erzia, accusat<>
d'aver procurato la morte a due servitori <lel padre e poi
al padre stesso, facendolo soffocare con un cuscino, com-
l>lici il marchese di Licodia, suo su<K'ero, don Francesco San-
tapan, don And)rogio LiciMlia, «ancora ben gioviìie », ri-
spettivainentc fratello e figliuolo del Licodia e il barone di
Asara. (^Miesti signori speravano di potersi sottrarre al di-
litto |KMiale comune e di essere giudicati da una corte di
])ari , secondo gli antichi privilegi. Ma il viceré , a cui
Carlo V aveva raccomandato di far presto e dare un buon
esemj)io, ricorse al giudizio ex ahrupto. Messo alla tortura,
il 11) novembre , il Petr;»i>erzia, al secondo tratto <li corda,
confessò tutto. .Allora furono senza indugio carcerati il Li-
codia , il Santapau e il figliuolo di costui , che si trova-
vano a Palermo, e venne ordinata la cattura del barone di A-
sara. Avuta poi la conferma della confessione del Petraper-
zia, fu intimata la difesa nel t<'rnjine di 1,') gioi'ui. Kra in-
tendimento <lel (Jonzaga, s«* fosse trascorso (piesto termine
senza difesa, come opinavasi dai più, di eseguir la sentenza,
che saìebbe stata data, sjìerando da essa « assai esemplo et
principio di l)uon rassetto per l'isola. » l*re])aravasi anzi, qua-
lora le leggi il consentissero, a contiscare i beni burgensa-
tici del marchese. Intanto ai 4 decendu'e arrivava a Palermo
r Asara, ed ei lo faceva rinchiudere imnu»diatan)ente nel
castello. Ma Carlo \ , (cedendo, forse, alle jH'essicmi dei fautori
del marchese, con disi)accio del ?> diceiìibre ordinava <ii atHdare
la causa ai giudici della gian corte, di fargliene conoscere
il risultato e aH[^ettar(^ intanto le sue risoluzioni (*2). Vedremo
(1) hi, pajr. m
(2) Ivi, pp. 7, 12, 1», 23.
452 IL GOTERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
che , ben altrinieuti , per ciò che vigiianln il Petiaperzin,
andarono le cose da (} nello che il Gonzagìi aveva pensato.
8i attacciava del resto già sin d' ora la difficoltà mag-
giore, qnella che gli rese gravosissinio il non breve sno
governo e spesso lo strinse in angustie ])ei'icolosissime : la
quistione finanziaria. Date le straordinari*' esigenze della
politica cesarea, 1' erario regio della Sicilia , come in tutti
gli altri domini spagnuoli , non era stato , ne poteva mai
essere fiorente. Ora però, già esausto per la impresa tuni-
sina, esso veniva gravato, a un tratto, di nuovi pesantis-
siìni oneri , i quali già dal bel principio lasciavano capire
che sarebbero diventati permanenti e progressivi. E la ca-
gione era appunto l' acquisto di Tunisi. Si sa che Muley
Hasan riebbe il trono tunisino a condizione che pagasse alla
Spagna 12 mila ducati d'oro, tenesse guarnigione spagnuola
alla rJoletta, di cui l'imperatore si riserbava il j)ossesso pieno
e ])er[)etuo , e cedesse a Carlo V le piazze marittime di
Hiserta, Bona e Africa, non appena si fossero ricuperate (I).
Ora Carlo X, considerando che da quell'ac(iuisto derivava
anzi tutto la tranquillità dell'isola, riteneva giusto e ne-
cessario che da essa fosse sostenuto il i)eso del presidio
alla (Toletta e a Bona. Partendo dalla Sicilia , il commen-
datore maggiore aveva lasciato ordine esplicito che si prov-
vc^desse. Non si poteva quindi tergiversare. Don Ferrante
curò subito che si macinasse il grano occorrente, 500 salme
a Castellammare e 400 a Termini, e che per lo stesso scoi)o
si mandassero in Africa otto macine, cimjue alla Goletta
e tre a Bona. Inoltre jier guadagnar tempo prese le casse
per l'artiglieria <hii castelli di Palermo e 'i'ra])ani, e al cas-
tellano e al se<'reto di qu(»st' ultima città (M'dinò di racco-
gliere in quella provincia sino a 750 botti «li vino, obbli-
ll •• (In- Siili iiiiiCKliì possi Iriicic in se in {)(>l'|H-tii(> et dispone <!(■ hi
rort4;/.zii <l(^ 111 (ìolftta , de le cittn di Hoiin et Affini et dr tulli li altri
liK'i njai'ittitiii «li'l remilo del prctnlo Mv, ctv. » Mi'oNi. i>i>. di., s'.). San-
DUVAL, up. cit.. Il, 2M.'\7.
DAL 1535 AL 1543 453
gando i mercanti a venderlo al prezzo di costo. Infine di-
spose per la preparazione dei biscotti a Palermo e a Mes-
sina, per le candele, per la polvere e per le altre cose oc-
correnti (1).
Certo i mezzi adoperati dal viceré erano molto , forse
troppo spicciativi. Ma tale era il suo temperamento. E ,
d'altra parte, era proprio il caso di dire : necessità fa legge.
Però, incombeva sempre minacciosa la domanda: E il de-
naro f II bisogno era sempre troi)po grande, ma le difficoltà
si moltiplicavano, quando si imponeva la necessità di tro-
varne a tamburo battente. Intanto, occorendo per il gen-
naio una forte somma per l' Africa , il Gonzaga incaricò
uno dei suoi ministri, il dottor Arduino , conservatore del
regio patrimonio di tentare il ricupero di alcuni crediti
della regia corte. Nel tempo stesso ordinava agli officiali
del regio patrimonio di prendere in prestito il danaro oc-
corrente per pagare le dieci galee del regno, sei ordinarie
e quattro straordinarie, che si trovavano in Ispagna, e i fanti
spagnuoli rimasti in Sicilia (2). Il Covos aveva difatti, tra
gli altri ordini, lasciato quello che alle galee si mandasse la
l)aga di tre mesi. Non fu cosa facile cavarsi d'impiccio.
Tuttavia, fissando il sei per cento di interesse per sei mesi,
cioè sino a tutto maggio 1536 , si trovò un banchiere, Pe-
rotto loronci, che assunse l'impegno di far pagare a Valenza
la somma , ammontante a dodici mila ducati (3).
Pei fanti spagnuoli, spesa grossa e non contemplata fra
le ordinarie del regno, la difficoltà era anche maggiore.
Queste milizie erano divise per la Sicilia: due comp.a-
gnie a Messina , una a Milazzo , una a Siracusa ,• una ad
Augusta e il restio fra Palermo , Trapani e altre terre ; ed
erano creditrici ancora di una mezza paga mensile sin dal
(1) E. Costa, Registri di lettere, etc, pp. 9-10.
(2) Ivi, pag. 11.
(3) Ivi, pp. 16-17.
Arch. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. 30
4Ó4 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZiLaÀ IN SICILIA
tempo della spedizione di Tiiuisi. Don Ferrante, in dubbio
se dovesse o no pagarla, ne aveva informato l' imperatore
già in Messina , e andava intanto escogitando i mezzi di
far fronte a tutto (1). Ma notò ben presto che non era
tempo di fermarsi ai [larticolari. C5ou lettera del sei de-
cembre l' imperatore gli ordinava di mandare quei fanti a
Napoli, donde avrebbero dovuto accompagnarlo a Eonia (2).
Ei li conosceva bene , e sapeva che solo pagandoli si po-
t4?va tenerli lontani da (|ualche « vigliaccheria ». E però
aveva già proposto di farli viaggiare per mare , non per
terra ; e di imbarcarli, non tutti insieme, ma una parte a
Mevssina , l'altra a Trapani , anche per « manco danno del
I)aiese (3). I fanti erano i)agati a mesate posticipate.
Don Ferrante aveva sborsata quella di ottobre , lasciata-
gli dal Covos ])rima di partire da Palermo , e quella di
novembre, per cui poteva dirsi tranquillo sino alla tìne di
deceml>re. Intanto ])rovvide perchè trovassero (piella di de-
cembre nel luogo di imbarco e si affrettò a preparare quella
di gennaio. E, nella speranza che non avessero più a far motto
della mezza paga per Tunisi, luilla trattenne per le vetto-
vagli<* , che avrebbero consumate in mare. Il denaro ])er
\v tre paghe era stato ipesso insieme parte con le entrate
ordinarie ])arte con vecchi residui di entrate senza toccare il
donativo. Al nolo delle navi, per allom, non occorreva pen-
Httre. Così rimbarco potè aver luogo a Messina e a Trapani
fra la fine del decani bre 1535 e il principio del gennaio
153(> (4). K i\\ j)rovveduto anche il necessario per la (ìoletta
e Bona. Avevano somministrato il denaro, 23 mila ducati,
parte le terre e i baroni facoltosi (undici mila ductiti), in-
dotti a pagar subito la loro rata del <lonativo: il resto un
|)reHtito per sei mesi al tasso del sei per cento (ò).
(-2) Ivi, pag. 2H.
(H) Ivi, imn. 2r).
(4) Ivi. pp. 2«-9.
(6) Ivi, i>^. Mt.
DAL 1535 AL 1543 455
Uno dei mezzi per far quattrini, facile a usarsi e non di
rado abusato, si sa, era quello di vendere le terre demaniali,
<) riscattare le baronali.
Già da qualche tempo Taormina desiderava riscattarsi.
Offriva dieci mila ducati. Ora poi per facilitare il riscatto
suggeriva una operazione finanziaria, che al Gonzaga sem-
brava accettabile: vendere cioè Francavilla, demaniale, sulla
quale alla regina Germana (1) era assegnata una piccola
rendita di cento ducati. Il compratore non mancava. Ma,
insieme con le altre cautele, chiedeva l'assenso della regina
e il titolo di visconte. Così chiedevano <1' essere riscattate
anche Calatabellotta, già venduta per 27 mila fiorini, e an-
tera: e si facevano diverse proposte (2).
Ma nel bel meglio Don Ferrante dovette prepararsi a
lasciare la iSicilia. Carlo V voleva adoperarlo nell'Italia su-
periore nella nuova guerra contro la Francia, che la morte
<lell'ultinjo duca di Milano , Francesco Sforza , aveva resa
inevitabile. Occorreva però prima di partire nominare un luo-
gotenente , e al Gonzaga pareva che pochi fossero atti a
quell' ufiìcio (3). Onde, nelle proposte fatte all'imperatore,
dei due regnicoli , ai quali si potevji pensare , il marchese
di Gerace, stato già presidente alla morte del duca di Mon-
teleone, e il conte di Chiusa, escludeva il primo, ricordan-
done 1' o])era poco efficace , e inostravasi poco propenso al
secondo, del quale non credeva poter dir altro se non che
aveva condotto sem]ìre una vita pacifica. E suggeriva in-
vece il conte di Aitona, siniscalco di Aragona e Catalogna
e maestro giustiziero del regno di Sicilia, Giovanni di Mon-
cada , non solo i)erchè forestiero, ma anche perchè era, se-
condo lui, informato dei criterii di governo che occorreva
(1) Germana di Foix, parente del re di Francia, sposata da Ferdinando
il Cattolico, e poi, morto costui, data da Carlo V in moglie a Ferdinando
ultimo duca di Calabria. Va ricordato che Grermaua era sterile.
(2) Ivi, pp. 4-5.
(3) «.v Chi per essere interessati, et altri inquisiti, chi per tener parte,
et altri per non esser di qualità conveniente a questo cargo. » Ivi, p. 22.
456 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
seguire. A ogni modo avev^a già pensato a limitarne l'au-
torità « acciò non tornasse a guastarsi quel poco di buono
che sin qui era stato fatto » (1).
Don Ferrante partì alla fine del decembre 1535, lasciando
presidente del regno il Moncada (2). Era rimasto ili Sicilia,
qual viceré, meno di due mesi. Ma già l'isola aveva ricevuto
da lui un fecondo impulso a vita più operosa.
II. — L'assenza del Gonzaga dalla Sicilia si protrasse sino
al marzo del 1537. Dopo la fallita spedizione in Provenza,
durante la quale, secondo le voci che allora corsero, avrebbe
fatto avvelenare il delfino (morto a Tournon il 10 agosto
1536 (3), aveva Don Ferrante seguito l'imperatore a Genova,
(1) Ili, pp. '2Ì-22. Di Blasi, Stor. del Bey. di Sicilia, III, 33.
(2) Di Blasi, Storia eronol. dei Viceré, II, 94. La partenza da Palermo,
secondo il Dì Brasi , ebbe luogo il 20 dicembre. Il Maurolico , Sican.
rertim Comp., 222, scrive che giunse a Messina il 26.
(3) L'accusa non potè mai essere dimostrata vera , e tutto induce a
credere che fosso talsii. Lo stesso Gran vela {Apologie de Charles V, 137-45)
ebbe cura di confuUirla. Cfr. la « Lettre privée responsive d'ami à autre »
nei PapierH d'Etat dn cardinal de Qranvelle dUiprès le$ niss. de la Dihl.
d« IÌ€t<aiu;oH, jmh. sotts la dir. de Ch. Weiss, II, 50()-14. Paris, Impr. roy.
1841. Tuttavia il Gonzaga ebbe a lungo a soffrirne. Ai (i gennaio 1537
Hcriveva da Parigi il card. Carpi : « L'homo ch'io scrissi esser venuto del
lUuM di Mantova, sotto parlar di Monferrato, é principalmente per iscusar
Don Ferrante della iiuputatione del veleno, portava lettere a Sua Maestà
la quale uou ha voluto che gli parli in t|uesto proposito, ma ben mons.
6rain.ro lo ha udito, et per fin qui el non h per riportar (juel ch'I volea.
Il chr.mo et tutti quest'altri sig.ri piangono et si alterano mirabilmente
quando se gli tocca in questo proposito, nel quale sappia S. S.tà per ve-
ritA rhf dal R.mo Trivulfio , et da me fu fatto tntlo ([uel 'che «i puoto
per far bene, il che «lieo per alcune parole ha Inivnlo adire l'imp.e...»
Cfirteg. Farueii. Arch. di Stato Parni. — 11 Gonzaga stesso scriveva al suo
agente Sagunta in data 17 nntggio l.')37 : «Mi piace havei'e inteso chela
provÌNÌoue l'atta per uie in Venetia in giustilicatione della t-alunnia del
tOM(ic4>, babbi HudiHfatto et a sua Maestà et agli altri tanto quanto se in-
t«mlu <ln voi. Kt ehe tanti signori (|uanti voi dite ni sieno otierti a v«dere
|»lgli*r« la delAAM dei honore niio , etr.. » liry. delU oote del governo di
DAL 1635 AL 1543 457
donde , imbarcatosi quello i)er la Spagna, si era recato a
Mantova. Itipartì da Mantova il 31 gennaio 1537, lasciando
ordine che i suoi si mettessero in viaggio nella seconda
domenica di quaresima (1). E, dopo una breve dimora a Na-
poli, sbarcò a Messina il giorno 11 marzo (2).
Anche lontano, aveva guardato sempre con occhio vigile
alla Sicilia e fatto tutto quello eh' era in suo jiotere per
assicurarne la tranquillità. Ma, benché molto si rallegrasse
che in generale tutto fosse passato « assai quietamente et
senza disordine o scandalo notal)ile » e che la giustizia fosse
tenuta « in (jnella stima et reputazione ch<> conviene *, non
altrettanto poteva dire dello stato tinanziario dell'isola (3).
Illusioni, a vero dire, non se n'era fatte. Ohe, anzi, già in
Genova aveva presentato all' imperatore un memoriale per
informarlo di quelle non i)rospere condizioni. E ai 23 feb-
braio 1537, sul punto di partir da Napoli, gli aveva scritto
anche di nuove difficoltà a Ini note. Ma ora le cose gli ap-
parivano anche peggiori di quel che supponeva (4).
Durante la sua assenza molto era stato fatto per la di-
fesa dell'isola. Il Ferramolino aveva elaborato (piel disegno
di fortificazioni della città di Palermo (5), alla esecuzione del
Sicilia 1685-39. (-arte Gontiuja, ivi. Anche a Nizza, al feinpo del famoso
congresso (1538), il «luca di Mantova non lasciò sfuggire 1' occasione di
muovere al re di Francia « qualche parola sopra il caso dell' iniqmi im-
putazione», fatta a Don Ferrante «al tempo della morte del Delphino»,
al qual proposito parve che il re si mostrasse «più mani50 del solito.»
A. Neri, A. ly Oria e la Corte di Mantova, in «Giornale Ligustico»
XXIII, 417 (a. 1898).
(1) Don Ferrante al Saganta, suo agente nella corte imperiale, da Mes-
sina, 23 maggio 1537. Beg. delle cose del (joi\ di Sicilia, 1535-39, fol. 80.
Carte Gonzaga. K. Arch. Parm.
(2) E. Costi, Registri di lettere, etc, pag. 38.
(3) Ivi, pag. 41.
(4) Ivi, pp. 33, 50, 65.
(5) « L'ordini di la fortificacioui di ({uista felichi chita di palermo dato
per lo magnifico Ingignero antonio ferramolino » ; V. Di Giovanni , Le
fortificai/ioni di Palermo, eie., op. cit., pp. 43-77.
458 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
quale allora si era subito posto mano, e che fu continuata poi
costantemente in seguito, anche dopo il passaggio del Gonza-
ga al governo del Milanese. Secondo codesto disegno del Fer-
ramolino, e sotto la sua direzione, furono cominciati subito
nel 1536 il bastione dello Spasimo (1) e quello presso la
porta di Carini, in sostituzione delle antiche torri delle vec-
chie mura. Seguirono il bastione di S. Giacomo sul Papi-
reto, a fianco dell'antica porta Rota, quello detto di 8. Vito
o Gonzaga e quello di 8. Giuliano. Furono spinti alacre-
mente anche i lavori della piazza del Castello al mare, co-
minciato nel 1535 (ma finito soltanto intorno al 1560), e fu
restaurato il castello del Molo, che Don Ferrante unì più
tardi, verso il 1530, all'antica torre della tonnara del mo-
naco (2). La sorveglianza dei lavori era stata affidata a una
commissione, composta da Colantoni Carbone, rappresentante
della regia corte, e don Carlo Bologna , Antonio Valguar-
nera, Pompilio Imperatore e don Pietro Bologna, rappresen-
tanti del comune (3). Il quale, d'altra parte, «sollecitando
(1) Era vicino alla chiesa omoDima, chiamata così per il celebre qua-
dro tli Ratfaelh). — Cfr. : Cerimoniale della felice città di Palermo, pubbli
cato da Salvatore Salomone - Marino, in «Documenti per servire alla
storia di Sicilia », serie IV, voi. ITT, p. 75; e Gioacchino Di Marzo, Bi-
blioteca storica e letteraria di Sicilia, ossia raccolta di opere inedite o rare
di Scrittori Siciliani dal secolo XVI al XIX. Palermo, Pedone - Lauriel.
I, pag. 1. — E. ViLLABiANCA, Il Palermo d'oggigiorno [Di Marzo, opera
cit.f XIII, 33], scrive : « Fu appellato dello Spasimo perchè nelle sue fab-
briche andò atl occupare il sito istesso , cìie vi ebbe un tempo il prisco
monastero di 8. Maria lo Spasimo degli Olivetani, che per causa di esso
forte in part« venne demolito». E lo ricorda all'anno 1537. Cfr. Di Blasi,
Storia dei Viceré, II, 100.
(2) V. Di Giovanni, Le Fortificazioni, etc, pp. 6-7, 19, 21. — Nel
Diario della città di Palermo dei cronisti Paruta e Palmerino, alcuni
di qucHti lavori sono, erroneamente, ricordati sotto la data del 1" ott. 1537
(Di Mau7.o, op. cit., I, 11).— Cfr. : Wiulabiasca, Il Palermo d''oggi(/iorno
[Di Marzo, op. eit., XIII, 27], e V. Dì Giovanni, Del Palermo restaurato
[Di Marzo, op. cit., XI, 168].
(8) Cfr. le «Istruzioni» per esegtiir gli « Ordini t in Dt Giovanni,
op. ril.. pp. 78-87.
DAL 1535 AL 15i3 459
i lavori replicate lettere del viceré » , ingeg:navasi di som-
ministrarne i mezzi. Oostrin<;vva le persone alle giornate di
lavoro, prelevava dai redditi del « nolaggio » (1) 4tM) once;
imponeva sulle farine un dazio di tre tari i)er salma, durato
poi per parecchi anni, e sul vino uno di 12 tari per botte;
dava licenza di «dirrupari (^ise et arbori vi(ùni alle mura > (2).
Da Oenova aveva il viceré mandato un capitano Oliviero
a Messina, con ordine di far cominciare i lavori delle for-
tificazioni, e scritto alla città pregandola « incaricatissi ma-
mente » di concorrere nella spesa. Messina aveva acc(?ttato
l'invito. Ma, giunto nell'isola , Don Ferrante fece tali pre-
mure e promosse i lavori con tanta energia da sentirsi in
grado di dichiarare che Messina trovavasi oramai in cou-
dizioni di potersi difendere, nonostante la comune opinione
contraria, anche se tutta l'armata del Barbarossa la avesse
assalita (3). Veramente trattavasi di una difesa provvisoria,
preparata un i)o' tumultuariamente, che quella sistematica
e duratura non potè essere cominciata prima dell' antunno
del 1537. E anche allora il viceré , per guadagnar tempo ,
dovette cominciare i lavori dalla parte di tramontana, presso
(1) 11 « Nolaggio », o « Molaggio », era la gabella sulle mercanzie, che
entravano nel porto di Palermo, concessa da Alfonso d'Aragona per poter
raccogliere i mezzi occorrenti alla costruzione del molo. Salomone-Mari-
no, ('erimoniale, ctr., op. cit.. pag. +2. V'iu^abianoa , Della Fondaziow
dei molo di Palermo [Di Marzo, ojj ril. XI, 288],
(2) V. Di GiovANni, op. cit., pp. 19 39 e 116-7. Mauholico, op. cit.,
pag. 224. Di Blasi, Storia del Hey. di Sic., Ili, 34.
(3) E. Costa, Reyùtri di lettere, eie., pp. 31 e 37 : « Primamente or-
dinai che si fortificasse Messina tenut^i fin all'hora impresa molto diffici-
le, et cura deaperata considerando che se bene detta Città e circondala dti
montagne per tutto e perciò facesse difficile il poter per quella penetrare il
cuore del regno non dimeno quella occupata, si può dire che fosse occupata
la chiare di esso, et del regno di Napoli , per la vicinità di Calavria, et
per la perfettione del porto che tiene (quando però si tratti della guerra
contro levante), detta città di Messina resta a mio giudicio, sicurissima ».
F. G. Carreri, Belaeione, etc, pag. 8.
460 IL GK) VERNO DI DON FKRRANTE GONZAGA IN ?$IOlLlA
porta re.ale, e non da quella di mezzo giorno, a porta s. An-
tonio, elle, pur essendo la più importante, era la più debole.
Ma quivi occorreva abbattere non meno di 17o case, oltre
a gran numero di piante e ad alcune chiese, per cui si pre-
vedeva una spesa di circa 50000 ducati, e i messinesi, prima
di metter mano alla borsa, avevano voluto che Carlo V ri-
conoscesse coi fatti l'anteriore accordo intervenuto fra la
città e il viceré duca di Monteleone, per cui la regia corte
doveva pagare la metà delle spese di demolizione (1). Anche
a Messina Don Ferrante mandò, appena potè, il Ferramo-
lino, perchè dirigesse i lavori (2). B intanto il comune im-
poneva un nuovo dazio sul frumento e sul vino, che avrebbe
dato 16000 ducati annui (3).
Né si era perduto tempo a Siracusa, a Milazzo , a Tra-,
pani e in altri luoghi. E, poiché i castelli, erano sprovvisti
di munizioni e l'artiglieria « (piasi tutta discalcata per tro-
varsi le ruote et le carogne marcite », Don Ferrante ordinò
subito, ai 15 marzo, che fossero forniti dell'occorrente per un
anno, quantunque la spesa ammontasse a 15 mila ducati,
dichiarandosi inoltre disposto ad assumersi anche quella più
grossa delle fanterie (4). E già ai L'i marzo, persuaso della
difficoltà di assoldar milizie nell'isola, essendo la gente del
paese « di natura poco bellicosa et mal pratica et gente fo-
restiera non ci si trova », aveva (chiesto licenza al viceré di
Napoli di potere assoldare, occorrendo, 3000 fanti in Calabria.
Così provvedeva alla Sicilia, e altresì a Napoli , qualora il
(1) Don Ferrante a Carlo V, da Messina 18 settembre 1537. Bey. delle
cote del yuvenw di Sicilia deyli anni 1635-39, fol. 122. Carte Gonzatja.
K. Areli. di Farina.
(2) Don Ferrante a Carlo V, da Palermo, novembre 1537, ivi, fol. 134.
Il Ferraniolino fu coadiuvato dal Maurolii-o. Monoitork A. , lUbliothectt
Sicula. Palermo, I (a. 1707), pag. 227.
(3) Don Kerrant<! a Carlo V, da Messina , 28 agosto 1537. Vie//. <lrllr
eoM del gov. di Hic Ìù3r,.39, fol. 112, /oc. eit.
(4) E. Costa, HeijiHlri di lettere, eto., pp. 31, 87.
DAL 1535 AL 1543 461
Bavbarossa av^esse pensato «li assaltar prima l'isola (1). Di-
sei^llava anzi di assoldarne sino a 5()00, <listribuendoli nei
luoghi pii\ opportuni : 20<M) a Messina (e gli sembra van po-
chi), 200 ad Angusta, KKK) a Siracusa, 700 a Trapani , 400
a Milazzo , 300 e più con le guardie ordinarie a custodia
dei castelli. Intimò subito ai baroni il servizio militare, av-
vertendoli di tenersi pronti a ogni chiamata (2). Ordinò lo
sgombro del monastero e della chiesa del Sai vatore di Mes-
sina, già deliberato dall'imperatore a Ili^apoli, per necessità
militare (3), Inviò nello st^^sso tempo persone fidate in levante
per sorvegliare e spiare i jireparativi e le mosse dei tur-
chi (4). Infine fece un giro di ispezione fi parecchi luoghi
forti, e specialmente a Siracusa e a Catania, col pensiero di
studiare da vicino anche la natura e la disposizione del
paese per potere più facilmente provvedere alle i)arti più
deboli (5).
In tutte le città forti visitate trovò scarsezza di polveri,
adoperate 1' anno prima per 1' esercito. Di Siracusa non fu
ili tutto scontento, sebbene non approvasse il disegno delle
fortificazioni. Con un altro disegno, a parer suo, sarebbero
occorsi 1200 uomini di meno. Trovatala ben fornita di ar-
tiglieria, ordinò che si provvedessero viveri per il presidio
e per i cittadini sino a tutto ottobre.
Augusta lo sodisfece di meno. Il suo i)orto bellissimo e
grande non poteva esser difeso dal castello di antica e j>oco
solida costruzione. Inoltre, rice\'endo due fiumi, offriva un
(1) Ivi, p. 32.
(2) Ivi, pp. 88-9.
(3) Ivi, pag, 40. —Ai monaci era stata promessa in cambio l'abazia di
S. Placido (/ri). Ma dalla corte non giunse 1' ordine relativo , anzi Don
Ferrante fu invitato ad alloggiarli in altro convento e a mantenerli con
le rendite del Salvatore.— Lettera di Don Ferrante all'imperatore, 24 lu-
glio 1837, da Messina Heijistro delle cose del governo di Sicilia, 1535-39,
tol. 95. Carte Oonsuga. R. Ardi. Parm.
(4) E. Costa, Registri di lettere, eie, pag. 40.
(5) Ivi, pp. 31-2 e 54.
402 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
punto d'appoggio al nemico, che vi aNrebbe trovato posto
per qualsivoglia armata e anche abbondanza d' acqua. Ma
non era possibiU^ jissicurarne la ditesa in poco tem[)o, anche
perchè posto nel paese più piano e florido dell'isola e i>ros-
simo a Cat^iuia « terra grossa et populosissima et tanto fiacca
et irremediabile che non si può far d'essa altro disegno che
l»ensar di habandonarla >. Conveniva (juindi, ai)pena si af-
facciasse ])ericolo d'iuN'asioue, allontanar da Catania donne,
fanciulli e ogni altra persona capace di muoversi e imporre
agli altri di ritirarsi ai monti. Questo pericolo era però a
temersi solo quando il nemico si fosse impadronito di Au-
gusta, perchè la spiaggia di Catania era « tanto malvaggia >
da non invogliar di certo ad avvicinarvisi. - (1).
In buone condizioni trovò Milazzo (2). E buone notizie
gli giunsero di Trapani e Palermo. La prima era stata re-
cinta di un grandissimo fosso. La seconda mostrava g\h bene
avanzate h; oliere di difesa, disegnate dal Ferraniolino (3).
In conclusione, osservava il Gonzaga che la costa orien-
tale da Messina a Siracusa era la ])iù debole , non trovan-
dosi j)orti o terre di importanza nelle altre due da Siracusa
a Traiiani e da Trapani a Messina , salvo Palermo e Mi-
lazzo (4). Essa dava facile adito a invasioni, avendo bellis-
simi porti, grandi città, paesi fertilissimi e piano da potervi
«cavalcare (piasi in ogni senso, terre [)opolose (^ aperte , of-
lerenti grosso e si<;uro bottino, di modo che la difesa avrebbe
dovuto essere affidata a una battaglia campale che la pru-
denzti consiglia <ii evitare perchè sempre di esito incerto (5).
Era inoltre aument-ata (piesta debolezza dalla comodità che
(1) Ivi, pp. 52-3.
(2) Ivi, iwg. r.3.
(3) Ivi, pp. 71-2.
(4) ItH, pp. r»4-ft.
(5) I. C. Cakuicki, lielazione, ctc, pag. 8. Per Trapani, vt'v. V. Vitalk,
Trajtani mIU guerre di l'arlo V" in A/rica e contro i turchi. Voi. XXIX.
pp. 1-7] di (juchU» «Archivio».
DAL 1535 AL 1543 463
ollViva il faro di accogliere un' armata, ineiitre un esercito
avesse voluto attendere per terra all'espugnazione di Mes-
sina. Un'isola, detta Manghesii , in vicinanza di Augusta,
jjoteva <lare sicuro rifugio a una cinquantina di galee. E
poco sicura ai)pariva la stessa Siracusa, nel cui porto uu'ar-
niatà grossa avrebbe potuto penetrare di notte in onta alla
piccolerza dell' imboccatura , non potendo questa essere of-
fesa dalla città ed essendo il porto molto largo.
La difesa dell'isola, dovendo esser fatta contro i turchi,
richiedeva un metodo diverso da quello usjito nelle guerre
fra cristiani. Si dovevano cioè assicurare non solo i luoghi
forti, ma auche le terre aperte, e tutti gli abitanti dovevano
concorrere alle spese. Altrimenti i turchi, «essendo il co-
stume loro gli huomiui che pigliano far schiavi e 'l paese
che non i)uonn() defendere guastar et abrusciare», avrebbero
potuto arre^'are danni gravissimi.
Pertanto Don Ferrante, modificando il piano suo primi-
tivo già esposto, stabilì di assegnare a Messina 3(WK) fanti
V 200 cavalli, ad Augusta 4(K) tanti, a Siracusa 1500, a Tra-
pani 8(M) , a Milazzo 4(M) e di aumentare di Mh) il numero
delle guardie esistenti. Disegnava inoltre di costruire un
campo fortilicato a Leontini , riunendovi i KKKK) fanti da
assoldare e i 1500 cavalli «lei servizio militare, detrattine
200 per Messina. Così in luogo centrale e con uìi forte
esercito sperava ovviare a qualunque pericolo. Avrebbe
dato il comando del servizio militare al maestro giusti-
ziero (1), convenendo a lui restare a Messina, debole e più
esposta a pericoli , anche perchè rimanendo fuori gli sa-
rebbe riuscito difficile per la asprezza dei luoghi ridursi in
essa in caso di necessità. Del resto qualora il nemico avesse
tentato uno sbarco a Siracusa o ad Augusta, egli avrebbe
potuto correre a Leontini distante da Messina meno di dieci
ore di posta. Non era però escluso il pericolo d'essere preso
(1) Don Ferrante a Carlo V, da Messina, 17 maggio 1537. Bey. delle
cose del qor. di Sic, 1530-39, fol. 72. Carie Oonzaya. R. Ardi. Parin.
464 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
alle spalle essendo Leoiitini poco distante dal mare ed a-
veudo i turchi abbondanza di cavalli (1).
III. — Era Don Ferrante ancora tatto intento a solle-
citare i lavori già deliberati , quando gli giunsero lettere
importantissime dell'imperatore, delle quali non poteva non
tenere gran conto. Carlo V temeva molto delle intenzio-
ne dei turchi , i ciuali , come tntto , anche troppo chia-
ramente, faceva supporre , disegnavano di assalire i suoi
stati d'Italia. Quale dei due regni avrebbero preso di mira,
Napoli o la Sicilia ? Nessuno poteva saperlo. Donde la neces-
sità di pensare alla difesa dell'uno e dell'altro. E però ,
avendo già stabilito di mandare a Napoli 5000 spagnuoli e
in Sicilia 2000 spagnuoli e .*5(X)0 tedeschi , comandati dal
conte di Ortemberg, ordinava ad Andrea D'Oria di armare,
commetteva a Don Ferrante di provvedere armi in Sicilia,
e raceomandava di nuovo a tutti i suoi ministri in Italia
di operare sempre d'accordo. Al Gonzaga ingiungeva in i>ar-
ticolare di nulla tentare di notevole senza l'avviso del D'Oria.
Don Ferrante faceva osservare che , se il nemico avesse
assalito la Sicilia, gii Alemanni, «gente valorosa» senza
dubbio , non sarebbero giunti in tempo. Meglio mandar*^ ,
invece di due, tremila spagnuoli, presidio che darebbe « un
animo estremo » a tutti quei popoli. E gli spagnuoli senza
difficoltà avrebbe potuto far passare in Calabria , (pialorji
il nembo, che si andava addensando per 1' aria, avesse do-
vuto portare il temporale nel regno di Na[)oli anzi che in
Sicilia. Jja Sicilia, alla sua volta, avrebl)e potuto essere ben
difesa dalle ])ic-<'-ole scorrerie c^on le milizie raccolte sui
luoghi; tant^) più che il viceré <li Napoli aveva consentito
che si assoldassero tremila fanti in Calabria ed egli a^ (^va
già scritto a Roma per rac(H>giiere da quelle ])arti un mi-
gliaio di fanti. Lfi armi , stantie la strettezza del temjM) ,
era ntn^jHsario farle venire di Ijombardia. Né conveniva ad-
(1) E. Coìta, Registri, di lettere etc, pp. 54-08.
DAL 1535 AL 1543 465
(lossare al paese iiu altro grave (;arico, ])roprio mentre, iiou
ostante le tante altre gravezze degli ultimi anni, si lavorava
a smungere i poi>oli per pin di cinqne o seicento mila fio-
rini. Si voleva proprio scorticarli .' Alla vigilia dell'apertura
del parlamento era prudente « agevolare i populi et non
aspreggiarli ». Terminata la sessione e ottenuto ciò che si
desidera\'a, non pareva onesto mettere innanzi altre pretese.
Più tardi qualche mezzo si sarebbe pur trovato f)er spillare
ai siciliani anche <iuell' altra sommetta (1). Alleggerire le
l)orse, ma con garbo e sopra tutto senza far strillare , è
un'arte s(|uisita : e in essa il Gonzava non aveva forse chi
il superasse.
Ma, insieme con gli ordini e le disposizioni d'altra na-
tura, Carlo V, come agli altri suoi ministri, chiedeva anche
a Don Ferrante un ])arere intorno al modo migliore di render
frustranei i disegni dei nemici. Veramente il Gonzaga avrebbe
desiderato che l'imperatore scegliesst!» a base d' operazione
il regno di Xapoli, formando un grosso di 15000 fanti, un
terzo di spaglinoli e il resto <li tedeschi , di 1000 cavalli
leggieri e di tutti gli uomini d'arme che in esso si tro-
vassero. Gli pareva che da <iuel puntt) centrale sarebbe
stato più facile tenere in iscacco tanto i francesi , niiuac-
cianti dal nord, quanto i turchi, temibili per mare da le-
vante, con grande vantaggio di unità e celerità nelle mosse
dell' esercito e non trascurabile risparmio di spesa , poten-
dosi sempre, in t<3mpo, far fronte là dove il nemico minac-
ciassi? di colpire. Con un forte esercito e la persona stessa
dell'imperatore nel centro della penisola, e come a cavallieri
a tutta Italia », uè il papa, uè i fuorusciti avrebbero avuto
animo di muoversi , e a Venezia sarebbe venuto impulso
maggiore a restringersi di più all' imperatore e a seguirne
la politica. VÀò facendo, rendevasi inutile la spesa dei I(KK)0
fanti, bastando munire ì luoghi marittimi e presidiarli con
le milizie ordinarie. Restando invece l'imperatore lontano e
(1) E. Costa, Reyitiiri di lettere, eie, pp. 48, 50, 64, 69-71,
466 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
niaiicaiido un' uuiea direzione , era necessario fare per cia-
scuno dei domini spagnuoli gli stessi provvedimenti e le
stesse spese. Ma a Don Ferrante sfuggiva, in quel momento,
che, mentre l'interesse principale di Carlo Y non era in
Italia, il suo disegno presujìponeva invece il contrario. Del
resto , anche a volerlo porre in pratica , non si era più in
temjK), che, così come stavano le cose , ur<.veva provv^edere
senza indugio. Conveniva quindi attendere piuttosto al mare,
nel (juale pareva essere oranjai il nodo della quistioue. Ve-
dremo più tardi come mutasse parere dopo 1' esi)erìenza,
fatta, l'anno seguente (1538), nelle acque della Prévesa. In-
tanto suggeriva che si raitorzasse T aruìata e le si desse a
residenza il i)orto di Brindisi. Questa città, osservava, « la
l»iù importante cosa che habbi il regno di Napoli da quella
banda verso il Turco », sarebbe assicurata e servirebbe così
di antemurale non solo al regno di Napoli, ma altresì alla
Sicilia, non essendo supponibile che il turco volesse spin-
gersi avanti, sapendo di avere alle spalle un'armata potente,
coman<lata da un capitano così esperto come Andrea D'Oria,
alla (|ual«i per giunta la veneziana, per comunità d'interessi,
]>er comodità di vicinanza e per certezza di vittoria, natu-
raluìcnte sarebbe condotta a unirsi. Certo non andrebbero
trascJirate le provvisioni per la difesa terrestre; presidi nei
luoghi marittimi, guardie nei castelli, numero sufftcieiite <li
Holdati «la ])ot^r muovere svelti e spediti , sì che , in ogni
contingenza, e le forze di ciascun regno fossero iu grado di
accorrere in tempo ai luoghi minacciati, e i due regni jx)-
te88ero a vicenda soccorrtu'si e spalleggiarsi. E, quahu'u il
«preparatori*» del Turco» f(KSse più di nome die di fatto,
il superHui» della gente assoldala poteva inaiidarsi in Lom-
bardia, con vantaggio delhi difesa di (|uei luoghi. Ma, <;lii
ne sarebbe shito duce ? Don Ferrante non lo dice esplici-
tanifMite. Solo avverta» che il marchese del Vasto e Don Pietro
di Tolwlo si sarebbero trovati molto a disagio in un mede-
MÌUIO IllO^O (1).
(I) Ivi, pp. 73-8:ì.
DAL 1534 AL 1543 467
Diverse hi verità erano le idee di Andrea D'Oria. In una
lettera del 26 maggio 1537 da (Tenova al viceré di Napoli
aveva inesso innanzi la proposta di assoldare 120()() Svizzeri,
a spese di Napoli, del papa e dell'imperatore, esclusivamente
per la difesa del regno di Napoli contro i turchi , sicuro
di poter tare assegnamento su di loro, dovendo essi combat-
tere, non contro cristiani, bensì contro turchi. Ma Don Fer-
rante osservava che , anche pres(*indendo dal fatto omai a
tutti noto che la Francia era in lega col turco, non si po-
teva negare la costante buona intelligenza fra il re di Francia
e gli svizzeri. Pjra ])rudente condurne sì gran numero nel
regno di Napoli ? Ohi ignorava le trattative del re di Francia
coi tedeschi e coi turchi ? Chi assicurava che Francesco 1
non tenterei>be di corrom])er (]uegli svizzeri, per ricuperare
il Regno ? E , in ogni caso , terminata l' impresa contro il
turco, dovendosi licenziare gli svizzeri , questi non potreb-
bero <liventar pericolosi allogandosi con la Francia prima
di uscir d'Italia ' 8i sarebbe suscitato un vespaio pericolo-
sissimo. Oltre di che i)areva anche al Gonzaga che il natu-
rale degli svizzeri di com])le8sione molto fiacca et molto
mal resistente alla fatica », potesse cagionare altri guai, p.
es., malattie « sì come accadde in lo exercito de Lautrech
sopra a Napoli »; e peggio poi poteva aspettarsi dalla loro
l)oca fede e poca costanza. Incordava opportunamente che
all'assedio di Na])oli del 152^) fu appunto detto che, se fossero
stati in forze da costringere (pielli dì altre nazioni, gli sviz-
zeri avrebbero abbandonati) il campo. Vero è che, assoldando
gli svizzeri, oltre alla speranza di avere un grosso sussidio
dal ]>apa (1) , si impediva che andassero al servizio del re
di Francia. Ma il (Tonzaga face\a osservare che, dovendosi
combattere il turco , al papa non })oteva importare che si
(1) « Assai mi pjire t-lie iiiiportaria aiichora con questo mezzo ni pott'ss*!
cominciare a tare iutrare il papa in spena >>. C'upia di lettera «li Andrea
D'Oria al Viceré di Napoli, del 26 marzo 15:^7, <la Gem>va. BegMro delle
cose del Uoverno di Sicilia, 1535-39. Carte Gonzaga. R. Archivio di Parma.
468 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
Spendesse per assoldar svizzeri piuttosto che tedeschi o spa-
gnuoli; e che, se alla Frauda fossero venuti meno gli sviz-
zeri, essa avrebbe tentato di avere tedeschi, come già mo-
strava voler fare, con disdoro e d.inno dell'imperatore, per-
chè si sarebbe fatta strada 1' opinione che Carlo V non si
fidasse più di quelli, ma volesse rivolgersi agli svizzeri, dei
(piali sinora non si era mai servito. A ogni modo si sarebbe
abbandanata una nazione leale e valorosa per un'altra, al
paragone, sleale e poco numerosa. Eeceute era l'esempio dei
tedeschi, che si trovavano nell'esercito francese, durante la
impresa di Provenza : non si peritarono mai di combattere
contro l'imperatore (1).
Comunque, anche volendo, quel disegno non poteva es-
sere aittuato. I nemici si erano già mossi. Giunge\ ano già
notizie di fust« piratiche, segnalate fra la Sicilia e l'Africa,
le quali certo speravano cattm*are due navi , pronte per
recar provvigioni alla (xoletta e a Bona (2). Fortunatamente
le navi poterono compiere il viaggio indisturbate. Ma Don
Ferrante si persuadeva che « il preparatorio turchesco » si
andava « ognora pii\ riscaldando ». E però spacciava capi-
tani per assoldare in Calabria i 3000 fanti, destinati a guardar
le marine, con l'aiuto delle milizie regnicole, e, benché non
ne sperasse molto per la penuria generale , mandava per
risola commissari , incaricati di chiedere ai cittadini pii^
facoltosi l'anticipazione <li due rate mensili sulla somma
conct^ssa dal parlamento per assohhir 10000 fanti (3). Faceva
prei»arare a Messina <^ a ralermo grande (piantità di bi-
(1) K. (.'o?*rA, UtiiiHtti di UiUre. rtr., pp. S:{-i)'2.
{2) Iaì navi, che, per tiinon; <li «picllc t'unte, aivcvauo KOMpeMii la pai-
tenzu, MtretU^ dalln ueceHHitÀ , ni erano poi poste in viaggio. Cfr. lettore
(li Don Ferrante a Carlo V , da MeH8Ìna , 17 maggio e 15 giugno 1537.
Uffi. ilrllr coHc tiri ijor. di Sicilia, IfUìlì • <'i9, Ini. ()H, S7. Carle (ìonsoijn.
K. Ardi, l'arni.
(3) Don Ferrunt* a Carlo V, da .Mentina, '24 aprile e 1.") giugno I5.S7.
Ivi, fol. 68, (H, M,
DAL 1535 AL 1543 469
scotto , ricliiesto dal D'Oria per l'armata (1). Sollecitava i
lavori ai castelli Salvatore e Mattagrifoue di Messina (2),
a (|uelli di Milazzo e Palermo e ai due di Trapani. Distri-
buiva le milizie pei luoghi marini , lasciando in Messina
solo 3(K) fanti , ai (piali per altro potè subito aggiungerne
1M)0 , assoldati nello stato romano e giunti in Sicilia alla
metà di maggio. Arvertì gli abitanti delle terre marittime
non atte a difendersi che, occorrendo , ma solo in caso di
estremo ])erìcolo , imjmrrebbe loro di ritirarsi nell'interno
del paese (3). Commetteva salnitro a Napoli (4). Ordinava
il servizio militare per il 10 di giugno, destinando a luogo
di riunione, non più Lecmtini, che un esame piìt accurato
gii mostrava non in tutto sicuro, per la vicinanza del mare,
ma Piazza, a 30 uiigiia da Leontiui e in condizioni più van-
taggiose. Quanto alle galee, che, fatta eccezione per quelli
(1) Don Ferrante a Carlo V da Messina, 17 maggio 1537. Ivi, fol. 67.
Cfr. Maltrolico, op. di., pag. 226.
(2) Furono distrutti campi, orti, alberi, che inagnum possessoribus pro-
ventum praestabant, abbattuta? case e chiese dalla parte di levante, il mo-
nastero e la chiesa di 8. Benedetto, il monastero di S. Gregorio, presso
Porta Gentilmeui, etc. Maurolico, op. eit., pag. 223. Si stabilì di risar-
cire i proprietari con gabelle regie e civiche. Ivi, pag. 226. Il Bonfiglio,
1, 450, non fa che copiare dal Maurolico. La demolizione di tanti luoghi
sacri non si compì senza riluttanza <la parte degli ecclesiastici e senza
timori di futuri mali da parte delle persone pie, alle quali parvero segni
indubbi dello sdegno divino le calamità naturali, che afflissero in quel
tempo la Sicilia, e la morte, accadutsi l'anno dopo, dell'arcivescovo An-
tonio De Lignamine , che aveva dato il suo consenso alla demolizione ,
del canonico Andrea da Simone, che, per incoraggiare gli altri, era stato
il primo ad adoperare il piccone, dello straticò don Bernardo Kequesens,
che vi aveva contribuito e di tal Bresciano, preposto alla costruzione dei
forti. Maurolico, op. cit., pag. 224. Bonfiglio^ Hist., 1, 456, cfr. G. Are-
NAPRiMO, Notisie storiche messinesi dei secoli XV e XVI, op. cit., pp. 327-30.
(3) Don Ferrante a Carlo V, da Messina, 17 e 23 maggio 1537. Beg.
delle cose del governo di Sicilia, 1535-39, fol. 71, 81, 82. Carte Gonzaga
dell' Arch. Farm.
(4) Don Ferrante al Saganta, da Messina, 23 maggio 1537. Ivi, fol 79.
Arch. Stor. iUc. N. S. Anno XXX. 31
470 IL GOVERNO DI DON FERRANTE GONZAGA IN SICILIA
deri vantigli dall'obbligo di provvedere alla Goletta e a Bona,
costituivano i maggiori grattacapi del suo governo, il so-
vrano gli aveva conferito già i poteri necessari, per armarne
altre, se fosse stato necessario (1).
Intanto Carlo V aveva nominato ammiraglio del regno
di Sicilia il marchese di Terranova e gran con estabile il
viceré di Napoli (2). Agli 11 di giugno giungevano dalla
Spagna nel porto di J^Tapoli, su 22 navi, 6400 fanti. (3) In-
formatone , mandò Don Ferrante il razionale Pietro Ago-
stino a prendere quelli assegnati alla Sicilia. Erano cinque
compagnie, sommanti a 1250 uomini, che furono trasportate
dalle galee del D'Oria. Ad esse furono aggiunte altre due
compagnie , assoldate in Sicilia. Quasi nello stesso tempo
arrivavano 2000 fanti, di quelli raccolti in Calabria , che
furono subito messi in cammino per Piazza (4). Questi ar-
rivi suggerirono un opportuno spostamento di presidi : i
fanti romani furono mandati a Taormina, dove da Piazza
ne vennero inviati altrettanti circa di italiani. Prudenza ed
esperienza del passato avevano consigliato di tener lontane
le milizie italiane dalle spagnuole, lasciate a Messina (5).
(Continua)
(1) Don Ferrante a Carlo V, da Messina, 17 maggio 1537. Ivi, t'ol. 69
e 71.
(2) Don Ferrante al Saganta, suo agente, da Messina, 23 maggio 1537.
Im, fol. 80.
(3) Don Ferrante*, a Carlo V, da Messina, 15 giugno 1537. fvi, fol. 89.—
Il vescovo di Macon, informandone da Roma il cardinal I)u Uellay, ai 20
giugno, parla di 7000 8pagnu<di, dei quali 3000 destinati alla Sicilia. Chak-
RiERK, Nég. de hi Fr. dam le Lev., etc. Parigi, 1848 : 1 , 381. La corri-
Bpondenza del Gronzaga permette di precisare il numero di quelli passati
realmente DeUMaola.
(4) Il Madrolico, Sic. rar. Camp., p. 223, ne conta 3000; ma, eviden-
temente vi compsund(>. gli spagnuoli , ricordati anteriormente. Cfr. , del
resto, la nota che precede.
(6) Don Ferrante a Carlo V , da Messina , 8 e 24 luglio 1637 , Reg.
dèlie co$e del Oov. di Sic., 1535 - .9.9, fol. 90 - 3. Carte Gonmga. R.
Arch. Parm. — «IjB cagione che m'ha iuohso a roinovcrli di (jua ^, p«'r-
chè havrndo fatt*» restan'. qui (jiii'Hte c.inqur Waudit'.n! di spaguoli v«inuli
di Napoli dubitavo «'he toncudo iiisiem*^ (jiumte «lue nationi non succe-
dM^c tra loro qualche disordine kìtoiuIo <Iio altre volte si è visto acca-
dere » (fol. 92)
RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH (*)
I.
Uno dei persona^<ii più intevessauti vissuti alla corte
(li Riijugero II fu, senza dubbio, quel Filippo di 'Al Mah-
diah che troviamo aniuiira^lio di Sicilia dopo la morte di
Giorgio di Antiochia. Pochissimi dati abbiamo intorno alla
sua vita uè tutti sicuri, che la fonte principale di essi, come
vedremo, è ben lungi dalPesser sincera e assai poco si può
ricavare dagli altri documenti del tempo.
Strane vicende furono quelle di Filippo, che da semplice
paggio salì, non sappiamo in qual modo, ai più alti gradi
del comando e tenne per poco nelle mani le sorti della
]K>litica africana del primo re di Sicilia. Nacque musulmano,
divenne cristiano, ritornò di nascosto all'antica fede. E morì
qual visse, qnasl misteriosamente : morì per la fede e non
fu martire, polche, sottoi)ost.o a processo, promise di riab-
bracciare la (noce ; ma non fu creduto e fu perciò condan-
nato.
Nel 1153 Filippo aveva avuto il comando dell'armata
spedita in Africa contro In città di Bona (1). Da questa
impresa, che io accennerò brevemente , si credette avesse
avuto (n'igiue la cattiva fortuna di lui.
(xiorgio, il grande ammiraglio, al quale gli scrittori mu-
sulmani , attribuiscono i più grandi trionfi riportati dalle
milizie di Ruggero nell'Africa, (2) era morto tra il maggio del
(*) Lettura fatta uella seduta sociale del dì 8 ottobre 1905.
(1) E. Caspak, Roger II. {1101-1154) vnd die Griindunf/ der Norman-
nisch-Sicilischen Monarchie. Innsbruck, 1904, p. 432.
(2) Amaki, St. dei Musulmani di Sic. Ili, (P. II). Firenze, 1872, p. 422.
472 RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH
1149 e 1' aprile del 1150 (anno 544 dell' Egira) (1). Si dice
anche che le imprese di quel re allora si arrestassero, per-
chè egli non aveva più trovato alcuno che potesse degna-
mente condurle. (2).
Dal 1150 al 1153 corre un periodo di guerre intestine
tra le popolazioni musulmane che abitavano nell'Africa
settentrionale. Ruggero avrebbe voluto collegarsi con una
delle parti, ma, fallitogli il tentativo, stabilì di affermare i
suoi nuovi domini, mandando un'annata in Africa sotto il
comando dell' eunuco Filippo. Ciò dimostra che soltanto
questi, a giudizio del re, era degno di succedere al famoso
ammiraglio.
Il governatore hammanita aveva abbandonato Bona quan-
do Filippo giunse in Africa , onde egli, prima che gli Al-
mohadi s'impadronissero di quella città, l'assalì e l'espugnò
con Paiuto degli Arabi dei dintorni. Prese molti prigionieri
e raccolse ricco bottino, ma permise che alcuni uomini dotti
e virtuosi uscissero illesi dalla città insieme con le loro fa-
miglie e con i loro averi. Da Bona egli condusse l'armata
ad 'Al Mahdìah e quindi in Sicilia.
A questo punto la tradizione ci si presenta assai confusa
e quasi sdoppiata. Da un lato abbiamo Ruggero , che , ri-
masto scontento dell'indulgenza usata dall'ammiraglio nella
città espugnata , ordina che Filippo venga imprigionato ;
dall'altro vediamo Filippo che, dopo di aver raccolto onori
e gloria per l'impresa compiuta, viene accusato di un delitto
contro la religione. Gli fu attribuita la colpa di odiare i
Cristiani e di favorire in tutti i modi i Saraceni. Mostrava
apparentemente di essere cristiano, ma andava di nascosto
nell^ moschee, fornendo anche l'olio alle lampade. Disprez-
zando i riti cristiani , si cibava di carne nei giorni <li ve-
nerdì e nella Quaresima , né aveva trascurato di mandare
(1) Amari, pag. oit.
(2) Pag. oit.
RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MÀHDIAH 473
oblazioni alla tomba di Maometto e messaggi ai sacerdoti
del profeta. Ruggero , informato della condotta di Filippo,
lo fece venire innanzi a sé alla presenza dei conti, dei giu-
stizieri, dei l)aroni e dei giudici. Invitato a rispondere alle
accuse che gli si facevano in materia di religione, egli, che
conlidava nella benevolenza del re , negò tutto assai viva-
cemente; ma quando alcuni testimoni confermarono ciò che
gli accusati avevano «letto, egli, vistosi a mal partito e te-
mendo la giustizia del sovrano, chiese perdono, promettendo
che per l'avvenire sarebbe stato fedele alla religione di Cri-
sto. 11 re allora, respingendo la promessa di Filippo, acceso
dalla fiamma della fede, proruppe in lagrime e, rivolgendosi
agli astanti, disse ; « Sappiate, o diletti, che l'animo mio è
colpito da un dolore vivissimo ed agitato dagli stimoli po-
tenti dell'ira, perchè questo mio ministro, che sin dalla te-
nera età io avevo allevato come cattolico, fu scoperto Sa-
raceno, e da \'ero Musulmano sotto il nome della fede fece
opere d'infedeltà. E invero se egli avesse offeso la maestà
nostra in altre cose, se avesse rubato una parte anche gran-
dissima del nostro tesoro, la buona memoria dei servizi resi
gli avrebbe procurato cert^amente presso di noi il perdono
e la grazia. Ma poiché col suo misfatto offese principalmente
Iddio e diede ad altri , coli' esempio , occasione di peccare,
(nonché a lui) non rimetterei la colpa verso la nostra fede
al mio proprio figliuolo o ad alcun altro mio congiunto. Da
questo fatto tutto il mondo apprenda che io amo con tutto
l'affetto possibile la fede cristiana e non lascio di punire, per
le offese fatte ad essa, anche i miei ministri. Sorgano adunque
le leggi e sia il nostro diritto armato della spada dell'equità
e della giustizia e colpisca con essa il nemico della fede e
così metta agl'infedeli il laccio del terrore. > E i giudici in-
sieme con i conti, i giustizieri ed i baroni, ritiratisi in di-
sparte , dopo lunga discussione sentenziarono che Filippo,
delusole del nome cristiano , il quale sotto il velame della
fede compiva opere d'infedeltà, fosse bruciato da nitrici fiam-
me, affinchè colui che non volle avere il fuoco della carità
474 BUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH
iiicorresse in quello del rogo e nou rìiuànesse traccia di un
uomo così malvagio, ma, ridotto in cenere, passasse dal fuoco
tempoi*ale a quello eterno. Alzato il rogo nella piazza del
palazzo reale, Filippo, per ordine dei giustizieri , fu legato
ad li 11 focoso cavallo, il quale lo trascinò lino al luogo del
supplizio. Quivi fu sciolto e gettato tra le liamme. Ciò av-
venne, secondo la tradizione, tra il novembre e il dicembre
del 1153 (1).
Il fatto che ho riferito in gran parte si trova in un passo
della Cronaca di Eomualdo Salernitano (2). Brevi accenni
sono anche nelle opere di due scrittori musulmani, 'Ibn 'al
'Atir (3) e 'Ibn Haldùn (4), il primo dei quali per altro fa
dipendere esplicitamente l'arresto di Filippo dalla benignità
usata da lui verso i Musulmani di Bona, mentre nel brano
che è nella Cronaca di Eomualdo quella impresa, finita col
trionfo dell'ammiraglio, non ha alcun rapporto col fatto di
cui particolarmente ci occuperemo.
L'Amari vide nella morte di Filippo un vero e proprio
auto (la fé e quasi la prima gesta del tribunale della Santa
Inquisizione (5). Ma noi ci domandiamo subito : il fatto, così
come è narrato, merita fede! Pj, ammesso come vero, vi ebbe
Ruggero quella parte che gli si attribuisce ? L'Amari, come
si è detto, ammette il fatto anche per ciò che riguarda Bug-
gero, e cerca di spiegarsi come mai egli fosse divenuto così
ferocemente severo verso il suo bravo ammiraglio. « Po-
tremmo supporlo — egli dice — divenuto bacchettone per
indebolimento di cervello , sicconi' è avvenuto a tanti altri
<U>tti e forti uomini. Ma ])iiì verosimile è che liuggero abbia
(1) Amari, Si. d. M., Ili, 433.
(2) Cito l'ed. (li Arndt in Aton. Germ. HiH. Scriptorniu Tom. XIX,
426, 427.
(3) Nella Itibl. Arabo-Sirula <li Amaui. Vcr-sionc it^iliuua. (Torino e
Roihh, 1880-1S81), I, 47U ^^ Meg.
(4) Bibl. A. S., II, 229.
(5) .S'^ d. .M., Ili, 435 e 488.
RUGGERO n E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 475
voluto dar nn esempio e riformare a suo modo la corte,
dove i vinti guadagnavan la mano a' Cristiani » (1). Dopo
l'Amari il De Blasiis riportò anch'esso quasi per intero la
tradizione , senza neppure metterla in dubbio (2) e recen-
temente il Caspar ritornò ai concetti dell'Amari e, fondendo
le due ipotesi in una, credette che Ruggero avesse voluto
qaeWauto da fé, perchè negli ultimi anni della sua vita era
divenuto un docile strumento d'impulsi clericali (3). Insomma
tutti più o meno, ritengono che la morte di Filippo avvenne
per volontà di Ruggero , nel quale ammettono , di conse-
guenza , la coscienza del fatto. Vedremo quanto ci sia di
vero in tutto questo, intanto ci occuperemo della fonte più
larga di quelle notizie, cioè del racconto che troviamo in
Romualdo.
Il passo è indubbiamente interpolato. Giudichi anche il
lettore. Romualdo è intento a descrivere i luoghi di delizia
del re normanno : « parchum deliciosum satis et amoenum
diversis arboribus insitum et plantatum construi iussit (Ro-
gerius) et in eo damas , capreolos , porcos silvestres iussit
includi. Fecit et in hoc parcho palatium, ad quod aquam de
fonte lucidissimo per conductus subterraneos iussit adduci.»
A questo punto la descrizione viene interrotta e si trova
narrato il fatto di Filippo, che non ha alcun rapporto con
ciò che è detto prima. Finito quello, abbiamo subito : « Sic
vir sapiens et discretus praeclictis deliciìs , prout temporis
ex])etebat qualitas, utebatur ; nam in hyeme et quadragesi-
mali tempore prò copia piscium in Fabarae palatio mora-
batur; in aestate ai)ud parchuin... » (4). Né, come vedremo,
è il caso di pensare ad uno spostamento.
(1) St. d. M., Ili, 439.
(2) De Blasiis, La insurresione pugliese e la conquista normanna del
sec. XI. Napoli, 1873, III, 429, 430.
(3) Caspar, op. cit., 433.
(4) Questo posto occupa, come si vedrà, la narrazione riguardante Fi-
lippo nei codici e nelle pubblicazioni del Muratori e del tl6b Re.
476 RUGKJEBO TI E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH
Il Eoi Re , pubblicaudo la Oronaca di Romualdo nella
raccolta dei « Cronisti e scrittori sincroni della dominazione
normanna nel Regno di Puglia e Sicilia » (1) aveva notato
che il brano in questione non esisteva nel codice da lui con-
sultai io e, osservando l' interruzione tra i\ne\ due periodi e
la ferocia che traluce da tutto il passo , non consentanea
all'indole del buon pastore, riteneva che quello non fosse
opera di Romuahio. L'Arndt , che per isbagiio lo riferì al-
l'anno 1146, si contentò di metterlo a nota (2). Invece l'A-
mari « non oserebbe dir che non l'avesse inserito lì lo stesso
arcivescovo di Salerno, ancorché di certo non vi si scorga
il suo stile , né la tiepidezza religiosa di un uom di Stato
par suo , il quale nelle gare della corte di Palermo pendè
pur troppo a parte musulmana» (3). Quindi egli ritiene che
Romualdo abbia estratto quel capitolo dall'originale sentenza
della corte dei Pari , e, continuando, trova anche l'ampol-
losità «Ielle parole corrispondente all'atrocità del fatto, che
perciò ò da lui ritenuto « genuino e preziosissimo , trape-
landone perfino i dubbii che correano su 1' ortodossia del
re » (4).
Già per questa osservazione, presa al rovescio, dovrem-
mo a jyriori andar molto cauti nel giudicare dell'importanza
del documento che esaminiamo; ma anzitutto a noi occorre
di scartare addirittura l'i])otesi che quel brano fosse ivi in-
serito dallo stesso arcivesco di Salerno. Notiamo che se
quella narrazione fosse stata comi)ilata da Romualdo e
da lui stesso introdotta nella Oronaca, si troverebbe in un
posto più acconcio , giacché quello che occupa è evidente-
mente casuale, il fatto che Romualdo toglieva le notizie da
un <lo<;uni('nt<> iifli<Male, come il testo <lella scMiteuza, giusti-
(1) Napoli, 1845, p. 77.
(2) M<m. Germ. HiaU, XIX, p. cit.
(8) fit. d. M., 488 e 480 a nota.
(4) Ut. d. M.t nota cit.
• RUGGERO II K Pir.IPPO DI 'AL M.AHDIAH 477
tica forse la inaiicaii/a di (iiiell'orcUiie eleraentarlssimo che è
necessario in qualunque narrazione ? Ma coU'esame dei co-
dici noi ])Ossiamo stabilire in qual tempo quel racconto fu
com])ilato ed introdotto nell'opera di Romualdo.
Il codice <*<)nsultati) dal Hwl Re, nel quale mancia il passo
in (piestione , era stato coi)iato con molta accuratezza dal
(iodice del Duomo di 8alei'no (1). Dalle notizie che il
Garufi dà intorno ai vari codici della Cronaca di Rommtl-
do (2), apprendiamo che essi si dividono in due famiglie e
che quello di Salerno è della stessa famiglia alla quale ap-
partiene il Vaticano 8973 (3) e che quest'ultimo è il ])iii an-
tico di quelli che si conoscono : « Se il Vaticano non può
ritenersi l'originale, scrive il Garufi, tuttavia è da reputarsi
come l'archetipo donde derivarono tutti quelli della famiglia
A. La scrittura di esso, tutta d' ima mano, è longobarda
della line del secolo XII, cioè del tempo quasi dell'autore ».
Ora appunto il Vaticano ha molte interpolazioni marginali
del secolo XVI o XVII, una delle quali è il brano riferen-
tesi a Filippo di 'Al Mahdìah.
All'altra fiimiglia a])partiene il codice del Capitolo di
S. Pietro , E. 22 , il quale è del secolo XIV e pare tutto
scritto dalla stessa mano , come dice lo stesso prof. Ga-
rufi (4). Questo codice contiene come testo quelle stesse in-
terpolazioni che nel Vaticano 3973 sono scritte nel mar-
gine dei fogli.
Il racconto dei casi di Filipp<» è confuso col testo nella
stampa muratoriana (5), perchè il Sassi, che ne curò l'edi-
(1) Déì*Re, op. cit., Proemio, p. IV.
(2) Si trovauo a p. 8 della Coumuicazione al Congresso internazionale
ai scienze storiche (Roma, II-IX aprile MCMllI), fatta dal Fiorini sui la-
vori preparatorii alla nuova edizione dei Rerum Itaìicarum Scriptore»
(In Cittti di Castello, edit. Lapi), per i quali il Garufi curerà la pubbli-
cazione del Chronicon di Romualdo.
(3) Il Garufi dice che è una trascrizione di questo.
(4) Egli mi ha gentilmente mostrato alcuni facsimili.
(5) Milano, voi. VII, 194 e s.
478 RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MA.nDlAH
zioue nel 1725 si servì, come afferma egli stesso, di un co-
dice della bibliotoca ambrosiana , copiato più di un secolo
prima dal Vaticano (1). L' amanuense inesperto aveva evi-
dentemente incluso nel testo della sua copia quelle inser-
zioni marginali , che già , come abbiamo visto , nel seco-
lo XVII dovevano esistere nel codice Vaticano.
E noi possiamo pertanto stabilire che quella narrazione
non è dell'autore, mancando nel codice più vicino ad esso
per ordine di tempo, mentre non può ritenersi posteriore al
secolo XIV, trovandosi già come testo nel codice di S. Pietro
E. 22.
Porse allo stesso tempo sono da riferire gii accenni che
troviamo sulla morte di Filippo nell'opera di 'Ibn 'Ai Atìr.
Dopo di lui 'Ibn Haldfin diede sullo stesso argomento quelle
poche notizie che esamineremo particolarmente.
IL
Dobbiamo adesso intrattenerci sul contenuto della inter-
polazione per vedere se esso è veramente d^gno di fede, come
dice l'Amari (2).
In (|uella narrazione si fa parlare ed operare Ruggero
per impulso della sua coscienza religiosa; la politica, che
s'intravvede nel brano di 'Ibn 'Al 'Atìr, senza per altro o-
scurare la spinta della fede, (pii non entra per nulla. Rug-
gero è rappresentato come un principe cristianissimo, « chri-
stianae fidei zelo et fervore succensus ». E che si mostrasse
tale in ogni occasione si desume dalle parole dell' interpo-
latore e da (juelle che in una specie di dichiarazione di fede
(1) «in AiM)gnipliiiiii noBtrum, iam a pluribus Rupra centum annis e
Codice Vaticano descriptum, nonnulla irrepsiase menda deprekeudi». Voi.
dt, p. 6.
(3) at. d. M., Ili, 486.
RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 479
sono messe in bocca allo stesso Buggero : « In hoc facto
totus mnndus addiscat, qno<l Obristianam fidem tota affec-
tione diligo, et eins iniuriam etiani in ministros meos vin-
dicare non cesso ».
Basterebbe contrapporre a questa dichiarazione ciò che
si i)ensava e si scriveva in quel tempo intorno a Ruggero.
'Ibn 'al 'Atir nota che «la gente del paese bucinava che il
re fosse musulmano » (1). Or si poteva imaginare una smen-
tita migliore a tali dicerie ! Questo dunque fu lo scopo
della narrazione latina.
Ma l'inverosimiglianza di essa apparisce chiara a chi vo-
glia per poco [)enetrare nella coscienza di quel re ed esa-
minarne i veri sentimenti.
Se i sentimenti che durano piìl nell' animo nostro sono
(|iielli che ci vengono ispirati nella fanciullezza , Ruggero
non poteva essere troppo attaccato alla fede cristiana, co-
me non lo furono mai i suoi genitori. 11 padre gli era morto
quando egli era ancora in tenera età (2), e la madre, Ade-
laide, quantunque cristiana , ebbe sempre, durante la reg-
genza, maggiore fiducia nell'elemento musulmano, che in
(piello cristiano , anzi tras])()rtò la sua capitale a Palermo,
dove i Musulmani prevalevano di numero, perchè si sentiva
più sicura in mezzo a quelli (3). Fu atto politico, si dirà,
e va bene , ma esso non può andare scompagnato da una
grande inditlerenza religiosa. Quando poi Ruggero ebbe
tutto il ])otere nelle sue mani mostrò di comprendere per-
fettamente lo spirito del popolo e vide che esso in fatto di
religione e di culto guarda più alla forma che alla sostanza.
Egli fu cristiano, perchè tali furono i suoi maggiori e tale
si trovò egli stesso (piando cominciò a comprendere che
cosa fosse governo e come potesse nel miglior modo essere
tenuto. Ma che egli preferisse l'una all'altra religione non
credo si possa affermare.
(1) 'Ibn 'al 'Atìr in £. A. S., 464.
(2) Caspab, op. cit., p. 23 e a.
(3) Amari, St. d. M., KI, 351.
480 RUGGEBO II E FILIPPO Di 'AL MAHDIAH
I titoli ed i motti , da Ini liberaniente scelti tni quelli
dei sovrani arabi e bizantini, sotto il velo dell'equivoco, ri-
velano le sue intenzioni ed i suoi veri sentimenti.
Cristiano in mezzo ad un popolo in buona parte musul-
mano , non potendo abiurare la sua religione senza rom-
perla del tutto con quella civiltà occidentale, che era fon-
data easenzialniente sul Cristianesimo e che a lui , come
prima allo zio Roberto il Guiscardo , aveva dato speranza
di gmudezza maggiore, volle essere qualcosa di più che un
semplice monarca cristiano cattolico. Egli era bensì « To^épio?
èv XptoTcj) i(p O'Ecj) eòaspYj? xpatatò? p-qi » (l), aveva però cura di
aggiungere subito dopo « xal twv ^^ptatiavwv PotjO-ó? ». Ma di-
fensore dei Cristiani^ come poteva intendersi in quei tempi,
nei quali si combatteva contro gl'infedeli, egli non fu mai,
né mai volle ingolfarsi in guerre di religione contro prin-
cipi musulmani, coi quali trovavaai in buoni rapporti po-
litici. Ed è notevole questo fatto, che pare si debba attri-
buire a lui. Quando Baldovino invitò Ruggero ad un'impresa
contro i Musulmani dell'Africa, tra il giubilo di coloro che
speravano diventassero tutti quei paesi terra di Cristiani, egli,
accompagnando le i)arole con un atto poco urbano, ma si-
gnificativo, rispose che non poteva permettere che venissero
turbate le sue buone relazioni con i sovrani dell'Africa pro-
pria (2). Verosimilmente dunque con l'esi)ressione twv xpt-
otiav(i)v poTfj^ói egli intendeva signiticare che esercitava sul
suo popolo non solo la funzione civile e politica, ma anche
quella religiosa. Aveva insomma escogitato quel mezzo per
aggiungere un non so che di ieratico alla sua figura e ren-
<lere più temuto il suo governo.
La Icgazia apostolica , che avrebbe dovuto tenerlo , al-
meno dal punto di vista religioso, sottomesso al papa, fu da
lui intesa in una maniera tutta speciale. Anche Edrisi lo
(1) Per qaMto e por ^li altri titoli iu latino od iti groco ad osho so-
miglianti vedi Casi'au, UeycHten in op. cit., 475 e ss.
(2) 'IBM 'al 'AtIk, (B. a. .V., I, 451). Amari, 8t, d. M. Ili, 190.
BUGGERO n E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 481
chiama una volta, «sostegno (M pontefice di Roma» (1),
ma Euggero sostenne il papa quando e come piacque a lui :
lo combtittè , lo vinse , lo costrinse a fare quello che egli
voleva (2). Ognuno giudichi se questa può chiamarsi dipen-
denza : in Roma il papa con tutti i suoi attributi, nel regno
di Sicilia Ruggero capo dello Stato e capo della religi(me.
Le chiese che erigeva, le dotazioni che conc«*deva ai mona-
steri confermano questa sua sovranità spirituale. Esse erano
con)e l'affermazione solenne di quella funzione. Che se poi
egli profondeva tesori inestimabili nei monumenti cristiani,
non lo faceva i>er appagare il sentimento religioso, ma per
soddisfarne ben altri.
Grande e fastoso voleva essere in tutto come un sovi-ano
dell'Oriente, e voleva che i monumeuti da lui innalzati fos-
sero quasi l'estrinsecazione di quella sua grandezza e la rap-
])resentassero in maniera visibile a tutti attraverso i secoli.
E poi egli comprendeva bene che una vera e i)roi)ria
dipendenza dal pa[)a non gli avrebbe permesso di esercitare
sui Musulmani del suo Stato quella medesitna funzione,
che più esplicitamente esercitava sui Cristiani. Come i ca-
liffi musulmani, che avevano insieme il potere civile e quello
religioso, egli ebbe lo 'ahhna per la cancelleria musulma-
na : « Lode ad Allah per riconoscenza dei suoi benefìzi » (3).
E quando egli, come i i)rincipi musulmani , si faceva dare
nei diplomi redatti in lingua araba il titolo di « re venc^i-audo
e santo » (4) non mostrava chiaro 1' inteiulimento che i
Musulmani conservassero almeno l' illusione di essere an-
cora governati da uno dei loro [U'incipi ? E l'illusione era
completa quando lo si ve<leva uscire nelle processioni sotto
quelP ombrello di gala , che usavano i califfi fatemiti ,
(juei califfi cioè che pretendevano di discendere dalla figlia
di Maometto (5). E non permetteva Ruggero che ogni
(1) Edrisi, (B. a. S., I, 83).
(2) Vedi Caspar, op. cit., 73 e ss., 328 e ss.
(3) Amari, St. d. M., Ili, 449.
(4) Amari, voi. cit., 450.
(5) 'IBN HammaÌ), {B. a. S., I, 509).
482 BUGGERO II E FILIPPO DI 'aL MAHDIAH
buon Musulmano potesse liberamente tenersi fedele al suo
culto, frequentare le moschee, ascoltare indisturbato le ome-
lie dei suoi sacerdoti e partecipare alla preghiera che il
muezzin innalzava al cader del sole dal minareto vicino?
Vietava egli forse al Musulmano di continuare in quelle
costumanze e di seguire quelle tradizioni civili, che quando
sono rotte o impedite, conturbano la coscienza non meno
di quelle religiose ?
Del resto il popolo non va molto per il sottile nell' in-
dagare i sentimenti religiosi di coloro che lo guidano, uè
quasi mai si dà pensiero dei loro strani sdoppiamenti;
esso si contentava allora, come si contenta ora, soltanto
dell' apparenza. 8i meraviglia forse oggi il po^iolo quando
vede partecipare alle funzioni religiose (pielle autorità che
manifestamente professano idee contrarie agli atti che com-
piono? Sono menzogne tradizionali, alle quali il popolo no-
stro non ha mai bjxdato.
Chi poi pensasse che i Musulmani di Sicilia fossero così
tenacemente legati alla legge del Corano, come lo erano i
loro confratelli dell'Africa e dell'Asia, o che i Cristiani di
Sicilia fossero così riscaldati dal fuoco della fede , come i
loro correligionari <li altre parti di Europa, ca<h'(^bbe in er-
rore. Quelle varietii di riti e di culti della religione cri-
stiana e dell'ebraica, se non erano accette a tutti, certo
coll'abitudine riuscivano a tutti indifferenti. I Musulmani
stessi, se «lapprimn eblx'ro a ]>rovare avversione ])er i riti cri-
stiani più <> meno lontani da «incili che <listinguevano il
loro culto, coll'andare del tem])o si abituarono allo tolleranza
I' (\a questa passarono all'indifferenza. E poiché il popolo,
a (puilun«|ue religione appartenga, è sempre attratto dalla
pompa e dallo splendore <'sl(;ri(>re, i Cristiani dovevano aii-
ch'tvMÌ essere attirati dagli usi <lella civiltà musulmana. Se
le Htrade, le piazze, i m<Mcati oflrivano un singolare miscu-
glio di cx)8tiimi r di logge, dovettero finire |>er armonizzare
nella mente di ogni Sn'iliaiio; s<» le fest<^, gli es(M(Mzi, gli spet-
tacoli «Mano divjM-si secoiulo i costumi e hi religioni, da cui
RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 483
traevano origine, dovevano allettare tutto il popolo, senza
distinzione di sorta. E il conjraercio e gli scambi di ogni
giorno non dovevano contribuire, se non alla unificazione
delle varie tendenze, certo alla loro armonia ! Tutto questo
produceva necessariamente l'indifferenza religiosa, quell'in-
differenza che permise ai Musulmani di Sicilia di com-
battere per il loro re contro i Musulmani di altre regioni
e lasciò che essi contribuissero a restaurare l'autorità di
papa Gregorio VII, che Arrigo IV aveva assediato in Ca-
stel Sant'Angelo (1). D'altro lato la calda parola di Urbano II
e di tutti coloro che predicarono le Crociate contro gl'in-
fedeli non suscitò entusiasmo nella Sicilia, che i)nre van-
tava cavalieri non meno valorosi dei molti che, pieni di spe-
ranza e di fede, calavano dalle altro parti del mondo cri-
stiano. Posta la Sicilia, come un i)onte, tra l'Africa e l'Eu-
ropa, tra la Cristianità e l'Islamismo, era un punto di pas-
saggio, dove erano apparentemente l'una e l'altra religione,
ma senza quei segui caratteristici , che le distinguono , e
senza (piella forza e (piell'attaccamento ai priucipii fonda-
mentali che son propri dei popoli veramente religiosi. La co-
scienza del popolo siciliano nel complesso rispondeva alla po-
sizione geograilca dell'isola, ed esso potè avere un governo
savio, giusto, equilibrato quando trovò un sovrano (;he si ren-
desse conto esatto dell'una e dell'altra. A Ruggero, in un paese
come la Sicilia, per governare bene non rimanevano <!he
due vie, o proteggere tutte le religioni o disinteressarsi di
tutte i)er creare uno Stato laico. I tempi non permettevano
la seconda soluzione e perciò egli si attenne alla prima.
Vide però che la sua politica era niolto ai'<lua uè sempre
possibile, vide che uno Stato come il suo aveva sempre
bisogno di una mano forte e di una niente troppo elevata
e senza scrupoli di coscienza; vide, specialmente negli ul-
timi anni, che conveniva lasciare al suo successore un re-
gno più uniforme. E pensò ad un'opera di assimiliazione.
(1) Amari, SU d. M., III^ 145.
4S4 RUCiGERO n E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH
L^elemento cristiano, uotevolraeute cresciuto, doveva a
poco a poco, seuza scoste, senza urti, assorbire l'elemento
musili mano, che però e,iJ:li continuava senii)re a rispettare
e a tenere sempre in onore. Così intenderei, se vera, la no-
tizia di Romualdo « (Mrca tìneni auteni vitae siiae seculari-
bus negociis aliquantulum postpositis et omissis ludeos et
Sarracenos ad fldem Christi convertere modis omnibus labo-
rabat (1). Vedere in ([uesto con l'Amari una persecuzione
religiosa sarebbe, credo , un errore (2). Perseguitare i Mu-
sulmani e gli Ebrei sarebbe stato come provocare reazioni
potenti in mezzo al popolo. Qualunque atto di crudeltà avreb-
be tenuto sempre più lontani dalla religione di Cristo Mu-
sulmani ed Ebrei e avrebbe distrntto «piella politica di me-
raviglioso equilibrio che appunto rese grande il nome di
Ruggero e t.emuto il suo regno.
A chi , dopo ciò , piace di sentire come i contempo-
ranei giudicassero la coscienza religiosa di Ruggero nel-
l'ultimo tempo della sua vita, faccio osservare che uno di
quelli credette che egli meritasse 1' inferno , dove, essendo
multis faciìioriòuii poìlutus , avrebbe pagato il fio di tutti i
suoi peccati (.*i). E dobbiamo credere che ciò non si sarebbe
scritto, se egli negli ultimi anni si fosse dato alle opere di
religione con l'entusiasmo di un neofita. Ma su questo ora
non occorre insistere. Noi vedremo come hi i)<)litica della
tolleranza e dell'equilibrio fosse da lui mantenuta per tutta
la sua vita di governo.
Un mutamento di coscienza in fatto di religione [)uò far
cambiare la politica di un uomo di Stato, specialmente nello
ultimo t4'!niiM> della sua vita. Ora, poiché si atternui, <;ome ab-
biamo visto, che ciò avv(Mine in Kuggen» a])pnnto per quel
motivo, <juando noi avremo dimostrato che la politica, di ()uel
re fu in ogni tempo deferente verso i Musulmani, non a-
(1) KoMUAi.uo in Mon. Geitn. /fini., XIX, 427.
(2) Amari, ,S7. d. M„ III, 43!).
(3) Dk Bi.AHiiH, «>|>. cit., Ili, 431.
RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 485
vremo [)iù ragione di snpj)orre come già avvenuta in lui
(|uella conversione religiosa.
III.
Abbiamo osservato che per Ruggero la religione fu
sempre strumento di governo.
In uno Stato come quello il re soltanto per una ragione
l)olitica avrebbe potuto mandare a morte Filippo, non già
per una (juestione di fede. Ma prima di esaminare quella
ragione dobbiamo soffermarci sul i)asso 'Ibn 'al 'Atir, il
(|uale da una parte presenta certi addentellati con l' inter-
polazione, di cui ci occupiamo, e dall'altra ci permette di
conferire tutta l'importanza che merita al brano dell' altro
scrittore ai'abo, 'Ibi; Haldùn.
L' Amari nel parlare del fatto di Filippo non fa cenno
<li (juest'ultimo cronista, forse perchè ritenne che quegli si
restringesse a co])iare il tratto dall'ojiera di 'Ibn 'al 'Atìr.
►Sul principio i due scrittori narrano le stesse cose, poi
'Ibn 'al Atir dice: «Ruggiero Io fé' catturare per la beni-
gnità usata in Bona verso i Musulmani; dicendosi [a corte
(li Palermo] eh' egli e tutti i paggi del re fossero occulta-
mente Musulmani. Dei testimoni affermarono che Filippo
non digiunava (piando digiunava il re , e che egli era ve-
ramente musulmano». Prima di vedere il resto, facciamo
(|ualche osservazione sul tratto riportato. Qui la questione
leligiosa non risalta più come nella narrazione latina, secondo
la (]uale Filippo non solo non è punito per la condotta che
tenne in Africji , ma riceve onori e gloria; e se egli è po-
scia accusato, ciò a\ viene per una questione di fede, che fi-
nisce per trionfare, nonostante il fatto politico, che avrebbe
l)otuto rendere indulgenti il re e i giudici. Xel passo del cro-
nista arabo iinece i due fatti, il politico ed il religioso,
sono confusi , uè è quindi possibile vedere quale dei due
Àrck. Stor. Sic, N. S. Anno XXX. 52
486 KUGGEBO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH
fosse più importante. Ciò è naturale , perchè lo scrittore
musulmano non aveva l' interesse, mostrato da quello lati-
no, (li travisare i fatti per figurare un Buggero « cliristianae
tidei zelo et fervore succensus , il quale dinanzi alla fede
mettesse a tacere ogni altro sentimento, compresa la ricono-
scenza verso colui che aveva condotto gloriosamente un'ira-
l)resu militare e accresciuto lustro al suo governo, compreso
anche l'amore verso il figlio, qnando questi avesse commesso
un'empietà. E a proposito di tale espressione, mi pare utile
far notare che le parole «nostrae tidei in iuriam et christia-
nae religionis offensam proprio Alio non remitterem>, che
dallo scrittore latino sono attribuite a Buggero , fanno ri-
scontro a quello che lo stesso 'Ibn 'al 'Atìr dice, parlando
della giustizia di quel re: « rendea giustizia, foss'anco con-
tro il proprio figliuolo > (1). L'espressione è cosi caratteri-
sti<;;i (;he fu ri])ortata anche dal Xuwayrì quasi <*on le stesse
parole (2). Nò si può pensare che l'interpolatore l' avesse
presa da quest'ultimo, la cui opera si potè diffondere al più
presto nella seconda ìnetà del secolo XIV, mentre da quello
die abbiamo osservato, i)arlando dei codici, e da ciò che in
seguito avremo occasione di notare, si desume che la narra-
zione riguardante Filippo a cpiel tempo era già entrata nella
Cronaca di Romualdo. Inoltre si osservi che nel i)assodi'lbn
'al 'Atir l'accusa di fede simulata non è fatta solUinto n
Filipjm, giacche si diceva che tutti i paggi del le fossero oc-
cultamente musulmani. K perchè allora non risulta inue
che essi furono processfiti insieme con quello? 11 fatto ri n-
wùrebbe inesi)lic«bile, se non si i)ensasse che per ben altri)
motivo elle non fosse (jnello religioso si volle la morte di
Filippo. K lo scrittore latino mostra di conosctn-e il ])asso
di 'Ibn 'al 'Atìr, (|nand(» i)er ovviare alla diflìcoltà , albi
quale abbiamo ac^>en nato, scrive: *alii snac^ ini(jnitatis com-
plii^eH et consortes capitaleni subiere sententiam ».
(1) 'IBM 'ai. 'Atìb, {H. a. s., I, 4M)).
Ci) NlTWAYRt, {B. À. .V., 1. 14«).
BUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MÀHDIAH 487
Oonfrontiaiiio adesso il brano di Mbii 'al 'Atìr con ciò
che narra 'Ibn Haldùn. In questo troviamo maggiore sem-
plicità : « il re — egli <lice — non perdonandogli la mansue-
tudine usata verso i Musulmani in Bona, lo imprigionò. Fu
poscia accusato Filippo in materia di religione» (1). Qui
abbiamo separazione completa tra il fatto politico e quello
religioso. Tra i due avvenimenti non trovianio il rapporto
di causalità, che abbiamo riscontrato ne) brano dell'altro.
1^] neppure qui abbiamo quei paggi, che fanno, secondo
'Ibn 'al 'Atìr, ciò che faceva Filippo e non sono come lui
processati.
OsserA iamo ora che cosa dice 'Ibn 'al Atir in seguito al
passo che abbiamo esaminato. •« Donde, adunati dal re i
vescovi, i preti e i cavalieri , sentenziarono eh' ei fosse
bruciato, e il fu veramente nel mese di ramadàn (20 nov.-
H) die. 1153). Ecco il primo [fatto che regnando Euggiero,
colpì di] sgomento i Musulmani di Sicilia ». Come si vetle
il tribunale vien coin[)osto di laici e di ecclesiastici ; ma
ciò non garbava al narratore latino, il quale come escluse
la ragione politica per dare assoluta importanza alla que-
stione religiosa, così scrisse : « comites, iustitiarii, barones
et iudices, qui ibi aderant.... sententiam dieta vere », tacendo
degli ecclesiastici, che vi parteciparono, quasi per far vedere
che la morte di Filippo fu esclusivamente voluta da un
tribunale lai.*o, che jierò in tutti i suoi atti s'ispirava, come
il re, a sentimenti ultra cattolici.
'Ibn Haldun si allontana dall' uno e dall'altro e s'crive
onde i vescovi ed i preti ragunati [per giudicarlo] lo fe-
cero bruciare ». Qui i giudici appartengono tutti alla Chiesa,
uè si scorge, come abl)iamo visto negli altri, alcuna influenza
del re. La notizia che segue immediatamente « Ituggiero
morì nello scorcio <li quell'anno, dopo venti di regno » non
ha con la precedeutti altro ra])))orto se non (piello cronolo-
gico.
Il) 'l»N llALUUN, (B. A. S., II, 221)).
488 RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH
È vero che 'Ibii 'al 'Atìr, parlando dello sgomento dei
Musulmani, non fa il nome del re, giacche il tratto chiuso
in ])ai'entesi è dell'Amari, ma quello che segue « Iddio non
lasciò in vita Ruggiero dopo Filippo, senonchè breve tem-
po » farebbe credere che l'autore avesse pensato ad una spe-
cie di punizione divina, il che equivarrebbe ad attribuire a
Ruggero la morte di Filippo. Questa supposizione però non
Ila solide basi, poiché in quelle ])arole si può vedere uni-
camente il concetto teologico che tutto nel mondo avviene
per volontà divina, concetto che del resto si riscontra in
mezzo al popolo in un gran numero di espressioni e dal
(piale non furono liberi i cronisti musulmani in genere
e 'Ibn 'al 'Atìr in ispecie. Del resto, anche ammesso che
])er quello scrittore la morte di Filippo fu opera di Ruggero,
possiamo noi affermare con sicurezza che la tradizione alla
quale egli ricorse era sincera ?
>»<>n mancano gli elementi per mettere in dubbio su
questo punto l'autorità della fonte a cui attinse 'Ibn 'al
'Atìr. Si osservi, per e8em])io, il passo che segue immedia-
tamente quello teste ri])ortato: «Egli (Ruggero) era presso
agli ottanta anni di età e quasi ai sessanta di Regno». È
certo che (|ui egli commise un errore (1), onde fu anche os-
servato che talvolta egli non si mostra molto bene informato
delle cose interne della Sicilia (2). Ebbene 'Ibn Haldfìn in
questo punto si allontana da 'Ibn 'al 'Altìr e ci dice : « Rug-
(1) Il Falcanik» (L(i HÌMlorìd o Lihcr (hi rvffiio Sk. a cura di (t. H.
SiRAOl'sA, Roma, 1897. p. 7. in Fonti par la St. <V Italia^ jnibblicate dal-
riMitiito Stor. Ttal.) die»', iHirlinuU) di Itii^jfero : « immdUna seiiectnti'
<u)ii(tuiii|>tUH, «HHHJt in fata». K<»ml'ali)o ( )/. (i. il., V2,l) <,< U. fobif mor-
tuiifl cMt, et HepultUH in aiThiepÌMcopatii (dusdein civitAtiH, anno vit4t<t muuc
(|iunc|nnf;(;KÌni(i octavo, incnHiliuH dnobiiA, dirbiLs (|uin(]iu', 27 (al. 2<)) die
mumihìh Kcbruarii , anno roffni kuì 24». K non nianoano altre tcslinio-
nian/.c, rhc wmo tutte ri<'ordat*i «lai Caspa n, op. cit., p. r)79.
(2) <i. H *'iKA<ìfSA. // Governo di Oìuiliehno fi» Sir. l'alernio. lH7«t,
pttg. 6H
RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 489
«•icro morì allo scorcio di quest'anno (1), dopo venti di re^no».
Non sappiamo quale criterio e^ii seguisse nel computare uli
anni del re^no di Ruggero; ad ogni modo la notizia che egli
ci dà si avvicina di molto a (pielle che tioviamo nelle fonti
più attendibili e ci prova che 'Ibn Halduu non copiava o
riassumeva semplicemente dall'opera dell'altro, ma esercita-
va su di essa una certa critica, e quando vedeva che quella
conteneva degli errori si atteneva ad altre. Se, per tornare
al fatto nostro , 'Ibn Haldun escluse i laici dal tribunale,
se non confuse l'arresto ])er il fatto di Bona con 1' accusa
di fede simulata fu certamente a ragion veduta, e se non
attribuì a Ruggero la morte di Filippo vuol dire che ebbe
ad accertarsi di ciò con lo studio delle sue fonti.
Abbiamo un punto in cui i due scrittori arabi pare che
vadano d'accordo. Infatti 'Ibn 'al 'Atir scrive: «Rug-
giero lo fé' catturare per la benignità usata in Bona verso
i Musulmani », e 'Ibn Haldun : « il re, non perdonandogli
la mansuetudine usata in Bona verso i Musulmani, lo im-
]>rigionò ». Senonchè quest'ultimo non fa il nome di Rug-
gero, e ciò, couie vedremo, è in certo uiodo importante.
Filippo adunque s'era imi)adronito della città , aveva
fatto prigionieri le <lonne e i fanciulli dei cittadini, s'era
impossessato di tutto ((nello che aveva trovato, ma aveva
chiuso gli occhi (piando alcuni uomini dotti e virtuosi u-
scirono c(dle loro famiglie e coi loro averi e si rifuginrono
nelle vicinanze, ^'ediamo se, facendo ciò, Filipj)o si allon-
tanava da quello che aveva sempre jx'nsato ed operato
IJuggero e per lui anche Giorgio di Antiochia, il quale lo
aveva preceduto nel comando. È utile riportare alcune te-
stimonianze di autori musulmani, che meritano, su questo
riguardo, maggior fede per i sentimenti ostili che in ge-
nerale nutrivano verso i Normanni. E (cominciamo dallo
stesso 'Ibn 'al 'Atir, il quale, dopo aver detto che quel re
(1) 'Ibn Haldun in principio del paragrafo parla dell'anno 548 dell'E-
giia (29 marzo 1153 — 17 marzo 1154).
490 RUGMJEBO li E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH
nell'istitnire le varie cariche di corte « seguì le usanze dei
re UHisiiluiani », aggiuu.a:e che «Ruggiero tenne in onore i
Musulmani; usò con loro familiarmente e li difcvse dai Fran-
chi (1); ond'essi gli portarono amore » (2). Si noti che x)oco
prima egli, ricordando i IS'ormanni, usava questa frase
« che Iddio li maledica », la quale rivela la grande avver-
sione che egli provava per quelli.
Abulfeda nota che Ruggero oiìorò i Musulmani e « vietò
che altri lor facesse torto, ed [anzi] avviciuosseli » (3).
Nuwayrì conferma che il re «tenne in onore i Musnlmani
e li difese dai Franchi; ond'essi gii posero amore » (4).
'Ibn 'abì DinAr, ])ur invocando so])ra Ruggero la nuile-
dizione di Dio per le conquiste fatte nei paesi musulmani,
è costretto a dire che egli governò « seguendo le costu-
manze dei re musulmani » e che « li onorò e ricercò e dite-
seli da ogni sopruso» (5).
PMrisi, che tra gli scrittori arabi, i quali si occuparono
<li Ruggero, gli fu il più vicino, loda la bontà dell'indole del
re, la giustizia, la clemenza coi vinti, e aggiunge che i prin-
cipi « accorrono a lui da ogni banda, bramosi di mettersi
al coperto nel suo reame e di riposare sotto l'ombra della
sua lealtà e benignità » ((>).
Ora si osservi che le opere dove noi troviamo questi
giudizi, eccetto quella di Bdrisi, sono tutte posteriori alla
morte di Rnggero ; non possiamo quindi pensare che egli
nell' ultimo tempo avesse cambiato la sua politica verso i
Musulmani. Vhè se ciò fosse avvenuto gli scrittori non gli
avrebbero dato quelle lodi, che si riferiscono a tutta^ la sua
vita di governo, o per lo meno avrebbero fatto notare il
(1) Gli scrittori miisulinani chÌHiiiaroiio con tal nomo i Norninnni
(2) 'Ibn 'al AtIr, {li. A. S,, I, 449 e s.).
(3) Abl-lfeiia, (lì. A. .S'., II, 99).
(4) Nuw.vvb!, {li. A. A'., II, 146).
(5) 'IBK 'ab! Dikar, {B. a. S., II. 2«7 e «.).
(({) Edki*h, (J{. a. S., I, 58).
BTTGGEBO H E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 491
cambianieuto. Bdrisi che ebbe modo di conoscerlo intiraa-
mente e di apprezzarne i ineriti, parlò di lui con vero entu-
siasmo nella prefazione del suo libro famoso , dalla quale
apprendiamo che l'opera era compiuta « nella prima decade
di gennaio che torna al mese d* sawàl dell' anno 54S
(1154)» (1), cioè quando Filippo doveva essere morto e do-
\eva essere già avvenuta la pretesa persecuzione contro l'e-
lemento arabo. Or si può credere che un Musulmano per
rispetto verso il suo benefattore tacesse ciò che egli non
avrebbe mai potuto approvare; ma che egli continuasse ad
essere entusiasta dell'opera di colui che perseguitava i suoi
correligionari non è possibile.
Tutto ciò prova che nessun cambiamento avvenne nella
politica di Ruggero verso la line della sua vita , e perciò,
riferendoci a quello che si è detto alla fine del capitolo pre-
cedtmte, neppure abbiamo il diritto di supporre che fosse
accaduta nella sua coscienza la conversione di cui abbiamo
})arlato.
Ciò i)osto , poteva quel re dichiarare colpevole Filippo
che aveva usato un trattamento speciale agli uomini dotti
e virtuosi di Bona! Non doveva far meraviglia che l'am-
miraglio facesse ciò che aveva sempre voluto Ruggero.
K noto con (puili onori egli accoglieva nella corte gli
uomini più insigni per saggezza e per dottrina, cristiani
o musubnani che fossero. Li faceva venire da paesi lontani
e li persuadeva a rimanere presso di se. Si alzava (piando
qualcuno di essi entrava nella sala dove egli era, gli andava
incontro , se lo metteva a sedere accanto. 'Ibn 'al 'Atir
narra che « vivea [allora] in Sicilia un dotto musulmano, uomo
virtuoso, tenuto in grande onore e riverenza dal principe
della Sicilia, il quale stava alle parole di quel [savio], e lo
anteponeva ai preti e ai frati della sua corte » (2).
Ma per mostrare ancora che era assurda la colpa, che si
(1) Edrisi, (B. a. S., II, 42 e s.) Si veda anche la n. 2 dell' Amari a p. 42.
(2) 'Ibn 'ai. 'AtIr, {B. A. S., T, 463 e ».).
492 RUGGERO li E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH
vuole fosse attribuita da Ruggero a Filippo, dobbiamo ve-
dere corae si comportasse quel re dopo la presa di una città.
'Ibn Haldun scrive : « tale era l'usanza e il costume di
Ruggiero nei paesi occupati sulla costiera d'Africa, lasciarvi,
cioè, i ^lusulmani; affidare il governo a un di loro mede-
simi, e governarli con giustizia» (1). 11 citato 'Ibn 'abi
Dinar dice anche di più : « Questo nemico di Dio (è sempre
Ruggero) ristorò entrambe le città di Zawìlah ed 'Al
Mahdìah ; apprestò dei capitali ai mercanti; benetìcò ipo-
veri; affidò l'amministrazione della giustizia ad un cadì ac-
cetto alla popolazione; ordinò bene il gov^erno di quelle due
città» (2); e ì)iù sotto aggiunge che « Ruggiero assodò il
suo dominio su la più parte di quella regione; riscosse il
harà^' da' sudditi con benignità e temperanza; si conciliò gli
aDJrai della gente e governò con umanità e giustizia» (»i).
E non basta. Dobbiamo anche vedere come si comportasse
coi nemici Giorgio d'Antiochia, il predecessore di Filippo,
l'esecutore più fedele della ])olitica africana di Ruggero ,
il quale gli doveva la conquista di tutti quei paesi.
Nel 114H l'Antiocheno si era recato in Africa per ven-
dicare una sccmfìtta avuta alcuni anni prima. Assediò la
città di Tripoli. vSulla metà di giugno cominciò gli assalti.
Superate le mura, la città fu presa ed occupata. 1 soldati
cominciarono a saccheggiare, a distruggere, a prendere pri-
gioniere le donne. (ìli uomini fuggirono e si misero al sicuro
parte i>resso gli Arabi, parte presso i Berberi. Ma ecco che
Giorgio bandisce un *am((n generale: ritornino, se vogliono,
i fuggitivi e stiano in pac(» tra loro; egli per conto suo as-
sicum che saranno rispettati i diritti dei cittadini, purché
paghino la (fiziah al re <li Sicilia. (4).
(1) 'InK HaldGn, (/^ A. S., Il, 210).
(2) 'Ibn 'abI Dinar, (Ji. A. S., Il, 295).
(8) Voi. cit., p. 296.
(4J Amabi, St. d. M., IH, 408 e 8.
EUftGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 493
Xel 114H il popolo (li Kabes, aiutato da un esercito di
'Al Mahdiali aveva fatto ueeidere JAsnf, che Kuggero aveva
investito del jy^overiio della città. (TÌorgio era stato mandato
a v(M]dicai'ne l'oltrag-^io. E«»:li andò ad 'Al Malidiaii s'imi)a-
di'onì della città e dei tesori di essa, ai soldati che ne avevano
cominciato il saccheggio ordinò che usassero moderazione.
Furono richiamati coloro che erano fuggiti e provveduti di
uiumenti, [)erchè riconducessero le donne e i bambini, ed in-
tanti» l'ammiraglio bandiva lo 'amàn perchè potesse ognuno
stare in città sicuro della [)ersona e degli averi (1). Nello
stesso modo, a un di ])resso, venivano i)iù tardi prese Susa
e Sfax. (2) ('osi si fece in tutti i jmesi africani che furono
sottomessi alla Sicilia. E la moderazione usata dall' Antio-
cIkmio venisa sempre a])pro\ata da Kuggero, diesi affrettava
a ratificare con un Uvman generale le conc<\ssioni fatte* da
<pie]lo (3). Or nulla fece Filippo in Africa che non fosse con
forme a. tutto ciò che prima aveva fatto il suo i)redecessore.
Kgli aveva seguito la i>olitica di Kuggero e la tattica del
suo i)iù grande ammiraglio.
lY
Tutto (piello che abbiamo detto ci autorizza a mettere in
dubbio che Filippo fosse bruciato ? Le notizie di 'Ibn 'al
'Atìr, la conferma che ce ne dà 'Ibn Haldtìn, lo stesso passo
interpolato dell'oi)era di Romualdo attestano che sui casi
di Fili]>i)o esistette una tradizione certamente anteriore al
secolo XIV, e tale tradizione, che presenta varianti non lievi
nei tre autori, ha quel punto non controverso, la morte di
Filippo sul rogo. Chi direttamente o indirettamente l'avesse
(1) Voi. cit., p. 413 e ss.
(2) Voi. cit., p. 419.
(3) Per tutti questi avvenimenti e per la politica di Ruggero in Aftica
si veda anche Topera del Caspar, p. 415 e sa.
494 RUGGERO n E FILIPPO DI 'AL MAHDIiS
ordinata e da quali raj^ioni fosse spinto non si ò ancora
determinato. E quando io avrò fatto ciò, cercherò anche le
cause per le (piali fu alterata la tradizione genuina e il tempo
in cui ciò potè avvenire.
Cominciamo col chiarire il punto in cui 'Ibn Haldùn dice
che il re fece imprigionare l'ammiraglio, il qu<ile era ritor-
nato dall'Africa.
Il Falcando ci narra che Kuggero associò al trono il
figlio Guglielmo verso il termine della sua vita o, diciamo
meglio, (piando non gli rimaneva che lui dei figli sui qnali
(»gli aveva fatto aflSdamento. « Huic (Guglielmo) igitnr,
(piando iani alius nullus supererat , regium diadema pater
imposuit regnique fecit participem (1) ». Questo è il primo
indizio che Ruggero non si sentiva più così forte di corpo
o di spirito da sostenere il peso del potere. Guglielmo fu
associato al regno e solennemente incoronato agli 8 di ai)vile
del 1151 (2). Kuggero morì, come abbiamo visto, il 2() o 27
febbraio del 1154, cioò qualche mese dopo che Filippo erji
stato bruciato e, per di più, di una malattia che fa ne(?ess{i-
riaraente presup])orre un periodo non breve di assoluta man-
canza di forze fisiche ed intellettuali : fu si)into ;jlla tombii
dall'abuso dei ])iaceri, come notarono il Falciando e i j ur-
lati della corte (3).
(1) Fai.can'ix), e«l. cit., p. 7. Lo stesso j)iii sotto ripo-te : «mi (Ko^orio)
^uccedrns Willelinus eiiis filiu8 , «lueiii adhuc vivens regeni fccerat» (p.
cit.)« E Romualdo: qui (Guillelmus) cuni patre dnohus anuis >•( meiiKi-
buM decetn rcfinarat». (M, G. H., 427).
(li) (i. li. SiKA(;uSA, // regno di Guqliehno I in Sic. illustrato con iiuori
doruitu'nii. Parte prima. Palermo, 1886, p. 27.
(3) Il Casi'ar, juUìiicendo soltanto la testinionianza di Jìomualdo {M.
a, //., 427) lo diro morto di febbre (p. 4:^). Ma si umore con la febbre
qiiaMi i)er qualunque male. E il male che logorava le forze di Ruggero
<r ricordato dal Kal<!ani><>: «(Ipse Rcjgerius) tuui iininensia attritus labo-
ribu», tum ultra qiiatn bona eorporis exigebat valetudo r<ibus assuetuR ve-
neriiM, immatura ««nectute eonsumptuK, eessit in fatti» ed. cit., p. cit. E
*l noti rhe il Faix;ando ^ una fonte attendibile per questo punto, giae-
vh^ egli obbt! i>er l'opera di Ruggero parole di vera anmiirazione. Por le
allr* t«ttiaiuBÌaue« cfr. Amabì, 8t. d. M., Ili, 440.
BUGGERO II E FILIl>PO DI 'AL MAHDIAH 495
Pare che Guglielmo, dopo che fu associato al trono, at-
tendesse al governo di una parte dei domini (1) ; ma non
può esser dubbio che egli , date le condizioni speciali del
padre, ])otesse, volendo, intervenire negli attari di tutto il
regno.
Il fatto <li Filippo avvenne dunque quando (Tlugiielrao
era già sul trono e liuggero era presso a morire.
Dopo ciò è lecito domandarci : di quale re parla 'Ibn Hal-
diìn ì Giacché, stando le cose come abbiamo visto, sarebbe
naturale pensare a Guglielmo piuttosto che a liuggero. Ma
io (U'edo di non ingannarmi attermando che il cronista arabo
non parla precisamente né dell'uno né dell'altro. Nelle mo-
narchie assolute tutto è dal po])olo e spesso anche dagli
scrittori attribuito al sovrano; ma, invero, chi può determi-
nare dove cominci e dove cessi la volontà di quello? Spesso
in suo nome si compiono atti importantissimi che egli o non
api)i()va o ignora del tutto. Durante la vita di tal sovrano vi
è talvolta un periodo, più o meno lungo, second«) l'energia fi-
sica ed intellettuale di lui, nel quaU' egli è veramente tutto, ha
cioè pieno ed intero il possesso di quei diritti che si arroga
in nome di Dio. Ma quando egli, come tatti gii altri uomini, si
stanca del potere, e la stanchezza è spesso così grande co-
me é stata l'energia, allora in apparenza tutto rimane come
prima; egli continua ad essere il sovrano, ma in realtà è la
corte che piglia la mano a lui, ed egli rimane come schiac-"
ciato sotto la propria potenza. Le sue id(»e non sono più
conosciute, le sue convinzioni non hanno più alcuna efti-
cacia , di lui non rimane che l'ombra.
Ruggero fu sovrano libero, assoluto nei suoi atti, tol-
lerante in materia di religione finché ebbe nelle mani il
governo, cioè finché ebbe la forza d'imporre la i)ropria vo-
lontà a tutti coloro che lo circondavano. Quando sentì che
l'autorità cominciava a mancargli volle con sé al potere il
Hgliuolo per non tare acquistare preponderanza alla corte,
(1) SlRAGUSA, // r. (/. G., p. cit.
4^6 RUGM>BRO 1[ E FILIPPO D[ 'AL >IA.HDlAlt
ina poiché il fit>iio fu costretto a starne molto spesso loii-
tano ed egli stesso fu so]n'attatto dalla stanchezza e dalia ni;i-
lattia, la volontà della corte si sostituì alla volontà del ve;
l'eipiilibrio tra le varie fazioni che lo circondavano, mante-
nuto con la sua fermezza ])olitica e con la sua indiiferenza re-
ligiosa scomparve del tutto. L'esaltamento che Edrisi fece di
Ruggero proprio in questo tempo conteneva, secon<lo me, come
un'esortazione indiretta al figlio di lui, perchè non si mo-
strasse da meno del padre, ed un rimi)rovero alla corte che
aveva preso un indirizzo diverso. Tutto egli rappresentava
troppo roseo sotto Ruggero, perchè tutto era trop])o fosco al
suo tramonto. Forse Ruggero, in\<M'chiato anzitemjK), si
trascinava ancora per le aule del palazzo, forse anche giaceva
infermo nel letto, <iuando la nobiltà laica ed ecclesiastica, i
favoriti dell'una e dell'altra religione si agitavano e si con-
tendevano il ])re<lominio dentro e fuori la corte. 11 i)artito
della Chiesa più forte, ])erchè pii^i numeroso, prevalse, e Fi-
lippo, il favorito del re, divenuto già il canìpione della parte
avversa dopo die ebbe il comando dell'esercito e della tiotta,
doveva scomparire.
Egli, ritornato dall'Africa, trovò tutto mutato: la fa-
zione che donanava lo fece arrestare , perchè non credeva
])iù lecito ciò che juMma il re aveva sempre voluto, la cle-
menza coi vinti Musulmani.
Nell'arresto di Filippo io vedo già come un ])rimo epi-
sodio di quelle congiure tramate dalla nobiltà ])otente, la
quale provava gelosia ])er i favoriti del re e tendeva ad e-
liminarli. Ora Filippo cade vittima della sua potenza e del
favore del re, più tardi verrà la volta del famoso Maione. L'e-
secuzione del disegno non è la stessa (1), poiché i due fatti
avvennero in tempi diversi (> in diverse circostanze; ma il
motivo non cambia. Xell'nn caso e nell'altro si agì senza
la volontii del sovrano, apertamente ur\ primo, perchè il
(1) Per Ift «-olpp Httrilmiti' ii Muiouc »uUa guerra d'Africa e per lu <oii-
giur» cooiro di lui ve<li .Siuaocha, Il r. d. O., J, 94 e a., 133 e ah.
RUGGERO n E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 49T
re era (jiiasi traiuoutato ed incerta l'autorità di Guglielmo,
nel secondo di nascosto, perchè (lugliel ino aveva già rasso-
data la sua potenza. Ma contro Màione i nemici non pote-
rono servirsi di un'arma che era riuscita esiziale a Filippo,
l'accusa di apostasia, la (juale venne ad aggiungersi a «piella
che prima era stata accampata per l'arresto. La prima non
avrebbe giustificato da sola dinanzi al popolo la morte del
]>iù potente dei favoriti del re.
In uno Stato dove le fazioni contrarie professano reli-
gioni diverse un movimento politico facilmente è accompa-
gnato o seguito da un altro nel campo religioso. Le que-
stioni politiche a(M|uistano un grande valore presso il popolo
se ad arte si trasformano in cpiestioni religiose. Le stragi
dei Cristiani in Armenia, le persecuzioni contro gli Ebrei,
anche negli Stati più progrediti di Europa, sono esempi che
dimostrano come le classi, che aspirano al predominio po-
litico ed economico nelle nazioni, si)ingano il ]>op()lo ad
aiutarle nel loro intento, fomentando in esso l'antagonismo
religioso. Filipi)o aveva ricevuto il primo colpo; con l'arre-
sto egli dovette perdere gran parte della sua potenza; ma,
se foss<^ stato liberato, l'avrebbe certamente riacquistata.
Non oso attermare che la seconda accusa, (piella di ca-
rattere religioso , fosse fatta dopo che egli fu s(;arcerafo ,
giacché potè anche col[)irlo nientre era in prigione , anzi
quest'ultinja ipotesi mi sembra più probabile, essendo lìiol-
to più facile finire un uomo, quando è caduto, che colpirlo
dopo che si è rialzato.
È necessario però notare che le due accuse, sebbene nella
mente dei persecutori di FilipjM) procedessero da unico
motivo, dovettero farsi apparire l'una indipendente dall'al-
tra. 8e nel passo di 'Ibn 'al 'Atìr le ti'ovianio fuse insieme
è perchè forse (j nello storico narrò i fatti non come si ma-
nifestarono, ma secondo l'intenzione di coloro che li |>ro-
vocarono. 'Ibn Haldun, che invece ci riporta la tradizione
più antica e nella forma i)iù genuina, quantunque l'opera
sua fosse meno vicina agli avvenimenti di quella dell' »l-
4dé RU€hOKRO n E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH
tuo , ci dice come i fatti dovettero apparire ai couteni])o-
ranei.
Infine noi non .sappi.uuo con precisione come fosse or-
dinata la giustizia al tempo di Ruggero ne (|ual<' parte
avesse il re nei tribunali ordinari.
E poi Filippo fu condannato da uno «li questi o da un
rvibunale speciale ! Nessuno potrà risi)ondere a tale doman-
da. D'altra i)arte, (lualunque fosse la procedura seguita, dob-
biamo ammettere che in un caso straordinario, come quello,
occorresse la firma del re. Fecero a meno anche di quella !
É probabile, poiché si era in un ])eriodo anormale, sebbene
sappiamo che anche in tempo di rivoluzione la forma degli
atti spesso rimane, mentre non esiste ])iù la sostanza. La
forma fu anche conservata nella condanna di Luigi XVI.
Del resto, quando la reazione infierisce, chi è così potente
da dominarla ? E poi clii può dire che Ruggero firmò la
sent^'nza di morte di Filippo ! Forse invece di lui firmò il
tìglio, che era pure al governo. Ma possiamo noi attribuire
a Ruggero quello che fa costretto a fare Guglielrao, perchè
non poteva opporsi, o fece egli stesso, perchè non avea più
coscienza dell'atto che compiva ?
Nelle ipotesi dell' ^Vmari e del Casi)ar, che sopra abbiamo
veduto, noi troviamo soltanto un mutamento di volontà e
di coscienza, ma per la condanna di Filippo si ammettono
l*nna e l'altra. Da tutto quello che noi abbiamo detto risulta
inve(5e che la volontà e la coscienza di Ruggero non eb-
bero alcuna parte nella morte dell'ammiraglio, (jiiuindi non
possiamo conchiudere conie comincia l'Amari, che cioè Rug-
K^TO « terminò il gh>rioso suo regno (mmi un <n(tn da fé* ».
Non dol>biamo terminare (juesta trattazione senza axcr
prima ricercato come, (|uando e perchè fu alterata hi tradi-
zione ^enniTia intorno al fatto di Filippo.
I/antore di <piella interpolazione, |)resenlandoci un Hng-
^ero ' <*lirÌMtianissimuM 3f e <■ tota intention<M'atlii»licus > mo-
HtfH l'iijt4^ndimento di «lare al fondatore <lella monarchia nor-
RUaGERO n E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 46B
iniiinia un carattere che torse era in certo modo desiderato
(In una nuova corrente manifestatasi nell'opinione pubblica,
egli cioè si rivela appartenenti- ad un periodo, nel quale
mal si sotfrivache la nionarcliia siciliana non avesse avuto il
carattere eminentemente cattolico, che le si volle attribuire
più tardi.
È nota la guerra civile sorta in Sicilia alla morte di
Guglielmo II. La lotta tra l'elemento musuhnano e quello
(^ristiano non tardò a manifestarsi. I Musulmani, che sotto i
re normanni avevano goduto se non privilegi speciali cer-
tamente la protezione del governo, ora venivano fatti segno
ad una ])ersecuzione inumana. Il loro sangue corse a rivi
per le vie di Palermo, e coloro che poterono scampare alla
strage si ritirarono sulle montagne. La guerra continuò an-
(H)ra con molto accanimento da ambo le parti. I Musulmani
rimpiangevano le leggi normanne, sotto la cui protezione
essi erano vissuti tranquilli, e osteggiavano violentemente
il nuovo regime che s' iniziava con Tancredi , il quale era
sostenitore della part<; avversa <^ sostenuto dalla Chiesa. È
noto ancora che Tancredi era salito al trono con <v l'assenti-
mento dei regnicoli e con gran plauso della corte di
Koma » (1). A noi non interessano le vicende di (pielle lotte,
ma notiamo soltanto che questo nuovo indirizzo, questo sof-
fio di nuove tendenze contrario ai Musulmani venne in
Sicilia dal continente e particolarmente da Boma, dove si
ei-a sempre mal tollerato che la Sicilia, feudo della Chiesa,
e i suoi re, legati apostf)lici del ])apa, la facessero da soste-
nitoii «lell'Lslam. *
lo non dubito che la Chiesa di Koma sarebbe stata allora
ben contenta se il popolo avesse j)otuto vedere in (juei so-
vrani normanni non già degli uomini che sommettevano
la religione alla politica, ma dei buoni cristiani, che avevano
sempre retto i destini del loro regno guidati dalla fede cat-
tolica.
(1) Amaui, Si. d. AL, III, r)46 e m.
500 RUGGERO li E FILIPPO DI 'AT- MAHDIAH
( )r iiou poteudosi ammettere che la tradizione destinata
a travisare il carattere di Kuggero si dittbudesse sotto i
dne Guglielmi, i quali avevano i)iii o meno innalzato a re-
gola di governo la perfetti! tolleranza religiosa, stabilita
dal primo re (1), io penso che quella tradizione, che diede
luogo al piisso interpolato nell'opera di K omualdo, possa
riferirsi agii ultimi anni del secolo XII, cioè al tempo di
Tancredi.
Dobbiamo però considerare che a nn di presso avvenne lo
stesso quando la Sicilia usciva dal dominio di Casa sveva.
Non ci fermiamo a parlare dei sentimenti tatt'altro che cat-
tolici di Federico II ; è tropico nota l'inditlerenza dell'ani-
mo suo per tutto ciò che avesse carattere religioso e le lun-
ghe lotte sostenute contro il papato. Manfredi, che gli suc-
c^Mlette per poco, non fu da meno di lui. Egli mantenne
buoni rajqmrti (» contrasse amicizia coi sultani d' Egitto.
Gamal 'ad din , cadì supremo di scuola sciafeita in Hania,
storico e scienziato famoso, gli dedicò un suo trattato di
dialettica (2). Abulfeda, discepolo di questo, scrisse che il
l)apa aveva scomunicato Federico II e i suoi successori Cor-
rado e Manfredi [)er la benevolenza che essi mostravano
verso i Musulmani (3). È certo che l'indipendeuza religiosa
dei sovrani svevi se procedeva dalla loro educazione, aveva
anche un addentellato colla politica essenziahnente tolle»-
raiìte dei Normanni. E nella tradizione del i)opolo come
buggero II era stato il più grande dei sovrani di Sicilia,
così era anche colui che aveva segnato ai suoi successori
la vi» che dovevano seguire.
K certAmente se si fosse potuto altei-are tale tra<lizione
(I) Il (^AHi'AU (o|). cit. 4+7) scriva molto opportniiiiiiUMitr : Der (!li!i-
ntktiTziif; woitgiihemlor 'Poleranz, Jii f}|<'i<lijfiltijj;keit ìd jclijjiiist'n Dingi'ii
hlieh «lem iiorniaiiniHchcn KonÌK»*lnni'*<' «'i^fiitiiinlicliunil vorstnrkte «ioli
v«n <»«'ii«Tiition /Il (T<>i)cri(tioii ».
(•i) Amahi, St. a. M., IH, «{54.
{$) ▲BDbKibA, {A. B. S., U, 108).
RUGGERO II E FILIPPO DI 'AL MAHDIAH 501
e (iiiasi deviarla alla fonte, presentando quel Ruggero sempre
grande come re, ma pio , fedele, cristiano e cattolico per
sentimento , i suoi successori non sarebbero più in gran
parte apparsi continuatori dell' opera del fondatore della
monarchia e nell'opinione popolare avrebbe trovato giusti-
lìcazione qualunque atto della Chiesa che tendesse a restau-
rare nel governo di Cicilia il cattolicesimo sincero e la fede
trascurata. Pensiamo che allora il papa, combattendo Man-
fredi ed aiutando Carlo d'Angiò voleva mostrare di sostenere
una causa santa, una specie di Crociata bandita contro gl'in-
fedeli dell'Italia stessa e a favore di una Casa che per opere
di pietà e di fede nell' opinione del popolo non si poteva
neppure paragonare con quella che sino allora aveva tenuto
il dominio dell'Italia meridionale.
Se dunque quella interpolazione debba farsi risalire al
tempo in cui cessò la dominazione normanna, cioè alla fine
del secolo XII, o al periodo di lotte che precedettero nell'I-
talia meridionale la dominazione angioina, è difficile a de-
terminare. La seconda ipotesi è più probabile, giacché, se
guardiamo al passo interpolato , soltanto nel secolo XIV
(codice di S. Pietro E. 22) troviamo la tradizione trasformata
dal narratore latino, il quale per altro mostra di conoscere
l'opera di 'Ibn 'al 'Atìr, che potè soltanto diffondersi nella
prima metà del secolo XIII.
Comunque sia, a me sembra che nel brano interpolato, ri-
guardante la morte di Filipi)o di 'Al Mahdiah, sia rispec-
chiata la tendenza ad alterare nel popolo la tradizione in-
torno al carattere ed al governo di Ruggero II.
Vincenzo Epifanio
Ateh. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. 88
MISCELLANEA
su I FRAMMENTI DI DUE REGISTRI ORIGINALI
DEGLI ANNI 1353-55
DI LUDOVICO D'ARAGONA RE DI SICILIA
NOTIZIE E REGESTO
Intento da alquanti anni a fare ampia raccolta dei docu-
menti dei primi Re aragonesi di Sicilia dal 1282 al 1355 per
la pubblicazione di un Codice diplomatico, ho ricercato gli
archivi e le biblioteche non solo di Palermo, ma dei comu-
ni più importanti dell'isola, ed anche di alcuni minori in
varii viaggi intrapresi a proprie spese.
Per tali ricerche ho dovuto studiare i frammenti origi-
nali dei registri del Re Ludovico, che si conservano nell'Ar-
chivio di Stato di Palermo, e credo utile offrirne una breve
notizia diplomaticii. Quei frammenti sono il i)iii antico
monumento della Cancelleria regia , il quale ora riujanga
in Sicilia, sebbene nessuna particolare notizia tìnora se ne
sia data (1).
I frammenti appartenevano alla colle/ione <lei registri
dell'oftìcio del Protonotaro del Regno, e poterono salvarsi
in mezzo ad alquanti altri frammenti di registri di ITede-
rico III, fratello e successore di Ludovico. Sono contenuti
(1) Accennai nel 1899 che 1 tre primi rej^istri della Uejj;iii Cancelleria
contendono donimonti ili FtMlcrico II maj^oncs»' . Pii^tro II «> Ludovico.
Doeumenli iiudili in lintfiia npotiniiola (t:i8 1-1109) in Smiia. Paltiiiiio, 1S!)<),
pag. TII. Per nuove ricerche ho potuto però riconoacere che iueHatttunentc
•i ^ creduto Hinora rhe <|u<'i n'^ÌKlii aiiparlcii^'iino nlla ('aiuclioiia. Ne
darò le pruvu in ultra mia luemoria.
MISCELLANEA 503
nel i'<*<>istro 2" misccllaiico del siuletto archivio del Proto-
iiotaro in fogli (HMitotre, alti centimetri 30, larghi 22 (1).
La carta è di cotone, resistente e tìligrunata , e per lo più
segnata <'on marche, cioè di fiore, freccia in due forme diver-
se, testa di bue, giglio, àncora, arco. Due figure di esse
sono riferite da Hri(|uet in una pregevole njenioria, pubbli-
cata in «piesto Arcliivio Storico (2).
La scrittura è minuscola gotica ciiiicelleresca, e di mani
diverse. In non pocrhi fogli è piuttosto negletta , ma in
alcuni è chiara , uniforme ed a grandi caratteri, talvolta
con belle capoletterc del nome del sovrano Lodovicus. Una
pagina è di scrittura assai elegante e piuttosto propria di
codici, e ne otfro un fac-simile. In un documento è ripro-
dotto il monogramma <li un notaro in lettere maiuscole. Il
tipo della forma di scrittura adoperata nei frammenti
fu in uso più specialmente nella prima metà del secolo
XIV, come si vede da varii documenti scritti in quel tempo
nei prind tre registri della Cancelleria, che non apparten-
gono i)erò a tale utticio. Sotto Federico 111 si riscontra so-
vente nei suoi r(;gistri eleganza e nitidezza di scrittura,
talvolta notevole , ma la forma diviene più piccola ed
esile (3).
(1) Si desiiiiif con (^ertezza la provenieuza di tali franiuienti dall' ar-
chivio «lei Frotonotaro, pei documenti trascritti a fol., 235 e 302, nel primo
dei quali è tatto ricordo di atti conservati in quell'archivio, e nell'altro
si contiene la nomina del Maestro Notaro dell' officio del Protonotaro.
l frammenti sono nei l'oj^li 223 a 321, e 328 a 331 del sudettt) registro del
Protonotaro. Sembra che Gueookio (nella memoria Dei reali Archivi di
Sicilia, da me pubblicata, Palermo, 1899, pag. VITI) abbia voluto appena
ricordare in modo indeterminato i frammenti , perchè dice : « Il veder
frattanto l' uso vegliante nei tempi infelici di Ludovico che nell'officio
del Protonotaro reyistravaim alcune carte » ecc.
(2) BuiQUET, Sur le8 papiern usités en Sicile, à Voccasion de deux ma-
li uscrits en papier dit de voton (in Arch. Star. Sic. voi. XVII, 1892, pag. 63,
e tav. VII fig. 26 con data 1335, tav. XI fitr. 39 <on data 1348).
(3) Tra le pagine scritte con bei caratteri conviene notare i fogli 309
504 MISCELLANEA
Alquanti documenti di Ludovico sono cancellati con linee
trasversali, perchè furono rifatti in altra forma, o perchè non
ebbero alcun vigore. Si ha cura però di notare al margine :
«cassatur quia refectum est in alia forma ut infra, e altrove
Cassatur quia supra; Cassatur quia non processit:». Questo si-
stema di giustitìc^ire la cancellazione dei documenti fu se-
guito in Sicilia nei secoli posteriori, ad evitare frodi. Due
documenti soltanto souo cancellati senza giustificazione (1).
Varie pagine rimasero bianche, e poiché nessuna linea
di cancellazione si apponeva allora per impedire che altri
vi scrivesse, i falsari se ne giovarono per aggiungervi do-
cumenti di concessioni del tutto immaginarie. Minieri Eic-
cio nota pei registri angioini di Napoli che avvennero « fal-
siticazioni intruse in alcuni di quei Kegistri , scritte con
perfetta arte calligrafica e ])aleogratìca, ed eseguite per do-
cumenti nobiliari, in quei luoghi appunto, dove fu trovata
la pergamena in bianco senza scrittura » (2). In Sicilia fra i
registri della Cancelleria e del Protonotaro ho trovato mol-
te falsificazioni, derivate da tale caso, anco in epoche relati-
e 328. T^e capolettere eleganti sono nei fogli 226, 235, 275, 301). La pa-
gina di più accurata scrittura è a fo). 265 r. Il monogramma (QuiUelmns)
del notaro è riprodotto a f. 269. Credo utile di offrire in fine della me-
moria un fac-8Ìmile in fototipia del fol. 265 r., anco percliè non si ha al-
cuna riproduzione pei registri reali esistenti in Sicilia.
(1) I documenti (ancellati sono a fol. 231 r., 242, 243, 243 r., 245, 275,
277, 315, 319 a 321. P«n fogli 231 r., 242 e 275, mancando l'inizio dei do-
cumenti , non vi si legge Cassatur, come negli altri ; ma nei fogli 243 r.
e 245 t^ile indicazione manca del tutto, forse per equivoco.
(2) MiNiKUi KiccK) , Lv Cancellerie anf/ioinn , ara<jonette e npaf/nuola
(ìeir Archivio di Stato di Napoli. Ivi, 1881, pag. 7. — Dukriku, Lea arohives
angevives de Naplen. l^nris, 1S86, t. I. p. 162, n. 1 ricorda la cura dei co-
piMti angioini <li non laMeiure spazi in Manco nei r<'gistri , la (|uale nou
Mcmprf hviì riusciva, ed aggiunge: « Chose curieuse, l'événement a donne
ruÌHon , un ImuiI de i|uatre cents ans , aux appriVliensions <lc» employó»
de la Chancellerie. Il panilt cu eftet cerlaiii (pi' «u dix-scpMcmc sii'chi
dMiabileM faiiHHnircN onl rhercln'' iV tirer parti «Ics «spaj'cs drmcurcK inoc-
copé* duu lui» UugiiitrtiH anguvina».
MISCELLÀNEA 505
vanieiite tarde, e per lo più per nobili e per la provincia
(li Trapani. Nei frammenti dei registri di Ludovico sono
cinque documenti falsi, anzi essendo rimasto in i)arte bianco
il foglio ora collocato i)rimo, sin dall'inizio quei frammenti
si vedono deturpati dalle falsità (1), Un documento vero
per successione feudale testamentaria è interpolato, perchè
fu raschiato il vero nome della i>ers()na, a vantaggio della
quale era fatto il privilegio, e fu sostituito con l'altro
di Riccardo de Sigerio, ed il nome del feudo fu alterato in-
Mk/iliiseniù, oltre varie parole alterate nel testo. A dar poi
apparenza di verità, nel privilegio della pagina, laterale si
raschiarono e ripeterono parole di semplici formole, ed alcuni
fogli senza giusto motivo furono riscritti (2).
L'imitazione stentata dei caratteri antichi, che talvolta
riesce orribile per imperizia di coloro che si adoperavano
a far ciò, oltre le formole erronee ed insolite, rivela facil-
mente l'inganno. Ove rimase uno spazio in bianco , si è
quasi sicuri di trovare aggiunto, specialmente di carattere
del secolo XVII, un documento falso, massime nei registri
])\\\ antichi, pel maggior pregio di antica origine.
Era prudente consiglio pertanto (| nello del Protonotaro
Xirotta, che nel 1625 ordinava che nei registri non si do-
vesse lasciare alcuno spazio in bianco (3). Gli officiali della
Cancelleria non esitavano di osar (pialche frode, e per non
recare altri esempi , dirò che il Maestro Notaro attestava
nel 1(>17 di aver trovato fra le carte sciolte della Cancel-
leria (che in quel tempo più non aveansi) un documento
(1) Le falsitìcazioui dei documenti tra i frammenti dei registri di Lu-
dovico sono nei fol. 223, 241, 242 r., 261, 273 r.
(2) Il documento interpolato è a fol. 252. Le parole sostituite a quelle
cancellate sono: «Riccardi de Sigerio fìlii — sororis ipsius — terre ubi eo
tempore preerat — terris nostris Migiliiseniis — terram ». Il foglio 251 r.
contiene le parole raschiate e ripetute. I fogli riscritti sono quelli segnati
coi numeri 243 e 251.
(3) Protonotaro del Regno, reg. 535, a. 1624-25, fol. 190.
506 MISCELLANEA
originale di Re Ludovico; ma ben si discerne il contrario
dalla infelice imitazione del carattere (1).
l!«rei frammenti ludoviciani si riscontra il massimo di-
sordine per la collocazione dei t'obli <> cUm (luinteiiii , ese-
guita «enza alcun discernimento nei tempi posteri<u'i, talcliè
varii documenti non mostrano ])rinci])io, ne altri la line ,
ed alcuni fogli sono collocati dopo pochi altri di Fede-
rico III. Due fogli si vedono lacerati. Nel secolo XVII
nel primo foglio, quasi a mostrare l'inizio, si aggiunse nel
margine superiore : Privilegia anni X Indicionìs, e si pro-
curò nel ryiglior modo di notare i richiami pei fogli collo-
cati fuori posto, ed in varie parti si trova notato : Seqnitur
superius; questa fachata va con lo foglio; vade a foglio ; se-
quitur supra; sequitur ante, che non è certamente il miglior
modo per consultare un registro (2).
Sono trascritti nei frammenti soltanto privilegi di con-
cessioni , ed è premessa ad ognuno (luesta indicazione :
Factum èst prìvUegium in hec verba, o pure factum est pa-
tens scriptum. Sembra che le due esjjressioni abbiano piut-
tosto simile significato, e soltanto la dill'erenza è nella de-
nominazione dalla forma esterna del documento. In uno
di essi, indicato come jmtens scriptum, nel testo poi è aggiunto:
Presentis itaque privilegii serie. Gli autori di diplomatica
(1) In fine del reg. 3"* della K. Caucelleriii (lol. 172) è alligato questo
privilegio falso eonceruente la concessione <li mi!i tonnara nel mare di
Cini«i a Corrado <le Castellis, la quale si dice da antico tenipo spettante
IM>tM-ia al Monastero tli 8. Martino preaso Palermo. 11 Maestro Notiiro
Francesco Xirotta conosceva clie nell'epoca aragonese conservavansi nel-
l'archivio della ('ancelleria <■ talvolta del Protoiiotju'o cart«i sciolte, spe-
ciuhnenti; per conti, iiiiinissioni in possesso »'(l altro, e si giovò del ta-
cile pretesta».
(2; A fol, '.Ì2H e pure aggiunta V indica/.ioiic : I'ririlc(ji<( itiini VII
IwIìcHouìm, di caratt^'n; del secoh) XVII, e clic n<tn «'ra usata nei registri.
Le note di rìcliiamo pei vari fogli sono a t'. 305, .S(K), 311, 3 Iti r., 321 r.,
XMìr. I fogli 322 a327 ap|)art(Migono a tVaninicnti dì registri di Federico IH
il Semiihvr. \,v tnu-ce ilei due logli lac(>rati s<'orgonsi Ira i 1'. 225-221),
• •/74-275.
MISCELLANEA 507
riconoscono infatti che talvolta non ò facile scorgere nei
(lociinitMiti medievali una precisa distinzione tra privilegi,
lettere (^ mandati. Un solo mandato è in questi frammenti
perchè fossero custoditi i beni della (Chiesa di Mazzara, du-
rante l'assenza del Vescovo che si recava a Roma, e (pie-
sto (h)cumento ò cancellato, forse x>erchè non doveva trascri-
versi tra i ])rivMlegi (1). Se i frammenti non contengono le
notizie di ordini diversi per le guerre e gli avvenimenti di
quei tempi, sono utili però perchè olirono una ricca serie
di privilegi e concessioni di ogni genere (2).
Per ricostituire questi frammenti nella vera «lisposizione,
che essi ebbero nell' origine , ho do\'nto farne un elenco
preciso per riconoscere i (piinterni continuati ed i fogli
staccati, rilevaado le date di ogni documento, e l'indizione
apposta al margine.
Il perio<lo indizionale ricorre solo una volta nel breve
regno di Ludovico, e quindi riesce più agevole il determi-
nare l'anno preciso, che non si trova scritto per intero. In
un pros})etto cronologico indico la serie dei documenti
jiredetti , con la designazione dei fogli , nei quali sono
trascritti. In tal modo Ilo riconoscint) che i frammenti ap-
(1) 11 <l()«Himento con le indicazioni «li patena ftcriptitm e privilef/ium
è a fol. 271, e fu dato in luce <la Gekgorio, Blbìioitieca ftcriptorum, qui res
in Sicilia gestas sub Aragonum imperio retnlere. Panormi, 1792, t. II, p. 448.
In altri» docnincnto a fol. 261 r. è detto in principio : Factum ent patens
scriptum, e la parola H<riptiim si vede poi cancellata e sostituita con l'altra
privilegium. Gregorio cit. pubblicò pure questo privilegio a pag. 523.
Su la distinzione tra privilegi e lettere cfr. Paom, Programma di paleo-
grafia latina e di diplomatica. Firenze, 1898, voi. Ili p. 18; Giry , Ma-
nuel de diplomatique. Paris, 1894, p. 759 e 766. Il mandato pel Vescovo
di Mazzara Guglielmo Moustrio è a fol. 243 r., e diretto : Universis ojficia-
libus per totam Siciliam ecc. Ne fa cenno PiRUi, Sicilia Sacra. Panormi,
[Venetiis] 1733, t. II pag. 846.
(2) Nel terzo volume del Codice diplomatico aragonese pubblicherò
il testo dei documenti *li Ludovico , che trovansi nei frammenti da me
descritti.
508 MISCELLANEA
partengouo a due registri, il primo della VII indizione, cioè
da settembre ad agosto 1353-54, ed il secondo della indi-
zione Vili 1354-55. Sono pertanto due degli ultimi tre re-
gistri del Ee Ludovico, essendo egli morto a KJ ottobre 1355.
Varie interruzioni si riscontrano nella serie cronologica dei
documenti (1).
L'ultimo registro della IX indizione 1355-5(>, soltanto ini-
ziato per l'intervallo di tempo da settembre al 1() ottobre,
non si è conservato. Rimane invece il primo registro, quasi
intero, di quello stesso anno indizionale dal 3 novembre in
(1) È noto che il Re Ludovico regnò in Sicilisi da agosto 1342 all'ot-
tobre 1355, cioè dalla indizione XI alla IX successiva. I fogli 275 a 305
costituiscono un intero quinterno. Nel fol. 223 r. fu dai talsiul raschiata
la cifra VIII dell'indizione, e riscritt^v, e così a fol. 225 r. Pei documenti,
nei quali non è segnata l' indizione (f. 234-39, 240, 243-44), (luesta si ri-
cava con probabilità dalla continuazione dei fogli o dulia data di luogo.
Offro l'elenco cronologico della serie dei documenti.
I. Registro. Indizione VII (1353 54).
5. sett. [1353] a 29, fol. 328 a 330, 311 a 31H, 30(ì.
2 ott. fol. 308.
1 nov. a 10, fol. 317-321 r., 265.
17 nov. f. 240.
4 die. a 5, fol. 265 r. — 272 r.
15 die. fol. 275 e 275 r.
1 gen. [1354] a 1 apr. fol. 276-304.
1 apr. fol. 232.
10 giug. f. 274.
10 giug. a 18, f. 234-39.
li. Registro. Indizione Vili (1354-55).
21 nov, [1364] a 27 die. fol. 223-30.
30 die. f. 248-44.
6 gen. [1865] fol. 247-261.
7 gun. fol. 246.
8 f«b. fol. 262.
» f«b. 30 mar. f. 257-260 r.
6 inag.-18 giug. f. 261 r. 264.
MISCELLANEA 509
poi, «lei Ke successore F(mI<mìco 111 il Semplice, il quale non
poteva dar coininciaineiito ai suoi registri cou l'ultimo del
passato reo-uo di Ludovico (1). È uotevole l' intitolazioue
<li questo registro di Ked(M'ico, che rivela il sistema simile
teuuto certamente nei (empi così vicini di Ludovico: «Ge-
nerale [cioè Registrmìi] infra Sieiliam anni none indìGionia,
anno domini millemno CCC. h. V. sub titulo domini Tnfantis
Friderici, Regni Sicilie legitimi domini, qui incepit dominari
XVI octnhris huiux VIITT Indicionis de mense Novembri» •*.
L'inizio del re«»no è iudiciito dal giorno stesso IG otto-
bre, in cui morì Ludovico, ed è un'antica i)rova della con-
tinuità nel sistema di successione sovrana ereditaria. In
fine del registro è questa indicazione : « Finito libro, sit laus
et gloria Ch risto » (2).
Accennerò tìmilmente alcuni documenti notevoli fra i
molti di Ludovico contenuti nei frammenti. Varie conces-
sioni e conferme di feudi e terre abitate e di assegni pe-
cunìarii sono cpiivi trascritte, concernenti le nobili famiglie
kSpatafora, De Lauria, Ventini iglia ed altre. Notevoli sono
la concessione della terra di Cammarata a Corrado Doria
geno vesti nel 1354, l'altra del 1355 dei beni dei Chiaramonti
ribelli al fratello Federico Infante divenuto poi Re di Si-
cilia, ed i colpitoli di remissione di colpe ai ribelli Nicola
Cesareo e Nicola e Giovanni de Aloisio, per la quale però
è notato al margine : Non processit (3).
(1) Tale l'egistro di Federico III si conserva ora, restituendolo al pri-
iiiitivo ordine cronolo{j;ico , nei togli 171-222, 185-170 e 101-134 del regi-
stro 2" del Protonoturo. L'egi-egio archivista prof. Cosentino ha pubbli-
cato i documenti contenuti in quel registro , e che sono 273, nel Codice
diplomatico di Federico III d^ Aragona (nei Doc. della Società Sic. di Stor.
Patria, voi. IX, Palermo, 1885, pag. 1-231).
(2) L'intitolazione del registro è contenuta nel fol. 171 , e fu data in
luce da Cosentino cit. pag. 1, in nota. L'indicazione tinaie del registro
è a fol. 134 r., e fu da lui riprodotta a pag. 231 in nota.
(3). Il privilegio della concessione della terra di Cammarata a Doria
fu edito da Tirrito, Sulla città e sulla comarca di Castronovo. Palermo,
1873, pag. 118 ; e da Gregorio cit. t. II, p. 523 l'altro pei beni dei Chia-
ramonti donati all' Infante Federico.
510 MISCELLANEA
Di non niinorp ini])Oi'tanza sono i pvivileoi dì nomina ad
ofticii ragguardevoli del regno, cioè di Ammiraglio, Viceam-
miraglio, Cameraiio, Cappellano regio, Vessillario, Giudici
di Eegia Coscienza e di Gran Corte, Maestri Notari della
Maiina Curia Eationum, del Protonotaro e di Cancelleria ,
e di custode del i)arco regio della Cuba in Palermo (1).
Nella nomina fatta nel 1355 di Ammiraglio per Corrado
Doria, fratello di Ottobono, è inserito in parte il testo dei
capitoli di quell'officio approvati da Ee Pietro nel IS'i-'i (2).
Degni di nota sono altresì i documenti di esenzione dal
diritto di tricesima nelle liti per IS^oto e Catania (3). Per
la diplomatica dei primi Re aragonesi giovano i transunti
di alcuni documenti dei sovrani antecessori. Utili indica-
zioni fornivScono per l'itinerario del Re Ludovico le note
di tempo e luogo api)oste nei documenti.
Aggiungo in fine il regesto dei documenti trascritti nei
frammenti dei due registri, escludendo gli s[)urii.
(1) Gregouio cit. ne die in luce akiinì, (*(nno esempio di toniu^ di-
plomatiche di autielie concessioni «li ofliei re;;ii. Fonuvla vollatimiis m((<iui
(UimerariatuK opìcii ecc. nelle paj;, '144, 448 e 4ó6.
(2) Gli antichi Capitoli su rAmmiragliato furono più volte confennati,
ed in parte modificati e dichiarati dai Re aragonesi nell'occasione «iella
nomina degli Ammiragli nei varii tempi. I capitoli <lati a Corrado Doria,
prol)ahilmeut<' nel ]'2!)8, e coi»terniati [><»i nel 1343, come pare dalla datji.
finale, furono pubblicati da Gregorio cit. t. II p. 43;), e da Sella, l'ait-
iletta (ielle t/ahelU- e dri dritti della Citria di MiHftiiui (nella ^fisl•(•llanett
di Stor. italuina , Torino 1870, t. X, pag. 161 ; cfr. Pref. \ì. 42). Una
copia del secolo XVI è nel n-g. 1" della R. Cancelleria a fol. 1 , ove a
fol. 2 e seg. sono inserti pure i Capitoli dati ad Ottobono nel 133S , e
publ)licati nelle Sivulai'. Sdiirtioiics, Panornii, ITól, t. II, pag. Kìó. Piijiu,
Sicilia S4U'ra. Panormi, 1733, t. I, pag. LVI nella Clironolof/id lìci/itni dw
ini elenco degli Ammiragli nell'ej)oca arag<mese.
(3) LirrAUA , Di' rehun netinin (nel Tlienaiintu antiqtiitatum «li MUK-
MANNO, tomo XII , col. 31) accennò il privilegio di esen/.ione per Not'O.
Vito Amico, Cattaui itltmlrutii. Cat^mae, 1741, t. II, pag. 18t), otti) il testo
dell'altro conc4*itHo a (.'atania, ed il mìo genitore lo riprodusse in }>art.(t.
Antiche VoMurtudini dvllr. città di Sicilia, Palermo, 1900, pag. CLXVIII.
MISCELLANEA 511
Non ])uò disconoscersi l'iioixn'hmza di questi frammenti
per la diplomatica e l'arcliivistica siciliana. Il tfmpo, che
coprì di o))!!*) e travolse i rcj^istri <lella Cancelleria rc^ia
di (ìiaconio, K<'derico II e Pietro II, non ha voluto sottrarci
i frammenti dei registri del ile Ludovico, e noi «lohbiamo
non poco esser grati di tanta benignità <ìella lortuna (1).
Giuseppe La Man ti a
(1) È noto che l'iUustie «aii. Cakini pubblicò nel 1882 col (itolo De
rebus h'cffiii Sicilie (nel voi. V dei Doc. della Società Sic. di 8t»r. Patria)
il testo intero del repstro del Ite Pietro I «lell'iinuo 1282-83, <rlie si <;on8ervsi
in liarcelloiiii. Eji;li descrisse brevemente quel registro, ma non ne die
alcun iac-simiie. Per l'epoca dì Giacomo (1283-91) forse i registri furono
trasportati in Aragoiui nella successione a quel l'eguo.
C(mviene eziandio ricordare che si conservano nei registri 3 e 4 della
lì. ('aneelleria iilquanti documenti degli anni 1854 a 1363, cioè del tempo
della ribellione dei Chiaramonti in Messina, i quali resero agevole ai so-
vrani angioini di Napoli Ludovico e Giovanna 1' occupazione di quella
città. Il cronista Michele di Piazza (ed. Gregorio, JUbl. cit. t. I, p. 741-
754) riferisce il testo dell'importante privilegio di Ludovico d'Angiò del
135r), concernente i cai)itoli presentati in febbi'aio dì quell'anno dai Chia-
ramonti al Senescalco angioino Nicola Acciaioli per la sottomissione della
Sicilia. I «locumenti del Re angioino Ludovico si distinguono da <|uelli
del legittimo Uè aragonese dello stesso nome per la diversa intitolazicme
(elle per l'angioino è : Ludovicuis et Johannu , Dei grada Bex et lieyina
Jerusalem et Sicilie ecc.), ed anco per la data, posteriore al regno di Lu-
dovico aragonese, tranne per due documenti emanati da Napoli nel 1354
ed in ottobre 1355. Quei documenti dell'ijccupazione angioina sono stati
accuratannnite pjibblicati dall'egregio dott. Giuseppe Tua vali, / diplomi
angioini del P Ardi ir io di Stato di Palermo (nei Doe. della Soc. nicil. di
Stur. Patria, voi. VII, Palermo, 188t)J.
512 MISCELLANEA
le E a- E s rr o
Anno 135S - 54.
135S, settembre ft. Catania. — Il Re Ludovico confenua a Gu-
glielmo Spatafora la foresta de Revocato o Giardinelli , presso
Roccella, già concessa al genitore Damiano (fol. 328).
9 seti. ivi. — Conferma alla Contessa Elisabetta de Lauria la
concessione fatta dal Re Pietro li a Nicolò de Lauria della fo-
resta detta la porta di Taormina (f. 330 r. , e fine a f. 311).
17 seti. ivi. — Nomina Sancio de Aragona vessillario regio,
durante vita (f. 314).
— Concede la terra di Fiumedinisi alla sorella Costanza, Vi-
carìa del Regno (f. 314 r. È ripetuto a f. 315, e cancellato).
— Concede a Sancio de Aragona una parte d'una piccola casa
in Messina, nella contrada Gandilariorum (f. 315 r.).
29 Hctt. ivi. — Conferma per successione a Guglieluio Sjìata-
fora il casale di Roccella Valdemone, già concesso da Federico II
aragonese a Ruggiero Spatafora (f. 316, e fine a f. 306).
2 ott. ivi. — Nonjina Maestro Razionale Damiano Salimpipi,
Vice ammiraglio di Messina (f. 308).
— Conferma a Raiualdo Picigna di Messina l' officio di Mae-
stro Notare della Curia del Giustiziere, i>erchè ne era stato pri-
vato (f. 308 r.).
/ nov. ivi. — Concede a notar Federico de Tabula di Messina
Poflicio di Maestro Notaro della Maffua Curia Ratiomim (f. 317).
— Conferma il notaro Natale Lancia di Messina nell' oflBcio
di Maestro Notaro del Protonotaro del Regno , i)erchè ne era
stato rimosso ingiustamente (f. 317 r.).
— Approva i capitoli in-esentati da Nicola Cesareo e Nicola
• Giacomo de Aloisio fratelli, per rimessione di colpe di ribellione
(f. 319).
MISCELLANEA 513
10 nov. ivi. — Nomina Protoiiotaio del Rejino Perrone Gioeiii
<U Termini (f. 321 r. , e fine a f. '-'65).
17 nov. Castrogiovanni. — Restituisce a Venezia Petroso il
feudo di (Jassibe, nel territorio di Castrogiovanni (f. 240).
4 die. Catania. — Conferma la veinlita fatta del feudo Carmito
in Lentini a Pietro de Regio (f. 265 r.\
— Nomina Maestro Razionale Pietro de Linguida (f. 271).
5 die. ivi. — Conferma a Francesco Ventimigiia per succes-
sione l'officio di Camerariato (f. 271 r. Ri[)etuto a f. 275, senza
jnincipio, e cancellato, con data 15 die).
— Concede a frate Luca di S. Agostino 1' officio di Maestro
Cappellano del Re (f. 272 r.).
/5 die. ivi. — Nomina Matteo de Montecateno Seuescalco del
Regno (f. 275 r.).
J3.54, / gen. ivi. — Nomina Giudice della Sacra Regia Coscienza
Simone de Pisse, di Randazzo (f. 276).
— Concede a Galvano Traversa, ('apitano di Calascibetta ,
onze trenta d'oro annuali (f. 286 r.).
— Concede al sudetto Traversa i beni del ribelle Riccardo de
Risgalla di Castrogiovanni (f. 281).
— Simile concessione a Riccardo de Xiglio , di Calascibetta,
dei beni del ribelle Federico de Frunzato (f. 282).
— Altra al giudice Giovanni de Bruno di alcuni beni di Ric-
cardo Risgalla ribelle (f. 283).
— Altra a Perrono de Paella, di Calascibetta, dei beni di al-
cuni ribelli di Castrogiovanni (f. 283 r.).
— Altra ad Antonio de Leto, di Calascibetta, dei beni di En-
rico Risgalla ribelle (f. 284 r.).
— Altra a Francesco de Vegna, di Calascibetta, dei beni di
Ruggiero di Vincenzo di Castrogiovanni, ribelle (f. 284 r.).
— Altra a notar Tommaso Galvano e Gualtiero de Niglc, di
Calascibetta, dei beni di vari ribelli di Castrogiovanni (f. 284 r.).
— Altra ad Amoro (sic) de Santo Filippo, di Calascibetta, di
beni dei sudetti ribelli (f. 285).
S gen. ivi. — Concede a vita l'officio di giudicato della Magna
Curia a Bertrando de l*rotopapa (f. 285 r.)
514 MISCELLANEA
— Coucede a notar (Tiacomo de Alafranco di Messina la cu-
stodia del parco regio (xoUivìum) della Cuba, ])resso Palermo
(f. 286).
20 ffen. Xoto. — Esime la città di Noto, j)er la sua tedeltA, dal
diritto di trigesima e sessa*»esima nelle liti (28() r.).
1 marzo — Conferma ad Andre;) <le (^holo, di Xoto, la ven-
dita del feudo Saytunino (f. 287).
•> mar. — (Concede alla città di Catania , i)er la sua fedeltà ,
l'esenzione da trijjesima e sessagesiuìa nelle liti, ed il privilegio
di foro (f. 289).
J2 mar. — Approva la vendita del feudo di Casalnuovo , nel
piano di Milazzo, da lui fatta a Gugliehuo de Mariscaleo , pei
bisogni del regio Tesoro esausto (f. 289 r.).
'2:j mar. — Legittima con regia potestà i ligli di Nicolò de
Kocca, nati da una serva greca (f. 804).
1 apr. — Approva la donazione per causa di dote del feudo
lu Biscari, nel territorio di Noto, fatta a Berlingeria de la Lamia
(f. 304 r. , fine del documento a f. 282).
10 ffiug. Catania. — Concede al notaro Giovanni de Paulillo
l'officio di Maestro notaro della Cancelleria del Regno (f. 274).
— Restituisce ai Conti Emanuele e P^rancesco Ventimiglia le
terre ed i castelli, che appartennero al defunto Conte Francesco,
loro genitore (f. 234 , manca del principio. Kipetuto a f. 277 , e
cancellato).
— Conferma, per le molestie dei ribelli, a Francesco Ventinìi-
glia le terre di Colleaano, C'aronia e (ìratteri, e la foresta di (ba-
ronia, già concesse al suo genitore Frances(U) (f. 23.")).
tS (jiìiff. iri. — Apj)rova la donazione fatta della (Contea di
Geraci al Conte Emanuele Ventiniiglia dal pa<lre Francesco
(f. 239).
Anno 1854- 55.
fSfì4, nov. 2/ — 11 He Ludovico iioinin;i .Miteslio Razio-
nale Benvenuto de GraH'eo (f. 223 r.).
— Goncede in feudo il casale di Misilindiui al sudetto de
QnOto (f. 224).
ARCH. STOR. SIC. N. S. A. XXX.
.^,.
»4"r^
n
1 ^ _
Fac-simile del registro (1333-54) eli Re Ludovico.
MISCELLANEA 615
23 nov. Catania. — Concede a Raimondo de Formosa il teni-
mento di liiiculini (f. 225 r.).
20 die. Trapani. — 0)nfei'ma la donazione di terre in Centorbi
fatta da Matteo Sclafani a Corrado de Monteliano (f, 226).
22 die. ivi. — Tjej>;ittiiiia v(n\ rejjfiji ])otesfA Stefano de Thor»), di
Monte S. (^iuliiino (f. 229 r,).
27 die. ivi. — Confernja per successione a Bernardo de Amato
le terre di Villanova presso (Jaltabellotta, j^ìh concesse nel 1290
a Pagano de Amato (f. 230).
30 die. Cahifafimi. — (-oncede al Cap])elhuio Bartolomeo de
Bandino il decanato di (lirgeuti (f. 243).
— Ordina di custodirsi i beni della Chiesa di Mazzara nel-
l'assenza del Vescovo, che si reca a Roma (f. 243 r.).
— Concede a (Corrado Doria la tei-ra di (^ammarata (f. 244).
13ÒÒ, gennaio — Conferisce a Corrado Doria, per la ribel-
lione del fratello Otlobono, la dignità di Ammiraglio del Kegno,
gi}\ concessa dal Re Pietro li a Raffaele Doria , e nel caso di
morte di costui al tìglio Ottobono (f. 247 , manca del principio).
6 gen. GaUitafimi, — Concede la terra di Castronovo a Corrado
Doria (f. 251).
7 gen. (ìinliana. — Rimette a Perrone e Oddone de Marasaglia,
di Corleone, ogni colpa di ribellione (f. 245).
S feh. Catania. — Conferma in favore di... un capitolo di te-
stamento pel feudo di... (f. 252. Il nome del cimcessionario e del
feudo sono alterati per falsità in Sigerio e Miffili^enii).
9 feh. Catania. — Concede a Gilberto Ventimiglia il territorio
In Buschettu, presso Marsala (f. 257).
26 feh. ivi. — Concede a Filippo CTuarichula, di Sciacca, i beni
del ribelle Manfredi Billoctu (f. 257 i.).
2 marzo... — Concede a Lombarda de Cataui.i i beni del fuor
giudicato Pietro de Gennaro (f. 258 r.).
12 mar. — Concede ad Opicino de Amari, di Trai>ani, la ton-
nara di Palazzo (f. 259 r.).
30 mar. Catania. — Concede a Nicolò de Santo Patricio , di
Caltanissetta, il fendo Ralmussuri (f. 260 r.)
ma^t/io... — Concede all'Infante Federico suo fratello (poi
516 MISCELLANEA
Re) i feudi dei ribelli Simone , Enrico e Federico Chiarainonte
(f. 261 r.).
6 nuMj. ivi. — Per qiiistioni ereditarie della Contessa Eleonora,
vedova di Giovanni Cbiaramonte (f. 2(33, resta incomideto).
W (/ingno. — Concede a Balsania Busso una casa in Messina (1).
(1) Noto (|ui i pochi tlocumeiiti, che non ofliono alcunn data , e che
sono Hcritti in fojrli stuccati , cioè : Foj?. 231 r. Comessionc fcndiile pel-
Bernardo... - F. 233. Altra a Salvatore... «li metA <lì feudo, che già ap-
partenne a .Matt4'o Doria, ribelle (senza principio). — F. 242, Concession*'
di feiuh) («enza principio). - F. 243. Altra.
I documenti da me deHcriJti n«0 rej^ento sono in tuttodì. Ho creduto
c<Mivejiient4^ di non dare pili esteso sunto di essi, anche \wr renderne i)iù
agevole la notizia, (juasi in un l>reve prospetto. Sarcìhhe sui>ertluo alti'esì
in <|uestji memoria riferire il test4> di (jualche documento [>iii notevole.
ÌU'HU Mpurii non ho tenuta) alcuna ragione, perchè saranno da me pub-
blicnti nel (hdice tìiplom<iliro. Si s«'.orj{e «-hiarament^' di (pianta utilità sa-
reblu* riuKi-ifn per la Hl«nia Hiciliana del hcì-oIo XIV una Heri<' più entesa,
ancorché incompletu, dei leKiotri del Uè Ludovico.
MISCELLANEA
CONTI INEDITI
RIGUARDANTI LA CONIAZIONE DEI PICCOLI
DELLA
REGIA ZECCA DI MESSINA
NELL'ANNO 1461.
Studiando nell'Archivio di Stato di Palermo mi venne fatto di
aver tra mani^ per cortese indicazione dell'esimio Prof. Cav. Co-
sentino, certi conti inediti del 1461 riguardanti la coniazione dei
piccoli della Zecca di Messina e conservati fra le scritture del
(•essato tribunale del Real Patrimonio esistenti nel detto Ar-
chivio.
Nel pubblicarli ora , sembrami anche opportuno di far pre-
cedere brevi cenni storici intorno a questa piccola moneta per
rilevarne specialmente la importanza che, in quell'epoca, venne
ad assumere nella pubblica economia e i notevoli danni subiti
da questa dall 'essersene alterato l'intrinseco valore.
Per chi non lo sapesse, il piccolo, scrive il Torremuzza, detto
altrimenti ^/cciofo, denaro, denarello ed in latino denariua, parvulun^
fu da gran tempo Finfima delle monete di Sicilia. È da notare,
tuttavia, (rhe sebbene i denari come moneta rimontino ad ei)Oca
assai remota, pure, sotto il nome di piccolo, si trovano indicati,
per la prima volta, per la Sicilia (1), in un diploma di Federico
(1) Nel sistema monetario ili Venezia fin ilal sec. X (romparisce la lira
(li piccoli. Leggiamo, infatti, nella Hùtoire de 1q monnie di W. A. Shaw
traduit de VuìnjUtis par Arthur lùtffalorirh, quanto siegiie : Le système
mouétaire vénitien employait une doublé base ou unite : La lira di pic-
cioli , le système prineipal . et celui qui a dure pendant tonte la Répu-
blique, depuis le X siede Jusqu'à l'introduction du système decimai en
ISOt) :
2. La lira di grossi, uu système idéal ecc.
Arch. Stor. Sic, N. S. Anno XXX. 84
518 MIBCBLLÀNEA
li dato il 12 dicembre del (1) 1315 , in cui si ordinava che la
moneta piccola avesse inezz' oncia di tino per libbra , e di una
libbra si coniassero 240 piccoli. Ma non furono duraturi gli or-
dini espressi nel diploma del re Federico II, sibbene più volte
alterati. Infatti troviamo che al 1373 (2) già di una libbra di
metallo si cavavano 132 piccoli, ed a 20 aprile di quelP anno il
re Federico III ordinava che il peso dei piccoli fosse ancor di-
minuito, nel senso che di una libbra se ne formassero non più
432, ma 468 (3) ; e, più tardi , nel 1375, per un diploma poste-
(1) Cfr. De la Rovere « Memorie storiche ed economiche sopra la mo-
neta bassa di Sicilia» p. 50.
(2) In data del 1350 si fa cenno di piccoli nei « capitoli inditi della:
riiià di Palermo » p. 25, pubblicati del Chiar, Prof. Guglielmo Savagnone.
(3) Federico III faceva lettere di concessione magisterii seti cusure
syclr nostre iiohilùi cii'itati^ messane a not. Giov. de Leopardo dal 15
aprile a tutto agosto 1373, per coniazione monete ridelicet argenti, perria-
lium consueti et statuti valorUt ponderi^ atque forme, et heri^ denariorum
parrorttm luxta proimionevi per nostram euririm inde factam, scili<^et quod
dicti parvuli seti denarii sint et esse debeant rotundi laborati ad tenaglobos
in quibus ex una parte sii impressio consuete crucis et ex altera aquile «i
quod dicti parr^ili seu denarii quorum numerus hactenus prò qualibet....
Si dichiara che i denari, i <juali erano 36 per ogni oncia, si aumentas-
sero a 39, e la legai di '/o oncia ossia 10 sterlini di argento puro per
ogni libra venisse ridotta a sterlini 7 */j.
n rame puro dovea essere comprato ad «»nze 4 e tari 22 per quintale;
e Targento a tari 40 per marco; Timpresa vi-.x in tntto di libre 1100 di
piccoli.
Il not. Ijcopardo ilovea corrispondere alla Curia grana 6 e denari 1 per
ogni libra di piccoli e grana 10 per ogni marco di perriali.
1 vecchi piccoli da rifóndere doveauo essere comprati a turi 5 per
rotolo, e per essi doveva la Curia percepire altri grani 4 di signoria per
ogni libra.
I piccoli nuovauienh- c«>niati dovcaiio cambiarsi a ragione di 70 per
ogni perriale.
Sono ancor indienti nel documento i <-<»inpensi da soddisfarsi agli ope-
rai [»er ogni libra di picc4»li, rioc ;
Ubrerij denari 2<)
Moniterii » JO
Assaggiatori » H
Al Fonditore
MIHOBLLÀNEÀ 510
riore dello stesso sovrano, pur mantenendosi la proporzione del-
l'argento fino a sette sterlini e mezzo per libbra, da questa do-
veano cavarsi 480 piccoli (1), invece di 468 come nel 1373.
Diminuitosi, quindi, l'argento fino , che dovea fornirsi nella
coniazione dei piccoli , e aumentatosi a dismisura il numero di
essi, ne segui , com'era facilmente da prevedersi , che a questi
venne ad attribuirsi un valore molto maggiore di quello che ef-
fettivamente non avevano : ciò diede motivo che , tenendosi in
dispregio la cennata moneta, i)er il valore immaginario in essa
riconosciuto , tutti pensassero a sbarazzarsene , mentre si rista-
gnava il corso delle buone monete d'oro e d'argento , le quali
])erduravano nel loro consueto valore.
Non deve, in conseguenza, recar maraviglia , se, per avidità
di guadagno , vediamo che alla R. Zecca pervenissero monete
d'argento per fondersi in piccoli, che esse si mandassero fuori
del Regno, che, adescati dallo stesso motivo , gli uflSciali della
Zecca commettessero delle frodi, e che non mancassero di quelli,
i quali, per proprio tornaconto , prendessero a falsificarli. Se a
questi mali aggiungiamo la trascuraggine degli ufficiali della R.
Zecca nel coniare nuova moneta, abbiamo sufficienti motivi per
comprendere l'avvilimento del pubblico commercio , e le tristi
condizioni economiche, in cui ebbe a trovarsi allora la Sicilia.
Ora non è a dire quante lagnanze, in conseguenza di ciò, si
sollevassero in tutti gli Ordini del Regno , talmente che re Al-
fonso , accogliendo una supplica presentata da questi, nel 1452,
con disposizione non revocabile per 6 anni, ordinava che la R.
Zecca da Messina fosse trasferita a Palermo (2).
con l'aiutante denari 4 '/.,
Compenso per consumo dei cuni grani 2 ^2 V^^ **8^' libra di piccoli.
Inoltre i salari dovuti agli UflBciali della Zec»a, cioè :
Maestro di Prova
Credenziere
Custode
Carbonaio
Maestro di lega i loro consueti salavi.
R. Cane. 5. pag. 287 — 20 Aprile 1373 (Archivio di Stato di Palermo).
(1) Vedi De La Rovere cit. pag. 55.
(2) Cfr. Capitula Regni Siciliae , ediz. Testa — Anno 1452-XV indi-
zione, Alfonso cap. 487,
520 MIBOBLLAKKÀ
Vediamo, però, che cod tale provvedimento non si raggiunse
lo vscopo, per cui il Parlamento s'era mosso a supplicarlo; dap-
poiché . siccome il vero motivo dell'immiserimento consisteva
nella sproporzione del valore dei piccoli e le altre monete e di
ciò non fa fatta provvisione, il trasferimento della Zecca lasciò
immutate le condizioni di prima : iv^ abbiamo la conferma nel
fatto che, trascorsi i 0 anni dall'emanazione di quell'editto, non
si sperimentò più il bisogno di continuarsi a tenere in Palermo
la K. Zecca.
Alla quistione in proposito, però, si pose tìne posteriormente,
«juando fu dato un valore regolare alle monete d'oro, e si stabilì
in proporzione di queste il valore delle monete d'argento, come
jìure quello dei piccoli ragguagliati colle cennate nobili monete.
Ciò avvenne nel 1461, data che coincide con quella che porta
il documento , che mando alla pubblica luce , il quale in altro
non consiste che in un notamento di tutte le partite d'esito e
d'introito per la coniazione dei piccoli, ed è eseguito, però, come
vedesi , con tanta deligenza ed inappuntabilità da farci quasi
dimenticare quei tempi, a dir vero, non molto lontani, come si
rileva da un dispaccio del re Alfonso del 1437, in cui si muovono
lagnanze in riguardo alla R. Zecca, anche perché non si ren-
deva esatto conto degli introiti e delle spese (1).
Da tale regolarità di (;onti manifestatasi adesso ci è lecito
argomentare che, mentre il trasferirsi della R. Zecca in Paleruio
non conseguì in tutto l'eflPetto desiderati!, pure, poiché ciò veniva
implicitamente a costituire rim])rovero pei- gli ufficiali di essa ,
ben valse ad emendarli e a farli rientrare nella i)ratica dei do-
veri a loro spettanti.
Non mi sembra opportuno dilungarmi di più intorno ai pic-
coli , quando con molta competenza ne hanno trattato eruditi
Hcrittori, come il Torremuzza e il De La Rovere , ai quali ri-
mando coloro , che avessero voglia di averne una conoscenza
più ampia.
Henkf. Ignazio Di Màttko
(1) Vedi De I^h Kor«r«, opern citaU, {>ag. B7.
MISCELLANEA 531
IE8US.
Anno decime ìndietioniH MCCCCLXI.
Introytus
Lu introytu et exitu di lu lavuri di li pichuli tactu in lannu
decinie indictionis di li primi quatru misi videlicet septembru,
octubru, novembru et decembni diete decime indictionis per mi
lohanni di lu indichi cabellotu di la dieta Regia sicla di missina
comu appari i)ei' unu contractu factu a missina per manu di no-
taru andrea di aprea secundo septembris none indictionis ut supra
apparet.
Et primo mi faczu introytu.
Lu exitu di lu lavuri di li pichuli di li supradicti primi qua-
tru misi.
Et primo mi mectu per exitu unzi quatru tari vinti li quali
pagati a lu nobili stephanu crisafi mastru di la proba ki su per
lu priniu terzu di lu di dictu anuu decime indictionis sive
oz." iiij tr. XX g.
Iteui mi mectu per exitu unzi quatru pagati a lu nobili au-
toni di santu sepulcru cridiuzeri di la dieta regia sicla et su per
hi primu terzu di lannu di hi decima indizioni predicta sive
oz. iiij tr. g.
item mi mectu per exitu unzi quatru pagati a lu nobili ia-
cobu insigneri cridinzeri di la dieta regia sicla et su per lu pri
mu terzu di lu so salariu di lannu decime indictionis predicte
sive 05J. iiij tr. g.
Item mi mectu per exitu unzi sey tari vinti per la terza di
la gracia di lu nobili alfonsu di stayti di li unzi vinti ki ha vi
supra la dieta sicla per lannu di la decima indizioni predicta
sive oz. vj tr, x....
Item mi mectu per exitu unzi vintioctu tari novi et grana
quindichi et su per interessi di cantara trentachinqui rotoli tren-
taoctu unzi dudichi di rami la quali intrau a lu dictu lavuri di
li quatru misi predicti ad racionem di tari vintiquatru per can-
taru sive oz. xxviij tr. v....
522 MISCELLANEA
Item mi mectu per exitu inizi chentutridichi et tari dui per
interessi di libri duichento sittanctasei unzi v sturliiighi v di
argeutu finn ki intrau a In dietn laviiri di li dicti quatru misi
ad lacionem di tari diidichi grana chinqui dinari dui et mezu
per libra si ve oz. cxiij tr....
Item mi mectu per exitu unzi vintinovi tari quatordichi grana
dudichi li quali mi li ritegnu per la mia cabella ad racionem di
grana dui per libra per hi dictu laviiri di li dicti quatru misi
si ve oz. xxviiij tr. xiiij g. xij.
lESUS.
Racio di li spisi minuti seu extraordinari i facti in li dicti
primi quatru misi anni predicti decime indictionis per In dictu
lavuri di li dicti primi quatru misi.
Item a di decimo septembris decime indictionis predicte per
sponzi per axucari li dinari grana dechi si ve oz. tr....
Item a di diete per amolatiira di una ganga di la gisura
grandi grana declii si ve o?. tr....
Item a di xj dicto per sey t'erri per li petri di fundiri ad ra-
cionem di grana chinqui per pezu da binidictu silem tari unu
et grana dechi sive oz. tr. J....
Item a di xij dicto per corda per li mantichi quandu si fundi
videlicet per rotoli dui ad racionem di grana dechi per rotolo
summa tari unu sive oz. tr. j....
Item a di xvj eiusdem per una risima di carta di hi nobili
miochu mimila ad racionem di tari chinqui per riisima tari chin-
qui sive oz. tr. v....
Item a di xxviij dicto per amulatura di una gisura grandi a
nardu barberi tari unu sive oz. tr. j....
Item a di primo octubris per portatura di cantara dechi ro-
toli xvij di rami da minchu mirulla tari unu et grana chinqui
sive (1) oz. tr. j....
Item a di septimo dicto per conzari una branca di la padella
da schibitelhi judeu grana chinqui sive oz. tr. g.
Item a di octavo octubris per amulatura di la gisura grandi
da nardu barberi tari unu sive oz. tr. j g.
item a di xy dicto per canni tri et mezu di cannavazu ad
racionem di tari unu per canna tari tri et grana dechi per fari
Nachi sive oz. tr. iij g. x.
(1) Quccta piu-UtA n«l t««to trovaai anuullaU.
klSOBLLANBA 523
Item per npagu per cuxìri li dicti sachi grana chinqni sive
oz. tr. g. V.
Item a di xii.i dicto per cliira russa per sigillare li sachi
«juandu rendimi li cugnaturi grana dechi sive oz. tr. g. x.
Item a di xiiij dicto per quatru qiiatemi dui per li cridin-
zeri et dui per lu cabellotu per lannu presenti decime indictio-
nis ad racionem di tari dui i>er quaternu, summa tari octu sive
oz. tr. viij g.
Item a di xvj octubris per conzari li mantichi per fundiri
grana dechi sive oz. tr. g. x.
Item per tari portari li mantichi da la iudea a la sihia quan-
du si conzaru grana sey sive oz. tr. g. vj.
Item a di dicto per carrihi dudichi di terra ad racionem
per carricu di grana dechi summa tari sey sive oz. tr. vj g.
Item a di xxj dicto per conzari li mantichi per cancari ro-
sicti et perni et per la mastria tari tri et grana dechi sive
oz. tr. iij g. X.
Item a di dicto per conzari lu arcu di la funditura grana
chinqui sive oz. tr. g. v.
per calchi per la sallachi sive listi et risihi di li casi
Item a di xxiij dicto per iornati tri ad racionem per iornu
per lu mastru et lu so garzuni di tari dui et grana chinqui
per iornu samma tari sey et grana quindichi sive oz...
Item a di xxiiij octubris per quattru padelli di ricochiri li
pichuli et unu crivellu per cherniri li pichuli ad racionem di
tari dui per rotolo su rotoli xxviij summa unza una et tari vin-
tisey sive oz. j tr. xxvj
Item a di xxvj dicto per rotoli quatru et mezu di corda per
li mantichi ad racionem di grana dechi per rotolo summa tari
dui et grana chinqui sive oz. tr. ij
Item a di dicto per dui cri va per cherniri lu carbuni da t'a-
ra chi marrascha tari unu sive oz. tr. j
Item a di dicto per una buccula per li mantichi grana tri
sive oz. tr
Item a di dicto per portatura di cantara chinqui et rotoli tri di
l'ami accactatji da franciscu zacbi grana dudichi et mezu sive (1)
oz. tr.
(1) Questa partita trovasi annollata nel testo.
624 MISOELLANEA
Item a di xxvij dicto per sponzi per axucari li dinari grana
chinqui si ve oz. tr.
Itera a di xxx dicto per chova per cliavari min manicii di la
pala grana dni si ve oz. ti..,
Item a di dicto per aniolatura di la gisura grandi dni volti
tari dui sive oz. tr. ij...
Item a di dicto per annictari et murari In cundnctu di la sicha
per mastri dui ki stectiru iorni tri ad racionem di tari unu et
grana dechi per iomu per unu sumnia tari novi si ve
oz. tr. viiij...
Item a di tercio novembris per conzari una bucca vecha
grana quindichi si ve oz. tr. g. xv.
Item a dicto per meza canna di cannavazu per fari maniki a
lu fundituri grana dechi sive oz tr. g. x.
Item a di dicto per amulatura di trenta gisuri per li aflBla-
turi tari unu et grana decbi sive oz. tr. J g. x.
Item a di quinto dicto per amulatura di la gisura grandi tari
unu sive oz. tr. \ g.
Item a di dicto per una corda per lu puzu da mastru lohanui
curdaru, la quali pisau rotoli quatru et mezu ad racionem di
grana dechi per rotolo summa tari dui et grana chinqui sive
oz. tr. ij g. V.
Item a di dicto per amolatura di la gisura grandi tari unu
sive (1) oz. tr. j g.
Item a di septimo dicto per tri cukiari ki fichi mastru fride-
ricu senza li maniki tari sey sive oz. tr. vj g.
Item a di xiij dicto per annictari In cundnctu di la sicha in-
tra et fora ki si happi a scassari cirra tri fiati et stetturuchi
dni mastri iorni tri ad racionem di tari unu et grana chinqui
per iinu per uhascunu iornu summa tari septi et grana declii
hìvc oz. tr. v\\ g. xij.
Item a di di(;to per dui marzapani grandi per mectiri li bi-
lanzi tari dui et grana dechi sive oz. tr. ij g. x.
Item a di xvij dicto per sponzi accactati da andria di agro
tari dui et grana dechi sive oz. tr. i^j g. x.
Item u di dicto por duj amulaturi di li gisuri grandi ad nardu
barberi, ' oz. tr. i.j g.
(1) Quf^Mta pottilla trqyfMÌ aunuUata u«l teftu.
MTSCBLLANRA 625
Itein
rteni H di (lieto ])er luniari muli vay lacqua a lu ciindiictn
jiiaiia (Indichi sive oz. tr. g, xij.
Itein jVer fari unn inanicu di ferru per li {)adelli per ricochiri
li dinari et per oonzari un antru di t'erra per . manu di lia Susi
tari dui et grana quindiclii Hive oz. tr. ij
rteiu a di xviij dicto i)er amolatura di la gisura grandi tari
unu sive oz. tr. j
Item a di dicto per una gisura di afllari pichnli da Josep xa-
nuUu tari unu et grana quindichi sive oz. tr. j
Jtem a di dicto per dechi ferri per li petri undi si gecta la
rami fusa da binidictu silem ad racioneni di grana chin(jui per
pezu snmma tari due c^t grana dechi sive (1) ojì. tr. ij
Jteni a di xxij dicto per rotolo una et luezu di candili di chira
accactati da cola di castella ad racionem di tari unii et grana
dechi per rotolo suinina tari dui et grana chinqui sive
oz. tr. ij
Item per carrichi dudichi di tx^rra ad racionem di grana dechi
per carricu summa tari sey sive oz. tr. vj......
Item a di xxiij dicto per xxv chiramidi ad racionem di tari
unu per chintinaru et per mastri tri ad raxuni di tari unu et
grana per iornu et per dui travichelli summa tari octu sive
oz. tr. viij
.in. li .casi posticzi di la curti.
Item a di xxvj dicto pei- cavihi per murari lu dictu cunductu
tari dui et gnina quatru sive oz. tr. ij
Item a di xxvj dicto per sey bachilecti ki pisani rotoli tri di
ramu per serviri la banca da mastru nicola mullica ad tari dui
per rotolo summa tari sey sive oz. tr. vj g.
Item a di dicto per octanta sey chiramidi accactati da Johanni
gaytanu tari unu et grana septi et mezn per li predicti casi po-
sticzi di la curti oz. tr. j g. vij Vt
Item a di quinto decembris per amulari la gisura grandi tari
nnu sive oz. tr. j g.
Item a di viij dicto per la cantati di li quatni reguli per la
festa di natali tari dui sive oz. tr. ij g.
Item a di xj dicto per tri ferri per li petri quando si fundi
(1) Questa partita trovasi amiullata nel testo.
526 MISCELLÀNEI.
da binidìctu ludeu ad laxuni di ^rana chinqui per iinu grana
qiiindichi sive (1) oz. tr. gr. xv.
It«in a di viij dicto per diii altri quaterni per li cridiiizeri y^er
dublari li cimti ki presentami a la Regia curti di hi lavuri di li
pichuli hi si fa a la Regia sicla lannu presenti di la decima in-
dizioni ad racionem di tari dui per quaternn snmma tari quatni
sive oz. tr. iiij g.
Item a di xv dicto per amulari la gisura grandi tari unu sive
oz. tr. j g.
Ttem a di xvj dicto per ferri octu per li petri di fundiri la
rami ad racionem di grana chinqui per unu tari dui sive oz.
tr. ij g.
Item a di dicto per cunzari la funditura et murari grana de-
chi sive oz. tr. g. x.
Item a di xvij dicto per conzari li buchi di li tinagli grandi
di la funditura di la nimi da lu dictu Ha susi tari iij sive
oz. tr. iij g.
Item per lu jwesenti di li officiali i)er la. festa di natali tari
tridichi sive oz. tr. xiij g.
Item a di xviiij decembris per rotolo unu di candili di chira
per la banca quandu si rendinu li dinari la sira ad racionem di
tari unu et grana dechi per rotolo sive (2) oz. tr
Jtem a di dicto per amulari la gisura grandi ki si tagla la
rami tari unu sive oz. tr. j
It^m a di dietro per tri i)ara di bilanzoli per li atìlaturi da
sinuntu ar^ninu ad racionem di tari unu per paru summa tari
tri sive oz. tr. iij g.
item per dechi («irriki di terra da placitu di tarantu ad racio-
nem di grana dechi per carricu per conzari la funditura summa
tari chinqui sive oz. tr. v
Item a di xxiij dicto per sey para di i)etri li (puili conzau
martinu lu muzuni ki su vintiquatni fachi per li quali si paga
ad raxuni di grana quindichi per fachi summa tari dechi et octu
sive oz. tr. xvi\j
Iteui |>er cirrati dui di rina per stricari li dicti petri grana
decbi Hi ve oz. tr
(1) QoMta partita uei tosto vedeni annullata.
(2) Idem.
MISCELLÀNEA 52t
Item a di xxx dicto per quatru ferri per li petri di fundiri
la rami da binidictu ludeu ad ra(^ionein di grana chinqui per
iinu Ruinma tari unu sive oz. tr. j
Item a di dicto per carriki quatru di terra i)ei' fundiri la rami
da placitu di tarantu tari dui sive oz. tr. y g.
Itera a di ultimo dicto per paru unu di bìlanzoli accactati
da sinunto tari unu vSive oz. tr. j g.
Item a di dicto per conzari li manticlli a sesu di sanctu marcu
grana dechi sive oz. tr, g. x.
Item a di dicto per dui cuchari per ministrari la rami ki si
fundi facti per manu di mastru franciscu flrraru tari quatru
sive (1) oz. tr. iiij g.
Item mi mectu per exitu unza una per lu primu terzu di lu
dictu annu per lu loberi di una di li casi di la sicha la quali
paga a sanctu franciscu sive oz. j tr. gr.
Item mi mectu per exitu tari dichi per lu primu terzu di la
casa di sanctu placitu sive oz, tr. x gr.
Item mi mectu per exitu tari chinqui per lu prinm terzu per
lu magazenu di antoni crisafl sive oz. tr. v gr.
Item mi mectu per exitu tari dechi et su per lu primu terzu
di lu lucri di una di li casi di la sicla ki sta lu guardianu di la
dieta sicla oz. tr. x g.
Inteoytus.
Lu introytu spectanti a la Kegia ciirti di lu lavuri di li dicti
primi quatru misi anni predicti.
Et facta compensacione et bilanciati li unzi trichentu posti di
supra per introytu cum li uuzi duchentu posti per exitu di supra
restanu unzi chentu li quali superanu lu exitu in li quali sinchi
deduchinu la rata di li porcionali di la sicla li quali participanu
di la summa di li dui mila unzi ki sta la dieta Regia sicla in
unzi octuchentu quaranta sey tari ventidui grana sidichi per loru
Kata, licet hi participassiru in unzi novichentu septanta chinqui
tari vinti et gmna septi, tamen foru ricaptati per mi unzi chentu
(1) In margine del docum. leggiamo: extraor dinar iarum expenaaritm
,. vij xviiij.
528 MISCELLANBÀ
quindichi tari vinti et grana octu comu appari di supra in lannii
none indictionis proximo preterite, li quali acrixinn a la Regia
curti, ad racionem di un zi
per chintinaru di lu dictu introytu di uu/i clientu et dechi
ki su in sumnia uuzi
li quali liaiu datu a li dicti porcionali restanu per introytu a la
reofiii <nrti a la raxuni predicta di unzi
per chintinaru uu/.i sexanta
la quali parti-
cipa i)er unzi milli cheutu chinquanta tri tari septi et grana qua-
tru licet ki participava in unzi milli vinti quatru tari uovi et
gi*Hna tridiclii, quoniaui li unzi chentu quindichi tari vinti grana
octu li ricapitau comu appari ut .supra in li porcionali di la di-
eta Regia sicla, et cussi mindi fazu introytu sive oz.
Iteui mi uiectu per introytu unzi vintinovi tari quatordichi et
grana dudichi per lu lavuri ])redictu di la regia curti per li grana
dui per libra ricaptati di la heredità di quondam misseri masi
romanu li quali si recaptau la regia curti sive oz. xxiiij tr. xiij g. x.
Item mi me(?tu per introytu unzi tri tari vinti grana dadichi
dinari iij Va P^r lu lavuri predictu di li dicti primi quatru misi
[>er lu dinaru unu et mezu per libra ki si recaptau la Regia curti
da misseri masi di gregoli di la summa di li grana dui per libra
di lu dictu misseri masi lu restu non mindi fazu introytu inpe-
roki la maiestati di lu Signuri Re et per exequtorii di lu Signori
viceré chi foni restituti et cussi mi fazu introytu di dinaru unu
et mezu per libra sive oz. iij tr. xx g. xij d. iij V2
Item mi mectu per introytu unzi chentu vintiquatru tari chin-
<iui grana octu dinari iiij per lu lavuri |)redictu di la raxuni di
lu sturlingu unu et mezu per libra equalatu a lu interessi di lu
argenta et rami ad racionem di grana chinqui dinari (ri et quarti
tri per Hturlingu ki veni per chintinaru di libri unza una tari du-
dichi grana tri dinari quatru et mezu sive
oz. cxxiiij tr. V g. viij d. iiij.
Item mi mectu )>er introytu unzi sey per lu lavuri di lohanni
antimi Bizu di la raxuni di li grana quatru per libra ricactati per
Ih Regia curti da la heredità di ({uoiidam missili masi romanu et
di misHeri masi di gregoli per libri ru)vi('hentu ki su stati lavu-
rati in li dicti quatru misi sive oz. vj tr.
MISCELLÀNEA 529
Item 7ui raectu per introytu uiizi dudichi tari decbiuovi et
grana chinqui per la raxuni di In sturlingu unii et mezii per li-
bra cqualatu ut supra di lu lavuri predictu di lu dictu lohanni
autoui ad rucionem di uuza una tari dudichi grana tri dinari
«luatru et mezu per chintinaru di libri sive oz. xij tr. xviiij...
Itein mi luectu per introytu unzi octu tari xx di lu lavuri di
jiiisseri rnatheu niuleti di la raxuni di li grana quatru per libra
ricactati ut supra di la lieredità di quondam misseri masi romanu
et di misseri masi di gregoli per libri milli et dui chentu lavu-
rati in li di<'ti quatru nnsi sive oz. viij tr. xx g.
Item mi mectu per introytu unzi dechioctu tari viij et grana
chinqui per la raxuni di lu sturlingu unu et mezu per libra e-
([ualatu ut supra in lu lavuri predictu di misseri matheu muleti
per parti di so figlu ad raciouem di unza una tari dudichi grana
tri dinari <|uatrn et mezu per chintinaru sive oz. xviij tr. viij g. v.
EXITUS
Lu exitu di lu introytu si)ectanti a la regia curti di la refor-
macioni di li dicti primi (|uatru misi
Et primo mi mectu per exitu inizi trentatri tari chinqui grana
tri dinari tri, et mezu li «inali mi ritegnu in i)arti di satisfacioni
di la stimma di li unzi duichentu chinquanta ki inpristay a la
Hegia curti ad racionem di grana dui dinaru unu et mezu per
libra sive oz. xxxiij tr. v g. iiij d...
Item mi mectu i»er exitu unzi tridichi tari septi et grana tri
li quali pagay per viguri di la mia commissioni data panormi
die jnnii none indictionis, a la hereditil di quondam mis-
seri masi ronuinu ki participanu in la sumuia di li dui milia unzi
di la pignoracioni di la dieta Eegia sicla, comu appari per una
apoca firmata a li acti «li notar santoni azarellu die
sive oz. xiij tr. vij gr.
Item mi mectu per exitu unzi vinti tari dechisejiti et grana
dechinovi li quali mi li ritegnu ki superarli lu exitu a lu introytu
di la reformacioni di lanini i)assatu sive oz. xx tr. xvij g. xviiij.
Item mi mectu per exitu unzi chentu trenta sey dati ad aii-
toni «li la Ugnami unu «U li porci«uiali di la dieta Kegia sicla in
la dieta suuima per viguri di la supradicta commissioni a dicti
530 ansOELLANBÀ
facta per lu illustri Signuri Viceré data panormi die ut supra cussi
coinu appari per una apoca firmata a li acti di notaro santoni
predictu die si ve oz. cxxxvj tr. g.
Item mi mectu per exitu uuzi trenta una tari xviij g. xv dati
a la heredità di chiccu campulu unu di li porcionali di la dieta
sicla perliguti di la supradicta mia commissioni , lu quali parti-
cipa in mayuri summa in lu accactitu di la dieta regia sicla in
la dieta summa cussi comu appari per tinuri di una apoca^ fir-
mata a li acti di notaro santorn predictu die sive
oz. XXX j tr. xiij g. XV.
Item mi mectu per exitu unci trenta consignati ad minchu
mimila comu bancu elettu per li deputati di la maramma di la
ohitati di missina et su per la gracia di li tri milia libri ki havi
la dieta chitati supra la regia sicla cussi comu appari per una
apoca fact>ti in messina die
])er mano di uotaru antoni di iiiilacio et su per lamio presenti
decime indictionis oz. xxx tr
IBSUS
Anno (Ucime indictionis MCCCCLXI
INTROYTUS •
Lu introytu et exitu di lii lavuri di li pichuli facti in lannu
decime indictionis di li secundi quatru misi videlicet lanuarii
februarii, marcii, et aprilis diete decime indictionis, per mi Io-
lianrii di lu judichi cabelloto di la dieta regia sicla, comu si contenj
\ìeT lu dictu contractu factu a missina per manu di notaro An-
drea di aprea olim secundo septembris none indictionis predicte.
Infra li dicti secundi (piatru misi foni laviirati in la dieta
regia sicla libri sey milia «piatrochentu treiicta di piculi ki a la
Hupradicta raxuni di t^ari unu grana ij per libra, di li quali su
tinuti dari cuntu su in summa unci ccxxxv tari xxiij et i)ero
mi muctii per introytu li unci ccxxxv tari xxiij in li (juali la re-
gia dirti i>er la sua rata ki concurri in lu prozo di li unci dui-
miliu ki fu vindiita lu sikia participa per unzi millì eccxxxx tari
ij grana ij */, licot in li ))rimi qiiatro misi partici]>assi in nnci
uiilli <rlviiij tari vj grana xij '/« ea |)r()in«lc si riccactau unci clxxx
Uiri XXV grana xv Vi <li '> personali <-oniu appari di supra in li
XI80ELLANEA 531
predicti qtiatro misi in tri partiti, et li altri personali concumno
j)ei' 111 restanti unci civiiijtari xxvij grana xxij */» «ive
oz. ccxxxv tr. xxiij
EXITUS.
Lu exitu di hi lavuri di pichuli di li supradicti secundi qiia-
tru misi.
Et primo mi mectu per exitu unzi quatrn tari vinti per hi
secundu terzii di lu nobili stephanu crisafi mastru di la proba
di la dieta Regia sicla di hi predictu annu decime indictionis
sive oz. iiij tr. xx g.
Item mi mectu per exitu unzi (juatru per lu secundu terzu di
lu dictu annu di lu soldii di lu nobili iacobu insigneri unu di li
crideiizeri «li la dieta sicla sive oz. iiij tr. g.
Item mi mectu per exitu unzi yuatru per lu secundu terzu
di lu dictu annu di hi soldu di hi nobili autoni di sanctu sepulcrii
unu di li cridinzeri di la dieta sicla sive oz. iiij tr. g.
Item mi mectu per exitu unzi sey et tari vinti per la secunda
terza di la gracia di In nobili alfonsu di stayti per lanini pre
dictu di la sumtna di li unzi vinti ki ha vi supiu la dieta Regia
sicla sive oz. vj tr. xx
Item mi mectu per exitu unzi vinti tari tridichi grana dui et
su per interessi di cantara vinticbinqui rotoli chinquantaquatro
unzi xviij di rami per hi dictu lavuri ad racionein di tari vinte-
quatru per cautaru sive oz. xx tr. xiij
Item mi mectu per exitu unzi octauta una tari dechioctU grana
dechinovi per interessi di libri chento novanta novi unzi sey
stirlunghi xviij (|uarti iij di argentu ki su stati lavurati a hi dictu
lavuri ad racionein di tari dudichi grana chinqui dinari ij V« pei'
libra (li argentu (ìnu ultra hi prezu stabilitu per la regia curti
ab antiquo hi quali era ad unza una tari vinticbinqui grana octu
dinari tri et unu quartu sive oz. Lxxxj tr. xviij g. xv
Item mi mectu per exitu unzi vintiunu tari octu grana tridi-
chi li quali mi ritegnu per la mia (jabella per lu dictu lavuri ad
racio di grana dui per libra sive oz. xxj tr. viij g. xiij
Item mi mectu per exitu unci quatru li quali li luectu per
introytu a la regia curti foglio et su per la gracia di quondam cola
di guarnera li quali si traynu di lu introytu comuni di la regia
532 MISOEL LANKA
cnrti et di li personali per lu seciinclu terzu di li dicti secimdi
quatromisi oz. iiij tr
lESUS.
Bacio di li spisi mimiti seu extraordiuarii facti in li dicti se-
cundi quatru misi anni predicti decime indictionis per hi dieta
lavuri di la dieta si eia.
Item a di quinto ianuarii per dui limi ki voli lu mastru di la
proba per aiustari li libri di la curti accactati da schamueli iu-
deu custani tari dui sive (1) oz. tr. ij g.
Item a di dicto per ainolari la gisura grandi ki si tagla la rami
tari unu sive oz. tr. j g.
Item a di vij dicto per unu nianicu di terni per la padella di
ricocliiri li dinari datii ad antoni carachulu, factu per manu di
Ha siisi, pisau rotoli tri ad raxiini di grana dechi per rotolo
summa tari unu et grana de(;bi sive oz. tr. j g.
Item a di xiij dicto per amulnri la gisura grandi tari unu
sive oz. tr. j
Item a «li dicto i)er cliimpii ferri per li i>etri di fundiri la
rami tari unu et grana chinqui sive oz. tr. j
Item a di dicto per fari intrari li petri et la terra intra la
fiinditura grana dechi sive oz. tr
Item a di xviij dicto per meza canna di <>annavazu per fari
iiianiki a lu fiindituri grana declii sive oz. tr. g
Item a di xviiij dicto per una ca.xa di nuclii ]h'v tiniri lu ar-
gentu quaiidu auzanu opera la s ira acca ctata da i>apu iudeu tari
quatordiclii sive oz. tr. xiiij g.
Item a «li xviiij ianuarii \ìvv conzatura et amulatura di la gi
Hura grandi ki «li arivolau unii ])«'zu a naidti barberi tari unu et
grana declii sive oz. tr. j g. x
Item a «li dict/) per una summa di «linari «li raxuni «la simento
judeu tari unu et grana «{iiindichi sive oz. tr. J g. xv
Item a «li«'t<> |)«m- r<'rri s«'y p«'r li |M'tri (h fumliri tari unu et
grana d«M'hi nìv«' oz. ti-, J g. x
il) .V inurbi ne «U-I (l<>riitii«;t. l<'gKi>HÌ: Dr ìmHh cjpvuHis voUhjdtis ascc.inleii
libuM ad uiiriaH riiij Uni jrvij ijr. rtij *;^ /urtii <nlhtriniir fuirtivnlariivr otl
omnen h/onnm'ionibuH vo-fUiicionnn inmcorU^it.
MISCELLANEA 533
Item a di dicto per dui cuchari per ministrari la rami ki si
fimdi da mastru fridericu lirraru tari ij si ve oz. tr. ij g.
Item a di dicto per unu pam di tinagli ki si teni la rami quandu
si tagla facti per raanu di ganyu judeu et per dui chavicti per
la gisiira ki si tagla la rami tari unu sive oz. tr. j
Item a di xxviij dicto per amolatura di uua gisura grandi a
nardu barberi tari unu sive oz. tr. j g.
Item a di dicto per unu sichu di rami per lu puzu da mastru
nicola mullica pisau rotoli chinqui ad racionem di tari dui per
rotolo summa tari dechi sive oz. tr. x g.
Item a di dicto per unu crivellu di rami per cherniri li dinari
ki si richipinu di li ubreri et quandu si dunano per cugnari et
quandu si ricbipiuu di li cuugnaturi pisau rotoli quatru et unzi
vinti, da lu dictu mastru nicola ad racionem di tari dui per ro-
tolo summa tari novi et grana sey et mezu sive oz. tr. viiij g. vjVj
Item a di xxx dicto per carrati dechi di mantu tari dui et
grana dechi sive oz. tr. ij g. x
Item a di nono februarii per sey ferri per li petri di fundiri
la rami tari unu et grana dechi sive oz. tr. j g. x
Item a di dicto per dui padelli di rami ki si ricochinu li pi-
culi pisaru rotoli undichi et mezu ad raxuni di tari dui per ro-
tulu summa tari vintitri sive oz. tr. xxiij g.
Item a di xvij dicto per dui cuchari cum lu manicu di la curti
per ministrari la rami, facti per manu di mastru fridericu firraru
tari quatru sive oz. tr. iiij g.
Item a di xviij dicto per dui mastri per murari la funditura
et unu manuali a loru si)isi, ki stectiru una jornata li mastri
ad raxuni di tari unu et grana dechi per jornu et lu manuali ad
racionem di tari unu summa tari quatru sive oz. tr. iiij g.
Item a di dicto per anictari la funditura et per carriyari li
petri et grasti et gictarili fora tari unu et grana dechi sive
oz. tr. j g
Item a di xviiij dicto per dui criva di cherniri lu carbuni
da farachi marrasca tari dui sive oz. tr. ij g.
Item a di dicto per sey padelli di rami di ricochiri li dinari
per li ubreri da mastru pinu carbuni ad racio di tari dui per
rotolo pisaru rotoli trentadui, summa unzi dui tari quatru sive
oz. ij tr. iiij...
Item a di xx dicto per rotolo unu di oandili di chira da cola
Arch. Stor. èiic. N. S. Anno XXX. 35
534 MISCELLANEA
di castella ad racionem di tari unu et grana dechi per rotolo
snmma tari unu et grana dechi si ve oz. tr. j...
Item a di xxij dicto per amulatura di la gisura grandi di la
taglari la rami per tri volti tari tri sive oz. tr. iij g.
Item a di xxij februari per amulatura di la gisura grandi per
taglari la rami tari unu sive oz. tr. j g.
Item a di dicto per dui padelli di rami di ricochiri li dinari
per li ubreri pisaru rotoli dechi ad racio di tari dui per rotolo
da mastra nicola mullica In juveni summa tari vinti sive
oz. tr. XX g.
Item a di xxiij dicto per conzari li mantichi ki eranu arsi
et per co.ytu et per custura conzati per sefu judeu tari unu et
grana dechi sive oz. tr. j g. x.
Item a di dicto per unu cantaru per la funditura per fundiri
la rami grana chinqui sive oz. tr. g. v.
Item a di xxv dicto per fare li cavalluzi di li mantichi per
mastra andria galifu per Ugnami et mastria videlicet a li man-
tichi di la funditura nova tari tri et grana dechi sive
oz. tr. iij g. X.
Item a di xxvj dicto per una capa di cannava per li mantichi
da mastru jacobu curdaru pLsau rotoli novi , per manu di mastru
antoni di rosa fundituri tari quatru et grana tri sive
oz. tr. iiij g. iij.
Item a di secundo marcii per quatru ferri per li petri quandu
si fundi tari unu sive oz. tr. j g.
Item a di quinto marcii per amulatura di la gisura grandi
tari una sive oz. tr. j g.
Item a di sey dicto per dui buchi di rami per la funditura
da mastru nicola mullica pisaru rotoli dechi et octu unzi viutisepti
ad racionem di tari dui per rotolo summa unza una tari septi et
grana sidichi sive oz. j tr. vy g. xvj.
Item a di nono marcii per dui padelli di rami di ricochiri li
dinari da mastru pina carbuui ad racionem di tari dui per rotolu
fora rotoli novi et mezu summa tari dechinovi sive
oz. tr. xvii\j g.
Item a di xvj dicto per portatura di cantara quatru rotoli xxxx\j
di rami da la pisu a la sicha grana undichi et meza sive (1)
li) QueiiU parMtii n.I fcgto vederi iinimllata.
MISCELLANEA 535
OZ. tr. g.
Itom a di xviiij dicto per amnlatura di la ^sura grandi tari
unu si ve oz. tr. j g.
Item a di xx dicto per dui canni di cannavazu per sachi per
mectiri li pichuli ad raxuni di grana sidichi per canna tari unu
et grana dudichi sive oz. tr. j g.
Item a di dicto per conzari li mantichi per manu di mastru
antoni raurtilliti tari unu sive oz. tr. j g.
Item a di xxiij dioto per dui padelli di rami per ricochiri li
dinari li ubreri da mastru nicola mullica pisaru rotoli novi unzi
vintisepti ad racionem di tari dui per rotolo sunjma tari dechinovi
et grana sidichi sive oz. tr. xviiij
Item a di dicto per sey ferri per li petri di fundiri la rami
da binidictu judeu tari unu et grana dechi sive oz. tr. j
Item a di dicto per amulatura di la gisura grandi tari unu
sive oz. tr. j
Item a di xviiij dicto per dui cuchari di ferru per ministrari
la rami da mastru fridericu firraru tari quatru sive
oz. tr. iiij
Item a di xxx dicto per quatru ferri per li petri di fundiri
tari unu si^ e oz. tr. j g.
Item a di xxx dicto mensis marcii per purtari li mantichi da
la putiga di binidictu perflna a la sicla grana chinqui sive
oz. tr. g. V.
Item a di dicto per para tri di petri di gictari rami da lohanni
antoni Rizu ad racionem di tari vintidui per paru summa unzi
dui tari sey sive oz. ij tr. vj g.
Item a di dicto per paru unu di giauri grandi per taglari la
rami da lu dictu lohanni antoni rizu unza una sive
oz. j tr. g.
Item a di dicto per para tri di petri di gictari rami da mis-
seri matheu muleti ad racionem di tari vintidui per pam summa
unzi dui et tari sey sive oz. ij tr. vj g.
Item a di dicto per murga multi volti per la funditura tari
dechi sive (1) oz. tr. x g.
(1) In margine del docum. sta scritto quanto segue : ... Extraordina-
riarum expensamm mimUarum .... huius secundi quairimestris anni
une. xiiij tar. xvij gra. viii ^j^.
536 MISCELLANEA
Item mi mectu per exitu unza una per lu secundu terzu di
lu loheri di la casa di sanctu franciscu per lu dictu annu ad opu
di la dieta sicla sive oz. j tr. g.
Item mi mectu per exitu tari dechi per lu sicundu terzu di la
casa di sanctu placitu per lu dictu annu ad opu di la dieta sicla
sive oz. tr. x g,
Item mi mectu per exitu tari dechi per lu sicundu terzu di
la casa di antoui crisafl ki si pagau daza innanti ad raxuni di
unza una per annu sive (1) oz. tr. x g.
Item per la piatanza di li quatro conventi (2) oz. tr. ij g.
Item per quatru canni di cannavazi per saki oz. tr. ij g. xij
Item mi mectu per exitu tari dechi li quali su per lu lueri
di una di li casi di la dieta sicla undi sta lu guardianu di la
dieta sicla oz. tr. x g.
JESUS.
INTROYTUS.
Lu introytu spectanti a la regia curti di lu lavuri di li dicti
secundi quatru misi anni predicti.
Et facta compensacione et bilancziati lu introytu et lu exitu
posti di supra restanu di nettu a la regia curti unci quaranta
otto tari vj li quali compitixinu a la regia curti et cussi mendi
faczu introytu oz. xxxxviij tr. vj
Item mi mectu per introytu unzi vinti una tari xiij et grana
tridichi per lu lavuri predictu per li grana dui per libra ricaptati
di la heredità di quondam misseri masi romanu sive
oz. xxj tr. xiij g. xiij.
Item mi mectu per introytu unzi dui tari vincti et grana vij Vg
per lu lavuri predictu per lu dinaru uuu et mezu per libra ri-
captati da misseri masi de gregoli di la summa di li grana dui
per libra ki liavi In dictu misseri masi per chascuna libra sive
oz. ij tr. XX g. vy V,.
Item mi mectu per introytu unzi octantanovi tari vintiquatru
grana quatro per hi lavuri predictu di la raxiitii di hi sttirlingu
(1) Queata partita vedesi nel testo annullata.
(2) Idem.
MlSOELLANByS. 537
unu et mezu equalatu a la interessi di lii argentu et di li rami
ad racionem di grana chinqui dinari tri et quarti tri per sturliugu
ki veni i)er chintinaru di libra unza una tari dudichi grana tri
dinari quatru et mezu sive oz. Lxxxviiij tr. xxiiij g. iiij.
Iteni mi mectu per iutroytu unci quatru pervenuti ad uii di
lu dictu lavuri di (juatru iuisi li quali su per la gracia di quon-
dam cola di guarnera li quali spectauu a la regia curti oz. iiij...
Item mi mectu per introytu unzi chinqui tari xxj grana xij
per lu lavuri di lohanni antoni rizu di la raxuni di li grana quatru
l>er libra ricaptati per la regia curti di la heredità di quondam
misseri masi romanu et misseri masi di gregoli per libri ottu-
chentu xLviiJ ki su stati lavurati per li dicti quatru misi sicundi
di lu dictu annu sive oz. v tr. xxj g.
Item mi mectu per introytu unzi dudichi tari dui et grana viij
per la raxuni di lu sturlingu unu et mezu per libra equalatu ut
supra per lu lavuri di lu dictu lohanni antoni rizu ad racionem
di grana chinqui dinari tri quarti tri per sturlingu sive
oz. xij tr. ij
Item mi mectu per introytu unzi novi per lu lavuri di lu fi-
glu di misseri matheu muleti di la raxuni di li grana quatru per
libra ricaptati di la heredità di quondam misseri masi romanu
et di misseri masi di gregoli per libri ottuchento xxxxviiij lavu-
rati in li dicti secundi (juatru misi di lu dictu annu sive
oz. V. tr. xvi
Item mi mectu per introytu unzi undichi tari xxvij g. xviiij
per la raxuni di lu sturlingu unu et mezu equalatu ut supra per
lu lavuri predictu di libri Dcccxxxxviiij di misseri matheu mu-
leti ad racionem di grana chinqui dinari tri et quarti tri per libra
sive oz. xj tr. xxvij g. xviiij.
BXITUS
Lu exitn di lu introytu spoetanti a la regia curti di la refor-
macione di li dicti secundi quatru misi.
Et primo mi mectu per exitu unzi vintiquatro tari tri gra-
na vij Vg li quali mi ritegnu in parti di satisfacioni di la summa
di li unzi duichentu chinquanta ki imprestay a la regia curti ad
racionem di grana dui dinaru unu et mezu per libra per lu la-
vuri predictu sive oz. xxiv tr. iij
Item mi mectu per exitu unzi quaranta consignati a la nobili
k
558 MISCELLÀNEA
chitati di missina videlicet inizi trentanovi tari sey ad misseri
bartholomeu loinbardu et tari vintequatru a li deputati di la ina-
rainma di la dieta chitati ad compliinentu di unzi septanta per
la gracia di li tri milia libri ki liavi la dieta chitati siipra la dieta
sicla prò anno presenti decime indictiouis comu appari per una
apoca facta per mann di notaro santoni azarellu die
si ve oz. xL tr. g.
Item mi mectu per exitu anzi cheutu consignati ad misseri
angelu maza per norau et parti di sua mugleri heredi di quondam
chiccn Cam pula ac eciam heredi di sua matri, li quali su per ri-
scactitu di la pignorucioni di la sicla di la summa la quali par-
ticipavanu in la dieta pignoracioni in unzi diiichentu, per viguri
di una commissioni per lu Signuri viceré a mi tkcta data panormi
die junii none indictionis cussi comu appari per una apoca
facta per manu di notaro santoru azarellu die per lu bancu
di mincttu mirulla sive oz. e tr. g.
Item mi mectu per exitu unzi nonaginta consignati a lu no-
bili jacobu saccanu procuraturi di madonna mincha di lanza mu-
gleri di misseri blascu lanza li quali vsu per riscaptitu di la pi-
gnoracioni di la sicla, la quali partecipa in unzi duichentu per
vigori di la supradicta mia (commissioni data panormi die ut supra ,
comu appari per una apoca facta per manu di notaro santoru
azarellu die sive oz. xc tr. g.
IBSUS
Introytus.
Lu iutix)ytu et exitu di lu lavuri di li pichuli facti in lannu
decime indictionis presentis di li terzi et ultimi quatru mesi di
la dictu annu videlicet di mayu, Jugnu , jugnectu , et augusta ,
per mi lohanni di lu Judichi caboUotu di la dieta regia sicla
comu si conteui per lu supradictu contractu factu a missina per
manu di notaro andrea di aprea olira aecundo septembris none
indictionis ut supra apparot.
lu li dicti ultimi quatro misi anni x indictiouis foru lavurati
in \a dlcttt regia siC/la libri ottumilia chentu sidichi di pichuli
coma appari partieularimenti per li libri di li cridinzeri, ki a
Ia predicta raxuni di tari una gnma ij per libra di li «inali su
MISCELLANEA 539
tinutu dari cunctu imiDtanii uuzi colxxxxvij tari xvij grana xij ,
et pero mi mectu li dicti uuzi cclxxxxvij iu li quali la regia
curti per la sua rata ki concurri in lu prezu di li uuci MM ki
fu vinduta la sikia participa per unzi... licet ki in li secundi
(juatro misi di lannu predicto participassi iu uuci... ca prolude
sindi arriccattau unci clxxxx da li personali comu appari in lu
exito di li dicti secundi quatro misi iu dui i)artiti, et li personali
concurriuo per lu restanti in unci tari grana si ve
- oz. ccLxxxxvij tr
EXITUS.
Lu exitu di lu lavuri di li pichuli di li supradicti teizi et ul-
timi quatru misi.
Et primo mi mectu per exitu unzi quatru tari vinti per lu
ultimu terzu di lu nobili stephanu crisatt mastru di la proba di
la dieta regia sicla , di lu predictu aniiu decime indictionis sive
oz. iiij tr. XX g.
Item mi mectu per exitu unzi quatru per lu ultimu terzu di
lu dictu annu di lu soldu di lu nobili antoni di san tu sepulcru
unu di li cridinzeri di la dieta sicla sive oz. iiij tr. g.
Item mi mectu per exitu unzi (piatru per lu ultimu terzu di
lu dictu annu di lu soldu di lu nobili jacobu insigneri unu di li
cridinzeri di la dieta sicla sive oz. iiij tr. g.
Item mi mectu per exitu unzi sey tari vinti per la ultima terza
di la gracia di lu nobili alfonsu di stayti per lannu predictu di
la summa di li uuzi vinti ki ha vi supra la dieta regia sicla sive
oz. vj tr. XX g.
Item mi mectu per exitu unzi vintichinqui tari vintitrì grana
XV et su per interessi di cantara trentadui rotula vintiquatro
di rami per lu dictu lavuri ad racionem di tari vintiquatro per
cantaro oz. xxv tr. xxv g. xv
Item mi mectu per exitu unzi chentu dui tari dechinovi grana
xviiij dinari iiij per interessi di libri ducheuto chiquanta una uuci
declii sturlinghi x di argentu ki su stati lavurati a lu dictu la-
vuri ad racionem di tari dudichi grana chinqui <linari dui et
mezu per libra ultra lu prezu stabilitu per la regia curti ab
antiquo lu «piali era ad unza mia tari vintechinqui grana octu
dinari tri et unu quartu sive oz. cij tr. xviiij g. x
540 MISCELLANEA
Item mi mectu per exitu nir/A vintisetti tari dui li quali mi
ritegnu per la mia cabella per hi dictu lavuri ad racionem di
grana dui per libra sive oz. xxvij tr. ij. g.
Item mi mectu per exitu unci quatro per lultimu terzu di la
gracia ki fu di quondam cola guarnera li quali spectanu a la
regia corti et faczu mindi introytu folio et icza mindi faczu
exitu lu quali est comuni a li personali e a la curti oz. iiij tr.
IBSUS
Racio di li spisi minuti seu extraordinarii facti in li dicti
terzi et ultimi quatru misi di lu dictu annu decime indictionis
per lu dictu lavuri di la regia sicla predicta.
Item a di xj madii decime indictionis per portatura di cautara
dechi rotoli octanta ad racionem di grana dui et mezu per can-
taru tari unu et grana septi et mezu sive (1) oz. tr. j g. 7 Va
Item per unu cantaru grandi per la funditura, grana chinqui
sive oz. tr. g. v
Item a di dicto per fari anictari la funditura quandu si dir-
rupau per dui homini ki anictaru per putiri murari lu muru tari
unu et grana dechi sive oz. tr. j g. x
Item a di xii dicto per portatura di cantara quatru di rami
grana dechi sive oz. tr. g. x.
Item a di xiiij dicto per unu manicu di lignu per la padella
di antoni carachulu grana dechi sive oz. tr. g. x.
Item a di dicto per inca et chira russa per sigillari li sachi
di li dinari cungnati quandu li rendiuu li cugnaturi grana dudi-
chi sive oz. tr. g. x...
Item a di dicto per conzari li cavalluzzi di li mantichi a la
funditura nova a mastru andria galifu tari unu sive oz. tr. j g.
Item a di dicto per unu pam di cannola di ferru per li man-
ticlli tari unu sive oz. tr. J g.
Item per tri pali di ligiMi ptT pigliari carbuui grana quindi-
cbi «ive oz. tr. g. xv.
Item » di xvij inadii per uuu chintinaru di scupi per la fun-
ditura tari due hìvc oz. tr. ij g.
Item a di dicto jier aiintlatura di la gisura grandi a nardu bar-
(1) QnflRtn piutitii vt'iifHÌ Ufi t4-Ht(i Miiiiullata.
MISCELLANEA 541
beri tari unii si ve oz. tr. j g,
Item a di dicto per dui cuchari di ferru di ministrari rami da
mastru fidericu firraru tari quatru sive oz. tr. iiij g.
Iteui a di dicto per vij pi uni di rami per 1^ banca et per con-
zari dui antri para di bilanzoli da simento a caninu tari unu et
grana quatordichi sive oz. tr. j g. xiiij.
Item a di dicto per untimi per li petri undi si gecta la rami
quandu si fundi tari chinqui sive oz. tr. v g.
rtem per chinqui ferri per li petri undi si gecta la rami ad
racionem di grana cinqui per unu da binidictu silevi tari unu et
grana chinqui sive oz. tr. j g. v.
Item a di dicto abenki fussi statu innanti per dui mastri i)er
murari la funditura nova tari dui et grana dechi sive oz. tr. ij g. x.
Item a di primo junii per amolatara di la gisura grandi a nardu
barberi per dui volti tari dui sive. oz. tr. ij g.
Item a di dicto per dui chavi per li catinazi di lu blankimentu
et di la carbunara grana octu sive oz. tr. g. viij.
Item a di tri junii per dui ferri i)er li petri undi si gecta la
rami da leoni judeu grana dechi sive oz. tr. g. x.
Item a di quinto dicto per una corda per lu puzu pisau rotoli
chinqui da mastru nardu curdaru ad racionem di grana dechi per
rotolo summa tari dui et grana dechi sive oz. tr. ij g. x.
Item a di xiij junii per couzari li mantichi a mastru antoni
di rosa et per coyra, perni, et stuppalori tari chinqui sive
oz. tr. V. g.
Item a di xiij iunii per amolatura di la gisura grandi a nardu
barberi tari unu sive oz. tr. j g.
Item a di dicto a Joseph judeu per conza di la ganga di la
gisura grandi ki era ructa tari unu sive oz. tr. j g.
Item a di dicto per una cuchara per ministrari rami da fride-
ricu firraru tari dui sive oz. tr. ij g.
Item a di xv dicto per una canna di cannavazu per fari ma-
niki a lu fundituri tari unu sive oz. tr. j g.
Item a di dicto per quatru cuchari di ferru di ministrari rami
da mastru fridericu firraru ad racionem di tari dui per una sum-
ma tari octu sive oz. tr. viij g.
Item per quatru cha vieti grana chinqui sive oz. tr. g. v.
Item a di dicto per dui padelli di rami di ricochiri li dinari
dà mastru uicola muUica pisaru rotoli undichi ad racionem di tari
542 MISCELLANEA
dui per rotolo suniuia tari vintedui sive oz. tr. xxij <i.
Itein a di dicto per quatru bachiletti di rami per la banca di
hi dictii raastru iiicola iniillica pisani rotoli dui ad racionem di
tari dui per rotolo suinina tari qiiatrn sive oz. tr. iiij g.
Item a di tri julii per una risima di carta di and rea di agro
per la banca tari chinqui et urana dechi sive oz. tr. v. «j.
It^m a di dicto per aiuolatura di la liisnra grandi a nardu
barberi tari unii sive oz. tr. J g.
Item a di dicto per conzari li tiuagli di ribuari di iiiuni buc-
cularu et per chova per chavari la padella di lu dictn grana qua-
tordichi sive oz. ti. g. x
Item a di vii iulii per amolaturi di la gisura grandi a nardu
barberi tari uno sive oz. tr. j g.
Item a di septimo jnlii per una chavatura per la caxa di unu
di li cridenzeri per tiniri li scri])turi da liuui iudeu grana dudi-
chi sive oz. tr. g. xij.
Item a di dicto per rotolo unu et uuzi octu di chova di rami
per cliavari li i>adelli ad tari dui ])er rotolo da pinu carbuni sum-
ma tari dui et grana decJii et mezu sive oz. tr. ij g. x '/j.
Item a di vii] dicto per conzari dui ])ara «li tiuagli i)icliuli di
ricarcari di barnni da acavinu Judeu grana (luatordiclii sive
oz. tr. g. xiiij
Item a di dicto per conzari li tiuagli ki si fundi a sefu iu-
deu cum lu coyru so tari unu sive oz. tr. J g.
Item a di dicto per carriki «juindichi di tena la funditura quan-
dn si couza da placitu di tarantu tari octo si vi' oz. tr. viij g.
Itcìii a di viiij dicto per conzari sey canali di li i>ctri sui)rani
ki si fundi videlicet nudi si gecta la rami a mastru lìiartiuu ma-
znni ad racionem di grana octu per peozu tari dui et grana octu
Bive oz. tr. ij g. viij.
Item a di xij dicto per leni sey per li ])etri ki si fundi da
binidictu salem ad racionem di grana chinqui per pezu tari uno
et grana dechi sive oz. tr. j g. x.
It«Mn a di XX dicto per una «havi per la caxa nudi si teninu
li ferri di li pichidi (piandn spachanu li tugnaturi vi per portari
li mantichi u la iu<leca grana octu 8ive oz. tr. g. viij.
Item a di xxj dict^) a ma«tru antoni per schavari li mantichi
et furili conzari ki cranu guastati tari unu et ftrana chinqui
•ive oz. tr. j g. V.
MISCELLANEA 543
Iteiii a di xxj iulii per portatura di caiitara qnatrii di rami
ad racionem di grana dui et ineza per cantaru j>Taiia dechi sive (1)
rtem a di dicto ])er una corda per li inantichi ki teninu li
manu quando si fundi grana decl>ise])ti et raezAi sive oz. tr. g....
Iteni a di octo per unu rotolu di candili di cliira da cola di
castella per la banca tari unu et grana dechi sive oz. tr. j g. x.
Iteni a di xxviiij dicto per una chavi per una caxa di li ferri
di li carrini et pichuli grana dechi sive oz. tr. g. x.
Iteui a di dicto a iosep iudeu per conzari la ganga di la gi-
tìura grandi grana dechi sive oz. tr. g. x.
Itein a <li dicto per quatru ferri per li petri di fundiri da bi-
nidictu sileni ad raxuni di grana chinqui per pezu tari unu sive
oz. tr. j g.
Iteni a di ultimo .julii ])er innolatura di la gisura grandi dui
volti a nardu barberi tari dui sive oz. tr. ij g.
Iteni a di secundo augusti i)er unu ferru et i)er certi perni da
iosep romanu i)er conzari li inantichi di la fundilura tari unu
et grana chinque sive oz. tr. j g
Itein a di dicto a ximeoni judeu per chavari li dicti nmntichi
di la fundituia di la rami grana dechi sive oz. tr. g. x.
Item a di (plinto dicto per amolatura di la gisura grandi tari
unu sive oz. tr. j g.
rtem a di xj dicto ])er sponzi per axiicari li dinari quandu si
blanhissino tari unu sive oz. tr. J g.
Item a di xiij augusti a Ha susi per fari dui gangli novi di
la gisura grandi et per fondari li braza a tri |)arti tari vintidui
sive oz. tr. xxi.i g.
Tteni a di xxv augusti i>er una chavi per lu catinazu di la
carbunara grana chinqui sive (1) oz. tr. g. v.
rtem a di dicto per conza di li mantichi a mastra antoiii di
rosa tari dui sive oz. tr. ij g.
Item a di dicto i)cr unu crivu per <'herniri la terra grana octu
sive oz. tr. g. viij.
Item a di dicto i)er tri i)ara di gisuri pichuli per li atìlaturi
ad racionem di tari unu et grana quindi<"hi per i)ara sumnui
tari chinqui et grana chinqui sive oz. tr. v g. v.
Item a di dicto per novi perni per li altri gisuri per li alila-
(1) Questa partita nel testo trovasi aunuUata.
544 MISCELLANEA
turi tari unii et grana dechi sive oz. tr. j g. x.
Item a di dicto a lia siisi per conza di In manicu di la i)adel-
la di optavianu saccu grana quindichi sive oz. tr. g. xv.
Iteni a di dicto per conza di la gisiira grandi a uardu barbe-
ri tari unii sive oz. tr. j g.
Item a di xvij dicto per conza ri dui taglaturi di taglari ar-
gentii a sioinioni Judeii grana chinqui sive oz. tr. gr. v.
Item a di xx dicto per iinu raanicu di la padella di rico(;biri
li dinari di angelu murtilliti pisaii rotoli dui et niezu da lia pi-
chuni tari unu et grana dechi sive oz. tr. j g. x.
Item a di dicto per dui cuchari da raastru fridericu iirraru cum
li manichi di la ciirti ad racionein di tari dui per una , tari qua-
tru sive oz. tr. iiij g.
Item a di xxv augusti per una bilanza per li afilaturi da si-
mento iudeu grana quindichi sive oz. tr. g
Item a di dicto per quatrii ferri per li petri di fundiri tari unu
sive (1) oz. tr. J. g.
Item a di dicto per una tagla inbronzata per lu piiczu da
mastru andria galifu tari quatrii sive oz. tr. iiij g.
Item a di xxv dicto per una chavi per hi catinazu di la car-
bunara grana chinqui sive oz. tr. g. v
Item a di xxx dicto per quatru ferri per li petri di fundiri
da binidictiu sileni ad racionem di grana chinqui per ferru sum-
ma tari una sive oz. tr. j g.
Item a di dicto per anictari la funditura ad unu jiideii
grana chinqui sive oz. tr. g. v.
Item a di dicto per amolatura di la gisura grandi dui yolti
luna a di xxviiij dicto et laltra a di ut su[)ra a tari unu per
volta da nardu barberi tari due sive oz. tr. ij g.
Item a di dicto i)er fari anictari la funditura di ])etri et terra
a simioni iudeu tari unu et grana chinqui sive oz. tr. g. v
Item per portatura di cantara xxxy di rami tari dui et grana
dechi sive (2) oz. tr. iJ g. x
Item a di dicto per una rotolo di corda per li manticlli grana
«ctu sive oz. tr. g. vii
Item adi dicto per «Icclii ferri per li petri <Ii fiiiKliri da xibitel-
(1) QticMta piirtita troviuù nel testo auuiillata.
(2) Idem.
MISCELLANEA 546
ì
la tari dui et grana dechi sive oz. tr. ij g. x
Item a di dicto per sey ferri per li potri di tundiri da bini-
dictu iiideii tari uiiu et grana dechi sive . oz. tr. j g. x
Iteui mi uiectu per exitu uuza ima per lu ultimu terza di lu
loheri di hi dictii aunn ]h'v la casa di saiictu franchiseli ad opn
di la dieta siela sive oz. j tr. g.
Item mi inectu per exitu tari dechi per lu ultimu terza di lu
]>redicta annu <li la casa di sanctu ])lacitu ad o])u di la dieta
sicla sive oz. tr. x g.
Item uii mectu per exita tari dechi per lu ultimo terzu di lu
dieta annu di la casa di antoni crisafi sive oz. tr. x. g.
Item mi mectu per exitu tari dechi et su per la ultimo terzu
di lu lueri di una di li casi di la dieta sicla undi sta lu guar-
diana di la dieta sicla oz. tr. x g.
Introytus
La introytu spectanti a la Regia curti di lu lavuri di li dicti
ultimi quatru misi di lu dictu annu.
Et facta compensacione.
oz. Ixxxv tr...
la eurti partihipa per unci 1440.
Item mi mectu per introytu unzi vinctisetti tari dui per
lu lavui'i predictu di li grana dui i)er libra rieaptati da la here-
dità di quondam misseri masi romanii sive oz. xxvij tr. ij g.
Item mi mecta per introytu unzi tri tari undichi grana dechi
per lu lavuri predieta per lu dinarii iinu et mezu per libra ri-
captati di misseri masi de gregoli di la sumnia di li grana dui
l)er libra ki havi lu dictu uìisseri masi per chascuna libra sive
oz. iij tr. xi g. x.
Item mi mectu per introytu unzi chento quatordiohi tari iiij
per lu lavuri predictu di la raxuni di lu sturlingu una et mezu
eciualatu a lu interessi di hi argentu et di la rami ad racionem
di grana chinqui dinari tri et quarti tri per sturlingu ki veni
per chintinaru di libri unza una tari dudichi grana tri dinari
quatru et mezu sive oz. cxiiij tr. iiij g.
item mi mectu per introytu unci quatru li quali su di lui-
timo terzu di la gracia di quondam cola guarnera li quali spec-
546 MISCELLANEA
tanu u la regia ciirti li «inali mi pervinniru <la li introyti di la si-
cla di hi coiiuini folio o/. iiij tr.
Iteuj mi mectii per introytii anzi novi tuii unu <;rana ij i^er
lu laviiri di lohaiini antoiii rizu di la niximi di li grana quatru
per libra ricaptati per la regia ciirti tli la heredità di quondam
misseri masi rouiano et di misseri masi di gregoli per libri milli
trichento Lv ki su stati lavurati in li dicti ultimi quatru misi di
lu dictn auQU si ve oz. viiij tr. j g.
Item mi mectu per introytu unzi dichinovi tari uno grana xv
per la raxuni di lu sturlingu unu et mezu ])er libra equalatn ut
supra per lu lavuri di lu dictu lohanni antoni rizu ad racionem
di grana chinqiii dinari tri et quarti tri per sturlingu sive
oz. xviiij tr. j g...
Item mi mectu per introytu unzi novi tari viij grana x per
lu lavuri di lu tiglu di misseri matheu rauleti di la raxuni di
li grana quatru per libra ricaptati di la heredità di quondani
misseri masi romanu et di misseri masi di gregoli per libri milli
trichencto LxxxxiiVj lavurati in li dicti ultimi quatru misi di lu
dictu annu sive
oz. viiij tr. viij. g. X.
Item mi mectu per introytu unzi xviiij tari xvii grana x per
la raxuni di lu sturlingu unu et mezu equalatn ut supra per
In lavuri predictu di misseri matheu muleti ad racionem di giana
chin<iui dinari tri et <|uar(i tri per libra sive
oz. xviiij tr. xvij g. X.
Item mi mectu per introytu un(!Ì vinctichinciui tari vij per
raxuni <li lu sturlingu unu et mezu di argento lino spectanti a
la regia curti per libri luilli ottuchenctn vinctinnu di pi(;hnli la-
vurati hoc anno x indictionis ])er lu rifachiraentn di la assigna-
cioni et gracia di In (iglu di misseri macten muleti et Tohannì
antimi riczo anni noni' indi<-tionis in virtuti di unu coniaiula-
nientn di lu signnri vice Re datiuni panormi die viiij indic-
fionJH li (piali libri MIXUM^XXI ad raxuni di grana v dinari iij
«piarti tri di diiiani per sturlingn sniiiano li dicti unzi xxv
tari vi) Hive oz. xxv tr. vij g.
Item mi mectu j)er introytu unci «Indichi tari iii^j grana iiij
et HU per li grana iiij p«M- libri ki si ris<>,a«;taii la n'gia cnrti
vid« licet grana dui di li «m'imIì di ipiondani iiiìms«m'Ì masi romano
et grana dui «li misseri uiuhì di gregoli jter li snpradicti libri
MISCELLANEA 547
MDCOCXXI couteuti et declarati in la precedenti proxima par-
tita 8ive oz. xij tr. iiij g. iiij
EXITUS
Lu exitii di lu introytu spectanti a la regia curti di la refor-
macioni di li dicti ultimi qiiatru misi dicti anni.
Et primo mi mectu per exitu unzi chinquanta pagati a la he-
redità di (luondam chiccu cauipulu i)er(ionali di la dieta Regia
«icla la quali participa in certa su «ima in la pignoracioni pre-
dieta di li dui milia unzi predicti per viguri di la dieta mia com-
missioni viceregia cussi comu appari per viguri di una apoca tacta
per manu di notaro santoru azarellu predictu die
si ve oz. L tr. g.
Iteni mi mectu per exitu unzi chinciuanta pagati ad misseri
lolianni di gregoli uuu di li percioiuili di la dieta sicla In quali
participa in unzi chentu in la dieta pignoracioni di la dieta sicla
per viguri di la dieta mia commissioni viceregia cussi comu ap-
l)ari per uua apoca faeta mauu notaro santoru di azarello predicti
olim die sive oz. L tr. g.
Item mi mectu per exitu unzi trenta tari tridichi et grana
declii li ((uali mi ritegnu in parti di satisfacioni di In meu in-
[>restitu di la summa di li unzi duichentu cheiuiuanta ki ])restay
a hi regia cinti siv(! ad racioiiem di grana ij dinari J */2 [)er li
bra oz. xxx tr. xiij g. x.
(Voi. dei « Conli della Zecca di Messina n. 1, 10 ind. 1461-62, 12 in
1463-64 »).
Benef. Ignazio Di Matteo
UNA LETTERA DI GIOACCHINO MURAT
AL COMANDANTE MICHEROUX
Sfiaj^uiate, lìcic vir.ciule travagliarono l'Italia tra la lìue del
secolo XVIII e il jn'incipio del XIX. La rivoluzione francese ac-
cendeva la guerra in Italia , e la venuta al 1796 di Napoleone
Bonaparte pareva die le desse fine con la pace di Oauipoforniio.
Ma la spedizione di Napoleone in Egitto e l'eccessivo predominio
della Repubblica Francese facevano stringere al 1799 la seconda
lega dell'Europa.
In questa occasione re Ferdinando, IV, 111 e I, sperando di es-
sere più fortunato di quando al 1798 era cacciato dallo Chani-
pionnet, mandava a Roma, a 30 settembre 1799, un nuovo esercito,
nel quale erano parecchi dei briganti, che, guidati dal Cardinale
Ruffo, lo aveano fatto tornare in Napoli. Cosi ora , dopo che il
Melas e il Suworow avevano costretto il Massena a chiudersi in
Genova, ei si credeva sicuro di riuscire nell'impresa.
Ma il fatale Napoleone, lasciando l'Egitto , con un colpo di
stato facevasi Primo Console , e passando le xilpi, con la sola
battaglia di Marengo , a 14 giugno 1800 , sgomentava i nemici
sì che la seconda lega europea doveva, come al 1797 , pensare
alla pace; e la pace infine, dopo vane speranze e incalzanti timori,
si sottoscriveva a Lunéville il 9 febbraio del 1801. In questa oc-
casione gì' indugi non nocevano all'Austria , che otteneva di
rimanere come era rimasta con la pace di Cam|ioformio ; ma re
Ferdinando delle Duv, Sicilie, che si era unito alla lega, era av-
vilito dalla paura, e bene a ragione; che, sventuratamente, i fran-
cesi non dovevano fare che una passeggiata ]>er tornare a Napoli.
Però egli fu salvat-o dalla regina Maria (.'arolina , la <|uale , se
nella but)na fortuna spesso imi)erversava, nella sventura nmstra-
vmì, qiial era, di animo invitto. Ella si rivolse allo Zar Paolo l,
e De ott4;nne valida prot«>zione : il I*rimo (yonsole non voh'va di-
spiacere al |)otcnte sovrano <lelia Russia.
MISCELLANEA 549
Era per questo che il generale Gioacchino Murat, giusta gli
ordini di Napoleone, scriveva da Foligno al generale napoletano
Damas, che si trovava a capo delle milizie in Roma, in questi
sensi :
« L'affetto dell'imperatore di Russia per il re di Napoli ha
« fatto dimenticare al primo console tutte le ingiurie di quel re
« al popolo francese. Ma frattanto, quasi credendosi piìi forte
« degli altri principi che han cercato nella pace la salvezza de'
«loro troni, è rimasto in armi: si disinganni. E voi , generale
« dell'esercito napoletano, sgombrate subito gli Stati del papa e
« il castello Santangelo. Il primo console mi vieta di negoziare
« prima che non siate tornati nei confini del regno. Non le vostre
« armi^ non il vostro contegno militare, il solo imperatore delle
« Russie, per la onorevole stima che il primo console a lui porta,
« può proteggere il vostro re, il quale per meritarsi la continua-
« zione delle grazie di quel monarca, impedisca i porti delle Due
« Sicilie alle navi inglesi, e metta embargo (il sequestro) su le
« presenti, a ricompensa di ciò che la Inghilterra fece ingiusta-
« mente sopra i Danesi, gli Svedesi ed i Russi. Fate che l'am-
« basciatore delle Russie presso la vostra corte certifichi a me
« l'adempimento dei preliminari che qui ho fissi; e solamente al-
« lora, trattenendo il cammino dell'esercito, fermerò con voi giusto
«armistizio, precursore di pace uguale» (1).
Dopo ciò il colonnello Micheroux si recava a Foligno per ob-
bedire, sventuratamente, a ciò che imi)oneva il Murat. Ma in-
tanto s'indugiava ancora ; e re Ferdinando sperava sempre in
Fra Diavolo; quindi il Murat dirigeva le sue lagnanze al prin-
cipe di Cassaro, che allora si trovava primo ministro di Re Fer-
dinando; e il principe di Cassaro subito rispondeva (2).
Chi legge queste due lettere (3) si spiega bene il tono altez-
(1) Colletta. Storia del reame di Napoli. Capolago , 1845, tomo II,
pagg. 224 e 225.
(2). La lettera del Murat è datata a Firenze il 2 agosto 1801, e la
risposta è del 5 successivo : lo stesso giorno, evidentemente, in cui dovette
arrivare in Napoli.
(3) Si ripubblicano queste due lettere , die furono pubblicate per la
Arch. Star. Sic. N. S. Anno XXX. 86
550 MISCELLANEA
zoso del Miirat, il quale sembra minacci con ogni parola ; e si
spiega meglio il tono rassegnato della risposta.
prima volta dal prof. Francesco Guardione in Gioacchino Murai in Italia.
Palermo Alberto Reber, 1899, pagg. 135 a 138.
Lettera autografa di Gioacchino Murat (1)
LlBERTÉ EgALITÉ
Au Quartier General de Florence.
le 14 Thermidor an 9 (2) de la Eep. Franf.
Le General en Chef de VArmée d^ Obaervation du Midi.
A Son Excellence Monsieur le Prince de Cassaro.
Primier Ministre de sa Majesté Roi des deiix Sciciles.
J'ai eu L' honneur de deraander a vòtre excellence , par ma Lettre
da 15 messidor (3) , les Equipages des frégates desa Majestè Scicilienne
ponr les ramener à Tarente avec promesse deles y débarquer et de les
remettre à votre disposition ; si j'eu ai pas du m' attendre à ce que ma
proposition fut acceuillió favorablement, je devois au moins Compter sur
une réponse.
Aujourd' huy, on me rend Compie, qu'un Batiment Chargè de Muni-
tiuns pour Tarente a re^u l'ordre «le Relacher à Messine et dy decharger
wi cargaison. Le Commendant Dampicrre a viveraent reclame auprés de
votre excellence contre cvA. acte, il à reclame vainement, et s'est bornó
à m'informer de ce fait.
Je reclame donc de votre excellence et j'ose esperer que je ne recla-
(1) Quevt» lettoni a Ih HOfcnonte si riproducono Itiaoiaudo non corrntti ^lì orrori
orto|{rntl(>i ohe ni rinitoiitrnno nei tenti orijiinali di osso. conHfirvat«> noi R. Archivio
MI Htato in Fai.kumo, Hibliotoou, Bacheca della prima $lania, dmi. u. 33.
l'i) 2 «gotto 1801.
(8) i luglio.
MISCELLANEA 551
Però si noti che una prima lettera era stata scritta, il 10 giugno
18ttl, dal Murat al comandante Micheroux, al quale dimostra la pro-
nierai pas envain qoe non seuleinent ce batiment soit envoyè à Tarente
avec ses munitions mais encore 1' entiere et pléine execution de la Con-
vention arretée entre les generaux Soult et Bourgard pour 1' armement
de Tarente nous executons ponctuellement nos engagements , j' ai donc
le droit d'exiger que sa Majestè Scicilienne fasse executer les Siens.
Craignant que cette Lettre n'eprouve le soit des autres, cest a dire,
qu'elle reste sans réponse, ce que ne me paroit pas decent, je demande
officiellement à vótre excellence une explication positive sur le Rèfus que
fait la Cour de Naples à faire Executer ses engagements.
Jeverrois avec douleur se dissoudre ou s'aflfoibler Les Lieus qui ont rap-
prochés les deux gouvernements. La rèpublique francaise dèposa sa puis-
sauce en faveur de la Cour de Naples, et devint de Bonne foi son amie;
la mauvaise foi, si on pouvoit en croire, susceptible la Cour de Naples,
rémettroit la foudre entre nos mains.
Je prie son Excellence de Re^evoir l'assurance de ma consideration.
Murat
Minuta di lettera del Principe di Cassaeo
I dì 5 Agosto 1801 —
Eccellenza
Mi è pervenuta la pregiatissima lettera di V. E. dei 14 Thermidor ,
con la quale 1' è piaciuto di onorarmi ; e mi fo un dovere di dargliene
pronto riscontro, come la prego di esser persuasa che avrei ugualmente
fatto, quando avessi ricevuta quella dei 15 Messidor, che mi ha fatta gra-
zia di accennarmi, e che posso ben' assicurarla di non aver mai avuta.
Credo iuutile di caricar 1' E. V. di dettagli relativi all' oggetto delle
tre Fregate cedute da S. M. alla Repubblica Francese fino alla Pace Ge-
nerale : questo affare è terminato , essendo state le dette Fregate già
consegnate, giusta il modo convenuto, e fissato negli articoli segreti del
Trattato di Pace ; Le debbo però dei chiarimenti sui proposito della Barca
carica di Munizioni da Guerra, spedita da Napoli per Taranto, e ritenuta
a Messina, non sicuramente per volontà del Governo, ma soltanto, per-
ché non può dubitarsi, che la medesima uscendo ora da quel Porto, per
portarsi al suo destino, sarebbe sicuramente preda degli Inglesi, che scor-
552 MISCELLANEA
pria sorpresa nel sapere che fosse arrivato con tre fregate ad
Ancona , mentre che era stato disposto che dovesse arrivare a
rouo quei mari, e bloccano così strettamente i Porti Napoletani dell' A-»
(Iriatico, che sarebbe ben vano il Insiugarsi, che un Bastimento carico di
simili generi, potesse pervenirvi.
Fu appena fatta la convenzione, per ciò che riguardava la difesa della
Rada di Taranto, che il Governo Napoletano , portando in questo affare
quella istessit lealtà, e quella buona fede, che è la compagna inseparabile
di ogni sua azione, si dette le maggiori premure per adempirne le condi-
zioni : Soltanto l'indicata Barca è 8t«.ta, per le sopra esposte ragioni rite-
nuta a Messina ; ed avendo questo sig. Ambasciatore Alquier fatto per
ciò delle istanze mentre mi feci un dovere di esporgli i veri motivi che
ritenevano la Barca medesima in quel Porto , mi affrettai di renderne
intesa S. M. in Palermo, d'onde solo potevano emanarsi degli ordini re-
lativi ai Porti della Sicilia, e d'onde saranno sicuramente date le piò. ef-
ficaci disposizioni per profittare della prima occasione favorevole , onde
fftr partire tali munizioni pel loro destino
Alle dette istanze del sig. Ambasciatore, si aggiunsero quelle del sig.
Cren. Dampierre , ed io mi ritrovai nella necessità di ripetergli le cose
istesse dette al sig. Ambasciatore ; ma appena esso Sig. Generale ebbe
manifestato il suo desiderio che fosse fatta per Terra una spedizione a
Tai^anto di munizioni da guerra, S. A. R. il Principe Ereditario volendo
anche in questa occasione dar pruove della sua premura , e mostrare
quanto poco fossero fondate le sinistre interpetrazioni, che pareva si vo-
lessero dare al ritardo della partenza della nota Barca dal Porto di Mes-
sina, si è deguatsi di ordinare, che sifatta spedizione avesse subito luogo ;
ed in conseguenza quattro carra di ogni genere di munizioni sono già
partite alla volta di Taranto.
In seguito di tal proposito V. E. poi sollecita la piena esecuzione
«Iella Convenzione fatta tra i Generali Soult e Bougard : Posso assicu-
rarla, che non vi è parte di essa, che non sia stata da Nl>i pienamente,
ed esattamente osservata: Che se l'È V. intendo parlare del piccolo ri
ritardo che ha «offerto la spedizione dei generi meno importanti alla
(orina/ione degli Ospedali Militari in Abbruzzo , mentre ho l'onore di
dirle, che la masHima parte dei medesimi ò già stata spedita al suo
dentino, e die il pochissimo che vi rcstrii va ad esserla a momenti, oso
liregurla di voler rìHett^jre die non «essendo noi preparati a fornire tali
K«^n<TÌ, non era possibile d'impiegarvi minor tempo por porli in ordine;
MMpriitiitto nella «piiiMi assoluta mancanza <li mezzi, die per le passate
Nciagure •tÌAtno MofiVendo : Vedrà quindi, che tal ritardo è stato prodotto
MISCELLANEA 553
Taranto. Questa lettera, in copia, veniva letta dal conte di Thurn
al principe di Cassaro , il quale , con nota del 28 giugno 1801 ,
ne rendeva consapevole il capitano generale Acton.
Ecco adunque la lettera inedita che ora si pubblica insieme
con la nota suddetta (1).
Certo non è maraviglia se già con Napoleone a capo della
Francia si potevano vedere jìrostrati i governi stranieri; ma fa
sempre dolore che la politica volgare e sleale di colui, che alla
fine si diceva Ferdinando I, umiliasse tanto il regno delle Due
Sicilie. Si noti però che il Murat in questa prima lettera ado-
perava un linguaggio piti gentile, o almeno più diplomatico.
dalla necessità, e non già dalla poca premura dei Governo, il quale ben
lungi dal meritare simili interpetrazioni, ha tutto in suo favore per dar le
ripruove le più convincenti di quanta lealtà , buona fede , e precisione
ha portata nella osservanza scrupolosa di ogni patto.
Permetta infine TE. V., che io ritorni ancora una volta sul proposito
delle sue doglianze, per non avere io risposto ad una lettera sua : Sono
imbarazzato a pensare quando abbia potuto darle occasione di credermi
capace di agire in un modo, che mi é per ogni verso sconosciuto, e così
poco convenevole al mio carattere e alla mia educazione insieme sopra-
tutto poi, trattandosi della Sua rispettosa Persona, per la quale son pe-
netrato dei sentimenti della più giusta ammniirazione, e somma conside-
razione. I
Le protesto con tal motivo il mio distinto ossequio, e la profonda
stima con la quale sono.
P. S. Era giti scritta questa lettera, quando dal sig. Generale Dampierre
ho saputo, che la Lettera dalla quale V. E. ha fatto quistione, era di-
retta al sig. Capitan Generale Acton; qual lettera non fu consegnata a me
da esso Generale, ma ad una persona della Casa del detto Capitan Gene
rale Acton, che per l'incarico che ne ha, ne fece la spedizione a Palermo.
Da tutto ciò resterà convinta la E. V. quanto poco si convenisse a me
il sospetto che ha portato di credermi capace di mancarle di quel riguardo,
che l'è dovuto.
Napoli 5 Agosto 1801.
Al Generale in capo Murat.
(1) Vedi documenti N. I e li.
554 MISCELLANEA
La pace finalmente fu conchiusa a Firenze, e in questa pace
principalmente si può leggere :
« Einunzia del re, alla repubblica francese, di Porto Longone
« e di quanto altro possiede nell'isola d'Elba, nonché degli Stati
« detti Presidii della Toscana, e del principato di Piombino;
« Obblio ne' Francesi dei sofferti danni; ma obbligo nel re di
« pagare in tre mesi cinquecentomila franchi (centoventimila du-
« cati napoletani) onde ristorare quegli agenti o cittadini francesi
« che più patirono per causa dei ì^apoletani; » ecc. ecc.
E per patti segreti :
« Stanziare, durante la guerra della Francia con la Porta e
« con la Gran Brettagna, quattromila Francesi negli Abruzzi dal
« Tronto al Sangro, e dodicimila nella provincia d'Otranto sino
« al Bradano;
« Dare il re tutto il frumento necessario a quei presidii, e cin-
« quecentomila franchi il mese per gli stipendii (1). »
Era questa per le Due Sicilie ben dura pace; ma pace avven-
turata per Ferdinando , il quale continuava nella sua sleale e
volgare politica; epperò dopo la battaglia di Austerlitz, 2 dicem-
bre 1805, Napoleone imperatore poteva segnare in un decreto che i
Borboni di Napoli avevano finito di regnare. Così al principio del
1806 il re fuggiva per la seconda volta dal Napoletano, venendo a
consolare, com'egli sapeva, l'isola di Sicilia, la quale innanzi a lui
aveva un gran torto : quello di possedere una secolare costitu-
zione. Questa egli intendeva toglierle come ricompensa del rico-
vero che due volte gli avea apprestato ; sperando pur sempre
nell'aiuto di Fra Diavolo e compagnia brigantesca e lazzarona.
Palermo, novembre 1905.
G. Tra VALI
(1) COLLVTTA. toc. cit., pagg. 226 e 22.
MISCELLANEA 556
DOCUMENTO N. I.
Lettera di Gioacchino Murat al comandante Micheroux (1).
Au Quartier General de Florence le 21 praireal an 9 de la B. F. (2)
Le GrENERAL EN CHEF MURAT
A Monsieur de Micheroux Commandant la Divisioii des Batimens
de Guerre de S. M. Sicilienne dans L'Adriatique.
Votre arrivée a Ancone, Monsieur le Commandant, m'a vive-
ment etonné, vótre destination étant pour Tarente, d' aprés les
derniéres Conventiouts faites avec votre (xouvernement. Le Con-
tre-amiral Ville-neuve, vous a fait connaitre ces nouvelles dispo-
sitions a Manfredonia. .Te viens de taire adresser des fortes re-
clamations 4 Mr. Acton, par notre Ambassadeur, et Comme je suis
sur que vous allez recevoir de nouveaux ordres , je vous prie
Monsieur le Commandant de rester à Ancone avec vos èqui-
pages. Je vous dèclaire que'.je ne recevrai vos fregatesqu'a Tarente,
et que ce n'est qu'apres la remise qui en aura étó faite dans ce
port, que la Cour de Naples, aura reimpli ses engagemens, Con-
signós dans un article secret du tratte de paix, et modifìes, de-
puis par une convention nouvelle avec notre Ambassadeur. Je
m'empresserai de vous faire connaitre Monsieur le Commandante
la reponse de vótre Cour.
Becevez, Monsieur le Commandant L'assurance de ma censi-
dsration distinguée.
Le General Murat
(1) Questa lettera e la seguente si pubblicano lasciando non corretti
gli errori ortografici che si riscontrano negli originali di esse, conservate
nel R. Archivio di Stato in Palermo, Keal Segreteria (Incartamenti),
busta di u. p. di cons. 3427.
(2) 10 giugno 1801.
556 MISCELLANEA
DOCUMENTO N. II.
Nota del Principe di Cassaro al generale Acton
Eccellentissinio Signore,
Non ha molto, che il Conte di Thurn mi ha fatto leggere co
pia di ima lettera , che il Generale Murat ha scritta al Coman-
dante delle Tre Fregate, che sono in Ancona, Micheroux, di cui
copia mi fo un preggio di acchiudere a Vostra Eccellenza.
Si compiacerà rilevare da essa, che il suddetto Generale^ non
intende si faccia la consegna delle cennate tre fregate in An-
cona , ma bensì in Taranto , sulla ragione, che quantunque nel-
1' articolo segreto della Pace si fosse convenuto di farai in An-
cona, si era poi modificato questo con una novella convenzione ;
e previene il nominato Micheroux a restare in Ancona con l'e-
quipaggio, perchè riceverà nuovi ordini dalla nostra Eeal Corte
in seguito delle forti rimostranze, che farà fare a Vostra Eccel-
lenza per mezzo dell'Ambasciatore.
Non ho omesso di rassegnar subito tutto a S. A. R., la quale,
benché l'Ambasciatore Francese non abbia avanzato finora alcun
uiBzio, i)ure mi ha comandato di renderne informata S. M. per
mezzo della E. V., come mi fo un dovere di adempire per rice-
vere i Sovrani suoi Ordini; giacche potranno darsi li seguenti
casi. O che si contentino di riceverne la consegna in Ancona, in
vista delle ragioni convincentissime addotte dalla E. V. in re-
plica all'uffizio, che altra volta ne fece l'Ambasciatore, ed allora
sarà finita ogni controversia.
Oppure vogliano, che si trasportino le Fregate in Taranto, ma
senza la nostra responsabilità, secondochò V. E. si spiegò in ul-
timo della rei)lica suddetta. In questo secondo caso, precedenti le
convenienti assicurazioni da farsi dall'Ambasciatore Alquier di non
dover ensere noi tenuti a rispondere di qualunque pericolo , nò
a surrogare altri Legni se nuii le 3 Fregate si perdessero , si
manderauiio queste in Taranto. Ma potrà accadere, che per strada
s'incontrino cogl'Inglesi sicure da «{ueNtì attaccate. Se ciò avvenga
chiede H. A. U. il Hovran'Orac-olo circa le istruzioni da darsi al
Comandante del modo come abbia a contenersi.
MISCELLANEA ÌS5t
Infine potrà avvenire , che non ostanti tutte le ragioni , gli
uflQzi, e le repliche, che non si mancherà di fare colla possibile
eflBcacia, si ostinino assolutamente a voler le Fregate in Taranto
a nostro pericolo, minacciando in caso diverso una rottura. Se
questo accada , come dovrà rispondersi , e che dovrà farsi, è
quello su di cui S. A. E. attende le Sovrane risoluzioni.
E contestando all'È. V. li sentimenti del mio piti profondo e
rispettoso ossequio, ho l'onore di ripetermi
Di V. E.
Napoli, US Giugno 1801 P. C. (1).
IJeeellentisitimo Signore il Capitano Generale Gav. Acton
Palermo
(1) Principe di Cassare.
CORRADO AVOLIO
La glottologia comparata e sovrattutto la dialettologia siciliana
haD perduto uno dei loro più valorosi rappresentanti : Comm.
Prof. Corrado Avolio, spentosi, il primo settembre, in Noto, dopo
lenta paralisi, che lo travagliava da cinque anni. Chi fu Corrado
Avolio, lo dirà la critica e lo rivelerà la sua messe inesauribile
di lavori ; dappoiché il voluminoso carteggio di dotti italiani e
stranieri e le opere di gran valore, di cui la maggior parte ine-
dite (tutto posseduto dal figlio farmacista Ferruccio) che atten-
dono ancora la luce, innalzeranno un monumento perenne a un
tanto uomo.
L'indole dell'Archivio Storico Siciliano non j^uò non consentire
di tessere l'elogio funebre di un insigne cultore della toponoma-
stica, nella quale l'Avolio con l'intuito del genio, con il corredo
di studi profondi e con la sicurezza del metodo lasciò un' orma
incancellabile. Ei nacque il 16 febbraio 1843 a Siracusa e da pic-
colo fu condotto a Noto , paese natio del padre , ed egli stesso
si gloriò di dichiararsi cittadino dell'« ingegnosa città », e Noto lo
ha stimato sempre come uno dei suoi figli prediletti. Secondo i
tempi, frequentò le lezioni del Sac. Salvatore Bova, indi passò
alle Scuole dei Gesuiti, e, venuto il '60, si arrollò tra le file ga-
ribaldine , nel battaglione comandato da Nicola Fabrizi : prese
parte alla battaglia di Milazzo e fu decorato , con Decreto luo-
gotenziale 12 gennaio 1862, della medaglia di bronzo, e, con R.
Decreto 4 marzo 1865 e 19 novembre 1866, di quella di argento,
mentre un'altra pure di argento gli veniva conferita a ricordo
dell'unitiV d'Italia (U. Decreto 26 aprile e SI agosto 1883). J)i ri-
torno da ((uesta gloriosa campagna studiò la chimica e le scienze
nuturuli all'Ateneo di Catania, dove nel luglio 1863 ottenne il
diploma di farmacista. Ritornato in Noto, si diede all' esercizio
della profeHHÌone e al nobile H])OHtolato <lell'insegnanu>iito, di cui
MISCELLÀNEA 659
le prime prove aveva già fatte ad Acireale, e a I^oto dal 1867
impartiva scienze fisiche e naturali nella Scuola Normale Femmi-
nile; né si può tacere che insegnò ora in quella Maschile, annessa
al Convitto Eagusa, ora nella Scuola Tecnica e ora nel Liceo. I
meriti scientifici e dittattici dell' Avolio, seguace del metodo ra-
zionale e innovatore del notigiano Giuseppe Melodia, illustre peda-
gogista [1809 -1883], del quale lasciò una Memoria inedita, gli pro-
cacciarono il diploma di abilitazione all'insegnamento <li scienze
fisiche e naturali nelle Scuole Normali del Eegno [Consiglio Supe-
riore di Pubblica Istruzione, 17 marzo 1884] , mentre più tardi quello
di lettere italiane nei Licei gli veniva conferito per le sue impor-
tanti pubblicazioni sul dialetto siciliano [Consiglio Superiore di
P. I., 13 gennaio 1890].
Le prime stampe dell' Avolio furono un cenno necrologico per
Carmelina Leanti [Noto, Zammit, 18G7], una Guida di Noto [vedi
L'oriente, giornale netino, 1873], vari articoli di chimica agraria
pubblicati nel Coltivatore netino [1869] e neW Agricoltura di Pisa
[1871 - 75], una Conferenza sulla fillossera [Noto, Zammit, 1880] e
qualche altro saggio d'indole agraria, nei quali scritti rivelò ver-
satilità d'ingegno. Ma le forze intellettuali di lui erano destinate
a un ramo di studi speciali, a sviscerare le origini della parlata
del suo paese e a dare un indiriiizo veramente scientifico alla fo-
netica e alla dialettologia comparata. Un primo articolo di tal
genere apparve nel giornale netino L'oriente [ 23 gennaio 1873 ]
sulla parola saracena Allakarim !, nel quale studio l' Avolio gettò,
per così dire, il germe dei suoi lavori toponomastici, mentre i
Canti popolari di Noto [ Noto , Zammit , 1875 ] , editi nel tempo
che erano in voga gli studi folklorici dell'insigne Pitrè e di altri
e preceduti da una elaborata dissertazione sul gergo notigiano,
lo rivelarono ai demopsicologi non solo un semplice collezionista,
ma anche un dialettologo. E da folklorista Corrado Avolio si tra-
sformò in etimologo e filologo, tuffandosi nel mare sconfinato della
glottologia : sicché ebbe familiari, oltre alle lingue classiche, la
francese, la catalana, la portoghese, l'araba, etc. Ai Canti seguì
V Introduzione allo studio del dialetto sicialiano [ Noto , Zammit ,
1882, Cfr, la recensione del Gaspary in Literaturblatt fur germa-
nisclie und romanische philologie, Decembre 1882, N 12, p. 477-78),
La schiavitù domestica ia Sicilia nel sec. XVI (Arch. Stor. 8ie.
1885), La questione delle rime nei poeti siciliani del sec. XIII (Fi-
560 MISCELLANEA
renze, 1885^, Due Lettere filologiche a Michele Amari sul testo del
Rebellaììientu -dì Sicilia (Milano , Hoepli, 1886) , pubblicate uel
III voi. della guerra del Vespro (Amari, p. 5o4)-
La fama dell' Avolio correva già da un capo all'altro della pe-
nisola, propagandosi di là dalle Alpi, come risulta da diverse recen-
sioni inserite in Romania^ e illustri pensatori a lui si rivolgevano
come a un maestro. Xè io esagero, che tra le tante lettere il com-
pianto Amari, in data del 3 luglio 1885, gli scriveva : « Non vor-
rei rivaleggiare in complimenti, ma né anco po^so tacerle che le
sue aggiunte son lavoro da maestro e che in questa parte m'inchi-
no a Lei come discepolo ». Circondato dall'ammirazione dei dotti, dal
Pitrè al Gaspary, al D'Ovidio, al Rajna, all'Ascoli, l' Avolio non
si stancò mai di pubblicare, e nel 1889 diede alla luce : Di alcuni so-
stantivi locali del Siciliano (Arch. Stor. Sicil.), e più tardi Del valore
fonetico del digramma eh nel vocalismo sic. (Arch. Stor. Sic. 1891),
Le rime nei Ganti pop. e nei proverbi sic. e le loro dissonanze (Arch.
Stor. Sic. 1893) , Il raforzamento nell'insegnamento della lettera
(Avellino, 1895) e un Saggio di toponomastica sic. estratto Aì^W Ar-
chivio Glottologico Italiano (Milano, 1899). In quest'ultimo lavoro
le ricerche sulle parole locali, attinenti a nomi geografici, zoolo-
gici, botanici, etc, apparvero di tale originalità che trasforma-
rono i criterii degli scienziati sulla toponomastica siciliana, ser-
vendo di guida preziosa non meno all'archeologo che al geografo.
L'ultima stampa dell' Avolio, per quanto io sappia, fu una Con-
ferenza alle allieve della Scuola normale femminile^ in occasione
della festa degli alberi (ottobre 1899), pubblicata in Avvenire A-
gricolo di Palazzolo, 2 dicembre 1899. Questo fecondo intelletto
attendeva da juìi di venti anni a un colossale e originalissimo
Vocabolario etimologico del siciliano^ adesso completo , ma non
edito, e a un Dizionario dialettale siciliano sino alla parola rapè
pure inedito, che l'insulto apoplettico non gli permise di prose-
guire ! Inoltre lasciò una infinita copia dei seguenti manoscritti,
in cui è disseminato un materiale prezioso, che può anche ser-
vire H completare il Dizionario dialettale :
1 Fonetica siciliana {Specialità fonetiche di alcune parlate dell'isola).
2. Fenomeni fonetici.
8. Vocaboli latini che hanno tubilo modificazioni fonetiche passando
per la bocca dei NoUgiani.
MISCELLANEA 561
4. Fenomeni attinenti alle vocali toniche.
5. RifiesHÌoni sulla storia sic. suggerite dallo studio glottologico del
dialetto sic.
6. Fenomeni finali per rime.
7. Voci siciliane la di cui origine si può riferire a più, lingue.
8. Sostantivi verbali del dialetto siciliano.
9. Le vocali del dialetto sic.
10. Voci e maniere del dialetto genovese le quali trovano riscontro nel
notigiano estratte dui vocabolario tascabile genovese italiano per
il popolo, compilato da P. F. B. (Genova, 1873).
11. Sfogli dai «Promessi Sposi,» «Città e Campagna» e dalle
« Delizie del parlar toscano » attinenti al siciliano.
12. Sicilianismi che trovano riscontro nel toscano.
13. Spoglio del Vocabolario sic. del Traina.
14. Modificazioni e aggiunte al Vocabolarietto del Traina, scritte
sul libro stesso.
15. Estratti dal Diez.
16. Voci che han bisogno di ricerche.
17. Spoglio del Lexicon ForcelUni e osservazioni di fonetica.
18. Fonica e onomatologia siciliana comparata.
19. Spoglio dei Proverbi Sic. del Pitrè, 1879-80 , diviso in tante
parti, come : Proverbi che sanno d'italiano, che hanno rela-
zione con quelli del Giurdice, che risentono delle parlate lo-
cali, etc.
20. Uno studio toponomastico sul fiume Asinaro.
21. Uccelli, nome siciliano, italiano, zologico.
E lasciò pure inedito un romanzo d'indole morale e patriot-
tica, scritto il 1868^ Citazioni storiche riguardanti Noto, una Me-
moria sul Monastero del Salvatore di Noto e quella citata sul
Melodia.
Senza che mi faccia velo l'amore al natio loco, posso a buon
diritto asserire che con Corrado Avolio è scomparso non solo il
più forte e il piìi erudito intelletto di Noto, il continuatore della
tradizione paesana del primato nella coltura , della quale nel
secolo dell'umanesimo furono degni rappresentanti l'Aurispa, il
Marrasio, e più tardi Rocco Pirri, ma anche uno dei più illustri
italiani contemporanei (Vedi Dictionnaiie International des Ecri-
vaìns du Monde Latin par Angelo De Gubernatis, Première Partie,
562 MISCELLÀNEA
Rome, 1905, p. 52). L'insigne prof. Francesco D'Ovidio, nel Gior-
nale d'Italia (18 settembre, X 260) , lanciava , a proposito della
sua morte, un sospetto malinconico, che « probabilmente la sua
regione nativa non si sarà accorta di aver posseduto un uomo
eccezionale che le faceva molto onore ». E ha ragione il D'O-
vidio, che Corrado Avolio , fra i molti pregi , fu dotato di
una singolare modestia , pari al suo valore (vedi la nota enco-
miastica dell'egregio prof. D'Ancona in Carteggio di Michele A-
mari, Voi. II. p. 295-96, Torino, Roux Frassati , 1896): difatti
morì qual visse : semplice, sobrio di costumi, nemico di ogni af-
fettazione, nella sua diletta casa, posta sulla parte più alta del
paese e dominante l'aprica campagna. Restìo alle cariche pub-
bliche (solo per obbligo di gentilezza fu costretto ad accettare
quella di delegato antifilosserico e di membro del Consiglio sani-
tario provinciale di Siracusa), lontano dalle meschine e infeconde
lotte partigiane, alternò i suoi giorni tra le occupazioni preferite
e la quiete domestica, a lui resa piii grata dal profumo dei fiori
e dalle aure balsamiche delle piante, ch'egli coltivò amorosamente :
onde la sua morte si può paragonare a quella di un filosofo an-
tico. È vero : noi del suo paese nativo non eravamo all'altezza
di giudicare un tanto maestro, ed io, che gli fui devoto disce-
polo, lo ebbi sempre caro per la tenacia dei propositi, per l'au-
sterità dei costumi, per l'ingegno versatile e per il rigoroso re-
gime di vita, tutta consacrata alla scienza e alla scuola. Ora che
egli è finito, non si può che ripensare, con un certo senso di ram-
marico, alla sua farmacia : in quel gabinetto, come nello studio
«li Basilio Puoti , egregiamente ritratto dal De iSanctis, noi si
acquistava gli strumenti della nostra redenzione morale e intel-
lettuale , e tutte le volte che la nostra mente vola a Corrado A-
volio, ricordiamo colui che ci purificava il carattere e ci lasciava
pensosi ! Spero che Noto non si mostrerà inferiore alle cento città
d'Italia nell'onorare questo « chiaro sole» delle letterature romanze,
8pero che non palesi di cadere in letargo, e, invece « sorga ad atti
illiiHtri, o Hi vergogni ! »
Noto, Settembre, 1005
Giuseppe Leanti.
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Giuseppe Bianco — La Rivoluzione siciliana del 1820 con do
Gumenti e carteggi inediti. Firenze, Bernardo Seeber 1905.
Il Bianco, già noto ai cultori di Storia per la sua magistrale
monografia « La Sicilia durante l'occupazione inglese », ci dà in
quest'opera un saggio non indifferente di diligenza nelle ricerche
e di rigore nel metodo.
L'A. in una breve prefazione, rilevando che non esiste ancora
un lavoro completo sull' argomanto , dichiara modestamente che
il suo non è altro che un novello contributo alla storia di quella
Rivoluzione funesta.
Infatti i contemporanei non seppero sottrarsi alle idee parti-
giane, e uno storico dei nostri giorni valoroso e colto non seppe
veder chiaro negli avvenimenti, perchè partì dal presupposto che
la Rivoluzione del '20 fosse provocata da idee regioniste e da un
falso giudizio sulla costituzione del '12 meno liberale della spa-
gnuola già concessa a Napoli.
Anche il Bianco ci dice che ai suoi occhi di unitario lo scopo
della Rivoluzione non fu lodevole ; ma per fortuna in seguito si
libera da tale preoccupazione e si limita solo a lasciare in molti
punti libero il lettore nel giudicare degli avvenimenti.
Certo che, se oggi sorgesse una Rivoluzione in Sicilia per prò-
564 BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
pugnare la causa della indipendeuza dal resto d' Italia , sarebbe
oltremodo riprovevole e ingiustificabile, per la condizione dei tempi
nuovi, in cui F unità non porta la soggezione di una parte al
resto.
Ma allora le cose andavano diversamente. Alla unità d'Italia
ancora non si pensava e la Sicilia, che era stato regno indipen-
dente ed autonomo dai Normanni in poi e fin sotto il governo dei
Viceré spagnuoli ed austriaci , non poteva tollerare che fosse a-
bolita insieme colla costituzione del '12 anche la sua autonomia.
Il Bianco nel 1. capitolo del suo lavoro si occupa appunto del
lavorìo di unificazione tentato dai Borboni dal '15 in poi e, con
una minuta analisi, dimostra che la cosiddetta unificazione andava
risolvendosi in una vera e propria soggezione della Sicilia a Na-
poli ed in un disastro economico dell'isola.
Il malcontento serpeggiava in tutte le classi sociali e in tutte
le città, ma più specialmente a Palermo, che dal 1806 al 1815 era
ritornata capitale della monarchia con il conseguente accentra-
mento degli ufficii pubblici più importanti.
Il terreno era dunque ben preparato per una Kivoluzione, e
questa non poteva avere logicamente altro scopo, che il riacquisto
della costituzione del '12 e conseguentemente dell'autonomia po-
litica ed amministrativa.
Il Bian(;o non azzarda questa conchiusione, che giustifica gli
scopi della Rivoluzione, pel preconcetto unitario più sopra espo-
sto, ma si limita a descrivere e narrare, con analisi minuziosa e
precisa in base ai documenti esplorati.
La causa occasionale che provocò la Rivoluzione in Napoli fu
la Rivoluzione spagnuola che finì con la concessione della Costi-
tuzione. E costituzione chiesero ed ottennero i Napolitani con la
rivolta armata.
In Sicilia i primi tumulti a Messina furono promossi da una
parte della guarnigione affiliata alla carboneria ed ebbero l'intento
puro e Hcmplice di far concedere la costituzione sul tipo della
npaguuola.
Ma perchè l*alermo fu tenuta all'oscuro di tutto ?
Perchè il Vicario mentre incaricava il Villafranca di dire al
Luogotenenti^ generale di Sicilia che poteva proclamare la costi-
tuzione del '12, mandava a costui i proclami per la concessione
della coHtituzione upagnuolat
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 565
Perchè il Naselli tenne in serbo i proclami e uno alla volta
li pubblicò , con intervallo di tempo , dopo i primi tumulti po-
polari ?
E perchè poi fece consegnare alla plebe insorta il Castello a
mare, mise la truppa e il popolo di contro e, sconfìtta la prima^
abbandonò la Sicilia all'anarchia?
Queste domande si fa il Bianco, ma non ci dà conveniente ri-
sposta.
È nostro modesto giudizio, che il Vicario di accordo col vec-
chio Ferdinando si preparasse all' abolizione della costituzione
strappata dalla violenza e concessa dalla paura.
Volle profittare delle discordie esistenti in Sicilia tra Cronici
(sostenitori della costituzione del '12) e Anticroniei, tra Palermo
e gli altri capoluoghi di Provincia, tra i funzionarli e il popolo.
Sperò che, caduta la Sicilia nell'anarchia e nella Rivoluzione,
fosse facile l'intervento con armi proprie oppure con l'aiuto stra-
niero, per soffocare l'idea liberale e ricostituire il regime assoluto
anche in Napoli.
Trovò persone che consapevoli o incosciamente secondarono
l'opera perfida e nefasta e gettò la Sicilia tra gli orrori della Ri-
voluzione e della guerra civile.
E guerra civile più che Rivoluzione vi fu in Sicilia in questo
malaugurato periodo, e il fatto piii grave e più funesto furono le
guerriglie.
A chi la resjmnsabilità di queste!
Il Principe di Villafranca giunse in Sicilia dopo i primi ec-
cessi rivoluzionarli che determinarono la fuga del Naselli.
Egli, che l'Amari ed il Sansone ingiustamente strapazzarono,
fu rimesso nella sua vera luce dal Pipitone in due recenti pub-
blicazioni sulla Rivoluzione del '20, l'ultima delle quali sfuggì al
Bianco.
Questi nel suo lavoro, seguendo gli equanimi giudizii del Pi-
pitone, ci presenta il Villafranca quale nobile protagonista della
seconda fase della Rivoluzione, ma alle volte ne ingrandisce un
troppo la figura.
Il Villafranca ebbe la singolare sorte di capitare in Sicilia dopo
i primi eccessi rivoluzionarli, e trovò Palermo in una calma re-
lativa.
Arok. ator. Sic. N. S. Anno XXX. >7
066 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Non sfruttato dagli avvenimenti, anzi circondato ancora dal-
l'aureola di difensore dei diritti del popolo, potè nei primi tempi
esercitare una vera dittatura e ristabilì la calma nella città.
Di questo primo periodo di attività del Villafranca e della
Giunta provvisoria di cui egli era Presidente, il Bianco si occupa
in due capitoli notevoli per qualità e importanza di fonti, in parte
inesplorate sin qui.
Il Villafranca, ricondotta la pace all'interno, ebbe di mira il
collegamento dei Siciliani tutti nelP unico intento della indipen-
denza , e al tempo stesso intavolò trattative col governo di Na-
poli perchè essa fosse riconosciuta.
Ma, impedita la diffusione dei proclami per l'isola dalle misure
del luogotenente Scaletta e rotte le trattative con Napoli per mal-
volere dei ministri , non rimaneva a Palermo che sottomettersi,
fare resistenza passiva, o resistere energicamente e riunire, fos-
s'anche colla forza, la Sicilia tutta nella resistenza a Napoli.
Già il Villafranca e la Giunta avevano perduto gran parte
della popolarità per il fallimento delle trattative e ritirandosi a-
vrebbero corso pericolo di vita.
Intanto in Sicilia il fermento rivoluzionario si propagava, dove
favorevole alla costituzione siciliana, e dove alla spagnuola.
Il Bianco narra gli avvenimenti di molte città ma , come è
naturale, non può darci un resoconto completo, perchè le notizia
opportune si possono attingere in parte sui luoghi e non è agevole
ad un solo farlo.
Dalle città in tumulto e in lotta fra loro venivano a Palermo
frequenti richieste di aiuti e quindi l'onda popolare, bramosa di
combattere e di togliersi da quella resistenza passiva ormai troppo
a lungo durata , si impose e trascinò la Giunta all' allestimento
delle funeste guerriglie.
Non è da meravigliarsi se in quelle contingenze gravissime
non si badasse alla <iualità dei combattenti e dei du(;i improv-
visati, ma pure il Villafranca e la Giunta non mostrarono energia
Mufliciente per dÌHcii)linartì le masse combattenti e frenarne con
miHure severe gli eccessi e le rapine.
Delle guerriglie il Bianco si occupa in lungo capitolo che è
fra i più importanti, perchè frutto in gran parte di ricerche ori-
ginali e non privo <ii osservazioni saggc ed argute.
l*oi passa a descrivere i ]»re[»arativi fatti a ]!^apoli per la spe-
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 567
dizione in Sicilia , il movimento delle truppe e le ulteriori trat-
tative di pace corse tra la Giunta e Florestano Pepe e poi le
fasi della spedizione e la partenza del Villafranca per trattare
personalmente della pace.
In questa fase della loro attività la Giunta ed il Villafranca
meritano ogni lode, e ciò mette in rilievo il Bianco in base a
documenti nuovi ed a quelli già editi dal Pipitene.
In quelle difficili contingenze, il governo napoletano non era
disposto a cedere perchè forte dell'esercito in marcia; la Giunta
era disposta a cedere sino ad un certo punto, per evitare le violenze
di una repressione e di un assalto il cui esito non poteva essere
dubbio.
Però, fallite queste trattative, il Villafranca e la Giunta cad-
dero in sospetto del popolo e il Villafranca, che si era recato a
Termini per trattare personalmente la cosa, prima per varii o-
stacoli occasionali e poi per misura di prudenza e per esortazione
della moglie e degli amici, non ritornò più a Palermo.
Il Pepe intanto si avvicinò a Palermo ove incontrò una resi-
stenza inaspettata ; tentò delle trattative , ma quesse andarono
fallite, in parte per la mala fede, in parte per la ostinazione dei
Palermitani nella resistenza.
Su questa parte e sul resto già il Sansone ci aveva dato pre-
ziose notizie alle quali altre ne aggiunge il Bianco sulla scorta
del Pipitone e di altre fonti da lui esplorate.
A questo punto viene in iscena un nuovo personaggio che è
stato variamente giudicato; severamente dal Palmieri e poi messo
al suo giusto valore dal Sansone.
Il Principe di Paterno ebbe il coraggio e l'avvedutazza di af-
frontare la marea popolare quando a Palermo regnava la guerra
di difesa e l'anarchia.
Seppe convincere il popolo della necessità della pace e dopo
varie trattative, ora interrotte, ora riprese, riuscì finalmente ad ot-
tenere una pace onorevole e insperata in quei gravi momenti.
Gli è che a Palermo dopo tanti tumulti, tanti eccessi ed ec-
cidii , tanto spargimento di sangue e disastro economico si era
stanchi di quello stato di anarchia e parve provvidenziale, in vi-
sta del pericolo imminente del saccheggio, quella pace che con
simili condizioni ottenuta dal Villafranca aveva suscitato proteste
e sdegno.
568 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
È giudicato dal Biaoco molto rettamente il Pepe, che per e-
vitare spargimento di sangue nel firmare la pace esorbitò dal man-
dato; onde, con evidente malafede, ne profittarono i Ministri e la
Camera ì^^apoletana per annullare la convenzione onorevole fir
mata tra lui e i rappresentanti di Palermo.
Dopo un esame accurato dei metodi usati dal Ministero napo-
letano per venire all'annullamento della convenzione di Palermo,
il Bianco passa ad esaminare i i)rovvedimenti intesi a far ritornare
la Sicilia in pace, le gravose ed ingiuste imposizioni finanziare
e l'opera unificatrice del Colletta , che non merita il biasimo
datogli dal Palmieri e dall'Amari.
Qui si ferma la narrazione storica del Bianco che termina con
un giudizio sommario dei personaggi e degli eventi della Rivo-
luzioue fatto con garbo, serenità e chiarezza.
Ogni persona ed ogni cosa è messa qui nella giusta luce a
commento della narrazione obbiettiva ed accurata.
Chiudendo il libro, che finisce con una serie di documenti e-
splorati dal Bianco si volge un pensiero di sincera ammirazione
all'A. che in questa opera ci ha dato un contributo notevolis-
simo alla storia della Rivoluzione del'2(), ricco di notizie nuove
ed attinte a fonti attendibili con critica capace e con metodo
rigoroso.
Con questa opera il Bianco si mette in prima linea tra i cul-
tori di storia siciliana ed è bene che una lode sincera gli giunga
da questo Archivio Storico siciliano che è jialestra aperta a tutti
coloro che si volgono con intelletto e d'amore ad illustrare questa
bella Sicilia, che dall'unità attende ancora eguaglianza di con-
dizioni al resto d'Italia.
(). CoppoLER Orlando
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 569
Pipìtone-Federico Giuseppe — Regesto dei diplomi dell' Archivio
Pignatelli in Palermo. Ivi, Sandroii editore, 1906. In 8., di
pag. VII-203.
Gli archivi privati di nobili famiglie, distinte per illustri per-
sonaggi, che occuparono alte dignità dello Stato, oflrono spesso
molta importanza per la diplomatica e la storia, contenendo do-
cumenti particolari di natura feudale, e corrispondenze diploma-
tiche pregevoli , che non di rado mancano negli archivi del go-
verno. I nuovi ordinamenti politici dopo 1' abolizione della feu-
dalità , ed altresì la diffidenza o la negligenza dei possessori di
quegli archivi sono stati talvolta causa di danni ed anco di per-
dita di quelle preziose raccolte.
Langlois e Stein nel lavoro Les archives de Vhistoire de France,
edito nel 1891, han dato particolare notizia degli archivi privati
delle pili importanti nazioni d' Europa , e specialmente di quelli
{de familles et chateaux) di Francia (pag. 48i5-C08) e degli altri
{Muniment rooms) d' Inghilterra. Essi ricordano che sino al 1888
erano stati pubblicati in Inghilterra gl'inventari degli archivi di
225 case signorili. In Italia, ove gli archivi privati sono ancora
in grande numero, 1' esempio lodevole di Francia ed Inghilterra
non è stato seguito, e supplirà ora in parte a tale difetto l'opera
del prof. Mazzatinti , Oli archivi della Storia d' Italia , la quale
però, iniziata nel 1897, viene pubblicata ad intervalli e senza alcun
ordine di regione. È giusto nondimeno notare che si hanno non
poche memorie ed alcuni lavori su varii notevoli archivi privati.
Di recente l'egregio Taddei nel suo manuale L^ Archivista (Mi-
lano, Hoepli, 1906) nel cap. V ha scritto brevemente su gli ar
chivi privati, ed ha ricordato che l'archivio della famiglia Orsini
di Roma era stato messo all'incanto, e che si potè a tempo op-
portuno evitare la dispersione. Egli dà particolare notizia di quel-
l'archivio prezioso, e giustamente osserva : « La funzione del go-
verno rispetto agli archivi privati si arresta, mentre sarebbe ra-
gionevole ed equo ch'egli si riserbasse, almeno, il diritto di sor-
veglianza ».
In Sicilia le perdite di archivi di antiche famiglie patrizie sono
570 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
state grandissime, fra le continue guerre e ribellioni, e l'oblìo in
cui furono tenuti. Nulla quindi rimane degli archivi di alcune
famiglie, come gli Ajello, Alagona, Palizzi, Peralta, Chiaramouti,
e di altre si conservano appena sparuti e dispersi avanzi di ar-
chivio, cioè pei Cabrerà, Ventimiglia, Spatafora. Per buona for-
tuna altri archivi, come quelli delle famiglie Alliata, Branciforti,
Filangieri, Lanza, Moncada, Pape, Settimo, Pignatelli, Monroy,
serbano ancora in notevole quantità ed in migliore stato le antiche
scritture.
Il celebre diplomatista Antonino Amico nel secolo XVII si
era pure accinto alla raccolta di documenti riguardanti le famiglie
nobili siciliane, ed in tempi più recenti varii cultori di storiche
memorie hanno ricercato con profitto gli archivi privati, e ricor-
derò soltanto V. Di Giovanni , Flandina , Guarneri , S. Lanza ,
La Lumia, Salvo-Cozzo ed altri.
Fra gli archivi privati siciliani il piìi notevole è certamente
quello della Casa dei Pignatelli, duchi di Monteleone. Furono ante-
nati di questa famiglia nell'epoca sveva 1 Taglia via lombardi, e
quindi gli Aragona consanguiiu^i della famiglia regia aragonese,
i quali nel secolo XVII contrassero parentela coi Pignatelli di
Napoli, e coi Cortes tanto noti in America. L'archivio Pignatelli
contiene pertanto le scritture di queste famiglie , ed è notevole
non solo per l'estesa collezione di documenti e privilegi in per-
gamena , ma altresì per la grande serie di antiche carte di am-
ministrazione di quella Casa , onde spesso venne afddato a per-
sone competenti negli studi diplomatica.
L'illustre Isidoro La Lumia nel 1858 die in luce, senza il suo
nome , un Indice topografico delle pergamene di quell' archivio.
Non premise alcuna prefazione, ed offrì un regesto, assai ristretto,
dei molteplici documenti secondo l'ordine di conservazione, e lo
divise in due parti, la prima contenente 13 sezioni, e la seconda
altre dieci. Questa j)ubblicazione giovò a far conoscere il grande
pregio dell'archivio Pignatelli, ma pel disordine dell'elenco non
cronologico, e per la brevità dei soiumarii, fece sentire il bisogno
di un lavoro più accurato e conforme alle norme di diplomatica.
Verso il 1892 il chiar. Fedele Pollaci- Nuccio ed altri si die-
dero a speciali ricerche in quell'archivio, ed appartiene a tali studi
la pubblicazione dell'egregio prof. Pi pitone- Federico , noto per
altri lavori storici e letterari. Fgli, tralasciando l'ordine topogra-
BASSBaNA BIBLIOGRAFICA 571
fico seguito dal La Lumia, ha invece disposto per ordine crono-
logico generale tutti i documenti, che sono 470, e cominciano dal
1209 e terminano al 1801. Ha curato « che integralmente, tranne
lievi ritocchi di forma , fossero riprodotte le indicazioni assai
schematiche dell' elenco di Isidoro La Lumia ». L' A. aggiunge
però di frequente un sommario piìi esteso, o inserisce il testo dei
documenti più notevoli, od infine fornisce particolari e pregevoli
cenni su gli avvenimenti importanti , gli offici e le dignità , la
genealogia ed i personaggi distinti della famiglia, e le forme di-
plomatiche di alcuni documenti.
Si rilevano facilmente dal Regesto il progresso e la potenza
delle famiglie Tagliavia - Aragona - Pignatelli , le grandi con-
cessioni fatte da varii sovrani in ogni tempo in Sicilia ed altrove,
ed il lustro che diedero a lor prosapia Ettore Pignatelli Viceré
di Sicilia, Carlo d'Aragona Presidente del regno, e poscia ]tficolò
Pignatelli, anch' egli Viceré. Importanti eziandio pel regno di
Napoli sono i documenti riguardanti la famiglia Pignatelli e le
varie immunità , prerogative e dignità , che quivi godevano sin
dal secolo XV.
I privilegi reali sono in grande numero, ma non mancano let-
tere di pontefici, dei Dogi di Venezia e di Comuni , ed atti pri-
vati, talvolta di particolare interesse e curiosità. Sarebbe lungo
il ricordare quanto di più notevole si rinviene in quei molteplici
e svariati documenti. Accennerò soltanto i più antichi documenti
svevi, le concessioni aragonesi pei Tagliavia, quella di Federico III
dell'isola di Malta a Manfredi Chiaramonte, l'officio di Gran Con-
testabile conferito a Pietro Cardona nel 1520, la donazione fatta
da Carlo V dello Stato del Vaglio in America a Martino Cortes,
le nomine di Carlo d' Aragona ad ambasciatore dei Paesi Bassi
(1578), Luogotenente nel Principato di Catalogna e Governatore
di Milano, la pensione di duemila ducati annui assegnata al ce-
lebre ammiraglio Ottavio d'Aragona, la dignità di Luogotenente
di Sardegna data nel 1686 a Nicolò Pignatelli, ed il conferimento
dell'ordine del Toson d'oro al Duca di Monteleone nel 1731.
L'A. dà in appendice 1' elenco della corrispondenza diploma-
tica tenuta dai Pignatelli e dagli Aragona coi sovrani e principi
del loro tempo dal secolo XVI al XIX, e promette di intrapren-
derne la pubblicazione. Di tale corrispondenza poca parte sol-
tanto, concernente Carlo di Aragona, è nota, perchè venne pub-
572 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
blicata da Bozzo e Salvo-Cozzo su codici della Settimiana e della
Comunale.
Sarebbe conveniente di dare in luce altresì un elenco delle
più importanti scritture di quell'archivio riguardanti capitoli, or-
dini feudali ed altro , che possono recar giovamento alla storia
generale e municipale. I pregevoli elenchi dei feudatarii siciliani
sotto Federico II aragonese e Martino dati in luce da Muscia, le
memorie (corredate di documenti) di Pasquale Calvi e Francesco
Franco per la lite del Duca di Monteleone col comune di Terra-
uova, V Arbitramento di Santi Roberti, il processo per lite feudale
dei primordi! del secolo XV pubblicato in parte da La Lumia, il
bando del 1583 rii)rodolto dal mio genitore nelle Notizie e docu-
ìiienti su le Consuetudini siciliane, il Piano dimostrativo dell'am-
ministrazione di Casa Monteleone nel 1773-74, edito dal beneme-
rito nostro Presidente Andrea Guarneri, provano che abbondante
e nuova materia sarebbe dato di trovare in quel vasto archivio.
La parte più antica e notevole di privilegi e concessioni ri-
mane pur sempre il Tabularlo; ed il nuovo ed accurato lavoro di
Regesto compilato dall'egregio prof. Pipitone-Federico riesce cer-
tamente utile per gli studi diplomatici ed archivistici dell'isola.
Giuseppe La Mantia
S. Raccuglia — Jad dalVanno 1320 all' anno 1528. Acireale,
1905.
Il castello di Jachium , di origine bizantina , s' inalziiy,; sopra
una rupe isolata, quando nell'eruzione dell'Etna del IIGD la lava
l'attaccò alla costa siciliana. Assai vasto il territorio che an-
dava unito al castello, ma poco importanti gli abitati che vi sor-
gevano, 86 si toglie Aquilia Vetere, la quale fu distrutta nel 1320
dalle Holdatescbe angioine condotte da Beltrando del Balzo. Vi-
cino ad essa si ionuò Aquilia, Nova, che più tardi doveva congiuu
gersi con altri piccoli villaggi e formare la moderna Acireale.
Ai tempi dai quali 1' A. imprende la sua narrazione, il luogo
principale di tutto il territorio era il forte castello di «laci col
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA 573
piccolo borgo sortovi accanto , castello e borgo che nel 1320 , o
poco prima, furono dal re Federico II tolti a Margherita, figlia
di Euggero di Lauria, dichiarata ribelle, e donati alla famiglia
Alagona. Questa, già potentissima in Ispagna, perchè pretendeva
« di appartenere ad una delle 12 famiglie piìi antiche del reame
di Soprarbia, culla di quello di Aragona » , si era trasferita in
Sicilia con Blasco I, detto il Vecchio, venuto in compagnia di
Pietro I di Aragona ai tempi del Vespro e rimasto poi , dojx)
molte vicende, l'aiuto più valido che avesse Federico nella lunga
guerra sostenuta contro gli Angioini.
Che a lui Federico concedesse con il contado di Xaso e con altre
terre anche quella di Jaci non è ben certo. Ma mi sembra che l'A.
non riesca a persuadere quando vuole dimostrare che essa fu ceduta
dal re a Blasco II, figlio di Blasco I « nel 1320 », come dice a p. 1,
o^« verso il 1320 », come scrive a p. 8. La prima affermazione è con-
fortata dalla nota « la data risulta dai documenti che noi discutiamo
al cup. II ». Ora da essi si può ricavare che Jaci nel 1320 o giìi di lì
apparteneva a Blasco II , non già che gli fosse allora concessa.
Dopo la morte di Federico II e in forza del suo testamento , il
signore di Jaci dovette cedere alla vedova del re, Eleonora, il
castello , che nel 1341 passò al duca Giovanni , quartogenito di
Federico. Ma la famiglia Alagona presto lo riebbe e ne costituì
il suo propugnacolo durante le lotte tra i cosiddetti Latini e Ca-
talani , nelle quali rimasero tristamente famosi con gli Alagona
i Palizzi, i Chiaramoute, i Ventimiglia ed altri.
Artale Alagona era già venuto in possesso di Jaci ed aveva
raccolto sotto di sé 1 vasti domini paterni , quando , principal-
mente per opera di lui, andò a monte la spedizione dell' Accia-
inoli, il maresciallo del re di Napoli, quantunque in quell'avve-
nimento il castello e la terra soffrissero molte devastazioni.
Ma l'eroe della famiglia fu il nipote di quello, Artale II, di cui
si parla nella parte IV del lavoro, la quale è, senza dubbio, la più
interessante. Ne formano argomento i propositi arditi di lui contro
il duca Martino , 1' assedio di Jaci , i pentimenti e le promesse
fallaci del giovane agitatore siciliano , le lusinghe e le minacce
del duca astutissimo, che ne teneva prigionieri il fratello, il pa-
dre, la moglie ed i figliuoli, l'esitazione di Artale per la vita di
essi, l'alternativa incessante tra lo sconforto e la speranza, le
gelosie e il disaccordo degli altri signori dell'isola, che in quel-
574 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
l' occasione si mostrarono tutti o vili o irresoluti o inetti. Sono
gli ultimi sforzi che fa la Sicilia allo scopo di non perdere quella li-
bertà, per la quale aveva tanto lottato nella guerra del Vespro. E
tutti gli sforzi fanno capo a quel giovane coraggioso ed ardito ed
hanno per centro il castello di Jaci, rifugio del focoso signore.
5?on sempre sicuri i tratti che ne determinano il carattere ;
« Spirito bollente e giovanissimo, costui, che ritraeva tutto il suo
omonimo zio... », dice l'A. a p. 19, mentre a p. 27 si domanda:
« Artale II di Alagona lusingavasi forse di poter essere egli il
braccio e la mente capace di dirigere l' insurrezione siciliana ? »
e risponde subito : « Non si hanno prove per asserirlo ; ma se
qi;ie8to può far sospettare la sua continua tergiversazione, è certo
che non lui, che tanto poco assomif/liava allo zio ed al valente pa-
dre di lui, il giovane Blasco, era l'uomo per ciò ». ì^^el dare que-
sto secondo giudizio pare che l'A. non tenga troppo conto delle
condizioni speciali in cui trovavasi la famiglia di Artale. Andrea
Chiaramonte , già arrestato col fratello e col padre di lui , era
stato ucciso ; la medesima sorte pareva serbata a tutti gli altri
prigionieri, se l'azione di Artale fosse stata più energica e riso-
luta. La tattica di Artale II fu la sola che si potesse allora ap-
provare e ce lo attestano i buoni successi che egli ottenne talvolta,
i quali se fossero stati seguiti dall'opera concorde degli altri si-
gnori, avrebbero impedito che la Sicilia cadesse sotto il dominio
di quei nuovi invasori.
Nell'ultima parte l'A. tratteggia la storia di Jaci per tutto il
secolo XV ed entrando nel XVI arriva all'anno 1528, in cui gli
abitanti di Jaci (!on il pagamento di 72 mila fiorini « ottennero
la emancipazione dal dominio baronale e la proclamazione della
terra a demanio ».
Noto in generale che molte delle supposizioni fatte qua e là
dall' A. non sono sempre giustificate dalle fonti che egli ricorda.
Forse se avesse allargato ancora le sue ricerche, non avrebbe
avato bisogno di citare, come fa spesso, il Lexicon dell' Amico,
r<mdando delle questioni sopra notizie che (jnel comi)ilatore dà
in inauieni troppo vaga. Così non menzionerei ancora col nome
di Merlino (che pare non esistesse) quella piccola parte della
Cronaca kìc. del nec. XVf, pubblicata molti anni fa, quando ognu-
no sa di tutta quell'opera oggi abbiamo l'edizione critica, nella qua-
le non mancano notizie interessanti per la storia di Jaci. Ma, a parte
RiiSSEGNA BIBUOGRAFIOA 575
queste piccole mende, PA. è meritevole di lode, sia perchè ha sa-
puto ben disporre il materiale che ha trovato, esponendolo quasi
sempre in forma molto chiara, sia anche perchè ha fatto quello che
pur troppo si trascura per la maggior parte delle città siciliane.
In altri lavori , non meno importanti di questo, egli cercò di
ricostruire la Storia di Aci sin dai tempi più antichi , e di essi
ebbe altre volte ad occuparsi il nostro Archivio. Le monografie
che hanno per titolo : Xifonia, AMs , lachium , Aquilia Vetere ,
Acireale durante il regno di Vittorio Amedeo, sono come tanti
capitoli della storia della ridente cittadina etnea, nei quali egli
con non poco acume potè rilevare dei punti ancora oscuri e
correggere molti errori di coloro che lo avevano preceduto nel
trattare di tali argomenti.
Vincenzo Epifanio
De Cristo Vincenzo — La caduta di Gioacchino Murai e V in-
surrezioìie della Cdlabria ulteriore nel 1815 poste in luce
su documenti inediti ed illustrata da incisioni ; C^osenza,
Tip. della « Cronaca di Calabria » 1906.
Gli scritti sul Murat da alcuni anni si sono accresciuti anche
in Italia, ove è sempre viva la memoria dell'infelice guerriero ca-
duto a Pizzo. Le investigazioni sulle vicende dei tempi, rispetto al
sentimento, da cui egli fu mosso negli ultimi mesi del suo regno,
potrebbero dar luogo a contestazioni, ma niuu dubbio può sorgere
eh' egli veramente avesse inculcato nel suo Stato quelle larghe
istituzioni di governo civile e quella coltura, che poteva togliere
da abiezioni le plebi del l!^^apoletano. Pensiero assai lodevole; poi-
ché mercè lo stesso poteva avvenire la riabilitazione uiorale di
un popolo , reso feroce da precedenti dominj , e che poco potè
progredire sotto il regime di Carlo III, principe munificentissimo,
in mezzo a tanta barbarie ispiratosi al pensiero fecondo di Ber-
nardo Tanucci. Xoi, per le idee enunciate nel nostro libro Gioa-
chino Murai in Italia, edito nel 1899, per la impresa politica na-
zionale, iniziata in Italia, contro V Austria, trovammo contrasti
576 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
di opinioni in Francia e nel Belgio, come avessimo dissentito da
quelle verità storiche, che non sono l'opinione parziale, o il con-
vinciraento passionato. Tanto che, nella seconda impressione, noi
avremo maggiore cura di rilevare P altezza, cui giunse il regno
sotto il Murat, né meno la tenacità dei propositi politici. E ciò
potrà colmare quella che al Prof. De Cristo, intorno alla opero-
sità cirile del Murat , jiare resti ancora una lacuna sul più im-
portante periodo di sua vita, quale fu quello del suo regno.
Molto di arguto è accennato nel Proemio della monografia del
De Cristo, specialmente pei richiami di scrittori accreditati, nei
quali non sempre egli trova diffusi quei movimenti , che contri-
buirono pure allo scrollo del reame murattiano; giacché se è vero
da una parte che la politica avesse attraversato le mire del re
di N'apoli, fingendo i tradimenti occulti , da un'altra non si po-
trebbe negare che l'interno della regione, mal compresa dell'av-
venire di essa, cospirava contro , severa di riprender vita , cac-
ciando la gente straniera, per essere sostituita dal volgo spietato
e mercenario che accerchiava il re fuggito, che aveva massacrato
Napoli. Dei criterj di quelle sommosse , piene di contradizioni,
non facilmente se ne intendono i fini, tranne che quelli di faci-
litare il ritorno ai Borboni; e gli stessi né pure hanno un carat-
tere aperto nella misteriosa carboneria, che correva a precipizio
per amor di setta , senza tener dietro a fermezza di propositi.
Oggidì la ricerca del documento, quasi indispensabile, ha messo
un fitto velo alle idee , e così mal si giudica , o lievemente , un
moto politico. Le rivoluzioni del mezzogiorno d'Italia richiedono
tutt'altro che la fatica materiale di riunire carte tenute in serbo;
e lo studio di esse recherebbe nuovi ed esatti giudizi , né dure-
rebbero i più restj alla verità com'è quello di Piersilvestro Leo-
pardi, addotto dal De Cristo, nelle Narrazioni storiche fiducioso
di cre<lere che la tanta avversata politica dei Carbonari nel 1814
diventa la sola che potesse mantenere sul capo di (Jioacchino Murai
la Corona di Napoli.
I (;in(|ue capitoli del De Cristo tratteggiano con vigore e sen-
natezza un periodo trascurato , o poco messo a ricordo dal Col-
letta nella Storia del reame di Napoli. 11 secondo di essi ritrae
lo stato interno del regno di Gioachino, le lotte terribili sostenute
dal legittimiHmo contro il murattismo , creduto ])ic<',<)lo di forze,
e che doveva essere sopratlatto. Però come coll'egiegi<» scilttore
EASSEGNA BIBLIOGRAFICA 577
non possiamo persuaderci che la insurrezione del 1815 reputar si
deve la causa più grave tra quelle che fecero determinare Gioacchino
ad abbandonar la guerra; così non crediamo che le congiure sor-
sero contro di Giuseppe e di Gioacchino fino a che non fu ab-
battuto per sempre lo straniero avversario. E non facilmente pos-
siamo aggiustar fede al giudizio , se il primo vediamo posto a
parallelo del secondo. Il regno di Giuseppe sorse a poca distanza
sulle rovine della Republica partenopea, lasciò gli errori dei tempi,
e fu travolto dalle varie classi , che divoravano la rettitudine
dello Stato, senza che al principe spianassero le difficoltà a cal-
colare le orme del buon governo. Invece Gioacchino, dal suo in-
sediarsi sul trono, spogliatosi delle abitudini francesi, tenne sem-
pre a naturalizzarsi , entrando nel cuore del popolo napoletano,
studiandone i bisogni , proclamando quei principj e quella vita-
lità, che segregavano al tutto la regione napoletana dalla servitù
politica e dalle usanze straniere. Regnante un francese il reame
aveva dell'egemonia su tutti gli altri Stati italiani sottoposti; ed
essa trovava i suoi svolgimenti nella coltura, dando morte ai pri-
vilegi, e in quelle leggi, che dal suo abbandono al trono a pochi
anni avrebbero preseutata maggior perfezione che nella legisla-
zione del 1819.
Il Prof. De Cristo , dopo avere con rapidità assai bella fatte
note le cagioni dei dissentimenti interni , e molte verità consa-
crate in esse; dopo avere ricordati i timori e le precauzioni prese
per uno sbarco, o invasione angloborbonica in Calabria, e ricordata
l'amministrazione politica, che, coi palliativi, minava il trono, negli
ultimi tre capitoli pone a studio le insurrezioni degli anni 1813,
1814, 1815, della battaglia di Cittanova, o Casalnuovo , denomi-
nazione del tempo, e dei cooperatori alla pace. S'insorge al grido
di Viva Vindipendenza italiana; ma è desso un grido limitato al
Napoletano, in cui si vuole restituito il re Ferdinando; è un grido
che, guastando il trono di Gioacchino, dà lo sfacelo alla rivolu-
zione, al progresso delle idee, alla libertà. Né altro intendimento
poteva albergare nei petti dei combattenti nella ricca e popolosa
Piana di Polistena, in quel dì 19 apriie 1815, che colPavveniniento
vogliono r^taurata la tradizione monarchica. L'eroe a capo di esso
è un giovine piìl che ventenne, Domenico Valensise, legittimista,
che, proclamando la insurrezione, colle lusinghiere parole di viva
Vindipendenza, proseguiva l'opera del padre, che, nel 1796, per
578 RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
incarico reale, aveva promosso nella regione un movimento legitti-
mista con un importante arruolamento di rolontarH a difesa dello
Stato; siccome è comprovato dai documenti II e III, che lo scrit-
tore appone in fine, riuniti a una serie di molto interesse. E nar-
rate sono le varie fortune dell'avvenimento, prendendo il De Cristo
da questo punto non lieve interesse per il Valensise e pei con-
giunti, e notando come gli atti prudenti degli amministratori di
quei luoghi , fecero sì che furono risparmiate molte crudeltà ,
frenata l'ira principalmente del generale Desvernois, che in Me-
morie lasciò narrazione dei tentativi.
La trattazione del breve periodo, quantunque noi lodiamo la
larghezza delle ricerche diligenti e l'accurato narrare, ci mette
un po' in sospetto per le ricordanze del giovine Valensise , co-
tanto amato dal Borbone per le imprese millantate, o in parte
tentate, e ci farebbe credere che lo scrittore, dimenticato il Murat,
esalti troppo questo giovinastro , i cui desideri sarebbero stati
quelli di seguire in un'impresa in prò del Borbone l'audacia del
cardinale Ruffo. Se il De Cristo ama il Murat e ne riconosce la
virtìi preclare , come mai può seguire , oltre che da storico con-
scienzioso , il Velonsise in tutti i suoi passi , compiangendone
perfino la immatura morte ! iSTon diciamo che il giovine intrapren-
dente non debba essere rammentato; ma se il vediamo procedere
sì falsamente in quella bella età, come mai x)Ossiamo e dobbiamo
interessarci di lui, quando l'oblìo sarebbe stato unico ristoro al
mal tentativo represso e generosamente ? Un tal contegno tenuto
dello scrittore ci lascia in sospeso ; parendoci che la causa dèi
Murat e quella del Valensise non possano essere sposate con u-
gnale interesse; e che nella sconfitta che pativa il primo , il se-
condo non può dai posteri che guadagnarsi il biasimo.
Queste le nostre opinioni sui due uomini, e sull'oi)era dell'uno
e dell'altro per la causa della libertà; se non che ripoter vogliamo
che questo scrittore è assai pregevole per riedificare un breve e
inaspettato tumulto , per avere minutamente fatta ricerca di do
cinnenti irrefragabili , che danno luce a quanto finora rimaneva
o un accenno o uno sbaglio. Ed obligo c'impone dire (;he il De
(5ri«to anche con poche pagine diradò molte tenebre con arguzia
e Rennate/.za.
FkAN^KSCO (llTAliniONK
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
La Poesia popolare italiana. Studi
di Alessandro D' Ancona. Seconda
edisione accresciuta. Livorno, Eaf-
faello Oiusti editore, Lihraio-tipo-
yrafo; 1906. In 16., pp. Vili, 571.
Genialmente concepito , magi-
stralmente eseguito e con rigore
scientifico e sagacia di critica reso
incrollabile nelle premesse e nelle
conseguenze, che han base sui do-
cumenti , questo libro rivede per
la seconda volta la luce notevol-
mente accresciuto. La Sicilia deve
essere assai grata al D' Ancona , il
più poderoso ingegno critico ed eru-
dito trai viventi italiani , anche
per quest'altro suo libro, che di essa
largamente e precipuamente s' oc-
cupa e ad essa rende giustizia ed
onore. In sostanza , il poderoso e
pur dilettevolissimo lavoro del D'An-
cona^ dimostra questo, con la mag-
giore evidenza e prova desiderabile :
Che la poesia popolare italiana pre-
senta due fonue ben distinte : « una
forma spontanea e più direttamente
plebea, sebbene non priva di certo
artificio, e una forma addirittura ar-
tifiziata. e letteraria : quella più anti-
ca, questa più moderna; quella che
risale ai primi tempi della nostra lin-
gua e letteratura, questa non più
vecchia di tre o quattrq secoli. Ma
la fonte prima, e ad ogni modo più
copiosa, dell'una e dell' altra si ri-
trova in Sicilia, che e prima e poi ,
se non altro^ diede Io stampo, a non
contare gli esempj, che pur son molti.
La prima forma si trasmise più ch'al-
tro oralmente , di bocca in bocca ,
ne' tempi di maggior mescolamento
delle plebi italiane ; la seconda per
la massima parte si diihise col mezzo
di collezioni manoscritte o a stampa.
Ad ogni modo, se anche nato in Si-
cilia il Canto è divenuto essenzial-
mente italiano e comune, sebbene
per diventar tale abbia dovuto ces-
sare di esprimersi nel volgare dell'I-
sola. Abbiamo visto come le poesie
della prima specie siensi sparse in
gran parte dell'Italia dopo una sosta
fatta in Toscana, ove presero le for-
me di <|uel dialetto, che è fondamen-
to alla lingua comune di tutta la Na-
zione. Ma anche le poesie della se-
conda specie si popolarizzarono in
580
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
gran parte della Penisola, dopo che,
particolarmente in Napoli , dal lin-
guaggio insulare vennero più o me-
no bene ti-adotte nell' idioma culto
e generale».
Non a tutt« le forme della poesia
popolare si estende lo studio del
D'Ancona, ma soltanto alla forma li-
rica, della quale ampiamente cerca
le origini, segue i tramutamenti di
regione in regione, e mette in luce
le relazioni con la poesia eulta. Delle
altre forme tocca qualche volta per
incidenza; ma anche nelle altre, se
avesse voluto far indagini più este-
se, avrebbe trovato conferma e docu-
menti alle sue giuste deduzioni ; ma
ei volle conservare la limitazione
primitiva e il titolo modesto al suo
libro, ch'è pur sì fecondo di insegna-
menti ed ha valore sì alto.
S. S.-M.
Quattordici anni di ricerche archeo-
loifiche nel sud-est della Sicilia.
Comunicasione di Paolo Orsi. Bo-
mUf Tipoijrafin della li. Accade-
mia dei Lincei, proprietà del Cav.
V. Salviucci; 1904. In 8., pp. 27.
Qtiali sono le retjìoni italiane, quali
rispettivamente gli strati archeolo-
gici che contengono prodotti indti-
striali micenei, lielnzione del Prof.
Paolo Uni. lioma, Tipografia del-
la R, Accademia dei lAncei, pro-
prietà del Cav. V. Salviucci; 1904.
In 8', pp. U.
Brevi riM^moriu ina, cx>mu t.utt«
le Altre dui Prof. Orsi , dense di
contenuto importantissimo per l'ar-
cheologia e per la storia.
Nella prima è riassunto il cospi-
cuo risultato che l'Orsi ha ottenuto
in 1-4 anni di ricerche in tutta la
zona sicula che da Messina scende-
per tutta la costa orientale e per
Pachino risale sino a Terranova ;
ricerche che hanno fornito quel pre-
zioso materiale preellenico ed elle-
nico che sapientemente è collocato
oggi nel Museo di Siracusa e che
attesta la civiltà dei Siculi e dei Si-
cani (due rami di uno stesso popolo,
della grande famiglia libico -iberica
venuto dall'Africa e diffuso in tutte
le isole e coste del mediterraneo oc-
cidentale), e quella degli Elleni che
poi splendida trionfa e prevale
in Sicilia. « È tutto merito della mo-
derna scienza archeologica ( scrive
giustamente l'Orsi, che in esso me-
rito ha gran parte), che lo studio
delle civiltà primitive tratta coi se-
veri metodi e criteri della paletno-
logia, d'aver integiato il primo ca-
pitolo della storia della Sicilia anti-
chissima , e di averci appreso ciò
che le fonti classiche avevano , o
completamente taciuto od appena e
vagamente adombrato. ...e come ac-
canto al culto della maestosa civiltà
greca, anclu^ (juello della modesta
civiltà sicula, evolveutesi dal neoli-
tico sino al VI secolo, non sia in-
degno di riguardo ».
Nella seconda menu)ria l'illustre
archeologo fa conoscere come e do-
ve (tra le regioni italiane) i prodot-
ti industriali della antica civiltà
egeo- micenea penetrassero, veri e
potenti fattori «li inci vii mento per
i Siculi indigeni dell'estremo mez-
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
581
zogiorno d' Italia e dell'isola di Si-
cilia; della quale ultima l'A. eTiume-
ra specialmente i luoghi e le prezio-
se scoperte che dimostrano con si-
curezza il suo assunto. E furono
appunto « i commerci micenei che
insegnarono ai Greci dei tempi sto-
rici le vie del mare alle coste d'I-
talia e (li Sicilia, ed aprirono questi
paesi alla conquista politica e civi-
le dell'Eliade».
Guardando agli splendidi risul-
tati delle ricerche del valoroso Prof.
Orsi in questo estremo lembo d'Ita-
lia, che vanta tanta gloria di storia
e di civiltà antica e rimane pur
sempre negletto dal Governo, è da
far voti col suUodato Prof. Orsi che
cessi una volta tanta incuria danno-
sa e quasi colposa, e si ripari degna-
mente con l'accrescere le meschinis-
sime dotazioni dei Musei, degli Sca-
vi e degli Ufflcj Regionali per la
conservazione dei monumenti.
S. S.-M.
Prof. D.r Gaetano Savasta. Memorie
storiche della Città di Paterno.
Parte I. Paterno civile. Catania ,
Tip. Francesco Galati: 1905. In 8.
picc, pp. 465. con ritratto dell'A.
in fotografia.
mente i recenti studj la fanno sor-
gere sul sito AeìV Hi/bla Major), e ne
traccia le vicende dai tempi primi
fino ai presenti, cercando di sbaraz-
zarsi delle favole ed erronee cre-
denze per quanto può e di dare
«luanto di più accertato egli trova.
Ma, lasciando da banda la parte
antica , che ha molte incertezze e
lacune, importante ed assai meglio
condotta ci sembra la storia medie-
vale della città, massime dai Nor-
manni in giù , sotto il dominio dei
Lanza, dei Maletto, degli Alagona,
degli Speciale , dei Moncada. Qui
l'A. può attingere a documenti au-
tentici, a fatti certi e precisi, e, per
quanto ei vada breve , segna con
chiarezza e sicurezza la storia pator-
nese fino alle sue recentissime vi-
cende.
In cinque Appendici sono studiati
i patornesi illustri , le Istituzioni
cittadine , le curiosità naturali , le
antichità , le Famiglie nobili , cui
seguono XXXI documenti inediti ,
quasi tutti di alto valore.
L'opera del Savasta, ad onta di
qualche menda che in edizione ulte-
riore si può rimuovere , è lodevole
per varj aspetti, e degna che altri
studiosi di altri Comuni di Sicilia
la tolgano ad esempio.
S. S.-M.
Lavorando su materiali quasi af-
fatto nuovi e con paziente cura Giorgio Arcoleo. Crispi. À cura del
messi insieme da solo, il Rev. Sava- Comitato. (Palermo, Stab. tip. F.
sta tratta in questo volume della Andò; 1905). In 8., picc, pp. 63.
antichità ed origine di Paterno, che
identifica con Inessa-Etna (ma vera- È il discorso che fu fatto per la
Areh. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. 38
582
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
inaugurazione del monumento a
Francesco Crispi in Palermo il 12
gennajo 1905 : discorso splendido ,
vibrato, incisivo, che con tocchi ra-
pidi e sicuri fa conoscere a pieno
nel suo complesso l'uomo, il rivolu-
zionario, lo statista , nella sua vita
agitata di mezzo a nn mondo agi-
tato tra devoti amici e nemici acer-
rimi , ma uguale sempre , mirante
sempre e tenacemente ad un fine ,
la libertà e unità della patria.
Commemorazione più degna, più
nobile non potea farsi, e queste po-
che pagine dell'Arcoleo resteranno,
meglio che le molte entusiastiche di
tanti altri, meglio ancora del marmo
e del bronzo, perchè scolpiscono più
precisa e vera la figura del Crispi.
stumanze moderne, e cose d'arte e
di lettere insieme, cosicché ne rie-
sce dilettevole ed utile la lettura.
Il Mandalari, che molti anni è stato
in Sicilia (a Catania), si è occupato
molto e con molto amore delle cose
siciliane; e se ne occupa ancora nelle
Confessioni, dove s' intrattiene con
arguta critica del libro di F. De
Roberto su VAmorey 6.e\V Epistolario
che die fuori il Grassi-Bertazzi del
Vigo Calanna, delle lettere dirette
a Michele Amari da Anna Gargallo
figlia di Tommaso, dei Sonetti Sici-
liani di Nino Martoglio, dell'antica
porta di San Giovauoi di Fieri (Ca-
tania), ecc.
S. S.-M.
S. S.-M.
Mario Mandalari. Bicordi di Sicilia.
Bandazzo. Seconda edizione con
giunte, correzioni, note ed appen-
dice. Città di Castello, S. Lupi ti-
pografo-editore. M. dccccij. In 16.
pp. XIV, 229.
Mario Mandalari. Le mie confessioni.
Città di Castello, S. Lupi tipogra-
fo-editore-, 1904. In 16. pp. VII,
183.
Il Bandaeso non è una vera sto-
ria ordinata, nò una illustrazione et^
nografica, né una guida, ma un po'
di tutto, raccolto con diligenza, espo-
•to Milli uiarianiente con garbo e di-
Hinvoltiirn, alternando ricerche eru-
diti) «'<1 oM«ervazioni geniali e aned-
dotiche, notizie archeologiche, e co-
Pro/. Sebastiano Crino. Le mappe geo-
grafiche della Battaglia di Lepanto
che trovansi a Messina nei prospetti
del basamento marmoreo della sta-
tila di Don Giovanni d' Austria.
Messina , Tipografia Z>' A mico ;
1905. In 8-, pp. 15.
In quest'opuscolo^ condotto con
cura scrupolosa, il Prof. Crino parla
della parte che, mercè i sapienti con-
sigli, ebbe il Maurolico alla vittoria
di Lepanto , e poscia illustra i tre
bassorilievi in bronzo che stanno
nella base del monumento a Don
Giovanni d'Austria, rappresentanti
l'avvistarsi delle due flotte avver-
sarie, la battaglia, il ritorno trion-
fale in Messina. Queste mappe, di
cui l'A. dimostra l'esattezza, «'gli
attribuisce direttamente al Mauro-
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
583
lieo ; il che veramente si può ragio-
nevolmente presumere , ma non é
dimostrato da documenti certi.
Noto , per incidenza , che negli
schizzi dati dei bassorilievi, l'artista
ha tradito un po' il vero nel dise-
gno delle galere, massime nella ter-
ra mappa, ove le galere son segnate
che escono del porto e non che vi
entrano come sono nell'originale.
S. S-M.
Le contese giurisdizionali della Chie-
sa Liparitana nei secoli XVII e
X Vili. Contributo alla Storia ci-
vile ed ecclesiastica della Sici-
lia per Gaetano Oliva. (Con docu-
menti in maggior parte inediti).
Messina , Tipografia D' Amico ,
1905. In 8-, pp. 110.
Veramente notevole è il contri-
buto che il Prof. Gaetano Oliva reca
alla storia civile ed ecclesiastica
della Sicilia con questa pubblicazione
bene studiata e bene documentata.
Egli vi dimostra come per tutto il sec.
XVII la Curia Romana si affannava
a trovare e preparare un pretesto
per attaccare e distruggere la Lega-
zia Apostolica di Sicilia, e la Chiesa
di Lipari designava come la desti-
nata a dar fuoco alle polveri; e quin-
di espone minutamente e chiaramen-
te , prima , le contese dei Vescovi
di Lipari col Metropolitano di Mes-
sina mosse e sostenute dalla Curia,
e poscia la lotta aspra per il Tribu-
nale della Regia Monarchia, lotta
che dovea così terribilmente contur-_
bare per tanti anni la pace delle
coscienze e mettere in rischio la vi-
ta e le s<»8tanze di tutti i Siciliani,
nel primo terzo del secolo XVIII.
Questo dell'Oliva è un buon ca-
pitolo della completa storia dell'Apo-
stolica Legazia di Sicilia, che dovreb-
besi scrivere. "L'istituto dell'Apo-
stolica Legazia e del Tribunale della
Regia Monarchia siciliana (scrive
l'Oliva) oggi appartiene unicamente
alla storia; e il trattare di esso, non
più con istinti polemici ed appassio-
nati come fu fatto altra volta da in-
numerevoli scrittori italiani e stra-
nieri, ma con serenità di giudizio e
col solo fine di raggiungere la ve-
rità storica, sarebbe opera altamen-
te lodevole e di grande ammaestra-
mento, dacché attorno alle contese
fra i Papi e i Re di Sicilia , gene-
rate il piìi delle volte pel maggiore
o minore riconoscimento di un diritto
siculo tuttto affatto diverso da quel-
lo di qualsiasi altra nazione, si ral-
legano molti fatti di grande interesse
pubblico e privato , non che lo ap-
profondimento delle vicende stori-
che che i vizi e le virtù dei popoli
e dei governanti , del clero e del
laicato denudano,,.
S. S.-M.
Ldì^ì Maria Majorca e Mortillaro Conte
di Franeavilla. Terre cotte stagnate
e Majoliche della liabbrica Sperlin-
ga esistente a Malaspina (Palermo)
dal 1761 al 1780. Palermo, Alberto
Eeber, Libreria della Beai Casa;
MCMV. In 4-, pp. 28, con ritrat-
te e tavola cromolitogratìca.
Raccogliendone le memorie nel-
l'Archivio privato proprio l'egregio
584
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
A. fa la storia della Fabbrica di terre
cotte stagnate e niajoliche, che Don
Francesco Oneto e Monreale quinto
Duca di Sperlinga impiantò nella
sontuosa villa sua a Malaspina alle
porte di Palermo. La fabbrica ebbe
un ventennio di vita (1760-1780)
e si chiuse, pare, per la prematura
morte del fondatore e quando comin-
ciava ad eccellere. Pare che più di
una vera e propria Fabbrica aperta
al gran pubblico, il Duca ne avesse
creato una che servisse per uso pro-
prio. A ogni modo, i vasi ed oggetti
che ne sopravvivono e che l'A. illu-
stra e riproduce nella Tavola annes-
sa, mostrano che la Fabbrica Sper-
linga meritava bene questo ricordo
storico, che la fa entrare nella sto-
ria della ceramica siciliana. Alla Fab-
brica Sperlinga successe quella ben
nota del Malvica, il quale ne acqui-
stò forse gli stampi ed i modelli e
anche i migliori lavoranti.
S. S.-M.
Pietro Maria Rocca. Di alcuni antichi
Edift zi di Alcamo. Palermo, Tipo-
grafia Castellana- Di Stefano e C,
1905. In 16. pp. 84.
L'A. con quella diligenza che gli
è abituale , studia il campanile del
Duomo, quello della Chiesa del Soc-
cofKo, le 'i'orri di Via IJuonarroti e
di Via Mariano de Halli», la Loggia
Comunale ed il Cantello, il (piale ('>
certo il più vetUHto e nottn'ole edi-
flcio d' Alcamo. Kgli , su la scorta
di documenti con pa/.ien/n rintrac-
ciati in registri notarili e con osser-
vazioni critiche giuste , sfata varie
credenze paesane e corregge giudizj
di eruditi, e indica il valore vero e
l'epoca di erezione de' monumenti
patrj che piglia ad illustrare. È un
A'olanietto , questo , che rende un
servizio reale agli stiidj storici, per
quanto in apparenza modesto.
S. S.-M.
Can. Vito Messina. Una pagina del-
l'' Archivio Eucaristico Catanese.
Studio storico — critico. Catania,
Tipografia di Giacomo Pastore-,
1905. In 8*, pp. 37, con una tavo-
la in fototipia.
Il Can. Messina, con corredo di
testimonianze attinte a varj libri e
con un documento cavato dagli
Atti del Senato di Catania illustra
una raccaiìricciante pagina della cro-
naca cittadina del dì 27 marzo 1513,
quella, cioè, che si riferisce a- quel
disgraziato corviseri (1) Gio. Battista
Rizzo, che durante la solenne messa
strappò di mano l'Ostia consagra^tsi
al celebrante Benedetto Amari prio-
re cassinese, e fu per ciò afferrato
dal popolo devoto e furibondo e \\
per lì, su la piazza del Duomo, arso
vivo entro una botte.
S. S.-M.
Dutt. Antonino Knrilo. I>i un Atlan-
te nautico disegnato in Messina
nel 15.90 da (ìioranni Oliva e eon-
(1) Oùrvtttt't t non eorni§f.ri ^ (Ih ititor|)rcturu, por rugÌHiii olio sarohbo lungo <lir qui.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
585
servato oggi nella Biblioteca del
Comune di Palermo. Boma^ Presso
la Società Geografica Italiana ;
1905. In 8., pp. 14.
Opuscolo di molto interesse, nel
quale 1' egregio A. dopo le notizie
che ha potuto raccogliere su l'Oliva
e su le Carte clie di lui ci rimango-
no, esamina con massima diligenza
e competenza l'Atlante del 1596, ri-
levandone le particolarità, i pregi e
i difetti. E finisce : « Possiamo dopo
un accurato esame concludere, che
mentre la esecuzione artistica di
questo atlante non apparisce infe-
riore a quella delle migliori Carte
nautiche di quel secolo , dal punto
di vista scientifico Giovanni Oliva
è rimasto molto al disotto del pro-
gresso cartografico del tempo ».
S. S.-M.
Notizia di un trattato di Mascalcia
in dialetto sieiliano del secolo XIV,
con cui si dimostra pure che Crior-
dano Muffo è il fonte di Lorenso
Riisio , di Giacomo De Gregorio.
Paris, 1904. In 8-, pp. 23.
Giacomo De Gregorio. Il Codice De
Cruyllis-Spatafora in antico sici-
liano del see. XIV, contenente La
Mascalcia di Giordano Buffo.
Halle, Max Niemeyer. (1905). In
8-,pp.41.
Belazione del delegato prof. Giacomo
De Gregorio sui risultati generali
e sugli studi egiziani ed africani
del XIV Congresso internazinale
degli Oì'ientalisti (A Igeri 19 - 26
Aprile 1905) , presentata a S. E.
Leonardo Bianchi, Ministro della
istruzione pubblica. Boma , Tipo-
grafia Ditta Ludovico Cecchini ;
1905. In 8-, pp. 14.
Il De Gregorio fa, nella Notizia,
uno studio critico diligente e saputo
sopra un codice, posseduto dal Prin-
cipe di Trabia , dimostrandone la
grande importanza e come antico
testo dialettale, e come Trattato di
mascalcia; ma come tale , dimostra
indubbiamente che è traduzione
pura e semplice dal Trattato latino
di Giordano Ruffo : De medicina equo-
rum. Fu scritto nel 1368 da Barto-
lomeo Spatafora da Messina, che lo
dice opera del magnifico Giovanni
de Cruyllis, cognome pure siciliano.
Nel secondo opuscolo poi, dà inte-
gralmente il testo di Im libru di la
Maniscalchia , facendovi opportune
annotazioni e confronti col testo
latino del Ruffo e qualche osser-
vazione filologica.
Questo testo del Libru di la Ma-
niscalchia, insieme ai Capitoli della
prima Compagnia di disciplina di San
Nicolò in Palermo ed al Libro dei
vizii e delle virth, pur editi dal De
Gregorio ed appartenenti pur essi
al secolo XIV, costituiscono i docu-
menti più cospicui e sicuri dell'an-
tico siciliano, e dobbiamo esser grati
al Nostro valoroso concittadino che
genuinamente e per intero ce li ha
fatti conoscere.
Nella Belazione il De Gregorio ,
che fu uno dei tre Delegati del
Governo Italiano al Congresso di
Algeri , rende minuto conto delle
discussioni e comunicazioni in esso
586
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
fatte, feconde di risultati scientifici;
e con piacere notiamo che due ap-
partengono appunto al De Gregorio:
Détails historiques et facsimile en
photographie de In pierre de Palerme
(quella egiziana del Museo Nazio-
nale), e EtymologU des ainsi nom-
més préfixes dérivatifs des langues
Bantones, en prenant pour base une
elude speciale sur la Chinyngwe, la
langue de Tété.
S. S-M.
Prof. Cappellano N. Ernesto. Sulla
venuta di lìmoleonte in Sicilia.
Catania , Tipografia Editrice del-
VEtnu; 1903. In 8-, pp. 67.
scogli dei Ciclopi e narrata ed espli-
cata la leggenda di Polifeino , non
nata in Sicilia e per la Sicilia , ma
qui poi stabilitasi, l'egregio A. sfata
la pretesa localizzazione del porto
d'Ulisse a Capo Mulini e ad Ògni-
na. E viene indi a cercare le vesti-
gia antiche di Trezza, e le medievali,
ed esamina la probabile origine del
nome (forse da triezera o da H tri
pissa) del villaggio odierno, il quale
comparisce nella seconda metà del
seicento : ne descrive per ultimo lo
stato attuale e accenna alle speciali
moderne feste popolaresche della
Fresa di Algeri, il Camiddassu e il
Pisci.
S. S.-M.
Col corredo di buoni studj 1' A.
esamina con minuziosa critica le
fonti a cui attinsero Plutarco e Dio-
doro, i due storici principali della
vita di Timoleonte: e dimostrando
con raffronti come la narrazione del
secondo sia in generale meno ampia
e particolareggiata, ma più veritiera
di quella del primo (che pur ha
notizie interessanti che Diodoro tra-
scura) , espone 1' argomento della
venutJi di Timoleonte in Sicilia e
delle imprese sue gloriose, chiaren-
do e precisando al possibile dato e
luoghi e fatti.
S. S-M.
Salvatore Raeenflia. Trezza. Storia-
OriUea- Archeologia. Acireale^ Ti-
pografia Umberto I. f904. In 8' ,
pp. 'AH.
Barone Corrado Melfi. Un frammento
epigrafico rinvenuto in Terranova
(Sicilia). Tipografia Saro Donzuso,
Acireale, 1905. In 8", pp. 7.
Trattasi di frammentaria epigrafe
greca, arcaica, e supposta del seco-
lo IV o V avanti Cristo , e ricorda
un Manilione pastore di Acrilla ed
un Filemone. Acrilla fu città che so-
pravvisse a Gela , allorché questa
venne distrutta, al 282 a. C. Il be-
nemerito Barone Melfi tenta delle
ipotesi per ricostruire le circostanze
a cui la epigrafe si riferisce ; egli
ha fatto benissimo a segnalarla , e
conservarla, che altri rinvenimenti
posteriori potrebbero completarla.
S. S.-M.
DetM'ritto il HÌto co^ faraglioni <> (iiuswppt^ Atnnaiio di Montedoro. Acijuc-
BTJLLETTINO BIBLIOGIÈAPICO
587
velli. Alberto Beber Editore. Pa-
lermo, MCMV. In 8-, pp. 179.
Sono cosucce, si, tenui quadretti,
ma eseguiti con tocchi svelti, con
grazia e vivacità; e li segnaliamo per-
chè riguardano affatto cose nostre ,
monumenti e luoghi storici, opere di
arte, costumi ed usanze, tradizioni del
popolo ; tali Santa Maria delV Am-
miraglio^ Conca d'Oro, Snl Catalfa-
no (Solunto), Sul Caputo (Castellac-
cio). Mar edolce, Mondello, Pesca del
Tonno, Leggenda della Zisa, La Nin-
na-Nanna del Natale , Il mercato
delle frutta, Calatrasi ecc. ecc.
S. S.-M.
e città di Romagna, subire il domi-
nio borgiano in due distinti periodi,
e cioè : durante il primo esilio di
Guidobaldo da Montefeltro fino alla
caduta del dominio in Eomagna (giu-
gno-ottobre 1502) e dopo l'invasione
delle quattro fortezze (decembre
1502-agO8to 1503), scotendo il giogo
nei brevi giorni che corsero dalla
ribellione di San Leo al secondo esi-
lio di Guidobaldo (ottobre-decembre
1502). Venuta la catastrofe dei Bor-
gia, San Marino «riassunse il dram-
ma per conto suo in una epigrafe
magniloquente incisa ora sulle mura
del Palazzo governativo e retro-
spettivamente indirizzata a Cesare
Borgia : Bepublica a dominatione tua
liberata nobis cito fuisti nihil ».
S. S-M.
Amy A. Bernardy. Cesare Bargia e la
Bepubblica di 8. Marino (1500-
1504). Firenze, Francesco Lumachi
8UCC. ai Fratelli Bocca Libraio-
Editore; 1905. In 16-, pp. 93.
Francesco Luigi Manaacci. La Cronaca
di Jacopo da Varagine. Genova ,
A cura del Municipio; 1904. In 8*,
picc. pp. VIII, 85.
L'egregia Autrice, che in varie al-
tre accurate pubblicazioni si è occupa-
ta della Repubblica di San Marino du-
rante il medio evo , nella presente
studia ed accerta co' documenti le
relazioni che corsero tra essa ed il
Duca Valentino dal 1500 al 1504. E
dimostra che la Repubblica, la quale
fino all' alba del secolo XVI era
vissuta abbastanza prosperamente
fra l'amicizia degli Urbinati, le in-
sidie della Santa Sede e l' aperto
odio dei Malatesta , dovè piegare
anch'essa alla prepotenza feroce del
Borgia e , come tutte le altre terre
Il Chranicon civitatis januensis di
Jacopo da Varagine , dato solo in
piccola parte a stampa dal Muratori
e studiato pur parzialmente da pa-
recchi , ora è preso in minuto essi-
me dal Mannucci come un'opera che
se poco utile riesce per la conoscen-
za delle vicende civili e politiche
del passato di Genova, è però utilis-
sima e di capitale importanza per
lo studio di quella antica cultura
genovese che è stata presa a studia-
re da recente da alcuni valentuo-
mini.
L'A. fatto conoscere lo stato di
588
BULLETTINO BIBLIOGUAFICO
cultura de' Genovesi in rapporto alla
loro yitiì pubblica e privata ai tem-
pi del da Varagine, fa notare l'in-
cremento che questi e Giovanni
Balbi vi portarono ; e quindi con
corredo di studj eruditi esamina il
Chronicon, additandone le fonti con
una certa larghezza ed i rapporti
con altre cronache del tempo, e di-
mostrando quali furono gì' intenti
del da Varagine nel compilarlo, in-
tenti che nocquero alla buona riu-
scita di esso; di modo che poco esso
vale come storia propriamente detta,
e riesce « una scrittura ibrida, che
da un canto può dirsi un inutile
trattato di morale civile, da un altro
un malfatto epitonìe dei Caffari, ver-
niciato di erudizione e di supersti-
zione medievale ».
S. S-M.
Umberto dovane. Il Generale Giuseppe
Gavone. Frammenti di memorie.
Torino, Francesco Casanova, Edi-
tore : 1902. In 8-, pp. XII, 523,
con ritratto in fototipia.
DiscuBso e avversato in vario mo-
do, massime in certi momenti di
sna vita, il Generale Giuseppe Go-
vone fu certo un proile soldato, un
diplomatico abile, un carattere, che
col braccio u col senno contribuì alla
formazione e rassodamento dell'uni-
tà italiana. R bene ha fatto il fi-
kHoI suo a rac<'oj?lierne le UK-morie
che rÌMultano da frani menti <li ricor-
di ad intervalli vergati , da lettere
e da relazioni ufficiali , che egli , il
figliolo, completa con narrazioni e
riassunti. Il libro riesce così di uou
poco interesse per la storia contem-
poranea d'Italia ed in ispecieper i
periodi che si riferiscono alla guerra
di Crimea , al periodo agitato 1860
1863 , alla guerra contro 1' Austria
1866.
S. S.-M.
Dott. Musotto Gialiano. Apollonia Si-
cilia. Ubicazione e storia attraverso
i secoli. Palermo, Sciarrino 1906.
È un opuscolo interessante nel
quale l'A. tende ad identificare il
sito di Apollonia con quello della
odierna Pollina ed a raccogliere le
poche e sparse notizie storiche su
questa città durante l'antichità e il
Medio Evo.
Sebbene la ricerca delle parti sia
incompleta, non manca nell'A. spi-
rito critico e buon senso, che egli
potrà mettere in migliore evidenza
in opera di maggior mole. Però dati
i cambiamenti di luogo di varie città,
e noto tra queste Gangi che due
volte mutò sito, non si può stabi-
lire in modo assoluto che Apollonia
fosse proprio sul sito iilentico su
cui sorge Pollina , n^ ciò appare
dimostrato, nò poteva esserlo, dal-
l'A., in base alle scarse fonti dalle
<|uali si può attingere.
0. C. O.
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
589
ALTRI LIBRI RICEVUTI IN DONO ^'^-
Cassa Centrale di Risparmio Vitto-
rio Emanuele per le Provincie Si-
ciliane in Palermo. Premiata con
medaglia di argento all' Esposi-
zione Nazionale di Palermo 1891-
1892, con medaglia d'oro a quella
Nazionale di Torino 1898 ed a
quella Universale di Parigi 1900,
e con diploma d' onore a quella
Agricola Siciliana di Palermo-Mar-
sala 1902-903. Resoconto dell'anno
1904, XLII dalla fondazione. Pa-
lermo, Stab. tip. A. Giannitrapa-
ni ; 1905. In fol., pp. 44, più pa-
gine 41 di Alligati.
tìiaseppe Castelli. Il pregiudizio di
una lingua universale. Roma So-
cietà Editrice «Dante Alighieri»,
Albrighi, Segati e C. ; 1905. In 8-,
pp. 27.
G. Chinigò. I veri interpreti del pen-
siero dantesco. Seconda edizione.
Messina , Tipografia D' Amico ,
MCMIV. In 8-, pp. 31.
Adriano Colocci Tenente-Colonnello
1- Regg. Alpini (M. T.). Le Trup-
pe di montagna ed i coefficienti
psichici della difesa alpina. Confe-
renza tenuta al Circolo Militare
degli Ufficiali in Catania. Catania,
coi Tipi di Giuseppe Russo 1905.
In 16-,p. 80.
L'Origine del Bohémiens. Essai cii-
tiqne par le Marquis Adrieu Co-
locci. Città di Castello, Tipografia
della Casa Editrice S. Lapi ; M.
DCCCCV. Infoi., pp. IV, 24.
Francesco Gnardione. Giuseppe Maz-
zini e il risorgimento politico d'I-
talia. Palermo, Alberto Reber; 1905
In 16-, pp. 115.
Francesco tìaardione. La coscienza mo-
derna d'Italia. Messina, Tipografìa
D'Amico; 1905. In 8-, pp. 21.
L. La Rocca. La quadruplice alleanza
dell'anno 1718. Estratto dalla «Ri-
vista Abruzzese» di Scienze, Let-
tere ed Arti. Teramo , « Rivista
Abruzzese», 1904. In 8', pp. 58,4.
Francesco Luigi Mannneci. L'Anonimo
Genovese e la sua Raccolta di
Rime (sec. XIII - XIV). Con Ap-
pendice di rime latine inedite e
tre facsimili. Genova, A cura del
Municipio; 1904. In 16' , pp. X ,
272, con mia Tav. in fototipia.
Dizionario illustrato dei Comuni Si-
ciliani compilato da Francesco Ni-
cotra. Coi concorso d' insigni col-
(1) Di quelli, che maggiormente interessano la storia nostra, sarà detto proesi-
mameute.
590
BULLETTINO BIBLIOGRAFICO
laboratori e dei Municipi della Si-
cilia. Società editrice del «Dizio-
nario illustrato dei Comuni sici-
liani», Palermo. In 4' , Dispensa
le II, pp. 128. (Diremo larga-
mente di questo Dizionario, a piib-
blif.azione più inoltrata).
L. Salazar. Storia deHa Famiglia Sa-
lazar. Il Reggente Alfonso Sala-
zar ed i Conti del Vaglio suoi di-
scendenti (Ramo di Napoli). Bari,
1904, Direzione del Giornale Aral-
dico - Genealogico. In 4', pp. 34.
Un nuovo fiorellino di Dante Ali-
ghieri. Montecassino, 1905. In 8,
pp. 14. (Trattasi di una nuova
lezione d^un brano del Commento
dantesco cassinese).
Laigi Vitali. Licata e il suo territorio.
Licata , Stab. Tip. De Pasquali ;
1905. In 16', pp. 26.
CRONACA E NOTIZIE.
Onoranze a Mons. Vincenzo Di Giovanni.
Per iniziativa della nostra Società di Storia Patria e col concorso degli
amici e discepoli ed ammiratori del compianto Mons. Vincenzo Di Gio-
vanni, si è costituito un Comitato, preseduto dal nostro Sen. A. Guar-
neri, per erigere nel tempio di S. Domenico , Panteon degl' illustri sici-
liani, un monumento commemorativo all'illustre storico e filosofo.
Intanto nella Cappella gentilizia , erettii a spese della sorella dell' E-
stinto in Salaparuta, è stato egli tumulato diflBnitivamente il 18 ottobre
1904, con mesta solennità e concorso del Magistrato Municipale e di Rap-
presentanze e di popolo. La Cappella è opera egregia dello scultore pa-
lermitano Domenico Delisi, e riuscitissimo artisticamente e somigliante
è il mezzo busto a basso rilievo nella lunetta soprastante all'architrave.
Come ricordo i: stato messo a stampa l'opuscolo : Tnmulasione del cada-
vere di Mons. Vinceìiso Di Giovanni Arcivescovo di Pessinonte nella Cap-
pella yenlilieia del Cimitero di Salaparuta (Palermo , Scuola Tip. « Boc-
cone del Povero», 1J)04; in 8., pp. 12).
Giubileo cattedratico del Prof. Salìnas.
Venendo a compierHi, col novembre 1905 , il quarantesimo anno del-
rinM«Knanieiito accademico del nostro Prof. Antonino Salina», un Comi-
CRONACA E NOTIZIE 591
tato di Col leghi, discepoli e studiosi di antichità « ha deliberato di ono-
rare il giubileo cattedratico dell'insigne scienziato mediante la pubblica-
zione di un volume di scritti di archeologia e di storia ». A capo di que-
sto Comitato, che ha diramata in proposito una lettera circolare a stampa,
sta il nostro illustre Presidente Senatore Prof. Andrea Guarneri.
Società regionali siciliane di storia patria.
— Il Consiglio Comunale di Catania ha deliberato di sussidiare , con
un assegno di L. 1200 annue, la locale «. Società di Storia Patria per la
Sicilia Orientale». Additiamo ammirati il nobile esempio di civiltà, che
dee suonare acre e meritato rimprovero a quegli Amministratori del Mu-
nicipio di Palermo che nel Bilancio Comunale del 1904 tolsero tutti i sus-
sidj agli Istituti scientifici e letterarj della Città, già da tanti anni goduti!
Ma più civili e più logici, i successori di quest'anno 1905 li hanno ripri-
stinati a onore e lode della eulta Citta.
— Dopo Messina e Catania , anche Siracusa si muove per avere una
locale Società di Storia Patria. Se n'è fatto promotore il sig. Luigi A-
gati-Caracciolo, che in proposito ha messa fuori una lettera nel giornale
siracusano II Corriere del 10 agosto.
Mostra etnografica retrospettiva dei Trasporti terrestri e marittimi.
Per la « Esposizione di Milano 1906 » che si prepara per la inaugura-
zione del nuovo valico del Sempione, avrà luogo La Mostra retrospettiva
dei Trasporti Terrestri e Marittimi, che riuscirà interessantissima alla
storia ed alla etnografia, essendo anche internazionale. La Presidenza
della Mostra ha nominato il Prof. Dott. Salvatore Salomone-Marino suo
speciale incaricato per raccogliere ed illustrare tutto quanto riguarda le
Provincie siciliane per la detta Mostra etnografica. Il Dott. Salomone-
Marino, accettando l'incarico, si è subito messo all'opera, con l'augurio
che la Sicilia non abbia a restar ultima tra le consorelle regioni. Daremo
a suo tempo più precisi ragguagli.
Società Dante Alighieri.
La patriottica Società Dante Alighieri, che oramai conta 30 mila Socj
divisi in 177 comitati (135 nel Regno e 42 all'estero) ha tenuto quest'anno
il suo ordinario congresso a Palermo, dal 21 al 24 ottobre.
Per il gran numero dei congressisti (rappresentanti dei Comitati e
Soty) tra i quali erano Uomini chiarissimi e colte e gentili Signore, e per
592 CRONACA E NOTIZIE
la importanza dei temi trattati ia lunghe ed animate discussioni, questo
Congresso è riuscito utile ed interessante.
Palermo, ed in ispecie le Signore palermitane, ed anche alcune altre
città dell'Isola, in cui parecchi Congressisti si sono recati per ammirarne
i monumenti, hau fatto gli onori di casa , conformemente alla tradizio-
nale ospitalità siciliana, e ne hanno avuto lodi e vivi ringraziamenti.
Per la occasione è stato musicato ed eseguito l' Inno della Società ,
opera pregevole ed accolta con vivo plauso da tutti, della nostra valorosa
musicista Signora Adelaide Albanese. L' Inno è ormai stato dichiarato
« ufficiale » della Società.
Lapide per Bellini a Puteaux.
Mercè le attive , intelligenti , premurose ricerche del sig. G. Caponi,
corrispondente della Tribuna e di altri giornali italiani in Parigi , si è
potuta rintracciare e conoscere a Puteaux, villaggio prossimo alla grande
metropoli di Francia, la casetta ove morì l'immortale genio catanese Vin-
cenzo Bellini.
Con gentile pensiero, il Municipio di Puteaux deliberò di apporre una
lapide commemorativa a quella casetta; di che il Consiglio Comunale di
Catania, con voto unanime di acclamazione del 16 giugno, ha deliberato
di ringraziarlo.
Pubblicazioni recenti.
n IX centenario della fondazione della Badia greca di Grottaferrata,
che di recente si è solennizzato, ha offerto occasione di pubblicare parecchi
lavori storici su questa celebre Badia.
Di speciale importanza è però un Safiyio sui manoscritti autografi di
S. Nilo Juniore , fondatore di detta Badia. Il qtiale Saggio ha dato in
luce il dotto monaco siciliano D. Sofronio Gassisi, a cui facciamo lodi e
cougratula/.ioni vivissime.
— Licata e il huo territorio (Licata , Stab. Tip. De Pasquali, 190') :
in 8., pp. 2H) è il titolo di un lavoretto che il Prof. L. Vitali ha pubblicato
per rivendicare a Licata (nella occasione della questione che s'agita per
la circoKcrizione territoriale) la giurisdizione su quattro ex-feudi che in
paiuuit4> le venne tolta per esser «lata ad altri Comuni Unitimi.
— Il Prof. Dott. Tommaso Papandrea , del II. Ginnasio di Acireale,
ha meHM) fuori (^nattro lettere, inedite di Michele Amaria Salr(ttore Vigo
^Acireale, Tipografia U. Donzuso, 1905; in 8., pp. 19), prenu'.tteadovi una
avvertenza ben fatta intorno al benemerito patriota e letterato S. Vigo,
la cui buona e cara (tgura è sempre viva in Palermo a quanti lo conob-
CRONACA E NOTIZIE 593
bero. Le lettere sono del 1845 , 1846 , 1849 (due), e gioveranno per una
nuova edizione del Carteggio dello Amari stampato dal Prof. D'Ancona.
— Il Prof. G. Cliinigò ha messo fuori la seconda edizione del suo
caldo e dotto discorso, tenuto il 25 marzo 1900 all'Accademia Peloritana
di Messina , su / veri interpreti del pensiero dantesco (Messina , Tipogr.
D'Amico, MCMV, in 8., pp. 51).
— I Frammenti di cronaca messinese, pubblicati dal Prof. Valentino La-
bate (Messina, Libreria editrice Ant. Trimarchi, 1904), per quanto brevi,
sono interessantissimi ; si riferiscono : il primo , alla strage di Otranto,
che i Turchi occuparono nel 1480; il secondo, alla peste che desolò Mes-
sina nel 1482. Autore n'è un Pietro SoUiraa messinese, di cui non si hanno
notizie sinora.
— Il sig. Marco Vattasso, proponendosi di dare una nuova edizione
della Historia del Falcando , che tra le « Fonti per la Storia d' Italia »
dell'Istituto Storico Italiano avea dato il nostro Prof. G. B. Siragusa, co-
mincia col metter fuori alcune osservazioni sul Codice Benedettino di
S. Nicolò l'Arena che il Siragusa illustrò in Appendice speciale. Queste
osservazioni essendo poco benevoli e quasi tutte infondate o erronee , il
Siragusa glielo dimostra bellamente in un opuscolo : Sul Codice benedet-
tino di S. Nicolò dell'Arena di Catania contenente la Historia o Liber de
Regno Sicilie e la Epistola ad Petrum Panormitane Ecclesie Thesaurarium
di Ugo Falcando. A proposito di una recente pubblicazione. (Palermo, Of-
ficina Scuola tipografica Colonia Agraria S. Martino, 1905; in 8., pp. 27).
— La Costituzione e le prime vicende delle Maestranse di Catania (Ca-
tania, R. Tip. Cav. N. Giannotta, 1905; in 8., pp. 30), per Fedele Mar-
letta, è un breve ma accurato studio, seguito da documenti, sui Capitoli
ottenuti dagli Artigiani catanesi nel 1435, che ad esempio degli Artigiani
di altre città si costituirono in associazione.
— Le Begistre de Luis III^ Comte de Provence Boi de Sicile , et son
Itineraire {1422-1434) di V. Lieutaud (Sisteron, Albert Clergue, libraire,
1905; in 8., pp. 16), merita per la storia del Regno di Napoli specialmente
che sia consulttito e tenuto presente.
— Tra le pubblicazioni siciliane recenti, che meritano di venir segnalate
in occasione della ricorrenza del Centenario del Petrarca, notiamo (oltre
quella del Salvo - Cozzo, della quale diremo a parte) il discorso magistrale
ed elegante di Ugo Antonio Amico : Per il centenario di Francesco Petrarca
(Palermo, Tipografia F. Barravecchia e Figlio , 1905 ; in 4-, pp, 24); e
quello erudito di Letterio Lizio - Bruno : Il Petrarca e Tommaso da Mes-
sina (Messina, Tipografia D'Amico, 1905: in 8-, pp. 40).
— Il caro nostro socio Can. Vincenzo Raciti Romeo ha pubblicato con
la solita sua valentia e diligenza i Cenni storici sulla famiglia Vasta di
Acireale (Acireale, Tip. Orario delle Ferrovie, 1906; in 8-, pp. 23) , per
festeggiare le nozze del Sig. Avv. Rosario Cirelli con la Signorina Euri-
594 CRONACA E NOTIZIE
chettii Pennìsi Leila e del Sig. Avv. Placido Girelli con la Signorina Fla-
via Grassi Vigo. Si illustrano specialmente il giureconsulto Alfio Vasta
(1617-1677), il poeta storiografo Sac. Sebastiano Vasta- Girelli (1692-1752),
il pittore Pietro Paolo Vasta, precipuo onore della famiglia e di Aci e
di Sicilia (1667-1760), e il patriota e soldato Alfio Grf^ssi (1766— 1827).
— De Le Tranvie elettriche in Messina , seconda edizione con giunte
e appendice (Messina, Tipografia F. Nicastro, Febbr. 1906 : in 16', pp.
51), lavoro del valente Prof. Michele Basile, ci occuperemo nel prossimo
fJElSCicolO.
— Appartiene allo stesso Prof. Basile la Cronaca del Gabinetto di
Lettura di Messina (Messina, Tipografia F. Nicastro, marzo 1906; in 16,
pp. 20) , nella quale è tracciata brevemente la storia di questa fiorente
istituzione così utile alla città, e si fanno in proposito delle sennatissime
osservazioni e degli appunti severi.
S. S. -M.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
(Atti di Accademie , Società Scientiiìclie , di Storia Patria , etc. etc.
inviate alla « Società Siciliana per la Storia Patria) ».
A) Italiane
Archeografo Triestino. — Raccolta di memorie, notizie, docu-
menti, particolarmente per la storia della Regione Giulia —
Editrice la Società di Minerva — Trieste — Voi. I della
terza serie, XXIX della raccolta.
Memorie e dissertazioni : Del catastico del monastero del SS. Martiri
in Trieste , G. Occioni Bonaffons — Messer Luca de Renaldis di Veglia,
vescovo eletto di Trieste, ed il suo diario 1451-1513, Pre'' Valentino Bal-
dissera — Sull'origine dei Cici, contributo all' Anografia dell' Istria, Giu-
seppe VassiVich—SAggi di scritture di bordo del medio evo, Giuseppe Gel-
cich — Fiaschetta da polvere nel civico museo di antichità a Trieste, Ar-
duino Berlam — Il vallo romano sopra Ciana, Tommaso Luciani —La strada
romana da Aquileia ad Emona, Alberto Puschi — Un po' di sardo, M. G.
Bartoli — Un' amicizia giovanile di Niccolò Tommaseo , F. Pasini — Un
maestro piranese del secolo XIV, Arnaldo Segarissi — Lettere inedite ri-
guardanti 1' assedio di Vienna , fatto dai Turchi nell' anno 1683 , Ercole
Scatassa.
Bibliografia : recensioni , rassegna — Notizie archeologiche — Spigola-
ture e appunti.
Archivio Trentino, pubblicato per cura della Direzione della
biblioteca e del museo comunali di Trento — Trento —
Anno XYIII (1903).
Articoli: Documenti di Mezocorona , 2>. i^etc/* — Nobile famiglia dei
Caldesio o de Caldés, V. Inuma— 1\ ritorno degli arazzi clesiani a Tren-
to , L. Orbesiner — Nuovi particdari sulla storia esterna del Concilio di
596 SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Bologna, L. Carcereri — Auticbe campane nel Trentino, G. Gereìa — Dei
signori fidecoiuissari di S. Ilario nobili Calderon e loro discendenti, C. de
Festi — I Tiiiliassi della Tavola clesiana, G. Cicolini — Scoperta di oggetti
gallici nella Valsagana, L. Campi — Dell'incisore trentino Aliprando Ca-
prioli, G. Suster — Spoglie di pergamene, L. Cesarini-Sforsa — Frammenti
castrobarcensi, G. Gerola.
MiscelUxìiea : I Trentini al Congresso internazionale di scienze stori-
che (1) — Scoperta di \\\\ quadro clàssico nella chiesa di S. Chiara a Tren-
to — Il dipinto murale di Casa Garavaglia De' Soresina — Il Concilio di
Trento dalla traslazione alla sospensione — Ritrovamento gallico presso
Castel Selva— L'i. r. Accademia di scienze, lettere ed arti degli Agiati —
Un poeta latino giudicariense del Cinquecento— Frammento d' iscrizione
sacra trovata in Tavon— Scavi e scoperte a Trento e a Monte Vaccino -
A proposito dei lavori di rest^iuro del Duomo di Trento— Teodoro Momm-
sen — Cesare Ravanelli.
Archivio Trentino , pubblicato per cura della direzione della
biblioteca e del museo comunali di Trento. — Trento —
Anno XIX (1904).
Articoli : Stazione gallica sul Dos Gaation presso Terlago nel Trentino.
fj. Campi — Le fonti di Plutarco. Per un episodio della vita di Mario,
G. Oberziner — Famiglie e castelli de' Malosco e de' Vasio nella Valle di
Non, V. Jnc ma— Nicolò Tommaseo e il concorso per la cattedra di gram-
matica nel Ginnasio di Rovereto , L. Oberziner — Marco da Caderzone.
Una pagina di storia gindicariese, L. V«7ertii— Carlo de Giuliani , L. O-
berziner. — I rinvenimenti preistorici, romani e raedioevali nella Naunia,
(1) Kelativaraeuto alla Sicilia legnosi u pa^. 124: «Il Prof. Paolo 0r»i, uu dotto
Trentino, eh' fc Direttore del Muhoo di Siracusii, parlò presso la Seziono aroboolo-
logica dolio ricorebe, uol uoruo di ben 14 anni da lui OHOguite nel Sud Est della
Sicilia. I risultati delie inedoHime 8i riassuiuono nella oonstataziune di diverso ci-
viltà coìh Huccodutosi. Prima tra esse ^ (inolia cbe può c-bianiarMÌ prcsicula , le cui
vcAtigia ni manilontanu nella Htazionc di StoutincUo con lo huo (;oraniiobc rassonii-
{{iianti i|noll<i doi Uelmen. Indi la prima eiriltà siaula, cbe laHciò traci^ia di sé nulle
ioiMunori tombe con lo coraniicbo dipinte in stile empostiuo; la seeondu eiviltà aieula
«iKniflcata d» apode o vati mioenei; in flne la terxa civiltà aiaula, in cui, comincia
a manifeMtumi con la coloni/./.azione greca 1' iniluHHo del mondo ellenico sui centri
indigcui, iMUisa \Hsri> che gli clementi civili di «lUCHti coi greci mai del tutto hì fon-
ilnuMiro.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 597
L. Campi — La traduzione dialettale della Catinia di Sicco Polenton, C.
Battisti — Regesto delle pergamene che si conservano nell' archivio del
comune di Castelfondo, V. Inama.
Miscellanea: Scavi e scoperte a Trento, a Villazzano, a Zambana e a
Cala vino — Relazione di un viaggio nel Trentino nel 1492— Ancora la la-
pide romana di Calavino— Concentrazione degli atti notarili a Trento e
a Rovereto — Ferrara portava anticamente il nome di Trento?— Museo
Romano delle provincie italiane d'oltre confine. La Via Cavour e i Fori
imperiali.
L'Ateneo Veneto , Rivista bimestrale di scieDze , lettere ed
arti — Venezia — Anno XXVII — Voi. I, Gennaio-Giu-
gno 1904.
Memorie : Co : Filippo Nani Mocenigo, G. Savorgnano — Motti del po-
polo veneziano, Cesare Musatti— ha poesia di Aleardo Aleardi, M. Padoa —
TI divorzio di Aldo Manuzio il giovane, A Pilot—'Sote sui comuni rurali
bellunesi, Gianluigi Andrich—Da Venezia a Milano per il Po, Trtiffi, Fer-
ruccio—Yictor Emmanuel III (Prince de Naples) Numismate, loseph Io4-
bert — Domenico Giuriati, F. N. Mocenigo — Considerazioni tecniche — arti-
stiche sulla ricostruzione del Campanile di S. Marco, (?. Sardi — Il tra-
dimento nella caduta di Candia, G. Paranello — Wolfango Goethe a Ve-
nezia (28 sett. — 14 ottobre 1786) Prof. Luigi Vianello — Lega contro l'Al-
coolismo e Associazione del riposo festivo.
Eassegna bibliografica : Nota letteraria. Alfonso de Laraartine e 1' I-
talia (a proposito di un libro di Gemma Cenzatti) Luigi Zenoni — Antonio
Labriola (Necrologia) Giulio Natoli.
L'Ateneo Veneto. — Rivista trimestrale di scienze, lettere ed
arti — Venezia — Anno XXVII — Voi. II Luglio — Dicem-
bre 1904.
Memorie : Ancora del broglio nella Republica Veneta, A Pilot — Saggio
di una collezione di molluschi eduli del mare e della laguna di Venezia,
F. Ninììi— Assedio di Venezia (1848-49). Poemetto dialettale di Gigio da
Muran , Boti. Fiorioli Della Lena — Un nuovo codice di Giustinianee ,
S. Fermi — Daniele Manin. Commemorazione tenuta nel primo centenario
della sua nascita, Alessandro Pascolato — Gli St.atuti della Repubblica, di
Sassari dell'anno 1316, Doti. Vittorio Fimi.
Rassegna bibliografica : Ricordi e Memorie.
Areh. Stor. Sic. N. S. Anno XXX. * 89
i98 SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Nuovo Archivio Veneto, piiUblicazìone periodica della K. De-
piitazioDe veueta di storia patria— Innova serie — Anno
IV — Venezia, 1904.
Il Cancellier Grande di Clnoggia, Carlo Bullo — L'arcidiacono Pacifico
di Verona inventore della bussola?, A Spagnolo — Il viaggio da Venezia
a Costantinopoli del conte Luigi Ferdinando Marsili (1679) L. Frati— lì
comune di Treviso e la cavalleria, Huggiero Battùtella — Il Bailaggio a
Costantinopoli di Girolamo Lippomano e la sua tragica fine, Padre Dot-
tore Ang. Torr»«ne— L'Istoria Vineziana di M. Pietro Bembo , C. Lago-
maggiore — Originali antichissimi della cancelleria veneziana, V. Lazza-
rini — Dei Giudici veneziani prima del 1200, M. Bobertì.
Rassegna bibliografica : Appendice — (Pubblicazioni sulla storia medioe-
vale italiana), Carlo Cipolla — Atti della E. Deputazione Veneta di Storia
Patria.
Rivista geografica italiana e Bollettino della Società di studi
geografici e coloniali in Firenze — Firenze — Annata XI
(1904).
Memorie e Relazioni : Giovanni Targioni Tozzetti e la illustrazione
geografica della Toscana, O. Marinelli — La dottrina della marea nell'an-
tichità classica , R. Almagià—J\ IX Congresso geologico internazionale ,
e l'escursione glaciale nelle Alpi Austriache, G. Dainelli — I recenti pro-
gressi nelle determinazioni relative di gravità e la loro importanza per
la geofisica, 0. P. Magrini— 1 recenti studi sui highi della penisola bal-
canica, O. Marinelli— Osservatorio Xiraeniano di Firenze, P. G. Al/ani--
La penisola Balcanica e l'Italia, F. Musoni — Per la storia della conoscenza
dell'Appennino, Gabriele Grasso — I momenti storici della colonizzazione,
Renato Biasutti—Lie moderne teorie della livellazione geometrica di pre-
cisione, Antonio Loperfido— Il V Congresso Geografico Italiano (sezione
storica) Francesco Musoni (1) — Sopra un nuovo supposto primo invou-
(I) Nel fsjic!. Vili, a imjr. 391 hì lojjjjo : «Il i>rof. Sebastiano Crino svoIko la sua
nilnziuiin : Nuovo ditegno in ordine alla potizione topografica di Akragat, sulla qualo
il prof, Cuainio Bertacoht richiama l'attonzioue della Soriono. Dall'esamo luinutu o
paxiotitfl dolln fonti oIunhìoIio, coiitrullatu dulI'oHMorvazioiitMlirottadoi luo^rhi, (>Hulla
ba«« di docuuiftuti nuiiiiituiatlci « icono^nillci, il Criii») HtabiliHcu uu dÌ8Cj;uo londa-
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 599
tore della bussola nautica, Timoteo Bertelli — L'ottavo Congresso interna-
zionale geografico di Washington, Timoteo Bertelli. Bibliografia Geogra-
fica della regione italiana^ L. F. De Magistris.
Note e Comunicazioni : La superficie del Principato di Monaco, Carlo
Errerà— ha, spedizione inglese nel Tibet, G. P. Magrini-li Tibet nella
relazione del P. Ippolito Desideri, A Magnachi — L'area del Regno d' I-
talia per comuni, A. Mori — Ancora sulla patria di Giovanni Caboto,
Pietro Gribaudi — Le isole linguistiche tedesche in Piemonte, Ciotto Da-
nielli — Sulla variazione secolare della declinazione magnetica in Italia,
anteriormente al secolo XVII, Carlo Errerà — Un mistpoefifer nel Tren-
tino, Ér. V. Galligari— Una, descrizione geologica dell'Italia meridionale,
O. JfanneMi— Problemi vecchi e idee nuove : la classificazione delle razze
umane, B. Biasutti — Uno sguardo sull'opera scientifica delle piii recenti
spedizioni polari antartiche, (1901-1904), A. Faustini— Il Colonnello Giu-
seppe Roggiero, G. i?icc/nert— Notizie (1) — Bibliografia (2) -- Atti della
Società di studi geografici e coloniali residente in Firenze.
luontaluieuto nuovo della topografia dell' antica città : rileva che le sue conclusioni,
mentre si accordano perfettamente col passo di Polibio (IX, 27), eh' è la fonte prin-
cipale per la topografia di Akragas, o collo testimonianze degli scrittori antichi, of-
frono ancora un pieno accordo coi simboli della numismatica e della ceramica an-
tica. Dalla Vedova, Cora, Grasso e Viozzoli lodano il lavoro del Crino che con l'an-
nessa cartina ò stato pubblicato negli Atti del V. Congresso Geografico Italiano.
(1) Relativamente alla popolazione della Sicilia nei secoli XVI , XVII e XVIII
nel fascicolo V si danno le seguenti notizie , tratte da uno studio di statistica sto-
rica che il prof. Giulio Beloch pubblica nella Rivista italiana di sociologia :
Anno 1501 Abitanti 620,000
1548 » 840, 000
1570 » 993, 000
1583 » 1, 017, 000
1607 » 1, 090, 000
1613 » 1, 124, 000
» 1681 » 1, 185, «00
» 1713 » 1, 147, 000
Queste cifre sembra ohe sieno tutte un po' inferiori al vero, (circa del 10 oiO) in
causa alle imperfezioni dei censimenti. Il Boloch fa notare il rapido aumento della
popolazione fra il 1501 e il 1570, il successivo suo rallentarsi e l'arresto subito nel
IG81. La diminuzione indicata nelle ultime due cifre non è sicuro se sia reale o solo
apparente e dovuta alle operazioni del censimento.
In altro luogo dello stesso fascicolo V si dà alcuno notizie sulle condizioni at-
tuali del cratere dell'Etna.
(2) Il prof. Olinto Marinelli prendo in esame un lavoro di Platania Giovanni, in-
titolato : / cavi telegrafici e le correnti sottomarine nello stretto di Messina , ed il
600 SOMM4.RIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
B) Estere
Bulletin de T Académie d' Hippone , Bone (Algerie) Bulletiu
N. 30
Liste generale dea Membres et des Sociétés corre spondantes de l'Ac-
cadèmie d'Hippone — Note sur quelques Antiquités non romaines conser-
vées a Bone par M. StépJiane Gsell -Des deux Médaillons en terre cuite
provenant de Tibessa. Etude rétrospective, par M. le capitaine Mélix et
M. Alex Papier — Analyse, par feu M. le capit^in Mélix des deux Cachet
d'oculistes publiés par l'Accadèmie d'Hippone — Contribution aux Etudes
berbéres, par M. L. Levistre — L'origine et la signification révélées des
Lettres de 1' Alphabet. Les Caractères primitifs ou Tijinarg'h , pur M.
L. Levéstre — Un Dolmen à cupule du cercle de La Calle, par M. le doc-
teurs Carton—An sujet de la Mosaique à médaillons de la villa Chevil-
lot, à Hippone, par M. Alex Papier.
Revue d'Histoire Ecclesiastique , pnbliée à l' Université catho-
lique de Louvain — Louvain — Quatrième année (1093) (1).
Articles : L'Agape, F. X. Funk—heB écoles historiques de Saint— De-
nis et Saint — Germain — des— Prés dans leurs rapports avec la composi-
prof. Attilio Mori fa un» diligente recensione dello studio del nostro socio D.r Giu-
seppe La Mantia, intitolalo : / Capitoli delle colonie greco-albanesi di Sicilia, e oon-
clnde con queste parole : Non abbiamo bisogno di rilevare l' importanza ohe pre-
senta la pubblicazione del La Mantia por la Storia e per la Geografìa storica della
Sicilia.
(1) Questa Università, istituita noi 1835 a Lovanio (città del Belgio di 41000
anime, ricca di monumenti, tra i quali il Palazzo del Comune, uno dei piìl belli
che vi siano in Europa) è assai rinomata sì perchè vi si impai'tisoe l'insegnamento
di molte scienze da dotti professori, e sì perchè ha sede in un magnifìoo edilìzio.
Pj dntta la nuova università, )>orchè sin dal 1426 esisteva a Lovanio, col nome di
Alma Mater un'università che la Rivoluzione francese soppresse nel 1707. Nel 1000
r odierna Università cattolica <li Lovanio ha impreso la pubblicazione di una Ri-
vista di storia che contiene considerevoli articoli di fondo , numerosissime notizie
in cronaca ed una estesissima bihliogratia.
D» ora in poi di questa Rivista farò il sommario , essendo entrata a far parte
d«Ue ■Uro, ohe «000 inviate alla Società nostra, in cambio doli' Archivio Storico
SioiliMIO.
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 60l
tion dea Grandes Chroniques de France, Francois Bethume—li^Ilomoìovi-
sianisme dans ses rapporta avec 1' orthodoxie, G. Basneur — La roy auté
et l'Èglise en France, du IX au XI siede, Jacques Flaeh—A la mémoire
de Leon XIII, Gomte Ch. de T. Serclaes — De 1' origine du Magnificat et
de son attribution dans le troisième Evangile à Marie ou à Elisabeth,
P. Ladeuze.
Mèlanges : Le Gallicanisme en Sorbonne d'après la correspondance de
Bargellini, nonce de France (1668-1671), A. Cauchie — Note papyrologique,
F. Mayence — Un fragment du rouleau niortuaire du cardinal bénédéctin
Milon de Palestrina, D. G. Morin — Les prepara tifs de 1' expédition au
secours de Candie au printemps 1669, d'après la correspondance dea non-
cea de Paria, de Madrid et de Veniae, Ch. Terlinden.
Comptes rendus — Chrouique (1) Bibliografie.
Revue d'Histoire Ecclesiastique, piibliée à l'Université catho-
lique de Louvain — Louvaiue -Oinquieme année (1904).
Articles : Tertullien et l'Agape, F. H. Funk—lja. doctrine chriatologi-
que et sotériologique de Saint— Augustin et ses rapporta avec le néo-pla-
tonisme, C. Van Crombrugghe—O. S. B. Pèlago ou Faatidiua ?, 6?. Mo-
rin — La queation de la prédeatination aux V et VI aièclea, Fr. M. la-
cquin.
Mèlanges : Lea Inatructiona généralea aux Noncea dea Pay— Bas Expa-
gnola (1596-1635) Etude sur leur nature diploraatique et leur valeur hi-
storique , A . Cauchie — Lea dernièrs tentatives de Clemente IX et de la
France pour aecourir Candie contro les Turca 1669) , d' après lea corre-
apondances dea Noncea de Paria, de Madrid et de Veniae, Ch. Terlinden—
(1) Fra le moltissime notizie relative alle Società Storiche vi sono le seguenti,
che riguardano la nostra: Si annunzia la pubblicazione dell'indice generale dell'Ar-
chivio Storico Siciliano , fatta dal nostro zelantissimo Bibliotecario , Dottor Giu-
seppe La Mantia, e se ne toglie occasione per far cenno della fondazione della nostra
Società. Si partecipa la morte del nostro illustre Vice-Presidente Monsignore Pro-
fessore Vincenzo Di Giovanni.
Si fa inoltre menzione di Antonello da Messina, come miniaturista, a proposito
della pubblicazione di una riproduzione in fac-simile del celebro Breviarum Ori-
mani , che contiene trecento miniature di pittori miniaturisti fiamminghi , tra i
quali è annoverato Antonello.
602 SOMMARIO DELLK PUBBLICAZIONI PERIODICHE
Lettre inèdite de Pascal II , notificant la deposition de Turold , óvéque
de Bayeux, puis moine du Bec, G. Jfojin— Jean XXII (1316-1334) fut-il
un avare ?, G. Mollai — Les troie homélies cathéchétiques du sacrameu-
taire gélasien pour la tradition dea évaugiles, du symbole et de l'oraisou
domenicale , Fr. Pierre de Bemict — Ètude sur troia journaux du Concile
de Trente, S. Merkle.
Coinptes reH(Z«s— Chronique (1) — Bibliographie.
Revue d'Histoire Ecclésiastiquej xnibliée à 1' Université catho-
liqiie de Louvaine — Louvaine — Sixième annèe (1905).
Ariicles : Le «De Virginitate» de Basile d'Ancyre, F. Cavallera — Le
Pasteur d'Hermas. Un nouveau mauuscrit de 1' ancienne version latine,
,7. TToric^^'— Les sources de l'EpavtOTTjs de Thèodoret, L. Saltet—Le Pa-
pautè et l'Eglise franque à l'epoque de Grégoire le Grande, M. Vaes.
Melaìiges : Negotiations politico - Religieuses entre l'Angleterre et les
Pays-Bas catholiques , L. Willacrte-hea doléances du clergè de la pro-
vince de Sena au concile de Vienne (1311-1312), G. Mollat—'De le beso-
gne pour les jeunes. Sujet de travaux sur la littérature latine du moyen
àge, Dom. G. Morin.
Comptes rendns — Chronique (2) — Bibliographie.
(1) Si annunzia che i professori V. Epifanio e A. Giilli hanno pubblicato una
cronaca siciliana del secolo XVI (Palermo, Virzì, 1902) e si aggiungo ch'è il primo
volume di una pubblicazione dello Fonti della Storia di Sicilia dovuta alla inizia-
tiva del professore O. B. Siragusa dell' Uni voraitJi di Palermo.
Notasi file Vltialituto Italiano di arti grafiche, tra varii volumi che iia pubbli-
cato con lo scopo di far conoscere le opere d'arto delle città italiano, ha mosso a
stampa i due seguenti relativi alla Sirilia: E. Mauceri, D& Segesta a, Selinunte. Se-
rafino Rocco, Oirgenti.
(2) Relativamento alla Sicilia vi sono lo seguenti notizie. Nel N. 2, p. 494: «So
il tesoro della celebre chiesa di Santa-Maria Nuova in Monreale non ha conservato
che |Michi degli oggetti preziosi che componevano 11 suo antico tesoro , se la sua
bibliutecn h, stata assai spesso saccheggiata, vi rimangono ancora 165 diplomi, bollo
o privilegi anteriori al 1324, dei quali il canonico Q. Millunzi dà un breve sunto
In un opuiMMilo estratto dui voi. XXVIII dell'^lrcAttuo Storino Siciliano.
Nel N. 3, p. 27R : «Il barone li, Starrabba , direttore degli Arcliivi di Stato a
Palermo, ha dato p#r introduzione agli Aneddoti Htorici r littrrari siriliani i ciiuiue
libri di (Miiiiilii {Tlmmar ilr Chiiiilii, niriili finiriu Clarainonti» gegtorum per Al/i/ioii-
SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE 603
Mélanges d'Archeologìe et d'Histoire. — (École francaise de ilo-
me) XX année (1900) — Rome - Paris.
Matières : Un recueil d'adversaria autographes de Girolamo Aleatici ro,
par M. L. Delaruelle — Notes sur l'art fran^ais et l'art italien au luoyen-
àge , par M. O. loin Lambert — Les Caroli Pondus conserve» en Italie ,
par M. V. Capobianchi — Chronique archéologiie africaine, par M. S. Qse-
li — La cité Carolingienne de Cencelle (Léopoli) par M. P. Lauer — La
diplomatique des Norniands de Sicile et de l' Italie meridionale, par M.
F. Chaland&n—Grénéa\ogie8 Angevines du XI siècle, par M. H. Poupar-
tZin— Les statues équestres du Forum, par M. E. Babut — Inscriptions de
Thessalonique , par M. P. Perdrizet — Les funérailles de Clément VI et
d' Innocent VI d' après les comptes de la Cour Pontificale , par M. E.
Dépres—Lea fouilles du Sancta Sanctorum au Latau, par M. Ph. Lauer—
Les cartes vaticanes. Une vue de Rome en 1631 , par M. M. Besnier —
Les origines de la première maison comtale de Barcelone, par M. I. Cal-
mette — Les feuillets de garde de 1' Urbinas gree N. 92, par M. D. Ser-
ruys — Saint— Denis in Via Lata. Notes sur la topographie de Rome au
moyen-àge, par M. L. Duchesne.
Planches : Les Caroli Pondus -Pian de cencelle— Diplòmes de Roger
Borsa et de Guillaume II — Monnaies à effigie equestre de Septime Sé
vére — Freques du palais du Latran : Eusevelissement de Saint lean l'E-
vangèlisttì— Deux Papes -Pian des fouilles exècutees en Mars— luin 1900
dans le soubasseuìent du Sancta Sanctorum — Fresque dècoiiverte au des-
sous du Sancta Sanctorum— Vue de Rome en 1631.
Mélanges d Archeologie et d'Histoire.— (École frangaise de Eo-
ine) XXI anuée (1901) — Rome -Paris.
Matières : Le Forum de Tliugga d'après les fouilles de 1899 et 1900,
par M. L. Homo — Le Statut des neuf govenieurs et défenseurs de la
Commune de Sienne (1420), par M. I. Luchaire —Etnde sur la diploma-
8um Aragonum et Sieiliae regem libri quinque ex codice Regi Neapolitani Archivi
ntmc primtim edito, Paaoruii , 1904 , in 8.). Una prefazione ci fa conoscere Chaula
che viveva nella i>rinia metà del secolo XVI. Quanto al manoscritto, era stato in-
dicato dal Capasso nelle Fonti della storia delle provineie napolitane. Questi libri
comprendojio il periodo da maggio 1420 al 2 giugno 1424, e se sono poco interes-
santi per la storia del re Alfonso, forniscono utili particolari auU'uinanitarismo iu
Sicilia.
604 SOMMARIO DELLE PUBBLICAZIONI PERIODICHE
tiqne dea princes lombards de Bénévent , de Capite et de Salerne , par
M. tR. Poupardin — Croniqae archèologique africaine, par M. S. Gsell — Le
Sonper de lean Diacre, par M. A. Lapótre — Note sur la chronologie du
pontificat de lean XVII, par M. E. Poupardin— Thuejdiden, par M. D.
Serruys — L'état politique de l'Italie meridionale à l'arrivèe des Normands,
par M. F. (7Aa/«»jdon— Dociiments relatifs à Don Carlos de Viane (1460-
1461) aux Archives de Milan, par M. I. Calmette — L'Ètat Pontificai, les
Byzantins et les Lombards sur le littoral campanien, par M. I. Gay :
Planches : Le Forum de Tugga — Panorama de Rome par A. Van de
Wyngaerde.
Mélanges d'Archeologie et d'Histoire — (École fran^aise de Ko-
iné) XXII aimée (1902) — Rome - Paris.
Matieres : Notes sur la topografie de Rome au moyen-àge , par Mgr.
L. Duchesne — Cultes et Deux a Pouzzoles , par M. Ch. Dm6ois— Les fo-
uilles de Dougga en 1901, par M. A. Merlin — Notes sur les premiers Com-
tes Carolingiens d' Urgel, par M. I. Calmette— Une lettre dose originale
de Charles le Chauve, jiar M. 1. Calmette — Anastasiana, par M. D. Ser-
ruys — Le journal d'un habitant fran^ais de Rome au XVI siede (1509-
1540) , par M. L. Madelin — Chronique archèologique africaine , par M.
8. Gsell — La salutation imperiale de Vespasien , par M. E. Maynial —
La légation du Cardinal de Sienne auprés de Charles VIII (1494) , par
M. I. Calmette —he» dernièrs fouilles de Salone, par M. I. Zeiller—Oh-
servations sur un passage de Vitruve, par M. Ch. Dubois.
Planches: Les fouilles de Dougga en 1901 — Mosaique de Dougga — Let-
tre dose originale de Charles le Chauve — Pian d' un office pontificai du
XV siede.
Salvatore Romano
ATTI DELLA SOCIETÀ
SEDUTA SOCIALE DELL' 8 OTTOBRE 1905.
Presidenza del Cav. Or. Uff. Avv. Ouarneri Prof. Andrea,
Senatore del Regno.
La Società coli' intervento di :N. 22 dei suoi componenti si
riunisce nella propria sede.
Alle ore quattordici e mezza il Presidente dichiara aperta la
seduta e invita il Segretario Generale a dar lettura del proces-
so verbale della tornata precedente il quale resta approvata.
Lo stesso Segretario Generale presenta i libri giunti in dono
durante il mese di Settembre e quindi partecipa la perdita su-
bita dalla Società colla morte di due dei suoi più affezionati ed
antichi componenti cioè il Rev.o Sac. D. Giuseppe Emanuele
Paraci Parroco di S. Gaetano in Brancaccio e l'Avv. Oav. An-
drea Di Girolamo da Marsala; propone pertanto, e i socii appro-
vano, che venga manifestato alle rispettive famiglie un voto di
condoglianza.
Sulla proposta dei socii D.r Prof. Pitrè e D.r Lodi viene ad
unanimità di voti ammesse a far parte della Società il Signor
Antonio Franchina.
Dopo ciò il Presidente dà la parola al socio Prof. Vincenzo
Epifanio il quale intrattiene la Società con la lettura di un suo
lavoro intitolato : « Buggero II e Filippo di Al Mahdidh ».
606 ATTI DELLA SOCIETÀ
Questa lettura alla fine viene vivamente applaudita e non
essendovi altri argomenti da trattare il Presidente scioglie la
seduta.
Il Segretario Generale
D. Giuseppe Lodi
SEDUTA SOCIALE 10 DICEMBRE 1905.
Presidenza del Cav. Gr. Uf. Prof. Avv. Andrea Guarneri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società con V intervento di N. 23 socii si riunisce nella
sua sede.
Essendo raggiunto il numero legale il Presidente alle ore
quattordici e mezza dichiara aperta la seduta.
11 Cav. Carlo Crispo Moncada Vice Segretario GTenerale legge
il verbale della seduta precedente che resta approvato.
Presenta quindi i libri ricevuti in dono durante i mesi di Ot-
tobre e di Novembre e annuncia la perdita sofferta dalla Società
colla morte del Socio Sac. Domenico Onoffo Sotto Archivista al-
l'Archivio Comunale. — Propone un voto di condoglianza da ma-
nifestarsi alla famiglia La Società approva.
Ad unanimità di voti vengono ammessi a far parte della So-
cietà i signori: Hans von Pemull— Sollima D.r Francesco — Na-
Uile Prof. Michele — Furia Cav. Camillo — Palmegiano Avvocato
Marco — Radice Prof. Benedetto — Grano Comm. Ferdinando — De
Luca Aprile Prof. Comm. Girolamo.
DofM) ciò il Presidente dà la parola al Socio Prof. Benedetto
Radice il (juale legge un suo lavoro intitolato: Bronte nella ri-
voluzione del 1820, narrazione tratta da documenti inediti del-
l'Archivio di Stato.
Questa lettura viene ascoltata col massimo interesso ed alla
line h vivamente applaudita. La seduta vien tolta alle ore quin-
dici e mezza.
Il Vicesegretario Generale
Oaelo Obispo Moncada
ATTI DELLA SOCIETÀ 607
SEDUTA STRAORDINARIA DEL 24 DICEMBRE 1905.
Presidenza del Gr. Uff. Prof. Avv. Andrea Ouarneri,
Senatore del Regno, Presidente.
La Società con l' intervento di IS". 18 socii si riunisce nella
propria sede.
Essendo le ore quattordici il Presidente dichiara aperta la
seduta.
Il Vice Segretario Cav. Uff. Carlo Crispo Moncada legge il
verbale della seduta precedente il quale viene approvato senza
osservazioni.
Indi il sig. Presidente invita il Ragioniere della Società si-
gnor Vincenzo Sichera a dar lettura del bilancio di previsione
per l'esercizio 1906 e dopo la lettura dichiara aperta la discus-
sione generale; ma nessuno chiedendo la i)arola si pongono ai voti
i singoli articoli del Bilancio i quali restano approvati.
Indi si passa alla nomina di due Consiglieri in sostituzione
degli uscenti signori Prof. Cav. Salvatore Romano e Prof. Ca-
valiere Alfonso Sansone, avvertendo che per il disposto dell'Ar-
ticolo 19 dello Statuto sociale non possono essere rieletti.
Si distribuiscono le schede e si chiamano a funzionare da
scrutatori i socii signori Prof. Vincenzo Epifanio e Prof. Odoardo
Coppoler.
Il risultato della votezione è il seguente :
Socii presenti 18 — Votanti 18 — Maggioranza 10
Avv. Giuseppe Riservato Voti 13
Mons. Di Marzo Comm. Gioacchino » 11
Prof. Gaetano Mario Coli^mba » 8
Scheda bianca » 1
Si proclamano eletti per il triennio 1906 - 1908 il signor Avvo-
cato Giuseppe Riservato e Mons. Comm. Gioacchino Di Marzo.
Finita la votazione il Presidente scioglie la seduta.
Il Vice Segretario
Crispo - Monoada Carlo
SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
BILANCIO PRESUNTIVO
PER L'ANNO 1906
E a^T T K -^ T -A.
610
ATTI DELLA SOCIETÀ
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Oui
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PARTE PRIMA
E3 2:rTT::ES -^f^ t .u^^
Fondo presunto di avanzo degli esercizi precedenti
TITOLO PRIMO
Entrate effettive ordinarie
Capitolo I.
Contribuzioni sociali.
Soci — per Numero 851 azioui a L. 5 per azione
Ministeri ì *^*^^^^ Pubblica Istruzione . . . per N. 400 azioni
su. w . . . ^ j- Agricoltura Industria e Commercio. » » 5 »
( di Palermo per N. 20 azioni
Provincie. . . ] di Catania . . ' . . . . » » 20 »
( di Caltanissetta . . . . . » » 10 »
Palermo per N. 200 azioni
Messina » » 10 »
Acirejvle . . . . . . . » » 4 »
Caatrogiovanni » » 4 »
Marsala . . . . . . » » 4 »
Monte S. Giuliano » » 4 »
Municipi . . . ( Nicosia » » 4 »
Noto » » 4 »
Parco » » 4 »
Siracusa » » 4 »
Termini Imeresi » » 4 »
Alcamo » » 2 »
Salaparuta » » 1 »
Fardelliana di Trapani .
Comunale di Vicenza
Nazionale di Napoli
Nazionale Jh-aidcnze di Mila:
Comunale di Caltauissettn
UnivcrHitaria di Messina
Nazionale di S. Marco in
Comunale di Verona
Biblioteche.
Som
mano N.
. per N.
249
azioni
4
azioni
» »
4
»
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4
»
no
» »
4
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» »
4
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enezia
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2
»
.
» »
mano N.
2
»
Som
28
azioni
A Biportare L.
ATTI DELLA SOCIETÀ
611
PREVISIONE DELLE ENTRATE
Somme proposte nel presente bilancio
per articoli
per capitolo
in totale
ANNOTAZIONI
40
il40
025
4,255
2,025
250
1,245
140
7,915
4,246
2>imostraziorje dei fondo
presunto di avanzo
Resta di Cassa al 30 no-
vembre 1905 . . L.
Introiti presumibili
al 31 dicembre
1905 »
Esiti presumibili al
31 dicembre 1905 »
Differenza . . . . L.
Resta di Cassa L.
Residui attivi presu-
mibili a 31 dicem-
bre 1905 ...»
Residui passivi e. s. »
Avanzo presumibile
da inscriversi in
Bilancio . . . »
400
500
100
1,851
700
1,151
3,195
100
3,095
1,151
» 4,246
612
ATTI DELLA SOCIETÀ
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II.
III.
Biporto
. per N.
4
» »
4
» »
4
» »
2
» »
4
dei
» »
4
imano N.
22
Ì Circolo del Gabinetto Lettura Messina
Circolo Artistico di Palermo .
Circolo Bellini di Palermo
xui;j.i xjuui. . . N Compagnia dei Bianchi .
j Nuovo Casino di Palermo
f Ufficio Regionale per la Conservazione dei
1 Monumenti della Sicilia .
Capitolo II.
A.ssociazione al Feriodico e Documenti
Ministero dell'Interno
id. della Guerra
Camera dei Deputati ) a L. 25 per co
Biblioteca Palatina di Parma
Archivio di Stato di Palermo
A.ssociazione al Periodico
Archivio di Stato di Firenze.
» » » » Napoli .
» » » » Cagliari
» » » » Venezia
Biblioteca Labronica di Livorno .
» Comunale di Castelvetrano
Siragusa Prof. Giov. Battista
a L. 12 per co
Cai'itolo III.'
Rendita su fondi pubblici
Rendita .') "/„ sul DI). PP. Italiano in annll<^ L. IWO, cioè in (pianto a L.
g." <'ertiHcat^> di N. l,:W.'<,r)7H intcHtato aliii Società, od in (juanto a L.
g.» <lue cartelle al portatore, dcpoHÌ(:ite in custodia alhi Classa Centrai*
KiHp. V. iù. «li Palermo g.» cartella di deposilo di N. 335
A Riportare
ATTI DELLA SOCIETÀ
613
PREVISIONE DELLE ENTRATE
Somme proposte nel presente bilancio
per articoli per capitolo
in totale
A K :N^ O T A Z I O K I
7,915
110
8,025
125
84
209
350
8,025
209
350
8,025 »
209
350
8,584
Arch. Stor. Sic, N. S. Anno XXX
40
614
ATTI DELLA SOCIETÀ
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PAETE PRIMA
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Bipori
n.
TITOLO SECONDO
ENTRATE STRAORDINARIE
IV.
10
Capitolo IV.
Eintroiti eventuali
Vendita del Periodico l'Archivio Storico Siciliano e Documenti
11
Interessi sulle somme depositate alla Cassa Centrale di Rissp. V
. E. .
12
Contribuzioni e largizioni diverse
.
13
Bicavato della vendita di carta ai Socii
ATTI DELLA SOCIETÀ
615
PREVISIONE DELLE ENTRATE
A :n^ :n^ 0 T A z 1 0 :n^ I
omme
oziate
nel
lancio
sedente
Somme proposte nel presente bilancio
per articoli
per capitolo
in totale
,694
500
50
500
IlOO
»
»
»
»
500
75
500
100
»
»
»
1,175
»
8,584
1,175
»
^844
»
9,759
»
616
ATTI DELLA SOCIETÀ
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Oh
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PAETE PRIMA
:b isr T le ^^ T -A-
ISiepilog'o d.eirE33:ìtra,ta
Presunto avanzo degli Esercizii precedenti
Entrate cflfettive ordinarie
Entrate straordinarie
Totale generale dell'Entratj
ATTI
DELLA f
SOCIETÀ 617
PREVISIONE DELLE ENTRATE |
ANNOTAZIONI
>ninie
iziate
nel
Ancio
sedente
Somme proposte nel presente bilancio
per articoli
per capitolo
in totale
1.211
l694
150
40
»
»
■
4,246
8,584
1,175
»
,055
40
14,005
»
SOCIETÀ SICILIANA PER LA STORIA PATRIA
BILANCIO PRESUNTIVO
PER L'ANNO 1906
TT S C I T .«Su
620
ATTI DELLA SOCIETÀ
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PAKTE SECONDA
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I.
TITOLO PRIMO
Spese effettive ordinarie
I.
Capitolo I.
Fubblicazioni
1
2
3
Fondo a calcolo per la provvista di carta da impiegarsi per la pubblicazic
del Periodiro « L'Archivio Storico Siciliano » ed altro
Foujdo a calcolo per la stampa del sudetto periodico e documenti
Fondo per le spese di iscrizioni ed altro , spettanti a lavori di monume
artistici
II.
Capitolo IL
A.cquisto e rilegature di libri
4
5
Fondo per acquisto di libri per uso della Biblioteca della Società
Fondo per la rilegatura di libri esistenti nella Biblioteca della Società
III.
Capitolo III.
Imposte e ritenute
6
7
Ritenuta sopra L. 2000 di assegno del Ministero della P. I.
id. di ricchezza mobile sopra L. 350 rendita sul DI). PP. Italiano
IV.
Capitolo IV.
A.ssegni al personale di ^amministrazione
8
9
10
li^igionlere
AHHÌHt<inte di Segreteria
Barundiere
V.
Capitolo V.
Spese di Amministrazione
11
1*2
Indennità all'8 o/q dovuta sulle contribuzioni dui si riscuotcmo (lairKsattc
Imleiiuilà ^)er la dÌHtril>uzione del Periodico agli iissociali in Palciino <>
111 Hpi-dizione fuori Palermo
A Eiportare
ATTI DELLA SOCIETÀ
621
PREVISIONE DELLE SPESE |
Somme
Somme proposte nel presente bilancio
a n z i a t e
annotazio:n^i
nel
jbilancio
per articoli
per capitolo
in totale
recedente
2,000
*
! 1,500
».
2,000
»
2,000
»
600
»
500
»
4,000
»
4,000
»
4,000
100
»
100
»
•
1000
»
500
»
600
»
600
»
600
»
335
»
335
»
70
»
70
»
405
»
405
»
405
»
400
»
400
»
360
»
360
»
300
»
400
»
1,160
»
1,160
»
•
1,160
»
350
»
350
»
50
»
50
»
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7,565
»
400
»
»
6,165
»
622
ATTI DELLA SOCIETÀ
PAKTE SECONDA
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O
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TTSOIT-^
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-<
Biporto 1
13
Fondo per marche da bollo per le quietanze, mandati ed altro .
14
Spese per generi di scrittojo, stampe ed altro
15
Spese postali e telegrafiche
VI.
Capitolo VI.
Manutenzione dei locali della Società.
16
Gabella d'acqua dovuta ai Fratelli Biglia
17
Manutenzione dei locali
VII.
Capitolo VII.
i^ssicurazione dei locali della Società
18
Premio di assicurazione alla Società di Assicurazione Generali di Venezi
(Ramo lucendii) pel decorso del 20 giugno 1906 al 19 giugno 1907 g.« p(
lizza N. 18595
VITI.
Capitolo Vili.
Spese straordinarie
Fondo a calcolo per provvedere a tutte le spese di demolizione parziale d<
corpi diruti e sistemazione degli antichi locali delUa cucina del Couveutc
19
Arredamento e manuutenzione del mobilio esistente nei locali della Società
20
Fondo per spese imprevedute e casuali
II.
TITOLO SECONDO
IX.
Movimento di Capitali
Capitolo IX,
\
21
Acquisto di Rendita sul Debito pubblico Itjvliano, in aumento al patrimoni
della Societii (annue L. KM) ad un corso presumibile di L. 104)
ATTI 1)£LLÀ SOCIETÀ
ù^
\
PREVISIONE DELLE SPESE
i Somme
Somme proposte nel presente bilancio
anziate
A :n^ N 0 T A Z I 0 ì^ I
bilancio
per articoli
per capitolo
in totale
'ecedente
7,565
»
400
»
»
»
6,165
»
100
»
100
»
' 100
»
100
»
1 200
»
200
»
800
»
800
»
800
»
73
20
73
20
300
»
300
»
373
20
373
20
373
20
»
»
66
25
66
25
66
25
1,500
»
»
»
»
»
»
»
-
1,200
»
500
»
»
»
»
»
2,867
20
4,020
55
»
»
»
4,520
55
4,520
55
4,520
55
6,150
»
2,080
»
2,080
»
2,080
»
.
19,055
40
14,005
»
624
ATTI DELLA SOCIETÀ
O
Fi
O
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o
o
PARTE SECONDA
TTSOIT^f^
ISiepilogro d.ell'TJsoita.
Spese eflfettive ordinarie L
» straordinarie
Movimento di Capitali
Totale generale dell'Uscita L
Palermo, 1 I>ieembre 1905.
Il Ragioniere
ATT]
[ DELLA
SOCIETÀ 625
PREVISIONE DELLE SPESE
a¥notazio:n^i
Somme
anziate
nel
bilancio
recedente
Somme proposte nel presente bilancio
per articoli
per capitolo
in totale
j 8,238
5,667
5,150
20
20
»
7,404
4,520
2,080
45
55
»
L9,055
40
14,005
»
INDICE
DELLE MATEEIE CONTENUTE IN QUESTO VOLUME
«
Elenco degli ufficiali e socii della Società per l'anno 1905 . Pag. Ili
MEMORIE ORIGINALI
CoPPOLER Orlando 0. — Un i)oeta bizzarro del '500 (Mariano Bo-
nincontro da Palermo) » 1
PiTEÈ G. — Il viaggio dì Goethe a Palermo nella primavera del
1787 » 165
Capasso G. — Il governo di Don Ferrante Gonzaga in Sicilia dal
1535 al 1543 (Continua) > 405
Epifanio V. — Ruggiero II e Filippo di 'Al Mahdiah . . » 471
MISCELLANEA
La Corte G. — Due luoghi controversi nella Geografia di Sicilia
dell' Edrisi » 55
Rocca P. M. — Della Membrana gabellarum e dei Capitoli della
Nadaria e della Camperia della Terra di Alcamo. . . » 72
Crino S. — Un nuovo documento siili' eruzione dell'Etna del
1669 » 128
Salomone - Marino S. — La peste in Palermo negli anni 1624-1626.
Relazione di Anonimo ora per la prima volta stampata . » 221
Crino S. — Una carta di navigare di Placidus Caloiro et Oliva
fatta in Messina nel 1638 » 290
CoppoLER Orlando 0. — Un codice del « Credo in Dio » di Fra
Domenico Cavalca ignoto ai bibliofili » 298
Lizio - Bruno L. — Di alcuni ingiusti giudizi sulla spedizione dei •
settecento Siciliani in Calabria nell'anno 1848 ...» 301
Vartaro P. — Giuseppe Velia e i suoi falsi codici arabi. Con un
documento inedito » 321
Franchina A. — Storia della Deputazione delle Nuove Gabelle di
Palermo » 333
La Mantia G. — Su i frammenti di due registri originali degli
anni 1353-55 di Ludovico d'Aragona Re di Sicilia. Notizie e
regesto » 502
Di Matteo I. — Conti riguardanti la coniazione dei piccoli della
Regia Zecca di Messina nell'anno 1461 » 517
628 INDICE
Tra VALI G. — Una lettera di Gioaccliiuo Marat al Comandante
Micheroux Pag. 548
Leanti G. — Corrado Avolio » 558
RASSEGNA BIBLIOGRAFICA
Di Martino M. — Ricerche e scoperte archeologiclie nel sud-est
della Sicilia e nei Brutii » 135
La Mancia G. — G. B. Ferrigno — La peste a Castelvetrano negli
anni 1624-1626 » 139
S. S. - M. — Memorie della Rivoluzione Siciliana dell' anno
MDCCCXLVIII pubblicate nel cinquantesimo anniversario del
XII gennaio di esso anno ~» 141
La Maxtia G. — RevelU Paolo — 11 Comune di Modica. Descri-
zione fisico-antropica . . . . .... » 370
La Mantia G. — Starrabba bar. Raffaele — Scritti di Giovanni
Naso da Corleone, detto « il Siciliano », Segretario Cancelliere
del Comune di Palermo » 372
La Mantia G. — Criìiò prof. Sebastiano — Una questione di to-
pografia antica. Nuovo disegno in ordine alla posizione topo-
grafica di AKPAFAS. Relazione » 374
La Mantia G. — Nicotra Francesco — Dizionario illustrato dei Co-
muni siciliani , compilato col concorso d'insigni collaboratori
e dei Municipii della Sicilia » 377
S. C. — Perroni - Grande L. — Saggio di bibliografia dantesca.
Voi. III. . . . . » 379
Guarnera e. — ' C. A. NalUno — Intorno al Kitab al-Bayan del
Giurista Ibn Rushd » 379
Cosentino G. — Francesco Giannone — Memorie storiche. Statuti e
Consuetudini di Oppido di Basilicata . . . * . . » 382
COPPOLER Orlando 0. — Giuseppe Bianco — La Rivoluzione sici-
liana del 182() con documenti e carteggi inediti ...» 563
La Mantia G. — Pipitone - Federico Giuseppe — Regesto dei di-
plomi dell'Archivio . Pignatelli in Palermo .... » 569
Epifanio V. — 8. Baccuglia. — laci dall'anno 1320 all'anno 1528 » 572
GOARUiONE F. — De Cristo Vineenso. — La caduta di Gioacchino
Murat e l' insurrezione della Calabria ulteriore , posto in luce
su documenti inediti ed illustrate da incisioni ...» 575
Bollettino bibliografico . 144, 579
Cronaca 149, 590
S<immario delle pubblicazioni periotliclie .... 152, 386, 595
Atti della Società li>8, 893, 605
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