Skip to main content

Full text of "Opere"

See other formats


mmÉ>m 


PERE 


{  ì^ 


DI    MO'N.SIGHOK  \ 

JACOPO. BENIGNO    BOSSUET 

VESCOVO     DI     MEAUX. 


TOMQ    PRIMO 


STORIA 

DELLE    VARIAZIONI 

DELLE 

CHIESE   PROTESTANTI 

DI     M  OlSi  S  I  G  H  0  R 

JACOPO-BENIGNO    BOSSUET 

VESCOVO    DI     MEAUX. 

TOMO      PRIMO, 


VENEZIA, 

M  D  e  e  X  e  V. 

Presso    Pietro    Zerj.  etti, 

colsi    LICEHZ^,     E   VKIFILEGIO 


61^  A., 


AIJG20 


va 

\115 

n 

pie 

l'I 


3-.  ■ 


L'   E  D  i  T  0  K  E. 


Le  Opere  di  Bossuet,  monumento 
eterno  del  sublime  genio  di  quest'uo- 
mo celebre,  della  sua  scienza,  e  della 
sua  virtù,  diffuse  per  tutta  Europa  lui 
vivente  ,  da  quell'epoca  in  poi  hanno 
fatta  costantemente  T ammirazione,  e 
la  delizia  d'ogni  amatore  di  sacra,  e 
di  profana  letteratura» 

Gli  Ecclesiastici  vi  trovano  V  uomo 
profondamente  penetrato  dallo  spirito 
della  Religione,  dotto  nella  intelligen- 
za delle  Scritture,  e  delle  Tradizioni  , 
erudito  nelle  Opere  de' Padri ,  vindice 
zelante  delle  dommatiche  Verità,  ed 
acerrimo  impugnatore  degli  Errori-  Tan- 
ta infatti  è  la  luce  di  dottrina  ,  tanta 
la  sublimità  de' sentimenti,  tanta  la  pie- 
nezza d'ogni  genere  di  sapienza  ,   che 

ne- 


VI 

negli  scritti  dì  questo  immonal  Ve-^ 
scovo  s'appalesa,  che  le  sue  Opere  so- 
no divenute  fonte  copiosissimo  e  puro 
di  universale  ammaestramento,  serven- 
do  del  pari  e  al  Teologo  polemico,  e 
ai  Pastori  delle  anime ,  e  ai  Maestri  di 
Spirito,  e  a  chiunque  desideri  d'istruir- 
si fondatamente  nelle  verità  della  Re- 
ligione ad  utilità  o  sua  propria  soltan' 
to,  o  anche  d'altrui.  Considerato  sot* 
to  questo  aspetto  Bossuet,  il  Clero  di 
Francia  non  ha  dubitato  di  proclamar- 
lo come  l'ultimo  Padre  della  Chiesa. 

Questi  sì  luminosi  titoli  basterebbe* 
ro  a  rendere  le  Opere  di  Bossuet  uri 
oggetto  di  stima  e  d'  importanza  an- 
che agli  occhj  di  quelli  ,  che  amano 
ogni  genere  dì  letteratura .  Ma  si  ag- 
giunge di  più,  che  il  Vescovo  di  Meaux: 
tu  uno  di  quegli  uomini  ammirabili,  i 
quali  fiorirono  nel  Secolo  di  Luigi  XIV. 
e  ch'egli  eminentemente  si  distinse  tra 
i  migliori   Scrittori   fioriti  allora   nella 

Fran- 


Francia.  Oltre  adunque  alla  gravità  del- 
le cose,  BossoET  è  divenuto  celebre 
per  l'aurea  maniera,  colla  quale  si  es- 
presse ,  e  per  la  fecondità  felicissima 
della  varia  sua  eloquenza .  Perciò  tut- 
te le  persone  di  lettere  lo  trovano  mae- 
stoso e  pieno  di  dignità  ovunque  par- 
la, acutissimo  nel!' unire  i  disparati  eie* 
menti  delle  profane,  e  sacre  materie  , 
ed  infine  originale  nella  Storia ,  e  nel- 
le Orazioni  funehi  i  né  v'è  animo  prjS-, 
venuto,  che  o  si  sottragga  dal  leggerlo , 
o  che  leggendolo  resista  alla  forza  vit- 
toriosa della  sua  persuasione. 

Tanti  e  sì  rari  pregi  in  esso  lui  riu- 
niti fanno,  che  non  mai  abbastanza  ca- 
ra al  Pubblico,  né  mai  abbastanza  gio» 
vevole  ad  ogni  ordine  di  persone  si  re- 
puti la  circolazione  delle  Opere  di  sì 
illustre  uomo. 

Il  che  considerando  io  ho  risoluto  di 
darne  alla  Italia  volgarizzata  la  com- 
piuta Edizione ,  che  or^  comincio ,  o 

be- 


VII? 

benigno  Lettore  ,  ad  offrirti  ,  procu? 
rande,  che  tu  Tabbi  tanto  per  la  for- 
ma e  per  l'accurata  correzione,  quan- 
to pel  prezzo  stesso  più  gradevole  di 
quella  ,  che  anni  addietro  fu  fatta  ia_ 
Napoli,  la  quale  oltre  che  già  s*è  fat- 
ta rara  ,  troppo  era  disadatta  per  I4 
mole  ,  scorretta  assai,  e  di  prezzo  gra- 
voso. 

Applaudi  intanto  al  mio  zelo,  e  sii 
favorevole  alla  impresa  mia  ,  la  qua- 
le se,  come  spero,  avrà  buon  esito  , 
m'incoraggirà  ad  intraprendimenti  mag- 
giori. 


DI. 


DISEGNO  DELL*OPERA> 


^  i     ■*     i'  ,..  ;.!     y     f'    "■.'■       :   i     Rivi 

I.  ^e  I  Protestanti  sapessero  appieno  come  sì  è 
formata  la  loro  religione  ,  con  quante  Variazioni, 
e  con  qual  incostanza  sono  state  disposti  le  loro 
confessioni  di  fede;  come  si  sono  separati,  prima 
da  noi,  e  di  poi  fra  dì  loroi  con  quante  sottigliez- 
ze,  pretesti,  ed  equivoci  hanno  procurato  riparare 
alle  loro  dissensioni,  e  raccogliere  le  membra  spar- 
se della  loro  disunita  riforma  :  non  recherebbe  lo- 
ro molto  contento  la  riforma  ,  della  quale  si  van- 
tano", e  per  esprimere  con  sincerità  il  mio  pensie- 
ro, non  inspirerebbe  ad  essi,  che  del  disprezzo. 
Prendo  a  scrivere  dunque  la  storia  di  queste  /^rf- 
rìaz'jonì  y  sottigliezze,  equivoci,  ed  artifici  :  ma  af- 
finchè il  racconto  sia  loro  di  utilità  maggiore,  deb- 
bono stabilirsi  alcuni  principj  ,  da' quali  non  posso- 
no dissentire ,  e  la  cui  sposizione  non  mi  potrebbe 
esser  permessa  dalla  continuazione  del  racconto, 
allorché  sarovvi  impegnato.        ■     •  ^    •*   *' 

II.  Quando  fra  Cristiani  si  son  vedute  delle  va- 
riazioni nella  esposizion  dello  fede,  sono  state  sem- 
pre considerate  come  contrassegno  di  falsità  ,  e  d* 
inconseguenza  (  se  il  termine  mi  viene  permesso  ) 
nell'esposta  dottrina  .  La  fede  con  semplicità  fa- 
vella: e  lo  Spirito  Santo  comunicale  cognizioni  pu- 
re i  e  la  verità,  eh' è  da  esso  insegnata,   è  sempre 

b  uni- 


X  Disegno 

uniforme  nell'espressione.  Per  poco  che  ci  sia  ncr- 
ta  la  storia  delia  chiesa ,  si  saprà  aver  ella  opposte' 
ad  ogni  eresia  spiegazioni    proprie    é    distinte  ,    da 
essa  perciò  non  mai  cambiate  ',   e  se    riflettesi    all' 
espressioni  ,    si    vedranno   andar   sempre  ad    attac- 
care l'errore  per    la   strada    più    breve    e  più    di- 
retta .    Per  questa  ragione  ,    tutto  ciò  che    varia  ^ 
tutto    ciò    che   si    aggrava    di    termini    ambigui  e 
confusi ,  fu   sempre    stimato  sospetto  ,   e  non  solo 
fraudolento,  ma  anche  assolutamente   falso,  perchè 
palesa  una  confusione,    cui  la  verità  non    soggiace r 
Questo  fu  uno  dei  fondamenti,  sopra  ì  quali  gli  an- 
tichi dottori  hanno  condannati  tanto  gli  Ariani,-  che 
senza  poter  mai  stare  costanti ,  faceano  comparire 
tutto    giorno    nuove  confessioni   di  fede  .    Dopo   la 
prima  fatta  da  Ario  ,   e  da    questo    eresiarca    pre- 
sentata ad  Alessandro  suo  ves.covo,  non  hanno  mai 
lasciate  le  variazioni .  Tanto  s.  Ilario  rimprovera  a 
Costanzo ji  protettore  di  questi  eretici;   e    mentre 
rimperadore   adunava   tutto   giorno   nuovi    Concilj 
per  riformare  i  simboli,  e  per  istendere  nuove  con- 
fessioni di  fede ,  il  santo  Vescovo  rivolgeva  ad  esso 
yt.i  ciKir  queste  vive  parole  :  ^  voi  é  succeduto  quanto   sue* 
cedi  agli  architetti   ignoranti ,   <?'  quali   sempre    dis' 
piacciono  l'opere  proprie.  ^Itro  non  fate  »   che  fab- 
bricare  e  distruggere  :  ma  la  cattolica  chiesa  ,   dac- 
ché per  la  prima  volta  adunassi  ^  fece  uri  immortai  | 
edificio ,  ed  espose  nel  simbolo  di  "N^icea  una  dichia- 
razione SI  perfetta  della  verità,  che  per  condannare 
V  ariani  smo  in  eterno  y  altro  non  fu  mai  necessario  , 
che  il  replicarla^ 

III. 


^*>i.  f.  if)( 


D  E    L    l'  O   P   E   R  A  XT 

III.  Ne  I  soli  Ariani  di  questa  maniera  hanno  va- 
riato.  Tutte  l'eresie  sin  dall' origine  del  Cristiane- 
simo hanno  avuto  lo  stesso   carattere  ,    e    prima  d' 

Ario  gran  tempo,  Tertulliano  avea  detto:  dì  en^  De  Vrtstt. 
t'ict  variano  nelle  loro  regole  ,  che  nelle  loro  con- 
fessioni ài  f eie:  ognuno  d'essi  crede  avere  ilprìvì- 
tegìo  dì  cambiare  3  e  modificare  a  suo  caprìccio  quan- 
to ha  ricevuto  ,  come  r autor  della  setta  a  suo  ca- 
priccio lo  ha  composto  :  F eresia  col  non  lasciar  d' 
innovare  ,  sempre  ritiene  la  propria  natura  ,  e  P 
avanzamento  della  cosa  non  è  dissimile  dal  suo  prin- 
cipio .  Ciò  eh'  e  stato  permesso  a  l^-Jentino ,  e  pa- 
rimente a  Falentiniani  ;  i  Marcìonitì  hanno  la  stes- 
sa potestà  3  che  Alarcione  ;  e  gli  autori  dì  un  eresia 
non  hanno  maggior  facoltà  d'innovare  che  i  loro  set- 
tarj  :  il  tutto  si  cambia  nelT  eresie  ,  e  quando  in  tut- 
to ,  e  per  tutto  son  ventilate  >  nella  loro  continua- 
zione si  trovano  in  molti  punti  diverse  da  quel  cW 
erano  nel  loro  principio . 

IV.  Questo  carattere  dell'eresia  è   stato   sempre 
considerato  da' Cattolici  ;  e  due  santi  autori  dell' ot-  Eth.&Bent. 
tavo  secolo  hanno  scritto,  che  ì' erena  ,  per  quanto  Èiìf. 
esser  possa  antica  ,  è  sempre  in  se  novità  ^  ma  per  con- 
servarsi anche  meglio  la  denominazione   di   nuova , 

tutto  giorno  rinovasi ,  e  cambia  dottrina. 

V.  Ma  se  l'eresie  sempre  variabili,  non  sono  fra 
loro  concordi,  e  di  continuo  introducono  nuove  re- 
gole, cioè  nuovi  simboli;  nella  chiesa  ,  dice  Ter- 
tulliano ,  la  regola  della  fede  e  immutabile  ,  ne  y^\  '^'^i' 
si  riforma  mai:  perchè  la  chiesa,  la  quale  fa  pro- 
fessione di  non  dire  ,   e  di  non  insegnare  ,  se  non 

b     a  quan- 


"xn  Disegno 

guanto  ha  ricevuto,  non  varia  mai;  e  l'eresia  all' 
opposto,  che  ha  cominciato  dall' innovare,  sempre 
innova,  e  non  cambia  natura. 

VI.  Quindi  è  ,   che  s.  Giangrisostomo   scrivendo  , 
sopra  il  prefetto  dell'Apostolo  ;    Evitate  le   novità 
profane  ne' vostri  discorsi  ^  ha  fatta  questa  riflessio- 
ne; evitate  ne'  vostri  discorsi  le  novità^   perche  in 
esse  non  si  arresteranno  le  cose:  una  novità  ne  prò- 

.,       »  duce  un  altra  ,   e  senza  fine  sì  erra  ,   dacché  si  hd 

tfim.  f:  ^f*  cominciato  ad  errare  una  volta. 

il.ndTim.  ,,, 

VII.  Due  sono  le  cagioni  di  questo  disordine  nell 

eresie  :  l'una  è  tratta  dall'inclinazione  dell'umano 
intelletto,  che  dopo  aver  una  volta  gustata  Tese» 
della  novità,  non  cessa  di  ricercarne  con  appetito 
disordinato  l'ingannevol  dolcezza  :  l'altra  è  tratta 
dalla  differenza  di  quanto  è  fatto  da  Dio  da  quan- 
to dagli  uomini  è  fatto  .  La  verità  cattolica  venuta 
da  Dio  ,  a  prima  giunta  ha  la  sua  perfezione  :  l'ere- 
sia ,  debole  produzione  dell'  umano  intelletto  ,  noii 
può  esser  composta  che  di  parti  mal  accozzate, 
p^j^j^jfjj  Quando,  contra  il  precetto  del  Savio ,  si  vuole  stra- 
"•  volgere   i    termini   antichi  stabiliti  da"  nostri   ante^ 

nati  ,  e  riformar  la  dottrina  una  volta  ricevuta 
da' fedeli,  si  prende  l'impegno  senza  ben  conoscere 
tutte  le  conseguenze  di  quanto  da  noi  vien  propo- 
sto: quanto  un  falso  splendore  avea  fatto  arrischiar 
da  principio,  trovasi  avere  degl'inconvenienti,  che 
tutto  dì  obbligano  alla  riforma  i  riformatori  i  co* 
sicché  non  possono  dire  quando  avranno  fine  le  in^ 
novazioni,  né  mai  possono  restar  eglino  soddisfatti. 
Vili.  Ecco  gli  stabili,  e  non  mai  abbattuti  prin- 
cipi. 


dell'    Opera.  xtW 

Cip),  sopra  I  quali  fondato,  pretendo  dimostrare  a' 
Protestanti  la  falsità  della  loro  dottrina  nelle  coti- 
tinue  lor  variazioni  ,  e  nella  maniera  incostante  i 
onde  hanno  spiegati  i  loro  dogmi,  non  dico  solo  Iti 
privato,  ma  in  corpo  di  chiesa ^  ne' libri  da  essi  de» 
nominati  simbolici,  cioè  in  quelli,  che  furono  fat- 
ti per  esprimere  il  consenso  delle  lor  chiese  *,  Iti 
somma  nelle  lor  proprie  confessióni  di  fede  decre» 
tate  ,  sottoscritte  ,  pubblicate  ,  la  dottrina  delle 
quali  è  stata  esposta  come  dottrina  che  non  conte- 
nea  se  non  la  pura  parola  di  Dio,  e  tuttavia  negli 
articoli  principali  in  tante  maniere  cambiata  * 

IX.  Nel  rimanente  ,  allorché  parlerò  di  coloro  , 
che  negli  ultimi  secoli  hanno  attribuita  a  se  'stessi 
là  denominazione  di  Riformati,  nu>n  è  mia  intenzio- 
ne il  parlare  de'  Sociniani ,  né  delle  società  diverse 
di  Anabattisti ,  né  di  tant' altre  sette,  le  quali  nel!' 
Inghilterra,  ed  altrove  nascono  nel  seno  della  nuo- 
va riforma;  ma  solo  de' due  corpi,  l'uno  de*  quali 
comprende  i  Luterani ,  cioè  coloro ,  che  hanno  per 
regola  la  confessione  di  Augusta,  e  l'altro  segue  i 
sentimenti  di  Zuinglio,  e  di  Calvino.  I  primi  nelT 
istituzione  dell'Eucaristia  sono  difensori  del  sen- 
so letterale  ,  e  gli  altri  del  figurato  .  Saranno  di- 
stinti gli  uni  dagli  altri  principalmente  a  cagione 
di  questo  carattere  ,  benché  abbian  fra  loro  molte 
altre  gravissime,  ed  importantissime  controversie  j 
Come  Io  darà  a  vedere  la  continuazion  della  storia. 

X,  Ci  diran  qui  i  Luterani,  ch'eglino  hanno  pò» 
chissima  parte  nelle  Variazioni ,  e  nella  maniera  di 
procedere  de'Zuingliani  e  de' Calvinisti  :  g  molti  di 

b     3  questi 


Xiv  Disegno 

questi  potranno  pur  darsi  a  credere  ,  che  ad  essi 
non  appartenga  l'incostanza  de'  Luterani:  ma  s'in- 
gannano e  gli  uni  e  gli  altri  ;  perchè  ì  Luterani 
possono  vedere  ne'  Calvinisti  le  conseguenze  dello 
sconvolgimento  da  essi  eccitato  ;  ed  i  Calvinisti 
debbono  scorgere  ne'  Luterani  il  disordine  ,  e  1* 
incertezza  del  principio  da  essi  seguito  .  Ma  in 
ispczialità  i  Calvinisti  non  possono  negare  di  non 
aver  sempre  considerato  Lutero,  ed  i  Luterani  co- 
me lor  autori  ;  e  senza  favellar  di  Calvino  ,  che 
spesso  ha  nominato  con  ogni  rispetto  Lutero  ,  co- 
me capo  della  riforma,  vedransi  nelU  continuazion 
;^;7,,,_y^  della  storia  presente  tutt' i  Calvinisti  (  attribui- 
^uth.Bhnd.  g^Q  qyj  questo  nome  al  secondo  Partito  de'  Prote- 
stanti )  alemanni  5  inglesi,  ungheri,  polacchi,  olan- 
desi, e  tutti  gli  altri  generalmente  adunati  in  Franc- 
fort  dalle  premure  della  regina  Elisabetta  ,  dopo 
aver  riconosciuti  quei  della  confessione  dì  ^Augusta , 
cioè  i  Luterani,  come  i  primi ,  che  hanno  fatto  ri- 
nascer la  chiesa  ,  riconoscere  anche  la  confessione 
augustana  come  opera  a  tutto  il  partito  comune  , 
cui  non  voglion  opporsi,  ma  solo  ben  intenderne  il 
sentimento;  ed  anche  in  un  sol  articolo,  eh' è  quel 
della  Cena>  nominare  per  la  stessa  ragione  fra  i  lo- 
ro padri,  non  solo  Zuinglio  ,  Bucero,  e  Calvino,  ma 
anche  Lutero  e  Melantone,  e  mettere  Lutero  alla 
testa  di  tutt'i  riformatori. 

Dicano  dopo  di  ciò  ,  che  loro  non  appartengono 
le  Variazioni  di  Lutero,  e  de' Luterani.  Noi  dire- 
mo ad  essi  per  io  contrario  ,  che  secondo  i  loro 
propri  principi ,  e  le  loro  proprie  dichiarazioni ,  il  far 

▼e- 


D    S    L    l'      O    P   E    R    A  .  XV 

vedere  Je  Variazioni ,  e  T  incostanza  di  Lutero  e  de*   ■Smt.i'rr^- 
Luterani,  è  un  far  v.edere  la  follia  nell'origine  del- '/e/ Gè». 
Ja  riforma,  e  nei  capo,  in  cui  prima  fu  conccputa.     ^'*' 

XI.  E'  gran  tempo  ,  che  fu  impressa  in  Ginevra 
una  raccolta  di  confessioni  di  fede,  nella  quale  in-: 
sieme  con  quella  de'  difensori  del  senso  figurato, 
come  quella  di  Francia  e  degli  Svizzeri^  rirrovansi 
quelle  de'  difensori  del  senso  lettcralcs  come  quel- 
la di  Augusta  e  molte  altre;  e  quello,  eh'  è  degno 
di  maggior  riflessione  è,  che  ancorché  le  confessio- 
ni ,  le  quali  vi  son  poste  insieme  ,  sieno  tutte  di- 
verse ,  ed  in  più  articoli  di  fede  vicendevolmente 
opposte,  non  si  lascia  tuttiiviadi  proporle  nella  pre- 
fazione della  raccolta ,  come  un  corpo  itìtero  dì  sa- 
cra teologìa  ,  e  come  regole  autorevoli ,  alle  quali  si 
debba  ricorrere  per  dìscernere  la  primitiva  ed  anti- 
ca fede.  Sono  elleno  dedicate  a'  re  d'  Inghilterra  , 
di  Scozia,  di  Danimarca,  di  Svezia  ,  ed  a'  Princi- 
pi ,  ed  alle  Repubbliche,  dalle  quali  sono  seguite  . 
Che  poi  questi  re,  e  questi  stati  sieno  diversi  non 
meno  di  comunione,  che  di  credenza,  non  impor- 
ta*, i  Ginevrini  non  lasciano  di  volger  a  loro  il  di- 
scorso come  a  fedeli  illuminati  in  questi  ultimi  tem- 
pi ,  per  grazia  singolare  di  Dio  ,  dalla  vera  luce  del 
vangelo  ,  e  poi  di  presentare  a  tutti  loro  queste 
confessioni  di  fede  com'  eterna  testimonianza  delf 
estraordinaria  pietà  de'  loro  antenati, 

XII.  Ciò  avviene,  perchè  in  fatti  queste  dottrine 
sono  egualmente  ricevute  da'  Calvinisti  ,  o  assolu- 
tamente come  vere,  o  per  Io  meno  come  non  op- 
poste a' fondamenti  di  fede.  Quando  perciò  ve^"assì 

b    4  aella 


XVI  D     I     S     È     o     N     e? 

nella  storia  presente  la  dottrina  delle  confessioni  di 
fede,  non  dico  di  Francia,  o  degli  Svizzeri,  e  de^ 
gli  altri  difensori  del  senso  figurato  ,  ma  anche  di 
Augusta,  e  d'altre,  che  furono  distese  da'  Lutera- 
ni, non  si  dee  prendere  come  dottrina  non  ammes- 
sa dal  Calvinismo,  ma  come  dottrina  approvata  da* 
Calvinisti  per  vera  ,  o  in  questa  supposizione  rispet- 
tata come  innocente  in  tutti  gli  Atti  più  autenti- 
ci, che  fra  loro  sieno  stati  prodotti. 

XIII.  Non  dirò  altrettanto  de'  Luterani,  i  quali 
in  vece  di  arrendersi  all'autorità:  de' difensori  del 
senso  figurato,  non  hanno  che  dell'  avversione  ,  e 
del  disprezzo  pei  loro  sentimenti .  La  loro  confusio- 
ne dee  nascere  da'proprj  br  cambiamenti.  Quand' 
altro  non  si  facesse,  che  leggere  i  titoli  delle  loro 
confessioni  di  fede  nella  raccoìta  di  Ginevra,  e  ne^ 
gli  altri  libri  della  stessa  natura  ,  ne'  quali  le  veg- 
giamo  adunate,  la  loro  moltitudine  ci  recherebbe 
stupore.  La  prima,  che  vi  comparisce,  è  quella  d' 
Augusta  ,  dalla  quale  i  Luterani  prendono  il  loro 
nome.  Sì  vedrà  esser  ella  presentata  l'anno  1530  z 
Carlo  V.  Scorgerassi  di  poi  esser  ella  stata  corret- 
ta, e  ricorretta  più  volte.  Melantone ,  che  J' avea 
stesa,  ne  stravolse  ancfie-il  senso  in  altra  maniera 
nell'apologia,  che  allora  ne  fece,  sottoscritta  da 
tutto  il  partito  j  di  modo  che  fu  cambiata  in  uscen- 
do delle  mani  del  proprio  autore.  Non  si  cessò  poi 
dal  riformarla,  e  spiegarla  in  differenti  maniere  : 
tanto  i  nuovi  riformatori  duravan  fatica  a  restarne 
contenti ,  e  tanto  poco  erano  assuefatti  ad  insegna- 
re diitintamente  ciò  ,  che  avevasi  a  credere . 

Ma 


dell'    Opera.  j^Vif 

Ma  come  sopra  le  stesse  materie  non  fosse  ba- 
stante una  sola  confessione  di  fede,  Lutero  credè 
iver  bisogno  di  manifestare  in  altra  maniera  i  suoi 
sentimenti  ;  e  neh"  anno  1537  stese  gli  articoli  di 
Smalcalda  3  perchè  fossero  presentati  al  concilio  j 
che  nella  Città  di  Mantova  era  stato  convocato  dal 
pontefice  Paolo  III.  Gli  articoli  furono  sottoscritti 
da  tutto  il  partito;  e  nel  libro,  che  da' Luterani  è 
denominato  Concordia,  si  trovano  inseriti.  P.  j//.  7,',, 

La  spiegazione  non  soddisfece  in  modo ,  che  non 
fosse  duopo  stendere  di  nuovo  la  confessione  deno- 
minata Sassonica ,  la  quale  fu  presentata  al  concilio  di 
Trento  l'anno  1551Ì  e  quella  di  Vittemberga,  che  pa-> 
l'imente  fu  presentata  allo  stesso  concilio  l'anno  1552. 

A  queste  si  debbono  aggiugnere  le  spiegazioni 
della  chiesa  di  Vittemberga,  dove  la  riforma  avea 
tratto  il  suo  nascimento,  e  l'altre,  che  nell'ordine 
loro  saranno  fatte  palesi  dalla  storia  presente  ,  in 
ispezialità  quelle  del  libro  della  Concordia  ,  nel  ri-  p,  ^^'^^^^1%. 
stretto  degli  artìcoli ,  come  pure  le  replicate  spiega- 
zioni nello  stesso  libro,  le  quali  sono  tante  confes- 
sioni di  fede,  autenticamente  pubblicate  nel  parti- 
Co,  abbracciate  da  molte  chiese,  combattute  da-^I- 
tre  sopra  importantissimi  punti  •,  e  tuttavia  queste 
chiese  non  lasciano  di  fingere  di  comporre  un  sol 
corpo,  perchè  per  politica  vanno  dissimulando  le  loro 
discordie  sopra  l'ubiquità,  e  sopra  le  altre  materie. 

XiV.  L'altro  partito  de'  Protestanti  non  è  stato 
men  fecondo  in  confessioni  di  fede.  Mentre  a  Car- 
lo V.  fu  presentata  quella  di  Augusta,  coloro,  che 
non  vollero  esservi  conformi ,  gii  presentarono  la  loro. 


XVIII  D     I     S      t      G      N     O 

che  fu  pubblicata  sotto  il  nome  di  quattro  Citta  dell* 
Imperio,  la  principale  delle  quali  era  Strasburgo. 

Ella  soddisfece  sì  poco  a' desiderj  de' difensori  del 
senso  figurato,  che  ognuno  volle  stender  la  sua  : 
quattro,  o  cinque  ne  vedremo,  che  dagli  Svizzeri 
furono  stese.  Ma  se  i  ministri  Zuingliani  aveano  le 
lor  opinioni  ,  gli  altri  pure  aveano  le  loro;  il  che 
produsse  la  confessione  di  Francia,  e  la  confessione 
di  Ginevra  .  Quasi  nello  stesso  tempo  si  veggono 
due  confessioni  di  fede  sotto  il  nome  della  chiesa 
Anglicana,  ed  altrettante  sotto  il  nome  delle  chie- 
se di  Scozia.  L'clettor  palatino  Federico  III  volle 
in  ispezialità  far  la  sua,  e  questa  pure  insième  coli' 
altre  nella  raccolta  di  Ginevra  ha  trovato  il  suo 
luogo.  I  popoli  de'  Paesi-bassi  non  si  sono  attenuti 
ad  alcuna  di  quelle  ,  che  prima  della  loro  erano 
«tate  prodotte,  ed  abbiamo  una  confessione  di  fe- 
de Belgica  ,  la  quale  nel  Sinodo  di  Dordred  ebbe 
la  sua  approvazione.  Perchè  non  dovrebbero  aver 
avuta  anche  la  loro  i  Calvinisti  Polacchi?  Eglino 
benché  avessero  sottoscritta  V  ultima  confessione 
de*  Zuingliani  ,  non  hanno  lasciato  di  pubblicarne 
un'altra  nel  sinodo  di  Czenger  ;  ed  essendo  in  oltre 
adunati  in  Sandoraira  insieme  co' Valdesi,  e  co' Lu- 
terani ,  stabilirono  una  nuova  maniera  di  spiegare 
l'articolo  dell'Eucaristia,  senza  che  alcuno  di  loro 
si  partisse  da'suoi  sentimenti. 

XV.  Non  parlo  della  confessione  di  fede  de' Boe- 
mi,   i  quali  voleano  contentare    i  due  partiti    della 
nuova  riforma ,    Non  parlo  de'  trattati  d'  accordo  , 
che  furono  fatti  con  tanta  varietà,  e  con  tanti  equi- 
voci 


dell'    Opera.  Xf9r 

H'oci  fra  le  chiese,  si  faranno  vedere  nel  luogo  lo» 
ro  colle  decisioni  de'  sinodi  nazionali,  e  dell'altre 
confessioni  di  fede  in  varie  occasioni  prodotte  ,  E' 
egli  possibile,  gran  Dio  ,  che  sopra  le  stesse  ma- 
terie, e  sopra  le  stesse  quistionl  tanta  sia  stata  la 
necessità  di  moltiplicare  tanti  atti ,  tante  decisioni , 
e  tante  confessioni  di  fede  si  differenti  ?  E  pure 
non  posso  vantarmi  di  saperle  tutte,  ed  avvene  al- 
cune, che  io  non  potei  ancora  trovare  .  La  chiesa 
Cattolica  non  n'ebbe  mai,  che  una  sola  per  oppor^ 
re  ad  ogni  eresia  ;  ma  le  chiese  della  nuova  rifor- 
ma ,  le  quali  ne  hanno  prodotto  un  numero  così 
grande,  (  cosa  strana  ,  eppur  vera)  non  ne  sono  per 
anche  contente',  ed  in  questa  storia  vedrassi  ,  che 
i  nostri  Calvinisti  ne  hanno  prodotte  di  nuove  ,  le 
quali  o  riformarono,  o  soppressero  tutte  l'altre. 

Queste  Variazioni  recano  maraviglia.  Ne  reche- 
ranno però  di  vantaggio,  allorché  vedransi  le  par-- 
ticolarità,  e  la  maniera,  onde  atti  cotanto  autentici 
sono  stati  distesi .  E"  stato  preso  in  burla,  (lo  dico 
senza  esagerazione)  il  nome  di  confessione  di  fede, 
e  non  ebbe  cosa  di  serietà  minore  la  nuova  riforma , 
di  quello  eh*  è  più  serio  in  materia  di  Religione. 

XVI.  Il  numero  copioso  delle  confessioni  di  fe- 
de recò  stupore  a  coloro,  che  le  hanno  fatte:  ve- 
dransi le  ragioni  medesime  ,  end'  hanno  procurato 
scolparsene  ;  ma  non  posso  lasciar  qui  di  riferir 
quelle  ,  che  nella  prefazione  della  raccolta  di  Gi- 
nevra sono  proposte  ,  perchè  son  generali  ,  ed  ap- 
partengono egualmente  a  tutte  le  chiese  ,  che  si  '^yt^^. 
dicono  ritormate  .  ,  . 

La 


La  prima  ragione  allegata  per  istabilir  la  neces-' 
sita  di  accrescere  il  numero  delle  confessioni  di  fe^ 
de ,  è  ,  ch'essendo  combattuti  rtiolti  articoli  della 
fede,  fu  necessario  opporre  alla  gran  copia  d'erre- 
ri  più  confessioni .  Lo  concedo  ;  e  nello  stesso  tem- 
po per  la  ragione  contraria  dimostro  la  stravaganza 
di  tutte  le  confessioni  di  fede  de' Protestanti,  per- 
chè tutte,  come  dalla  sola  lettura  de' titoli  si  rac- 
coglie, risguardano  distintamente  gli  articoli  stessi  j 
di  modo  ch'era  per  l'appunto  il  caso  di  dire  coiì 
Athan.  de  s.  Atanagio  :  Verche  un  nuovo  concìlio ,  perchè  nuo- 
«d^Àfr.  ^'  *^  confessioni ,  perchè  un  nuovo  sìmbolo  .<*  che  nuo^ 
va  quìstìone  era  nata? 

L'altra  scusa,  che  vien  addotta,  è  ,  che  ognu- 
no, come  dice  l'Apostolo,  dee  render  ragioni  della 
sua  fede  :  di  modo  che  le  chiese  sparse  in  diversi 
luoghi  hanno  dovuto  manifestare  la  loro  credenza 
con  una  pubblica  testimonianza  :  come  se  tutte  le 
chiese  del  mondo,  in  qualunque  luogo  remoto  elle 
sieno  ,  non  potessero  accordarsi  nella  stessa  testi- 
monianza, quando  hanno  la  stessa  credenza*,  e  non 
§i  fosse  veduto  in  effetto  sin  dall'origine  del  Cri- 
stianesimo un  consenso  in  tutto  simile  nelle  chie- 
se. Si  potrà  forse  farmi  vedere  ,  che  le  chiese  d" 
oriente  abbiano  avuta  nell'antichità  una  confessio- 
ne diversa  da  quelle  d'occidente  ?  Il  simbolo  di 
Micea  non  ha  loro  servito  egualmente  di  testimo- 
nianza contra  tutti  gli  Ariani  ?  la  decisione  di 
Calcedonia  contra  tutti  gli  Eutichiani?  gli  otto  ca- 
pitoli di  Cartagine  contra  cutt'  i  Pelagiani  ?  e  così 
dite  del  resto. 

Ma, 


DELL*    Opera.  xxi 

Ma»  dicono  i  Protestanti,  vi  era  forse  una  cliie-  ~" 

«a  riformata,  che  potesse  dar  legge  all'altre?  No 
senza  dubbio  :  tutte  le  nuove  chiese  sotto  pretesto 
di  allontanare  da  se  stesse  il  dominio,  si  sono  an^ 
che  private  dell'ordine  ,  e  non  hanno  potuto  con^ 
servare  il  principio  di  unità  :  ma  in  fine  se  la  ve^ 
rità  tutte  le  doniinava,  come  si  vantano,  altro  non 
richiedeasi  per  unirle  in  una  stessa  confessione  di 
fede,  se  non  che  tutte  fossero  entrate  rei  senti- 
mento di  quella,  cui  Iddio  avesse  fatta  la  grazia  di 
esporre  prima  d'ogni  altra  la  verità, 

Leggesl  pure  nella  prefazion  di  Ginevra ,  che  se 
la  riforma  non  avesse  prodotta,  che  una  sola  con- 
fessione di  fede,  avrebbcsi  il  suo  consenso  per  un 
affettato  concerto;  laddove  un  consenso  fra  tante 
chiese,  e  tante  confessioni  di  fede,  non  concerta- 
to, è  l'opera  dello  Spirito  Santo.  In  fatti  il  con- 
-certo  sarebbe  degno  di  maraviglia  ■,  ma  per  disav- 
ventura la  rrjaraviglia  di  questo  consenso  manca  a 
tante  confessioni  di  fede,  e  la  storia  presente  darà 
a  vedere,  che  in  materia  di  tanta  serietà  non  tro- 
vossi  giammai  tanto  stravagante  incostanza  . 

XVIU  Sì  accorse  la  riforma  di  sì  gran  male  ,  ed 
in  vano  tentò  di  porvi  rimedio  .  Tutto  il  secondo 
partito  de' Protestanti  ha  tenuta  una  generale  adu^ 
nanza  per  istendere  una  comune  confessione  di  te- 
de .  Ma  vedremo  dagli  atti,  che  quanto  più  era  ri-  L:b.  u. 
putata  cosa  discidevole  il  non  averne,  tanto  fu  im- 
possibile il  convenirne  per  averla. 

I  Luterani,  che  nella  confessione  d' Augusta  sem- 
brano esser  più  uniti,  non  hanno  incontrate  minori  L:b.  ?.  i. 

diffi- 


\ 


liXii  DISEGNÒ 

ilifiicoltà  a  cagion  di  sue  varie  edizioni  ,    e  noti  Vi 
hanno  potuto  trovare  rimedio  migliore.; 

XVIII.  Si  verrà  senza  dubbio  a  stancarsi  in  ve- 
dere le  variazioni ,  e  le  tante  false  sottigliezze  del- 
la nuova  riforma  ;  tante  contese  sopra  i  termini  , 
tanti  diversi  accordi»  tanti  equivoci,  e  tante  spie- 
gazioni forzate  ,  che  loro  servirono  di  fondamento . 
Sovente  dirassi  ;  è  questa  forse  la  religione  cristia- 
na per  l'addietro  ammirata  da'  pagani  come  tanto 
semplice,  tanto  pura,  e  tanto  esatta  ne' proprj  dog- 
mi /  chrtJtìanam  religìomm  absolutam  ìjn  sìmplìcem  ? 

AmmUn,  No  per  certo  ,  non  l'è.  Ammianc  Marcellino  avea 
Lib,  ji.  ragione  ,  allorché  dicea  che  Costanzo  con  tutt  i 
suoi  concilj  ,  e  simboli  si  era.  allontanato  dall'am- 
mirabile semplicità;  e  col  timore  perpetuo  di  es- 
sersi ingannato  ne' suoi  sentimenti  aveva  indebolito 
tutto  il  vigor  delia  fede  r 

XIX.  Ancorché  sia  mia  intenzione  il  rappresentar 
qui  le  confessioni  di  fede,  e  gli  altri  atti  pubblici, 
ne' quali  si  veggono  le  variazioni  ,  non  di  persone 
particolari ,  ma  delle  intere  chiese  della  nuova  ri- 
forma, non  potrò  lasciar  di  parlare  de'capi  di  setta? 
che  stesero  confessioni,  o  diedero  luogo  a' loro  cam- 
biamenti.  Così  Lutero  ,  Melantone  ,  Carlostadio, 
Zuinglio  ,  Bucero  ,  Ecolampadio,  Calvino,  e  gli  altri 
compariranno  sovente  distinti;  ma  non  ne  dirò  cosa 
alcuna,  che  per  lo  più  non  sia  tratta  dalle  proprie 
loro  opere ,  e  sempre  da  autori  esenti  da  ogni  sos- 
petto :  cosicché  non  troverassi  in  questo  racconto 
alcun  fatto ,  che  non  sia  certo  ,  ed  utile  a  far  ca- 
pire le  Variazioni ,  delle  quali  io  scrivo  la  storia , 

XX, 


DELL     OPERA.  XXIII 

XX.  Per  quanto  appartiene  agli  atti  pubblici  de' 
Protestanti,  oltre  Je  loro  confessioni  di  fede 3  ed  i 
loro  catechismi,  che  sono  fra  le  mani  di  tutti,  al- 
cuni ne  ho  trovati  nella  raccolta  di  Ginevra  ,  altri 
nel  libro  denominato  Concordìas  impresso  da' Lute- 
rani l'anno  1654;  altri  in  quello,  ch'è  stato  raccolto 
da' sinodi  nazionali  de' nostri  pretesi  riformiati,  ve- 
duto da  me  in  forma  autentica  nella  libreria  del 
Re  ;  altri  nella  storia  Sacramentaria  impressa  ir» 
Zurigo  l'anno  i6oz  da  Ospiniano,  autore  Zuinglia- 
no,  ovvero  in  altre  opere  di  autori  Protestanti:  iti 
somma  non  dirò  cosa  alcuna  ,  che  non  sia  autenti- 
ca »  e  fuori  d'ogni  contesa.  Del  rimanente,  quanto 
alla  sostanza  delle  cose  ,  ben  si  sa  di  qual  senti- 
j^iento  io  mi  sia.  Sono  certamente  Cattolico ,  osse- 
quioso, quant'ogni  altro j  alle  decisioni  della  chie- 
sa, e  di  tal  maniera  disposto,  che  alcuno  più  di 
me  non  teme  di  preferire  il  suo  particolare  senti- 
mento al  sentimento  universale  .  Ciò  supposto  ,  ii 
far  da  neutrale  ,  e  da  indifferente,  perchè  scrivo 
una  storia  3  o  il  dissimulare  ciò  ,  ch'io  mi  sono, 
quando  lo  sa  tutto  il  mondo  ,  ed  io  lo  ascrivo  a  mia 
gforia,  sarebbe  un  fare  al  lettore  una  troppo  gros- 
solana illusione  ,  e  con  questa  confessione  sincera 
mantengo  a'  Protestanti ,  non  poter  eglino  negarmi 
la  loro  credenza,  e  non  aver  eglino  a  leggere  mai 
alcuna  storia,  qualunque  ella  sia,  più  indubitabile 
della  presente,  perchè  in  quello,  che  ho  adire  cen- 
tra le  loro  chiese ,  ed  i  loro  autori ,  non  racconte- 
rò cosa  ,  che  dalle  loro  proprie    testimonianze  non 

sia  manifestamente  provata.  '    ■  * 

XXI. 


YXiv  Disegno 

XXI.  Non  ho  risparmiata  la  mia  fatica  ;  le  ho 
trascritte  queste  testimonianze  ,  e  forse  il  lettore 
si  lagne-rà  ,  che  io  non  abbia  a  sufficienza  rispar- 
miata la  sua.  Altri  non  giudicheranno  bene,  che  io 
alle  volte  mi  sia  appigliato  a  cose  ,  che  loro  sem- 
breranno di  poca  importanza  ;  ma,  oltreché  coloro, 
i  quali  sono  avvezzi  a  trattare  le  materie  della  re- 
ligione, ben  sanno,  che  in  un  soggetto  di  si  gran 
conseguenza  e  delicatezza,  quasi  tutto,  sino  le  mi- 
nime parole,  è  essenziale  ;  fu  necessario  considerare 
non  ciò,  che  sono  le  cose  stesse,  ma  ciò,  che  so- 
no state  ,  o  per  anche  sono  nell'animo  dì  coloro  , 
co'  quali  abbiam.o  a  trattare  i  e  vedrassi  in  ispezia- 
lità,  che  la  storia  presente  è  di  un  genere  in  tut- 
to particolare  ,  che  ha  dovuto  comparire  con  tutte 
le  sue  prove,  e  per  dir  così,  da  tutte  le  parti  mu^ 
nita  ,  e  eh' è  stato  duopo  arrischiare  di  renderla  men 
dilettevole  per  renderla  più  utile,  e  convincente. 

XXII.  Benché  il  mio  disegno  mi  restringa  nella 
storia  de' Protestanti  ,  ho  creduto  in  certi  luoghi 
dover  cercare  più  addietro  il  principio  ;  e  ciò  av- 
venne allorché  si  sono  veduti  i  Valdesi  ,  e  gli  Us- 
siti unirsi  co' Calvinisti,  e  co' Luterani.  Fu  dunque 
necessario  in  que'  luoghi  il  far  conoscere  V  origine , 
ed  i  sentimenti  di  quelle  Sette  ,  il  mostrarne  la  di- 
scendenza, il  distinguerle  da  quelle,  colle  quali  ten- 
tossi  confonderle  ,  lo  scoprire  il  manicheismo  di 
Pietro  di  Bruis ,  e  degli  Albigesi,  e  il  dar  a  vede- 
re in  qual  senso  i  Valdesi  sieno  derivati  da  essi ,  il 
raccontare  l'empietà,  e  le  bestemmie  di  Vicleffo, 
da  cui  Giovanni  Us  ,  ed  i  suoi  discepoli  ebbero  il 

nasci- 


DELL*    Opera.  xxv 

nascimento  i  insomma  lo  svelare  l'ignominia  di  tut- 
ti questi  settarj  a  coloro  ,  i  quali  si  gloriano  di 
averli  a  predecessori .  £,;&.  ,,. 

XXIII.  Quanto  al  metodo  di  quest'opera  ,  vi  si 
vedranno  camminare  le  dispute ,  e  le  decisioni  se- 
condo l'ordine  in  cui  vennero  alla  luce,  senza  di- 
stinzione di  macerie  ,  perchè  a  seguire  quest'ordi- 
ne m'invitano  gli  stessi  tempi.  E'  rosa  certa,  che 
ia  questa  guisa  verranno  ad  esser  meglio  dimostra- 
te le  variazioni  de'  Protestanti  ,  e  posto  in  chiaro 
lo  stato  delle  loro  chiese.  Sì  vedrà  pajimente  con 
chiarezza  maggiore  ciò  ,  che  potrà  servire  a  con- 
vincere, o  difendere  coloro,  de'quali  si  tratta,  col 
mettere  tutte  insieme  sotto  gli  occhi  le  circostan-: 
ze  de'  luoghi,  e  de'  tempi.  -'.'i  U  ■'■-■■  S-'.a 

XXIV.  Non  vi  è  che  una  sola  controversia ,  del- 
la quale  faccio  a  parte  la  storia,  ed  è  quella,  che 
riguarda  ia  chiesa:  materia,  .eh' è  di  somma  impor- 
tanza i  t  che  sola  potrebbe  portar  seco  la  decisio- 
ne di  tutto  il  litigio,  se  nelle  opere  de' Protestanti 
non  fosse  tanto  confusa ,  quant'  è  in  se  stessa  intel- 
ligibile; e  chiara  •  Per  restituirle  la  sua  purità,  e 
semplicità  naturale,  ho  raccolto  nell'ultimo  libro  ,  m^  ,5, 
quanto  ho  avuto  a  riferire  sopra  questa  materia  , 
affinchè  una  volta  avendo  ben  considerata  la  diffi- 
coltà, possa  il  lettore  accorgersi  della  cagione,  per 

la  quale  le  nuove  chiese  si  sieno  sentite  in  obbligo 
di  somministrare  successivamente  tanti  aspetti  a 
quello,  che  in  sostanza  non  poteva  averne  che  uno 
solo.  Tutto  alla  fine  si  riduce  a  far  vedere  in  che 
consistesse    la   chiesa  prima   della   riforma  .    Nacu- 

c  ral- 


XXVI  Disegno 

Talmente  ella  dee  essere  stabilita  visibile,  giusta  IV 
idea  comune  di  tutt'i  Cristiani,  ed  a  questo  erano 
giunte  le  prime  confessioni  di  fede ,  come  vedrassi 
in  quelle  di  Augusta,  e  di  Strasburgo,  le  quali  so- 
no le  due  prime  in  ogni  partito  di  Protestanti:  con 
questo  mezzo  si  contraeva  l'obbligazione  di  mo- 
strare ritrovarsi  nella  propria  credenza  non  perso- 
ne particolari  qua  e  là  sparse,  ed  anche  queste  al- 
tre sopra  un  punto ,  altre  sopra  un  altro  divise  ;  ma 
corpi  di  chiesa  ,  cioè  corpi  composti  di  pastori ,  e 
di  popoli  :  ed  il  raondo  è  stato  gran  tempo  tenuto 
a  bada  col  dire  ,  che  per  verità  la  chiesa  non  era 
sempre  nel  suo  splendore,  ma  che  in  tutt'i  tempi 
vi  era  per  lo  meno  una  qualche  piccola  adunanza  , 
nella  quale  si  faceva  intendere  la  verità.  In  fine  , 
quando  apertamente  si  vide  non  potersene  far  ve- 
dere alcuna  nò  piccola,  né  grande,  né  oscura  ,  nò 
paterne  ,  che  fosse  della  credenza  de'  Protestanti  , 
il  rifugio  della  chiesa  invisibile  molto  a  proposito 
presentossi ,  e  la  disputa  per  non  breve  tempo  ag- 
girossi  sopra  questa  quistione  .  A'  nostri  giorni  è 
srato  conosciuto  con  chiarezza  maggiore  ,  che  la 
chiesa  ridotta  ad  uno  stato  invisibile,  era  una  cbi« 
mera  incompatibile  col  modello  della  scrittura  ,  e 
col  concetto  comune  di  tutt'i  Cristiani  ,  e  perciò 
fu  abbandonata  una  tale  invenzione  .  I  Protestanti 
sono  stati  costretti  a  cercare  la  loro  successione 
sin  nella  chiesa  Romana  .  Due  famosi  ministri  di 
Francia  si  sono  affaticati  a  gara  per  salvare  gì'  in- 
convenienti di  questo  sistema ,  per  parlare  secondo 
lo  stile  d'oggidì  ;  e  ben  s*  intende,  che  i  due  mi- 
nistri 


D  z  t  L     Opera.  xxvn 

àisrri  sono  Claudio,  e  Juricu*  Non  potevasi  invero 
impiegare  né  più  ingegno  ,  né  più  studio  »  né  più 
sottigliezza  s  è  sagacicà,  né  in  somma  quanto  era 
più  necessario  per  una  buona  difesa  :  non  potevasi 
parimente  avere  una  migliore  disposizione  quanto 
ti  contegno ,  né  discacciare  dalla  loro  presenza  gli 
avversar)  di  una  maniera  più  superba,  e  sprezzan- 
te verso  le  persone  di  poco  talento ,  e  con  i  missio* 
nar)  tanto  vilipesi  da* ministri.  Tuttavia  la  difficol- 
tà, che  volevasi  far  apparire  tanto  leggiera,  fu  tro* 
vata  in  fine  di  siffatto  peso,  che  nel  partito  ha  pò* 
Sta  la  divisione  «  Fu  necessario  alla  fine  cónfessaffl 
pubblicamente,  che  nella  chiesa  Romana,  come  nell* 
altre  chiese,  trovavasi  coll'essenziale  continuazione 
della  vera  Cristianità  anche  l'eterna  salute  i  segre- 
to s  che  dalla  politica  del  partito  era  stato  tenuto 
nascosto  per  tanto  tempo ,  Per  altro  j  tanto  vantag- 
gio ci  hanno  somministrato  i  nostri  avversar)  ,  sono 
s!  patenti  gli  eccessi ,  ne'  quali  è  convenuto  che  ca- 
rfano i  ed  hanno  poste  iu  tanta  dimenticanza  e  le 
antiche  massime  della  riforma  ,  e  le  loro  proprie 
confessioni  di  fede  ,  che  io  non  ho  potuto  lasciar  di 
riferirne  il  gran  cambiamento  in  tutta  la  sua  inte- 
ra continuazione.  Se  mi  sono  applicato  a  delineare 
con  ìstudio  il  disegno  de' due  ministri,  ed  a  far  be- 
ne intendere  lo  stato,  in  cui  hanno  ridotta  la  qui- 
stione  )  rho  fatto  con  ogni  sincerità  ,  perchè  neli' 
opere  loro  ho  trovata  insieme  colle  forme  più  scal- 
tre di  dire  tutta  l'erudizione,  e  tutte  le  sottigliez- 
ze ,  che  avea  potuto  osservare  negli  autori  a  me 
noti  o  Luterani ,  o  Calvinisti  i  e  se  fra'  Protestanti 

e      %  CA" 


XXVIII  D      i     S      E     G     H     O 

cadesse  in  pensiero  ad  alcuno  di  disapprovare  qaatf* 
to  hanno  esposto  sotto  il  pretesto  delle  stravagam- 
26  ,  nelle  quaJi  si  vedessero  caduti  ,  e  volesse  ri- 
correr di  nuovo  o  alla  chiesa  invisibile  ,  o  agli  aU 
tri  luoghi  di  rifugio  egualmente  abbandonati,  sareb- 
be quest'azione  in  tutto  simile  al  disordine  di  un 
esercito  vinto  j  che  avvilito  a  cagione  di  sua  scon- 
fitta ,  tentasse  entrar  dì  nuovo  nelle  fortezze  non 
potute  difendersi  da  esso,  col  mettersi  a  rischio  di 
vedersi  ben  presto  superato  di  nuovo  ',  o  pure  egua- 
le all'inquietudine  di  un  infermo,  che  dopo  essersi 
per  lungo  spazio  di  tempo  voltato,  e  rivoltato  inu* 
tilmente  nel  proprio  Ietto  per  trovarvi  una  comoda 
giacitura  ,  ritornasse  alla  già  lasciata  ,  nella  quale 
poco  dopo  si  accorgerebbe  non  aver  agio  migliore  » 
XXV.  Qui  non  temo  che  d*  una  cosa ,  ed  è ,  (se 
mi  viene  permesso  il  dirlo)  di  far  vedere  troppa 
chiara  a'  nostri  Fratelli  la  debolezza  della  loro  ri- 
forma ,  Ve  ne  saranno  alcuni  ,  che  si  adireranno 
Gontra  di  noi  in  vece  dì  placarsi  ,  vedendo  nell* 
loro  religione  un  torto  cosi  patente  *,  benché  ,  o 
Dio!  a  me  non  cada  in  pensiero  d'imputar  loro  la 
disavventura  del  loro  nascimento,  e  gli  stimi  men 
degni  del  mio  biasimo  ,  che  di  mia  compassione  ,- 
JMa  non  lasceranno  di  sollevarsi  centra  dì  noi  • 
Qiiante  accuse  contra  la  chiesa  prepareransì  dagli 
acculati?  quanti  rimproveri  saran  fatti  a  me  sopra 
la  specie  dell'opera  da  me  scritta?  Quanti  avversar), 
mi  diranno,,  benché  senz' alcun  fondamento,  che  la 
sono  uscito  del  mio  carattere  ,  e  delle  mie  massi- 
mc  3  abbandonando  ia  moderazione    da   essi   anche 

Io- 


PELI*    Opera.  xxtx 

lodata,  e  volgendo  le  dispute  di  religione  in  perso- 
nali ,  e  particolari  accuse  ?  Ma  certamente  avran 
torto  -•  se  questo  racconto  rende  odioso  il  procede- 
re della  riforma  ,  ben  vedranno  le  anime  buone  j 
che  in  questo  non  son  io,  ma  la  cosa  stessa  ,  che 
parlai  Non  vi  è  cosa,  di  cui  meno  si  tratti,  che 
di  fatti  personali  in  un  discorso  ;  nel  quale  ho  sta- 
bilito di  esporre  soprale  materie  della  fede  gli  atti 
più  autentici  della  religion  Protestante.  Se  ne' loro 
autori  j  che  si  sono  esaltati  come  uomini  estraor- 
dinariamente inviati  per  far  rinascere  nel  sedicesi- 
mo secolo  il  Cristianesimo,  trovasi  una  maniera  di 
operare  direttamente  opposta  a  questo  disegno  4  e 
veggonsi  in  generale  nella  setta,  che  hanno  forma- 
ta, tutt'i  caratteri  opposti  ad  una  Cristianità  rina- 
scente ,  impareranno  i  Protestanti  da  questo  luogo 
di  storia  ad  astenersi  dal  disonorar  Dio  ,  e  la  sua 
Provvidenza  coll'attribuirle  una  special*  elezione  j 
che  sarebbe  manifestamente  cattiva. 

XXVI.  Quanto  alle  accuse  ,  sarà  duopo  soffrirle 
con  tutte  le  ingiurie  $  e  calunnie,  òndei  nostsi  av- 
versar) hanno  costume  di  caricarci  :  ma  loro  do- 
mando due  condizioni ,  che  saranno  da  essi  confes- 
sate per  giuste:  la  prima,  che  non  pensino  ad  acj- 
eusarci  di  variazioni  nelle  materie  di  fede,  se  non 
dopo  essersi  eglino  stessi  purgati  j  altrimenti  sareb- 
be duopo  il  direj  che  ciò  non  fosse  un  rispondere 
alla  storia  presente  ,  ma  un  sedurre  il  lettore  ,  e 
vendicarsi',  la  seconda,  elie  non  oppongano  ragiona» 
menti  o  congetture  a* fatti  certi  j  ma  oppongano  cer- 
ti fatti»* fatti  eerti,  ed  autentiche  decisioni  di  fe- 

9'C>  C      3  <^« 


XXX  DISEGNO 

de  ed  autentiche  decisioni  di  fede  .  Se  con  tali 
prove  giungono  a  farci  vedere  qualche  minima  inco- 
stanza e  variazione  ne*  dogmi  della  Cattolica  chic* 
sa  dal  suo  principio  sino  a  noi  ,  cioè  dalla  fonda, 
zione  del  Cristianesimo  sino  a'giornl  nostri  ,  mi 
contento  di  confessare  che  hanno  ragione,  ed  anni- 
chilerò affatto  la  presente , 

XXVII.  Del  rimanente  non  pretendo  fare  uno 
sterile,  ed  infruttuoso  racconto  delle  variazioni  de* 
Protestanti.  Ne  scoprirò  Je  cagioni,  mostrerò  non 
essersi  fatto  alcun  cambiamento  fra  loro ,  che  non 
manifesti  un  inconveniente  nella  loro  dottrina  ,  e 
che  non  ne  sia  un  necessario  effetto  :  le  loro  Va- 
riazioni ,  come  quelle  degli  Ariani  ,  scopriranno 
quanto  hanno  voluto  e  scusare,  e  supplire,  e  mas- 
cherare nella  loro  credenza  .  Le  loro  dispute,  le  loro 
contraddizioni ,  ed  i  loro  equivoci  faranno  testimo- 
nianza della  cattolica  verità  :  e  questa  sarà  anche 
duopo  di  quando  in  quando  rappresentarla  qual*  ella 
è,  affinchè  si  vegga  da  quante  parti  sono  finalmen- 
te costretti  i  di  lei  nemici  ad  avvicinarsele  .  Così 
fra  tante  contese  ,  ed  inevitabili  confusioni  della 
nuova  riforma  ,  per  tutto  risplenderà  la'  cattolica 
verità  come  un  bel  sole ,  che  avrà  disperse  le  neb. 
bie  più  dense;  e  questo  trattato  ,  se  da  me  vien 
condotto  a  fine,  come  Iddio  a  me  Io  ha  inspirato, 
sarà  una  dimostrazione  della  giustizia  di  nostra  cau- 
sa, tanto  più  sensibile,  quanto  procederà  per  via  di 
principi,  e  di  fatti  certi  appresso  le  parti. 

XXVIII.  Le  dissensioni  in  fine,  e  gli  accordi  de* 
Protestanti  ci  faranno  vedere  in   che    hanno   collo- 
cato 


DELt*   Opera  xxxt 

caco  tìill' una  o  dall' altra  parte  1*  essenziale  della  re- 
Jigione  ,  ed  il  nodo  della  contesa  ^  ciò  che  si  dee 
concedere  ,  ciò  che  vi  si  dee  per  Io  meno  sentire 
secondo  i  loro  principj ,  La  sola  confessione  d'Au- 
gusta colla  sua  apologia  decìderà  in  nostro  favore 
più  punti)  che  non  si  pensa,  e  senza  esitare,  ciò 
che  vi  è  di  pia  essenziale  ,  Faremo  parimente  co- 
noscere al  Calvinista  condiscendente  verso  gli  unì, 
ed  inesorabile  contra  gli  altri,  che  quanto  nel  Cat- 
tolico gli  sembra  odioso  ,  senz'  apparirgli  tale  nel 
Luterano  ,  non  lo  è  in  sostanza  .  Quando  udirassi 
esagerar  contra  l'uno  ciò  che  udirassi  favorito  ,  o 
tollerato  nell'altro  ,  si  avrà  fondamento  bastante 
per  dimostrare,  che  non  si  precede  per  via  di  prin- 
cipj,  ma  di  avversione  ,  eh' è  il  vero  spirito  dello 
scisma.  La  prova,  che  il  Calvinista  potrà  far  qui 
di  se  stesso  ,  avrà  maggior' estensione  di  quello  , 
ch'egli  crede  ,  Il  Luterano  ritroverà  parimente  le 
dispute  in  ristretto  colle  verità  da  esso  confessate  , 
e  quest'  opera ,  che  a  prima  giunta  potrebbe  parec 
contenziosa ,  sarà  trovata  in  sostanza  molto  più  rin- 
volta alla  pace,  che  alla  contesa. 

XXIX.  Quanto  al  Cattolico  ,  egli  non  cesserà  di 
lodar  Dio  per  la  sua  continua  protezione  concessa 
alla  sua  chiesa,  per  mantenere  costante  la  sempli- 
cità ,  e  la  rettitudine  in  mezzo  alle  sottigliezze  , 
onde  vengono  imbrogliate  le  verità  dei  vangelo  » 
La  perversità  degli  eretici  servirà  di  spettacolo  a 
chiunque  è  umile  di  cuore .  Questi  imparerà  a  di> 
sprezzare  insieme  colla  scienza  che  gonfia  ,  V  elo° 
quenza  che  seduce  :  ed  i  talenti  ammirati  dal  mon^ 
-^ ..  do 


XXXII  I)     I     S     E     G     fi     Ò 

do  gli  sembreranno  poca  cosa,  allorché  vedrà  tan- 
te vane  curiosità j  e  tanti  raggiri  ne' letterati,  tan- 
te finzioni  j  e  tanti  artifizj  nella  polizia  dello  sti- 
le, tanta  vanità,  e  tanta  ostentazione,  e  tante  pe- 
ricolose illusioni  fra  coloro ,  che  si  denominano  in- 
gegni elevati  ,  ed  in  fine  tant'  arroganza  ^  tanti 
trasporti  d'ira,  e  poi  tanti  errori  si  frequenti  ,  e 
s"ì  manifesti  in  uomini  ,  che  appariscono  grandi, 
perchè  rapiscono  ,  e  traggono  gli  altri  nella  lor 
opinione  .  Si  deploreranno  le  miserie  delloi  spirito 
umano ,  e  si  conoscerà  ,  che  V  unico  rimedio  a 
mali  sì  grandi  è  il  saper  distaccarsi  dal  proprio 
sentimento,  perchè  in  questo  fra  l'eretico  t  ed  il 
Cattolico  consiste  la  differenza  .  E'  proprietà  dell* 
eretico,  cioè  di  colui,  che  ha  un'opinione  partico- 
lare, l'attenersi  a  proprj  concetti  j  ed  è  proprietà 
del  Cattolico  ,  cioè  dell'universale,  il  preferire  a 
suoi  sentimenti  il  sentimento  comune  di  tutta  la 
chiesa:  quésta  è  la  grazia,  che  dovrà  domandarsi 
in  prò  degli  erranti  ^  Intanto  ci  prenderà  un  san- 
to ,  ed  umile  orrore  ,  considerando  le  tentazioni 
sì  pericolose  ,  e  sì  dilicate  ,  che  alle  volte  sono 
mandate  da  Dio  alla  sua  chiesa  ,  ed  i  suoi  giudi- 
zi da  esso  esercitati  sopra  di  essa  ;  e  non  cessere- 
mo di  far  orazione  per  ottenerle  pastori  dotti  ei 
esemplari  ,  perchè  al  difetto  di  averne  avuti  in 
buon  numero  di  simil  pregio  dee  attribuirsi  ,  che 
il  gregge  riscattato  con  sì  gran  prezzo  sia  stato 
con  tanta  indegnità  mandato  in  rovina  * 


SOM- 


XXXIIZ 


SOMMARIO 

De'  Libri  contenuti  in  questo  Tomo 
LIBRO    L 


rìnc'tpìo  delle  dìspute  di  Lutero .  Sue  agitazioni , 
Sue  sommissioni  verso  la  chiesa  ,  e  il  Tapa .  Fon- 
damenti della  sua  riforma  nella  Giustizia  impu- 
tata ,  sue  proposizioni  inaudite ,  e  sua  condanna  . 
Suoi  trasporti  di  collera  ,  sue  furiosa  minacce ,  sue 
vane  profezìe ,  e  miracoli  -,  de'  quali  si  vanta .  Il 
"Pontificato  doveva  ad  un  tratto  cadere  s è nz^  alcu- 
na violenza.  "Promette  che  non  permetterà  dipren^ 
der  r armi  in  favore  del  suo  Vangelo,  ,,.,> 

L  I  B  R  O     I L 

Variazioni  di  Lutero  sopra  la  Transustanziazk' 
ne.  Carlostadio  comincia  il  litigio  Sacramentario. 
Circostanze  dì  questa  dissensione  .  La  ribellione 
de'  Contadini ,  e  il  personaggio  rappresentatovi  da 
Lutero  ,  Suo  maritaggio ^  ond' egli,  e  i  suoi  amici 
hanno  rossore .  Suoi  eccessi  contro  il  Libero  ^Arbì- 
trio y  e  contro  irrigo  VIIL  re  d' Inghilterra,  Com- 
pariscono Zuinglio ,  ed  Ecolampadio  .  I  Sacramen- 
tar] preferiscono  la  dottrina  Cattolica  alla  Lute- 
rana.  I  Luterani  prendono  l'armi,  non  ostanti  le 
loro  promesse .  Melantone  ne  resta  turbato .  Si  uni- 
scono in  ^lemagna  sotto  nome  di  Protestanti»  Va- 
nì 


JEXXIV 

Hi  progetti  dì  aggiustamento  fra  Lutero  ,   (  ZuìH' 
glìo  .  Conferenza  dì  Marpurgo  . 

Librò   ih. 

Confessioni  dì  Fede  de^  due  Vaniti  de'  Protestanti  e 
Quella  dì  Jiugusta  composta  dà  Melantone  „  Quel' 
la  dì  Strasburgo  j  o  deJle  quattro  Citta  fatta  da 
bucero  i  Quella  dì  Zuìnglio  ,  Fariazioni  di  (Quella 
di  augusta  soprd  t Eucaristia  «  v/imbìgiiìta  dì  quel- 
la dì  Strasburgo  e  Zuinglió  solo  mette  chiaramente 
il  Senso  figurato  .  Il  termine  di  Sostanza  perchè 
posto  per  ispisgare  la  Kealita  «  apologià  della  con- 
fessione di  augusta  fatta  da  Melantone .  Là  chie- 
sa calunniata  quasi  sopra  tutti  i  punti  ^  e  princì' 
palmento  sopra  quello  della  Giustificazióne ,  e  so- 
pra r operazione  de*  Sacramenti  e  della  Messa.  Il 
merito  dclP  opere  buone  confessato  dall'una  e  dal!* 
altra  parte  :  t  assoluzione  sacramentale  parimente 
ammessa  i  la  confessione  ^  i  'Voti  monastici  t  è  rmì^ 
ti  altri  articoli .  La  chiesa  Romana  riconosciuta  iti 
più  maniere  nella  confessione  d"  sAugusta  .  Dimo- 
strazione tratta  dalld  confessione  d*  jiugusta  ,  è 
dal r  apologia  ^  che  i  Luterani  ritornerebboné  a  noi 
toir  annullare  k  loro  calunnie  ,  o  col  ben  hten-' 
dere  la  loro  propria  dottrina , 

LIBRO     IV. 

Leghe  de  Trotestanti  y  e  risoluzione  dì  prender  f  ar- 
mi autorizzata  da  Lutero .  Imbarazzo  di  Melanto- 
ne 


XXXV 

Kd  Sópra  questi  nuovi  progetti  tanto  contrari  iti 
primo  disegno  .  Bucero  spiega  i  suoi  equivoci  per 
unire  tutto  il  partito  Protestante  ,  e  i  Sacramene 
tarj  co'  Luterani  .  G/ì  Zuing/iani  e  Lutero  eguale 
mente  li  rigettano  .  Bucero  aUa  fine  inganna  Lu- 
tero ,  confessando  ,  che  gì  indegni  ricevono  la  ve- 
nta del  Corpo  .  accordo  di  Vittemberga  con  que- 
sto fondamento  concluso  .  Mentre  ritornasi  al  sen- 
timento di  Lutero ,  Melantone  conincia  a  dubitar- 
ne ,  e  non  lascia  dì  sottoscrivere  quanto  vuole  Lu- 
tero .  articoli  di  Smalcalda ,  e  nuova  spiegazione 
della  Tresenza  reale  fatta  da  Lutero .  Limitazione 
di  Melantone  sopra  l"  articolo  ,  che  risguarda  il 
"Papa, 

L  I  B  R  O     V.  ? 

Verturbazioni  y  rincrescimenti ,  incertezze  di  Melan- 
tone .  Cagione  de'  suoi  errori ,  e  sue  speranze  de- 
luse.  Tristo  successo  della  riforma  ^  e  infelici  mo- 
tivi »  che  vi  traggono  i  Topo  li  ,  confessati  dagli 
autori  del  Partito ,  Melantone  confessa  invano  la 
perpetuità  della  chiesa,  l'autorità  de"  suoi  gìudicj  j 
s  quella  de''  suoi  Trelati .  La  giustizia  imputativa 
Io  rapisce ,  ancorché  confessi  non  trovarne  cosa  al- 
cuna negli  scritti  de'  "Padri ,  ne  anche  in  s.  ago- 
stino y  nel  quale  per  l  addietro  aveva  posto  tutto 
il  Suo  fondamento  » 


NOI 


XXXVI 

NOI    RIFORMATORI 

DELLO    STUDIO   DI   PADOVA. 

J\vendo  veduto  per  la  Fede  di  Revisione,  ed  Ap»- 
provazione  del  P.  F.  Gìo:  Tommaso  Mascheroni  In- 
quisitor  General  del  Santo  Offizio  di  Venezia  nel 
Libro  intitolato  Opere  dì  Mons.  Jacopo  Bossuet  Ve- 
scovo dì  Meaux  ,  Tomi  36.  Stampa  ,  non  vi  esser 
cosa  alcuna  contro  la  Santa  Fede  Cattolica  ,  e  pa- 
rimente per  Attestato  del  Segretario  Nostro ,  nien- 
te contro  Principi ,  e  Buoni  Costumi ,  concediamo 
Licenza  zTietro  Zerktti  Stampator  di  Venezia  t  che 
possi  esser  stampato ,  osservando  gli  ordini  in  ma- 
teria di  Stampe ,  e  presentando  le  solite  Copie  al- 
Je  Pubbliche  Librerie  di  Venezia,  e  di  Padova ^ 

Dat,  li  23.  Aprile  1795, 

(Agostin   Barbarico  Rif, 

(PaoloBemboRif. 

(. Zaccaria   Valaresso  Rif. 

Registrata  in  Libro  a  Carte  4^0.  al  Num.  19. 

Marcantonio  Sanfermo  Segr, 

30.  aprile  1795. 
Registrato  a  Carte  186.    nel    Libro  del  Magistrato 
degl'  Eccell.  Sigg.  Esecutori  contro  la  Bestemia. 

Antonio  Cabrìni  Segr. 
S  T  O- 


STORIA 

DELLE   VARIAZIONI 

DELLE 

CHIESE  PROTESTANTI 


LIBRO      I. 

Dall'  anno  1517.  sino  all'  anno  1520. 


V 


I.  Xlrano  già  scorsi  molti  secoli ,  dacché  desidera-  ta  Rifor- 
vasi  la  riforma  dell'  ecclesiastica  disciplina  .  Chi  nY-,'!!"?» 
mì  concederà,   diceva  s.  Bernardo,   veder  prima  di  sjderata 

'  '^  da  moki 

morire ,    la  chiesa  dì  Dìo  qual' era  ne' primi  tempii  secoli. 
Se  il  sant'uomo  ebbe  nel  morire  qualche  rincresci-  Bcm.Efist. 

1.     LL  J  I  •  liT.adEug. 

i  mento  j  1  ebbe  per  non  aver  veduto  un  cambiamen-  Papam. 
to  sì  avventuroso.  Pianse  tutto  il  corso  di  sua  vi- 
ta i  mali  della  chiesa  .  Non  cessò  mai  dall' avver- 
tirne il  popolo  ,  il  clero  ,  i  vescovi  ,  e  gli  stessi 
pontefici  ;  non  temè  d'avvisarne  anche  i  suoi  reli- 
giosi, i  quali  insieme  con  esso  lui  se  ne  affliggeva- 
no nella  loro  solitudine  ,  e  tanto  più  lodavano  la 
divina  bontà  3  che  ve  gli  avev?  condotti  ,  quanto 
era  maggiore  la  corruttela  nel  mondo  .  I  disordini 
avevano  anche  di  poi  ricevuto  aumento.  La  chiesa 
Romana  ,  madre  delle  chiese  ,  che  per  Io  spazio 
Bosjuet  Cpe)e  T.  L        .,  A  di 

y 


2,  Variazioni 

di  nov«  secoli  interi,  osservando pjrima  d'ogni  altra 
con  esemplar    esattezza    l' ecclesiastica   disciplina,- 
in  tutto  l'universo    con  ogni  sua  forza  la  mantene- 
va, dal  male  non  era  esente  ^   e  sin  nel  tempo  del 
concilio  Viennese    un   gran  Vescovo  ,   cui    aveva  il 
Papa  commessa  la  cura  di  preparar  le  materie,  che 
vi  dovean  esser  trattate  ,   pose  per  fondamento  all' 
applicazione  di  quella  santa  adunanza,    la  necessità 
auUì.Du-  di  riformare   la   chiesa   nel  suo  capo  ,  e   nelle   sue 
lUm^f.^'*'  m^^bra .    Il    grande  Scisma    sopraggiunto    alquanto 
rf^/Fw!"'"    ''°P°  >   P^"^    ^^^    ''"^'   P°^^    '^  stessa'  espressione  in 
Tra^T.^e  |jQj.(.j  non  solo  de' dottori  privati,  di  Gersone,   di 

modo     (jen. 

Cene,  cf/s- Pietro  d'Alliaco,  e  d'altri  uomini  grandi  ,  che  in 
quel  secolo  erano  m  nore  ;  ma  eziandio  de  conci- 
li,  leggendosi  ciò  dappertutto  in  quelli  di  Pisa,  e 
di  Costanza  .  E'  noto  quanto  avvenne  nel  concilio 
di  Basilea  ,  in  cui  per  disavventura  la  riforma  fu 
con  arte  sfuggiti,  e  la  chiesa  in  nuove  dissensioni 
sommersa  .    Il    cardinal    Giuliano    rappresentava  ad 

Sfìst,     I.  Ili  ... 

jti!.  Card.  Eugenio  IV  le  sregolatezze  del  ciero  ,  in  ispezia-- 
;«£r  Offri  lità  d'Alemagna.  Le  sregolatezze,  diceva,  eccitano 
'"rodio  del  popolo  contro  tutto  l'ordine  ecclesiastico , 
e  se  non  saranno  corrette  ^  dee  temersi,  che  ì  laici, 
non  si  avventino  contro  il  clero  nella  maniera ,  con 
cui  l'i  si  avventarono  gli  Ussiti  ,  come  apertamente 
ce  ne  fanno  la  minaccia  .  Se  con  ogni  prontezza 
non  si  avesse  data  m.ano  alla  riforma  del  clero  in 
Alemagna,  ci  prediceva,  che  dopo  l'eresia  di  Boe- 
mia, ed  estinta  eh'  fosse ,  ne  nascerebbe  ben  presto 
un  altra  anche  pia  pericolosa  ,  perche  ,  continuava 
Io  stesso  ,   dirassì  che  il  clero  è  incorreggibile  ,  ne 

vuo- 


L  I  B  R  o      I.  3 

lìuolt  porre  rhncdio  alle  proprie  sreo^olàtctze .  Sì  av- 
venteranno t  popoli  contro  dì  noi  ,  seguiva  il  gran 
Cardinale,  quando  non  vi  sarà  più  speranza  di  cor- 
rezione, di  animi  degli  uomini  stanno  in  attenzio- 
ne  di  quanto  sarà  per  esser  fatto  ,  e  pajono  dover 
ben  presto  partorire  qualche  tragico  effetto.  Il  vele- 
ro  da  essi  nudrito  contro  di  noi ,  sì  manifesta  ;  pre- 
sto crederanno  fare  a  Dio  un  sacrifìcio  gradito  col 
maltrattare  ,  o  spogliare  gli  Ecclesiastici ,  come  gen- 
te a  Dio  y  ed  agli  uomini  odiosa  ,  ed  immersa  nell' 
ultima  estremità  del  male .  La  poca  divozione ,  che  ^<''"^- 
resta  verso  /'Ordine  sacro  ,  verrà  a  perdersi  affat- 
to .  Si  attribuirà  la  colpa  d' ogni  sregolatezza  alla 
corte  dì  Roma ,  che  sarà  considerata  come  la  cagio- 
ne dì  tutti  i  mali  ,  perchè  avrà  ella  trascurato  di 
prestarvi  iJ  necessario  rimedio  .  Continuando  poi  , 
prendeva  il  tutto  di  un  tuono  più  alto,  e  diceva  : 
Vedo  la  scure  alla  radice ^  l'albero  piega ,  ed  in  ve-  j^.^ 
ce  di  sostenerlo ,  potendosi  ancora  ,  viene  da  noi  a 
terra  precipitato .  Scorge  nel  clero  d'Alemagna  una 
imminente  desolazione»  I  beni  temporali ,  onds  vor- 
rassi  privarlo  ,  gli  sembran  la  parte  ,  da  cui  trarrà 
i* origine  il  male.  I  corpi,  dice,  periranno  insiem^e 
toir anime  .  Iddio  e  impedisce  il  vedere  i  perìcoli^ 
come  suol  fare  verso  coloro  ,  cV  eì  vuol  soggetti  al 
gastìgo:  il  fuoco  innanzi  a  noi  è  accso  ,  e  noi  cor- 
riamo nelle  sue  fiamme  . 

II.  Così  nel  secolo  XV'.  il  sran  Cardinale,  il   più  LaRircr.:a 

^  "  .  desiderati 

grand' uomo  della  sua  età,    ne  deplorava  i  mali,    e  appartei.e- 
ne  prevedeva  le  conseguenze  luneste  .    Con  questo  scipiina  , 
sembra  aver  predetti  que'mali,  che  da  Lutero  do-  fede. 
/^  A    2  ve- 


4  Variazioni 

vevano  essere  cagionati  a  tutta  la  Cristianità,  co- 
minciando dalI'Alemagna",  né  si  è  ingannato  nel  cre- 
dere, che  la  riforma  disprezzata,  e  l'odio  contro 
il  clero  via  più  accresciuto  ,  fossero  per  partorire 
una  setta  più  formidabile  alla  chiesa  di  quella  de- 
gli accennati  Boemi  .  La  setta  è  venuta  sotto  la 
direzion  di  Lutero,  e  prendendo  il  titolo  di  Rifor- 
ma, si  è  vantata  di  aver  soddisfatto  a' vott  di  tut- 
ta la  Cristianità,  perchè  la  riforma  era  desiderata 
da' popoli,  da' dottori ,  e  da'  prelati  della  Cattolica 
chiesa  .  Così  per  autorizzare  la  pretesa  riforma  , 
fu  raccolto  con  esattezza  quanto  hanno  detto  gli 
Autori  ecclesiastici  contro  le  sregolatezze  del  po- 
polo, e  del  medesimo  clero.  Ma  questa  è  un'illu- 
sione patente  ,  perchè  fra  tanti  passi  allegati  nep- 
pur  uno  si  legge  ,  nel  quale  questi  dottori  abbiano 
nemmen  pensato  a  cambiar  fede  alla  chiesa,  a  cor- 
reggere il  di  lei  culto  ,  che  nel  sacrificio  dell' AU 
tare  in  ispezialità  consisteva  ,  ad  annichilare  l'au- 
torità de' suoi  prelati,  e  principalmente  del  Papa  , 
ch'era  il  fine,  a  cui  tendeva  tutta  la  nuova  rifor- 
ma, della  qual'era  l'architetto  Lutero. 
Testimo-      IH. I  nostri  Riformati  ci  allegano s.  Bernardo,  che 

t.  Eernar-  facendo  l' cnumcrazionc  de' mali  della  chiesa  ,  e  di 
quelli  da  lei  sofferti  nel  suo  principio  in  tempo  del- 

^ln'c^7t'  ^^  persecuzioni  ,  e  di  quelli  da  lei. patiti  nel  suo^ 
avanzamento  a  cagione  dell'eresie  ,  e  di  quelli  da. 
lei  provati  negli  ultimi  tem.pi  dalla  depravazione  de' 
costumi,  dice  che  tutti  questi  sono  più  da  temer- 
si, perchè  s'internano  ,  e  riempiono  di  corruttele 
tutta  la  chiesa  :    dal  che  conclude  il  grand'uomo  , 

pò- 


L  I  è  R  o     I.  5 

lAic  aire  la  chiesa  con  Isaia,  che  /a  sua  phìama-  isnU  js, 
j,  e  più  dolorosa  afflizione  e  nella  pace ,  perch' es- 
sendo in  pace  per  la  parte   degl'  Infedeli  ,    e    degli 
Erecici,  con  danno  maggiore  viene  ad  essere  com- 
battuta da*  pravi  costumi  de' suoi  figliuoli.    Non  ri- 
cercasi prova  maggiore  per  dimostrare,  che  quanto 
ci  deplora    non  sono  gli   errori  ne' quali  fosse  cadu- 
ta la  chiesa  ,    come    hanno    preteso  i  nostri  Rifor- 
matori ;   perchè    la    rappresenta    per  lo  contrario  ,  », 
quanto  a  questa  parte,  già  posta  in  sicuro;  ma  sono            '  ^  ' 
i  soli  mali,    che  traevano  l'origine  dalla  rilassatez- 
èa  della  disciplina  .    Dal    che    parimente  avvenne  ,  *• 
che  quando  certi  spiriti  inquieti  e  turbolenti  ,    co- 

T»'  j»    T.       •  A       •  A  1  1        1  •  -^  .         Bern.  Servi, 

me  Pietro  di  Bruis,  Arrigo  ^  e  Arnaldo  di  Brescia»  ej.  a*.  ,>, 
hanno  cominciato  a  riprendere  i  dogmi  in  vece  della     ""*" 
disciplina,   il  grand' uomo  non  ha    mai  sofferto  che 
ne  restasse  alcuno  indebolito  ,  e  con  forza  invincì- 
bile ha  combattuto  tanto  a  favor  della  fede  di  nostra 
chiesa,  quanto  in  prò  dell'autorità  dei  di  lei  prelati  * 

IV.  Lo  stesso  dee  dirsi  degli  altri  dottori  Cattolici,     Teitimo- 
che  ne' secoli  seguenti  hanno  deplorati  gli  abusi,    e  ceTsone^^'e 
ne  hanno  domandata  la  riform.a  .    Il    più   famoso  di  pfe„^"<f*" 
tutti  è  Gersone  ,   né    alcun    altro    ha    proposta  con  ^''»a^o  >,, 

^  V  escovo  cii 

maggior  forza    la    riforma    della  chiesa  nel  suo    ca-  Cambra! . 
pò  e  nelle  sue  membra*    In  un  sermone,  ch'ei  fé-  GenonScr, 
et  dopo  il  concilio    di  Pisa  alla    presenza    di  Ales-  Do-m'.^Ad' 
Sandro  V.  introduce  la  chiesa,  che  domanda  al  Pa-      ""'  ^' 
pa  la  riforma  ,    e  lo  ristabilimento  del  regno  d'  Is- 
raele ",    ma  per  dimostrare  ch'egli  non  si  lagnava  di 
alcun  errore,    che  potesse  osservarsi  nella  dottrina 
della  chiesa,  rivolge  al  Papa  queste  parole:  perchè, 

À     3  dice. 


6  Variazioni 

<iice,  HO»  inviate  de' mìs stonar]  agl'Indiani,  la  fe- 
de de' quali  può  esser  facilmente  corrotta  ,  giacché 
non  sono  uniti  alla  chiesa  Komana  ,  da  cui  la  cer* 
i:zza  della  fede  dev  essere  trattai  II  cardinal  Pie- 
tro d'Alliaco  suo  maestro  ,  Vescovo  di  Cambra!  , 
sospirava  parimente  per  la  stessa  riforma  ;  ne  sta- 
biliva però  il  fondamento  sopra  r,n  principio  molto 
diverso  da  quel  di  Lutero;    perche  questi  scriveva 

i*h\d.  v.h,  ^  Melantonc  ,   cìye   non   poteva   sussistere  la  buona 

^^^'  dottrina  ,   sinché    /'  autorità    del  "Papa  fosse  nel  suo 

essere  conservata  :    e  il  Cardinale  per    lo    contrario 

Ce-ic.i.de  Stimava,  che  durante  lo  scisma  ^  essendo  le  membra 
della  chiesa  separate  dal  loro  cupo  ,  e  non  essendo- 
vi economo  ,  o  direttore  apostolico  ,  cioè  non  es- 
sendovi Papa  ,  che  fosse  riconosciuto  da  tutta  la 
chiesa,  non  fosse  da  sperarsi,  ch'esser  potesse  b>;n 
fatta  la  riforma  .  Così  l'uno  faceva  dipendere  la 
riforma  dalla  distruzion  del  papato  ,  e  l'altro  dal 
perfetto  ristabilimento  di  questa  santa  autorità  già 
stabilita  da  Gesucristo  per  mantenere  l'unità  fralle 
sue  membra,  e  tener  il   tutto  nel  suo  dovere. 

Due   ma.      V.   Due   sortc  di  spiriti  domandavano    dunque  la 

nicre   di  , 

desiderare    ritorma ,  Alcuni  Veramente  pacifici,  e  veri  figliuoli 

laRiforn-.a     ,     ,,  ,.  ,  ,       ,  •  i- 

della  Chic,  della  chicsa  senz  asprezza  ne  deploravano  i  mah  , 
con  rispetto  ne  proponevano  la  riforma,  di  cui  pa- 
rimente con  umiltà  tolleravano  la  dilazione  ,  e  in 
vece  di  voler  procurarla  colla  disunione  ,  conside- 
ravano la  disunione  come  il  colmo  de'mali:  inmez- 
zo agii  abusi  ammiravano  la  Provvidenza  divina  , 
che  sapeva  cotiservare  ,  secondo  le  sue  promesse  , 
la  fede  della  chiesa  ,    e    se  appariva  che  loro  fosse 

ne- 


L   I  B   R.  O       I.  7 

regata  la  riforma  de'costumi,  senza  !nast>rirsl ,  e 
Jasciarsi  trasportare  dall'ira  ,  stimavansi  assai  ior- 
-tunati  coi  non  ritrovar  cosa  alcuna  ,  che  loro  im- 
pedisse il  farla  perfettamente  in  sestessi  ^  Erano 
questi  i  forti  della  chiesa  :  la  tentazione  non  po- 
teva scuotere  la  loro  fede,  né  distaccarli  dall'uni- 
tà. Ma  vi  erano  certi  altri  spiriti  superbi,  ripieni 
,di  mal  umore,  e  di  asprezza,  che  offesi  da'disor- 
dini  veduti  regnar  nella  chiesa,  e  in  ispezialità  fra 
i  di  lei  ministri,  non  credevano,  che  le  promesse 
di  sua  eterna  durata  potessero  sussistere  fra  tanti 
abusi.  Quando  il  Figliuolo  di  Dio  •  aveva  insegnato 
di  onorare  la  cattedra  di  Mese,  non  ostanti  le  epe-  M.'uth 
re  prave  de'  dottori ,  e  de' Farisei  ,  che  vi  stavano  -Y-'^^-^^-»- J- 
assisi  ;  costoro  divenuti  superbi,  e  per  questa  ca- 
gione divenuti  deboli  ,  cedevano  alla  tentazione  , 
che  spigne  ad  odiare  la  cattedra  in  odio  di  coloro, 
••che  siedono  in  essa',  e  come  se  la  malizia  degli  uo- 
mini potesse  ridurre  a  nulla  l'opera  di  Dio,  l'avver- 
sione conceputa  da  essi  contro  i  dottori  faceva  , 
che  odiassero  tutto  insieme  e  la  dottrina  da  essi 
insegnata,  e  l'autorità  loro  comunicata  da  Dio  per 
insegnarla . 

VI.  Tali  erano  gli  Albigesi,  e  i  Valdesi;  tali  erano     Principi 
Giovanni  Vicleffo,  e  Giovanni  Us.  L'esca  più  ordi- e'si]e"^"a- 
naria  ,    onde    servivansi    per  trar  nelle  reti  loro  le  '"^" 
anime    inferme  ,    era    l'odio  ,    ch'eglino  ispiravano    '^'''"-'j^;'^''/- 
ad  esse  contro  i  castori    della  chiesa  .    Con  questo  fi"*'-  ''^^''• 

'  Rn[,    cant. 

spirito  di  asprezza  altro  non  cercavasi  ,   che  la  di-  ^'5^- 
sunione;    né  dee  recar  maraviglia,    se  ne'tempi  di 
Lutero,  ne'quali  le  invettive,  e  l'asprezza  contro 

A     4  il 


t  Variazionti 

il  clero  giunsero  all'ultimo  eccesso  ,  videsi  anche 
Ja  disunione  più  violenta  ,  e  l'apostasia  più  grande 
che  mai  siasi  veduta  sino  a  quel  tempo  nel  Cristia- 
nesimo . 

Martino  Lutero  ,  Agostiniano  di  professione,  dot- 
tore e  professore  in  Teologia  nell'Università  dì 
Vittemberga  diede  l'impulso  a  queste  commozioni. 
I  due  partiti  di  quelli  che  si  sono  detti  Riformati , 
Io  hanno  egualmente  riconosciuto  per  autore  della 
nuova  riforma.  I  Luterani  suoi  seguaci  non  furono 
soli  a  dargli  a  gara  gran  lodi .  Calvino  sovente  am- 
mira la  sua  virtù,  la  sua  magnanimità  ,  la  sua  co- 
stanza, e  l' impareggiabil  industria  fatta  veder  con- 
tro il  Papa  «  Egli  è  la  tromba,  o  piuttosto  il  tuo- 
no, e  il  fulmine  che  ha  tratto  il  mondo  dal  suo  le- 
targo :  a  loro  sentimento  non  era  Lutero  che  par- 
lava, era  Iddio  ciie  fulminava  per  la  sua  bocca. 

Ebbe  costui  per  verità  della  forza  nel  pensiero, 
della  veemenza  re' discorsi,  ebbe  un'eloquenza  viva 
ed  impetuosa,  che  traeva  ,  e  rapiva  i  Popoli,  un 
ardire  straordinario  ,  quando  si  vide  sostenuto  e  col- 
mo d'applausi,  un'aria  d'autorità,  che  faceva  tre- 
mare i  Discepoli  alla  sua  presenza,  cosicché  ncUc 
cose  piccole  o  grandi  non  osavano  fargli  alcuna  op- 
posizione . 

Sarebbe  qui  necessario  il  raccontare  i  principi 
della  contesa  dell'anno  1517.  se  a  tutti  non  fossero 
noti.  E  chi  non  ha  notizia  della  pubblicazione  del* 
le  Indulgenze  di  Lione  X.  e  della  gelosia  degli 
Agostiniani  contro  i  Domenicani  in  quella  occasio- 
ne loro  preferiti?  Chi  non  sa,  che  Lutero  dottore 

Ago- 


L  I  B  K  o     L  9 

^agostiniano  ,  detto  per  mantenere  i'onor  del  su© 
Ordine,  si  oppose  dapprima  agli  abusi  delle  Indul- 
genze fatti  da  molti,  ed  agli  eccessi,  che  n  erano 
predicati?    Ma    era  troppo  ardente  per  restrignersi  - 

in  questi  termini:  dagli  abusi  passò  ben  presto  alla 
stessa  cosa.  Appoco  appoco  avanzavasi  ;   ed  ancor-  " 

che  andasse  sempre  diminuendo  le  Indulgenze  ,  e  ri- 
ducendole quasi  a  nulla  colla  maniera  dello  spiegar- 
le ,  in  sostanza  fingeva  d'esser  d'accordo  co' suoi 
avversar) ,  poich'  esponendo  le  sue  proposizioni  per 
iscritto,  una  in  questi  termini  ne  fu  stesa  :  Se  vi  An.  ijit. 
e  alcuno  ,  che  neghi  la  verità  delle  Indulgenze  dtl  r"i.  -vii, 
Tapa,  sia  scomunicato» 

Intanto  una  materia  conducevalo  all'altra.  Come 
quella  della  Giustificazione  ,    e  dell'efficacia  de' Sa-  ^ 

cramenti  accostavasi  a  quella  delle  Indulgenze,  Lu- 
tero si  volse  a  questi  due  articoli,  e  la  disputa  di- 
venne ben  presto  la  più  importante. 

VII.  La  Giustificazione  è  la  grazia  che  rimettendo-       Fonia. 
ci  i  peccati  ci  rende  nello  stesso  punto  grati  a  Dio,  "5^"r7forma 
Avevasi  creduto  sino  a  quel  tempo,  che  quanto  fa-  '^co^à'si^a^à 
ceva  questo  effetto  ,    dovesse    per    verità  venire  da  ".'*  Giusti- 

*  '  zia  inipiita- 

Dlo,  ma  alla  fine  dovess'essere  in  noi;  e  per  esser  ^a,  e  la 

Oiustinca- 

giustificato  3    cioè    di  peccatore  esser  fatto  giusto  ,  ^'on  per  u 
r  .  .....  Fede. 

tosse  necessario  avere  in  se  la  giustizia,  come  per 

esser  dotto  e  virtuoso  si  dee  avere  in  se  la  scien- 
za e  la  virtù  .  Ma  Lutero  non  aveva  seguita  una 
tanto  semplice  idea.  Voleva,  che  quanto  ci  giusti- 
fica e  ci  rende  grati  agli  occhi  di  Dio  ,  non  fosse 
in  noi  cosa  alcuna,  ma  fossimo  giustificati,  perchè 
Iddio  c'imputasse  la  giustizia  di  Gesucristo,  come 

se 


t»  Variazioni 

se  tosse  nostra  propria  giustiziai  e  perchè  in  effet» 
to  potevamo  appropriarcela  colia  fede. 
La  Fede       Vili.  Ma  il  scgrcto  di  questa  fede  giustificante  ave- 

spectale    di  ,  ....  •    i         v, 

Lutero  ,  e  va  anche  un  cetto  che  di  assai  speciale.  Non  consiste- 
d\iu    gfu-  va  nel  prestar  fede  in  generale  al  Salvatore ,    ai  di 
Hificazioae,  |^^^  misteri,  e  alle  di  lui  promesse  \  ma  nel  crede- 
re con  ogni  certezza  ,   ognuno    nel  proprio  cuore  , 
che  tutti  i  nostri  peccati  ci    fossero    stati    rimessi . 
Si  viene  ad  essere  giustificato  ,    diceva  di  continuo 
,    ,  ^      LiUtero ,    dacché  si  crede  con  certezza  di  esserlo  ; 

Luti:.  T,\,  ^  ' 

yit.  An.      e  Ij  certezza  da  lui  richiesta  non  era  solo    la    cer- 
s<:rn%.  In-  tczza  morale,  che  sopra  ragionevoli  motivi  fondata 

dui"', 

Acf.a'^L!-  esclude  l'agitazione  e  il  turbamento;    ma  una  cer- 

Luth.  ad  tezza  assoluta,  una  certezza  intallibile ,  con  cui  il 

peccatore    dee    credere    di    essere    giustificato  dalla 

stessa  fede  ,   onde    crede    esser    venuto  Gesucristo 

nel   mondo . 

Senza  questa  certezza  non  vi  era  giustificazione 
per  il  Fedele:  perchè,  diceva  egli,  non  può  né  in- 
vocar Dio,  né  confidar  in  lui  solo,  sinché  ha  il  mi- 
nimo dubbio  j  non  solo  della  divina  bontà  in  gene- 
rale ,  ma  anche  della  bontà  particolare  colla  quale 
Iddio  imputa  ad  ognuno  di  noi  la  giustizia  di  Ge- 
sucristo, Questa  denominavasi  fede  speciale. 
L'Uomo,      IX.  Qui  nasceva  nuova  difficoltà;  cioè,  se  oer  esser 

secondo    il  .  .         .^         ■  r  ,/ 

parer  di      certo  della  propria  giustincazione,  tosse  d  uopo  es- 
certo dì  suayé^rlo  nello  stesso  tempo    della    sincerità    della  pro- 

giustifica-  .  •  rp        ^  .  .  T  I 

zioiie.senz'  V^^^  penitenza  .    lanto    a    prima  giunta  cadeva  nel 
sua^'pciiu     pensiero  di  tutti  ;    e    poiché  Iddio  non  prometteva 
trilla.        ^-  ginscificare  che  i  penitenti,  neli' aver  la  certez- 
za della  propria  g'iustificazione,   pareva,    che  fosse 

ne- 


L  2  B   R  O       I.  li 

necessario  l'averne  nello  stesso  tempo  della  since- 
ri'^à  di  sua  penitenza  .  Ma  quest'  ultima  certezza 
era  l'oggetto  dell'avversion  di  Lutero  ,  e  in  "vece  dì 
esser  certo  della  sincerità  di  sua  penitenza,  ei  di- 
ceva ,  fio»  potersi  esser  certo  nemmeno  dì  non  com-  uah.  r.u 
mettete  molti  peccati  mortali  nelle  proprie  migliori  /ra^.  ^i, 
operazioni  a  cagione  dell'  occultissimo  vizio  della  va- 
nagloria^ 0  dell' amor  proprio  . 

Lutero  diceva  anche  assai  più  .    Aveva  inventata 
questa  distinzione  fralle  opere  degli  uomini,  e  quel- 
le di  Dio,  che  l'opere  degli  uomini y    quando  fosse- ^^"f-^''^' 
to  sempre  in  apparenza  belle  y  e  sembrassero  proba-    ^r^r-i-^- 
Vilmente  buone ,  sono  peccati  mortali,    e  per  lo  con, 
trarlo  l'opere  di  Dio,   quando  fossero  sempre  defor-^ 
mi  i  c.comp(trissero  malvage  y  sono  di  un  merito  eter- 
no >    Abbagliato  dalla  sua  antitesi,  e  dal  suo  giuoco 
di  parole,  pensa  Lutero  aver  ritrovata  la  vera  dif- 
ferenza fra  l'opere  di  Dio,  e  quelle  degli  uomini,         ^ 
senza  neppur  riflettere,  che  l'opere  buone  degli  uo- 
mini sono  nel  tempo  stesso  opere   di    Dio  ,   perchè 
I    egli  colla  sua  grazia  in  noi  le  produce;    il  che,  se- 
condo  lo    stesso    Lutero  ,    doveva    necessariamente        >■'■  ,^    > 
somministrare  ad  esse  un  merito  immortale  ;  ma  ciò 
evitar  ei  voleva  ;  perchJ;  concludeva  per  lo  contra- 
rio :  che  tutte  l'opere  de' giusti  sarebbono  peccati mcr-     ji^.j 
tali ,  s' eglino  non  avesser  temuto  ,    che  tali  fossero  j 
e  che  non  poteasi  evitare  la  presunzione ,    né  avere  .   « 

una  vera  speranza,  se  non  si  temeva  la  dannazione       > 
in  qualunque  opera  da  noi  fatta , 

E'  fuor  d'ogni  dubbio,  che  la  penitenza  non  può 
stare  insieme  co' peccati  mortali  attualmente  com- 
I  messi  : 


Il  Variazioni 

messi,  perchè  non  si  può  né  esser  veiamence  pen-» 
tito  di  alcuni  peccati  mortali  senz'esserlo  di  tutti, 
né  esserlo  di  quelli ,  che  sì  fanno  ,  mentre  si  fan- 
no .  Se  dunque  non  si  ha  mai  certezza  di  non  fare 
in  qualunque  opera  buona  molti  peccati  mortali;  se 
per  lo  contrario  si  dee  temere  di  farne  sempre  » 
non  vi  è  mai  certezza  di  essere  con  verità  peni- 
tente ;  e  se  vi  fosse  certezza  di  esserlo  ,  non  si 
avrebbe  a  temere  la  dannazione  ,  come  lo  prescri- 
ve Lutero,  senza  credere  nel  punto  stesso,  che  Id- 
dio contro  la  sua  promessa  avesse  a  condannare  ali* 
inferno  un  cuor  penitente  .  Eppure  se  avveniva  , 
che  un  peccatore  dubitasse  di  sua  giustificazione  a 
eagion  di  sua  indisposizione  particolare,  di  cui  non 
era  certo ,  Lutero  gli  diceva  ,  che  per  verità  non 
era  certo  di  sua  buona  disposizione  ,  e  non  sapeva^ 
per  esempio  ,  d'  essere  con  verità  penitente  ,  con 
verità  contrito,  con  verità  dolente  de'suoi  peccati; 
ma  che  non  era  nemmeno  certo  di  sua  intera  giu- 
stificazione 3  perchè  dal  canto  suo  ella  non  dipen- 
deva da  alcuna  sua  buona  disposizione  .   Quindi  è  , 

Ser.  de  In-  ^   . 

dtii^.  T.  I.  che  il  nuovo  dottore  al  peccatore  diceva  :  credete 
fermamente  di  essere  assoluto  ,  e  con  questo  lo  sie- 
te, checche  di  vostra  contrìzion  esser  possa  :  come 
se  avesse  detto:  non  è  necessario ,  che  vi  prendia- 
te fastidio  se  siate  o  non  siate  penitente  .    Il  tutto 

An.iii?.ik  consiste,  sempr'ei  diceva,  nel  credere  senza  esita- 
re,  che  siete  assoluto:  dal  che  concludeva,  non  im- 
portare,  che  il  sacerdote  con  serietà  o  scherzando  lo 
battezzasse  t  o  gli  desse  l'assoluzione  ;  perchè  ne'Sa- 
cramenti  era  da  temersi  una  sola  cosa  j   ed    era    il 

non 


L    I   B    R  O       I.  15 

fion  credere  con  fermezza  bastante  ,  che  tutte  le 
colpe  gli  fossero  perdonate ,  dacché  a  crederlo  aves- 
se potuto  Indurre  sestesso . 

X.  I  Cattolici  ritrovavano  un  terribile  inconvenien-  nient?"df' 
te  in  questa  dottrina  ,    ed  è,   ch'essendo  tenuto  il  tr'iiu*/°'' 
Fedele  a  credersi  certo  di  sua  giustificazione  senz* 
esserlo  di  sua  penitenza  j  ne  seguiva  dover  credere  •  \ 

d'esser  giustificato  avanti  a  Dio,  quand'anche    non          '■_ 
fosse  con  verità  penitente  e  contrito  :    il  che  apri-        ,  j,     ; 
va  la  strada  alla  impenitenza.  '-'i  .      •    ■•     . 

E'  tuttavia  verissimo,  (  perchè  non  si  dee  dissi- 
mular mai  cosa  alcuna  )  che  Lutero  non  esclude- 
va dalla  giustificazione  la  penitenza  sincera  ,  ck  i 
l'orrore  del  proprio  peccato,  e  la  volontà  di  operar 
bene,  in  somma,  la  conversione  del  cuore  ;  e  ri- 
putava come  noi,  cosa  fuor  di  proposito  il  poter  -  • 
esser  giustificato  senza  pentimento,  e  contrizione. 
Il  di  lai  sentimento  in  questo  non  era  diverso  da 
quello  de'  Cattolici  ,  se  non  in  quanto  i  Cattolici 
denominavano  questi  atti  disposizioni  al/a  giustifi- 
cazione del  peccatore  ,  e  Lutero  credeva  riuscir 
meglio  col  solo  denominarli  condizioni  necessarie  . 
Ma  questa  sottile  distinzione  in  sostanza  non  lo  to- 
glieva dall'imbarazzo:  perchè  alla  fine,  di  qualun- 
que maniera  sì  denominassero  quegli  atti  ,  fossero 
eglino  o  condizione,  o  disposizione,  e  preparazione 
necessaria  alla  remissione  de' peccati  ,  si  concorda, 
che  debbano  aversi  per  ottenerla  :  così  la  quistione 
sempr'era  in  campo,  cercandosi  di  qual  maniera  po- 
tesse dire  Lutero,  che  il  peccatore  doveva  crede- 
re con  ogni  certezza  di  essere  assoluto,  checche  ne 

fosse 


i4  Variazioni 

fosse  dì  sua  contrizione y    cioè,  checché  ne  fosse  dì 
sua  penitenza  ;    come  se  l' essere,   o  il  non  essere 
penitente,    fosse  cosa  indifferente  alla  remission  de' 
peccati . 
Se  sia         XI.  Quest'era  dunque  la  difficoltà  del  nuovo  dogma,' 

possibile    1*  .  ,,  .  i«  •  IV       j    I  •    ^  !• 

«sser  certo  0  giusta  1  csprcssion  Q  Oggidì,  del  nuovo  sistema  di 
pHa^fe^de',  Lucero  ;  come  j  cioè,  senz'esser  certo  e  senza  po- 
senz'esserio  j-gj,  gssedo  ,  di  cssere  con  verità  penitente   e  con- 

oslla     pio-  *  ^ 

pria    peni- ygj-tJt-Q      non  sì  lasciasse  di  esser  certo  di  aver©  V 

tenza .  ' 

Intero  perdono  de'  propr)  peccati .  Era  sufficiente  , 
diceva  Lutero,  l'esser  certo  della  sua  fede.  Nuo- 
va difficoltà  Tesser  certo  di  sua  fede  senz' essetlo 
della  penitenza  ,  che  dalla  fede  ,  secondo  il  parer 
di  Lutero,  è  sempre  prodotta.  Ma  risponde  Lute- 
ri;;. art,xo:  il  Fedele  può  dire:    io  credo;  e  con  questo  gli 

àar/iKat.  T.  -IMI  r    f  i  -r. 

2.  ed  fToj,  diventa  sensibile  la  sua  ledei  come  se  lo  stesso  Fe- 
*'  dele  non  dicesse  della  stessa  maniera  :  io  mi  pento , 

e  non  avesse  lo  stesso  mezzo  di  rendersi  certo  del 
suo  pentimento.  Se  rispondesi  in  fine,  che  il  dub- 
bio sempre  gli  resta,  s'egli  si  pente  com'è  suo  do- 
vere ;  altrettanto  dico  della  fede,  e  il  tutto  ande-- 
rà  a  concludere,  che  il  peccatore  si  tiene  certo  di 
sua  giustificazione ,  senza  poter  esser  certo  di  aver 
soddisfatto,  come  dee,  alla  condizione  *  che  Iddio 
esigeva  da  lui  per  ottenerla. 

Questo  era  ancora  un  nuovo  abisso  .  Benché  U 
fede,  secondo  Lutero  ^  non  disponesse  alla  giusti- 
ficazione (perch'egli  non  poteva  soffrire  queste  di- 
sposizioni) n'era  però  la  condizion  necessaria,  e  l' 
unico  mezzo  da  noi  avuto  per  appropriarci  Gesù- 
cristo,  e  la  sua  giustizia. 

Ss 


L  I  B  R  o     L  15 

Se  diJiiqje  dopo  tutto  lo  sforzo,  che  fa  11  pecca- 
tore per  mettersi  ben  nella  mente,  che  i  suoi  pec- 
cati gli  sono  rimessi  in  virtù  di  sua  fede,  glugnes- 
sea  dir  fra  sestesso:  chi  mi  dirà  ,  debole  ed  imper- 
fetto che  sono,  se  io  abbia  la  vera  fede  che  cam- 
bia il  cuore?  questa,  secondo  Lutero,  è  tentazio- 
ne .  Bisogna  credere  esserci  rimessi  tutti  i  nostri 
peccati  in  virtù  della  fede  ,  senza  inquietarci  per 
sapere,  se  questa  fede  sia  tale  ,  qual' Iddio  la  do- 
manda, ed  anche  senza  pensarvi  5  perchè  il  solo  pen- 
sarvi è  un  far  dipendere  la  grazia  e  la  giustifica- 
zione da  una  cosa  che  può  essere  in  noi  ;  il  che  a 
Suo    parere    non    era  soiTerto ,    per    dir  cosi,    dalla  :, 

gratuità  della  Giustificazione  « 

XII.    Colla    certezza    della    remission  de' peccati      ^a  «'«- 

rezza  biasi< 

posta  da  Lutero,  ei  non  /asciava  di  dire  esservi  un  mata  da 
ceno  stato  all'anima  pericoloso^  denominato  da  lui 
sicurezza.   Si  guardino ^  dice  egli,  /  Fedeli  di  fili-  ^"j-i-^^- 
gnerc  alla  sicurezza:  e  subito  dopo,  trovasi  una  de-  '»4-4S.T.  i. 
testabil  arroganza  ,    e  sicurezza    in  quelli--^   che  da 
sestessì  si  lusingano  ,    e   non  sono  con  verità  dolenti 
de' lor  peccati  :,  che  stanno  per  anche  molto  impressi  r,  s.  n,  ». 
nel  loro  cuore  .    Se    a  queste   due  tesi  di  Lutero  si 
unisce  quella  ,   nella  quale  diceva  ,    come    abbiamo 
veduto  ,    che  a  cagione  dell'amor    proprio  ,   non  sì 
può  mai  aver  certezza  di  non  commettere  molti  pec- 
cati mortali  nelle  opere  eziandio  migliori,    di  modo 
che  era  d  uopo  sempre  temervi  la  dannazione:  poteva 
cader  in  pensiero,    che  questo  dottore  fosse  in  so- 
stanza   d'  accordo  co'  Cattolici  ,    e    non  si  dovesse 
prendere  la  certezza    da  lui  stabilita  in  tutto  il  ri- 
gore ,  ,,, 


i6  Variazioni 

gore,  come  abbiam  fatto.  Ma  non  dee  prendersi  in- 
ganno.   Lutero  intende  con  ogni  rigore  queste  due 
proposizioni,  che  tanto  sembrano  contrarie:    non  e 
mai  certo  l'uomo  di  esser  dolente ,  come  dee ,  de'  pro- 
pr)  peccati:  e:  si  dee  tenersi  certo  di  averne  la  re- 
missione i   dal  che  seguono  queste  due  altre  propo- 
sizioni ,  che  non  paiono  men  opposte  :   la  certezza 
dee  ammettersi:  la  sicurezza  dee  temersi.  Maqual 
sorta  di  certezza  è  mai  questa  ,   se  non  è  sicurez- 
za? Era  questo  il  luogo  inesplicabile  della  dottrina 
di  Lutero,  né  vi  si  trovava  alcuno  scioglimento. 
Risposti  dì       XIIL  Quanto  a  me  ,  tutto  ciò  ,  che  ho  potuto  ri- 
u"dhti^-^'  trovare  nell'opere  sue  ,  che  serve  allo  snodamento  di 
dué^sorte     ^l^csto  mistero  ,    consiste  nella  distinzione  fatta  da 
di  peccati.  ggjQ  de' peccati,  che  si  commettono  senza  saper  di 
Lutìi.  The-  commetterli ,  e  di  quelli  che  si  commettono  con  piena 
^In'f.Àug.  cognizione,    e  contro  la  propria  coscienza  :    lapsus 
^Ir^'iylX  cantra  conscientiam  ,  Pare  dunque  che  Lutero  abbia 
Ger..z.fart,  y^jm-Q  dire,    chc  un  Cristiano  non  può  esser  certo 
di  non  aver  peccati    del  primo   genere  ;    ma   possa 
esser  certo    di  non  averne    del  secondo  ;   e    se  «el 
commetterli  si  tenesse  sicuro  della  remissione  de'suoi 
peccati  ,    cadrebbe    nella    biasimevole    e  perniciosa 
sicurezza  da  Lutero  biasimata;   dove  ch'evitandoli 
può  star  sicuro  della    remissione    di  tutti  gli  altri , 
ed  anche  de' più  nascosti:    il  che  basta  per  la  cer. 
tezza,  che  Lutero  vuole  stabilire, 
la  difficoi-      XIV.  Ma  ritornava  la  stessa  difficoltà.    Era  sera- 
ta e  sempre    j.g  ^Q53^  indubitabile,  secondo  Lutero,  che  l'uomo 

rei  suo  es"  * 

*"^  •  non  sa  mai  se  il  vizio    nascosto   dell'amor    proprio 

infetti  le  migliori  sue  operazioni  :    che  per  io  con- 

tra- 


\ 

L   1    B    R   O      I.  17 

trarlo,  per  evitare  la  presunzione  ,  egli  dee  tener 
per  certo  ,  ch'elle  ne  sieno  mortalmente  infette  : 
cb'eì  si  lusinga:  e  che  quando  crede  esser»'  co?i  ve- 
rità dolente  Usi  suo  peccato ,  non  segue,  ch'egli  lo 
sia  quanto  dev'esserlo  per  ottenerne  la  remissione . 
Se  ella  è  così  ,  malgrado  tutto  ciò  ,  eh'  ei  crede 
sentire,  non  sa  mai  se  nel  suo  cuore  regni  il  pec- 
cato tanto  più  pericolosamente  ,  quanto  più  è  na- 
scosto. Noi  saremo  dunque  ridotti  a  credere  di  es- 
sere riconciliati  con  Dio  ,  quando  anche  in  noi  re- 
gnasse il  peccato  i  altrimente  non  vi  sarà  mai  alcu- 
na certezza  . 

XV.  Così  quanto  vien  detto  a  noi  della  certezza  ,  ^ 
che  si  può  avere  sopra  il  peccato  commesso  contro  la  z'""^  delia 

^  ^  ^  Dottrina  <Xt 

propria  coscienza,  è  affatto  inutile  .  Non  è  giugnerc  i-'itero  . 
molto  al  punto  il  non  conoscere  ,  che  il  peccato  , 
il  qudl  si  nasconde,  l'orgoglio  segreto,  l'amor  prò-  _  . 
prio  ,  che  prende  tante  forme  ,  e  quella  eziandio 
della  virtù  ,  sia  forse  il  maggior  ostacolo  alia  no- 
stra conversione,  e  sempre  l'inevitabil  soggettodel 
continuo  tremore,  che  sulle  vestigie  di  s.  Paolo  da' 
Cattolici  era  insegnato  .  Osservavano  i  Cattolici  stes- 
si, che  quanto  loro  rispondevasi  sopra  questa  mate- 
ria, era  manifestamente  contraddittorio.  Lutero  ave- 
va prodotta   questa    proposizione  :    non    dee  alcuno  Jssert.art. 

'    ^        j  7  j   ^        ]•  •  •     \  •     détmnat.  ad 

rispondere  al  sacerdote  dt  esser  contrito,  cioè  peni- ^^j_,^.  x.2. 
teote.  E  come  questa  proposizione  fu  riputata  stra- 
vagante ,  egli  la  sostenne  con  questi  passi  :  „  s.  Pao- 
„  lo  dice:  non  mi  sento  colpevole  di  cosa  alcuna,  •'  • 
3j  ma  per  questo  non  sono  giustificato  .  Davide  di- 
3j  ce  :  chi  è  colui ,  che  conosce  i  proprj  peccati  ? 
Bossuct  Opere  T.  I.  B  „  Di- 


tS  Variazioni 

yi  Dice  s.  Paolo;  colui  che  da  sescesso  si  approva,' 
^,  non  è  approvato,  ma  bensì  colui ,  eh' è  approvato 
5,  da  Dio,  Lutero  concludeva  da  questi  passi,  ch« 
alcun  pc'ccatore  non  era  in  istato  di  rispondere  al 
sacerdote:  h  sono  con  verità  penìccntc  ;  e  prenden- 
do il  sentimento  con  rigore  e  per  i.-^tera  certezza,- 
aveva  ragione  .  Secondo  il  suo  parere,  non  si  giu- 
gne  ad  essere  assolutamente  cerco  di  essere  peni- 
tente, e  tuttavia,  secondo  il  suo  parere,  si  giujrne 
assolutamente  ad  esser  certo  ,  che  i  proprj  peccati 
sono  rimessi  .  Dunque  si  ha  certezza,  che  il  per- 
dono è  indipendente  dalla  penitenza  .  t  Catto'lici 
nulla  Intendevano  in  queste  novità.  Ecco,  dicevan 
eglino,  un  prodigio  ne' costumi,  e  nella  dottrina:  : 
un  tanto  scandalo  più  non  può  esser  tollerato  dalla 
chiesa. 

XVL   Ma,  diceva  Lutero  ,    vi    è    certezza  della 

Confinili» 

zione  delle  propria  fede  ,    e  la  fede    è  inseparabile   dalla    con- 

connaddi- 

zjoni  di      trizione  .   Replicavasi  ad  esso  :   permettasi  dunque 
da  voi  al  Fedele  il  far  sicurtà  per  la  sua  contrizio- 
ne, come  la  fa  per  la  sua  fede.  O  se  vietasi  l'uno, 
si  vieti  r  altro. 
Jb\d.  ad       Ma,  soggiugneva  egli,  s.  Paoio  ha  detto:    esamì- 
\^^'  '  '     nate  voi  stessi ,    se  siete  in  fede  ;  provatevi  da  voi 
xiii.  ^,'"^'  stessi  .   Dunque,  conclude  Lutero,   si  sente  Ja  fe- 
de',  e  concludevasi  per  Io  contrario,  che  non  si  sen- 
te. S'ella  è  una  materia  di  prova,  s'è  un  soggetto 
di  esame  >    non    è  dunque    cosa  che   si  conosca  per 
sentimento,  o  come  si  dice,  per  via  di  coscienza. 
Ciò  che  si  denomina  fede,  continuavasi  ,  non  è  for- 
se che  vanaimnià^.iue  o  debole  ripetizione  di  quan- 
to 


L  I  P.  R  O     L  19 

to  si  ha  letto  ne'  libri  ,  di  quanto  si  ha  udito  dir 
da' Fedeli.  Per  esser  certo  di  avere  la  fede  viva  , 
che  produce  la  vera  conversione  del  cuore,  sareb^ 
be  d'uopo  esser  certi ,  che  il  peccato  non  regnasse 
più  in  noi;  e  di  questo  Lutero  non  mi  può,  né  mi 
vuol  far  sicurtà,  mentre  mi  fa  sicurtà  di  ciò,  che 
ne  dipende,  cioè  della  remission  de* peccati.  Ecco 
sempre  h  contraddizione  3  e  i'inevicabil  debolezza 
di  sua  dottrina  0 

XVII.  E  non  si  alleghi  quanto  dice  s.  Paolo  :  cb^   Continua- 
ia  CIO  y  cV  e  nelV  uomo ,  ss  non  lo  spirito  deli  uomo  ^ 

ch'i  in  esso ^  vero»  Nessun'altra  creatura,  né  uomo  ,  ,*"_    "'    ' 
ne  angiolo  vede  in  noi  ciò,  che  noi  non  vi  vediamo: 
1/12  da  questo  non  segue,    che  noi  stessi  lo  vediatti  - 

sempre",  altrimentc  come  avrebbe  detto  Davide  ciò, 
che  opponeva  Lutero:  chi  conosce  ì  proprj  peccati  <' 
Questi  peccati  non  son  eglino  in  noi  ?  E  poich'  è 
cosa  certa  ,  che  non  sempre  li  conosciamo  ,  1* uo- 
mo sarà  sempre  a  se  stesso  un  grand'enimma ,  e  il 
proprio  suo  spirito  gli  sarà  sempre  il  soggetto  di 
una  eterna  ed  impenetrabile  ricerca.  E'dunque  fol- 
lia manifesta  il  volere  ,  che  si  abbia  certezza  del 
perdono  del  proprio  peccato  ,  se  non  si  ha  certezza 
di  averne  affatto  staccato  il  cuore. 

XVIII,  Nel  principio  della  sua  disputa  diceva  assai      lutfro 

,.    -,  —  ,  .  .  ,       -       scorda  vasi 

meglio  Lutero.  Ecco  le  sue  prime  tesi  sopra  le  In-  di  quanto 

dulgenze  nell'anno    1517.  e  sino  dall'origine  del  li-  di  bene'nei 

Ligio .  Hon  fi  e  alcuno  ,    che  sia  certo  della  verità  dcUa'si'a 

di  sua  contrizione  ,    e  con  ragione  più  forte   non  lo  ''P""  • 

e  della  pienezza  del  perdono*    Allora  egli  conosce-  ■^'■"  «i'?- 
va  ,  che  a  cagioa   dell'  inseparabil  unione   della  pe-  t.  i. 

B    z  ni- 


40  Variazion^i 

nitenza  e  del  perdono  ,  l'incertezza  dell'uno  por- 
tava seco  l'incertezza  dell'aitra.  Nel  progresso  ei 
cambiò  sentimento j  ma  passando  dal  bene  al  male: 
ritenendo  l'incertezza  della  contrizione,  tolse  l'in- 
certezza del  perdono,  e  il  perdono  non  più  dipen- 
deva dalla  penitenza  .  Ecco  la  maniera,  di  cui  si  ri- 
formava Lutero.  Tal  fu  il  suo  progresso:  a  misura 
dell'irritarsi  contro  la  chiesa  ,  e  dell'immergersi 
nello  scisma  procurava  in  ogni  cosa  di  prendere  il 
sentimento  contrario  alla  chiesa  .  In  vece  di  fare 
ogni  sforzo  ,  come  noi ,  per  inspirare  ai  peccatori 
il  timore  de'giudicj  di  Dio  3  per  istimolarli  allape- 
-         ,  nitenza,  Lutero  era  giunto  all'eccesso  di  dire:  che 

Serm.  de 

Tndid^.  la.  contrizione  ,  mediante  la  quale  sì  va  scovrendo 
gli  anni  passati  neir  amarezza  del  proprio  cuore  pon- 
derando la  gravezza  de' propr'j  peccati  ,  la  loro  dff' 
formita  e  moltitudine ,  la  beatitudine  perduta  3  e  la 
dannazione  meritata  ,  altro  non  faceva  che  render 
gli  uomini  via  più  ipocriti  '^  come  se  il  cominciare 
a  risvegliarsi  dal  proprio  letargo  fosse  un  ipocrisia 
nel  peccatore . 

Ma  forse  voleva  dire,  che  i  sentimenti  di  timore 
non  bastassero,  e  fosse  d'uopo  l'aggiugnervi  Ja  fe- 

Aiv.ExecT.  de  ,    e  l'amor  di  Dio  .    Io    confesso  ch'egli  poi  in 

Ant'ich,  ...  ... 

Bull.  T.2.  questa  maniera  si  spiega,  raa  contro  1  propri  pnn- 

A4  prop.  e.  cipj  ;    perchè  voleva  per  lo  contrario    (  e  vedremo 

>'t-  I5J5.  essere   questo    uno   de'  fondamenti    di    sua   dotcri- 

Prof.  1(5.  na  )  che  la  remìssion  de' peccati  precedesse  l'amo- 

17.   lùld. 

re,  ed  a  quest'oggetto  abusavasi  della  parabola  dei 
due  debitori  dal  vangelo  riferiti  ,    de' quali    il  Sal- 

Luc.   VII.  j  '    •  /  /-  ■         J 

42.  .,{.         vatore  avea  detto:    cena,    al  quale  un  maggior  de- 
bito 


Libro     L  ii 

i' 
tuo  sì  rimette i    a/na  ancora  con  ardenza  maggiori: 

dal  che  Lucerò  e  i  suoi  discepoli  concludevano  ^ 
the  non  sì  ama  ,  se  non  dopo  rimesso  il  debito  , 
cioè  il  peccato.  Tal  era  la  grand' Indulgenza  da  Lu- 
tero predicata,  opposta  a  quelle,  che  da' Domeni- 
cani erano  pubblicate,  e  da  Lione  X.  concesse  .  Sen- 
;^a  eccitare  il  timore,  senz'aver  d'uopo  dell' amore 
per  esser  giustificato  da' peccati,  altro  non  ricerca- 
vasi,  che  il  credere  senz'esitare,  che  fossero  per- 
donati tutti  3  e  nei  punto  stesso  era  condotto  a  fine 
l'affare. 

XIX.  Fralle  altre  singolarità  da  esso  tutto  dì  pub-  stravs^an- 
blicate,  una  se  ne  udì ,  che  recò  stupore  a  tutto  il  ^^.  '^"ff"» 

'  ^  '^  di   Lutero 

mondoCristìano  .  Mentre  l'Alemagna  minacciata  dall'  sor"  la 

guerra  con- 

ui-mi  formidabili  del  Turco  era  tutta  in  moto  per  «o  ii  Tur- 
ùrgli  resistenza,  Lutero  stabiliva  questo  principio: 
che  fosse]  d'uopo  volere  ,  non  solo  quanto  vuole  Id- '^p-^  '^'J* 
dio  ,  che  noi  vogliamo  ,  ma  auolutarnente  tutto  ciò 
che  Iddio  vuole:  dal  che  concludeva,  che  il  combat- 
tere contro  il  Turco  fosse  un  resistere  alla  volontà 
dì  Dio  che  visitarci  voleva. 

XX.  Fra  tante  ardite   proposizioni  ,    non  vi  era»      umiltà 
quanto  all'esteriore,  chi  fosse  più  umile  di  Lutero  .  j^^^J^^'^ 
Uomo  timido  e  ritirato,  diceva,  ch'era  stato  a  forza  ^  .^^^?  ^°^'^ 
tratto  in  pubblico  ,  e  spinto  a  quelle  turbolenze  piut-  verso  il  Pa- 
tosto  dal  caso  ,    che  di  proposito  deliberato  .   Il   suo     ^<'-"''-  dt 

^       ^      ^    ^  Fot.   PafA 

Stile  nuli' avea  d'uniforme:  in  alcuni  luoghi  eraan-  Prxf-  t.  t. 
che  rozzo  ,    e  scriveva  a  bello  studio  in  quella  ma-  ihtd, 
:-::cra .  alienò  dal  promettersi  l' immortalità  del  suo 
nome  e  delle  sue  opere ,  non  l'aveva  mai  ricercata . 
Nel  rimanente  ,    attendeva  con  rispetto  il  giudicio 

B    3  delia 


il  Variazioni 

della  Chiesa  sino  col  manifestare  in  termini  esprcs- 
Prier.T.  i.  SÌ  >  che  SS  cglì  non  sì  fosse  attenuto  alla  dì  lei  de^ 
terminazione  i  acconsentiva  di  essef  trattato  a  guisa 
dì  Eretico.  Io  òomma  quanto  diceva,  era  tutto  som- 
missione, non  solo  verso  il  concilio  ,  ma  eziandio 
verso  la  santa  Sede,  e  verso  il  Papa,  perchè  il  Pa- 
pa mosìo  da'  romori  che  in  tutta  la  chiesa  eccita- 
Tansi  dalla  novità  della  sua  dottrina  ,  se  n'era  in- 
formato ;  ed  allora  appunto  Lutero  si  diede  a  ve- 
dere più  rispettoso.  "Hjon  sono  così  temerario  ^  dice- 
Frottit.  va ,  che  io  veglia  preferire  la  mia  opinione  partico- 
lare a  quella  di  tutti  gli  altri.  E  quanto  al  Papa  , 
ecco  ciò  che  gli  scrisse   nella   Domenica  della  Tri- 

Efist.ad  nità  l'anno  1318.  Date  la  vita  0  la  morte ^    chiama- 
Leon,  X. 

ibid.  te  0  richiamate  ,    approvate    0  riprovate  come  a  voi 

piace,  ascolterò  la  vostra  voce  come  quella  del  me- 
desimo Gesucristo.  Tutti  i  suoi  discorsi  per  lo  spa- 
zio di  tre  anni  ,  o  circa  ,  furono  ripieni  di  simili 
protestazioni.  Di  più  rimettevasi  alla  decisione  del- 
le Università  di  Basilea,  di  Friburgo  ,  e  di  Lova- 
Anr^f.    nio.  Alquanto  dopo  vi  aggiunse  l'Università  di  Pa- 

Ltgat,  ìb.        _     ^  1  I  •  t  .11 

rigi  ,    e  non  aveva    Ja  chiesa   alcun  tribunale  ,    cui 
sottomettersi  non  volesse. 
Ra2ioni,so.      XXI.  Pareva  ancora  eh'  egli  parlasse  con  ogni  sin- 

pra  le  quali  m  •    v     j    ii 

fondava  la  Gerita  sopra  l'autorità  della  santa  Sede  i   perchè  le 

sua  !o:nnii6«  ,       .  .  t  m-  i 

«ione.         ragioni,   onde  stabiliva  ia  sua  propensione  versala 
gran  Scàe^   erano  in  fatti  le  più  valevoli  per  muo- 
vere un  cuor  cristiano  .    Nel  Libro  da  esso  scritto 
„  .     contro  Silvestro  di  Priere  Domenicano    allegava  in 

Cont.  Pricr,  ° 

^-  '■  primo  luogo  le  parole    seguenti    di  Gesucristo  :    tu 

sei  Vietro  ;  come  anche  queste  :   pasci  le  mìe  Tece- 

re/le . 


L  r  E  R   O      I.  12 

vilk  .  Tutti,  dice,  confessano,  eh:  P autorità  del 
"Papa  da  questi  passi  e  dedotta.  Ivi  parimenre  do- 
po aver  detto  ,  che  /a  fede  di  tutto  il  mondo  dee 
conformarsi  a  quella  ,  eh"  è  professata  dalla  chiesa. 
Romana,  segue  in  questa  maniera:  io  rendo  grazie 
0  Gesticristo  ,  perchè  con  gran  miracolo  conserva  in 
terra  quesi  unica  chiesa ,  che  sola  può  mostrare  ,  eh* 
è  vera  la  nostra  fede  ,  di  modo  che  non  si  e  mai 
allontanata  dalla  vera  fede  con  alcun  suo  decreta,  t.  i.  '^'! 
Dopo  anch  essere  stati  un  poco  scossi  questi  buoni, 
•principi  nelPardor  delladisputa ,  il  consenso  di  tutti 
i  Fedeli  lo  riteneva  nel  rispetto  dell'  autorità  del  Va-  . 
pa<,  £'  egli  possibile,  diceva,  che  Gesucristo  non  sia  \ 

con  questo  gran  numero  di  cristiani  5*   Così  condan- 
nava i  Boemi ,  ;  quali  sì  erano  separati  dalla  nostra  V 
comunione ,   e  protestava  ,   che  non  gli  succederebbe 
mai  il  cadere  in  un  simile  scisma, 
XXII.  Spiravano,  tuttavia  le  di  lui  opere  un  non  so  /"f  <""'^'«» 

delle  quali 

che  di  fiero,  e  di  violento.  Ma  ancorché  attribuis-  domanda 

r      .  .1  >  •  -  perdono  . 

se  le  sue  furie  alla  violenza  de' suoi  avversar)  j   gli 
eccessi  de' quali  in  fatti  non  erano  piccoli,  non   la- 
sciava però  di  domandare  il  perdono  di  quelli  ,    ne' 
quali  cadeva.  Io  confesso,  scriveva  al  cardinal  Gae- 
tano allora  Legato  inAlemagna,  che  mi  son  lascia-     ih-u, 
to  trasportare  indiscretamente  dall'  ira ,  ed  ho  man-    ^■    .   . 
cato  di  rispetto  verso  il  "Papa.  Me  ne  pento.  Benché 
stimolato,    non  dovevo  rispondere  al  folle y   che  scri- 
veva centro  di  me  secondo  la  sua  jollia ..  Degnatevi^ 
soggiugneva  ,   di  rimetter    l'affare   al  Santo  Vadre  : 
altro  non  domando ,   che  udire  la  voce  della  chiesa , 
e  di  seguirla. 
-  ^*:^  .  E    4  XXIII. 


14  Varia  zìòNi 

N;r.va         XXin.   Dopo   di  essere  stato  citato  a  Roma  net 

protesta   di 

sonin.is5io-    torinarc  Ja  sua  appellazione  dal  Papa  mal  informato 

ne  verso  il      ,    „  ,.        .    ^ 

Papa.         al  Papa   meglio    informato,    non    lasciava    di    dire. 

Offerisce      i  ^  t-  i  •       i. 

il  silenzio  3  Cile,  quanto  a  se  ^  non  ga  sembrava  necessaria  l  ap- 
a  Carlo  V".  psUiixione  ,  perche  restava  sempre  soggetto  al  giu- 
dicio  del  Papa  :  ma  si  scusava  di  andare  a  Roma, 
a  cagìon  delle  spese  ,  E  dall'altra  parte,  diceva, 
la  citazione  avanti  al  Papa  essere  inutile  contro  un 
uomo,  il  quale  non  attendeva,  che  la  sua  sentenza 
Ad  Card,  pgr  ubbidirvi . 

e  a]  et.  ^ 

Nel  progresso  del  procedimento  si  appellò  dal  Pa- 

n\d  Ar    P*^  ^^  concilio    nella  Domenica  iS.   novembre  151 8. 

f'i'- ^-■'.7    Ma  nel    suo   atto    di   appellazione   persistè   sempre 

ad    CoKcll,  '^ 

nel  dire,  che  non  pretendeva  ne  dubitar  de/ prima- 
to ,  e  d^ir  autorlt.i.  della  santa  Sede  ,  ne  dir  cosa  , 
che  fosse  contraria  alia  podestà  delTontejìce  ben  avi- 
visato  e  ben  istruito . 
Irr  fatti  il  dì  3.  di  marzo  1519.  scrisse  di  nuovo 
Luth.  ad  a  Leone  X.  che  non  pretendeva  in  conto  alcuno  op- 

Lefli.    A.  '  ^ 

Hit',  ibid.  porsi  alla  di  luì  podestà  ,  né  a  ausila  della  chiesa 
Komana%  Sì  obbligava  ad  un  eterno  silenzio,  come 
sempre  aveva  fatto,  purché  a' suoi  avversar)  fosse 
imposta  la  stessa  legge,  non  potendo  soiFrire  un  trat- 
tamento ineguale  ',  e  sarebbe  restato  contento  del 
Papa,  per  quello  diceva,  se  avesse  solamente  volu- 
to comandare  alle  due  parti  un  egual  siicnzio:  tan- 
to poco  necessaria  al  ben  della  chiesa  ei  giudicava 
la  riforma,  poi  tanto  vantata. 

Quanto  al  ritrattarsi  ,    non  volle  mai  udirne    di- 
scorrere, ancorché  ne  avesse  molta  maceria,  come 
poi  si  èpotuto  vedere.  Eppure  non  ho  detto  il  tut- 
to : 


L   I  B   R   O      ti      '  t5 

t()  :  vi  vuol  di  molto.  Ma,  diceva,    ci/ esre'ido  egli  •    - 

impegnato  ,  la  sua  riputazione  cristiana  non  permet- 
teva che  si  nascondesse  in  un  angolo  ,  o  si  voltasse 
indietro.  Ecco  quanto  dice  per  iscusarsi  dopolasua  . 
manitcsta  dissensione  .  Ma  in  tempo  della  concesa 
allegava  una  scusa  più  verisimile,  come  più  sotto- 
n-essa.    Perchè  soprattutto,  diceva,  io  non  vedo  a    Ad  CtTd, 

,  .  ,  .  .  .  .         ,   ^  Cajet.  T.  j. 

cne  servir  possa  la  mia  ritrattazione  ;  giacche  non 
si  tratta  di  quanto  ho  detto  ,  n2a  di  quanto  mi  dira 
la  chiesa ,  cut  non  pretendo  rispondere  come  avver- 
sario, ma  la  veglio  ascoltare  come  discepolo. 

Sul  principio  dell'anno    1520.   prese    un  tuono  uu  '    .. 

poco  più  alto:  riscaldossi  perciò  la  disputa,    ed  in- 
grossossi  il  partito.  Scrisse  dunque  ai  Papa:  Ho  in     Ai  Leon 
odio  le  dispute,   non  combatterò  contro  alcuno',   ma  ^'.T'   ^' 

'  '  Afnl,  1510. 

non  voglio  parimente  essere  combattuto .  5"^  sarò  as- 
salito ,  perche  ho  Gesucristo  per  maestro  ,  non  reste- 
rò senza  replica .  In  quanto  a  cantare  la  palìaodia , 
ninno  lo  aspetti  .  Fostra  Santità  può  terminare  con 
ima  sola  parola  ogni  contesa,  assumendo  in  se  r af~ 
fare,  ed  imponendo  agli  uni  e  agli  altri  il  silenzio^ 
T'unto  scrisse  a  Leone  X.  dedicandogli  il  libro  del- 
la Libertà  Cristiana  pieno  di  nuovi  paradossi  ,  on- 
de vedremo  ben  presto  gli  effetti  funesti .  Lo  stesso 
anno  dopo  la  censura  delle  Università  di  Lovanio  e 
di  Colonia,  tanto  contro  questo,  quanto  contro  gli 
altri  libri,  Lutero  se  ne  hgnò  in  questa  maniera: 
tn  che  il  nostro  santo  padre  Lione  ha  offese  queste 
Università  ,  per  giugncre  a  strappargli  dalle  mani 
«n  libro  dedicato  al  suo  nome,  e  posto  a  suoi  piedi 
per  aspettarne  la  sua  sentenza  ^   Scrisse   in    fine   a 

Car- 


tS  Variazioni 

Pnt.LKth.  Cario  V.  ch'eì  sarebbe  sino  alla  morts  umile  ed  ub- 
ibu.  òidiente  figliuolo  della  Cattolica   chiesa  ,   e  promet- 

teva di  tacere ,  ss  ì  suoi  amici  glielo  avessero  per- 
mesK> .  Prendeva  così  in  testimonio  tutto  l'iiniver- 
so  ,  e  le  sue  due  maggiori  potenze  ,  che  potevasi 
tralasciar  di  parlare  di  tutte  le  cose,  che  avea  po- 
ste in  campo  ,  ed  egli  stesso  vi  si  obbligava  nelU 
più  solenne  maniera . 
XXIV,  Ma  questo  affare  aveva  fatto  troppo  remore 

S'    con-  .... 

dannato  da  per  esser  posto  in  silenzio.  La  sentenza  uscì  di  Ro- 
si prorompe  ma.  Leone  X,  pubblicò  la  sua  Bolla  di  condannazione 

iatrasporti    .i     tv      „      f      •  t  ii 

di  orribili    li  di  i8.  di  giugno  1520.  e  Lutero  nello  stesso  punto 

eccessi  .  j'j-  ...  j.  ... 

scordossi  di  sue  sommissioni  ,  come  di  vanissimi 
complimenti.  Da  quel  punto  egli  non  ispirò  che  fu- 
rore .  Si  videro  volare  contra  la  B^Ha  nuvole  di 
scritture  .  Fece  egli  subito  comparire  delle  anno- 
tazioni ,  ovvero  postille  ripiene  d'ogni  disprezzo  , 
Una  di  queste  scritture  aveva  in  fronte  questo  ti- 
tolo :  contro  laBolla  esecrabile  dell'anticristo .  Ter* 

Assert.  art. 

fer  Euli.  minava  con  queste  parole:  nella  maniera  di  cui  essi 
scomunicano  me ^  pur  io  scomunico,  essi  .  Cosi  sen- 
tenziava il  nuovo  Papa  .  Pubblicò  in  fine  un'  altra 
scrittura  in  difesa  degli  articoli  ,  che  dalla  BolU 
erano  condannati*    In  essa,  alieno  dal  ritrattarsi  dì 

Assert.  art. 

fer  Euli.     alcuni  de' suoi  errori  ,   o    dal    mitigar  per  lo  meno 

damii.  I5J0.  ,  r  •  I 

T.  2,  Prop.  un  poco  1  suoi  eccessi;  gli  aumentò,  e  coniermo  it 
tutto,   eziandio  questa  proposizione  :    ogni  Cristian 

Ih.  f-op  34.  ;j0  ^  utja  donna ,  ovvero  un  fanciullo  possono  assol- 
vere in  assenza  del  sacerdote  in-  virtù  delle  parole 
di  Gesucristo:  quanto  scioglierete  sarà  sciolto.  Co- 
sì pur  quella  i  in  cai  aveva  detto,  che  il  combat- 
tere 


Libro     I,  |^ 

isre  centro  il  Turco  fosse  un  resistere  a  Dio  »  fts 
vece  di  correggersi  sopra  una  proposizione  canto 
stravagante  e  scandalosa  ,  di  nuovo  la  stabilii  e  pren- 
dendo un  tuono  di  profeta  ,  in  questa  guisa  parlò. 
Se  il  Tapa  non  si  riduce  alla  ragione  ^  la  Cristiani- 
tà e  perduta.  Fugga  chi  può  a' monti ^  o  sia  toltala 
vita  a  qucsi"  omicida  Romano.  Lo  distruggerà  Cesu- 
cristo  colla  sua  gloriosa  venuta  :  egli  sarà  il  di^trug^ 
gitorCf  e  non  altri  .  Poi  prendendo  in  prestanza  le 
parole  d'Isaia  :  o  Signore  ,  esclamava  il  nuovo  pro- 
feta ,  chi  è  colui ,  che  crede  alla  vostra  parola  ^  e  : 
concludeva  col  fare  agli  uomini  questo  comanda- 
mento, come  oracolo  venuto  dal  cielo  :  cessate  di 
far  la  guerra  contro  ti  Turco,  finattantockè  sìa  tol- 
to di  sotto  al  cielo  il  nome  del  Tapa  :  ho  detto . 

XXV.  Era  questo  un  dir  chiaramente  ,  che  il  Papa  in    Suo  furore 

,  I        .1  •  .  contro   il 

ijvvenire  sarebbe  n  nemico  comune,  contro  cui  era  Papaecmu 
pecessario  unirsi.  Ma  Lutero  se  ne  spiegò  poi  me-  cipi'che'ìò 
glio,  allorché  sdegnato,  perchè  le  profezie  con  ce-  va^ji"^^^" 
levità  bastante  non  si  avverassero,  procurava  acce- 
lerarne con  queste  parole  il   compimento  :    //  Tapci  D'sp.  u^-a. 
è  un  lupo  ppssduto  dallo  spìrito   maligno  :    bisogna  ^J'^^j^'f^ 
unirsi  contro  dì  et  so  da  tutte   le  ville  ,   e    castani,, 
ì<lon  si  dee  attendere  ne    la  sentenza  del  giudice  , 
aè  f  autorità  del  conciUc  .   ì<ion  importa ,  che  ì  re  ^     ,y  ^    ..,. 
e  ì  cesari  facciano  in  suo  favore  la  guerra  ,   Colui  ,  •* 

che  fa  la  guerra  sotto  la  condotta  di  un  ladro  ,  la 
fa  in  proprio  danno  :  i  re  ,  e  i  cesari  non  ne  van 
salvi,  dicendo  che  sono  difensori  della  chiesa ^  per- 
chè debbono  sapere,  che  cosa  sia  chiesa.  In  somma 
chi  gli   avesse    creduto   avrebbe   data    ogni  cosa  al 

fuo- 


^8  Variazioni 

fuoco,  e  fatto  un  cenere  stesso  del  Papa,  e  di  tutti 
i  Principi,  che  n'erano  protettori.  E  quello  ch'ec* 
cede  ogni  stravaganza,  e,  che  tutte  le  proposizio- 
ni, che  sino  a  questo  punto  abbiarno  udite,  ercno 
tante  tesi  di  Teologia  ,  prese  a  difendersi  da  Lu- 
tero .  Non  era  costui  un  oratore  ,  che  nel  calore 
del  dire  si  lasciasse  trasportare  a  proposizioni  in- 
sensate: era  un  dottore,  che  insegnava  dogmi  con 
animo  riposato,  e  volgeva  in  tesi  tutti  i  pioprj  fu- 
rori . 

Benché  non  si  esprimesse  con  tanta  forza  per  an- 
che in  iscritto  ,  allorch'espose  al  pubblico  le  sue 
invettive  contra  la  Bolla  ,  vi  si  hanno  potuti  scor- 
gere tuttavia  i  principi  di  questi  eccessi,  e  lo  stes- 
so impeto  d'ira  taceva  j  ch'egli  dicesse  sopra  la  ci- 
^^1/.  e.vfcr.  tazione  ,  alla  quale  non  era  comparso  :    attendo  per 

Bull.  Ami-  .       .     , .  .         ,  ,     . ,      ^        .  , 

ihr,  T.  2.  comparirvi  ai  esser  seguito  da  ventimila  fanti ,  e  ad 
cinquemila  cavalli:  allora  mi  farò  prestar  fede  .  Il 
tutto  era  di  questo  carattere  ,  e  in  ogni  suo  discor- 
so vedevansi  i  due  contrassegni  di  una  smoderata 
superbia,  cioè  il  disprezzo,  e  Ja  violenza. 

Era  ripreso  nella  Bolla  di  aver  sostenute  alcune 
proposizioni  di  Giovanni  Us  .  In  vece  di  scusarse- 
ne, come  per  l' addietro  avea  fatto.  5"!?,  diceva par- 

ih.  ad  fref.  landò  al  Papa,  quanto  da  voi  è  condannato  in  Gio- 
vanni XJs ,  da  me  si  approva ,  quanto  da  voi  e  ap- 
provato,  da  me  si  condanna.  Ucco  la  ritrattazione , 
che  a  me  comandate .  Che  pia  volete^ 

Le  febbri  più  violente  non  cagionano  simili  furo- 
ri .  Ecco  quanto  da' suoi  aderenti  era  denominata 
grandezza  di  coraggio;  e  Lutero  nelle  postille  che 

fatte 


L    I   E    R   O       I.  29 

fatte  aveva  sopra  la  Bolla  ,  sotto  altrui  nome ,  di- 
ceva al  Papa  :  ben  sappiamo  ^  che  Lutero  non  sarà  fl^z^  " 
per  cedervi  ,  perché  un  coraggio  sì  grande  non  può 
abbandonare  la  difesa  della  verità  da  esso  comin- 
ciata .  Allorché  in  odio  del  Papa  ,  che  aveva  fatte 
bruciare  in  Roma  l'opere  sue,  Lutero  fece  pari- 
mente bruciare  in  Vittemberga  le  Decretali  ;  gli 
atti  da  esso  fatti  stendere  di  quell'  azione  espri* 
mevano  ,  eh'  egli  aveva  parlato  con  gran  pompa  di  Eust.  Jch 
belle  parole  ,  e  coir  avventurata  eloquenza  di  sua 
lingua,  materna.  Con  questa  rapiva  ognuno  .  Ma  in 
ispezialità  non  lasciò  di  dire,  che  non  bastava  l'aver 
bruciate  le  Decretali  ,  ma  che  sarehhi  stato  assai 
lene  il  far  altrettanto  del  medesimo  Vapa  ,   e    per 

{  mitigare  un  poco  il  suo  discorso,  sogaiugneva,  cioè 

I  della  Sede  Vapale  . 

j       XXVI.  Considerando  tanto  furore  dopo  tanta  som-    comf  lu- 
missione,    ho  dimcoita  neii  intender?,    che  origine  ributtasse  i* 
potesse  avere  quell'apparente  umiltà  in  un  uomo  di  ^e|[*a'<^^,j^ 
quel  naturale.  Era  iorse  dissimulazione  e  artificio  ,^^" 
oppure  nasceva  dalla  proprietà  dell'orgoglio,  il  qua- 
le ne' suoi  principi  non  conosce  sestesso,    e  dapprì- 

j  ma  timido,  sotto  il  suo  contrario  si  nasconde,  sin 
che  non  ha  trovata  occasione  di  dichiararsi  con  suo 
vantaggio?  .:  ,. . 

In  fatti,  dopo  la  disunione  patente,  Lutero  con- 
fessa, che  dapprincipio  era  come  in  disperazione ,  e  j.^''"^-  °f' 
che  nessuno  può  comprendere  da  qual  debolezza  lo 
abbia  Iddio  innalzato  a  tanto  coraggio  ,  ne  come  da 
tanto  timore  ei  sia  passato  ad  aver  tanta  forza  .  Se 
Iddio,  oppur  l'occasione  abbiano,  fatto  quel  cambia- 

men- 


30  Variazioni 

niento ,  ne  lascio  il  giudicio  al  lettore,  6  mi  con- 
T.  ',*  tento  del  fatto  ,  che  da  Lutero  vien  confessato  . 
In  quell'orrore,  è  vero  in  certo  senso,  che  la  sua 
umiltà^  com'ei  dice  ,  non  era  finta  ,  Quello,  che 
tuttavia  potreboe  recar  sospetto  d'artificio  ne' suoi 
discorsi  ,  è  ,  eh'  egli  di  quando  In  quando  facerasi 
scorgere  sino  col  dire  ',  che  non  avrebbe  mai  cani'' 
hìata  cosa  alcuna  nella  sua  dottrina  ;  e  che ,  se  ave- 
va rimessa  la  sua  contesa  al  giudicio  dd  sommo  Von- 
tefice  ,  lo  aveva  fatto  ,  perch'  ira  necessario  coHser' 
vare  il  rispetto  verso  coluti  cW esercitava  carica  co- 
sì grande .  Ma  chi  si  farà  a  considerare  ragitaziono 
di  un  uomo,  cui  da  una  parte  l'orgoglio,  dall'altra 
i  residui  della  fede  non  cessavano  di  lacerare  l' in- 
terno,  non  crederà  impossibile,  che  sentimenti  tan- 
to diversi  si  sieno  fatti  sentire  1'  un  dopo  l'altro 
celle  di  lui  scritture  .  Sia  come  si  voglia,  e  cosa, 
certa  ,  che  l'autorità  della  chiesa  per  gran  tempo 
lo  rattenne;  e  non  si  può  leggere  non  meno  senza 
sdegno  che  senza  compassione  ciò  che  ne  scrisse  » 
pT«f.Ofu;.  Dopo  cF  ebbi  superati  ^  dice  egli  ,  tutti  gli  argomen- 
ti) che  mi  venivano  opposti)  un  altro  me  ne  restai 
va ,  che  appena  pote^  essere  da  me  superato  median- 
te r  ajuto  dìGesucristo  con  difficolta  estremai  ed  an- 
goscia non  poca  ;  ed  era  ,  /'  esser  necessario  ascoltare 
la  chiesa.  La  grazia,  per  dir  così  ,  durava  fatica 
ad  abbandonar  l'infelice.  Alla  fine  egli  la  superò  , 
e  per  colmo  di  cecità,  credette  che  l'abbandono  di 
Gesucristo  da  lui  (disprezzato  ,  fosse  un  soccorso  del- 
la sua  mano  .  Ciii  avrebbe  potuto  credere,  che  si 
attribuisse  alla  grazia  di  Gesucristo  l'audaciadi  più 

non 


-t   I  E   K.  3      I.  if 

t\où  ascoltare  la  di  lui  chiesa,  contro  II  di  lui  pre- 
cetto? Dopo  quésta  vittoria  funesta,  che  costò  tan- 
ta fatica  a  Lutero  j   egli    esclama    come    libero   da 
giogo  importuno:    spezziamo  ì  loro  legami:,    e  -^^«o- ,^/ ^'Jf^^^*'**' 
tìamo  dal  nostro  colio  II  loro  giogo  t,    perchè  si  servì  ^*  '• 
di  queste  parole  in  rispondendo  alla   Bolla,  e  scuo- 
tendo   Coir  ultimo   sforzo    1*  autorità  della  chiesa  ,■ 
Senna  riflettere,    che  il  cantico  infelice  è  posto  da 
/  t>avide  in  bocca  a'  ribelli,  le  cospirazioni  de'qualì 
insorgono  contro  il  Signore  ^  e  certtra  il  juo  Cristo  .   p,^/.  j, 
Lutero  fatto  cieco  a  se  l'appropria,  contento  dì  po- 
ter parlare  in  avvenire  senza  ripugnanza  di  tutte  le 
cose,  e  deciderne  a  suo  capriccio .  Le  sue  sommis- 
sioni disprezzate  cambìansi    nel    suo  cuore  in  vele- 
no; non  più  osserva  misura  alcuna,  gli  eccessi,  che 
dovevano  recar  dispiacere  a'suo.i  discepoli,    gli  ren- 
dono animosi,  coli' ascoltarlo  entrasi  a  parte  de'suoi 
furori.  Un  impulso  sì  rapido  si  comunica  al  di  fuori 
ben  da  lungi,  e  una  gran  moltitudine  considera  Lu- 
tero come  uomo  inviato  da  Dio  per  la  riforma  dei 
gene-re  umano  . 

XXVn.Sipose  allora  a  sostenere,  che  la  sua  voca-    tsturt  di 
Éionc  toss  estraordmaria,  e  divina.  In  una  lettera  da  Vescovi, la 
lui  scrìtta  a'  Vescovi ,  ch'egli  diceva  falsamente  à^no-  «e  prema" 
mmarsi  talli  prese  il  titolo  di  Ecclesiaste ,  o  sia  di  ,iaria. 
Predicatore  di  Vittemberga;  titolo  non  dato  ad  es-  _      ,^  , 

^?.  ad  fati» 

so  da  alcuno  .    Altro  perciò  non  disse  ,   se  non  eh'  r.^minat. 
egli  stesso   sé  lo  a'uea  attribuito  ,   che   tante   Belle  i  ~-  i. 
ta}7te  scomuniche  ,    tante  condannazioni   del  "Papa  e 
dell'  Imperadore  gli  avevano  tolti  tutti  i  titoli  anti- 
chi,  ed  avevano  canallato  is  esso  il  carattere  della 


,  r 


32  Variazioni 

bestia  ;  che  non  poteva  tuttavìa  restar  senza  tìtolo , 
e  prendeva  questo  per  contrassegno  del  mìnisterìo , 
al  a'tal  era  stato  chiamato  da  Dìo ,  ed  aveva  rice- 
vuto  NON   DAGLI    UOMINI,  NE'  DALL'uOMO,   MA  DAL 

DONO  DI  Dio  ,  e  dalla  rivelazione  di  Gesucri- 
STO .  Eccolo  dunque  chiamato  tanto  immediatamen- 
te, tanto  estraordinariamente,  per  la  medesima  ra- 
gione come  s.  Paolo  .  Sxx.  questo  fondamento  ,  si 
qualifica  e  in  fronte  ,  e  in  tutto  il  corpo  della  let- 
tera ,  Martirio  Lutero  per  la  grazia  di  Dio  Eccle- 
siaste di  Vittemberga  ^  e  manifesta  a' Vescovi ,  affin- 
chè non  ne  pretendano  causa  d' ignoranza  ,  esser  quel- 
la la  sua  nuova  qualità  ,  cV  egli  a  se  attribuisce  , 
con  un  magnifico  disprezzo  di  essi ,  e  di  satanasso  ; 
per  la  stessa  ragione  potersi  denominare  Vangelista 
per  la  grazia  di  Dio  ;  e  certamente  esser  così  nO' 
minato  da  Gesucristo,  e  tenuto  per  Ecclesiaste . 

In  virtù  di  questa  celeste  missione    faceva    tutto 
nella  chiesa;    predicava,  visitava,    correggeva,    to- 
glieva alcune  cerimonie,  altre  lasciava,    instituiva  , 
e  distruggeva  .   Benché   non  fosse  che  semplice  sa- 
cerdote ,   osò,    non  dico  far  altri  sacerdoti  (il  chs 
solo  sarebbe  stato  un  attentato  inaudito  in  tutta  la 
chiesa  sin  dall'origine  del  Cristianesimo)    ma,  ciò 
eh' è  anche  più  inaudito,  ebbe  ardimento  di  creare    j 
Sì?]d,  XII,  un  vescovo  .    Fu  creduta  cosa  ben  fatta  fra'  suoi  1'    = 
occupare  a  viva  forza  il  vescovado  di  Naumburgo. 
Andò  Lutero  in  quella  città,  nella  quale  con  nuova 
consacrazione  ordinò  vescovo  Niccolò  Amsdorfio  da 
esso  già  ordinato  ministro,  e  pastore  di  Maddebur-    I 
go  .    Non  lo  fece  dunque  vescovo  secondo  il  senci- 

men- 


Libro     I.  "  3> 

mento,  end' egli  appella  alle  voice  con  questo  nome 
tutti  i  Pasnori  ,  perchè  Aiiisdorfio  era  già  stabilito 
Pastore;  io  fece  Vescovo  con  ogni  prerogativa  uni- 
ta ai  sacro  nome  ,  e  gli  diede  il  carattere  siipèrio- 
te  ch'egli  stesso  non  possedeva.  Ma  tutto  ciò,  al 
suo  parere  ,  era  compreso  nell'estraordinaria  sua 
vocazione  'y  e  finalmente  un  Vangelista  inviato  im- 
mediatamente dà  Dio  3  come  un  nuovo  Paolo  ,  ha 
tutta  la  podestà  nella  chiesa . 
XXVIII.   Queste    azioni    sì  ardite  sono    stimate  ,    Ragiona- 

I  11  II  T  ^  mento  di 

lo  SO,  come  un  nulla  nelia  nuova  ntorma  .    Queste  Lutero  con. 
vocazioni  ,   e  missioni  in  ogni  secolo  tanto  venera-  b'itf;sV,,ché 
te,  secondo  i  nuovi  Dottori,  non  sono  al  più,  che  fj^J^'^j'^."^^^*' 
formalità,  e  bisogna  ridursi  alla  sostanza.  Ma  aue- """''"'*: 
ste  formalità  stabilite  da  Dio  conservano  la  sostan- «  ^csaii'i- 

lacoU  . 

za  in  sestesse.  Sono  formalità,  se  lo  vogliamo,  nel- 
lo stesso  senso  in  cui  parimente  lo  sono  i  Sacra- 
menti :  formalità  divine  che  sono  il  sigillo  della  pro- 
missione ,  e  gli  stromenti  della  grazia.  La  vocazio- 
ne ,  la  missione  ,  la  successione  ,  e  l'ordinazione 
legittima  sono  formalità  nello  stesso  senso  .  Con 
queste  sante  formalità  Iddio  sigilla  la  promissione  -  - 
fatta  da  esso  alla  sua  chiesa  dì  conservarla  in  eter- 
no :  andate  ,  insegnate ,  e  battezzate  ;  ed  ecco  sino 
alla  consumazione   de'  secoli    io  sono  con  voi  .    Sono  ,,^''"--' 

XXviu, 

con  voi  insegnando,  e  battezzando;  sono  non  solo  ^c- 
con  voi  ,  che  siete  presenti  e  da  me  immediata- 
mente eletti ,  ma  sono  con  voi  in  persona  di  cele- 
rò ,  che  a  voi  saranno  eternamente  sostituiti  per 
ordine  mio  .  Chiunque  disprezza  queste  forrrtólità 
di  legittima  e  d'ordinarla  missione,  può  per  la  stes- 

Bossuet  Cpere  1   I.  C  sa  ,    - 


ii  Variazioni 

Sì  ragione  disprezzare  i  Sacramenti ,   e  confonciere 
tutto  l'ordine  della  chiesa.  E  senza  entrar  di  van- 
taggio in  questa  materia  ,    Lutero    che  dicevasì  in- 
viati con  titolo  estraordinario    ed    immediatamente 
emanato  da  Dio  ,    come    un  Vangelista  e  come  u» 
Apostolo,    non  isnorava ,  che  la  vocazione  estraor- 
dinaria  doveva    essere    da    i    miracoli  confermata  . 
Allorché  Muncero  co'  suoi  Anabattisti  prese  a  farsi 
Pastore,  Lutero  non  voleva,  che  si  venisse  con  quel 
nuovo  dottore  ad  esaminar  la  sostanza  ,  uè  che  fos- 
se ricevuto  a  provare  la   verità    della   sua    dottrina 
colle  scritture  ;    ma  comandava  ,    che  gli  fosse  do- 
HieU  VI  "'^"^^to  ■  ^/-"'  S^^  a-ùesse  concesso  V  ufficio  W  ìnsegna- 
y.  Etilt,      ^g  p  £  seguiva  :    s' eg/i  risponde  ,  che  Iddio  glìeT  ha 
concesso  y   lo  provi  con  un  miracolo  manifesto  j  per- 
che col  mezzo  di  tali  segni  Iddio  si  manifesta  t  quan- 
do vuole  cambiar  qu/ilche  cosa  nella  forma,   ordina- 
ria della  missione  .    Lutero    era    stato  allevato  con 
buoni  principi  ,    e  non  poteva  lasciare  di  quando  in 
quando  di  ridurvi  sestesso.    Ne  ta  testimonianza  il 
Trattato,    ch'ei  fece  dell'Autorità  de'Magistrati  V 
Tn  Fiai.  anno  1534.  Questa  data  è  degna  di  considerazione, 
f/j'^^/jff  perchè  in  quel  tempo,  eh' è  il  quarto  anno  dopo  la 
^'  ^'         confessione  Augustana  ,    e    il  decimov-ruinto  dopo  la 
sua  disunion   dalla  chiesa  ,    non    può  dirsi  ,    che  la 
dottrina    Luterana  non  avesse    presa   ogni   sua  for- 
ma, e  tuttavia  Lutero  ancor  vi  diceva,  che  'voleva 
piuttosto  ,    che    un  Luterano  uscisse  da  una  parroc- 
chia y  che  r  indurvi  sì  a  predicare  malgrado  il  di  lei 
pastore:  che  il  Magistrato  non  doveva  permettere  ne 
le  adunanze  segrete  »    ne  ^   che  alcuno  vi  predicasse 

senza 


L  1  B  R.  O     L  5$ 

senza  legìttima  vocazione  ,•  che  se  fossero  stati  re- 
pressi  gli  anabattisti  dacché  sparsero  i  loro  dogmi 
senza  vocaziohe ,  sarebbono  stati  impediti  molti  mali 
in  ^lemagna  ;  che  nessun  uomo  dotato  di  vera  pie- 
tà doveva  imprendere  cosa  alcuna  senza  vera  voca- 
zione: il  che  doveva  essere  tanto  religiosamente  os» 
servato  i  eh' ìLzikìmio  un  Evangelico  (  così  erano 
da  esso  denominati  i  suoi  discepoli  )    NON  doveva 

PREDICARE  IN  UNA    PARROCCHIA   DI  UN    PAPISTA,     O 

di  un  Eretico y  senza  farne  consapevole  colui ,  che  n 
era  il  pastore  ,  Tanto  eì  diceva  ,  segue  lo  scesso  , 
per  avvisare  i  Magistrati  di  evitare  certi  ciarloni  , 
se  non  adducevano  buone  e  sicute  testimonianze  di 
/oro  vocazione  o  da  Dio  o  dagli  uomini:  altrimenti 
non  dovevano  essere  ammessi  3  quand'  anche  volesse- 
ro predicare  il  puro  Vangelo  ,  0  fossero  angioli  dal 
cielo  discesi  .  E  volle  dire,  che  non  basta  la  sanca 
dottrina  ;  ma  che  oltre  di  ciò  è  necessaria  l' una 
di  queste  due  cose,  o  i  miracoli  per  mostrare  una 
vocazione  estraordinaria  di  Dio,  o  l'autorità  de' Pa- 
stori ,  che  si  fossero  trovati  in  carica  ,  per  iscabi- 
lire  l'ordinaria  e  regolata  vocazione. 

Poste  queste  espressioni ,  ben  conobbe  Lutero  ,  che 
si  poteva  domandare  adesso,  da  chi  avesse  presa  la 
sua  autorità:  ed  egli  rispose,  ch'era  dottore j  e  pre- 
dicatore ;  che  da  se  non  se  nera  ingerito  ,  e  non  doveva 
lasciar  di  predicare ,  dopo  essere  stato  una  volta  ob- 
bligato a  farlo  :  che  in  somma  non  poteva  dispensarsi 
dall'  ammaestrar  la  sua  chiesa  :  e  quanto  all'altre 
chiese i  ch'egli  altro  non  faceva  ,  che  comunicar  loro 
l'  9pere  sue  ^  il  cV  era  semplice  debito  di  carità  . 

C     z  XXIX. 


jfi  Variazioni 

c^n  quali      XXIX.    Parlando  sì  audacemente    della  sua   chic- 

Hlitacoli  .  I  .      1. 

preteudes-  sa,  era  neccssario  Sapere  chi  gliene  avesse  conmrnessa 

se  Lutero  ,  .  ,       ,    .       . 

autorizzare  la  cura  ',    e   come  la  vocazione  da  jui  ricevuta  con 

ffoj'e*  "'"' dipendenza  j  fosse  ad  un  tratto  divenuta  indipenden- 
te da  tutta  l'ecclesiastica  Gerarchia  .  Sia  come  si 
voglia  ,  in  quel  tempo  egli  era  di  umore  di  voler, 
che  la  sua  vocazione  fosse  ordinaria;  in  altri  tem- 
pi, quando  meglio  conosceva  l'impossibilità  di  soste- 
nersi, diceva,  come  lo  abbiamo  veduto,  di  essere 
immediatamente  inviato  da  Dio,  e  si  rallegrava  di 
essere  spogliato  di  tutti  i  titoli,  che  aveva  ricevuti 
nella  chiesa  Romana  ,  per  godere  in  avvenire  di 
una  vocazione  si  alta.  Nel  rimanente  non  gii  man- 
cavano miracoli  .  Voleva,  che  si  credesse,  che  il 
gran  successo  di  sue  predicazioni  avesse  dsl  mira- 
coloso ',  e  allorché  abbandonò  la  vita  monastica  , 
scrisse  a  suo  padre,  il  quale  pareva  un  poco  atflic- 
to  del  suo  cambiamento,  che  Iddio  co' visibili  mi- 
racoli lo  aveva  tolto  al  suo  stato.  Vare,  dice  egli, 
Df  va.    ^jjg  satanasso  abbia  preveduto  sino  dalla  mìa  infan- 

jounnem      2.ia  (juaìito  avessc  un  giorno  a  patire  t>er opeta  mia. 

rent.  tuum,  £'  egli  possibUe  ^  CO  io  Sia  il  solo  fra  tutti  i  mortali 
ora  da  lui  combattuto^  Voi  volevate  per  r addietro , 
segue ,  trarmi  dal  monìsterio .  Id.dìo  me  ne  ha  trat^ 
to  senza  voi .  Vi  mando  un  libro  in  cui  vedrete  con 
quanti  miracoli ,  ed  eletti  esiraordinarj  di  sua  pos- 
sanza da' voti  monastici  egli  mi  abbia  assoluto.  Que- 
ste virtù,  e  questi  prodigi  erano  e  l'ardire  e  ilsuc- 
cesso  inaspettato  delia  sua  impresa.  Tutto  ciò  egli 
esponeva  come  miracolo,  e  i  suoi  discepoli  n'erano 
persuasi. 

XXX, 


L  I   B  R   O       i.    '  37 

XXX.  Prendevano  anche  per  cosa  Jn'racolosa  ,  che    Cortimia- 

_  .       ,,  !•  •!    r»  I  •    Z'^'i't    l'è' 

vntrnticelio  avesse  osato  assalire- il  Papa,  e  che  si  wiracou 
facesse  vedere  intrepido  fra  tanti  nemici.  I   popoli  Luùro.  *** 
lo  consideravano  come  un  eroe  ,    e   come  un  uomo 
divino,  allorché  l'udivano  dire,  che  non  cadesse  in 
pensiero  ad  alcuno  di  spaventarlo;  che  s'egli  si  era 
nascosto  per  poco  tempo  ,   sapeva  bene  il  diavolo  ,     £p;,f.  ^^ 
(  o  bel  testimonio  I  )   chs    non   sì   era  nascosto  p2r  ^\'_f  ^J."^ 
timore  ;   ch:^  quand"  era  comparso    in  Vor-na~ia  alla  <^bitrdib.x, 
presenza  dell' Impsradore  ^  non  vi  era  stata  cosa  ca- 
pace dì  cagionargli  spavento  ;  e  che  quando  fosse  sta- 
to certo  di  trovarvi  tanti    diavoli  pronti    a    strasci- 
narlo ,  quante  erano  le  tJgole  sopra  le  case ,  tutti  gli 
mvrcbbe  colla  medesima  confidenza  affrontati  »  Quest'  ' '- 

erano  le  sue  ordinarie  espressioni  .  Aveva  sempre  in 
bocca  il  diavolo  e  il  Papa  a  guisa  di  nemici  ,  che  ■ 
da  lui  dovevano  esser  vinti  ,  e  i  suoi  discepoli  ri- 
trovavano nelle  sue  brutali  parole  un  arder  divi- 
no ^  un  istinto  celeste  ,  e  l  entusiasmo  dì  un  cuore 
infiammato  per  la  gloria  del  Vangelo  .  chitr.  ly. 

Allorché  molti  di  suo  partito  presero,  come  ben 
presto  lo  vedremo  ,    a  gettare  a  terra  io  Immagini 
in  Vittemberga  in  tempo  di  sua  assenza  ,    e    senza 
prenderne  il  suo  parere:  io  non  faccio,  diceva,  co-    r  . ,  ^    . 
me  que'  nuovi  profeti,  ì  auo.li  pensano  fare  un'azio-  SJ^^-J^'^ 

*  '  i  ,  VII, 

ne  maravigliosa  e  degna  dello  Spirito  Santo  ,  man- 
dando a  terra  statue  e  pitture  .  Quanto  a  me ,  non 
ho  per  anche  posta  la  mano  alla  pia  piccola  pietra 
per  atterrarla  ;  non  ho  fatto  mettere  il  fuoco  ad  al- 
cun moniftero;  ma  quasi  tutti  i  monister)  sono  man ~ 
dati  in  desolazione  dalla  mia  penna  ,   e    daTla   mia 

Ci  bocca  \ 


38  Variazioni 

bocca  ;  e  sì  dice  pubblicamente ,  che  io  solo ,  Io'/ìia>ì6 
da  ogni  violenza  ,  ho  fatto  più  male  al  "Papa  ,  di 
quello  avrebbe  potuto  fargli  un  Re  con  tutte  le  forze 
del  proprio  regNO  .  Ecco  i  miracoli  di  Lutero.  I  suoi 
discepoli  ammiravano  la  forza  di  questo  depreda- 
tore di  moniscerjj  senza  riflettere,  che  la  sua  for- 
midabile forza  esìer  poteva  quella  dell'angiolo  de- 
>fof.  *.  II.  nominato  da  S.  Giovanni,  l'  Esterminatore, 

Lutero  fa  XXXI.  Lutcro  faceva  da  profeta  contro  coloro ,  che 
promette  si  opponevano  alla  sua  dottrina.  Dopo  averli  avvisati 
ge're  a  Pa- di  dover  sottomettersi  ad  esso,  li  minacciava  in  fi- 
nfomèntò  ,  "^  ^'^  ^^^  orazione  contro  di  essi:  Le  mie  orazioni» 
••jiiza   pe.J- diceva,  non  saranno  un  fulmine  diSalmoncoy  ne  un 

liistter  oi  '  -'  ' 

prender   1»  fidano  mormorio  prodotto  ne  II'  aria:  non  sì  arresta  in 

armi .  * 

questa  guisa  la  voce  dì  Lutero  ,  ed  io  desidero  che 
CeoTg.DHc.  V,Ji,  non  lo  provi  in  suo  danno  .  Così  ad  un  Prin- 
■  *■  cipe  della  casa  di  Sassonia  ci  scriveva.  La  mìa  ora- 
zione ^  soggiugneva  ,  e  un  terrapieno  insuperabile  ^ 
più  potente  del  diavolo  stesso  .  Senza  essa  e  gran 
tempo  i  che  più  non  parlerebbesi  dì  Lutero  j  e  non  è 
da  maravigliarsi  dì  un  miracolo  così  grande  ^  AUor- 
ch'el  minacciava  alcuno  de'giudicj  di  Dio,  non  vo- 
leva che  si  credesse  che  egli  lo  facesse  come  uo- 
mo, che  solo  ne  avesse  generali  notizie  .  Avreste 
detto  ,  ch'ei  leggesse  gli  eterni  decreti  .  Udivasi 
parlare  con  tanta  sicurezza  della  rovina  prossima 
del  Papato  ,  che  i  suoi  non  ne  avevano  più  dubbio 
alcuno  .  Nel  suo  partito  sopra  la  sua  parola  tene- 
vasi  per  cosa  certa,  che  due  Anticristi  fossero  chia- 
ramente espressi  nelle  scritture,  il  Papa,  e  il  Tur- 
co.   Il  Turco  era  per  cadere,  e  gli  sforzi  fatti  da 

esso 


L   1   B   R.   O       r»  39 

esso  allora  ncll' Ungheria ,   erano  l'ultimo  atto  del- 
la tragedia  .    Quanto  ai  Papato  ^    era  imminente  la 
sua  rovina,  appena  gli  concedeva  due  anni  di  vita; 
ma  soprattutto  avvisava  l'astenersi    dall'armi  in  uà 
opera  così  grande.  Così  parlò  sin  che  fu  debole,  e 
nella  causa  del  suo  Vangelo  vietò  ogni  altra  spada  j 
che  quella  di  sua  parola  ,    Il    regno    Papale  doveva, 
cadere  in  un  momento  al  soffio  di  Gesucristo  ,  cioè, 
alla  predicazion  di  Lutero  .    Daniello  se    n'era  es- 
presso ,    s.  Paolo  non  permetteva  di  dubitarne  ,    e       '  ' 
Lutero  loro  interprete  così  lo  cfFermava.  Anche  di 
presente  si  ritorna  a  questa  sorca  di    profezie  ;    ii 
pessimo  successo  di  quelle  di  Lutero  non  impedisce 
a' ministri  di  osarne  di  somigiianti  :    si    conosce    il        .,> 
genio  de' popoli  ,    e  bisogna  sempre  affascinarli  per 
le  medesime  strade  .    Le  profezie  di  Lutero  si  ve-      Assf.rt. 
dono  ancora  ne'suoi  scritti,  in  eterna  testi monian- ^j7j.";j-"j'*'^^ 
za  contro  coloro  ,    che  le  hanno  tanto  leggermente  z"'^^,';,/^'^ 
credute  .    Sleidano  suo  storico   le  riferisce  con  se-  <^''»^'";-  '^'■• 

cnnt.  Hitir, 

ria  espressione  ,  mette  in  esercizio  tutta  l'elc^an-  ^^s-  ^''-i^' 
za  del  suo  stile,  e  tutta  la  purità  del  suo  linguag- 
gio polito  per  rappresentarci  una  pittura  la  più  lor- 
da, la  più  vile,  la  più  ignominiosa,  che  fosse  mai, 
onde  Lutero  aveva  riempiuta  l'Alemagna:  tuttavia 
se  prestiamo  fede  a  Sleidano,  eli'era  una  immagi::e 
profetica:    nel  rimanente  ,    Dcdevasì  di  ?ih  il  com-  ., . ,    , 

.  .  .  Sletd.    1.  4. 

pimento  dì  molte  profezie  di  Lutero,  e  V  altre  erano  7®-  h.  ì»j. 

itf.  icj|,  (ire. 
per  anche  nelle  mani  dì  Dio. 

Non  il  popolo  solo  considerò  dunque  Lutero  co- 
me profeta  .  Le  persone  dotte  del  suo  partito  io 
pubblicavano  come  tale  .    Filippo    Mslantone  ,  che 

C     4  sul 


40  Variazioni 

sul  principio  delle  sue  dispute  si  pose  sotto  la  sua 
disciplina,  e  fu  il  più  capace  non  meno  che  il  più 
zelante  de'suol  discepoli,  si  lasciò  a  prima  giunta 
persuadere  ,  essere  in  quest'uomo  qualche  cosa  di 
straordinario  e  di  profetico  ,  e  stette  gran  tempo 
senza  poter  uscir  deli'  inganno  ,  non  ostanti  tutti 
i  difetti,  che  tli  giorno  in  giorno  erano  da  lui  sco- 
perti nel  suo  maestro  :  scrisse  perciò  ad  Erasmo 
ìvfw.  l;^  parlando  di  Lutero:  Foi  sapete  eh' e  necessario  ap- 
ì-  ({■  ti-    provare ,  e  non  disprezzate  le  profezìe . 

MiUanr;-      XXXII. Iiitanto  il  nuovo  profeta  lasciavasi  traspor- 
rle  di  La. 
tero  ,   .      tare  ad  eccessi  inauditi.  li  tutto  era  da  esso  portato 

latro  da  es-  olttc  i  Confini  del  ragionevole  Perchè  i  profeti,  per 
i  Padri.  "  comando  di  Dio,  facevano  delle  terribili  invettive, 
divenne  il  più  violento  di  tutti  gli  uomini,  e  il  più 
facondo  in  parole  oltraggiose.  Perchè  s.  Paolo,  per 
il  bene  degli  uomini  ,  aveva  innalzato  il  suo  mi- 
nisterio  ,  e  i  doni  di  Dio  in  sestesso  con  tutta  la 
confidenza  ,  che  gli  era  somministrata  dalla  verità 
manifesta,  la  qual  era  sostenuta  ci  lassù  da  Dio  coi 
niiracoll ,  Lutero  parlava  di  sestesso  d'una  maniera 
da. far  tingere  di  rossore  il  volto  a*  suoi  amici. 
Tuttavia,  vi  si  era  assuefatto  l'o-ccchio  :  il  tutto 
denominavasi  magnanimità  :  ammiravansi  là  santa 
ostentazione  ,  le  sante  miUanterie  ,  la  santa  vanti- 
gloria  di  Lutero  ',  e  Calvino  stesso  così  le  denomi-- 
iont.vtr.fh.  na,  benché  tosse  adirato  contro  di  lu: . 
"    '  Gonfio  del  suo  sapere ,  mediocre  in  sostanza,  ma 

grande  per  que' tempi ,  e  troppo  grande  per  la  sua 
salute  ,  e  pel  riposo  della  chiesa,  stimavasi  supe- 
riore a  tutti  gii  uomini,  e  non  solo  a  quelli  del  suo 

se- 


L    I   3   R    O       r,  41 

secolo,    ina  eziandio    a'  più  illustri  de'  secoli   pas- 
sati . 

Nella  quiitlone  del  libero  arbitrio  ,    Erasmo  op- 
poncvagli  il  consenso  dc'Padri  ,    e  di  tutta  l'Anti- 
ciiità.  Fa  bene  ^  dicevagli  Lutero  ;  vantateci  gli  an-  jf^JL''""' 
fichi  Ttidri  ,    e  fidatevi  decloro  discorsi  ,    dopo  aver 
veduto ,   che  tutti  insieme  hanno  trascurato  il  sen- 
timento di  S'  Vaoloy  e  che  immersi  nel  senso  carna- 
le, sì  sono  tenuti  quasi  a  bello  studio  lontani  da        -^ 
questo  beli'  astro  del  mattino ,    o  piuttosto  da  questo 
sole  .    E  di  nuovo  :    qual  maraviglia ,  che  Iddio  ab-      ^^'d- 
bla  lasciate  tutte    le  chiese  maggiori    andarsene 
secondo  le  loro  strade ,  giacche  vi  aveva  lasciate  an- 
dar per  f addietro  tutte  le  nazioni  della  terrà. ^  Che 
eonreguenza  !   Se  Iddio  ha  abbandonati  i  Gentili  al- 
la cecità  del  loro  cuore,  ne  segue  forse,  ch'egli  vi 
abbandoni  anche  le  chiese    da  lui  Sottratte  alla  ce-       ■'    ' 
cita  con  tanta  cura  ?    Ecco  nuHadimeno  ciò  che  da        ^   • 
Lutero  vien  detto  nel  libro    del  servo  arbitrio  i    e 
quello,  eh' è  qui  più  degno  di  riflessione ,  è,  che  in 
quello  ch'ei  vi  sostiene,  non  solo  contro  tutti  i  Va- 
dri ,  e  contro  tutte  le  chiese ,  ma  anche  contro  tutti 
gli  uomini  ,    e  contro    la  voce  comune  del    genere 
umano  ,    cioè    che    il  libero  arbitrio    sia  affatto  un        i-  L- 
nulla,  viene  abbandonato,  come  vedremo,  da  tutti 
ì  suoi  discepoli  ,    ed    anche    nella    confessione  Au- 
yustana.  Il  che  dà  apertamente  a  conoscere  a  qua! 

cesso  siasi  trasportata  la  di  lui  temerità,  avendo 
trattati  con  disprezzo  tant' oltraggioso  e  i  Padri  j 
e  le  chiese  in  una  materia  ,  nella  quale  tanto  era 
il  suo  torto  patente  ,    Le  lodi  date  alla  continenza 


«1  Variazioni 

da  questi  santi  Dottori ,  di  cornuti  voce  ,  in  vece  di 
muoverlo,  lo  spingono  alla  ribellione,  s.  Girolamo 
gli  diviene  insoffribile  per  averla  colmata  di  enco- 
mi.  Decide,  ch'egli,  e  tutti  i  santi  Padri,  ì  quali 
hanno  poste  in  uso  tante  sante  mortificazioni  per 
custodirla  inviolabile  ,  avrebbono  fatto  meglio,  se 
avessero  presa  moglie.  Non  è  men  violei;:o  contro 
l'altre  materie.  In  somma  i  Padri,  ì  Papi,  i  Con- 
dì) generali,  e  particolari,  quando  non  cadano  nel 
sito  sentimento  in  tutto  e  per  tutto,  gli  stanno  per 
nulla.  Se  ne  libera  coll'oppor  loro  la  Scrittura  spie- 
gata a  suo  capriccio,  come  se  prima  di  esso  vi  fos- 
se stata  una  general  ignoranza  della  Scrittura  ,  o 
che  i  Padri  ,  che  con  canta  religiosità  l'hanno  cu- 
stodita e  studiata,  ne  avessero  trascurata  l' intelii- 
genna. 
BufFone.      XXXIII.  Ecco  dov'  era  giunto  Lutero  :  dall'estrema 

rie  ,  e  stra-  ,.,..,  .      7  .  ,-  r       • 

vagirne .  modestia  ,  di  cui  dappnneipio  aveva  ratta  proiessione , 
era  passato  a  tanti  eccessi.  Che  dirò  poi  delle  buf- 
fonerie non  meno  vili ,  che  scandalosi  ,  onde  riem- 
piva i  suoi  scritti  ?  Vorrei  ,  che  uno  de'  suoi  più 
parziali  Settarj  prendesse  la  pena  di  leggere  un  so- 
lo discorso  da  lui  composto    a    tempi    di  Paolo  III. 

JdvifsF.'.-  contro  il  Papato.  Io  sono  sicuro,  che  si  arrossireb- 

pat,  T,Vn.   ,  T  •       •  LL 

be  per  Lutero:  tanti  vi  troverebbe  per  tutto,  non 
dirò  furori  e  trasporti  d' ira  ,  ma  freddi  equivoci , 
vili  buffonerie,  ed  impurità,  eziandio  delle  più  gros- 
solane ,  e  di  quelle,  che  non  si  odono  uscire  di  boc- 
ca ,  se  non  della  più  vile  canaglia  .  1/  Tapa  y  dice 
egli,  è  tanto  ripieno  dì  diavoli,  che  ns  sputa,  e  r.s 
tramanda  dalle  narici.  Non  diamo  l'ultima  mano  a 

quanto 


L  I  £  R  O      I,  45 

quanto  Lutero  non  arrossì  di  ripetere  ben  trenta 
volte.  E' questo  forse  il  discorso  di  un  riformatore? 
Ma  si  tratta  del  Papa  :  a  questo  sol  nome  egli  rien- 
trava ne* suoi  furori,  né  più  era  padron  disestesso. 
Ma  oserò  forse  riferire  la  continuazione  di  sua  in- 
sensata invettiva?  Debbo  farlo,  malgrado  i  miei  or- 
rori,  affinchè  una  volta  si  veda,  da  quali  furie  fos- 
se posseduto  il  capo  della  nuova  riforma  »  Faccia» 
moci  dunque  forza  per  trascrivere  le  parole  da  es- 
so al  Papa  dirette:  Vaoletto  mio ^  papato  mìo ^  asi- 
nelio mio 3  camminate  adagio;  è  gelato,  ri  rompe-  \, 
reste  una  gamba  y  vi  guastereste  ;  e  si  direbbe:  che 
diavolo  è  questo  ?  Come  mai  sì  è  guastato  il  papet- 
tino  .<*  .Perdonatemi,  lettori  Cattolici,  s'io  replico 
irriverenze  sienormi .  Perdonatemi  anche  voi.  Lu- 
terani ,  e  approfittatevi  per  lo  meno  della  vostra 
ignominia.  Ma  dopo  si  lorde  idee,  è  tempo  di  ve- 
dere i  luoghi  più  belli.  Consistono  ne'giuochi  delle 
seguenti  parole:  Coelestissimus ^  scclestissimus j  san^  ilìd, 
cìissimus  3  satanissimus  3  ed  altrettanto  in  ogni  linea 
si  trova.  Ma  che  dirassi  di  questa  bella  figura?  Un  ^^'"f- 
asino  sa  ,  eh'  è  asino  ,  una  pietra  sa  cV  è  pietra , 
e  gli  asini  papettini  non  sanno  di  esser  tanti  asini . 
E  temendo  che  non  si  pensasse  a  dire  altrettanto 
di  esso,  previene  l'obbiezione:  ed  ì'Tapa^  diceegli, 
non  mi  può  tener  per  un  asino  :  ben  sa  ,  che  per 
bontà  di  Dio  ,  e  per  sua  grazia  speciale  sono  più 
istruito  di  lui  ,  e  di  tutti  t  suoi  asini  nelle  Scrit- 
ture .  Seguitiamo",  ecco  Io  stile,  che  comincia  ad 
innalzarsi.  S' io  fossi  signor  dell' Imperio  ;  dove  an-  Jl'J. 
derà  mai  con  un  principio  sì  bello?  farci  un  fascio 

del 


44.  VARIAZIONI 

delTapa,  e  de  Cardìr.dli ,  psr  gettarli  tutti  insiemi 
nella  picciola  fossa  dsl  mar  di  Toscayja  .  //  bagno 
lì  guarirebbe  ;  v'ìmpsgno  la  mia  parola  ,  e  do  ptr 
cauzione  Gesucristo  .  None  egli  ben  impiegato  il  no- 
me santo  di  Gesucristo  !  Facciamo  silenzio:  tanto 
basti,  e  tremiimo  sotto  i  terribili  giudic)  di  Dio, 
che  per  punire  il  nostr'orgoglio  ha  permesso  ,  che 
trasporti  si  rozzi  avessero  una  tal  efficacia  di  sedu- 
zione, e  di  errore. 
Sediiio-      XXXIV.  Nulla  dico  delle  sedizioni ,  e  delle  ruberie^ 

Tenee  ^'°'  P^imo  frutto  delle  predicazioni  de!  Vangelista  novel- 
lo. Egli  ne  traeva  delie  vanità  o   II  Vangelo    (  di- 
ceva egli,  e  dopo  di  lui  i  suoi  discepoli  seguono  a 
£>£  ,<r^,  dirlo  )    ha    sempre    cagionata    della    turbolenza  ,   e 

^'''""''  per  istabilirlo  è  necessario  il  sangue  .  Zuinglio  di- 
ceva altrettanto.  Calvino  della  stessa  maniera  si  di- 
fende: Gesucristo,  dicevano  tutti,  e  venuto  a  porre 
Matth.io.  la  spada  nel  mondo',  ciechi,  che  non  vedevano,  o 
che  non  volevan  vedere  che  sorta  di  spada  Gesù- 
cristo 'vi  avesse  posta  ,  e  che  specie  di  sangue  vi 
avesse  voluto  diffuso  .  E'  vero  ,  che  i  lupi ,  fra  i 
quali  mandava  i  proprj  discepoli  ,  avevano  a  spar- 
gere il  sangue  delle  sue  pecorelle  innocenti  ;  ma 
forse  aveva  detto  ,  che  le  pecorelle  avrebbono  la- 
sciato di  essere  pecorelle,  col  formare  sediziose  co- 
spirazioni,  e  collo  spargere  anch'esse  il  sangue  dei 
lupi?  La  spada  de' persecutori  fu  tratta  dal  fodero 
contro  i  di  lui  Fedeli,  ma  i  di  lui  Fedeli  trassero 
forse  dal  fodero  la  loro  spada,  non  dico  per  assali- 
re i  persecutori  ,  ma  per  difendersi  contro  le  loro 
violenze?  In  somma,  furono  eccitane  delle  sedizio- 
ni 


L   1  B   R  O      I.  AS 

ni  contro  I  discepoli  di  Gesucristo  ,  ma  i  disce- 
poli di  Gesucristo  ne  hann' eglino  mai  eccitata  al- 
cuna per  lo  spazio  di  trecent'anni  di  spietata  per-- 
sedizione?  Il  Vangelo  gli  rendeva  modesti  ,  tran- 
quilli, rispettosi  verso  ogni  legittima  potenza,  ben- 
ché nemica  della  fede,  e  gli  riempieva  di  un  vero 
zelo;  ma  non  di  quello  zelo  amaro,  che  oppone  as- 
prezza ad  asprezza  ,  armi  ad  armi ,  e  forza  a  for- 
za. Sieno  dunque  i  Cattolici,  come  vien  dette,  sle- 
no  tanti  ingiusti  persecutori.  Coloro,  che  si  van- 
tano di  riformarli  sopra  il  modello  della  chiesa  Apo- 
stolica ,  dovevano  cominciar  la  riiorma  da  una  in- 
vincibile pazienza  .  Ma  per  lo  contrario  ,  diceva 
Erasmo  ,   che    ne    aveva  veduti  nascere  i  principi,    L'h.XTX. 

XXXI 
io  li  vedeva  uscire  dalie  prediche  loro  fieri  nel  sem- 
biante y  e  m'innccevolì  negli  sguardi  ,  come  genti, 
chi  avevano  udite  sanguinose  invettive  ,  e  sediziosi 
discorsi  ,  Cosi  quel  popolo  Evangelico  era  veduto 
sempre  disposto  a  prender  l' anni  ,  e  non  men  atto 
a  combattere  y  che  a  disputare  ,  Forse  ci  confesse- 
ranno i  ministri  ,  die  i  sacerdoti  degli  Ebrei  ,  e 
quelli  degl'Idoli  davano  Itiogo  a  satire  non  meno 
forti  ,  che  i  sacerdoti  della  chiesa  Romana  ,  qua- 
lunque sieno  i  colori  ,  onde  ci  vengon  da  essi  di- 
pinti :  ma  quando  mai  in  uscir  dalle  prediche  di 
s.  Paolo  coloro,  ch'erano  da  lui  convertiti,  si  sono 
veduti  andare  a  spogliar  le  case  di  quei  sacrileghi 
sacerdoti  ,  come  in  uscire*  dalle  prediche  di  Lute- 
ro, e  de'  pretesi  riformatori,  si  son  veduti  tanto 
soYente  gli  uditori  loro  andar  a  spogliare  tutti  gli 
Ecclesiastici  senza  distinzione  de' buoni,  e  de* cat- 


tivi 


;  > 


46  Variazioni   Libro   t. 

tivi?  che  dico  io  de'sacerdoti  degl'Idoli?  GÌ'  Idoli 
stessi  erano  in  qualche  maniera  risparmiati  da'  Cri- 
stiani ,  Vidcsi  mai  in  Efeso,  o  in  Corinto,  dove 
tutti  gli  angoli  n'erano  ripieni  ,  esserne  atterrato 
pur  uno  dopo  ascoltate  le  prediche  di  s.  Paolo  ,  e 
degli  Apostoli?  All'opposto,  il  Segretario  della  Co- 
munità d'Efeso  fa  testimonianza  a'  suoi  cittadini^ 
che  s.  Paolo ,  e  i  suo:  compagni  non  bestemmiavano 
contro  la  loro  Dea  ,  cioè  ,  parlavano  contro  i  falsi 
Dei  senza  eccitare  alcun  tumulto  ,  senza  alterare 
la  pubblica  tranquillità  .  E  pure  io  credo,  che  gì* 
Idoli  di  Giove,  e  di  Venere  fossero  non  meno  odiosi 
delle  Immagini  di  Gesucristo,  della  santa  sua  Ma- 
dre, e  de'  suoi  Santi,  da'  nostri  riformatori  atter- 
rate. 


H.*^ 


LI- 


.  --         .•'  -  .      riliiV      

LIBRO       II. 

Dair  ^nno  1510.  sino  alt  jlnno  1520. 


,1 


I  primo  trattato ,  in  cui  Lutero  fece  conoscere  ,  }}  '^''^''? 

^  ^  della  catti- 

affatto  ciò  ch'egli  era,    fu  quello  della  Cattività  di  vitàdìBa- 

bilonia- 

Babilonia  da  esso  composto  l'anno  1520.    In   esso  si  Sentimenti 

/-  I  •  11-  '^'  Lutero 

fece  altamente  sentire  contro  la  chiesa  Romana,  sopra  rti?- 
che  lo  avea  condannato  ,  e  ira  1  dogmi  ,  de  quali  ii  desiderio 
procurò  scuotere  i  fondamenti  ,  quello  della  Tran-  ^ht^icstr- 
sustanzìazione  fu  uno  de'primi .  'h:i* 

Avrebbe  voluto  poter  distruggere  la  Realità,  ed- 
ognuno  sa,  ch'egli  stesso  si  è  dichiarato  nella  iet- 
terà a  i  Strasburghesi ,  nella  quale  scrisse  loro,  che     £p?»». -««^ 

°  ^  Argenti». 

gli  SÌ  alerebbe  fatto  sommo  piacere  col  somministrar-  T-  y^^- 
gli  qualche  buon  mezzo  per  negarla  ,  perche    nulla 
sarebbegU  stato  Ai  profitto  maggiore  nell'intenzione ^ 
che  aveva  di  recar  nocumento  al  Vapaio ,  Ma  Iddio 
pre-scrive  termini  non  conosciuti  da  noi  agli    animi 
più  violenti  a    e  non  sempre  permette  a'  novatori  V 
attliggere,  quanto  vorrebbono  la  sua  chiesa.    Lute- 
ro restò  invincibilm.ente  colpito  dalla  forza  ,  e  dal- 
la semplicità  di  queste  parole:  Qj.iesto  é  il  mio  cor-    Matth,ìì. 
po  ,    questo  e  u  mio  sangue  :    questo  corpo  dato  per  xxii.   19. 
toi  ,   questo   sangue  della  nuova   alleanza  .    Qi<esto  Ì.cot-.  :i.:4. 
sangue  sparso  per  voi  ,   e  per  la  remissione  de'  vo- 
stri peccati  :    perchè  in  quésta  maniera  dovrebbono 
esser  tradotte  queste  parole   di   nostro  Signore  per 
mctcerle  in  tutta  la  loro  forz»  «    La    chiesa   aveva 

\  ere- 


4S  Variazioni 

creduto  senza  difficoltà,  che  per  consumare  il  ino 
sacrificio  ,  e  le  antiche  figure ,  Gesucristo  ci  ave- 
va data  a  mangiare  la  propria  sostanza  della  carne 
sacrificata  per  noi  ;  eli' aveva  lo  stesso  sentimento 
sopra  il  sangue  sparso  per  li  nostri  peccati.  Avvez- 
za sin  dalla  sua  origine  a'  mister]  incomprensibili  , 
ed  a' contrassegni  ineffabili  dell'amore  divino,  i  mi- 
racoli impenetrabili  nel  senso  letterale  rinchiusi  non 
r  avevano  punto  turbata  \  e  Lutero  non  potè  mai 
darsi  a  credere,  né  che  Gesucristo  avesse  voluto  a 
bello  studio  rendere  oscura  l' instituzione  del  suo 
Sacramento  ,  né  che  parole  tanto  semplici  fossero 
capaci  di  figure  tanto  violente  ,  o  potessero  aver 
altro  senio,  che  quello,  il  quale  naturalmente  era 
entrato  nel!'  animo  di  tutti  i  popoli  Cristiani  in 
oriente  e  in  occidente  ,  senz'esserne  distornati  né 
dall'altezza  del  misterio  ,  né  dalle  sottigliezze  di 
Berengario,  e  di  Vicleffo . 
T        .         II.  Vi  volle  tuttavia  Lutero  mescolare  qualche  cosa 

La    DIUt  4-  ' 

zionediso- (Jef  guo  .  Tutti  coloto,    che  sino  ad  esso  avevano  o 

srinza    im- 
pugnata da  bene  o  male  spiegate  le  parole  di  Gesucristo,  ave- 

L'.itero  ,    e 

la  sua  tota  vano  confessato  ,    che    operassero    qualche    sorta  di 

maniera  di  .  ,  .      ,       .  ,  .... 

spiegare  la  mutazione  ne  sacri  doni  .    Coloro,  i  quali  volevano 

Realità.  ■        •■  •    r  •       r  »• 

che  il  corpo  non  vi  tosse  se  non  in  ngura,  diceva* 
no  ,  che  le  parole  di  nostro  Signore  producevano  una 
mutazion  puramente  mistica  ,  e  che  il  pane  consa- 
crato diventava  il  segno  del  corpo  .  Per  l'opposta 
ragione  coloro,  che  difesero  i!  senso  letterale,  con 
una  real  presenza  posero  parimente  una  mutazio- 
ne effettiva  .  Erasi  perciò  la  Realità  naturalmente 
insinuata  in  tutti  gli  animi  colla  mutazion  di  so- 
stanza : 


L  I   B    R  O       I  I.  49 

sratiza  ;  e  tutte  le  chiese  Cristiane  erano  entrate 
in  un  sentimento  sì  retto  e  sì  semplice  ,  malgrado 
le  opposizioRi,  che  vi  erano  formate  da' sensi.  Ma 
Lutero  non  si  arrestò  a  questa  regola:  credo ^  dice 
egli,  con  P'ìcleffo,  che  resti  il  pane  y  e  eredo  coi  So-  vecaftivì- 
fistì  (così  denominava  i  nostri  Teologhi  )  che  vi  sta -'^f"'^^^' 
il  corpo  .  In  più  maniere  spiegava  la  sua  dottrina, 
ed  erano  le  sue  maniere  per  la  maggior  parte  assai 
rozze  .  Ora  diceva  ,  che  il  corpo  è  col  pane  ,  co- 
me il  fuoco  è  col  ferro  arroventato.  Alle  volte ag- 
giugneva  a  queste  espressioni ,  che  il  corpo  era  nel 
pane,  6  sotto  il  pane  ,  come  nella  botte,  e  sotto 
la  botte  è  il  vino  .  A  cagione  di  ciò  sono  nella 
Setta  sì  flimose  queste  proposizioni ,  in,  sitb ,  cum\ 
le  quali  esprimonoj  che  il  corpo  è  nel  pane,  sotto 
il  pane,  e  col  pane  .  Ma  ben  conosceva  Lutero  , 
che  queste  parole  ,  questo  e  il  mio  corpo  ,  doman- 
davano qualche  cosa  di  più  del  mettere  il  corpo 
dentro  il  pane,  o  col  pane,  o  sotto  il  panej  e  per 
ispiegare  questue ,  si  credette  obbligato  a  dire,  che 
le  parole  ,  questo  e  il  mio  corpo  ,  vogliono  dire  , 
questo  pane  è  il  mio  corpo  sostanzialmente  e  pro- 
priamente ^  cosa  inaudita,  e  Imbarazzata  da  invin- 
eiblli  difficoltà,  ^  ' 

■   III.  Tuttavia,    per  superarle,    alcuni  discepoli  dìL'impana- 

T  L       -1  r  M  J-   2'on«= -tabi' 

Lutero  sostennero,  che  il  pane  era  tatto  u  corpo  di  iita  da  ai- 
nostro  Signore,  e  il  vino  suo  sangue  prezioso,  co-  ra;u  ,e  li- 
nie  il  Verbo  divino  si  è  fatt'uomo:  di  modo  che  ,  1^, 
secondo  il  loro  sentimento,  facevasi  nell'Eucaristia 
una  vera  Impanazione,  come  si  era  fatta  una  vera 
Incarnazione  nelìe  viscere  della  Vergine  santa  ,  Que- 
-  Bossuet  Opere  T.  I.  D  sta 


tsfO  , 


5o  Variazioni 

sta  opinione  ch'era  uscita  alla  luce  sino  da' tempi 
di  Berengario  ,  tu  rinnovata  da  Osiandro,  uno  de* 
principali  fra  i  Luterani.  Ella  non  potè  mai  entra- 
re nella  mente  degli  uomini  .  Vide  ognuno  3  che 
aiunchè  il  pane  fosse  il  corpo  di  nostro  Signore , 
e  il  vino  fosse  il  suo  sangue  j  come  il  Verbo  divi- 
no è  uomo  con  quella  specie  d'unione,  che  da' Teo- 
logi è  detta  personale  ,  ovvero  ipostatìca  ,  sarebbe 
necessario  ,  che  siccome  V  uomo  è  la  persona  ,  il 
corpo  fosse  parimente  la  persona  ,  e  così  il  san- 
aci il  che  distrugge  i  principi  del  discorso,  e  del 
iinguaggio  .  Il  corpo  umano  è  una  parte  della  per- 
sona ,  ma  non  è  Li  stessa  persona  j  né  il  tutto ,  0 
come  si  dice  »  il  supposto  .  Il  sangue  Io  è  anche 
meno,  e  non  è  questo  in  conto  alcuno  il  caso,  in 
cui  l'union  personale  possa  aver  luogo.  Queste  co- 
se s'intendono  meglio  di  quello  che  metodicamente 
si  spieghino.  Tutti  non  sanno  mettere  in  uso  il  ter- 
mine d'unione  ipostatica  :  ma  quando  sia  un  poco 
spiegata  ,  tutti  giungono  ad  intendere  a  che  ella 
convenir  possa.  Così  Osiandro  fu  solo  nel  sostenere 
ia  sua  Impanazione,  e  la  sua  Invinazione  .  Fu  ia- 
i.fd.  /;&.  sciato  dir  quanto  volle,  questo  pane  è  Dìo  y  perch'ei 
^"''^"  giunse  a  questo  eccesso.  Ma  un  opinione  sì  strava- 
gante non  ebbe  neppur  bisogno  di  essere  confutata  : 
cadde  da  sestessa  a  cagione  di  sua  propria  assurdi- 
tà, e  da  Lutero  non  tu  approvata  „ 

Pure,  quanto  questi  diceva,  vi  conJuceva  per  li- 
nea retta.  Nonsapevasi  come  concepire, 'che  iipa- 
■     lìe  restando  pane,   fosse  nello  stesso  tempo,  com' 
egli  lo  affermava,  il  vero  coipo  di  nostro  Signore ^ 

senz* 


L  I  B  R  o     IL  51 

sei'z' ammettere  fra  il  pane  ,  e  il  corpo  l'unione 
ipostatica,  ch'era  da  luì  rigettata  .  Ma  in  fine  re- 
stò costante  nel  rigettarla,  e  nell' unire  tuttavia  le 
due  sostanze,  sino  a  dire,  che  1' una  era  l'altra. 

IV.  Parlò  tuttavia  con  dubbio  della  mutazion  di  variizi»- 
soscanza  ;  ed  ancorché  preferisse  l'opinione ,  che  ri-  ^^  fòpiTu 
tiene  il  pane  ^  a  quella  ,  che  lo  cambia  in  corpo,  J'^'^j'^^'^'J'"- 
l'affare  gli  parve  di  poco  momento.    Termetto ,  di-  ,    ^^'"'",*. 

^       ^  ^  inaudita  di 

ce,  /'ufia  e  tahrii  opinione ,  toko  solamente  lo  scru-  decidere 

,  ,  della  Feoe, 

polo  .    Ecco    la  maniera  con    cui    decideva  il  nuovo 
Papa  :  la  Transustanziazione ,  e  la  Consustanziazio-  sab^i.  rlì\ 
ne  gli  sembravano  indifferenti .  In  altro  luogo,  men- 
tre gli  era  rimproverato  ,   eh'  ei  facesse  restare  il  •  ^ 
pane  nell'Eucaristia,  ei  confessa  il  suo  sentimento  ; 
ina  ,  soggiugne  :  non  condanno  V  altra  opinione  :  dico      jf„p.  ad 
solo ,  che  non  è  articolo  di  fede .  Ma  passò  ben  pre-  ^,'^^^"  ^-^fj^ 
sto  più  avanti  nella  risposta,   eh' ei  diede  ad  Arri- 
go Vlir.  re   d'Inghilterra.  Io  aveva  insegnato,  die' 
egli,  non  esser  cosa  importante  ^   che  il  pane  restas-  ccntr.Rcg, 
se ,  0  non  restasse  nel  sacramento  \   ma   ora   transu-    "^  "    '^' 
stanzio  la  mia  opinione ^  e  dico,  eh' è  una  empietà, 
€  una  bestemmia   il  dire  che  il  pane   è   transustan- 
ziato'.,    e  spigne  sino  all'anatema  la  condannazione, 
E'  memorabile  il  motivo,    che  assegna  al  suo  cam- 
biamento .    Ecco    quanto  ne  scrive  nel  suo    libro  a' 
Valdesi  .    £°  vero  :    credo  sia  errore  il  dire,   che  il 
pane  non  restì  ,   ancorché   1'  errore   sia   stato  da  me 
riputato  dì  poca  importanza  \    ora  però  ,  giacchi  sia- 
mo premuti  con  forza  rinfacciandoci  il  ricevere  quest^ 
errore  senza  r autsrìta  della  Scrittura-  a  dispetto  de" 
Vapisti  voglio  credere ,  che  restino  il  pane  ,  e  il  vi- 


5t  V  A    R   1  A   2:  1  O   K   I 

Ko  :  ed  ecco  clò^  che  trasse  a  Cattolici  l'anatema 
di  Lutero.  Tali  furono  i  suoi  sentimenti  nell'anno 
1523,  Vedremo  se  poi  vi  sarà  costante,  e  sarà  be- 
ne in  questo  luogo  far  riflessione  ad  una  lettera 
Hctfir.,  prodotta  da  Ospiniano,  nella  quale  Melantone  accu- 
sa il  suo  maestro  di  aver  concessa  la  Transustan- 
ziazione a  certe  chiese  d'Italia  ,  alle  quali  aveva 
scritto  di  questa  materia  .  La  lettera  è  dell'anno 
1543.  dodici  anni  dopo  la  sua  risposta  al  re  d'In- 
ghilterra. 

Strsvagaa,      V.  Nel  rimanente  si  lascìò  trasportare  dall'ira  con- 
ti trasporti  _    .       .  1       •    1  1        •    t 

d*  in    ne'  tro  questo  Prmcipe  con  vai  violenza  ,   che  i  Lute- 

Libri     con-  .  •..,,,  -  .  .  _ 

tro  Arrigo  rani  medesimi  n  ebbero  rossore.  In  ogni  pagma  non 
d'^inghii!  iscorgevansi,  che  ingiurie  atroci,  e  mentite  oltrag- 
""*•  giose  ;  era  un  pazzo ,  un  insensato,  il  più  rozzo  fra 
tutti  i  porci i  e  fra  tutti  gli  asini  •  Alle  volte  apo- 
strofava ad  esso  d'una  terribile  maniera:  comincia- 
te  voi  ad  arrossirvi ,  o  irrigo,  non  più  re y  ma  sa- 
flURìfem.  rn/^^o  .''  Melantone  suo  caro  discepolo  non  osava 
riprenderlo,  e  non  sapeva  come  scusarlo.  Restava- 
no anche  scandalezzati  i  suoi  discepoli  del  disprez- 
zo oltraggioso,  col  quale  trattava  quanto  di  più  gran-, 
de  aveva  l'universo  ,  e  della  maniera  capricciosa, 
con  cui  decideva  sopra  la  materia  de' dogmi.  Dire 
in  una  maniera,  e  poi  ad  un  tratto  dire  nell'altra, 
solo  in  odio  de' Papisti,  era  un  abusarsi  troppo  chia- 
ramente dell'autorità,  che  gli  era  data,  ed  un  in- 
sultar ,  per  così  dire  ,  alla  credulità  del  genere 
umano  .  Ma  si  era  reso  superiore  in  tutto  il  suo 
partito  ,  ed  era  necessario  l'approvare  quanto  di- 
ceva. 

VI. 


L  1  B  R  o     I  Io  55 

VI.  Erasmo  stupito  di  un  trasporto  d'ira,  che  inva-    Letteta  di 
no  aveva  procurato  di  moderare  co'suoi  avvisi,   ns  Melai, tone 

•  r  1  •       •  n  it    1  •  soprai   tra- 

manitesta  tutte  le  cagioni  a  Melantone  suo  amico,  spiti  d'ira 
Quello  che  pia  mi  dispiace  in  Lutero,  e ,  '^ice  egli,  '^'  ^"^"^^  • 
che  quanto  da  esso  prendesi  a  sostenere  ,   viene    da  Ei/^sm.  nb. 

.     ,  .  ,  <-.   Ef.    5.    i  d 

esso  portato  ali  estremità  ,  e  persino  all'eccesso,  tAv-  Luth.Ub.,^. 
.  ,        .  .      .  ....  .,  Ep.  1.   &i-, 

vinato  de  SUOI  eccessi ,  in  vece  di  mitigare  il  suo  ar- 
dore j  va  ancora  più  avanti ,  e  sembra  non  aver  al- 
tra intenzione ,  che  di  passare  ad  eccessi  anche  mag- 
giori.  Conosco  i  soggiugney  il st;o  umore  da' suoi  scrit-  ^J-  ^'^-  '*• 

_  j         <-.o      o        j  ff.    }.  ad 

ti  j  e  tanto  lo  conosco  ,  quanto  potrei  conoscerlo  ,  se  Mda;,ft. 
c»n  esso  lui  io  vivessi .  E'  uno  spirito  ardente  e  im- 
petuoso. Fé  desi  dappertutto  un  ^Achille ,  di  cui  e  in- 
vincibile la  collera  .  "b^on  vi  sono  ignoti  gli  artificj  \ 
del  nemico  del  genere  umano  .  ^ggiugnete  a  tutto 
ciò  un  successo  si  grande  ,  un  favore  sì  manifesto , 
un  applauso  sì  comune  dì  tutto  il  teatro  :  vi  è  f'^n- 
damento  sujjrciente  per  guastare  un  animo  modera- 
to.  Bench'Erasmo  non  abbia  mai  lasciata  la  coiiui- 
Tsion  della  chiesa  ,  ha  sempre  conservato  fralle  di- 
spute di  religione  un  carattere  parricolarcj  il  qua- 
le ha  spinti  i  Protestanti  a  prestargli  molta  creden- 
za ne'  fatti,  de' quali  ha  resa  testimonianza  .  Per 
altro  egli  è  troppo  certo  ,  che  Lutero  gonfio  del 
successo  non  isperato  della  sua  impresa  e  della  vit- 
toria, ch'el  credeva  aver  riportata  contro  la  pode- 
stà Romana,  non  osservava  più  alcuna  misura. 

VILE'  cosa  stravagante  l'aver  preso  ,  com'ei  fece      Divisio- 
ne fia  i 

insieme  con  tutti  i  suoi  ,  il  numero  prodigioso  dei  Pretesi  e- 

•     e  •  I  \-     r  1  vangelici  : 

suoi  òettarj  ,    qual    contrassegno    di  favore  divino  ;  Cariostadio 
senza  ricordarsi,  che  s.  Paolo  detto  avea  degli  Ere-  ilite'fó'!  e 

D     3  tici , 


54  Variazioni 

,.t:.'».2.i7.  tici,  e  de' Seduttori,  che  il  loro  discorso  va  serpén-^ 
do  a  guisa  di  cancrena  ,    e  fanno  progressi  nel  ma- 
il/. 1.  lì.     l^  y  errando,  e  gettando  gli  altri  nell'errore .  Ma  lo 
stesso  s.  Paolo  parimente  ha  detto  ,  che  ha  termini 
Ih.  vtrt.  9.  ti  loro  progresso  .    Le    infelici    conquiste  di  Lutero 
furono  ritardate  dalla  divisione,  ch'entrò  nella  nuo- 
r erudì. dt  va  riforma  .    E'  gran  tempo  eh' è  stato  detto,  che 
Efst.ded\c.  1  discepoli  de   Novatori  si  credono  aver  ragione  d 
'^d'clrUit'.  introdurre    le    novità   seguendo   l'esempio    del  loro 
maestro:  i  Capi  de' ribelli  trovano  de'ribelli  quant' 
eglino  temerari  \  e  per  dire  semplicemente  il  fatto 
senza  moralizzar  di  vantaggio,  Carlostadio,  che  da 
Lutero  era  stato  tanto  lodato,  tuttoché  indegno  ne 
fosse  ,    e  lo  aveva  denominato    suo  venerabile  pre- 
cettore in  Gesucristo,  trovossi  in  istato  di  opporsi 
ad  esso.  Lutero  aveva  combattuta  la  mutazione  di 
sostanza  nell'Eucaristia  ;   Carlostadio    combattè   la 
realità,  che  Lutero  non  aveva  creduto  poter  com.- 
battere, 

Carlostadio,    se  prestiamo  fede  a' Luterani  ,   era 
un  uomo  brutale,  ignorante,  artificioso  però  e  tur- 
bolento ,    senza  pietà,  senza  umanità,    e  piuttosto 
Ebreo,    che  Cristiano  ,    Tanto  ne  ha  detto  Melan- 
,.,,.,_     tone  ,  uomo  moderato  e  naturalmente  sincero.   Ma, 
«tam.  Pr^f.  senz'allegare  ì  Luterani  in  ispezialità,    i  suoi  ami- 

ad  tTid. 

Mjttn.       ci ,  e  i  suoi  nemici  sono  concordi  nel  dire  ,    ch'ei 
fosse  fra  tutti  gli  uomini  il  più  inquieto  non  meno 
che  il  più  impertinente.  Non  è  necessaria  altra  pro- 
va di  sua  ignoranza,  chela  spiegazione  da  esso  da- 
Zu'iKgi.Ep,  ta  alle  parole  dell' istituzion  della  cena  ,   sostenen- 
X'i^r^ '"     ^^  che  Gesucristo  con  queste  parole  :    questo   é    il 

mìo 


Libro     II.  "55 

mìo  corpo  ,   senz'  alcuna    relazione  a  quanto  ei  da- 
va ,    volesse  solamente    mostrar  scstcsso  assiso  alla 
mensa,    com'egli  era,  co' suoi  discepoli  :    immagl-    n.  i-.h.  dg 
nazione  tanto  ridicola  ,  che  si  dura  fatica  a  crede-  reiicr.  ^[7/. 
re  ,   che    abbia    potuto    entrare    nella  mente  di  un  ^'"^'*  ^* 
uomo. 

Vili.  Prima  ch'egli  avesse  partorita  questa  iater-    Oiieine 
pretazione  mostruosa,  tra   Lutero    e  luì  erano  pas- '*'^''\. ■-"?"- 

*^  '  ^  tc:<:e  d»  Lu- 

sati  dei  grandi  contrasti  >    Nell'anno    1521.  mentre  »"".  <-'  ài 

Carlosta- 

Lutero  stava  nascosto  per  timore  di  Carlo  V,  che  Iodio:iuper- 

I    1  I       T  •    I  bia  di  Lii- 

aveva  posto  nel  bando  Imperiale  3  Carlostadio  ave- tero . 
va  atterrate  le  immagini,  tolta  l'elevazione  del  .«an- 
to  Sacramento,  ed  anche  le  messe  basse,  e  rista- 
bilita la  comunione  sotto  le  due  specie  nella  chie- 
sa di  Vittemberga,  nella  quale  aveva  avuto  princi- 
pio il  Luteranismo .  Lutero  non  tanto  disapprovava 
questi  cambiamenti ,  quanto  Ji  giudicava  fatti  fuor  di 
tempo,  e  per  altro  poco  necessar).  Ma  ciò  che  Io 
punse  sul  vìvo,  com'egli  a  sufficienza  Io  attesta  in 
una  lettera,  ch'ei  scrisse  in  questa  materia,  fu  che 
Carlostadio  avesse  disprezzata  la  sua.  autorità  ,  s 
avesse  voluto  farsi  nuovo  dottore  .  I  sermoni  fatti 
da  esso  in  quest'  occasione  sono  da  mettersi  sotto 
il  riflesso  :  perchè  ,  senza  nominarvi  Carlostadio, 
rimproverava  ^gli  autori  di  queste  imprese  1'  aver 
operato  senza  missione ,  come  se  la  sua  fosse  stata 
assai  meglio  stabilita.  Li  difenderei,  diceva, /^ri/-  Ep.  Liti-. 
mente  appresso  ilVapa,  ma  non  so  come  g:us tipe ar-  Cv.stoi. 
li  appresso  il  diavolo,  allorché  lo  spirito  malvagio ,  ^ufd'ch':- 
in  punto  di  morte  ,  opporrà  loro  le  parole  della  Scrit- 
tura :    Ogni  pianta,    che  non  sarà  stata  piantata  da  ' 

D     4-  mio 


itiano    fr.x.- 
starid'.-.rr,  .- 


/ 


56  Variazioni 

mio  Padre,  sarà  sradicata;  e  quesf  altre  :  Correvs- 
no,  ed  io  non  gli  aveva  mandati.  Che  risponderan- 
no allora^  saranno  precipitati  ne  IP  inferno  > 

IX.  Ecco  quanto  diceva  Lutero  ,  mentr' era  ancora 
Scniipne  di 
Lutero, nel  nascosto  .  Ma  in  uscire  di  Patmos  (cosi  denomina- 

quale  ii>  o-  .    .  .       - 

diodi  Car- va  il  luogo  di  SUO  ntiramento  ;  tece  un  altro  Ser- 
di  coloro  rnone  nella  chiesa  di  Vittemberga  .  In  esso  prese 
5uivano,"fÒ  *  pfovarc  ,  che  non  era  necessario  servirsi  delle 
ruh\'^i'^s?'^e  "^^"^  ,  ma  della  soia  parola  per  fermare  gli  abusi. 
dir.stabii- £^  P^YoLxy   diccva,    mcntrc  io  tranquillamente  dof- 

re  la  NU'ssa.  i  '  '  J- 

Sua  strava-  nìiva  6  bevcva  la   mia  birra  col  caro  mio  Melanto- 

gaii2a  nei 

vantarsi  di  ne  s  con  ,Amsdorfio  3  ha  di  tal  maniera  scosso  il  Ta- 
sua  pode.  .  ,         .      . 

sta.  poto  ,   che  mai  non  ha  fatto  altrettanto  ne  Principe 

ne  Imp^radore  .   S'io  avessi  voluto,  seguiva, /^r  le 

ecse  con  tumulto  ,   tutta  r  ^Ale magna  nuoterebbe  ntl 

sangue  ,    ed  allorch'era  in  Vormazia  ,    avrei  potuto 

mettere  in  tale  stato  gli  affari ,  che  Flmperadore  non 

Sermo  do- vì  sarcbbc  stato  in  sicuro.    Tanto  non  avevamo  ve- 
ce?;*, at^jf.»    ,  ,,  ••»,•!  1  1 

non  man,,  duto  nelle  storie  .  Ma  il  popolo  prevenuto  una  vol- 
■vtrho  Ix-  ta,  tutto  credeva;  e  Lutero  tanto  conosceva  di  es- 
i7jT.  «tiV.  5erne  il  padrone  ,  che  osò  dire  in  piena  audienza  : 
Is^f/  riman^Kte  ,  se  pretendete  continuare  a  far  le 
cose  con  queste  comuni  deliberazioni ,  mi  riderò,  sen- 
za esitare  ,  di  quanto  ho  scritto ,  o  insegnato  :  ne  fa- 
rò la  mia  ritrattazione  3  e  vi  lascierò.  Tenetelo  per 
detto  a  voi  una  volta  davvero  ;  e  dopo  tutto  ciò , 
che  mal  non  vi  farà  la  messa  papale}  Si  crede  so- 
gnare quando  sì  leggono  queste  cose  negli  scritti  di 
Lutero  impressi  in  Vittemberga  :  ritornasi  a  prin- 
cipiare il  volume,  per  vedere  se  ben  si  ha  letto, 
e  sì  dice  fra  se:  qual  è  questo  nuovo  vangelo?  Un 

tal 


L    2  B    R   O       IT.  ?> 

t^.l    uomo    ha    potuto   essere   stimato    riformatore? 
Nfon  si  uscirà  mai  d'inganno?  E'  cosa  dunque  tanto 
diffìcile  all'uomo  il  confessare  il  suo  errore? 
X.Carlostadio  dal  canto  suo  non  istette  In  riposo  ,^"»"»  de- 

'cidc  delle 

e  stimolato  con  tanto  ardore    si  pose  a  con"ib?ttere  ose  niag- 

1  •  1    11  1  sfiori   per 

la  dottrina  della  presenza  reale,    tanto  per  assalire  dspetto. 
Lutero,  quanto  per  altro  motivo,  Lutero  parimen-ne,  le  d'uà 
te  5   benché  avesse  pensato  di  togliere    l' elevazione  *^^"'^  " 
dell'ostia,   la  ritenne  in  odio  di  Carkstadio  ,    com' 
e^Ii  stesso  lo  manifesta,  e  perche ^   segue  egli  stes-  ^"'b  f'"''' 
SO ,  f7on  paresse ,   che  il  diavolo  ci  avesse  ìnssfnata  ^«P'»- 

^  "  far.  2, 

qualche  cosa . 

Non  parlò  con  moderazione  maggiore  della  co- 
munione sotto  le  due  specie,  che  dallo  stesso  Car- 
losradio  era  stata  rist.ibiiita  di  suz  privata  autori- 
tà .  Lutero  la  teneva  allora  per  assai  indifferente. 
Nella  lettera  ,  ch'ei  scrisse  sopra  la  Riformazione 
di  Carlostadio  5  gli  rimprovera  d'avere  posto  ilCri-  r.;,?.  g^ì 
stianesimo  àn  queste  cose  da  njente ^  nel  comunicarsi  ^^'./il' 
sotto  le  due  specie  ,  72el  prendere  il  sacramento  in 
mano  :,  nel  togliere  la  confessione ,  e  nel  bruciare  le 
immagini.  Ed  anche  nell'anno  1523.  disse  nella  for- 
mula della  messa:  Se  un  concilio  ordinasse  ^  0  per- ^'"''^'^^'"' 
mettesse  le  due  specie  ,  in  odio  del  concilio  non  ne 
prenderemmo  che  una ,  0  non  prenderemmo  né  runa 
ne  l'altra,  e  malediremmo  coloro  ,  che  prendessero 
le  due  specie  in  virtù  di  quel  decreto.  Ecco  quanto 
dcnomìnavasi  libertà  cristiana  nella  nuova  riforma: 
tal  era  la  modestia,  e  l'umiltà  de' nuovi  Cristiani, 

XL  Carlostadio  cacciato  di  Vittemberga  fu  costret-     Di  qiui 

....  ,  .      V      ,  nianiera   fu 

to  ritirarsi  in  Orlemonda,  citta  di  Turingia  ,  dipen- dichiarata 

dente 


55  Variazioni 

la  guerra    dentc  dall' c'ettor  di  Sassonia.    In  que'  tempi  tutta 

fri  Lutero  , 

e  Cariosta- r  Alernagna    era    sottosopra  .    I    contadini    ribellati 

dio  .  . 

contro  1  loro  signori  avevano  prese  l'armi,  ed  im- 
ploravano il  soccorso  di  Lutero  .  Oltre  il  seguir 
eglino  la  di  lui  dottrina  ,  pretendevasi  che  il  suo 
libro  della  Libertà  Cristiana  non  avesse  poco  con- 
tribuito ad  ispirar  loro  la  ribellione  colla  maniera 
ardita,  jdi  cui  vi  parlava,  contro  ì  legislatori  e  con- 
De  lihertd- f'^o  ^^  ^^i^' '  Pcrchè ,  quautunquc  ei  si  salvasse,  di- 
''^^'p^'^"*"  cendo  ch'ei  non  intendeva  parlare  de' magistrati , 
né  delle  leggi  civili  ,  era  tuttavia  vero,  ch'ei  me- 
scolava i  potentati  co*  vescovi  e  col  Papa  \  e  il  pro- 
nunziare generalmente,  come  faceva  ,  che  il  Cri- 
stiano non  era  soggetto  ad  alcun  uomo,  stante  l'in- 
terpretazione, era  un  nudrire  lo  spirito  d'indipen- 
denza ne'  popoli  ,  ed  un  somministrare  motivi  pe- 
ricolosi a' loro  direttori.  Oltre  che  il  disprezzar  le 
potenze  sostenute  dalla  maestà  della  religione,  era 
anche  un  mezzo  per  render  deboli  l'altre.  Gli  Ana- 
battisti ,  altro  rampollo  della  dottrina  di  Lutero  , 
perchè  non  si  eran  formati  ,  che  col  portare  all' 
estremità  le  dì  lui  massime,  entravano  a  parte  nei 
tumulto  de'contadini ,  e  cominciavano  a  volgere  le 
loro  inspirazioni  sacrileghe  io  una  ribcllion  manife- 
Shid  lih.i.^^^  '  Carlostadio  venne  a  cadere  in  queste  novinàj 
*7'  per  lo  meno  Lutero  ne  lo  accasa;    ed  è  vero,  che 

aveva  una  grand'unione  cogli  Anabattisti,  sclaman- 
do di  continuo  con  esso  loro  tanto  contro  l'Eletto» 
re,  quanto  contro  Lutero  ,  che  da  esso  era  deno- 
minato un  adulatore  del  Papa,  a  cagione  principal- 
mente  di   qualche   residuo   da    lui  conservato  della 

messa. 


Libro     H.  ff 

messa,  e  della  presenza  reale:  perchè  il  tutto  crstr» 
sisteva  nel  gareggiare  a  chi  più  fra  essi  avesse  bia- 
simata la  chiesa  Romana  ,  e  più  si  fosse  allontana- 
to dai  di  lei  dogmi.  Queste  contese  avevano  ecci- 
tati gran  movimenti  In  Orlemonda  .  Lutero  vi  fu 
mandato  dal  Principe  per  acquietare  il  popolo  sol- 
levato.  Nel  suo  viaggio  predicò  in  Jena  alla  presen- 
za di  Carlostadio  ,  e  non  lasciò  di  trattarlo  da  se- 
dizioso .  Questo  fu  il  principio  della  loro  dissensio- 
ne .  Ne  voglio  qui  raccontare  la  memorabile  sto- 
ria ,  come  si  trova  frall'onere  di  Lutero,  com'  è  f"*^-  ^-^ 
confessata  da'  Luterani  ,    come    1*  hanno  riferita  gli  ''••^'*-  J"'iic. 

n.  n9. 

Storici  Protestanti  .  Uscito  dal  sermoa  di  Lutero  nosptn.  2. 
Carlostadio  andò  a  visitarlo  all'Orsa  nera,  dov  egli  i$i^. 
era  alloggiato,  luogo  considerabile  in  questa  storia 
per  aver  dato  il  principio  alla  guerra  Sacramenta- 
ria fra  i  capi  della  nuova  riforma  .  Ivi,  fra  molti 
altri  discorsi  ,  e  dopo  essersi  scusato  meglio,  che 
potè,  sopra  la  sedizione,  CJarlostadio  dichiarò  a  Lu- 
tero, ch'ei  non  poteva  soffrire  la  sua  opinione  del- 
la presenza  reale.  Lutero  con  un'aria  sdegnosa  lo 
sfidò  a  scrivere  contro  di  se  ,  e  gli  promise  un  fio- 
rin  d'oro,  se  posto  si  fosse  all'impresa  .  Trasse  il 
fiorino  della  saccoccia  ,  Carlostadio  Io  pose  nella  sua  . 
Si  toccarono  la  mano  ,  promettendosi  vicendevol- 
mente di  farsi  una  guerra.  Lutero  beve  alla  salute 
di  Carlostadio,  e  della  bell'opera,  ch'era  per  met- 
ter in  luce.  Carlostadio  fece  altrettanto,  e  beve  il 
bicchier  pieno  \  così  la  guerra  fu  dichiarata  all'uso 
del  paese  il  dì  rz,  di  agosto  l'anno  1514.  L'addio 
de' combattenti  fu  memorabile,  Voss'io  vederti  so- 
♦  •  .V  pra 


^o  Variazioni 

pra  la  ruota,  disse  Carlostadio  a  Lucerò:  Tu  tìpof- 

sa  rompe/e  il  collo,  risposeèli  Lutero,  prima  dì  usci' 

EfUt.Luth  re  della  citta»  L'entrata  non  era  stata  men  aggra- 
da   JntUt,      ,  ,  „  1.^1  1.  ir 

r.  r.  devole.  Per  opera  di  Carlostadio,  entrando  Lutero 

in  Oltremonda  ,  fu  ricevuto  a  sassate  ,    e  quasi  co- 

psrto  dì  fango  .    Ecco    il    nuovo  vangelo  i    ecco  gli 

atti  de' nuovi  apostoli. 

Le  guerre      XIL  Poco  dopo  seguirouo  più  Sanguinose ,  ma  forse 

degli  Alia-  .  ,  .       ,  ,  1-         T  1-    •  I 

battisti,  e  non  pia  pericolose  battaglie  .  I  contadini  tumultuanti 

quelle  de'       .  ,  .  .  , .  m         /"!•    a 

Contadini  SI  erano  adunati  ni  numero  di  quarantamila.  GliAna- 
^^Pa^^J'cii' battisti  presero  l'armi  con  inaudito  furore.  Lutero 
n)'''i^ii  quc^r '^"^^'■P^''^^°  da' contadini ,    atfinchè  pronunziasse  so- 

ste  solleva-  pj-^  |g  pretensioni  die  avevano  Contro  i  lor  signo- 
2iom  .  ^  ^ 

ri,  rappresentò  un  personaggio  stravagante.  Da  uni 
parte  scrisse  a'  contadini,  che  Iddio  vietava  la  se- 
dizione. Dall'altra  parte  scrisse  a' signori ,  eh*  cgli- 
suid.ui/.i.  no  esercitavano  una  tirannia  ,  chi  i  popoli  non  pò- 
tevano ,  ne  volevano ,  n?  dovevano  più  soffrire  .  Re- 
sticuiva  con  quest'ultima  parola  alla  sedizione  l'ar- 
mi, che  pareva  aver  ad  essa  levate.  La  terza  let- 
tera ,  eh' ei  scrisse  in  comune  all'uno  e  all'altro 
partito,  ad  amendue  dava  il  torto,  e  loro  denun- 
ciava terribili  giudicj  di  Dio  ,  se  amichcv-olmcnte 
non  venivano  ad  un  accordo.  Qui  era  biasimata  la 
sua  facilità:  poco  dopo  ebbesi  ragione  di  rinfacciar- 
gli una  insoffribile  durezza.  Pubblicò  la  quarta  let- 
tera, nella  quale  stimolava  i  Principi  poderosamen- 
te armati  ,  ad,  esterminare  senza  misericordia  quei 
miserabili  ,  i  quali  non  avevano  fatto  profitto  dei 
suoi  avvertimenti,  ed  a  non  perdonare  se  non  a  co- 
loro ,  che  volontariamente  fi  fossero  resi  :   come  se 

un 


L    I   B    R   O       II.  «I 

un  popolaccio  sedotto  e  vinto  non  fosse  un  oggetto 
degno  di  compassione  ,  e  fosse  necessario  il  trat- 
tarlo collo  stesso  rigore  con  cui  si  debbono  tratta- 
re i  capi,  che  l'hanno  ingannato  .  Ma  Lutero  così 
voleva  ;  e  allorcliè  vide  essere  condannato  un  sen- 
timento tanto  crudele  ,  incapace  di  confessare  il 
torto  ,  che  aveva  ,  fece  ancora  un  libro  a  posta  , 
per  provare  che  in  fatti  non  sì  doveva  eivsre  mise- 
rìcordìa  alcuna  verso  i  ribelli,  né  perdonare  a  co-  J^ìd, 
loro,  che  dalla  moltitudine  erano  stati  strascinati  a 
forza  in  qualche  azione  sediziosa.  Si  videro  poi  quei 
famosi  combattimenti  ,  che  costarono  tanto  sangue 
all'Alemagna:  tale  n'era  lo  stato,  quando  la  dispu- 
ta Sacramentaria  vi  accese  un  nuovo  fuoco. 

XIII.  Carlostadio,  che  l'avea  mossa,  aveva  di  già     11  matr.'- 

1  •    <  Il  1  >  nionio  di 

introdotta  una  novità  stranamente  scandalosa  ,  perch  Lutero, eh' 
egli  i^x   il  primo  sacerdote  di  qualche  credito,  che  preceduto 
prendesse  moglie,  e  il  suo  esempio  produsse  effetti  drcàrio- 
stupendi  nell'ordine   sacerdotale  ,   e    nei    chiostri  ^"*d»0' 
Carlostadio  non  era  per  anche  in  discordia  con  Lu- 
tero .   Nello  stesso  partito  fu  posto  in  derisione  i! 
matrimonio  di  questo  vecchio  sacerdote  .    Ma  Lu- 
tero, che  aveva  desiderio  di  far  lo  stesso,  non  dis- 
se parola.    Erasl  innamorato  di  una  monaca  di  na- 
scita nobile,  e  di  una  rara  bellezza,  ch'egli  aveva 
tratta  dal  suo  monistero.  Una  delle  massime  della 
nuova  riforma  era  ,    che  i  voti  fossero  mia  pratica 
del  Giudaismo,  e  non  ve  ne  fosse  alcuno,    che  in- 
ducesse obbligazione  minore    di    quello    della  casti- 
tà. L'elettor  Federico  lasciava,    che  Lutero  dices- 
se queste  cose  ;    ma    non  avrebbe  notato' digerire  > 

ch'ei 


\ 


et  Variazioni 

ch'ei  ne  fosse  venuto  all'effetto.  Egli  non  aveva  jf 
che  del  disprezzo  verso  i  sacerdoti  e  i  religiosi  , 
clie  si  ammogliavano  in  prcgiudicio  de' canoni  e  di 
una  disciplina  in  tutti  i  secoli  venerati.  Cosi,  per 
non  iscemar  di  concetto  nell'aiìimo  di  quel  Princi- 
pe,' hi  necessario,'  ch'egli  avesse  pazienza  durante 
!a  di  lui  vita  ;  ma  fu  appena  morto  ,'  che  Lutero 
prese  la  sua  monaca  in  isposa  ,  Questo  maritaggio 
fu  fatto  l'anno  i525e  cioè  nel  bollore  delle  guerre 
civili  d'Alemagna,  e  mentre  le  dispute  Sacramen-" 
Varie  si  accendevano  con  violenza  maggiore»  Lute- 
ro aveva  allora  45^  anni;  e  quest'uomo 3  cfie  sotto 
la  disciplina  religiosa  aveva  passata  tutta  la  sua 
gioventù  senza  taccia  nella  continenza  j  in  una  età 
tanto  avanzata  s  e  in  tempo  j  in  cui  era  dato  a  tut- 
to r  universo  come  ii  ristauratore  del  vangelo  ^ 
non  si  arrossì  di  lasciare  uno  stato  di  vita  tanto 
perfetta  ,  e  rivolgersi  in  dietro , 
,  Sleidano  tocca  superficialmente  questo  fatto.  Zw- 

tÉìOi  dice  3  sposo  una  monaca,  e  con  questo  ha  da^ 
to  luogo  a  nuove  accuse  fatte  da'  suoi  avversar]  ,• 
che  lo  hanno  denominato  furioso  e  schiavo  di  sata- 
nasso «  Ma  eì  non  ci  dice  tutto  il  segreto  ;  e  gli 
avversar)  di  Lutero  non  furono  i  soli  ,  che  biasi- 
mailìno  il  suo  matrimonio.  Egli  stesso  se  ne  arros- 
si*^ i  suoi  più  ubbidienti  discepoli  ne  restarono  stor- 
diti i  e  noi  abbiamo  di  tutto  ciò  la  notizia  da  una- 
Lll.  4.  Éf..  lettera  curiosa   di    Melantone    al    dotto    Camerario 

2a.   11.  J«'. 

,jjj  SUO  intrinseco  amico. 

Lettera         XIV.  Ella  è  tutta  scritta  in  greco',  ed  è  questa  la 

meniorabi-  _  /-       1  i 

le  di  Me-  maniera,  onde  trattavano  ira  loro  le  cose  segrete r 

laji  tonfi    »  ^ , . 

Gì 


Libro     II,  65 

Gii  dice  dunque,  che   Lutero  ,    quando   meno  vi  j/ Camemio 

7       TI  /  Il      sopra  il  mai 

pensava,  sposata  aveva  la  Borea  ,  (era  codesta  la  trimoniodi 
monaca  di  cui  era  amante)  senza  far  motto  ad  ai'  "^'•^°* 
t:uno  de' suoi  amici:  ma  che  una  sera  dopo  aver  chia- 
mati a  cenar  secoTomerano,  (era  questi  il  Pastore  ) 
un  pittore  ,  ed  un  avvocato  3  fece  le  solite  cerimo- 
nie'^ che  recherà  stupore  il  vedere  3  che  in  un  tem^ 
pò  di  tante  sciagure  :,  in  cui  gli  uomini  dabbene  ave- 
vano tanto  a  soffrire ,  et  non  avesse  avuto  il  corag- 
gio di  aver  compassione  de'  loro  mali ^  e  si  fosse  fat- 
to vedere  prendersi  tanto  poca  cura  delle  disavven- 
ture, onde  erano  minacciati :,  lasciando  anche  inde- 
bolire il  suo  credito  in  tempo  ^  che  V^kmagna  ave-i 
va  maggior  bisogno  di  sua  autorità  e  di  sua  prti-^ 
denza  .  Racconta  poi  all' amico  le  cause  del  matrì- 
«lonio:  Dice  3  saper  a  sufficienza ^  che  Lutero  non  e 
nemico  dell'  umanità  ,  e  crede  eh'  ei  sìa  stato  impe^ 
gnato  nel  maritaggio  da  necessità  naturale:  che  non 
dee  dunque  recare  stupore  ,  che  la  magnanimità  di 
Lutero  siasi  lasciata  ammollire  ,  che  quella  maniera 
di  vita  è  bassa  e  eomuns ,  ma  santa  ;  e  che  soprat- 
tutto dalla  Scrittura  e  detto  onorevole  il  maritaggio  ; 
che  in  sostanza  in  ciò  non  e  alcun  delitto ,  e  se  vien 
rinfacciata  qualche  altra  cosa  a  Lutero  ,  è  manifesta 
calunnia.  Era  questo  Tessere  stata  fatta  correr vo-, 
ce,  che  la  monaca  fosse  gravida  e  vicina  al  parto ^ 
ciuando  fu  sposata  da  Lutero  ,  Il  che  trovossi  lon- 
tano dalia  verità.  Meiantone  aveva  dunque  la  veri-  ' 
cà  dalla  sua  per  giustificare  su  questo  punto  il  suo 
niaestro  ,  Dice],  che  quanto  si  può  biasimare  nella 
sua  azione  è  il  contrattempo  dì  aver  fatta  una  cosa 
..            ■                                                            sì 


64  Variazioni 

sì  poco  aspettata,  e  il  piacere,  eh' e  per  dare  a'suoi 
nemici ,  /*  quali  non  cercano  che  di  accusarlo  ;  nel 
rimanente  ch'egli  lo  vede  tutto  mesto  ,  e  turbato  a 
cagion  del  suo  cambiamento  ,  e  fa  quanto  può  per 
consolarlo  - 

Vedesi  a  sufìlicienzi  quanto  Lutero  si  fosse  arros- 
sito, e  si  trovasse  imbarazzato  a  cagion  di  suo  ma- 
trimonio, e  quanto  Melantone  ne  fosse  restato  sor- 
preso, non  ostante  il  rispetto,  che  aveva  per  esso. 
Ciò  ch'ei  soggiugne  sul  fine,  dà  parimente  a  cono- 
scere quanto  ei  credesse,  che  Camerario  ne  doves- 
se restare  stordito,  perchè  dice  averlo  voluto  pre- 
venire, temendo,  che  nel  desiderio  da  esso  nndrito, 
che  Lutero  sempre  renasse  senza  rimprovero  ,  e  la 
di  lui  gloria  senza  macchia  ,  non  si  lasciasse  troppo 
turbare  e  privar  di  coraggio  da  questa  nuova  stu- 
penda . 

Eglino  avevano  dapprima  considerato  Lutero  co- 
me uomo  superiore  a  putte  le  debolezze  comuni  , 
Quella,  ch'ei  fece  loro  vedere  nello  scandaloso  suo 
maritaggio,  li  fece  cader  nella  confusione.  Ma  Me- 
lantone consola  al  meglio,  ch'ei  può  e  l'amico,  e 
sestesso  sul  riflettere  ,  che  qui  forse  vi  è  qualche 
cosa  di  nascosto  e  divino  \  ch'egli  ha  contrassegni  certi 
della  pietà  di  Lutero  \  che  non  sarà  inutile  quandi^ 
loro  sopraggiunga  qualche  cosa  ,  che  gli  renda  umi- 
liati,  perch' e  pericoloso  in  estremo  l' essere  innalzati 
non  solo  in  ministri  di  cose  sacre ,  ma  eziandìo  so- 
pra tutti  gli  uomini;  che  i  maggior  santi  dell'anti- 
chità hanno  fatti  degli  errori  \  e  che  in  fine  si  dee 
imparare  ad  appigliarsi  alla  parola  di  Dio  a  cagion 

di 


L  I  B  II   o      1 1.  65 

dì  se  stessa  ,   e    non  a  cagion  del  merito  ài  coloro  , 
da' quali  è  predicata,  non  essendovi  cosa  più  ìngiU'  < 

sta  che  il   biasimar  la  dottrina  a  cagion   de'  difetti , 
ne' quali  vanno  a  cadere  i  dottori. 

La  massima,  fuor  d'ogni  dubbio,  è  buona  j  ina 
non  bisognava  dunque  far  tanto  fondamento  sopra  i 
difetti  personali  ,  né  tanto  fondarsi  sopra  Lutero 
da  essi  veduto  sì  debole,  benché  per  altro  fosse  sì 
audace*,  né  tanto  infine  vantarsi  della  riforma ,  co- 
me opera  maravigliosa  della  mano  di  Dio  ,  poiché 
il  principale  stromento  di  quest'opera  impareggia- 
bile era  un  uomo  non  solo  tanto  volgare  ,  ma  an- 
che tanto  violento. 

XV.  E'  facile  il  giudicare  dalla  congiuntura  delle      Not^bii» 

diniiiiMrio- 

cose ,  che  il  contrattempo  di  tanto  airanno  a  Melan- ne  deii'iu- 
tonc  ,  e  la  tormentosa  diminuzione  della  gloria  di  Lutero. 
Lutero  veduta  sopraggiugnere  in  tempo  ,  in  cui  se 
ne  aveva  maggior  bisogno,  risguardassero  per  veri- 
tà gli  orrìbili  sconvolgimenti,  che  costrignevano  Io 
stesso  Lutero  a  dire,  che  fosse  in  procinto  di  pe- 
rir l'Alemagna  :  ma  risguardavan' anche  più  la  di- 
sputa Sacramentaria  ,  a  cagion  della  quale  ben  co- 
nosceva  Melantone ,  che  l'autorità  del  suo  maestro 
stava  per  essere  indebolita  .  In  fatti  ,  Lutero  non  SUid.iib.T, 
era  creduto  innocente  de' torbidi  deli' Alemagna  , 
perchè  cominciati  da  genti,  che  avevano  seguito  il 
di  lui  vangelo,  e  si  mostravano  incitate  dai  di  lui 
scritti.  Oltre  di  che  abbiamo  veduto,  ch'egli  ave- 
va dapprima  tanto  lusingato  ,  quanto  rintuzzato  il 
furore  de'  contadini,  ch'erano  sollevati.  La  dispu- 
ta Sacramentaria  era  anche  considerata  come  frut- 
Bossuet  Oùcre  T,.  l.  E  to 


Si  Variazioni 

to  di  sua  dottrina  .  I  Cattolici  gli  rinfacciavano  ^ 
che  inspirando  tanto  disprezzo  contro  l'autorità  del- 
la chiesa,  e  scuotendone  questo  fondamento,  ave- 
va ridotto  tutto  in  quistioni .  Ecco,  dicevan*  egli- 
no, che  cos'è  r  aver  posta  la  decisione  in  mano 
de' privati,  e  l'aver  loro  fatta  credere  la  Scrittura 
sì  chiara  ,  che  per  intenderla  non  fosse  necessario 
se  non  il  leggerla  ,  senza  consultare  la  chiesa  ,  e 
I  antichità  .  Tutte  queste  cose  recavano  orribil  tor- 
mento a  Melantone:  egli  ch'era  naturalmente  por- 
tato a  prevedere,  vedeva  nascer  nella  riforma  una 
divisione  ,  che  nel  renderla  odiosa  era-  anche  per 
accendervi  una  irrecoticiliabil  guerra. 

Disputa  fr»      XVI.  Sopraggiunsero  nello  stesso  tempo  altre  co- 
Erasmo  e  "     "" 

Lutero   se-  ser,    che  lo  turbavano  In  estremo  .    Erasi  riscaldata 

pra  il  L:bc- 

loArbittio:  Ja  disputa    sopra    iì    libero    arbitrio    tra    Erasmo    e 
deplora  gli  Lutero  .    La   stima    di  Erasmo  era  grande  in  tutta 

eccelsi  di     ,  !  IV  •  •  t   • 

L'jtero.      I  Europa,  benché  avesse  in  ogni  parte  molti  nemi-» 

ci.  Nel  principio  delle  discensioni  Lutero  non  ave^ 

va  lasciata  cosa  alcuna    per  trarlo  nel  suo  partito  , 

e  gli  aveva  scritto  con  espressioni  di  rispetto,  che 

Ef.  Luth^zvcxzno  della  viltà.  Dapprima  Erasmo  io  favoriva'., 

Jid  Erasm.  .  ...  i         i  •  ^  i  . 

i>iter  £_  senza  voler  tuttavia  lasciare  la  chiesa.  Quando  vi- 
lìb.'^è,  }/'  <^e  manifestamente  dichiarato  lo  scisma  ,  si  allon- 
tanò affatto,  e  scrisse  contro  di  esso  con  molta  mo- 
derazione. Ma  Lutero,  in  vece  d'imitarlo,  pubbli- 
cò, poco  dopo  il  suo  maritaggio,  una  risposta  sìav- 
Af.  Mei.  1.  velenata ,  che  costrinse  Melantone  a  dire  :  piacesse 
et  Dìo  chi  Lutero  (osservasse  il  silenzio  !  Sperava  , 
che  r  eù  lo  avesse  a  render  più  mite ,  e  vedo  ch'eì 
divien  sempre  più  violento  i  stimolato  da  suoi  avver^ 

sar) 


-      LIBRO      II.  #7 

far)  à  dalle  disputa ,  nelle  quali  è  costretto  d' entra- 
re :  come  se  un  uomo  che  dlcevasi  riformatore  del 
mondo  ,  dovesse  con  tanta  prestezza  scordarsi  del 
suo  personaggio,  e  non  dovesse  in  qualunque  occa- 
sione restar  padrone  di  sestesso.  Ciò  mi  tormenta 
in  eccesso 3  diceva  Melantone  ;  e  se  Iddìo  non  vìnteti 
te  la  mano ,  il  fine  di  queste  dìspute  sarà  infelice  i 
Erasmo  vedendosi  trattato  cori  tanta  asprezza  da 
un  uomo,  col  qua!' egli  eri  stato  sì  circospetto ,  di- 
ceva scherzando  ;    Io    crédeva  che  il  matrimonio  lo  ^'\-Xvin.- 

Jtflit  .H.'ìt, 

avesse  reso  mansueto  ",  e  deplorava  la  propria  sorte 
in  vedersi  ,  malgrado  la  sua  modestia  ,  nella  sua 
vecchiezza ,  condannato  a  combattere  contro  una  be- 
stia feroce ,  contro  un  cignale  furioso  «         -     f 

XVIL  I  discorsi  oltraggiosi  di  Lutero  nori  consi-     Bestem- 

.s  I  ,  }•       .1  j  ,    ...     ,   mie   ed  aiM 

«tevano  m  ciò  ,    eh    era  di  più  eccedente    ne    libri  dacia  <ii 
scritti  da  lui  contro  Erasmo  i  Orribile  n'era  la  dot»  suo  tratta- 
crina,  perchè  concludeva  non  solo  che  il  libero  a r- ^",.0  ^Arbì- 
bicrio  fosse  affatto  estinto    nel    genere  umano  dopo  "'°' 
la  sua  caduta  j    (già    un    error  comune  nella  nuova      De  snvi 
riforma  )  ma  ancora   esser   impossibile  che  altri  che 
Iddìo  sìa  libero  ;   che  la  sua  prescienza^  e  la  previ- 
denza divina  fa  che  tutte  le  cose  succedano  per  un* 
eterna,  immutabile ,   ed  inevitabile  volontà  di  Dio, 
là  quale  fulmina  ,   e  mette  in  pezzi  ogni  lìbero  ar- 
bitrio :  che  il  nome  dì  lìbero  arbìtrio  è  un  nome  che 
non  appartiene  se  non  a  Lio  ,    e  non  può  convenire 
ne  all'  uomo ,  ne  all'  angiolo  3  né  ad  alcuna  creatura  „ 
Da  questo  suo  sentimento    era    forzato   a  render 
D*io  aurore  di  tutti  i  peccati,   e  non  lo  dissimula- 
ta;; dicendo  in  termini  formali  ,   che    il  lìbero  ar-     ^^'"^' 

È    à  bitria 


68  Variazioni 

Bìtrio  é  un  t'itolo  vano  \  che  Iddio  opera  in  noi  il 
male  come  il  bene\  che  la  gran  perfezion  della  fé- 
de  consiste  nel  credere  ,  che  Iddio  è  giusto ,  benché 
ci  renda  necessariamente  dannabili  per  suavolontà , 
cosicché  sembri  compiacersi  de'  supplì  e)  dcgV  infelici^ 
^^'"^'  E  di  nuovo  :  Iddio  vi  piace ^  quando  corona  gl'in- 
degni ;  non  dee  dispiacervi ,  quando  condanna  gV  in- 
nocenti .  Per  conclusione  soggiugne  ,  ch^  ei  diceva 
queste  cose  ^  non  esaminando  ^  ma  determinando  :  che 
non  intendeva  sottometterle  al  giudicio  d' alcuno  , 
ma  consigliava  tutti  a  rendervisi  soggetti . 

Non  dee  recare  stupore,  che  tali  eccessi  turbas- 
sero l'animo  moderato  di  Melantone  .    Non  ch'egli 
dapprincipio  non  fosse  caduto    in    questi    prodigi  di 
dottrina,  avendo  detto  egli  stesso  insieme  con  Lu- 
£9f.  eom.  tero ,  chs  la  prescienza  di  Dio  rendeva  il  libero  ar- 
comm.  \n    bitrio  assolutamentc  impossibile^  e  che  Iddio  non  era 
nlm.'  ^^•'^  cagione  del  tradimento  di  Giuda ,  che  della  con- 

versione di  s.  Vaolo  ;   ma  perchè  oltre  l'esser  egli 
piuttosto  strascinato  in  questi  sentimenti  dall'auto- 
rità di  Lutero,    che  entratovi  da  sestesso  ,    non  vi 
era  cosa  più  lontana  dairanimo  suo  ,    che  lo  stabi- 
lirli di  una  maniera  tanto  insolente  ;  e  restava  tut- 
to fuori  di  se  stesso,  quando  vedeva  i  trasporti  del 
suo  maestro. 
Nuovi          XVIII.    Li    vide    raddoppiare    nello    stesso    tem- 
cont'r'r'ù     P^  contro  il  re  d'Inghilterra  .    Lutero,  che  aveva 
^hUterra"'  conccputa  qualche  buona  opinione  di  questo  Princi- 
Luterovan.  pg       ngU'  ^vet  notjzia  ,    che  la  di  lui  druda  Anna 

tasi    di  sua 

niansuetu-    Eolcna  era  assai  favorevole   al  Luteranismo  ,    erasi 

dine  . 

ammansato  sino  a  scusarsi  seco    de'  suoi  primi  tra- 

spor- 


L   I   2  R   O       II,  69 

Sporti.   La  risposra  cIl'I  re  non  fa  qua!  era  da  ess6     ic.  ad 
sperata.  Ar  ngoVIII.  gli  rintaccio  la  debolezza  del  giù  r.  j, 
suo  spirito,  gli  errori  della  sua  dottrina,  e  l'igno- 
minia dello  scandaloso  suo  maritaggio  .    Allora  Lu- 
tero ,  il  quale  non  si  abbassava  se  non  perchè  altri 
venissero  a  gettarsi  a' suoi  piedi,  e  non  lasciava  di 
avventarsi  contro  coloro    die    non    lo  facevano  con 
tutta  prestezza;,  rispose  al  re;    cJy ei  si  pentiva  di    AdmaUi, 
averlo  trattato  con  tanta  dolcezza;  che  lo  aveva  fat-  git^'  t.^^' 
to  alle  preghiere  de'  suoi  amici 3  sulla  speranza  y  che     '"  '  '"'*'' 
quella  dolcezza  esser  dovesse  utile  a  quel  Vrincipe  \ 
che  la  stessa  intenzione   lo   aveva   spinto  per   l' ad- 
dietro a  scrivere  civilmente   al   legato  Cajetano  3  a 
Giorgio  duca    di  Sassonia  ,    e  ad  Erasmo  ,    ma    che 
non  vi  aveva  trovato  il  suo  conto  \    così   cW  ei    non 
sarebbe  pia  caduto  nel  medesimo  errore» 

In  mezzo  a  futi  questi  eccessi  vantavasl  ancora 
di  sua  estrema  doicezza.  Per  verità,  assicurandosi  i^'-d. 
sopra  il  sodo  soccorso  dì  sua  dottri'ra  ,  non  cedeva 
in  orgoglio  ne  ad  Imperadore  ^  ni  a  Ke^  ne  a  Trin- 
cipe ,  ne  a  sata/:asso ,  ne  all'intero  universo:  ma  se 
il  Re  avesse  voluto  spogliarsi  di  sua  maestà  per  trat- 
tar seco  con  libertà  maggiore  y  avrebbe  veduto  ^  ch'ei 
sì  mostrava  umile  e  dolce  colle  più  vili  persone  ; 
una  vera  pecora  in  semplicità ,  che  non  poteva  cre- 
der male  di  chi  che  fosse  .  Zuingtio 

XlX.Che  poteva  pensar  MeIanton£,  secondo  il  suo  ««i^fo'^'i'- 
naturale  il  più  pacifico  di  tutti  gli  uomini,  vedendo  ^«'""'^'i'- 

°  '  fesa  di  Car- 

la penna  oltraggiosa  di   Lutero  fargli  nascere  al    di  lostadio  : 

r        '  .  '■^'^  lossft 

luon  tanti    nemici,    mentre    la  disputa    Sacramen-  ZuinsHo  s 

,.  ,  ,,,  .  ,.  .  Sila    dcttrj- 

taria  gliene  dava  nell  interno  di   cosi  spaventevoli  nasipra  u 

_  '  T  salute     de' 

E       3  ifl         Fasai.i, 


70  Variazioni 

In  fatti ,  nello  stesso  tempo  le  penne  migliori  del 
suo  partito  si  mossero  centra  di  esso  .  Carlostadio 
aveva  trovati  difensori ,  che  più  non  permettevano 
lo  sprezzarlo  ,  Perseguitato  da  Lutero,  e  discac- 
ciato dalla  Sassonia  efasi  ritirato  nel  paese  degli 
Svizzeri,  dove  Zuinglio  ,  ed  Ecolampadio  presero 
la  sua  difesa.  Zuinglio  pastor  di  Zurìgo  aveva  co- 
minciato a  perturbare  la  chiesa  ,  in  occasione  del- 
le Indulgenze,  come  lo  aveva  fatto  Lutero,  ma  do^ 
pò  qualch'anno,  Era  costui  uomo  ardito,  ed  aveva 
più  fuoco  ,  che  sapere  t  aveva  molta  purità  il  suo 
discorso,  né  alcuno  de'  pretesi  riformatori  ha  spie- 
gati i  proprj  sentimenti  di  maniera  più  distinta  , 
più  uniforme,  e  più  seguente  :  ma  alcuno  non  gli 
ha  parimente  portati  a  maggior  eccesso,  né  esposti 
con  maggior  ardimento .  Come  si  conoscerà  meglio 
il  carattere  dei  suo  spirito  da'  Si+oi  pensieri  ,  che 
dalle  mie  parole  ,  riferirò  un  passo  della  più  per- 
fetta di  tutte  le  opere  sue.  Questa  è  la  confessio- 
ne di  fede,  che  da  esso  fu  inviata  poco  prima  del- 
la sua  morte  a  Francesco  I.  In  essa  spiegando  1'  ar- 
chrìsto  ticolo  della  vita  eterna  ,  dice  a  questo  Principe  , 
fxfÓ'sit!'"^  (^^^'^^  W^(?  sperar  dì  vedere  l'adunanza  dì  tutti  gii 
^■''''  uomini  3   che  furono  santi  ^  coraggiosi  y  fedeli y  e  vir- 

tuosi sin  dal  principio  del  mondo .  Ivi  vedrete ,  sog- 
giugne,  i  due  ^dami ,  il  Redento  y  e  il  Redentore  . 
Vi  vedrete  ^Abele ,  "Enoc ,  Ko<?  »  ^Àbramo ,  Isacco  , 
Giacobbe y  Giuda ^  Mose  3  Giosuè,  Gedeone,  SamuC' 
le,  Finees ,  Elia,  Eliseo,  Isaia  colla  Vergine  Madre 
di  Dio  da  esso  annunziata ,  Davide ,  Ezechia ,  Cio- 
cia, Giambattista ,  s,  Tietro ,  s,  Taolo  .   Vi  vedrete 


L  I  P.  R  o     II.  71 

T-Ycols  ^  Teseo i   Socrate ^   ^Aristide,   Antigono.,  ì^u- 
tna,  C ani: ilo ,  i  Catoni,  gl'i  Scipìon't  .    Vi  vedrete  i 
vostri  predecessori  ,    e  tutti  i  vostri  antenati  ,    che 
da  questo  mondo  uscirono   colla  fede  .    In   somma  , 
non  VI  sarà  alcun  uomo  dabbene ,  alcun  anima  san- 
ta,  alcuno  spirito  fedele  che  ivi  da  voi  non  sia  ve- 
duto con  Dio  .   Che  può   cader   nel  pensiero  di  pia 
bello  y  di  più  aggradevole  i  di  pia  glorioso  di  questo 
spettacolo?  Chi  mai  averebbe  avuto  l'ardire  dimet- 
tere cosìGesucristo  confusamente  co' santi,  e  nelT 
accompagnamento  de*  patriarchi ,    de' profeti,    degli 
apostoli ,  e  del  medesimo   Salvatore  sino    v.n  Numa 
padre  dell'  idolatria  romana  ,   sino   un  Catone,  che 
a  guisa  di  un  furioso  da  sestesso  si  uccise  ,    e  non 
solo  tanti  adoratori  delle  false  divinità,    ma  ezian- 
dio sino  gli  dei,  e  fino  gli  eroi,  un  Ercole,  un  Te-     - 
seo,  che  furon  da  essi  adorati?  Non  so  perchè  non 
vi  abbia  posti  Apollo  o  Bacco,    e  Io  stesso  Giove? 
e  s'egli  ne  fu  distornato   dalle  azioni  infami  ,    che 
loro  si  attribuiscono  da' poeti ,  quelle  d'Ercole  fu-    ' 
rono  forse  minori  ?    Ecco  di  che  il  cielo  è  compo- 
sto secondo  questo   capo   del    partito  secondo  della 
riforma  ;    ecco  quanto  ha  scritto  in  una  confessio- 
ne di  fede  ,   dedicata   da  esso  al  maggior  Monarca 
del  Cristianesimo  ',    ed  ecco  quanto  Bullengero  suo 
successore  ci  ha  esposto  come   il  capo   d"  opera  ,   e    Pr^f.Eiù- 
come  l'ultimo  canto  di  questo  cigno    pieno   di  melo- 
dia. E  non  recherà  stupore  il  considerare,  chetali 
persone  abbiano  potuto  essere  stimate  come  uomi- 
ni estraordinariameote  mandati  da  Dio,    per  rifor- 
rnar  la  sua  chiesa?  '       -"  - .    V. 

E    4     ^  ■     XX 


TI  Variazioni 

Vani  ri-      XX.  Lutcro  noii  perdonogli  su  questo  punto  ,    e 

sposti  di  Tv  II  L-  •  7<     •     j- 

quei  di  Zu- manitesto  colla  chiarezza  maggiore,    cb  ei  dispera- 

fèfr  di    ^'  va  dì  sua  salute  ^  perche  non  contento  dì  continuare 

uingio.    ^  combattere  il  Sacramento  ,  era  divenuto  pagano  col 

Pary.coHf.  mettere  nel  numero  dell'anime  beate  ^li  empi  ùapu' 

Luth.Ucsp.  .    .  .  .  ry  .    ^ 

Tart.  3.  ^;  j  (?  j}f!o  UNO  Scipìonc  cpìcureo  ,  sino  un  ì<iuma  , 
organo  del  detvonio  per  istituire  l' idolatria  fra  ìKo- 
mani .  Terchc  a  che  ci  serrano  il  battesimo  ^  gli  aU 
tri  superamenti  ,  la  Scrittura  ,  e  Gssucristo  medesi- 
mo ,  se  gli  empj  ,  gl'idolatri ,  e  gli  epicurei  sono  santi 
ff  beati  ^  E  querto  che  altro  e  se  nqn  insegnare  ^  che 
ognuno  può  salvarsi  nella  sua  religione,  e  ne  Ila  pro- 
pria credenza^ 

Era  cosa  assai  malagevole  il  dargli  risposta.  Non 

gli  fu  risposto  percanto  in  Zurigo  ,    che  per  via  di 

A^oi.  Ti-  una  mala  recriminazicie  ,    ed    accusandolo    di  aver 

plrt.  IT"'  egli  stesso  posto  tra  i  fedeli  Nabucodònosor,  Naa- 
manSiro,  Abimeleco  ,  e  molt'altri,  ch'essendo  nati 
fuori  dell'Alleanza  e  della  stirpe  di  Abramo,  non 
hanno  lasciato  di  esser    salvi  ,    come   dice  Lutero, 

Luth.  Hom. 

inGtn.cA;;:  per  una  fortuìta  misericordia  dì  Dio.  Ma  senza  di- 
tendere  questa  fortuita  misericordia  di  Dio  ^  che  per 
verità  è  un  po'  bizzarra  ,  altro  è  l'aver  detto  con 
Lutero,  che  vi  possa  essere  stati  degli  uomini,  che 
abbiano  conosciuto  Dio ,  bencbè  non  inclusi  ne!  nu- 
mero degl'Israeliti;  altro  il  mettere  con  Zuinglio 
nel  numero  dell'anime  sante  coloro,  che  adoravano 
Je  false  divinità:  e  se  i  Zuingliani  hanno  avuta  ra- 
gione di  condannare  gli  eccessi  e  le  violenze  di  Lu- 
tero, ve  n'è  di  vantaggio  per  condannare  il  prodi- 
gioso crror  di  Zuinglio.    Perchè  alla  fine,    non  era 

quC' 


L    I  E    R   O       I  fi  7J 

q'iesta  una  dì  quell'espressioni,  che  scappano  di  boc- 
ca agli  uomini  nel  calor  del  discorso:  scriveva  una 
confessione  di  fede  ,  e  voleva  fare  una  semplice  , 
e  distinta  dichiarazione  del  simbolo  degli  Apostoli  ; 
opera  di  una  specie,  che  dee  domandar  più  d'ogni 
altra  una  considerazione  matura,  una  dottrina  esat- 
ta, un  sentimento  pesato.  Nello  stesso  senso  ave- 
va di  già  parlato  ancora  di  Seneca,  come  d' u»  uo- 
mo santissimo ,  nel  cuor  del  quale  Iddio  di  sua  prò-  Jj^[J^  ^/' 
pria  mano  aveva  scritta  la  fsds  ,  perch'egli  aveva  ?"*•  *'''^' 
espresso  in  una  lettera  a  Lucilio,  chs  nulla  era  ce- 
lato a  Dio  .  Ecco  dunque  tutti  i  filosofi  platonici, 
peripatetici  e  stoici  nel  numero  de' santi  e  pieni 
di  fede  ,  poiché  s.  Paolo  confessa  ,  che  hanno  co-  ^'"^'  ^' 
nnsciuto  quanto  d'invisibile  è  in  Dio  col  mezzo  dell* 
opere  visibili  di  sua  potenza  :  e  ciò ,  che  ha  dato 
luogo  a  Si  Paolo  di  condannarli  nella  pistola  a*  Ro- 
mani ,  li  ha  giustificati  e  santificati  nell'opinion  di 
Zuinglio. 

XXI.  Per  insegnare  simili  stravagar.ze    non  biso-  7^-"^',''.'  ^'■ 
gna  avere  alcuna  idea  né  della    giustizia  Cristiana,  '°p'^  '^ 
nò  della  corruzione  della  natura.    Zuinglio  per  ciò  °''3'"'ic  • 
non  aveva  cognizione  alcuna  del  peccato    originale. 
Nella  confessione    di    fede    diretta    a    Francesco  I. 
e  ne' quattro  ,   o  cinque  Trattati  da  lui  fatti  a  po- 
sta per  provare  contro  gli  Anabattisti  il  battesimo 
de' bambini  ,    e  spiegare    l'effetto    del  battesimo  in 
quella  tenera    età  j    non    parla    in  conto  alcuno  del 
peccato  originale  cancellato,  eh' è  tuttavia  ^    secon- 
do il  consenso  di  tutti  i  Cristiani ,  il  principal  frut- 
to, del  loro  battesiiB/j.  Lo  stesso  aveva  fatto  in  tut- 
te 


74  V  A   R   r  A   Z   1  O   N  I 

te  l'altre  sue  opere  ,  e  allorché  gli  veniva  rinfac- 
ciato d'aver  lasciato  un  effetto  di  tanta  considera- 
zione ,  mostrava  averlo  fatto  a  posta  ,  perchè  nel 
suo  sentimento  non  è  tolto  dal  battesimo  alcun  pec- 
cato .  Spigne  anche  ad  eccesso  maggiore  la  sua  te- 
merità, poiché  toglie  cliiaramente  il  peccato  origi- 
nale, dicendo,  eh* eì  non  è  un  peccato,  ma  una  in- 
felicità ,  un  vizio,  una  malattìa  \  e  ch^  non  vi  e 
cosa,  che  sìa  più  debole  né  più  lontana  dalla  Scrit- 
tura, quanto  il  dire  che  il  peccato  originale  sia  non 
solo  una  malattia,  ma  anche  un  peccato.  Coerente- 
mente a  questi  principi  decide,  che  gli  uomini  per 
verità  nascono  inclinati  dal  loro  amor  proprio  al  pec- 
cato »  ma  non  peccatori,  se  non  impropriamente ,  e 
prendendo  la  pena  del  peccato  per  lo  stesso  pecca- 
to :  e  questa  inclinazione  al  peccato  ,  che  non  può 
esser  peccato,  fa  tutto  il  male  della  hostra  origine 
DfcUr.  de  sccondo  il  di  lui  Sentimento  .  Vero  è  ,  che  nella 
fttc.  ing.  continuazion  del  discorsa  ei  confessa,  che  tutti  gli 
uomini  perirebbono  senza  la  grazia  del  Mediatore , 
perchè  l'inclinazione  al  peccato  non  lascierebbe  di 
produrre  il  peccato  col  tempo  ,  se  non  fosse  arre- 
stata ;  e  in  questo  senso  ei  confessa  ,  che  tutti  gli 
uomini  sono  dannati  dalla  forza  dd  peccato  origina- 
le :  forza  che  consiste,  come  abbiamo  veduto  ,  non 
nel  far  gli  uomini  veramente  peccatori,  come  tut- 
te le  chiese  Cristiane  Io  hanno  deciso  contro  Pe- 
lagio ,  ma  nel  farli  scio  inclinati  al  peccato  colla 
debolezza  de' sensi  e  dell'amor  proprio  ;  il  che  i  Pe- 
lagiani  e  i  pagani  medesimi  non  avrebbono  negato. 
La  decision  di  Zuinglio  sopra  il  rimedio  di  qnz- 
.  i  sto 


L  I  B  R  o     II,  75 

sto  male,  non  è  meno  strana.  Vuole  ch'egli  sia  tol-  '  ■  ; 
to  indifferentemente  in  tutti  gli  uomini  dalla  mor- 
te di  Gesucrìsto,  indipendentemente  dal  battesimo; 
cosicché  ora  ;/  peccato  orìgìn^tle  non  danna  alcuno , 
nemmeno  i  figliuoli  de*  pagani  ;  e  quantunque,  ri- 
spetto ad  essi  ,  ei  non  ardisca  mettere  la  loro  sa- 
lute nella  stessa  certezza  di  quella  de' Cristiani  e 
de' loro  figliuoli,  non  lascia  di  dire,  eh' eglino  come 
^li  altri,  sinché  sono  incapaci  dilla  legge ^  sono  nel. 
lo  stato  deir innocenza  ;  allegando  il  passo  dis.  Pao-     >('"».  rv. 

15. 

lo  :  dove  non  vi  è  legge ,  non  vi  è  prevaricazione  ? 
Ora  ,  segue  il  nuovo  dottore  ,  i  bambini  sono  de- 
boli ,  senz  esperienza  ,  ed  ignoranti  della  legge  ^  e 
non  sono  meno  senza  legge  di  quello  era  s.  Taolo  , 
allorché  diceva:  Io  viveva  per  l' addietro  senza  leg-  Hom,  vn. 
gè.  Come  dunque  non  vi  è  legge  per  essi,  non  vi  è 
parimente  trasgressione  della  legge  ,  né  per  conse- 
guenza dannazione  veruna.  S.  Taolo  dice,  che  vis-  jitm.  vn, 
se  per  l' addietro  senza  legge  i  ma  non  vi  e  alcuna  '* 
tta ,  nella  quale  più  siasi  in  questo  stato  ,1  che  nelC 
infanzia  :  per  conseguenza  si  dee  dire  collo  stesso 
s.  Vaolo  ,  che  senza  legge  il  peccato  era  morto  in 
essi.  In  questa  guisa  disputavano  i  Pelagiani  contro 
la  chiesa  .  Ed  ancorché  ,  come  si  è  detto,  Zuin- 
glio  qui  parli  con  più  sicurezza  de' figliuoli  de' Cri- 
stiani,  che  de' figliuoli  degli  altri,  non  lascia  di  par- 
lare in  sostanza  di  tutti  i  bambini  senza  eccezio- 
ne. Sì  vede  ove  va  a  tendere  la  sua  prova,  e  cer- 
tamente dopo  Giuliano,  non  vi  è  più  perfetto  Pe- 
lagiano  dello  stesso  Zuinglio  . 

XXII.  Ma  i  Pelagiani  confessavano  per  lo  meno  ,    Ermrc  d- 
*  che 


76  V   A    r.   I   A   7    1  O   N  I 

sopra  il       che  il  battesimo  poteva  conferire  la  grazia  ,    e  ri- 

Satt  «Simo .  ,.,,..  .        _    .       , .         .  \ 

mettere  negli  adulti  i  peccati .  Zuingho  più  teme- 
rario non  cessa  di  ripetere  ,  quanto  è  di  già  stato 
riferito  di  esso  ,  che  il  battesimo  non  toglie  alcun 
peccato,  e  non  conferisce  la  grazia.  Il  sangue  diGe- 
sucristo  y  dice,  e  quello  che  rimette  i  peccati  j  non 
gli  rimette  dunque  il  battesimo. 

Qui  si  può  vedere  un  esempio  dello  zelo  mal  in- 
teso avuto  dalla  riforma  per  la  gloria  di  Gcsucri- 
sto  .  E'  cosa  più  chiara  della  luce,  che  l'attribuire 
la  remission  de'peccati  al  battesimo,  eh' è  il  «mez- 
zo stabilito  da  Gesucristo  per  cancellarli ,  è  il  fare 
a  Gesucristo  quel  torto  ,  che  farebbcsi  ad  un  pit- 
tore coU'attribuire  il  bel  colorito  ,  e  i  bei  linea- 
menti del  di  lui  quadro  al  pennello  ,  di  cui  si  ser- 
ve .  Ma  la  riforma  porta  i  suoi  vani  ragìonamerti 
sino  all'eccesso  di  credere  di  glorificar  Gesucristo, 
togliendo  la  forza  agli  stromenti  da  esso  adoprati» 
E  per  continuare  sino  all'estremo  una  illusione  sì 
grossa  ,  allorché  vengono  opposti  a  Zuinglio  cento 
passi  della  Scrittura,  ne' quali  sì  dice  che  il  batte- 
simo ci  salva,  e  ci  rimette  i  nostri  peccati,  crede 
soddisfare  a  tutto,  col  rispondere,  che  in que' passi 
il  battesimo  è  preso  per  il  sangue  di  Gesucristo  , 
di  cui  e  segno . 
Zuinglio  XXIII.  Queste  spiegazioni  licenziose  fanno  tro- 
a  violenta,  varc  ciò ,  chc  si  vuolc  nella  Scrittura  .    Non    è  da 

re   in  tutto  .      .  ^     .       ,.  ,  i        i>  t«  •    ^• 

la  Sacra       stupirsi  Se  Zuinglio  Vi  trova ,    che  1  Eucaristia  non 

il'suo'^di-  ^  ^^  corpo,    ma  il  segno  del  corpo  ,    benché  Gesu- 

rAndchuà  cristo  abbia  detto  :    questo  e  il  mio  corpo  ,  giacche 

♦  l'origine  ^j  j,^  trovato  ,    che   il  battesimo  non  da  in  effetto 

del  tuo  er- 
rore .  la 


L   I  B   R  O      II.   ""  77 

la  remlssion  de' peccati,  ma  ce  la  figura  di  già  da- 
ta ,  benché  la  Scrittura  cento  volte  abbia  detto  , 
non  eh' ei  ce  la  figura  ,  ma  ch'tfi  ce  la  concede  . 
Non  è  da  stupirsi  se  lo  stesso  autore,  per  distrug- 
gere la  realità  ,  che  lo  incomodava  ,  ha  elusa  la 
forza  di  queste  parole:  questo  e  il  mìo  corpo  ^  giac- 
ché per  distruggere  il  peccato  originale,  che  reca- 
vagli dispiacere,  ha  stravolte  anche  queste  :  tutti 
hafifto  peccato  in  un  solo  ;  e  quest'altre  :  a  cagione  ^^^  y 
di  un  solo  molti  sono  fatti  peccatori  .  Quello  ,  che  ^^'  "• 
qui  è  di  più  strano,  è  la  confidenza  di  quest'auto- 
re nel  sostenere  le  sue  nuove  interpretazioni  con- 
tro il  peccato  originale  con  un  manifesto  disprezzo 
di  tutta  l'antichità  .  ^Abbiamo  veduto  gli  antichi  , 
ei  dice,  insegnare  sopra  il  peccato  originale  un'altra 
dottrina  :  ma  in  leggendoli  non  è  difficile  l' accor- 
gersi,  quanto  sia  acuro  e  imbarazzato  y  per  non  di- 
re affatto  umano  piuttosto  che  divino  tutto  ciò  ,  chs 
ve  dicano .  Quanto  a  me ,  e  già  gran  tempo,  che  non 
ho  il  comodo  di  consultarli .  Ei  compose  questo  Trat- 
tato l'anno  1526.  ed  erano  già  molt'  anni  ,  eh'  ei 
non  aveva  il  comodo  di  consultare  gli  antichi  ,  né 
di  ricorrere  alle  sorgenti.  Tuttavia  ei  riformava  la 
chiesa  .  Perchè  no,  diranno  i  nostri  riformati?  e 
che  aveva  egli  a  fare  cogli  antichi ,  giacché  aveva  la 
Scrittura?  Ma  per  lo  contrario,  è  questo  un  esem- 
pio della  poca  sicurezza,  che  trovasi  nella  ricerca 
delle  Scritture,  allorché  si  ha  pretensione  d'inten- 
derle, senz'aver  ricorso  all'antichità.  Con  tal  ma- 
niera d'intendere  le  Scritture  ,  Zuinglio  ha  trova- 
tp ,  non  esservi  peccato  originale ,  cioè  non  esservi 

re- 


H  Variazioni 

tedenzione }  ed  essere  inutile  Io  scandalo  della  cro^ 
ce  ;  ed  ha  tanto  dilatato  questo  pensiero  ,  che  ha 
posti  Insieme  co' santi  coloro  ,  che  non  avevano  in 
effetto,  checché  abbia  potuto dire^  alcuna  parte  con 
Gesucristo.  Ecco  la  maniera,  con  cui  si  riforma  la 
Chiesa,  allorché  prendesi  a  riformarla  senza  curarsi 
del  sentimento  de' secoli  passati;  e  secondo  questo 
metodo  nuovo  si  giugnerebbe  agevolmente  ad  una 
riforma  simile  a  quella  de'Sociniani . 
Quai  fosse      XXIV.    Tali    erano  i  capi  della    nuova  riforma  / 

Ecolanipa- 

dio.  persone  per  verità  di  talento,  e  che  non  erano  pri- 

ve di  scienza,  ma  ardite  ,  temerarie  nelle  loro  deci-* 
sioni,  e  gonfie  del  loro  vano  sapere:  trovavano  la 
loro  compiacenza  in  opinioni  straordinarie  e  parti- 
colari ,  e  con  questo  credevano  rendersi  superiori 
non  solo  agli  uomini  del  loro  secolo  ,  ma  eziandio 
superiori  all'antichità  più  santa.  Ecolampadioj  l'al- 
tro diferrsore  del  senso  figurato  fra  gli  Svizzeri,  era 
insieme  il  più  modesìro,  e  il  più  dotto",  e  se  Zuin- 
giio  neiia  sua  veenìcnza  parv' essere  in  certa  ma- 
niera un  altro  Lutero,  Écolampadio  era  più  simile 
a  Melantone ,  di  cui  parimente  era  confidente  ami-- 
Efìst.  £.  co.  Veggonsi  in  una  lettera  ch'egli  in  sua  gioventù 

£^*'"^j;^j/ scrisse  ad  Erasmo  con  molto  spirito  e  polizia,  dei 
contrassegni  di  una  pietà  non  meno  affettuosa  che 
iilumlnaLa  .  Dai  piedi  di  un  Crocifisso  ,  innanzi  al 
qua!  era  solito  di  fare  la  sua  orazione  ,  scrisse  ad 
Erasmo  cose  sì.  tenere  sopra  le  dolcezze  ineffabili 
di  Gesucristo,  che  dall'immagine  pietosa  erano  de- 
lineate SI  vivamente  nella  di  lui  memoria ,  ch'è  im- 
possibile' di  noa   restarne   conimosso  »    La    riformi 

che 


L  I  B  R  o      I,  44 

the  veniva  a  turbare  queste  divozioni  ,    ed  a  trat- 
tarle da  idolatria,  cominciava  allora  :  perchè  questa 
lettera  era  scritta  da  questo    giovane    1'  anno  1517. 
Ne'  primi  anni  di  questi  sconvolgimenti  3    come    1' 
osserva  Erasmo,  in  età  assai  matura  per  non  avere     jbid.  r,6, 
da.  rinfacciar  a  scstesso  alcun  inganno,   si  fece  re-  ,j.  ,j.    '* 
ligioso  con  molto  coraggio    e  gran   riflessione  «    Le 
lettere  parimente  di  Erasmo  ci  fanno  vedere  ,   eh'    uh.  xuu 
egli  era  afrezionatissimo  al  genere  di  vita,  che  ave-    '*  *^' 
va  eletto,  tranquillamente  vi  godeva  di  Dio,  e  vi- 
veva del  tutto  alieno  dalle    novità    che  correvano  . 
Pure,  (oh  debolezza  umana  e  pericolosa  contagione 
della  novità  I)   uscì   àtì  suo  mcnistero  ,    predicò  la 
nuova  riforma  in  Basilea  ,  dove  fu  pastore  ;  e  stan- 
co del  celibato,  come  gli    altri  rifcrmatori  ^    sposò 
una  fanciulla  ,    la  di    cui    bellezza  Io  aveva  colpito 
nei  cuore  .    Questa  è  la  maniera ^  diceva  Erasmo  ♦   ,.,  ^,,^ 
coila  quale  si  "vanno  moYtificanào\  e  non  cessava  di  £;•  4»- 
ammirare  que'  nuovi  apostoli  j    che  non  mancavano 
di  lasciare  la  professione    solenne    dei    celibato  per 
prender  moglie  »    dove  che  gli  Apostoli  vexi  di  no-, 
stro Signore 3  secondo  la  tradizione  di  tutti  i  padri  ^ 
a  fine  di  non  avere  altra  occupazione  che  in  Dio  , 
e  nei  vangelo,  lasciavano'  le  loro  mogi)  per  abbrac-( 
ciare  il  celibato  .   Sembra^  ei  diceva,  chi  la  rifer-' 
ina  vada  a  terminarsi   nello   sfrattar   chiusiralt  ,   e 
7ie  ir  ammogliar  sacerdoti  ;  e  questit  gran  tragedia  si 
Uncini  in  fine  con  un  avvenimento   affatto  comico  , 

^    •  ?   '    •/  .  r   ■  7  •         •  7,  Lll'.XVIIT, 

poicoe  II  tutto  finisce  col  maritar ;t  come  nelle   com-  Ep.  jj. 

ièìedie  ,   Lo    stesso    Er.i:;mo  anche  in  altri  luoghi  si  xxxiH^', 

lagna i  ch'Ecolampadio  suo  arnica^  dacché  aveva  la-  "'"  '""" 

•  i.  sciata- 


li-j. 


8»  Variazioni 

sciata  colla  chiesa    e    col  monistero    Ja    sua  tenera 
divozione  per  abbracciare    la  secca    e    sprczzatrice 
riformi,  più  non  lo  conosceva;     e  che  in  vece  del 
candore,  onde  quel  ministro  facea  professione  men- 
tre operava  co'  suoi  sentimenti  ,    non    più  vi  trovò 
che  dissimulazione  ed  artificio,   dopo  esser  entrato 
negl'interessi  e  ne*  movimenti  del  suo  partito. 
étfuDnt-      XXV.  Dopo  essere  stata  mossa    la    quistione  Sa- 
nlèntarY»*"  cramcntatia  della  maniera  da  noi  veduta,  Carlosta- 
dio  sparse  alcune  scritture  contro  la  presenza  rea- 
le ;   e  tutto  che  secondo  il  sentimento  comune  fos- 
sero assai  piene  d'ignoranza  ,    il    popolo  di  già  in- 
Uh^'^xix     vaghito  della  novità,  non  lasciò  di  approvarle.  Zuin- 
jcxxi'      §^^°  »  ed  Ecolampadio  scrissero  per  difendere  il  nuo- 
vo dogma,  il  primo  con  molto  spirito  e  molta  vee- 
menza; l'altro  con  molta  dottrina-^e  con  eloquenza 
Lib.XvlTi,  $\  dolce,  eh?  vi  era,  dice  Erasmo,    con  che  sedur- 
re ,  se  fosse  stato  possìbile  ,  e  se  Iddio  lo  avesse  per- 
messo y  ì   medesimi  eletti.    Iddio  gli  metteva  a  que- 
sta prova  ;    ma  le  sue  promesse  e  la  sua  verità  so- 
stenevano la  semplicità  delia  fede    della  sua    chiesa 
contro  gli  umani  ragionamenti .  Un  po'  dopo  Carlo- 
stadio  si    riconciliò    con    Lutero  ,    e    lo    placò   con 
iscrivergli-,  che  quanto  aveva  insegnato  sopra  l'Eu- 
caristia, era  piuttosto  per  modo  di  proposizione    e 
Uosfin,  1.  ^^  esame  ,    che  per  maniera  di  decisione  .    Ei    non 

fart.  ad  ar.,  ^ 

'J*S'  cessò    dal    fomentar    dissensioni    per    tutto  il  corso 

della  sua  vita;    e  gli  Svizzeri  ,    che   un'altra  volta 

io  accolsero  ,    non    poterono   giugnere    a  metter  in 

calma  quello  spirito  turbolento. 

La  di  lui  dottrina  più  che  mai  diffondcvasi  ,    ma 

so- 


V 


L    I  B   R  O       II.  «t 

sopra  interpretazioni  delle  parole  di  nostro  Signore, 
più  verisimili  delle  già  esposte  .  Zuinglio  diceva  , 
che  »1  buon  uomo  ben  aveva  inteso  ,  che  in  quelle 
divine  parole  fosse  qualche  senso  nascosto ,  ma  non 
aveva  potuto  spiegar  qual  ei  fosse  .  Egli ,  ed  Eco- 
lampadio  con  espressioni  un  po'  dilferenti  ,  conve- 
nivano in  sostanza  ,  che  queste  parole  :  questo  è  il 
mìo  corpo  ,  fossero  figurate:  e  ,  vuol  dire,  sìgmfi- 
care  i  diceva  Zuinglio:  corpo,  cioè  /'/  segnai  del  cor- 
po,  diceva  Ecolampadio  .  Gii  Strasburghesi  entraro- 
no nelle  medesime  interpretazioni.  Bucero  e  Capi- 
tone, che  gli  reggevano  ,  divennero  difensori  zelanti 
del  senso  figurato  .  La  riforma  si  divise,  e  quelli 
che  abbracciarono  il  nuovo  partito  ,  turono  appellati 
Sacramentar).  Si  denominarono  anche  Zuingliani ,  o 
perchè  Zuinglio  aveva  il  primo  sostenuto  Carlosta- 
dio  ,  o  perchè  la  sua  autorità  prevalse  nell'animo 
dei  popoli,  rapiti  dalla  sua  veemenza. 
XXVI.  Non  è  da  stupirsi  ,    che  un'opinione  ,    la      Zuingiio 

I  1      •  M  r  •       ^  sollecito 

quale  canto  lusingava  il  senso  umano,  tosse  in  tan- n^;  t,,^i;e. 
ta  riputazione.  Zuinglio  positivamente  diceva,  che  ^3j.fjj]^'^''' 
alcun  miracolo  non  era  nell'  Eucaristia  ,  né  cosa  al-  ?"^"';"  ^' 

'  superiore 

cuna  d'incomprensibile  i    che  il  pane  spezzato  rap- *' *^ns' • 
presentavaci  il  corpo  sacrificato  ,    e    il  vino  il  san-     Zuingi.  • 

1         ^  •  II.  •      ■       •  '  •    ^<»'f-  Fui  e 

gue  sparso  j  che  Gesucristo  nell  istituire  que  szci:i  ad  Frane,  i 
ssìgni,  loro  avea  dato  il  nome  della  cosa;  che  tue-  y^,'^^!''^^ 
cavia  ciò  non  era  uno  spettacolo  puro  ,  né  segni  at- 
fatto  ignudi  j  che  la  memoria  e  la  fede  del  corpo 
sacrificato ,  e  del  sangue  sparso  sostenevano  l'anima 
nostra  i  che  in  quel  punto  Io  Spirito  santo  sigillava 
ne'  cuori  la  remi>5;on  de' peccati,  e  che  in  questo 
Bossuet  Opere  T.  I.  F  con- 


ti  V    A    R   I   A   7.    I   O  N    I 

consisteva  tutto  il  mlsterio.  In  questa  spiegazione 
nuir avevano  a  soffrire  la  ragione  ,  e  il  senso  uma- 
no .  La  Scrittura  dava  qualche  molestia  "•  ma  quan- 
do gli  uni  opponevano  :  questo  e  il  mio  corpo  ,  ri- 
spondevano gli  altri:  io  sono  la  vite,  io  sono  la  por- 
ta, la  pietra  era  Cristo.  11  vero  è,  che  questi  esem- 
pi non  erano  della  medesima  sorta.  Gesucristo  non 
aveva  detto:  questo  è  il  mio  corpo:  questo  e  il  mio 
sangue,  né  proponendo  una  parabola,  né  spiegando 
un'allegoria.  Queste  parole  distaccate  da  ogni  altro 
discorso  portavano  in  sestesse  tutto  il  loro  senti- 
mento o  Trattavasi  di  una  nuova  istituzione  ,  che 
doveva  essere  fatta  in  termini  semplici ,  e  non  ave- 
vasi  per  anche  trovato  alcun  luogo  della  Scrittura ,' 
nel  quale  un  segno  d'istituzione  ricevesse  il  nome 
della  cosa  ,  nel  pitnto  in  cui  era  istituito  j  e  sens' 
alcuna  preparazion  precedente  . 
D:iic  spi-  XXVII.  Questo  argomento  travagliava  T  animo  di 
iitocheap.  2;\,jp,a[io:  notte  e  giorno  vi  cercava  una  soluzione  e 

pari    3l  ìlu-  ^  *-^ 

ingiio  per   j^tanto    non  si    lasciò  di  annullare    la    messa  ,    non 

sonmiiin- 

ttrargii  un  ostanti  Ic  Opposizioni    del    Segretario    della    città  j 

passo  ,    nel 

quale  in     chc  dlsputava  potentemente  per  la   dottrina  Catto- 

scs"io   d'  I  T>»  j    j-    •       •        • 

istituzione  iica,  e  per  la  presenza  reale  .    Dopo  dodici    giorni 

ricevette      „     .       r.  t  j  m  •     r        •  t 

subito  il     Zumgho  ebbe    il    sogno    tanto  rinfacciato  ad  esso  ,' 

iK  me  ti  ella       ,       ,  .     j.  i.  .  •      \-  ?        . 

cosa.  ed  a   SUOI  discepoli  ,    m  cui  cice,   che  immaginan- 

dosi di  disputare  ancora  col  Segretario  delia  città, 
che  vivamente  lo  stringeva,   vide  comparirsi  ad  un 
tratto  un    fantasma   bianco    o  nero  ,    che  gli   disse 
Hosfin.  2.  <iuestQ  parole:  vile,  perché  non  rispondi  tu  ciò  ch'i 
^Exed.xiT.  scritto  nell'Esodo  ,   I*  agnello  è  la  pasqua  ,   per  dir 
*'■  'chf  n' è  il  segno  ì  Ecco  dunque  il  famoso  passo  tan- 

to 


L  I  B  R  o      1 1.  8? 

eo  replicato  negli  scritti  da' Sacramentar)  prodotti, 
in  cui  credettero  aver  trovato  il  nome  della  cosa 
dato  al  segno  nell'istituzione  del  medesimo  segno; 
ed  ecco  come  questo  passo  venne  in  mente  aZuin- 
glios  che  se  ne  servi  primo  d'ogni  altro  .  Nel  ri- 
rnanente  j  vogliono  i  suoi  discepoli ,  che  col  dir  , 
non  sapere  se  colui  che  lo  avvertì  ^  bianco  »  o  ner» 
si  fosse,  egli  solo  volesse  dire,  che  fosse  un  inco- 
gnito ;  ed  è  vero  ,  che  i  termini  latini  tale  aver 
possono  la  spiegazione.  Ma,  oltre  che  il  nasconder- 
si senza  far  cosa  alcuna ,  che  scopra  l'esser  proprio, 
è  un  carattere  naturale  di  uno  spirito  maligno  *,  co- 
itui  chiaramente  prendeva  inganno.  Queste  parole j  Exod.xn, 
/'  agnello  e  la  pasqua ,  ovvero  il  passaggio ,  non  si-*  '  '• 
gnificano  in  conto  alcuno  ch'el  sia  la  figura  del  pas- 
saggio .  E'  questo  un  Ebraismo  comune  ,  in  cui  la 
parola  di  sacrijìcìo  è  sottintesa.  Cosi,  peccato  sola-^ 
mente  3  è  il  sacrificio  per  il  peccato  ;  e  passaggio 
semBlicemente  ,  o  pasqua  ,  è  il  sacrificio  del  pas- 
saggio j  o  della  pasqua  :  il  che  dalla  stessa  Scrittura 
un  po'  più  sotto  è  spiegato  ,  dov'ella  dice  alla  di- 
stesa j  non  che  l'agnello  è  il  passaggio  ,  ma  c)ì  C 
la  Vittima  del  passaggio  .  Ecco  con  ogni  sicurezza  ^ 'i"^.  •»? '■^. 
iì  senso  dell'Esodo.  Furono  poi  prodotti  altri  esem- 
pi, che  saranno  da  noi  veduti  a  loro  tempo:  ma  in 
somma  ecco  il  primo.  Non  vi  era,  come  si  vede, 
cosa  alcuna,  che  dovesse  sollevar  molto  l'animo  op- 
presso di  Zuinglio  ,  o  che  gli  mostrasse  che  il  se- 
gno ricevesse  il  nome  della  cosa  sino  dalla  sua  isti- 
tuzione. Pure,  alla  nuova  spiegazion  del  suo  inco- 
gnito, risvegli9ssia  lesse  il  luogo  dell'Esodo,  andò 
-,  -  F    2  -       *  prc- 


84  Variazioni 

a  predicare  quanto   aveva  veduto    in    sogno  .    Erasi 

troppo  ben  preparato    per    non    negargliene    la  ere» 

denza  .    Le  nuvole,   che  restavano  per  anche  negli 

animi,  furono  disperse. 

Lutero         XXVIII.  Fu  sensibile  a  Lutero    il    vedere  ,    non 

ir"" Sacrai  pì"  persoDC  private  ,    ma  chiese  intere  della  nuova 

per"hVtr'atÌ.  riforma  Sollevarsi  contro  di  esso  .    Ma  non  iscemò 

to  Zuiugiio  punto  Ja  sua  alterigia.  Se  ne  può  giudicare  da  que- 

piu   aspra-      ^  oro  t 

niente  che  j^e  parole  :    ho  il  Tapa  a  fro}Jte  ;    ho    alle  spalle  ì 

gli  altri  .  ^  .... 

Sacramentar] 3  e  gli  anabattisti'^  ina  io  solo  andsrò 
fie,r  "jr^ri  centra  tutti  ',  gli  sfiderò  à  battaglia  \  me  li  metterò 
^  *'  sotto  i  piedi.  E  poco  dopo:  dirò  senza  vanita,  che 
da  milf  anni  in  qua  la  Scrittura  non  è  stata  mai 
ne  tanto  purgata ,  ne  tanto  bene  spiegata ,  ne  meglio 
intesa,  di  quello  elf  è  da  me  di  presente.  Scriveva 
queste  parole  nell'anno  1515.  poco  dopo  la  quìstion 
eccitata»  Nello  stess' anno  £tcc  il  suo  libro  contro 
i  "Profeti  celesti y  burlandosi  con  questo  di  Carlosta- 
dio,  da  esso  accusato  di  approvare  le  chimere  de- 
gli Anabattisti.  II  libro  aveva  due  parti.  Nella  pri- 
ma ei  sosteneva  ,  che  avevasi  avuto  torto  nel!' at- 
terrare le  immagini  i  che  nella  legge  di  Mosè  era 
vietata  l'adorazione  delle  sole  immagini  di  Dio  ', 
che  le  immagini  della  croce  ,  e  de'  santi  non  era- 
no comprese  in  quel  divieto  ',  che  alcuno  non  era 
obbligato  sotto  il  vangelo  ad  annichilare  colla  for- 
za le  immagini,  perchè  ciò  era  contrario  all'Evan- 
gelica libertà ,  e  che  coloro ,  che  così  distruggeva- 
no le  immagini  ,  erano  dottori  della  legge  ,  non 
del  vangelo.  Con  questo  egli  giusti6cò  noi  contro 
tutte  le  accuse  d'idolatria,    end' egli    stesso    sopra 

que- 


Libro     II.  ts 

questo  soggetto  ci  aggrava  senza  ragione.  Nella  se- 
conda parte  opponevasi  a' Sacramentar)  .  Nel  rima- 
nente trattò  dapprincipio  Ecolampadio  con  molta 
dolcezza,  ma  si  lasciò]  terribilmente  trasportar  dal- 
la collera  contro  Zuinglio. 
Questo  dottore  aveva  scritto,  che  fino  dall'anno   Zuhi^.ub. 

^  cxflnr;,  e.rt. 

1516.  prima  che  il  nome  di  Lutero  fosse  noto,  fra-  is.  /7fj'». 
gli  Svizzeri  egli  aveva  predicato    il   vangelo  ,    cioè  v.  c^Hxt. 
la  ritorma  ,    e    gh  Svizzeri  gli  davano  la  gloria  di 
un  principio,  che  Lutero  voleva  per  se  tutta  inte- 
ra.   Punto  da  questo  discorso  scrisse  agli  Strasbur-     toh>.  it. 
ghesi ,    cWeg/i  osava  gloriarsi  dì  essere  stato  il  prì-'''""    ^" 
wo  a  predicar   Gesucrìsto  \   ma  eh:  Zuinglio  voleva 
rubargliene  la  gloria  .    Come  mai ,    soggiugneva ,    si 
può  tacere  ,    mentre  ta?:ti  perturùano  le  nostre  chie- 
se 3    e  combattono  la  nostra  autorità  /   S'eglino  non 
vogliono   lasciar   indebolire   la    loro  ,    non   e  dovtre         .: 
nemmeno  indebolire  la  nostra  .    Per  conclusione  di- 
chiara ,  che  non  vi  è  mezzo  ,   0  ch'eglino,   od  egli 
seno  i  ministri  di  satanasso  . 

XXIX.  Un  dotto  Luterano,  e  il  più  famoso,  che    Pa;oi«  di 

un  famoso 

a' nostri  giorni  abbia  scritto,    qui    fa  questa  rifles- Luterano 

sopra  la  ge- 

sione.  Coloro  t  che  disprezzano  ogni  cosa,  ed  espon-  ìos\ìAiUu 

....  t        /       7  •  ^^^°  contr» 

gono  non  solo  7  loro  beni  ,   ma    anche  la  loro  vita  aZuingiio. 
sovente    non   possono    rendersi   superiori   alla  gloria  ^^^.^^  j^^^ 
col  di{pre7.zarla ,  tanto  né  lusinghiera  la  dolcezza  y"-  *'• 
e  grande  la    debolezza  umana  .    Ver   lo    contrario  , 
quanto  più  si  ha  l'animo  sublime,  tanto  più  si  bra- 
mano le  lodi  3    e   si   sente  pena    maggiore    in  veder 
tra  (ferire  ad  altri  quelle  ,   che    ere  densi  aver  meri- 
tate .    ì'ion  dee  dunque  recare  stupore,   se  un  nomo 

F     3  della. 


te  Variazioni 

de//a  magneinvnìta  dì  Lutero  abbia  scritto  dì  questa 
maniera  a  que*  dì  Straburgo  o 
potenti        XXX.  Fra  questi  bizzarri  trasporti  d'ira,  Lute- 

discorsi    di  r  j       r    '       J    I!  . 

Lut.ro  a     ro  coniermava  Ja  teae  delia  presenza  reale  con  ra- 

fnvorc  del-      .       .  .  ,         „      .  I       rt-.       ì.    . 

la  presenza  gioni  potenti".    Ja    Scrittura    e  la    Iradizione  antica 

reale jc  suoi  ,  •  .  ,  i        -i 

▼anti  dopo  \o  sostencvano  m  questa  causa  .    Mostrava  ,    che  n 
dotti'.  ^'^°'  volgere  al  senso  figurato  le  parole  di  nostro  Signore 
tanto  semplici  e  tanto  distinte,  sotto  pretesto,  che 
v'erano  espressioni  figurate  d'altri  luoghi  della  Scrit- 
tura ,    era  aprire  una  porta  ,    per  la  quale  tutte  le 
Scritture   e    tutti    i  misteri  di  nostra  salute  sareb- 
bonsi  rivolti  in  figure  ;  che  fosse  dunque  necessario 
l'aver  qui  la    medesima    sommissione  ,   colla    quale 
riceviamo  gli  altri  mister) ,  senza  curarci  della  ra- 
gione, e  della  natura,  ma  solo  di  Gesucristo,  e  di 
Serm.  de  sua  parola  ',   che    nell'istituzione    il    Salvatore   non 
Sang.chrUzvQW^  parlato  né  della  fede  ,    né  dello    Spirito  san- 

Stl  defcns.  .  j  ,    . ,        . 

Verbi  Coi-   to',  che  avcva  detto:  questo  e  il  mio  corpo,  e  non, 
Z'erla^Td-   la  feds  farh ,   che  ne  siate  a  parte '^   che  il   mangia- 
Toin.'^vu.    re,  di  cui  vi  parlava  Gesucristo,  non  era  un  man- 
catech.       ■       mistico  ,    ma    un  mangiar  colla  bocca  ;    che  1' 
alt.  Con.     union  della  fede  si  consumava  fuori  del    sacramen- 
to ,    e  non  si  poteva  credere  ,    che  Gesucristo  non 
ci  desse   cosa   alcuna    di   particolare   col    mezzo  di 
parole  di  tanta  forza  :    che  si  vedeva  esser  sua  in- 
tenzione   r  assicurarci  i  suoi  doni  con  darci  la  sua 
persona  ;    che  la  memoria  della  sua  morte  ,   a    noi 
raccomandata ,  non  escludeva  la  presenza ,    ma  solo 
ci  obbligava  a  prender  quel  corpo  ,   e    quel  sangue 
come  vittima  sacrificata  per  noi  ;    che  quella  vitti- 
ma ia  effetto  diventava    nostra    con    quell'azion    di 

man- 


cvr 


d. 


L  I    B   R    O       li.  %7  ' 

mangiare;  che  per  verità  vi  doveva  intervenire  la 
fede  per  renderla  fruttuosa  ;  ma  che  per  inostra- 
i-e  ,  che  senz'anche  la  fede  la  parola  di  Gesucristo 
aveva  il  suo  effetto  j  bastava  solo  il  considerare  la 
.comunion  degl'  indegni  .  Qui  faceva  tutta  la  forza 
sulle  parole  di  s.  Paolo,  allorché  dopo  aver  riferi- 
te queste  parole  :  questo  e  U  mìo  corpo  ,  condrnnò 
con  tanta  severità  coloro,  fhc  non  dìscernsvano  il 
corpo  del  Signore ,  e  sì  rendevano  rei  dei  corpo  suo, 
e  del  suo  sangue.  Soggiugneva ,  che  s.  Paolo  voleva  '■<"<"-A''/, 
parlare  in  ogni  luogo  del  vero  corpo  ,  e  non  del 
corpo  in  figura,  e  che  vedevasi  dalle  sue  espressio-  "^ 

ni,  ch'ei  condannava  quegli  6mpj,  come  oltraggia- 
tori di  Gesucristo,  non  ne' suoi  doni,  ma  immedia- 
tamente nella  di  lui  persona. 

Il  .Ma  quello,  ch'ei  faceva  con  maggior  forza,  era 
il  distruggere  le  obbiezioni  ,  che  a  queste  verità 
celesti  erano  opposte  .  Domandava  a  coloro  ,  che 
gli  opponevano  ,  la  carne  non  serve  a  nulla  ,  con /,^„,p^7  ,5^^ 
qual  fronte  osavan  dire  ,  che  la  carne  di  Gesucri- 
sto non  servisse  a  nulla,  e  trasferire  a  questa  car-  •  ' 
ne  ,  che  dà  la  vita  ,  ciò  che  Gesucristo  ha  detto 
del  senso  carnale  ,  o  della  carne  presa  della  manie- 
ra,  in  cui  l'intendevano  i  Cafarnaiti;  o  la  ricevo- 
no i  cattivi  Cristiani,  senza  unirvisi  colla  fede,  e 
senza  ricevere  nello  stesso  tempo  lo  spirito  e  la 
vita,  ond'è  piena?  Quando  avevano  l'ardimento  di 
domandargli  ,  a  che  dunque  servisse  quella  carne 
presa  dalla  bocca  del  corpo;  egli  domandava  a  que' 
superbi  domandatori:  a  che  serviva,  che  il  Verbo 
si  fosse  fatto  carne?  Non  poteva  forse  la  verità  cs- 

F    4  sere 


88  Variazioni 

sere  anriUnziata,  e  il  genere  umano  liberato  se  non 
con  questo  solo  mezzo?  Sanno  esilino  tutti  i  segre-^ 
ti  di  Dio,  per  dirgli,  eh' ci  non  aveva  se  non  que- 
sto mezzo  per  salvare  gli  uomini?  E  chi  son  egli- 
no per  dar  legge  al  loro  Creatore  ,  e  prescrivergli 
i  mezzi  ,  co'  quali  voleva  loro  applicar  la  sua  gra- 
zia ?  Che  se  in  fine  gli  eran  opposte  le  umane  ra- 
gioni ;  come  un  corpo  in  tanti  luoghi  ?  come  un 
corpo  umano  tutto  intero  in  ispazio  si  angusto?  ri- 
duceva in  polvere  tutte  le  macchine,  che  innalza- 
vansi  contro  Dio  ,  domandando  ,  come  Iddio  con- 
servava la  sua  Unità  nella  Trinità  delle  Persone  ? 
Come  di  niente  aveva  creato  il  cielo,  e  la  terra* 
Come  lo  aveva  fatto  nascere  d'una  Vergine,  come 
lo  aveva  fatto  assoggettare  alla  morte  ?  E  come  ave- 
rebbe  fatti  risuscitare  nel  giorno  estremo  tutti  i 
Fedeli?  Che  pretendeva  la  ragione  umana,  quando 
opponeva  a  Dio  queste  vane  difiìcoltà,  che  da  esso 
distruggevansi  con  un  soffio?  Dicono  che  tutti  i  mi- 
racoli di  Gesucristo  sono  sensibili.  Ma  chi  loro  ha 
ScrK)  aurd  ^gf^Q     (^]js  Gesucrìsto  ha  risoluto  dì  non  farne  altri  ^ 

■vtrtasitKt.  ■'  -^ 

^'"i-  allorché  fu  conceputo  per  opera  dello    Spirito  santo 

nel  seno  d'  una  Vergine  ,  questo  miracolo  maggiore 
dì  tutti  i  a  chi  è  stato  sensibile  ^  ^rrebbe  forse  sa- 
puto  Maria  ciò ,  ch'era  per  portare  nelle  sue  visce- 
re ,  se  /'  angiolo  non  le  avesse  annunziato  il  segreto 
divino  ^  Oliando  la  Divinità  ha  corporalmente  abi- 
tato in  Gesucristo ,  chi  lo  ha  veduto  ,  o  chi  T  ha  com- 
pre so  J  Chi  lo  ved.e  alla  destra  di  suo  Tadre  ,  di 
dove  esercita  sopra  tutto  r  universo  la  sua  ojtnipo- 
tenza^    £'  questo  ciò  y  che  li  ccstrigne  a  torcere y  a 

met- 


L  I  B  R  o     I  T,  tgi 

hìètttre  in  pezzi  ,  a  crocifiggere  l:  parole  del  lorù 
maestro^  Io  non  comprendo ^  dicon  eglino  y  come  egli 
le  possa  eseguite  alla  lettera  ,  Mi  prova»  bene  con 
questa  ragione  ,  che  il  senso  umano  non  sì  accorda 
colla  sapienza  di  Dio  :  io  ne  convengo ,  ne  son  d* 
accordo;  ma  non  sapeva  per  anche  essermi  necessa-- 
rio  il  credere  solo  quello  ,  che  scorgesì  aprendo  gli 
cechi  ,  0  quello  che  può  comprendere  V  umana  ra- 
gione . 

In  fine,  quando  gli  era  detto,  che  questa  mate- 
ria non  fosse  di  conseguenza  ,  e  non  meritasse  la 
fatica  dì  romper  la  pace  :  chi  costrinse  dunque  Car^ 
lostadio  a  cominciare  il  litigio  P  chi  violefìtò  a  scri- 
vere Zuinglio  ed  Ecolampadio  ì  maledetta  eterna- 
mente la  face.,  che  in pregiudìcio  della  verità  e  fat- 
ta  .  Con  tali  ragionamend  chiudeva  sovente  la  hoc-  n\d, 
ca  a'  Zuingliani  .  Bisogna  confes5are,  ch'egli  avea 
molta  forza  nell'intelletto  :  nulla  mancavagli  ,  ss 
non  la  regola,  che  non  si  può  mai  avere,  che  nel- 
la chiesa  ,  e  sotto  il  giogo  di  una  legittima  auto- 
rità. Se  Lutero  si  fosse  contenuto  sotto  questo  gio- 
go SI  necessario  ad  ogni  sorta  d'ingegno,  e  in  isp':*- 
zialità  ad  ingegni,  come  il  suo,  fervidi  e  impetuo- 
si ,  avrebbe  potuto  togliere  da' suoi  discorsi  i  suoi 
trasporti,  le  sue  bufifonerie,  la  sua  brutal  arrogan- 
za, i  suoi  eccessi,  o  per  dir  meglio,  le  sue  stra- 
vaganze ',  e  la  forza  ,  colla  quale  maneggia  molte 
verità,  non  avrebbe  servito  alla  seduzione.  Vedesi 
perciò  ancora  invincibile  ,  quando  tratta  de'  dogmi 
antichi,  che  aveva  presi  nel  seno  della  chiesa;  m» 
l'orgoglio  seguiva  davvicino  le  sue  vittorie  .   Quest' 

uomo 


9^  Variazioni 

uomo  tanto  si  compiacque    di  aver  combattuto  coi^ 

tanta  forza    per    il   senso  proprio    e   letterale  delle 

parole  di  nostro  .Signore,   che  non  potè  impedire  a 

Ef.tf.th.  sQstcsso  il  darsene  il  vanto:  iVnpistì  medesimi^  ei 

*f.  Hospln. 

3.  part.  ad  dice  ,  so>JO  costrcttt  a  darmi  la  lode  dì  aver  difesa. 

la  dottrina  del  se  fiso  letterale    assai  meglio  di  essi  . 

Ed  in  fatti  ,   son  sicuro  ,    che  qua;ido  tutti  insieme 
fossero  stati  ridotti  in  uno  ,   non    la  potrebbono  mai 

sostenere  con  tanta  forza ,  con  quanta  io  faccio . 
r  Zuin-  XXXI.  Ei  s'ingannava  ;  perchè  quantunque  ben 
vano'aTu-  dostrasse  ,  esser  necessario  difendere  il  senso  let- 
CaTtou'ct  'tsrale,  non  aveva  saputo  prenderlo  in  tutta  la  pro- 
intendono  p^j^  semplicità",  6  ì  difensori  del  senso  figurato  gii 
esso  il  senio  facevano  vedere  ,    che    s'era   necessario    seguire  il 

letterilc  . 

senso  letterale,  la  Transustanziazione  aveva  la  vit- 
toria. 

Tanto  dimostravano  con  ogni  chiarezza  Zuinglio, 
e  i  difensori  tutti  in  generale  del  senso  figurato  ^ 
Hosfin.  dd  Osservano  che  Gesucristo  non  ha  detto  :  il  mio  cor- 
0'in,  tii-j.  ^^  ^  ^^y^  ovvero,  ;/  mio  corpo  e  sotto  questa  cosa^ 
con  questa  cosa  :  oppure  :  questo  contiene  il  mio  cor- 
po'^ ma  semplicemente:  questo  è  il  mìo  corpo.  Co- 
sì ciò  eh' ei  vuol  dare  a' suoi  Fedeli,  non  è  una  so- 
stanza, che  contenga  il  suo  corpo  ,  o  lo  accompa- 
gni, ma  il  suo  corpo  senz' altra  sostanza  straniera. 
Non  ha  detto  nemmeno  :  questo  pane  e  il  mio  cor- 
po,  eh' è  l'altra  spiegazione  di  Luterò  ;  ma  disse: 
questo  è  il  mio  corpo  ,  con  un  termine  indefinito  , 
per  mostrare  che  la  sostanza  da  esso  data  ,  non  è 
più  pane,  ma  il  suo  corpo. 

E  quando  Lutero  spiegava  :   questa  è  il  mio  cor- 
po; 


L  r  B  R  o    II.  3f 

pò  ;  cioè  :  qufsto  ppne  e  il  mìo  corpo  reétìmentf  e 
sinzn  figura  i  distruggeva,  senza  pensarvi,  la  pro- 
pria dottrina.  Perchè  si  può  dir  colla  chiesa,  che 
il  pane  diventa  il  corpo,  nello  stesso  senso  ,  in  cui 
s.  Giovanni  ha  detto,  che  l'acqua  fu  fatta  vino  nel-  jo^n,  li.», 
le  nozze  di  Cana  in  Galilea,  cioè  coi  cambiamento 
delTun  nell'altro.  Si  può  anche  dire,  che  ciò  ch'è 
pane  in  apparenza  ,  è  in  elfetco  il  corpo  di  nostro 
'Signore  \  ma  che  vero  pane  restando  tale  ^  fosse  nel- 
lo stesso  tempo  il  vero  corpo  di  nostro  Signore  , 
come  lo  pretendeva  Lutero  ,  i  difensori  del  senso 
figurato  gli  sostenevano  non  men  che  i  Cattolici  , 
essere  un  discorso  che  non  ha  senso,  e  conclude-^ 
vano  che  fosse  necessario  ammettere  o  con  esso  lo- 
ro un  semplice  camhiamento  morale,  o  il  cambia- 
mento di   sostanza  coi  Papisti. 

XXXII.    Beza    perciò    sostiene    a'  Luterani    nella  ,^"*  P;"''F 

U   mede?!-, 

conferenza  di  Mombeliard  ,    che    delle   due  spiega- ,"'*  v*^''"'»' 
zioni  j  che  al  senso  letterale  si  arrestano  ,    cioè  di 
quella  de' Cattolici ,  e  di  quella  de' Luterani ,  quella 
de*  Cattolici  men  si  allontana  dalle  parole  dell' tst'itu- 
zìon  della  cena  j  quando  parola  per  parola  si  voglia- 
no esporre  .  Con  questa  ragione  lo  prova.    Dicono  ì    conftr.  5'. 
Transustanziatori ,   che  per  la  virtù  di  queste  paro-  ^^'ll'/^^L\ 
le  divine ,  ciò  che  prima  era  pane ,  avendo  cambia-        _    *    ' 
to  sostanza ,    diventa  subito  il  corpo  stesso  di  Gesù- 
cristo  ,   affinchè  in  questa  maniera   possa  esser  vera 
la  proposizione  :    questo  è  il  mio  corpo  .•    dove  che 
r  esposizione  de'  Consustanzìntori  dicendo  ,   che  que- 
ste parole  :    questo  è  il  mio  corpo  ,    significano ,   il 
mio  corpo  è  essenzialmente  dentro  ^  con  3  0  sotto  que- 
sta 


91  VARIAZIONI 

tto  pane  i  non  dichiara  cosa  sia  quello ,  chi  il  pani 
e  dive  fiuto  ,  e  che  cosa  sìa  quello  ,  eh' è  il  corpo  , 
ma  solamente  ove  egli  e  . 

Questa  ragione  è  semplice,  e  intelligibile  .  Perch* 
è  cosa  chiara  che  Gesucrìsco  avendo  preso  del  pa- 
ne per  farne  qualche  cosa,  ha  doTuto  raanifestarcì 
qual  cosa  ha  voluto  farne:  e  non  è  men  evidente, 
che  questo  pane  sia  divenuto  cièche  ha  voluto  far- 
ne l'Onnipotente.  Ora  le  sue  parole  fanno  vedere» 
che  ha  voluto  farne  il  suo  corpo,  di  qualunque  ma- 
niera intender  si  possano,  perchè  ha  detto:  questo 
e  il  mio  corpo  .  Se  dunque  il  pane  non  è  divenuto»- 
il  suo  corpo  in  figura  ,  Io  è  divenuto  in  effetto;  e 
non  si  può  lasciar  di  ammettere  o  il  cambiamento 
in  figura,  o  il  cambiamento  in  sostanza. 

Così  non  ascoltando  semplicemente,  che  la  paro- 
la di  Gesucristo,    bisogna  passare  alla  dottrina  del- 

lild.  la  chiesa;  e  Beza  ha  ragione  di  dire,  ch'ella  rac- 
chiude inconveiliente  minore  ,  quanto  al  modo  dì 
parlare  y  che  quella  de' Luterani,  cioè,  che  il  sen- 
so letterale  sia  meglio  da  essa  salvato. 

Tutto  un      XXXIII.  Calvino  conferma  sovente    la  medesimi 

Sinodo  a£ 

Zuingiiani  vcrìtà ,    c  per  non  arrestarci  al  sentimento  de'par- 

ha  stabilita     .... 

la  stessa  ve-  ticolari  ,    tutto  il  sinodo  de'  Zuingliani    l'ha  cono* 

rità  ili  Po- 
ionia,  sciuto  . 

ibìd.instit.     Q''e5to  sinodo  è  quello  di  Czenger,  città  di  Po- 

/.•t.  ^.  c^i7.  ipnja       riferito  nella  raccolta  di  Ginevra  .    Questo 

sinodo  ,   dopo  aver  rigettata  la  Transustanziazione 

Syn.Cx.tn-  .      .  .        . 

gtr.  tit.  de  Taputtca^  mostra  che  la  Consustanziazione  Lutera- 

s^Kt.Ctn,  na  non  può  sostenersi,  perchè  rowf  la  verga  dì  Mo- 

sè  non  é  stata  serpente  senza   Transustanziazione , 

e  V 


L  1  E  R  o      1 1.  95 

t  r  acqua  non  e  stata  sangue  in  Egitto  ^  ne  vino  nel- 
le nozze  di  Cana  senza  cambiamento  :   così  il  pane 
della  cena  non  può   essere  sostanzialmente  il   corpo 
di  Cristo ,  se  non  e  cambiato  nella  sua  carne ,  ptr-    * 
dendo  la  forma  e  la  sostanza  di  pane . 

II  buon  discernimento  ha  dettata  questa  decisio- 
ne. In  fatti  j  il  pane  restando  pane  non  può  essere 
il  corpo  di  nostro  Signore  ,  come  la  verga  restan- 
do verga  non  può  esser  serpente  ,  o  Come  l'acqua 
restando  acqua  non  può  essere  sangue  in  Egitto  , 
né  vino  nelle  nozze  di  Cana.  Se  dunque  ciò  ch'er» 
pane  diventa  il  corpo  di  nostro  Signore  ;  o  lo  di- 
venta in  figura  con  mistico  cambiamento  giusta  la 
dottrina  di  Zuinglio  ,  o  Io  diventa  in  efretto  con 
un  cambiamento  reale,  come  da' Cattolici  è  detto. 

XXXIV.    Così  Lutero  ,    che    si    gloriava  di  aver      ^.^^^^^^ 
egli  solo  meglio  difeso  il  sen^o  letterale,  che  '^"'^'^i  ^'e"  u  fo"- 
i  Teologi  della  Cattolica  chiesa  ,    era  molto  lonta-  ^^  '^'^  i"^- 

°  Ete   parol;  a 

no  dal  suo  conto  ,    poiché  non  aveva  neppure  com- £«fJto  f  '■!■ 

r/i:o   Ceri  8  . 

preso  il  vero  fondamento,  che  fa,  che  noi  ci  appi- 
gliamo  a  questo  senso,    né  intesa  U  natura  di  que- 
ste proposizioni,    che  producono  ciò  ch'enunciano. 
Gesucristo  dice  ad  un  uomo:    tuo  figliuolo  e  vivo  :  Jo.iKìo.^t. 
Gesucristo  dice  ad  una  donna  :    tu  sei  guarita  dal-   Lut.xiu . 
la  tua  infermità:  parlando,  fi  ciò  che  dice:  la  na- 
tura ubbidisce;  le  cose  si  cambiano  ;  gl'interrni  di- 
ventano sani .    Ma  le  parole  ,  dove  non  trattasi  che 
di  cose  accidentali,  come  sono  la  sanità,  e  la  ma- 
lattia,   non  producono  parimente  ,    che   accidentali 
mutazioni  .    Qui  dove  trattasi  di  sostanza  ,    polche        :        ,^ 
Gesucristo  ha  detto  :    questo    è  il  n,\o  corpo  \    que- 
sto. 


9Ì  Variazioni 

sto  è  il  mìo  sangue  ;  il  cambiamento  è  sostanzia!*  ,* 
e  con  effetto  tanto  reale  3  quanto  stupendo ,  "'la  so- 
stanza del  pane  e  del  vino  è  cambiata  nella  sot- 
stanza  del  corpo  è  del  sangue  »  Per  conseguenza 
allorclic  si  segue  II  senso  letterale  Z  non  si  dee  cre- 
dere solamente ,  che  il  corpo  di  Gesucristo  sia  nel 
mlitefioj  ma  ancora  j  ch'ei  ne  sia  tutta  la  sostan- 
za: ed  a  questo  ci  conducono  le  parole  medesime  j 
poiché  Gesucristo  non  ha  detto:  il  mìo  corpo  e  qui'., 
o  :  questo  contiene  il  mìo  corpo  ;  ma  :  questo  è  il  mìo 
corpo  :  e  nemmeno  ha  voluto  dire  :  questo  pane  e 
il  mio  corpo  \  ma  questo  indefinitamente:  e  comey 
se  avesse  detto  allorché  ha  cambiato  Tacqua  in  vi- 
no :  quello  che  vi  sarà  dato  a  bere  3  e  vino ,  non 
dovrebbesi  intendere,  ch'egli  avesse  conservato  in- 
sieme e  l'acqua  e  il  vino,  ma  che  avesse  cambiata 
l'acqua  in  vino",  così  quando  pronunzia,  che  quan- 
to ei  presenta  e  il  suo  corpo,  non  si  dee  in  conto 
alcuno  intendere  ,  eh'  ei  mescoli  il  suo  corpo  coi 
pane  ,  ma  eh'  ei  cambi  effettivamente  il  pane  nel 
suo  corpo .  Ecco  dove  ci  guidava  il  senso  lettera- 
le 3  eziandio  per  confessione  de' Zuingliani  ,  eh'  è  • 
quanto  non  aveva  mai  potuto  intender  Lutero. 
I  Sagri-      XXXV.  Per  non  averlo  inteso  ,   il    gran  difcnsor 

memarj  ,  i  -  .   v    . 

provavano  del'  senso  letterale  cadeva  per  necessita  in  una  spe- 

a    Lutero  ,     ,       ,.  ^  ^  1.1 

ch'egli  »m-  eie  di  senso  hgurato.    Secondo  il  suo  parere  :   que, 
"!u  %*ccie  sto  e  il  mio  corpo y  voleva  significare  ,   questo  pane 
gùrrto'"  ^'  contiene  il  mio  corpo,  ovvero,  questo  pane  è  uni- 
to col  mio  corpo  ;  e  con  questo  mezzo  i  Zuinglia- 

Vìd.Hosp.  ,  .  . 

a.  p-rf.       Ili  lo  costrignevano  a  riconoscere    in  questa  espres- 
sione la  figura   grammaticale  ,   che   mette  ciò   che 
■^  "  con- 


•     L  I  B  R  o     II»  95 

"contiene  per  quello  eh'  è  contenuto  ,  o  la  parte 
pel  tutto  .  Poi  lo  strignevano  in  questa  maniera  : 
Se  è  permesso  a  voi  il  riconoscere  nelle  parole  dell' 
istituzione  la  figura  3  che  mette  la  parte  pel  tutto  j 
perchè  volete  impedir  noi  di  conoscervi  la  figura  , 
che  per  il  segno  mette  la  cosa  ?  figura  per  figura; 
la  metonimia,  che  noi  riceviamo,  vai  quanto  la  si- 
neddoche ^  che  voi  ammettete»  Questi  signori  era- 
no gramnaaticij  ed  umanisti»  Tutt' i  loro  libri  fu- 
rono ben  presto  ripieni"  della  sineddoche  di  Lute- 
ro,  e  della  metonimia  di  Zulnglio  :  era  necessarios 
che  i  Protestanti  prendessero  partito  fra  queste  due 
figure  rettoriche;  e  restava  per  cosa  Infallibile,  che 
non  vi  erano  se  non  i  Cattolici  3  i  quali  egualmente 
dall'una  e  dall'altra  lontani  j  e  non  conoscendo  nell' 
Eucaristia  né  il  pane,  né  semplice  segno,  stabilis- 
sero puramente  ii  senso  letterale*, 

XXXVI.  Qui  si  vedea  la  differenza ,   che  trovasi    Differenza' 
fra  le  dottrine  ,    le    quali  da  autori  privati  sono  di  trina  in- 

,  ,  III  I  ventati ,  e 

nuovo  introdotte,  e  quelle  che  vengono  naturalmen-  fra  la  dot. 
tCo  II  cambiamento  di  sostanze  avea  riem.piuto  co-  vùta  per 
me  da  se  stésso  l'oriente    e  T  occidente  ,    entran-  n".     '^" 
do  in  tutti  gli  animi  colie  parole  di    nostro  Signo- 
re 5   senza  mai  cagionare  alcuna  perturbazione  ^   e 
senz'esser  mai  stati  tacciati  dalla  chiesa  come   no- 
vatori coloro  ,    che  lo  hanno  creduto  .    Quando  fa 
contrastato j    e  tentossi  torcere  il  senso  letterale  , 
con  cui  era  passato  per  tutta  la  terra ,  non  solo  la 
chiesa  è  restata  costante  ,   ma  si  son  anche  veduti 
i  di  lei  avversar]  combatter  per  essa,  combattendo 
fra  loro.  Lutero  ed  i  suoi  seguaci  provavano  invìn- 

cibil- 


/ 


.p6  VARIAZIONI 

.cibilmente  ,  ch'era  necessario  ritenere  il  senso  let- 
terale i  Zuinglio  ed  i  suoi  non  provavano  con  mi- 
nor forza,  che  non  poteva  essere  ritenuto  senza  il 
cambiamento  della  sostanza  :  così  non  si  accorda- 
vano j  che  nel  provar  gli  uni  agli  altri  ,  che  la 
chiesa  da  essi  lasciata  ,  avea  maggior  ragione  che 
ognuno  di  essi  ,  A  cagione  di  certa  forza  ,  ond'  è 
munita  la  verità,  tutti  coloro,  che  l'abbandonava- 
no, ne  conservavano  qualche  cosa ,  e  la  chiesa,  che 
conservava  il  tutto  ,  avea  la  vittoria  . 

CatroHco°è      XXXVII.  Scgue  da  tutto  ciò  con  chiarezza  ,  che 

te'tr^ù"'  l'interpretazione  de' Cattolici  ,    i  quali   ammettono. 

natutaie .  j^^  mutazion  di  Sostanza,  è  la  più  semplice,  e  più 
naturale  ,  e  perchè  è  seguita  dal  maggior  numero 
de' Cristiani ,  e  perchè  de'  due,  che  la  combattono 
in  differenti  m.aniere,  l'uno,  eh' è  Lutero,  non  vi 
si  oppone  se  non  per  ispirito  di  contraddizione  ,  e 
per  dispetto  della  chiesa  i  e  l'altro,  eh' è  Zuinglio, 
concede,  che  s'è  d'uopo  ricevere  eoa  Lutero  il 
senso  letterale,  è  d'uopo  anche  ricevere  co' Catto- 
lici la  mutazion  di  sostanza. 

XXXVIII.    I    Luterani    una  volta  impegnati  nelt* 

Quistione:  errore,  vi  si  son  poi  stabiliti  con    questa  ragione  ', 

se   il  Sacra- 
mento sia     che  il  togliere ,  come  noi  facciamo ,  la  sostanza  del 

distrutto  X  ,. 

nella  Tran-  pane  6  del  vino,    6  un  distruggere   il  sacramento  . 

sustanzia-       ,  ,.  .  ,  ,  , .  t  ■    e 

zioiie.  Mi  trovo  in  obbligo  di  dire  ,  non  aver  ritrovata  que- 
sta ragione  in  veruno  degli  scritti  di  Lutero  ;  ed 
in  fatti  è  troppo  debole  ,  e  troppo  lontana  per  ve- 
nire a  prima  giunta  nell'intelletto  :  perchè  si  sa  , 
che  un  sacramento,  cioè  un  segno,  consiste  in  ciò 
che  apparisce,  e  non  nel  fondo,    o  nella  sostanza  . 

Non 


Libro     II,"  97 

Noii  fu  necessaiio  il  far  vedere  a  Faraone  sette 
vacche  e  sette  spighe  elFective  ,  per  esprimergli  la  Ccn,  xli. 
fertilità,  o  sterilità  di  sett'ar.ni  :  l'immagine  che 
se  ne  formò  nel  suo  animo  a  questo  fine,  fu  suflì- 
cientissima.  E  s'è  d'uopo  venire  a  cose,  che  sie- 
no  state  vedute  cogli  occhia  affinchè  la  colomba  ci 
rappresentasse  lo  Spirito  santo ;,  e  con  tutta  Ja  sua 
mansuetudine  il  casto  amore  ,  ch'egli  inspira  all' 
anime  sante,  poco  importava,  che  una  vera  colom- 
ba scendesse  visibilmente  sopra  Gesucristo ',  basta- 
va ch'ella  ne  avesse  tutto  l'esteriore:  così,  affin-  /', 
che  l'Eucaristia  ci  mostrasse  ,  che  Gesucristo  era  '■ 
nostro  pane  e  nostra  bevanda  ,  era  sufficiente  ,  che 
i  caratteri  di  questi  alimenti  ed  i  loro  effetti  or- 
dinar) fossero  conservati;  in  somma,  bastava,  che 
nulla  vi  fosse  cambiato  rispetto  a'  sensi.  Ne'  segni 
d'istituzione  ,  ciò  che  ne  dimostra  la  forza  ,  è  1* 
intenzion  dichiarata  dalla  parola  dell'  Istitutore  ;  ora 
dicendo  sopra  il  pane:  questo  è  il  mìo  corpo ^  e  so- 
pra il  vino  :  questo  è  il  mio  sangue  ;  e  facendosi 
vedere  in  virtù  di  queste  divine  parole  attualmen- 
te vestito  di  tutte  le  apparenze  del  pane  e  del  vi- 
no ,  fa  vedere  assai  chiaramente  ,  ch'egli  è  vera-  '^  ' 
mente  cibo  ,  egli  che  ne  ha  presa  la  somiglianza  , 
e  ci  apparisce  sotto  questa  forma.  Che  s'è  neces- 
swio  del  vero  pane  e  del  vero  vino ,  affinchè  reale 
sia  il  sacramento  ,  vero  pane  e  vero  vino  sono  quel- 
li,  che  si  consacrano,  e  de'  quali  consacrandoli  si 
fanno  il  vero  corpo  e  il  vero  sangue  del  Salvato- 
re .  Il  cambiamento  ,  che  vi  si  fa  nell'interiore  , 
senz'essere  l'esteriore  cambiato,  è  anche  una  par- 
Bcssuet  Opere  T.  I.  G  te 


^  Variazioni 

te  del  sacramento  j  cioè  del  segno  sacro;  perchè  il 
cambiamento  divenuto  sensibile  per  la  parola,  ci  fa 
vedere  ,   che    per  la    parola  di  GesiicrisLo  operante 
dentro  il  Cristiano,  esso  dev'essere  con   tutta  reali- 
tà, benché  d'altra  maniera,  al  didentro  ca-nhiato» 
non  ritenendo  che  l'esteriore  dell'uomo  volgare. 
Come  i        XXXIX.  Con  questo  restano    dichiarati   i  passi  , 
u°7tdlvil  ^^'  quali  l'Eucaristia   è    nominata  pane  anche  dopo 
«o  rrsm'c    la  consacrazione .  E  questa  difficolta  è' risoluta  con 
neu'  Elica- Qgni  chiarezza  dalla  regola  de'cambianìenti ,  e  dal- 

nstia  :   due      °  "^  ^ 

tegole trat-- fa  regola  delle  apparenze.  Dalla  regola  de'  cambia- 
te dalla 
scrittnra.    menti:  il  pane  divcnuta'corpo  è  nominato  pane  ,  co- 

Extd.vii.  nie  nell'Esodo  la  verga'  divenuta  serpente  è  no- 
**"  "•  minata  verga,  e  Tacqua  divenuta  sangue  è  nominata, 
acqua.  Mettonsi  in  uso  queste  espressioni  per  dac 
a  vedere  insieme  e  la  cosa  5  ch'è  stata,  e  la  ma- 
teria, ch'è  stata  adoperata  per  farla.  Dalla  regola- 
delie  apparenze,  come  nel  vecchio  e  nuovo  Testa- 
mento gli  angioli  ,  che  apparivano  in  figura  uma- 
na ,  sono  nominati  insieme  ed  angioli  ,  perchè  lo 
sono,  ed  uomini,  perchè  Io  appariscono  ^  così  l'Eu- 
caristia sarà  chiamata  e  corpo,  perchè  lo  è,  e  pa- 
ne, perchè  lo  apparisce  ,  Che  se  Tuna  di  queste 
ragioni  è  bastante  per  conservarle  il  nome  di  pane 
senza  pregiudicare  ai  cambiamento,-  il  concorso  di 
arncndue  sarà  molto  più  forte  .  E  non  dee  cader  in 
pensiero  ,  esservi  alcun  imbarazzo  nel  discernere 
la  verità  fra  queste  differenti  espressioni  :  perchè 
alla  fine,  quando  la  sacra  Scrittura  ci  spiega  la  stes- 
sa cosa  con  espressioni  diverse  ,  per  togliere  ogni 
sorti  d'ambiguità,  vi  è  sempre  il  luogo  principale, 

cui 


L   I  E  R  O      II.  99 

^ui  debbono  ridursi  gli  altri ,  ed  in  cm  seno  espres- 
se le  cose,  quali  esse  sono  in  termini  chiaramente 
distinti  .  Se  gli  angioli  in  alcuni  luoghi  sono  chia- 
maci uomini,  vi  sarà  un  luogo  ,  in  cui  si  vedrà  chia- 
ramente ,  che  sono  angioli  .  Se  il  sangue  ,  ed  il 
serpente  sono  denominati  acqua ,  e  verga  3  trove- 
rete il  luogo  principale  ,  in  cui  sarà  espresso  il 
cambiamento;  e  con  questo  sarà  necessario  decider 
la  cosa.  Qual  sarà  il  luogo  principale,  onde  giudi- 
cheremo dell'Eucaristia  ,  se  non  quello  dell'istitu- 
zione» in  cui  Gesucristo  la  fa  essere  ciò,  ch'ella  è? 
Così  quando  vorremo  nominarla  per  relazione  a  quel- 
lo, eh' è  stata,  ed  a  quello  ch'ella  apparisce  j  po- 
tremo nominarla  pane  e  vino  ;  ma  quando  vorremo 
nominarla  da  ciò ,  ch'ella  e  in  se  stessa  ,  ella  non  avrà 
altro  nome  ,  che  quello  di  corpo  e  di  sangue  ',  e 
Questo  è  quello,  per  cui  dovrà  essere  definita,  poi- 
ché mai  non  può  essere  se  non  ciò,  ch'ella  è  fatta 
dalle  parole  onnipotenti  3  che  le  danno  l'essere.  Lu- 
te'rani  e  Zuingliani  ,  voi  spiegate  conerà  1'  essere 
naturale  il  luogo  princip.-^Ie  per  via  degli  altri ,  ed- 
uscendo  e  gli  uni  e  gli  altri  di  regola  ,  vi  allonta- 
nate anche  più  gli  uni  dagli  altri  di  quello  che  vi 
siate  allontanati  dalla  chiesa,  il  che  principalmente 
era  vostra  intenzione.  La  chiesa,  che  segue  l'or- 
dine naturale,  e  che  riduce  tutc'i  passi,  ne'  quali 
parlasi  dell"  Eucaristia  a  quello  ,  che  fuori  d'  ogni 
contra:sto  è  il  principale,  ed  il  fondamento  di  tutti 
gli  altri,  tiene  laverà  chiave  delmisterio,  e  trion- 
fa non  solo  degli  uni  e  degli  altri  ,  ma  ancora  de- 
gli uni  per  gii  altri.  Vt/.  ■  * 

G    a  XL. 


\ 


too  Variazioni 

lu:erc  sbi-      XL.  In  fatti,  nel  tempo  di  queste  Sacramentarie 

gettito  a 

cagione  di  contese,  coloro,  che  si  diceano  riformati,  malgra- 

queste  di-  I  li  1         • 

sputt:  ed    do  I  interesse  comune,  che  alle  volte  in  apparenza 

il    EU"    sbi-      ...  .     e  e  .  .v 

gottimento  gli  univa  ,   SI    tacfrano  tra  essi  una  guerra  più  cru- 
da^ Mda°i-  dele  di  quella  ,    che  faceano  coiitra  la   chiesa  stes- 
'°"^  ■         sa,  chiamandosi  vicendevolmente  furiosi,  arrabbia- 
ti, schiavi  di  satanasso,  più  nemici  della  verità,  e 
delle  membra  di  Gt^sucristo ,  che  il  Papa  stesso",  il 
che  per  essi,  e  secondo  essi,  era  un  dit  tutto. 
Litth.  ad      Intanto  l'autorità  ,   che  Lutero  volea  conservare 

Jac.-   Pr^p.  ...  •     J-     1     • 

£rem.H.sp.  nella  nuova  rirormi  ,    eh  era    insorta  sotto  i  di  lui 

Con/.'  Z!<- Stendardi ,  si  avviliva.  Egli  era  trafitto  di  dolore  ; 

^adLuth,     e  l'alterigia,    ch'egli  mostrava  nell'esteriore,    non 
'''^'  impediva  l'oppressione,  sotto  la  quale  nel  cuore  lan- 

guiva :  ansi ,  quanto  più  altero  ,  tanto  più  gli  era 
insoffribile  l'essere  disprezzato  in  un  partito  ,  di 
cui  voleva  essere  il  solo  capo  .  La  perturbazione, 
ch'ei  ne  soffriva,  giunse  a  turbar  Melantone  .  Lu- 
Lib.    TV.  tcro ,    ei  dice  ,    mi  cagiona  strane  perturbazioni  col 

fl'm'fj.'.r'^'^  ^u»go  bagnarsi  meco  di  sue  afflizioni .  £'  abbattuto, 
e  sfigurato  a  cagione  degli  scritti ,  che  non  trovansì 
degni  dì  disprezzo.  Isella  canpassion  che  ho  di  es^ 
so  ,'  mi  sento  afflitto  in  estrer/io  della  perturbazione 
universale  della  chiesa  .  Il  volgo  incerto  si  divide 
in  sentimenti  contrari  ,  e  se  Gesucristo  non  avesse 
promesso  di  esser  con  noi  sino  alla  consumazione  de 
secoli  ,  temerei  che  la  religione  non  restasse  adatto 
da  queste  dissensioni  distrutta^  perchè  non  vi  è  co- 
sa più  vera  della  sentenza  ,  la  quale  dice  ,  che  a. 
cagione  di  troppe  dispute  la  verità  da  noi  fugge . 
Lutero  in-      XLL  Strana  agitazione  d'  un  uomo  ,   che  aspetta- 

s  Ci- Il  a    i'  u. 

bjquui.  '^'^si 


L  I  ì:  R  o     li.    '  ^3t 

■Vasi  iì  veder  riparata  la  chiesa,  e  la  vede  in  pio- 
cinto  dì  cadere  a  cagione  de'  mezzi ,  ch'erano  stati 
presi  per  il  suo  ristabilimento  !  Qual  consolazione 
potea  trovare  nelle  promesse  di  Gesucristo  a  noi 
fatte,  di  esser  sempre  con  noi?  A* Cattolici  appar- 
tiene il  nudrirsi  con  questa  fede  ,  mentre  credono 
non  poter  la  chiesa  esser  mai  vinta  dall'  errore  , 
per  quanto  esser  possa  violento  l'attacco,  ed  in  ef- 
fetto l'hanno  sempre  trovata,  invincibile.  Ma  come 
è  possibile  il  potersi  appigliare  a  questa  promessa 
nella  nuova  riforma  ,  il  cui  principal  fondamento  , 
quando  entrò  in  discordia  colla  chiesa  ,  era  ,  che 
Gesucristo  l'avesse  abbandonata  a  segno  tale,  che 
r  avea  lasciata  cadere  nell'idolatria?  Nel  rimanen- 
te, benché  sia  vero,  che  resti  sempre  la  verità 
nella  chiesa  ,  e  tanto  più  vi  resti  purgata  ,  quanto 
più  elU  è  violentemente  assalita  ,  Melantone  avea 
ragion  di  pensare  ,  che  a  forza  di  metterla  in  di- 
sputa ella  fuggisse  ai  privati.  Non  vi  era  errore 
sì  prodigioso  ,  in  cui  l' ardor  della  disputa  non 
istrascinasse  l'animo  violento  di  Lutero,  Ella  fe- 
ce, ch'egli  abbracciasse  l'opinione  mostruosa  deli' 
ubiquità.  Ecco  il  ragionamento,  col  quale  sostenea 
sì  strano  errore .  L' umanità  di  nostro  Signore  è 
unita  alla  divinità;  dunque  l'umanità  è  in  ogni 
luogo,  com'è  la  divinità.  Gesucristo  come  uomo 
è  assiso  alla  destra  di  Dio  ;  la  destra  di  Dio  è  in 
ogni  luogo  i  dunque  Gesucristo  come  uomo  è  in 
ogni  luogo  .  Come  uomo  era  ne'  cieli  prima  di  es- 
servi salito;  ed  era  nel  sepolcro,  quando  gli  an- 
gioli dissero,  che  più  non  vi  era.  I  ZuingJiani  ecce- 

G   3  deano 


tot  Variazioni 

deano  col  dire ,  che  Iddio  stesso  non  potea  mette? 

il    corpo   di    Gesucristo   in    più    luoghi.    Lutero   si 

lascia  trasportare  ad  un  altro  eccesso,  e  sostiene, 

che  questo  corpo  era  necessariamente  in  ogni  luo- 

Serr'i.      go.  Ecco  quanto  insegnò  in  un  libro  ,  di  cui  abbia- 

iunt.  T.ì.vtio  di  già  parlato,   tatto  da  esso    i  anno  152.7.    P^r 

{'di.^x!  4.  difendere  il  senso  letterale,  e  quanto  osò    inserire 

jr^'  «r^oM'^    una    confessione  di    fede,   che  pubblicò    l'anno 

à-  i'i'        1528.  sotto  il  titolo  di  gran  confessione  dì  fede. 

Lutero  di-      XLII.  Dice  in  quest'ultimo  libro,  che  poco  im- 

31U0VO, che  portava  II  mettere   o  togliere  il    pane  nell'Eucari- 

fort'a'u'     stia,  ma  ch'era  più  ragionevole  il    riconoscervi  un 

^^o^xi^^e^ \\  pane  carnale,  ed  un  vino  sanguìneo:  panìs  carneus 

mne"*Rol^  ^  iJ/^w/»  sanguìnsum .    Era  questo    un    nuovo   lin- 

za   Teoio-  guaggio ,  col  qual  esprimea  la  nuova  unione  da  esso 

Sto  Dotto-  posta  fra   il  pane  ed  il  corpo .    Sembravano  queste 

ce  :   onde 

Meiantone  parole  aver  la  mira  all'impanazione,   e  sovente  ne 

lezzato.       fuggivano    di  bocca    a  Lutero,    che  più  esprimeano 

di  quello  ch'ei  volea  .    Ma  per  lo  meno  proponcTa- 

no  una    certa    mescolan2a    di  pane    e  di  carne  ,   di 

vino   e  di  sangue  ,    che  davasi    a    conoscere    molto 

rozza,  e  che  si  rese  insoffribile   a  Meiantone  .   Ho 

^^   '^  ^^''  parlato  ,  dice,  a  Lutero  della  meseolanza  del  pane 

«j-8.  e  del   corpo ,    che  sembra   a  molti    uno   stravagante 

paradosso.    Mi  ha  decisivamente   risposto,    che   non 

vi  volea  fare  alcun  cambiamento  ;  ed  io  non  giudico 

bene  entrare  di  nuovo  in  questa  materia .  Cosi  egli 

non    era    del   sentimento   di  Lutero ,    e  non    osava 

contraddirlo. 

Lad-sputa      XLIII.  Intanto  gli  eccessi,  ne*  quali  trascorreasi 

tarja  rovV-  dall'una  e  dall'altra  parte  nella  nuova  riforma,   la 

sere- 


L   I  B   R  O      I  I.  ^03 

«ereditavano  fra  gli  uomini  di  buon  senno.    Questa  ^r'^va  ; 
sola  disputa    rovesciava    il  fondamento   comune  de'  tidciu  n~ 

.  T  r  i      forma  , 

due    partiti  .   Credeano    poter    dar  nne    a    tutte  le 
dispute    coir  unica    Scrittura  ,    nò  voleano    eh'  essa 
per    giudice  ;    e  tutto  il  mondo   vedea  ,   ch'eglino 
disputavano   senza  fine   sulla  Scrittura  ,    ed    anche     • 
sopra    uno  de*    passi ,    che    doveva    essere   de*  più 
chiari  ,   poiché    vi    si    trattava    di    un    testamento . 
Dicevansi  ad  alta  voce  gli    uni  agli  altri  :    tutto  è 
chiaro;  ed  altro  non  ricercasi,    che    aprire  gli   oc- 
chi .  Sopra  questa  evidenza    della  Scrittura  Lutero 
non  trovava  cosa  più  ardita,  né  più  empia,    che  il      -^^   , 
negare  il  senso  letterale;   e  Zuinglio  nulla  trovava 
più  stravagante  e  più  rozzo,  che  il  seguirlo.    Era- 
smo,   ch'eglino  trar  volevano  al  lor  partito,  dicea 
loro  con  tutt'i  Cattolici:   voi  tutti  ve  ne  appellate  ^^^yjjr 
alla  pura    parola    di  Dio,    e  vi  credete  esserne  gì'  '•  x^J^^ 
interpreti  veri?    Accordatevi  dunque  fra  voi  prima  A' am'/.  $». 
di  volere  dar   legge  al  mondo  .    Qualunque  iosse  il 
loro  esteriore  ,   si  arrossivano  di  non  poter  conve- 
nire   insieme,    e    tutti    pensavano    nell'intimo    del 
loro  cuore  ciò  ,   che  Calvino  scrisse  a  Melantone  , 
ch'era    suo   amico.    £'  dì   srand"  importanza  ^    che    f''^,'•,^^ 

°  '  ,     tid  Mei. 

non  passi  a"  secoli  avvenire  alcun  sospetto  delle  di- 
visioni ,  che  sono  fra  noi  ;  perchè  e  cosa  oltre  V  im- 
maginabile degna  di  riso ,  che  dopo  esserci  posti  in 
discordia  con  tutto  il  mondo ,  ci  accordiamo  si  poco 
fra  noi  sin  dal  principio  della  nostra  riforma, 

XLIV.  Filippo  Langravio  d'Assia,  zelantissimo  a     l  Lute- 

lani   pren- 

lavore  del    nuovo  vangelo,    avea    preveduto  questo  dono  l'ar- 
drsordme,  e  sin  da  prim;  anni  del  litigio  avea  proc-  condona 
**  ,,-  '  G     4  cu- 


104  Variazioni 

del  Lan-     cui'ato    Comporre  Je  parti.    Appena  vide    il  partito 

gravio,  che 

conosce       abbastanza  forre,    e  per  altro  minacciato    dalTlm- 

avtr  il  tor-  j    >  i  i 

to  .  paratore ,    e  da    Cattoiici ,    che  cominciò  a   tormar 

disegni  di  lega.  Ben  presto  furono  poste  in  dimen- 

sieìd.Uh.  tlcanza  le  massime  di  Lutero,    il  quale    avea  dato 

IV.  £f. 70,  per  fondamento  alla  sua  riforma  il  non  cercare  al- 
cun aiuto  nell'armi.  Sotto  pretesto  di  un  immagi- 
nario trattato  ,  che  dlcevasl  essere  stato  ccnchiuso 
fra  Giorgio  duca  di  Sassonia,  e  gli  altri  Principi 
Cattolici  per  lo  sterminio  de'  Luterani  ,  questi 
aveano  prese  l'armi.  L'affare  per  verità  fu  acco- 
modato: il  Langravio  si  contentò  delle  grosse  som- 
me ci  dana}o  ,  che  alcuni  principi  Ecclesiastici  fu- 
rono costretti  a  dargli  per  rifare  i  danni  causatigli 
da  un  armamento,  ch'egli  stesso  conosceva  essere 
stato  fatto  sopra  relazioni  false. 

Melantone^  che  non  approvava  quella  maniera  di 
procedere,  non  trovò  altra  scusa  a  favor  del  Lan- 
gravio, che  iJ  non  aver  egli  voluto  far  apparire 
d'essere  stato  ingannato',  ed  altra  ragione  non  pro- 
ducea  ,  se  non  che  lo  ave'»a  indotto  a  così  operare 
un  cattivo  rossore.    Ma  altri    pensieri    lo    perturba- 

Mel.  Va. 

vano    di  vantaggio.    Era    stato    vanto    del    partito, 
che    il  papato   sarebbe    restato    distrutto  senza  far 
guerra,  e  senza  spargere  sangue  .  Prima  che  il  mo- 
vimento  del  Langravio    nascesse ,    ed    un    po'  dopo 
la  ribeilione  de'  contadini,    Mel^ntone  avea  scritta 
L\h.  UT.  ai   Langravio  stesso,  ch'era  meglio  soffrir  tutto  ^  eh: 
IV.  Ep.  re.  armare  per  sostenere  -a  vangelo.  E  tuttavia  vcdea- 
^^'  si,  che  coloro,  i  quali  tanto  aveano  fatto  sembian- 

te ci' esser  pacifici,  sraiio  i  primi  a  prender  l'armi, 

sopra 


L  I  E  R  o     T I.  •  it*5 

sopra  una  nlazlon  falsa^  come  Melantone  lo  con- 
fessa •  Questo  parimente  fa  ,  ch'egli  aggiunga  :  "'  '  ''' 
quando  io  considero  ,  dì  che  scandalo  e  per  essere 
cartcata  la  buona  causa ,  resto  quasi  oppresso  ciall 
afflizione.  Lutero  da  questi  sentimenti  fu  molto 
lontano.  Ancorché  fosse  indubitabile  in  Alemanna,  i 

e  gli  autori  eziandio  protestanti  ne    sieno  d'accor- 
do ,  che  il  preteso  trattato   di  Giorgio    di  Sassonia 
non  fosse,  che  un'illusione,  Lutero  volle  credere, 
che    fosse  vero;   e  scrisse   molte    lettere,   e  molti 
libelli,    ne'  quali  si  lascia  trasportare   dall'ira  con-  Shu.  ihui, 
tra  quei    Principe   sino  a    dire,    eh  ei    tosse   il  ptu  ;„  Saxek. 
pazzo  di  tutf  i  pazzi  'i  un  Moab  orgoglioso ,  che  sem-  l';.','^.' ^ p' 
pre  prendeva    ad  operare   sopra   le  sue  forze ,   sog-  "f^nc/r^'m, 
giugnendo,    ch'egli    avrebbe   pregato  Lio   contra  di  ^y-^'^.^^f' 
esso.  Dopo  di  che  avvertiva  ì  Vrincìpi    dì  stermi- '^''*- 
nare  tali  genti  ,    che    voleano    veder    sommersa  nel 
sangue  tutta  r ^lemagna:  cioè,  che  per  timore  di 
vederla    in    quello    stato  funesto,  i  Luterani  ve  la 
doveano    mettere  ,     e    cominciare    a    sterminare    i 
Principi,  che  si  opponevano  a'  loro  disegni. 

XLV.  Questo  Giorgio    duca  di    Sassonia  trattato  i'  ""me  dì 

^  ,  .         ,  protestar). 

così  mal  da  Lutero,  era  tanto  contrario  a'  Luterà-  ti.  Confe. 

,,  —,  ,  lenza  di 

ni,  quanto  i  Elettore,    suo  parente,    loro  era  prò- Marpiug, 

.    .  j  r     •  1-  !•  dove  il 

pizio.    Lutero  protetizzava  contra  ai  esso  di  tutta  laii'-ravio 


sua  iorza  senza  considerare  ,  cn  egli  era  della  ta-  j.o  di  con- 
migJia  de'  suoi  signori;  e  vedesi  non  esser  mancato  ^^l'^^-ìrVui 
da  esso,  che  non  fosse  dato  il  compimento  alle '^'''  p'°"- 
sue  profezie  colia  spada  alla  mano  . 

Questo  armamento  de'  Luterani ,    che  avea  fatta     5/^;^^  ^;j_ 
tremare  tutta  l'Alemagna  l'anno  1320:  li  rese  tan-  ^'^' 

to 


io6  Varia  ziont 

•to  superbì»  che  si  credettero  in  istato  di  protesta- 
re apertamente  centra  il  decreto  pubblicato  contri- 
di  essi  l'anno  seguente  nella  dieta  di  Spira,  e  di 
appellarne  all' Imperadore  ,  al  futuro  concilio  gene- 
rale, o  a  quello,  che  si  sarebbe  tenuto  in  Alema- 
gna..  In  questa  occasione  si  unirono  sotto  il  nome 
di  Protestanti  ;  ma  il  Langravio  fra  tutti  di  mag- 
giore avvedimento  e  capacità  ,  come  pur  di  valore, 
concepì  ,  che  la  diversità  de'  sentimenti  sarebbe 
un  ostacolo  eterno  alla  perfetta  unione,  ch'ei  vo- 
le-  stabilir  nel  partito.  Cosi  nello  stesso  anno  del 
Shid.  ih.  decreto  di  Spira,  maneggiò  la  conferenza  di  Mar- 
purgo ,  dove  fece  trovare  tutt'  i  capi  della  nuova 
riforma,  cioè  Lutero,  Osìandro ,  e  Melantone  da 
una  parte,  Zuinglio,  Ecolampadio,  e  Bucero  dall' 
altra,  senza  numerare  gli  altri,  che  sono  men  co- 
nosciuti. Lutero,  e  Zuinglio  parlavano  soli,  per- 
chè di  già  ì  Luterani  non  parlavano  dov'era  Lute- 
ro; e  Melantone  francamente  confessa,  ch'egli,  ed 
L\h.  TV.  i  suoi  compagni  furono  personaggi  muti.  Non  si 
sfìn.àdan,  pcnsò  allora  a  tenersi  a  bada  vicendevolmente  con 
'coiT.Mtirf.  equivoche  spiegazioni,  come  si  fece  di  poi,  L* 
vera  presenza  del  corpo,  e  del  sangue  fu  chiara- 
mente stabilita  da  una  parte,  é  negata  dall'altra. 
S'intese  dalle  due  parti,  che  una  presenza  in  figu- 
ra, ed  una  presenza  per  fede  non  fosse  una  vera 
presenza  di  Gesucristo ,  ma  una  presenza  morale, 
una  presenza  impropriamente  detta,  e  per  meta- 
fora intesa.  Si  convenne  in  apparenza  sopra  tutti 
gli  articoli,  fuorché  sopra  quello  dell'Eucaristia. 
Dico  in  apparenza,  perchè  si  ha  due  lettere  scric- 


Libro     IT.  nvf 

fé   da  Melantone    durante   il  colloquio,   per   darne 
conto  a*  suoi    Principi,   che  in    sostanza  non    s*in- 
rendeano.  Scoprimmo,  dice,  che  ì  nostri  avversar)  Mei.Er.H 
pochissimo  i?7tendeano  la  dottrina  di  Lutero ,  ancor-  xon.  à-  ad 
(Che  procurassero  imitare  il  dt  (ut  linguaggio  ;    cioè  cem  Sax. 
che  si  accordavano  per  compiacenza    ed  in   parole^  L'<tA.  t' 
senza  intendersi  bene  in  eifetto  ',  ed  era  vero ,  che 
Zuinglio  non  avea  mai  compresa   cosa    alcuna  nella 
dottrina  di  Lutero,  né  sopra  i  sacramenti,  né  sopra 
ia  sua  giustizia  imputata.   Furono  anche  accusati  i 
Strasburghesi  e  Bucero,   che    n'era  il    pastore,   di     ^^xV. 
non  aver  buoni  sentimenti,  cioè,  come  intendeasi, 
sentimenti  abbastanza  Luterani  sopra  tale  materia  j 
il  che  poi  si  fece  manifesto  ,  come  ben    presto  ve- 
dremo.   Zuinglio  ed  i  suoi  compagni,    poco    curan-     .  i'     • 
dosi    di    tutte  queste  cose,    ne  diceano  tutto    ciò» 
che  piaceva  a  Lutero;  ed  a  dir   vero  non    avevano 
in    capo,    che    la    quìstione   della  presenzia    reale. 
Quanto  alla    maniera   di  trattare   ie    cose,    Lutero 
parlava    con    fasto,    secondo    il    suo    uso=    Zuinglio 
mostrò  molta  ignoranza  ,  sino  a  domandare  più  vol- 
te :  come  i  sacerdoti    cattivi  poteano  fare    una    cosa  ~^"f"'"  '^« 
sacrai  Ma  Lutero  lo  riprese  di  una  strana  manie- 
ra; e  gli  fece  ben  vedere  coli' esempio   del    batte- 
simo,  ch'ei  non    sapea  ciò,   che  dicesse.   Quando 
Zuinglio  ,  ed  i  suoi  compagni  videro  non  poter  per- 
suadere   il  senso    figurato  a    Lutero,    Io    pregarono 
per  lo  meno  a  volerli  tener  per  fratelli ,   Ma  furo- 
no vivamente  respinti:  rjual  fraternità  ,  disse  Joro  ,    tuth.  Ef, 
mi  domandate    voi ,  se  persistete    nella    vostra   ere-  ',Jf[''£>e. 
denza ^    £'  segno,   che   ne    dubitate,  poiché    volete  '"""•  **''' 

esser 


-IO*  Variazioni 

tsser  fratelli  di  coloro  j  che  la  ricettano .  Ecco  h 
maniera  ,  nella  quale  tcrminossi  la  conferenza . 
Tuttavia  tu  premessa  una  vicendevole  carità.  Lu- 
tero interpretò  questa  carità  per  quella,  eh' ò  do- 
vuta a'  nemici,  e  non  per  quella,  ch'è  dovuta  alle 
persone  della  medesima  comunione.  Fremeano  ^  di- 
ceva, in  vedersi  trattare  da  Eretici.  Si  conven- 
ne tuttavia  di  non  più  scrivere  gli  uni  centra  gli 
altri  ;,  ma  per  dar  loro,  soggiungea  Lutero,  il  tem- 
po dì  ravvedersi . 

Quest'accordo  così  fatto  durò  poco:  per  Io  con- 
trario da'  racconti  differenti ,  che  della  conferenza 
furono  fatti  ,  gli  animi  s'inasprirono  più  che  mai  < 
Lutero  considerò  cerne  artificio  la  proposizione  di 
Jbià.  .  fraternità,  che  gli  fu  fatta  da'Zuingliani ,  e  disse, 
che  satanasso  regnava  di  tal  maniera  in  essi,  che  non 
tra  più  in  lor  potete  il  dir  altro,  che  menzogne,: 


LI- 


i 

Ì09 


rtviv'*i<iimii»i— ■■■^««g*:»™!'   ■" 


iF 


LIBRO       II L     ,  ^    ... 

^HHO  1330. 

-,..  .--, ,  -j  ■■  .     '  ..  '     .    ['.  «  •  -.■■"■' 

ra  queste  disposizioni  preparavasi  ognuno  alla  pomosa  die. 
famosa  dieta  di  Augusta,  già  convocata  da  Carlo  V.  ^^ /'  ^"i'- 

^  '   ''  gusta ,  iiel- 

per  dar  rimedio  alle  perturbazioni    dal  nuovo  van-  i»  1"*'^  le 

confessioni 

gelo    cagionate  in  Alcmagna.  Giunse  l'Imperadore  di  Fede  so. 

no    ptfcsen- 

in  Augusta  il  dì  15.  di  giugno  l'anno  1530.  Questo  tate  aCar- 
t»mpo  è  considerabile  3  perchè  allora  si  videro  com- 
parire per  la  primi  volta  delle  confessioni    di  fede  -  '       ■  -l 
in    forma,    pubblicate  in    nome    di    ogni  partito,   l  :  | 

Luterani  difensori  del  senso  letterale  presentarono 
a  Carlo  V.    la  confessione    di  fede  ,    detta  la  con-   • 
fessione    di  Augusta.    Quattro    città  dell'Imperio  ,      '  ^ 

Strasburgo,  Meminga,  Lindavia ,  e  Costanza,  le  ■"  ^  ; 
quali  difendevano  il  senso  figurato,  diedero  la  loro 
separatamente  all'i^tesso  Principe,  e  fu  nominata 
la  confessione  di  Strasburgo  ,  o  delle  quattro  cit- 
tà. Zuinglio,  che  non  voile  esser  muto  in  occa- 
sione SI  famosa,  benché  non  fosse  del  corpo  dell* 
Imperio ,  mandò  parimente  la  sua  confessione  di 
fede  airimperadore  . 

II.  Melantonc,    il  più  eloquente,    e  il  più  polito    Confessi^. 

^  t^  1  '  r        .  ne    CI  Ait- 

non  meno,  che  il  più  moderato  di   tutt' i  discepoli  si'^ta  stetj 

di   Lutero,    stese  la    confessione  di  Augusta  d' ac- tcncepic- 
setitata  ali* 
cordo  col  suo  maestro  ,  che  si  era  fatto  avvicinare  imperado- 

al  luogo    della  dieta  .    Questa    confessione    di  fede 

fu  presentata  all'lmpciaclore  in  latino,    ed    in  ^'^^- c7nf.'^!:^<[ 

.  .-  manno      ^'^' 


/, 


iio  Variazioni 

manno  il  ci  25.  di  giugno  l'anno  1530.  sottoscritti 
da  Giovanni  eiettore  di  Sassonia,  da  sei  altri  Prin- 
cipi, de'  quali  Filippo  langravio  d'Assia  era  uno 
de'  principali,  e  dalle  città  di  Norimberga  e  di 
Reutlinga  ,  alle  quali  quattro  altre  città  erano  as- 
sociate o  Fu  letta  pubblicamente  nella  dieta  alla 
presenza  dell' Imperadore,  e  sì  convenne  di  non 
ispargerne  senza  suo  ordine  alcuna  copia  rè  mano- 
scritta, né  impressa.  Ne  sono  state  fatte  di  poi 
molte  edizioni  tanto  in  alemanno»  quanto  in  lati- 
no, tutte  con  notabili  differenze»  e  tutto  il  par- 
tito la  ricevette» 
Della  Con-      HI.  Gli  StrasburghesI ,    ed  ì  loro  associati  difen- 

tesiioiie   di  _  .       re     .  .. 

strasburso,  son  del  scnso  tigurato ,  si  oitenrono  di  sottoscnver- 
^uattro       la,    eccettuato  l'articolo  della  cena.    Non  vi  furo- 
BucTrò^chèno  licevuti  :    di  modo    che  composero  la  loro  con- 
ia stese,      fessione  parcicofare,  che  fu  stesa  da  Bucero,- 
chytT.Hist.      Costui  era  un  uomo  assai    dotto,   di  un  ingegner 
pieghevole,   e  più    fertile   in   distinzioni,    che   gli 
Scolastici  più  raffinati  ',    grazioso  predicatore  ,   un 
poco  grave. nel  suo  stile",    ma    ingannava   colla  sua 
statura,  e  col  suono  della  voce.  Era  stato  Dome- 
nicano 3   e  si    era   ammogliato    come  gli    altri,    ed 
anche ,  per  dir  così ,   più  che  gli  altri ,   perchè  es- 
sendo morta  sua  moglie  5    passò  al    secondo,  e  poi 
ai   terzo    matrimonio  ,    I  ss.  Padri    non  ricevevano 
al  sacerdozio    coloro ,    i  quali    essendo    falci    erano 
Stati  ammogliati  due  volte.  Questi  sacerdote  e  re- 
ligioso si    ammoglia  tre    volte    senza    scrupolo   nei 
tempo   del  nuovo    suo  mlnisterio*   Era  questa  una 
raccomandazione  del    partito ,  ed  amavasi  confon- 
dere 


Libro     II  Ì.  mi 

dere  con   questi   esempj    arditi  le    religiose   osscr-. 
vanze  dell'antica  chiesa.  ,     •;  ,    .i;.''.'<j 

Non  apparisce,  che  Bucero  abbia  concertata  co- 
sa, alcuna  con  Zuinglio  :  questi  cogli  Svizzeri  par- 
lava con  franchezza  ;  Bucero  meditava  degli  ac- 
cordi i  e  mai  uomo  alcuno  non  fu  in  equivoci  più 
fecondo , 

Incanto  egli ,  ed  i  suoi  non  poterono  allora  unirsi 
co'  Luterani ,  e  la  nuova  riforma  fece  in  Alema- 
gna  due  corpi  manifestamente  separati  col  mezzo 
dì  differenti  confessioni  di  fede. 

Dopo  avérle  stese  ^  queste  chiese  sembravano' 
aver    presa    la  loro   ultima  forma",    ed   era  tempo,  ■.--•• 

per  lo   meno  allora  ^    di  star    costanti:    ma  per    lo  *     -i 

contrario,  qui  si  mostrano  maggiori  le    variazioni» 

ÌV=  La    confessione    di  Augusta   è  la    più    consi-    Delia  ccn«- 

di  .,       .  .  .  „T  t  5     n       r  fusione    Ai 

erabile  in  ogni  maniera  o   Oltre  eh  ella  fu  presen-  Augusta ,  e 

tata  la  prima  sottoscritta  da  un  maggior    corpo,  e  J,n  /^a«Z 
ricevuta  con  più  cerimonia ^  ha  ancora  questo  van-  ^\''J,\*p  ^^j'^g 
taggio  3    eh'  è  stata   considerata  di    poi  non  solo  da  ^ijto'^ii'"  j. 
Bucero,    e    da  Calvino    stesso    in    particolare ,    ma  ''^•'• 
anche  da  tutto  il  partito  del  senso  figurato   aduna- 
to in    corpo,'  come  un'opera   comune   della   nuova 
riforma 3  come  ciò  che  segue  lo  farà  vedere.  Sicco*-^ 
me.i'Imperadore  la  fece  confutare  da  alcuni  Teoio-r- 
gì  della  Cattoiica*  chiesa,  Melantone  ne  fece  1' apo- 
logia ,    che  poco    dopo  ebbe    da  esso   nuova,  esten- 
sione ,   Del  rimanente    non  dee    considerarsi  quest'  p^*/.  jftu 
apologia  come  opera  privata,  poiché  fu  presentata  Ì",j"  ^"; 
all'lmpcradore    in    nome    di    tutto  il    partito  dagli  i'^'."^-  '^'''• 
scessi,   che  gli   presentarono  .la  confessione   d'Au- 

Su- 


112  Variazioni 

gusta  ,  e  perchè  di  poi  i  Luterani  non  hanno  te- 
nuta alcun' adunanza  per  dichiarare  la  loro  fede, 
nella  quale  non  abbiano  fatto  andar  del  pari  la 
confessione  d'Augusta,  e  l' apologia  j  come  appari- 
sce dagli  atti  dell'adunanza  di  Smalcalda  l'anno 
1537.  e  da  altri . 
X  d'iìr'''  ^'  ^"'  ^-^^^  certa  che  l'intenzione  della  confes- 
contcssione   gjone  d' Augusta  era  di  stabilire    la  presenza   reale 

di  Augusta,  °  ' 

in  cui  tiat-  (Jei  corpo  e  del  sangue,  e  come  dicono  i  Luterani 

tasi  dc!la  *^  .         . 

ceii3,èste-  nel  libro    della  Concordia,    vi    si   voleva  espressa- 

so  in   quat-  .  ^  ^  , 

tro  manie,  mente  rigettare  l  errore  de"  Sacramentarj  ,    che  pre- 
rietà  delle  sentarono    nello   stesso   tempo    in    augusta    la   loro 

due  prime  ,  r       •  •      7  ■»  »       \  i  1        - 

confessione  particolare.  Ma  e  tanto  lontano,  che  \ 
Luterani  tengano  un  linguaggio  uniforme  sopra  tale 
materia  ,    che    per    lo    contrario    si    vede    a    prima 

Coneord.  giunta  l' atticolo  X.  della  loro  confessione  ,  eh' è 
quello,  nel  quale  hanno  intenzione  di  stabilire  la 
realità,  si  vede,  dico,  quest'articolo  X,  steso  in 
quattro  maniere  diverse ,  senza  potersi  quasi  di- 
scernere qual  sia  la  più  autentica,  perchè  tutte  si 
sono  fatte  vedere  in  edizioni,  nelle  quali  erano  i 
contrassegni  delia  pubblica  autorità. 
Di  queste  quattro  maniere  due  ne  veggiamo  nel- 

Confes!.    la    raccolta    di    Ginevra  ,     nella    quale    la    confes- 

Aur.  art.        .  1,     a  •       •  j  h 

X.  Syr.tan-  sionc  Q  Augusta  CI  vien  data  qual  era  stata  un- 
**' '""^'^' pressa  l'anno  1540.  in  Vittemberga  ,  nel  luogo, 
ove  era  nato  il  Luteranismo,  ove  Lutero  e  Me- 
lantone  erano  presenti.  Vi  leggiamo  l'articolo  del- 
la cena  in  due  maniere  i  nella  prima,  ch'è  quel- 
la dell'edizione  di  Vittemberga,  si  dice,  che  col 
pane ,  e  col  vino  il  corpo ,  ed  il  sangue  di  Ge- 
sù- 


•  Libro     III.  113 

sucrìsto  è  verai/icntc  dato  a  coloro ,  che  mangiano 
nella  cena  .  La  seconda  non  parla  più  del  pane  ,  e 
del  A^ino ',  ed  in  questi  termini  si  trova  stesa:  elle- 
no credono  (le  chiese  Protestanti)  che  il  corpo  , 
ed  il  sangue  sono  veramente  distribuiti  a  coloro , 
che  mangiano  ;  e  disapprovano  coloro ,  che  insegnano  j 

r  opposto  .  / 

Ecco  sino  dal  primo  passo  una  varietà  molto 
importante,  poiché  l'ultima  di  quest'espressioni  si 
accorda  colla  dottrina  del  cambiamento  di  sostan- 
za, e  l'altra  sembra  essere  posta  per  combatterla. 
Tuttavia  i  Luterani  non  si  sono  ristretti  fra  questi 
termini;  ed  ancorché  delle  due  maniere  di  enun- 
ciare l'articolo  X.  che  si  veggono  nella  raccolta 
di  Ginevra,  abbiano  seguita  l'ultima  nel  loro  libro 
della  Concordia,  nel  luogo,  in  cui  vi  è  inserita  la 
confessione  di  Augusta  j  si  vede  nuUadimeno  nello  Conf.  A-ég. 
stesso  libro  l'iscesso  articolo  X.  riferito  in  due  ^\--\:h'.  cònc!^ 
tre  maniere  . 

VI.  In  fatti  si  troverà  in  questo  libro  l'apologia     Due  aine 
della  confessione  di  Augusta,    nella  quale  lo  stesso  ond'*' 
Melantone ,    che    l'avea    stesa,   e  che    la  difende  ,  ^ 
trascrive    l'articolo    in  questi    termini:    nella  c<^^^  "'l^àìffs- 
del  Signore  il  corpo ,  e  il  sangue  di  Gesucristo  sono  "^""^'^  • 
•veramente    e   sostanzialmente   presenti,   e   sono    ve-     Apoior, 
ramente  dati    insieme   colli   cose  ,   che  si    veggono , 
ciof  ,  col  pan:  e  col  vino,  a  color»,  che  ricevono  il 
sacramento  . 

In  fine  troviamo  ancora  queste  parole  nello  stes- 
so   libro   delia  Concordia  :    r  articolo    della  cena  e  ^i^'-à.ti'r-t^ 

ce    Ccena 

così  insegnato  dalla  parola  di  Dio  nella   confessione  ■^^"'' 
Bossuet  Opere  T.  L  H  dì 


niaiiiere 

è  ste- 
so ii  niede- 
inio     arti- 


ii4  Variazioni 

di  augusta  :  che  il  vero  corpo  ed  il  vero  sangue , 
dì  Gcsucrìsto  sono  veramente  presenti  ,  distribuiti , 
è  ricevuti  nella  santa  cena  sotto  le  specie  del  pane, 
e  del  vino  ;  e  si  disapprovano  coloro,  che  insegnano 
f opposto .  E  questa  è  parimente  la  maniera,  onde 
quest'articolo  X.  è  steso  nella  versione  francese 
della  confessione  d'Augusta  impressa  in  Francforr 
r  anno  1673. 

Ora  se  mettonsi  in  paragone  fra  loro  queste 
due  maniere  di  esprimere  la  realità  ,  non  vi  è  chi 
non  discerna  ,  che  quella  dell'apologia  l'esprime 
con  parole  più  forti  di  quello  ,  che  faceano  le  due 
precedenti  nella  raccolta  di  Ginevra  riferite  \  ma 
ch'ella  sì  allontana  parimente  di  più  dalla  Tran- 
sustanziazione: e  che  l'ultima  per  lo  contrario  di 
tal  maniera  si  accomoda  all'  espressioni ,  delle  quali 
servesi  la  chiesa ^  che  i  Cattolici  potrebbero  sotte- 
seti verJa. 
Qnsie  di      VII.  Se  domandasi ,    quale  di  queste  quattro  dif- 

qjKste   ma-    /-■  .  .  .       ,,        .     .       i  v         r 

iiiere  sia  r  l'-'Tenti  maniere    sia  1  originale,    cne  tu  presencara 
ongiiiaie.    ^  Carlo  V.,  la  cosa  è  molto  dubbiosa. 
H}sj,  Oàpiniano  sostiene,  che  l'ultima  esser  dee  T ori- 

ginale i    perchè  è  quella,   che  si  vede  nell'impres- 
sione, che  fu  latta  sin  dall'anno  1550.    in  Vittem- 
berga ,    cioè  nella    sede    del  Luteranismo,   dov'era 
la  dimora  di  Lutero,  e  di  Melantone . 
ih\d.  Soggiugne ,  che  la  cagione ,  la  quale  ì^ce  cambiar 

l'articolo,  fu  ch'ei  troppo  apertamente  favoriva 
la  Transustanziazione  ,  poiché  esprimeva  il  corpo 
e  il  sangue  con  verità  ricevuti  non  colla  sostan- 
7.àj   ma  sotto   k  specie  dtl  pane  e  del  vino  3   eh' è 

ia 


L  t  B  R  o    III;    ■  !f$ 

la    stessa   espressione ,  di   cui    si    serve    la  Catto- 
lica chiesa. 

E  questo  è  parimente  quello,  che  fa  credere, 
cRe  l'articolo  così  fosse  stato  steso  da  prima,  per- 
chè  è   cosa  certa,    come  si  ha  da  Sleìdano,    e   da  ^^''i- ■^J'^^' 

Conf,  Auj^. 

Melahtone,  non  meno  che  dal  Chitreo,  e  da  Cele-  chytr.HUr. 
stitio  nella  loro  storia  della  confessione  d'Augusta,    "c^Lst'àl 
che    i  Cattolici    non   si    opposero   a  quest'articolo  ^^gjju\ 
n.ella  confutazione ,  che  fecero  allora  della    confes- 
sione d'Augusta  per  ordine  dell' Imp€radore.  "* 

Di  queste  quattro  maniere  la  seconda  è  quella , 
che  fu  inserita  nel  libro  della  Concordia;  e  pò-  Pr^f-dnc, 
trebbe  parere  ,  che  questa  dovesse  essere  la  più 
autentica,  perchè  i  Principi,  e  gli  Stati,  che  si  so- 
no sottoscritti  in  questo  libro  ,  sembrano  dire  per 
cosa  certa  nella  prefazione  ,  che  hanno  trascritta  la 
confessione  d'Augusta,  come  trovasi  ancora  negli 
archivj  de*  loro  predecessori,  ed  in  quei  dell'Im- 
perio. Ma  se  ben  si  osserva,  vedrassi  che  ciò  non 
conclude,  poiché  gli  autori  di  questa  pretazlone 
dicono  solo,  che  avendo  paragonati  gli  esemplari 
cogli  archivi,  hanno  trovato,  che  ti  loro  esemplare 
era  in  tutto ,  e  per  tutto  del  medesimo  senso ,  ck? 
gli  esemplari  latini  ed  alemanni  :  ri  che  fa  vedere 
la  pretensione  di  essere  d'accordo  nella  sostanza 
coir  altre  edizioni:  non  però  lo  fa  vedere  il  fatto, 
che  i  termini  sleno  in  tutto  gli  stessi  \  altrimenti 
non  se  ne  vedrebbero  di  tanto  diversi  in  un  altro 
luogo  del  medesimo  libro,  come  lo  abbiamo  os- 
servato .  ;. 

Sia  come  si  voglia»  è  cosa  strana,  che  non  aven- 

H    £  do 


«usta' ^"'      ^"  quest'apologia    approvata,    come    abbiatrio  ve- 


rrò VARIA^Io^3T 

do  potuto  esser   presentata    all'Imperadore    la  con- 
fessione d'Augusta,    che    di  una  sola  maniera,    ne 
compariscano  tre  altre  tanto  diverse  da  quella,  ed 
insieme  tanto  autentiche,  quanto  lo  abbiamo  vedu- 
to ;    e    che  un    atto    tanto  solenne    sia  stato    tante 
volte  alterato  da'  suoi    autori  in  un   articolo  sì  es- 
senziale . 
Quinta         vili.  Ma    non  dimorarono    in  questi    termini  ;  e 
nella  quale  subito  dopo    la  confessionc    d'Augusta    diedero  ali* 
ticoio  X.  "  Imperadore  la  quinta  spiegazione  dell'articolo  della 
reii"  ApV  cena    nell'apologia    della    loro    conlcssioue    di    tede 
cTfcsIio-'  fatta  da  Mclantone . 
In  quest'apologia    ; 
duto  ,    da  tutto   il  partito,    Mclantone  tutto  appli- 

Afol.Cor.f.  .  .  .    .     r  )•     -i  i 

Au^,  cato  ad  esprimere  in  termini    formali    il  senso  let- 

terale,   non  si  contentò  di  avere    riconosciuta  una 
presenza    vera  e    sostanziale ,    ma    si   servì    ancora 
del  termine    di  presenza  corporale  ,    soggiugnendo  y 
che  GesHcristo  si  era  dato  corporalmente ,  che  que- 
sto era  ii    sentimento    antico ,    e    comune   non   sola 
della  chiesa  Romana i  ma  eziandio  della  chiesaGreca  » 
La  maniera      IX.  Ed  ancorché  quest'autore  sia  poco  favorevo- 
li Realità    le  anche  in  questo    libro  al  cambiamento    della  so- 
nell'Acolo. 
già    tènde  Stanza,  tuttavia  non  trova  questo  sentimento  tanto 

fieifo^^teslo  cattivo ,    che    non    citi    con   onore    delle    autorità, 
tempo  il     ^^Q  jg  stabiliscono:  perchè  volendo  provare  la  sua 

cambia-  ^  ^ 

mento  di    dottrina    della    presenza    corporale   col    sentimento 

sostanza  .  '  r        * 

della  chiesa  d'Oriente,  allega  il  canone  della  mes- 
sa Greca,    in    cui    il    sacerdote,   domanda    chiara- 
ib:d.        mente ,  dice  ,    che  il  proprio  corpo  di  Cesucristo  sia 
fatto    cambiando   il  pane ,   o    col  cambiamento   del 

pane. 


L    I    B   R    O       IIL  Jl/ 

pane.  Alleno  dal  disapprovar  cosa  alcuna  in  questa  ' 

preghiera  se  ne  serve  come  di  opera,  della  quale 
riconosce  I* autorità,  e  cita  nel  medesimo  senti- 
mento le  parole  di  Teofilatto  arcivescovo  di  Bul- 
garia j  il  quale  afferma ,  che  il  pane  non  è  solamen. 
te  una  figura ,  ma  veramente  è  cambiato  in  carne , 
Vcdesi  con  questo  mezzo,  che  di  tre  autorità  j 
che  sono  da  esso  addotte  per  confermare  la  dot- 
trina della  presenza  reale,  due  ve  ne  sono,  che 
stabiliscono  il  cambiamento  della  sostanza:  tanto  .  t 
queste  due  cose  vanno  l'una  dietro  all'altra,  e 
tanto  è  cosa  naturale  l'unirle  insieme. 

Quando  poi  sono  stati  tolti  in  alcune  edizioni  i 
due  passi  5  che  si  trovano  nella  prima  pubblicazione, 
che  ne  fu  fatta,  ciò  dà  a  divedere,  essere  stato 
grande  il  rincrescimento  de*  nemici  della  Transu- 
stanziazione,  che  non  abbiano  potuto  stabilire  la 
realità,  che  approvavano  ,  senza  stabilire  nello  stes- 
so tempo  la  Transustanziazione ,  che  negar  voleano. 

X.    Ecco    le    incertezze,    nelle    quali    caddero    i     scusa  de' 
Luterani  sin  dal  primo  passo  ;    e  subito  che  prese-  ^"t^""' 

^  ^  '  ^  sopra  tali 

ro  a  dare  con  una  confessione  di  fede  una  forma  ^'^''^^'^'^'^  " 
costante  alla  loro  chiesa,  furono  così  poco  risoluti, 
che  ci  esposero  da  prima  in  cinque  o  sei  maniere 
diverse  un  articolo  tanto  importante  ,  quanto  è 
quello  dell'Eucaristia  .  Non  furono  neppure  più 
costanti,  come  vedremo,  negli  altri  articoli;  e 
quello  che  d'ordinario  rispondono,  che  il  concilio 
di  Costantinopoli  ha  aggiunta  qualche  cosa  a  quello 
eli  Nicea,  loro  non  serve  nulla;  perchè  è  vero, 
ch'essendo  sopraggiunta  dopo  del  concilio  di  Nicea 

H     3  una 


meiitarj 

non  so 


«iS  V  A  R.  I  A  Z  I  o  w  r 

una  nuova  eresia ,  la  quale  negava  la  divinità  dello 
Spirito    santo,    fu    necessario  l'aggiugnere    alcune 
parole  per  condannarla  :    ma  non    essendo    soprag- 
giunta cosa  alcuna  di  nuovo,     è  una  pura  irresolu- 
zione, che  ha  introdotte  fra'  Luterani  le  variazio- 
ni ,    che  abbiamo    vedute  .    Eglino  non  istettero  in 
questi  termini  :    e  ne   vedremo  molte   altre    nelle 
confessioni  di  fede,  che  di  poi   bisognò  aggiugnere 
alla  confessione  di  Augusta. 
1  s«ra- -    XI»  Che  se  i  difensori  del   senso  figurato  rispon- 
,'jo    dono ,    che  il  loro   partito  non  è  caduto   nel  mede- 
piucostanti  gji^Q    inconvenlcnte  ;    non  si  vadano    lusingando  so- 

nello    spie-  •'  ^ 

gare  la  loro  pj-j  questo  pensiero.  Si  è  veduto,  che  nella  dieta 
di  Augusta,  nella  quale  cominciano  le  confessioni 
di  fede  ,  i  Sacramentar]  ne  hanno  prodotte  da  pri- 
ma due  differenti  ,  e  ben  presto  ne  vedremo  la  di- 
versità.  Non  furono  poi  meno  fecondi  in  diverse 
confessioni  di  fede ,  che  i  Luterani  ",  e  non  si  sono 
fatti  veder  meno  imbarazzati ,  né  meno  incerti 
nella  difesa  del  senso  figurato,  che  gli  altri  nella 
difesa  del  senso  letterale . 

Questo  è  quello,  che  somministra  gran  fonda- 
mento allo  stupore,  perchè  pare,  che  una  dottri- 
na tanto  facile  ad  essere  intesa  secondo  la  ragione 
umana  ,  quanto  è  quella  de'  Sacramentarj  ,  non 
dovesse  mettere  in  alcun  imbarazzo  coloro,  che 
prendevano  a  proporla.  Ma  ciò  avviene,  perchè  le 
parole  di  Gesucristo  fanno  nella  mente  una  natu- 
rale impressione  di  realità,  che  da  tutte  le  sotti- 
gjiezze  del  senso  figurato  non  può  esser  distrutta. 
Come  dunque  per  la  maggior  parte  coloro  ,    che  la 

com- 


L  1  R   R  O      I  II.  tic) 

coi»batteano ,  non  poteauo  liberarsene  affatto,  e 
per  altro  voleano  piacere  a*  Luterani  j  che  la  ri- 
ceneano ,  non  è  da  stupirsi,  se  hanno  mescolate 
tante  espressioni,  che  sentono  di  realità,  alle  loro 
figurate  interpretazioni  ;  e  se  avendo  lasciata  la 
vera  idea  della  presenza  reale  ,  che  la  chiesa  loro 
aveva  insegnata,  hanno  avuta  tanta  difficoltà  nel 
contentarsi  de'  termini ,  che  per  conservarne  una 
qualche  inìmagine  avevano  eletti  , 

XII.  Questa  è  la  cagione  degli  equivoci,  che  ve-      Termini 

^  o  o  1  7  Vaghi   ed 

dremo  introdursi  ne'  loro  catechismi ,    e  nelle  loro  ambigui 
coniessioni  ai  fede   »    Bucero  il  grand  architetto  ai  fer.ione  di 

...  fi  •  -  •      Strasbiivgo 

tutte  queste  sottigliezze  ne  diede  un  picccl  saggio  «opra  i-ar- 
nella  cocfession  di  Strasburgo:  perchè  senza  voler  là  éena .  ' 
servirsi  de'  termini,  onde  servivansi  i  Luterani  per 

ispiegare  la  presenza  reale  j  afferma  di  non  dir  co- 

I 

sa  alcuna,  che  le  sia  formalmente  contraria,  e  si 
spiega  in  parole  ambigue  a  sufficienza  per  poter 
essere  tratte  a  quella  parte .  Ecco  la  maniera , 
nella  quale  ci  parla,  o  più  tosto  fa  parlare  gli 
Strasburghesi  e  gli  altri.  Quando  ì  Cristiani  repli-  conf.  Ar. 
cano  la  cena  fatta  da  Gesucrìsto  prima  della  sua  ceni  ^ '*' 
morte ,  nella  maniera ,  nella  quale  egli  l  ha  istitui- 
ta ^  egli  dà  lorj  co"  sacramenti  il  suo  vero  corpo  ^ 
ed  il  suo  vero  sangue  a  mangiare  ^  ed  a  bere  ve^ 
ramente  ,  per  essere  il  cibo  ,  $  la  bevanda  delle 
anime  . 

Per  verità  non  dicono  co' Luterani,  che  il  corpo  y 
ed  il  sangue  sieno  veramente   dati  col  pane  e   col 
vino:  anche  meno,  che  sono  veramente y   e   sostan- 
zialmente dati.  Bucero  non  era  per  anche  giunto  a 
-  H     4  taf 


140  Variazioni 

tal' espressione  ;  ma  nulla  dice,  che  vi  sia  contrario, 
né  dice  cosa  alcuna  in  qualche  parola,  di  cui  non 
potesse  convenire  un  Luterano,  ed  anche  un  Cat- 
tolico, poiché  siamo  tutti  d'accordo,  chs  il  vero 
corpo ,  ed  U  vero  sangue  di  nostro  Signore  ci  sono 
dati  veramente  a  mangiare  ,  ed  a  bere ,  non  per 
alimento  de*  corpi,  ma,  come  dicea  Bucero,  per 
cibo  deir  anime .  Cosi  questa  confessione  si  conte- 
neva in  espressioni  generali  ;  ed  anche  quando  dice, 
che  noi  mangiamo  ,  e  beviamo  veramente  il  'vero 
sangue  di  nostro  Signore  ^  sembra  escludere  il  man- 
giare, ed  il  bere  per  via  di  fede,  che  non  è  se 
non  un  mangiare  j  ed  un  bere  metaforico:  tanta 
era  la  difficoltà  a  lasciar  uscir  parola,  la  qual'es- 
primesse,  che  il  corpo,  ed  il  sangue  non  fossero 
che  spiritualmente  dati,  ed  inserire  in  una  confes- 
sione di  fede  cosa  sì  nuova  a'  Cristiani .  Perchè  , 
quantunque  l' Eucaristia  ,  come  pur  gli  altri  mi- 
ster] di  nostra  salute  ,  avesse  per  fine  un  effetto 
spirituale,  avea  per  suo  tondamento,  coinè  gli  al- 
tri mister)  ,  ciò  che  aveva  il  suo  compimento  ne! 
corpo  .  Gesucristo  dovea  nascere  ,  morire  ,  risusci-» 
tare  spiritualmente  ne' suoi  Fedeli  ;  ma  doveva  an- 
che nascere,  morire,  e  risuscitare  in  effetto,  e 
secondo  la  carne  .  Così  dovevamo  aver  parte  spiri- 
tualmente nel  suo  sacrificio  ;  ma  dovevamo  anche 
ricever  corporalmente  la  carne  di  questa  vittima, 
e  mangiarla  in  effetto .  Dovevamo  esser  uniti  spi- 
ritualmente allo  sposo  celeste,  ma  il  suo  corpo, 
ch'egli  ci  dava  nell'Eucaristiar  per  possedere  nello 
stesso  tempo  il  nostro,   doveva  esser   il  pegno,  ed 

il 


L  t  fe  ft  o     IH.  flf 

il  sigiHo  non  meno,  che  il  fondamento  di  quest' 
unione  spirituale,  ed  il  divino  matrimonio  dovea 
non  meno,  che  i  macrimon)  volgari,  benché  di  una 
maniera  molto  diversa,  unire  gli  animi  unendo  i 
corpi.  Era  dunque  per  verità  uno  spiegare  l'ultimo 
fine  dei  misterio,  il  parlare  dell'unione  spirituale; 
ma  a  questo  fine  non  doveasi  mettere  in  dimenti- 
CR\iZ2i  la  corporale,  sopra  la  qual'era  l'altra  fonda- 
ta. In  ogni  caso,  giacché  questo  era  ciò,  che  se- 
parava le  chiese  ,  si  dovea  parlarne  con  tutta  chia- 
rezza prò,  o  centra,  in  una  confessione  di  fede; 
ed  a  questo  non  potè  risolversi  Bucero. 
XIII.  Ben  conoscea ,    ch'ei  sarebbe  stato  ripreso    Continua- 

j    7  -1         •     .  •      r»    LL-       •  J        zione  delle 

del  suo  silenzio;  e  per  prevenir  i  obbiezione,    do-  medesime 
pò  aver  detto  in    g(?nerale ,   che   noi   mangiamo ,    e  ^."'l 'lor'eV 
bevìamo  veramente  il  vero  corpo,  ed  il  vero  sangue  n.or'abue' 
di  nostro  Signore  per  cibo    dell' anime   nostre ,    fece  tà^'^^jf^vì" 
direagli  Strasburghesi ,   che  allontanandosi  da  ogni  ^^"*' 
dìsputa ,  e  da  ogni  ricerca  curiosa    e  superflua  ,    ri- 
chiamino gli  animi  alla  sola  cosa,  che  reca  profitto, 
e  eh'  è  stata    unicamente   intesa  da   nostro    Signore , 
cioè  ,  eh'  essendo  alimentati  dì  esso ,  viviamo  in  es- 
so ,  e  per  esso  :  come  se  fosse  sufficiente  lo  spiega-     j^-^ 
re  il  fine  principale  di  nostro  Signore,    senza    par- 
lare né  in  bene  ,    né  in  male  della  presenza  reale  3 
che    ì  Luterani    non  meno    che  i  Cattolici    davano 
per  mezzo. 

Dopo  aver  esposte  queste  cose,  fanno  fine  col 
protestare ,  che  sono  calunniati ,  allorché  vengono 
accusati  di  cambiar  le  parole  di  Gesucristo ,  e  dì 
lacerarle  col  mezzo  di  glose  umane ,  ovvero  di  non 

am~ 


sottoscrisse. 


XI»  Variazioni 

amministrare  nella  loro  cena ,  che  del  semplice  pOr 
ne ,  e  del  semplice  vino ,  o  pure  di  disprezzare  la 
cena  del  Signore:  perchè  per  lo  contrario,  dicon' 
eglino ,  esortiamo  ì  Fedeli  ad  udire  con  una  sem- 
plice fede  le  parole  di  nostro  Signore  ,  rigettando 
tutte  le  false  glose  ,  e  tutte  le  invenzioni  umane  , 
ed  appigliandosi  al  senso  delle  parole  ^  senza  esitare 
in  modo  alcuno  ,  in  somma ,  ricevendo  i  sacramenti 
per  ci'^o  dell'  anime  loro. 

Chi  noe  condanna  insieme  con  esso  loro  le  cu- 
sriosità  superflue,  le  invenzioni  unriane,  le  glose 
false  delle  parole  di  nostro  S'ignore  ?  Qual  Cristia- 
no non  fa  professione  di  appigliarsi  al  vero  senso 
delle  divine  parole?  Ma  giacché  erano  scorsi  sei 
anni  interi,  pe'  quali  disputs-vasi  di  questo  senso, 
e  per  accordarsi  eransi  fatte  tante  conferenze ,  bi- 
sognava determinare  qual  ci  fosse  j  e  quali  fossera 
le  glose  cattive,  che  debbon  esser  rigettate.  A 
che  serve  il  condannare  in  generale  con  termini 
vaghi  ciò  j  eh' è  rigettato  da  tutte  le  parti?  e  chi 
non  iscorge ,  che  una  confessione  di  fede  domanda 
decisioni  più  chiare,  e  più  distinte?  Per  verità  se 
non  si  giudicasse  de'  sentimenti  di  Bucero,  e  de* 
suoi  confratelli,  che  da  questa  confessione  di  fede, 
e  non  si  sapesse  per  altro,  che  non  erano  favore- 
voli alla  presenza  reale,  e  sostanziale,  si  potrebbe 
credere ,  che  non  ne  fossero  lontani  :  hanno  termi- 
ni per  lusingare  coloro,  che  la  credono;  ne  hanno 
per  sottrarsi  da  essi ,  se  vengono  stretti  ',  in  som- 
ma noi  possiamo  dire  senza  far  torto  ad  essi,  che 
là    dove  si   fanno  d'ordinario  delie    confes'iioni   di 

fede 


L  1  B  R  o     II I.  rt% 

fcòe  per  proporre  ciò  che  si  pensa  sopra  le  dispu- 
te, che  perturbano  la  pace  della  chiesa,  costoro 
per  Io  contrario  con  discorsi  prolissi  ,  e  con  un 
gran  giro  di  parole  hanno  trovato  il  modo  di  non 
dir  cosa  alcuna  precisa  sopra  la  materia  ^  della,  (jui-  *^ 

le  allor  sì  trattava  .  .. 

Da  tutto  ciò  è  derivato  un  eifetto  bizzarro . 
Delle  quattro  città,  che  si  erano  unite  con  questa 
comune  confessione  di  fede,  e  che  tutte  ^bbrac-^ 
davano  allora  i  sentimenti  contrari  a'  Luterani  ^ 
tre,  cioè  Strasburgo,  Meminga,  e  J^indavia  poco 
dopo  ci  volsero  senza  scrupolo  a  seguir  la  dottrina 
della  presenza  reale  :  tanto  Bucero  era  riuscito  nel 
piegar  gli  animi  co'  suoi  ambigui  discorsi ,  di  modo 
che  si  potessero  volgere  da  tutte  le  parti . 

XIV.    Zuinglio    vi    andava  più    alla    libera .    Ne'-      La  Con- 
ia  conTessione    di  fede  5,   che  inviò   ad  Augusta,    e  z  ni  ni;!  io 
che  fu  approvata  da  tutti  gli    Svizzeri ,    dichiarava  nia',^"seMz^ 
espressamente,  che  i/  corpo    di  Gesucrìsio   dopo   la  '^i"'^"'^*'- 
sua  ascensione  non  era  in  altro  luogo ,  che  in  cìtlo  ;     confcst. 

,     Zuingì.  in- 

e  non  poteva  essere  in  altra  parte  :    che  per  verità  ter  Ojer. 

,,  ,  j       .         Zuìngl.    & 

era  come  presente  nella  cena  per  la  ccntemplazton  aj-.  Hvspn. 
della  fede  i  e  non  realmente,  ne  colla  sua  essenza-,        '*  ^'"^ 

Per  difendere  questa  dottrina  scrisse  una  lettera 
air  Imperadore  j    ed    a'   principi    Protestanti,    nella 
quale  stabilisce  questa  differenza    fra   se  ed   i  suoi 
avversar] ,  che  qussti  volevano  un  corpo  naturale  0     ^^-^^   ^^ 
sostanziale ,  ed  egli  un  corpo  sacramentale  «  Pri»t?" 

Servesi  sempre  costantemente  della  sressa  espres- 
sione, ed  in  un'altra  confessione  di  fede,  che  in- 
via nello  stesso  tempo  a    Francesco  I.  spiega    que-  _  <"""/-*' 

Franc^    I, 
V-  ^  Sto 


ZIO,  VARIAZIOT4I 

Sto  è  il  mio  corpo ,  di  un  corpo  simbolico ,  mìstico' 
$  sacramentale  ;  dì  un  corpo  per  denominazione  e 
per  significazione  ;  come  ,  dice  ,  una  regina  mostran- 
do fra'  suoi  gioielli  il  suo  anello  nuzi-fle  ,  dice , 
senza  esit.ire:  questo  e  il  mio  re  ^  cioè  ,  quest' e 
/'  anello  del  re  mìo  marito ,  col  quale  egli  mi  ha. 
sposata.  Io  non  so,  che  mai  alcuna  regina  siasi 
servita  di  questa  frase  bizzarra  ;  ma  non  era  faci^ 
Je  a  Zuinglio  il  ritrovare  nel  linguaggio  ordinario 
dell'espressioni  simili  a  quelle,  che  ei  voleva  at- 
tribuire a  nostro  Signore.  Del  rimanente  ei  non 
riconosce  nelT  Eucaristia  che  una  pura  presenza 
morale,  da  qsso  v.on-\\n?Ltà  sacramentale  e  spirituale. 
Mette  sempre  la  forza  de'  sacramenti  nelV  ajutare 
la  comemplazion  della  fede ,  nel  servire  dì  freno 
a"  sensi ,  e  nel  farli  meglio  concorrere  col  pensiero  . 
Quanto  alla  manducazione  che  mettono  gli  Ebrei  co' 
Tapistì i  secondo  il  suo  sentimento,  dee  cagionare 
lo  stesso  orrore  i  che  avrebbe  un  padre ,  cui  si  desse 
a  mangiare  il  suo  -figliuolo.  In  generale,  la  fede 
ha  orrore  della  presenza  visibile  e  corporale  :  ciò 
che  fece  dire  a  s.  "Pietro  ,  Signore  allontanatevi  da 
me.  'H.on  si  dee  mangiare  Gesucrìsto  di  questa  ma^ 
nìera  carnale  e  materiale  :  un'  anima  fedele  e  reli- 
giosa mangia  sacramentalmente  e  spiritualmente  il 
di  luì  vero  corpo.  Sacramentalmente,  cioè,  in  se- 
gno; spiritualmente  ,  cioè,  per  la  contemplazion 
della  fede,  la  quale  ci  rappresenta  Gesucristo,  che 
patisce,  e  ci  fa  vedere,  eh' è  nostro. 
Lo  ststo  XV.  Non  trattasi  di  lagnarsi,  ch'egli  denomini 
stioiieù  fa  carnale ,  e  materiale  la  nostra  manducazione,  eh* è 

tanto 


Libro     III.  tts 

tanto  superiore    a'  sensi ,    né  ch'egli    ne  voglia  in- vedercMi- 
spirar  dell  orrore,  come  se  rosse  crudele  e  sangui- jien^   <:„n- 
nosa.  Son  questi  gli  ordinar)  rimproveri,  che  quelli, ^"'|,°j"i/, 
del  suo  partito  hanno  sempre  fatti  a'  Luterani,  ed 
a    noi.    Vedremo    poi,    che  coloro,    i  quali    ce  gli 
hanno  fatti ,  ce  ne  giustificano  :    ora  ci  basti  osser- 
vare ,  che  Zuinglio  parla    con  ogni    chiarezza  .  In- 
tendesi  dalle  sue  due    confessioni   di  fede,    in  che 
Ja  ditTicoltà  precisamente  consista;    da    una    parte, 
una  presenza  in  segno,  e  per  iede  i  dall'altra,  una 
presenza  reale  e    sostanziale:    ed  ecco  quello,  che 
separava    i  Sacramentar]    da'  Cattolici,   e   da'  Lu- 
terani. ./ 

XVI.   Ora    sarà    cosa    facile    l'intendere,    donde      q^^i  ra. 
venga,  che  i  difensori  del  senso  letterale  Cattolici ,  be"'di"8er- 
e  Luterani,    tanto    si  sieno   serviti   de'  termini  ^^i  tcniìine^di 
vero  corpo,  di  corpo  reale  ,  di  sostanza,  di  propria  ^^'^'^j'^i^^" 
sostanza,  e  d'altri  di  tal  li.uura.  ristia:  ella 

e  la  stessa  , 

Si    sono  serviti  del  termine  di  rea/e,  e  di  vero ^  chs  ha  po- 
st')   ifi   ob- 
per    far    intendere,    che    l'Eucaristia    non    era    un  biigo  di 

,  ,      servirsene 

semplice  segno  cel  corpo  e  del  sangue  ,    ma  era  la  ,uiia  Tri- 

,      .  nità. 

medesima  cosa . 

Quest'anche  è  la  'agione,  la  quale  ha  fatto, 
che  si  servissero  del  termine  di  sostanza  i  e  se 
andiamo  alla  sorgente,  troveremo,  che  la  stessa 
ragione,  la  quale  ha  introdotto  questo  termine  nel 
misterio  della  Trinità ,  lo  ha  parimente  reso  neces- 
sario nei  misterio  dell'Eucaristia. 

Prima  che  le  sottigliezze  degli  Eretici  avessero 
imbrogliato  il  vero  senso  di  questo  detto  di  nostro 
Signore:    io  ^  e   mio  padre   siamo  una  stcsm    cosa^j^^  ,y.  ;o. 

ere- 


it6  Variazioni 

credeasi  spiegar  abbastanza  la  perfetta  unità  del 
Padre  e  del  Figliuolo  con  questa  espressione  della 
Scrittura  5  senza  esser  necessario  il  dir  sempre i 
ch'era  uno  in  sostanza;  ma  dacché  gli  Eretici  han- 
no voluto  far  credere  a'  Fedeli,  che  l'unità  del 
Padre  e  dèi  Figliuolo  non  fosse,  che  un'unità  di 
concordia,  di  pensiero,  e  di  affetto,  si  è  creduta- 
necessario  il  bandire  questi  equivoci  perniciosi  col- 
lo stabilire  la  consustanztalita ^  cioè,  l'unità  di 
sostanza . 

Questo  termine ,  che  non  era  nella  Scrittura  ," 
fu  giudicato  necessario  per  ben  intenderla ,  e  per 
allontanare  le  pericolose  interpretazioni  di  coloro  i 
che  alteravano  la  semplicità  della  parola  di  D'io. 

Coir  aggiugnere  quest'espressioni  alla  Scrittura 
non  si  pretende,  ch'ella  si  spieghi  sopra  questo 
misterio  di  una  maniera  ambigua  ed  inviluppata: 
ma  ciò  si  fa,  perchè  è  d'uopo  resistere  con  paro- 
le espresse  alle  prave  interpretazioni  degli  Eretici , 
e  conservare  alla  Scrittura  il  senso  naturale  e  pri- 
mitivo, che  verrebbe  a  prima  giunta  ad  affacciarsi 
alle  menti  ,  se  l'idee  non  ne  fossero  sconvolte  dal- 
ia prevenzione,  o  dalle  false  sottigliezze. 

E'  cosa  facile  l'applicar  questo  alla  materia  deli" 
Eucaristia .  Se  fosse  stata  ritenuta  senza  raffina- 
mento r  intelligenza  retta  e  naturale  di  queste  pa- 
role :  questa  è  il  mìo  corpo  :  questo  è  il  mìo  sangue, 
avremmo  creduto  spiegar  abbastanza  una  presenza 
reale  di  Gesucristo  nell'Eucaristia  col  dire,  che 
quanto  ci  dà  è  il  suo  corpo  ,  ed  il  suo  sangue  ; 
ma  dacché  si  giunse   a  dire  ,   che  Gesucristo   non 

vi 


Libro     HI.  /if' 

vi  fosse  presente  che  in  figura  ,  o  col  suo  spi- 
rito, o  colla  sua  virtù,  per  la  fede;  allora  per 
togliere  ogni  ambiguità,  si  è  creduto  necessario  il- 
dire ,  che  il  corpo  di  nostro  Signore  ci  era  dato 
fieila  sua  propria  e  vera  sostlnza,  ovvero,  il  eh' è 
IO  stesso ,  eh'  egli  vi  era  realmente  e  sostanzial- 
mente presente . 

XVII.  Ecco   ciò  che  ha  fatto  nascere   il  termine    ji^^^ig^. 
Tfartsuiìanziazìcne  ^  tanto  naturale   per    esprimere  >'a"n"avii- 

'  ^  fa  la   stessa 

un  cambiamento  di  sostanza,  quanto  quello  di  Co;?- '^sgione  che 

noi    ,    di 

sUstanziale  per  esprimere  una  unita  di  soscp.nza .       servirsi  dei 

termine  di 

Per  la  ùtessa  ragione  i  Luterani ,  che   riconosco-  sostanza  : 

,  ,.    .  ..  j.  ^  .     Ziiiiiglio 

no  la    realità    senzri  caiTibiamento  di    sostanza,    ri- non  se  n' è 
j      .,  .         !•  m  •     •  L  "'a»  servi- 

gettando  il  termine    di  Transustanziazione  3    hanno  to,nèEuce- 

II         1.  •     -'  ro  sul  prict. 

ritenuto  quello  di  'vera  e  sostanziai:  prese?iza ,  co-  cì-^ìo, 
me  lo  abbiamo  veduto  nell'apologia  delia  confessio- 
ne di  Auguste  ,  e  questi  termini  furono  eletti  per 
i»tabilire  nel  senso  naturale  queste  parole  :  questo 
è  il  mio  corpo  3  come  la  parola  di  Consustanziale 
è  stata  eletta  da'  Padri  di  Nicea  per  istabilire  nel 
senso  naturale  queste  parole  :  io  e  mìo  padrs ,  non 
siamo  che  uno,  e  quest*  D.ltre '-  il  Ferbo  era  Dìo* 

Veggiamo  parimente,  che  Zuinglio,  il  quale  pri- 
fina  d'ogni  altro  ha  data  la  forma  all'opinione  del 
senso  figurato,  e  l'ha  spiegata  più  liberamente  d' 
ogni  altro,  non  ha  mai  impiegato  il  termine  di 
Gostanza.  Perlo  contrario,  ha  perpetuamente  esclu-  ^. 
sa  la  manducazions ,  non  meno  che  la  presenza  so-  <^-*«-  «i^^-i 

Fr.n. 

Stanziale  ,    per  non  lasciare   che  una    figurata  man- 
ducazione,  cioè,  in  ispirilo,  e  colla  fede , 
Bucero,   beachè  più  inclinato   a  spiegazioni    am- 
bigue. 


1x8  Variazioni 

biglie,  neppur  si  è  servito  da  prima  del  termine 
di  sostanza,  o  di  presenza,  e  di  comunion  sostan- 
ziale :  contcntossi  solo  di  non  condannar  questi 
termini,  e  si  arrestò  all'espressioni  generali  da 
noi   vedute  . 

Ecco  il  primo  stato  della  disputa  Sacramentaria, 
nella  quale  le  sottigliezze  di  Bucero  introdussero 
poi  tante  variazioni  importune  ,  che  raccontar  poi 
dovremo.  Quanto  al  presente,  basta  averne  toc- 
cata la  ca2,ione . 
Dottrina  XVIII.  La  quistione  della  Giustificazione,  nella 
stificazione:  quale  quella  del  lìbero  arbitrio  era  rinchiusa,  sem- 

che   non  vi   ,  ,.  ,     ,  .  ,   _  ■        -r-. 

è  più  diffi-  brava  cii  un  altra  importanza  a  Protestanti .  Do- 
ifcose'^che  mandano  perciò  nell'apologia  per  due  volte  all'Im- 
teTieiia^'^"  peradorc  un'attenzione  particolare  sopra  tale  ma- 
confessio-     [gj-ia ,  come  la  più  importante  di  tutto  il   vangelo, 

ne    di  Au-  ,  r  r  o  » 

gu'ta ,  e     Q  quella  parimente,  sopra  la  quale  si  sono  più  affa- 

nell*     apo- 
logia .         ticati .    Ma  spero,    che  ben  presto  vedrassi  essersi 

Jd  art.^.  eglino  affaticati  in  vano,  per  non  dire  di  più;  e 
'de'^ VJrf.''^  trovarsi  più  di  mal  inteso  in  questa  disputa  ,  che 
di  vera  difficoltà. 

Che  la  XIX.  E  prima  bisogna  mettere  fuori  di  questa 
luteto^so-  disputa  la  quistione  del  libero  arbitrio  .  Lutero 
?ra'rb!'trfó  crasì  raweduto  degli  eccessi,  i  quali  Io  costrigne- 
è ritrattata  ^^^q  ^  dire,  chc  la  prescienza  di  Dio  distruggesse 

nella  Con-  ^ 

fcssione  di  \\  ij^ero    arbìtrio    in  tutte  le   creature;   ed  aveva 

Augusta. 

acconsentito,  che  si  mettesse  questo  articolo  nella 
^    ,  j      confessione  di  Augusta  :  eh'  e  necessario  riconoscere 

Conf.Ang,  ° 

■^f°'-  ;/  Ubero    arbitrio  in  tutti   gli  uomini  ^  che  hanno  /* 

uso  della  ragione  ,  non  per  le  cose  di  Dio ,  che  non 
sì  possono  cominciare ,  o  per  lo  meno  terminare  sen- 


Libro     IM.  x^^. 

Zìi  di  esso ,  ma  solo  per  /'  opere  della  vita  presente , 
e  per  le  oblfUgaztoni  della  società  civile.  Melanto- 
ne  vi  aggiunse  nell'apologia,  per  le  opere  esteriori 
della,  legge  dì  Dio  .  Ecco  dunque  due  verità,  le 
quali  non  permettono  alcun  contrasto  :  1'  una  che 
vi  è  un  libero  arbitrio  ;  e  l'altra  che  nulla  può  da 
se  stesso  nell'opere  veraniente  Cristiane. 

XX.  Eravi  anche  un  breve  detto  nel  passo,    che  ,  Y^'"^}^ 

della  Con- 

abbiamo   veduto,  della  confessione  d'Augusta,   nel  ^csUons  di 

Anglisti   , 

quale  per  genti ,    che  voleano    tutto  attribuire  alla  che  tende- 

,  ^  va  al    Sc- 

grazia,  non  se  ne  parlava  presso  a  poco  si  corret- mipeiagia- 
tamente,  come  si  ta  nella  Cattolica  chiesa.  Il  bre- 
ve detto  è  questo.  Dicesi,  che  da  se  stesso  il  li- 
bero arbìtrio  non  può  cominciare ,  o  per  lo  meno 
terminare  le  cose  dì  Dìo:  restrizione,  la  quale  sem- 
bra insinuare,  ch'egli  le  può  per  lo  meno  comin- 
ciare colle  proprie  sue  forze;  il  che  era  un  errore 
Semlpelagiano ,  da  cui  vedremo  poi,  che  i  Lutera- 
ni d'oggidì  non  sono  lontani. 

L'articolo  seguente  esprimea ,  che  la  volontà  de'    ^rt.  i». 
cattivi  fosse  la  cagione  del  peccato  ;    nel    quale  an- 
corché non  si  dicesse  molto  chiaro,  che  Iddio  non 
n'è  l'autore,    tuttavia    veniva  ciò  insinuato  centra 
le  prime  massime  di  Lutero. 

XXI.  Quello,  che  la  confessione  di  Augusta  avea     tutti  £ 

di  più  rimarchevole  sopra  il  rimanente  della  grazia  fa"t^a.-:àt_ 

Cristiana,    si    è,    che  per    tutto  vi    si    suproneano  ^j"Jj?'j'^^'J'^" 

nella  Cattolica   chiesa  errori    eh'  ella    sempre  avea  <^*'"r">'-  • 

detestati  :  di  modo  che  parca  più  tosco,  che  si  cer- ^"""'^   so- 
pra la  Gì  li- 
casse  con  essa  la  dissensione ,    che  il  volere    la  sua  ^tificazione 

,  .    ^  ,,  I  .  gratuita . 

ntorma  ;    e  la  cosa    apparirà  coua    chiarezza    ir.ag- 
Bossuet  Opere  T.  I.  I  g':o- 


IJO  V    A    R   I   A    7.    1  O   N   I 

^lore ,    esponendo    storicamente    la    credenza    degli 
uni  e  degli  altri  , 

Nella  confessione  d'Augusta,  e  nell'apologia  fa- 
ceasi  gran  fondamento  sul  dire  ,  che  la  rcmission 
de'  peccati  era  una  pura  liberalità  ,  che  non  dove- 
vasi attribuire  al  merito  ed  alla  dignità  delle  azio- 
ni precedenti.  Cosa  str'ana  I  I  Luterani  per  tutto 
si  facevano  onore  di  questa  dottrina,  come  s'egli- 
no l'avessero  ricondotta  nella  chiesa,  e  rinfaccia- 
conf.  art.'^^^^  a*  Cattolici,  eh' eglino  credcano  trovare  colle 
l°'fjgl'{f'^'' pì^oprie  /or  opere  la  remissione  de  loro  peccati:  che 
Con<.  Ih,  ere  deano  poterla  meritare  ^  facendo  dal  canto  loro 
e  tv  che  potevano,  ed  anche  colle  proprie  loro  forze  : 
che  tutto  ciò  che  attribuivano  a  Gesucristo  j  era  /' 
avsrc:  meritata  una  certa  grazia  abituale ,  colla 
quale  potevano  più  facilmente  amar  Dio  ,  e  che 
quantunque  la  volontà  potesse^^marlo ,  ella  lo  facea 
più  volentieri  a  cagìon  di  quell  abito  j  che  altro  ?ion 
insegnavano  i  se  non  la  giustizia  della  ragione  ;  ch^ 
potevamo  accostarci  a  Dio  colle  proprie  opere  nostre 
indipendentemente  dalla  propiziazione  dì  Gesucristo  f 
e  chi  avevamo  sognata  una  giustificazione  senza  par- 
lare di  esso:  il  che  di  continuo  è  replicato  per  con- 
cludere altrettante  volte  j  che  noi  avevamo  seppel- 
lito Gesucristo. 
Si  atni-      XXII.  Ma  nel  tempo  stesso  j    in  cui  si  rinfaccia- 

biiivano  a'  >    .^  )•    •  \  .    i  . 

Cattolici  le  va  a    Cattolici  un  errore   si  materiale,    imputavasi 

due  propo-  ,  i,     ,  ., 

sizioni  con.  loro  d  altra  parte  il  sentimento  opposto  ,   accusan- 

]\l, ex^of^re  ^o\\  di  crsdersì  giustificati    col  solo    uso    del  Sacra' 

xoil*iii[^^  "^^^^<^  >  ^^  5/?fy<?  operato  y    come  si  dice,  senz  alcun 

buon  movimento  ed  affetto  .   Come    mai  i  Luterani 

pò- 


L  I  B  R  o     1 1 1.  r3 1 

potevano  immaginarsi  ,   che    tanto    fra  noi  si  desse  , 

all'uomo  ,  e  nello  stesso  tempo  gli  si  desse  sì  po- 
co ?  Ma  e  l'uno  e  l'altro  è  lontanissimo  dalla  no- 
stra dottrina  ,    poiché  il  Concilio  di  Trento  da  una    Conf.Auir, 

I    1  t  •  .  ,  Sest.s.  Scss. 

parte  è  tutto  ripieno  de  Duoni  sentimenti,  co  qua-  i}..5.'oi.  14. 
li  è  necessario  disporsi  al  battesimo,    alla  peniten- ^^^^  ^  ^^^^^ 
za,  ed  alla  comunione  ,    dichiarando  anche  in  ter-'** 
mini  espressi  ,    che  volontario  e  ti  ricevimento  del- 
la grazia  \   e  dall'altra  parte  egli  insegna  ,   che  la 
remissione  de' peccati  è  puramente  gratuita,  e  che 
quanto  vi  ci  prepara  prossimamente  o  rimotamente 
dal  principio  della  vocazione  e  da'  primi  orrori  del- 
la coscienza  scossa  dal  timore  sino  all'atto  più  per- 
fetto di  carità,  è  un  dono  di  Dio. 

XXin.  E'  vero  che  rispetto  a'  bambini  diciamo,  ohc  neii* 
che  per  sua  immensa  misericordia  il  battesimo  li  d""Liit*ra- 
santifica,  senza  ch'eglino  cooperino  alla  grand' epe-  '"  '  ^a"*- 

'  CI  t  oc        menti  ope- 

ra con  alcun  buon  movimento  :  ma  oltrecchè  in  que- ""° ''•'■■  "f*"- 

re    oberata  „ 

Sto  risplende  il  merito  di  Gesucristo  ,  e  l'efficacia 
del  suo  sangue  ,  i  Luterani  dicono  lo  stesso  ,  poi-  j^^^  ^^ 
che  confessano  con  noi  ,  che  si  debbono  battezzare 
ì  bambini;  che  i/  battesimo  loro  e  necessario  neces- 
sitate salutis  ;  è  che  da  questo  sacramento  sono  fat- 
ti  figliuoli  di  Dio  .  Non  è  questo  un  riconoscere  la 
forza  del  sacramento  ne'  bambini  ,  efScace  da  se 
stesso,  e  di  sua  propria  azione,  ex  opere  operato  ? 
Perchè  non  veggo  ,  che  i  Luterani  sì  appiglino  a 
sostener  con  Lutero  ,  che  i  bambini  esercitino  nel 
battesimo  un  atto  di  fede  •  E'  d'uopo  dunque  che 
dicano  con  noi  ,  che  il  sacram.ento  ,  onde  sono  ri- 
gsnerati  ,  opera  colla  virtù  sua  propria. 

I     a.  Che 

V 


iji  Variazioni 

Che  se  venga  obbiettato  ,  che  fra  noi  li  sacra- 
mento ha  ancora  la  stessa  efficacia  negli  adulti  ,  e 
vi  opera  ex  opere  operato  ;  è  facile  il  comprende- 
re ,  che  ciò  non  è  per  escludere  in  essi  le  buone 
disposizioni  necessarie  ,  ma  solo  per  far  vedere  ^ 
che  quanto  Iddio  opera  in  noi ,  allorché  ci  santifica 
col  sacramento,  è  sopra  tutt'i  nostri  meriti,  so- 
pra tutte  le  nostre  opere  ,  sopra  tutte  le  nostre 
precedenti  disposizioni:  insomma,  è  un  puro  effet- 
to della  sua  grazia,  e  del  merito  infinito  di  Gesù- 
cristo. 
Che  la        XXIV.  Non  vi  è  dunque  merito  per  la  reinission 

remissione 

de'  piccati  de*  peccati  ;    e  la  confessione  d'Augusta  non  dovea 

epurameli-  .  . 

te  gratuita,  gloriarsi  di  questa  dottrina  ,  come  se  rosse  sua  par- 
secondo     il      .  .    ,  X      .,  ...         f    n-i 

CoiKiUodi  ticoiare  ,  poiché  il  concilio  di  Trento,  non  meno 
ch'ella,  riconosce,  che  siamo  detti  giustificaci  gra- 
Conc.  Tr\d.  tuttamente  ,  perchè  tutto  ciò  che  precede  la  giustifi" 
e  azione  i  sìa  la  fede  y  sìeno  P  opere ,  non  possono  me-^ 
rifar  questa  grazia  secondo  quel/o ,  che  dice  l"  ^po* 
stelo:  „  S'è  grazia,  non  è  per  l'opere,  altrimenti 
„  la  grazia  non  è  più  grazia.  „ 

Ecco  dunque  la    remission   de'  peccati    e    la  giu- 
stificazione stabilita  gratuitamente,  e  senza  merito 
nella  chiesa    Cattolica    in    termini    tanto  espressi  , 
quanto  si    sono    potuti    esprimere    nella  confessione 
d'Augusta  . 
Seconda       XXV.   Che    se   dopo    la  remissione    de'  peccati  > 
pra  il  meri- Cloe  allorché  lo  Spinto  santo  abita  in  noi  ,    la    cì- 
re:  cii'.^^f*  rità  vi  è  dominante,  e  la  persona  è  stata  resa  gra- 
ne"u'^Con-  ^^  ^^  ""^  gratuita  bontà,   riconosciamo  del  merito 
fessioiie  d'  nclls  Dostre  opere  buone  ,    anche    la  confessione  d' 

Augusta,  e  ^ 

Au- 


Libro     III»  133 

Augusta  n'è  d'accordo,  poiché  si  legge  neiredizio-  d»    luterò 

d.    ^~,.  '  .  Il       j-    tT  1  nello  stesso 

1  Ginevra  impressa  sopfa  quella  di  Vittember- senso ,  che 

ga ,  fatta  sotto  l'occhio  di  Lutero  e  di  Melantone,  ^^^"*^^''«- 
che    la   nuova    ubbidienza   è    riputata  giustizia  ,  e 

Art.   e. 

merita  de/le  ricompense  .    Ed    anche    più    espressa-  Sy>it.  Csr„ 
mente  ,   ch:^  quantunque   molto   lontana   dalla   per- 
fezìon  della  legge  ,    e    una  giustizia,    e  merita  del- 
le ricompense  .    E    poco  dopo  ,    che    /'  opere  buone     jm_  ^^^ 
sono  degne  di  grandi  lodi  ,  sono  necessarie  ^   e  me-  '^«^«"•"f*'^' 
Titano  delle  ricompense .  .t 

Spiegando  poi  questo  luogo  del  vangelo  ,  sarà  da-     j^.^ 
to  a  colui,  che  ha\    ella  dice,    che  la  nostra  azione 
dev'  estere  unita  a'  doni  di  Dio  ,   eh'  ella  ci  conser-. 
va  ,   e  ne  merita    l' accrescimento  ;    e    loda  il    det- 
to di  s.  Agostino  ,    che  "  la  carità  quando  si  eser- 
;,  cita,  merita  l'accrescimento  delia  carità  "  .  Ec- 
co dunque  in  terìBÌni    formali    necessaria    la  nostra 
cooperazione,   ed  il  suo  merito  stabilito  nella  con- 
fessione d'Augusta .  Perciò  si  conchiude  cosi  quest* 
articolo  .   Ver  questo    le  persone   dabbene  intendono     jyy 
le  vere  buone  opere ,   e  come  piaciano  a  Dio  ,   e  co- 
me  sono    meritorie    .   Non    si    può   meglio    stabili-         1 
re  ,    né  più  inculcare  il  merito  ;    ed    il  concilio  di 
Trento  non    si    fonda    di    vantaggio    sopra  tale  ma- 
teria . 

Tutto  ciò  era  preso  da  Lutero,  e   dalla  sostanza 
de'  suoi  sentimenti  :    perchè  ei  scrisse  nel  suo  co- 
mentario  sopra  la  pistola  a'  Calati  ,    che  quando  ci     _ 
parla  della  fede  giustificante  ,    intende  quella  ,    che  ^f-^'-J"^ 
opera  per  la  carità  :  perche  ^    ei    dice,  la  fede  me- 
rita che  ci  sia  dato  lo  Spirito  santo  ,    Avea   detto  , 

I    3  che 


134  V   A  .1   I  A   r  I  O   N  I 

che  collo  Spirito  santo  tutte    le  virtù  ci  erano  da-; 
te ,  e  COSI  spiegava  la  GlListificazione  in  questo  co- 
mentarlo  famoso ,  impresso  in  Vittemberga  nell'an- 
no 1553.    cìi  modo    che    vent'anni  dopo  che  Lutero 
ebbe  cominciata  la  riform.a  ,   nulla  per  anche  vi  si 
trovava  nel  Merito,  che  fosse  degno  di  riprensione. 
L'Apoio-      XXVI.  Non  dee  dunque  recare  stupore,    se  tro- 
Tct  lUutli'.  vasi    questo    sentimento    stabilito    con    tanta    forza 
to  dell'  o-  nell'apologia  della  confessione  d'Augusta.  Melanto- 

pere ,  r        *-* 

ne  fa  nuovi  sforzi   per   ispiegare   la   materia    della 
^ul'Re'ii.  Giustificazione,  come  lo  dimostra  nelle  sue  lettere, 

^d  obi.  Con-       ,    .  ,  .  1    11        • 

(OTd.  ed  insegna ,   che  vi  sono  delle  ricompense  proposte  , 

e  promesse  alle  buone  opere  de'  Fedeli  ,  e  che  sono 
meritorie  ,  non  della  remissione  de'  peccati  ,  0 
della  giustificazione  {cose  che  noi  non  abbiamo  che 
per  la  fede) ^  ma  d'altre  ricompense  corporali ,  e  spi- 
rituali in  questa  vita  e  nelT altra,  secondo  quello  , 
che  dice  s,  Taolo  :  "  che  ognuno  riceverà  la  sua 
„  ricompensa  giusta  la  sua  fatica  '*  ,  E  Melantone 
e  così  ripieno  di  questa  verità,  che  la  stabilisce  di 
nuovo  nella  risposta  alle  obbiezioni  con  queste  pa- 
role .  Confessiamo  ,  come  di  già  sovente  abbiamo 
fatto  ,  che  quantunque  la  giustificazione  ,  e  la  vita 
eterna  appartengano  alla  fede  ,  tuttavia  le  buone  ope^ 
re  meritano  altre  ricompense  corporali  e  spiri- 
tuali ,  e  diversi  gradì  di  ricompense  ,  secondo  ciò 
che  dice  s,  Taolo  :  che  ognuno  sarà  ricompensato 
di  sua  fatica  :  perchè  la  giustizia  del  vangelo  oc- 
cupata dalla  promessa  della  grazia  riceve  gratui- 
tamente la  giustificazione  t  e  la  vita  :  ma  il  compi- 
mento della  legge  ,   che   viene   in  conseguenza  della 

fede , 


IhU. 


L   1  B   R  O      J  ir.  «35 

fedSy  è  occupato  intorno  alla  stessa  legge  :  ed  Ivi  ^ 
egli  segue  ,  la  ricompensa  è  offerta  ,  non  gra- 
tuitamente ,  ma  secondo  le  opere  ;  ed  ella  è  do- 
vaca  ;  e  perciò  coloro  ,  i  quali  meritano  questa  ri- 
compensa j  sono  giustificati  prima  di  dar  compia 
mento  alla  legge , 

Così  il  merito  dell'opere  è  costantemente  rico- 
nosciuto da  quelli  cella  confessione  di  Augusta, 
come  cosa  ch'è  compresa  nella  nozione  della  ri- 
compensa, non  essendovi  in  fatti  cosa  alcuna,  che 
più  naturalmente  sia  congiunta  insieme  con  altra 
cosa,  che  il  merito  da  una  parte,  quando  la  ricom- 
pensa è  dall'altra  parte  promessa,  e  proposta. 

Ed  in  fatti  ciò,  che  da  essi  è  ripreso  ne' Catto- 
lici,  non  è  l'ammettere  il  merito  da  essi  parimen- 
te stabilito,  ma  è,  dice  l'apologia,  che  ogni  volta  y  j^d.  il'.i. 
che  si  parla  del  merito  y   eglino  lo  trasferiscono  daU 
le  altre  ricompense  alla  giustificazione  .    Se    dunque 
noi  non  conosciamo  merito  alcuno,   se  non  dopo  la 
giustificazione,  e  non  prima,    la  difficoltà  sarà  tol- 
ta,   e  ciò  è  stato  fatto  in  Trento  con  questa  deci- 
sione precisa.    2^oi  siamo  detti  giustificati  gratuita-  Sus.e.c.t. 
mente  ,  perche  ninna  delle  cose  ,    che  precedono  la 
giustificazione y  sia  la  fede  ,   sieno  l'opere  ,   la  può 
meritare  .   E  di  nuovo  .   /  nostri  peccati  ci  sono  ri-     ihìd. 
messi  gratuitamente  dalla  misericordia    divina  a  ca- 
gione di  Gesi'.cristo .  Dal  che  parimente  segue,  che 
il  concilio  non  ammette  merito,  che  rispetto  all'au-    ji\d,c.ie, 
mento  della  grazia  y  e  della  vita  eterna.  ^  ^'"''  ''' 

XXVII.  Quanto    all'aumento  della  grazia,    se  ne   Meiantone 
convenne    in  Augusta,    come   abbiamo    veduto  :    e  ^e' 


nei»  Ulte  II- 


1^6  Variazioni 

i^ii'Apoio.  quanto    alla    vita  eterna  ,    è   vero,    che  Melantone 
B'*'  '""'-  1  r  L'    n      r  •  in. 

che  ..epa     non  volea  coniessare  ,   eh  ella  tosse  meritata    dali 
re  buone     cpcre  buonc ,    perchè  secondo  il  di  lui    sentimento 

niPritinola  .  i  i  •  i         i 

vica eterna,  meritavano  solo  altre  ricompense,  che  loro  sono 
promesse  in  questa  e  nell'altra  vita.  Ma  quando 
Melantone  cosi  parlava  ,    non  considerava  ciò,    eh* 

-,,.,,  egli  stesso  dicea  nel  medesimo  luogo:    cioè,  che  la 

Afol.   ibid.  ,  ^  , 

gloria  eterna  e  quella  ,  eh" e  dovuta  a"  gìust'ificatì , 
secondo  il  detta  di  s.  Vado  :  "  coloro  di' egli  ha 
3,  giustificati  ,  li  ha  parimente  glorificati  "  .  Non 
considera  anche  una  volta,  che  la  vita  eterna  è  la 
vera  ricompensa  proméssa  da  Gesucristo  all'opere 
buonc  ,  confonne  al  passo  del  vangelo  ,  ch'egli 
stesso  riferisce  in  altro  luogo  per  istabilire  il  meri- 
to; cioè,  che  coloro,  i  quali  ubbidiranno  al  vangelo, 
c<ym.  e.  de  riccvSranno  il  centuplo  in  questo  secolo ,  e  la  vit.i 
M.ittb.  19,  eterna  neir altro:  dove  si  vede,  che  oltre  il  cen- 
tuplo, che  in  questo  secolo  sarà  nostra  ricompen- 
sa ^  ci  è  promessa  la  vita  eterna  come  nostra  ri- 
compensa nel  secolo  avvenire;  di  modo  che  se  il 
merito  è  fondato  sopra  la  promessa  della  ricom- 
pensa ,  come  lo  alferma  Melantone  ,  e  com'è  ve- 
ro ,  non  vi  è  eosa  che  più  sia  meritata  della  vi- 
ta eterna  ,  benché  per  altra  parte  non  vi  sia  cosa 
alcuna  ,  che  sia  più  gratuita  ,  giusta  la  bella  dot- 
trina di  s.  Agostino  ,  il  quale  dice  ,  che  la  vita 
Aug,  Fp,  , 

IO?,  de  corr.  etemiT  €    dovuta   a'  meriti   dell'  opere    buone  ,    ma 
che^  i  menti ,  a   quali  e  dovuta  ,    ci  sono  dati  gra- 
tuitamente da  nostro  Signore  Gesucristo . 
v''^t  p.Liia      XXVIII.  E' parimente  vero  ,   che  ciò,    che  im- 
*;^u^l^^  pedisce    a  Melantone  il    considerare    assolutamente 

la 


L  I  r,  R  o     ìli.  J37 

h  vita  eterna  come  ricompensa  promessa  all' opere  qualche  cc- 

X  ,  ,,  .  .  sa   che  non 

buone,  e,  che  nella  vita  eterna  trovasi  sempre  un  «de  s«tio 

.      1  I  .  \  IT  .  I  .  \   il  merito . 

certo  capitale  ,  eh  e  attaccato  alla  grazia  ,  eh  e 
dato  senz'opere  a'  bambini,  che  sarebbe  dato  agli 
adulti  ,  quando  anche  fossero  colpiti  dalla  morte 
nello  stesso  momento  ,  in  cai  sono  giustificati  , 
senz'  aver  avuto  il  comodo  di  operare  dopo  la  loro 
giustificazione  :  il  che  non  impedisce ,  che  secondo 
altro  rispetto    il  regno  eterno  ,    la  gloria    eterna  ,  • 

Ja  vita  eterna  non  sieno  promessi  come  ricompen- 
sa all'opere  buone  j  e  possa  essere  anche  meritata 
nel  senso  stesso  della  confessione  di  Augusta. 

XXIX.  Che  serve  a'  Luterani    l'aver  alterata  la  Variazione 

r       •  I.  I    •  I     I  I-I  1    li      de'Lutera- 

contessione  ,   e    i  avere    tolti    nel    loro    libro  della  ni  m  quel- 
Concordia,  e  nell'altre  edizioni  i  passi,  che  auto-  no  tolto 
rizzano  il  merito  ?    Impediranno  forse  con  questo  ,  ft.^ssione°d" 
che  la  stessa  confessione  di  fede  non  sia  stata  im-  ^"s"''^  • 
pressa  in  Vittemberga  sotto  gli  occhi  di  Lutero,  e 
di    Melantone  ,     e     senz' alcuna    contraddizione    di 
tutto  il  partito  con    tutt'i    passi,    che  abbiamo  ri- 
feriti ?    Che  altro    dunque  fanno  ,    quando    al  pre- 
sente li  tolgono,  se  non  farcene  osservare  la  forza 
e  r  importanza  ?   Ma  che  serve  loro  lo  scancellare 
il  merito  dell'opere  buone  nella  confessione  d'Au- 
gusta ,    s'eglino    stessi    ce  lo   lasciano    così    intero 
nell'apologia,    come  lo    hanno  fatto  imprimere  nel 
libro  della  Concordia  ?    Non  è  cosa    certa  ,    che  V  Praf.  Afd, 
apologia  è    stata  presentata  a  Carlo  V.  dagli  stessi 
Principi,  e  nella  medesima  dieta,  con:ie  la  confes- 
sione d'Augusta?  Ma  quello,    che  qui  è  più  degno 
di  osservazione^    èj  ch'ella  fu  presentata  col  con- 
senso 


13S  V  'A  R  I  A   2  I  O  li   I 

scnjo  de'  Luterani,  per  conservava  il  vero ^    e  pri>' 
prìo  senso  ;    perchè  così  se  ne  parla  in  un  autenti- 
co scritto  ,    nel  quale    i  Principi  ,   e  gli  stati  Pro- 
-  ,. ,  testanti  dichiarano    la  loro  fede.    Così    non  si    può 

cjuc.  dubitare  ,    che  il  merito  dell'opere    non    sìa  dello 

spirito    del    Luteranismo  ,    e    della    confessione    d' 
Augusta  5    ed  a  torto  i  Luterani    inquietano    sopra 
un  tal  punto  la  chiesa  Romana  . 
Tre  altre      XXX.    Preveggo    tuttavia  ,    che    si    potrà    dire  , 
coiit'ra  la     "OH  aver  cglìuo  approvato  il  merito  dell'opere  nel- 
comphiien-    'o  stcsso  scnso  chc  Hoi ,  per  tre  ragioni.  In  primo 
iegg*lf"c*on-  ^uogo  3  perchè    non    riconoscono   come    noi  ,    chc 
a""o*u^*'  ''"^'""'^  giusto  possa  ,    e  debba   soddisfare  alla  leg- 
nello  stesso  gg  .    Ijj  secondo  luogo  ,    perchè  per  questa  ragione 

s^nso  che 

nella  Chic»  non  ammettono  il  merito  ,  che  si  denomina  di 
condìgnìià ,  di  cui  tutt' i  nostri  libri  son  pieni.  In 
terzo  luogo,  perchè  insegnano,  che  l'opere  buone 
dell'uomo  giustificato  hanno  bisogno  di  un'accetta- 
zione gratuita  di  Dio  per  ottenerci  la  vita  eterna  ; 
ìi  che  non  vogliono,  che  noi  ammettiamo» 

Ecco,  dirassi,  trc^  caratteri,  onde  la  dottrina 
della  confessione  d'Augusta  ,  e  dell'apologia  dalla 
nostra  sarà  eternamente  separata.  Ma  questi  tre 
caratteri  non  sussistono,  che  per  tre  false  accuse 
di  nostra  credenza,  perchè  in  primo  luogo,  se  noi 
diciamo  ,  che  si  dee  soddisfare  alla  legge  ,  tutti 
ne  sono  d'accordo  ,  poiché  ognuno  è  d'accordo  , 
che    si  dee  amare  ;    e  la  Scrittura  pronunzia  ,  che 

Ron.iu'.o.  i' ^>noTe  ^  0  la  carità  è  il  compimento  della  legge* 
Vi  è  anche  nell'apologia    un  capitolo  a  posta  ,   del 

><fo^ tj, !è.  quale  ecco  il  titolo:  Della  dilezione y    e  del  compi- 
mento 


7  - 

'^  L  r  B  R  o    III.  15^ 

ryjento  cleììa,  Isggt ,    E  noi  vi  abbiamo  veduto ,    che 
//  compimento  asilo,  legge  mene  in  conseguenza  del- 
la giustificazione  :    il  clie   vi  è   replicato   in    cento 
luoghi ,  e  non  può  rivocarsi  in  dubbio  ;    ma  nel  ri- 
manente non    è  vero  ,  che    noi  pretendiamo  ,    che 
dopo    essere    giustificato    l'uomo   soddisfaccia     alla 
legge  di  Dio  in  tutto  rigore  ,  perchè  per    lo  con-  ' 
trario   ci  viene   insegnato  nel    concilio    di  Trento , 
che    noi    abbiamo    necessità  di    dire    ogni    giorno  ,  Saf.f.c.a, 
perdonatila  ì  nostri  debiti ,    di  modo  che  per  quan- 
to   perfetta  sia   la  nostra    giustizia  ,    vi  è    sempre 
qualche  cosa  >    cui    Iddio    ripara    colla  sua  grazia  , 
vi  rinnova  col  suo  Spirito  santo,  vi  supplisce  colla 
sua  bontà .  '      '  '^ 

XXXI.   Quanto   al    merito  di  condignità  ,    oltre     n  merino 
che  il  concilio  di  Trento    non  si  è  servito  di  que-  g/iit\°" 
Sto    termine  ,   la  cosa  in    se  stessa    non  ha    alcuna 
difficoltà,  poiché  in  sostanza  si  va  d'accordo,    che 
dopo  la  giustificazione  ,    cioè  ,  dopo  che  la  persona 
è  grata  ,    in   essa  abita  lo  Spirito  santo  ,    e  vi   re- 
gna la  carità.    La  Scrittura  le  attribuisce  una  spe- 
cie di  dignità  :   cammineranno    meco  in  abito  bian-    . 
co,  perchè  ne  sono  degni .    Ma  il  concilio  di  Tren- 
to ha  chiaramente  spiegato  ,    che  tutta    .questa  di-  ^„,,j.  -j-ùj. 
gnità  vien  dalla  grazia  \    ed    i  Cattolici    lo  dichia-  i'/''^'"'  '' 
rarono    a'  Luterani   nel  tempo    cella  confessione  d' 
Augusta  ,    come    apparisce    dalla    storia    di  Davide 
Chitreo  ,    e  da  quella    di  Giorgio  Celestino  autori  chytr,  ha. 

Cunf.  Juj. 

Luterani  .    Riferiscono    questi  due    autori  la    con-  post-  conf. 
futazion  della  confessione  d'Augusta  fatta  da'  Cat-  HUt^conf. 
colici   per    comando   dell' Imperadore  ,  nella    quale     ''^'     '" 
-  sta 


140  Variazioni 

sta  espresso  :  che  l  iiortio  non  può  meritare  la  vUà 
eterna,  colle  proprie  sue  forze  ,  e  tema  la  grazia 
di  Dio,  e  che  tutt'i  Cattolici  confessar70y  che  V ope- 
re  nostre  non  sono  per  se  stesse  di  merito  alcuno  , 
ma  che  la  grazia  di  Dio  degne  della  vita  eterna 
le  rende . 
Il  merito      XXXII.  Per  ciò,  die  risguarda  le  opere  buone, 

ti\'^°"^""' che  noi  facciamo  prima  d'esser  giustificati,  per- 
chè allora  la  persona  non  è  grata,  né  giusta,  anzi 
per  lo  contrario  è  considerata  come  per  anche  in 
peccato,  e  come  nemica  ;  in  questo  stato  è  inca- 
pace di  un  vero  merito  ",  ed  il  merito  di  congrui- 
tà j  o  di  convenienza,  che  da'  Teologi  vi  è  ricono- 
sciuto ,  non  è  secondo  essi  un  merito  vero  ,  ma 
un  merito  Impropriamente  detto  ,  che  altro  non 
significa  ,  se  non  eh'  è  convenevole  alla  divina  bon- 
tà l'aver  riguardo  a'  gemiti  ,  ed  alle  lagrime,  eh* 
egli  stesso  ha  ispirate  al  peccatore  ,  il  quale  a 
convertirsi  comincia  . 

Bisogna  rispondere  lo  stesso  delle  limoslne    fatte 
da  un  peccatore  ,  per  redimere  i  suoi  peccati  ,    se- 

x>rf».  4.  i.condo  il  precetto  di  Daniele  ,  e  della  carità,  che 
copre   la    moltitudine   de'  peccati  ,   secondo   s.  Pie- 

Ptfr.  4.  8.  ^j.Q  ^    g    jg|  perdono   promesso   da  Gesucristo  me- 

Luc.  e.  ìi.  desimo  ,  a  coloro  ,  che  perdonano  a'  loro  fratelli  . 
L'apologia  qui  risponde  ,  che  Gesucristo  non  ag- 
Kesf.  ad  giugne  ,  che  facendo  la  limosina  ,  e  perdonando  ,  sì 
meriti  il  perdono  ex  opere  operato,  in  virtù  di  tale 
azione  ,  ma  in  virtù  della  fede  .  Ma  chi  lo  pre^ 
tende  diversamente  ?  Chi  ha  mai  detto  ,  che  le 
opere  buone  ,   le  quali    piaciono    a  Dio  ,    non  do- 

ves- 


ars'' 


L    1   E    R    O       II  r.  141 

vesserò  esser  fante  secondo  lo  spirito   delli   fede  , 
senza  la  quale  ,    come  dice  s.  Paolo  ,    non  e  possi-  „  i 

'  r  Hebr,  ti,  g. 

bile  piacere  a  Dio  ?  O  pure  clii  ha  mai  pensato , 
che  queste  opere  buone ^  e  la  fede  ,  che  le  produ- 
ce ,  meritassero  la  remission  de'  peccati  ex  opera 
operato  ,  e  fossero  bastanti  di  operarla  da  se  me- 
desime ?  Non  erasi  né  pur  pensato  di  usar  questa 
formola  ,  f.v  opere  operato  ,  nelle  opere  buone  de* 
Fedeli:  non  si  applicava  che  a'  sacramenti,  ì  quali 
non  sono  che  semplici  stromenci  di  Dio  ;  impie- 
gavasi  per  mostrare  ,  che  la  loro  azione  fosse  di- 
vina j  onnipotente  ,  ed  efficace  da  se  stessa  :  ed 
era  calunnia ,  o  Ignoranza  crassa  il  supporre  ,  che 
nella  dottrina  Cattolica  l'opere  buone  operassero 
in  tal  maniera  la  remission  de'  peccati  ,  e  la  gra-^ 
zia  giustificante  .  Iddio,  che  le  inspira,  vi  ha  ri-' 
guardo  per  sua  bontà  a  cagione  di  Gcsucristo,  non 
a  cagione  dell'esser  noi  degni  ,  eh'  egli  vi  abbia 
riguardo  per  giustificarci  j  rna  perchè  è  cosa  dégna 
di  lui  il  risguardare  con  occhio  di  pietà  cuori  che 
sono  umiliati,  ed  il  dar  compimento  all'opera  sua. 
Ecco  il  merito  di  convenienza  ,  che  può  esser  at- 
tribuito all'uomo  prima  anche  di  essere  giustifica- 
to •  La  cosa  in  sostanza  è  incontrastabile  ;  e  se  il 
termine  dispiace,  la  chiesa  parimente  nel  concilio 
dì  Trento  non  se  ne  serve  . 

XXXIII.    Ma    ancorché    Iòdio    miri  con    altr'oc-    Mediszio. 

.,..-.  ne  di  Gesù- 

chio  i  peccatori  di  già  giustificati,  e  l'opere,  che  cristo  sem- 

,  ,  _    .    .  ,  .  .  .  pre  iieces- 

VI   produce    col  suo  Spinto  abitante    in  essi,   ten- saria. 
dano  più  immediatamente  alla  vita  eterna  ,    non  è 
vero,  secondo  noi»  che  non  vi  sia  necessaria  dalla 

parte 


i4i  Varia  2.  IO  Ki 

parte  di  Dio  una  volontaria    accettazione  ,    poiché 

qui    tutto    è    fondato  ,    come    dice    il    concilio    di 

ctni.Trid.  Trento  ,   sopra  la    promessa  ,   che  Iddio  mìserìcor- 

stis.e.c.ia,  .    ^  ,  •    I       r 

atùsathcnte  ^  cioè  gratuitamcme  ,  et  ha  jattct  a  ca- 
gione Ai  Gesucristo  j  di  dare  la  vita  eterna  alle 
nostre  opere  buone  ,  senza  di  che  non  potremmo» 
prometterci  una  sì  aita  ricompensa» 

Così  quando  ci  viene  obbiettato  in  ogni  luogo 
■^f^ r«jp.  della  confessione  di  Augusta,  e  dell'apologia,  che 
dopo  la  giustificazione  non  crediamo  più  aver  bi- 
sogno della  mediazione  di  Gesucristo  3  non  si  può 
calunniarci  con  evidenza  maggiore,  perchè  ,  oltre 
il  conservare  noi  la  grazia  ricevuta  a  cagione  del 
solo  Gesucristo  ,  abbiamo  bisogno  ,  che  Iddio  si 
ricordi  sovente  della  promessa  ,  che  ci  ha  fatta 
nella  nuova  alleanza  per  sola  sua  misericordia  j  e 
pel  sangue  del  Mediatore . 
Come  i        XXXIV.  In  somma  quanto  la   dottrina  Luterana 

Gtsucristo    ha  di  buono  ,    non  solo  era  egli  tutto  intero  nella 

sieiio    no-  .  ....  IV 

stri,  e  co-  chiesa  ,    ma  vi  era    assai  meglio  spiegato  ,    perche 

me  ci  sieno  <.  ■  .  i         r  i 

iaipatati.  se  ne  allontanavano  chiaramente  tutte  le  talse 
idee  \  e  ciò  principalmente  si  vede  nella  dottri- 
na della  Giustizia  imputata.  I  Luterani  credevano 
aver  trovata  qualche  cosa  degna  di  maraviglia  ,  e 
loro  particolare  ,  dicendo  che  Iddio  c'Imputava  la- 
giustizia  di  Gesucristo  ,  il  quale  avea  perfettamen- 
te soddisfatto  per  noi  ,  e  nostri  rendeva  i  suoi 
meriti .  E  pure  gli  Scolastici  da  loro  tanto  biasi- 
mati ,  erano  tutti  ripieni  di  tale  dottrina  ,  Chi  di 
noi  non  ha  sempre  creduto  ed  insegnato ,  che  Ge- 
sucristo   avesse    soddisfatto   a    soprabbondanza    per 

èli 


L    I  E   n.    G       I  I  li  143 

gli  uomMii  ,  e  che  il  Padre  Eterno  contento  della 
jocfdisfazione  del  suo  Figliuolo  ,  ci  trattasse  tanto 
iavorcvolmente,  quanto  se  noi  stessi  avessimo  sod- 
disfatto alla  sua  giustizia  ?  Se  altro  non  si  vuol 
dire  che  questo,  quando  si  dice  ,  che  la  giustizia. 
dì  Gesucristo  è  a  noi  imputata,  è  questa  una  cosa 
fuor  d'ogni  dubbio  :  e  non  era  necessario  pertur- 
bare tutto  l'universo  ,  né  prendere  il  titolo  di 
riformatori  per  una  dottrina  si  conosciuta  e  si 
confessata.  Ed  il  concilio  di  Trento  ben  confessa- 
va j  che  i  meriti  dì  Gesucristo  ^  e  della  sua  pas-  ^'"-  ^^' 
sione  colla  giustificazione  erano  fatti  nostri  ,  per- 
chè tante  volte  ripete  ,  che  vi  ci  sono  comuni- 
cati 3  e  che  alcuno  senza  questi  non  può  essere 
giustificato  « 

XXXV".  Quello  che  vogliono  dire  i  Cattolici  col     Giustifica- 
concilio  j   allorché    non  permettono    1  attenersi    ad  generaaio- 
unà    semplice    imputazione    de'  meriti    di  Gesucri-  {[razioni  [' 
$to  j'  e,  che  Iddio  stesso  a  oo  non  si  attiene;  ma  zi(,,ie  come 
per  applicarci  que'  miCriti    nello  stesso    tem.po  egli  !ta"za"ia''" 
ci  rinnova  ,  diffonde  in    noi    il  suo    Spinto    santo,  "'•'*    *"* 
ch'è  lo  spirito  di  santità  ^    e  con  questo  ci  fa  san- 
ti :    e  tutto   ciò  insieme    secondo  noi    fa  la  giusti- 
ficazione   del  peccatore  .   Questa    era  parim.ente  la 
dottrina  di  Melantone .  Le  sottili  distinzioni  fra  la 
giustificazione,    e  la  rigenerazione. ^    o  la  santifica- 
zione, nelle  quali  ora  si  mette  tutta  la  finezza  della 
dottrina  Protestante,  sono  nate  dopo  essi,-   e  dopo 
la  confessione  di  Augusta.  I  Luterani  d'oggidì  con- 
cedono eglino  stessi  ,    che    queste    cose  sono    con-  ^^^.^  ^^,^^ 
fuse  da  Lutero  e  da  Melantone,   e  ciò   neli'apolo-  coKcEi^t/!, 


Ì44  Variazioni 

già,    opera  tanto  autentica  di  tutto  il  partito  .    In 

fatti  Lutero    definisce    così    la    fede    giustificante  : 

Pr*/.   In  La  vera  fede   é  opera    di  Dio    in  noi  ,    colla  quale 

Efìst.   ad  .       .  .  .  .  ,        T-  •  1     ir 

jio0.  T.v.  noi  siamo  rinnovati,  e  rinasciamo  da  Dio,  e  dallo 
stif.  torte!'  spirito  sa^ito  .  E  questa  fede  è  la  vera  giustizia  , 
chiamata  da  s.  Paolo  la  giustizia  di  Dio  ,  e  che 
Iddio  approva .  Dunque  per  esso  lei  siamo  giusti- 
ficati ,  ed  insieme  rigenerati  ;  e  poiché  lo  Spirito 
santo,  cioè  Iddio  stesso,  operando  in  noi  ,  inter- 
viene in  quest'opera;  non  è  questa  un'imputazio- 
ne fuori  di  noi  ,  come  ora  lo  vogliono  i  Prote- 
stanti, rna  un'opera  in  noi. 

E  per  ciò  ,  che  risguarda  I'  apologia  ,    Melantone 
vi  ripete  in  ogni  carta  ,    che  la  fede  ci  giustifica  , 
e  et  rigenera  ,  e  ci  apporta  lo  Spìrito  santo  •    E  po- 
co dopo  :    eh'  ella  rigenera    i  cuori  ,    e  partorisce  la 
Kuova   vita  .    Ed  anche    con    chiarezza    maggiore  : 
essere  giustificato    e    d' ingiusto   esser  fatto  giusto  ", 
ed    essere    rigenerato    e  parimente    esser   dichiarato 
e  riputato  giusto  :    il  che  mostra  ,    che  queste  du3 
cose  concorrono  insieme.    Non  vedesi  alcun  vesti- 
gio del    contrario    nella  confessione    d'Augusta,    e 
non  vi  è  chi  non  vegga  quanto  le    idee  ,    che  ave- 
vano allora  i  Luterani ,  convengano  colle  nostre  . 
Opere  5od-      XXX7I.    Pare    che    più  se    ne   allontanino    sopra 
riconosca,  l' Opere  soddisfattorle  ,    e  sopra  le  austerità  del  vi- 
Apoiosia ,    ^'^J^s  religioso  :    perchè    sovente  le  rigettano  come 
ci^àifnovel  Contrarie  alla    dottrina  delia  gratuita  Giustificazio- 
rati  fra  i    ^q  ^  ]y[^  jj^  sostanza  non    le  condannano  tanto  seve- 
ramente  ,    quanto  potrebbe    credersi  a  prima  giun- 
ta :    perchè  non  solo  s.  Antonio  ,    ed  i  Monaci  àc    j 

prhni 


L   I  B   R   O      I  II.  J45 

^rimi  secoli  ,    gente  di  sì    terribile  austerità  ,    ma 
anche  negli    ultimi    tempi    s.  Bernardo  ,    s.  Dome- 
nico ,    e  s.  Francesco  nell'apologia  sono  annoverati    yipol.res;: 
fra*  santi  Padri  .    II  Joro  genere  di  vita  lungi  dali   Vot.  ih- 

V         .     1.  .  j-  nasi. 

essere  biasimato  ,  e  giudicato  aegno  di  persone 
sante ,  perchè ,  dicesi ,  ^JOfj  ha  loro  impedito  di  ere- 
dersi  giustificati  dalia  fede  per  /'  amore  di  Gesù- 
cristo  .  Sentimento  molto  lontano  dagli  eccessi  , 
che  veggonsi  oggidì  nella  nuova  riforma  ,  nella 
quale  non  si  arrossisce  di  condannare  s,  Bernardo  ^ 
e  di  trattare  da  insensato  s.  Francesco  . 

Vero  è  ,  che  l'apologia  dopo  aver  posti  que'  Jpì.Hit!, 
grandi  uomini  nel  numero  de'  ss.  Padri  ,  condanna 
i  Monaci  ,  che  gli  hanno  seguiti  ,  perchè  preten- 
desi  ,  che  abbiano  creduto  meritare  la  remissione 
de'  peccati,  la  grazia,  e  la  giustizia  con  que  IT  ope- 
re ,  e  non  riceverla  per  grazia  .  Ma  la  calunnia  è 
;  petente,  poiché  i  religiosi  d'oggidì  credono  ancora 
come  gli  antichi  colla  chiesa  Cattolica,  e  col  con- 
cilio di  Trento  ,  che  la  remissione  de'  peccati  è 
puramente  gratuita  ,  e  data  a  cagione  de'  meriti 
soli  di  Gesucristo  . 

Ed  affinchè  non  si  pensi  ,  che  il  merito  da  noi 
attribuito  a  quest'opere  di  penitenza  tesse  allora 
disapprovato  da'  difensori  della  contessione  d'  Au- 
gusta ,  eglino  insegnano  in  generale  dell'opere  ,  e  ;j;^_ 
delle  afflizioni  ,  che  meritano  non  la  giustifica- 
%ìone  3  ma  altre  ricompense  :  ed  in  ispezlalità  della 
limosina  ,  allorché  è  fatta  in  istato  di  grazia  , 
eh'  ella  meriti  molti  fai-ori  da  Dio  ,  mitighi  le 
pene  3  meriti  ,  che  siamo  assistiti  cantra  i  perico- 
lo ssuet  Opere  T.  I.  K  lì 


i^  Varia  zio  ni 

//  del  pecCitto  ,  e  della  morte  .  Chi  raa"ì  impedirX 
il  dirsi  altrettanto  del  digiuno  ,  e  delle  altre  mor- 
tificazioni ?  E  tutto  ciò  ben  inteso  non  è  in  so- 
stanza ,  se  non  quanto  insegnano  i  Cattolici  tutti. 
La  neccs-      XXXVII.  I    Calvinisti    si    sono    allontanati    dalle 

titadeli5at.  -C         •  t-  j 

ttsimo  ,  e  vere  idee    della  Ciiustihcazione  ,    dicendo  ,    come 

i'  amisi  ibi-  ,  I         •  1      L  •  ^  •  j 

lit?.  della    vedremo  ,    che    il    battesimo    non    e   necessario   a 
insegnata     bambini  ',    chc    la  giustizia    una  volta    ricevuta  non 
fessìoii^'^d^  piià  si  perde,  e  quello,  che  n' è   una  conseguenza, 
Auiusra.     ^^^  gj  conserva   eziandio   in  peccato  .    Ma  come  ì 
Luterani  videro  cominciare  questi  errori  nelle  set- 
te  degli    Anabattisti  ,    li    proscrissero    con    questi 
tre  articoli  della  confessione  d'Augusta, 

Che  il  battesimo  e  necessario  necessitate  salutis  , 
e  eh:  condannano  gli  anabattisti  ,    ì  quali    asseri- 
scono ,   che    ì    bambini  possono  esser  salvi  senza  il 
Art.  IX.  battesimo ,  e  fuori  della  chiesa  di  Gesucristo . 

Che    condannano  gli  stessi  ^anabattisti  ,    i    quali 
negano  potersi   perdere    lo    Spirito    santo  ,    quando 
Art  XI  "^^  volta  si  giugne  ad  esser  giustificato. 

Che  coloro  ,  i  quali  cadono  in  peccato  mortale  , 
non  sono  giusti  ;  che  si  dee  resistere  alle  cattive 
inclinazioni  ;  che  quelli  ,  i  quali  loro  ubbidiscono 
contra  il  comandamento  di  Dio  ,  ed  operano  contra 
la  loro  coscienza  ,  sono  ingiusti  ,  e  non  hanno  né 
lo  Spirito  santo ,  ne  la  fede ,  né  la  confidenza  neh 
Art.  VI.  la  divina  misericordia . 

d'incGn-  XXXVIII.  Recherà  grande  stupore  il  vedere 
deruTer-  ^^^^^'^  articoli  di  conseguenza  decisi  secondo  Je  no- 
u^ftdAll'-^^''^  idee  nella  confessione  di  Augusta.  Ed  in  som- 
ciak  non    jjjj      quando    io  considero    quanto  ella    ha  trorato 

ioiio  tolti  '     ■^  * 

»  • 

ai 


Libro     III.  147 

di  particolare,   non    veggo  che    la    fede    speciale  ,  "eiu  Con- 

...  ,  ...  fessicne    di 

della  quale  nel  principio  di  quest  opera  abbiamo  Augusta. 
parlato,  sia  la  certezza  infallibile  della  remissione 
de'  peccati  ,  Che  si  vuole  far  produrre  da  essa 
nelle  coscienze.  Bisogna  confessar  parimente,  che 
questo  è  quanto  a  noi  vien  dato  pel  dogma  capi- 
tale di  Lutero  ,  pel  capo  d*  opera  di  sua  rifor- 
ma ,  e  pel  maggior  fondamento  della  pietà  ,  e 
della  consolazione  dell'anime  de'  Fedeli  .  Ma  tut- 
tavia non  si  è  trovato  rimedio  alcuno  al  terribile 
inconveniente  ,  che  a  prima  giunta  abbiamo  osser- 
vato ,  di  esser  l'uomo  sicuro  della  remissione  ào.'  Sup.  nh^s, 
suoi  peccati  senza  poterlo  giammai  essere  della  "•  *• 
sincerità  del  suo  pentimento.  Perchè  alla  fine, 
checchessia  dell'  imputazione  ,  è  certissimo  ,  che 
Gesucristo  non  imputa  la  sua  giustizia  se  non  a 
coloro,  che  sono  penitenti  ,  e  sinceramente  peni- 
tenti, cioè  sinceramente  contriti ,  sinceramente  do- 
lenti de'  loro  peccati  ,  sinceramente  convertiti,  . 
Che  questa  sincera  penitenza  abbia  in  se  stessa 
della  dignità  ,  della  perfezione  ,  del  merito ,  qua- 
lunque egli  sia,  o  pure  non  n'abbia  ,  me  ne  sono 
a  sufficienza  spiegato  ,  e  di  questo  non  ho  che  ta- 
re in  questa  occasione  •  Ch'ella  sia  o  condizione, 
0  disposizione  e  preparazione  ,  0  in  somma  tutto 
ciò  che  si  vuole,  ciò  non  m'importa  ,  perchè  alla 
fine,  sia  come  si  voglia,  bisogna  averla;  o  non  vi 
è  perdono  .  Ora  se  io  l'ho,  0  se  io  non  l'ho  ,  di 
queàto  non  posso  mai  esser  certo  secondo  i  princip) 
di  Lutero,  poiché  secondo  esso  non  so  giammai,  se 
la  mia  penitenza  «ia  un'illusione,  o  un  vano  pasco- 

K    z  io 


14?  V   A    R    I  A    Z  I   O    >?  I 

Io  del  mio  amor  proprio;  né  se  il  peccato  ,  ch'io 
credo  distruggere  nel  mio  cuore,  vi  regni  con  più 
sicurezza  che  mai,  rubandosi  agli  occhi  miei. 

Jfol.  taf.      Ed  è  un  bel  dire  colPapolo'^ia  :    /a  fede  non  può 
d'Jus:lf.  ^     .  ^       ^^  •       .       ,     r 

jtitr  insieme  col  peccato  mortale  :  ora  io  ho  la  le- 
de ;  dunque  non  ho  più  il  peccato  mortale:  perchè 
da  questo  appunto  ha  l'origine  tutto  l'imbarazzo  , 
poiché  si  dee    dire  per    lo    contrario  :    la  fede  ncn 

Siif.ni.i.  può  star  insieme  col  peccato  mortale  ;  (questo  è 
"^'  quanto  hanno  insegnato  i  Luterani)  ora  io  non 
sono  certo  di  non  aver  più  peccato  mortale;  (que- 
è  quanto  abbiamo  provato  colla  dottrina  di  Lute- 
ro) non  sono  dunque  sicuro  di  avere  la  fede  .  In 
fatti  esclamasi  neil' apologia  :  chi  abbastanza  ama 
Dio  ^  Chi  abbastanza  lo  teme  ^  Chi  soffre  con  suf-^ 
f dente  pazienza .''  Ora  si  può  dire  nella  stessa  gui- 
sa :  chi  crede  come  si  dee  ^  chi  crede  a  sufficienza 
per  esser  giustificato  avanti  a  Dioi  E  la  continua- 
Qìd.  «I.  zione  dell'  apologia  stabilisce  questo  dubbio  ,  per- 
chè ella  segue  :  chi  spesso  non  dubita  ,  se  Iddio , 
0  il  caso  governi  il  mondo  ?  chi  spesso  non  dubita , 
scegli  sarà  esaudito  da  Dio  i'  Sì  dubita  dunque 
spesso  della  propria  fede:  come  si  può  allora  e^ser 
sicuro  della  remissione  de'  peccati  ?  Non  ha  dun- 
que la  remissione  :  o  contra  il  dogma  di  Lutero, 
si  ha  senza  esserne  sicuro  :  o  pure,  il  eh' è  il  col- 
mo della  cecità  ,  se  n' è  sicuro  senza  esser  sicuro 
ne  della  sincerità  della  propria  fede  ,  né  di  quella 
della  propria  penitenza  ;  e  la  remission  de'  peccati 
diviene  indipendente  dall'una,  e  dall'altra.  Ecco 
dove  ci  precipita  la  certezza  ,    che  fa    tutto    l'es- 

seu- 


^'  L    I  E   R  O      lUo  f49 

èeiiiiale  della  confessione  di  Augusta  ^  ed  il  dogma 
fondamentale  del  Luteranismo . 

XXXIX.  Del  rimanente  ciò  ,  che  ci  viene  ob-  Che  secon- 
biettato ,  che  coli  incertezza  ^  nella  quale  Jasciamo  prineipjde' 
le  afflitte  coscienze,  le  gettiamo  nella  perturba-  iilceV/ezla 
2Ìone  ,  o  anche  nella  disperazione  3  non  è  vero  :  Va'^°<r°*c'ài.. 
ed  e  necessario  ,  che  ne  convengano  i  Luterani  ^e«"ca!,"/o. 
per  questa    ragione  :    perchè  per    quanto    sicuri    si  ""°    ''^"- 

*^  1  '■'  '^  '  '  Ila    pertur. 

vantino   d'essere    della    loro    giustificazione  ,    non  ''azione  ut 

iiiipcdire  il 

esano    assicurarsi    assolutamente    della    loro    perse-  f'poso  delia 

coscienza  , 

veranza  ,  né  per  conseguenza  della  loro  beatitu- 
dine eterna  .  Per  lo  contrario  condannano  coloro  , 
che  dicono,  non  potersi  perdere  la  giustizia,  quan- 
do una  volta  è  ricevuta  .  Ma  perdendola  si  perde 
con  essa  rutto  il  diritto  ,  che  avea  l'uomo  ,  co- 
me giustificato,  all'eterno  retaggio.  Non  giugnesi  <''''-fr^-is> 
dunque  ad  esser  mai  sicuro  di  non  perdere  questo 
diritto  ,  perchè  non  giugnesi  ad  esser  sicuro  di 
non  perdere  la  giustizia  ,  alla  quale  è  congiunto  » 
Si  spera  nuiladimefto  di  ottenere  quella  beata  ere- 
dità, si  vive  felice  in  questa  dolce  speranza  ,  se- 
condo il  detto  di  s.  Paolo  ,  godendo  noi  nella  spe-  Rom.xii. 
ranzn .  Si  può  dunque  senza  quest'ultima  sicurez- 
za ,  ch'esclude  ogni  sorca  di  dubbio,  godere  del  '; 
riposo,  che  ci  può  essere  permesso  dalia  condizio- 
ne di  questa  vita  . 

XL.  Da-  questo  si  vede  ciò  ,    che  de^^    farsi    per     Quai  è  li 

I  ,..„.,  v«io   ripciO 

accettar  la  promessa  ,    e  per    applicarsela  >    Si  dee  delia  co- 

^       j  •  Il  .        1     1,  .         .      scienza  nel. 

credere  senza  esitare  ,  che  la  grazia  delia  giusti-  ^  giustiS- 
zia  Cristiana  ,  e  per  conseguenza  la  vita  eterna  è  qua'iT^c'-r! 
nostra  in  Gesucristo  ;    e  non  solo  nostra  in  genera- ^'■^^*  ^' " 

K    3  le. 


150  Variazioni 

le  ,  ma  anche  nostra  in  particolare  .  Non  vi  è  da 
esitare  in  conto  alcuno  dal  canto  di  Dio,  lo  con- 
fesso :  il  ciclo  e  la  terra  passeranno  prima  ,  che 
ci  manchino  le  sue  promesse  :  ma  che  non  vi  sia 
da  esitare,  né  da  temere  dal  canto  nostro,  il  ter- 
ribil  esempio  dì  coloro ,  che  non  perseverano  sino 
al  fine  ,  e  che  secondo  i  Luterani  non  sono  stati 
meno  giustificati,  che  i  medesimi  eletti,  dimostra 
r  opposto  .  Ecco  dunque  in  ristretto  tutta  la  dot- 
trina della  Giustificazione  .  Ancorché  per  nudrire 
J' umiltà  ne'  nostri  cuori  siamo  sempre  in  timore 
dai  canto  nostro,  tutto  è  sicuro  dal  canto  di  Dio; 
di  modo  che  il  nostro  riposo  in  questa  vita  con- 
siste in  una  stabile  confidenza  nella  di  lui  paterna 
bontà  ,  in  un  perfetto  abbandono  alla  sua  alta  ed 
Incomprensibile  volontà  con  un'adorazione  profon- 
da del  suo  impenetrabile  segreto  . 
taconfes-  XLI.  Quanto  alla  confessione  di  Strasburgo,  se 
SKas^burgo  ^^  Consideriamo  la  dottrina  ,  vedremo  quanta  fosse 
£ht^i&cL    ^*  ragione  nella    conferenza    di  Marpurgo    di  accu- 

zione  come  g^^g  j  Strasburghesi ,    ed  in  generale  i  Sacramenta- 
la chiesa  o  j  ^ 

Romana,     j-j  ji  nuIla  intendere  nella    giustificazione  di  Lute- 
ro ,  e  de*  Luterani  :    perchè  questa  confessione  di 
V.  s.nh.ii.  {ede   non  dice    neppure    una  parola   né  di  giustizia 

K.uh.  Conf.  .  .  >     j    II  I 

jirgtnt,       per  imputazione,  ne  della  certezza  ,    che  aver    se 
ne  dee.   Ella  definisce  per  lo  contrario  la  Giustifi- 
cazione ,    quello  ,    per    cui   d' ingiusti  diventiamo 
,  giusti  ,    e  di   cattivi  buoni   e  retti  :    senza  darcene 

altra  idea.  Soggiugne ,  ch'ella  è  gratuita  ,  e  l'at- 
tribuisce alla  fede;  ma  alla  fede  unita  alla  carità, 
e  feconda  di  opere  buone. 

Così 


L   T  B   R  O       II  I.  15t 

Così  dice  ella  colia  confessione  di  Augusta,  che  ii:d, 
la  carità  è  il  compimento  dì  tutta  la  legge  giusta 
la  dottrina  di  s,  Vaolo  ;  ma  ella  spiega  con  mag- 
gior forza  di  quello  che  avea  fatto  Melantone  ^ 
quando  necessariamente  debba  essere  compiuta  la 
legge 3  allorché  asserisce:  che  alcuno  non  può  esse- 
ri pienamente  salvo  ^  se  non  e  condotto  dallo  spirito 
di  Gesucristo  a  non  lasciare  alcuna  dell'  opere  buo- 
ne ,  per  le  quali  Iddio  ci  ha  creati  ,'  e  eh' e  si  ne- 
cessario ,  che  si  compisca  la  legge  ,  che  piuttosto 
passeranno  il  cielo  e  la  terra  ,  che  possa  succedere 
alcun  rilassamento  nel  minor  punto,  o  in  un  sol  jota 
della  medesima  legge.  '    ''  * 

XLII.  Mai  Cattolico    alcuno  non    ha  parlato  con    ^^j  ^^^^.^_ 
maggior  forza  del  compimento  della  legge,  di  quel-!"  ^«condo 

^°  oo    ^  TI  Bucero  . 

io  che  fa  la  confessione  presente  ;  ma  ancorché 
ciò  sia  il  fondamento  del  merito  ,  Bucero  non-ve 
ne  disse  parola,  benché  per  altro  non  faccia  diffi- 
coltà alcuna  di  riconoscerlo  nel  senso  di  s.  Ago- 
stino ,  eh'  è  quello  della  chiesa  . 

Non  sarà  cosa  inutile ,   mentre  siamo  sopra  que- 
sta materia  ,    il  considerare  ciò  che  ne  ha  pensato 
questo    dottore  ,   uno   de'  capi  del   secondo  , parti- 
to della  nuova    riforma  ,    in  una  conferenza   solen- 
ne ,    nella  quale  co'  termini  seguenti    si  esoresse  .    ^"f-^-->^' 
Toiche    Iddio    giudicherà    ognuna    secondo    /"  opere 
sue  ,   non   si    dee  negare  ,   che    f  opere   buone  fat- 
te colla  grazia   di  Gesucristo  ,  ed   operate  da  esso  > 
ne*  suoi  servi  ,   non    meritino  la  vita  eterna  ",  non   . 
per  verità  per  la  loro  dignità  propria  ,    ma  per  /* 
ficcettazìonc  ,   e  per  la  promessa   di   Dio  ,   e   pel 

K    4  p'--'tto 


X52  Variazioni 

patto  fatto  con  essi  ;  perchè  a  tali  opere  la  Scrii  tu- 
ra promette  la  ricompensa  della  l'ita  eterna  ,  /a 
quale  per  questo  non  può  dirsi  non  essere  grazia 
secondo  altro  rispetto  ,  perche  l  opere  buone  ,  alle 
quali  e  data  una  ricompensa  sì  grande ,  sono  anch' 
elleno  doni  di  Dio  .  Ecco  ciò,  che  scris<;c  Bucero 
l'anno  1539.  nella  disputa  di  Lipsia,  affinchè  non 
si  pensi,  che  sieno  cose  scrìtte  nel  principio  della 
riforma  ,  0  prima  ch'ella  avesse  avuto  il  comodo 
di  ravvedersi  .  Secondo  lo  stesso  principio  Bucero 
„         .decide  in  altro  luogo,  che  non  si  dee  negare,  che 

■Kesp,  aa  -^     ■> 

Ahint.  pQ,^  jI  pojja  essere  giustificato  dall'opere  ,  come 
r  insegna  s.  Jacopo  ,  perchè  Iddio  darà  ad  ognuno 
secondo  l'opere  sue  .  E  ,  soggiugne  ,  la  quistione 
non  è  de'  meriti  •.  non  li  rigettiamo  in  alcuna 
maniera  ,  ed  anche  confessiamo  ,  che  si  merita 
la  vita  eterna  ,  secondo  il  detto  di  nostro  Signore: 
„  Colui  ,  che  abbandonerà  tutto  per  amor  mio  , 
„  avrà  il  centuplo  in  questo  secolo ,  e  la  vita  eter- 
„  na  neir  altro  .  „ 
Bucero      XL!!!.  Non  si  possono  confessare  più  chiaramen- 

prende  la  ...         1 

difesi  delle  te  1  menti,  che  ognuno  può  acquistar  per  se  stcs"- 
d"nàchic- so,  ed  anche  per  relazione  alla  vita  eterna.  Ma  Bu- 
sa, e/ave-  passa  anche  più  innanzi:  e  come  accusavasi  ia 

aere  in  quai  ^  ' 

senso  i  me- ^l^jgg-^   di    attribuire    de*    meriti    a'  santi    non    solo 

un  de  Jan, 

ti  ci  sieno  per    se   Stessi  ,    ma    eziandio    peglì   a'itri  ;    egli    la 

utili  . 

giustificava  con  queste  parole  .  Ver  quello  che  ri- 
tisi'/'  guarda  le  orazioni  pubbliche  della  chiesa  ,  che  si 
chiamano  collette  ,  nelle  quali  jì  fa  menzione  delh 
orazioni  e  de"  meriti  de'  santi  ;  poiché  nelle  stesse 
orazioni  tutto  ciò  che  domandasi  in  questa  guisa  , 

è  d9- 


*    L  T  S  R  o      HI.  i^5 

è  do;yinndato  a  Dìo  ,  e  non  a  santi  ,  ed  anche  e 
domandato  per  Gesucristo  ;  ne  viene  in  conseguen- 
za,  che  tutti  coloro  ,  i  quali  fanno  qucst'  orazione  ^ 
confessano  ,  che  tuti  i  meriti  de^  santi  sono  doni  dì 
Dio  gratuitamente  concessi .  Ed  un  po'  dopo  :  per- 
che  dair  tiltra  parte  confessiamo  e  predichiamo  con. 
groja  y  che  Iddio  ricompensa  le  opere  buone  de^  suoi 
servi ,  non  solo  in  loro  stessi ,  ma  anche  in  quelli , 
per  li  quali  pregano  ,  poiché  ha  proìnesso  ,  che 
avrebbe  fatto  del  bene  a  coloro  ^  che  lo  amano  3  fino 
a  mille  generazioni  .  Bucero  cosi  disputava  per  la 
chiesa  Cattolica  l'anno  1546.  nella  conferenza  di 
Ratisbona .  Quelle  orazioni  erano  anche  state  fatte 
da'  grand' uomini  della  chiesa  ,  e  ne*  secoli  più  il- 
luminati ;  e  s.  Agostino  stesso  ,  benché  fosse  ne- 
mico del  merito  presuntuoso,  non  lasciava  di  con- 
fessare ,  che  il  merito  de'  santi  era  utile  a  noi  > 
dicendo  ,  che  una  delle  ragioni  di  celebrar  nella  i-i  ,g_ 
chiesa  la  memoria  de'  Martiri,  era  per  essere  f 0^»- ^^i^^" ^/"^ 
pagni  dì  essi  ne'  loro  meriti  ,  ed  ajutatì  dalle  loro  '■"*•  *'• 
orazioni. 

Così  ,  checché  dir  si  pos.^a  ,  la  dottrina  della  '.' 
giustizia  Cristiana  ,  delle  swe  opere  ,  e  del  suo 
merito  era  confessata  ne'  due  partiti  della  nuova 
riforma  ;  e  ciò  che  poi  ha  fatta  tanta  difficoltà  , 
allora  non  ne  faceva  alcuna,  o  ne  facea  solo,  per- 
chè nella  riforma  moki  lasciavansi  spesso  rapire 
dallo  spirito  di  contraddizione. 

XLIV.    Non    posso   qui    omettere     una    dottrina   Sttavagan, 

t  •  III  r       •  1-  1  •         ^^  dottiiiia 

bizzarra  della  confessione  di  Augusta  sopra  la  Giù-  delta  con- 
stiticaziojie  .    Asserisce  ella  ,    che  non  solo  l'amor  Augusta  so- 
di 


«54  Variazioni 

tir»  r  ili 01  dì  Dio  non    vi  fosse    necessario  ,    ma  che  necessa- 

liameote    la  supponesse    compiuta  .    Lutero    ce    lo 

ha  già  detto:    ma  Ivlelantone  lo  spiega  ampiamente 

Art.v  IP.  nella  sua  apologia  .    E'  impossìbile  l'amar  Dìo  y  ei 

♦  frft'fci'^"'  dice,  se  prima  non  sì  ha  per  la  fede  la  remissione 

^^"l'  fr*  ^^*  peccati  ;  perché  un  cuore  ,    che  sente  con  verità 

Uh.  I.  r.  i8.  ^^fJ  £);o    irritato  ,   non  lo   può  amare  *,    bisogna   ve- 

Afol.   e,   de  \       .         ,  ,  \       . 

Just.  derlo  placato  :  finche  ei  minaccia  ,  finche  eì  ccndan^ 

na  ,  la  natura  umana  non  può  inalzarsi  sino  ad 
amarlo  nelP  ira  sua  .  E'  facile  agli  oziosi  contem- 
plativi t  immaginarsi  questi  sogni  dell'amor  di 
Dìo  i  che  un  uomo  reo  di  peccato  mortale  possa 
amarlo  sopra  tutte  le  cose  ,  perchè  non  conoscono 
cosa  sìa  V  ira  ,  o  //  giudìzio  dì  Dio  ;  ma  una  co- 
scienza agitata  sente  la  vanità  di  queste  filosofiche 
speculazioni.  Da  questo  dunque  in  ogni  luogo  con- 
il^id.  elude,  ch^  è  impossìbile  l'amar  Dio,  se  prima  non 
sì  ha  sicurezza  della  remissione  ottenuta  . 

Questa  è  dunque  una  delle  sottigliezze  del!a 
Giustificazione  dì  Lutero  ,  che  noi  siamo  giusti- 
ficati prima  di  avere  la  menoma  scintilla  d'amor 
Àftl.  di  Dio:  perchè  tutto  il  fine  dell'apologia  è  di  sta- 
bilire non  solo  ,  che  siasi  1'  uomo  giustificato  pri- 
ma d'amare  ;  ma  ancora  ,  che  sia  impossibile  eh* 
egli  ami ,  se  prima  non  si  è  giustificato  :  di  modo 
che  la  grazia  offerta  con  tanca  bontà  nulla  può  af- 
fatto sul  nostro  cuore  :  bisogna  averla  ricevuta 
per  esser  capace  d'amar  Dio  .  Così  non  parla  la 
chiesa  nel  concilio  di  Trento  .   L'uomo    eccitato  ed 

Stìs.  4.}.e.  ajutato  dalla  grazia ,    dice  il  concilio  ,    crede  tutto 
ciò  j  che  Iddìo  ha  rivelato ,  e  tutto  ciò ,  che  ha  pro- 

mes- 


Libro    ih.  155 

mésso  ;  e  crede  prima  di  tutte  le  cose ,  che  /'  empio 
e  giustificato  dalla  grazia ,  e  dalla  redenzione ,  eh'  è 
in  Gesucristo  %  ^Allora  sentendosi  peccatore  ,  dalla 
giustizia^  dalla  quaV  è  spaventato ,  si  volge  verso 
la  divina  misericordia  ,  che  da  coraggio  alla  ^ua 
speranza  ^i  nella  "  confidenza  eh'  egli  ha  ,  che  Idc 
„  dio  gli  abbia  ad  essere  propizio  a  cagion  di  Gc- 
5,  sLicristo  *^,  e  comincia  ad  amarlo  come  autor: 
d'  ogni  giustizia  ,  cioè  come  quegli  ,  che  giustifica 
gratuitamente  l'empio  .  Quest'amore  tanto  fortu- 
natamente cominciato,  lo  spinge  a  detestare  i  suoi 
peccati  ,  riceve  il  sacramento  ,  ed  è  giustificato  , 
La  carità  è  diirusa  nel  suo  cuore  gratuitamente 
dallo  Spirito  santo  j  ed  avendo  cominciato  ad  amar 
Dio,  che  gii  ofFerii'a  la  grai:ia  ,  Io  ama  anche  più 
quando  l'ha  ricevuta.  -.  * 

XLV.  Ma  ecco  una  nuova  sottigliezza  della  Giù-     Altro  er=- 
stihcazione  Luterana  .    S.  Agostino   stabilisce  dopo  ciustifira- 
s.  Paolo  ,    che  una  delle    difi'erenze  della  giustizia  Va/i'a. 
Cristiana  dalla  giustizia  della  legge,  e  ,  che  la  giu- 
stizia della  legge    è  fondata  sopra    lo    spirito  di  ci- 
more  e  di  terrore  ,    e  la  giustizia   Cristiana    è  in- 
spirata da    uno    spirito  di    dilezione  ,   e   d'amore  . 
Ma  l'apologia  dispersamente  io  spiega  ,    e  la  giusti-     j!,j„ 
zia,  nella  quale  l'amore  di  Dio  è  giudicato  neces- 
sario, nella  qual' egli  entra  ,    di  cui  fa  la  purità    e 
la    verità  ,    vi  è    per  tutto    rappresentata    com2  la 
giustizia  dell'opere,    'a  giustizia  della  ragione,    ia 
giustizia    acquistata   co'  proprj    meriti  ;    in    somma 
come  la    giustizia    della  legge  ,    e   la    giustizia   ce'  ,. 

Farisei  .    Ecco  nuove  idee  ,  che  non  erano  per  an- 
che 


t$6  V    A   R    I   A   2   I   O   1>   I     " 

che  riconosciute  daJ  Cristianesimo  .  Una  i^.iustizla 
che  lo  Spirito  santo  diffonde  ne'  cuori  ,  diffonden* 
dovi  la  carità,  è  una  giustizia  Farisa'ca  j  che  non 
purifica  se  non  l'esteriore  ",  una  giustizia  diffusa 
gratuitamente  ne'  cuori  a  cagione  di  Gesucristo,  è 
una  giustizia  della  ragione  ,  una  giustÌ2Ìa  delia 
legge  ,  una  giustizia  cagionata  dall'opere  ,  ed  in 
somma  siamo  accusati  di  stabilire  una  giustizia  di- 
pendente dalle  nostre  proprie  forze  ,  quando  cbia-r 
ramente  apparisce  dal  concilio  di  Trento ,  che  noi 
stabiliamo  una  giustizia,  di  cui  il  capitale  è  la  fe- 
de, il  cui  principio  è  la  grazia,  il  cui  autore  è  Io 
Spirito  santo  dal  suo  principio  sino  all'ultima  per- 
fezione, alla  quale  si  può  giugnere  in  questa  vita. 
Credo,  che  ora  si  vegga  quanto  sia  stato  neces-» 
sario  il  ben  far  intender  la  Giustificazione  Lutera- 
na dalla  confessione  d'Augusta  ,'c  dall'apologia  , 
perchè  questa  esposizione  ha  fatto  vedere  ,  che  in 
un  articolo  ,  eh'  è  considerato  da'  Luterani  come 
il  capo  d'opera  della  loro  riforma  ,  non  hanno  in 
somma  fatto  altro,  che  calunniarci  in  alcuni  punti> 
giustificarci  in  altri  ,'  ed  in  quelli  ,  ne'  quali  può 
restar  qualche  contesa  ,  lasciarci  chiaramente  la 
miglior  parte. 
I Luterà-      XLVL    Oltre    questo    artìcolo    principale  ,    altri 

ni    ricono-  _  ,  r       • 

scono  il  Sa- importantissimi  se  ne  ritrovano  nella  confessione 
della  Peni-  d  Augusta  ,  o  nell  apologia;  come,  che  si  dee  nte^ 
Assoluzione  nere  nella  confessione  l' assoluzione- particolare  ;  eh' 
tale!  "  ^  errore  de'  'H.ovazìani ,  ed  error  condannato  il  ri' 
xiT.xxii.  gettarla  ;  che  l' assoluzione  e  un  sacramento  vero  , 
imht'!^      ^  pof  riamente  detto;   e  che  la  potestà  delle  chiavi 

ri- 


Libro     III.  157 

rimette  i  peccati  ììon  solo  innanzi  alla  chiesa  ,    ma 
anche  innanzi  n  Dio.    Quanto  al  rimprovero  ,   che 
qui  ci  vien  tatto  ,    del  dir   noi ,  che    questo  sacra--    Cor.f.A'.ig. 
mento  conferisca   la  grazia    senz  alcun,   buon    movi-  de  Conf, 
mento    dì  chi  lo   riceve  ,    credo  ,   che   ognuno    sia 
stanco    di    udire  una    calunnia    tanto    sovente    con- 
futata. 
XLVII.  Quanto  a  quello,    che  nello  stesso  luogo    laCo.ifes- 

,  .  .     ,        ,  ,  ,        ,  r       •  sione    colla, 

s  insegna,    cioè  che  ritenendo  la  confessione  ,    non  necessità 

;,        .  .     ,  .  ,   ,  .      dtlla  iiu- 

tra  necessario  l  esigervi  la  num^razton    de  peccati^  merazion 
perchè  è  impossibile ,  secondo  quel  detto  :   chi  è  co-      ^^"* 
lui  ,    che  conosca  i  proprj  peccati  ^    era    per  verità    Conf  Aur, 
questa  una  buona  scusa  rispetto  a' peccati,  de'qua- -^^  <^«'»/' 
Ji  non  si  ha  cognizione,    ma  non  una  ragione  suffi- 
ciente per  non  sottomettere   alle  chiavi  della  chie- 
sa quelli  j  che  sono  conosciuti .  Bisogna  perciò  con- 
fessare eoa  sincerità,  che  i  Luterani,  non  men  che 
Lutero  ,    non  hanno  in  ciò  altri  sentimenti  ,    che  i 
fiostri  ,   poiché  troviamo  queste  parole  nel  picciolo 
catechismo    di    Lutero    concordemente    ricevuto  in 
tutto  il  partito  .    Dobbiamo    innanzi   a    Dio  tenerci    catV.m'n, 
rei  de'  nostri  peccati  occulti  ;    ma    rispetto  al  mini-    "^"^  ' 
stro  è  solo  necessario  confessar  quelli  ,    che  sono  da 
noi  conosciuti ,  e  da  noi  sentiti  nel  nostro  cuore  .E         ■      1  ' 
per  meglio  vedere  la  conformità    de'  Luterani    con 
noi  neir  amministrazione  di  questo  sacramento  ,  non 
sarà  fuori  di  proposito  il  considerare  l'assoluzione, 
che  al  riici'ir  delio  stesso  Lutero  nel  medesimo  luo-        ,    ,    « 
go ,    il  confessore  dà  al  penitente  dopo  la  sua  con-  "" 

fessione  in  questi  termini  espressa.  !\[o«  credete  voi     ^^"^' 
che  la  mia  remissione  sia  quella  di  Dìo  ^  Sì  3  rispon- 
de 


isS  Variazioni 

de  il  penitente  :  Ed  io 3  ripiglia  il  confessore,  p(r 
comari  do  dì  nostro  Signore  Gesucrìsto  vi  rimetto  i 
vostri  peccati  nel  nome  del  Vadre  ,  e  del  Viglinolo , 
e  dello  Spirito  santo  . 

IsetreSa.  XLVIIL Quanto  al  numero  de' Sacramenti ,  l'apo- 
logia c'insegna,  che  il  battesimo ,  la  cena,  e  l asso* 

jifoi.e.  di  /lezione  sono  tre  veri  sacramenti  .   Eccone    il  quar- 

nui-n.   Sac, 

ad  artic,     jq  »   perchè  non  sì  dee  far  difficolta  dì  metter  l'or- 

XIII.  ^  j  JJ 

dine  in  questo  numero  ,  prendendolo  pel  ministerio 
della  parola  ,  perchè  è  comandato  da  Dìo  ,  ed  ha 
grandi  promesse  ,  La  confermazione  ,  e  l'estrema 
unzione  sono  espresse  come  cerimonie  ricevute  da" 
Tadri  ,  ma  che  non  hanno  una  espressa  promissio- 
ne della  grazia  .  Non  so  dunque  ciò  che  vogliano 
due  le  parole    della    pistola    di    s.    Jacopo  parlando 

J*i.r,  il.  dell'unzione  degl'infermi  :  s'egli  e  in  peccato,  gli 
sarà  rimesso.  Ma  ciò  sarà  forse,  perchè  Lutero  non 
istimava  canonica  questa  pistola  ,  benché  la  chiesa 
non  l'abbia  mai  posta  in  dubbio.  Questo  ardito  ri- 
formatore togliea  dal  canone  delle  Scritture  tutto 
ciò  ,  che  non  accordavasi  co'  suoi  pensieri  ',  ed  in 
occasione  di  quest'unzione  scrisse  nella  Cattività 
rs    ,,,  di  Babilonia    senz' alcuna    testimonianza   dell' Anti- 

jitf'^b'^^'  chità,  che  questa  pistola  non  sembra  dì  s.  Jacopo  , 
ne  degna  dello  spìrito  apostolico* 

Quanto  al  matrimonio,  quelli  della  confessione  ài 
Augusta    vi    riconoscono   un'istituzione    divina  ,   e 

1.  Tiw. /.'.  jieiig  promesse,  ma  temporali  i  come  se  fosse  cosa 

I  )« 

temporale  l'allevare  nella  chiesa  i  figliuoli  di  Dio, 
ed  il  salvarsi  col  generarli  in  tal  manierai  ovvero 
aon  fosse  uno  de'  fruiti   dèi  matrimonio  Cristiano 

il 


Librò     IÌL  tj^ 

il  fare,  che  i  figliuoli,    che  ne  provengono  ,   sieno 
iiominati  santi,  come  destinati  alla  santità.  ,^_ 

Ma  in  sostanza  l'apologia  non  sembra  opporsi  eli 
molto  alla  nostra  dottrina  sopra  il  numero  de'  sa- 
cramenti.  "Purché i  dice  ella,  sì  rigetti  il  se^tif^en--^^*''^' 
»o,  che  domina  in  tutto  il  regno  pontificale  5  cioè  , 
che  i  sacramenti  operino  la  grazia  ^  senz  alcun  buon 
movimento  di  chi  li  riceve  .  Imperciocché  non  si 
stancano  mai  gli  avversar]  di  farci  questo  ingiusto 
rimprovero  .  In  questo  si  mette  il  nodo  della  qu'i- 
stione;  ed  è  questo  un  dire,  che  non  vi  restereb- 
be quasi  più  difficoltà  alcuna  j  senza  ie  false  idee 
de'  nostri  avversar]. 

XLIX.  Lutero  erasi  dichiarato  centra  i  voti  mo-  ^J  7^." 
nastici  di  una  terribile  maniera,  sino  a  dire  di  quel-  «  1"'''°  "^^ 
io  di  continenza   (chiudete  l'orecchie  ,    anime  ca- 
ste)  che    fosse    così    poco  possibile  il  soddisfarvi  , 
quanto  lo  spogliarsi  del  proprio  sesso  .    Resterebbe  Ej-.adVolf. 
off;;sa  Ja  modestia  ,   s'io  ripetessi  le  parole  ,    delle 
quali  si  serve  in  più  luoghi  sopra  tale  soggetto  j  ed 
in  vedere,  com'egli  si  spiega  sopra  la  impossibilità 
della  continenza.  Per  me  non  so,  che  sarà  di  quel- 
la vita  ,    ch'ei   dice  aver    menata    senza  taccia  per 
tutto  il  tempo  del  suo  celibato  ,    e   sino    all'età  d^ 
quarantacinque  anni  .    Sia  come  si  voglia  ,    tutto  si 
nilciga  nell'apologia,  poiché  non  solo  s,  Antonio,  e 
S.Bernardo,  ma  anche  s. Domenico,  e  S.Francesco 
vi  sono  nominati  fia'  santi  i    e  tacco  quel  ,    che  si    a^ìI.  retp. 
chiede  a' loro  discepoli,  è,  che  cerchino  a  loro  imi- ^U.  "^V,;^ 
razione  hi  remissione    de'  loro   peccati    nella    boiua 
gucuica  di  Dio  5   al   che    la    chiesa   ha    troppo  ben 

i  proY- 


t«o  Variazioni 

provveduto  per  temere  alcun  rimprovero  sopra  tale 
soggetto, 
s.  Bernar-      L.  Qucsto  luogo  dell'apologia  è  degno  d'osserva- 

do,  S.Fraii-       ,  .    ,   v        .       .  ^     ,  .  ii-     i       i- 

Cesco,  s.Bo-  zione  ,    poiché  vi  si  mettono    tra   sancì  quelli  degli 

naventura 


posti  da       lutimi  tempi  ,    e  cosi  vien  riconosciuta  per  la  vera 

Lutero    nel 
numero  de' 


Lutero  nel  ^.jjjgjg^  quella  ,  chc  li  ha  portati  nel  seno  .  Lutero 
^uo^dubbio  "°"  ^^  potuto  negare  a  questi  grandi  uomini  questo 
bizzarro  so-  titolo    glorioso  .    In  Ogni    luogo  annovera    fra'  santi 

pra    la    sa-  t^  t. 

ii\tt  di  s.  non    solo   s.    Bernardo  ,    ma   anche    s.    Francesco  , 

Tommaso 

d'Aquino,  s,  Bonaventuraj  ed  altri  del   XIII.  Secolo.  S.  Fran- 
cesco fra    tutti  gli    altri  parve    uomo    maraviglioso 
animato  di  un  ammirabile  fervore  di  spirito.  Por- 
ta le  sue  lodi  sino  a  Gersone,  che  avea  condanna- 
to VicIefFo  ,  e  Giovanni  Us  nel  concilio  di  Costan- 
za, e  Io  denomina  uoifjo  in  tutto  grande  ;    così  nel 
secolo  XV".  Ja  chiesa  Romana  era  ancora    la  madre 
de'  santi  .    Non  vi  è  chc  s.  Tommaso    di  Aquino, 
di  cui   abbia    voluto   dubitare    Lutero  ,    non    so    il 
perchè,  quando  non  fosse,   perchè  egli  era  Dome- 
nicano 5   e  Lutero  non  potesse  scordarsi  le  acerbe 
dispute  ,    che   con  quell'Ordine    aveva  avute  .    Sia 
T^'ì^^ad-  come  si  voglia  ,   non  sa  ,    egli   dice  ,    se  Tommaso 
'!'!'■  f^Hi  sìa  salvo,    o  dannato  .  benché  certamente  egli  non 
deabr.miss.  avesse  fatti  altri  voti  ,   che  quelli  degli  altri  santi 

frlv,   primo 

Tr.  ib.  de  rcligiosì  ,    non    avesse    detta    altra   messa  ,    e  non 

Vot.Mon.lb. 

Pr*,f.  ^(^-v.  avesse  insegnata  altra  fede. 

Latam.'.h.  ,--,-.  •  ii  r       •  n  « 

Messali!-  LL  Per  ritornar  ora  alla  contessione  a  Augusta, 
ed  all'apologia  ,  l'articolo  stesso  della  messa  sì 
dolcemente  vi  passa  ,  che  appena  si  può  accorger- 
si ,  che  i  Protestanti  vi  abbiano    voluto  fare  ^Icun 

ca^,  d,     cambiamento  .   Cominciano  dal  lagnarsi  delP  ìupìu- 

MUs, 

Sto 


Libro     III,       ,  i6i 

sto  rimprovero ,  che  lor  vien  fatto  dì  avere  annich:- 
lata  la  messa.  Sì  celebra,  dicono  eglino  ,  jra  noi 
con  uìì  e  strenna  riverenza  ^  e  vi  si  conservano  quasi  ..- 
tutte  le  cerimonie  ordinarie.  In  fatti  nell'anno  15^3. 
allorché  Lutero  riformò  la  me^sa,  e  ne  scese  la 
formula  ,  non  cambiò  quasi  cosa  alcuna  di  quanto  Forrt.Mus. 
cadea  sotto  gii  occhi  del  popolo.  Vi  conservò  l'in- 
troito, il  kyrie t  la  colletta,  la  pistola,  il  vangelo  ••f^»« 
colle  candele  di  cera  ,  e  ccH'incenso  ,  se  volevasi 
.adoperarne,  il  credo  ^  la  predicazione,  le  orazioni;, 
ja  prefazione,  il  sar:Bus  ,  le  parole  della  consacra- 
zione, l'elevazione,  l'orazione  dominicale,  V eignus 
dei  i  la  comunione,  l'azione  di  gràzii  ,  Ecco  T  or- 
dine della  messa  Luterana  ,  che  non  appariva  ali* 
esteriore  molto  diversa  dalla  nostra;  òcì  rimanente 
erasi    conservato    il    canto  ,    ed   anche    il    canto   in  ;^- 

latino  ,    ed  ecco  quello  che    se  ne  dicca  nella  con- 
fessione di  Augusta:    si  mesco/ano    col  canto   in  la- 
tino alcune  orazioni  in  lìngua  alemanna  per   loin- 
macstramento    del  popolo  .    Si    vedevano    in    quella  chytr.H'st. 
messa  ed  i    paramenti,    e  gli  abiti  sacerdotali  ,    ed    "^'    ""''' 
avevasi    una    gran    diligenza  di    ritenerli  ,    come  si 
vedea  dall'uso,  e  da  tutte  le  conferenze,  che  allo- 
ra   furono    fatte  .    Molto    più    nulla  diceasi    conerà 
i'obblazione  nella  confessione  di  Augusta;  anzi  era 
insinuata    in    quel    passo,    ch'è    riferito    dalla    Sto-    ,,r,  i;:-> 
ria  tripartita:  "biella  città  d' Alessandria  si  tiene  V  conf.Aug. 
adunanza  il  mercoledì  ed  il  venerdì ,  e  vi  si  fa  tut-  '•'''^'"■'^' 
to  r  ujficio  divino,  eccettuata  t obblazione  solenne,  " 

Ciò  taceasi,    perchè  non  si  volea    far  apparire  al       ^^ 
popolo  ,  che  il  pubblico  uffizio  fosse  stato   cambia- 
.  Bossun  Ct?rf  T.  I.  L  to. 


ì6t  ,     Variazioni 

co.  In  udire  la  confessione  d'Augusta  ,  parca    che' 
non  si    avesse    opposizione  ,   che  alle    messe   senza 
ihtj.        comunicanti  ,   cF  erano    state    annullati  ,    diceasi  , 
perche  non  più  se  ne  ce/ebravano  ,   che  per  il  gua- 
dagno: di  modo  che  non  considerando  che  i  termi- 
ni della  confessione  j  sarebbesi  detto  ,    che  solo  se 
ne  volesse  annichilare  l'abuso, 
L'Obbia-      LH»  Intanto   erano   state   tolte  dal    canone   della 
levata ^.°'"^  ™^5sa  le  parole,  nelle    quali  si  parla  dell'obblazio- 
ne  ,   che  facevasi  a  Dio  de'  doni   proposti  .    Ma  ìi 
popolo  sempre  intertcnuto  all'esterno  da'  medesimi 
oggetti,  da  principio  non  vi  f<iceva  osservazione  al- 
cuna ,•   ed  in  ogni  caso  ,    per  rendergli    sofFribile  ii 
cambiamento  ,  insinuavasi  ,   che  il  canone  non  era 
c=):su\t    ^°  Stesso  in  tutte  le  chiese  \   che   quello  de'  Greci 
cTt'r  h'"^  ^^^  diverso  da  quello  de'  Latini  \  ed  anche  fra'  La- 
A-.ig  c^nf.  xinl  quello   dì  Milano    era    digerente    da    quello   dì 

tit,  de  Ca- 

*<"'€,.  Jioma.  Ecco  la  maniera  ,  nella  quale  tenevansi  a  ba- 
da gl'ignoranti  :  ma  non  diceasi  loro  ,  che  questi 
canoni,  o  liturgie  non  aveano  che  diversità  assai 
accidentali  ;  che  tutte  le  liturgie  convenivano  con- 
cordemente neir  obblazione  j  che  facevasi  a  Dio 
de'  doni  proposti  prima  di  distribuirli  ;  e  questa 
è  quello,  che  cambiavasi  nella  pratica  senza  osare 
di  dirlo  nella  pubblica  confessione. 
Ciò  che  fu      LUI.  Ma  per  render  T obblazione  odiosa,  faceasi 

il. ventato  j  L       I  L-  I  -L     •  -1. 

pei  rendere  credere  ,  che  ia  chiesa  le  attribuisse  un  merito  di 
ne  odiosa  rimettere  i  peccati  ,  sem  esser  bisogno  di  recarvi 
i3.  ^^  "^  '  ^^  ^^  f^^^  y  ^^  alcun  buon:  movimento  j  il  che  re- 
^^^y^,.^  plicavasi  per  tre  volte  nella  confessione  di  Augu- 
T^df^Mìa  ^^*  '  ^  "°°  cessavasi  d'inculcarlo  nell'apologia,  per 

in- 


L  1  r>  R  o     III.  163 

insinuar,  che  I Cattolici  non  ammetteano  la  messa, 

che  per  estinguere  la  pietà. 

Erasi  anche  inventata  nella  confessione  d'Augusta, 
quest'ammirabile    dottrina  de'  Cattolici  ,    da'  quali 
faceasi  dire  ,    che  Cesucrhto   avca  soddisfatto  nella, 
iua  passione  per   il  peccato   originale  ,   ed   aveva 
istituita  la  messa  per  li  peccati  mortali  e  veniali  , 
che  giornalmente  erano    commessi  t    come   se  Gesù-   Afoi.  e  Se 
cristo  non  avesse  egualmente  soddisratto  per  tutt  1  SAcrXf.  <tr 
peccati  ;    ed  aggiugncasi  come  dichiarazione  neces-  Aus.'^ctnf. 
saria,  che  Gesucristo  si  era  offerto  in  croce  non  -f 0/0  <:„"£'. '^'j'» 
per  il  peccato  originale  ,   ma  anche  per  tutti  gli  al-  ^'Hl^ 
tri:    verità,  della  quale  alcuno  non  avea  mai  dubi- 
tato. Non  istupisco  dunque  ,    che  I  Cattolici,  giù-  C 
sta    la    relazione    anche   de'  Luterani  ,    quando    vi              „^ 
udirono  questo  rimprovero,  abbiano  come  sclamato        .'^i^' 
tutti  ad    una  voce  ,    che  mai   non  Crasi    udita    tale  chjtr.fi'st, 
cosa  fra  essi ,  Ma  era  necessario  far  credere  al  pò-  col/ut.  "^* 
polo  ,    che;   gl'infelici    Papisti    ignorassero   per  sino  jv^j'^,;, ^'^'    ' 
gli  elementi  del  Cristianesimo., 

LIV.   Del  rimanente    come    i  Fedeli    aveano  ben    L'Orazi^- 
impressa  nell  animo  i  obblazione  latta  in  ogni  tem- bUzione 
pò  per  li  morti,  i  Protestanti  non  volevano  essere  j" '' ^°'''' 
creduti  ignorare  ,    o  dissimulare  una    cosa  si  cono- 
sciuta ,    e  ne  parlarono  in  questi  termini  nelTapo- 
bgia  :    quanto  a  quello    che  ci  vien  obbiettato   dell' 
obblazione  per  li  mortt  praticata  da   Tadrz ,  confes^  voc*i.m:ss, 
siamo  aver  eglino  pregato  per  li  morti  ,  e    noi  non 
impediamo  il  farlo  ^    ma  non  approviamo  r applica- 
zione  delibi  cena  di  nostro  Signore  per  li   morti  ^   i^ 
virtù  dell'  azione  «x  opere  operato  . 

L     ^  Qui 


\ 


t€4  Variazioni 

Qui  tutto  è  pieno  d'artificio  :  perchè  in  primo 
luogo  dicendo  eglino  j  che  non  impediscono  quell' 
orazione,  Taveano  tolta  dal  canone  ,  e  ne  aveano 
cancellata  con  questo  mezzo  una  pratica  tanto  an- 
tica, quant'è  ia  chiesa.  In  secondo  luogo  l'obbie- 
zione parlava  dell'obblazione  i  ed  èglino  rispcndono 
dell'orazione  ,  non  osando  far  vedere  al  popolo  , 
che  l'Antichità  avesse  offerto  per  li  morti  ,  per- 
chè era  quella  una  prova  troppo  convincente  ,  che 
l'Eucaristia  giovasse  anche  a  colora,  che  non  ri- 
ceveano  la  comunione  . 
1  Luterani      LV.  Ma  le  parole  seguenti    dell'apologia  sono  da 

Il  gettano  .  .../.. 

la  Dottrina  osservarsi  :  /  ncjtri  avversarj  et  rinfacciano  a  torta 

d'Aerio  ,  ,  .  t       ^      •  i  r- 

contraria     /a  conaannaz'ione  di  ^Aerio ,  che  nognono  essere  sta- 
ne pernii  '  to  condannato  3  perchè  negava  ^  che  la  messa  sì  offe- 
'*'°"*"        risse  per  li  vivi  e  per  li  morti  .   Ecco  il  loro  costti- 
Jkid.        me  di  opporci  gli  Eretici  antichi  ,    e  di    mettere    in 
paragone  colla  loro  la   nostra  dottrina  .    5".  Epifanio 
fa  testimonianza ,  che  ^erìo  insegnava  ^  che  fossero 
inutili  le  orazioni  per  li  morti.    2\oi  non  sosteniamo- 
^erio  5    ma  disputiamo  con  voi  ,   che  dite  centra  la 
dottrina  de'  Trofeti  ,    degli  ^4postoH  ,   e  de'  "Padri , 
che  la  messa  giustifica  gii  uomini  in  virtù  de  IP  azio- 
ne ,  e  merita  la  remission  della  colpa ,  s  della  pena, 
agli  empj ,  a    quali  è  applicata  ,  purché  essi  non  vi 
mettano  ostacolo  ,  Ecco  la  maniera ,    di  cui  si  dà  il 
contraccambio    agl'ignoranti  .     Se    i    Luterani    non 
voleano  sostenere  Aerio  ,    perchè  sostengono  eglino 
il  dogma  particolare 3  che  quell'eretico  Ariano  ave- 
va   aggiunto    all'eresia  ariana;    cioè    non   doversi 
pregare  ,   né  ojj^rire  ovulazioni  a  favore  de'  morti  / 

Ecco 


Libro     1 E I;  '  '  W5 

Ècco  ciò  ,    che  5.  Agostino  riferisce  di  Aerio  dopo    £.AKg.i:h^ 
s.  Epifanio  ,  di  cui  egli  fa    un  ristretto  ,    Se  riget-  Ep-^h'tùt, 
tasi  Aerio,  se  non  si  ardisce  di  sostenere    un  Ere- 
tico riprovato    da'  santi  Padri  ,   bisogna    ristabilire 
Kjlla  liturgia  non  solo  l'orazione  5    ma  anche  l'ob- 
blazione  in  prò  de*  morti.        '  ,.    >• 

LVI.    Ma    ecco   la    gran    querela   dell' apologia  .      ccme  p 
S.Epifanio,    dicono    eglino,    condannando    Aerio ,  |j'^^,'^!'^J"'^^ 
non  dicea  come  voi ,  che  la  messa  giustifica  ^l't  uo-  "■'"'*  ^  '"^- 
mi?7Ì  in  virtù  de/fazione  ex  opere  operato  ,    e  me-  voie. 
rita    la    remission   della   colpa  ,    e  della    pena    agli 
empj ,  a    quali  è  applicata ,  purché  essi  non  vi  met- 
tano ostacolo  >  Dlrebbesi  in  udirli,  che  la  messa  da 
se  rende  a  giustificar  tutt'i  peccatori,    per  li  quali 
si  dice  ,    senza  che    eglino  vi    pensino  :    ina   a  che  _      V, 

serve  tener  a  bada  il  mondo  ?  La  maniera,  colla 
quale  diciamo  ,  che  la  messa  giova  anche  a  coloro  , 
che  non  vi  pensano ,  eziandio  a'  più  empi  ,  non  ha 
difficoltà  alcuna  .  Ella  giova  loro  come  l'orazione, 
la  quale  per  certo  non  si  farebbe  a  favore  de'  pec- 
catori più  ostinati  ,  se  non  si  credesse  poter  ella 
ottenere  da  Dio  la  grazia,  la  quale  supererebbe 
la  loro  ostinazione  ,  se  non  vi  resistessero  ,  e  so- 
vente la  ottiene  per  essi  cosi  abbondante  ,  che  im- 
pedisce la  loro  resistenza  .  Questa  è  la  maniera  , 
nella  quale  l'obblazione  dell'Eucaristia  giova  agli 
assenti ,  a'  morti  ,  ed  anche  a'  peccatori  ;  perchè 
in  fatti  la  consacrazione  dell'Eucaristia,  mettendo 
innanzi  agli  occhi  di  Dio  un  oggetto  così  grato  , 
com'  è  il  corpo  ,  ed  il  sangue  del  suo  Figliuolo, 
porta  seco  una  maniera  di  potentissima  intercessio- 

L     3  ne. 


'i66  Variazioni 

ne  ,  ma  clie  troppo  sovente  da'  peccatori  è  resi 
inutile  coir  impedimento  ,  che  mettono  alla  di  lei 
efiìcacia . 

Cosa  vi  era  degna   di  biasimo  in   questa  maniera 
chyti.HUt.  di  spiegare  l'effetto  della  messa?  Quanto  a  coloro, 
Con/ut.''^'  i  quali  volgevano    ad  un  guadagno  sordido  una  dot- 
mH's'i'^    '  trina  si  pura,    i  Protestanti  ben  sapcano  ,    che  non 
erano  dalla  chiesa   approvati  :    e  quanto  alle  messe 
senza  comunicanti  ,    i  Cattolici    dissero    ad  essi  al- 
lora ,   ciò    eh'  è    poi  stato    confermato    in  Trento  , 
Stss.x^ìr,  che  se  non  vi  è  chi  si  comunichi,  non  è  mancanza 
tdella  chiesa  ,  poiché  ella  desidererebbe  per  lo  con- 
trario ,   che  gli  assistenti  sì  comunicassero  alla  mes- 
sa y  che  ascoltano  t    di  modo  che  la  chiesa  è   simile 
ad  un    ricco  benefattore  ,    la  cui    mensa  è    sempre 
aperta,  e  sempre  imbandita,    ancorché  non  vi  ven- 
gano i  convitati . 

Ora  vedesi    tutto    l'artificio   della    confessione  d' 
Augusta  sopra  la    messa  :    non   toccar    cosa    alcuna 
all'esteriore,  cambiar  nelT  intrinseco,    ed  eziandio 
quanto  vi  era  di  più  antico  ,    senza  farne  motto  a' 
popoli  ;    aggravar  i  Cattolici  degli    errori  più  gravi 
sino  a  fare,  che  dicano  contra  i  loro  principi,  che 
la  messa  giustifichi  il  peccatore  ;    cosa  costantemen- 
te riserbata  a'  sacramenti   del  battesimo  ,    e    della 
penitenza  :   ed  anche  senz'alcun  buon  movimento  , 
affine  di  rendere  più  odiosa  la  chiesa  ,   e  la  sua  li- 
turgia . 
Orribile       LVII.    Non    aveasi  minor    pensiero  di    sfigurar  1* 
sopra  le*      altre  parti  di  nostra  dottrina  ,   ed  in   ispezialità  il 
Orazioni     capitolo   dell' Orazioni  fatte    a'  santi  .   Fé  ne  sono  , 

dice 


L    I   E    R   O       III.  "167 

àlee   r  apologia  ,   che   attribuiscono    cliiaramente  la  fatte  a' 

.  .  .  >      ,  ','11  •  •    '  ^^f't'-     ' 

Divinità    a   santi  ,    arce^ao    eh?    veggono    in    noi    i 

segreti  pensieri    de'  nostri   cuori.  Dove  sono  eglino  yx'i/ Zi f. 
questi  teologi ,    che  attribuiscono  a'  santi  il  vedere  ^'^'^^'■'^<":- 
ì  segreti  de'  cuori   come  Dio;  ovvero  il  vederli  in 
altra  maniera,  che  colla  cognÌ7;ione\  ch'egli  dà  lo- 
ro, come  ha  fatto  a'  Profeti,    quando  gli  piacque? 
Fanno  de'  fanti,  diceasi,  non  solo  tanf  intercessori  ;     j^;^^ 
ma.   anche  tanti    mediatori    di   redenzione  »   Hanno 
inventato ,  che  Gesucristo  fosse  piti  duro ,  ed  ì  santi 
più  facili  ad   esser  placati  y  e  più   si  fidano   nella 
misericordia  de'  santi ,  che  in  quella  di  Gesucristo  3 
e   fuggendo  Gesucristo  cercano   ì    santi  .    Non    ho 
d'uopo    di  giustificare    la  chiesa   sopra  tali  ahbomi- 
nevoli  eccessi.    Ma  affinchè  non  cadesse  in  dubbio, 
che    questo    non  fosse    letteralmente    il    sentimento 
Cattolico:    non  parliamo  per  anche  ,   soggiungeasi  ,     /tirf. 
degli  abusi   del  popolo  5  parliamo    dell'  opinione   de' 
dottori  ,   E  poco  dopo:  eglino  esortano  a  fidarsi  più 
nella  misericordia  de'  santi,   che  in  quella  di  Gesu- 
cristo .  Ordinano  il  fidarsi  nel  merito  de'  santi  ,    co- 
me se  fossero   riputati  giusti   a  cagione  de'  loro  me-  (_. 
riti,  come  siamo  riputati  giusti  a  cagione  de'  meriti 
di  Gesucristo  .    Dopo  averci  imputati  tali   eccessi  , 
dicesi  in  tuono  grave:    noi  non  inventiamo  cosa  al-     iiij. 
cuna  :  dicono  nell'  Indulgenze ,  che  i  meriti  de'  santi 
ci  sono  applicati'  Non  era  necessario,  che  un  poco 
di  equità  ,    per  intendere   di  qua!  maniera  i  meriti 
de'  santi  ci  sono  utili;  e  Bucero  medesimo  ,   auto- 
re   non    sospetto  ,    ci  ha  giustificati    centra  il  rim-, 
provero,  che  a  noi  faceasi  su  questo  punto. 

L    4  LVriI. 


ié9  Variazioni 

CaU'nnie       LVIII.    Ma    ncn    ceicavasi  ,    che   inasprire  ,    ed 

topra  le         .      .  ,..._,..  .  ,    ,,,  . 

inm:?pini  ,  jmtare  gii  animi  .    Perciò  si  aagiugne  :    da//  invo- 

e  jrai.d'ia..  .  ,   ,  .       .  '  .  ... 

p.  stura  so-  cazior.e   (le   santi  si  venne   al/e  immagini  .    St  sono 
cllioue'dt'  onorate  ;  e  pensavasi  -,   che  in    esse  fosse  una  certa 
Coirpimcn-  'v'^ytà ,  come  i  maghi  ci  danno  a  credere ,  che  ne  sìa. 
Prouile      "^''^  immagini  de'Ic  costellazioni,  a//orchè  in  ceri» 
temno  vengono  delineate  .    Ecco  la    maniera  ,    colla 
qiiale  1  odio  puDDiico    era  scimolaro  .    Bisogna    con- 
fessare tuttavia  ,    che  nella  confessione    d'  Augusta 
non  giugnevasi  a  quest'eccesso  ,    e  non  vi  si  parla- 
va neppur  delle  imcnagini .  Per  contentare  il  parti- 
to fu    necessario    il  dire  qualche    cosa  di  più  aspro 
nell'apologia  .    Scudiavasi  però  con    ogni  attenzione 
di  non  farvi  vedere  al  popolo  ,    che  le  orazioni  ri- 
volte a'  santi  ,•   affinchè  eglino    pregassero  per  noi  , 
fossero  comuni  nell'antica  chiesa  %    Parlavasene  per 
/J*f.        Io  contrario  come  di  un  uso  nuovo,    introdotto  sen^ 
za  la  testimonianza  de'  Tadrì ,  di  cui  nulla  vedeasi 
prima  di  s.  Gregorio  ,    cioè  prima  del  VII.  secolo  • 
I  popoli  non  erano  per  anche  avvezzi    a  disprezza- 
re l'autorità  della  chiesa  antica,    e  la  ritorma  per 
Dali.de   anchc  timida  riveriva  i  grandi  nomi    de' Padri.  Ma 
jÓi'fh  "*'"'  o'^'i  ^^    indurata    la  fronte  :    non  sa  più  arfosslrsi  , 
jTot'j*-'^'^  modo  che  vien  abbandonato  il  quarto  secolo,    e 
Ticu  :  Ar-  j-  fg^g  ^\  affermate  ,   che  s.  Basilio  ,   s.  Am- 

comp.  des  ' 

proph.  brogio,  s.  Agostino,  ed  in  una  parola  tutt'i  Padri 
di  quel  secolo  si  venerabile ,  coli'  invocazione  de' 
santi  hanno  stabilito  nella  nuova  idolatria  il  regno 
dell'  Anticristo, 

I  Luterà-!!      LIX.  Allora  ,    e  nel    tempo   della  confessione  d' 

no  rigt 


ncn  oisva-  ...  .    _  ...  .       , 

jeuare  Augusca   SI  gloriavano   i  Protestanti  di  avere  in  lo- 


ro 


Libro     IH.'*  T% 

ro- favore    i  santi  Padri,    principalmehte    nelT  arti- i«  autorità 
,    ,,      ^-        -r        •  1  -j  — «.  *ifl'*  Ghie* 

colo  della  Giustificazione,  che  consideravano  come  sa  Rommia, 
il  più  essenziale  ",  e  non  solo  pretendevano  aver 
per  essi  i'ancica  chiesa;  ma  ecco  ancora  come  ter- 
minavano l'esposizione  della  loro  dottrina  .  Tai  e  conf.Aug^ 
il  ristretto  ai  nostra  jcac  ,  in  cui  niente  vearasst 
contrario  alla,  Scrittura  ,  né  alla  chiesa  Cattolica  , 
come  neppure  alla  chiesa  Romana,  per  quanto  può 
ella  conoscersi  da'  suoi  scrittori  .  Sì  tratta  di  al- 
cuni pochi  abusi,  che  si  sono  introdotti  nelle  chie- 
se senz' alcuna  autorità  certa;  e  quando  anche  dif- 
ferenza vi  fosse  ,  sarebbe  necessario  il  soffrirla  , 
psrchì  non  è  necessario ,  che  i  riti  delle  chiese  sie- 
no  per  tutto  uniformi . 

In  un'altra  edizione  si  leggono  queste  parole  l 
noi  non  disprezziamo  il  consenso  della  Cattolica 
chiesa  ;  ne  vogliamo  sostenere  le  opinioni  empie  ,  e 
sediziose  da  essa  già  condannate  ;  perchè  non  le 
passioni  disordinate  ^  ma  l' autorità  della  parola  di 
Dio y  e  dell'antica  chiesa  ,  ci  hanno  portati  ad  ab- 
tracciare  questa  dottrina  per  aumentare  la  gloria 
di  Dio  ,  e  per  provvedere  alT  utilità  dell'  anime 
buone  nella  chiesa  universale i"'^    '       '-■-••*;  >^--^'^' 

Dicevasi  anche  nell'apologia  ,  dopo  avervi  espo-  /pe?, 
sto  l'artico-'o  della  Giustificazione  ,  che  teneasi 
senza,  paragone  come  il  principale  ,  che  quella  era 
dottrina  de"  Trofetì  ,  degli  apostoli  ,  e  de'  santi 
Tadri ,  di  s.  cAmbrcgio ,  di  s,  agostino ,  della  mag- 
gior parte  degli  altri  Tadri  ^  e  di  tutta  la  chiesa , 
che  riconoscea  Cesucristo  per  propiziatóre  ,  e  per 
autore  della  giustificazione  j  e  che  non  doveasi  prcn- 
^  dn-e 


/ 


j-e»  Variazioni 

dere  per   dottrina    della   chiesa  Komana    tutto   ciò  ^ 

che  approvano  il  Vapa ,   alcuni  cardinali  ,   vescovi , 

teologi,  0  religiosi:    con  che  manifestamente  discin- 

giieansi  Je  opinioni    particolari    dal  dogma    ricevuto 

e  costante  ,   e  faceasi  professione   di  non  toccarne 

cosa  alcuna . 

Parole  me,      LX.  I    popoli  dunque    credevano    ancora    seguire 

Lu°?i^o''pet  '"    ^""o    ^    sentimenti    de'  Padri  ,    l'autorità   della 

li^^verl"'^   Cattolica  chiesa  ,  ed  anche   quella  della  chiesa  Ro- 

Chicsanfi-  fnana  ,    la  cui    venerazione    era  in    tutti    gli    animi 

la  Conili-  _  "^ 

iiione  Ro-  profondamente    impressa  .    I^utero    stesso  ,    benché 

nia.ia , 

fosse  arrogante  e  ribello  ,  ritornava  alle  volte  nel 
suo  byon  sentimento  ,  e  ben  facea  vedere  ,  che  1* 
antica  venerazione  avuta  da  esso  per  la  chiesa 
non  era  cancellata  del  tutto.  Intorno  ali' anno  1534-» 
tanti  anni  dopo  la  sua  ribellione  ,  e  quatcr'  anni 
dopo  la  confessione  d'Augusta  ,  fu  dato  in  luce  il 
Tr.dcM'iti.  suo  trattato  per  annichilare  la  messa  privata  .  In 
fuv,  .  ■^»qye3(.Q  pgii  racconta  il  suo  famoso  colloquio  col 
principe  delle  tenebre  .  In  esso  tutto  che  fosse 
giunto  agli  eccessi  contra  la  chiesa  Cattolica  ,  fino 
a  considerarla  come  Ja  sede  dell'Anticristo,  e  deli* 
abbominazione  ,  lontano  dal  togliere  ad  essa  per 
questa  ragione  il  titolo  di  chiesa  ,  concludeva  ali* 
opposto  ,  eh'  ella  era  la  vera  chiesa ,  il  fondamento, 
e  la  colonna  della  verità  ,  ed  il  santissimo  luogo . 
In  questa  chiesa ,  continuava ,  Iddio  conserva  mira- 
colosamente il  battesimo  ,  il  testo  del  vangelo  in 
tutt'  i  linguaggi  j  la  remission  de'  peccati  ,  e  /'  asso- 
luzione j  tanto  nella  confessione  ,  che  in  pubblico  ; 
il  sacramento    dell'  altare  verso  pasqua  ,    e    tre  0 

quat- 


Libro     III,  ^7r 

quattro  volte   aW  anno  ,    benché   ne  sìa   stata  tolta, 
una  specie  (il  popolo'^  la  vocazione  ^    e  V  ordinazione 
de"  Vastort  ;  la  consolazione  ne  IT  Agonia  ;    r  immagi- 
ne del  Crocifisso  ,   e  nello   stesso    tempo  la  memoria 
della  morte ,  e  della  passione  dì  Gesucristo  ;   il  sal- 
terio ^  l'orazione  dominicale  ^  il  simbolo  ,   il  decalo- 
go ,  mólti  cantici  divoti  in  latino ,  ed  in  alemanno  . 
Ed  un  poco  dopo:    dove  si  trovano  le  ve) e  relìquie         -•  '• 
de'  santi  y  ivi  senza  dubbio  è  stata  ^  ed  è  ancora  la        '"' 
J-.  chiesa  dì  Gesucristo:  ivi  hanno  dimorato  ì  santi , 
perche  le  istituzioni  ,    ed  i  sacramenti  dì  Gesucristo 
vi  sono ,  eccettuata  una  delle  specie  tolta  per  forza  > 
£'  perciò  cesa  certa  ,   che  Gc sucri  rto  vi  t?  stato  pre- 
sente ,  e  che  il  suo  Spirito  santo  vi  conserva  la  sua 
vera    cognizione ,   e  la  sua  vera  fede    de'  suoi   elet- 
ti.    In  vece  di  considerare  la  croce  ,    che  metteasi  ' 
fra  le  mani  de'  moribondi  ,    come  oggetto   d'idola- 
tria 5  la  considera  come  un  monumento  di  pietà ,  e 
come    salutare    avvertimento  ,     che    ci    richiamava 
nella  mente  la  morte  e  la    passione   di  Gesucristo, 
I^a    ribellione    non  avea    per  anche    estinti  nel   suo 
cuore    i    bei  residui    della  dottrina,    e    della    pietà 
della  chiesa  ;    e  non  mi  stupisco  ,   che  in  fronte  a 
tutt'i  volumi  delle  sue  opere  sia  stato    dipinto   in- 
sieme coir  Elettore  ,  suo  signore,  ginocchioni  avan- 
ti ad  un  Crocifisso. 

LXI,  Quanto  a  quello  ,   eh'  ei    dice  della  sottra-     u  du? 
zione  d'una  delle  specie,  la  riforma  trovavasi  mol- 
to imbarazzata  sopra  questo  articolo,  ed  ecco  quel- 
lo, che  ne  dicea  nell'apologia:  scusiamo  la  chiesa  ,     cn^.  de 
che  non  potendo  ricevere  le  due  specie  ,    ha  sofferta  "^''''?  ''"^' 

que- 


Zy^  V    A    K   I   A   2    I  O   'N   I 

questa  ingiuria  ;  ma  non  tscusìamo  gli  autori  di  qtis^ 
sto  divisto . 

Per  incendere  il  segreto  di  questo  luogo  dell'apo- 
logia ,  basta  notare  una  brev' espressione,  che  Me» 
Jancone,  suo  autore,  scrive  a  Lutero  ,  domandan- 
dogli il  suo  parere  sopra  tale  materia  ,  mentre  se 
ne  disputava  in  Augusta  fra'  Cattolici ,  ed  i  Prote- 
Meì.ub.i.  stantì  .    Ezio  volea ^    dice,   che  fesse  tenuta  per  in' 

£p'«.  M-  digerente  la  comunione  sotto  una  ,  o  sotto  due  spe- 
cie: io  non  glie f  ho  voluto  accordare  :  e  tuttavia  ho 
scusati  coloro  ,  che  sin  qui  aveano  ricevuta  una  sola 
specie  per  errore,  perche  esclamavasi,  che  noi  con^ 
dannavamo  la  chiesa . 

Non  ardivano  dunque  condannare  tutta  la  chiesa. 
II  solo  pensiero  ne  faceva  orrore.  Questo  fa  ritro-> 
vare  a  Melantone  il  bel  ripiego  di  scusare  la  chie- 
sa sopra  un  errore  .  Che  potrebbero  dire  di  peg- 
gio coloro,  che  la  condannano,  poiché  l'errore,  di 
cui  si  tratta,  è  supposto  un  error  nella  fede  ,  ed 
anche  un  errore  tendente  all'intera  sovversione  d* 
un  sacramento  tanto  grande  ,  quanto  è  quello  dell* 
Eucaristia?  Ma  in  fine  non  vi  si  trovava  altro  spe- 
diente,  Lutero  l'approvò,  e  per  meglio  scusare  la 
chiesa  ,  che  non  comunicava  ,  che  sotto  una  specie  , 
unì  la  violenza,  ch'ella  soffriva  da'  suoi  pastori  su 
questo  punto,  all'errore,  in  cui  era  indotta.  Ec- 
cola bene  scusata  ,  e  le  promesse  di  Gesucristo  , 
che  non  dovea  mai  abbandonarla  ,  da  un  tal  metodo 
maravigliosamente  salvate. 

Le  parole  di  Lutero  nella  risposta   a    Melantone 

r.esc.Luth.  sof^o  da  osservarsi  ;    Esclamano,  che  noi  condannia- 
mo 


L    I   B    R   O       I  I  I.  tj^ 

mo  tutta  la  chiesa  :    questo  è  quello,    che  offendea  «</  Md.  r. 
tutti  .    Ma,  risponde  Lutero  ,    not  diciamo ,  che  laUb.vn, 
chiesa  oppressa,  e  privata  con  violenza  di  una  del-  ri  ^ 

le  specie  dee  essere  scusata,  come  sì  scusa  la  sina- 
goga  dì  non  aver  osservate  tutte  le  cerimonie  della 
legge  nella  cattività  dì  Babilonia ,  dove  non  ne  avea 
la  potestà . 

L'esempio  era  allegato  molto  male  a  proposito  ;  >  ,  v<K 
perchè  alla  iìne  coloro  ,  che  teneano  la  sinagoga 
cattiva,  non  erano  del  suo  corpo  ,  come  i  pastori 
della  chiesa,  che  qui  si  faceano  passare  per  oppres- 
sori suoi;  erano  del  corpo  della  chiesa.  Dall'altra 
parte  la  sinagoga  per  essere  violentata  all'esterno 
nelle  sue  osservanze  ,  non  era  per  questo  indotta 
in  errore,  come  sostenea  Melantone,,  che  la  chicca 
privata  d'una  delle  specie  vi  fosse  indotta  :  ma  in 
£ne  l'articolo  passò  .  Per  non  condannare  la  chie- 
sa, si  restò  d'accordo  di  scusarla  sopra  un  errore, 
in  cui  era,  e  sopra  P ingiuria ,  che  l'era  stata  fat- 
ta :  e  tutto  il  partito  si  sottoscrisse  a  questa  ri- 
sposta dell'apologia.  Tutto  ciò  non  accordavasi  mol- 
to coir  articolo  VH.  della  confessione  d'Augusta  , 
dove  si  esprime:  che  vi  è  una  chiesa  santa,  la  qua-  conf.Au<r, 
le  dimorerà  eternamente:  or  la  chiesa  e  l'adunanza  '*'^''  '* 
de^ santi t  nella  quale  e  insegnato  il  vangelo;  e  sona 
at^jminìstrati  i  sacramenti  come  si  dee .  Per  salvare 
quest'idea  di  chiesa,  non  solo  doveasi  scusare  il 
popolo;  ma  era  necessario  ancora,  che  i  sacramen- 
ti fossero  bene  airiministrati  da' pastori;  e  se  quel- 
lo dell'Eucaristia  non  sussistea  sot^o  una  sola  spe- 
cie, non  poteasi  più  far  sussistere  Ja  scessa  chiesa. 

LXII. 


r74.  Variazioni 

11  Corpo      LXII.  L'imbarazzo  non  era  men  grande  nel  con-» 

de>  Luterà-  i       j  •  •  i 

HI  si  sotto-  dannarne  la  dottrina ,  a  cui  non  volevano  comparire 

mette  al  ,,  .  ..       |.  !•  •       t 

giudizio  Q  opporsi:  perciò  dicevano  di  sottomettersi  al  con- 
ilo Geiie^'  cilio  .  Tutto  ciò  si  vede  nelia  prefazione  delia  con- 
Conf"s!!!)l  fessionc  di  Augusta  diretta  a  Cario  V.  Vostra  Mae- 
gusta'  '^"'  ^^^  Imperiale  ha  dichiarato ,  non  poter  ella  determU. 
narc  cosa  alcuna  ne W  affare  ^  in  cui  trattavasi  della 
Au^'.  Con-  religione  ,  ma  eh" ella  avrebbe  operato  appresso  il 
"Papa  per  procurare  r  adunanza  del  concilio  univef' 
saie  .  Ella  replico  l'anno  passato  la  medesima  di- 
chiarazione ne  ir  ultima  dieta  tenuta  in  Spira  ,  ed 
ha  fatto  vedere  j  eh"  ella  persistea  nella  risoluzione 
di  procurare  quest' adunanza  del  concilio  generale  ; 
aggìugnendo  che  gli  affari,  ch'ella  ave  a  col  "Papa  , 
essendo  terminati ,  credea  ^  eh"  egli  potesse  essere  fa- 
cilmente inclinato  a  tenere  un  concilio  generale .  Da 
questo  si  vede  di  qua!  concilio  s'intendeva  allora 
parlare:  intendeasi  di  un  concilio  generale  adunato 
dal  Papa  ;  ed  i  Protestanti  vi  si  sottomettono  in 
questi  termini  :  se  gli  affari  della  religione  non  pos^ 
sono  essere  amichevolmente  accomodati  colle  nostre 
parti  ,  noi  of eriamo  con  ogni  ubbidienza  a  Vostra 
Maestà  Imperiale  di  comparire ,  e  di  trattare  la  no' 
jtra  causa  innanzi  ad  un  tal  concilio^  generale  libe- 
ro,  e  cristiano  .  Ed  in  fine:  a  questo  concilio  gene- 
rale j  ed  insieme  alla  Vostra  Imperiale  Maestà  ci 
siamo  appellati  ,  e  ci  appelliamo  ,  e  seguitiamo 
quest"  appellazione ,  Quando  parlavano  in  questa  ma- 
niera, non  era  loro  intenzione  di  dare  all'lmpera- 
dore  r  autorità  di  pronunziare  sopra  gli  articoli 
della  fede:    ma  appellandosi  al  concilio  nominavano 

an- 


L   I   B    R   O      II  I.  ^  17J 

anche  l'Imperatore  nella    loro  appellazione  ,   come'  ' 

quegli,  che  dovea  procurare    la  convocazione  della 
sanca  adunanza,    e  lo  pregavano  in  tanto  di  cenere 
il  tutto  sospeso  .   Una  dichiarazione   tanto    solenne  '*        •'    " 
resterà  eternamente   nell'atto    più  autentico  ,    che 
abbiano   mai  fatto    i  Luterani  ,    ed    in  fronte    alla 
confessione  d'  Augusta  ,    come  testimonianza  conerà 
di  essi  5    e  come    confessione   dell'  inviolabile  auto- 
rità della  chiesa  .    Tutto  allora  vi  si  sottometteva , 
e    ciò  che  facevasi  attendendo  la  di  lei  decisione,- 
non    poteva    essere  che    provvisorio  -    Si    riteneva-  ,,,  .'  .K 
no    i  popoli  3  e    forse    ognuno   ingannava  se   stesso       '  '     '" 
con  questa  bella    apparenza  =    Prendevasi ,  intanto  1" 
impegno;  e  F  onore  che  aveasi  dello  scisma  5  ogni 
giorno  sminuivasi  .    Dopo  che    vi  si  fu    accostuma- 
to ,   e   che  fu  fortificato  il  partito  con  trattati  ,  e 
con  leghe  3   la    chiesa   fu    posta    in    dimenticanza; 
quanto  era  stato   detto  della    di  lei  santa  autorità , 
svanì  come  un  sogno  5  ed  il  titolo  di  concilio  lìbero 
e  cristiano  ^    di  cui  il  Luteranismo    si  era  servito , 
divenne  un  pretesto  per  rendere  iliusoria  la  reclama-- 
zione  al  concilio,  come  vedrassi  dalla  continuazione  .- 

LXIII.  Ecco  la  storia   della  confessione   d' Augu- condusio- 
sta ,  e  della  sua  apologia,    Vedesi  ,    che  i  Luterani  [^^3  ^'gj'^J^^' 
si  corrèggerebbero  di  molte  cose^  ed  ardisco  dire ,  [^*  ■■^^^"^^^'J^ 
quasi  di  tutto,  se  volessero  solamente  prendere   la  ^f  servire 

^  "^  al   ravvedi^ 

fatica  di  toglierne  le  calunnie,  delie  quali  vi  siamo  ?'«'it'i  de' 

Luterani  . 

■caricati ,  e  di  ben  comprendere  i  dogmi ,  ne'  quali 
'<:on  tanta  evidenza  si  viene  ad  accomodarsi  alla 
nostra  dottrina.  Se  fosse  stata  prestata  fede  a  Me- 
lantone,   avrebbesi  avuto  il  modo  di  accostarsi  an^ 

che 


xj6  Variazioni 

che  di  più  a"  Cattolici,  perchè  egli  non  dicea  tutto 
ciò  ,   che  voleva  ;    e  mentre    che  affatìcavasi   nella 
confessione    d'Augusta,    egli    stesso,    scrivendo  a 
Lh.i.Ep.i.  Lutero  sopra  gli  (frtico/l  di  fede  ,    che  da  esso  era 
pregato  rivedere;    bisogna  y  ei  dicea,   cnmbìarh  so- 
vente ,    ed  cccomodarli  all'  occasione  .   Ecco  la  ma- 
niera ,  con  ciù  fabbricavasi  la  famosa  confessione  di 
fede,  eh' è  il  fondamento  delia  religione  Protestan- 
te i  e  come  vi  si  trattavano  i  dogmi .  Non  permet- 
tevasi  a  Melantone  il  mitigare  le  cose  ,    quanto  ei 
Lit,,  ,v.  desiderava.  Io  cambiava,    dice  ,    ogni  giorno,  e  ri- 
^P-  '^'     '  cambiava  quarte  cosa  ,    e  ne   avrei  cambiate  molto 
più,  ,    ss  i  nostri  compagni  ce  lo  avessero  permesso  . 
Ma,   seguiva  ,    no»  si  prendono  fastidio  di  cosa  al- 
cuna, cioè,  com'egli  io  dichiara  per  tutto  ,    senza 
prevedere  ciò,  che  potesse  succedere,   non  si  pen- 
sava che  a  portar  tutto  all'estremità.  Vedeasi  per- 
ciò sempre  Melantone  ,    com'egli  stesso  lo  confes- 
ibU.        sa,  oppresso  da  crudeli  inquietudini,  da  infinite  cu- 
re ,  da  insoffribili  affiizioni  .    Lutero  più  che  tutti 
gli  altri  insiem.e  ,    lo  violentava  .    Vedesi  nelle  let- 
tere ,    che  Melantone  gli  scrive  ,    eh'  ei    non  sapea 
come    ammansare    quell*  animo  orgoglioso  ,    il  quale 
alle  volte  entrava  centra  Melantone    in  tanta  colle- 
ra ,  che  neppure   volea   leggere  le  sue   lettere  .   In 
vano  gli    erano    inviati    de'  messi  ,   i  quali  ritorna- 
vano senza  risposta  ;  e    l'infelice  Melantone,   che 
si  opponea  ,   per  quanto  gli  era  possibile  ,   agli  ec- 
cessi del  suo  maestro  ,   e  del  suo  partito  ,   sempre 
piagnendo,   e  gemendo  scrivea  con  tali  violenze  la 

confessione  d'Augusta. 

LI- 


Ibid. 


1.1, 


«77 

LIBRO       IV. 

Dair^Anno  1530.  sino  air  anno  1537. 

Decreto  della  dieta  d'  Augusta  centra  i  Pro-  te  tfghc 
testanti  fu  rigoroso  .  Come  l'Imperadore  vi  stabi- jjji.^/^Jpó 
Uva  una  specie  di  lega  difensiva  con  tutti  gli  stati  aeiuDil" 
Cattolici  contra  la    nuova  religione  ,    i  Protestanti  d'Avisusta, 

°  ■*  e   la  risor.u 

dal  canto  loro  pensarono  più  che    mai  ad  unirsi  fra  «''^"^  ^\, 

prender  1 

loro;  ma  la  divisione  sopra  la  cena,  che  nella  die-  armi ,  auto. 

rizzata  da 

ta^^on  canea  evidenza    si  era  fatta   palese  ,    era  un  Lutero . 
perpetuo  ostacolo  alla  riunione    di  tutto  il  partito. 
Il    Langravio    poco    scrupoloso   ^tc^    11  suo  trattato 
con  quelli  di  Basilea,  di  Zurigo,    e  di  Strasburgo. 
Ma  Lutero  non  volle  udirne  parlare  ,   e    l'Elettore     Recen. 
Gianfederico  restò  costante  nel  ricusare  di  far  con  ubt'i,  i- 
esso  loro  alcuna    lega  :    così  per    accomodar    quest' 
affare  ,    il    Langravio    fece    partire    Bucero  ,     gran 
negoziatore   di    quel    tempo    pegii  affari    di   dottri- 
na,  e  si  abboccò  di  suo  ordine  con  Lutero  ,   e  con 
Zuinglio. 

In  quel  tempo    (  ann.  1531.)   una  breve  scrittura 
di  Lutero  pose  in  romore  tutta  l'Aiemagna  .   Ab-         ^^^ 
biamo  veduto,  che  il  gran  successo  di  sua  dottrina 
gli  avea  fatto  credere,  che  la  chiesa  Romana  fosse 
per  cader  da  se  stessa,  ed  egli  allora  sostenea  con 
forza,  che  non  si  dovevano  adoperare    Tarmi    neli' 
affare  del  Vangelo,  neppure  per  difendersi  dall' op^     Sup.l.  r. 
pressione.  I  Luterani  sono  d' accordo  ,    che  non  vi  "•  '"     "  "' 
B^ssuet  Opere  T.  L  M  fosse 


T78  Variazioni 

fosse  cosa  più    inculcata  di   questa    massima    ne'  di 
lui  scritti .  Volea  dare  alla  sua  nuova  chiesa  questo 
bel  carattere  del  Cristianesimo  antico  ;,    ma   non  vi 
SUU.  Uh.  potè    durar    lungo    tempo  >    Subito    dopo    la  dieta  , 
e    mentre    che    i  Protestanti   si  affaticavano    a  for- 
mare la  lega  di  SiTialcalda  ,    Lutero  dichiarò  ,    che 
quantunque    egli    avesse    sempre    insegnato    sino    a 
quel    punto  ,     che   »on     era    permesso   il    resistere 
vin.'        'alle  Totenze  legittime  ,    ora  se  ne  rimetteva  a   Giu- 
reconsulti ,    de'  quali  ignorava  le  massime  ,    quan- 
do   avea  composti    i  suol  primi  scritti  .    Del    rima- 
fiente  ,  che  il   vangelo    non   era    contrario    alle  leg- 
gi polìtiche ,  e  che  in  tempo  di  tanti   sconvolgimenti 
potea  vedersi  ridotto  ad  estremità  ,    rielle  quali  non 
solo  la  legge  civile ,    ma  eziandio  la  coscienza  met- 
terebbe in  obbligo  i  Fedeli  a  prender  l'armi,   e  ad 
unirsi  in  lega  cantra  tutti  coloro  ,    che  volessero  far 
ad  essi  la  guerra ,  ed  anche  contra  Vlmperadore. 
fiWià.  ni,      ^*  lettera  ,    che  Lutero  avea    scritta    contra    il 
II.  ».  42.    j^jj.^  Giorgio  di  Sassonia,   avea  di  già  ben  mostra- 
to 3  che  più  non  tratcavasì  fra'  suoi  della    pazienza 
vangelicaj  tanto  vantata  ne'   loro' primi  scritti:  ma 
non    era    questa  ,    che  una    lettera    scritta   ad    una 
persona  particolare  .    Ecco  ora  uno  scritto  pubbli- 
co, in  cui  Lutero  sostenea  colia  sua  autorità  colo- 
ro, che  contra  il  Principe  prendeano  l'armi. 
Scompiglio     II-  Se  prestiamo  fede  a  Melantone ,  non  era  sta- 
re^^in^quel  ^'^  precisamente  domandato  consiglio  a  Lutero  so- 
cihe"n1^'di  P^^  le  leghe:  eragli  stato  un  poco  palliato  l'affare, 
gu«ira.       g  questo  scritto  era  uscito  senza  essergliene  stata 
data  notizia.  Ma  0  Melantone  non  dicea  tutto  ciò, 

che 


"  '  L  r  B  R  o     I  V.    ■  »79 

che    sapeva  ,    o    tutto  non    dlcevasi   a   Melantone  • 

E'   cosa  certa   appresso    Sleidano  ,   che    Lutero    fu     ^.. 

espressamente  consultato  ,    e  non   si  vede  ,    che  il  f?- '•  ■'''• 

VII',    1  t7. 

SUO    scritto  sia    stato    pubblicato  da  altri  ,    che    da 
hii  stesso:  perchè  chi  avrebbe  osato  di  farlo  senza 
suo  ordine  ?    Questo  scritto  avea  posta  sottossopra 
tutta  r  Alemagna  .  Melantone  se  ne  lagnò  in  vano  i 
Terchè  ,    disse  j   avete   sparso   io  scrìtto  per    tutta     lìì,  iv, 
r  alemagna  ^    Ed  era  forse  necessario  così  suonare    ^' 
a  martello   per  eccitare   tutte  le   citta  ad   unirsi  in 
legd  5*   Durava  fatica    a  rinunziare    alia    bella    idea 
di  riforma  ,    che  gli  avea  data  Lutero  ,    e  ch'egli 
stesso  avea  così   ben  sostenuta  \    quando    scrisse  al 
Langravio  ,    eh'  era    necessario  piuttosto    sojfrire    il    Lth.   m, 
tutto  y   che  prendere  i  armi   a  cagione  del  vangelo  . 
Avea  detto  altrettanto  delle  leghe  ,    che  trattavano 
i  Protestanti  ,    e  le  aveva  a  tutto    potere  impedite 
nel  tempo  della    dieta  di  Spira  ,    alla    quale    ii  suo 
Principe,  l'elettore  di  Sassonia,  Io  avea  condotto. 
£'  mio   sentimento  ,    ei  disse  ,  che  tutte  le  persone     ub.  iv. 
dabbene  debbano  opporsi    a  queste    leghe  .  IVIa   non  ^^'    ^' 
vi  fu  mezzo  di    sostenere  così    belli   sentimenti  in 
uti    tal  partito  .    Quando    videsi  ,    che    le  profezie  ;^;^£  ^^^ 
non  camminavano  abbastanza  veloci ,    e  che  il  fiato 
di  Lutero  era    troppo    debole  per   abbattere    la  di- 
gnità papale  tanto  odiata  ;    in  vece  di    rientrare  in 
se  stesso  ,    si  lasciò  ognuno  strascinare  da'  più  vio- 
lenti consigli  »    Alla   fine  Melantone    vacillò  \    non 
però  senza  estrema  difficoltà;  e  l'agitazionej  nella 
quale  si  fece  vedere  ,   mentre  si  tram.avano  queste 
leghe  ,   fa  compassione  .   Scrisse    a  Camerario    suo 

M     z  ami- 


i«o  Variazioni 

l:1.  IV.  aiTìico:  «0»  più  siamo  tanto  consultati  sopra  la  quì- 
jtione  :  se  sia  permesso  il  difendersi  facendo  la 
guerra  ;  ve  ne  possono  essere  delle  giuste  ragioni  . 
La  malizia  di  alcuni  è  sì  grande  ,  che  sarebbero 
capaci  d' intraprendere  ogni  cosa  ,  se  ci  trovassero 
senza  difesa  .  Lo  sviamento  degli  uomini  è  strano  , 
ed  estrema  e  la  loro  ignoranza.  ìslon  vi  e  alcuno, 
che  pili  sia  commosso  da  questo  detto  :  non  v'in- 
c^uietate  ,  perchè  il  vostro  Padre  celeste  sa  quello  , 
che  a  voi  è  necessario  .  'N.on  si  crede  di  essere  in 
sicuro  j  se  non  si  hanno  buone  e  valide  difese  .  In 
tanta  debolezza  d'animi  le  nostre  massime  teologia 
che  non  potrebbero  mai  farsi  ascoltare  .  Era  qui 
necessario  aprire  gli  occhi,  e  vedere  ,  che  la  nuo- 
va riforma  ,  incapace  di  sostenere  le  massime  del 
vangelo  ,  non  era  quella  ,  eh'  egli  ne  avea  sino  a 
quel  punto  pensato  .  Ma  ascoltiamo  la  continuazio- 
ne della  lettera  .  Is(o»  voglio  ,  disse  ,  condannar 
alcuno  ,  e  non  credo  che  sia  d' uopo  biasimare  le 
cautele  de'  nostri ,  purché  non  si  faccia  cosa  alcuna  \, 
che  sia  colpevole  ;  al  che  sapremo  ben  provvedere . 
Senza  duboio  questi  dottori  sapranno  ben  ritenere 
i  soldati  armati  in  dovere  ,  e  dar  termini  all'am- 
bizione de'  Psincipi ,  quando  gli  avranno  impegnati 
in  una  guerra  civile.  Ah!  come  sperava  impedire 
i  peccati  in  tempo  di  quella  guerra  ,  se  Ja  guerra 
stessa,  secondo  le  massime  ,  che  sempre  avea  so- 
stenute, era  un  peccato?  Ma  non  osava  confessare 
di  aver  torto  ,  e  dopo  non  aver  potuto  impedire  i 
disegni  di  guerra,  sì  vedeva  anche  costretto  a  so- 
stenerli colle  ragioni  .    Questo  Io  facea   sospirare  : 

ahi 


L    I  B  R   O      I  V,  ììì 

^h  !    dice  ,    come  io  aven  ben  preveduti  tutti  questi   s^y.  Hi-, 
tr.ovimemi  in  augusta!  Gli  avea  preveduti,   quan- 
do vi  deplorava  si  amaramente  gli  eccessi  de*  suoi, 
che  tutto  portavano  all'estremità,    e  non  si  piglia- 
vano  fastidio  ,    ei  dicea  ,    di  cosa    a/cuaa .    Piagnea  ^ 

perciò  senza  fine  i  e  Lutero  con  tutte  le  lextere  , 
che  gli  scrivea  ,  non  potea  consolario  .  Si  aumenta- 
rono i  suoi  dolori  ,  quando  vide  tanti  progetti  di 
leghe  autorizzati  dallo  stesso  Lutero.  Ma  in  fine  3 
Camerario  mio  caro,  (così  termina  la  sua  lettera)  ^.^^  ^^ 
questa  tesi  è  in  tutto  particolare ^  e  può  essere  con-  ^f-  "'• 
sìderata  da  molte  parti  ;  bisogna  perciò  far  orazio- 
ne a  Dio. 

Camerario  suo  amico,  nell'Intimo  del  suo  cuore 
più  di  esso  non  approvava  que*  preparativi  di  guer- 
ra ;  e  Melantone  procurava  sempre  di  reggerlo  al 
meglio,  eh' ei  poteva.*  in  ispczialicà  era  necessario 
ben  isciisare  Lutero  .  Alcuni  giorni  dopo  la  let- 
tera ,  che  abbiamo  veduta  ,  fa  sapere  allo  «tesso 
Camerario  ,  che  Lutero  ha  scritto  con  somma  mode^ 
razione  ,  e  che  s'è  avuta  molta  discolia  a  trargl^ 
di  mano  il  suo  consulto.  Credo,  ei  soggiugne  ,  che 
ben  veggiate  non  esser  noi  dalla  parte  del  torto  , 
ì^on  penso  dover  noi  tormentarci  dì  vantaggio  so- 
pra queste  leghe  ;  e  per  dir  vero  ,  la  congiuntura 
del  tempo  fa  ,  che  io  non  creda  doverle  biasi/nare  ; 
così  ritorniamo  a  pregare  Dio. 

Ciò  era  ben  fatto  ,    Ma  Iddio    si  ride    delle  ora- 
zioni ,   che  gli  sono  fatte    per  istornare    le  pubbli- 
che calamità  ,    quando  non    si  mette   opposizione  a 
quanto  si    fa  per   dar    loro    l'impulso  .    Che  dìc^  ì 
V  M     3  quàCÀ- 


iSz  Variazioni 

quando   si   approva  ,    e    quando   vi    si    sottoscrive  , 

benché  si  faccia  con  ripugnanza  .    Melantone    bene 

Jo  conosceva,  e  perturbato  tanto  da  ciò  ch'ei  facea, 

quanto  da  ciò  che    faceano    gli  altri  ,    prega  il    suo 

amico  di  confortarlo  co'  suoi  caratteri.    Scrivetemi 

sovente  3    gli  dice  :  non  ho  altro  riposo  ,   che  quella 

che  nelle  vostre  lettere  io  trovo , 

Negoziati      ^^^'  ^^^  dunque  risoluto  nella  nuova  riforma  ,  che 

^M^ne'di  Pot:easi    prender    V  armi   ,    e    che    doveasi     formar 

Zuii.giioin  jgjjg  leghe  .   In  questa  congiuntura  Bucero    comin- 

guerra .  °  _  ° 

ciò  i  suoi  negoziaci  con  Lutero,  e  sia  che  lo  tro- 
vasse inclinato  alla  pace  co'  Zuingliani  per  formare 
una  buona  lega  ,  sia  che  per  qualche  altro  mezzo 
lo  abbia  saputo  cogliere  di  buon  umore,  ne  riportò 
buone  parole  .  Parte  subito  per  ritrovarsi  con  Zuin- 
glio  :  ma  il  negoziato  fu  interrotto  dalla  guerra  , 
che  si  mosse  fra'  cantoni  Cattolici  ed  i  Protestan- 
ti .  Questi  ultimi  benché  più  forti  ,  furono  vinti  . 
Zuingiio  fu  ucciso  nella  battaglia  ,  e  questo  dispu- 
tante violento  seppe  mostrare  di  non  esser  men 
Hotf.  ad  ardito  combattente  .    li  partito  durò  fatica  nel  di- 

an.  ijji.  fendere  questo  valore  fuori  di  tempo  in  un  Pasto- 
re; e  diceasi  per  iscusa  ,  aver  egli  seguito  l'eser- 
cito Protestante  per  farvi  il  suo  ufficio  di  ministro 
più  che  quello  di  soldato  ;  ma  alla  fine  era  cosa 
certa  ,  ch'ei  si  era  gettato  ben  avanti  nel  conflit- 
to ,  e  che  vi  era  morto  colla  spada  alla  mano  .  La 
sua  morte  fu  seguita  da  quella  di  Ecolampadio  . 
Traci.de  Lutcto  dicc  ,    ch' egli   restò  oppresso    sotto  i  colpi 

*T^Jv'if.'"'  ^^^  diavolo  ,  di  cui  non  avea  potuto  sostenere  lo 
sforzo:  e  gli  altri ^  ch'era  morto  di  dolore,  e  non 

avea 


L  I  E  R  o     IV.  'a?3 

avea  potuto  resistere  all'agita^-lone,  che  gli  cagio- 
navano tanti  scompigli  .  In  Alcmagna  la  pace  di 
Norimberga  temperò  i  rigori  del  decreto  delia  Die- 
ta di  Augusta  ;  ma  i  Zuìnglìanl  furono  eccettuati 
dall'accordato  ^  non  solo  da'  Cattolici  ,  ma  anche 
da'  Luterani  ;    e  l'elettore  Gianfederico  persisteva  / 

invincibilmente  ad  escluderli  dalla  lega  ,  sin  che  ^_^ 
fossero  convenuti  con  Lutero  nell'  articolo  della 
presenza.  Bucero  seguiva  la  sua  impresa  senza  per- 
dersi d'animo  ,  e  con  ogni  sorta  di  mezzi  forza- 
vasi  di  superare  quest'unico  ostacolo  della  riunio- 
ne del  partito  =, 

Che  gli  uni  e  gli  altri  ^ìugnessero  a  persuadersij 
era  cosa  giudicata  impossibile  ,  .e  già  in  vano  ten- 
tata in  Marpurgo.  La  vicendevole  tolleranza  ,  col 
restare  ognuno  ne'  suoi  sentimenti  ^  vi  era  stara 
rigettata  con  disprezzo  da  Lutero,  ed  ei  persistea 
con  Melantone  nel  dire  ,  ch'ella  facea  torto  alla 
verità  da  esso  difesa  ,  Non  vi  era  dunque  altro 
spediente  per  Bucero  ,  che  il  mettersi  in  sicuro 
cogli  equivoci,  ed  il  confessare  la  presenza  sostan- 
ziale d' una  maniera  ,  che  qualche  sutterfugio  ad 
esso  restasse . 

IV.  La  strada,   eh' ei  tenne  per  giugn^re  ad  una  Fondamen. 
confessione  si  considerabile  ,    è  maravigliosa  .    Era  quivoci'  di 
discorso  comune    de'  Sacramentar)  ,    che  fosse  ne-  fòncu^ait" 
cessarlo  ben  guardarsi    dal  mettere    ne'  sacramenti  pg^'t"^'  *^ 
solamente  semplici  segni»  Zuinglio  stesso  non  avea 
fatta  difficoltà  alcuna  di    riconoscervi    qualche  cosa        ..  '  ,^ 
di  più  ;    e  per  verificare  il  suo  discorso  ,  bastava  , 
che  vi  fosse  qualche  promessa  di  grazia   annessa  a' 

M     4  sa- 


«acramenti  i  L'esempio  del  battesimo  lo  prosavi 
abbastanza  ,  Ma  come  1'  Eucaristia  non  era  sola- 
mente istituita  come  un  segno  della  grazia  ,  ed 
era  nominata  il  corpo  ed  il  sangue',  per  non  esserne 
un  semplice  segno ,  il  corpo  ed  il  sangue  costante- 
mente vi  dovevano  essere  ricevuti  .  Si  disse  dun- 
que ,  che  vi  erano  ricevuti  per  la  fede  :  il  vero 
corpo  era  quello  j  ch'era  ricevuto  ,  perchè  Gesù- 
cristo  non  ne  avea  due  .  Quando  si  giunse  a  dire?, 
che  riceveasi  per  la  fede  il  vero  corpo  di  Gesucri- 
st&,~5Ì  disse  ,  che  se  ne  ricevea  la  propria  sostan- 
za .  Il  riceverla  senza  ch'ei  fosse  presente  ,  non 
era  cosa  da  imm.aginarsi .  Ecco  dunque  ,  dicea  Bu- 
cero,  Gesucristo  sostanzialmente  presente. 

Non  era  più  bisogno  di  parlar  della  fede  ,  e  ba- 
stava ,  ch'ella  fosse  sottintesa  .  Cosi  Bucero  con- 
fessò neir  Eucaristia  assolutamente  e  senza  restri- 
zione la  presenza  reale  e  sostanirial^e  del  corpo  e 
del  sangue  di  nosTTo  Signore  ,  ancorché  restassero 
unicamente  nel  cielo  ",  il  che  tuttavìa  fu  poi  miti- 
gato da  esso  ,  Di  modo  che  senz'ammettere  cosa 
alcuna  di  nuovo  ,  cambiò  tutto  il  suo  linguaggio  ; 
ed  a  forza  di  parlare,  come  Lutero,  si  pose  a  dv 
re  ,  che  non  si  erano  mai  intesi  ^  e  che  la  lunga 
disputa  ,  nella  quale  tinto  si  erano  riscaldati  g^i 
animi,  non  era  che  una  disputa  di  parole. 
L'acfotJo      V.  Avrebbe  parlato  con  esattezza  maggiore,    di- 

propcfto  da  .  ,  f.  .  ,         ,  in 

lucerò  i!(^n  ccndo  che  non    lacevasi  accordo  alcuno  ,    che  neli-e 
paroiV.'^  "  parole  ,    perchè    alla  fine  la  sostanza  ,    che   diceasi 
presente,  era  tanto  lontana  dall'Eucaristia,  quanto 
il  cielo  dall*  terra,  e  non  era  più  ricevuta  da'  Fe- 
deli 


Libro     IV.  i«5 

éeVi  ài   quello  che    la  sostanza    del  sole  è  ricevuta 
nell'occhio  .   Tanto    diceano  Lutero  e  Melantone  . 
Il  primo  denominava  i  Sacramentarj    u»a  fazion  dì    Luth.  Ep, 
due  lìngue  i   a  cagione  de'  loro  equivoci  ,    e  dicea ,  Fr.vncf. 
che  facevano  un  giuoco  diabolico  delle  parole  dì  r.o-  ariJ.'iah 
Siro  Signori.  La  presenza,  eh' è  ammessa  da  Buce- 
ro j  dicea  l'altro,  non  è  che  una  presenza  in  paro-  £^ _Mii.tif, 
le y  ed  una  presenza  di  virtù.    Ora  la  presenza  del  ^"^'  '^'•' 
corpo  i  e  del  sangue  y  e  non  quella  dì  loro  vinti  y   è 
quella  y  che  domandiamo  .    Se  il  corpo  dì  Gesucrìsto 
non  è  che  in  deh  ,  e  non  è  col  pane  j    né  dentro  il 
pane  ,   se  in   fine  non   sì  trova    nelf  Eucaristia    che 
per  la  contemplazione  della  fede  y    non  e  questa  che 
una  immaginaria  presenza . 

Vf.  Bucero  j    ed  i  suoi  avevano  un  j^ran  dispiaci-     Equivoco 
mento,  che  si  chiamasse  immaginario  ciò,    che  fs-  se^  za  spir'il 
ceasi  dalla  fede  ,  come  se  la  fede  non  fosse    stata  ,  [j^presej'ìà 
che  una   pura    immaginazione  .    !N[>o«  basta  ,    dicea '■*^^'^* 
Bucero,  che  Gesucrìsto  sìa  presente  al  puro  spirito, 
ed  air  anima  in  alto  elevata^  \    ,  >  :^^ 

Grande  equivoco  era  in  questo  discorso  ,  I  Lu- 
terani concedevano  ,  che  la  presenza  ael  corpo  e  ikid,  m, 
del  sangue  nell'Eucaristia  fesse  sopra  i  sensi,  e  di 
una  natura  da  non  essere  scoperta ,  che  dall'anima, 
e  dalla  fede  .  Ma  niente  di  meno  voicano  ,  che 
Gesucrìsto  fosse  presente  in  sua  propria  sostanza  nei 
sacramento:  e  Bucero  volea,  ch'ei  non  fosse  in  so- 
stanza che  in  cielo ,  dove  l'animalo  andasse  a  cercar 
colla  fede  :  il  che  nulla  avea  di  reale,  nulla,  eh-; 
corrispondesse  all'idea,  che  davano  queste  sacre  pa- 
role; questo  è  il  mìa  corpo  3  questo  e  il  mìo  sangue. 

VII. 


ii6  Variazioni 

Presenii      VII.  Ma  come  dunque?  ciò  eh' è  spirituale,    nen 

del     Corpo    x  ,.  ,     ^ 

come  spiri-  è  egli  reale  ?  E  non  ha  torse  cosa  alcuna  di  reale 
il  battesimo,  perchè  nuli' ha  di  corporale?  Questo  è 
un  altro  equivoco.  Le  cose  spirituali ,  come  la  gra- 
zia e  lo  Spirito  santo,  sono  tanto  presenti,  quanto 
lo  possono  essere ,  quando  spiritualmente  lo  sono  . 
Ma  che  cos'è  un  corpo  presente  ,  solamente  in 
ispirito,  se  non  un  corpo  lontano  in  effetto,  e  so- 
lo presente  nel  pensiero?  Presenza,  che  non  può, 
senza  illusione ,  esser  detta  reale  e  sostanziale  . 

Ma  volete  voi  dunque,  dicea  Bucero  ,  che  Ge- 
sucristo  sia  corporalmente  presente  ?  e  voi  stessi 
non  confessate,  che  la  presenza  del  suo  corpo  nell' 
Eucaristia  è  spirituale? 

Lutero  ed  i  suoi  non  negavano,  come  non  lo  ne- 
gavano i  Cattolici  ,  che  la  presenza  di  Gesucristo 
nell'Eucaristia  fosse  spirituale  quanto  alla  maniera, 
purché  loro  si  confessasse  ,  eh'  ella  fosse  corporale 
quanto  alla  sostanza  ;  cioè  ,  in  termini  più  sem- 
plici ,  che  il  corpo  di  Gesucristo  fosse  presente  , 
ma  d'una  maniera  divina,  soprannaturale  ,  incom- 
prensibile, alla  quale  non  poteano  giugnere  i  sen- 
si: spirituale  in  questo,  che  il  solo  intelletto  sot- 
tomesso alla  fede  la  potea  conoscere,  ed  aveva  un 
t.cor.  15.  fine  tutto  celeste.  S.  Paolo  ha  denominato  il  corpo 
umano  risuscitato  un  corpo  spirituale  ,  a  cagione 
delle  qualità  divine  ,  soprannaturali  ,  e  superiori 
a'  sensi,  delle  quali  era  vestito:  con  più  forte  ra- 
gione il  corpo  del  Salvatore  posto  nell'Eucaristia 
di  una  maniera  tanto  incomprensibile  ,  poteva  es- 
sere chiamato  con  questo  nome . 

Vili. 


44.  4« 


/ 
L  1  B  R  o     IV.  ztj 

vili.    Del    rimanente  ,    quando    diceasi  ,    che    Io    Se  la  Pre- 

....  j  ^  ,  sfnra  del 

spinto    SI    alzava    per    andare    a    cercar  Gcsucristo  Corpo  non 
alla  destra   di  suo    Padre  ,    non  era    parimente  che  tuale^^sòno 
una  metafora  poco  atta   a  rappresentare    un  ricevi-  paiole  deli* 
mento  sostanziale  del  corpo,  e  del  sangue,   perchè  1»^""^'°"^° 
questo    corpo,   e    questo    sangue  dimoravano  unica- 
mente in  cielo  ,    come  lo   spirito   dimorava    unica- 
mente unito  al  suo  corpo    in  terra  ,    e    non    vi  era 
maggior' union   vera  e  sostanziale  tra  il  Fedele,  ed 
il    corpo  di    nostro    Signore  di    quella    clie    sarebbe 
stata  ,    se  non  vi  tosse  mai  stata  Eucaristia  ,    e  se 
Gesucristo  non  avesse  mai  detto  :    questo  è    il  mio 
corpo  . 

Fingiamo  in  effetto,  che  queste  parole  non  sieno 
mal  uscite  della  sua  bocca  :  la  presenza  avuta  col 
mezzo  dell' intelletto ,  e  della  fede  sempre  eguai- 
mente  avea  sussistenza  ;  e  inai  non  sarebbe  caduto 
in  pensiero  ad  alcuno  di  chiamarla  sostanziale  , 
Che  se  le  parole  di  Gesucristo  obbligano  ad  espres- 
sioni più  forti,  ciò  saccede  ,  perchè  ci  danno  ciò 
che  non  sarebbeci  dato  senza  di  esse,  cioè  il  pro- 
prio corpo  ed  il  proprio  sangue,  de'  quali  l'immo- 
lazione, e  lo  spargimento  ci  hanno  salvati  sopra  la 
croce. 

IX.  Restavano  ancora  a  Bucero  due  feconde  sor-     Se  dovc- 
genti  di  litigio   e  di    equivoco  :    1  una  nella  parola  mettere 
di  locale  t  e  l'altra  nella  parola  di  sacramento^  o  di  za  locale . 
tnlsterio  . 

Lutero,  ed  i  difensori  della  presenza  reale  non 
aveano  mai  preteso,  che  il  corpo  di  nostro  Signore 
fosse  rinchiuso  nell'  Ewcaristia   come  in    un  luogo  , 

da 


i?8  VARIAZIONI 

■da  cui  fosse  misurato  e  compreso  giusta  la  martl^- 
ra  ordinaria  de'  corpi  ;  anzi  non  credeano  nella 
carne  di  nostro  Signore  ,  che  loro  era  distribuita 
alla  santa  mensa  ,  se  non  la  semplice  e  pura  so- 
stanza colla  grazia  e  colia  vita  ^  ond'era  piena  , 
ma  nel  rimanente  spogliata  di  tutte  le  qualità  seti* 
sibili,  e  dcile  maniere  d'essere>  che  noi  conoscia- 
mo •  Cosi  Lutero  accordava  con  tutta  facilità  a 
Bucero,  che  la  presenza  ,  di  cui  trattavasi  ,  non 
fosse  locale  ,  purché  egli  accordasse  ad  esso  ,  eh' 
ella  fosse  sostanziale  :  e  Bucero  fondavasi  molto 
sopra  l'esclusione  della  presenza  locale,  credendo 
indebolire  altrettanto  ciò  ,  ch'era  forzato  a  con» 
fessare  della  presenza  sostanziale  .  Servivasi  anche 
di  questo  artificio  per  escludere  la  manducazione 
del  corpo  di  nostro  Signore,  la  quale  faceasi  colla 
bocca.  Egli  la  trovava  non  solo  inutile,  ma  anche 
materiale,  carnale  ,  e  poco  degna  dèlio  spirito  del 
Cristianesimo  :  come  se  questo  sacro  pegno  del- 
la carne  e  del  sangue  offerti  sopra  la  croce  , 
che  ci  dava  il  Salvatore  «elT  Eucaristia  per  certi- 
ficarci .  che  la  vittima  ,  e  la  sua  immolazione  era 
tutta  nostra  ,  fosse  stata  una  cosa  indegna  d'un 
Cristiano  ,  o  che  la  presenza  cessasse  di  esser  ve- 
ra ,  sotto  pretesto  ,  che  in  un  misterio  di  fede 
Iddio  non  avesse  voluto  renderla  sensibile  ',  o  in 
fine,  che  il  Cristiano  non  fosse  commosso  da  que- 
sto pegno  inestimabile  dell'amor  divino  ,  perchè 
non  gli  era  noto  se  non  per  la  sola  parola  di  Ge- 
sucristo  ;  cose  di  tal  maniera  lontane  dallo  spirito 
del  Cristianesimo  ,    die  non  può   abbastanza  mara- 

vi- 


L    I    B   R   O       IV.  189 

vigliarsi    della    materialità    e  rozzezza    di    coloro  , 
che  non  potendo  gustarle,   trattano  coloro  j  che  le 
gustano  da  materiali,  e  da   rozzi. 
X.  L'altra  sorgente  degli  equivoci    era    nella  pa-     Eqmvoco 

=>  ^  ^  •         sopra  la  pa- 

rola di  sacramento  ,    ed  in  qriclla  di   misterio  .    Sa-  roia  di  Sa- 
cramento, e 
cramento  nel  nostro  uso  ordinario    significa    un  se-  dìMistaio, 

gno  sacro  j  ma  nel  linguaggio  latino  ,  dal  quale  ci  è 
venuta  questa  parc!a  ,  sacramento  significa  spesso 
cosa  alta,  cosa  segreta  ,  ci  impenetrabile.  Così  pa- 
rimente significa  la  parola  misterio  .  I  Greci  non 
hanno  altra  parola  per  significar  sacramento  ,  che 
quella  di  misterio  ;  ed  i  Padri  latini  denominano 
sovente  il  misterio  dell'Incarnazione  sacramento 
dell'Incarnazione",  e  così  degli  altri. 

Bucero  ,  ed  i  suoi  c:riipagni  credeano  guadagnar 
tutto,  quando  diceano ,  che  l'Eucaristia  era  un  mi-> 
sterio ,  ovvero  un  sacramento  de!  corpo  e  del  san- 
gue; o  pure  che  la  presenza,  la  quale  vi  era  con-r 
fessata,  e  l'unione,  che  aveasi  con  Gesucristo ,  era 
una  presenza  ed  una  unione  sacramentale;  e  per  lo 
contrario  i  difensori  della  presenza  reale.  Cattolici^ 
e  Luterani ,  inteadey:ano  una  presenza  ,  ed  una  unio- 
ne reale,  sostanziale  ,  e  propriamente  detta  ;  ma 
nascosta,  segreta,  misteriosa,  soprannaturale  nella 
sua  maniera,  e  spirituale  nel  suo  fine  ,  propria  in 
fine  di  questo  sacramento  :  e  per  tutte  queste  ra- 
gioni la  diceano  sacramentale.  v  ,  .j,,, 

.  XL  Non  si  guardavano  dunque  dal    negare  ,    che    L»i:ur, ri- 
stia è  un  sfr~ 
l'Eucaristia  non  tosse  un  misterio  nello  stesso  aen-  gno, e ccme 

so,  che  la  Trinità  e  l'Incarnazione:  cioè  una  cosa 

tanto  alta,  quanto  segreta,  ed  incomprensibile,       ,. 

Non 


190  V  A  R  i  A    Z  I  o  K   r 

Non  negavano  parimente  ,  ch'ella  non  fosse  uà 
segno  sacro  del  corpo  j  e  del  sangue  di  nostro  Si- 
gnore i  perchè  sapeano  ,  che  il  segno  non  sempre 
esclude  la  presenza  ^  anzi  vi  sono  de' segni  di  tal 
natura,  che  indicano  la  cosa  presente.  Quando  di- 
cesi ,  che  un  infermo  ha  dati  de'  segni  di  vita  « 
vuoisi  dire,  che  vedesi  dà  quei  segni,  che  l'anima 
è  ancora  presente  nella  sua  propria  e  vera  sostan- 
za ;  gli  atti  esteriori  di  religione  sono  fatti  per 
mostrare  ,  che  in  effetto  si  tien  la  religione  nell' 
intingo  del  cuore  ;  ed  allorché  gli  angioli  sono  com- 
parsi in  forma  umana  ,  erano  presenti  in  persona 
sotto  l'apparenza  ,  dalla  quale  ci  erano  rappresen- 
tati .  Così  i  difensori  del  senso  letterale  nulla  di- 
ceano,  che  fosse  incredibile,  quando  insegnavano  j 
che  i  simboli  sacri  dell'Eucaristia  accompagnati  da 
queste  parole  :  questo  e  il  mio  corpo  ;  questo  è  il 
sangue  i  e' indicalo  Gesucrisco  presente  ,  e  che  il. 
segno  è  strettissimamente ;/  ed  inseparabilmente  uni- 
to alla  cosa. 
Tutt'iMi'      xiL  Molto  più  bisogna  confessare,  che  tutto  ciò, 

«ter;  di  Gè-  r  a  »  » 

•uctijto  so.  cij'è  verità  maggiore,  per  dir  così,  nella  religione 

no  segni  m  o.  *  ^  a 

ordine  a     Cristiana,  è  insieme  misterio,    e  segno  sacro  .    L° 

varj  rispet- 
ti ,  Incarnazione  di  Gesucristo  ci  figura  l'unione  per- 
fetta, che  dobbiamo  avere  colla  Divinità  nella  gra- 
zia e  nella  gloria.  La  sua  nascita,  e  la  sua  morte 
sono  figure  di  nostra  nascita,  e  di  nostra  morte  spi- 
lituale:  se  nel  misterio  dell'Eucaristia  si  degna  di 
accostarsi  a'  nostri  corpi  nella  sua  propria  carne  , 
e  nel  suo  proprio  sangue  ,  c'invita  con  questo  ali' 
unione  degli  spiriti,  e  ce  la  figura  :  in  somma  fin- 
ché 


•Libro     IV.  19Ì. 

the  noi  non  siamo  giunti  alla  piena  e  manifesta  ve-  .^ 

ntà,  che  ci  renderà  eternamente  beati,  ogni  veri-  '  •' 

tà  ci  sarà  la  figura  di  una  più  intima  verità  :  noi 
non  gusteremo  Gesucristo  tutto  puro  nella  propria  '  ^ 
sua  forma  3  e  disimpegnato  da  ogni  figura  ,  se  non 
(Quando  lo  vedremo  nella  pienezza  della  sua  gloria 
alla  destra  del  suo  Genitore;  se  per  tanto  ci  è  da- 
to nell'Eucaristia  in  sostanza  ed  in  verità^  ci  èda- 
to  sotto  una  specie  aliena  .  E"  questo  un  gran  sa- 
cramento, ed  un  gran  misterio^  in  cui  sotto  la  for- 
ma del  pane  ci  vien  nascosto  un  vero  corpo;  in  cui 
nel  corpo  di  un  uomo  ci  vien  nascostala  maestà ,  e 
la  potenza  di  un  Dio ,  in  cui  si  eseguiscono  cose  sì 
grandi  in  una  maniera  impenetrabile  al  senso  umano  . 

XIII.  Qual  giuoco  facea  Bucero  co'  suoi  equivoci  Bucero  fi^ 
in  queste  vàrie  significazioni  delle  parole  di  sacra-  J^'J  parola, 
mento  e  di  misterio  !    E  quanti  sutterfugj  pctevasi 

egli  preparare  in  termini,  che  da  ognuno  erano  ti- 
rati al  proprio  vantaggio  !  Se  metteva  una  presen- 
za,  ed  una  unione  reale,  e  sostanziale,  ancorché 
non  sempre  esprimesse,  ch'ei  l'intendea  per  la  fe- 
de ,  credeva  aver  tutto  salvato  ,  aggìugnendo  alle 
sue  espressioni  la  parola  di  sacramentale  ;  dopo  di 
che  esclamava  di  tutta  sua  forza,  che  non  disputa-  ,^ 

vasi  se  non  di  parole,  e  ch'era  cosa  strana  il  pe^ 
turbare  la  chiesa,  e  l'impedire  il  corso  della  rifor- 
ma per  una  disputa  tanto  vana, 

XIV,  Niuno  volea  prestargli  credenza.   Non  era-    EcoUmpa. 
no  soli  Lutero,  ed  1  Luterani,  che  se  ne  rideano,  avvertito 
quando  ei  volea  fare  una  disputa  di  parole  di  tutta  dèii'inusio, 
la  disputa   deli'  Eucaristia  :    qu«lli   dd   suo    partito  "rVvavasi 

>  stesso 


191  Variazioni 

ne'iuoi  e- Stesso  gli  diceano ,  ch'egli  ingannava  il  mondo  col- 

quivocr.       ,  •    i  i 

la  sua  presenza  sostanziale,  che  non  era  in  sostan- 
za che  una  presenta  per  la  fede.  Ecolampadio  ave- 
va osservato  ,  quanto  egli  imbrogliasse  la  materia 
colla  sua  presenza  sostanziale  del  corpo,  e  del  san- 
£  (5£^,_  gue  ,  e  gli  avea  scritto  un  poco  prima  di  morire, 
i^mf.  a^.       1      yj  g^lQ  nell'Eucaristìa  per  quelli,    che  ere- 

'i'"'  devano  ,    una  promìssìon  efficace  della  remìss'ion  de* 

peccati  pel  corpo  sacrificato  ,  e  pel  sangue  sparso  : 
che  le  anime  nostre  n  erano  nudrìts  ,  ed  ì  nostri 
c»ipi  associati  alla  risurrezione  dallo  Spìrito  santo  » 
Che  così  riceviamo  il  vero  corpo  ,  e  non  il  solo  pa- 
ne y  né  un  semplice  segno:  (  guardavasi  bene  dal  di^ 
re,  che  sostanzialmente  si  ricevesse)  che  per  ve- 
rito,  gli  emp)  non  riceveano  y  che  una  figura ,  ma  che 
Gè  sucri  sto  era  presente  a  suoi  come  Dio  ,  che  ci  fior- 
tifica i  e  ci  governa  ,  Questa  era  turca  la  presenza 
voluta  da  Ecolampadio,  e  terminava  con  queste  pa- 
role. E::co  :,  B'.cero  mio  caro  ^  tutto  quello  ,  che  pos- 
siamo concedere  a  Luterani.  V oscurità  e  pericolosa 
alle  nostre  chiese  :  operate  dì  maniera ,  o  frate/  mìo , 
da  non  ingannare  le  nostre  speranze , 
Sentimenti      XV.  QusJi    di    Z.irigo    gli    faceano    sapere  ancora 

di   quei  di  ...         ,  ,  ,  ■•Il      •  M    j- 

Zurigo.       con  miaggior  liberta  ,    eh  era    un  liluòione    il  dire  j 

com'ei  facea  j  non  esser  questa  una  disputa,  che  di 
Hasp.       parole,  e  lo  avvertivano,   che  le  sue  espressioni  lo 
conducevano  alla  dottrina  di  Lutero,  alla  quale  giun- 
EpUt.  rfii  se  in  effetto,  ma  non  sì  presto.  Intanto  (ann.  1531. ) 
Bra'ndrihid.  eglino  SÌ  lagnavano  altamente  di  Lutero  ,    che    non 
volesse  trattarli  da  fratelli:  non  lasciavano  di  rico- 
noscerlo per  un  eccellente  servo  di  Dio  ;   ma  fu  es- 
ser- 


L    I  B   R   O       I  V.  195 

servato  nel  partito,  che  questa  dolcezza  non  fece, 
che  render/o  più  inumano  e  più  ìnsolinte .  Hoipn:,ì,\d. 

XVI.  I  popoli  di  Basilea  si  mostravano  molto  lon-   confcss.o- 
tani  e  da'  sentimenti  di  Lutero  ,    e    dagli  equivoci  2^.  PopoU 
di  Bucero  .   Nella  confessione  di  fede,    eh' è  posta  **' ^"''^** 
re!la  raccolta   di  Ginevra    nell'anno    1532.    e    nella 
storia  di  Ospiniano    nell'anno    1534.    (forse    perchè 
ella  fu  pubblicata  la  prima  volta  nell'uno  di  questi 
anni,  e  rinnovata  nell'altro)    dicono  ,    che  come  /'        ,  „ 

'  ^  '  Conf.  Bd$. 

acifua  resta  nel  battesimo  ^    in  cui  ci  vien  offerta  la  in'"'*.  7. 

.  ,    ,  .  ,     .  Sjnt.i  p.nt, 

remission  de  peccati  ;  cosi  il  pane  ed  il  vino  resta- 
no nella  cena  ,  nella  quale  ed  pane  e  col  vino  il 
vero  corpo  ed  il  vero  sangue  dì  Gesucristo  ci  vìcn 
figurato  ed  offert»  dal  ministro  .  Per  ispiei^arsi  con 
chiarezza  maggiore,  aggiungono  ,  che  r anime  no- 
stre san  nudrite  del  corpo  e  del  sangue  di  Cesucri- 
sto^  mediante  una  vera  fede  ;  e  mettono  nel  mar- 
gine in  forma  di  dichiarazione  ,  che  Gesucristo  è 
presente  nella  cena^  ma  sacramentalmente ^  e  perla 
memoria  della  fede^  che  alza  l'uomo  al  cielo  ^  e  non  ^ 

ne  toglie  Gesucristo  .  Concludono  in  fine  dicendo  , 
eh'  eglino  non  racchiudono  il  corpo  naturale ,  vere  ,  ^" 
e  sostanziale  di  Gesucristo  nel  pane  e  nella  bsvan- 
da  ,  e  non  adorano  Gesucristo  ne'  segni  del  pane  e 
del  vino ^  che  si  chiamano  ordinariamente  il  sacra- 
mento del  corpo  e  del  sangue  dì  Gesucristo ,  ma  nel 
cielo  alla  destra  di  Dìo  suo  'Padre  ,  di  dove  verrà 
a  giudicare  i  vivi  ed  i  morti. 

Ecco  quello  ,  che  Bucero  non  volea  dire  ,    né  di- 
chiarar con  chiarezza,  cioè  che  Gesucristo  non  era 
che  in  cielo  in  qualità  d'uomo,  benché  per  quanto 
Boisuet  Opere  T.  I.  N  se 


X94  VARIAZION]^ 

se  ne  può  giudicare,  ei  fosse  allora  di  questo  me- 
desimo sentimento:  ma  entrava  più  che  mai  in  pen- 
sieri sì  metafisici  ,  che  né  Scoto  ,  né  i  più  sottili 
Scotisti  vi  poteano  giugnere ',  e  sopra  tali  astrazio- 
ni facea,  che  si  aggirassero  i  suoi  equivoci. 
Conferenza      XVII.  In  questo  tempo    Lutcro   pose    in    luce    il 

di  Liirero     ,.,  ,  .  .  .      .  .,   - 

col  diavo- libro  contra  la  messa  privata,  in  cui  si  trova  il  fa- 
moso colloquio,  ch'egli  aveva  avuto  per    l'addietro 
i5e  fl&ro^j.  coll'angiolo  delle  tenebre  ,  ed   in  cui  costretto  dalle 

Miss,    f-ri^o 

Ttm.  VII.  sue  ragioni  annullò  com'  empia  !a  messa  ,  ch'egli 
avea  detta  per  tant'anni  con  tanta  divozione  >  (se 
dee  prestarsegli  fede).  Ella  è  cosa  degna  di  ammi- 
razione il  vedere,  quanto  seriamente  e  vivamente 
descriva  il  suo  risvegliamenro  ,  come  di  sopraissal- 
to  sul  mezzo  della  notte  ,  1*  apparizion  manifesta 
del  diavolo  per  disputare  con  essoj  t  orrore  ^  da  cut 
fu  assalito ,  il  suo  sudore ,  //  suo  tremito ,  e  il  suo 
orrìbile  battimento  di  cuore  in  quella  disputa;  i  forti 
argomenti  del  demonio,  che  non  lascia  alcuna  quie- 
te allo  spìrito  ;  il  suono  dì  sua  voce  potente ,  /e  sue 
maniere  di  disputare  piene  d  oppressione^ ^  nelle  quali 
si  fanno  sentire  nello  stesso  punto  la  quistione ,  e  la 
risposta.  Sentii  allora ,  ( ei  dice)  come  tanto  spesso 
succeda  ,  che  si  muoja  di  subito  verso  il  mattino  : 
ciò  avviene  y  perché  il  diavolo  può  uccìdere  e  stran- 
golare gli  uomini ,  e  senza  tutto  ciò  metterli  sì  forte 
alle  strette  colle  sue  dispute ,  che  vi  e  dì  che  mori- 
re,  come  l'ho  più  volte  sperimentato  ,  Ci  fa  saper 
di  passaggio,  che  il  diavolo  sovente  lo  assaliva  nel- 
la stessa  maniera;  ed  a  giudicare  degli  altri  assalti 
da  questo  ,   si  dee   creder    ch'egli   avesse  imparate 

da    . 


L  r  B  R  o    I  V.  195 

àz  esso  molte  altre  cose  ,  oltre  la  condannazione 
della  messa.  Qui  egli  attribuisce  allo  spirito  mali- 
gno la  morte  improvvisa  di  Ecolampadio  ,  non  me- 
no che  quella  di  Emsero  per  Io  addietro  tanto  con- 
trario al  Luteranismo  nascente.  Non  voglio  esten- 
dermi sopra  una  materia  tanto  ribattuta:  mi  basti  h 
aver  osservato  ,  che  Iddio  ,  per  la  confusione  ,  o 
piuttosto  per  la  conversion  de* nemici  della  chiesa, 
abbia  permesso  che  Lutero  cadesse  in  tanto  grande 
cecità  per  confessare  3  non  di  essere  stato  sovente 
tormentato  dal  diavolo  ,  (  il  che  gli  poteva  esser 
comune  con  molti  santi  )  ma  ,  (  quello  che  gli  è 
cosa  propria  )  di  essere  stato  convertito  dalle  di 
lui  diligenze  ,  ed  essere  stato  lo  spirito  di  menzo- 
gna suo  maestro  in  uno  de'  punti  principali  di  sua 
riforma  » 

Iti  vano  qui  si  pretende,  che  il  demonio  non  di- 
sputasse contra  Lutero  se  non  per  indurlo  a  dispe- 
razione ,  provandogli  il  suo  peccato,  perchè  Ja  di- 
sputa non  fu  a  questo  rivolta  .  Allorché  Lutero  si 
fa  vedere  convinto  ,  e  non  aver  più  che  risponde- 
re, il  demonio  più  non  Io  strigne,  e  Lutero  crede 
aver  imparata  una  verità,  ch'era  da  esso  ignorata. 
Se  la  cosa  è  vera,  che  orrore  aver  un  tal  maestro? 
Se  Lutero  se  l'ha  immaginata  ,  di  quali  illusioni  , 
di  quali  tetri  pensieri  aveva  egli  l'intelletto  ripie- 
no? E  se  l'ha  inventata,  di  qual  funesta  avventura 
si  fa  egli  onore?  '      '  '      '    '   ■  '  -• 

XVIIL  Gli  Svizzeri  restarono  scandalezzati  della  Gii  Sv;??.e- 
conferenza  di  Lutero,  non  a  cagione  del  diavolo  ,  dano  con- 
che vi  compariva  come  dottore',  (erano  troppo  ini- *'*  utero. 

N    2  pe- 


T96  Variaziont 

pediti  dall' aversi    a  difendere  per  una  simile  visio- 
ne, della  quale  abbiamo  veduto,  che  Zuinglio  si  era 
vantato)  ma  perchè  non  poterono  soffrire  la  manie* 
Hesr.  ad^^i  neUi.  quale  egli  vi  trattava  Ecolampadio.  Fiiro^ 
dn.  tsiì.     no    fatti    sopra   questo    soggetto     de*  pungentissimi 
jj  scritti  ;    ma  Bucero    non  lasciava    di  continuare   la 

sua  negoziazione  ,  e  fu  tenuta  a  cagion  di  sua  in=. 
terposizione  una  conferenza  in  Costanza  per  la 
riunione  de"  due  partiti  .  In  essa  quei  di  Zurigo 
dichiararono,  che  si  sarebbero  ac^corr.odati  con  Lu- 
tero, colla  condij^ione  ,  che  dal  suo  canto  egli  lor 
avesse  accordati  tre  punti:  l'uno,  che  la  carne  di 
Gesucristo  non  si  mangiasse  che  colla  fede  ;  1'  al- 
tro ,  che  Gesucristo  come  uomo  fosse  solamente 
sn  un  certo  luogo  del  cielo  i  il  terzo  ,  che  fosse 
presente  nell'  Eucaristia  per  la  fede  ,  di  una  ma- 
niera propria  a'  Sacramenti  .  Questo  discorso  era 
chiaro  e  senza  equivoco  .  Gli  altri  Svizzeri  ,  ed 
in  ispezialità  quelli  di  Basilea  ,  approvarono  una 
dichiarazione  si  pura  del  loro  sentimento  comune. 
EH' tra  anche  in  tutto  conforme  alla  confessione 
di  Basilea  :  ma  ancorché  questa  confessione  dess© 
una  idea  perfetta  della  dottrina  del  senso  figurato; 
quelli  di  Basilea  ,  che  l'aveano  stesa  ,  non  lascia- 
rono di  stenderne  un'altra  due  anni  dopo,  nell'oc- 
casione che  siamo  per  narrare. 
AitriCon-  XIX.  Nell'anno  1536.  Bucero,  e  Capitone  venne- 
FedediBa.ro  da  Strasburgo,  Questi  due  famosi  architetti  de- 
prcccdente*  g'i  equivoci  più  ratSiiati ,  essendosi  serviti  dell' oc- 
^'s»"'  cagione  delle  confessioni  di  fede,  che  le  chiese  se- 
parate da  Roma  si  preparavano  d'inviare  al  conci- 
lio , 


mi 


L  i  B   R  O      IV.  1^7 

lio,  che  dal  Papa  era  stato  indicato,  pregarono  gli 
Svizzeri  di  stenderne  una  ,  che  fosse  disposta  in 
guisa  da  poter  servire  ali  accordo  ,  di  cut  arcasi  cenjc  Hd, 
'molta  speranza;  cioè  ,  che  fossero  scelti  per  essaj,<r. *j,  "  "' 
de*  termini,  che  i  Luterani  ardenti  difensori  della 
presenza  reale  potessero  prendere  In  buona  parte. 
A  tal  fine  fu  stesa  una  nuova  confessione  di  fede, 
eh' è  la  seconda  di  Basilea:  vi  si  tolgono  dalla  pri- 
ma da  noi  riferita  l'espressioni  ,  che  mostravano 
troppo  distintamente  ,  che  Gesucristo  non  fosse 
presente  che  in  cielo  ,  e  che  non  riconosceasì  nel 
sacramento  che  una  presenza  sacramentale  ,  e  per 
là  sola  memoria .  Per  verità  gli  Svizzeri  sì  fecero 
vedere  molto  attaccati  a  dir  sempre  ,  come  avea- 
ro  fatto  nella  prima  confessione  di  Basilea,  che  il 
torpo  di  Gesucristo  non  è  rinchiuso  nel  pane  .  Se 
fossero  stati  posti  in  uso  questi  termini  senz'  alcu- 
na moderazione ,  i  Luterani  avrebbero  veduto,  chs 
si  volea  far  opposizione  puramente  alla  presenza 
reale  ",  ma  Bucero  avea  degli  spedienti  per  ogni 
cosa.  Per  le  di  lui  insinuazioni  quelli  di  Basilea  si 
risolvettero  a  dire,  che  il  corpo,  ed  il  sangue  non  ^^^r  g^^^ 
sono  naturalmente  uniti  al  pane  ed  al  vino  ;  w^  ^''^^j  "'*""' 
che  il  pane  ,  ed  il  vino  sono  simboli  ,  ro'  quali  Ge- 
sucristo medesimo  ci  dà  una  vera  comunicazione 
del  suo  corpo ,  e  del  suo  sangue ,  non  per  servire  al 
ventre  dì  cibo  ,  che  può  perire  ,  ma  per  essere  un 
alimento  di  vita  eterna.  Il  rimanente  altro  non  è, 
che  un'assai  lunga  spiegazione  de'  fiutti  dell' Euca- 
riitia,  onde  ognuno  è  d'accordo. 
XX,  Non  vi  era  termine  alcuno,    di  cui  i  Lute-  ,  Equivoco 

'      \  di  questa 

N     3  rani 


198  Variazioni 

Confessione  rani  non  potessero  restar  d'accordo;  perchè  eglino 

dì  Fede  . 

non  pretendono,  che  il  corpo  di  Gesucristo  sia  un 
alimento  per  lo  stomaco  nostro,  ed  insegnano,  che 
Gesucristo  è  unito  al  pane  ed  al  vino  di  una  ma- 
niera incomprensibile  ,  celeste  ,  e  soprannaturale  ; 
di  modo  che  si  può  dire  ,  senza  lor  offesa  ,  che 
non  vi  é  naturalmente  unito.  Gli  Svizzeri  non  pe- 
netrarono più  avanti  .  Di  modo  che  col  favor  di 
questa  espressione  l'articolo  passò  in  termini  ,  on- 
de un  Luterano  può  accomodarsi  ,  e  ne'  quali  non 
si  potevano  in  ogni  caso  desiderare  se  non  espres- 
sioni più  distinte  ,  e  men  generali . 

Della  presenza  sostanziale,  della  quale  trattavasì 
in  quel  tempo,  non  vollero  dire  né  bene  ,  né  ma- 
Je  i  e  questo  fu  quanto  Bucero  potè  ottenerne  , 
Non  si  attennero  poi  né  alla  prima,  né  alla  secon- 
da confessione  di  fede  ,  che  di  comun  consenso 
aveano  pubblicate  ,  e  vedremo  a  suo  tempo  compa- 
rire la  terza  con  espressioni  del  tutto  nuove. 

Ogniino        XXI.  Quei  di  Zurigo  nudriti  da  Zuinglio,    e  ri- 
seguiva le  ... 
impressioni  pieni  del  dì  lui  spirico  ,    non  entrarono  con  Bucero 

del  luoCoii.  .     . 

dcttieic.  in  alcuna  composizione  ;  ed  in  vece  di  esporre  , 
come  quelli  di  Basilea  ,  una  nuova  confessione  di 
fede  per  mostrare  ,  che  persisteano  nella  dottrina 
del  loro  maestro ,  pubblicarono  quella,  ch'egli  avea 
stesa  ed  inviata  a  Francesco  I.  ed  è  stata  già  ri- 
ferita ,  nella  quale  non  vuole  altra  presenza  neli' 
Eucaristia  ,  che  quella  ,  die  vi  è  fatta  dalla  con- 
templaz'ion  della  fede,  escludendone  chiaramente  la 
sostanziale  presenza. 
Cosi  continuavano  a  parlare  naturalmente.  Erano 

i  so- 


L    I   E    R  O       I  V,  199 

I  soli  ,  che  Io  facessero  fra'  difensori  del  senso  fi- 
gurato ;  e  si  può  vedere  in  questo  tempo,  che  nel- 
la nuova  riforma  ogni  chiesa  operava  giusta  l'im- 
pressione, che  avea  ricevuta  dai  suo  maestro.  Lu- 
tero, e  Zulnglio  ardenti  amatori  dell'estremità  po- 
sero i  Luterani  ,  e  quei  di  Zurigo  in  simili  dispo- 
sizioni, ed  allontanarpno  i  temperamenti.  Se  Eco- 
lampadio  fu  più  mite  ,  veggonsi  ancora  quei  di 
Basilea  più  arrendevoli  ;  e  quei  di  Strasburgo  en- 
trarono in  tutte  le  moderazioni  ,  o  per  dir  me- 
glio, in  tutti  gli  equivoci  ,  ed  in  tutte  le  illusioni 
di  Bucero . 

XXn.  Egli  tanto  si  avanzò  ,    che  dopo   aver  ac-  curTo  con- 
cordato tutto    ciò  che    poteasi  desiderare    sopra    la  ei^indegni 
presenza  reale,  essenziale,  sostanziale  ,    anche  na-  ""!„,""« 
turale,  cioè  sopra  la  presenza  di  Gesucristo  giusta  '^  ^"rpo. 
la    sua    natura  ,    trovò    ancora   degli    spedienti    per 
farlo  realmente  ricevere  a*  Fedeli  ,    che  comunica- 
vansi  indegnamente.    Domandava  solo  ,   che  non  si   Hos^.  p.2. 
parlasse  degli    empj    e  degl'Infedeli,   per    li    quali 
non  era    stato    istituito    questo  santo    misterio  ,   e 
dicea  tuttavia  ,    che  sopra  questo  soggetto  non  vo- 
leva aver  quistione  con  chi  che  fosse. 

Con  tutte  queste  spiegazioni  non  è  da  stupirsi  , 
s'egli  abbia  saputo  placar  Lutero  ,  sino  a  quel 
punto  implacabile  .  Lutero  credè  ,  che  in  effet- 
to i  Sacramentar)  venissero  nel  sentimento  della 
dottrina  contenuta  nella  confessione  di  Augusta  , 
e  neir  apologia  .  Melantone  ,  col  quale  trattava 
Bucero  ,  lo  avvisò  ,  ch'ei  trovava  Lutero  più  ar-  //„p.  j,. ,, 
rendevole,   e  che  cominciava  a  parlare  più  amore- ^j'^, '^'^' 

N     4  voi- 


2C0  Vauiazioni 

volmente  di  esso,  e  de'  suoi  compagni  .  Alla  fine 
si  tenne  l'adunanza  di  Vittemberga  in  Sassonia, 
nella  quale  si  trovarono  i  deputati  delle  chiese  d' 
Alemanna  de'  due  partiti.  Lutero  la  prese  da  prin- 
cipio di  un  tuono  niolt'alto  .  Volea  ,  che  Bucero 
dichiarasse  ,  ch'egli,  ed  i  suoi  si  ritrattavano  ,  e 
rigettò  con  tutta  forza  quanto  gli  diceano  ,  cioè 
che  la  disputa  non  fosse  tanto  nella  cosa  ,  quanto 
nella  maniera  .  Ma  in  fine  ,  dopo  molti  discorsi  , 
ne'  quali  Bucero  mostrò  tutta  la  sua  flessibilità  , 
Lutero  prese  per  ritrattazione  questi  articoli ,  che 
gli  furono  accordati  da  questo  ministro ,  e  da*  suoi 
compagni . 
Accordo  di      XXIII.    I.    Che   secondo   le   parole   dì  s.   Ireneo, 

Vitttrnber-  „_,  ..  .  .,  ,,  ^^     .  ^   . 

g» ,  ed  i     *  Eucaristia    consiste  in  due  cose  ,   /  una   terrestre , 
ticoii-!'  ^^'  ^  ^  ^^^f^  celeste  ;  e  per  conseguenza ,  che  il  corpo  ed 
il  sangue  dì  Gesucrìsto  sono  veramente  e  sostanzìal- 
Hoss.  f.ì.  mente  presentì  ^  dati,  e  ricevuti  col  pane  e  col  vino  0 
"irJi'.b  Conc.      ^^'  ^'f^^  '    quantunque    rigettassero  la  Transustan- 
ziazione ,    e  non  credessero  cije  il  corpo  di  Gesucri- 
sto  fosse  rinchiuso  localmente  nel  pam ,    0  che  aves^ 
se  col   pane  alcuna    unione    di   lunga   durata  fuori 
dell'uso   del   sacramento  ,     non   doveasi  lasciar   di 
confessare  ,    che  il  pane  fosse  il  corpo  di  Gesucrìsto 
per  una  unione  sacramentale  ;    cioè  ,    eh'  essendo   il 
pane  prese:itato ,  //  corpo  dì  Gesucrìsto  fosse  insieme 
presente,  e  veramente  dato. 

III.  Aggiugneano  tuttavia:  Che  fuori  dell'uso  del 
sacramento  ,  mentre  è  custodito  nel  ciborio  ,  0  mo- 
strato nelle  processioni  ,  credono  non  esser  quello  il 
corpo  dì  Gesucrìsto . 

IV. 


L    I    E   R   O       nf .  16t 

IV.  Gonclùdeano  dicendo  :  Che  l'istituzione  del 
sacramento  ha  la  sua  forza  nella  chiesa  ,  e  non  di- 
pende dalla  dignità ,  o  indegnità  del  ministro»  ne  di 
colui t  che  lo  riceve. 

V.  Che  quanto  agF  indegni  ,  ;  quali ,  secondo  s. 
Taolo ,  mangiano  Veramente  il  sacramento  y  il  corpo 
ed  il  sangue  di  Cesucristo  loro  son  veramente  pre- 
sentati y  ^.veramente  li  ricevono,  quando  le  parole, 
e  r  istituzione  di  Gesucristo  sono  conservate . 

VI.  Che  tuttavia,  lo  prendono   come  loro  giudicio  ; 

come  dice  lo  stesso  s.  Vaolo ,    perchè  sì  abusano  del        •    v^ 
sacramento    ricevendolo    senza   penitenza  ,   e    senza 
tede  . 

XXIV.  Pare  che  Lutero   nuli' avesse   a  desiderar  Eucrro  iiv, 
di  vantaggio.    Quando  gli  si  concede  ,   che  l'Euca- tcr,^,   e  sì 

.  .  .  •        1  1,  1  II    !^_      sottrae   con 

ristia  consiste  in  due  cose,  luna  celeste,  e  i  altra  destrezza  a* 
terrestre,  e  che  da  ciò  si  conclude  ,  che  il  corpo  jr^^'^.'^'^^^'! 
di  Gesucristo  è  sostanzialmente  presente  col  pa- 
ne ,  si  dà  abbastanza  a  vedere  ,  che  non  è  sola- 
mente presente  all'intelletto  e  per  la  fede  :  ma 
Lutero  ,  che  non  ignorava  le  sottigliezze  de'  Sa- 
cramentar] ,  gli  spigne  anche  più  avanti  ,  e  fa  che 
dicano ,  che  anche  coloro  ,  /  quali  non  hanno  U  je~ 
d.e  y  non  lasciano  di  ricevere  veramente  il  corpo  dì 
nostro  Signore  .  ^  e. 

Non  si  curava  dì  averli  in  sospetto  di  credere  , 
che  il  corpo  di  Gesucristo  non  ci  fesse  presente 
che  per  la  fede;  poiché  confessavano,  ch'egli  era 
presente,  e  con  verità  ricevuto  da  coloro,  ch'era- 
no senza  fede  ,  e  senza  pentimento  . 

Dopo  questa    coniesslone  de'  Sacramentar)  ,    Lu- 
tero 


los  Variazioni 

tero  s'indusse  facilmente  a  credere  non  aver  pia 
ad  esigere  cosa  alcuna ,  e  giudicò  aver  eglino  detto 
tutto  ciò,  ch'era  necessario  per  confessare  la  rea- 
lità: ma  non  avea  per  anche  abbastanza  compreso, 
che  que'  dottori  aveano  de'  segreti  particolari  per 
ispiegare  ogni  cosa  ,  Per  quanto  gli  sembrassero 
chiare  le  parole  dell'  accordo  ,  Bucero  sapea  la 
strada,  per  la  quale  poteva  uscirne.  Ha  fatti  mol- 
ti scritti  ,  ne*  quali  dichiara  a'  suoi  in  qual  senso 
ha  intesa  ogni  parola  dell'accordo  :  iu  essi  dichia- 
B'^e.  deci,  ra ,  che  coloro  ,  i  quali ,  secondo  s.  Vado ,  sono  rei 
id.if.  Hiìf,  del  corpo  ,  e  del  sangue ,  non  ricevono  solamente  il 

min,  xfjtf.  ^  '         re        '     t 

sacramento ,  ma  in  effetto  la  cosa  stessa ,  e  non  sono 
senza  fede  y  ancorché  ^  dice,  non  abbiano  la  fede  vi- 
va ,  che  ci  salva ,  ne  una  vera  divozione  di  cuore . 
Chi  mai  avrebbe  creduto  ,  che  i  difensori  del 
senso  figurato  potessero  confessare  nella  cena  un 
vero  ricevimento  del  corpo  ,  e  del  sangue  di  no- 
stro Signore  senz'aver  la  fede,  che  ci  salva  ?  Co- 
me dunque  una  fede  ,  che  non  basta  per  giustifi- 
carci, è  sufficiente  ,  secondo  i  loro  principi  ,  per 
comunicarci  con  verità  Gesucristo  ?  Tutta  la  loro 
dottrina  resiste  a  questo  sentimento  di  Bucero  ;  e 
questo  stesso  ministro  foss'  egli  cento  volte  più 
sottile  ,  non  può  mai  accordare  colle  altre  sue 
massime,  quanto  qui  dice.  Ma  non  trattasi  in  que- 
sto luogo  di  esaminare  le  sottigliezze  ,  colle  quali 
Bucero  si  sottrae  all'accordo  da  esso  sottoscritto 
in  Vittemberga:  mi  basca  d'esprimere  questo  fatto 
costante;  che  tutte  le  chiese  d'Alemagna,  le  quali 
difendevano  il  senso  figurato ,   adunate  in  corpo  co! 

mezzo 


Libro     IV.  3,*$ 

mézzo  de'  loro  deputati,  con  atto  autentico  hanno 
accordato  :  cJye  il  corpo ,  ed  il  sangue  di  Gesucrìsto 
sono  veramente  ,  e  sostanzialmente  presenti  ,  dati  ^ 
e  ricevuti  nella  cena  col  pane  e  col  vino  ,  e  che 
gf  indegni  ,  i  quali  sono  senza  tede  ,  non  lasciano  ,  , 
di  ricevervi  il  corpo  ed  il  sangue  ,  purchs  conser- 
vino le  parole  dell'  istituzione , 

Se  quest'espressioni  si  accordano  col  senso  figu- 
rato ,  non  si  sa  più  in  avvenire  cosa  significhino 
le  parole  ,  e  troveremo  tutto  in  ogni  cosa  .  Uo- 
mini ,  che  hanno  avvezzato  il  loro  intelletto  a  gi- 
rare di  questa  maniera  il  linguaggio  umano,  faran- 
no che  dica  ciò  che  loro  piacerà  la  sacra  Scrittura^ 
ed  i  Padri;  e  non  bisogna  più  stupirsi  di  tante  vio- 
lente interpretazioni,  che  danno  a' passi  più  chiari, 

XXV.    Sapere  ora    se  Bucero    avesse  un    disegno  Sfntimentt 

,.  Il-  u    J       •!  j  .  .       /•    di    Calvino 

formale  di  tener  a  bada  il  mondo  con    equivoci  ai-  sopra  gii 
fettati  ,   o   se   qualche    idea  confusa    di    realità  gli  n,\"e^ru'  di 
facesse  credere,  poter  egli  con  sincerità  sottoscri- ^^'^^' 
vere  espressioni  tanto    evidentemente   contrarie   al 
senso  figugato  ,    ne    lascio   il  giudizio  a*  Protestan- 
ti.  Quello,  eh' è  certo,  è,  che  Calvino  suo  amico, 
ed  in    certa  maniera  suo  discepolo  ,   quando  voleva 
esprimere  una   oscurità    biasimevole  in    una  profes- 
sione di  fede  ,    dicea  ,   non  esservi  cosa  cosi  imba- 
razzata  ,  così  oscura ,  così  ambigua ,   e  così  stravol- 
ta neppure  in  Bucero  stesso  .  £f-  C'^^v, 

Queste  artificiose  ambiguità  erano  di  tal  maniera 
proprie  dello  spirito  della  riforma  ,  che  Io  stesso 
IVIelantone  ,  cioè  il  più  sincero  di  tutti  gli  uomini 
a  cagione  de!  suo  naturale,  e  quegli,  che  più  avea 

con- 


ÌÓ4  Variazioni 

condannati  gli  equivoci  nelle  materie  di  fede  j  "^i 
si  lasciò  strascinare  centra  la  sua  inclinazione  • 
Troviamo  una  sua  lettera  dell'  anno  1541.  nella 
qual'egli  scrive,    non  esservi  cosa  più  indegna  del- 

Lib.  I.  Ef.  la  chiesa  ,    quanto  il  servirsi  di  equivo:o  nelle  con^ 

»j.  M+>.  fessionì  di  fede  ,  e  lo  stendere  degli  articoli  per 
ispiegarli  :  che  ciò  era  un  far  pace  in  apparenza  » 
ed  un  eccitare  la  guerra  in  effetto  ;    che  ciò    era  in 

li.  Ep.  7<y.  somma  ad  imitazione  del  falsò  concilio  di  Sirmico  » 
e  degli  ariani  y  un  mescolare  la  verità  coir  errore» 
Avea  ragione  ,  e  tuttavia  nello  stesso  tempo  ,  aU 
lorchè  teneasi  la  prima  adunanza  di  Ratisbona  per 
conciliare  la  religione  Cattolica  colla  Protestante  , 
Melantone  e  Bucero  (non  sono  i  Cattòlici  ,  che  lo 
scrivono,  egli  è  Calvino,  eh'  era  presente,  ed  in» 
timo  confidente  dell'uno,  e  dell'altro)  Melantone  y 
dico,  e  Bucero  componeano  sopra  la  Transustanzia- 
zione delle  formale  di  fede  equivoche  ed  ingannevo- 
li ,  per  vedere  se  poteano    contentare    i  loro    avver-^ 

£f,  Caiv.  sarj  non  concedendo  loro  cosa  alcuna . 

Calvino  era  il  primo  a    disapprovare  quelle  òscu* 
rità  affettate  ,   e  quelle  vergognose  dissimulazioni  .• 
...        Foi  biasimate  ,    dice  ,    e  con  ragione  le   oscurità  dì 
Bucero»  Bisogna  parlare  con  libertà  ,    diceva  in  al- 
j;.^         tro  luogo  ;  non  e  permesso  /'  imbarazzare  con  paro- 
le oscure  ,    0  equivoche  ciò  ,   che  domanda   chiarez' 

za Coloro  ,  che    qui  vogliono  battere  la  strada 

di  mezzo  ,  abbandonano  la  difesa  della  verità  .  E 
quanto  alle  insidie  ,  delle  quali  abbiamo  parlato  , 
che  da  Bucero  ,  e  da  Melantone  venivano  tese  ne' 
ioro  discorsi  ambigui  i' Cattolici  noininati  per  con- 

fe- 


Libro     IV.  lojf 

fer're  con  esso  loro  in  Ratisbona  ,   ecco  quanto  ne 
dice  Io  stesso  Calvino  :    quanto    a  me  .non  approvo     _ 
il  loro  disegno  ,   ancorché   abbiano   le  loro  ragioni  , 
I  perche  sperano ,   che  le  materie  sì  abbiano  a  dichia~ 
\  rar  da  se  stesse  »   Ter  questa  ragione  toccano  super- 
I  ficialmente  molte  ^or?  ,    e  non    temono  queste    ambi- 
!  guità  :  lo  fanno  con  b'fona  intenzione  j    ma  troppo  sì 
accomodano  al  tempo  .    Così  con  cattive  ragioni  gli 
autori  della  nuova    riforma    praticavano  ,    o    scusa- 
vano Ja    più  colpevole   dì  tutte    le    dissi;nnlazioni  ^ 
cioè  ,    gli  equivoci  affettati  nelle  materie  di  fede  . 
La  continuazione  ci  farà  vedere,  se  Calvino  ,    che 
qui    strmbra    tanto    Jontano    dal    praticarli  ,    quanto 
mostra  di  avere    facilità  nello    scusarli  negli  altri  , 
sarà  sempre  del  medesimo  uinore  ;  e  ci    è   d'uopo 
il  ritornare  agli  artifici  di  Bucero,  .   ■ 

XXVI»    Fra'  vantaggi  ,   eh*  ei    diede   a'  Luterani  J'J*^,''."' 
nell'accordo  Hi  Vittemberga,    guadagnò  per  Io  me- '^"'^C.''^ 

cj     »     o  D  r  j^glj.   buca- 

no una  cosa,  ed   è,  che  Lutero  gli  lasciò  passare  ,  ristia . 
che  il  corpo  ,    ed  il  sangue  di  Gesucristo  non  aves-    jirt.  i.  .. 
sero  unione  duievole  fuori  dell'uso  del  sacramento 
col    pane  ,  e  col   vino  :    e  che  il  corpo   non    fosse 
presente,  quando  era  mostrato  ,    o  portato  in  pro- 
cessione. 

Kon  era  questo  il  sentimento  di  Lutero  :    sino  a     Lutier. 
quel  punto  avea  sempre  insegnato  ,  che  il  corpo  di  'sv'erm.    u'. 
Gesucristo  era  presente  ,    dacxrhè    eransi    proferite  aHHj/m 
le  parole,   e  restava  presente  finche  fossero  altera- ^'*'^' *•  ^' 
te  le  specie  ;    di  modo  che  ,   secondo  il  suo  senti- 
mento ,  era  presente,  arche  quando  portavasi  in  pro- 
cessione ,  ancorché  non  volesse  approvarne  l'usanza . 

In 


ir^6  V   A   II   1  A   Z   I  O   xN'  I 

In  fatti  ,  se  il  corpo  era  presente  in  virtù  òelìé 
parole  dell'istituzione;  e  se  dovevano  essere  inte- 
se letteralmente  5  come  lo  sostenea  Lutero,  è  cosa 
chiara  ,  che  il  corpo  di  nostro  Signore  doveva  es- 
ser presente  nell'istante,  eh' ei  disse  :  questo  e  il 
mio  corpo 3  poiché  non  disse:  questo  sarà ^  ma  que- 
sto è .  Era  cosa  degna  della  possanza,  e  della  mae- 
stà di  Gesucristo  j  che  le  sue  parole  avessero  un 
effetto  presente  ;  e  che  1'  effetto  sussistesse  per 
tanto  spazio  di  tempo  ,.  per  quanto  restavano  le 
cose  nel  medesimo  stato  ,  Perciò  non  era  mai 
caduco  in  dubbio  sin  da'  primi  tempi  del  Cristia- 
nesimo ,  che  la  parte  dell'  Eucaristia  ,  la  quale 
riserbavas:  per  la  comunione  degl'Infermi  ,  e  per 
quella  j  che  da'  Fedeli  era  praticata  ogni  giorno 
nelle  loro  case  ,  non  fosse  tanto  il  vero  corpo  d^ 
nostro  Signore  j  quanto  quella  j  che  loro  distribui- 
vasi  neir  adunanza  della  chiesa  .  Lutero  sempre 
l'aveva  intesa  in  tal  maniera  ,  e  tuttavia  fu  por- 
tato, non  so  come,  a  tollerar  l'opinione  contraria, 
che  nel  tempo  dell'accordo  fu  da  Bucero  proposta. 
Contìnua-  XXVII.  Non  gli  permise  tuttavia  il  dire  ,  che 
dusione       li  corpo  noH  SI  trovasse  nel!  Eucaristia  precisamen- 

dell*  accor-  ,  .    v  ,      .         .  , 

do.  te  se  non  nel!  uso,  cioè  nel  ricevimento;  ma  solo, 

che  fuori  delF  uso  non  vi  fosse  unione  durevole  fra 
il  pane  ed  il  corpo.  Era  dunque  questa  unione  an- 
che fuori  dell'uso  ,    cioè  ,    fuori  della  corriunione  ; 

Form.M-.sì.Q  Lutero  che  faceva  alzare  ,    ed  adorare   il  ss.  Sa- 

T.  IT.  /j'cir,  ,  -ri»  j 

(i-^-n.  15;*.    cramento  j    anche    mentre  si    lece  1  accordo  ,    non 

avrebbe  sofferto  ,   che  gli  fosse    stato  negato  ,   che 
nel  rerapo  di    quelle  cerimonie  Gesucristo  non  fos- 
se 


Libro     IV.  tòt 

se  presente;  ma  per  togliere  la  presenza  del  corpo 
di  nostro  Signore  ne'  tabernacoli  ,  e  nelle  proces- 
sioni de'  Cattolici,  ch'era  quanto  pretcndea  Buce- 
ro ,  bastava  lasciargli  dire  ,  che  la  presenza  del 
corpo  e  del  sangue  nel  pane  e  nel  vino  non  era 
di  lunga  durata  „'  -     '  .  /     • .  ^ 

Del  rimanente  ,  se  domandato  si  fosse  a  questi 
dottori:  quanto  dunque  dovesse  durare  quella  pre- 
senza ,  ed  a  qual  tempo  determinassero  l'effetto 
delle  parole  di  nostro  Signore  3  sarebbonsi  veduti 
in  uno  strano  imbarazzo  .  La  continuazione  Io  farà 
vedere  ;  e  si  scorgerà  ^  che  abbandonando  il  senso 
naturale  delle  parole  di  nostro  Signore  ,  come  non 
vi  è  più  regola ,  non  vi  sono  più  parimente  termi- 
ni precisi ,  né  credenza  certa  » 

Tal  fu  la  riuscita    dell'accordo  di  Vittemberga  0'  Conc.f.yiff. 
Gli  articoli    ne   sono    riferiti    nella  stessa   maniera  chTr.H;s^t\ 
da'  due  partiti  della  nuova  riforma  ,    e  furono  sot-  ^'"'^'  '^"^* 
toscritti  sul  fine  di  maggio  l'anno  1536.  Si  conven- 
ne,  che  l'accordo  non  avrebbe  avuto  luogo  se  non 
coU'esser    approvato    dalle    chiese  .    Bucero  ,   ed  i 
suoi  dubitarono  sì  poco   dell'approvazione    del  loro         ''  " 
partito    ,   che    subito    dopo    sottoscritto    V  accordo 
fecero   la    cena   con  Lutero   in    segno   di   perpetua 
pace.  I  Luterani  hanno  sempre  lodato  tal  accordo <- 
I  Sacrameniari    vi  hanno   ricorso  come  ad  un  trat- 
tato autentico,  che  avea  riuniti  tutt'i  Protestanti  e 
Ospiniano  pretende,  che  gli  Svizzeri,   per  lo  rneno   Ann.  xìst. 
una  parte  di  quel  corpo,  e  Calvino  medesimo  l'ab- 
biano   approvato  .    Se  ne    trova  in    fatti  l'approva- 
zione espressa  fralle  lettere   di  Calvino  :   di    modo  o/».  tp, 

che 


IO?  Variazioni 

che  quest'accordo  dee  aver  luogo  fra  gli  atti  pub. 
blici  della  nuova  riforma  ,  poiché  contiene  i  sen- 
timenti di  tutta  r  Alemagna  Protestante  ,  e  quasi 
di  tutta  la  riforma  intera. 
Quei  di  XXVIII.  Bucero  avrebbe  voluto  farlo  approvare 
burlano  de- da  quci  di  Zurigo .    Andò  a  fare  nella  loro  adunane 

eliF.quivoci  ,.  i  •     i-  •  i 

ci  Bucero,  z^  grandi  e  vaghi  discorsi,  e  loro  poi  presento  urj 
lungo  scritto  .  In  tali  lungherie  si  nascondono  gli 
//«ijf.  F'i.  equivoci  i  e  per  ispiegars  semplicemente  la  fede, 
non  vi  è  necessità  ,  che  di  poche  parole  .  Ma  in 
vano  espose  le  sue  sottigliezze  ^^  non  potè  far  in» 
tendere  agli  Svizzeri  la  sua  presenza  sostanziale  , 
né  la  sua  comunione  degl*  indegni  :  essi  vollero 
sempre  spiegare  i!  loro  pensiero  tale,  qual  egli  er* 
in  termini  semplici  ,  e  dire  come  Zuinglio  ,  che 
non  vi  fosse  presenza  fisica  o  naturale  ,  né  sostan- 
ziale ,  ma  una  presenza  in  virtù  della  fede  ,  una 
presenza  per  lo  Spirito  santo  ^  riserbandosì  la  liber- 
tà di  parlare  di  questo  misterio,  come  lo  avessero 
creduto  più  convenevole  ,  e  sempre  più  semplice- 
mente,  e  più  intelligibilmente  che  avessero  potu^ 
J^'*'^'  to  .  Tanto  eglino  scrissero  a  Lutero  ;  e  Lutero  , 
che  appena  riavuto  da  una  pericolosa  infermità  ,  e 
stanco  forse  per  tante  dispute  ,  non  voleva  allora 
che  il  suo  riposo  ,  rimise  dal  suo  canto  T  affare  a 
Bucero  j  col  qual  egli  credea  d'essere  d'accordo. 
izuingii».  XXIX.  Ma  siccome  egli  avea  posto  nella  sua 
ni  non  vo-  jgf  fgfa ,  chc  Convenendo  della  presenza,  era  neces.. 

ghono  udir  '  r  j 

pariire  di    jario  abbandonar  la  maniera  all'onnipotenza  divina. 

Biiracoli,  ne 

di  Olimpo- quei  di  Zurigo  stupiti,  che  si  parlasse  loro  d*  onni- 

tenza    ntll'  ^ 

iucaristia  .  potcnza  iu  UH  azione  ,   nella  quale  non  aveano  con- 
ce- 


Libro    IV.  to^ 

cepuca  cosa  alcuna  miracolosa,  come  non  ve  l'ave* 
concepuca  il  loro  maestro  Zuinglio ,  se  ne  lagnaro- 
no con  Bucero  ,  che  si  atFaticò  molto  per  soddi- 
«farli  ;  ma  quanto  più  loro  diceva,  esservi  qualche 
COSI  d'incomprensibile  nella  maniera,  con  cui  Ge- 
sucrisro  dava  se  stesso  a  noi  nella  cena,  canto  più 
gli  Svizzeri  replicavano  ad  esso  per  lo  coccrario  , 
che  non  vi  fosse  cosa  alcuna  più  facile  ad  esser 
incesa  .  Una  figura  in  queste  parole  :  questo  e  il 
mio  corpo  ;  la  meditazione  della  morte  di  nostro 
Signore,  e  l'operazione  dello  Spirico  santo  ne*  cuo- 
ri ,  non  avevano  alcuna  difficoltà  ;  ed  eglino  nou 
volevano  altri  miracoli.  Questo  in  fatti  è  un  espri- 
mersi, come  parlerebbero  i  Sacramentar)  ,  se  vo- 
lessero parlare  naturalmente  .  I  Padri  per  verità  , 
non  parlavano  di  tal  maniera;  eglino,  che  non  tro- 
vavano esempio  troppo  alto  per  guidar  gli  animi 
alla  credenza  di  questo  misterio  ,  e  si  servivano 
della  creazione,  dell'incarnazione  di  nostro  Signo- 
re, delia  sua  nascita  miracolosa,  di  tutt'i  miracoli 
dil  vecchio  e  nuovo  Testamento  ,  della  mutazione 
raaravigliosa  dell'acqua  in  sangue,  e  dell'acqua  in 
vinoj  canto  persuasi  ch'erano  ,  che  il  miracolo  da 
essi  riconosciuto  nell*  Eucaristia  non  fosse  men  ope- 
ra dell'onnipotenza,  e  non  cedesse  punto  a'  mir;i- 
coli  più  incomprensibili  della  mano  di  Dio  .  Così 
doveasi  parlare  nella  dottrina  della  presenza  reale; 
e  Lutero  avea  ritenute  con  questa  fede  le  stesse 
espressioni,,  Per  una  contraria  ragione  gli  Svizzeri 
trovavano  il  tutto  facile  ,  e  voleano  più  costo  ri- 
voltare in  figura  le  parole  di  nostro  Signore  ,  che 
Bossi'. a  Opere  1.  l.    ■  O  chia- 


aio  Variazioni 

chiamare  la  sua   onnipotenza  per   renderle    vere  i 
come  se    la  maniera    più    semplice    d'intendere    la 
Scrittura  sacra,  fosse  sempre  quella,  nella  quale  la 
ragione  dura  minor  fatica  ;    ovvero,  che  i  miracoli 
costassero  qualche  cosa  al  Figliuolo  di  Dio  ,    quan-' 
do  ci  vuol  dare  una  testimonianza   del  suo  amore* 
Domina      XXX.   Benché    Bucero  non    avesse  potuto  guada- 
e'riforno'' '  g"ar  cosa  alcuna    neiranimo  di   quei  di  Zurigo  per 
df^iua'^cre!  ^^  spazio  di  duc  anni  ,    che  trattò  di  continuo  con 
deiiza   alla  ^g  j  ^gp^  l' accordo  di  Vittemberga  ;    e  ben  preve» 
reale.        dessc  j   che  Lutero  non  durerebbe  gran  tempo  nell' 
esser  tanto  pacifico,  quant'era  allora,    non  lasciava 
cosa  alcuna  per  mantenerlo  in  quella  dolce  disposi» 
zione  e   Quanto  ad    esso  persistette    di  tal  maniera 
«eli*  accordo  ,    che  di  poi  fu  sempre  considerato  da 
quelli  della  confessione  d'Augusta  ,    come  membro 
delle   loro    chiese  ,    ed  operò   in  tutto    unitamente 
con  essi  e 
Hcsp.  Mentr'ei    trattava   cogli    Svizzeri  ,   e    procurava 

di  far  loro  intendere  nella  cena  qualche  cosa  di 
più  alto  ,■  e  più  impenetrabile  di  quello  che  pensa- 
vano, loro  dic«a  fra  l'altre  cose  ,  che  quantunque 
dubitare  non  si  potesse  ,  che  Gesucristo  non  fosse 
in  cielo  ,  non  ben  intendeasi  dove  fosse  il  cielo  , 
né  ciò  che  fosse  ,  e  che  il  cie/o  era  anche  nella 
cena  :  il  che  portava  una  idea  si  chiara  della  pre- 
senza reale,  che  gli  Svizzeri  non  gli  poterono  pre- 
star r orecchio r 

Le  comparazioni,  delle  quali  ei  si  serviva,   tcn- 

„     ...  deano  più  tosto  ad  inculcare  la  realità,   che  ad  in- 

i^.r.  r4/v,  dcbolirla  .    Allegava  sovente  l'azione    ordinaria  di 

toc- 


LlBROlV.  ^11 

toccarsi  vicendevolmente  la  mano  :  esempio  pro- 
priissimo  per  far  vedere  ,  che  la  stessa  mano ,  che 
serve  per  eseguire  i  trattati  ,  può  esser  un  pegno 
della  volontà  ,  che  si  ha  di  dar  il  compimento;  e 
che  un  contratto  transitorio  ,  ma  reale  é  sostan- 
ziale ,  può  divenire  per  l'istituzione  ,  e  coli*  uso 
degli  uomini,  il  segno  più  efficace,  che  dar  possano 
di  una  perpetua  unione. 

Dopo  ch'ebbe    cominciato    a  trattar   l'accordo  ,  ^ 

non  amava  il  dire  con  Zuinglio  ,  che  l'Eucaristia 
fosse  il  corpo,  come  la  pietra  era  Cristo,  e  come 
l'agnello  era  la  pasqua  :  dicea  più  tosto  ,  ch'era, 
come  la  colomba    è    chiamata    Io  Spirito  santo  ;   il  ,  ' 

che  mostra  una  presenza  reale  3  poiché  alcuno  non 
dubita  ,  che  lo  Spirito  santo  non  fosse  presente  , 
ed  anche  d'una  maniera  particolare  sotto  la  torma 
della  colomba.  r  . r 

Àdduceva    anche    l'esem.pio    di  Gesucristo  ,   che   Ep.adTfaj. 
soffiava  sopra  gli  Apostoli,    e  dava  loro  nello  stes- £j[ 
so  tempo  Io  Spirito  santo  '■,  il  che  dimostrava  anco- 
ra,  che  il  corpo  di  Gesucristo  non  è  mcn  comuni- 
cato ,   né  men  presente  di  quello  che  fu  agli  Apo- 
stoli lo  Spirito  santo  . 

Con  tutto  ciò  non  lasciò  di  approvare   la   dottri- 
na di  Calvino  ,    tutta  piena  d' idee  Sacramentarie  , 
e  non  ebbe  timore  di  sottoscrivere   una    confessio- 
ne di  fede  ,   nella    quale  lo    stesso  Calvino  dicea  ,   j-^f_  e-u:. 
che  la  maniera,  nella  quale  ricevevasi  il  corpo,  ed  ^'***' 
il  sangue   di  Gesucristo  nella  cena  ,    consistea  nel!' 
unirvi  che   facea  lo  Spirito  santo  ciò,  ch'era  sepa-       ,i..,\ 
rato  dal  luogo  »   Exa  qu'esto,  per  quanto  apparisce, 

O     a  un 


ili  Variazioni 

un  mostrar  chiaramente  ,  che  Gesucristo  era  lon^ 
tano  .  Ma  Bucero  il  tutto  spiegava  ,  ed  avea  sopra 
ogni  sorta  di  difficoltà  scioglimenti  maravigHosi  , 
Quello,  che  in  questo  è  più  degno  di  considerazio- 
ne ,  è  ,  che  ì  discepoli  di  Bucero  ,  e  come  noi  lo 
abbiamo  detto  ,  le  città  intere  ^  che  si  erano  tanto 
allontanate  sotto  la  di  luì  direzione  dalla  presenza 
reale,  entravano  insensibilmente  in  questa  credcn*- 
za.  Le  parole  di  Gesucristo  furono  tanto  conside- 
rate, e  tanto  replicate,  che  alla  fine  fecero  il  lor 
effetto,  e  venivasi  naturalmente  al  senso  letterale. 
Meiintone  XXXI.  Mentre  Bucero  ed  i  suoi  discepoli  ,  ivj- 
comincia  a      j  j  tanto  dichiarati  della   dottrina    di  Lutero    so- 

dubitare 

della    dot-  pj-j^  i^  presenza  reale,  si  accostavano  ad  essa,  Mc- 
Lutero.       lattone    il    diletto   discepolo    dello    stesso  Lutero  , 

Sua  debole 

Teoiojis,    l'autore  della    confessione  d'Augusta  ,    e  dell'apo- 
logia ,    nella    quale  avea  sostenuta    la  realità  fino  a 
farsi   vedere  inclinato    verso  la  Transustanziazione, 
cominciava  a  lasciarsi  scuotere  nel  suo  sentimento. 
Hnf.^Kn,      L'anno  Ì535.    o -circa  ,    questo  dubbio    gli  venne 

ér  itq.        in  mente,  percoe  prima  si  e  potuto  vedere,  saia 

qual  segno  ei  fosse  costante.    Aveva  anche  compo-? 

sto   un  libro    del  sentimento   de'  santi  Padri    sopra 

la  cena ,  nel  quale  av€^  raccolti  molti  passi  chiarisr 

Uh.  in.  simi  per    la  presenza    ideale  ,    Come    la    critica    in 
Ef.  it^.  ad  .  .  ... 

Jodj;.  £re«.  quel    tempo  non    era  per    anche   molto    sottile  ,    si 

accorse  poi  esservene  alcuni  supposti,  ed  i  copisti 
ignoranti  ,  o  poco  attenti  aver  attribuite  agli  anti- 
chi dell'opere  ,  delle  quali  non  erano  gii  autori  , 
rh]d.  Ciò  pose  in  iscompig.'io  il  suo  animo  ,  ancorché 
avesse  prodotto  un  buon  numero  di  passi ,  che  non 

po- 


L  I  B  R  o    I  Vf  un 

potevano  essere  contrastati.  Ma  quello  j  che  lo  im- 
barazzò di  vantaggio  ,  fu  il  trovare  negli  antichi 
molti  luoghi  ,  ne'  quali  eglino  denominavano  l'Eu- 
caristia una  figura.  Adunava  i  passi,  e  restava  pre- 
so dallo  stupore  ,  dicea  di  vedervi  una  gran  dìver' 
sita  .  Debole  teologo  ,  non  pensava  ,  che  lo  stato 
della  fedei>  e  di  qnesta  vita  ,  non  permetcea  ,  che 
noi  godessimo  Gesucristo  allo  scoperto  ;  di  modo 
che  si  desse  sotto  una  forma  straniera  ,  unendo 
necessariamente  la  verità  colla  figura,  e  la  presen- 
za reale  con  un  segno  esteriore  ,  che  a  noi  la  co- 
priva. Da  questo  viene  ne*  Padri  la  diversità  appa- 
rente, che  recava  stupore  a  Mclantone.  Lo  stesso 
avrebbe  veduto  ,  se  ben  avesse  '  osservato  sopra  il 
misterlo  deì^Incar^a^ione  ,  e  sopra  la  Divinità  del 
Figliuolo  di  Dio  ,  prima  che  le  dispute  degli  Ere- 
tici avessero  costretti  i  Padri  a  parlarne  con  più 
distinzione;  ed  in  generale  ogni  volta,  che  si  deb- 
bono accordar  insieme  due  verità  ,  che  sembrano 
contrarie,  come  nel  misterlo  della  Trinità  ,  ed  in 
quello  dell'Incarnazione  ,  essere  uguale  ,  ed  esser 
inferiore  j  e  nel  sacramento  dell'Eucaristia  esser 
presente  ,  ed  esser  in  figura  ;  si  fa  naturalmen- 
te una  specie  di  linguaggio  ,  che  sembra  confuso  , 
quando  non  si  abbia,  per  dir  così  ,  la  chiave  della 
chiesa  ,  e  l'intera  comprensione  di  tutto  il  miste- 
rlo ■,  oltre  le  altre  ragioni  ,  che  mettevano  in  ob- 
bligo i  santi  Padri  ad  inviluppare  i  mister)  in  ccx- 
ti  luoghi  ,  dando  in  altri  de'  mezzi  certi  per  giu- 
gnere  all'intelligenza.  Melantone  non  ne  sapea  tan- 
to ,    Abbagliato  dal  nome  di  riforma  ,   e  dall'este- 

O     3  riore , 


ir4  Variazioni 

rìore  ,    allora  assai    specioso  di  Lutero  ,    si  era  dz 
principio  gettato  nel  suo  partito.    Giovane  ancora, 
e  grande  umanista,  ma  solamente  umanista,  di  re- 
cente chiamato  dall' elettor  Federico  per  insegnare 
la  lingua  greca  nell'università  di  Vittemberga,  non 
avea  molto  potuto  apprendere   V  antichità  Ecclesia- 
stica col  suo  maestro  Lutero  ,   ed  era    tormentato 
da  una    strana  sorta    di  contrarietà  ,    ch'ei    credea 
vedere  ne*  santi  Padri. 
Disputa  nel      XXXIL  Per  terminare  d'imbarazzarlo  solo  man- 
Rl"fannò  ,  cava  ,    ch' egli    mettesse    la  sua    applicaziore   nella 
MlianTone  lettura  del  libro  di  Bertramo,  o  di  Ratranno,    che 
si  confon-    cominciava  allora  ad  uscire  alla  luce:    opera  ambi- 
gua  ,    rella    quale    per  certo    l'autore  non    sempre 
ìntendea  se  stesso  ,    I  Zulngìiani    ne    fanno   il  loro 
forte  .    I  Luterani  lo  citano  in  loro  favore,  e  tro- 
vano   solo    a  dire  ,    ch'egli  abbia    gettate  delle  se- 
Lib.  UT.  menze    di  Transustanziazione  »    Vi  è    in    fatti    con 

£f.    'S8.  ad  .,  1-1 

v:t.  Theod.  che  contentare  ,  o  più  tosto  con  che  imbarazzare 
cap.^.ìKciin.  gli  uni ,  e  gli  altri  .  Gesucnsto  nell  Eucaristia  e 
Cani?'  *  tanto  un  corpo  umano  nella  sua  sostanza  ,  è  tanto 
dissimile  da  un  corpo  umano  nelle  sue  qualità  , 
che  si  può  dire  ,  eh' è  un  corpo  umano  ,  e  non  è 
un  corpo  umano  per  diversi  rispetti  \  che  in  un 
senso  ,  non  considerandovi  che  la  sostanza  ,  è  lo 
stesso  corpo  di  Gesù  nato  di  Maria;  ma  che  in 
altro  senso  ,  non  considerandovi  che  le  maniere  , 
n'  è  un  altro ,  eh'  egli  da  se  stesso  si  ha  fatto  colla 
sua  parola  ^  nascosta  da  esso  sotto  ombre  e  sotto 
figure,  la  cui  verità  non  giugne  sino  a'  sensi,  ma 
solamente  si  scopre  alla  fede  . 

Que- 


Libro    IV.  ai5  I 

Questo  nel  tempo  di  Ratranno  fu  materia  di 
una  disputa  tra'  Fedeli  .  Gli  uni  avendo  riguardo 
alla  sostanza  diceano  ,  che  il  corpo  di  Gesucristo 
era  lo  stesso  nelle  viscere  della  Vergine  santa,  e 
nell'Eucaristia  ;  gli  altri  avendo  riguardo  alle  qua- 
lità, o  più  tosto  alla  maniera  d'essere  ,  voleano 
che  fosse  un  altro  corpo.  Così  vedesi  che  s.  Paolo  T.cir.xv, 
parlando  del  corpo  risuscitato  ,  ne  fa  come  un  al-  ''"  "^* 
tro  corpo  molto  diverso  da  quello  ,  che  noi  abbia- 
mo in  questa  vita  mortale,  benché  in  sostanza  sia 
lo  stesso  ;  ma  a  cagione  delle  qualità  differenti  , 
delle  quali  questo  corpo  è  vestito  ,  s.  Paolo  ne  fa 
come  due  corpi  ,  l'uno  de'  quali  è  da  esso  deno» /z-ri. 42. 4>. 
minato  corpo  animale  ,  e  l'altro  corpo  spirituale  ,  ***' 
Nello  stesso  senso  ,  e  con  più  ragione  si  potea  di- 
re,  che  il  corpo,  che  riccvesi  nell'Eucaristia,  noa 
era  quello,  ch'era  uscito  delle  viscere  benedette 
della  Vergine  sanca  ,  Ma  benché  si  potesse  così 
dirlo  in  un  certo  senso  ,  altri  dicendolo  temeano 
distruggere  la  verità  del  corpo.  Così  i  dottori  Cat- 
tolici d'  accordo  nella  sostanza  disputavano  delle 
maniere;  gli  uni  seguendo  l'espressioni  di  Pascasi© 
Radberto  ,  i!  quale  voìea  che  V  Eucaristia  conte- 
nesse lo  stesso  corpo  uscito  della  Vergine  ;  gli  al- 
tri appigliandosi  a  quella  di  Ratranno,  il  quale  vo- 
ica  ,  che  non  fosse  lo  stesso  .  A  questo  si  unì  un 
altro  imbarazzo  .  La  force  persuasione  della  pre- 
S;;nza  reale  ,  ch'era  in  tutta  la  cliiesa  tanto  in 
oriente  ,  quanto  in.  occidente  ,  avea  spinti  molti 
dottori  a  non  poter  più  soffrire  ,  trattandosi  dell' 
Eucaristia,  il  termine  di  figura,  che  credeano  con- 

O     4  tra- 


it5  VAklAllOSI 

trarlo  alla  verità    del  corpo  ;    e    gli  altri  ,    i  quali 
consideravano  ,    che  Gesucristo   non    dà    se    stesso 
nell'Eucaristia  nella  sua  propria    forma  ,    ma  sotto 
una  forma  straniera  ,    e    d'una  maniera  51  piena  di 
misteriose  significazioni,  ben  voleano  ,  che  il  corpo 
del    Salvatore    sì    trovasse    realmente    nell*  Eucari- 
stia,  ma  sotto  figure  ,    sotto  velami  ,    e  sotto  tnì* 
steri  :    il  che  loro    sembrava  tanto  più  necessario  , 
quanto  era  cosa  certa  per  altro,    ch'era   privilegio 
riserbato  al    secolo  futuro    il  possedere    Gesucristo 
nella  sua   verità  manifesta    senza  esser    coperto   da 
alcuna  figura.  Tutto  ciò  in  sostanza  era  vero  ;    ma 
prima    che    fosse  giunto    ad    essere    bene  spiegato , 
vi  era  di  che  disputare  per  lungo  tempo.    Ratran- 
rto,  che  seguiva  l'ultima  opinione,   non  avea  pene- 
trata abbastanza  tutta  questa  materia,   e  senza  dii 
scordare  nella  sostanza  dagli  altri  Cattolici  ,    cade- 
va alle  volte    in  espressioni  oscnre  ,    ed  assai  diffi- 
cili   ad   essere    insieme    ben    conciliate  .    Questa  è 
stata  la  cagione,  che  tutt' ì  suoi  lettori,  ed  i  Pro-i 
testanti,  non  meno  che  i  Cattolici,    l'hanno  preso 
in  tanti  sensi  diversi . 
Meiv.h.ui,     Melantone  trovava  ,   che  questo    autore    metteva 
^^'  *   '      in  pubblico  il  suo  pensiero  ,   più    tosto  perchè  fos- 
se indovinato  ,    che  perchè    foss«   inteso   dalla    sua 
chiara  spiegazione  ,    e  si  perdeva  insieme  ccn  esso 
lui  in  una  materia,  che  rè  egli,  né  il  suo  maestro 
Lutero  aveano  mai  ben  intesa  . 
Meianro-     XXXIII.  A  Cagione  di  queste  letture  ,  e  riflessio- 
vv%   niiov»  ni  cadde   in  una    deplorabile    incertezza  :    ma  qua- 

decisione  .  .  ,  .    ,  , 

Tirannia  di  lunque  SU  Stata  Ja  sua  opinione  ,    di  cui  poi  parle- 
L'Jtcìc . 

remo  , 


L  I  fi  È  o     IV.    '  iif 

fév^ò  ,  eì  cominciava  ad  alloaranarsi  ^al  sifo  mae- 
stro, e  desiderava  con  ardore  estremo  ,  che  si  fa- 
cesse un'adunanza,  nella  quale  si  trattasse  di  nuo- 
vo la  materia  ,  senzff  passione  ,  senz^t  cavi/li  ,  e 
ite  ma  tirannia  , 

Quest'ultima    parola    era    detta    chiaramente  per 
Lutero;  perchè  in  tutte  le  adunanze,  che  si  erano    Lih.ii.Èp. 
tenute  s;rio  a    quel    tempo    nel    partito,    dacché    vi  ,g^, 
era  Lutero  ,  e  vi  aveS  parlato  ,    Melantonc    stesso 
ci  fa  sapere,    che  gii  altri  non  aveano  che  a  tace- 
re, ed  il  tutto  era  fatto  .    Ma  in  tempo  ,   che  di- 

sgustato  di  tal  procedere    domandava  nuove  delibe-       ** 

razi-^ni ,    e  si  allontanava  da  Luteìo  ,    non  fasciava     uh,  ni. 
di  rallegrarsi   che  Bucero    se  ne  accostasse  insieme  /raìl'"^'  " 
co'  suoi  ,   Lo  abbiamo  veduto  approvare  l'accordo, 
in  cui    la  presenza    reale  è    più  che    mai  attaccata 
a'  simboli  esteriori,  polche  vi  si  conviene  a  ch'ella  ■ 

si  trovi  nellji  conìunion  degl' indegni  ,  benché  non 
•vi  sia  ne  fede 3  fie  penitenza.  Si  rivolgano  qui  per 
un  momento  gli  occhi  sopra  i  termini  dell'accordò' 
di  Vitteifiberga  non  solo  sottoscritto  ,  ma  anche 
procurato  da  IVIelantone  ,  per  ben  vedere  quanto 
positivamente  ei  vi  conviene  d'una  cosa  ,  sopra  la 
qual'cra  entrato  in  un  dubbio  tafito  violento.    - 

XXXIV,  Questo  è  quello  ,  che  Lutero  sempre  turerò  fa 
diceva  ,  ed  era  n  costante  sopra  questa  materia  j  ^"^Vara"^* 
che  non  vi  era  modo  alcuno  di  contraddirgli  .  L' ?.'"'' ^ '^"^!,* 
anno    dopo    l'accordo  ,    cioè    l'anno    1537-    mentre  «"ìcoH   di 

SniaicalGa  . 

Bucero  continuava  cogli  Svizzeri  le  sue  negozia- 
zioni, i  Luterani  si  trovarono  in  Smalcalda  ,  luo- 
go   ordinarlo  delle    loro  adunanze  j   in  cui    si  sono 

trat- 


ai8  Varìiazioni 

trattate  tutte    le   loro    leghe  ,  Quest'adunan?a   fu 
tenuta  in  occasione    del  concilio  convocato  da  Pao^ 
lo  III.  Era    ben  necessario  ,    che  Lutero  non  fosse 
affatto    contento    della    confessione    d' Augusta  ,    e 
delC apologia  ,    -né  delia  maniera,    onde  la  sua  dot- 
trina vi  era  stata  spiegata,  poiché  stende  egli  stes- 
.^rf. ?»!</=  so  de'  nuovi  articoli,  ajfincìj?  ,    ei  dice  ,    si  sappia. 
nh[  cHc*.  '  (juali  fieno  i  punti  ,    da    quali    non  si  vuol  mai  di-^ 
^/jj^^"["j  /««'^ar/i;  ed  a  tal  fine  procurò  l'adunanza.  In  essa 
Bucero   dichiarossi    così  formalmente    sopra  la  pre- 
Mei.  ir,  senza  reale,  che  soddisfece ^  dice  Melantone  ,  e  lo 
*"*  ****'      dice  con  grand*  allegrezza  ,    anche   a  quelli   de'  no- 
stri ,    eh'  erano  stati   i  più  difficili  ad  essere  soddi- 
sfatti .    Soddisfece    per  conseguenza   a  Lutero  ;   ed 
ecco    ancora  Melantone    tutto  contento  ,   c!ie   altri 
si  appigliassero  a' sentimenti  di  Lutero,  mcntr'egli 
stesso  gli  abbandonava  ,   cioè  godeva   al    sommo  in 
vedere  tutta  riunita    1*  Alemanna  Protestante  .   Bu- 
cero avea  ceduto  :    la  città  di  Strasburgo  erasi  di- 
chiarata  col    suo    dottore    per    la    confessione    Au- 
gustana:    la  politica    era  contenta  :    questo   è    ciò, 
che    premea  :    quanto    alla    dottrina  ,    sì    vedrebbe 
appresso . 
Nuova        XXXV.  Bisogna  tuttavia  confessare,  che  Lutero 

maniera  di      •  •  J-         •    !•  tt    i  _i 

spiegare  le  VI  Camminava  di  miglior  coerenza  .  Volea  parlare 
i"j°tu'ione,  chiaramente  sopra  la  materia  dell'  Eucaristia  ,  ed 
ecco  come  stese  l'articolo  VL  del  sacramento  dell' 
(Toner,  p.j  io.  altare  «  Sopra  il  sacramento  dell'  altare  ^  ei  dice  , 
noi  crediamo  ,  che  il  pane  ed  il  vino  sono  il  v^ro 
corpo  ,  ed  il  vero  sangue  di  nostro  Signore  ,  e  che 
non  sono  dati  ,    e  ricevuti  solamente  da    Cristiani  , 

chs 


Libro     TV.  ^151  * 

che  sono  pìt ,  tììa  anche  da  quel/i  ,  che  sono  empj  » 
Queste  ulcime  parole  sono  le  stesse  ,  che  abbiamo 
vedute  nell' accordo  di  Vittetnberga  ,  solo  in  que- 
sto diverse  ,  che  in  vece  del  termine  à' indegni  , 
sì  serve  di  quello  à'  empj ,  eh' è  più  force  ,  ei  al- 
lontana anche  più  l'idea  della  fede. 

Bisogna  anche  osservare,  che  Lutero  non  dice  co-  * 

sa  alcuna  in  quest'articolo  contra  la  presenza  fuori 
dell'uso,  né  contra  la  durevolezza  dell'unione;  ma 
solo  che  il  pane  era  il  vero  corpo,  senza  ceterinì- 
nar  il  quando,  né  per  quanto  tempo  lo  era» 

XXXVL  Del  rimanente  questa  espressione  ,    che   se  ji  pane 

•  »  •  f  •  I  P'.iò  essere 

il  pane  era  ti  vero  corpo  ,    sino   a    quel    punto  non  ji  Corpo . 
era  stata  inserita  in  alcun  atto   pubblico    da    Lute- 
ro. I   termini  ordinari,  de' quali  servivasi ,  seno  che 
il  corpo,    ed  il  sangue  fossero  dati  sotto  il  pane  ^  e 
sotto  il  vino  ;    così    nel    suo    piccolo    catechismo  si  cone.  f.!?o. 
spiega.  Nel  grande  vi  aggiugne  una  parola ,  e  dice: 

-  ^     ,  ^  Con»,  f. aie 

che  il  corpo  ci  .e  dato  nel  pane  ,  e  sotto  il  pane  . 
Non  ho  per  anche  potuto  sapere  ,  in  qual  tempo 
sieno  stati  fatti  questi  due  catechismi  \  ma  è  cer- 
to, che  i  Luterani  li  riconoscono  come  atti  auten- 
tici di  loro  religione .  Alle  due  particole  nel y  e  sot- 
to ^  la  confessione  Augustana  aggiugne  con  ,  e  que- 
sta è  la  frase  ordinaria  de'  veri  Luterani  ,  che  il 
corpo  ed  II  sangue  sono  ricevuti  nel  ,  sotto  ,  e  col 
pane  e  vino  ;  ma  non  era  per  anche  stato  detto 
in  alcun  atto  pubblico  di  tutto  il  partito  ,  che  il 
pane,  ed  il  vino  fossero  il  vero  corpo  ,  ed  il  vero 
sangue  di  nostro  Signore.  Lutero  troncò  qui  la  pa= 
rolaj   e  fu  d'uopo,  che  Melantone  con  tutta  la  lU 

pu- 


220  Variazioni 

pugnanza  ,    che    aveva  ad  unire  col  corpo  il  pane  « 
giugnesse  sino  a  sottoscrivere  ,    che   il  pane  era  il 
vero  corpo . 
luterò  non      XXXVIJ.  I  Luterani  ci  assicurano  nel  loro  libro 

può  evitare  i  •  i  r  • 

gli  equivoci  della    Concordia,    che    Lutero    fu    spinto    a  questa 

de  *  S  jcrs» 

rientarj  ,  espressione  dailc  S9ttig!iez2e  de'  Sacramentar}  ,  i 
eiuVoho."  quali  trovavano  modo  di  accomodare  alia  loro  pre- 
senza morale  ciò,  che  Lutero  dicea  di  più  forte,  e 
Cene.  f,7}o.  ài  più  distinto  per  la  presenza  reale  e  sostanziale  j 
dal  che  vedesi  di  passaggio  anche  una  volta  ,■  che; 
non  dee  recare  stupore,  se  ì  difensori  del  senso  fi- 
gurato trovano  modo  di  trarre  a*  loro  sentimenti  i 
santi  Padri  ,  poiché  lo  stesso  Lutero  vivente  e  par- 
lante,  tutto  che  conoscesse  le  loro  sottigliezze,  e 
prendesse  a  combatterle ,  durava  fatica  nel  trovare 
termini,  ch'eglino  non  facessero  venire  al  loro  sen- 
so colle  lo''o  interpretazioni  .  Stanco  per  le  loro 
sottigliezze  volle  cercare  qualch'espressione ',  che 
non  potesse  essere  da  essi  stornata  ;  e  stese  i'  arti- 
colo di  Smalcaida  nella  forma  da  noi  veduta. 
Shp.Lìl.TT.  In  fatti  ,  come  lo  abbiamo  dì  già  osservato  ,  se 
"'  ''  ''*  il  vero  corpo  di  Gesucristo  ,  giusta  ropinione  de* 
Sacraraentarj  ,  non  è  ricevuto  se  non  col  mezzo 
della  viva  fede  ,  non  si  può  dir  con  Lutero  ,  che 
g/i  emp)  Io  ricevano  j  e  finché  sosterrassi  ,  che  il 
pane  non  è  il  corpo  di  Gesucristo  che  in  figura  , 
certamente  non  si  dirà  coli' articolo  di  Smalcaida, 
che  il  patte  e  il  vero  corpo  di  Gesucristo,  Così  Lu- 
tero con  questa  espressione  escludeva  il  servfio  figu* 
rato,  e  tutte  le  interpretazioni  de'  Sacramentar)  , 
Ma  non  si  accorse,  che  non  escludeva  meno  la  sua 

dot- 


L    I   S    R.   O       IV.  421 

dottrina,  poiché  abbiamo  fatto  vedere,  che  il  pane 
non  può  essere  il  vero  corpo,  senza  diventarlo  col 
cambiamento  vero  e  sostanziale,  che  Lutero  ricusa  ,   - 

di  ammettere . 

Così  quando  Lutero  ,  ed  i  Luterani  dopo  aver 
voltato  in  tanto  diverse  maniere  l'articolo  della  pre- 
senza reale  ,  procurano  alla  fine  di  spiegarlo  tanto  *  -  . 
distintamente  ,  che  gii  equivoci  de'  Sacramentarj 
restino  affatto  esiliati',  veggonsi  insensibilmente  ca- 
dere in  espressioni ,  che  non  hanno  alcun  senso  se- 
condo i  loro  principi  ,  e  non  possono  sostenersi  ,  " 
che  nella  Cattolica  dottrina. 

XXXVIII.  Lutero  si    esprime   in    Smalcalda  con   ,  Ttjsportft 

d  ira  di  Lii- 

ogni  asprezza  centra  il  Papa,    di  cui,    come  abbia-  «ro  onxia. 

,  -  .  .   i'  Papa   iie- 

rno  veauto  ,    non  erasi  fatta   menzione  alcuna  negli  gii  Articoli 
articoli  di  fede  della  confessione  A.igustana ,  o  dell'  da. 
apologia  ,    e  mette    fra  gli  articoli  ,    de'  quali    non       .      jy. 
vuol  mai  cambiare  il  sentimento:    chf  il  "Papa  non  f-  3'^- 
è  dì  diritto  divino  ;    che  la  potestà  da  lui  usurpata 
è  piena  di  arroganza ,  e  di  bestemmia  ;    che  quanto 
ha  fatto  3  e  fa  ancora  in  virtù  di  tal  potestà  ,  è  dia^ 
boUco  ;  che  la  chiesa  può ,  e  dee  sussistere  senz'aver 
un  capo  ;    che    quando    il  'Papa  avesse  confessato  di 
non  esser  di  diritto  divino ,  ma  che  solo  è  stato  sta- 
bilito per    mantenere  pia    comodamente   /'  unita  de" 
Cristiani  centra  iSettar],  nulla  succederebbe  di  buo-^  ■ -. 

no  da  una  taP  autorità  j  e  che  il  miglior  modo  di 
governare  y  e  di  conservare  la  chiesa  ,  è  che  tutt'  i 
vescovi ,  benché  ineguali  ne*  doni ,  restino  uguali  nel 
loro  mìnisterio  sotto  un  solo  capo  ^  eh' e  Gssucristo  ; 
che  in  fne  il  Vapa  è  il  vero  anticristo»  -.    ..;_ 

XXXIX. 


trz  Variazioni 

Meiantone      XXXIX.  Riferisco  a  bello  studio  queste  declslotìì 

vuole  che  si  ,  ^  ,  . 

ricoiiosc»  1'  di  Lutero  alla  distesa,  perche  Meiantone  vi  mette 

autorità  del  .     .  ,  ,  ,  .• 

p«pa.  una  restrizione,  che  dee  essere  bene  considerata. 

Nel  fine  degli  articoli  si  veg'^ono  due  liste  di  sot- 
tosciizionl ,  nelle  quali  si  leggono  i  nomi  di  tutt'  i 
ministri  ,   e    dottori  della   confessione  Augustana  .' 

c»}ic,  f.jjfj.  Meiantone  sottoscrisse  con  tutti  gli  altri ,  ma  per- 
chè non  volea  seguir  l'opinione  di  Lutero  in  quello 
che  avea  detto  del  Papa,   fece  in  questi  termini  la 

^  ,  sua  sottoscrizione  :  io  Filippo  Meiantone  approvo  gli 

artìcoli  precedenti  come  divoti  ^  e  cristiani  .  Quanto 
al  Tapa ,  il  mio  sentimento  è ,  che  j*  egli  volesse  ri- 
cevere il  vangelo  per  la  pacCy  e  comune  tranquilli'- 
ta  di  coloro ,  i  quali  sono  dì  già  sotto  di  esso ,  o  vi 
saranno  in  avvenire  ^  noi  gli  possiamo  accordare  la 
superiorità  sopra  t  vescovi  ^  cri  egli  di  già  possiede 
di  diritto  umano. 

Questa  superiorità  del  Papa,  di  qualunque  manie- 
ra si  stabilisse,  era  l'oggetto  dell*  avversion  di  Lu- 
tero .  Dacché  il  Papa  Io  avea  condannato ,  era  di- 
venuto irreconciliabile  con  quella  Potenza,  ed  avea 
facto  sottoscrivere  dallo  stesso  Meiantone  un  atto  r 
coi  quale  tutta  la  nuova  riforma  diceva  in  corpo  . 
ì<ion  approveremo  mai  ,  che  il  Tapa  abbia  potestà 
,   ,      sopra  gli  altri  vescovi  ^  Meiantone  se  ne  ritrattò  in 

>?.  7*.  Smalcalda  .  Questa  fu  la  prima,  e  runica  volta  »■ 
che  si  oppose  al  suo  maestro  con  atto  pubblico  \  e 
perchè  la  sua  condiscendenza  ,  o  sommessione  ,  o 
qualche  altra  simile  motivo  ,  qualunque  ei  fosse  , 
gli  fecero  passare,  malgrado  i  suoi  dubb) ,  il  punto 
aoito  più  difHcile  dell'Eucaristia,  bisogna  credere, 

chs 


Libro     IV.  axj 

che  potenti  ragioni  Jo  impegnassero  sop,a  questo  a 
fargli  resistenza.  Queste  ragioni  sono  tanto  più  de- 
gne d'essere  esaminate  ,  quanto  che  vedremo  ia 
quest'  esame  lo  stato  vero  della  nuova  riforma  i  le 
disposizioni  particolari  di  Melantone  ;  la  cagione  di 
tutte  le  perturbazioni  ^  onde  non  cessò  mai  di  es- 
sere agitato  per  tutto  il  corso  delia  sua:  vita  :  co- 
me si  prende  impegno  in  un  cattivo  partito  con 
buone  intenzioni  generali  3  e  come  vi  si  resti  fra 
Je  più  violenti  agitazioni  j  che  possa  mai  sentire  uo- 
mo vivente  •  La  cosa  ben  merita  di  essere  intesa  s 
e  Melantone  medesimo  ce  la  manifesterà  ne'  suoi 
scritti.  .   .i.'  ,,:    ; 


hh 


t-14 


LIBRO      V. 

Riflessioni  generali   sopra   le  perturbazioni   dì 
Melantone ,  e  sopra  lo  stato  della  riforma. 

Come?.ie-  I.  X  principj  dì  Lutcro  ,   nel   tempo  de'  quali  Me- 

ItMonc    fu  •    j-    j         a-  .   I  .      • 

tirato  a  se-  lanton£  Si  diede  airatto  a  seguirlo,  erano  speciosi  . 

guir  Lutero.  _      ,  ir  l'L      ^>  l      • 

Esclamare  con  roolca  rorza  e  liberta  contra  abusi, 
i  quali  non  erano  che  troppo  veri  j  riempire  i  suoi 
discorsi  di  pensieri  divoti  ,  residui  di  una  buona 
istituzione  i  ed  oltre  a  ciò  menare  anche  mia  vit^ 
se  non  perfetta,  almeno  senza  taccia  avanti  gli  uo- 
mini 5  sono  cose  molto  attrattive.  Non  si  dee  ere» 
dare,  che  l'Eresie  abbiano  sempre  per  autori  degli 
empjj  o  de'  libertini  ,  che  a  bello  studio  tacciano 
servire  la  religione  alle  loro  passioni  ,  S.  Gregorio 
Nazianzeno  non  ci  rappresenta  gli  Eresiarchi  come 
uomini  privi  di  religione  ,  ma  come  uomini  ,  che 
Orat.za,  pren.^ono  la  religione  attraverso.  5"o«o 3  ei  dice,  de* 
grand'  ingegni  3  perchè  l'anime  deboli  sono  egualmen- 
te inutili  pel  bene  e  pel  male:  ma  questi  grand' im,- 
gegni  t  soggiugne,  sono  nello  stesso  tempo  spiriti  ar- 
denti ed  impetuosi  ,  che  prendono  la  religione  con 
ardore  smisurato ^  cioè,  che  hanno  un  falso  zelo,  e 
che  mescolando  alla  religione  una  malinconia  super- 
ba, un  ardimento  indomito,  ed  il  loro  proprio  in- 
tendimento ,  tutto  portano  all'estremità  :  bisogna 
anche  trovarvi  una  regolarità  apparente  j  senza  la 
quale  dove  sarebbe  la  seduzione  tanto  predetta  nel- 
la 


L  r  B  a  o     V.      '  zÌ4 

JaScnttura?  Lutero  a vea  gistata  la  divoilone  .  NeU 
U  sua  prima  gioventù  ,  spaventato  da  un  colpo  dì 
fulmine,  onde  temè  di  perire,  erasi  fatto  con  ogni 
sincerità  religioso  .  Sì  è  veduto  ciò  che  avvenne 
nelI'afFare  delle  indulgenze  .  Scegli  esponea  de'dog- 
mi  straordinarj ,  si  sottometteva  al  Papa.  Condan- 
nato dal  Papa  3  demandò  il  concilio  ,  che  da  tutta 
la  Cristianità  era  domandato  da  molti  secoli,  come 
l'unico  rimedio  a'  mali  ,  onde  languiva  la  chiesa 
La  riforma  de'  costumi  corrotti  era  desiderata  d* 
tutto  l'universo;  e  benché  la  sana  dottrina  sempre 
sussistesse  eguaJmente  nella  chiesa  ,  ella  però  nì3n 
vi  era  egualmente  bene  spiegata  da  tutt' i  predica- 
tori .  Moiri  non  predicavano  che  le  indulgenze  ,  i 
pellegrinaggi,  la  limosina  darà  a' religiosi,  erestri- 
gneano  la  sostanza  della  pietà  in  queste  pratiche  , 
le  quali  non  n'erano  che  gli  accessorj .  Non  parla- 
vano quanto  era  necessario  della  grazia  di  Gesucri- 
scoi  e  Lutero ,  che  tutto  le  attribuiva  d'una  nuova 
maniera  col  dogma  delia  Giustizia  imputativa,  par? 
ve  a  Zelantone,  per  anche  giovane j  e  più  versato 
nelle  belle  lettere,  che  nelle  materie  dì  Teologia, 
l'unico  predicator  de!  vangelo. 
IL  E'  cosa  giusta  il  dar  tutto  a  Gesucristo  .    La  Mckntone 

invaghirò 

chiesa  gii  dava  tutto  nella    giustificazione    del  pcc-  de»ia  novi. 

r  J  L  1-       J-  T  **'   ^   '^''^' 

catore,  come  Lutero,  ed  anche  meglio  di  Lutero,  ingannevo. 

,   ,  .  Ali-  1  T_       T  Is  apparen. 

ma  in  un  altra  maniera.  Abbiamo  veduto,  che  Lu- za  delia 

i.     I  !•        I  1  Giustizia 

tsro  gli  dava  tutto  ,    togliendo  assolutamente  tutto  isnpuuiiva, 
all'uomo  ;  e  la  chiesa  per  lo  contrario  gli  dava  tut- 
to, considerando  com' effetto  della  sua  grazia  tutto 
ciò  ,    che  l'uomo  avea  di  bene  ,    ed  anche  il  buon 
Bossust  Opere  T.  L  P  usj 


2i6  Variazioni 

^  uso  del  suo  libero  arbitrio  in  tutto  quello,  che  ri- 

guarda la  vita  Cristiana,  La  novità  della  dottrina, 
e  de'  pensieri  di  Lutero  fu  un  allettamento  a'  be- 
gl' ingegni.  Melantone  n'era  il  capo  in  A 'emagna  . 
Univa  all'erudizione,  alla  polizia,  ed  all'eleganza 
dello  stile  una  singolare  moderazione  .  Era  consi- 
derato come  l'unico,  che  fosse  capace  di  succedere 
nella  letteratura  alla  riputazione  di  Erasmo  ',  ed 
Erasmo  stesso  l'avrebbe  innalzato  col  suo  suffragio 
a'  primi  onori  fra'  letterati  ,  se  non  lo  avesse  ve- 
duto impegnato  in  un  partito  contra  la  chiesa:  m» 
ìa  novità  io  strascinò  come  gli  altri  .  Ne'  primi  an- 
ni ,  che  si  era  attaccato  coli'affetto  a  Lutero,  scris- 
Lih   ry    s-  ^'^  "00  de'  suoi  amici  :    t^on  ho  per  anche  trat- 

^F-tìs.  tata  i  come  sì  dee  j,  la  materia  della  giustificazione  , 
né  "veggo  che  alcuno  fra  gli  antichi  l' abbia  trattata 
dì  questa  maniera.  Queste  parole  ci  fanno  udire  un 
uomo,  che  tutto  preso  dalTallettamento  della  nuova 
dottrina  ,  non  ha  ancora  cbe  passato  leggermente  so» 
pra  una  materia  si  grande  ^  e  di  già  ne  sa  più  che 
tutti  gli  antichi  .  Si  vede  tutto  rapito  fuori  di  se 
stesso  da  un  sermone  ,  che  Lutero  avea  fatto  sopra 
il  giorno  del  sabato  :  vi  avea  predicato  il  riposo  , 
in  cui  Iddio  facea  tutto  ,  in  cui  l'uomo  nulla  fa- 
cea .  Un  giovane  professore  delia  lingua  greca  udi- 
va esporre  pensieri  sì  nuovi  dal  più  veemente  6 
più  vivace  oratore  del  suo  secolo  con  tutti  gli  or- 
namenti della  sua  lingua  naturale  e  con  applauso 
inaudito  .  Turto  ciò  era  un  ritrovare  materia  da 
esser  rapito.  Lutero  gli  pareva  il  maggiore  di  tutti 
gli  uomini,  un  uomo  inviato  da  Dio  ,    un  profeta  , 

li 


ihìd. 


Libro     V.  *% 

ìì  successo  inaspettato  della  nuova  riforma  Io  con- 
ferma ne*  suoi  pensieri .  Melantone  era  semplice  e 
credulo  :  i  buoni  ingegni  lo  sono  sovente  :  eccolo 
preso  .  Tutte  le  persone  studiose  di  belle  lettere 
seguono  il  di  lui  esempio,  e  loro  idolo  diviene  Lu- 
tero. E'  assalito,  e  forse  con  troppa  asprezza  .  L' 
ardore  di  Melantone  si  accende  ,  la  confidenza  di 
Lutero  più  che  mai  lo  impegna  ;  ed  egli  si  lascia 
strascinare  dalla  tentazione  di  riformare  ,  insieme 
col  suo  maestro  ,  con  offesa  dell'unità  e  della  pa- 
ce, ed  i  vescovi,  ed  i  papi,  ed  i  principi  ,  ed  i 
re  ,  e  gì'  imperadorì. 

III.  Lutero,  è  vero,  lasciavasì  trasportare  ad  ec-   Come  Me. 
cessi  inauditi  :    era  questo  un  soggetto  di  dolore  al  «cusasfe  i 
suo  discepolo  moderato.    Tremava  allorché  pensava  Luttro.' 
all'ira  implacabile  di  quesf  ^hillc  ^    e    non    temea    ^^-i^  jy ^, 
meno  della  vecchiezza  di  un  uomo  ,    le  cut  passioni  ^4o«  j's. 
erano  tanto  'violente ^    quanto  l'ira  dì  un  Ercole ^  di 
un  Filottete ,  e  di  un  Mario:  cioè  prevedeva,  il  che 
in  fatti  avvenne,  qualche  cosa  di  furioso  .    Questo 
è  quanto  egli  scrive  confidentemente  ,    ed  in  greco 
al  suo  solito,   a  Camerario  suo  amico  :    ma  un  bel  Lìb.Xvni. 
detto  di  Erasmo,  (che  non  può  un  bel  detto  sopra  5. 
un  bell'ingegno!)  lo  sostenea  .   Erasmo  dicea,  che 
il  mondo  ostinato  ed  indurito    com'era,    avea  biso- 
gno di  un  maestro  così  violento  come  Lutero  :  cioè, 
com'egli  lo  spiegava  ,    che  Lutero  gli  parea  neces- 
sario al  mondo,  come  i  tiranni  mandati  da  Dio  per 
correggerlo  ,    come  un  Nabuccodonosor  ,    come  wn 
Oloferne  ,    in  somma  come  un  flagello  di  Dio  .    In 
questo  non  era  di  che  gloriarsi  :    ma    Melantone  T 

P    z  avea 


tzt  V   /,    R.  1    A   Z   I  O   N'   I 

avea    preso    pel  buon    verso  ,    e    volea    credere    da 
principio,  che  per  risvegliare  il  mondo  ,  non  fosse 
d'uopo  di  cosa  minore  delle  violenze,  e  del  fulmine 
di  Lutero  . 
Principio      IV.  Ma  alla  fine  si  manifestò  l'arroganza  di  que- 
tm-hLfon^    Sto  imperioso  maestro.    Tutti  si  sollevavano  centra 
toii^.^^*""   di  esso ,  ed  anche  coloro  ,  che  voleano  con  esso  lui 
riformare  la  chiesa.  Mille  empie  sette  sorgeano  sot- 
to i  suoi  stendardi  ;    e  sotto  il    nome  di  riforma  , 
l'armi,    le  sedizioni  ,   le  guerre    civili  devastavano 
la  Cristianità  .    Per  colmo  di  dolore  ,   il  litigio  Sa-- 
cramentario  divise  la  riforma    nascente  in  due  par^ 
tiei  poco  meno  ch'eguali  :    tuttavia  Lutero  portava 
il  tutto  all'estrem.o,  ed  i  suoi  discorsi    inasprivano 
gli  animi    in    vece   di   metterli    in    calma  .    Videsì 
tanta  debolezsa  nel  suo  operare  ,    ed  i  suoi  eccessi 
furono  cosi  strani  j    che    MeJantone    non    potea  più 
né  scusarli,  uè  soffrirli.  Dopo  questo  tempo  furono 
immense  le  sue  perturbazioni  .    Ad    ogni  momento 
facea  vedere,    ch'ei  desiderava  la  morte  .    Le    sue 
lagrime  non  si  seccarono  per  lo  spazio  di  trent  an- 
L'h.iv.tp.^'^'i    ^  rE/b.iy    diceva  egli  stesso,    con  tutte  le  sue 
^Uh  //'cp.  ^^^^  »    ^^^  ^^^  avrebbe  potuto    somministrare    acque 
*''^-  bastanti  per  piagnere  le  disavventure    della  riforma 

divisa . 
MeUntone      V.  I  successi  inaspettati  di  Lutero,  da'  quali  egli 

conosce  ali»  ...         ,,        ,.  ,    .  ,. 

fine  che  i    era  restato  da  principio  abbagliato,  ed  i  quali  era- 
grandi  sue-  .    ,  .      ,.      ,     . 
cessi  riiLu-  no  presi  da  esso  con  tutti  gli  altri  per  un  contras- 

no  un  catti!  segno  del  dito  diDio,  non  ebbero  più  per  esso  che 

ro^pnuci.    ^^  debole  allettamento,    allorché  il  tempo  gli  ebbe 

scoperte  le  vere  cagioni  di  que'  gran  progressi  ,  ed 

ì  loro 


L   I   2   R    O       V,  1^9 

l  loro  depìorabili  efretti  ■>    Non    iscette  gran  tempo  z 

senz'accorgersi  j  che  la  sfrenatezza  ,  e  l'indipen- 
denza erano  la  maggior  parte  della  riforma.  Se  ve- 
déansi  le  città  dell'Imperio  correre  in  folla  al  nuo- 
vo vangelo  ,  non  lo  faceano  ,  perchè  si  curassero 
della  dottrina  .  I  nostri  riformatori  soffriranno  con 
pena  questo  discorso  .  Ma  Melantone  è  colui,  che 
Jo  scrive ,  e  lo  scrive  a  Lutero .  Le  nostra  genti  mi  Lih.  i, 
biasimano ,  perchè  restituisco  a"  vescovi  la  giurisài^ 
zione  .  1/  popolo  avvezzo  alla  liberta  ,  dopo  avere 
una  volta  scosso  questo  giogo  y  non  lo  vuol  pia  rice- 
vere ,  e  le  citta  dell'  Imperio  sono  quelle  ,  che  più 
hanno  in  odio  questo  dominio  .  ì^ulla  si  curano  del- 
la dottrina  e  della  religione ,  ma  solo  dell  imperio  e 
della  liberta.  Ripete  ancora  tale  lamtnto  allo  stes- 
so Lutero.  /  nostri  compagni ^  ei  dice,  disputano  ,  z-;^.  r^, 
non  pel  vangelo  ,  ma  pel  loro  dominio  ,  Dunque  , 
non  la  dottrina,  ma  l'indipendenza  era  cercata  dal- 
le città  \  e  s'elleno  odiavano  ì  loro  vescovi  ,  gli 
odiavano  ,  non  tanto  perchè  erano  i  loro  pastori  , 
quanto  perchè  erano  loro  sovrani , 

VL  Bisogna  dir  tutto  :  Melantone  non  molto  af-  £j  pre^s- 
faticavasi  per  ristabilire  la  potestà  temporale  de*  ^^,^1:^^^  %l 
vescovi:  ciò  che  volea  ristabilire,  era  la  polizia  ec- •*'"'^^^^'^.' 

^  '^  succeduti 

clesiastica  ,    la  giurisdizione  spirituale  ,    ed    in  una  r^r  avere 

dispreizata 

parola,  l'amministrazione  vescovile-  perchè  vedea  ,  i' a"forit?. 

de'Vejcov:. 

che  senza  di  essa  il  tutto  era  per  cadere  in  confu- 
sione .    "Piacesse  a  Dio,  piacesse  a  Dio,    eh?  io  pò-  E'.\\o^^ 
tessi  non  confermare  il  dominio  de'  vescovi ,  ma  rista- 
bilirne r  amministrazione  ;  perche  veggo  qual  chiesa 
siamo  per  avere ,  se  la  polizìa  ecclesiastica  è  da  noi 

P     3  an- 


fiso  Variazioni 

annullata.  Veggo  ^  che  la  tirannia  sarà  più  insoppor- 
tabile, che  mai ,  Questo  sempre  avviene,  quando  si 
scuote  il  giogo    della   legittima    autorità  .    Coloro  , 
che  incitano  a  ribellione  i  popoli    sotto  pretesto  dì 
libertà,  si  fanno  eglinp  stessi  tiranni;  e  se  per  an- 
che non  sì  è  veduto  a  sufficienza,  che  Lutero  fos- 
se di  questo  numero  ,    la  continuazione  lo  farà  ve- 
dere d'una  maniera  bastante    a   toglierne  ogni  dub- 
bio. Melantone  continua,  e  dopo  aver  biasimati  co- 
loro ,    i  quali  non  amavano  Lutero  ,    se  non  perche 
col  suo  mezzo  si  sono  liberati  da'  vescovi  ,   conclu- 
de,  aversi  eglino  presa  una  liberta,  che  non  fareb- 
be alla  posterità  alcun  bene  .    "Perché  ,   soggiugne  , 
quale  sarà  lo  stato  della  chiesa  ,    se    noi   cambiamo 
tutte  le  usanze  antiche  ,  e  più  non  vi  sieno  prelati  f 
0  condottieri  certi  f 
L'Autorità      VII.  Prevedea  ,  che  in  questo  disordine  ognuno  si 
pHiia  £c-  '  sarebbe  reso  maestro  .  Se  le  potenze  ecclesiastiche  , 
aj^atto*^'"!.  alle  quali  Tautorità  degli  Apostoli  è  venuta  per  suc- 
Iwi"m)ove  cessione >  non  sono  riconosciute,    come  sussisteran- 
Chiese .       j^Q  ^  nuovi  ministri,  che  hanno  preso  il  loro  posto? 
niatzic'-.    Basta  udir  parlar  Capitone,  collega  di  Bucero,  nel 

Capitone   e  i  ^  j  j 

di  altri,  ministerio  della  chiesa  di  Strasburgo:  V autorità  de^ 
Epist.  ad  ministri y  ei  dice,  e  affatto  annichilata  \  tutto  si per- 

Ef! cÀìv'.  ^^ 3  tutto  va  in  rovina  .  "ÌSion  vi  è  fra  noi  alcuna 
chiesa,  né  pure  una  sola,  in  cui  si  vegga  la  disci- 
plina...,. Il  popolo  arditamente  ci  dice:  voi  volete 
farvi  tiranni  della  chiesa,  eh' è  illibata',  voi  volete 
stabilire  un  nuovo  papato ,  E  poco  dopo  :  Iddio  mi 
fa  conoscere,  che  cosa  sia  l'esser  pastore,  ed  il  tor- 
to che  abbiamo  noi  fatto  alla  chi j sa  col  giudizio  pre- 
àpi- 


L  I  ERO      V.  151 

cìpttato  e  colla  veemenza  inconsiderata  ,   chs    ci  ha  ^ 

fatto  rigettare  il  Vapa  .  Terche  il  popolo  avvezzo  e 
come  nudrito  nella  licenza  ha  rigettato  affatto  il  fre- 
no ,  come  se  distruggendo  la  potenza  de''  "Papisti  , 
avessimo  distrutto  nello  stesso  tempo  tutta  la  forza 
de'  sacramenti  t  e  del  ministerio.  Ci  dicono  ad  alfa 
voce  :  io  so  abbastanza  il  vangelo  :  che  bisogno  ho 
del  vostro  soccorso  per  ritrovar  Gesucristo^  andate 
a  predicare  a  coloro  ,  che  vi  vogliono  udire  „  Quai 
Babilonia  è  più  confusa  di  questa  chiesa,  c\\e.  si  van- 
tava di  esser  uscirà  della  chiesa  Romana  per  uscire 
di  Babilonia  ?  Ecco  qual'era  la  chiesa  di  Strasbur- 
go, quella  chiesa  ,  che  da'  nuovi  riformali  era  di 
continuo  proposta  ad  Erasmo  ,  allorché  si  lagnava  de» 
loro  disordini,  come  la  più  regolata  e  la  più  mode- 
sta di  tutte  le  loro  chiese*  ecco  qual'ella  era  circa 
l'anno   1537.  cioè  nella  sua   forza  e  nel  suo  fiore» 

Bucero  3  il  collega  di  Capitone,  non  ne  aveva  opi-     ^"^^^  £p» 
nione  migliore  l'anno  i549«    e  confessa  ,    che  nulla 
vi  era  tanto  ricercato  ,  quanto   il  piacer  di  vivere 
a  proprio  caprìccio,  '^  -  ■  'ì    -  ■  i   v  .  r. 

Un  altro  ministro  lagnasi  con  Calvino  ,    che  non     Inter  Ep. 
abbiano  ordine  alcuno  le  loro  chiese  ,    e    ne  rende 
questa  ragione  ,  che  una  gran  parte  di  esse  crede  di 
essersi  sottratta  alla   possanza  de  IP  anticristo  ,   ser- 
vendosi a  capriccio  de'  beni  della  chiesa  ^   e  non  ri- 
conoscendo alcuna  disciplina  .    Non    sono   questi  di- 
scorsi ,   ne"  quali  si  riprendano  i  disordini  con  esa- 
gerazione .    Questo   è    quello    che  scrivono  i  nuovi  ' 
Pastori  fra  loro  colla  maggior  confidenza  ,    e    vi  si 
veggono  i  funesti  effetti  della  riforma,                               ,.> 
4.-.                                      P    4                      VIIL 


^^^  VARIAZIÓNE 

A!rr"^f.;r^      Vili.  Uno  de' frutti  da  essa   prodotto   fu    la  ser- 
to dfllaRi-     .    ,  j  j      1         .  .  VI         J 

forma .  La  vitu ,  nciia  qualc  cadde  la  cniesa  .    Non  dee  recare 

«ervitù  deL  ,  . ,-  .  ,         .       .    . 

la  Chit«     Stupore  ,    se  Ja  nuova  ritorma  piaceva  a    principi  , 

itella   quale      j>  •^'  i  ••  j  i         -j'^^ 

il Magjsrra-i  ^d  a    magistrati,  che  vi  si  rendeano  pacroni  di  tut- 
Papà  ^^  '     ^°>  eziandio  della  dottrina.  Il  primo  effetto  del  nuo- 
vo vangelo  in  una  città  vicina  a  Ginevra  ,   cioè  in 
Monbeliard  ,    fu  un'adunanza  ,    che    vi  si  tenne  da' 
principali    abitanti    per   sapere    ciò    che   il  Vrinc'tpe 
avesse  ordinato  della  cena,  Calvino  si  muove  in  va- 
Caiv.  £p.no  contra  quest'abuso  :    vi  spera  poco  rimedio  ,   e 
quanto  può  fare  ,•  è  il  lagnarsene  come  del  maggior 
disordine  ,    che  si  potesse  introdurre  nella  chiesa  « 
Micone  successore  di  Ecolampadio  nel  ministerio  di 
Inter  Epi  Basilea  fa  parimente  in  vano   lo  stesso   lamento  :   / 
latcì ,  dice,  si  attribuiscono  tutto  ,   ed  ti  magistrato 
si  è  fatto  Tapa . 

Era  questa  una  inevitabile  disavventura  nella  nuo- 
va riforma:  erasi  stabilita  sollevandosi  contra  i  ve- 
scovi, sostenuta  dagli  ordini  del  magistrato.  Il  ma- 
gistrato sospese  la  messa    in    Strasburgo  ,  l'annullò 
in  altri  luoghi,    e  diede  la  forma  all'ufficio  divijio; 
i  nuovi  pastori  erano  istituiti  dalla  di  lei  autorità  , 
era  cosa  giusta  dopo  di  ciò,  ch'egli  avesse  tutta  fa 
potestà  nella  chiesa.    Così  quanto  si  guadagnò  nella 
riforma  rigettando  il  Papa  ecclesiastico  ,  successor 
di  S.Pietro,  fu  il  farsi  un  Papa  laico,  ed  il  mette- 
re in  mano  de'  magistrati  l'autorità  degli  Apostoli , 
Lutero        IX.  Lutcro  tucto  che  fosse  superbo  ed  altero  pel 
Missrone     SUO    Huovo    apostolato  ,    non    potè    esentarsi    da  ìin 
pe  per'faVétal  abuso .    Sedici  anni  erano  scersi  dopo  io  stabili- 
ÌL!'!»*r!"^* mento  della  sua  riforma    in    Sassonia,    senza   esser 

mai 


L  r  B  n  e»     V,  73  3 

mai  caduto  in  pensiero  ad  alcuno  di  visitare  le  chie- 
se ,  né  di  vedere  se  i  Pastori  ,    che  vi  erano  stabi- 
liti,  facevano  il  loro  dovere,  e  se  i  popoli  sapeano 
per  lo  meno  il  loro  catechismo»  Era  stato  assai  be- 
ne insegnato,    dice  Lutero,   a  mangiar  della  carne    vhu.:ìax, 
i  venerdì ,  ed  i  sabati ,  a  pia  non  confessarsi ,  a  ere-  la^! de  "iib, 
dere  dì  esser  giustificati  colla  sola  fede  ^  e  che  r  epe-  ^^"''*  '^'' 
re  buone  non  meritassero  cosa  alcuna:  ma  quanto  al       .    ^ 
predicare  con  serietà  la  penitenza  ,    Lutero  fa  ben  I 

conoscere,  ch'era  il  meno,  cui  si  pensasse  :  i  ri- 
formatori aveano  molti  altri  affari  *  Alla  fine  per 
opporsi  a!  disordine  ,  l'anno  1538.  cadde  in  mente 
il  rimedio  della  visita,  ne*  canoni  tanto  noto  ,  Ma 
alcuno  i  dice  Lutero,  non  era  ancora  fra  noi  a  que-  Ti.-',d.  Pr^f. 
s.to  ministsìio  chiamato  ^  e  s.  "Pietro  vieta  il  f^tr  co- 
sa alcuna  nella  chiesa  ,  senz  essere  assicurato  con 
una  deputazion  certa  ^  che  quello  che  si  fa ,  e  l'ope- 
ra dì  Dio:  cioè,  che  a  questo  fine  è  necessaria  una 
missione,  una  vocazione  ,  una  legittima  autorità  , 
Osservate,  che  i  vangelisti  novelli  aveano  ricevuta 
dal  cielo  una  straordinaria  missione  per  sollevare  i 
popoli  centra  i  loro  vescovi,  per  predicare  loro  mal- 
grado ,  e  per  attribuirsi  l'amministrazione  de*  sa» 
tramenti  contra  il  loro  divieto',  ma  per  fare  la  ve- 
ra funzione  vescovile,  eh' è  il  visitare  ed  il  correg- 
gere ,  alcuno  non  ne  avea  ricevuta  la  vocazione  > 
né  l'ordine  da  Dio  :  tanto  questa  celeste  missione 
era  imperfetta  ',  tanto  coloro  ,  che  si  vantavan  d' 
averla,  non  se  ne  fidavano  nel  loro  interno  .  Il  ri- 
medio, che  trovossl  a  questo  difetto,  fu  l'aveif  ri- 
corso al  Principe,   come  a  potenza  indubitatamente 

or. 


234  Variazioni 

^'"l^        ordinata  da  Dìo  in  quel  parse.   Cosi  parla  Lutero  è 
Ma  questa  potenza  stibilica    da  Dio  ,    è   eila    stati 
forse  stabilita  da  Dio  per  questa  funzione?  No.  Lu- 
tero Io  confessa,  e  stabilisce  per  fondamento,    che 
:^  la  visita  è  una  funzione  apostolica.    Perchè  dunque 

questo  ricorso  al  Principe  ?    Verchs ,    dice  Lutero  , 
Ancorché  colla  sua  potestà  secolare  non  abbia  da  eser- 
citar quest'  uffizio  ,    non  lascerà  per  carità  dì  norrA- 
nar  de"  visitatori^  e  Lutero  esorta  gli  altri  Princi- 
pi a  seguir  questo  esempio  ,    cioè  ,    fa   esercitar  la 
funzione  de'  vescovi    dall'autorità    de'  Principi  ;    e 
quest'impresa  si  denomina  una  carità  nei  linguaggio 
della  riforma  e 
^te  Chiese       X.  Questo  racconto  dà  a  vedere,  che  i  Sacramene 
non  sono     tarj  non  erano  i  soli,    che  privi  deha  legittima  au- 
sci^pUnate*"  ^oùtk  avcano  riempiute   le  loro  chiese  di  confusio- 
ne'^ìo'^dcol  ^^'  ^'  vero,  che  Capitone  dopo  essersi  lagnato  nel- 
iiosce  .         i^  lettera  da  noi  veduta ,  che  la  disciplina  era  i^»o- 
Tnter  Ep,  ta  ncllé  chiese  della  sua  setta,  soggiugne,   che  non 
ò".!p.  ».  7!    si  trovava  disciplina,  che  nelle  chiese  Luterane ^  Ma 
,.,    .„    Melantone  che  le  conoscea  ,    riferisce,    parlando  di 

Liti.  JV„ 

£p.  »jj.  queste  chiese  l'anno  1532.,  e  quasi  nello  stesso  tem- 
po ,  in  cui  Capitone  scrivea  la  sua  lettera  ,  che  la 
disciplina  vi  era  distrutta  ■,  che  vi  sì  dubitava  del- 
le cose  maggiori  ;  che  tuttavia  non  vi  sì  voleva  udì- 
re  ,  conie  non  volevasi  udirlo  nell"  altre  ,  spiegare 
chiaramente  i  dogmi  ;  e  che  que^  mali  erano  senza 
rimedio  :  di  modo  che  non  resta  vantaggio  alcuno 
a'  Luterani  ,  se  non  che  la  loro  disciplina  medio- 
cre era  ancora  superiore  a  quella  de'  Sacramenta- 
r}y  che  ad  essi  recava  invidia. 

XL 


L   1  B   R.  O      V.  '235 

XI,  E"  bene  sapere    ancora  da  Melantone  come  i  Mdantói?* 

,.     ,     ,  .  ,  ,       .  I,  ,       deplora  la 

grandi  del  partito  trattavano  la  teologia,  e  1  eccle- licenza  dei 

•      ^.  j.      .    ,.  T>      I  •  •    j    L    I  tu      partito,  nel 

siastica  disciplina,  Parlavasi  assai  debolmente  della  quale  il  Po- 
confessione  de'  peccati  fra'  Luterani;    e  tuttavia  il  d°a"sTaj'Ìdo 
poco,  che  ve  n'era  detto,  ed  il  piccolo  residuo  del- fp^^^'J^^'^'f^' 
la  disciplina  Cristiana,  che  si  avea  voluto  ritenere,'*  Re!'S'=- 
ofFese  di  tal  maniera  un    uomo    d'importanza  ,   che 
al  riferire  di  Melantone  ,    espresse  in  un  gran  con-      r,fi.  nr 
vito,  {perche  ?n  quelle  occasio/ii ^  ei  dice,  solamen-^'^''^^' 
te  trattano  della  teoUgìa  )   eh'  era    necessario   l"  op~ 
porvìsì  ;    che  tittt'  insieme  doveano  ben  guardarsi  di 
non  lasciar  rapirsi  la  libertà ,  che  aveano  ricupera- 
ta ,    altrimenti    sarebbero  stati  di  nuovo  immersi  in 
una  nuova  servitù  ,  e  che  di  già  si  andavano  a  pò-      •;„  ".  ;5i 
co  a  poco  rinnovando  le  antiche  tradizioni .  Ecco  che       •-     *' 
vuol  dire  l'eccitare  Io  spirico  di  ribellione  fra'  pò-       ,  .  . 
poli  ,    e    loro  inspirare    senza  discernimento    l'odio 
contra  le  tradizioni  .    Si    vede    in    un  sol  convico  1' 
immagine  di  quanto  negli    altri    era    fatto  .   Questo 
spirito  regnava  in  tutto  il  popolo,  eMelantone  me- 
desimo dice  a  Camerario  suo  amico,  parlando  delle 
nuove  chiese  :    vedete  gli  eccessi  della  moltitudine  ,  n\d,  -,0, 
€  la  cecità  de'  suoi  desiderj  o  Non  vi  si  potea  stabi- 
lire la  regola.  Così  la  vera  riforma,  cioè  quella  de' 
costumi  ,    tornava  in  dietro  in    vece  di    avanzarsi  » 
per  due  ragioni  :    l'una  ,    perchè   l'autorità  era  dU        t 
strutta  :    l'altra,  perchè  la  nuova  dottrina  spigueva 
alla  rilassatezza»  _^ 

XIL  Non    prendo  a  provare  ,   che  la    nuova  giù--  la  giustizia 

H,     rr  •  1  \    imputativa 

cazione    avesse    qiiest  crtetto    cattivo  :    quest  e  din.inuiva 

.,  ri-  la  necessità 

una  materia  ribattuta  ,    e  non  ra  al  mio. soggetto  .  dell' Opeie 
.-  Ma 


%^6  Variazioni 

buone. De- Ma  dirò    solo  questi    fitti    costanti  ,    che    dopa    Id 
i.ul:r"ani  \  stabiHmento    della   giustizia  imputata  ,   ia    dottrlr-a 
t»ne^*^"*'  dell'opere    buone    è  di  tal    maniera    scemata  ,    che 
alcuni  discepoli  principali  di  Lutero    dissero  ,    che 
fosse  bestemmia  l'insegnare  ,    ch'elleno  fossero  ne- 
cessarie. Altri  giunsero  per  sino  a  dire,  ch'elleno 
fossero   contrarie  alla    salute  ,   e  tutti    decisero  di 
un  consenso  comune  ,    che  non    vi  fossero  necessa- 
rie .    Si  può    ben    dire   nella    nuova    riforma  ,   che 
l'opere  buone  sono  necessarie  ,    come  cose  doman- 
date da  Dio  all'uomo  ;  ma    non  si    può  dire  ,   che 
sieno  necessarie  alla  salute.  E  perchè  dunque  Iddio 
le  domanda?  Non  è  forse  perchè  si  giunga  ad  esser 
iif4«.X7X.  salvo  ?  Gesucristo  medesimo  non  ha  egli  detto:    Se 
*'•  vo/fte  entrare  nella,  vita  ,   osservate  ì  comandamen- 

ti ^  Dunque  le  opere  buone  secondo  il  vangelo  sono 
necessarie  precisamente  per  avere  la  vita  ,  e  per 
conseguire  l'eterna  salute,  e  questo  è  quanto  \icn 
predicato  da  tutta  la  sacra  Scrittura  j  ma  la  nuova 
riforma  ha  trovata  questa  sottil  distinzione,  che 
si  possono  senza  difficoltà  confessarle  per  necessa- 
rie, purché  non  dicansi  necessarie  per  la  salute. 

Trattavasi  degli  adulti  ,  perchè  quanto  a'  bam- 
bini,  tutto  il  mondo  era  d'accordo  .  Chi  avrebbe 
creduto,  che  la  riforma  dovesse  partorire  un  tal 
Mei  Ec,  P''°'^'SÌo  >  e  che  questa  proposizione:  le  opere  buo- 
lih.  1. 70-  jj«  sono  necessarie  alla  salute  ,  potesse  mai  essere 
condannata?  ella  fu  condannata  daMelantone,  e  da 
tutt'i  Luterani  ,  in  molte  delle  loro  adunanze,  ed 
in  ispezialità  in  quella  di  Vorms  l'anno  1557*  del- 
la quale  vedremo  gli  atti  a  suo  tempo. 

xin. 


Libro     V.  ij7 

XIII.   Non   pretendo   qui    rimproverare    a'  nostri     K««vjn» 

.    .  .       .  .  .     tiforoi»    6,1 

riformati  i  loro  cattivi  costumi  :  i  nostri ,  a  consi-  costumi 

,  ,.         „  .  11.  .    .  delleChieie 

aerarli  nella  maggior  parte  degli    uomini  ,    non  ap-  Protestan- 

,    i.       .  '-LÌ  -ti  1        ti:Testimo- 

panscono  migliori;   ma  ciò  che  non  si  dee  loro  la-  niama  di 
sciar  credere,  è,  che  la  loro  riforma  abbia  avuti  ì 
veri  frutti  ,    che  un    nome  si  bello  faceva  attende- 
re ,   e  la  loro  nuova  Giustincazione   abbia  prodotto 
alcun  buon  effetto. 

Erasmo  dicea  sovente  ,  che  di  tanti  da  esso  ve- 
duti entrare  nella  nuova  riforma  (ed  egli  aveva 
una  stretta  familiarità  colla  maggior  parte  ,  e  co' 
principali  )  non  avea  veduto  alcuno  ,  che  da  essa 
non  fosse  stato  reso  più  cattivo  ,  in  vece  di  ren- 
derlo migliore.  Che  razza  vangelica  è  questa  ?  ^^-  e^^'x^xxì 
cea .  Nulla  si  vede  mai ,  né  di  più  licenzioso  ,  né  ^J-'U:  ^• 
insieme  di  più  sedizioso  :    nulla   in  somma   di  men  ■♦»•  ^\^-b 

•  4.1  U.  A  Ai, 

vangelico,  che  questi  Evangelici  pretesi  ;  tolgono  le  5. -^-^^'"^• 
vigilie  e  gli  ufficj  della  notte  e  del  giorno.    Erano     ^ 
queste,  dicon  eglino,  Farisaiche  superstizioni:    ma 
era  dunque  necessario    il  mettere  in    luogo  di  esse 
qualche  cosa  migliore,    e  non  diventare  Epicurei  a 
forza  di  allontanarsi  dal  Giudaismo  .    Tutto  è  por- 
tato all'eccesso  in    questa  riforma  :    si  toglie  ciò  , 
che  sarebbe  d*  uopo  solo  depurare  \  si  mette  il  fuo- 
co alla  casa  per  consumare   le  sozzure  .   I  costumi 
sono  trascurati,  il  lusso,  le  dissolutezze,  gli  adul-     ''■         ,  _ 
ter]  si  moltiplicano  più  che  mai  ,   non  ti    è  né  re-        •   ' 
gola,  né  disciplina.    Il  popolo  indocile,  dopo  avere 
scosso  il  giogo  de'  superiori,  non  vuol  più  credere 
ad  alcuno  ;   e  Lutero  avrà  ben  presto  a  desiderare 
la  tirannia,  com'egli  la  denomina,  de'  vescovi,    in        •  > 

una 


13*  Variazioni 

una    sì  scorretta  licenza  .   Quando  egli  scriveva  Iti 

/"xxxfi  *lU6Sta  maniera  a'  suoi  amici  Protestanti  de'  frutti 
infelici  della  loro  riforma,  ne  convenivano  con  es- 
L;b.  XIX,  ^o  ^^^  ^^  buona  fede .  Voglio  più  tosto  ,  loro  diceva  , 
avere  da  far  co  Tapisti ,  che  tanto  voi  screditate. 
Rimprovera  loro  la  malizia  di  un  Capitone  ,  le  de- 
trazioni maligne  di  uir  parelio  ,  ch'Ecolampadio  , 
alla  mensa  del  quale  vivea  ,  non  potea  né  soffrir  , 
né  reprimere  ,  l'arroganza  e  le  violenze  di  Zuln- 
glio  ;  ed  in  fine  quelle  di  Lutero,  che  ora  sembra- 
va parlar  come  gli  Apostoli,  ed  ora  abbandonavasi 
ad  eccessi  tanto  strani  ^  ed  a  buffonerie  tanto  vili  * 
che  ben  vedeasi  s  l'aria  apostolica  ,  alle  volte  da 
esso  affettata  ,  non  poter  venir  dal  suo  interno  . 
Gli  altri  3    ch'egli  avea  conosciuti,    non  erano  mi- 

L.b.xxxL  gliori .  TroVQ ,  dicea ,  più  pietà  in  un  solo  buon  ve- 
scovo  Cattolico ,  che  in  tutti  questi  nuovi  vangelisti . 
Quanto  ne  dicea,  non  era  per  adulare  i  Cattolici, 
de'  quali  accusava  con  discorsi  assai  liberi  le  sre- 
golatezze o  Ma  oltre  che  giudicava  esser  cosa  in- 
degna il  far  risuonar  tane' alto  la  riforma  senza  es- 
ser migliori  degli  altri  ,  era  necessario  il  metter 
gran  differenza  fra  coloro ,  i  quali  trascuravano  i' 
opere  buone  per  debolezza ,  e  coloro  ,  che  ne  di- 
minuivano la  necessità  e  la  dignità  per  massima . 
Testilo»      XIV.    Ma    ecco  una    testimonianza  contra  i  Pro- 

.-nianza   ai 

jÈuccro.       testanti,  che  gli  strlgnerà  di  vantaggio;  sarà  quella 

di  Bucero  „    L'anno  154^.    e  più  di  vent'anni  dopo 

Inter  Ef  J3  riforma ,  questo  ministro  scrisse  a  Calvino  ,  che 

fra   essi   i   più  Vangelici    non  sapeano    mppurs   ciò 

che  fosse  la  vera  penitenza:  tanto  era  stato  l'abuso 

del 


L   J    E    R   O       V.  Ì.i4 

del  nome  di  riforma,  e  di  vangelo.  Abbiamo  udito 
dalla  bocca  di  Lutero  lo  stesso.  Cinque  anni   dopo 
questa  lettera  di  Bucero ,  e  fra  Je  vittorie  di  Car- 
lo V"«    Bucero  scrisse  di  nuovo  allo  stesso  Calvino:    vu't.Sdx, 
Iddio  ha  punita    l'ingiuria  ^   che   abbiamo  fatta  al'c^.ddib.chA 
suo  nome   colla  nostra   sì  lunga    e  sì  perniciosa  ipo-  s,.''i,.t^^Ef\ 
crisia  .    Era    questa  una   buona  denominazione    del-  ^''^*" 
la  licenza  coperta  coi  titolo    di  riforma  »   Nell'an- 
no 1549.  dimostra  in    termini  più  forti    il  poco  ef- 
fetto della  pretesa  riforma  ^  allorché  scrive  di  nuo- 
vo a  Calvino  :  Le  nostre  genti  sono  passate  dall'  ipo~     i"t>id. . 
crisia  tanto  radicata  nel  papato  ^    ad  una  profession 
mediocre  di  Gesucristo  j  e  non  ve  n  è  che  un  piccolo 
numero ,  che  di  quell'  ipocrisia  affatto  sia  uscito . 

Questa  volta  cerca  il  litigio  ,  e  vuol  rendere  la 
chiesa  Romana  colpevole  deiripocrisiaj  eh' ei  rico- 
nosce nei  suo  partito  j  perchè  se  per  l'ipocrisia 
Romana  intende  ,  secondo  lo  stile  della  riforma  , 
le  vigilie  ,  le  astinenze  ^  i  pellegrinaggi,  le  divo- 
zioni, che  facevansi  in  onore  de'  santi,  e  le  aicre 
pratiche  simili  ,  non  si  poteva  esserne  più  lontano 
di  quello  ch'erano  i  nuovi  riformati  pretesi  ^  per- 
chè tutti  erano  passati  all'estremità  opposte  ^  ma 
come  la  sostanza  della  pietà  non  consisteva  in  que- 
ste cose  esteriori  ,  consisteva  anche  meno  nell'an-  '^ 
nullarle  .  Se  poi  l'opinione  de'  meriti  era  quella  ,  ,  1 
che  da  Bucero  diceasi  qui  nostra  ipocrisia  ,  la  ri- 
forma era  pur  troppo  corretta  da  questo  male  ", 
poiché  ella  togliea  d'ordinario  al  merito  sino  Tes- 
sere un  dono  della  grazia  ,  benché  poi  la  forza 
della  verità  facesse  ,  che  alle  volte  ella  lo  confes- 
sasse. 


446»  Variazioni 

sasse.  Sia  come  sì  voglia,  la  riforma  avea  sì  poco 
prevaluto  sopra  l'ipocrisia,  che  pochissimi,  secon- 
do Bucero  ,  erano  usciti  di  sì  gran  male  .  Quindi 
le  nostre  genti i  continuava,  seno  state  più  sollecite 
di  apparire  discepoli  dì  Gesucrìsto  ,  che  di  esserla 
in  effetto  i  e  quando  e  stato  nocivo  a'  loro  interessi 
r  apparir  tali  y  sì  son  anche  sottratte  a  tal'  atìparen^ 
za  ,  Ciò  che  loro  piaceva ,  era  V  uscire  della  t'iran' 
nìa  e  delle  superstizioni  del  Vapa  ,  ed  il  vivere  a 
loro  capriccio  .  Un  poco  dopo  :  Le  nostre  genti  » 
è'ict  ,  non  hanno  mai  voluto  sinceramente  ricevere 
le  leggi  di  Gesucrìsto  j  non  hanno  avuto  perciò  il 
coraggio  di  opporle    alT  altre  con    una  costanza  Cri' 

stiana Sinché  hanno  creduto  aver  qualche  prò-, 

sezione  nel  braccio  della  carne ,  hanno  date  d'ordi- 
nario delle  risposte  assai  vigorose  j  ma  se  ne  sono  pOr- 
chissimo  ricordate  i  allorché  il  braccio  della  carne  e 
stato  rotto  ,  e  più  non  hanno  avuto  il  soccorso  umano  . 
Senza  dubbio  sino  allora  Ja  vera  riforma  ,  cioè 
quella  de' costumi,  avea  deboli  fondamenti  nella  ri- 
forma pretesa  ;  e  l'opera  di  Dio  tanto  vantata,  e 
tanto  desiderata  non  vi  avea  l'effetto. 
Tirinai*      XV.    QuelIo  ,    che  Melantone    avea    più   sperata 

ìnsopporta-  ,,         -r  i  •    t  •      i  t  v  •      • 

bile  di  Lu-  nella  ritorm,a  di  Lutero  ,    era  la  liberta  Cristiana, 

tero:ciòche        ,,  .  .  .  .  ,  , 

Calvino  ne  6  1  cscnzionc   da  Ogni   umaii    giogo  :    ma   si    trovo 

Sfrisse  a.Me-  i  i    i  1 1  t»  t 

lantone.  moito  deluso  nelle  sue  speranze  .  Ha  veduta  per 
lo  spazio  qu^si  di  cinquant' anni  la  chiesa  Luterani 
sempre  sotto  la  tirannia,  o  nella  confusione.  Portò 
gran  tempo  la  pena  di  ^ver  disprezzata  la  legitti- 
ma autorità  .  Non  vi  fu  mai  maestro  più  rigoroso 
di  Lutero,  né  tirannia  più  insopportabile  di  quella 3 

che 


Libro     V.  »4» 

clie  in  materia  di  dottrina  era  da  lui  esercitata  e 
La  sua  arroganza  era  s\  nota,  che  costrignea  Mun- 
cero  a  dire,  che  vi  fossero  due  Papi,  l'uno  quello 
di  Roma,  e  l'altro  Lutero  *,  ma  che  questo  era  ii 
più  crudele  .  Se  non  vi  fosse  stato  ,  che  il  solo 
Mancero  ,  fanatico  ,  e  capo  de'  fanatici  ,  se  ne 
avrebbe  potuto  consolar  Melanrone  :  ma  Zuinglio  , 
ma  Calvino,  ma  tutti  gli  Svizzeri,  e  tutt'i  Sacra- 
mentar} ,  gente  che  da  Melantone  non  era  sprez- 
zata ,  dicevan  altamente  ,  e  senza  ch'egli  potesse 
loro  contraddire  ,  che  Lutero  era  un  papa  nuovo  . 
Non  vi  è  chi  non  sappia  ciò,  che  al  suo  confidente  ^ 

Bulingero  scrisse  Calvino  :  non  potersi  più  soffrire  '*"* 
gli  eccessi  dì  Lutero  ,  età  r  amor  proprio  non  per- 
metteva  di  conoscere  i  proprj  difetti  ^  ne  il  sopporta^ 
re  che  alcuno  gli  si  opponesse»  Trattavasi  di  dottri- 
na ,  e  principalmente  sopra  la  dottrina  Lutero  vo- 
leva avere  1'  autorità  assoluta  .  La  cosa  tanto  avan- 
zossi  ,  che  Calvino  se  ne  lagnò  colio  stesso  Melan- 
tone .  Con  qual  ìmpeto  ,  disse  ,  fulmina  il  vostro  reiv.Evei 
Tericle  ^  Cosi  denominavasi  Lutero  ,  quando  volea  '"  " 
darsi  un  bel  nome  alla  sua  eloquenza  troppo  vio- 
lenta. Ts^o:  gli  siamo  molto  debitori,  lo  confesso  y  e 
soffrirò  facilmente  ,  ch'egli  abbia  una  grandissima 
autorità  ,  purché  eì  sappia  comandar  a  se  stesso  ; 
benché  alla  fine  sarebbe  tempo  di  far  sapere  quanto 
vogliamo  deferire  agli  uomini  nella  chiesa ,  Tutto  è 
perduto  ,  allorché  -uno  può  da  se  solo  più  che  tutti 
gli  altri ,  in  ispezialitk  quando  non  teme  di  servirsi 

di  tutta    la  sua   potestà £  per   certo    lasciamo 

alla  posterità  un  esempio   stravagante  ,    me}:tre  VO" 
Bossuet  Opere  T,  L  Q  g/ia- 


^4-*  Variazioni 

glìamo  più  tosto  abbandonare  la  nostra  liberta,  che 
irritare  un  solo  uomo  colla  più  pìccola  offesa .  Il  suo 
spirito  ,  dicesi  ,  è  violento ,  ed  i  suoi  movimenti  so- 
no impstucsi  ,   come  se   questa  violenza   non  si  por- 
tasse ai  vantaggio  agli  eccessi  ^  quando  tutto  il  mon^ 
do  non  pensa ,  che  ad  incontrare  in  tutto  il  suo  ge- 
nio .  xAbbiamo  per  lo  meno  una  volta   P  ardimento 
di  produrre  un  gemito  con  liberta  e 
Qijanta  è  la  schiavitudine  di  colui  ,    che  neppure 
~'^iXò  gemere  con  libertà  I    Siamo    alle  volte   di  mal 
umore,  lo  confesso,  benché  uno  de*  primi  e  mino- 
ri effetti  della  virtù  sia  il  vincer  se  stessa  in  que- 
sta disuguaglianza:  ma  che  si  può  sperare,   quando 
un  uomo  ,  ed  un  uomo  ,    che  non  ha  più  autorità  , 
né  forse  più  sapere  degli  altri,   non  vuol  udir  cosa 
alcuna  ,    ed    è    necessità  ^  che  il    tutto   succeda  a* 
suoi  cenni  'i 
Meiantone      XVI.  Melancone  nulla  ebbe  a  rispondere  a  questi 
-mo'da^Lu-  giusti  lamenti ,    ed  egli  stesso  non  pensava  diversa- 
^Yji^fw "'*  inentc  dagli  aitri.  Cobro,  che  viveano  con  Lutero, 
non  sapeano  mai  ,    come    questo    rigoroso    maestro 
avrebbe  presi  i  loro  sentimenti  sulla  dottrina  .    Li 
minacciava  di   nuovi  formular)   di  fede  ,   principal- 
mente in  occasion  de'  Sacramentar),    de'  quali  Me- 
iantone era  accusato  nudrir  l'orgoglio  colla  propria 
dolcezza .  Questo  serviva  ad  alcuni  di  pretesto  per 
inasprire  Lutero  contra  di  esso  ,    come  Camerario 
Cam. inVit.  sno  amico  Io  scrive  nella  sua  vita.    IVIelantone  non 

Ph,  Me!, 

Peur.EÌ.ad  conoscevi  altro  rimedio  a  questi  mali  ,  che  quello 
jio'tf.  '"  'della  fuga  ,  e  Peucero  suo  genero  ci  fa  sapere  , 
^/.*""  "^^' ch'egli  l'aveà   lisohiu  .   Scrive  egli  stesso,   che 

Lu- 


Lutero  si  adirò  con  tanta  violenza  contri  di  esso 
sopra  una  lettera  ricevuta  da  Bucero  ,  ch'eì  non  '  > 
pensava  se  non  a  ritirarsi  eternamente  dalla  sua 
presenza.  Viveva  in  tanta  soggezione  con  Lutero, 
e  co'  capi  del  partito  ,  ed  era  di  tal  maniera  op- 
presso dalla  fatica  e  dall'inquietudine,  che  più  non 
re  potendo,  scrisse  a  Camerario  suo  amico:  io  so-  i-.h.  lì'-. 
no  in  ischinvitù  come  ne//' antro  del  Ciclope  y  perche: 
non  posso  stnascherarvì  i  mìei  sentimenti  ,  e  penso 
spesso  alla  fuga  .  Lutero  non  era  il  solo  ,  che  io 
riolentasse  i  ognuno  è  padróne  in  certi  momenti 
fra  coloro  ,  che  si  sono  sottratti  alla  legittima  au- 
torità, ed  il  più  moderato  è  sempre  il  più  schiavo. 

XVIL    Quando   un    uomo    si  è   impegnato  in   un  ^^*f'^',*^;'J* 
partito  per  dire  il  suo    sentimento   con  libertà  ,    e  os^r  «'^1 
quando   quest'ingannevole    allettamento  lo    ha  fatto  tatto  culi» 

^  doittiiia. 

rinunziare  lo  stabilito  governo,   se  poi  trova,   che 
il  giogo  diventa  greve,   e  che    non  solo    il  padrone        •         ' 
da   esso  eletto  ,    ma    eziandio  i    suoi   compagni   lo 
tengono    più  soggetto  di  prima  ,    che  cosa    non  ha 
da  soffrire  ?  Come  dunque  recheranno  stupore  i  la- 
menti continui  di  Melancone?   No;  Melantone  non 
ha  mai  detto  tutto  ciò,  che  pensava  sulla  dottrina, 
neppure  quando  scrìveva  in  Augusta  la  sua   confes- 
sione di  fede,  e  quella  di  tutto  il  partito.  Abbiamo     Suf.uh, 
veduto  ,    ck'egli  accomodava  i  suoi  dogmi  all'occa- 
sione: era  pronto  a  dir  molte  cose  più  dolci,  cioè 
più  vicine  a'  dogmi  ricevuti  da'  Cattolici,  se  i  suoi 
compagni  lo  avessero  permesso  .  Violentato  da  tutte       \ . 
le  parti,  e  più  anche  da  Lutero,  che  da  ogni  altro, 
non  osa  mai  parlare ^  e  §i  riserba  a  tempi  migliori ^ 

Q     Z  49 


244  Variazioni 

se  ne  lerranno  ^  che  s'ieno  acconc)  a  àisegtìt  ^  co  egli 

^  Uh.  IV.    ^^    fidila    mente  .    Tanto    egli    scrisse    l'anno  1537. 

■^^'  nell'adunanza  di  Smalcalda  ,    dove  furono  stesi  gli 

articoli ,  de*  quali  abbiamo  fatto  menzione  .  Vedesi 
cinque   anni    dopo  ,   e    nell'anno    1542.    sospirar  di 

Lih.r.E^,  nuovo  un'adunanza  libera  del  partito  ,  nella  quale 
si  dichiari  la  dottrina  dì  una  maniera  stabile  e  dì- 
stinta  .    Anche  dopo,  e    verso  gli  ultimi  anni  delli 

Ef.Mei.-.rt.  5ua  vita  scrisse  a  Calvino  ed  a  Bulingero,    che  do- 

Caiv.  E;,     veasi  scrivere    contra  di    se  sopra    la  materia   dell' 
Eucaristia  ,    e  dell'adorazione    del  pane  :    coloro  , 
che  doveano  far  quel  libro,    erano  Luterani;    se  lo 
L;h.  jv,    danno  in  luce  ^  diceva,  io  parlerà  con  liberta.    Ma 
^*  il  tempo  migliore ,  il  tempo  di  parlare  con  libertà, 

e  di  dichiarare  senza  timore  ciò  ,    ch'eì  nominava 
verità,  non  è  mai  venuto  per  esso;  e  non  s'ingan- 

Ef.Melint.  nava  allorché  dicea  ,    che  di  qualunque  maniera  sì 

Caiv.  resf.  Volgessero  gli  affari  y  non  avrebbe  sì  mai  la  liberta 
di  parlar  con  ingenuità  sopra  ì  dogmi  .  Allorché 
Calvino,  e  gli  altri  lo  eccitano  a  dire  ciò  ,  ch'ei 
pensa,  risponde  come  uomo,  che  ha  grandi  riguar- 
di,  e  che  si  riserba  sempre  lo  spiegar  certe  cose, 
che  tuttavia  non  si  sono  giammai  vedute:  di'irn34& 
che  uno  de'  principali  maestri  della  nuova  riforma  , 
e  quegli  che  può  dirsi  aver  data  la  forma  al  Lu- 
teranismo ,  è  morto  senz'  essersi  pienamente  spie- 
gato sopra  le  controversie  più  importanti  del  suo 
tempo . 
«    ,     .       XVIIL  Ciò  avvenne    perchè    mentre  vivea  Lute- 

■  I^uova  ti-  '^ 

"^'"i*  "**-  ro    era  necessario  tacere  .    Non  vi  fu  libertà  mag- 
ie Chiese 

Luterane      gioie  dopo  \z.  di    lui  mortc  .    Altri  tiranni    presero 

il 


L   i   B  R  O       V ,  243 

il  ài  lui  posto  .    Illirico  ,    e  gli    altri    reggevano  ii  dopoquella-- 
, ,     "   _  di  Lutero  . 
popolo.    L'infelice  Melantone  si  considera  tra    Lu- 
terani suoi  compagni  come  fra*  suoi  nemici ,  o  per 
servirmi  delle  sue  proprie  parole  ,    come  fra  vespe   Mel.Er.ad 

f     .  .  •  .  \         j       .         .    f       C.ìì-j.   Inter 

luriose ,  e  mn  tspera  trovar  sincerità ,  cos  in  cielo .  caIv,  £f. 
Vorrei  che  mi  fosse  permesso   il   servirmi  del  ter- 
ttiine  di  demagogo,  di  cui  egli  si  serve»  In  Atene, 
e  negli  stati    popolari    della  Grecia    certi    oratori  , 
che    si    rendevano    onnipotenti  sopra    la    plebe    pia 
•vile  coir  adularla  j  erano  così  denominati.  Le  chic- 
se  Luterane  erano  guidate  da  simili  ciarloni  :  per*- 
sone  ignoranti,  secondo  Melantone  ,    non  conoscsano    L'IiJv.Ef. 
ne  pietà,  ne  disciplina  .    Ecco  ,  dice  ,    quelli ,  che 
hanno  dominio ,  ed  io  sono  come  Daniele  fra"  leoni . 
Questo  è  il  ritratto  ,    ch'ei  ci    fa  delle  chiese  Lu- 
terane .  Da  questo  si  cadde  in  un"  anarchia  ,    cioè  , 
come  dice  egli  stesso  ,  in  uno  stato ,    che  racchiude    ih\j.ir  Li. 
insieme  tutt' i   mali  :    ei  vuol  morire  ,    e  non  vede    ^' 
più   alcuna   speranza    se  non    in    quello  ,    che    avea 
promesso    di  sostenere    la  sua    chiesa  ,    anche  nella 
sua  vecchiezza  ì  e  jìno  al  fine  de'  secoli  ,    Felice  se 
avesse  potuto  vedere ,  ch'ei  non  cessa  dunque  giam- 
mai di  sostenerla! 

XIX.  Ili  questo  doveva  arrestarsi  j  e  poiché  era  Meiantóne 
necessario  alla  fine  ricornare  alle  promesse  fatte  tgU?ia^°^é 
alla  chiesa,  Melantone  non  avea  che  a  considerare,  tu'^r^i^^j 
ch'elleno  dovevano  essere    sempre  state  tanto  sode  ^°  di  sua 

'^  Vita    la  SVI* 

ne*  secoli  trascorsi  ,  quanto  volea  credere  ,    che  lo  ReHsioi»e  • 
sarebbero  ne'  secoli,  che  hanno  seguita  la  riforma. 
La  chiesa  Luterana    non  avea  sicurezza  particolare 
di  sua  eterna  durata,  e  la  riforma  fatta  da  Lutero 

Q    3  non 


-146  Variazioni 

non  dovea  restar  più  ferma  ,  che  la  prima  istitu- 
zione fatta  da  Gesucristo  j  e  da*  suni  Apostoli,  Co- 
me non  tedea  Melantone  ,  che  la  riforma  ,  délk 
quale  egli  volea  ,  che  si  cambiasse  ogni  giorno  la 
fede,  non  era,  che  un'opera  umana?  Abbiamo  ve- 
duto, ch'egli  ha  cambiati,  e  ricambiaci  molti  im- 
17/.».  j.  ér  portanti  articoli  della  conressione  Augustana  ,  an- 
"^'  che   dopo  essere    stata  presentata    all'Imperadorc  » 

Ha  parimente  tolte  in  varj  tempi  molte  cose  im- 
portanti dall'apologia  ',  ancorché  fosse  sottoscritta 
da  tutto  il  partito  con  altrettanta  sommessione , 
con  quanta  era  stata  sottoscritta  la  confessione  Au- 
gustana  .  L'anno  i53x.  dopo  la  confessione  Augu- 
Lih  IV  Stana,  e  l'apologia,  scrisse  ancora,  che  restano  in- 
^^  dsc'iiì  alcuni  importami ssìmì  pufitì 3   e  ch'era  neces- 

sario cercare   senza  strepito  i  mezzi   di  mettere   in 
chiaro  ì  dogmi  .    Quanto  desidero  ,   dice ,  che  ciò  si 
faccia  ,    e  si  faccia  bene  .'    e  Io  dice  come    uomo  , 
che  in  sua  coscienza  sentiva,  che  sino  a  quel  pun- 
to non  erasi    fatta  cosa    alcuna  come    lo  richiedeva 
il    dovere  .    L'anno   1333.    i^hi  e  colui  ,   che  pensi  , 
Uh.  iv    ^^^^i  ^  guarir  le  coscienze  agitate  da'  dubùj ,   ed  a 
^^iib  iv    ^^^P^''^^^  ^'^^   verità  ^   L'anno  1535,    quanto  ,   dice  , 
^f'  meritiamo  noi  di  essere  biasimati ,  noi  che  non  pren- 

diamo alcuna  cura  di  guarir  le  coscienze  agitate 
da  dubbi ,  ne  di  spiegare  i  dogmi  puramente ,  e  con 
semplicità  senza  sofisticheria^  Queste  cose  mi  cagio- 
nano un  terribile  tormento  .  Desidera  nello  stesso 
Lih.  ///.  sr;no  »  che  un^  adunanza  divota  giudichi  il  litigio 
^^'  dell'  Eucaristia  senza  sofisticheria  y  e  senza  tirannide . 

Giudica  dunque  la  cosa   indecisa  ;   e    cinque   o  sei 

ma- 


«aniere  di  spiegare  quest'articolo   da   noi    trovate 
nella  confessione  Augustana»  e    nell'apologia  3    non 
l'hanno  contentato  ,    L'anno  15^6.  accusato  di  tro-     L'h.  W* 
var  ancora  molti  dubbj  nella  dottrina,   della  quale 
fjcea  professione  j   risponde    prima  ,    ch'ella  è  co- 
"jtante;  era  necessario  il  parlare  in  questa  guisa,  o 
abbandonare  la  causa  .    Ma  poi    fa  conoscere  ,    che 
in  fatti    V.    restavano    molti   difetti  »    Non   si    dee 
mettere  in  dimenticanza ,    che  trattavasi  di  cottri- 
na..  Melantone  fa  cader  questi  difetti  sopra  i  vizi, 
e  sopra  l'ostinazione  degli  Ecclesiastici,    a  cugìonff 
de'  quali  i  succeduto.)    ei  dice,   che  sì  sono  lasciate 
fra  noi  andare  le  cose  come  poteano ,  per  nulla  dirs 
di   peggio  j   sì  precipitò    in  molti   errori  ,   e  si  sono 
fatte  da  principio  molte  cose  senza  ragione  .    Ei  ri- 
conosce il  disordine  i    e  la  vana  scusa,  ch'ei  cerca 
per  attribuire  alfa  Cattolica  chiesa    i  difetti  di  sua 
religione,    in    conto  alcuno   non    io    difende  ■    Non 
erasi    più    avanzato   l'anno  1537.    e    mentre   tutt'  i 
rdottori  del  partito  adunati  con  Lutero   in  SmalcaU 
da  vi  spiegavano  di    nuovo  i    punti  di    dottrina  ,    o 
più    tosto    sottoscriveano   le   decisioni    di  Lutero  , 
.  egli  dice  :    io  era  di  parere  ,   che  rigettando  alcuni    ^^^  p^^ 
paradossi   si  dichiarasse  con    maggior  semplicità    la  ^^' 
dottrina  ;    e  benché    abbia  sottoscritte  ,   come  si  è 
veduto,  le  decisioni,  ne  restò  si  poco  soddisfatto  , 
che  l'anno  154^.  l'abbiamo  veduto  desiderare  anco-   lìI.  r.  Ef, 
ra  un  altra  adunanza  ,    nella  quale  fossero  spiegati 
i  dogmi  di  una  maniera  soda  e   distinta  .    Tre  anni 
dopo,  e  l'anno  1545.  riconosce  ancora  ,    che  Ja  ve-    uh,  IV. 
:  cfità  era   stata    molto  imperfettamente   scoperta   a'    '*    ^ 


J 


%4t  Varia  ziCNt 

predicatori  del  nuovo  vangelo:  prfgo  Dio  3  ej  dice, 
che  faccia  fruttificare  il  poco  della  dottrina ,  che  ci 
ha  mostrata  .  Manifesta  ,  che  per  esso  ha  fatto 
quanto  ha  potuto  :  la  lolonta  ^  dice,  non  mi  e  man- 
cata y  ma  il  tempo  ,  i  direttori ^  i  dottori .  Ma  come? 
il  suo  maestro  Lutero,  l'uomo  creduto  da  esso 
mandato  da  Dio  per  distruggere  le  tenebre  dei 
mondo,  gli  n^ancava?  Senza  dubbio  poco  fondavasi 
sopra  la  dottrina  di  tal  maestro  ,  quando  si  lagnava 
con  tant'amarczza ,  che  gli  fosse  mancato  il  dotto- 
re. In  fatti  dopo  la  morte  di  Lutero,  Melantone , 
che  in  tanti  luoghi  gli  dà  tante  Iodi ,  scrivendo  in 
confidenza  a  Camerario  suo  amico  ,   si  contenta  di 

loii.  dire  con  molta  freddezza,  ch'egli  ha  per  lo  meno 
bene  spiegata  qualche  parte  della    dottrina   celeste  . 

rnid.  E^.  Poco  dopa  confessa ,  eh'  egli ,  f  gli  altri  sono  caduti 
in  molti  errori  ,  che  non  potevano  esser  evitati  in, 
uscire  di  tante  tenebre  ,  e  si  contenta  di  dire ,  che 
molte  cose  sono  state  bene  spiegate  :  il  che  perfet- 
tamente si  accorda  col  suo  desiderio  ,  che  meglio 
ài  spiegassero  l'altre.  Vedesi  in  tute' i  passi  da  noi 
jrijeriti,  che  trattasi  di  dogmi  di  fede,  poiché  per 
tutto  vi  si  parla  di  decisioni  ,  e  di  nuovi  decreti 
sulla  dottrina .  Stupiscasi  ora  di  coloro  ,  cbe  si  no- 
minano Kicercatori  in  Inghilterra  ,  Ecco  lo  stesso 
Melantone  ,  che  cerca  per  anche  molti  articoli  di 
sua  religione  quarant'anni  dopo  la  predicazion  di 
Lutero,  e  Io  stabilimento  di  sua  riforma. 

QsaiiDog-     XX.  Se    domandasi    quali    fossero    i  dogmi  ,    che 

mi    Mtlau-  ...  ,  ...  V 

tone  trova-  Meuntonc  prctendea    male  spiegati  ,   e   cosa   certa 
ipicgati,     eh  erano  i  più  importanti  ,   Di  questo  Jiumero  era 

quel- 


Libro     X''.  %4g 

quello  deli' Eucaristia  .  L'anno  i533»  ^opo  tutt*  I 
cambiamenti  della  confessione  Augustana  ,  dopo  le 
spiegazioni  dell'apologia,  dopo  gli  articoli  di  Smal- 
calda  j  ch'egli  avea  sottoscritti  ,  domanda  ancora 
Una  nuova  formula  per  la  cena  .  Non  ben  si  sa  ,  Lib,  lu 
che  cosa  ci  volesse  mettere  in  quella  formula  \  e 
solo  apparisce,  che  né  quelle  del  suo  partito  ,  né 
quelle  del  partito  contrario  fossero  conformi  al  suo 
genio  ,  perchè  secondo  il  suo  parere  e  quelle  ,  e 
queste  altro  non  faceano  ,   chs  oscurar  la  materia  .     j^^.^^ 

L'altro  articolo,  di  cui  desiderava  la  decisione, 
era  quello  del  libero  arbitrio  ,  le  cui  conseguenze 
tanto  influiscono  nelle  materie  della  Giustificazio- 
ne ,  e  della  Grazia  .  L'anno  1548.  egli  scrive  a 
Tommaso  Cranmero  arcivescovo  di  Cantorberi  3 
che  gettò  il  re  suo  Signore  nell'abisso  colle  pro- 
prie condiscendenze  :  sin  dal  princìpio  ,  die*  egli  ,  J-'^}-  J^J' 
i  discorsi  ,  che  sono  stati  fatti  tra  di  noi  sopra  il 
lìbero  arbitrio  i  secondo  le  opinioni  degli  Stoici  3  sono 
stati  tfoppo  duri  ,  ed  è  necessario  pensare  a  far 
qualche  formula  su  questo  punto  . 

Quella  della  confessione  Augustana  ,  benché  egli 
stesso  l'avesse  stesa,  non  più  lo  rendea  contento  : 
cominciava  a  volere  3  che  il  libero  arbitrio  operasse 
non  solo  ne' doveri  della  vita  civile,  ma  anche  nelle 
operazioni  della  grazia  ,  e  col  suo  soccorso  .  Non 
erano  già  queste  le  idee^  che  avea  ricevute  da  Lu- 
tero ,  né  ciò  che  Melantone  medesimo  avea  spiegato 
in  Augusta.  Questa  dottrina  gli  eccitò  de'  contrarj 
fra*  Protestanti.  Si  preparava  ad  una  vigorosa  dite- 
sa ,  quando  scriveva  ad  un  amico  :   /  eglino  pubbli-     ^''^''  '^• 

cano 


fZ5«  Variaziomi 

€^no  le  loro  dìspute  Stoiche  (  sopra  la  fatale  neces- 
sicà  ,  e  centra  il  libero  arbitrio)  risponderò  ^ravìj- 
simamente ,  e  con  ogni  dottrina . 

Così  fra  le  §ue  disavventure    sente  il    piacere  dì 
fare  un  bel  libro  ,    e  persiste  nella    sua  credenza  ^ 
che   dalla   continuazione   ci  sarà    di  vantaggio    ma- 
nifestata, 
Me!»ntone      XXI.  PotrebbonsI  mostrare  altri  punti ,  de'  quali 

dichiara  eh,*' 

egli  si  at,  .Melantone  desiderava  la  decisione  gran  tempo  dopo 

tiene  alla      .  /-       .  .  u  t  l 

Confessione  la    confessione  Augustana  ,   Ma  quello    che  sembra 

Auguseaiia  >       ,  V  V  ,  .  , 

mentre  pen- più  Strano  e,  chc  mentre  sentiva  in  sua  coscienza, 
Olirla  !"  "  e  confessava  a'  suoi  amici  ,   egli  che  1' avea  fatta  , 


Llh.   I. 


la  necessità  di  riformarla  in  tanti  capi  d'importan- 
z^  ,  egli  stesso  nell'adunanze  ,  che  si  facevano  in 
pubblico  ,  non  cessava  di  dichiarare  con  tutti  gli 
altri ,  eh'  ei  si  attenea  precisamente  alla  medesima 
confessione  ,  tale  quale  fu  presentata  nella  dieta 
d'  Augusta  ,  ed  ali'  apologia  ,  come  alla  pura  spiega- 
zione della  parola  di  Dio.  La  politica  così  voleva; 
ed  il  confessare,  ch'ella  avesse  errato  nel  suo  fon- 
damento ,  sarebbe  stato  un  troppo  screditar  la  ri- 
forma , 

Qual  quiete  poteva  avere  Melantone  in  queste 
incertezze?  Il  peggio  era,  che  venivano  dal  fondo 
. stesso  ,  e  per  così  dire  ,  dalla  costituzione  della 
sua  chiesa  ,  nella  quale  non  era  alcuna  legittima 
autorità,  né  potestà  regolata  .  L'autorità  usurpata 
nulla  ha  d'uniforme  :  comanda  ,  o  cede  senza  mi-- 
sura  ,  Così  vi  si  fanno  vicendevolmente  sentire  e 
la  tirannide  e  l'anarchia,  e' non  si  sa  a  chi  volgersi 
per  soramJnistrare  una  form.a  certa  agli  affari  • 

XXIL 


Libro    V.  v  -«5i 

XXtl.    Un   difetto  sì    essenziale  ,    e  nello  stesso    Que«e  >ft- 

ctrteizt  ve. 

tempo  sì  inevitabile  nella  costituzion  della  nuova  nivinodai- 
riiorma  cagionava  delle  inquietudini  estreme  al!  in-  *ioa  delie 
felice  Melantone.  Se  nasceano  delle  quistioni,  non  testanfj.'^^ 
vi  era  alcun  mezzo  di  terminarle  .  Le  tradizioni 
più  costanti  erano  disprezzate  .  La  Scrittura  era 
lasciata  torcersi ,  e  violent.^rsI  da  chiunque  volea  ^ 
Tutt*  i  partiti  credevano  intenderla,  tuj;ti  pubbli- 
cavano, ch'era  chiara  .  Non  vi  era  chi  ceder  vo- 
lesse al  compagno  .  Melantone  invfino  esclamava  ^ 
che  si  facesse  un'adunanza  per  dar  fine  al  litigio 
deir  Eucaristia  j  che  lacerava  la  riforma  nascente  o 
Le  conferenze  ,  che  si  denominavano  am.ichevoii  ^ 
non  ne  aveano  che  il  nome  ,  e  non  facevano  che 
inasprire  gli  animi  ,  ed  imbarazzare  gli  affari  , 
Era  necessaria  un'adunanza  giuridica,  un  concilio  ^ 
che  avesse  la  potestà  di  determinare  ,  ed  al  quale 
i  popoli  volessero  esser  soggetti  .  Ma  dove  pren- 
derlo nella  nuova  riforma?  La  memoria  de'  vesco- 
vi disprezzati  vi  era  ancora  troppo  recente  :  le 
persone  particolari,  che  vi  si  vedevano  occupare  i 
loro  posti ,  non  aveano  potuto  attribuirsi  un  carat- 
tere più  inviolabile  ,  Voleano  gli  uni ,  e  gli  altri  . 
Luterani  e  Zuingliani  ^  che  si  giudicasse  della  loro 
missione  dalla  sostanza.  Colui,  che  dicea  la  verità  , 
avea  secondo  essi  legittima  la  missione  .  La  diffi- 
coltà consistea  nel  sapere  chi  dicesse  la  verità  ^ 
di  cui  tutti  si  fanno  onore  :  e  tutti  coloro  ,  che 
faxeano  dipendere  la  loro  missione  da  questo  esa- 
me, la  rendeano  dubbiosa.  I  vescovi  Cattolici  ave- 
vano un  titolo  certo  ,  ed  eglino  soli  erano  quelli  ^ 
>-  '  h 


/  7 


iSi  VARIA  2  I  ó  :;  t 

la  vocazione  de'  quali  fosse  esènte  da  ogni  contra- 
sto .  Diceasi  che  se  ne  abusavano  ,  ma  non  negà- 
vasi ,  clic  non  1*  avessero  .  Così  Melatitene  sempre 
Volea,  che  fossero  riconosciuti  j  sempre  sostenea  , 
che  aveasi  torto  di  77on  cc/icedere  cosa  alcuna  all' 
ordine  sacro.  Se  non  ristabilivasi  la  loro  autorità, 
pre;vedea  con  vivo  inconsolabii  dolore  j  che  la  di- 
scordia sarebbe  eterna ,  e  sarebbe  seguita  dall'  igno- 
L:l.  IV.  rama ,  dalla  barbarie ,  e  da  ogni  sorta  di  mali . 
L'autorità      XXIII.  E'  cosa  molto  facile  il  dire,    come  fanno 

della  Ghie-   •  •       -r  ■  ^•  t  •  ^    -       J" 

sa  assoluta-  1  nostri  iiiormaci  ,  di  avere  la  vocazione  straordi- 
"èss"'/ij  "g^^  naria  \  che  la  chiesa  non  è  attaccata  come  i  regni 
di  fede^"'  *^  ""^  successione  stabilita  ;  e  che  le  materie  dì 
religione  non  si  debbono  giudicare  nella  stessa  ma- 
niera ,  nella  quale  gli  affari  sono  giudicati  ne'  tri- 
bunali.  Il  vero  tribunale,  dicesi  ,  è  la  coscienza  , 
dove  ognuno  dee  giudicar  le  cose  dalla  sostanza  j 
ed  intendere  la  verità  da  se  stesso  :  queste  cose  , 
Io  ripeto  j  sono  facili  a  dirsi  .  Melantone  diceale 
L\l.  1.  come  gli  altri:  ma  ben  si  sentiva  nella  sua  coscien- 
za esser  necessario  qualche  altro  principio  per  for- 
mare la  chiesa  .  Perchè  dovrà  ella  essere  men  or- 
dinata ,  che  gl'imperi  ?  Perchè  non  avrà  ella  una 
successione  legittima  ne'  suoi  magistrati  ?  Doveasi 
forse  lasciare  una  porta  aperta  a  chiunque  volesse 
dirsi  mandato  da  Dio ,  o  costrignere  i  fedeli  a  ve- 
nir sempre  all'esame  della  sostanza,  non  ostante 
l'incapacità  della  maggior  parte  degli  uomini (*  Que- 
sti discorsi  sono  buoni  per  la  disputa  :  ma  quando 
si  dee  dar  fine  ad  un  affare  ,  metter  la  pace  nella 
chiesa  s  e  dare  senza  prevenzione  una  vera  quie- 
te 


L  I  B  R  O      V.  253 

te  alla  coscienza  ,  bisogna  prendere  altre  strade  . 
Checché  si  faccia,  bisogna  venire  all'autorità  ,  la 
quale  non  è  mai  certa ,  né  legìttima,  quando  non 
viene  da  più  alto  ,  e  si  è  stabilita  da  se  stessa  . 
Melantone  perciò  volea  riconoscere  i  vescovi  sta- 
biliti dalla  successione,  né  vedeva  ^Itfo  rimedio  a' 
mali  della  cliiesa  . 

XXIV.  La  maniera,  della  quale  si  spiega  in  una  Sentimenti 
delle  sue  lettere  è  maravigliosa  .  Concedono  le  no-  ne  sorn  la 
strc  genti ,  che  la  polizìa  ecclesiastica  ,  nella  quale  riconoscere 
sì  riconoscono  de'  vescovi  superiori  di  molte  chiese  \  v^c'scovi  . 
ed  il  vescovo  di  Roma  supcriore    a  tutt'  i   vescovi  e      „         , 

^  RfS(.  ni 

permessa .  £"  stato  anche  permesso  a  re  il  dar  del-  Beli, 
le  rendite  alle  chiese:  così  non  vi  è  contrasto  alcuno 
sopra  la  superiorità  del  Tapa  ,  e  sopra  l' autorità. 
de'  vescovi  :  e  tanto  il  Tapa ,  quanto  i  vescovi  pos- 
sono facilmente  conservare  tjuest'  autorità  :  perche 
sono  necessarj  alla  chiesa  de'  conduttori  per  mante^ 
ner  r  ordine  ,  per  aver  r  occhio  sopra  coloro  ,  che 
sono  chiamati  al  ministerio  ecclesiastico ,  e  sopra  la 
dottrina  de'  sacerdoti  ,  e  per  esercitare  gli  ecclesìa, 
sticì  giudizj  :  di  modo  che  se  non  vi  fossero  talt 
vescovi  ,  sarebbe  d'uopo  il  farne  ,  La  monarchia 
del  Papa  servirebbe  anche  molto  a  conservare  Jrct 
molte  inazioni  il  consenso  della  dottrina  :  così  sì 
verrebbe  facihnentt  d'accordo  sopra  la  superiorità 
del  Papa,  se  d'accordo  sì  fosse  sopra  tutto  il  rima- 
nente ,  ed  i  re  medesimi  potrebbero  facilmente  mo- 
derare le  azioni  violente  de' Tapi  sopra  il  temporale 
del  loro  regno  .  Ecco  ciò  che  Melantone  pensava 
sopra  l'autorità  de'  vescovi,  e  del   Papa  .    Tutto  il 

par- 


iSA.  Varia  z  i  o  it  i 

partito  n'era  d'accordo,  quando  scrisse  questa  let- 
tera .  Concedono  le  nostre  genti  ^  ei  dice,  ben  alie- 
no da!  considerare  l'autorità  de'  vescovi  colla  su- 
periorità ,  e  colla  Kionarchìa  del  Papa  ,  come  un 
contrassegno  dell'imperio  anticristiano  ,  considera- 
va tutto  ciò  come  cosa  da  desiderarsi  ,  e  da  do- 
versi stabilire,  se  non  vi  fosse  .  E'  vero  ,  ch'egli 
vi  mettea  la  condizione  ,  che  le  potestà  Ecclesia- 
stiche non  opprimessero  la  sana  dottrina  ;  ma  s'è 
permesso  il  dire,  che  l'opprimono,  e  «otto  questo 
pretesto  il  negar  loro  l'ubbidienza  dovuta,  si  ri- 
torna a  cadere  nell'inconveniente,  ch'evitar  si 
vuole,  e  l'autorità  Ecclesiastica  diviene  lo  scherzo 
di  tutti  coloro,  che  vogliono  opporvisi . 
j-ltiantone  XXV.  Per  questa  ragione  parimente  Melantontì 
^ali'^'a'^j"' cercava  sempre  un  rimedio  ad  un  si  gran  male. 
Sjiaicakia    -^^^  gj.^  -^^  ccrto  sua  intenzione  ,    che  la  disunio- 

e  di  parere  ^  ' 

che    si  ri-  ne  fosse  eterna  .    Lutero   si  sottometteva  al  conci- 

conosca  il 

Coaciito      lio     quando  Molantone  si  era  attaccato  alla  sua  dot- 
convocato 

cai  Papa;  trina.  Tutto  il  partito  faceva  istanza  per  la  convo- 
cazione ,  e  Melantone  vi  sperava  il  fine  dello  sci- 
sma, senza  di  che  ardisco  presumere,  ch'egli  non 
vi  si  sarebbe  impegnato  giammai.  Ma  fatto  il  pri- 
mo passo  si  va  più  lontano  di  quello  ,  che  si  era 
voluto  .  Alla  domanda  del  concilio  aggiunsero  i  Pro- 
testanti,  che  lo  domandavano  lìbero  ^  devoto,  e  cri' 
stiano.  La  domanda  è  giusta,  Melantone  vi  entra? 
ma  parole  sì  belle  nascondeano  grand'artificio  .  Sot- 
to nome  di  concilio  libero  fu  dichiarato  volersi  un 
concilio,  da  cui  fosse  escluso  il  Papa  con  tutti  co- 
loro ,   che  faceano  professione  di  esservi  soggetti  , 

Co- 


^    L  j  B  k  ò     V.  i'^i; 

élostoro,  dlcevasi,  erano  gl'interessati:  il  Papa  era 
il  reo,  i  vescovi  erano  suoi  schiavi,    non  potevano 
esser  giudici.    Chi  dunque  avrebbe  tenuto  il  conci-- 
[io?  i  Luterani?    semplici  privati,   o  sacerdoti  sol- 
levatisi centra  i  vescovi?  Che  bell'esempio  alla  po- 
sterità !    e  poi  non  erano  eglino  parimente  gl'inte- 
ressati? Non  erano  considerati  come  rei  da' Catto-   , 
licis  che  faceano  senza  dubbio  il  partito  maggiore  9  . 
per  non  dir  qui  il  migliore  della  Cristianità  ?    Che    . 
dunque?  Per  aver  giudici  indifferenti  doveano  forse    • 
essere  chiamati  i  Maomettani  e  gl'Infedeli,  ovvero 
era  necessario  ,    che    alcuni  angioli  fossero  mandati    ^ 
da  Dio?  E  che  più  vi  volea,   che  l'accusare  tutt'i 
magistrati  della  chiesa,    per  toglier  ad   essi  la  loro    r 
potestà,  e  rendere  impossibile  il  giudizio  ?    Melan- 
tone  avea   troppo    discernimento    per   non  vedere  ,        \ 
:he  questa  era  una  illusione.  Che  farà?  Egli  stesso 
:e  lo  faccia  sapere.  L'anno  1537.  quando  i  Lutera- 
ni furono  adunati  in  Smalcalda  per  vedere  ciò,  che 
far  si  dovesse  sopra  il  concilio,  che  Paolo  iiL  avea- 
convocato  in  Mantova  ,  diceasi  ,    che  non  si  dovea- 
iar  al  Papa  l'autorità  di  formare  l'adunanza,  nella 
juale  si  dovea  fargli  il  processo,   né  riconoscere  il 
:oncilio,  ch'egli  avesse  adunato.  MaMelantonc  non 
30tè  esser  dt  questo  parere.  Fu  mìo  sentimento ,  ei 
dice ,  il  non  ricusare  assolutamente  il  concilio ,  per-  j^^'"'  ■^' 
:he  quantunque  il  Papa  non  vi  possa  esser  giudice  , 
tuttavia  egli  ha  il  diritto  di  convocarlo  ,   ed  è  ne- 
:essarÌ9 ,  che  il  concilio  comandi ,    che  si  preceda  al 
giudizio  .    Ecco  dunque  a  prima  giunta,   di  suo  pa-   -• 
rere,  il  congilic  riconosciuto  :  e  quello  che  vi  è  pia  ' . . 

degno 


456  Variazioni 

degno  di  riflessione,  è,  che  tutti  ccncedeano,  che 
in  sostanza  egli  avea  ragione  .  Tersone  più  intelli- 
genti di  me ^  se^uc  lo  stesso  ,  dìaano^  che  le  mie 
ragioni  erano  sottili ,  e  vere ,  ma  inutili  ;  che  la  ti- 
rannia del  "Papa  era  tale  y  che  se  una  volta  noi  ac^ 
consentivamo  di  ritrovarci  al  concilio ,  /'  intendereb-- 
be  con  questo  accordar  noi  al  Vapa  la  potestà  dì 
giudicare  .  Ho  ben  veduto ,  che  la  mia  opinione  avea 
qualche  inconveniente  ,  tna  alla  fine  ella  era  la  più 
onesta .  Dopo  gravi  dispute  topposta  restò  superiore , 
ed  io  credo  esservi  in  ciò  una  qualche  fatalità. 
Qumdostv      XXVI,  Questo  è  quanto  si  dice,  allorché  più  noa 

no  distrutti      .  ^  . 

fertiprineu  SI  sa  i  qual  partito  appigliarsi.  Meiantone  cerca  un 

pi,  tutto  CIÒ     /.  ,,  .  ,.  -  j.  , 

che  si  fa  ,  nne  allo  scisma,  e  per  aitetto  di  aver  compresa  la 

non  può  so.  .    v     .  .•  ,.  .  \ 

steiiersi.ed  ^cnta  in  tutto  u  SUO  csscrc ,  quanto  dice,  più  non 
t/addlziot"' ^"-^'5^^ •  ^^  ""^  parte  sentiva  il  bene,  che  un'au- 
torità conosciuta  apporta  alla  chiesa:  vede  ancora, 
che  fra  tante  dissensioni,  che  vi  si  veggono  nasce- 
re ,  era  necessaria  un'autorità  principale  per  man- 
tenervi l'unità,  e  non  può  riconoscere  quest'auto- 
rità, che  nel  Papa.  Dall'altra  parte  non  volea,  eh' 
ei  fosse  giudice  nel  processo,  che  gli  facevano  i  Lu- 
terani .  Così  gii  concede  l'autorità  di  convocar  i' 
adunanza,  e  di  poi  vuole,  che  ne  sia  escluso.  Opi- 
nione bizzarra,  io  lo  coufesìo  .  Ma  non  si  credea 
per  questo,  che  Melantone  fosse  un  uomo  poco  in- 
tendente in  quegli  affari  :  non  avea  questa  riputa- 
zione nel  suo  partito  ,  di  cui  facea  tutto  l'onore- 
(io  posso  dirlo),  e  non  vi  era  chi  avesse  maggior' 
intelligenza  ,  e  maggior'  erudizione  .  S'  ei  propone 
cose  contraddittorie,  ciò  avviene,   perchè  lo  stato 

della 


ne 


Libro     V.  257 

della  riforma  non  pcrmettea  cosa,  che  fosse  retta, 
e  continuata  .  Avea  ragione  di  dire  ,  che  apparte- 
neva al  Papa  convocare  il  concilio  ;  perchè  qual'al- 
tra  persona  l'avrebbe  convocato  in  ìspezialità  neU 
io  staro.  In  cui  trovavasi  la  Cristianità?  Vi  era  for- 
se alfra  potestà,  che  quella  del  Papa,  la  quale  fos- 
se riconosciuta  da  tutto  il  mondo?  Ed  il  voler  to- 
glierla ad  esso  da  principio  prima  dell'adunanza  , 
relia  quale  voleasi,  come  sidicea,  tormargli  il  pro- 
cesso j  non  era  un  troppo  iniquo  anticipato  giudi- 
zio ,  in  ìspezialità  non  trattandosi  di  un  delitto  per- 
sonale del  Papa,  ma  della  dottrina,  ch'egli  avea  ri- 
cevuta da'  suoi  predecessori  per  tanti  secoli ,  e  che 
gli  era  comune  con  tutt'  i  vescovi  della  chiesa  ? 
Queste  ragioni  erano  tanto  sode,  che  gli  altri  Lu- 
terani contrari  a  Melantone,  confessavano  ^  (ce  lo 
dice  egli  stesso,  come  lo  abbiamo  veduto),  ch'era- 
no  vere.  Ma  coloro,  che  riconosceano  questa  veri- 
tà 3  non  lasciavano  nello  stesso  tempo  di  sostener 
con  ragione  ,  che  se  davasi  al  Papa  la  potestà  di 
formare  l'adunanza,  più  non  poteva  essere  da  essa 
escluso.  I  vescovi ,  che  d'ogni  tempo  lo  riconoscea- 
no come  il  capo  dell'ordine  loro  ,  se  si  vedessero 
adunati  in  corpo  di  concilio  dalla  sua  autorità 
soffrirebbero  eglino  ,  che  fosse  cominciata  la  lo- 
ro adunanza  dal  togliere  il  possesso  ad  un  pre- 
sidente naturale  per  una  causa  comune  ?  E  dareb- 
bsr  eglino  un  esempio  inaudito  in  tutf'i  secoli  pas- 
sati? Queste  cose  non  si  accordavano  j  ed  in  quel 
contrasto  de'  Luterani  vedeasi  chiaramente  ,  che 
idjopo  avere  distrutti  certi  princip)  ,  tutto  quello 
Boss'uet  Opere  T.  I,  %  che 


t58  Variazioni 

che  sì  fa,  non  può  sostenersi,  ed  ha  manifesta  con- 
traddizione . 
„    .    .        XXVII.  Se  persisteasi    nel    ricusare    il   concilio  , 
della  restri- ch'era  Stato  convocato  dal  Papa,- Melantone  non  più 

7ione  priita 

da  MfcUn- sperava  rimedio  alio  scisma;  ed  in  questa  occasione 

tone     nella     .... 

sua  sotto-  CI  disse  le  parole  che  abbiamo  riferite  \    che  la  dì- 

«crizioiie  ^'  1  T  •  • 

faua  agli    scotaici  sarebbe  eterna  ,    per   non    aver  riconosciuta 

Articoli    di  ,,  •«imi-  A  r/T  •  j- 

Smticaida .  i  autonta  dell  ordine  sacro  ,   Ainitto    a  cagione  di 
Jv  _  sì    gran  male    continuò  la   sua  impresa  ,    e   benché 

Sup,  if.ii.  l'opinione  da  esso  esposta  a  favore  del  Papa,  o 
piuttosto  in  prò  dell  unità  della  chiesa  nell'adunan- 
za tenuta  in  Smalcalda  ,  vi  fosse  stata  ributtata  a 
fece  la  sua  sottoscrizione  nella  forma  da  noi  rife- 
rita, riserbando  al  Papa  l'autorità. 

Veggonsi  ora  le  cagioni  profonde  ,  che  ve  io 
astrinsero  s  e  perchè  rolesse  accordare  al  Papa  so- 
pra i  vescovi  la  superiorità  .  La  pace  ,  che  la  ra- 
gione e  l'esperienza  delle  dissensioni  della  sua  set- 
ta gli  faceano  vedere  impossibile  senza  questo  mez-- 
zo ,  Io  spinse  a  cercare,  mal  grado  i  sentimenti  di 
Lutero,  un  soccorso  sì  necessario.  La  sua  coscien- 
za in  questa  superò  la  condiscendenza  ,  e  solo  ag- 
giunse,  che  concedeva  al  Papa  superiorità  di  un  dì- 
ritto  umano:  infelice  per  non  vedere  ,  che  un  pri- 
mato, mostratogli  dall'esperienza  sì  necessario  alla 
chiesa  ,  ben  meritava  di  essere  stato  istituito  da 
Gesucrisco  ;  e  che  dall'altra  parte  una  cosa  ,  che 
in  turt'i  secoli  trovasi  stabilita  ,  non  potea  venir 
che  da  lui  ! 
Piroie  di     XXVIII.  I  sentimenti  ch'egli  avea  per  l'autorità 

Mil,ar.tone 

l'Olga  l'iu-  della  chiesa,    erano  ir.aravigliosi  ;    perchè  quantun- 
que 

V 


L  r  15  R  o    V.  159 

que    ad    imitazione    degli   altri  Protestanti  non  vo- torìtà  della 

,  -  1 1  •    /-  11  •  I  •  I  •    \     1    1 1         I  •  ,  Chi  esa  . 

lesse  contessare   i  intallibiiita  della  chiesa  ,    mentr 

ei  disputava,    temendo  ,    dicea  j   di  attribuire  agli    Lil.i.Er. 

uomtin   una  prerogativa    troppo  eccedente  ,    il    suo  ■,,,,  $,$. 

1  •  \    .  •  •      ^  ^  87*.  ère. 

interno   lo  portava   pm  innanzi  :    npetea  sovente  , 
che    Gesucristo  avea   promesso   alla    sua   chiesa   di 
sostenerla  in  eterno;  che  avea  promesso,  che  Vcpe^ 
ra  sua  3  cioè  la  sua  chiesa,  Kon  sarebbe  mai  dispera 
sa  i  né  annichilata;   e  che  così  il  fondarsi  sopra  la 
fede  della  chiesa,  era  un  fondarsi  non  sopra  gli  uomi- 
ni,  ma  soprala  promessa  di  Gesucristo  stesso.  Que-     i^;i^  jjj^ 
sto  facea  eh' ei    dicesse  :   più  tosto  sì  apra  la  terra  tii^^'^ì.Et, 
sotto  i  mìei  piedi,  che  mai  mi  succeda  allcntanarmì  ^'^'  '°'- 
dal  sentimento  della  chiesa  ,   nella  quale  regna  Ge- 
sucristo.  Ed  altrove  una  infinità  di  volte;  la  chiesa    Lih.n.Ec. 

,  ii9.  ere. 

giudichi  :  mi  sottometto  al  giudizio  della  chiesa .   E 
vero  3   che  la    fede  ,   ch'egli  avea  nella  promessa  , 
sovente    era  vacillante  \    ed    una    volta  dopo    aver 
detto,  secondo  l'interno  del  suo  cuore,   io  mi  sot-   L'ih.i.ìov* 
tometto  alla  Cattolica  chiesa,  vi  aggiiigne,  cioè  alle 
persone  dabbene ,  ed  alle  persone  dotte.   Confesso  , 
che   questo  cioè    distruggea  tutto  ,   e    ben  si  vede 
qual  sommessione    sia  quella  ,    nella    quale   sotto  il    . 
nome  di  persone  dabbene ,   e  persone  dotte  ,   non  si 
conoscono  in  sostanza  se  non  coloro,  che  si  voglio- 
no conoscere  ;    per    questa  ragione  ei  volea  sempre 
venire  ad  un  carattere  espresso  ,  e  ad  una  autorità 
riconosciuta,  ch'era  quella  de'vescovi. 

XXIX.  Se  ora  si  domanda,  perchè  un  uomo  tan-  Melandone 

d.    I  I  .  1  V  II  t    •  fior'    P"Ò  li- 

esideroso  di  pace,  non  la  cercò  nella  chiesa,  e  berarsi  dai. 

restò  allontanato  dall'ordine  sacro,  che  tanto  volea  ^fi^jQj'usìf- 

R    2  sta- 


i6a  Variazioni 

sia  imputa-  stabilire,    è  facile  giuenerne  alla  notizia  .    Ciò  av- 

tiva ,    qua-  OD 

juiique  sia    venne  principalntente ,    perchè  non  potè  mai  rinnn- 

la  grazia 

che"  Iddio    ziar    r  opinione   delia  Giustizia    itnputativa  «    Iddio 
per   riiiun-  tuttavia  gii  avca    latte  grazie    non  ordjnane  ,    poi- 

?iarvi.Due     ,  ,  .  ,  •   <  n-    •         •  r     i 

vevità  da     che  avea    conosciute    due    venta    siirncienti  a    tarlo 

esso  rjcono-  j  i    i  i»  i  •     i 

Bciute.        ravvedere  del  suo  errore:    I  una,  che  non  si  aovea 
seguire    una    dottrina  ,    che    non    trovavasi    seguita 
Lìb.  //r.  dair  antichità .  Deliberate ,  diceva  a  Brenzio  ,   co/la 
iie'E^cLCa'.  chiesa  antica  :   e  di  nuovo  :    /e  opinioni  ignote  alla 
*  '^^"^**'^'  chiesa  antica  non  sono  da  riceversi.    L'altra  verità 
si    è  ,    che    la    dottrina    della  Giustizia    imputativa 
non  si  trovava  appresso  i  Padri  ,    Da  che  cominciò 
a  volerla    spiegare  ,    lo  abbiamo    udito  dire  ,   eh'  ei 
non  trovava  cosa  simile  ne'  loro  scritti*    Non  si  la- 
sciò di  giudicar  bene  il  dire  nella  confessione    Au- 
gustana ,  e  nell'apologia  ,    che  non  vi  si  dicea  cosa 
alcuna,  che  non  fosse  conforme  alla  loro  dottrina  . 
ro»!.r.iL:i/.  Citava  si  in  ispezialità  s.  Agostino,    e  sarebbe  stata 
Suf,  j».  2.    cosa  troppo  ignominiosa  a    ritormatori  il  dire,  che 
un  sì  gran    dottore  ,    il  difensore  della  grazia  Cri- 
stiana s    non  ne    avesse  conosciuto    il   fondam.ento  . 
Ma  quello  ,    che  Melantone   scrive  confidentemente 
ad  un    suo    amico  ,    ci  fa  vedere  ,   che    nel  partito 
solo    nominavasi    s.  Agostino  per  modo  di    dire,  ed 
a  caso  :    perchè  ripcce  tre  o  quattro  volte  con  ura 
specie  di  n-^ja  ,    che    ciò    che    impedisce    all'amico 
il  ben  intendere  questa  materia,  è  l'essere  per  an- 
i;5'.  ^,  Tf.  che  attaccato  alT immaginazione  di  s.  agostino  '■,    e 
che  //    debbono  affatto    rivolgere  gli    cechi  dall'  im- 
maginazione di  questoTadre,  Ma  pure  qual'è  l'im- 
maginazione ,   dalla  quale    si  debbono    rivolgere  gli 

oc- 


ISéchi?  £',  die' egli  ,  l'esser  riputati  come  giusti  a 
càgion  del  compimento  della  legge  ,  che  lo  Spirito 
santo  fa  in  mi  .  Questo  compimento  ,  secondo  il 
parere  di  Melantone,    nulla  serve  per  render  Tuo-  ; 

ino  grato  a  Dio  ,  ed  è  immaginazinn  falsa  di  s. 
Agostino  l'aver  pensato  l'opposto.  Ecco  la  manie- 
ra ,  in  cui  tratta  un  uomo  sì  grande  .  E  tuttavia 
Io  cita  a  cagione i  dice,  dell'opinion  pubblicai  che 
di  esso  corre;  ma  in  sostanza  ei  continua:  egli  non 
ispiega  a  sv-jf-cienza  la  giustìzia  della  fede  :  come 
s'ei  dicesse:  in  questa  materia  è  d'uopo  citare  un 
Padre  da  tutti  considerato  come  il  più  degno  in- 
terprete di  quest'articolo,  benché,  a  dir  vero,  non 
sia  per  noi .  Nulla  trova  di  più  favorevole  negli  al- 
tri Padri.  Che  tenebre  dense  ^  ei  dicea ,   si  trovano     L\h.  tv, 

,  £p.  228. 

sopra  questa  materia  nella  dottrina    comune  de   Ta- 

dri  ,  e  de'  nostri  avversar)  /  Dov'erano  le  belle 
parole  ,  che  fosse  necessario  il  deliberare  coli' an- 
tica chiesa  ^  Perchè  non  metteva  egli  in  pratica 
ciò,  che  consigliava  agli  altri  ?  E  giacché  egli  non 
conosceva  altra  pietà  ,  come  in  facri  non  ve  n'è  , 
se  non  quella,  eh' è  fondata  sopra  la  vera  dottrina 
della  GiustificaEione  3  come  potè  egli  credere  ,  che 
tanti  santi  l'avessero  ignorata  >  Come  s'immagina-  ^ 
Va  vedere  con  tanta  chiarezza  nella  Scrittura  ciò  , 
che  non  si  vedea  ne'  Padri  ,  e  neppure  in  s.  Ago- 
stino, eh* è  il  dottore  ed  il  difensore  della  Grazia 
giustificante  contra  i  Pelagiani  ,  di  cui  parimente 
tutta  la  chiesa  avea  sempre  su  questo  punto  segui- 
ta inviolabilmente  la  dottrina? 

XXX»  Ma  quello  ,    che  su  questo  punto  è  degno  Mei3.'>tons 
■         »  K    3  d'oi- 


i62  Variazioni 

contentar    d'osservazionc ,  è,  ch'egli  scesso,  tuttoccl^è  fosse  in- 

se  St.SS.)   so-  ,  1     11       ^-  .      .         . 

pra  la  giù-  namorato  della  speciosa  idea  della  Giustizia  imputa- 

stizia  iiiipu-  ,  .  ,  t       •  1 

tativa,  uè  tifa,  non  potca  giugnere  a  spiegarla  secondo  il  suo 
lasciarla,     genio  .    Non  contento   di  averne  stabilito  il  dogma 
ampiamente  nella  confessione  Augustana,  si  applica 
con    ogni    attenzione    a    spiegarla    nell'apologia  :    e 
mentre    la    componea  ,    scriveva   a   Camerario    suo 
Lib.iv.Ep.  amico  :   soffro  per    verità  una  grandissima  e  peno- 
ljMe'"mui-  sissima  fatica  ns ir  apologia  sopra  la  giustificazione  , 
[u^ìieì&c'.  ^^^    desidero    utilmente    spiegare  .   Ma   dopo    questa 
grande  fatica  avrà  egli  per    lo    meno    detto    tutto? 
Ascoltiamo  ciò  ch'ei  ne  scrire  ad  un  amico  :    egli 
è  quello,  che  abbiamo  sentito  riprendere  da  esso  , 
come  ancora    troppo   attaccato    alle  dottrine    di  s, 
Lib.  I.  Ef.  Agostino  :    ho  procurato  ,    ei  dice  ,  spiegare  questa 
dottrina    nelT  apologia  ;    ma   in  questa   sorta   di  di' 
scorso  le   calunnie    degli  avversar]   non   permettono 
Io  spiegarsi  ,   come  ora  faccio  con    voi  ,    benché  in 
sostanza  io  dica  la  stessa  cosa.  E  poco  dopo;  spero 
che    riceverete  qualche   sorta    di  soccorso    dalla  mìa 
apologia  ,    benchì  io    vi  parli   dì  cose  sì  grandi  con 
ogni  cautela.  Questa  lettera  appena  è  di  una  carta  : 
l'apologia    sopra  questa    materia    ne  ha  più  di  cen- 
to; e  tuttavia  la  lettera,  secondo  il  suo  sentimen- 
to, sì  spiega  in  miglior  forma,  che  Tapologia  .    E 
ciò  avvenne,    perchè  ei  non  usava  dire  tanto  chia- 
ramente nell'apologia  ,    quanto  ei  faceva  nella  let- 
tera ,   che  bisogna  affatto    allontanare  gli  occhi  dal 
compimento    della  legge  ,  come  pur  da  ciò   che   lo 
Spirito  santo  opera  in  noi.    Ecco  ciò  ch'egli  deno- 
minava   rigettar    r immaginazione   di  s.   agostino  . 

Sen- 


L   I  B   R  e      V.  163 

^entivasi  sempre  stimolato  da'  Cattolici  con  questa 
domanda  :  Se  siamo  grati  a  Dio  indipendentemente 
da  ogni  opera  buona  ,  e  da  ogni  compimento  della 
legge  ,  eziandio  da  quello  j  che  lo  Spirito  santo 
opera  in  noi  ,  come,  ed  a  che  l'opere  buone  sono 
necessarie  ?  Melantone  affliggevasi  invano  per  di- 
fendersi da  questo  colpo  ,  e  per  isfuggire  questa 
terribile  conseguenza  :  le  opere  buone  ,  secondo  il 
vostro  sentimento ,  non  sono  dunque  necessarie .  Ec- 
co quanto  da  esso  era  espresso  col  nome  dì  ca- 
lunnie degli  avversar)  ,  che  gì' impedivano  il  dire 
apertamente  tutto  ciò,  ch'egli  avrebbe  voluto  dire 
nell'apologia.  Questa  è  la  cagione  delia  grande  fa- 
tica ,  ch'egli  aveva  a  soffrire,  e  delle  cautele,  col- 
le quali  parlava.  Ad  un  amico  diceasi  tutta  la  so- 
stanza della  dottrina  ;  ma  in  pubblico  era  necessa- 
rio il  guardarsi .  Aggiugneva  ancora  allo  stesso  ami- 
co ,  che  in  sostanza  non  ben  intendeasi  quella  dot- 
trina ,  che  ne*  combattimenti  della  coscienza  .  Era 
quésto  un  dire ,  che  quando  più  non  si  poteva  ,  e 
non  si  sapea  come  assicurarsi  di  avere  una  volontà 
sufficiente  per  dar  compimento  alle  legge,  il  rime- 
dio per  conservare  tutto  ciò  ,  non  ostante  la  sicu- 
rezza indubitabile  di  piacere  a  Dio  ,  che  predica- 
vasi  nel  nuovo  vangelo  ,  era  l'allontanar  gli  occhi 
dalla  legge,  e  dal  suo  compimento  ,  per  credere  , 
che  coK\  indipendenza  da  tutto  ciò  Iddio  ci  ripu- 
tasse per  giusti.  Ecco  la  quiete,  da  cui  Melantone 
era  lusingato,  e  da  cui  non  volea  liberarsi. 

Vi    era    per    verità   l'inconveniente    di    credersi 
cerco  della  remissione  de'  proprj    peccati  senza  e«- 

i;,.v!;ìj  •  \^  R     •^  serio 


46+  V  A  K   1  A   t  l  O  fl-l 

serio  della  propria  conversione  ,  come  se  qucitó 
due  cose  fossero  l'una  dall'altra  separabili,  ed  indi- 
pendenti .  Questo  è  quello  ,  che  cagionava  a  Me- 
lantone  la  gran  fatica  ^  e  non  potea  glugnere  al  fine 
di  rendersi  soddisfatto  :  di  modo  che  dopo  la  con- 
fessione d'Augusta,  e  dopo  tante  laboriose  ricerche 
dell'apologia ,  ei  viene  di  nuovo  nella  confessione 
denominata  Sassonica  ad  un'altra  spiegazione  della 
grazia  giustificante  ,  nella  quale  dice  delle  cose  nuo- 
ve, che  poi  saranno  da  noi  vedute.  Di  tal  maniera 
si  resta  agitato,  quando  si  viene  ad  essere  invaghi- 
to d'un' idea,  la  quale  non  ha  che  una  ingannatrice 
apparenza  ,  Vorrebbesi  esprimere  il  proprio  senti- 
mento ■,  non  si  può  :  si  vorrebbe  trovar  ne'  Padri 
ciò,  che  si  cerca  ;  non  si  può  tuttavia  liberarsi  da 
un'idea,  lusinghiera,  da  cui  si  sia  lasciato  con  ma- 
niera soaVe  prevenire  .  Tremiamo  ,  umiliamoci  ', 
confessiamo,  che  vi  è  nell'uomo  una  profonda  sor- 
gente di  orgoglio  e  di  errore  ,  e  che  sono  impene- 
trabili non  meno  le  debolezze  d&ilo  spirito  umano/ 
che  i  giudizi  di  Dio. 
lartranien.      XXXI.  Melantone  crede  vedere  h  verità  da  una 

ti  di  cuore  i       i       • 

diMciauto- parte,  e  la  legittima  autorità  dall'altra.    Era  lace- 
re.  Prrve-  1-      n-  . 
deaieorri- rato  il  SUO  cuorc  ,    6  noo  cessava  di  atriiggersi  per 

bili    cuiise-        .  ,  V       .  . 

guciize  de!  unirc  questc  due  cose  .  Non  potea  ne  rinunzia- 
rovescia-  ,  .       ,  ,  •111  r-\-         ... 

jiicnto dell' rs  gli  allettamenti  della  sua  Giustizia  imputativa  , 
dtiu  Ghie-  ^^  ^^^  ricevere  dal  collegio  vescovile  una  dottrina 
'^"  ignota  a  coloro,  che  sino  a  quel  tempo  aveano  go- 

vernata la  chiesa  .  Così  l'autorità,,  ch'egli  amava 
come  legittima  ,  gli  diventava  odiosa  ,  perchè  si 
opponeva  a  quanto  egli    prendea  per  verità  ,    Nello 

stesso 


L   I  B   R  O      V.  165 

Stesso  tempo  eh'  egli  dice  ,    non    itvsy    mai  contra-    •^■^-  ^^. 

.  ,  .        ,       £f.  118. 

stata  a   vescovi  /'autorkay  accusa  la  /oro  tirannia  , 

principalmente  perchè  si  opponevano  alla  sua  dot- 
trina ,  e  credeva  indebolir  la  sua  causa  colf  affati- 
carsi nel  loro  rìstabiyimento  .  Incerto  del  suo  ope- 
rare egli  stesso  si  affanna  ,  e  non  prevede  che  di- 
savventure .    in  che  consìsterà ,  dice,  il  concilio,  se  p^'^-  ■^^• 

.  .    .         *^*  •'1°' 

è  tenuto  .,   se  non  in  una  tirannia    0  de'  "Papisti  ,    0 

d'  altri  ",  se  non  in  combattimenti  di  teologi  più  cru- 
deli e  più  ostinati  ,  che  le  battaglie  de*  centauri  / 
Conoscea  Lutero  ,  e  non  men  temea  la  tirannia  del 
suo  partito  ,  che  quella  da  se  attribuita  al  partito 
opposto,  I  furori  de' teologi  lo  fanno  tremare.  Ve- 
de eh'  essendo  una  volta  T  autorità  scossa  ,  tutt'  i 
dogmi  eziandio  i  più  importanti  verrebbero  1'  uno 
dopo  l'altro  in  quistione  ,  senza  che  si  sapesse  co- 
me giugnere  a!  fine.  Le  dispute  e  Je  discordie  del- 
la cena  facendogli  vedere  ciò,  che  dovea  succedere 
degli  altri  articoli.  Dio  buono  ^  dìcea,  che  tragedie  il-j, 
saranno  vedute  dalla  posterità  ,  se  un  giorno  ven- 
gono ad  esser  mosse  queste  quistioni  ,  se  il  Verbo  , 
se  lo  Spirilo  santo  sieno  una  personal  Si  comincia- 
rono a  suo  tempo  a  muovere  queste  materie  ;  ma 
ben  giudicò,  che  quello  non  era  per  anche,  se  non 
un  debole  principio  ,  perchè  vedea  gii  animi  pren-  '  "' 
dere  insensibilmente  un  maggior  ardimento  centra 
le  dottrine  stabilite  ,  e  contra  l'autorità  dell'Ec- 
clesiastiche decisioni.  Che  sarebbe  stato,  se  avesse  • 
vedute  le  altre  perniciose  conseguenze  de'  dubbj 
eccitati  dalla  riforma?  Tutto  l'ordine  della  disci- 
plina rovesciato  pubblicamente  dagli  uni,  e  stabilita  ;•  '.,,,, 
$  •'    5  R    5  l'ia- 


t66  Variazioni 

l'indipenaenza  ,  cioè,  sotto  un  nome  specioso  ,  t 
che  lusingala  libertà,  stabilita  l'anarchia  contutt'i 
suoi  mali  i  la  potestà  spirituale  posta  dagli  altri  in 
mano  a'  Principi  ;  la  dottrina  Cristiana  combattuta 
in  tutt'i  suoi  punti;  i  Cristiani  negar  l'opere  della 
creazione  ,  e  quella  della  redenzione  del  genere 
limano,  annichilar  l'inferno  j  annullare  I*  immorta- 
lità dell'anima,  spogliare  il  Cristianesimo  di  tutt'i 
suoi  mister]  ,  e  cambiarlo  in  una  setta  di  filosofi» 
tutt'  accomodata  a'  sensi  ?  da  questo  nascere  l'in- 
differenza delle  religioni,  e  quello  che  naturalmen- 
te segue  ,  il  fondo  stesso  della  religione  assalito  , 
la  Scrittura  direttamente  combattuta  ,  la  strada 
aperta  al  deismo  ,  cioè  ad  un  ateismo  mascherato  , 
ed  i  libri,  ne'  quali  dovevano  essere  scritte  queste 
prodigiose  dottrine  ,  uscire  del  seno  della  riforma  , 
e  de'  luoghi  ,  ne*  quali  ha  dominio  ?  Che  avrebbe 
detto  Melantone ,  se  avesse  preveduti  tutti  cotesti 
mali?  quali  sarebbero  stati  i  suoi  lamenti  ?  Aveva 
abbastanza  veduto  per  esserne  perturbato  in  tutto 
il  corso  della  sua  vita ,  Le  dispute  del  suo  tempo , 
e  del  suo  partito  erano  sufficienti  per  far  eh'  ei  di- 
cesse,  che  senza  un  patente  miracolo,  tutta  la  re- 
ligione era  vicina  ad  esser  distrutta. 
Carne  de-  XXXII.  Qual  rimedio  trovava  egli  allora  nelle 
Ah  ìamone'.  «libine  promesse ,  nelle  quali,  com'egli  stesso  1' af- 
promes4^  ferma ,  Gesucrisco  si  era  impegnato  di  sostener  la 
j-me  alla  ^^^^  chiesa  sino  nella  sua  estrema  vecchiezza  ,  e 
iion  vi  si    jj  jjQj^  lasciarla  perire  giammai  ?  Se  avesse  ben  pe- 

ilua  abba- 
stanza,       netrata  questa  beata  promessa,  non  si  sarebbe  con- 

i,;t.  7.  Ep.  tentato  di  riconoscere,  ^ome  ha  fatto,  che  la  dot- 
ici, ^V'  ?«» 

crina 


Libro     V.     '  167 

trina  del  vangelo  sussisterebbe  in  etèrno  ma!  grado  ircViJ.sup,' 
gli  errori ,  e  le  dispute  ;   ma  avrebbe  anche  ricono- 
sciuto ,  che  dovea  sussisterle  co'  mezzi  stabiliti  nel 
vangelo,   cioè,  colla  succes'sìone  sempre  inviolabile 
dell'ecclesiastico  ministerio ,  Avrebbe  veduto,  che 
agli  Apostoli ,   ed  a*  successori  degli  Apostoli  è  di- 
retta questa  promessa,  andate,  insegnate  ,   battez-  xxvnì 
zate  ;    ed  ecco  h  sono  con  voi  sino  aì  fine  del  mon'  ^O' 
do  ,   Se  ben   avesse  compresa   questa    espressione  , 
Jion  sarebbesi  mai  immaginato j  che  la  verità  potes- 
se   essere  separata   dal  corpo  3    in  cui    trovavasi  la 
successione  5    e  la  legittima  autorità  ;    e  Iddio    me- 
desimo gli  avrebbe  fatto  sapere  j  come  la  professioa 
della  verità  non    può  mai  esser  impedita    dall' erro-     , 
re  5    e  che   la  forza    del  mlniscerio'  apostolico   non 
può  ricevere  interruzione   da   qualsisia    rilassatezza 
di  disciplina.  Questa  è  la  fede  de'  Cristiani  :    così 
dee  credersi  alla  promessa    con  Abramo  nella  spe- 
ranza contra    la  speranza  ;    e  credere   in   somma  j^f^./K.  ii„ 
che  la  chiesa  Conserverà  la  sua  successione,  e  pro- 
durrà de'  figliuoli  5    anche  quando  apparirà  più  ste-        .  .      . 
rile  ,  e  la  sua  forza  sembrerà  più  indebolita  da  una 
lunga  età  .    La  fede  di  Melantone  non  istette  a  tal 
prova  ,    Credè  bene  in  generale  alla  promessa  ,  pet 
cui    la    professione    della     verità    sussister   dovea  , 
ma  non  credè  abbastanza  a'  mezzi  stabiliti  da  Dio 
per  mantenerla  .    A  che    gli  servi   aver    conservati 
canti  buoni  sentimenti?  Il  nemico  di  nostra  salute, 
dice  s.  Gregorio  Papaj    non  gli  estingue  sempre  in  P^st.  p.  t, 
tutto;    e  come  Iddio  lascia  ne'  suoi  figliuoli  de'  re- 
sidui di  concupiscenza,  che  gli  umiliano,  satanasso 
e  suo 


468  Variazioni 

suo  imitatore  al  rovescio  lascia  parimente,  (chi  il 
crederebbe?)  ne'  suoi  schiavi  de'  residui  di  pietà 
falsa  senza  dubbio  ed  ingannevole,  ma  tuttavia  ap- 
parente, co'  quali  egli  termina  di  seciurli.  Per  col- 
mo di  disavventura  si  credono  santi  ,  e  non  pensa- 
no, che  la  pietà,  la  quale  non  ha  tutte  le  sue  con- 
seguenze, non  è  che  ipocrisia  .  Un  non  so  che  di- 
ceva al  cuore  di  Melantone,  che  la  pace  e  l'unità, 
senza  la  quale  non  vi  è  fede  né  chiesa  ,  non  aveva 
altro  sostegno  sopra  la  terra  ,  che  1'  autorità  degli 
antichi  pastori.  Non  seguì  sino  al  fine  questo  lume 
divino  ;  tutto  il  suo  fondo  fu  cambiato  ;  tutto  gli 
riuscì  contra  le  sue  speranze  .  Aspirava  all'unita  ; 
la  perde  per  sempre,  senza  poterneppure  trovarne 
l'ombra  nel  partito  ,  in  cui  era  stato  a  cercarla  <. 
La  riforma  procurata ,  o  sosteiiuta  coli*  armi  ,  fa- 
cevagli  orrore  ;  si  vide  costretto  a  trovar  delle 
scuse  ad  una  violenza,  ch'era  da  lui  detestata.  Ci 
sovvenga  di  quanto  ei  scrisse  al  langravio  d'Assia, 
da  esso  veduto  in  procinto  di  prender  l'armi.  Vcn- 
lib.TTT.Er.^'  K  lA,  dicea  ,  ch^  e  meglio  soffrire  ogni  sorta  di 
£  *  \tò  ^^°  estremità  ,  che  prender  l  armi  pegì'  interessi  dei 
"jangelo  .  Ma  fu  ben  d*  uopo  il  ritrattare  la  bella 
massima  ,  quando  il  partito  era  entrato  in  lega  per 
far  la  guerra  ,  e  quando  Lutero  stesso  giunse  ad 
essersi  dichiarato  .  L' infelice  Melantone  non  potò 
neppure  conservar  la  sua  sincerità  naturale:  fu  ne- 
cessario insieme  con  Bucero  il  tender  insidie  a" 
Cattolici  in  equivoci  affettati;  caricarli  di  calunnie 
nella  confessione  Augustana;  approvare  in  pubblico 
la  confessione,  che  nelT  intimo  del  suo  cuore  desi- 

de- 


Libro     V.  259 

aerava  veder  riformata  in  tanti  capi  i    parlar    sem- 
pre a  modo  d'altri;  passar  la  sua  vita  in  un'eterna        I 
dissimulazione  ,   e  ciò    iti  materia    di  religione  ,   il 
cui  primo  atto  è  il  credere  ,   come  il  secondo  è  il 
confessare.  Glie  violenza!    che  corruttela  !    Ma  lo      y;^   ^^.^ 
zelo    dei    partito   prevale  :    ognuno  diventa   stolido  ^^"^/J^'/i,";^* 
per  la  stolidezza  del    compagno  :    bisogna    non  solo  "•  '^• 
sostenersi,    ma  anche  aumentarsi  :    il  bel  nome  di 
riforma  rende  il  tutto  permesso  ,    ed  il    primo  im- 
pegno rende  il  tutto  necessario. 

XXXIII.  Tuttavia  si  senton  nel  cuore  de' segreti    i  Principi 

,  .  ...  I  ■       .  ci   Dettoti 

rimproveri,  e  lo  stato,    in  cui  si  vive  ,   dispiace  .  dei  Partito 
Melantone  attesta  sovente  ,  che  passano  nel  suo  in-  ^l'aimente^' 
terno  cose  strane,    e  non  può  bene  spiegare  le  sue  ""'"  "  '"' 
atHizioni  segrete.  Nel  racconto,  eh' ei  fi.i  a  Came- 
rario suo   intimo   amico    de'  decreti    dell'adunanza 
di  Spira,  e  delle  risoluzioni,    che  presero  i  Prote- 
stanti, tutt'i  termini,  de'  quali  si  serve  per  espri- 
mere i  suoi  dolori ,  sono  estremi .  Quanto  ei  soffre  ,     l:ìi.  iv. 

Et     ii 

sono  incredìbili  inquletudim  ,  e  dolori  d'inferno  : 
n'  è  quasi  ridotto  a  morte .  Qtianto  sente  ,  è  orribile  j 
la  sua  costernazione  e  sorprendente  .  "N^el  tempo  di 
sue  oppressioni  conosce  sensibilmente  quanto  certe 
persone  hanno  torto.  Quando  ei  non  ardisce  nominar 
alcuno,  dee  intendersi  qualche  capo  del  partito :>  e 
principalmente  Lutero:  non  era  certamente  per  ti- 
more  di  Roma  ch'ei  scrivesse  con  tanca  cautela  , 
ed  osservasse  tante  misure:  e  dall'altra  parte  è  co- 
sa di  tutta  certezza  ,  che  nulla  tanto  Io  metteva  in 
jscompiglio ,  quanto  quello  che  succedea  nello  stes- 
so partito,  in  cui  tutto  faceasi  per  interessi  politi- 
ci » 


S70  Variazioni 

ci ,  per  scerete  machinazioni  ,  e  per  consigli  vio- 
lenti :    in  somma  non  vi  si  trattavano  che  leghe t  h 

!^u>L  ni:  quali  ,  dicea  ,  doveva»  essere  impedite  da  tutte  !s 
persone  dabbene  .  Tutti  gli  affari  della  riforrna  si 
aggiravano  sopra  quelle  leghe  de'  principi  colle  cit- 
tà, che  rimperadore  romper  voleva,  e  che  i  prin- 
cipi Protestanti  voleano  mantenere  j  ed  ecco  quan- 
Lib.  iK  to  Melantone  a  Camerario  scrìvea:  f^oi  vedete  ^  ami- 
"-*'  '"•  co  mio  caro  y  che  in  tutti  questi  accordi  a  nulla  me- 
no si  pensa ,  che  alla  religione  ,  Il  timore  costrigne 
a  propor  per  un  tempo  e  con  dissimulazione  degli 
accordi  mediocri  j  e  no?}  dee  recare  stupore  ,  se  trat^- 
tati  di  tal  natura  hanno  mala  riuscita;  perche  come 
può  esser  maiy  che  Iddio  benedica  tali  consiglia  Co- 
sì parlando  ei  non  si  serve  di  esagerazione  i  e  si  co- 
nosce anche  dalle-siie  lettere,  ch'ei  vedea  nel  par- 
tito qualche  cosa  di  peggio  di  quello,    ch'egli  scri- 

ihìd.  7».  vea  .  Veggo y  dice,  che  sì  macchina  qualche  cosa  in 
segreto ,  ed  io  vorrei  poter  reprìmere  tutt'  i  miei  pen~ 
sieri  .  Aveva  una  tale  avversione  contra  i  principi 
del  suo  partito  ,  e  contra  le  loro  adunanze  ,  alle 
quali  era  sempre  condotto  per  trovare  nella  sua  elo- 
quenza ,    e  nella  sua  facilità  delle  scuse  a'  consigli 

ibid.  Si.  da  esso  non  approvati,  che  alla  fine  esclamava:  /<?- 
liei  coloro,  che  non  s' impacciano  in  pubblici  affari! 
e  non  trovò  un  poco  di  quiete  ,  se  non  quando  as- 
sai ben  persuaso  delle  cattive  intenzioni  de'princi- 
L\i/jy.t'.s,  pi  ,  avea  cessato  di  pigliarsi  fastidio  de'  loro  dise- 
gni j  ma  era  di  nuovo  immerso  suo  malgrado  ne' 
loro  maneggi;  e  vedremo  ben  presto,  com'ei  fuco- 
Stretto  ad  autorizzar  per  iscritto  le  loro  azioni  piiì 

sci.a- 


L  I  B   R  O      V.  17 t 

scandalose.  Abbiamo  veduta  1  opinione  ,  ch'egli  avea 
de'  dottori  del  partito,    e  quanto  n'era  mal  soddi- 
sfatto;   ma  ecco  qualche  cosa  di  maggior  forza  .    / 
loro  costumi  sono  tali  ,    dice,    che  per  parlarne  con  ^^^p, 7^», 
ogni  moderazione ,  molte  persone  commosse  dalla  con- 
fusione,  che  si  vede  fra  essi ,  trovano  ogni  alt/osta- 
to un  età    d"  oro  in  paragone  di  quella  ,  in   cui   da 
essi  siamo  posti.  'Egli  nti:ov3.va.  incurabili  queste  pia- 
ghe ;    e  sino  dal  suo  principio  la  riforma  avea  biso-      '  '  ^^*" 
gHO  d'un' altra  riforma. 
•-    XXXIV.  Oltre  queste  agitazioni    non  cessava  dal  /Pf*!'?'» 

^  ^  It  profezie  , 

discorrere   con  Camerario  ,    con  Osiandro  ,    e    con  e'ì  •"■oscopj, 

^  '  end     era 

gli  altri  capi  del  partito  >    con  Lutero    medesimo  ,  pefirbato 

■  -  Mclaiitoiit\ 

de'  prodigj  che  succedevano  ,  e  delle  funeste  mi- 
nacce del  cielo  irritato.  Spesso  non  si  sa  che  cosa 
sia  ;  ma  sempre  è  un  certo  che  di  terribile  .  Un 
non  so  che  promesso  da  lui  di  manifestare  in  con- 
fidenza a  Camerario  suo  amico  ,  leggendolo  inspira 
orrore.  Altri  prodigi  succeduti  in  tempo  della  die- .^'^•^'•^P' 
ca  di  Augusta  gli  senibrano  favorevoli  al  nuovo 
vanaelo  .    In  Roma    r inondazione  straordinaria  del   Lìi.LEr. 

°  JZO.  Ili,  Cf, 

Tevere,  ed  il  parto  d'una  mula,  il  cui  figliuolo  ave- 
va un  piede  di  grue  ;  nel  territorio  di  Augusta 
la  nascita  di  un  vitello  con  due  capi,  gli  furono  un 
segno  di  una  indubitabile  mutazione  nello  stato  dell' 
universo  ,  ed  in  ispezialità  della  prossima  rovina 
di  Roma  a  cagion  dello  scisma  :  tanto  egli  scrive  ""' 
seriamente  a  Lutero  nel  dargli  l'avviso  ,  che  in 
quel  giorno  sarebbe  presentata  all'Imperadore  la 
confessione  Augustana  .  Ecco  di  che  si  pascono  in 
un'azione  tanto  famosa  gli  autori  di  questa  confés- 

sicr.e  , 


a72  VARIAZIONI 

sione,  ed  i  capi  della  riforma:    il  tutto  è  pieno  òì 
sogni,  e  di  chimere  nelle  lettere  di  Melantone  i    e 
credesi  di  legger  Tito  Livio,  quando  si  riflette  so- 
pra i  prodigi,  ch'egli  racconta.  Che  più?  oh  debo- 
lezza estrema  d'un    animo    per  altro   ammirabile  , 
e  toltene  le    sue  prevenzioni  ,    sì    penetrante  I    Le 
minacce  degli  astrologi  lo  mettono  in  timore  i    ve- 
desi  di  continuo    spaventato  dalle    funeste  congiun- 
z.ri./7. £f.  zioni    degli  astri  :    Un  orribile    aspetto  di  Marte  lo 
ìt-  t-js.       £^  tremare  per  sua  figliuola  ,   della  qual'egli  stesso 
Lìi.TV.E;:.  avsa  fatto  r  oroscopo  .    Non  è  meno  spaventato  da, 
'"}'  un  orribile  fiamma  dì  cometa    in    estremo  settentrio- 
^^''^'       naie .  Mentre  faceansi  le  conferenze  in  Augusta  so- 
pra la  religione,  si  consola  che  siero  fatte  con  ogni 
lentezza  ,    perchè   predicono  gli  astrologi  ,    che  gli 
astri  saranno  più    propizj  alle  dispute    ecclesiastiche 
ih:d.        'verso  l'autunno.  Iddio  era  superiore  a    tutti  questi 
presagi   ,    è  vero  \    e  Mtlantone  lo  ripete  sovente  , 
non  meno  che  i  compositori  degli  almanacchi  ;    ma 
alla  fine  gli  astri  nel    suo  sentimento  fallace  reggo- 
Z-Ji-.J/.E;.  no  gii  affari  della  chiesa.  Si  vede  che  i  suoi  amici,- 
cioè  i  capi    del  partito  ,   entrano    con    esso    lui    in 
queste  riflessioni  .    Quanto  ad  esso,    la  sua  infelice 
natività  non    gli    promettea    se    non    combattimenti 
infiniti  sopra    la  dottrina  ,    grandi  fatiche  ,    e  poco 
frutto.   Si  stupisce,    ch'essendo  egli  nato  su'  poggi 
ilid.         vicino  al  Reno  ,   gli  sìa  stato  predetto  sopra  il  mar 
Baltico  un  naufragio  ^  e  chiamato  in  Inghilterra,  ed 
in  Danimarca  si  guarda    molto    dall'andar   per  quei 
mare.  A  tanti   prodigi,  e  tante  minacce  di  costella-* 
zloni  nemiche,  psr  colmo  d'illusione,  si  aggiugne- 

VìIJO 


L  I  B  R   O      V.  17?  , 

vano  ancora  le  profezie  .  Una  delle  debolezze  del. 
Dartico  era  il  credere  ,  che  rutto  il  successo  ne 
fosse  stato  predetto  ;  ed  ecco  una  delle  predizionf 
più  memorabili,  che  vi  sono  vantate.  L'anno  1516. 
per  quello  che  si  dice,  ed  un  anno  prima  de'  mo- 
vimenti di  Lutero,  un  certo  Francescano,  cemen- 
tando Daniele,  erasì  immaginato  di  dire  ,  che  ^^  if^' 
potenza  d^lVapa  era  per  abbassarsi  ^  e  non  sctrebbesi 
mai  più  alzata  .  Questa  predizione  era  tanto  vera  , 
quanto  era  vero  ciò  ,  che  il  nuovo  profeta  soggiu- 
gnea  ,  che  nell'anno  1600.  il  Turco  sarebbe  signore 
dell'  Italia  ,  e  dell'  ^le magna  .  Tuttavia  Melantone 
riferisce  con  serietà  la  folle  fantasia  di  questo  fa- 
natico ,  e  si  vanta  di  averne  in  mano  l'originale  , 
come  il  frate  Francescano  T  avea  scritta.  Chi  non 
avrebbe  tremato  a  questo  raconto  ?  Il  Papa  è  di 
già  scosso  da  Lutero  ;  e  crc;desì  vederlo  a  terra 
Melantone  prende  tutto  ciò  come  profezia  :  tanto 
si  giugne  ad  esser  debole  ,  quando  si  soggiace  alla 
prevenzione.  Dopo  abbattuto  il  Pa'\i ,  crede  veder 
seguire  da  vicino  il  Turco  vittorioso,  ed  i  tremuo- 
ti,  che  succedeano  ,  lo  confermavano  nel  suo  pen- 
siero .  Chi  lo  crederebbe  capace  di  tutte  queste  ^=^' 
impressioni  ,  se  tutte  le  di  lui  lettere  non  ne  fos- 
sero ripiene?  Bisogna  fargli  quest'onore  :  non  erano 
i  suoi  pericoli  ,  che  gli  cagionavano  tante  inquietu- 
dini ,  e  tanti  tormenti  j  in  mezzo  alle  sue  più  vio- 
lente perturbazioni  si  sente  dire  con  confidenza  : 
meno  mi  perturbano  i  nostri  perìcoli  ,  che  i  nostri  ^'^-  ^'^'^ 
errori  .  Ei  somminiscia  un  bell'oggetto  a'  suoi  do- 
lori,  i  pubblici  mali,    ed  in  ispezialirà  i  mali  della 

chie- 


374  V  A   R.  t  A    Z  I  O  N  I 

chiesa  :  ma  sente  parimente  nella  sua  cosclenzi  j 
come  si  dichiara  sovente ,  la  parte,  che  avevano  in 
que'  mali  coloro,  che  si  vantavano  di  esserne  i  ri- 
formatori .  Ma  basti  aver  parlato  sin  qui  in  par- 
ticolare delle  perturbazioni  ,  ond'era  agitato  Me- 
lantone  :  si  sono  vedute  con  chiarezza  sufficiente  le 
ragioni  della  maniera,  ch'ei  tenne  neiradunanza  di 
Smalcalda  j  ed  i  motivi  della  restrizione  »  che  vi 
pose  all'articolo  pien  di  furore,'  che  Lutero  vi  pxo" 
pose  conerà  il  Papa» 


Fiite  del  Tomo  primo, 


PQ      Bossuet,  Jacques  Benigne 

1725       Opere 

18 

1795 

t.l 


PLEASE  DO  NOT  REMOVE 
CARDS  OR  SLIPS  FROM  THIS  POCKET 

UNIVERSITY  OF  TORONTO  LIBRARY