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Full text of "Palaeontographia Italica"

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PALAFONTOGRAPHIA ITALICA 


MEMORIE DI PALEONTOLOGIA 


PUBBLICATE PER CURA 


PROF. MARIO CANAVARI 


Museo GroLOoGICO DELLA R. UNIVERSITÀ DI Pisa 


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VoLume V.— 1899. 


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OCT 2 1900 


INDICE DEL VOLUME V. 


Tommasi A. . — La fauna dei calcari rossi e grigi del Monte Clapsavon nella Carnia occidentale 
(Tav. I-VII [I-VII] e Fig. 1-8 intere.) 


BonareLLI G. — Cefalopodi sinemuriani dell’ Appennino centrale (Tav. VIMI-X [I-II] e Fig. 1-4 intere.) 
Bosco C. . . — I Roditori pliocenici del Valdarno superiore (Tav. XI, XII [I, 1I}) 

Greco B.. . — Fossili oolitici del Monte Foraporta presso Lagonegro in Basilicata (Tav. XII [1]) 
Aspano M. . — Contributo alla flora carbonifera della Cina (Tav. XIV-XVIII [I-V] e Fig. A, B interc.) 


Fucmi A.. . — Ammoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale esistenti nel Musco di Pisa 
(Tav. XIX-XXIV [I-VI] e Fig. 1-23 intere.) 


Canavari M.. — Fauna dei calcari nerastri con Cardiola ed Orthoceras di Xea S. Antonio in 
Sardegna (Tav. XXV, XXVI [I, II]) (Introduzione e Parte I, Ostracoda) . 


187 


ANNIBALE TOMMASI 


LA FAUNA DEI CALOARI ROSSI E GRIGI 


DEL 


MONTE CLAPSAVON NELLA CARNIA OCCIDENTALE 


(Tav. I-VII [I-VII] e Fig. 1-8 intere.) 


INTRODUZIONE 


Quando lo Sur ® nel 1856 dava per primo la notizia della presenza d’una fauna a cefalopodi nel 
calcare rosso-grigio del Monte Clapsavon, quasi nessuna eco destò quell’ annunzio nell’ambiente paleon- 
tologico. Da allora dovettero trascorrere presso che cinque lustri prima che alcuno fosse spinto ad esplo- 
rare quella località fossilifera ed a studiarne la fauna. 

Fu solo nel 1880 che il dott. E. v. Moysisovics ?) con una nota sul Monte Clapsavon richiamò l’at- 
tenzione dei geologi sulla scoperta dello Srur, e due anni dopo ®, nella sua opera “ I Cefalopodi della 
provincia triasica mediterranea ,, descriveva e figurava 23 specie di quel giacimento, tutte appartenenti 
alla classe appunto dei cefalopodi. 

A queste, nel 1893, il MarrANI £ aggiungeva altre 37 specie, tra le quali, oltre ai cefalopodi, veni- 
vano a comparire alcuni gasteropodi e lamellibranchi, qualche brachiopodo, un corallario, parecchi fora- 
miniferi e perfino un’ alga. 

Non mi è noto se lo Srur, come scoprì la fauna, abbia anche fatto bottino di materiale: certo ne 
raccolse il dott. Moysisovics e ne arricchì le collezioni dell’I. R. Istituto geologico di Vienna. Ma per 
ventura il giacimento era così fertile da fornir larga messe di petrefatti anche ai due Musei dell’ Istituto 
tecnico di Udine e della R. Università di Pavia. Al Gabinetto di Storia naturale dell’Istituto di Udine, 
fin da quando ne teneva la direzione il compianto prof. Camiro MARINONI, era stata inviata una bella 
raccolta di fossili del Clapsavon, che, da me in buona parte determinata negli anni di mia dimora colà, 


i) STUR. Die geolog. Verhdlt. der Thiiler der Drau, Isel, Moll und Gail in der Umgebung von Lienz, ferner 
der Carnia im Venet. Gebiete. Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst. Wien, 1856. 

2 E. v. Moysisovies. Der Monte Clapsavon im Friaul. Verhandl. d. k. k. geol. Reichsanst. Wien, 1880. 

3) E. v. Mossisovics. Die Cephalopoden der mediterranen Trias-Provinz. Abhandl. d. k. k. geol. Reichsanst. 
X Bd. Wien, 1882. 

4) E. MARIANI. Note paleontologiche sul Trias superiore della Carnia Occidentale. Annali del R. Istituto tecnico 
di Udine, serie II, anno XI, 1893. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


2 | A. TOMMASI [2] 


fu poi accresciuta mercè le escursioni dell’egregio collega prof. E. MARIANI, il quale, ripigliatone lo stu- 
dio, ne espose nel 1893 i risultati nell’opuscolo dianzi citato. 

Nel 1895 giungeva al Museo geologico dell'Ateneo pavese una bella raccolta di fossili del Clapsavon 
e nell’agosto del 1897 e nel settembre del 1898 io pure mi recava a visitare quella montagna, ripor- 
tandone una abbondante collezione di fossili, che ora si conservano nel Museo geologico della R. Uni- 
versità di Pavia. È sul materiale del Museo pavese e su quello dell’Istituto tecnico di Udine, gentil- 
mente prestatomi dall’egregio collega ed amico dott. AcHiLLE TELLINI, che io potei condurre a termine 
il presente studio. 

Al chiarissimo sig. prof. T. TArAamELLI, Direttore del Museo geologico dell’ Università di Pavia, al 
prof. A. TeLLinI ed al prof. M. Misani, Preside del R. Istituto tecnico di Udine, tornino accetti i miei 
più vivi ringraziamenti per la liberalità colla quale misero a mia disposizione il materiale di studio ri- 
spettivamente a loro affidato. 


Dal Museo di Geologia della R. Università di Pavia. 


Cenni sulla topografia e la struttura geologica del Monte Clapsavon. 


Nella parte forse più pittoresca della Carnia occidentale, a N-E. di Forni di Sopra, tra il Taglia- 
mento a S-0. ed il Lumiei a N-E., erge la bianca sua cima fino a metri 2463 sul livello marino il Monte 
Clapsavon. Dei due versanti il meno disagevole ed il più breve a salire è quello di Forni; l’altro, che 
declina verso Sauris, è nella sua parte superiore assai più aspro, molto ripido e costringe a cammino 
più lungo. Il Monte Lagna (metri 2133) ed il Monte Bivera (metri 2474), che sorgono rispettivamente 
ad 0-N-0. e ad E-N-E. del Clapsavon, si possono riguardare come le sue propaggini settentrionali: 
per contro il Monte Rancolin (metri 2097), ad Est di Forni di Sopra, ne è una appendice meridionale. 
Due torrenti, il Rio Agozza ed il Rio Marodia, solcano il piovente di Forni, mentre quello di Sauris non 
alimenta che qualche insignificante ruscelletto. La via, che da Forni di Sopra mena alla vetta del Clapsavon, 
serpeggia lunghesso il Rio Agozza, quando non si voglia preferir quell’altra che segue il corso del Rio 
Tolina e, girato il Monte Lagna, riesce al Clapsavon. Da Sauris, invece, si batte la mulattiera che scende 
al Lumiei, risale ai Casoni di Piazza e passa per la malga di Chiansavei. 

Queste diverse strade furono da me tenute nelle varie salite alle località fossilifere d’onde proviene 
la fauna studiata. 


Delle prime. notizie sulla geologia del Clapsavon andiamo debitori al dott. v. MoysIsovics, che ne fece 
oggetto della breve nota pubblicata nel 1880, e che io già ricordai. Secondo quell’autore il Monte Clap- 
savon non sarebbe che una scogliera corallina, un “ riff , calcareo-dolomitico, circondato su tre lati dalle 
“ arenarie e dalle marne di Wengen. Il Monte Lagna ed il Monte Crodon rappresenterebbero le avan- 
guardie, spinte verso Nord, del riff del Clapsavon, sporgenti dall’eteropico distretto delle arenarie. Sul 
“lato occidentale verso il rio Agozza, sull’orientale verso Chiansavei, nonchè su quello meridionale gli 
strati arenaceo-marnosi di Wengen si vedono distintamente adagiarsi sulla superficie della scarpa del 
‘ riff in posizione ad essa parallela e come degradanti dal riff medesimo; per modo che il calcare del 
“ riff appare soggiacere alle arenarie di Wengen come al Plattkofel ed allo Schlern. Il calcare rosso a 


[3] A. TOMMASI 3I 


“ cefalopodi forma, secondo l’autore, soltanto i tre banchi superiori di questa serie di strati, che riveste 
“ il calcare corallino alla sella tra il Clapsavon ed il Lagna, e sarebbe anch'esso ricoperto dalle arenarie 
“ di Wangen e, di più, attraversato da lembi di tufi ,. 

Dalla “ Carta geologica del Friuli , pubblicata nel 1881 dal prof. T. TARAMELLI, si rileva che il Monte 
Clapsavon, come il Monte Bivera, il Monte Lagna ed il Monte Rancolin, sono costituiti da calcari e da 
dolomie infraraibliane nella loro parte più alta e che le falde sul versante di S-O. constano di schisti 
ed arenarie del piano di Wengen, su cui si sovrappongono più in basso, ancora verso il Tagliamento, le 
arenarie ed i calcari del raibliano colle dolomie cariate e le marne gessifere. Sul versante di N-E. si 
ripete quasi la medesima serie ma, oltrepassata la zona degli schisti e delle arenarie di Wengen, invece 
di veder queste ricoperte dalle roccie raibliane, si incontra una stretta ed interrotta zona di calcare del 
Muschelkalk, al quale susseguono gli schisti, le arenarie ed i calcari marnosi del Trias inferiore e, sotto 
a questi, le dolomie cariate ed i gessi del piano del calcare a Bellerophon. Il prof. TARAMELLI nella sua 
Carta geologica menzionata non indica nell’area del Clapsavon nessun affioramento di pietra verde: di- 
stingue però questa roccia con una tinta speciale (e col nome di #ufi augiticì, pietre verdi) nello spac- 
cato VIII della tavola annessa alla memoria “ Catalogo ragionato delle Roccie del Friuli. Roma, 1877 , 
ed in un altro spaccato a colori, che andava annesso alla Carta geologica inedita depositata presso 
l’ Ufficio provinciale di Udine. A queste notizie geologiche dei signori v. Moysisovics e TARAMELLI il ci- 
tato opuscolo del MARIANI recava in contributo il risultato complessivo di alcune analisi dei calcari fos- 
siliferi grigi e rossi del Clapsavon eseguite dall’egregio collega ed amico prof. G. Nartino nel labora- 
torio di Chimica del R. Istituto tecnico di Udine. Secondo quelle analisi il calcare grigiastro contiene, per 
ogni cento parti in peso, 1,0389 di carbonato di magnesio, mentre il resto è quasi tutto formato da 
carbonato di calcio con traccie di ossidi di ferro, d’ alluminio e di sostanze organiche: il calcare rosso, 
invece, contiene, su cento parti, 2,2293 di carbonato di magnesio, gli stessi ossidi di ferro e d'alluminio 
e quantità un po’ maggiore di sostanze organiche. Il MARIANI vi univa inoltre, ma senza illustrarli, due 
spaccati, passanti per la massa del Clapsavon, poco dissimili da quelli già ricordati, del prof. TARAMELLI. 

Nelle escursioni da me compiute nell’area del Clapsavon poco di nuovo osservai da aggiungere alle 
osservazioni dei precedenti autori: non credo però al tutto superfluo il riferire quanto vidi io stesso, che 
mi era proposto di rilevare sopra luogo uno spaccato di quella montagna sulla linea da Forni di Sopra 
a Sauris. 

Ecco quanto ho osservato: 

Tra Vico ed Andrazza le falde del Clapsavon e del Lagna sono costituite dai depositi del periodo 
raibliano, che si attraversano tanto risalendo il Rio Tolina, quanto rimontando il Rio Agozza. Seguendo 
la prima via si incontrano successivamente: a) marne gessifere — b) arenarie rossastre grossolane — c) cal- 
care nero bituminoso. In queste roccie del Rio Tolina il prof. MARIANI raccolse già alcuni fossili caratte- 
ristici, tra cui la Myophoria Kefersteini MuNst. sp. e la Hòrnesia Johannis-Austrie KLrst. Più su, a me- 
tri 1100 sul livello del mare, affiora: d) una dolomia grigia, indi, più in alto a circa metri 1280, là dove 


il Rio Tolina si divide dal Rio Tortiana, e)un calcare grigio, tinto qua e là da chiazze rossastre. A 
questo punto piegando ad Est per pigliare il sentiero di Val di Laur, a circa metri 1340 sul mare s° in- 
contrano — f) dei calcari rossi litologicamente simili a quelli fossiliferi del Clapsavon. In essi è aperta 
una cava e nei blocchi disseminati all’ingiro vidi qualche sezione di Arcestes, ma, assai più abbondanti, 
delle forme analoghe alla Evinospongia tanto comune nel calcare d’ Esino. Nessun dubbio che le roccie 
d), e), f) sieno da riferire al piano ladinico 0 dei calcari e delle dolomie infraraibliane del prof. TARAMELLI. 


Una serie più completa potei rilevarla tenendo la via del Rio Agozza. 


4 A, TOMMASI [4] 


Anche qui alle falde della montagna, dove dal prato o dal bosco viene a mettersi allo scoperto la 
roccia, si scorgono i sedimenti raibliani con prevalenza dei calcari, che qua e là si presentano come vere 
lumachelle. Nel breve tratto tra Forni ed Andrazza sono in essi aperte, a pochi metri sulla via carrozza- 
bile, alcune cave. In una di esse raccolsi l’ultimo anfratto di una Chemnitzia, che, completa, doveva rag- 
giungere una lunghezza di poco inferiore al mezzo metro. È una di quelle forme colossali che, fino a 
poco fa, si ritenevano esclusive ai calcari raibliani di Dogna sulla manca del Fella. Nei blocchi dissemi- 
nati presso la cava Tintai scorsi anche alcuni esemplari di Dertalimm undulatum Munst. in tutto simili 
a quelli, che per la prima volta rinvenni a Somdogna ® in Val della Dogna. 

Attraversata l’area d’affioramento del raibliano, poco sotto alle case di Pantarona, a circa metri 1100, 
affiorano sulla destra del Rio Agozza degli schisti marnosi un po’ carboniosi a straterelli sottili e delle 
arenarie grossolane grigio-verdastre, subordinate in potenza agli schisti. Son queste roccie gli schisti e le 
arenarie del piano di Wengen, bene sviluppate anche sull’opposto versante del Clapsavon. Da questo 
mantello schistoso, a circa metri 200 più sopra, cioè verso i 1340 metri, sulla sinistra del Rio Agozza sì 
vedono sporgere i banchi di un melafiro ® verde-scuro, cui sull’altra sponda del Rio fanno riscontro gli 
schisti marnosi di Wengen. I banchi di melafiro hanno in questo punto uno spessore complessivo di circa 
metri 30 e si lasciano accompagnare allo scoperto per un tratto di quasi mezzo chilometro; ma a metri 100 
più in alto, a 1446 metri, si vedono distintamente sottostare per breve tratto agli schisti marnosi. Più 
avanti e melafiro e schisti vengono celati dall’ fumus, finchè al principio del Pian della malga di Monte 
Maggiore riaffiora il melafiro più coll’aspetto di tufo che di roccia viva. Il luogo d’affioramento 
più elevato, che io potei constatare per questa interessante roccia, trovasi nell'ampia malga di Monte 
Maggiore e tocca metri 1650. È quindi una roccia cristallina che, oltre ad attestare una fase di forte 
attività endogena, che precedeva immediatamente la deposizione dei marnoschisti di Wengen, ha un’im- 
portanza ragguardevole nella costituzione del Clapsavon e dei rilievi finitimi; poichè affiora anche sul 
versante N-E. di questa montagna e fa eziandio capolino, più ad Est, tra gli schisti di Wengen e la 
dolomia infraraibliana, a ponente di Ampezzo al principio della mulattiera, che, staccandosi dalla via 
carrozzabile presso lo stavolo Lut, sale al passo del Monte Pura. 

Il dott. v. Moysisovios nella citata sua nota del 1880 ricorda appena la presenza di questa roccia 
ed afferma che il calcare rosso del Clapsavon, sul quale, secondo lui, si adagerebbero le arenarie di 
Wengen, è attraversato da lembi di tufi. Questa intrusione del melafiro o di tufi nella massa del calcare 
rosso non fu per vero da me osservata in alcun punto. E dal complesso delle mie osservazioni sarei 
indotto ad ammettere che la deposizione degli schisti marnosi di Wengen e l’erompere del melafiro ab- 
biano preceduto la costruzione del “ riff ,, che avrebbe trovato appunto in quegli schisti e nella roccia 
eruttiva che li accompagna la base, sulla quale gettare i suoi fondamenti. 

Sul piano della malga di Monte Maggiore sono scarsissimi gli affioramenti della roccia in posto, tanto che a 
circa metri 1730 saltan fuori gli spunti del calcare grigio rossastro, che più su contiene i fossili, senza che si 
possa constatare con quale roccia sia a contatto, se col melafiro 0 coi marnoschisti e le arenarie di Wengen. 


i) A. Tommasi. Rivista della Fauna raibliana del Friuli. Annali del R. Istituto tecnico di Udine, serie II, anno 
VIII, 1890. 

? Su questa ed altre roccie cristalline della Carnia pubblicò di fresco un pregevole scritto 1’ egregio collega 
dott. Vico, professore di Storia naturale al R. Istituto tecnico di Melfi. L’analisi microscopica da lui fattane accertò 
che quella roccia verde del Clapsavon, che passava antecedentemente per fufo augitico, pietra verde è un melafiro a 
struttura compatta e molto alterato. 


[5] A. TOMMASI 5 


Questo calcare, ad ogni modo, è la formazione più notevole del Clapsavon, poichè, oltre a costituire la 
gran massa del riff corallino, è quello che ospita la bella fauna, più innanzi illustrata. Esso posa a mio avviso sul 
piedestallo formatogli dalle roccie sedimentari e dalla effusiva, poco variando nella composizione chimica e 
molto nella tinta. Poichè è un fatto che se la sua gran massa ® leggermente dolomitica, è bianca tendente 
al grigio, come quella del calcare d’Esino, gli strati fossiliferi sono o rossi, con gradazioni dal rosso vi- 
nato al rosso-roseo, o grigi. Il che non implica che si trovino fossili ovunque il calcare si presenti o 
grigio o rosso: sul versante di Sauris poco sopra la malga di Chiansavei a circa metri 1600 il calcare 
rosso, affatto identico a quello fossilifero, affiora con notevole sviluppo e verticale ed orizzontale, ma, per 
quanto potei vedere, è del tutto privo d’ogni reliquia organica. 

I banchi fossiliferi giacciono in prossimità del crinale, tra il più alto cucuzzolo del Clapsavon ed il 
Monte Lagna, e, secondo il modo di vedere del dott. MoysIsovics, formano i tre banchi superiori di quella 
serie di strati, che andavano deponendosi sulla scarpa della scogliera corallina durante o subito appresso alla 
sua costruzione. La tinta o rossa o decisamente grigia è affatto sporadica, non caratteristica d’un livello 
piuttosto che d’un altro di quella massa calcareo-dolomitica; forma, per così esprimermi, delle chiazze e 
delle vene più o meno estese, distribuite colla massima irregolarità e sfumanti ai margini nel prevalente 
colore più chiaro. 

La serie riscontrata salendo da Forni al Clapsavon si ripresenta quasi identica, ma con ordine in- 
vertito, a chi dal crinale discenda al Lumiei diretto verso Sauris; v’ ha però questa differenza, che i se- 
dimenti raibliani vennero completamente abrasi sul versante N. E. del Clapsavon e la più energica ero- 
sione esercitata dalle meteore giunse a denudare i depositi più antichi del piano di Wengen fino ad in- 
cidere i terreni permiani. 

Infatti calando alla malga Chiansavei, prima di giungervi, a circa metri 1700 si rivedono gli schisti 
marnosi neri di Wengen ed il melafiro che sembra emergerne e che con notevole sviluppo passa oltre Chiansa- 
vei e scende fin presso al Rio d’Aven a circa metri 1600. I banchi del melafiro, poco sopra alla casera 
di Chiansavei, sono diretti da S-S-0. a N-N-E. ed inclinano verso 0-N-0. Dal rio d’Aven ai casoni di 
Piazza ed al Lumiei il bosco ed un potente mantello morenico celano la roccia in posto; ma sulla si- 
nistra del Lumiei alle casate si mette allo scoperto un calcare nero bianco-venato, che pei caratteri lito- 
logici è affatto simile a quello del Muschelkalk e si raccorda con un altro analogo affioramento, che si 
scorge in vicinanza della casera Giaviada ed inclina coi suoi strati verso O-N-0. A questo calcare, ol- 
trepassate di poco le casate, succedono degli schisti argillosi, rosso-vinati, gli schisti di Werfen, che di- 
retti da N-0. a S-E. inclinano verso N-N-0. Questi schisti, tra i quali scorre serrato il Lumiei dallo 
sbocco del rio Bernone o Tavanelli a quello del rio Bosclàv o Piscanda, presso al rio che scende da 
Fleckhe lasciano il posto alla dolomia cariata, della formazione del Bellerophonkalk, che affiora in più 
luoghi lungo il sentiero per Sauris di Sopra. Alla dolomia cariata, che forma l'ossatura dei rilievi, am- 
mantati da un potente rivestimento morenico, sui quali sorgono i due Sauris, il superiore e l’inferiore, 
sono associati i gessi, che coll’aspetto di gesso bianco più o meno saccaroide affiorano a metà strada tra 
i due Sauris nella località denominata Unterwàlde. Alla dolomia cariata gessifera succede poi un calcare 
nero a sottili venature, forse il vero calcare a Bellerophon, che seguii giù pel rio Hintermilchen e pel 
Rio Poch fin presso la Maina di Sauris, dove la valle corre incassata tra schisti rossi, argillosi, arieg- 


i) Del calcare bianco-grigio costituente il culmine più elevato del Clapsavon eseguì gentilmente un’analisi nel 
laboratorio di chimica del R. Istituto tecnico di Pavia, l’egregio amico e collega prof. E. Zenoni. Da essa risulta 
che in quel calcare entrano 97,89 °/, di Ca Co? — 1,67 °/o di Mg Co? — 0,32 di Fe? 03 ed A1° 03 — e 0,02 di Si O°. 


6 A. TOMMASI [6] 


gianti a prima vista agli schisti di Werfen ma da ascriversi alla zona degli schisti e delle arenarie di 
Groden (Grodnersandstein). 

Tale è la successione dei terreni costituenti il Monte Clapsavon, secondo le osservazioni mie. Il se- 
guente spaccato compendia e traduce in forma più concreta i fatti osservati. ; 


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Pantarona (1100). 


. Osvaldo (1900). 
Chiansavei (1695) 
Sauris di sopra (1363). 


Le Case (1125). 


S 
T. Lumiei. 


NeEeeeEStTE 


Fic. 1. — Spaccato geologico del Monte Clapsavon. — Scala di 


RIE 
75000 


r, raibl — c.è., calcari infraraibliani — 7 7., melafiro — w, Wengen — », muschelkalk — #.è., schisti di Werfen 
», dolomia cariata del Bellerophonkalk 


Le località fossilifere. 


I luoghi, dai quali fu tratto il ricco materiale studiato, sono due, posti entrambi a breve distanza dalla 
cresta che separa i due versanti a circa metri 1000 su Forni di Sopra e metri 1900 sul livello marino. 
L’uno è la località detta di S. Osvaldo, sopra ed a N-E. della malga di Monte Maggiore; l’altro è il posto 
detto în Ciana, situato pressochè a N-N-0. di S. Osvaldo ®. In questo luogo i banchi fossiliferi formano un 
complesso di poco più che 10 metri di spessore e constano di un calcare o rosso o grigio con preva- 
lenza della prima tinta; mentre i fossili che si raccolgono in Ciana e che mi passarono per le mani pre- 
sentano quasi tutti un colore più cupo, rosso vinato. La roccia, in cui i fossili sono racchiusi è in gene- 
rale molto compatta, e più in Ciana che a S. Osvaldo; per cui quando al loro isolamento non abbia prov- 
visto l’erosione atmosferica, riesce malagevole l’estrarneli, massime nel caso di forme assai ornate di 
coste e di nodi come i Protrachyceras. Usando il metodo della calcinazione, riuscii però ad isolarne un di- 
screto numero, specialmente di Proarcestes, che in altro modo sarebbero andati perduti. Mediante la leviga- 
tura colla carta vetrata e l’intaccamento coll’ HC1 potei render visibile la linea lobale della maggior 
parte dei Cefalopodi. Così mi venne fatto di mettere assieme 101 specie, di cui 99 rappresentano la 
fauna e 2 la flora. Nella parte che segue vengono singolarmente descritte le specie. 


i) Nel materiale di proprietà del R. Istituto tecnico di Udine tre o quattro fossili portano sull’ etichetta indi- 
cata la località « sopra Giaviada ». Confesso che non so a qual posto si voglia alludere, perchè nelle adiacenze dellà 
malga Giaviada non solo non si raccolgono i fossili in discorso, ma non affiora nemmeno la roccia, nella quale per 
solito si trovano. 


[7] A. TOMMASI 7 


DESCRIZIONE DELLE SPECIE 


PLANTAE 


Algae 


Gen. Diplopora ScHArHAurL em. BENECKE. 


Diplopora herculea Srorr. sp. — Tav. I [I], fig. 1. 


1858-60. Gastrochaena herculea Stoppani A. Les pctrifications d’ Esino, pag. 81, tav. 16, fig. 11, 12. 

1872. Gyroporella aequalis GiieL. Die sogen. Nulliporen und ihre Betheilung an der Zusammensetzung 
der Kallgesteine, Theil II, pag. 49-50, tav. D III, fig. 14a-c; DIV, fig. 1a-f, 19? Abhandl. 
d. k. bayr. Akad. d. Wissensch. 

1895. Diplopora herculea Sropp. sp. SALomon. Geologische und palacontologische Studien ueber die Mar- 
molata. Palaeontographica, XLII Bd., pag. 127, tav. I, fig. 13-19. 


Di questa bella specie non potei trovare che un solo frammento dell’altezza di quasi mm. 25. È per- 
fettamente cilindrico e spezzato alle due estremità. La sua superficie esterna, d’aspetto celluloso e come 
spugnoso, è divisa da suture circolari poco marcate in anelli regolari contigui presentanti, dove non sono 
troppo intaccati dall’ erosione, delle piccole aree concave poligonali. L'altezza di questi anelli è di poco 
inferiore ad un millimetro. 

Il diametro del pezzo in esame è di mm. 9,5; lo spessore della parete è relativamente rilevante, 
poichè tocca mm. 1,5. Sulla sezione trasversale si presentano dei canali irraggianti, che vanno restringen- 
dosi verso l’ esterno. 

Il dott. SaLomon cita questa specie da Esino e dalla Marmolata: GimBeL dal calcare grigio-chiaro 
dell’ Hottinger Alpe presso Innsbruck e dal Wettersteinkalk dell’ Hochalpscharte al Zugspitze di Rohrbach. 
Il mio esemplare lo cavai dal calcare grigio di S. Osvaldo nel Clapsavon. Somiglia meglio che alle altre, 
alla fig. 13, tav. I della citata opera di SaLomox, solo ne è più grosso quasi d’un terzo e gli anelli sono 
più alti pressochè del doppio. 

M. G. Univ. Pavia 1). 


Diplopora annulata ScHÒarHz. 


1893. Gyroporella (Diplopora) annulata Scnaraz. sp. MarIANI E. Note paleontologiche sul Trias superiore della 
Carnia occidentale, pag. 21. Annali del R. Istituto tecnico di Udine, serie II, anno XI, 1893. 


Di questa specie, trovata anche nel calcare d’ Esino, in quello di Villanova (Mondovì) e nella dolomia 
del Muschelkalk d’Arona, il prof. MARIANI cita alcuni frammenti nel calcare rossastro e grigiastro del 
Clapsavon. Nel materiale da me studiato non ne trovai nessun esemplare nè intiero nè frammentizio. 


1) M. G. Univ. Pavia — leggi: Museo geologico dell’ Università di Pavia. 


8 A. TOMMASI [8] 


ANIMALIA 


Foraminifera. 


Nell’opuscolo del prof. MARIANI, testè citato, sono elencate, accompagnate da brevi cenni descrittivi 
e riprodotte in una tavola (tav. I) diciasette specie di foraminifere, che l’egregio collega studiò in se- 
zioni microscopiche del calcare grigiastro del Clapsavon. Di esse alcune sono nuove, altre già note nei 
terreni del mesozoico antico. Io qui mi limito a citarle, rimandando lo studioso, che voglia esserne più 
ampiamente informato, al ricordato opuscolo del MARIANI. 

Ecco l’elenco: 


Cornuspira cfr. pachygyra GimBeL . . . +... MARIANI, tav. I, fig. 1 — S. Cassiano 
DETVWATIOMS NN OI IN —_ —_ 4 
DIOR (UFODIS Td do 0 o olio oo Lola — _ 2,8 
TagenaaeviSMONTASPIM I n — 8 — Paleozoico e Raibliano carnico 
PIA LODO SUR MIONTIRS PIRRO: TEA ONT —_ — 7 — Lias 
Nodosaria radicula Lin. sp... 0.0.0. _ — 9,10 — Paleozoico — attuale 
» ambigua Neue. var. annulata Tera. et BerTtH.  — _ 11,12 — Lias 
» CRISTO. SD oe. olona va o = = 13,14 
» OVE A Noa eo slo — — 15,16 — Lias di Nese 
MOANGMULINA SP NIMAIA IA Cr SSA "OE —_ —_ 17 
Cristellaria Clapsavonii n. Sp... 0... — — 18 
PO LY MONDRIAN TO SITI ANNI IR MICOI OI AVVIATO IE — _ 5,6 
IDIISCONDINAMSP AR ATI REA O N — —_ 28, 29,30 
Truncatulina lobatula WALK et JAcoB. sp... . = — 19,21 — Carbonifero — attuale 
SAMOTANVTLO MST SMR: TI SANITA ONTO RO a OTO _ _ 26, 27 
PUOIUMIDN IO O — — 24,25 — Trias superiore 
22, 23 


ROCAATCIAPSACONTAN ASPORTO. _ _ 


Anthozoa. 


Fam. Astraeidae. 


Gen. Thecosmilia E. H. 


Thecosmilia badiotica Freck sp. in Vorz. — Tav. I [I], fig. 2. 


1893. Cladophyllia sp. prop. C. subdichotoma Mist. sp. E. MarIaNnI. Opuse. cit., pag. 21. 
1896. Thecosmilia badiotica Vorz W. Die Korallen der Schichten von St. Cassian in Sitd-Tirol. Palaeonto- 
graphica, XLIII Bd., pag. 26, tav. II, fig. 14-19. 


L’esemplare, che io figurai, era stato ravvicinato dal MarIANI alla Cladophyllia subdichotoma Mùxst. 
sp. ed anche da me ritenuto assai vicino a quella specie. Ma, per averne una determinazione più sicura, 
richiesi dell’autorevole suo parere l’egregio collega dott. GiroAccHINo DE ANGELIS, valente illustratore d’altri 
corallarii carnici, che con cortesia squisita mi fornì le seguenti sue osservazioni, autorizzandomi a valermene. 


[9] A. TOMMASI 9 


“I due esemplari carnici, unici trovati al Clapsavon, appartengono alla stessa specie. Quantunque in 
uno di essi le teche dei polipieriti siano mirabilmente conservate, pure nell’interno non è dato rico- 
noscere in generale nessun carattere anatomico a causa della profonda spatizzazione. L’erosione però, 
“ le sezioni sottili e molto più le levigature, che ho praticato sull’esemplare mi hanno permesso di in- 
“ travedere con qualche relativa sicurezza parecchi caratteri anatomici interni ,. 

“ Non v’ha dubbio che abbiamo a fare con una forma del genere Thecosmilia E. H. per essere ce- 
spitosa, per la teca ricoperta da una forte epiteca, che la orna di eleganti collaretti, per i calici al- 
quanto irregolari, per la mancanza della columella ecc. ecc. I setti sono numerosi, forti, lateralmente 
granulosi; sviluppate le produzioni endotecali. Non è facile stabilire con sicurezza a quale delle nume- 
rose forme di questo genere debbano essere riportati gli esemplari. Però dopo l’esame accurato dei 
lavori di Munster ®, Stoppani >, Reuss ®, Lause £, QuensteDT °, FrecH ®, OcInvie ?, Vorz ® ed altri, 
sono riuscito quasi ad assicurare la nostra specie al gruppo: Thecosmilia subdichotoma Munst. sp. I no- 
stri esemplari infine con grande probabilità si devono riportare alla 77. badiotica battezzata in schedis 
dal FrecH descritta e figurata nel lavoro citato del Vorz. Corrispondono infatti abbastanza bene alle 
“ figure ed alla descrizione della specie. Il FRECH ne trovò i primi esemplari: indi lo stesso VoLz nella 
“ sola località della Forcella dei Sett-Sass (Rickthofen- Riff) ne rinvenne parecchi altri , . 

Località: Monte Clapsavon nel banco madreporico ®. — Esempl. 2. 
G. S. n. R. Ist. tecn. Udine 1°, 


« 


Echinodermata. 


Crinoidea. 


Gen. Encrinus Miu. 


Encrinus granulosus Miinsr. — Tav. I [I], fig. 3, 34. 


1841. Enerinus granulosus Miinster. Beitrige xur Petrefacten-Kunde. IV, pag. 52, tav. V, fig. 11-13 e 19. 


1858-60. — — Miinsr. Stoppani. Les Pétrifications d’ Esino, pag. 123, tav. 28, fig. 5, 6. 

1865. — — Miinsr. Lauper. Die Fauna der Schichten von St. Cassian, pag. 271, tav. VIII a, 
fig. 7-12. 

1889. _ — Miinsr. voy Worrmann. Die Fauna der sogenannien Cardita und Raibler-Schi- 


chten, pag. 191, tav. V, fig. 8. 


1) MuUnsTER. Beitrige zur Petrefactenkunde. 4.3 part., 1841. 

2) StoPPANI. Fossiles de l’Azzarola. Géologie et Paléontologie des couches à Avicula contorta en Lombardie. 
Milano, 1860-65. 

3) Reuss. Anthozoen der oberen Trias und der Kossener Schichten. 

4 LauBE G. Die Fauna der Schichten v. St. Cassian. Wien, 1865-69. 

5 QuensreDT. Petrefactenkunde Deutschlands. VI Theil, 1881. 

9) FrEcH. Die Korallenfauna der Trias. I. Palaeontographica, Bd. XXXVII. 

7) OgILvie. Die Korallenfauna der Schichten von St. Cassian, Inaugural Dissertation. 

8) VoLz. Die Korallen der Schichten von St. Cassian in Sid-Tirol. Palaeontographica, Bd. XLIII. 
Questa è l’indicazione dell’etichetta; ma di tal banco madreporico io non riuscii a rintracciare il sito, sebbene 
lungo il rio Tolina abbia raccolti diversi altri corallarii. 

10) G.S. n. R. Ist. tecn. Udine — leggi: Gabinetto di Storia naturale del R. Istituto tecnico di Udine. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


bo 


10 A. TOMMASI [10] 


Ho riferito a questa specie tre frammenti dello stelo composto da vario numero d’articoli di forma 
discoidale e molto bassi. Essi lasciano scorgere qualche superficie d’attacco, su cui irraggiano pressochè 
dal centro, per raggiungere la periferia, delle costicine assai avvicinate, numerose e granulose, che si 
dicotomizzano a poca distanza dalla loro origine. Il margine delle faccie dei singoli articoli è poco di- 
stintamente crenellato. 


Località: A S. Osvaldo sul Clapsavon nei calcari e rossi e grigi. 
Il LAUBE cita questa specie da S. Cassiano e crede che esista anche nei calcari rossi di Hallstatt. 


Il WonRrMANN la ricorda dall’oolite a Cardita di Suntiger ad Haller Anger, e ad Haller Salzberg (Rai- 
bliano). Lo Stoppani la menziona dai dintori di Esino. 
M. G. Univ. Pavia. 
Encrinus nov. form. indet. — Tav, I [I], fig. 4, 4a. 


Un frammento dello stelo composto di sette articoli. Questi sono cilindrici, un po’ incavati nel mezzo, 
più larghi che alti. Non mi riuscì di vedere in alcuno le faccie articolari: la linea d’attacco degli arti- 
coli è leggermente dentellata. 

Questa forma presenta una fortissima somiglianza con quella che I’ Hauer ” figurò a tav. XXI (IV), 
fig. 9 del suo lavoro sui fossili raccolti nelle Alpi Venete dal FucHs e che dice proveniente dal calcare 
a crinoidi. Vi si notano solo queste differenze, che la forma figurata dall’ HAuER presenta dimensioni 
pressochè doppie e gli articoli, mentre in quella misurano nel mezzo una larghezza di mm.9 ed un’al- 
tezza di mm. 5, nella forma del Clapsavon danno una larghezza di mm. 3,5 ed un'altezza di mm. 2,5. 

Località: A S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare grigio. 


M. G. Univ. Pavia. 


Molluscoidea. 


Brachiopoda. 


Gen. Spirigera D'ORB. 


Spirigera marmorea Birrn. — Tav. I [I], fig. 5, 5a,b. 


1890. Spirigera marmorea Bitter. Brachiopoden der alpinen Trias, pag. 42, 47, tav. XXXIII, fig. 1-13. 
1895. e — Birmn. SaLoxon. Studien veder die Marmolata, pag. 96. 


Conchiglia a contorno ovalare, coll’apice spesso. La gran valva presenta un seno ben pronunciato, 
che solleva il margine frontale in una distinta linguetta e, sotto forma d’un ben marcato solco mediano, 
si prolunga fino all'apice. Anche sulla piccola valva esiste una linea mediana, ma è poco distinta e s° ar- 
resta poco prima del margine frontale. I fianchi sono ripidi, la fronte spessa, la conchiglia distintamente 
fibrosa. 

Nell’esemplare meglio conservato la piccola valva presenta lateralmente all’apice una piccola -orec- 
chietta ed ha il margine cardinale diritto: a questo fa talvolta riscontro nella grande valva una piccola 
area limitata ai lati da spigoli acuti. Il foro apiciale è troncato obliquamente all'indietro. 


i) F. v. HaveR. Veber die von Herrn Bergrath W. FucHs in den Venetianer Alpen gesammelten Fossilien. 
Denkschr. der k. k. Akad. d. Wissensch. in Wien, pag. 123, tav. XXI, fig. 9. Wien, 1851. 


[11] A. TOMMASI 11 


Il dott. BrrrxER cita questa specie nella zona a Cer. trinodus della Schreyeralm, a Schiechlinghòhe, 
a Larckeck presso Berchtesgaden e nel calcare rosso a cefalopodi (Muschelkalk) di Han Bulog presso 
Serajevo. 

Località: Dal calcare rosso e grigio di S. Osvaldo sul Clapsavon ne potei estrarre quattro esemplari 
più o meno perfettamente conservati, che corrispondono bene per la forma alla descrizione del BirtxER ed 
alla fig. 8 della sua tav. XXXIII. 

M. G. Univ. Pavia. 


Gen. Rhynchonella FiscH. 


Rhynchonella cfr. retractifrons Birrn. — Tav. I [I], fig. 6, Ga-c. 


1890. Eh. retractifrons BrrtneR. Op. cit., pag. 41, tav. 31, fig. 2-4. 
1893. Terebratula sp. E. MARIANI. Opusc. cit., pag. 20, tav. II, fig. Sa-e. 


Conchiglia appena più larga che lunga, piuttosto rigonfia, a contorno triangolare. La piccola valva, 
meno tumescente della grande, già presso all'apice mostra una leggera depressione mediana, che va 
sempre più pronunciandosi fino a formare un seno più o meno largo al margine frontale, oltre il quale 
la piccola valva si incurva e si prolunga verso la valva opposta, dando luogo ad una linguetta frontale 
più o meno sviluppata. La grande valva è molto convessa e nella sua parte mediana rilevata in un lobo, 
che scende con fianchi molto inclinati verso la linea di commessura delle valve. Presso il margine fron- 
tale due solchi larghi ma poco profondi separano il lobo dal resto della valva. 

L’apice della grande valva è molto piccolo, quasi non adunco. Il guscio è distintamente fibroso e 
percorso da sottilissime linee d’accrescimento concentriche. 

Dimensioni dell’esemplare più completo. 

Lunghezza mm. 17 — Larghezza mm. 18 — Spessore mm. 12. 

Località: Nel calcare rosso e grigio di S. Osvaldo sul Clapsavon. 

La Eh. retractifrons descritta da BirtxER proviene da Schreyeralm e da Schiechlingh6he presso Hall- 
statt ed apparterrebbe con tutta probabilità alla zona a Cer. trinodosus. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Rhynchonella cfr. dilatata Surss. 


Il prof. MARIANI a pag. 21 del suo opuscolo citato accosta a questa specie di Surss (dell’Hallstatt) 
alcuni frammenti trovati nel calcare rossastro del Clapsavon. Nel materiale da me studiato non mi si 
presentò nessuna forma riferibile a quella specie. 


Rhynchonella sp. 


Alla stessa pagina del medesimo opuscolo il MARIANI ricorda un’ altra R/ynehonella del calcare ros- 
sastro del Clapsavon, caratterizzata specialmente dal presentare sulla valva perforata, unica raccolta, di- 
ciotto coste longitudinali nettamente distinte. Anche di questa forma a me non occorse di trovar alcun 
esemplare. 


12 A, TOMMASI [12] 


Mollusca. 


Lamellibranchiata. 


Gen. Lima Bruc. 


Lima (Plagiostoma) cfr. subpunctata n’ OrB. 


Di questa specie il MARIANI a pag. 18 dell’opuscolo ricordato menziona una sola valva destra, sulle 
cui minutissime coste radiali mancano però le punteggiature. Anche di questa specie, caratteristica del 
S. Cassiano e trovata pure nel calcare della Marmolata da SaALomon e nel raibliano lombardo, io non 
vidi alcun esemplare. 


Lima cfr. subquadrata Stop. 


A questa specie dell’ Esino MARIANI a pag. 18 avvicina un esemplare incompleto nel calcare grigiastro. 
Anche questa forma m'è sconosciuta nel Clapsavon. 


Gen. Pecten KIEIN. 


Pecten (Chlamys) concentrice-striatus Horx. 


MARIANI (Opuse. cit., pag. 18, tav. II, fig. 2a, d, c) riferisce a questa specie dell’ Hallstatt due valve 
nel calcare grigiastro del Clapsavon. Nel materiale da me raccolto esiste un’ impronta incompleta d’una 
forma, che è assai prossima a questa specie dell’Hoòrnes e ne differisce solo per le minori dimensioni 
e per avere la superficie ornata da sottilissime strie irraggianti dalla regione apiciale ed appena visibili 
sotto certe incidenze di luce. (Vedi Tav. I, fig. 7). 

Località: S. Osvaldo sul Clapsavon. 

M. G. Univ. Pavia. 


Pecten tenuicostatus Horn. 


Di questa specie, nella quale pure non ebbi la fortuna d’imbattermi, il MARIANI ricorda (Opuse. cit., 
pag. 19, tav. II, fig, 3a,0) parecchie valve incomplete nel calcare rossastro. 


Gen. Halohia Brown. 


Halobia cfr. lineata Miixsr. sp. — Tav. I [I], fig. 8. 


1833. Monotis lineata Mister. Gorpruss. Petrefacta Germanie pag. 140, tav. CXXI, fig. 3. 

1855. — —  Hòrnrs (partim). Gastropoden und Acephalen der Hallstitter Schichten. Denkschr. d. 
k. k. Akad. Wissensch. zu Wien, Bd. IX, pag. 51 (non tav. II, fig. 15). 

1874. Halobia lineata Mist. sp. E. v. Mossisovios. Ueder die triadischen Pelecypoden Gattungen Daonella 
und Halobia, pag. 29, tav. III, fig. 2-4. 

1893. (2) — — cfr. plicosa Moss. Mariani. Opuse. cit., pag. 20, tav. II. fig. 6. 


[13] A. TOMMASI 13 


Due esemplari incompleti e mal conservati mi sembrano riferibili alla specie su notata, alla quale 
somigliano meglio che ad altra. La conchiglia è sottile, il margine cardinale rettilineo, per quel tanto 
che ne rimane, la superficie percorsa da numerose costelle, che incominciano presso all’apice ed irrag- 
giano verso i margini. Esse a breve distanza dall’apice si bisecano e corrono così bisecate fino ai mar- 
gini: ben marcate e spesse nella parte mediana della valva si fanno evanescenti verso i margini ante- 
riore e posteriore. Oltre che dalle coste radiali il guscio è ornato da pieghe concentriche d’irregolare 
grossezza ed irregolarmente distribuite, ma più numerose nella metà superiore della valva. Le valve sono 
piuttosto appiattite. i 

Dell’ Halobia cfr. plicosa Moss. elencata dal MARIANI (Opuse. cit., tav. II, fig. 6, pag. 20) io non in- 
contrai nessun esemplare e, per quanto si può giudicare dalla mal riuscita figura, dubito che la valva 
da lui riprodotta debba essere invece riferita alla H. lineata Munst. 

Località: Nel calcare rosso di S. Osvaldo sul Clapsavon. 

Il Mossisovics assegna a questa specie siccome sede gli strati di confine tra il Norico ed il Carnico 
e la cita nei calcari bianchi del Rothenkogel (am Aussee’r Salzberge) e sul Someraukogel presso Hallstatt. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Di questo genere il MARIANI nel ricordato suo opuscolo cita altre due specie: 


Halobia (Daonella) Lommeli Wissw. sp. (pag. 19, tav. II, fig. 5). 
_ — Moussoni MEeRIAN Sp. (pag. 19, 20). 


Di tali specie non riscontrai nessun esemplare nel materiale da me esaminato e le riporto sulla fede 
dell’egregio collega. 


Gen. Posidonomya Broxn. 


Posidonomya wengensis Wissx. sp. — Tav. I [I], fig. 90,0. 
1893. Posidonomya wengensis Wisswx. MarIanI. Opusc. cit., pag. 19, tav. II, fig. 4a-d. 


Di questa specie, già descritta da MuxsTER, D’ORBIGNY, GIEBEL, STOPPANI, ALBERTI, LAUBE, PARONA, 
il MARIANI ricorda nel calcare del Clapsavon esemplari assai piccoli. Anche nel materiale da me rac- 
colto ne riscontrai due esemplari, il più completo dei quali (ridotto alla sola valva sinistra) misura 
una lunghezza di mm.7 ed una altezza di mm. 35,5 ed ha poco spiccate, perchè alquanto eroso, le rughe 
concentriche. 

Questa specie degli strati di Wengen, d’ Esino, di S. Cassiano sale fino a quelli del Raibl di Lombardia. 

Località: S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare rosso. 

M. G. Univ. Pavia. 


Gen. Mysidioptera Sion. 
Mysidioptera Kittlii Brrrwx. — Tav. I [I], fig. 10, 100,5. 


1895. Mysidioptera Kittl Birrner. Lamellibranchiaten der alpinen Trias. 1 Theil. Revision der Lamellibran- 
chiaten von Sant Cassian, pag. 198, tav. XXI, fig. 15. Abhandl. d. k. k. geol. Reichsanstalt. 
Bd. XVIII, I Heft. Wien, 1895. 


14 ; A. TOMMASI [14] 


Forma assai rigonfia ed incurvata, ad apice molto robusto ed adunco. La regione anteriore è legger- 
mente concava e per conseguenza il margine anteriore descrive un arco ampio ed a grande raggio. Il 
margine cardinale è incompleto, rettilineo per quel che ne resta: non sono conservati i margini poste- 
riore ed inferiore. L'area legamentare, pure incompleta, è alta, subtriangolare scalena, percorsa orizzon- 
talmente da strie di ineguale grossezza ma in prevalenza assai sottili, occupata nel suo terzo mediano 
dalla fossetta legamentare poco profonda, piana, anteriormente limitata da una linea irregolarmente on- 
dulata. Il guscio è conservato solo in parte e quasi ovunque eroso: solo nella regione posteriore in un 
angustissimo tratto di mm.7 di larghezza presenta 25 sottilissime costicine appena avvertibili ad occhio 
nudo, un po’ flessuose, inequidistanti, dirette nel senso radiale. La regione apiciale è liscia ad occhio 
nudo, ma alla lente presenta delle deboli pieghe e delle minutissime strie d’ accrescimento concentriche. 

In base a questi caratteri che corrispondono assai bene a quelli citati nella diagnosi del BIrTNER, 
ho riferita alla specie sopra notata la forma del Clapsavon, sebbene non completamente conservata. 

La forma descritta e figurata dal BirtNER proviene da Haliluci in Bosnia. 

Località: Monte Clapsavon in Ciana nel calcare rosso. — Esempl. 1. 

M. G. Univ. Pavia. 

Gen. Nucula Laxx. 


Nucula cfr. trigonella SropP. 


1858-60. Nucula trigonella Stoppani. Op. cit., pag. 88, tav. 18, fig. 1. 
1893. — cfr. trigonella Storp. MARIANI. Opusc, cit., pag. 20. 


Alla specie descritta dallo Stoppani fu dal MARIANI semplicemente ravvicinata una piccola Nucula 
del Clapsavon. L’esemplare da me trovato, e che pure accosto alla specie d’ Esino, lo identificherei senz’ altro 
con questa, se non mancasse di quasi tutta la parte posteriore, vietandomi così di rilevare la forma del 
margine anale. La forma complessiva era probabilmente trigona, la conchiglia rigonfia, più lunga che alta, 
ornata da strie d’accrescimento concentriche ed irregolari. La parte boccale è breve e stroncata, l’ apice 
molto incurvato. L'altezza della valva è di circa mm. 6. 

Località: S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare rosso. 


M. G. Univ. Pavia. 
Gen. Megalodon. 


Megalodon (?) sp. Mar. 


A pag. 20 e nella tav. II, fig. 7a,d del citato suo lavoro MARIANI descrive e riproduce, ingrandita sei 
volte, una piccola valva sinistra d’una forma, che riferisce, con dubbio, al genere Megalodon. A me non 
occorse di trovarne nessun esemplare. 


Gastropoda. 


Gen. Loxonema Pu. 


Loxonema turritelliformis Kuresr. sp.? — Tav. I [I], fig. 11. 


1843. Melania turritelliformis Kuiestem. Beitr., 1, pag. 189, tav. XII, fig. 22. 
1894. Loronema turritelliformis Kumesr. sp. E. Kit. Die Gastropoden der Schichten von St. Cassian, 
III Th., pag. 151-52, tav. IV, fig. 40. 


[15] A. TOMMASI 15 


Frammento di conchiglia turriforme, a giri poco rigonfi, non ottusangoli. La linea di massimo rigon- 
fiamento di ciascun giro giace presso al terzo inferiore del giro medesimo. Le suture sono abbastanza 
profonde. Mancano i primi giri, sono incompleti gli ultimi due ed il guscio è solo in parte conservato 
ed incrostato. } 

Il BIrTNER cita questa specie da S. Cassiano. 

Località: S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare grigio. 


M. G. Univ. Pavia. 


A questo gasteropodo sono da aggiungersi due altri, della stessa famiglia, elencati da MARIANI e 
da me non riscontrati. 
Sono: 


Chemmitzia cfr. longissima Minst. sp. (MARIANI, Opuse. cit., pag. 18): specie comune ai calcari d’ Esino ed 
agli strati di S. Cassiano. 
Ohemnitzia sp. MARIANI (Opuse. cit., pag. 18, tav. II, fig. 1). 


Cephalopoda. 
Tetrabranchiata. 


Nautiloidea. 


Orthoceratidae. 


Gen. Orthoceras Brrix. 


Orthoceras multilabiatum Hauer. — Tav. I [I], fig. 12, 13. 
1888. Orthoceras multilabiatum Hauer. Die Cephalopoden der bosnischen Muschelkalkes von Han Bulog 
bei Serajevo. Denkschr. d. k. Akad. d. Wissensch. in Wien. Bd. LIV, 
I Abtheil., pag. 11, tav. II, fig. 3, 4, 5. 
1896. — — Hauer. Beitrige xur Kenniniss der Cephalopoden aus der Trias von Bosnien. 
II. Nautileen und Ammoniten mit ceratitischen Loben aus dem Muschel- 
kalke von Haliluci bei Serajevo. Ibid., Bd. LXIII, pag. 239. 


Di questa specie potei esaminare parecchi frammenti del fragmocono e due camere d’abitazione di- 
scretamente conservate. In una di queste, cui aderisce buona parte del guscio, sono visibili sul guscio 
due strozzamenti circolari, il primo nel terzo superiore, il secondo al principio del terzo inferiore. Nel- 
l’altra il secondo strozzamento si trova circa a metà del pezzo. Anche i nuclei delle concamerazioni si 
presentano strozzati per lo più a metà della loro altezza. Dove la superficie dei nuclei è meglio conser- 
vata si scorge colla lente una finissima zigrinatura. 

L'angolo di divergenza è di 5°, il sifone centrale, la sezione del fragmocono circolare, il guscio piut- 
tosto grosso e provvisto di forti callosità interne in forma di cercini corrispondenti alle strozzature del 
nucleo. Essendo il guscio molto eroso, non lascia scorgere traccia di ornamentazione esterna. La distanza 
che separa i setti delle concamerazioni supera d’un terzo il loro diametro trasverso. 


16 A. TOMMASI [16] 


Gli esemplari del Monte Clapsavon corrispondono quindi perfettamente a quelli che l’ HaveR descrisse 
pel Muschelkalk di Han Bulog e di Haliluci in Bosnia. 

Località: S. Osvaldo e (in) Ciana, nei calcari rossi. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Orthoceras campanile Moss. — Tav. II [II], fig. 1, 1a. 


1882. Orthoceras campanile Moss. Die Cephalopoden der mediterranen Trias-Provinz, pag. 291, tav. XCIII, 


fig. 1-4, 11. 
1888. —_ — Moys.? Hauer. Cephal. v. Han Bulog, pag. 11. 
1895. — — Moss. Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 175. 
1896. — —- Moss. Hauer. Cephal. v. Haliluci, pag. 240. 


Ho riferiti a questa specie due frammenti di varie dimensioni, nel maggiore dei quali l’angolo di 
divergenza è di 4°, nel minore, invece, di 4°,30'. In entrambi la distanza dei setti è minore del diametro 
della camera inferiore. Questa differenza però è più marcata nell’esemplare più grande che nel più pic- 
colo. Il sifone è centrale, il guscio è liscio. 

Il Mossisovics cita questa specie dalla Val di Cino presso Esino e negli schisti a Daonella di Corvara. 
(zona a Trach. Archelaus), dai calcari neri di Reutte nel Tirolo settentrionale e nel calcare rosso della 
Schreyer-Alp (Gosau) (zona a Cer. trinodosus). 

Il Saromon ne raccolse sul lato Nord della Marmolata e nel calcare del Latemar di Forno. 

L’HavueR menziona questa specie, però con dubbio, nel Muschelkalk di Han Bulog e la ricorda an- 
che in quello di Haliluci. 

Località: S. Osvaldo sul Clapsavon nei calcari rossi e grigi. 

M. G. Univ. Pavia. 


Orthoceras politum Kuresr. — Tav. II [II], fig. 2, 2a. 


1843. Orthoceras politum A.v. Kristen. Bestrige xur geolog. Kenniniss d. dstlichen Alpen, pag. 144, tav. 
IX, fig. 6. 

1882. _ —  Kurrsr. Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 293, tav. XCII, 
fig. 13, 14; tav. XCIII, fig. 7,8 (cum syn.). 


Specie caratterizzata da un piccolo angolo di divergenza (circa 5°), da una distanza dei setti piut- 
tosto forte ma, come ricordano KtIpstEIN e Mossisovios, ineguale, nonchè dalla ornamentazione del guscio, 
che risulta di fini strie trasverse nastriformi. La distanza dei setti è sempre maggiore del diametro delle 
camere inferiori. Il sifone è centrale. 

Il Mossisovics cita questa specie dai prati di Stuor presso S. Cassiano e dal marmo rosso di Pozoritta 
nella Bukovina. Sul Clapsavon ne raccolse 25 esemplari. 

Lo StropPANI trovò questa specie nei calcari della Val del Monte e del Pizzo di Cainallo nei pressi 
d’ Esino. Nel materiale da me esaminato, in parte raccolto a S. Osvaldo, ne distinsi una decina d’esemplari. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


[17] A. TOMMASI 17 


Orthoceras Mojsisovicsi Sarow. — Tav. II [II], fig. 3, 3a. 
1895. Orthoceras Mojsisoviesi SaLomon. Studien ueber die Marmolata, pag. 175, tav. VI, fig. 1,2. 


Nulla ho da aggiungere alla descrizione che l’autore fece di questa bella specie da lui trovata alla 
Marmolata (versante Nord). I miei esemplari, purtroppo anch'essi frammentizii, corrispondono esattamente 
alla diagnosi ed alla figura di SaLomon per la forma, le dimensioni e l’ornamentazione. 

Località: Monte Clapsavon nei calcari rossi e grigi. — Esempl. 2. 

G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Nautilidae. 


Gen. Pleuronautilus Moss. 


Pleuronautilus auriculatus Hauer. — Tav. II [II], fig. 4, 4a. 


1892. Pleuronautilus auriculatus Hauer F. Beitr. xur Kenntmiss der Cephal. aus der Trias von Bosnien. 
1. Neue Funde aus dem Muschelkall von Han Bulog bei Serajevo. Denkschr. der k. k. Akad. 
d. Wissensch. in Wien. 59 Bd., pag. 257, tav. II, fig. 1a,d. 


Conchiglia a giri poco involuti, poichè l’ultimo abbraccia il precedente per metà circa della sua al- 
tezza. Il dorso è piuttosto largo, regolarmente e dolcemente incurvato e scende verso i fianchi, dai quali 
è ben distinto. I fianchi sono quasi pianeggianti, ma al margine ombelicale s’inflettono in una marcata 
carena ottusa, dalla quale cala verso l'ombelico una parete obliqua. 

i La larghezza dell’ultimo giro presso la bocca, a giudicarne da quel che ne rimane, doveva essere 
sensibilmente superiore all’altezza. 

Il guscio è di discreta grossezza e conservato sulla metà posteriore dell’ultimo giro. Su questo si 
osservano delle pieghe radiali leggermente convesse all’avanti, brevi ma robuste, che traggono origine 
immediatamente dalla carena ombelicale con un piccolo nodo e si dirigono irradiando verso il dorso senza 
raggiungerlo e terminando in altro nodo. Le pieghe sono tondeggianti, quasi larghe quanto gli intervalli 
che le separano, e sul nucleo della camera d’abitazione mancano affatto mentre son molto marcate al 
principio dell'ultimo giro. Da qui fin quasi presso alla camera d’abitazione se ne contano 13 e si nove- 
rano 16 setti camerali. Questi descrivono una sella ampia e poco profonda sul dorso ed un lobo più pro- 
nunciato su ciascun fianco. Sul nucleo delle ultime tre camere e della camera d’abitazione si scorge a 
mala pena una linea normale. 

Nessuna traccia del sifone, nè di strie che ornassero il guscio, che è però molto eroso. 


DIMENSIONI 
Diametro . ò o 6 7 . . c 2 î 5 ci î mm. 58 
Altezza dell’ ultimo giro . , 5 6 ò o o : 5 d » .33(7) 
Larghezza » Dios È 6 ° È : : - : 5 » 30(?) 
Ampiezza dell’ombelico . i o 3 ? ò ; ò Ò È » 18 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 8 


18 A. TOMMASI [18] 


Questa specie venne trovata per la prima volta dall’ Hauer nel Muschelkalk di Han Bulog presso 
Serajevo. L’esemplare del Clapsavon vi corrisponde benissimo, solo ne differisce un po’ per le pieghe, 
che invece di essere rettilinee sono un po’ curve. 

Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. 

M. G. Univ. Pavia. 


Gen. Nautilus BREIN. 


Nautilus subcarolinus Moss. — Tav. II [II], fig. 5,6, 6a. 


1882. Nautilus subcarolinus Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 287, Tav. 83, fig. 2. 


1888. _ _ Hauer. Cephalop. v. Han Bulog, pag. 12, tav. III, fig. 4. 
1892. _ _ — Neue Fund aus d. Muschelk. v. Han Bulog, pag. 253-54. 
1896. — — — Cephal. aus d. Muschell. v. Haliluci, pag. 241, tav. II, fig. 3,4. 


Due esemplari discretamente conservati. Nel maggiore di essi si contano poco più di due giri, nel- 
l’interno dei quali la involuzione si limita alla sola parte esterna. I giri sono più alti che larghi, pre- 
sentano fianchi quasi pianeggianti ed una parte esterna tondeggiante. 

Il guscio che è qua e là conservato nell’esemplare maggiore, si mostra adorno di un doppio ordine 
di fitte e sottilissime strie, le une longitudinali, le altre trasversali, che incrociandosi danno luogo ad un 
elegante reticolato visibile solo colla lente. Le strie trasverse sono assai più marcate delle longitudinali 
e le une e le altre più pronunciate sui giri interni. 

Il sifone è molto angusto e giace assai vicino alla parte esterna. I setti che separano le concame- 
razioni sono tra loro piuttosto distanti e descrivono dei lobi molto spaziati sui fianchi e delle selle più 
strette e profonde sulla parte esterna. 

Nel più piccolo degli esemplari è conservata buona parte della camera d’abitazione, che raggiunge 
quasi la lunghezza d’un mezzo giro. 


DIMENSIONI 
I I 
Diametro o ò 5 0 6 mm. 69 mm. 60 
Altezza dell'ultimo giro È ò 6 ” - » 33 » 31,5 
Larghezza » » 6 , . : 6 . » 29 » 26? 
Ampiezza dell’ ombelico - . © 0 d 5 » 18 » ? 


Questa specie trovata dapprima da Moysisovics nella zona a Cer. trinodosus della Schreyer-Alp, fu 
poi rinvenuta anche dall’ HavueR nel Muschelkalk di Han Bulog e di Haliluci in Bosnia. 

Località: Monte Clapsavon nel calcare rossastro. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Nautilus evolutus Moss. — Tav. III [III], fig. 1,10,d. 
1873. Nautilus evolutus Moysisovios. Das Gebirge um Hallstatt, pag. 16, tav. VI, fig. 1. 


1882. — — -- Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 289. 


I giri sono ad accrescimento straordinariamente rapido e regolare e la loro sezione è pressochè cir- 
colare. Di essi quelli che precedono sono quasi appena toccati da quelli che seguono e l’involuzione si 
estende solo sulla curvatura della parte esterna. L'ombelico è profondo e perforato nel centro. 


[19] A. TOMMASI - 19 


Il giro più interno è coperto da strie trasversali assai sottili e tra loro vicinissime, che sulla parte 
esterna formano un seno colla convessità rivolta all’indietro. Sui giri susseguenti queste strie scompajono 
più o meno sui lati; invece sulla parte esterna tanto dei giri interni quanto degli esterni oltre alle strie 
trasversali si presentano delle strie longitudinali parimente delicate, che con quelle si incrociano. È tale 
la sottigliezza di quéste strie che, massime a prima vista, il guscio appare ad occhio nudo affatto liscio. 

Fin qui la diagnosi del Moysisovics, che ho tradotta quasi alla lettera. Riguardo alle camere della 
conchiglia l’autore si limita a dire che i setti intercamerali sono come nel N. Barrandei Hau. (HAUER, 
Cephal. v. Hallstatt und Aussee; Haidinger®s naturwiss. Abhandl. II Bd., 1850, tav. I, fig. 4). Il mio esem- 
plare mi permette d’aggiungere che le camere sono pressochè tanto alte quanto larghe e scarse in nu- 
mero così che sull’ultimo giro, che ha un diametro massimo di mm. 81, non se ne contano che otto, 
compresa l’ultima incompleta. I setti, che le separano, hanno sui fianchi un andamento quasi rettilineo 
e descrivono sulla parte esterna una sella molto larga ma pochissimo profonda. Non potei scorgere traccia 
alcuna del sifone. 


DIMENSIONI 
Diametro . 5 c È o c . . 5 ” c 5 o mm. 81 
Altezza dell'ultimo giro . 7 Ò ; . - è 6 7 : » 38 
Larghezza » » . 0 . c È c o . - c DI 
Ampiezza dell’ombelico . ; 0 È ò ° o 0 > c » 20 


Questa specie è ricordata dal Moysisovics anche negli strati rossi raibliani dell’ altipiano dello Schlern 
nel Tirolo e nel marmo rosso del Rothelstein presso Aussee. 

Località: Monte Clapsavon nel calcare grigio. 

M. G. Univ. Pavia. 


Nautilus cfr. longobardicus Moss. — Tav. II [II], fig. 7, 7a. 


1882. Nautilus longobardicus Moysisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 2895-86, tav. 83, fig. 6. 
1897. N. cfr. longobardieus Moss. De Lorenzo. Fossili del Trias medio di Lagonegro. Palaeontogr. Ital., vol. II, 
pag. 144, tav. XIX [V], fig. 9 e 10. 


Di questa forma non potei avere che un solo esemplare ridotto al semplice nucleo. L’ involuzione 
dei giri non va oltre alla metà altezza del giro precedente. La parte esterna è sentitamente incurvata, 
i fianchi sono quasi pianeggianti, il margine ombelicale segnato da una forte carena, d’onde la parete 
ombelicale scende erta verso il giro precedente. I setti delle concamerazioni sono tra loro molto avvi- 
cinati e descrivono una sella di discreta profondità sulla parte esterna, un lobo poco pronunciato sui 
fianchi ed una sella poco profonda sulla parte interna (?). Il punto di maggiore prominenza dei lobi è 


presso il margine ombelicale lungo una linea segnata da una leggerissima depressione. Nessuna traccia 
del sifone. 


DIMENSIONI 
Diametro . o È ; È 6 o . : , 3 : , mm. 51 
Altezza dell'ultimo giro . . . " . 7 c . " È » 25 
Larghezza » » . . è è . . . . . . » 26 (?) 
Ampiezza dell’ombelico . . , : o : 7 È : , » 14 


L’esemplare del Monte Clapsavon somiglia abbastanza bene alla specie descritta e figurata dal Moy- 
sIsovics e da lui citata dalla Val del Monte presso Esino (zona a Track. Archelaus) e non se ne scosta 


20 A, TOMMASI [20] 


che per l’ampiezza dell’ombelico un po’ maggiore e per l’esistenza di una depressione appena avverti- 
bile presso il margine ombelicale, della quale il Moysisovies non fa alcun cenno nella sua diagnosi. In 
base a queste tenui differenze non mi sento autorizzato a creare una specie nuova, tanto più trattandosi 


d'un semplice nucleo sprovvisto affatto di guscio. 
Di questa specie trovò due esemplari anche il dott. Dr Lorenzo nel calcare a scogliera della valle 


del Chiotto e di Alzo di Castello. 
Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. 


G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 
MossiIsovics a pag. 288-89 della sua citata opera del 1882 ricorda altri due Nautili del calcare rosso 


del Monte Clapsavon, che non figura nè descrive, ma si limita a chiamare Nautili indet. ex aff. N. gra- 
nulosostriati. 


Ammonidea. 


Pinacoceratidae. 


Gen. Pinacoceras Moss. 


Pinacoceras nov. form. indet. ex aff. P. Damesi Moss. 


1882. Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 196. 
1893. MarIanI. Opusc. cit., pag. 16. 
1897. De Lorenzo. Op. cit., pag. 148. 


Nel materiale da me esaminato non trovai nessun Pinacoceras. Mossisovies ne cita due esemplari del 
Monte Clapsavon molto vicini al P. Damesi Moss. il loro cattivo stato di conservazione gli impedì di 
figurarli. 

Anche il dott. De Lorenzo avrebbe trovato un esemplare riferibile a questa forma nella scogliera 
calcarea delle Murge del Principe. 


Ceratitidae. 


Gen. Meekoceras Hyarr. 


Meekoceras Emmrichi Moss. 


1882. Meekoceras Emmrichi Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 219, tav. L, fig. 4. 
1893. _ — MarranI. Opusc. cit., pag. 16. 


La specie descritta e figurata dal Mossrsovics è fondata sopra un esemplare completo del Monte 
Clapsavon. Io ne raccolsi un altro ma un po’ incompleto, che somiglia assai bene alla figura sopra ci- 
tata: solo ne è meno rigonfio sui fianchi e forse meno stretto sul dorso. 

Località: Monte Clapsavon: (in) Ciana. 

M. G. Univ. Pavia. 


[21] A. TOMMASI 21 


Gen. Dinarites Moss. 


Dinarites Misanii Moss. 


1882. Dinarites Misanii Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 15, tav. XXX, fig. 11-13. 


1893. — — Martani. Opuse. cit., pag. 15. 
1895. — —  Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 179. 
1897. _ — De Lorenzo. Op. cit., pag. 146, tav. XX [VI]. 


Di questa specie della zona a Zrachyceras Archelaus trovata dal Moysisovics e dal SaLomon in buon 
numero d’esemplari nel calcare bianco della Marmolata, dal primo riscontrata anche nel calcare grigio 
del Kaserbachthal al Diirrenstein presso Brag nella Pusterthal, e nel calcare chiaro di Forràs-hegy presso 
Felsò Ors nella Selva Baconia, MARIANI cita tre esemplari nel calcare rosso del Monte Clapsavon, che 
corrispondono alla figura ed alla descrizione del Moysisovics ma lasciano alquanto a desiderare sotto il 
riguardo del loro stato di conservazione. 

Due esemplari della stessa specie furono raccolti dal De Lorenzo nel calcare a scogliera delle 
Murge del Principe. 
G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Gen. Ceratites Haan. 


Ceratites Sturi Moss. 


1882. Ceratites Sturi Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 44, tav. XXXIX, fig. 1. 
1893. —_ — Marrani. Opuse. cit., pag. 15. 


Di questa specie appartenente al gruppo dei Ceratites Nudi e che ha molta somiglianza col Dina- 
rites Misanii nella forma, se non nelle dimensioni, il MoysIsovics trovò due esemplari nel calcare rosso 
alquanto argilloso del Monte Clapsavon. 


Gen. Arpadites Moss. 


Arpadites Arpadis Moss. var. carnicus mihi. — Tav. IMI [III], fig. 2, 2a. 
1882. Arpadites Arpadis Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 54, tav. 25, fig. 29. 


L’esemplare di questa specie da me raccolto non corrisponde esattamente alla descrizione ed alla 
figura del MoysIsovics; tuttavia le differenze non sono tali da giustificare la creazione d’una nuova specie. 
Infatti l'esemplare carnico differisce da quello figurato dal Moysisovics solo per la più sentita evoluzione 
dei giri e principalmente per la distanza, alquanto maggiore, degli intervalli frapposti tra le coste prin- 
cipali. Nè vale che si osservi che nel caso mio si ha a che fare con un esemplare quasi affatto spoglio 
del guscio; poichè anche sul nucleo di quello figurato dal Mossisovics la distanza delle coste principali 
tra di loro è sentitamente minore. 

Per gli altri caratteri, compresi quelli della linea lobale, c’ è perfetta corrispondenza tra 1’ esemplare 
carnico e quello di Vòrosberény. 


22 A. TOMMASI [22] 


DIMENSIONI 

Diametro ò 0 mm. 40 
Altezza dell'ultimo giro . 0 0 0 0 c 6 à 6 Ò » 10 
Larghezza » » de 
DANNO, 


Ampiezza dell’ombelico 


Questa specie è citata dal Moysisovios nei calcari grigi della Val del Monte presso Esino; a Vorò- 
sberény ed in altre località della Selva Bakonia in Ungheria e nella marna gialla del Vogelberg presso 
Idria in Carinzia (zona a Zrach. Archelaus). 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. 

M. G. Univ. Pavia. 


Tropitidae. 
Gen. Protrachyceras Moss. 


Protrachyceras doleriticum Moss. 


1882. Protrachyceras doleriticum Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 103, tav. XIII, fig. 5 
e tav. XXXVII, fig. 1-3. 
1893. i — Marrani. Opusc. cit.. pag. 15. 


Il dott. Mossisovics raccolse di questa specie diversi esemplari in varie località nella zona a Track. 
Archelaus, come ad esempio nei pressi di Agordo, di S. Cassiano; a Prezzo ed al Dosso dei Morti nelle 
Giudicarie; in Val Paludina presso Schilpario; a Forrs-hegy presso Felsò Ors nella Selva Bakonia e sul 
Monte Clapsavon. Da qui ne ebbe due esemplari, di cui uno lo figurò nella tav. XXXVII, fig. 1 del- 
l’opera citata. 

L’esemplare da me esaminato proviene molto probabilmente dalla località di Ciana anzichè da quella 
di S. Osvaldo, e porta nell’etichetta l'indicazione di “ Sopra a Geveada ,. È molto incompleto ed 
eroso, ma la sua spettanza alla specie sopra segnata parmi indubbia specialmente in base ai caratteri 
della linea lobale, in cui è distinto il primo lobo laterale, che termina con tre denti, ed il secondo laterale 
che finisce con una stretta cuspide. : 

G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Protrachyceras julium Moss. 


1882. Protrachyceras julium Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Proving, pag. 103, tav. XIII, fig. 3, 
4, 8 e tav. XXXVII, fig. 2. 
1893. — _ Mariani. Opusc. cit., pag. 15. 


Il Mossisovics cita questa specie nella zona a Track. Archelaus di Prezzo nelle Giudicarie e di Felsò 
Ors nella Selva Bakonia. Anche dal Monte Clapsavon ne ricorda due esemplari, di cui l’uno è figurato 
a tav. XXXVII, fig. 2 della citata sua opera. 

Nel materiale da me studiato trovai quattro frammenti molto incompleti, che ho creduto di riferire, 
sotto riserva, a questa specie. 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo (3 esemplari) ed (in) Ciana (1 esemplare). 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


[23] A. TOMMASI 23 


Protrachyceras Richthofeni Moss. — Tav. IMI [III], fig. 3. 


1882. Protrachyceras Richthofeni Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 105, tav. XXIII, fig. 
4,5 e tav. XXXVII, fig. 5. 
1893. _ — MARIANI. Opusc. cit., pag. 15. 


Di questa specie il MoysIsovics trovò un esemplare anche nel calcare rosso del Monte Clapsavon, 
esemplare incompleto e piccolo, che figurò a tav. XXXVII, fig. 5 della citata sua opera. Altri ne rinvenne 
negli schisti neri a Daonella di Corvara e dei pressi di S. Cassiano nella zona a Track. Archelaus. 

Nel materiale da me esaminato ed in parte da me raccolto figurano parecchi frammenti d’individui 
più sviluppati di quelli riprodotti dal Moysisovics, che, pur essendo da riferire a questa specie, se ne 
potrebbero forse distinguere come varietà. Mentre corrispondono esattamente alla diagnosi del MoysIsovics 
per l’altezza dei giri, il grado di loro involuzione e pel numero, l’andamento, l’aspetto falciforme ed il 
modo di biforcazione delle coste sull'ultimo giro, se ne distaccano per la ornamentazione un po’ diversa 
di queste. Il Moysisovics dice che le coste dell’ ultimo giro sono liscie e terminanti solo sul margine om- 
belicale in nodi ombelicali ottusi: invece nei miei esemplari meglio conservati le coste mettono capo sulla 
parte esterna a nodi esterni, possiedono nodi marginali trasversalmente allungati ed, a poca distanza da 
questi, anche una serie di nodi laterali poco distinti ”: dai nodi marginali agli esterni le coste corrono 
oblique dall’indietro all’avanti. 

Sui giri interni si osservano delle coste quasi rettilinee, robuste, alternanti con altre più deboli, prov- 
viste di nodi laterali ed ombelicali e confluenti spesso due a due a questi ultimi. 

I miei esemplari mi permettono d’aggiungere alla descrizione del Moysisovics che la parte esterna 
è abbastanza larga e piuttosto pianeggiante, che i nodi esterni racchiudono un solco mediano ben spic- 
cato e che quelli d’un lato alternano con quelli del lato opposto. 

Di lobi nemmeno la traccia. 


DIMENSIONI 
Diametro . 6 c l : : ò o : c - 0 - ? 
Altezza dell'ultimo giro . 5 7 Ò - - - . : . mm, 35 
Larghezza » . c . : 2 o : : - . 277 
Ampiezza dell’ombelico . . 2 , 7 c : £ - o » 25 


Il frammento maggiore, che apparteneva forse alla camera d’abitazione, presenta un’altezza di mm. 40. 
Località: Sul Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. 
M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Protrachyceras cfr. Stiirzenbaumi Moss. 
1882. Protrachyceras Stirxenbaumi Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias Provinz, pag.106, tav. XXX, fig. 15. 


Ravvicino a questa specie un esemplare molto eroso, che per l’ornamentazione, la linea lobale ed 
anche per le dimensioni corrisponde abbastanza bene alla forma descritta e figurata dal Mossisovies. Il 
troppo cattivo stato di sua conservazione non mi permette di figurarlo. 


4) Del resto anche il Moysisovics nella diagnosi di questa specie esprime la possibilità della presenza di nodi 
marginali e laterali anche sull’ ultimo giro come vi esistono nel Protrace. doleriticum ed in altre forme affini. 


24 A. TOMMASI : [24] 


Il Mossisovics trovò questa specie nella zona a Zrach. Archelaus di Forràs-hegy presso Felsò-Ors 
nella Selva Bakonia. 

Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. 

M. G. Univ. Pavia. 


Protrachyceras sp. aff. Protrach. Neumayri Moss. — Tav. II [II], fig. 8,84. 


1882. Protrachyceras Neumayri Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 107, tav. XIII, fig. 6 
e tav. XIV, fig. 1. 


Frammento concamerato in gran parte privo di guscio, a lento accrescimento, a giri molto abbrac- 
cianti e discretamente alti. Le coste sono larghe e robuste, non molto ricurve, in prevalenza biforcate e 
terminanti con un nodo al margine dell’ombelico. Sono visibili quattro serie di nodi: una ombelicale, 
una esterna, una marginale e la quarta laterale avvicinata alla serie ombelicale. Presso i nodi ombelicali 
ha luogo la biforcazione delle coste. I nodi marginali ed esterni sono allungati in direzione spirale: quelli 
esterni d’un lato alternano con quelli del lato opposto e racchiudono un solco stretto e poco profondo. 
La parte esterna è piuttosto ristretta: l'ombelico discretamente largo. 

Lobi: Esistono un lobo mediano e due laterali. Il lobo mediano termina bidentato, il primo lobo late- 
rale è molto largo, alto e terminante con parecchie dentature; il secondo laterale basso, stretto e tridentato 
all'apice. Le selle sono a margine integro, discretamente larghe e la seconda sella laterale è tagliata 
dal margine ombelicale. 

Questa lobatura è molto simile a quella del Protrach. Neumayri Moss. riprodotta nella fig. 6, della 
tav. XIII sopra citata. 

Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. 

M. G. Univ. Pavia. 


Protrachyceras clapsavonum Moss. 


1882. Protrachyceras clapsavonum Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provin, pag. 107, tav. XII, fig. 7. 


L’autore raccolse questa specie della zona a Track. Archelaus in due differenti località, nel calcare 
nero schistoso ad Ha/obia (Daonella) di Prezzo nelle Giudicarie e sul Monte Clapsavon. Io non m’im- 
battei in una sola forma riferibile a questa specie nel materiale da me studiato. 


Protrachyceras nov. sp. ind. Moss. 


1882. Protrachyceras nov. sp. ind. Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 109, tav. XXXIV, 
fig. 6. 
1893. —_ sp. MARIANI. Opuse. cit., pag. 15. 


L'autore descrive una forma nuova, che per il forte sviluppo dei nodi ombelicali presenta affinità 
col Protrach. Neumayri e col Protrach. judicaricum, e per la presenza di serie laterali di nodi offre molta 
analogia col Protrach. bipunetatum. 

Il Mossisovics la rinvenne soltanto sul Clapsavon in un esemplare unico. Nel materiale da me stu- 
diato non ne trovai un, solo individuo. 


[25] A. TOMMASI 25 


Protrachyceras cfr. recubariense Moss. — Tav. III [III], fig. 4, 4a. 


1882. Protrachyceras recubariense Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 114, tav. VII, fig. 1. 
1898. — —_ Gever. Ueb. n. Funde v. Foss. im Bereiche des Diploporenk. u. Dolomitxuges 
nòrdl. v. Pontafel. Verhandl. A. k. k. geol. Reichsanst., pag. 250. 


È un frammento ridotto quasi al semplice nucleo, che in base ai caratteri, che si possono osservare, 
ho creduto di ravvicinare, meglio che a qualunque altra forma, alla specie su notata. 

Ha con essa comuni: la presenza di nodi esterni, marginali, ombelicali e di una serie di nodi late- 
rali; il biforcarsi delle coste ora al margine ombelicale, ora ai nodi laterali; il possedere l’ egual numero 
di nodi esterni e di nodi marginali; il sommare questi e quelli più che il doppio degli ombelicali. Inoltre 
tutte le coste raggiungono il solco mediano della parte esterna, dove si piegano un po’ obliquamente 
all’avanti ed acquistano i nodi esterni. I nodi esterni d’un lato alternano con quelli del lato opposto. 

La linea lobale non è visibile. 


DIMENSIONI 
Diametro . ò . . o 9 ; - 5 - . 0 0 mm. 66 (circa) 
Altezza dell'ultimo giro . o 0 " : c 0 . . 2 » 30 
Larghezza » » 3 0 5 . 0 ò . 6 3 5 » 24 
Ampiezza dell’ombelico . n : o ° : - : x . » 22 


Il MossIsovics cita questa specie nella zona a Track. Reitzì di Caili presso Recoaro e di Tretto presso 
Schio; del Monte Cislon presso Egna (Trentino) e di Prezzo nelle Giudicarie. 

Anche il GeyER trovò un esemplare d’una forma assai vicina a questa specie negli interstrati 
(Zwischenlagen) del calcare a Diplopora della cima di Brizzia a Nord di Pontafel. 

Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso-grigio. 

M. G. Univ. Pavia. 


Protrachyceras Gredleri Moss. 


1882. Protrachyceras Gredleri Mossisovies. Die Ceph. d. medit. Trias-Prov., pag. 117, tav. XVII e XXXIV, fig. 7. 
1893. _ — — Martani. Opuse. cit., pag. 15. 


L’esemplare figurato dal MoysIsovios a tav. XXXIV, fig. 7 dell’opera citata è uno dei sette prove- 
nienti appunto dal Monte Clapsavon. Nel materiale da me esaminato non riscontrai un solo individuo da 
poter con sicurezza riferire a quella specie. 

Oltre che dal Clapsavon il Moysisovics menziona questa specie dall’arenaria tufacea della Seisser- 
Alp (zona a Protrach. Archelaus). 


Protrachyceras Archelaus Lause. — Tav. IMI [III], fig. 5, 6, 6a; Tav. IV [IV], fig. 1. 


1868. Ammonites Archelaus LauBe. Cephal. v. St Cassian, Sitzungsb. d. k. k. Akad. d. Wiss. Wien, pag. 539. 

1869. — (Trachyceras) Archelaus Mossisovics (ex parte). Gliederung d. oberen Triasbild. d. dstl. Alpen. 
Jahrb. d. k. k. geol. Reichsanst., pag. 130, tav. II, fig. 1. 

1869. Trachyceras Archelaus LauBE (ex parte). Fauna der Schichien v. St. Cassian. Denkschr. d. k. k. Akad. 
d. Wissensch. XXX Bd., pag. 74, tav. 40, fig. 1. 


1882. i _ LausE. Mossisovios. Die Ceph. d. medit. Trias-Prov., pag. 118, tav. XIII, fig. 9; 
XVI, fig.1,2; XVIU, fig. 1,2; XIX, fig.1,2; XXIII, fig. 1; XXXI, fig. 1. 
1897. Protrach. cfr.  — LauBe. De Lorenzo. Op. cit., pag. 147, tav. XX ]VI], fig. 18. 
4 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


20 A. TOMMASI [26] 


Il Mossisovics distinse in questa specie due gruppi di forme, l’uno a coste grossolane ed a grosse 
spine, l’altro a coste più deboli ed a nodi e spine piccole. I due esemplari da me raccolti al Clapsavon 
appartengono a questa seconda varietà. Presentano fianchi discretamente rigonfi e sei linee spirali di 
nodi, di cui una sul margine ombelicale (nodi ombelicali), una sullo spigolo che separa i fianchi dalla 
parte esterna (nodi marginali), una lateralmente al solco della parte esterna (nodi esterni) e tre sui fianchi 
fra la serie dei nodi ombelicali e quella dei nodi marginali (nodi laterali). Le coste sono sentitamente 
arcuate all’innanzi e quasi tutte quelle che raggiungono il margine ombelicale sono provviste di nodo 
ombelicale. La biforcazione delle coste succede generalmente affatto presso al margine ombelicale: qua e 
là se ne osserva qualcuna bipartirsi a diversa altezza sui fianchi. Quando la bipartizione avviene in pros- 
simità dell’ombelico, qualche costa appare come intercalata anzichè derivante da biforcazione. 

I nodi esterni sono sempre i più grossi, i marginali e quelli della serie laterale più alta general 
mente sono più robusti degli altri laterali: nei miei esemplari sono ben marcati anche i nodi ombelicali. 
I nodi esterni e marginali sono allungati nel senso della spirale. I nodi del nucleo sono assai meno pro- 
nunciati di quelli del guscio. 

Il solco mediano è profondo: i nodi esterni, che lo fiancheggiano sui lati, non sono opposti ma al- 
terni. Il margine boccale non è conservato. Su uno degli esemplari poco meno della metà dell’ ultimo 
giro è occupata dalla camera d’abitazione. 

Lobi: Un lobo esterno, due laterali ed uno ausiliare. Il primo lobo laterale è il più alto di tutti: 
l'esterno ed il secondo laterale sono quasi della stessa altezza. Il lobo ausiliare scende dal margine sulla 
parete ombelicale. La sella esterna coincide colla linea dei nodi marginali; la seconda sella laterale con 
quella dei nodi ombelicali. Le selle sono integre, i lobi più stretti delle selle e semplicemente dentati 
alla estremità. 


DIMENSIONI 
I II 
Diametro . ò c a Ò ° o Ò : mm. 62 mm. 73 
Altezza dell'ultimo giro . o e . c o » 26 >; 
Larghezza » » o . . 6 È . » 24 » 28 (circa) 
Ampiezza dell’ ombelico A ò 3 ; 5 3 » 16 » 18? 


Mossisovies ricorda questa specie negli schisti neri ad ZHalobia (Daonella) di Wengen, Corvara e S. 
Cassiano — nelle arenarie tufacee di Wengen, S. Cassiano, Seisser-Alp, Agordo — nei calcari neri ad Hal. 
(Daonella) Lommeli di Prezzo nelle Giudicarie e di Val Paludina presso Schipario — negli stessi calcari 
di Tratta presso Godowitsch (Carinzia) — nelle marne gialle di Vogelberg presso Idria — nel calcare co- 
rallino della Marmolata vicino a Fedaja — nel calcare bianco di Forris-hegy presso Felsé Òrs nella Selva 
Bakonia — nel calcare rosso ad Hal. Lommeli di Pozoritta in Bucovina. 

Un frammento riferibile a questa specie fu trovato dal De Lorenzo nel calcare a scogliera della 
valle del Chiotto. 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 2. 

M. G. Univ. Pavia. 


Protrachyceras pseudo-Archelaus Boeckn. — Tav. IV [IV], fig. 2, 2a-c. 


1873. Protrachyceras pseudo-Archelaus Borca. Die geolog. Verhiltnisse des siidliches Theiles des Bakony. 
Mittheil. a.d. Jahrb.d.k. ungar. geol. Anstalt, pag. 165, tav. X, fig. 15. 


1882. _ — BorckH. MoysIsovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 121, 
tav. XIX, fig. 4, e tav. XX, fig. 2. 
1893. -- - BorckH. MARIANI. Opusc. cit., pag. 15. 


1897. — _ BorckxH. De LoReEnzo. Op. cit., pag. 148, tav. XX, [VI] fig. 19. 


[27] A. TOMMASI 27 


L’esemplare che posseggo di questa specie è tutto concamerato; non rimane quindi alcuna traccia 
della camera d’abitazione. Si distingue dalla specie precedente per avere la parte esterna più angusta, 
i giri più ristretti e quindi i fianchi meno rigonfi, più numerose le serie spirali dei nodi, ma questi in 
generale meno pronunciati, e per una differente linea lobale. 

Il numero dei nodi esterni è più che doppio del numero dei nodi ombelicali in seguito al bipartirsi 
e talora anche al tripartirsi delle coste. La divisione delle coste avviene di rado presso il margine ombe- 
licale, ma per la maggior parte nell’intervallo tra le serie dei nodi laterali a varia altezza sui fianchi. 

Il numero complessivo delle serie spirali dei nodi è di 7. Però, in particolar modo sulla parte più pros- 
sima alla camera d’abitazione, è marcata la tendenza ad intercalarsi di un’altra serie di piccoli nodicini 
tra la 1.2 e la 2. laterale e tra l’ultima laterale e la ombelicale. I nodi non sono in generale molto 
grossi: gli ombelicali e gli esterni sono più robusti degli altri. L'ombelico è discretamente largo: la pa- 
rete ombelicale si alza a perpendicolo sul giro precedente. 

Lobi: Un lobo esterno, due laterali ed uno ausiliare fuori del margine ombelicale. Il lobo esterno 
è più basso del 1.° laterale ma più alto del 2.° laterale: la sella esterna è più larga delle altre: i lobi 
sono semplicemente dentati al loro apice, le selle a margine integro. 


DIMENSIONI 
Diametro c o c 7 c ò . 6 È © 0 c mm. 72 
Altezza dell’ ultimo giro 6 0 : 0 2 Ù : . È » 35,5 
Larghezza » » o . c . . - . c 5 » 24 
Ampiezza dell’ombelico . 6 7 o 6 c d 6 . 6 DINDLO. 


Il frammento che MARIANI (Opuse. cit., pag. 15) determinò come Protrach. efr Archelaus parmi non 
essere che il penultimo giro del Protrach. pseudo- Archelaus. 

Oltre che dal Clapsavon Mossisovics menziona questa specie dalla Val di Cino e dalla Val del Monte 
presso Esino; — negli schisti neri a Daonella di Corvara; — nel calcare rosso di Szt-Antalfa (Zala) nella 
Selva Bakonia. 

DE LorENzo trovò un esemplare ed un frammento di questa specie nel calcare a scogliera della 
valle del Chiotto. 

Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 1. 

M. G. Univ. Pavia. 


Protrachyceras Capellinii nov. sp. — Tav. IV [IV], fig. 3,34, d. 


Forma con giri a lento accrescimento, poco involuti, a largo ombelico e coste robuste. I giri sono 
piuttosto alti, discretamente larghi, poco rigonfi. Ogni giro susseguente avvolge poco più d’un terzo del 
giro precedente. I fianchi non sono molto incurvati, la parte esterna è assai ristretta. 

Sui fianchi corrono delle coste in generale robuste ma di varia grossezza, che dall’ombelico vanno 
quasi rettilinee fino alla parte esterna, piegandosi a circa 5/4 dell’altezza dei fianchi, per dirigersi da qui 
un po’ oblique all’avanti a raggiungere i nodi esterni. E sul penultimo e sull'ultimo giro tra due coste 
più robuste e salienti se ne intercalano due o tre di diversa grossezza ma meno forti ed un po’ più basse, 
che dall’ombelico vanno pure alla parte esterna o indivise o biforcandosi circa a metà dell’altezza dei 
fianchi. Talora pare che, invece di biforcazione, trattisi di coste di terzo ordine intercalatesi tra due più 
grosse: in tal caso però quelle coste di terzo ordine nascono circa nel terzo inferiore dell’ altezza dei 
giri e corrono fino alla parte esterna. 


28 A. TOMMASI [28] 


Sul margine ombelicale le coste formano degli inspessimenti a guisa di nodi, altri più ed altri meno 
salienti e terminano sulla parte esterna in nodi poco robusti ma di grossezza uniforme. Tutte le coste 
e le loro biforcazioni portano nodi esterni, perciò il numero di questi è maggiore di quello dei nodi 
ombelicali. Sul mio esemplare non potei distinguere nodi nè marginali nè laterali. 

La parte esterna è molto ristretta: il soleo mediano vi è appena accennato: i nodi esterni sono op- 


posti. La linea dei lobi mi è sconosciuta. 


DIMENSIONI 
Diametro , ò . mm. 61,5 
Altezza dell'ultimo giro . . : 0 c d o . . d » 22,5 
Larghezza » do l o 0 : Ò - ò È » 19,5 
Ampiezza dell’ ombelico . . , 6 0 Ò ò . ò , » 22 


Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. — Esempl. 1. 
M. G. Univ. Pavia. 


Amaltheidae. 


Gen. Sturia Moss. 


Sturia semiarata Moss. 


1882. Sturia semiarata Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 242, tav. XLVIII, fig. 8; 
tav. XLIX, fig. 1,3; tav. L, fig. 2. 
1893. — — Mariani, Opusc. cit., pag. 16. 


Tre esemplari di questa specie da me esaminati presentano un ombelico assai angusto ed una parte 
esterna attondata ma molto stretta. Su questa si notano alcune strie longitudinali sottili e ben rilevate. 
Sull’ esemplare più grande (di mm. 129 di diametro) nel terzo inferiore dei fianchi dell’ultimo giro rimane 
appena la traccia della striatura laterale concentrica all’ ombelico. Nessun indizio di strie d’accrescimento. 

La linea dei lobi corrisponde esattamente a quella figurata dal MossIsovics. 


DIMENSIONI 
I II 

Diametro . c o a o Ò c . mm. 129 mm. 75 (circa) 
Altezza dell'ultimo giro . è . : . » 78 » 43 
Larghezza » » ò à à , 0 » 36 » 24 

Ampiezza dell’ombelico . : 5 ò E » 4,5 » 4 (circa) 


L’esemplare più grande corrisponde assai bene alla fig. 1, tav. XLIX dell’opera di MossIsovics citata. 

L’esemplare maggiore ed il più piccolo furono da me raccolti a S. Osvaldo. Quello mediano, di pro- 
prietà dell’Istituto tecnico di Udine, porta sull’etichetta l’indicazione “ Sopra Geveada sul versante di 
Sauris ,. 

Il Moysisovics cita questa specie oltrechè nel Monte Clapsavon anche nel Wettersteinkalk di Tratzberg 
presso Jenbach nella valle dell’Inn inferiore. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


[29 i A. TOMMASI 29 


Sturia Sansovinii Moss. 


1882. Sturia Sansovinii Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias- Provinz, pag. 241, tav. XLIX, fig. 5-7. 
1888. — -- Hauer. Cephal. v. Han Bulog, pag. 46. 
1892. — — Hauer. Neue Funde aus d. Muschellk. v. Han Bulog, pag. 283, tav. X, fig. 7a, bd. 


Due piccoli esemplari, di cui il più grande misura mm. 38 di diametro massimo. Esso è concamerato 
fino al suo termine, ha i fianchi pianeggianti e la regione esterna attondata. Solo su questa, che in parte 
conserva ancora il guscio, sono visibili le strie longitudinali molto deboli e scarse in numero (circa una 
dozzina). Qua e là sui fianchi appajono evidentissime alla lente quelle rughe dell’ epidermide irregolar- 
mente irraggianti dall’ombelico ed anastomizzantisi, che il Moysisovics cita pei giri interni della Sf. San- 
sovinii e che il dott. SALomon ! osservò anche nel suo esemplare della St. forojwlensis della Marmolata. 
In vicinanza dell’ ombelico si nota anche quella leggera depressione ad anello, di cui pure il SALOMON fa 
menzione nella diagnosi della Sf. forojulensis. Dal margine ombelicale partono alcune pieghe basse e lar- 
ghe, che si perdono verso la metà dei fianchi e che vennero ricordate dall’ HAUER per gli esemplari gio- 
vani della Sf. Sansoviniù di Han Bulog, e dal SaLomon per quelli della Sf. forojulensis. 

L'ombelico è stretto, il margine ombelicale attondato e liscio. 

Lobi: La linea, non nettamente visibile in tutta la sua lunghezza, lascia scorgere bene un lobo 
esterno e cinque lobi ausiliari e tra quello e questi si vedono, solo in parte, due lobi laterali, di cui il 
primo è quasi altrettanto profondo quanto l'esterno. Nel suo complesso parmi che questa linea lobale 
somigli molto più a quella della Sf. Sansovinii che non a quelle della St. forojulensis e St. semiarata. 


DIMENSIONI 

Diametro 6 È . c ò : o ò . : c " mm. 28 
Altezza dell’ ultimo giro . Ù . . à . 5 6 7 » 21,5 
Larghezza » » . . 5 . d 3 . - o » 13,5 
Ampiezza dell’ ombelico . 0 6 : 5 ò 7 . ° 5 » 3 


Questa specie fu trovata dal Moysrsovics nella zona a Cer. trinodosus della Schreyer-Alp e dall’ HAUER 
nella stessa zona del Muschelkalk di Han Bulog. Il Torquinst la menziona negli strati di Buchenstein 
del Recoarese presso S. Ulderico nel Tretto. 

Dei due esemplari del Monte Clapsavon uno è di proprietà del Museo Geologico dell’ Università di 
Pavia, l’altro del Gabinetto di Storia naturale del R. Istituto tecnico di Udine. La linea lobale del se- 
condo corrisponde ancora meglio a quella figurata dal Moysisovics. 


Sturia forojulensis Moss. 


1882. Sturia forojulensis Moysisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 242, tav. XLIX, fig. 2. 

1893. — — Movs. MarranI. Opuse. cit., pag. 16. 

1895. — — Moss. (?= St. Sansovinii Moss.) Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 192, 
tav. VII, fig. 16 e tav. VIII, fig. 2-4. 


Fino a che i caratteri della lobatura, desunti dall’esame di un ben conservato materiale della Sf. 
forojulensis non vengano a mettere fuori d’ogni dubbio la fusione di questa specie colla Sf. Sarsovinii, 


i) W. SaLomon. Studien ueber die Marmolata, pag. 192-193, tav. VIII, fig. 2d. 


30 A. TOMMASI i [30] 


propugnata con valide ragioni dall’egregio dott. SALomon, tengo distinta dalla Sf. Sansovinii, come specie 
a sè, la St. forojulensis. Moysisovics ne raccolse un solo individuo nel calcare rosso del Monte Clapsavon: 
nel materiale da me studiato non incontrai un solo esemplare di .Sturîa, che mi sentissi nella necessità 
di separare dalle specie precedenti. 


Cyclolobidae. 


Gen. Procladiscites Moss. 


Procladiscites Griesbachi Moys. 


1882. Procladiscites Griesbachi Moss. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 172, tav. XLVIII, fig. 3,4. 
1888. — — Moss. Hauer. Cephal. von Han Bulog, pag. 31. 
1893. — MarIanI. Opusc. cit., pag. 16. 


Di questa specie Mossisovics raccolse quattro esemplari sul Monte Clapsavon e l’ HAuER ne ricorda 
altri nel Muschelkalk di Han Bulog. Anch'io sul Clapsavon a S. Osvaldo ne trovai due esemplari discre- 
tamente conservati nel calcare rosso. 

M. G. Univ. Pavia. 


Procladiscites macilentus Hauer. — Tav. III [III], fig. 7,7a,0, 8. 


1892. Procladiscites macilentus Hauer. Neue Funde aus d. Muschelk. von Han Bulog, pag. 280, tav. X, 
fig. 2a-c. 


Gli esemplari di questa specie da me raccolti sono incompleti, tutti intieramente concamerati, a giri 
stretti ed alti, colla parte esterna stretta e regolarmente arcuata a semicerchio. Essa si sfuma lateral- 
mente nei fianchi senza formare spigoli di sorta. L'ombelico è di discreta larghezza. Essendo molto erosa 
la superficie della conchiglia, non potei rilevare alcuna stria spirale, tranne che sulla parete ombelicale 
d’un solo esemplare: erano invece manifeste alcune rughe sottili irraggianti dall’ombelico verso la parte 
esterna dell’ ultimo giro. 

La linea lobale somiglia perfettamente per la forma dei lobi e delle selle a quella figurata dall’au- 
tore della specie: però, mentre 1’ HAUER cita soltanto quattro 
selle ausiliarie, di cui l’ultima già è situata sulla parete 
ombelicale, nei miei esemplari scoperti dalla roccia fino al 
centro dell’ombelico se ne contano su quella parete altre 
due, così che il loro numero complessivo sarebbe di sei. 
Per le dimensioni c’è esatta corrispondenza. Dei quattro 
esemplari da me raccolti il maggiore misura mm. 23,5 
di diametro ed il minore solo mm. 13. 

L’HaAuER annovera questa specie tra quelle del Muschelkalk di Han Bulog. 
Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo ed (in) Ciana nel calcare rosso. 
M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Fia. 2 — (5/1). 


[81] A. TOMMASI 31 


Procladiscites Rodostoma n. sp. — Tav. IV [IV], fig. 4,44; Tav. V [V], fig. 1,1a. 


Conchiglia a giri larghi ed a lento accrescimento. La parte esterna è larga, leggermente convessa e 
forma coi fianchi uno spigolo ottuso e tondeggiante. I fianchi sono quasi pianeggianti. Il guscio è ornato 
da linee spirali a mala pena visibili ad occhio nudo, più sottili degli intervalli che le separano. La ca- 
mera d’ abitazione mi è ignota. 

Lobi: Il lobo esterno è quasi tanto profondo come il primo lobo laterale ed il secondo lobo laterale 
eguaglia, se non supera, in pro- 


fondità il primo. La prima sella So) 

laterale è più breve della sella ba 

esterna. Lo spigolo marginale i 

coincide col 1.° lobo laterale. i 

Esistono sette lobi ausiliari, 1’ ul- ! 

timo dei quali cade sul margine 

ombelicale. 

DIMENSIONI 
I II 

Diametro . o . c . o . 0 . mm. 36 mm. 30,5 
Altezza dell'ultimo giro . 6 o 5 5 3 » 20 » 16 
Larghezza » DINO c o c 5 c » 14 » 11 
Ampiezza dell’ombelico . . . : . È PIO. PI: 2010. 


Questa specie rassomiglia al Pr. Griesbachi Moys., ma se ne distingue per la parte esterna convessa 
anzichè piatta e di conseguenza per gli spigoli marginali ottusi e tondeggianti; per la ornamentazione del 
guscio assai più fine e per la sella esterna che è più lunga anzichè più breve della prima sella laterale. 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso e grigio. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Procladiscites Pantanelli n. sp. — Tav. IMI [III], fig. 9, 9a. 


Di questa specie non potei avere che un solo esemplare affatto privo del guscio. I giri sono piut- 
tosto stretti ed alti, la parte esterna arcuata quasi a semicerchio, abbastanza distinta dai fianchi ma non 


separata da alcuna carena. I fianchi sono quasi piani: l'ombelico è strettissimo, il margine ombelicale 
tondeggiante. 

Lobi: È completamente visibile la linea suturale. Il lobo esterno, il primo ed il secondo lobo late- 
rale hanno press’ a poco la stessa 
profondità: il terzo lobo laterale 
è un po’ meno profondo. La sella 
esterna è un po’ più bassa della 
prima sella laterale: la seconda 
sella laterale ancora più bassa 
dell’esterna. I lobi ausiliari sono 
sette, di cui l’ultimo coincide 
coll’ orlo ombelicale, ma da questo 
fino alla parte visibile più profonda dell’ombelico se ne contano ancora due o tre: le selle ausiliarie 
terminano con un solo capo tondeggiante. 


Fia. 4 — (5/1). 


32 A. TOMMASI [82] 


DIMENSIONI 
Diametro 0 - . Ò o c . . 5 o o mm. 34 
Altezza dell'ultimo giro ° Ò B o ò . 7 . » 20 
Larghezza » » 0 o c a : . o Ò » 10 (circa) 
Ampiezza dell’ ombelico . x 5 . o ò c ; . do) 


Questa specie nella sua forma complessiva offre molta rassomiglianza col Pr. macilentus HAUER, ma ne 
differisce per essere più schiacciata, per l'ombelico molto più stretto e per la linea suturale che è af- 
fatto diversa. 

Località: Sul Monte Clapsavon nel calcare grigio. 

G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Procladiscites? (Sturia? [Pinacoceras?]) gracilis Hauer. 


1892. F. R. v. Hauer. Neue Funde aus d. Muschelk. v. Han Bulog, pag. 283, tav. X, fig. 8 a-c. 


IN 


L’esemplare da me posseduto è incompleto, misura un diametro massimo di mm.21, possiede una 
parte esterna piuttosto larga relativamente alle dimensioni della conchiglia ed una linea suturale diritta 
costituita da lobi e selle molto numerose. Queste toccano, come nell’ esemplare figurato dall’HauER, il 
numero di 13 e sono a terminazione monofilla. Il lobo esterno è piuttosto stretto, profondo quasi come 
il 1.° lobo laterale, che cade sul margine della conchiglia e supera, sebbene di poco, tutti gli altri in 
altezza. La sella esterna giace quasi intieramente sulla parte esterna ed è profonda circa la metà della 
prima sella laterale. Il primo ed il secondo lobo laterale sono parecchio più sviluppati e ramificati degli 
altri, che si presentano quasi semplicemente dentati. La proiezione della spirale d’involuzione del giro 
precedente taglia, a quel che pare, la terza sella laterale. 

L’umica differenza che si possa notare tra la specie di Han Bulog descritta dall’ HauER e la forma 
ora descritta sta nell’essere in quest’ultima più alti e ramificati il primo ed il secondo lobo laterale. 
Se ad onta di ciò, luna può essere identificata coll’altra, il genere cui assegnare entrambe non sarebbe 
nè il gen. Sturia, nè il gen. Pinacoceras, ma piuttosto il gen. Procladiscites in favore del quale parlano 
la debole frastagliatura della linea lobale, le selle a terminazione monofilla e la presenza di tre lobi la- 
terali. Disgraziatamente l'esemplare da me esaminato era in parte eroso ed in parte incrostato così che 
non ho potuto accertarmi se vi esistevano o no strie spirali. 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. 

M. G. Univ. Pavia. 


Gen. Megaphyllites Moss. 
Megaphyllites obolus Moss. 


1882. Megaphyllites obolus Mossisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 192, tav. LITI, fig. 3-5. 
1895. —_ —  Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 190. 


Di questa specie sviluppatissima nel calcare d’ Esino, di Forno in Val di Fiemme e della Marmo- 
lata, rinvenuta anche nell’arenaria tufacea degli strati di Wengen del Pizzo del Corno presso Caprile e 
nel Wettersteinkalk di Tratzberg presso Jenbach nella Valle dell’ Inn inferiore, il Moysisovics menziona 
cinque esemplari anche del calcare rosso del Monte Clapsavon. Nel materiale da me studiato non ne 
trovai neppure un esemplare. 


[33] A, TOMMASI 33 


Gen. Monophyllites Moss. 


Monophyllites wengensis Kuest. sp. — Tav. IV [IV], fig. 5, 5a. 


1882. Monophyllites wengensis (KLiest.) Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 207, tav. 
LXXVII, fig. 10-12. 
1895. = _ Saromon. Studien ueber die Marmolata, pag. 191, tav. VII, fig. 8,9. 


Raccolsi di questa specie otto esemplari incompleti quasi tutti costituiti da quattro giri. Pei carat- 
teri esterni corrispondono bene alla descrizione del Moysisovics. La linea lobale è parzialmente visibile 
in un solo esemplare, che conserva un pezzo della camera d’abitazione: il lobo esterno e la maggior 
parte del 1.° lobo laterale dell'ultimo setto sono celati dal guscio, ma la porzione che è allo scoperto somiglia 
perfettamente alla fig. 12, tav. 78 di Moysisovics. Massime il 3.° lobo laterale corrisponde meglio a quello 
del Mon. wengensis che a quello del Mor. sphaerophyllus e le selle sono più spaziate di quelle di que- 
st’ ultima specie. 

È a lamentare che nè Moysisovics nè Sacomon abbiano date le dimensioni dell’ultimo giro del 
Mon. wengensis, perchè in esse potrebbe forse trovarsi un carattere differenziale più spiccato che non sia 
quello della linea dei lobi, per distinguere questa specie dal Mon. sphaerophyWus. Mentre nei Mon. sphae- 
rophyWlus figurati dal Moysisovics ed in un esemplare di esso proveniente da Haliluci e posseduto da que- 
sto Museo la larghezza dell’ultimo giro sta all’altezza come 64:100, invece dalla media di tre misure 
prese sui tre esemplari meglio conservati di Mon. wengersis del Monte Clapsavon tale rapporto risulta 
per questa specie di 82 :100. 

Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo (5 esempl.) ed (in) Ciana (3 esempl.) nel calcare rosso. 

Questa specie è menzionata nella zona a Zrach. Reitzi di Val Gardena ed in quella a Trac. Ar- 
chelaus della Val di Cino presso Esino e della Marmolata, nonchè in numerose altre località alpine ed 
estraalpine ricordate da MoysIsovics. 

M. G. Univ. Pavia. 


Arcestidae. 


Gen. Proarcestes Moss. 


Proarcestes subtridentinus Moss. 


1859. Ammon. Johannis Austriae Stoppani. Petrif. d’ Esino, pag. 119, tav. 26, fig. 1-3. 

1882. Proarcestes subtridentinus Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 156, tav. XLIII, 
fig. 1-3 e tav. XLIV, fig. 1-3. 

1893. - _ MARIANI. Opuse. cit., pag. 16. 


È questa una specie comunissima nella zona a Track. Archelaus così della Selva Bakonia, come dei din- 
torni di Esino e del Monte Clapsavon. Anzi da questa stessa località il MoysIsovics cita una cinquantina d’ e- 
semplari. In maggior numero sono quelli che io potei procurarmi, assai scarsi però quelli completi. Anche 
negli esemplari da me esaminati mi si presentarono forme più compresse con parte esterna più stretta 
e forme più panciute con parte esterna più larga. Tra questi due estremi intercedono poi forme di pas- 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 5 


34 A. TOMMASI [34] 


saggio così graduali che, se altri caratteri non soccorrono, resta ancora molto lontana la possibilità d’ una 
divisione in due specie rappresentate dai loro estremi. 

In nessun esemplare potei vedere messa completamente a nudo la linea suturale. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. Ist. tecn. Udine. 


Proarcestes cfr. Boeckhi Moss. 


1882. Proarcestes Boeckhi Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 157, tav. XLIV, fig. 4. 


1893. —  aff. Boeckhi Moss. Marrani. Opusc. cit., pag. 16. 
1895. — cfr. — Moss. Sanomon. Studien ueber die Marmolata, pag. 187, tav. VI, fig. 20, 21. 


Avvicino a questa specie alcuni esemplari del Monte Clapsavon, nessuno dei quali conserva la ca- 
mera d’abitazione. Il maggiore ” presenta un diametro massimo di mm. 95, il più piccolo solo di mm. 21. 
Si tratta per lo più di nuclei interni, su cui sono visibili in alcuni soltanto due solchi. Si conserva traccia 
dell’ epidermide, che è rugosa come quella del Proare. pannonicus Moss. Meglio che alle figure del Moysi- 
sovics gli esemplari da me osservati corrispondono a quelle della citata opera del SALOMON. 

Nessuno mi presentò allo scoperto la linea suturale. Moysisovics cita questa specie ad Esino, alla 
Marmolata, a Forno in Val di Fiemme e nella Selva Bakonia. 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo. — Esempl. 12. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Proarcestes esinensis Moss. — Tav. V [V], fig. 2,2a,d. 
1882. Proarcestes esinensis Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias Provina, pag. 158, Tav. XLV, fig. 1-5. 


Mi sono imbattuto in un solo esemplare, che mi paresse di poterlo riferire abbastanza con sicurezza 
alla specie sopra citata. Sebbene incompleto per mancare dei giri più esterni, pure per la forma com- 
plessiva, per la presenza, il numero e l’andamento dei solchi del nucleo e pei caratteri della linea su- 
turale corrisponde assai bene alla diagnosi ed alla descrizione del MoysIsovics. 

L'autore menziona questa specie in numerosissimi esemplari nel calcare d’ Esino e nel calcare rosso 
di Szt Antalfa nella Selva Bakonia. 

Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. 

G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Proarcestes esinensis Moss. var. carnicus mihi. — Tav. V [V], fig. 3,3a. 


1882. Proarcestes esinensis Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Proving, pag. 158, tav. XLV, fig. 1-5. 
1893. _- se MarIANI. Opuse. cit., pag. 16. 


A questa specie tanto comune nel calcare d’ Esino riferisco, distinguendoneli come varietà, tre esem- 
plari, di cui due quasi completi, ma pressochè ridotti allo stato di semplici nuclei interni. Su questi nel- 
l'ambito d’un giro si contano tre solchi press’ a poco tra loro equidistanti, leggermente piegati all’innanzi 
presso il margine dei fianchi e rettilinei sulla parte esterna. 


‘ Questo corrisponde perfettamente nel contorno all'Amm. Ausseanus HAUER, che lo STOPPANI figura a tav. 26, 
fig. 13 delle sue « Pétrifications d’ Esino » e che MoysIsovics nell'opera citata fonde col suo Proare. Boeckhi. 


[35] A. TOMMASI 35 


I fianchi sono leggermente rigonfi e la parte esterna abbastanza spaziata. I giri, piuttosto larghi ed 
a bocca bassa, differiscono da quelli della forma descritta da Moysisovics, che sono invece stretti ed a 
bocca alta. Per questa differenza specialmente ho separato dalla tipica forma d’Esino quella del Clapsavon, 
distinguendonela come una varietà. 

Lobi: Un lobo esterno profondo triforcato presso all’estremità dei suoi due rami — due lobi late- 
rali alti pressochè quanto il lobo esterno — quattro lobi ausiliari fuori del margine ombelicale : un quinto 
coincide con questo margine. 


DIMENSIONI 
Diametro . o . . 5 o . c . . - . È mm. 59 
Altezza dell’ ultimo giro . . 7 È ° . è . È c » 31 
Larghezza » » : 0 a ò . : s a a o DN29, 
Ampiezza dell’ombelico . 0 5 o ò ò 5 0 6 à DINO, 
Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso e grigio. — Esempl. 3. 


M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Proarcestes pannonicus Moss. 


1882. Proarcestes pannonicus Moysisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 159, tav. XLV, fig. 6,7. 
1893. _ Bramantei Moss. MARIANI. Opusc. cit., pag. 16. 


Dal calcare rosso del Monte Clapsavon Mossisovics trasse quattro esemplari di questa specie. Tra i 
fossili da me esaminati trovai tre Proarcestes incompleti, che piuttosto che ad altra specie vanno riferiti 
alla sopra citata. Ne differiscono lievemente per avere l’ultimo giro un po’ più largo (= mm. 52 invece 
di mm. 48) relativamente al diametro della conchiglia (= mm. 60) ed un po’ più ampio l’ ombelico (= mm. 7 
invece di mm. 5). 

Non potei vedere la linea dei lobi. 

Località: Monte Clapsavon “ sopra Geveada ,. 

Credo che a questa specie debbasi riferire anche il frammento, che MARIANI accostò all’ Arcestes 
Bramantei Moys. 

M. G. Univ. Pavia. G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Proarcestes Reyeri Moss. — Tav. V [V], fig. 4, 40, 5. 
1882. Proarcestes Reyeri Mossisovics. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 160, tav. XLV, fig. 9, 10. 


Per la forma complessiva, per la curvatura ad arco verso l’innanzi, che offre il solco anteriore del 
nucleo sulla parte esterna, per la presenza di due soltanto di questi solchi nell’ambito d’un giro e per 
le rughe epidermiche che dall’ombelico volgono obliquamente all'indietro sui lati per correr poi in linea 
retta sulla parte esterna gli esemplari del Monte Clapsavon somigliano abbastanza bene alla specie del 
Mossisovios sopra citata. Anche la linea suturale corrisponde con esattezza a quella figurata dal Moysr- 
sovics nell’opera che sopra ricordai. 

Tra la descrizione del Mossisovics e gli esemplari del Clapsavon sussiste solo qualche lieve diffe- 
renza nella rispettiva proporzione delle varie dimensioni e nel grado di curvatura del solco anteriore del 
nucleo, più pronunciato negli esemplari figurati dal Moysisovios provenienti dal marmo rosso del distretto 
di Pozoritta nella Bukovina (zona a Track. Aon). 


36 A. TOMMASI [36] 


DIMENSIONI 

Esempl. più piccolo Esempl. mediano 
Diametro Ò 0 . c ò A ò mm. 22,5 mm. 39 
Altezza dell'ultimo giro . 5 . o 0 » 11,5 » 18 
Larghezza » » . ; 6 0 » 23 » 38 
Ampiezza dell’ ombelico . o D . i DD, » 5 


Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo e (in) Ciana nel calcare rosso. — Esempl. 12. 
M. G. Univ. Pavia. 


Proarcestes Bramantei Moss. — Tav. V [V], fig. 6, 6a. 


1882. Proarcestes Bramantei Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 161, tav. XLVI, fig. 3-6. 


Tre esemplari, che ho riferiti a questa specie, corrispondono molto bene per le dimensioni, la forma, 
l’ornamentazione del guscio ed i caratteri della linea suturale alla descrizione ed alle figure del Mossi- 
sovics. In nessuno è conservata la bocca. 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo. 

M. G. Univ. Pavia. 


Proarcestes Ombonii n. sp. — Tav. V [V], fig. 7, 7a, d. 


Forma globosa, depressa, più larga che alta, ridotta presso che al semplice nucleo, con qualche lembo 

di guscio molto eroso. Sui lembi di guscio che rimangono si nota un rilievo trasversale, probabile traccia 

Fra. 5 — (2,). d’un cercine. Il nucleo è tutto concamerato. La 

linea suturale è curva e costituita da un lobo esterno 

provvisto d’una ben pronunciata gobba mediana, di 

due lobi laterali e di tre lobi ausiliari, di cui il 

terzo è tagliato circa a metà dal margine ombe- 

licale. I lobi sono assai ramificati e dentati. Le 
selle, ampie, terminano arrotondate. 


DIMENSIONI 

Diametro . . a a o È a 7 . È . : Ò mm. 49 
Altezza dell’ ultimo giro . : 6 È ò , di 5 5 o » 18 
Larghezza » ò - . . Ò 5 © ò " c » 55 
Ampiezza dell’ombelico . o 2 à ù ò ci D à . DU 


Questa forma somiglia assai nel suo aspetto al Proare. bdufo Moss. ed al Proare. tacitus Moss. dell’ Hall- 
statt. La linea suturale pel numero e la conformazione dei lobi e delle selle corrisponderebbe meglio 
a quella del Proarc. bicarinatus MUNST. sp. pure dell’ Hallstatt. (E. v. Moysisovios. Das Gebirge um Hall- 
statt, tav. 51, fig. 7 e 9, e tav. 53, fig. 32, pag. 102 e 104). 

Località: Sul Monte Clapsavon nel calcare rosso. 

M. G. Univ. Pavia. 


[37] A. TOMMASI 37 
Proarcestes Spallanzanii n. sp. — Tav. V [V], fig. 8,9, 94, 10. 


Forma a giri piuttosto stretti ed a bocca bassa, a parte esterna mediocremente larga e tondeg- 
giante, a fianchi discretamente rigonfi. 

Il guscio, in quegli esemplari nei quali è più o meno conservato, non presenta nè varici, nè sol- 
chi esterni, bensì delle rughe filiformi, sottili, un po’ ondulate, che irradiando dall’ombelico scorrono quasi 
rettilinee sui fianchi e sulla parte esterna: in qualche individuo si osservano anche delle pieghe leggere 
e flessuose irraggiare dall’ombelico e dirigersi verso la parte esterna senza raggiungerla. All’incontro 
sul nucleo si osserva qualche solco (di cui però non potei precisare 
il numero in un giro intiero) accennante alla presenza di varici sul- 
l’interno del guscio. I solchi, dove si osservano, s'incurvano un po” 
verso la bocca sui fianchi e corrono rettilinei sulla parte esterna. 

La linea dei lobi è un po’ ricurva all’avanti ed è costituita da 
un lobo esterno, da due lobi laterali e da tre ausiliari, di cui il 
terzo giace quasi per metà sul margine ombelicale. Il lobo esterno 
presenta una insenatura molto profonda e sovrasta in altezza a tutti 
gli altri, che gradatamente decrescono fino all’ultimo. I lobi non sono molto abbondantemente ramificati, 
le selle invece più frastagliate. 


Fia. 6 — (#/1). 


DIMENSIONI 

I II III 
Diametro . 3 5 - : . ò mm. 51 mm. 37 mm. 19 
Altezza dell’ultimo giro . 0 " x » 23 » 16,5 » 10 
Larghezza » » 5 : . : » 32 » 25 » 13 
Ampiezza dell’ombelico È È 6 : 26 » 4,5 n n2 


Questa specie somiglia abbastanza al Proare. subtridentinus Moss. ed anche al Proarc. esinensis M09s.; 
ma si distingue da entrambe sia pel diverso numero dei lobi ausiliari, sia per essere in essa più bassa 
quella parte dei giri, che corrisponderebbe alla bocca. 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo ed (in) Ciana nel calcare. 

M. G. Univ. Pavia. 


Proarcestes Paronai n. sp. — Tav. VI [VI], fig. 1, 1a. 


Conchiglia quasi tutta concamerata, disciforme, appiattita, a giri bassi, a fianchi pressochè pianeg- 
gianti, colla parte esterna leggermente convessa, separata dai fianchi mercè uno spigolo molto ottuso. 
Il guscio manca completamente. Sul nucleo nel circuito d’un giro si notano tre solchi abbastanza pro- 
nunciati che, partendo dall’ombelico e dirigendosi un po’ all’avanti, descrivono dapprima un leggero arco, 
la cui massima curvatura coincide collo spigolo della parte esterna, indi scorrono su questa incurvandosi 
leggermente all'indietro. 


38 A. TOMMASI [38] 


Lobi: La linea suturale conta un lobo esterno, due laterali e cinque ausiliari esterni al margine 
ombelicale: un piccolo sesto lobo si 


può scorgere sulla parete dell’ombelico. 
Il lobo esterno occupa quasi tutta la 


tan 
i parte esterna della conchiglia, è bi- 
partito da una insenatura abbastanza 
profonda e supera appena in altezza 
il primo lobo laterale. La sella esterna 


coincide collo spigolo ottuso ed è assai 
più frastagliata e molto più alta della prima sella laterale e delle susseguenti. 


Fia. 7 — (0/1). 


DIMENSIONI 

Diametro. a o 0 Ù b 0 ò . o ò . o mm. 42 

Altezza dell’ultimo giro . 0 . : . - ò b 4 5 » 21 

Larghezza >» » . c : . . o 3 . c . » 18 

Ampiezza dell’ ombelico . o c 5 9 c . ò . ò » 4 
Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 1. 


M. G. Univ. Pavia. 


Proarcestes Canavarii n. sp. — Tav. VI [VI], fig. 2, 24,d. 


Nell’abito esterno questa forma somiglia assai al Proare. Paronai, ma ne differisce per essere più 
rigonfia e per un minor numero di lobi ausiliari. I fianchi e la parte esterna sono più sentitamente in- 
curvati, più ottuso lo spigolo, che separa questa da quelli. Anche in questo individuo non rimane trac- 
cia del guscio e nell’ambito d’un giro si contano sul nucleo tre solchi, che hanno lo stesso andamento 
come nella specie precedente. Poco meno che metà 
della conchiglia è costituita dalla camera d’abitazione, 
che però è incompleta. 

Lobi: La lmea suturale è molto erosa; tuttavia 
vi si rileva un lobo esterno, due lobi laterali e 


Fia. 8 — (5/1). 


quattro ausiliari, di cui l’ultimo posa sul margine 
ombelicale. Il lobo esterno profondo quanto il primo 
laterale è bipartito, come nel Proarc. Paronai da una 
insenatura profonda: la sella esterna giace quasi per intiero sulla parte esterna per modo che in questa 
specie è il primo lobo laterale quello che coincide collo spigolo della conchiglia. 


DIMENSIONI 
Diametro . c 5 + o 5 : 0 o . 3 . . mm. 39 
Altezza dell'ultimo giro . o 6 : x È 1 2 7 3 » 20 
Larghezza » » 0 & . 3 ò © o . c 6 » 22 
Ampiezza dell’ombelico . > = c c : 5 o : . >» 4 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 1. 


M. G. Univ. Pavia. 


[39] A. TOMMASI 39 


Proarcestes lupinus n. sp. — Tav. VI [VI], fig. 3,30,d. 


Piccola forma discretamente rigonfia a parte esterna attondata ed a fianchi sentitamente incurvati. 
Il guscio, in parte conservato, è sottile ed affatto liscio senza solchi nè rughe. Quanto rimane della con- 
chiglia è tutto concamerato laonde restano sconosciute le dimensioni dell'individuo completo. 

Lobi: La linea suturale conta un lobo esterno, due laterali e cinque ausiliari di cui il quinto coin- 
cide col margine ombelicale. I lobi sono pochissimo ramificati e le selle al minimo frastagliate. 


DIMENSIONI 

Diametro . . . . ò ò c ò o c . 0 mm. 16 
Altezza dell'ultimo giro 7 6 . 6 6 5 6 0 o » 8,5 
Larghezza ” Do ò 0 6 5 ò . 5 . 0 » 10 
Ampiezza dell’ombelico 6 o 5 5 < a : c ò DIMARO 


Località: A S. Osvaldo sul Clapsavon nel calcare rosso. — Esempl. 1. 
M. G. Univ. Pavia. 


Aegoceratidae Neumayr (emen. Zirtet). 


Gen. Gymnites Moss. 


Gymnites incultus (Bevyr.) Moss. — Tav. VI [VI], fig. 4, 4a. 


1882. Gymmites incultus (BeyR.) Mossisovies. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 233, tav. LIV, fig. 1-3. 
1888. — —  (Beyr.) Hauer. Cephal. v. Han Bulog, pag. 34. 


L’esemplare che ho riferito a questa specie è incompleto ma concamerato fino al suo termine. La 
conchiglia ha giri abbraccianti fin quasi alla metà, parte esterna arrotondata e stretta, fianchi legger- 
mente convessi. Il margine ombelicale è tondeggiante, erta la parete dell’ombelico ma piuttosto bassa. 
Essendo il guscio alquanto eroso, non è visibile alcuna sorta di ornamentazione. 

La linea suturale, quasi intieramente allo scoperto, corrisponde bene a quella figurata dal MoysIsovios: 
il primo ed il secondo lobo laterale sono molto ramificati e le ramificazioni son ricche di denti: i lobi ausi- 
liari sommano a cinque e sono disposti su una linea assai inclinata. Il lobo esterno occupa tutta la lar- 
ghezza della parte esterna. 


DIMENSIONI 

Diametro . 5 * . - : ò 5 o Ò o - È mm. 74 
Altezza dell'ultimo giro . a 5 c . ° x ò : 6 » 28 
Larghezza » I O 5 c 2 l : . 5 . 9 » 16 
Ampiezza dell’ombelico . 9 - - 7 . _ È 0 ; » 31 


Quest’ esemplare presenta una forte rassomiglianza colla specie descritta dal Moysisovics e colla 
fig. 2° della sua tavola citata; non v'è tra i due perfetta identità, perchè l'esemplare carnico è un po’ più 
compresso e di conseguenza ha anche l’ ombelico un po’ meno profondo. 

Il Mossisovics cita questa specie nella zona a Cer. trinodosus di Reutte nel Tirolo settentrionale e 
nel marmo rosso della Schreyer-Alpe (Gosau). L’ Hauer la menziona tra i cefalopodi del Muschelkalk 
di Han Bulog. 

Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. 

M. G. Univ. Pavia. 


40 A. TOMMASI [40] 


Gymnites Palmai Moss. 


1882. Gymmites Palmai Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provint, pag. 234, tav. LVII, fig. 1,2 e 
tav. LVIII. 


Riferisco con dubbio a questa specie un frammento dell’ultimo e del penultimo giro d’un grosso 
individuo, che completo doveva misurare circa mm. 230 di diametro. È una forma coi giri ad acerescimento 
lento, stretti, leggermente incurvati e colla parte esterna tondeggiante ma piuttosto angusta. Presso al 
margine ombelicale traggono origine delle grosse pieghe, che giungono fino alla parte esterna e tanto 
più s'allargano quanto più si avvicinano a questa: se ne contano otto su un tratto di mm. 150 di 
lunghezza. 

Dei lobi nessuna traccia. 


DIMENSIONI 

Diametro . 0 . a ò 0 Ò e c o . o .  mm.230 
Altezza dell’ ultimo giro . Ò ò 0 6 o o 6 ” 1 » 80 
Larghezza » » 6 . 0 5 o E o 0 . 0 » 47 
Ampiezza dell’ombelico . : . o ò 0 o 0 0 6 » 105? 


Di fronte all'individuo figurato dal Moysisovics a tav. LVITI l'esemplare del Clapsavon presenta una 
parte esterna più stretta e le pieghe dei fianchi più tozze. 

Mossisovics cita questa specie dalla zona a Cer. trinodosus della Schreyer-Alp (Gosau). 

Località: Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. — Esempl. 2. 

M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Gymnites Credneri Moss. 


1882. Gymmnites Credneri Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinz, pag. 237, tav. LIX, fig. 1-3. 
1893. — — Moss. Mariani. Opuse. cit., pag. 16. 


Ho riferito a questa specie cinque esemplari incompleti e molto erosi, che dei caratteri citati nella 
diagnosi del Moysisovics presentano la notevole evoluzione dei giri esterni, la tendenza della conchiglia 
ad assumere contorno obliquamente ellittico, l’appiattimento e l'altezza dei giri del nucleo, l’arrotonda- 
mento e la strettezza della parte esterna. Dei nodi che ornavano i fianchi è appena visibile qualche 
traccia in causa dell'avanzata erosione degli esemplari. 

La linea dei lobi corrisponde abbastanza esattamente pel suo andamento, pel numero e la forma dei 
lobi e delle selle a quella descritta e figurata dal MoysIsovics. 

Anche le dimensioni combinano, poichè uno degli esemplari da me esaminati è quasi eguale a quello 
che Moysisovics riprodusse nella tav. LIX, fig. 1. Un altro esemplare, il meno incompleto, è anche più 
grande, misurando un diametro massimo di mm. 175. 


DIMENSIONI 
Diametro . l . c o o c o ‘ c . _ .  mm.150? 
Altezza dell’ ultimo giro . Ò c c . o o ° © . » 67 
Larghezza » Pane: c - . È È " n o È » 28 


Ampiezza dell’ombelico . 0 . . " o a . c - » 34 


41 A. TOMMASI 41 
[41] 


Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare rosso. 
Anche Moysisovics cita questa specie solo nel Clapsavon. 
M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Gymnites Moelleri Moss. 


1882. Gymmnites Moelleri Mossisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 237, tav. LX, fig. 1,2. 
1893. — — Marani. Opuse. cit., pag. 16. 


Il Moysisovics cita quattro esemplari di questa specie caratterizzata da una doppia fila di nodi ottusi 
e rotondi sui fianchi dei giri esterni. L'unica località da cui provennero è il Monte Clapsavon. Nel mate- 
riale da me raccolto a S. Osvaldo figura un esemplare incompleto, in cui è solo conservata una porzione 
dell’ultimo giro ma sono visibili la doppia serie di nodi e la linea lobale. 

M. G. Univ. Pavia. 


Gymnites Ecki Moss. 


1882. Gymmites Ecki Moysisovios. Die Cephal. d. medit. Trias-Provinx, pag. 238, tav. LX, fig. 3. 

1893. = — Moss. Marrani. Opusc. cit., pag. 16. 

1895. — — Moss. Saromon. Studien veber die Marmolata, pag. 191, tav. VII, fig. 10-14; tav. 
VAUOE bit:g ale 


Anche questa specie, che sulla metà dei fianchi presenta una semplice fila di nodetti un po’ allungati, 
fu raccolta dal suo autore nel calcare rosso del Monte Clapsavon. Io ne trovai un esemplare incompleto 
ma più grande di quelli figurati dal MoysIsovies e da SALomon, poichè misura un diametro massimo di 
mm. 120 e mm. 48 d’altezza per l’ultimo giro. Non vi si scorgono nè le strie d’accrescimento, nè la 
linea dei lobi. 

Moysisoviocs ne trovò sul Clapsavon un solo esemplare. SALomon ne raccolse 15 alla Marmolata. 

M. G. Univ. Pavia. 


Gymnites Raphaelis Zoja n. sp. — Tav. VI, fig. 5, 5a; 6, Ga. 


Conchiglia con giri numerosi, a lento accrescimento, abbraccianti il giro precedente solo per un terzo 
della sua altezza. La parte esterna è arrotondata e piuttosto stretta, i fianchi quasi pianeggianti. L’om- 
belico è discretamente largo e profondo, il margine ombelicale tondeggiante, la parete ombelicale quasi 
a perpendicolo sul giro precedente e relativamente alta. 

Già a cominciare dal penultimo giro si scorgono, sotto certe incidenze di luce, tanto sul guscio quanto 
sul nucleo delle pieghe molto larghe e basse, che partendo dal margine ombelicale scompajono verso la 


metà dei fianchi, come si osserva nel Gymmn. Humboldti Moss. 


i) Dedico questa specie alla cara memoria dell’amico e collega dott. RAaFFARLLO Zoza rapito alla scienza, ai 
parenti ed agli amici, insieme col fratello ALFONSO, il 26 settembre 1896 sul Monte Gridone in Val Vigezzo da una 
tormenta. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 6 


42 A. TOMMASI [42] 


Lobi: La linea suturale è allo scoperto tanto presso il principio quanto presso il termine del giro 
più esterno. Il lobo esterno, che occupa tutta la larghezza del dorso, è alto quasi la metà del primo 
lobo laterale: la sella esterna è poco meno alta della prima sella laterale e appena più alta della se- 
conda laterale: le selle ausiliari sono semplici. Il primo lobo laterale è molto ramificato e sui rami 
sono numerose le dentature; è assai meno ramificato e dentellato il secondo lobo laterale: i lobi ausiliari 
sono quattro ed appena dentati presso l’estremità. Questa linea suturale somiglia parecchio a quella del 
Gymn. Humboldti Moss. ma se ne distingue specialmente per essere le selle principali più strette e re- 
lativamente più profonde, la sella esterna un po’ più alta della seconda laterale, non biforcate le selle 


ausiliari e non ramificati i lobi ausiliari. 


DIMENSIONI 
Diametro . 7 A i 4 + a ò ò 5 1 5 n mm. 83 
Altezza 3 3 È o 3 7 h 7 x 7 4 5 È » 30 
Larghezza 6 . 7 » 22 
Ampiezza dell’ombelico . : ; : : 3 5 È 5 ; » 34 
Località: Monte Clapsavon e (in) Ciana nel calcare rosso. — Esempl. 3. 


M. G. Univ. Pavia. — G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Dibranchiata. 


Belemnoidea. 


Belemnitidae BLamv. 


Gen. Aulacoceras Hauer. 


Aulacoceras Taramellii n. sp. — Tav. VII [VII], fig. 1, 1a. 


Fragmocono a contorno ellittico con un angolo di divergenza di circa 21° nel senso del massimo dia- 
metro. È ancora conservato qualche lembo di guscio, che mostra delle strie longitudinali sottilissime ap- 
pena avvertibili ad occhio nudo, tra loro inequidistanti, non incrociate da alcuna stria trasversale. 

I setti sono piuttosto vicini: la distanza che li separa è di circa mm.7 ed eguale al terzo, o poco 
più, del diametro della camera inferiore. Il loro andamento sulla superficie del fragmocono è quasi ret- 
tilineo. Il sifone è molto stretto ed affatto marginale. 

Questa specie somiglia all’Aul. inducens Moys., con cui l’autore identifica l’Awl. (Orthoceras) reticu- 
latum HAUER, che StoPPANI raccolse ad Esino (A. StoPPANI. Les Pétrifications d’ Esino, tav. 24, fig. 7, 8), ma 
se ne distingue per l’angolo di divergenza molto maggiore. Somiglia forse ancora di più, per la forma 
complessiva all’Aul. ellipticum Moys. (Moysisovics. Ueber das Belemnitiden Geschlecht Aulacoceras HAUER. 
Jahrb. A. k.-k. geol. Reichsanstalt, XXI Bd., 1871, pag. 55, tav. II, fig. 9), ma ne differisce principalmente 
per la maggior distanza dei setti (= mm.7 nella mia specie — mm. 4-5 nella specie del MoysIsovics). 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. 

M. G. Univ. Pavia. 


[43] A. TOMMASI 43 


Gen. Atractites Giuwxs. (emend. Moss.). 


Atractites obeliscus Moss. 


1882. Atractites obeliscus Moss. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 299, tav. XCIII, fig. 14. 
1893. — — — Moss. Marrani. Opuse. cit., pag. 17. 


Il Mossisovics cita 6 esemplari di questa specie nel calcare grigio della Val di Cino presso Esino 
e ne menziona 5 nel calcare rosso del Monte Clapsavon. La rammenta anche nella zona a Cer. trinodosus 
della Schreyer-Alp presso Gosau. Nel materiale da me studiato non riscontrai alcun esemplare da potervi 
essere riferito con sicurezza. 


?Atractites Boeckhi (Sriirz.) Moss. 


1876. Orth. Boeckhi Srirzenpaua. Adatolk a Bakony Ceratites Reitzi-svint faundjanak ismeretéhex. Foldtani 
kòzloni, pag. 254, tav. IV, fig. 1. 

1882. Atractites Boeckhi (Stirz.) Moss. Die Cephal. d. medit. Trias-Provina, pag. 302, tav. XCIII, fig. 12,13. 

1893. _ — Moss. Marrani. Opuse. cit., pag. 17. 

1895. —_ —  Striirz. sp. SaLomon. Studien veber die Marmolata, pag. 196. 


Tre frammenti di fragmocono mi parve che si accostassero meglio a questa che ad altra specie, sia 
pel loro contorno ellittico, sia per l’angolo di divergenza, che nella specie descritta da MoysIsovics è di 
6° nel senso del diametro maggiore e di 10° nel senso del diametro minore, mentre negli esemplari del 
Clapsavon è rispettivamente di 6° e di 12°. È perciò un poco differente anche il rapporto tra i due dia- 
metri. Questi nell’Are. Boeckhi stanno come 17:21 e negli esemplari del Clapsavon come 21,5 :23. 

La distanza intersettale è un po’ maggiore che negli esemplari descritti da MoysIsovIos. 

Dubito molto che l’Atr. Boeckhi citato da MARIANI appartenga proprio a questa specie. 

Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. 

M. G. Univ. Pavia. — G.S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Atractites ladinus SaLox. — Tav. VII [VII], fig. 2, 2a, 5, 3. 
1895. Atractites ladinus W. Sacomon. Studien ueber die Marmolata, pag. 194, tav. VIII, fig. 5, 6. 


Ho riferito a questa specie due frammenti di fragmocono, che pel valore dell'angolo di divergenza 
(=149-12°), per la distanza intersettale (minore della metà del diametro più piccolo della camera pre- 
cedente), per la figura ellittica della sezione trasversa e per il rapporto tra il diametro maggiore ed il 
minore (= 9:10) concordano perfettamente colla diagnosi di SaLomon. In uno degli esemplari ho anche 
potuto rilevare le traccie del sifone, che, a quanto pare, non era visibile nei frammenti studiati dal- 
l’egregio mio collega. Esso è affatto marginale e piuttosto angusto: appena sotto al setto si allarga gra- 
datamente ad imbuto fino a poco più d’un terzo dell’altezza della camera, indi si restringe di nuovo 
per raggiungere sotto forma d’un tubetto cilindrico il setto soggiacente. 

La superficie degli esemplari era troppo erosa per lasciarmi scorgere qualsiasi traccia d’ornamentazione. 

Località: Monte Clapsavon nel calcare rosso. — Esempl. 2. 

SALOMON trovò questa specie nel versante Nord della Marmolata. 

M. G. Univ. Pavia. 


Ad A. TOMMASI [44] 


Atractites Bacchilidis n. sp. — Tav. VII |VII], fig. 4, 40, db. 


Sezione trasversale di figura subrotonda, poichè il diametro minore è di mm. 17 ed il maggiore tocca 
mm. 18, quindi i due diametri starebbero tra loro come 94,5 :100. La distanza intersettale è di poco 
minore della metà del diametro inferiore della camera precedente. Sull’ esemplare, che tocca una lun- 
ghezza massima di mm. 40, non si contano che cinque setti. I due angoli di divergenza differiscono poco 
tra di loro, essendo l’uno di 9° l’altro di 10°. Il sifone è affatto marginale. Nessuna traccia del guscio. 
I setti delle camere descrivono delle selle assai poco concave sulle parti dorsale e ventrale, mentre sui 
fianchi formano dei lobi insensibilmente convessi. 

Questa specie ha molta somiglianza coll’ Atr. subrotundus SALOMON (vedi: SALomoN. Op. cit., pag. 195, 
tav. VIII, fig. 10, 11); ma ne differisce per la minore ampiezza degli angoli di divergenza (= 9°:10° in 
confronto di 10°: 11°) e per la maggiore distanza intersettale, poichè, mentre nell’esemplare cui SALOMON 
si riferisce, su una lunghezza di mm. 36 si notano dieci setti, nel nostro su una lunghezza di mm. 40 
non se ne contano che cinque. 

La nostra specie presenterebbe una rassomiglianza ancora maggiore coll’ Atr. tenuirostris HAUER del 
Muschelkalk di Han Bulog (vedi: HavER. Op. cit., pag. 6. tav. I, fig. 3, 1888), col quale sarei tentato di 
identificarla, se non sussistessero tra le due forme ancora delle piccole differenze nell’angolo di diver- 
genza e nell’altezza delle camere e se il frammento non fosse troppo incompleto per non rendere ecces- 
sivamente arrischiata tale identificazione. 

Località: Sul Monte Clapsavon nel calcare rosso. — Esempl. 1. 

M. G. Univ. Pavia. 


Atractites Isseli n. sp. — Tav. VII [VII], fig. 5, 5a, d. 


Fragmocono a contorno ellittico. Il diametro minore sta al maggiore come 87 :100. L'angolo di di- 
vergenza nel senso del diametro maggiore misura 22°,5, nel senso del diametro minore tocca 21°. La 
distanza intersettale è appena di mm. 5 e circa un quarto del piccolo diametro inferiore della camera 
precedente. I setti descrivono delle deboli selle sulla parte dorsale e ventrale e dei bassi lobi sui fianchi. 

L'intervallo interposto tra i setti è in apparenza bipartito da una linea di cui non mostrasi traccia 
sulla superficie esterna delle camere nemmeno dopo la levigatura. 

Il sifone è marginale: stretto, quando attraversa il setto, si allarga appena sotto di questo, raggiunge 
la sua massima larghezza a circa un terzo dell'altezza della camera poi si restringe di nuovo nei due 
terzi inferiori. 

Il guscio dove non è eroso è troppo incrostato per lasciar vedere alcuna sorta d’ornamentazione. 

Località: Monte Clapsavon “ sopra Geveada , nel calcare rosso. — Esempl. 1. 

G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Atractites Osvaldi n. sp. — Tav. VII [VII], fig. 6. 


Fragmocono a contorno subcircolare con un angolo di divergenza di 12°. La distanza intersettale è 
di circa mm. 7 ed è minore della metà del diametro inferiore della camera precedente. Su una lunghezza 
di mm. 47 si contano sette camere. Le linee settali formano sulla parte dorsale e ventrale delle selle 


[45] A. TOMMASI 45 


assai deboli e dei lobi molto leggeri sui fianchi. Il contorno diviene tanto più distintamente ellittico 
quanto più ci si appressa alle prime camere. Non si scorge traccia alcuna del sifone. 

Località: Sul Monte Clapsavon a S. Osvaldo nel calcare grigio. — Esempl. 2. 

M. G. Univ. Pavia. 


Atractites sp. — Tav. VII [VII], fig. 7, 7a. 


Due frammenti, d’una forma molto sviluppata, che appartenevano forse allo stesso individuo. L’an- 
golo di divergenza è di circa 21°. La distanza intersettale è un terzo del diametro mediano della camera 
precedente: la figura della sezione trasversale è debolmente ellittica. 

Località: Sul Monte Clapsavon nel calcare rosso. — Esempl. 2. 


G. S. n. R. Ist. tecn. Udine. 


Segue il quadro corologico delle specie. 


del 
Muschelkalk alpino 


46 A. TOMMASI [46] 
Z Raccolte dal Aggiunte dal Aggiunte 
= NOME DELLE SPECIE MOJSISOVICS | MARIANI dall'AUTORE 
E già note | nuove | già note! nuove | già ve nuove 
1 Diplopora herculea SroPP. sp. 0 - 
2 » annulata SCHAFH. + 
3 Rotalia Clapsavonii Mar. + | 
4 | Pulvinulina sp. MAR. + 
5 | Anomalina sp. Mar. 4 
6 Truncatulina lobatula WALK et JACOB sp. + 
T | Discorbina? sp. Mar. < 
8 Polymorphina sp. MAR. + 
9 | Cristellaria Clapsavonii MAR. 7 + 
10 | Marginulina sp. MAR. + 
11 | Nodosaria radicula Lux. + 
12 » ambigua Neue. var. annulata Tare. et BERTH. + 
13 » crassa MAR. Sb 
14 » parva Mar. ale 
15 | Lagena globosa? Mont. sp. Sio 
16 » laevis MONT. Sp. + 
17 | Bolivina (?) brevis MAR. 1 SE 
18 Textularia sp. MAR. Dia 
19 Cornuspira cfr. pachygira GimB. + 
20 Thecosmilia badiotica FRECH sp. SE 
21 Encrinus granulosus MUNST. L 
22 » nov. form. indet. Tomm. + 
23 Spirigera marmorea BITTN. ES LE 
24 | ERhynchonella cfr. retractifrons BITTN. + —_ 
25 » cfr. dilatata SuESS + 
26 » Sp. ZI 
27 Lima (Plagiostoma) subpunctata D'ORB. + À 
28 » cfr. subquadrata STOPP. . + 
29 Pecten (Chlamis) concentrice-striatus HORN. + 
30 » fenvicostatus HORN. - 
d1 Halobia cfr. lineata MUNST. sp. + 
32 » (Daonella) Lommelii WISSM. sp. 
33 » » Moussoni MERIAN sp. 
34 Posidonomya wengensis WISSM. sp. 


ì 
ì 
I) 
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H 
i 


tar] 


A. TOMMASI 47 


del 
Muschelkalk di Bosnia 


della Schreyer-Alp 
pr. Hallstatt 


Della Zona a 


fasi 
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= = = 
de a © SI ts 
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#5 —T = ai = esi = 8 
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i ta=] (DI 2 | Ga PSI SISSI 
CS) La = Adi SI Sca 
= = ES ci = ® 
(72) 5) 5 x 
i N 
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= DIO = => NOn e 200 
DOO DOO mi see DO DIO) DICO 
DION DIO DIO DIO DIO DIOE DICO 
PIENO] DICO sa DICO DIO se 0 
DIO DICO DIDO ‘0a eee DICO) DICO 
DICO) see sea 200 DIO ‘0 DICO) 
DICO sas DIO 200 DIO 0. sai 
PICO DIGO DO TICA sei DIGO PAESE 
| 
DICO se DICO DOO NO PICO DICSCI 
DIES DICO sea III 200 sera DICNEI 
DICO 00 DICSEÌ . 56 DICSO IO 
DICO DIGO MICNCI NO DO Do DICO 
DICCI . ca ‘e . Do 
DO DIO ‘a DIOIO . . MICA 
sa . Î . 
DIGO . | 
| 
| 
Î 
Î 
DIO . | . 


Osservazioni 


Aonoides 


Trachyceras 
Archelaus 
Trachyceras 
Aon 
Trachyceras 


db doo ... | Nel Trias superiore. 
od doo Rod Dal Carbonifero all'attuale. 
DAÒ D60 0.60 Dal Paleozoico all'attuale. 
divo dna 500 Del Lias. 

Bg 500 Anche nel Lias di Nese. 


st Io 406 Del Lias. 


ce = Nel Paleozoico — nel Raibliano di Carnia. 


SE — | Anche nel Raibliano di Lombardia. 


Ss | 
| 

ECO 
| 

SA e 


48 A. TOMMASI [48] 
Z Raccolte dal Aggiunte dal Aggiunte 
= NOME DELLE SPECIE MOJSISOVICS | MARIANI | dal’AurORE 
G già note | nuove |già note | nuove | già note | nuove 
35 Mysidioptera Kittli BirTx. + 
36 Nucula cfr. trigonella STOPP. + 
37 | Megalodon sp. Mar. SP 
38 Loxonema turritelliformis KuIPST. Sp. ? + 
39 Chemnitzia cfr. longissima MUNST. sp. -* 

40 » sp. Mar. SP 

41 | Orthoceras multilabiatum HAUER 3F 
42 » campanile Mo0gs. . Sp 
43 » politum Krpsr. "la 

44 » Mojsisoviesi SALOM. 3} 
45 | Pleuronautilus auriculatus HAUER sla 
46 | Nautilus subcarolinus Moss. 3 
47 » evolutus Moys. lu 
48 » cfr. longobardicus Moss. il 

49 Pinacoceras nov. form. indet. ex aff. P. Damesi Mogs. E 

50 | Meekoceras Emmerichi Moys. + 

dI Dinarites Misanii Moys. + 

52 Ceratites Sturi MoJs. + 

55 Arpadites Arpadis Moys. var. carnicus Tomm. . i 
54 Protrachyceras doleriticum Mogs. + 

55 » julium M0Js. + 

56 » Richthofeni Moss. . n 

57 » cfr. Sturzenbaumi Mo0ys. + 
58 » sp. aff. Protr. Neumayri Moss. ala 
59 » clapsavonum Moys. + 

60 » nov. sp. indet. Moys. + 

61 » cfr. recubariense MoJs. # 
62 » Gredleri Moygs. + 

63 » Archelaus LAUBE + 
64 » pseudo-Archelaus BOECKH + 

65 » Capellinii TommM. . 5 o È D “È 
66 Sturia semiarata M03s. + 

67 » Sansovinii MoJs. + 
68 » forojulensis Moys. SL 


del 
Muschelkalk alpino 


st RRDENTNET 


Muschelkalk di Bosnia 


della Schreyer-Alp 


Dr. Hallstatt 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


del 
Wettersteinkalk 


A. 


TOMMASI 


49 


S S = = Della Zona a 
= Lei = "> 
STE |EME|E ERRE 
= = 23 Eos 2 ° _-_ i i 
ss |S5 s3s|== = Sî| 3, |882 Osservazioni 
= Sy Bo DS SIA 
ses i S| SS |SÎ2 
= G3) Ss S es è SSs 
Sa TE È s I | È SS 
5 N & Si 
= —_ — O tO _ È 
sa YO Anche nel cale. nero sch.a Daon. di Prezzo 
a hi; i È n. Giudice. e di Val Palud. pr. Schilpario. 
7 _ b Anche a Prezzo nelle Giudicarie. 
DE DE = = Anche negli schisti neri a Daon. di Corvara. 
, Nei pressi di Recoaro e di Tretto — al M. Ci- 
slon pr. Egna — a Prezzo nelle Giudicarie. 
= —_ Anche a Corvara nel cale. nero a Daonela. 


A. TOMMASI 


50 
= NOME DELLE SPECIE 
E 
69 Procladiscites Griesbachi M03s. 
70 » macilentus HAUER 
Tal » Rodostoma Tomm. 
72 » Pantanellii Tomm. 
73 » [Sturia? (Pinacoceras? )] gracilis HAUER 
T4 Megaphyllites obolus M0IS. 
75 Monophyllites wengensis KLIPST. sp. 
76 Proarcestes subtridentinus MogJs. 
1 » cfr. Boeckhi Moys. 
18 » esinensis Moys. 
79 » » var. carnicus Tomm. 
80 » pannonicus Moys. 
81 » Reyeri Mogs. 
82 » Bramantei Mo7s. 
83 » Ombonii Tomm. 
84 » Spallanzanii Tomm. 
85 » Paronai Tomm. 
86 » Canavarii Tomm. 
87 » lupinus Tomm. 
88 Gymnites incultus (BevRr.) M07s. 
89 » Palmai Mogs 
90 » Credneri Moygs. 
91 » Moelleri M0JS. 
92 » Ecki Moys. 
93 » Raphaelis Zoja ToMmM. 
94 Aulacoceras Taramellii Tomm. 
95 Atractites obeliscus M0Js. 
96 » Boeckhi (SrUrz.) Mogs.? . 
97 » ladinus SALOM. 
98 » Bacchilidis Tomm. 
99 » Isseli ToMmm. 
100 » Osvaldi Tomm. 
101 » sp. Tomm. 


[50] 


Raccolte dal Aggiunte dal Aggiunte s 
MOJSISOVICS | MARIANI | dal’AUTORE = 
già note | nuove | già note | nuove | già note | nuove z 
SI 
+ 
+ 
IL 
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A 
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51 


TOMMASI 


A. 


[51] 


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19p 


52 A. TOMMASI [52] 


CONCLUSIONI 


Come appare dall’ elenco delle specie, che ho fatto precedere, lo studio da me compiuto sulle reliquie 
fossili di S. Osvaldo e Ciana portò l'aggiunta di 41 forme a quelle già rese note dai lavori del dott. v. 
Mossisovics e del prof. E. MARIANI, elevandone a 101 il numero complessivo. 

Tolte le due alghe calcari, che da sole stanno a rappresentare la flora, la fauna è composta di 99 
specie ripartite su 45 generi. In essa figurano i tipi dei Protozoi, dei Celenterati, degli Echinodermi, 
dei Molluscoidi e dei Molluschi. 

I Protozoi sono rappresentati dalla sola classe dei Rizopodi coll’ordine dei Foraminiferi, che conta 
17 specie distribuite su 13 generi; mentre con una sola specie, della classe degli Antozoi (Polipi), si mo- 
stra il tipo dei Celenterati. Gli Echinodermi entrano in lista colla classe dei Crinoidi, un solo genere e 
due specie. I Molluscoidi figurano colla classe dei Brachiopodi assai scarsamente rappresentata da quattro 
specie riferite a due generi. La più bella mostra la fa il tipo dei Molluschi con 75 specie, delle quali 
11 appartengono, con 7 generi, alla classe dei Lamellibranchi, 3 a quella dei Gasteropodi, e 61, ripartite 
su 19 generi, alla classe dei Cefalopodi. Quindi i tre quinti della fauna sono costituiti da cefalopodi: 
fatto codesto che in parte giustifica la denominazione di calcare rosso a cefalopodi data dallo STUR e da 
altri autori, dopo di lui, al calcare, in prevalenza rossastro, che racchiude quelle reliquie. È una fauna 
che prosperava in un mare libero, ospite di un atollo, sulla cui scarpa e nelle cui insenature si depone- 
vano sedimenti sottili. 

Delle 23 specie illustrate dal MoysIsovics 11 erano di già note; tra le 37 aggiunte dal MARIANI le 
note sono 23: delle 41 da me determinate già se ne conoscevano 24. Quindi su un complesso di 101 
specie quelle anche prima note in altre località e spettanti ad orizzonti di già fissati sommano a 58, 
cioè a poco più della metà. Tuttavia questo numero mi sembra sufficiente a rendere attendibile un con- 
fronto della Fauna ” del Clapsavon con quella di altre località per dedurne l’età od il piano, a cuii cal- 
cari rosso-grigi, che la racchiudono, devono essere assegnati. 

La nostra fauna ha specie che si trovano anche nel Muschelkalk alpino e di Bosnia; nella fauna 
della Schreyer-alp presso Hallstatt; nel calcare di Wetterstein; negli strati di Wengen; nel calcare d’ Esino; 
in quello della Marmolata; in quello d’ Hallstatt, nel S. Cassiano; nella fauna raibliana. 

In fatti ha in comune le seguenti specie: 


— col Muschelkalk alpino (specie N. 10): 


Spirigera marmorea Birtn. — Ehynchonella cfr. retractifrons Birtn. — Nautilus subearolinus Moss. — Pi- 
nacoceras nov. form. indet. ex aff. P. Damesi Moss. — Sturia Sansovimi Moss. — Gymnites Palmai Moss. -- 
Gymnites incultus (Beyr.) Moss. — Proarcestes Bramantei Moss. — Atractites obeliscus Moss. — Atractites Boeckhi 


(Srirz.) Moss. 


— col Muschelkalk di Bosnia (specie N. 10): 


Spirigera marmorea Birtn. — Rhynchonella cfr. retractifrons Broon. — Mysidioptera Kittli Brrrn. — Ortho- 
ceras multilabiatum Hauer — Orthoceras campanile Moss. — Pleuronautilus auriculatus HAauER — Nautilus sub- 


i‘) Considerato che la flora non é rappresentata che da due sole specie, mi si permetta d’intendere col vocabolo 
fauna il complesso dei fossili determinati nei calcari rosso-grigi. 


[53] A. TOMMASI 53 


carolinus Moss. — Procladiscites macilentus HauER —- Pr.? [Sturia? (Pinacoceras?)] gracilis HateR — Gymnites 
incultus (BeyRr.) Moss. 


— colla fauna della Schreyer-Alp (specie N. 9): 


Rhynchonella cfr. retractifrons Brrrn. — Orthoceras campanile Moss. — Nautilus subcarolinus Moss. — Sturia 
Sansovinii Moss. — Proarcestes Bramantei Moss. — Gymnites incultus (BeyR.) Moss. — Gymnites Palmai Moss. — 
Atractites obeliscus Moss. — Atractites Boeckhi (Stirz.) Moss. 


— colla fauna del Wettersteinkalk (specie N. 4): 


Diplopora herculea Store. — Halobia Lommeli Wissx. -- Sturia semiarata Moss. — Megaphyllites obolus 
Moss. 


— colla fauna degli strati di Wengen (specie N. 6). 


Halobia Lommeli Wissx. — Posidonomya wengensis Wissx. — Orthoceras campanile Moss. — Protrachyceras 
Archelaus Lause — Megaphyllites obolus Moss. — Monophyllites wengensis Krmest. sp. 


— colla fauna del calcare -d’Esino (specie N. 15): 


Diplopora herculea Stoprp. — Diplopora annulata Scaara. — Lima cfr. subquadrata Storr. — Halobia Lom- 
meli Wissu. — Posidonomya wengensis Wissx. — Nucula cfr. trigonella Srorr. — Chemnitzia cfr. longissima 
Miinst. — Orthoceras campanile Moss. — Nautilus cfr. longobardicus Moss. — Protrackyceras pseudo-Archelaus 
BoectkH — Megaphyllites obolus Moss. — Monophyllites wengensis Kriesr. — Prourcestes subtridentinus Moss. — 
Pr. esinensis Moss. — Atractites obeliseus Mo03s. 


— colla fauna del calcare della Marmolata (specie N. 15): 


Diplopora herculea Storr. — Spirigera marmorea Brrrn. — Lima (Plagiostoma) subpunetata D’ Ore. — Ha- 
lobia Lommeli Wissx. — Orthoceras campanile Moss. — Orthoceras Mojsisoviesi SaLom. — Dinarites Misanii 
Moss. — Protrachyceras Archelaus LauBe — Sturia forojuliensis Moss. — Megaphyllites obolus Moss. — Monophyl- 
lites wengensis Kuipst. — Proarcestes cfr. Boeckhi Moss. — Gymnates Ecki Moss. — Atractites Boeckhi (Stiirz.) 
Moss. — Atractites ladinus Sarom. 


TAG 


— colla fauna del calcare d’Hallstatt (specie N. 5): 


Pecten (Chlamys) concentrice-striatus Hòrn. — Pecten tenuicostatus Hòrx. — Halobia cfr. lineata Minst. — 
Halobia Lommeli Wissa. — Nautilus evolutus Moss. 


— colla fauna del S. Cassiano (specie N. 12). 


Cornuspira cfr. pachygyra Gis. — Thecosmilia badiotica Freca — Encrinus granulosus Mixst. — Lima 
(Plagiostoma) subpunctata v’ Ore. — Posidonomya wengensis Wissx. — Loronema turritelliformis K1mpst.? — 
Chemnitzia cfr. longissima Mist. — Orthoceras politum Krmrsr. — Protrachyceras doleriticum Moss. — Protra- 
chyceras Archelaus Lause — Protrachyceras Richthofeni Moss. — Monophyllites wengensis Krrest. 


— colla fauna raibliana (specie N. 6). 


Lagena levis Mist. — Lima (Plagiostoma) subpunetata v’ Ore. — Halobia Lommeli Wissx. — Posidono- 
mya wengensis Wissw. — Orthoceras campanile Moss. — Nautilus evolutus Moss. 


54 A. TOMMASI [54] 


Dunque, com'era a prevedersi e come già da altri autori era stato affermato, la fauna del Clapsavon 
presenta l'affinità più prossima con quella del calcare di Esino e coll’altra del calcare della Marmolata; 
poichè mentre conta complessivamente 25 specie, che si trovano anche, parte nel calcare d’ Esino e parte 
in quello della Marmolata, novera 15 specie comuni alla fauna dell’una ed altrettante comuni alla fauna 
dell'altra località. Colla fauna del S. Cassiano i vincoli di parentela sono alquanto meno stretti, poichè 
affermati da solo 12 specie comuni, ma tuttavia significanti. Un’ affinità minore, quantunque abbastanza 
spiccata, passa tra la fauna del Clapsavon e quella del Muschelkalk alpino e di Bosnia: sono 10 le 
specie del Clapsavon, che si trovano anche nel Muschelkalk delle Alpi ed altrettante in quello di Bosnia: 
in complesso 16 specie, che si possono riscontrare parte nel Muschelkalk delle Alpi e parte in quello di 
Han Bulog e di Haliluci. 

Se, quindi, sono ben fondate le vedute degli autori, che vogliono scorgere nel calcare della Marmo- 
lata e d’Esino la parte superiore del Muschelkalk, la stessa cosa parmi che si possa e si debba ripetere 
pei calcari rosso-grigi fossiliferi del Clapsavon. 

Che se rievochiamo la divisione del Trias superiore delle Alpi meridionali seguita quasi 4 lustri or 
sono dal dott. v. Mossisovics nella sua opera “ Die Cephalopoden der mediterranen Trias- Provinz , secondo 
la quale quel membro del Trias veniva distinto in quattro zone, come sotto: 


/ Protrachyceras Aonoides ] . 
Piano carnico 
Z, » Aon 
ona a 
» Archelaus 5 ; 
Lat Piano norico 
» Reitzi 


la fauna a cefalopodi del Monte Clapsavon e gli strati che la racchiudono, devono essere ascritti alla 
zona a Protrachyceras Archelaus, poichè essa, oltre alla specie caratteristica, offre altre 22 specie di questa 
zona, delle quali 21 che si trovano in essa e non in quella a Protrach. Reitzi, e 2 —il Monophyllites wen- 
gensiîs e l Atractites Boeckhi? — comuni alle due zone; mentre il solo Protrach. cfr. recubariense, quand’ anche 
corrispondesse esattamente alla forma descritta dal Moysrsovics, sarebbe specie della zona a Protrach. Reitzi. 

E se vogliamo seguire la ripartizione del Trias alpino esposta nel 1896 dal dott. BitTtNER, nella nota 
« Bemerkungen zur neuesten Nomenclatur der alpinen Trias , pag. 17, nella quale tutta la serie di strati 
compresa tra i Werfener-Schiefer (piano del Buntsandstein) ed il Raibliano (piano Carnico) viene asse- 
gnata al Muschelkalk, suddiviso poi nei due piani quello di Recoaro, l’inferiore, ed il Zadinico, il superiore, 
gli strati rosso-grigi fossiliferi del Clapsavon sono da ascrivere al piano Zadinico, che corrisponde poi al 
già piano norico di MoysIsovics. 


G. BONARELLI 


CEFALOPODI SINEMURIANI DELL’ APPENNINO CENTRALE 


(Tav. VIIR-X [I-II] e Fig. 1-4 interc.) 


L’Impresa per la costruzione del tronco Pergola-Acqualagna, della ferrovia S. Arcangelo-Fabriano, ha 
aperto recentemente una grande cava di pietra nella località di Ponte Alto, dentro le Foci del Burano ®, 
lungo il tratto dell’antica Via Flaminia che da Cantiano conduce a Cagli. Questa cava è praticata nella 
serie calcareo-stratificata che immediatamente sovrasta alla porzione sinemuriana del “ calcare massiccio , 
ed è costituita da un’alternanza di “ Marmarone , (calcare subceristallino) e di “ Corniola , (calcare più 
o meno bianco, compatto), avendo un medio spessore di circa una trentina di metri. 

L’egregio sig. ing. ToBia MoRENA .di Cantiano, appassionato raccoglitore di fossili, quanto modesto 
dilettante della geologia appenninica, comunicava, or non è molto, al prof. C. F. PARONA, direttore di 
questo Regio Museo geologico di Torino, una assai bella collezione di fossili, raccolti da alcuni cava-pietra 
in questi strati calcarei sovrapposti al calcare massiccio. 

Fin dall'estate del 1896, avendo avuto occasione di trattenermi alcuni giorni a Cantiano ®, mi era stato 
possibile, grazie alla cortese condiscendenza del gentilissimo sig. MoRENA, di esaminare questi fossili e 
già fin da questa prima, per quanto rapida cérnita, ero giunto alla conclusione che la fauna degli strati 
calcarei della cava di Ponte Alto dovesse riferirsi al sinemuriano superiore. Tale mia prima conclu- 
sione mi sembra ora confermata da un esame più accurato e dettagliato della splendida collezione MORENA, 
talchè viene oggi 5 in questo mio lavoro, indicata con sicurezza, per la prima volta, la presenza di for- 
mazioni fossilifere appartenenti al simemuriano superiore, nella serie mesozoica dell’ Appennino centrale, 
mentre già si conosceva, per questa regione, un orizzonte fossilifero un po’ più antico, riferibile alla parte 
più bassa del piano sinemuriano *. 


4) Foci di Cagli — Foci di Cantiano. 

? Ringrazio vivamente i cari amici: dott. G. GeRroNzI, sig. G. GIORDANI, ing. T. MoRENA, per le cortesie usa- 
temi in questa circostanza. 

3) Un elenco preventivo delle forme di Cefalopodi da me riconosciute, tra i fossili sinemuriani di Ponte Alto, è 
già stato pubblicato dal MoreNA nel Boll. d. S. geol. it. 1897. Roma. 

4) Intorno alla fauna del sinemuriano inferiore dell’Appennino centrale scrissero ampiamente il prof. CANAVARI 
(Sui foss. del Lias inf. dell’App. centrale [con Bibliogr.]. Atti Soc. tosc. Sc. nat., vol. IV, fase. 2°, gennaio 1879, Pisa; — 
Nuove corrispondenze tra il Lias inf. di Sicilia e quello dell’App. centr., Proc. verb. Soc. tosc. Sc. nat., Adun. 5 
luglio 1891, Pisa), ed il prof. PARONA (Contr. allo st. della fauna lias. dell’App. centr., Mem. Acc. Lincei, classe di 
Se. fis. mat. e nat., serie 3°, vol. XV, maggio 1883, Roma). Nei loro lavori sono indicati parecchi fossili per il cal- 


56 G. BONARELLI [2] 


Mentre pertanto mi accingo a descrivere le varie forme di Cefalopodi che fanno parte della colle- 
zione MoRENA, sento il dovere di porgere i miei più sentiti ringraziamenti al mio caro maestro, il prof. 
C. F. PARONA, che, conoscendo la mia intenzione di occuparmi con un certo dettaglio delle faune sinemu- 
riane dell’ Appennino centrale, volle ora affidarmi la determinazione e la illustrazione di questi Cefalopodi. 

Lo stesso ringraziamento rivolgo anche al sig. MoreNA, secolui rallegrandomi, chè, alla sua grande 
passione nel raccogliere rocce e fossili del suo paese, la geologia appenninica va ora, per mezzo mio 
debitrice di una bella scoperta. 


Asteroceras stellare (Sow.). — Tav. VIII [I], fig. 1. 


1812. Amm. stellaris Sowersy. Min. Conch., I, pag. 211, tav. 93. 


1830. — —  Zieren. Verst. Wurtt., pag. 15, tav. II, fig. 5, 

1842. — _ D’OrsIenv. Céph. jur., pag. 193, tav. 45. 

1853. — —  Crapuss et DewaLQque. Terr. second. Luremb., pag. 41, tav. V, fig. 2. 
1858. — —  Quensrenr. Jura, pag. 96, tav. 12, fig. 1. 

1867. — —  Duwmortier. Bass. du Rhone, II, pag. 123, tav. XXXV, fig. 3-6. 

1880. Arietites stellaris TArRAMELLI. Lias prov. Venete, pag. 79, tav. VIII, fig. 3-4. 

1881. — —  Wricut. Lias Amm., pag. 295 (syn. ex p. emend.), tav. XXII, fig. 1-6. 


1884. Amm. Brooki Quenstent. Amm. Schwéib., pag. 116 e seg. (ex p.), tav. 15, fig. 2,3; ((Caet. fig. exel.). 
1884. Amm. obtusus suevicus QuensteDT. Op. cit., pag. 146, tav. 20, fig. 1. 
(2) 1886. Arietites stellaris Gever. Hierlatx, pag. 249, tav. III, fig. 6. 
(?)1886.  — — De Srerani. Lias inf. ad Arieti, pag. 59, tav. IV, fig. 1-4. 
1890. Astferoc. stellare Hranr. Arietidae, pag. 206 (syn. incompl. ex p. emend.), tav. IX, fig. 2-3; tav. X, fig. 12. 
1896. Arietites (Asteroc.) stellaris Parona. Amm. di Saltrio, pag. 40, tav. I, fig. 4; tav. VI, fig. 1-3. 
non Hauer (1856), non Hersicn (1878). 


Esemplari n.° 1 (Coll. T. MorENA); 1 (R. Museo geol. Torino) !. 

L’esemplare della collezione Morena differisce alquanto dalle forme tipiche dell’ Asteroceras stellare 
per avere l'ombelico relativamente più ampio, la ornamentazione più numerosa, la carena più acuta. 

Dell’altro esemplare, che si conserva in questo R. Museo geologico di Torino è data, nelle tavole 
che accompagnano il presente lavoro, una riproduzione fotografica. 

Ho creduto opportuno di riportare qui sopra la sinonimia completa di questa forma, essendochè, a 
mio avviso, le sinonimie che recentemente ne pubblicarono il WRIGHT e lo HyarmT non possono conside- 
rarsi del tutto accettabili. Così il WRIGHT, comprende nella sua sinonimia anche l_Amm. stellaris di HAUER 


care massiccio di Cesi, Monte Catria, Monte Femma, Furlo, Monte Gemmo, Monte Penna, Monte Vettore, Monte Ne- 
rone, Penna di S. Andrea presso Cesi, Monte Sanvicino e grotte di S. Eustachio presso S. Severino-Marche. 

A me si concede ora la buona ventura di aggiungere ai loro elenchi la indicazione di altre località assai fos- 
silifere e sono le seguenti: 

Cava di calcare travertinoide sopra la Grotta di Frasassi presso Albacina. Vi raccolsi alcuni modelli 
esterni di Pseudomelania raphis Gremm. e di Cerithinella elegans GemM. nonchè un esemplare assai malconservato di 
Lima ed un altro di Terebratula. 

Valle del Rio Secco ad Est di Costacciaro, nel versante occidentale di Monte Cucco. Vi raccolsi alcuni 
modelli esterni di Cerithinella elegans Gemm., Cerithium Pironai GeMM. e Cerithium heterocosmum Gemm. 

Calcare massiccio del Monte Serrasanta, presso Gualdo Tadino. 

i) Aleuni degli esemplari che formano oggetto di questo mio studio e che si conservano in questo R. Museo geo- 
logico di Torino vennero da me raccolti. Gli altri esemplari furono assai gentilmente donati dal sig. T. MORENA. 


[BI G. BONARELLI 57 


(Ceph. Lias n. ò. Alp., pag. 22, tav. V, fig. 1-3, 1856) la quale assai diversa è dal tipo di SoweRBY per 
la sua forma generale e le sue dimensioni proporzionali, nonchè per il numero assai minore di costole 
che ne adornano i giri. Giustamente adunque lo HyarT esclude questa figura di HauER dalla sinonimia 
dell’Asteroceras stellare; d’altra parte questo autore non sembra avere avuto conoscenza o memoria di 
tutti i lavori in cui questa forma è citata, descritta e figurata. Egli, ad es., dimentica le pubblicazioni 
di p’OrBIGNnY, di CHapuis e DEWALQUE, di DUMORTIER, di TARAMELLI, di HERBICH, che ne parlano alquanto 
diffusamente ». 

Io d’altra parte ho citato dubitativamente nella mia sinonimia dell’Asteroceras stellare alcune figure 
del Geyer e del De SrerANI. La figura di GryER si riferisce ad un esemplare che lo HyaArT crede di 
poter determinare come Asteroceras obtusum (Sow.). Gli esemplari figurati dal De STEFANI si distinguono 
alquanto dall’ Asteroceras stellare tipico per avere una ornamentazione meno robusta; presentano per questa 
ragione una certa somiglianza ed affinità con altri Asteroceras (impendens [Y. et B.], Collenotii [p° ORB.] ecc.) 
descritti da WRIGHT ?. 

L’Asteroceras stellare, comunissimo nel sinumeriano superiore di tutt’ Europa, e dagli autori conside- 
rato come caratteristico di questo piano, viene oggi per la prima volta indicato per i depositi sinemu- 
riani dell'Appennino centrale. 


Arietites Grecoi n. f. — Tav. VIII [I], fig. 20,5. 


cfr. 1882. Harpoc. nitescens WrIGAT (non Y, et B. !) Lias Amm., pag. 432 (excel. syn.), tav. XLIX, fig. 3, 6, 7. 
cfr. 1892. Cycloc. subarietiforme Furrerer. Oestring., pag. 328, tav. XI, fig. 5a. 


Arietites testa discoidea, compressa, bisulcato-carinata, subevoluta; anfractibus subcompressis, costatis; costis 
rectis, in tertio externo anfractuum lateraliter nodosis, deinde in dorso perarcuato-proversis; nodis parvis, acutis; 
dorso bisulcato-carinato; suleis habita ratione latis ac profundis; carina elevatiuscula; apertura subquadrato-com- 
pressa. 


Quando il FutTtERER pubblicò per la prima volta, nel 1892, la descrizione e la figura [v. sinon.] del 
suo Cyeloceras subarietiforme, certamente egli non aveva presente alla memoria la figura data da WRIGHT, 
dieci anni prima, di un esemplare d’Ammonidea determinato e descritto da questo autore [v. sinon.] come 
appartenente ad Harpoceras nitescens (Y. et B.); altrimenti io credo che al FurtERER non sarebbero sfug- 
gite le notevoli somiglianze che si possono riscontrare fra questo Harpoceras nitescens (Y. et B.) in WRIGHT, 
ed il suo Cycloceras subarietiforme. Infatti, esemplare figurato da WRIGHT si distingue appena dalla forma 
di FUTTERER per essere sprovveduto di solchi distinti ai lati della carena. Detto esemplare, provenendo 
dalla margaritatus-zona (Marlstone), io lo considero appunto come un derivato evolutivo del Cyeloceras sub- 
arietiforme il quale proviene a sua volta, per quanto afferma il FutrERER, dagli strati più bassi del Lias 
medio. 

Giova pertanto notare che le linee lobali di queste due forme, oltrechè presentarsi fra loro quasi 


1) Non è questo il solo caso in cui lo HyarT, nella sua pregevole Monografia sulla Genesis of the Arietidae, non 
ha tenuto buon conto di numerose pubblicazioni che parlano di Arieti, oppure non ha fatto menzione di tutte le 
forme di Arieti che in lavori da lui altrove citati sono descritte. Così non parla dell’ Arietites obesulus T. et BL., del- 
l’Amm. Patti Dum., dell’Amm. Falsani Dum. ecc. ecc. 

?) Lias Amm., tav. XXII A. ecc. 1881. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 8 


58 G. BONARELLI [4] 


identiche, possiedono anche una perfetta analogia con le linee lobali degli Arieti coronarii D. Ora, al- 
l'esemplare di Ponte Alto che attualmente ho sott'occhio, e che ho descritto qui sopra, converrebbe per- 
fettamente la diagnosi data dal FurtERER per il suo Cyeloceras subarietiforme, quando alla frase “ die 
jederseits den Kiel begleitenden Furchen sind ziemlich sechmal, che trovo in detta diagnosi, si vo- 
lesse sostituire una frase che servisse appunto ad indicare l’unica rilevante differenza che mi è riuscito 
di riscontrare tra la figura di FurTERER e questo individuo di Ponte Alto, nel quale, ai lati della carena, 
si hanno due solchi molto larghi e relativamente profondi. E° mi sembra veramente una circostanza 
spiacevole che questo individuo si trovi in condizioni così cattive di conservazione; ciò non ostante non 
ho voluto rinunciare all'idea di pubblicarne una riproduzione fotografica, e ne ho fatto ritrarre il fianco 
meglio conservato, quantunque anche in questo le costole sieno molto erose e non vi si scorgano bene 
i nodi, i quali invece si vedono assai distintamente in due o tre costole sul fianco opposto. 

In ogni caso, tanto dalla mia diagnosi, quanto dalla figura, mi auguro che risulti ben chiara la stretta 
parentela che lega il gruppo del Cycloceras subarietiforme Furt. a questo mio esemplare di Ponte Alto 
che ne sarebbe, a mio parere, una forma ancestrale e che mantengo, purtuttavia, nel genere Arietites 
(sensu stricto) ?, considerando l’aspetto assolutamente arietiforme del suo dorso. Della sua linea lobale 


i) Confronta, a tale oggetto, la linea lobale figurata da FurTERER (op. cit. in sinonim., fig. 9c) con quelle ad 
es. dell’Amm. rotiformis Zieteni in QuENSTEDT (Amm. schwéb., tav. 5, fig. 1, 1883), dell’Amm. rotiformis in HAUER 
(Ceph. Lias n. è. Alp., tav. I, fig. 5, 1856) ecc. ecc. 

2 Le forme tipiche di questo genere vengono dallo HrAarT (Genres. of t. Ariet, 1889), comprese nel gen. Coroni?- 
ceras ch'egli aveva creato, fin dal 1865 appunto per gli Arieti coronarii, a cominciare coll’Amm. Kridion (HeHL) che, 
per essere la forma più antica, e la prima descritta col nome Coroniceras, deve appunto considerarsi quale il tipo 
dei Coroniceras. 

L’Amm. Kridion Hrnt (non D'ORE.) è una forma dell’ Ettangiano superiore che nei suoi giri iniziali si presenta 
del tutto priva di qualsiasi ornamentazione, quindi a poco a poco, nell’ accrescimento, si provvede di un rilievo ca- 
renale sul dorso e di costole prima semplici quindi appuntite esternamente sui fianchi. I giri acquistano man mano 
una sezione subquadrato-trapezoide con dorso alquanto largo e sprovveduto di solchi; diventano pure subevoluti e 
così la spira viene acquistando un accrescimento relativamente poco notevole. 

Per queste e per altre particolari caratteristiche sembrò giustamente allo HvyATT di poter riconoscere nell’Amm. 
Kridion un tipo ancestrale dei veri Arieti coronarii (tipo: Amm. bisulcatus Brue.) i quali avrebbero acquistato in 
più, per evoluzione, due solchi più o meno profondi ai lati della carena. 

A mio avviso pertanto, sarebbe molto opportuno tener distinti gli Arieti coronarii, bisulcati, dal gruppo assai 
limitato dell’Amm. Aridion senza solchi ai lati del dorso, conservando per questo ultimo. gruppo il nome generico 
Coroniceras e riservando a tempo opportuno il risolvere se per gli Arieti coronarii debbasi preferire il nome gene- 
rico Arietites proposto dal WAAGEN fin dal 1869 ed accettato dal maggior numero degli autori (7yp.= Amm. Bu- 
cklandi Sow., in WAAG., 1869, Formenr. p. 247 nota), al nome generico Ammonites come vorrebbero il FISCHER 
(Man. de Conch., 1887) ed altri. 

Certo si è, che alla maniera con cui viene inteso il nome Coroniceras dallo HyATT, esso è nè più nè meno che 
un superfluo sinonimo di Arzetites (o di Ammonites). Nè è soltanto in questo caso che lo HyaTT ha trasgredito le 
consuetudini fondamentali della moderna nomenclatura sistematica. Nel 1865 (Foss. Ceph. of t. Mus. of C. 2.) egli 
proponeva il gen. Ophioceras per l’Amm. torus D'ORB., Johnstoni Sow. ece. ed il gen. Discoceras per il gruppo del- 
l’Amm. ophioides D’ OrB., Conybeari Sow. ecc. Più tardi, nel 1889 (Genes. of t. Ariet.), per le forme già da lui com- 
prese nel gen. Ophioceras egli stabilisce il nuovo gen. Caloceras e le forme del gen. Discoceras diventano altrettanti 
Vermiceras n. gen.! Non credo assolutamente che si possa seguire lo HyAaTT in questo continuo cambiamento di nomi 
generici. Così non mi sembra giustificato l'appunto fatto recentemente dall’ HauG (Rev. crit. de Paléozool. de M. 
Cossmanx; 1899, n.° 1. p. 26) al prof. PARONA, di avere cioè mantenuto (Amm. di Saltrio, pag. 31 ecc., 1897) i sud- 
detti nomi generici Ophioceras (HyaTT, 1868) e Discoceras AGASS. (in HyATT, 1868) invece dei nomi Caloceras e Ver- 
miceras (HyaTT, 1889). Il prof. PARONA si è contenuto, mi sembra, nella perfetta osservanza d’uno dei comma fonda- 
mentali della nomenclatura sistematica, adottando i nomi più antichi come quelli che hanno il diritto alla precedenza. 


[5] G. BONARELLI 59 


che non mi è stato concesso di rilevare al completo, posso dire soltanto che per molti caratteri mi sem- 
brò quasi identica a quella data da WrIcHaT per l'esemplare di Berkeley da lui riferito all’ Ammonites 
multicostatus Sow. (ex p.; Lias Amm. tav. IV, non tav. III, 1878). A sua volta, questo Arietites multi- 
costatus (Sow.) in WRIGHT potrebbe forse venir considerato quale una forma progenitrice del mio Arie- 
tites Grecoi dal quale soltanto si differenzia per avere un maggior numero di costole. L° Arietites multi- 
costatus in WRIGHT è forma del sinemuriano inferiore. 

E pertanto lo schema filogenetico delle varie forme alle quali ho, per confronto, avvicinato il mio 
Arietites Grecoi sarebbe il seguente: 


Amm. (?) nitescens in WRIGHT — Charmoutiano sup. 
Amm. (?) subarietiformis (Furmt.) _ » inf. 
Arietites Grecoi n. f. — Sinemuriano sup. 
Arietites multicostatus in WRIGHT ex p. — » inf. 


A sua volta, anche l’ Ammonites arictiformis Orp.! dovrassi comprendere in questo gruppo, a lato 
dell’Amonites subarietiformis (FUTT.). 

Ho creduto opportuno di insistere su tutto ciò poi che in un prossimo lavoro avrò occasione di ri- 
tornare sull’argomento onde mostrare come al gruppo dell’Ammonites arietiformis OPP. (per il quale pro- 
porrò un nuovo nome generico), si collechino alcune forme domeriane della Sicilia e dell’Italia meridio- 
nale che attorno all’Harpoceras (Dumortiera) Haugi Gemm.® formano un tutto ben armonico cui si con- 
viene il nome generico Caravaria istituito dal GEMMELLARO ?. 


Arietites f. — Tav. VIII [I], fig. 3. 


(?) 1867. Amm. aureus Duxortier. Bass. du Rhone, II, pag. 23, tav. I, fig. 4-6. 
1881. Arietites nodulosus Wricnr. Lias. Amm., pag. 288 (sub nom. subnodosus Y. et B.; exel. syn.), tav. 
IVAISEA 92838 
cfr. 1889. Coronie. lyra Hvanr. Arietidae, pag. 179 (ex p.), tav. IV, fig. 1,3, 4; tav. V, fig. 1 (caet. fig. excl.). 


Esemplari n.° 1 (coll. T. MoRENA). 


Arietites testa discoidea, subcompressa, carinata; anfractibus subcompresso-quadratis, subevolutis, costatis; co- 
stis [30 circiter] rectis, externe nodosis, in dorso (post nodos) evanescentibus-proversis; dorso lato, carinato, bisul- 
cato, carina parum elevata; ombilico medio; apertura quadrata. 


DIMENSIONI 


Diametro . 0 ò È : 0 5 Ò È 5 5 mm.43,5 = 1 

Altezza dell'ultimo giro . È ° : , c - c DERIOtDE—0N356 
Spessore » Dar 7 2 ; È o . È pi L6RNE— (07367 
Ampiezza dell’ombelico . o È c ò c 6 Ò » 18 = 0,414 


L’esemplare di Ponte Alto sul quale è basata la soprascritta diagnosi mi lascia molto in dubbio in- 
torno alla sua determinazione specifica. Tale mio grave imbarazzo dipende principalmente dal fatto che 

i) FUTTERER. Oestringen, pag. 327 (cum syn.), 1892. 

2) GEMMELLARO. Lias sup. di Taormina pag. 5, tav. I, fig. 1-3; 1885. 

3 Monogr. sui foss. del Lias sup. della prov. di Palermo e di Messina, pag. 3 (cum syn.), 1885. 


60 G. BONARELLI [6] 


in verità non saprei quale valore attribuire a tutta una serie di figure e di diagnosi (alcune delle quali 
probabilmente poco esatte e in ogni caso deficienti), date da varî autori i quali mi precedettero nello 
studio degli Arieti, di parecchi esemplari che mentre presentano fra loro numerosi caratteri comuni, talchè 
sarei disposto ad attribuirli ad una sola forma, (comprendendoli in un solo nome specifico), vennero peraltro 
indicati con altrettanti nomi distinti, e confusi, ciò che è peggio, con altre forme le quali assolutamente 
non hanno niente a che fare con essi. 

Tanto per giungere ad un qualche risultato riguardo alla determinazione specifica del mio esemplare, 
ripassai più volte in rassegna tutte le forme di Arietites (s. str.; tipo: Amm. Bucklandi Sow.; = gen. Co- 
roniceras HyATT ex. p.) finora conosciute e le sole fra queste cui per confronto mi sembrò di poter av- 
vicinare detto esemplare sono appunto quelle che ho citato qui sopra in sinonimia. 

L’Amm. aureus Dum., di cui lo Hyarmt non fa alcun cenno descrittivo nella sua “ Genesis of the 
Arietidae ,, mentre si limita a citarlo nel quadro genealogico degli Arieti finora riscontrati in depositi 
sinemuriani del Bacino del Rodano, considerandolo come sinonimo dell’Amm. bdisulcatus Brue., dal quale 
tanto si differenzia per il numero assai minore delle sue costole e l'accrescimento alquanto più rapido 
della sua spira, come pure per altri caratteri, si distingue a sua volta dall’ esemplare di Ponte Alto per 
avere le costole leggermente retroarcuate e molto attenuate prima di giungere ai nodi. Giova ora consi- 
derare che l’ esemplare di Ponte Alto è in verità di assai piccole dimensioni, rispetto a quelle dell’Amm. 
aureus figurato da DumorTtIER nel quale purtroppo non sono visibili i giri interni della spira perchè na- 
scosti da una ganga rocciosa. Potrebbe darsi che i caratteri differenziali da me riscontrati fra questi due 
esemplari dipendano sì, in parte, da imperfezione della figura di DumoRTIER, ma specialmente dalla loro 
diversa età. Quasi tutti gli Arietites conservano, per un buon tratto, nei primi giri di spira (non parlo dei 
giri iniziali), una ornamentazione recticostata più o meno proversa, mentre nei giri maggiori l’arcuamento 
delle costole si accentua gradatamente, prima o dopo, a seconda delle forme. Nulla osta pertanto che 
anche l’ esemplare di Ponte Alto a dimensioni uguali rispetto a quello figurato da DumormtER abbia pre- 
sentato le costole arcuate. 

Tale carattere si osserva anche nell’esemplare figurato da WRIGHT col nome di Arietites. nodulosus 
[v. sinon.] e descritto poi nel testo come Arietites subnodosus (Y. et B.). Questa di WrIent è la forma 
alla quale, più che ad ogni altra, corrisponde l’ esemplare di Ponte Alto quando si istituisca, ad egual 
diametro, un confronto fra loro; ed a questa io lo riferisco senz’altro, quantunque un poco se ne distingua 
per avere i due solchi dorsali meno larghi. L’esemplare tipico figurato da WRIGHT proviene dal si- 
nemuriano superiore (ovynotus-beds) di Robin Hoods Bay. 

Lo Hyatt ® pone Amm. subnodosus (in WRIGHT) sinonimo di Arietites bisulcatus. A questa identifica- 
zione io non sono propenso considerate le abbastanza notevoli differenze che agevolmente si possono ri- 
scontrare tra le figure tipiche di queste due forme. Sono peraltro di parere che si debba riguardare la 
forma di WRIGHT come appunto un derivato evolutivo dell’ Arietites bisulcatus. 

Ora: qual nome dare a questa forma di WriGnT? Questi la riferisce, nel testo, all’Amm. subrodosus 
Y. et B. (Yorks. Coast, pag. 228, 1828); quindi scrive: “ After carefully examining this fossil I have 
arrived at the conclusion that it is not a distinct form of Arietites, but a variety of Amaltheus Haws- 
kerensis Y. et B. (= spinatus Brue.), which has acquired an increased number of ribs, and converted the 
grooves on each side of the Keel into sulci, resemblig those of a true Arietites. Simpson says, in some 
specimens the radii are still closer, and the caracteristic tubercles become nearly obsolete, until it can 


i) Genes. of the Ariet. pag. 586. 


[7] G. BONARELLI 61 


:scarcely be distinguished from A. geometricus PHIL. which is in fact Amm. spinatus with a notched 
Keel (!!). The rock in which A. subrodosus is fossilised appears to be the Marlstone of the Yorkshire 
coast, this species will, therefore, be noticed more in detail in the description of Amaltheus spinatus 
Brue. ®,. Pertanto, se 1 Amm. subnodosus Y. et B. è veramente un Amalteide come afferma lo stesso 
WrIGHT il quale, a quanto sembra, ne potè conoscere il tipo, allora l'esemplare da lui figurato (col nome 
Amm. nodulosus) deve essere riferito a tutt'altra forma essendochè indubbiamente è un Ariete. D’al- 
tronde il WRIGHT indica, come sinonimo di Amm. subrodosus Y.et B., Amm. obesulus Tare et BLAKE 
(Jorls. Lias, pag. 284, pl. VI, fig. 2, 1867) di cui lo Hyamr non fa alcun cenno nella sua “ Genesis of 
the Arietidae ,. Bisognerebbe poter stabilire un confronto dei tipi di tutte queste forme, vista la insuf- 
ficienza delle figure e delle diagnosi date dagli Autori che ne parlarono. In seguito a tal confronto si 
potrebbe finalmente decidere se Amm. subnodosus (in WRIGHT) ed Arietites obesulus T. et BL. sieno dav- 
vero la stessa cosa, lo che a dire il vero, non mi sembrerebbe, considerate le dimensioni proporzionali 
al tutto diverse degli esemplari tipici di queste due forme: (1 Amm. obesulus in T. et BL. è evoluto, con 
ombilico ampio e sezione dei giri subquadrata; l'Amm. subrodosus in WRIGHT è subevoluto con ombilico 
medio e sezione dei giri subcompressa). In questo caso il nome di Tare e Brake dovrebbe essere conser- 
vato per indicare tutte e due queste forme; mentre, in caso contrario, alla forma descritta da WRIGHT 
potrebbe convenire il nome modulosus col quale lo stesso WRIGHT indica, nelle tavole, la figura dell’ esem- 
plare che poi nel testo descrive, ripeto, come Amm. subnodosus Y. et B. 

Gli esemplari di Coroniceras lyra, figurati da Hyamm, che ho citato in simonimia, si distinguono dal 
mio esemplare di Ponte Alto per avere un accrescimento spirale meno rapido ed i solchi dorsali meno 
ampî. L’Amm. multicostatus brevidorsalis Quenst. (Amm. Schw., tav. VI, fig. 4-6, 1884) e Vl Amm. maulti- 
costatus di HAUER e di WRIGHT, indicati dallo Hyatt come sinonimi di questo suo Coroniceras lyra se ne 
distinguono, mi sembra, assai notevolmente per molti caratteri della loro forma e della loro ornamenta- 
zione; specialmente poi per il numero assai maggiore e l’aspetto diverso delle loro costole. L’ Amm. mel- 
ticostatus brevidorsalis Quenst. altro non è, a mio avviso, se non V Amm. Deffneri di OPPEL. A sua volta, 
lAmm. multicostatus di Hauer ha i giri proporzionalmente più alti che larghi, mentre negli esemplari di 
Coroniceras lyra figurati dallo Hyatt i giri sono subquadrati. L’Arietites bisulcatus multicostatus WRIGHT 
(ex p.; Lias Amm., tav. III, non tav. IV, 1878) non vedo proprio ragione perchè si debba tener distinto 
dall’Amm. multicostatus Sow. 


Arnioceras ceratitoide (Quexst.). — Tav. VIII [I], fig. 4, 5. 


1849. Amm. ceratitoides QuensteDT. Ceph., pag. 239, tav. 19, fig. 15. 


1852.  — ceras GregeL. Vorwelt, pag. 757. 

1856. —  ceras Hauer. Ceph. Lias. n. ò. Alp., pag. 25 (cum syn.), tav. VI, fig. 4-6. 

1856. -- difformis(Ewvrici) Haver. Ceph. Lias. n. 6. Alp., pag. 29 (ex p.), tav. VII, fig. 14 (non 11-13). 
1867. — Arnouldi DuxortIer. Bass. du Rhòne, II, pag. 27, tav. V, fig. 1,2; tav. VI, fig. 1-6. 

1868. Arnioc. ceratitoides Hvar. Foss. Ceph. Mus. comp. xool., pag. 74 (cum sîin.). 

1868. —  falcaries Hyamr. Foss. Ceph. Mus. comp. xool., pag. 74 (excel. syn.). 


1879. Amm. Koessenensis (Guxs.) Revwnés. Monog., tav. VII, fig. 15 (non 16-17) [copie da Hauer (Amm. 
difformis Em.) 1856]. 

1884. —. ceratitoides QuensreDT. Amm. Schw., pag. 105 (ex p.), tav. 13, fig. 23 (es. deform. per com- 
press., del calce. rosso di Adneth); (caet. fig. exel.). 


i) Viceversa poi il WRIGHT non parla più di questa forma in tutto il resto del suo lavoro. 


62 G. BONARELLI [8] 


1886. Arietites semilaevis (v. Hav.) Gever. Hierlata, pag. 249 (ex p.), tav. III, fig. 9, 17, (caet. fig. escl.) . 
1886. _ ceratitoides var. densicosta De Srerani. Lias inf., pag. 58 (cum syn.), tav. IV, fig. 8,9. 
1889. Arnioc. Humboldti Hvar. Arietidae, pag. 173 (cum fig.). 

non Armioc, ceras Hyamr (1889); non Arzetites [Arrioc.] Arnouldi? Dum. f. in Parona (1898). 


Esemplari n.° 2 (coll. T. MorENA); 2 (R. Museo geol., Torino). 

La figura tipica data da QuenstEDT, nel 1849, lascia per vero molto a desiderare, forse perchè l’o- 
riginale si trovava in condizioni alquanto deplorevoli di conservazione. Ciò nonostante a me sembra evidente 
la sua perfetta identità con le altre figure di HaueR e di GryeR che ho citato in sinonimia. 

La caratteristica principale degli Arnioceras tipici, per quanto riguarda la loro ornamentazione, è, 
se non erro, la seguente: Le costole che ne adornano i giri sono piegate bruscamente ad angolo ai lati 
del dorso in forma di punte rivolte in alto, quindi si prolungano in avanti sulla regione dorsale dove 
si attenuano più o meno rapidamente. 

Ora, si è verificata sovente la circostanza che gli autori abbiano figurato degli Arrioceras apparen- 
temente sprovveduti, forse perchè erosi o per altre cause al tutto secondarie, di angolosità sulle costole 
ai lati del dorso. Così non dubito che l'esemplare di Arietites ceratitoides var. densicosta fisurato e de- 
scritto dal prof. De STEFANI [v. sinonim.] e riferito per confronto all’ Amm. falcaries (non ceratitoides) densi- 
costa Quenst. (Amm. Schw., pag. 99, tav. 13, fig. 7, 1885) sia veramente, come in realtà risulta da tutti 
gli altri suoi caratteri, un individuo tipico di Arnioceras ceratitoide in cui il disegnatore, essendo forse 
l'esemplare un po’ malconservato, non ha saputo scorgere traccia alcuna di punte ai lati del dorso. 

Ciò premesso, è da notare che il carattere delle costole angolose-appuntite non si conserva costante 
nei giri maggiori di questi Arnioceras che raggiungono e superano i 100 mm. di diametro. Tale appunto 
è il caso dell’Arnioceras ceratitoide QUENST. 

Do nelle tavole (Tav. VIII [I], fig. 5) la riproduzione fotografica d’ un frammento di giro che per tutti 
i suoi caratteri, e della ornamentazione e della linea lobale, perfettamente corrisponde agli esemplari ti- 
pici di Arnioceras ceratitoide. In esso peraltro mancano le punte sulle costole, nè questo fatto sembra 
dovuto a cause secondarie. Si confronti ora la mia figura con le figure date dal DumoRtIER [v. sin.] del 
suo Amm. Arnouldi. Altra differenza fra loro io non vedo che la diversa altezza della carena, ma già sap- 
piamo dallo Hyatt a qual fatto riferire la notevole altezza della carena in alcuni esemplari del genere 
Arnioceras. Per tutti gli altri caratteri le succitate figure si corrispondono così bene che a me sembra 
di non errare comprendendo l’ Ammorites Arnouldi Dum. nella sinonimia dell’Arrioceras ceratitoide (QuENST.). 

Per quanto poi riguarda il cosidetto Arnioceras Humboldti di HyarT, osservo che la diagnosi e le 
figure [v. sin.] date da questo autore per codesta sua forma non mi sembrano escludere la possibilità 
che essa debba rientrare nella sinonimia dell’Arrioceras ceratitoide, mentre per tanti caratteri i tipi delle 
due forme assai bene si corrispondono. 

È questa la prima volta che viene citato I Arnioceras ceratitoide per i depositi sinemuriani dell’Ap- 
pennino centrale. 


È ( ceratitoide (Quensm.). 
Arnicceras m. f. - È — Tav. VIII [I], fig. 6. 
| semilaeve (Haug). 


1853. Amm. multicostatus CrapuIs et DewALQUE (non Sow.). Luremb., pag. 45, tav. VI, fig. 2. 
1867. — geometricus DuxortIER. Bass. du Rhòne, II, pag. 31 (ex p.; excel. syn.), tav. VII, fig. 6-8 (non 3-5). 


19] G. BONARELLI 63 


Esemplari n.° 1 (R. Museo geol. Torino). 
Caratteristico del sinemuriano superiore è un gruppo di Ammonidee del genere Arnioceras! le quali 
presentano fra di loro in comune parecchi caratteri che si possono riassumere nella seguente diagnosi: 


Arnioceras testa evoluta, discoidea, compressa, bisulcato-carinata; anfractibus compressis, libere superposttis, 
lateraliter converiusculis, externe (in dorso) bisulcato-carinatis, costatis; costis acutis, simplicibus, lateraliter rectis, 
externe elevatis-anguliferis, deinde (in dorso) proversis-evanescentibus; apertura subquadrata, vel subcompressa ; 
septis lateribus trilobatis. 


Differiscono poi queste forme, l'una dall’altra, e per il numero delle costole, e per il vario accre- 
scimento spirale, e per la forma diversa della sezione dei loro giri. Così pure si hanno alcune forme che, 
presentando un ugual numero di costole, hanno diversa la sezione dei loro giri; altre invece, mentre pre- 
sentano pressochè identiche le dimensioni proporzionali, differiscono tra loro per il numero vario delle 
costole, e, finalmente, con egual forma ed ornamentazione dei giri si hanno individui che si distinguono 
l’uno dall'altro per il diverso accrescimento spirale. 

Seguendo gli autori, attribuisco, nella determinazione specifica di queste forme, maggiore importanza 
al numero delle costole, considerando come più o meno secondarî gli altri caratteri distintivi. Egli è per- 
ciò che ho creduto di poter riferire alla medesima forma, e precisamente ad un Arnioceras intermedio 
tra il ceratitoide (Quenst.) ed il semilacve (HAUER) [v. pag. seg.], le due figure di DumortIER e di CHAPUIS 
et DEWALQUE che ho citato qui sopra in sinonimia, le quali appunto presentano, ad eguali dimensioni, 
un quasi egual numero di costole sopra ciascun giro. A queste figure corrisponde abbastanza bene un 
esemplare di Ponte Alto del quale è data una riproduzione fotografica alla Tav. VIII [I], fig. 6, del 
presente lavoro. 

La figura di CÒmapuis et DEWALQUE (v. sin.) si presenta alquanto imperfetta e non del tutto in ac- 
cordo con la descrizione che questi autori hanno dato dell’originale. Così, non vi si vedono sufficiente- 
mente distinti i due solchi ai lati della carena per i quali la sezione dei giri si presenta “ superne bi- 
sinuata ,. Altro difetto grave, comune del resto a tutte le figure di Ammoniti date dai suddetti autori 
nelle tavole che accompagnano il loro lavoro, consiste nello avere essi ricostruito idealmente, a scapito 


1) Arnioceras ceratitoide (QueNsT.). Vedi sopra. 

— sinemuriense n. f. (= Arnioceras falcaries var.C.HyarT, Ariet., pag. 170 [ex p.], tav. II, fig. 27, 1889). 

_ m. f. ceratitoide (QuensT.) semilaeve (HAUER). 

_ semilaeve (HAUER). Vedi in seguito. 

— dimorphum (PAR.) (= Arnioceras ceras Hyart [non GreB.], Ariet. pag. 169 (excel. syn.), tav. II, 
fig. 20). 1889. 

— semicostatum (Y. et B.). Vedi in seguito. 

— semicostatum ?(Y. et B.) var. compressa n. (= Arnioceras Hartmanni HyArT [non Opp.], Ariet., 
pag. 167, tav. III, fig. 1, 1889), (= Amm. geometricus DUMORTIER [non OpP.], Buss. du Ehòne, 
II, pag. 31 (ex. p.; excel. syn.), tav. VII, fig. 3, 4,5 [non 6, 7, 8, 1867)). 

Con molta probalità queste forme bisulcato-carinatae derivarono polifileticamente da altre forme non bisuleate 
del sinemuriano inferiore, riferibili al gruppo dell’Arnioceras geometricum (OPr.). Esse vennero, quasi tutte, comprese 
dal QueNnsTEDT (Amm. Schw., pag. 100 et seg., 1884) nella sinonimia del suo Amm. ceratitoides. Egli è per questo 
che RorHuPLETZ (Vilser Alp., pag. 166-67, 1886) ed altri considerando il significato così ampio dato da QueNsTEDT al 
nome ceratitoides opinarono doversi ad esso preferire il nome ceras del GrepeL (Vorwelt, pag. 757, 1852) per indicare 
la forma alla quale invece io conservo il nome di QueNstEDT secondo il significato attribuitogli nel 1849, quando 
l'illustre autore descrisse per la prima volta (Cep’., pag. 239) il tipo di questa forma. 


64 i G. BONARELLI [10] 


della verità, lo andamento e la ornamentazione dei giri interni (minori) della spira per modo che, ad 
esempio, nella succitata figura, che più specialmente ora mi interessa, vedonsi questi giri minori prov- 
veduti di una ornamentazione ben distinta, mentre è molto probabile che l'originale ne sia del tutto 
sprovvisto. 

La figura di DumortIER che pure ho citato in sinonimia rappresenta un frammento di giro avente 
una sezione subquadrata, mentre la sezione dei giri dell'esemplare figurato da CHAPUIS et DEWALQUE, 
nonchè del mio esemplare di Ponte Alto, è subcompressa. 


Arnioceras semilaeve (Hauer). — Tav. VIII [I], fig. 7. 


1867. Amm. geometricus DumortIeRr. Bass. du Rhòne, pag. 133 (syn. emend.), tav. XXX, fig. 1,2. 


1867. — multicostatus Hauer (non Sow.). Ceph. n. 6. Alp., pag. 27, tav. VII, fig. 7,8, (92, 102). 
1884. —  ceratitoides QuensrenTt. Amm. Schw., pag. 100 (ex p.), tav. 13, fig. 10, 11 (caet. fig. excl.). 
1886. Ardetites ceras RorapLetz. Vilser Alp., pag. 166 (sine syn.), tav. XIV, fig. 14. 

1886. —  semilaevis (HaurR) Grver. Hierlata, pag. 249 (syn. emend.), tav. III, fig. 7 (non fig. 8,9, 17). 
1886. —  ceratitoides Dr Srerani. Lias inf. ad Arieti, pag. 66 (ex p.), tav. IV, fig. 6,7. 


‘Esemplari n.° 1 (coll. T. MoRENA); 3 (R. Museo geol. Torino). 

L’ Arnioceras semilacve deve considerarsi come intermedio fra l’Arnioceras m. f. or ora descritto e 
l’Arnioceras semicostatum (Y. et B., in WRIGHT) di cui parlerò in seguito. Desso infatti presenta una or- 
namentazione non numerosa come nel primo, nè tanto rada quanto nel secondo; inoltre le sue dimensioni 
proporzionali hanno valori intermedi fra queste due forme. 

Gli esemplari di Ponte Alto che riferisco all’Arnioceras semilacve (HAUER) corrispondono perfetta- 
mente alle figure tipiche di GevER e di QuensreDT che ho citato in sinonimia. 

È la prima volta che viene indicata questa forma in depositi sinemuriani dell’Italia. 


Arnioceras semicostatum (Y. et B.in WrIenr). — Tav. VII [I], fig. 8. 


1528. Amm. semicostatus Youxe et Brrp. Jorksh. (2. Edit.), pag. 257, tav. 12, fig. 10. 


1843.  — —_ Snreson. Jorksh. Lias, pag. 51 (cum syn.). 

21845 —  Bodleyi Berman. Murch.’s Geol. of Chelt., pag. 43 (Amm. crenata), tav. XI, fig. 74. 
1855. —  semucostatus Sieson. Yorlksh. Lias, (2. Edit.) pag. 93 (cum syn.). 

1868. Arnioc. semicostatum Hvar. Ceph. Mus. Comp. sool., pag. 74. 


1877. Arietites semicostatus Tanr et BLaxe. Yorksh. Lias, pag. 288, tav. VI, fig. 4 (sup.). 

1881. — - Wricat. Lias Amm., pag. 284 (ea p.; ewcl. syn.); tav. I, fig. 4,5, (62, 8?), 
(non fig. 7). 

1884. Amm. ceratitoides QuensteDt. Amm. Schw., pag. 101 (ex p.), tav. 13, fig. 8, 9 (caet. fig. eacl.). 

1889. Arnioc. semicostatum (var. D.) Hvar. Arietidae, pag. 166 (ex p.; excel. syn.), tav. II, fig. 15. 

1897. Ardetites (Arnioc.) semicostatus Parona. Saltrio, pag. 34, tav. IV, fig. 8,9. 


Esemplari n.° 1 (R. Museo geol. Torino); 1? (coll. T. MORENA). 
Non mi fu in alcun modo possibile di consultare il lavoro di Bvckmaw (BRUcK, in HyaTT), ove è de- 
scritto e figurato l’Ammonites Bodleyi (v. sin.), e pertanto debbo lasciare in sospeso la questione relativa 


i Nemmeno allo HvarT fu concessa la buona ventura di consultare questo lavoro. Egli pertanto lo cita per tre 
volte nella sua Monografia (Ariet., pag. 169-70, 1889) scrivendo BRUCK, invece di BUcKMAN. 


[11] G. BONARELLI 65 


a questa forma. Ricorderò pertanto che nel 1867 il DumortIER (Bass. du Rhone, pag. 169 [cum syn.], 
tav. XXVIII, fig. 2, 3) descrisse e figurò, con questo nome, un esemplare di Ammonidea della oxynotus- 
zona di Saint Fortunat che per molti caratteri nettamente si distingue dagli Arnioceras tipici. Egli è 
pur troppo una circostanza deplorevole che di questo esemplare non sia stata descritta la linea lobale 
che senza dubbio fornisce caratteri di peculiare importanza nella distinzione generica degli Arieti. 

WrIGHT, dopo DUMORTIER, e più precisamente nel 1881 (Zias Amm., pag. 284), comprende l’Ammo- 
nites Bodleyi} Buckm. nella sinonimia dell’Arnioceras semicostatum senza peraltro giustificare questo rife- 
rimento e non facendo menzione alcuna della figura di DUMORTIER. 

Anche lo Hyatt (Arietidae, 1889) non dà alcun cenno descrittivo di questa figura. Questo autore poi 
considera l’Ammonites Bodleyi Buckm. come perfettamente diverso dall’Ammonites semicostatus Y. et B. 
e stabilisce per queste forme due diverse sinonimie ©. 

In ogni caso è certo che se l’esemplare di Saint Fortunat descritto da DumoRTIER è veramente da 
riferirsi all’Ammonites Bodleyi dovrassi allora escludere questa forma dalla sinonimia dell’ Arnioceras se- 
micostatum (Y, et B.) e fors’anche dal genere Arrioceras. 

Do una riproduzione fotografica dell’esemplare di Ponte Alto che si conserva in questo R. Museo 
geologico di Torino, e che riferisco ad Arrioceras semicostatum, onde meglio apparisca la sua perfetta 
corrispondenza con l'esemplare figurato da WRIGHT [v. sin.]. 

L’altro esemplare della collezione MoRENA che riferisco dubitativamente a questa forma si trova in 
condizioni assai deplorevoli di conservazione. Raggiunge il notevole diametro di mm. 150. Le particola- 
rità della sua forma e della ornamentazione del suo giro esterno sono riassunte nella seguente diagnosi: 


Arnioceras testa discoidea, compressa, evoluta, bisulcato-carinata, spiratissima; anfractibus numerosis, sub- 
compressis, lateribus subconveris, costatis; costis fortibus, habita ratione rarìis, lateraliter retro-arcuatis, externe 
(in dorso) arcuato-proversis, elevatis; carina altissima, subtilissima, a sulcis profundis lateraliter delimitata; aper- 
tura subcompressa, elliptica; septis lateribus? . 


i) Lo HyarT (Ariet., pag. 165, 1889) attribuisce al Sison la « paternità» di questa forma. In tale errore egli 
è caduto fidandosi del Morris ’s Catalogue, 1843 (2° ed., 1854) e trascurando di «risalire alle fonti » o per lo meno 
di tenere buon conto dei dati sinonimici che gli venivano forniti dall’ opera di WrIGHT (Lias. Amm., pag. 284, 1881) ecc. 

2 Alle quali non credo di potermi sottoscrivere per le seguenti ragioni: 

1.° È certo che lo Hyatt non conosceva le diagnosi e le figure date da JouNG e BirD per l’ Ammonites semi- 
costatus e da BUCKMAN per l’Ammonites Bodleyi. Egli adunque non possedeva i dati indispensabili per discutere del 
valore specifico di queste due forme. 

2.° Questo autore (op. cit., pag. 165-66, 1889) riferisce ad Arnioceras semicostatum degli esemplari così distinti 
l’uno dall’altro per numerosi caratteri da farmi supporre che si debbano considerare come altrettante forme distinte 
e non come semplici varietà. Lo stesso HyATT inoltre comprende nella sinonimia dell’ Arnioceras semicostatum var. 
A, l’Arietites semicostatus WRIGHT (ex p., Lias Amm., tav. I, fig. 7, 1881) che non avendo indizio alcuno di vere 
costole devesi, a mio parere, comprendere senz’altro nella sinonimia dell’Arnioceras miserabile (QuENST.), convenendo 
in ciò completamente con quanto lo HyaTT aveva già scritto alla pag. 163 del suo lavoro (Ariet., 1889). 

3.° Sono troppo notevoli le differenze che intercedono fra l’ Ammonites ceratitoides QueNsT. (1849) e 1’ Arietites 
semicostatus WRIGHT (ex p., Lias Amm. tav. I, fig.4-5, non 7, 1881) perchè, dissentendo dalla opinione già espressa 
dalla maggior parte degli autori io possa indurmi a seguire lo HyArT che comprende queste due forme nella me- 
desima sinonimia (Ariet., pag. 169, 1889) e precisamente nella sinonimia dell’Arnioceras Bodleyi (Buckm.) in HYATT, 
con il qual nome poi egli descrive e figura due individui di Semur che fra di loro e dalle succitate figure per molti 
caratteri differiscono. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 9 


66 G. BONARELLI [12] 


Questo esemplare ricorda alquanto 1’ Ammonites Arnouldi Dum. del sinemuriano inferiore (parte sup.) 
di Saint Fortunat e di Saint Cyr nel bacino del Rodano. Ne differisce tuttavia per il numero alquanto 
minore delle sue due costole talchè la sua regione dorsale si presenta anch’ essa con un aspetto alquanto di- 
verso. Mentre infatti nell’Ammonites Arnouldi, data la sua ornamentazione così stipata, le porzioni dor- 
sali arcuato-proverse di ciascuna costola vanno a toccare la costola immediatamente seguente, invece, 
nell’esemplare della collezione MorENA le costole svaniscono sul dorso in corrispondenza degli orli esterni 
dei solchi (carene secondarie) senza appoggiarsi l’una sull'altra. Sono inoltre più ricurve sui fianchi. 

Essendo pertanto, dopo ripetute indagini, giunto alla conclusione che l’Ammonites Arnouldi è vera- 
mente un Arrioceras e per di più sinonimo dell’Armnioceras ceratitoide, penso che anche l’ esemplare testè 
descritto, della collezione Morena sulle cui costole non si hanno indizi di rilievi angoloso-appuntiti, sia 
un individuo senile di Arnioceras e precisamente, dato il numero delle sue costole, dell’ Arrioceras se- 
micostatum. 

La mancanza delle angolosità sulle costole degli Arrioceras adulti sarà in seguito una caratteristica 
costante degli Hidoceratidae charmoutiani, toarciani ed aleniani, i quali bene a ragione si possono con- 
siderare come un derivato evolutivo degli Arrioceras sinemuriani. 

È questa la prima volta che l’Arnioceras semicostatum (Y. et B.) viene indicato per i depositi sine- 
muriani dell’Italia centrale. 


Arnioceras dimorphum (Par.). — Tav. VIII [I], fig. 9. 


1889. Armioceras ceras Hyatt (non Amm. ceras GreB.). Arietidae, pag. 169, tav. II, fig. 20. 
1897. Arietites (Arnioc.) dimorphus Parona. Saltrio, pag. 35 (cum syn.), tav. IV, fig. 6. 
1898. _ _ — Parona. Calcare nero, pag. 10 (cum syn.), tav. XII, fig. 3. 


Esemplari n.° 1 (coll. T. MoRENA). 

Do la figura di questo esemplare onde meglio apparisca la sua perfetta corrispondenza con le figure 
di HyarT e di PARONA che ho citato in sinonimia. I suoi giri sono, come negli originali di queste figure, 
subquadrato-depressiusculi con dorso decisamente bisulcato. Sono queste le principali caratteristiche 
per le quali l’Arrioceras dimorphum si distingue dall’Arnioceras geometricum (OPP.). 

È questa la prima volta che viene indicato 1’ Arnioceras dimorphum (PaRr.) per i depositi sinemuriani 
dell’Italia centrale. 


Tmaegoceras Paronai n. f. 


Esemplari n.° 1 (di Ponte Grosso, presso Ponte Alto. Coll. T. MORENA). 


Tmaegoceras testa discoidea, fere evoluta, inornata, bisulcato-carinata; anfractibus depressis, fere inornatis, 
lateribus converis, bisulcato-carinatis ; sulcis profundis; carina parum elevata; dorso lato rotundato; ombilico pro- 
fundo; apertura depressa; septis lateribus?. 


DIMENSIONI 
Diametro . 5 ” È . ò o 5 o 6 7 mm.46 =1 
Altezza dell’ultimo giro . . ù c 0 o c a » 14,5 = 0,315 
Spessore » DE : È o © . À 5 » 28, i==10}50 


Ampiezza dell’ombelico . ò È 5 ? o ; . » 22,5 = 0,489 


[13] G. BONARELLI 67 


Riferibili al genere Timaegoceras HyAmT (1889) si conoscevano finora tre forme soltanto: 7maegoceras 
latesulcatum (HAUER)®, Tmaegoceras Helli (ScHArR.)® e Tmaegoceras laeve (STUR)B. 

Il mio Tmaegoceras Paronai si distingue dalla prima di queste tre forme per avere: minori dimen- 
sioni (col diametro di mm. 46 esso è provvisto, al completo, della camera definitiva d’abitazione); ultimo 
giro non liscio, ma adorno di pieghe arcuate poco distinte; sezione dei giri notevolmente depressa; ca- 
rena molto meno robusta. 

Si distingue pure assai nettamente dallo 7maegoceras Helli (SCHAFH.) per avere una ornamentazione 
molto meno accentuata, meno proversa e del tutto mancante nei giri minori della spira. 

Si distingue infine, e così nettamente, dallo 7maegoceras laeve (STUR), come ben si rileva da un sem- 
plice confronto della mia figura con quella data da GevER [v. nota] per questa forma, da far supporre 
che quest’ultima sia stata non troppo giustamente riferita dallo HvAmT al suo genere 7maegoceras, men- 
tre lo 7maegoceras Paronai presenta bene evidenti i caratteri distintivi degli 7maegoceras tipici: 


Fic. 1. 


E dato qui sopra un disegno semi-schematico dell’esemplare tipico di questa mia nuova forma. 
Esso venne eseguito dalla mano maestra del prof. PARONA e questa mi sembra una sicura garanzia della 
sua perfetta esattezza. Manca il disegno della linea lobale di cui non mi fu in alcun modo possibile di 


rintracciare l’andamento. 
E questa la prima volta che viene indicata una forma di Zmaegoceras per i depositi sinemuriani 


d’Italia. 


1) Tmaegoceras latesulcatum (HAUER) = 
1856. Amm. latesulcatus HAUER. Ceph. Lias n. è. Alp. pag. 44, tav. IX, fig. 1-3. 
1879. — —_ RevnÉS. Monogr., tav. VII, fig. 9-11. 
1889. T'maegoc. latesulcatum HyaATT. Ariet., pag. 125 (cum syn.). 
2) Tmaegoceras Helli (ScHara.) = 
1851. Amm. Helli ScaAarHAUTL. Stdbayer. Alpengeb. 
1879. — — Revnés. Monogr., tav. XXX, fig. 1,2 (copia da SCHAFHAUTL). 
Di questa forma lo HyATT non fa menzione nella sua Monografia sugli Arieti. 
3) Tmaegoceras laeve (STUR) = 
1886. Arietites laevis (non Levis) [STUR m. s.] GevER. Hierlatz., pag. 252 [40], tav. III, fig. 10. 
1889. Tmaegoc. levis (errore) HvaTtT. Arietidae, pag. 125 (cum syn.). 


68 G. BONARELLI [14] 


Schlotheimia boucaultiana (0° Or8.). — Tav. VIII [I], fig. 10. 


1842. Amm. Boucaultianus D’ OrBiant. Céph. jur., pag. 294, tav. 90. 
1858. —  betacalcis QuensreDT. Jura, pag. 98, tav. 12, fig. 7. 
1879. — Boucaulti Revnfs. Monogr., tav. XLII, fig. 1-4. 
1881. Aegoc. Boucaultianum Warner. Lias Amm., pag. 327, tav. XVII, fig. 1-4. 
1884. Amm. betacalcis QuensreDT. Amm. Schw., pag. 164, tav. 21, fig. 27. 
1889. Schlotheimia Boucaultiana Hyant. Arietidae, pag. 133 (cum syn.). 
1893. —_ _ Pompecgs. Revis., pag. 91 (syn. emend.), fig. 21. 
1897. —_ = Parona. Saltrio, pag. 25, tav. V, fig. 1. 
non DumortIeR (1867). 


Esemplare n.° 1 (coll. T. MORENA). 

Questo stupendo e ben conservato esemplare della collezione MoRrENA corrisponde perfettamente alle 
figure tipiche della SeMlotheimia boucaultiana. Ho pensato bene di figurarlo onde meglio apparisca questa 
assoluta identità. 

Seguendo lo Hyatt (Arietidae, 1889) escludo dalla sinonimia di questa forma 1’ Ammonites Boucaultianus 
in DumortIER (Bass. du Rhone, II, pag. 138, tav. XXXIX, fig. 1,2, 1867), augurandomi che a qualche 
ammonitologo sia presto data occasione di esaminarne l’originale e concessa così la buona ventura di 
risolvere una buona volta la sospesa questione del valore specifico di questo fossile assai interessante. 

La Schlotheimia boucaultiana (D’ ORB.) viene oggi, da me, per la prima volta indicata in depositi si- 
nemuriani dell’Italia centrale. 


Lytoceras hierlatzicum (Gever). — Tav. VIN [I], fig. 11. 


1886. Lytoceras hierlatricum Gryer. Hierlatx, pag. 230, tav. II, fig. 10, 11. 


Esemplari n.° 1 (coll. T. MorENA); 1(R. Museo geol. Torino). 

Le figure date da GevER [v. sin.] degli esemplari tipici di questa sua forma si presentano invero di 
assai piccole dimensioni, non raggiungendo, l’ esemplare maggiore, i mm. 25 di diametro. Ad esse figure 
pertanto corrispondono abbastanza bene i due esemplari di Ponte Alto che riferisco a detta forma e che 
raggiungono un diametro di mm. 50. 

L’esemplare della collezione MoRENA (quello appunto del quale è data una riproduzione fotografica 
Tav. VIII [I], fig. 11 di questo mio lavoro), è provveduto in gran parte, e forse al completo, della camera 
d’abitazione la quale occupa un po’ meno dei due terzi dell’ultimo giro; ma con molta probabilità non 
è la camera definitiva. Infatti, l’altro esemplare (R. Museo geol. Torino) è un frammento di giro d’un 
individuo che certamente superava le dimensioni del primo, poichè, avendo un diametro di mm. 55 si 
riferisce completamente alla porzione concamerata della spira, non presentando, nemmeno in parte, la 
camera d’abitazione, così da far supporre che il Lytoceras Rierlatzicum allo stato adulto abbia raggiunto 
dimensioni assai maggiori dei 50 mm. di diametro. 

Non mi risulta che prima d’ora siasi constatata la presenza di questa forma in depositi sinemuriani 
dell’Italia. 


{15] G. BONARELLI 69 


Lytoceras adnethicum (Haver). — Tav. IX [II], fig. 2. 


1849. Amm. cfr. lineatus (gerippte Variet.) QuenstEDT. Ceph., pag. 262, tav. 19, fig. 10. 


1854. — Adnethicus Hauer. Capricorn., pag. 10 (cum syn.), tav. I, fig. 3. 
1856.  — —_ Hauer. Ceph. Lias, n. ò. Alp., pag. 52 (cum sym... 
1879. — — Revnés. Monogr., tav. XXX, fig. 9-11 (cop. da HAUER). 


1898. Microc. Adnethicus Fucimi. Nuove Ammon., pag. 245 [7]. 
non HerBIcg (1878), non GeveRr (1886) [Aegoe.]. 


Esemplari n.° 2 (R. Museo geol. Torino). 

Non comprendo quali ragioni possano aver indotto 1’ HaueR, 1’ HERBICH, il GeyeR ed il Fucini a col- 
locare tra gli Aegoceratidae V Amm. adnethicus di HAaueR ® mentre il semplice esame della sua linea lo- 
bale mi sembra più che sufficiente a dimostrare, senz'altro, che detta forma appartiene piuttosto al ge- 
nere Lytoceras (s..). Egli è vero bensì che per i caratteri della sua ornamentazione potrebbe a primo 
aspetto venir confusa con le forme appartenenti al gruppo Aegoceratino dell’Ammonites capricornu SCHLOTE., 
ma purtroppo ognuno ben sa quanto fallaci, nella sistematica delle Ammonidee, sieno i caratteri che a 
tale scopo si possono desumere dallo esame esteriore e superficiale della loro conchiglia e tanto meno 
del loro modello interno. 

Il Lytoceras adnethicum (HAUER) è forma caratteristica del sinemuriano superiore. Ad essa riferisco due 
buoni esemplari di Ponte Alto, d’uno dei quali è data nelle tavole, una riproduzione fotografica. 

Non peranco era stato citato il Lytoceras adnethicum in depositi sinemuriani dell'Appennino centrale. 


Lytoceras Herbichi n. f. 


1878. Aegoc. adnethieum HersicH. Sxéklerl., pag. 108 (excel. syn.). tav. XX, ©, fig. 1a,b,c. 
1886. — —_ GeveR. Hierlatx, pag. 201 [49] (excel. syn.), tav. IV, fig. 2 (fig. 37). 


Esemplari n.° 1 (R. Museo geol. Torino). 


Lytoceras (gr. adnethicum) testa discoidea, compressa, fere evoluta; anfractibus rotundatis, lateribus converis, 
costatis; costis habita ratione numerosis ac fortibus, simplicibus, laete proversis, externe incrassatis, lateraliter (in 
dorso) nodosis, in dorso rectis; dorso lato, rotundato, costato, a nodis (seriebus 2) parum elevatis ae distinetis la- 
teraliter delimitato; apertura circulari; ombilico medio; septis lateribus bilobatis. 


Così in questa forma, come nel Lytoceras adnethicum precedentemente descritto (dal quale essa dif- 
ferisce per avere un maggior numero di costole ed un più rapido accrescimento spirale), la presenza dei 
nodi sulle costole, ai lati del dorso, si riscontra soltanto nei giri maggiori della spira. 

Sarebbe opportuno verificare se nell'originale della figura di HERBICH [v. sin.] sieno veramente con- 
servati ed allo scoperto i giri interni della spira, ovvero invece se, come credo, il disegno che ne ha 


1 L’egregio amico dott. FuciNI riferisce senz’ altro questa forma (v. sin.) al genere Microceras HvarT. E questo 
è veramente il nome generico adottato finora dal maggior numero degli autori, cominciando dallo ZITTEL 
(Handb., II, 1886), per indicare il gruppo dell’Ammonites capricornu. Ma sappiamo oggi da HauG (Rev. crit. de 
paléoz. de Cossx., n. 1, pag. 26, 1899) che questo nome non può essere a ciò impiegato, « car il existait, depuis 1845, 
un genre Microceras HaLL dans le Bellérophontidés » . 


70 G. BONARELLI [16] 


dato codesto autore era tutt’affatto ideale. A questo sospetto mi induce la circostanza che nelle forme 
appartenenti al gruppo del Lytoceras adnethicum ® i giri interni della spira si presentano tipicamente 
Iytoceroidi e con ornamentazione molto meno accentuata di quanto non apparisca in detta figura. Così 
pure ritengo che nell'originale della fig. 3 di GeyER [v. sin.] si dovrebbe ricercare lo andamento della 
linea lobale onde stabilire se questo esemplare debba riferirsi a qualche altro Lytoceras (non all’ Herbichi, 
in ogni caso, poichè ne differisce per la sezione dei giri e la ornamentazione più robusta) o meglio in- 
vece a qualche Aegoceratide. 

Oggi, per la prima volta, viene indicata Ja presenza del Lytoceras Herbichi in depositi sinemuriani 
dell’Italia. 


Lytoceras altecinctum (Haver) — Tav. VIII [I], fig. 12; Tav. IX [II], fig. 1. 


1878. Lytoceras altecinctum (Hauer) HerBIcH. Sweklerl., pag. 116 (cum syn.), tav. XX, K, fig. 2. 
1898. IMicroc. ovilis (Mcn. in sch.) Fucini. Nuove Amm., pag. 245 [7], tav. XX [I], fig. 2. 


Esemplari n.° 1 (coll. T. MorENA); 2 (R. Museo geol. Torino). 

Questa forma si presenta assai variabile per quel che riguarda la ornamentazione dei giri minori 
della sua spira, che in alcuni individui si presentano quasi esornati, in altri invece hanno costole molto 
robuste alcune delle quali, altre no, raggiungono le suture ombilicali. [Anche nei giri interni del Lyto- 
ceras adnethicum (HAUER) non tutte le costole raggiungono le suture ombelicali]. 

È data nelle tavole che accompagnano questa Monografia, la riproduzione fotografica di due belli 
esemplari di Ponte Alto che riferisco appunto al Lytoceras altecinctum (HAUER), onde meglio apparisca la 
loro perfetta corrispondenza con la figura data dal Fucini del Lytoceras | non Microceras!] ovilis (MGH.). 
Questo nome del MexEGHINI deve rientrare, per la ragione della priorità, nella sinonimia del. Lytoceras 
altecinctum (HAUER), fin dal 1878 descritto e figurato da HeRBICH. La figura e la diagnosi datane da questo 
autore si riferisce ad un frammento di spira che certamente faceva parte della camera d’abitazione (forse 
definitiva) d’un grosso individuo. L’esemplare descritto e figurato dal FucINI, quantunque si presenti di 
assai minori dimensioni, gli corrisponde abbastanza bene per la forma e la sezione dei giri nonchè per 
lo aspetto e lo andamento, al tutto simili, delle costole. 

Nei depositi smemuriani d’Italia non era ancora segnalata la presenza del Lytoceras altecinctum 
(HAUER). 


Ectocentrites Canavarii n. f. — Tav. IX [II], fig. 3. 
Esemplari n.° 1 (coll. T. MORENA). 


Ectocentrites testa discoidea, compressa, costata, fere evoluta; anfractibus rotundatis, costatis, lateribus conve- 
xs; costis rectis, numerosis, radiantibus, in dorso breviter interruptis; dorso lato, rotundato, costato; linea dorso- 
mediana imnornata, planiuscula; apertura subcirculari; ombilico medio, septis lateribus trilobatis, multum divisis. 


DIMENSIONI 
Diametro . 6 5 È ò c ò c . c 0 mm.128= 1 
Altezza dell’ultimo giro . . o È . z ° ò » 48 = 0,37 
Spessore » » 6 : o : . : c . » 40= 0,31 
Ampiezza dell’ ombelico . c È o . 6 0 c IE DONROR99, 


i) A questo gruppo riferisco anche l’ Ammonites Ferstli HAuER (Capricorn., pag.13 (cumsyn.), tav. II, fig.1-3, 1854). 


[17] G. BONARELLI 71 


È questa la prima volta che viene indicata una forma tipica di Ectocentrites in depositi più recenti 
dell’ettangiano, mentre le considerazioni in base alle quali il PomPECKJ ” riferisce a detto genere lAm- 
monites nodostrictus di QuensteDnT (Amm. Schw., pag. 264, tav. 33, fig. 20, 1885, del Lias medio di Hin- 
terweiler) non mi sembrano tali da giustificare abbastanza codesto riferimento. Lo stesso PomPECKJ rico- 
nosce che l’ Ammonites nodostrictus QueNnst. specialmente si distingue dall’ Ammonites Phillipsi Sow. (e 
perciò da tutti i Lytoceras articulati che appartengono al gruppo del PhiZlipsi), per essere provveduta 
di una ornamentazione: “ Berippung und Knotenbildung ,, che nella forma di SoweRByY non si riscontra; 
ma l’egregio autore dà forse troppa importanza a questo carattere che per altri Lyfoceras ha una im- 
portanza solamente specifica e persino individuale), quando lo invoca onde tenersi autorizzato a non col- 
locare l’Ammonites nodostrictus Quenst. nel genere Lytoceras (inteso nel senso ampio e comprensivo che 
dagli autori si è finora attribuito a questo gruppo così numeroso e il più persistente fra tutte le Am- 
monidee). Se, d’altra parte, ci facciamo a considerare lo andamento delle linee lobali di questo Lytoceras 
nodostrictus, ben differenti esse ci si mostrano da quelle dei tipici Ectocentrites, sia perchè meno frasta- 
gliate, sia perchè gli elementi (lobi e selle) onde sono formate si presentano meno alti, meno profondi e 
con basi molto più larghe. 

Escludendo pertanto 1° Ammonites nodostrictus, le sole forme riferibili al genere Ectocentrites e già 
riconosciute per tali sono: 


Ammonites Petersi Hauer (Ceph. Lias n. ò. Alp., pag. 65, tav. XXI, fig. 1-3, 1856). 
Ectocentrites italicus (Mcx.) in Canav. (Spezia, pag. 130, tav. III, fig. 21, 1888). 
Aegoceras Alutae HerBIcn. (Sxeklerl., pag. 117, tav. XX, L, fig. 1, 1878). 


tutte e tre, per quel che sembra, caratteristiche dell’ ettangiano, quantunque lo HeRrBIcH abbia citato la 
prima e l’ultima di queste forme promiscuamente ad altre Ammoniti, sinemuriane senza dubbio, del Monte 
Urmòsi nello Szekler. 

A queste tre forme devesi avvicinare, se non erro, l’Ammonites Roberti di HAUER (Capric., pag. 25, 
tav. III, fig. 1-3, 1854), la quale appunto, per i caratteri della sua ornamentazione (non altrettanto però 
della sua linea lobale, secondo che è stata disegnata da HAUER) sembra essere una forma derivata dai 
tipici Ecetocentrites e proviene dal sinemuriano superiore delle Alpi austriache e dei Carpazi ossia da for- 
mazioni contemporanee al calcare di Ponte Alto (Foci di Cagli - Appennino centrale) d’onde provengono 
l’ Ectocentrites Canavariù n. f. e gli altri Ectocentrites che mi accingo a descrivere. 

Il genere Ectocentrites fu istituito per la prima volta da WAHNER nel 1887 (CANAVARI, Lias inf. di 
Spezia, pag. 126) ed il tipo ne è Vl Ammonites Petersi HavER; alla qual forma lo stesso WAHNER ha rife- 
rito, in questi ultimi anni, parecchi esemplari che fra loro, per alcuni caratteri, leggermente differiscono. 

a) Gli esemplari tipici (WiHNER, unt. Lias, pag. 53 [264] (syn. emend.), tav. IX [LX], fig. 6, (79); 
tav. X [LXI], fig. 4, 1894) hanno una ornamentazione recticostata e limitata ai soli fianchi dei giri mag- 
giori, ove le costole si arrestano poco prima di raggiungere il dorso formando dei piccoli nodi più o 
meno appariscenti. 

0) Altri esemplari presentano costole non rettilinee e leggermente proverse (sempre però limitate ai 
fianchi dei giri), e fanno passaggio verso 1° Ectocentrites Alutae HerB. (= Ectocentrites Petersi WAHNER, 


1) Revis., pag. 175-178, 1896. 


72 G. BONARELLI [18] 


(ex p.), unt. Lias, pag. 53 [264] (Sym. emend.), tav. IX [LXI] fig. 1, 2, 3, (caet. fig. excel.) 1894 ”,) in cui 
le costole (poco numerose nei giri minori della spira) si presentano leggerissimamente arcuato-proverse 
e dopo avere originato le due serie di nodi ai lati del dorso accennano a continuare, quantunque assai 
meno rilevate ed appariscenti, sopra la regione dorsale. 

c) In alcuni giovani individui (WAHNER. Op. cit., pag. 53 [264], tav. X [LX], fig. 5, 1894) è accen- 
nata la presenza di un rilievo carenoide nella regione dorso-mediana degli anfratti. 

d) Finalmente, altri esemplari provveduti di numerose costole, non rettilinee, con nodi o senza 
nodi (Winner, unt Lias, pag. 154 [267] (ex p.); syn. emend., tav. XX [LXII], fig. 3, 4, 1897) sembrano 
far passaggio alle forme proverso-costate che il WAENER comprende tutte insieme (op. cit., pag. 166 
[279], tav. XXI [LXIII], fig. 1-6, 1897) nell’ Ectocentrites italicus (McH.). 

Se immaginiamo ora che nell’uno o nell'altro di questi gruppi maggiormente si accentuino i carat- 
teri che ho accennato per ciascuno di essi, verremo ad avere, in linea generale, i particolari distintivi 
degli Ectocentrites sinemuriani. 

Così 1’ Ectocentrites (?) Roberti (HAUER), recticostato, differirebbe dal tipico Ectocentrites Petersi per aver 
un minor numero di costole, una maggiore involuzione e i giri più compressi. 

A sua volta, l’ Ectocentrites Canavarii n. f., anch'esso recticostato, differisce dalla forma tipica di 
questo genere per avere un assai maggior numero di costole (anche nei giri interni della spira), la se- 
zione dei giri subcircolare e non compressa, la regione dorsale inornata soltanto in corrispondenza di 
una stretta area dorso-mediana ai lati della quale giungono le costole originandovi ciascuna un leggeris- 
simo rilievo tubercoliforme. 

Della linea lobale di questa mia nuova forma, che si vede bene evidente sull’esemplare tipico del 
quale è data una riproduzione fotografica a Tav. IX [II] fig. 3 di questo mio lavoro, dirò soltanto che 
in tutti i suoi caratteri essa mi sembra corrispondere perfettamente alla descrizione e alla figura data 
da WxirHNER per la linea lobale dell’ Ectocentrites Petersi (op. cit., tav. XX [LXII], fig. 5, 1897, “ Loben- 
linie des Originalexemplars v. HAUER'S ,). 


Ectocentrites Fucinii n. f. — Tav. X [III], fig. 2,3. 


Esemplari n.° 4 (coll. T. MorENA); 2 (R. Museo geol. Torino). 


Ectocentrites testa discoidea, compressa, pseudo-carinata, fere evoluta; anfractibus depressis, lateribus converis, 
costatis, strangulatis; costis rectis. radiantibus, crassis, parum elevatis, in dorso interruptis; dorso latissimo, ro- 
tundato, costato; linea dorso-mediana elevata, pseudo-carinata ; pseudo-carina depressissima; apertura subcircolari- 
depressa; ombilico amplo; septis lateribus?. 


DIMENSIONI 
Diametro c . o , c mm.124= 1 
Altezza dell’ultimo giro. c 8 o ° = d È » 34 = 0,27 
Spessore » » D c Ò 0 6 5 6 o » 46 = 0,37 
Ampiezza dell’ombelico o c o ò È 5 È 5 » 65 = 0,52 


i‘ Non è improbabile che 1’ Ectocentrites Meneghinti (E. Sism.) in Canav. [Spezia, pag. 129, tav. III, fig. 22, 23, 
1888] debba piuttosto rientrare nella sinonimia dell’ Ectocentrites Alutae (HERB.) che non in quella dell’ Ectocentrites 
Petersi. 


fe: 


[19] G. BONARELLI 73 


x 


L’esemplare tipico di questa mia nuova forma (v. fig. 2 a Tav. X [III])® è provveduto quasi al 
completo della camera definitiva d’abitazione la quale occupa tutto intero il giro esterno ed una parte 
del giro immediatamente seguente. Questo tratto della spira presenta, di parti DIRI 
colare, due strozzature bene evidenti, l'una poco distante dalla regione peristo- 
matica, l’altra alla metà circa del giro. Presenta inoltre, come è già indicato 
nella diagnosi, un rilievo carenoide molto depresso in corrispondenza della 
linea dorso-mediana ai lati della quale giungono le costole semplici e sprov- 
vedute di nodi. Di questa pseudocarena non si ha indizio alcuno negli altri 
5 esemplari che pure riferisco all’ Ectocentrites Fuciniù e che, essendo di 
assai minori dimensioni, si trovano sprovveduti della camera d’abitazione. 

Concludo perciò che solamente in quest’ultima porzione di spira si ha la 

presenza della pseudo-carena non chè delle strozzature. I giri interni alla lor 

volta, i quali pur troppo non sono conservati nell’esemplare figurato, si presentano provveduti di 
costole numerose e sempre rettilinee (Tav. X [III], fig. 3). 

La linea lobale di uno degli esemplari non figurati corrisponde abbastanza bene, quantunque più 
frastagliata, a quella dell’ Ecetocentrites Canavarii. 

L’ Ectocentrites Fucinii si distingue anche, da quest’ultima forma, per avere i giri depressi. 


Ectocentrites (?) altiformis n. f. — Tav. IX [II], fig. 4-6. 


cfr. 1856. Amm. altus Hauer. Ceph. Lias. n. 6. Alp., pag. 66, tav. XX, fig. 7-9. 
1879. — — Rexnés (ex p.). Monogr., tav. XXX, fig. 6-8 (copia da HavER) [non 3-5 (copie da Du- 
MORTIER) |. 
cfr. 1880. Lytoe. Forojuliense (Mca. in litt.) TAaramenLI. Lias prov. Venete, pag. 75, tav. V, fig. 1,2. 
non Amm. altus DuxortIER (1867). 


Esemplari n.° 4 (coll. T. MoRENA); 1(R. Museo geol. Torino). 


Ectocentrites (?) testa discoidea, compressa, fere evoluta; anfractibus compressis, lateribus converiusculis, co- 
statis; costis numerosis, arcuato-proversis, esterne laete nodosis, în dorso attenuatis; dorso strieto, apertura com- 
pressa; ombilico medio; septis lateribus trilobatis. 


Gli esemplari delle Foci di Cagli di cui do le figure a Tav. IX [II] di questo mio lavoro differiscono 
dal tipo dell’Ammonites altus descritto e figurato da HAuER [v. sin.] per essere provveduti di una orna- 
mentazione ben distinta formata da costole numerose, ma poco rilevate, che raggiungono, con andamento 
arcuato proverso, i lati del dorso dove si innalzano a formare dei tubercoli poco pronunciati. Di più i 
loro giri sì piegano bruscamente prima di giungere alle suture ombelicali. 

Per quest’ultimo carattere detti esemplari corrispondono abbastanza bene alla figura tipica del Lytoceras 
forojuliense Men. data dal TARAMELLI [v. sin.] nel 1880. Se ne distinguono tuttavia per la presenza dei 
tubercoli latero-dorsali sulle costole, i quali sembrano mancare in questa forma del MeNEGHINI. Non avrei 
probabilmente tenuto gran conto delle suaccennate differenze ed avrei forse. compreso, senz’ altro, nella 


i) Questo esemplare proviene dalla Cava Buratto a poca distanza dalla Cava di Ponte Alto e sempre nelle foci 
di Cagli-Cantiano. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 10 


74 G. BONARELLI [20] 


medesima sinonimia così 1’ Amm. altus HAUER come l’Amm. (Lytoc.) forojuliensis MGH. nonchè i miei esem- 
plari di Ponte Alto se non avessi avuto occasione, grazie alla cortesia dell’egregio amico dott. FucInI di 
esaminare a Pisa alcune forme del Rosso ad Arieti di Toscana, riferibili anch’ esse al gruppo dell’ Amm. 
altus HAUER assai ben distinte per numerosi caratteri. Così ho potuto convincermi che 1’ Amm. altus 
HauER è veramente una forma inornata, non escludendo la probabilità che la sua camera d’abitazione sia 
provveduta di costole. Così pure la mancanza di tubercoli terminali nelle costole dell’Amm. forojuliensis 
McH. distingue questa forma dalle altre del gruppo. 

La linea lobale dell’Ammonites altus disegnata da HAUER corrisponde perfettamente a quelle degli 
esemplari di Ponte Alto che a questa forma riferisco per confronto. In essa si vede il lobo sifonale 
molto più corto del primo lobo laterale e la seconda sella laterale molto sviluppata, precisamente come 
avviene nei Zytoceras tipici e questi sono tali caratteri da farmi sospettare che 1° Ammonites altus non 
appartenga al genere Ectocentrites, o per lo meno non ne sia una forma tipica, poichè in questo genere 
il lobo sifonale è sempre, per quanto si desume dalle figure datene dagli autori, uguale in lunghezza al 
primo lobo laterale e la seconda sella è sempre molto più piccola della seconda laterale ®. D'altra parte 
rimane il fatto che, per lo aspetto della loro ornamentazione, gli esemplari delle Foci di Cagli si colle- 
gano perfettamente alla varietà d) dell’Ectocentrites Petersi (HAUER) in cui le costole si presentano nu- 
merose e decisamente arcuato-proverse ®. 

Fermamente ritengo che a definire la importante questione del valore generico dell’ Ammonites altus 
e forme affini sia necessario poter disporre di giovani individui di questa forma in condizioni tali di 
conservazione da poterne determinare con sicurezza la forma e lo andamento dei giri iniziali. 


Ectocentrites Morenai n. f. — Tav. X [III], fig. 1. 


Esemplari n.° 1 (coll. T. MoRrENA); 1 (R. Museo geol. Torino). 


Ectocentrites testa discoidea, compressa, fere evoluta; anfractibus compressis, lateribus parum converiuseulis; 
anfractibus minoribus multistriatis, 12-circiter sulcatis (sulcis et striis aliquantulum proversis); anfractu esteriore 
costato, (costis raris, simplicibus, lateraliter limitatis, externe nodosis); dorso anfractus exterioris inornato, a mno- 
dis (seriebus 2) delimitato; apertura compressa, ombilico medio; septis lateribus trilobatis. 


DIMENSIONI 
Diametro . c : . ; 0 Ò È c o 5 mm.66_ = 1 
Altezza dell’ ultimo giro . ° È c . . È a » (24 |—=10,35 
Spessore » » È ò x 6 È 7 6 s » 18,5 = 0,27 
Ampiezza dell’ombelico . 6 ? ò 6 c 0 Ò » 23 = 0,33 


Anche in questa mia nuova forma, come pure nella seguente, le linee lobali presentano il lobo sifo- 
nale più corto del primo lobo laterale; purtuttavia riguardo al loro riferimento generico io non credo di 
dover conservare alcun dubbio considerata la perfetta rassomiglianza che nei giri minori ambedue le sud- 
dette forme presentano con il tipo del genere Ectocentrites. 


i) Si confrontino a tale oggetto le line lobali delle varie forme di Ectocentrites date da HAUER (Ceph. Lias n. è., 
Alp., 1856), CANAVARI (Spezia, 1888), WAHNER (unt. Lias, 1894,1897) ecc. 
2 V.a pag. 72 [18]. 


[21] G. BONARELLI 75 


L’ Ectocentrites Morenai, nella ornamentazione dei giri interni, accusa una spiccata analogia con 1° Ecto- 
centrites ‘italicus Canav.D. Se ne distingue Fic. 3. 
tuttavia per avere i solchi e le strie decisa- 
mente recto-proversi; le strie più numerose 
convergenti a due a tre presso la sutura om- 
belicale quasi a formare dei pseudo-nodi più 
o meno allungati. 

Nell'opera del GeyER sui cefalopodi di 
Hierlatz (pag. 269 [57], tav. IV, fig. 17, 1886) 
è figurato un frammento di ammonidea che 
notevolmente assomiglia, per ciò che riguarda 
la sua ornamentazione, ai giri esteriori dei 
due esemplari di Ponte Alto in base ai quali 
è stabilita la mia diagnosi dell’ Ectocentrites 
Morenai. Però la sezione del frammento figu- 
rato da GEYER si presenta meno compressa; 
di più le sue costole si arrestano molto prima 
verso la regione dorsale esterna dei giri che non si verifichi negli individui tipici della mia nuova forma. 


Fic. 4. 


Ectocentrites Giordanii n. f. — Tav. X [III], fig. 4,5. 


Esemplari n.° 2 (coll. T. MorENA); 1(R. Museo geol. Torino). 


Ectocentrites testa discoidea, compressa, fere evoluta; anfractibus subcompressis, lateribus subplanis, costatis ; 
costis robustis, subrecto-proversis, externe nodosis, post nodos (in dorso) evanescentibus; modis in ultimo anfractu 
robustis, prominentibus; dorso subplano fere inornato; apertura subquadrato-compressa; ombilico medio; septis la- 
teribus trilobatis. 


DIMENSIONI 
Diametro . 5 ° . : Ù È o . È . mm.118 = 1 
Altezza dell'ultimo giro . : . . 7 . , © pl 0539 
Spessore » VA ) 5 i ; ; ; ; i » pe= ? 
Ampiezza dell’ombelico 0 c o 7 © x x " » 46 = 0,38 


L’esemplare più grande dei due che ho figurato è provveduto al completo della camera d’abitazione 
la quale occupa poco più della metà del giro esterno e probabilmente è la camera definitiva, considerando 
che in questa porzione di spira si scorge una ornamentazione più robusta (a costole rade ed incrassate 
con tubercoli terminali molto sviluppati) alquanto diversa dalla ornamentazione dei giri interni. 

In codesto grosso esemplare non mi fu possibile rintracciare con esattezza il completo andamento 
delle suture, le quali invece assai distinte si conservano nell’ esemplare più piccolo che pure ho figurato. 
In queste suture si vede che il lobo sifonale è più corto del primo lobo dorsale, carattere questo che ho 
già riscontrato nell’ Ectocentrites Morenai precedentemente descritto; dalla qual forma peraltro 1° Ectocen= 
trites Giordanii perfettamente si distingue per avere una sezione dei giri alquanto diversa edi giri mi- 


1) Spezia, pag. 130, tav. III, fig. 21, 1888. 


76 G. BONARELLI [22] 


nori della spira adorni di costole meno numerose, più proverse e più robuste, limitate in parte alla re- 
gione dorsale-esterna dei fianchi. 

Un bell’esemplare di questa mia nuova forma, fu donato al prof. CanAvARI dal sig. MorENA. Esso 
attualmente si conserva nel Museo geologico pisano. 


Ectocentrites Geronzii n. f. — Tav. X [III], fig. 6. 


Esemplari n.° 1 (coll. T. MoreNA; “ Corgnola delle Fontaccie ,). 


Ectocentrites testa discoidea, compressa, subevoluta; anfractibus compressis; anfractibus minoribus fere inorna- 
tis-costulatis; anfractu exteriore nodoso-costato ; costis robustis, elevatis, incrassatis, proversis, lateraliter (in dorso) 
nodosis, in dorso attenuatis; areis dorsalibus intercostalibus laete striatis; dorso medio laete arcuato; apertura com- 
pressa; ombilico medio; septis lateribus trilobatis. 


L’esemplare tipico di questa forma presenta in gran parte conservata la camera definitiva d’abita- 
zione. Si distingue dagli esemplari di Ectocentrites Morenai e di Ectocentrites Giordani che ho già de- 
scritto per avere: maggiori dimensioni, giri interni più alti, più compressi, più involuti e provveduti di 
una ornamentazione molto meno appariscente; camera definitiva d’abitazione adorna di costole più rade 
e più robuste, in posizione alterna sopra ciascun fianco e sul dorso, per modo che le costole di ciascun 
lato non si incontrano nè si fondano con quelle del lato opposto, anzi svaniscono in corrispondenza della 
linea dorso-mediana. (Non è improbabile che questa alternanza sia dovuta ad una anomalia presentata 
dall’ unico esemplare di cui sono in possesso). 


Nautilus Araris Dum. 


1869. Nautilus Araris DumortIER. Bass. du Rhone, INI, pag. 56, tav. VI, VII. 


1891. - —  Foorp. Cutal., II, pag. 196 (cum syn.). 
cfr. 1896. _ — Parona, Saltrio, pag. 14, tav. I, fig. 7. 


Esemplari n.° 1 (R. Museo geol. Torino) ”. 

In questo esemplare le suture presentano una più accentuata arcuato-retroversione di quello che non 
si verifichi nell’esemplare tipico di Saint Fortunat descritto e figurato da DumortiER, al contrario di 
quanto avviene nell’esemplare di Saltrio descritto e figurato dal prof. PaRroNA [v. sin.] in cui le suture 
differiscono da quelle del tipo per esser ancor meno arcuate all'indietro. Ma queste differenze hanno 
forse un valore puramente individuale. 


Come appendice a queste mie ricerche sui Cefalopodi sinemuriani di Ponte Alto desidero ora ripor- 
tare qui un elenco sommario dei Gasteropodi, Lamellibranchi e Brachiopodi da me riconosciuti tra i fos-. 
sili raccolti nella medesima località; in attesa che sia data opportunità al sig. T. MorENA di eseguire, 
secondo che egli ne ha mostrato intenzione, studî più ampi e dettagliati al riguardo. 


4) Altri grossi e malconservati esemplari di Nautili fanno parte della collezione MoRENA. Alcuni di questi mi 
sembrano riferibili, con riserva, al Nautilus semistriatus D’ ORB. 


[23] G. BONARELLI TArd 


Scurriopsis altissima Gemr. (Cale. crist. di Casale e di Bell., pag. 380, tav. XXVIII, fig. 44-46; tav. XXIX, 
fig. 3,4, 1878). — Due belli e ben caratterizzati esemplari, uno dei quali fa parte della collezione Morena, men- 
tre l’altro venne appunto donato dallo stesso sig. Morena a questo R. Museo geologico di Torino, ove attual- 
mente si conserva. 

Scurria undatiruga Gem. (Op. cit., pag. 377, tav. XXVIII, fig. 51-55, 1878). — Un esemplare, perfetta- 
mente identico alla fig. 53,54 citata ora in sinonimia, si conserva attualmente in questo R. Museo geologico di 
Torino. Un altro grosso bellissimo esemplare fa parte della collezione MoRENA. 

Pseudomelania f. f. ind. — Parecchi esemplari allo stato di frammenti specificamente indeterminabili. Col- 
lezione MoRENA. 

Scaevola liotiopsis Genm. (op. cit., pag. 343, tav. XXVII, fig. 3-6, 1878). — Un frammento di giro allo stato 
di modello interno. Collezione Morena. 

Scacvola busambrensis Gewm. (Op. cit., pag. 341, tav. XXVII, fig. 1, 2, 1878). — Un grosso, malconservato 
esemplare allo stato di modello interno. Collezione Morena. 

Cardinia f. ind. — Piccolo modello interno, troppo malconservato perchè mi sia permesso di tentarne la 
determinazione specifica. Collezione Morena. 

*4) Plagiostoma gigantea [Sow.] (Parona. Saltrio, tav. II, fig. 6, 1890). — Due esemplari di piccole dimensioni, 
forniti in parte del guscio e perfettamente corrispondenti alla citata figura del Parona. Collezione Morena. 

* Plagiostoma punetata [Sow.] (Cnap. e Dew. Luremb., tav. XXX, fig. 4, 1853). — Quattro esemplari della 
collezione Morena. Conservano in parte il loro guscio e corrispondono perfettamente alla citata figura di CHa- 
PUIS e DEWALQUE. 

Oxytoma sinemuriensis [p' OrB.] (Avicula in Dux. Bass. du Phone, II, pag. 68, tav. XV, fig. 8, 1867). — 
Un esemplare. Collezione MorENA. 

Chlamys Hehli (0° OrB.). — Un esemplare assai grande della collezione Morena. Differisce lievemente dagli 
individui tipici di questa forma per essere un po’ più allungato. 

Clamys Uhligi Gem. et pi BLAs. (Cale. crist. di Casale e di Bell., pag. 394, tav. XXX, fig. 8-10, 1878). — 
Un frammento di non dubbia determinazione. Si conserva in questo R. Museo geologico di Torino. 

Clamys Veneris Gem. et pi BLas. (Op. cit., pag. 396, tav. XXX, fig. 11, 12, 1878). — Una valva ed il suo 
modello esterno, mancanti delle orecchiette, ma di non dubbia determinazione. Si conservano in questo R. Mu- 
seo geologico di Torino. 

* Amusium Stolicxkai Gem. (Op. cit., pag. 404, tav. XXX, fig. 19, 20, 1878). — Un esemplare identico, per 
forma e dimensioni, alla figura del GewweLLaro. Collezione Morena. 

Pecten f. f. — Parecchi esemplari allo stato di frammenti indeterminabili. Collezione MorrNA. 

Exogira? n. f. (Ostrea cfr. chillyensis [TQ. et P.] Parona. Saltrio, pag. 10, tav. I, fig. 8, 1890). — Un 
esemplare della collezione Morena. Si distingue dalla Gryphaea arcuata in GoLprvss (Petr. Germ., pag. 28, tav. 
LXXXIV, fig. 2, 1834) per essere più larga, la regione apiciale più rigonfia, per aver l’apice più ricurvo e de- 
cisamente saldato al margine anteriore della valva stessa, come appunto sì verifica nelle forme tipiche di Exogyra, 
dalle quali peraltro questo esemplare di Ponte Alto notevolmente si distingue per la presenza di un seno late- 
rale ben demarcato. L'area muscolare si presenta solcata e striata. 

Gryphaea arcuata ? Lx. — Tre piccoli esemplari della collezione Morena. Si distinguono dagli esemplari 
tipici di questa forma per avere una ornamentazione più grossolana ed il seno laterale più profondo, spostato 
verso la linea mediana delle valve. 

Ostrea irregularis Minsr. in Dum. (Bass. du Rhone, II, pag. 223, tav. XLIX, fig. 1,2, 3, 1867). — Due 
esemplari. Collezione MoRrENA. 

Ostrea f. f. ind. — Parecchi esemplari e frammenti indeterminabili. 


1) Devo alla cortesia del mio maestro, prof. C. F. PARONA, la determinazione degli esemplari segnati con asterisco. 


78 G. BONARELLI [24] 


Spiriferina rostrata (Scuuoma.) auct. — Parecchi esemplari, alcuni dei quali, gentilmente donati dal sig. Mo 
RENA, si conservano in questo R. Museo geologico di Torino. 

Spiriferina angulata Orr. — Parecchi esemplari, come sopra. 

Spiriferina obtusa Orr. — Un piccolo malconservato esemplare, venne da me raccolto nella Cava di Ponte 
Alto e si conserva attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. Parecchi esemplari di questa forma 
fanno parte della collezione MoRrENA. 

* Spiriferina alpina Orr. — Parecchi esemplari, come sopra. 

* Spiriferina cfr. pinguis (Zrer.). — Un esemplare. Differisce dalle figure del Gryer date per questa forma 
(Hierlatx, tav. IX, fig. 13-16, 1889) per avere l’apice della valva perforata meno ricurvo. Venne da me raccolto 
alla Cava di Ponte Alto e si conserva attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. 

Spiriferina cantianensis Canav. — Molti esemplari. 

* Rhynchonella cfr. tetraedra Sow. — Moltissimi esemplari. 

Rhynchonella aptycha Canav. — Un solo esemplare; si conserva in questo R. Museo geologico di Torino. 

* Rhynchonella pisoides Zirr. — Due esemplari, come sopra. 

Rhynchonella variabilis Scar. — Molti esemplari. 

Rhynchonella Alberti Opp. — Non frequente. 

Rhynchonella Paoliù CAnAav. — Parecchi esemplari. 

* Rhynchonella cfr. retusifrons Orr. — Tre esemplari. Vennero da me raccolti alla Cava di Ponte Alto e si 
conservano attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. 

Rhynchonella Mariotti Zirr. — Alcuni esemplari. 

Rhynchonella Mariotti Zi. var. con tre pieghe sul lobo e due nel seno. — Un esemplare, raccolto da me, 
sì conserva attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. 

Rhynchonella retroplicata Zirr. — Molti esemplari. 

Waldheimia cfr. mutabilis Orr. (Fucini. Monte Pisano, tav. VII, fig. 31, 1894). — Una valva brachiale. 
Raccolta da me alla Cava di Ponte Alto, si conserva attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. Dif- 
ferisce dalla figura del Fucini per essere un poco più convessa. Per tutti gli altri caratteri le corrisponde per- 
fettamente. 

Waldheimia Bonarelliv Canav. in litt. — Tre esemplari, di cui uno, il tipico, fa parte della interessante 
collezione Morena. Gli altri due, donati assai gentilmente dallo stesso sig. MoRrENA, si conservano ora in questo 
R. Museo geologico di Torino. 

Pygope Aspasia Mon. — Non rara nel deposito sinemuriano di Ponte Alto. Due esemplari di questa forma, 
raccolti da me, si conservano attualmente in questo R. Museo geologico di Torino. 

Pygope rheumatica Canav. var. depressa Canav. — Un esemplare di questa forma, determinato dal sig. Mo- 
RENA, fu da questi gentilmente donato al R. Museo geologico di Torino dove attualmente si conserva. 

* Terebratula juvavica Gey. — Una valva brachiale ben conservata. R. Museo geologico di Torino. 

Terebratula cerasulum Zirr. — Moltissimi esemplari. 

Terebratula n. f.? - piccola, stretta, alta, rigonfia, con apice voluminoso e ricurvo fornito di un ampio fo- 
rame. Valva brachiale poco convessa con leggera depressione sulla regione apiciale. Margine frontale rettilineo. — 
Un esemplare determinato dal MoreNnA come appartenente alla Terebratula punctata Sow., fu gentilmente donato 
al R. Museo geologico di Torino, dove si conserva. 


Questo mio elenco è ben lungi dal fornire una adeguata idea della ricchezza e varietà della fauna 
sinemuriana della Cava di Ponte Alto. 

È da augurarsi adunque che l’egregio sig. MorENA, usufruendo degli incoraggiamenti e degli aiuti 
che da parecchi paleontologi assai gentilmente gli vengono elargiti, possa ben presto mandare a termine 
lo importantissimo studio che da parecchio tempo egli ha cominciato sui Gasteropodi, Lamellibranchi, 


‘ [25] G. BONARELLI 79 


Brachiopodi ed Echinodermi del calcare sinemwmiano della Cava di Ponte Alto, i quali fanno parte della 
sua collezione. Allora soltanto sarà possibile agli studiosi di formarsi un criterio esatto della importanza 
di codesto prezioso materiale paleontologico radunato con tanto amore e diligenza, nello spazio di circa 
tre anni, e tenuto con tanta gelosa cura dal proprietario. 

Intanto ricorderò che una parte di questo materiale fu già inviata, per esame, al prof. CANAVARI. 
L’illustre studioso dell'Appennino centrale riconobbe, tra i fossili che facevano parte di tale invio altre 
forme molto interessanti che non figuravano nel materiale di cui a me fu dato disporre. Esse sono le 
seguenti: 


Cephalopoda. 
Atractites orthoceropsis (MGH.). Vautilus cfr. semistriatus D’ ORB. 
Gasteropoda. 
Amberleya (?) Morenai n. f. Canav. Zygopleura f. ind. 
Brachiopoda. 
Ehynchonella Paolii Canav. var. depressa. Waldheimia Morenai n. f. Canav. 
» cfr. Briseis Gem. » n. f. Canav. 
» cfr. Ciami Fuco. » n. f. Camav. 
» plicatissima Quensr. in Gery. Zeilleria Piaxzii Gem. 
» Zitteli Gemm. Terebratula punetata Sow. 
» cfr. Fraasi OPP. in Gem. » sphenoidalis MGx. 
» pectiniformis CANAV. » cfr. Taramelli Gem. 
» Sordelliù PAR. » cfr. rudis GEM. 
Waldheimia cfr. Engelhardti Orr. in Gem. » catriana n. f. CANAV. 
» venusta Un. 
Echinoidea. 
Cidaris rhopalophora Zrt. Cidaris filogranoides Mer. (ined.). 
» cfr. laevis CanAv. Diademopsis (?) f. ind. 


Così, per le determinazioni del prof. CanavARI, del prof. PARONA, del sig. MoRENA, e mie, la fauna 
del “ Marmarone , e della “ Corgnola , della Cava di Ponte Alto in Foci di Cagli, si presenta finora 
costituita da 90 forme (20 Ammonidee [9 delle quali vengono ora da me descritte come nuove per la 
scienza], 2 Nautili, 1 Atractites, 7 Gasteropodi [1 nuovo], 20 Pelecipodi [1 nuovo], 43 Brachiopodi, 
4 Echinodermi). 

Tutte le Ammonidee (non tenendo conto delle forme nuove peculiari della località di Ponte Alto), 
risultano essere decisamente caratteristiche del sinemuriano superiore, per le numerose ricerche dei varî 
autori che ho citato volta per volta (nelle sinonimie delle forme che ho descritto) sulle condizioni stra- 
tigrafiche dei giacimenti italiani e stranieri (particolarmente del bacino mediterraneo) in cui si rinvennero. 
E siccome, tra gli elementi delle faune marine secondarie, la maggiore importanza nella determinazione 
cronologica dei terreni è presentata dalle Ammoniti (secondo il consenso generale dei paleontologi), 


80 G. BONARELLI [26] 


così rimane più che certa la età sinemuriana del giacimento fossilifero della Cava di Ponte Alto ed il 
suo perfetto sincronismo con le seguenti formazioni liasiche della prealpe italiana, della Toscana e della 
Sicilia. 


I. Calcare grigio-marnoso di Erto, del Monte delle Fratte, di Sospirolo e dell’Al- 
tipiano di Campo rotondo ” nel Veneto con 


Lytoceras Pironai (Man.). — Erto. (Aspidoc. Pironai Mex. in litt. TarameLLI. Prov. venete, pag. 74, tav. IV, 
fig. 1-8, 1880. [cfr. Lytoc. articulatum (Sow.), Hermanni Guns., Winner. unt. Lias, pag. 44 (255), tav. 3, 
fig. 3, 1894]). 

Ectocentrites (?) forojuliensis (Maa.) — Erto. (Lytoc. forojuliense Mou. in litt. TaraweLLI. Prov. venete, pag. 
74, tav. V, fig. 1,2, 1880). 

Arnioceras f. f. — Erto, Monte delle Fratte, Frane di Sospirolo, Altipiano di Campo rotondo. (Arzetites roti- 
formis TarameLti (non Sow.). Prov. venete, pag. 78, tav. VII, 3,4, 1880 [?= semicostatum, Y. et B., in WRIGHT]). 

Arnioceras (?) f. — Erto. ( Arietites Conybeari TaraweLLI (non Sow.). Prov. venete, pag. 78, tav. VIII, fig. 
1,2, 1880). 

Asteroceras stellare (Sow.). — Erto. (Arietites stellaris TaraxeLLI. Prov. venete, pag. 79, tav. VIII, fig. 3, 
4, 1880). 

Asteroceras obtusum (Sow.) — Erto. (Arietites obtusus TarameLni. Prov. ven., pag. 79, tav. VIII, fig. 5, 6). 

Microderoceras Birchi (n° OrB.). — Erto (Aegoceras Birchi TarameLLI. Prov. ven., pag. 75, tav. VI, fig. 1). 

Oxynoticeras f. -—- Erto. (Amaltheus Guibalianus TarAmeLLI [non D’ORB.]. Prov. venete, pag. 73, Tav. II, 
fig. 4,5, 1880). 


nonchè Gasteropodi, Pelecipodi, Echinodermi e numerosi Brachiopodi riscontrati dall’ URLIG ? nel calcare 
di Sospirolo con fauna a facies hierlatziana, ritenuta già, da alcuni autori, medio-liassica. 

Fatta in parte eccezione per Sospirolo, nulla ancora si sa di preciso intorno alle condizioni tettonico- 
stratigrafiche del sinemuriano superiore, delle Prealpi venete, specialmente perchè i Cefalopodi qui sopra 
citati vennero raccolti dal prof. TARAMELLI e da altri nelle varie località sopraindicate in mezzo a mate- 
riali franati, promiscuamente ad altri fossili caratteristici di terreni più recenti. 


II. “ Corso inferiore , ® di Botticino-Mattina, del Monte Pelado e del Poggio S. Martino tra Rez- 
zato e Virle, delle Cave di Mazzano ecc. nella Prealpe bresciana, con Ammoniti indeterminabili. Nelle cave 
abbandonate del Poggio S. Martino sopra Rezzato, ne trovai parecchi esemplari in assai cattivo stato di 
conservazione. 

“ Strati di S. Eufemia , ® con 


Asteroceras stellare (Sow.). 


La « Corna » bresciana sottostà al « Corso inferiore» e deve riferirsi al sinemuriano inferiore. 


4) TARAMELLI. Prov. venete, pag. 48, 73, 74, 75 ecc., 1880. 

?) Lias Brachiopodenf. 1879. 

3) TARAMELLI. Prov. ven., pag. 63-70, 1880. 

1 CozzAGLIo. Riviera bresciana del Lago di Garda, pag. 14, 1891. 


[27] G. BONARELLI 81 


III. Strati calcareo-marnosi del Monte Albenza e del Monte Misma, nel Bergama- 
sco, con 


Asteroceras stellare Sow. 4). 


Gli strati fossiliferi di Carenno in val d’Erve contengono Ammonidee caratteristiche dell’ ettangiano ( Lias 
inferiore ad angulati ®). 


IV. Formazione calcarea-sinemuriana dei dintorni di Erba in Brianza, con 
Microderoceras Birchi (Sow.)®. 


Questa formazione stratificata si estende per tutta la regione briantea da Lecco a Como presentan- 
dosi molto uniforme nel suo sviluppo e nella sua natura litologica. 


Nella sua parte inferiore, e più precisamente nelle località di Careno, Urio Lenno, Laglio, Pognana, Monte 
Palancone (sponda orientale del ramo di Como), Civate (presso Valmadera) e Monte Turbiga in Vallasina si ri- 
scontrarono fossili riferibili al sinemuriano inferiore ‘). 

Anche nelle località extra-briantee d’ Alpe Loggio di Ponna in Vall’ Intelvi, del Montegeneroso, di Moltrasio 
e Carate-Lario sulla sponda occidentale del ramo di Como, si raccolgono, nella medesima formazione calcarea, dei 
fossili riferibili al sinemuriano inferiore °). 


V. Gli strati liassici del Baraccone di Pouriac nell’ alta valle della Stura di Cuneo sembrano rappresen- 
tare tutto intero jl sinemuriano giacchè i fossili indicati dal prof. Sacco % per questo piano si presentano 
in parte caratteristici del sinemuriano inferiore ed in parte del sinemuriano superiore. 


Gli « scisti lionati » dei dintorni di Spezia” sembrano, di preferenza rappresentare il cosidetto sinemuriano 
medio (geometricum-zona), almeno per quel che risulta dall’ esame che ho potuto fare di alcuni fossili di questa 
formazione della quale peraltro si hanno alcuni strati che si intercalano ai «calcari grigi con ammoniti limo- 
nitizzate » dell’ ettangiano superiore (zona ad angulati)®. 


VI. Il “ Calcare rosso ammonitifero inferiore , dei dintorni di Spezia ®, dell’ Isola d’ Elba !% 
e della Toscana ! con numerosi Cefalopodi, Gasteropodi, Pelecipodi e Brachiopodi che formarono argo- 
mento di pregevolissime pubblicazioni, fra le quali ricorderò, come quelle che, ultime venute, riassumono 
ed illustrano il contenuto delle precedenti, la classica monografia del prof. De STEFANI! ed il pregevole 


(a 


TARAMELLI. Prov. ven., pag. 79, 1880. 

2 ParoNA. Cale. nero, pag. 17, 1898 (con bibliogr.). 
TARAMELLI. Prov. ven., pag. 75, 1880 (con bibliogr.). 
4 PARONA. Cale. nero, pag. 4, 1898. 

PARONA. L.c., pag. 4, 1898. 

5 PARONA. L.c., pag. 7, 1896. 

7 CANAVARI. Lias. inf. di Spezia, pag. 199, 1888. 

8) CANAVARI. Op. cit. 

CANAVARI. Op. cit. 

10) DE STEFANI. Lias inf. ad arieti, pag. 26, 1886. 
15) DE STEFANI. Op. cit., 1886. 

12) De STEFANI. Op. cit., 1886. 


D 


Li 


) 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. ll 


82 G. BONARELLI [28] 


studio recentemente pubblicato dal Fucini ®. La fauna di Ponte Alto presenta in comune con quella del 
Rosso ammonitico di Toscana i seguenti cefalopodi: 


Asteroceras stellare (Sow.). Lytoceras altecinctum (ERB.). 
Armioceras ceratitoide (QueNsT.). 


Questo elenco peraltro è ben lungi dall’ essere completo e si attende che i preziosi materiali dei 
Musei di Firenze, di Pisa, di Bologna ecc. formino oggetto di altri studî e ricerche, tanto da rendere 
più evidente il sincronismo delle due faune. 


[Il «Calcare cereo » del Monte Pisano ® si presenta, per la sua fauna, riferibile in parte all’ ettangiano ed 
in parte al sinemuriano inferiore]. 
[Della stessa età sembra essere il Lias inferiore di Rossano Calabro ?)]. 


VII. Calcare bianco cristallino delle Montagne di Casale e di Bellampo, nella provincia di Palermo, con 
pochi Cefalopodi e moltissimi Gasteropodi, Pelecipodi e Brachiopodi già descritti dal prof. G. G. GemmeL- 
Laro #. Il nostro “ Marmarone ,, si presenta litologicamente identico a questo calcare. 


Giova ora notare che nessuna delle forme indicate per il Lias inferiore dell'Appennino centrale nei 
lavori dello ZitteL ?, del prof. PARONA e del prof. CanavaRI ® venne riscontrata nella fauna di Ponte 
Alto, e questo, come già dissi, per la ragione che dette forme provengono dalla parte del calcare mas- 
siccio che va riferita al sinemuriano inferiore presentandosi più antica del “ Marmarone ,, e della “ Cor- 
niola , della Cava di Ponte Alto. 

D'altra parte a me sembra di poter affermare che parecchi fossili raccolti nelle Foci di Cagli-Can- 
tiano e descritti dallo ZrtteL e dal CanAavARI come appartenenti al Lias medio (“strati a Terebratula 
Aspasia MGH.,) provengono invece dalle assise sinemuriane della indicata località. Tale mia affermazione 
è avvalorata dai seguenti indizi: 

Lo ZirteL descrive ® (la maggior parte come nuove): 


Terebratula cerasulum Zur. Ehynchonella subdecussata Minsr. n. var. 
Waldheimia apenninica Zinr. » Meneghini Zum. 
Ehynchonella retroplicata Zmr. Spiriferina rostrata Sow. 

» pisoides Zinr. » cfr. angulata OrP. 

» Mariotti Zur. 


« 


raccolte “ aus den Steinbriichen an der Strasse zwischen Cagli und Cantiano ,. Ora, la maggior parte di 
queste cave sono praticate appunto nelle continuazioni degli strati che formano lo affioramento di Ponte 
Alto con Cefalopodi sinemuriani e che immediatamente sovrastanno al “ Massiccio ,, mentre al disopra 


1) Palaeontogr. italica, Pisa, 1898. 

? FucINI. Cale. ceroide del Monte Pisano, 1894. 
3) Greco. Lias inf. di Rossano Cal., 1893. 

i) Faune giures. e lias., 1878. 

5) Geol. Beob. aus d. Centr. Ap., 1869. 

8 Vedi nota alla prima pag. del presente lavoro. 
7) Op. cit. « Mittlerer Lias ». 


[29] G. BONARELLI 83 


di questi strati se ne hanno altri, pure calcarei e poco diversi dai primi, ma industrialmente scadenti e 
perciò poco utilizzati (talchè in essi non sono aperte delle cave vere e proprie), i quali indubbiamente 
vanno riferiti al Lias medio perchè vi si riscontrano fossili (Cefalopodi) caratteristici del Charmoutiano 
inferiore. 

Altri Brachiopodi delle suddette cave vennero comunicati dal conte Towi di Spoleto e dal prof. Mrci 
di Urbino al prof. CanavaRI, che li riferì ” alle seguenti forme: 


Spiriferina cantianensis CAnAv. Waldheimia Engelhardti OrP. 
» cfr. Pichleri Neux. Ehynchonella retroplicata Zur. 
Terebratula punctata Sow. » cfr. Meneghini Zmn. 


Come si vede, la maggior parte di questi Brachiopodi descritti dallo ZrrteL e dal CAnAavaRI fanno 
parte della fauna di Ponte Alto. Ora osservo che in parecchie altre località dell'Appennino centrale (cito 
fra queste “I Campi delle Monnece ,, “i Campi dell’ Acqua , nel Camerinese, “ La Rocchetta ,, presso 
Arcevia) affiorano strati calcarei che ritengo sincroni a quelli di Ponte Alto essendo che in essi si rin- 
vengono in buon numero ® i medesimi sopraindicati Brachiopodi. Sarebbe in ogni caso opportuno ese- 
guire ampie indagini nelle accennate località, onde risolvere tale questione. 


Torino, R. Museo geologico, maggio 1899. 


1) Nuovi Brachiop. d. Strati a Terebr. Asp., 1881. 
2) CANAVARI. Contrib. III alla conosce. degli Str. a Terebr. Asp., 1884. 


C. BOSCO 


I RODITORI PLIOCENICI DEL VALDARNO SUPERIORE * 


(Rave I) 


Questo ordine di animali costituito per la massima parte da specie di piccole dimensioni è rappre- 
sentato nel pliocene lacustre del Valdarno Superiore, pur così ricco delle spoglie di altri mammiferi più 
grossi, da un numero molto limitato di resti i quali fin qui erano rimasti in gran parte inediti, e solo 
di alcuni si avevano sommarie descrizioni; alcune specie poi erano conosciute unicamente perchè comprese 
in elenchi della fauna di quella località, ma non erano state per nulla descritte, sebbene qualche paleon- 
tologo avesse loro attribuito nomi specifici distinti. 

Ho ritenuto perciò che potesse interessare lo studio di tale ordine di mammiferi, e ne pubblico ora 
i risultati ?). 

Le specie che ho riscontrate sono otto: 


Castor plicidens MAJOR. Lepus valdarnensis WEITHOFER. 
Trogontherium Cuvieri Fiscuer. —  etruscus Bosco. 

Arvicola pliocenicus MAJOR. =. Gi 

Hystrix etrusca Bosco. Lagomys sp. 


Escludendo le indeterminate si osserva che due sole specie, il yogortheriwm Cuvieri e la Hystrix 
etrusca sono comuni ad altre località; le altre sono speciali al Valdarno Superiore. Ma siccome i 
resti dei roditori per la loro piccolezza facilmente vanno distrutti o sfuggono all’attenzione dei soliti rac- 
coglitori, così abbiamo in generale solamente dei piccoli frammenti che male si prestano a confronti; non 
è esclusa quindi la possibilità che qualche specie del Valdarno Superiore abbia in avvenire ad essere 
identificata con quelle di altri giacimenti, qualora venissero alla luce esemplari più completi. 

È importante però il fatto che nessuna specie attualmente vivente siasi trovata nella fauna dei ro- 
ditori del Valdarno Superiore. 


4) Ringrazio il professore CarLo De SrEFANI d’aver posto a mia disposizione il ricco materiale e la bellissima 
biblioteca del Museo paleontologico di Firenze, l’ Accademia Valdarnese Del Poggio in Montevarchi che mi permise 
lo studio del materiale del suo Museo, ed i professori ExrIco H. GiGLIoLI ed Errore REGALIA ed il sig. ENRICO 
BERCIGLI che mi fornirono il materiale di specie viventi che mi servi pei confronti. 

2 Questa memoria avrebbe dovuto essere ultimata fin dall'anno passato; ma per circostanze speciali avendo io 
dovuto interrompere il lavoro, pubblicai a parte la descrizione della Hystrix etrusca, la sola pronta quando si stampò 
il volume IV (1898) della Palaeontographia Italica. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 12 


86 C. BOSCO [2] 


Fam. Castoridae. 


Castor plicidens Mayor. — Tav. XI [I], fig. 1-3; Tav. XII [II], fig. 1. 


1875. Castor plicidens Mayor. Considerazioni sulla fauna dei mammiferi pliocemici e postpliocenici di Toscana. 
Atti della Società toscana di scienze naturali, vol. I, pag. 40. Pisa. 

1876. — Rosinae Masor. Sul livello geologico del terreno nel quale fu trovato il cranio dell’'Olmo. Archivio 
per l’ antropologia e l’etnografia, vol. VI, pag. 345. Firenze. 


Animale di statura alquanto maggiore del vivente Castor fiber Lixn., e proporzionalmente più robusto; con 
ossa nasali larghe anteriormente ed umite alle premascellari mediante una linea di sutura poco convessa, come mel 
Castor fiber europeo; mandibole con ramo ascendente della branca che prende origine più all’indietro e fa col ramo 
orizzontale un angolo più ottuso che nella specie vivente; incisivi molto larghi; molari assui sporgenti le cui tre pieghe 
interne di smalto negli individui adulti si mostrano sul piano di masticazione sotto forma di linee sinuose, suddivise 
in pieghettine secondarie. 


Di questa specie furono finora scoperti: 

a) Una porzione anteriore di cranio di adulto, di cui non si conosce la precisa località di rinvenimento, 
che è indubbiamente però il Valdarno Superiore; appartenne alla collezione dell’antico Museo di fisica e 
storia naturale di Firenze, ed ora trovasi nel Museo paleontologico di questa città; (Tav. XI [I], 
fig. 3,30). 

b) Una branca destra di mandibola di adulto, trovata alle Strette delle Ville presso Terranova, ed ora 
nel suddetto Museo; (Tav. XI [I], fig. 1, 10,15). 

c) Una branca sinistra di mandibola di adulto, scavata a S. Giovanni in Valdarno, ed ora appartenente 
al Museo dell’Accademia Valdarnese di Montevarchi; (Tav. XI [I], fig. 2,20, 20). 

a) Un'altra branca sinistra di mandibola, ma di giovane, proveniente dalle Strette delle Ville presso 
Terranova, ed ora nel Museo paleontologico di Firenze; (Tav. XII [II], fig. 1,10). 


La parte anteriore di cranio (Tav. XI [I], fig. 3,3) è ridotta alle ossa nasali e premascellari, ma in- 
complete ed assai deformate. Conserva i due incisivi, di uno dei quali, il sinistro, è però rotta l’estre- 
mità a scalpello. 

Le ossa nasali sono alquanto larghe anteriormente, e la loro sutura colle mascellari si presenta come 
una linea poco convessa; ambedue questi caratteri sono comuni al Castor fiber d° Europa, e lo distinguono 
da quello del Canadà. 

Gli incisivi sono molto grossi, e proporzionalmente è assai più larga che nella specie vivente la loro 
faccia anteriore ricoperta di smalto. 

In corrispondenza del maggiore sviluppo degli incisivi è la maggiore lunghezza dell’apofisi palatina 
delle ossa intermascellari, e la minore sua curvatura. 

Altre osservazioni non si possono istituire su questo frammento assai incompleto; se non che le sue 
dimensioni indicano che appartenne ad un individuo alquanto più grosso dei viventi castori. 


Della branca destra di mandibola delle Strette delle Ville presso Terranova (Tav. XI [I], fig. 1,14, 
(10) è troncato il ramo ascendente poco oltre il foro mandibolare; mancano perciò i processi coronoide ed 
angolare. 


[3] Cc. BOSCO 87 


Tutti i molari sono in posto e bene conservati, ad eccezione di uno spigolo rotto nel premolare, e 
dallo stato di consumo della superficie triturante deducesi trattarsi di un individuo adulto; l’incisivo è 
rotto, e ne è conservata la sola parte chiusa nell’alveolo. 

Le dimensioni di questa branca sono alquanto maggiori di quelle che si riscontrano nel vivente C. fider. 

Prendendo per base» di confronto la lunghezza della serie molare si osserva che nel fossile l’altezza 
della branca è proporzionalmente maggiore che nel castoro vivente, mentre ne è un po’ minore lo spes- 
sore misurato dietro il primo molare, e che la lunghezza del diastema è uguale nelle due specie. 

Il ramo ascendente della branca prende origine più all'indietro, e doveva fare col ramo orizzontale 
un angolo più ottuso, come può rilevarsi dalla minore inclinazione del margine anteriore del processo co- 
ronoide, e del margine inferiore del processo angolare. 

La linea obliqua esterna, che si continua col margine anteriore del processo coronoide, è un po’ più 
rilevata che nel C. fiber, ed il processo stesso pare dovesse essere alquanto più robusto: il margine in- 
feriore del processo angolare presentasi assai più largo. 

La branca forma col diastema un angolo più ottuso e più arrotondato che nella specie vivente. 

Le rugosità per dare attacco al muscolo massetere sono più pronunziate, ed anche tutte le altre in- 
serzioni muscolari mostrano di essere state più forti. 

Ma la caratteristica principale di questo fossile sta nei suoi molari, provvisti come nelle altre specie 
del genere Castor di una piega di smalto sul lato esterno e di tre sul lato interno. Ma queste tre, invece 
di presentarsi sulla superficie triturante mediante linee nette, come nel C. fiber, si mostrano sotto forma 
di linee sinuose, spesso suddivise in numerose pieghettine secondarie, che danno al dente visto dall’alto 
un aspetto caratteristico che fa giudicare bene appropriato l'appellativo C. plicidens attribuito dal MAJOR 
a questa specie. 

Oltre a questa differenza principale è ancora da osservare che i molari sono più sporgenti dagli al- 
veoli, hanno spigoli più arrotondati, e lobo posteriore (porzione del dente che è dietro alla piega di smalto 
esterna) più lungo che nella specie vivente. 

Nel frammento di incisivo si rileva che il suo diametro antero-posteriore era nelle stesse propor- 
zioni, rispetto alla lunghezza della serie molare, che nel C. fiber; ma che invece era assai più larga la 
faccia coperta dallo smalto. Carattere questo che trova corrispondenza negli incisivi superiori di questa 
specie fossile. 


La branca sinistra di mandibola di S. Giovanni (Tav. XI [I], fig. 2, 24,20) è rotta immediatamente 
dietro all’ultimo molare, che rimane così in parte allo scoperto. 

Le dimensioni di questa branca sono leggermente maggiori di quelle della branca destra delle Strette 
delle Ville, di cui però ha tutti i caratteri che la fanno differire dalla specie vivente, cioè: maggiore al- 
tezza, minore spessore dietro al primo molare, più ottuso e più arrotondato l’angolo formato dalla branca 
col diastema, e maggiore obliquità del margine anteriore del processo coronoide. 

È però da osservare che detto margine è più affilato, e le rugosità per inserzioni muscolari meno 
pronunziate che nella branca destra suddetta. 

I molari sono tutti ottimamente conservati e dallo stato di consumo della superficie masticante si 
deduce trattarsi di un individuo giunto all’età adulta; essi hanno la spiccata caratteristica del Custor 
plicidens nel frastagliamento delle tre pieghe interne di smalto e nella maggiore sporgenza degli alveoli ; 
a differenza però della branca destra delle Strette delle Ville essi sono un po’ meno arrotondati, poichè 
hanno il lobo posteriore più compresso: e quindi è proporzionalmente maggiore il loro diametro trasver- 
sale in confronto dell’ antero-posteriore. 


88 €. BOSCO [4] 


La parte scoperta dell’ultimo molare mostra le radici cortissime, e la piega esterna di smalto che 
dalla superficie triturante giunge fino all'origine delle radici stesse. 

L’incisivo è rotto in corrispondenza del margine alveolare; però la rottura della porzione posteriore 
della branca ne ha messo allo scoperto quanto sta sotto all'ultimo molare, e qui si osserva che mentre 
il diametro antero-posteriore di questo incisivo è uguale a quello della branca destra delle Strette delle 
Ville, il diametro trasversale, cioè la larghezza della faccia ricoperta di smalto, è ancora maggiore. 


La branca sinistra di mandibola delle Strette delle Ville presso Terranova (Tav. XII [II], fig. 1,10) 
è ridotta ai soli denti molari e ad un frammento di parte ossea nel quale trovasi ancora impiantata 
l'estremità posteriore dell’ incisivo. 

Tanto il premolare che i tre veri molari non hanno ancora la forma perfettamente prismatica, ma 
sono più grossi in basso che in alto; ciò prova che l’animale non aveva ancora raggiunto l’intero suo 
sviluppo; e che si trattasse di un individuo giovane è confermato dall'esistenza sulla superficie triturante 
del premolare, l’ultimo a spuntare dei denti permanenti, di alcune isolette di smalto che sono il pas- 
saggio intermedio dalla superficie tubercolare del dente appena uscito dall’ alveolo a quella a pieghe 
degli individui adulti. 

La superficie triturante dei tre veri molari mostra ben nette le solite pieghe di smalto, una rivolta 
all’esterno, e tre all’interno; ma queste pieghe sono lisce come nel C. fiber e non frastagliate. 

Con ogni probabilità fu la mancanza di tali frastagliamenti che indusse il MaAyoR a riferire questa 
branca ad una nuova specie che egli denominò Castor Rosinae; ma avendo io fatta una sezione nella 
parte inferiore del premolare e del primo molare, vi riscontrai il frastagliamento delle pieghe di smalto 
già osservato nei denti di castoro adulto del Valdarno Superiore. 

Non vi ha dubbio perciò che anche questo esemplare debba riferirsi al Castor plicidens, di cui pos- 
siamo dire che la complicazione nelle pieghe dello smalto mancava nei giovani e non compariva che nel- 
l'età adulta. 

Nè la parte ossea di questo esemplare, nè l’incisivo, permettono alcuna osservazione. 


MISURE 


Porzione anteriore di cranio. 


Larghezza dell'osso nasale verso l’ estremità anteriore ò È c 2 È c circa mm. 14,5 

Lunghezza dell’ apofisi palatina dell’intermascellare . S - : È 0 7 È » 26,1 

Diametro antero-posteriore degl’incisivi superiori 5 Ò . . o . . 6 » 9,6 

» trasversale » » Ù 2 È 5 È : - o » 9,6 

Mandibole. 
Branca destra Branca sinistra Branca sinistra 
di adulto di adulto di giovane 
delle Strette delle Ville di S, Giovanni delle Strette delle Ville 

Lunghezza della serie molare misurata sulla superficie triturante mm. 37 38 S1 
» del diastema ” È q Ò È . circa » 25 = 
Altezza della branca, misurata dietro a Pr. È ) ; » 31,5 32,5 -- 
» » » » » M3 Ò è . . » 22,2 VE Fi 
Spessore della branca, misurato dietro a M! h Ò : » 19,5 20 — 


[5] C. BOSCO 89 


Branca destra Branca sinistra Branca sinistra 
di adulto di adulto di giovane 
delle Strette delle Ville di S. Giovanni delle Strette delle Ville 

Diametro antero-posteriore di Pr . . 5 6 . Circa mm. 11 11 8 
» trasversale » Ò o È - 6 . » —_ 9,2 Y 
» antero-posteriore » M! . ; 0 . o c » 9 9 8 

» trasversale dn . 6 ; o " » 8,5 9,2 6,5 

» antero-posteriore » M? . E : c È 5 » 9 9,5 7,9 
» trasversale METIN È ; 5 ri 5 » 8,5 955) ri 

» antero-posteriore » M3 . o 6 0 ò 0 » 8 8,5 1805) 

» trasversale Dan , ; 6 ” ; » Ti to) DID 
» antero-posteriore » I. . 3 , È D » 10 10,5 — 
» trasversale FAIR GARA È O 5 : Ò » 8,7 9 _ 


Finora non si è avuta traccia dell’esistenza del genere Castor nei terreni anteriori ai pliocenici; in 
questi furono indicate le seguenti specie: 


Castor issiodorensis Crorz.) Di questa specie il PomeL non aveva veduto che dei molari isolati provenienti 
dal pliocene di alluvione pomiciosa di Perrier (Puy-de-Dòme in Francia) poco differenti da quelli del 
castoro vivente; le pieghe di smalto della corona erano più eguali fra di loro. 

Più tardi il GervaIs ? figura una branca sinistra di mandibola di questa specie e della stessa 
provenienza, ed avverte che nessun carattere sicuramente specifico vi ha riscontrato come differente 
dal C. fiber; pur tuttavia, siccome parecchie delle specie dello stesso giacimento sono realmente dif- 
ferenti da quelle del diluvium e dell’epoca attuale, così egli non si crede in grado di affermare che il 
Castor issiodorensis debba essere riunito alla specie del castoro ordinario. 

L’esame della figura data dal GeRvaIS convince che effettivamente il castoro pliocenico di Perrier 
non differisce nè per dimensioni, nè per forma dei molari, dal castoro vivente. 

Castor praefiber DePÉRET®. Nel bacino pliocenico del Roussillon (Francia) furono trovati un cranio, una 
branca di mandibola ed un femore, appartenenti ad una specie di castoro alquanto più piccola della 
vivente, alla quale il DePÉRET trovò alcuni punti di contatto col Chalicomys Sigeri KAuP. del mio- 
cene superiore. 

Avendo ottenuto dalla cortesia del prof. DePÉRET i modelli dei molari della specie del Roussillon, 
ho potuto convincermi dell'assenza della complicazione delle pieghe di smalto, il cui aspetto è si- 
mile a quelle della specie vivente. 

Castor veterior LANKESsTER #. Nel Nodule-bed (pliocene) di Suffolk in Inghilterra furono trovati alcuni denti 
superiori isolati di Castor che dal LANKESTER furono riferiti ad una nuova specie, ©. veterior. L’ autore 
riscontrò in quei denti una rassomiglianza maggiore con quelli del vivente castoro d’ Europa che con 
quelli del canadese, e rilevò alcune differenze nella forma delle pieghe di smalto. 


i) PomeL. Catalogue méthodique et descriptif des vertébrés fossiles découverts dans le bassin hydrographique su- 
périeur de la Loire, pag. 20. Paris, 1854. 

® GeERVAIS. Zoologie et paltontologie francaises, pag. 20, tav. 48, fig. 13, 134. Paris, 1859. 

3) DEPERET. Les animaur pliocènes du Roussillon. Mémoires de la Société géologique de France, Paléontologie, 
tom. I, pag. 47, tav. IV, fig. 17, 18. Paris, 1890 e tom. VII, pag. 179, tav. XVIII, fig. 33. Paris, 1897. 

4) LANKESTER. Ann. mag. Nat. Hist., serie III, vol. XIV, pag. 355. 1864. 


90 Cc. BOSCO [6] 


Il Newron ” che ha descritto e figurato quei denti aggiunge però che le variazioni che si osservano 
in differenti esemplari di C. fiber gli avrebbero fatto nascere il dubbio sulla validità della nuova specie 
se non si fosse trovato un altro carattere distintivo che è di maggiore importanza: e cioè che due 
delle tre pieghe esterne di smalto dei premolari sono solamente aperte all’esterno per una corta di- 
stanza dalla sommità del dente, mentre nel ©. fiber queste pieghe si vedono all’esterno fin quasi 
alla base del dente. Non essendo conosciuto alcun premolare superiore di C. plicidens, mi manca il 
modo di verificare se vi si riscontri il carattere distintivo del ©. veterior. Malgrado ciò non vi può 
essere dubbio che i due castori differiscano fra di loro, poichè in quello inglese manca la compli- 
cazione delle pieghe di smalto. 

Castor fiber Linneo. Nello stesso Nodule-bed, ed anche nei Forest-beds, furono trovati anche alcuni resti 
di castoro, attribuiti al C. fiber ed illustrati dal Newton 2. Fra essi è un ramo mandibolare sinistro, 
con tutti i quattro molari in posto, la cui superficie triturante, come scorgesi dalla figura che l’autore 
ne ha data (Tav. XII, fig. 3 della Memoria: Zhe Vertebrata of the Forest-bed series ecc.) presenta delle 
pieghe di smalto con piccole crenulature, non così numerose come nel C. plicidens, ma molto simili 
a quelle di un bellissimo cranio di Castor fiber pospliocenico del Maspino (Arezzo) conservato nel 
Museo paleontologico di Firenze. 


Anche nei terreni pliocenici italiani furono trovati diversi resti di castoro, cioè: 


a) Alcuni denti isolati provennero dalle ligniti del bacino di Leffe in Valle Serio presso Bergamo; essi 
furono descritti dal Cornania 3 come €. fiber fossilis; e lo SroppPANI* ritenne non distinguibile il 
castoro fossile di Leffe dal castoro vivente d’ Europa. 

5) Di alcuni denti, unica parte non distrutta di uno scheletro quasi intero trovato nel febbraio 1888 in 
un banco di lignite pliocenica del Colle d’Oro presso Terni diede notizia il TERRENZI 9° che afferma 
che al Gabinetto di geologia della Università di Roma furono determinati per Castor fiber. 

c) Dalle stesse ligniti del Colle d'Oro proviene un premolare inferiore destro, che ora trovasi nel Museo 
paleontologico di Firenze, al quale fu donato dall’ ing. CeLso CaPACCI. 

Questo dente, che dovette appartenere ad un individuo adulto, è un po’ più grosso che quelli dei 
castori viventi; inoltre ha il lobo anteriore un po’ più stretto del posteriore. Però in tutto il resto. 
come anche nell'aspetto delle pieghe di smalto sulla superficie triturante, nessuna differenza esiste 
dal Castor fiber. 

d) Nelle ligniti di Spoleto fu rinvenuta una porzione di cranio di castoro. Le ossa non poterono conser- 
varsi, e non rimasero che i soli molari che dal CrericI 5 furono riferiti al Castor fider. 

e) Nelle marne Villafranchiane di Castel S. Pietro in Sabina furono trovati alcuni denti di Castor fiber, 


1 NewroNn. The vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 50, tav. V, fig. 13, 14, 15. London, 1891. 

2) Newron. The vertebrata of the Forest-bed series of Norfolk and Suffolk, pag. 78, tav. XII, fig. 1-9. London, 1882; 
— NewtToN. The vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 49, tav. V, fig. 16. London, 1891. 

3) CORNALIA. Mammifères fossiles de Lombardie, pag. 43, tav. 14, fig. 10, 11, 12, 13. Milan, 1858-71. 

4) SroppanI. Corso di geologia, vol. II, pag. 670. Milano, 1873. 

5) TeRrRENZI. IZ Castor fiber Lixx. trovato fossile al Colle dell’ Oro presso Terni. Rivista Scientifico-industriale, 
pag. 268. Firenze, 1888. 

9 CLERICI. Sul ritrovamento del Castoro nelle ligniti di Spoleto. Bollettino della Società geologica italiana, vol. 
XIII, pag. 199. Roma, 1894. 


[7] C. BOSCO 91 


studiati dal TuccimeI ! che non riscontrò in essi alcuna differenza dalla specie vivente, tale da auto- 
rizzarlo a fare del castoro di Sabina una varietà a parte. 

f) Accenno poi al rinvenimento in una cava di argilla (del pliocene superiore) dipendente dalla fornace 
Cocchi presso La Quercia in Val di Magra di un dente molare di castoro, finora non descritto, e 
citato dal MAJOR ?. 

g) Dalla stessa località della Quercia proviene un lobo posteriore del primo molare inferiore sinistro di 
castoro, che ora trovasi nel Museo paleontologico di Firenze. Ad eccezione di dimensioni un po’ mag- 
giori, non è possibile trovare in questo frammento alcuna differenza dalla corrispondente parte di 
Castor fiber vivente. 

h) Per ultimo ricordo che il Castor fu citato dal De STEFANI # nel pliocene antico delle ligniti di S. Se- 
condo nell'interno dell’ Umbria, per alcuni resti ora posseduti dal prof. BeLLuccr di Perugia. 


Non ritengo inutile di accennare qui che dal Mayor fu indicato il castoro fra i mammiferi di Oli- 
vola in Val di Magra; ma che però nessun resto di questo genere fu colà rinvenuto, poichè l’incisivo da 
lui riferito, con qualche dubbio, a Castor, e che ora trovasi nel Museo paleontologico di Firenze, è in- 
vece di Hystrix etrusca, ed io lo descrissi nella mia Memoria su tale specie ?). 


Trogontherium Cuvieri Fiscaer. — Tav. XII [II], fig. 2. 


1809. Trogontherium Cuvieri Fiscner. Mémoires de la Société des Naturalistes de Moscou, vol. II, pag. 250, 
Tav. XXIII. 

1823. Castor trogontherium Cuvier. Recherches sur les ossemens fossiles, Tom. V, part. I, pag. 60, tav. III, 
fig. 11, 12. Paris. 

1848. Diabroticus Schmerlingi PoxeL. Archiv. des sciences de la Bibliotèque universelle, vol. IX, pag. 167. 
Genève. 

1862. Conodontes Boisvilletti LauGrL. La faune de Suint-Prest, près Chartres (Eure-et-Loir). Bullettin de la 
Société géologique de France, 2° série, vol. XIX, pag. 715. Paris. 


Il genere 7rogontherium, esclusivamente fossile, fu fondato nel 1809 dal FriscHER su un cranio di 
grosso roditore rinvenuto in un deposito sabbioso presso Taganrok, non lontano dal mare d’Azof, a cui 
impose il nome di Zrogontherimm Cuvieri. 

Nella sua opera Recherches sur les ossemens fossiles il CuviER riprodusse il disegno di quel cranio, 
accompagnandolo da una sommaria descrizione, ed emettendo il dubbio che anzichè di un nuovo genere 
non si trattasse che di una nuova specie di Castor, per la quale poteva adottarsi il nome Castor trogontherium. 


1) Tuccimri. Alcuni mammiferi fossili delle provincie Umbra e Romana. Memorie della Pontificia accademia 
dei Nuovi Lincei, vol. VII, pag. 6 dell’estratto, tav. V, fig. 2,24,3. Roma, 1891. 

2) ForsyrH-Maysor. L’ossario di Olivola in Val di Magra. Processi verbali della Società toscana di scienze 
naturali, Adunanza 3 marzo 1890, pag. 76. Pisa. 

3) Dn STEFANI. Molluschi continentali pliocenici d’Italia. Atti della Società toscana di scienze naturali. Pisa,1876- 
1884, pag. 161 dell’ estratto. 

4 CAPELLINI. Sul giacimento di vertebrati fossili ad Olivola nelle Alpi Apuane. Bollettino della Società geologica 
italiana, vol. VIII, pag. 273. Roma, 1869; — ForsyTH-MagoR. L’ossario di Olivola, ecc., pag. 75. 

5) Bosco. La Hystrix etrusca. Palaeontographia italica, vol. IV (1898), pag. 142, tav. X [I], fig. 6. Pisa, 1899. 


92 €. BOSCO l [8] 


Successivamente furono attribuiti a Zrogontheriwm Cuvieri alcuni resti di grossi roditori rinvenuti 
nei Forest-beds d’ Inghilterra, e negli strati pliocenici di Saint-Prest presso Chartres in Francia. È bensì 
vero che, dando soverchia importanza alle minime differenze nella forma dei denti e nel numero e dispo- 
sizione delle loro pieghe ed isole di smalto, si tentò da qualche naturalista di attribuire a generi di- 
versi quei resti fossili, come fecero il Power ” che ritenne quelli descritti da Owen ? e trovati nei Forest- 
beds essere riferibili a Diabroticus Schmerlingi; il Lavert ® che chiamò Conodontes Boivilletti il roditore 
di Saint-Prest; ed il Gervars #* che confermò tale determinazione, soggiungendo che dovevano riferirvisi 
anche i resti descritti da Owen come Zrogontherium Cwvieri. 

Ma nel 1882 E. T. Newton che ebbe a propria disposizione un più abbondante materiale fornito da 
posteriori ricerche nei Forest-beds, compilò una interessante monografia sul Zrogontherium Ouvieri ® di- 
mostrando l’identità specifica del fossile di Saint-Prest con quello di Taganrok e con gli altri dei Forest- 
beds, ed attribuendo le piccole differenze nella forma dei denti al grado più o meno avanzato di logo- 
ramento ). 

Sono quindi assai poche le località ove finora sia stato rinvenuto il 7rogortheriwm Ouvieri; ed è per- 
ciò interessante la constatazione della sua esistenza nel Valdarno Superiore durante l’epoca del pliocene 
lacustre. 

Infatti io riferisco a questa specie un molare isolato di grosso roditore scavato nel 1875 presso Ter- 
ranova, che ora fa parte delle collezioni del Museo paleontologico di Firenze (Tav. XII [II], fig. 2,20). 

Si tratta di un terzo molare inferiore destro, la cui forma e dimensioni sono molto simili a quelle 
del corrispondente dente della branca di mandibola di Trogorntheriwm Cuvieri proveniente dal Forest-bed 
di Kessingland e riprodotta nelle figure 1 e 12 della Tavola XI dell’opera del NewToN sopracitata. 

Questo dente, la cui lunghezza comprese le radici è di mm. 12,5, ha forma prismatica con sezione 
romboidale a lati posteriori arrotondati e spigolo anteriore smussato. Uno strato di smalto spesso uni- 
formemente circa 1 mm. ricopre all’ingiro tutto il dente, sul quale scorgesi una sola piega, che si trova 
verso l'esterno a breve distanza dallo spigolo anteriore, disposta verticalmente, discretamente profonda 
fra le radici ed attenuantesi sensibilmente in alto. 

Il piano della corona è tagliato obliquamente rispetto all’asse verticale del dente, in modo da pro- 
vare che questo quando era impiantato nell’alveolo. doveva essere fortemente inclinato in avanti. 

Sulla superficie triturante si scorgono cinque isole di smalto, di forma allungata, ed assai strette, 
tutte disgiunte dallo smalto esteriore, e disposte obliquamente rispetto all’asse antero-posteriore del dente; 
luna, corta, presso al vertice anteriore, e le altre quattro, più lunghe, che pare tendano a riunirsi a due 
a due su detto asse. L’avorio interposto è profondamente corroso. 

Le radici in numero di quattro sono disposte in corrispondenza degli spigoli del dente; la posteriore 
è grossa, e le altre tre piccolissime; ma tutte quattro sono assai corte. 


lo 


PomEL. Loc. cit. 

Owrx. A history of british fossit mammals and birds, pag. 184. London, 1846. 

3) LAUGEL. Loc. cit. 

GervaIs. Zoologie et paléontologie générales, série I, pag. 80, tav. XV. Paris, 1867. 

NEWTON. The vertebrata of the Forest-bed series of Norfolk and Suffolk, pag. 65, tav. XI, fig. 1-20. London, 1882. 
9 E da notare però che un altro 7rogontherium più piccolo del Cwvieri fu trovato nel pliocene d'Inghilterra, 

e fu descritto dal NEwTox come 7. minus nella sua opera dal titolo: The vertebrata of the pliocene deposits of Bri- 

tun, pag. 51, tav. V, fig. 17, 18. London, 1891. 


» 


» 


u 


[9] C. BOSCO 93 


MISURE 
Altezza totale del dente, misurata lungo lo spigolo posteriore . 0 0 o 0 ò 5 MENO 
Diametro antero-posteriore . . s o . o ò ò . . . È 5 » 9,5 
» trasversale " , - . o . . - c 5 c o 0 Ò » 8,2 
Inclinazione del piano della corona sull’ asse verticale del dente o 6 3 ò È ò 70° 


Fam. Arvicolidae. 


Arvicola pliocenicus Mayor. — Tav. XII [II], fig. 14-16. 


1889. Arvicola pliocenica Masor in WrItHoreR. Veber die terticiiren Landsiiugethiere Italiens. Jahrbuch der K. K. 
geol. Reichsanstalt, vol. 39, pag. 66. Vienna. 


Animale di dimensioni intermedie fra quelle dell’ Arvicola amphibius e dell'A. nivalis; con denti molari 
senza radici e prismi con spigoli salienti arrotondati, ed il primo molare inferiore con cinque prismi dal lato in- 
terno e quattro dal lato esterno. 


La prima notizia dell’esistenza dell’Arvicola nel pliocene lacustre del Valdarno Superiore fu data dal 
ForsyrH-Masor che comprese un’Arvicola sp. in un elenco di vertebrati di quella località ». 

Nel 1889 poi il WerrHOFER in un altro consimile elenco comprese l’Arvicola pliocenica MAJOR: ma per 
quante ricerche io abbia fatte non potei conoscere quale sia il lavoro in cui il Mayor abbia dato notizia 
di tale specie; e suppongo quindi che il WerrgorER la abbia nominata in base alle comunicazioni private 
del MasoR. 

Per non ingenerare confusione conservo tale nome specifico e mi accingo alla descrizione dei pochi 
resti pliocenici di Arvicola che si trovano nel Museo paleontologico di Firenze e che sono quelli stessi 
ai quali con ogni probabilità hanno inteso di riferirsi il Mayor ed il WEITHOFER, poichè attualmente non 
ne esistono altri nè nel suddetto Museo, nè negli altri Musei ove è raccolta la fauna fossile del Valdarno 
Superiore. i 

Tali resti consistono in un paio di incisivi superiori scavati nella località detta Le Mignaie presso 
Castelnuovo (Tav. XII [II], fig. 14), ed in due incisivi inferiori sinistri, un primo molare superiore sinistro 
(Tav. XII [II], fig. 16), un primo e un secondo molari inferiori sinistri (Tav. XII [II], fig. 15), rinvenuti 
tutti insieme in una piccola zolla argillosa a Poggitazzi in comune di Terranova. 


Incisivi superiori (Tav. XII [II], fig, 14): sono ridotti a quanto sta fuori dell’alveolo; ma nella 
parte conservata tutto è in buono stato, compresa anche l'estremità a scalpello. 

Ambedue questi denti, e specialmente la loro faccia anteriore di smalto, sono abbruniti per mine- 
ralizzazione. 

Le loro dimensioni sono uguali a quelle dei corrispondenti denti di individui non del tutto adulti di 
Arvicola amphibius; ma il diametro trasversale, cioè la larghezza della faccia anteriore di smalto, è pro- 
porzionalmente un po’ maggiore. 

Lo smalto è più spesso, e si presenta più uniformemente convesso che nella detta specie vivente; 
inoltre tutto il dente ha una curvatura elicoidale alquanto pronunziata, cosicchè le estremità a scalpello 


i) ForsyrH-MAJOR. On the mammalian fauna of the Valdarno. The Quarterly Journal of the geological Society, 
vol. XLI, pag. 2. London, 1885. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 13 


94 €. BOSCO [10] 


dei due incisivi quando erano in posto non dovevano trovarsi sulla stessa direzione, ma dovevano for- 
mare fra di loro un angolo il cui vertice era disposto anteriormente sul piano mediano verticale del cranio: 
similmente a quanto osservasi nel vivente Arvicola (ypudaeus) glareolus. 


Incisivi inferiori: sono ambedue del lato sinistro, e mancanti della loro metà posteriore. 

Sono assai piccoli, e debbono avere appartenuto ad individui di dimensioni assai minori di quelle 
dell'animale a cui appartenevano i denti incisivi superiori trovati alle Mignaie; cioè assai minori degli 
Arvicola amphibius. 

Non è difficile che uno di questi denti, il maggiore, fosse dello stesso animale di cui nella piccola 
zolla argillosa furono estratti alcuni molari, poichè le loro dimensioni si corrisponderebbero. 

Questo dente ha diametri che stanno fra di loro nello stesso rapporto di quelli di A. amphibius. 

Ma invece l’altro incisivo che è un po’ più piccolo, è assai compresso lateralmente, avvicinandosi per 
tale carattere ai Mus. 

È da notare che in ambedue questi denti riscontrasi il carattere, già osservato negli incisivi supe- 
riori, di una più sentita curvatura elicoidale della faccia anteriore di smalto, e perciò di estremità a 
scalpello disposte in modo da formare fra di esse un angolo. 


Molari: Sono perfettamente prismatici, cioè senza radici, ed hanno gli spigoli salienti dei prismi 
più arrotondati che nell’A. amphRibius, ma un po’ meno che nell’A. novalis. È molto probabile che essendo 
stati estratti dalla suddetta piccola zolla argillosa appartengano tutti ad uno stesso individuo che avrebbe 
avuto dimensioni intermedie fra quelle di un giovane A. amphibius e quelle di un A. nivalis. 

Intorno ad essi è da osservare: 

Il 1.0 molare superiore sinistro (Tav. XII [II], fig. 16) ha tre prismi interni ed altrettanti 
esterni. 

Il 1.° inferiore sinistro (Tav. XII [II], fig. 15) ha cinque prismi dal lato interno e quattro dal 
lato esterno: questo dente perciò è del tipo dell’A. amphibius, dell*A. nivalis, ed, astraendo dalla man- 
canza di radici, dell'A. (Aypudaeus) glareolus. 

Il 2.° inferiore sinistro (Tav. XII [II], fig. 15) ha tre prismi interni ed altrettanti esterni; la 
faccia posteriore è un po’ più convessa che nell’A. amphibius. 


MISURE 
Esemplare Esemplare Altro esemplare 
delle Mignaie di Poggitazzi di Poggitazzi 
Incisivi superiori — Diametro antero-posteriore . 6 mm. 2,2 — — 
» — » trasversale . a . » 1,8 -- -. 
Incisivo inferiore sinistro — Diametro antero-posteriore . : » — 190) 1,4 
5 2a » trasversale . ; ; » _ 1,8 1 
1.° Molare superiore sinistro — Lunghezza . 3 5 o . » —_ 2,9 — 
» — Larghezza . È È 7 , ” I5Y _ 
» — Altezza . è - ° . » i 4,5 =: 
1.° Molare inferiore sinistro — Lunghezza . . - c 5 » —_ 3 = 
» — Larghezza . 0 o 5 - » = 1,6 — 
» — Altezza 5 a Ù . Ò » —_ 4,8 — 
2.° Molare inferiore sinistro — Lunghezza . 2 . , * » 2,9 -_ 
» — Larghezza . 5 ò " È » _ 1,4 _ 


» — Altezza . . . a . » i 4, 8 e 


[11] C. BOSCO 95 


Gli Arvicola finora rinvenuti nei terreni terziari, e dei quali io abbia potuto avere qualche notizia, 
sono i seguenti: 


In Baviera. 


Arvicola arvalis PaLLas ®. Trovato nel calcare d’acqua dolce miocenico di Steinheim, ma non descritto. 

Arvicola sp. Trovato nella stessa località; alcuni frammenti di cranio e di mandibola che sono nel British 
museum di Londra indicano che questo animale era della statura di un A. glareolus e con lo stesso 
numero di angoli nel 1° molare inferiore ?). 


In Francia. 


Arvicola (?) dubia Lartet 3. Nel miocene lacustre di Sansan (Gers); è una specie molto dubbia stabilita. 
nel 1850 da LartET sopra un certo numero di ossa che hanno analogia col genere Arvicola; ma non 
fu data nessuna indicazione della forma dei denti. 

Arvicola robustus PomeL 4. Nel pliocene di alluvione pomiciosa di Perrier (Puy-de-Dòme); differisce dalle 
altre specie per la forza dell’osso mandibolare e la forma quasi triangolare del primo prisma del 
molare inferiore. È un po’ più grande dell'A. amphibius. 


In Inghilterra. 


Arvicola intermedius Newton. Nei Forest-beds, Weybourn Crag e Norwich Crag (Pliocene); questa specie 
fu descritta da Newron 5 che ne esaminò molti esemplari. Pel numero dei prismi del primo molare 
inferiore è del tipo dell'A. amphribius e dell'A. (Rypudaeus) glareolus; i denti sono provvisti di radici 
e perciò le pieghe di smalto si arrestano prima dell’origine delle radici stesse; le sue dimensioni 
sono intermedie fra quelle delle due specie viventi suddette, dalle quali differisce anche per caratteri 
di lieve importanza nella forma dei prismi e delle pieghe di smalto. 

Arvicola glareolus SCHREBER 
» @rvalis Parras ° Nei Forest-beds (Pliocene); descritte da Newron ®. 
ni gregalis PALLAS 


In Italia. 


Arvicola agrestis Linneo. Trovata nelle ligniti plioceniche di Leffe (Lombardia) e descritta dal CornaLIa ®. 


') HoERNES. Elemente der Palaeontologie (Palaeozoologie), pag. 550. Leipzig, 1884. 

2 LyDEKKER. Catalogue of the fossit mammalia in the British Museum. Parte 1°, pag. 233. London, 1885. 

3 GERVAIS. Zoologie et paléontologie francaises, pag. 41. Paris, 1859. 

4 PomeL. Catalogue métodique et descriptif des vertébrés fossiles découverts dans le bassin de la Loire, pag. 26. 
Paris, 1854; — GeRvaIs. Op. cit., pag. 41. 

5) NEWTON. The vertebrata of the Forest-bed series ecc., pag. 83, tav. XIII, fig. 1-13. London, 1882; — Newrox. The 
vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 53. London, 1891. 

9) NewTroN. The vertebrata of the Forest-bed series ecc., pag. 82, 88,90, tav. XIV, fig. 1, 2-5, 6,7. London, 1882; — 
NewTON. The vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 52, 53. London, 1891. 

7 CORNALIA. Mammifères fossiles de Lombardie, pag. 41, tav. XIV, fig. 1,2. Milan, 1858-1871. 


96 €, BOSCO [12] 


Arvicola sp. Trovata anch'essa nelle ligniti di Leffe; è grossa e rassomigliante all’A. ampWibius, ma ha 
però molari provvisti di radici ®; non è stata ancora descritta. 

Forse alla stessa specie potrebbe riferirsi 1° Arvicola sp. (non agrestis) compresa in un elenco di 
mammiferi di Leffe inserito nel Corso di geologia dello STOPPANI 2). 

Arvicola amphibius Linneo. Nel pliocene lacustre della Sabina; se ne hanno due frammenti di branche 
sinistre di mandibola, uno dei quali contenente ancora i due primi molari, e l’altro il solo molare 
anteriore; essi furono descritti dal Tuccmmer ?). 

i I denti sono grossi quanto quelli di un giovanissimo A. amphibius vivente; e di questa specie 
hanno il numero caratteristico di prismi e spazii cementari; è da notare però che nel primo molare 
di ambedue gli esemplari due dei quattro spazii cementari dal lato esterno non sono lunghi quanto 
tutto il dente, ma scompaiono dopo breve tratto. Sarebbe interessante l’osservazione di qualche dente 
isolato, poichè la scomparsa di quei due spazii cementari potrebbe forse accennare all’esistenza di radici. 


Fam. Hiystricidae. 


Hystrix etrusca Bosco. 
1899. Hystrix etrusca Bosco. Palaeontographia italica, vol. IV (1898), pag. 141, tav. X, XI [I, II]. Pisa. 


Animale di statura di un terzo superiore a quella delle maggiori specie viventi. Cranio sensibilmente convesso 
in alto, molto largo nella regione frontale, restringentesi sul dinanzi, e corto nella regione parietale ; mandibole 
robuste; inserzioni muscolari potenti; denti molari molto sporgenti sull’orlo degli alveoli, con spigoli smussati, di 
modo che la corona dei superiori ha sezione sub-circolare, e quella degli inferiori sub-ovale. 


113 
Formola dentaria comune a tutto il genere: H Prj Ma. 


Per la descrizione di questa specie rimando il lettore alla sopracitata mia memoria. 


Fam. Leporidae. 


Gen. Lepus Linxro. 


Un Lepus sp. nel pliocene lacustre del Valdarno Superiore venne per la prima volta compreso in un 
elenco di fossili dato dal ForsyrH-MaJoR nella sua eccellente memoria già ripetutamente citata che ha 
per titolo: Considerazioni sulla fauna dei mammiferi pliocenici e post-pliocenici della Toscana. 

Nei successivi elenchi di fossili del Valdarno venne poi sempre compreso il Lepus sp.; finchè nel 1889 
il dott. Anronio WEITHOFER descrisse sommariamente un frammento di palato di Lepus che fa parte delle 
collezioni del Museo paleontologico di Firenze, distinguendo la specie come L. valdarnensis. 


i) ForsyTH-MAJOR. Remarques sur quelques mammifères post-tertiaires de l’ Italie, suivies de considérations gé- 
nérales sur la faune des mammifères post-terticires. Atti della Società italiana di scienze naturali, vol. XV, pag. 389. 
Milano, 1872. 

2) SropPANI. Corso di geologia, vol. II, pag. 669. Milano, 1873.. 

3) TuccmeI. Resti di Arvicola nel pliocene lacustre della Sabina [con una tavola]. Memorie della Pontificia ac- 
cademia dei Nuovi Lincei, Vol. IX. Roma, 1893. 


[13] €. BOSCO 97 


Ma nessun altro resto di questo genere era stato descritto, sebbene il museo di Firenze e quello 
di Montevarchi ne contengano diversi. 

Avendoli potuti esaminare tutti mi sono convinto che debbano assegnarsi a tre, o per lo meno a 
due, distinte specie, che descriverò brevemente . 


Lepus valdarnensis WerrWorer. — Tav. XII [II], fig. 3-7. 


1889. Lepus valdarnensis WeIrHOFER dott. Ann. Ueber die tertitiren Landsaugethiere Italiens. Jahrbuch der 
K.K. geol. Reichsanstalt, 39° Vol., pag. 55. Wien. 


Animale della statura approssimativa del L. timidus. COranio però con minore diametro xigomatico, palato 
più stretto e più lungo, muso più breve e branche mandibolari più alte; incisivi molto larghi e compressi; gl’ in- 
feriori alquanto più larghi dei superiori; profondi î solchi di tutti è denti. 


Sono da attribuirsi a questa specie i seguenti resti: 

a) Il frammento di cranio descritto dal WEITHOFER, scavato presso il Castello dell’ Incisa; (Tav. XII [II], 
fig. 3). 

b) Una estremità incisiva destra di cranio, scavata nella medesima località; (Tav. XII [II], fig. 4). 

c) Una branca sinistra di mandibola, senza indicazione precisa della località di rinvenimento; porta scritto 
sul cartellino: Valdarno Superiore; (Tav. XII [II], fig. 5). 

d) Un'altra branca sinistra di mandibola, col relativo dente incisivo, proveniente dalle Mignaie presso 
Castelfranco; (Tav. XII [II], fig. 6). 

e) Una branca destra di mandibola, scavata al Tasso. (Tav. XII [II], fig. 7). 


I primi tre esemplari appartengono ora al Museo paleontologico di Firenze; gli altri due a quello 
dell’Accademia Valdarnese in Montevarchi. 


x 


Cranio.—Il frammento 4) (Tav. XII [II], fig. 3) è ridotto al palato osseo con le due file dei molari 
(manca però l’ultimo molare da ambedue i lati) e con l’origine mascellare dell’arcata zigomatica. 

Le sue dimensioni complessive sono identiche a quelle di un L. #imidus. Il palato osseo è però al- 
quanto più lungo in senso antero-posteriore poichè, mentre indietro giunge fino al livello dell’ orlo ante- 
riore dell’alveolo di M! sul dinanzi si prolunga colla spina nasale anteriore al di là di Pr?. Le lamine 
orizzontali delle ossa mascellari e palatine contribuiscono in misura diversa a determinare il maggiore 
sviluppo in lunghezza del palato, perchè, proporzionalmente a quanto riscontrasi nel L. timidus, le se- 
conde sono più sviluppate; per questo carattere il L. valdarnensis si avvicina specialmente al L. variabilis 
ed un po’ meno anche ai L. aegyptius e mediterraneus. 

Il palato è però assai più stretto che nel L. fimidus, ma lo è meno che nel L. cuniculus; sì avvi- 
cina per ciò al L. isabellinus ed approssimativamente anche al L. variabilis ed al L. mediterraneus. 

La spina nasale anteriore è un po’ più larga e meno acuta che in quasi tutte le specie viventi, ad 
eccezione del L. cuniculus ove è invece assai più corta; il L. variabilis è la specie vivente che per tale 
carattere meno differisce dalla specie fossile. 


i) Per i confronti colle specie viventi ho avuto a mia disposizione scheletri dei seguenti Lepus: timidus, medi 
terraneus, variabilis, cuniculus, isabellinus, aegyptius. 


98 C. BOSCO [14] 


La spina nasale posteriore, sebbene ottusa, è un po’ più sporgente che nel L. fimidus, ed è come 
nel L. aegyptius. 

Per effetto della minore larghezza del palato i due fori palatini posteriori sono più ravvicinati 1’ uno 
all’altro che nel L. tmidus. 

Così pure sono più stretti che nel L. timidus i fori palatini anteriori ed il canale post-palatino; e 
sono perciò anche più strette le corrispondenti incavature del palato osseo. Per questo carattere la specie 
pliocenica rassomiglia al L. aegyptius ed al L. mediterraneus. 

L’apofisi zigomatica del mascellare, in basso, presso alla sua radice, è più stretta che nel L. timidus; 
invece veduta lateralmente si presenta assai più massiccia. Essa sporge in fuori dal margine alveolare 
esterno quanto nel L. fimidus; ma siccome il palato è più stretto, così nella specie fossile è più corto 
tutto il diametro zigomatico del cranio. 

Della branca orizzontale dell’ arcata zigomatica è conservato un brevissimo tratto, sufficiente a mostrare 
la sua poca altezza verticale. 

L’apofisi sfeno-orbitale mostra che andava allargandosi in alto come nel L. cuniculus; la curva che 
la unisce alla porzione orizzontale dell’apofisi zigomatica è assai più stretta che nelle specie viventi, fra 
le quali le si avvicina solo il L. cumiculus. 

La fossetta che si osserva sulla parte anteriore dell’arcata zigomatica, e sul cui fondo si aprono 
due piccoli fori che comunicano colle cavità alveolari, è molto meno allungata in senso verticale che nel 
L. timidus. 

Il frammento 6) (Tav. XII [II], fig. 4) contiene parte del premascellare destro, cogli incisivi in posto. 

Il suo stato di fossilizzazione è identico a quello del frammento a), ed io credo che ambedue provengano 
dallo stesso animale poichè furono trovati nello stesso luogo e provveduti al Museo dalla stessa persona. 

In questo frammento osservasi che la distanza dalla estremità superiore del margine alveolare di I! 
a quel punto ove il margine superiore del premascellare comincia a farsi tagliente è assai minore che 
nel L. fimidus. Ora siccome nella maggior parte delle specie viventi questo punto corrisponde press’ a poco 
alla metà del corpo del premascellare, così se ne deve concludere che nel L. valdarnensis quest’osso era 
assai corto, e perciò corto anche il muso. Un’ altra prova dello stesso fatto si ha nella brevità della di- 
stanza fra il margine posteriore alveolare di I? ed il margine anteriore del foro palatino anteriore. 


Mandibola.— Le tre branche di mandibola c) d) e) (Tav. XII [II], fig. 5-7) sono prive del ramo 
ascendente e ridotte alla sola regione molare, ad eccezione della e) che conserva buona parte del dia- 
stema; le e) ed e) mancano però del molare posteriore. 

Il frammento c) non ha indicazione precisa della località ove fu rinvenuto, ma siccome è fossilizzato 
come i due frammenti di cranio, or ora descritti, fu provvisto al Museo dalla stessa persona, ed i suoi 
denti corrispondono tanto bene a quelli del cranio che sovrapponendo le due serie molari i rilievi degli 
uni penetrano negli incavi degli altri, così non credo di errare attribuendo questo frammento di mandi- 
bola e quelli di cranio ad un solo animale. Dall'esame di tutte e tre le branche di mandibola si deduce 
che esse sono assai più alte che nel L. timidus, e per tale carattere si avvicinano al L. variabilis ed al 
L. cuniculus; che il foro mentoniero è più ampio e situato più all'indietro che nel L. timidus; e che le 
inserzioni muscolari della faccia interna sono più sviluppate. 

La sinfisi, visibile in parte nell’esemplare e) è situata a minore distanza dalla serie molare che nel 
L. timidus; è perciò da dedurne che il diastema è più corto; ciò che sarebbe confermato anche dalla 
posizione del foro mentoniero più ravvicinato a Pr?. 

Si ha così una conferma che nel L. valdarrensis il muso era più corto che nel L. timidus. 


[15] C. BOSCO 99 


Denti incisivi. — Gl’incisivi superiori anteriori sono assai più larghi che nel L. timidus e più 
compressi nel senso antero-posteriore; il solco che percorre la faccia anteriore è alquanto più profondo 
e divide il dente in due lobi disuguali arrotondati, dei quali però l'interno è proporzionalmente al L. fi- 
midus meno differente dall’esterno; per questa forma dei lobi la specie fossile si avvicina al ZL. mediterraneus. 

Gl’incisivi superiori posteriori sono anch’ essi meno compressi, ed in confronto cogli anteriori più 
piccoli che nel L. timidus. 

Gl’incisivi inferiori sono molto larghi, più dei superiori, ed assai compressi antero-posteriormente; 
sono più larghi che nelle specie viventi. 


Molari superiori. — Poche sono le loro differenze da quelli di L. timidus. 

Il Pr? ha maggior diametro antero-posteriore ed è un po’ più largo; anche il Pr? è più largo. 

Tutti i molari superiori, ad eccezione di Pr*, hanno la faccia anteriore più piana e la posteriore più 
curva, ed i due prismi dei denti, in complesso, meno disuguali fra di loro. 

Tutti i solchi che percorrono in senso verticale le faccie dei denti sono più profondi che nel L. fi- 
midus, ma un po’ meno che nel L. variabilis. 


Molari inferiori. — In rapporto alla larghezza trasversale hanno il diametro antero-posteriore 
più corto che nel L. timidus, e si avvicinano per tale carattere al L. variabilis; questo minore diametro 
è dovuto più specialmente al fatto che i prismi posteriori sono più compressi. 

Il prisma posteriore dell’ultimo molare è però più rotondo. 

Anche nei molari inferiori osservasi che i solchi verticali sono più profondi che nel .L. timidus e si- 
mili quasi a quelli del L. variabilis. 


MISURE 
Cranio. 
Diametro zigomatico del cranio . - - È 7 . 5 mm. 40 
» antero-posteriore del palato, misurato Iunoo nasss ncdisno ; o . ò » 10,3 
» » » » in corrispondenza degli incavi . . . » 8,1 
Spessore del palato c È 6 ; : è 5 : : » 3,4 
Diametro trasversale del santa misurato fra I Pri - - x 7 È . n - » 11,4 
» » » » » Pri . . . . . . . . » 12, 5 
» » » » » M? : 5 c . o 6 c 6 » 13 
» antero-posteriore di I! . È î . - ° 0 È o O . È » 2 
» trasversale DE 0 . ò o . È , , , : 5 » 3,5 
» antero-posteriore di Pr ” - . o ; . . 7 . o . » 2,2 
» trasversale DIGRCDANO : : È . - . . - . 7 5 » 3,9 
» antero-posteriore di Pr? : c - . 7 . - 7 7 . 7 » 2,5 
» trasversale Lo 5 x : c È . È o : Ò 6 » 5,3 
» antero-posteriore di Pr! . È ” G 3 È . g ò x . ” 2,5 
» trasversale DADI Te ò 6 . 6 ò ò c 0 0 - 7 » 4,9 
» antero-posteriore di M* O - c i . c 0 o ò . 7 » 2,5 
» trasversale » » o . 5 , . ò 6 o ; o Ò » 4,7 
» antero-posteriore di M? ° È Ò } 5 a l . . o ) » 2,3 


» trasversale »_» . . : è . . . . . 5 . » 4, 1 


100 C. BOSCO [16] 


Mandibola. 
FRASI a Esemplare Esemplare 
di provenienza delle Mignaie del Tasso 
e) d) e) 
Altezza della branca, misurata dinanzi a M! 0 c : . mm. 14 19,7 13,7 
Spessore » » » » 0 0 , : » 6 DIC DAT 
Altezza » » a 6 mm. innanzi a Pr? 6 , » = 9,2 
Spessore » » » » » È È = = 6 
Altezza » » a 12 mm. innanzi a Pr? ; i. De = Ta 
Spessore » » » » » i 3 » = es 5, 6 
Diametro antero-posteriore di I. 5 : 3 0 ; ; »  — 2,4 —_ 
» trasversale » 6 5 6 ò 6 : . » — 4 — 
» antero-posteriore di Pr? 5 . . 0 : : » 3,8 3,8 3,5 
» trasversale » È ; ò È : . : » 3,9 3,4 3 
» antero-posteriore di Pr! , È : o ; ; » 3,2 Bal QUO) 
» trasversale DIdAR s È £ . È 7 » 3,6 3,7 3,4 
» antero-posteriore di M! : 3 È - : . » 9,1 3,1 2,19 
» trasversale » . . : 5 . . : » 3,6 3,7 3,4 
» antero-posteriore di M? : y . ; o 6 » 3 2,9 2,8 
» trasversale » È i È 3 i È 3 » 3,5 3,6 3,3 
» antero-posteriore di M3 ; 5 È , È È » — DA = 
» trasversale » : à , 5 È ; n »  — 272 = 
Lunghezza totale della serie molare . : . 6 . c » — 14,8 —_ 


Lepus etruscus Bosco. — Tav. XII [II], fig. 8. 


Animale della statura di un vivente coniglio, ma con branche mandibolari più alte nel tratto ove sono impian- 
tati i denti molari, è cui solchi verticali sono più profondi; le inserzioni muscolari sono deboli. 


Un frammento di branca sinistra di mandibola di Lepus (Tav. XII [II], fig. 8), proveniente dal Tasso 
in Valdarno Superiore ed ora nel Museo paleontologico di Firenze, e che conserva tutti i denti molari ad 
eccezione dell’ultimo, è caratterizzato da dimensioni assai piccole; ma la forma decisamente prismatica 
dei denti esclude che abbia appartenuto ad un animale giovane. Non si può perciò assegnarlo al L. val- 
darnensis e neppure a qualcuna delle altre specie fossili fim qui conosciute, ma poco o punto descritte; lo 
riferisco quindi ad una nuova specie. 

Dalla lunghezza della serie molare può dedursi che il L. etruscus avesse press’ a poco le dimensioni 
di un L. cmrieulus 0 di un L. isabellinus. La branca è però più alta in corrispondenza di Pr!, ove esiste 
inferiormente una pronunziata convessità, mentre invece si presenta più bassa al dinanzi della serie mo- 
lare, ed un poco anche al di dietro. Come riscontrasi anche nel L. isabellinus sono alquanto arrotondate 
le creste che limitano in alto ed in basso la fossa masseterica, e sono poco sviluppati i rilievi della faccia 
interna che servono alle inserzioni muscolari. In tutti i molari il prisma posteriore ha diametro trasver- 
sale leggermente maggiore rispetto a quello del prisma anteriore (o mediano nel Pr?) che nelle specie 
viventi; il prisma anteriore di Pr? ha piana la faccia anteriore. Tutti i solchi verticali dei denti sono 
alquanto profondi. 


[17] C. BOSCO 101 


MISURE 

Altezza della branca, misurata innanzi a M! . c 0 Ò . ò ° < . 0 TOMAS, 
Spessore  » » » » c 5 O 6 ò » 5 

Altezza della branca, misurata a 4 mm. innanzi a Pr? . ò 0 . 6 c 6 . » 6,2 

Diametro antero-posteriore di Pr? . 0 0 o ò 5 . 5 ò È È c » 2,8 

» trasversale , » 3 A : n 5 È o P 9 5 i 7 » 2,9 

» antero-posteriore di Pr! . È o . o . o . 6 c 0 . » 2,5 

» trasversale o » o 5 7 . . o : 0 o ò è È » 9,1 

» antero-posteriore di M! . 7 0 Ò 6 . . ò . c : o » 2,2 

» trasversale 5 » 6 o 0 0 c E : È : 5 , , » Sol 

» antero-posteriore di M® . a 0 B . , : : a 6 6 , » 2,2 

» trasversale , » , , 1 È I ; 5 ) ; 5 1 i » 2,8 


Lepus sp. — Tav. XII [II], fig. 9-13. 


Nel Museo paleontologico di Firenze si trovano le seguenti ossa di estremità di ZLepus, provenienti 
tutte dagli strati pliocenici del Valdarno Superiore: 


a) Un terzo metacarpale destro, scavato all’ Incisa; (Tav. XII [II], fig. 13). 

b) La parte inferiore di una tibia destra, di cui non è conosciuta la località precisa del rinvenimento; 
(Tav. XII [II], fig. 9). 

c) Una estremità inferiore di tibia destra, con relativi astragalo e calcagno, scavati al Tasso; (Tav. XII [II], 
fig. 10, 11). 

d) Un secondo metatarsale destro, delle Valli delle Strette; (Tav. XII [II], fig. 12). 


Queste ossa per dimensioni si corrispondono perfettamente fra di loro ed indicano avere apparte- 
nuto ad individui di statura un po’ maggiore di quella del L. mediterraneus. Essendo tali dimensioni in- 
termedie fra quelle del L. valdarnensis e del L. etruscus non so a quale di queste due specie ascrivere 
le ossa: e neppure credo che possano riferirsi al L. lacosti PomEL, contemporaneo e presso a poco della 
medesima statura, poichè in detta specie, stando alle misure date dal Pomer ® il piede era straordina- 
riamente più lungo. 

Per queste considerazioni descrivo a parte le suddette ossa, ma senza però attribuire loro alcun 
nome specifico. 


Terzo metacarpale destro (Tav. XII [II], fig. 13). — È massiccio; la sua diafisi è compressa 
nel senso antero-posteriore, e la sua faccia anteriore è convessa anzichè piana o concava come nella 
maggior parte delle specie viventi. 

Il diametro trasversale della sua estremità prossimale è, per rapporto a quello della diafisi, quasi 
come nel L. variabilis. 


Tibia (Tav. XII [II], fig. 9, 10). — La diafisi è compressa nel senso antero-posteriore, e la sua se- 
zione è rettangolare con spigoli netti come nel L. cumiculus. Anche la estremità distale ha forma ret- 
tangolare caratteristica. 


i) PomeL. Catalogue méthodique et descriptif des vertébrés fossiles découverts dans le bassin de la Loire, pag. 44. 
Paris, 1854. 


102 €. BOSCO [18] 


Delle due gole corrispondenti alla troclea dell’astragalo 1’ interna è alquanto più estesa in senso 
trasversale della esterna; e nel senso antero-posteriore è minore l'esterna della interna. Questo carat- 
tere, che è in corrispondenza colle dimensioni dei rilievi della troclea dell’astragalo, spiega come l’estre- 
mità distale abbia forma rettangolare, mentre invece nelle specie viventi il lato interno è alquanto più 
largo dell’esterno. 


Astragalo (Tav. XII [II], fig. 11). — Dei rilievi della troclea l'esterno è sensibilmente maggiore 
dell’interno, assai più di quanto riscontrasi nelle specie viventi, fra le quali il solo L. mediterraneus si 
avvicina per tale carattere. 


Calcagno. — E rotto e null'altro può osservarsi se non che, forse, la faccia superiore del processo 
posteriore è notevolmente stretta. 


Secondo metatarsale destro (Tav. XII [II], fig. 12). — È massiccio, e nella sua parte inferiore 
alquanto schiacciato nel senso antero-posteriore. 

Delle faccette articolari della sua estremità prossimale quella per lo scafoide è poco inclinata in dentro, 
e quella pel secondo cuneiforme molto inclinata in basso. Il processo sul quale sta la faccetta articolare 
per lo scafoide presenta esternamente una cresta longitudinale assai rilevata. 


MISURE 


Terzo metacarpale destro. 


Lunghezza . . c d c . 0 7 6 o , E mm. 26 
Diametro antero- A) Hola diafisi . 1 6 5 . 0 6 5 . 7 o » 2,9 
» trasversale » » : : 5 6 . . . a : ; ; » 2,8 
Tibia. 
Diametro antero posteriore fra i malleoli . 2 b 5 5 : , 5 0 : 6 ININ'MINIGIO. 
» trasversale » » . c c 0 . . à ò » 13,6 
» antero-posteriore a 25 mm. doi estremità distale : . : ò . 0 ? » 5,7 
» trasversale » » » » 0 È . . 6 a . » 6,9 
Astragalo. 
Lunghezza 5 È . È o d ; . 5 , 6 2 ò 7 , mm. 141 
Larghezza della Dario superiore . , c $ . 3 o x 5 . 7 : G 6 
» del collo . , ò o È ; L 3 1 5 . 5 5 ; » 3,9 


Secondo metatarsale destro. 


Lunghezza 6 ò : i . : S : 5 o ; " mm. 45 
Diametro antero- rato an diafisi 6 : ; c . È 6 È c = : » 3,7 
» trasversale ò 7 . Ò È . , 1 ò 3 o n A 2 » 4,1 


Il genere Lepus, così ricco di specie viventi, è rappresentato assai scarsamente negli strati terziari, 
dai quali finora furono estratti solo pochi resti. 
Una specie fu indicata nel miocene di Montabuzard presso Orléans in Francia ” ma, che io sappia, 


non venne ancora descritta. 


4) GERVAIS. Patria, pag. 519. 


[19] C. BOSCO 103 


Nel pliocene dell'Alvernia (Francia) furono trovati il L. issiodorensis CRoIzet ed il L. neschersensis 
Crorzet (collezioni di un Museo di Parigi) ma anch'essi non descritti !. 

Dello stesso pliocene il PomeL ® descrive assai succintamente un L. lacosti, scavato presso Perrier 
(Issoire). Le poche misure da lui date indicherebbero che questa specie aveva una statura non dissimile 
da quella del Zepus sp. del Valdarno Superiore, ma aveva però i piedi straordinariamente lunghi. Ciò 
lascerebbe forse il dubbio che le ossa misurate dal PomeL non siano tutte da attribuirsi ad una stessa 
specie. 

Il GeRVAIS 5) emette il dubbio che il L. lacosti possa essere un L. isstodorensis. 

Il DePérET 4 cita un Lepus aff. timidus nel pliocene del Roussillon (Francia), ma i frammenti che egli 
figura (una porzione di palato senza denti ed un molare isolato) sono assai incompleti e solo può dirsi 
che si riferiscono ad una specie della statura di una grossa lepre. 

Nella tavola XVIII, fig. 32 della sua memoria riproduce un femore scavato al Forte Serrat; le sue 
dimensioni si avvicinano a quelle del Zepus sp. del Valdarno Superiore. 

Un L. caniculus è incluso da R. ed A. Bert. nella loro lista dei mammiferi del Crag Superiore 
(pliocene) d’ Inghilterra 9, e nel Museo di geologia pratica di Londra trovansi dei resti di un Lepus che 
si avvicina al comune coniglio, provenienti dal Red Crag (pliocene) di Butley ®. 

Dalle Colline di Siwalik in India proviene un frammento di mandibola di Lepus contenente due 
denti molari, che si trova ora nel Museo Britannico di Londra. Fu compreso dal LyDEKKER in un elenco 
dei fossili di quella formazione ? e posteriormente, in un’ altra pubblicazione 5, lo stesso autore asserisce 
che quel frammento è insufficiente ad una determinazione specifica. 

Finalmente un L. ennisianus fu trovato nel miocene (John Day Beds) dell’Oregon negli Stati Uniti 
d'America, e descritto dal Core ®). È una specie poco più grande del L. cuniculus. 

Tutti questi fossili, non descritti finora, oppure descritti in modo troppo sommario, non permettono 
alcun confronto colle specie del Valdarno Superiore. 


Fam. Lagomyidae. 


Gen. Lagomgys. 


Qrm 


Il FaLcoNER in una sua memoria scritta nel 1857 e pubblicata nel 1868 19 cita fra i vertebrati del 
Valdarno Superiore un Lagomys; nel 1873 il MaJoR comprende un Lagomys sp. in una lista di fossili 


4) PioTET. Traité de paltontologie, tom. I, pag. 256. Paris, 1853. 
2 PomeL. Catalogue méthodique ete., pag. 44. 
3 GeRvaAIS. Zoologie et paléontologie frangaises, pag. 49. Paris, 1859. 
4 DEPÉRET. Les animaur pliocènes du Roussillon, pag. 59, tav. IV, fig. 36, 37. Paris, 1890. 
5) Proc. Geol. Assoc., vol. II, pag. 212. 

5) NEwTON. The vertebrata of the pliocene deposits of Britain, pag. 54. London, 1891. 

7) LyDEKKER. Palaeontologia indica. Memoirs of the Geological Survey of India, serie X, vol. III, pag. 126. Cal- 
cutta, 1884. 

5) LyDEKKER. Catalogue of the fossil mammalia in the British Museum. Part. I, pag. 262. London, 1885. 

9 Cope. The vertebrata of the tertiary formations of the West. Report of the United States Geological Survey 
of the territories, vol. III, pag. 886, tav. LXVI, fig. 29. Washington, 1883. 

10) FALCONER. On the species of Mastodon and Elephant occurring in the fossil strates in Great Britain. Palaeon- 
tological memoirs and notes, vol. 2, pag. 189. London, 1868. 


104 €. BOSCO [20] 


della stessa località ®, ma poi nel 1875 lo stesso autore assicura che nessuna traccia di Lagomys trova- 
vasi allora nei Musei che contengono i resti del Valdarno Superiore ®). 

Nel 1887 il Museo paleontologico di Firenze venne in possesso di due denti molari di Lagomys sca- 
vati al Tasso (Valdarno Superiore) e di essi mi accingo ora a dare un cenno. 

Sono due molari inferiori destri mediani, lunghi in complesso circa 4 mm. cioè quanto quelli di La- 
gomys sardus e formati ciascuno da due prismi quasi perfettamente uguali, i cui solchi divisori interno 
ed esterno sono quasi ugualmente profondi. Aderente ai due denti è rimasto un piccolissimo frammento 
dell'osso della mandibola. 

I due denti sono scheggiati obbliquamente, dalla parte interna ed esterna, verso la estremità superiore. 

Con questi soli denti non solo non è possibile di procedere ad una determinazione specifica ma nep- 
pure può stabilirsi a quale dei due sottogeneri (Lagomys s. str. e Myolagus) debba essere ascritta la 
specie del Valdarno Superiore, poichè la differenza fra i due sottogeneri è basata, per quanto si riferisce 
alla mandibola, sul premolare e sull'ultimo molare che qui mancano. 

Ritengo però sia sufficientemente importante anche la sola prova che nella fauna pliocenica del Val- 
darno Superiore è da includere il genere Lagomys. 


Firenze, Gabinetto di geologia e paleontologia dell’Istituto di studi superiori, 
maggio 1899. 


1) SroppanI. Corso di geologia, vol. 2, pag. 673. Milano, 1873. 
2 ForsyTH-MAJOR. Considerazioni sulla fauna dei mammiferi pliocenici e post-pliocenici di Toscana. Atti della 
Società toscana di scienze naturali, vol. I, pag. 37. Pisa, 1875. 


INDICE 
Castor plicidens MAJOR. _ . pag. 86 [2] | Lepus valdarnensis WEITHOFER . .. pag. 97 [13] 
Trogontherium Cuvieri FISCHER . È » Ce Lr] » etruscus Bosco - ; ; » 100 [16] 
Arvicola pliocenicus MAJOR ; : » 938679008) DIMANS Pale È , . ? 3 » 101 [17] 
Hystrix etrusca Bosco 7 c o » 96 [129] | Lagomys sp. È ò : ° - >» 103 [19] 


B. GRECO 


FOSSILI OOLITICI DEL MONTE FORAPORTA 


PRESSO LAGONEGRO IN BASILICATA 


(Tav. XIII [I]) = 


In una breve comunicazione alla Società geologica italiana ” feci osservare che i calcari neri del 
Monte Foraporta debbono essere riferiti al Dogger inferiore e non al Lias inferiore parte superiore, come 
aveva già detto il De LoRrENzZO ?). 

Scopo adesso del presente lavoro è la descrizione particolareggiata dei fossili trovati nei suddetti 
calcari. 

Il seguente quadro comparativo tra le specie che descriverò e quelle note di altre regioni pone me- 
glio in evidenza l’età oolitica inferiore dei calcari del Monte Foraporta. i 


| | [ES&All = | pappone | 
| = E | = Z| Til | = | | = | 
= = sa Ss |s S| 
icni= \cel=t| = = S| 
Si ica Se ai 
= | sioeoel=Siao gl = |\SEloS 
® [calls =l=s Sa = 
Ss |Sss=|..s — SS asj a AO = 
= ife= SoT|Ssir- DD —_ = © S| ‘ 
= NOME DELLE SPECIE |ss=|27|3%|\Ss| z| = |==|27| ALTRE LOCALITÀ 
2 |(2e/s5flee/_5 È | £|83|335 
E 5S_|=>|ss|s3| =| = |©4|sS 
= svelta lesa 
Ss |a es 53: ra) | 215 =S| 
lu |S asl “| a ee. = 
= |s == Ss = 2 | 
ine ca | 2=* = 5 | Co) | ni 
| | 
. | 
Brachiopoda 
1| Rhynchonella Wihneri Di STEP. . o aes align) lee 
9 » Ximenesi Di STEF. . ; | tali | 
3| » Galatensis DI STEF. . .|+ | | [ssa 
4 » Maleniana GRECO ; pi VS | i a 
5 | » Arianii? GRECO . : ; ? — | —- | 
. 1) Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 65-70. 


® De Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lagonegro, pag. 309-11; — Montagne mesozoiche, pag. 58-69; — Appen- 
nino della Basilicata meridionale, pag. 11,12; — Appennino meridionale, pag. 52-54; — Guida geologica di Lagonegro, 
pag. 181-82. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 14 


106 B. GRECO [2] 


= == = 
= E Ri; si Ra=] = 
= |a (SSLs Ea (S_ 
= Ul (| | 
E 25|°=|\5* s#| | E \3=\s= 
= se|ssSels5| 5| S|s5 ss 
È NOME DELLE SPECIE cRSg| asa | SaS) Atina roTALIA 
E se|3f|e=|25| & | 2|=3|33 
E s|\3°|55 85 s| = 53135 
ano, |es|éa| >. | aerea 
e |E (35 £ cia 
s = Es 3 | 5 
cp LI 
6 Ahynchonella infirma RoTHPL. ; .—-|=|=|={=|/=| =|T=| Dogger inf di Vils 
» lucana n. Sp. 5 . REA 
8| Waldheimia Ippolitae Dr STRF. i SR = | ERE MA 
Lamellibranchiata 
9 | Placunopsis jurensis ROBM. sp. ò .|\-|=-|=|—-j|—=-|=-j|=- | | Oolite d’ Inghilterra. 
10 | Lima (Plagiostoma) semicircularis GoLpbr. | +| +| +|-|—-|-]|—-|+ 
11 | ZHinnites velatus GOLDF. sp. . . -|+|+|+|-|=|-||+ 
12 | Pecten (Entolium) disciformis SCHUBL. —IC|l|-{-|#+{1={|—={— 
13 » » cingulatus PHILL. +|+|+|-|+|=-|-}|- 
14 » (Chlamys) erpus DE GREG. e RAR = 
15 |  Modiola gibbosa Sow. ò È : .|-|—-|=-|-=}|-=-}|-=-}|#+|— | Oolite d'Inghilterra. — 
BENE E Giura bruno di Balin. 
16 | Trigonia De Lorenzoi n. sp. . È Ni e e esa e Se ee 
Gastropoda 
IT| Trochus Vinassai? GRECO a : 6 2/-|]-|l-|=-|-|_-|- 
18 | Nerita pygmaea Greco SER i SS REC Ea ea 
19 | Neritopsis Maleniana? GrECO . pra ie 
20 | Onustus supraliasinus Vac. +|+|]J+|-|-]|-|-]|- 


Le specie conosciute, determinate con certezza, come si vede, sono quindici. Di queste, la RRynchonella 
Galatensis Di StEr., degli strati con Posidonomya alpina di Sicilia ®, fu trovata anche nei calcari carni- 
cini della zona con Leioceras opalinum di Pietro Malena presso Rossano ? ; la RAynchonella infirma RotHPL. 
è specie del Dogger inferiore dei dintorni di Vils 3; la Placunopsis jurensis RoeM. era finora esclusiva 
della Oolite d’ Inghilterra 4); la Modiola gibbosa Sow. poi, considerata dal p’ORBIGNY 9) come specie cal- 
loviana, si trova anche nella Oolite d’ Inghilterra 9 e nel Giura bruno di Balin ®; recentemente è stata 


4) Dr STEFANO. Monte Ucina. 

2) Greco. Rossano in Calabria. 

3) RoTHPLETZ. Vilser Alpen. 

4 MorrIs and LyceTT. II, Bivalves. 

5) pD'ORrBIGNY. Prodrome. 

5 LyceTT. Supplement. Monograph of the Moll. ece. 
? LAUBE. Bivalven von Balin. 


[3] B. GRECO 107 


citata negli strati con Pos. alpina dei Sette Comuni ®, che il Parona propenderebbe a riferire al Cal- 
loviano piuttosto che al Batoniano. = 

Delle altre dodici che restano (compresa la 7. Galatensis Di StEF.), due trovano le loro corrispon- 
denti negli strati con Leioceras opalinum del Bacino del Rodano ®; due nella Oolite di Sardegna 8; quattro 
nel Dogger inferiore del Monte S. Giuliano presso Trapani #; quattro negli strati con Leioceras opalinum 
e Ludwigia Murchisonae del Monte Grapa 9; cinque negli strati con Leioceras opalinum del Capo S. Vi- 
gilio 5; e finalmente ben undici nei calcari carnicini della zona con Leioceras opalinum di Pietro Ma- 
lena ”. Possiamo quindi da questo rapido esame confermare, con maggiore chiarezza, quanto dissi nella 
nota preliminare, che cioè i calcari neri del Monte Foraporta devono essere riferiti alla Oolite inferiore, 
se come tale vogliamo considerare le due zone con Leioceras opalinum e con Ludwigia Murchisonae. Fra 
le diverse faune contemporanee essa poi è strettamente legata con quella di Pietro Malena. Anche la 
profondità batimetrica, in cui avvenne la deposizione calcarea del Monte Foraporta, deve essere stata 
presso a poco uguale a quella che si ebbe nelle vicinanze di Rossano, giacchè anche nel suddetto depo- 
sito la ricchezza dei Brachiopodi, la frequenza di specie di Lamellibranchi viventi attaccati agli scogli e 
la grande rarità delle Ammoniti stanno appunto ad indicarci vicinanza delle spiaggie e poca profondità 
del mare. 

Avvertii già nella mia nota precedente che non mi fu possibile di avere per esame quegli esemplari 
originali del Monte Foraporta determinati in parte dal GreyeR come specie liasiche e poi citati dal DE 
LoRENZzo, perchè sembra che essi siano andati perduti. Non mi è stato perciò possibile di farne con cer- 
tezza la revisione. Siccome però il mio materiale di studio proviene dallo stesso posto di quello che ebbe 
il GrYER per esame, così è naturale che gli esemplari riferiti dal GeyER a specie liasiche devono corri- 
spondere a quelle da me determinate come oolitiche. Quando ho ereduto molto probabile la corrispon- 
denza per analogia di forme, allora le ho poste in sinonimia. Devo però avvertire che fra i miei fossili 
non ho trovato alcun esemplare affine a queste quattro specie ricordate dal De LoRENZO: LMycehonella 
cfr. fissicostata Suess var. applanata Zuom., Eh. curviceps QueNnsT., Rhynchonellina cfr. alpina Par. e Te- 
rebratula Fotterlei Bicxa ®; quali specie oolitiche queste rappresentino non è possibile supporre. 

Nell'elenco dei fossili del Monte Foraporta, dato dal DE LoRENZO, si trovano undici specie determi- 
nate; il numero è ora aumentato un poco, fino a venti, mediante questa modesta contribuzione. È da 
augurarsi che nuove ricerche fatte nella suddetta località facciano ancora di più arricchire di specie la 
nostra fauna, che attualmente ne è piuttosto povera, per quanto assai ricca di esemplari. 

Se pertanto tutti i calcari neri del Monte Foraporta, che riposano in discordanza sulle dolomie bianche 
con Gervilleia exilis Srorp. del Trias superiore, si debbono riferire alla Oolite inferiore, bisogna conclu- 
dere che in questa località manchi tutta la serie liasica. Nulla posso dire circa i fossili del Lias inferiore 
parte superiore citati dal De Lorenzo per la regione Nizzullo ® e racchiusi in alcuni straterelli calcarei 


1) PARONA. Palaeontographia italica, vol. I. 

DumortIER. Lias supérieur. 

3) MENEGHINI. Paléontologie de Vîle de Sardaigne; — Fucini. Oolite di Sardegna. 

4 Di STEFANO. Monte S. Giuliano bei Trapani; — De GREGORIO. Monte Erice. 

5) Borrto-Micca. Monte Grapa; — Fucimi. Monte Grappa. 

9 VacpK. S. Vigilio; — De GreGORIO. S. Vigilio; — GioLi. S. Vigilio e Monte Grappa; — Fucisi. S. Vigilio. 
7) Greco. Rossano in Calabria. 

8) De LoRENZO. Montagne mesozoiche, pag. 62, 63. 

9° DE LoRrENZO. L. c., pag. 60. 


108 B. GRECO [4] 


marnosi giallastri sfaldabili, che si fondono insensibilmente nella massa dei calcari neri superiori, perchè 
non ho fossili di questa località. Depositi appartenenti al Lias medio però sarebbero conosciuti nella Basili- 
cata meridionale  ; mentre il Lias superiore è ben sviluppato nelle limitrofe provincie di Salerno, al Monte 
Bulgheria ®, e di Cosenza, nel circondario di Rossano ®, ove prende un grande sviluppo anche il Lias 
inferiore *.. 

Il deposito oolitico del Monte Foraporta, come già quello di Pietro Malena, non può somministrarci 
alcun dato stratigrafico in appoggio alle idee sostenute tanto dottamente dal VaceK ?, secondo le quali le 
due zone con Leioceras opalinum e con Ludwigia Murchisonae dovrebbero essere staccate dalla Oolite 
inferiore ed ascritte al Lias superiore. I calcari neri infatti riposano, come abbiamo detto, in discordanza 
sopra le dolomie del Trias superiore ed al Monte Cervaro, come ha rilevato il De Lorenzo 5, sono 
ricoperte pure in discordanza dai calcari apto-urgoniani. Mancando quindi i terreni del Lias e del Malm 
ci è assolutamente impossibile di rilevare in che rapporti stratigrafici stesse con essi il deposito del 
Dogger in parola. 

I fossili che passerò adesso a descrivere furono tutti estratti nel Laboratorio del nostro Istituto geo- 
logico, mediante il processo della semicalcinazione, da alcuni quintali di roccia fossilifera raccolti al Monte 
Foraporta dal prof. CANAvARI e da me. Essi fanno tutti parte delle collezioni paleontologiche del nostro 
ricco Museo. 


Pisa, Istituto geologico, maggio 1899. 


Abbreviazioni usate nel citare le singole opere. 


Agassiz. Trigonies. — Agassiz. Études critiques sur les Mollusques fossiles. Trigonies, 1° Livraison. Neuchîtel, 
1840. 

Borro-Mrcca. Monte Grapa. — Borro-Micca. Fossili degli strati con Lioceras opalinum e Ludwigia Murchisonae 
della Croce di Valpore [Monte Grapa] (Boll. d. Soc. geol. ital., vol. XIT. Roma, 1893). 

Branco. Untere Dogger Deutsch-Lothringens. — Branco. Der Untere Dogger Deutsch-Lothringens (Sep.-Abdr. aus 
dem Abhandl. zur geol. Spezialkarte von Elsass-Lothringen, Bd. II, H. 1. Strassburg, 1879). 

CHapuis et DewaLque. Lurembourg. — CHAPUIS et DewaLQue. Description des fossiles des Terrains secondaires 
de la Province de Luxembourg. Liegi 1851. 

Cossuanw. Bathonien en France. — Cosswann. Contribution à 1’ étude de la faune de 1° étage Bathonien en France 
[Gastropodes] (Mém. de la Soc. géol. de France, sér. III, tom. IV. Paris, 1885). 


i) De Lorenzo. Appennino della Basilicata meridionale, pag. 12-15. 

? Di SreFano. Monte Bulgheria; — Da Lorenzo. Appennino della Basilicata meridionale, pag. 15; — Appen- 
nino meridionale, pag. 52. 

3 GRECO. Lias sup. nel circ. di Rossano; — Fucini. Studi geologici, pag. 35, 36. 

4 Fucini. Molluschi e Brachiopodi; — Greco. Lias inf. del circ. di Rossano. 

5) VACEK. S. Vigilio. 

$ De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 64. 


[5] B. GRECO 109 


De GreGorIo. Monte Erice. — De GreGoRIO. Nota intorno a taluni fossili di Monte Erice di Sicilia, del piano 
Alpiniano De GreG. [= Giura-Lias auctorum ecc.] (Estr. d. Mem. della R. Accademia delle Scienze 
di Torino, ser. II, vol. XXXVII. Torino, 1886). 

De GreGoRrIo. S. Vigilio. — De GrEGORIO. Monographie des fossiles de S. Vigilio du sous-horizon Grappin Dr 
Gre6. (Annales de Géologie et de Paléontologie publiées sous la direction du marquis ANnToINE DE 
GregorIo, 5° Livraison. Palerme, 1886). 

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De Lorenzo. Montagne mesozoiche. — Dr Lorenzo. Le montagne mesozoiche di Lagonegro (Estr. d. Atti d. R. 
Acc. di Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. VI, ser. 2%, n. 15. Napoli, 1894). 

De Lorenzo. Appennino della Basilicata meridionale. — De Lorenzo. Osservazioni geologiche nell'Appennino della 
Basilicata meridionale (Estr. d. Atti d. R. Acc. di Sc. fis. e mat. di Napoli, vol. VII, ser. 2°, n. 8. 
Napoli, 1895). 

De Lorenzo. Appennino meridionale. — De Lorenzo. Studi di geologia nell’Appennino meridionale (Estr. d. Atti 
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Di Sterano. Titonio inferiore di Sicilia. — Dr Srerano. Sopra altri fossili del Titonio inferiore di Sicilia (Estr. 
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‘Dr Sterano. Lias inferiore di Taormina. — Dr Srerano. Sul Lias inferiore di Taormina e dei suoi dintorni (Estr. 
d. Giorn. di Sc. nat. ed econ. di Palermo, anno XVIIT. Palermo, 1886). 

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lusques et Rayonnés. Paris, 1850. 

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vol. XVIII. Pisa, 1894). 

Fucini. Oolite di Sardegna. — Fucmi. Notizie paleontologiche sulla Oolite di Sardegna (Atti d. Soc. tosc. di Sc. 
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Fuomi. Monte Grappa. — Fucini. Fossili della Oolite inferiore del Monte Grappa nel Trevisano (Atti d. Soc. tosc. 
di Sc. nat., Proc. verbali, adun. 7 maggio 1893). 


Fucini. Molluschi e Brachiopodi. — Fucini. Molluschi e Brachiopodi del Lias inferiore di Longobucco [Cosenza] 
(Bull. d. Soc. mal. ital., vol. XVI. Pisa, 1892). 
Fucini. Studi geologici. —- Fuemi. Studi geologici sul circondario di Rossano in Calabria (Estr. d. Atti d. Acc, 


Gioenia di Sc. nat. in Catania. Catania, 1896). 


110 B. GRECO [6] 


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GomueLLaro. Calcare a Terebratula Janitor. — GemmeLLAaro. Studi paleontologici sulla fauna del calcare a Tere- 
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Grver. Brachiopoden des Hierlatx. — Gever. Ueber die liasischen Brachiopoden des Hierlatz bei Hallstatt (Sep.- 
Abdr. aus dem Abhandlungen d. k. k. geolog. Reichsanstalt, Bd. XV, H. 1. Wien, 1889). 

Gioni. S. Vigilio e Monte Grappa. — Grori. Fossili della Oolite inferiore di S. Vigilio e di Monte Grappa (Atti d. 
Soc. tosc. di Sc. nat., Mem., vol. X. Pisa, 1888). 

Gorpruss. Petrefucta Germaniae. — GoLpruss. Petrefacta Germaniae, tam ea quae in Museo Universitatis Regiae 
Borussicae Fridericiae Wihlelmiae Rhenanae servantur. Diisseldorf, 1826-40. 

Greco. Oolite inf. di Rossano. — Greco. Sulla presenza della Oolite inferiore nelle vicinanze di Rossano Calabro 
[Nota preventiva] (Atti d. Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verbali, adun. del 3 marzo 1895). 


Greco. Lias sup. nel circ. di Rossano. — Greco. Il Lias superiore nel circondario di Rossano Calabro (Bull. 
d. Soc. geol. ital., vol. XV. Roma, 1896). i 
Greco. Lias nf. del cire. di Rossano. — Greco. Il Lias inferiore nel circondario di Rossano Calabro (Atti d. Soc. 


tosc. di Sc. nat., Memorie, vol. XII. Pisa, 1893). 

Greco. Rossano in Calabria. — Greco. Fauna della zona con Lioceras opalinum Rem. sp. di Rossano in Calabria 
(Palaeontographia italica, vol. IV. Pisa, 1899). 

Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta. — Greco. Sulla presenza del Dogger inferiore al Monte Foraporta 
presso Lagonegro (Boll. d. Soc. geol. ital., vol. XVIII. Roma, 1899). 

Laupr. Bivalven von Balin. — Lause. Die Bivalven des braunen Jura von Balin (Sep.-Abdr. aus dem Denkschr. 
der Mat.-Naturw. Classe der Kaiserl. Akademie der Wissenschaften, Bd. XXVII. Wien, 1867). 

Lycert. Fossil Trigoniae, 1875; 1877. — Lycert. A _Monograph of the British Fossil Trigoniae. Palaeontographical 
Society, vol. XXIX; vol. XXXI. London, 1875, 1877. 

Lvorrr. Supplem. Monograph of the Moll. ece. — Lycoem. Supplementary Monograph of the Mollusca from the 
Stonesfield Slate, Great Oolite, Forest Marble, and Cornbrash (Palaeontographical Society, vol. XVII. 
London, 1863). 

Mexrcani. Paléontologie de l’ile de Sardaigne. — MeneGnINI. Paléontologie de l’île de Sardaigne, ou description 
des fossiles recueillis dans cette contrée par le général ALBERT DE La MarxoRA (Voyage en Sardaigne 
par le comte ALBerT De La MarmoRA, tom. II, 3° partie. Turin, 1857). 

Morris and Lycert. II, Biwvalves. — Morris and Lycerr. A Monograph of the Mollusca from the Great Oolite 
(Palacontographical Society, II, Bivalves, vol. VIII. London, 1853). 

Parona. Palaeontographia Italica, vol. I. — Parona. Nuove osservazioni sopra la fauna e l’età degli strati con 
Posidonomya alpina nei Sette Comuni (Palaeontographia Italica, vol. I. Pisa, 1896). 

PrmroLero. Bajocien inf. — PerimcLero. La faune du Bajocien inférieur dans le Nord de la Franche-Comté 
(Estr. d. Mém. de la Soc. ad’ ém. de Montbéliard. Montbéliard, 1894). 

RormpLetz. Vilser Alpen. — RorapLerz. Geolog.-palaeontologische Monographie der Vilser Alpen (Palaeontogra- 
phica, Bd. XXXIII. Stuttgart, 1886). 

SowerBr. Mineral Conchology. — Sowerey. The Mineral Conchology of Great Britain. London, 1812-29. 
UnLIG. Sospirolo bei Belluno. — Unnic. Ueber die liasische Brachiopodenfauna von Sospirolo bei Belluno (Sep.- 
Abdr. aus dem Sitzb. der. k. Akad. der Wissensch., Bd. LXXX, I Abth. Wien, 1879). 

Vacex. S. Vigilio. — Vacer. Ueber die Fauna der Oolithe von Cap S. Vigilio verbunden mit einer Studie iiber 
die obere Liasgrenze (Sep.-Abdr. aus Abhandlungen der k. k. geolog. Reichsanstalt, Bd. XII, n. 3. 
Wien, 1886). 

Zreren. Wiirttembergs. — Zieren. Die Versteinerungen Wiirttembergs. Stuttgart, 1830. 


[7] B. GRECO 111 


DESCRIZIONE DELLE SPECIE 


Echinodermata. 


Questo tipo di animali è rappresentato nella fauna del Monte Foraporta da resti di Crinoidi e di 
Echinidi. Gli articoli spatizzati dei primi sono però così intimamente collegati con la roccia che non mi 
è stato possibile separarne alcuno in discreto stato di conservazione. 

Dei secondi ho isolato alcuni gusci più o meno incompleti ed a superficie mal conservata, che, ap- 
punto perciò, non sono determinabili con certezza neanche genericamente. 


Brachiopoda. 


I. Gen. Rhynchonella FiscHeR. 


1. Rhynchonella Wahneri Di Srer. — Tav. XIN [I], fig. 1,2. 


1884. Rhynchonella Wihneri Di Srerano. Monte S. Giuliano bei Trapani, pag. 6, tav. XIV, fig. 16; tav. 


XV, fig. 1-7. 
1894. —_ fascicostata De Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lagonegro, pag. 310 (non UnLIG). 
1894. _ — Dre Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 62 (non UHLIG). 
1898. —_ _ De Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag. 182 (non UxLIG). 
1898. _ Wihneri Greco. Rossano in Calabria, pag. 101 [9], tav. VII [I], fig. 9-11 (cum syn.). 
1899. _ — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. 
DIMENSIONI 
I II III 

Lunghezza . - o . 7 . mm. © mm. 8 mm. 7 

Larghezza . . 7 È c : » 8 DILLO DAN LI 

Spessore c 5 : , . 7 » 4 6 » 6 


Gli esemplari della RAynchonella Wihneri Di Ster., raccolti nella Colite inferiore del Monte S. 
Giuliano presso Trapani, furono dal Di STEFANO divisi in due serie: una costituita da esemplari provvisti 
di quattro a dieci coste forti, acute, semplici; l’altra rappresentata da conchiglie ornate da dodici a se- 
dici coste sottili, non acute, spesso biforcate. 

I dodici esemplari del Monte Foraporta, che riferisco a questa specie, appartengono tutti alla seconda 
serie e corrispondono a quelli rappresentati dal Di SteFANo a tav. XIV, fig. 16, e a tav. XV, fig. 6. 

Data la somiglianza che alcune forme della R%. Wéalneri Dr StEr., come le nostre e le corrispon- 
denti siciliane, presentano colla R%. fascicostata UnLIG ®, credo che a quella vada riferito 1’ esemplare 
ascritto dal De Lorenzo alla specie di UuHLIG. 

I nostri esemplari e i corrispondenti siciliani si distinguono dalla R%. fuscicostata UHLIG princi- 
palmente per le coste meno numerose (da dodici a sedici invece di venti), per la linea di commessura 


i UnLIG. Sospirolo bei Belluno, pag. 42, tav. V, fig. 1-3. 


112 B. GRECO [8] 


non arcuata nella regione laterale e per il fatto che le coste non partono dalla regione apiciale a fasci 
di due, di tre, di quattro, ma sono più o meno frequentemente biforcate a varie altezze; eccezionalmente 
in un esemplare si osserva una costa triforcata. 

La Rh. Walmeri DI Ser. è frequentissima poi nei calcari carnicini della Oolite inferiore di Pietro 
Malena presso Rossano, ma gli esemplari di questa località, a differenza di quelli del Monte Foraporta, 
appartengono tutti alla serie costituita da conchiglie ornate da quattro a dieci coste, forti, acute, semplici. 


var. applanata n. — Tav. XIII [I], fig. 3. 


DIMENSIONI 
Lunghezza , . È ò 5 2 ò 0 o 0 0 ò mm. 7 
Larghezza d ° È 6 0 6 , o 0 . o È » 6 
Spessore . È O È 6 5 È 6 ò è : È ; ». 8 


Questa varietà è assai vicina a quella forma della RX. Wéalneri Di StEF., rappresentata dall’autore 
colla fig. 6 della tav. XV. Se ne discosta per il contorno un poco più slanciato, per la minore convessità 
delle due valve, onde i margini resultano taglienti e per l’apice alquanto più sporgente. 

Essa è rappresentata nella nostra fauna da un solo esemplare. 


2. Rbynchonella Ximenesi Di Ster. — Tav. XII [I], fig. 4. 


1884. ARhynchonella XNimenesi Di Sterano. Monte S. Giuliano bei Trapani, pag. 3, tav. XIV, fig. 1-4. 


1894. _ Cartieri De Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lagonegro, pag. 310 (non OpP.). 
1894. — cfr. — De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 63. 
1898. — cfr. — De Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag. 182. 
1898. Nimenesi Greco. Rossano in Calabria, pag. 102 [10], tav. VIII [I], fig. 14, 15 (cumsyn.). 
1899. - — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. 
DIMENSIONI 

Lunghezza 7 . : . È - - È 6 ò c 5 mm. 9 

Larghezza c 6 : a ” : o 5 . . D È » 10 

Spessore . 5 ; : 7 . i i î ; . 5 5 DID) 


Appartiene a questa specie un piccolo esemplare che, salvo per le dimensioni minori, corrisponde nei 
suoi caratteri a quell’individuo rappresentato dal Di STEFANO colla fig. 3 della tav. XIV. 

La Eh. cfr. Cartieri OrP., citata dal De Lorenzo al Monte Foraporta, credo che vada riferita alla 
specie in esame, giudicando dal fatto che il nostro esemplare ricorda molto la %. Caroli Gem. (= RA. 
Cartieri Or.) ®. Da essa però gli esemplari siciliani appartenenti alla R%. Ximenesì DI STEF. ed il nostro 
di Basilicata si distinguono per il carattere di avere le due valve ugualmente convesse mentre nella R%. 


1) GEMMELLARO. Casale e Bellampo, pag. 423, tav. XXXI, fig. 79-87; — GevER. Brachiopoden des Hierlatz, pag. 
63, tav. VII, fig. 13,14; — DI STEFANO. Lias medio del Monte S. Giuliano, pag. 82. — Come fa giustamente osservare 
il Dr STEFANO, di questi due nomi è quello dato dal GeMmmELLARO (Ah. Caroli) che deve restare, perchè questi per 
il primo ne descrisse completamente e figurò gli esemplari siciliani. 


. [9] B. GRECO 113 


Caroli (= Rh. Cartieri OPP.) la valva grande è assai meno rigonfia della piccola e quindi la conchiglia 
acquista un aspetto diverso da quello della R%. Ximenesi DI STEF. 

La specie oltrechè nel Dogger inferiore del Monte S. Giuliano presso Trapani è rappresentata anche 
nella fauna ad essa contemporanea di Pietro Malena. 


3. Rhynchonella Galatensis Dr Srer. — Tav. XII [I], fig. 5. 


1884. Rhynchonella Galatensis Dr Sterano. Monte Ucina, pag. 15, tav. I, fig. 28, 29. 


1898. — _ Greco. Rossano in Calabria, pag. 100 [8]. 
1899. — — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. 
DIMENSIONI 
I I 
Lunghezza . : Ò - ò . A È 6 mm. 10 (?) mm. 11 (?) 
Larghezza . , c ò 5 o . - x » 10 >» 12 
Spessore , , ; 7 ; : , 3 ; » 6 306, 


La R’ynchonella Galatensis Di STEF. è rappresentata da due esemplari, i quali sfortunatamente hanno 
l’apice rotto; ma per gli altri caratteri corrispondono all’ esemplare rappresentato dal Di STEFANO colla 
fig. 28 della tav. I. Una lieve differenza si ha solo nel fatto che uno dei due esemplari (Tav. XIII [I], 
fig. 5), è un poco meno slargato, onde la sua forma non resulta decisamente subtriangolare. 

Oltre a questi due esemplari ne ho altri quattro che presentano quasi tutti i caratteri della R%. 
Galatensis Di StEF., differendone solo per essere molto meno convessi (Tav. XIII [I], fig. 6) ed io credo 
opportuno di riferirli a questa specie, come varietà depressa. 


4. Rhynchonella:Maleniana Greco. 


1898. Rrynchonella Maleniana Greco. Rossano in Calabria, pag. 104 [12], tav. VII [I], fig. 16-18. 
1899. — — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. 


Tra le Ehynchonellae da me esaminate si osservano un esemplare completo, ma alquanto sciupato 
nella parte mediana della piccola valva, ed altri quattro che hanno conservato solo una delle due valve. 
Essi, confrontati cogli originali della Eynehonella Maleniana Greco di Pietro Malena, vi corrispondono 
perfettamente sia per l'aspetto generale della conchiglia, per la forma dell’apice e per la mancanza del 
seno e del lobo, sia per la forma ed il numero delle coste. Onde io non esito a riferirli a tale specie. 

Si deve però avvertire che l'esemplare completo sopra ricordato presenta dimensioni assai maggiori 
di tutti quelli calabresi raccolti finora. 

La specie era stata trovata solo nella Oolite inferiore di Pietro Malena, presso Rossano. 


5. Rhynchonella Arianii? Greco. 


1894. Ehynchonella cfr. Fraasi De Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lagonegro, pag. 310. 


1894. _ _ — De Lorenzo. Montagne mesozxoiche, pag. 63. 

1898. — _ — De Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag. 182. 

1898. _ Ariani Greco. Rossano in Calabria, pag. 104 [12], tav. VIII [I], fig. 19, 20. 
1899. — 


— ?Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 68. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 15 


114 B. GRECO [10] 


Credo che vadano riferiti a questa specie due esemplari che presentano soltanto la regione latero- 
frontale ed un altro che ha conservato la piccola valva. Essi, per i caratteri che si possono rilevare, 
corrispondono agli esemplari di Pietro Malena, discostandosene semplicemente per avere le coste un poco 
più numerose (ventidue invece di sedici). Il riferimento alla specie suddetta però è fatto con dubbio, 
specialmente per non aver potuto osservare la grande valva completa e quindi i caratteri dell’apice. 

Ritengo poi che la R%. cfr. Fraasì OrP., citata dal De Lorenzo al Monte Foraporta, sia da riferirsi 
alla specie in parola, perchè, come feci appunto rilevare ), la R%. Arianti GRECO è affine alla R%. Fraasi 
OrP., dalla quale è distinta in modo speciale per le coste semplici e per la regione apiciale meno svi- 
luppata. 

6. Rhynchonella infirma RorapL. — Tav. XIII [I], fig. 7-9. 


1886. Alrynchonella infirma RorapLerz. Vilser Alpen, pag. 149, tav. IX, fig. 14; tav. XI, fig. 6, 7, 10, 11. 


1899. _ —- Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 
DIMENSIONI 
I II 
Lunghezza . ; . 3 6 , 7 3 . mm. 15 mm. 17 
Larghezza . : . 0 6 a 2 ; 6 » 17 O 18) 
Spessore : . ; , 5 G x ; , DINO DIRO 


Riferisco alla RAynchonella infirma RorHPL. otto esemplari, dei quali cinque si presentano con una 
sola valva, e gli altri tre sono quasi interamente conservati. 

Per la forma della conchiglia, per 1’ assimmetria da essi presentata, per l'andamento della linea di 
commessura, per l’ aspetto dell’apice e per il numero, la forma e le dimensioni delle coste, essi corri- 
spondono agli esemplari del Dogger inferiore di Rothen Steines presso Vils, descritti e figurati dal 
RoTHPLETZ. 

Credo bene di avvertire poi che l'esemplare da me rappresentato a Tav. XIII [I], fig. 9 appare or- 
nato di coste solo nel terzo inferiore della conchiglia, essendo invece liscio nella parte centrale ed api- 
ciale delle valve. Tale carattere è del tutto apparente, e dovuto al fatto che questo esemplare è conser- 
vato in modello interno. Sulla impronta invece da esso lasciata nella roccia si vede benissimo che tutte 
le coste arrivano ben distinte fino alla regione apiciale. 

Come ha fatto osservare il RorHPLETZ, grandi affinità presenta questa specie colla R%. isotypus GeMmM. 
del Titonico inferiore di Sicilia ?, e può certamente quest’ultima specie essere considerata come la de- 
rivata titoniana della nostra forma oolitica. 

La Ln. infirma RorHPL. era stata trovata finora solamente nel Dogger inferiore di Rothen Steines 
presso Vils. 

7. Rbynchonella lucana n. sp. — Tav. XIII [I], fig. 10. 


DIMENSIONI 
Lunghezza : , : È 6 Ù ò ò 5 o 0 . mm. 6 
Larghezza . c È 5 ò c ò c & 2 . : o 2 MU 
Spessore . © È d - È 3 5 4 . o è 5 » 4 


) Greco. Rossano in Calabria, pag. 105 [13]. 
2) GRMMELLARO. Calcare a Terebratula Janitor, parte III, pag. 23, tav. IV, fig. 8-10; — Di STEFANO. Titonio in- 
feriore di Sicilia, pag. 5. 


[11] B. GRECO 115 


Piccola conchiglia, piuttosto rigonfia, di forma subpentagonale arrotondata. Valva brachiale poco ri- 
curva, appianata nella sua parte centrale e sprovvista di lobo; valva perforata molto più convessa, colla 
massima gibbosità nella parte inferiore, da dove repentinamente si incurva, senza formare seno verso la 
fronte. Apice non ben conservato, ma appare piuttosto alto e provvisto di margini laterali molto lunghi; 
deltidio e forame non osservabili. Valve riunite ad angolo acuto; linea di commessura diritta ai fianchi 
e inflessa tre volte nella regione frontale, ove presenta le due concavità laterali e la convessità mediana 
rivolte verso la piccola valva. Superficie. fibrosa, ornata da alcune leggere, larghe ed indistinte pieghe 
limitate al terzo inferiore della conchiglia. Di esse se ne contano sei su ciascuna valva, ma quella della 
perforata sono un poco più evidenti. 

Le strie di accrescimento si presentano ben spiccate in modo speciale ai margini della conchiglia. 

Questa specie caratteristica e ben distinta dalle altre è rappresentata nella nostra fauna da un solo 
esemplare, quello figurato. 


II. Gen Waldheimia (Kixc) Dav. 


1. Waldheimia Ippolitae Dr Srer. — Tav. XII [I], fig. 11-17. 


1884. Zeilleria Ippolitae Di Srerano. Monte S. Giuliano bei Trapani, pag. 10, tav. XV, fig. 12, 13. 

1894. Terebratula punctata (non Sow.) et var., Ter. basilica (non OrP.), Waldheimia Carapexzae (non Di 
Ster.) e I. sp. aff. numismalis De Lorenzo. Geologia dei dintorni di Lago- 
negro, pag. 310. 


1894. — - (non Sow.) et var., Ter. basilica (non OrP.) De Lorenzo. Montagne mesozoiche, 
pag. 61, 62. 
1898. — — (non Sow.) et var., Ter. basilica (non OrP.) De Lorenzo. Guida geologica di La- 


gonegro, pag. 182. 
1898. Waldheimia Ippolitae Greco. Rossano in Calabria, pag. 107 [15], tav. VIII [I], fig. 26 (cum syn.). 


1899. —_ — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 
DIMENSIONI 
I II III IV Vv VAL 
Lunghezza mm.18 mm. 19 mm. 17 mm. 16 mm. 15 mm, 15 
Larghezza » 15 DIRTI » 16 e GLI » 15 » 16 
Spessore » 8 DAO) » 8 DITA [O » 6 36 


La Waldheimia Ippolitae Di STEF. è la specie più frequente che si raccolga nei calcari neri del Monte 
Foraporta. Io ho potuto esaminarne un gran numero di esemplari e persuadermi che in questo giaci- 
mento essa si presenta molto variabile nella forma. Fra gli esemplari infatti, più o meno convessi, se 
ne hanno alcuni con contorno subpentagonale arrotondato, come quelli tipici figurati dal DI StEFANO; altri 
più ristretti lateralmente e di forma ovale attenuata alla fronte; altri ancora di forma subcircolare; ed 
altri finalmente dilatati e con linea cardinale quasi diritta. Tutte queste forme sono insieme collegate 
mediante graduali passaggi, onde io ritengo che facciano parte della medesima specie; tanto più poi che 
in tutte sono costanti i caratteri dell’apice, sottile, poco ricurvo, con margini bene spiccati, e con fo- 
rame piccolo. 


116 B. GRECO [12] 


La leggera depressione, appena visibile e formante un lieve seno al margine frontale, come fu os- 
servata dal DI SrerANno nella valva imperforata degli esemplari adulti siciliani, si ritrova anche nei nostri 
di Basilicata; alcuni individui anzi presentano evidente questa sinuosità frontale della piccola valva. 

Credo che la Zerebratula punctata (non Sow.), colle varietà Andleri (non OPP.) ed ovatissima (non 
QuensT.) e la Terebratula basilica (non OPP.), citate dal De Lorenzo al Monte Foraporta, vadano riferite 
alla specie in esame, giudicandolo dal fatto che la W. Ippolitae Di Ster., per la sua forma variabile e 
non caratteristica, ricorda certamente le due specie e le due varietà suddette. Da esse però si può subito 
distinguere per il fatto che il setto mediano evidente ed i caratteri dell’ apice stanno ad indicare che i 
nostri esemplari appartengono al genere Waldheimia e non al genere Terebratula. 

Ritengo poi che alla W. Ippolitae Di Ster. vadano anche ascritte la W. Carapezzae (non Di STEP.) 
e la W. sp. aff. numismalis Lamx., che, citate in uno dei primi lavori dal DE Lorenzo (Geologia dei 
dintorni dì Lagonegro), furono poi tolte dagli elenchi riportati nei lavori suoi successivi. È bensì vero 
che alcune forme, come quelle subcircolari, della nostra W. Ippolitae Di StEF. si avvicinano molto alla 
W. Carapezzae Di Ster. ed alla W. sp. ind. aff. W. numismalis Lam€. del Lias inferiore di Taormina ® 
e del circondario di Rossano ?; sono però da queste ultime ben distinte per la diversa conformazione 
dell’apice, come ho potuto convincermi mediante il confronto diretto cogli esemplari liasici calabresi. 

La W. Ippolitae Di Ster., oltre che negli strati del Dogger inferiore del Monte S. Giuliano presso 
Trapani, è stata citata nei depositi contemporanei di S. Vigilio e di Pietro Malena. 


Lamellibranchiata. 


I. Gen. Placunopsis Morr. et Lyc. 


1. Placunopsis jurensis Rorm. sp. 
1853. Placunopsis jurensis Morris and Lycert. II, Bivalves, pag. 6, tav. I, fig. 8 (cum syn.). 


Riferisco a questa specie della Oolite d’ Inghilterra cinque esemplari che, salvo per le dimensioni 
minori, corrispondono per la forma della conchiglia e per gli ornamenti alla Placumopsis jurensis RoEm. 


quale è descritta e figurata da MoRRIS e LycETT. 


II. Gen. Lima Bruce. 


1. Lima (Plagiostoma) semicircularis Gonne. 


1834-40. Lima semicircularis GoLpruss. Petrefacta Germaniae, parte II, pag. 83, tav. 101, fig. 6. 
1886. — _ De GregorIo. S. Vigilio, pag. 20, tav. XII, fig. 27, 31, 32. 


1898. -— (Plagiostoma) semicircularis Greco. Rossano in Calabria, pag. 107 [15] (cum syn.). 
1899. _ _ _ Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


i) Dr SrEFANO. Lias inferiore di Taormina, pag. 99, tav. IV, fig. 14; pag. 100, tav. IV, fig. 17. 
2 Greco. Lias inferiore del circ. di Rossano, pag. 106, tav. III, fig. 2; pag. 108. 


[13] B. GRECO 117 


Riferisco a questa specie cinque frammenti di valve più o meno incomplete, appartenenti ad esem- 
plari adulti e molte valve isolate di piccoli individui, quasi tutte complete, ma una sola con la conchiglia 
in buona parte conservata. 

Tutti gli esemplari corrispondono alle figure della Lima (Plagiostoma) semicireularis GoLpr., date 
dal GoLpruss e dal Vacek ed agli esemplari di S. Vigilio e di Pietro Malena. 

Il De Lorenzo non cita alcuna specie di Lima al Monte Foraporta; ne ricorda invece tre della re- 
gione Nizzullo ®, trovate negli straterelli sottilissimi di calcari marnosi giallastri, intorno alla cui età, 
liasica secondo il De LoRENZO, io nulla posso dire non avendo fossili di tale località. 

Di queste tre specie di Lima una, la L. (PI.) Choffati Di Ster. deve ricordare la L. (PI.) semicir- 
cularis GoLpr. essendo tali due specie affini fra loro. I nostri esemplari però non possono essere riferiti 
alla specie del Dr SteFANO 2), per la forma più semicircolare e per gli spazi intercostali più stretti delle 
costicine, come ho potuto convincermi confrontandoli con gli esemplari del Lias inferiore calabrese. 

La L.(PI.) semicireularis GoLpr. era stata citata in Italia finora a S. Vigilio ®, al Monte Grapa # 
ed a Pietro Malena. 


III. Gen. Hinnites DEFR. 


1. Hinnites velatus GoLpr. sp. 


1834-40. Pecten velatus Gorpruss. Petrefacta Germaniae, parte II, pag. 45, tav. 90, fig. 2. 


1886. Hinnites velatus var. ingetus De GregorIo. S. Vigilio, pag. 20, tav. 13, fig. 1-6. 

1894. Semipecten (Hinnites) cfr. velatus De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 63. 

1898. Hinnites velatus Dr Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag. 182. 

1898. — — Greco. Rossano in Calabria, pag. 109 [17], tav. VIII [I], fig. 29 (cum syn.). 
1899. — — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


L’ Hinnites velatus GoLpr. è frequente nei calcari neri del Monte Foraporta, ove è rappresentato da 
ambedue le valve isolate. Esse, sia per la forma e sia per le caratteristiche ornamentazioni, diverse nelle 
due valve, corrispondono benissimo alle figure tipiche che ne danno il Gorpruss ed il VAcEK, ed agli 
esemplari di S. Vigilio e di Pietro Malena, coi quali le ho confrontate direttamente. 

Ritengo poi che il Semipecten (Hinnites) cfr. velatus GoLpr. citato dal De LorENzo al Foraporta sia 
identico alla specie in esame e che ad essa debba decisamente essere riferito. 

L’ H. velatus GoLpr. era stato finora trovato in Italia nella zona con Leioceras opalinum di S. Vigilio, 
del Monte Grapa e di Pietro Malena. 


i) De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 60. 

2) DI STEFANO. Lias inferiore di Taormina, pag. 109, tav. IV, fig. 26, 27; — Fucixni. Molluschi e Brachiopodi, 
pag. 43; — Greco. Lias inferiore del circ. di Rossano, pag. 132. 

3) VACEK. /S. Vigilio, pag. 110 [54], tav. XIX, fig. 1,2; — GroLI. 

4 Borrto-Micca. Monte Grapa, pag. 173. 


S. Vigilio e Monte Grappa, pag. 16. 


118 


B, GRECO [14] 


IV. Gen. Pecten KLEIN. 


1. Pecten (Entolium) disciformis Scniir. — Tav. XIII [I], fig. 18. 


1830. Pecten disciformis Zieren. Wirttembergs, pag. 69, tav. 53, fig. 2. 


1834-40. 
1834-40. 
1850. 
1852. 
1856. 
1857. 
1874. 
1894. 


—  corneus Goupruss, Petrefacta Germaniae, pag. 73, tav. 98, fig. 11 (non Sow.). 
—  demissus Goupruss. L. c., pag. 74, tav. 99, fig. 2 (non Puin.). 

— disciformis D’ OrpiGny. Prodrome, 8° étage, n. 210, pag. 237. 

_ _ Crapuis et DewaALque. Luxembourg, pag. 210, tav. XXXI, fig. 2. 
—  demissus Quensrenr. Der Jura, pag. 353, tav. 48, fig. 6,7 (non Puinn.). 

—  disciformis MenEeGHINI. Paléontologie de 1 èle de Sardaigne, pag. 275. 

-- —_ DumortIER. Lias superieur, pag. 199. 

—_ -- PeritoLERo. Bajocien inférieur, pag. 96. 


Appartengono al Pecten disciformis Scnusi. due esemplari incompletamente conservati. Essi, all’in- 
fuori delle dimensioni più piccole, corrispondono nei loro caratteri agli esemplari di Sardegna, descritti 
dal MeNEGHINI ed alle figure che per questa specie danno il GoLpruss ed il QuenstEDT col nome di P. 
demissus PHILL. 

Debbo avvertire poi che anche nella Oolite inferiore di Pietro Malena si trova probabilmente la specie 
in esame, perchè nel materiale da studio colà raccolto esiste un frammento di Pecten liscio, che, a quanto 
si può osservare, presenta i caratteri del Pecten disciformis ScHùBL. Atteso però il suo incompleto stato 
di conservazione, non ne tenni conto. 

Il P. disciformis ScHUBL., citato altrove in terreni del Lias medio, del Lias superiore, e del Dogger 
inferiore, era stato finora trovato in Italia solo nella Oolite di Sardegna. 


2. Pecten (Entolium) cingulatus Pau. — Tav. XIII [I], fig. 19-21. 


1834-40. Pecten cingulatus GoLpruss. Petrefacta Germaniae, parte II, pag. 74, tav. 99, fig. 3. 


1886. 
1894. 
1898. 
1898. 


1899. 


—  leucus De Gregorio. S. Vigilio, pag. 21, tav. XIII, fig. 9. 

—  (Pseudamussium) Hehlii De Lorenzo. Montagne mesozoiche, pag. 63 (non D’ ORB.). 

- — — Dr Lorenzo. Guida geologica di Lagonegro, pag.182 (non D’ORB.). 
—  (Entolium) cingulatus Greco. Rossano in Calabria, pag. 109 [17], tav. VIII [I], fig. 30, 31 


(cum syn.). 
= —_ — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


DIMENSIONI 
I II III IV Vv VI 
Lunghezza mm. 9 mm. 10 mm. 16 mm. 17 mm. 17 mm. 21 
Larghezza DINI: » 8 » 14 » 14 » 14 » 18 


Il Pecten (Entolium) cingulatus PuILL. è fra i lamellibranchi la specie più frequente che si raccolga 
nel nostro giacimento. Gli esemplari corrispondono perfettamente a quelli raccolti a Pietro Malena, come 
mi sono potuto convincere con il confronto diretto. 


[15] B. GRECO 119 


Credo che gli esemplari riferiti dal De Lorenzo al Pecten (Pseudamussium) Hehlii v’ORB. siano iden- 
tici ai nostri e debbano perciò essere riferiti al P. (Ent.) cingulatus PHILL. 

In Italia la specie era nota a S. Vigilio, al Monte Grapa, al Monte Timilone in Sardegna” ed a 
Pietro Malena. 


3. Pecten (Chlamys) erpus De Gres. 


1886. Pecten erpus De GreGoRIO. Monte Erice, pag. 8, tav. I. fig. 11. 
1898. — (Chlamys) erpus Greco. Rossano in Calabria, pag. 110 [18], tav. VIII [I], fig. 32, 33. 
1899. — _ — (Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


Questa specie, fondata dal De GREGORIO su esemplari raccolti nel Dogger inferiore del Monte S. Giu- 
liano (Erice) e trovata poi negli strati contemporanei di Pietro Malena, non è rara al Monte Foraporta. 
Gli esemplari, in stato di conservazione non soddisfacente, corrispondono alla figura tipica data dal Dr 
GreGorIO ed agli esemplari di Pietro Malena. 


V. Gen. Modiola Lanxk. 


1. Modiola gibbosa Sow. 


1821. Modiola gibbosa Sowerey. Mineral Conchology, vol. III, pag. 19, tav. 211, fig. 2. 
1895. _ — Parona. Palaeontographia italica, vol. I, pag. 27 [27] (cum syn.). 
1899. _ — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


Riferisco a questa specie cinque esemplari, rappresentati da valve destre e sinistre in diverso stadio 
di sviluppo. Essi corrispondono a quell’esemplare del Giura bruno dei dintorni di Balin descritto e fi- 
gurato dal LauBE ?). 

Il De Lorenzo non ha trovato al Monte Foraporta alcuna Modidla; cita invece la Modiola Gemmel- 
laroù Dr Ster. della Regione Nizzullo, intorno alla cui età, liasica secondo il De LoRENZzo, nulla posso 
dire, come feci precedentemente osservare. 

I nostri esemplari differiscono dalla M. Gemmellaroi Di StEF. ? per la carena mediana resa più evi- 
dente da una sinuosità anteriore la quale comincia dall’apice poco pronunciata ed arriva ben spiccata 
fino al margine, e per le strie di accrescimento regolari e non a zig-zag e seghettate nei due terzi in- 
feriori della conchiglia, come in quella specie. 

La M. gibbosa Sow., citata in località extralpine in terreni oolitici e calloviani, è stata trovata in 
Italia negli strati con Posidonomya alpina del Monte Longara e del Monte Meleta nei Sette Comuni. 


i) Fucini. Oolite di Sardegna, pag. 122. 
2 LAuBE. Bivalven von Balin, pag. 29, tav. II, fig. 4. 
3 DI STEFANO. Lias inferiore di Taormina, pag. 120, tav. IV, fig. 22-25. 


120 B. GRECO [16] 


VI. Gen. Trigonia Bruce. 


1. Trigonia De Lorenzoi n. sp. — Tav. XIII [I], fig. 22. 


1899. Trigonia aff. costata Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


DIMENSIONI 
I II III 
Lunghezza . 0 0 c . mm. 17 mm. 14 mm. ll 
Larghezza c . ò : o » 15 i Il » 9 


Piccola Trigoria, rappresentata da una conchiglia convessa, più lunga che larga, subtrigona, con re- 
gione cardinale ristretta e con apici sporgenti, subterminali. Valve provviste nella parte posteriore di 
una carena acuta, che partendo dagli apici arriva all’angolo del margine inferiore, dividendo la conchiglia 
in due parti ineguali e diversamente ornate. L’anteriore, molto più sviluppata, è arrotondata e provvista 
di coste concentriche, acute, ben rilevate, il doppio più strette degli intervalli, le quali partendo dal mar- 
gine anteriore, giungono leggermente arcuate fino alla carena, ove si arrestano; la posteriore, più breve, 
obliquamente troncata, presentando due angolosità, una in corrispondenza del margine inferiore, un’altra 
all'altezza della linea cardinale, è ornata, oltre che della carena principale, di due altre carene secon- 
darie e di costoline radiali, che seguono l’ andamento di esse. Il margine ventrale è arrotondato. Le linee 
di accrescimento, per lo stato di conservazione degli esemplari non molto soddisfacente, non sono visibili. 

La specie ora descritta appartiene al gruppo della Trigoria costata Lam. e presenta analogie con 
tale specie tipica ”, molto sviluppata nella Oolite inferiore, ed anche con la Tr. praecostata Branco del 
Dogger inferiore della Lorena ®, con la 7. pullus Sow. della Grande Oolite d’ Inghilterra 3 e con la 
Tr. tenvicosta Lyc.® della Oolite inferiore pure d’ Inghilterra. Da esse però la nostra specie è ben di- 
stinta in modo speciale per le dimensioni costantemente minori e per la forma della conchiglia più slanciata. 

Le Trigonie costate, il cui massimo sviluppo avvenne nel Dogger e nel Malm, hanno i loro più an- 
tichi rappresentanti nei terreni del Lias superiore: 7. costellata Ac. e Tr. similis AG.9 

La 7. De Lorenzoì n. sp. è rappresentata nel mio materiale da ventidue esemplari di ambedue le 
valve isolate, in stato di conservazione piuttosto deficiente. 


Gastropoda. 


I. Gen. Trochus L. 


1. Trochus Vinassai? Greco. 


1898. Trochus Vinassai Greco. Rossano in Calabria, pag. 121 [29], tav. IX [II], fig. 14. 
1899. — — ? Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


i) LycetT. Fossil Trigoniae, 1875, pag. 147; 1877, tav. 29, fig. 5-8. 

) Branco. Untere Dogger Deutsch-Lothringens, pag. 119, tav. VIII, fig. 4. 
3) LycetT. Fossil Trigoniae, 1877, pag. 164, tav. XXXIV, fig. 7-9. 

4 LycETT. L.c., 1877, pag. 160, tav. XXXIII, fig. 7-9. 

5) AGASSIZ. Trigonies, pag. 50. 


[17] B. GRECO 121 


Riferisco a questa specie un esemplare incompleto, che, per la forma della conchiglia, per l'angolo 
apiciale, per la presenza dell’ombelico, per l'andamento della spira, per la forma dei giri e per la loro 
disposizione embriciata, corrisponde al Trochus Vinassai Greco di Pietro Malena. Il riferimento però è 
stato fatto con un poco di dubbio perchè, essendo la superficie della conchiglia quasi del tutto asportata, 
non si possono osservare i delicati ornamenti caratteristici della specie. 

Il tipico Tr. Vinassai GRECO è stato finora trovato solamente a Pietro Malena. 


II. Gen. Nerita L. 


1. Nerita pygmaea Greco. 


1898. Nerita pygmaea Greco. Rossano in Calabria, pag. 123 [31], tav. IX [II], fig. 17. 
1899. — — Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


Appartiene alla Nerita pygmaea GRECO un solo esemplare che, per quanto sia leggermente deformato, 
corrisponde agli esemplari tipici di Pietro Malena, sia” per le dimensioni piccolissime, per la forma glo- 
bosa, per la spira bassissima, per l'apertura semilunare e sia per la superficie provvista solo di strie 
di accrescimento. 

Come già dissi nella descrizione della N. pygmaea GRECO, considero il genere Nerita nei limiti dati 
ad esso dal D’OrBIGNY ! e dal Cossmanwn ?), in modo cioè da comprendervi anche il genere Neritina. Il 
Cossmann osserva infatti che se è difficile separare questi due generi nel terziario, lo è molto di più nei 
terreni giurassici. 

Anche questa specie era finora esclusiva dei calcari carnicini di Pietro Malena. 


III. Gen. Neritopsis Gram. 


1. Neritopsis Maleniana? Greco. 


1898. Neritopsis Maleniana Greco. Rossano in Calabria, pag. 125 [33], tav. IX [II], fig. 21. 
1899. — — ? Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


L’ultimo giro rigonfio di un gasteropodo presenta gli ornamenti della Neritopsis Maleniana GrECo. 
Si vedono su di esso circa sei coste spirali ben distinte e strette, tra le quali si trovano interposte una 
o due costoline secondarie, e poche pieghe trasversali rilevate ed allontanate fra loro. Non potendo però 
osservare bene la forma dell'apertura, nè l'andamento della spira è opportuno di fare con dubbio la 
determinazione. 

La N. Maleniana GrEco tipica è finora peculiare del giacimento fossilifero di Pietro Malena. 


4) D’OrBIGNY. Gastropodes, pag. 229. 
2) CossMann. Bathonien en France, pag. 151. 


122 B. GRECO [18] 


IV. Gen Onustus Gray. 


1. Onustus supraliasinus Vac. 


1886. Onustus ‘supraliasinus Vacer. S. Vigilio, pag. 52 [108], tav. XVIII, fig. 14-16. 


1886. —  glincus De Gregorio. S. Vigilio, pag. 18, tav. 11, fig. 28-30. 
1898. —  supraliasinus Greco. Rossano in Calabria, pag. 126 [34], tav. IX [II], fig. 23 (cum syn.). 
1899. _ _ Greco. Dogger inferiore al Monte Foraporta, pag. 69. 


L’Onustus supraliasinus Vac. è rappresentato al Monte Foraporta da un frammento dell’ultimo giro. 
Esso per la forma, per gli ornamenti e per l'aspetto dell’ombelico è identico alla parte corrispondente 
della tanto caratteristica specie di VACEK, cosicchè credo certo il suo riferimento. 

Essa in Italia era stata trovata finora a S. Vigilio, al Monte Grapa ed a Pietro Malena. 


Cephalopoda. 


Questa classe di animali è pur troppo rappresentata assai scarsamente nel nostro materiale di studio. 
Ho potuto osservare soltanto due piccolissime Ammoniti le quali, appunto perciò, non permettono neanche 
una sicura determinazione generica. Tutte e due presentano la parte esterna carenata, ma, per la forma 
e l’andamento delle coste, ricordano molto più gli Harpoceras che non gli Arietites. Possiamo aggiun- 
gere poi che una di esse sembra corrispondere ad una forma di Harpoceras s. l. di Pietro Malena, della 
quale, per il cattivo stato di conservazione, non tenni parola. 

Credo poi che l’Arietites sp. ind., del Monte Foraporta citato dal De LoRENZO corrisponda generica- 
mente alle nostre suddette piccole Ammoniti della stessa località. 


[19] B. GRECO 123 


INDICE DELLE SPECIE DESCRITTE 


Echinodermata . . . . RR EA AO Nan Sr mao LIAN] 
Brachiopoda . . VA A DO IO e o e e Ara] 
I. Gen. Rhynchonella FikcHnE . o - . - * o o o ILL [17] 

1. Ehynchonella Wéihneri Di STEP. — (Tav. XIII [I], fig. 1, 2). . 0 - . : SAM LL [10] 

» » Di STEF. var. applanata n. — (Tav. XIII [I], fig. 3) c ò INI 2 [8] 

2. » Ximenesi Di Star. — (Tav. XIII [I], fig. 4) . . o Ò . . » 112. [8] 

3. » Galatensis Di Ster. — (Tav. XIII [I], fig. 5) . 5 ” . , , 2:13 [9] 

» » Di STEF. var. depressa n. — (Tav. XIII [I], fig. 6) . c . LIS E(9] 

4. » Maleniana GRECO . 5 0 . 5 È . 6 . 5 ) ) IS. N 

5. » Ariani? GRECO. è 6 : c È o È . o i IIS. O 

6. » infirma RorHPL. — (Tav. XIII [I [I]; fig. 7-9) . c . 6 - b » 114 [10] 

T. » lucana n. sp. — (Tav. XIII [I], fig. 10) . - 6 . 0 . . » 114 [10] 

II. Gen. Waldheimia (KinG) Dav. 5 - 6 3 ° " . ò . I 6. bol 
1. Waldheimia Ippolitae Dr STEP. — (Tav. XIII (I ] fig. 11-17). o . c 7 c Di able pol] 
Lamellibranchiata . 1 ; £ 3 ; i ; È : 3 È 7 ; » 116 [19] 
I. Gen. Placunopsis MoRR. et niro! c 7 - 5 o . o 5 , = 6 » 116 [12] 
1. Placunopsis jurensis ROPM. sp. . ; 7 ; È ; , > : . ; » 116 [12] 

II. Gen. Lima Bruca. . 5 È s 7 5 . . È 5 7 » 116 [12] 
1. Lima (Plagiostoma) acraiana GOLDF. . c c 6 7 c 7 5 . » 116 [12] 

III. Gen. Hinnites DEerR. 7 ; - 5 6 3 3 5 i È | . 3 » 117 [13] 
1. Hinnites velatus GoLDP. c c o - s 5 c o - , - - » 117 [13] 

IV. Gen. Pecten KLEIN . - o _ . - , , c 5 » 118 [14] 
1. Pecten (Entolium) discifor ‘mis etna — (Tav. XIII [I], fig. 18) . . ; © . » 118 [14] 

2. » » cingulatus Parc. — (Tav. XIII [I], fig.19-21) . o 5 7 . » 118 [14] 

3. »  (Chiamys) erpus De GREG. ; . o È o È , ; È È PARGGLTONI [15] 

V. Gen. Modiola LAmxK. o . ° . È 7 7 5 : 7 - . . » 119 [15] 
1. Modiola gibbosa Sow. . . 5 ° . è : È 6 ; . È 2 » 119 [15] 

VI. Gen. Trigonia BruG. 5 ” 5 3 " È - 6 5 » 120 [16] 
1. Trigonia De Lorenzoi n. sp. — (Tav. XIII (I I fio. 22) . 7 5 - 5 - 7 » 120 [16] 
Gastropoda 3 3 È ; : : : ; } - P : 5 7 2 » 120 [16] 
I. Gen. Trochus tà Ò . 6 o . , b 5 . 5 È , 7 . » 120 [16] 

1. Trochus Vinassai? GRECO . È È È - 5 : 7 5 2 . : » 120 [16] 

II. E Nerita L. : 5 ; » È , 7 - 7 ° ; 7 i » 121 [17] 
1. Nerita pygmaea Greco, c . o ° . c - 7 : 5 - o 2 1L2I[1T] 

III. Gen. Neritopsis Grar. . 5 : O È c 3 5 0 È 3 - » 121 [17] 
1. Neritopsis Maleniana? Go 7 * c o , * 5 2 6 . 5 » 121 [17] 

IV. Gen. Onustus Gray . . È , 7 5 5 ; - ; 5 È E , » 122 [18] 
1. Onustus supraliasinus VAc. , 7 : 6 . - . , . , 0 » 122 [18] 
Cephalopoda . È . ; $ È - ; ; , È . ; i; : \ » 122 [18] 


MICHELE ABBADO 


CONTRIBUTO ALLA FLORA CARBONIFERA DELLA CINA 


(Tav. XIV-XVIII [I-V] e Fig. A, B interc.) 


Le cognizioni sulla flora fossile della Cina, finora molto incomplete, hanno ricevuto testè nuovo in- 
cremento grazie all'opera dei missionari italiani, e specialmente di monsignor FocoLra che raccolse nel 
Chansi settentrionale, dipartimento di To-jouan-fu, una ricca collezione di piante, la quale, dopo aver 
figurato in Torino all'Esposizione delle Missioni nel 1898, fu acquistata dal R. Museo geologico. 

La geologia del Chansi è trattata nella grandiosa opera China del RicatHOFEN * ; i pochi fossili vege- 
tali da lui quivi raccolti furono studiati da ScHENK e illustrati nel 4° volume dell’opera citata. Essi appar- 
tengono al dipartimento di Tsing-pu-shan, e rappresentano: Radici di Calamites Sucx., Annulariae BR., Sphe- 
nopteris Br., Dalacopteris ScaIme., Callipteridium WrIss, e Cordaites Une. La flora carbonifera del di- 
partimento di To-jouan-fu non era ancora esplorata; la collezione quivi raccolta, oltre ad alcune piante 
già trovate in altri dipartimenti e provincie della Cina, comprende pure felci con caratteri non mai os- 
servati, e, quel ch'è più, ci presenta per la prima volta tronchi di Lepidodendreae e Sigillariae, che, ad 
eccezione del Lepidophloios laricinus, hanno forme nuove. 

Le rocce che contengono questi fossili sono filladi nere, fragili, simili a quelle raccolte negli altri 
siti e studiate da ScHENK. Queste filladi sono ricchissime di fossili e contengono una straordinaria quan- 
tità di frammentini indeterminabili. 

Spero di fare cosa utile, portando a conoscenza degli studiosi questa preziosa collezione. Nel licen- 
ziare alle stampe la presente memoria sento il dovere di esprimere la mia viva riconoscenza al diret- 
tore del R. Museo geologico di Torino, il chiarissimo prof. C. F. ParoNA, il quale mi fu largo di consiglio, 
e mise a mia disposizione il materiale scientifico del Museo stesso. 


Filices. 


Gen. Sphenopteris BRoxGNIART. 


1. Sphenopteris tenuis Screnx. — Tav. XIV [I], fig. 1u-e. 
1893. Sphenopteris tenvis Scnenx. Pflanzen aus der Steinkohlenformation, pag. 226, tav. XXX, fig. 2, 3. 
(Ricarmoren. China, Bd. 4). 


Questa forma fu già trovata da ScHenk tra i fossili del Tshing-Pu-Shan, nel Sud-Est del Chansi. 
Il campione nostro rappresenta una pinna primaria di foglia. Questa pinna, a differenza di quelle del- 


i) Berlino, ed. DIETRICH REIMER, 1883. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 16 


126 M. ABBADO [2] 


l'esemplare di ScHENK che sono allungato-lanceolate, si presenta con contorno ovale-lanceolato e più corta. 
Tuttavia le pinnule hanno gli stessi caratteri che quelle di ScHENK, e così pure le nervature, notevoli 
per la dicotomia dei nervuli di cui il ramo esterno va all’apice della lacinia, e l’interno al vertice del- 
l’insenatura. 

I contorni delle pinnule sono nel nostro esemplare in gran parte confusi; le nervature principali 
sono invece distintissime e lucide, d’aspetto consistente; così pure sono quasi sempre visibili ad occhio 
nudo i nervuli primarii; le loro biforcazioni e i mervuli secondarii non sono visibili che colla lente, e in 
alcune pinnule anche difficilmente con questo mezzo. 


2. Sphenopteris orientalis n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 2. 


Frons tripinnata, rachi alato; pinnae primariae obliquae, triangulares; secundariae obliquae, ovato-oblongae, 
lanceolatae, rachibus rectis, marginatis; pinnulae obliquae, parvae, ovatae, superiores dentatae, nervis pinnatis, in- 
feriores 3-4 lobatae, lobis minutis, 2-8 dentatis, nervis bipinnatis. 


Questa forma presenta una stretta marginatura alla rachide primaria, la quale aumenta nelle rachidi 
secondarie e terziarie. Nell’esemplare la pinna primaria inferiore è staccata dalla rachide, ma pare da 
questa dipendente; essa non è conservata che per una metà, e, oltre la mancanza della cima, ha 
perdute le punte delle pinne secondarie. Tuttavia un attento esame comparativo fa intravedere in esse 
una lenta decrescenza la quale doveva dare alla pinna un contorno triangolare. Le pinne secondarie hanno 
contorno talora ovale, talora più stretto e bislungo, ma sempre lanceolato. Le pinnule, decorrenti e mar- 
ginanti la costa, sono ovali e più o meno acute, con tendenza a dividersi in lobi; quelle minori sono solo 
dentate. Anche i lobi portano dei denti. Le nervature sono, a seconda della grossezza delle pinnule, pin- 
nate o bipinnate con nervuli in gran parte difficilmente percettibili, i quali escono regolarmente ad an- 
golo acuto dal nervo mediano, ed hanno un andamento quasi parallelo. 

Questa forma ha qualche punto di contatto colla Sphenopteris Gravenhorstii Bronen. (Hist. d. Vég. 
Foss. pag. 191, tav. LV, fig. 3), da cui si distingue però per le pinne primarie ascendenti, mentre in 
questa sono deflesse, per le pinne secondarie più larghe ed ovate, per le pinnule a contorno più rego- 
lare, ed infine per le rachidi tutte più o meno largamente alate. 

Nel nostro esemplare si può osservare chiaramente il fatto notato dal BRoneNIART a proposito di 
Sph. Gravenhorstiù Bronen., che in generale nelle pinne delle felci paleozoiche la pinnula maggiore, cioè 
la prima, si trova sempre dalla parte inferiore, ossia interna, della pinna stessa. Qui difatti, essendo le 
pinne primarie volte a sinistra, la prima pinnula di ogni pinna secondaria nasce dalla parte destra di 
questa, cioè si estende verso l’interno della foglia. 


3. Sphenopteris regularis n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 3. 


Frons bipinnata (an tripinnata?); pinnae obliquae, elongato-lanceolatae, breviter decurrentes, rachibus rectis; 
pinnulae ovato-lanceolatae, basi connatae et rachim late marginantes; inferiores distinetiores, 3-5 lobatae, supe- 
riores saepe vix distinetae, integrae, vel 2-3 dentatae; nervi inferius bipinnati, superius tantum pinnati, saepe in- 
distineti . 


Probabilmente il fossile rappresenta una pinna primaria di una foglia la quale, giudicando dalla spor- 
genza delle coste e dall’aspetto generale, si presenta colla pagina dorsale. Questa pinna ha rachide di- 
ritta, senza marginatura apparente; pinne secondarie oblique, con rachide retta e contorno bislungo lan- 


[BI M. ABBADO 127 


ceolato, decorrenti per un tratto sulla rachide primaria e decrescenti. Può darsi che la marginatura pro- 
dotta da queste pinne continui verso la parte anteriore della foglia, e che quindi, affondandosi nel ter- 
reno, si renda invisibile. 6 

Benchè siano nascoste o manchino quasi tutte le punte delle pinne secondarie, tuttavia si può in- 
travedere il contorno triangolare della pinna primaria. Le pinnule, accostate e saldate più o meno fra 
loro, assumono quasi l’aspetto di grandi lobi, e in qualche pinna costituiscono come un vero lembo at- 
torno alla costa mediana. Però le inferiori sono ben distinte e si dividono a loro volta in tre o cinque 
lobi; nelle superiori, quando esistono incisioni, i lobi hanno appena l’aspetto di denti. Nelle pinnule poco 
distinte questi denti non possono naturalmente presentarsi che dalla parte esterna libera. Le nervature 
sono tenuissime e spesso invisibili; nelle pinnule inferiori sono bipinnate, nelle superiori pinnate. 

Questo fossile ha molti punti di contatto col precedente, e, siccome giace sullo stesso  scisto, facil- 
mente si potrebbe ritenere che ambedue appartenessero ad una stessa pianta. Ma un attento esame mette 
in rilievo varie differenze che le separano in due specie distinte. Difatti la rachide primaria (almeno per 
quanto si può vedere) non è alata integralmente; le pinne secondarie sono più strette ed allungate; le 
pinnule più appressate. Il fatto poi ch’esse sono per lungo tratto concrescenti le distingue da quelle di 
Sph. orientalis, sempre distanti fra loro e ristrette e cuneate alla base. Altro carattere differenziale è 
questo, che mentre in quest’ultima specie i lobi accennano con delle dentature ad una nuova suddivi- 
sione, nella specie in questione invece i lobi presentano in generale maggiore integrità e regolarità nel 
margine ovato-lanceolato. 


4. Sphenopteris alata Srerxe. — Tav. XIV [I], fig. 4 a, d. 


1828. Pecopteris alata BronenIarRT. Histoire des Végéitaux fossiles, pag. 361, tav. CXXVII. 
1869. Sphenopteris alata Scaneer. Traité de Paltontologie végétale, tom. 1°, pag. 411. 


Di questa specie non rimangono che poche pinnule con dei frammenti di rachidi primarie e secon- 
darie, probabilmente appartenenti alla parte superiore d’una foglia. Le pinnule sono contratte alla base, 
hanno nervatura media flessuosa caratteristica e lobi quasi sempre dentati. Le nervature primarie e se- 
condarie dei lobi sono chiaramente visibili colla lente. 


5. Sphenopteris latifolia Bronew. — Tav. XIV [I], fig. 5. 


1828. Sphenopteris latifolia Bronen. Op. cit., pag. 205, tav. LVII, fig. 1-5. 
1869. — — Scar. Op. cit., tom. I, pag. 399. 
1883. _ —  RexmauLr. Cous de Botanique fossile, 3.®° année, pag. 191. 


L’impronta è assai confusa, sia perchè il contorno delle pinnule è quasi tutto corroso, sia perchè 
la roccia nera e lucente impedisce la netta distinzione del fossile. Tuttavia è chiaramente visibile 1’ an- 
damento delle rachidi, e si può riconoscere abbastanza la forma generale delle pinnule. 

Il nostro esemplare corrisponde alla fig. 4, tav. LVII, dell’opera citata del BroneNIART, nella quale le 
pinnule raggiungono il massimo sviluppo, presentando molti lobi, i quali alla loro volta sono più o meno 
incisi nel loro contorno. La pinna inferiore destra, nascente ad angolo acuto, è subito deflessa, il che 
però non ci impedisce di riferire questa forma alla specie detta, essendo le altre pinne ascendenti, ed 
apparendo la prima come forzata da un’azione meccanica, come è dimostrato dal suo ulteriore decorso 
rettilineo. 


128 M. ABBADO [4] 


6. Sphenopteris artemisiaefolia Stern. — Tav. XIV [I], fig. 6,7. 


1828. Sphenopteris artemisiaefolia Bronen. Op. cit., pag. 176, tav. XLVI, XLVII, fig. 1,2. 
1869. Eremopteris artemisiaefolia Scan. Op. cit., tom. 1°, pag. 416, tav. XXX, fig. 4. 
1883. Sphenopteris artemisiaefolia RenauLT. Op. cit., 3.%° année, pag. 211. 


Le impronte che paiono potersi riferire a questa specie sono parecchie. Però solo tre di esse pos- 
sono essere determinate ‘con sufficiente sicurezza, e anche queste non rappresentano che estremità di 
foglie e di pinne le quali in un esemplare sono in gran numero e addossate le une alle altre. Esse si 
accostano alle figure della tavola XLVII dell’opera citata del BRoNGNIART, e, appartenendo alla parte su- 
periore delle foglie, sono caratterizzate dall’incisione poco profonda delle pinne e dalla piccolezza delle 
pinnule ridotte all'aspetto di lobi e raramente incise. 

Il frammento rappresentato dalla fig. 7 (Tav. XIV [I]), è probabilmente l'estremità d’una fronda; ha 
costa plurinervia, dilatata, tre o quattro pinne con pinnule minute, bislunghe, quasi acute, talora dentiformi; 
aspetto coriaceo. I caratteri anzidetti e l'aspetto complessivo del fossile lo fanno ascrivere con bastante 
sicurezza alla specie detta, benchè sia molto incompleto. 


7. Sphenopteris deflexa n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 8. 


Frons tripinnata, rachi primario lato, complanato, submarginato; pinnae primariae obliquae, rachi late alato; 
pinnae secundariae sexiles, distantes, deflewae, elongato-lineares; pinnulae inferius dense confertae, superius distan- 
tiores, obliquae, decurrentes et rachim marginantes, parvae, ovatae vel elongatae, acute lanceolatae, margine supe- 
riore 1-2 inciso-lobato, inferiore plerumque integro, basales paulo minores; nervi bipinnati; nervuli tenviores vali- 
dioribus intermiati. 


Benchè di questa forma non rimanga che un piccolo frammento di fronda, tuttavia vi si possono 
distinguere alcuni caratteri sufficienti a differenziarla dalle altre specie. 

La rachide primaria allargata e depressa ha aspetto rigido, legnoso, ed è strettamente marginata; 
le rachidi secondarie sono invece largamente alate. Le pinne secondarie stanno alquanto distanti fra loro 
e sono notevoli pel portamento della loro costa che, nata ad angolo acuto, si rivolge subito in basso, 
continuando poi il percorso in linea retta. Le pinnule sono disposte assai obliquamente, e, raramente 
ovali, dimostrano di solito, specialmente le superiori, una grande tendenza ad assumere una forma allun- 
gata ed acuminata. Altro carattere notevole è quello di essere incise quasi tutte solamente nel margine 
prospiciente la rachide; solo quelle più ovate hanno anche il margine esterno inciso e assumono quindi 
un aspetto simmetrico. Le pinnule sono inoltre decorrenti, saldate alla costa per tutta la base e con- 
nate fra loro, e talora un po’ ristrette superiormente. Le nervature sono bipinnate e presentano in ogni 
pinnula due sorta di nervuli primarii e secondarii; gli uni, meno numerosi, sono più forti e facilmente 
visibili; gli altri, ad essi indifferentemente frammisti, sono assai più deboli, nè si possono vedere che 
colla lente e con una certa inclinazione alla luce. Questi nervuli più deboli non dimostrano differenza 
d’origine dai più forti e si diramano regolarmente, costituendo con questi un unico sistema con dispo- 
sizione quasi parallela. 


8. Sphenopteris sp. a. — Tav. XIV [I], fig. 9. 
Pinna oblongo-lanceolata, pinnatifida; pinnulae obliquae, ovatae, basi cuneatae, longe decurrentes et rachim 


marginantes ; inferiores 3-4 lobatae, superiores subintegrae; lobi ovati obtusi, inferiores dentati; nervi pinnularum 
bipinnati vel tantum pinnati. 


[5] i M. ABBADO 129 


Questo frammento che rappresenta forse una pinna secondaria d’una foglia, è assai incompleto e 
non si può ascrivere con sicurezza a nessuna specie. Mancano la base e la punta della pinna la quale 
ha un contorno allungato lanceolato. Le pinnule sono disposte molto obliquamente, ovate e cuneate alla 
base, lungamente decorrenti, il che però non toglie che esse siano aderenti l’una all’ altra, giacchè l’in- 
senatura inferiore che ogni pinnula presenta restringendosi alla base, è occupata dalla parte espansa 
della pinnula sottostante. Le pinnule inferiori, più grandi e distinte delle superiori, sono 3-4 lobate; le 
superiori dentate e quasi intere; i lobi ovati e*ottusi sono a loro volta dentati. I nervi sono bipinnati 
e pinnati a seconda della grandezza delle pinnule. 

Questo fossile ha molta somiglianza con le pinnule inferiori e profondamente lobate di Sp. lati- 
folia BroneN. (op. cit., tav. LVII, fig. 4), ma ne differisce per la forma alquanto più stretta ed allungata, 
come anche per la disposizione più regolare delle pinnule e per il loro contatto nonostante la lunga 
decorrenza sulla rachide. 


9. Sphenopteris sp. b. — Tav. XIV [I], fig. 10-12. 


Frons bipinnata (an tripinnata?), rachi primario lato, complanato, striato; pinnae distantes, rigidae, ovatae; 
pinnulaue ovatae, acutae, plus minus distantes et decurrentes; pagina superior nervatione bipinnata profunde sulcata. 


Non senza qualche dubbio riunisco in un solo gruppo tre campioni il cui stato di conservazione non 
ne permette una giusta e sicura determinazione. Il principale carattere comune è la solcatura profonda 
lasciata sulla pagina superiore delle pinne dai nervi; carattere che forse serve a indicarci nella forma 
in questione una specie nuova. Il frammento maggiore (fig. 11, Tav. XIV [I]) rappresenta forse una pinna 
primaria ed è a contatto con una rachide grande, indipendente, che forse rappresenta la rachide primaria 
della fronda. La rachide della pinna è schiacciata e striata longitudinalmente da pochi fasci vascolari; le pinne 
secondarie sono distanti, brevi, rigide, a contorno ovale; le pinnule ovato-acute distano alquanto fra loro e, 
decorrendo, fanno una larga marginatura alla rachide. Questi ultimi caratteri sono difficilmente ricono- 
scibili e rimangono perciò alquanto dubbi. La nervatura è forte, bipennata ed immersa nel parenchima 
in modo da lasciare una diramazione di solchi sulla pagina superiore della foglia; di questi solchi il 
maggiore è quello che taglia per metà, in linea retta, ciascuna pinna. Questa solcatura ricorda alla lon- 
tana quella delle A/ethopterideae (si veda ZirteL-ScHmmper. Traité de Paltontologie, 2.®® partie). 

Gli altri due esemplari sono anche più male conservati e rappresentano frammenti di pinne, con con- 
torni quasi totalmente irriconoscibili, cosicchè l’unico loro carattere evidente è quello della presenza di 
solchi in corrispondenza colle nervature. 


10. Sphenopteris sp. e. — Tav. XIV [I], fig. 13. 


Pinna rachi subflexuoso, marginato; pinnulae minutae, obliquae, elongato-lanceolatae, 5 dentatae; nervatio 
pinnata, nervulis tenuibus, obliquis, subparallelis. 


Il frammento appartiene forse ad una pinna di forma lineare. È evidente l'andamento flessuoso della 
costa. Le pinnule, di cui due sole sono conservate per intero, sono disposte obliquamente, fisse per tutta 
la base e decorrenti; presentano cinque denti. I nervuli appena notati, uscenti ad angolo acuto dal nervo 
mediano, mantengono una disposizione quasi parallela. 


130 M. ABBADO [6] 


11. Sphenopteris sp. d. — Tav. XIV [I], fig. 14. 


Frons (pinma 2) rachi primario submarginato; pinnula obliqua, profunde lobata, rachi marginato; lobi 4 (2) 
tota basi adnati, decurrentes, ovato-rotundati, tenwissime crenulato-lobulati, nervatione bipinnata, tenui. 


Questo frammento non presenta che un piccolo tratto di rachide primaria e una porzione di pinnula 
con rachide flessuosa, marginata. Dei lobi uno solo è ben conservato; gli altri, che forse sono in numero 
di tre, sono più o meno rotti. L'unico i cui caratteri possano essere studiati è aderente alla rachide per 
tutta la base, decorrente, ovato-arrotondato e debolmente crenulato, con accenno a lobi secondari. La 
nervatura è tenue e bipinnata, con diramazioni secondarie appena visibili colla lente. 


12. Sphenopteris sp. e. — Tav. XIV [I], fig. 15. 


Rachis rectus; pinnulae obliquae, basi cuncatae, clongatae et acute lanceolatae, parum decurrentes, acute in- 
ciso-dentatae, nervatione bipinnata. 


Questo frammento ha un aspetto generale rigido, simmetrico, tutto particolare che lo distingue da 
tutte le altre specie di Sphenopteris. Ciò è dovuto specialmente al portamento della rachide rettissima 
e robusta da cui nascono ad angolo acuto delle pinnule strette e lunghe, d’aspetto rigido, lanceolate ed 
acutissime, cuneate alla base dove sono ridotte quasi al solo picciuolo, e alquanto decorrenti. Il margine 
di queste pinnule a primo aspetto appare integro; ingrandito colla lente presenta delle incisioni rego- 
lari più o meno profonde con denti acuti che, minutissimi nella parte superiore, assumono inferiormente 
l’aspetto di lobi. La nervatura, visibile ad occhio nudo, è bipinnata. 


Gen. Pecopteris BRoNGNIART. 


1. Pecopteris recta n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 160,0. 


Folia tripinnatifida (?); pinnae primariae elongatae, leniter decrescentes, rachi recto; pinnae secundariae obli- 
quae, oblongo-lineares, rachim primarium marginantes; pinnulae triangulares acutae vel obtusae, obliquae, decur- 
rentes ct basi connatae, nervo medio ad apicem producto vel furcato, pinnato, nervulis paucis, integris vel furcatis, 
parerchymate crasso immersis. 


Le foglie di questa forma sono probabilmente tripinnatifide, e i frammenti confusi e addossati che 
si trovano nel campione rappresentano forse delle pinne primarie. Queste pinne sono incomplete e man- 
cano di punta; però pare che esse abbiano una lunghezza considerevole e forma bislunga, giacchè le 
pinne secondarie appaiono decrescere lentamente. La rachide è retta ed alata. Le pinne secondarie sono 
oblique, bislungo-lineari, distanti, fisse per tutta la base e largamente decorrenti. Le pinnule sono oblique, 
fisse per tutta la base, decorrenti e connate; hanno contorno triangolare con vertice più o meno arro- 
tondato. Nei piccoli frammenti staccati che si osservano alla sinistra del campione le pinnule sono talora 
acutissime. Il nervo mediano è sempre distinto ed ha un andamento flessuoso; di rado esso giunge fino 
alla sommità della pinnula, giacchè spesso si biforca. I nervuli laterali, in numero di 2-3 per ogni pin- 
nula, sono appena visibili e talora si biforcano. La fronda ha in complesso un aspetto coriaceo. 

Questa forma si avvicina a parecchie specie caratterizzate dalle pinnule piccole, triangolari, e spe- 
cialmente a Pecopteris plumosa Bronen. (op. cit., tav. CXXII, fig. 1), da cui differisce però perchè in que- 
st’ultima manca la marginatura della rachide primaria, e le pinnule sono più vicine e non decorrenti. 


[7] M. ABBADO 131 


Maggiori differenze esistono poi tra il nostro fossile e le altre figure della Pec. plumosa contenute nella 
stessa tavola CXXII, le quali hanno le pinnule molto più strette ed allungate, e non concordano affatto colla 
nostra forma. Dalle altre specie poi, affini a quella anzidetta, si distingue specialmente per la rachide 
primaria retta e per l’angolo acuto che fanno con essa le pinne primarie, come pure per l’aspetto 
generale assai regolare dell’intera fronda. 


Gen. Taeniopteris BRONGNIART. 


1. Taeniopteris multinervis WerIss. — Tav. XIV [I], fig. 17, 18. 


1869. Taeniopteris multinervis Scam. Op. cit., tom. I, pag. 600. 


1883. _ — RenAULT. Op. cit., 3." année, pag. 89. 
1891. — — Zinrer-Scame. Traité de Paltontologie, 2.»° partie (Paltophytologie), pag. 128. 


Di questa specie esistono due esemplari. Nel primo (Tav. XIV [I], fig. 17) sono bene conservati una 
porzione della nervatura mediana e il lato sinistro del lembo il quale si mantiene invariabilmente largo 17 
mm. La larghezza della foglia intera sarebbe quindi alquanto minore di 4 cm. misurati dall’ esemplare 
di WrIss (Flora der jiingsten Steinkohle des Rhein-Saargeb, Tav. VI, fig. 13); tuttavia ciò non mi pare 
costituisca un grave ostacolo nell’ascrivere il fossile a detta specie, dato il suo aspetto generale. 

Le nervature secondarie sono alquanto oblique e verso il margine della foglia s’incurvano leggermente 
in alto come le barbe d’una penna. Nella parte inferiore del lembo sinistro si osserva una eccezionale 
suddivisione della nervatura la quale turba così il regolarissimo andamento generale dei nervuli. 

Il secondo esemplare (Tav. XIV [I], fig. 18) consta di due pezzi di fronda in parte sovrapposti, i quali 
corrispondono perfettamente col frammento prima descritto. Come questo essi presentano i nervuli ascendenti 
verso il margine del lembo. Uno dei due pezzi rappresenta l'estremità d’una fronda e si restringe verso 
l'apice il quale è arrotondato. 

Un frammento simile a questi e probabilmente appartenente alla stessa specie fu già studiato da 
ScHENK (Op. cit.) tra i fossili di Pònn-hsi-hu della provincia di Liau-Tung. 


2. Taeniopteris tenuis n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 19. 


Frondes laminariaeformes, suberenulato-ondulatae, mm. 11-14 latae, basi ovatae, apicem versus decrescentes, 
rotundatae, margine recurvo; nervus medius dorsalis, tenuis, complanatus; nervi secundari sub angulo acuto egre- 
dientes, dehine plus minusve obliqui, vel orixontales, supra basim dichotomi et saepe medium versus iterum furcati, 
marginem versus non ascendentes, paralleli, ?|} mm. invicem distantes. 


Ho riunito in questa nuova specie un grande numero di frammenti i quali, benchè incompleti e con- 
fusi colla roccia nerissima, tuttavia, poichè s’accordano abbastanza nei pochi caratteri che si possono 
osservare e giacciono quasi tutti sullo stesso scisto, paiono appartenere alla stessa forma e forse anche 
alla stessa pianta. 

Le foglie di questa specie hanno tutte un aspetto molto più delicato e meno regolare che non quelle 
di 7. multinervis Weiss. Inoltre, benchè nessuna sia conservata per intero, tuttavia si può dedurre dal- 
l’andamento del contorno che la loro lunghezza non deve superare i 5 o 6 cm., e che perciò le loro di- 
mensioni sono minori di quelle della specie anzidetta. Esse sono bislunghe, larghe 11-14 mm., largamente 


132 M. ABBADO [8] 


ovato-arrotondate alla base, decrescenti dalla regione mediana verso l'estremità superiore la quale è ar- 
rotondata. Il contorno è erenulato-ondulato 'e leggermente reflesso. Il nervo medio è dorsale, striato, 
poco o punto sporgente e invece depresso e debole; i nervi secondarii, più o meno forti, nascono ad an- 
golo acuto e tosto prendono una direzione più o meno vicina all’orizzontale, talora orizzontale affatto, 
senza curvarsi in alto presso al margine. Quando non assumono una posizione orizzontale, invece di es- 
sere rettilinei si mostrano alquanto curvati, e non è raro il caso di vedere sullo stesso lembo, ai due 
lati della costa mediana, i nervi assumere un andamento diverso. Essi sono dicotomi alquanto sopra la 
base, e spesso si biforcano un’altra volta presso alla metà del loro percorso. La distanza reciproca è in 
generale di * di mm. Ciò costituisce un altro carattere differenziale da 7. multinervis la quale ha i 
nervuli più accentuati e assai più numerosi e stipati. 


3. Taeniopteris curvinervis n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 20. 


Frons 10 mm. lata, rachi apice evanescente, nervulis angulo acutissimo egredientibus, ascendentibus dehine 
recurvis, pluries furcatis, validis, distantibus. 


Di questa forma non rimane che un piccolo frammento di fronda, cioè un tratto di nervo mediano 
con una sola metà del lembo, larga 5 mm., in modo che l’intera fronda deve essere larga 1 cm. La costa 
va assottigliandosi verso l estremità superiore; i nervuli nascono ad angolo acutissimo ed ascendono dap- 
prima quasi verticalmente, quindi si curvano fortemente, accostandosi nell’ultimo tratto alla posizione 
orizzontale. Questi nervuli, abbastanza marcati, biforcati alquanto sopra la rachide, presentano ancora due 
o tre dicotomie nel loro percorso, e, benchè più serrati che nella specie precedente, tuttavia non assu- 
mono una posizione di contiguità come in 7. meultinervis per causa delle frequenti dicotomie; inoltre pre- 
sentano pure un andamento non del tutto regolare ed uniforme. 


Gen. Asterotheca Presi. 


1. Asterotheca crassa n. sp. — Tav. XIV [I], fig. 21. 


Pinna rachi crasso, subflexuoso; pinnulae obliquae, 9 mm. longae, alternae, elongato-lanceolatae, tota basi 
adfirae, confluentes et rachim late marginantes, margine ondulato, rachi valido, pinnato. Sori 8(?), biseriati, 
maiusculi, quinqueradiati, radiis tota longitudine dehiscentibus. 


Il frammento appartiene forse ad una pinna primaria e manca di base e di punta. Così pure man- 
cano le punte delle pinnule, meno una; ma, confrontandone le basi, si può stabilire ch’ esse devono avere 
tutte press’ a poco la stessa lunghezza di 9 mm. La pinna ha aspetto coriaceo; costa mediana robusta, 
spessa, arrotondata e quasi flessuosa. Le nervature delle pinnule sono nel loro tratto inferiore ben con- 
servate; non così le lamine. Una sola pinnula si presenta intera, cioè la prima di sinistra; essa è bislungo- 
lanceolata, con contorno ondulato, rachide spessa, flessibile, pinnata, nervuli finissimi e radi; la lamina 
aderisce per tutta la base alla costa principale, e confluisce sopra e sotto colle pinnule vicine marginando 
largamente la costa. 

I sori sono incompletamente conservati e non sono chiaramente visibili che sulla prima pinnula di 
destra. Data la lunghezza delle pinnule e la reciproca distanza dei sori, pare probabile che il numero di 
questi sia di 8 per pinnula, distribuiti in due serie ai lati della costa. Essi sono piuttosto grandi, quin- 
queradiati, con raggi deiscenti per tutta la lunghezza. 


[9] M. ABBADO 133 


Annularieae. 


Gen, Annularia BRoNGNIART. 


Deve probabilmente considerarsi come un frammento d’Annudaria un verticillo di foglie lineari 
(Tav. XV [II], fig. 1) raggianti da una callosità simile a quelle che si osservano ai nodi dei tronchi delle 
Annularie, privo però d’ogni traccia di fusto e non conservato che per metà. L’interpretazione di questo 
fossile è naturalmente molto dubbia. 

Le Annularie paiono pure essere rappresentate da alcuni frammenti di fusti flessibili e compressi 
(Tav. XV [II], fig. 2). Mancando però qualsiasi traccia di nodi e di foglie, anche il significato di questi 
esemplari rimane incerto. 


Lepidodendreae. 


Gen. Lepidodendron BRoNcNIART. 


1. Lepidodendron emarginatum n. sp. — Tav. XV [II], fig. 3. 


Cicatrices contigquae, longe rhomboidales, utraque extremitate longe productae, sensu opposito inflexae, caudis 
late confluentibus, longitudine 35 mm., latitudine marima 15 mm. metientes; pulvinulo 25 mm. longo, asimme- 
trice obovato, in caudam decurrente, post lapsum corticis non transverse rugoso, superne tubercoliformi et sulco 
brevissimo bipartito; cicatricula trapexoidali-semilunari, utroque latere non marginata, sed usque ad marginem 
cicatricis producta ; cicatriculis vasorum indistinetis. 


Il frammento non presenta cicatrici complete, ma è facile ricostruirne il tipo, osservando in una 
cicatrice ciò che manca nell'altra. La corteccia non è conservata, e perciò non si possono osservare che i 
caratteri del tronco scortecciato. 

Le cicatrici sono contigue, separate appena lateralmente da un leggero solco. Hanno forma romboi- 
dale allungata e misurano 35 mm. di lunghezza e 15 di larghezza nella parte più espansa. Le estremità, 
curvate in senso opposto, si allungano sopra e sotto a guisa di code le quali non svaniscono fra. le 
cicatrici laterali, ma confluiscono largamente colle code delle cicatrici contigue in longitudine. Possiamo 
quindi figurarci tanti solchi longitudinali flessuosi i quali separano delle serie longitudinali di cicatrici 
confluenti per le loro estremità. 

I cuscinetti sono largamente obovati e raggiungono più dei due terzi dell’intera cicatrice, misurando 
25 mm. Essi sono asimmetrici, giacchè, appena cominciano a restringersi, subito dimostrano la tendenza 
a produrre una coda destroflessa. Mancano sul cuscinetto le striature trasversali. Nella parte superiore 
sta un breve solco che corrisponde «alla carena della corteccia; ai suoi lati si osservano due tubercoli di 
cui il sinistro pare maggiore del destro. 

La cicatricola della foglia ha forma trapezoidale cogli angoli superiori smussati, la base falcata e gli 
angoli inferiori lungamente decorrenti. Quindi essa presenta pure un aspetto semilunare, ma molto ri- 
gonfio nel tratto mediano. Questa cicatricola si estende fino ai limiti laterali della grande cicatrice, se- 
gnandone per un tratto il contorno, cioè non è marginata dal lembo superiore della cicatrice stessa. 
La cicatricola inoltre è quasi completamente piana e non vi si possono distinguere le cicatricole dei fasci 
vascolari. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 17 


134 M. ABBADO [10] 


Questo frammento che nel complesso dei caratteri corrisponde pienamente al tipo Lepidodendron, pre- 
senta pure delle particolarità che lo fanno distinguere da tutte le altre forme conosciute e ne costitui 
scono una nuova specie ben delimitata e caratteristica. Tali sono soprattutto la mancanza di strie o di 
rughe trasversali, la larghezza della cicatricola fogliare, la brevità del solco longitudinale, e la larghezza 
abbastanza considerevole delle estremità delle grandi cicatrici nel punto di confluenza. 


2. Lepidodendron sp. — Tav. XV [II], fig. 4. 


Cicatrices rhomboidales-elongatae, pulvinulo destitutae, cicatricula rotundata papillaeformi instructae. 


Il frammento non presenta che poche cicatrici spoglie dei cuscinetti e male conservate, cosicchè 
spesso i loro contorni diventano invisibili o si confondono, .e delle rughe accidentali ne mascherano ta- 
lora l’andamento. Con un attento esame si può riconoscere che le cicatrici hanno forma rombica allun- 
gata; sono lunghe 30 mm. e larghe 7 circa, diritte, con angoli laterali appena smussati ed estremità non 
protratte in coda, in modo che il ‘contorno si mantiene regolare, quasi geometrico. Una cicatricola in 
forma di papilla ovato-rotonda sporge verso i ?/, della cicatrice. 

Pel cattivo stato di conservazione e la mancanza di cuscinetti, è impossibile ascrivere il frammento 
ad una specie determinata. 


Gen. Lepidophloios STERNBERG. 


1. Lepidophloios laricinus Srerns. — Tav. XV [II], fig. 5. 


1869. Lepidophloios laricinus Scam. Op. cit., 2.®° partie, pag. 51, tav. 59, fig. 4; tav. 60, fig. 11, 12. 
1882. —_ — RewnAuLT. Op. cit., 2.®° année, pag. 44, tav. 9, fig. 1, 5-8. 


Il frammento riferito a questa specie è assai male conservato. Difatti esso, oltre d’esser privo di 
corteccia la quale appare solo qua e là in minuti residui, ha pure la superficie in gran parte corrosa. 
Perciò, se i cuscinetti hanno quasi tutti conservato netto il contorno, le cicatrici fogliari sono scomparse, 
e non è più visibile che qualche cicatricola in forma di papilla posta nel centro di qualche cuscinetto o 
alquanto più in alto. Questa cicatricola forse rappresenta la cicatrice fogliare caduta, ma più probabil- 
mente corrisponde a quella prominenza mamellonare che si vede figurata nei cuscinetti sotto alle cica- 
trici nella fig. 40, tav. 89 dell’op. cit. di ScHIMPER, e nella fig. 6, tav. 9, dell’op. cit. del RENAULT, dove 
il fossile è ingrandito. 

I cuscinetti sono rombici e spesso quadrati, con lati retti, pianeggianti ed embriciati d’alto in basso; 
non presentano carena e sono notevolmente più estesi nella parte inferiore del frammento. Infatti i 
superiori hanno in media 5 mm. di diametro, mentre gli inferiori superano i 7 mm. 

Benchè manchino nel fossile molti dati caratteristici, tuttavia la sua corrispondenza colla figura 4, 
tav. 59 dello ScHIMPER e colle fig. 5, 6,7, tav. 9 del RenAUET, lo fa ascrivere alla specie detta. Questa 
interpretazione riceve poi una solida conferma dalla massima somiglianza del nostro esemplare coi fos- 
sili del Rio Grande do Sul (Brasile meridionale) descritti e figurati da ZrerLLer (Bull. Soc. Géol. de 
France, 1895) e da lui ritenuti come appartenenti appunto alla specie in questione. 


[11] M. ABBADO 135 


2. Lepidophloios chinensis n. sp. — Tav. XV [II], fig. 6, 7. 


Foliorum pulvinuli transverse rhomboidales, lateribus inferioribus rotundatis, superioribus rectis, conchaefor- 
mes, 19.mm. circa lati, 10 alti, tumidi, medio cicatricula atque brevi sulco longitudinali notati; foliorum cicatrices 
transverse rhomboidales, altitudine 2 mm. metientes, latissimae (10-18 mm.) et in pulvinulos contiguos productae ; 
cicatricula media papillaeformis, transverse elliptica ; laterales punctiformes. 


Il frammento di tronco rappresentato dalla fig. 7 ha perduto in parte le cicatrici fogliari e i cuscinetti; 
però basta la piccola parte che ancora ne è coperta per determinare i caratteri di questa nuova forma. 

I cuscinetti, embriciati e sporgenti inferiormente, sono alquanto rigonfi e ricordano le valve dei la- 
mellibranchi. Essi hanno contorno trasversalmente romboidale, coi lati superiori rettilinei, gli inferiori 
arrotondati a ventaglio. Misurano 19 mm. di larghezza e 10 di altezza. Nel mezzo presentano una pro- 
fonda cicatrice che si prolunga sopra e sotto in un breve solco. 

La cicatrice fogliare ha forma di losanga e misura appena 2 mm. di altezza per 10-13 di larghezza. 
È notevole il fatto del suo estendersi lateralmente oltre i confini del proprio cuscinetto, generando due 
rialzi nei cuscinetti adiacenti. Le tre cicatricole sono situate alquanto sopra alla linea mediana della ci- 
catrice; la mediana ha forma di papilla elittica trasversalmente e misura in larghezza 1,5 mm.; le la- 
terali sono puntiformi. 

I cuscinetti sono in massima parte spogli dell’epidermide la quale è conservata solo nei punti più 
depressi e nei solchi mediani dei cuscinetti stessi. 

La superficie del tronco da cui sono caduti i cuscinetti presenta dei disegni trasversalmente rom- 
boidali con angoli laterali acuti e gli altri due arrotondati; nel mezzo dei rombi sta una cicatrice in 
forma di papilla, spesso coperta da un residuo del cuscinetto. È da notare il fatto che questi rombi 
hanno un’area alquanto minore dei cuscinetti, e ciò si comprende facilmente, giacchè questi ultimi, stando 
embriciati e sporgenti, possono estendere il loro margine inferiore. Anche dopo la caduta dei cuscinetti 
si notano nei rombi due tratti orizzontali rialzati, corrispondenti ai prolungamenti delle cicatrici fogliari 
dei cuscinetti contigui. 

Il frammento rappresentato dalla fig. 6 è privo affatto di cuscinetti, ma pei disegni della superficie 
concorda perfettamente colla parte del primo campione che si trova in eguali condizioni, e quindi è da 
considerare come appartenente alla stessa forma. Dal suo contorno partono radialmente delle foglie lunghe, 
lineari-lanceolate, con costa spessa e strie longitudinali, e larghe in basso 5 mm. circa. Data la loro forma 
e la giacitura, non è esclusa la possibilità che queste foglie appartengano alla specie in questione, ben- 
chè null’altra cosa ce lo possa provare. 


Gen, Lepidovhyllum BRoNGNIART. 


1. Lepidophyllum chinense n. sp. — Tav. XV [II], fig. 8 a, d. 
Bracteae et basi sporangiophora obcordata-triangulari, utraque ala vix concava, angustissimae, lineares-lanceolatae. 


Ho considerato come brattee isolate di Lepidostrobus e indicato coll’antica denominazione di Lepi- 
dophyllum certi organi fogliformi i quali abbondano in alcune filladi e ricordano i Lepidofilli già descritti 
e fisurati dagli autori. Essi constano di due parti nettamente distinte; l’una, basale è assai estesa, cuori- 
forme o triangolare, col vertice più o meno arrotondato e una insenatura nella base, da cui nasce la 


136 M. ABBADO [12] 


seconda parte più lunga, strettamente lineare acuminata. La parte basale è divisa in due lobi alquanto 
concavi da una leggera solcatura mediana, e presenta delle finissime strie longitudinali, visibili solo colla 
lente; la parte stretta è percorsa da una forte nervatura mediana e da alcune altre più deboli. Le di- 
mensioni di queste brattee sono variabili; in media la base misura 1 cm. nelle due direzioni; la parte 
lineare è lunga 2 o 3 cm. 

La differenza tra le brattee qui considerate e quelle già note di Lepidostrobus consiste specialmente 
nella grande estensione presentata dalle prime alla base e nel rapido restringersi in una parte lineare, 
stiliforme, mentre le altre hanno una base molto più stretta ed il lembo più largo. Però nell’aspetto 
generale si ha una certa concordanza specialmente riguardo alla parte terminale; d'altra parte la con- 
figurazione della parte basale ci indica abbastanza chiaramente il suo ufficio, e appoggia l’ interpretazione 
data. In ogni modo, per dissipare ogni dubbio, sono necessarie ulteriori scoperte. 


Sigillarieae. 


Gen, Sigillaria BRONGNIART. 


1. Sigillaria Fogolliana n. sp. — XVI [III], fig. 1-3. 


Pulvinuli prominentes vel depressi, eragono-rhomboidales, margine rotundato vel anguloso, supra cicatricem 
sulco longitudinali mediano profunde partiti, altitudine mm. 9-10, latitudine 13-14 metientes. Cicatrices transverse 
rhomboidales, inferius plus minus rotundatae, superius lateribus rectis et apice profunde emarginatae, angulis la- 
teralibus acutis, in carinas longissimas, usque ad marginem pulvinuli decurrentes, desinentibus; altitudine 2,5- 
3mm., latitudine 12 mm. circa metientes. Cicatricula media profunda, lunulata vel anguliformis; laterales pun- 
ctiformes. Post lapsum corticis, pulvinuli striis longitudinalibus undulatis notati; cicatrices carinis brevioribus, magna 
cicatricula mediana solitaria impressae. 


Di questa singolarissima forma esistono molti esemplari, sia come frammenti di tronco, sia come 
impronte del tronco stesso. I tronchi sono in parte coperti dalla corteccia, in parte scoperti; ma mentre 
quelli scoperti presentano chiaramente tutti i caratteri, quelli coperti non lasciano più vedere altro che 
dei mamelloni dalla corteccia spesso screpolata, i quali hanno perduto ogni ornamento. Delle impronte 
alcune, benchè senza dubbio appartengano alla forma qui studiata, non possono tuttavia essere analizzate 
perchè coperte da depositi minerali che si accumularono specialmente sui contorni dei cuscinetti, produ- 
cendo delle celle romboidali che non si possono asportare. Altre impronte invece si conservarono inalte- 
rate e sono coperte solo dalla corteccia del tronco. I disegni che si trovano su questa corteccia corri- 
spondono a quelli della superficie dei tronchi privi di corteccia. Levando la corteccia dalle impronte mi- 
gliori, si possono ricavare dei modelli in cera che ci mostrano chiaramente i caratteri esterni della cor- 
teccia i quali non possono studiarsi direttamente sui frammenti di tronco. 

Il primo fatto che si osserva nei vari esemplari positivi e negativi è un’ incostante sporgenza dei 
cuscinetti. Questo fatto potrebbe anzi farli ritenere come appartenenti a forme diverse, se non vi fossero 
dei campioni, i quali, presentando delle variazioni da un punto all’ altro, collegano gli altri che a prima 
vista paiono indipendenti. 

I due esemplari rappresentati dalle fig. 2, 3, (Tav. XVI [III]), specialmente il primo, ci danno i caratteri 
esterni del tronco. Esso possiede, come già abbiamo detto, dei cuscinetti talora assai sporgenti, talora quasi 


[13] M. ABBADO 137 


piani. Questi ultimi possono considerarsi come divisi in due parti, l’una superiore più sporgente e com- 
prendente la cicatrice fogliare, l’altra quasi piana e solo un po’ rigonfia nel mezzo. La parte superiore è 
meglio delimitata, giacchè ha un contorno semicircolare, rialzato a gradino. Invece la parte inferiore non 
ha limiti proprii, ma è chiusa tra i margini superiori dei cuscinetti vicini. La depressione della parte 
inferiore dei cuscinetti è talora tanto notevole, che la superficie acquista l'aspetto di un campo uniforme, 
piano, su cui siano sparsi dei rialzi costituiti dalle parti superiori dei cuscinetti. Ma alla giusta inter- 
pretazione serve il confronto coi cuscinetti più sporgenti che si trovano in altri esemplari. 

Il contorno dei cuscinetti varia fra l’esagonale e il romboidale; la metà superiore è foggiata a se- 
micerchio; la metà inferiore è più irregolare, perchè limitata solo dai margini dei tre cuscinetti sotto- 
stanti. La forma romboidale si accentua di più nei cuscinetti rialzati;.invece nei cuscinetti pianeggianti 
prevale la forma esagonale. Siccome le serie longitudinali dei cuscinetti non sono esattamente perpendi- 
colari, ma un po’ oblique, ne viene che il lato inferiore dell’ esagono resta spostato verso sinistra e talora 
confuso con quello adiacente. 

La parte del cuscinetto soprastante alla cicatrice fogliare è più o meno stretta e talora appare come un 
semplice rilievo o carena circondante la cicatrice (Tav. XVI [III], fig. 3); unendosi questo rilievo con quelli dei 
cuscinetti vicini, determina una rete in cui sono chiusi i cuscinetti stessi, come meglio si vedrà nei tronchi 
privi di corteccia. Carattere notevolissimo di questa regione del cuscinetto è un solco longitudinale che 
la divide profondamente per metà. Questo solco, ben visibile nella fig. 2, è meno chiaro nella fig. 3 perchè 
quivi, essendosi assottigliata la corteccia, i caratteri sono meno appariscenti. Le dimensioni dei cuscinetti 
sono variabili da esemplare ad esemplare; in media la larghezza sta tra 13 e 14 mm.; l’altezza fra 9 e 10 mm. 

Le cicatrici fogliari, che si possono studiare con esattezza solo sul modello in cera (Tav. XVI [III], 
fig. 25) sono trasversalmente romboidali, più o meno arrotondate inferiormente e invece coi lati superiori 
rettilinei o anche concavi, racchiudenti all’apice una profonda smarginatura; gli angoli laterali si prolun- 
gano in una sottile carena la quale raggiunge il margine del cuscinetto. La larghezza delle cicatrici misurata 
dalle due estremità delle carene è in media di 12 mm.; l’altezza varia da 2,5 a 3 mm. 

Le cicatricole, in numero di tre, stanno d’ordinario alquanto sotto alla linea trasversale mediana 
della cicatrice; la media è profonda, trasversale, lunulata, 0, più spesso, foggiata ad angolo concavo in 
alto; le laterali sono più deboli e puntiformi. 

I cuscinetti privi di corteccia sono, come quelli dianzi studiati, ora molto sollevati, ora depressi, come 
si può osservare sui campioni positivi e negativi. I modelli in cera ricavati da questi ultimi riescono 
poco chiari e servono solo a stabilirne l’identità coi fossili positivi su cui possiamo osservare i caratteri 
del tronco senza corteccia. Esso presenta in primo luogo delle fini striature longitudinali ondulate. I cu- 
scinetti hanno l’aspetto uguale a quelli con corteccia. Nella fig. 1 dov’ essi sono molto depressi, la parte 
che circonda la cicatrice fogliare si è assottigliata tanto da somigliare ad una piccola carena o rilievo 
filiforme che, riunendosi con quelle vicine, costituisce una rete più netta che quella già vista sulla cor- 
teccia; inoltre il contorno ha maggior tendenza a farsi esagonale. Le cicatrici presentano sempre un con- 
torno trasversalmente romboideo, ma non hanno più le lunghe carene laterali osservate sulla corteccia. 
Nel mezzo sta una grande impressione cicatricolare ovale che si prolunga in alto, confondendosi col setto 
del cuscinetto; essa corrisponde forse a tutte e tre le cicatricole che appaiono distinte sulla superficie 
esterna della corteccia. 

Infine osserveremo che in certi esemplari (Tav. XVI [III], fig. 38) si ha un graduale e insensibile pas- 
saggio da punti con corteccia ad altri senza per un debole assottigliamento progressivo di questa; nei 
vari punti si osservano quindi i caratteri differenti testè esposti. 


138 M. ABBADO [14] 


Se si sceglie un gruppo di quattro cuscinetti accerchiati attorno ad un punto mediano e si uniscono 
con quattro rette le cicatricole mediane nel modo indicato dalla fig. A, si ottiene un romboide ABCD 
più largo che alto. La diagonale DB rappresenta un segmento della spirale 
generatrice che ascende verso la sinistra della figura, e fa coll’orizzonte un 
angolo di 10°. La diagonale AC è un segmento della linea che riunisce una 
serie longitudinale di cuscinetti la quale fa colla verticale un angolo di 27°. 
Per conseguenza il romboide è inclinato verso destra. La diagonale DB 
misura circa 17 mm., la AC 9 mm.,, il lato maggiore del romboide 11 mm. 
e il minore 8,5 mm. Queste misure variano leggermente pei vari romboidi 
che si possono fare sull’ esemplare scelto (Tav. XVI [III], fig. 2), e variano 
anche più negli altri esemplari, giacchè il primo rappresenta la massima 

; inclinazione dei romboidi; negli altri esemplari talora si avvicinano le due 

dimensioni dei lati, come pure quelle delle diagonali, e soprattutto le serie 
longitudinali dei cuscinetti si avvicinano di più alla verticale; inoltre il romboide assume una forma meno 
schiacciata. 

Esaminati così i caratteri della forma in questione, passiamo a vedere la relazione in cui essa sta 
colle altre forme già note di Sigilaria. Questo genere ricco di numerosissime specie, fu recentemente 
illustrato da WEISS e in parte da SreRrzEL nell'opera — Die Sigillarien der preussischen Steinkohlen - und 
Rothliegenden - Gebiete ©. — In quest'opera sono trattate separatamente le EusigiWlarie e le Subsigillarie; 
le prime hanno le cicatrici fogliari allineate su coste separate da solchi longitudinali; le seconde hanno 
le cicatrici disposte sopra una superficie pianeggiante (Leiodermarie) oppure su cuscinetti mamellonari 
separati da solchi obliqui incrociati e anastomizzati in rete (Cancellate). Dalle Leiodermarie alle Cancel- 
late corre una lunga serie di forme intermedie che segnano il passaggio dall’ un tipo all’altro. 

La nostra forma appartiene al gruppo delle Subsigillarie Cancellate. In alcuni esemplari il tipo can- 
cellato è evidente, cioè in quelli con cuscinetti molto alti; in altri si ha un avvicinamento alla forma 
leiodermaria in causa della depressione dei cuscinetti che non generano veri solchi, ma si delimitano sem- 
plicemente col rialzarsi della parte superiore. 

La nostra Sigillaria non corrisponde a nessuna specie nota, anzi non rientra in nessuno dei tipi in 
cui il WrIss divise le Subsigillarie. Difatti, in primo luogo, se in alcuni tipi esistono sui cuscinetti, oltre 
alla cicatrice fogliare, delle cicatricole puntiformi o trasversali, in nessuno si trova un solco longitudi- 
nale come nella nostra forma. Così pure non si osserva in nessun tipo quella rete filiforme che talora 
appare nei nostri esemplari, racchiudendo i cuscinetti. Infine è caratteristica la combinazione di una ci- 
catricola mediana lunulata con due laterali puntiformi. Difatti cicatricole laterali puntiformi si trovano 
nel tipo Bothrodendron e in qualche specie leiodermaria (es. Sig. reticulata Leso. var. fusiformis WEISS), 
ma non mai nelle Subcancellate e Cancellate, ed inoltre anche dove si trovano, non sono accompagnate da 
una cicatricola mediana lunulata; perciò la disposizione presentata dalla nostra forma le è affatto particolare. 

Ne consegue che non solo la nostra Sigilauria va considerata come una specie nuova, ma anche come 
rappresentante di un tipo distinto caratterizzato dal solco longitudinale del cuscinetto, dalla forma delle 
cicatricole e dall’avventizia ornamentazione reticolare del tronco. Questo tipo, presentando passaggi dalla 
forma Subcancellata alla Cancellata, dovrà collocarsi accanto al tipo della Siìg. mutans WrISS, in cui si 
hanno pure analoghe variazioni di forma. 


Fio. A. 


re 


) Abhandl. zur geologischen Specialkarte von Preussen und den Thiringischen Staaten, Bd. VII, Heft 3. 1887 
e Abhandi. d. K. Preussischen geol. Landesanstalt. N. F., Heft 2. 1893. 


[15] M. ABBADO 139 


2. Sigillaria plana n. sp. — Tav. XVIII [V], fig. 3. 


Pulvinuli plani, transverse rhomboidales, altitudine 6,5 mm., latitudine 14 metientes, sulcis tenwissimis se- 
junceti; cicatrices carina filiformi marginatae, rhomboidales, marimam partem pulvinuli occupantes, superius et 
inferius rotundatae, angulis lateralibus acute productis; cicatricula media lunulata, laterales punctiformes. Folia 
linearia, sesquipedalia, complanata, angusta vel usque ad 20 mm. lata, pagina inferiore nervo prominente, superiore 
sulco mediano bipartita. 


Questa forma è rappresentata da un solo frammento di tronco accompagnato da molte foglie disperse 
all’intorno sopra una larga zona, le quali con tutta fiducia possono ritenersi appartenenti al tronco stesso. 

Come si vede dalla figura, due soli cuscinetti sono rimasti intatti; essi però bastano per darci una 
idea sufficiente dell’aspetto del tronco. Questo era pianeggiante, non sporgendo affatto i cuscinetti i quali 

‘erano appena separati da un sottilissimo taglio che ancora si può osservare fra i due cuscinetti super- 

stiti. I cuscinetti sono trasversalmente romboidali, molto larghi e molto bassi, misurando 6,5 mm. di al- 
tezza e 14 mm. di larghezza. Gli angoli superiore ed inferiore sono arrotondati, i laterali acuminati. 
Le cicatrici sono appena distinte dai cuscinetti per mezzo di un rilievo marginale filiforme, ed hanno un 
contorno simile a quello dei cuscinetti di cui occupano quasi tutta l’area. Gli angoli superiore ed infe- 
riore sono arrotondati, ma quest’ultimo è più pronunziato del primo; gli angoli laterali sono assai pro- 
lungati ed acuti. Le cicatricole stanno verso la parte superiore della cicatrice; la media è lunulata, le 
laterali puntiformi. 

Le foglie sono lineari, lunghissime, tantochè nell’esemplare nostro non se ne può osservare la punta; 
sono pianeggianti, e solo alcune presentano le angolosità longitudinali proprie delle foglie di SigilZaria. 
Tutte però presentano una robusta costa mediana arrotondata e sporgente sulla pagina inferiore, mentre 
sulla pagina superiore sono in corrispondenza divise da un profondo solco. La larghezza di queste foglie 
è molto variabile; quelle che si vedono nella figura sono strette, ma sulla parte del campione non figu- 
rata se ne osservano della larghezza di 2 cm. 

Questa Sigillaria appartiene al gruppo delle Camcellate, ma si distingue dalle altre specie per la 
forma piana dei cuscinetti, per la finissima solcatura, e soprattutto per la presenza di una cicatricola 
lunulata fra due puntiformi: carattere quest’ultimo che la esclude da tutti i tipi considerati dal WeEISS 
e l’avvicina alla Sig. Fogolliana dianzi studiata. Essa non può tuttavia essere compresa nel tipo di que- 
sta per la discordanza di tutti gli altri caratteri principali e specialmente per la mancanza del solco lon- 
gitudinale del cuscinetto, proprio solo della SigilZaria precedente. La forma in questione può perciò con- 
siderarsi come la rappresentante di un altro tipo particolare. 


3. Sigillaria polymorpha n. sp. — Tav. XVII [IV], fig. 1-4. 


Pulvinuli multiformes, rhomboidales, angulis rotundatis, vel transverse eragonales, duobus lateribus vertica- 
libus, inferne in caudam plus minus latam infra pulvinulos laterales decurrentes, sulcis profundis distineti, pla- 
niusculi et ad centrum depressi, paucis striis transversalibus notati, cortice delapso striis longitudinalibus ondulatis 
ornati, latitudine 11-14 mm., altitudine (sine cauda) 8-10 mm. metientes. Cicatrices prope marginem superiorem 
pulvinuli positae, rombeae, in carinas longissimas decurrentes. Cicatricula singula lunulata. Cortice delapso, cica- 
triculae tres vel quatuor; media inferior punctiformis, superior linearis longitudinalis; laterales lunulatae, con- 
fluentes, profundae, medias amplectentes. 


Rappresentano questa forma due frammenti di tronco e parecchie impronte. Dei due campioni posi- 
tivi, uno è piccolo e tutto uniforme (Tav. XVII [IV], fig. 4), il secondo è grande, e conservato dalle due 


140 M. ABBADO [16] 


parti (Tav. XVII [IV], fig. 1, 2), e presenta notevoli graduali variazioni nella forma e disposizione dei 
cuscinetti. Questi due frammenti sono senza corteccia. Delle impronte alcune conservano la corteccia e 
danno modelli in cera corrispondenti a qualche punto dei campioni positivi, altre non ne presentano che 
dei residui nei punti più bassi. Spogliandole del tutto, si può ricavare il modello in cera della superficie 
esterna della corteccia, e studiarne i caratteri (Tav. XVII [IV], fig. 3a, 5). 

I cuscinetti variano alquanto nella forma. Spesso sono rombici, cogli angoli laterali e il superiore 
arrotondati, inferiormente prolungati fra i due cuscinetti laterali in una coda più o meno lunga e più 
o meno ristretta; questa coda può però mancare. I cuscinetti altre volte acquistano ai fianchi due lati 
disposti nel senso longitudinale, e quindi assumono una forma esagonale con orientazione inversa a quella 
solita nelle Sigillarie note, in cui esistono sopra e sotto due lati e ai fianchi due angoli. Nel mezzo dei 
cuscinetti la corteccia porta poche strie trasversali. 

Le cicatrici fogliari sono poste sulla parte superiore del cuscinetto; hanno forma quasi di fuso, es- 
sendo costituite da una piccola regione centrale romboidale prolungata ai fianchi in due lunghissime ca- 
rene che. secondano il margine del cuscinetto e poi si fondono con esso. Inferiormente alla cicatrice il 
cuscinetto presenta una leggera depressione centrale. Una breve carena unisce l’apice superiore della ci- 
catrice coll’ apice del cuscinetto. Esiste una sola cicatricola mediana, lunulata, profonda. 

I caratteri del tronco senza corteccia si possono studiare sui due frammenti positivi (Tav. XVII [IV], 
fig. 1,2, 4). Su di essi si notano dapprima delle strie longitudinali ondulate. Il campione piccolo presenta pochi 
cuscinetti uniformi, disposti in serie verticali, rombici e quasi quadrati, con angoli arrotondati, inferior- 
mente prolungati in una larga coda fino al cuscinetto sottostante. Giova notare che questa coda è al- 
quanto più depressa del cuscinetto e come separata da un debolissimo solco, in modo da apparire quasi 
come una regione indipendente. I solchi che separano i cuscinetti sono in quest’esemplare poco profondi. 
I cuscinetti sono pianeggianti fino alla metà, quindi passano insensibilmente nelle cicatrici fogliari le quali 
non hanno margine proprio e sopra terminano col cuscinetto, non apparendo che come rialzi carenati. 
Le cicatricole stanno poco sopra il centro del cuscinetto e sotto il rialzo della cicatrice, in modo che a 
prima vista si direbbe ch’esse stanno fuori della cicatrice fogliare. Quest’ idea che sarebbe evidentemente 
assurda, è contraddetta pienamente dall’altro frammento (Tav. XVII [IV], fig. 2) in cui molte cicatrici, 
mantenendosi più rialzate in basso, abbracciano le cicatricole. Nel caso presente bisogna perciò considerare 
le cicatrici, benchè non rialzate, tuttavia come estendentisi fino ad abbracciare le cicatricole. Queste constano 
di una profonda infossatura centrale puntiforme attorniata da un disco rialzato limitato all’esterno da un 
cerchio profondo. Sulla corteccia rimasta aderente ai campioni allo stato d’impronta si vedono le tracce di 
queste cicatricole sotto forma d’un’ area rotonda lucente. 

Il secondo esemplare (Tav. XVII [IV], fig. 1, 2), assai grande e conservato dalle due parti, presenta note- 
voli variazioni di forma nei cuscinetti. In un punto si hanno dei piccoli residui di corteccia colle striature già 
dette, ma questi residui non coprono più nessun cuscinetto per intero. La forma generale dei cuscinetti 
è alquanto più schiacciata di quella dell’esemplare precedente. Le dimensioni sono anche in generale 
maggiori. Nella fig. 1 vediamo che a sinistra i cuscinetti hanno una coda alquanto depressa la quale va 
scomparendo nei cuscinetti di destra. Inoltre in molti cuscinetti sì nota una tendenza ad acquistare ai 
fianchi due lati verticali e ad assumere così un contorno esagonale. Altri cuscinetti invece conservano forma 
spiccatamente rombica, con angoli ora arrotondati ed ora acuti. Sull altra superficie (Tav. XVII [IV], fig. 2) i 
cuscinetti sono in gran parte schiacciati e stirati obliquamente. I solchi sono più profondi e larghi che 
nell’esemplare precedente. Su questa superficie sono ben nette le cicatrici fogliari romboidee, con angoli 
superiore e inferiore arrotondati e angoli laterali prolungati in potenti e lunghe carene. Nel mezzo le 


117] M. ABBADO 141 


cicatricole laterali segnano un profondo cerchio. La mediana, probabilmente puntiforme, non è con- 
servata. l 

Sulla superficie della fig. 1 (Tav. XVII [IV]) le cicatrici sono meno chiaramente distinte e ricordano quelle 
dell’ esemplare precedente. Talora molto sporgenti, talora poco o punto, esse hanno il margine inferiore 
confuso col cuscinetto, e spesso le cicatricole paiono fuori di esse. Sovente sotto alle cicatricole si ha una 
depressione del cuscinetto, come già si osservava sulla corteccia. Le cicatricole presentano qui spesso una 
notevole modificazione. La papilla che porta la cicatricola centrale puntiforme si prolunga in alto e porta 
un’ altra cicatricola longitudinale. Corrispondentemente il cerchio costituito dalle due cicatricole laterali si 
trasforma in un elisse che abbraccia le due cicatricole mediane. 

Data la varia grandezza e la disposizione in serie ora oblique ora verticali dei cuscinetti, non è 
possibile costruire un rombo tipico che ci rappresenti le condizioni d’inserzione delle foglie. Basterà 
quindi osservare che i singoli rombi conservano quasi sempre una forma vicina alla quadrata e che in 
generale la diagonale verticale è alquanto più lunga di quella trasversale. 

Da quanto si potè osservare negli esemplari ascritti a questa specie, si deduce che i suoi caratteri 
subiscono delle variazioni considerevoli sia nella forma dei cuscinetti sia in quella delle cicatrici, sia nella 
costituzione delle cicatricole. 

La forma in questione appartiene alle Sig. Cancellate, ma si distingue nettamente da tutte le forme 
note. Difatti, se si osservano le Cancellate descritte da WeEISS, vi si trovano tre modi di configurazione 
dei cuscinetti, cioè: 1° cuscinetti con coda; 2° code raccorciate fino alla scomparsa; 3° cuscinetti tangenti 
sopra e sotto per i lati orizzontali i quali si vanno allargando con avvicinamento alla forma Favdaria. 
Nella nostra forma invece le code dei cuscinetti non hanno tendenza ad accorciarsi, ma bensì a restrin- 
gersi fino a scomparire come schiacciate fra i due cuscinetti laterali. In pari tempo si formano ai fianchi 
dei cuscinetti due lati verticali per cui essi diventano tangenti lateralmente e vengono a costituire delle 
serie distinte trasversali, mentre le serie longitudinali, lungi dall’accentuarsi, svaniscono sempre più, ri- 
manendo costituite da cuscinetti disgiunti e lontani. Questo fatto pone di fronte alle Cancellate già note 
un altro tipo distinto dall’ orientazione dei cuscinetti e dalla loro disposizione in serie trasversali. 


4. Sigillaria oculus felis n. sp. — Tav. XVIII [V], fig. 1,2. 


Truneus, cortice delapso, longitudine striatus, post pulvinulorum lapsum, strits validissimis notatus. Pul- 
vinuli complanati, transverse eragonales, sulcis reticulatis tenuibus distineti, apicem versus cicatricula punetiformi 
notati, longitudine 10-12 mm., latitudine 13-14 mm. metientes. Cicatrices crateriformes, parti superiori pulvinulorum 
impositae, transverse rhombeae vel ellipticae, superius tenue emarginatae, angulis lateralibus in carinas productis, 
inferius rapide, superius leniter decrescentes ct ad marginem pulvinuli fere productae. Cicatricula media puncti- 
formis vel saepius linearis longitudinalis; laterales lunulatae, saepe confluentes, totam cicatricem occupantes. 

Di questa forma esiste un frammento di tronco alto circa 25 cm., fragilissimo, privo di corteccia. 
Questo frammento ha le due faccie scoperte; l’una di esse porta conservati tutti i cuscinetti; dall’altra 
essi sono in parte caduti ed hanno lasciato scoperto un tronco pianeggiante segnato da forti strie ret- 
tilinee longitudinali. Anche sui cuscinetti esistono delle striature, ma più fine e leggermente ondulate. 
Il tronco ha subito in parte delle alterazioni per cui in molti punti i cuscinetti appaiono deformati; perciò 
i caratteri specifici si possono solo desumere qua e là da alcuni tratti dove si manifestano con maggiore 


o minore evidenza. 


142 M. ABBADO [18] 


I cuscinetti sono piani, esagonali, chiusi fra le maglie d’una rete di solchi poco profondi e ottusi. 
È notevole l’orientazione di questi esagoni simile a quella della specie precedente, cioè tale che si hanno 
sopra e sotto due angoli e ai fianchi due lati verticali. Mancano le code dei cuscinetti. Altro fatto poi 
da osservare è che il cuscinetto, i cui lati sono tutti retti, all’apice superiore è arrotondato per breve 
tratto e quasi rettilineo, e che in tutto il tratto superiore il suo margine si accentua, quasi assumendo 
la forma d’una carena la quale è accompagnata in alto da una forte depressione del solco in una breve 
fossa orizzontale. La superficie dei cuscinetti è piana e talora perfino concava; verso l’apice superiore 
sta una minuta cicatricola puntiforme che non è però sempre visibile. I due lati verticali degli esagoni 
sono più brevi degli altri quattro, e i cuscinetti, parecchio variabili in dimensione, misurano in media 10-12 
mm. di altezza e 13-14 mm. di larghezza. 

Le cicatrici, simili a piccoli mamelloni, sono poste nella metà superiore dei cuscinetti, con leggera 
invasione nella metà sottostante; le loro falde descrivono superiormente un semicerchio rasente al mar- 
gine del cuscinetto, inferiormente si confondono col campo del cuscinetto stesso. L'ascesa è più rapida 
sul fianco inferiore che non sul superiore il quale è quindi più esteso; alla sommità sta la regione d’at- 
tacco della foglia, ossia la vera cicatrice, la quale ha contorno romboidale od ellittico e si prolunga ai 
lati in due carene ottuse che presto svaniscono nel campo sottostante. Delle tre cicatricole la media è 
notevole per la disposizione, giacchè, raramente puntiforme, ha per lo più l’aspetto di un setto retti- 
lineo verticale, mentre nelle altre Sigillarie, quando non è puntiforme, appare come un tratto trasversale. 
Le cicatricole laterali sono lunulate e spesso, riunendosi, determinano un circolo largo e profondo a guisa 
di una depressione presso al margine della cicatrice, il che dà a questa l’aspetto di cratere. La cica- 
trice ha pure alla lontana l’apparenza d’un occhio con pupilla longitudinale; di qui il nome specifico. 

Costruendo un romboide colla riunione delle cicatricole centrali di un 
gruppo di quattro cuscinetti, si vede che la diagonale longitudinale è più 
lunga della trasversale, misurando la prima 14 mm. e la seconda 13, cosicchè 
I il romboide, anzichè la solita forma schiacciata, assume una forma allungata. 
La prima diagonale fa poi colla verticale un angolo di 8°; la seconda fa 
coll’orizzonte 13°. I lati del romboide misurano talora tutti 9 mm.; altre 
volte un lato misura 9 mm. e l’altro 10. 

Come s°è visto, questa forma è affine alla precedente per la disposizione 
dei cuscinetti, cosicchè, mentre si distingue da tutte le altre Cancellate, può 
essere con essa riunita in uno stesso tipo. Questo tipo è dalla forma presente 
più spiccatamente rappresentato che non da quella prima descritta, giacchè 
le code dei cuscinetti sono scomparse e le serie trasversali di questi sono più chiaramente stabilite. 
Mentre poi la disposizione dei cuscinetti unisce le due forme in uno stesso tipo, la forma delle cicatrici 
le separa, e l’esistenza nella seconda d’una cicatricola mediana longitudinale ne determina una specie 
autonoma ben distinta dalla prima. 


Fia. B. 


Ig 


5. Sigillaria sp. — Tav. XVI [III], fig. 4. 


Esiste un frammento di tronco privo di cuscinetti il quale ricorda i fossili altre volte compresi sotto 
il nome di Syringodendron STERNB., e perciò con tutta probabilità è da considerare, al pari di questi, 
come un resto di Sigillaria. Esso presenta numerose solcature longitudinali ondulate e finite che si 


succedono senza ordine nel senso longitudinale e laterale, ed oltracciò è finamente striato per tutta la 


[19] M. ABBADO 143 


superficie. Le cicatricole dei fasci vascolari, simili a minute papille, sporgono dal fondo di piccole de- 
pressioni ellittiche ordinate in serie come le cicatrici fogliari nelle Subsigillarie. Queste cicatricole stanno 
talora su deboli rialzi che accennano ai cuscinetti, come si vede alla sinistra della figura. Il romboide 


che si ottiene riunendo nel solito modo quattro cicatricole è molto basso e largo, ed inclinato verso si- 
nistra. Naturalmente, mancando i cuscinetti, è impossibile ascrivere questo frammento ad una data specie. 


Foglie di Sigillaria — Tav. XVI [III], fig. 5; Tav. XVIII [V], fig. 4. 


In alcune filladi sono abbondantissimi i frammenti di foglie simili a quelle che stanno accanto al 
tronco della Sigillaria plana, e da considerare pei loro caratteri come appartenenti a Sigillarie. Esse 
presentano notevoli differenze nella lunghezza, come pure nel numero delle angolosità longitudinali che 
talora possono essere ridotte ad una sola mediana, prodotta da una forte nervatura. 


Gen. Stigmaria — Tav. XV [II], fig. 9. 


Esistono scisti arenacei grigio bruni, contenenti delle impronte nastriformi, irregolari, le quali, cor- 
rispondono perfettamente a quelle studiate da ScHENK (Op. cit., pag. 215, tav. XLV, fig. 1) e trovate nella 
provincia di Shantung, dipartimento di I-Tshin-fu, in una roccia simile a quella anzidetta. Seguendo 
l'esempio di ScRENK, consideriamo questi resti come radicelle di Stfigmarie. 


Cordaiteae. 


Gen. Cordaites UxnceR. 


Cordaites Una. e Cordaispermum Broxan. — Tav. XVI [II] fig. 6; Tav. XVIII [V], fig. 5-7. 


1869. Pycnophyllum e Cardiocarpus Scan. Op. cit., 2.%° partie, pag. 190, 221. 
1881. Cordaites e Cordaispermum RewaULT. Op. cit., 1."° année, pag. 81, 102. 
1891. = = ZirreL-ScHimp. Op. cit., pag. 233, 241. 


Il genere Cordaites è rappresentato da molti frammenti di foglie, alcuni lisci, altri con fitte pieghe 
longitudinali dovute al processo della fossilizzazione. Le nervature sono talora chiaramente distinte. Al- 
cuni esemplari ne presentano 2-5 deboli fra due forti e possono con probabilità essere riferiti a Cordaites 
principalis GemnITz. Quello figurato nella Tav. XVIII [V], fig. 5, ha nervi finissimi di cui 2-3 più deboli 
fra due più forti distanti mezzo millimetro. Tanto questo, quanto altri esemplari, mancando dati suffi- 
cienti, non possono esser ascritti con sicurezza a nessuna forma nota. Nel fossile rappresentato dalla fig. 6, 
Tav. XVI [III], pare si tratti di due foglie nascenti da un tronco. 

Oltre alle foglie esistono pure alcuni frutti isolati appartenenti alla forma Cordaispermum BRonen. 
(Tav. XVIII [V], fig. 6, 7). Il loro tegumento interno, legnoso, è ben conservato; dell’esterno, carnoso, non 
rimangono che piccole tracce. La loro forma è ovale, più o meno acuminata superiormente. 


Oltre i fossili descritti, esistono alcune impronte identiche a quella della fig. 8, Tav. XVIII [V], rap- 
presentanti un ramo sottile da cui partono numerose foglie lineari, lunghe, senza nervature distinte. Per 
la loro determinazione occorrono maggiori dati. 


144 M. ABBADO [20] 


CONCLUSIONE 


La presente collezione di fossili porta nuova luce sulle condizioni della Flora carbonifera della Cina, 
ed amplia alquanto le idee molto ristrette che finora se ne avevano. 

Difatti, mentre si conoscevano resti di Calamarie, Annularie, Felci, Sfenofilli e Gimnosperme, non 
si erano ancora trovate tracce di Sigillarie, eccezion fatta di qualche frammento di Stigmaria che po- 
trebbe anche riferirsi ai Lepidodendri. Questi poi non erano rappresentati che da frammentini di rami 
e da Lepidofilli. Ora, tra i nuovi fossili qui considerati, troviamo appunto interessantissimi resti di tronchi 
di Sigillaria, Lepidodendron e Lepidophloios, i quali vengono in buon punto a riempire la lacuna. Inoltre 
anche il numero delle felci resta accresciuto di alcune forme. 

La flora carbonifera del dipartimento di To-jouan-fu era finora affatto inesplorata. I pochi esemplari 
del Chansi provenivano da un altro dipartimento, quello di Tsò-tsh6u-fu (v. ScHENK, Op. cit.). Essi com- 
prendevano: Radici di Calamites, Annularia mucronata SCHENK, Sphenopteris tenuis ScHENK, Paleopteris 
obovata ScHENK, Callipteridium orientale ScHENK e Cordaites principalis GeINITZ; in tutto sei forme e tutte 
nuove, tranne la Cordaites principalis. Ora invece il To-jouan-fu ci fornisce più di 30 forme, fra cui sono 
pure comprese Sphenopteris tenuis ScneNKk e Cordaites principalis GeInITZ. Questa coincidenza delle due 
flore, e specialmente la presenza della SpRenopteris tenuis ScHENK, che finora non fu trovata in altri siti, 
dà buone ragioni per credere che le flore dei due dipartimenti siano identiche e lascia sperare che ul- 
teriori studi mettano la cosa fuori dubbio. Così possiamo affermare che le nozioni sulla flora carbonifera 
del Chansi hanno ricevuto testè un notevole incremento. 

Confrontando ora la nuova collezione colla flora complessiva già prima conosciuta della Cina, no- 
tiamo ancora la comunanza della Zueniopteris multinervis e delle Radicelle di Stigmaria. Gli altri fossili ci 
rappresentano tutti forme nuove per la China, il che non esclude però ch’essi possano in avvenire essere 
pure rinvenuti in altre province fuori del Chansi e che la Flora carbonifera chinese possa essere tutta 
omogenea. Di queste forme testè scoperte, alcune sono già note come appartenenti ad altri siti, quali 
Sphenopteris alata STERNB., Sph. latifolia Broxen., Sph. artemisiaefolia STERNB., Lepidophloios laricinus STERNB.; 
le altre sono nuove per la Paleontologia. Giova poi osservare che molti fossili, per l’imperfetto stato di 
conservazione, non possono indicarci della pianta altro che il genere, senza lasciarci riconoscere se sieno 
forme nuove o già studiate. 

È notevole il fatto che le SigiZZarie presentano tutte forme nuove è così pure i Lepidodendron e 
Lepidophloios, eccettuato il Lepidophloios laricinus, comune nelle flore carbonifere. È ciò indizio di una 
vera particolarità della flora cinese, e di una reale differenza fra essa e quella delle altre regioni della 
Terra? Qualunque risposta sarebbe prematura. Osserviamo soltanto che non impedirebbe questa ipotesi 
la concordanza di alcune felci e del Lepidophloios laricinus, perchè potrebbe darsi che queste ultime piante 
fossero cosmopolite, o almeno più diffuse, mentre poi ne esistessero altre proprie solo del territorio cinese. 

Ulteriori ricerche e confronti spianeranno la via alla soluzione di questo quesito. 


ALBERTO FUCINI 


AMMONITI DEL LIAS MEDIO DELL'APPENNINO CENTRALE 


ESISTENTI NEL MUSEO DI PISA 


(Tav. XIX-XXIV [I-VI] e Fig. 1-23 intere.) 


Le Ammoniti descritte nel presente lavoro appartengono tutte al Museo dell’ Università di Pisa e furono 
raccolte da lungo tempo dallo SPADA, dall’OrsInI, dal MarIorTI, dal Mei, dallo ZrmTEL, dal LupOVICI e più re- 
centemente dal CanavARI e da me. Alcune di esse vennero prese in esame dal MeneGHINI! in diversi suoi 
lavori nei quali le ritenne in parte del Lias superiore; altre furono illustrate dallo ZirtEL® nella memoria 
che gettò tanta luce sopra tutti i terreni secondari dell'Appennino centrale. Nell’idea di far conoscere ora 
tutta la ricca collezione radunata nel Museo Pisano mi sono accinto a questo lavoro, non senza una grande 
titubanza prima di associare il mio nome a quello dei due grandi paleontologi che mi hanno preceduto. 

I fossili essendo stati in gran parte raccolti senza tenere esatto conto della loro posizione lasciano 
talvolta sussistere delle incertezze sulla loro età precisa. A ciò ho cercato di rimediare escludendo gli esem- 
plari e le specie più dubbie e facendo osservazioni speciali sopra alcune di quelle esaminate. 


I. Gen Amaltheus Move. 


1. Amaltheus spinatus Brue. — Tav. XIX [I], fig. 1, 2. 


1789. Ammonites spinata BruevèRrE. Encyclopedie méthodique, I, pag. 40. 

1883. Amaltheus spinatus Parona. Contributo allo studio della Fauna lassica dell'Appennino centrale. Mem. d. 
R. Accad. d. Lincei, vol. XV, pag. 669. 

1892. Pleuroceras spinatum Bvuoxmann. Monograph on the inferior Oolite Ammonites. Palaeontogr. Society, 
pag. 288, tav. 49, fig. 7. 


1894. _ — BoxnArELLI. Contribuzione alla conoscenza del Giura-lias. lombardo. Estr. d. Atti 
d. R. Accad. d. sc. di Torino, vol. XXX, pag. 9. 
1895. — — BoxarELLI. Fossili domeriani della Brianza. Estratto d. rendic. d. R. Ist. lomb. 


di sc., serie 2.2, vol. XXVIII, pag. 6. 

1896. Amaltheus spinatus Fuomi. Faunula del Lias medio di Spexia. Boll. Ad. Soc. geol. ital., vol. XV, pag. 129, 
tav. 11, fig. 2 (cum syn.). 

1899. Amaltheus (Paltopleuroceras) spinatus BonarELLI. Le Ammoniti del rosso ammonitico descritte e figurate 
da G. MexEGHINI. Bull. d. Soc. mal. ital., vol. XX, pag. 209. 


1) MENEGHINI in SpAaDA et OrsINI. Quelques observ. géolg. sur les Ap. de l’Italie centrale ecc. Bull. de la 
Soc. géol. de France, 2° sér., T. XII; — MPeNEGHINI. Monographie d. foss. du cale. rouge ammonitique ecc.;} — In. Nuove 
Ammoniti d. App. centr. ecc. Atti d. Soc. tosc. d. Sc. nat. Mem., vol. VI. 

2 ZrrteL. Geol. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn. in BENECKE. Geogn.-palaeont. Beitriige. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 18 


146 A. FUCINI [2] 


DIMENSIONI 
I II 
Diametro . . . ; a o . o . . mm. 39 mm. 25 
Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro à 0 0,36 0,40 
Spessore » » » » c È 0,30 0,35 
Larghezza dell’ ombelico » » 0 0 0,35 0,37 
Ricoprimento della spira » » 0 . 0,05 0,06 


L’esemplare più grande, specialmente per la forma degli ornamenti, corrisponde assai bene a quello 
della Lombardia illustrato dal MENEGHINI ! ; però è di dimensioni molto più piccole. Esso ha le coste prive 
all’esterno di un vero e proprio tubercolo. Il dorso non ha depressioni fra la carena ed il margine dei 
fianchi e rammenta la regione dorsale tettiforme di alcuni Ammoniti del tipo dell'A. Maugenesti D’ ORB.® 

L’esemplare più piccolo è un poco più involuto e meno compresso del precedente. Mentre esso so- 
miglia a questo ultimo per la forma del dorso, se ne allontana invece per le coste che nei giri interni 
specialmente sono rade e nodose ed hanno all’esterno i nodi assai sviluppati. i 

È singolare come questa specie, frequente nei depositi domeriani dell’Italia settentrionale, sia scar- 
samente rappresentata nell’Italia centrale e meridionale e manchi nella Sicilia. 

L'individuo più grande proviene dai Monti della Rossa, quello più piccolo dalla Rocchetta. Ambedue 
si riferiscono alla parte più elevata del Lias medio. 


II. Gen Phylloceras Surss. 


1. Phylloceras Calais Man. — Tav. XIX [I], fig. 3. 


1867-81. A. (Phyloceras) Calais MeneGnINI. Mossiles du Medolo, pag. 24, tav. III, fig. 1,2. 
1896. Phylloceras Calais Fucini. Fauna del Lias medio del Monte Calvi presso Campiglia Marittima. 
Palaeontographia italica, vol. II, pag. 221 (cum syn.). 


DIMENSIONI 

I II 
Diametro . , . ù - . 6 ò c . mm. 53 mm. 303 
Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro ò È 0,50 0, 57 
Spessore » » » » È 5 0,43 0,49 
Larghezza dell’ ombelico » » . 5 0,19 0,11 
Ricoprimento della spira » » È 0 0,15 0,16 


Credo di potere ascrivere al PR. Calais Men. due esemplari provenienti dalla Marconessa presso 
Cingoli. Uno di essi presenta mediocri dimensioni, l’altro è grandissimo rispetto agli individui fino ad 
ora riferiti a questa specie. Il primo corrisponde perfettamente all’esemplare originale del Medolo rap- 
presentato dal MeNEGHINI con la fig. 2. Esso è pure tutto concamerato; ha solchi peristomatici al prin- 
cipio dell'ultimo giro ed ha i fianchi quasi piani che scendono repentinamente all’ombelico, dando luogo 
ad una specie di carena circombelicale. L'altro esemplare grandissimo, di non buona conservazione, ha 
tutta la forma di questa specie e non differisce dall’individuo più piccolo e da quello originale che per 
i caratteri inerenti alla specie stessa, quando si esamini ad un diametro più grande. Relativamente alle 


i) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit. ecc., pag. 66, tav. 13, fig. 5. 
2 D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t.I, pag. 254, tav. 70. 


[BI] A. FUCINI 147 


sue dimensioni esso ha dunque l'ombelico assai più stretto e l'altezza del giro, proporzionatamente al 
diametro, alquanto più grande. Si può quindi ritenere che sieno confermati quei caratteri riconosciuti 
dal MeNEGHINI e per i quali il PR. Calais con l'accrescimento si rende sempre più involuto, restrin- 
gendo l'ombelico ed aumentando l’altezza del giro. 

I lobi non sono benissimo distinguibili in nessuno degli esemplari esaminati; però si vede che la 
.loro frastagliatura è assai complicata e riferibile per la forma a quella data dal MENEGRINI. 

Il Ph. microgonium Gewm.! è una specie vicinissima al PR. Calais Mez. 

Questa specie fu creata sopra esemplari del Lias medio del Medolo. Il MenEGHINI ? ed il Boxa- 
RELLI 3) la citano anche dei dintorni di Erba, il Secuenza 4 la rammenta fra i fossili dei dintorni di 
Taormina; il Sacco 5) nelle vicinanze di Spezia ed io, sempre nel Lias medio, al Monte Calvi presso 
Campiglia Marittima. Nel Lias inferiore il Ph. Calais è citato a Spezia dal MENEGHINI ® e dal Cana- 
VARI °; nel Monte Pisano da me 8° e nei dintorni di Equi dal Zaccaena ®). 

Nell’Appennino questa specie appartiene a quella parte del Lias medio dalla quale provennero il 
maggior numero dei Brachiopodi illustrati dal CANAVARI e che, a mio parere, si può ritenere non tanto 
alta, ma nemmeno tanto profonda. 


2. Phylloceras tenuistriatum Mon. — Tav. XIX [I], fig. 5. 


1868. Ammonites tenwistriatus MeneGniNI in Rarn. Die Berge von Campiglia in tosckanischen Maremma. 
Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., XX Bd., pag. 321. 

1886. Phylloceras tenuistriatum De Sterani. Lias inferiore ad Arieti dell’ Appennino settentrionale. Mem. d. 
Soc. tosc. d. Sc. nat., vol. VIII, pag. 51, tav. III, fig. 7-9 (cum syn.). 


1896. _ —_ Fucmi. Faunula del Lias medio di Spexia, pag. 141, tav. III, fig. 4. 
1896. _ —_ Fucmi. Fauna d. Lias medio del Monte Calvi ecc., pag. 226, tav. XXIV, fig. 21 


(cum syn.). 


DIMENSIONI 
Diametro . . : _ È o _ È 5 : 7 3 . mm. 55 
Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro è o È . c 0,58 
Spessore » » » » È : 5 ; È 0,24 
Larghezza dell’ ombelico » » c c 7 È 6 0,08 
Ricoprimento della spira » » è x 2 7 o 0,13 


L’unico esemplare che io credo di potere riferire a questa specie non è benissimo conservato e non 
lascia vedere le fini costicine radiali caratteristiche, delle quali si ha solo un debolissimo indizio al prin- 


i) GemMELLARO. Sui fossili d. str. a Ter. Aspasia d. contr. Rocche rosse pr. Galati, pag. 10, tav. I, fig. 4-6. 

2) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge Ammonit. — Révision systematique, pag. 196. 

3) BOoNARELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 9. 

4) SEGUENZA. Intorno al sistema giurassico nel territorio di Taormina, pag. 5. 

5) Sacco. L’Appennino settentrionale. Boll. d. Soc. geol. ital., vol. X, pag. 743. 

5) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 25. 

7 CANAVARI. Contribuzione alla fauna del Lias inferiore di Spezia, pag. 48, tav. II, fig. 16. 

8) Fucini. Fauna dei calcari bianchi ceroidi con Ph. cylindricum Sow. del M. Pisano, pag. 210, tav. XIII, fig. 8. 
9) ZACCAGNA. Carta geologica delle Alpi Apuane. Boll. Soc. geol. ital., vol. XV, pag. 229. 


148 A. FUCINI [4] 


cipio dell’ ultimo giro. Tuttavia ritengo buona la determinazione per la corrispondenza di tutti i carat- 

teri, compresi quelli della linea lobale, per quanto parzialmente rilevabile, e dopo accurato confronto con 
il molto materiale a mia disposizione. 

Mi era in verità venuto il dubbio che si trattasse della specie susseguente, cui il 

Ph. tenvistriatum Mon. somiglia tanto per la forma e l’andamento dei giri, ma la linea 

i lobale, della quale figuro la sella esterna (fig. 1) mi ha tolto d’ogni incertezza. 

| Questa specie che pochi anni addietro era appena conosciuta è stata citata in questi 
LORCA MODAIC IONAn ultimi tempi in parecchi depositi. Io l'ho rammentata nel Lias medio dei dintorni di 

TR Spezia ed in quello di Monte Calvi. Il Gever! col nome di PM. tenvistriatum Mex. ha 

mm. 45,ingrandezza descritto e figurato una forma di Ammonite del Lias medio del Schafberg che il Levi ?) 

SRO ritenne doversi riferire piuttosto al Ph. Partschi Stur. L'osservazione del Levi è forse 
giustificata dal fatto che nel Ph. tenwistriatum Mon. mancano le fini striature che accompagnano le 
costicine radiali e che costituiscono il carattere ornamentale del Pl. Partschi. 

Avendo potuto esaminare un buonissimo modello del PW. Sturì RevnÈs 3) mi sembrerebbe di potere 
asserire che ad esso corrisponde piuttosto quella forma illustrata dal GeyER col nome di Pl. tenui- 
striatum Mon. Non saprei ora precisamente se il PM. tenwistriatum del GeveR ed il Ph. Sturi del ReynÈSs 
possano riferirsi al Ph. Partschi StuR; certo differiscono dal PW. tenuistriatum McH. per le coste ra- 
diali più grossolane, meno numerose e inframettenti striature più sottili. 

Nel Lias medio il Ph. tenvistriatum Mor. viene citato con dubbio dal Canavari nel Colle S. An- 
tonio presso Tivoli e dal BonARELLI 5 nei dintorni di Como. Nel Lias inferiore si trova a Campiglia, 
d’onde provengono gli esemplari che servirono al MENEGHINI per costituire la specie e secondo il mio 
parere anche ad Hierlatz dove sarebbe descritto e figurato dal GeyeR ® col nome di Pl. costatoradia- 
tum STUR. 

L’esemplare esaminato proviene da calcari grigio-giallastri dei dintorni di Cagli ed appartiene alla 
vecchia collezione del Museo di Pisa. 


Fio, l. 


3. Phylloceras Zetes D’ Or. — Tav. XIX [I], fig. 4. 


1850. Ammonites Zetes D’ OrBIGNy. Prodrome, I, pag. 247. 
1893. Phylloceras Zetes PowprckI. Bedtrige xu einer Revision der Ammoniten des Schwdibischen Jura, Lief. I, 
pag. 26 (cum syn.). 


1896. = — Parona. Contribuzione alla conoscenza delle Ammoniti liasiche di Lombardia, pag. 
22 (cum syn.). 
1899. — — Fucini. Sopra alcune nuove Ammoniti dei calcari rossi ammonitiferi inferiori della To- 


scana. Palaeontographia italica, vol. IV, pag. 241. 


1) Grver. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges ece., pag. 43, tav. VI, fig. 1,2. 
2 Lnvi. Fossili degli strati a Terebr. Aspasia di Monte Calvi presso Campiglia. Boll. d. Soc. geol. ital., vol. 
pag. 267. 
3) RevNbs. Essai de géologie et de paltontologie Aveyronnaises, pag. 91, tav. III, fig. 1. 
4 CANAVARI. Ammoniti del Lias medio di S. Antonio (Tivoli). Atti d. Soc. tosc. d. Sc. nat. Proc. verb., vol. II, 
pag. 109. 

5) BONARELLI. Fossilî domeriani della Brianza, pag. T. 


XV 


[5] A. FUCINI 149 


DIMENSIONI 
I II 
Diametro . ò Ò o o . . . 0 . mm. 68 mm. 52 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto del diametro 0 0 0,59 0,59 
Spessore » » » » È N 0,28 0,23 
Larghezza dell’ ombelico » » 0 0 0,10 0,09 
Ricoprimento della spira » » SIG 0,13 0,13 


Degli esemplari che io riferisco al PR. Zetes D’ORB. quattro provengono dai calcari grigio-cenerognoli 
della Rocchetta ed uno, molto piccolo e di indecisa determinazione, dai calcari bianchi spatici con Diotis 
Janus Meg. del Furlo. Questo ultimo è stato da me riferito a questa specie perchè, sebbene non lasci 
vedere niente della linea lobale, corrisponde nella forma perfettamente ai piccoli individui conosciuti del 
Lias medio di Spezia! e del Lias inferiore di Hierlatz ®. Gli esemplari della Rocchetta hanno dimensioni 
assai notevoli e mostrano tutta la loro superficie fornita di linee Ilobali. Queste, sebbene sieno alquanto 
corrose, pur tuttavia nel loro insieme mostrano la struttura caratteristica della specie. 

L’esemplare più grande da me posseduto e che figuro, per la forma dei giri corrisponde a quello 
rappresentato dal QuenstEDT 8) col nome di A. Reterophyllus amalthei; ha, cioè, il maggiore spessore 
dei giri al terzo interno della loro altezza. Per l'ampiezza dell’ombelico invece esso si riporta meglio 
all’esemplare di Enzesfeld illustrato dall’Hauer #, al quale poi si riferiscono tutti i miei esemplari per 
il grado d'involuzione, minore di quel che non si osservi nel sopracitato individuo del QuENSTEDT. 

Il Ph. Zetes D’ORB. è specie rappresentata frequentemente nel Lias medio, ma è notata anche nel 
Lias inferiore. In questa parte del Lias il GryER 5 la cita ad Hierlatz ed il Parona ® a Saltrio in una 
formazione che ha tante analogie con quella dei calcari rossi ammonitiferi inferiori della Toscana, ove 
tanto il MENEGHINI ? quanto io 8° abbiamo riconosciuto la presenza di questa specie. 


4. Phylloceras frondosum Reynîs. — Tav. XIX [I], fig. 6. 


1868. Ammonaites frondosus RevnÈs. Essai de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 98, tav. 5, fig. 1. 

1896. Phylloceras frondosum Fuomi. Fauna del Lias medio del Monte Calvi, pag. 224, tav. XXIV, fig. 19 
(cum syn.). 

1897. = — PompeckI. Palacont. u. stratigr. Notixien aus Anatolien. Zeitschr. d. D. geol. 
Gesellsch., Bd. XLIX, pag. 729, tav. XXIX, fig. 9. 


DIMENSIONI 
Diametro . 5 0 : 3 - o o . 0 2 È . mm. 40 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto del diametro . o . c c 0, 58 
Spessore » » » » o 5 . 5 7 0,34 
Larghezza dell’ ombelico » » . c c . 5 0,11 
Ricoprimento della spira » » 6 o . 0 6 0,12 


» 


Fucini. Faunula d. Lias medio di Spezia, pag. 139, tav. II, fig. 6. 

2) GeveR. Lias-Cephalopoden d. Hierlatz, pag. 222, tav. I, fig. 15. 

3) QUENSTEDT. Cephalopoden, pag. 100, tav. VI, fig. 1. 

HauER. Cephalopoden a. d. Lias ecc., pag. 56, tav. XVIII, fig. 1. 

5) GrYvER. Lias-Cephalopoden d. Hierlatz, pag. 222, tav. I, fig. 15. 

Parona. Contrib. alla conosce. di Amm. lias. d. Lombardia, pag. 22. 

MENEGHINI in RaTH. Die Berge v. Campiglia in tosck. Maremme. Zeitschr. d. D, geol. Gesellsch., Bd, XX, pag. 322. 
FucInI. Alc. nuove Amm. d. calc. rossi ece., pag. 241. 


(9 


CIS 


150 A. FUCINI [6] 


Il solo esemplare che io posso riferire sicuramente a questa specie corrisponde molto bene all’ indi- 
viduo tipico illustrato dal Reynès. L’unica differenza notevole consiste nello svolgimento ed accrescimento 
più rapido della spira mostrato dal mio esemplare e che si risolve nel presentare ombelico più eccentrico 
e ricoprimento maggiore del penultimo giro. Uguale differenza si osserva anche in confronto con gli 
esemplari di Ph. frorndosum illustrati dal MeNEGHINI ® e dal PoMPECKI. 

La forma del Lias medio del Monte Calvi corrisponde invece per questo carattere a quella ora in 
studio. 

Ho riferito al Ph. frondosum ReyN. anche un individuo proveniente dalla Mitola. Esso è di dimen- 
sioni assai notevoli ma troppo mal conservato per essere sicuri del suo riferimento. 

L’esemplare studiato proviene dai calcari grigio-chiari di Cagli. 


5. Phylloceras Meneghinii Gem. — Tav. XIX [I], fig. 7. 


1867-81. A (Phylloceras) Hebertinus (non Revnds) MevneGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 30, tav. III, fig. 6. 


1874. Phylloceras Meneghini GemmeLLARO. Sopra alcune faune giuresi e liassiche della Sicilia, pag. 102, 
tav. XII, fig. 23. 

1884. — _ GrmieLLaro. Sui foss. d. str. a Ter. Aspasia d. contr. Rocche rosse pr. 
Galati, pag. 9, tav. II, fig. 13-17. 

1895. —_ a BowarELLI. Mossili domeriani della Brianza, pag. 7. 

1896. — — Fucmi. Fauna d. Lias m. del M. Calvi ecc., pag. 223, tav. 24, fig. 17, 18. 


(cum syn.). 


DIMENSIONI 

I I 
Diametro . : . d o 6 a 6 ò doing ol mm. 50 
Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro ò 1 0,59 0, 60 
Spessore » » » » Ò É 0,41 0,44 
Larghezza dell’ombelico » » ò . 0,08 0,09 
Ricoprimento della spira » » . 5 0,12 0,12 


Gli esemplari che io credo di potere riferire a questa specie sono tutti concamerati. Uno di essi, che 
ha il diametro di mm. 71, fa credere che la specie possa giungere a notevoli dimensioni. La forma della 
conchiglia si mantiene la stessa tanto nei giovani quanto negli individui più adulti, solo si può osservare 
che i giri con l’accrescimento vanno leggermente diminuendo la loro straordinaria gonfiezza. La sezione 
dei giri di questa specie si mantiene costantemente ovale e tale è data per tutti gli esemplari adulti fino 
ad ora conosciuti, solamente nei giovanissimi individui sembra che essa sia invece ellittica. 

Nei miei studi sulle faune di Lias medio della Toscana ho sempre riunito al Pl. Meneghinii Gemwm. 
gli esemplari del Medolo che il MenEGHRINI aveva riferito al Ph. Hedertinum Revn.® Il PomPECKI ® studiando 
quest’ ultima specie ha invece creduto che essa sia veramente rappresentata al Medolo. Per chiarire possi- 


i) MexEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 89, tav. XVIII, fig. 1; — In. Fossiles du Medolo, 
pag. 31, tav. IV, fig. 1. 

2 Revnbs. Ess. de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 94, tav. 2, fig. 3. 

3) PoMmPECKI. Palaeont. u. strat. Notizien aus Anatolien. Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., Bd. XLIX, pag. 730. 


[7] A. FUCINI aUsil 


bilmente la questione ho ripreso in esame gli esemplari del Medolo, nonchè un modello in solfo del PW. 
Hebertinum Reyn. di Bosc il cui originale probabilmente si trova nel Museo di Monaco di Baviera. 

Questo modello ha la sezione del giro ellittica, ma un poco più larga di quella rappresentata dal Revnès 
per il suo esemplare tipico. Perciò esso corrisponde molto bene, anche per la fine striatura longitudinale, 
a quell’ individuo del Schafberg rapportato dal Gryer? al Ph. Meneghinii Gemw. e rappresentato con la 
fig. 4. L’esemplare di Pl. Hebertinum illustrato dal PompecKI sebbene presenti dimensioni piuttosto notevoli, 
ha la sezione del giro decisamente ellittica. 

Se dal Ph. Hebertinum Reyx. si deve tenere separato il Ph. Meneghinii Gemm. che io ho sempre rico- 
nosciuto estremamente vicino, le due specie non possono distinguersi che per i caratteri seguenti: La sezione 
dei giri nel Ph. Hebertinum sarebbe ellittica e quindi con la maggiore larghezza in corrispondenza della 
metà dell’altezza dei giri stessi; nel Ph. Meneghini la sezione dei giri resulterebbe invece ovale, inquantochè 
i fianchi hanno il massimo spessore a circa il primo terzo interno della loro altezza. La linea lobale del 
Ph. Hebertinum designata dal Revxès ha i lobi sempre meno profondi procedendo verso l’interno, nel Pl. 
Meneghinii i lobi hanno tutti la stessa profondità. Sembrerebbe poi, ma non mi resulta dal modello di 
Ph. Hebertinum che ho in esame, che la specie del Reyxès avesse anche l’ombelico più ampio. 

Gli esemplari del Medolo aventi un discreto sviluppo, compreso dunque quello non tanto fedelmente 
rappresentato dal MENEGHINI e che io nuovamente figuro qui di fianco, hanno la sezione 
dei giri decisamente ovale, negli individui piccoli prevale invece la sezione ellittica, 
Nessuno ha però la linea lobale come quella data dal Reyxks per la sua specie. Conclu- 
dendo io rimango nella persuasione che il PhyMoceras del Medolo sia da rapportarsi al 
Ph. Meneghinii Gemm., quando questa specie si voglia tener separata dal Pl. Hebertinum 
Reyn. Altrimenti riterrei necessaria la riunione delle due specie. 

Questa specie è caratteristica pei depositi del Lias medio. Degli esemplari esaminati 
tre provengono dai monti della Rocchetta ed uno dai dintorni di Cagli. 


6. Phylloceras Geyeri Bon. — Tav. XIX [I], fig. 8. 


21868. Ammonites Nilssoni (non HfB.) Reynîs. Essai d. géol. et de paltont. Aveyr., pag. 92, tav. I, fig. 5, 
(sub nom. A. Calypso). 
1867-81. A.(Phylloceras) Nilssoni (non His.) MexeGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 32 (cum sym). 


1867-81. — —_ Capitanei (non Car.) MeneGHINI. Ibidem, pag. 33 (cum syn.). 
1893. Phylloceras sa (non Car.) Gever. Mittell. Ceph.d. Hinter-Schafb., p.35, tav. IV, fig. 1(?), 2-6. 


1895. Phylloceras Geyeri BonAarELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 8. 


DIMENSIONI 

Diametro . h : . ; ° ò c , È 7 . . mm. 28 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . ò o C . 6 0,53 
Spessore » » » » 5 . 2 : - c 0, 42 
Larghezza dell’ombelico » » » . o È 2 - c 0,16 
Ricoprimento della spira » ” o 5 . . 7 È 0,20 


1) Erroneamente nel mio studio sul Lias medio del M. Calvi dissi che tale modello fu mandato al MENEGHINI 
dal ReyNÈs; credo invece che esso fosse inviato dal prof. ZirTEL. 
2 Govor. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 43, tav. V, fig. 4. 


152 A. FUCINI [8] 


Di questa specie ho un esemplare non molto grande, tutto concamerato, corrispondente perfettamente 
agli individui di uguali dimensioni del Medolo, dal MexeGHINI riferiti al P. Nissoni His. Esso ha la 
conchiglia discretamente rigonfia, strettamente ombelicata, molto involuta e di accrescimento non tanto rapido, 
inquantochè il centro della spira è situato al secondo quinto inferiore del diametro. I giri, alquanto più 
alti che larghi, non sono molto convessi ed hanno il maggiore spessore a circa il primo quarto interno della 
loro altezza. I fianchi cadono assai rapidamente alla sutura dell’ombelico, però il margine è arrotondato. 
La sezione dei giri resulta ovale. Sulla superficie del nostro esemplare, essendo in modello, non rimangono 
traccie delle fini strie radiali che ornano questa specie. Nell’ultimo giro si trovano cinque solchi non molto 
profondi. Questi, presso l'ombelico, fanno una curva assai sentita rivolta in dietro; fra la metà ed il terzo 
esterno dei fianchi ne fanno un’altra molto debole verso l’apertura; sul dorso si riuniscono poi con una 
curva voltata in avanti. La linea lobale ha il lobo sifonale assai profondo sorpassato solo dal primo laterale 
ed eguagliato dal secondo. I lobi accessori non arrivano mai alla linea radiale. La prima sella laterale trifilla 
è più alta di quella esterna, difilla. La seconda sella laterale e la prima accessoria sono pure difille. Le altre 
accessorie, via via sempre più basse delle precedenti, sono monofille. 

Questa specie ha una grande somiglianza con il Pl. Bicicolae Men ® al quale forse dovrà riunirsi se 
non resulteranno costanti i caratteri differenziali e che consistono principalmente nell’avere la specie mene- 
ghiniana ornamentazioni più grossolane e la prima sella laterale decisamente difilla. 

Quello che mi sembra inammissibile è quanto ha creduto il PomPecxI ? che cioè il Pl. Geyerìi Bon. 
sia eguale al Pl. Alontinum Gemm.® Questo, che appartiene al tipo del PR. Calais Mer., ha i fianchi 
piani, pressochè paralleli anche nei giri interni e probabilmente è privo di quelle ornamentazioni che ador- 
nano la conchiglia delle specie del tipo del P). Capitanei Cat. La specie presente nei giri interni ha 
la sezione dei giri decisamente ovale e non rettangolare ellittica come nel Ph. Alontinum. Il Ph. Nilssoni HB. 
ed il Ph. Capitanei Cat. sono specie certo differenti non fosse altro per la loro maggiore compressione. 

L’esemplare esaminato proviene dalla Marconessa. 


III. Gen. Rhacophyllites Zirter. 


1. Rbacophyllites libertus Ger. — Tav. XX [II], fig. 1. 


1869. Ammonites mimatensis (non D’ OrB.) ZitteL. Geolog. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn., pag. 134. 

1884. Phylloceras libertum GexmeLLARO. Moss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 4, tav. II, fig. 1-5. 

1896. Ehacophyllites libertus Fuomi. Fauna d. Lias m. del M. Calvi ecc., pag. 227, tav. XXIV, fig. 22 
(cum syn.). 


DIMENSIONI 

PI: JI 
Diametro . : à Ò . . . È . . mm. 54 mm. 50 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ° ; 0,37 0, 36 
Spessore » » » » 5 , ò 0,24 0,24 
Larghezza dell’ombelico ” » : " 0 0,37 0,37 
Ricoprimento della spira » » " È 6 ? 0,06 


) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ecc. pag. 98, tav. XIX, fig. 7. 
?) PompPECRI. Palaeont. u. strat. Not. a. Anatolien. Loc. cit., pag. 733. 
3) GEMMELLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 9, tav. 1, fig. 7, tav. 2, fig. 18-20. 


[9] A, FUCINI 153 


Questa specie è molto vicina al R%. Nardii Mex. ! ed al RR. mimatensis D'ORB.® del quale si hanno 
nel Museo di Pisa degli esemplari con ombelico assai largo, provenienti da località francesi. Essa si trova 
in quasi tutti i depositi di Lias medio italiano ed anche in alcuni di quelli fuori d’Italia. Perciò è cono- 
sciutissima. A ciò che è stato detto sopra il R%. libertus Gemm. poco posso aggiungere con l’esame dei 
diversi esemplari dell'Appennino centrale, alcuni dei quali con etichetta scritta dal ZIrreL sono riferiti 
dal RR. mimatensis HAUER ) non D'ORE. 

L’esemplare maggiore che io abbia in esame è di Cesi presso Terni. Esso ha la particolarità di avere, 
in confronto agli altri individui, le coste più grossolane e più robuste. Tale esemplare essendo concame- 
rato fino alla metà dell’ultimo giro si può ritenere completo per quanto non lasci vedere i caratteri del 
peristoma. 

Altro esemplare molto bello proviene, insieme ad altri due, da Cagli ed è quello di cui fa parola il 
MENEGHINI 4) che lo considerò appartenente al R%. mimatensis D’ORB. In questo si osserva che almeno nel- 
l’ultimo giro i peristomi sono avvicinati a due a due. Altri individui provengono poi dalla Marconessa presso 
Cingoli, dalla Mitola, dal Monte Faito; un esemplare è del M. Corno, uno della Rocchetta, uno del Sanvi- 
cino ed uno molto piccolo del Furlo. Quest'ultimo esemplare è più antico degli altri appartenendo alle 
zone più profonde del Lias medio. 


2. Rhacophyllites lariensis Mon. — Tav. XX [II], fig. 2. 


1867-81. Ammonites (Phylloceras) lariensis MeneGHINI. Monogr. d. foss. du calce. rouge ammonit. ece., 
pag. 80, tav. XVII, fig. 1-3. 


1869. _ eximius (non Hauer) Zirrer. Geol. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn., pag. 134. 
1895. Rhacophyllites lariensis BonarELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 10. 
1896. — — Greco. Il Lias sup. nel Circ. di Rossano, pag. 103 (cum syn.). 
1896. — —  Fucni. Fauna d. Lias m. del M. Calvi, pag. 227. 
DIMENSIONI 
Diametro . c . È . " - 5 È . mm. 61 mm. 70 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. , o 0, 40 0,41 
Spessore » » » » " - 5 0,26? 0,30 
Larghezza dell’ ombelico ” » ; 5 6 0,29 0,31 
Ricoprimento della spira » » ; © ° 0,10 0,09 


Alla forma tipica, come viene intesa anche dal Box4ARELLI, io attribuisco due esemplari assai grandi 
molto ben conservati, concamerati fino ai due terzi dell’ultimo giro. Uno, il più grande, fu raccolto nel 
1890 dal CanavarI nei Monti della Rossa. Esso è fossilizzato in un calcare grigio, zonato di rosso, che si 
riscontra tanto nel Lias medio quanto nel Lias superiore dell’Appennino centrale. Perciò non posso escludere 
in modo assoluto che l'esemplare in discorso possa appartenere al Lias superiore. Nella sua forma non si 
scorge niente di speciale. Solo è da osservare che le coste nell’ultima porzione del giro sono sostituite da 
pieghe molto larghe e depresse, delle quali se ne ha una in corrispondenza di ogni varice del dorso. 


i) MENEGHINI. Nuovi fossili toscani, pag. 27. 

2 D’OrBIGNY. Paléontologie frane., terr. jurass., t. I, pag. 344, tav. 110, fig. 4-6. 
3) HAUER. Cephalopoden a. d. Lias ecc., pag. 56, tav. XVII, fig. 1-3. 

4 MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 83. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 19 


154 A. FUCINI [10] 


L’altro esemplare che crederei sicuramente del Lias medio anche per la roccia che lo costituisce, è 
quello del quale fa parola il MeNEGHINI nella sua Monografia e che fu raccolto al Furlo dall’Abate MARIOTTI 
e donato poi al MeNEGHINI dal prof. ZirteL. Esso corrisponde perfettamente all’esemplare 
FUT: tipico illustrato dal MENEGHINI stesso con la fig. 2, solamente è un poco più compresso. 
i Dal Zret fu riferito all’A. eximius HAUER. 

Da esso è tolta la linea lobale figurata qui accanto (fig. 3). Sebbene del Furlo, questo 
PIANI esemplare non appartiene alle zone più profonde del Lias medio sviluppate in quel 

lariensis Mon. presa luogo e che hanno dato gli altri fossili descritti di tale località. 
e La forma illustrata dal Gever® parrebbe, dall'esame della figura, che fosse priva 
dei solchi sinuosi che ornano i fianchi di questa specie, ma il GeyER avverte però 

della loro esistenza. ° 


Var. costicillata. — Tav. XX [II], fig. 3. 


Oltre al %. lariensis tipico io ho nel mio materiale di studio alcuni esemplari che se ne allontanano 
assai per avvicinarsi grandemente al 7. exìmius HAUER cui potrebbero essere anche riuniti come varietà 
di passaggio alla specie del MenEGHINI. Essi poi non appartengono certo alla var. Bicicolae BonaR. che dal 
BonarELLI e dal MENEGHINI, il quale la illustrò senza nominarla, è stata ritenuta come forma intermedia tra 
il Eh. lariensis ed il Eh. eximius. La mia forma, cui ho assegnato il nome di var. costicillata, presenta le 
seguenti dimensioni: 


Diametro . x c . . . 0 Ò ò È ” 7 . mm. 53 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . . Ò o o 0, 40 
Spessore » » » » o . 3 0 6 c 0,19 
Larghezza dell’ ombelico » » à : . 0 9 o 0,30 
Ricoprimento della spira » » ‘ : o Ò ò . 0,09 


Questa varietà per avere la conchiglia molto compressa, ornata di coste assai sottili, evidenti anche 
nella parte concamerata della spira, e per avere la carena sifonale sviluppata già in questa parte, si avvi- 
cina molto all’ezimius e si allontana dal lariensis. Si somiglia invece a quest’ ultima specie per avere la 
carena, nell’ultima porzione della spira, costituita presso a poco ugualmente, con le creste allungate nel 
senso della carena stessa ed interrotte ogni tanto. Queste creste sono però più piccole che nel tipico RX. larien- 
sîs. Somiglia inoltre alla specie del MENEGHINI per il margine circombellicale assai arrotondato e non netta- 
mente angoloso come nel A. erimius di HAURR. 

Il Eh. lariensis var. Bicicolae Bon. si avvicina al tipo della specie del MENEGHINI più della mia forma, la 
quale differisce da esso per maggior compressione, per le coste che si trovano anche nella parte concamerata 
della spira, ove esiste anche .la carena sifonale. Gli esemplari di questa forma provengono dai Monti 
della Rossa e dal Piano dei Giugoli e sono fossilizzati in un calcare cenerognolo alquanto marnoso, simile 
a quello che fossilizza pure un bell’esemplare di questa stessa forma raccolto presso Bolognola dal CANAVARI. 
Non ho però tenuto conto di quest’ ultimo esemplare poichè sembra che esso appartenga ad un deposito 
ove si trova anche 1’ Harp. difrons Brue. In ogni modo la var. costicillata appartiene, secondo il mio parere, 
alla parte più alta del Lias medio dell'Appennino centrale. 


1) Grver. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 51, tav. VII, fig. 8,9. 


[11] A. FUCINI 155 


3. Rhacophyllites eximius Hauer. — Tav. XX [II], fig. 4. 


1854. Ammonites erimius Hauer. Beitr. x. Kennin. d. Heterophyllen ecc. Sitzangsb. d. mathem.-naturw. 
Cl. d. Kais. Akad, d. Wiss. Wien, pag. 863, tav. XI, fig. 1-4. 
1855. A. complanatus (non Brue.) MeneGHINI in Spanpa et Orsini. Quelques observ. géol. s. les Apenn. ecc., p. 29. 
non 1866. Ammonites eximius Zire. Geol. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn., pag. 134. 
1895. Ahacophyllites erimius BonarELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 9. 


1896. — —  Grrco. Il Lias sup. nel Circe. di Rossano, pag. 105, tav. I, fig. 6 (cum syn.). 
DIMENSIONI 
Diametro . È 0 0 6 ò Ò 0 Ò o 0 . . mm. 49 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . 5 , 6 n ò 0,41 
Spessore » » » » 0 0 Ò 7 . , 0,25 
Larghezza dell’ombelico » » 5 5 . ò è 6 0,27 
Ricoprimento della spira » ” 0 o : o . 6 0,09 


Non si potrà mai confondere questa specie con la precedente, nè con le varietà di essa a cagione della 
carena sifonale che nell’ R%. eximius è sottile, continua, non frangiata nè nodosa. È pure un carattere molto 
spiccato di questa specie la forma dell’ombelico avente le pareti oblique verso l’interno, piane od un poco 
concave e nettamente separate dai fianchi per una ben distinta carena. 

Costituisce anche un carattere differenziale fra questa specie e la forma tipica della precedente, la 
presenza qui di coste assai distinte anche nella parte concamerata della spira, all'infuori però dei giri 
più interni. Questo carattere si trova invece nella var. costicillata del Eh. lariensis Mex. 

L’esemplare in esame è in modello interno e concamerato fin poco oltre la metà dell’ultimo giro. 
Lo riferisco al R7. exvimius HauER, sebbene creda che ne sia forse una leggera variazione perchè non pre- 
senta affatto i solchi peristomatici che non mancano in alcuno degli esemplari in modello che io ho 
veduti o direttamente od illustrati dagli autori. 

Nel Schafberg si trovano, illustrati dal Gever®, degli esemplari alquanto meno compressi dell’ origi- 
nale di Hauer e del mio che a quello corrisponde assai bene. La forma calabrese descritta dal GrEco è 
invece più compressa di ogni altra. 

Il mio esemplare proviene dal Monte Faito e, creduto del Lias superiore, venne anticamente deter- 
minato dal MENEGHINI per l'A. complanatus Brue. 

Altro esemplare di determinazione un poco incerta proviene pure dal Monte Faito. 


IV. Gen. Lytoceras SuEss. 


1. Lytoceras audax Mon. — Tav. XX [II], fig. 6. 


1867-81. A. (Lytoceras) audax MexeGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 38, tav. V, fig. 6. 


1896. Lytoceras audax Fucmmi. Fauna d. Lias medio del M. Calvi, pag. 230 (cum syn.). 
DIMENSIONI 

Diametro . 5 c Ò 2 c ò ò 2 . 6 7 . mm. 40 

Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . È . b . 2 0,34 

Spessore » » » » ° Ò è . . . 0, 22 

Larghezza dell’ombelico » » 1 3 È , : , 0,45 

Ricoprimento della spira » » 5 : E . Ù ù 0; 00 


1) GoyeRr. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 50, tav. VII, fig. 3-7. 


156 A. FUCINI [12] 


Per gli esemplari che fino ad ora si conoscevano di questa specie, del Medolo, di Spezia e del Monte 
Calvi, si poteva credere quasi che essasi mantenesse in limiti di grandezza molto ristretti. Il maggiore individuo 
di Lyt. audax fino ad ora conosciuto era infatti quello del Medolo illustrato dall’ Hauer! col nome di A. PWil- 
lipsi. L’esemplare in esame mostra che la specie può acquistare dimensioni relativamente discrete. In quanto 
alla forma della conchiglia niente mi resta da aggiungere a quello che è stato detto fin qui; mi fermerò 
piuttosto a rilevare i caratteri che si sviluppano in questa specie con l’ accrescimento. Già dalle dimen- 
sioni comparative degli esemplari del Medolo date dal MeNEGHINI si poteva rilevare come lo spessore dei 
giri andasse diminuendo con l’accrescimento. Di ciò ne faceva fede anche l’individuo illustrato dall’HAUER 
il quale, essendo come si è detto il più grande dei conosciuti fino ad ora, presenta lo spessore dei giri 
rappresentato da 0,25 in rapporto al diametro, mentre nell’esemplare grande del MENEGHINI, è dato da 
0,26 e nei più piccoli da 0,27 a 0,29. Naturalmente dietro queste considerazioni si trova che il campione 
in esame ha in rapporto al diametro uno spessore minore, rappresentato da 0,22. 

L'ampiezza dell’ombelico nel mio esemplare è di 0,45 in rapporto al diametro e non è raggiunta da 
nessun altro di quelli misurati dagli autori che hanno studiato questa specie. Non saprei dire però se 
questa differenza sia portata veramente dal maggiore sviluppo. A ciò non si opporrebbero in generale le 
misure date per vari esemplari dal MENEGHINI, ma non vi si adatta l’individuo assai grande dell’ HAUER 
e che mostra l'ombelico più piccolo di tutti gli altri esemplari essendo rappresentato da 0,35. 

Un carattere che sembra certamente dovuto all’accrescimento consiste nel numero più grande di solchi 
peristomatici presentati dai giri che hanno un diametro maggiore. Ad un diametro di 10 o 12 mm. tali 

solchi possono essere tre o quattro; decisamente quattro, restando posto quasi per un 


Sr quinto, si osservano nell’individuo di circa 25 mm. di diametro illustrato dall’ HAUER. 
vasi L’esemplare che ho in esame, osservato ad un diametro uguale a quello dell’individuo 
; dell’HAUER, presenta ugualmente quattro solchi, situati precisamente in identica posizione. 
Ù Al diametro di 30 mm. i solchi invece sono già cinque e diventano sei a 40 mm., diametro 


Linea lobale del Lyt. È E : 
audax Mon, presa al MASSIMO offerto dal mio campione. 


E) La linea lobale (fig. 4), da me rilevata nell’ultima porzione del penultimo giro, si 
grandita 3 volte. 
riporta a quella disegnata dal MENEGHINI, ed insieme ad essa differisce dalla linea lobale 
figurata dall’ HaurR sopratutto per avere la prima sella laterale un poco più alta di quella esterna. 
TS È bene avvertire che l’HaveR dice nella descrizione esser così anche nel suo esemplare. 
La differenza quindi potrebbe non esistere che nella figura dell’ HaueR poco fedelmente 
i riprodotta. 
Al diametro di 30 mm. ho potuto rilevare anche la porzione interna della linea lobale 
Linea lobale del Ly. (fig. 5) non potuta osservare nè dall’HaueR nè dal MexEGHINI. In essa sono notevoli la 
dI prat strettezza e la profondità del lobo antisifonale, avente poco spiccate incisioni e i rami 
30, ingrandita 3 laterali poco distinti e mediocremente inclinati. 
a Il Lyt. audax Man. è una specie molto caratteristica e punto da confondersi con altre. 


2 


Sono già state fatte rilevare dal MeNnEGHINI 2, dal CanavarI ® e dal Gever , le differenze che essa 


i) HauER. Ueber die Ammoniten aus dem sogenannten Medolo, pag. 409, tav. I, fig. 8, 9, 10 (pars) non fig. 6, 7. 

2) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 38. 

3) CANAVARI. Contribuzione alla fauna del Lias inferiore di Spezia. Memorie del R. Comitato geologico, vol. III, 
pag. 109. 

4 GaveR. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 58. 


{13] A. FUCINI 157 


presenta col Lyt. Phillipsi Sow., fra le quali le più notevoli riguardano l’accrescimento più rapido, la 
linea lJobale ed i solchi peristomatici più inclinati in avanti. 

Il Lyt. audax fu istituito dal MENEGHINI sopra una delle due forme di Lytoceras del Medolo descritte 
dall’HaueR ! col nome di A. Phillipsi Sow. Il MENEGRINI dette all’altra forma il nome di Lyt. Grando- 
nense. Il RevnÈs ? aveva già per l’avanti riconosciuto che il Lytoceras Phillipsi HaueR del Medolo non 
era riferibile alla specie del SowERBY e credendo che ad esso si riferisse una forma da lui incontrata a 
Bosc gli dette in complesso il nome di A. Gauthieri. Questo nome avrebbe avuto la precedenza, almeno 
per una delle specie del MENEGHINI, però avendo sott’ occhio il modello dell’ esemplare originale del ReynÈs 
a me sembra che esso non si riferisca tanto bene nè all’una nè all’altra delle forme del Medolo distinte 
dal MexEGHINI con nomi diversi. Il modello del Lyt. Gauthieri RevN. è diverso dal Lyt. Grandonense Mex. 
(fig. 6,7, 10 dell’HaueR) per accrescimento più rapido e per i solchi peristomatici rivolti in avanti ed 
è, a mio parere, diverso anche dal Lyt. audax (fig. 8,9 dell’HAUER) per i giri più rotondeggianti e per 
accrescimento ancora un poco più rapido. 

Altra specie vicina al Lyt. audax Men., e che insieme ad essa ha stretti legami di parentela col 
Lyt. Phillipsi Sow., è il Lyt. apertum GeyeR ®. Questo per la forma dei giri, per l'accrescimento e per 
la linea lobale si avvicina moltissimo al Lyt. Phillipsi Sow. dal quale differisce per l'andamento dei solchi 
peristomatici. Il Lyt. audax McH. è certo diverso dalla specie del GeyER per accrescimento più rapido, 
per i giri più appiattiti, per i solchi meno inclinati in avanti e per la linea lobale avente la prima sella 
laterale più alta di quella esterna. 

L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigio-chiari del Monte Ginguno (Grotta di Frasassi) presso 
la Genga. 


2. Lytoceras ptychophorum Caw. én schedis — Tav. XX [II], fig. 5. 
DIMENSIONI 
Diametro . È o È ; ll 2 7 7 ; b : . mm. 32 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. - . 7 " : 0,32 
Spessore» » » » 5 : ° , : c 0,21 
Larghezza dell’ombelico » » 0 , . ò 7 c 0, 46 
Ricoprimento della spira » » È , : . : 5 0,00 


Il prof. CanavaRI ha scritto questo nome nella scheda che accompagna un esemplare di Lytoceras 
assai caratteristico. Esso è costituito da una conchiglia largamente ombelicata, assai compressa, di accre- 
scimento lento e quasi completamente evoluta inquantochè il penultimo giro è appena toccato dall’ultimo. 
Sembra però che l’involuzione sia un poco più sensibile nei giri interni. I fianchi dei giri sono piuttosto 
appiattiti e si deprimono più rapidamente verso l’ombelico che verso l'esterno. Da ciò resulta che il mar- 
gine circombelicale è arrotondato più strettamente del margine esterno. La regione dorsale è però tut- 
tavia poco ampia ed arrotondata strettamente. Per quanto la superficie della conchiglia non sia benissimo 
conservata, a causa del continuo succedersi delle numerose concamerazioni alquanto erose, si possono 
rilevare assai bene alcuni ornamenti. Questi si vedono particolarmente nella prima metà dell’ ultimo giro 


i) HAUPR. Amm. aus dem Medolo, pag. 409, tav. I, fig. 6-10. 
2) ReyvNES. Essai de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 97. 
3) GeveR. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 57, tav. VIII, fig. 3-6. 


158 A. FUCINI [14] 


e consistono in costicine radiali assai grossolane, ma poco distinte, semplici, attraversanti indecisamente 
il dorso con una curva leggermente rivolta in avanti. Oltre a queste costicine si possono osservare dei 
solchi peristomatici radiali, non molto profondi, fiancheggiati da rilievi discretamente spiccati. Di tali solchi 
se ne trova uno al primo terzo dell’ultimo giro ed uno alla metà. Non posso poi nè negare nè affermare che 
se ne abbiano ancora altri, mascherati dalla corrosione della parete di alcune concamerazioni. La sezione 
dell'ultimo giro, più alta assai che larga, è ovale e così si mantiene anche nei giri interni, almeno fino 
al diametro di 10 mm. ove l’ho potuta osservare per una rottura dell’ esemplare. 

La linea lobale (fig. 6) rilevata presso l’estremità dell’ultimo giro è assai semplice ed in generale so- 
miglia a quella della specie precedente. Il lobo sifonale resulta piuttosto ristretto, discretamente profondo e 
poco frastagliato ai lati. Il primo lobo laterale è invece ampio ed assai profondo, 
inquantochè sorpassa un poco la linea radiale e si mostra alquanto asimmetrico 
a cagione del suo ramo esterno più piccolo e più stretto del ramo interno. Il 
secondo lobo laterale appare assai poco ampio, debolmente inciso ai lati e di un 
I O ISCIZO circa meno profondo del primo laterale. Il lobo antisifonale si vede non 

rum Can, presa al diametro molto bene anche al diametro di 20 mm.; esso è certamente assai ristretto e porta 

dimm. 90, ingrandita? vel roche dentellature laterali, delle quali una mediana, pochissimo più profonda delle 
altre, rappresenta il ramo trasversale. La sella esterna e la prima laterale hanno presso a poco la medesima 
ampiezza e la stessa altezza. Ambedue senza essere tanto frastagliate mostrano evidentemente la loro 
dicotomia. Seguono dopo la seconda sella laterale e quella che precede il lobo antisifonale le quali fra 
tutte due sembrano formare una grande sella interna, un poco meno alta delle altre. 

Fra le specie di Lytoceras che possano paragonarsi al Lyt. ptychophorum CAN. io non trovo che il Lyft. 
loricatum Men.! del Medolo, di cui ho avuto in esame anche l'originale. Ma per quanto vicine fra loro 
non mi sembra che le due specie possano confondersi. Prima di tutto si osserva una differenza nella 
forma dei giri e per conseguenza anche nella loro sezione. Nel Lyt. loricatum Mar. i giri sono rotondi, 
anzi un poco più larghi che alti, ed hanno la sezione circolare. Invece nel Lyt. ptychophorum i giri sono 
appiattiti ai fianchi, assai più alti che larghi e presentano una sezione decisamente ovale. Nè è da cre- 
dersi che tale differenza possa attribuirsi a diversità di sviluppo, essendo l'individuo originale della specie 
del MENEGHINI assai più piccolo di quello che costituisce la specie ora esaminata. Avendo rotto il mio 
esemplare ho constatato che anche al diametro di 10 mm., uguale presso a poco a quello presentato dal- 
l'individuo del MENEGHINI, i giri vi si mantengono più alti che larghi e con sezione ovale. Oltre a questi ca- 
ratteri si può osservare anche che il Lyt. loricatum si accresce un poco più rapidamente. A queste differenze 
di forma fanno riscontro altre che si osservano nella linea lobale la quale io riconosco però essere del 
medesimo tipo. Fra i lobi è da osservare che il primo laterale nella specie del CANAVARI è più profondo di 
quello del Lyt. loricatum Mer., per quanto della medesima forma, e fra le selle colpisce sopratutto la 
straordinaria ampiezza di quella che ho chiamato interna in confronto alla corrispondente della specie del 
MENEGHINI. 

L’esemplare che è stato ora esaminato proviene dai calcari grigio-chiari della Faiola. 


Fic..9. 


1) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 38, tav. V, fig, 4. 


{15] A. FUCINI 159 


3. Lytoceras praesublineatum n. sp. — Tav. XX [II], fig. 7. 


DIMENSIONI 
Diametro . ò . 5 ò 5 7 . ; a d 0 . mm. 79 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ò - ò ò . 0, 36 
Spessore» » '» » 6 5 o . . , 0,33 
Larghezza dell’ombelico » » 5 d . 0 o . 0,33 
Ricoprimento della spira » » ; ò ò o 0 0 0,04 


Questa conchiglia ha i giri un poco più alti che larghi, appiattiti leggermente sui fianchi, arrotondati 
sul dorso e, più strettamente, sul margine circombelicale. L’accrescimento non è molto rapido, nè l’invo- 
luzione tanto grande. La superficie dell’ultimo giro, non molto ben conservata e per quanto si può arguire, 
è ornata da strie del tipo di quelle dei lineati. I giri più interni però presentano coste assai distinte, 
diritte, alquanto proverse e delle quali ad intervalli irregolari se ne hanno più sviluppate ed ingrossate 
leggermente sopra i fianchi. Tutte queste coste non attraversano il dorso o lo fanno in modo molto indi- 
stinto. Per questi caratteri i giri interni di questa specie ricordano certe Ammoniti del tipo dell’ Ecto- 
centrites (?) Giordani Box. 

L’esemplare in esame è quasi tutto concamerato, però la linea lobale (fig. 7) non è stata rilevabile che 
al principio dell’ultimo giro. Essa ha il lobo sifonale profondo la metà del primo 
laterale. Questo ha i tre rami inferiori molto irregolari e quasi ugualmente profondi. 

Il secondo lobo laterale sorpassa di poco la profondità di quello sifonale raggiunto DÀ 
appena dal semplice lobo accessorio, sopra cui cade la sutura dell’ombelico, e dal ] 
lobo interno. Il lobo antisifonale, il quale ha i suoi rami trasversali non molto Linea tobale del Lyt. praesubti- 
lunghi, sorpassa alquanto la linea radiale ed è un poco asimmetrico all'estremità. ii ai nero 
Le selle vanno gradatamente diminuendo di altezza dalla sella esterna fino alla sella 

accessoria, solo la sella interna assai sottilmente frastagliata si rialza per raggiungere quasi l'altezza 
della prima sella laterale. 

Questa specie che io credo nuova ha le maggiori somiglianze con il Lyt. sublineatum OPP. il quale 
però ha i giri più larghi che alti ed è di forma diversa. 

L’esemplare esaminato proviene dalla Marconessa. 


Fic. "7. 


4. Lytoceras apenninicum n. sp. — Tav. XXI [III], fig. 7. 


DIMENSIONI 
Diametro . c : . d . . c . c - . . mm. 14 
Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. - ; . ò o 0,24 
Spessore » » » » È } - o . E 0,23 
Larghezza dell’ ombelico » » 2 , ò ; 5 . 0, 61 
Ricoprimento della spira » » , , , ° 7 È 0,00 


Il numero delle Ammoniti dei calcari spatici del Furlo è così limitato che a me sembra utile il far 
conoscere tutte le specie che vi sono state trovate fino ad ora. E per questo io ho voluto tener conto anche 


i) BonARELLI. Cefalopodi sinemuriani ecc. Palaeont. italica, vol. V, pag. 10, tav. V, fig. 1. 
® OppEL. Palaeont. Mittheil., pag. 142, tav. 43, fig. 4-6. 


160 A. FUCINI [16] 


di questa, la quale, sebbene rappresentata da un solo esemplare ed anche non benissimo conservato, pure 
mi è apparsa interessantissima. La conchiglia è moltissimo compressa, largamente ombelicata, ed ha i giri 
che si accrescono in modo tanto lento che al diametro di 14 mm., presentato dall’esemplare in esame, se 
ne contano 5-6. Essi sono un poco più alti che larghi e per essere lievemente appianati sui fianchi e sul 
dorso presentano una sezione non perfettamente rotonda, ma leggerissimamente quadrangolare. Fino alla 
metà dell’ultimo giro non si hanno all’interno coste molto distinte sui fianchi dei giri, i quali mostrano 
tutt'al più qualche leggerissima increspatura. Nella metà dell’ultimo giro, occupata dalla camera di abita- 
zione, i fianchi sono invece ornati da pieghe abbastanza evidenti, per quanto irregolari e non molto spiccate. 
Esse sono situate nel mezzo dei giri e quindi svaniscono tanto all’interno quanto verso il margine dorsale 
dalla cui parte si allargano e si piegano in dietro. Oltre queste ornamentazioni la nostra conchiglia presenta 
dei solchi peristomatici assai caratteristici, dei quali se ne hanno quattro o cinque per ogni giro. Essi sono 
molto sottili ed un poco più distinti presso il margine ombelicale che verso l’esterno. Nella parte interna 
dei giri tali solchi peristomatici presentano una certa inclinazione in avanti, ma giunti sulla metà dei fianchi 
sì piegano in dietro e si congiungono sul dorso formando una curva pure rivolta all'indietro. 

Il solco che precede il peristoma ripete la forma degli altri, però è più profondo e più distinto; 
inoltre resulta limitato dalla parte della bocca da un cingolo che ne segue l’andamento. Il peristoma non 
è benissimo conservato nel contorno, tuttavia apparisce fornito di una espansione dorsale scendente late- 
ralmente fin verso la metà dell’altezza della bocca e depressa nella parte anteriore. La linea lobale (fig. 8) 
si compone del lobo sifonale piuttosto profondo, ma ristretto; del primo laterale profondo 
ju quanto il sifonale, molto inclinato verso l’esterno e di un secondo lobo laterale di forma 

IMA quadrangolare e più corto degli altri. La sella esterna è molto alta e divisa in due parti 

: disuguali da un lobo secondario. La parte interna è più larga ma un poco meno bassa della 

rai SSA parte esterna. La prima sella laterale resulta molto ampia, leggermente meno alta di quella 

presa al dianero ©Sterna, poco o punto incisa ai lati e diretta obliquamente all’interno. Si trova poi una 

di dn 8"" sella ausiliare ancora meno bassa. La linea suturale cade sopra un lobiciattolo accessorio 
del quale non si può vedere la forma. 

Il lento accrescimento, la forma del peristoma e degli ornamenti fanno essere questa specie assai 
diversa dalle altre conosciute da me e che le si potrebbero paragonare. 


Fic. 8. 


V. Gen. Deroceras Hyart. 


1. Deroceras Gemmellaroi Levi. — Tav. XXI [III], fig. 1,2. 


1884. Aegoceras submuticum (non OrreL) GemeLLaro. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 19, tav. III, 
SCTMONATE 

1896. —  Gemmellaroi Levi. Foss. d. str. a Ter. Aspasia di Monte Calvi. Bull. d. Soc. geol. it., vol. XV, 
pag. 270, tav. VIII, fig. 3-6. 

1896. Deroceras submuticum (non OrpeL) Fuomi. Fauna del Lias m. del M. Calvi, pag. 39. 


DIMENSIONI 
I I 
Diametro . c ò 0 c ° 0 È a . mm. 50 mm. 47 
Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro . - : 0, 26 0,27 
Spessore » » » 5 I; ; ; 0,22 ? 
Larghezza dell’ombelico » » : 0, 53 0,51 


Ricoprimento della spira » » : : ; 0,00 0,00 


[17] A. FUCINI 161 


I due esemplari assai belli che ho in esame corrispondono molto bene a quelli del Monte Calvi, 
esaminati da me e dal Levi, ed a quelli della Sicilia illustrati dal GeMMELLARO. 

Per la loro buona conservazione si vedono più spiccate le differenze che intercedono tra questa specie 
ed il tipico Der. submuticum OrP.! fatte rilevare già dal Levi e riconosciute in parte giuste da me. Il 
Der. submuticum ha le coste più numerose, più diritte, con aculei o nodi all’esterno meno robusti, i giri 
vi sono più compressi e l'ombelico un poco meno profondo. Io trovo che le nostre conchiglie, più che 
alla specie dell’ OpPEL, si avvicinano molto al Der. muticum D’ORB. ? del quale hanno presso a poco simile 
anche la linea lobale. La specie del p’OrBI@ny ha tuttavia le coste alquanto più numerose. Non potrei 
escludere però il caso che con un buon materiale di confronto si dovesse giungere ad una riunione tra 
la specie presente ed il Der. muticum D’ORB. 

Dei due esemplari, fossilizzati in un calcare grigio chiaro semicristallino della parte più profonda del 
Lias medio, uno proviene dalle Grotte di S. Eustachio ed uno dai Monti della Rossa. 


VI. Gen. Microderoceras Hyan. 


1. Microderoceras cfr. Heberti Orp. — Tav. XXI [III], fig. 3. 


1842. Ammonites brevispina (non Sow.) D’OrEIGnY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 272, tav. 79. 
1857. -- Heberti OrpeL. Juraformation, pag. 158. 


L’esemplare che io avvicino al IMicr. Heberti OP. ha circa 120 mm. di diametro e quindi non è molto 
più piccolo dell’individuo illustrato dal p’ORBIGNY col nome di A. brevispina Sow. e che è quello sul quale 
l’OppreL fondò la sua specie. Le differenze maggiori che io ho creduto di rilevare fra l’esemplare in esame 
e quello tipico si trovano nelle ornamentazioni, giacchè l'andamento generale della conchiglia e la linea 
lobale sembrerebbero essere presso a poco identiche. Le coste che ornano i fianchi della mia conchiglia 
oltre ad essere almeno 35 nell’ultimo giro, mentre nel tipico Heberti non giungono nemmeno a 30, con- 
tinuano molto distinte e con i due tubercoli ben spiccati fino a tutto l’ultimo giro che per metà è occu- 
pato dalla camera di abitazione. Nell’individuo illustrato dal p’ORBIGNY invece oltre i 100 mm. di diametro 
le coste si attenuano, spariscono e la conchiglia non rimane ornata che dalle strie trasverse che si trovano 
anche nella parte precedente della spira. 

Questa specie proviene dai calcari grigi del Monte Primo dove fu recentemente raccolta dall’ Ab. 
Lupovici di Pioraco e da lui donata a questo Museo pisano. 


VII. Gen. Agassiziceras Hyamt. 


1. Agassiziceras miserrimum n. sp. — Tav. XXI [III], fig. 4. 


DIMENSIONI 
I I 
Diametro 3 5 È 0 : ; mm. 7 mm. 7 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. 0,39 0,39 
Spessore » » » » 0,30 0,28 
Larghezza dell’ombelico > » 0,35 0,33 


i) OppEL. Juraformation, pag. 158. 
? D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t.I, pag. 274, tav. 80. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 20 


162 A. FUCINI [18] 


Fra i fossili del Furlo, mandati un tempo dal Mer al MENEGHINI, ho trovato due esemplari di una 
specie di Ammonite che mi è sembrato di poter ritenere nuova, per quanto molto vicina all’Ag. mi- 
serabile Quenst. del Lias inferiore. Tali esemplari presentano una conchiglia tutta concamerata, assai 
compressa, mediocremente ombelicata, ad accrescimento piuttosto lento e senza alcuno ornamento, almeno 
nell'ultimo giro. I giri pianeggianti sui fianchi si deprimono più rapidamente verso la sutura dell’ombelico 
che verso il dorso, il quale resulta angoloso ma senza traccia di carena sifonale. La sezione dei giri è ovale, 
ma acuta in alto. 

La linea lobale (fig. 9), la quale si distingue per la sua debole dentellatura, è alquanto asimmetrica; 
mentre però il lobo sifonale in un esemplare si trova sul fianco destro, nell’altro 

i esemplare è situato sul fianco sinistro. Oltre il lobo sifonale sul fianco destro, 

7a ® Ron fa (AS dell’ individuo figurato, si trova il laterale poco ampio e poco profondo, giacchè 

non arriva a toccare la linea radiale, e dopo di esso due piccoli lobiciattoli 

Linea lobale dell'ig. miserrimum Fu. @Ppena distinti e pochissimo profondi. Sul fianco sinistro il primo lobo laterale 

presa al diametro di mm. 6, ingr non è molto ampio, ma assai profondo, arrivando a sorpassare la linea 

po radiale. Vengono dopo due lobiciattoli che presso a poco hanno la forma 

e la stessa profondità di quelli del fianco destro. Da ambedue le parti la sutura ombelicale cade sull’ultimo 

lobiciattolo. La sella esterna sul fianco destro resulta assai piccola, bipartita e meno alta della sella corri- 

spondente sul fianco sinistro. Questa è invece larga, alta e tripartita in modo che la parte interna rimane 

la più bassa e la più larga delle altre, la mediana un poco meno larga ma più alta dell’interna e l’esterna 

la meno larga e la più alta di tutte. Oltre la sella esterna sopra ogni fianco si trovano altre due selle di 

forma poco dissimile a quelle della parte opposta; però quelle del fianco sinistro sono più larghe delle corri- 
spondenti del fianco destro. 

La somiglianza di questa specie con l’ Ag. miserabile Quenst. !) fatta rilevare fin da principio è assai 
notevole. Tuttavia io credo che le due specie sieno assai bene distinte fra loro per dato e fatto dell’ac- 
crescimento molto diverso e che dà origine a caratteri tanto differenti. Si deve infatti all’ accrescimento 
più rapido che si riscontra nella mia specie se in questa l’altezza del giro raggiunge i 0, 39 del diametro 
mentre nell’Ag. miserabile è di soli 0, 27 e se l'ombelico è rappresentato da 0,33 a 0,35 invece di 0,55 
come nella specie del QuenstEDT. Non tutte le forme di Ag. miserabile Quenst. hanno la regione dorsale 
acuta e quindi per tale carattere, assai spiccato nella mia specie, questa si avvicina solo a quella varietà 
di Ag. miserabile chiamata acutidorsale dall’Hyarr.® Anche nella linea lobale si possono rilevare notevoli 
differenze. Il lobo sifonale nell’Ag. miserabile è un poco più profondo e la selletta sifonale invece meno 
alta che nel Ag. miserrimum. In questo la sella esterna sul fianco, ove si trova il lobo sifonale, è meno 
alta e meno ampia della corrispondente nella specie del QuenstEDT e la sella esterna del fianco opposto, 
che occupa la regione dorsale, vi sì mostra grandemente diversa perchè invece di essere bipartita vi è 
decisamente divisa in tre parti. 

Credo inutile fare rilevare le differenze di questa specie con il Polymorphites peregrinus HAUG 3) = Aeg. 
polymorphum WrIeHT (non Quenst.) Se veramente l'individuo figurato dall’Haue, appartenendo al gen. Poly- 


Fic. 9. 


i) QuensTEDT. Der Jura, pag. 71, tav.VIII, fig. 7;— QuENSTEDT. Amm. d. Schw. Jura, pag. 106, tav. XIII, fig. 27-30. 

2 HyarT. Genesis of the Arietidae ecc., pag. 162, tav. 11, fig. 4-6. 

3) Haua. Ueber die Polymorphidae eine neue Ammoniten familie aus dem Lias. Neues Jahrb. f. Mineral., geol. 
u. Pal. 1887, pag. 114, tav. IV, fig. 5. 

4) WRIGHT. Monograph on the Lias Ammonites. Palaeontographical Society, vol. XXVI, pag. 376, tav. 40, fig. 1-3. 


[19] A. FUCINI 163 


mophites, rappresenta la forma giovanile dell’ Aeg. polimorphum WRIGHT (non Quenst.) le differenze stanno 
più che tutto nei caratteri generici, basati in gran parte sulla linea lobale. 

Nel Lias medio siciliano si trova pure il Poly. circumcrispatus Gemm.! che allo stadio giovanile, qua- 
lora mancasse di ornamenti, può forse avere una forma vicina a quella della mia specie. La linea lobale 
non molto dissimile farebbe supporre un legame abbastanza intimo fra le due specie; tuttavia sembrerebbe 
che la mia si distinguesse sempre per l’accrescimento più rapido e per tutti quei caratteri inerenti ad esso, 
nonchè per maggiore spessore della conchiglia. 


VIII. Gen. Cymbites NEUMArR. 


1. Cymbites centriglobus Orp. — Tav. XXI [III], fig. 5, 6. 


1862. Ammonites centriglobus OppeL. Palacontologische Mittheilungen, pag. 148 (cum syn.). 
1863. Ammonites globosus (non ScriigLer) Scaroenpaca. Veber den Eisenstein des mattleren Lias im Nord- 
westlichen Deutschland ece. Zeitschrift d. D. geol. Gesell., Bd. XV, pag. 562. 


1869. = — (non ScriteLer) DuxortieRr. Etudes paltontologiques sur les dépòts jurassiques du 
Bassin du Ehone. P. III, pag. 75, tav. XVIII, fig. 3, 4. 
1885. = —  Quensrenr. Amm. d. Schw. Jura, pag. 336. tav. 42, fig. 29, 30, 32-35, (36?) 


1887. Agassiceras centriglobum Hauc. Ueber die Polymorphidae ecc., pag. 100. 

1894. Oymbites centriglobus Pompeckt. Ueber Ammonideen mit anormaler Wohnkammer. Jahr. d. Ver. f. 
vaterl. Naturck. in Wiittemberg, 1894, pag. 239, tav. IV, fig. 3. 

1895. Agassiceras centriglobum BonareLti. Il genere Paroniceras. Boll. d. Soc. malac. ital., vol. XIX, tav. IV, 


fig. 1. 
DIMENSIONI 
I II II IV 
Diametro . o 0 ò 6 : 0 SETA MR mm. 6 mm. 4 mm. 4 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro 0,50 0,35 0,50 0,50 
Spessore » » » » 0, 65 0,35 0,65 0,90 
Larghezza dell’ombelico » » 0,25 0,32 0,22 0,20 
Ricoprimento della spira » » 0,15 0,06 0,17 0,15 


Come si vede dalle misure date io riferisco a questa specie, non ancora citata in Italia, degli esemplari 
che presentano fra loro qualche differenza. Però essi si aggruppano in due sole forme; una più ed una 
meno globosa. 

Alla forma più globosa appartengono gli individui che hanno dato la prima e l’ultima misurazione 
e sono quelli che a mio credere si riferiscono più strettamente alla specie dell’OpPpPeL. L'individuo più 
piccolo insieme ad un altro della stessa forma, non misurato, non hanno conservata la camera di abita- 
zione; quello più grande, rappresentato con la fig. 6 della tav. XXI [III], l’ha conservata in parte, poichè 
in esso l’ultima sutura è situata distante dall’apertura di un terzo di giro. Paragonando fra loro 1’ esemplare 
più grande e quello più piccolo si rimane colpiti dallo straordinario spessore dei giri presentato dall’ ultimo, 
analogamente a quello che si rileva dalle illustrazioni di questa specie, fatte dal QueNsTEDT col nome di 


1) GEMMELLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia, pag. 24, tav. IV, fig. 11-14; tav. VII, fig. 21. 


164 A. FUCINI [20] 


A. globosus. Anche l'ombelico relativamente più ampio che si osserva nell’esemplare più grande è un 
carattere inerente a questa specie e dovuto al fatto di aversi in esso conservata una parte della camera 
di abitazione, in corrispondenza della quale il giro, come si sa, si rende più evoluto. La superficie dell’in- 
dividuo maggiore è appena resa un poco irregolare da leggere ondulazioni, in quello minore essa invece 
si vede ornata da pieghe grossolane distinte sui fianchi e quasi evanescenti sul dorso. La linea lobale 
non si può rilevare con esattezza, però mi sembrerebbe alquanto diversa da quella rappresentata dal 
QuenstEDT ®, per avvicinarsi un poco a quella dell’ Cymb. laevigatus Sow. raffigurata dal Reynks?. Il primo 
lobo laterale non sarebbe più profondo di quello sifonale e la sella accessoria sarebbe meno alta delle altre. 
Una linea lobale presso a poco simile si osserva in esemplari di Cymb. centriglobus OPP. esistenti nel 
Museo di Pisa, dati come provenienti da Millau (Aveyron). 

La forma meno globosa che io distinguerò per ora come var. minor è quella che ha dato le misu- 
razioni 2.* e 3.*, le quali sembrerebbero appartenere a due specie distinte, tanta è la diversità fra loro. 
La uguaglianza specifica e di forma fra i due esemplari è però evidentissima, giacchè le differenze me- 
triche sono dovute solamente all’irregolare accrescimento del giro in corrispondenza dell’ ultima camera 
la quale è appunto conservata solo nell’individuo di 6 mm. di diametro. 

In confronto con quella superiormente descritta questa forma apparisce, come ho detto, molto meno 
globosa e questa è la sua principale caratteristica. Si può anche far rilevare la piccolezza delle pieghe 
che ornano i fianchi dell’individuo mancante della camera di abitazione in paragone a quelle assai gros- 
solane dell’esemplare di ugual conservazione della forma globosa. 

Astrazione fatta dalla sua notevole compressione, questa forma corrisponde molto bene agli esemplari 
più caratteristici di questa specie tanto per l'accrescimento del giro nella porzione, un poco maggiore 
della metà, occupata dalla camera di abitazione, tanto nell’andamento geniculato dell’ombelico, quanto 
nella forma rotondeggiante dell’apertura . 

Tutti gli esemplari di questa specie conservati nel Museo di Pisa provengono dai calcari spatici del 
Furlo e furono inviati al MenEGHINI dal sig. Mer. Essi appartengono alle zone più basse del Lias medio. 


IX. Gen Dumortieria Have. 


1. Dumortieria Vernosae Zimm. 


1569. Ammonites Vernosae Zirrer. Beobacht. a. d. Centr. Apenn., pag. 123, tav. 13, fig. 5. 
1880. Stephanoceras Vernosae Canavari. La Montagna del Suavicino, pag. 15. 

1880. _ —_ — Brach. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 5. 

1887. Dumortieria Vernosie Have. Ueber die Polymorphidae ecc., pag. 126. 


DIMENSIONI 


I I 
Diametro . . } ; ; | . È o . mm. 50 mm. 35 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. : 7 0,29 0,29 
Spessore » » » » }; n ° 0, 23 0, 25 
Larghezza dell’ ombelico » » : è , 0, 48 0,50 
Ricoprimento della spira » » ; 3 È 0,05 0,05 


1‘ QuensTEDT. Amm. d. Schw. Jura, tav. 49, fig. 29. 
?) ReyNÈs. Monogr. d. Ammonites, tav. 43, fig. 12. 


[21] A. FUCINI 165 


Ho in esame due esemplari già determinati dallo ZitTEL, nonchè l’esemplare originale della figura data 
da lui. A quest’ultimo esemplare mercè un’ accurata preparazione ho potuto vedere assai bene la linea 
lobale (fig. 10) e scoprire il dorso ed una parte del penultimo giro. Ho potuto quindi 
constatare che le coste nel penultimo giro restano quasi interrotte nella regione sifonale Eco 0, 
da far supporre che lo sieno poi veramente del tutto nei giri più interni. 

I primissimi giri sembrano lisci. I solchi peristomatici, dei quali se ne hanno cinque 
nei giri più interni, non continuano nel penultimo e tanto meno nell’ultimo. 

In un esemplare molto grande, ma non benissimo conservato, proveniente dal Monte 1 lebele GI sE 
Nerone, sembra che vi sia sviluppata la carena sifonale e che le coste sieno interrotte originale) presa al 

È È diametro di mm.35, 
presso di essa. Non sono però certo che tale esemplare appartenga alla Dum. Ver- 
nosae ZITT. 

È notevole in questa specie il fatto, che si riscontra un poco anche nella Dum. Zitteli Have, di aversi 
la spira che all’interno si accresce più lentamente che nei giri ultimi. È per questa ragione che l’altezza 
dei giri in rapporto alla loro larghezza va aumentando con lo sviluppo della spira e mentre essa nel- 
l’ultimo giro è alquanto maggiore della larghezza, resulta invece minore nel penultimo giro. Nell’esemplare 
originale dello ZirTtEL l’ultima camera occupa almeno i due terzi dell’ ultimo giro. La linea lobale (fig. 10) 
vi è semplice. Il lobo sifonale resulta un poco più largo e meno profondo del primo laterale il quale ter- 
mina con tre lunghe punte, la mediana delle quali, più profonda delle altre, è un poco obliqua verso 
l’interno. Il secondo lobo laterale apparisce molto semplice profondo la metà di quello sifonale. La sella 
esterna molto ampia rimane bipartita poco profondamente e quasi simmetricamente da un lobo secondario 
assai poco profondo. La prima sella laterale più stretta della precedente è ugualmente 
alta ed ugualmente divisa da un lobo secondario. 

In un esemplare del Monte Fiori ho potuto scoprire anche la linea lobale interna 6: 
(fig. 11). Essa è identica a quella presentata dall’ esemplare originale dello ZITtTEL, però 
più sottilmente frastagliata perchè niente affatto erosa. Oltre l’ampia sella accessoria, su 


N 


in grandezza nat. 


Fic. 11. 


Linea lobale della D. 


cui cade la sutura, si trova un lobo interno inclinato in dentro, quindi una svelta sella Vernosae Zxrr. presa 
interna, alta quasi quanto la prima sella laterale che è un poco più alta di quella = 2° diametro di mm. 30, 


in grandezza natur. 


esterna, e poi un lobo antisifonale alquanto più profondo del lobo esterno e del primo 
laterale, di ugual profondità fra loro, e fornito da ciascun lato di un lungo ramo traversale obliquo. 
Gli esemplari esaminati provengono dalla Marconnessa, dal Monte dei Fiori e dal Monte Nerone. 


2. Dumortieria Taramellii n. sp. — Tav. XXI [III], fig. 8. 


1867-81. Ammonites Levesquei MenecnINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 49 (pars), non 


exempl. fig. 
DIMENSIONI 
Diametro . o : 2 ; 0 - . Ò È ò 6 . mm. 49 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . . ò q 6 î 0,29 
Spessore » » ; ; ; È 3 5 0,21 
Larghezza dell’ ombelico » » : 0 È È , ò 0,49 
Ricoprimento della spira » » ; . 5 - È . 0, 04 


A questa specie si riferisce certamente quella forma descritta dal MENEGHINI come A. Levesquei a coste 
“ plus fortement infléchies à l’avant, plus minces et plus nombreuses ,. 


166 A. FUCINI [22] 


La conchiglia è compressa ad accrescimento piuttosto lento e di non grande involuzione inquantochè 
l’ultimo giro ricopre il penultimo per un quarto circa della sua altezza. I giri più alti che larghi hanno 
i fianchi debolmente convessi e più strettamente arrotondati al margine ombelicale che su quello esterno. 
Anche il dorso è regolarmente arrotondato e porta una carena sifonale non molto distinta, punto rilevata, 
pochissimo individualizzata. 

La sezione del giro resulta ovale ellittica. La spira manca di solchi peristomatici. I giri sono ornati 
da numerose coste, 64 nell’ultimo, assai evidenti, larghe quanto gli intervalli, semplici o rarissimamente accop- 
piate in modo indistinto presso l’ombelico. Esse sono arcuate ed inclinate assai fortemente in avanti. Il 

mio esemplare è tutto concamerato. 
Late, IRE La linea lobale (fig. 12) ha selle e lobi assai frastagliati. Il primo lobo laterale 
A $ alquanto più profondo di quello esterno è assai ampio inferiormente ove termina con 
tre grosse ramificazioni fogliettate. Il secondo lobo laterale obliquo verso l’esterno 
Linea lobale dela p. DON giunge a toccare la linea radiale, la quale non è raggiunta nemmeno dal lobo ausiliare, 
Tarametti Fvc. pesa «quasi orizzontale. La sella esterna è divisa in due parti quasi uguali le quali alla loro 
RA FATA "volta vengono pure bipartite. La prima sella laterale, alta quanto la precedente, svelta 
e ristretta, porta ramificazioni più grossolane sul lato esterno che sopra quello interno. 
La seconda sella laterale, molto piccola, inclina verso l’interno. La sella accessoria bassa e schiacciata 

riceve la sutura dell’ombelico. 

Le coste tanto numerose, tanto arcuate ed inclinate in avanti, nonchè la mancanza dei peristomi, 
distinguono la Dum. Taramellii dalla Dum. Levesquei v’ORrB.®, dalla Dum. Meneghini Zi? = A. Levesquei 
(pars) (non p’ORB.) McH. 

L'unico esemplare da me posseduto proviene dai calcari grigi della Marconessa. Nel Museo di Pisa 
si hanno, di questa specie, esemplari dei calcari rossi del Lias superiore. 


3. Dumortieria Paronai n. sp. — Tav. XXI [III], fig. 9. 


DIMENSIONI 
Diametro . ò È 0 0 6 c c 0 6 6 ò . mm. bl 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . ° 5 . ° ° 0, 36 
Spessore » » » » ò 7 . 0 c , 0,23 
Larghezza dell’ ombelico » » ò 7 6 . ò . 0,37 
Ricoprimento della spira » » è 5 5 Ì ; ; 0,07 


Questa specie è rappresentata da un individuo tutto concamerato, proveniente dalla Rocchetta. Esso 
ha la conchiglia assai compressa, di accrescimento non tanto lento e discretamente involuta inquantochè 
l’ultimo giro ricopre il penultimo per circa i due quinti della sua altezza. I giri assai più alti che larghi, 
hanno i fianchi appiattiti, debolmente convessi, che si deprimono assai rapidamente verso la sutura del- 
l’ombelico, producendo un margine circombelicale assai netto e spiccato. Il margine esterno è arrotondato 
ed il dorso rimane acuto in corrispondenza della carena sifonale assai distinta, rilevata e arrotondata. La 
sezione dei giri resulta ellittico-lanceolata. La spira non presenta solchi peristomatici. Essa è ornata da 
numerose coste, 63 nell’ ultimo giro, larghe quanto gli intervalli, più rilevate nella parte esterna dei fianchi 
che sopra quella interna ove si accoppiano più o meno distintamente a due od a tre, rimanendo anche 


1) D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t.I, pag. 230, tav. 60 (sub. n. solaris PHILL.). 
2 Haue. Ueber die Polymorphidae ecc., pag. 128 . 


[23] A. FUCINI 167 


N 


talvolta semplici. Il loro andamento è presso a poco radiale od un poco retroverso dall’ ombelico fino 
presso al margine esterno ove piegano assai sentitamente in avanti, per finire alla base della carena sifonale. 
La linea lobale (fig. 13) ha il lobo sifonale molto ampio, profondo e con una selletta 


assai larga. Il secondo lobo laterale, terminato poco simmetricamente in tre punte, Fio-08: 

raggiunge la profondità del precedente del quale è alquanto più stretto. Il secondo lobo ! 

laterale inclinato verso l'esterno resulta essere meno profondo dei precedenti ed anche DI, 
| 


dell’unico accessorio che non raggiunge la linea radiale e che è tanto inclinato da 
sembrare quasi orizzontale. La sella esterna è più alta, ampia e più ramificata della d 
E a : È E Linea lobale della D. 
prima laterale. La seconda sella laterale è inclinata verso l'interno. La sella accessoria Paronai Fuc. presa 
ù n se È A al diametro di mm. 
sopra cui cade la sutura rimane oltremodo depressa. Bia 
Questa specie somiglia alla Dum. radiosa SEEB.” e più specialmente a quella 
forma illustrata dall’ Have 2, della quale può ritenersi un vicino parente. Ma la specie del SreBAcH ha 
coste molto più numerose, più sottili e minute, accrescimento più rapido, maggiore involuzione nonchè linea 
lobale alquanto differente. 


X. Gen Amphiceras Gem. 


1. Amphiceras? Canavarii n. sp. — Tav. XXIII [V], fig. 1. 


DIMENSIONI 

I II 
Diametro . - c . î . . 5 . mm. 14 mm. 9 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ° : 0,39 0, 42 
Spessore  » » » ” . : : 0.30 0,33 
Larghezza dell’ombelico » » . . o 0,32 0,33 
Ricoprimento della spira » » ò . Ò 0,06 0,05? 


Conchiglia di piccole dimensioni, non tanto compressa, mediocremente ombelicata ed involuta e di 
accrescimento forse più rapido nei giri esterni che negli interni, ove anche l’involuzione sembra essere 
minore. Gli anfratti, alquanto appianati sui fianchi nei giri esterni, sono arrotondati sul dorso e nei fianchi dei 
giri interni. Dal punto del loro maggiore spessore, situato a circa un terzo della loro altezza, essi si depri- 
mono assai più rapidamente verso la sutura dell’ombelico che verso l’esterno, in modo da formare un 
margine ombelicale arrotondato ed una regione dorsale poco ampia. Le ornamentazioni consistono in pieghe 
assai grossolane che si sviluppano lungo il margine ombelicale e che, dopo essersi mantenute robuste fino 
alla metà dei fianchi, oltre di questa si assottigliano e talvolta si bipartiscono. Con andamento generale 
sigmoidale giungono così indebolite sulla regione dorsale ove sì riuniscono, aumentando talora un’ altra 
volta in rilievo, e formando una stretta curva rivolta in avanti. I primi giri sono lisci, ed è solo al dia- 
metro di 4 mm. che si cominciano a vedere delle leggere increspature dei fianchi. È pure oltre questo 
piccolo diametro che si principiano ad osservare dei solchi peristomatici i quali, in numero di 5 o più 
per giro, si trovano poi per tutta la conchiglia. Talvolta, come nell’esemplare figurato, questi solchi sono 
poco spiccati e talvolta del tutto indistinti, confondendosi con gli intermezzi costali. Allora si rilevano 
solamente sul dorso perchè ivi sono scavati maggiormente. L'andamento dei solchi peristomatici ripete 


4) SnpBACH. Hannov. Jura, pag. 142, tav. IX, fig. 2. 
2 Haue. Ueber die Polymorphidae, pag. 140, tav. IV, fig. 7. 


168 A. FUCINI [24] 


quello delle coste; si originano dalla sutura ombelicale e si dirigono subito, ma non tanto fortemente in 

avanti; sulla metà dei fianchi con un’ansa assai sentita si piegano in dietro, per volgersi ben presto di 
nuovo e più decisamente in avanti in prossimità del dorso. 

Fio. 14. La linea lobale (fig. 14) è asimmetrica e discretamente frasta- 

È gliata. Essa ha i lobi divisi in tre braccia in modo assai regolare 

e le selle irregolarmente bipartite. Il lobo sifonale è profondo 

i quanto i secondi lobi laterali, ma meno dei primi laterali. Di 

I e e O O IA questi, quello meno profondo, si trova sul fianco ove è spostato 

di mm. 13 circa, ingrandita 3 volte, il sifone. Il lobo antisifonale, un poco più profondo del sifonale, 

apparentemente terminato in quattro punte, all’altezza della linea 

radiale porta una incisione relativamente spiccata, la quale ricorda il braccio orizzontale del lobo antisi- 

fonale nei Zytoceras. Le selle, quasi tutte di una medesima altezza, sono bipartite in maniera irregolare. 

Naturalmente quelle del fianco ove si trova il lobo sifonale sono più strette e più svelte delle corri- 

spondenti del fianco opposto. 

L’asimmetria della linea lobale mi lascia indeciso sulla pertinenza di questa specie agli Amphiceras, 
però tutti gli altri caratteri di essa, nonchè la forma della conchiglia sono propri di quel genere. L’ Am- 
phiceras Canavariù è certo differente da ogni altra specie di questo genere oltre che per 1 asimmetria 
della linea lobale anche per la presenza dei solchi peristomatici e per la piccolezza della sua conchiglia. 

Questa specie sembra essere assai frequente nei calcari spatici del Furlo, appartenenti alle zone più 
profonde del Lias medio. 


XI. Gen. Tropidoceras Hyat. 
1. Tropidoceras Flandrini Dux. — Tav. XXIII [V], fig. 2. 


1869. Ammonites Flandrini DumortIER. Dépots jurass. du bass. du Rhone. P. III, pag. 72, tav. XIV, fig. 1,2. 
1884. Harpoceras Flandrini GemeLLaro. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 35. 
—_ _ — SecuENZzA. Le roccie del Messinese, pag. 49. 

1885. —_ —  Hau. Monogr. der Amm.-Gatt. Harpoceras. Neues Jahrb. f. Min. Geol. u. 
Pal., pag. 608. 

1891. Tropidoceras Flandrini Di Srrrano. IZ Lias m.d. Monte S. Giuliano. Atti d. Accad. Gioenia, vol. 17, 
pag. 134. 

? 1891. Cycloceras Flandrini FurterER. Amm. d. Mittl. Lias v. Oestringen. Mittheil. d. Grossh. badischen geol. 

Landesanstalt, pag. 334. 


È riferibile alla forma tipica di questa specie un esemplare raccolto dal prof. CanAvARI alle Grotte 
di S. Eustachio presso S. Severino Marche. Esso non è molto ben conservato nè completo, inquantochè manca 
di più che della prima metà dell'ultimo giro; nulladimeno è perfettamente riconoscibile e benissimo carat- 
terizzato. Per la mancanza di gran parte di esso ultimo giro non è possibile dare con sicurezza le dimen- 
sioni in rapporto al diametro, il quale doveva essere di circa mm. 220. L'altezza dell’ ultimo giro raggiunge 
i mm. 73, lo spessore è di mm. 35 e la larghezza dell’ombelico mm. 88. L’esemplare in esame corrisponde 
molto bene all'individuo figurato dal DumoRTIER, oltre che per le dimensioni, anche per le ornamentazioni. 
Debbo però osservare a questo riguardo che la serie dei tubercoli che ornano i fianchi dei giri anzichè 
esser posta dalla metà dell’altezza del giro ai tre quarti di essa, è invece situata dai tre quarti ai due 


[25] A. FUCINI 169 


terzi, restando quindi un poco più spostata all’esterno. Le pieghe poi che vanno dal tubercolo all’ombelico, 
lungo il cui margine s’ingrossano, sono un poco più retroverse, rimanendo la loro distribuzione alquanto 
irregolare. 


Var. semilaevis — Tav. XXII [IV], fig. 1. 


DIMENSIONI 
Diametro . . " Ò 3 a 6 ; ; 0 6 ò . mm. 119 
Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. 5 0 5 o 0 0, 38 
Spessore » » » » 5 É 5 6 . 0 0,20 
Larghezza dell’ ombelico » » 5 , ; b 6 Ò 0,33 
Ricoprimento della spira » » ; ; : È ò : 0,08? 


Credo di poter riferire come varietà al Zrop. Flandrini Dum. un esemplare raccolto sopra l’Avellana 
nel Monte Catria dal prof. ZirtEL e da questi lasciato indeterminato. Esso non è di buonissima conser- 
vazione, però mostra evidentemente i principali caratteri della specie. La conchiglia è assai compressa, di- 
scretamente involuta, mediocremente ombelicata ed ha i giri molto più alti che larghi e che si accrescono 
in modo non tanto spiccato. Il massimo spessore dei giri si trova presso il contorno ombelicale. Di qui i 
fianchi si deprimono assai rapidamente verso l’interno e molto lentamente verso il margine esterno, presso 
il quale però la discesa aumenta un poco fino alla carena sifonale. Da ciò deriva che i fianchi si pre- 
sentano superiormente quasi piani ed arrotondati più strettamente in corrispondenza del margine ombe- 
licale che lungo il margine esterno. La sezione dei giri resulta poi ovale-ellittica. Nella prima metà del- 
l’ultimo giro si vedono lungo il contorno dell’ombelico delle grosse pieghe radiali, non molto rilevate nè 
tanto regolari, le quali s’indeboliscono verso l'esterno. Da una suddivisione indecisa di queste pieghe in 
due o tre hanno origine le coste che si trovano fino alla parte esterna dei fianchi. Queste coste si piegano 
molto in avanti e svaniscono prima di arrivare alla carena sifonale. Sulla camera di abitazione, la 
quale comincia circa alla metà dell'ultimo giro, non si vedono più quelle coste, forse per la non buona 
conservazione dell’esemplare. Anche le pieghe della metà interna dei fianchi non si vedono più; però esse 
nell’ultima porzione del giro vengono sostituite da rade coste sottili e perfettamente radiali, le quali 
terminano sulla metà dell’altezza del giro con un piccolo tubercolo. 

La linea lobale (fig. 15) è costituita, dal lobo sifonale, non molto profondo; 


Fr 15 


dal primo laterale, un poco obliquo verso l’interno, circa la metà più profondo di 

quello sifonale la cui profondità viene raggiunta anche dai due rami laterali; dal i DL = Sia SOG 
secondo lobo laterale, obliquo invece verso l’esterno e che arriva alla profon- iS 5 de ant 
dità dalla linea radiale, e dal lobo accessorio ancora meno profondo e più Ch 


inclinato all’esterno. La sella esterna e la prima laterale sono bipartite asim- Linea lobale del 7r. Flandrini Dux, 
metricamente, ma alla stessa maniera. La seconda sella laterale termina con A ha 
tre ramificazioni. La sella più alta è quella esterna, cui tiene dietro la prima 

laterale e poi la seconda laterale. La sella accessoria, sopra cui cade la sutura dell’ombelico, resulta 
molto indefinita, anche perchè poco bene rilevabile. 

Paragonando questa forma con la precedente o con quella tipica si trova che essa mostra minore 
spessore di giro ed accrescimento un poco più lento. Conseguentemente anche l'ombelico vi è più largo. 
Nella forma tipica si hanno inoltre più fitte le coste radiali, terminate con un tubercolo, e quelle peri- 
feriche. In ciò dall’autore della specie viene però fatta notare una grande variabilità. La mancanza nel- 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 21 


170 A. FUCINI [26] 


l'esemplare in esame delle coste lungo la parte periferica dell’ultima camera, per quanto non possa dirsi 
accertata a causa della non perfetta conservazione dell’individuo, mi ha fatto distinguere questo col nome 
provvisorio di var. semilaevis. 


Le differenze del Trop. Mandrini Dum. con il Trop. Masseanum D’ORB.* sono già state fatte rilevare dal 
DumortieR e dal FurteRER. Esse si risolvono principalmente nella presenza sulla metà dell’ altezza del 
giro dei tubercoli che terminano le coste radiali. I caratteri degli ornamenti insieme alla linea lobale fanno 
pensare alla parentela di questo genere con gli Hammatoceras come ha mostrato molto bene il FUTTERER. 

La var. densicosta distinta da FurTERER 2, del Lias medio di Oestringen ha molti punti di contatto 
con alcuni esemplari riferiti al Zrop. Masseanum D’ORB. e si distingue dalla forma tipica del DumoRTIER 
oltre che per la mancanza o quasi della serie dei tubercoli sulla metà dell'altezza dei giri, il che può 
dipendere dal diverso stadio di sviluppo, anche per la strettezza dell’ombelico, da paragonarsi a quella 
della mia varietà. Questa però in confronto a quella, oltre ad avere i nodi sui fianchi del giro ultimo ha 
coste periferiche assai più grossolane al principio di esso ultimo giro, la conchiglia meno compressa e 
la linea lobale differente. 

La var. obtusa del FurTERER #, mentre non ha alcuna affinità con l’ esemplare della mia varietà e con 
quello da me riferito al tipo, sembra diversa anche dalla forma originale per accrescimento più lento, per 
maggiore spessore dei giri in confronto alla loro altezza, per la regolarità e robustezza delle pieghe sui 
fianchi nonchè per avere questi concavi invece che debolmente convessi. 

Le linee lobali figurate dal FurTERER per le sue varietà si corrispondono assai bene fra loro, ma 
non tanto con quella del mio esemplare. 

È rincrescevole a questo riguardo il non conoscere la linea lobale della forma tipica che avrebbe 
sciolto dei dubbi sulle possibili divisioni di queste ammoniti. 

Nella mia var. semiaevis le selle non sono tanto profondamente divise come negli individui del FUTTERER; 
la seconda sella laterale è molto meglio staccata e distinta dalla prima; il lobo sospensivo, assai meno 
profondo del secondo laterale, inclina all’esterno anzichè all’interno, e la sella esterna è più alta della 
prima laterale invece che il contrario. Quest'ultima differenza però non sembrerebbe riscontrarsi con la 
linea lobale abbozzata dal FurtERER nella figura 6a della sua var. densicosta. 

Questa rara specie oltre che nel Bacino del Rodano si troverebbe ad Oestringen, rappresentata dalle 
due varietà del FurTERER, nell'Appennino centrale e nella Sicilia ove venne citata dal GemmMELLARO, dal 
SEGUENZA e dal DI STEFANO. 


2. Tropidoceras Zitteli n. sp. — Tav. XXII [IV], fig. 3. 


DIMENSIONI 
Diametro . . : È . 0 ò 5 . : . d . mm. 135 
Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. à È ò 5 6 0, 26 
Spessore » » » » . c c . - : 0,23 
Larghezza dell’ ombelico » » " G x . . . 0, 51 
Ricoprimento della spira » » È 6 : c Ò " 0,03 


i) D'OrBIGNY. Paléont. franc., terr. jurass., t: I, pag. 225, tav. 58. 
2 FurTERER. Amm. d. mittl. Lias. v. Oestringen, pag. 333, tav. XII, fig. 6, 
3) FuTTERER. Ibidem, pag. 335, tav. XIII, fig. 1. 


= 


[27] A. FUCINI 171 


Conchiglia di dimensioni assai grandi, compressa, largamente ombelicata, di accrescimento lento e 
di piccola involuzione giacchè i suoi giri si ricoprono per piccolissimo tratto. I giri sono alquanto più 
alti che larghi, appiattiti sui fianchi, mediocremente arrotondati al margine dorsale ed a quello ombe- 
licale e presentano una sezione quadrato-ellittica. Il dorso largo e depresso porta una carena sifonale 
molto robusta, apparentemente non molto elevata, senza depressioni laterali. La spira è ornata da 35-36 
coste per giro, molto grosse, semplici, depresse e larghe un poco più degli intervalli frapposti. Esse 
hanno un andamento radiale od un poco retroverso e si mantengono diritte dall’ombelico fino al mar- 
gine dorsale ove evanescendo formano una leggera curva in avanti. Sul dorso, che però non presentasi 
benissimo conservato, non si vedono coste più sottili, come avviene nei Zropidoceras del tipo del Trop. 
Masseanum D’ORB. La spira non appare perfettamente completa, tuttavia la camera di abitazione vi occupa 


la metà dell’ ultimo giro. EROI 
La linea lobale (fig. 16) molto frastagliata e caratteristica, non apparisce del 3 
tutto rilevabile in alcun punto della conchiglia. Essa è stata messa insieme , De 
' 
I 
I 


ritraendola da posti diversi. Il lobo sifonale specialmente presenta ai lati contorni 
confusi per la poca buona conservazione del dorso, alquanto eroso. Il primo lobo 
laterale assai ampio, di un quarto più profondo di quello sifonale, termina in 
modo non tanto simmetrico con Junghe e complicate digitazioni. Il secondo lobo Linea lobale del rr. zitteti Fvo. 
È Ò 3 9 presa al diametro circa di mm. 85, 
laterale, profondo quanto quello sifonale, inclina un poco all’esterno. Il primo lobo ARR oi 7 
accessorio, per dato e fatto della sua grande obliquità verso l'esterno si accosta 
molto al primo lobo laterale, del quale ha la profondità un poco maggiore e viene quasi a comprendere 
in un'unica e grande sella la prima e la seconda sella laterale. Procedendo ancora verso la sutura dell’ om- 
belico si trovano altri due lobi accessori di grandissima obliquità e via via sempre più profondi. Questi 
segnano la maggiore profondità della linea lobale. La sella esterna è divisa per metà della sua altezza e asim- 
metricamente da un lobo secondario. La porzione interna di tal sella così divisa resulta più ampia, più alta 
e più frastagliata della porzione esterna. La prima sella laterale è alta quasi quanto quella esterna, ma 
molto più della seconda laterale con la quale, mercè la poca profondità del secondo lobo laterale, sembra 
unirsi per formare un’ unica sella laterale. Le tre selle accessorie inclinano molto verso l’interno e vanno 
via via divenendo più basse e più semplici. 

Per il carattere dei lobi accessori che complessivamente costituiscono un lobo sospensivo molto pro- 
fondo questa linea lobale ricorda in modo speciale quella dei Perisphinctes. 

Il Trop. Zitteli trova le maggiori somiglianze con il 7rop. rotundum Furt. ! del Lias medio di Oe- 
stringen col quale ha in comune specialmente la forma delle coste. Ma il 7rop. rotundum, che il Fur- 
TERER ritiene una varietà del Zrop. Massecanum D'ORB., è certo specie diversa dalla nostra per accresci- 
mento assai più rapido, per maggiore involuzione e soprattutto per differente forma dei giri che si ma- 
nifesta con una sezione diversa da essi presentata. Questa nella specie del FUTTERER è decisamente ellittica, 
assai più alta che larga e molto più compressa che nella mia specie. Tale differenza, più che dalla figura 36 
data dal FuTTERER, apparirebbe manifesta dalla raffigurazione che si può fare della sezione dei giri dei grandi 
individui esaminati dal FuTTERER stesso mercè le misure date da lui, e dalla considerazione che egli ci 
fornisce riferendo alla sua forma quell’A. Musseanus rappresentato dal QueNnsTEDT con la fig. 8 della tav. 
XXXVI fra le Ammoniti del Giura svevo e che offre appunto una sezione dei giri ellittica assai allun- 
gata. Il Top. rotundum, per essere del tipo del 7rop. Masseanum D’ORB., mostra poi nella regione dorsale 


i) FurTERER. Amm. d. Mittl. Lias. v. Oestringen, pag. 330, tav. XII, fig. 3, 4. 


172 A. FUCINI [28] 


quelle costicine, caratteristiche della specie del D’ORBIGNY, che sembrano mancare nel mio individuo. La 
linea lobale delle due specie è quasi identica, però nella mia il lobo sospensivo è più profondo del primo 
lobo laterale anzichè no. 

Questa bella specie fu raccolta dal Lupovici al Monte Primo. Dalla roccia che l’avvolgeva ho potuto 
estrarre EMynchonella aptycha CAn., Terebratula Aspasia Men. var. maior ZirteL e Leptaena sp. 


3. Tropidoceras Stefanii n. sp. — Tav. XXIII [V], fig. 3. 


DIMENSIONI 
Diametro . 0 0 " . . . . . . o . .. mm. 29 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. Ò 6 . o 0 0,38 
Spessore » » » » o . " 0 o . 0,23 
Larghezza dell’ombelico » » SOA : 0 0 ò 0,36 
Ricoprimento della spira » » 7 , 6 STRANA . 0, 06 


Conchiglia di mediocri dimensioni, compressa, discretamente ombelicata e non molto involuta giacchè 
il penultimo giro è ricoperto solamente per un terzo della sua altezza. I giri, più alti che larghi, pre- 
sentano il loro maggiore spessore presso il margine ombelicale e circa al primo quarto interno della loro 
altezza. Da questo punto essi si deprimono assai più rapidamente verso la sutura dell’ombelico che verso 
l’esterno, dando luogo ad una superficie ombelicale strettamente arrotondata ed a fianchi poco convessi. 
Sul dorso e nei punti ove è conservato il guscio della conchiglia si vede una sottile carena poco distinta 
dai fianchi, dai quali non è separata da alcun solco. Quando manca il guscio, manca completamente anche 
la carena e il dorso resulta strettamente arrotondato. Parrebbe allora di avere a che fare con una con- 
chiglia di altro genere: di Amphiceras per esempio. 
La sezione dei giri a guscio conservato resulta lanceolata, altrimenti mostrasi ovale. I giri, all’interno 
e fino ad un diametro di circa 10 mm. appariscono lisci; dopo sono ornati di coste che con l'accrescimento 
divengono assai robuste, sufficientemente regolari ed un poco più strette degli intervalli interposti fra di 
esse. Nell'ultimo giro se ne contano circa ventisette. Nell’andamento sono assai falciformi. Esse si ori- 
ginano debolmente dall’ombelico; si dirigono in maniera molto decisa in avanti; giunte sul contorno om- 
belicale si ingrossano molto e facendo una curva non tanto larga si piegano in dietro; sul terzo esterno 
dell’altezza del giro formando una seconda curva si rivoltano in avanti e di nuovo s’indeboliscono per 
svanire prima di arrivare alla carena sifonale. 
La linea (fig. 17) lobale è assai caratteristica e resulta di un lobo sifonale 
i assai profondo e con selletta sifonale larga; di un primo lobo laterale più pro- 
MZZAY i fondo dell’altro, non tanto ampio, con lunghe dentellature nella parte più bassa; 
i di un secondo lobo laterale profondo quasi quanto quello sifonale e con lunghe 
el ia incisioni nella parte inferiore; di un lobo accessorio molto piccolo; di un lobo 
grandita 2 volte. interno profondo circa quanto il secondo laterale, con lunghe incisioni nella parte 
esterna e piccole nella interna, e di un lobo antisifonale, molto stretto, con 
piccole dentellature laterali e che sembrerebbe raggiungere la profondità del lobo sifonale. 
Le selle hanno presso a poco la stessa altezza; solo la seconda sella laterale e quella che si trova 
di lato al lobo antisifonale sono più basse delle altre. La sella esterna discretamente ampia è divisa in 
due parti disuguali da un lobo secondario che raggiunge quasi la profondità del lobo sifonale. La parte 
interna della sella così divisa resulta più alta e più larga della parte esterna. Anche la prima sella late- 


Fis, 17. 


[29] A. FUCINI 173 


rale apparisce bipartita, ma molto leggermente. Si distingue poi la sella, sulla cui metà cade la sutura 
dell’ombelico. Questa sella, molto ampia, è caratterizzata dalle sue ramificazioni le quali nella parte interna 
sono molto sottili. La sella che precede il lobo antisifonale mostrasi assai ristretta e con piccole incisioni. 

Questa specie per la forma della conchiglia ha grandi somiglianze con il Zrop. calliplocum Gem. !, 
ma ne differisce indubbiamente per le coste che non arrivano fino alla carena sifonale e che sono più flessuose 
e meno numerose, nonchè per la mancanza della carena sul dorso nel modello interno, la quale si con- 
serva invece nella specie del GEMMELLARO, come mostra la fig. 16 data dall’insigne paleontologo siciliano. 
La linea lobale inoltre nel Zyrop. calliplocun Gem. non ha, come nella mia specie, la prima sella laterale 
alta quasi quanto l’esterna e questa non vi è divisa tanto profondamente da un lobo secondario. Vi è di 
più che nella specie del GemmeLLARO la regione ove si trova la sutura ombelicale è occupata da un lobo 
ampio mentre nel Zyop. Stefanii, vi si trova una sella larga e bene sviluppata. 

Il Trop. Galatense Geww. 2, del quale ho potuto esaminare nel Museo pisano un esemplare tipico, 
differisce ugualmente dal Zrop. Stefani per le coste diritte, meno numerose e soprattutto per avere sul 
dorso, anche in modello, la carena sifonale e per la linea lobale. 

Il 7rop. erithracum Gem. ®, del quale ho esaminato pure un esemplare tipico, ha le coste di forma 
uguale, sebbene più diritte, a quella della mia conchiglia. Questa però non mi è sembrata riferibile com- 
pletamente neanche a tale specie per il solito carattere di avere il dorso completamente liscio nel mo- 
dello e in special modo per la linea lobale, la quale è di tipo tutt’affatto differente. 

La linea lobale della specie ora esaminata rammenta quella di certi Harpoceras. 

L’esemplare studiato è conservato in un calcare grigio-chiaro e fu raccolto dal prof. CAnAvARI alle 
Grotte di S. Eustachio presso Sanseverino Marche. 


XII. Gen Cycloceras Hyan. 


1. Cycloceras Stahli OrpreL. — Tav. XXII [IV], fig. 2. 


1853. Ammonites radians OrpeL. Der Mittl. Lias Schw., pag. 51, tav. III, fig. 2. 
1856. A. Stahli OppeL. Die Juraformation, pag. 168. 
non 1884. Harp. Stahli Haua. Nouv. Amm. du Lias sup. Boll. de la Soc. géol. de France, t. XII, 3.° sér. 
pag. 347, tav. XIII, fig. 1. 
1885. — — Haus. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harp., pag. 603. 


DIMENSIONI 


Diametro . È o - È ò 7 ; ; 6 5 . . mm. 34 
Altezza dell’ ultimo giro in rapporto al diametro. . 5 , 6 , 0,31 
Spessore » » » » 6 È 5 È È . 0,22 
Larghezza dell’ ombelico » » : o 6 1 5 ° 0,45 
Ricoprimento della spira » » c 7 5 , o , 0,05 


L'unico individuo che ho in esame corrisponde perfettamente all’esemplare tipico figurato dall’OPPEL 
del quale ho sott'occhio un buon modello in solfo. E da osservare che nelle dimensioni e nella figura 


i) GeMmMELLARO. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 44, tav. VII, fig. 11-18. 
2) GEMMELLARO. Ibidem, pag. 43, tav. VI, fig. 15-23. 
3) GeMmMELLARO. Ibidem, pag. 40, tav. V, fig. 10-16. 


174 A. FUCINI [30] 


del mio individuo non è tenuto conto di una buona porzione dell’ultima camera andata in frantumi nella 
preparazione. L'ultima camera dell’ esemplare così ridotto occupa dunque circa un terzo dell’ultimo giro 
mentre prima ne comprendeva almeno i due terzi. La conchiglia è compressa, di lento accrescimento, non 
molto involuta, assai largamente ombelicata ed ha, a vederla di fianco, l’aspetto dell’ Arietic. Algovianum OPP. 
I giri sono alquanto più alti che larghi, appiattiti sui fianchi ed arrotondati mediocremente e quasi ugual- 
mente tanto sul margine ombelicale quanto su quello esterno. Il dorso termina acutamente con una carena 
che porta ai lati quasichè insensibili depressioni longitudinali, spioventi verso i fianchi. L'ultimo giro è 
ornato da trenta coste semplici, assai distinte e spiccate, più strette degli intervalli frapposti, diritte ed 
un poco retroverse. Esse si originano molto deboli entro la superficie dell’ombelico, ma acquistano rapi- 
damente un grande rilievo sul contorno ombelicale. Mantengono poi costante questo rilievo fino al quarto 
esterno dell'altezza del giro ove s’ingrossano un poco, determinando un minutissimo ed indistinto tuber- 
coletto. Questo carattere non viene riprodotto tanto bene nella figura dell’ originale dell’OpPeL. Dopo tale 
ingrossamento le coste piegandosi in avanti svaniscono in una leggera coda. È appunto dal succedersi e dal 
connettersi di queste code evanescenti che si origina lungo il margine esterno un leggero rilievo che fa 
comparire la lieve depressione ai lati della carena dorsale. 

Riot: La linea lobale (fig. 18) corrisponde a quella dell’ esemplare tipico la quale nelle linee 
generali si vede anche nel modello; essa è però un poco meno frastagliata. Il lobo sifonale 
non molto ampio, discretamente profondo, ha i lati quasi paralleli ed una selletta altissima. 
E Il primo lobo laterale, ristretto, appena più profondo del precedente, termina in tre 

Stahti Ovr. presa at punte molto asimmetriche e delle quali la mediana è l’unica che sorpassa la linea 
diametro di mm. 35, i È È 9 

A AAA radiale. Il secondo lobo laterale, di un terzo meno profondo del primo laterale, è 
leggermente inclinato all’esterno. Il primo lobo accessorio, un poco più profondo del 

precedente, ha una forte inclinazione verso l'esterno. Altre due piccole dentellature, inclinate nello stesso 
senso, possono dopo riguardarsi come altri lobi accessori. La sella esterna assai ampia, resulta bipartita quasi 
simmetricamente da un lobo secondario molto poco profondo. La prima sella laterale è alta quanto quella 
esterna ma più della successiva. Le due sellette accessorie sono molto rudimentali e ridotte. Sebbene tutta 
la linea lobale presenti una discreta frastagliatura in confronto con altre specie dello stesso genere, pure 
essa è meno complicata di quella della forma tipica. Ciò in verità potrebbe in parte esser dovuto al diverso 
stadio di sviluppo in cui essa è stata osservata. Nel mio esemplare essa è stata rilevata a soli mm. 35 


di diametro. 
Al diverso stadio di sviluppo. si deve anche se nell’ultimo giro del mio individuo si trovano trenta, 


anzichè, trentacinque coste come nell’ esemplare dell’ OppeL. Assolutamente nessuna altra differenza si po- 
trebbe rilevare fra il tipico Cyel. Stahli OppeL ed il campione che io vi riferisco. 

L’Haue ha da se stesso corretto l’erroneo riferimento da lui fatto a questa specie di una forma 
chiamata A. Alisensis dal ReyN. ed assai vicina al Zrop. Actacon D’ORB. 

Questa specie viene dall’ Have giustamente avvicinata al Cyel. dinotatum OpP., il quale ha però un 
numero minore di coste e queste fornite anche di tubercoli situati in serie lungo il margine circombe- 
licale. L’Haue avverte inoltre che le due specie sono unite da termini di passaggio. 

L’esemplare esaminato proviene dai Monti della Rocchetta ed appartiene ai più alti orizzonti del 
Lias medio. 


i) D’OrBIGNY. Paléont. frang., terr. jurass., t. I, pag. 282, tav. LXI, fig. 1-3. 


[81] A. FUCINI 175 


XI. Gen. Arieticeras Sec. 


Il dott. Levi! non accetta il nome generico di Arieticeras proposto dal SEGuENZA ?) per gli Harpoceras 
del tipo dell’Algovianum perchè il medesimo nome fu adoprato dal QuenstEDT in luogo di Arietifes. A me 
sembra che invece di accettare il nuovo nome di Seguenziceras fatto dal Levi, sia meglio ritenere quello 
di Arieticeras restringendolo alla specie del gruppo dell’Arietic. Algovianum come intese il SEGUENZA. 


1. Arieticeras Algovianum Oprp. — Tav. XXIV [VI], fig. 1. 


? 1845. Ammonites emaciatus CartLLO. Classificazione delle calcarie rosse Ammonitiche, pag. 35, tav. 4, fig. 2. 
1856. Ammonaites radians amalthei OrpeL. Der mittl. Lias Schw., pag. 51, tav. III, fig. 1. 


1862. _ Algovianus OrpeL. Palaeont. Mittheil. ecc., pag. 137 (cum syn.). 

1868. — — RevnÈs. Essai de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 92, tav. II, fig. 1. 
? 1868. _ Ruthenensis Revnès. Ibidem (pars), tav. II, fig. 4. 

1869. — Algovianus Zire. Geol. Beobacht. a. d. Centr.-Apenn., pag. 121 (pars). 


1867-81. A. (Harpoceras) Algovianus MeneGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 40 (pars) 
non tav. X, fig. 1-2; pag. 204. 


1867-81. = —_ MexecHInI. Fossiles du Medolo, pag. 8, tav. II, fig. 1,9. 
1874. Harpoceras Algovianum Gexerraro. Foss. d. str. a Ter. Aspasia ecc., pag. 105, tav. XII, fig. 27-28. 
1885. _ — Have. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 629. 


1885. Ammonites radians crassitesta Quenstent. Amm. d. Schw. Jura, pag. 341, tav. 42, fig. 43, 45. 
1889. Hildoceras Algovianum Krrian. Mission d’ Andalousie, pag. 608, tav. XXIV, fig. 7. 

? 1893. Harpoceras Algovianum Gever. Maittell. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 5, tav. I, fig. 7.8. 
1896. Harpoceras (Arietic.) Algovianum Fuori. Faunula del Lias medio di Spezia, pag. 156, tav. II fig. 12 


(cum syn.). 
1899. Hildoceras (Arieticeras) Algovianum BoxArELLI. Amm. d. rosso Ammonàtico ecc., pag. 205. 


DIMENSIONI 
I II 
Diametro . . ; . : - : o . . mm. 58 mm. 34 
Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. , 6 0,31 0,34 
Spessore » » » » c o 7 0,20 0,19 
Larghezza dell’ ombelico » » c Ò 7 0, 46 0,39 
Ricoprimento della spira » » È . . 0, 03 0, 04 


Due esemplari provengono dai Monti della Rossa e sono conservati in un calcare grigio cenerognolo. 
Io li ritengo per tipici rappresentanti della specie dell’ OppEL. La loro conchiglia è molto compressa, disere- 
tamente ombelicata, ad accrescimento piuttosto lento e ad ombelico poco profondo. I giri, assai più alti 
che larghi, hanno i fianchi così poco curvati che sembrano quasi piani; la loro sezione è ellittica, ma 
alquanto depressa in alto ed in basso. Nel dorso, non tanto largo, si trova la carena sifonale assai rilevata 
e distinta, ma non soverchiamente acuta. Da ambedue i lati di questa carena si osserva un solco dorsale, 
discretamente largo, non molto profondo, ma bene visibile anche perchè esso dalla parte esterna del dorso 


è fiancheggiato da una carena, sulla quale terminano le coste e che costituisce il margine esterno dei fianchi. 


1) Levi. I Foss. d. str. a Ter. Aspasia di Monte Calvi, pag. 213. 
2 SecueNnzA. I minerali della prov. d. Messina, pag. 67; — Ip. Intorno al sist. giur. di Taormina, pag. 5, 8. 


176 A. FUCINI [32] 


Le coste che ornano i fianchi della conchiglia e delle quali se ne hanno 37-39 nell'ultimo giro, costituiscono 
uno dei caratteri più distinti di questa specie. In quanto riguarda il loro andamento esse sono quasi per- 
fettamente diritte e radiali sul mezzo dei fianchi, sul quarto esterno dell’altezza dei giri si piegano e si 
curvano assai fortemente in avanti, sul quarto interno invece si piegano in dietro, ma molto debolmente. 
Fsse sono -rade e gli spazi da loro interposti sono invece larghi, ma poco profondi. Le coste non sono 
tanto larghe nè tanto spiccate ed il loro rilievo non è uguale in tutto il loro decorso. Nella parte interna 
dei fianchi esse sono deboli, ma vanno ingrossando verso l’esterno; raggiungono la massima elevatezza al 
quarto esterno dell’altezza del giro, ove formano la curva rivolta in avanti; vanno poi indebolendosi 
alquanto fino alla carena che forma il margine esterno, sulla quale si arrestano. Nel rilievo delle coste e 
specialmente nel punto ove esse sono più spiccate è da osservarsi che la loro parete non scende in modo 
uguale nei solchi che la fiancheggiano. Anteriormente le coste scendono al solco gradatamente ed a poco 
a poco, posteriormente invece la discesa è assai repentina e decisa. Ne consegue che la parete costale 
anteriore è molto più dolcemente declive di quella posteriore la quale sembra quasi rovesciata in dietro. 
La linea lobale (fig. 19) ha il lobo sifonale meno profondo del primo laterale il quale è piuttosto ristretto e 
terminato con tre grossolane dentellature. La sella esterna, bipartita alla sommità è un 
Fielo: poco più alta e più larga della prima laterale che presenta una forma presso a poco rettan- 
i golare. Seguono poi altri due lobi ed altre due selle, piccoli e ridotti. La sella interna, 
NL PS poco ampia, semplicemente dentellata, raggiunge quasi l'altezza della prima laterale. Il 
lobo antisifonale è strettissimo ed un poco meno profondo del primo lobo laterale. 
Non Altri esemplari, con il guscio della conchiglia limonitizzato, provengono dal M. Ven- 
e E tosa, dal M. Nerone e dal M. Vettore. Quelli delle due ultime località portano la 
dezza naturale. _—determinazione scritta dal prof. ZrtreL. Per la forma dei giri, delle coste ed in genere 
di tutta la conchiglia questi esemplari corrispondono a quelli sopra esaminati dei quali 
hanno una conservazione peggiore. Se in essi, in confronto di questi, si vuole vedere qualche differenza 
morfologica si può osservare solamente che i solchi laterali alla carena sifonale vi sono un poco meno 
distinti, per il fatto forse che vi è meno spiccata la carena che limita il dorso dai fianchi e sulla quale 
ho detto arrestarsi le coste. 
Dopo che l’OpPEL ebbe instituita questa specie essa fu giustamente citata dal RevxÈs! che ne dette anche 
una buona figura. Dopo lo ZrttEL la notò nell’Appennino centrale con gli esemplari più sopra esaminati e vi 
riunì l’ Arietic. retrorsicosta di OpPEL®) e 1 Harp. Ruthenense Revxks. Il MENEGHINI ammise che l’ Ardetic. retrorsi- 
costa fosse distinto dalla specie ora in esame, alla quale poi riunì solo una parte dell’Harp. Ruthenense REYN. 
All’altra parte conservò il nome specifico del Rernks e vi comprese quelle forme aventi le coste spesso 
accoppiate presso l'ombelico in modo da ricordare VA. comersis pe BucH. Egli? citò l Harp. Ruthenense, così 
compreso, nel deposito del Medolo.L'Haue® riunì all’ Arietic. Algovianum V Harp. Ruthenense del RevnÈs e del 
MENEGHINI e con dubbio anche l' Harp. Domeriense Mon.® Il KrLian 8) posteriormente ha distinto dall’ Arsdetie. 
Algovianum OrP. una forma a giri più depressi, con solchi dorsali più profondi ed a coste più grosse e 


Linea lobale dell’Arzetic. 


1) Rpynùs. Ess. de géol. et de paléont. Aveyr., pag. 92, tav. II, fig. 1. 
2\OppeL. Palaeont. Mittheil. ecc., pag. 139. 

3) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 9, tav. XI, fig. 6, 7, 8, 10, 11, 15. 
4 Haua. Monogr. di Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 629. 

5) MENEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 7, tav. I, fig. 4-6. 

5) KiLian. Mission d'Andalousie, pag. 609, tav. XXV, fig. 1. 


[33] A. FUCINI 177 


rilevate, che ha chiamato Hdoceras Bertrandi. A questa sua specie il KILIAN ha riferito una parte dell’ Arietie. 
obliquecostatum QuENST. (non ZIET.), 1 Arietic. Algovianum illustrato dal MENEGHINI nella Monografia citata in 
sinonimia, nonchè l’esemplare ritenuto per Arietic. Algovianum dal MEeNEGHINI e da questo figurato tra i 
fossili del Medolo con la fig. 1 della tav. II. 

Il GeyER più recentemente, nel lavoro citato in sinonimia, accetta la nuova specie del Kiian e la sua 
sinonimia, ma in quanto all’Harp. Ruthenense Mer. (non ReynÈs) non approva le vedute dell’ Have accettate 
anche dal KiLian ed egli riguarda l’Harp. Ruthenense, quale fu inteso dal MENEGHINI, come specie distinta 
dall’ Arietic. Algovianum OPP. Il BoxArELLI ® sembra ammettere le opinioni del GEYER però cita con dubbio 
Harp. Ruthenense fra i fossili del Medolo e non fa parola dell’ Arietic. Bertrandi del KiLian che questi crede 
trovarsi in quel deposito. In ultimo io °) ho ritenuta giusta la sinonimia proposta dal GeveR per 1 Ar. AZgo- 
vianum, ma in quanto a quell’esemplare di Arietic. Algovianum, illustrato dal MeNnEGHINI fra i fossili del 
Medolo alla tav. II con la fig. 1, mi è sembrato, dietro esame dell’originale, che esso fosse meglio rap- 
portabile alla specie dell’OpPEL che a quella del Kiran, che io credetti di dovere riunire all’Arietic. Lottii 
Gemm. È) 

Riprendendo in esame i buonissimi modelli in solfo dell’Harp. Ruthenense RevnÈs, mandati dal ZItTEL 
al MexEGHINI, il quale fa parola di essi a pag. 45 della sua Monografia citata in sinonimia, mi sono piena- 
mente convinto che essi riguardano due specie fra loro diverse come sostenne il MENEGHINI. Uno di questi 
modelli riguarda una forma molto vicina all’ Arietic. Algovianum, l’altro modello rappresenta una specie certa- 
mente diversa dall’ Arietic. Algovianum OPP. ed alla forma da esso offerta rimane secondo il concetto del MENE- 
GHINI ed a mio parere il nome di Harp. Euthenense. Ho poi preso in esame gli esemplari del Medolo riferiti 
dal MengeHINnI® all Harp. Ruthenense da lui emendato e quelli dell’ Arietie. Domeriense Mex. 5 che Have 
inclinerebbe a ritenere appartenenti pure alla specie dell’OppeL. A me sembra che gli esemplari riferiti dal 
MexEGHINI a quella forma di Harp. Ruthenense del Revxès, da lui separata dall’altra appartenente all’ Arietic. 
Algovianum OrP., non vi corrispondano poi troppo bene, specialmente per l’acerescimento molto più lento 
e per l'andamento delle coste che non sono retroverse come nel modello dell'esemplare di Bosc. Questo 
individuo, che io riguardo dunque come il tipo dell’Hurp. Ruthenense Revn. per la forma delle coste retroverse 
e che sono talvolta accoppiate presso l’ombelico, si avvicina all’Harp. Boscense ReEyN., e più all’Harp. Lavi- 
nianum Mor., gli esemplari del Medolo ad esso riferiti dal MENEGHINI si accostano più all’ Arietic. Algovianum, 
però anche in essi si hanno coste che si congiungono presso l’ombelico. Oltre che per questo ultimo carattere 
mi sembrerebbe che tali individui si allontanassero dall’ Arietic. Algovianum OPP. anche per l’accrescimento più 
lento. Le considerazioni fin qui fatte non riguardano quell’esemplare rappresentato dal MENEGHINI con la fig. 6 
della tav. II, il quale per le coste molto sottili, assai flessuose e per il dorso acuto e quasi senza solchi la- 
terali alla carena sifonale, non mi parrebbe che potesse stare unito con gli altri individui riferiti dal ME- 
NEGHINI all’Harp. Ruthenense, nè al tipo di questa specie, nè all’ Arietic. Algovianum. L’ Harp. Domeriense MA. è 
vicinissimo agli esemplari riferiti dal MeneGHINI all’Harp. Ruthenense (escluso quello sopracitato, rappre- 
sentato con la fig. 6) ed io crederei che esso costituisse con questi una forma unica molto vicina all’ Arietie. 
Algovianmn OrP. e che forse potrebbe da questo tenersi distinta per le coste, nei giri interni specialmente, 


1) BOoNARELLI. Fossili domeriani della Brianza, pag. 14, 21. 

®. Fucini. Faunula del Lias medio di Spezia, pag. 156, tav. III, fig. 12. 

3) GEMMELLARO. Sopra tal. Harpoc. d. Lias sup. di Taormina, pag. 13, tav. II, fig. 3, 4. 
4 MeNEGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 9, tav. II, fig. 6, 7, 8, 10, 11, 15. 

5) MENEGHINI. Ibidem, pag. T, tav. I, fig. 4-6. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 22 


178 A. FUCINI [34] 


accoppiate più o meno spiccatamente presso l'ombelico. L’esemplare di Bosc, figurato dal Reynks col 
nome di A. Ruthenensis non saprei se sia da riferirsi all’Arietic. Algovianum OPP., come vogliono molti autori, 
o se veramente appartenga all’ Zarp. Ruthenense anche nel modo inteso dal MENEGHINI. 

In quanto all’esemplare riferito alla specie in discussione dal MeNEGHINI e da questi figurato fra i 
fossili del Medolo con la fig. 1 della tav. II, io seguito ancora a riguardarlo come Arietie. Algovianum, ma 
riconosco che per le coste assai grossolane e per i giri non tanto compressi esso è pure molto vicino 
all’ Ar. Bertrandi KiLran. Al Medolo però si trova tanto 1’ Arèetic. Algovianum OpP. quanto 1’ Artetie. 
Bertrandì KILIAN. 

Il MenEGHINI con la fig. 2 della tav. XXXI illustra nella sua Monografia una specie di Ammonite 
della Bicicola che egli dapprima riguardò come una forma di Arietic. Algovianum (pag. 42) e che poi (pag. 
204) ritenne forse diversa dalla specie dell’OppeL. Così sembra veramente essere, se la figura è fatta 
fedelmente. 

L’Arietie. Algovianum illustrato dal GevER tra i fossili del Schafberg viene da me dubbiosamente messo 
in sinonimia di questa specie, poichè esso mi sembrerebbe un poco diverso per la mancanza o quasi dei 
solchi ai lati della carena sifonale e per la forma e l'andamento delle coste più sigmoidali e più retro- 
verse. Si tratterebbe a mio modo di vedere di una forma assai vicina all’ Arietic. dolosum, più oltre illustrato 
da me, ed all’ Harp. Ruthenense, come venne inteso dal MeNnEGHINI. Questo avrebbe però le coste più nume- 
rose, talvolta accoppiate sul contorno ombelicale ed il dorso con leggeri solchi ai lati della carena sifonale. 

Fra gli esemplari di questa specie citati per l’ Appennino centrale dallo ZitTEL ve ne sono di quelli 
molto caratteristici e quindi non tutta la citazione di ZitteL va tolta dalla sinonimia. L’Haue ® ha cre- 
duto invece che l’Arzetic. Algovianum (non OrpeL) ZitreL dell’ Appennino centrale dovesse riferirsi al- 
l’ Arietic. retrorsicosta OPP. 

L’Amm. emaciatus CAT. 2, certamente riferibile ad un Harpoceras, viene dall’OmBoNI 3) identificato con 
la specie dell’OrpeL. La figura e la descrizione data dal CatuLLO non sembrerebbero completamente dare 
ragione della riunione fatta dall’Omponi il quale avverte però che la figura del CATULLO è mal riprodotta. 
Se tale riunione fosse giusta il nome per questa specie dato dall’Opper andrebbe in sinonimia di quello 
di CaruLLo. Non essendo del tutto persuaso della identità delle due forme lascio per ora tale questione 
indecisa. 

L’Arietic. Algovianum OPP. è una delle specie più caratteristiche e più diffuse del Lias medio ed è dif- 
ficile poter condurre di esso una sinonimia esatta, specialmente delle citazioni antiche, non accompagnate 
dalle relative figure. Io mi sono limitato ai riferimenti che mi sono sembrati i più giusti anche perchè 
accompagnati da figure. L’Arietic. Algovianum OPP. però viene citato da autori numerosissimi e per mol- 
tissimi giacimenti in specie della parte superiore del Lias medio. In Italia esso avrebbe i suoi più antichi 
rappresentanti a Gozzano e nel Monte S. Giuliano presso Trapani, ove sarebbe stato respettivamente os- 
servato dal Parona * e dal Di STEFANO ?). Oltrechè in queste località ed in quelle indicate nei lavori 
portati in smonimia l’Arietic. Algovianum OPP. viene citato nell’ Italia settentrionale in Val Marianna dal Pa- 


i) Haue. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 630. 

2) CATULLO. Class. d.cale. rosse Ammonit., pag.35, tav. 4, fig. 2. 

3) OmonI. Delle Amm. d. Veneto illustr. da CATULLO, pag. 36. 

4 PARONA. Revis. d. fauna lias. di Gozzano. Estr. d. R. Accad. di se. di Torino, vol. 43, pag. 11. 
9) DI SteFANO. IZ Lias m. d. Monte S. Giuliano. Atti R. Accad. Gioenia, vol. 67, pag. 125. 


[35] A. FUCINI 179 


RoNA ®, alla Bicicola ed a Ponzate dal BowareLLI ?), nell’Italia centrale a Repole ed a Vecchiano dal DE 
STEFANI ), presso il Candigliano (Furlo) e nelle vicinanze di Frasassi dallo ScaraBELLI *, a Papigno dal 
Parona ?), ai Campi dell’Acqua dal Canavari 9, a Poggio Mirteto dal Tuccrmer °; nella Sicilia 1° Arietic. 
Algovianum fu trovato al Castelluccio ed a Taormina dal SeGuenza ), nel Monte Bellampo dal Barpacci ®). 


2. Arieticeras Bertrandi Kun. — Tav. XXIV [VI], fig. 3. 


1857. Ammonites obliquecostatus (non Zreten) QuensreDT. Jura, pag. 173, tav. XXII (pars), fig. 29 non fig. 30. 
1867-81. A. (Harpoceras) Algovianus MexeenmNI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 40 (pars), tav. 


X, fig. 1,2. 
= = = MexeGHINI. Fossiles du Medolo, pag. 8 (pars), excl. fig. 
1869. Ammonites —_ Zirrer. Geolog. Beobacht a. d. Centr. Apenn., pag. 121 (pars). 


1885. Harpoceras Algovianum Have. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 629 (pars). 
1889. Hildoceras Bertrandi Kuisx. Mission d’Andalousie, pag. 609, tav. XXV, fig. 1,2. 
1893. Harpoceras Bertrandi Gever. Mittell. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 7, tav. I, fig. 9, 10. 


DIMENSIONI 

Diametro 3 . o 2 o 7 0 . mm. 49 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . : 0 c 5 3 0,31 
Spessore » » » » ° 5 6 6 a ò 0,25 
Larghezza dell’ombelico » » - . . . . . 0,45 
» » 3 5 5 5 Ò 6 0,05 


Ricoprimento della spira 


L’esemplare figurato della Rocchetta di 49 mm. di diametro rappresenta la forma tipica. Il grado 
di accrescimento è presso a poco uguale a quello dell’ Arietic. Algovianum OprEL. I giri però sono più 
spessi in proporzione della loro altezza; il dorso, più largo, ha la carena sifonale 
meno acuta e meno elevata ed i solchi ad essa laterali alquanto più distinti; 
l'ombelico è più profondo e le coste che ornano i fianchi dei giri molto sinuose, 
quasi diritte sui fianchi, piegate in avanti solo sul margine esterno, con andamento 
più retroverso, più larghe, circa quanto gli intervalli frapposti, più rilevate e con 
la loro parete posteriore poco o punto rovesciata in dietro. casi Aa n 

La linea lobale (fig. 20) ripete i principali caratteri di quella dell’ Arietic. mm. 45, în grandezza nat. 
Algovianum, però è forse un poco più semplice; la sella esterna ha altezza un 
poco maggiore della prima laterale, anzichè il contrario; la sella interna è più alta raggiungendo la prima 
sella laterale; il primo lobo laterale è forse un poco più stretto ed il secondo lobo laterale insieme a quello 
accessorio ed all’interno, tutti e tre molto piccoli, sono assai meno profondi. 


1) ParoNA. Contrib. a. stud. d. fauna lias. di Lombardia. Estr. d. Rend. R. Ist. Lomb., serie II, vol. XII, pag. 5. 

® BowaRELLI. Contr. alla conosce. d. Giura Lias lombardo, pag. 9; — In. Foss. domeriani d. Brianza, pag. 13. 

3) De STEFANI. Osserv. sulle Alpi Apuane. Atti d. Soc. tose. di Sc. nat., Proc. verb., vol. II, pag. 150; — In. 
Quadro compar. d. terr. d. App. sett. L. c., Mem. vol. V, pag. 223. 

4 ScARABELLI. La caverna di Frasassi, pag. 30. 

5) PARONA. Fauna lias. d. App. centr., pag. 669. 

9 CanaAvaRrI. La Montagna del Suavicino, pag. 12, 15. 

7 Tuccma. Il sist. lias. di Roccantica. Boll. d. Soc. geol. it., vol. VI, pag. 138. 

3) SEGUENZA. Le roccie del Messinese, pag. 68; — In. Intorno al sist. giur. nel terr. di Taormina, pag. 5, 8. 

9 BaLpacci. Descr. geol. d. Sicilia, pag. DI. 


180 A. FUCINI [36] 


Dai vari esemplari illustrati dai diversi autori si rileverebbe come questa specie con l’accrescimento 
vada man mano diventando sempre più compressa. L’esemplare in discussione anche al principio dell’ ultimo 
giro conserva tra lo spessore e l’altezza del giro il medesimo rapporto che si osserva alla fine. 

Questa specie fu creata dal KiLiAaN sopra esemplari della Sierra Elvira nell’Andalusia e vi fu riunito 
dal suo autore una parte dell'A. obliquecostatus (non ZieTEN) Quenst., lArietic. Algovianum (non OPPEL) 
Mex. della Lombardia ed una parte dell’Arietic. Algovianum del Medolo. Il GEYER avendo trovato questa 
specie fra i fossili del Schafberg accettò completamente la sinonimia proposta dal KILIan. 

A me! sembrò invece, nello studio sulla faunula del Lias medio di Spezia, che la figura 1 della tav. II 
del lavoro sui fossili del Medolo del MENEGHRINI, rappresentata come si sa con l’aiuto di due esemplari 
diversi, non potesse essere riferita con sicurezza all’Arietic. Bertrandi KiLtAN per avere le coste assai sinuose. 
Ritenni inoltre che l’ Arietie. Bertrandì corrispondesse specificatamente all’ Arietic. Lottii Gemm. Con lo studio 
degli esemplari di Arietic. Bertrandi e di Arietic. Lottiù Gemm. dell'Appennino centrale mi sono convinto 
che tale corrispondenza non è giustificata. 

L’Arietic. Bertrandi KiLian è diverso dall’ Arietic. Lottiù GeMM. per le coste non meno robuste, ma più 
numerose ed interponenti intervalli più stretti, e soprattutto per lo spessore assai maggiore dei giri; dal- 
l’Arietic. Algovianum si differenzia per le coste più robuste, meno sinuose, per i giri aventi uno spessore 
maggiore in rapporto all'altezza, nonchè per avere solchi più distinti ai lati della carena sifonale. 

Gli esemplari di Arietic. Algovianum (non OrPEL) Mer. della Lombardia, con ogni probabilità non 
giust amente attribuiti a questa specie, sono alquanto diversi dal tipo per avere i giri meno spessi in confronto 
alla loro altezza e coste più sinuose. Queste lievi differenze, già rilevate dal KILian, mi fanno ritenere che 
quelli esemplari appartengono ad una forma vicina alla specie che ho distinto col nome di Arietic. dolosum. 

Anche la forma del Schafberg illustrata dal GeyeR sembra avere uno spessore dei giri relativamente 
non tanto grande, in rapporto alla considerevole altezza dei giri, e coste assai numerose. 

Individui perfettamente tipici si trovano nella fauna del Medolo e fanno parte degli esemplari riferiti 
dal MENEGHINI all’Artetic. Algovianum OrP. Anche la specie dell’OpPEL si trova al Medolo. La forma illustrata 
dal MexEGHINI con la fig. 1 della tav. II si può a mio credere considerare come un passaggio fra le due 
specie. 


5. Arieticeras retrorsicosta OrpeL. — Tav. XXIV [VI], fig. 2. 


1856. Ammonites obliquecostatus (non Zieren) QuenstEDT. Jura, pag. 173 (pars), tav. XXII, fig. 30 non fig. 29. 

1862. Ammonites retrorsicosta OrpeL. Palacont. Mittheil. I, pag. 139. 

1867-81. Harpoceras — MexeGHINI. Monogr.d.foss. du cale. rougeamm., pag. 46, tav. X, fig.3; p. 205. 
» A. (Harpoceras) retrorsicosta MexeGHINI. Foss. du Medolo, pag. 11, (pars), tav. II, fig. 3? non fig. 17. 


E 


non 1885. Hildoceras retrorsicosta MeneGaINI. Nuove Amm. d. App. centr., Atti d. Soc. tosc. di Sc. nat., 
Mem. vol. VI, pag. 367, tav. XXI, fig. 3. 

1885. Ammonites retrorsicosta Hsue. Monogr. d. Amm.-Gatt. Harpoceras, pag. 630. 

1885. Ammonites obliquecostatus (non Zieren) QuenstEDT. Amm. d. Schw. Jura, pag. 342, tav. XLII, fig. 44. 
non 1886. Hildoceras retrorsicosta Secuenza. Il Lias sup. n. terr. di Taormina, pag. 22. 

1893. Harpoceras retrorsicosta Gever. Mittell. Ceph. d. Hinter-Schafberges, pag. 10, tav. I, fig. 14-17. 

1894. Arieticeras retrorsicosta BonareLLi. Fossili domeriani della Brianza, pag. 14. 

1896. Harp. (Arietic.) retrorsicosta Fuomi. Faunula del Lias m. di Spexia, pag. 158. 

1899. Hild. (Arietic.) retrorsicosta BonArRELLI. Amm. d. rosso ammonitico ecc., pag. 205. 


i) Fucini. Faunula d. Lias m.di Spezia, pag. 156. 


[37] 


A. FUCINI 181 
DIMENSIONI 

Diametro . 0 0 Ò . . . ò 5 . o 0 . mm. 65 

Altezza dell'ultimo giro in rapporto al diametro. o ò 0 o 0 0,23 

Spessore» » » » È x 6 6 Ò 3 0,20 

Larghezza dell’ombelico » » ; ; ” ò o o 0, 54 

Ricoprimento della spira » » È hi 6 . o ò 0,03? 


Ho da riferire a questa specie un solo esemplare proveniente dalla Rocchetta. Esso è molto bene 
caratterizzato e perfettamente somigliante all'individuo di Pian d'Erba figurato dal MenEGHINI. La forma 
del Schafberg descritta dal GrvER presenta, forse a cagione dello sviluppo ancora non 
completo, un'altezza ed uno spessore di giro alquanto maggiori in rapporto al diametro. 

La linea lobale dell'esemplare esaminato è quella qui accanto figurata (fig. 21). 

Gli esemplari del Medolo riferiti a questa specie dal MENEGRINI vi appartengono 


solo in parte; alcuni sono riportabili indubbiamente all’ Arietie. (?) Juliae Box. ; 1 esemplare 


figurato con la fig. 3 della tav. II non lascia vedere bene il lobo sifonale, ma per la 
forma delle coste e dei giri si accosta anche esso all’ Arietie. (?) Juliae; l’individuo rappre- 
sentato dal MENEGHINI con la fig. 17 di quella stessa tavola, del quale il MENEGHINI fece 
la var. velox ®, ha le coste alquanto sinuose e si riporta, come riconobbe lo stesso MENEGHINI a quella 
specie da lui descritta col nome di Harp. Mercati (non HAUER.). 

Credo che non sia da confondersi con questa specie 1° Hidoceras retrorsicosta Sea. del Lias superiore 
di Sicilia, che è del tipo dell’ Hd. boreale SEEB. 


4. Arieticeras Lottii Ger. Tav. XXIV [VI], fig. 4. 


Fic, 21. 


Linea lobale dell’Harp. 


retrorsicosta OPP. 
presa al diametro 
di mm. 47, in gran- 
dezza naturale. 


. Ammonites bisulcatus (non Brue.) MeneGHINI in Spapa e Orsini. Quelques obser. géol. s. les Apenn. de V.I- 


talie centr. ecc. Boll.d. Soc. géol. d. France, 2.°sér., tab. XII, pag. 29. 


. Ammonites algovianus Zirter. Geolog. Beobacht. aus d. Centr.-Apenn., pag. 121 (pars). 
. Harpoceras Lotti GexneLraro. Sopra tal. Harpoe. d. Lias sup. di Taormina, pag. 13, tav. II, fig. 3, 4. 


_ — Tuconri. Il sistema lias. di Roccantica, pag. 139. 


_ — Fucmi. Foss. liass. calabresi. Boll. d. Soc. geol. it., vol. X, pag. 91. 


— — Fuoni. Fumula del Lias m. di Sperxia, pag. 156 (excl. syn.). 


DIMENSIONI 

Diametro . 5 . : c È . . : , ò 7 po sare IT 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. o c . c . 0,28 
Spessore 0 » » » . ; o È c ; 0,13 
Larghezza dell’ ombelico » » . , . : . 7 0,50 
Ricoprimento della spira » » o . . c . ” 0,00 


Riferisco all’ Arietic. Lottii un bell’esemplare, per una parte impigliato nella roccia, che dal MENEGHINI 
fu un tempo riferito all’A. bisulcatus BRUG. e poi ?) riconosciuto appartenere ad Harpoceras del tipo del- 
l’Algovianum. Esso corrisponde perfettamente alla figura ed alla descrizione che il GemmeELLARO ha 
dato di esemplari del Lias superiore di Taormina sui quali fu fondata la specie. La conchiglia è grande, 


1) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du calce. rouge ammonit. Révision systém. d. esp., pag. 205. 
2 MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 45-46. 


182 A. FUCINI [38] 


molto compressa, di accrescimento piuttosto lento, con ombelico largo, ma pochissimo profondo e con il 
dorso fornito di una carena alta ed acuta, fiancheggiata da due solchi distinti. I giri, alti più del doppio 
che larghi, sono quasi appianati ai fianchi e si deprimono un poco più rapidamente verso la sutura del- 
l’ombelico che verso il margine dorsale. Tuttavia il margine ombelicale resulta sempre arrotondato. Sui fianchi 
si trovano delle coste molto robuste e rilevate, alquanto più strette degli intervalli fra di esse interposti. 
Tali coste, delle quali se ne hanno 33 nell'ultimo giro, sono spiccatamente diritte ed hanno un andamento 
retroverso in maniera molto decisa. Esse hanno origine dalla sutura dell’ombelico, d’onde si volgono indietro 
ancor più fortemente di quel che esse non facciano sui fianchi; s’ingrossano dopo rapidamente e già sul 
margine ombelicale hanno quel grande rilievo che conservano fino al margine esterno. Qui si indeboliscono 
d’un tratto, fanno una piccola piegatura in avanti e svaniscono. La sezione del giro è ovale molto allun- 
gata. Non si può rilevare la forma della linea lobale dalle lievi traccie che di essa si vedono in qualche 
punto della conchiglia. 

Nel mio studio sulla Faunula del Lias medio di Spezia ho creduto che a questa specie dovesse riu- 
nirsi quella forma di Ammonite che il Kiian ® ha chiamato Hild. Bertrandi; con il bello esemplare 
che ho in esame mi son dovuto persuadere che la forma del KiLian è assai distinta specificamente e che 
l’Arietic. Lotti trova forse maggiori analogie con l’Arietic. retrorsicosta Orp.?) Tanto 1° Arietic. Bertrandi 
KILIAN quanto l’Arietie. retrorsicosta OrPEL si differenziano dalla specie in esame sopratutto per maggior 
numero di coste e per lo spessore dei giri che in essi è assai maggiore in confronto dell’altezza. Anche 
la forma delle coste grosse e diritte ed il modo di accrescimento della conchiglia rendono 1’ Arietic. Lottii 
abbastanza distinto. 

L’esemplare esaminato proviene dai calcari grigi dei dintorni di Nocera nell’Umbria. 

Altri due esemplari meno completi ma corrispondenti a quello studiato provengono dal Gran Sasso. 
Uno di questi, rammentato anche dal MenEGHINI ®, fu raccolto dal Pra e determinato dal MENEGHINI 
per l'A. bisulcatus BrUG. 

GEMMELLARO istituì questa specie sopra esemplari della parte più inferiore del Lias superiore dei din- 
torni di Taormina in Sicilia, perciò non deve sembrare strano che essa venga citata anche nel Lias medio. 
Oltre che nell'Appennino centrale, ove è pure citata dal Tuccimer a Roccantica, 1° Arietic. Lottiù Gem. 
fu citato da me nel Lias medio di Spezia. 


5. Arieticeras dolosum n. sp. — Tav. XXIV [VI], fig. 6. 


DIMENSIONI 
Diametro . ; : . : 7 È b 0 o . : . mm. 52 
Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro . o . 6 . . 0,30 
Spessore » » » » . . . . . . 0, 23 
Larghezza dell’ ombelico » » 5 ; 6 , ; ” 0,48 
Ricoprimento della spira » » È - a ; 3 È 0,05 


Conchiglia tutta concamerata, disccidale, compressa, ad accrescimento lento, con largo ombelico e con 
piccola involuzione inquantochè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un quinto circa della sua altezza. 
I giri assai più alti che larghi sono leggermente convessi sui fianchi e si deprimono rotondamente tanto 


1) KILIAN. Mission d’Andalousie, loc. cit., pag. 609, tav. XXV, fig. 1. 
2 OppeL. Palaeont. Mittheil., pag. 139. 
3) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit., pag. 47. 


[89] A. FUCINI 183 


all’interno quanto all’esterno. La loro sezione resulta quindi ellittica. Il dorso, non tanto ampio, ha una 
carena assai distinta ma piuttosto ottusa, fiancheggiata da solchi leggerissimi, poco profondi e poco larghi. 

La conchiglia è ornata da numerose coste, le quali nascono, prendendo subito notevole rilievo, sul 
margine dell’ombelico e lasciano lungo la sutura un piccolo spazio liscio. Altro spazio liscio vien lasciato 
dalle coste sul margine esterno lungo il solco che precede la carena sifonale. Nell'ultimo giro le coste 
sono assai più numerose (circa 40) che nel penultimo ed in questo più che nel precedente ove se ne 
trovano una ventina. All’interno le coste sono anche più grosse e più regolari e più diritte che nel giro 
esterno ove per quanto conservino una direzione spiccatamente retroversa, hanno poi un andamento al- 
quanto sinuoso. 

La linea lobale (fig. 22) non si allontana da quella delle Ammoniti deltipo dell’ Arietic. Algovianum 
OpP. cui anche la specie presente si riferisce. Il lobo sifonale, poco ampio, resulta quasi 
profondo quanto il primo laterale terminato con tre punte distinte. Il secondo lobo 
laterale, molto semplice, è profondo la metà del precedente. L’ampia sella esterna, Si ! 
bipartita simmetricamente da un piccolo lobo secondario, rimane un poco meno alta della I 
prima sella laterale la quale è assai più ristretta. Una seconda sella laterale, molto RN AE MU 
piccola e ridotta, riceve la sutura dell’ombelico. : dolosum Fuc. presa 

Ho detto l’Arietic. dolosum essere del tipo dell’Arietic. Algovianum OppeL!. Esso si GA Po 
accosta alla specie dell’OppEL per la forma generale della conchiglia e per la linea lobale, 
ma se ne differenzia certamente per le coste più numerose, più robuste ed evanescenti sul margine esterno, 
ove invece acquistano, maggiore rilievo nell’Arietic. Algovianum. Per le stesse ragioni la mia specie è pure 
differente dall’Arietie. Bertrandi Kiuian 3), il quale è inoltre assai meno compresso ed ha coste più gros- 
solane e meno numerose. 

Il BonARELLI *) ha dato il nome di mwulticosta ad una var. di Arietic. Algovianum che io riterrei diversa 
ancora dalla mia specie per la forma delle coste e del dorso. 

L’ Harp. Paronai Gemx.4 è certo una specie assai vicina alla mia, ma in esso le coste partono dalla 
linea suturale, sono meno numerose, nei giri interni più irregolari anzichè il contrario, ed interpongono 
spazii ben più larghi. La conchiglia è forse più compressa e la linea lobale è alquanto differente per 
avere la prima sella laterale assai più corta della esterna invece che l’opposto. 

Pure vicina alla mia specie mi sembrerebbe quell’ Ammonite del Schafberg riferita dal Gever® al- 
l’ Arietic. Algovianum. Essa ha il dorso con leggeri solchi ai lati della carena, coste di forma assai vicina a 
quella osservata nel mio esemplare, però meno retroverse, ma essa ha un accrescimento alquanto più 
rapido ed un’involuzione più forte inquantochè l’ultimo giro ricopre il penultimo per un terzo almeno 
della sua altezza. Tale esemplare del Schafberg, come ho detto nella descrizione dell’ Arietic. Algovianum OPP., 
si avvicina assai all’Harp. Ruthenense ReYN. senza però corrispondervi completamente. 

CatULLO 5 col nome di Ammonites emaciatus ha illustrato una specie di Harpoceras che stando alla 
fisura sembrerebbe molto vicina a quella ora descritta, peraltro non ho creduto di ritenerla identica poichè 


1) OppeL. Palaeont. Mittheil., pag. 137. 

2) KILIAN. Mission d’Andalousie, pag. 609, tav. XXV, fig. 1, 2. 

3) BONARBLLI. Su Toarciano e l’Aleniano nell’App. centr., pag. 8. 

4) GemMmeLLARO. Sopra tal. Harpoc. d. Lias sup. di Taormina, pag. 12, tav. I, fig. 20-22. 
5) GavyEeRr. Mittell. Cephal. d. Hinter-Schafberges, pag. 5, tav. I, fig. 7. 

6 CATULLO. Class. d. cale. rosse Amm., pag. 35, tav. IV, fig. 2. 


184 A. FUCINI [40] 


è stato avvertito dall’Omon1! che la specie di CaruLLO è mal figurata e che riguarda l’Arietic. Algovia- 
num Opp. Quando ciò fosse alla specie dell’OpPeL andrebbe cambiato nome avendo la precedenza il nome 
del CATULLO. 

L’esemplare studiato proviene dalle Precicchie (Sanvicino) ed è fossilizzato in un calcare chiaro grigio- 
giallastro. 


6. Arieticeras(?) Juliae Bonar. — Tav. XXIV (VI), fig. 5. 


1867-81. A. (Harpoceras) retrorsicosta (non OrP.) MeneGHINI. oss. du Medolo, pag. 11 (pars), tav. II, fig. 32, 


non fig. 17. 
1883. Hildoceras (Lillia) cfr. Mercati MeneGHINI. Nuove Amm. d. App. centr., pag. 367, tav. XXI, fig. 4. 
1883. _ retrorsicosta (non Orp.) MenecnINnI. Ibidem, pag. 371, tav. XXI, fig. 3. 
1899. -- gr. fontanellense (non Gem.) BonArELLI. Amm. d. rosso Ammonitico ece., pag. 218. 
1899. Hildoceras? Juline BonarELLI. Ibidem. 
DIMENSIONI 
I II 

Diametro . Ò o - c o . 5 0 . mm. 43 mm. 32 

Altezza dell’ultimo giro in rapporto al diametro. ò : 0,21 0,22 

Spessore » » » » . o : 0,32 0,30 

Larghezza dell’ ombelico » » o 0 . 0,59 0, 56 

Ricoprimento della spira » » È 6 5 0, 02 0,02 


L’esemplare che il MeneGHINI attribuì all’Hi/doceras retrorsicosta OPP. forma con l’altro individuo, av- 
vicinato dallo stesso MexEGHINI alla Lilia Mercati HAUER, una specie che non è riferibile certo alla specie 
di OpPEL, e tanto meno a quella dell’HAUER. 

Il primo esemplare fu dal BonarELLI riferito al gruppo dell’ 77374. fontanellense Gemm.? Sopra l’altro 
venne da lui istituita ragionevolmente una specie nuova e chiamata Hd. Juliae. 

Questa specie si trova anche al Medolo ove è rappresentata da una parte delle Ammoniti riferite 
dal MenEGHINI all’Arietic. retrorsicosta Orp. e che io ho potuto esaminare direttamente. 

La conchiglia di questa specie che io ritengo doversi non sicuramente riferire al gen. Arieticeras, è 
compressa, di lento accrescimento e di piccola involuzione inquantochè i giri si ricoprono appena. L’om- 
belico resulta discretamente profondo. I giri assai più larghi che alti, depressi, hanno una sezione tra- 
sversalmente ellittico-rettangolare. I loro fianchi sono molto rigonfi. 

Il dorso larghissimo ed appiattito ha una carena sifonale molto distinta con due larghissimi ed assai 
profondi solchi laterali. 

Fino dal diametro di tre millimetri almeno i giri sono ornati da coste assai robuste, rilevate, più 
strette degli intervalli, delle quali nell’ultimo giro dell'esemplare più grande se ne hanno ventotto, mentre 
nel penultimo se ne trovano 25, come nell’ individuo più piccolo. Tali coste sui fianchi sono diritte ed 
alquanto retroverse; sul dorso ed entro l'ombelico inclinano un poco in avanti; sono piegate in avanti 
molto decisamente nella parte interna dei giri (Tav. XXIV (VI) fig. 5 d ) ove esse svaniscono presso il 
solco che vi è prodotto dalla carena sifonale del giro precedente. 

Ambedue gli individui in esame hanno la metà dell’ultimo giro non concamerata. 


i) OmponI. Delle Amm. d. Veneto illustr. da Cutullo, pag. 36. 
2 GemveLLaro. Sopra tal. Harpoc. d. Lias sup. di Taormina, pag. 12, tav. II, fig.1,2. 


[41] A. FUCINI 185 


La linea lobale (fig. 23), nell’esemplare avvicinato dal MexEGHINI all’Hild. Mercati, è stata da me pre- 
parata. Il lobo sifonale è caratteristico, profondissimo, cuneiforme, con pareti senza alcuna 
dentellatura e con piccola selletta sifonale. Il primo lobo laterale, profondo anche un 
poco meno della metà del precedente, termina come esso molto semplicemente. Il secondo È a 
lobo laterale ripete per la forma il primo, ma è di un terzo più profondo; ad esso è simile 
il lobo interno. Il lobo antisifonale, molto ristretto, con lati semplici, arriva quasi alla 
profondità di quello sifonale. La sella esterna e la prima laterale, questa un poco più 


Fio. 23. 


Linea lobale dell’ Arie- 
tic. (?) Juliae Bon. 


bassa di quella, hanno forma rotondeggiante e sono pochissimo dentellate. La seconda sella presa al diametro di 
. Ò < 5 Ò -28,i dez- 
laterale, su cui cade la sutura dell’ombelico, è molto bassa e semplice. La sella interna, SENIO] 


anche essa quasi senza dentellature, è alta quanto la prima laterale, però ha forma deci- 
samente triangolare. 

La linea Jlobale dell'esemplare piccolo riferito da MENEGHINI all’ Arietic. retrorsicosta è perfettamente 
identica a quella ora descritta, il che però non sembrerebbe dalla rappresentazione non molto fedele da- 
tane dal MENEGHINI. 

Fra gli esemplari del Medolo riferiti dal MENEGHINI all’Arietic. retrorsicosta OPEL ne ho trovati alcuni 
perfettamente riferibili alla specie in esame, altri appartengono veramente alla specie dell’OpPEL, ed altri 
invece, come la var. velor. Men. ®, non si riferiscono nè all’una, nè all’altra. 

Il lento accrescimento, la piccola involuzione, la forma delle coste e la linea lobale forniscono carat- 
teri più che sufficienti per distinguere la specie in esame dalla Zillia Mercati HaueR della quale non ha 
che una somiglianza nella forma del dorso. Che le nostre conchiglie non sieno da riferirsi all’ Arietic. 
retrorsicosta OPPEL è mostrato chiaramente non foss’altro dalla sezione del giro e dalla linea lobale. 

Anche l’Arietic. (?) micrasterias MaH.? che riterrei specificamente diverso dall’ Hild. Mercati HAUER, 
ha delle somiglianze con l’Arietic. (?) Juliae BonaR. Questo però ha coste molto più grossolane e meno nume- 
rose, accrescimento un poco meno lento, maggiore spessore dei giri, dorso più ampio, solchi ai lati della 
carena molto più larghi e linea lobale assai differente. 

Ambedue gli esemplari provengono dai monti della Rossa, non lungi dalla Rocchetta. 

L'individuo che io figuro e che è quello che da MexEGHINI venne riferito all’ Hi/d. Mercati HAUER 
è da me ritenuto certamente del Lias medio perchè fossilizzato in un calcare grigio chiaro tipico del Lias 
medio dell’Appennino centrale ed anche perchè è specie che assolutamente si trova al Medolo. L'altro 
esemplare, avvicinato dal MENEGHINI all’Arietic. retrorsicosta OpP., potrebbe forse essere più recente essendo 
fossilizzato in un calcare grigio chiaro zonato di rosso che si trova anche nel Lias superiore. 


i) MENEGHINI. Monogr. d. foss. du cale. rouge ammonit. Révisione system. d. esp., pag. 205. 
2 MENEGHINI. Foss. du Medolo, pag. 3, tav. IV, fig. 3. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899 23 


M. CANAVARI 


FAUNA DEI CALCARI NERASTRI CON CARDIOLA ED ORTHOCERAS 
DI XEA SANT'ANTONIO IN SARDEGNA 


(Arr POS SN IU) 


INTRODUZIONE. 


I fossili del calcare bigio scuro e talora anche quasi nero di Xea Sant'Antonio nel Fluminese in 
Sardegna furono scoperti nell’anno 1826 dal generale ALBERTO DE LA Marmora. Ecco con quali parole, 
molti anni dopo (1857), egli ne dava la notizia: “ Les personnes qui ne sont pas étrangères aux études 
géologiques, peuvent aisément se figurer la satisfaction que nous éprouvàmes lorsqu’en 1826, en visitant 
pour la première fois cette localité, en compagnie de notre ami et collègue, le professeur MoRIS, et 
lorsqu’ après avoir vainement cherché des fossiles dans tous les terrains que nous avions parcourus précé- 
demment dans cette province, et que nous avons décrits ci-dessus, nous en rencontràmes enfin dans les 
pierres dont sont faits les murs des maisons et des enclos de ce village. C'est alors seulement que 
nous fiùmes tirés d’incertitude sur la classification d’un terrain dont nous avions déjà pu reconnaître 
l’importance géologique, à cause de sa grande extension; mais qui, inconnu alors au sol de l’Italie, sem- 
blait devoir aussi manquer aux îles qui en dépendent * ,,. 

Il ritrovamento quindi in Sardegna e nei detti calcari delle due specie caratteristiche del Siluriano, 
Orthoceras bohemicum BARR. e Cardiola interrupta Sow., era stato già partecipato a DE VERNEUIL, il quale 
lo annunziava alla Società geologica di Francia nella seduta del 4 febbraio 1850 2. 

Erano stati segnalati dallo stesso generale ALB. pe LA MARMORA al BARRANDE i dintorni di Flumini 
Maggiore “ comme ceux où il aurait pu rencontrer en Sardaigne les roches et les fossiles qui forment 
depuis longtemps l’objet de ses savantes études ® ,. Cosicchè il ben noto illustratore dei terreni silu- 
riani della Boemia visitò la nostra isola nell’anno 1844 e tra parecchi fossili raccolse nel Fluminese anche 
una valva isolata di un lamellibranchiato, che in seguito (1881) egli ricordò come appartenente alla Car- 


diola interrupta Sow. © 


i) ALBERT DE La MaRrMORA. Voyage en Sardaigne. Troisième partie. Description géol., tome I, pag. 49. Turin- 


Paris, 1857. 
2 De VERNEUIL. Observations à la lettre de M. LeyMERIE sur le terrain de transition supérieur de la Haute-Ga- 


ronne. Boll. de la Soc. géol. de France, 2.° série, tom. VII, pag. 223. Paris, 1850. 


3) ALB. pe La MaRMORA. L. c., pag. 51. 
4) J. BARRANDE. Acéphalés. Et. locales et comp. Extr. du Syst. silur. du centre de la Bohème, vol. VI. Prague, 1881. 


188 M. CANAVARI [2] 


Come è ben noto, tutti i fossili trovati in Sardegna dal gen. ALB. pe LA Marmora furono maestre- 
volmente illustrati dal MeNEGHINI. Questo eminente naturalista, a cui si deve il grande sviluppo che negli 
ultimi cinquant’anni hanno avuto in Italia gli studi geologici, parlando del giacimento fossilifero inconte- 
stabilmente siluriano dei calcari con Orthoceras, Cardiola e Graptolithes priodon di Xea S. Antonio, lo 
disse “sans contredit le plus intéressant de tous ceux qu’on a découvert jusqu’ ici dans l’île, parce qu'il 
trace un horizon bien défini, auquel on peut aussi subordonner les autres ® ,. Le specie o forme diverse 
ch'egli vi riconobbe e descrisse, accompagnandole da stupende figure, sono le seguenti: 


1. Orthoceras (Cameroceras) fluminense nov. sp. 12. Orthoceras sp. ind. 

2 » grande nov. Sp. IS » subeyprium nov. Sp. 
3 » subconoideum nov. sp. 14. » sp. ind. 

4. » simplex Desn. 15. » sp. ind. 

5. » bohemicum BARR. 16. » affine nov. sp. 

6 » canonicum nov. Sp. 17. Oyrtoceras sp. ind. 

i » sp. ind. 18. Cardium subarcuatum MuENST. 
8 » submoniliforme nov. Sp. 19. » sp. ind. 

9. » subtrochleatum MueNsT.? 20. Cardiola interrupta Sow. 

10. » subannulare MuENST.? 21. Avicula sp. ind. 

Til » sp. ind. 22. Graptolithus (Monograpsus) priodon Brx. sp. 


Secondo gli studi del MenecHINI il calcare con Orthoceras, superiore a tutta la serie, cronologica- 
mente doveva porsi al principio della seconda parte del periodo siluriano, e cioè “ stratigraphiquement 
à la partie inférieure du Silurien supérieur (1. c., pag. 188) ,. 

Le ventidue specie ricordate, e i cui originali si trovano conservati nel Museo di Pisa, saranno da me 
nuovamente esaminate e confrontate con quelle simili recentemente trovate e con quelle nel frattempo 
descritte da altri autori e più particolarmente dal BarRranDE. La mia opinione intorno ad esse si troverà 
poi espressa nella descrizione delle singole specie, che cercherò di condurre con la massima diligenza e 
secondo gli attuali progressi della scienza. 

Parecchi anni dopo la celebre pubblicazione del gen. ALB. pe La MARMORA, la geologia dell’isola di 
Sardegna, sotto tanti e svariati aspetti interessante al naturalista, ebbe un nuovo impulso mercè il rile- 
vamento geologico-minerario dell’Iglesiente eseguito nella scala di ‘0000, tra il 1877 e il 1885, dagli 
ingegneri del Corpo Reale delle Miniere. 

I fossili che in cotesto rilevamento si andavano mano mano trovando venivano inviati a Pisa e diedero 
soggetto al MENEGHINI per parecchie dotte memorie. In una di queste 2, presentata all'Accademia dei Lincei 
nell’adunanza del 7 marzo 1880, ripete che nella parte superiore degli scisti con Orthis del Fluminese 
“ compariscono qua e là inclusi ammassi di calcare nerastro che, nella località di Xea Sant’ Antonio già 
descritta dal La MarmoRA, racchiudono la ricca serie di ortoceratiti, la Cardiola interrupta e le bellis- 
sime graptoliti nella rara forma di fossilizzazione che ne serba i modelli ,. 

Circa quattro mesi più tardi, e cioè nell'adunanza del 3 luglio 1881 della Società toscana di scienze 
naturali, tornò il MENEGRINI a parlare dei rari banchi di calcari che sono intercalati agli scisti siluriani 


i) G. MENEGHINI. Paléontologie de 1’ île de Sardaigne, nel Voyage en Sardaigne par le gen. ALB. DE LA MARMORA. 
Troisiéme partie, tome II, pag. 187. Turin, 1857. 

2 G. MENEGHINI. Nuovi fossili siluriani di Sardegna. Atti della R. Acc. dei Lincei, serie terza. Mem. della Sez. 
di Se. fis., mat. e nat., vol. V, pag. 209. Roma, 1880. 


[3] M. CANAVARI 189 


ed esclusivamente nella parte loro superiore. “ A Xea S. Antonio, egli soggiunge, quella calcaria fornì un 
tesoro paleontologico, già a suo tempo illustrato; 16 specie di Orthoceras, un Cyrtoceras, Cardiola interrupta 
Sow., Cardium subarcuatum Muxst., Monograpsus priodon BRN., cui saranno ora ad aggiungere altre specie, 
in conferma del posto cronologico assegnato ad essa faunula corrispondente al piano E, di BARRANDE, cioè 
alla base della fauna III, e quindi immediatamente successiva alla precedente e con essa collegata, come 


CS 


n’è stratigraficamente collegato il giacimento ® ,. 

Sulla classificazione delle formazioni stratificate antiche dell’isola di Sardegna si occupò sapientemente 
anche il BorNEMANN ed i suoi resultati furono esposti a Bologna nel 1881 durante il secondo congresso 
geologico internazionale che ebbe luogo in quella città ?. Il BoRNEMANN aveva cominciati i suoi studi 
geologici dell’Isola sin dal 1858 e alcune importanti nuove specie, tra le quali tre di Ostracodi appar- 
tenenti al genere Leyrichia, trovate negli scisti siluriani, egli descrisse ed una di esse, Beyr. reticulata 
n. sp., figurò nel supplemento al volume II della parte terza dell’opera più volte ricordata del generale 
ALB. pe LA MARMORA, pubblicato nel 1860 ®. 

Nella comunicazione fatta a Bologna, osserva il BoRNEMANN # per i calcari di cui io mi occupo, che 
l'associazione in essi del Graptolites priodon con la Cardiola interrupta e con Orthoceras presso Flumini 
Maggiore ne stabilisce esattamente il livello alla “ dase du calcaire inférieur E du Système de M. Bar- 
RANDE ,. Da ultimo poi, nel riassunto delle sue osservazioni riunisce, i calcari con Orthoceras insieme 
con gli scisti di Gonnesa, Masua e Flumini Maggiore, e rapporta tutto il gruppo al Siluriano medio È. 

Vede finalmente la luce l'interessante “ Descrizione geologica-mineraria dell’ Iglesiente , redatta dal- 
l’ing. G. Zoppi, nella quale sono riassunti tutti gli studi geologici eseguiti in quella contrada dagli in- 


i) G. MENEGHINI. Posizione relativa dei varii piani siluriani dell’ Iglesiente in Sardegna. Atti della Soc. tosc. di 
Sc. nat., Proc. verb., vol. II, pag. 258. Pisa, 1981. 

2 Congrès géologique international. Compte rendu de la 2.®° session, Bologne 1881, pag. 221-232. Bologne, 1882. 

3) La nota del BorNEMANN non essendo conosciuta dal diligente compilatore della bibliografia dei Crostacei pa- 
leozoici, non potè essere da lui ricordata (A. W. Voepes. A Bibliography of Palaeozoie Crustacea from 1698 to 1889. 
Bull. of the Un. St. Geol. Survey, No. 63. Washington, 1890). Fu bensì conosciuta da DE TROMELIN e LEBESCONTE 
(Observ. sur les terr. prim. du Nord du départ. d’ Ille-et-Vilaine ecc. Bull. de la Soc. géol. de France, 3.0 série, t. IV, 
pag. 583. Paris, 1876)i quali riferirono alcuni esemplari di una loro specie di Beyrichia precisamente alla Beyr. reticulata 
Borx. Il Rup. Jones che nuovamente esaminò, quegli esemplari, riconobbe però che erano vicini alla Beyr. Koedeni 
M ‘Cor e che non avevano alcuna affinità con la specie di Sardegna (T. Rup. Jones. On some Devonian a. Silurian 
Ostracoda from North America, France, and the Bosphorus. The Quart. Journ. of the Geol. Soc., vol. XLVI, No. 
184, pag. 555. London, 1890). In questo stesso lavoro RuP. JoNES riproduce alla Tav. XX, fig. 140, d le figure pub- 
blicate dal BoRNEMANN, osservando, a pag. 549, che se la « Beyr. reticulata» nell’aspetto primitioide della fossetta om- 
bellicale e del solco, negli ornamenti e nella espansione del margine ventrale a guisa di frangia dovesse esser ri- 
ferita al genere Eurychilina ULRICH, la specie Eurych. reticulata ULR. (1889) dovrebbe cambiar nome, per lasciare 
lo stesso nome alla specie di BorxEMANN di data molto più antica (1860). 

Le altre due specie di Ostracodi raccolte in Sardegna dal Born£MANN negli scisti siluriani, nella parte supe- 
riore dei quali trovansi in masse amigdalari i calcari neri con Cardiola interrupta Sow. di Xea S. Antonio e di altre 
località, appartengono ancora al genere Beyrichia. Una fu riferita alla Beyr. simplex Jox.e l’altra fu descritta come 
specie indeterminata. 

Nello stesso supplemento il MENEGHINI, nelle note alla lettera del BoRNEMANN, ricorda che anche nel materiale 
da lui studiato trovò una piccola impronta simile alla Beyr. reticulata BorN., ma a superficie liscia e molto imperfetta 
(Supplément au second volume ece., pag. 12). 

4) Congrès géologique international ece., pag. 222. 

5) L. c., pag. 222. 

6) L. c., pag. 232. 


190 M. CANAVARI [4] 


gegneri del corpo reale delle Miniere e di cui si accennò superiormente ”. Il capitolo IV tratta del ter- 
reno siluriano e vengono nuovamente ricordati i calcari con Orthoceras interclusi nella parte superiore 
degli scisti siluriani, e più particolarmente quelli ricchissimi di fossili della località detta Xea S. Antonio. 

Nella carta geologica-mineraria dell’Iglesiente alla scala di ‘0000 rilevata dagli ingegneri TESTORE, 
Zopri, LAMBERT e DE FERRARI e dagli aiutanti ingegneri Fossen, LENTINI, GAMBERA e MopERNI sotto l’alta 
direzione scientifica del prof. MENEGHINI e accompagnante la Memoria descrittiva del ZopPI, sono segnati 
nel Fluminese ben 16 lembi di calcari intercalati tra gli scisti siluriani, e tra essi lembi quello ormai 
notissimo di Xea Sant'Antonio. 

Nell’ aprile del 1896 si tenne in Sardegna un’adunanza della Società geologica italiana; era mio vivo 
desiderio di approfittare di quella occasione per visitare l’isola e trarre larghi ammaestramenti dai col- 
leghi geologi che là avevano stabilito di radunarsi; le condizioni allora non buone della mia salute non 
mi permisero però di porre in esecuzione il mio desiderio. Il dott. FucInI, aiuto in questo Museo di Pisa 
e che prese parte a quella importantissima riunione, fu da me specialmente incaricato di esaminare i 
calcari neri con Orthoceras del Fluminese, ch'egli infatti visitò in compagnia del prof. T. TARAMELLI e 
guidato dal sig. Luret Carta di Flumini Maggiore. Portò a Pisa alcuni campioni del calcare nero di Xea 
Sant'Antonio, e constatai che non del tutto infruttuose per la scienza sarebbero state le ricerche paleon- 
tologiche da intraprendersi nuovamente in esso; cosicchè incaricai il sig. L. CARTA di farmene una co- 
piosa raccolta. Egli corrispose cortesemente alla mia domanda e nel giugno dello stesso anno mi spedì 
circa sette quintali della pietra fossilifera di Xea Sant'Antonio. Nell'inverno si isolarono da cotesto ma- 
teriale i tesori paleontologici racchiusivi, usando il processo della semicalcinazione. Poichè molti fossili 
sono convertiti in calcite, così il processo di preparazione non diede tutti i resultati che io mi aspet- 
tava; tuttavia coadiuvato pazientemente dal mio egregio assistente dott. B. GRECO, si riuscì ad isolare 
una fauna abbastanza numerosa e costituita da forme in gran parte nuove pel Siluriano di Sardegna, e 
alcune tra queste nuove anche per la scienza. 

Il ritrovamento poi di una microfauna di Ostracodi simile a quella siluriana di altre regioni di Eu- 
ropa, e che io reputo grandemente importante, m’indusse a richiedere nuovo materiale da studio al sig. 
Luci Carta, il quale, in due spedizioni successive, l’una verso la fine di marzo 1897, e l’altra verso 
i primi di maggio dell’istesso anno, mi mandò altri dodici quintali circa della roccia fossilifera. Si ebbe la 
fortuna di isolare da questo materiale alcuni nuovi esemplari di Cefalopodi, tra i quali un magnifico 
Cyrtoceras, e numerosi altri Ostracodi. 

Nell’adunanza del dì 7 maggio corrente anno della Società toscana di Scienze naturali ? diedi una 
breve nota preventiva di questi Ostracodi, con la descrizione dei quali intendo oggi dar principio allo 
studio dettagliato della fauna siluriana dei calcari neri con Cardiola interrupta di Xea Sant’ Antonio in 
Sardegna. È però mio dovere, innanzi a tutto, di ripetere ringraziamenti vivissimi ai prof. V. UHLIG 
di Praga e A. Krause di Gr. Lichterfelde per gli aiuti ed i consigli onde mi furono larghi nella deter- 
minazione di alcune specie per me dubbiose, e al prof. S. RicHIARDI e all’ing. N. PELLATI, ispettore capo 
del R. Corpo delle Miniere, per aver messo a mia disposizione, l’uno la sua ricchissima biblioteca e l’altro 
quella dell’ufficio geologico di Roma. E ringraziamenti del pari vivissimi faccio all’egregio mio assistente 
ed amico dott. B. GRECco, alla cui abilità e pazienza devo la preparazione di tutto il materiale di studio. 


Pisa, Museo geologico, dicembre 1899. 


1) Memorie descrittive della Carta geologica d’ Italia., vol. IV. Roma, 1888. 
2) Proc. verb., vol. XI, pag. 150-153. 


[5] 5 M. CANAVARI 191 


DESCRIZIONE DELLE SPECIE 


PARTE I. — Ostracoda. 


I. Gen. Aparchites Rup. Jones, 1889 !.. 


1. Aparchites pygmaeus n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 6. 


Sono stati isolati dai calcari neri di Xea S. Antonio quattro piccolissimi esemplari di Ostracodi, molto 
ben conservati, completamente identici nella forma e di poco differenti nella grandezza, dei quali, quello 
figurato, ha le seguenti dimensioni: 


Lunghezza . ò o - : 0 ; 6 . . . ò . mm. 0,5 
Larghezza . . c x . ò 0 p 0 $ 6 . “MONA: 
Spessore . : 5 : i o 9 5 5 5 . . od 08) 


Tutti si presentano equivalvi, inequilaterali, con il contorno ventrale arrotondato ed inclinato poste- 
riormente e con quello dorsale diritto e un poco più corto della lunghezza delle valve. I contorni cefa- 
lico e caudale sono riuniti con quello dorsale ad angolo; questo appare però un poco smussato nella riu- 
nione anteriore. La maggiore convessità è subcentrale ed alquanto spostata nella regione posteriore. 
Veduta la specie dalla parte dorsale, o ventrale, ha contorno ovale-allungato (Tav. XXVI [IT], fig. 60). Sotto 
favorevoli incidenze di luce si vede come un sottile nastrino marginale, il quale è un poco più evidente 
nella riunione delle due estremità anteriore e posteriore con il margine dorsale. La commessura delle valve 
è acuta nelle regioni cefalica, ventrale e caudale; è meno acuta o leggermente ingrossata in quella dorsale, 
dove sembra vedersi una traccia indecisa di depressione mediana. 

Questi piccoli ostracodi hanno nella forma del contorno laterale carattere leperditioide e ricordano 
specie del genere Isochilina Jon. ©, dal quale però si allontanano per la mancanza del tubercolo o rilievo 
oculare, e per le dimensioni molto più piccole. Essi quindi trovano le maggiori analogie con specie del 
genere Aparchites Jon., quali, per esempio, Ap. simplex Jon., Ap. Whiteavesii Jon. ed Ap. obsoleta Jon. 
Da tutte però è differente per la forma più spiccatamente leperditioide, per le valve cioè più obliqua- 
mente inequilaterali. Tale particolarità invece la rende grandemente affine all’ Ap. semicirexlaris JoN. et 
H. del Siluriano superiore della Scandinavia, e più ancora a quell’esemplare dell’ Ap. leperditicides Jox. 
del Siluriano di Girvan figurato dal Rup. Jones nella tav. XIII, fig. 1 della sua memoria: On some Pa- 
lacozoic Ostracoda from the District of Girvan, Ayrshire®. Dall’ Ap. semicireularis Jon. et H. la nuova 


i) T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXVII. On some North-American (Cana- 
dian) Species. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. VI, vol. III, pag. 384. London, 1889. 

2) T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoie Bivalv. Entomostraca. No. IV. Some North-American Species. L. c., 
ser. III, vol. I, pag. 248. London, 1858; — In. Notes ecc. No. XXVII. On some North-American (Canadian) Species. 
L. c., ser. VI, vol. III, pag. 383. London, 1889. 

3) T. Rup. Jones a. H. B. HoLL. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. N. VI. Some silur. Species (Primitia). 
L. c., ser. III, vol. XVI, pag. 424, tav. XVIII, fig. 10. London, 1865. 

4) The Quart. Journ. of the Geol. Society, vol. XLIX, pag. 296. London, 1893. 


192 M. CANAVARI i [6] 


forma di Sardegna rimane diversa nella minore lunghezza del margine dorsale; dall’ Ap. leperditioides JoN., 
esemplare ricordato, per il contorno delle valve più obliquamente inequilaterale e per il margine poste- 
riore quindi più inclinato, e poi anche per la lunghezza relativamente un poco più piccola della linea 
dorsale. 


2. Aparchites Grecoi n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 7-9. 


Di questa nuova forma furono isolati solamente quattro esemplari dei quali i tre figurati hanno le se- 
guenti dimensioni: 


Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 
Lunghezza . 3 0 . o mm. 0,95 mm. 1 mm. 1,1 
Larghezza . 7 5 0 è » 0,8 » 0,8 dp 
Spessore . 0 : ; ” 7 » 0,68 PANMONGO, » 0,7 


Piccolo ostracode bivalve, un poco inequilaterale, oblungo, con il contorno ventrale arrotondato ed 
avente la maggiore convessità un poco spostata posteriormente. Commessura dorsale rettilinea e alquanto 
più corta della lunghezza delle valve; la sua riunione con i contorni cefalico e caudale avviene sotto 
un angolo ottuso, meno spiccato però quello della parte anteriore. Veduto dalla regione dorsale, o ven- 
trale, ha forma un poco variabile, ellittico-allungata (Tav. XXVI [II], fig. 75), oppure ovale-allungata 
(Tav. XXVI [II] fig. 8c, 9). La superficie appare minutamente e indistintamente scabra per piccole 
depressioni, simili a quelle avvertite, per esempio, in alcuni esemplari dell’Ap. subovatus Jon. e dell’ Ap. 
leperditivides Jon ! o in altre specie di ostracodi siluriani, Nell’esemplare della fig. 7 (Tav. XXVI [II]. 
fi. 706) sembra poi di vedere, dalla parte della commessura dorsale e quasi nel mezzo, una debolissima 
depressione quale traccia del solco caratteristico delle Primitiae. 

L’esemplare della fig. 8 fu da me mandato in esame al prof. Krause, il quale espresse l'opinione 
doversi con probabilità riferire al genere Aparchites per la mancanza appunto del solco mediano, avver- 
tendone le somiglianze con le seguenti specie: Ap. mundulus Jown.®, Ap. simplex Jon. ed Ap. Lindstròmi 
Jon. ®; da tutte però diversifica nella forma più oblunga e un poco più inequilaterale. Sembrami poi che 
la nuova specie di Sardegna sia affine anche all’ Ap. mitis Jon. del Devoniano del Canadà #, e più an- 
cora, nell’andamento del contorno delle valve, all’ Ap. oblongus ULR. del gruppo Cincinnati, strati supe- 
riori, presso Middletown, Ohio ®, e all’Ap. Tyrrell Jon. del Cambro-siluriano di Black Island, Lak Win- 
nipeg (Canadà) ©. Quest'ultima specie diversifica solo per la linea dorsale un poco più lunga e per es- 
sere alquanto più appuntita nell’ estremità anteriore. 


x 


L’esemplare non figurato è completamente identico a quello della fig. 9 (Tav. XXVI [II]). 


i) T. Rup. Jones. On some Palacozoie Ostracoda from Westmoreland. The Quart. Journ. of the Geol. Soc., vol. 
49, pag. 292, tav. XII, fig. 8, 10. London, 1893. 

2) T. Rup. Jones. Contr. to Canadian Micro-pal. P. III. Geol. a. Nat. History of Canada, pag. 62, tav. X, 
fig. 12. Montreal, 1892. 

3) T. Rup. Jones. Notes on the Palacozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXVIII. On some Scandinavian Species. 
L. c., ser. VI, vol. IV, pag. 272, tav. XV, fig. 13, 14. London, 1889. 

4 T. Rup. Joxes. Contr. to Canadian Micro-pal. P. III. L. c., pag. 91, tav. XI, fig. 15. 

5) E. O. ULRICH. New a. little known American Palaeozoic Ostracoda. The Journ. of the Cincinnati Soc. of 
Nat. History, vol. XIII, pag. 137, tav. X, fig. 10. Cincinnati, 1890. — Nella spiegazione della tavola la specie è chiamata 
non Ap. oblongus ma Ap. oblongatus. 

6) T. Rup. Jones. Contr. to Canadian ecc. L. c., pag. 62, tav. XIII, fig. 14. 


[7] M. CANAVARI 193 


II. Gen. Entomis RuP. Jones, 1861. 


1. Entomis migrans Barr. — Tav. XXV [I], fig. 1,2. 


1872. Entomis migrans BarranpDE. Syst. sil. du centre de la Bohème. Suppl. au Vol. I, pag. 514, tav. XXIV, 
fig. 10-14 e tav. 27, fig. 22. 


1873. — — Barr. Rupert Jones. Notes on the Palacorzoice Bivalv. Entomostraca No. X. Entomis a. 
Entomidella. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. IV, vol. II, pag. 416. 
1899. — — — Barr. Camavari. Ostracodì silur. di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., 


vol. XI, pag. 151. 


Questa piccola specie di ostracode nettamente caratterizzata “par sa forme et par ses ornements 
(BARR.),, da tutte le altre conosciute nel bacino siluriano della Boemia e nei terreni paleozoici di altre 
parti di Europa (Inghilterra, Germania, Belgio) e di America (Stati Uniti) è stata da me trovata anche nei 
calcari con Orthoceras e con Cardiola interrupta Sow. di Sardegna. Molti esemplari sono ancora parzial- 
mente chiusi nella roccia ed alcuni poterono del tutto essere isolati. Due di questi presentano le seguenti 
dimensioni : 


Fig. 1 Fig. 2 
Lunghezza . 0 . . 0 o È o . mm. 2,10 mm. 3 
Larghezza . 7 È . . . + " ; o 2 2,5 
Spessore 198 15) 


Il contorno delle valve è reniforme e nell’esemplare maggiore alquanto più arrotondato che non nel- 
l'esemplare minore, cosicchè questo appare più allungato. Anche nella convessità delle valve i due esem- 
plari hanno qualche differenza, come si rileva dalle fig. le e 2e che li rappresentano veduti dalla parte 
posteriore. La maggiore convessità poi del contorno ventrale è un poco spostata anteriormente e si trova 
quasi in corrispondenza del termine del solco trasversale. Il contorno superiore o dorsale, dalla parte cioè 
della cerniera, presenta una specie di depressione o angolo rientrante meno spiccato però di quello degli 
esemplari descritti e figurati dal BarrANpE. Il solco trasversale (solco pleurogastrico secondo RICHTER 1), 
nettamente manifesto, si protende sino ai due terzi della larghezza delle valve ed è avvicinato, quantunque 
di poco, all’estremità cefalica. Verso la sua fine si approfonda alquanto e si allarga presentando una specie 
di fossetta rotonda, analogamente a ciò che fu osservato nella specie devoniana Ent. variostriata CLARKE 3) 
o in parecchie Primitiae siluriane, come per esempio Pr. fabulina Jon. ® e Pr. ornata Jox.® Esso poi 
non è perfettamente verticale, manifestando un indizio di convessità rivolta verso l'estremità caudale. 
I nostri esemplari essendo ben conservati e del tutto isolati, fanno vedere dal lato dorsale il principio 
di detto solco; esso trovasi ad un terzo della lunghezza delle valve a partire dall’estremità cefalica (Tav. 
XXV [I], fig. 1c, 26), precisamente come fu detto nella diagnosi del genere data dal RuP. Jones per la 


1) R. RicaTER. Devonische Entom. in Thiiringen. Zeitschr. d. D. geolog. Gesellesch., vol. XXI, pag. 759. Berlin, 1879. 

2) T.M. CLARKD. Ueber deutsche oberdev. Crust. Neues Jahrb. f. Min. Geol. u. Pal., vol. I, pag. 184, tav. IV, fig. 3. 
Stuttgart, 1884. 

3) T.Rup. Jones. Note on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXI. On some Silur., Gen. a. Sp. Ann. a. Mag. of 
Nat. History, pag. 408, tav. XIV, fig. 2a. London, 1886. 

4) Ip, L. c., pag. 411, tav. XIV, fig. 5. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 24 


194 M. CANAVARI [8] 


prima volta nel 1861”. Piega poi sulla stessa regione dorsale all’ingiù e quindi trasversalmente sulla 
superficie delle valve. È probabile che la conservazione non troppo felice degli esemplari della Boemia 
di questa specie, non permettesse al BARRANDE di osservare le suddette particolarità da me avvertite. 

La commessura avviene su di un solco rettilineo, il quale dalla parte dorsale e posteriore al solco 
trasversale, è molto più spiccato che altrove ed è a forma di vulva molto allungata (Tav. XXV [I], fig. 
NCAM2ICE 

La superficie delle valve nei due esemplari figurati e in tutti gli altri, è ornata da costicine longitudi- 
nali relativamente “ très fortes pour ce petit fossile ( BARRANDE, /. c. è sy.) ,. Lo stesso BARRANDE così de- 
scrive la disposizione delle strie negli esemplari boemi: quelle esterne “les plus rapprochées du bord 
ventral et qui ne sont pas atteintes par la rainure transverse, sont concentriques au contour externe, et elles 
convergent vers les sommets opposés, sur chaque valve. Au contraire, les stries internes, interrompues par 
la rainure, sont presque verticales. Leurs extrèmités tendent donc à intersecter les stries concentriques ,,. 

Negli esemplari isolati di Sardegna l’andamento generale delle costicine è come quello della forma 
boema; nel maggiore, veduto di fianco (Tav. XXV [I], fig. 2 a,0), si contano verso la regione ventrale 
cinque costicine concentriche, l’ultima delle quali è quasi tangente al termine del solco trasversale e tutte 
convergono verso le opposte regioni cefalica e caudale. Di costicine interrotte dal solco se ne vedono in 
ogni lato circa dodici; le prime, quasi verticali, tendono ad intersecare le costicine concentriche, le ultime 
quattro o cinque vicine al margine dorsale si riuniscono secondo la curvatura del contorno con le costi- 
cine opposte della regione ventrale. Il carattere poi della intersecazione di dette costicine è molto più 
manifesto nella parte posteriore che non in quella anteriore, nella valva destra (Tav. XXV [I], fig. 20) 
che non in quella sinistra (Tav. XXV [I], fig. 2@). Sembra che una simile particolarità si abbia anche 
negli esemplari boemi, come appare nelle figure riprodotte nella grande opera del BARRANDE, se, bene 
inteso, il disegnatore riprodusse fedelmente la verità delle cose. Lo stesso esemplare veduto dalla regione 
ventrale (Tav. XXV [I], fig. 24) manifesta costicine non del tutto parallele alla commessura e legger- 
mente depresse in corrispondenza del solco trasversale. Sulla valva destra (parte inferiore della figura) 
si hanno alcune costicine bifide o quasi interpolantesi verso la metà della conchiglia. Veduto dalla parte 
posteriore (Tav. XXV [I], fig. 2e) si osservano ai lati le coste che s’intersecano, poi, più internamente, 
quelle che si riuniscono ad angolo, e infine quelle che terminano nella commessura. 

Nell’esemplare minore (Tav. XXV [I], fig. 10) su ambedue le valve e verso la regione caudale le 
costicine interrotte dal solco tendono a riunirsi all’apice sotto un angolo molto acuto e presso il solco 
stesso ve ne ha alcune che sono biforcate. Dalla parte posteriore (Tav. XXV [I] fig. 1) si vedono le dette 
coste riunite ad angolo e quelle che terminano alla commessura, come nel precedente esemplare. La 
diversità nella disposizione degli ornamenti non ha certo un valore specifico, presentandosi, come è stato 
detto anche nelle valve opposte dello stesso esemplare. 

La forma del contorno dei nostri esemplari, specialmente di quello minore (Tav. XXV [I], fig. 1,5), 
alquanto meno arrotondata degli esemplari boemi, fa sempre più avvicinare la specie in discussione alla 
Ent. dimidiata BArR., da cui però rimane ben distinta per le coste assai più spiccate. 


i) Successivamente (1873, 7. c. în syn., pag. 413, 414) lo stesso Rupert Jones diede una nuova diagnosi del ge- 
nere, comprendendovi anche le forme con valve ornate da strie, uniformandosi perciò a quanto aveva osservato il 
BARRANDE nel 1872 (2. c. în syn., pag. 513). Da ultimo una più dettagliata diagnosi fu data nella monografia « Of the 
British fossil Bivalved Entomostraca from the Carboniferous formations » dei prof. Rup. Jones, JAM. W. KIRKBY e 
Grorc® S. Brapy inserita nel vol. XXXVIII della Palaeontographical Society (1884), pag. 83, 84. 


[9] M. CANAVARI 195 


Il BarRANpE (1. c. in syn., pag. 515) avvertì anche la grande analogia che esiste fra la descritta 
Ent. migrans BARR. e la specie devoniana Ent. serratostriata SANDB. sp. > Il solco mediano non perfet- 
tamente diritto, ma negli esemplari di Sardegna con un indizio di curvatura, aumenta tale analogia; 
anche la forma del contorno è nelle due specie molto vicina, quando particolarmente si paragoni la fi- 
gura del nostro esemplare minore (eseguita con l’aiuto della camera chiara) con quella data dal RoEMER 
per l’ esemplare germanico di Ecksberge ®. Il medesimo carattere degli ornamenti distingue poi la Ent. 
migrans BARR. anche da tutte le altre specie devoniane provviste di costicine, quali sono ad esempio 
Ent. tenella Ricam. sp., Ent. labyrinthica Ricum. sp., Ent. gyrata Ricut. sp. ® ed Ent. variostriata Cu. 

Ricordiamo da ultimo che oggi è la prima volta che 1’ Ent. migrans BARR. viene citata nei terreni 
siluriani al di fuori della Boemia, ove si trova nel Siluriano superiore Fe, e Fe, ed anche, secondo 
sempre il BARRANDE, nella cosidetta da lui colonia d’Arehiace chiusa nella zona d; del piano D. 


2. Entomis Lamarmorai n. f. — Tav. XXV [I] fig. 3-5. 


Riunisco sotto lo stesso nome di E. Lamarmorai parecchi esemplari di piccoli Ostracodi che pur avendo 
Sandissima somiglianza con la specie precedentemente descritta, ne differiscono per le coste più irregolar- 
mente disposte, molto più sottili e perciò anche più numerose. Il prof. UrLI& che ebbe la cortesia di con- 
frontare uno di questi esemplari con gli originali di Ent. migrans di BARRANDE, oltre le dette differenze ne 
avvertì altre nel decorso e nella posizione del solco, più curvato e più spostato anteriormente nella forma 
italiana che non in quella boema. Se però, come io credo, gli esemplari delle fig. 1, 2 (Tav. XXV [I]) devono 
riferirsi alla E. migrans BARR., queste ultime differenze non esisterebbero o sarebbero molto meno sensibili. 

Le dimensioni degli esemplari figurati sono, con moltissima approssimazione, le seguenti: 


Fig. 8 Fig. 4 Fig. 5 
Lunghezza . 6 5 ; 7 . mm. 3,0 mm. 3,3 mm. 3,2 
Larghezza . 5 È c c 205 DIGO » 2 
Spessore . ? ò 0 c o c _ — DIO 


Poco differiscono perciò da quelli dell’ Ent. migrans, e come questi sono assai variabili nelle propor- 
zioni e nella forma del contorno. Presentano anche una certa variabilità nella convessità delle valve e mentre 
ve ne sono alcuni più o meno arrotondati, altri invece sono alquanto compressi verso il contorno superiore 
o dorsale, e visti dalla parte posteriore assumono la forma espressa nella fig. 5 e (Tav. XXV [I]). 

Una qualche analogia, specialmente per la tenuità delle costicine, la nostra specie ha con 1’ Ent. di- 
midiata Barr. Infatti questa specie, secondo l’autore, ha ornamenti simili all’ Ent. migrans BARR., ma meno 


i) Gupo u. FRIDOLIN SANDBERGER, Die Versteinerungen des rheinischen Schichtensystems in Nassau, pag. 4, 
tav. I, fig. 2. Wiesbaden, 1850-1856. 

2) Ap, RoEMER. Beîtr. zur geol. Kenntn. des nordw. Harzgeb., pag. 42, tav. VI, fig. 15 a. 

3) R. RicaTER. Devon. Entom. in Thiringen. Zeitschr. d. D. geolog. Gesellsch., vol. XXI, pag. 768, 769, tav. XX, 
fig. 11-14. Berlin, 1879; — T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XIII. Entomis serrato- 
striata a oth. of the so-call. Cypridinen of the Dev. Sch. of Germany. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. IV, 
pag. 182-187, tav. XI. London, 1879. 

4 J. M. CLARcKE. Veber deutsche oberdev. Crust. L. c., pag. 184, tav. IV, fig. 3. 


196 M. CANAVARI [10] 


spiccati "; se ne distingue però per la minore gibbosità della estremità caudale e per il decorso e forma 
del solco decisamente curvato e leggermente spostato anteriormente. 

Altra specie vicina alla descritta per la irregolarità degli ornamenti e per l'andamento del solco è 
forse 1 Ent. migratoria Gir. degli scisti con Cardiola interrupta Sow. di Niestachow in Polonia ?. Non 
è possibile istituire con essa ulteriori confronti perchè dall’autore non fu figurata. 

La specie è molto più frequente dell’Ent. migrans BARR., e numerose valve si vedono sopra pezzi dei 
calcari neri di Xea S. Antonio. Non sempre fu possibile di estrarne esemplari interi e ben conservati come 
quello della fig. 5 (Tav. XXV [I]). 


3. Entomis n. f.? — Tav. XXV [I], fig. 6. 


Un piccolo esemplare di Ertomis conservato solo nella sua valva destra presenta così nel contorno 
come negii ornamenti ed anche nel decorso del solco mediano caratteri assai spiccati. Non avendone però 
trovati altri simili nelricchissimo materiale studiato io non mi sento autorizzato a proporre un nome nuovo. 
Il margine cardinale (dorsale) è più diritto di quello delle due specie precedentemente ricordate, in avanti 
e indietro la conchiglia è meno arrotondata, il soleo meno curvo sul fianco e più piegato in avanti verso 
la regione cardinale. Le costicine, sottili, concentriche all’andamento del contorno, sono limitate in numero 
di quattro, verso le regioni marginali ventrale, superiore e inferiore, e nel restante la conchiglia appare 
liscia 0, come sembra, leggermente scabra. Verso il margine dorsale le costicine sono poco spiccate e sva- 
niscono prima di arrivare al solco. 

L'unico esemplare descritto e figurato ha queste misure: 


Lunghezza . . 0 à b 5 6 d . È 5 È . mm. 1,7 
Larghezza . Ò ò . . . . Ò ; o Ò . ” »aginl 


Esso fu completamente isolato dalla roccia. 
4. Entomis Meneghinii n. f. — Tav. XXV [I], fig. 7-11. 
Questa specie è molto frequente nei calcari neri di Xea S. Antonio; alcuni pezzi di roccia ne sono 


completamente ripieni. Parecchi esemplari furono bene isolati, tra i quali, quelli figurati, hanno le seguenti 
dimensioni approssimative : 


Fig. 7 Fig. 8 Fig. 9 Fig. 10 Fig. 11 
Lunghezza . È mino mm. 1,6 mm. 1,6 mm. 2 mm. 2,8 
Larghezza . . 5 DI RIIÌ I Di >» 1,5 » 1,8 
Spessore. ” , SII _ Dci DANNO » 1,8 


Per la forma del contorno, la conchiglia ricorda assai la varietà meno allungata dell’ Ent. migrans BARR.; 
il decorso però del solco ne è assai diverso. Esso, come si vede specialmente in tutti gli esemplari figurati, 
piega fortemente quasi a gomito presso il margine superiore e si protende sui fianchi per oltre i due terzi della 


i) J.BARRANDE. Syst. su. ecc. Suppl. au vol. I, pag. 513. 
2) G. Giirica. Das Palaeozoicum im polnische Mittelgebìrge. Verhand. d. russ.-kais. mineral. Gesellsch. zu St. 
Petersburg. Zw. S., XXXII Bd., pag. 374. St. Petersburg, 1896. 


[11] M. CANAVARI 197 


larghezza e termina con una depressione arrotondata. Nella commessura delle valve i solchi opposti si as- 
sottigliano molto, e la loro riunione avviene verso la parte anteriore ad un quarto circa, od anche meno, 
della lunghezza totale della conchiglia; posteriormente poi la commessura delle valve presenta una depres- 
sione allungata a guisa di vulva (Tav. XXV [I], fig. 76, 10c, 116). Il massimo spessore cade nella parte 
posteriore del solco in corrispondenza della piegatura a gomito del solco stesso, dove si ha una specie di 
rilievo più spiccato negli esemplari di maggiore sviluppo. La superficie delle valve appare, anche ad occhio 
nudo, scabra per irregolari e numerose depressioni. Solo in alcuni esemplari, come è il caso per quello 
della fig. 9 (Tav. XXV [I]), le valve sembrano lisce, per tutti gli altri caratteri si ha corrispondenza com- 
pleta con quelli aventi la superficie scabra. 

Lo spessore del guscio, in tutti gli esemplari ove fu possibile riconoscerlo, appare abbastanza notevole 
proporzionatamente alla grandezza loro. 

L’esemplare della fig. 8 (Tav. XXV [I] ha le due valve aperte ed è di forma un poco più allun- 
gata degli altri. 

La specie, a parere anche del KrausE che ne ebbe in esame un esemplare, presenta qualche somi- 
glianza con l’Ent. madisonensis ULRICA del gruppo Cincinnati presso Madison, Ind. (Siluriano inferiore). 
Ne diversifica essenzialmente per il margine superiore o dorsale meno rettilineo, e per l'andamento del 
contorno così verso la parte ventrale come nelle estremità caudale e cefalica. 


5. Entomis Ichnusae Can. — Tav. XXV [I], fig. 12. 


1899. Entomis Ichnusae Canavari. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc, nat., Proc. verb., 
vol. XI, pag. 151. 


Non sono molto certo per asserire che gli esemplari i quali riunisco adesso sotto lo stesso nome 
sieno da considerarsi effettivamente diversi dalla specie precedente, in associazione della quale si trovano 
abbondantissimi su gli stessi pezzi di calcari neri di Xea Sant'Antonio. 


L’esemplare figurato nella Tav. XXV [I], fig. 12 è una delle forme estreme della serie esaminata, 
e quindi le differenze con 1’ Ent. Meneghinii CAN. apparirebbero molto evidenti. Le sue dimensioni sono: 


Lunghezza. Ù n . ò 0 o ò . . - c È mm. 3 
Larghezza . . o - . : o 7 . . x - ò » 2 
Spessore . 5 5 ò 6 0 . È È 7 6 É 5 DIO, 


La forma della conchiglia più allungata e quindi l’ altezza in proporzione più piccola, la spiccata sua 
insenatura verso la metà del margine dorsale, l'andamento più regolare del solco, la piccola depressione 
dei fianchi nella parte caudale (Tav. XXV [I], fig. 124), e sopra tutto la presenza di un rilievo o tuber- 
colo anteriormente al solco e in vicinanza del contorno dorsale, sono altrettanti caratteri che la distin- 
guono molto bene dalla specie precedente. Ho osservati però parecchi esemplari che nella convessità delle 
valve e nella forma del contorno si confondono completamente con l’ Ent. Meneghini CAN. Come carat- 
tere essenziale rimarrebbe la presenza del tubercolo, ma questo talvolta è così poco sviluppato che ap- 
pena è dato avvertirlo. Quando il guscio manca, allora, nel modello interno restante, la protuberanza 


4) E.O. ULRICH. New a. little known American Palaeozoic Ostracoda. The Journ. of the Cincinnati Soc. of Nat. 
History, vol. XIII, pag. 107, tav. VII, fig. 12. Cincinnati, 1890. 


198 M. CANAVARI [12] 


appare molto più evidente. La superficie delle valve è scabra e presenta piccolissime depressioni disposte 
quasi a reticolo, identiche con quelle che osservansi nella specie precedente. Nella commessura dorsale, 
anteriormente e posteriormente alla riunione dei solchi opposti, si hanno due depressioni allungate a 
forma di vulva (Tav. XXV [I], fig. 120). 

L’ Ent. Ichmusae CAN. con protuberanza evidente ha molta somiglianza con 1’ Ent. pelagica BARR. di 
Konieprus. Questa specie però è molto più grande, ha tubercolo assai più sviluppato, meno marginale e 
tutt'altro carattere nell’ andamento del solco. Tali differenze furono anche avvertite dal prof. UnLIG che 
ebbe la cortesia di confrontare direttamente un esemplare di Sardegna con l’originale di Ent. pelagica 
Barr. (=? Ent. tuberosa Jones ) esistente nel Museo di Praga. Inoltre poi il guscio della stessa Lt. 
pelagica, secondo BARRANDE 2, “ paraît lisse sur tous les exemplaires et se distingue par une grande 
tenuité ,. Tutti gli esemplari invece dell’ Ent. IeRnusae Can. hanno superficie scabra e lo spessore delle 
valve è relativamente piuttosto grande. 


6. Entomis Zoppii Can. — Tav. XXV [I], fig. 13. 


1899. Entomis Zoppii Canavari. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., 
vol. XI, pag. 152. 


Questa specie è caratterizzata per la forma del contorno delle valve nel margine dorsale quasi retti- 
lineo od un poco depresso e nel margine ventrale curvato in modo però che la massima altezza si trova 
prossima all’estremità caudale la quale perciò è assai più ampia dell’opposta cefalica (Tav. XXV [I], 
fig. 13,0). Il solco, non molto profondo, comincia circa al quarto anteriore della lunghezza della conchi- 
glia (Tav. XXV [I], fig. 136) e si prolunga su ambedue le valve per i due terzi dell’altezza e gradata- 
mente diminuisce di lunghezza e di profondità. Il suo decorso è manifestamente arcuato con convessità 
posteriore ed è sempre spostato verso la regione cefalica. Il massimo spessore della conchiglia si trova 
posteriormente al termine del solco, dove si ha come una specie d’ingrossamento preceduto da leggera 
depressione; la convessità delle valve diminuisce più rapidamente verso l'estremità cefalica che non verso 
quella caudale, e quindi la conchiglia è molto più attenuata anteriormente, che non posteriormente 
(Tav. XXV [I], fig. 13c, d). La commessura dorsale delle valve presenta una depressione allungata a forma 
di vulva in dietro alla riunione dei solchi (Tav. XXV [I], fig. 136); la commessura presso la regione cau- 
dale si trova in una specie di depressione delle valve stesse. La superficie appare del tutto liscia ed il 
guscio relativamente non tanto sottile. 

L’esemplare figurato è il maggiore di quelli esaminati e riferiti alla stessa specie; le sue dimensioni 
sono le seguenti: 


Lunghezza . 3 : i Ò : ” ò È 5 . x . mm. 2,5 
Larghezza . . . c 3 c o c 6 " o o pred) 
Spessore . . È o 3 5 E . ; , : i  FLARAELNO 


i) T. Rup. JonES. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XVIII. Some Sp. of the Entomididae. Ann. 
a. Mag. of. Nat. History, ser. V, vol. XIV, pag. 391, tav. XV, fig. 1. London, 1884. 
2) J. BARRANDE. Syst. silurien du centre de la Bohéme. Supplément au Vol. I, pag. 515. Prague, 1872. 


[13] M. CANAVARI 199 


Rimanendo costante la posizione e forma del solco e l’andamento dello spessore delle valve, gli 
esemplari variano un poco nella forma del contorno, il quale non è sempre così spiccatamente asimme- 
trico nelle due estremità cefalica e caudale come nell’ esemplare figurato. 

La specie di Entomis che più di ogni altra si avvicina all’ Ent. Zoppi CAN. è quella del Siluriano 
superiore della Gozia (?) che fu figurata dall’AneELIN (fig. 10) in una tavola (Tab. A) di Ostracodi, pre- 
sumibilmente tutti svedesi, ch’egli poi non potè descrivere ®. La detta figura venne in seguito riprodotta 
dal Rue. JonEs, il quale ne diede una particolareggiata descrizione e la indicò con il nome di Ent. Aw- 
gelini ?. La specie di Sardegna si distingue da questa per essere di dimensioni più piccole e soprattutto 
per il maggior sviluppo e per la posizione del solco spostato verso la regione cefalica. Altra specie pros- 
sima alla descritta è l’Ent. reniformis Kotm. sp. 3, la quale però diversifica per avere un altro andamento 
nel decorso del solco e per essere più attenuata nella regione caudale che non in quella cefalica e per 
la sottile granulazione della superficie. 


7. Entomis subreniformis n. f. — Tav. XXV [I], fig. 14. 


Piccola forma di Entomis, molto vicina alla precedente, dalla quale diversifica per il decorso meno 
arcuato dei solchi i quali cominciano presso la commessura, un poco beante, e poi fanno una brusca pie- 
gatura quasi ad angolo. Si prolungano per oltre la metà dell’altezza delle valve e con una irregolare 
curvatura terminano in una depressione arrotondata poco appariscente e delimitata anteriormente da pic- 
colissimo rilievo a guisa di tubercolo visibile solo sotto favorevoli incidenze di luce e un poco più spiccata 
sulla valva destra (Tav. XXV [I], fig. 14). Le valve sono regolarmente convesse e non presentano traccia 
di quella depressione avvertita specialmente nella metà caudale dell’ Ent. Zoppii CAN., e le due estremità 
anteriore e posteriore sono quasi egualmente curvate ed il contorno ventrale è quasi simmetrico. Il mas- 
simo spessore cade posteriormente al solco e la riunione delle valve avviene sotto un angolo più acuto 
nella parte posteriore che non in quella anteriore, sicchè la conchiglia veduta dalla parte dorsale (o ven- 
trale) (Tav. XXV [I], fig. 148) è più appuntita nella regione caudale e meno in quella cefalica. La super- 
ficie delle valve, anche con una lente a mano, appare ornata da minute depressioni circolari o quasi che 
ricordano quelle dell’ Ent. IeRnusae Can. Anche per tale carattere diversifica dunque dall’Ent. Zoppi CAN. 

Le dimensioni dell'esemplare figurato sono approssimativamente le seguenti: 


Lunghezza . È . . . ò i o . c 0 . gi ara Io) 
Larghezza . : c s o - o ° o 6 6 o TO 
Spessore . 5 . . È c © - o . " , i 52 


La nuova forma ricorda poi grandemente l’ Ent. rewiformis Korm. sp. 4 del Siluriano di Wisby (Gozia) 
dalla quale si distingue per l'andamento del solco e per la sua depressione finale e per avere la maggiore 


4) Questa tavola si trova inserita in una copia della « Palaeontologia scandinavica, auctore N. B. AnceELIN. P. I 
Crustacea formationis transitionis. Fasc. I et II, Holmiae, 1878 » esistente nella biblioteca del Museo geologico di Pisa. 

2) T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoice Bivalv. Entomostraca. No. XVIII. Some Sp. of the Entomididae. Ann. 
a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. XIV, pag. 395, tav. XV, fig. 14. London, 1884. 

3) K. KoLmopin. Ostracoda Silurica Gotlandiae. Ofvers. af Kongl. Vetensk. Akad. Féòrhandl., vol. XXXVI, 
pag. 135, tav. XIX, fig. 2. Stockholm, 1897-80. — Vedi anche: T. Rup. Jones. Notes on the Palacozoic Bivalv. En- 
tomostraca. No. XVIII. Some Sp. ecc. L. c.; pag. 396, tav. XV, fig. 22. 

4) L. KoLmopin. Ostracoda Silurica Gotlandiae. L. c., pag. 135, tav. XIX, fig. 2. 


200 M. CANAVARI [14] 


convessità delle valve posteriormente e non anteriormente ai solchi, in modo che la conchiglia, veduta 
dalla parte dorsale (o ventrale), assume una forma del tutto differente. Per gli ornamenti le due specie 
sembrano molto somiglianti. 


8. Entomis (?) amygdaloides n. f. — Tav. XXV [I], fig. 15-17. 


Riferisco con dubbio al genere Entomis alcuni piccoli Ostracodi che nella forma del contorno e nel 
modo di convessità delle valve potrebbero scambiarsi con 1’ Ent. subreniformis CAN. precedentemente de- 
scritta. Da questa differiscono per il margine dorsale più spiccatamente rettilineo e sopra tutto per il 
molto minore sviluppo del solco, ridotto ad una piccolissima incisione che si prolunga sulle valve per appena 
un terzo della loro altezza. 

Gli esemplari figurati hanno le seguenti dimensioni: 


Fig. 15 Fig. 16 Fig. 17 
Lunghezza . 6 3 c . . mm. 1,5 mm. 1,7 mm. 2 
Larghezza 0 2 . . , So ILIÌ DIS > dd 
Spessore . c : 5 z . ceo RR ONS DANNI: SILA 


Per le piccole dimensioni, per il poco sviluppo del solco e per l’andamento del margine dorsale, 
quasi rettilineo, la specie ha grandissima analogia col genere Primitia, al quale sarei stato propenso rife- 
rirla se non ne fossi stato rattenuto dalla sua notevole somiglianza con la ricordata Ent. subreniformis 
Can., che veramente mi sembra appartenere al genere Entomis. 


9. Entomis (?) parvula n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 1,2. 


Tra gli ostracodi siluriani di Xea S. Antonio se ne trovano alcuni molto piccoli che appena superano 
la lunghezza di un millimetro e che per il solco assai ridotto presentano notevole somiglianza con 1° Ent. (?) 
amygdaloides CAN. 

I due esemplari figurati hanno le seguenti dimensioni: 


Fig. 1 Fig. 2 
Lunghezza . : . - ò 0 dl c . mm. 0,8 mm. 1,2 
Larghezza . ò c 6 È 0 o ; . DIOR) » 0,75 
Spessore . ; . È . . " c È » 0,65 » 0,75 


Differiscono dalla specie precedentemente descritta per la posizione del solco quasi centrale e non 
spostato anteriormente, e per la forma del contorno meno arrotondato nelle due estremità cefalica e 
caudale. 

L’esemplare più piccolo relativamente è alquanto più gibboso dell’ altro. 

Anche per questa forma rimane dubbio il riferimento al genere Entomis per le stesse considerazioni 
esposte nella descrizione dell’ Ent. (?) amygdaloides CAN. 


[15] M. CANAVARI 201 


10. Entomis (?) f. ind. — Tav. XXV [I], fig. 18. 


E questa una piccolissima forma di Entfomis (?), benissimo conservata, che ha le seguenti dimensioni: 
approssimative : 


Larghezza . Ò o 0 . o . : . b 0 5 mm. 0,8 
Lunghezza . o ò 0 0 6 . o 9 0 o 6 » 0,5 
Spessore b b 0 à È c 0 0 3 5 5 ò » 0,52 


La forma del contorno, veduta dai lati, è quasi identica, salvo naturalmente le dimensioni minori, 
a quella del grande esemplare figurato di Ent. Ichnusae Can. (Tav. XXV [I], fig. 11,0). La supposi- 
zione che possa essere un giovanissimo esemplare di quella specie è esclusa dal fatto che 1’ Ent. JeRnusae 
Can., anche negli esemplari di un millimetro o poco più di lunghezza, ha il solco sempre assai evidente 
e sviluppato. La forma invece in esame ha i solchi ridotti a due piccole depressioni che si seguono per 
circa un terzo dell’altezza delle valve; si avvicina perciò alle due precedentemente descritte: Ent. (2) 
subreniformis Can. ed Ent. (?) amygdaloides CAN. e quindi del pari a queste rimane incerta la sua posi- 
zione generica. Diversifica da ambedue per la forma più allungata delle valve e per l'andamento della 
curvatura nelle due estremità caudale e cefalica. 

Il descritto esemplare ricorda assai alcune Primitiae paleozoiche e più particolarmente la Pr. mun- 
dula Jon. del Siluriano superiore del Capo Bon-Ami nell'America settentrionale. Manca però ad esso il 
carattere del genere relativo al margine dorsale non diritto e alla riunione di esso con le due estremità 
anteriore e posteriore in linea curva e non in linea angolosa. 

Un’ altra specie, appartenente ad un genere diverso, che potrebbe citarsi a titolo di qualche con- 
fronto per la forma e 1’ Elpe Tyrrellii Jox. ® del Devoniano del Canadà. Questa diversifica però per la 
mancanza di qualunque traccia del solco, e per essere un poco più assottigliata nella parte anteriore. 


11. Entomis (?) pteroides Can. — Tav. XXVI [II], fig. 3-5. 


1899. Entomis pieroides CanavariI. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., 
vol. XI, pag. 151. 


Non sono rari nei calcari neri siluriani di Xea S. Antonio alcuni piccoli crostacei, conservati sempre 
in valve isolate, più o meno deficienti, sulla cui posizione sistematica io sono molto incerto. 
I tre esemplari figurati hanno le seguenti dimensioni: 


Fig. 3 Fig. 4 Fig. 5 
Lunghezza . : : È : . mm. 2,9 mm. 3 mm. 3,5 
Larghezza . 0 7 : o o » 2,2 DIDO, » 3 
Spessore. 7 . . : 5 VISO > 2,2 » 2,5 


i) T. Rup. Joxes. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXVII. On some North-American (Canadian) 
Species. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. VI, vol. III, pag. 378, tav. XVII, fig. 1. London, 1889. 

2) T. Rup. Jowxes. Contributions to Canadian Micro-pal. P. III. Geol. a. Nat. Hist. Survey of Canada, pag. 93, 
fig. 8. Montreal, 1891. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 25 


202 M. CANAVARI [16] 


Altri più piccoli arrivano appena alla lunghezza di mm. 1,5. 

Tutte le valve si presentano non molto convesse, di forma quasi semicircolare un poco allungata e 
con il margine dorsale (cardinale) diritto (Tav. XXVI [II], fig. 34) o leggermente convesso (Tav. XXVI 
[II], fig. 4@) e un poco più corto della lunghezza totale delle valve stesse. I margini anteriore e poste- 
riore sono arrotondati e riuniti con quello dorsale ad angolo come avviene, per es., nel genere Leper- 
ditia. Il solco, simile a quello delle comuni Ertomis, è un poco spostato anteriormente ed alquanto con- 
vesso. Esso si prolunga per circa la metà dell'altezza della valva ed è seguito poi da una specie di 
depressione che arriva sino al margine ventrale. Presso il termine di tale depressione s’innalza una piccola 
cresta assai spiccata diretta all’indietro, un poco obliquamente al margine ventrale, e lunga circa la metà 
dello spazio posteriore al solco submediano. Tale cresta rapidamente si deprime e svanisce; nel suo prin- 
cipio il margine ventrale si protende in modo più o meno accentuato, secondo i diversi esemplari. Quando 
ogni valva si guarda dalla regione ventrale si presenta, tra la cresta e la linea marginale nella parte 
posteriore, una piccola area un poco depressa di forma subtriangolare (Tav. XXVI [II], fig. 30). 

Gli ornamenti di questa specie sono molto caratteristici: consistono in costicine un poco ondulose e 
talvolta dicotome, che seguendo l'andamento del contorno gradatamente svaniscono o sono appena discer- 
nibili verso la parte centrale delle valve; nella regione antero-ventrale le dette costicine sembrano arre- 
starsi alla sottile cresta, e ricompaiono subito dopo, bruscamente piegate all’ingiù, nella piccola area della 
regione caudale interposta tra la cresta stessa ed il margine, e, o scempie, o riunite irregolarmente a 
due a due, vanno a fondersi con le altre costicine marginali della regione ventrale. Queste, in numero 
di tre o quattro, possono paragonarsi a piccoli cordoncini; uno, abbastanza sviluppato, corrisponde al 
margine ventrale poi ne segue uno più piccolo, indi un altro grande come il primo (Tav. XXVI [II], fig. 3a, 
4a, 5a). Nessuna traccia di prominenze o tubercoli è manifesta nella superficie delle valve. 

L'andamento rettilineo del margine dorsale avvicina la specie in discussione più al gen. Primitia 
che non al gen. Entomis. A questo però strettamente si collega per la presenza e forma del solco sub- 
mediano. Del resto è bene di avvertire che, anche secondo l'autorevole parere del Jones, il KrAUSE riferì 
alle Ertomis una specie siluriana, Ent. sigma KR., la quale ha margine dorsale rettilineo come nella 
nuova specie di Sardegna !). 

Per la presenza della piccola cresta 1’ Ent. (2) pteroides Can. presenta qualche analogia con alcune 
specie del genere Bollia, per esempio con la Bollia auricularis Jow. ®, come pure lontanamente può ri- 
cordare alcune Xirkbyae carbonifere ?). 

Una singolarissima affinità la Ent. (?) pteroides Can. presenta poi nella forma del contorno e negli 
ornamenti con alcuni crostacei appartenenti ad un ordine del tutto diverso a quello degli Ostracodi, e 
cioè alle PhyMocaridae, e più particolarmente al genere Ptychocaris Nov. Le specie però di questo ge- 
nere hanno le valve sempre di maggiori dimensioni, ed inoltre presentano alcuni gruppi di protuberanze 
che mancano completamente nella specie di Sardegna, e quindi ritengo che le somiglianze ricordate, dovute 


i) A. Krause. Ueber Beyrichien und verwandte Ostracoden in untersilurischen Geschieben. Zeitschr. d. D. geol. 
Gesellsch., Bd. 41, pag. 12, 13, tav. I, fig. 11, 12, 13. Berlin, 1889. 

2) T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XXIV. On some Silurian Genera a. Species 
(contin.). Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. XIX, pag. 408, tav. XIII, fig. 10. London, 1887. 

3) T. Rur. Jones. Id. No. XIX. On Some carboniferous Sp. of the Ostracodous Gen. Kirkbya. L. c., ser. 5, vol. 15, 
pag. 174. London, 1885. 

4 OrTM. NovAK. Nouveau Crustacé Phyllocaride de l’étage F-f,, en Bohéme. Aus d. Sitzungsber. d. k. bòhm. Ge- 
sellsch. d. Wissensch. Jahrg. 1885. Prag, 1885. 


[17] M. CANAVARI 203 


più che altro a fenomeni di ricorrenza nella forma esteriore, non possano mettere in dubbio il riferimento 
di essa agli Ostracodi. Può rimaner solo qualche incertezza riguardo al genere; ma in ogni modo è con 
il gen. Entomis che trova le maggiori corrispondenze. Se poi dalle Entomis si dovessero separare come 
nuovo sottogenere le forme con margine dorsale rettilineo, allora la specie descritta dovrebbe aggrup- 
parsi con la ricordata Ent. sigma KR. 


III. Gen. Kloedenia Joxes, 1886 ”. 


1. Kloedenia Lovisatoi n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 13. 


1899. Beyrichia (Kloedenia) sp. aff. KI. Wilckensiana Jos. CanavarIi. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti 
Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. verb., vol. XI, pag. 152. 


Assai frequente si trova nei calcari neri siluriani di Xea S. Antonio un altro piccolo Ostracode che 
appartiene a quel gruppo speciale considerato dapprima dal Joxes come Leyrichiae corrugatae ® e per il 
quale successivamente fu da lui proposto il nome generico Aloedenia. Tipo di tale gruppo è la A. W- 
ckensiana Jon.® A questa è assai prossima la nuova specie di Sardegna che io intitolo all’ egregio amico 
e collega prof. Lovisato di Cagliari. 

L’esemplare figurato ha le seguenti dimensioni: 


Lunghezza . 6 . c x 005 ò . 0 È 0 mm. 1,5 
Larghezza . . 5 , , c c 5 . c c 5 i alal 
Spessore ò . . c 5 . . È . . - 5 » 0,75 


Altri esemplari egualmente isolati e con le due valve ben conservate, hanno presso a poco le stesse 
dimensioni di quello figurato o ne differiscono solo di qualche decimo di millimetro in meno. 

La specie è equivalve, un poco inequilaterale con il margine dorsale diritto, più corto della larghezza 
delle valve, e con quello ventrale assai arcuato e con la maggiore convessità verso la regione caudale; 
anteriormente quindi le valve hanno il contorno laterale più ristretto di quello posteriore. Veduta da una 
delle parti, dorsale o ventrale, ha una forma ovale-allungata. I tre rilievi cefalico, centrale e caudale, 
sono pochissimo accentuati; i due solchi che li delimitano sono perciò poco profondi; quello precentrale 
è alquanto piegato in avanti ed un poco più di quello posteriore #; ambedue cominciano presso 1’ orlo 
marginale dorsale e si prolungano per circa la metà della larghezza delle valve. Anteriormente al piccolo 
lobo cefalico e presso l’angolo di riunione del contorno dorsale con quello anteriore, l’orlo marginale è 
meglio che altrove evidente per la presenza di una spiccata depressione a guisa di solco. Dalla parte 
dorsale i lobi sono nettamente visibili (Tav. XXVI [II], fig. 136), da quella ventrale sono appena indicati 
i rilievi ad essi corrispondenti (Tav. XXVI [II], fig. 13d). 


i) T. Rup. Jones. Notes on the Palacozoice Bivalv. Entomostraca. No. XX. On the genus Beyrichia a. some new 
Species. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. XVIII, pag. 247. London, 1886. 

2) T. Rup. Joxnes. Id. No. I. Some Species of Beyrichia from the upper Silur. limest. of Scandinavia. L. c., 
ser. II, vol. XVI, pag. 85, 89, 90. London, 1855. 

3 T. Rup. Jones. I0. No. I. Some Sp. ecc. L. c., pag. 98, tav. V, fig. 17, 18. 

4 Per la nomenclatura di tali particolarità si veda: G. ReuTER. Die Beyrichien der obersilur. Diluvialgesch. 
Ostpreussens. Zeitschr. d. D. geol. Gesellsch., 37 Bd., pag. 631. Berlin, 1885. 


204 M. CANAVARI [18] 


Il prof. KraUSsE, che ebbe in esame un esemplare della specie descritta, mi fece osservare che diver- 
sifica specificamente dagli esemplari della XX. Waekensiana Jon., frequentissimi nel Diluvium della Ger- 
mania settentrionale e da lui già descritti *), oltre che nella minore grandezza, anche per il lobo mediano 
assai meno spiccato, per il solco mediano (precentrale) più obliquo, e per l’orlo marginale ventrale molto 
meno depresso, in modo che, da questa parte, le valve assumono tutt’altra apparenza. Io stesso ho po- 
tuto constatare queste differenze, perchè il prof. KrauUsE volle cortesemente mandarmi alcune valve ben 
conservate della detta Al. WWckensiana Jon. i 

Altre specie affini alla nuova di Sardegna sono: KI. pennsylvanica Jon. ® e KI. notata Haux ®. La 
prima di queste, un poco più piccola, ha il contorno differente e il lobo centrale sempre alquanto più 
sviluppato; la seconda, quasi della stessa grandezza, ha il margine postero-dorsale meno arrotondato ed 
il lobo anteriore alquanto più grande. In ogni modo è con alcuni esemplari di questa specie dei calcari 
con Tentaculiti del Siluriano superiore dello Stato di New-York che la A. Lovisatoi CAN. ha le più grandi 
analogie. 

Tutti gli esemplari esaminati presentano gli stessi caratteri e non è stata avvertita in essi nessuna 
differenza sessuale. 


2. Kloedenia f. ind. — Tav. XXVI [II], fig. 14. 


Sopra piccoli frammenti di roccia si trovano aderenti alcune valve di un’altra A/oederia, una delle 
quali, la maggiore, è quella figurata ed ha le seguenti dimensioni: 


Lunghezza . . 6 6 5 . ò b . 6 , , mm. 1,7 
Larghezza , ò Ò 6 . 0 " d È } : : dali 


La specie diversifica dalla precedente nel maggior sviluppo del lobo centrale, nel decorso dei solchi 
non obliquo ma perpendicolare alla linea dorsale, e nella presenza di un indizio di un altro solco nel 
lobo caudale. Per la grandezza e forma del lobo centrale e l'andamento dei solchi essa è del tutto simile 
alla Al. Wickensiana Jox.; in una sola delle valve conservate è visibile in parte l’orlo marginale della 
regione ventrale ed è molto probabile perciò che si tratti veramente di questa specie. L’indizio del 
solco sul lobo caudale è più manifesto in un esemplare non figurato, per essere posteriormente un poco 
meglio conservato. 


IV. Gen. Cypridina Mirns-Epw., 1837. 


1. Cypridina tyrrhenica n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 10-12. 


1899. Cypridina sp. aff. O. Tosterupi Mos. CanavarI. Ostracodi silur. della Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. 
nat., Proc. verb., vol. XI, pag. 152. 


i) A. Krause. Die Fauna der sogen. Beyrichien- und Choneten-Kalk des norddeutschen Diluvium. Zeitschr. d. 
D. geol. Gesellsch., 29 Bd., pag. 35, tav. I, fig. 18. Berlin, 1877. 

? T. Rup. Jones. Notes on the Palacozoic Bivalv. Entomostraca. No. IV. Some North American Species. Ann. 
a. Mag. of Nat. History, ser. III, vol. I, pag. 253, tav. X, fig. 16-18. London, 1858. 

3) T. Rup. Jones. On some Palacozoie Ostracoda from North America, Wales a. Ireland. The Quart. Journ. 
of the Geol. Society, vol. XLVI, pag. 13, tav. IV, fig. 22, 23. London, 1896. 


[19] M. CANAVARI 205 


Piccolo ostracode equivalve avente il contorno laterale di forma quasi obovale con la maggiore con- 
vessità nella regione ventrale anteriore; la parte posteriore più ristretta si presenta come troncata 0 
subtroncata negli esemplari più grandi (Tav. XXVI [II], fig. 12), in quelli più piccoli invece alquanto 
arrotondata sempre però con un indizio di angolosità nella riunione di essa con il margine ventrale (Tav. 
XXVI [II], fig. 10, 11a,0); anteriormente sporge il piccolo apice un poco più avvicinato al margine ventrale 
che non al dorsale; sotto di esso manifestasi leggera depressione nella quale frammenti di roccia obliterano 
sempre l’apertura. Dalla parte dorsale, o ventrale, il contorno è ovale-allungato (Tav. XXVI [II], fig. 12c, d). 
La superficie delle valve appare indistintamente scabra forse per piccole depressioni. 

Questa specie è assai frequente nei calcari siluriani di Xea S. Antonio. Ne sono stati isolati parecchi 
esemplari incompleti rappresentati cioè da una sola valva, e dieci esemplari con le due valve riunite. 

L’esemplare della fig. 10, il più piccolo osservato, è un poco deficiente nella parte posteriore; quello 
della fig. 11 è completo, quello della fig. 12 rappresenta una valva destra delle più grandi, aderente ancora 
sulla roccia. Le dimensioni di essi sono le seguenti: 


Fig. 10 Fig. 11 Fig. 12 
Lunghezza. : 7 cia atm I mm. 2,5 mm. 4,5 
Larghezza . . 5 . bi o alia »_2 » 3 
Spessore . . . : eo SRO NT, Dino > 2,50) 


Il prof. Krause, che ebbe la cortesia di esaminare due esemplari della specie descritta, ne osservò 
la notevole somiglianza con la Cypr. Tosterupi MoB. del Siluriano della Scandinavia ”. Questa però ha la 
forma laterale del contorno più regolarmente arrotondata e l’apice meno avvicinato al margine ventrale. 
Con le altre poche specie di Cypridinae siluriane ? la nuova di Sardegna non presenta somiglianze note- 
voli; trova invece nella forma del contorno laterale grandi analogie con specie carbonifere dell’ Inghilterra, 
e più particolarmente con alcuni esemplari della Cypr. brevimentum Jox., K. et Br.) Da questa però 
diversifica per aver sempre il margine ventrale più spiccatamente convesso. 


V. Gen. Bolbozoe Barr., 1872 ‘. 


1. Bolbozoe (?) bohemica Barr. — Tav. XXVI [II], fig. 15. 


1872. Bolboxoe bohemica BarranpE. Syst. sil. du centre de la Boheme. Suppl. au Vol. I, pag. 502, tav. 27, 

fig. 14-20. 
21896. Bolboxoe polonica Girica. Das Palacozoicum im polnischen Mittelgebirge. Verhandl, d. russ.-kais. mi- 

neral. Gesellsch. zu St. Petersburg. Ser. II, vol. XXXII, pag. 378, tav. XV, fig. 12. 

1898. Cypridina (?) polonica Gir. Jones. On the foss. Cypridinidae a. some allied Ostracoda. Ann. a. Mag. 
of Nat. History, ser. VII, vol. I, pag. 339, 340, tav. XVII, fig. 16. 

1899. Bolboxoe bohemica Barr. Canavari. Ostracodi siluriani di Sardegna. Atti Soc. tosc. di Sc. nat., Proc. 
verb., vol. XI, pag. 152. 


1) Jon. Car. MoBERG. Silurisk Posidonomyaskiffer en egend. utbildn. af Sk. bfversil. Sverig. geol. unders. Ser. 
C, No. 156, pag. 11, tav., fig. 4,5. Stockholm, 1895. 

2) T. Rup. Jones. On the fossil Cypridinidae a. some allied Ostracoda. Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. VI, 
vol. I, pag. 333. London, 1898. 

3) T. Rup. Jones, J. W. KirkBy a. G. S. Brany. A Monogr. of the Br. foss. Bivalv. Entomostraca from the 
Carbon. form. Part. I, pag. 15, tav. II, fig. 17 e 18a. Palaeont. Soc., vol. XXVIII. London, 1874. 

4 J. BARRANDE. Syst. silurien du centre de la Bohème. Supplément au Vol. I, pag. 500. Prague, 1872. 


206 M. CANAVARI [20] 


Questa specie è rappresentata da parecchie valve tutte aderenti sulla roccia, delle quali la meglio conser- 
vata è quella figurata. La forma di esse è obovale e la loro convessità non è molto pronunciata. Nella 
parte anteriore o cefalica si trova la forte protuberanza gibbosa, semisferica, caratteristica, secondo Bar- 
RANDE, del genere, grandemente avvicinata verso il contorno che si ritiene dorsale. Questa protuberanza 
occupa circa un terzo della lunghezza totale delle valve; presso la sua base, e più spiccatamente verso la parte 
dorsale, presenta un manifesto restringimento; essa poi è separata dalla restante parte delle valve da 
una forte depressione concentrica, la quale però non ha un'ampiezza uniforme, ma è un poco allargata 
su di una piccola regione più prossima al margine ventrale che non al dorsale. In corrispondenza di 
questo allargamento si trova nel modello interno una specie di area tendente alla forma ellittica, che in 
parte rimonta anche sulla protuberanza, nella quale si vedono sottili e indecise costicine a guisa di due 
fasci radiali, uno diretto dal tubercolo verso la depressione, l’ altro in senso opposto, il cui numero non 
è determinabile esattamente. Su di un esemplare mancante della parte anteriore si contano nella serie 
posteriore circa 10-11 di tali costicine, molto corte, ma non tutte ugualmente lunghe. Il rilievo che de- 
limita posteriormente il soleo ha verso l’ estremità ventro-cefalica una piccola e ben distinta prominenza 
quasi simile ad uno sprone; mentre poi dalla parte dorsale la protuberanza sembra terminare con il 
margine, in quella anteriore alla protuberanza segue una piccola espansione la quale cessa nella metà 
antero-posteriore, così che si ha una specie di becco, il cui apice si riunisce poi con una linea concava 
alla prominenza su ricordata dell’estremità ventro-cefalica. Nella parte posteriore o caudale le valve pre- 
sentano una specie di lobo che, in prossimità del margine, ha sporgente una piccola e spiccatissima punta 
mediana, la quale si avverte in tutti gli esemplari esaminati. La parte mediana è separata dal rilievo 
caudale da un solco sigmoidale, inclinato verso la regione dorsale. La stessa parte mediana poi ha una 
leggiera depressione longitudinale non proprio centrale però, ma un poco avvicinata alla regione ventrale; 
essa viene così divisa in due parti ineguali, di cui quella verso il dorso è molto più grande dell’opposta 
ed alquanto più convessa. 

La superficie delle valve non è conservata bene in nessuno de’ miei esemplari, non si può dunque 
sapere quali ne fossero gli ornamenti, dato che esistessero. In un frammento di guscio aderente per la 
parte superiore nella roccia sembra di vedere una specie di punteggiatura, alla quale, sul modello interno, 
dovrebbe corrispondere una specie di granulazione. 

Dei molti esemplari esaminati, quattro, compreso quello figurato, debbono rapportarsi alla valva sinistra; 
essi furono cavati tutti dallo stesso pezzo di roccia; gli altri assai deficienti, cavati da un altro pezzo, 
rappresentano la valva destra. Le dimensioni di essi variano molto poco e la lunghezza delle valve oscilla 
fra gli 8 ed i 9 millimetri. L’esemplare figurato ha queste dimensioni : 


Lunghezza . 2 à . . a 0 : 0 È . c . mm. 9 
Larghezza . a o c 3 o 5 o o È , 6 9) 
Spessore della sola valva . : ? - . a a 3 ò i 256) 


Dalla descrizione degli esemplari di Xea S.Antonio risulterebbe ch’essi diversificano da quelli di Boemia 
e sui quali dal BarranDE fu fondata la specie Bob. bohemica, per questi caratteri: 

a) Presenza dell’area di forma circolare provvista delle due serie accennate di corte e piccole costi- 
cine radiali in corrispondenza della espansione del solco che delimita posteriormente il lobo cefalico; 

b) Spiccata prominenza verso l'estremità ventro-cefalica del rilievo o lobo mediano che segue l’an- 
zidetto solco ; 


[21] M. CANAVARI 207 


c) Presenza di una specie di corto apice verso la parte mediana del margine cefalico collegato in 
linea convessa col margine cefalo-dorsale, e in linea apparentemente concava cor quello cefalo-ventrale 
sino all’incontro della prominenza ricordata; 

d) Depressione mediana del lobo mediano. 

Le particolarità @), c) e forse anche d) si ritrovano del tutto identiche negli esemplari degli strati 
con Card. interrupta Sow. di Niestachow, Kleczanow, Zaksie e Brzezinki in Polonia, ” e servirono al GùRICH 
per proporre la nuova specie 500. polorica. Questo autore fece giustamente osservare che la particolarità 
a) non rappresenta altro che il posto di attacco dei muscoli adduttori, corrispondentemente a ciò 
che si osserva nelle specie viventi di Cypris; e ricordò che consimili cose si trovano in molte Cypridi- 
nidi, come per esempio nel genere Entomoconchus M ‘Coy ?. In conseguenza di ciò e se anche negli esem- 
plari boemi si constatasse la presenza dell’apice, egli aggiunge che sarebbe molto incerta la posizione del 
genere Bolbozoe nelle Leperditidae ®. Esso dovrebbe molto meglio porsi nelle Cypridinidae, tra le quali 
trova analogie, per lo sviluppo del lobo cefalico, nei generi per esempio Cypridella De Kown. e Cyprella 
DE Kox. 

Il Rup. Jones, l’eminente illustratore delle microfaune antiche di Ostracodi, prendendo in esame la 
specie del GùRICH, la riportò, con dubbio però, al genere Cypridina. 

Il prof. V. UrLIe di Praga ebbe la cortesia di mandarmi il modello in gesso di un esemplare della 
tipica Bolb. bohemica BARR.; da questo modello rilevo: la presenza della espansione del solco che delimita 
posteriormente il lobo cefalico, la qual cosa fa supporre probabilissima la presenza anche, su tale espan- 
sione, dell’impressione dei muscoli adduttori; la spiccata prominenza verso l’estremità ventro-cefalica del 
rilievo mediano e la depressione mediana del Iobo mediano. Nella parte anteriore, il modello essendo assai 
deficiente, non si vede l’apice: ma siccome per tutti gli altri caratteri corrisponde agli esemplari di Sar- 
degna così è logico il supporre che anco gli originali di Boemia ne sieno provvisti. Per tali considerazioni 
io ritengo che gli esemplari da me descritti sieno corrispondenti alla Bob. bohemica BARR., alla quale molto 
probabilmente devono pure riportarsi quelli del Siluriano di Polonia creduti dal GuùRrIcH specie diversa 
(Bolb. polonica). 

Stabilita la probabile sinonimia, rimane la questione relativa alla posizione generica della specie, se, 
cioè, si debba continuare a riferirla al gen. Bolbozoe o non piuttosto al gen. Cypridina, come propende- 
rebbe a credere Rup. Jowes. Io faccio osservare che in quasi tutti gli altri esemplari che descriverò tra 
poco, strettamente vicini per i caratteri esterni alle forme ascritte dal BARRANDE al genere Bolbozoe, si 
vedono l’area postero-ventrale nel solco posteriore al lobo cefalico, corrispondente all’impressione dei muscoli 
adduttori, in qualche caso anche manifesta (Tav. XXVI [II], fig. 17), ed una depressione marginale in 
senso trasverso antero-posteriore del lobo cefalico in relazione forse di una sottostante apertura simile a 
quella propria delle Cyprinidae per l’uscita delle antenne. 

Mentre perciò a questa famiglia dovrebbero essere riferiti i suddetti esemplari, non so se il genere 
Bolbozoe debba completamente cancellarsi per riportare le specie di esso al gen. Cypridina o a qualche 
genere affine a questo della stessa famiglia, o non piuttosto mantenersi, riunendovi tutte le forme silu- 
riane con lobo cefalico marginale e molto sviluppato, non esclusa quindi la £00. bohemica BARR. 


i) Op. cit. in sin. 

2) T. Rup. Jones, J. W. Kirxey, a. G. S. Brapy. A Monogr. of the Brit. foss. Bilv. Entom. from the Carbon. 
form., pag. 50, tav. I, fig. 3d, 4d ece. Pal. Soc., vol. XXVIII. London, 1874. 

3) Op. cit. in sin. 


208 M. CANAVARI [22] 


2. Bolbozoe (?) italica n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 16-18. 


Riunisco sotto lo stesso nome di Bob. (?) italica n. f. numerose valve di un altro piccolo Ostracode, 
tutte aderenti sulla roccia e più o meno incomplete. Sono caratterizzate dalla forma del contorno late- 
rale arrotondato-quadratico ed un poco più ristretto nella regione caudale e dalla presenza dell’ unico 
solco posteriore alla protuberanza cefalica. In tutte si osserva la caratteristica espansione del solco e nel- 
l'esemplare della fig. 17 (Tav. XXVI [II]) è pure visibile la parte inferiore dell'impronta muscolare. 
Risulta questa di sei piccoli rilievi costiformi, diretti un poco obliquamente all’ingiù e tra di loro quasi 
paralleli. La parte anteriore non è ben conservata in nessun esemplare, ma sembra in qualcheduno di 
scorgere traccia della sporgenza dell’apice; in tutti poi il tubercolo presso alla sua base anteriore pre- 
senta una depressione in direzione antero-ventrale, come si disse nella descrizione della Bob. (?) dohe- 
mica BARR. 

I tre esemplari figurati hanno le seguenti dimensioni: 


Fig. 16 Fig. 17 Fig. 18 
Lunghezza . o . c . \ mm. 2,5 mm. 4,2 mm. 7,5 
Larghezza . : 5 6 ò o Di I DINO DIDO 
Spessore della valva . ò , . DIRO: DIMAPLO » 2,4 


La specie è molto frequente e gli esemplari oscillano nella grandezza tra i due delle fig. 16 e 17, 
mantenendosi più vicini a quello più piccolo; l’ esemplare della fig. 18 è unico per grandezza e differisce 
un poco per avere il lobo cefalico alquanto meno sviluppato. 

La specie è affine alla Bob. anomala BARR. ®, con la quale direttamente fu confrontata dal prof. UzLIG 
che ebbe in esame uno degli esemplari piccoli di Sardegna. Egli mi fece osservare che la forma boema 
ha una lunghezza di 8-9 millimetri, che l'originale barrandiano è più grande delle date figure, e che 
differisce da quella di Sardegna nel contorno laterale più ellittico e nel lobo cefalico più sviluppato e 
più alto. 

Per la forma subquadratica, un poco ristretta inferiormente, la Bol. (?) italica CAN. ricorda anche la 
Bolb. divisa Jon. ® del Siluriano superiore inglese; se ne distingue però per essere meno allungata, più 
convessa, e per il solco postcefalico assai più ampio e spiccato. 


3. Bolbozoe (?) Capellini n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 19. 


Due esemplari, dei quali uno assai incompleto, rappresentano un’altra specie di Zo/bozoe (?) carat- 
terizzata per la poco convessità delle valve, e per il contorno di esse quasi semicircolare, con il lato 
dorsale pressochè rettilineo, e per il lobo cefalico non molto sporgente. Il solco posteriore a questo lobo 
è poco profondo e l'espansione di esso corrispondente all’impressione muscolare appena accennata. 


1) J. BARRANDE. Syst. silurien du centre de la Bohéme. Suppl. au vol. I, pag. 501, tav. 24, fig. 27-30. Prague, 1872. 
2 T. Rup. Jones. Notes on the Palaeozoic Bivalv. Entomostraca. No. XVIII. Some Sp. of the Entomididae. 
Ann. a. Mag. of Nat. History, ser. V, vol. XIV, pag. 401, tav. XV, fig. 4. London, 1884. 


[23] M. CANAVARI 209 


L’esemplare figurato ha le seguenti misure: 


Lunghezza . - 6 ò G . 0 : ‘ 0 . . 6 mm. 5 
Larghezza . . . 5 . 0 0 0 : 6 ò . , » 4 
Spessore della valva . c o Ò : Ò E , à ò : » 2 


Questa nuova specie è affine alla Bold. (?) Jonesì BARR. ®, dalla quale diversifica per lo sviluppo molto 
minore del lobo, e un poco anche per la forma del contorno meno ristretta nella parte caudale. 


4. Bolbozoe (?) lanceolata n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 20. 


Un’ ultima specie di Bolbozoe (?), differente dalla precedentemente descritta, è rappresentata da al- 
cuni pochi esemplari, dei quali quello figurato ha le seguenti dimensioni: 


Lunghezza . 5 ò ò ò È . , : : Ò ò mm. 5,5 
Larghezza i ò o . c 7 . 5 ò - a ò » 3 
Spessore della valva. à 0 6 0 6 : ò E È Ò 5 La 


La forma laterale delle valve è subtriangolare allungata, con la punta nella estremità caudale. Il 
lobo cefalico, di diametro relativamente non grande, è assai rilevato e, secondo il solito, alquanto de- 
presso anteriormente all’ingiù nella direzione antero-ventrale. Il solco è poco profondo, ben manifesta 
però l’ espansione corrispondente all’ attacco muscolare. Nella parte mediana delle valve si presenta un 
indizio evidente di una piccola depressione trasversale sigmoidale, che dal lato dorsale, dove è più ma- 
nifesta, si dirige in quello ventrale, e lontanamente ricorda il solco che nella Bold. (?) dohemica BARR. 
delimita il rilievo mediano da quello caudale. 

Questa specie può essere paragonata solo con alcuni esemplari boemi, dal BARRANDE ritenuti forme 
giovanili della Bold. bohemica BARR., come per esempio con quello della tav. 27, fig. 154,0 ®; ne diversi- 
fica nelle dimensioni assai più grandi e nella forma più appuntita posteriormente. 


4) J. BARRANDE. Syst. silurien du centre de la Bohème. Suppl. au vol. I, pag. 503, tav. 27, fig. 8 e tav. 31, 
fig. 4-6. Prague, 1872. 
2 J. BarranDD. ,Syst. silur. ecc. L. c. 


INTRODUZ 


IONE . 


M. CANAVARI 


Descrizione delle specie 


Parte I. — Ostracoda 
I. Gen. Aparchites Rup. JoNES, 1889 
1. Aparchites pygmaeus n.f. — Tav. XXVI [II], fig.6 . 


fig. 15-17 


1,2 


2. » Grecoi n.f. — Tav. XXVI [II], fig. 7-9 
II. Gen. Entomis Rup. Jones, 1861. . 

1. Entomis migrans Barr. — Tav. XXV [I], fig. 1,2 

2. » Lamarmorai n.f. — Tav. XXV [I], fig. 3-5. 
3 » n.f.? — Tav. XXV [I], fig. 6 

4 » Meneghini n.f. — Tav. XXV [I], fig. 7-11 

5 » Ichnusae CAN. — Tav. XXV [I], fig. 12 

6. » Zoppii Can. — Tav. XXV [I], fig. 13. 

(0 » subreniformis n.f.— Tav. XXV [I], fig. 14. 
8. Entomis (?) amygdaloides n.f. — Tav. XXV [I], 

9 » » parvula n.f. — Tav. XXVI [II], fig. 
10. » » f.ind. — Tav. XXV [I], fig. 18 

11. » » pteroides Can. — Tav. XXVI [II], fig. 3-5 


III. Gen. Kloedenia Jownes, 1886 
1. Kloedenia Lovisatoi n.f. — Tav. XXVI [II], fig. 13 . 


2. 


» 


f. ind. — Tav. XXVI [II], îig. 14 


IV. Gen. Cypridina MiLxe-Epw., 1837 


Cypridina tyrrhenica n.f. — Tav. XXVI [II], fi 


V. Gen. Bolbozoe BARR., 1872 


1. Bolbozoe (?) bohemica Barr. — Tav. XXVI [II], fig 
2. » îtalica n. f. — Tav. XXVI [II], fig. 
d. 


4. 


» 


» 


» 


» Capellini n.f. — Tav. XXVI [II], 
» lanceolata n.f. — Tav. XXVI [II], 


S. 


g. 10-12 


pag. 


187 


191 
191 
192 
193 
193 
195 
196 
196 
197 
198 
199 
200 
200 
201 
201 
203 
203 
204 
204 
204 
205 
205 
208 
208 
209 


[24] 


fl 


ha Re e Si Va AAA 


ERRATA CORRIGE 


Pag. 22 [22] linea 12 — Gen. Protrachyceras Gen. Trachyceras, Sottog. Anolcites Mors. 
Pi 5 » 18 — Protrachyceras Anolcites 

È È n 14 — Protrachyceras Trachyceras 

o ci » 28 — Protrachyceras Anolcites 

Ri DI » 29 — Protrachyceras Trachyceras 

2318 [29] IS 1 — Protrachyceras Anolcites 

> È, 5 2 — Protrachyceras Trachyceras 

I DA » 932 — Protrachyceras Anolcites 

È 5 » 8338 — Protrachyceras Trachyceras 

24824) 00 5 — Protrachyceras sp. aff. Protrachyceras Anolcites sp. aff. Anolcites 
È n 5 6 — Protrachyceras Trachyceras 

î DI » 19 — Protrachyceras Anolcites 

D 5 n 23 — Protrachyceras Anolcites |» 

D ni » 24 — Protrachyceras Trachyceras 

9 n n 28 — Protrachyceras Anolcites 

D 3) » 29 — Protrachyceras Trachyceras 

9 © n 933 — Protrachy. Neumayri e col Protrach. judicaricum Anole. Neumayri e coll’Anole. judicaricus 
n D » 834 — Protrach. bipunctatum Trach. bipunctatum 

» 2727) » 80 — Protrachyceras Anolcites 

» 48 [48] num. 54 — Protrachyceras Anolcites 

n n » 58 — Protr. Anole. 

5) È MRRIGLI—S0 Protrachyceras 

” ” oi de Anolcites 

» 58 [58] linea 31 — Protrachyceras doleriticum Anolcites doleriticus 

5 n n 82 — Protrachyceras Richthofeni Anolcites Richthofeni 

» 54 [54] , 17 — Protrachyceras Trachyceras 


N. B. — L’autore, avendo potuto consultare l’opera del dott. v. Mossisovics “ Die Cephalopoden der Hallstitter Kalke, II. BA. Wien, 
1893 ,, soltanto dopo che la sua memoria era già stampata, si trova costretto ad aggiungere questo errata-corrige per mettere la clas- 
sificazione dei Trackyceras in consonanza con quella seguita nell'opera sopra citata. 


N 
R . i 


i RSA NII 


ono Geni DEA] 


a Retoni ai Raga 


uitiolmao9 


Spiegazione della Tavola I [I]. 


Fia. 1. — Diplopora herculea StoPP. sp., — pag. 7 [7]. 
DO: — Thecosmilia badiotica FRECH sp., — pag. 8 [8]. 
» 3,34. — Encrinus granulosus MUNST., — pag. 9 [9]. 
» 4,44. — Encrinus 20v. form. indet. Tomwm.(Fig.4a, ingr.2 volte), — pag. 10 [10]. 
» 5,54,6. — Spirigera marmorea BirTN., — pag. 10 [10]. 
» .6,60-c.  — Rhynchonella cfr. retractifrons BrrtN., — pag. 11 [11]. 
DIA — Pecten (Chiamys) concentrice-striatus HORN.? (ingr. 2 volte), — pag. 12 [12]. 
» 8. — Halobia cfr. lineata MùUnsT. sp., — pag. 12 [12]. 
» 9a,b. — Posidonomya cfr. wengensis Wissm. sp., (Fig. 90, ingr.2 volte), — pag. 13 [13]. 


» 10,100,0. — Mysidioptera Kittli Brrtx., — pag. 13 [13]. 


Da UD -— Loxonema turritelliformis KLIPST. sp.,? — pag. 14 [14!. 
DIET — Orthoceras multilabiatum HAUER, — pag. 15 [15). 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEONDOGRAPHTA TRALICA, Vol V. Tav. I 


TOMMASI, Z0vuna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. [Zav. 11. 


hon emliusiomolà =. 


aa 


Ribusdiono) Ho abi 


pelati raga ato Rn qa astiovilo mint 
D ‘ Ù si: z E 


Spiegazione della Tavola II [II]. 


Fig. 1,1a. — Orthoceras campanile MoJs., — pag. 16 [16]. 


» 2,2a. — Orthoceras politum KLiPsT., — pag. 16 [16]. 
» 3,34. — Orthoceras Mojsisovicsi SALOM., — pag. 17 [17]. 
» 4,40. — Pleuronautilus auriculatus HAUER, — pag. 17 [17]. 


» 5,6,60.— Nautilus subcarolinus MoJs., — pag. 18 [18]. 
» 7,7a. — Nautilus cfr. longebardicus Moys., — pag. 19 [19]. 


» 8,8a. — Protrachyceras sp. aff. Protr. Neumayri Moys., — pag. 24 [24]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


RATAEONIEOGRAPRBIAREDARICA Vo Vi av 


TOMMASI; Zauna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. [Zav. 11]. 


ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO 


Spiegazione della Tavola III [III]. 


Fic. 1,10,06. — Nautilus evolutus Moys., — pag. 18 [18]. 
vi2::2a! — Arpadites Arpadis Moys. var. carnicus TommM., — pag. 21 [21]. 
DIMIROI — Protrachyceras Richtofeni Moys., — pag. 23 [23]. 
» 4,40. — Protrachyceras cfr. recubariense MoJs., — pag. 25 [25]. 


» 5,6,64. — Protrachyceras Archelaus Lause. Vedasi anche Tav. IV, fig.1, — pag. 25 [25]. 
» 7,7a,b, 8. — Procladiscites macilentus HAuER. Per la linea lobale si veda la Fig. 2 a pag. 30 [30], — pag. 30 [30]. 


Ye — Procladiscites Pantanellii Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig. 4a pag. 31 [31], — pag. 31 [31]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAERBONTOGRAPHIA TRE GARY ia SUL 


Vu 


TOMMASI, Fauna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. 


[ Zan. ILL]. 


ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO 


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Poeti 


Spiegazione della Tavola IV [IV]. 


Fi. 1. — Protrachyceras Archelaus Lause. Vedasi anche Tav. III [III], fig. 5,6,64,— pag. 25 [25]. 
» 2,2a-c.  — Protrachyceras pseudo-Archelaus BoECKH, — pag. 26 [26]. 
» 3,34,b. — Protrachyceras Capellini Tomm., — pag. 27 [27]. 
>» 4,4a. _ Procladiscites Rodostoma Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig. 3 a pag. 31 [31]. Vedasi anche Tav. 


V [V], fig. 1,1a, — pag. 31 [31]. 


5, ba. — Moncphyllites wengensis KLIPST. sp., — pag. 33 [33]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALABONTOGRAPHIA ITALICA, Vol, V. T 


TOMMASI, Fauna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. 


[Zav. IV]: 


‘AERRITO. sivnole psitasrbs}on9 


se Tra: Sl 


IU lSt tica | 


agtenpaota > 
Ma alti y 16 25f0044099:— | 
= dei fi E 
MiPacrs: filo 7,8 did ant ala 
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Spiegazione della Tavola V [VI]. 


Fi. 1, la. — Procladiscites Rodostoma Tomm. Vedasi anche Tav.IV [IV], fig. 4,40, — pag. 31 [31]. 
2,2a,b. — Proarcestes esinensis Moss., — pag. 34 [34]. 
3,94. — Proarcestes esinensis MoJs. var. carnicus Tomm., — pag. 34 [34]. 
4,4a, 5. — Proarcestes Reyeri Moys., — pag. 35 [35]. 
6, 6a. — Proarcestes Bramantei Moys., — pag. 36 [36]. 
T, tap. — Proarcestes Ombonii Tonm. Per la linea lobale si veda la Fig. 5 a pag. 36 [36], — pag. 36 [86]. 


» 8,9,9a, 10. — Proarcestes Spallanzanii Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig. 6 a pag. 37 [37], — pas. 37 [37]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEONTOGRAPHIA TURI AR Vi oVAOTo 


TOMMASI, Fauna dei calc. rossi e grigi del M. Clapsavon. [Zav. V.] 


ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANG 


se 


AI, 


Spiegazione della Tavola VI [VI]. 


Fia. 1, la. — Proarcestes Paronai Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig. 7 a pag. 38 [38], — pag. 37 [37]. 
POI; DI — Proarcestes Canavarii Tomm. Per la linea lobale si veda la Fig.8 a pag. 38 [38], — pag. 38 [38]. 
» 3,30,d. — Proarcestes lupinus Tomm., — pag. 39 [39]. 

4, 4a. — Gymnites incultus (BevRr.) E. v. MoJs., — pag. 39 [39]. 


» 5,54,6,64. — Gymnites Raphaelis Zoja Tomm., — pag. 41 [41]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. 


[Zav. VI]. 


lc. rossi e grigi del M. Clapsavon 


t ca 


Fauna de 


TOMMASI 


di ne. 
si pi na va0 è 


su 3 SIMBAETS 


Be” 


Spiegazione della Tavola VII [VII]. 


Fig.1,1a. — Aulacoceras Taramellii Tomm., — pag. 42 [42]. 


» 2,2a,b,3. — Atractites ladinus SALoM., — pag. 43 [43]. 


» 4,4a,b. — Atractites Bacchilidis Tomm., — pag. 44 [44]. 
» 5,5a,b. — Atractites Isseli TomM., — pag. 44 [44]. 

» 6. — Atractites Osvaldi Tomm., — pag. 44 [44]. 
CETRA — Atractites sp. Tomm., — pag. 45 [45]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899 


PATAEONTOGRAPHIA ITALICA. Vol. V. Tav. VII 


TOMMASI, Founa dei culc. rossi e grigi del NM. Clapsavon. [ Zav. VIII. 


E 


“E 


Atei shots 


ngmiori chis 


furia 


Spiegazione della Tavola VIII [I]. 


— Asteroceras stellare (Sow.). L’esemplare originale nel Museo geologico di Torino, — pag. 56 [2]. 


» 2a,b. — Arietites Grecoi n. f. L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ ing. T. Morena a Cantiano, — pag. 57 [3]. 


Fra. 1. 
DI BE 
» 4. 
» 5. 
DI (8 
» 
vB: 
» 9. 
» 10 
DIGI 
» 19. 


— Arietites f. L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ing. T. MoreNA a Cantiano, — pag. 59 [5]. 


— Arnioceras ceratitoide (Quenst.). L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ ing. T. MoreNA a Cantiano, — 


pag. 61 [7]. 


Arnioceras ceratitoide (QueNnsT.). Frammento di giro. L’esempl. orig. nel Museo geolog. di Torino, — 


pag. 62 [8]. 


Arnioceras m.f. Forma intermedia tra l’Arn. ceratitoide (QuensT.) e l’Arn. semilaeve (HAuER). L’esempl. orig. 
nel Museo geol. di Torino, — pag. 63 [9]. 


Arnioceras semilaeve (HAUER). L’esempl. orig. nel Museo geologico di Torino, — pag. 64 [10]. 


— Arnioceras semicostatum (Y. et B.in WrIGHT). L’esempl. orig. nel Museo geol. di Torino, — pag. 64 [10]. 


— Arnioceras dimorphum (PaR.). L’esempl. orig. nella coll. privata dall’ ing. T. MoreNA a Cantiano, — 


— Schiotheimia boucauttiana (p’ORB.). L’esempl. orig. nella coll. privata dall’ing. T. MoreNA a Cantiano, — 
pag. 68 |14]. 


pag. 66 [12]. 


— Lytoceras hierlatzicum (GevER). L’esempl. orig. nella coll. privata dell'ing. T. MoreNA a Cantiano, — 
pi La 


pag. 68 [14]. 


— Lytoceras altecincium (HauER). L’esempl. orig. nel Museo geologico di Torino, — pag. 70 [16]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


RT 9 77 


PATRATO NIRO G RAPE CAVO VE va VAI 


BONARELLI, Cefalopodi sinemuriani dell’ Appennino centrale. [Zav I]. 


FORMA FOT. 


ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO 


Spiegazione della Tavola IX [II]. 


Fic. 1.  — Lytoceras altecinctum (HAuER). L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ ing. T. MoreNA a Cantiano, — 
pag. 70 [16]. 


» 2. — Lytoceras adnethicum (HauER). L’esempl. orig. nel Museo geol. di Torino, — pag. 69 [15]. 


» 3. — Ectocentrites Canavarii n. f. L’esempl. orig. nella collez. privata dell’ing. T. Morena a Cantiano, — 
pag. 70 [16]. 


» 46. - Ectocentrites (?) altiformis n. f. Gli esempl. orig. nella collezione privata dell’ ing. T. MoRENA a Cantiano, — 
pag. 73 [19]. 


Palacontagraphia italica, vol. V, 1899. 


PAMARONHLO GRETA RNA TICARVO VA av De 


BONARELLI, Cefalopodi sinemuriani dell’ Appennino centrale. [ Zav. I11. 


FORMA FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MIL 


e 


n 


Spiegazione della Tavola X [III]: 


Fia. 1. — Ectocentrites Morenai n.f. L’esempl. orig. nella collezione privata dell’ing. T. MoRENA a Cantiano, — pag. 74 [20]. 


2,3. — Ectocentrites Fucini n. t. L’esempl. orig. della fig. 2 nella collezione privata dell’ing. T. MORENA e quello della 


fig.3 nel Museo geol. di Torino, — pag. 72 [18]. 


4,5. — Ectocentrites Giordanii n. f. Gli esempl. orig. nella collezione privata dell’ing. T. MorENA a Cantiano, — 


pag. 75 [21]. 


» 6. — Ectocentrites Geronzi n. f. L’esempl. orig. nella collez. privata dell'ing. T. MoRENA, — pag. 76 [22]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEFONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V. Tav. X. 


BONARELLI, Cefalopodi sinemuriani dell’ Appennino centrale. [Zav. ZII]. 


FORMA FOT, CALZOLARI & FERRARIO. MIL 


__ Terranova (Museo paleontologico di i pag. (86 ELE 
» la. — Lo stesso esemplare, visto dalla faccia interna. 


Id. visto dall’ alto. 


dell’Accademia Valdarnese di Montevarchi), — pag. 87 B JE 


» 2a. — Lo stesso esemplare, visto dalla faccia interna. 

> Da Id. | visto dall’ alto. 

» 5. — Castor plicidens. Porzione anteriore di cranio, vista dalla parte ua ‘dell’antico Museo di o 
naturale (Museo paleontologico di Firenze), — pag. E [2]. 


» 3a. — Lo stesso esemplare, visto dall’ innanzi. 


NB. Tutte le figure sono in grandezza naturale. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. IVES VA Dale 


BOSCO, 7 roditori pliocenici del Valdarno superiore. 


ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO 


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Spiegazione della Tavola XII [II]. 


— Castor plicidens. Branca sinistra di mandibola di giovane individuo, veduta dalla faccia esterna, delle Strette 


delle Ville presso Terranova (Museo paleontologico di Firenze), — pag. 88 [4]. 


— Lo stesso esemplare, visto dall’alto. 
— Trogontherium Cuvieri. Terzo molare inferiore destro, veduto dal lato esterno, di Terranova (Museo pa- 


leontologico di Firenze), — pag. 91 [7]. 

Lo stesso esemplare, veduto dall’ alto. 

Lepus valdarnensis. Frammento di cranio, veduto dal basso, del Castello dell’Incisa (Museo paleontologico di 
Firenze), — pag. 97 [13]. 

Lepus valdarnensis. —— Estremità incisiva di cranio, veduta dalla parte destra, del Castello dell’ Incisa 
(Museo paleontologico di Firenze), — pag. 98 [14]. 

Lepus valdarnensis. Branca sinistra di mandibola, vista dalla faccia esterna (Museo paleontologico di Fi- 
renze), — pag. 98 [14]. 

Lepus valdarnensis. Branca sinistra di mandibola, coll’incisivo, veduta dalla taccia esterna, delle Mignaie 
presso Castelfranco (Museo dell’Accademia Valdarnese di Montevarchi), — pag. 98 [14]. 

Lepus valdarnensis. Branca destra di mandibola, veduta dalla faccia esterna, del Tasso (Museo dell’ Ac- 
cademia Valdarnese di Montevarchi), — pag. 98 [14]. 

Lepus etruscus. Branca sinistra di mandibola, veduta dalla faccia esterna, del Tasso (Museo paleontolo- 
gico di Firenze), — pag. 100 [16]. 

Lepus sp. Parte inferiore di tibia destra, veduta dalla faccia anteriore (Museo paleontologico di Firenze), — 
pag. 101 |17]. 

Lepus sp. Faccia articolare dell’ estremità inferiore di tibia destra del Tasso (Museo paleontologico di 
Firenze), — pag. 101 [17]. 

Lepus sp. Astragalo, veduto dalla faccia superiore, del Tasso ( Museo paleontologico di Firenze), — 
pag. 102 [18]. 

Lepus sp. Secondo metatarsale destro, veduto dalla faccia interna, delle Valli delle Strette ( Museo pa- 
leontologico di Firenze), — pag. 102 [18]. 

Lepus sp. Terzo metacarpale destro, veduto dalla faccia esterna, dell’ Incisa (Museo paleontologico di Fi- 
renze), — pag. 101 [17]. 

Arvicola pliocenicus. Incisivi superiori, veduti dalla faccia interna, delle Mignaie (Museo paleontologico di 
Firenze), — pag. 93 [9]. 

Arvicola pliocenicus. Primo e secondo molari inferiori sinistri, veduti dall’ alto, di Poggitazzi (Museo pa- 
leontologico di Firenze), — pag. 94 [10]. 

Arvicola pliocenicus. Primo molare superiore sinistro, veduto dal basso, di Poggitazzi (Museo paleontolo- 
gico di Firenze), — pag. 94 [10]. 


NB. Le fig. 15 e 16 sono ingrandite sette volte: tutte le altre sono in grandezza naturale. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALABONTOGRAPHIA ITALICA, Vol V, Tav. XII. 


BOSCO, / roditori pliocenici del Valdarno superiore. [ Zav. 17). 


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Spiegazione della Tavola XIII [I]. 


la-c, 2a-c. — Rhynchonella Wahneri Di Ster., — pag. 111 [7]. 

Za-c. — Rhynchonella Wahneri Dr Srer. var. applanata n., — pag. 112 [8]. 

4a-d. — Rhynchonella Ximenesi Dr SveF., — pag. 112 [8]. 

da-c. — Rhynchonella Galatensis DI STEF., — pag. 113 [9]. 

6a-c. _ Rhynchonella Galatensis Dr Srpr. var. depressa n., — pag. 113 [9]. 

Ta-b, 8. — Rhynchonella infirma RoTHPL., — pag. 114 [10]. 

da-c. -— Rhynchonella infirma RorapL. Esemplare conservato in modello interno e perciò sprovvisto di coste 
nelle regioni centrale ed apiciale delle valve, — pag. 114 [10]. 

10. — Rhynchoneila lucana°n. sp. Esemplare rappresentato in grandezza naturale, — pag. 114 [10]. 

100-d. — Rhynchonella lucana n. sp. Lo stesso esemplare ingrandito due volte, — pag. 114 [10]. 


lla-c- 17. — Waldheimia Ippolitae Di STEF., — pag. 115 [11]. 


18. — Pecten (Entolium) disciformis ScHueBL. Valva destra di un esemplare che ha in parte conservato la con- 
chiglia, — pag. 118 [14]. 


19. — Pecten (Entolium) cingulatus PHiLL. Valva sinistra di un esemplare con la conchiglia ben conservata, — 
pag. 118 [14]. 


20. — Pecten (Entolium) cingulatus PrHILL. Valva destra di un esemplare quasi totalmente privo di conchiglia, — 
pag. 118 [14]. 


E — Pecten (Entolium) cingulatus PriLL. Valva sinistra di un esemplare quasi totalmente privo di conchiglia, — 
pag. 118 [14]. 


22a, db. — Trigonia De Lorenzoi n. sp. Valva destra, — pag. 120 [16]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V. Tav. XIII. 


GRECO, Fossili oolitici del MI. Foraporta presso Lagonegro. 


[Zav. I]. 
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Spiegazione della Tavola XIV [I]. 


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Fic. 1a. — Sphenopteris tenuis ScHENKE, — pag. 125 [1]. 
» 15. — Ingrandita. 
» le. — Pinnula ingrandita, schematica. 
DI 2: — Sphenopteris orientalis ABB., — pag. 126 [2]. 
DENSE — Sphenopteris regularis ABB., — pag. 126 [21. 
» 4a. — Sphenopteris alata STERNB., — pag. 127 [3]. 
» 4b. — Schematica (Da BroneNIaRT. Hist. d. Vég. foss., Tav. CXXVII). 
» 5. — Sphenopteris latifolia BronGn., — pag. 127 [3]. 
» 6,7. — Sphenopteris artemisiaefolia STERNB. (la Fig. 7 ingrandita), — pag. 128 [4]- 
DIS — Sphenopteris deflexa ABB., — pag. 128 [4]. 
DS — Sphenopteris sp. a, — pag. 128 [4]. 
» 10-12. — Sphenopteris sp. © (ingrand.), — pag. 129 [5]. 
» 13. — Sphenopteris sp. c (ingrand.), — pag. 129 [5]. 7 
» 14.  — Sphenopteris sp.d (ingrand.), — pag. 130 [6]. 
>» 15. — Sphenopteris sp. e (ingrand.), — pag. 130 [6]. 
» 164. — Pecopteris recta ABB., — pag. 130 [6]. 
» 165. — Pinnula ingrandita, schematica. 
» 17,18.— Taeniopteris multinervis Wriss, — pag. 151 [7]. 
» 19. — Taeniopteris tenuis Asp., — pag. 131 [7]. 
» 20.  — Taeniopteris curvinervis Arp. (ingrandita, schematica), — pag. 132 [8]. 
» 21.  — Asterotheca crassa ABB. (ingrand.), — pag. 132 [8]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


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ABBADO, Contributo alla Flora carbonif. della Cina. 


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Spiegazione della Tavola XV [II]. 


Fig. 1. — Annularia (Foglie), — pag. 133 [9]. 
» 2. — Annularia (Fusti), — pag. 133 [9]. 
» 3. — Lepidodendron emarginatum ABB., — pag. 133 [9]. 
» 4.  — Lepidodendron sp. (schematico), — pag. 134 [10]. 
» 5.  — Lepidophloios laricinus STERNB., — pag. 134 [10]. 


» 6,7. — Lepidophloios chinensis ABB., — pag. 135 [11]. 
» 8a. — Lepidophyllum chinense ABB., — pag. 135 [11]. 
» 80. — Schematico. 


» 9.  — Radicelle di Stigmaria, — pag. 143 [19]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


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ABBADO, Contributo alla Flora carbonif. della Cina. [ Zav. 11]. 


E. FORMA FOT. 


ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO 


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Spiegazione della Tavola XVI [III]. 


Fic. 1,2,3. — Sigillaria Fogolliana AgB., — pag. 136 [12]. 


» 2a.  — Impronta fossile. 

» 206. — Modello in cera. 

DISMIZA — Sigillaria sp., — pag. 142 [18]. 
DINO — Foglie di Sigillaria, — pag. 143 [19]. 
» 6. — Cordaites, — pag. 143 [19]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


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ABBADO, Contributo alla Flora carbonif. della Cina. [Zav. IT). 


E. FORMA FOT. ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO, MILANO 


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Spiegazione della Tavola XVII [IV]. 


Fig. 1-4. — Sigillaria polymorpha ABB., — pag. 139 [15]. 


» 1,2. — Le due superficie di uno stesso frammento. 
» 3a. — Impronta fossile. 
» 30. — Modello in cera. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


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ABBADO, Contributo alla Flora carbonif. della Cina. [Zav. IV]. 


E. FORMA FOT 


ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO 


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Spiegazione della Tavola XVIII [V]. 


Fig. 1,2. — Sigillaria oculus felis AgB., — pag. 141 [17]. 


» 3. — Sigillaria plana ABB.; « — due cuscinetti, — pag. 139 [15]. 
» 4. — Foglie di Sigillaria, — pag. 143 [19]. 
» 5. — Cordaites, — pag. 143 [19]. 


» 6,7. — Cordaispermum, — pag. 143 [19]. 


» 8. — Fronda indeterminata, — pag. 143 [19]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAERKONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XVIII. 


ABBADO, Contributo alla Flora carbonif, della Cina. [Zav. V]. 


E. FORMA FOT. 


ELIOT. GALZOLARI & FERRARIO. MILANO 


Spiegazione della Tavola XIX [I]. 


Fia. 1a, d. — Amaltheus spinatus BruG., dei Monti della Rossa, — pag. 145 [1]. 
DIANO — Amaltheus spinatus Bruc., della Rocchetta, — pag. 145 [1]. 

» 3a,b. — Phylloceras Calais Mcn., della Marconessa, — pag. 146 [2]. 

» 4a,b. — Phylloceras Zetes D’ORB., della Rocchetta, — pag. 148 [4]. 

» 5a, b. — Phylioceras tenuistriatum Mox., di Cagli, — pag. 147 [3]. 

» 6a, bd. — Phylioceras frondosum Rbyn., di Cagli, — pag. 149 [5]. 


» Ta, 6. — Phylloceras Meneghini Gemm., di Cagli, — pag. 150 [6]. 


8a, b. — Phylloceras Geyeri Bow., della Marconessa, — pag. 151 [7]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XIX. 


FUCINI, Ammoniti del Lias medio dell Appennino centrale. i [Zav. LD). 


AUCT. ET CRISTOFANI DIS. 


Spiegazione della Tavola XX [II]: 


Fic. la, d. — Rhacophylites libertus Gemm., di Cagli, — pag. 152 [8]. 

II — Rhacophyliites lariensis MGxH., del Furlo, — pag. 153 [9]. 

» 3a,b. — Rhacophylites lariensis Mcu. var. costicillata Fuc., dei Monti della Rossa, — pag. 154 [10]. 
» 4 — Rhacophyllites eximius HaueR, del Monte Faito, — pag. 155 [11]. 

» 5a, b. — Lytoceras piychophorum Caw., della Faiola, — pag. 157 [13]. 

» 6a-c. — Lytoceras audax MGuH., del Monte Ginguno, — pag. 155 [11]. 


» Ta, b. — Lytoceras praesublineatum Fuc., della Marconessa, — pag. 159 [15]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1691. 


PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XX. 


FUGINI, Ammoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale. [Zav. IL | 


RUGANI FOT., CRISTOFANI DIS T. GALZOLARI & FERRA 


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Spiegazione della Tavola XXI [III]. 


Deroceras Gemmellaroi Levi, dei Monti della Rossa, —pag. 160 [16]. 
Altro esemplare della stessa specie, delle Grotte di S. Eustachio. 
Microderoceras cfr. Meberti OppeL, del Monte Primo, — pag. 161 [17]. 
Misia miserrimum Fuc., del Furlo, — pag. 161 [17]. 

Cymbites centriglobus Opp., del Furlo, — pag. 163 [19]. 

Altro esemplare della stessa specie, del Furlo, — pag. 164 [20]. 
Lytoceras apenninicum Fuo., del Furlo, — pag. 159 [15]. 

Lo stesso esemplare ingrandito due volte. 

Dumertieria Taramellii Fuc., della Marconessa, — pag. 165 [21]. 


Dumortieria Paronaî Fuc., della Rocchetta, — pag. 166 [22]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XXI. 


FUCINI, Ammoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale. [ Zav. IL |. 


RUGANI FOT., CRISTOFANI DIS FLIOT ALZOLARI & FERRARIO. MILAN 


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Spiegazione della Tavola X.XII [IV]. 


Fic. la, d. — Tropidoceras Flandrini Dum., var. semilaevis Fuc., del Monte Catria, — pag. 169 [25]. 
» 2a, Db. — Cycloceras Stahli OppeL, della Rocchetta, — pag. 173 [29]. 


» 3a, b. — Tropidoceras Zitteli Fuc., del Monte Primo, — pag. 170 [26]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XXII. 


FUCINI, Ammoniti del Lias medio dell'Appennino centrale. 


AUCT., ET CRISTOFANI DIS. 


ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO M! 


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Spiegazione della Tavola XXIII [V]. 


Fig. 1a-c. — Amphiceras (?) Canavarii Fuc., del Furlo, pag. 167 |23]. 
» 1d. — Lo stesso esemplare ingrandito due volte. 
» 2a,b. — Tropidoceras Flandrini Dux., delle Grotte di S. Eustachio, — pag. 168 [24]. 


3a, b. — Tropidoceras Stefanii Fuc., delle Grotte di S. Eustachio, — pag. 172 [28]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1890. 


PALAEONTOGRAPHIA FTALICA, Vol V, Tav. XXIII. 


FUCINI, Ammoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale. [Zav. VV]. 


AUCT. ET CRISTOFANI DIS. 


ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO 


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Spiegazione della Tavola XXIV [VI]. 


Fia. la, db. — Arieticeras Algovianum OpPEL, dei Monti della Rossa, — pag. 175 [31]. 

» 2a,b. — Arieticeras retrorsicosta OpPEL, della Rocchetta, — pag. 180 [36]. 

D IUGb — Aristiceras Bertrandi KiriAn, della Rocchetta, — pag. 179 [35]. 

» a,b. — Aristiceras Lottii Gemm., dei dintorni di Nocera-Umbra, — pag. 181 [37]. 
» Ba-d. — Arieticeras (?) Juliae Bon., dei Monti della Rossa, — pag. 184 [40]. 


» 6a-c. — Arieticeras dolosum Fuc., delle Precicchie, — pag. 182 [88]. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PARAEONTOGRARHTA MPALICA, Vol. Vi, Tav. XXV. 


FUGINI, Armoniti del Lias medio dell’ Appennino centrale. [Zav. VI). 


RUGANI FOT., CRISTOFANI DIS. 


- Spiegazione della Tavola XXV [I]. 


Fic. 1a-e. — Entomis migrans Barr. Forma allungata. Ingr. circa 9 diametri, — pag. 193 [7]. 


Fig. 1a, valva destra; fig. 15, valva sinistra; fig. le, lato dorsale; fig. 14, lato ventrale; 
fig. le, veduta dalla regione caudale. 
2a-e. — Entomis migrans BARR. Forma con valve meno ellittiche e più arrotondate. Ingr. circa 9 diametri, — 
pag. 193 [7]. ) 
Fig. 2a, valva destra; fig. 2, valva sinistra; fig. 2c, lato dorsale; fig. 24, lato ventrale; 
fig. 2e, veduta dalla regione caudale. 
3. — Entomis Lamarmorai Can. Valva sinistra di forma ovale allungata. Ingr. circa 9 diametri, — pag. 195 [9]. 
4. — Entomis Lamarmorai Can. Valva sinistra di forma meno allungata ancora attaccata sulla roccia e non 
ben conservata nella parte anteriore. Ingr. circa 8 diametri, — pag. 195 [9]. 
ba-e. — Entomis Lamarmorai Can. Forma ellittico-allungata con valve alquanto depresse verso la regione dorsale. 
Ingr. circa 8 diametri, — pag. 195 [9]. 
Fig. 5a, valva destra; fig. 50, valva sinistra; fig. 5c, lato dorsale; fig. 54, lato ventrale; 
fig. 5e, veduta dalla regione caudale. 


6.  — Entomis n. f.? Valva destra di una forma a contorno quasi subsemicircolare e con quattro costicine 
limitate alle regioni marginali. Ingr. circa 10 diametri, — pag. 196 [10]. 
Ta-d.— Entomis Meneghinii Can. Piccolo esemplare globulare con superficie ornata da piccole depressioni. Ingr. 
8 diametri, — pag. 196 [10]. : 
Fig. Ta, valva destra; fig. 76, valva sinistra; fig. Tec, lato dorsale; fig. 7d, lato ventrale. 
8. — Entomis Meneghini Can. Esemplare con le due valve aperte di forma allungata. Ingr. circa 18 diametri, — 


pag. 196 [10]. 
9a, b.— Entomis Meneghinii CAN. Esemplare di forma non molto allungata e con superficie delle valve apparente- 
mente liscia. Ingr. circa 18 diametri, — pag. 196 [10]. 
Fig. 9a, valva destra; fig. 9, lato dorsale. 
100-d.— Entemis Meneghinii Can. Esemplare bene sviluppato, con superficie delle valve ornate da evidenti de- 
pressioni. Ingr. circa 11 diametri, — pag. 196 [10]. Ù 
Fig. 104, valva destra; fig. 10%, valva sinistra ; fig. 10c, lato dorsale; fig. 104, lato ventrale. 
11a,d. — Entemis Meneghini Can. Altro esemplare un poco più grande del precedente e meno compresso nella parte 
anteriore. Ingr. circa 8 diametri, — pag. 196 [10]. 5 
Fig. lla, valva destra; fig. 110, lato dorsale. 
12a-d.— Entonis ichrusae CAN. Forma ellittico-allungata, con spiccato tubercolo marginale anteriormente al solco. 
Ingr. circa 8 diametri, — pag. 197 [11]. 
Fig. 12a, valva destra; fig. 120, valva sinistra; fig. 12c, lato dorsale; fig. 124, lato ventrale. 
19a-f. — Entomis Zoppii Can. Esemplare di forma spiccatamente inequilaterale. Ingr. circa 11 diametri,— pag. 198 [12]. 
Fig. 1a, valva destra; fig. 135, valva sinistra; fig. 13c, lato dorsale; fig. 13d, lato ventrale; 
fig. 13e veduta dalla regione cefalica; fig. 137, veduta dalla regione caudale. 
14a,b.— Eniemis subreniformis Can. Ingr. circa 7 diametri, — pag. 199 [13]. 
Fig. i4a, valva destra; fig. 145, lato dorsale. 
15a, D. — Entomis (?) amygdaicices Can. Piccolo esemplare alquanto incompleto nella parte anteriore e a solchi poco 
manifesti. Ingr. circa 8 diametri, — pag. 200 [14]. 
Fig. 15a, valva destra; fig. 145, lato dorsale. 
160,0. — Entomis (?) amygdalcides Can. Altro esemplare un poco più grande del precedente. Ingr. circa 10 dia- 
metri, — pag. 200 [14]. 
Fig. 16a, valva destra; fig. 160, lato dorsale. 
17a-d.— Entomis (?) amygdalcides Can. Esemplare maggiore un poco meno depresso nella parte anteriore. Ingr. 
circa 10 diametri, — pag. 200 [14]. 
Fig. 17a, valva destra; fig. 17, valva sinistra ; fig. 17c, lato dorsale ; fig. 174, lato ventrale. 
184-d.— Entomis (?) f. ind. Piccolissimo esemplare di forma molto allungata con solchi pochissimo evidenti. 
Ingr. circa 12 diametri, -- pag. 201 [15]. 
Fig. 180, valva destra: fig. 135, valva sinistra; fig. 18c, lato dorsale; fig. 184, lato ventrale. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEBONTOGRAPHIA ITALICA, Vol. V, Tav. XXV.” 


CANAVARI, Z/auna d. calc. nerastri di Xea S. Antonio in Sardegna. — Ostracoda. 


[Zav. 1]. 


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ELIOT. CALZOLARI & FERRARIO. MILANO 


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10. 


1la-d. 


12. 


13a-d. 


14. 


1ba-c. 


17a,b. 


18a-c. 
19a-c. 


200,0. 


Spiegazione della Tavola XXVI [II] 


Entomis (?) parvula CAN. Piccolo esemplare, di forma più gibbosa. Ingr. cir&a 11 diametri, — pag. 200 [14]. 

Fig. la, valva destra; fig. 10, lato dorsale. 3 
Entomis (?) parvula Can. Esemplare maggiore, con il contorno dorsale (o ventrale) ovale. Ingr. circa 
11 diametri, — pag. 200 [14]. 

Fig. 2a, valva destra; fig. 20, lato dorsale. 

Entomis (?) pteroides Can. Esemplare un poco rotto anteriormente. Ingr. circa 10 diametri, — pag. 201 [15]. 

Fig. 3a, valva sinistra; fig. 36, lato ventrale. 

Entomis (?) pteroides Can. Esemplare un poco più grande. Ingr. circa 9 diametri, — pag. 201 [15]. 

Fig. 4a, valva destra; fig. 4b, lato ventrale. 

Entomis (?) pteroides Can. Esemplare maggiore. Ingr. 8 diametri, — pag. 201 [15]. 

Fig. 5a, valva sinistra; fig. 50, lato dorsale; fig. bc, lato ventrale. 
Aparchites pygmaeus Can. Esemplare completo. Ingr. 46 diametri, — pag. 191 [5]. 

Fig. 6a, valva destra; fig. 60, valva sinistra; fig. 6c, lato dorsale. 
Aparchites Grecoi Can. Esemplare minore. Ingr. 38 diametri, — pag. 192 [6]. 

Fig. Ta, valva sinistra; fig. Td, lato dorsale. 

Aparchites Grecoi Can. Esemplare un poco più grande, con traccia delle piccole depressioni superficiali. 
Ingr. 36 diametri, — pag. 192 [6]. 

Fig. 8a, valva destra; fig. 8b, valva sinistra; fig. 8c, lato ventrale. 

Aparchites Grecoi Can. Altro esemplare un poco più grande del pari al precedente con traccia degli 
ornamenti. Ingr. circa 33 diametri, — pag. 192 [6]. 

Fig. 9a, valva destra; fig. 9, lato ventrale. 

Cypridina tyrrhenica CAN. Esemplare minore d’apparenza liscio, veduto dalla valva sinistra ed un poco 
sciupato posteriormente. Ingr. circa 11 diametri, — pag. 204 [18]. 

Cypridina tyrrhenica CAN. Esemplare ben conservato con traccia degli ornamenti. Ingr. 10 diametri, — 
pag. 204 [18]. 

Fig. ila, valva destra; fig. 11b, valva sinistra; fig. 11c, lato dorsale; fig. 114, lato ventrale. 
Cypridina tyrrhenica CAN. Esemplare maggiore, posteriormente subtroncato, con traccia degli ornamenti, 
veduto dalla valva destra. Ingr. 11 diametri, — pag. 204 [18]. 

Kloedenia Lovisatoi CAN. Esemplare ben conservato. Ingr. circa 10 diametri, — pag. 203 [17]. 

Fig. 130, valva destra; fig. 13b, valva sinistra ; fig. 13c, lato dorsale ; fig. 134, lato ventrale. 
Kioedenia sp. ind. aff. KI. Wilckensiana Jon. Valva destra mancante dell’orlo marginale, aderente sulla 
roccia, di una specie con il lobo centrale più assai sviluppato di quello della precedente KI. Lovisatoi 
Can. Ingr. circa 9 diametri, — pag. 204 [18]. 

Bolbozoe (?) bohemica BARR. Esemplare conservato in parte come modello interno. Ingr. 2 diametri, — 
pag. 205 [19]. 
Fig. 15a, valva sinistra con l’ impronta muscolare evidente nella depressione postero-inferiore 
al lobo cefalico ; fig. 150, lato dorsale; fig. 15c, lato ventrale. 
Bolbozoe (?) italica CAN. Piccolo esemplare aderente in parte sulla roccia. Ingr. circa 2 diametri, — 
pag. 208 [22]. 

Fig. 160, valva destra; fig. 160, lato dorsale. 
Bolbozoe (?) italica CAN. Altro esemplare un poco più grande, mancante della parte posteriore. Ingr. 
circa 2 diametri, — pag. 208 [22]. 

Fig. 17a, valva sinistra con l'impronta muscolare evidente ; fig. 170, lato ventrale. 
Bolbozoe (?) italica Can. Esemplare maggiore. Ingr. circa 4 diametri, — pag. 208 [22]. 

Fig. 18a, valva sinistra; fig. 180, lato dorsale; fig. 18c, lato ventrale. 

Bolbozoe (?) Capellini Can. Esemplare ancora aderente sulla roccia. Ingr. circa 2 diametri, — pag. 208 [22]. 

Fig. 190, valva sinistra; fig. 190, lato dorsale ; fig. 19e, lato ventrale. 

Bolbozoe (?) lanceolata Can. Esemplare aderente sulla roccia. Ingr. circa 2 diametri, — pag. 209 [23]. 

Fig. 200, valva destra; fig. 20b, lato dorsale. 


Palaeontographia italica, vol. V, 1899. 


PALAEONTOGRAPHIA SPAL Wok E O SVI 


CANAVARI, Zuuna d. calc. nerastri di Xea S. Antonio în Sardegna. — Ostracoda. 


[Zav. IZ]. 


13 b EAT 13a 196 19a 19b 20 h 202 
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UCI. ET CRISTOFANI DIS 


FLIOT. CALZOLARI & FERRARIO, MILANO 


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